P a s t L e g a c y : H P 7

di Kaho
(/viewuser.php?uid=2797)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La reietta ***
Capitolo 3: *** Matrimonio alla Tana ***
Capitolo 4: *** Godric's Hollow ***
Capitolo 5: *** Attentato al Parlamento ***
Capitolo 6: *** Incursione a Hogwarts ***
Capitolo 7: *** La Scarcerazione ***
Capitolo 8: *** Il Tacto Facti delle Fondatrici ***
Capitolo 9: *** Gli Eredi dei Fondatori? ***
Capitolo 10: *** Anima e Spirito ***
Capitolo 11: *** L'Ultimo Natale di Hogwarts ***
Capitolo 12: *** Lo PseudoProfeta ***
Capitolo 13: *** L'Ultimo dei Black ***
Capitolo 14: *** Un Vero Grifondoro ***
Capitolo 15: *** Prima dell'Ultima Battaglia ***
Capitolo 16: *** L'Ultima Battaglia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla scrittrice J

Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla scrittrice J.K. Rowling, all’editore inglese Bloomsbury, alla Warner Bros…

 

Note di scrittura:

 

aaaaa à narrazione (3^ persona, narratore onnisciente)

“…” à discorso diretto

aaaaa à pensieri (incantesimi,  parole straniere, parole enfatizzate)
*^*^*^ à cambio di luogo

*** à salto di tempo, stesso luogo

≈≈≈ nome ≈≈≈ à inizio del P.O.V. (Point Of View); narrazione in 1^ persona; riflessioni

≈*≈*≈ à fine del P.O.V.

[quanto tempo fa] à inizio del Flash Back

[+*+*+] à fine del Flash Back

=*=*=*= à fine del capitolo

 

 

Progetto “Past Legacy” di Samy_chan&Kaho_chan

 

In fervida attesa di “Harry Potter 7 by J.K. Rowling” vi proponiamo questa allettante alternativa, che speriamo possa riscuotere successo.

Il Progetto “Past Legacy” consiste nello sviluppare una Trilogia di cui la prima parte

(P a s t  L e g a c y :  H P 7) è un ipotetico settimo libro con un’avvincente se non intricatissima trama, che però ha un senso (come tutte le trame di Harry Potter), nessun personaggio verrà trascurato nella complessità psicologica, in particolar modo alcuni beniamini delle scrittrici.

La seconda parte (P a s t  L e g a c y :  Post War) è più un intermezzo che spiega l’evolversi della società magica e babbana dopo la Seconda Guerra Magica dedicata in gran parte agli ingaboli romantici di alcune famigerate coppie di maghi e streghe; non possono mancare i matrimoni dei nostri vecchi eroi e le nascite dei nostri nuovi eroi: i Talenti. In sostanza è un lungo epilogo di P a s t  L e g a c y :  H P 7  e un lungo prologo di P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine.

Dopo aver guardato tutte le stagioni di X-Files mi è venuto il pallino del complotto e ho invitato Kaho, costretta in realtà, a dedicare una parte della Trilogia alle associazioni segrete e ai complotti governativi… ne segue la prima parte di P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine (L’epoca dei Talenti). In breve è il racconto dei Talenti, giovani maghi particolarmente dotati tra cui vi sono i figli di nostre vecchie conoscenze, che intraprendono una missione pacifica a spasso nel tempo per ristabilire le drammatiche ripercussioni che ha avuto la magia oscura in quegli anni. I viaggi nel tempo non vincolati al futuro, possibili solo grazie ad un Master of Tempus, porteranno il gruppo di ragazzi a faccia a faccia coi loro genitori da giovani in imbarazzanti incontri che culmineranno con emozionanti rivelazioni e altro ancora… poi ancora indietro fino al tempo in cui Hogwarts era governata dalla mano despota dei Malandrini… poi ancora indietro sino all’adolescenza mal vissuta dell’irriverente e ambizioso Tom Riddle… poi sempre più indietro fino a giungere all’epoca dei Fondatori di Hogwarts, in un’Inghilterra stile “I Pilastri della Terra” di Ken Follett, dove maghi e streghe sono considerati il demonio sceso in terra… e poi un brusco balzo in avanti, alla fine della prima parte della Trilogia  P a s t  L e g a c y :  H P 7 : i Talenti rivivranno il dramma della Seconda Guerra Magica aiutati da un alleato inimmaginabile.

 

Avvertenze: le scrittrici si dimostreranno un tantino imparziali nella stesura dei capitoli; noterete infatti che Samy e Kaho (parliamo di noi in terza persona, siamo pazze ^__^) prediligono alcuni personaggi (e chi non lo fa?) e ne odiano altri (ex.: Severus Piton… abbiamo tentato di scavare a fondo nella testa di Piton concludendo che la sua è stata una vita travagliata con un passato oscuro e deprecabile, ma resta comunque una vittima colpevole, molto colpevole).

 

 

P a s t  L e g a c y :  H P 7

 

Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.

 

Personaggi: un po’ tutti, Harry/Ginny, Hermione/Ron, Draco Malfoy, Nuovo Personaggio

Genere: Avventura, Azione, Romantico

Raiting: NC-13

Avvertenze: Spoiler del 6° libro

 

 

P a s t  L e g a c y :  Post War

 

 

P a s t  L e g a c y :  Over TimeLine

 

Parte I: L’epoca dei Talenti

Parte II: Reborn

Parte III: Marauder’s Time

Parte IV: Quite a Dark Lord

Parte V: L’epoca dei Fondatori

Parte VI: Two Times Second War

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

 

Prologo

 

Quando Draco riprese i sensi, stava ancora stringendo freneticamente la bacchetta che una settimana prima si era rifiutata di assassinare il suo preside... ex preside. Era disteso accanto al fuoco che brillava intensamente scaldandogli la tunica intrisa di sudore freddo; la cravatta, una volta impeccabile e pulita, ora era incrostata di terra e fango. Sopra il suo corpo ancora tremante e sconvolto era lievemente poggiato il mantello con lo stemma dei Serpeverde.

 

A qualche passo da lui, sull’imboccatura della caverna, stava ritta una figura oscura: era un uomo magro e ossuto con un prominente naso adunco che spiccava in profilo; la pelle giallastra e smunta rifletteva la luce della luna piena che brillava in un cielo notturno particolarmente tetro. La figura si voltò come al rallentatore agitando nel vento i capelli pece e puntando i suoi occhi nero inchiostro in un’accoppiata grigia chiara, piena di timore “Non preoccuparti” mormorò l’uomo “Ho perlustrato la zona e non ci sono tracce di Auror. Questa notte partiremo per raggiungere il covo del Signore Oscuro, sempre che nessuno ci stia pedinando…” e riprese a fissare con intensità il buio impenetrabile della notte.

 

“Finalmente” esultò Draco tuttavia rimanendo cupo “Non ne potevo più di girovagare per l’Inghilterra ridotto in queste condizioni. Questo aspetto scialbo non si addice ad un Malfoy.”

 

Severus Piton restò ritto e immobile “Farai meglio a non curarti di queste cose. Non ti voglio scoraggiare ma dubito che in mezzo ai Mangiamorte riceverai tributi da re.”

 

Draco si agitò sul pavimento della caverna “Per quale motivo?” domandò con euforia “Non è forse merito mio se ora Silente è morto?”

 

“Errato o almeno parzialmente sbagliato” disse Piton flebile “Io ho ucciso Silente tu ti sei limitato ad intrappolarlo.”

 

Il viso del ragazzo si contorse indignato “Limitato ad intrappolarlo? Ma si rende conto di ciò che sta dicendo? Non ha idea di quanti e quali salti mortali abbia dovuto fare per intrappolarlo!” si alzò in piedi strepitando contro l’uomo, poi le sue labbra si abbandonarono ad una smorfia ironica “Ma perché mi sorprendo. Lo sapevo che TU alla fine avresti vinto… falso e infido, per questo sei il suo Mangiamorte preferito.”

 

“Gradirei che mi prestassi un po’ più di rispetto, Draco” lo ammonì Piton con voce incolore.

 

Draco si concesse una risata impertinente “Perché dovrei farlo? Tu non sei più il mio professore.”

 

Piton rimase impassibile a contemplare l’oscurità notturna “Non parlo in nome di professore, ma in qualità del Mangiamorte più potente di tutti o il favorito del Signore Oscuro, come preferisci…”

 

“Se mia madre non l’avesse costretta a fare il Voto Infrangibile scommetto che in questo momento sarei sul fondo di un fosso” lo accusò il ragazzo digrignando i denti.

 

Severus fece un sospiro scocciato “Non parlare a vanvera, sei stanco e affaticato, non è il caso che ti agiti con tutte queste ciance.”

 

“Certo che lei è davvero incredibile!” esclamò Draco “E non le permetto di darmi degli ordini, io sono l’ultimo dei Malfoy e ho avuto successo in una missione che neanche il Signore Oscuro è risuscito a compiere, quindi anche lei mi deve rispetto.”

 

“Frena la lingua, Draco” mugugnò Piton “Ti ho già spiegato: non hai portato a termine la missione, tu non hai ucciso Silente.”

 

“La prossima volta ce la farò, ad uccidere una persona” tentò di giustificarsi Draco, tuttavia incerto delle parole che pronunciava “Ma ho comunque svolto un lavoro impeccabile che ha contribuito alla sua morte, ci sarà una ricompensa per me.”

 

“Certo che c’è” ghignò Piton, poi i lineamenti del suo volto si allentarono “No. Scusami, Draco. Avrei dovuto dirtelo da un po’, ma non ne ho avuto il cuore visto come eri ridotto dopo la fuga da Hogwarts” il ragazzo lo fissò con occhi impazienti “Io conosco bene  il Signore Oscuro” continuò Piton “E’ probabile che decida di punirti perché non gli hai ubbidito.”

 

Il ragazzo soffocò a stento un urlo “Che cosa!?”

 

Piton permise ad un vago sentore di compassione di intaccare il suo volto austero “Gli hai disobbedito, non hai ucciso Silente anche se ne avevi l’occasione. Per lui non conta il resto, ciò che importa al Signore Oscuro e che non hai eseguito i suoi ordini alla lettera.”

 

Draco aprì la bocca come per protestare ma, rassegnato dal volere del Signore Oscuro, nascose il viso tra le mani “Non è possibile, dopo tutto quello che ho fatto e che ho rischiato…”

 

“Vuoi tirarti indietro?” disse Piton impassibile “Fallo e lui non esiterà ad ucciderti, ma sei un pesce piccolo quindi si limiterà a commissionare il tuo assassinio a qualche Mangiamorte.”

 

“E i Mangiamorte lo faranno? Anche se sono il figlio del loro compagno” chiese Draco con voce tremante.

 

“Senza esitazione” rispose secco Piton “Da quando tuo padre si è fatto catturare dall’Ordine della Fenice e ha perso la profezia la stima che i Mangiamorte avevano nei suoi confronti è crollata vertiginosamente; direi che ora quasi lo disprezzano, disprezzano lui e tutta la sua progenie, tutta la famiglia. Il Signore Oscuro si è infuriato molto saputa la perdita della profezia e siccome tuo padre era già stato portato ad Azkaban con altri si è dovuto sfogare sui Mangiamorte presenti e, credimi, non è stato per niente magnanimo, pur sapendo che non avevano alcuna colpa per il fallimento del piano affidato a tuo padre.”

 

“Quindi non posso aspettarmi pietà da loro, né rispetto” mormorò Draco desolato.

 

“Esatto, e stai bene attento” lo avvertì Piton “da quando sono stati torturati in vece di tuo padre non vedono l’ora di avere sotto le mani un Malfoy per rendergli il favore.”

 

Il volto del ragazzo si incupì e si lasciò sfuggire dalle labbra una risata straordinariamente triste “Quindi, dopo una settimana di vagabondaggio, mi aspetta tortura e tirannia nel covo del Signore Oscuro? E’ così?”

 

“Sì” assentì Piton, sinceramente dispiaciuto per il ragazzo “Mi dispiace molto Draco, ma non devi pensare di abbandonare il Signore Oscuro o verrai sicuramente ucciso, mi hai capito bene?”

 

Il ragazzo fece un sospiro amareggiato “Anche lei mi ucciderebbe se glielo ordinasse il Signore Oscuro?”

 

“Ho giurato a tua madre di proteggerti…” disse Piton esitante.

 

“Lasci perdere il Voto Infrangibile, e se non fosse sotto l’influsso di quell’incantesimo, mi ucciderebbe?” domandò con insistenza Draco.

 

Le labbra di Piton non si mossero e l’uomo riprese a fissare la notte “Questo è il momento più buio della notte” mormorò “è arrivato il momento di raggiungere il covo oscuro; alzati in piedi e seguimi, bacchetta alla mano.”

 

Draco si alzò a fatica con le gambe che gli tremavano per l’assopimento “Non hai finto in tutto per questi ultimi sette anni, almeno non come mio padrino… lo spero” biascicò lui seguendo fiduciosamente il suo ex-professore di Pozioni.


Piton avanzava veloce, con testa e collo protesi in avanti, servendosi sovente della bacchetta per vagliare con più attenzione la strada davanti a lui. Era molto difficile per Draco seguirlo a passo spedito dato che tutte le articolazione gli dolevano, ma Piton sembrava non avere intenzione di abbandonarlo e, se vedeva che era rimasto indietro, si fermava pazientemente per aspettarlo.

 

“Manca poco, non ti preoccupare” esordì Piton all’improvviso “Si può giungere al covo del Signore Oscuro solo smaterializzandosi da un punto ben preciso: si chiama canale di fuga; c’è n’è uno anche a Hogwarts, sai? Ma non ho mai capito dove fosse il punto esterno, Silente non me l’ha mai voluto dire. Almeno in questo è stato provvidente” ghignò infine Piton.

 

Draco aveva notato una cosa: il carattere solitamente freddo e distaccato di Piton mutava in adirato e quasi rabbioso quando parlava di Silente; per quale motivo? Lo aveva ucciso tradendo la sua fiducia, caso mai avrebbe dovuto essere minimamente dispiaciuto, e non provare rancore verso quell’uomo che lo aveva protetto fidandosi ciecamente di lui.

 

“Ecco” disse Piton “C’è un sentiero che scende fino ad una piccola grotta scavata sotto terra; è là in fondo che dobbiamo andare. Seguimi, Draco.”

 

Un terribile fetore giungeva dall’apertura nella roccia che additava Piton; c’era odore di morto.

 

“Laggiù ci sono degli Inferi, ma non devi temere Draco; non attaccano coloro che portano il marchio oscuro.”

 

L’uomo fece strada e Draco lo seguì tuffandosi nel buio. L’apertura era stretta e oscura ed entrambi dovettero ricorrere al Lumos per capire dove mettere i piedi. Scesero di qualche metro e toccarono il fondo della caverna, dove scorreva dell’acqua salmastra.

 

Piton si girò brevemente verso il ragazzo che sguazzava nell’acqua del torrente poco profondo “Se senti qualcosa che ti batte contro le gambe non avere paura; sono gli Inferi. Ma come ho detto prima non ti attaccheranno. Ora vieni e stammi vicino, questo posto è un labirinto.”

 

Draco riuscì ad accennare col capo e proseguì tenendosi a lievissima distanza da Piton. Avanzarono a lungo a tentoni nella lunga gola sinuosa, e alle gambe stanche di Draco sembrò durare un’eternità. Piton intraprese complicate svolte a destra e a sinistra, mentre, dietro di lui, Draco tentava di schivare qualsiasi cosa vedesse nell’acqua, sperando di non essere nemmeno lontanamente sfiorato da un Inferus. Man mano che procedevano il canale si faceva più ampio e meno profondo e il livello dell’acqua si abbassava gradualmente..

 

“Ci siamo quasi, qualche deviazione e ci siamo” ansimò Piton mentre arrancava nell’acqua

 

D’un tratto una figura biancastra si delineò sul fondo poco profondo del fiume: era un Inferus e puntava inesorabile verso di loro.

 

Il ragazzo si fece prendere dal panico agitando la bacchetta contro l’Inferus “Aveva detto che non ci avrebbero attaccati!” sbraitò contro Piton.

“Infatti” fece freddamente l’uomo “Probabilmente non siamo soli.”

 

E, confermando le aspettative di Piton, l’Inferus li oltrepassò sfiorandoli appena con enorme disgusto di Draco e puntò verso qualcosa di indefinito che sostava dietro di loro. Ci furono delle urla d’uomo, delle scintille di bacchetta e una voce che gridava: “Ritirata! Torneremo con dei rinforzi!”

“No che non lo farete” sibilò Piton spingendo Draco a retrocedere verso gli urli “Muoviti, Draco! Non possiamo permettere che quelli rivelino l’ubicazione dell’accesso al covo oscuro. Dobbiamo eliminarli e finalmente mi proverai se quello che hai detto corrisponde a verità: sarai in grado di ucciderli.”

 

Draco avanzò esitante spintonato dall’uomo dietro di lui. Dopo interminabili attimi riuscirono a raggiungere l’apertura nella roccia e ad uscire. In lontananza spiccava solo la figura pallida della luna piena, non c’era traccia di uomini.

 

“Perfetto!” esordì Piron ironico “Sono fuggiti. Ora come faremo a riprenderli, me lo vuoi dire Draco?”

 

Il ragazzo distolse lo sguardo da quello di Piton; detestava ricevere dei rimproveri. Ma non poteva negare la soddisfazione che aveva provato nel vedere la piana attorno a loro completamente deserta; non si sentiva ancora pronto per uccidere qualcuno.

 

Ma quando Piton stava ancora fissando con aria di rimprovero il ragazzo, la stessa voce che poco prima aveva gridato nella caverna, strillò: “Attaccateli! Sono dei Mangiamorte!” E, comparsi dal nulla, cinque Auror si materializzarono attorno a loro, imprigionandoli in un cerchio. I raggi scaturiti dalle bacchette viaggiarono verso di loro e Piton fece appena in tempo a scansare Draco evitando che uno Stupeficium lo colpisse in pieno.

 

Severus Piton si guardò attorno valutando le probabilità di fuga da quell’imboscata “Dobbiamo combattere!” strepitò “Non sono dell’Ordine della Fenice, sono dei tirapiedi del Ministero, ma sarà comunque difficile sconfiggerli: siamo due contro cinque.”

 

Draco estrasse prontamente la bacchetta; era determinato a non farsi catturare: non potevano mettere un altro Malfoy dietro le sbarre! A quel pensiero l’immagine di suo padre immerso nella desolazione di Azkaban, reso vile e miserabile dalla prigionia gli fece stringere il cuore in una morsa di dolore e allentare la presa sulla bacchetta.

 

“Coraggio Draco!” lo esortò Piton “Devi ucciderli! Uccidili! Uccidili!”

 

Quelle parole gli rimbombavano nella testa; fastidiose. Avada Kedavra; doveva solo pronunciare quelle due, misere parole, sillabarle, ma, niente… non ci riuscì. La pietà e quel briciolo d’innocenza che gli restavano gli ostruivano la gola e gli facevano tremare il braccio, incontrollabile.

 

L’Auror di fronte a lui colse l’opportunità e “Stupeficium!” gridò.

 

Draco venne sollevato da terra con una forza immane e scaraventato contro le asperità della viva roccia. Un dolore allucinante gli avviluppò la schiena mentre vide l’Auror avvicinarsi sorridendo. Piton era impegnato nella battaglia contro gli alti quattro; la sua superiorità di combattente presa singolarmente era indiscutibile, ma ora che ne doveva affrontare quattro, per quanto incapaci fossero, lo scontro lo teneva ben occupato; non aveva tempo per salvarlo. Doveva salvarsi da solo.

 

Puntò la bacchetta contro l’Auror e riuscì a biascicare sommessamente un “Avad…” ma l’esitazione lo vinse e l’Auror diede un calcio alla bacchetta che volò lontano.

 

Un altro Auror riuscì a liberarsi dallo scontro contro Piton e fu al fianco dell’altro in un batter d’occhio “Cha facciamo?” chiese questo “Quanti anni pensi che abbia? Non ti sembra un po’ troppo giovane per essere un Mangiamorte?” L’altro rispose: “E’ sicuramente un Mangiamorte. Guarda, ha la divisa di Hogwarts, scommetto che è quel Serpeverde che ha complottato l’assassinio di Albus Silente: è Draco Malfoy.”

 

Il ragazzo sussultò: dunque tutti conoscevano le sue colpe, sapevano che era stato lui a ordire il piano per uccidere Silente. La minima intenzione che aveva avuto prima di abbandonare i Mangiamorte e le schiere del Signore Oscuro scomparve all’istante. Ora era marchiato a vita come un Mangiamorte assassino, nessuno mai l’avrebbe voluto dall’altra parte; ora poteva augurarsi solo la vittoria del Signore Oscuro.

 

“Uccidiamolo” disse crudele un degli Auror “Non possiamo permettere che un criminale del genere marci a piede libero; questi sono gli ordini del Ministro: tutti coloro che si scoprono in combutta col Signore Oscuro vanno uccisi” ed estrasse dalla tunica un lungo pugnale affilato “E visto che non possiamo usare una Maledizione Senza Perdona saremo costretti a far ricorso a mezzi più babbani.”

 

Draco indietreggiò inutilmente; era bloccato contro la parete della caverna, l’apertura era molto distante da loro, non poteva usarla come rifugio.

 

Vide l’Auror sollevare il braccio stringendo convulsamente il pugnale; un ghigno gli contorceva il viso. Allora i mostri non sono solo dalla nostra parte. Pensò Draco mentre fissava distrattamente e malinconico il marchio oscuro impresso a fuoco sul suo braccio. Che ridicolo per me, l’ultimo dei Malfoy, morire in questo modo, così miseramente; ma perché sto per morire? Non lo so più nemmeno io… forse per qualcosa che mi hanno inculcato nella testa da piccolo, ma è stato mio padre a farlo, e così suo padre… speravo di poterlo fare anch’io con mio figlio, ma quella stessa idea ora mi condanna alla più deplorevoli della morti, assassinato da un’arma babbana. Ma che mi importa ormai? Avrò la fortuna di non vedere questa schifosa guerra distruggere tutto. Pace all’ultimo dei Malfoy.

 

Il ragazzo chiuse gli occhi e con un’indicibile rassegnazione, abbandonò il suo corpo contro la roccia; trattenne il respiro per sentire la lama sferzare in aria e affondare nella sua carne. Pace.

 

Ma quel silenzio di attesa dolorosamente straziante venne frantumato dall’urlo dell’Auror. Un ringhio atroce che costrinse Draco a riprendersi da quel trance emotivo.

 

La mano stringeva ancora il pugnale, ma il braccio non era più attaccato al corpo… l’Auror si contorceva in terribili convulsioni tentando di arrestare il fiotto di sangue nero che gli zampillava dalla spalla squarciata. Chi era stato? Draco voltò di scatto il capo verso Piton, giusto per distogliere lo sguardo da quello strazio: l’uomo aveva appena colpito uno degli Auror con un raggio verde, l’Avada Kedavra, l’anatema che uccide, irraggiungibile incantesimo per Draco.

 

Piton si volse verso il corpo straziante attirato dalle sue urla e scrutò torvo una figura dietro questo “Greyback” mugugnò sordido Piton.

 

Draco istintivamente si portò una mano alla gola rimasta scoperta, strisciando contro la parete di roccia in direzione di Piton. La luna, bella, tonda e piena, splendeva in cielo, pacifica; grazie a questo stesso astro candido ora un mostro sanguinolento come Fenrir Greyback poteva dare sfogo a tutta la sua furia animale, primordiale, incontrollabile e selvaggia.

 

“Draco! Vieni via!” strillò Piton col viso livido dalla preoccupazione.

 

L’ansia che gli attanagliava lo stomaco lo fece quasi vomitare, tentò di voltarsi spinto da quella curiosità che ti invoglia a scoprire le cosa più atroci. Alla fine si decise quando udì un altro terribile rantolo. Un mastodontico Lupo Mannaro aveva azzannato alla gola l’altro Auror; questi cacciò uno strillo terrificante e d’un tratto si fece grigio e immobile. La bestia lo sballottolò tra le zampe come a volerci giocare e, quando il corpo divenne troppo rigido e freddo, lo lasciò scivolare a terra emettendo un ululato terribilmente simile ad una risata sadica.

 

L’altro Auror con il braccio staccato aveva il colore cereo del marmo; il corpo scosso dai brividi, la fronte imperlata di sudore, gli occhi imploranti che gridavano all’immonda bestiaccia di concedergli la liberazione della morte. Ma Greyback, degenerato e perverso, lo abbandonò accanto al corpo senza vita del compagno e si dedicò ad uno dei due Auror che stavano affrontando Piton. Lo colse alle spalle e, spalancando le enormi fauci, inghiottì la testa dell’uomo nella sua bocca famelica e strinse finché non sentì il cranio dell’uomo frantumarsi. Aprì il muso passandosi la lingua sui denti acuminati per gustare il sapore di cervello umano.

 

Draco, anche lui scosso da violenti brividi, ammirò quasi ipnotizzato il capo deforme dell’uomo; poi la sua attenzione si concentrò sull’altro Auror, il monco, che implorava con preghiere folli e confuse l’arrivo della morte; non ne poteva più… Si girò verso Draco e lo supplicò di ucciderlo. Quella richiesta poteva essere l’opportunità che aspettava per dimostrare la sua caparbietà, per dimostrare a tutti che era in grado di uccidere… ma la bacchetta era troppo lontana come il desiderio del ragazzo di togliere la vita a un essere vivente. Rannicchiato contro la parete lasciò che l’uomo soffrisse senza pietà.

 

Poi Draco scorse un lampo verde: Piton aveva ucciso l’altro Auror. Con quale facilità riescono a uccidere? Sembra così semplice. Perché io non ce la faccio? Che cos’ho che non va?

 

Greyback accortosi, pareva solo ora, della presenza del ragazzo, iniziò una lenta marcia al trotto verso Draco.

 

“Greyback…” ansimò Piton come per bloccarlo.

 

Nonostante l’oscurità Draco si accorse che il lupo era molto grosso, col pelo grigio tutto arruffato; gli occhi gialli parevano ardere come due candele mentre la bestia gli veniva incontro barcollando vistosamente. Draco rimase immobile. Solo quando fu abbastanza vicino da – non sia mai - poter sfiorare la sua sudicia pelliccia, vide la bava che gli colava dal muso e quegli occhi febbricitanti, ma ancora umani. Occhi di uomo malvagio e cinico.

 

Il ragazzo restò sempre statico, facilitato dalla paralisi causatagli dal terrore, mentre il lupo gli annusava il viso e si avvicinava pericolosamente alla giugulare scoperta.

 

“Greyback!” strepitò deciso Piton, marciando verso la bestiaccia e strattonandogli il pelo del collo.

 

Il lupo non sembrò accorgersene e, piuttosto, si concentrò sul tatuaggio a forma di teschio che restava scoperto sul braccio di Draco. Lo annusò un paio di volte, poi, sollevando l’enorme testolone poggiò il muso lungo e sporco di sangue contro la spalla di Draco, e spalancò le fauci.

 

Accadde tutto in un lampo. Il ragazzo già immaginava il suo corpo straziato che giaceva in una bara tre metri sotto terra, mentre Piton, più ottimista, augurava a Draco felici anni da Lupo Mannaro. Ma nessuna delle due ipotesi si avverò giacché la bestiaccia preferì afferrare il lembo di stoffa della divisa scolastica che copriva la spalla del ragazzo, evitando di azzannare la carne. Sollevò il corpo di Draco senza troppa fatica trascinandolo dal colletto della camicia e, sempre a fauci strette, lo fece ruotare brevemente in aria e lo scaraventò nella pozza di sangue vicina, troppo vicina, all’Auror monco, ancora vivo ma ormai con un piede nella fossa.

 

Draco si riprese sdraiato in una pozza di liquido vermiglio dall’inconfondibile odore. Prima che si potesse rizzare in piedi l’Auror superstite si precipitò su di lui e con una terrificante espressione sconvolta implorò il ragazzo: “Uccidimi! Ti prego! Abbi pietà…”

 

Draco tentò di scrollarsi di dosso il corpo insanguinato dell’Auror e di schivare con lo sguardo la sua spalla lacerata. Ma il peso morto dell’Auror lo opprimeva troppo.

 

Greyback zampettò, quasi allegramente, nel mezzo del lago di sangue e con una violenta zampata lanciò l’Auror lontano. Si fermò ad osservare il viso di Draco, indicibilmente pallido e, in alcuni punti, chiazzato di rosso; schizzi di sangue. Il lupo si chinò sul ragazzo e levò il sangue raggrumato sulla guancia sinistra di Draco con una larga leccata; poi balzò oltre il corpo frastornato del giovane e andò a finire l’Auror.

 

Draco tremava ancora, incontrollabile, quando commise l’imprudenza di voltare il capo verso Greyback e l’Auror. Quest’ultimo rimase quasi commosso nel vedere le fauci del lupo aprirsi; finalmente avrebbe avuto la pace tanto agoniata; ma la bestia non gli concesse questo privilegio e, invece, strappò un’abbondante porzione di carne e nervi dal braccio ancora intatto. Il dolore fu tanto lancinante che l’Auror riuscì solo ad emettere un rantolo soffocato dal fiotto di sangue nero che gli uscì dalla bocca. Draco, ancora sconvolto, rimase a guardare il Lupo Mannaro che masticava e inghiottiva la carne dell’uomo. Poi il lupo affondò di nuovo il muso nello stomaco dell’uomo strappando assieme alla carne e a un pezzo di intestino anche parte della divisa dell’Auror; Greyback mangiò il tutto con disinvoltura.

 

Se lo stava mangiando vivo! Draco distolse lo sguardo e quando non avvertì più i rantoli disperati dell’uomo seppe che finalmente era morto.

 

Piton allungò un braccio e afferrò la mano di Draco, che ancora annaspava nel lago vermiglio, e riuscì a rimettere in piedi il ragazzo. Una situazione analoga gli era capitata quando Potter lo aveva colpito con il Sectusempra.

 

Greyback sollevò il muso, ormai completamente rosso, e ululò alla luna. Il verso che gli uscì dalla gola non era melodioso come il richiamo che di solito emettono i lupi in tributo alla luna, ma era più simile a un canto giulivo e sfrontato; troppo soddisfatto e gaio, mentre, alle sue zampe, stava abbandonato il corpo dell’Auror, mozzato e irriconoscibile.

 

Draco era così follemente convinto che da un momento all’altro un Elfo Domestico lo avrebbe cautamente risvegliato dal sonno a Malfoy Manor. Sarebbe sceso per l’abituale colazione delle 8 e avrebbe raccontato alla madre del suo agghiacciante incubo: “Non ti puoi immaginare, Madre, un essere tanto immondo può esistere solo nei miei incubi.”

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

Dopo la morte di Sirius Black Grimuald Place numero 12 era diventato un luogo irrequieto come base dell’Ordine della Fenice, ma scoperto il doppiogioco di Severus Piton, assassino di Albus Silente, i membri dell’Ordine avevano ritenuto più che opportuno abbandonare l’antica dimora della famiglia Black per cercare una nuova sede dove porre la loro base. Ora l’avevano trovata: era un luogo insospettabile e persino i membri dell’Ordine stentavano a credere di trovarsi tra quelle mura.

 

Quasi tutti i membri dell’Ordine avevano scelto la nuova base come dimora dato che le loro abitazioni erano a rischio di attacco. Tra gli inquilini si era subito creata un’atmosfera di pacifica convivenza, c’era chi, però, protestava rispetto alla presenza di un membro dell’Ordine che durante particolari notti, come questa ad esempio, diventava un coinquilino non particolarmente pacifico…

 

La nottata sarebbe stata scura non fosse per la luna splendente che fluttuava nel cielo nero. Questa era il paesaggio che si poteva ammirare dalle vetrate della finestra magicamente protetta.

 

“Sei certo di non voler trasferirti qui con la tua famiglia, c’è posto per tutti” propose Ninfadora Tonks osservando con un pizzico di angoscia la luna piena che era appena sorta in cielo.

 

Un uomo grosso, dai capelli rossi e dal viso cordiale le rispose con un gran sorriso: “No, non ti preoccupare. Non credo che i Mangiamorte si abbasserebbero ad attaccare la Tana e poi ho riempito casa mia di magie di difesa all’avanguardia; non c’è alcun problema.”

 

“Come preferisci; salutami Molly e gli altri” disse Tonks guardando con ansia l’orologio al polso per controllare che fossero passati i fatidici cinque minuti dal sorgere della luna.

 

“Tonks, dove vai?” chiese il signor Weasley seguendo con lo sguardo la donna dai capelli rosa tenue che si accingeva a scendere le scale.

 

“Da Remus” fece lei brevemente.

 

Arthur parve sorpreso da quella risposta “Perché?”

 

“Voglio fargli compagnia. Sarei andata prima, ma… niente” Ti ho detto che non mi importa se sei un Lupo Mannaro, ebbene è così, ma non riesco a reggere lo sguardo quando ti trasformi.

 

Tonks scese con lentezza le scale, pur essendo impaziente di vederlo; poggiò una mano alla parete per cercare sostegno. Poi avvertì il tintinnio delle catene che scorrevano contro la pietra dei sotterranei. Davanti a lei c’era un’inferriata di metallo pesante, l’entrata di una delle gabbie usate una volta per rinchiudere le belve; usata ancora per rinchiudere le belve… Tonks varcò la soglia della prigione col cuore in gola e fissò senza esitazione la figura incatenata che poco si agitava nella parte più oscura dei sotterranei.

 

Il lupo si mosse appena e tornò poi nel suo angolo buio, lontano dalla luce della luna. Le catene strette alle zampe gli limitavano i movimenti; quella non erano l’unica accortezza usata per imbrigliare l’animale. Per terra, nell’angolo opposto, un miscuglio di erbe e liquidi parzialmente consumato era raccolto in una ciotola di legno; si trattava chiaramente della pozione anti-lupo.

 

“Vieni più avanti” lo incoraggiò lei facendogli un cenno con la mano.

 

Il lupo, quasi avesse capito le parole di Tonks o reagendo in risposta al suo gesto, avanzò lentamente finché la luce della luna gli inondò il corpo. Era una creatura maestosa col pelo fulgido e argentato. Il lupo brillava di una luce propria, imperlato dai riflessi candidi dell’astro che gli conferivano un’aria spettrale, astratta, quasi soprannaturale; sembrava fatto di un inconsistente fumo brillante… o almeno questo era ciò che vedeva Tonks…

 

≈≈≈ Ninfadora Tonks ≈≈≈

 

Da quanto tempo ti sto fissando? Forse dovrei essere intimorita dalla tua vicinanza, ma non è così, e non è solo perché hai preso una pozione che blocca il tuo istinto. Sento che non avrei timore neanche se fossi libero dalle catene, se non avessi bevuto la pozione… Sono una pazza, forse. Sono convinta che tu non mi attaccheresti mai… so che non è così, ma ne sono convinta: tu non mi faresti mai del male; forse il lupo sì, ma chi è il lupo? Ti sto parlando o sto parlando al lupo? Il lupo… quella creatura che ora osservo, ammaliata…

 

Vedendolo così posso cogliere il fascino selvaggio che non ostenti mai quando sei uomo. E’ bello e maestoso, il pelo argentato sembra così morbido, mi prega di accarezzarlo e anche il mugolio che gli esce dal muso chino invoca un po’ di tenerezza; non posso resistere…

 

Sono una pazza, forse. Sto per accarezzare un Lupo Mannaro. Ecco la mia mano che si allunga; e se la dovesse mordere? No, non devo dimenticare chi c’è nascosto dietro a quel muso minaccioso: tu. E infatti lo vedo esitare, indietreggia… è timido. Avanzo piano per non innervosirlo troppo ed ecco che strizza gli occhioni color nocciola, sono i tuoi. Fanno giusto un po’ d’impressione incastonati in una creatura così possente, creata dalla natura per uccidere… ma i suoi, i tuoi occhi smentiscono tutto, in fondo sono lo specchio dell’anima: tu sei ancora umano.

 

Lo comprendo solo ora. Questo lupo sei tu e sei umano… Incredibile che proprio io sia riuscita a capirlo, io che forse sono eccentrica e troppo egoista – l’unico pizzico di eredità della famiglia Black - ho sempre preteso il massimo da me e dagli altri, ho sempre preferito il perfetto, senza difetti, senza problemi. E mi sono innamorata di te; piano, piano… credevo al colpo di fulmine, ma con te è stato diverso…

 

E’ a causa della mia incredibile arroganza se la prima volta che ti vidi scappai a piangere in camera mia: “Mamma!” strillai come una povera pazza “C’è il lupo!” Quanto mi odio. Ma il tuo cuore era e resta troppo dolce; ti limitasti a sorridermi candidamente: “Non ti preoccupare piccola Ninfadora, ora il lupo se ne va.” Se ne va…

 

La luna piena splende ostinata per tutta la notte ma poi la mattina se ne va.

 

≈*≈*≈*≈ù

 

Le ombre proiettate sul pavimento di pietra persero la lucentezza argentata che donava loro la luna scomparendo per un breve istante, per poi ricomparire più oscure di prima, ben delineate dal candore dei raggi del sole. Le pietre del pavimento divennero arancione tenue, acquistando sempre più un colore caldo e acceso. Dei timidi cinguettii si diffusero nell’aria esterna che cominciava a profumare di mattina e infatti, dopo pochi attimi, l’alba si mostrò in tutta la sua magnificenza rischiarando il cielo d’azzurro e, finalmente, il sole che brillava prepotente riuscì a rubare ai raggi di luna tutto il loro magico e mostruoso potere.

 

Mentre Tonks si aggrappava disperatamente alle immagini, ai suoni, ai profumi di quella mattinata per allontanare lo sguardo dalla trasformazione di Remus, quest’ultimo, inondato come sempre dal conforto della luce del sole, trovò ad attenderlo un'altra gradita sorpresa. Indugiando qualche istante nella gioia di vederla, si riscosse con la sua intransigente apprensione.

 

“Cosa… cosa ci fai qui; sei pazza?”

 

Tonks mostrò appena un sorriso ironico e insieme deluso “Figurati, è stato un piacere restarti accanto tutta la notte. Dai, non ti preoccupare, tanto c’era la pozione che ti calmava.”

 

“Tutta la notte!? E se la pozione non avesse funzionato?” chiese Lupin stizzito.

 

“Ci sono le catene” rispose lei noncurante.

 

“E se il lupo avesse spezzato le catene?”

 

“C’eri tu” disse lei allo stesso modo di prima.

 

Lupin rimase scosso da quelle parole, anche perché non riusciva a comprenderle “Che significa? C’era il lupo, non io; non posso controllarlo, lo sai.

 

“Perché parli di te in terza persona?”

 

“Cosa?” fece Lupin incerto.

 

“Ascolta, questa notte ho imparato qualcosa, solo guardandoti, solo guardando i tuoi occhi. Non ti potrò mai aiutare desiderandoti unicamente come essere umano. Devo imparare ad amare il tuo lupo.”

 

Remus era sempre più incredulo e confuso “Il mio lupo?”

 

“Sì, ti accetterò per tutto quello che sei, anche la tua parte peggiore. L’ho guardato negli occhi, sei sempre tu.”

 

“No, quella bestia porta solo dolore e morte a chi gli sta intorno; non sono io, è colpa del morso di Greyback, il più infido dei Lupi Mannari!” gridò Remus tentando quasi di trovare una scappatoia da quella situazione, di addossare la colpa a qualcun altro, di non ammettere quello che Tonks cercava di fargli capire…

 

“Non sei perfetto, Remus.”

 

“Non l’ho mai creduto” le rispose lui deciso.

 

“Allora perché ti ostini a non accettare la tua parte oscura. Sei convinto di essere completamente buono?”

 

“Il Lupo Mannaro che viene quando c’è la luna piena è una creatura ributtante: è un assassino” disse Remus stringendosi forte le mani come a voler bloccare il suo impeto nascosto.

 

“Tu sei il Lupo Mannaro!” esclamò all’improvviso Tonks facendo sussultare Remus.

 

“No! Io non ucciderei mai nessuno!” strillò Remus a pieni polmoni.

 

Tonks abbassò il capo tetro, nascondendo un sorriso triste “Neanche per salvare la vita di una persona che ami?”

 

Lupin ammutolì e prese a fissare il pavimento; voleva scansare quella domanda e la sua risposta, che temeva tanto.

 

“Vedi Remus, sei umano anche tu, hai dei difetti.”

 

“Ma il Lupo Mannaro non è umano” mugugnò Remus, restando col capo chino, quasi in segno di pentimento.

 

“Il Lupo Mannaro è umano ma non è un uomo. Riesci a capire la differenza?” gli domandò lei, ma Remus non sembrò comprendere quelle parole e quella sottile differenza che invece era la chiave per esorcizzare Remus dalla frustrazione, dal pentimento e dall’incubo del lupo.

 

Non ricevendo alcuna risposta da Lupin la donna proseguì: “Secondo te tutti i Lupi Mannari sono dei mostri, tutti uguali?” gli chiese Tonks con un filo di scetticismo nella voce.

 

“Beh… sì, lo penso” le rispose Lupin.

 

“Quindi sei uguale a Greyback.”

 

Remus alzò violentemente il capo: “No, io non sono come Greyback, io non farei mai quello che fa lui! Lui sfrutta la sua maledizione.”

 

“Almeno Greyback lo ha accettato. Ascolta Remus, io non ti chiedo di sfruttare il tuo piccolo problema – Lupin non poté fare a meno di pensare a James e di quanto gli assomigliasse Tonks in quel momento – ma ti chiedo di accettarlo. Sei in grado di farlo? Riesci a capire che il lupo sei tu e che il lupo è te, che siete lo stesso umano, lui animale e tu uomo?”

 

“Lui cattivo e io buono, dici?”

 

“Non è così semplice, ma in sostanza è così. Non devi avere paura di lui: è solo un animale e le bestie, per quanto selvatiche siano, si possono dominare, addomesticare.”

 

Remus accennò lievemente col capo “Potrei tenere sotto controllo la mia parte oscura.”

 

Tonks sorrise teneramente “Vedo che cominci a capire.”

 

“Ma tu la fai troppo facile.”

 

“Perché è facile, Remus! Sei tu che ti ostini a farla troppo difficile.”

 

“Non lo so, non sono del tutto convinto” disse Lupin scuotendo la testa “Il Lupo Mannaro è più che una semplice parte oscura, è qualcosa che sento venire dal fuori, che non mi appartiene.”

 

Mancò poco che Tonks levasse occhi e braccia al cielo “Beh, lascio perdere!” sbuffò lei, tuttavia un dolce sorriso le restava sulle labbra “Sei irremovibile, per non dire cocciuto. Ma se non ci sono riusciti James e Sirius a convincerti, io non credo di poter fare di meglio.”

 

Alla nomina di quei due nomi e ai ricordi che questi rievocavano, Lupin si perse nel vortice delle memorie passate, ricordando con un sorriso amaro le scorribande notturne sotto la luna piena.

 

Tonks gli si avvicinò e gli batté debolmente una mano sulla spalla “Tranquillo, a tempo debito capirai.”

 

“Quando?”

 

Il sorriso sul viso di Tonks si espanse e divenne più acceso come il colore rosa dei suoi capelli “Sei impaziente come i bambini, Remus.”

 

Lupin, resosi conto solo di recente dell’atmosfera intima che si era venuta a creare con Tonks, divenne tutto rosso “Grazie per essermi stata accanto” le sussurrò piano poggiando la sua mano sulla sua.

 

Ninfadora osservò la tonalità rosea che tingeva le guance pallide di Remus e non poté fare a meno di arrossire a sua volta “Prego.”

 

Lupin, ancora più rosso in viso, la accolse gentilmente tra le braccia e altrettanto lievemente suggellò le loro labbra con un bacio.

 

Tonks avvertì chiaramente la scossa che preannunciava il mutamento del colore dei suoi capelli, solo che ora la scossa era più intensa e prolungata; si domandò cosa avrebbe pensato il signor Weasley vedendola salire dai sotterranei mano nella mano con Remus e coi capelli di un rosso troppo focoso.

 

Il bacio di Remus era sicuramente inesperto, goffo e impacciato ma, esclusivamente per Ninfadora, era stato anche straordinariamente tenero e dolce.

 

Per un folle attimo le passò per la testa l’idea che lei potesse essere la prima a baciarlo, ma qualunque pensiero venne cancellato subito, surclassato dall’ondata di sentimenti che investì entrambi.

 

Tonks non sapeva che la sua supposizione era giusta. Era stata la prima donna a penetrare nell’intimità di Remus, a far parzialmente crollare il muro che secondo lui lo doveva separare dalla gente normale; era stata la prima donna che lui amasse veramente e la prima ad amarlo per tutto quello che era… forse dopo Lily Evans.

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

Nel bel mezzo della campagna inglese, Severus Piton e Fenrir Greyback sedevano su degli scomodi speroni di roccia, davanti all’antro di una caverna. Il mattino dopo la sanguinosa battaglia contro gli Auror era luminosa e calma; in quella parte della regione i Dissennatori non si erano ancora diffusi.

 

“Quindi non possiamo ritornare al covo oscuro, ora come ora” disse Piton scuotendo la testa.

 

Greyback uomo non era molto diverso dalla versione animale: enorme, peloso e sudicio, fatta eccezione per il sangue che gli colava dal muso di Lupo Mannaro e che dopo la trasformazione aveva avuto la decenza di pulire via, leccando. Il Mangiamorte digrignò i denti giallastri verso Piton, parlando con voce rauca “Precisamente, Piton. Il Signore Oscuro non vuole rischiare e mi ha incaricato di cambiare il canale di fuga. Deluso, ragazzino?” Greyback guardò il ragazzo con quei suoi occhi infidi, gli stessi che Draco aveva scorto di sfuggita quand’era un Lupo Mannaro.

 

“Un po’” esalò Draco.

 

“Quando ti parlo gradirei che mi guardassi in faccia” ringhiò Greyback.

 

Il ragazzo alzò lo sguardo titubante ed incontrò quello famelico del Mangiamorte che bisbigliò malefico: “Quanto si vede che sei un novellino. Non capisco perché il Signore Oscuro abbia voluto accollarsi un deboluccio come te, non riesci neanche ad uccidere… ridicolo… uccidere è la cosa più fantastica e facile del mondo.”

 

Draco tentò di mantenere il suo solito cipiglio altezzoso anche se gli riusciva piuttosto difficile in presenza di quell’essere: le immagini del massacro che Greyback aveva fatto la notte prima non volevano sgombrare la sua testa ed ogni volta che incrociava lo sguardo del licantropo non poteva fare altro che identificarlo come il macellaio cannibale di Auror.

 

“Spiegami una cosa: come sei riuscito a trattenerti la notte scorsa?” domandò Piton al licantropo “Ti sei limitato ad annusare Draco e non gli hai torto un capello; questo è molto estraneo al tuo personale modus operandi.”

 

Il licantropo rispose: “Ho sentito l’odore del marchio oscuro” Piton mostrò un’aria scettica; Greyback sogghignò “non mi dire che tu che sei sempre informato non sai qual è l’odore del marchio oscuro?”

 

“E se anche fosse? Non capisco come tu sia riuscito a frenare l’istinto di Mannaro durante la trasformazione. La tua mente umana dovrebbe essere del tutto estranea a ciò che fai una volta diventato Lupo Mannaro.”

 

“Dovrebbe” sghignazzò Greyback “Ma vedi, io, a differenza di tutti gli altri Mannari, riesco a mantenere la mente lucida di uomo anche sottoforma di lupo. Mi sembri sorpreso, Piton. Ebbene sì, sono il primo che ci sia riuscito nella storia della magia. Lo sai perché? Perché è da anni che alleno il mio corpo e la mia mente d’uomo come se fossi costantemente trasformato in Lupo Mannaro, a tal punto che ho bisogno di attaccare anche quando non c’è la luna piena, e questi sono i risultati: la mia coscienza umana si è plasmata fino a diventare uguale a quella del Lupo Mannaro che c’è in me, posso controllare le mie azioni anche durante le notti di luna piena, quindi… sono l’arma più micidiale che il Signore Oscuro ha a sua disposizione” e concluse con un profondo inchino.

 

Piton si concesse un vago interesse compiaciuto, Draco era completamente sdegnato.

 

“Forse è il caso che ti vai a lavare la faccia, Draco” intervenne Piton osservando l’espressione sconcertata del ragazzo “Sei piuttosto sporco; là dietro ci dovrebbe essere un fiumiciattolo.”

 

Draco, senza farselo ripetere due volte, si allontanò da Piton, ma soprattutto da Greyback; la vicinanza di quell’essere non gli era per niente gradita.

 

Si sciacquò la faccia con l’acqua fresca del torrentello e così facendo riuscì anche a svegliarsi dallo stato di requiem in cui si trovava; aveva passato la notte in bianco, com’era prevedibile dopo l’immondo spettacolo a cui aveva assistito, e la notte prima aveva dormito malissimo. Si specchiò nell’acqua e controllò che fosse tutto a posto. Prima si riconoscevano a stento i lineamenti raffinati e il colore diafano della pelle, ora si sentiva pulito e fresco; si spostò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e riconobbe nel riflesso sull’acqua la figura aristocratica e ponderata che gli era sempre appartenuta.

 

Rientrò nella caverna e si andò a sedere su una delle rocce più distanti da Greyback, premurandosi di non sfiorarlo neanche con lo sguardo.

 

Il licantropo esaminò il viso pulito del ragazzo che fissava ostinato il terreno. Il volto di Greyback si contrasse in quello che avrebbe potuto essere un sorriso “Dimmi” cominciò il licantropo con un tono meno ringhioso del solito “Quanti anni hai, ragazzo?”

 

Con qualsiasi mago, ad eccezione dei suoi genitori e del Signore Oscuro, Draco avrebbe fatto scena muta o risposto di rimpetto infastidito dall’impertinenza, ma quell’essere gli incuteva una paura nuova e sconcertante “Quasi diciassette anni” mugugnò infine Draco.

 

“Sei giovane, allora. Adoro i giovani. Vieni più vicino” Greyback allungò un dito peloso e dotato di un’unghia contundente e giallognola, e fece segno a Draco di venire verso di lui.

 

Dentro la testa di Draco l’orgoglio dei Malfoy si dimenava in direzioni differenti: se Draco rifiutava, dimostrando così di essergli del tutto indifferente e superiore, il suo atteggiamento poteva essere frainteso e scambiato per paura nei confronti di Greyback; se invece accoglieva la sua proposta accettando la sfida e facendogli intendere che non provava timore, la sua immediata disponibilità poteva apparire come eccessiva accondiscendenza ai desideri di Greyback, spinta magari dalla paura.

 

Ma anche l’orgoglio dei Malfoy non poteva impedire a Draco di avere paura, paura e disgusto per Greyback. Così il ragazzo esitò.

 

“Non vuoi venire, eh?” fece il licantropo con un ghigno “Allora verrò io da te.”

 

Il ragazzo si vide arrivare contro un colosso peloso armato di una stazza fuori misura e di unghie e denti acuminati, ma la cosa più sconvolgente era il ghigno perverso che continuava a fissarlo caparbio.

 

“Fenrir, per favore” sbuffò Piton quando ormai il licantropo era a pochi, fatali passi da Draco “E’ già abbastanza scosso senza le tue crude perversioni.”

 

Greyback si voltò di scatto verso Piton “Scusami, Severus, non volevo spaventarlo, la mia era solo cortesia, volevo solo fargli dei complimenti” poi tornò a puntare il suo muso contro il ragazzo, leccandosi le labbra “Giuro sulla luna piena, non sfiorerò mai con un dito il tuo protetto.”

 

“Sarà meglio così” disse Piton, lasciando intendere una minaccia.

 

“Sai, Piton…” fece Greyback con un risolino, evidentemente divertito dall’apprensione di Severus “… credo che non potrai proteggerlo più a lungo. Lo sai quello che gli aspetta una volta arrivati al covo oscuro?”

