Di ormoni impazziti e filastrocche insulse... o no?

di SimplyMe514
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Predizioni e strane voglie ***
Capitolo 2: *** Wednesday's child is full of woe ***



Capitolo 1
*** Predizioni e strane voglie ***


Nota preliminare da leggere per non rimanere troppo confusi: come ho detto nell'introduzione, nella storia che segue (e probabilmente in tutte le altre che scriverò sull'argomento, se ne arriveranno, a meno che non sia diversamente specificato) userò come canon solo ed esclusivamente la prima serie TV, quella andata in onda per la prima volta in bianco e nero negli anni Sessanta. Questo significa che:

  • per quanto è in mio potere, le mode e le tecnologie delle persone “normali” resteranno bloccate agli anni Sessanta, quelle dei protagonisti anche a un po' prima;

  • tutte le descrizioni e le caratterizzazioni si basano sul set e sul cast di allora;

  • tra i due, è Pugsley il maggiore, non Mercoledì, e la differenza è di circa due anni;

  • Pubert, il terzo figlio, molto semplicemente non esiste;

  • la nonna, chiamata universalmente Mammà a prescindere dai legami di sangue, non avrà mai nome di battesimo ed è da considerarsi la madre di Gomez, mentre nonna Hester Frump è tutt'altro personaggio, madre di Morticia e della sorella maggiore Ofelia (che mi sforzerò di scrivere con la F nonostante la mia decisa preferenza per il PH. Avvisatemi se mi sfugge);

  • Fester è lo zio di Morticia, non il fratello di Gomez;

  • Mano è all'incirca un intero avambraccio, non una manina staccata all'altezza del polso, ma in compenso non si muove liberamente per la casa camminando sulle dita, preferendo invece spuntare da tutta una serie di scatole e altri buchi che a quanto pare contengono più oggetti della borsa di Mary Poppins;

  • il Cugino Itt si scriverà sempre con due T e non sarà mai, mai tradotto “Cugino Coso”;

  • per due piccoli dettagli mi trovo costretta a usare la versione originale invece di quella doppiata perché mi è sembrato che in quest'ultima non ci fosse una coerenza assoluta: l'abbreviazione di Morticia è Tish (a volte sembra che il doppiatore pronunci Tishy, ma non sempre) e il leone, rigorosamente maschio, si chiama Kitty Cat (a volte pare solo Kitty, altre è stato pronunciato Kitty Katty, e ci sono stati di sicuro alcuni pronomi femminili riferiti a lui. Siccome ha una vistosissima criniera, per me è un maschio);

Bene, finiti gli avvisi. Patti chiari, amicizia lunga. Grazie di aver letto fin qui, ora comincia la vera storia.

 

Capitolo 1 – Predizioni e strane voglie

Rinunciare al lungo vestito nero che aderiva al suo corpo come una seconda pelle era stato un sacrificio che aveva rimandato il più a lungo possibile, ma quando il pancione aveva raggiunto e superato il punto critico, perfino Morticia aveva dovuto stringere i denti e adattarsi a qualche abito prémaman. Dopotutto, era solo per un po', e c'era il considerevole vantaggio di aver fatto semplicemente impazzire Gomez quando aveva commesso il piacevole errore di ammetterlo ad alta voce. Lui e il suo francese...

Certo, era stata dura trovarli: aveva seriamente considerato l'idea di comprarne alcuni a caso e poi tingerli per risparmiarsi parte di quella fatica. Nel reparto per mamme in dolce attesa (tra l'altro, chiunque si fosse inventato quell'espressione doveva aver esagerato con lo zucchero e molto probabilmente non era una donna) tutto era così... così... rosa! Perché? Per quale arcana ragione quella parte del negozio aveva subito una tale barbarica invasione di tinte pastello? Un po' di sano nero era chiedere troppo?

«Ti dai di nuovo alla previsione del futuro, Mammà?» Morticia mascherò alla meno peggio un sospiro. C'erano tante altre cose che sapeva fare, ma per quello era davvero poco tagliata. Perlomeno questa volta non si era inventata l'ennesimo pseudonimo esotico: non sapeva proprio quanti altri “Madame Qualcosa” sarebbe riuscita a reggere.

«Se non arrivasse qualcuno a distrarmi ogni due minuti, sì» borbottò l'anziana donna, staccando gli occhi dalla sfera di cristallo che, come in casa sapevano tutti, non aveva proprio niente di mistico, visto e considerato che proveniva dal lampadario.

«E sentiamo un po', cosa stai cercando di prevedere in questo momento?»

«Ti riguarda, per tua norma e regola». Anche se dichiaratamente aveva smesso da un pezzo di essere sensibile a quel genere di cose, era riuscita a incuriosirla. In fondo ogni tanto indovinava, soprattutto quando la profezia sembrava particolarmente improbabile...

Un po' per stare al suo gioco, un po' per sincera voglia di sapere, anche da una bocca non proprio affidabile, cosa mai potesse riservarle il futuro, prese posto di fronte a lei e attese. E poi attese ancora un po'. Ancora silenzio. Diamine, come veggente non sarà stata un granché, ma quel viso concentrato era convincente: la tensione nella stanza si poteva tagliare con un coltello (e non le sarebbe dispiaciuto interpretare il modo di dire in senso molto letterale, se non altro per scaricare i nervi). Proprio quando stava per avvisarla che le sue scorte di pazienza si avvicinavano pericolosamente alla fine, il suo volto rugoso si aprì in un raro sorriso.

«Morticia! È una bambina!»

