Live While We're Young

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Spring Break ***
Capitolo 2: *** Sorority Girl ***
Capitolo 3: *** Hey There, Delilah ***
Capitolo 4: *** Back to the 80s ***
Capitolo 5: *** The Surprise ***
Capitolo 6: *** The Secret ***
Capitolo 7: *** Happy Birthday ***
Capitolo 8: *** The Big Decision ***
Capitolo 9: *** The Formal ***
Capitolo 10: *** The List ***
Capitolo 11: *** Zeta Party ***
Capitolo 12: *** Dinosaur ***
Capitolo 13: *** Family Matters ***
Capitolo 14: *** New York, New York ***
Capitolo 15: *** Alleyway 76 ***
Capitolo 16: *** 955 Fifth Avenue ***
Capitolo 17: *** The Greenhouse ***
Capitolo 18: *** Our Second First Date ***
Capitolo 19: *** Oh Father ***
Capitolo 20: *** The Last Goodbye ***



Capitolo 1
*** Spring Break ***




Capitolo 1 – Spring Break
 

“Elizabeth, cara, come va la scuola?” Mi domandò mia madre al telefono.
Ero quasi alla fine del primo anno di college e avevo passato tutte le mie giornate a studiare e ad impegnarmi, nonostante odiassi con tutta me stessa la facoltà che avevano scelto i miei genitori per me. Perché, essendo una Vanderbilt, avevo dovuto per forza iscrivermi a Legge, altrimenti la mia famiglia mi avrebbe diseredata.
“Va tutto bene, grazie. Domani comincia lo Spring Break, quindi il campus sarà tranquillo e avrò modo di concentrarmi sugli esami finali.” Risposi automaticamente. Il pensiero di aprire un solo altro libro di Legge mi faceva venire il mal di stomaco, ma non potevo fare altro.
“Ottimo. Mi raccomando, io e tuo padre aspettiamo con ansia i risultati.”
“Vi telefonerò appena li saprò.” Risposi. Interruppi la chiamata, tanto mia madre aveva ottenuto quello che voleva e non avrebbe di certo perso tempo a salutarmi o a dirmi di divertirmi durante le vacanze di primavera. L’unica cosa che le interessava era che io prendessi buoni voti e potessi continuare la tradizione di famiglia e diventare un avvocato importante a New York.
Mi sdraiai sul letto e affondai il viso nel cuscino, emettendo un grugnito di frustrazione. Mi alzai solo quando sentii bussare alla porta e andai ad aprire.
“Eleanor Calder?” Domandai quando trovai la ragazza davanti a me. Ero sorpresa, perché non sapevo che anche lei frequentasse Yale.
“Elizabeth Vanderbilt.” Rispose, entrando nella mia camera e sedendosi sul mio letto. Un tempo eravamo state amiche. Avevamo frequentato tutte le stesse scuole a New York ma ci eravamo perse di vista perché io dovevo rimanere costantemente concentrata sui miei voti e lei aveva preferito crearsi una vita sociale.
“Non sapevo che frequentassi Yale.” Dissi.
“Oh, sì. Scienze Politiche.” Rispose, sventolando la mano come per cercare di cambiare discorso. “Ma non sono qui per questo.” Aggiunse.
“Ah no?” Chiesi.
“No. Ti ho vista in giro qualche volta, sai?”
“In biblioteca?” Domandai. Quello, oltre alle aule e la mia camera, era il posto dove passavo la maggior parte del mio tempo.
“Sì. E’ da un po’ che voglio venire a parlarti, ma per un motivo o per l’altro, non trovo mai il coraggio. Però adesso sì e devo farti un discorso.” Disse.
“Okay.” Replicai, leggermente perplessa.
“Tu vedilo pure come un intervento.”
“Un intervento?”
“Sì, perché siamo state amiche e mi dispiace per te. Vedo che sei triste e so per certo che non ti piace quello che stai facendo.”
“El…” Cominciai a dire, ma la ragazza alzò una mano per zittirmi.
“Fammi finire. Non ti sto dicendo di cambiare la tua vita dalla a alla z, voglio solo chiederti di venire a Miami con me e le mie amiche per lo Spring Break.”
“A Miami? Ma devo studiare, e non ho organizzato nulla e…”
“Vanderbilt!” Esclamò Eleanor, facendomi sussultare. “La ragazza che doveva dividere la camera con me si è mollata con il fidanzato e ha deciso di non venire, così c’è posto.”
“E l’aereo? E tutto il resto? Senza contare che se lo scoprissero i miei…”
“Liz.” Disse Eleanor, zittendomi un’altra volta. Nessuno mi chiamava così da anni, esattamente da quando l’aveva fatto lei l’ultima volta. “Pensiamo a tutto noi, tu devi solo preparare una borsa e pensare a divertirti. Non lo dirai ai tuoi genitori, farai finta di essere qui a studiare come una brava ragazza, mentre invece sarai a Miami ad avere un assaggio di vita. Quando torneremo, se non ti sarai divertita, potrai tornare alla tua solita routine casa-lezioni-biblioteca, ma dammi una possibilità.”
“Saresti un bravo avvocato, il tuo argomento conclusivo è piuttosto convincente.” Dissi, sorridendo. In fondo i miei non l’avrebbero mai scoperto, no? Potevo passare qualche giorno a non essere Elizabeth Vanderbilt ma una ragazza del college qualunque.
“Quindi vuol dire che verrai?” Domandò la ragazza, saltando in piedi e stritolandomi.
“Sì… sì.” Risposi, spiazzata da quella dimostrazione di affetto. Eleanor ed io non ci vedevamo da anni, ma in quel momento mi sembrava di essere tornata a quando avevamo appena cominciato l’High School. Eravamo migliori amiche e passavamo tutto il tempo libero che avevamo insieme.
“Ottimo! Allora preparati, partiamo domani mattina. Dammi il telefono.” Disse poi la ragazza, allontanandosi da me. Recuperai il mio iPhone dalla scrivania e glielo porsi. “Questo è il mio numero di telefono, ma non pensare nemmeno di scrivermi o chiamarmi per dirmi che hai cambiato idea.”
“D’accordo.” Dissi, rassegnata. “Ma forse dovrei dire a Liam che verrò con voi.” Aggiunsi.
“Liam, il presidente degli Alpha Delta Phi, giusto?” Chiese la mia amica. Annuii. “I ragazzi saranno a Las Vegas a quest’ora, non preoccuparti.” Aggiunse.
“Giusto.” Risposi, ricordando che Liam mi aveva detto che sarebbe andato a Sin City con i suoi compagni di confraternita durante le vacanze di primavera. Non sapevo nemmeno perché stava con me, quando poteva avere qualsiasi ragazza ai suoi piedi. Era il presidente degli Alpha Delta Phi, la confraternita maschile più importante del campus ed era al penultimo anno di Legge.  Ci eravamo conosciuti il primo giorno del mio primo anno, quando gli avevo chiesto informazioni per arrivare al dormitorio perché non conoscevo nessuno e mi sentivo un po’ spaesata. Mi aveva aiutata e mi aveva chiesto se volevo bere un caffè con lui quel pomeriggio.
“Allora a domani. Ci tengo.” Insistette Eleanor, prima di farmi l’occhiolino e uscire dalla mia stanza.
Guardai fuori dalla finestra del dormitorio e sorrisi, impaziente ma nervosa di imbarcarmi in quella nuova avventura.
 
“Sveglia!” Esclamò Eleanor. Avevamo passato il primo giorno a Miami abbastanza tranquillo. Eravamo andate in un bar e avevamo bevuto qualcosa. O meglio, Eleanor, con il suo documento falso, aveva ordinato da bere per tutte e avevamo brindato a questa vacanza. Poi eravamo tornate in hotel e avevamo dormito. A me era sembrato tutto estremamente divertente, ma El mi aveva assicurato che quello era solo l’inizio. Eravamo arrivate un giorno in anticipo e il vero divertimento sarebbe cominciato quella sera.
“Cosa?” Domandai. Guardai vagamente la sveglia sul comodino, notando che erano le dieci passate del mattino. Non avevo mai dormito oltre le otto del mattino in tutta la mia vita.
“Ho detto sveglia! Oggi andiamo in spiaggia.” Ripeté la ragazza, sorridendo. “Vado a farmi una doccia veloce, a te dispiace prendere il giornale fuori dalla porta?”
“Nessun problema.” Dissi, alzandomi dal letto. La sera prima, quando Eleanor aveva visto il mio pigiama, aveva riso, chiedendomi se pensavo di andare in Alaska o a Miami, e mi aveva dato una sua maglietta bianca dei Plain White T’s con scritto “Hey There Delilah” in fucsia e blu elettrico.
La ragazza entrò in bagno e chiuse la porta alle sue spalle, mentre io aprii la porta della stanza e cercai il giornale. Quello che solitamente doveva essere proprio fuori, ma si trovava contro la parete di fronte alla nostra camera. Probabilmente qualcuno, passando, l’aveva calciato.
Uscii dalla camera e lo recuperai dal pavimento. Poi mi avvicinai alla porta per riaprirla e… no, non poteva essere. Era chiusa.
“No, no, no, no!” Sussurrai, provando a riaprirla in tutti i modi. Non ero abituata agli hotel e non mi ero ricordata di portare con me la keycard per non rimanere chiusa fuori. E non avevo con me nemmeno il telefono, quindi non potevo chiamare nessuno. Provai a bussare, ma Eleanor era sotto la doccia e non mi rispose, così mi appoggiai contro il muro di fronte e aspettai che la ragazza uscisse dal bagno. Cominciai a leggere il giornale per ingannare il tempo, felice che non ci fosse nessuno nei dintorni. O almeno così credevo. In realtà tre ragazzi erano appena usciti dalla stanza di fianco alla nostra e si erano fermati ad osservarmi. Arrossii immediatamente e cercai di tirare la maglietta che stavo indossando il più giù possibile per coprirmi un po’.
“Ciao.” Mi disse uno di loro dopo avermi squadrata. Era alto e magro ma si intravedevano i muscoli lievemente scolpiti dalla maglietta bianca, aveva i capelli ricci spettinati, gli occhi verdi e un sorriso beffardo. Uno degli altri due ragazzi, un po’ più basso con gli occhi azzurri e i capelli castani pettinati con un ciuffo in su, scoppiò a ridere, mentre il terzo, con i capelli neri e gli occhi castani, gli diede una gomitata anche se stava sorridendo.
“Ehm… ciao.” Risposi, imbarazzatissima.
“Tieni la parete in piedi?” Mi chiese il ragazzo con gli occhi azzurri.
“No, sono rimasta chiusa fuori e la mia amica è in doccia, quindi non sente se busso.” Spiegai. Avrei voluto fare un buco e nascondermi. Improvvisamente tutta l’idea di andare a Miami per le vacanze primaverili mi sembrò bruttissima.
“Tieni.” Disse il ragazzo con gli occhi verdi, porgendomi il suo cellulare. “Prova a chiamarla, magari sente la suoneria.”
“Grazie.” Risposi, prendendo il telefono dalle sue mani e alzando lo sguardo per incontrare il suo. Mi sentivo a disagio per essere praticamente in mutande davanti a tre sconosciuti, ma ero anche grata per l’aiuto offerto. Composi il numero di telefono di Eleanor, che fortunatamente ricordavo a memoria per tutto il tempo che avevo passato a fissarlo due sere prima, indecisa se chiamarla per disdire o se lasciare perdere, e sentii la sua suoneria attraverso la porta.
Dopo qualcosa come quindici squilli, la ragazza rispose.
“Pronto?”
“El!” Esclamai immediatamente. “Sono rimasta chiusa fuori, mi apri?”
La ragazza interruppe la telefonata e sentii dei passi avvicinarsi alla porta, che si aprì dopo pochi secondi.
“La chiave, Liz. La chiave.” Disse e rise. Poi guardò i ragazzi fuori, squadrò dalla testa ai piedi quello con gli occhi azzurri e mi trascinò dentro. Riuscii a malapena a ridare il cellulare al ragazzo dagli occhi verdi e a ringraziarlo.
 
“Alla prima volta!” Esclamò Eleanor quella sera, alzando il bicchiere.
“Prima volta?” Domandai confusa.
“Sì, alla prima volta in cui la nostra cara Elizabeth si ubriacherà talmente tanto da tornare a casa strisciando!” Disse la mia amica, ridendo.
Era piuttosto strano che a diciannove anni non mi fossi mai ubriacata, ma non ero mai stata a nessuna festa perché ero sempre stata troppo impegnata a concentrarmi sulla scuola e in quel momento sperimentare mi sembrava una buona idea. Avevo passato tutta la giornata in spiaggia con El e le sue amiche e poi eravamo tornate in hotel per prepararci per la sera.
Per me passare la serata ad una festa voleva dire indossare un vestito ultra elegante di qualche designer famoso e fingere interesse verso le persone che cercavano di intavolare una conversazione sulla facoltà di Legge o sul caso che avevano appena vinto ad una delle soirée dei miei genitori.
Per Eleanor e le altre ragazze a Miami voleva dire mettersi un costume nuovo, infilarsi un paio di pantaloncini corti e, al massimo, una maglietta. Niente tacchi scomodi, niente acconciature elaborate, quasi niente trucco.
“Alla prima volta!” Esclamai allora, alzando il bicchiere a mia volta e facendolo scontrare con quello di El. Era piccolo e conteneva un liquido trasparente che sembrava innocuo, ma che bruciava scendendo nello stomaco.
“Pronte a ballare?” Mi chiese poi la ragazza, prendendomi per mano e trascinandomi in mezzo alla folla davanti ad un palco. Non potevo negare che quella fosse la serata più divertente che avessi mai passato in tutta la mia vita.
 
“Hey there Delilah!” Esclamò il ragazzo riccio con gli occhi verdi che avevo incontrato nel corridoio dell’hotel quella mattina.
“Ciao!” Risposi. Ero su di giri e l’alcool mi aveva permesso di sciogliermi e lasciarmi andare. Se i miei genitori mi avessero vista in quel momento mi avrebbero sicuramente diseredata. Di solito ero una persona seria e tutta d’un pezzo, mentre quella sera ero in bikini e stavo ballando insieme a gruppi di sconosciuti mentre bevevo alcolici nonostante non avessi ancora ventun anni.
Il ragazzo si avvicinò di più a me e mi offrì una bottiglia di birra.
“Dovrei offrirla io a te, per stamattina.” Dissi.
“Figurati.” Rispose il ragazzo.
“A proposito, mi chiamo Elizabeth.” Replicai porgendogli la mano.
“Harry. Ti stai divertendo?”
“Moltissimo! In realtà non faccio mai cose del genere.” Spiegai. “Sono qui con la mia amica Eleanor, che fa parte di una confraternita femminile.” Aggiunsi. “Io studio Legge e…”
“Sai nuotare?” Mi chiese improvvisamente il ragazzo, interrompendo il mio discorso senza senso.
“Sì.” Risposi. All’High School ero stata obbligata a far parte di quasi tutti i club per ottenere più crediti per il college. Non che avrei mai avuto qualsiasi tipo di problema ad essere ammessa, essendo una Vanderbilt. La mia famiglia aveva donato quasi metà degli edifici del campus. Però i miei genitori mi avevano sempre detto che mi sarei dovuta impegnare su tutti i fronti, sia con lo studio che con lo sport.
Harry prese la bottiglia di birra dalle mia mani, la appoggiò per terra e mi trascinò in piscina con lui. Mi tirai indietro i capelli e cominciai a ridere.
“Mi sembra di aver capito che questo è il tuo primo Spring Break.” Mi spiegò il ragazzo. “Quindi dovevo per forza buttarti in acqua.” Concluse con un sorriso furbo.
“E’ una tradizione?” Domandai.
“No, ma è divertente!” Esclamò il ragazzo. Scoppiammo a ridere entrambi.
“Ma tu non sei credibile. Sei in piscina con la maglietta.” Dissi. L’alcool mi stava rendendo coraggiosa e spigliata, due cose che non ero mai stata da sobria, anche se mi sarebbe tanto piaciuto.
“Allora toglimela.” Mi sfidò Harry.
“Con piacere.” Risposi, sfilando l’indumento al ragazzo. Nel farlo sentii i nostri corpi a contatto e provai un brivido lungo la schiena. Lanciai la t-shirt bagnata sul bordo della piscina e guardai Harry negli occhi per qualche istante. Poi, lentamente, lui avvicinò il viso al mio e chiusi gli occhi. Li riaprii quando le nostre labbra erano così vicine che quasi potevano toccarsi e, improvvisamente, mi sentii sobria e tornai pesantemente alla realtà. Liam. Cosa diavolo stavo facendo?
“Non posso.” Dissi e mi allontanai bruscamente da Harry.  Uscii dalla piscina e recuperai i vestiti e la borsa, che erano rimasti vicino ad Eleanor e cominciai a camminare verso l’hotel.

 



Buongiorno!
Qualche giorno fa ho cominciato a scrivere questa nuova storia e non vedevo l'ora di pubblicarla, così ecco il primo capitolo! E' ambientata in America, al college, e i ragazzi non sono famosi. Visto che è una AU ho modificato leggermente anche le loro età, ma questo è un dettaglio che vedrete meglio nei prossimi capitoli.
Spero che vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)

Posterò due volte alla settimana, il prossimo capitolo sarà sabato!

Se volete seguirmi su Twitter o Facebook posto sempre aggiornamenti sulle mie storie :)
Vi segnalo anche l'altra long che sto ancora postando, "Past Lives"

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Capitolo 2
*** Sorority Girl ***




Capitolo 2 – Sorority Girl

 
“Nuovo anno, nuova vita!” Esclamò Eleanor. Era la fine di agosto e stavamo per iniziare il secondo anno del college.
Dopo l’incredibile esperienza dello Spring Break insieme avevamo ripreso i contatti e avevo cominciato ad avere una vita sociale pseudo normale.
Inoltre la mia amica aveva passato tutta l’estate a convincermi a fare parte della sua stessa confraternita femminile, dicendomi che non avrebbe influito minimamente sul mio studio e anzi, lei era più motivata da quando ne faceva parte. Oltre alle feste, le confraternite avevano delle ore di studio collettive obbligatorie e si occupavano anche di beneficenza. Dopo due mesi mi ero fatta convincere. Alla fine cos’avrei avuto da perdere? Il college era il momento in cui i ragazzi dovevano vivere, sperimentare, provare cosa significava essere liberi. E, nonostante io non fossi proprio libera di fare quello che volevo, mi ero convinta ad avere almeno un briciolo di autonomia.
“Cosa farò se decideranno di non farmi entrare?” Domandai alla mia amica. Era la sera in cui sarei dovuta andare a visitare tutte le confraternite femminili del campus per decidere in quale volevo entrare. Una formalità, più che altro, perché avevo già le idee ben chiare, ma dovevo farlo. Era un modo per farsi conoscere da tutte le presidentesse delle confraternite femminili, in modo che decidessero quali ragazze volevano ammettere e quali no.
“Stai scherzando, spero.” Disse El. “Sei una Vanderbilt! Tutte le presidentesse ti vorranno!”
“Ok, mi fido.” Risposi. Stavamo camminando davanti a tutte le case delle confraternite maschili e femminili del campus e mi guardavo intorno. Non avevo mai pensato che avrei deciso di fare parte di uno di quei gruppi, ma mi piaceva l’idea. Avevo conosciuto le amiche di Eleanor a Miami, qualche mese prima, e mi ero divertita tantissimo.
“Elizabeth!” Sentii la voce di Liam chiamarmi dall’altra parte della strada. Voltai lo sguardo verso di lui e lo vidi che scendeva le scale della casa degli Alpha Delta Phi. Quello sarebbe stato l’ultimo anno del ragazzo al college, poi si sarebbe iscritto all’università vera e propria e avrebbe dovuto lasciare il mondo delle confraternite.
“Liam!” Esclamai. Eleanor mi sorrise e corsi incontro al ragazzo, che mi prese in braccio.
“Mi sei mancata.” Disse, dandomi un bacio sulle labbra.
“Anche tu. Com’è andata a Washington?” Chiesi. Non eravamo riusciti a vederci per quasi tutta l’estate perché era stato preso per fare uno stage per un importante studio nella capitale.
“E’ andato tutto benissimo! Mi hanno detto che potrò fare lo stage anche quest’anno e che, se mi laureerò a pieni voti, ci sarà una bella possibilità di lavoro per me!” Esclamò.
“Lo sapevo, sarai il migliore avvocato di tutta l’America.” Dissi. “A proposito, ti ricordi Eleanor, vero?”
“Sì, ci siamo visti un paio di volte dopo le vacanze primaverili l’anno scorso, vero?” Chiese Liam.
“Esatto.” Rispose El, sorridendo. “Liz ha deciso di entrare a fare parte della mia confraternita.” Aggiunse.
“Davvero? Quindi saremo più vicini!” Esclamò Liam, circondandomi la vita con un braccio. Mi voltai per annuire e lasciai che mi desse un bacio sulle labbra.
La mia vita era cambiata tantissimo rispetto a dove mi trovavo prima di andare a Miami con Eleanor. Continuavo a studiare e continuavo a pensare che Legge non fosse la facoltà giusta per me, ma almeno non ero più sola. Avevo ritrovato un’amica e non vedevo l’ora di cominciare quella nuova avventura insieme alle Kappa Alpha Theta.
“Questa sera ho gli incontri con tutte le case.” Dissi. “Non vedo l’ora!”
“Sai che non devi preoccuparti, vero? Perché con la tua media ti vorranno tutte.” Replicò Liam.
“E con il mio cognome.” Risposi.
“Non dimenticare il fatto che sei una bella ragazza. Lo so che dicono tutti che non è vero, ma se ci fai caso nelle confraternite femminili più importanti le ragazze sono tutte belle.” Aggiunse Liam.
“Grazie.” Dissi.
“Inoltre le Kappa Alpha Theta e gli Alpha Delta Phi sono le due case migliori del campus e facciamo sempre eventi insieme.” Aggiunse Eleanor, sorridendo a Liam.
“Non vedo l’ora!” Esclamai. Ero al settimo cielo.
 
“Party dagli Zeta Psi per festeggiare l’inizio dell’anno!” Esclamò Eleanor qualche giorno dopo. Il mio incontro con Tiffany, la presidentessa delle Kappa Alpha Theta, era andato benissimo e mi aveva immediatamente promesso che mi avrebbe fatta entrare a far parte della confraternita. Così il giorno dopo avevo partecipato alla cerimonia di iniziazione, mi avevano consegnato la spilla con il simbolo delle Kappa Alpha Theta ed ero entrata ufficialmente a far parte della casa. Solitamente le nuove arrivate non andavano subito a vivere nella confraternita, ma Tiffany mi aveva detto che avrebbe fatto un’eccezione per me, perché voleva davvero che scegliessi loro, e mi aveva promesso una camera da condividere con Eleanor.
“Quando facciamo un mixer con gli Alpha Delta Phi?” Chiese Perrie, un’altra ragazza al secondo anno, con aria svogliata.
“E’ in calendario per la settimana prossima.” Rispose prontamente Eleanor, che era stata incaricata del calendario sociale della confraternita.
“Cos’è un mixer?” Domandai, sentendomi abbastanza stupida.
“Dunque, ci sono due tipi di feste.” Spiegò Perrie. “Una è quella di quei decerebrati degli Zeta Psi, in cui invitano sempre le ragazze a caso per portarsele a letto.” Aggiunse.
“E i mixer sono feste organizzate apposta per mischiare due confraternite, una femminile e una maschile. Il che vuol dire che al mixer con gli Alpha Delta Phi ci potranno essere solo loro e noi. Non sarà ammesso nessun altro di nessun’altra casa, a parte in casi eccezionali.” Concluse Eleanor.
“Adesso mi è tutto chiaro, grazie. Ma se gli Zeta Psi sono dei decerebrati, perché andiamo alla loro festa questa sera?” Domandai ancora. Perrie roteò gli occhi al cielo e notai Eleanor arrossire.
“C’è un ragazzo che mi piace.” Spiegò la ragazza.
“Allora d’accordo.” Dissi, sorridendo. Eleanor mi aveva aiutata ad avere una vita sociale al college, salvandomi da serate interminabili in biblioteca. Decisi che l’avrei aiutata ad avere il ragazzo che le piaceva, nonostante non fossi proprio la persona più indicata per quel compito.
 
“Cos’è?” Mi chiese Eleanor quella sera, quando vide cos’avevo indossato.
“Un vestito.” Dissi.
“Sì, quello lo vedo, ma… no.” Rispose la ragazza, scuotendo la testa. “Sono piuttosto sicura che Armani non vorrebbe che un abito così elegante venga sprecato ad una festa degli Zeta Psi.” Aggiunse.
“Sono troppo elegante?” Dissi, guardandomi. In effetti forse avevo esagerato, ma non ero mai stata ad una festa di una confraternita, a parte a Miami. E quello non contava, perché ero in bikini.
“Sì.” Rispose El, convinta. “Cioè, più che elegante… non offenderti, Liz, ti prego, ma sembri mia nonna. Il tubino sotto il ginocchio blu scuro non urla ‘ho quasi vent’anni e voglio divertirmi!’ ma ‘ho quarantacinque anni, due figli, una casa perfetta e sto andando a vincere una causa’. Credimi.”
“Oh.” Dissi. In effetti avevo sempre odiato quegli abiti troppo lunghi, ma erano le uniche cose da ‘festa’ che avevo nell’armadio. Erano tutti abiti che ero costretta ad usare alle soirée di mia madre, dove erano presenti anche i giornalisti e dovevo essere più che perfetta ed elegante per le foto.
“Vieni, il mio armadio è anche il tuo.” Disse la ragazza dopo qualche minuto, mettendomi davanti ad una scelta quasi infinita di ogni tipo di vestitino appropriato per una quasi ventenne. “Seriamente, scegli quello che vuoi. Quello che metteresti tu ad una festa del college, dove non ci sono Vanderbilt e non ci sono giornalisti.” Aggiunse con un sorriso incoraggiante. L’idea di essere finalmente me stessa non mi dispiaceva per niente.
“Grazie.” Dissi semplicemente, cominciando a guardare tutti gli abiti della mia amica.
“Figurati. A proposito, viene Liam con te questa sera?”
“No, c’è la cerimonia di iniziazione dagli Alpha Delta Phi e non può muoversi, è il presidente.” Risposi, alzando le spalle.
“Ok. Non preoccuparti, ci divertiremo tantissimo! Gli Zeta Psi saranno anche la confraternita meno seria di Yale, ma una cosa la sanno fare bene ed è organizzare delle feste epiche!”  
Mi feci coraggio e presi il vestito che mi piaceva dall’armadio di Eleanor e lo indossai. La mia amica mi aiutò a truccarmi e a pettinarmi in modo più naturale rispetto alle soirée di mia madre. Mi guardai allo specchio e quasi faticai a riconoscermi. Certo, ero la solita ragazza alta, slanciata, con i capelli castani, lunghi e mossi, e gli occhi azzurri, ma sembravo più giovane, più felice.
 
Eleanor aveva ragione: le feste degli Zeta Psi erano epiche. Eravamo appena arrivate e la casa e il giardino erano già pieni di ragazzi che bevevano, ballavano e si divertivano. Perrie era venuta con noi perché aveva voglia di divertirsi, anche se non era sicura che quello fosse il posto giusto per noi. Continuava a dire che le ragazze KAT dovevano partecipare a feste con un minimo di classe. Passammo di fianco ad una coppia impegnata a baciarsi sul divano e l’espressione di Perrie espresse tutto il suo disgusto.
“Chissà cos’hanno visto questi divani.” Commentò.
“Dai, P, come se tu non avessi mai fatto certe cose.” Disse Eleanor mentre si guardava intorno alla ricerca del ragazzo che le piaceva e la nostra amica si zittì e arrossì un po’.
“In ogni caso, se Eleanor troverà il ragazzo che cerca ti farò compagnia io. Non ho intenzione di farmi toccare da nessuno di questi animali.” Mi disse Perrie dopo qualche minuto.
“Ok, grazie.” Risposi con un sorriso. Eravamo alla festa da pochi minuti e pensavo già che quella fosse una serata bellissima. Tutto era più bello delle serate di mia madre.
 
“Oddio, eccolo!” Esclamò Eleanor improvvisamente. Si era alzata sulle punte dei piedi e, non appena l’aveva visto, era tornata pesantemente al nostro livello e si stava nascondendo in mezzo a noi.
“El?” Chiesi. “Hai passato mezza serata a cercarlo e adesso ti nascondi?”
“Beh, cosa faccio? Vado là e mi presento?”
“Perché no?” Chiesi.
“Devo concordare con Liz, nonostante sai che io non approvi il fatto che tu voglia uscire con uno di loro.” Rispose Perrie.
Eleanor si morse il labbro e si guardò intorno, disperata. Spostai lo sguardo su Perrie e ci scambiammo un’espressione di intesa.
“Vieni qui.” Disse Perrie, trascinando me ed Eleanor al tavolo degli alcolici in giardino. Versò del liquido leggermente ambrato in tre bicchierini e ce ne porse uno per uno. “Beviamo a questa serata indimenticabile. Beviamo perché tu possa fare porcate con uno Zeta Psi!” Esclamò Perrie. Mi guardai intorno, sicura che qualcuno ci avrebbe sentite e giudicate male, ma nessuno ci stava guardando. Eleanor rise e bevve il contenuto del bicchierino in un sorso prima ancora di finire il brindisi.
Decisi di seguire il suo esempio, tanto non avevo ancora bevuto nulla. Anche Perrie svuotò il contenuto del suo bicchierino e fece una smorfia.
“Odio la tequila. Guarda cosa si fa per le amiche.” Commentò e scoppiammo tutte a ridere. “E adesso vai oppure cambio idea e ti trascino a casa.” Disse ad El. La ragazza inspirò profondamente e poi sparì tra la folla.
“Perché dici che gli Zeta Psi sono così male?” Domandai a Perrie improvvisamente.
“Ugh.” Rispose semplicemente la ragazza. “Hai visto la loro casa? Hai visto quella degli Alpha Delta Phi? Ecco, ho detto tutto.” Aggiunse.
Ci spostammo dal tavolo degli alcolici e decidemmo di andare a ballare un po’, così andammo in mezzo al giardino, dove la musica sembrava più alta. A parte durante lo Spring Break di qualche mese prima non avevo mai passato la serata a ballare e mi piaceva tantissimo. Mi faceva sentire libera e felice e mi distraeva dal costante peso di dover prendere voti altissimi e la pressione di dover diventare un importante avvocato.
“Vado a prendere qualcosa da bere.” Disse Perrie dopo un po’. Non sapevo nemmeno quanto tempo avevamo passato a ballare, ma appena mi fermai sentii i piedi fare male. “Vuoi qualcosa?” Mi domandò.
“No, grazie.” Risposi. La ragazza annuì e si riavvicinò al tavolo degli alcolici, mentre io cominciai a guardarmi intorno. Ecco, quella era esattamente l’esperienza del college che avevo sempre sognato. Beh, non proprio esattamente, c’era sempre Legge che non mi permetteva di essere completamente felice. Perché se fosse stato per me, io avrei scelto sicuramente…
“Ouch!” Esclamai quando una ragazza mi pestò il piede con un tacco a spillo.
“Scusa! Mio dio, scusa!” Disse lei, con la voce impastata. Una sua amica la stava tenendo in piedi e la trascinava in giro.
“E’ ubriaca, non farci caso!” Urlò. Non sapevo chi delle due fosse più devastata. Sorrisi e scossi la testa, come per dire che non era assolutamente un problema. Spostai lo sguardo sul tavolo degli alcolici per vedere che fine avesse fatto Perrie e notai che stava parlando con un ragazzo. Gesticolava e sorrideva più del solito, segno che quel ragazzo con la maglietta bianca che mi girava le spalle le piaceva. Sorrisi e ricominciai a guardarmi intorno. Forse sarei tornata a ballare da sola. Sì, perché no? In fondo era divertente. C’era talmente tanta gente che stava ballando che avrei potuto tranquillamente passare una bella serata e magari conoscere qualcuno di nuovo.
“Delilah?” Sentii chiamare una voce alle mie spalle. La ignorai e cominciai a camminare in mezzo verso al gruppo che stava ballando. “Delilah, sei proprio tu?” La voce disse ancora. Questa volta sentii anche una mano posarsi sulla mia spalla e mi girai di scatto, trovandomi davanti il ragazzo riccio con gli occhi verdi che avevo quasi baciato a Miami.

 



Buona domenica!
Scusate se non ho postato sabato, ma mi sono completamente dimenticata :)
Ecco il nuovo capitolo della mia nuova storia e spero che vi piaccia! Abbiamo fatto un salto in avanti di qualche mese ed Elizabeth sta cominciando il secondo anno al college.
E sembra andare tutto bene, almeno fino alla scoperta che anche Harry frequenta Yale!