 

“Sì lo so e lo sa anche lui. Non intendiamo sottrarci al volere del Signore Oscuro” rispose Piton risoluto.

 

“Meglio per voi” ringhiò sordido il licantropo, come se una lama gli raschiasse contro la gola “Il marchio che portate sul braccio vi onorerà per sempre: servirete fedelmente il Signore Oscuro per tutta la vita.”

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

Minerva McGranitt fu ridestata dal suono di voci. Aveva passato tutta la giornata al Ministero della Magia per compilare moduli di certificazione di cattedra scolastica, in qualità di nuovo Preside di Hogwarts. Gli Auror non aveva mancato di farle subire un lungo interrogatorio sulla notte dell’attacco dei Mangiamorte, soffermandosi con particolare enfasi sulla morte di Albus Silente che, a quanto sembrava, non aveva creato particolare scompiglio tra i funzionari del Ministero; questi ritenevano infatti che il ruolo di Silente nella nuova guerra oscura fosse da tempo finito e che venisse il turno del Ministero della Magia di riportare la pace e debellare le forze oscure, con o senza l’aiuto del Prescelto.

Molti uomini alti e possenti girovagavano lungo i confini della scuola. Portavano una lunga tunica bianca e una cintura argentata a cui era agganciato un fodero con una spada affilata, sulla tunica, proprio sopra il cuore, era ricamato lo stemma del casato di Rufus Scrimgeour. Questi individui dall’aria circoscritta e dal viso non molto cordiale facevano parte dello squadrone speciale di Auror del Ministero, gli “Eclipti”, selezionati e addestrati dallo stesso Ministro; per questo tra i sostenitori dell’Ordine e di Silente, che dopo la morte dell’uomo erano aumentati considerevolmente, gli Eclipti erano noti come “i cani di Rufus”.

 

In quei tempi oscuri era tristemente evidente il vantaggio schiacciante che aveva la parte oscura: i Mangiamorte erano una setta compatta e anche se mancavano i gesti di cameratismo tra i membri della congrega, erano tutti uniti sotto un solo comandante, Lord Voldemort, a cui prestavano la più assoluta devozione; mentre dall’altra parte del campo i sostenitori del bene erano divisi in molte fazioni perché ognuno voleva fare giustizia a modo proprio.

 

Minerva rivolse un cenno di saluto agli Eclipti che però non ricambiarono e continuarono la loro imperturbabile ronda intorno al castello. La donna entrò dal portone di Hogwarts e quasi meccanicamente arrivò in presidenza scortata da alcuni Auror. Congedò i funzionari del Ministero con poche parole di ringraziamento che questi si limitarono ad accogliere e non a ricambiare. Era lei la nuova direttrice della scuola eppure quegli Auror la trattavano come una semplice strega da quattro soldi. Minerva si sentiva accerchiata da un gruppo di sciacalli, era noto a tutti, infatti, che dopo la morte di Silente la scuola sarebbe passata ufficialmente nelle mani della vice preside, ma in concreto sarebbe stato il Ministero a dettare legge e lei da sola non poteva impedirlo.

 

Salì fino all’ufficio di Silente, ora il suo, e lo osservò con un sospiro; la sua attenzione si spostò dal trespolo della fenice Fanny, vuoto e desolante, al soffitto dove stavano affissi tutti i ritratti dei presidi che l’avevano preceduta: Silente era in mezzo a loro. Minerva scostò immediatamente lo sguardo dalla cornice dorata quando vide gli occhi azzurro chiaro di Silente indugiare su di lei; quel ritratto era una tortura e un illusione: Silente era morto, che senso aveva dialogare col suo ritratto.

Minerva si accomodò sulla sedia che di solito vedeva occupata con fierezza da Albus Silente; ora lei era dall’altra parte del tavolo e non si sentiva degna di essere lì…

 

≈≈≈ Minerva McGranitt ≈≈≈

 

Non dovrei essere qui. Questo è l’ufficio di Silente; è sempre stato così e così sarebbe dovuto rimanere, se solo lui non fosse… Proprio lui che io credevo essere il mago più forte di tutti… ora che hanno ucciso lui come riusciremo a cavarcela? Io non potrei mai eguagliare la sua bravura, la sua fierezza, la sua straordinaria dote innata di ammagliare tutti col suo fascino, la sua ironia… Io cosa posso dare a questa scuola? Cosa posso offrire ai miei studenti? Neanche la sicurezza… Neanche la certezza che il giorno dopo si sveglieranno nel loro letto sani e salvi. Sono sempre stata responsabile, ma qui ci vuole troppa responsabilità, è un momento troppo delicato e io non mi sento assolutamente pronta per diventare la direttrice proprio ora… ma tanto la scuola è nelle mani del Ministero, quindi… e io non posso impedire che Hogwarts diventi un’affiliata al Ministero, che finisca sotto la tirannia di Rufus Scrimgeour. Silente ce l’avrebbe fatta, lui riusciva in tutto, è sempre stato così, fin da quando ho memoria…

Quando è diventato preside dopo Dippett si è notato subito il salto di qualità, quanto è migliorato il rapporto con gli studenti, quanto loro amavano il preside, quanto il preside amasse tutti loro, compresi i soggetti più irrequieti. Silente ha sempre amato tutti, anche Colui-che-non-deve-essere-nominato, anche Piton… il mio ex-ccollega, l’uomo di cui si fidava Silente e perché? L’unico difetto di Silente è che si fida troppo, ha troppa fiducia nel buon cuore degli uomini. Non dimenticherò mai quando qualche giorno prima di morire mi disse: “Professoressa McGranitt, ora so come ha fatto Voldemort a sopravvivere per tutti questi anni: si è lacerato l’anima, capisce? Povero Tom, ho sempre sperato che cambiasse, che riuscisse ad uscire dal circolo di orrori in cui si era avviluppata la sua vita e invece è arrivato al punto di lacerarsi l’anima. Povero Tom, non sono riuscito ad aiutarlo. Non potrò mai accettare che ora sia diventato così, quello stesso orfano che ho tirato fuori dalla desolazione di una vita piatta e inconsistente, ma sono arrivato troppo tardi, ormai a quel tempo, a soli undici anni, tutte le disgrazie della sua vita gli erano piombate addosso e lo avevano trasformato, irrimediabilmente… se solo fossi arrivato prima… Povero Tom, ogni notte piango ripensando a quanto sia triste la sua storia, la sua vita, e quanto crudele e necessaria dovrà esser la sua morte per poter mettere fine a questo periodo oscuro. Povero Tom… spererò sempre che qualcuno riuscirà a salvargli l’anima.”

Ma il suo buon cuore è sempre stato anche il suo punto di forza, di nobiltà. Come potrò mai eguagliare tanta sconfinata bontà? E’ così sconvolgente il suo buon cuore… ama persino il suo peggior nemico… Ma soprattutto, come potrò sostituirlo nel ruolo di mentore che ha sempre avuto per Harry Potter. Quel povero ragazzo che sta perdendo tutti in questa guerra, che proprio ora ha più bisogno di una guida ed è costretto a farne a meno perché Silente è morto e ci sono io. Chi sono io per rimpiazzarlo? Non esisterà mai un altro mago al pari di Albus Silente…

 

 ≈*≈*≈*≈

 

Minerva si passò le dita tra i capelli bianchi, scompigliandoli in ciuffi disordinati che le ricadevano sul viso :“Albus Silente era un miracolo” singhiozzò la donna a voce alta, ormai presa dalla disperazione “Ora che lui non c’è più, chi ci manderà un altro miracolo per sconfiggere le forze oscure?!”

 

La donna ricevette il silenzio come risposta e ne fu sconsolata. Poggiò il capo sulla cattedra e lo nascose tra le braccia incrociate “Ora mi sfogo, ma poi mi riprendo e… la vita continua, così come dovrà andare. Quanto mi sento impotente, non sono mai stata così debole in vita mia.”

 

Immersa in riflessioni sulle bieche aspettative che sarebbero toccate alla scuola, Minerva fu presa di sorpresa quando udì la voce di Silente che proveniva dal ritratto appeso al soffitto. La donna sussultò e fu quasi terrorizzata, osservando il quadro che le sorrideva incoraggiante. Era solo un il suo dipinto, non era l’originale, ma era pur sempre il dipinto di Silente, il suo ricordo…

 

“Non è necessario che invochi un altro miracolo” le disse il dipinto, imitando alla perfezione la voce e l’espressione del viso allegro e rilassato, ma solenne, che aveva sempre contraddistinto Silente “Il miracolo c’è già, devi solo capire chi è.”

In principio Minerva riuscì solo a pensare quanto fosse simile quel ritratto all’originale, quanto persino le sue parole sagge potessero appartenere esclusivamente a Silente; poi si concentrò sull’affermazione del dipinto “Harry Potter?!” propose la donna con enfasi “Allora avevano ragione: è lui il Prescelto?”

Il colore azzurro utilizzato per dipingere gli occhi di Silente sembrava brillare al pari della cornice d’oro massiccio “Harry Potter e non solo.”

Gli occhi di Minerva si ingrandirono mentre continuava a fissare ammaliata e insieme intimorita il ritratto “C’è qualcun altro dotato dei poteri magici necessari per sconfiggere il Lord Oscuro?”

Le labbra dipinte si piegarono con dolcezza in un sorriso calmo e rilassato “Ti sorprenderai nell’apprendere che in periodi come questi, dov’è a repentaglio l’esistenza stessa, la libertà, la giustizia… molti uomini possiedono l’animo che li rende dei miracoli, anche se non sono dotati di poteri magici.”

“Babbani?!”

Silente accennò col capo, raggiante “Babbani, Maghi e non solo. Nelle disgrazie tutti gli esseri che amano la pace sono disposti a rischiare e ad unirsi sotto la stessa bandiera. Lo vedrai.”

E, sfoderando un gesto che l’uomo non le aveva mai rivolto con tanta complicità, Silente strizzò un occhio all’indirizzo di Minerva che arrossì vistosamente e sorrise, alquanto impacciata.

Il cuore della donna si strinse in contemporanea con le viscere nel suo stomaco, rievocando un sentimento che aveva accantonato per tanti anni d’insegnamento. Ripensò un po’ amaramente agli anni trascorsi al fianco di quell’uomo, opprimendo il suo affetto e sostituendolo da un’intransigenza sofferta, che l’aveva fatta odiare da molti suoi studenti. Ma alla fine si abbandonò ad un sorriso; i ricordi di Silente erano comunque i più preziosi che avesse e, specialmente in quel momento, era inutile e dannoso ripensare con nostalgia a quello che avrebbe potuto fare scegliendo le diverse alternative che le aveva offerto la vita… Doveva pensare al presente: hic et nunc.

Rincuorata da quelle poche ma energiche parole di Silente si sollevò dalla cattedra e prese carta e piuma con la ferma intenzione di mettere un freno alla mano despota del Ministro.

Mentre Minerva osservava il volo del gufo che portava la lettera appena scritta a Rufus Scrimgeour, sentì il suo animo rasserenato dalla riscoperta tenacia e da una nuova speranza: Verso delle lacrime ora per prepararmi a quello che verrà dopo. Adesso so che abbiamo le persone giuste per uscire da questa guerra vincitori, ma non senza sacrifici. Non scorderò mai il tuo prezioso consiglio; porterò sempre con me il tuo ricordo e la speranza che mi hai donato.

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

Greyback si fermò e fiutò l’aria. “Per di qui.” Sentenziò e si lanciò in avanti, seguito immediatamente da Piton e, alcuni passi più indietro, dal giovane Malfoy.

“Quanto manca?” avrebbe voluto chiedere Draco, ma non lo fece immaginando i commenti sardonici di Greyback e il silenzio imbarazzante di Piton; così piegò il busto in avanti e riprese a correre lungo il tunnel semibuio e stretto che avevano imboccato da alcune ore, o almeno aveva questa impressione. Aveva la schiena indolenzita poiché era stato costretto a correre chinato per tutto il percorso, data la sua altezza, e anche il resto del corpo era provato, teso, stanco.

Gli sarebbe piaciuto raggiungere la fine del tunnel al più presto per uscire da quel luogo sporco e nauseabondo (quasi non respirava; Draco si era chiesto più volte se il naso di Greyback fosse insensibile all’odore dell’acqua stagnante), tuttavia la strada più breve era andare in quella direzione e, conscio della sua posizione e della sua prossima punizione, l’idea di giungere al covo del Signore Oscuro non lo rallegrava affatto.

Inciampò in un tubo sottile e cadde in avanti, ma riuscì ad appoggiare le mani a terra e a evitare di cadere interamente nella fanghiglia melmosa.

 

“Muoviti, Draco, il Signore Oscuro non ama i ritardatari e non vorrei aggravare la tua situazione” lo bacchettò Piton mentre si voltava per vedere se era rimasto indietro, come più volte aveva fatto nel tragitto.

 

Draco si puntellò sulle pareti del tunnel, trattenendo tra le labbra una risposta secca al suo ‘protettore’, e si alzò riprendendo quell’assurda corsa, pulendosi le mani sporche in un candido fazzoletto che teneva sempre nella tasca interna del suo mantello.

 

“Siamo arrivati” annunciò il capofila e Draco sentì quel gelo, quel brivido che l’aveva scosso quando aveva visto Greyback all’opera e quegli infidi, perversi occhi gialli posarsi su di lui. Deglutì automaticamente e passò di fianco a Piton, uscendo prima del suo professore.

 

I suoi occhi grigi non fecero nemmeno lo sforzo di abituarsi alla luce: fiaccole appese al corridoio che avevano imboccato illuminavano a tratti le pareti di pietra e calce; al tatto il muro era umido, viscoso e gli ricordò i corridoi delle cantine di Malfoy Manor, ma l’odore del Covo Oscuro era ben diverso dagli aromi fruttati dei vini e delle leccornie stagionate: difatti vi regnava un lezzo invisibile, non l’odore della fanghiglia, ma afoso, soffocante, impossibile da definire.

 

“Queste sono le prigioni” Greyback trovò forse opportuno riferirglielo, ma Draco non gli rispose, intimidito, aspettando il suo maestro che spuntava dal buco vicino alla parete.

 

Il Lupo Mannaro non sembrò interessarsi del silenzio del giovane Malfoy, li precedette e li condusse lungo la strada. “L’Oscuro Signore è nella Sala Regia, tra poco ci sarà una riunione e tutti i Mangiamorte devono essere presenti.” Sogghignò crudelmente. “E poi ci sarà un colloquio privato per te, caro il mio giovane Malfoy. Pensa che onore!”

Draco rimase gelido, ma aveva voglia di svegliarsi e mangiare una fetta di torta al limone con sua madre bevendo caffè e discutendo sulla scuola, sul Ministero, sui raccolti di mele; razionalmente Draco era consapevole di ciò che gli sarebbe accaduto, meglio lo immaginava. Mentre camminava per il tunnel buio aveva pensato a tutte le possibili scappatoie, ma non aveva vie di scampo e sapeva che sarebbe stato punito, torturato, ma non ucciso. Oh no, questo Piton non l’avrebbe permesso legato com’era dal Voto Infrangibile con sua madre.

 

Batté le ciglia, giusto per allontanare da sè lo sguardo pressante e disgustoso di Greyback, che si voltò, deluso dalla sua assenza apparente di paura.

 

Il licantropo iniziò allora a vantarsi delle sue ultime battaglie e informò Piton degli esiti positivi; sarebbe stata una passeggiata, secondo lui, abbattere ogni difesa del Ministero e cominciare a dominare l’Inghilterra.

 

“Perché diamine devo starmene qui ad aspettare? Se attaccassimo adesso potremo raderli tutti al suolo!”

 

“La tua intelligenza di lupo non può sanare la tua mancanza di intelletto umano”

 

“Che intendi, doppiogiochista?!”

 

“Che sarebbe da sciocchi un attacco diretto, meglio dissanguarli a poco a poco, fino a sfinire ogni risorsa del nemico e attaccarlo in seguito, costringendolo alla resa.” Aveva replicato pacato Piton.

 

Draco capì da un vociare soffuso che al di là della vicina arcata si trovava la Sala Regia: poteva già vederla, debolmente illuminata e spoglia se non per il colonnato semicircolare ai bordi della Sala e la scalinata alta che portava al trono di Lord Voldemort, un trono scuro e grande, come la sua sete di dominio e la sua malvagità.

 

Vide Piton muovere la bacchetta e tornare lindo in un attimo e lo imitò sussurrando “Gratta e netta” all’indirizzo dei vestiti che si ripulirono, dandogli un aspetto dignitoso e un certo conforto (abituato com’era ad essere sempre elegante e pulito, come insegnatogli dalla madre e come voleva suo padre), si eresse nel suo metro e ottantadue, si passò una mano tra i capelli sperando di rimetterli in qualche modo a posto.

 

“Mantieni il sangue freddo, Draco”

 

Malfoy arricciò il naso in una smorfia beffarda “Non ho bisogno di suggerimenti, professore” sibilò, mimando una sicurezza che non possedeva.

 

Piton non sembrò scocciato nè impressionato dal suo tono altezzoso e insieme indossarono il cappuccio e varcarono la soglia, unendosi alla macchia nera che circondava il trono. Alcuni Mangiamorte erano nascosti nell’ombra dello stretto colonnato, altri entravano da due altre uscite – una di fronte al trono, l’altra infondo a destra -, ma la maggior parte era già sotto il trono.

 

“Tu devi essere Severus Piton, eh?”

 

Sia Draco che Piton si voltarono trovandosi in faccia un omone non molto alto (Draco lo superava di alcuni centimetri) ma possente e, cosa che disgustò molto il giovane Malfoy, peloso tanto che gli parve di trovarsi davanti un orso.

 

Piton rimase freddo e imperscrutabile, per niente impressionato nè sorpreso “Lei deve essere il nuovo Mangiamorte, non è così?”

 

“Gravius Cortess. Sono certo che ha sentito parlare di me, sono spagnolo e nell’ultima battaglia ho praticamente distrutto un intero squadrone di Auror solo con la mia mazza corazzata.” Si pavoneggiò gonfiando il torace.

 

Draco trattenne una smorfia nel vedere i lunghi peli della barba nera.

 

“Certamente” rispose Piton e Draco ebbe la certezza che il suo insegnante sapesse chi fosse, ma non lo stimasse affatto e non si interessasse delle sue imprese, anzi lo stavano annoiando.

 

Greyback sputò per terra. “Bleah! Solo uno squadrone? Io come minimo ne sbrano due.”

 

“Tu sei…”

 

“Fenrin Greyback, il Lupo Mannaro.” Si presentò questi, e Cortess allungò la mano e entrambi la strinsero forte, come a fare a gara di forza, mentre Draco paragonava le sporche unghie di sangue e i peli: sembravano identici. E Cortess guadagnò un nuovo nomignolo: uomo delle caverne.

 

“E il bamboccio chi è? Il tuo novellino Piton?”

 

Draco si rese conto con orrore che il Cavernicolo si stava riferendo a lui e, prima che Piton potesse parlare in sua vece, ribatté con voce ponderata: “Per sua informazione sono già Mangiamorte” e mostrò il tatuaggio, “E sono il più giovane che il Signore Oscuro abbia mai avuto nel suo gruppo di fidati” questa frase avrebbe fatto meglio a cancellarla, pensò poi Draco, ma la competizione tra Greyback e Cortess aveva accesso la sua vanità e il suo amore per la pulizia e la buona educazione.

 

Greyback sogghignò leggermente, forse pensando alla prossima punizione del ragazzo, e si allontanò dicendo di avere fame; Cortess assottigliò gli occhi piccoli e lo squadrò meticolosamente con astio, come con ostilità disse: “Draco Malfoy.” Non era un saluto. Ma una provocazione. Ghignò malignamente. “Il più giovane Mangiamorte ma anche quello che ha meno palle. Sì, ho già sentito parlare di te, o meglio… sparlare di te e la tua famiglia di codardi.”

 

Draco sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per la rabbia e, nonostante il timore per il futuro e il tumulto che aveva in corpo, un po’ del Draco sprezzante e sardonico che se la prendeva con i più piccoli e i Grifondoro risorse dalle ceneri: “Non ti permetto di insultare nè me nè la mia famiglia con le tue parole, specie se pronunciate da un omuncolo insignificante con un cognome tanto immondo…” sogghignò “Mezzosangue, non dico forse la verità Cortess?”

 

Cortess ci vide rosso. Lo afferrò per il bavero del mantello, alzandolo da terra con una forza portentosa e scoprendogli la faccia, e alzò un pugno furente. “IO TI AMMAZZO!”

 

Draco si riprese del tutto e d’un tratto si rese conto di aver insultato un omone che possedeva la forza di un orso e la bruttezza di un cavernicolo, un brutto incrocio tra Hagrid e un cinghiale.

 

Pietrificus totalus!” il bestione si fermò e Piton fu svelto a appoggiare a terra Draco, il quale, ansimante, si affrettò a ricoprirsi il volto con il cappuccio.

 

“Non ti permetto di fare a botte Cortess. Devi stare attento a ciò che fai qui, non siamo in un circo nè in una stalla. Perciò, dato che sei appena arrivato e che Draco è sempre più anziano di te come Mangiamorte, ti consiglio di tenere la testa bassa per il momento.”

 

Detto ciò Piton liberò Cortess che sbuffò, lanciando un’occhiata d’odio al giovane Malfoy. Draco si accorse troppo tardi del suo fazzoletto macchiato di fango che era a terra e, quando si chinò a raccoglierlo e lo rifilò nel fodero nascosto, Cortess aveva già trovato un nuovo modo per insultare la sua famiglia.

 

 “Infangato come il tuo nome” sogghignò storcendo le labbra molli e coperte da abbondante barba, stempiata in alcuni punti.

 

“Almeno io ho un nome” replicò tagliente Draco; Cortess tentò nuovamente di aggredirlo ululante di rabbia ma tra lui e il giovane Mangiamorte si posizionò Piton a braccia aperte riuscendo così a impedire a Cortess di avventarsi sul ragazzo.

 

“Sta iniziando la riunione, Lord Voldemort è qui, Cortess, e credo che non sarà contento di vedere le tue sceneggiate!”

 

Ancora una volta Severus Piton era riuscito a salvarlo da una situazione spiacevole: Gravius Cortess ingoiò bile e sbuffò come un toro infuriato al centro di un’arena, ma si voltò allontanandosi tra la folla nera, spingendo i Mangiamorte che si mettevano sulla sua strada. Tuttavia Draco aveva inteso benissimo la minaccia sussurrata prima che l’Uomo delle Caverne se ne andasse: “Me la pagherai, mocciosetto. Gravius Cortess non dimentica.” Il giovane Malfoy non sapeva ancora quanto presto sarebbe arrivata la vendetta di Cortess.

 

Non ebbe però il tempo di capire che si era fatto un nuovo, pericoloso nemico perché ad attirare l’attenzione di Draco fu il sibilo forte di un serpente. Il suo sguardo si fissò sul trono, dove ora sedeva il Signore Oscuro, Lord Voldemort, gli occhi iniettati di sangue percorrevano la Sala, socchiusi e sospettosi come sempre, e una mano accarezzava pigramente l’enorme serpente accovacciato ai suoi piedi, con la testa posta sulle sue gambe e la lingua che scivolava fuori dalle enormi fauci. Al di sotto di qualche gradino c’era un incappucciato silenzioso che attendeva. Era molto strano che a lui fosse concesso di stare vicino al Signore Oscuro, osservò Draco, e la risposta arrivò subito.

 

“Miei Mangiamorte” sibilò Lord Voldemort “oggi accogliamo tra noi un nuovo membro della nostra” il Signore Oscuro si concesse un pigro sorriso sardonico “famiglia. Samantha togliti il cappuccio.”

 

È dunque la cerimonia dell’Investitura.

 

L’incappucciata si mostrò alla congrega di Mangiamorte; era bella e giovane, di qualche anno più vecchia di Draco, con una pelle diafana e capelli di un singolare color oro scuro che coloravano quel luogo con i loro riflessi color rame; i lineamenti erano dolci e delicati e le labbra piene erano stirate in un sorriso appena accennato. Draco pensò subito che Samantha era un nome che le si addiceva: aveva un non so che di nobile ma non presuntuoso, come il suo modo di chinarsi davanti a Lord Voldemort.

 

Nagini sibilò e alzò piano la testa, inclinandola, come a giudicare la nuova Mangiamorte, la quarta donna in quel luogo oltre a lei. Sibilò nuovamente, un sibilo strisciato che Draco non poteva comprendere, ma che aveva già sentito una volta quando a lui era toccato il giuramento e… la marchiatura.

 

“Samantha, giuri di essere fedele al tuo Signore e alla causa che noi perpetuiamo? Di non esitare a mettere a disposizione i tuoi poteri, il tuo corpo, la tua vita per il volere del tuo Signore?”

 

Quelle che poneva il Signore Oscuro non erano richieste. Semmai, domande retoriche perché c’era solo una risposta che si doveva dare.

 

“Lo giuro.”

 

La voce femminile risuonò alta in confronto con il sibilo basso e gutturale di Lord Voldemort.

 

“Allunga il braccio.” La ragazza obbedì, scostandosi il mantello.

 

Draco era entrato solo una volta prima di allora nella Sala Regia, proprio a causa della sua Investitura; era stato da quel momento che la sua vita aveva preso una nuova, terribile piega. Ricordava ogni istante di quel cerimoniale e lo rivide mentre assisteva a quello della nuova Mangiamorte: il giuramento e poi il fuoco doloroso della marchiatura, la bacchetta che sfiorava la carne dell’avambraccio e una punta di sangue che zampillava, strisciando sulla pelle e disegnando il teschio e il serpente, e poi, il suo stesso sangue, era diventato nero e indelebile, si era fissato sulla sua pelle, vivo, pulsante, richiamando a sè altro sangue a colorare il simbolo della sua appartenenza, più che fedeltà, a Lord Voldemort.

 

Il Marchio era uguale al suo Padrone: esigeva sangue, voleva sangue, amava il sangue.

 

Draco aveva dovuto stringere i denti per non mettersi a piangere tanto era stato il dolore. Durava un attimo, ma gli era parso non passare mai.

 

Vide Samantha toccarsi l’avambraccio, sicuramente infiammato e ora marchiato, ansimando piano e battendo le palpebre per non cedere. Si rialzò in fretta, mostrò il braccio e il mare nero di incappucciati sotto di lei gridò soddisfatto; poi si voltò e chinò nuovamente il busto davanti al suo Signore.

 

“Puoi rialzarti.” La ragazza fece come richiesto e si incappucciò in fretta.

 

“Mangiamorte, permettetemi di presentarvi la vostra nuova compagna, Samantha Drake. Viene dall’altra parte dell’oceano, dagli Stati Uniti precisamente, e da un’illustre e antichissima famiglia Purosangue. Ella è la curatrice del progetto D.I.O, ovvero Diffusione Internazionale Oscura; questo progetto ci permetterà di creare filiali in tutto il mondo, di espatriare la nostra causa e il nostro potere: siamo destinati a dominare tutto il mondo!”

 

Un boato d’assenso ed eccitazione riempì la Sala Regia. Voldemort alzò una mano e il silenzio si impadronì nuovamente del luogo. Draco non aveva esultato, come gli altri, ma aveva osservato il nuovo acquisto: era stata sempre silenziosa, tranne quando era indispensabile parlare, e precisa in tutte le azioni del cerimoniale.

 

Un perfetto automa, pensò malignamente mentre le veniva consegnata la maschera d’argento con cui celavano la loro identità i Mangiamorte.

 

“Puoi andare insieme ai tuoi confratelli, Samantha” sibilò Lord Voldemort e la Mangiamorte si inchinò nuovamente per poi scendere i pochi gradini.

 

La cerimonia era finita, intensa e breve e il Signore Oscuro aveva un nuovo giocattolo nelle sue mani.

 

Draco storse il naso: come si poteva decidere volontariamente di fare il Mangiamorte? Se lo era chiesto molte volte. E si era anche chiesto il perché lui fosse tra quella marmaglia di assassini.

 

Si sentiva diverso da tutti loro. Era diverso.

 

Anzitutto era stato costretto a diventare Mangiamorte per salvare la sua famiglia, e non per risollevare l’onore dei Malfoy agli occhi di Lord Voldemort, come credevano in molti. Non aveva mai voluto essere schiavo del volere di un uomo perché amava la sua libertà e la sua naturale attitudine al comando e non all’obbedienza; inoltre restava scettico e svogliato di fronte alle imprese dei Mangiamorte (ma naturalmente ammirava suo padre con tutto sé stesso) e la promessa di potere, che per un certo periodo gli aveva fatto sfiorare l’idea di seguire il suo destino oscuro (così lo chiamava Voldemort), non era bastata ad indurlo all’Investitura di sua spontanea volontà.

 

Era una vittima di una malaugurata decisione di suo padre… no, meglio, era vittima di un destino che, crudele, lo aveva messo nella mai di quell’abile giocattolaio che era Lord Voldemort, un uomo superbamente capace nel manipolare le menti.

 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un nuovo sibilo.

 

“Lestrange! Alecto! Amycus!”

I tre Mangiamorte si fecero avanti e chinarono all’unisono il capo rispettosamente. “Agli ordini, mio Signore.”

“Prendete gli uomini che ho scelto l’altra mattina e partite per le missioni che vi ho assegnato.”

 

I tre Mangiamorte si inchinarono nuovamente e fecero cenno ai loro uomini di seguirli; i tre presero ognuno una diversa uscita e nella Sala rimase poco meno di un terzo dell’iniziale folla.

 

“Bene. Ora Severus e Draco venite qui davanti a me.”

 

Draco strinse un pugno forte e ispirò una lunga boccata d’aria e salì un paio di gradini insieme al suo ex-professore, poi chinò la testa, cercando di non dar peso al tremolio che sentiva nelle viscere.

 

Lord Voldemort accarezzò languidamente Nagini che gli strofinò la testa squamosa sotto il palmo, come un docile micetto.

 

“Bentornato Severus,” esordì con voce placida, “e anche a te Draco.”

 

Draco percepì la sottile e per questo più crudele ironia che nascondeva quel saluto.

 

Voldemort mosse la mano destra, guantata e provvista di diversi anelli preziosi e antichi, e i cappucci delle loro tuniche nere caddero, lasciando il viso scoperto.

 

“Draco, Draco, Draco… ho saputo che Silente è morto. Me lo confermi?” C’era un lieve sghignazzare nella voce del Signore Oscuro.

 

“Sì, mio Signore.” Rispose rigidamente Draco.

 

Voldemort osservò pigramente le dita della mano anelata, muovendole leggermente. “Il piano per entrare nella fortezza è andato a buon fine.” Un certo orgoglio, e una fioca speranza, inondarono il petto del giovane Malfoy, ma ebbero vita breve “Tuttavia hai disubbidito ai miei ordini e questo è inaccettabile. Se Severus non fosse intervenuto a quest’ora Silente mi intralcerebbe ancora con quel suo dannato club di smidollati.” Tuonò Voldemort, serrando le dita a pugno.

 

Il silenzio regnò nella stanza e Draco sentì mille e più sguardi addosso, mentre i muscoli raggelavano. Non osò fiatare senza il permesso del Signore Oscuro. Come una marionetta, attendeva che il giocattolaio muovesse i fili e gli aprisse la cavità della bocca. Draco si impedì di abbassare lo sguardo (anche se sarebbe stato felice di poterlo fare) e osservò le vene azzurre di quel capo bianco rasato pulsare di rabbia; solo l’intervento mitigatore di Nagini, che sfiorò con la lingua sottile il braccio del suo padrone, sembrò in grado di tranquillizzarlo e di far calare sul volto e il corpo di Lord Voldemort la sua calma glaciale di assassino.

 

“Sono molto deluso e perciò meriti di essere punito.” Concluse. “Hai qualcosa da dire, Draco? Pensi di non meritarti tutto questo?”

 

, pensò, ma sapendo bene che la punizione sarebbe stato ancor più spietata di quel che già lo attendesse, quindi rispose umilmente: “Sono consapevole di essere peccatore nei vostri confronti, mio Signore, e sconterò la pena che mi darà.” Esitò un attimo. “Se a questo piccolo impertinente servitore è concesso, vorrei porre umilmente una domanda a vostra Signoria, sperando che Voi siate così magnanimo da rispondermi.”

 

Draco aveva calcolato tutte le sue parole, aveva ripensato a questo discorso per tutto il suo viaggio, accantonando il suo naturale orgoglio e imponendosi di strisciare come il più umile dei vermi, ma con il cuore gonfio di angoscia e preoccupazione per lei. Voldemort, come aveva sperato, acconsentì.

“Vorrei avere notizia di mia madre, Narcissa Malfoy, che so essere nelle vostre mani.”

Voldemort sembrò divertito da questa richiesta e si concesse il lusso di dire al Mangiamorte: “Sta bene, Draco, molto più di come sarai tu tra poco.” Ghignando, chiamò: “Cortess!” e il bisonte si chinò accanto a lui, sogghignando già.

 

“Sì, mio Signore?”

 

“Porta Draco nei sotterranei e dagli la camera più bella che abbiamo.”

 

Cortess ghignò: “Come lei desidera.” E con voce dura lo prese per le spalle spingendolo in avanti lungo le scale “Muoviti moccioso!”

 

“Severus devo discorrere con te. Tutti i Mangiamorte posso andare, la riunione è sciolta.” Annunciò il Lord Oscuro prima di scomparire nell’ombra con il suo grande serpente e il suo più grande servitore.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

…cribbio, finalmente abbiamo messo on-line la nostra storia! Che emozione!

 

Allora… noi siamo Samy e Kaho, due fans scatenate del magico mondo di Harry Potter da una vita e ora probabili stelle di EFP grazie a questa serie (eh… Modestia l’abbiamo accantonata in un angolino della mente… povera, sta anche piangendo, Superbia la pestata per benino!). Almeno ci proveremo a diventare delle brave scrittrici dato che questa è la prima storia… (Modestia prende la sua rivincita).

A parte questo scontro tra Superbia e Modestia, ringraziamo calorosamente chi ha avuto la pazienza di leggere il progetto e il prologo, piuttosto lunghetto… insomma, dato che l’inizio con tutta l’introduzione è un po’ noiosetto abbiamo pensato di darvi un assaggio della storia! -____^

Ora… dato che avete letto… e che avete buon cuore… e che recensire belle storie è la cosa più spassosa del mondo… clickate qui sotto e ci lasciate un’opinione? ^______^ Dai, vogliamo pareri, complimenti, critiche… insomma, accettiamo di tutto, ma fateci sapere!

 

Complimenti a voi che vi siete imbarcati a leggere questa ficcina (beh, non tanto “ina”), vi divertirete un pacco tra misteri, ricerche e battaglie in cui si troveranno tutti i personaggi principali di HP!!

P.S = Il caro protagonista arriverà nel prossimo capitolo, per chi se lo chiedesse… e non vi preoccupate, Harry ci sarà sempre nei prossimi capitoli… e anche Herm, Ron, Draco (che appare un po’ troppo spesso… ndKaho ZITTA!! È lui che dà quel non so che alla storia…NdSamy Secondo me non dà un fico secco… ndKaho*subito dopo aggredita da un martello di gomma*)  …^^

 

…recensite? ^_________^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La reietta ***


Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori

Capitolo 1 – “La reietta”

 

La nebbia fitta che avvolgeva in una morsa l’Inghilterra si era estesa fino ad invadere tutti i cieli d’Europa. Secondo i Babbani la fosca coltre era un inconsueto fenomeno atmosferico, ma anche i più scettici e razionali non potevano negare che la nebbia aveva portato con sé un’ondata di depressione, senza contare l’aumento di cadaveri negli obitori.

 

Anche Privet Drive con le sue grandi case quadrate, un tempo soffocata dal sole estivo, era cupa e nebbiosa; quell’atmosfera melanconica contribuì, seppure in misera parte, a rendere ancora più inospitale il numero 4: la casa degli zii da cui Harry Potter, dopo diciassette anni di soprusi, se ne andava con gioia.

 

Il giovane, che tra un mese sarebbe diventato maggiorenne secondo le leggi del mondo magico, si premurò di controllare di non aver dimenticato alcunché nella camera che un tempo era appartenuta a suo cugino Dudley e che poi, cinque anni prima, gli era stata “generosamente” regalata.

 

Si udì un vociare al piano inferiore. Harry aveva avvertito gli zii della sua definitiva partenza e questo, a dispetto di quanto pensava il giovane mago, aveva causato scompiglio e una certa inquietudine tra i membri della famiglia Dursley, soprattutto in sua zia Petunia, che aveva preso a comportarsi in modo sospettoso e  quasi fobico già da due anni, da quando Harry le aveva detto che suo figlio Dudley era stato aggredito da un Dissenatore.

 

Harry prese la piuma e scrisse qualche riga su una pergamena che poi avrebbe inviato al suo miglior amico, Ronald Weasley:

Sarò alla Tana entro un giorno. Non tornerò più a casa dei miei zii. Manca ancora un mese al mio diciassettesimo compleanno, ma non credo che questa casa sia più una dimora sicura e soprattutto ospitale. So che Silente voleva che restassi…

Con un gesto impetuoso cancellò l’ultima frase incompleta. Non se la sentiva di scrivere il suo nome, non ancora almeno. Erano passate poche, troppe poche settimane dalla sua morte; doveva dare alla ferita il tempo di rimarginarsi, ma sapeva che, come per Sirius, non sarebbe mai guarita del tutto e sarebbe rimasta una cicatrice a ricordo di quell’uomo che era stato il suo mentore, la sua guida. Una cicatrice…

 

Harry si tastò con le dita il taglio a forma di saetta che aveva sulla fronte. Non le aveva fatto più male e questo continuava ormai da diverso tempo. Significava forse che aveva perduto la connessione magica che lo legava a Voldemort? I poteri del Signore Oscuro non erano certamente rimasti inattivi nelle ultime settimane. Harry afferrò il periodico babbano poggiato sulla sua ex-scrivania: le pagine dedicate alla cronaca nera o efferati fatti di sangue inspiegabili formavano un plico di fogli alto due centimetri abbondanti.

 

Harry terminò di scrivere la lettera per Ron e la consegnò ad Edvige, che subito planò oltre il giardinetto della casa per immergersi nella foschia. Sperò che la civetta sarebbe giunta a destinazione in tempo nonostante quella fitta nebbia e le ferranti revisioni del Ministero; se speravano di intercettare uno scambio epistolare via gufo tra maghi oscuri erano proprio disperati. Harry sapeva che il Ministero era praticamente inutile in una situazione del genere e che il nuovo Ministro, Rufus Scrimgeour, non era meglio del predecessore, Cornelius Caramell, che secondo la Gazzetta del Profeta e il Cavillo era scomparso misteriosamente da casa sua, senza lasciare alcuna traccia. La popolazione magica era sempre più inquieta: se nemmeno l’ex-Ministro della Magia era al sicuro, chi poteva esserlo, e dove?

 

Il candore della civetta si mescolò con la nebbia pallida che opprimeva Privet Drive da due settimane; due sole settimane lo separavano dal funerale di Silente. Il viaggio in treno era stato piacevole in compagnia dei suoi amici, ma giunto a King’s Cross lo aveva colpito una schiacciante certezza: Hogwarts non sarebbe più stata la sua scuola; non avrebbe più fissato gli altri bastioni del castello con lo sguardo ammirato di uno studente; non avrebbe mai affrontato i tanto agoniati M.A.G.O.; non avrebbe mai potuto girovagare per i corridoi del castello con l’aria soddisfatta di chi ha alle spalle sette, fantastici anni di scuola; in definitiva, non avrebbe mai frequentato il settimo anno ad Hogwarts. Per lui, inaspettatamente e sfortunatamente, il sesto era stato l’ultimo anno, e che anno era stato! Certo, non aveva mai passato un anno tranquillo ad Hogwarts, ma durante il sesto i morti non si contavano più.

 

Harry aveva il cuore lacerato da tanti anni di sventura.

 

Era iniziato tutto con Cedric Diggory, e già quell’unica perdita era gravata in maniera spaventosa sull’animo di Harry e l’anno dopo, con la scomparsa del suo amato padrino avvenuta in circostanze talmente assurde, il giovane aveva tollerato una perdita talmente insopportabile da convincerlo a credere che nulla di peggiore potesse mai accadere, e invece, al funerale di Albus Silente, si era dovuto ricredere. Babbani, Maghi, tutti morivano per colpa di un unico uomo, se così lo si poteva chiamare; quell’essere che aveva dissacrato la sua stessa anima, aveva ucciso il suo stesso padre, i suoi nonni… e i genitori di Harry, il suo padrino, il suo adorato preside e chissà chi altro ancora.

 

Harry scosse la testa. Il tempo per rimuginare sui dolori passati era finito; adesso doveva agire e trovare e distruggere gli Horcruxes, questa era la promessa che aveva fatto a Silente ed intendeva onorarla a tutti i costi.

 

Harry sollevò la valigia e la trascinò fuori dalla stanza, scese le scale e la poggiò sull’uscio di casa. Avrebbe voluto andarsene così, senza salutare, ma la sua coscienza gli vietò di aprire la porta e lo spinse, seppure controvoglia, in salotto, dove, seduti su una poltrona, se ne stavano i membri della famiglia Dursley.

 

Dudley ghignava apertamente seduto tra i due genitori, il viso rubicondo di zio Vernon era arrossato e contorto in un sorrisetto soddisfatto. Lo stupore iniziale causato dalla notizia improvvisa della partenza di Harry aveva lasciato posto ad un evidente stato di soddisfazione e compiacimento. Eppure sua zia Petunia aveva un’aria stanca, spaesata, decisamente preoccupata. Di sicuro non sono io la fonte di tutta quella preoccupazione. Pensò Harry fissando il volto della zia pallido come un cencio.

 

Aveva già visto quell’espressione e quella tinta grigiastra sul viso di Draco Malfoy poco prima dell’attentato ad Hogwarts, quando si disperava nei bagni in compagnia di Mirtilla Malcontenta. In due settimane Harry aveva riflettuto: per quel ragazzo, suo acerrimo nemico per sei anni, riusciva a provare una piccola eppure sincera pietà. Lo aveva visto vacillare sotto gli incoraggiamenti di Silente, avrebbe abbassato la bacchetta se non fossero sopraggiunti gli altri Mangiamorte, e anche dopo, seppure non apertamente, si era rifiutato di uccidere il suo preside. Malfoy aveva sempre avuto una raccapricciante predisposizione verso le Arti Oscure, ma anche lui, rifiutandosi di uccidere Silente, aveva dimostrato un minimo di decenza umana. E alla fine era fuggito da Hogwarts per non tornarci più; Harry si ricordava ancora del discorso che Malfoy aveva fatto tutto impettito ai suoi compagni: “Voglio dire, può darsi che il prossimo anno io non sia nemmeno a Hogwarts, che cosa me ne importa se piaccio o no a un vecchio grasso relitto?” Ma tutto l’orgoglio di Mangiamorte si era presto dissipato: forse Malfoy aveva capito di essere dalla parte sbagliata? Silente lo credeva, ma Harry non si fidava più dei suoi giudizi bonari; l’eccessivo altruismo lo aveva portato alla morte.

 

Harry strinse forte i denti quando gli balenò alla mente il volto dell’uomo che più disprezzava e odiava sulla faccia della terra, Severus Piton, che aveva brutalmente assassinato il suo protettore. Secondo dopo secondo, come in un film dove risaltano i particolari più minuziosi e crudeli, Harry rivisse la morte del suo amato preside: Silente piegato dal dolore che implorava Piton. Ma Piton non aveva accolto le sue suppliche e un accecante raggio verde aveva colpito l’esile figura di Silente facendolo precipitare nel vuoto per poi toccare la dura terra con un tonfo sordo: ed era stata la fine del più grande preside che Hogwarts avesse mai avuto. Harry lo seppe da subito, quando l’incantesimo di blocco che gli aveva lanciato Silente svanì di colpo: quella morte era stata immediata e catastrofica, aveva riempito Harry, non di rabbia, com’era accaduto un anno addietro con Sirius, ma di un dolore furente.

 

Dopo quel terribile colpo la sua pietà era diventata più tenera e flessibile: avrebbe voluto uccidere tutti quei Mangiamorte, compreso Malfoy, assassinarli col suo dolore nel modo più atroce possibile. E quel dolore, alla fine, era sempre rabbia indomabile che lo spingeva a cambiare il suo spirito, soccombendo; il suo spirito martoriato dal dolore e sopraffatto dalla vendetta.

 

E’ così Harry Potter a diciassette anni: vittima di una debolezza d’animo; non era perfetto e non lo sarebbe mai stato, ma doveva sforzarsi di andare oltre i suoi limiti per il bene di tutti.

 

Il giovane mago si concentrò sui Dudley: niente smancerie, sarebbe stato un’ipocrisia salutarli con un abbraccio. Si limitò a mormorare un “Addio” che i Dudley accolsero di buon grado rispondendo con un ispirato “Addio, Harry. A mai più rivederci”

 

Zia Petunia era ancora taciturna. Vernon se ne accorse e si voltò per chiederle: “Che c’è cara, non ti senti bene?”

 

Petunia lo ignorò per rivolgersi ad Harry: “Ora è tutto cambiato, vero. Sono in guerra… siamo in guerra.”

 

I due Dursley la fissarono a bocca aperta e occhi sgranati, evidentemente spaesati dalla sua domanda. Harry sapeva benissimo a cosa alludeva sua zia, ma come poteva saperlo? Il giovane non se ne preoccupò: i problemi di quella famiglia non erano più i suoi. Ma ancora una volta la sua coscienza lo frenò e gli impose di accennare con il capo e dire “Sì” Il viso di Petunia si fece buio e oscuro.

 

Harry sospirò ed abbandonò la famiglia Dudley, mentre zia Petunia si crogiolava sul divano nella sua privata ed inspiegabile disperazione.

 

Prima di uscire Harry fu colto da un’improvvisa nostalgia. Si voltò verso lo sgabuzzino sotto le scale. Quello era stata la sua casa e il suo rifugio fino ai dodici anni; doveva dirgli addio.

 

Si avvicinò ed aprì la porticina. Ormai era decisamente troppo alto per poterci entrare con facilità, era cresciuto di altri cinque centimetri da quando aveva lasciato la scuola. Allungò un braccio per accendere la lampadina che pendeva dal soffitto: era tale e quale l’aveva lasciato, mancava solo il letto. Lo stesso disordine di quando era undicenne pervadeva il piccolo sgabuzzino, gli stessi oggetti, i libri, le riviste accatastate, un cumulo di cianfrusaglie, non c’era da stupirsi se gli zii l’avevano scelta come sua camera da letto. Appagato da quella vista spense la luce e si voltò non prima di intravedere con la coda dell’occhio un leggero bagliore rosso. Si girò di scatto per tirare la corda che pendeva dalla lampadina. Lo sgabuzzino fu nuovamente invaso dalla luce, ma non c’era niente di fosforescente nel punto in cui credeva di aver scorto un luce vermiglia, solo delle riviste, una cornice e un paio di forbici.

 

Spense la luce ed uscì dallo spazio angusto per camminare verso l’atrio. Era diventato ancora più paranoico nelle ultime settimane, doveva stare attento, altrimenti rischiava di impazzire o di vedere esseri invisibili come Luna Lovegood.

 

Afferrò la valigia ed aprì la porta. Con un profondo respiro eccitato mise piede oltre lo stipite ispirando a pieni polmoni l’aria uggiosa mista a nebbia. Si voltò per richiudere la porta e i suoi occhi caddero per terra: non avrebbe mai più toccato il pavimento di casa Dursley! Dopo due settimane, finalmente, un po’ di soddisfazione! Ma Harry s’illudeva: in un futuro non molto lontano sarebbe ritornato a casa Dursley, non certo per far visita agli zii. Lui non lo poteva immaginare.

 

Nonostante fosse ancora pomeriggio, il cielo era cupo e appannato da una spessa foschia. Era difficile scorgere qualcosa oltre i due metri, ma Harry riconobbe subito la figura che si stagliava di fronte a lui. Arrancando tra il banco di nebbia che invadeva tutto il giardino Harry corse lungo il vialetto. Si precipitò tra le braccia di Remus Lupin che lo strinse amorevolmente e lo guardò sorpreso e soddisfatto da quella dimostrazione affettiva. Finalmente una faccia amica!

 

Harry fu felice di notare che i lunghi solchi che di solito scavavano il viso scarno di Lupin erano quasi del tutto scomparsi, la pelle era più viva e il viso più sorridente e acceso. Al contrario di lui, Remus aveva passato due settimane fantastiche, ma se lo meritava dopo tanti anni di solitudine. Ormai erano alti uguali, ma Harry erano più robusto e aveva un fisico più tonico, frutto di sei anni di allenamenti. Il Quidditch! Harry avrebbe voluto giocarci di nuovo, naturalmente dopo aver risolto il problema “Horcruxes”.

 

“Il matrimonio di Fleur e Bill è domani pomeriggio. Mi hanno dato il compito di scortarti fino a casa Weasley” disse Lupin.

 

Harry, per un attimo, si rabbuiò: di solito era Silente a dare gli ordini, ma si riprese quasi subito: “Sì, lo so. Ma prima di andare mi piacerebbe salutare Arabella Figg.”

 

“Oh” Lupin lanciò un’occhiata alla casa di fronte a quella degli zii di Harry: era parzialmente celata dalla nebbia, le tende erano tirate e le luci tutte spente “Non credo sia ancora in casa, saputo della tua partenza ha deciso di andarsene. Privet Drive non gli è mai piaciuta, troppe pettegole. Almeno così diceva lei. Però può darsi che sia ancora in casa”

 

Harry ne dubitava, ma tentar non nuoce: “Meglio che vada a controllare, allora”

 

“Stai attento” lo ammonì Remus “Non vorrei fare la parte dello scocciatore, ma sai anche tu che di questi tempi il pericolo è ovunque, cerca di non cacc…”

 

Harry lo interruppe chiedendogli con voce maliziosa: “Come vanno le cose con Tonks?”

 

I capelli grigiastri di Lupin si contrapponevano in modo netto con il rossore acceso del viso “Non c’è male” Harry sapeva di essere diventato un tantino visionario negli ultimi tempi, ma avrebbe giurato di vedere le orecchie di Remus fumare “Ehm, abbiamo solo avuto degli… incontri ravvicinati” Lupin si morse la lingua: chissà quale terribile e perverso doppio senso aveva macchinato la mente adolescenziale di Harry Potter?

 

“Non fraintendere, Harry” aggiunse Lupin guardando un punto imprecisato nel banco di nebbia “Siamo solo usciti a cena” e diede un marcato colpetto di tosse “Niente di più, niente di meno… ma soprattutto niente di più!”

 

Harry non riuscì a trattenersi, neanche la sua imperiosa coscienza era stata in grado di fermarlo: “Cosa avrei dovuto fraintendere, Remus?” domanda retorica “Ad ogni modo mi fa piacere che le cose con Tonks vadano bene. Ma chissà per quanto ancora potrò chiamarla Tonks, cambierà di cognome quando si sposerà, giusto?” altra domanda retorica “Ma c’è un martellante interrogativo che mi pongo ormai da tempo…” Il groppo nella gola di Lupin non accennava a sbloccarsi, Harry, invece, non sembrava avere esitazioni e neanche peli sulla lingua “… come pensate di chiamare vostro figlio? Preferisci un maschio o una femmina?”

 

A questo punto la discussione tra i due poteva dirsi conclusa, Harry dubitava che Lupin riuscisse a mettere assieme due parole in un discorso logico. Il giovane mago sorrise nel vedere Remus tutto impacciato e balbettante: chissà se quello era il suo primo amore? Probabilmente sì; Lupin aveva sempre sfuggito la vita amorosa per via delle sue condizioni, in fondo, dopo trentasette anni di vita, non era riuscito ancora ad accettare il fatto di essere un Lupo Mannaro, ma Tonks era un’ottima medicina per superare questo blocco emotivo e a giudicare dall’evidente imbarazzo che Remus tentava di nascondere infruttuosamente, Tonks era una medicina che funzionava mooolto bene.