«Oh...» Le capitava di rado di restare senza parole, ma stavolta non c'era nulla da fare se non portare istintivamente una mano sulla pancia e perdersi in poco caratteristiche fantasticherie su una se stessa in miniatura. Sarebbe stata bellissima... non nel senso di un'adorabile bambolina con i boccoli e le guanciotte rosee, più come una pantera dal manto così nero da risultare quasi invisibile nell'oscurità della notte. Quella sì che doveva essere un'apparizione meravigliosa, un concentrato naturale di freddezza ed eleganza... prima che ti squarciasse la gola.

«Si può sapere cosa aspetti? Non c'è nessun altro a cui vuoi dare la notizia?»

«Come pensi che reagirà?»

«Per quello non c'è sfera di cristallo che tenga, ma so che sarà uno spettacolo».

Pregustando il momento della rivelazione, Morticia si alzò con un decimo della sua solita grazia, ostacolata da quel pezzo supplementare di sé, e spinse da parte le stupidaggini sentimentali.

«Gomez!» Nessuna risposta. Pigramente, contemplò la possibilità di recitare qualche espressione francese per farlo schizzare al suo fianco in circa cinque secondi, ma l'idea fu immediatamente cestinata.

Tic, tic, tic... tic, tic, tic... a volte in quella casa bastava seguire i suoni giusti per trovare chi si stava cercando. Con un ticchettio costante, la telescrivente sputava una stringa infinita di sigle e numeri da cui dipendeva una grossa fetta della loro fortuna economica. Era più che naturale che la seguisse con occhi febbrili, aggrappandovisi come a una corda gettata a un uomo in mare.

«Gomez?»

«Mmm?» Non sapeva se fosse l'emozione a renderla così capricciosa o se la colpa fosse da imputare tutta alla gravidanza, ma voleva più attenzione da suo marito, e subito. A mali estremi, estremi rimedi.

«Devo dirti una cosa, bubele».

La striscia di carta fu prontamente abbandonata e il segnapunti mentale di Morticia registrò un incremento di uno. Conosceva fin troppo bene il suo punto debole: quel soprannome lo faceva capitolare né più né meno del francese.

«Quando mi chiami così, Tish...» La frase rimase in sospeso, tagliata a metà da un galante baciamano, che poi proseguì sul polso e poi... mmm, la grande notizia poteva anche aspettare un minuto in più, solo uno... No, doveva saperlo.

«Dopo, caro, dopo...» Il disappunto era percettibile nel modo in cui Gomez si scostò e riprese un controllo di sé sufficiente per mettersi in ascolto. «Ti fidi delle predizioni di tua madre?»

«In linea generale, no». Poi, con un sorriso malizioso, si piegò verso il suo orecchio e aggiunse: «Ma non dirle che te l'ho detto».

«Il tuo segreto è al sicuro con me» promise. Fin troppo facile, dato che non era affatto un segreto. «Però, vedi... me ne ha appena fatta una di cui penso proprio di fidarmi».

«Ah, sì? Vediamo un po', andrai sulla luna?» Morticia lo trapassò con un'occhiata di rimprovero, ma un mezzo sorriso ne funestò l'effetto.

«No, penso che il pianeta Terra mi basti ancora. Gomez... è una femmina».

«E tu le credi?»

«In linea generale, no» rispose, imitandolo apposta. «Ma stavolta sì. Io... lo sento e basta».

Lo guardò proprio nell'istante in cui una scintilla di comprensione gli attraversava gli occhi, e quel momento parve allungarsi e allungarsi... non proprio all'infinito, ma quasi. Eppure anche quel secondo un po' anomalo passò, e qualcosa nelle movenze dell'uomo le suggerì che moriva dalla voglia di improvvisare un tango lì dove si trovava, per festeggiare. Le mancava la danza: l'attività fisica era resa quantomeno scomoda da quel “piccolo esubero”.

«Oh, querida, che notizia! Che notizia!» Prima che potesse reagire in alcun modo, Gomez fu in ginocchio, intento a tastare con dolcezza il suo addome prominente come se potesse sincerarsene al tatto. Quella era un'occasione in cui perfino un Addams poteva permettersi di non essere del tutto infelice. «Come la chiameremo?»

«Non lo so» ammise piano, colta in fallo. «Ne stavo valutando alcuni l'altro giorno, ma nessuno è quello giusto».

«Perché tu vuoi solo il meglio».

«Voglio che sia... unico».

«E allora ne troveremo uno che lascerà tutti a bocca aperta».

«In senso buono o cattivo?»

«Nel senso che preferisci».

 

Morticia scoprì che ripetersi tutti i nomi delle antenate, zie e cugine fino al quarto o quinto grado per poi scartarli ad uno ad uno era un ottimo modo per addormentarsi, ma non portava a grandi risultati per quanto riguardava la decisione finale. Forse, però, concentrarsi troppo sulla futura piccola Addams che avrebbe distrutto gli ultimi grammi di tranquillità della casa con i suoi strilli (non che prima ce ne fosse un granché) le aveva dato alla testa, perché rammentava qualche brandello di sogno, ed erano tutti più rosa dei vestiti che le aveva proposto quella commessa. L'ultima volta che aveva fatto un sogno così era stata... era stata... un momento, non c'era mai stata.

«Buongiorno, cara. Dormito bene?»

«Sì, direi di sì».

«Diremo a Lurch di rimediare, la tua metà del letto si sarà fatta troppo morbida».

«Ma non credi che vada bene così? Insomma, sono incinta, un po' di riguardo!»

Gomez la guardò con tanto d'occhi e saltò giù dal letto in due secondi netti. «Tish! Che dici? Hai la febbre, per caso?»