Cosa ne pensate? Cosa pensate che succederà nei prossimi capitoli?
Sono curiosa di sentire le vostre opinioni su quale sarà la reazione di Liz :D

Grazie a tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente e grazie per le tre recensioni! Mi hanno fatto davvero piacere!!
Sapete già che vi adoro, ma lo ribadisco ancora una volta!
Il prossimo capitolo, in teoria, dovrebbe essere mercoledì, ma sarò a New York, quindi non ho idea se riuscirò a postarlo o no.
Io porterò con me la storia e cercherò assolutamente di postarla, ma con il fuso orario e tutto non vi assicuro niente!
In ogni caso potete seguirmi su Twitter e su Facebook per avere aggiornamenti :D

Un bacione e alla prossima!! ❤

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Capitolo 3
*** Hey There, Delilah ***




Capitolo 3 – Hey There, Delilah
​ 

“Harry?” Domandai, sgranando gli occhi.
​“Delilah!” Esclamò lui, sorridendo.
​“Elizabeth.” Puntualizzai, provando una sensazione fastidiosa allo stomaco.
​“Tu guarda come è piccolo il mondo.” Disse il ragazzo, senza perdere il sorriso beffardo che aveva anche la prima volta che ci eravamo incontrati.
​“Già, decisamente troppo.” Commentai.
​“Ma è il tuo primo anno a Yale?”
​“No, il secondo.”
​“Non ti ho mai vista alle feste.”
​“Sono entrata a far parte di una confraternita femminile solo quest’anno.” Spiegai, sempre più infastidita.
​“A Miami sei scappata così in fretta…” Cominciò a dire il ragazzo, avvicinandosi di più. “Mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio.” Alzai un sopracciglio, ma non dissi nulla. “Ti va di andare in un posto più tranquillo per parlare?” Mi chiese.
​“Certo, ti piacerebbe.” Dissi e mi allontanai. Raggiunsi Perrie e notai che il ragazzo con cui stava parlando era quello con i capelli neri e gli occhi castani che era insieme a Harry in corridoio a Miami.
​“Liz!” Esclamò Perrie. “Ti presento Zayn.” Aggiunse dopo qualche secondo. Il ragazzo mi guardò per qualche secondo prima di sorridere e porgermi la mano.
​“Elizabeth, piacere di conoscerti.” Dissi, guardandomi intorno nella speranza che Harry fosse sparito.
​“Piacere mio. Perrie mi ha detto che siete Kappa Alpha Theta, giusto?”
​“Sì, proprio così.” Dissi.
​“E’ sempre un piacere avervi alle nostre feste. Spero che vi stiate divertendo.”
​“Moltissimo.” Mentii. In realtà da quando avevo scoperto che Harry frequentava il mio stesso college avevo completamente perso la voglia di essere in quel giardino. E se Liam avesse scoperto che l’avevo quasi baciato a Miami? Non mi avrebbe mai più parlato e non potevo permetterlo. Stavamo insieme da un anno ormai, non potevo lasciare un episodio così stupido rovinare tutto. Non potevo lasciare un ragazzo così odioso e pieno di sé rovinare tutto.
​“Oh, eccovi.” Sentii di nuovo la voce fastidiosa e roca di Harry alle mie spalle e sussultai. “Sei sparita di nuovo. Cosa studi qui a Yale, tecniche ninja?” Domandò.
​“Legge.” Replicai piccata. Zayn e Perrie ci guardarono per qualche secondo con espressioni perplesse prima di tornare alla loro conversazione. “E, ripensandoci, sì, andiamo in un posto tranquillo a parlare, perché ti devo giusto dire un paio di cose.” Dissi. Harry annuì e rientrammo in casa. Mi guidò al piano superiore e aprì la terza porta a destra. Una camera da letto. Aprii la bocca per esprimere il mio disappunto, ma Harry mi interruppe.
​“Prima che cominci a farmi una predica da avvocato, ti ho portata qui davvero per parlare, anche se preferirei di gran lunga fare altro.”
​Richiusi la bocca ed entrai nella sua stanza.
​“Ti prego, non dire a nessuno quello che è successo a Miami.” Dissi.
​“Perché, cos’è successo?” Domandò Harry ed ecco che ricomparve il suo odioso sorriso beffardo. Socchiusi gli occhi ed emisi un suono frustrato.
​“Sto parlando della piscina.” Dissi.
​“Ma non è successo nulla, Delilah. Sei sparita prima che potesse succedere qualsiasi cosa.” Replicò Harry.
​“E non succederà mai nulla, chiaro? Ho un ragazzo e… e a Miami ero ubriaca.” Dissi, balbettando e perdendo quel poco di sicurezza che avevo fino a pochi minuti prima.
​“D’accordo, sarò muto come un pesce.” Rispose Harry.
​“Bene.” Dissi, camminando verso la porta. “E comunque mi chiamo Elizabeth.” Aggiunsi prima di uscire dalla sua stanza e tornare in giardino, dove trovai Eleanor insieme al ragazzo con gli occhi azzurri che aveva riso quando mi aveva vista nel corridoio dell’hotel a Miami. Quello insieme a Harry e Zayn.
​“Liz, dov’eri finita?” Mi chiese la mia amica.
​“In casa.” Risposi, rimanendo sul vago.
​“Volevo presentarti Louis, il presidente degli Zeta Psi.” Disse la ragazza.
​“Piacere di conoscerti, anche se ci siamo già visti, giusto?”
​“Memoria di ferro.” Commentai. “Miami, giusto?”
​“Giusto. Eri in corridoio, chiusa fuori. Poi Eleanor ha aperto la porta in accappatoio.” Replicò il ragazzo, posando lo sguardo su El e sorridendo.
​Perrie ci raggiunse insieme a Zayn in quel preciso istante.
​“Oh, siete tutte qui, che bello! Due parole?” Ci chiese. El ed io annuimmo e la seguimmo lontano dai ragazzi. “Che ne dite di tornare a casa?”
​“Sì, direi di sì.” Risposi, felice di avere una scusa per tornare in un posto sicuro, lontano da quell’odioso pallone gonfiato che continuava a chiamarmi con il nome sbagliato.
​“Ma io…” Cominciò a dire Eleanor.
​“No. Mi dispiace, ma assolutamente no.” La interruppe Perrie.
​“Non sai nemmeno cosa stavo per dirti!”
​“Certo, non volevi dirmi che vorresti passare la notte con il tizio, vero?”
​“Beh…”
​“No.” Ripeté ancora Perrie.
​“Ma sarà la mia vita?”
​“Sì, ma ti piace, giusto? E gli Zeta Psi hanno più o meno tutti la stessa reputazione: si portano a letto chiunque.” Disse Perrie. “Quindi, se ti piace e vuoi rivederlo, il mio consiglio è quello di farlo aspettare. Non essere semplicemente l’ennesima ragazza che si porta a letto.” Aggiunse la ragazza.
​“Non avrei mai pensato di sentire un consiglio sensato uscire dalla bocca di Perrie Edwards. Signore e signori, nevicherà ad agosto!” Scherzò Eleanor. “Comunque hai ragione. Cercherò di resistere, nonostante vorrei già essere in camera sua.”
​Scossi la testa e sorrisi.
​“Beh? Tu non hai trovato nessuno di interessante? Ti ho vista parlare con Styles.” Disse Perrie.
​“Chi? No, non era nessuno. E poi io sto con Liam, ricordi?” Risposi immediatamente.
​“Ah, già.”
​“Piuttosto, tu e Zayn?”
​“Sto seguendo lo stesso consiglio che ho dato ad El. Lo faccio aspettare e se mi vuole ancora, bene. Altrimenti mi cerco un Alpha Delta Phi e buonanotte.”
​Scoppiammo tutte a ridere e decidemmo di tornare davvero a casa. Nonostante le lezioni non fossero ancora cominciate volevamo riuscire a dormire almeno un paio d’ore.
​ 
​“Allora, com’è andata la tua prima festa? Mi dispiace solo che non sia venuta ad una delle nostre.” Disse Liam il giorno seguente. Camminavamo per le strade del campus mano nella mano e ci gustavamo un milkshake.
​“E’ stata divertente.” Risposi, sperando di cambiare argomento al più presto. “Non vedo l’ora di venire ad una delle vostre.” Aggiunsi.
​“Abbiamo il mixer con voi la settimana prossima. Vedrai le vere feste delle confraternite come sono diverse da quelle degli Zeta Psi.”
​“Beh, sono sicura che sarà molto più bella.” Dissi, stringendogli leggermente la mano e dandogli un bacio sulle labbra. La sera prima, dopo la festa, avrei voluto marciare nella casa degli Alpha Delta Phi e passare del tempo da sola con lui, ma sapevo che era impegnato con la cerimonia d’iniziazione e non volevo disturbarlo. Così ero tornata nel mio dormitorio e avevo passato la notte a guardare il soffitto tra i bagagli pronti. Mi sarei trasferita nella nuova casa quel pomeriggio e non vedevo l’ora.
​“Cos’hanno detto i tuoi genitori quando gli hai detto che ti univi alle KAT?” Chiese improvvisamente Liam. Lui conosceva mia madre e mio padre. Sapeva come erano fatti.
​“Non ne erano felicissimi, ma mi hanno detto che posso rimanere se non influisce sui miei voti.” Risposi, sospirando. “Mi hanno anche detto che sanno che anche tu fai parte di una confraternita e i tuoi voti sono ottimi e sei un bravo ragazzo, quindi alla fine si sono convinti del tutto. Non credo che li vedrò quando ci sarà la settimana in cui i genitori visitano le case delle confraternite, ma non importa.” Dissi. Liam mi guardò di traverso per qualche secondo.
​“Da quando non ti importa cosa pensano i tuoi genitori?”
​Alzai le spalle e continuai a camminare al suo fianco.
​“Ho quasi vent’anni e sono al college, lontana da casa. Penso che sia ora di fare quello che voglio, no?” Chiesi.
​“Beh sì, ma sai come sono fatti i tuoi genitori. Sai cosa c’è in gioco, occhio a non farli arrabbiare.” Mi avvertì Liam. 
​“Tranquillo, sarò un angioletto come sempre. Avrò bellissimi voti e continuerò a frequentare il ragazzo meraviglioso che approvano.” Dissi, sorridendogli. I miei genitori avevano voluto conoscere Liam e, al contrario dei pochi altri ragazzi che avevo frequentato, l’avevano trovato perfetto per me. Forse era perché anche lui frequentava Legge e anche la sua famiglia era composta da importanti avvocati. O forse era semplicemente perché era davvero un bravo ragazzo e mi trattava bene.
​“Brava.” Disse Liam, voltandosi e dandomi un bacio sulle labbra. “Adesso devo tornare alla confraternita, oggi abbiamo la vera e propria iniziazione.” Aggiunse con un sorriso.
​“Come funziona?” Domandai.
​“Vedremo di che pasta sono fatti i novellini e gli faremo pulire i bagni.” Rispose.
​“Liam!” Esclamai ridendo. “Ma poverini!”
​“Sono ragazzi in gamba, lo sopporteranno.” Rispose Liam. Ormai eravamo davanti alla casa degli Alpha Delta Phi e dovevamo salutarci.
​“Non strapazzarli troppo.” Dissi dopo avergli dato un altro bacio sulle labbra.
​“D’accordo.” Rispose. “A stasera!” Aggiunse.
​ 
​Quella sera Eleanor, Perrie, io e Liam decidemmo di passare una serata tranquilla e andammo al Toad’s, il pub del campus. Poco dopo esserci seduti ci raggiunsero anche Zayn e Louis, che presero posto di fianco ad Eleanor e Perrie. Notai che anche Harry era entrato nel locale ma lo ignorai di proposito. Salutò Zayn e Louis e poi si avvicinò ad un ragazzo biondo con gli occhi azzurri che stava bevendo una birra e giocando a biliardo. Non che stessi controllando ogni suo minimo movimento.
​“Liz?” Mi chiamò Eleanor.
​“Sì?”
​“Ti stavo chiedendo se, secondo te, il tema del mixer con gli Alpha Delta Phi potrebbe essere gli anni Ottanta.”
​“Oh sì, credo che sia un’ottima idea! Quindi te ne occupi tu?” Domandai.
​“Beh, in un certo senso sì. Io mi occupo del calendario sociale e Perrie si occupa dei dettagli delle feste. Di solito lo facciamo insieme e mi piacerebbe che ci aiutassi.” Rispose la ragazza.
​“Lo farò volentieri.” Replicai. Non riuscivo a smettere di lanciare occhiate nella direzione di Harry per controllare che non decidesse di venire al tavolo e dire qualcosa a Liam. “Non che abbia molta esperienza con i party, ma per quello che vale vi aiuterò.” Aggiunsi.
​“Quando eravamo più piccole mi ricordo che avevi un grande senso artistico. Facevi dei disegni bellissimi.” Disse El. “Non disegni più?”
​“No, ho lasciato perdere. Non era produttivo.” Risposi e abbassai lo sguardo. In realtà, se fosse stato per me, avrei scelto di fare proprio quello al college: arte.
​“Beh, troveremo di sicuro qualcosa da farti fare.” Disse poi la ragazza.
​“Ma essendo un mixer noi non siamo invitati, vero?” Domandò Zayn dopo qualche secondo. Perrie e d Eleanor guardarono lui e Louis con un’espressione leggermente imbarazzata.
​“Perché no?” Intervenne poi Liam. “Se sono il vostro più uno non c’è problema, giusto? Basta che non portate con voi tutti gli altri Zeta Psi, altrimenti non è più un mixer.”
​“Giusto.” Disse Perrie.
​La serata era iniziata con un po’ di imbarazzo e disagio da parte di tutti. C’era della tensione tra Liam e i ragazzi Zeta Psi perché erano in due confraternite ‘rivali’ e io ero a disagio perché Harry stava giocando a biliardo esattamente di fronte a me. Qualche drink dopo, però, la situazione si risolse e cominciammo tutti a chiacchierare amabilmente.
​“Vado un secondo in bagno, torno subito.” Dissi e mi alzai dal divanetto dove ero seduta.
​ 
​Quando passai di fianco al biliardo, sulla strada per tornare al tavolo con Liam e gli altri amici, Harry mi bloccò la strada con la stecca del gioco.
​“Così è quello il tuo ragazzo?” Mi domandò.
​“Sì, io e Liam stiamo insieme da un anno.” Replicai. “Ma non vedo perché dovrebbe interessarti.”
​“No, niente. E’ solo che non credevo che stessi con uno come Payne.” Disse ancora Harry, restando sul vago.
​“Uno come… no, so cosa stai facendo. Non entrerai nella mia testa.” Replicai e mi allontanai dal biliardo dove Harry stava continuando la partita con il suo amico biondo. Mi sedetti sul divanetto di fianco a Liam e mi strinsi a lui, come per cercare sicurezza.

​ 



Buongiorno!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato!
C'è tensione tra Harry e Liz :D

Grazie a chi ha recensito (sapete che siete fantastiche e vi adoro!), a chi ha letto e a chi ha inserito la mia storia tra le seguite, preferite e ricordate!
Spero di riuscire a postare il prossimo sabato, ma non sono sicurissima perché sarò ancora a NYC.
In ogni caso, se volete seguirmi su Twitter e su Facebook posto sempre aggiornamenti sulle mie storie!

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Capitolo 4
*** Back to the 80s ***


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Capitolo 4 – Back to the 80s


La stanza che condividevo con Eleanor era spaziosa e c’erano due letti da una piazza e mezza, due scrivanie, due armadi e un tavolino con due poltrone davanti ad una delle finestre. Era colorata ed accogliente e mi piaceva tantissimo perché era completamente diversa dalla camera a casa dei genitori e da quella del dormitorio in cui dormivo l’anno prima.
​Il letto era davvero comodo, ma continuavo a rigirarmi tra le coperte e ad aggiustare il cuscino perché non riuscivo a dormire.
​“Liz?” Mi chiamò improvvisamente Eleanor.
​“Sì?”
​“Non riesci a dormire?”
​“No. Scusa, ti sto dando fastidio?” Domandai. Forse la ragazza sentiva il mio continuo rotolare da una parte all’altra del letto.
​“No, figurati. Anch’io non riesco a dormire. Sto continuando a pensare a Louis. Tu?”
​La verità era che non volevo che Harry entrasse nella mia testa, ma l’aveva fatto con quella frase odiosa che mi aveva detto al pub. “Non pensavo che stessi con uno come Payne.” Cosa voleva dire?
​“A milioni di cose.” Dissi, restando sul vago.
​“Sei contenta di esserti trasferita?” Mi domandò El.
​“Sì, è stata la decisione migliore che ho preso negli ultimi anni.” Dissi. “Grazie.”
​“E di che? A me fa piacere averti qui con me. E sai che se hai qualche problema puoi parlarmene, vero?”
​“Grazie.” Ripetei. In realtà non avevo voglia di parlare di Harry. Non volevo nemmeno pensare a lui, ma quella maledetta frase era rimasta nella mia mente. Dovevo assolutamente scoprire cosa voleva dire. “La stessa cosa vale per te.” Aggiunsi dopo un po’.
​“Buonanotte, Liz.”
​“’notte, El.”
​Sentii la mia amica sistemarsi meglio e dopo pochi minuti il silenzio, segno che si era addormentata. Io, invece, continuai ad osservare le ombre che il lampione fuori dalla nostra finestra proiettava sul muro.
​ 
​Il mattino successivo ero stanca e irritata perché non ero riuscita a dormire per più di un paio d’ore e decisi di andare a trovare Harry per chiedergli spiegazioni. Dopo la colazione, a base di tanto caffè, raggiunsi la casa degli Zeta Psi e suonai il campanello. Aspettai cinque minuti buoni prima che qualcuno aprisse la porta. Davanti a me comparve un assonnatissimo Louis.
​“Cosa c’è di così importante a quest’ora del mattino?” Domandò sbadigliando. Guardai l’orologio e sbuffai.
​“Sono le dieci.” Risposi.
​“L’alba.” Replicò Louis, spostandosi dalla porta per lasciarmi entrare. “Comunque in cosa possiamo esserti utili?”
​“Sto cercando Styles.” Dissi, guardando oltre il presidente degli Zeta Psi. La casa era un disastro: c’era gente addormentata per terra e sui divani, bicchieri vuoti o mezzi vuoti ovunque, bottiglie vuote. “Ma avete organizzato un party ieri sera?” Chiesi.
​“Liz, per noi tutte le sere è un party.” Rispose Louis con un sorriso. “Comunque Styles è di sopra in camera sua.” Aggiunse, allargando il sorriso. Ok, sapevo che aveva interpretato malissimo le mie intenzioni, ma non avevo tempo per fermarmi a spiegargli che volevo solo un chiarimento su quello che era successo la sera prima. Lo ringraziai e salii le scale, evitando cautamente una ragazza semisdraiata sugli scalini che dormiva profondamente.
​Bussai alla porta della camera di Harry e, quando non rispose, entrai comunque. Il ragazzo era addormentato nel suo letto, coperto solo in parte da un lenzuolo rosso scuro, il colore della confraternita degli Zeta Psi. Indugiai per qualche secondo sul suo fisico, prima di riprendermi e ricordami il motivo per cui ero andata da lui.
​“Styles!” Dissi a bassa voce. Il ragazzo non diede il minimo segno di avermi sentita e continuò a dormire. “Styles!” Esclamai più forte. Ancora nulla. “Styles, svegliati!” Questa volta la mia voce era piuttosto alta e il ragazzo si svegliò improvvisamente, guardandosi intorno.
​“Cosa cavolo…” Cominciò a dire. Poi notò che ero in piedi di fronte al suo letto e assunse un’aria compiaciuta. “Lo sapevo che non riuscivi a stare lontana. Sei qui per quello che penso?” Domandò.
​Assunsi un’espressione disgustata e socchiusi gli occhi.
​“Neanche morta.” Risposi. “Sono qui per sapere cosa intendevi ieri sera con la frase che mi hai detto al pub.” Aggiunsi.
​“Non ricordo cosa ti ho detto.” Mentì il ragazzo. Sapevo che non era vero, si stava solo divertendo a prendermi in giro.
​“Lo sai benissimo. Hai detto che non pensavi che stessi con uno come Payne. Cosa volevi dire? Com’è Liam?” Domandai. Ero nervosa, volevo sapere cosa intendeva.
​“Oh, quello.” Rispose lentamente Harry, alzandosi a sedere e stiracchiandosi. Sembrava quasi che stesse facendo apposta per farmi vedere i suoi muscoli.
​“Allora?” Domandai.
​“Non volevo dire niente, era solo una frase.”
​“Andiamo, non è vero.” Insistetti.
​“Ok, non ti conosco, ma per quello che ho potuto vedere a Miami sei divertente e piena di vita. Non pensavo che potessi stare con uno noioso come Payne.” Ammise infine.
​“Tu non sai assolutamente nulla di me.” Dissi immediatamente. “E Liam non è noioso.” Aggiunsi prima di girarmi e allontanarmi dalla sua camera.
​“Wow.” Commentò Louis mentre beveva una tazza di caffè in cucina.
​“Cosa?” Domandai.
​“Non pensavo che Harry fosse così veloce… se sai cosa intendo.” Scherzò il ragazzo, facendomi l’occhiolino.
​Scossi la testa ed uscii dalla casa degli Zeta Psi il più velocemente possibile. C’era proprio gente simpatica in quella confraternita. Già.
​ 
​“Shopping?” Mi domandò Eleanor quel pomeriggio.
​“Sì.” Risposi, grata di avere un motivo per liberare la mente dalla conversazione avuta quella mattina con quell’idiota presuntuoso.
​“Dobbiamo prendere dei vestiti ispirati agli anni Ottanta per la festa di domani sera.” Disse El. “Perrie mi ha fatto vedere il suo ed è bellissimo.”
​“Davvero? Non l’ho ancora visto!”
​“Me l’ha mostrato questa mattina, quando sei misteriosamente sparita.”
​“Sono andata dagli Zeta Psi.” Ammisi. Eleanor assunse un’espressione incuriosita e attese una spiegazione. “Dovevo parlare con Styles e chiedergli cosa intendeva con una frase che ha detto ieri sera al pub. Mi stava facendo impazzire.”
​“Okay.” Rispose El. “Tutto a posto adesso?”
​“No. Cioè sì, è solo un cretino e dovrei evitare di dare peso a quello che dice.”
​“Cos’ha detto di così terribile?” Domandò la ragazza.
​“Ha insinuato che Liam è una persona noiosa.”
​“Lascialo perdere.” Disse semplicemente El, sorridendo. “Vieni, andiamo a fare shopping così ti distrai.”
​“Grazie.” Dissi mentre uscivamo dalla casa delle Kappa Alpha Theta e salivamo sull’auto della ragazza, dirette al centro commerciale.
​ 
​Il giorno seguente Eleanor, Perrie ed io passammo il pomeriggio a definire gli ultimi dettagli per la festa, come le canzoni per la playlist. Quando entrammo nella casa degli Alpha Delta Phi gli altoparlanti stavano trasmettendo “Real Wild Child” di Iggy Pop a tutto volume ed ero davvero di buonumore. Stavo indossando un vestito coloratissimo con accessori neon ed Eleanor, Perrie ed io ci eravamo truccate e pettinate come negli anni Ottanta. Era tutto perfetto ed era la mia prima festa a casa di Liam.
​“Elizabeth!” Esclamò il ragazzo. Mi abbracciò e mi diede un bacio sulle labbra.
​“Ciao, Liam!” Risposi. “La festa è bellissima.”
​“Beh, dobbiamo fare i complimenti a voi ragazze. Siete state voi ad organizzare tutto, noi abbiamo solo comprato gli alcolici.” Replicò il ragazzo.
​“E’ stato divertente!” Esclamò Perrie. Louis e Zayn non erano ancora arrivati, così stavamo passando un po’ di tempo insieme.
​“Vi prendo qualcosa da bere?” Domandò Liam.
​“Sì, grazie. Una birra per me.” Rispose Perrie.
​“Anche per me.” Disse El.
​“E per te?” Mi domandò il ragazzo.
​“Va benissimo anche per me, grazie.”
​“Comunque sei bellissima.” Mormorò nel mio orecchio prima di allontanarsi per raggiungere il tavolo degli alcolici. Quando tornò porse i bicchieri ad ognuna di noi ragazze e poi mi cinse i fianchi con un braccio.
​“Volevo dirti che stai bene anche tu. Gli anni Ottanta ti si addicono.” Dissi.
​“Eccovi!” Esclamò improvvisamente Louis, raggiungendoci insieme a Zayn. “Vi abbiamo cercate ovunque.”
​“Lou!” Esclamò Eleanor, cominciando a sorridere. Sembrava davvero felice di vedere il ragazzo. Perrie, invece, finse indifferenza nei confronti di Zayn. Lo salutò ma non dimostrò emozioni particolari. Sospettai che si trattasse semplicemente di una tattica per conquistarlo.
​“Andiamo a ballare?” Propose Eleanor dopo qualche minuto di chiacchiere. Guardai Liam, che annuì.
​Stavamo insieme da un anno, eppure non eravamo mai andati a nessuna festa e non avevamo mai ballato insieme. Ero curiosa di sapere come se la cavava. Fortunatamente era arrivato il momento della playlist delle ballate, così ci avvicinammo e ballammo “True Colors” di Cyndi Lauper e “Heaven” di Bryan Adams dondolando sul posto.
​ 
​“Liam, ti va di bere qualcosa da soli?” Domandai ad un certo punto della serata. Il ragazzo non se la cavava male a ballare, ma sembrava che non si stesse divertendo.
​“Certo.” Rispose. Camminammo verso il tavolo degli alcolici, recuperammo un paio di bottiglie di birra e salimmo in camera del ragazzo. Liam chiuse la porta a chiave alle sue spalle, così nessuno sarebbe entrato a disturbarci e ci sedemmo sul letto.
​“Ti stavi divertendo?” Chiesi.
​“Sì, è una bella festa.” Rispose distrattamente.
​“Ma…?”
​“Ma sono un po’ preoccupato per le lezioni. Iniziano tra pochi giorni e devo concentrarmi sui voti più che mai quest’anno. Ho bisogno di passare a pieni voti per ottenere quel lavoro a Washington.” Rispose.
​“Liam, andrai benissimo. Non hai mai preso meno del massimo in nessun esame.” Cercai di rincuorarlo. Il ragazzo sospirò ed io non riuscii a fare a meno di pensare alle parole di Harry, contro la mia volontà. Eravamo da soli, sul letto, durante una festa e dopo aver bevuto. Una coppia normale probabilmente ne avrebbe approfittato, mentre noi stavamo parlando di voti e lezioni.
​“Sì, hai ragione.” Rispose Liam, voltandosi a guardarmi. “E tu? Non ti avevo mai vista così scatenata. Non sapevo che ti piacessero le feste.”
​“Non lo sapevo nemmeno io.” Risposi, alzando le spalle. “Le ho sempre evitate per evitare di distrarmi, ma sono davvero divertenti. Dovremmo farlo più spesso, però. Mi piace questa nuova vita.” Aggiunsi, avvicinandomi ulteriormente al ragazzo e dandogli un bacio.
​“Mmh, sì, direi di sì.” Replicò il ragazzo ricominciando a baciarmi nello stesso istante in cui finì di parlare. Cominciai a slacciare i bottoni della sua camicia, mentre continuavo a pensare che Harry non sapeva proprio nulla né di me e né di Liam. Non era un ragazzo noioso, era semplicemente concentrato sui suoi obiettivi e non si lasciava distrarre facilmente. Al contrario di lui, che era uno sfaticato che non combinava nulla, a parte cercare di portarsi a letto tutto ciò che respirava.
​ 
​“Sicura che non vuoi fare colazione qui?” Mi chiese Liam. Era la prima volta che mi fermavo a dormire da lui. L’anno prima, tutte le volte che veniva a trovarmi, rimaneva a dormire nel mio dormitorio. E l’idea di farmi vedere da tutti i suoi compagni di confraternita mi faceva sentire un po’ in imbarazzo.
​“Tranquillo, mi fermo a prendere qualcosa da Starbucks.” Risposi. “Così tu hai tempo di fare la doccia e di andare a studiare in biblioteca.” Aggiunsi.
​“Perfetto. E’ stato bello averti qui stanotte.” Disse Liam, alzandosi a sedere. Sorrisi mentre mi rivestivo.
​“Anche a me è piaciuto.” Dissi. Mi avvicinai per dargli un bacio sulle labbra prima di uscire il più silenziosamente possibile dalla casa degli Alpha Delta Phi.
​Fortunatamente non trovai nessuno sulla mia strada, così tirai un sospiro di sollievo quando chiusi la porta alle mie spalle. Non che passare la notte con il mio ragazzo fosse sbagliato. Stavamo insieme da un anno e non me ne vergognavo. Però sapevo come erano fatti gli uomini e non volevo stare a sentire le loro battutine su quello che era successo.
​“Guarda, guarda.” Sentii la voce di Harry alle mie spalle quando cominciai a camminare verso la casa delle KAT. Mi fermai e roteai gli occhi al cielo.
​“Ma tu non dovresti dormire a quest’ora?” Domandai. Erano le nove del mattino, cosa ci faceva sveglio?
​“Vado in palestra.” Rispose, raggiungendomi e facendomi vedere il borsone. “Sai, alcuni di noi si allenano in altri posti oltre alle camere da letto dei propri fidanzati Alpha Delta Phi.”
​“Ma ti diverti a tormentarmi?” Chiesi, girandomi a guardarlo negli occhi.
​“Sei un bersaglio facile.” Scherzò il ragazzo con un sorriso. “Ma non ti sto tormentando, sei tu che la prendi troppo sul personale.” Aggiunse poi.
​“Oh, certo.”
​“Sei tu che ti incazzi ogni volta che mi vedi, come se avessi tirato un calcio al tuo orsacchiotto preferito o qualcosa del genere. E onestamente non capisco perché, visto che tra di noi non è mai successo nulla.” Disse. “A meno che…”
​“A meno che cosa?” Chiesi immediatamente.
​“A meno che io non ti piaccia.” Rispose.
​“Sai, Styles, se studi Psicologia forse è il caso che tu cambi facoltà. Ho l’impressione che non sia il tuo forte.” Replicai piccata.
​“Nah. Studio Arte.” Disse lui, sorridendo di nuovo. Notai le fossette ai lati della sua bocca e distolsi lo sguardo. “Ma forse dovrei cambiare davvero facoltà e cominciare a studiare Psicologia, perché io dico che ci ho azzeccato.”
​“Continua a sognare.” Risposi e ripresi a camminare verso casa.

​ 



Buongiorno da New York!
Lascio a voi i commenti per questo capitolo e spero che vi sia piaciuto!
Cosa ne avete pensato?

Grazie, come sempre, per tutto <3
Dovrò inventarmi nuovi modi per dirvi che siete fantastiche eehehhe!

A mercoledì per il prossimo capitolo! Dovrei essere tornata in Italia per quel giorno e se il jet lag me lo permetterà posterò :D
In ogni caso, se volete seguirmi su Twitter e su Facebook posto sempre aggiornamenti sulle mie storie!

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Capitolo 5
*** The Surprise ***


Capitolo 5 – The Surprise

“Frena!” Esclamò Eleanor quando entrai in casa dopo l’incontro sgradito con Harry. “Sembri Toro Seduto, cosa ti è successo?”
“Niente.” Risposi. Mi ero persino dimenticata di fermarmi da Starbucks per quanto Harry mi aveva irritata. Eleanor alzò un sopracciglio ma non disse nulla. “E’ quell’idiota di Styles. L’ho incontrato stamattina e mi ha fatto delle battutine su quello che ho fatto ieri sera con Liam.” Aggiunsi. Ci si sentiva bene a sfogarsi. Non mi era mai capitato di cacciarmi in situazioni del genere. Anzi, ci ero sempre stata più che attenta perché mi avrebbero distratto dalle lezioni e basta. Sapevo di essere fortunata ad avere ripreso i rapporti con El, perché avevo disperatamente bisogno di un’amica.
“Andiamo su.” Propose la ragazza.
“Faccio una doccia veloce e sono da te.” Risposi, prendendo l’accappatoio e tutto l’occorrente per la doccia e chiudendomi in bagno. Avevo bisogno di pensare per qualche minuto. Il fatto che Harry studiasse Arte continuava a tormentarmi, insieme alla frase che aveva detto, insinuando che io avessi una cotta per lui. Certo, come no. Gli sarebbe piaciuto. Io ero innamorata di Liam, il ragazzo giusto per me.
“Pronta a dirmi quello che è successo?” Mi chiese El quando la raggiunsi in camera nostra. Mi sedetti sul mio letto e guardai fuori dalla finestra per qualche minuto. Il sole splendeva e faceva ancora caldo. Sarebbe stato un peccato cominciare le lezioni e doversi chiudere in biblioteca con quel tempo.
“A Miami Styles ed io ci siamo quasi baciati in piscina.” Confessai dopo quello che mi sembrò un tempo infinito. “E da quando ci siamo incontrati di nuovo, alla festa degli Zeta Psi, non fa altro che tormentarmi.”
“Beh, mi sembra piuttosto ovvio che lo fa perché gli piaci.” Disse saggiamente Eleanor.
“No, credo che gli abbia dato fastidio il fatto che io non sia andata a letto con lui, come il resto della popolazione femminile del campus, quindi mi sta tormentando per quello. Crede che io abbia una cotta per lui! Dimmi se non è presuntuoso.”
“Ma a te non piace nemmeno un po’?” Chiese la ragazza.
“No.” Risposi con tono piatto. “Io sto con Liam.” Aggiunsi.
“Posso dirti una cosa onestamente?”
“Certo.”
“Quel tuo ‘io sto con Liam’… lo usi quasi come se fosse una scusa. Ma tu sei davvero innamorata di lui?”
“Sì.” Risposi automaticamente, senza pensarci. Ma lo ero veramente? Stavo con lui perché provavo dei sentimenti forti oppure perché i miei genitori lo approvavano e volevano che stessimo insieme, quindi mi ero convinta di provare qualcosa per lui? Per quanto odiassi ammetterlo sembravamo una vecchia coppia sposata, non due ragazzi del college che si frequentavano da un anno. “Non lo so.” Ammisi infine.
“Vuoi parlarne?” Mi chiese la ragazza, offrendomi un sorriso gentile.
“Come si fa a sapere se si è innamorati di qualcuno?” Domandai.
“Beh…” Cominciò lei. “Cosa provi quando siete insieme?”
“Io… non lo so.”
“In teoria quando sei innamorata di qualcuno dovresti provare delle emozioni quando sei con questa persona. O anche solo quando ci pensi. Non so, farfalle nello stomaco, battito accelerato e cose del genere.”
“E’ quello che provi quando sei con Louis?” Domandai.
“Non penso di essere ancora innamorata di lui, ma… credo di essere sulla buona strada. Di certo pensare a lui mi mette di buonumore e quando siamo insieme le farfalle nello stomaco sono tante.”
“Il problema è che Styles mi ha messo in testa l’idea che Liam è un ragazzo noioso e non l’ho mai pensato fino a quando non me l’ha suggerito lui. E in effetti non facciamo mai nulla di interessante. Parliamo sempre di lezioni e cose del genere.” Dissi.
“Perché non provi a parlarci? State insieme da un anno, credo che possiate risolvere la cosa, no?”
“Penso di sì. Ma come faccio a dirgli che vorrei fare qualcosa di diverso?”
Eleanor ci pensò su per un po’.
“Ho un’idea migliore: tu non dirglielo, fallo e basta. Pensa alle cose che vorresti fare con lui e proponigliele.”
“Tipo, se invece di andare a cena fuori in un ristorante elegante mi andasse di mangiare una pizza e fare una passeggiata per il campus?” Chiesi. La ragazza annuì con vigore.
“Sì, cose del genere. Se Liam non pensa a queste cose, pensaci tu.”
“Grazie per i consigli, El. Se posso fare qualsiasi cosa per te dimmelo.”
“In effetti una cosa ci sarebbe.” Cominciò la ragazza. La guardai con aria interrogatoria.
 
“Perché?” Domandai la settimana successiva, quando mi ritrovai a dare il benvenuto ai genitori di tutte le ragazze KAT insieme ad Eleanor. Era la giornata in cui le famiglie potevano andare a trovare le figlie e visitare la nostra confraternita femminile. Tiffany aveva organizzato una grande cena e attività per intrattenere tutti i genitori.
“Sei una brava ragazza, ai genitori piaci.” Rispose semplicemente Eleanor, prima di sorridere e dare il benvenuto alla famiglia di Perrie. 
Non ero sicura che quel motivo fosse abbastanza per farmi stare tutta la mattina davanti alla porta a consegnare bandierine rosa con le lettere della nostra confraternita a tutti quelli che si presentavano, ma non espressi quel pensiero perché ero grata ad El per quello che stava facendo per me. Quello era il minimo che potessi fare per lei.
“Oh, salve signor Jenkins! Signora Jenkins!” Esclamò Eleanor, consegnando ad una coppia di mezza età una bandierina. “Sono i genitori di Tiffany.” Sussurrò poi la ragazza.
“Oh, in effetti la madre è uguale.” Risposi.
“Anche lei era presidentessa delle KAT ai suoi tempi.” Continuò Eleanor. “Infatti Tiffany è stata una scelta logica quando si è trattato di eleggere la nuova presidentessa l’anno scorso.”
Annuii interessata. Improvvisamente notai un’auto con i finestrini oscurati accostare davanti alla casa. Quando si aprì la portiera posteriore e ne uscì mia madre rimasi quasi scioccata. Subito dopo di lei comparve anche mio padre, lasciandomi a bocca aperta.
“Signor Vanderbilt, signora Vanderbilt.” Disse Eleanor, quasi scioccata quanto me. “E’ un piacere avervi con noi.” Aggiunse.
“Grazie. Eleanor Calder, giusto?” Chiese mia madre. La ragazza annuì e io porsi una bandierina a mio padre, non sapendo cos’altro fare.
“Elizabeth, come stai?” Mi chiese mio padre, dopo aver osservato l’oggetto che aveva appena preso in mano con aria incuriosita.
“Bene, grazie. Non sapevo che sareste venuti.” Risposi. In realtà non li avevo nemmeno invitati, perché sapevo che non avrebbero mai trovato il tempo per venire fino a New Haven in Connecticut per vistare la mia confraternita. Non avrebbero mai perso due ore di viaggio in auto all’andata e due al ritorno per una questione del genere.
“Ci ha avvisati la madre di Liam.” Disse mia madre, come se mi avesse letto nel pensiero. “Siamo venuti volentieri a vedere dove vivi adesso.” Aggiunse la donna.
Mi sentii a disagio e fuori posto, rendendomi conto di essere in jeans e maglietta con le lettere KAT e non in uno dei vestiti eleganti che avrebbe sicuramente preferito mia madre.
“Scusate se non ve l’ho detto, credevo che non avreste fatto in tempo.” Dissi dopo un po’.
“Tesoro, lo sai che per te abbiamo sempre tempo.” Rispose mia madre, avvicinandosi per darmi un bacio sulla guancia. In realtà fece solo il gesto, perché le sue labbra e la mia guancia non vennero mai a contatto.
“Ci vediamo dopo, allora.” Mormorai e li guardai entrare. Mi voltai verso Eleanor, che mi stava guardando con aria stralunata e scossi la testa, come per dirle che non avevo la minima idea che sarebbe successo.
 
“Così hai cominciato le lezioni pochi giorni fa?” Mi chiese mia madre dopo cena. I miei genitori erano stati gentili con tutti e si erano mostrati piuttosto interessati a tutto quello che riguardava la mia nuova vita alla confraternita. Non sembravano nemmeno disapprovare, il che era una grandissima novità.
“Sì.” Risposi.
“E la confraternita non ti toglie tempo per studiare?”
“No, anzi. Le ragazze lo incoraggiano. Ogni giorno dedichiamo delle ore allo studio tutte insieme.” Risposi.
“Bene, mi fa piacere.” Disse mia madre, guardandosi intorno. “E Liam come sta?”
“Sta bene, è il presidente degli Alpha Delta Phi e anche loro oggi avevano la giornata dedicata ai genitori, quindi non è riuscito a passare.” Spiegai.
“Ottimo.” Replicò mia madre. Mi ritrovai a sperare con tutta me stessa che, per una volta, mi chiedessero come stavo io, se ero felice, se stavo facendo quello che volevo fare davvero nella mia vita.
“Mamma?” La chiamai, sentendo improvvisamente l’urgenza di parlarle con tutta l’onestà del mondo. Magari avrebbe capito.
“Sì, Elizabeth?” Replicò con la solita aria severa.
“Niente.” Risposi. Per qualche istante speravo di aver trovato il coraggio di dirle che Legge non faceva per me, ma l’espressione sul suo viso mi diceva che la reazione non sarebbe stata quella che avrei voluto. Avrebbe semplicemente disapprovato e avrebbe dato la colpa alla confraternita.
“Grazie per essere venuti.” Dissi, rassegnata, accompagnandoli fuori dalla casa. Il fatto che si fossero presentati alla giornata delle famiglie mi aveva fatto tornare un barlume di speranza.
“A proposito, cara, domani verrà un reporter di Page Six per fare un articolo su di te e sulla tua confraternita.” Aggiunse mia madre prima di risalire sull’auto con i vetri oscurati che l’avrebbe riportata a Manhattan. Un reporter? Ecco cosa volevano. Dovevano controllare che tutto fosse a posto prima che i giornalisti mi beccassero a fare qualcosa di poco opportuno. Guardai l’auto allontanarsi e decisi che ne avevo abbastanza della giornata delle famiglie. Sarei andata al Toad’s a fare una partita a biliardo per schiarirmi la mente ed evitare di pensare a quello che era appena successo.
 
“Vuoi qualcosa da bere?” Mi chiese Harry mentre giocavo a biliardo. Ci mancava solo lui durante quella giornata orrenda. Mi voltai per dirgli qualcosa di cattivo per farlo andare via, ma mi prese contropiede: aveva due bottiglie di birra in mano e mi stava sorridendo. Era un sorriso sincero, non il solito ghigno beffardo che aveva quando si divertiva a tormentarmi.
“Sì, grazie.” Risposi infine. “Vuoi giocare?”
“Perché no?” Disse il ragazzo, prendendo una stecca e sfregandone la punta con il gessetto. “Come mai qui tutta sola?”
“Non ho voglia di parlarne.” Dissi e colpii la palla bianca con la mia stecca. Ne mandai una in buca e girai intorno al tavolo per trovare una posizione migliore. “Tu?” Chiesi.
“I miei genitori non sono venuti.” Rispose semplicemente, alzando le spalle. Non sembrava che volesse dire altro, così non domandai.
Aspettai che Harry finisse il suo turno e mi appoggiai al tavolo, sorseggiando la birra e sospirando. Come potevo essere stata così stupida da pensare che ai miei genitori interessasse davvero dove e come vivevo perché ci tenevano a me? No, certo, a loro interessava solo che non uscisse un articolo negativo sulla famiglia. Chissà come avrebbero reagito se avessi davvero approfittato della serata per dire loro che avrei voluto cambiare facoltà. Quanto avrei voluto trovare il coraggio di farlo.
“Sei pensierosa.” Disse Harry. “Stavo aspettando che ti accorgessi che è il tuo turno, ma…”
“Scusa, ho la testa da tutt’altra parte.” Replicai, aspettandomi una battutaccia a sfondo sessuale. Invece non solo non arrivò, ma Harry mi sorprese del tutto.
“Vuoi parlarne?” Mi chiese.
“Avrei voluto trovare il coraggio di dire ai miei genitori che Legge non fa per me, che nella vita vorrei fare altro.” Confessai. Non riuscivo a credere di averlo detto ad alta voce.
“Non puoi cambiare e basta, senza dirlo a loro?”
“Sì, in teoria potrei, se fossi una persona qualunque. Ma non si è mai vista una Vanderbilt che molla Legge per fare Arte. Mi diserederebbero. Oltre al fatto che non prendo in mano una matita da anni…” Risposi, ricordandomi l’episodio in cui mia madre mi aveva beccata mentre dipingevo una tela in camera mia e lei, che non veniva mai nella mia stanza, aveva scelto proprio quel momento per entrare senza bussare. Mi sentii come se mi avesse beccata a fumare o a letto con un ragazzo. Non urlò e non fece scenate, perché quello non era il suo stile. Mi guardò semplicemente con disapprovazione e mi intimò di trovare passatempi più costruttivi, come leggere un libro che mi preparasse ai test d’ingresso al college. Avevo tredici anni quando successe e l’ultima cosa che mi passava per la testa era il college, visto che dovevo ancora cominciare l’High School.
“Cosa dice il tuo ragazzo di questa situazione?” Domandò improvvisamente Harry. Lo guardai terrorizzata.
“Liam non lo sa. Ti prego, non dirglielo. Non… non l’ho detto a nessuno oltre a te.”
“Non preoccuparti, terrò la bocca chiusa. Ma tu vieni da me domani pomeriggio.” Disse il ragazzo.
“Styles, non mi sembra il caso di ricattarmi.” Replicai.
“Tu vieni e basta, okay?” Domandò il ragazzo, appoggiando la stecca sul tavolo da biliardo.