 

“Torno subito, aspettami qui.” Non avrebbe fatto fatica a ritrovarlo in mezzo alla foschia: il viso di Remus brillava come una lampadina da 100 watt, era meglio di un faro da nebbia.

 

Harry si allontanò da Lupin puntando dritto davanti a lui, sperando che quelle fossero le coordinate giuste per arrivare a casa di Arabella Figg.

Lumos!” Gridò Harry e una ridotta macchia di luce riuscì a perforare lo spesso banco di nebbia. Viveva in Inghilterra da diciassette anni eppure non aveva mai visto una nebbia tanto fitta, era come se fosse solida e carica di negativismo: i Dissennatori si stavano duplicando alla svelta. I metereologi babbani avevano tentato in tutti i modi di spiegare il fenomeno, ma era impossibile prevedere quali sarebbero state le prossime regioni ad essere invase dalla nebbia; inoltre la polizia si scapigliava per trovare delle risposte all’improvvisa crescita di decessi, che alla fine erano stati classificati come suicidi a causa della depressione portata dalla nebbia. Nessun oggetto babbano poteva individuare residui di magia, ma se avessero potuto, avrebbero sicuramente trovato tracce di qualche Maledizione Senza Perdono.

 

Harry puntò la bacchetta di fronte a lui e scorse quelle che potevano essere le mattonelle di un muro. Tastò a tentoni la parete finché non trovò il legno della porta e la maniglia; la abbassò, ma la serratura era chiusa. Allora bussò, ma non vi fu risposta. La signora Figg se n’era già andata.

 

Scoraggiato si voltò per tornare da Lupin, ma la serratura alle sue spalle scattò e la porta si aprì con un lento cigolio. Il sesto senso di Harry lo fece sobbalzare: c’era qualcosa di oscuro nell’aria! Si girò di scatto con la bacchetta saldamente stretta tra le dita, ma si trattava solo di Arabella Figg.

 

Harry sospirò e abbassò la bacchetta, aveva già i nervi a fior di pelle e quell’atmosfera carica di tensione non aveva certo contribuito a calmarlo. Ma l’intuito di Harry gli diceva che c’era qualcosa di strano che non dipendeva dalla nebbia, ma davanti a lui c’era solo un’anziana donna magonò completamente indifesa e disarmata. Che gli stava succedendo?

 

“Ah, sei tu Harry!”

 

Harry fece uno sforzo per riconoscere la voce di Arabella Figg; era proprio lei? Un sottile strato di nebbia le aleggiava attorno al viso, ma i lineamenti erano i suoi. Forse aveva solo un po’ di influenza o mal di gola. Perché devo sempre pensare negativo?

 

“Sì, sono io. Volevo dirle arrivederci, signora Figg.”

 

“Mi fa molto piacere che tu sia venuto a salutarmi, Harry! Sono così contenta!” ma, nonostante le sue parole, il tono della voce rimaneva piatto e quasi meccanico.

 

“E’ meglio che non ti faccia entrare” continuò lei insistendo sullo stesso tono di voce “Sto per partire e ci sono bagagli sparsi dappertutto”

 

“Anch’io me ne sto andando. Remus Lupin è qui di fronte che mi aspetta.”

 

“Remus Lupin… sì certo. Come sta?”

 

Harry ebbe un attimo di esitazione prima di risponderle: parlava come se non conoscesse Remus. “Sta molto bene, le cose con Tonks sembrano andare a gonfie vele.”

 

“Mi fa piacere per lui.”

 

La conversazione sembrava ristagnata. Che cosa era successo all’energica Arabella Figg che non era mai a corto di pettegolezzi e di argomenti di discussione?

 

“Oh, scusami Harry!” cominciò a piangere.

 

“Ehm, signora Figg…” i singhiozzi della donna risuonavano nelle strade deserte di Privet Drive. Harry era completamente spiazzato, non sapeva cosa fare quando una persona, in special modo una donna, si metteva a piangere di fronte a lui. “Che cosa le prende? Mi dica, forse posso aiutarla.”

 

I piagnistei di Arabella si attenuarono “Oh, Harry. E’ solo che queste ultime settimane sono state così… pazzesche. Non so più che cosa fare, non so più come andrà a finire questa guerra e ora che Silente non c’è più…” e riprese un pianto dirotto.

 

Una valanga di rimorsi colpì Harry in pieno petto: aveva sospettato di Arabella Figg, ma lei era solo sconvolta per la morte di Silente, il minimo che poteva fare era tentare di consolarla.

 

“Non si preoccupi, ci penserò io a risolvere tutto” le parole gli erano uscite di getto dalla bocca, quasi di loro spontanea volontà. Harry rimase quasi basito: era vero quello che aveva detto, toccava a lui e a lui solo sconfiggere Voldemort e mettere fine a quella guerra, portava un enorme fardello sulle spalle.

 

Arabella Figg interruppe il suo pianto “Ora sono più tranquilla sapendo che ci sarai tu a difenderci dall’Oscuro Sign… da colui-che-non-deve-essere-nominato.” Non ne era molto sicuro, ma Harry avrebbe giurato di scorgere un leggero tono di ironia nell’affermazione della donna e il riferimento all’Oscuro Signore non gli era sfuggito. Il suo sesto senso si risvegliò.

 

“Signora Figg, va tutto bene?”

 

“Sì, sì, è solo che sono così stressata!” rispose quasi seccata.

 

Il dubbio in Harry continuava a crescere ad ogni parola della donna “Le dispiace se entriamo in casa un momento?” la domanda di Harry sembrava più un ordine che una proposta.

 

“Mi dispiace, te l’ho già detto che è tutto in disordine.”

 

“Perché non mi vuole fare entrare?”

 

“Non ti voglio fare entrare?” la donna proseguì con freddezza “Se ci tieni così tanto, allora entra” e si levò dallo stipite della porta lasciando libero accesso a Harry.

 

Il giovane varcò la soglia pronto per qualunque cosa dovesse succedere, ma, una volta dentro la casa, non successe nulla.

 

“Allora..” Harry sobbalzò sentendo la voce cupa di Arabella Figg dietro di lui “… vuoi perquisire la mia casa come hanno fatto quelli del Ministero, vuoi controllare sul mio braccio sinistro” e alzò la manica della sua tunica per rivelare un braccio immacolato “oh, ma che peccato, niente tatuaggio. Allora, Harry, mi credi una doppiogiochista?” questa volta la sua voce suonava offesa, triste e delusa.

 

Harry dimenticò subito tutti i suoi dubbi: “Mi dispiace molto signora Figg! E’ solo che sono così sospettoso ultimamente, deve essere colpa di tutta questa nebbia!”

 

La donna ebbe un improvviso cambio di umore e si mise a ridacchiare compiaciuta “Naturalmente! Ma devi scusare anche me, vedi, con la morte di Silente e la tua partenza mi sento così inutile” Arabella continuò con fare melodrammatico “E’ solo che la morte di Silente mi ha così sconvolta! Che uomo era Silente! Pensa che ha persino concesso ad una magonò come me di entrare nell’Ordine della Fenice! Non che io svaluti i magonò, non voglio certo offendere tua zia Petunia…” Arabella Figg ammutolì e cadde un lungo silenzio imbarazzante.

 

Harry era esterrefatto: “Che cosa ha detto?”

 

“Niente!” la donna fece un gesto non curante con la mano, sembrava quasi che stesse recitando.

 

“No, non è vero! Lei ha detto che, che… mia zia è una magonò?”

 

Arabella abbassò il viso con una simulata aria costernata “Vedi, Harry, certe cose le devi capire. Voglio dire, certi segreti vanno tenuti, per il bene di una persona.”

 

“Quali segreti? Quale bene di una persona?” chiese Harry con insistenza.

 

La signora Figg si abbandonò ad una risata straordinariamente priva di emozioni “D’accordo, mi hai beccata, Harry! Ma tutti gli altri hanno sempre reputato che fosse giusto tenerti all’oscuro delle condizioni di tua zia Petunia… e dei tuoi nonni materni.”

 

“Quali condizioni dei miei nonni materni?”

 

“Loro erano maghi, Harry. E di conseguenza tua zia Petunia è una magonò perché non ha poteri magici e tua madre non era una Mezzosangue.”

 

“Cosa?” Harry era sconvolto “Ma è impossibile! I miei nonni materni vivevano tra i Babbani, non mi risulta che fossero mai andati a Hogwarts!”

 

“Questo è vero perché i tuoi nonni erano dei magonò. Ed è anche per questo che la nascita di tua madre fu una vera benedizione per loro, è raro che da una coppia di magonò nasca una strega con dei poteri e tra l’altro una strega straordinariamente dotata come tua madre! Devi capire tua zia Petunia e l’avversione che nutre nei confronti di tua madre, una gelosia tanto forte da portarla a…” e qui si interruppe bruscamente.

 

“Come?” Harry non riusciva a dire altro, troppo sconvolto per capire qualcosa. Era andato a salutare una vicina di casa e invece gli venivano svelati segreti che riguardavano la famiglia di sua madre!

 

“Capisco che tu sia molto confuso, Harry. Ma l’abbiamo fatto per il tuo bene, Silente ci ha fatto giurare di non dirtelo mai, per non farti soffrire…”

 

Harry si riprese grazie all’insensatezza di quella frase: “Perché dovrebbe farmi soffrire?”

 

“Col tempo lo scoprirai” sembrava quasi un avvertimento, una minaccia, un ammonimento… Harry non lo sapeva, quella situazione era così strana e Arabella Figg era così…

 

Harry non ebbe il tempo di riflettere perché la voce di Remus Lupin gli arrivò alle spalle, a confronto di quella di Arabella Figg, la sua voce era molto più colorita, vitale e… meno forzata.

 

“Che cosa succede? Ho sentito piangere, ma prima di trovare la porta ci ho impiegato un po’. E poi ho sentito la voce di Harry un tantino sconvolta.”

 

Arabella Figg si rivolse a Lupin “Ehm… Remus… Harry sa tutto di sua zia Petunia e dei suoi nonni materni.”

 

Lupin fece un balzo impressionante: “Come sa tutto? E chi gliel’ha detto?”

 

“Io… ma inavvertitamente” Arabella riprese a parlare con quel tono simulato, freddo e meccanico.

 

Remus si mise a fissare Harry con aria preoccupata: “Harry, stai bene?”

 

“Perché dovrebbe farmi soffrire sapere che mia zia è una magonò?” doveva assolutamente saperlo; era impossibile pensare che la risposta fosse semplicemente: Perché è tua zia e devi provare compassione per le sue condizioni. Inoltre Silente aveva fatto giurare il silenzio a tutti, doveva trattarsi di qualcosa di importante.

 

Ma Remus ignorò la sua domanda: “Mi sembra che tu sia molto agitato. E’ meglio che saluti Arabella, dobbiamo andare.”

 

Harry gettò la spugna, era inutile insistere. Prima doveva riprendersi e poi considerare i fatti a mente lucida. “D’accordo” e si voltò verso Arabella “Arrivederci signora Figg.”

 

Ma la donna restava muta, ritta sulle sue gambe come un palo inanimato, sembrava bloccata da un incantesimo. Anche Remus se ne accorse e le andò incontro: “Arabella, va tutto bene?”

 

Prima che le arrivasse vicino la donna ebbe uno scatto epilettico e mosse la testa freneticamente avanti e indietro. Lupin indietreggiò e afferrò Harry per un braccio: “Harry, andiamo via. Credo sia vittima dell’Imperius.”

 

Harry lo sospettava già da molto ma non aveva intenzione di abbandonare Arabella Figg: “Non possiamo lasciarla qui! E se tornassero i Mangiamorte e la uccidessero?”

 

Remus esitò ma poi strattonò Harry fuori dalla porta mentre Arabella li seguiva ritta e statica come un pezzo di ghiaccio. Alla tenue luce della bacchetta di Lupin i due scorsero il volto pallido e spettrale della signora Figg: aveva l’intensità espressiva di un Inferus e i suoi occhi erano completamente vacui.

 

“Ascolta” disse Lupin con voce malferma “So che è rischioso, ma prima di tutto dobbiamo pensare a te. Appena arrivati alla Tana manderemo subito qualcuno dell’Ordine per verificare che stia bene, ma dobbiamo fare alla svelta!”

 

A malincuore, Harry chiuse gli occhi e si concentrò visualizzando nella mente la casa dei Weasley e un attimo dopo ebbe la consueta e sgradita sensazione di vertigini, i piedi si staccarono da terra e un imbuto di energia li risucchiò entrambi per smaterializzarli molte miglia lontano da lì.

 

Sia Harry Potter che Remus Lupin svanirono sotto lo sguardo vuoto di Arabella Figg, ma ad osservarli c’era un altro paio di occhi, nascosti in un angolino buio della casa.

 

Di fronte al numero 4 di Privet Drive dominava il silenzio, ma una sottile voce femminile lo interruppe bruscamente bisbigliando: “Imperio” e le invisibili funi che fino a quel momento avevano guidato Arabella Figg come una marionetta si spezzarono e il corpo della donna tornò libero.

La signora Figg cadde in ginocchio mentre, con la voce mozzata dal fiatone, mormorava: “Cosa mi hai fatto fare!”

 

Dalla zona più in ombra della casa venne avanti una figura incappucciata, nera come la notte: “Non si agiti, non intendo ucciderla.” La voce che proveniva da dietro la maschera si accordava ben poco con l’aspetto maligno che ispirava quella Mangiamorte: il timbro della voce era gentile e rassicurante: “Io non la ucciderò, ma si ricordi: non deve dire a nessuno che sono stata qui. E se per caso scopro che mi ha disubbidito la polizia babbana avrà a che fare con un misterioso caso di suicidio collettivo, diciamo… il suicidio di tutti gli abitanti di Privet Drive.”

Arabella divenne più pallida di quanto già non fosse: “Non faccia del male a questi Babbani, sono brava gente! D’accordo, starò zitta.”

“Meglio per i suoi amici Babbani. E si ricordi che io la tengo d’occhio, non mi faccia arrabbiare, sappia che sono capace di qualunque cosa quando mi arrabbio.”

 

“Non ne dubito, è una Mangiamorte.”

 

“Se questo voleva essere un insulto, sappia che non me la sono presa” La misteriosa Mangiamorte passò accanto ad Arabella Figg e le si inginocchiò davanti: “Guardi che non scherzo, sappia che sono una persona molto… poco affidabile.”

 

Arabella deglutì nel vedere la Mangiamorte avvicinarsi pericolosamente. Adesso che erano faccia a faccia poteva vedere i suoi occhi attraverso le fessure della maschera: erano di un colore incredibile, che faceva impallidire persino il verde intenso degli occhi di Harry; avevano sfumature azzurre cielo e verde bottiglia che si mescolavano in una miriade di tonalità, come in un vortice che esaltava la pupilla nera.

 

“Ho degli occhi molto belli, vero?” sibilò la Mangiamorte mentre si alzava e si preparava a svanire.

 

“Aspetti!” esclamò improvvisamente la signora Figg.

 

La Mangiamorte stese le braccia lungo i fianchi e fissò la donna accasciata a terra: “Sì?”

 

Arabella proseguì dubbiosa “Lei mi sembra molto giovane, quanti anni ha?” non ricevette risposta “Credo che lei sia nel fiore dell’età e allora perché butta via la giovinezza in questo modo? Non sia più una Mangiamorte, cambi idea, scelga la strada giusta!” la Mangiamorte non reagì, si limitava a fissarla.

“Ha finito con questi vuoti discorsi da filosofa moralista. Che le prende? Ora che Silente è schiattato vuole sostituirlo nel ruolo di predicatrice? Non se la prenda, ma mi ha fatto davvero pena con il discorso di prima e poi non le conviene fare rimproveri a Maghi Oscuri, è un lavoro pericoloso. Ricordi cosa ha ottenuto il caro e defunto Silente per fare la ramanzina del buon samaritano a Severus Piton.” e con la mano simulò una caduta accompagnata da un fischio sordo.

 

Il colorito del viso di Arabella passò dal bianco spento al rosso acceso: “Come osa parlare male di un uomo che ha sacrificato la sua vita perché noi potessimo…”

 

“Sta insistendo con la tattica della moralista? Non le ho già detto che non le si addice?” la interruppe la Mangiamorte.

 

La signora Figg boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, ma non pronunciò parola.

 

La Mangiamorte rise sommessamente: “Ha qualcos’altro da propinarmi oppure mi lascia andare a fare il mio lavoro.”

 

Arabella si riprese dal mutismo: “Vai pure a fare il tuo sporco lavoro!”

 

“Però, ora che ci ripenso, per fare il mio sporco lavoro non mi devo allontanare granché” la Mangiamorte sghignazzò di nuovo con un sorrisetto estremamente dolce “La mia vittima è molto vicina.”

 

Un oscuro dubbio si insinuò nella mente di Arabella: “Perché dice così? Non stava andando via?”

 

La Mangiamorte sghignazzò, questa volta più crudelmente: “Beh, ho cambiato idea.”

“In che senso?” domandò Arabella mentre indietreggiava verso l’uscio della porta.

“Vede, cara signora Figg, è inutile che tenti di scappare: io sono una strega molto potente e lei una misera magonò; scommetto che non ha mai assistito ad un incantesimo Imperius migliore del mio, ha notato che avevo preso pieno possesso del suo corpo e che potevo manipolarla come volevo, farla parlare come volevo…”

 

“Sì, ho notato” rispose secca la donna senza alcuna traccia di ironia nella voce: era troppo spaventata, l’ansia le stava attanagliando la gola “Siete terribili! Voi, tutti i Mangiamorte! Avete il maligno nel sangue…”

 

“Il maligno nel sangue? Sbaglio o eravate voi a predicare: Non si giudicano i maghi a seconda del sangue! E’ un po’ contraddittoria, cara signora. Ma ora sto facendo passare troppi, preziosi secondi, quindi…”

 

La Mangiamorte ebbe la prima reazione emotiva della serata, ma questa non giovò ad Arabella Figg che si ritrovò sbattuta contro il muro da uno schiantesimo.

“Le sembro cattiva, io?” la Mangiamorte bisbigliava a denti stretti; tutta la tenerezza della voce era scomparsa “Proprio io che le stavo offrendo su un piatto d’argento la possibilità di sopravvivere all’attacco di una Mangiamorte, e lei, invece…” e detto questo afferrò l’anziana donna per il collo del pullover e la alzò da terra: quella giovane era incredibilmente forte e aveva una stretta molto poderosa.

“Mi… mi dispiace” balbettò Arabella mentre tremava dalla paura, prigioniera tra la parete e la Mangiamorte.

 

“Già, anche a me dispiace per lei” la Mangiamorte estrasse la bacchetta e si compiacque nel vedere il terrore negli occhi della sua vittima “Non è mai piacevole morire da soli, per fortuna ci sono io qui con lei. Non si preoccupi, non soffrirà minimamente, almeno ora. Alcuni credono che le vittime dell’Avada Kedavra anche dopo la morte non trovano pace.”

 

“La preg…”

 

Ma Arabella Figg non fece in tempo a finire la frase; la Mangiamorte urlò: “Avada…”

 

E tutto si fece oscuro per Arabella Figg.

 

La Mangiamorte fissò il corpo inerme della donna steso a terra, una smorfia di sorpresa e dolore le contorceva i lineamenti del viso.

 

“Ho visto una luce verde! Non sarà mica…”

 

Degli uomini si erano appena materializzati di fronte alla casa e stavano per entrare dalla porta spalancata, per fortuna della Mangiamorte la nebbia fitta limitava la visuale e quindi i membri dell’Ordine non l’avevano ancora localizzata.

 

Si chinò e toccò il freddo volto di Arabella Figg: “Povera donna, ma in fondo non mancherai a nessuno: a chi può mancare una magonò? E a proposito, hai fatto proprio un bel lavoro con il giovane Harry Potter, gli abbiamo confuso le idee per benino. Quando scoprirà il resto della verità sulla sua famiglia scommetto che farà per noi il lavoro sporco. Sarà lui a portare a termine il piano, anche se non lo farà volontariamente. Ehm, povera Petunia, doveva essere molto gelosa della sorella per farle una cosa del genere, ma del resto avere una sorella talmente dotata l’avrà fatta sentire una… reietta.” E si smaterializzò nel covo segreto del Signore Oscuro.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

Samy & Kaho show

 

Sorella: Innanzitutto grazie e x qnt riguarda Draco non c’è da preoccuparsi… (purtroppo ndKaho fortunatamente!! Ciao sorella! Condividiamo la stessa passione ndSamy^////^; ç__ç à *_* ndKaho) è un personaggio principale e non deve assolutamente mancare (tranne in questo capitolo) nei prossimi cap la sua presenza abbonderà. X qnt riguarda gli errori ce li correggiamo a vicenda ma nel Prologo abbiamo avuto dei leggeri problemi di pubblicazione ^_^ e ci è sfuggito qlcs. Grazie 1000 KS

 

Siangel87: Grazie per avere avuto tutta la pazienza di leggere l’intro sulla trilogia… per quanto riguarda la completezza della trilogia……. teoricamente la trama di HP7 è già tutta scritta e siamo arrivate a 5 cap completi e il 6° è in corso. Ci saranno degli imprevisti vacanzieri e ovviamente la pigrizia di Kaho -_- , ma la frequenza di pubblicazione è di circa 4 giorni per quelle già fatte e x le altre circa una settimana e dipende anke da fattori X e Y ma ci impegneremo (tra l’altro i cap sn un po’ funghetti, l’hai notato? ^__^) (Momento di imbarazzo) à ehm, ehm, x la terza parte la trama dettagliata nei cap c’è già tutta, ma mancano i cap scritti in concreto; ma porta pazienza xké HP7 è un  po’ lungo (all’incirca 20 cap o +) Ciao, speriamo di sentirti ancora KS

 

Rebecca: In effetti anche noi avevamo dei problemi di comprensione con la legenda ma tanto x fare i tecnologici e le precisine abbiamo voluto scriverla. Nel contesto i segni si dovrebbero capire ma cercheremo di semplificare e di togliere alcune cose. Grazie x il tuo commento costruttivo. Ma x qnt riguarda la storia, ti intriga? Non mancare alla prox Ciao! ^_^ KS

 

Evanescense88: 1^ cosa hai un bel nick (Kaho ne è rimasta affascinata dato che ricorda un certo gruppo ndSamy) 2^ Grazieeee x i complimenti, hanno avuto l’incredibile potere di invogliare Kaho a scrivere un altro capitolo (cs ke accade di rado… ndSamy -_-) Baci KS

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Matrimonio alla Tana ***


CAPITOLO 2 – “MATRIMONIO ALLA TANA”

Capitolo 2 – “Matrimonio alla Tana”


Quando la morsa all’ombelico – ormai solo un fastidioso solletico – cessò, Harry seppe di essere arrivato a destinazione, la Tana. Anche se i suoi pensieri erano rivolti alla signora Figg, il ragazzo si rallegrò alla vista dei lunghi campi arati della campagna inglese che precedevano la Tana e istintivamente prese un bel respiro, godendosi quell’odore di terra tipico degli ambienti agresti.

 

Poco dopo Harry si voltò verso il suo ex professore di Difesa contro le Arti Oscure fissandolo con due occhi smeraldo angosciati. “Remus…” iniziò, ma la sua voce fu subito surclassata da quella decisa e seria di Lupin che gli disse: “Vado a cercare aiuto. Tu vai alla Tana, senza indugi. Lì sarai al sicuro.”

 

Harry annuì: “Va bene. Ma fai…”

 

Il licantropo gli sorrise brevemente e in un attimo si smaterializzò davanti ai suoi occhi. Harry rimase fermo per un momento, guardando il vuoto. “…in fretta” completò la frase. Remus era uno dei membri più in gamba dell’Ordine e svolgeva con minuzia ogni incarico a lui affidato e s’impegnava sempre con costanza quando si trattava di aiutare il prossimo: la sig. Figg era in buone mani.

 

Grazie a questo pensiero rassicurante, l’apprensione di Harry per la Magonò si affievolì e i muscoli del collo si distesero. Harry si incamminò a lunghe falcate verso la casa dei Weasley, la numerosissima famiglia di pel di carota, che in pratica lo aveva adottato.

 

La Tana, così era chiamata la piccola costruzione in legno dove viveva la famiglia, era per Harry l’unica casa dopo Hogwarts, la scuola di Magia e Stregoneria che quell’anno non avrebbe più frequentato.

 

Scuotendo lievemente la testa, contrariato dalla piega che avevano preso i suoi pensieri, affrettò ancor di più il passo, impaziente di potersi rilassare coi suoi amici, Hermione e Ron, e finalmente di poter assaporare i dolci appena sfornati della signora Weasley.

 

Harry arrivò ben presto alla porta amichevole della Tana. Bussò e attese.

 

“Chi va là?” chiese una nervosa voce femminile da dentro casa, voce che Harry identificò come quella di Molly Weasley.

 

“Sono io signora Weasley” rispose Harry, acquattandosi un poco in modo che la madre di Ron lo potesse vedere dal basso spioncino.

 

“Oh, Harry caro…”

 

Il giovane mago udì il rumore del chiavistello, ma la porta non si aprì, anzi, la voce possente d’un uomo – Arthur Weasley – fermò la moglie, rimproverandola. “Molly… la parola d’ordine!”

 

“Ma Arthur, è solo Harry, e mi sembra una buffonata così…” la voce si alzò di un decibel, e il tono con cui Molly Weasley si rivolse al marito divenne più tagliente “E va bene, Arthur, se proprio insisti, lo farò.” La voce mutò ancora, diventando quasi di zucchero filato. “Scusa, Harry caro, ma mi sapresti dire il nome del primo animaletto domestico di Hagrid?”

 

Harry sorrise tra sè ripensando a come Molly detestasse tutti quei cerimoniosi sistemi di protezione. “Aragog.” Rispose e finalmente l’uscio si aprì.

 

Neanche passato un millisecondo Harry fu abbracciato di slancio dalla tarchiata mamma di Ron, che quasi pianse dalla contentezza nel vederlo lì, al sicuro. Ormai anche per i signori Weasley Harry era come un figlio adottivo; e per quanto Harry adorasse tutti e fosse felice di questo, le dimostrazioni della signora Weasley erano sempre... imbarazzanti. Ma piacevoli, a modo loro. L’affetto era ciò che gli era mancato nella sua infanzia.

 

“Oh, caro, eravamo così… preoccupati…” singultò, mentre Harry, imbarazzatissimo, tentava di calmarla con piccole pacche affettuose sulla schiena, balbettando: “Sto bene, signora Weasley…”

 

A salvarlo venne prontamente il signor Weasley. “Fai entrare il povero Harry, Molly, sarà stanco per il viaggio.”

 

“Oh, certo, certo…” La signora Weasley si spostò di lato, lasciandolo libero di respirare, e Harry entrò finalmente in casa. “Accomodati pure, Harry caro. Tra dieci minuti sarà pronto…”

 

“Ottimo. Salve signor Weasley, Charlie…” salutò Harry togliendosi il mantello e appoggiandolo su un appendiabiti che il giovane mago non aveva mai visto. Guardandosi bene intorno notò che tutta la casa era stata rassettata di recente, anche se l’arredamento non era cambiato. Eppure a Harry pareva meno polverosa e più ordinata di quanto fosse stata in quei sei anni.

 

Charlie, il maggiore dei sette fratelli Weasley, sorrise divertito osservando lo stupore di Harry, che continuava a girare su sè stesso come una trottola, sorpreso.

 

“È inutile che tenti di scavare un buco nel pavimento per rovinare il lavoro di mamma, Harry. Ha messo un incantesimo contro sporcizia e disastri domestici generali…” lo avvertì, ridacchiando leggermente.

 

Harry aprì al bocca, ma da questa non uscì alcun suono.

 

“Ah, se cerchi Hermione e Ron sono nel retro…”

“Grazie Charlie…” riuscì finalmente a dire Harry, precipitandosi, non poco incuriosito da quel strano fattore, verso il retro della casa, dove sperava di trovare i suoi migliori amici, nonché compagni di mille avventure: Ronald Weasley e Hermione Granger. La gioia di poterli riabbracciare gli fece dimenticare sia l’apprensione per la signora Figg che la curiosità di sapere cosa era mai avvenuto in quella che era sempre stata la disordinatissima Tana.

Harry si mise quasi a correre quando sentì due voci molto famigliari borbottare tra loro, stuzzicandosi come al solito. Il ragazzo scosse la testa, tra il divertito e l’esasperato, mentre si fermava dietro ad un cespuglio per sbirciare i suoi amici, trattenendo una risata nel vedere in quale stranissima situazione si erano andati a cacciare: evidentemente Ron era riuscito a convincere Hermione, in qualche assurda maniera, a salire su una scopa magica.

 

Ad Hermione volare non era mai piaciuto perché, probabilmente, non eccelleva al massimo nelle lezioni di Volo, che, a dirla tutta, rappresentava per lei la “materia incubo”. Intelligente, sensibile, coraggiosa, come ogni degno Grifondoro, ligia allo studio e pignola era quasi l’esatto contrario di Ron, che invece era pigro, spontaneo, coraggioso, ma l’amico più leale del mondo. E appunto, mentre assisteva di nascosto alle lezioni private che Ron stava impartendo ad Hermione, Harry si rese piacevolmente conto di come due opposti si attraggono.

 

Tuttavia, il ragazzo rimaneva all’oscuro del motivo, se per orgoglio, timidezza, gelosia o che cos’altro, per cui non si fossero ancora dichiarati, nonostante l’ovvietà dei sentimenti, ovvietà forse solo per occhi esterni. Ma anche Harry Potter, che non era particolarmente sensibile alle faccende romantiche, aveva identificato la loro dannata e ossessiva gelosia come “cotta” o addirittura “innamoramento”. Ma il ragazzo si ritrovava puntualmente in mezzo a questi due esseri innamorati persi e inconsapevoli.

 

Questa situazione gli aveva quasi fatto guadagnare un’emicrania perenne e Harry, rinunciato di rendere partecipi i due dell’ovvio affetto che provavano per l’altro, aveva preferito cedere questo arduo compito al corso naturale delle cose. E qui si presentava una buona occasione…

 

“No, Hermione, devi essere più decisa nel chiamare a te la scopa.”

 

“Io sono decisa, Ron!” Hermione, una scopa appoggiata a terra al suo fianco, incrociò le braccia sul petto, sdegnata.

 

Ron si grattò il mento, pensieroso, non notando – o fingendo di non notare – l’atteggiamento scontroso della ragazza. “È  sbagliato come lo fai tu, Herm, devi essere più… non deve essere un obbligo… la scopa non è qualcosa senz’anima” Hermione inarcò un sopracciglio e le orecchie di Ron assunsero una colorazione purpurea “volevo dire che ha una sua… come dire… sensibilità. È magica, Hermione, non dimenticarlo. Devi voler davvero imparare a volare.”

 

Harry era indeciso su cosa fosse più divertente: Hermione che tentava di volare o Ron che le faceva da maestro.

 

“E se io non volessi?!”

 

Ron alzò le spalle. “Andiamo Herm! Tu devi aver desiderato almeno una maledettissima volta di saper volare!”

 

Ecco che cominciano ad innervosirsi…pensò amaramente Harry.

 

“E se il pensiero di volare non mi avesse neppure sfiorata? Non tutti vivono per essere il Re del Quiddicth, Ron.” Ribatté Hermione con quel suo tono di sussiego che Ron odiava.

 

Ron esplose, le si avvicinò allungando le gambe lunghe e la scosse leggermente: “Diamine, Herm, vuoi dire che non hai mai invidiato me ed Harry, o Ginny mentre volavamo in alto? Non hai mai voluto provare le brezza di non stare coi piedi per terra, di sentire il vento schiaffeggiarti la faccia?! Mai, mai, mai?!!”

 

Hermione non rispose.

 

Harry dal suo nascondiglio emise un piccolo fischio d’approvazione. La perla di saggezza di Ronald Weasley. Una perla preziosa, una su dieci contro le nove su dieci di Hermione Granger. Eh bravo il nostro Re…

 

Ron rimase un attimo in piedi vicino all’amica. “Oh, va al diavolo!” Ron si voltò e fece per andar via, quando successe una cosa che Harry non si sarebbe mai aspettato: la mano di Hermione lo trattenne per il polso. Ron si voltò, il volto in fiamme, guardando con gli occhi azzurri sbarrati la sua migliore amica mordersi un labbro nervosamente.

 

“…io… l’ho desiderato più di una volta Ron.” Hermione confessò questo con estrema lentezza, come se ogni parola le costasse uno sforzo immane. “Ma non ce la faccio, ci ho provato al primo anno, e anche due estati fa, con Victor… non ce la faccio, Ron, non ne sono capace…” la tristezza con cui disse questo toccò Harry quasi quanto toccò il suo migliore amico.

 

Hermione abbassò lo sguardo, dispiaciuta e amareggiata, tormentandosi ripetutamente il labbro. Ron le posò l’indice della mano destra sotto il mento, alzandolo in modo che i loro sguardi si incrociassero. “E se provassimo insieme…?” le suggerì dolcemente.

 

Hermione tirò su col naso e annuì, un grosso sorriso stampato in faccia. “Va bene…”

 

Sotto gli occhi increduli di Harry, il suo migliore amico le strinse forte la mano, mentre Hermione ordinava con tranquillità alla scopa: “Su”

 

La vecchia Stellafreccia di Ron si alzò in volo, a circa un metro d’altezza, per consentire al passeggero di salirvi. Hermione si voltò un’ultima volta verso Ron, che sorrise e le strinse convulsamente la mano, dicendole un muto “Io credo in te.”

 

Hermione assunse un cipiglio deciso e montò sulla scopa, muovendosi per un attimo incerta e incredula sul veicolo magico.

 

“Ricorda di non frenare bruscamente e di andare piano per la prima volta, potresti cadere…” le diede un ultimo avvertimento Ron.

 

Hermione annuì nuovamente, afferrando saldamente con una mano il manico di scopa, esitando prima di lasciare la mano di Ron, che solo in quel momento parve accorgersi dell’atmosfera che si era venuta a creare. L’aria ristagnava dell’elettricità che era scaturita dai due.

 

Le lasciò libera la mano, che andò a stringersi sul manico di scopa. Hermione respirò profondamente. “Ok, ce la posso fare.” Si disse, cercando lo sguardo di Ron. La ragazza sorrise e si diede una piccola spinta verso l’alto, strizzando gli occhi per una manciata di secondi; li riaprì, stupita e  soddisfatta: non era caduta e stava… volando!!

 

Ad Harry per poco cadde la mascella nel vederla librarsi in aria, prima con qualche incertezza di troppo, poi man mano sempre più rilassata e a suo agio, ridendo per la facilità dell’impresa che fino a pochi minuti prima aveva reputato impossibile.

 

Ron se ne stava a terra, la mano sulla sua Tornado, pronto a scattare in caso di minimo pericolo per Hermione; un sorriso allegro e appagato gli illuminava gli occhi.

 

Questo, per Harry, era il massimo esempio di come i suoi due amici fossero irrimediabilmente legati l’uno all’altra. E di questo non poteva che rallegrarsene, la felicità di Ron e Hermione era la sua felicità… Hermione e Ron erano la sua famiglia, ancor prima di tutta la famiglia Weasley, perché erano stati i primi veri amici di Harry, non lo giudicavano perché era il Bambino Sopravvissuto, ma lo apprezzavano perchè era Harry, semplicemente Harry.

 

Che famiglia strana, pensò. Si chiese com’era una famiglia normale, padre-madre-figli. In quel momento, il suo desiderio più nascosto, quello più celato dal suo cuore, gli pizzicò la mente. Una famiglia. Lui voleva avere una famiglia tutta per sè. E il pensiero della persona con cui avrebbe voluto formarla lo riportò alla realtà, facendogli gemere il cuore.

 

“AAAAAH!!!”

 

La sua attenzione fu nuovamente catturata da un movimento brusco di Hermione, che si sbilanciò in avanti; la ragazza aveva perso il controllo sul mezzo e stringeva convulsamente il manico della scopa e gridava, chiedendo aiuto. Harry tirò fuori dalla tasca dei jeans la bacchetta, pronto a intervenire, ma si bloccò vedendo Ron raggiungerla velocemente sulla sua Tornado. Ron si allungò verso Hermione, aprendo le braccia e portandola sul suo manico di scopa; mentre scendevano a terra, la Stellafreccia – che evidentemente per la sua età aveva perso molta stabilità ed era stata, forse, la causa di quell’incidente – si schiantò a terra e si frantumò in minuscoli pezzetti di legno. Hermione, i piedi a terra, osservava inorridita il punto dove la scopa era caduta, spaventata, e si accoccolò tra le braccia di Ron, piangendo. Inizialmente, Ron era impacciato e imbarazzato, indeciso; poi si lasciò andare, abbracciò forte Hermione, accarezzandogli i capelli riccioluti, sussurrando frasi che Harry non comprese, ma che immaginava dolci e confortanti, poiché ebbero l’effetto di placare i singulti di Hermione.

 

Harry non poté trattenere un moto d’invidia verso i suoi amici, pentendosi subito dopo di questo, e sentendosi un vero verme: invidioso dei suoi migliori amici… in fondo, aveva voluto lui che la sua storia con Ginny finisse no?! È meglio così, si ripeté inflessibile, meglio così…

 

“Harry, che ci fai lì accovacciato?”

 

Harry Potter si girò arrossendo lievemente e incrociò lo sguardo interrogativo dei due gemelli di casa Weasley, Fred e George, che erano già saltati al suo fianco, guardandosi intorno, curiosi di scoprire cosa stesse osservando così segretamente Harry. Hermione e Ron, nel frattempo, si erano staccati: Ron aveva il viso rivolto a terra, le orecchie uguali ai suoi capelli rossi, mentre Hermione si asciugava velocemente gli occhi con la manica della felpa grigia.

 

I gemelli sorrisero nella stessa maniera, con la stessa angolazione della bocca, assomigliando vagamente a due statue identiche. “Ehi, fratellino, non pensavo ti piacesse così tanto provarci in giardino con un pubblico così nutrito!” esclamò Fred.

 

Ron ribatté velocemente. “Non è come sembra…”

 

George lo fermò: “Infatti è più di quel che sembra, vero Fred?”

 

“Mooolto di più! È pronta la cena…” e sghignazzando i due gemelli rientrarono in casa.

 

Harry si aggiustò sul naso gli occhiali, impacciato. “Ehm… ciao, sono arrivato da poco…” esordì per rompere il ghiaccio, odiando il silenzio imbarazzante che era calato tra il trio.

 

La prima a riprendersi fu Hermione, che lo raggiunse, baciandogli la guancia. “Oh, ciao Harry come stai?”

 

“Bene. E tu, Mione?”

 

“Molto bene, grazie… scusa se scappo, ma devo andare a… ad aiutare la signora Weasley a servire! Ci vediamo dopo!” si congedò velocemente, le guance che le andavano a fuoco a causa dello sguardo che aveva scambiato con Ron mentre pronunciava “Molto bene”.

 

Quando fu sparita, Harry si rivolse al suo migliore amico con un ghigno trionfale e insieme malizioso sulle labbra. Ron disse frettolosamente: “Non fare commenti, Harry!” e si lanciò verso la porta per entrare in casa. Harry lo seguì, seppur faticando a tenergli testa; quando lo raggiunse inclinò il viso di lato e domandò in tono casuale: “Allora… che stavate facendo tu ed Hermione tutti soli di fuori?”

 

Ron si affrettò a salire le scale e, spinto Harry dentro la sua stanza – dove dormivano insieme – lo guardò quasi impaurito e gli chiese: “Da quanto eri lì?”

 

Harry si portò l’indice sul mento, fingendo di rifletterci un attimo. “Da poco… ma pochi attimi posso essere fatali, non trovi?”

 

La sottile allusione fu colta da Ron che si lanciò sul suo letto, affondando il naso coperto da lentiggini nel materasso.

 

“Miseriaccia!”

 

Harry si sedette sul letto di fronte, le mani appoggiate sulle ginocchia, e ghignò vedendo il suo amico così… smarrito. L’idea di Harry era che entrambi non volevano accettare la realtà… ma prima o poi… il ghigno si allargò.

 

“È morbida Hermione?”

 

Ron saltò letteralmente per aria, guardandolo come se fosse un alieno, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, le orecchie che si coloravano già di rosso. “Io… lei… ecco…”

 

Harry rise. Ron lo fulminò. “Oh, va a quel paese, Harry!” sbottò Ron girandosi su un fianco, intenzionato a non parlare più con Harry, per punirlo della stupida domanda.

 

Harry si alzò e si sedette sul bordo del letto di Ron, che rimase zitto e immobile. “Oh, scusa, ho esagerato un poco, lo ammetto.” Ron non diede segni di vita. “Scendiamo, prima che tua madre ci faccia lavare i piatti alla maniera babbana come punizione per essere arrivati in ritardo a cena.”

 

Harry si alzò facendo molleggiare leggermente il letto, Ron si girò su un fianco, osservando Harry da sotto un braccio, mentre questi apriva la porta con falsa galanteria.

 

Ron sorrise. “Ok, perdonato!” uscì e aspettò Harry che chiudeva la porta al suo fianco.

 

“Comunque… lei è molto morbida…” il tono era così lieve che Harry faticò a sentirlo, ma, compreso, sorrise all’amico. “Lo sapevo… ma sentirtelo ammettere è troppo esaltante…” gli confessò, guadagnandosi una pacca amichevole sulle spalle.

 

Ma il buon umore di Harry non era destinato a durare per molto…

 

“Buonasera, Harry.”

 

Harry sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte, quasi volesse uscirgli dal petto, causandogli un dolore sordo. “Ginny…”

 

Virginia Weasley – detta Ginny – era la ragazza che affollava ormai da tempo i sogni di Harry e che lui aveva lasciato due settimane prima pensando di poterla salvare dalla mano malvagia di Voldemort. E ora era lì, davanti a lui, i capelli rossi, marca Weasley, sciolti sulle spalle coperte da una felpa blu scuro che era appartenuta a Ron, gli occhi verde chiaro, striati di marrone, che lo scrutavano facendolo sentire piccolo nonostante la superasse di parecchi centimetri, e la bocca stretta in un falso sorriso gioioso. Harry sentì la tensione tagliare l’aria.

 

“Muovetevi, è pronto.” Fu l’unica cosa che la ragazza disse prima di precederli giù per le scale.

 

Harry rimase immobile davanti alle scale, Ron era già al terzo gradino e lo guardava preoccupato. Poi il rosso fissò il punto in cui era scomparsa la sorella, e si voltò verso Harry. “Ah, le donne… c’è un potere più grande di loro?!” chiese ad alta voce.

 

Harry si trovò d’accordissimo. E con questa azzeccata constatazione, seconda perla di saggezza, Harry si apprestava a rivalutare la saggezza di Ronald Bilius Weasley.

 

*^*^*^

 

La cena fu consumata allegramente. Quattro tavoli furono sistemati nel giardino in modo da farci stare tutti i commensali: Harry e Hermione, la famiglia Weasley al completo, meno Bill (e ovviamente Percy) e Fleur, che Harry aveva scoperto a Londra per provvedere agli ultimi preparativi per il matrimonio che si sarebbe svolto lì alla Tana tra due giorni; ed ecco svelato l’arcano dell’ordine.

 

A cena erano stati invitati anche Remus e Tonks, ora in gran forma con i capelli rosa shocking corti che le cadevano sulle spalle, con innovative ciocche bionde, e quell’allegria che a Harry era un po’ mancata l’anno precedente.

 

“Ehi, Harry! Mi faresti un favorino?” gli chiese appena incontrati.

 

Harry annuì “Quello che posso.”

 

Tonks sorrise divertita. “La prossima volta che devi fare l’interrogatorio sulla relazione che ho con Remus, vieni da me. Quando è tornato a casa era ancora mezzo sconvolto e continuava a ripetere: E’ incredibile come Harry sia diventato così simile a James, anche nelle battutine smaliziate…!; secondo Remus hai ereditato la sua… come l’hai definita, Rem? Ah già, ‘sfacciataggine!”

 

Tonks ridacchiò, Remus arrossì. “Beh… non è andata proprio così, Ninphadora!”

 

“Sciocchezze… vado a salutare Molly!” e si allontanò.

 

Harry trattenne Lupin per la manica della giacca. Lo sguardo triste che Remus gli rimandò non fu di buon auspicio. Harry sentì tutto il suo corpo rabbrividire, quasi conscio della risposta alla domanda che stava per porre…

 

“Remus… la signora Figg…?”

 

Remus gli poggiò una mano sulla spalla, il volto fattosi incredibilmente pesante, si chinò a terra. “E’ scomparsa, il suo corpo non si trova… ma Kingsley dice di aver visto una luce verde, prima di entrare. La luce di un Avada Kedravra.” Fece una piccola pausa. “Mi spiace, Harry.”

 

Il sesto senso di Harry l’aveva in qualche modo preparato a quell’ennesimo colpo… ma non poteva restare indifferente di fronte alla morte. Un’altra vittima innocente. Harry sentì un forte peso sullo stomaco, la responsabilità che gravava su di lui, il Prescelto. Sono l’unico capace di fermare Voldemort…In quei momenti la responsabilità era tale da farlo sentire più vecchio della sua età e, quasi, da poter toccare la corrente di eventi che lo allontanava dall’adolescenza… e un terribile sconforto si impossesso di lui.

 

“Non… non sentirti in colpa…” mugugnò Harry rivolto a Lupin.

 

Remus lo scrutò a lungo, osservando ciò che si dibatteva nei suoi occhi verdi e alla fine scosse la testa. “Lo stai dicendo a me o a te stesso, Harry?”

 

Ora Harry era seduto accanto a Ron e teneva lo sguardo fisso sul suo tacchino con patate, incapace di mandar giù un solo boccone a causa dell’eco della recente conversazione con Lupin che continuava a tormentargli la coscienza. Ron lo guardò a lungo, ma non gli disse niente, si limitò a stringergli una spalla per una manciata di secondi. Harry gli fu profondamente grato, il silenzio era quello di cui aveva bisogno ora. Forse questo atteggiamento sembrava sbagliato, ma per Harry era un gesto di fiducia da parte di Ron, come se rispettasse lo stato sconsolato e quasi inanimato che si prendeva sempre più di frequente possesso di lui. Dalla morte di Silente era più restio a mostrare i suoi sentimenti e prendeva molte più decisioni da solo, estraniandosi inconsciamente, acquistando man mano un’indipendenza che lo allontanava inesorabilmente dai suoi amici. Ma sapeva che Ron gli era vicino: bastava uno sguardo e capivano di poter contare sull’appoggio dell’altro.

 

“Harry perché non mangi?”

 

Hermione, per contro, non capiva quando chiudere la bocca.

 

“…non ho molta fame, Hermione…”

 

“Non dire stupidaggini, non avrai ancora mangiato niente!” esclamò stizzita la ragazza.

 

“Davvero Hermione, io non…”

 

“Mangia o mi costringerai ad imboccarti.”

 

Ron ridacchiò sottovoce. Harry sospirò, o meglio sbuffò, e obbedì suo malgrado inghiottendo una patata e scoprendosi piuttosto affamato; svuotò il piatto sotto lo sguardo ammonitore di Hermione e dovette mangiarne anche una seconda porzione, che il suo stomaco accettò con fatica, sempre a causa della maniacale apprensione di Hermione e della signora Weasley, costantemente preoccupata per la nutrizione del ragazzo.

 

“Harry vuoi un’altra fetta di torta?”

 

Hermione gli porse un piattino con un invitante dolce ai frutti di bosco. Peccato per lo stomaco di Harry che si era già trangugiato a fatica due porzioni di tacchino con patate e una fetta di torta con una manciata di biscotti al cioccolato.

 

“No davvero, sono pieno…”

 

Hermione gli mise sotto il naso il piatto e l’odore del dolce gli arrivò alle narici, dandogli un lieve sentore di nausea. “Solo un poco Harry…”

 

“Hermione, non ho proprio fame…”

 

Ron agguantò dal piatto la fetta. “Io però sì!”

 

Hermione s’accigliò, si allungò sul tavolo e gli tirò un orecchio, facendolo diventare violaceo. “Era per Harry non per te, idiota.”

 

“Ahia!” Ron gli lanciò un’occhiata furiosa. “Ma se non la vuole è un peccato sprecarla, no?!”

 

Hermione inarcò un sopracciglio. “Ma Harry avrà mangiato poco o niente dai suoi zii, quindi è giusto che reintegri le energie.”

 

Harry si passò una mano sulla faccia, annientato: l’episodio del pomeriggio non aveva affatto migliorato il rapporto tra i due, per sua sfortuna!

 

La signora Weasley annuì. “Oh, giusto! E poi il cibo di campagna è genuino, quello di cui hai bisogno. Harry caro, ti taglio una fetta di torta? Sì?”

 

Un’altra. Sono perduto. Non che ci tenga particolarmente alla linea, ma così non riuscirò nemmeno a salire su una scopa.

 

“Io…”

 

“Harry non è un maiale che deve andare al macello, mamma. Se non ha fame, lasciatelo in pace.” Harry alzò gli occhi verso la sua salvatrice che evitò con cura di guardarlo in faccia: Ginny aveva il volto abbassato e tagliava col cucchiaio una mousse di yogurt. Il ragazzo cercò di svincolare lo sguardo che fissava ostinato la rossa, ma ogni tentativo fu vano: sembrava che avesse un paraocchi rigido che gli impediva di osservare altro, se non il capo ramato di Ginny.

 

Il cigolio di una sedia trascinata sul pavimento gli fece capire che Hermione si era riseduta a tavola. “Hai ragione, Gin.” Convenne la sua amica aggiungendo: “Ma questo non significa che Ron si sia comportato da benemerito cafone…”

 

Ron grugnì. E in quel momento gli occhi di Ginny si fissarono su quelli di Harry. Il ragazzo fu attraversato da un brivido indefinibile e d’istinto distolse lo sguardo. Si rivolse in fretta e furia a Ron e Hermione, interrompendo il principio di un altro litigio: “Venite, devo parlavi.”

 

I due lo guardarono un po’ straniti, ma si decisero a seguirlo in giardino, salutando educatamente gli altri commessali. Harry gli raccontò per filo e per segno tutto ciò che gli era successo nelle ultime settimane, dalla sua decisione di non entrare mai più nella casa degli zii alla morte della signora Figg.

 

“Oh, Harry…” singultò leggermente Hermione, appena seppe la notizia. “Deve essere molto difficile da sopportare…”

 

“Lo è per tutti… è colpa di questa guerra” commentò Harry cercando di sembrare forte e rilassato, in perfetto contrasto con ciò che in realtà sentiva.

 

“Ma per te, ora che sai della Profezia, tutto deve pesare almeno il doppio…” continuò Hermione.

 

Harry si allontanò dai due amici e ritornò verso la casa. “Torniamo dentro, comincia a diventare freddo.”

 

Hermione e Ron non commentarono e lo seguirono dentro casa, dove si sedettero vicino a lui, davanti al focolare acceso. Lupin li raggiunse con un sorriso, accomodandosi accanto a Harry.

 

“Eccovi… ma dove vi eravate cacciati?” chiese.

 

Hermione alzò le spalle. “Un giro intorno alla casa a parlare un po’…”

 

“Cose tra amici, vero?”

 

Tutti e tre annuirono. “Già…”

 

Harry avvertì lo sguardo apprensivo di Remus su di sè, ma continuò a osservare il fuoco con testardaggine, leggermente imbronciato. Voleva solo essere lasciato in pace. La compassione era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

 

Lupin si sistemò meglio sulla poltrona rattoppata e tirò fuori una pipa, la caricò e aspirò la prima boccata. Hermione sgranò gli occhi color cioccolato, mentre Ron sorrise raggiante.