«Mmm... non penso, perché?»

«Come sarebbe, perché? Fino a ieri detestavi l'idea di dormire sul morbido! Mi sa che stai delirando. Chiamo il dottor Mabogo».

«Delirando? Ma come ti permetti?»

Gomez si massaggiò le tempie come per contenere un mal di testa incipiente. «Scendiamo a colazione e vediamo come va, ma prometto che se ti sento uscire di bocca una sola cosa strana come questa lo chiamo. Potrebbe esserci in gioco la salute della bambina oltre alla tua».

«Te la perdono perché so che sei preoccupato...»

«Magari a stomaco pieno tornerai in te».

Non che riempirsi lo stomaco fosse un cattivo suggerimento, questo no... ma posta di fronte alla roba non meglio identificata che avrebbe dovuto essere la sua colazione, Morticia dubitava fortemente di riuscirci. Sapeva di aver già mangiato cose simili più volte in passato, ma quella mattina l'odore la nauseava oltre ogni dire.

«Che cos'è?» riuscì a domandare in fretta, prima di essere interrotta da un conato di vomito.

«Ma come, querida? Non riconosci il profumino?»

«Questo sarebbe un profumino?» Cercò con gli occhi il cappio a cui dare un'energica tirata per chiamare il cameriere e far sostituire il proprio pasto con qualcosa che il suo corpo considerasse commestibile, ma era appena fuori della sua portata. «Non si potrebbe avere... non so, qualcosa di dolce?»

Cling! La sua innocente richiesta fu accolta dal suono cristallino di una posata in rotta di collisione con un piatto. Lo zio Fester, impegnato nella dubbia impresa di mangiare e intrattenere il piccolo Pugsley con una lampadina contemporaneamente pur avendo a disposizione una sola bocca, per lo stupore parve confondere le due cose e quasi la ingoiò ancora accesa (anche se, a occhio e croce, sarebbe sopravvissuto).

«Per la miseria, Morticia, sapevo che alle donne incinte venivano voglie strane, ma questo è troppo!»

Gomez sollevò platealmente le sopracciglia. «Ma certo! Fester, in questa casa c'è proprio bisogno di una testa come la tua!» Se non fossero stati seduti troppo lontani, probabilmente gli avrebbe baciato la pelata per la contentezza.

«Grazie, Gomez, ma... cos'ho detto?» Aggrottò la fronte per un istante, poi rinunciò a risolvere il mistero e si concesse qualche altro boccone, con Morticia che evitava accuratamente di guardarlo.

«Te lo spiego dopo».

Quell'aria cospiratoria non prometteva niente di buono. «Sicuramente non sarà nulla che tu non possa ripetere in mia presenza, vero, caro?»

«Ehm...» A-ha! In qualsiasi cosa consistesse la spiegazione, era di certo qualcosa di spiacevole su di lei. Quasi sicuramente voleva allertare il resto della famiglia di quanto fosse diventata “strana”. Come se desiderare qualcosa di dolce per colazione fosse un crimine!

«Allora?»

«Non è niente d'importante!»

«Spero per te che sia così...»

Fu determinato che Morticia avrebbe fatto colazione più tardi, non appena uno qualsiasi degli altri avesse capito come preparare il suo dannato “qualcosa di dolce”. A quanto pareva, nessuno ci aveva mai provato. Aspettare non era un problema: le si era comunque chiuso lo stomaco osservandoli demolire con gusto il contenuto dei loro piatti. L'unico che riusciva a guardare senza vomitare era Pugsley, che ridacchiava alle smorfie e alle luci intermittenti dello zio.

«Non lo distrarrai così facilmente ancora per molto» predisse Gomez, tra l'orgoglioso e il rassegnato. «L'ultima volta che l'ho fatto assistere a uno scontro di trenini, si è messo a staccare tutti i cartelli stradali del plastico uno per uno».

«Cartelli stradali? Se gli piacciono tanto, procuriamogliene qualcuno a grandezza naturale» propose la nonna. «Sbaglio o sono settimane che Morticia si lamenta che la sua stanza è un po' spoglia?»

«Tu lo vizi troppo» la rimproverò. «Però, a pensarci bene, come idea non è malaccio...»

 

Il gong parve scuotere l'intera casa.

«Chiamato?» si annunciò Lurch con quella sua voce lenta e profonda, quasi non volesse consumarla troppo.

«Bene, gente, dichiaro aperta la riunione d'emergenza. No, un momento, manca qualcuno all'appello». Gomez bussò sul coperchio di un'ornata scatola rettangolare, che fu prontamente sospinto in su da Mano. Nessuno aveva ancora ben capito come facesse una cosa senza faccia ad avere l'aria preoccupata, ma ce l'aveva.

«Emergenza?» saltò su Fester, schizzando via e tornando con il suo fido archibugio alla mano.

«Calmati! A meno che non ti sia venuta una voglia improvvisa di uccidere tua nipote, non c'è nessuno a cui sparare, né alle spalle né di fronte».

«Ah». Quello tirò un sospiro di sollievo, ma non andò a rimettere l'arma al suo posto. Così, per precauzione.

«Come avrete notato, questa mattina Morticia si è svegliata... diversa. Credevo che fosse malata, ma il nostro genio qui presente mi ha suggerito che potrebbe essere solo una fase dovuta alla gravidanza. Ci ho pensato su, e la mia conclusione è che ci toccherà assecondarla finché le sarà passata».

Nel basso grugnito di Lurch fu riflesso l'orrore di tutti. Sarebbe stata una guerra aperta.

«Assecondarla?» mugugnò Fester. «Ma l'hai sentita? Alla prossima vorrà lo zucchero nel tè al posto del suo solito cianuro!»