 



Buongiorno!
Vorrei scrivervi qualcosa di sensato ma sono seriamente troppo stanca anche solo per riuscire a pensare! Sono appena tornata da NY dopo millemila ore di volo e tre aeroporti, quindi lascio a voi i commenti.
Cosa ne pensate?

Il prossimo capitolo a sabato (e vi prometto che risponderò a tutte le vostre magnifiche recensioni appena mi riprendo!)
<3

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Capitolo 6
*** The Secret ***




Capitolo 6 – The Secret
 

Il giorno seguente il reporter di Page Six arrivò alla confraternita alle nove del mattino e se ne andò solo dopo cena, insistendo per passare una giornata intera con me, perché l’articolo doveva chiamarsi “Una giornata nella vita di Elizabeth Vanderbilt”. Non riuscii a combinare nulla se non andare a lezione, prendere un caffè veloce con Liam – i miei genitori mi avevano caldamente consigliato di farlo conoscere al giornalista – e studiare.
Mia madre non mi mandava mai SMS, ma quel giorno si era premurata di mandarmene uno per ricordarmi di non far fare alla famiglia una brutta figura. L’istinto di mandare tutto a quel paese e fare qualche cazzata era fortissimo, ma non avrei mai avuto il coraggio, così abbassai la testa e, come al solito, mi comportai da brava ragazza.
“Oddio.” Mormorai una volta salutato il reporter. Ero stata così impegnata a fare la studentessa perfetta tutto il giorno che mi ero dimenticata di dover andare da Harry quel pomeriggio. E se per vendicarsi avesse parlato con Liam, raccontandogli di Miami o di quello che gli avevo detto la sera precedente? Mi cambiai in fretta e furia, indossando qualcosa di più comodo e adatto alla mia età e corsi alla casa degli Zeta Psi per valutare quanti danni avevo fatto non presentandomi.
Ovviamente c’era una festa in corso, quindi c’erano ragazzi e ragazze ovunque. Cercai Harry in casa e in giardino per un po’, finché non incontrai Zayn e Perrie e decisi di chiedere a loro.
“Avete visto Styles?” Domandai.
“L’ultima volta che l’ho visto era in cucina.” Rispose Zayn.
“Ok, grazie.” Replicai e rientrai in casa, dove ricominciai a cercare il ragazzo ovunque.
“Sei un po’ in ritardo, Delilah.” Disse quando finalmente lo trovai.
“Mia madre ha mandato un reporter a seguirmi tutto il giorno per fare un articolo su di me. Non sono riuscita ad avvisarti.” Spiegai.
“Nessun problema. Possiamo farlo adesso.” Disse Harry, sorridendomi. Cosa voleva fare? Se pensava che sarei andata a letto con lui solo perché sapeva un mio segreto si sbagliava di grosso. “Vieni.” Aggiunse, guidandomi in camera sua e chiudendo la porta a chiave.
“Styles…” Cominciai a dire.
“Ti hanno mai detto che pensi troppo?” Chiese il ragazzo, aprendo un cassetto ed estraendo qualcosa che non riuscii a vedere.
“Sì, credo che sia il mio più grande problema.” Ammisi. “Ma, insomma, mi sembra piuttosto ovvio che tu vuoi…” Cominciai a dire.
“Dipingere e disegnare con te.” Concluse Harry mostrandomi una tela e dei colori. “Mi hai detto che è da tanto che non disegni e non eri sicura di essere ancora in grado, così volevo che tu ci provassi, prima di prendere una decisione.” Aggiunse, lasciandomi a bocca aperta. Così voleva solo aiutarmi. Una vocina odiosa nella mia testa cominciò a farsi una domanda a cui non volevo dare risposta: “Ma se pensavi che volesse portarti a letto, perché ti sei presentata comunque a casa sua?”
Perché ero convinta che volesse dire qualcosa a Liam, continuai a ripetere come un mantra. Perché ero convinta che volesse dire qualcosa a Liam.
“Non so se preferisci dipingere su tela o disegnare… insomma, qui c’è tutto quello che ho. Puoi fare quello che vuoi e dimmi se vuoi che ti lascio sola.”
“Forse non è il momento migliore per farlo, c’è una festa e vorrai divertirti.” Dissi.
“Non preoccuparti, mi stavo annoiando in ogni caso.” Rispose Harry. “Ma se vuoi possiamo scendere e vederci domani pomeriggio per questa cosa.” Propose poi.
“Credo che sia meglio.” Replicai. Non ero pronta per disegnare o dipingere. Non era il momento giusto. Ero completamente bloccata.
“D’accordo, vieni allora. Beviamo qualcosa e sentiamo se la band del mio amico Ed vale qualcosa.”
 
Il mattino seguente decisi di fare una sorpresa a Liam. Erano giorni che pensavo di dover fare qualcosa per ridare vita alla nostra relazione e finalmente avevo avuto un’idea. Inoltre mi sentivo leggermente in colpa per aver passato la serata con Harry, nonostante tra di noi non fosse successo assolutamente nulla, e volevo fare qualcosa di carino, così mi presentai alla casa degli Alpha Delta Phi con due tazze di caffè fumanti e due muffin: uno al cioccolato per me e uno ai mirtilli per lui.
“Buongiorno!” Esclamai. Liam mi guardò con aria sorpresa e poi sorrise. Notai che stava studiando.
“Elizabeth, che sorpresa!” Disse il ragazzo, alzandosi e venendo ad abbracciarmi. Il bello della domenica mattina era sicuramente non avere lezioni.
“Spero di non disturbare, ho portato la colazione.”
“No, figurati. Stavo studiando.” Replicò Liam, prendendo la tazza di caffè che gli stavo porgendo e il sacchetto con il muffin. “Cosa fai in giro?”
“Volevo venire a trovarti.” Dissi. “C’è tempo per studiare.” Aggiunsi.
“Okay, dai, faccio cinque minuti di pausa.” Rispose senza nemmeno chiudere il libro.
Cercai di vedere il lato positivo della situazione: cinque minuti erano meglio di niente, no? Alla fine ero piombata in casa sua senza prima avvisarlo, era logico che non avesse tempo.
 
“Ok, allora sei pronta?” Mi domandò Harry quel pomeriggio. Mi morsi il labbro inferiore e annuii, nonostante non fossi minimamente sicura di esserlo. “Sai che è come andare in bicicletta, vero? Non è una cosa che non sai fare più se smetti di farla per un po’ di tempo.” Aggiunse il ragazzo. Stava indossando una camicia a quadri a maniche corte rossa e la teneva aperta sopra ad una maglietta nera. Classica tenuta da artista, pensai. Inspirai profondamente e annuii di nuovo.
“E’ solo che…” Cominciai a dire.
“E’ solo che il tuo problema principale è che non ti lasci andare.” Mi interruppe Harry. “L’arte non è una cosa a cui si pensa. Devi fare e basta. Lasciati andare e libera la mente.”
Aveva ragione, lo sapevo benissimo. Uno dei motivi per cui non volevo più disegnare o dipingere era perché sapevo di dovermi lasciare andare e non ero pronta. Avevo passato anni a controllare ogni minimo dettaglio per essere perfetta e per rendere i miei genitori felici. Avevo paura di quello che poteva succedere quando mi lasciavo andare. L’ultima volta che l’avevo fatto ero finita in una piscina e avevo quasi baciato Harry.
“Come posso fare?” Domandai.
“Sai qual è la filosofia che devi avere in questi casi? Ma anche nella vita, in generale.” Scossi la testa. “Devi pensare ‘fanculo. Fanculo tutto.’ In questo momento a cosa stai pensando?” Mi chiese.
“Al fatto che ho paura a lasciarmi andare. Ho paura di perdere il controllo.” Ammisi.
“Sai qual è la mia risposta? Fanculo.” Disse il ragazzo, sorridendo. “Fanculo e vada come vada.”
“Ok, ci provo.” Dissi, prendendo in mano un pennello e la tavolozza dei colori. Avevo una tela bianca di fronte a me che aspettava solo che ci trasferissi tutto quello che provavo in quel momento.
“Vuoi che me ne vada?” Mi domandò Harry.
“No.” Risposi.
Harry inserì il suo iPhone nello stereo e dopo pochi secondi partì una canzone rock che non conoscevo, ma che mi piaceva. Il ragazzo si sistemò sul suo letto con un blocco da disegno e prese una matita. Passammo il pomeriggio a concentrarci sull’arte, in silenzio. Era strano, perché di solito trovavo imbarazzante non parlare mentre ero in compagnia di qualcuno, ma con lui era stranamente naturale e normale. Non mi accorsi nemmeno di quanto tempo passammo in quella stanza, finché guardai fuori dalla finestra e mi accorsi che il sole stava tramontando.
“Com’è venuta l’opera d’arte?” Mi chiese Harry, alzandosi. “Sempre che tu vuoi che la veda. Posso anche girarmi dall’altra parte.”
“E’ okay, puoi guardare.” Dissi. In effetti non l’avevo ancora guardata nemmeno io da lontano. Avevo passato talmente tanto tempo a lavorarci da vicino che avevo bisogno di fare un passo indietro per valutare il risultato. “Ma prima voglio vedere cos’hai fatto tu.” Aggiunsi. Harry prese il suo blocco da disegno dal letto e mi mostrò quello su cui stava lavorando.
“Ti piace?” Mi chiese.
“Ma sono io.” Dissi.
“Sì.” Replicò lui con un sorriso. “Eri lì davanti a me e mi hai ispirato. Ti ho disegnata mentre dipingevi.” Spiegò.
“E’ bellissimo, grazie.”
“E di che? Forza, fammi vedere il tuo.” Disse poi, sporgendosi per vedere la tela dietro le mie spalle. Mi spostai e gli mostrai il risultato del mio pomeriggio.
“Astratto e colorato, mi piace.” Commentò Harry. “Guardando questo dipinto mi sembra di vederti a Miami, libera e felice.”
“Ho cercato di seguire il tuo consiglio e di far cadere tutti i muri che ho costruito in questi anni.” Spiegai. “Ho pensato di dipingere il paesaggio fuori dalla finestra o qualsiasi cosa, ma avevo semplicementebisogno di usare questi colori.” 
“Sei stata brava. E possiamo rivederci per disegnare altro, sai? Mi è piaciuto questo pomeriggio.”
“Anche a me.” Ammisi. “Grazie.”
“Di niente.” Replicò Harry. “Domani all’ora di oggi?”
“Non posso, ho lezione. Però ci sono martedì se tu ci sei.”
“Perfetto. A martedì allora.”
“E… Styles?” Chiamai prima di uscire dalla sua camera. “Ti prego, non dirlo a nessuno.”
“Non stiamo facendo niente di illegale o sbagliato.” Rispose lui, scoppiando a ridere. “Ma non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro.”
 
“Come hai passato il pomeriggio?” Mi chiese Liam quella sera. Aveva deciso di abbandonare finalmente i libri per passare un po’ di tempo con me e gli avevo chiesto se, invece di portarmi in un ristorante, potevamo prendere qualcosa di pronto e mangiarlo sulle panchine al parco. Mi piaceva stare in mezzo alla natura e le serate erano ancora calde, quindi volevo godermele il più possibile.
“Ho lavorato ad un progetto.” Dissi. Non era esattamente mentire, giusto? Non me la sentivo di confessargli che avevo passato la giornata a dipingere nella camera da letto di Harry. Non mi sembrava decisamente il caso. “Tu?”
“Ho studiato e sono andato in palestra.” Disse Liam. “Solita routine.”
Sorrisi automaticamente a quella parola. Routine. Cominciavo ad odiarla profondamente.
“Sabato prossimo ci sei alla mia cena di compleanno, vero? Ci saranno anche El e Perrie. E’ la prima volta che faccio qualcosa di divertente.” Dissi. Solitamente per il mio compleanno dovevo partecipare a delle feste eleganti con soli adulti che organizzavano i miei genitori a casa nostra. Prendevano la scusa per presentarmi più gente possibile dell’ambiente. Colleghi avvocati, giudici… tutte persone con cui non avevo assolutamente nulla in comune. L’anno prima, invece, avevo deciso semplicemente di ignorare quel giorno e avevo passato tutta la sera a studiare in biblioteca. Liam ed io avevamo cominciato a frequentarci da poco e non gliel’avevo nemmeno detto.
“Certo, come posso mancare?” Disse, avvicinandosi per darmi un bacio.
“Non vedo l’ora!” Esclamai. Ero davvero felice quel giorno, dopo aver passato il pomeriggio a dipingere. Mi sentivo stranamente libera e rilassata. “Passiamo la serata da te?” Domandai poi.
“Okay.” Rispose Liam. 

 



Buon sabato!
Ecco il nuovo capitolo di Live While We're Young, dove finalmente scopriamo cosa voleva Harry da Elizabeth!
Vediamo anche cosa succede tra Liz e Liam, com'è diversa la loro relazione rispetto a quella con Harry.
Vi anticipo che il prossimo è il capitolo del compleanno di Liz e ci sarà un colpo di scena :)

Spero che questo vi sia piaciuto e vi ringrazio ancora per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato!
Il prossimo lo posterò mercoledì e non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato di questo!

Se volete potete seguirmi su Twitter e su Facebook (ho un account personale, se volete aggiungermi come amica, oppure una pagina) per tutti gli aggiornamenti sulle mie storie!
xx

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Capitolo 7
*** Happy Birthday ***




Capitolo 7 – Happy Birthday
 

Il martedì successivo mi presentai di nuovo alla casa degli Zeta Psi, pronta a ricominciare a disegnare insieme a Harry. Avevo passato tutto il giorno precedente a ripensare alla sensazione di stendere i colori sulla tela, di guardare qualcosa nascere dal niente. Ma soprattutto, alla sensazione di essere riuscita a trasferire delle emozioni su quella tela bianca. Harry aveva detto che quel dipinto gli ricordava Miami, quando mi aveva incontrata ed ero allegra e libera e, in effetti, era quello che volevo catturare con quei colori. Volevo esprimere la voglia di tornare ad essere quella ragazza. La voglia di fare quello che mi rendeva felice. La voglia di essere libera.
“Sei in anticipo, Delilah.” Disse Harry quando entrai nella sua stanza e richiusi la porta alle mie spalle.
“Scusa, stavi studiando?” Domandai.
“No, volevo solo prenderti in giro.”
Invece di arrabbiarmi, come avrei fatto solo qualche giorno prima, scoppiai a ridere e mi sedetti sul bordo del letto.
“Cosa facciamo oggi?” Chiesi.
“Quello che preferisci.” Replicò il ragazzo. “Tela o blocco?”
“Vorrei provare a disegnare qualcosa di non astratto.” Dissi, assumendo un’aria pensierosa.
“D’accordo.” Harry si alzò dal letto, prese un blocco nuovo, qualche matita e una gomma e me li porse. “Musica?” Mi chiese. Annuii e mi sistemai sul divanetto sotto la sua finestra, mentre il ragazzo sistemava il suo iPhone nello stereo e faceva partire una canzone che non conoscevo. Non che io fossi una grande esperta di musica. A casa mia potevo ascoltare solo la classica durante le soirée eleganti di mia madre. E il resto del tempo ero troppo occupata a studiare per ascoltare qualsiasi altra cosa.
“Che canzone è?” Chiesi.
“Si chiama “Sweet Disposition”, è dei Temper Trap.” Rispose il ragazzo, risalendo sul letto e appoggiando la schiena alla parete. “E’ una delle mie canzoni preferite.”
“E’ molto bella.” Concordai. Chiusi gli occhi e immaginai una ragazza che correva e rideva su una spiaggia, con il vento che le scompigliava i capelli. Quando li riaprii cercai di rappresentare l’immagine che avevo visto su carta. “Ti posso chiedere una cosa?” Domandai dopo parecchio tempo.
“Sì.” Rispose Harry, alzando lo sguardo verso di me.
“Perché continui a chiamarmi Delilah anche se sai il mio vero nome?”
“Delilah mi ricorda la ragazza che ho conosciuto a Miami, quella rimasta chiusa fuori dalla sua stanza d’hotel in mutande, quella che rideva e ballava durante la festa in piscina.” Cominciò a dire il ragazzo. “Quella che, secondo me, tu sei davvero. Non la Elizabeth Vanderbilt che i tuoi genitori vorrebbero che fossi.”
Non risposi e guardai fuori dalla finestra sospirando. Delilah era la ragazza che avrei voluto essere, quello era poco ma sicuro.
“Mi aspettavo una spiegazione diversa.” Dissi.
“Cioè?”
“Non lo so, pensavo che il mio vero nome non ti piacesse o che non te lo ricordassi.”
“Mi sento leggermente sottovalutato.” Scherzò il ragazzo, ridendo. Sorrisi anch’io prima di lanciare un’occhiata al disegno a cui stavo lavorando. La ragazza sulla carta era libera e felice e rideva. “Dovresti chiamare questo disegno Delilah.” Disse Harry, spuntando di fianco a me e facendomi sussultare. Ero concentrata sul blocco e non mi ero accorta che mi si fosse avvicinato.
“Per una volta sono d’accordo con te, Styles.” Risposi. “E il nostro tempo è finito, devo tornare alla casa per le ore di studio obbligatorie.” Aggiunsi.
“Torna quando vuoi, è un piacere lavorare con te.”
“Giovedì alla stessa ora?”
“Volentieri.”
Uscii dalla casa degli Zeta Psi con il sorriso sulle labbra e non vedendo l’ora che passasse tutta la giornata successiva per tornare in contatto con il mio lato creativo. E anche per stare in compagnia di Harry che, a differenza di quanto pensassi, non era per niente male.
 
“Liam!” Esclamai. Il ragazzo stava uscendo dalla casa degli Alpha Delta Phi mentre io tornavo dalle Kappa Alpha Theta quella sera. Ero felice di averlo incontrato in giro. Attraversai la strada di corsa e lo abbracciai stretto.
“Elizabeth! Wow, così felice di vedermi?” Chiese dopo avermi allontanata gentilmente da lui.
“E’ una piacevole sorpresa.” Dissi. “Stavi andando in palestra?”
“No, vado a correre, ho bisogno di sfogare la mia frustrazione.”
“Ehi, che succede?”
Liam si bloccò in mezzo alla strada e si voltò verso di me.
“Hai presente quel caso a cui stavo lavorando con il mio gruppo per l’esercitazione?” Annuii. “Abbiamo perso.”
“Mi dispiace.” Dissi.
“E’ stata colpa di Matt, perché ha dimenticato di considerare una prova importantissima e ovviamente la difesa si è basata su quell’aspetto, così abbiamo perso. E’ la prima causa che perdiamo!” Esclamò Liam.
“Mi dispiace.” Ripetei. “So che probabilmente non ti aiuterà, ma cosa ne dici di prendere un gelato? Magari posso farti uno di quei massaggi alle spalle che ti rilassano…” Cominciai a dire, ma Liam sbuffò, spazientito.
“Elizabeth, questo non è il momento per i massaggi. Ho bisogno di andare a correre e stare da solo.” Disse e si allontanò velocemente. Lo guardai sparire dietro l’angolo e sospirai. Liam era competitivo e ci teneva a quel lavoro a Washington, era comprensibile che fosse arrabbiato. Non ce l’aveva con me, aveva solo bisogno di stare da solo. Lentamente, cominciai a camminare verso la casa delle KAT e salii in camera.
“Liz! Stavamo giusto per cominciare a studiare.” Disse Eleanor, prendendo i libri dalla sua scrivania.
“Arrivo subito.” Risposi. Lasciai la borsa sul letto, recuperai il libro di diritto civile e raggiunsi la mia amica nella sala comune.
 
Il sabato successivo, dopo aver passato il giovedì pomeriggio insieme a Harry a continuare il disegno che avevo iniziato il martedì precedente, mi vestii per andare a cena con Eleanor, Perrie e Liam. Quella mattina Tiffany mi aveva fatto trovare dei palloncini in camera e tutte le mie compagne KAT mi avevano cantato “Tanti Auguri” a colazione, rendendomi immediatamente di buonumore. Non ero riuscita a vedere Liam dalla sera in cui mi aveva detto che aveva perso la causa dell’esercitazione, ma non mi preoccupavo. Sapevo che ogni tanto aveva dei periodi no per colpa dello studio e sapevo anche che non si sarebbe mai perso il mio compleanno per niente al mondo. Me l’aveva detto lui.
“Wow, stai benissimo!” Esclamò Eleanor. I pomeriggi passati con Harry e la nuova amicizia con la ragazza mi avevano ispirata a cercare di essere me stessa, così ero andata a fare shopping e avevo comprato nuovi abiti, tra i quali anche quello che stavo indossando quella sera. Avevo abbandonato i tubini sotto il ginocchio che portavo a casa, scegliendo qualcosa di più colorato e giovane.
“Grazie!” Risposi. Quello era il primo anno in cui ero davvero contenta che fosse arrivato il giorno del mio compleanno. Non vedevo l’ora di andare a mangiare la pizza con le ragazze e poi al Toad’s a bere qualcosa.
“Ci siete?” Chiamò Perrie dal corridoio. Eleanor ed io uscimmo dalla nostra stanza e raggiungemmo il ristorante. Liam non era ancora arrivato, così ci accomodammo ad un tavolo da quattro e cominciammo a chiacchierare, aspettandolo.
Dopo circa mezz’ora provai a chiamarlo, ma trovai il telefono spento.
“Che succede?” Mi chiese El.
“Liam ha il telefono spento.” Risposi.
“Magari gli si è scaricata la batteria.” Suggerì Perrie.
“Magari.” Replicai, pensierosa.
Aspettammo ancora un quarto d’ora, poi El propose di mangiare comunque, perché non potevamo non festeggiare il mio compleanno insieme.
“Liam lo festeggerà con te più tardi.” Disse la ragazza facendomi l’occhiolino.
“Giusto.” Risposi, anche se non ne ero convinta. Non riuscivo a togliermi dalla testa l’idea che potesse essere successo qualcosa.
“Dai, brindiamo! Anche se in questi bicchieri non c’è alcool.” Disse Perrie.
“Quello lo recupereremo al Toad’s più tardi.” Intervenne Eleanor.
“A Liz, che da oggi non è più una teenager!” Esclamò Perrie. Alzai anch’io il bicchiere e sorrisi, felice di essere con le mie amiche, anche se ero preoccupata per il mio ragazzo.
 
Liam arrivò al ristorante più o meno a cena finita.
“Mi stavo preoccupando.” Dissi.
“Scusa, ero in biblioteca a studiare per un nuovo caso di esercitazione e avevo spento il telefono.” Replicò il ragazzo.
Aveva detto di non voler mangiare, così io e le ragazze pagammo il conto ed uscimmo dal ristorante. Perrie ed Eleanor rimasero indietro per darci un po’ di privacy.
“Liam, non offenderti, ma io credo che tu stia passando troppo tempo a studiare. Lo dico per il tuo bene, ogni tanto devi staccare la spina, altrimenti impazzisci.”
Il ragazzo smise di camminare e si voltò verso di me. Sembrava infuriato.
“Non tutti si chiamano Vanderbilt e sono sicuri di entrare all’università perché la metà degli edifici in questo posto porta il nome di famiglia.” Rispose piccato, lasciandomi a bocca aperta.
“Sei solo irritato e stanco, non intendevi davvero quello che hai detto.” Dissi, scuotendo la testa. “Vero?”
“Oh no, lo intendevo eccome! Nelle ultime settimane ho studiato come un pazzo e tu cos’hai fatto? Ti sei creata una vita sociale! Tanto lo sappiamo tutti che ai corsi dell’università dopo il college ci entri di diritto per il tuo cognome. Non serve nemmeno che ti impegni. La stessa cosa succederà con il lavoro: che bisogno hai di impegnarti quando tutta la tua dannata famiglia è composta di avvocati e lavorerai al loro studio?”
“Non ho intenzione di ascoltare un’altra parola di questo discorso assurdo.” Dissi, scuotendo la testa.
“Bene, anche perché non ho intenzione di continuarlo.” Replicò Liam, cominciando a camminare verso la casa della sua confraternita. Lo rincorsi fino alla parte opposta della strada, perché mi rifiutavo di credere che se ne stesse andando in quel modo.
“Liam!” Lo chiamai. “Cosa diavolo ti è preso?”
“Sono stufo. Ho bisogno di impegnarmi e tu mi distrai spuntando a colazione o con la cena di compleanno e non ho davvero bisogno di queste cose in questo momento.” Disse.
“Sai una cosa?” Domandai. Per la prima volta nella mia vita decisi di dire quello che pensavo senza nemmeno l’aiuto dell’alcool. “Sono stufa io di essere trattata così da te.” Aggiunsi con sicurezza.
“Beh, allora direi che la soluzione è semplice: chiudiamola qui.”
“Volentieri.” Risposi. Il brindisi che aveva iniziato Perrie a cena mi aveva fatta riflettere: avevo vent’anni ormai. Non ero più una teenager. Era ora che crescessi e smettessi di farmi controllare da tutti, a partire dai miei genitori. Vent’anni mi sembravano un’età ragionevole per diventare la persona che volevo essere.
Lasciai Liam in mezzo alla strada e tornai da Eleanor e Perrie, che mi stavano guardando con aria preoccupata.
“Va tutto bene?” Mi chiese El.
“Mi sento stranamente libera.” Risposi.
“Certo che aspettare il giorno del tuo compleanno per questo discorso…” Cominciò Perrie, ma Eleanor la interruppe tirandole una gomitata. “Cosa c’è? Sto solo dicendo…” Aggiunse la ragazza, massaggiandosi il braccio. Si interruppe dopo un’occhiata assassina da parte della nostra amica.
“Onestamente non ci voglio pensare. Andiamo a festeggiare il mio compleanno?” Domandai. Non eravamo lontane dalla casa degli Zeta Psi e, ovviamente, c’era una festa in corso. Valutai la situazione: andare a bere qualcosa al Toad’s oppure partecipare ad una delle feste epiche di Louis e i suoi amici?
“Uh-oh.” Commentò El. “Qualcosa bolle in pentola.”
“Andiamo.” Dissi semplicemente, guidando le mie due amiche alla casa degli Zeta Psi.
 
Sapevo cosa dovevo fare. O meglio, sapevo cosa volevo fare. Eleanor e Perrie si fermarono a salutare Louis e Zayn, mentre io, dopo aver svuotato il contenuto di due bicchieri da shot, continuai per la mia strada finché non trovai Harry che parlava con il ragazzo biondo con cui stava giocando a biliardo qualche settimana prima. Senza nemmeno salutarlo lo baciai. Dopo un primo momento di incertezza, il ragazzo circondò i miei fianchi con le sue braccia e mi attirò più vicina a sé.
“Disturbo?” Domandai dopo essermi allontanata un po’.
“No, D, tu non disturbi mai.” Rispose il ragazzo.
“Allora andiamo su?” Chiesi, giocando con la scollatura della sua maglietta. Harry mi guardò per qualche secondo, prima di annuire, salutare i suoi amici e guidarmi in camera sua, chiudendo la porta a chiave.

 



Buongiorno!
Con questo capitolo entriamo proprio nel vivo della storia! Liam decide di lasciare Elizabeth (proprio il giorno del suo compleanno, aggiungerei), scopriamo perché Harry continua a chiamarla Delilah e... colpo di scena finale!
Cosa ne pensate? Spero che vi piaccia e non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni :)

Il prossimo capitolo (che posterò sabato) riprende dal mattino dopo. Cosa succederà secondo voi?
Grazie a tutte le persone che inseriscono la mia storia tra le ricordate, preferite e seguite e a chi la recensisce! Grazie anche a chi la legge "in silenzio"! Siete l'amore ❤

Vi lascio i link ai miei social network, se volete seguirmi per tutti gli aggiornamenti sulle mie storie o semplicemente se volete conoscermi! Mi piace sempre chiacchierare con voi :)
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Capitolo 8
*** The Big Decision ***




Capitolo 8 – The Big Decision
 

“Comunque buon compleanno.” Mormorò Harry. Ero sdraiata di fianco a lui e mi coprivo con il suo lenzuolo, cercando di smettere di chiedermi “cos’hai fatto? Cos’hai fatto? Cosa diavolo hai fatto?” e di pensare che avevo lasciato il ragazzo con cui stavo da un anno da più o meno un’ora ed ero già nel letto di un altro. Sospirai e mi voltai.
“Grazie.” Dissi.
“Non fraintendermi, amo questa improvvisata, ma…” Cominciò a dire Harry. Lo interruppi immediatamente, prima che potesse chiedermi qualsiasi cosa.
“Liam ed io ci siamo lasciati.” Dissi. “E questo non significa niente di più di quello che è stato, chiaro?”
“Siamo semplicemente amici.” Replicò Harry, annuendo lentamente. Tirai un sospiro di sollievo, felice che almeno lui non mi stesse complicando la vita. “Puoi sempre pensare a questo come ad un regalo di compleanno.” Aggiunse dopo qualche secondo. Rimasi immobile, quasi senza respirare, per un po’, prima di scoppiare a ridere.
“Adesso ti stai decisamente sopravvalutando, Styles!” Forse era l’effetto dei due bicchierini che avevo bevuto prima di prendere quella decisione, ma mi sentivo stranamente coraggiosa.
“Stai… stai dicendo che ha fatto schifo?” Mi domandò Harry, alzandosi a sedere e guardandomi di traverso.
“No, ti stavo solo prendendo in giro.” Risposi, ridendo di nuovo. Anche il ragazzo si rilassò e rise.
“Okay, te lo concedo. Me lo sono meritato.” Disse. “Certo che è stata proprio una sorpresa.” Aggiunse dopo un po’. Sembrava quasi che stesse parlando da solo.
“Non l’avevo pianificato.” Replicai. “Ma quando il tuo ragazzo sceglie il giorno del tuo compleanno per lasciarti dopo un anno e per dirti cose decisamente poco carine… ho reagito d’istinto.”
“E io ti ripeto che mi piace il tuo istinto. E se hai bisogno di qualcuno che tiri un pugno a Payne…” Cominciò la frase.
“No.” Dissi. “Ma grazie per l’offerta.”
Harry alzò le spalle e sorrise. “Di niente.”
“C’è un’altra cosa che potresti fare per me, però.”
“Dimmi.”
“No, niente, lunedì.” Replicai. Non era ancora il momento, ma lo sarebbe stato presto, me lo sentivo. “Anzi, devo andare. Devo tornare a casa a controllare una cosa.” Aggiunsi, alzandomi velocemente dal letto.
“Delilah, così mi spezzi il cuore e mi fai sentire usato. ‘Una botta e via’ non è il mio stile.” Scherzò Harry.
“Nemmeno il mio, ma devo seriamente fare una cosa, altrimenti passerò la notte a pensarci e non dormirò.” Spiegai.
“D’accordo.” Replicò Harry con un sorrisetto. “Fammi prima recuperare il mio regalo per te, visto che questo non ti è piaciuto.” Aggiunse con un sorriso beffardo. Si alzò dal suo letto, recuperò i boxer dal pavimento e si rivestì. Poi si diresse verso la sua scrivania, aprì il cassetto ed estrasse un pacchetto con un fiocco.
“Mi hai preso un regalo?” Domandai, stupita. Per un secondo mi dimenticai persino di quello che dovevo fare una volta tornata a casa.
“Sì.” Rispose Harry, porgendomi il pacchetto. “Aprilo.”
Lentamente mi liberai della carta e del fiocco e fissai il contenuto del pacchetto. Conoscendo il ragazzo mi aspettavo un giochino erotico o qualche scherzo dei suoi, invece mi ritrovai davanti ad una scatola con un kit per disegnare. Matite con le mine di varia durezza e composizione, un blocco, una gomma, un carboncino e un temperamatite.
“Grazie.” Dissi semplicemente. Non riuscivo a togliere gli occhi da quello che tenevo tra le mani. Harry, che era probabilmente la persona che mi conosceva da più poco tempo, mi aveva fatto il regalo di compleanno più azzeccato del mondo. Più ancora di Eleanor, che era riuscita a trovare quello che pensavo fosse il vestito perfetto per me.
“Ci vediamo, okay?” Disse Harry, salutandomi. Annuii e lo guardai un’ultima volta prima di uscire dalla sua stanza e tornare nel bel mezzo della festa. Ignorai tutto quello che c’era intorno a me e tornai nella mia camera alla confraternita dove accesi il computer portatile per cercare le informazioni che mi servivano. In quel momento ero ancora più motivata di prima, se possibile.
 
“Hey, sei ancora sveglia?” Mi chiese Eleanor quando tornò a casa dopo la festa. “Sei sparita dagli Zeta Psi.”
“Scusa, avrei dovuto avvisarti. Dovevo tornare a casa per controllare una cosa che mi sta ossessionando da settimane.”
“Cioè?”
“Domani ti spiegherò tutto. Adesso raccontami della festa. Sei stata con Louis, vero?”
“Si vede?” Mi chiese la ragazza in fretta, guardandosi allo specchio, come per controllare se fosse cambiato qualcosa.
“E’ il tuo sorriso.” Spiegai. “Si vede che sei felice.”
Eleanor si abbandonò sul letto di fianco al mio e sospirò.
“Non sono riuscita a farlo aspettare più di tanto, come suggeriva Perrie. L’attrazione tra di noi è semplicemente troppa.”
“Sono felice per te.” Dissi. “E ti devo confessare una cosa.” Aggiunsi a bassa voce dopo un po’. Non sapevo se dirle quello che avevo fatto mi avrebbe fatta sentire meglio, ma volevo provarci. El si era dimostrata un’ottima amica e forse avrebbe potuto consigliarmi come comportarmi.
“Cos’hai fatto?”
Persi un po’ di tempo a riflettere sulle parole giuste da usare prima di parlare e, alla fine, decisi di non dirle niente.
“Niente di grave, ho preso una decisione.” Dissi. Non mi riferivo a quello che era successo con Harry, ma alla Grande Decisione che mi frullava per la testa e che non avevo mai il coraggio di ammettere. “Lunedì mi accompagni in un posto?” Le chiesi.
“Certo.” Rispose El, alzando le spalle. “Dove vuoi.”
“Grazie.” Dissi e cominciai a cambiarmi per andare a dormire. Ormai era notte fonda e cominciavo a sentirmi stanca. Era stata una giornata intensa e nelle ultime ore mi ero concentrata così tanto sulla mia decisione che non avevo nemmeno perso tempo a pensare a quello che era successo con Liam. Non più di tanto, almeno.
 
“Mi hai tenuta sulle spine tutto ieri, dove andiamo?” Mi domandò Eleanor il lunedì mattina seguente.
“Dagli Zeta Psi. Devo recuperare Styles.” Dissi, ignorando l’espressione curiosa della mia amica e cominciando a camminare verso la confraternita di Harry. Sapevo che era presto e che mi avrebbero odiata, ma bussai comunque nella speranza che qualcuno mi aprisse. Avevo mandato un messaggio al ragazzo la sera prima, chiedendogli di venire con me alle nove, ma non ero sicura che si sarebbe svegliato in tempo.
“Sono qui, sono pronto.” Disse invece una volta aperta la porta. Stava indossando una maglietta a mezze maniche, un paio di jeans scuri e un paio di Ray-Ban neri. I capelli erano scompigliati come al solito e non riuscii a non pensare che aveva proprio l’aria di un artista.
“Grazie.” Dissi quando il ragazzo raggiunse Eleanor e me in strada.
“Si può sapere dove stiamo andando a quest’ora?”
“Ok, ve lo dico. E ho bisogno del vostro aiuto perché non avrò mai il coraggio di farlo da sola.” Risposi, annuendo con vigore.
“Okay, noi siamo qui.” Replicò El, lanciando un’occhiata a Harry, che annuì.
“Vogliocambiarefacoltà.” Annunciai molto velocemente, per paura di cambiare idea. Una volta detto ad alta voce emisi un sospiro di sollievo e guardai i miei amici per vedere le loro reazioni.
“Ma è una notizia splendida!” Esclamò Harry con un sorriso.
“Wow.” Rispose semplicemente Eleanor. “Cosa vuoi fare?”
“Arte.” Replicai. “E’ sempre stato il mio sogno e… in queste settimane Styles ed io ci siamo incontrati per dipingere e disegnare.” Spiegai. “E’ quello che voglio fare nella mia vita. Non voglio diventare un avvocato.”
“Hai preso la decisione giusta.” Disse Harry, appoggiandomi una mano sulla spalla e stringendola leggermente.
“Grazie. Venite con me in segreteria?” Domandai. “Vi prego, non credo di avere il coraggio di farlo da sola.”
“Se me lo chiedi così non posso dire di no!” Esclamò Eleanor. “Sembri il gatto con gli stivali di Shrek.” Aggiunse dopo un po’, facendomi scoppiare a ridere e alleviando la tensione. Sapevo di aver preso la decisione giusta, avevo degli amici che mi supportavano, non ero più da sola. Avrei semplicemente dovuto andare in segreteria, compilare tutti i moduli e avrei potuto cominciare la mia vita da artista.
“Quindi era questa la cosa che dovevi controllare?” Mi domandò Harry, sapendo che avrei capito a cosa si stava riferendo.
“Sì, era una cosa che mi stava facendo impazzire, dovevo sapere. Perderò un anno, ma non mi importa.” Dissi.
“Non preoccuparti, tanto non credo che mi laureerò in tempo.” Scoppiò a ridere Eleanor. “Quindi è molto probabile che passeremo tutti i prossimi anni insieme.”
“Grazie, ragazzi.” Dissi ancora.
“Adesso andiamo in segreteria e ringraziaci dopo, adesso hai ancora qualche minuto per decidere di scappare a gambe levate.” Scherzò Eleanor, prendendomi a braccetto e guidandomi verso la segreteria.
 
