Ex Novo

di IsaLim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



Sentì un rumore fortissimo. Si alzò di scatto. Era arrivata, sapeva che ormai era questione di poche ore, ed era arrivata. Si avvicinò alle sbarre della cella che ancora lo tenevano prigioniero. Sapeva che di li a poco sarebbe stato libero di nuovo, ma non sapeva cosa gli sarebbe aspettato. Vide che tutto intorno si copriva di nero, le due guardie caddero e sparirono, poi sentì le gambe non reggere più il suo peso, gli occhi chiudersi, il cuore fermarsi. L’ultima sensazione che provò fu quella di cadere, ma non toccare terra. Di sentire il vuoto, di non sentire più nulla.
 
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Aprì gli occhi, l’ultima cosa che ricordava era di essere andato a letto senza cena, per una risposta che aveva fatto infuriare la madre, di nuovo. Ricordava che era l’ultimo giorno di vacanza prima di ricominciare il liceo. L’ultimo anno di liceo. L’unica preoccupazione quel momento era quella di infilare qualcosa nello stomaco che continuava a brontolare e a lamentarsi.
Scese di corsa, prese un toast dal suo piatto e scappò, letteralmente scappò di casa. Non voleva affrontare sua madre di nuovo, sentirle ancora dire quanto non la considerava, quanto fosse freddo e insensibile nei suoi confronti, quanto fosse cambiato, quanto sembrasse suo padre. Sembrare suo padre? non lo era mai stato come suo padre e non lo sarebbe diventato mai.
 
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Doveva aspettare l’arrivo del pullman tra tutti quei ragazzi alla fermata. Tutti che si squadravano, che cercavano gli amici degli anni precedenti, le ragazzine che si abbracciavano come se non si vedessero da decenni. E a lui sembrava di non avere nessuno.
Una di loro lo guardava incessantemente, e di tanto in tanto si girava a ridacchiare con le amiche. Galline!
Ma che gli importava cosa avessero da dire di lui? Che gli importava della gente a lui?
 
Il pullman era quasi vuoto, solo due o tre ragazzi nei posti in fondo, uno dei quali alto, biondo, bello avrebbe fatto il capitano della squadra di baseball in un telefilm americano. Erano i posti per i super quelli in fondo, per quelli popolari, per quelli fighi, sicuramente. Posò la borsa in un sedile, si sistemò su quello accanto e accese l’Mp3.
 
Get it out get it out get it out
Get your fucking voice
Out of my head

I never wanted this
I never wanted any of this
I wish you were dead
I wish you …
 
Si tolse le cuffiette dalle orecchie per capire cosa dicesse la ragazza che era in piedi, che lo guardava in attesa di una risposta.
“come scusa?”
“…ho chiesto se è occupato…”
“oh no, scusami, siediti”
Le fece posto spostando la borsa, poggiandola a terra.
 
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Erano le 7 del pomeriggio, forse era il caso di rientrare a casa e affrontare il discorso con sua madre.
Chiuse la porta dietro di se, lanciò la borsa a terra e la vide corrergli incontro.
“dove sei stato tutto questo tempo? La scuola credo finisca per pranzo! Che incosciente che sei Rum! Ma credi che tua madre si meriti questo?”
“a letto senza cena?”
Non la guardò neanche in viso, perché non voleva assistere ad un altro piagnisteo, di fronte al quale non avrebbe saputo come comportarsi.
“No, ho preparato quello che ti piace. Vorrei passassi un po’ di tempo con me, mi raccontassi un po’ di come è andata”
Non disse nulla, si avvicinò al tavolo e si sedette.
“quindi? Cosa hai fatto? Hai conosciuto qualcuno? Ti sei fatto qualche amico?
Lo so che da quando ci siamo trasferiti non ti trovi molto a tuo agio, però devi capire, non potevo… Non potevamo rimanere con tuo padre”
Trasferiti… si, giusto, si erano trasferiti… ecco perché non conosceva nessuno, ma… l’aveva dimenticato?
“lo so mamma non preoccuparti, va tutto bene”
“non mi dici niente? Della scuola, com’è?”
“non lo so, ho girato poco, non ho conosciuto nessuno”
 
Il discorso si reggeva a malapena, solo grazie alle mille domande di sua madre, che un po’ lo avevano stufato, ma un po’ gli piaceva che si interessasse a lui, e che avesse dimenticato della sera prima, quando le aveva rinfacciato di non essere stata responsabile, e di averlo fatto crescere senza un padre perché non era stata abbastanza forte per tenersi suo marito accanto. No, lo sapeva, no che non l’aveva dimenticato.
E lui voleva chiederle scusa. Non pensava quello che le aveva detto.
Suo padre era un irresponsabile, un bastardo, un codardo.
 