«Stringiamo i denti. Quanto può durare ancora?»

Mano estese tutte e cinque le dita, in atteggiamento visibilmente speranzoso. «Cinque minuti? Abbiamo un ottimista in famiglia...»

«Per quel che ne sappiamo, potrebbe durare da qui a quando nascerà la bambina. Anche se preferiremmo tutti quanti i cinque minuti» disse la nonna, sgonfiando le loro speranze.

«Gomez, caro? Ho avuto un'idea meravigliosa!» risuonò la voce di Morticia dalla stanza accanto. Lo scambio di sguardi che intercorse tra gli altri parlò da sé.

«E allora assecondiamola» bofonchiò il marito, affrettandosi a raggiungerla. Entrare tutti insieme probabilmente era giusto un tantino sospetto, ma era troppo tardi per correggere quell'errore da dilettanti.

«Oh, benissimo, siete tutti qui. Voglio dare una festa!»

«Una festa?» A volte lo zio Fester era capace di illuminarsi più delle sue lampadine. Non fisicamente, non ancora, almeno, ma era un paragone che calzava a pennello. «Dai, forse non sarà così male...» aggiunse muovendo appena le labbra.

«Ma sì, per la bambina! È tradizione, no? Mano, ti dispiacerebbe scrivere gli inviti?» Quello spuntò da una delle sue numerose scatole, penna in resta. «Vediamo un po', dovrà venire la mamma, naturalmente, e poi anche Ofelia, e poi... mmm, questo genere di cose di solito è per sole donne, ma per il cugino Itt si farà uno strappo...»

«Finora non è un disastro» osò sussurrare Gomez, più a se stesso che agli altri. «Be', a parte Ofelia...» Si massaggiò il braccio al pensiero, già pronto a scommettere che se lo sarebbe slogato subendo una delle spettacolari mosse di arti marziali che erano la sua idea di un saluto.

«... ah, e poi la signora Magruder, la signora Digby, e spero che la signora Courtney possa farcela... le dirò di portarsi dietro il suo Robespierre, Pugsley ha proprio bisogno di un compagno di giochi...»

Un brivido collettivo percorse il gruppo. La casa sarebbe stata invasa dalle medaglie d'oro delle Olimpiadi del pettegolezzo! Era forse impazzita? Già l'idea di dare una festa per la nascitura prometteva cose terribili come palloncini e incessanti cinguettii di congratulazioni, ma almeno era attenuata dal fatto che fosse un pretesto per rivedere i parenti. Questo però era davvero, davvero troppo!

Ma non ci fu nulla da fare. Tutti gli inviti, dal primo all'ultimo, furono inviati, sia quelli graditi sia quelli che sarebbe stato meglio non scrivere affatto, e i sintomi di Morticia fecero rimpiangere a tutti la fase relativamente poco allarmante di quella mattina. Ignorò la sua adorata strangolatrice africana Cleopatra così a lungo che si scoprì con un certo stupore che perfino alle piante carnivore poteva brontolare lo stomaco, dovunque ce l'avessero. Fu sorpresa a ritagliare bamboline di carta assolutamente impeccabili, tutte rigorosamente identiche e prive di gambe o teste extra che nessuno sapeva come fossero saltate fuori e che rendevano la serie tanto più originale. Rifiutò con garbo il suo shamisen, dichiarando in tono insopportabilmente dolce che si era resa conto che la musica giapponese non andava molto d'accordo con le loro povere orecchie americane. Sempre a proposito di musica, pretese che Lurch si mettesse al clavicembalo e li torturasse tutti quanti con stucchevoli motivetti che, a suo dire, era il suo dovere di madre ascoltare e riascoltare fino a impararli perfettamente, per far addormentare la piccola in arrivo. Infine, colmo dei colmi, non ci fu verso di convincerla che le sue rose avevano un gran bisogno di essere tagliate un'altra volta, perché “erano carine così come stavano”, quindi si dovettero sorbire la presenza di quell'orrido pugno in un occhio finché Fester, ormai in preda a uno dei suoi famigerati mal di testa, ebbe la brillante idea di prenderle di peso e rivoltarle, cacciando le corolle nel vaso con gran soddisfazione. Nella stanza dei giochi, tutti si mostrarono particolarmente zelanti nel curarglielo a forza di olio di gomito, infilando la parte offesa nella sua amata pressa e alternandosi industriosi alla ruota fino a farlo passare con un sonoro pop e un gran sospiro di sollievo. Era un modo come un altro per ringraziare.

 

«Dormito bene, querida?» chiese Gomez, preparandosi al peggio.

«Oh, no!»

«Fammi capire: “oh, no” nel senso che hai dormito male?»

«“Oh, no” e basta, Gomez. Che mi è preso ieri? Quando la bambina nascerà avrà un bel po' di spiegazioni da darmi! Ah, a proposito, ho avuto un incubo assolutamente memorabile stanotte, caro, grazie».

«Sei di nuovo tu! Oh, Tish, finalmente si resp... ehm, volevo dire, è una buona notizia, significa che sei in salute».

«Dillo pure, devo essere stata insopportabile...»

«Va bene, sì, ma solo un pochino...»

«Oh, no!» ripeté Morticia. I ricordi della strana giornata appena passata le stavano piovendo addosso gradualmente, e non le piacevano affatto.

«Stavolta che c'è?»

«La festa! Annullarla sarebbe tremendamente maleducato. Finché si tratta di mia sorella passi, ma non oso pensare alle altre. Sarà un modo per mantenere rapporti di buon vicinato, immagino, ma non saprò che farmene dei regali. E poi... oh, Gomez, si aspetteranno una casa tutta decorata a tema. Con i palloncini. Che cosa ho fatto?»