“Come ti senti? Andiamo a pranzo per festeggiare?” Mi chiese El una volta usciti dalla segreteria. Avevo compilato tutti i moduli e avevo finalmente abbandonato Legge una volta per tutte.
“Non ancora, credo proprio di dover chiamare mia madre.” Risposi e sentii un brivido risalire la mia schiena al solo pensiero di doverle spiegare quello che avevo appena fatto. Sapevo che non avrebbe reagito bene. Ero la prima Vanderbilt in generazioni a fare una cosa del genere. Mi avrebbe diseredata di sicuro.
“Se vuoi possiamo rimanere con te mentre la chiami.” Disse Eleanor.
“Lo fareste?” Domandai.
“Ma certo.”
Ci sedemmo su una panchina nella piazza del campus ed estrassi il mio telefono. Cominciai a respirare più velocemente e sentii il battito aumentare. Ero agitata come non lo ero mai stata in tutta la mia vita. Cercai il numero di mia madre e la chiamai.
“Elizabeth?”
“Ciao, mamma.” Dissi.
“Va tutto bene?”
“Sì.” Risposi. “Volevo solo parlarti perché… ho fatto una cosa.”
“Ho saputo che tu e Liam vi siete lasciati.” Mi interruppe la donna.
“Come…”
“Me l’ha detto sua madre.” Spiegò, tagliando corto. “E’ davvero un peccato, Liam è un bravissimo ragazzo con degli ideali. Cerca di farti perdonare, se puoi. Mi dispiacerebbe vederti sprecare questa bellissima occasione.”
“Occasione per cosa?” Chiesi, incredula.
“Per stare con un altro ragazzo con le tue stesse passioni. Sono sicura che diventerete due ottimi avvocati un giorno. Magari aprirete uno studio insieme.”
“Mamma, ho lasciato Legge.” Annunciai improvvisamente. Non capii nemmeno io dove avevo trovato il coraggio per farlo. Forse ero stufa di sentire quel discorso senza senso su Liam e me e la coppia più bella del mondo.
“Che cosa?” Domandò mia madre dopo un lungo silenzio.
“Ho lasciato Legge.” Ripetei. “Non è mai stato il mio sogno, è sempre stato il tuo e quello di papà per me.” Aggiunsi.
“E cosa vorresti fare adesso, di grazia?”
“Arte, quello che ho sempre voluto fare.” Dissi. Eleanor annuì e mi sorrise, mentre Harry mi strinse una mano con aria incoraggiante.
“Stai andando bene.” Mimò con le labbra.
“Elizabeth, penso che tu sia impazzita. Probabilmente la fine della storia con Liam ti ha dato alla testa e hai agito d’impulso. Fammi fare due telefonate e risolvo tutto, tornerai a studiare Legge da domani.”
“No.” Dissi. La voce mi tremava, ma ero convinta delle mie parole. “Non ho agito d’impulso. Voglio fare arte da quando ho tredici anni, mamma.”
Altro silenzio dall’altra parte della telefonata. Mia madre non aveva mai fatto scenate, era sempre stata una donna glaciale e mi aveva sempre terrorizzata.
“Tuo padre ed io non abbiamo intenzione di pagare per una scuola che non ti insegnerà assolutamente nulla. Viste le tue ultime scelte crediamo che tu non sia in grado di gestire la tua vita e aggiungeremo una clausola al tuo fondo fiduciario. Potrai avere accesso al tuo conto quando sarai tornata in te e avrai una laurea in Legge.” Annunciò mia madre dopo quella che mi sembrò un’ora. Mi morsi un labbro e notai che stavo tremando. Harry strinse la mia mano più forte ed Eleanor cominciò ad accarezzare la mia schiena.
“Ma…” Cercai di protestare.
“Non ci sono ma, Elizabeth. Quando tornerai in te ne riparleremo, ma per il momento è meglio così per tutti. Tuo padre ed io non vogliamo che tu spenda inutilmente i soldi della famiglia.” Mi interruppe mia madre.
“Scommetto che papà non è nemmeno lì con te.” Mormorai. Dubitavo che mia madre avesse discusso la sua decisione con lui.
“Verrà informato di tutto quello che è successo non appena tornerà a casa, questa sera.” Rispose. Mi sembrava di parlare con un robot, non con la donna che avrebbe dovuto essere mia madre. Fin da quando ero piccola avevo immaginato che le madri avrebbero dovuto essere gentili e affettuose e che avrebbero dovuto supportare le scelte dei figli e aiutarli a crescere. Invece ogni volta che parlavo con lei mi sembrava di discutere con una sconosciuta.
Allontanai il telefono dall’orecchio e terminai la chiamata, tanto continuare a discutere non avrebbe di certo risolto la situazione.
“Va tutto bene?” Mi chiese Eleanor con voce incerta.
“Mia madre ha bloccato il mio fondo fiduciario fino a quando compirò trent’anni.” Dissi. “Sono completamente al verde e non posso permettermi di pagare il college.”
“Ci sono tanti metodi.” Cominciò a dire Harry. “Puoi cominciare a lavorare e quello che guadagnerai sarà abbastanza per i libri, i materiali, le spese per la confraternita e parte della retta.”
“E poi ci sono le borse di studio o i prestiti per gli studenti.” Aggiunse Eleanor.
Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente.
“Ce la farò.” Dissi. Da una parte mi sentivo completamente a pezzi e, per la prima volta in tutta la mia vita, il mio futuro era incerto. Ero sempre stata convinta che sarei diventata un avvocato, anche se non era quello che volevo veramente fare, perché era quello che la mia famiglia aveva deciso per me. Ma dall’altra ero finalmente libera dai Vanderbilt. Mia madre mi aveva fatto capire che la mia decisione di lasciare la facoltà di Legge mi aveva fatta tagliare fuori e, per la prima volta in vent’anni, non sentivo il peso di essere una di loro sulle spalle. Avrei cominciato una vita completamente nuova, dove avrei potuto fare quello che volevo. Era ora di cambiare, ed era ora di farlo davvero.

 



Buon sabato! Come state? <3
Ecco il capitolo del giorno dopo! Cosa ne pensate?
Ebbene sì, è successo qualcosa tra Liz e Harry e non solo! Liz ha anche preso quella che potrebbe essere la decisione più grande della sua vita :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate!

Il prossimo sarà mercoledì! Grazie a tutti per tutto, davvero! Ogni volta che leggete un capitolo di una mia storia, ne aggiungete una alle preferite, seguite o ricordate, mi lasciate una recensione mi scaldate il cuore, sul serio! Vi adoro ❤
Lascio a voi i commenti perché devo scappare a prepararmi e poi a prendere un treno! Alla prossima!

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Capitolo 9
*** The Formal ***




Capitolo 9 – The Formal
 

“Sei sicura che non è troppo?” Mi chiese Eleanor qualche giorno dopo. Avevo cominciato a frequentare le lezioni e avevo dedicato tutto il mio tempo libero a cercare un lavoro.
“No, ce la farò.” Risposi. “Lavorerò quattro pomeriggi alla settimana da Starbucks e tre sere al Toad’s.” Aggiunsi.
“D’accordo. Dimmi se posso fare qualsiasi cosa per aiutarti.”
“Stai già facendo abbastanza, El, dico sul serio. Se non ci fossi stata tu non avrei mai trovato il coraggio di seguire il mio sogno.”
“Sono contenta per te. L’anno scorso ti vedevo ogni tanto e avevi sempre l’aria così triste… sembri una persona completamente nuova.”
“Mi sento proprio così.” Dissi. “Le lezioni di Arte sono fantastiche, mi sembra finalmente di stare vivendo il mio sogno. Ho vissuto per troppi anni cercando di soffocare la mia creatività.”
“E Harry?”
“Cosa c’entra lui?” Domandai. Non le avevo ancora detto che la sera del mio compleanno eravamo stati a letto insieme ed ero sicura al cento percento che l’avesse scoperto.
“Ti sta aiutando ancora?”
“Oh, sì, ci siamo visti ieri.” Spiegai, improvvisamente sollevata perché il segreto era ancora al sicuro. Sapevo che potevo fidarmi di El, ma non volevo confessarle quello che avevo fatto, perché non ne andavo fiera. Era stato un momento di debolezza, un momento di ribellione e avevo rischiato di compromettere la mia amicizia con Harry. “Mi sta aiutando con varie tecniche nuove. Devo andare da lui tra poco.”
“Ma prima devi partecipare alla riunione per decidere il tema della nostra Festa Formale Annuale.” Replicò la mia amica, alzandosi dal letto. Annuii, pensando che questa nuova vita mi piaceva tantissimo.
 
“Scommetto che all’High School le tue lezioni preferite erano quelle di Arte.” Disse Harry quel pomeriggio. Eravamo, come sempre, nella sua camera da letto, e stavamo dipingendo. O meglio, lui stava disegnando qualcosa sul suo blocco e io stavo sfogliando uno dei libri di testo che avevo appena comprato. Non avevamo più parlato di quello che era successo tra di noi la sera del mio compleanno e avevamo continuato a comportarci normalmente, esattamente come se non fossimo mai stati a letto insieme.
“Non seguivo lezioni d’arte all’High School.” Risposi, alzando lo sguardo dal libro.
“I tuoi non volevano?”
“No, preferivano che mi concentrassi su qualsiasi altra cosa, persino lo sport. L’arte è proprio l’unica cosa che la mia famiglia odia.”
“Certo che sono strani.” Commentò Harry, assumendo un’aria pensierosa mentre mordicchiava la matita che aveva in mano.
“Sono avvocati.” Risposi tornando a sfogliare il libro. Harry si riconcentrò sul suo disegno e non parlammo più per un po’, ognuno immerso nei propri pensieri.
I colori vivaci dei quadri che stavo guardando mi fecero tornare in mente la riunione con le KAT in cui avevamo deciso che il tema dell’Annuale Festa Formale sarebbe stato proprio quello: i colori. Noi ragazze eravamo davvero felici di poterci vestire con abiti eleganti, ma dai colori sgargianti. Non vedevamo l’ora di poter decorare la casa per rallegrare quella che, solitamente, era una festa abbastanza seria.
“Styles?” Improvvisamente mi venne anche un altro pensiero.
“Dimmi.”
“Hai qualcosa da fare questo sabato?”
Il ragazzo mi guardò per qualche istante, prima di scuotere la testa.
“No, avevi in mente qualcosa? Tipo farmi posare nudo per la copia dal vero?” Scherzò. Scoppiai a ridere e arrossii nello stesso momento.
“No, la mia confraternita organizza la Festa Formale Annuale e volevo chiederti se ti va di farmi compagnia.” Risposi. “Da amico, ovviamente. E’ solo che tutte le ragazze portano qualcuno e…”
“Sì.” Mi interruppe Harry. “Verrò con te.”
“Grazie, mi salvi da una serata di noia da sola.”
“Quale sarà il tema?”
“I colori.” Risposi. “Ed io mi vestirò di verde smeraldo.” Aggiunsi. Non sapevo esattamente perché avessi dato quell’informazione al ragazzo, visto che non si trattava del ballo di fine anno dell’High School ma di una semplice festa formale della mia confraternita.
“D’accordo.”
 
“E’ quasi assurdo quanto tu sia cambiata in queste ultime settimane.” Mi disse Eleanor. Stava indossando un abito blu elettrico e mi stava osservando mentre mi sistemavo i capelli davanti allo specchio.
“Già, sono così diversa da quella che ero l’anno scorso.” Risposi. Il mio abito verde smeraldo era bellissimo ed era un prestito di El, perché in quel preciso istante io non potevo assolutamente permettermi nulla di nuovo.
“Questa sera ci divertiremo tantissimo!” Esclamò la mia amica, avvicinandosi allo specchio e dandosi un’ultima occhiata.
Prima della serata Eleanor mi aveva spiegato tutto quello che dovevo sapere su quello che mi aspettava. La Festa Formale Annuale era la versione più adulta del ballo di fine anno dell’High School, solo che non ci sarebbero stati insegnanti a supervisionare la serata e avremmo potuto fare quello che volevamo. El mi aveva caldamente sconsigliato di raccogliere i capelli in una pettinatura elegante, perché quello si faceva solo al ballo di fine anno all’High School, non al college. Ero pronta, mi sentivo stranamente bene e non ero nervosa.
La festa era già iniziata quando El ed io scendemmo le scale e raggiungemmo tutte le altre ragazze. Perrie aveva un vestito fucsia acceso e un sorriso enorme mentre parlava con Zayn.
“Allora l’ha invitato!” Esclamai.
“Sapevo che non sarebbe riuscita a resistergli più di tanto.” Rispose Eleanor.
“E tu hai invitato Louis, vero?”
“Certo! Anzi, non vedo l’ora che arrivi, perché l’ho obbligato a mettersi una camicia e voglio vedere come sta. Sarà ancora più bello del solito.” Disse la ragazza, sospirando.
“Posso confermarti che sì, sta davvero bene.” Replicai dopo averlo visto all’ingresso insieme a Harry e al ragazzo biondo che vedevo spesso insieme a loro.
El ed io ci avvicinammo a loro e vidi Louis sorridere alla mia amica.
“Sei davvero bellissima, El.” Le disse. La ragazza arrossì leggermente e si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra, mentre io cominciai ad osservare Harry che per l’occasione aveva indossato una camicia bianca e un paio di jeans neri.
“Sei elegante!” Esclamai.
“Anche tu. Devo dire che non stai per niente male, Delilah.” Replicò Harry, squadrandomi da capo a piedi. “A proposito, lui è Niall.” Aggiunse poco dopo, presentandomi il ragazzo biondo.
“Piacere di conoscerti, Elizabeth.” Dissi. Notai la sua espressione confusa, così sentii il bisogno di specificare. “Ma Styles mi chiama Delilah per una storia lunga.”
“E Delilah mi chiama sempre per cognome perché non mi sopporta.” Scherzò Harry.
“Ah, adesso ho capito! Il piacere è mio, comunque. Hai visto Rachel, per caso?” Mi chiese.
“Credo che stia finendo di prepararsi di sopra.” Risposi. La ragazza condivideva una stanza con Perrie esattamente di fronte a quella in cui dormivamo Eleanor ed io. “Ma chiedi a Perrie per sicurezza.” Aggiunsi con un sorriso.
“Ok, grazie.” Disse Niall, allontanandosi.
“Così siamo rimasti soli.” Commentò Harry.
“Pare.” Aggiunsi. “El mi ha detto che a queste cose tutte le coppie… tendono ad isolarsi, ecco. Quindi grazie per essere venuto con me.”
“Figurati. E se ci annoiamo possiamo sempre sgattaiolare fuori di qui e andare a bere qualcosa al Toad’s o a fare una partita a biliardo. A proposito…” Cominciò a dire.
“Sì?”
“Ho una cosa per te, ma non… non è niente di che, okay? Mi avevi detto che non sei mai andata al ballo di fine anno alla tua High School, così ho pensato di portarti questo.” Disse, mostrandomi un braccialetto con delle pietre verde smeraldo. Sembrava leggermente nervoso. “Sai, al ballo si usa il bracciale di fiori, ma questo è il college.” Spiegò dopo qualche secondo.
“E’ bellissimo, grazie.” Replicai. Harry mi aveva davvero sorpresa, perché non mi aspettavo proprio nulla da quella serata, tantomeno che si vestisse elegante e che mi portasse un regalo. Il ragazzo mi aiutò ad indossarlo e lo vidi sorridere, come se avesse improvvisamente smesso di essere agitato. “Dai, andiamo a ballare!” Esclamai. Le prime coppie avevano cominciato a muoversi a tempo di musica e decidemmo di raggiungerle. Poco dopo Louis ed Eleanor e Perrie e Zayn ci raggiunsero e cominciammo a ballare insieme e a divertirci. Niall trovò Rachel e li notai che si baciavano su un divano poco lontano da noi.
Quando le canzoni cominciarono a cambiare e a diventare lente e romantiche, Harry ed io decidemmo di bere qualcosa e di sederci.
“Non ti fanno male i piedi?” Mi domandò improvvisamente il ragazzo. Guardai le scarpe con il tacco alto che avevo indossato quella sera e scossi la testa.
“No, sono abituata a portare i tacchi da quando ero una ragazzina. Gli eventi di mia madre erano sempre eleganti e dovevo metterle per forza.” Risposi. “E l’alcool aiuta.” Confessai.
“Vuoi?” Mi chiese Harry, porgendomi una bottiglia di birra. Annuii e la afferrai. Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, finché Harry non scoppiò a ridere.
“Cosa c’è?” Domandai.
“Vedi quella coppia là in fondo?” Seguii con lo sguardo la direzione in cui il ragazzo stava puntando il dito e vidi un ragazzo e una ragazza che non avevo mai visto.
“Ehi, lei non è una KAT!” Esclamai.
“Esattamente. Sono due ragazzi che non fanno parte di nessuna confraternita, ma in qualche modo si intrufolano sempre a tutte le feste.” Mi spiegò Harry. “E non li avrei mai notati se non avessero un piccolo particolare.”
“Cioè?”
“Lo vedrai appena comincerà una canzone più movimentata.” Rispose lui con aria misteriosa, portando la birra alle labbra e bevendone un lungo sorso.
Non dovetti aspettare molto, prima che cominciò una canzone dance e i due imbucati cominciarono a ballare una coreografia buffissima, uno di fianco all’altra. Scoppiai a ridere e cercai di nascondermi dietro alla spalla di Harry.
“Ma cosa fanno?”
“Fanno parte del Glee Club del campus.” Spiegò il ragazzo senza perdere il sorriso. “E ad ogni festa ne approfittano per provare le coreografie per le loro gare. Ho l’impressione che tutti sappiano che sono imbucati ma che nessuno li butti mai fuori perché sono troppo divertenti.”
“Ti fanno venire voglia di cominciare a ballare con loro.” Dissi. Harry mi guardò, probabilmente per cercare di capire se fossi seria o meno, e poi rise.
“Possiamo farlo se vuoi. Aiutiamoli a realizzare il loro sogno.” Propose improvvisamente, alzandosi in piedi e porgendomi una mano per aiutarmi.
“Sei sicuro?” Domandai. Harry annuì e mi trascinò dall’altra parte della stanza, fermandosi per parlare a Louis e Zayn per qualche secondo durante il tragitto.
Raggiungemmo la coppia e osservammo la loro coreografia.
“Qualche problema?” Ci chiese il ragazzo sulla difensiva.
“Stiamo imparando!” Esclamò Harry. “Sempre che a voi non dispiaccia. Vorremmo unirci.” Spiegò.
Pochi minuti dopo mi ritrovai a ballare quella buffa coreografia insieme a Harry, Louis, Zayn, Eleanor e Perrie. Quasi tutti i partecipanti alla festa si unirono a noi, ridendo e ballando.
 
“Non riesco quasi a crederci.” Commentai con un sorriso. La festa era quasi finita, le canzoni erano lente e tutte le coppie erano troppo impegnate a baciarsi da qualche parte. Tanti se ne erano già andati. Harry ed io avevamo deciso di sederci sulle scale all’ingresso per riposarci.
“E’ stato divertente.” Disse il ragazzo.
“Abbiamo praticamente iniziato un flashmob! E’ stata una delle cose più divertenti che io abbia mai fatto.” Replicai. “Grazie.”
“Ehi, è a questo che servono gli amici.” Disse lui, sorridendomi. Appoggiai la testa alla sua spalla, felice di aver passato la serata con lui.
Improvvisamente notai Liam avvicinarsi alla casa della mia confraternita e bloccarsi di scatto quando vide Harry e me.
“Elizabeth.” Mi salutò dopo un breve silenzio imbarazzato.
“Liam.” Replicai, alzando la testa dalla spalla di Harry e facendogli un cenno. “Cosa fai qui?” Chiesi. Non mi sembrava che fosse stato invitato da nessuna delle mie compagne, quindi non aveva nessun motivo per essere lì.
“Evan mi ha telefonato in panico e mi ha chiesto di raggiungerlo. Credo che si sia ubriacato e adesso è in paranoia perché domani dovrebbe giocare la partita di football più importante della sua carriera scolastica.” Rispose. “Ci sarà un talent scout.” Aggiunse prima di salire i gradini che lo separavano dalla porta d’ingresso. Non prima di lanciarmi un’ultima occhiata.

 



Eccoci con il nuovo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto e se avete voglia di darmi la vostra opinione è sempre apprezzatissima! Non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato!
Cosa credete che succederà?

Il prossimo si chiamerà "The List" e lo posterò sabato :)
Nel frattempo vi ringrazio come sempre per tutte le bellissime parole che mi scrivete sempre, per leggere le mie storie (grazie anche a chi legge e apprezza anche senza commentare) e per inserirle tra le preferite, seguite e ricordate. Non ci saranno mai abbastanza parole per esprimere quanto siete adorabili <3

Vi segnalo anche la mia nuova OS, chiamata "Kickin' In" con protagonisti Harry, Louis e una nuova ragazza, Lacey. E' un po' diversa e strana e spero che vi piaccia! Kickin' In su EFP

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Capitolo 10
*** The List ***




Capitolo 10 – The List
 

“Vorrei dirvi che questo round lo offre la casa, ma potrei essere licenziata.” Dissi una domenica sera ad El, Perrie, Zayn, Louis e Harry. I ragazzi erano venuti a trovarmi durante il lavoro, facendomi una sorpresa.
“Non preoccuparti.” Rispose Eleanor. “Anzi, io ne pago uno in più e te lo bevi tu, okay? Dobbiamo brindare.” Aggiunse la ragazza.
“A cosa?” Domandai, non troppo sicura che potessi bere sul posto di lavoro. Okay che si trattava di un pub e facevo la barista. Decisi di fregarmene e mi versai un bicchiere di birra. Non mi sarei di certo ubriacata con quello.
“A te.” Rispose El, alzando il bicchiere. “Sono orgogliosa di te per avere avuto il coraggio di cambiare completamente la tua vita.”
“A Liz.” Disse Louis, alzando il bicchiere a sua volta.
“No, a Delilah.” Puntualizzò Harry con un sorriso. “Alla ragazza che abbiamo conosciuto a Miami.” Aggiunse.
Brindammo velocemente, anche se avrei voluto dedicare il brindisi a loro, per essere degli amici meravigliosi e per non avermi abbandonata, ma anzi, per avermi dato il coraggio di cambiare e di cominciare a diventare la persona che avrei voluto essere.
“Liz, ci sono clienti dall’altra parte.” Mormorò Jess, la mia collega. Annuii e raggiunsi l’altra estremità del bancone, dove trovai un gruppo di Alpha Delta Phi. Sgranai gli occhi alla vista di Liam, ma mi ricomposi immediatamente.
“Ciao ragazzi, cosa posso portarvi?” Domandai. Anche Liam assunse un’espressione sorpresa quando mi vide, ma non disse nulla.
“Quattro birre.” Rispose Evan. “Dobbiamo festeggiare la vittoria a football, ed è stato tutto merito mio.” Aggiunse.
“Congratulazioni.” Dissi, abbozzando un sorriso. Il mio capo era stato chiaro da subito, con me: mi aveva detto di dimostrarmi sempre il più gentile e disponibile possibile con i clienti, così mi costrinsi ad essere amichevole anche se non ne avevo minimamente voglia. Passai le quattro bottiglie di birra ai ragazzi e presi i soldi che mi porsero.
“Voi andate al tavolo, io vi raggiungo subito.” Disse Liam ai suoi amici. “Possiamo parlare un secondo?” Chiese poi a me.
“Sto lavorando.” Risposi. Esattamente in quel momento Jess, che era dietro di me, intervenne nella nostra conversazione.
“Prenditi pure cinque minuti, non c’è così tanta gente. Ci penso io.” Disse la ragazza.
“Ok, grazie.” Replicai, togliendo il grembiule e appoggiandolo sul bancone. Seguii Liam fuori dal Toad’s, in parte curiosa di sapere cosa volesse dirmi. Speravo che mia madre non l’avesse chiamato per dirgli di farmi cambiare idea sulla facoltà di Legge.
“Cosa fai al Toad’s?” Mi chiese improvvisamente. Mi fermai e mi voltai per guardarlo in faccia.
“Lavoro.” Risposi.
“Ho visto, ma… perché?
“Ho deciso finalmente di cambiare facoltà, perché Legge non è quello che voglio fare nella vita e i miei genitori hanno bloccato il mio fondo fiduciario, quindi questo è l’unico modo per pagare la retta.” Spiegai. Liam rimase a bocca aperta davanti a tutte quelle novità.
“Wow, non sapevo nulla.”
Non ci vedevamo più o meno da un mese, come pretendeva di sapere qualcosa? Avevo cambiato radicalmente la mia vita in quel periodo di tempo.
“Già.” Dissi. Era una sensazione stranissima, perché nonostante fossimo stati insieme per un anno sembrava che non ci conoscessimo per niente.
“Mi dispiace che i tuoi genitori ti abbiano tagliata fuori.” Aggiunse dopo un po’. “Pensavo che fossero più comprensivi.”
“Comprensivi? I Vanderbilt?” Domandai, sgranando gli occhi. “No, loro volevano che diventassi un avvocato come il resto della famiglia e non hanno accettato che avessi un sogno diverso.”
“Ma io non sapevo nulla nemmeno dell’arte.”
“L’ho sempre tenuto segreto.” Spiegai, alzando le spalle. “Speravo che non dicendolo a nessuno e ignorandolo se ne andasse.”
Liam non disse nulla e mi osservò per un po’.
“Mi dispiace per come sono andate le cose. Sono stato uno stronzo e ti chiedo scusa. Non avrei mai dovuto dirti certe cose.”
“Grazie.” Risposi. Guardai l’orologio e notai che stavano per passare i cinque minuti, così cercai un modo per tagliare la conversazione.
“Devi tornare a lavorare, vero?” Mi chiese. Annuii, guardando distrattamente la porta del retro del locale. “Ci vedremo in giro, allora.”
“Già, credo di sì.” Risposi. Tornai dietro al bancone, indossai di nuovo il grembiule e non riuscii a non pensare a quanto fosse imbarazzante e strana la conversazione che avevo avuto con Liam.
 
“Ho fatto una lista.” Disse Harry il martedì seguente, quando lo incontrai a casa sua per uno dei nostri pomeriggi d’arte.
“Una lista?” Domandai.
“Sì, ieri sera stavo pensando a te.” Rispose. “E ho pensato a tutte le cose che potresti fare per vivere al meglio la tua esperienza del college.”
“E sentiamo, cosa comprende questa lista?” Domandai. Abbandonai la matita sul blocco da disegno e raggiunsi il ragazzo sul letto. Mi sedetti a gambe incrociate di fronte a lui e lo osservai, in attesa che mi illuminasse.
“Beh, ci sono cose che hai già fatto, tipo entrare in una confraternita, partecipare ad una festa e cose del genere.” Rispose. “Poi c’è la classica botta e via, ma quella l’abbiamo già tolta dalla lista, giusto?” Mi chiese con il suo solito sorriso furbo.
“Giusto.” Risposi, leggermente imbarazzata. Era la prima volta che nominavamo quello che era successo tra di noi. “Qualcos’altro?”
“Bowling. Hai mai giocato?”
“No.”
“Ecco, devo portarti a fare una partita a bowling una di queste sere. Poi c’è beer pong, e immagino che tu non ci abbia mai giocato.” Disse, interrompendosi per sapere la risposta. Scossi la testa e il ragazzo si concentrò di nuovo sulla lista di cose che aveva davanti a sé. “Dovrai assolutamente partecipare alla nostra Festa Formale, perché sarà epica e tutto tranne che formale.” Aggiunse.
“Avevo l’impressione che voi Zeta Psi faceste le cose in grande.” Lo presi in giro.
“Louis è un genio, seriamente. E’ presidente solo da quest’anno, ma l’anno scorso aiutava ad organizzare le feste ed erano le più fantastiche del campus.”
“Così mi incuriosisci.” Risposi. “Però voglio anche sapere cos’altro c’è sulla lista.”
“Dovresti fare una cosa a tre.” Replicò il ragazzo.
“Certo, come no. Poi?”
“Baciare una ragazza.”
“Perché?” Domandai.
“Perché siamo al college, tutti sperimentano e hanno almeno un’esperienza omosessuale!” Esclamò Harry.
“Tu l’hai avuta?”
“No, ma non…”
“Ecco, allora non bacerò nessuna ragazza finché tu non bacerai un ragazzo.” Risposi. “E niente cose a tre.”
“D’accordo, mi sembra abbastanza giusto.” Disse, tirando due righe sopra a due delle cose sulla sua lista. “Allora passiamo alla prossima: ubriacarsi.”
“Ma mi sono ubriacata.” Replicai, ripensando alla sera in cui l’avevo quasi baciato a Miami e alla sera del mio compleanno.
“Ma io intendo ubriacarti veramente. Tanto da non ricordarti cos’hai fatto la sera prima.”
“Vedremo.” Dissi.
“Allora mi arrendo. Torniamo alle cose più soft, tipo andare ad un concerto. E intendo uno vero, non guardare la band dei miei amici suonare nel giardino.”
“Non sono mai stata ad un concerto.” Ammisi. “I miei genitori hanno sempre pensato che si trattasse di una perdita di tempo. Per loro l’arte e la musica sarebbero da abolire.”
“Questa è una bestemmia bella e buona.” Disse Harry. Dalla sua espressione sembrava quasi che avesse visto un fantasma.
“E’ quello che penso anch’io. C’è altro?”
“No, a parte quello che ti ho detto ho una lista di esperienze per le quali non credo che tu sia ancora pronta.”
“Allora possiamo cominciare con il bowling e il beer pong, mi sembrano abbastanza innocui.” Proposi.
“Ok, resta a cena, stasera ci sarà una festa e giocheremo a beer pong.” Rispose Harry. Tornai a concentrarmi sul blocco e sul disegno che avevo davanti, quando il ragazzo parlò ancora. “A proposito… cosa voleva Payne ieri sera? Ho visto che sei uscita a parlare con lui.”
“Niente di che, voleva sapere perché lavorassi al Toad’s.” Dissi, alzando le spalle. “Non ci vedevamo da un mese e non aveva la minima idea che la mia vita fosse cambiata del tutto.”
“Mentre lui è sempre il solito, noiosissimo, Liam Payne.” Disse Harry con una punta di acidità nella voce. “Scommetto che, a parte unirsi ad una confraternita perché anche suo padre era il presidente, non ha fatto nulla di tutto ciò che c’è nella mia lista.”
“Magari sì, chi lo sa? Mi sono resa conto che non è che lo conoscessi così bene, nonostante siamo stati insieme per un anno. Non ci vedevamo spesso, lui doveva sempre studiare.” Harry alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. “Avanti, sputa il rospo, Styles. So che vuoi parlare.”
“Niente, stavo solo pensando che io non avrei perso tempo a studiare se fossi stato nei suoi panni.”
“Cioè?”
“Beh, diciamo che sì, ovviamente lo studio è importante, ma non è tutto nella vita. Se io avessi avuto… una ragazza, ecco, non avrei passato tutto il mio tempo solo sui libri.”
“Ma tu non conti, sei praticamente dipendente dal sesso. Hai una reputazione, sai?”
“Oh, sentiamo, sono cattivo, tratto male le ragazze e vado a letto con tutte?” Mi domandò.
“Più o meno. Girano voci su di te.” Replicai, cercando di mantenere un certo velo di mistero.
“Ne ho sentite parecchie. Sono tutte false.” Disse, scuotendo la testa.
“Quindi non è vero che sei stato beccato con una ragazza in piscina dopo l’orario di chiusura?” Chiesi.
“No, okay, quello è vero.”
“E non è vero che hai frequentato due migliori amiche nello stesso periodo e quando l’hanno scoperto siete finiti a fare una cosa a tre?”
“Parzialmente vero.” Rispose. “Ho frequentato due migliori amiche nello stesso periodo, ma non avevo idea che fossero così legate. E falso, quando l’hanno scoperto mi hanno schiaffeggiato e non si sono più parlate.” Spiegò.
“E la relazione con la professoressa sposata?” Chiesi.
“Oh.” Disse semplicemente Harry. “Anche quello è parzialmente vero. L’anno scorso sono stato con una professoressa, ma non era sposata. E no, non era una delle mie. Insegnava Economia.” Aggiunse.
“Quanti anni di differenza avevate?”
“Penso quindici, non ho mai indagato.”
“Wow.” Commentai.
“Ti sei improvvisamente resa conto del motivo per cui sono stato così bravo?” Scherzò Harry.
“Beh, oddio, non esagerare.” Replicai, scoppiando a ridere. In realtà aveva ragione, andare a letto con lui era stato particolarmente bello, ma non gli avrei mai dato la soddisfazione di sentire quelle parole uscire dalla mia bocca.
Harry scosse la testa, sempre ridendo, e tornò a concentrarsi sul foglio che aveva davanti a sé.
 
“Keg stand!” Urlò il ragazzo quella sera, durante la festa. Avevamo già giocato una partita a beer pong e avevo vinto contro di lui. Avevo frequentato lezioni di tennis per anni e nel tempo libero facevo squash perché era una delle uniche cose che mi permetteva di scaricare la tensione. Beer Pong non era tanto diverso. C’erano comunque palline e invece di usare le racchette dovevo lanciarle per farle finire nel bicchiere dell’avversario.
“Che cosa?” Domandai. La musica era altissima e avevo già bevuto tre mezzi bicchieri di birra.
“Keg stand, come ho fatto a non pensarci prima! E’ una delle cose più classiche che tu possa fare al college!” Replicò il ragazzo, indicandomi un punto in giardino. Seguii il suo dito con lo sguardo e notai una ragazza in verticale su un fusto di birra e stava bevendo mentre tutti, intorno a lei, urlavano: “Bevi! Bevi! Bevi!” La ragazza resistette il più possibile e poi tornò in piedi, barcollando.
“Dovrei fare quello?” Chiesi, scettica. Okay, mi ero sempre impegnata in tutti gli sport possibili, ma non sapevo se sarei stata in grado di fare una verticale su un fusto di birra.
“Non preoccuparti, ti terrò io su. Mi dovrai solo dire quando vorrai scendere. E ti avviso: in questo modo ti ubriacherai in fretta.” Rispose Harry. Ci pensai per qualche istante. Avevo solo due opzioni: dire di no e scappare a casa, oppure prendere coraggio e farlo. E, visto che ero stufa di essere la brava ragazza che seguiva tutte le regole, decisi di provarci.
“Okay!” Esclamai, annuendo. Harry mi rivolse un sorriso enorme e mi guidò attraverso il giardino, fino al fusto di birra.
“Abbiamo una volontaria per il keg stand!” Disse. Il gruppo di ragazzi e ragazze intorno a noi urlarono e mi incoraggiarono.
“D’accordo, ce la posso fare.” Mormorai, facendo qualche passo avanti. Harry mi aiutò a posizionarmi nel modo giusto sul fusto di birra e continuò a sostenermi mentre un altro ragazzo mi faceva bere. Tutti intorno mi incitavano e urlavano: “Bevi! Bevi! Bevi!” e mi ritrovai a pensare che quello che stavo facendo fosse davvero divertente. Non resistetti molto, ma abbastanza per sentirmi girare la testa quando tornai a terra.
“Allora?” Mi chiese il ragazzo, tenendo saldamente le mani intorno alla mia vita per non farmi cadere. Non avevo bevuto una quantità esagerata di birra, ma barcollavo.
“Wow!” Esclamai. “Non pensavo fosse così!”
“Possiamo togliere due cose dalla lista questa sera.” Disse Harry con orgoglio. “Questo sarà il tuo anno più bello al college.” Aggiunse.
“Grazie a te, Styles.” Dissi, abbandonandomi su una sedia. La testa mi girava parecchio, ma probabilmente era solo perché ero stata a testa in giù.
 
“Stai meglio?” Mi domandò Harry. La festa stava lentamente finendo e tutti i ragazzi stavano tornando nelle loro stanze o alle loro confraternite.
“Sì, sono anche riuscita a ballare!” Esclamai. Non mi girava più tantissimo la testa, ma mi sentivo comunque abbastanza ubriaca.
“Ti accompagno a casa?”
“No. Dormo qui.” Risposi con decisione. Harry scoppiò a ridere e poi annuì.
“Allora andiamo di sopra. Non lamentarti se ti spio mentre ti cambi, eh.” Scoppiai a ridere anch’io e mi lasciai guidare nella sua camera, dove mi sdraiai pesantemente sul suo letto.

 



Buongiorno!
Ecco il nuovo capitolo di Live While We're Young! C'è ulteriore aria di cambiamenti per Liz/Delilah.
Harry è intenzionato a farle vivere la migliore esperienza del college possibile, mentre Liam torna a scusarsi per come si è comportato. E il capitolo finisce con Liz che decide di rimanere a dormire da Harry...
Cosa succederà secondo voi?

Il prossimo capitolo (in cui vedremo la Festa Formale epica degli Zeta Psi) lo posterò martedì al posto di mercoledì! Grazie per aver letto, per aver inserito la storia tra le preferite, seguite o ricordate e grazie per le bellissime recensioni che mi avete lasciato!