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Dopo pochi giorni ci si aspetta di non aver ancora fatto amicizia con nessuno, almeno per un tipo come lui, eppure quel Jeff, arrivato il secondo giorno di scuola e piazzatosi nel banco vicino al suo, già gli aveva chiesto di uscire a fare un giro dopo scuola. Ben tre volte! Era bizzarro, quasi si vergognava andare per strada con lui. Anche solo per come si vestiva! Con tutti quei cappelli strani, ogni giorno uno diverso, presi ognuno in un posto diverso, ognuno con la sua storia diversa, che gli avrebbe sicuramente raccontato da un momento all’altro. Poi andava urlando cose alle ragazze, facendo anche ricadere la colpa su di lui. “devi svegliarti”. Lo ripeteva sempre.
“guarda quella li”
Indicava una ragazza castana, i capelli le arrivavano poco sotto le spalle, ma era girata, non le poteva vedere la faccia.
“cosa guardo? La schiena?”
“ma sei scemo?”
 
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 Salirono sul pullman del ritorno. Avevano trovato due posti per miracolo, ed in poco più di tre secondi si era riempito.
Jeff scese alla seconda fermata.
“ciao bro a domani! Ci sei si!? Non è che ti ritrovo all’ospedale con le vene ricucite!!”
“a domani”
gli fece l’occhiolino ed un sorriso e scese.
“scusa, posso?”
La ragazza del primo giorno, gli chiese di nuovo di sedersi accanto a lui. Questa volta l’aveva vista bene in viso. Aveva i capelli castani e ricci, che le arrivavano poco sotto le spalle. Che sia la stessa ragazza a cui Jeff aveva adocchiato il sedere?
“si si”
La gonna corta della divisa le mostrò le gambe quando si sedette. si doveva essere proprio lei.
L’amica mora le coprì con il suo fondoschiena. Fine dello spettacolo.
 
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Quella notte aveva sognato di dover pascolare il gregge al posto di suo padre, troppo ubriaco per farlo da per se.
Che sogni stupidi. Quando c’era di mezzo suo padre erano sempre stupidi. E inutili. L’unica cosa strana era che l’aveva chiamato “Rumpel”. Rum-pel? Pel cosa?
 
 
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SPAZIO AUTRICE:
OOOOOOOOOOk è solo la seconda fan fiction che scrivo… quindi come per la prima non aspettatevi troppo da me XD
Comunque spero che l’idea di una storybrooke “adolescente” vi piaccia =D mi è venuta in mente vedendo su tumblr dei disegni =D
Ora faccio alcuni piccolissimi chiarimenti per chi non avesse capito: Rum è Rumpel ovviamente, e si lo so la madre e il padre erano morti nella FTL quando regina aveva invocato la maledizione, ma qui siamo a storybrooke, frutto della magia ;D ma [piccolo spoiler] tutto è destinato a tornare quello che era U.U
SI, il ragazzo biondo che sta in fondo al pullman è Charming, e Jeff è Jefferson ovviamente XD vi sfido ad indovinare chi sia la ragazza castana [domanda da un milione di dollari]
FINITO, ma se ci sono cose che non vi tornano chiedete pure!!!
 