«Ci inventeremo qualcosa».

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Capitolo 2
*** Wednesday's child is full of woe ***


Capitolo 2 – Wednesday's child is full of woe

Veder giungere gli ospiti, specie quando erano tanti, era sempre uno spettacolo, se non altro per la varietà di reazioni che il campanello aveva al loro arrivo: chi entrava perplesso, chi massaggiandosi il naso, chi con un pezzo ancora in mano. I parenti, invece, sapevano già cosa aspettarsi, ma tutto sommato non ci si annoiava mai durante quelle sfilate di visi confusi.

Lurch fece la dovuta spola, annunciando una vicina di casa dopo l'altra con voce funerea.

La signora Magruder si guardava intorno con piccoli scatti della testa, ricordando da vicino un piccolo roditore in cerca di una via di fuga da un gatto, senza mai fermare lo sguardo su qualcosa per più di un secondo: una volta l'orso impagliato, un'altra la testa d'alce, un'altra ancora il pescespada da cui ancora spuntava la gamba del cugino Farouk... hmm, non aveva mai dato segno di essere interessata all'arredamento d'interni, doveva essere una passione recente.

La signora Digby, dal canto suo, ebbe bisogno di essere sollevata di peso dal maggiordomo e depositata sulla sedia buona, e una volta ripresasi con i sali continuò a tremare come una foglia per un pezzo. Povera cara, forse si sentiva poco bene. Con lo svenimento così facile, non ci voleva un genio per capire che era di salute molto cagionevole. Gran bel gesto da parte sua presentarsi lo stesso, avrebbe potuto avvisare con un biglietto se si sentiva davvero così male.

Delle tre, la signora Courtney pareva la più tranquilla, ma lo stesso non si poteva dire della piccola peste che aveva in braccio, un bimbo che aveva sì e no l'età di Pugsley e un'aria infinitamente più snob sul visino rotondo. Come previsto, non aveva trovato una baby-sitter per il piccolo Robespierre, ma non si sarebbe persa un'occasione sociale per nulla al mondo.

Poi cominciò ad arrivare la famiglia allargata, e ci volle del bello e del buono per non far notare alle allegre comari che il cugino Itt non si era presentato alla porta, ma scendendo dal camino in una gran nube di fuliggine. Nonna Frump e Ofelia giunsero accoppiate, l'una criticando a tutto spiano il terribile stato di salute in cui trovava la sua povera figlia minore e tentando di individuarne il colpevole – ma criticare era il suo modo di preoccuparsi, quindi non c'era da offendersi, davvero – e l'altra cercando subito con gli occhi Gomez, la sua cavia preferita, che finì prontamente a terra con un volo impressionante e un crack dall'aria un tantino sospetta; infine fece il suo timido ingresso la cugina Malinconia, che diede immediatamente il via al primo round di commenti maligni (e va bene, c'era appena un pochino da stupirsi che fosse imparentata con Morticia e non avesse in comune con lei né il viso ben proporzionato né l'innata eleganza).

Al centro di tutto questo, la futura madre sedeva sulla sua sedia di vimini preferita come una regina in trono circondata da tutta la sua corte. Anche se vasta, la stanza sembrava piena da scoppiare... ma forse era colpa di quei dannati palloncini. Non c'era stato scampo, avevano dovuto procurarsene qualcuno per non deludere le aspettative delle ospiti. Nessuno a parte loro li stava guardando, però.

Mentre i parenti che non si vedevano da molto si lanciavano in un animato scambio degli ultimi aneddoti, a Morticia fu lasciato il compito più ingrato: intrattenere le invitate senza legami di sangue con gli Addams. Non che le desse fastidio mostrarsi cortese: non le costava particolare fatica essere una brava padrona di casa. Eppure, eppure... tutti gli incontri finivano sempre per andare storti per un motivo o per l'altro, quindi anche stavolta non doveva mancare molto alla venuta dell'Apocalisse, in qualche forma.

«Tutti rosa?» notò la signora Courtney. «Che sicurezza!»

«Pensiamo che sarà una femmina» confermò a denti stretti. La festa poteva dirsi cominciata all'incirca da un minuto e già desiderava che finisse. Avere visite di solito era piacevole, ma il tema delle decorazioni le faceva tornare alla carica la nausea.

«Ma davvero?» commentò la signora Digby, quasi stupita del proprio coraggio. «Allora vogliamo il nome del suo dottore, signora Addams, avrà in serbo qualche tecnica molto avanzata!»

«Oh, be', se pensate che valga la pena di andare fino in Africa...»

«In Africa?» saltò su la signora Magruder. «Via, signora Addams, non mi dirà che non c'è un solo dottore affidabile in tutti gli Stati Uniti!»

«Viste certe esperienze che abbiamo avuto, sarei quasi incline a dirlo, invece, ma vi devo confessare che il nostro medico di fiducia non ha niente a che vedere con tutto questo adorabile rosa». Che sentissero pure il sarcasmo che grondava da ogni sillaba. Non c'era niente di male nell'odiare un colore particolare, giusto? «Certe cose una madre le sente e basta».

«Ma certo, so cosa intende» cinguettò la signora Courtney, intenerita. «Io, per esempio, non penso di aver mai avuto un'alternativa femminile al nome “Robespierre”, desideravo tanto un maschietto e sono stata esaudita!»