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Capitolo 11
*** Zeta Party ***




Capitolo 11 – Zeta Party
 

“Tieni.” Disse il Harry dopo un po’, lanciandomi una sua maglietta.
“Non guardare.” Replicai, rialzandomi e togliendo i jeans. Quando mi liberai anche della mia maglietta mi girai per controllare che Harry non mi stesse spiando.
“Non è niente che io non abbia già visto, D.” Disse lui con aria divertita. Sì, in effetti aveva ragione e, almeno in quel momento, avevo la mia biancheria.
Indossai la sua maglietta dei Ramones e mi infilai sotto le coperte, aspettando che facesse lo stesso anche lui.
“Guarda pure, non mi offendo.” Scherzò Harry. Abbassai il lenzuolo per spiarlo mentre rimaneva in boxer, prima di raggiungermi a letto.
“Niente di che.” Decretai alla fine con un sorriso. “Ho visto di meglio.” Anche in quel caso non era assolutamente vero, perché mi piaceva il fisico di Harry. Molto. Però non volevo dargli la soddisfazione di fargli un complimento. Era già abbastanza sicuro di sé senza che lo aiutassi.
“Non ti strucchi? Domani mattina sembrerai una scappata di casa.”
“Sono troppo stanca.” Risposi. “E tanto so che è una scusa per farmi alzare e guardarmi le chiappe.” Dissi e scoppiai a ridere. ‘Chiappe’ era proprio una parola divertente. O forse era la birra che rendeva tutto più buffo. No, era decisamente lo shot di tequila che un ragazzo mi aveva offerto mentre ballavo.
“Le ho già viste, me le ricordo bene.”
“Antipatico.”
“Di solito no, ma tu, in qualche modo, tiri fuori il peggio di me.” Scherzò di nuovo lui. Scoppiammo a ridere di nuovo e poi rimanemmo in silenzio, uno di fianco all’altro.
“Sai che non so molte cose di te?” Domandai improvvisamente. Ero stanca e mi si chiudevano gli occhi, ma non volevo addormentarmi.
“Cosa vuoi sapere?”
“Tutto.”
“Dunque, vengo dalla Terra di Mezzo e di solito ho tre teste, ma quando sono al college ne nascondo due per non scandalizzare troppo gli studenti innocenti.” Disse in tutta serietà.
“Scemo.” Ribattei. “Intendo veramente.”
“Vengo da Salem, in Oregon.” Rispose dopo un po’.
“E’ dall’altra parte del paese.” Constatai.
“Ed è il motivo per cui non vado mai a casa durante le feste e perché i miei genitori non sono venuti a trovarmi durante la giornata delle famiglie: i biglietti aerei costano troppo.” Disse. “Ho una borsa di studio.” Spiegò pochi secondi dopo, anticipando la mia domanda.
“Sei figlio unico?”
“No, ho una sorella più grande, ma frequenta l’UCLA in California.” Disse lentamente. “Ho anche un fratellastro più piccolo che va all’High School a Salem. I miei hanno divorziato quando ero un bambino e si sono risposati entrambi.” Sembrava che fosse difficile per lui aprirsi così con qualcuno. “Tu?”
“Ho un fratello più grande. Il perfetto, bravissimo Tyler.” Risposi dopo una breve pausa.
“E’ già un avvocato?”
“No, è ancora qui a Yale. E’ all’ultimo anno dell’università.”
“Ma… non vi parlate?”
“Non ci siamo mai parlati molto, no. E da quando mi sono iscritta ad arte non l’ho più sentito del tutto.” Risposi. Nessuno dei due disse più nulla per un lungo periodo, finché la stanchezza si impossessò completamente di me e chiusi gli occhi.
 
“Ehi, non ci siamo visti per un mese e adesso ti vedo ovunque!” Esclamò Liam il pomeriggio successivo. Stavo lavorando da Starbucks e lui era decisamente l’ultima persona che avevo voglia di vedere.
“Ciao, Liam.” Risposi. “Cosa posso darti oggi?”
“Un Frappuccino al caffè, per favore.” Replicò. Presi il suo ordine e aspettai che pagasse. Avevo mal di testa e non ero ancora riuscita a fermarmi un secondo tra le lezioni e il lavoro.
“Come stai?” Mi domandò improvvisamente il ragazzo, mentre stavo preparando il suo drink. Alzai gli occhi dal bicchiere che avevo in mano per pochi secondi, prima di riconcentrarmi sul lavoro.
“Bene, grazie. Tu?”
“Un po’ stressato come al solito, ma non male.” Disse. “Il problema è che sono stato un idiota e mi manchi.” Aggiunse subito dopo, abbassando la voce. Ci volle tutta la mia concentrazione per non rovesciare Frappuccino ovunque.
“Anche se mi piace pensare di averti lasciato io… mi hai lasciata tu.” Dissi. “Perché ero una distrazione, se non ricordo male.”
“Lo so, non avrei mai dovuto. Adesso ti vedo spesso in giro e mi sembri così felice, così…”
“Liam, possiamo non parlarne qui?” Domandai nervosamente, guardando la fila che si stava formando al bancone, nonostante il mio collega Tom stesse facendo del suo meglio.
“Stasera a cena?” Mi chiese Liam.
“Non posso, devo trovare il tempo di finire un progetto a cui sto lavorando.” Dissi. Lo sguardo del ragazzo si incupì e maledissi me stessa per la decisione che avevo appena preso. “Ma quando stacco il turno, alle sei, puoi accompagnarmi a casa, così ne parliamo.” Aggiunsi.
“D’accordo, vengo a prenderti qui alle sei, allora.”
“Ok, a dopo.” Dissi, scuotendo la testa. Perché non riuscivo mai a dire di no? Non avevo assolutamente nulla da dire a Liam dopo quello che era successo al mio compleanno.
“Grazie per il Frappuccino.” Replicò il ragazzo prima di andare via.
 
Quella sera alle sei, puntuale come un orologio svizzero, Liam si presentò da Starbucks con un sorriso e un mazzo di fiori.
“E questi?” Domandai quando me li porse.
“Sono per chiederti scusa per essere stato un cretino.”
“Grazie.” Dissi. Erano delle bellissime rose rosse.
“Hai mai sentito quella frase che dice che non ti rendi conto di quello che hai perso finché non l’hai perso davvero?”
“Sì.” Risposi.
“Ecco, a me è successa la stessa cosa. Mi sono reso conto di quanto sia stato idiota a perderti.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea dopo un mese, se posso chiedertelo?” Domandai. Ero davvero curiosa di sapere cosa fosse cambiato in quel periodo, perché l’ultima volta che avevamo parlato – o meglio, litigato – avevo capito di essere solo una distrazione per lui.
“Vederti così cambiata.” Rispose semplicemente. “Sei diversa, più felice, piena di vita… E devo anche ammettere di aver provato una sensazione fastidiosa quando ti ho vista sugli scalini con quello, la sera della vostra Festa Formale Annuale.” Ammise dopo qualche secondo.
Quello ha un nome e siamo solo amici.” Puntualizzai. Non che gli dovessi una spiegazione. Mi aveva lasciata e avevo il diritto di fare quello che volevo.
“Come posso farmi perdonare?” Mi domandò improvvisamente Liam.
“Non puoi.” Risposi con onestà. “Perché in realtà non ce l’ho con te. Cioè, mi sono incazzata perché hai scelto proprio il giorno del mio compleanno per farlo e per quello che mi hai detto.” Spiegai.
“Quindi, volendo, potremmo tornare a frequentarci?”
“Da amici.” Puntualizzai, annuendo.
“D’accordo, è pur sempre un inizio.” Rispose Liam. “Che ne dici di andare a mangiare una pizza sabato sera? Da amici.”
“Non posso.” Replicai.
“Lavori?”
“No, il sabato lavoro durante il pomeriggio da Starbucks, ma vado alla Festa Formale degli Zeta Psi.” Spiegai. “Se ci fai un salto ci vediamo lì, però.”
“Non devo essere invitato come più uno da qualcuno?”
“No, figurati. Gli Zeta Psi non sono così fiscali. Le loro feste sono aperte a chiunque.” Dissi. “Per loro l’importante è che ci sia più casino possibile.”
“D’accordo, allora farò una pausa dallo studio e verrò a vedere cosa combinano quei pazzi.” Replicò Liam. Ormai eravamo davanti alla casa delle KAT e ci fermammo davanti ai gradini dell’ingresso.
“A sabato.” Dissi. “E grazie per le rose, sono bellissime.” Aggiunsi, rivolgendo al ragazzo un sorriso. Liam si avvicinò e mi diede due baci sulle guance prima di tornare a casa.
Rimasi ferma per qualche minuto davanti alla porta, riflettendo su quello che era successo. A parte la sera in cui avevamo litigato, Liam era sempre stato un bravo ragazzo. Certo, era concentrato praticamente solo sullo studio e pensava che tutto il resto fosse una distrazione, il che lo rendeva un pessimo fidanzato, ma ero sicura che non sarebbe stato male averlo come amico.
 
Quando il sabato pomeriggio ricevetti un pacco da Harry con i vestiti da indossare quella sera alla festa della sua confraternita non capii perché avrei dovuto mettere esattamente quel completo. Se così si poteva chiamare. Una volta arrivata davanti alla casa degli Zeta Psi mi fu tutto chiaro. Harry mi aveva mandato un “abito” preistorico perché il tema della loro Festa Formale era proprio quello: la preistoria.
Il cartello che di solito diceva “Zeta Psi” era stato sostituito da uno in legno con dipinte sopra le parole “Jurassic Psi”. Tutti, intorno a me, erano vestiti a tema e nel giardino davanti all’ingresso e in casa c’erano piccoli dinosauri gonfiabili ovunque.
“Benvenuta nella preistoria, Delilah!” Esclamò Harry quando mi vide.
“Quando avete organizzato tutto questo?” Domandai, guardandomi intorno. Tutto era stato decorato a tema, i cocktail avevano nomi di dinosauri e dalle pareti spuntavano felci finte e altre piante che davano l’idea di essere in una foresta e non all’interno di una casa.
“Louis ci sta lavorando da circa un anno.” Rispose il ragazzo, alzando le spalle. “Hai visto cosa c’è nel giardino sul retro?” Domandò. In quel preciso istante sentii un ruggito, nonostante la musica fosse molto alta.
“C’entra qualcosa con il suono che sto sentendo?” Chiesi e il ragazzo annuì. Mi guidò verso la fonte di quel ruggito. Sgranai gli occhi e pensai che la mascella si stesse per staccare per quanto avevo aperto la bocca. Se nel giardino davanti alla casa c’era pieno di dinosauri gonfiabili – in stile fumetto – in quello sul retro c’era pieno di dinosauri veri e propri. O meglio, erano quasi tutti sculture dipinte per sembrare reali, ma quello che mi aveva sconvolta di più era il tirannosauro che stava muovendo la testa e ruggendo.
“Sei sorpresa? Ti avevo detto che le nostre feste sono epiche!” Esclamò Harry con una risata.
“Styles, c’è gente che cavalca i dinosauri.” Dissi, sempre più sconvolta. Tantissimi partecipanti alla festa si stavano arrampicando sulle statue più piccole per fare le foto. “Ma soprattutto, come avete fatto a trasportare quel coso enorme qui?” Aggiunsi indicando il t-rex. “E come si muove?”
Harry scoppiò a ridere.
“Siamo una confraternita molto creativa.” Rispose con aria misteriosa. “Non posso rivelarti i nostri segreti, altrimenti dovrei ucciderti.” Aggiunse poi, sempre ridendo.
“Ma… Seriamente, dove avete tenuto nascosto quel coso?” Domandai, incapace di distogliere lo sguardo dal t-rex che scuoteva la testa e ruggiva. Non era a grandezza reale, ma era comunque molto alto e incuteva un certo terrore.
“Nel seminterrato.” Rispose infine Harry. Prese dal bar in giardino due bicchieri di birra – che non erano i soliti di plastica rossi, ma per l’occasione sembravano di pietra – e mi fece sedere su un enorme sasso finto che serviva da panchina. “Zayn ed io abbiamo aiutato a dipingerli, mentre Seth e Darren, che studiano ingegneria e sono fissati con i robot e cose del genere, hanno aiutato a costruirlo.” Aggiunse il ragazzo.
“E l’idea è stata di Louis?” Domandai.
“Sì, Louis è il miglior presidente di sempre, credo. Le sue idee per le feste sono incredibili. A proposito, ti è piaciuto il vestito?” Mi domandò Harry, squadrandomi da capo a piedi. In realtà stavo indossando due pezzi di stoffa leopardati: uno fungeva da top e l’altro più o meno da gonna. Annuii con aria pensierosa.
“Anche questa è stata un’idea di Louis, vero? Per avere tutte le ragazze il più svestite possibile?” Chiesi.
“Ci hai beccati.” Rispose Harry con un sorriso colpevole.
“Mi devi spiegare perché tu non sei mezzo nudo, però.” Dissi, notando che il ragazzo aveva un costume da Fred Flinstone.
“Sono timido.” Scherzò lui. “Non mi piace farmi vedere nudo dalla gente.”
“Sì, certo. Come no.”
“Dai, mi ci vedevi in un paio di mutande leopardate?” Domandò dopo qualche istante. Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere finché non sentii delle lacrime scorrere sulle mie guance.
“Perché non l’hai fatto?” Chiesi, asciugandole. Non ricordavo l’ultima volta che avevo riso così di gusto. “Avremmo avuto i costumi in pendant.”
“Non mi sembrava il caso di mostrare a tutti il mio enorme…”
“No.” Lo interruppi, alzando una mano e scoppiando a ridere di nuovo.
“Stavo per dire tatuaggio.” Puntualizzò Harry.
“Hai un enorme tatuaggio?” Lo presi in giro. In realtà lo sapevo, perché l’avevo visto, ma mi piaceva fare la finta tonta.
“D, mi ritengo offeso. Siamo stati a letto insieme e non hai nemmeno notato i due uccelli?” Rispose. Mi morsi il labbro per non scoppiare a ridere ulteriormente, ma non riuscii proprio a trattenermi. “…che ho tatuati sul petto.” Concluse con tono piatto.
“Lo sai che questa conversazione ha superato il mio limite annuale di doppi sensi, sì?”
“Hai un limite basso. Dobbiamo lavorarci.” Replicò lui, porgendomi un altro bicchiere di birra. Lo ringraziai con un cenno del capo e cominciai a guardarmi intorno. In una folla di studenti vestiti in modo decisamente bizzarro ne risaltava uno in particolare, ma non perché aveva un costume preistorico strano, ma perché stava indossando abiti normali. Anzi, eleganti.
“Vado un secondo da Liam.” Mormorai e mi alzai dal sasso finto. Vidi Harry alzare lo sguardo sulla folla, intercettare quello dell’altro ragazzo e bere un sorso di birra senza dire nulla.
“Non mi avevi detto che il tema della festa era la preistoria.” Disse Liam appena mi vide.
“E’ stata una sorpresa anche per me.” Risposi. E mi ero completamente dimenticata che saresti venuto, pensai. Evitai di dirlo ad alta voce per non sembrare scortese. La verità era che passando tutto il mio tempo con Eleanor, Perrie, Harry e gli altri ragazzi Zeta Psi, tendevo a dimenticarmi di tutto il resto. “Non l’ho saputo fino all’ultimo.” Aggiunsi invece.
Liam sembrava così fuori posto rispetto a tutti gli altri studenti vestiti in modo strano e che si stavano divertendo. Era rigido e a disagio e, nonostante tutto, mi dispiaceva per lui.
“Hanno fatto un ottimo lavoro, comunque.” Disse, guardandosi intorno.
“Vieni, prendiamo una birra e andiamo a parlare fuori.” Proposi, guidandolo all’interno della casa e poi di nuovo fuori nel giardino all’ingresso. Camminammo per qualche minuto, finché non ci spostammo un po’ dalla casa.
Liam mi guardò per qualche minuto senza parlare, facendomi sentire incredibilmente nuda, in tutti i sensi.
“Cosa ti ha fatta cambiare così?” Mi domandò poi. Alzai le spalle prima di rispondere.
“Una serie di cose. Essere tornata amica di Eleanor è stato probabilmente ciò che ha iniziato tutto il processo.” Dissi. “Perché me lo chiedi?”
“Non lo so, ti vedo felice e mi viene da chiedermi se io sto facendo quello che voglio nella mia vita. Se ha senso fare tutto quello che sto facendo per diventare un avvocato. Per quel lavoro a Washington.” Si sfogò il ragazzo. Eravamo seduti sul marciapiede poco fuori dalla casa degli Zeta Psi e riuscivamo ancora a sentire la musica. Non sapevo chi cantasse la canzone che stavo ascoltando in quel momento, ma mi piaceva. Cercai di appuntarmi mentalmente di chiederlo a Harry una volta tornata al party, mentre pensavo a qualcosa da dire a Liam. Quel ragazzo aveva un pessimo tempismo. Mi aveva lasciata la sera del mio compleanno e aveva scelto un party epico per sfogarsi e avere dubbi esistenziali.
“Quando sei tornato da Washington eri la persona più felice del mondo.” Dissi.
“Lo ero davvero.” Replicò Liam.
“Io non lo ero mai prima di aver cambiato tutto.” Dissi. “Ho sempre saputo che non volevo fare Legge, che non volevo seguire le orme dei miei genitori e di tutta la mia famiglia. Solo che non avevo il coraggio di ammetterlo a nessuno.” Aggiunsi.
“Dici che sono solo stressato?”
“Credo di sì.” Risposi. “So che ti incazzi quando te lo dico, ma studi davvero troppo. Non ti vedo mai divertirti, dovresti staccare ogni tanto.”
“Non è facile, i test per entrare ai corsi universitari post-college sono duri.”
“Sì, ma tu sei bravo e hai sempre studiato. Se una volta alla settimana ti concedi una serata in cui non pensi minimamente allo studio la tua media non ne risentirà.” Dissi. Non era mai stato facile cercare di farlo ragionare. Liam era sempre stato un tipo testardo. “Per esempio, so che dopo che esci con i tuoi compagni di confraternita e andate al Toad’s a bere qualcosa torni e ti metti subito sui libri. Dovresti…”
Liam mi interruppe a metà discorso, avvicinandosi improvvisamente e baciandomi.

 



Sì, ho lasciato il capitolo così!
Il prossimo lo posterò venerdì al posto di sabato! In questo sono successe talmente tante cose che non so da che parte iniziare: ci sono battutine tra Harry e Liz, doppi sensi, dinosauri, confessioni sulla famiglia e... Liam. Liam che, come dice Liz, è il ragazzo con il tempismo più pessimo che si sia mai visto!
Come pensate che reagirà Liz a questo bacio? E, soprattutto, cosa pensate che succederà nel prossimo capitolo?
Spero che questo vi sia piaciuto e se volete lasciarmi un commento con le vostre opinioni lo leggo sempre più che volentieri!

Grazie per averlo letto (e, come sempre, grazie a tutte le persone che hanno aggiunto la mia storia alle preferite, ricordate e seguite, che hanno recensito e che hanno semplicemente letto "in silenzio")! Vi adoro <3
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Capitolo 12
*** Dinosaur ***




Capitolo 12 - Dinosaur

“Liam…” Mormorai, allontanando il ragazzo leggermente. Era successo tutto così in fretta che non avevo quasi capito cosa stesse facendo finché non sentii le sue labbra sulle mie.
“Scusa, non avrei dovuto.” Disse, alzandosi dal marciapiede su cui eravamo seduti e camminando velocemente verso la casa degli Alpha Delta Phi, lasciandomi da sola a cercare di capire cosa fosse successo davvero. Sfiorai le mie labbra con una mano, scuotendo la testa quasi impercettibilmente.
“Liz!” Esclamò Eleanor da poco più lontano. Era insieme a Perrie ed entrambe erano vestite da Flinstones: El da Betty, e Perrie da Ciottolina. “Ecco dov’eri finita! Styles ci ha detto che sei venuta qui fuori con Liam e ci stavamo preoccupando.” Aggiunse dopo essersi avvicinata.
“Mi ha baciata.” Dissi semplicemente. Perrie sgranò gli occhi ed El mi guardò preoccupata. “Torniamo al party?” Domandai, alzandomi da dove ero rimasta seduta e lisciando la pseudo-gonna che stavo indossando con le mani.
“Cos’è successo?” Mi chiese Perrie.
“Non lo so con precisione. Eravamo qui fuori a parlare, si stava sfogando e prima che me ne accorgessi mi ha baciata.” Spiegai mentre tornavamo in casa.
“Com’è stato?” Domandò ancora la ragazza. El la guardò male. “Non in quel senso! Come ti sei sentita, ecco?”
“E’ stato strano. E’ stato tutto talmente veloce che l’unica cosa che ho provato è stata sorpresa.” Spiegai. “Però adesso non riesco a smettere di pensarci. Dopo che l’ho allontanato è praticamente scappato.” Dissi.
Eravamo tornate nel giardino sul retro della casa degli Zeta Psi, cioè nel pieno della festa e tutti stavano ballando e bevendo. Notai che alcune sculture di dinosauri avevano delle collane hawaiane intorno al collo e il t-rex aveva un cappello a cilindro in testa.
“Ecco le tre ragazze più belle della festa!” Esclamò Louis avvicinandosi con una macchina fotografica e interrompendo il nostro discorso. Notai che era vestito da Barney, il marito di Betty nei Flinstones.
“Cosa vuoi fare con quella?” Chiese El, guardando male l’oggetto che teneva in mano.
“Una foto. A voi. Sui dinosauri.” Spiegò Louis, facendo delle pause tra una parola e l’altra mentre osservava attentamente il giardino intorno a noi. Trovò un dinosauro che non era ancora stato preso d’assalto dai partecipanti alla festa, prese in braccio Eleanor e la fece sedere sulla statua. Perrie ed io ci guardammo per qualche secondo prima di scoppiare a ridere e seguire la coppia. Louis era riuscito a farmi dimenticare quello che era appena successo.
“Forza, mettetevi ai lati di El!” Esclamò il ragazzo. Perrie ed io eseguimmo gli ordini e ci ritrovammo a posare su una statua a forma di dinosauro con delle collane hawaiane al collo e, per qualche stranissimo motivo, cappelli da cowboy in testa.
“Da dove sono spuntati questi?” Domandò Perrie dopo che Louis scattò la foto. Niall, che era comparso di fianco al suo amico, stava ridendo.
“Ve li ho messi io.” Spiegò il ragazzo biondo. “Non so perché, ma trovo il mix dinosauri, collane hawaiane e cappelli da cowboy irresistibile. Voglio dire, riguarderete questa foto e riderete per il resto delle vostre vite!”
Scoppiai a ridere anch’io, scuotendo la testa. Gli Zeta Psi erano il gruppo di pazzi più incredibili che avessi mai conosciuto. E la cosa divertente era che mi trovavo benissimo in mezzo a loro.
“El, se vieni con me ho dei dinosauri rarissimi da farti vedere in camera mia.” Disse Louis facendo l’occhiolino alla mia amica e dandole una mano per aiutarla a scendere dalla statua. El arrossì e rise, mettendosi una mano davanti alla bocca.
“Ti regalo un consiglio non richiesto, Tomlinson.” Intervenne Perrie. “Le ragazze non amano ricevere proposte così… ovvie!” Esclamò. Nello stesso istante Zayn la abbracciò da dietro e le lasciò un bacio sul collo e la ragazza, dapprima spaventata per la sorpresa e, conoscendola, già pronta a tirare un pugno al ragazzo se fosse stato uno sconosciuto, cambiò completamente espressione e sorrise.
“Peccato, avrei voluto chiederti di venire al piano di sopra con me.” Mormorò Zayn.
Perrie sembrò volerci pensare per qualche istante, prima di rispondere.
“Solitamente direi di no.” Cominciò a dire. “Ma non penso di riuscire a resistere al tuo vestito da uomo delle caverne.” Aggiunse, scoppiando a ridere.
Niall scosse la testa e, con una teatrale scrollata di spalle, si avvicinò al bar e recuperò un bicchiere di birra.
“Liz, vuoi parlare di quello che è successo poco fa?” Mi chiese improvvisamente Eleanor.
“No, tranquilla. Divertiti e ne parliamo domani. Vado a cercare Styles.” Risposi. In realtà non sapevo nemmeno bene cosa dire, perché ero confusa su quello che era successo con Liam. Avevo deciso di tornare ad essere semplicemente sua amica, lui mi aveva baciata e io l’avevo allontanato.
Recuperai un bicchiere di birra mentre cercavo Harry alla festa. Avevo voglia di passare del tempo con lui. Il ragazzo avrebbe sicuramente trovato qualche battuta inappropriata da fare per distrarmi. Non lo trovai né in giardino e né all’interno della casa, così andai direttamente in camera sua, pensando che si stesse nascondendo da una delle sue mille conquiste.
Aprii la porta, senza bussare e senza minimamente pensare che avrei potuto trovarlo a letto con una ragazza. E invece quella fu proprio la scena che mi si parò davanti.
“Oddio.” Dissi immediatamente. Ero talmente sorpresa che non riuscivo più a muovermi. Per quanto il mio cervello mi dicesse di richiudere quella porta e scappare il più in fretta possibile, le mie gambe e le mie mani non ne volevano sapere di obbedire.
“Delilah.” Al contrario di me, Harry era tranquillissimo. La ragazza che era con lui si stava coprendo con un lenzuolo, ma non sembrava infastidita dalla mia presenza. “D?” Mi chiamò di nuovo Harry, richiamando la mia attenzione. L’unica reazione che avevo avuto era quella di distogliere immediatamente lo sguardo. Lo riportai sul ragazzo, vergognandomi a morte per essere capitata in quella situazione.
“Scusa, me ne vado subito.” Risposi, cominciando a riprendere il controllo del mio corpo.
“Beh, per come la vedo io hai due opzioni qui: o resti e ti unisci a noi.” Disse Harry, guardando la ragazza che era con lui, che annuì. “Oppure chiudi la porta e ci vediamo tra un po’?” Suggerì.
Deglutii e mi morsi un labbro, imbarazzata come non mai.
“Ci vediamo dopo.” Mormorai, cominciando a richiudere la porta.
“Peccato.” Sentii Harry dire. 
 
“Sei rimasta così sconvolta?” Mi domandò Harry quando mi raggiunse in giardino. Ero seduta sull’enorme sasso finto che fungeva da panchina e stavo bevendo l’ennesimo bicchiere di birra della serata ed ero abbastanza disperata. Il ragazzo si sedette di fianco a me e sorrise.
“Spero che tu ti sia fatto una doccia.” Replicai, strascicando un po’ le parole. “E so che sei un ragazzo e conosco la tua reputazione, ma non avevo mai collegato che il tuo letto è dove fai certe cose.” Aggiunsi. Mi girava la testa e non mi sentivo per niente lucida.
“Sei stata anche tu nel mio letto a fare certe cose.” Ribatté il ragazzo, allargando il suo sorriso e quotando con le dita le ultime parole.
“Sì beh, se l’avessi saputo prima avrei evitato. Farò una doccia nel disinfettante.” Dissi. Harry mi portò via dalle mani il bicchiere mezzo vuoto di birra e lo appoggiò per terra di fianco a lui.
“L’alcool ti mette di cattivo umore? O…” Cominciò a dire.
“No, non è l’alcool.” Replicai con convinzione. Certo, prima di bere ero felice e contenta, ma gli eventi della serata avevano ribaltato la situazione. E soprattutto, rimanere da sola a guardare la gente che si divertiva aveva permesso che cominciassi a pensare a tutta la situazione.
“Oh. D, non pensavo che ti avrebbe dato fastidio. Cioè, non pensavo che tu…”
“Sapevo dall’inizio che sarebbe arrivato questo giorno. Sapevo anche che non avrei potuto evitarlo.” Continuai.
“Avresti dovuto parlarmene prima, ormai quello che è fatto è fatto.” Rispose Harry, abbassando lo sguardo.
“Ma non avresti potuto evitarlo nemmeno tu.” Dissi, scuotendo la testa.
“Beh, mi piace di pensare di avere dell’autocontrollo e se avessi saputo…”
Improvvisamente mi voltai verso di lui, realizzando che, probabilmente, non stavamo parlando della stessa cosa.
“Di cosa stai parlando, Styles?” Chiesi.
“Di quello che è successo poco fa.” Rispose. “Quando sei entrata in camera mia.” Aggiunse.
“Oh.” Dissi semplicemente. “No, io non parlavo di quello.”
Vidi Harry arrossire quasi impercettibilmente e riabbassare lo sguardo per qualche secondo. Così pensava che fossi gelosa perché l’avevo trovato a letto con una ragazza? Pensava che io provassi qualcosa per lui? Non poteva essere più fuori strada di così. Io e lui eravamo amici e non avrei permesso a nulla di rovinare il nostro rapporto. Di certo non a stupidi sentimenti.
“Cos’è successo?” Domandò dopo un po’.
“Devo comprare una serie di materiali per i corsi. Non avevo idea che sarebbero stati così costosi.” Aggiunsi sospirando.
“Non hai abbastanza?”
“No, ho abbastanza per questa volta, ma mi rimarrà ben poco. Non so come farò, non voglio ritrovarmi a dover pregare i miei genitori per un aiuto.”
“Ce la farai.” Rispose il ragazzo, appoggiandomi una mano sulla spalla e sorridendomi.
“Ci proverò, almeno. Ho chiesto al mio capo da Starbucks se posso fare qualche turno in più.” Dissi, incrociando il suo sguardo. I suoi occhi verdi erano sempre stati così belli e così chiari? Ma poi perché ci stavo pensando?
“Se hai bisogno di qualcosa dimmelo, D. Io ti aiuto volentieri.”
“Grazie.” Risposi.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, osservando i partecipanti alla festa intorno a noi. I loro movimenti mi facevano girare la testa ancora di più e volevo smettere di pensare a tutto quello che era successo quella sera, a partire da Liam che mi aveva baciata al ritrovare la nota sul mio telefono con i materiali che avrei dovuto comprare nei giorni successivi.
“C’è qualcos’altro che ti sta dando fastidio, vero?” Mi domandò il ragazzo. Non sapevo come facesse, nonostante ci conoscessimo da relativamente poco era come se mi leggesse nella mente. Mi conosceva quasi meglio di me stessa.
“Liam mi ha baciata.” Confessai.
“Ti ha fatto venire dubbi?”
Annuii senza parlare mentre guardavo una coppia di ragazze che cercavano di arrampicarsi su una delle statue a forma di dinosauro. Erano talmente ubriache che non riuscivano nemmeno ad alzare le gambe.
“So che è stata la cosa giusta lasciarsi. Non eravamo innamorati. O almeno io non lo ero. Non provavo nessuna di quelle sensazioni su cui scrivono libri o fanno film quando ero con lui.” Spiegai.
“Ma…?”
“Fino a questa sera credevo che anche lui non provasse nulla per me, ma il modo in cui mi ha baciata e il suo sguardo ferito quando l’ho allontanato…” Cominciai a dire. “Non lo so, è stupido. Anche perché lui ha lasciato me.”
“Magari ha cambiato idea e ha capito di avere fatto una cazzata enorme. Tu… hai intenzione di dargli un’altra possibilità?”
“Non lo so. Credo che ci dormirò su e ci penserò domani.” Dissi. Tanto in quel momento non ero in grado di prendere una decisione in ogni caso.
“Mi sembra una buona idea. Vogliamo divertirci adesso?” Propose improvvisamente Harry, alzandosi e porgendomi una mano. “Balliamo?”
“Come posso dire di no?” Risposi. Non avevo intenzione di rimanere con il muso per il resto della serata e poi tutti si stavano scatenando su una canzone che parlava di dinosauri. Non avevo la minima idea di chi fosse la ragazza che la stava cantando e rappando, ma era divertente e volevo dimenticarmi dei miei problemi per un po’.
 
 Bere ulteriormente non aveva risolto i miei problemi, me li aveva solo fatti dimenticare per qualche ora. Al risveglio, però, mi pentii amaramente della mia decisione, perché non avevo mai avuto un mal di testa del genere. E, a dire la verità, non ricordavo nemmeno come fossi arrivata nel mio letto dalla casa degli Zeta Psi. Poco importava, comunque.
“Liz?” Mi chiamò Tiffany.
“No, no, non urlare, ti prego.” Mormorai, premendo il cuscino sulla mia faccia per evitare che la luce troppo forte mi accecasse.
“Non sto urlando!” Sussurrò la ragazza, togliendomi il cuscino dalle mani e costringendomi ad aprire gli occhi. “Non vorrei che tu soffocassi prima di aver incontrato il ragazzo incredibilmente attraente che ti sta aspettando in salotto.” Aggiunse con un sorriso.
Oddio, c’era un ragazzo che mi aspettava? Ed era anche attraente? Non era sicuramente la mattina giusta. Sperai con tutte le mie forze che si trattasse di Harry, perché almeno mi aveva già vista struccata – o meglio, con il trucco colato.
“Per me?” Domandai.
“Sì, e ha anche portato la colazione. Chiunque sia… ti consiglio di tenerlo stretto, perché non si trova spesso un ragazzo che ti porta litri di caffè dopo una, uhm, chiamiamola serataccia.” Scherzò Tiffany.
“Arrivo.” Dissi, arrendendomi all’idea di alzarmi. Chi sarà stato il ragazzo incredibilmente attraente di cui parlava Tiffany?
Ci pensai per tutto il tragitto dal mio letto al bagno e mentre mi lavavo i denti e cercavo di rendermi presentabile. L’unico che tendenzialmente sapeva che avevo bevuto la sera prima era Harry e sì, era piuttosto attraente. Per qualche motivo mi ritrovai a sperare che non si trattasse di Liam, perché non ero nelle condizioni di affrontare un discorso con lui.

 



Buongiorno!
Ecco il nuovo capitolo di Live While We're Young e spero che vi piaccia! Soprattutto perché so che nessuna di voi voleva che Liz e Liam si rimettessero insieme e lei l'ha allontanato appena si è resa conto di quello che è successo :)
Però abbiamo anche Harry che è stato beccato mentre era insieme ad un'altra ragazza e tutte le conseguenze del gesto. Diciamo che Liz si trova in un bel casino!
Secondo voi chi ci sarà ad aspettarla con la colazione dopo la serataccia che ha avuto? Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate! Il prossimo capitolo lo posterò martedì!

Come sempre voglio ringraziarvi tutti, siete incredibili

Grazie a chi mi lascia delle recensioni stupende, mi mettono sempre di buonumore e sì, ogni tanto mi fate anche commuovere per quanto siete adorabili
Grazie a chi inserisce la storia alle preferite, seguite e ricordate!
Grazie a chi mi scrive su Twitter o su Facebook, adoro parlare con voi e conoscervi! ❤
E infine grazie anche a chi legge "in silenzio", per me significa tanto anche solo il fatto che voi leggiate le mie storie!

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Capitolo 13
*** Family Matters ***




Capitolo 13 - Family Matters

“Tyler?” Domandai incredula quando vidi mio fratello seduto su uno dei divani in salotto. Si stava guardando intorno con interesse e mi sorrise appena puntò il suo sguardo su di me.
“Lizzie!” Esclamò, alzandosi e venendo ad abbracciarmi. Lo guardai, perplessa. Non avevamo mai avuto un buon rapporto e non mi aveva mai dimostrato affetto in quel modo.
“Cosa fai qui?” Chiesi, sedendomi.
“Non posso portare la colazione alla mia sorellina?”
“Senza offesa, Ty, ma non hai mai fatto nulla del genere.” Dissi.
“Hai ragione.” Ammise mio fratello. Avevamo entrambi gli stessi occhi, con il taglio leggermente allungato come quelli di nostro padre e dell’azzurro di quelli di nostra madre. Non vedevo Tyler dall’estate precedente, quando era passato da casa a New York per una settimana prima di partire per le vacanze con i suoi amici. “Sono preoccupato per te.” Cominciò a dire. Sospirai e roteai gli occhi al cielo: così il mio perfetto fratellone era passato a trovarmi perché aveva probabilmente parlato con nostra madre e voleva cercare di convincermi a tornare a studiare Legge.
“Sto benissimo.” Replicai piccata.
“A parte l’aria un po’ sconvolta di chi è andata a letto circa due ore fa… lo vedo.” Disse lui, senza perdere il sorriso. Socchiusi leggermente gli occhi per osservarlo meglio. Cosa voleva da me? Qual era il suo piano? Voleva fingersi interessato alla mia vita per convincermi a tornare a studiare Legge quando meno me lo aspettavo?
“In effetti credo di essermi addormentata due ore fa.” Risposi, annuendo. Smisi immediatamente perché il solo movimento peggiorava il mio mal di testa.
“Sei stata alla Festa Formale degli Zeta Psi? Ho sentito che è stata epica.”
“Confermo.” Dissi.
“Okay, so che non ti fidi di me perché non siamo mai stati legati, ma ho parlato con nostra madre…” Cominciò a dire Tyler. Sospirai, sapendo che in esattamente cinque secondi avrei sentito le parole “e mi ha detto che vorrebbe che tu tornassi a studiare Legge.” Invece mio fratello disse qualcosa che mi sorprese.
“Ho sentito che hai cambiato facoltà e sono fiero di te, Liz.” Disse.
“Sei fiero di me?” Ripetei. Ero sicura di aver capito male.
“Sì, lei non capisce che la gente possa avere degli obiettivi diversi dai suoi. E non ha mai capito che tu sei diversa da tutto il resto della famiglia.” Continuò. “Così sono venuto a trovarti perché volevo dirti che ti ammiro.”
Sgranai gli occhi, incredula. Mio fratello Tyler, o meglio, il perfetto Tyler Vanderbilt mi aveva appena detto che mi ammirava? Dopo aver deluso un’intera stirpe di avvocati?
“Wow, non so cosa dire.” Commentai.
“So che nostra madre ti ha tagliato i fondi.” Disse. “Riesci a pagare la retta e tutto il resto?”
“Per adesso me la cavo.” Risposi, pensando ai pochi soldi che mi sarebbero rimasti dopo aver comprato i materiali che mi servivano. Però con i turni in più da Starbucks sarei riuscita a guadagnare abbastanza per il resto. O almeno lo speravo.
“D’accordo.”
“Hai sentito papà?” Domandai improvvisamente. Quando avevo telefonato a casa avevo parlato solo con mia madre e Tyler non l’aveva nominato per niente. Mio fratello non rispose subito e abbassò lo sguardo per evitare il mio. Cosa stava succedendo in quella casa?
“La situazione non è facile, Lizzie.” Replicò lentamente, sempre non guardandomi.
“Cos’è successo?”
Nella mia mente ero già pronta agli scenari peggiori: mio padre aveva avuto un infarto quando gli avevano detto della mia bravata? Aveva qualche malattia grave?
“I nostri genitori stanno pensando al divorzio, Liz.” Disse finalmente mio fratello.
“Stanno… cosa?” Nostra madre e nostro padre non avevano mai dato segno che qualcosa non andasse nel loro matrimonio. Lavoravano insieme e credevo che si amassero.
“E’ una situazione difficile.” Ripeté Ty. “Sai che sono persone riservate e che non parleranno mai apertamente di quello che è successo, soprattutto perché si tratta di uno scandalo che i Vanderbilt non vogliono assolutamente che trapeli.”
“Non ti seguo.” Dissi, scuotendo la testa. Tyler sospirò.
“E’ giusto che tu lo sappia, anche se sono sicuro che nostra madre non ti avrebbe mai detto nulla, soprattutto ora che è furiosa con te per aver cambiato facoltà.”
“Parli del divorzio?” Domandai, sempre più confusa.
“Parlo del motivo per cui stanno pensando di divorziare.”
“Che sarebbe?” Chiesi. Mio fratello mi stava facendo impazzire con tutti quei discorsi confusionari. Soprattutto dopo la serata che avevo appena avuto. Ero sicura di non essere ancora al cento percento lucida.
“Nostro padre ha scoperto che nostra madre non… non è sempre stata fedele.” Cominciò a dire Ty. Sembrava che quelle parole facessero fatica ad uscire dalla sua bocca. Si interruppe e sospirò ancora, chiudendo gli occhi. “Non so proprio come dirtelo.”
“Che cosa?”
“Non… Nostro…” Ci fu una lunga pausa prima che ricominciò a parlare. “Nostro padre non è tuo padre.” Disse infine.
“No.” Replicai immediatamente. “Non è possibile, ho lo stesso taglio degli occhi e il naso…” Aggiunsi, parlando velocemente.
“Questo è perché sei lo stesso una Vanderbilt.” Disse Tyler, alzando lo sguardo per la prima volta da quando aveva iniziato quel discorso.
“Cosa vuoi dire?” Domandai. Come potevo essere lo stesso una Vanderbilt?
“Nostra madre ha avuto una relazione con lo zio Jack, il fratello di papà.” Rispose. Chiusi gli occhi per cercare di elaborare tutte quelle informazioni nuove. Mio padre non era mio padre, ma ero figlia di zio Jack? Lo stesso zio Jack che… oh. In quel momento mi fu tutto decisamente più chiaro.
“Come l’hai scoperto?” Chiesi.
“Venerdì ero a New York e sono stato nello studio di papà per prendere dei documenti e l’ho sentito parlare con nostra madre nel suo studio. Lui stava dicendo che aveva scoperto della storia con zio Jack e nostra madre ha confessato tutto, dicendo che Jack non sa nulla e le cose dovranno rimanere così. Papà ha minacciato di ricorrere al divorzio, ma nostra madre l’ha pregato di ripensarci, perché la nostra famiglia non ha bisogno di uno scandalo in questo momento.” Spiegò. “Però penso che sia giusto che tu lo sappia.”
“Ma com’è possibile?” Domandai ancora. “Nessuno della nostra famiglia parla più con zio Jack dopo che lui…”
“Ha lasciato gli studi per aprire una galleria d’arte a SoHo.” Concluse Tyler per me. “Non ti sei mai chiesta da chi hai preso questa passione per l’arte? Di sicuro non da nostra madre o da nostro padre, che non hanno mai preso in mano una matita in tutta la loro vita.”
“Quindi è per questo che nostra madre ha sempre odiato tutto ciò che ha a che fare con l’arte.” Mormorai tra me e me.
“Sì, perché aveva paura che la gente scoprisse quello che era successo.”
Cambiando facoltà avevo aperto il vaso di Pandora. Quello che per me era un gesto di ribellione, qualcosa che mi permettesse di essere finalmente me stessa e di fare quello che volevo nella vita aveva scatenato una serie di reazioni a catena che non avrei mai potuto prevedere.
“Ti lascio riflettere su quello che ti ho appena detto. Sai dove trovarmi se vuoi parlare, okay?” Domandò Tyler dopo qualche minuto. Annuii con aria vaga e lo guardai allontanarsi dal divano su cui eravamo seduti entrambi.
 