 

“Non ci posso credere… Remus non dirmi che fumi?!” esclamò il rosso.

 

Lupin scrollò le spalle. “Alle volte. Solo pipa, però.” Rispose.

 

Hermione intervenne decisa: “Ma non lo sai che è dannoso alla salute?! È provato scientificamente che le difese dei fumatori sono ridotte rispetto ad un individuo che non fuma e…”

 

“E chi te l’ha detto, Hermione?” le chiese Lupin.

 

Hermione si strinse nelle spalle. “Nel mondo babbano è l’argomento del giorno, perchè sono in molti coloro che fumano e che contraggono cancri al polmone o…”

 

“Sciocchezze.” Disse Ron.

 

Hermione si voltò verso di lui, incollerita. “Ron, ho letto articoli su articoli su questo argomento da riviste dei miei genitori… non puoi negare che il fumo fa male alla salute…” ribatté la ragazza.

 

Ron alzò le spalle. “Mai sentito che fa male.”

 

“Certo, oltre ai libri sul Quidditch non leggi nient’altro!”

 

Ron si infiammò: “Il fumo magico non è nocivo! Leggiti qualche deplian del San Mungo, sapientona!”

 

Lupin si mise una mano davanti alla bocca e rise piano. “Per Merlino, voi due assomigliate terribilmente a Lily e James… perfino quando ormai era palese l’attrazione che provavano l’uno per l’altra non facevano che litigare…” commentò pacatamente,  formando una nuvoletta di fumo.

 

“Non è vero!” tuonarono insieme Hermione e Ron, entrambi rossi in viso.

 

Remus contenne una risata dietro un colpo di tosse e ricominciò: “Eppure come Lily e James litigate per cose banalissime senza voler mai ammettere di essere in torto. E molte volte, anche sposati, i signori Potter litigavano ancora!”

 

Harry si scordò completamente il suo intento di estraniarsi dal resto del mondo e rimase molto incuriosito e interessato da ciò che disse Remus. Sapeva ben poco dei suoi genitrici e quindi si voltò verso Lupin prestando la massima attenzione al racconto.

 

Ad Harry venne in mente il quinto anno ad Hogwarts quando aveva preso lezioni di Occlumanzia dall’odiato Professor Piton ed era incappato per sbaglio nel suo Pensatoio, assistendo alla pubblica umiliazione del Serpeverde ad opera di James e di Sirius, e non aveva certo scordato la compassione e il coraggio di sua madre nel difendere Piton e l’avversione e la stizza nell’affrontare il padre. All’epoca aveva quasi provato un moto di pietà nei confronti di Piton, vittima dei sotterfugi dei Malandrini, ma ora che aveva avuto la prova del reale tradimento di Piton nei confronti dell’Ordine della Fenice e soprattutto verso Silente, di cui era l’assassino, non poteva che approvare incondizionatamente il comportamento di suo padre e di Sirius.

 

Al ricordo di quell’episodio gli venne spontanea una domanda: “Remus… mi potresti dire quando mio padre e mia madre hanno iniziato a frequentarsi?”

 

Remus prese una boccata con la pipa, pensieroso. “Quando è nato il loro interesse l’uno per l’altra, intendi?” gli chiese, e Harry annuì. Lupin sorrise. “Oh, tuo padre era cotto di Lily già dal quinto anno e non passava gita a Hogsmade che tua madre ricevesse un invito da parte di James a uscire con lui… Lily non era entusiasta della cosa perché vedeva James solo da un lato: quello del bravaccio. D’altronde lui e Sirius erano dei veri idoli dentro le mura di Hogwarts, venerati da tutti i Grifondoro (meno tua madre, ma te l’ho detto: li vedeva solo da una prospettiva), rispettati da Corvonero e Tassorosso e odiati dai Serpeverde. Lily non approvava come Ramoso e Felpato sfruttavano il loro intelletto. In pratica amavano sfoderare ogni genere di incantesimo per verificare il proprio talento e sostenevano che tormentare Piton allietasse le loro giornate; per questo Lily scansava ogni invito di James. Ma tuo padre era davvero molto ostinato e una volta aveva tentato persino di creare una pozione d’amore… che Mrs Purr ingerì poi per sbaglio; a causa di questo disastroso incidente James era stato perseguitato per due intere settimane da quella gattaccia, facendo ingelosire parecchio Gazza.” Lupin alzò gli occhi al cielo, Ron e Hermione risero insieme e ad Harry scappò un sorrisetto.

 

“E come… come ha fatto il padre di Harry a farla innamorare?” chiese Hermione, appassionata dal racconto.

 

 

“La prima mossa fu un mazzo di rose rosse e un profumo di Madama Magnolia, che avrebbe sicuramente funzionato se non fosse stato per la dedica.” Remus fece una pausa per dare enfasi al seguito. “Alla mia deliziosa secchioncella. Il tuo fighissimo James.”

 

Ron allargò gli occhi, poi si mise le mani sulla pancia e si rotolò sul tappeto, commentando tra una risata e l’altra: “Nemmeno tu ed io, Harry, potremmo mai raggiungere certi gradi di stupidità!!”

 

Hermione gelò Ron all’istante con un’occhiataccia: “Oh, voi sapete essere molto più stupidi in questa materia, Ron.” Berciò la ragazza. Harry rise.

 

“Vedo che la storia vi piace!” esclamò allegramente Lupin.

 

“Oh sì, la prego, continui!” pregò Hermione, dopo aver zittito Harry e Ron.

 

Lupin continuò a raccontare: “Bene. Il secondo tentativo fu, se possibile, ancor più disastroso.”

 

“Cosa ha combinato mio padre?” chiese Harry incuriosito.

 

“Organizzò una serenata.”

 

Silenzio. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo di comune sdegno per un’idea così sdolcinata, al contrario gli occhi color cioccolato di Hermione si illuminarono. “Oh, che gesto carino!” sospirò la ragazza con le mani giunte a preghiera. Harry e Ron, alle sue spalle, si misero contemporaneamente un dito in bocca fingendo di vomitare.

 

Lupin alzò le spalle: “Immagino che per una donna possa essere carino, ma Lily non era dello stesso parere… forse perché James non l’aveva fatto in un posto intimo, ma bensì, come era nella sua natura di esibizionista cronico, nella Sala Comune davanti a tutti gli studenti, vestito stile Re Sole, stonato come una campana e con un coretto a dir poco disastroso: Sirius era un baritono pessimo e Peter squittiva, anziché cantare. Soltanto io e il mio clarinetto siamo scampati alle critiche delle settimane che seguirono.”

 

Hermione fissava l’ex-professore inorridita. “Capisco perché tua madre fosse in collera con lui, Harry.” Grugnì, mal celando una smorfia.

 

“Sto cominciando a capirlo anch’io…” annuì Harry, aggiungendo però: “Ma certe volte voi donne siete troppo pretenziose… insomma, era carino… no?”

 

Hermione non rispose, ignorandolo volutamente.

 

Lupin si schiarì la gola. “Allora… dopo il suo totale fiasco, James era depresso al massimo, fu allora che Sirius commise uno dei più grandi errori della sua vita: gli diede lezioni di corteggiamento.” Lupin sorrise tra sè, ricordando le notti insonni di simulazione per prepararsi al corteggiamento di Lily Evans. “Sirius era un vero rubacuori, bello e impossibile. Sirius diceva sempre che non c’era donna degna del suo fascino. E poi ci fu la prova generale della conquista di Lily.”

 

“Ah… e come andò?” domandò Ron.

 

“Lily bestemmiò per la prima volta in sei anni.” Remus rise per un attimo, scuotendo la testa. “Ooh, la scena era bellissima: James indossava una giacca di pelle di drago, con tanto di jeans strappati e un paio di occhiali scuri, e la aspettava addossato ad una colonna. Lily stava andando in Biblioteca con me per una riunione dei Prefetti (momento perfetto secondo James per agire, perché c’era poca gente; pessimo per me perché Lily era sempre nervosina prima di una riunione… ma Ramoso era testardo e l’unico a cui forse dava retta, purtroppo per lui, era Sirius) quando ci siamo visti spuntare dal buio James in versione ‘uomo brillantina’, inutile invenzione babbana per gli indomabili capelli di James Potter! Il povero Ramoso si era poi avvicinato a Lily e aveva esordito con un “Ehi, pupazzola, ti va di rockeggiare con me?”. Come ovvia conseguenza Lily imprecò in più lingue e mentre se ne andava, James continuava a gridarle che era solo la prova generale e che il vero show era fissato per il giorno dopo… Per una settimana Lily riuscì ad evitarlo.”

 

Harry non poté trattenersi dal ridere davanti ad un racconto così esilarante quanto irreale; gli tornò il buon umore: non sapeva quasi niente dei suoi genitori, eppure la storia di Remus e delle peripezie di suo padre gli sembravano quasi rispecchiare la sua attuale situazione romantica (anche se lui non avrebbe mai cantato di fronte a Ginny). Quel piccolo sprazzo della vita dei suoi genitori era importantissimo per lui, così come lo erano i ricordi di Sirius e l’unico amico di suo padre rimasto in vita, che ora lo stava deliziando con tutti quei fantastici racconti.

 

Lupin aspirò una boccata dalla pipa, sorridendo. “Ma poi, alla fine di luglio, io, tuo padre e Sirius ci trovavamo a Diagon Alley per acquistare insieme i libri scolastici per l’ultimo anno di scuola. Vi confesso che temevo la fine della scuola quasi quanto temo le notti di luna piena… avevo paura che non avrei mai più ritrovato i miei amici, ma questo non è accaduto.”

 

Remus svuotò la pipa dentro ad un posacenere che aveva trovato sul tavolo, immerso nei suoi pensieri e poi fece un gesto  non curante con l’altra mano.

 

“Ma non è questa la storia. Allora… quel giorno entrammo al Ghirigoro. Sapete, James e Sirius volevano farmi un regalo in ritardo, e casualmente incontrammo Lily che cercava un libro sui Druidi dell’Antica Gallia. La salutammo e James la invitò a prendere un gelato e Lily, forse intontita dal tono gentile di James a cui non era abituata, annuì: il sorriso di James è ancora un record imbattuto in ampiezza!” ironizzò Remus, anche lui preso da un enorme sorriso “Beh, tutto sembrava procedere bene: io e Sirius fingemmo di allontanarci con una scusa idiota, lasciandoli soli soletti.”

 

“Ma… come diavolo ha fatto a conquistarla in un pomeriggio?!” chiese il rosso ammirato con gli occhi spalancati.

 

Hermione rispose per lui, zelante: “Ron è così chiaro. Non ci si innamora così in un solo giorno, si vede che Lily già provava qualcosa senza riuscire ad ammetterlo agli altri quanto a sè stessa.”

 

“Hermione, te l’ho già detto: sei una strega incredibilmente dotata per la tua età.” Si complimentò con sincerità Lupin.

 

Le guance di Hermione si imporporarono leggermente. “Grazie… ma sono soprattutto una donna e so come funzionano queste cose… anche per mia esperienza…” dichiarò la ragazza, facendo girare Ron dalla sua parte.

 

“Che genere di esp…?” incominciò il rosso, titubante.

 

“Ma mio padre deve aver pur fatto qualcosa che ha colpito mia madre.” Harry interruppe il suo migliore amico, salvando l’atmosfera pacifica di quel momento.

 

Hermione lo guardò e mosse le labbra per ringraziarlo. Harry ricambiò, ormai rassegnato ad una vita unicamente dedita a mediare tra Hermione e Ron.

 

Remus annuì. “Oh, beh… diciamo che James ha mostrato a Lily quanto tenesse davvero a lei, rinunciando ad una cosa che amava tantissimo e dimostrando così a tua madre che aveva messo la testa a posto ed era maturato un po’.”

 

“A cosa rinunciò?” chiesero in coro.

 

Remus chiuse gli occhi per un istante. “Torturare Severus Piton.” Al nome dell’uomo, sia Remus che Harry si irrigidirono.

 

“James e Piton si odiavano a vicenda. Io penso ancora che Piton lo invidiasse e che James odiasse il suo comportamento viscido, come Sirius. Lily, invece, provava una gran pena per lui. Aveva un gran cuore tua madre, Harry, ed era la persona più caparbia e generosa che abbia mai conosciuto. Sapeva perdonare tutti, portava con fierezza il vezzeggiativo di “mezzosangue” e combatteva per ogni suo ideale. Forse è proprio per questo che James si innamorò di lei. Chissà.”

 

Remus sospirò. “Ad ogni modo, tuo padre la portò a fare una passeggiata per Diagon Alley, riuscendo addirittura a prenderla a braccetto. Io e Sirius, appostati dentro ad un vicolo ci scambiavamo occhiatine compiaciute, ma ad un tratto vedemmo Piton con in mano un pacchetto regalo avanzare a fianco di una donna molto magra e con i suoi stessi occhi neri; fu un attimo. Lily e James stavano ridendo allegramente, cosa che avrei reputato impossibile solo qualche settimana prima, quando Piton investì Lily facendola cadere a terra. James le fu accanto per soccorrerla, mentre la donna faceva lo stesso con Piton. James alzò gli occhi da tua madre e, posso ammetterlo, non ho mai visto così tanto odio negli occhi di James Potter come quel giorno.”

 

Harry digrignò i denti. “Oh, lo capisco piuttosto bene…” bisbigliò impercettibilmente.

 

Remus colse il bisbiglio di Harry, ma preferì non commentare, forse perché anche lui temeva di esternare sentimenti di puro odio verso Piton; così continuò a raccontare: “James cominciò ad insultarlo e a pretendere le sue scuse. Ma ovviamente Piton rifiutò di farlo con disprezzo, ribattendo che Lily era solo una sporca mezzosangue e che il suo posto era lì, a terra e in mezzo alla polvere. James ci vide nero: chiuse le mani a pugno e si allungò per colpirlo, ma Lily lo trattenne.”

 

Remus si fermò, per poi riprendere.

 

“Non so cosa gli abbia detto Lily in quei dieci secondi, ma James rinunciò ad ogni suo spirito bellico – non senza fatica, come disse poi a me e a Sirius – almeno rinunciò per quel giorno. Piton si rialzò e si allontanò con la donna che lo rimproverava per aver sporcato il vestito appena preso per il suo compleanno. Da allora Lily cambiò atteggiamento nei confronti di James e infatti, la prima volta che Ramoso le chiese di uscire lei acconsentì.”

 

 “Io… ho sempre considerato Lily e James come la prova che l’amore esiste veramente, la prova che l’amore non è una storiella inventata come avevo sempre pensato io prima di conoscerli e di vederli insieme. Ogni loro gesto, ogni sguardo… sembravano quasi la stessa persona, nonostante i contrasti delle loro personalità… lo trovavo sconcertante…”

 

Remus si grattò una guancia imbarazzato. “Beh… incomprensibile fino ad ora che sto con Ninphad... Beh, ad ogni modo Harry” aggiunse Remus scansando l’occhiata maliziosa del giovane Potter “voglio prendermi la libertà di darti solo un consiglio: non scappare dai tuoi sentimenti come ho fatto io per tanti anni, ma anzi, usali per costruire la tua vita e il tuo trionfo.”

 

Harry sgranò gli occhi e Lupin sorrise.

 

“Lily e James avrebbero voluto che tu sapessi che loro sono stati felici, disperati eroi ma sempre insieme. Ecco, volevo dirti solo questo…” concluse Remus sempre più impacciato.

 

Harry boccheggiò con la mente che si rifiutava di formulare qualsiasi parola di senso compiuto, ma impegnata invece a scolpire quelle parole nella sua mente. “Io…”

 

Lupin scosse dolcemente la testa. “Non devi dire niente, Harry.” Remus si alzò dalla poltrona e infilò la pipa in una falda del mantello.

 

“Grazie, Lunastorta.”

 

Remus si voltò stupito, ma Harry aveva già voltato la testa verso le fiamme arancioni del caminetto. Lupin sorrise dolcemente, quando…

 

Bonsoir Weasley!”

 

Una vocina allegra echeggiò nel salotto e Harry si voltò appena in tempo per essere avvolto dal profumo di colonia e per ricevere un sonoro bacio sulla guancia. “Sciao Herrì cher…” lo salutò tutta frizzante Fleur, mentre lui le rispondeva sorridente: “Oh, ciao Fleur… come stai?”

 

“Oh, sono così emosionata, Herrì! Demain è il gronde jorno!” gli confessò, baciando e salutando rispettivamente prima Ron e poi Lupin (causando due rossori e facendo sì che Ron diventasse tutto ad un tratto balbuziente).

 

“Ehi famiglia!”

 

Ron salutò calorosamente Bill Weasley, secondogenito dei Weasley, dandogli un paio di pacche virili sulla schiena e esclamando ironico: “Allora, pronto per il gran giorno, Bill, proprio tu che secondo mamma saresti stato l’ultimo dei figli che si sarebbe sposato!? Anche dopo Fred e Geroge!”

 

Bill rise forte. “Oh, mai stato più pronto di così.” Dichiarò e Fleur gli sorrise dolcemente, somigliando ad un angelo dai capelli biondissimi.

 

Harry si alzò e strinse la mano a Bill. “Ciao Bill… come stai?” gli chiese semplicemente.

 

Bill alzò le spalle. “Oh, si va avanti. Non saranno un paio di cicatrici a fermarmi.” Gli disse con un po’ di amaro in bocca.

 

Bill era sempre stato il ribelle di casa Weasley, con giacche di pelle, codino ed una sfilza di orecchini sulle orecchie, disperazione della signora Weasley. Ora era il primo della famiglia a prendersi un impegno gravoso come quello di un matrimonio con l’affascinante mezza Veela Fleur Delacour, la campionessa francese con cui Harry si era confrontato durante il Torneo Tremaghi tre anni prima, quando Voldemort era risorto; un matrimonio che nessuno di loro si aspettava: tutti erano rimasti piacevolmente sorpresi quando, poco tempo fa, Fleur aveva insistito per maritarsi con lui nonostante fosse stato morso dal feroce Licantropo Greyback, che gli aveva sfigurato metà della faccia.

 

Per Harry la storia di Fleur e Bill era un po’ come per Lupin la storia dei suoi genitori: una storia di speranza.

 

Speranza. Una parola che era come linfa in quei tempi.

 

Harry sentiva che le seconda guerra magica era iniziata, al contrario delle dichiarazioni del Ministro della Magia. E lui si sentiva in obbligo di combattere.

 

“Allora” Esordì Hermione cercando di essere gentile con Fleur e di celare il fastidio che aveva provato quando la mezza Veela aveva sfiorato Ron. “Hai già deciso il vestito?”

 

Fleur squittì eccitata. “Oui, oui… è tutto pronto pour la cerimonia nel giardino demaintout plein di pizzi e con tonto di velo… come una prinscipessa!” Fleur si avvicinò a Bill e lo abbracciò scoccandogli un piccolo bacio sulle labbra. “Merci mon amour!”

 

“Bill!!”

 

Fleur si staccò dal prossimo marito, mentre Ginny gli buttava le braccia attorno al collo e lo stringeva forte a sè. Bill rise e la fece volare. “Ehi, piccola Gin! Come stai?”

 

Ginny gli diede un bacio sulla guancia e si staccò da lui sorridendogli vivacemente.

 

Harry sentì un bruciore allo stomaco, ma lo ignorò ricordandosi che Bill era il secondo fratello preferito di Ginny dopo Ron e che… diamine, era suo fratello! Come si faceva ad esserne gelosi?!

 

“Benissimo e tu? Guarda che fai ancora in tempo a salvarti!” gli disse, mentre Fleur si girava indignata e la fulminava con un’occhiataccia che Ginny non degnò di uno sguardo. Bill rise.

 

“Sai che amo rischiare…” Fleur gli sorrise grata, ricominciando a discorrere con la signora Weasley sui preparativi della cerimonia. “Ma tu sei sempre la mia sorellina preferita!” Sussurrò Bill alla sorella, scompigliando i lunghi capelli rossi di Ginny.

 

Harry si sentì sul punto di scoppiare, e fece due respiri profondi.

 

Ron parve accorgersene e, sbadigliando, esclamò a voce intenzionalmente alta: “Che sonno! Domani dobbiamo svegliarci presto per preparare il giardino, Harry, che ne dici di andare a dormire?”

 

Harry sbadigliò in risposta. “Uh, d’accordissimo! Il viaggio mi ha stancato…” disse a voce anche questa volta volutamente alta. “Andiamo.”

 

“Bravi ragazzi, andate a letto!” acconsentì la signora Weasley.

 

I due ragazzi si congedarono seguiti da Hermione. La ragazza scuoteva la testa divertita mentre salivano le scale. “Siete degli sciocchi, voi uomini. Pensate che Ginny non si sia accorta che tu volevi allontanarti da lei, Harry?” gli chiese bonariamente, mentre il ragazzo le rispondeva con un grugnito.

 

Ron si intromise: “Magari non l’ha capito, mamma non ci ha fatto caso.”

 

“Ron sei uno sciocco!” ribatté Hermione. “Tua madre ha occhi solo per il matrimonio di Bill in questo momento, ecco perché non se n’è accorta. Non sottovalutare Ginny e le donne in generale.”

 

“Anche Ginny era impegnata con suo fratello.” Disse Harry, cercando di acquietare il suo tono burbero.

 

Hermione lo fissò con i suoi disarmanti occhi cioccolato. “Oh Harry, sei così cieco… comunque vi lascio, scendo ad aspettare Gin…”

 

“Da quando tu e Ginny siete così vicine?” le chiese Ron incuriosito.

 

Hermione alzò e riabbassò velocemente la mano in un gesto di non curanza. “Da un pezzo, Ron, Ginny è la mia migliore amica.”

 

“Pensavo che io e Harry fossimo i tuoi migliori amici!” esclamò il ragazzo dai capelli rossi, corrugando la fronte e senza nascondere una sorta di dispiacere.

 

Hermione sbuffò spazientita. “Ma certo che lo siete, ma certe volte ho assoluto bisogno di un appoggio femminile… certe cose non si posso dire a dei ragazzi.” Spiegò velocemente “E comunque, io e Ginny abbiamo in comune molte cose… tra cui due ragazzi poco recettivi per certi messaggi.” Dichiarò misteriosamente, scomparendo sulla rampa delle scale.

 

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.

 

“Secondo te che cosa dice a Ginny che non può dire a noi due?” domandò Ron.

 

Harry scosse la testa in segno di diniego. “Non ne ho la più pallida idea.”

 

“Lo immaginavo: neanche io ne ho la più pallida idea.”

 

I due ragazzi entrarono nella camera di Ron e si buttarono sui rispettivi letti, sospirando all’unisono.

 

“Donne…”

 

Poi si guardarono e sogghignarono divertiti.

 

“Ti va una partita a scacchi?” gli chiese Ron.

 

Harry si alzò e prese la scacchiera che aveva regalato all’amico due anni prima.  “Certo… e magari questa è la volta buona che ti batto!” esclamò appoggiando l’oggetto magico sul letto di Ron e sedendosi a gambe incrociate sul materasso.

 

“Illuso… sono imbattibile in questo gioco! Non mi batterai mai” si vantò Ron, prendendo le pedine nere e appoggiandole sulla scacchiera.

 

Harry rise sotto i baffi. “Mai dire mai, Ron…” lo ammonì più divertito che serio, appoggiando le pedine bianche e queste si posizionarono magicamente al loro posto, come quelle nere.

 

Ron ghignò pavoneggiandosi con ampi gesti delle braccia. “Sulla mia invincibilità ci giocherei il mio poster dei Cannoni di Chudley… forza Harry i bianchi iniziano per primi, almeno questo dovresti saperlo!”

 

Harry si concentrò, increspando la fronte. “Pedone in E6.”

 

“Dilettante.”

 

*^*^*^*^

 

Harry spalancò gli occhi e si voltò verso il comodino, tentando di trovare bacchetta e occhiali.

 

Lumos” mormorò e la bacchetta si illuminò debolmente. A notte fonda Harry era stato svegliato da un’improvvisa voglia di bere.

 

Sbuffò impercettibilmente e, facendo attenzione a non svegliare Ron, s’infilò ai piedi due pantofole felpate e scese le scale fino alla cucina.

 

Si guardò intorno, ma non sembrava esserci anima viva; così aprì il frigorifero (invenzione babbana portata dal signor Weasley e che unica fra tutte era piaciuta alla sua consorte) e, dopo una piccola ricognizione, scelse un brick di succo d’arancia. La prese dal ripiano, tolse il tappo per poterlo bere a canna e chiuse lo sportello e subito dopo sussultò sorpreso, bagnandosi tutta la maglietta del pigiama.

 

“…Ginny?”

 

Davanti a lui Virginia lo guardava incuriosita, inarcando un sopracciglio chiaro, e burlandosi silenziosamente della sua sbadataggine.

 

“Non credevo che le magliette soffrissero la sete.” Commentò pacificamente con un mezzo sorriso.

 

Harry tossicchiò cercando di sciogliere il groppo che gli dondolava nella gola. “Ehm… vuoi un po’ di succo d’arancia?”

È tutto quello che riesci a dirgli?! Sei proprio un imbecille, Potter!

Ginny sbatté le palpebre meravigliata, poi annuì e gli diede le spalle per andare a prendere due bicchieri dalla credenza. Harry inclinò la testa e la vide alzarsi sulle punte dei piedi e aprire l’ultima anta dell’armadio. Ginny era sempre stata piuttosto bassina, ma aveva un corpo ben definito e un caratterino niente male, tali da attirare la sua attenzione. Forse proprio il carattere improvvisamente vivace che aveva scoperto in lei li aveva avvicinati. A differenza di Cho, Ginny non avrebbe mai pianto mentre la baciava, non avrebbe cercato in lui un rifugio. Ginny voleva, al contrario, essere il suo rifugio.

 

E lui l’aveva allontanata.

 

Idiota…

 

Ma è per il suo bene, dovevo farlo!

 

“Allora… hai già preparato l’abito per la cerimonia?” gli chiese Ginny, mentre cercava di raggiungere il fondo del ripiano troppo alto per lei. La ragazza sbuffò irritata. “Dovrò prendere una sedia, accidenti…”

 

Ginny si sentì afferrare improvvisamente la vita e fu sollevata di qualche centimetro. Si voltò e guardò cautamente Harry, che aveva il cuore in tumulto e un certo imbarazzo celato dal buio della stanza. “Dai, ti faccio da appoggio.”

 

Ginny non commentò nè si divincolò dalla presa; afferrò i bicchieri e subito dopo si ritrovarono ancora a specchiarsi l’uno negli occhi dell’altra, in silenzio. Harry sentiva lo stomaco contorcersi violentemente in una presa piacevole.

 

“Puoi farmi scendere adesso, Harry.” Disse Ginny. Harry percepì nel tono un lieve tremore, e seppe di averla scombussolata.

 

Impacciato, come sempre quando si trattava di ragazze (era sicuramente una tara genetica presa dal padre), rispose: “Oh… sì, certo” e fece come ordinato.

 

Ginny appoggiò i piedi nudi sul pavimento e alzò la testa per incrociare ancora il suo sguardo. “Grazie.”

 

“E di che?” rispose lui, con la testa che cominciava a vorticare nella fantasia: erano davvero troppo vicini… si accorse di avere una gran voglia di baciarla, di sentirla ancor più vicina a lui… Si inclinò leggermente e sul punto di congiungere le loro labbra il suo stomaco borbottò fermandolo appena in tempo.

 

Ridacchiò imbarazzato, allontanandosi. “La sete.” Spiegò e le rubò un bicchiere sfiorandole le dita e sentendo un brivido percorsegli la schiena. Si versò del succo, dandole le spalle e cercando di calmare i battiti del suo cuore, dopo di che si girò vero di lei offrendole con un cenno di capo un po’ della bevanda.

 

Ginny lo raggiunse stranamente silenziosa e gli porse il bicchiere che lui riempì.

 

Bevvero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Harry continuava a guardarla di sottecchi e a serrare la mascella per placare ogni slancio troppo audace.

 

“Harry…”

 

Il ragazzo si girò verso Ginny che aveva poggiato il bicchiere sul tavolo e si stava avvicinando decisa.

 

“Ginny…” la richiamò lui, ipnotizzato dalla sua camminata leggera.

 

Il verde dei suoi occhi, poco più tenue di quelli di Harry, si illuminò di una luce decisa “Harry, devi smetterla di giocare con me.”

 

“Io non gioco con te” dichiarò Harry deciso.

 

Ginny alzò le sopracciglia e arricciò il piccolo naso lentigginoso, in quell’espressione ironica e scettica che Harry trovava adorabile. “Ah, no, eh? E quello che hai fatto prima?”

 

Harry sostenne il suo sguardo. “Cercavo solo di aiutarti.” Disse ferreo, sapendo bene di omettere gran parte della verità.

 

La ragazza chiuse gli occhi e sospirò scuotendo lievemente la testa e facendo oscillare i lunghi capelli lucidi.

 

“Non capisci, Harry?” gli chiese. Il ragazzo negò vistosamente, sinceramente estraneo ai dubbi della ragazza.

 

Ginny allungò un piede e gli fu vicinissima; iniziò ad accarezzargli una guancia con gli occhi socchiusi.

 

“Non ce la faccio ad escluderti, se continui così.” Gli disse, senza smettere di accarezzarlo, facendo avvampare un fuoco sotto il suo tocco.

 

“Non voglio che mi escludi.” Rispose lui, intrecciando una mano con quella libera di Ginny.

 

La ragazza sussultò e si allontanò bruscamente da lui. Harry aveva gli occhi che luccicavano nell’oscurità della stanza e che continuavano a seguire i movimenti nervosi di lei, che aveva preso a camminare in tondo con le mani allacciate dietro alla schiena e i capelli che svolazzavano al vento.

 

“Così non va, Harry, maledizione!” esclamò Ginny, mettendosi le mani nei capelli.

 

Harry fece una smorfia. “E perché mai?”

 

Ginny si voltò con i lineamenti del viso contratti. “Non puoi continuare ad illudermi, così non ce la faccio a vivere serenamente! Dimmi cosa devo credere se quando siamo soli tu ti comporti come se stessimo ancora insieme!?” gli urlò addosso additandolo.

 

Harry si sentì offeso. “Stai dicendo che sto cercando di approfittarmi di te?” le chiese brusco; Ginny sobbalzò leggermente, fermandosi di botto.

 

“Forse” gli rispose enigmatica con gli occhi che balenavano per la stanza, indecisi e irrequieti, senza mai guardarlo. “Altrimenti non so cosa pensare, se non altro che tu mi abbia lasciata solo per quel tuo sciocco pensiero di dover proteggere tutti da Voldemort!” continuò a sbraitare lei, riprendendo la sua camminata. “Te l’ho già detto al funerale di Silente: mi sei sempre piaciuto anche e nonostante il tuo eroismo.” La ragazza sorrise leggermente. “Ma non posso vivere aspettandoti, Harry. Davvero, non ce la faccio più. Ho aspettato troppo.”

 

Harry si sentiva frastornato: davvero aveva pensato che lui volesse approfittarsi di lei, Ginny, l’unica che l’aveva veramente stregato?! Sentì il sangue ribollire dalla rabbia e, senza aver ascoltato niente dopo quel ‘Forse’, le bloccò il passo parandosi di fronte a lei con gli occhi verdi incredibilmente scuri.

 

“Così pensi questo di me, eh? Che io sia un approfittatore?!” le domandò strattonandole un braccio con forza. Ginny lo fissò stordita.

 

“Harry, che diamine… molla subito la presa…” mormorò debolmente, senza però sortire alcun effetto.

 

“Pensi davvero che potrei fare una cosa così spregevole, così crudele, in particolar modo a te?! Non sono mica un Mangiamorte!” sbraitò il ragazzo, stringendo la pelle della ragazza troppo forte.

 

“Dacci un taglio, Harry!! Stai iniziando a farmi spaventare” strillò Ginny con voce tremante.

 

Harry la osservò stranito senza capire il perché di quello sguardo impaurito e di quel tono vibrante. “Ginny…?”

 

La ragazza si scostò bruscamente da lui e si girò dandogli le spalle.

 

“Ginny…” la chiamò debolmente, appoggiandole una mano sulla spalla.

 

 “Stai lontano da me, Potter.” Sibilò Ginny con tono incredibilmente sprezzante. Si allontanò verso l’uscita, lasciandolo nel centro della cucina ancora incredulo. Prima di andarsene, Ginny indugiò sull’uscio della cucina. “Pensa bene a quello che sei, prima di tirare in ballo paragoni ipocriti e banali tra te e un Mangiamorte.” Disse con voce indecifrabile e scomparve.

 

Harry rimase ancora nella cucina, immobile, ascoltando i passi frettolosi di Ginny affievolirsi.

 

 “Cosa mi è successo…?” chiese al vuoto.

 

*^*^*^*^*^

 

“…vi dichiaro marito e moglie!”

 

Il lavoro di Percy Weasley, per una volta, si era dimostrato utile a qualcosa: la sua posizione all’interno del Ministero gli permetteva di legalizzare un matrimonio e Bill e Fleur l’avevano scelto come ministro per la loro unione (Fred e George andavano dicendo che i due sposi erano stati messi sotto Imperio dalla signora Weasley).

 

Harry si alzò in piedi e applaudì insieme agli altri invitati, mentre Fleur, fasciata nel suo abito rosa pallido che faceva risaltare i suoi capelli biondissimi tenuti in una crocchia, e Bill, rigorosamente in giacca e cravatta, si baciavano delicatamente sotto il gazebo che la mattina lui e Ron avevano faticosamente assemblato.

 

La cerimonia era stata semplice e gli invitati erano soprattutto parenti Weasley (tutti rigorosamente con i capelli rossi), membri dell’Ordine della Fenice e pochi colleghi di lavoro che Bill aveva invitato. La famiglia di Fleur non era potuta venire a causa dell’allarme dilagato in Francia che non permetteva viaggi in Inghilterra, con grande dispiacere della sposa.

 

I due sposini si guardarono negli occhi sorridenti e poi si voltarono verso gli invitati agitando le mani; Charlie, testimone dello sposo, fu il primo a muovere la bacchetta e a gettare addosso agli sposi una cascata di riso, ridendo, imitato da tutti gli invitati, mentre Fleur e Bill scappavano dalla folla su un lungo tappeto rosso e giallo, dirigendosi verso il buffet poco più in là.

 

Gli ululati gioiosi degli invitati furono sovrastati inaspettatamente dai poderosi singulti della signora Weasley. La madre dello sposo non aveva fatto altro che versare lacrime addossata alla spalla del marito, mormorando di tanto in tanto “Il mio bambino!”. Fred e George sghignazzavano incontrollatamente nel vedere l’espressione spazientita del padre, mentre questi dava pacche di incoraggiamento a Molly e nel contempo cercava di asciugarsi l’unica camicia buona che possedeva. Vicino a Fred e George, Ron applaudiva pigramente, ma con un sorriso invidioso, voltandosi di tanto in tanto verso Hermione, fatto che la ragazza non notò per niente, con enorme dispiacere di Harry. E poi c’era Ginny, l’ultima della combriccola; Harry la osservò di sottecchi, sicuro di non essere visto a sua volta: aveva gli occhi lucidi di commozione e le guance rosse per il caldo.

 

Il ragazzo deglutì nervosamente e riportò l’attenzione sugli sposi che ormai guidavano il corteo verso il buffet. Ron si unì a lui e a Hermione e subito i due si misero a battibeccare su un argomento che Harry non afferrò, ma che doveva avere a che fare con l’importanza degli Elfi Domestici nella Storia della Magia.

 

Aveva in testa un solo pensiero e doveva accantonarlo, immediatamente!

 

Harry non ci mise molto a trovare un altro argomento degno di tutta la sua attenzione: gli Horcruxes, Voldemort, la guerra…

 

Harry si sentì bruciare più che mai dal desiderio di mettere fine a quella guerra e decise all’istante che il mattino dopo si sarebbe recato a Godric’s Hollow da solo; lì sarebbe andato a visitare la tomba dei genitori e chissà se avrebbe trovato anche qualcos’altro.

 

Poi fu un attimo: Harry riprese a pensare a Ginny e, in contemporanea, la rossa incrociò il suo sguardo e fu costretta, almeno per cortesia, a rivolgergli un sorriso debole e sforzato; ma si voltò quasi subito, amareggiata.

Le gambe di Harry traballavano vistosamente. Il ragazzo serrò le mani a pugno per trattenere la voglia di sbattere la testa contro qualcosa di molto duro. Magari Ron lo avrebbe aiutato se solo avesse saputo del terribile litigio che era infuriato la sera precedente tra lui e la sua preziosa sorella.

Non ci può essere nessuno che stia peggio di me…

 

*^*^*^*^*^*^*^

 

Crucio!”

Il corpo di Draco Malfoy rovinò sul pavimento polveroso della cella, procurandogli un altro strappo alla divisa scolastica che ancora indossava dopo due settimane passate con Piton a nascondersi dagli Auror per poi arrivare nel covo del Signore Oscuro e ricevere la giusta ricompensa.

Draco tossicchiò, sia per la polvere che gli era entrata nella bocca sia perché quel pensiero suonava talmente insensato e ridicolo da farlo sogghignare amaramente.

 

Il ragazzo si puntellò sulle braccia per alzarsi, stanco ma determinato a non dare al suo torturatore la soddisfazione di vederlo sconfitto; tuttavia le continue violenze che aveva subito, da quante ore?, lo avevano spossato, avevano provocato una ferita abbastanza seria, ma non mortale (Draco credeva che Voldemort avesse ordinato di non ucciderlo), sul ventre, vari graffi, lividi e sbucciature sulle ginocchia e sui gomiti, e Malfoy non riuscì a reggere il peso del suo corpo, seppur reso molto sottile da giorni di quasi totale digiuno, e ancora stramazzò a terra pestando il mento sulla dura pietra della prigione.

 

Un Mangiamorte incappucciato si avvicinò a lui sghignazzando, profondamente divertito dal suo dolore. “Ma tu guarda… un Malfoy che si rotola nella polvere… solo che a differenza di tuo padre, tu Draco, stai ruzzolando letteralmente nella polvere. Anche se ad Azkaban le celle non devono essere un gran che…” concluse ridendo sguaiatamente, come solo un boia crudele può fare al cospetto della sua vittima.

 

Malfoy digrignò i denti e si costrinse ad ingoiare l’orgoglio e la rabbia per evitare un altro Cruciatus. Tormentato dall’odiosa risata isterica del Mangiamorte tentò nuovamente di alzarsi.

 

La risata cessò di colpo. “Dove credi di andare, ragazzino impudente?!” tuonò il Mangiamorte dandogli un calcio all’addome.

 

Draco sussultò sentendo le costole incrinarsi per la potenza del calcio e si contorse lontano dal losco individuo incappucciato che non sembrava conoscere né la delicatezza, né la pietà o il rispetto. Con una falcata il Mangiamorte gli balzò accanto. “Che c’è, Malfoy, già stanco?” gli domandò sadico, infierendo nuovamente sull’addome; poi gli puntò contro la bacchetta e, dopo un indefinito bisbiglio cinico, lo fece andare a sbattere contro il muro.

 

Dalle labbra di Draco scappò un agghiacciante urlo di dolore. Il ragazzo sentì aprirsi una voragine nella testa che pulsava forte causandogli un male insopportabile; si lasciò scivolare lungo il muro fino ad inginocchiarsi e si toccò il capo con le mani, annaspando, tentando di scacciare la pressione che martellava da dentro la testa. Quando ritirò le mani le vide scintillare di rosso, ricoperte dal suo sangue, il sangue dei Malfoy, quel sangue di nobili origini per cui molta gente avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di sentirselo scorrere nelle vene; non era più così. Anche Draco in quel momento di disperazione, estenuato da quella lunga e sadica tortura, avrebbe desiderato non essere il figlio di Lucius Malfoy. Forse il dolore cominciava a dagli alla testa… la vista si stava già appannando…

 

Il Mangiamorte sputò a terra, vicino alle gambe flosce del ragazzo. “Che feccia, i Malfoy. Tu non sei migliore di tuo padre, quel fallito, ma almeno Lucius sapeva pronunciare due semplici parole…” Il Mangiamorte rimise nella tasca del mantello la bacchetta magica. Sorrise pericolosamente. “…Avada Kedravra!!! Buon per te che non so fare gli incantesimi non verbali, se no a quest’ora saresti già stecchito!” E si concesse una risata indecentemente perversa.

 

Draco alzò faticosamente la testa, diventata di colpo pesantissima da sostenere, e levò fieramente gli occhi grigi sul suo torturatore. “Sempre meglio che essere dei luridi Mezzosangue, Cortess.” Ribatté aspramente il giovane.

Gravius Cortess rimase in silenzio, gli occhi si iniettarono di sangue e cinque secondi dopo fu addosso al ragazzo, tempestandolo di pugni. Draco non sentì quasi i colpi: stava diventando insensibile ad ogni dolore fisico e questo lo preoccupò perché significava che le sue ferite erano più gravi di quanto pensasse… ma almeno era ancora lucido. Stanco, ma lucido.

Rispondere di rimpetto a quell’invasato di Cortess non era stata una grande idea, ma almeno gli restava la soddisfazione di averlo umiliato.

 

Il Mangiamorte si bloccò e si allontanò scostandosi dal volto i lunghi capelli scuri in un gesto quasi altezzoso, osservando affascinato un rivolo di sangue che scendeva lento lungo la mascella a dir poco cadaverica del ragazzo. Draco tossì.

 

Cortess sorrise cinicamente. “Sei uno sciocco, Draco Malfoy, ma servi al Signore Oscuro” disse mortificato e alzò la bacchetta guarendogli il taglio sulla fronte, vari graffi, e il viso tumefatto dal precedente sfogo d’ira.

 

Draco si alzò con la testa che ancora martellava e una stanchezza che non aveva mai provato: tenere aperti gli occhi era un’impresa quasi titanica, ancor di più che durante le ore di Storia della Magia. “Almeno io non sono un Mezzosangue.”

 

Cortess sghignazzò “Sapevo che avresti detto così, anzi, speravo che l’avresti fatto, quindi non mi lasci altra scelta che…” Pausa. “… Crucio!!!

 

Draco sentì il corpo sconquassarsi e tentò di opporsi alla tortura, ma l’ultimo attacco di Cortess gli aveva prosciugato le energie e quel poco di resistenza che gli era rimasta… così spossato, così stanco… a cosa era servito diventare un Mangiamorte? A essere torturato?

D’improvviso gli tornò in mente Silente mentre tentava di restare in piedi appoggiandosi ad un muro e gli proponeva di passare dalla “parte giusta”. Perché non lo aveva denunciato al Ministero? Per salvargli la vita, per evitare che Voldemort lo uccidesse… e lui, in cambio, aveva complottato il suo assassinio.

Stupido inutile vecchio, non è servito a niente il tuo sacrificio…

Draco rimase quasi basito realizzando che il suo pensiero non era sarcastico, semmai quasi… triste… dispiaciuto…

 

Crucio!”

Basta!!!

Draco sentì una nuova forte scossa attraversargli il petto e si raggomitolò sul pavimento, abbracciandosi e rotolando in preda ad un atroce dolore.

Aiutatemi…

“Forza Malfoy, sei un Purosangue! Un po’ di resistenza! Mi piacerebbe sapere qual è il tuo tasso di sopportazione al dolore… Crucio!” urlò più forte Cortess, ridendo.

 

Draco respirò affannosamente, sbattendo gli occhi. La vista… era tutto così confuso…

 

“Avanti Malfoy, in fondo ti sto addestrando! Lezione numero uno: sopportare un Cruciatus… a casa dei Purosangue non lo insegnano? Non mi dire che il tuo papino non ha mai testato su di te un Cruciatus! Provvedo subito: Crucio!”

 

Draco gemette forte, incapace di controllare il proprio corpo, atrofizzato e assaltato da continue fitte lancinanti.

 

CRUCIO!” continuò Cortess in prede ad un folle divertimento. “CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO!!!

Basta… voglio che questo dolore smetta… Lo odio: questo Mangiamorte, Potter, Silente…Voldemort… vi odio tutti!

“Fermo!!”

 

Draco riuscì a udire una voce lanciare uno Schiantesimo in direzione del suo carceriere e dei passi avvicinarsi. Sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco: tuttavia non riuscì a vedere altro che una figura sfocata; una mano calda gli fasciò il capo, alzandolo da terra e l’altra si posò sulla sua guancia. Gli parve quasi di sentire qualcuno chiamarlo…

Chiunque sia è gentile e premuroso quanto mia madre… magari è proprio lei…

                                                                        *******

Draco riprese conoscenza dopo un tempo indefinito, sdraiato su qualcosa di morbido. Il dolore del Cruciatus era ancora vivo sotto la sua pelle anche se poco più attenuato. Le labbra e la gola arida sopportavano a stento la mancanza d’acqua e lo stomaco reclamava a viva voce del cibo. Le palpebre erano sempre dolenti e pesanti, per non parlare di braccia e gambe che soffrivano ancora gli spasmi della maledizione.

Draco sentiva il suo corpo lontano, come qualcosa che non gli apparteneva, qualcosa talmente inutile e fastidioso che sarebbe stato meglio buttare via. Il ragazzo si ricordò dell’Auror senza braccio vittima di Greyback che implorava disperatamente una morte veloce e istantanea e ora anche lui, con quell’ammasso di ossa e carne che gli pulsava dal dolore, avrebbe preferito gettarsi via come spazzatura; era stanco, senza energia, senza voglia di vivere.

Sentì un leggero frusciò agitarsi accanto al suo giaciglio, ma non aprì gli occhi. Forse era Cortess: era venuto per lui, per finire il suo lavoro e Draco non glielo avrebbe impedito, anzi, sarebbe stato quasi felice, come l’Auror che dopo essersi fatto divorare parzialmente da Greyback aveva smesso di urlare ed era scivolato nella calma assoluta. Il ragazzo voleva questo: tranquillità; e Cortess gliel’avrebbe data, doveva solo sopportare ancora un po’ di dolore.  Così si decise a riaprire gli occhi: un’enorme delusione mista ad un pizzico di sollievo… fu questo ciò che provò alla vista di Samantha Drake che, con i più premurosi dei riguardi lo stava curando

 

“E’ un unguento che attenua gli strascichi del Cruciatus” disse la Mangiamorte mostrandogli una bottiglietta dorata “Tra qualche secondo il dolore svanirà del tutto e riuscirai a reggerti sulle gambe.”

 

All’idea di rimettersi in piedi e continuare quell’ingrata esistenza, la poca felicità che Draco aveva provato grazie alla disperata speranza di morire gli fu strappata via. Era già stato infelice in precedenza con la prospettiva di dover soffrire molto, ma adesso si riteneva molto più infelice, perché aveva l’esperienza del dolore con la certezza che non sarebbe mai finito. Una persona che si era imposta sacrifici così grandi per proteggere la sua famiglia e per continuare a vivere, poteva ben concedersi qualche soddisfazione; ma Malfoy era l’eccezione che conferma la regola. Si sentiva diverso dagli altri – dai suoi coetanei, persino dai Serpeverde e soprattutto dai Mangiamorte – e quella sua capillare differenza – sia della ricchezza, o del sangue, o della nobiltà, o del carattere, o della disperata situazione in cui si trovava… - lo condannava alla solitudine.

 

Le sue infelici riflessioni furono bruscamente troncate dalla pressione di una mano contro il suo stomaco. Draco sbatté le palpebre un paio di volte e focalizzò la vista su Samantha Drake che stava agitando una mano sotto la sua tunica.

 

“Che… che cosa stai facendo?” strepitò il ragazzo alzandosi di scatto e sussultando a causa dello sforzo doloroso a cui aveva costretto i muscoli delle braccia.

 

La Mangiamorte lo spinse delicatamente con l’altra mano, costringendolo a stendersi di nuovo “Stai calmo” sussurrò lei “Ti ho salvato dalle grinfie di Cortess, ma scommetto che non te lo ricordi. Eri già una trota lessa quando sono venuta a fermarlo per ordine del Signore Oscuro.”

Draco sgranò gli occhi, perplesso. “Sì” accennò Samantha “Il Signore Oscuro gli aveva ordinato di punirti, non di ucciderti. Ma non ti devi preoccupare perché grazie alle mie cure sarai in forma, bello e pimpante in pochi giorni. Però bisogna ammettere che Gravius Cortess è una vera bestia, un incivile oserei dire. Guarda come ti ha ridotto, ti ha malmenato peggio di come avrebbe fatto una banda di pugili ubriachi.”

Per tutto il tempo che aveva parlato a Draco, Samantha non aveva smesso di strusciare la sua mano contro l’addome del ragazzo che, ignorando il motivo di quel gesto, provava un misto tra disagio e una sorta di lascivo compiacimento.

“Ecco fatto” dichiarò la ragazza scostando la mano dalla pelle del ragazzo “Ti ho spalmato un po’ di unguento sullo stomaco, Cortess l’aveva martoriato di calci.”

Draco era combattuto tra il pronunciare un sommesso “grazie” o voltare il capo, indifferente alla gentilezza della ragazza. Ma dopotutto era una Mangiamorte e per tutti quelli che portavano il Marchio Oscuro – compreso suo padre ed esclusa sua madre – il ragazzo provava una servizievole reverenza. Così si decise a mormorare: “Grazie.”

La Mangiamorte sorrise in un modo così tenero e fascinoso da far sbigottire Draco “Di niente, Drago” sussurrò lei picchiettandogli un dito sulla punta del naso.

Quel gesto così disinvolto fece acquietare l’aura di Mangiamorte che Draco aveva designato alla ragazza. In fondo è solo una novellina ed è anche molto giovane, si ritrovò a pensare lui, Magari non è poi così diversa da me.

Mentre la Mangiamorte si apprestava ad andarsene, Draco la trattenne esclamando con tono impertinente: “Ehi tu! Io mi chiamo Draco, non Drago!”

Samantha si girò mostrando un sorriso ironico “Bel nome! Immagino che sia frutto della tradizione medievale inglese. E a proposito di nomi… io non mi chiamo ehi tu, ma Samantha.”

 

Draco sogghignò “Nome da Babbana.”

 

“Io non criticherei i nomi degli altri, caro Draco, quando il mio è andato in disuso da tre secoli.”

 

“E’ un nome antico e importante, a differenza del tuo che è banalmente comune e sciatto” ribatté sprezzante il ragazzo.

 

“Perché ti ho salvato da Cortess?” si chiese Samantha digrignando i denti.

 

“Perché te l’ha ordinato il Signore Oscuro e i suoi ordini non si discutono” mugugnò Draco.

 

“Come sei servizievole, mi sarei aspettata di meglio da un Malfoy.”

 

“Allora sai chi sono?”

 

“Più o meno. La tua triste storia la conosco e mi dispiace.”

 

Draco sbuffò “Non fare l’ipocrita. Lo sanno tutti che i Mangiamorte sono degli egocentrici.”

 

“Magari non tutti” disse la ragazza “Ti avverto… Ho un fratello che è un autentico campione nello stressare le persone e posso orgogliosamente dichiarare che sono riuscita a sopportarlo per quasi vent’anni senza impiccarmi. Quindi, se stai cercando di spazientirmi con il tuo caratteraccio simulato, puoi anche abbandonare il proposito.”

 

“Fantastico, mi serviva davvero qualcuno da usare come persona-sfogo” ironizzò Draco.

 

Samantha sorrise ancora “Scherza pure. Comunque io sarei molto più gentile con l’unico medico efficiente che si possa trovare nel Covo Oscuro.”

 

“Ti sbagli, c’è anche un altro medimago tra i Mangiamorte.”

 

“Per questo ho detto efficiente” puntualizzò Samantha “Ho controllato le credenziali di quel tipo e sarebbe anche capace di farti trangugiare della cicuta come rimedio per il mal di stomaco.”