Si voltò verso la zona dove i pargoli erano stati lasciati liberi di giocare e cacciò un urlo. Pugsley, chissà come, era armato, e avrebbe sicuramente imbracciato e puntato quell'arnese contro suo figlio se non fosse stato troppo ingombrante per lui.

«Ma... ma... signora Addams, faccia qualcosa!»

«Subito, non si preoccupi». Incapace di nascondere la nota d'orgoglio mista al più appropriato tono di rimprovero, gli intimò: «Pugsley, non si tocca l'archibugio dello zio! Magari l'anno prossimo, eh? Non si allarmi, signora Courtney, è un bambino molto precoce. Non molto tempo fa l'abbiamo sorpreso a cercare di cavalcare Kitty Cat».

Con l'aria di aver scelto la minore tra le centinaia di cose che aveva da dire, l'interpellata commentò: «Mi sembra un po' grosso per stare in groppa a un povero gattino...»

«Oh, mi creda, Kitty Cat lo regge comodamente. Qui, micio, micio, micio...»

Nell'incedere misurato e maestoso delle gigantesche zampe di Kitty Cat giù per le scale fu espresso il vero significato del titolo di “re della foresta”. Ogni passo, ogni studiato scuotimento della folta criniera, ogni frustata data all'aria con la coda era praticamente un invito all'ammirazione.

«Aaaah!» Il leone schizzò via più veloce di com'era arrivato, sparendo di nuovo di sopra come se non fosse mai stato lì.

«Ecco, vede? L'ha spaventato. È una creaturina così timida...»

«T-timido, quello?»

«Oh, sì, è un miracolo che si sia fatto vedere, di solito non gli piace la gente...»

«E lei ritiene... saggio... tenere un leone in casa? Con un bambino e un'altra in arrivo, poi?»

«Be', a volte sembra che la savana gli manchi un po', ma la casa è grande e Kitty Cat non farebbe male a una mosca. O forse a una mosca sì, ma mai a Pugsley, davvero».

«S-se lo dice lei...»

«Lo dico eccome. E ora, che ne pensate di un rinfresco?» La proposta fu accolta da una serie di sospiri di sollievo ed esclamazioni entusiaste: perfino le vicine di casa sembravano aver raggiunto un terreno sicuro.

Al suono del gong ci fu qualche salto sulle rispettive sedie e qualche mano portata al cuore come per rallentarlo, ma a parte gli sguardi straniti in direzione della corda a mo' di cappio e un certo scetticismo generale nei confronti delle grandi mani di Lurch (che depositarono le tartine sul tavolo sane e salve e non versarono neanche una goccia di tè, grazie tante), la prima fase procedette senza particolari intoppi.

«Sale, pepe o cianuro?»

Mezzo coperto dalle risatine nervose delle tre signore, Gomez brontolò dall'angolino dove si era discretamente ritirato insieme a tutti gli altri esseri di sesso maschile: «Se penso che ieri avevi davvero voluto lo zucchero...»

«Molto spiritosa, signora Addams» squittì la signora Digby, squadrando la propria tazza con sospetto.

«Perché, dov'era la battuta?»

«Ah, ehm... allora a me piace liscio».

«Anche a me!»

«Anche a me!»

«Oh, ma guardatevi, andate proprio d'accordo!»

«Giusto per sapere, cosa c'è sulle tartine?» indagò la signora Courtney.

«Occhi di salamandra, i miei preferiti».

La signora Magruder, che ne aveva già addentata una, assunse un deciso colore verdognolo, prese a tossire furiosamente e con tutta probabilità, in seguito alle pacche sulla schiena di Lurch, prenotò mentalmente un appuntamento col dottore per farsi controllare la colonna vertebrale. Stranamente, alla fine, gli unici a servirsi dal vassoio di cognome facevano o Addams o Frump.

«E adesso che ci siamo tutti rifocillati», l'affermazione fu seguita da un gran rimbalzare di sguardi eloquenti scambiati mentre Morticia pareva distratta, «arriva la parte migliore».

«I regali!» saltò su Ofelia, sprizzando entusiasmo da tutti i pori e depositando tra le braccia della festeggiata due voluminosi pacchetti, il proprio e quello della madre. «Tieni, sorellina, spero proprio che la bimba si diverta con queste».

Morticia armeggiò a vuoto col nastro del primo per qualche istante, poi un lieve cigolio accanto a lei l'avvisò che Mano aveva fatto la sua apparizione dalla scatola più vicina, offrendole tutto servizievole un paio di forbici. Qualche bocca si aprì e dimenticò di chiudersi.

Ci volle un po' per decifrare il balbettio generale, ma con un po' di sforzo si riuscì a concludere che a tutte e tre era venuto in mente di chiedere: «C-che c-cos'è?»

«Oh, non ve l'ho ancora presentato? Su, Mano, non fare il maleducato e saluta gli ospiti». Quello prese a fare “ciao” in direzione delle signore. «È nella nostra famiglia da un bel po', ed è davvero molto utile». Se avesse avuto delle guance, sarebbe arrossito. Piegò un po' il polso nell'imitazione di un inchino e sparì di nuovo.

Liberato da nastro e carta, l'oggetto misterioso si rivelò essere un set in miniatura di tavolette da spezzare con mosse di karate.

«Tienilo da parte per quando sarà abbastanza grande».

«Lo farò sicuramente, Ofelia, dovrebbe essere un passatempo interessante».

«S-senza offesa», s'inserì la signora Digby con un fil di voce, «ma vi sembra un giocattolo... appropriato?»

«Appropriato? Conoscendo il primo figlio, non mi stupirei se la seconda imparasse a usarlo prima ancora di camminare! Non è vero, Morticia?»