“Sei distratta oggi, Delilah.” Disse Harry il martedì pomeriggio successivo. Ero stanca per i turni in più da Starbucks e non ero riuscita a smettere di pensare a quello che mi aveva detto Tyler nemmeno per un secondo. “Liam?” Mi domandò.
Scossi la testa, pensando che mi aveva appena ricordato l’ennesimo dei miei problemi. Non avevo più visto il ragazzo da quando mi aveva baciata alla festa degli Zeta Psi e avevo deciso di ignorare la situazione. Avevo già troppe cose a cui pensare senza che ci si mettesse anche lui.
“Problemi di famiglia.” Dissi dopo qualche minuto.
“Risolvibili?”
“Non lo so.” Risposi. Abbandonai il pennello che avevo in mano sulla tavolozza, tanto non sarei riuscita ad andare avanti a dipingere in ogni caso. Ero troppo confusa e distratta. “Ho scoperto delle cose che mi hanno leggermente sconvolta.” Dissi. Non sapevo nemmeno io perché, ma parlare con Harry mi risultava naturale e con lui riuscivo ad aprirmi come non riuscivo a fare con nessun altro.
“Cos’è successo?”
“Prometti di non dire una parola di quello che sto per dirti a nessuno?”
“Giuro.”
Così mi ritrovai a raccontare a Harry tutto quello che mi aveva detto Tyler la domenica mattina precedente. Sfogarsi faceva bene, ma una volta finito di parlare ero più confusa di prima.
“Credi che i tuoi divorzieranno?” Mi domandò infine Harry.
“Non lo so. Non credo, sinceramente. Perché il loro divorzio finirebbe sui giornali e non penso che vogliano scandali.” Riflettei ad alta voce. “E, per questo motivo, non credo che nemmeno la storia del mio vero padre verrà mai fuori. Cioè, credo che Jack non saprà mai che sono sua figlia.” Aggiunsi.
“A meno che non glielo dica tu.”
Guardai il ragazzo, incuriosita. Sapevo che l’espressione che aveva in quel momento significava che aveva un piano, che stava pensando a qualcosa.
“A cosa stai pensando?”
“Perché non vai da lui e gli parli? Magari non per dirgli che sei sua figlia, ma per riallacciare i rapporti.”
“Non saprei nemmeno dove trovarlo.”
“Hai detto che ha comprato una galleria d’arte a SoHo, no? Possiamo cominciare da lì. Quanto sarà difficile trovare un Vanderbilt a New York?”
Cominciai a riflettere sulle sue parole, finché non mi soffermai su una in particolare.
“Possiamo?” Domandai.
“Credi che ti lascerei da sola in una situazione come questa? E poi non sono mai stato a New York, potrebbe essere una gita divertente.” Replicò Harry con nonchalance.
“Verresti con me?” Chiesi ancora.
“No, non verrei. Verrò con te.” Rispose il ragazzo con sicurezza. “Sabato mattina ci facciamo prestare l’auto da Louis e partiamo.”
“Ma non so se è una buona idea.” Dissi, scuotendo la testa in preda a mille dubbi.
“Okay, spara.”
“Non ho mai nemmeno visto Jack. Ho solo sentito parlare di lui e anche raramente, perché avendo intrapreso una carriera diversa da quella del resto di tutta la mia famiglia è considerato la pecora nera.”
“Questo non è un problema, credo che assomiglierà a te e a tuo padre. O meglio, a suo fratello James. Poi?”
“Cambiare facoltà ha creato una serie incredibile di conseguenze. E se andare a trovare Jack ne scatenerà altre ancora peggiori?”
“Delilah, non è stata colpa tua.” Replicò Harry. “Tua madre ha avuto una storia con Jack, direi che è stata lei a scatenare tutto. E questi segreti prima o poi vengono a galla.”
“Non sappiamo dove alloggiare.” Dissi. Harry mi guardò di traverso e sorrise.
“Torniamo in giornata.” Replicò. “Adesso non hai più scuse.”
“Credo di averle finite.”
“Allora sabato sveglia presto: direzione New York City!” Esclamò allargando il sorriso.
Non ero sicura che l’idea di andare a trovare Jack in città fosse la migliore in assoluto, ma l’entusiasmo e l’ottimismo di Harry erano contagiosi, così sorrisi anch’io, anche se ero terrorizzata.

 



Buongiorno!
Scommetto che nessuno di voi si aspettava questo colpo di scena! So che pensavate che fossero Liam o Harry con la colazione e invece troviamo Tyler, il fratello di Elizabeth! E con una news piuttosto importante!
Cosa ne pensate? Cosa vi aspettate dai prossimi?
Vi anticipo che ieri sera ho finito di scriverla e sono esattamente 20 capitoli! Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! :)
Spero che vi sia piaciuto!

Il prossimo capitolo sarà venerdì (sarà ambientato a New York!) e vi ringrazio per tutto quello che fate, ve l'ho già detto ma ve lo ripeto: vi adoro <3
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Capitolo 14
*** New York, New York ***




Capitolo 14 – New York, New York

Il venerdì sera prima di andare a New York alla ricerca di Jack avevo deciso di rimanere a casa per cercare di rilassarmi un po’. Sapevo già che non avrei dormito minimamente, quindi avevo cercato di distrarmi guardando un film, mentre Eleanor e Perrie erano uscite con Louis e Zayn per andare a bere qualcosa al Toad’s. Harry ed io eravamo d’accordo di vederci alle otto e trenta del mattino dopo per partire per New York, dove saremmo arrivati in circa due ore e mezza. Non riuscivo a pensare ad altro anche mentre guardavo Zac Efron senza maglietta.
Il problema principale era che, più passava il tempo, più si creavano dubbi nella mia mente. E se Jack avesse già avuto una famiglia? Come avrei potuto rovinargli la vita in quel modo? Ero sicura che non gli avrei mai detto nulla, anche semplicemente per il fatto che avrebbe voluto confrontarsi con mia madre per avergli tenuto nascosto il segreto per vent’anni, il che avrebbe attirato l’attenzione e fatto scoppiare uno scandalo. No, sarei semplicemente andata a visitare la sua galleria, come se nulla fosse, e poi sarei tornata al college. Magari ne avrei approfittato per fare vedere alcuni dei miei posti preferiti a Harry, ma niente di più.
Mi ero resa conto di aver già creato abbastanza problemi con la mia decisione di cambiare facoltà, senza che mi mettessi anche a distruggere famiglie.
“Liz, c’è il presidente degli Alpha Delta Phi che vuole salire. Conosci le regole.” Mi avvisò Tiffany, entrando improvvisamente in camera mia senza bussare. Scossi la testa, sbuffando. Avrei ricordato per sempre Liam come il ragazzo con il peggior tempismo dell’universo.
Spensi la televisione e scesi le scale per andare a incontrarlo. Una delle regole della casa KAT era che non potevamo far salire ragazzi al primo piano, che era quello in cui c’erano tutte le camere da letto delle ragazze.
“Liam?” Domandai quando lo vidi.
“Ho aspettato troppo, ho fatto passare del tempo dopo che ti ho baciata alla festa, ma devo assolutamente parlarti.” Disse.
“Vieni, usciamo in giardino.” Replicai, guidandolo fuori dalla casa. Non volevo che le mie amiche ascoltassero quella conversazione. Chiusi la cerniera della felpa che stavo indossando e allungai le maniche per nascondere le mani. L’aria cominciava ad essere fredda e le foglie degli alberi cominciavano a cadere. Camminammo per qualche metro e raggiungemmo una panchina, dove ci sedemmo entrambi.
“So che avevi detto che avremmo potuto tornare a frequentarci da amici, ma non riesco a pensare a nient’altro dopo quel bacio.” Disse il ragazzo guardandomi negli occhi. Provai un brivido, probabilmente per l’aria fredda che stava soffiando sul mio viso.
“Liam…” Cominciai a dire.
“Mi rendo conto di aver sbagliato la prima volta e di aver superato il limite baciandoti quella sera e ti chiedo scusa.” Mi interruppe. “Ti prego, dammi solo un’altra possibilità.”
Odiavo quel genere di situazioni. Per me dire di no era sempre stato un problema enorme. Non riuscivo, era più forte di me. L’idea di fare soffrire qualcun altro per un mio rifiuto era inaccettabile. Inspirai profondamente e chiusi gli occhi, trattenendo il respiro per qualche secondo.
In fondo era sempre stato un bravo ragazzo, magari con un’altra possibilità avrebbe mostrato il meglio di sé. Magari era cambiato in quei mesi.
“Devo pensarci.” Dissi infine.
“D’accordo.” Replicò Liam. “Voglio solo che tu sappia che intendo impegnarmi sul serio questa volta.” Aggiunse.
“Domani andrò a New York per…” Cominciai a dire ma mi interruppi. Non potevo rivelargli il vero motivo per cui andavo in città. “Delle commissioni.” Continuai. “Ne riparliamo quando torno.”
“Perfetto.” Disse il ragazzo. Sembrava sincero e davvero intenzionato ad impegnarsi per fare funzionare la nostra relazione. Ma ero interessata? In quel momento ero talmente concentrata su quello che sarebbe successo il giorno successivo che non riuscivo a prendere decisioni. E, soprattutto, non riuscivo a dire di no con facilità. “Ti aspetto.” Aggiunse prima di alzarsi dalla panchina. Mi guardò per qualche istante prima di allontanarsi verso la sua confraternita.
In quale nuovo casino mi ero cacciata?
 
Un’altra delle cose che mi preoccupavano era il viaggio in auto con Harry. Avevo paura che fosse imbarazzante passare due ore e mezza in macchina con qualcun altro. Invece Harry mi mise completamente a mio agio e passammo tutto il tempo a chiacchierare, ridere e ad ascoltare musica. Anzi, il ragazzo ne approfittò per farmi conoscere nuove canzoni e nuove band di cui mi innamorai all’istante.
“Avrei dovuto aggiungere anche un viaggio in auto alla tua lista di cose da fare. Anche questa è una classica esperienza da college.” Disse Harry dopo aver parcheggiato l’auto di Louis. Eravamo poco lontani dalla NYU e da Washington Square e non mi sentivo minimamente pronta per incontrare Jack. La notte prima, quando non riuscivo a dormire, avevo fatto una ricerca su internet sulle gallerie d’arte a SoHo e ne avevo trovata una sola il cui proprietario si chiamava Jack V. Non era specificato il cognome, ma immaginavo fosse lui. Probabilmente aveva deciso di smettere di usare il cognome della nostra famiglia dopo quello che era successo.
“E’ stata una cosa divertente.” Dissi, scendendo dall’auto e respirando l’aria di New York. Non avevo realizzato quanto mi fosse mancata la città finché non ci ero tornata.
“Vuoi fermarti a bere un caffè o a mangiare qualcosa prima di andare?” Mi propose Harry. Annuii, pensando che avrei fatto qualsiasi cosa pur di ritardare il momento in cui avrei visto il mio vero padre per la prima volta.
“Ehi, tu non sei mai stato a New York, giusto?” Domandai improvvisamente.
“No.”
“Allora questo è il mio territorio. Tocca a me assicurarmi che tu abbia un’esperienza degna di un vero New Yorker!” Esclamai, felice di aver trovato una scusa per non pensare a Jack e alla galleria d’arte.
“Da cosa cominciamo?”
“Visto che è più o meno ora di colazione… non c’è niente di più tipico di un bagel!” Dissi, trascinando il ragazzo in un negozio. Ne Ordinammo due e due caffè lunghi da portare via e ci sedemmo sui gradini della fontana di fronte all’arco a Washington Square Park.
“Comincio a sentirmi un New Yorker.” Disse Harry dopo aver addentato il bagel.
“Se studiassimo alla NYU saremmo qui tutti i giorni!” Replicai, guardando gli edifici dell’università alle mie spalle.
“Ti manca?”
“Un po’.” Risposi. “Ma sono felice di studiare a Yale. Hanno dei programmi fantastici.”
“Già.” Replicò Harry, sorridendomi. Sorrisi anch’io e abbassai lo sguardo. “Cosa prevede la mia lista?” Mi domandò il ragazzo dopo qualche minuto. Doveva aver capito che non avevo la minima intenzione di andare alla galleria di Jack tanto presto.
“Ti devo portare a Times Square, devi vederla almeno una volta.” Dissi. “E poi vorrei portarti nel mio posto preferito in assoluto di New York. Il posto in cui vado ogni volta che voglio stare da sola, o leggere o riflettere.” Aggiunsi.
“Vuoi condividere il tuo posto segreto con me?” Mi chiese Harry. Sembrava sorpreso.
“Sì.” Risposi con naturalezza. Lo consideravo praticamente il mio migliore amico, era normale che volessi mostrargli il mio posto segreto. Non che fosse così segreto, poi, perché era sempre pieno di gente.
“Adesso sono curioso.” Disse Harry, guardando la mappa sul suo telefonino. Mi avvicinai per guardarla anch’io e presi una decisione, guardando la poca distanza tra Washington Square e la galleria di Jack a Broome Street.
“Forse ci conviene andare prima alla galleria.” Mormorai. “Non ha tanto senso andare a Times Square e al mio posto segreto, che sono più in su, per poi tornare qui.” Aggiunsi. Harry annuì e mi prese una mano per incoraggiarmi.
“Forza, sarò con te. E se quello che vedi non ti piace possiamo sempre scappare. Voglio dire, siamo a New York.”
“Giusto.” Dissi, alzandomi dalla panchina e avvicinandomi ad un cestino per buttare il bicchiere di caffè vuoto.
“Andiamo?” Mi propose Harry, allungando una mano verso di me.
“Andiamo.” Replicai, afferrandola automaticamente con la mia. Mi resi conto di stare camminando per le vie di New York mano nella mano con Harry solo dopo qualche metro, ma non volevo lasciarla perché era troppo confortante.
 
Arrivati davanti alla porta della galleria cominciai ad avere mille ripensamenti.
“Ce la puoi fare. Non devi dirgli nulla.” Cercò di incoraggiarmi Harry. “Hai cambiato facoltà nonostante i tuoi genitori disapprovassero e stai vivendo con quello che guadagni da Starbucks e al Toad’s. Ti dico che ce la puoi fare.” Aggiunse con un sorriso. Inspirai profondamente, chiudendo gli occhi e quando li riaprii cominciai a sentirmi meno agitata. Ce la potevo fare sul serio. Alla fine, come aveva detto Harry, dovevo solo dare un’occhiata in giro, non dovevo rivelare a Jack che ero sua figlia.
Prima che potessi fermarlo, Harry mi aveva già trascinata dentro e aveva cominciato a guardare i quadri con aria interessata. Si avvicinò all’unica persona che c’era nella galleria, un ragazzo asiatico di circa venticinque anni, e cominciò a parlare.
“Jack V? Il proprietario della galleria?” Domandò. Il ragazzo alzò lo sguardo dai fogli che stava leggendo e lo puntò su Harry. Lo osservò per qualche istante, prima di scuotere la testa. Strinsi la sua mano più forte come per chiedergli che cosa stesse facendo. Jack V doveva essere mio padre, quel ragazzo era asiatico. Non poteva essere un Vanderbilt.
“No, sono il suo partner. Posso sapere chi lo cerca?”
“Siamo due studenti di arte a Yale e speravamo di poterlo intervistare.” Mentì Harry con naturalezza.
“Vado a chiamarlo.” Replicò il ragazzo, alzandosi dalla sedia su cui era seduto e sparendo nel retro.
“Cosa stai facendo?” Sibilai una volta rimasta sola con lui.
“Ti sto facendo conoscere tuo padre.” Sussurrò Harry in risposta. “Il business partner di questo tizio.” Aggiunse.
“Sì, ma gli hai detto che lo vogliamo intervistare! Non so nemmeno cosa…” Fui interrotta dall’ingresso di Jack V, un uomo abbastanza alto con capelli e occhi castani. Aveva l’aria ispanica ma poteva essere lui. Io non l’avevo mai visto e sapevo di aver preso il colore degli occhi da mia madre, in fin dei conti. Poteva essere, no?
“Amore, questi sono i ragazzi che vogliono intervistarti.” Disse il primo uomo con cui avevamo parlato.
Amore? Magari quando aveva avuto una storia con mia madre stava cercando di convincersi di essere eterosessuale. Magari aveva paura di ammettere al mondo e a sé stesso che era attratto dagli uomini. Oppure…
“Mi scusi, lei non è Jack Vanderbilt?” Domandò Harry, interrompendo i miei pensieri.
“No, il mio nome completo è Joaquin Vasquez. Jack V è il mio nome d’arte.
“Oh.” Replicò Harry, cercando di mascherare la delusione. Emisi un sospiro, rendendomi conto di aver praticamente smesso di respirare. “Non conosce un Jack Vanderbilt che ha una galleria qui in zona?” Domandò ancora Harry.
“No, mi dispiace.” Rispose Joaquin, scuotendo la testa.
 
“Così non abbiamo trovato Jack e abbiamo un’intervista ad uno sconosciuto.” Dissi sospirando. Avevo portato Harry a Times Square e poi alla Bethesda Fountain a Central Park, il mio posto segreto. Per arrivarci avevamo attraversato la Literary Walk, un vialone sterrato cosparso di statue di scrittori famosi, e la Bethesda Terrace, una terrazza che si affacciava sulla piazza con la fontana e uno dei laghi del parco. Eravamo seduti su una panchina in riva al lago dove i turisti affittavano barchette per attraversarlo. Di fronte a noi c’era la fontana con una grande statua a forma di angelo che troneggiava sulla piazza di mattonelle rosse. I turisti erano ovunque e facevano foto o ascoltavano il ragazzo che suonava la chitarra seduto sui bordi della fontana. Non era un posto segreto per niente, ma a me piaceva andarci quando volevo allontanarmi dai Vanderbilt. Passavo pomeriggi interi su quelle panchine a leggere e a studiare lontana da casa. E quando pioveva potevo ripararmi sotto la terrazza e osservare la pioggia.
“Però abbiamo fatto una gita a New York!” Esclamò Harry, che sembrava particolarmente allegro quel pomeriggio.
“Almeno quello.” Risposi, voltandomi verso il lago per guardare un anatroccolo che nuotava per raggiungere la madre e i fratellini. Sospirai, sperando che Harry non se ne accorgesse, ma il ragazzo era vigile come sempre.
“So che ci sei rimasta male e mi dispiace, ma lo troveremo. Torneremo a cercarlo.” Disse. Mi girai e risposi al sorriso incoraggiante che mi stava rivolgendo.
“Grazie.” Replicai semplicemente. Gli ero grata per tantissime cose e non sapevo nemmeno da dove cominciare ad elencarle tutte. Appoggiai la testa alla sua spalla, felice di averlo di fianco in quell’avventura.
“Figurati. Vedrai che lo troveremo!” Esclamò. “A proposito, perché non lo chiedi a tuo fratello? Magari lui sa dove trovarlo.”
“Dici?” Domandai, rialzando la testa e prendendo il cellulare dalla borsa. Inviai un messaggio a Tyler e attesi.
“Tentar non nuoce, no?”
“Suppongo di no.” Dissi. “Nel frattempo puoi dirmi cosa ne pensi di questo posto.”
“E’ bellissimo.” Rispose Harry, guardandosi intorno. “Capisco perché tu lo abbia scelto.” Aggiunse.
“Anche se non è precisamente tranquillo, perché è quasi sempre pieno di gente, a me piace. Mi trasmette una sensazione di tranquillità.”
“Ti capisco. Quando torniamo a New Haven ti faccio vedere il mio posto segreto.” Replicò Harry. In quel preciso istante mi suonò il telefono e lessi la risposta di mio fratello: “Ho detto SoHo? Scusa, ho sbagliato! La galleria non è a SoHo ma nell’UES, tra la settantaseiesima e Madison Avenue! Si chiama Alleyway 76! Ty”
“Dove siamo adesso?” Domandò Harry. Non persi nemmeno più di tanto a chiedermi come Tyler avesse potuto confondere SoHo con l’Upper East Side, che erano praticamente ai lati opposti di Manhattan, perché il mio cuore aveva cominciato a battere velocemente.
“Se usciamo di lì siamo tra la settantaduesima e la Quinta. Dovremmo andare su di quattro strade e Madison è quella dopo la Quinta.” Spiegai, indicando la strada di fronte a noi.
“Andiamo.” Replicò Harry, alzandosi dalla panchina prima ancora di finire di pronunciare quella parola.

 



Un po' in ritardo, ma anche oggi ci siamo! Ecco il nuovo capitolo di Live While We're Young, ambientato a New York!
Cosa ne pensate? La povera Liz è un po' sfigata e non è riuscita a trovare suo padre al primo colpo, ma pensate che lo troverà nel prossimo capitolo?
Martedì lo pubblicherò e sarà ambientato a New York anche quello. Nel frattempo lascio a voi i commenti e non vedo l'ora di leggere quello che pensate!

Vi lascio i link alle mie pagine se volete seguire tutte le novità sulle mie storie o se volete fare quattro chiacchiere e/o chiedermi qualcosa :) Sapete che adoro conoscervi e parlare con voi!
Ne approfitto anche per ringraziarvi per tutte le bellissime recensioni e i commenti che mi lasciate su Facebook o su Twitter, mi rendete la persona più felice del mondo <3
Grazie anche per aggiungere la mia storia alle seguite, ricordate o preferite e anche solo per leggere "in silenzio". <3
A martedì!

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Capitolo 15
*** Alleyway 76 ***




Capitolo 15 – Alleyway Gallery
 

Arrivata davanti alla galleria “Alleyway 76” il mio cuore ricominciò a battere all’impazzata.
“Niente interviste questa volta.” Dissi, voltandomi verso Harry. Il ragazzo stava osservando l’insegna della galleria e sembrava ansioso. Annuì ed aprì la porta. La galleria era lunga e stretta, probabilmente era per quello che si chiamava “Alleyway” e alle pareti erano appesi bellissimi quadri astratti.
“Ciao ragazzi, posso aiutarvi?” Domandò un uomo. Lo osservai e capii immediatamente che si trattava di Jack. Era quasi identico a mio padre, solo di qualche anno più giovane.
“Jack?” Domandai. L’uomo annuì e si avvicinò ulteriormente. “Vanderbilt?” Chiesi ancora.
“Preferisco solo Jack.” Rispose con un sorriso. “Chi lo chiede?”
“Sono, ehm, Elizabeth.” Dissi. “Vanderbilt. Mia madre è Beatrice e mio padre… James.” Aggiunsi. L’uomo mi osservò per qualche istante prima di rivolgermi un sorriso. Avevo avuto qualche secondo di esitazione, perché avrei voluto dirgli che era lui mio padre, ma mi rendevo conto che quella non era una notizia da condividere in quel modo. Avrei fatto la parte di sua nipote per iniziare.
“Una Vanderbilt in una galleria d’arte?” Domandò.
“Ho lasciato Legge per studiare arte.” Dissi. “So che l’hai fatto anche tu, così sono venuta a trovarti.” Aggiunsi. Mi tremavano le gambe. Harry se ne accorse e mi prese la mano, stringendola leggermente. In quel momento gliene fui eternamente grata, perché mi diede un po’ di coraggio. “Li hai dipinti tu?” Chiesi poi, indicando i quadri alle pareti.
“No.” Rispose. Stava sempre sorridendo, ma aveva un’espressione diversa che non riuscivo a decifrare. “Questi sono di giovani artisti che ho scoperto io. I miei lavori non sono in vendita.” Disse, mostrandoci tutti i lavori. Inizialmente nessuno di noi parlò. Mi riusciva difficile concentrarmi sull’arte quando sapevo di avere mio padre a pochi centimetri da me.
“Sono molto belli.” Disse Harry. “A proposito, io sono Harry Styles.” Si presentò poi.
“Jack.” Replicò l’uomo, stringendogli la mano. “Quindi cosa vi porta qui?” Domandò dopo qualche secondo, osservandomi. “Se i tuoi genitori sapessero dove sei…” Cominciò a dire, ma lo interruppi.
“Mi hanno già tagliato i fondi quando mi sono iscritta ad arte.” Mormorai. “Ma non sono qui per questo.” Aggiunsi velocemente, sperando che non pensasse che la mia visita era dovuta a quello. Non gli avrei mai chiesto soldi.
“Studi a Yale?” Mi domandò. Tutta la famiglia Vanderbilt, per generazioni, aveva studiato a Yale. Era anche per quello che la metà degli edifici del campus portavano il nostro nome: ogni anno la famiglia donava cospicue quantità di denaro al college.
“Sì.”
“Come fai a permetterti la retta?”
“Ho cominciato a lavorare da Starbucks e al pub.” Spiegai. “Se non basta quello che guadagno così chiederò un prestito per gli studi.”
Jack scosse la testa ed emise un piccolo sbuffo.
“Classico comportamento da Vanderbilt. Qualcuno non vuole diventare un maledetto avvocato e loro gli tagliano i fondi.” Mormorò.
“L’hanno fatto anche con te?”
“Ho investito il mio fondo fiduciario nella galleria prima di annunciare che avrei abbandonato gli studi. Poi mi hanno bloccato i fondi, ma la galleria era già mia. Ho cominciato affittandola e lavorando come cameriere, portinaio, e chi più ne ha, più ne metta. Quando ho avuto abbastanza ho cominciato a comprare quadri di artisti giovani e a venderli.” Spiegò.
Non avevo nemmeno bisogno di voltarmi nella direzione di Harry per sapere che aveva un’espressione che diceva “tuo padre ha lavorato sodo proprio come te”. Era come se lo stesse pensando così forte che riuscivo a sentirlo.
“Ti sei mai pentito della tua scelta?” Domandai.
Lo vidi esitare.
“Ci sono stati momenti in cui non è stato facile, certo. Ma comprare questa galleria è la scelta più giusta che io abbia mai fatto.” Disse, anche se la sua espressione diceva il contrario.
Volevo chiedergli il motivo e volevo passare la serata a parlare con lui, per trovare il coraggio di confessargli il motivo per cui ero davvero lì. Invece mi ritrovai ad osservare due bambini, uno più o meno di dieci anni e l’altra più piccola, probabilmente di sei o sette, correre dentro alla galleria e buttarsi tra le braccia di Jack.
“Papà!” Esclamò la bambina. “Oggi a scuola ci hanno fatto dipingere con le dita!”
“Davvero? Brava la mia piccola artista!” Replicò lui, accovacciandosi e abbracciandola.
“Io ho giocato a baseball!” Esclamò il bambino, entusiasta.
“Domani vengo a vedere la partita, Will.” Disse l’uomo. Entrò anche una donna bionda che raggiunse il gruppetto, facendomi sentire ancora più fuori posto. Così Jack aveva una famiglia. Una bellissima moglie, due figli. Per un momento avevo egoisticamente sperato che fosse da solo e che ci saremmo ritrovati quando avrei avuto il coraggio di confessargli di essere sua figlia. Invece aveva una famiglia bellissima, una che avrei tanto desiderato avere io quando ero piccola.
“Um, noi dobbiamo tornare a Yale, il viaggio è lungo, quindi cominciamo ad andare.” Blaterai, sentendo gli occhi che cominciavano a diventare lucidi. L’ultima cosa che avrei voluto fare era piangere davanti a lui. Harry strinse un po’ di più la mano che non aveva mai lasciato.
“Elizabeth.” Disse Jack, rialzandosi. “Mi ha fatto piacere conoscerti! Tieni, questo è il mio biglietto da visita con il numero di cellulare. Se hai bisogno di qualcosa, anche solo di consigli sull’arte, chiamami pure, d’accordo?” Aggiunse.
“Grazie.” Replicai annuendo e prendendo il biglietto. “A presto.” Dissi, abbandonando la mano di Harry ed uscendo velocemente dalla galleria. Sentii il ragazzo salutare tutti e seguirmi fuori. Camminammo fino all’angolo tra la settantaseiesima e Madison Avenue e poi crollai. Mi fermai per aspettare che il semaforo dei pedoni diventasse verde e le lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso.
“Ehi.” Disse Harry, avvicinandosi ed abbracciandomi.
“Non so cosa mi aspettassi.” Dissi, affondando il viso nell’incavo del collo di Harry.
“Non è mica andata male!” Cercò di consolarmi lui.
“No, ma hai visto com’è bella la sua famiglia?” Domandai, allontanandolo un po’ e guardandolo negli occhi.
“Sì, ma il fatto che tu sia sua figlia non vuol dire che la distruggerai.” Provò a farmi ragionare. “I bambini sono abbastanza piccoli, probabilmente Jack ha avuto una relazione con tua madre ancora prima di conoscere la donna con cui sta adesso.” Aggiunse.
Rimasi in silenzio per un po’, cercando di riflettere.
“Tanto non potrò mai dirgli la verità. Mia madre lo negherà fino all’ultimo e scoppierebbe solo un casino. Oltre al fatto che non servirebbe a nulla, perché anche se glielo dicessi adesso non… non riavrò mai l’infanzia che ho sempre desiderato con un padre ed una madre come Jack e sua moglie.” Dissi.
“No.” Replicò Harry. “Non potrai riavere la tua infanzia, ma potresti avere un bellissimo rapporto con tuo padre da adulta. E, soprattutto, potresti avere il suo supporto in questa avventura.”
“Come fai a sapere sempre cosa dire?” Domandai cercando di sorridere.
“Sono un genio.” Rispose lui, ridacchiando.
“Potresti esserlo davvero, Harry.”
Il ragazzo mi osservò, perplesso.
“Come mi hai chiamato?” Mi chiese.
“Con il tuo nome.” Dissi.
“Che è…?”
“Oh, non farmelo ripetere, Styles. L’hai sentito.” Replicai.
“No, ma credo di non averlo sentito bene. Potresti ripetermelo un’altra volta?”
“Harry.” Dissi. “E spero che tu l’abbia registrato, perché non lo dirò mai più.” Aggiunsi.
“Me lo farò bastare per i prossimi dieci anni!” Esclamò lui. Sorrisi, pensando che Harry, oltre a sapere sempre cosa dire, sapeva anche come farmi sentire meglio quando ero davvero giù di morale.
“Torniamo a New Haven. Non pensavo che l’avrei mai detto, ma ne ho avuto abbastanza di Manhattan.”
“D’accordo.” Concordò Harry. “Dobbiamo tornare all’auto, prima.” Aggiunse. Avevamo attraversato Madison Avenue ed eravamo arrivati all’angolo tra la settantaseiesima e la Quinta. Cominciai a guardare alla mia destra, persa tra i miei pensieri. “Delilah, io tornerei volentieri all’auto, ma New York è la tua specialità e io mi perdo da solo.” Disse il ragazzo dopo un po’.
“Cosa? Scusa, non… ero distratta.”
“Ho notato. Siamo rimasti fermi all’angolo per dieci minuti buoni.” Rispose con un mezzo sorriso.
“Per così tanto?” Domandai, sorpresa. Non mi ero nemmeno accorta del tempo che era passato, persa com’ero nei miei pensieri.
“Cosa ti sta turbando incredibilmente?” Mi chiese il ragazzo, piazzandosi di fronte a me e bloccando la mia visuale della strada. Sbuffai leggermente e, con riluttanza, spostai lo sguardo sul suo.
“Ti hanno mai detto che non sei trasparente?”
“Ci hanno provato in molti.” Disse Harry con un sorriso fiero. “Ma non ci ho mai creduto.”
Sorrisi e scossi la testa.
“Quella è casa mia.” Replicai dopo qualche istante, indicando una passerella coperta da una tenda verde smeraldo poco lontano da noi.
“Il novecentocinquantacinque?” Mi domandò il ragazzo.
Annuii, osservando la porta d’ingresso del palazzo proprio nello stesso istante in cui Ralph, il portinaio, uscì per aprire la portiera dell’auto di servizio di mio nonno Carl. Era quasi assurdo pensare che Jack aveva acquistato una galleria d’arte a così poca distanza da casa mia e dei suoi genitori. Carl e Patricia Vanderbilt, i miei nonni, uscirono dal palazzo e si affrettarono a salire sulla limousine che li aspettava, diretti chissà dove.
“A che piano abiti?” Mi chiese Harry, incuriosito.
“Agli ultimi due.” Replicai, guardando in su. Il palazzo aveva quattordici piani e la mia famiglia abitava nell’attico che occupava metà del tredicesimo e quattordicesimo piano. Nell’appartamento di fianco al nostro, invece, abitavano i miei nonni.
“Devi avere una bella vista da lassù.” Commento Harry, guardando Central Park di fronte alla strada. Già, dalla mia camera potevo vedere il parco e parte dell’Upper West Side.
Guardai l’orologio e notai che non erano ancora le sei, quindi probabilmente i miei genitori erano ancora entrambi al lavoro. Non uscivano mai dal loro studio prima delle otto di sera.
“Vuoi venire a vederla?” Domandai. Harry annuì, così cominciammo a camminare verso casa mia.
Arrivati davanti al portone salutai Ralph, che mi sorrise.
“Signorina Vanderbilt, che piacere rivederla! Come vanno gli studi a Yale?” Mi chiese.
“Bene. Anzi, ho cambiato facoltà.” Replicai. “Adesso studio arte.” Aggiunsi. Ralph mi guardò con aria perplessa.
“Ma la sua famiglia…”
“Non ne sono felici.” Lo interruppi. “Ed è per questo che volevo chiederti se sono in casa. Vorrei salire a prendere delle cose, ma non voglio vederli.”
“Il signore e la signora Vanderbilt sono al lavoro.”  Confermò il portiere, annuendo.
“Grazie.” Dissi, avviandomi verso l’ascensore, con Harry al mio fianco. “Ralph?” Chiamai prima che si chiudessero le porte.
“Sì?”
“Mi puoi chiamare se vedi che i miei genitori stanno arrivando?”
“Certo, signorina Vanderbilt.”
“Grazie.” Risposi.
Inserii la chiave nell’ascensore prima di pigiare il tasto tredici. Le porte si chiusero e cominciammo la salita verso la mia vecchia casa.
 