“Beh, non m’importa se sei un medico efficiente, tanto per usare parole tue” bofonchiò Draco.

“Dovrebbe importarti dato che ogni Mangiamorte in questo covo sembra intenzionato ad usarti come persona-sfogo, tanto per usare parole tue.”

Draco la fissò inacidito “Evidentemente vent’anni passati con un fratello insopportabile ti hanno resa a dir poco insopportabile.”

“Tu invece sei sopportabilissimo” scherzò la ragazza “E non hai fratelli o sorelle che ti stressano, giusto? Riconosco alla perfezione la puzza da viziato di un figlio unico, caro Drago.”

“Pensala come vuoi, Amanda” sibilò il ragazzo “E se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo io: Draco con la C!”

“E anche se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo io: Samantha non Amanda!” gli fece eco la Mangiamorte, godendo dell’evidente esasperazione del ragazzo “Ma se ti garba mi puoi anche chiamare Amanda; questo nome mi ricorda una mia amica” disse Samantha nascondendo un sorriso schifato.

“E anche a te, Amanda, se ti garba potresti chiamarmi Drago. Anche a me piace, mi fa apparire molto…”

“Animale” gli venne in aiuto Samantha “Oh macho? No perché, se proprio vuoi apparire macho oltre che al nome ti servirebbe anche un aspetto un po’ più virile. Eh, povero Drago, la natura non è stata molto generosa nel donarti muscoli.”

“La sa una cosa, cara signora Amanda” borbottò Draco “Non dovrebbe permettersi una tale confidenza con un ragazzo molto meno vecchio di lei; che ne dice?”

“Ma la mia era solo una constatazione disinvolta, Drago. Certo, un lattante dalla mente giovane e immatura come la tua potrebbe aver frainteso tutto…”

“Arrivederci, signora Amanda, ora ho bisogno di un po’ di riposo” sbottò Draco, stizzito.

“Hai ragione, ora meriti un po’ di riposo. Per prendere sonno preferisci una tazza di camomilla o una bella ninnananna?”

Draco le rivolse un’occhiata sicuramente non infantile o innocente.

“D’accordo, me ne vado” si rassegnò Samantha “Buona notte, Drago, e sogni d’oro. Sogna tanti unicorni volanti.”

Draco si scompose appena nel letto “Buona notte anche a te, vecchia megera.”

La Mangiamorte sorrise di gusto “Se ti comporti così sembri proprio un bambino, lo sai?”

“Fuori” sbraitò Draco da sotto le lenzuola.

“Sto andando, sto andando!” esclamò sorridente Samantha, mentre richiudeva la porta dell’infermeria alle sue spalle.

Una volta che fu tornata la calma, Draco si concesse un sorriso leggero “Discretamente divertente.”

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

Sprpr (sorella?): ciao Sory, siamo felici di averti ritrovata; ma sei tu? Ti ringraziamo calorosamente (cm sempre x i tuoi commenti)… nel prox chap ci sarà Draco, quindi nn puoi perdertelo (anke se soffrirà un po’) (ops, ti abbiamo dato un indizio sul prox chap -_^) Kiss KS

 

Charlotte Doyle: il tuo commento ci ha fatto gioire interiormente. Sei furba e dotta, come hai fatto a cogliere la discrepanza per quanto riguarda Petunia e la family Evans? Noi ci avevamo pensato, ma poi, per esigenze di copione, abbiamo preferito accantonare la questione. Non c’è pericolo di incoerenza con la storia della Rowling perché più tardi nella storia ci sarà una bella scena che spiegherà il motivo di questa scelta. Ancora complimenti per la tua arguzie. Speriamo di risentirti; guarda che ci contiamo. Peace KS

 

Hermione CH: ben arrivata; i tuoi complimenti sono super-apprezzati da Kaho. Speriamo di non deluderti cn il prox chap (impossibile ndKahoSamy). A’ bientot KS

 

James e Lily: innanzitutto, complimenti xké anke noi amiamo qst coppia (ProngsxLily,. Cn i Malandrini – escluso ovviamente il Sorcio di Fogna, alias Peter Minus – e *ç* ndKaho); non possiamo dare indicazioni precise sui prox chap ma c’è una bella combutta famigliare ke scoprirai continuando a leggere. Se sei una fan dei Mala non puoi perderti il prox chap (ops, abbiamo dato info top-secret) Kiss KS

 

Siangel187: ben tornata!! Siamo sempre felici di ricevere i tuoi complimenti ^///^; x la scena di Lupin: nn preouc, c’è ne saranno sicuramente altre altrettanto esilaranti (e imbarazzanti); sì, la Mangiamorte era propria Samantha; la faccenda psicologica di Samantha rimarrà un costante mistero fino all’ultimo chap di HP7… dopo capirai… Ciao KS

 

Evanescense87: grazie, grazie, grazie (!!!!!!!) Siamo molto felici e orgogliose (io direi esaltate ndKaho). Non c’è timore x il seguito della storia; siamo arrivate a 6 chap conclusi e il progetto trilogia è troppo importante, nn si può abbandonare, anke xké Samy nn vede l’ora di poter descrivere i figli dei nostri eroi (in particolare di 1 ndSamy)… ciao, baci KS

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Godric's Hollow ***


La giovane Mangiamorte si smaterializzò nel covo di Voldemort, un luogo oscuro e appartato di cui non possono rivelare l’ubica

Scuse esemplari per l’increscioso ritardo: ci sono stati alcuni imprevisti vacanzieri (del tipo: “Non c’è il computer in spiaggia”) Scusate ancora e promettiamo solennemente di non ritardare mai più con la pubblicazione dei capitoli

.

Capitolo 3 – “Godric’s Hollow

 

Harry aprì gli occhi e fissò Ron che russava a bocca aperta stravaccato sul letto. Fuori dalla finestra il cielo era oscuro, come sempre. L’orologio appeso alla parete segnava le sette e mezza; era ancora presto ma il buio era frutto della nebbia che tormentava costantemente tutti i risvegli di Harry Potter: l’ultimo risveglio alla Tana.

 

Quella mattina sarebbe partito alla ricerca degli Horcruxes.

 

Il matrimonio di Fleur e Bill si era concluso in bellezza con una danza ed Harry era stato costretto a soffrire mezz’ora di Ronald Weasley che simulava di invitare Hermione a ballare. Alla fine era stata proprio lei ad invitare il rosso. Per una volta Harry poteva dirsi soddisfatto mentre osservava i due volteggiare felicemente. Certo, sarebbe stato meglio se anche lui avesse avuto una partner, ma Ginny era irreperibile. Al solo pensarci Harry era caduto nello sconforto e a migliorare la situazione era sopraggiunta una battutina di cattivo gusto che Ron aveva fatto su Victor Krum. Così la magica atmosfera che aveva portato il matrimonio (e che era riuscita addirittura a riappacificare, anche se per poco, Percy e Arthur Weasley) venne spezzata da cuori infranti ed Harry si era ritrovato a rimuginare su Ginny…

 

Che dire? Escludendo la complessità psicologica di tutte le adolescenti, la giovane di casa Weasley aveva una mente piuttosto enigmatica: Ginevra Weasley era l’essere più incomprensibile che potesse esistere nell’universo di Harry Potter.

 

Harry si stropicciò gli occhi e tirò fuori da sotto il letto la valigia che aveva preparato la notte prima, senza fare rumore. Si cambiò velocemente e scese le scale mantenendo intatto il silenzio in casa Weasley. Depositò sopra il tavolo della cucina la lettera di addio e si precipitò fuori dalla casa stando ben attento a non sbattere la porta. Hermione e Ron si erano offerti di accompagnarlo a Godric’s Hollow, Harry aveva accettato la loro compagnia, ma, dopo quello che era successo alla Signora Figg, anche una semplice visita alla tomba dei genitori di Harry poteva rappresentare un pericolo mortale per i suoi migliori amici. Harry Potter aveva deciso: tutte le persone a lui care dovevano stargli ad almeno un chilometro di distanza, senza eccezioni e in qualunque situazione. La solitudine sarebbe stata la chiave per garantire la sicurezza dei suoi cari, anche se nessun posto poteva dirsi sicuro dopo la presa di potere di Voldemort, neanche e soprattutto Hogwarts.

 

Non aveva mai visto Godric’s Hollow e quindi non poteva ricorrere alla Smaterializzazione con efficienza in mancanza di una delle D: destinazione. Il mezzo di trasporto più conveniente in quella situazione era la Firebolt, la più conveniente, ma la meno sicura. In cielo avrebbe potuto incontrare di tutto: Dissennatori, Mangiamorte, il Ministero… Ma l’istinto di Harry Potter lo guidava alla tomba dei suoi genitori: il suo sesto senso era come la Felix Felicis, escludendo la sicura riuscita del risultato.

 

Evocò la sua scopa con un incantesimo di appello e vi salì a bordo. Non si voltò per guardare la Tana, avrebbe avuto altre occasioni di vederla; così sperava il suo cuore.

 

Aveva già percorso un quarto della distanza totale che lo separava da Godric’s Hollow e tutto filava liscio. Ringraziò la nebbia perché almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi di avvistamenti Babbani coperto da una massa spessa di fumo grigio; per grazia divina, non aveva incontrato nessun Dissennatore.

 

Cinque minuti dopo gli sembrò di udire un rumore, anche se piuttosto fievole: il suo istinto drizzò le antenne, c’era qualcosa che lo osservava. Rallentò ed estrasse discretamente la bacchetta, senza farsi vedere dal suo ignoto osservatore. D’improvviso arrestò la corsa, stese il braccio impugnando saldamente la bacchetta pronto a difendersi con il fedele cervo argentato. Vide tre figure oscure che avanzavano verso di lui. Aprì la bocca per pronunciare l’incantesimo, ma…

 

“Sei sicura che sia da queste parti? Con questa nebbia non si vede un accidente!”

 

“Ne sono certa, si è diretto da questa parte! E anche se non fosse potremmo sempre raggiungerlo a Godric’s Hollow.”

 

Harry tirò un sospiro di sollievo: erano Ron e Hermione. Ma il sollievo durò ben poco: lo avevano pedinato incuranti del pericolo? Ora Harry doveva accollarsi le loro vite, non avrebbe permesso che gli accadesse qualcosa, ma questo avrebbe rallentato la sua missione.

 

La voce di Ron echeggiò nella coltre di nebbia: “Guarda, Hermione! Davanti a noi! Pensi che sia Harry?”

 

“Potrebbe essere lui o anche un Dissennatore: tieniti pronto con la bacchetta!”

 

“Sono già pronto con la bacchetta! Non c’è bisogno che mi ordini di fare le cose come ad un bambino di cinque anni!”

 

Hermione ribatté aspra: “Il mio voleva solo essere un consiglio, Ron! Quanto sei suscettibile!”

 

“Ohh, parla Miss Tranquillità! Prima ti avevo detto di svoltare a destra e invece ora, grazie a te, dobbiamo batterci contro un Dissennatore!” abbaiò Ron.

 

Per fortuna di entrambi Harry non era un Dissennatore. Il giovane dubitava che un vero Dissennatore avrebbe atteso che i due finissero di discutere prima di attaccarli e a quel punto, sia Ron che Hermione, sarebbero stati disarcionati dalle scope e, dopo una caduta di una trentina di metri, sarebbero finiti spiaccicati contro il terreno, proprio come Silente…

 

Harry agitò la testa abbandonando quei macabri pensieri e  puntò verso i due litiganti: “Ron, Hermione! Sono io! Abbassate quelle bacchette, non c’è pericolo!”

 

Harry si morse la lingua, pentendosi di ciò che aveva detto: le figure erano tre, non due; chi poteva essere il terzo sconosciuto che galleggiava sopra Ron e Hermione. Harry riuscì a distinguere dei brandelli di stoffa che fluttuavano e l’aria si fece d’improvviso più gelida. Spronò al massimo la Firebolt per gettarsi tra la terza figura e quelle dei suoi amici.

 

Mentre si avvicinava a tutta velocità udì la voce di Hermione: “Non ti sembra che sia più freddo di prima?”

 

“Sì, può darsi. Ma non ti preoccupare. Hai sentito anche tu, si tratta di Harry. Metti via la bacchetta!” ribatté Ron.

 

“No, no!” l’esclamazione di Harry uscì troppo debole dalla sua bocca; era senza fiato a causa dello sforzo che stava facendo per portare la scopa alla massima velocità.

 

I suoi timori si concretizzarono quando vide la terza figura scendere freneticamente contro le altre due. Ma era abbastanza vicino da poter vedere le facce dei suoi amici. Quando incontrò lo sguardo di Ron, questi gli disse: “Harry!” ma la sua voce fu subito mozzata dal rantolo di terrore di Hermione che vide il Dissennatore avvicinarsi in picchiata.

 

Harry tentò una brusca frenata, ma per farlo, dovette usare entrambe le mani abbassando la bacchetta, e, a causa dell’alta velocità, riuscì ad arrestarsi del tutto solo qualche metro più in là.

 

Sentì Ron imprecare ed Hermione urlare qualcosa: la loro sorte era segnata come quella di Silente? Harry voltò la scopa tenendo gli occhi chiusi, non riuscendo a trovare il coraggio di aprirli, per paura di quello che avrebbe potuto vedere. Si sentiva vile ed inutile: non era stato in grado di difendere i suoi amici. Qualche anno prima non si sarebbe arreso, convinto di poter fare tutto, ma non era così e il suo intervento sarebbe comunque stato inutile: era troppo tardi per salvarli; forse poteva gettarsi all’inseguimento dei loro corpi che cadevano nel vuoto. Sarebbe riuscito a fare almeno questo? Ma indugiò e riaprì gli occhi titubante.

 

Un’accecante luce argentata dominava la scena. Harry vide una gigantesca lontra assalire il Dissenatore che venne ricacciato nel cuore della coltre di nebbia. Tirò un estasiato sospiro di sollievo e planò incontro ai suoi amici che vedendolo arrivare lo accolsero con una certa ostilità:

 

“Harry!” enfatizzò il rosso “Ma come ti è venuto in mente di dirci che non c’era pericolo? Non hai notato il Dissennatore sopra le nostre teste? Fortuna che Hermione aveva ancora la bacchetta in mano!”

 

Hermione guardò Ron torva: “Veramente tu mi hai ordinato di metterla via! E’ grazie alla mia provvidenza se siamo ancora vivi!” poi si voltò verso Harry: “Harry! Avevo pensato che venissi per difenderci e invece ci hai oltrepassato a tutta velocità!”

 

Il rimorso di Harry crebbe vertiginosamente: “Scusate! Stavo andando al massimo con la Firebolt e ho fatto fatica a frenare” il rimorso fu subito sostituito dal rimprovero: “Ma, voi due! Come vi è venuto in mente di seguirmi? Ci sarà stato un motivo se me ne sono andato furtivamente dalla Tana: è perché non volevo che veniste con me! E’ troppo pericoloso!”

 

I due si scambiarono un’occhiata complice, ma fu Hermione a parlare: “Scusaci, Harry! Ma ce lo avevi promesso e noi siamo tuoi amici: non abbiamo intenzione di abbandonarti proprio quando ne hai più bisogno. So che la morte della signora Figg ti ha turbato parecchio, per non parlare della scomparsa di Silente… Ascoltaci! Noi abbiamo scelto spontaneamente di seguirti e non per fare le belle statuine o le vittime indifese, ma per darti una mano quando ne avrai bisogno. Siamo qui per aiutarti e non vogliamo esserti di peso.”

 

Ron accennò energicamente con la testa: “Hermione ha ragione: noi non ti saremo di peso. Hai visto anche prima, siamo stati in grado di difenderci da un Dissennatore senza il tuo aiuto.” Ron cambiò soggetto alla frase minacciato dallo sguardo burbero di Hermione “Lei è riuscita a scacciare il Dissennatore usando l’Incanto Patronum, quello che ci hai insegnato tu. Sai come si dice: l’allievo supera il maestro!”

 

Hermione sorrise candidamente inclinando la testa fino a poggiarla sulla spalla, un tenero atteggiamento d’imbarazzo e di compiacimento, molto inusuale per Hermione Granger: “Ti ringrazio, Ron. Sei troppo gentile!”

 

“Hm?” gorgogliò Ron “Oh… non stavo parlando di te, ma di me” concluse con vanto.

 

L’espressione di Hermione riprese la consueta ed intransigente durezza mentre fissava il rosso che, tutto impettito ridacchiava a cavallo della scopa. Sbuffò socchiudendo gli occhi domandandosi ironicamente: perché mi sono voluta illudere?

 

Harry osservava i due divertito e al quanto pensieroso: Mi sono mai comportato così con Ginny senza rendermene conto? Nah, non può essere.

 

Quando Ron terminò la sua performance e il colorito del viso di Hermione tornò ad una tonalità di rosso più bassa, Harry sentenziò: “Coraggio, allora! Ci andremo tutti assieme a Godric’s Hollow. So che siete capaci di difendervi e scusatemi tanto per prima; devo essere stato un tantino arrogante e presuntuoso.”

 

“Arrogante e presuntuoso?” fece Hermione voltandosi con enfasi all’indirizzo di Ron: “Non sei l’unico, non ti preoccupare!”

 

E, aspettato che i due amici terminassero quel breve scambio di insulti, Harry Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley partirono, finalmente, per Godric’s Hollow.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

La giovane Mangiamorte si smaterializzò nel covo di Voldemort, un luogo insospettabile e ben nascosto da occhi indiscreti e dai membri dell’Ordine della Fenice.

 

Per molti Mangiamorte di cui era ben noto il nome, quel covo era diventato la dimora fissa, ma per la giovane Drake era solo un luogo di raccolta e ristoro dove poteva incontrare sempre il Signore Oscuro.

 

“Samantha, il Signore Oscuro ti ha convocata; vuole sapere se hai portato a termine la missione come ordinato” le venne incontro una figura massiccia agghindata come uno zombi “Sbaglio o sei leggermente in ritardo?”

 

La ragazza gli rispose con un ghigno impertinente: “Non sbagli, Rodolphus. Ma questo è il mio stile: meglio eseguire le missioni con calma piuttosto che…” e gli rivolse un’occhiata eloquente “… non portarle a termine.”

 

Lestrange sghignazzò: “Buon per te, allora, ma datti una mossa. Il Signore Oscuro non ama attendere i comodi di una ragazzina” e pronunciò quest’ultima parola con particolare enfasi.

 

Samantha lo oltrepassò tenendo la testa ritta: “Allora farò meglio a sbrigarmi” aprì la porta del salone dei ricevimenti “Ma prima ti vorrei dire una cosa: cambiati quella tunica, vai in giro come un pezzente, persino i Dissennatori sono vestiti meglio di te” e, messo piede nella sala, chiuse rapidamente la porta lasciando fuori un contrariato Rodolphus Lestrange che imprecava a denti stretti.

 

La sala dei ricevimenti era un ambiente lugubre come il resto del covo: oscuro e pericoloso.

 

“Vieni avanti, Samantha” la voce dell’Oscuro Signore risuonò nel locale vuoto facendo rabbrividire persino i muri di pietra.

 

La Mangiamorte avanzò decisa e si inchinò di fronte all’essere biancastro che stava in piedi nel centro della stanza.

 

Voldemort la scrutò con i suoi occhi rossi: “Dunque hai portato a termine la missione, riesco a leggertelo nella mente. Hai accertato la presenza di quell’oggetto dove pensavo che fosse?”

 

“Sì, mio signore. Non avrei mai potuto deluderla” confesso Samantha con grande rispetto.

 

Voldemort sospirò: “Se tutti i Mangiamorte potessero dire lo stesso a quest’ora sarei già padrone del mondo!”

 

Samantha rise, pur mantenendo la sua sommissione: “Mi creda, tra non molto lei sarà il padrone del mondo, o almeno dell’Inghilterra e potrà contare sull’appoggio degli Stati Uniti.”

 

“E’ stato molto generoso da parte dei tuoi compatrioti contribuire al progetto D.I.O.”

 

“Non si deve sorprendere, signore, molte famiglie americane di purosangue la pensano esattamente come lei: Babbani e Babbanofili alla sedia elettrica!”

 

Voldemort si stuzzicò il mento rugoso: “Carino questo motto”

 

“Lo penso anch’io, ma l’hanno inventato dei maghi texani.”

 

Voldemort si concesse un leggero sorriso: “Devo ammetterlo, tra tutti i maghi stranieri che ho avuto a mio servizio tu sei la migliore.”

 

Samantha chinò la testa in segno di gratitudine: “La ringrazio molto, ma sbaglio o sono l’unica strega straniera che abbia mia avuto a suo servizio.”

 

“Strega, sì. Se non conto quello smidollato di Igor Karkaroff.”

 

“Ho sentito parlare di lui, sbaglio o è il preside di Durmstrang?”

 

Voldemort sogghignò: “Sbagli solo in parte, Samantha. Igor Karkaroff era il preside di Durmstrang. Ormai quella scuola è in decadimento e farò in modo che anche Beauxbattons subisca la stessa sorte, ma l’obiettivo finale sarà Hogwarts.”

 

“Intende davvero distruggerla, signore?” chiese Samantha con voce incolore.

 

“Oh, sì, troppi sudici Mezzosangue hanno contaminato quel castello. Lo distruggerò risparmiando la Camera dei Segreti e lo ricostruirò come voleva Salazar Serpeverde” le iridi rosse di Voldemort brillavano perfidi come quelli di un serpente.

 

Un ammasso di spire serpeggianti si avvicinò alle ginocchia della ragazza per strofinarsi alle sue caviglie. Samantha avvertì la fredde scaglie del serpente strisciare contro le gambe: “Nagini, come stai?”

 

Il serpente sibilò in risposta.

 

 “Ti ha detto che hai un bel corpo” intervenne Voldemort.

 

“Ma…Nagini non è una femmina?”

 

Voldemort accarezzò il suo animaletto domestico che nel frattempo gli era strisciato accanto: “Oh, sì. Ed è un fantastico esemplare di femmina.”

 

Nagini emise un sibilo che somigliava molto ad un gemito sensuale.

 

“Potrei sapere cosa ha detto?” chiese Samantha.

 

“Meglio di no. Sei ancora troppo innocente per capire queste cose.” Voldemort sollevò il serpente e se lo mise attorno alle spalle e questo prese a strusciare le spire contro il collo “Comunque penso che sia solo gelosa della tua bellezza, ma più che gelosa dovrei dire… nostalgica.”

 

Samantha osservava i due, Voldemort e Nagini, appartati in quello che poteva essere un contatto passionale.

 

“Ti puoi ritirare” disse il Signore Oscuro mentre baciava delicatamente la coda del serpente “Ma prima rendimi il rubino.”

 

Samantha poggiò il ciondolo rosso su uno dei numerosi mobili antichi presenti nella stanza, ritenendo saggio non disturbare i due, quindi fece un inchino.

 

Con un certo sconcerto Samantha uscì dalla sala: “Grazie e arrivederci, mio signore.” E lasciò che i due “amanti” si crogiolassero in qualunque cosa stessero facendo.

 

Era ancora piuttosto stordita a causa della scena a cui aveva assistito: il freddo Signore Oscuro che sbaciucchia un serpente? Doveva esserci qualcosa sotto, ma cosa?

 

“Che cosa ti ha detto, ragazzina?” era di nuovo Lestrange: l’aveva attesa fuori dalla sala delle riunioni.

 

“Niente di particolare, si è solo complimentato con me.”

 

Rodolphus la guardò dubbioso: “Niente di particolare? Sei uscita con una faccia molto pensierosa; che cosa è successo là dentro?”

 

Samantha esitò ma alla fine decise che non c’era niente di male nel dire a Lestrange ciò che aveva visto; forse era una normale routine per il Signore Oscuro amoreggiare con Nagini davanti ai Mangiamorte: “Mi ha fatto i complimenti, poi è arrivata Nagini e si è messo a baciarle la coda.”

 

Inspiegabilmente, Lestrange divenne pallido come un morto, fece un sorrisetto ironico tra sé e sé e poi aggiunse: “E così non gli è ancora passata la voglia, dopo quello che gli ha fatto… bisogna essere proprio scemi!”

 

Samantha lo guardò sconcertata.

 

Rodolphus si affrettò a correggersi: “Non stavo parlando del nostro signore, ovviamente.”

 

E allora di chi? Non di Nagini, non può essere scema, è un serpente. Pensò la giovane mentre Lestrange gli voltava le spalle con aria imbarazzata. Forse mi ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dirmi.

 

Ma il Mangiamorte era già sparito. Era facile perdere di vista qualcuno in quei corridoi oscuri.

 

Samantha stava ancora rimuginando sul bizzarro comportamento di Lord Voldemort quando gli venne l’improvvisa voglia di fare visita a qualcuno. Prese la bacchetta ed eseguì l’incantesimo dei punti cardinali per orientarsi nel buio e raggiungere l’infermeria del covo, in pratica la sua base operativa dato che era stata nominata la “dottoressa dei Mangiamorte”.

 

Arrivata davanti alla porta dell’infermeria si sistemò la tunica nera lisciandosela sul corpo e si levò la maschera e il cappuccio lasciando libera una chioma ribelle di capelli ramati a tratti biondi. Aprì la porta dell’infermeria schiarendosi la gola:

 

“Ehm, ehm, buonasera Draco! Stai meglio? Ti sei ripreso dal Cruciatus?”

 

Un ragazzo biondo completamente vestito di nero se ne stava accoccolato su uno dei letti. Sentita la voce della ragazza si stiracchio e sbuffò scocciato:

 

“Cosa vuoi, Drake? Non hai notato che stavo dormendo?”

 

“Non agitarti troppo, bambinetto.”

 

Il viso di Draco riprese la consueta espressione scocciata: “Se smetti di chiamarmi bambinetto, io smetterò di chiamarti vecchia. Ti conviene accettare, non è facile che io mi abbassi a fare dei compromessi. Beh, in fondo non sei molto più grande di me.”

 

“In effetti ho solo cinque anni in più, ma almeno sono maggiorenne” dichiarò lei orgogliosa.

 

“Anch’io sono maggiorenne.”

 

Samantha piegò le labbra, scettica “Ero convinta che avessi sedici anni.”

 

“Ne ho compiuti diciassette due giorni fa.”

“Oh, auguri in ritardo. Hai passato un bel compleanno?”

“Smettila, Drake. Lo sai benissimo come ho passato il compleanno: agonizzando sul pavimento dei sotterranei.”

 

Samantha mormorò un sincero “Scusa” che Malfoy accolse di buon grado.

 

La giovane continuò a parlare con aria giocosa: “Allora sei un uomo! Beh, per così dire. Quando i Mangiamorte più grandi mi avevano detto che tra di loro c’era un sedicenne mi ero immaginata un tipo robusto e tarchiato con cicatrici e tatuaggi… e invece…”

Malfoy sogghignò: “Un tatuaggio ce l’ho, per così dire. Ma le cicatrici non mi piacciono. Mi farebbero troppo Sfregiato e questo titolo è già coraggiosamente difeso da San Potter, quindi…”

 

“Ti sta proprio antipatico questo Harry Potter. Gelosia o invidia repressa?”

 

“Niente affatto” sbottò Draco “Lo odio perché ha mandato mio padre in prigione.”

 

“Già, tuo padre è ad Azkaban. Credi che sarebbe felice di vederti così?” domandò Samantha con indifferenza.

 

“Sarebbe orgoglioso di me perché sono un Mangiamorte come lui” dichiarò fieramente Draco.

 

“E per quanto riguarda la faccenda del Cruciatus? Avresti potuto resistere di più prima di stramazzare al suolo dolorante. Tuo padre non ti ha insegnato a sopportare l’incantesimo Crucio?”

 

“Mio padre non è quel genere di padre!” esclamò Draco “Lui non ha mai usato nessuna delle Maledizioni senza Perdono su di me. Anche se è severo a volte…” si interruppe abbassando lo sguardo “Comunque cosa ci fai qui? Non è che la tua presenza mi sia molto gradita.”

 

“Ero solo venuta a vedere se stavi meglio, dovresti ringraziare invece di lamentarti. Ma sembra che tu sia capace di fare solo quello.”

 

 “Io mi lamento quanto mi pare, ne ho il diritto!” esclamò Draco all’improvviso “Ti rendi conto di quello che mi ha fatto passare. Ho eseguito i suoi ordini e grazie a me adesso Silente è morto, ma invece di ringraziarmi, mi ha…beh, lo sai…” disse il biondo adirato e poi aggiunse con una punta di imbarazzo “… dato che mi hai salvato.”

 

“Invece non hai eseguito i suoi ordini!” lo rimproverò la ragazza senza però apparire in alcun modo imperiosa o accusatrice: “Il Signore Oscuro ti aveva ordinato di uccidere Silente e tu non l’hai fatto e adesso Severus Piton si sta godendo la gloria mentre tu stai qui in infermeria a riprenderti da un Cruciatus.” Samantha si interruppe per poi continuare più dolcemente “E’ stata la tua prima volta? La prima volta che subivi un Cruciatus?”

 

Il fagotto nero sul letto si raggomitolò ancora di più: “Sì”

 

“Beh, mi dispiace, ma avresti dovuto obbedirgli.”

 

Draco si sedette sul letto fissando Samantha con aria inquisitoria “Quindi avrei dovuto uccidere Silente?”

 

La ragazza piegò le labbra in un gesto di noncuranza: “Esatto, ma perché non l’hai fatto?”

 

Malfoy distolse lo sguardo, sbuffando col suo tipico fare altezzoso: “Non lo so perché. Non ci sono riuscito, punto e basta.”

 

“Quindi non hai mai ucciso nessuno.”

 

“No!” sbottò Draco.

 

“Guarda che non volevo rimproverarti, è solo che non capisco perché tu sia voluto diventare un Mangiamorte se non riesci ad uccidere.”

 

Draco la guardò ed alzò un sopracciglio pallido: “Chi ha detto che ho voluto?”

 

“Lo sapevo” fece Samantha con aria trionfante “Ti hanno costretto, infatti tu non ce l’hai la faccia del Mangiamorte.”

 

“Che intendi dire?” le chiese Draco.

 

“Beh, tu non mi sembri un assassino.”

 

“Se è solo per le apparenze, allora anche tu non sembri un’assassina.”

 

“Io ho già ucciso e più di una persona, se è questo che volevi sapere” disse Samantha con distacco “Ma tu non riesci ad uccidere, vero?” proseguì la ragazza con aria divertita “Proprio un novellino… ma d’altronde, uccidere non è così facile come pensano gli innocenti.”

 

Malfoy ebbe la sgradevole sensazione di aver già sentito quelle parole e infatti gli balenò alla mente la disputa con Silente sulla Torre di Astronomia: “Non mi interessa quello che credete. Io riesco ad uccidere. E’ stata solo una stupida esitazione quella volta e non riaccadrà mai più.”

“Quella volta? Intendi quando hai quasi vanificato l’accuratissimo piano segreto del Signore Oscuro? ”

 

Draco si alzò di scatto dal letto, ignorando gli acuti dolori che aveva alle gambe: “Io non ho vanificato niente del Signore Oscuro! IO ho fatto tutto quanto, sono IO che ho sviluppato il piano segreto e se proprio stavo per vanificare qualcosa era solo il MIO piano. Lui non ha fatto proprio un bel niente, niente!”

 

“Tranne minacciare di uccidere te e la tua famiglia se rifiutavi” aggiunse Samantha con calma.

 

“Esatto” confermò Draco acquietando il tono della voce.

 

“Ma ti rendi conto” disse Samantha “Che se qualche Mangiamorte ti avesse sentito pochi attimi fa, quando parlavi con tanta enfasi del niente del Signore Oscuro, ora saresti di nuovo nei sotterranei a fare un altro round di resistenza al Cruciatus con Cortess?”

 

Draco impallidì di colpo “Sei una Mangiamorte e quindi presumo che andrai a dire tutto al Signore Oscuro, vero?”

 

Samantha sogghignò “No, non mi piace fare la spia.”

 

Draco sospirò “Vuoi dire che non dirai nulla?”

 

“Infatti” rispose Samantha “Ma se ti chiedessi qualcosa in cambio del mio silenzio, cosa diresti?”

 

“Dipende” rispose Draco, confuso.

 

“Se fosse qualcosa di umiliante come lavarmi la tunica ogni volta che si sporca? Ricorda che è tessuto nero e che quindi richiede una costante pulizia e…”

 

“Non ci penso proprio” eruppe Draco “Non sono un Elfo Domestico e non mi abbasserei a fare il domestico per nessuno.”

 

“Non lo faresti per nessuno?”

 

“No” sbottò Draco.

 

“Affinché tu lo sappia un sinonimo di Mangiamorte è domestico o servo del Signore Oscuro” disse Samantha con noncuranza “Devo andare a dire al nostro signore che non gradisci la tua posizione di domestico?”

 

Draco la guardò con odio “Avevi detto che non ti piaceva fare la spia, giusto?”

 

“Infatti, e non mi piace neanche fare ricatti” confermò Samantha “Volevo solo testare il tuo orgoglio. Complimenti, massimi voti. Soffrire come un cane invece che abbassarsi a fare un lavoro umile è davvero ammirevole, beh anche un po’ stupido ma…”

 

“Cosa credi di fare?” la interruppe Draco di botto “Tu non mi fai nessun test e non mi rigiri come un giocattolo solo per fare i tuoi comodi, chiaro?”

 

“Scusami. Mi dispiace di averti fatto precipitare nell’ansia più assoluta, ma sta pur certo che da me il Signore Oscuro non saprà niente. Te l’ho già detto, non mi piace fare la spia, infatti ho stipulato il contratto da Mangiamorte proprio con questa postilla: non disposta a fare la spia.”

 

“Fai poco la spiritosa e comunque non capisco perché non corri dal Signore Oscuro a raccontare tutto quanto. Sei una novellina e acquisteresti prestigio agli occhi del Signore Oscuro.”

“Ho già molto prestigio e, cosa fai?, ora sei tu che testi la mia sete di potere? In effetti, ora che mi hai fatto notare questa piccola faccenda del prestigio potrei anche andare a spettegolare tutto.”

Draco trattenne il respiro e si diede mentalmente dello stupido.

 

“Scherzo di nuovo” disse Samantha con una risata “Non potrei mai permettere che Cortess ti faccia ancora del male.”

 

Draco era piuttosto stupito dalla confessione della ragazza e gli venne d’istinto fare una domanda “Perché?”

 

Il sorriso di Samantha si piegò in un’espressione seria ma ridivenne quasi subito ironica “Hai idea di quanto tempo occorre ad un medico per curare contusioni ed effetti post Cruciatus? Butterei via troppo tempo.”

 

“Capisco” disse Draco “E quindi, dopo questo grande giro di parole, la conclusione è che non andrai a fare la spia?”

 

Samantha fece spallucce sorridendo con aria divertita “Non si sa.”

 

Malfoy la guardò con un ghigno: “Certo che sei strana tu, non riesco a capire quale sia la vera Samantha Drake: quella pazza sorridente o quella killer che ghigna perfida e che ci prova con tutti.”

 

“Cosa?” fece Samantha stranita “Perché ci dovrei provare con tutti?”

 

“E’ quello che ha detto il Signore Oscuro all’Investitura” rispose Draco “Giuri di mettere a disposizione il tuo corpo per il volere del tuo Signore? Ricordo molto bene la mia Investitura e questa parte non c’era.”

 

“Che cosa vorresti dire?” gli chiese Samantha indignata.

 

“Non sei qui per quello, per mettere a disposizione il tuo corpo? Sei un bravo medico, questo te lo riconosco, ma credo che tu sia qui per fare ben altre cose. E’ tipico nelle guerre che ci si porti dietro una che, diciamo, solleva il morale dei combattenti quando sono un po’ depres…”

 

Samantha schiaffeggiò Draco con quanta più forza gli riuscisse. Lui barcollò all’indietro e, ancora un po’ stordito, cozzò con le gambe sul bordo del letto e il pungente dolore del Cruciatus riapparve.

 

“Sei uno schifoso marmocchio viziato e incompetente” disse Samantha digrignando i denti e si avviò a grandi passi verso l’uscita dell’infermeria. Chiuse violentemente la porta alle sue spalle non prima di sentire:

 

“E tu sei una puttana."

 

*^*^*^*^*^*^*^*^*

 

“Io penso che i ragazzi abbiano la delicatezza di un Troll molto goffo e maldestro quando si tratta di parlare ad una ragazza” sbottò Hermione al termine di un’altra discussione che si era venuta a creare tra lei e Ron a causa della relazione tra Harry e Ginny.

 

Come mai ogni volta che quei due aprono bocca su storie sentimentali finiscono sempre a vagheggiare sui loro sentimenti inconfessati? Pensò Harry mentre avanzava sulla Firebolt al fianco di Ron e Hermione, molto vicino alla meta.

 

“Lascia stare Hermione! Non sono affari tuoi, sono affari di Harry e di Ginny!” disse Ron.

 

Hermione accennò col capo: “Giusto, ma io pensavo ad un’altra coppia di Grifondoro”

 

“Stai parlando di Lavanda Brown e Dean Thomas? Loro si sono lasciati  neanche due settimane dopo il fidanzamento” dichiarò Ron, ignaro del guaio in cui si era andato a cacciare.

 

Harry strinse gli occhi e scosse la testa: Oh, no! Non devi nominare Lavanda Brown davanti ad Hermione e nemmeno Dean Thomas davanti a me: lo sai che l’ho visto pomiciare con Ginny!

 

Hermione ridacchiò piano e aggiunse con una nota di rancore nella voce: “No, Ron. Sto parlando di un’altra coppia di Grifondoro e i due non si sono ancora fidanzati dopo sei anni che si conoscono perché il ragazzo è troppo impedito sentimentalmente per chiederlo alla ragazza e la ragazza è troppo restia a chiedergli di mettersi insieme perché non è abituata a fare certe cose, sebbene sia già stata assieme ad un ragazzo, anche se questa era una relazione fasulla e priva di profondi sentimenti”

 

Ron si grattò il mento, riflettendo: “Mi dai altri indizi?”

 

“L’ex-fidanzato della ragazza è un campione di Quidditch” sibilò Hermione. Possibile che non ci fosse arrivato? O era solo un’abile mossa per temporeggiare?

 

“Hm? Quale ruolo gioca?” chiese Ron con un’incredibile non chalance.

 

“Il cercatore” rispose Hermione abbassando lo sguardo con desolazione.

 

“Ho capito!” esultò Ron.

 

Se ha capito non dovrebbe essere così felice. Rifletté Harry.

 

“Davvero!” l’esclamazione di Hermione era carica di speranza.

 

“Sì! Il campione di Quidditch cercatore è ovviamente Harry, quindi la ragazza è Ginny e tu stai ficcando il naso in faccende che non ti riguardano!” disse Ron sicuro, incurante del fatto che le dita di Hermione si erano serrate a tenaglia attorno al manico della scopa per la rabbia repressa.

 

La scopa di Hermione fece una virata improvvisa fino a pararsi di fronte a Ron: “Non mi riguardano?” domandò Hermione con un po’ troppa enfasi per i gusti del rosso.

 

Se solo Ron sapesse! Pensò Harry mentre il viso di Hermione si accendeva di un minaccioso rosso vermiglio.

 

Ron fissava Hermione al quanto sconcertato, sia per l’incredibile abilità che la ragazza aveva dimostrato a cavallo della scopa, sia per l’espressione adirata che portava sul viso e di cui non conosceva la causa: “Esattamente. Mi dispiace molto, Harry. Non sapevo che la storia tra te e Ginny andasse male e fosse priva di profondi sentimenti, ma non ti abbattere, amico. Intendo prendere a pugni quello sfigato che non è in grado di dichiararsi a mia sorella!”

 

Harry si passò una mano sulla faccia, esasperato.

 

Il capo di Hermione si agitò mentre lei ridacchiava istericamente: “Intendi prendere a pugni quello sfigato che non è in grado di dichiararsi?”

 

“Esattamente! Perché? Hai qualche problema? Forse quel tipo ti piace?” chiese Ron terrorizzato dal bizzarro comportamento di Hermione che si agitava davanti a lui come un’indemoniata.

 

“Stai scherzando? Io quel tipo lo odio e ha tutto il mio disprezzo” gridò Hermione in faccia a Ron “E’ talmente ottuso che non riesce a capire una semplice allusione e… potresti farmi un piacere, Ron?” gli chiese con falso tono mieloso.

 

“Certo” disse Ron, poi, vedendo una scintilla perfida brillare negli occhi della ragazza, riprese con un filino di voce: “Beh, dipende. Qual è il favore?”

 

“Prendi a pugni quell’infame” sussurrò Hermione riducendo gli occhi a due fessure.

 

Ron non badò al suo tono imperioso e carico di risentimento: “Lo farei volentieri, ma non conosco il suo nome.”

 

Harry temeva che Hermione avrebbe chiesto a Ron di tirarsi una manata in faccia.

 

Sul viso della ragazza apparve un sogghigno: “Te lo dico io il suo nome! È…”

 

“Guardate! Siamo arrivati a Godric’s Hollow!” esclamò Harry a pieni polmoni. Quello non era il momento più adatto per rendere conscio Ron dei sentimenti di Hermione anche perché la loro relazione non sarebbe partita con le migliori premesse.

 

Hermione, sospirante, fissò Harry e gli inviò un chiaro messaggio: Sei un buon amico.

 

I tre iniziarono la discesa mentre Ron si crucciava con un enorme dubbio:

 

“Allora, Hermione, qual è il suo nome?” chiese il rosso. La ragazza fece un movimento convulso sulla scopa e rischiò di scivolare a terra. Per fortuna di Hermione, i pronti riflessi da cercatore di Harry riuscirono a salvarle l’osso del collo e a riacciuffarla prima che toccasse terra malamente.

 

Harry aiutò Hermione a ricomporsi dalla caduta e lanciò un’occhiata di sbieco a Ron. “Lascia perdere, Ron. Non vale la pena scoprire la verità. Potrebbe rivelarsi molto dolorosa” dichiarò saggiamente Harry.

 

Ron preferì non approfondire oltre, vista la reazione di Hermione, anche se la curiosità si faceva sempre più pressante.

 

Harry si guardò intorno: erano giunti a Godric’s Hollow, un agglomerato di case rustiche e antichi casolari con giardini soffocati dalle erbacce e naturalmente la consueta nebbiolina che opprimeva il paesaggio. Quella città fantasma era lugubre e cupa; com’era possibile che i suoi genitori avessero vissuto gli ultimi e felici anni della loro vita in quel luogo desolato? Era successo qualcosa di orribile a Godric’s Hollow dopo la caduta di Voldemort: era come marcita. Qualcosa di agghiacciante, un pericolo in agguato, si nascondeva negli angoli più oscuri del paese.

 

“Accidenti. Pensavo che Godric’s Hollow fosse un pochino più allegra” disse Ron guardandosi attorno con aria desolata.

 

Harry scrutò ogni centimetro del paese che non fosse coperto dalla nebbia; una goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena: “A chi lo dici.”

 

I tre si avviarono lungo le viuzze deserte di Godric’s Hollow, bacchetta alla mano, stando ben attenti a non incappare in qualcosa di oscuro. Harry era il più angosciato dei tre ed ansimava pesantemente agitando la bacchetta ogni qualvolta udiva un rumore: “Lo sentite anche voi?” disse con il fiato mozzato dall’affanno.

 

“Harry cosa c’è? Mi sembri un tantino...” disse Ron “…spettrale” aggiunse vedendo il colorito del viso dell’amico.

 

Harry sbirciò i dintorni, scavando negli angoli più oscuri con sguardo furtivo: “Ho la sensazione che qualcosa di orribile stia per spuntare fuori e aggredirmi, ma è più di una sensazione, è una certezza!” E si voltò fulmineamente urlando a squarciagola un incantesimo per colpire un paio di mani artigliate che si protendevano verso di lui, minacciose; ma non erano mani, era solo l’ombra dei rami di un albero. “Cosa mi succede? Non mi sono mai sentito così angosciato in vita mia! Ho un terrificante senso di oppressione che mi attanaglia le viscere; è orribile!” Harry si piegò in due sotto il peso di un’inquietante apprensione.

 

“Smettila, Harry! Mi stai spaventando! Ti comporti in modo strano!” esclamò Ron tentando di rialzare Harry che se ne stava ostinatamente accucciato a terra.

 

Hermione fissò Harry rannicchiato mentre tentava di proteggersi da un pericolo invisibile agitando freneticamente la bacchetta: “Ron ha ragione, ti stai comportando in modo troppo strano. Devi essere vittima di un incantesimo, tu non sei il tipo che si spaventa così facilmente.”

 

Harry parlò con una voce talmente fioca e spenta da far impallidire i suoi due amici: “Ma come è possibile che mi abbiano lanciato un incantesimo? Sono stato tutto il tempo alla Tana e poi sono venuto qui con voi…”

 

Hermione insistette: “Ma prima che ti raggiungessimo con le scope, cosa è successo? Non ti sei sentito strano?”

 

Prima, quando Ron e Hermione erano stati attaccati dal Dissennatore aveva avuto una chiara visione della loro morte e quella era la medesima sensazione che provava ora, solo che a Gocric’s Hollow il pessimismo sembrava centuplicarsi rispetto al normale; c’era qualcosa nell’aria di quel luogo e nei dintorni che lo faceva stare profondamente male. Ma cosa?

 

Harry accennò con un debole colpo del capo.

“Lo sapevo” disse Hermione “Ti devono aver lanciato un anatema, ma se ti senti così scoraggiato potrebbe anche essere qualche effetto ritardato del Dissennatore, ma non riesco a capire. A meno che…” Hermione agitò Harry afferrandolo dal mantello: “Avanti, Harry! Alzati! Credo che tu abbia addosso qualche oggetto che ti sta risucchiando energia, devi toglierlo subito.”

 

Harry abbandonò la sua posizione fetale anche se l’angoscia non se ne andò. Si tirò in piedi a fatica e, per un breve istante, gli parve di essere in un altro luogo, una stanza puzzolente e fetida, e gli parve di vedere… una fenice nera?

 

“Harry, Harry!” la voce di Hermione lo riscosse dal suo sogno a occhi aperti: “Devi cercare di reagire! Intanto io e Ron tenteremo di trovare l’oggetto incantato che ti causa tanto dolore. Forza, Ron!”

 

Ron protese le mani verso Harry un poco spaesato: “Dove devo cercare?”

 

Hermione alzò gli occhi al cielo: “Credi che se lo sapessi non l’avrei già tolto da sola?”

“Non lo so. Sei tu il cervello del Magico Trio” disse Ron.

 

Hermione arrossì lievemente e tutta la rabbia che aveva provato per Ron si sciolse come neve al sole: “D’accordo. Dobbiamo cercare un amuleto o un braccialetto, qualunque cosa.”

 

Harry fissava i due amici che parlavano, ma le orecchie con cui ascoltava i loro discorsi non erano le sue. Un terribile dubbio si insinuò nella mente di Harry: Voldemort! Poteva aver preso il controllo del suo corpo attraverso la cicatrice che aveva in fronte e aver avuto libero accesso a tutti i suoi pensieri, ma lui non poteva ricorrere all’Occlumanzia come difesa per tre buone ragioni: 1) non avrebbe mai messo in pratica un insegnamento di Piton; 2) durante le poche lezione di Piton aveva imparato poco o niente 3) si era completamente dimenticato gli insegnamenti di Piton.

 

Hermione spinse Ron a cercare sotto il mantello di Harry, ma il rosso sembrava piuttosto restio a ficcare le mani sotto i vestiti di qualcun altro. Hermione si stava spazientendo.

 

“Coraggio, Ron! Altrimenti Harry starà sempre peggio. Avanti, è tuo amico.”

 

Ron si teneva ben a distanza dal corpo di Harry: “Scusa tanto Hermione, ma anche se siamo amici mi sento un pochino a disagio a mettergli le mani addosso. Non sono abituato a fare certe cose… insomma non lo faccio tutti i giorni…”

 

Hermione aveva perso del tutto la pazienza e le parole gli uscirono dalla bocca come un’eruzione esplosiva esce da un vulcano: “Ma figuriamoci! Devi fare esattamente come con Lavanda Brown.”

 

La mente di Harry era lontana, quasi assente dal suo corpo, come se non avesse potere sulle sue azioni, eppure rimaneva quel vago sentore di guai in arrivo e la consueta sensazione di essere il terzo incomodo tra due draghi in calore che sputano fuoco e fiamme.

 

Ron reagì d’istinto: “Giusto, come tu con Victor Krum.”

 

Ed Harry seppe di essere perduto, era stato completamente obliato dalle menti dei due, concentrati nello scagionarsi dalle loro tresche amorose.

 

Lo so, sono solo, ma devo reagire per il bene di tutti! Questo pensiero sembrava venire dal fuori, come una coscienza amica, ma Harry aveva giurato di adempiere il suo dovere: nessuno gli avrebbe rubato lo spirito.

 

“Aspetta, Ron!” esclamò Hermione “Harry!”

 

Harry riprese colorito e la ragione gli ripiombò nel corpo assieme alla tranquillità: l’anatema era svanito. Harry dubitava che fosse stata la sua impavida responsabilità ad annullare l’incantesimo, ma per ora il problema era risolto e non era indispensabile indagare oltre.

 

“Ora sto bene” disse Harry, riprendendo fiato.

 

Hermione lo guardava preoccupata: “Forse dovremmo andarcene, qui non sei al sicuro.”

 

“No, non possiamo. Qualcosa mi ha spinto a venire a Godric’s Hollow per un motivo ben preciso e ora so dove andare.” Harry riprese a marciare svoltando senza indugi ad ogni incrocio, come se conoscesse a memoria la strada che doveva percorrere. Ron e Hermione lo seguirono senza fiatare.

 

Poi Harry si fermò davanti a un cumulo di macerie: calce, mattoni spezzati e vetri rotti. Di fronte a quel cumulo di macerie restava in piedi solo la cassetta delle lettere, arrugginita e cigolante, su di essa si poteva ancora leggere una scritta sbiadita, il nome degli antichi proprietari di quella casa devastata: “Potter”.

 

Ron ebbe l’ardire di interrompere quel silenzio solenne: “Questa è la casa dei tuoi genitori... o meglio quello che ne resta.”

 

Harry accennò col capo e si girò verso i suoi amici con un’evidente spossatezza sul volto.

 

“Questo posto è come una foto di tanto tempo fa. E’ un ricordo piuttosto vago, ma reale, come quello dei miei genitori. Prima che andassi via con Hagrid sulla moto di Sirius ho guardato la mia casa e ho visto queste rovine, sono nell’esatta posizione in cui le ho lasciate. E’ tutto uguale, ma perché?” Harry parlava con una voce incolore, quasi fosse ancora posseduto da quella forza estranea, ma amica, che lo aveva condotto alla casa dei suoi genitori.

 

“Harry, va tutto bene?” chiese Ron, preoccupato e allo stesso tempo intimorito dal vacuo comportamento di Harry.

 

Hermione parve non curarsi dei bizzarri gesti di quell’Harry automa perché sapeva essere gli ovvi effetti di un anatema: “Queste macerie sono un simbolo, ecco perché non le hanno toccate. Sono il simbolo della caduta di Voldemort. E tutta questa città è un diretto affronto a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ecco perché quando ha ripreso potere tutti gli abitanti di Godric’s Hollow sono fuggiti, avevano paura di un attacco dei Mangiamorte.”

 

La risposta della ragazza parve appagare Harry che però si trovò spinto, sempre da quella forza estranea, a rovistare tra le rovine della casa, anche se questo significava dissacrare la tomba dei suoi genitori e il suo nido d’infanzia per troppo poco tempo.

 

“Quindi qui non è rimasto nessuno. Meglio verificare: ehilà!” esclamò Ron incurante degli ammonimenti di Hermione.