«Ma quanti complimenti, sorella cara, vedo che l'atmosfera festaiola ti contagia...»

La tensione nell'aria si stemperò leggermente all'apertura del regalo di nonna Frump, che in quanto madre aveva avuto il coraggio di scegliere gli oggetti più sensati e insieme più imbarazzanti, i primi pannolini (conoscendo i gusti della figlia, li aveva trovati neri, anche se non era ben chiaro dove).

Il secondo a presentarsi fu il cugino Itt, che si staccò da quella che era stata implicitamente dichiarata l'area maschile per sciogliersi in un acutissimo fiume di auguri per la nascitura.

«Oh, grazie, tu sì che sai sempre cosa dire in ogni occasione...»

«Ehm... lei... capisce quello che dice?» si meravigliò la signora Magruder.

«Non dovrei? Forse parla appena un tantino veloce...»

Anche la sua scatola, più piccola, fu scartata e aperta con la dovuta dose di garbata curiosità, e lui si perse in una cronaca dettagliata del come e del perché avesse scelto proprio quel dono.

«Una spazzola di porcospino! Geniale! Certo, cugino Itt, i capelli sono molto importanti, ci vuole solo il meglio». In effetti, non c'era da stupirsi che pensasse alle sue future fluenti chiome, dato che sembrava che non fosse fatto d'altro che di capelli. Ma veri aculei di porcospino, ammesso che lo fossero, sul delicatissimo cuoio capelluto di una bimba così piccola? Parecchie sopracciglia si arrampicarono non di poco sulle rispettive fronti.

«Qualcosa per la culla» anticipò la cugina Malinconia con gli occhi ben puntati sulla reazione della destinataria. Il “qualcosa” risultò essere una giostrina con appesi dei piccoli pipistrelli.

«Assolutamente perfetta! Stavo proprio pensando di procurarmene una così!»

«Ma davvero?» fece la signora Courtney, con un tono che suggeriva che fosse la massima autorità in materia di giocattolini per neonati della città. «E non si spaventerà?»

«Spaventarsi? Ma le pare che facciano paura?» Morticia ne scosse uno e ne osservò le alucce con aria critica, come a dire che non sembrava vero neanche da un miglio di distanza.

«Be', i gusti sono gusti... Ora immagino che tocchi a noi» disse, allungandole un pacchetto piatto e rigido con un'espressione quasi rassegnata in volto. Forse aveva sperato di incontrare le sue preferenze e si era appena resa conto di aver mancato il bersaglio di un bel po'.

«Mmm, è... interessante» commentò educatamente Morticia, guardando i caratteri svolazzanti e i personaggi sorridenti disegnati a colori vivaci sulla copertina del libro senza vederli veramente. A quanto pareva, era una raccolta di ninnenanne e filastrocche. «Un'alternativa alle solite letture».

«Perché, quali sono le solite?»

«Oh, un po' di questo, un po' di quello... Poe, Thomas Gray, Shakespeare...»

«Non c'è che dire, suo figlio sarà bravo in letteratura da grande...»

«Lei dice? Non è così scontato, penso che Pugsley non abbia mai sentito l'ultima strofa de Il Corvo, si addormenta molto prima...»

«Sul serio? Vorrà dire che ne cercherò una copia anch'io per Robespierre» rispose la signora Courtney con un sorriso tirato. «Sempre che non gli faccia venire gli incubi...»

«Ci provi, fa miracoli».

La tutina giallo pallido della signora Magruder fu proclamata “di ottima fattura”, ma per quanto Morticia s'impegnasse, i suoi sforzi di non farle notare che i suoi tiepidi complimenti equivalevano a una disapprovazione su tutta la linea furono vani. C'era solo da sperare che non si offendesse troppo. Un destino simile toccò al sonaglino offerto dalla signora Digby, che al minimo movimento emetteva un tintinnio che mise la pelle d'oca a tutti quanti, più o meno come avrebbe fatto per quelle tre un suono d'unghie sulla lavagna. Le assicurò più e più volte che non vedeva l'ora di scoprire cosa ne avrebbe pensato la piccola, ma una reazione istintiva del genere era ben difficile da nascondere.

Gli arrivederci arrivarono quatti quatti, senza farsi notare, infilandosi nella conversazione ad uno ad uno finché, con Lurch tutto intento a restituire soprabiti, la casa non rimase di nuovo tranquilla. All'incirca.

 

Quando la porta fu chiusa dietro anche l'ultima delle ospiti, scoccò l'ora che tutti aspettavano. «E adesso», annunciò Morticia, con evidente soddisfazione nella voce, «liberiamoci di quest'obbrobrio». L'aria attraversata dai loro sguardi d'intesa quasi crepitò d'aspettativa, e ciascuno partì in una direzione diversa per poi riunirsi spontaneamente nella stanza devastata dalle decorazioni.

La festeggiata, nonostante la sua condizione non proprio ottimale, sembrava intenzionata a sfidare a singolar tenzone i palloncini col fioretto; Gomez, dal canto suo, aveva estratto la balestra. Zio Fester e la nonna si erano divisi equamente la pregevole collezione di coltelli che usavano abitualmente per giocare a freccette, e perfino Mano aveva scovato nei profondi recessi della sua scatola un lungo spillone adatto allo scopo. Quello con la soluzione più originale, con sorpresa di tutti, fu Lurch, che aveva staccato a forza la lancetta del suo metronomo per poi affilarla sulla mola che veniva tirata fuori periodicamente per assicurarsi che la manutenzione delle lame presenti in casa fosse sempre perfetta. Pugsley osservava l'arsenale con tanto d'occhi, come indeciso su quale fosse il suo pezzo preferito.