“Wow, casa tua è…” Cominciò a dire Harry, guardandosi intorno e rimanendo a bocca aperta.
“Un museo?” Domandai. Non mi era mai piaciuto l’arredamento di casa mia. Era troppo antico e c’erano troppe statue. Ovunque. “Lui è Greg.” Dissi poi, dando una pacca sulla testa fredda di un mezzobusto all’ingresso.
“Sono piuttosto sicuro che quello sia Roosevelt. E non mi sembra di ricordare che il suo nome fosse Greg.”
“Franklin Delano Roosevelt.” Recitai. “Presidente degli Stati Uniti, parente di Theodore Roosevelt e l’unico ad essere stato rieletto per più di due mandati consecutivi.” Aggiunsi.
“Quindi per te è Greg perché…?” Mi domandò il ragazzo.
“La mia babysitter mi raccontava storie di paura su questo mezzobusto. Lo usava per spaventarmi quando non volevo mangiare o facevo i capricci da bambina. Non aveva la minima idea di chi fosse, così diceva che si chiamava Greg e che, se non avessi fatto la brava, sarebbe uscito da lì dentro e mi avrebbe portata via.” Risposi. “Quando sono diventata più grande ho scoperto che in realtà è una statua di Roosevelt, ma non ho mai avuto il coraggio di dirlo alla mia babysitter, così è rimasto Greg.” Aggiunsi. Harry sorrise e mosse qualche passo verso il grande salone.
“E quello è…” Cominciò a dire, spostando lo sguardo su un quadro appeso sopra il caminetto.
“Uno dei famosi dipinti delle ballerine di Degas.” Conclusi con un sorriso. “Non so perché sia lì, onestamente. Tutti i dipinti e le statue che ci sono in questa casa sono nella nostra famiglia da generazioni. Quello è l’unico che è di mia madre e che non permette a nessuno di toccare.” Aggiunsi, osservando le pennellate armoniose di Degas sulla tela.
“Wow.” Disse Harry, scuotendo la testa. Si guardava intorno come se fosse un bambino in un negozio di caramelle. Voleva guardare tutto ma non sapeva da che parte iniziare.
“Quindi non sei mai stato ai musei qui a New York?” Domandai. “Siamo vicini al MET e al Guggenheim. Il mio preferito però è il MoMA, che è più in giù. Sulla cinquantatreesima mi pare.” Dissi.
“No, non ci sono mai stato.”
“Quando torneremo in città la prossima volta ti ci porterò. Nel frattempo ti dovrai accontentare di casa mia.”
Guardai il ragazzo avvicinarsi ad uno dei grandi finestroni e guardare fuori con aria sognante, prima di voltarsi di nuovo verso di me e, con un sorriso malizioso, dirmi: “Forza, fammi vedere la tua camera!”

 



Buongiorno e buon inizio settimana! Come state? <3
Ecco il nuovo capitolo di Live While We're Young in cui Liz conosce finalmente Jack! E' andato tutto come vi aspettavate?
Anche il prossimo capitolo (che posterò venerdì) sarà ambientato a New York, cosa vi aspettate che succederà?
Harry e Liz sono da soli nella casa di famiglia dei Vanderbilt e sono diretti in camera da letto... lascio a voi i commenti!

Grazie per tutto, sapete che vi adoro e che mi fate sempre venire voglia di continuare a scrivere! Vi lascio i link alle mie pagine, se volete essere sempre aggiornati sulle mie storie o se volete fare quattro chiacchiere :)
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Capitolo 16
*** 955 Fifth Avenue ***




Capitolo 16 – 955 Fifth Avenue
 

“Non farti venire strane idee, Styles.” Dissi, cercando di rimanere seria. In realtà stavo ridendo e lo stavo già guidando sulle scale per raggiungere la mia camera perché sapevo che non aveva brutte intenzioni. Voleva solo fare lo scemo come al solito.
“Chissà quanti ragazzi hanno varcato questa soglia…” Replicò Harry con il suo solito sorriso furbo. Si guardò intorno per qualche minuto, prima di sedersi sul bordo del mio letto.
“No, ma fai pure come se fossi a casa tua.” Dissi, ridendo. “Comunque non vorrei distruggere la bolla di felicità in cui ti sei infilato, ma sei il primo ragazzo che vede camera mia.” Aggiunsi, raggiungendolo. Harry mi guardò con curiosità.
“Non hai avuto ragazzi all’High School?” Mi chiese.
“Due.” Risposi. “Ma li ho tenuti ben nascosti dalla mia famiglia e non li ho mai fatti venire a casa mia. Loro sono ancora convinti che Liam sia stato il mio primo ragazzo.”
“Quindi non eri una brava ragazza che studiava e basta! Lo sapevo!” Esclamò Harry. Un sorriso trionfale comparve sul suo viso, mentre io arrossivo e abbassavo lo sguardo.
“Non che siano affari tuoi, Styles, ma con il primo non ha funzionato e ci siamo lasciati dopo poche settimane. Con il secondo, Nathan, ho avuto una storia un po’ più seria ed è durata quasi un anno.” Risposi.
“Quindi Liam non è stato il primo, ma Nathan…” Cominciò a replicare Harry, ma tagliai corto.
“Questo è tutto ciò che otterrai da me sulla mia vita sentimentale.” Dissi velocemente, sapendo dove voleva andare a parare. Voleva sapere con quanti ragazzi ero stata a letto nella mia vita. Sapevo che l’aveva capito da quella conversazione, ma non volevo dilungarmi più di tanto sull’argomento. Anche se lo consideravo il mio migliore amico c’erano ancora cose di cui volevo parlare solo con le mie amiche donne.
“Beh, si dice che tre è il numero perfetto, no?” Mi chiese. Mi stava osservando attentamente e non aveva perso quel sorriso beffardo per un secondo.
“Comunque.” Dissi per cambiare discorso. “Devo prendere sul serio delle cose prima di tornare a Yale.”
Aprii l’armadio e lo osservai per qualche istante.
“Non credo che ti serviranno ai nostri party, D.” Commentò Harry, che nel frattempo si era alzato e mi aveva raggiunta. Stava guardando tutti gli abiti eleganti appesi.
“Non mi servono quelli.” Dissi, abbassandomi e infilandomi a metà nell’armadio. Allungai un braccio e tastai la parete in fondo finché non trovai quello che stavo cercando: il mio nascondiglio. Feci scorrere la piccola porticina di legno e recuperai il contenuto: due diari segreti finiti, una rivista d’arte e un blocco da disegno di quando ero bambina. “Visto che non credo che mi faranno tornare a casa quest’estate… non voglio che nessuno li trovi.” Spiegai.
“Capito.” Disse il ragazzo, che stava continuando ad osservare il contenuto del mio armadio. “Quella è la tua divisa dell’High School?” Domandò dopo qualche minuto. Io, nel frattempo, avevo recuperato un paio delle mie borse preferite dall’appendiabiti dietro la porta e ci stavo infilando le uniche cose che volevo portare via.
“Sì.” Risposi senza nemmeno voltarmi a guardare.
“La porti a Yale, vero? Perché sto già pensando di suggerire a Louis una festa a tema.” Replicò Harry. “E questa sarebbe perfetta.”
Sospirai e mi voltai finalmente a guardare il ragazzo, che aveva un sorriso enorme sul viso e aveva già preso la divisa dall’armadio.
“Se ti rende felice sì, la porterò a Yale. E no, non accorcerò la gonna, non farò i codini e non metterò autoreggenti e scarpe con il tacco altissimo.” Dissi. “Anzi, a proposito…” Aggiunsi e aprii un’altra porta che consentiva l’accesso alla scarpiera. “Ci sono delle scarpe che non voglio proprio lasciare qui.” Conclusi. Riposi con cura la scatola delle mie scarpe preferite in un sacchetto e poi presi un borsone e cominciai ad infilarci altre cose.
“Hai proprio deciso di trasferirti, eh?”
“Questi vestiti, queste borse e queste scarpe valgono parecchio. Ho intenzione di venderle.” Risposi, scegliendo cose che sapevo non avrei mai più usato.
“Mi sembra un’ottima idea.” Concordò Harry.
 
“La vista, però, è proprio bella.” Disse il ragazzo. Ci eravamo riseduti entrambi sul mio letto e stavamo guardando fuori dalla finestra. Il sole stava tramontando e stavano cominciando ad accendersi i lampioni in strada. Sapevo che era ora di tornare a Yale. Si stava avvicinando pericolosamente l’orario in cui i miei genitori sarebbero tornati a casa dal lavoro. E forse, parte di me, voleva incontrarli per parlare faccia a faccia del motivo per cui stavano pensando al divorzio. Del vero motivo per cui ero a New York quel giorno.
“Già, è l’unica cosa che mi mancherà di questa casa.” Replicai.
“Passerai l’estate alla confraternita?” Mi domandò Harry improvvisamente.
“Non ci ho ancora pensato, ma credo che sia l’unica opzione. Tu torni a casa?”
“Sì, di solito per l’estate sì.” Disse. “Ma potrei restare per un po’, così non sarai completamente da sola.” Aggiunse.
“Lo faresti?”
“Sì, perché no? Yale mi piace parecchio.” Rispose Harry con un’alzata di spalle. “Oppure potresti tornare a casa con me.” Aggiunse poi, abbassando un po’ la voce.
“Non sono mai stata a Salem.” Dissi, ignorando il piccolo brivido che aveva appena risalito la mia schiena. Avrei dovuto cominciare a vestirmi più pesante, l’autunno si stava avvicinando e casa mia non era mai stata caldissima.
“Ci sono dei bei parchi, casette carine… è bella. Anche se penso che sarebbe più interessante la Salem in Massachusetts.”
“Quella dove c’è il museo delle streghe?” Domandai e Harry annuì, senza dire nulla e lasciando che la conversazione cadesse. Non riuscivo a capire perché mi sentivo così a disagio in quel momento, come se stesse per succedere qualcosa per cui non ero assolutamente pronta. Forse era stato il tono con cui Harry mi aveva proposto di passare l’estate da lui, o magari era stato quello stupido brivido che avevo provato.
Il ragazzo si voltò verso di me e i nostri sguardi si incrociarono. Per qualche istante nessuno dei due si mosse, finché Harry cominciò ad avvicinarsi lentamente, senza staccare gli occhi da me.
Cedetti all’istinto e chiusi gli occhi, proprio quando il ragazzo era a pochi centimetri da me. La parte razionale della mia mente era stata brutalmente zittita da quella irrazionale e mi ritrovai ad attendere il contatto con le sue labbra. Quel contatto che non arrivò mai, perché la voce calma e glaciale di mia madre ci interruppe.
“Elizabeth Vanderbilt.” Disse. Harry ed io ci allontanammo immediatamente, voltandoci verso la porta. Guardai lo sguardo severo di mia madre e desiderai sparire. Non mi ero resa conto di tutto il tempo che avevo passato a chiacchierare con Harry, soprattutto degli ultimi minuti.
“Mamma.” Replicai, alzandomi ed avvicinandomi alla donna. Non riuscivo a capire come potesse aver tradito mio padre con suo fratello. Era una cosa che andava al di là della mia comprensione.
Avrei potuto capire se l’avesse fatto per seguire il suo cuore, perché si era innamorata di Jack, ma ero piuttosto sicura che mia madre non ne avesse uno. Era una donna rigida, severa e glaciale e non aveva mai mostrato il minimo segno di provare dei sentimenti. Era una pazzia che avrei potuto capire se fosse stata fatta da chiunque altro, ma non da mia madre.
“Elizabeth.” Ripeté lei. “Cosa fai qui?”
“Ero a New York per… delle commissioni. E ho deciso di venire a prendere delle cose da riportare a Yale.” Risposi. “Mamma, posso… posso parlarti un secondo?”
Cercai di concentrarmi per prendere coraggio. Non avrei mai più avuto un’occasione del genere per avere quella discussione con mia madre. Dovevo approfittarne. Lanciai un’occhiata a Harry, che era ancora paralizzato sul mio letto. Il ragazzo annuì leggermente e seguii mia madre fuori dalla mia stanza.
“Chi è quel ragazzo?” Domandò mia madre.
“Un mio amico.” Risposi con sincerità. Poi mi ricordai che ci aveva sorpresi mentre stavamo per baciarci. “E’ una storia lunga, non… non sono qui per questo.” Balbettai.
“Hai deciso di tornare a studiare Legge?”
“No.” Dissi. Mi tremava la voce e odiavo dover pronunciare quella piccola sillaba. No. Era una parola che detestavo. “Sono venuta a trovare zio Jack.” Aggiunsi. Mia madre si irrigidì ulteriormente e mi rivolse uno sguardo terrorizzato. Era un’espressione che non le avevo mai visto fare.
“Cosa vuole da te?” Domandò immediatamente mia madre.
“Nulla.” Risposi. “Mi sono ricordata che anche lui ha abbandonato gli studi per l’arte e volevo semplicemente conoscerlo.” Mentii. Non era del tutto vero, ma non sapevo come affrontare quel discorso, soprattutto visto che mia madre si stava agitando e non ricordavo l’ultima volta che fosse successo. Di solito era sempre calmissima, anche quando era particolarmente arrabbiata. “E’ vero che state pensando al divorzio tu e papà?” Domandai improvvisamente.
“No.” Rispose subito mia madre, ricomponendosi. “Abbiamo avuto un’incomprensione, ma è tutto a posto.” Aggiunse. Cercai di resistere all’impulso di sbuffare perché sapevo che l’avrebbe considerato maleducato e quel gesto avrebbe semplicemente peggiorato le cose. Però ero frustrata come non lo ero mai stata in tutta la mia vita. Per pochi, pochissimi istanti avevo sperato che mi avrebbe detto la verità, invece ecco l’ennesima menzogna della famiglia Vanderbilt. Sapevo che non avrei dovuto dire quello che stavo per dire, ma per qualche motivo lo feci lo stesso. Non riuscii a trattenermi.
“L’incomprensione era la storia che hai avuto con Jack, vero?” Domandai. Forse volevo mettere mia madre alla prova. Volevo testare la sua reazione per vedere se i suoi occhi avrebbero tradito la verità o se sarebbe rimasta impassibile come al solito. Non mi sarei mai e poi mai aspettata uno schiaffo in pieno viso, però. Mia madre fu così veloce che non mi accorsi di quello che era successo finché non sentii un bruciore sulla guancia e la vidi con la mano alzata di fronte a me.
“Non osare mai più dire una cosa del genere. Esci da questa casa immediatamente.” Disse la donna. Un ciuffo di capelli era sfuggito alla sua pettinatura perfetta e aveva l’aria sconvolta. Non l’avevo mai vista così e non volevo rifarlo tanto presto.
Ancora senza parole mi avviai velocemente verso camera mia, dove recuperai i borsoni che avevo riempito e guidai Harry fuori dalla casa senza dire nulla.
 
“Signorina Vanderbilt, non sono riuscito ad avvisarla, mi dispiace!” Esclamò Ralph quando scesi nell’atrio.
“Non importa.” Risposi ed uscii da quel palazzo più in fretta che potessi. Harry continuò a seguirmi per qualche metro senza dire nulla, prima di bloccarsi.
“Delilah?” Mi chiamò. Nulla, continuai a camminare. “Elizabeth?” Mi chiamò ancora e mi fermai. Sentire Harry pronunciare il mio nome fu come una secchiata d’acqua gelida addosso. Il ragazzo mi raggiunse e mi guardò attentamente per qualche istante.
“Mia madre non ha mai alzato un dito su di me. Mai. In tutta la mia vita.” Dissi. “Nemmeno per abbracciarmi.” Continuai.
“Cos’è successo?” Chiese il ragazzo con cautela.
“Non so perché l’ho fatto.” Dissi. “Forse volevo una conferma… davanti alla sua ennesima menzogna…”
Quello che stavo dicendo non aveva senso, ma Harry continuò ad ascoltarmi e a starmi vicino.
“Quando le ho chiesto se ha avuto una storia con Jack mi ha dato uno schiaffo.” Conclusi quando riuscii a ricompormi.
Harry non disse nulla e mi abbracciò stretta, come aveva fatto quando ero uscita dalla galleria di Jack piangendo.
“Dai, dammi un paio di borse e torniamo all’auto.” Disse poi, prendendo gentilmente uno dei due borsoni dalle mie mani e sorridendomi.
“Grazie.” Replicai, sperando che capisse che il mio ringraziamento non era solo per avermi sollevata dal peso di una borsa ma per tutto.
“Figurati.” Disse. “Ma adesso dimmi… come si torna all’auto?” Domandò guardandosi intorno con aria spaesata.
“Vieni, prendiamo un autobus.” Dissi. Attraversammo la strada e ci sedemmo sulla panchina alla fermata del bus. Mentre guardavo il traffico di Manhattan scorrere davanti a me pensai che quello schiaffo non poteva essere nient’altro che una conferma.
“Mi vuoi dire che sai usare i mezzi pubblici?” Chiese Harry. Sapevo che stava cercando di cambiare argomento per alleggerire l’atmosfera e gliene ero eternamente grata.
“Come credi che andassi in giro quando non volevo essere trovata?” Domandai. “Dalla Quinta prendiamo un autobus che ci porti a Washington Square e da lì la raggiungiamo a piedi.” Aggiunsi. Pianificare e pensare alla strada da fare per tornare all’auto mi aiutava a distrarmi da tutto quello che era successo quel giorno. Era stato un sabato decisamente strano.
 
Durante il viaggio di ritorno mi offrii di guidare per dare il cambio a Harry, ma il ragazzo rifiutò. Forse perché non si fidava della mia guida da donna o forse perché pensava che avrei fatto fatica a concentrarmi sulla strada dopo tutto quello che mi era successo. Nessuno dei due nominò minimamente quello che stava per succedere nella mia camera e mi andava bene così. Dovevo già trovare una soluzione per quello che stava succedendo con Liam e il quasi-bacio con Harry non aiutava di certo a chiarirmi le idee. Anche perché l’avevo sempre visto come un amico.
“Eccoci.” Disse il ragazzo. Dopo due ore e mezza di viaggio in auto eravamo finalmente in quella che si chiamava Greek Row, ovvero la strada dove c’erano tutte le case delle confraternite.
Harry parcheggiò nel vialetto davanti alla casa degli Zeta Psi – apparentemente Louis era l’unico ad avere un auto, o forse era l’unico ad avere il privilegio di parcheggiare lì, essendo il presidente – e scendemmo entrambi dalla macchina. Mi stiracchiai e mi guardai intorno: ovviamente c’era una festa in corso nella casa di Harry e c’era qualche studente che passeggiava sulla via.
“Grazie per essere venuto con me oggi.” Dissi.
“E’ stato un piacere.” Replicò. “E, ehi… se hai bisogno di parlare di quello che è successo oggi, la mia porta è sempre aperta.” Aggiunse.
“Grazie.” Ripetei. Lo abbracciai velocemente e mi diressi verso la casa delle KAT. Non sapevo se avevo più bisogno di vedere Eleanor e Perrie per raccontare loro quello che era successo o di stare da sola, magari sotto una lunghissima doccia calda.

 



Eccoci! In questo capitolo succedono (o NON succedono ahahah) tante cose, quindi non mi dilungo troppo e lascio a voi i commenti!
Spero che vi sia piaciuto, anche se so che molti di voi si aspettavano che succedesse qualcosa in più tra Liz e Harry :D Cosa pensate che succederà nel prossimo capitolo?
Ormai i ragazzi sono tornati a New Haven a Yale. Liz deve ancora parlare con Liam, che è andato a chiederle un'altra possibilità proprio prima che partisse per New York.
Cosa farà Liz, sapendo che Harry l'ha quasi baciata a NY? :D

Il prossimo capitolo lo posterò martedì e vi ringrazio per tutto! Grazie davvero!

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Capitolo 17
*** The Greenhouse ***




Capitolo 17 – The Greenhouse

Decisi di continuare ad ignorare tutto quello che mi era successo e di evitare di raccontare i miei problemi ad Eleanor e Perrie, sapendo che avrei comunque dovuto affrontare Liam il giorno successivo. Gli avevo detto che avrei parlato con lui dopo essere tornata da New York ed ero tornata. Ma cosa avrei potuto dirgli? Nel buio della camera che condividevo con Eleanor il discorso da fargli sembrava semplice: “Liam, mi dispiace ma non provo nulla per te.”
Ma tanto sapevo che non sarei mai riuscita a dirlo ad alta voce, soprattutto davanti a lui.
Non riuscivo a capire perché non provassi nulla per Liam anche dopo che eravamo stati insieme per un anno. Non ero nemmeno troppo arrabbiata per come mi aveva trattata, perché non mi interessava. Forse avevo preso da mia madre: ero anch’io una persona fredda e incapace di provare sentimenti per chiunque. Cercai di pensare al periodo in cui Liam ed io stavamo insieme: ero innamorata di lui? No, non che io mi ricordassi. Non pensavo di esserlo mai stata. Stavo con lui perché trovavo la sua compagnia piacevole. Dopo aver visto Eleanor e Louis o Perrie e Zayn mi ero resa conto di non aver mai provato nulla del genere per Liam.
Continuai a fissare il soffitto per ore, finché la stanchezza e il sonno non prevalsero e mi addormentai, con la mente offuscata dai troppi pensieri e sapendo di aver scelto di concentrarmi su Liam per evitare di pensare a tutto il resto. A Jack e alla sua famiglia perfetta e a quello che stava per succedere nella mia vecchia camera da letto con Harry.
 
“Liz!” Esclamò Eleanor il mattino successivo. Mi sembrava di essermi appena addormentata e speravo di riuscire a dormire per altre otto ore, ma fui svegliata dalla mia amica che si era seduta sul mio letto a gambe incrociate. No, non era solo Eleanor. Aprii gli occhi un po’ di più, cercando di ignorare la luce che mi accecava e notai anche la chioma rosa/bionda di Perrie.
“Quando… capelli rosa?” Domandai, strascicando le parole e cercando di mettermi a sedere. Eleanor mi porse una tazza di caffè e Perrie sorrise.
“Ti piacciono? Li ho tinti ieri!” Disse Perrie, portando una ciocca davanti agli occhi e osservandoli.
“Sono bellissimi!” Replicai. Li aveva tinti di due rosa diversi e stava davvero bene.
“Com’è andata ieri a New York?” Domandò Eleanor. Sembrava impaziente, come se volesse sapere cos’era successo in città il più presto possibile.
“Bene.” Borbottai. Eleanor e Perrie mi osservarono con la stessa identica espressione.
“Cos’è successo?” Mi chiese Eleanor. E, improvvisamente, sentii il bisogno di sfogarmi. Non su Liam o su quello che stava per succedere con Harry, ma su mio padre.
“Ho conosciuto mio padre.” Risposi.
“Liz? Tu e Styles avete fumato qualcosa?” Domandò Eleanor con un’espressione preoccupata.
“No, ma ho recentemente scoperto che James Vanderbilt non è mio padre. O almeno… non lo so, la situazione è complicata.” Dissi e mi lanciai in una lunga spiegazione di tutto quello che era successo da quando mio fratello Tyler mi aveva confessato quello che aveva origliato nell’ufficio dei nostri genitori a New York.
“Wow.” Commentò Perrie.
“Cos’hai intenzione di fare adesso?” Mi chiese Eleanor. “E soprattutto, come ti senti?”
“Sono entrambe bellissime domande.” Dissi, prendendo tempo. Non sapevo precisamente cos’avrei risposto. “Ieri l’ho conosciuto e ho visto la sua bellissima famiglia… non credo proprio che farò nient’altro.” Aggiunsi, bevendo il resto del contenuto della mia tazza di caffè.
“D’accordo.” Rispose El, mettendomi una mano sul braccio. “Sappi che qualunque cosa deciderai di fare io sarò con te.” Aggiunse. Perrie annuì e sorrise.
“Anch’io.”
“Grazie, ragazze.” Dissi. Era forse la prima volta in tutta la mia vita che mi sentivo così vicina a qualcuno. Eleanor e Perrie erano diventate le mie due migliori amiche in assoluto e non sapevo cos’avrei fatto senza di loro. E Styles, certo. Il suo viso si fece prepotentemente spazio nei miei pensieri. Era lui che mi aveva aiutata più di tutti. Rividi la sua espressione poco prima di quel quasi-bacio nella mia casa a New York. Riprovai la sensazione che avevo provato quando mi aveva preso la mano perché sapeva che avevo bisogno di supporto. Improvvisamente sentii un brivido e scossi la testa nella speranza di mandare via anche tutti quei pensieri.
“Tutto bene?” Mi domandò Eleanor.
“Sì… sì.” Risposi. “Devo andare a parlare con Liam.” Aggiunsi, alzandomi dal letto e dirigendomi verso il bagno per darmi una rinfrescata.
“Cosa c’entra Liam?” Mi chiese Perrie. “Pensavo che fossi andata a New York con Harry.”
“Sì, ma… Liam si è presentato qui prima che partissi, venerdì sera. Mi ha detto che vorrebbe un’altra possibilità, che ha sbagliato e tutte queste cose.” Spiegai. “Gli avevo detto che avrei parlato con lui una volta tornata dalla città, quindi devo farlo.”
“Sai già cosa gli dirai?” Mi chiese El, infilando la testa in bagno mentre spremevo un po’ di dentifricio sullo spazzolino da denti.
“Il discorso, nella mia testa, è ben chiaro.” Risposi, annuendo. Ero sicura di quello che gli avrei detto come non lo ero mai stata in tutta la mia vita. Non provavo nulla per lui, quindi avremmo potuto solo essere amici.
 
Come sempre dire di no a qualcuno si stava dimostrando decisamente più difficile di quanto avessi pensato. Non riuscivo a pronunciare quelle maledette parole davanti all’espressione ferita di Liam, che mi stava guardando come se fossi fatta completamente d’oro.
“Adgh…” Sospirai. Non riuscivo nemmeno a dire parole di senso compiuto.
“Liz, posso cominciare io?” Mi chiese il ragazzo. Eravamo seduti sui gradini della biblioteca e il tempo cominciava ad essere abbastanza brutto. Il vento soffiava sulle nostre guance e le nuvole non promettevano nulla di buono. Sapevo che si sarebbe scatenato un temporale. Era solo questione di tempo.
“Okay.” Dissi, abbassando lo sguardo sul cemento dei gradini. Perché era così difficile prendere una decisione?
“Se mi darai un’altra possibilità… sono disposto a ricominciare da zero.” Continuò Liam, guardandomi negli occhi. “Voglio provare a riconquistarti. E se non ci riuscirò… uscirò dalla tua vita senza protestare. Però, ti prego, dammi un’altra possibilità.”
La sincerità che leggevo in quel momento nei suoi occhi era spiazzante. Liam ci teneva davvero a me ed era disposto a ricominciare la nostra storia da zero. Forse aveva avuto una buona idea. Magari, nel tentativo di riconquistarmi, ce l’avrebbe fatta. Avrei potuto provare dei sentimenti per lui. Innamorarmi. Le condizioni di quella proposta non mi dispiacevano per niente: aveva detto che se non ce l’avrebbe fatta sarebbe uscito dalla mia vita senza protestare. E, in fondo, chi ero io per negargli una seconda possibilità? Oltre al fatto che rimettendomi insieme a Liam avrei evitato di rovinare il rapporto di amicizia che avevo con Harry. Quel quasi-bacio continuava a tormentarmi e speravo che non volesse dire nulla per entrambi. Era stato solo un momento, giusto? Nessuno dei due provava qualcosa per l’altro. Era inaccettabile.
“D’accordo.” Dissi infine, abbandonando completamente il discorso che avevo intenzione di fargli. Se quella era la sua proposta, le parole a cui avevo pensato così tanto la sera prima non servivano più a nulla.
“D’accordo?” Mi chiese il ragazzo con aria sorpresa.
“Sì. Mi piace l’idea di ripartire da zero. Ma ti avviso, dovrai lavorare davvero sodo, perché non è facile conquistarmi.” Dissi con un mezzo sorriso. Pensavo che mi sarei sentita meglio una volta accettata quella proposta, invece avevo un senso di angoscia che non riuscivo a capire da dove arrivasse. Decisi di dare la colpa a quello che avevo scoperto grazie a Tyler e di smettere di pensarci ulteriormente.
“Allora ti va di uscire domani sera? So che non lavori da Starbucks o al Toad’s… potremmo contarlo come primo appuntamento.” Propose Liam.
“Va bene.” Risposi, rendendomi conto che non eravamo andati a molti appuntamenti quando ci eravamo messi insieme la prima volta. Certo, avevamo preso qualche caffè insieme, ma la maggior parte delle volte ci trovavamo per studiare insieme. Speravo che questa volta le cose fossero diverse, che la nostra relazione non fosse più automatica e noiosa come la prima volta.
“Passo a prenderti domani sera alle sette, okay?”
“Perfetto.” Dissi, alzandomi da quei gradini duri e freddi per tornare alla casa KAT.
“Liz?” Mi chiamò Liam. Mi voltai, sorpresa, perché non mi aveva mai chiamata così. Per lui ero sempre stata Elizabeth. Non l’avevo mai sentito chiamarmi con un’abbreviazione del mio nome.
“Sì?”
“Grazie.” Disse semplicemente il ragazzo, sorridendomi. “Ti prometto che non ti pentirai di avermi dato un’altra possibilità.”
Risposi al sorriso e sperai che avesse ragione.
 
Quel pomeriggio Harry mi inviò un messaggio e mi chiese di raggiungerlo alla casa degli Zeta Psi perché doveva mostrarmi qualcosa. Infilai una felpa abbastanza pesante, presi l’ombrello e camminai sotto la pioggia fino a casa sua. Mi aspettava sotto il portico e sembrava contento per qualche motivo.
“Delilah, finalmente!” Esclamò.
“Cosa mi devi far vedere?” Domandai, incuriosita.
“Vieni, seguimi.” Rispose misteriosamente e mi guidò in una parte del campus in cui non ero mai stata. La pioggia stava aumentando e il vento rendeva l’ombrello inutile, soffiando tutte le gocce fredde sul mio viso. Arrivammo davanti ad una serra e Harry la aprì, facendomi entrare.
“Cosa facciamo qui?” Chiesi quando il ragazzo richiuse la porta alle sue spalle. Chiusi l’ombrello e apprezzai il caldo un po’ umido dell’interno. Sapevo che eravamo vicini agli edifici della Facoltà di Scienza e Medicina, ma non ci ero mai stata.
“Ti mostro il mio posto segreto!” Esclamò il ragazzo, trascinandomi in fondo alla serra. Superammo una serie di piante conosciute e non e arrivammo alla fine della costruzione. La pioggia scrosciava sulle pareti di vetro, facendo un rumore piuttosto piacevole. Harry recuperò due sedie pieghevoli da un angolo e le posizionò di fronte a noi.
“Ma possiamo stare qui?” Chiesi.
“Non preoccuparti, non stiamo facendo nulla di illegale.” Rispose lui, senza abbandonare il suo sorriso. “Vengo qui quando piove o quando voglio stare da solo.” Continuò.
“E’ bellissimo.” Mormorai, guardando in alto. Era come stare al centro di un temporale ma l’ambiente era caldo e piacevole e, soprattutto, asciutto.
“Come stai?” Mi chiese dopo qualche minuto di silenzio.
“Sto.” Risposi, spostando il mio sguardo dalle pareti di vetro ai suoi occhi. Provai un altro brivido lungo la schiena e diedi di nuovo la colpa al freddo, anche se in quella serra la temperatura non era bassa. Per niente.
“Ieri sera stavo pensando alla tua lista e mi sono reso conto che non abbiamo ancora fatto parecchie cose. Ti devo portare ad un concerto e dobbiamo ancora andare a giocare a bowling.” Disse, cambiando completamente argomento. Il fatto che mi conoscesse così bene era piuttosto strano, ma anche estremamente piacevole. Aveva capito da un solo sguardo che non avevo voglia di parlare di tutto quello che era successo a New York e l’aveva rispettato.
“Non vedo l’ora.” Mormorai.
“Ehi, c’è qualcosa che ti preoccupa?”
Chiusi gli occhi e deglutii, non sapendo nemmeno io perché stavo provando quelle sensazioni orrende di angoscia e oppressione. Mi morsi l’interno del labbro e abbassai lo sguardo.
“Liam ed io abbiamo deciso di ricominciare a uscire.” Dissi infine. Pronunciai quelle parole con lentezza e a bassissima voce, quasi sperando che il ragazzo non le sentisse. Perché trovavo così difficile parlare della mia decisione con Harry? Avevamo sempre parlato di tutto, anche degli argomenti più riservati, senza imbarazzo.
“Cosa?” Chiese Harry.
“Liam ed io abbiamo deciso di ricominciare a uscire.” Ripetei.
“L’avevo sentito la prima volta.” Rispose il ragazzo con freddezza, alzandosi dalla sedia su cui era seduto e ripiegandola. La sistemò con poca grazia nell’angolo da cui l’aveva presa e rimase immobile per qualche secondo.
“Cos’è successo?” Domandai, alzandomi a mia volta. Harry si voltò di scatto verso di me.
“Pensavo che l’avessi capito.” Disse, prima di allontanarsi e di uscire dalla serra. Chiusi velocemente la sedia, lanciandola nell’angolo, e corsi dietro al ragazzo, incurante della pioggia battente. Nella fretta avevo lasciato l’ombrello dentro la serra, ma non mi importava.
“Styles!” Esclamai, sperando che si sarebbe fermato. Invece continuò per la sua strada. “Styles, fermati!” Urlai più forte e Harry si bloccò in mezzo alla strada, permettendomi di raggiungerlo. “Si può sapere cosa ti è preso?”
“Hai deciso di ricominciare a uscire con quell’idiota?” Non avevo mai sentito Harry alzare la voce, ma in quel momento stava quasi urlando. “Dopo quello che ti ha detto?”
“Le persone cambiano.” Risposi. “E non capisco perché ti stai comportando in questo modo!”
“Perché sono un idiota, ecco perché!” Esclamò lui.
“Spiegami almeno perché!” Dissi. Cominciavo ad alzare la voce anch’io, perché Harry mi stava facendo innervosire.
“Seriamente, lascia perdere. Credevo che l’avessi capito, ma evidentemente ti avevo sopravvalutata.”
“Sai, Styles, non tutti leggono nella mente delle persone! Non posso capire quello che stai pensando solo guardandoti!” Dissi, cominciando a far trasparire la frustrazione.
“Ma certo che no, perché tutto quello che ti interessa è tornare con quell’idiota di Payne!” Esclamò con rabbia.
“Quello che stai dicendo non ha senso!” Dissi. “Lasciamo stare, ne riparliamo quando avrai asciugato il cervello e sarai meno incazzato.” Aggiunsi.
“No, non riparliamone proprio e basta. Se hai davvero deciso di rimetterti con Payne non farti più vedere.” Concluse Harry prima di ricominciare la sua camminata verso la casa degli Zeta Psi, lasciandomi perplessa sotto la pioggia.

 



Buongiorno! Liz e Harry sono tornati a Yale e le cose non vanno proprio come ci aspettavamo, vero? So che molte di voi, a questo punto, ce l'avranno a morte con Liz per la scelta che ha fatto, ma ormai è chiaro che la povera ragazza non ce la può fare! ahahahah
Finiamo il capitolo con un litigio tra i due e chissà cosa succederà nel prossimo! Lascio a voi i commenti, sono curiosissima di sapere cosa ne avete pensato!
Ma soprattutto... pensate che prima o poi Harry e Liz ce la faranno? Incrociamo le dita :D

Il prossimo capitolo lo posterò venerdì e come sempre voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto, commentato e inserito la mia storia tra le preferite, seguite e/o ricordate! Vi adoro! <3
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Capitolo 18
*** Our Second First Date ***




Capitolo 18 – Our second first date
 

Prima di tornare a casa recuperai l’ombrello che avevo lasciato nella serra, ma non servì a molto perché ero già fradicia. Così, quando raggiunsi la confraternita delle KAT e incrociai Eleanor e Perrie all’ingresso, mi chiesero immediatamente cos’era successo.
“Non so da dove iniziare.” Dissi, liberandomi dell’ombrello bagnato e lasciandolo sotto il portico. Mi tolsi le scarpe per evitare di bagnare tutto il pavimento, ma anche i miei vestiti grondavano acqua.
“Ti porto l’accappatoio.” Propose Perrie, correndo al piano superiore e tornando giù poco dopo con il mio enorme accappatoio rosa.
“Grazie.” Dissi, indossandolo e sentendomi immediatamente più calda. Avrei avuto bisogno di una doccia bollente, ma non mi interessava in quel momento. El e Perrie mi accompagnarono in camera, attesero che mi cambiassi e asciugassi e poi si sedettero sul mio letto.
“E’ andata male con Liam?” Mi chiese Eleanor. Scossi la testa.
“No, ho litigato con Styles.” Risposi. Le mie due amiche mi guardarono incuriosite, così spiegai loro quello che era successo.
“Gli passerà, sarà stato frustrato per qualcos’altro e se l’è presa con te.” Disse Eleanor.
“Oppure è geloso di Liam.” Aggiunse Perrie. “Pensaci, siete praticamente migliori amici, magari ha una cotta per te e quando ha scoperto che hai dato un’altra possibilità al tuo ex…” Continuò la ragazza.
“Ha capito che non c’erano più possibilità per lui.” Concluse Eleanor. “Sì, ha senso. Ma ne avrebbe di più se avesse mai dimostrato a Liz di provare qualcosa per lei.”
“Styles non prova sentimenti.” Dissi con convinzione. “Lo sapete anche voi che si porta a letto chiunque e non gliene frega mai niente di nessuno.” Aggiunsi. Era per quello che avevo scelto lui per quella notte di insignificante sesso quando Liam mi aveva lasciata la prima volta. O c’era qualche altro motivo?
“Comunque sono sicura che risolverete.” Cercò di consolarmi Eleanor.
“Che faccia quello che gli pare.” Dissi con rabbia. Se aveva intenzione di comportarsi da bambino poteva anche farlo da solo. Non ne avevo proprio bisogno in quel periodo.
Cercai di evitare di pensare al tono con cui Harry mi aveva detto quelle ultime frasi, all’espressione che aveva sul viso e, soprattutto, alla possibilità che io potessi piacergli.
“Vedrai che risolverete. Sono sicura che si tratta solo di un malinteso.” Disse Perrie. Eleanor annuì e, nonostante fossi arrabbiata, sperai con tutte le mie forze che avessero ragione. Non volevo perdere Harry.
 