 

La ragazza ebbe di che ribattere anche se lo fece a voce troppo alta: “Smettila di urlare!”

 

“Tu stai urlando!” gridò Ron, gareggiando con Hermione a chi riusciva a sfoderare la voce più alta e penetrante.

 

Hermione raccolse la sfida ed alzò di una decina di decibel il tono della voce: “Sto urlando per farti smettere di urlare!”

 

“Shhh!” Harry emise un verso simile al sibilo di un serpente a sonagli, imperioso e carico di altero rimprovero. Harry si rese conto che quel suono non apparteneva alla sua voce, e lo fece uscire dalle labbra controvoglia. Ron e Hermione lo ignoravano, forse non l’avevano neppure udito, ma quel sibilo apparteneva ad un Rettilofono, il sinistro timbro, viscido e oscuro della forza estranea e… amica? Un Rettilofono, come poteva essere amichevole? E poi, quanti Rettilofoni conosceva escluso lui? Solo Voldemort.

 

Ma Harry sapeva che non poteva essere lui. Già una volta la sua mente era stata strapazzata dal Signore Oscuro e la sensazione non era la stessa, era totalmente diversa. Inoltre, Harry riusciva a leggere, seppure molto confusamente, nella testa del suo “aggressore” e quella con cui stava in collegamento non era la testa di Voldemort. Troppo vile, timorosa, dubbiosa; avrebbe potuto essere Codaliscia, ma si scorgeva un chiaro barlume di fierezza, di orgoglio e uno sfrenato sentimento di vendetta (Codaliscia non si sarebbe mai permesso di provare risentimenti verso qualcuno; la vendetta era troppo ardita per il suo animo debole e febbrilmente pauroso).

 

Hermione e Ron intervennero all’unisco con la medesima domanda: “Harry, cosa c’è?”

 

“Restate qui. Vado a controllare. Se vedete delle scintille venite ad aiutarmi, ma per ora restate qui” e di nuovo a parlare fu quella voce sentenziosa e burbera che non concedeva risposte di alcun genere; era un comando chiaro e conciso.

 

I due non osarono ribattere intimoriti dal quel tono imperioso anche se Ron aveva il suo bel dire sulle condizioni mentali dell’amico, ma Hermione lo fermò assicurandogli che ad Harry serviva del tempo per smaltire gli effetti dell’anatema; era Harry con cui stavano parlando, non un parassita che si era infiltrato nella sua mente.

 

Incredibile a dirsi, Hermione si era sbagliata.

 

Harry si lasciò guidare dalla forza estranea; per qualche strana ragione si fidava di quell’invasore. Anche lui, chiunque fosse, voleva la stessa cosa che voleva Harry: uccidere Voldemort. Harry era riuscito a leggerglielo chiaramente in testa: la vendetta era tutta contro Voldemort.

 

Aprì la porta di una delle case disabitate di Godric’s Hollow, la più vicina a quella dei suoi genitori, e scoprì che era ancora abitata. I proprietari erano riversi sul pavimento dell’atrio e portavano sul volto i chiari segni di una maledizione: terrore di una morte improvvisa e dolorosa. I corpi erano ancora integri, perfettamente normali escludendo il colorito grigiastro della pelle: neppure il tempo e i piccoli animaletti spazzini osavano toccare una vittima dell’Avada Kedavra.

 

Alla vista di quei morti la mente di Harry fu sbattuta da parte e al suo posto vi entrò quella dell’estraneo: “Diavolo! Questi morti sono recenti. Ciò significa che Riddle ha spedito i suoi Mangiamorte a recuperare l’Horcrux, ma scommetto che non l’hanno trovato. Avranno rovistato nelle case di tutti i vicini e non hanno concluso niente, se non una bella carneficina. Eh, poveri gli abitanti di Godric’Hollow, troppo presuntuosi nel credere di poter sfuggire alla morte in questo posto.”

 

Harry aveva percepito tutto e si era impresso quelle parole a marchio di fuoco nella memoria. Lo sconosciuto era convinto di non essere ascoltato, il ragazzo poteva leggerglielo nella mente. Non sospettava minimamente delle abilità Legimens di Harry, abilità che anche il ragazzo aveva scoperto solo in quel momento.

 

Un’altra cosa che mi accomuna a Voldemort. Pensò Harry mentre la mente veniva risbattuta dentro la sua testa. L’invasore se n’era andato, definitivamente. Quello che aveva bisogno di vedere lo aveva visto e aveva sfruttato gli occhi di Harry per vedere. Ma cosa aveva usato per controllare il suo corpo? Harry non aveva alcun tipo di legame con quello sconosciuto e la cicatrice non gli aveva fatto male durante la possessione.

 

Sospettava di qualcosa; Hermione aveva detto che poteva trattarsi di un oggetto magico, allora forse…

 

“Hermione, Ron!” finalmente Harry riuscì a parlare con la sua voce: “Dobbiamo andarcene di qui, subito.”

 

“Abbandoniamo così Godric’s Hollow. Ma come?” gli chiese Ron scettico: “Dopo che hai insistito così tanto per rimanere. Non vuoi neanche andare a vedere la tomba dei tuoi genitori? Credo sia nel cimitero della città.”

 

“Ron, questa intera città è un cimitero” disse Harry facendo raggelare i due. “Hermione aveva torto: gli abitanti di Godric’s Hollow non sono fuggiti per paura di una ritorsione dei Mangiamorte, sono rimasti qui e ci rimarranno per sempre.”

 

Ron mandò giù a fatica il groppo che aveva in gola: “Che cosa vuoi dire? Che sono tutti…”

 

“Morti. Credo di sì” concluse Harry desolato.

 

“Allora non c’è problema” intervenne Hermione. I due ragazzi la fissarono perplessi.

 

Hermione si giustificò: “Beh, se i Mangiamorte sono già venuti una volta non credo che ci ritorneranno. Ma cosa saranno venuti a fare qui?”

 

“Come hai detto tu prima: per dissacrare l’affronto al Signore Oscuro” disse Ron.

 

“No, cercavano un Horcrux, ma non l’hanno trovato” dichiarò Harry.

 

“Come fai a saperlo?” chiese Hermione.

 

“Me l’ha detto un… informatore”

 

Hermione non adorava le persone misteriose, men che meno gli informatori: “Ci possiamo fidare?”

 

“Sì, assolutamente” Harry accennò vigorosamente e poi proseguì con tono più incalzante: “Dobbiamo andarcene. Lui è convinto che ci sia qualcosa a Godric’s Hollow, qualcosa che i Mangiamorte hanno lasciato a guardia della città, ecco perché ero così in allerta prima.”

 

“Che cosa intendi dire? Che il tuo misterioso informatore è l’essere che ti ha… controllato la mente prima?” domandò la ragazza sempre più diffidente e meno amichevole nei confronti del misterioso “informatore”.

 

“Sì, ma ci possiamo fidare. Anzi, sono quasi certo di sapere chi è” ribatté Harry riuscendo a convincere Ron delle buone intenzione dell’informatore, ma lasciando Hermione nel dubbio.

 

“E come fai a sapere chi è? E soprattutto, come fai a fidarti di lui dopo quello che ti ha fatto?” gli chiese Hermione sempre più invadente.

 

“Perché è stato lui a guidarmi alla casa dei miei genitori, voleva che cercassi qualcosa, almeno credo. Non sono tanto sicuro che l’abbia fatto volontariamente.”

 

Harry non aveva tempo di convincere Hermione. Prima che l’informatore interrompesse il contatto mentale era riuscito a captare un chiaro pensiero: a Godric’s Hollow si nascondeva tuttora un pericolo mortale ed Harry sapeva benissimo qual era. Già una volta si era trovato faccia a faccia con quelle creature e non avrebbe più voluto ripetere l’esperienza.

 

“Che cos’è che devi cercare?” Hermione continuava a fare domande incessantemente.

 

“Non lo so con precisione, ma mi ha mandato un flash confuso dell’oggetto che devo trovare; lo riconoscerò quando lo vedrò” rispose Harry.

 

Hermione non si arrese; la cocciutaggine è un vizio degli intellettuali: “Non hai ancora risposto alla prima domanda, Harry: come fai a sapere chi è?”

 

Harry tirò un sospiro esasperato; qualcosa si stava muovendo nelle case, un suono sinistro di corpi in putrefazione che strisciano sui pavimenti: “Ricordi prima, quando mi hai detto che potevo essere sotto l’influsso di qualche oggetto magico?”

 

Hermione rispose: “Sì, ma ho scartato quell’ipotesi quando l’effetto è svanito da solo. Solo un anatema può comportarsi così, a meno che l’oggetto sia controllato tramite il pensiero da un doppio legame e questo spiegherebbe anche perché ti comportavi in quel modo prima; il proprietario di quell’oggetto deve averlo utilizzato come tramite per controllare il tuo corpo e usarlo a proprio piacimento, come faceva Voldemort con la cicatrice, solo che lui poteva solo insinuarsi nei tuoi pensieri, mentre il tuo informatore può controllare tutto il tuo corpo.”

 

“Può leggermi nel pensiero come faceva Voldemort?” chiese Harry.

 

Hermione negò: “No, a meno che lui sia un Legimens e la stessa cosa vale per te.”

 

“Allora tutto a posto, lui non è un Legimens, gliel’ho letto nei pensieri.”

 

“Come gliel’hai letto?” domandò Hermione incuriosita.

 

“Beh, credo di essere un Legimens” concluse Harry senza particolare orgoglio.

 

“Congratulazioni” si complimentò Hermione un tantino poco entusiasta; Ron lo fissò col tipico sguardo da “ci mancava solo questa”.

 

“Accidenti… più il tempo passa, più io tendo ad assomigliare a Voldemort” dichiarò Harry melanconico, guadagnandosi lo sguardo cupo di Ron.

 

“Non dirlo neanche per scherzo, Harry, sei diverso da… lui.” Lo rassicurò il rosso, che faticava ancora a pronunciare il nome di Voldemort.

 

“Ma chi è il tuo informatore?” insistette Hermione.

 

“Il nome non lo conosco.”

 

“Allora, chi è? Che cosa fa?”

 

“Non so neanche questo” rispose Harry.

 

“Com’è fatto fisicamente?”

 

Harry scosse il capo: non ne aveva la minima idea.

 

“Ma allora…?” iniziò Hermione.

 

Harry pensò che era meglio troncare sul nascere le domande di Hermione: “E’ R.A.B., almeno credo. Questo è il falso Horcrux” ed estrasse dal taschino un ciondolo: “Quello che io e Silente credevamo essere il medaglione di Serpeverde. Da quando ce l’ho mi comporto in modo… pessimistico.”

 

Ron inarcò le sopracciglia chiare con espressione divertita: “Abbiamo notato.”

 

“Ma allora R.A.B. è ancora vivo?” chiese Hermione.

 

“Già! Credevo fosse morto, ma evidentemente non è così” confermò Harry.

 

“E quindi ora ce ne andiamo. Hai detto che R.A.B. credeva che i Mangiamorte avessero lasciato qualcosa qui” affermò Hermione.

 

Harry udì distintamente lo stesso suono sinistro, il cigolio di porte che si aprivano e il rumore di passi di esseri fetidi che si trascinavano da soli per le vie di Godric’s Hollow, verso di loro: “In effetti i Mangiamorte hanno lasciato qualcosa a Godric’s Hollow: è pieno di cadaveri.”

 

“Non è consolatorio sapere che i Mangiamorte hanno sterminato tante persone, ma almeno dei cadaveri non possono farci niente” intervenne Ron.

 

“Già, almeno che…” Hermione ebbe un sospetto che Harry confermò accennando col capo: “Sì, esatto. Ma aspettiamo ad andarcene, prima devo recuperare una cosa” e detto questo Harry si precipitò tra le macerie per cercare l’oggetto misterioso indicatogli da R.A.B., o almeno chi pensava fosse R.A.B.

 

“Almeno che cosa, Hermione?” domandò Ron, trepidante per conoscere maggiori dettagli sul pericolo a cui andavano incontro rimanendo a Godric’s Hollow.

 

Hermione non ebbe tempo di ribattere. La casa più vicina a quella dei Potter (quella dove Harry era stato prima) ebbe un fremito, come se fosse stata scossa da un terremoto circoscritto a quella zona. Un terribile e straziante lamento umano si levò nell’aria.

 

“Cos’è stato?” chiese Ron con un filino di voce estraendo prontamente la bacchetta.

 

Hermione si avvicinò il più possibile a Ron stando ben attenta a non strofinarsi contro il suo corpo e disse con voce tremula: “Inferi. I Mangiamorte hanno lanciato una specie di incantesimo che costringesse gli Inferi a risvegliarsi se e solo quando qualcuno si fosse avventurato a Godric’s Hollow.”

 

“Harry, santo Merlino, sbrigati!” esclamò Ron con la sua classica voce da panico estremo: un Inferus maschio, così sembrava, era uscito con gambe malferme dalla casa vicina seguito da un altro Inferus agghindato con uno straccio somigliante ad un vestito da femmina, forse questa era stata sua moglie nella vita passata.

 

Harry vide i due esseri avvicinarsi e prese a scavare tra le macerie più velocemente, mettendo da parte il rispetto che nutriva verso le rovine della casa dei suoi genitori; arrancò per qualche minuto tra la calce e i mattoni, ma non trovò nulla che attirò la sua attenzione. E intanto dalle vie di Godric’s Hollow i lamenti degli Inferi si facevano sempre più vicini e inquietanti.

 

Harry estrasse la bacchetta e disse: “Accio oggetto!” ma non accadde nulla come era prevedibile.

 

Harry guardava Ron e Hermione serrati in posizione di difesa; ormai alla ragazza non importava più di stare appiccicata a Ron: gli Inferi marciavano verso di loro. Ma Harry non poteva andarsene senza recuperare l’oggetto. Lasciò scivolare la bacchetta a terra, chiuse gli occhi e si concentrò sul frammento di immagine che R.A.B. gli aveva mostrato volontariamente o involontariamente; Harry sapeva solo che doveva recuperarlo: era importante, poteva essere l’Horcrux che i Mangiamorte non avevano trovato.

 

Visualizzò l’oggetto ed eseguì un incantesimo senza bacchetta e funzionò. Harry afferrò il pezzo di carta che gli era volato contro e senza neanche degnarlo di uno sguardo gridò: “L’ho trovato! Ora andiamocene.”

 

“Siamo circondati!” strillò Hermione.

 

Harry aveva la soluzione: “Non è un problema: Accio Firebolt!”

 

Ron e Hermione fecero la stessa cosa con le loro scope mentre Harry respingeva un paio di Inferi con degli schiantesimi.

 

“Quanto ci mettono ad arrivare quelle dannate scope!” strepitò Ron.

 

“Dovrebbero esser qui tra poco, Rictusempra!” Hermione colpì un Inferus che le si parava a pochi metri di distanza; il corpo putrefatto ricadde all’indietro sulla via sassosa, ma ci mise poco a rialzarsi.

 

Nel frattempo le tre scope stavano sfrecciando verso i rispettivi proprietari che le afferrarono.

 

“Montiamo sulle scope, avanti!” gridò Harry.

 

Hermione, anche a causa dell’agitazione, era piuttosto impacciata sulla scopa e la sua insicurezza permise ad un Inferus di afferrarle la caviglia.

 

“Ron!” Singolare che Hermione avesse invocato il nome del timoroso Weasley quando c’era disponibile l’impavido Potter.

 

“Arrivo, Hermione!”

 

E come in un classico dei film cavallereschi Ron si fiondò contro l’Inferus con un impeto e un coraggio degni di Godric Grifondoro. Sferrò in faccia al mostro un calcio talmente brutale da costringerlo a mollare la presa e a chinarsi per raccogliere i denti che gli erano caduti a causa del violento urto.

 

Approfittando della distrazione dell’Inferus, Ron portò in salvo Hermione facendola salire sulla sua scopa. Come alla conclusione di un epico racconto si allontanarono dal campo di battaglia stretti l’uno all’altro, in sella al nobile destriero, cioè alla scopa; mancava solo il bacio e il “vissero felici e contenti”, ma Ron, prontamente, rovinò tutto.

 

Mentre teneva tra le braccia Hermione, il cui collo si stava già protendendo per ricevere l’attesissimo bacio, disse, convinto di sdrammatizzare l’atmosfera romantica: “Non avrei mai permesso che quegli Inferi ti toccassero, Hermione, altrimenti chi mi suggerirebbe agli esami? Potrei dire addio ai M.A.G.O.” e concluse con una breve risata.

 

Poco più avanti Harry Potter contemplava con enorme delusione la disfatta di quell’ennesimo cult romantico, sfumato da Ron, tanto per cambiare.

 

La battutina di Ron non sortì l’effetto desiderato. Hermione prese a divincolarsi sulla scopa: “Lasciami andare, razza di cafone, preferisco finire in pasto agli Inferi!” E ci sarebbe finita davvero se Ron non avesse preso la strenua decisione di afferrarla per i fianchi e stringersela forte al petto.

 

Harry si compiacque della saggia mossa dell’amico: Forza, Ron! Ce la puoi fare, io credo in te!

 

“Sta ferma Hermione! Se fai così cadrai dalla scopa e io ci tengo troppo a te, capito? Non farmi brutti scherzi!” disse Ron accarezzando i riccioli di Hermione.

 

La ragazza rimase spiazzata da questa confessione: per la prima volta la sua ferrea sicurezza vacillò e crollò completamente; non era più padrona della situazione e non riusciva a dosare le sue reazioni, che fare? Hermione reagì da vera “intellettuale”: “Ci tieni più a me o a Lavanda Borwn?”

 

Harry credeva che i due si divertissero a lanciare frecciatine, ma la reazione di Hermione era in parte giustificata, dopo tutte le bidonate che le aveva dato Ron doveva pur prendersi una rivincita. Il giovane Potter aveva appreso che nella pseudo-relazione tra quei due la pazienza e la prontezza di nervi erano alla base di una convivenza pacifica.

 

“Hermione, tu…” iniziò Ron.

 

Dal tono di voce Harry capì che stava per iniziare un’altra delle loro discussioni, ma aveva qualcosa di più importante che stare a sentire Ron che accusava Hermione di gelosia e Hermione che accusava Ron di alto tradimento: l’Horcrux che aveva appena recuperato.

 

Tirò fuori dal mantello il pezzo di carta che fino a quel momento aveva gelosamente custodito: era una foto abbastanza vecchia a giudicare dai bordi consumati e dall’odore di stantio che emanava. Era piuttosto sciupata ma si potevano vedere chiaramente i soggetti messi in posa sorridenti e allegri nel giorno più felice della loro vita: il matrimonio dei suoi genitori. In primo piano James stringeva possessivamente Lily che, avvolta in un abito da sposa semplice ma incredibilmente elegante, salutava il fotografo con un largo sorriso e poi rivolgeva una linguaccia dispettosa al neo-marito. In secondo piano, ma non certo rimasto inosservato, un giovane e affascinante Sirius Balck saltellava allegramente cercando di attirare l’attenzione dell’amico impegnato a svolgere i doveri matrimoniali; per un attimo Sirius e James si scambiarono la classica occhiata malandrina e si volsero entrambi verso il fotografo che a giudicare dalle loro espressioni, sembrò ricambiare il gesto. In quei quattro, fotografo compreso (Harry era quasi certo che si trattasse di Lupin) niente era triste e cupo, sprizzavano pura energia da tutto il corpo, sembrava che niente potesse intaccare la loro somma felicità; sembrava…

 

Harry strinse la foto al petto e, per un attimo, riuscì a dimenticare tutto, la morte di Sirius, quella di Silente, Ginny, persino Ron e Hermione che litigavano; stava lì, fluttuava a mezz’aria sulla Firebolt, e godeva di quell’allegria contagiosa che sapeva avrebbe avuto un tragico epilogo.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

Apple: troppe lusinghe ci fanno arrossire (^////^), ma ovviamente siamo semplicemente estasiate di ricevere complimenti così incoraggianti; appena pubblicherai la tua versione sul 7° libro andremo di corsa di corsa a recensire (con altrettanti complimenti) grazie e non mancare al prox chap KS

 

Charlotte Doyle: Per quanto riguarda i nomi la precisione è molto scarsa (non prestiamo attenzione ai dettagli). Ci hai dato l’ispirazione: nel 5° cap (dato che gli altri sono già zeppi di cose) aggiungeremo lo spin-off su Herm e Gin. La storia sarà comunque vista dal punto di vista di Harry (ma ci saranno tanti fuori programma). Percy (simpaticamente) non lo riteniamo affatto simpatico e degno delle nostre parole (ma lo utilizzeremo in futuro per tramare un piano oscuro…) Sam di sicuro non è Mary Sue (capirai più in là quando si conoscerà meglio) si sentirà spesso parlare di lei perché avrà un ruolo chiave nell’”evoluzione” di Draco; soprattutto nel cap 4 (ke abbiamo appena stuccato) ci sarà un discorso abbastanza esistenziale tra Sam e Draco per quanto riguarda la guerra; ma non può mancare all’inizio un pizzico di contrasto ironico tra i due (ed entrerà in campo anke la gelosia ecc…) I punti esclamativi sono un problema di Kaho (lei stessa lo ammette) quindi Samy si assumerà il compito di frenare il suo impeto. I tuoi commenti ci devono sempre essere perché (davvero, ma davvero) ci aiutano a migliorare. We love i commenti costruttivi: i prox quattro cap sono già finiti ma vedremo di rivederli in certi punti ^__^ Grazie 10000 KS

 

Hermione CH: ormai sei una fedele recensitrice e sia Kaho ke Samy sono molto onorate (inchino) no preoccupa!… Gin e Harry ne faranno di cotte e di crude poi… (anke Ron e Herm ^_^) Kiss KS

 

Siangel187: un’altra fedele recensitrice; speriamo di non deluderti coi prox chap anke se, modestamente, speriamo di no.... in futuro aspettati tanta avventura e azione e ovviamente love Kiss KS

 

Evanescense87: grazie, grazie!! ^__^ un miticissimo davvero apprezzato; continua a recensire! Kiss KS

 

James e Lily: in qst cap si è chiarito (+ o -) ke cs succede al povero Harry… speriamo ke rinsavisca; grazie 1000 per la recensione… non mancare (scuse prostranti x il ritardo di qst cap) KS

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Attentato al Parlamento ***


CAPITOLO 4 – “ATTENTATO AL PARLAMENTO”

Avviso: per la prossima settimana siamo in vacanza (di nuovo) quindi non aggiorneremo per un po’; niente paura: i capitoli sono già pronti fino al 6°, dobbiamo solo stuccarli un po’ . Please, non ci abbandonate!

 

Samy&Kaho

 

 

 

Capitolo 4 – “Attentato al Parlamento”

 

 

Il ritorno alla Tana da Godric’s Hollow si sarebbe potuto definire un “viaggio turbolento”: tra Hermione e Ron che si arruffavano come cane e gatto e Harry che si scervellava tra il capire perché il misterioso informatore gli aveva indicato una foto del matrimonio dei suoi genitori come probabile Horcrux e tra l’accertare che questi fosse proprio R.A.B. e che avesse buone intenzioni, persino i Dissennatori si erano tenuti a distanza per evitare uno scontro diretto con quelle tre “teste calde”; inoltre ci sarebbe stata ben poca felicità da succhiare in un momento di forte tensione emotiva (per Harry) e romantica (per Ron e Hermione, o almeno così speriamo).

 

A circa trenta metri dal suolo, invischiato in una nebbia impenetrabile con una decina di pericoli che lo circondavano, Ron continuava imperterrito la discussione con Hermione: “Te lo sei proprio legato al dito! Perché devi sempre tirare in ballo Lavanda Brown?”

 

“Oh, scusami Ron-Ron!” fece Hermione in una crudele ma perfetta imitazione della ex del rosso “E perché tu hai sempre qualcosa da ridire su Victor?”

 

“Oh, stai parlando di Vicky?” disse Ron sbattendo languidamente le palpebre, gesto che fece rabbrividire Hermione fin nelle ossa: “A me di quello non frega assolutamente niente! Piuttosto, tu sei gelosa!”

 

“Gelosa-io-di-te?” Hermione scandì le parole pronunciandole a balzi spezzettati come se avesse un grave problema d’asma: “Ma vuoi scherzare! Sei l’ultima persona per cui potrei provare qualcosa di più profondo di un’amicizia!”

 

Ron incassò il colpo malamente e lo diede a vedere quando le sue gote diventarono del colore dei capelli. Hermione si zittì di botto, o perché si rese conto di aver ferito i sentimenti di Ron o perché era perfettamente conscia di aver detto una grandissima sciocchezza.

 

In quel placido silenzio, che per i suoi due amici era un attimo di forte tensione e imbarazzo, Harry riuscì a mettere un po’ d’ordine al confuso susseguirsi di fatti che lo avevano portato a stringere nella mano la foto del matrimonio dei suoi genitori, il presunto Horcrux.

 

Qualcuno, presumibilmente R.A.B., lo aveva posseduto per mezzo del medaglione che Harry e Silente pensavano essere un Horcrux e lo aveva guidato nelle strade di Godric’s Hollow per accertarsi che ci fosse ciò che temeva: una schiera di Inferus lasciati dai Mangiamorte a guardia della città. Grazie al doppio legame che si era creato tra la mente del misterioso personaggio e la sua, Harry era riuscito a captare le immagini di un pezzo di carta, la foto che pensava essere un Horcrux, e ad ascoltare il frangente di pensieri di R.A.B. in cui era parso ben evidente l’odio che nutrisse per Voldemort; R.A.B. lo aveva chiamato Riddle, ciò significava che lo conosceva molto bene. Ma R.A.B. in che rapporti era con lui? Niente può essere bianco o nero e R.A.B. ne era l’esempio vivente: aveva un animo oscuro, anche se rimaneva viva una briciola di bontà, ma odiava puramente il Singore Oscuro.

 

Harry dovette eseguire molti incantesimi per trovare l’esatto punto della Tana, la nebbia continuava a salire e ad infittirsi: i Dissennatori si stavano moltiplicando senza sosta. Alla fine i tre atterrarono nel giardino di casa Weasley e giunsero sull’uscio di casa arrancando a tentoni. Sulla soglia stava un’adiratissima, se non preoccupatissima, Molly Weasley:

 

“Dove diavolo siete stati? Ve ne siete andati senza neanche lasciare un biglietto! Ma siete voi: Ron, Hermione, Harry!”

 

Fu Ron a risponderle: “Sì, siamo noi mamma.”

 

La signora Weasley tirò un sospiro di sollievo: “Bene, allora entrate in casa, coraggio.”

 

I tre si fecero avanti, riluttanti all’idea di subire una pedante ramanzina dalla signora, ma stranamente, contro tutte l’esperienza accumulata da Ron in diciassette anni di vita, Molly Weasley li lasciò in pace. Si premurò solo di consigliare Harry:

 

“Harry, caro, ormai è inutile che ti stia appresso come una balia, sei un ragazzo adulto e il compito che ti ha affidato Silente è di cruciale importanza per tutti noi. Sappi solo che se avessi bisogno di conforto o di un aiuto puoi sempre contare sulla famiglia Weasley al completo. E’ ora di lasciarti andare Harry, ormai sei un adulto” e detto questo tirò fuori dal taschino un fazzoletto e vi nascose il viso singhiozzando.

 

Harry era commosso: “Grazie mille, signora Weasley. La sua fiducia è molto importante per me, ma d’altronde, voi Weasley siete stati la mia seconda famiglia, quella migliore, anche se non credo di poter chiamare famiglia i Dursley, e lei signora Weasley è riuscita a farmi provare parte dell’amore materno – Ron ridacchio sotto i baffi: “Se l’avessi avuta come madre non parleresti così!” – quindi la ringrazio molto, davvero, per tutto quello che ha fatto. Come ha detto lei è arrivato il momento per me di partire dalla Tana, spero di tornare un giorno, ma non si preoccupi, me la saprò cavare; lo faccio sempre.”

 

Harry aveva voluto consolarla ma con le sue parole non fece altro che aumentare la cascata di lacrime della signora Weasley.

 

Ron si avvicinò a sua madre battendole una mano sulla spalla: “Mamma, non piangere. Vedrai che andrà tutto bene, Harry saprà cavarsela e quando mai non ci riesce. Ci sarò anch’io a dargli man forte e…”

 

La donna si riprese all’istante abbandonando la posa di madre costernata: “Come?”

 

Ron si ritrasse leggermente all’udire la tipica voce di sua madre che di solito annunciava un rimprovero: “Aiuterò Harry” disse piano tentando di acquietarla.

 

“Oh no che non lo farai. Tu sei troppo giovane e…”

 

“Incapace e inutile” le vennero in aiuto i due gemelli Weasley giunti all’ingresso della cucina.

 

“Voi due state zitti!” strepitò Ron “Ma mamma, hai appena detto a Harry che è un adulto e che può fare tutto quello che vuole.”

 

“Non sono state queste le mie testuali parole, Ronald!” Ron sobbalzò all’esclamazione di sua madre - quando ricorreva al suo full-name non c’era d’aspettarsi niente di buono – Molly continuò incalzando sullo stesso tono adirato: “E poi io stavo parlando a Harry che, poverino, ne ha passate di cotte e di crude, ma è riuscito sempre a superarle grazie alle sue strabilianti abilità, il suo sangue freddo, il suo intelletto… - e qui Hermione tossicchio tentando di attirare l’attenzione - … e responsabilità, maturità. Capito, Ronald? Responsabilità, maturità, due parole di cui non conosci neanche il significato… – e qui Hermione accennò energicamente con la testa guadagnasi un ringhio da parte di Ron - … e quindi tu non farai da palla al piede a Harry, mi sono spiegata?”

 

“Non è giusto”disse Ron mettendo il broncio.

 

“E se insisti con questo atteggiamento infantile potrai dire addio all’indipendenza per il resto dei giorni della tua vita!” ribatté la signora in un minaccioso tono di voce che fece ammutolire il figlio.

 

In secondo piano, Hermione si gustava la scena divertita.

 

Harry interruppe l’acceso dibattimento tra madre e figlio sulle manie d’indipendenza adolescenziali: “Scusi signora Weasley, sa per caso dov’è Remus Lupin?”

 

Molly si concesse un attimo di tregua, mentre Ron rimuginava sulla possibile replica da propinare a sua madre per convincerla a lasciarlo andare con Harry: “Credo sia al piano di sopra, in camera.”

 

Dopo aver ringraziato la signora, Harry salì le scale e cercò nelle tante stanze che c’erano al primo piano. Alla fine trovò Lupin nella camera di Fred e Gorge, ma c’era un problema: Remus non era solo, anzi, si trovava in piacevole compagnia.

 

Ma è una maledizione? Perché devo fare sempre il terzo incomodo? Davanti agli occhi di Harry si presentava un’audace scena romantica: Tonks (con i capelli rosso fiamma) era seduta in grembo a Remus e stava arrotolando i suoi capelli grigi intorno al dito mentre con l’altra mano avvicinava la nuca di Lupin per approfondire un bacio piuttosto appassionato.

 

Harry avrebbe voluto andarsene, ma il problema dell’Horcrux che forse aveva in mano era più urgente delle questioni lussuriose di Tonks e Lupin? No. Harry preferì ritirarsi, ma, per sua sfortuna e per ancora più sfortuna dei due amanti, il giovane aveva indugiato troppo tempo sull’uscio della camera e Remus era riuscito a scorgerlo distrattamente con la coda dell’occhio e questo era bastato a fargli interrompere di botto il contatto con le labbra di Tonks.

 

Con un sonoro bop i loro visi si allontanarono e Lupin prese a grattarsi la testa nervosamente, quasi in modo isterico: “Oh, ciao Harry” disse con affanno – probabilmente prima dell’arrivo di Harry i due si erano dati molto da fare – “Hai bisogno di qualcosa?” concluse Remus riallacciandosi i primi tre bottoni della camicia.

 

Harry era sempre meno a suo agio: il mio destino è quello di fare da spartiacque in  una coppia di piccioncini innamorati? Sono peggio di Voldemort! Non era il caso di rendere pubblica la sua constatazione e quindi si limitò a dire: “Beh, se non disturbo – e dallo sguardo che gli lanciò Tonks intuì che stava disturbando -… vorrei parlarti un secondo in privato – a quel “in privato” Tonks si ritirò furiosamente dal grembo di Lupin e nell’uscire dalla stanza sibilò all’orecchio di Harry: “Quella che hai appena mandato a monte era una delle rare se non uniche volte di intimità che io e Remus avevamo la possibilità di condividere senza quegli odiosi gemelli Weasley che ci fischiavano ad ogni abbraccio. Regoleremo i conti dopo.”

 

“Le donne innamorate sono piuttosto minacciose” osservò Harry.

 

“Più che altro sono pretenziose” ribatté Lupin “Allora, cosa volevi?”

 

“Solo parlare di questa” Harry gli mostrò la foto “Ti ricorda qualcosa?”

 

Remus la contemplò per un lungo momento, le labbra piegate in un sorriso dolce e spensierato, proprio come quelli delle figure nella foto: una felicità contagiosa.

 

Harry si sentì quasi in colpa ad interrompere quel silenzio solenne, carico di ricordi e di gioia, ma doveva sapere: “Remus, l’hai scattata tu questa foto?”

 

“Sì, il fotografo si era beccato una brutta infezione e aveva dato buca a Lily e James e, naturalmente, Sirius mi aveva stressato tutto il giorno: voleva assolutamente comparire nella foto e siccome io ero l’unico disponibile… Minus non c’era quel pomeriggio, ci disse che aveva qualcosa di molto importante da fare - le labbra di Lupin si contorsero impercettibilmente in una smorfia. - Ma James mi disse esattamente così: Non ti preoccupare Remus, anche se non compari nella foto farai sempre comparsa spirituale: i Malandrini non si separeranno mai. Ehi Sirius! Non pensi che formiamo proprio un bel trio? Non accennò minimamente a Peter, forse sospettava già di lui. Oh Merlino! Come era felice quel giorno James, e guarda Sirius, ancora giovane e in buona salute, quello che ci ha restituito Azkaban era una versione un po’ smunta, ma rimaneva sempre il solito Felpato. E’ triste, vero? Che abbia goduto così poco la sua libertà” sorrise tristemente, con aria disinvolta, i suoi occhi diventarono lucidi, per la gioia di momenti passati o per il dolore della perdita; forse per tutti e due.

 

Harry faticò ancora a riprendere il discorso per timore di interrompere qualcosa di solenne: “Mio padre ha detto che i Malandrini non si separeranno mai, è vero Remus? Lo pensi anche tu?” sperò che Lupin riuscisse a capire ciò che intendeva comunicargli.

 

Remus si voltò e lo guardò dolcemente: “Certo Harry. I Malandrini non si sono separati e non lo faranno mai. Accidenti, sei saggio come tua madre eppure in te rimane viva quella briciola (chiamiamola briciola) di pazzia di James. Era insuperabile, anche Sirius lo era.”

 

“Lo so” disse Harry quasi sorridendo; riflettendo bene sull’episodio a cui aveva assistito nel Pensatoio di Piton, il giovane mago si convinse dell’innocenza di suo padre. James Potter non aveva fatto niente di male… anzi! Spettava al giovane Potter terminare il compito paterno e togliere dai piedi, una volta per tutte, quel gran rompiscatole di Mocciosus.

 

“Ma…” fece Lupin perplesso “… dove hai trovato questa foto? Sembra molto vecchia.”

 

“Era tra le macerie della mia vecchia casa, quella a Godric’s Hollow” gli rispose Harry.

 

Gli occhi di Lupin si accesero di disapprovazione: “Ah, è lì che sei andato allora. Hai corso un grave pericolo, fonti ben attendibili mi avevano comunicato che Godric’s Hollow era stata attaccata dai Mangiamorte qualche settimana dopo la rinascita di Voldemort.”

 

“In effetti c’erano un paio di Inferi a fare la guardia.”

 

Remus scosse la testa e gli lanciò la classica occhiata da “te ne sei andato senza permesso, hai incontrato degli Inferi, sei uscito illeso dalla battaglia: sei come tuo padre!”

 

“Però mi sorge un dubbio” disse Lupin “Come hai fatto a trovare questa foto in mezzo alle macerie?”

 

“C’era qualcuno che mi… guidava, per così dire.”

 

Remus appariva ancora scettico: “E’ strano però che sia rimasta intatta. Se la dipartita di Voldemort è stata così violenta come ci ha descritto Hagrid allora non dovrebbe esserne rimasta traccia.”

 

Harry rifletté: in effetti quel pezzetto di carta appariva molto fragile, senza contare che lui aveva visto le macerie della sua casa, erano una vera e propria discarica di mattoni e calce, non c’era rimasto niente d’intatto, tranne quella foto; perché? Harry credeva di avere la soluzione:

 

“Remus, io avrei una mia ipotesi. E se questa foto fosse un Horcrux, sai cos’è un Horcrux?”

 

“Ne ho sentito parlare, ma non so esattamente di cosa si tratti. Se non sbaglio ha a che fare con la Magia Oscura, ma perché dovrebbe essere la foto del matrimonio dei tuoi genitori, non ha senso.”

 

E invece aveva molto senso per Harry che sapeva il funzionamento degli Horcrux: si doveva immolare una vittima per dividere l’anima e imprigionarla in un oggetto e Harry era quasi certo che quella vittima fosse suo padre. Silente gli aveva detto che Voldemort prediligeva degli oggetti di grande importanza, come le reliquie dei Fondatori, per insinuarvi la sua anima, ma rendendo un Horcrux quella foto aveva compiuto un gesto irrimediabilmente irrispettoso, facendosi beffe della felicità dei Potter, insomma, avrebbe reso evidente la sua smisurata crudeltà; inoltre, R.A.B. gli aveva mostrato quell’immagine.

 

“Grazie tante; Remus. Forse hai ragione tu, non ha senso” Harry non intendeva coinvolgerlo; l’importante era che stesse felice con Tonks, non era necessario renderlo partecipe delle perversioni di Voldemort.

 

“Ciao, Harry e grazie a te per avermi fatto ricordare” gli disse mentre Harry usciva dalla camera.



“Allora? Com’è andata? Cosa ti ha detto Lupin?” gli domandò Hermione appena vide scendere Harry dalle scale.

 

“Niente di nuovo. Però sono quasi certo che questo sia un Horcrux” disse Harry rigirandosi la foto tra le dita.

 

“Allora siamo al punto di partenza” intervenne Ron, reduce da una strenua discussione con la signora Weasley.

 

“Esatto. Non riesco a trovare un modo per capire se questo è un Horcrux oppure no” Harry appariva sconsolato.

 

“Un modo ci sarebbe” interloquì la ragazza.

 

“Quale?” chiesero Ron e Harry all’unisco curiosi di conoscere il nuovo colpo di genio di Hermione.

 

“E’ molto semplice: appoggiati la foto sulla cicatrice” spiegò Hermione con disinvoltura.

 

“Ma sei malata!” esalò Ron.

 

“Sono sanissima, Ronald” fece Hermione imitando alla perfezione la madre del rosso “Ricordi come reagisce Harry in presenza di Voldemort? Esatto, gli fa male la cicatrice, quindi, siccome l’Horcrux è un concentrato della sua anima dovrebbe accadere la stessa cosa, ma solo se quella foto è davvero un Horcrux.”

 

“Ingegnosa” si complimentò Ron facendo arrossire, senza volere, il viso di Hermione.

 

“Allora ci provo” Harry accostò il bordo della foto alla cicatrice, ma non accadde nulla “Niente” disse alquanto deluso.

 

“Allora non è un Horcrux” sancì Hermione.

 

Harry era ancora dubbioso: “Ma ne sei così sicura?”

 

Hermione scosse la testa, negando: “C’è un altro modo per verificarlo: un Incantesimo di Test Oscuro.”

 

Ron bisbigliò: “Ma le sa proprio tutte.”

 

Poi Hermione si rivolse a Ron: “Tuo padre di sicuro è in grado di farlo.”

 

Gli sguardi di Hermione e Ron si intrecciarono per un lungo attimo che, secondo il “terzo incomodo”, era durato anche troppo. Harry lanciò un colpetto di tosse: quando è troppo è troppo! C’era tutto il tempo per risolvere i loro ingaboli sentimentali.

 

“Allora andiamo, Harry!” esclamò Ron sbrigativo, trascinando letteralmente Harry in cucina e premurandosi di dare le spalle a Hermione.

 

La ragazza li raggiunse cinque minuti dopo e attese il responso da Harry:

 

“Niente. Avevi ragione tu: non è un Horcrux.”

 

“Sbaglio o stiamo ristagnando” sbuffò Ron “Questa foto non ci porterà da nessuna parte e l’allegra gita a Godric’s Hollow non è servita a niente.”

 

“Non direi, Ron” esordì Harry “Ora so che R.A.B. è ancora vivo. Il prossimo passo sarà trovarlo.”

 

*^*^*^*^*^*^*

Draco Malfoy stava vagabondando per i corridoi del Covo Oscuro da neanche lui sapeva quanto; quello era il modo più dilettevole con cui passare il tempo e dato che molti Mangiamorte preferivano stare alla larga da quella particolare zona del rifugio (lui non sapeva perché) non avrebbe rischiato di fare brutti incontri. Perciò si sorprese molto quando sentì una voce femminile irrompere da dietro una delle porte che davano a est.

 

“Ne sei sicuro? Non scherzare…”

 

Accostò l’orecchio alla porta e riuscì a distinguere chiaramente una domanda: “Che razza di strategia sarebbe questa, scusa…?”

 

La proprietaria della voce sembrava piuttosto scossa.

 

“D’accordo… no, non corro alcun pericolo, questo posto dovrebbe avere una specie di barriera… sì, credo sia abbastanza potente da resistere a…” si bloccò di colpo e Draco socchiuse leggermente la porta quanto bastò per sentire un sospiro agitato: “… fantastico, beh, teneteli d’occhio, io penso a questi” Draco spinse la porta molto piano fino a creare un piccolo spiraglio da cui poter osservare la scena: davanti a lui stava Samantha Drake con in mano uno strano apparecchio che premeva contro l’orecchio “Avevi ragione tu, non ce n’è uno che si salvi… pensa che adesso reclutano anche i mocc…” la ragazza smise di parlare contro il piccolo apparecchio e si voltò fulminea verso la porta: “scusa, devo andare.”

 

Quando si accorso che la ragazza lo stava osservando con la coda dell’occhio, Malfoy aprì del tutto la porta con aria soddisfatta. Samantha ripose lo strano oggetto nella tasca della tunica nera e scrutò Draco con un’espressione preoccupata e insieme rabbiosa.

 

“Che cosa vuoi?” chiese Samantha tentando di rilassare la voce.

 

“Con chi stavi parlando?” domandò secco lui con un’espressione accusatoria stampata in volto.

 

“Il mio ragazzo, perché? hai qualche problema?” rispose Samantha in tono acido.

 

“Nessuno.”

 

“Bene.”

 

Si congedarono con uno scambio di sguardi pungenti e se ne andarono per le loro strade.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

La cena a casa dei Weasley era giunta ormai alla conclusione e l’argomento “indipendenza adolescenziale di Ron” era stato accuratamente evitato sia dalla madre che dal figlio. Ma nello spirito dei due gemelli il pasto si concluse con un lancio di polpette al sugo.

 

“Smettetela, Fred, George! Siete più infantili di Ron!” strillò la signora Weasley.

 

Questo bastò a far ammutolire i gemelli e a risvegliare nell’animo di Ron l’imbarazzo e in quello di Hermione un velato divertimento. Harry restava impassibile a togliersi di dosso gli schizzi di sugo che gli imbrattavano la camicia. Il signor Weasley quella sera era di particolare buon umore e si concesse lo sfizio di chiedere a Harry:

 

“Potremmo sapere cosa combini, Harry? E dove sei andato sta mattina? Credo che Remus lo sappia ma non ce lo vuole dire.”

 

“Beh, a questo punto mi sembra d’obbligo dirvi tutto: sta mattina sono andato a Godric’s Hollow e lì ho trovato quello che credevo essere… ma non importa, tanto non lo era. Ad ogni modo domani ho intenzione di partire per mettermi alla ricerca di una persona, Hermione e Ron mi accompagneranno” rispose Harry non particolarmente interessato. Aveva fatto giurare a Ron e Hermione di non rivelare il nome di R.A.B., anche se più che il nome era la sigla del suo presunto nome.

 

Prima che la signora Weasley potesse dire qualcosa, Ron troncò la sua ramanzina sul nascere esclamando un “esatto” piuttosto enfatico. Ci fu un breve ma intenso scambio di occhiate di fuoco fra i vari membri della famiglia Weasley e anche il povero Harry che si faceva gli affari suoi.

 

“Ragazzi…” si intromise Hermione “… credo di aver trovato una soluzione, ci ho pensato tutto il pomeriggio e credo che potremmo trovare informazione su voi-sapete-chi nell’archivio del M.I.B.”

 

Tutti i membri della famiglia Weasley, Ron escluso e Fleur compresa (oramai è irrimediabilmente parte della famiglia), si guardarono perplessi.

 

“Credevo che Silente ti avesse già detto tutto quello che c’era da sapere su tu-sai-chi” assentì Arthur.

 

Hermione si frappose tra i due per chiarire la situazione: “No, signor Weasley. Con “voi-sapete-chi” intendevo… ehm, un’altra persona.” Già da molto tempo Hermione e Ron, sotto i pressanti incoraggiamenti di Harry, si erano abituati a pronunciare il nome “Voldemort”.

 

Harry riprese il filo del discorso mentre il signor Weasley rifletteva sull’ignota “altra persona”: “Che cos’è il M.I.B.?”

 

“Noi lo sappiamo!” esclamarono in coro Fred e George: “M sta per Man, I per In, e B per Black: Man in Black. La settimana scorsa papà ha portato un paio di VSH babbane nel nostro negozio. Ma allora la persona che deve cercare Harry è un alieno.”

 

“VHS non VSH!” esclamò il signor Weasley “D’accordo, vi spiego come funziona…” E i tre si gettarono in un acceso discorso sui mezzi d’intrattenimento babbani.

 

Hermione levò gli occhi al cielo: “No, M.I.B. significa Magic International Bibliotech cioè Biblioteca Internazionale Magica. Lì ci sono archivi enormi e sono catalogati tutti i maghi nati in Inghilterra e poi il M.I.B. è la raccolta più vasta di libri di magia, di libri stupendi…” gli occhi di Hermione scintillavano dalla gioia.

 

Ron fece un sorrisetto disinvolto: “Scommetto che per te sarà come il Paese dei Balocchi.”

 

“Esatto e non ho intenzione di perdermi l’opportunità di esaminarla a fondo” disse Hermione pregustando centinaia di scaffali zeppi da strabordare di libri e libri.

 

Il rosso sbuffò scocciato: “Sai che divertimento ci aspetta domani.”

 

“Ci aspettata?” tuonò la signora Weasley “Tu non ci andrai, non voglio che intralci i piani di Harry.”

 

Ron mugugnò: “Mamma…”

 

“Signora Weasley” intervenne Harry deciso “Ron non mi intralcia, al contrario. Senza di lui non me la sarei potuta cavare al primo anno durante la battaglia a scacchi magici. E se fallivo quella prima volta Voldemort a quest’ora era già padrone del mondo. Non può penalizzare Ron solo perché ha volte è un po’… pasticcione. Mi farebbe molto piacere che venisse con me domani e credo che ormai la decisione finale spetti a Ron.”

 

“Domani andrò con Harry” assentì Ron senza indugi.

 

Molly aprì la bocca ma in un attimo si ricompose e il pasto proseguì immerso in un silenzio tombale.

 

*******

 

La mattina dopo i tre erano tutti pronti e pimpanti già all’alba, impazienti di recarsi al M.I.B. per diversi motivi: Hermione fremeva all’idea di poter tangere anche un solo e mitologico libro di quella leggendaria biblioteca, Ron era più che soddisfatto di affermare la sua indipendenza e di dimostrare alla madre e alla famiglia quanto valesse veramente, e Harry desiderava ardentemente scoprire l’identità del misterioso R.A.B. sperando in cuor suo che fosse celata tra gli scaffali del M.I.B.

 

L’intera famiglia Weasley sfilava in una parata per salutare e augurare buona fortuna ai tre giovani maghi che si apprestavano a smaterializzarsi nella Londra babbana, ma qualcosa frenò l’impeto di Harry.

 

“Fermi un attimo!” esclamò il giovane “Manca qualcuno…” lasciò in sospeso la frase per concentrarsi sulla fonte di quella percezione: era di nuovo R.A.B. o, come Hermione amava chiamarlo, il “truffaldino informatore misterioso”.

 

“Come?” fecero tutti in coro.

 

Harry fece scorrere lo sguardo sui membri della famiglia Weasley indugiando a stento su Ginny che gli lanciò un’occhiata indecifrabile, l’ultimo saluto prima della partenza; ma il suo obiettivo non era la ragazza, bensì…

 

“Charlie!” Harry fece segno al secondogenito di avvicinarsi “Verrai con noi” dichiarò infine, causando scompiglio e sgomento tra i presenti.

 

“Che significa, Harry?” gli domandò Hermione, perplessa.

 

“R.A.B.” fu la breve ma concisa risposta del giovane Potter.

 

Tra l’indignazione di Hermione e i brontolii della signora Weasley che, per la prima volta nella vita, ammonivano Harry “Ma non puoi portarci via anche Charlie, Harry, non ci hai dato neanche un minimo di preavviso…”, il giovane mago afferrò la mano di Charlie senza troppi complimenti e si smaterializzò figurando nella mente il centro caotico di Londra.

 

In un lampo abbandonò le verdi campagne della Tana e si trovò su una strada asfaltata con accanto il fratello di Ron che, con un violento strattone, si liberò della presa.

 

“Ma dico, sei completamente partito di testa, Harry?” gli sbraitò contro Charlie “Cos’è questa storia? Mi vuoi spiegare perché mi hai trascinato qui con te e perché hai aspettato gli ultimi millesimi di secondo prima della partenza per avvertirmi e perché non mi hai avvisato prima o mi hai chiesto se volevo venire? Lo sai che mia madre si preoccupa! E poi, ti sei guardato in faccia? Sembri uno spiritato! Dico davvero Harry, da quanto è che non dormi, è per caso colpa di Gin…?”

 

Harry riuscì a levare Charlie dalla strada prima che una Rolls Royce placcata di nero li travolgesse entrambi.

 

“Pirata della strada!” urlò Charlie “Ci poteva investire, ma è cieco?”

 

“Non è cieco, siamo noi quelli invisibili” dichiarò Harry agitando la bacchetta per annullare gli effetti della barriera che li circondava.

 

“Come?” fece Charlie confuso “Sbaglio o quella era una barriera invisibile creata durante una smaterializzazione? E’ magia molto complessa, da quand’è che sei capace di fare incantesimi simili, Harry?”

 

Il giovane Potter non aprì bocca.

 

Charlie estrasse la bacchetta e la puntò contro il viso di Harry: “Chi sei tu? Non sei Harry Potter, vero?”

 

“Calmati Charlie Weasley” Charlie fece un salto dallo sgomento. Le labbra di Harry si muovevano ma le parole sembravano doppiate da un vecchio con un timbro di voce decisamente rauco “Tu sei fondamentale per la riuscita di questa missione. Fai quello che sai fare e ricordati di vedere dove punta il drago, è lì che si nasconde il nemico che state cercando.”

 

“C..cosa?” Charlie abbassò lievemente la bacchetta “Chi sei tu? Sei nella testa di Harry, tu sei Voldemort?”

 

“No, Charlie” disse Harry, la voce magicamente tornata come prima “E’ qualcuno che tenta di aiutarci nella lotta contro Voldemort.”

 

Charlie avrebbe voluto tempestare Harry di domande ma suo fratello Ronald e la sua “amica” Hermione comparvero poco distanti da loro, fra i rami di un arbusto frondoso.