«A te l'onore, querida».

«Ma come siamo galanti...» Bang! Il primo palloncino fu disintegrato con un affondo. Nel silenzio assordante che seguì, il piccolo batté le manine grassocce, estasiato. «Gomez... penso che gli piaccia il rumore dello scoppio».

«Ma davvero?» Accucciandosi per portare il viso al suo livello, commentò con il suo tono da “discorso da uomo a uomo”: «Bravissimo, Pugsley, stai diventando un vero Addams. Tuo padre è tanto fiero di te».

Fester accorse prontamente e passò al nipotino uno dei suoi coltelli. «Prima ti faccio vedere come si fa, poi tocca a te, va bene?»

«Sì, zio» rispose tutto serio Pugsley, che stava cominciando a parlottare e pareva alquanto orgoglioso di sé ogni volta che diceva qualcosa nella lingua dei grandi. Bang! Un secondo orrore rosa fu ridotto a irriconoscibili pezzetti con un lancio insolitamente preciso (per essere uno che adorava le attività che richiedevano una buona mira, Fester ce l'aveva veramente pessima).

La nonna ne slegò un terzo e lo tenne a un'altezza più accessibile per il piccolo di casa, che squadrò il suo bersaglio a occhi socchiusi, soppesando l'arma che finalmente aveva il permesso di maneggiare. Bang! Centrato in pieno. Pugsley ebbe un tale accesso di risa da ritrovarsi con il fondoschiena a terra, le gambette ancora malferme ormai incapaci di reggerlo.

Uno dopo l'altro, i palloncini caddero miseramente sotto i loro colpi di varia natura, e di essi non rimase che il ricordo e un mucchietto di brandelli rosa prontamente spazzati via.

«E anche questa è finita» sospirò Morticia, visibilmente sollevata. «Ma che ne sarà di quei regali impossibili? Dico, guardateli!» Sollevò il libro della signora Courtney per un angolino con due dita, come fosse infetto, poi prese il coraggio di sfogliarlo. «Ecco, lo sapevo. Parlano tutte di cose come... come... agnellini e coniglietti e... oh!»

«Tutto a posto, Tish?»

«Be', questa è interessante».

«La signora Courtney se n'è andata, puoi anche smetterla con i falsi complimenti».

«No, lo è per davvero. È una poesiola che dovrebbe predire qualche caratteristica del bambino a seconda del giorno della settimana in cui nasce. Vi va di sentirla?»

«E va bene» concesse lo zio Fester, scettico. «Ma se è troppo zuccherosa ci tappiamo le orecchie».

«Non è così terribile».

«Allora forza, cara mia, sentiamo cosa ci aspetta».

Morticia si schiarì la gola per darsi un tono.

«Monday’s child is fair of face,
Tuesday’s child is full of grace,
Wednesday’s child is full of woe,
Thursday’s child has far to go,
Friday’s child is loving and giving,
Saturday’s child works hard for a living,
But the child who is born on the Sabbath Day
Is bonny and blithe and good and gay
».

Vi fu qualche istante di silenzio, durante il quale l'uditorio parve valutare i versi uno per uno, assimilando le informazioni, poi esplose il coro: «Nascerà di mercoledì!»

«Mercoledì! Mercoledì!» ripeté a gran voce Pugsley, assaporando la parola nuova che aveva imparato.

«Sapete una cosa? Non suona affatto male come nome».

Da dentro, la piccola espresse la sua opinione con un gran calcio. Forse piaceva anche a lei.

 

Note al testo: il tipo di festa ritratto nella storia potrebbe risultarvi sconosciuto perché è così americano da non avere nemmeno un nome italiano. È detta “Baby Shower” e consiste in un ritrovo esclusivamente femminile o quasi in cui la futura mamma viene ricoperta di regali utili.

Le tre allegre comari sono vicine di casa comparse effettivamente nella serie, e lo stesso vale per la cugina Malinconia, apparsa una volta soltanto. Viste le conseguenze di una visita a casa Addams (c'è chi si è arruolato nella Legione Straniera!), giustifico il fatto che nei rispettivi episodi le stranezze risultino loro nuove fingendo che abbiano rimosso il ricordo o che si siano convinte di aver avuto allucinazioni. Non è lontano da come reagiscono davvero questi personaggi minori.

So che far sconfinare un personaggio nell'OOC per via delle voglie dovute alla gravidanza non è realistico, ma d'altronde non lo è nemmeno l'episodio in cui succede una cosa simile a Gomez in seguito a una semplice botta in testa sicuramente non forte abbastanza da causare danni cerebrali.

E finalmente, quello che tutti stavate aspettando: la traduzione della filastrocca! Nella storia è citata in inglese perché è qualificata come “poesiola”, mentre tradotta perde qualsiasi rima o ritmo. Eccola qui, tale e quale a come l'ho trovata (ho preferito una traduzione “d'autore” a una mia):

Il bambino nato di lunedì è bellissimo
Il bambino nato di martedì è pieno di grazia
Il bambino nato di mercoledì è pieno di tristezza
Il bambino nato di giovedì deve andare lontano
Il bambino nato di venerdì ama e dona
Il bambino nato di sabato lavora duro per vivere
Ma il bambino che è nato di domenica
E’carino e spensierato, buono e allegro

PS: questa è davvero la storia di come è stato scelto il nome di Mercoledì. L'autore dei disegni originali l'ha fatto derivare proprio da qui; quello che ho aggiunto io è come i nostri eroi siano giunti in possesso di una copia della filastrocca, che non avevano nessuna ragione per conoscere. 

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