 scusatemi in anticipo per gli eventuali errori di scrittura o di lingua =D [scusatemi davvero, vivo in Italia 5 anni, ma non sono italiana]
[ah e scusatemi anche a coloro che seguivano “Time”, purtroppo è successo che sono stata fuori per molto tempo, senza possibilità di connettermi ad internet, nel frattempo avevo continuato un po’ quella storia, ma ovviamente, visto che mi vanno sempre tutte giuste, il computer in cui era salvata si è rotto e quindi oltre a quello che vedete qua su EFP, ora, esiste solo un mezzo capitolo in più… mi sono demoralizzata molto, però chissà magari un giorno mi riprende la voglia di continuarla, per questo non la cancello =D]

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Quella mattina passata nell’ufficio della preside solo perché aveva “insultato” la figlia del sindaco non gli andava proprio giù. Sarebbe dovuto andare in biblioteca appena finite le lezioni, con Jeff, non che gli importava di saltare un’ora di studio collettivo, ma perché in biblioteca c’era quella ragazza della 4° B che continuava a chiedere di sedersi accanto a lui sul pullman. Ma che ancora non gli aveva rivolto la parola.
Proprio la figlia del sindaco doveva avere in classe! Una strega oltre tutto, con quei capelli neri e gli occhiali da sofisticata. Pure Regina l’avevano chiamata, così che si montasse la testa già a due mesi!
 
Abbozzò la ramanzina a testa bassa e con un “mi scusi non sapevo fosse la figlia del sindaco” si dileguò da quell’ufficio per correre da Jeff, sperando non se ne fosse già andato… andatA…
“guarda che non puoi entrare perché ora la chiudiamo, torna dopo le 2”
“la biblioteca della scuola chiude?”
“si ragazzo, chiude per due ore, ancora non l’hai capito?! il tuo amico ti ha aspettato fin’ora, ma se n’è andato, se ti sbrighi…”
“si si va bene”
Stupido bidello.
Girandosi di scatto per andarsene prese una capocciata sul naso.
“oh scusa”
“oddio scusami! Ti ho fatto male?”
La guardò senza rispondere, era lei. Avrà pure pensato fosse stupido, non le aveva risposto, si era limitato a seguirla con lo sguardo, mentre saliva l’ultimo gradino a testa bassa per poi chiedere al bidello se le avesse potuto aprire la biblioteca perché aveva dimenticato li la sua borsa.
Che idiota.
Mise le cuffiette, scese le scale ed uscì dalla scuola. Doveva pure tornare a piedi che seccatura.
 
 
“HEY!!!

… scusa ma sei sordo?”
“eh?”
Non era sordo, certo l’aveva sentita.
“forse dovresti tenere la musica più bassa…”
Non rispose, non sapeva cosa rispondere, perché stesse parlando con lui. Seguitò a camminare, con lei che lo seguiva.
“non ci sono pullman a quest’ora, non dovresti offrirti per accompagnarmi a casa?”
“dovrei?”
“bhè si… abito solo una fermata prima la tua… so che lo sai…”
“allora ti accompagno”
Fece un piccolo sorriso
“wow, grazie!
Sono Isabella comunque…”
 Gli sorrise di nuovo, porse la mano e lo guardò, aspettando una qualche risposta. Poi gli prese la mano.
“piacere… ???”
“Rum”
“Rum!! hai un nome anche tu allora!”
Questa volta fu lui a sorriderle, un po’ per l’imbarazzo e la timidezza, un po’ perché l’aveva colto di sorpresa, non pensava fosse così estroversa. Anzi credeva fosse simile a lui, un po’ solitaria, un po’ problematica, per questo probabilmente aveva subito catturato la sua attenzione.
“perché sei rimasto a scuola per così tanto tempo? Non sei venuto in biblioteca”
Aveva notato che andava sempre in biblioteca! Forse aveva notato anche che la guardava non poco spesso mentre era li…
“sono stato dalla preside”
“la preside!!? Cosa hai combinato?”
Il tono scherzoso che aveva lo mise a suo agio. Sembrava fossero anni che si conoscevano.
“ho detto a Regina che doveva smetterla di fare la zoccola con i prof”
Ne seguì una risata forte e sincera, che lo sorprese, ma che lo mise di buon umore.
“davvero? Ahah ma come ti è venuto in mente? Sai quella com’è fatta!”
“si ma se lo meritava”
“ahah già, ne sono sicura!”
 