 

“Ahia! Che male questi rami!” esclamò Ron “Perché siamo dovuti atterrare in questo dannato cespuglio?”

 

“Perché questo dannato cespuglio impedisce ai Babbani di vederci mentre ci smaterializziamo, capisci Ron? Non sarebbe proprio il massimo se il mondo magico si rivelasse agli occhi di più di cinque miliardi di Babbani solo perché tu non vuoi farti pungere da un paio di ramoscelli” rispose Hermione con quell’aria da saputella che riservava esclusivamente per Ron quando la faceva arrabbiare.

 

Ron sbuffò e uscì dal cespuglio borbottando una caricatura di Hermione-so-tutto-io “Harry, Charlie!” esclamò quando si accorse della presenza del fratello e dell’amico “Ma, Charlie, perché punti una bacchetta contro Harry? E tu Harry, perché ti sei smaterializzato così in quattro e quattr’otto, mia madre c’è rimasta quasi secca.”

 

“Per non parlare poi di Ginny” intervenne Hermione levandosi alcuni ramoscelli dal pullover “L’hai lasciata così… e io che credevo che il massimo esperto in insensibilità amorosa fosse il qui presente Ronald Weasley.”

 

Ron che, come spesso capita, non aveva colto l’allusione di Hermione, le chiese confuso: “Cosa sarei io?”

 

“Per carità, ora smettetela!” urlò Harry con un tono di voce tra il rauco e l’avvilito e il giovane e lo sferzante “Per l’amor di Merlino, vi conosco, per così dire, da due giorni e lasciatevi dire che siete la coppietta di piccioncini innamorati più chiassosa e insopportabile che io abbia mai conosciuto!”

 

Anche R.A.B. se n’è accorto. Pensò Harry mentre tentava di recuperare pieno possesso della mente.

 

“R.A.B.” ringhiò Hermione a bassa voce “Tu, lurido e maledetto doppiogiochista di un truffaldino informatore misterioso dei miei stivali, quello che hai detto è assolutamente falso!”

 

Charlie abbassò la bacchetta e si allontanò di qualche passo da Harry che Hermione puntava come il falco mira ad un inerme topino.

 

“Calma Hermione!” sbraitò Harry tentando di placare l’ira funesta dell’amica “Ora sono io, R.A.B. se n’è andato.”

 

“R.A.B. chi?” chiese Charlie sempre più confuso.

 

“E’ tornato” constatò Ron preoccupato “E tu stai bene, Harry? Non ti ha fatto niente questa volta?”

 

“No, niente vibrazioni negative” disse Harry.

 

“Scusate…” intervenne Charlie alquanto irritato “Qualcuno si degnerebbe di spiegarmi cosa succede qui?”

 

“Niente fratellone, stai calmo. E’ una storia molto complicata da spiegare su due piedi” disse Ron con l’aria di chi la sa lunga.

 

Harry, ignorando il commento di Ron, ordinò all’amico: “Ron, tu aggiorna Charlie sulla faccenda di R.A.B., io devo dire una cosa ad Hermione.”

 

Senza neanche lasciare a Ron il tempo di ribattere Harry trascinò Hermione con sé dietro il famigerato cespuglio.

 

“Ascolta…” cominciò Harry “So che hai sempre avuto una certa diffidenza nei confronti di R.A.B., ma questa volta è diverso. Ho percepito chiaramente i pensieri di R.A.B. e mi ha permesso di leggergli nella mente: sa qualcosa che noi non sappiamo riguardo a qualcosa che dovrebbe accadere oggi.”

 

“Eh?” fece Hermione stordita.

 

“Mi rendo conto che può sembrare inverosimile ma in effetti non sono riuscito a capire esattamente ciò che volesse comunicarmi così ho lasciato che prendesse possesso del mio corpo e ha detto a Charlie ciò che doveva dire a me. Per questo mi ha suggerito di portarlo con noi, Charlie ricoprirà un ruolo molto importante in quella cosa che dovrebbe succedere oggi.”

 

Hermione collegò le frasi sconnesse di Harry e riuscì a tirarci fuori un discorso comprensibile. “Capisco” disse lei “E così tu, per la seconda volta, hai dato retta a questo misterioso informatore?”

 

“Sapevo che avresti detto così” confessò Harry con un mezzo sorriso “Ma mi fido di R.A.B. e devo scoprire cosa ha detto a Charlie” e detto questo si avvicinò ai due Weasley mentre Ron terminava il racconto di Godric’s Hollow.

 

“Però” sospirò Charlie “Proprio una bella avventura, Harry. E quindi prima quello che mi ha parlato era R.A.B., giusto?”

 

“Sì” annui Harry “Ti dispiacerebbe dirmi quello che prima io, cioè R.A.B., ti ha detto.”

 

Charlie fece spallucce: “Un sacco di cose campate per aria, non avevano molto senso; è restato molto sul vago.”

 

“Strano da parte di R.A.B.” scherzò Hermione.

 

Harry tentò di esortare Charlie: “Beh, potresti citarmi testualmente quello che ti ha detto e magari io potrei riuscire a capire se le sue parole hanno un senso oppure no.”

 

“Va bene” sbuffò il rosso “Dunque, se non sbaglio ha detto “Calmati Charlie Weasley” – poi ha detto qualcosa tipo “Sei fondamentale per la riuscita di… qualche cosa”- e poi ha accennato ad un drago che io dovevo seguire e che ci avrebbe portato nel covo del nostro nemico… insomma, un discorso senza capo né coda. Secondo me parlava per metafora, insomma, qui di draghi io non ne vedo.”

 

“Eppure tu sei un esperto di draghi” intervenne Hermione “Quindi se R.A.B., ammettendo che ci si possa fidare di lui, ha voluto che venissi e ti ha detto di seguire un drago… non lo so, ma di sicuro c’è un collegamento.”

 

Harry stava rimuginando su altro: il covo del nostro nemico? “Credete che R.A.B. intendesse dirci che per trovare il nascondiglio di Voldemort dobbiamo seguire un drago?”

 

“Può darsi” disse Ron.

 

Nel frattanto Charlie si ricordò di un altro frammento del discorso: “R.A.B. ha parlato anche di una missione, ecco per che cosa ha detto che servivo: per portare a termine una missione.”

 

“Quale missione?” domandò Ron.

 

“Non ne ho la minima idea” rispose Harry.

 

Hermione parlò con voce grave e perentoria: “Dobbiamo stare attenti, non sappiamo se questa missione sia una crociata personale di R.A.B. o se possa mettere in pericolo le nostre vite.”

 

Il magico trio accompagnato dal fratello maggiore di Ron, Charlie Weasley, marciava svelto per le viuzze di Londra, evitando incontri con Babbani o membri del Ministero. Charlie tese le orecchie tentando di distinguere tra i consueti rumori cittadini il richiamo di un drago, senza però avere successo.

 

“Niente” commentò infine Charlie “Pare che non ci siano draghi nelle vicinanze, almeno non draghi rumorosi e se ne fosse atterrato uno nelle vicinanze i Babbani avrebbero di sicuro fatto parecchio baccano, comunque – punto gli occhi sul cielo uggioso e grigio – non è per niente facile avvistare un drago in volo con tutta questa foschia. Un banco di nebbia è il nascondiglio ideale per un drago che intende fare un agguato. Perciò è meglio restare allerta.”

 

I quattro procedettero in fila indiana con Hermione a capo: era l’unica che sapeva con precisione dove si trovasse la biblioteca e anche se l’idea di un drago in agguato tra la nebbia l’aveva un tantino terrorizzata, non era riuscita a toglierle l’entusiasmo e l’emozione della sua prima volta al M.I.B.

 

“Ecco: siamo arrivati!” esultò lei con una carica di entusiasmo paragonabile a quella dei gemelli Weasley messi assieme “Questo è il M.I.B.” e mostrò magistralmente un edificio che recava la scritta: “Madame  Tussauds” (Museo delle Cere) “Hai piani inferiori è custodita la più grande e meravigliosa raccolta di lib…”

 

“Andiamo” fece Ron sbrigativo guadagnandosi l’ira di Hermione e il compiacimento di Harry e Charlie.

 

Due corpulenti agenti di polizia stavano piazzati ai lati della porta d’ingresso e osservavano ogni visitatore con circospezione, fermando i possibili sospetti e esaminandoli da capo a piedi. L’agente che stava sulla destra balzava particolarmente all’occhio: era un vecchio tarchiato con il viso austero ma maestoso, nonostante gli anni avanzati appariva solido come una roccia, fatta eccezione per il colorito smunto della pelle, i capelli accuratamente pettinati gli lasciavano scoperta una fronte ampia e corrucciata; era una personaggio estremamente altezzoso e non sembrava trovarsi a suo agio nei panni del buon poliziotto che difende la giustizia.

 

“Non possiamo correre il rischio di far trovare le nostre bacchette a quei due, lasciamole qui” disse Hermione mentre sfilava la sua bacchetta e la nascondeva dietro il muretto che costeggiava il marciapiede.

 

“Sei fuori di testa!” esclamò Ron “Vuoi andare in giro disarmata quando c’è un drago in circolazione?”

 

Charlie tirò una gomitata al fratello minore “Abbassa la voce, Ron. Quelli ci stanno guardando molto male.”

 

I due poliziotti li scrutarono sospettosi e fecero segno di avvicinarsi.

 

“Buttate le bacchette” ordinò Hermione a bassa voce mentre si avvicinava con aria disinvolta ai due “Qualche problema agenti?”

 

“Tu e i tuoi amici intendete entrare?” chiese scortesemente il più massiccio dei due poliziotti.

 

Hermione fece per entrare nell’edificio: “Sì, non vediamo l’ora di…”

 

L’agente piazzato alla sua destra la afferrò e cominciò una meticolosa perquisizione. Ron strinse i denti e sbottò: “Ma come si permette di metterle le mani addosso.”

 

“Finito” dichiarò il poliziotto “Sei pulita, puoi passare.”

 

Hermione si ricompose e fece segno agli altri tre di seguirla. Harry e Charlie passarono inosservati davanti agli occhi inquisitori dei due agenti, ma Ron sembrò catturare l’attenzione del poliziotto che prima aveva perquisito Hermione “Tu ragazzo” urlò quello “Fermati e lasciati perquisire… hai una faccia che non mi piace…”

 

“Quanto lo odio!” proruppe Ron qualche istante dopo “Perché mi ha voluto perquisire?”

 

Charlie scrollò le spalle: “Credo che ci sospettasse già da prima, Ron.”

 

“Allora perché non ha perquisito te o Harry?”

 

“Abbiamo delle facce simpatiche” scherzò il fratello facendo imbestialire Ron “Allora dove si va, Hermione?”

 

La ragazza fece un giro d’ispezione attirando non poco l’attenzione dei visitatori. “Da questa parte…” Hermione trascinò i tre nel… bagno degli andicappati. Là c’era un uomo su una sedia a rotelle che tossicchiò tre volte appena vide i ragazzi.

 

“E’ il segnale” esultò Hermione “Siamo qui per visitare il M.I.B.”

 

L’uomo si sollevò dalla sedia trasfigurandola in una botola, poi consegnò ad ognuno un biglietto verde. “Entrate nella botola e proseguite verso il basso. Buona visita al M.I.B.”


Harry, Ron e Charlie dovettero trattenere Hermione per le braccia per evitare che si mettesse a saltellare per tutto il M.I.B. in preda ad una gioiosa pazzia.


L’interno della biblioteca non era come se l’era immaginata Harry, piatta e noiosa, ma, al contrario, era sfarzosa e incantata. Tutti i libri magici emanavano scintille e l’incredibile varietà cromatica delle copertine dei manuali donava a quel luogo sapiente e carico di conoscenza l’aspetto vivace e giocoso dei negozi di Hogsmade. Le pareti erano completamente ricoperte di scaffali con libri serrati uno di fianco all’altro, gli unici spazi sgombri lasciavano posto ad un enorme e maestoso lampadario fatto di cristallo e ad una finestra con i vetri intarsiati di diamanti; la luce che ne filtrava dall’alto era di mille colori diversi, come un arcobaleno.

 

I quattro erano ancora fermi nel piccolo spiazzo sgombro vicino alla botola mentre ammiravano a occhi sgranati la magnificenza di quel luogo: era mirabolante la quantità di libri che conteneva quell’unica stanza e tuttavia l’ambiente appariva lindo e ordinato.

 

“Che aspettiamo qui fermi?” fece Hermione eccitatissima scalpitando come un’ossessa per liberarsi dalla presa dei tre.

 

“Aspetta Hermione!” le urlò dietro Harry, ma la ragazza si era già fiondata nel centro della sala.

 

Anche il pavimento era ricoperto di libri ma Hermione camminava sospesa ad una trentina di centimetri dagli scaffali ancora tutta euforica dall’eccitazione.

 

“Posso aiutarvi ragazzi?” fece una voce da un cubicolo del locale. Un vecchio col volto semi coperto da una sciarpa se ne stava rannicchiato su una sedia e fece cenno loro di venire verso di lui.

 

Harry non lo aveva notato prima e ora che lo osservava da vicino poteva identificare in lui alcuni tratti famigliari tuttavia non riuscì a capire perché tenesse una sciarpa avvolta al collo col caldo che faceva in quella stanza.

 

“L’ho già vista da qualche parte?” gli domandò Harry.

 

“Certamente caro” fece quello con la voce leggermente distorta dalla sciarpa che gli copriva la bocca “Due anni fa al San Mungo e mi ricordo bene di te, in fondo sei il famoso Harry Potter. Eri venuto a far visita a qualcuno nell’ospedale, uno che era stato accusato di spionaggio all’interno del Ministero, io ero di fianco al suo letto.”

 

Harry si ricordò di Bode e dell’incursione al Reparto Misteri: “E’ vero, forse è lì che l’ho vista, non mi ricordo molto bene il suo viso.”

 

Il vecchio rise: “Lo credo bene, caro, ero ricoverato per ustioni di secondo grado, ero un tantino sfigurato, non che ora sia un granché…”

 

“Mi dispiace” disse Harry.

 

“Non fa niente, sono cose che capitano. Comunque, come posso aiutarvi?” ribadì il vecchio.

 

Hermione si fece avanti ancora tutta sorridente “Stiamo cercando la sezione dell’anagrafe.”

 

“Oh, sì, è in un’altra sala” dichiarò il vecchio.

 

Harry sgranò gli occhi: “Vuol dire che c’è un’altra sala come questa?”

 

Il vecchio soffocò una risata contro la sciarpa: “Non solo un’altra, ma molte altre, anche più grandi di questa. Forse è meglio che vi dia una mappa, ecco” e consegnò a Harry un foglio di pergamena con la pianta del M.I.B. molto simile a quella dei Malandrini. Harry lesse sulla mappa il nome del vecchio: “Ludesh Dulick”.

 

“Grazie mille signor Dulick.”

 

“Di niente Harry Potter” assentì quello “E sta molto attento a quello che leggi sulla mappa.”

 

Harry lo fissò stranito e cominciò a cercare la sezione: dopo la sala di “Testi di Storia” e “Libri animati per bambini” c’era un’ala di modeste dimensioni che recava la scritta “Catalogazione delle Nascite-Inghilterra.” 

 

“Come pensate di fare ora?” chiese Hermione a Harry e Ron una volta arrivati nella sezione giusta.

 

“Per fare cosa?” domandò Ron

 

“Per trovare R.A.B.” tutto l’entusiasmo di Hermione era sfumato “Ammesso che questa sia la sigla del suo nome non sappiamo quale sia la lettera del nome o del cognome, o in che anno sia nato e poi, chi ci dice che sia un uomo, non potrebbe essere una donna?”

 

“Escluso” disse Harry senza esitare “Ne sono convinto, ma non chiedermi come, dai suoi pensieri credo che sia un uomo.”

 

“D’accordo, allora abbiamo ristretto i possibili candidati a “tutti gli uomini viventi d’Inghilterra”” fece Hermione sarcastica.

 

Ron sbuffò “Puoi evitare di essere così critica? Inizieremo col cercare “uomini viventi d’Inghilterra col cognome che inizia per R o per B”; penso che A sia il suo secondo nome.”

 

“Astuto fratellino” si complimentò Charlie.

 

“Non può essere nato dopo la presa di potere di Voldemort perché conosce il suo vero nome e non sembra avere problemi nel pronunciarlo” interloquì Harry.

 

“D’accordo, abbiamo abbastanza indizi per poterlo trovare” confermò Hermione “E allora iniziamo. Non dobbiamo fare altro che dire ad alta voce quello che stiamo cercando e le raccolte dei certificati con le caratteristiche che vogliamo dovrebbero posarsi sul quel tavolo laggiù. Poi si tratta solo di capire chi è tra la moltitudine di persone che sicuramente corrisponderanno alla descrizione.”

 

“Dov’è finito tutto il tuo buon umore, Hermione?” le chiese Ron.

 

Gli occhi nocciola di Hermione scintillavano “Lo sapete chi sfruttano per catalogare tutti questi libri, per ripulire il locale ogni santo giorno, per smerigliare i volumi…?”

 

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo d’intesa: “C.R.E.P.A.” pensarono entrambi.

 

Charlie, ignaro dei personali ideali di Hermione, stravaganti per molti maghi, disse con disinvoltura: “Elfi Domestici. Qual è il problema? Loro sono nati per servire i maghi e le streghe.”

 

La ricerca non parte con le migliori premesse. Rifletté Harry mentre Hermione tirava fuori una delle sue spille e tentava, contro il volere di Charlie, di attaccargliela alla felpa.

Dopo una buona mezz’ora la ricerca non aveva dato alcun frutto e Charlie, abituato alla vita selvaggia e all’aria aperta stava per avere una crisi di panico “Non ne posso più” strepitò dopo un altro quarto d’ora passato a leggere interminabili liste di nomi “Possiamo fare una pausa?”

 

“Concordo” sbuffò Harry “Io e Charlie andiamo a fare una passeggiata. Non ti preoccupare Ron – disse Harry incrociando lo sguardo implorante dell’amico – quando torneremo potrai fare una pausa anche tu e anche Hermione se lo vuole.” Ma la ragazza sembrava completamente assorta nell’analisi delle liste.

 

Lui e Charlie imboccarono una porta a caso e Harry tirò fuori la mappa per verificare la loro posizione: si trovavano vicino alla sezione “Romanzi Magici”, ma alla loro destra, disegnato con pesanti contorni neri, c’era un locale molto più piccolo rispetto agli altri, “Sezione Proibita – Accesso esclusivo a personale autorizzato.” La curiosità tipica dei Potter si destò all’istante.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Malfoy stava ancora rimuginando sugli strani discorsi che aveva sentito fare alla Drake. Indubbiamente l’interlocutore non poteva essere il suo ragazzo, sembrava anzi che si trattasse di un individuo circospetto, una sorta di informatore, quindi poteva trattarsi di una spia infiltrata tra i Mangiamorte. Tirava aria di complotto e Draco si sarebbe guadagnato grande approvazione dal Signore Oscuro se avesse sventato le iniziative della Drake e, in compenso, la ragazza sarebbe finita sicuramente uccisa. La bocca di Draco si piegò in un sogghigno…

 

“Guarda chi c’è!” ghignò una voce alle sue spalle, una voce che lo fece raggelare e che sapeva appartenere a Cortess.

 

Draco bloccò le sue gambe e fece dietrofront puntando una smorfia sprezzante in direzione di Gravius: “Giusto, guarda un po’ chi c’è: Cortess e Amycus.”

 

Cortess mostrò i denti ingialliti concedendosi un sorriso perfido: “Non fare troppo l’arrogante, ragazzino. Non mi sei sembrato particolarmente arrogante quando piagnucolavi nei sotterranei e chiedevi aiuto: Mamma, papà!”

 

All’imitazione di Gravius, Amycus rispose con una risata rauca: “Giusto, giusto… quasi come sulla torre a Hogwarts” disse con un ghigno aspro “A proposito, ragazzino, ti dispiacerebbe raccontarmi perché te ne andavi in giro ciondolando con quell’aria così pensierosa?”

 

Per un attimo Draco ebbe l’irrefrenabile impulso di raccontare a quei due dei discorsi compromettenti  di Samantha Drake ma, riflettendoci meglio, decise che sarebbe stato più utile conservare il segreto e attuare un bel ricatto coi fiocchi “Non sono affari tuoi” fece Draco stizzito.

 

“Sentitelo come è pieno di sé” mugugnò perfido Gravius “Scommetto che ti piacerebbe riassaggiare il mio Cruciatus, vero?”

 

Draco sostenne intrepido lo sguardo “Se io fossi un Babbano non saresti così audace, vero?”

 

Cortess, completamente inviperito, serrò i pugni fino a scavarsi con le unghie delle fossette nei palmi, fissando in cagnesco il ragazzo.

 

Draco non sembrava per niente intimorito, anzi, appariva quasi divertito “So tutto caro Gravius. Hai la Babbanofobia…” e si abbandonò ad una leggera risata “… la paura dei Babbani. Sembra davvero una barzelletta: un Mangiamorte babbanofobico.”

 

La rabbia di Cortess lasciò posto alla perversa gioia di una vendetta imminente “Ti va di fare del sano sport, Amycus?”

 

“Come no, basta che questo includa la tortura di un essere vivente o uno spargimento di sangue” suggerì Amycus, comprese le intenzioni del compagno.

 

Gravius bloccò Draco contro il muro con un incantesimo immobilizzante “Entrambi amico mio. Mi è appena venuto in mente un modo per passare il tempo qui dentro, che ne dici di giocare a Quidditch? Dei semplici passaggi con la pluffa.”

 

“Certo, ma non abbiamo la pluffa” si lamentò Amycus lanciando un’occhiata furtiva a Cortess.

 

Gravius fece un cenno d’intesa al Mangiamorte, poi concentrò tutta la sua attenzione sul viso preoccupato di Draco “Ti sbagli, è proprio qui di fronte a me, la nostra palla.”

 

Cortess allungò una mano sulla figura tremante del ragazzo, ma prima che potesse raggiungerla un violento scossone fece vibrare il pavimento e tentennare i muri.

 

“Che diavolo è stato!” urlò Cortess mentre Draco sgusciava dalla sua presa “Il terremoto?!”

 

*^*^*^*^*^*^*

 

“Il terremoto?!” strepitò Charlie aggrappandosi ad uno degli scaffali della Sezione Proibita del M.I.B.

 

Dopo una serie di abili sotterfugi Harry e Charlie erano riusciti a penetrare nella Sezione Proibita, un locale abbastanza angusto e buio pieno di libri all’apparenza molto antichi che sembravano giacere lì da molto tempo.

 

Tutti i manuali sugli scaffali erano protetti da una barriera che impediva ai due ragazzi di avvicinarvisi anche solo di quindici centimetri. Solo un volume non era ordinatamente sistemato sugli scaffali e Harry lo aveva raccolto poco prima dal pavimento di pietra. Era un libro con la copertina nera, abbastanza pesante e sigillato con una catena d’oro che Harry aveva tentato in vano di aprire fino al momento in cui l’intero locale aveva cominciato a dondolare e poi a tremare vistosamente.

 

“Che diavolo succede!” urlò Harry stringendosi il volume nero al petto.

 

La serratura della porta magica che Harry e Charlie avevano abilmente scardinato si ruppe nuovamente facendo spalancare la porta. All’ingresso della Sezione Proibita stava ritto Ludesh Dulick, l’uomo che aveva consegnato a Harry la pianta del M.I.B. “Venite, presto!” sbraitò Dulick “Qui c’è pericolo che vi cada qualcosa addosso!”

 

Mentre Harry e Charlie si precipitavano in fretta e furia fuori dal locale il giovane Potter mormorò delle sincere scuse al signor Dulcik per aver violato la restrizione che imponeva la Sezione Probita. Ma questi rispose con un noncurante “Fa niente” che insospettì parecchio Harry.

 

In poco tempo Charlie e Harry furono scortati fuori dal M.I.B. e trascinati all’esterno di Madame  Tussauds dai due corpulenti agenti. Ancora tutto sconvolto da quel continuo sballottaggio Harry si rese conto di un particolare inquietante: il signor Dulick e l’agente più massiccio avrebbero potuto essere gemelli. Erano identici nei più minimi particolari ora che osservava bene i loro volti scoperti, soprattutto quello del signor Dulick che appariva privo di scottature o cicatrici; com’era possibile? Gli aveva mentito? E tutto quello che era successo al M.I.B. aveva a che fare con il libro che ora stringeva sotto il mantello?

 

Harry si avvicinò furtivo a Dulick e lo afferrò per un braccio “Chi è lei veramente?”

 

Il vecchio si voltò “Guarda bene il mio volto Harry Potter” sussurrò quello “Il mio volto e il suo – e fece cenno all’agente identico a lui – appartengono all’uomo che tu stai cercando. Ricordati questo nome: Lyons Kaus; non dimenticartelo e tieni stretto quel libro.”

 

Il vecchio si liberò dalla presa di Harry e si smaterializzò davanti al giovane Potter con la mente che rifletteva spedita: “Allora è quello il vero nome di R.A.B.”

 

“Harry, Harry!” lo chiamarono a squarciagola i suoi amici “R.A.B. aveva ragione!”

 

“Come?” Harry era rimasto tutto concentrato sul mistero del signor Dulick e dell’agente che aveva dimenticato le altre problematiche: il libro della Sezione Probita e la causa di quell’inspiegabile terremoto.

 

Ma quando Harry seguì lo sguardo terrorizzato di Hermione comprese la causa: un’enorme figura alata con due poderose mascelle e delle minacciose zampe artigliate stava seminando panico tra i Babbani che fuggivano in preda alla disperazione e all’incredulità. Come poter dar loro torto? Un drago a Londra non è di ordinaria amministrazione.

 

Mentre attorno a lui rimbombavano le grida agghiaccianti di babbani in fuga Harry si precipitò accanto a Charlie che studiava con fredda minuziosità ogni particolare del dragone. Dall’aspetto appariva molto diverso dallo Spinato: questo drago era meno possente e la coda somigliava più ad un frustino che ad una mazza ferrata, ma il nero pece delle scaglie che lo ricoprivano e il rosso sanguinolento dei suoi occhi assoggettavano ancora di più delle micidiali armi di attacco di uno Spinato.

 

“Boscaiolo Irlandese” dichiarò infine Charlie “Questo tipo di drago ha delle caratteristiche ben precise: detesta il rumore, si nutre solo di carcasse e quindi non si ciba di prede vive, e non è in grado di sputare fuoco.”

 

Ron borbottò “Che razza di drago è? Non sembra molto pericoloso. Un momento Charlie, tu hai detto che a questo drago non piace il rumore, ma allora perché è venuto nel centro caotico di Londra? Sei sicuro di aver azzeccato la specie?”

 

“Sono sicurissimo, Ron” rispose Charlie indispettito.

 

Harry osservò il corpo slanciato del Boscaiolo Irlandese che si agitava tentando di evitare che le sue zampe andassero a cozzare contro qualche macchina o qualche persona: “Allora se non è venuto qui per cercare cibo, cosa vuole fare?”

 

Come in risposta alla domanda di Harry il drago alzò di scatto il capo, aprì le gigantesche ali nere da pipistrello e si staccò dal suolo andando a rintanarsi nel banco di nebbia.

 

Charlie si guardò intorno preoccupato “Qui c’è di mezzo lo zampino di un addestratore… Harry, Ron, Hermione, dobbiamo andarcene di qui! Ci penserà il Ministero a toglierlo di mezzo!” disse il giovane Weasley pur dubitando dell’efficienza del nuovo Ministro e degli Auror “Ma dov’è Hermione?”

 

Hermione era ancora vicino all’entrata di Madame  Tussauds e lungi preoccupata dalla minaccia del drago che stava in agguato nella nebbia: “E’ un disastro! Quanti Babbani l’hanno visto? Qui c’è il rischio che scoppi uno scandalo mondiale e addio al mondo dei Maghi!”

 

Mentre il fratello e l’amico tentavano di trascinar via Hermion, Ron levò gli occhi verso il banco di nebbia e chiese a Charlie: “Scusami fratellone, ma perché lo chiamano Boscaiolo?”

 

“Perché per trovare le carcasse in decomposizione nei boschi taglia un sacco di alberi.”

 

Ron assentì soddisfatto: “E dimmi, con cosa riesce a tagliare gli alberi? Non mi sembra che abbia delle fauci molto acuminate o una coda a forma di ascia.”

 

Un boato scese dalle nuvole accompagnando la discesa del drago. Il ringhio ravvivò le urla mentre il Boscaiolo planava in picchiata poco più in là. Harry recuperò la bacchetta che aveva lasciato dietro al muretto e mormorò un incantesimo.

 

“Fermo, Harry!” strepitò Hermione “Non crederai davvero di poter sconfiggere un drago da solo?”

 

“Da solo no” rispose Harry e puntò lo sguardo su Charlie: “Dimmi tutto quello che sai sul Boscaiolo Irlandese, qualunque informazione per poterlo sconfiggere.”

 

Il giovane Weasley fissò Harry indulgente e preoccupato: “Coraggio Harry, non essere così cocciuto, Hermione ha ragione! Non si può fare niente: dobbiamo andarcene. Ci penseranno gli Auror.”

 

“Non possiamo andarcene! R.A.B. ha voluto che venissi perché sei l’unico che può scacciare il drago. E poi prima che gli Auror riescano ad organizzarsi quel Boscaiolo avrà già distrutto Londra!”

 

“Non ne sono sicuro” commentò Charlie “Questo tipo di drago è di norma piuttosto mansueto e non attacca dei centri abitati a meno che non vi sia costretto. I Boscaioli Irlandesi sono famosi anche perché si ritiene che siano i draghi più facilmente addomesticabili. Sono quasi sicuro che dietro a tutta questa storia ci sia un addestratore che muove il Boscaiolo per via di suoni, magari con un fischietto ad ultrasuoni.”

 

Harry accennò vigorosamente col capo: “Quindi se troviamo l’addestratore potremmo fermare il drago.”

 

“Teoricamente…” fece Charlie alquanto convinto.

 

“D’accordo” disse Harry “Perfetto.” Una Firebolt si stava avvicinando a tutta velocità evocata dallo stesso Harry qualche istante prima con un incantesimo d’appello. Il ragazzo l’afferrò e vi montò sopra incurante delle grida di protesta degli amici:

 

“Come pensi di riconoscere l’addestratore, Harry! Torna qui!” strillò Charlie, ma il giovane Potter era già parecchi metri lontano.

 

Bastava che seguisse gli schiamazzi e il tumulto per strada e avrebbe facilmente ritrovato il drago e infatti, eccolo lì, a pochi chilometri. Il Boscaiolo Irlandese era aggrappato al Big Bang, la torre dell’orologio, e puntava il minaccioso muso affusolato contro il Parlamento Babbano, in attesa di un segnale che lo avrebbe spinto ad attaccare. La polizia babbana era riversa per strada, persino degli elicotteri di Scotland Yard costeggiavano la torre mantenendosi ad una distanza ragionevole; ma nessuna delle forze spiegate osava attaccare la bestia.

 

Il loro disagio morale aveva preso il  sopravvento:  era come se tutti i libri di favole del mondo avessero preso vita. La comunità babbana, fino ad allora ceca, aveva violentemente aperto gli occhi e appreso una sconvolgente verità: i draghi esistevano davvero; ma se avessero scavato più a fondo? Che ne sarebbe stato dei maghi e delle streghe?

 

Con un tumulto di pensieri che gli si agitavano in testa, Harry fece una veloce planata sulla strada adiacente alla torre dell’orologio, ma era troppo in alto, doveva scendere. Il ragazzo optò per una soluzione molto rischiosa per la segretezza dell’intera comunità magica, ma doveva fermare il drago prima che facesse delle vittime.

 

Scese in picchiata e… “Idiota!!!” Frenò bruscamente: era R.A.B. quello che lo ammoniva con ira. “Vuoi farti scoprire da tutti quei Babbani: NO! E poi anche se scendessi per cercare l’addestratore non lo troveresti mai con tutta quella gente! Conosco un modo migliore per scovarlo. Torna indietro e recupera Charlie Weasley, ci sarà un motivo se l’ho fatto venire fin qui, no?”

 

“Un momento” pensò Harry “Perché ora mi parli chiaro? Prima eri così confuso e distane.”

 

“Perché ormai mi ha, anzi mi hanno scoperto, tutti e due!” esalò R.A.B.

 

“Chi sono?” gli chiese Harry.

“Non sei ancora pronto per saperlo, ma stammi bene a sentire: non ti fidare di nessuno! Specie di quel bibliotecario.”

“Se non mi devo fidare di nessuno, allora non mi devo fidare neanche di te, R.A.B.; sei tu, non è vero, quello che ha lasciato il biglietto dentro il falso Horcrux?”

 

“Sì, sono io” ammise “Ma ora non c’è tempo per queste cose, devi fidarti di me, te lo dirò più tardi. Ora cerca Charlie Weasley!” gli ordinò imperioso R.A.B.

 

Harry fece un brusco dietro front , ma proprio in quell’istante il drago rizzò il muso, scattò in alto e ripiombò a peso morto sul Parlamento babbano, sollevando una grande nuvola di polvere e fumo e quelle che sembravano essere scintille di un incantesimo.

 

“Non ti voltare!” strillò R.A.B. nella sua testa “Vai!” Harry chiuse gli occhi e ritornò a Madame Tussauds dove i suoi amici lo attendevano con grande trepidazione.

 

“Harry!” gridò Charlie facendogli segno di atterrare “Hai trovato l’addestratore? Che cos’è successo? Abbiamo sentito un boato e…”

 

“Mi servi subito. Monta sulla Firebolt” Harry afferrò Charlie per la camicia, lo issò a forza sulla sua scopa e, senza neanche voltarsi per rassicurare Ron e Hermione, partì a tutta velocità verso il Parlamento.

 

Charlie si dimenava sulla scopa dietro di lui chiedendo spiegazioni, ma ad un tratto rimase senza parole. Harry strizzò gli occhi cercando di scorgere da lontano ciò che aveva fatto ammutolire Charlie: il corpo massiccio del drago si gettava ripetutamente contro il Parlamento ma senza che questo riportasse dei danni.

 

“Cosa succede?” chiese Charlie “Il Boscaiolo sta attaccando con tutta la sua forza il Parlamento eppure non accade nulla… è come se quell’edificio fosse protetto da un incantesimo.”

Harry ripensò alle scintille che aveva scorto poco prima di tornare a Madame Tussauds “Credo sia veramente protetto da un incantesimo. Potrebbe essere una precauzione che ha adottato il Ministro della Magia in accordo con quello babbano.”

 

“Molto probabile, altrimenti non mi saprei spiegare quell’incantesimo” disse Charlie “Ma ora spiegami perché mi hai portato fin qui.”

 

“Un secondo” fece Harry, partendo con la mente alla ricerca di R.A.B. “Ehi! Che cosa deve fare Charlie?”

 

“Scopritelo da soli” gli rispose di rimpetto lui.

“Come?! Non fare così! Se ci vuoi aiutare allora aiutaci e spiegaci chiaramente ciò che dobbiamo fare.”

 

“Dovete trovare l’addestratore e ucciderlo” dichiarò R.A.B.

 

“Ucciderlo?” esalò Harry.

“Sì, così il drago sarà disorientato senza un addestratore e a quel punto sarà facile da abbattere.”

 

“Come lo troviamo?” domandò Harry.

 

“Il compito di scovarlo spetta a Charlie Weasley. Ora devo andare e non tentare di richiamarmi.”

 

“R.A.B.!”

 

“Harry!” esclamò Charlie preoccupato “Non mi dire che abbiamo ancora a che fare con quell’individuo?”

 

“Invece sì Charlie” disse Harry “Ora devi assolutamente trovare quell’addestratore.”

 

“Io?” fece Charlie sorpreso.

 

“Certo” assentì Harry “R.A.B. ha voluto che venissi perché sei un esperto di draghi e probabilmente sai come riconoscere l’addestratore.”

 

“Io non so proprio come fare, Harry. E poi come fa questo R.A.B. a sapere che studio i draghi?”

 

Bella domanda, pensò Harry con un sospiro Ho la vaga impressione che R.A.B. tenga sottocontrollo la mia vita da quel primo incontro a Godric’s Hollow.

 

“Rifletti, Charlie” lo incoraggiò Harry “Ci deve essere un qualcosa per capire chi è l’addestratore.”

 

“Vediamo” il giovane Weasley si grattò il mento pensieroso “L’addestratore dovrebbe avere un fischietto in mano o qualcosa del genere per impartire al drago degli ordini precisi, poi c’è da contare anche la posizione: per propagare il suono di certi fischietti a ultra suoni è necessario stare abbastanza in alto, quindi escluderei che si trovi in strada con tutto quel trambusto. Ah, inoltre c’è un particolare e non so se potrà esserci utile perché ormai il drago è già all’attacco, ma… hai per caso visto dove si è posato il drago prima di attaccare il Parlamento babbano?”

 

“Sì” rispose Harry, senza sapere a cosa questo gli sarebbe servito.

 

Il volto di Charlie si illuminò “Perfetto! Perché sai, è precisa abitudine di un drago riunirsi al suo addestratore prima che gli si impartiscano degli ordini, credo sia per questo che prima il Bosciaiolo è ritornato in mezzo alle nuvole, probabilmente era lì il suo addestratore, ma ora ha sicuramente cambiato posto…”

 

Prima che Charlie terminasse la sua arringa sulle abitudini dei draghi Harry puntò dritto contro la torre dell’orologio. Per fortuna con tutto il trambusto che c’era per strada Harry e Charlie volarono inosservati verso il Big Bang: tutti gli occhi erano puntati sul drago che tentava invano di distruggere il Parlamento.

 

“L’addestratore è sicuramente qui” dichiarò Harry “Prima di attaccare il drago si è posato sul Big Bang.”

 

“Ottimo!” esclamò Charlie compiaciuto “Deve trovarsi all’esterno perché altrimenti i muri impedirebbero al suono del fischietto di arrivare fino alle orecchie del drago.”

 

I due fecero diversi giri intorno alla torre, ma non c’era nessuno e il drago non smetteva di aggredire il Parlamento che resisteva protetto da una sorta di barriera magica.

 

“Non capisco” disse Charlie “Deve trovarsi assolutamente qua fuori e il drago non ha smesso di attaccare quindi vuol dire che l’addestratore lo sta ancora dirigendo col fischietto.”

 

“L’addestratore potrebbe anche aver cambiato posizione” suggerì Harry.

 

Charlie negò col capo “No, lo escluderei. Bisogna che la fonte del suono rimanga in un punto costante altrimenti il drago smette di eseguire gli ordini. E’ una tattica che usano gli addestratori per impedire che i draghi vengano controllati da altri fischietti; il Boscaiolo presterà attenzione solo ai suoni che vengono dal punto in cui ha visto l’addestratore prima di attaccare, quindi deve essere per forza qui.”

 

“E se avesse addosso un Mantello dell’Invisibilità o avesse fatto un incantesimo che lo rende invisibile?” propose Harry.

 

“Giusto! Sei un genio, Harry” si complimentò Charlie “Allora dobbiamo trovare assolutamente un modo per… c’è l’hai il tuo Mantello dell’Invisibilità?”

 

“No” rispose Harry.

 

“Allora potresti eseguire l’incantesimo che ci ha reso invisibili quando ci siamo Smaterializzati a Londra. Chi è invisibile può vedere chi è invisibile. E’ l’unico modo per capire dov’è l’addestratore.”

 

“Io non sono capace” dichiarò Harry “Prima a fatto tutto R.A.B. Tu piuttosto, non sei capace di eseguire un incantesimo d’invisibilità?” In fondo Charlie aveva terminato la scuola da molto tempo.

 

“Non sono mai stato un asso in Incantesimi” ammise Charlie con un sogghigno “Ero molto più portato per Cura delle Creature Magiche.”

 

“Quindi non sei capace” sospirò Harry. Cosa mi tocca fare! Questo era R.A.B.

 

“R.A.B.!” esclamò Harry.

 

“Ancora quel tipo!” mugugnò Charlie.

 

Harry avvertì un sospiro scocciato provenire dalla mente di R.A.B. “Renderò te e il tuo amico sono-impedito-negli-incantesimi invisibili così che possiate trovare l’addestratore.”

 

“Grazie mille.” In un batter d’occhio Harry e Charlie divennero invisibili.

 

“Però! E’ efficiente quel tipo” disse Charlie con un sorriso sarcastico.

 

Harry sentì R.A.B. imprecare nella sua testa ma ritenne oneroso non riferire a Charlie la valanga di insulti che gli aveva rivolto R.A.B.

 

I due fecero scorrere lo sguardo nei pressi della torre dell’orologio e notarono un particolare che prima non avevano visto: sulla punta del Big Bang c’era aggrappato qualcosa, ma era troppo piccolo per essere un mago adulto. Si avvicinarono con la scopa e quando furono abbastanza vicini videro un vecchio rannicchiato dietro alla guglia della torre che stringeva tra le labbra un fischietto: lo avevano trovato e probabilmente l’uomo era così concentrato nel dare ordini al drago che non aveva visto Harry e Charlie che si avvicinavano sulla Firebolt; era il momento più propizio per metterlo fuori gioco, ma non ucciderlo come aveva proposto R.A.B.

Harry estrasse la bacchetta dal mantello e la puntò contro l’uomo, ma se avesse eseguito uno schiantesimo probabilmente il vecchio sarebbe caduto dalla torre e sarebbe sicuramente morto. Esitò quanto bastò all’addestratore per rendersi conto di essere osservato: “E voi due?” si alzò in piedi rimanendo col braccio aggrappato alla guglia della torre; per quel breve istante in cui aveva levato le labbra dal fischietto il drago aveva smesso di dimenarsi contro il Parlamento. Bastava dunque togliergli il fischietto e il Boscaiolo sarebbe stato inoffensivo, non c’era motivo di ucciderlo.

 

Dietro Harry, Charlie ebbe un sussulto: “Wallace Simur?”

 

Il vecchio annuì col capo ma non parlò perché altrimenti il drago avrebbe smesso di attaccare il Parlamento.

 

“Chi è Wallace Simur?” chiese Harry a Charlie.

 

“E’ il massimo esperto di draghi dell’isola Britannica e non avrei mai creduto che arrivasse a compiere azioni di questo genere.”

 

Harry controllò gli occhi di Simur: erano lucidi e accesi dallo stesso scintillio perfido che aveva scorto in quelli di Bellatrix Black. Quindi non era sotto l’effetto dell’Imperius, stava agendo di spontanea volontà.

 

Wallace Simur fece due soffi profondi nel fischietto e se lo levò dalle labbra, ma il drago continuò ad avventarsi sull’edificio.

 

“Ora è inarrestabile” sogghignò Wallace Simur “Finché non gli ordino di fare qualcos’altro continuerà ad attaccare il Parlamento babbano e a meno che uno di voi due sappia maneggiare un fischietto per draghi il mio Boscaiolo non si fermerà mai.”

 

Harry guardò speranzoso Charlie ma questi negò sconsolato “Mi dispiace Harry, non sono capace.”

 

“Uccidilo! Usa l’Avada Kedavra” era di nuovo R.A.B.

 

“Non posso” disse Harry “E poi a cosa servirebbe ucciderlo? Il drago non si fermerà finché non glielo ordina.”

“Servirebbe di sicuro. Se il drago non avverte più la presenza e l’odore del suo padrone allora smette di attaccare. Chiedilo al tuo amico se non mi credi.”

Harry avvertì la sincerità di R.A.B., ma non avrebbe comunque ucciso Simur, non poteva.

 

“E va bene” si arrese R.A.B. “Se non vuoi ucciderlo allora lanciagli un Imperius e ordinagli di fermare il drago.”

 

“No” esalò Harry.

 

“Oh, santo ragazzo! Allora usa il Cruciatus e torturalo finché non lo ferma.”

 

“Ancora peggio” strillò Harry “Non ho intenzione di usare nessuna delle Maledizioni Senza Perdono.”

R.AB. emise un lamento esasperato “Allora buttalo giù dalla torre con uno schiantesimo così la farai finita senza usare una Maledizioni Senza Perdono.”

 

“No” disse Harry ostinato “Non lo voglio uccidere!”

 

“Coraggio, ragazzo!” insistette R.A.B. “O lui ti ucciderà e attento…!”

 

“Attento Harry!” gridò Charlie disperato.

 

Harry si rese conto troppo tardi di ciò che stava succedendo. Simur, approfittano dello stato catatonico in cui era caduto Harry gli aveva lanciato contro uno Stupeficium, ma Charlie gli si era messo davanti cambiando posizione sulla scopa e aveva ricevuto in pieno l’incantesimo.

Le mani di Charlie lasciarono la presa sulla Firebolt e il ragazzo cadde in avanti precipitando nel vuoto. A Harry si mozzò il fiato in gola ed ebbe ancora quello sgradevole pessimismo che gli trasmetteva R.A.B. Spronò la scopa verso il basso ma una sorprendente e gradita visione lo rincuorò di colpo: Charlie stava aggrappato ad una delle lancette dell’orologio, quella più lunga che segnava i minuti.

 

“Non pensare a me” gridò Charlie da sotto mentre si issava sull’asta di ferro “Pensa a sconfiggere Simur, io me la caverò benissimo!”

 

“Audace il tuo amico” sogghignò il vecchio mentre scagliava un secondo Stupeficium verso Harry che però riuscì ad evitare grazie ai suoi pronti riflessi.

Wallace Simur fece partire un altro incantesimo, ma Harry estrasse la bacchetta prontamente per respingere la maledizione di Simur e gliela rispedì contro facendogli allentare la presa sulla guglia della torre. R.A.B. mandava pressanti incoraggiamenti a Harry perché buttasse di sotto il vecchio mentre questo si sbilanciava nel vuoto per caricare un altro incantesimo; ma Harry si rifiutò di ucciderlo e intanto in sottofondo si udiva il ringhio del Boscaiolo e le grida disperate dei Babbani che fuggivano a destra e a manca inondando le strade di una folla confusa e spaventata.

 

Questa volta la maledizione del vecchio mancò Harry di pochi centimetri. Simur continuava ad acquistare terreno e, scagliando incantesimi senza sosta, non dava nemmeno ad Harry il tempo di sollevare la bacchetta per pronunciare l’incantesimo. Harry scivolò indietro in sella alla Firebolt, colpito da una potente fattura di Wallace Simur. Mentre volteggiava aggrappato alla scopa vide in un vortice confuso di immagini i Babbani disperati, il drago che attaccava il Parlamento, Charlie che tentava di issarsi sulle lancette dell’orologio e il ghigno sadico di Simur che si preparava a scagliare un altro incantesimo contro di lui. Ripresosi dallo stordimento, Harry virò sulla scopa e partì dritto verso il vecchio schivando appena in tempo il suo Stupefiucium e caricandolo con la Firebolt. Ma Simur lo batté in prontezza e lo disarmò con un potente schiantesimo, rischiando anche di disarcionarlo dalla scopa. Harry si aggrappò con tutta la sua forza all’asta di legno mentre la bacchetta scivolava sempre più in basso, contro il suolo gremito di Babbani. Fu come un sogno allucinogeno, dove la mente è così lontana dalla realtà da raggiungere uno stato di grande concentrazione ed Harry riuscì a compiere a pieno il suo primo incantesimo non verbale: “Expelliarmus”; e alla bacchetta di Wallace Simur toccò la stessa sorte di quella di Harry.

 

Ora erano pari, ugualmente privi di bacchetta, solo che Harry stava al sicuro a cavallo di una scopa e Simur era in bilico a sessanta metri dal suo. Per un attimo il ragazzo fu certo di poter convincere il vecchio a richiamare il drago ma si rese contro di essere ancora in netto svantaggio rispetto a Simur: lui aveva ancora il fischietto. E infatti lo usò per impartire dei misteriosi comandi al Boscaiolo che si allontanò dal Parlamento e puntò dritto verso il suo addestratore. Harry intuì subito i propositi del drago: sicuramente Simur gli aveva ordinato di ucciderlo e come riuscire a difendersi senza bacchetta? Con la Firebolt poteva solo fuggire ma non avrebbe potuto evitare a lungo le fauci del drago. L’unica soluzione era strappare il fischietto dalle mani del vecchio. Ce la poteva fare, in fondo lui era un grande cercatore  e Wallace Simur solo un vecchio. Harry impennò la Firebolt contro il vecchio deciso a strappargli di mano il fischietto con cui Simur ora impartiva ordini al drago, ma prima che potesse raggiungerlo un terribile rintocco quasi gli squarciò i timpani e fu costretto a retrocedere e a tapparsi le orecchie con le mani. Le campane della torre dondolarono rumorosamente in quattro potentissimi rintocchi e andarono avanti senza tregua. Harry era intontito dal suono e ormai l’unica speranza di rubare il fischietto a Simur era svanita dato che il vecchio sembrava essersi reso conto delle sue intenzioni.

 

Le circostanze si erano messe contro Harry: ci mancavano solo le campane. Ma il ragazzo si rese conto che ad azionare il meccanismo era stato niente popò di meno che Charlie Weasley. Il rosso era riuscito a posizionare la lancetta dei minuti sul “12” grazie a numerosi schiantesimi; perché? Charlie si voltò e lanciò ad Harry un sorriso soddisfatto mentre le campane suonavano il settimo rintocco. Harry si girò a sua volta e vide il drago immobile a mezz’aria e Wallace Simur che tentava inutilmente di impartirgli ordini con il fischietto; evidentemente il rumore delle campane rendeva impossibile la comunicazione tra addestratore e drago. Harry si levò le mani dalle orecchie e, ignorando il fracasso che gli faceva rimbombare la testa, allungò il braccio mentre con la Firebolt puntava verso Simur. Le sue dita si serrano intorno al fischietto e lo strappò via dalla debole presa del vecchio. I rintocchi delle campane terminarono e il Boscaiolo non si mosse dal punto in cui si era fermato.

 

“E’ finita signor Simur” disse Harry rivolgendosi al vecchio aggrappato alla guglia che ora si disperava sommessamente “Si arrenda, non la voglio uccidere.”

 

Il vecchio non rispose e nascose il viso tra le braccia “Non è finita!” mormorò sordidamente “Loro sono qui, mi verranno in aiuto!”

 

“Chi? Chi è qui?” urlò Harry mentre gli si avvicinava con la Firebolt.

 

“Sono qui” continuò il vecchio come se non avesse sentito le parole di Harry “Lo sento” si alzò la manica sinistra della camicia e rivelò un tatuaggio nero: era un Mangiamorte.

 

“I Mangiamorte sono qui?” gridò Harry afferrando Simur per la camicia.

 

“Stanno arrivando! Sono molto vicini. Lo sento” insistette il vecchio, mostrando un ghigno sadico a Harry “E ti uccideranno! Sento che anche il mio Signore è qui.”

 

Harry sgranò gli occhi, perplesso “Voldemort è qui? Qui a Londra?” All’improvviso le parole di R.A.B. ebbero un senso: “seguite il drago e vi porterà al rifugio del vostro nemico”. Il covo di Voldemort era a Londra, ma dove? “Il rifugio di Voldemort è qui?”chiese Harry con insistenza, strattonando il vecchio per esortarlo ad una reazione.

 

“Non lo so dov’è il suo rifugio” disse quello, ansimando “Io sono appena arrivato qui in Inghilterra. Voglio servire il Signore Oscuro. Volevo solo distruggere il Parlamento per fargli piacere, ma c’è qualcosa che non va: perché un edificio babbano dovrebbe essere difeso da una barriera magica, poi perché proprio quel tipo di barriera magica, non ha senso!”

 

“Cosa?” strillò Harry “Che cosa vuoi dire? Non sono stati gli Auror a mettere quella barriera per difendere il Parlamento babbano?”

 

Simur si abbandonò ad una risata orripilante: “Già, gli Auror! Allora gli Auror se ne intendono molto di magia oscura!”