Il lunedì pomeriggio, prima di uscire con Liam, cercai di chiamare Harry, ma ignorò tutte le mie chiamate e i miei sms. Mi presentai anche a casa degli Zeta Psi, ma Louis mi riferì che il ragazzo non voleva essere disturbato, così quella sera trovai difficile concentrarmi su qualsiasi cosa, soprattutto su un appuntamento con Liam. Continuavo a pensare che quello era il motivo per cui avevo litigato con Harry e che era sbagliato essere lì.
“Ti vedo distratta.” Disse Liam dopo un po’ che tentava di fare conversazione.
“Scusa, ho litigato con una persona.” Replicai, sospirando. Non mi ero nemmeno accorta di quello che avevo mangiato e mi sentii mortalmente in colpa per aver passato la serata ad ignorare Liam, che ce la stava mettendo tutta per riconquistarmi. Mi aveva raccontato tantissime cose di sé che non sapevo, avevamo parlato di film che ci piacevano, musica e arte. Si era persino informato sull’arte per cercare di sostenere il discorso, ma non importava quello che cercava di dirmi, non riuscivo a concentrarmi.
“Vuoi parlarne?” Mi domandò.
“No, grazie.” Dissi. “Scusa, Liam, non posso proprio rimanere qui con te questa sera. Possiamo vederci un’altra volta? Devo risolvere questa cosa.” Aggiunsi.
“Non preoccuparti.” Replicò lui, chiamando la cameriera per pagare il conto.
Sapevo di essermi comportata male, ma non riuscivo assolutamente a restare fuori con Liam, sapendo che Harry era incazzato con me e non rispondeva alle mie chiamate. Non riuscivo a sopportare il fatto che non mi parlasse.
Mi avviai velocemente verso la casa degli Zeta Psi, dove ovviamente c’era una festa in corso nonostante fosse lunedì, pronta a dire a Louis che non mi interessava se Harry non voleva essere disturbato. Io dovevo vederlo.
“Ehi!” Esclamai quando vidi il presidente della confraternita.
“Liz!” Mi salutò Louis. “Non ci siamo già visti oggi pomeriggio?” Mi domandò.
“Sì, ma devo vedere Styles. E’ urgente.”
“Non credo che voglia essere disturbato.” Replicò Louis.
“Per favore, è davvero urgente.” Dissi.
“Okay, senti… non è vedo che non vuole essere disturbato, ma non credo che sia il caso che tu lo veda così.”
“Cos’ha fatto?” Domandai, sentendo il panico che cominciava a crescere.
“Ma niente, non penso che voglia che tu lo veda in quel modo.”
“Louis, per favore.” Insistetti, interrompendo il discorso del ragazzo.
“Okay, vai al piano di sopra. L’ultima volta che l’ho visto era in bagno.” Si arrese Louis, indicando le scale. Lo ringraziai velocemente e salii per cercare Harry. Lo trovai seduto sul pavimento con l’aria sconvolta.
“Oddio, cos’hai fatto?” Domandai, accovacciandomi per vedere come stesse. Era pesantemente ubriaco e non aveva una bella cera.
“Delilah!!” Esclamò quando si accorse che ero io.
“Come stai?” Domandai.
“Tutto gira. Gira tutto.” Mormorò. L’avevo già visto ubriaco, ma mai in quel modo.
“Stai male?”
“Non più.” Rispose.
“Sei sicuro?” Domandai di nuovo. Il ragazzo cercò di annuire, ma evidentemente il movimento causava giramenti di testa ancora più forti, così smise quasi immediatamente.
“Sì.” Disse invece con voce roca.
“Allora vieni, andiamo.” Proposi, alzandomi e porgendogli le mani per aiutarsi a rimettersi in piedi. Lo accompagnai in camera sua e gli porsi la bottiglia d’acqua che teneva sul comodino.
“Grazie.”
“Mi dispiace per quello che è successo ieri.” Dissi. Probabilmente cominciare quel discorso non aveva nessun senso, dato che avevo il dubbio che non si sarebbe ricordato nulla il giorno successivo, ma volevo che sapesse che non avrei mai voluto che si ubriacasse in quel modo.
Il ragazzo non rispose e rimise la bottiglia sul comodino senza premurarsi di richiuderla. Si tolse la maglietta e i pantaloni come meglio poteva e si sdraiò sul letto pesantemente, coprendosi per metà con il lenzuolo.
“Non lo sapevi. Non importa.” Mormorò, strascicando le parole. Quando mi voltai verso di lui si era già addormentato, con una mano di fianco al viso e l’altra che teneva il lenzuolo.
Lo osservai per qualche minuto, mentre il suo respiro diventava regolare e mi sentii in colpa ancora più di prima. Gli piacevo davvero e non me ne ero mai accorta? Ero così egocentrica e concentrata sui miei problemi da non rendermi conto di quello che stava succedendo intorno a me? Per tutto quel tempo uno dei miei problemi più grandi era quello di non saper dire di no a Liam perché non volevo farlo soffrire e quello che avevo ottenuto era di ferire una delle persone a cui tenevo di più.
Mi abbassai per dare a Harry un bacio sulla fronte e uscii lentamente dalla stanza per non fare rumore, anche se sapevo che, ubriaco com’era, non si sarebbe accorto di nulla nemmeno se avessi trasportato un pianoforte a coda fuori dalla sua camera.
“Delilah?” Mi chiamò invece quando arrivai sulla soglia della porta.
“Sì?” Risposi, voltandomi verso di lui. Harry aveva ancora gli occhi chiusi e respirava come se stesse ancora dormendo.
“Non posso rimanere tuo amico. Ci ho provato, ma fa troppo male.” Confessò prima di riaddormentarsi del tutto. Chiusi la porta alle mie spalle e tornai al piano inferiore, dove la festa stava continuando.
“Hai trovato Harry?” Mi domandò Louis. Stavo per uscire per tornare alla mia confraternita, ma mi bloccò sulla porta.
“Sì.” Risposi. “Era in bagno, dove avevi detto tu.”
“Come sta? Quando l’ho visto l’ultima volta non era conciato bene.”
“L’ho portato in camera sua, si è addormentato.” Dissi. Sentivo il cuore pesante e un enorme nodo allo stomaco quando pensavo a lui e non mi era mai successo prima.
“Avete risolto?” Mi chiese ancora il ragazzo.
“Ti ha parlato di quello che è successo?”
“No, ma credo di aver capito, più o meno. Questa sera gli ho chiesto perché non c’eri anche tu e prima di ubriacarsi in quel modo mi ha detto che eri uscita con Liam.”
Quella frase fu come una pugnalata allo stomaco. Forse anche più di quello che mi aveva detto Harry prima di riaddormentarsi. Come potevo essere stata così stupida da non essermi mai accorta di nulla?
“Dio, che casino.” Mormorai, passandomi una mano tra i capelli.
“Risolverete tutto, vedrai.” Disse Louis, dandomi un’amichevole pacca su un braccio. “Parlane con El e Perrie, sono sicuro che ti aiuteranno a chiarirti la mente.”
“Grazie per il consiglio.” Dissi. Sì, avevo un disperato bisogno di parlare con le mie amiche.
 
Prima di tornare a casa mi ero fermata al piccolo negozio di alimentari del campus per comprare una vaschetta di gelato da dividere con le mie amiche mentre parlavamo di tutto. Arrivai alla confraternita e mi avviai immediatamente verso le scale per raggiungere El in camera nostra, ma fui interrotta da Candice, una delle mie coinquiline.
“Liz, c’è qualcuno per te in salotto.” Disse.
“Okay, grazie.” Replicai. Passai velocemente dalla cucina per mettere in freezer il gelato e raggiunsi il salone, pensando di trovarci Liam. Invece, seduto su uno dei divani, c’era Jack, che muoveva nervosamente le dita.
“Jack?” Lo chiamai. L’uomo posò lo sguardo su di me e si alzò di scatto dal divano.
“Elizabeth.” Disse. Quando l’avevo visto alla galleria mi era sembrato un uomo estremamente calmo e rilassato. La persona che avevo davanti in quel momento sembrava un ragazzino davanti al primo esame.
“Che… sorpresa?” Esclamai, incerta.
“Sono venuto qui appena possibile.” Disse.
“E’ successo qualcosa?” Domandai. Improvvisamente sentii una vampata di calore. Forse era successo qualcosa a qualcuno della mia famiglia e non sapeva come dirmelo.
“Non c’è un modo semplice per dirti quello che sto per dirti, Elizabeth. L’ho appena scoperto, io… mi è venuto il dubbio quando sei venuta a trovarmi, quindi ho fatto i conti e poi ho avuto la conferma… Elizabeth, sono tuo padre.” Disse tutto d’un fiato. Anche se lo sospettavo già fortemente, sentirlo dire da lui mi fece rimanere senza parole.

 


Buongiorno! Questo capitolo non è lunghissimo, ma succedono lo stesso un bel po' di cose! L'appuntamento con Liam interrotto, Harry ubriaco che dice quella frase a Liz, Louis che conferma il motivo per cui Harry si è ubriacato e il ritorno di Jack! Pensavate che avrei lasciato quella storyline in sospeso? :P Nel prossimo capitolo (che posterò martedì) leggeremo la storia di Jack e la madre di Elizabeth e scopriremo un po' di più sul loro passato!
Per il momento lascio a voi i commenti perché non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate!

Ci tengo anche a ringraziarvi per le sei recensioni allo scorso capitolo, non me le aspettavo! Grazie, davvero. Anche per le bellissime parole che mi scrivete sempre su Twitter o Facebook <3
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Alla prossima!
Un bacione
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Capitolo 19
*** Oh Father ***




Capitolo 19 – Oh Father

“I-io…” Balbettai. “Io lo sospettavo, è per questo che sono venuta a trovarti.” Confessai dopo qualche minuto.
“Come l’hai scoperto?”
“Mio fratello Tyler ha sentito mia madre e… James parlare e me l’ha detto.”
“Tua madre non me l’ha mai detto.” Disse, quasi più a se stesso che a me.
“Cos’è successo?” Domandai. Volevo sapere tutto.
“Ho conosciuto tua madre a Central Park. Ero un artista squattrinato e facevo ritratti ai turisti per pochi dollari. Mi ricordo ancora il giorno in cui la conobbi: era insieme ad una sua amica e me ne innamorai all’istante, tanto che le offrii il ritratto gratis. Eravamo dei ragazzini e non penso che lei conoscesse ancora mio fratello. Le chiesi se poteva darmi il suo numero di telefono, ma lei mi disse che non si fidava di me perché ero uno sconosciuto e se ne andò con il suo ritratto e la sua amica. Non la vidi più per anni, finché un giorno entrò nella mia galleria.  Ai tempi le piaceva l’arte e voleva acquistare un dipinto specifico per la sua casa. Non conosceva nessuno nell’ambiente e sapeva che io, il fratello di suo marito, avevo una galleria, quindi un giorno decise di venirmi a chiedere un favore. Immaginati la mia sorpresa quando la vidi entrare! Anche lei era incredula quando scoprì che l’artista che le aveva fatto il ritratto a Central Park anni prima era il fratello di suo marito.” Cominciò a spiegare Jack. “Parlammo per un pomeriggio intero, di tutto e di niente. Sapevo che era la moglie di mio fratello e che era sbagliato, ma provavo le stesse cose che avevo provato quando l’avevo incontrata per la prima volta: ero completamente innamorato di lei.” Aggiunse.
“Quindi avete avuto una storia?”
“Non subito.” Rispose Jack. “All’inizio ci vedevamo in galleria per parlare del dipinto che voleva acquistare. Io conoscevo parecchie persone e le avevo procurato diversi appuntamenti per quel quadro. La nostra storia iniziò il giorno in cui le presentai l’uomo che le permise di tornare a casa con il dipinto delle ballerine di Degas che voleva tanto. Per festeggiare l’acquisto stappammo una bottiglia di champagne e passammo tutta la sera insieme, finché, ad un certo punto, mi disse che doveva tornare a casa.”
“Cos’è successo dopo?” Domandai. Lo stavo ascoltando rapita, non riuscivo a credere che mia madre potesse aver vissuto una storia del genere.
“La nostra storia è continuata per qualche mese, ma sapevamo entrambi che era sbagliato. Lei era sposata, per giunta con mio fratello, e sapevamo che avremmo dovuto smettere di vederci, ma non riuscivamo. Io non sarei mai riuscito a lasciarla, così un giorno lo fece lei. Arrivò alla mia galleria d’arte, vestita di tutto punto, e mi disse che dovevamo smettere di vederci. A questo punto posso immaginare che l’abbia fatto quando ha scoperto di essere incinta.” Rifletté ad alta voce. “So che quello che abbiamo fatto è sbagliato. Ai tempi non sapevo nemmeno che avesse già un altro bambino.” Continuò Jack.
“Tyler.” Dissi. Mia madre aveva avuto una relazione clandestina con il fratello di suo marito quando a casa aveva già un bambino piccolo. La donna che mi stava descrivendo Jack era totalmente diversa da quella che avevo conosciuto io.
“Già, Tyler.” Replicò. “Tua madre è stato il mio primo grande amore.”
“E’ così diversa…” Mormorai.
“Sì, era completamente diversa da com’è adesso. Era uno spirito libero. Non so esattamente cosa sia cambiato nel corso degli anni. Quando l’ho incontrata, ieri, è stato come trovarmi davanti una persona nuova.” Spiegò.
“Quindi sei andato a chiederle…” Cominciai a chiedere, ma mi interruppi a metà frase.
“Sì, sono andato a parlarle, perché non riuscivo a smettere di pensare a te e alla coincidenza… insomma, tutti i Vanderbilt che conosco, da generazioni, hanno sempre studiato Legge. Poi arrivi tu e lasci gli studi per l’arte e mi hai ricordato tantissimo me stesso. Quando poi mi hai detto che tua madre è Beatrice ho cominciato ad avere dei dubbi. Ho fatto i conti ed era possibile, perché noi ci siamo frequentati esattamente ventun anni fa.”
“Come hai fatto a farla confessare?” Domandai.
“E’ crollata da sola quando mi ha visto.” Spiegò Jack. “E, per qualche minuto, ho rivisto la ragazza di cui mi sono innamorato quando ero giovane.”
Sentii gli occhi lucidi e li chiusi, permettendo così ad una lacrima di solcare la mia guancia.
“Cosa succederà adesso?”
“Tua madre non vuole che si sappia in giro, perché non vuole che scoppi lo scandalo. Ma io non ho nessuna intenzione di lasciare correre la cosa. Sono già stato vent’anni senza conoscerti. Devo recuperare.” Replicò Jack. “Che ne dici se cominciamo a vederci qualche volta? Magari il prossimo weekend? Posso venire io qui a New Haven o puoi venire tu a New York, come preferisci.”
“Mi piacerebbe davvero molto.” Dissi. “Ma sabato devo lavorare e ho un turno doppio perché l’ho saltato questo sabato…” Aggiunsi.
“A questo proposito, non voglio che tu ti preoccupi dell’università. Ho parlato con tua madre e le ho detto che, visto che sono tuo padre, voglio avere voce in capitolo. Non può tagliarti i fondi perché vuoi seguire il tuo sogno.”
“Non so cosa dire.” Dissi, sentendo gli occhi ancora più gonfi. “Grazie. Credo che dovrei cominciare con un grazie.” Aggiunsi.
“Non preoccuparti di nulla.”
Annuii, anche se avevo già preso una decisione.
“Continuerò a lavorare, però.” Dissi. “Non voglio dipendere dalla mia famiglia per tutto.”
“Sono d’accordo, ma le tue amiche mi hanno detto che fai tantissimi turni e che sei spesso stanca e fai fatica a finire i tuoi progetti.”
“Già.” Risposi. Eleanor e Perrie avevano già parlato con Jack? Sicuramente erano state loro.
“Direi che puoi fare dei turni normali, in modo da avere tempo per l’università e anche un po’ per divertirti.” Suggerì Jack con un sorriso. “Così il prossimo weekend possiamo passare un po’ di tempo insieme. Magari un giorno puoi tornare con il tuo ragazzo, mi sembra di aver capito che New York gli sia piaciuta tanto.” Aggiunse l’uomo.
Abbassai lo sguardo sulle mie gambe, pensando a Harry. A quanto avrei voluto parlargli di quello che stava succedendo e chiedendomi se saremmo mai riusciti a far tornare le cose come prima.
“Non vedo l’ora di passare del tempo con te.” Dissi. “Riparti per New York questa notte?” Domandai.
“No, mi fermerò ad un motel qui vicino. Avevo pensato che, se ti va, potresti mostrarmi i tuoi lavori domani.”
“Mi piacerebbe.” Risposi.
“Bene, allora adesso ti lascio dormire, perché sarai stanca e domani avrai lezione, giusto?”
“Sì, domani mattina.” Dissi, annuendo.
“Allora a domani.”
 
Il mattino successivo mi preparai per andare a lezione, consapevole di avere davanti un pomeriggio intero con mio padre e di non aver ancora risolto la situazione con Liam e Harry. Fortunatamente incontrai Styles davanti all’edificio in cui avevo lezione e lo fermai.
“Ehi!” Esclamai. Il ragazzo abbassò immediatamente lo sguardo ed evitò il mio.
“Ehi.” Replicò con freddezza.
“Come stai questa mattina?” Domandai, cercando di ignorare il suo tono.
“Come uno che ieri sera si è ubriacato e non si ricorda nulla.” Disse. Quella freddezza e la sua espressione mi facevano lo stesso effetto di un pugno nello stomaco. Non sopportavo quella situazione.
“Hai due secondi per parlare?” Chiesi.
“No, devo andare a lezione.” Rispose ed entrò nell’edificio. Harry non si ricordava nulla di quello che era successo la sera prima, quindi non sapeva che ero andata da lui invece di rimanere fuori con Liam e non sapeva nemmeno di avermi detto quelle parole.
 
“Così questo è il famoso campus di Yale.” Disse Jack quel pomeriggio. L’avevo portato a fare un tour dell’università e gli avevo mostrato tutti i miei posti preferiti, gli edifici in cui facevo lezione, Greek Row e i posti in cui lavoravo.
“E’ la prima volta che vieni?” Domandai.
“Sì, ho preferito investire i miei soldi nella galleria, quindi non sono venuto all’università. Però è un bel posto, sono contento che ti trovi bene.”
“Adoro Yale.” Dissi. “Il primo anno pensavo di odiarla, perché odiavo Legge.” Confessai. “Ma da quest’anno ho capito che era solo la facoltà a farmi schifo, amo questo posto.”
“Sono davvero contento.” Ripeté Jack. “Adesso ti va di farmi vedere qualcuno dei tuoi lavori?”
“Certo! Vieni.” Dissi. Entrammo nella casa delle KAT, salii in camera a recuperare il mio blocco e alcune tele che avevo dipinto e le portai in salotto. La regola di Tiffany “nessun ragazzo al piano di sopra” era estesa anche ai parenti, visto che spesso le mie coinquiline giravano per i corridoi in biancheria.
“Sei davvero brava!” Esclamò Jack dopo aver sfogliato il mio blocco. “E questa tela mi piace tantissimo.” Disse dopo qualche minuto, indicando il primo quadro che avevo dipinto in camera di Harry. Quello che voleva rappresentare la persona che volevo essere e non quella che ero. Il pensiero dei pomeriggi passati nella sua stanza a dipingere, disegnare e ad ascoltare musica mi appesantì di nuovo il cuore e sospirai.
“Grazie.” Dissi. Spiegai a Jack il significato di quella tela e continuammo a parlare di arte per tutto il resto del pomeriggio. Non mi sembrava quasi vero di avere un padre che condivideva la mia stessa passione. Un padre che capiva quello che stavo provando e, non solo, l’aveva provato anche lui.
“Ehi, Liz… posso chiamarti Liz, vero?” Mi domandò Jack alla fine della serata.
“Certo.” Risposi.
“Mi ha fatto davvero piacere passare questa giornata con te e spero che potremo farlo ancora molto presto.” Disse alzandosi dal divano.
“Anch’io.” Replicai, alzandomi a mia volta. “Posso chiamarti tra qualche giorno per dirti se riesco a venire a New York?” Domandai.
“Liz, puoi chiamarmi quando vuoi. E dai un po’ di tempo a tua madre, sono sicuro che riuscirete a chiarirvi.” Rispose lui. Ci fu un momento di imbarazzo, perché non sapevamo come salutarci, ma alla fine Jack mi abbracciò stretta. Rimasi un po’ rigida all’inizio, ma poi mi lasciai andare e lo abbracciai anch’io. Lo salutai ancora dal portico della casa delle KAT, sorridendo e sperando che il weekend arrivasse presto perché non vedevo l’ora di passare dell’altro tempo con lui. Durante il pomeriggio mi aveva parlato della sua famiglia, di suo figlio Will che amava tutti i tipi di sport e di sua figlia Emma, che era una grande appassionata di arte e adorava dipingere con le dita. Mi aveva anche parlato di Tessa, sua moglie, e di come si erano conosciuti perché le si era rotto un tacco proprio davanti alla sua galleria d’arte e lui era uscito per aiutarla. Rientrai in casa pensando che avrei voluto condividere tutto quello che era successo con Harry, ma che non avrei potuto perché si rifiutava di parlarmi.
 
“Tuo padre è fantastico!” Esclamò Eleanor quando la raggiunsi in camera nostra. Perrie si stava mettendo lo smalto sulle unghie dei piedi seduta sul divanetto sotto la finestra, mentre El era sdraiata a pancia in giù sul suo letto e sfogliava una rivista.
“Non mi sembra ancora vero.” Dissi, liberandomi della felpa che mi aveva tenuta calda quando avevo accompagnato Jack fuori e sedendomi a gambe incrociate sul mio letto.
“Ehi, a proposito. Oggi Lou mi ha detto che ieri sera è successo qualcosa a casa loro e mi ha chiesto se ne avevamo parlato.” Mi domandò Eleanor. Giusto. La sera precedente avevo anche comprato del gelato per l’occasione, ma non avevo mai parlato con le ragazze perché avevo trovato Jack in salotto.
Raccontai brevemente a Perrie ed El quello che era successo e loro ascoltarono tutto con attenzione.
“Quindi non ti parla più?” Mi chiese El.
“Già. Non risponde alle mie chiamate e non mi parla.” Risposi. “Vorrei spiegargli come stanno le cose, ma…”
“Ma come stanno le cose?” Intervenne Perrie. “Voglio dire, hai chiarito le idee? Perché a questo punto è piuttosto chiaro che devi prendere una decisione.” Aggiunse. “Non lo dico con cattiveria, sai che ti voglio bene.”
“Lo so, sai che apprezzo la tua sincerità.” Replicai. “E sì, devo prendere una decisione.”
“Possiamo aiutarti?” Mi chiese El, chiudendo la rivista.
Scossi la testa. Per la prima volta in settimane avevo le idee chiare e sapevo cosa dovevo fare.

 



Ecco il nuovo capitolo! Come vi avevo promesso scopriamo cos'è successo tra Jack e la madre di Liz! Devo dire a Lou che è stata bravissima, perché ha notato subito il particolare del Degas che avevo lasciato qualche capitolo fa :) <3
Liz passa un po' di tempo con suo padre ed è tutto bellissimo finché non capisce che Harry non si ricorda nulla di quello che è successo quando era ubriaco e non vuole parlare con lei. Il prossimo (che posterò venerdì) sarà l'ultimo capitolo di questa storia e finalmente scopriremo quale sarà la decisione di Liz. Voi cosa ne pensate? Non vedo l'ora di leggere le vostre idee <3
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e grazie per tutto, anche se in questo periodo sono un po' assente perché sto scrivendo una storia (di cui vi parlerò tra un po') e sono concentratissima perché devo finirla, leggo sempre tutto e apprezzo tantissimo. <3

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Alla prossima!
Un bacione
xx

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Capitolo 20
*** The Last Goodbye ***




Capitolo 20 – The Last Goodbye

Faticai a dormire quella notte, perché ero troppo agitata. Sapevo che avrei dovuto risolvere quella situazione una volta per tutte e sapevo anche cosa dovevo fare, dovevo solo riuscire ad addormentarmi, in modo che la mattina arrivasse più in fretta.
Decisi di cominciare la giornata facendo una delle cose che mi spaventavano di più, cioè chiamare mia madre. Mi sedetti sugli scalini all’ingresso della casa della mia confraternita e fissai il cellulare per qualche minuto prima di comporre il numero. Sentii un paio di squilli e poi la voce di mia madre.
“Elizabeth?” Mi domandò. Inspirai profondamente e mi resi conto di non avere la minima idea di quello che avrei potuto dirle.
“Ciao, mamma.” Risposi.
“Elizabeth, mi dispiace per la reazione che ho avuto quando ci siamo viste l’ultima volta. Non avrei mai dovuto alzare le mani.” Cominciò lei il discorso, sorprendendomi. “Ho parlato con Jack e so che è venuto da te.”
“Sì, mi ha spiegato tutto.” Mormorai.
“Mi dispiace di averti mentito per tutti questi anni, non volevo nemmeno ammetterlo con me stessa.”
Per un momento mi domandai se sarei mai riuscita a perdonarla per avermi tenuta lontana da un padre che mi avrebbe cresciuta con amore e che mi avrebbe permesso di avvicinarmi all’arte molto prima. Un padre che mi avrebbe supportata e mi avrebbe insegnato tantissime cose. Quella, però, era la conversazione più onesta che mia madre ed io avessimo mai avuto e sembrava che quella situazione ci stesse facendo avvicinare, quindi decisi di darle una possibilità.
“Jack mi ha raccontato com’eri quando vi siete incontrati.” Dissi. “Mi sarebbe piaciuto conoscerti quando eri più giovane.”
“Non so cosa sia successo che mi ha fatta cambiare così tanto. Credo che sia stata colpa della mia ambizione e di quella dei miei genitori. Da quando ero piccola mi hanno detto che sarei diventata una Vanderbilt e avrei fatto l’avvocato. Non volevo deluderli.” Spiegò la donna. Il suo tono di voce era diverso dal solito, non era freddo e distaccato, ma avrei potuto giurare che stesse piangendo.
“Mamma…” Dissi. Avrei voluto essere a casa, a New York, per abbracciarla. “Va tutto bene.”
“No, ho fatto gli stessi errori dei miei genitori con te. Ho cercato di farti diventare qualcosa che non sei e mi dispiace tanto.”
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma la richiusi immediatamente. Mia madre aveva appena ammesso di aver sbagliato a fare qualcosa? Pensavo che l’inferno si sarebbe ghiacciato prima che arrivasse quel giorno.
“Non è troppo tardi per rimediare.” Provai a dirle. “Alla fine dell’anno accademico parteciperò ad una mostra qui a Yale e ci saranno alcuni dei miei lavori esposti. Mi farebbe piacere se tu venissi.”
“Sarò lì, Liz.”
Liz. Anche mia madre, come Liam, non aveva mai usato un nomignolo per chiamarmi. Lei preferiva il nome intero, perché credeva che Elizabeth fosse più elegante e importante.
“Grazie.” Dissi.
“Ti prometto che cercherò di cambiare e di supportare le tue decisioni. Jack mi ha detto che sei bravissima e sono fiera di te. Sei stata forte e coraggiosa a decidere di cambiare facoltà e di seguire il tuo sogno.”
Chiusi gli occhi e li sentii gonfi di lacrime di gioia. Ero convinta che non sarei mai riuscita a recuperare il rapporto con mia madre, invece quella conversazione mi aveva dimostrato che era possibile. Sarebbe anche venuta a vedere la mostra d’arte di fine anno e magari avrei potuto mostrarle il campus come avevo fatto con Jack. Le avrei fatto vedere tutti gli edifici in cui facevo lezione, i posti in cui lavoravo e le avrei mostrato il mio portfolio con tutti i disegni e i quadri che avevo fatto durante l’anno.
“Grazie, mamma.” Ripetei.
“Ci vediamo presto, Liz.” Sorrisi e guardai il cielo che si stava riempiendo di nuvole.
“A presto.” Dissi e terminai la conversazione. Infilai il cellulare nella tasca della felpa e sospirai. La prima cosa da fare della giornata era andata. Avrei solo dovuto trovare il coraggio per fare le altre due.
 
Dovetti aspettare la fine delle lezioni mattutine per incontrare Liam e gli chiesi di vederci in privato. Non volevo far sapere a tutto il campus quello che dovevo dirgli.
“Ehi, Liz!” Mi salutò con un sorriso.
“Ciao, Liam.” Risposi. Ero agitata e non sapevo se avrei mai trovato il coraggio di fare quello che dovevo, ma speravo di sì.
“Come mai mi hai chiesto di incontrarci qui?” Mi domandò, guardandosi intorno. Eravamo su una panchina, lontani dalla parte più frequentata del campus.
“Devo parlarti.” Cominciai. Pensai che mi restavano circa venti secondi di coraggio, così decisi di continuare a parlare sperando che il ragazzo non mi interrompesse. “Tra di noi non funziona. Non può funzionare e non è perché, come credevo prima, non provo assolutamente niente per te. E’ perché provo qualcosa per qualcun altro.” Dissi.
“Immagino che sia quello con cui eri sulle scale la sera della Festa Formale.” Mormorò Liam, abbassando lo sguardo.
“Mi dispiace infinitamente. Non… non ho programmato questa cosa. E’ successo.”
“Non negherò che ci sono rimasto male e che speravo che volessi dirmi che volevi uscire ancora con me, ma mi sono accorto che non ti interessava il nostro appuntamento l’altra sera. Avevo immaginato che mi avresti detto una cosa del genere.”
“Mi dispiace davvero, Liam. Sei un bravo ragazzo.” Dissi. Lui sbuffò leggermente, ma non aggiunse una parola. “Mi dispiace.” Aggiunsi prima di alzarmi dalla panchina e allontanarmi. Mi tremavano le gambe per l’ansia e l’emozione. Mi sentivo finalmente libera dopo quel discorso con Liam, ma ero nervosa perché sapevo di dover parlare con Harry e non avevo idea di cosa mi aspettasse. Il vento soffiava gelido e stava iniziando a piovere, ma non mi importava. Volevo solo raggiungere la casa degli Zeta Psi per parlare con Harry.
 
La porta, come al solito, era aperta, così entrai nella casa della confraternita per cercare il ragazzo. Non lo trovai in camera sua e nemmeno in giardino o in nessun’altra delle stanze.
“Lou!” Esclamai quando trovai il presidente comodamente sdraiato su un divano che leggeva un libro.
“Liz! Risolto tu e Styles?” Mi domandò immediatamente.
“Non ancora, lo sto cercando per questo motivo.” Dissi.
“Non è qui. E’ uscito poco fa, dicendo che andava a fare una passeggiata.” Replicò Louis. “Ha detto qualcosa sull’andare ad osservare la pioggia o qualche stramberia del genere.” Aggiunse.
“L’ho visto andare verso l’edificio di Medicina.” Intervenne Zayn, che era entrato nella stanza da pochi minuti insieme a Niall.
“Sì, stavamo giocando a calcio da quelle parti e l’abbiamo visto.” Aggiunse il ragazzo biondo. Teneva ancora in mano il pallone e aveva le guance un po’ rosse perché aveva sudato. “Maledetta pioggia.” Imprecò poi, tirandosi giù il cappuccio e lanciando la palla giù dalle scale che portavano nel seminterrato.
“Grazie.” Dissi. C’era solo un posto in cui poteva essere andato: la serra. Corsi più veloce che potevo in quella direzione, incurante delle gocce di pioggia che mi colpivano e non mi fermai finché non raggiunsi il posto segreto di Harry, sperando di trovarlo lì.
Fuori dalla porta cercai di calmarmi un po’, respirando profondamente, ma il cuore cominciava a battere all’impazzata, sia per la corsa che per l’ansia, ed ero agitata. Sentivo le farfalle nello stomaco. Eccole, tutte le famose emozioni di cui parlavano nei film e nei libri. Erano quelle che stavo provando in quel momento, all’idea di parlare con Harry.
Aprii la porta e cominciai a camminare in mezzo ai fiori e le piante della serra. In quel momento non mi interessava cercare di capire che cosa coltivassero in quel posto. Potevano anche far crescere piante carnivore, non ero lì per quello.
Raggiunsi la fine della serra e vidi Harry seduto su una delle sedie pieghevoli che ascoltava la musica e guardava in alto la pioggia che si infrangeva sul tetto di vetro.
“Ehi.” Dissi per non spaventarlo. Sicuramente non aveva sentito i passi, ma magari avrebbe sentito la mia voce. Il ragazzo tolse immediatamente gli auricolari e si voltò a guardarmi. Non riuscivo a capire se la sua espressione era scocciata o sorpresa. Probabilmente scocciata, ma speravo di riuscire a fargli cambiare idea.
“Cosa fai qui?” Mi domandò senza salutarmi.
“Mi stai ignorando da quando abbiamo litigato e ho bisogno di parlarti.” Risposi, rendendomi conto che avevamo litigato esattamente il giorno in cui mi aveva portata nel suo posto segreto, la serra. Sarebbe stato bello se avessimo fatto pace lì.
“Ti ho detto tutto quello che dovevo dirti.” Disse Harry, alzando una mano come se volesse tenermi lontana.
“Ho detto a Liam che non ci vedremo più.” Replicai, sperando che almeno quello gli avrebbe fatto cambiare idea.
“Non avresti dovuto.” Disse Harry, abbassando lo sguardo. “Perché l’hai fatto?”
“Perché non riuscivo a sopportare l’idea che tu non mi parlassi più, perché…”
“Non è che riprenderò a parlarti magicamente, come se niente fosse mai successo, perché tu hai detto a Payne che non vi vedrete più.” Mi interruppe Harry.
“Fammi finire.”
“Lascia stare, non è il caso.” Disse il ragazzo.
“Harry, fammi finire!” Esclamai. “Stavo cercando di dirti che anche quando ero con lui continuavo a pensare a te!” Aggiunsi. Harry si bloccò e mi guardò per qualche secondo. Non disse nulla e non mosse un muscolo per un tempo che mi sembrò infinito, finché non sentii gli occhi lucidi e decisi che forse era il caso di uscire da quella serra per evitare di rendermi ancora più ridicola. Evidentemente avevo frainteso tutto e Harry non provava nulla per me.
Lentamente mi voltai ed uscii dalla serra. Cominciai a camminare verso la casa delle KAT, sentendomi a pezzi e con le lacrime che scorrevano sul viso e si mischiavano alla pioggia. Come avevo potuto pensare che Harry avrebbe cambiato idea solo perché avevo detto a Liam che non volevo più uscire con lui perché provavo sentimenti per qualcun altro?
Arrivai più o meno all’altezza dei campi da calcio dove stavano giocando Zayn e Niall prima che scoppiasse il temporale, quando sentii la sua voce.
“Delilah!” Esclamò. Mi fermai e mi voltai e Harry corse verso di me. Nessuno dei due aveva pensato a prendere un ombrello, quindi eravamo completamente bagnati dalla pioggia.
“Cosa c’è?” Domandai.
“Ho provato a convincermi che la cosa migliore da fare fosse quella di lasciarti andare perché ero sicuro che prima o poi ti avrei ferita in qualche modo. Non ho mai avuto una relazione seria prima d’ora e non so come ci si comporta, ma sono sicuro di una cosa. Sono innamorato di te, Delilah. Sono innamorato di te da quando ti ho vista con quella maglietta a Miami e non posso starti lontano per un altro secondo.” Disse.
Eravamo ancora distanti di qualche passo e decisi di avvicinarmi ulteriormente a lui perché anch’io non potevo stargli lontana ancora per molto. Ci avevo messo un bel po’ a rendermene conto, ma ero follemente, completamente innamorata di Harry Styles. Non avevo capito che provava dei sentimenti per me, forse perché ero troppo preoccupata dai miei stessi problemi o forse perché ero stata molto ingenua e avevo scambiato le attenzioni del ragazzo per amicizia. O forse ancora perché sapevo che mi piaceva e non volevo ammetterlo con me stessa perché avevo paura. Al contrario di quando frequentavo Liam, per Harry provavo qualcosa. Quel qualcosa che avrebbe potuto andare benissimo o malissimo e farmi soffrire.
“Pensavo di essermi immaginata tutto.” Dissi. Ormai eravamo vicinissimi e lui aveva circondato la mia vita con le sue braccia.
“No, il tuo discorso mi ha spiazzato, non ero pronto.” Replicò il ragazzo.
“Non so come sia successo, ma ti amo, Harry.” Dissi e cominciammo entrambi a ridere.
“E’ il mio fascino. Ero sicuro che non avresti potuto resistere ai due uccelli.”
“Stai zitto e baciami, Styles.” Dissi, smettendo di ridere. La pioggia, il vento e l’emozione di quel momento mi avevano fatta cominciare a tremare e non riuscivo più a smettere. Smisi solo quando Harry appoggiò le sue labbra sulle mie e mi sollevò leggermente da terra per darmi un bacio da film che non mi sarei mai più dimenticata.

 

The End
 



Siamo arrivati all'ultimo capitolo anche di questa storia! Ho amato scriverla e i personaggi mi mancheranno. Per il momento, anche se avevo detto il contrario, non ho in programma di scrivere il seguito perché trovo che si sia conclusa in modo perfetto così e non voglio rovinarla, forzando le cose. Ma ehi, mai dire mai, giusto? Liz trova finalmente il coraggio di risolvere con sua madre, di lasciare Liam una volta per tutte e di andare a cercare Harry. Dai, ditelo che siete rimaste in ansia fino all'ultimo perché credevate che lui non la volesse più! :D
Ogni volta che arriviamo alla fine sono felice, ma mi viene anche la malinconia, perché la storia finisce. Grazie a EFP (e anche questa storia) ho conosciuto delle persone magnifiche <3

Ci tengo a ringraziarvi tutti, uno per uno, per tutto quello che avete fatto. Non mi sarei mai aspettata di aprire EFP la mattina e trovare capitoli con sei recensioni! Siete adorabili e vi voglio bene <3 Anche tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. E anche chi l'ha letta in silenzio, grazie! Mi fate venire voglia di continuare a scrivere e a pubblicare costantemente!! <3 Spero che questa storia vi sia piaciuta e non vedo l'ora di leggere quello che avete pensato del finale!

Intanto vi posto il link alla mia nuova storia, Teenage Kicks (cliccate qui), perché se mi conoscete sapete che non vi lascio mai a bocca asciutta! Quindi se vi piace il mio modo di scrivere e avete voglia di leggere qualcosa di nuovo, ve la consiglio :)

Ecco i link alle mie pagine, se volete aggiornamenti sulle mie storie o se avete voglia di fare due chiacchiere: Pagina Facebook | Account personale Facebook | Twitter | Ask.fm


Spero di rivedervi nei commenti della mia nuova storia!
Un bacione
xx

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