Si era accorto che avevano già superato da un po’ la fermata di Isabella, quando gli avrebbe detto di essere arrivata a casa?
“ma dov’è che abiti? la tua fermata l’abbiamo superata da un pezzo…”
“poco più giù…”
“ah”
“cosa c’è? Vuoi proseguire da solo?”
“NO NO! Mi chiedevo solo se ti fossi dimenticata”
La vide sorridere ancora.
“ecco, sono arrivata, se ti interessa saperlo è quella casa giallina, li…”
“…”
“… Devo andare mio padre mi starà aspettando per il pranzo…”
“si”
Si era anche dimenticato di avvertire sua madre del ritardo… bene gli sarebbe aspettata la solita ramanzina…
“sai se ti va ogni tanto possiamo fare qualche passeggiata… come oggi”
Ora sembrava timida, non aveva alzato lo sguardo a cercare il suo, non prima di aver finito la frase per lo meno. Poi lo guardò aspettando la sua risposta.
Fece solo un minuscolo cenno con la testa per dire si.
“solo se ti va, ovvio!”
“SI! … si, certo, a domani!”
“a domani”
 
---
 
Entrò in casa con un sorriso ebete stampato in viso
“non preoccuparti se arrivi tardi, non avvisare tua madre! tanto il pranzo lo preparo solo per me”
Il solito tono sarcastico e da vittima. Se l’aspettava.
“scusami non ci ho pensato, stavo dalla preside”
“dalla preside? Ed entri con quel sorriso stupido in faccia?”
“non è successo niente, tranquilla”
“vabè, siediti, la pasta la mangi fredda”
Che seccatura.
“allora cos’è che ti faceva tanto ridere?”
“non stavo ridendo”
“va bene, ok, non dirmelo. Dopo ricordati di chiamare quel tuo amico, che ti ha cercato poco fa”
“no, tanto dopo esco a fare un giro con lui”
“fai un po’ come ti pare”
 
Sapeva di aver fatto girare le scatole a sua madre un’altra volta, ma non poteva essere altro che felice, e non vedeva l’ora di vedere la faccia di Jeff quando gli avrebbe raccontato che “la ragazza con il bel sedere” gli aveva chiesto di uscire. E ora aveva perfino un nome. Finì il pranzo al volo e corse verso la porta.
“grazie mille mamma”
Notò lo stupore sul viso della madre dopo quella risposta, dovuto forse per il tono stupido e scherzoso che gli aveva dato, o forse dal fatto che era la prima volta dopo essersi trasferiti che scherzava con lei. Impagabile il sorriso che gli fece. Aveva dimenticato quanto gli piacesse il sorriso di sua madre, raro e sincero.
 
---
 
 Aspettava Jeff appoggiato sul muro fuori casa sua. Doveva prepararsi, peggio di una donna. La bella giornata che era fino a pochi minuti prima si stava coprendo di nuvole e aveva paura avrebbe iniziato a piovere da un momento all’altro e non sarebbero potuti andare al giardino come al solito, sdraiarsi sul prato e parlare. Questa volta lui aveva qualcosa da raccontare. Qualcosa che l’avrebbe lasciato a bocca aperta.
Sentì il portone chiudersi. Finalmente!
“Finito di truccarti?”
“hey stavo mettendo a posto la camera, se no poi a mia madre te la sopportavi te, e poi cos’è tutta questa simpatia!”
Probabilmente aveva speso più tempo a scegliere il cappello che a riordinare la camera.
 
Avevano malapena fatto quattro passi che Jeff aveva già attaccato con la sua parlantina, gli disse di quanto avesse fatto la grossa Regina perché l’aveva spedito in presidenza, disse quello che avevano studiato in biblioteca, disse che  “la ragazza col bel sedere” era anche oggi li in biblioteca.
 “l’ho accompagnata a casa”
Gli pesarono quei pochi secondi di silenzio che seguirono, non ci era abituato, non con Jeff… che per la prima volta se ne stava li a guardarlo incredulo.
“cosa?”
“l’ho…”
“L’HAI ACCOMPAGNATA A CASA?”
“si”
“Ma scherzi?”
“no, quando sono uscito l’ho incontrata che rientrava in biblioteca a prendere la borsa, poi mi ha chiesto di tornare a casa con lei”
“non ci credo! e che vi siete detti nel tragitto!?
“niente di che.. mi ha detto che si chiama Isabella, che odia Regina e che vorrebbe uscire ancora”
“’NIENTE DI CHEEE’? Ti ha chiesto di uscire ancora!! Svegliati Rum!!”
“LO SO, lo so!!”
Jeff rideva e gli dava gli spintoni e i pugni sulle spalle. Era il modo per fargli capire che era felice per lui e forse per svegliarlo un po’.
Aveva iniziato a piovere. E pure di brutto!
Dopo un po’ di tempo passato al bar tornarono a casa.
 
---
 
Passò avanti casa di Isabella nella strada verso casa, sperava di poterla vedere, di poterla salutare. Ora si rimproverava di non averle chiesto il numero di telefono, le avrebbe potuto mandare un messaggio, sapere cosa faceva, mettersi d’accordo per uscire. Intanto si era bagnato tutto. In effetti era meglio se non lo vedesse in quello stato bagnato fradicio. Si sbrigò ad andarsene da li.
 
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Arrivato a casa vide una macchina parcheggiata avanti l’entrata. Era la sua macchina. Sarebbe voluto rimanere li fuori ad aspettare che se ne andasse, non voleva vederlo, non l’avrebbe voluto rivedere mai più! ma poi pensava a sua madre, non poteva lasciarla da sola con lui.
Aprì la porta, li sentiva parlare nell’altra stanza. Sentiva sua madre che diceva che andava tutto bene, che anche lui si trovava bene a scuola, che aveva perfino stretto già amicizia con un ragazzo della sua classe.
Perché gli diceva queste cose? Non se lo meritava di sapere della sua vita. Sperava che sua madre gli voleva solo far capire come stavano bene senza di lui. Che era tornato a fare?
 
Sembravano non essersi accorti che fosse entrato in casa, almeno fino a che non cadde il giubbetto che aveva appoggiato sul termosifone per farlo asciugare. Il rumore attirò l’attenzione del padre.
“Rum!”
“…”
“cos’hai fatto sei tutto bagnato!”
“piove”
Arrivò anche la madre con un asciugamano, sapeva che non aveva preso l’ombrello, sapeva che sarebbe tornato a casa fradicio. Glielo strofinò in testa per asciugargli i capelli.
“non muoverti da li che mi sgoccioli per tutta casa”
“che è venuto a fare?”
Lo disse ad alta voce, così che potesse sentirlo, senza doversi per forza rivolgersi a lui. Non voleva parlare a suo padre, non lo voleva guardare in faccia, non voleva che fosse li. Sua madre non rispose, andò a prendergli le ciabatte in silenzio, con il viso cupo.
Sentiva il peso dello sguardo di suo padre, stupito da quella domanda così fredda.
“sei proprio cambiato”
“no, è che ora mi rendo conto di quello che sei”
Mise le ciabatte e andò in camera a cambiarsi. Salì le scale, solo a metà, per poter ascoltare cosa diceva sua madre.
“ha ragione…”
“eh?”
“cosa sei venuto a fare?”
Seguì il rumore della porta che sbatteva pesantemente. Se n’era andato di nuovo, sperava per sempre questa volta.
Scese le scale in silenzio. Sua madre era rimasta li, immobile, avanti la porta.
“svegliati mamma! Sei stata grande!!”
Non disse niente, si avvicinò e la abbracciò.
 
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SPAZIO AUTRICE:
Finito il secondo capitolo =D non vi abituate troppo alla velocità, per il terzo ci vorrà un pochino di più xD
Mmmmm non credo di avere niente da dire, solo GRAZIE MILLE A TUTTI per il vostro tempo =D spero che vi piaccia! E grazie millissime a chiunque ha recensito e a chiunque recensirà ;D vi adoro, siete l’ispirazione per continuare =D
Credo che l’unico chiarimento che devo fare sia sull’identità di Isabella! Ovviamente è Belle =D AH e dal primo capitolo a questo sono passati più o meno due mesetti =D
Un bacio a tutti!!

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