 

“Come? Vuoi dire che sono stati dei maghi oscuri a creare quella barriera? Perché?”

 

“Lascia perdere, Harry!” Strillò R.A.B. nella sua testa.

 

“Perché devo lasciare perdere, R.A.B.? Io voglio sapere!”

 

“R.A.B.?” fece Simur sorpreso e scioccato “Quel R.A.B.?”

 

Harry avvertì che il contatto tra le loro mentì si spezzava bruscamente “Lo conosci?” fece Harry in risposta alla domanda di Simur “Sai chi è?”

 

Il vecchio ansimò e lo guardò di sbieco “Ma tu puoi comunicare coi morti? Il R.A.B. di cui io sto parlando è morto tanti anni fa… diciassette anni fa. Quindi non può essere lo stesso.”

 

“Dimmi chi è, o chi era, forza!” strillò d’impulso Harry, preso da una cieca curiosità.

 

“Lo conoscevo” rispose il vecchio, tradendo un certo orgoglio misto a repulsione “Pensavo fosse un tipo a posto date le sue nobili origini, ma mi sbagliavo. Ci ha traditi, me e il Signore Oscuro. Eppure quando andavamo a scuola insieme eravamo così uni…” ma il vecchio non ebbe il tempo di finire la frase. Un enorme schizzò di sangue si levò dal suo petto e imbrattò gli occhiali di Harry e per un attimo il ragazzo riuscì a vedere solo una macchi a rossa. Udì l’urlo di dolore di Simur e se lo sentì scivolare via dalle dita. Quando si tolse gli occhiali, la vista annebbiata gli consentì solo di scorgere una figura di uomo sfocata che precipitava verso il basso, abbandonando una scia rossa durante la sua caduta. A Harry ricordò tragicamente la dipartita di Albus Silente.

 

Harry ripulì le sue lenti dal sangue di Wallace Simur e se le rimise meccanicamente. Virando con la scopa raccolse Charlie che stava ancora aggrappato alle lancette e se andò via da lì alla velocità massima a cui riusciva a portare la Firebolt. Si dimenticò del Boscaiolo che volava a mezz’aria nel centro di Londra, di tutti quei Babbani sconcertati e terrorizzati, del pericolo a cui era andato incontro il mondo magico con l’inaspettata rivelazione di un drago alla comunità babbana, di Wallace Simur e delle sue parole e dell’identità del suo ignoto assassino. Ora era solo tremendamente scioccato dal ricordo della morte del suo adorato preside, che, nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva a dimenticare e ad accettare.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

Apple: grazie per continuare a recensire la nostra fic e stai pur certa che recensiremo anke la tua (Kaho si sta intrigando e Samy non vede l’ora di leggere la comparsa di Draco…). Purtroppo per un po’ non recensiremo dato l’imprevisto vacanziero ma appena torniamo ti lasceremo uno splendido commento lungo lungo… ke colpo! Nn sapevamo di essere le 40° (la solita fortuna di Kaho), grazie x le info sulla tua fic (Samy si lancia nelle congetture…) A presto, kiss KS

 

Meggie: hola! Thanks very much! Grazie per la tua recensione, cercheremo di impegnarci in questo ipotetico HP7 e ora abbiamo intenzione di compiere una mossa azzardata: ti sveliamo 1 segreto à Piton avrà un ruolo chiave in questo HP7, ma solo alla fine della fic si capirà il perché; ed era indispensabile fare degli Evans una family di maghi perché… sorpresa (!!)… è un mistero molto lungo da spiegare, sbroglierai la matassa se continuerai a leggere la nostra fic (c’era la truffa ndKaho; un orribile ricatto, mi piace ndSamyinSly) KS

 

Muriel: qui c’è un momento di imbarazzo dato che ci avevano già detto che il nome esteso di Ginny era Ginevra (ops), siamo puntualmente sbadate nei dettagli… ^__^… grazie x i complimenti ke sn super-graditi e continua a segnalarci eventuali imperfezioni; chissà se una delle due riuscirà a fare attenzione ai dettagli? (io non credo ndKaho, forse io sì ndSamy stai volando con la fantasia ndKaho ed è per questo che la nostra fic riscuote successo…fantasy ndSamy -_- ndKaho) Kiss KS

 

Ale146: grazie, grazie (inkino); continua a recensire: i complimenti sono un prezioso carburante ke alimenta la nostra penna da scrittrici (-_- ? ndSamy) aggiorneremo con una frequenza di circa 4-5 giorni, ma x un pò saremo in vacanza, no pro… ritorneremo più gasate di prima (almeno si spera…) kiss KS

 

Keloryn: grazie x i complimenti (continuiamo a ringraziare tutti!), ci fa molto piacere ke apprezzi la fic e x qnt riguarda R.A.B. …. Eh eh (risata malefica), è una faccenda bella complicata… ti possiamo anticipare una cosa: Harry lo incontrerà nel cap 5, cioè nel prox… altra anticipazione: R.A.B. è vivo! Ma cm è riuscito a distruggere l’Horcrux di Voldy senza morire? Ma l’ha davvero distrutto? Dov’è il medaglione di Serpeverde?… domande ke avranno risposta al cap 19 (please wait) spero ke tu abbia molta pazienza, ma se segui gli altri cap il mistero si potrebbe anke scoprire…forse… KS

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Incursione a Hogwarts ***


Era trascorsa una settimana dalla presunta “riappacificazione” tra Draco e Samantha e la loro relazione andata avanti come da

Grazie per la pazienza! In realtà Samy e Kaho hanno dovuto sistemare quasi tutto il capitolo dopo aver letto le ultime novità sul settimo libro; c’era qualcosa che non quadrava nella nostra fic. C’eravamo ripromesse di pubblicarlo prima dell’inizio della scuola, ma eccoci qui al 12 settembre. Speriamo di ripagare la vostra pazienza con questa lunga fic. Le risposte alle recensioni del capitolo precedente saranno pubblicate nel prossimo capitolo.

Samy&KAho

 

Capitolo 5 – “Incursione a Hogwarts”


“E così il mio caro vecchio amico è ancora vivo”

 

“Così sembrerebbe, mio Signore” assentì Severus Piton.

 

Voldemort sogghignò e osservò delle crepe che si erano aperte di recente sul tetto: “Non credo che l’intervento azzardato di Simur sia opera sua, non credi Severus?”

 

“Assolutamente no, mio Signore” convenne Piton “Simur era chiaramente una marionetta manipolata, la sua mente è sempre stata molto debole. Quell’uomo è stato condizionato dall’esterno e credo che oltre all’Ordine della Fenice e a quell’inutile Ministero ci sia un’altra fazione contro di noi.”

 

Voldemort si scompose a mala pena: “Contro di noi? Contro il mondo dei maghi, credo.”

 

“Mio Signore?”

 

“Spingere un drago ad attaccare in pieno giorno, davanti a centinaia di Babbani… Questo è un chiaro attentato alla sicurezza magica. Ma gli attentatori sono certamente dei maghi e dato che il loro obiettivo era molto… strategico, oserei dire, sono dei maghi anche estremamente preparati e informati; non sono certo da sottovalutare. Dovrò tenere d’occhio questo nuovo gruppo, sembra non ci sia niente che lo trattenga, nemmeno l’incolumità di tutto il mondo magico.”

“E’ questo quello che mi sconcerta, mio Signore” disse Piton “Con questo attentato hanno ampiamente dimostrato di essere contro di noi. Sicuramente non possono essere un gruppo affiliato al Ministero, ne tanto meno a quello che rimane dei sostenitori di Silente… il loro obiettivo non è chiaro. Se davvero vogliono eliminare i Babbani, allora perché si sono messi contro di noi e hanno rischiato di far scoppiare una guerra che avrebbe sicuramente messo a repentaglio tutti i maghi, inclusi noi Mangiamorte?”

 

“E’ ovvio” continuò semplicemente Voldemort “Il loro obiettivo è fare scoppiare una guerra e dalle guerre ci si ricavano sempre un sacco di cose. Ma i fini che vogliono raggiungere attraverso la guerra ci rimangono ignoti, per questo è un gruppo pericoloso. Credo che chiederò alla giovane rappresentante della I.M.M.U.N.D.O. informazioni su gruppi esterni. A quanto mi ha riferito al nostro primo colloquio pare che ci sia un gruppo esterno, molto pericoloso: gli A.R.A.s. E’ possibile che si tratti anche di un sabotaggio contro il progetto D.I.O. e di conseguenza, un ostacolo all’espansione del mio potere.”

 

Piton assentì: “E per quanto riguarda…”

 

“Il mio vecchio amico?” lo precedette Voldemort “Non avrei mai creduto che sarebbe sopravvissuto.”

 

“Infatti Simur lo credeva morto diciassette anni fa.”

 

“E infatti sono stato io ad ucciderlo davanti agli occhi di Wallace Simur. Per questo era così sorpreso quando Potter ha pronunciato il suo nome… già, Potter… Chi l’avrebbe mai detto che il mio vecchio amico sarebbe finito in combutta col mio peggior nemico. La sua è stata una mossa alquanto azzardata e rischiosa, creare un doppio legame con la mente del giovane Potter che sapeva perfettamente essere sotto il mio parziale controllo.”

 

“Ma, se mi è concesso chiederlo, è davvero certo che sia proprio lui, la persona con cui è in contatto Potter?”

 

“Assolutamente sicuro, Severus. A quanto pare, oltre a Harry Potter, esiste un altro mago che è riuscito a sopravvivere al mio anatema della morte. Devo scoprire come ha fatto. Forse anche lui ha creato degli Horcruxes? Ma lo ritengo improbabile…”

 

“Mio Signore, non pensa che voglia portare a termine ciò che ha iniziato prima della sua presunta morte?” propose Piton, ostentando un’aria preoccupata.

 

“Probabile” fece Voldemort con un sogghigno amaro “E tocca a te, Severus, impedire che porti a termine ciò che aveva iniziato. Devi trovare prima di lui gli Horcruxes e metterli al sicuro. So che sono protetti molto bene, ma mi voglio assicurare che stiano in un luogo protetto. Durante i tredici anni della mia assenza gli Horcruxes potrebbero essersi dispersi a mia insaputa e credo che qualcuno sia stato anche distrutto, lo sento – afferrò con le bianche dita affusolate il polso del suo braccio sinistro – oltre al diario, l’anno scorso qualcuno ha distrutto un altro Horcrux e credo di sapere chi è stato.”

 

Piton fece un profondo inchino “Sarebbe un onore per me, uccidere questa persona.”

 

Voldemort si abbandonò ad un ghigno lascivo: “Lo hai già fatto, Severus. Già, Silente non ci scoccerà più. Ora i problemi sono Harry Potter, il mio vecchio amico e questo nuovo gruppo misterioso.”

 

“Ucciderò Harry Potter, se me lo permetterete, mio Signore” disse Piton tenacemente.

 

“Credo che anche il giovane Potter non veda l’ora di ucciderti. Sarà proprio una bella battaglia. Ma quello che ora mi preoccupa non è lui. Devo distruggere tutte le persone, tranne te Severus, che sono al corrente del mio segreto, cioè degli Horcruxes. Il mio vecchio amico lo sa e ad informare Silente credo sia stato Horace Lumacorno.”

 

“L’attuale professore di Pozioni” disse Piton con una punta di disprezzo.

 

“Esattamente. Ma potrei anche lasciarlo stare, tanto ormai non può fare granché, non è un pericolo. Senza contare che gli devo un favore, è stato lui a rivelarmi il segreto degli Horcruxes, e immagino che ora se ne penta.”

 

“Lo so, mio Signore. Ma se lo vorrebbe morto non ci sarebbero problemi. Ormai Hogwarts senza Silente non è più una botte di ferro, possiamo distruggere la scuola senza alcuna difficoltà.”

 

“Questo è vero” si compiacque Voldemort “Ma ogni cosa a suo tempo. Ora dobbiamo identificare il nuovo gruppo e uccidere il mio caro vecchio amico, a meno che…”

 

“Mio Signore?”

 

“Ma certo” ringhiò Voldemort “Silente non può aver fatto tutto da solo. Anche Harry Potter conosce il segreto degli Horcruxes, ecco perché lui si è messo in contatto col ragazzo, lo vuole sfruttare per fare il lavoro sporco al posto suo… molto astuto, così non potrà essere rintracciato. Ma per sua sfortuna Harry Potter tende a ficcare il naso dappertutto, prima o poi riuscirà a trovare il luogo in cui si nasconde e solo allora interverremo noi.”

 

“Quindi aspettiamo che Potter lo trovi.”

 

“Esatto. E così troveremo anche uno dei miei Horcruxes, è ancora integro, lo sento. Lui non sarebbe mai riuscito a distruggerlo senza morire: la protezione sul medaglione di Serpeverde per essere spezzata esige la morte di chi tenta di distruggere l’Horcrux. E mentre aspettiamo che Potter lo trovi, vedremo di far luce su questo gruppo misterioso. Devo parlare con la giovane Drake; mandala a chiam…”

 

Una voce acuta irruppe nella stanza: “Mio Signore! Ho delle brutte notizie!” Dalla porta della sala entrò un Mangiamorte tutto trafelato, stringendo un rotolo di giornale nella mano destra.

“I nostri compagni, Signore…” mormorò quello, mostrando a Voldemort un articolo della Gazzetta del Profeta.

 

Voldemort fece scorrere veloce lo sguardo sul titolo dell’articolo. Si levò in piedi, di fronte al Mangiamorte, che si inginocchiò in segno di rispetto. Il volto del Signore Oscuro si contrasse in una smorfia: “Crucio” disse, puntando la bacchetta contro il Mangiamorte inginocchiato ai suoi piedi “Ti sembra il caso” sibilò Voldemort “Di interrompere un mio discorso solo per questo!?” E gli gettò addosso i fogli di giornale che si dispersero sul suo corpo agonizzante.

 

Voldemort interruppe la maledizione con un ghigno sdegnato “State diventando troppo deboli. Non voglio che i miei Mangiamorte si agitino tanto solo per questo!”

“Sì, mio Signore” mugugnò il Mangiamorte con l’avanzo di ossigeno che gli restava nei polmoni.

 

“Comunica ai Mangiamorte che li voglio qui riuniti entro un’ora” ordinò Voldemort.

“Sì, mio Signore” rispose quello dopo essersi alzato, e si ritirò dalla sala quasi strisciando.

 

*^*^*^*^*^*^*

Aveva giurato e spergiurato di non ripensarci più e invece ogni tragedia, ogni cosa, gli rimembrava nella mente l’immagine di Silente che cadeva nel vuoto. Indubbiamente non era riuscito ad accettare e a realizzare la sua morte e per questo, ogni volta che ripensava al suo ex-preside gli si formava un opprimente vuoto nel cuore.

 

“Harry!” Hermione chiamava all’appello.

 

Harry si alzò dal letto sul quale era rimasto accovacciato per diverse ore nel vano tentativo di smaltire gli effetti post-trauma della morte di Simur.

 

Harry scese le scale e trovò tutta la famiglia Weasley raggruppata attorno al tavolo della cucina, intenti ad ascoltare il signor Weasley che leggeva il giornale con un cipiglio per niente rassicurante.

 

“Abbiamo brutte notizie e buone notizie” disse il Signor Weasley, poggiando la Gazzetta del Profeta sul tavolo.

 

Harry trasse un profondo respiro: “Dica prima le cattive notizie.”

 

“Beh” Arthur si schiarì la voce “Innanzitutto ci sono stati nuovi attacchi di Dissennatori contro Babbani e non solo. Sono stati ritrovati numerosi cadaveri di maghi orribilmente deformati.”

 

“Che significa?” chiese Harry “Credevo che i Dissennatori si limitassero a succhiare la felicità alle vittime, non possono infliggere danni fisici.”

 

“Infatti non potrebbero, ma questo particolare Dissennatore, autore di questi orribili crimini, crediamo fosse il capo guardia ad Azkaban e da alcuni è ritenuto il più potenti tra tutti i Dissennatori perché…” gli occhi del signor Weasley si assottigliarono nello sdegno “… possiede una capacità in più rispetto agli altri: è in grado di plasmare.”

 

“Plasmare?”

 

“Sì, Harry. Un plasmatore è un mago che è in grado di modificare la composizione della materia e di cambiarla a proprio piacimento, insomma, qualcosa di molto simile ad una trasfigurazione ma estremamente più potente e pericolosa. Il plasmatore può operare senza bacchetta ed è in grado di trasformare le cose semplicemente figurando la loro nuova composizione nella mente, quindi il suo potere non ha limite, e in oltre non si limita agli oggetti ma anche agli esseri viventi. Plasmare degli esseri viventi è assolutamente vietato dalla legge dei maghi, oltre che sbagliato moralmente è anche dannoso fisicamente per il campione plasmato che potrebbe riportare dei serissimi danni fisici dopo la trasformazione e infatti…” e mostrò la foto sulla Gazzetta del Profeta che recava l’immagine raccapricciante di un corpo, o almeno così sembrava, con braccia, gambe, testa… tutto scombinato.

 

“Ma lei ha detto che solo un mago può nascere con queste capacità, quindi come può averle un Dissennatore?” domandò Harry.

 

“Non ho detto così, Harry” ribatté Arthur “Chiunque può diventare un plasmatore, necessita solo di un particolare simbolo detto “plasmatico” . Questo simbolo è ormai sconosciuto dalla comunità magica perché il suo specialissimo disegno è andato perso negli anni e solo se si tracciano le linee che compongono il simbolo con precisione infinitesimale si può sperare di ottenere i suoi poteri inimmaginabili, tra i quali anche quello di guarire qualsiasi male. Comunque, in presenza di questo simbolo un mago può convogliare i suoi poteri e fare quello che ha più voglia. Il simbolo plasmatico in mano a degli sconsiderati è un’arma micidiale.”

 

“D’accordo, ma lei ha detto che solo un mago può usare questo simbolo e il Dissennatore non è un mago” insistette Harry.

 

“A dirla tutta, Harry” intervenne Hermione “Il Dissennatore è un mago.”

 

Harry la squadrò sconcertato.

 

“Vedi, Harry” continuò la ragazza “Alcuni eruditi maghi pensano che i Dissennatori non siano altro che le anime di maghi particolarmente malvagi che, a causa delle orribili azioni che hanno commesso in vita, non sono state accettate neanche nel mondo, beh, dopo la morte e quindi sono tornate sulla terra come esseri dannati costretti a soffrire fino alla fine del tempo.”

 

Harry fece una smorfia, disgustato “In altre parole i Dissennatori sono dei maghi morti talmente malvagi che persino l’inferno gli ha risputati fuori.”

 

“Precisamente e c’è un’altra cosa che devi sapere” disse Hermione un po’ preoccupata “Tantissimi anni fa uno dei primi medimaghi della storia magica creò un simbolo speciale per guarire tutti i mali, ottenendo una cura efficace contro ogni malattia e anche un simbolo magico in grado di elevare la trasfigurazione a gradi altissimi. Il medimago capì che era molto pericoloso e che i suoi eccezionali benefici non potevano bilanciare i terribili effetti collaterali della plasmazione e così distrusse tutti i documenti relativi al simbolo.

 

Però, tanti anni dopo, c’è stato un mago, Nole Rowe, che ha scoperto l’esatto tracciato del simbolo plasmatico, probabilmente ritrovando i resti dei documenti del medimago e, lungi dal guarire le malattie, ha usato i poteri più terrificanti del simbolo e ha plasmato – e qui Hermione si concesse una pausa, disgustata – il corpo del fratello minore riducendolo pressappoco come quello del mago nella foto. Se stai pensando che questo sia il risultato di un tragico incidente ti sbagli Harry, perché poco dopo la morte del fratellino Nole Rowe andò in giro per il paese sperimentando i suoi poteri e riducendo tutti, non importava chi fosse, in un cumulo di carni scomposte e solo la sua improvvisa e inspiegabile morte riuscì a fermare la sua sete di sangue.”

 

“Ma alla sua morte” proseguì il signor Weasley, dato che Hermione non era in grado di continuare “scomparve anche il tracciato del simbolo plasmatico; Nole Rowe si è trascinato il segreto nella tomba. E credimi Harry, non è un gioco di parole, Nole Rowe si è letteralmente trascinato il segreto appresso, anche dopo la morte.”

 

“Quindi il Dissennatore colpevole di questi delitti è Nole Rowe, è quello che pensate, giusto?”

 

Arthur e Hermione accennarono con il capo in un muto assenso “Ma non siamo stati i primi a fare il collegamento, ci ha pensato il Ministro Scrimgeour ed ora gli Eclitti sono nei guai fino al collo. Non potranno mai battere un Dissennatore. E’ un essere già morto e, a differenza dell’Inferus, non si può distruggere con un incantesimo. Dopo che Voldemort ha liberato i Dissennatori dal vincolo con Azkaban, Nole Rowe si è scatenato e stavolta neanche la morte lo potrà fermare.”

 

I membri della famiglia si scrutarono sconsolati; “E le buone notizie?” domandò Harry, tentando di allentare le tensione.

 

Il signor Weasley aprì il giornale ed indicò un breve articolo che recava a lettere cubitali il titolo: “Primo Mangiamorte annientato dagli Auror!”. Anche lì c’era una foto. Harry la osservò velocemente e riconobbe all’istante il cadavere di Wallace Simur.

 

“Cosa? Sono stati gli Auror ad uccidere Simur?”

 

“A dirla tutta non è molto chiaro, Harry” mormorò Arthur “Al Ministero si sono accaparrati il merito di averlo ucciso, ma Charlie ci ha detto che in realtà sei stato tu a…”

 

“E’ una menzogna!” strepitò Harry, squadrando con particolare astio Charlie Weasley “Io non ho ucciso nessuno. Perché gli hai detto che ho ucciso Simur?

 

“Ma, Harry” fece Charlie intimorito “Io ho riferito solo quello che ho visto: tu e Simur che combattevate e ad un certo punto il suo corpo è stato colpito da una specie di anatema ed è caduto.”

 

Harry scosse violentemente la testa “Esatto! Ma chi ti dice che sia stato io a fargli quell’incantesimo?”

 

“Harry” disse Hermione con calma “Charlie ci ha detto che Simur sembrava essere stato trafitto da delle lame invisibili e che il suo corpo era tutto inzuppato di sangue e, beh, questo ci ha fatto ricordare qualcosa… Hai usato la stessa maledizione su Malfoy, è il Sectusempra.”

 

“Hermione…” mugugnò Harry a denti stretti “IO non ho…”

 

“Magari l’hai fatto senza accorgertene” propose Ron.

 

“E’ incredibile!” esplose Harry “Davvero credete che io possa uccidere una persona? Anche se ho questa cicatrice in fronte, e sono stato sotto il giogo di Voldemort e ora R.A.B. si insinua regolarmente nella mia testa, non vuol dire che io sia cambiato. Io non sono capace di uccidere una persona e non lo farai mai! Chiaro?”

 

Calò nuovamente il silenzio. “Scusaci, Harry” intervenne Ginny all’improvviso. Harry la fissò, rivolgendole con un gran sorriso tutta la sua gratitudine.

 

“D’accordo, beh, non importa” disse Harry, perfettamente in contrasto con ciò che realmente pensava “Ma ora che ci rifletto, l’incantesimo che ha colpito Simur sembrava davvero un Sectusempra” il ragazzo si voltò di scatto verso Arthur “Signor Weasley, deve assolutamente convincere gli Auror o l’Ordine a perquisire il Parlamento babbano.”

 

Gli occhi nocciola di Arthur Weasley si allargarono “Sei impazzito, Harry?! Non si può fare una cosa del genere, è una mossa assolutamente anti-politca. Così non faremo altro che indebolire ulteriormente i rapporti mago-babbani. E poi perché vorresti far perquisire il Parlamento?”

 

“Il Sectusempra” spiegò Harry “Io l’ho imparato dal libro del Principe Mezzosangue, cioè Piton – e qui il ragazzo ebbe un leggero scatto di rabbia – quindi è molto probabile che sia stato lui a colpire Simur e inoltre R.A.B. e lo stesso Wallace Simur mi hanno fatto capire che il covo del nostro nemico, cioè del signore oscuro, era a Londra, molto vicino a dove ci trovavamo, e se Piton è davvero l’assassino di Simur allora questo spiega perché lo ha ucciso, per proteggere Voldemort e il suo covo dato che Simur stava ordinando al suo drago di attaccare il Parlamento. Quindi, in conclusione: il Parlamento babbano è il covo di Voldemort.”

 

Ron non riuscì a trattenere un impeto di sorpresa “Ma, Harry. Ti ascolti quando parli? Ti rendi conto di quello che stai dicendo?”

 

“Ron ha ragione, Harry” disse Hermione “E poi perché Simur avrebbe dovuto attaccare il covo del Signore oscuro quando lui stesso è un Mangiamorte?”

 

“Sentite, non mi chiedete perché i pazzi facciano queste cose, fate solo quello che vi chiedo di fare” insistette Harry, ma Arthur non sembrava per nulla convinto “Mi ascolti bene, signor Weasley, anche al sesto anno quando ho insistito come un ossesso perché lei tenesse d’occhio la famiglia Malfoy, era convinto che stessi vaneggiando e che c’erano troppi punti oscuri ed inspiegabili; e alla fine Silente è morto. Gli costa molto fare una piccola verifica o deve aspettare che muoia tutta la popolazione babbana di Londra per ascoltarmi.”

 

“Manderemo subito qualcuno dell’Ordine, Harry” sentenziò cupo il signor Weasley.

 

“Altre buone notizie?” chiese Harry.

 

“Sì, ehm, grazie al sostegno internazionale magico si è riuscito ad evitare uno scandalo mondiale” Arthur sfogliò il giornale e si soffermò a leggere l’articolo: “Grazie al pronto intervento di un gruppo segreto americano il mondo magico mantiene intatto il suo segreto. Utilizzando uno strumento sperimentale in grado di estendere gli effetti di un incantesimo propagando delle onde di bassa frequenza non dannose per gli uomini (per ulteriori informazioni consultare pag.8) si è scongiurato il pericolo di rivelazione al mondo babbano. Gli Eclitti del Ministero hanno lavorato senza sosta in unione col gruppo americano, che preferisce restare anonimo per motivi di sicurezza internazionale, e grazie alla loro efficace cooperazione è risultato possibile cancellare parzialmente la memoria (relativa al giorno dell’attentato) di tutti i Babbani di Londra.”

 

“Così non c’è nessun problema” disse Harry. Non aveva pensato molto alle conseguenze di una possibile rivelazione al mondo babbano, ma ora, riflettendoci bene, sarebbero state a dir poco disastrose; Harry si chiese per quale motivo un Mangiamorte aveva rischiato così tanto. Forse il nuovo piano di Voldemort era quello di rivelare ai Babbani il mondo magico, ma a quale scopo? Non era forse meglio mantenere il segreto fin quando gli eserciti babbani sarebbero stati debellati definitivamente, in modo da evitare uno scontro diretto. Forse era proprio per quello che Simur era stato ucciso. Ma da chi? E se era davvero Piton l’assassino, perché uccidere un compagno? Simur sembrava essere un Mangiamorte morbosamente fedele a Voldemort, come Bellatrix Lestrange, allora perché era andato contro il volere del Signore Oscuro? Da chi era guidato?

 

Hermione interruppe i pensieri di Harry emettendo un singhiozzo: “Ci sono altre cattive notizie, Harry.”

 

Un brivido corse lungo la schiena di Harry. Il viso di Hermione era livido e cupo come non lo aveva mai visto, forse solo al funerale di Silente: cos’altro era successo?

 

“Una tragedia…” proseguì la ragazza con la voce che le tremava “Il M.I.B. è stato distrutto.”

 

Harry tirò un incredibile sospiro di sollievo guadagnandosi l’ostilità di Hermione che esibiva due occhi lucidi e carichi di lacrime.

 

“Coraggio, Hermione. Dispiace a tutti.”

 

Inaspettatamente Ron posò una mano sulla spalla dell’amica e in segno di costernazione abbassò il capo, forse per nascondere un’espressione che tradiva le sue parole. Hermione sapeva che a Ron la notizia della distruzione del M.I.B. non faceva né caldo né freddo, eppure si era premurato così tanto di apparire dispiaciuto che la ragazza non poté fare a meno di sorridere e poggiare la mano su quella dell’amico.

 

Tutti gli occhi erano puntati sui due che, non appena fiutarono l’atmosfera romantica che si era venuta a creare, staccarono le mani come fulminati.

 

“Sì, dispiace a tutti” aggiunse Harry, celando la sua aria compiaciuta: cominciano a fare dei progressi.

“Harry” disse il signor Weasley tornando sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta “C’è un’altra notizia e credo sia buona, i Mangiamorte catturati all’ufficio Misteri l’anno scorso verranno giustiziati..”

Harry sfilò il giornale dalle mani di Arthur mormorando delle scuse e prese a leggere avidamente i sottotitoli e la dichiarazione del Ministro della Magia:

Condanna a morte per i  Mangiamorte!

Dopo l’attacco al Parlamento Babbano il Ministro della Magia Rufus Scrimgeour ha tenuto un colloquio privato con il Primo Ministro Babbano. Il Ministro della Magia ha così rivelato al rappresentante babbano l’identità dell’aggressore: un Mangiamorte; confidandogli inoltre di avere sotto custodia altri suoi compagni. Il Primo Ministro Babbano, ancora sconvolto dall’attentato al Parlamento ad opera di un drago, ha invitato ed ottenuto che il nostro Ministro emetta una sentenza di morte per i Mangiamorte catturati in modo da scongiurare una possibile evasione, com’è già accaduto due anni fa.

Ecco la dichiarazione di Rufus Scrimgeour:

“Non possiamo restare indifferenti di fronte ad un attentato di tali proporzioni. Non solo colui-che-non-deve-essere-nominato ha rischiato di rivelarci al mondo babbano, ma ha anche messo a repentaglio i legami mago-babbani che i nostri ambasciatori si erano faticosamente impegnati a stringere. Il verdetto del Primo Ministro Babbano è in totale sintonia con il mio: condanna a morte per i Mangiamorte!”

 A causa della fuga dei Dissennatori da Azkaban il Ministro della Magia è stato costretto ad adottare un nuovo sistema di soppressione dei carcerati: l’iniezione letale, il sistema utilizzato dai Babbani (per ulteriori informazione consultare pag. 4).

Harry interruppe la lettura per osservare i volti che circondavano la tavola di casa Weasley: sembravano tutti compiaciuti. Anche lui lo era, finalmente i Mangiamorte avrebbero avuto ciò che si meritavano: la morte. Ma nell’approvare la decisione del Ministro, Harry si sentì stranamente a disagio, come se stesse sbagliando, come se ritenere che i Mangiamorte meritassero la morte fosse un atto riprovevole. Harry scosse la testa e il suo sguardo fu attirato da una lista di nomi.

Qui di seguito sono riportati i nomi dei Mangiamorte condannati a morte:

Avery, Stephen
Dolohov, Antonin
Jugson, Steward
Goyle, Spencer
Lestrange, Rabastan
Malfoy, Lucius
McNair, Walden
Mulciber, Yorick
Nott, Terence
Rookwood, Augustus
Tiger, Edward


Harry piegò la Gazzetta del Profeta e la riconsegnò al Signor Weasley con un incredibile sorriso forzato. Per un folle istante, quando aveva letto il nome del sesto condannato a morte, Harry aveva concentrato tutti i suoi pensieri su Draco Malfoy: ha faticato per salvare la sua famiglia minacciata da Voldemort e ora la nuova minaccia è il Ministero. Ma il ragazzo si riscosse dalle sue riflessioni insensate ricordando che quel “faticare” di Malfoy era stato “complottare la morte di Silente”; e inoltre Lucius Malfoy era un Mangiamorte convinto e crudele, e si meritava la morte. Ma suo figlio si meritava di vedere suo padre morire senza avere la possibilità di fare niente? A meno che…

“E se Voldemort tentasse di far evadere i suoi Mangiamorte?” chiese Harry, accantonando del tutto l’insensata pietà che aveva provato per Malfoy.

“Ne dubito” a parlare era stato Remus Lupin, che era recentemente entrato nella Tana in compagnia di Tonks.

“Azkaban è piena di Eclitti e Voldemort non rischierebbe mai uno scontro diretto inutile” continuò Remus.

“Ma si tratta di salvare dieci dei suoi Mangiamorte” insistette Harry.

Lupin sospirò “E per Voldemort questo è inutile. Salvare dieci servitori che si sono fatti catturare fallendo una missione, potrebbe significare perdere più Mangiamorte che lui ritiene più efficienti nello scontro contro gli Eclitti. Si tratta solo di semplici calcoli e i numeri sono le vite dei suoi servitori.”

“Già” convenne Arthur Weasley “E’ questo ciò che significa essere Mangiamorte: servitori usa e getta quando a Voldemort fa più comodo.”

Ed Harry, fissando la prima pagina della Gazzetta del Profeta, tornò a pensare a Draco Malfoy, suo acerrimo nemico per sei anni di scuola, e si rese incredibilmente conto che la pietà verso di lui stava crescendo.

*^*^*^*^*^*^*

 

“A parte l’I.M.M.U.N.D.O. esiste un altro gruppo segreto di cui le avevo già parlato, gli A.R.A.s.”

 

“Cosa sai dirmi su di loro, Samantha?”

Lord Voldemort aveva fatto convocare Samantha Drake per un consulto privato prima dell’inizio della riunione vera e propria, durante la quale avrebbe annunciato ai Mangiamorte la condanna a morte dei loro compagni rinchiusi ad Azkaban.

 

“Innanzitutto hanno un’ottima copertura” cominciò Samantha “Difficilmente si riescono ad identificare e a catturare. Hanno contatti praticamente ovunque e numerosissimi infiltrati nei gruppi più disparati. Hanno a disposizione un considerevole fondo economico e l’appoggio di alcune grandi aziende americane, il che garantisce loro un’immunità col governo magico. Inoltre ho sentito dire che ultimamente hanno adottato delle nuove armi magiche di alto livello, che superano di gran lunga la bacchetta convenzionale.”

 

“In altre parole sono molto pericolosi”

 

“Già” confermò Samantha “Ma non c’è motivo di preoccuparsi troppo. L’ I.M.M.U.N.D.O. sta già facendo dei controlli incrociati e presto riusciranno a smascherare l’ A.R.A.s e qualsiasi cosa stiano tentando di fare. Sono già sotto terra per quanto mi riguarda.”

 

“Tu sei pronta ad affermare che l’ I.M.M.U.N.D.O. risolverà tutto senza l’aiuto dei miei Mangiamorte? Vuoi davvero assumerti questa responsabilità?”

 

Samantha deglutì piano: “Sì.”

 

“Bene” si compiacque Voldemort con un ghigno “Manda a chiamare tutti i Mangiamorte reperibili all’interno del covo. Ho una brutta notizia da comunicare.”

 

Samantha si congedò con un profondo inchino ed eseguì gli ordini. Puntò la bacchetta contro il Marchio Oscuro e in un batter d’occhio delle figure nere si materializzarono accanto a lei. La giovane Drake prese posto tra la schiera di Mangiamorte, premurandosi di stare accanto ad uno dei suoi compagni in particolare. Aveva già letto la Gazzetta del Profeta nella mattina e in parte immaginava quale sarebbe stato l’impatto di quella notizia su Draco Malfoy.

 

Voldemort espose i fatti con la solita voce neutrale e fredda. I Mangiamorte mantennero il loro contegno e il gelido distacco degno dei servi del Signore Oscuro.

 

La notizia era data, tale e quale come riportata sulla Gazzetta del Profeta. Voldemort squadrò ad uno ad uno i suoi Mangiamorte: nessuna traccia di compassione o disperazione… Bene, è così che vi voglio. Si soffermò per qualche istante sul volto scarnato e cereo di Bellatrix Lestrange che, come il Signore Oscuro aveva preveduto, manteneva la solita compostezza e la più totale e servizievole lealtà che si possa immaginare. Fece scorrere i suoi occhi rossi sulle figure incappucciate e non appena intravide dei capelli biondo-argentei che sbucavano da sotto un cappuccio nero le sue labbra sottili e bianche si piegarono in un ghigno. Molto bene, pensò Voldemort mentre analizzava ulteriormente il volto pallido di Draco Malfoy: sembrava in tutto e per tutto una statua di marmo, impassibile e tremendamente bianca. Sa dominare le sue emozioni, bene.

Il Signore Oscuro accomiatò i suoi Mangiamorte che subito si smaterializzarono fuori dalla sala ad eccezione di due. Voldemort osservò con perverso interesse la più alta delle figure incappucciate che si allontanava mollemente dal centro della stanza; l’altro Mangiamorte, dopo essersi prodigato in un inchino, lo seguì da breve distanza finché entrambi sparirono dietro alla porta della Sala Regia. Interessante.

 

Appena chiusa la porta dietro alle spalle Samantha si avvicinò cauta al suo compagno e gli tocco esitante la spalla per richiamare la sua attenzione.

 

“Come stai?” gli domandò.

 

La voce straziata di Draco Malfoy eruppe da sotto il cappuccio “Tu che dici?”

 

Samantha abbassò il capo “Hai ragione, è una domanda stupida.”

 

Dal corridoio giunsero dei mormorii mischiati a dei ghigni “Ma guarda chi c’è!” sibilò Cortess “E come sta il caro orfano Draco?” Draco non si mosse né reagì in alcuna maniera “O scusami tanto!” continuò Cortess esilarante “Tuo padre non è ancora morto ma, sai come si dice, quando un fatto è così certo, perché tentare di sfuggirgli? Ho sentito dire che ad Azkaban c’è il più grande squadrone di Auror a controllare che i prigionieri non scappino e che nessuno venga a liberarli. Ma ho pure sentito dire che le condizioni igieniche in quel posto sono a dir poco da terzo mondo, e anche se qualcuno riuscisse a tirar fuori un condannato a morte da quella prigione avrebbe solo un relitto, una specie di uomo col cervello spiaccicato, credimi, perché anche se non ci sono più i Dissennatori in quel posto si rischia di impazzire e di perdere la testa!”

 

“E’ dopo un anno che si comincia a perdere la testa, vero Cortess?” chiese con giovialità Amycus.

 

“Sì, esatto” confermò il Mangiamorte con un sorrisetto sadico “E da quand’è che tuo padre sta in prigione, Draco?”

 

“Finiscila di dare aria a quell’inutile boccaccia di Babbanofobico, se non vuoi che te la faccia chiudere io per sempre con un Avada Kedavra!” strepitò Draco all’improvviso, agitando furiosamente la bacchetta contro Cortess.

 

Il Mangiamorte lo fissò per un istante, in principio scioccato dalla sua reazione, ma poi si abbandonò ad una risata fastidiosamente euforica, accompagnato dalle derisioni di Amycus “Intendi sistemarlo come hai fatto con Silente sulla Torre ad Hogwarts? Ma a chi vuoi far paura?”

Draco non si rese neanche conto di quello che diceva tanto era adirato “Silente non lo volevo uccidere veramente, ma con voi due invece voglio proprio…” il ragazzo si interruppe all’istante, capendo solo in quell’istante ciò che aveva detto.

 

“Traditore” mormorò Cortess a denti stretti “Ti faremo torturare dal Signore Oscuro per questo, dicono che sia il migliore con il Cruciatus, ma sempre che non decida di usare l’Avada Kedavra su di te.”

 

Draco indietreggiò abbassando la bacchetta se possibile più pallido di prima. Sentì una sgradevole sensazione allo stomaco, convinto di stare per vomitare, ma poi si rese conto che si trattava solo dell’effetto di una smaterializzazione. Guardò davanti a sé e nel punto in cui prima c’erano Cortess e Amycus intravide solo un infinito corridoio buio e deserto.

 

Samantha mollò la mano di Draco e disse con voce franca “Forse è il caso che cambi aria per un po’.”

 

Draco si guardò stupito la mano destra: aveva tremato così tanto che non si era neanche accorto che la Drake lo aveva preso per mano “E tu cosa proponi?” le chiese con un filo di voce “Non posso scappare dal Covo Oscuro, l’ultima cosa che voglio fare è disertare. Se me ne vado ora non avrò mai più la possibilità di ridiventare un Mangiamorte.”

 

“Nessuno smette di essere un Mangiamorte” disse saggiamente la ragazza “Ma se proprio ci tieni così tanto a farti torturare, accomodati. Devi solo aspettare che Cortess e Amycus ti trovino o spifferino tutto al Signore Oscuro.”

 

“Non ci tengo molto” confessò il ragazzo rabbrividendo al solo pensiero.

 

“Allora la cosa più saggia da fare in questo momento è trasferirti da qualche altra parte, è una cosa concessa ai Mangiamorte se hai un’abitazione stabile e sicura.”

 

“Ma io non ce l’ho.”

 

“Ma io sì.”

 

Draco fissò brevemente la ragazza “E per quanto riguarda il Signore Oscuro? Come faccio a spiegargli il motivo del mio improvviso trasloco?”

 

“Ci penso io a questo. Sono particolarmente brava nelle trattative.”

 

“Allora d’accordo.”

 

“Bene.”

 

Ci fu un breve scambio di occhiate tra i due durante il quale Samantha scorse un fugace addolcimento negli occhi ghiaccio del biondo. Credo che dovrò interpretarlo come delle scuse.

*^*^*^*^*^*^*

R.A.B., R.A.B. … Era l’unico punto d’arrivo che gli si prefiggeva. La ricerca degli Horcruxes si era rivelata più complicata di quanto pensasse e ora lui era la sua unica speranza; Harry era convinto che quel misterioso individuo sapesse dove trovare gli Horcruxes dato che ne aveva già distrutto uno: il medaglione di Serpeverde. Fuori l’anello, fuori il medaglione e fuori il diario, restavano solo tre Horcruxes più il pezzo di anima che rimaneva nel corpo di Voldemort. In fondo non era una missione tanto complicata, doveva solo trovare tre oggetti e poi sconfiggere il mago oscuro più potente dell’ultimo secolo, se non di più. L’unico intoppo era trovare R.A.B.

 

“Allora” cominciò Harry deciso “E’ il caso di organizzare le informazioni che abbiamo su R.A.B.”

 

Hermione tirò fuori il manipolo di pergamene che erano scampate alla distruzione del M.I.B. “Abbiamo trovato tre persone che rispondono alle caratteristiche di R.A.B. e sono tutte e tre decedute.”

 

Contrariamente alle aspettative di Hermione il volto di Harry non si incupì “Non importa” disse “So dove cercare questa volta. Simur ha detto che lui e Voldemort erano compagni di scuola e che c’era anche un R.A.B. con loro, deve essere per forza la persona che stiamo cercando se conosceva Voldemort quando andava a Hogwarts.”

 

“Sai dove cercare?” fece Hermione, inquisitoria “Non avrai per caso intenzione di penetrare negli archivi studenti di Hogwarts, vero?”

 

“E invece sì.”

 

“Harry, non puoi assolutamente entrare a Hogwarts con gli Eclitti che girovagano lungo i confini. Il Ministro ha assolutamente vietato l’ingresso alla scuola prima di settembre e siamo alla fine di giugno, e non abbiamo nemmeno la certezza che riapriranno la scuola, perciò…”

 

“Non importa” la interruppe Harry “Anche se non c’è più Silente, Hogwarts non è contro di noi. Abbiamo sempre degli alleati.”

 

“Dici la McGranitt?” chiese Ron, scettico.

 

“No, Hagrid. Ed è un validissimo alleato.”

 

Hermione e Ron si scambiarono un’occhiata e parvero decisi ad andare fino in fondo.

 

“Bene, allora domani si parte per Hogwarts” dichiarò Harry.

 

Ginevra Weasley staccò il suo corpo dalla porta e, nonostante il fievole rimorso che provava per aver origliato di nascosto la conversazioni dei suoi amici, si decise finalmente a seguire il Magico Trio. Harry per troppo tempo l’aveva messa in disparte per cause di forza maggiore e Ginny lo capiva e lo accettava, seppure amaramente; ma la loro relazione aveva rischiato di incrinarsi per colpa del misterioso ospite che abitava la mente di Harry e la giovane non poteva tollerare che quella guerra con tutto ciò che essa comportava riuscisse a dividere lei e Harry. Aveva atteso sei anni per averlo tutto per se e quando finalmente era riuscita a conquistarlo ecco che i suoi encomiabili doveri di Prescelto glielo avevano strappato dalle braccia, lasciandola con l’amaro in bocca. Ora Harry era troppo concentrato sulla ricerca degli Horcruxes e di R.A.B. e anche se Ginny sperava che il ragazzo la pensasse tra una missione e l’altra, non poteva limitarsi a sperare che finisse tutto bene per lei, per loro due e per il mondo, doveva agire e fare qualcosa e, infatti, eccola qui: pronta ad unirsi al Magico Trio.

 


“Perché dobbiamo fare tutto in punta di piedi?” chiese Ron a voce bassa il mattino dopo.

 

“Perché non dobbiamo svegliare nessuno” rispose Hermione con calma paziente “così nessuno si preoccuperà per noi.”

 

“Questo lo so” fece di rimando il rosso “ma questa è casa mia e credo di avere il diritto se non il dovere di camminare a testa alta e non sgattaiolare da una stanza all’altra come un ladro.”

 

Hermione sospirò, intenta a passarsi una mano sul viso “Lascia perdere, Ron.”

 

Harry scese le scale premurandosi di non farne scricchiolare il legno “Non avete detto a nessuno che oggi partiamo per Hogwarts, vero?” chiese ai due.

 

“Certo che no, Harry” rispose Hermione “Almeno, io non ho spifferato niente ma Ron potrebbe, inavvertitamente, …”

 

“Ron inavvertitamente non ha spifferato un bel niente” bisbigliò il rosso con voce strozzata “Sono capace di tenere un segreto per più di sei ore.”

 

“Ma scadute le sei ore il segreto si disperde ai quattro venti” puntualizzò Hermione con un’occhiata degna di una Serpeverde, occhiata che, Harry notò felicemente e con una punta di amarezza, era esclusivamente rivolta a Ron. Probabilmente un monito in codice che Hermione aveva usato per avvertire Ron di non rifare qualcosa che l’aveva fatta arrabbiare; sempre la stessa storia, in pratica… Harry già da molto tempo, tra una scoperta sensazionale e l’altra, si divertiva a ipotizzare il futuro dei due e a fare scommesse con Fred e George sulla prossima, ma loro credevano lontana, data della dichiarazione di Ron. Se i due amici continuavano così Harry avrebbe dovuto sborsare dieci galeoni per ciascuno dei gemelli Weasley.

 

Il Magico Trio si armò di scope volanti e decollò con destinazione Hogwarts; eppure Harry continuava ad avere la sensazione che un paio di occhi famigliari gli guardassero le spalle e lo seguissero, ma alla fine il ragazzo non ci badò molto dato che, stranamente, era una sensazione piacevole.

 

A metà del cammino i tre amici si ritrovare a dover affrontare un volo alla ceca in un enorme banco di nebbia con la costante preoccupazione dell’attacco di qualche creatura volante. Il sesto senso di Harry era calmo e questo lo tranquillizzò anche se avvertiva ancora che qualcosa lo stava seguendo, ma non lo percepiva come un pericolo, anzi…

 

In lontananza cominciava già a delinearsi la figura imponente del castello di Hogwarts, anche questo circondato dalla nebbia.

 

“Atterriamo qui” disse Harry “Non ho avvertito Hagrid del nostro arrivo, non c’era possibilità di farlo dato che il Ministero controlla tutti i gufi in volo.”

 

Dopo l’atterraggio in un punto imprecisato fuori dai confini di Hogwarts, Harry, Ron e Hermione dovettero utilizzare l’incantesimo dei punti cardinali per riuscire ad orientarsi e finalmente, dopo un lungo vagare di mezz’ora trovarono il lago e delle barche abbandonate sulla riva, quelle che si usavano per l’attraversata al primo anno.

 

I tre ne scelsero una, quella che secondo Hermione era la più integra – a quanto pareva durante la lotta contro i Mangiamorte le imbarcazioni si erano danneggiate – e salparono dalla riva, accorgendosi poco dopo di un suono singolare che avrebbe potuto essere il “plof” di un enorme sasso buttato nel lago. Harry tranquillizzò gli amici e prese a remare con l’aiuto di Ron mentre Hermione agitava la bacchetta ansiosa, per schiarire l’acqua torbida davanti alla prua della barca.

 

“Non siete preoccupati anche voi?” chiese Ron, inquieto “Ho come l’impressione che qualcosa ci segua. Forse è un Dissennatore o un Eclitto.”

 

“No, Ron” intervenne Hermione, senza tuttavia riuscire a nascondere la sua ansia “Un Dissennatore ci avrebbe già attaccato e un Eclitto già arrestato… ma anch’io ho una strana sensazione.”

 

“Niente paura” disse Harry indifferente, continuando a vogare mantenendo un ritmo incalzante.

 

“Se lo dici tu Harry” acconsentirono i due.

 

Giunsero sull’altra sponda e attraccarono in silenzio, tenendosi pronti a qualsiasi cosa sarebbe giunta alle loro spalle. Harry era l’unico rilassato e con totale calma estrasse la bacchetta ed eseguì un incantesimo “Lumos”; ma la sua mossa si rivelò troppo azzardata.

 

“Chi va là!” urlò una voce d’uomo, probabilmente un Eclitto.

 

Harry bisbigliò “Nox” e intimò gli amici di seguirlo verso destra, tentando di allontanarsi dalla voce. La nebbia era un’arma a doppio taglio. Sebbene li mantenesse nascosti agli occhi dell’Eclitto,  avventurarsi senza una luce in un ambiente denso e grigio dove l’unica cosa visibile erano gli scarsi centimetri di terreno che precedevano i loro passi, era a dir poco rischioso e azzardato, in più i tre rischiavano irrimediabilmente di perdersi più di quanto non fossero già e di smarrirsi singolarmente, dato che una richiesta di aiuto per rivelare la propria posizione era inconcepibile con l’Eclitto a pochi passi da loro che teneva le orecchie ben tese.

 

Così Harry cercò la mano di Ron e la strinse saldamente e intimò l’amico di fare la stessa cosa con Hermione senza emettere alcun suono, il che comprendeva eventuali critiche o i loro soliti battibecchi.

 

Il rosso fece come comandato senza battere ciglio, per niente contrario alla prospettiva di stringere la mano dell’amica, pensiero che lo fece quasi subito sussultare e che divenne a dir poco imbarazzante quando Hermione intrecciò le proprie dita con le sue con un leggero brivido.

 

Harry trascinò i due amici mantenendosi piuttosto vicino alla riva e quando ritenne di essersi allontanato abbastanza dall’Eclitto si fermò e tese le orecchie per percepire qualche suono, ma l’unica cosa che udì fu il gorgoglio dell’acqua che fluttuava contro la ghiaia della riva e gli alternati e lievi singulti di Ron ed Hermione. Quindi interpellò il suo sesto senso e cercò anche l’appoggio di R.A.B., senza risultati. Restò molto sorpreso nel comprendere che finalmente era l’esclusivo proprietario della sua mente; che fine aveva fatto il suo misterioso informatore?

 

Dato che non c’era traccia dell’Eclitto e l’incantesimo Lumos brillava sulla sua bacchetta già da molto tempo senza pericolo Harry si arrischiò a chiedere a Hermione: “Ci può essere un motivo per cui non riesco a mettermi in contatto con R.A.B.?”

 

La ragazza emise un mugolio contrariato, trattenendosi dal parlare a voce alta: “Non ci posso credere, cerchi addirittura un contatto adesso?”

 

“Hermione” intervenne Ron inaspettatamente “Harry ti ha fatto una domanda.”

 

Stranamente la ragazza non ribatté con veemenza come era solita fare in quelle situazione col rosso, ma si limitò a stringere le sue dita con quelle di Ron in un gesto di cui il significato rimase un mistero per tutti e due, e rispose a Harry: “Hai controllato di avere il medaglione con te – Harry annuì tirando fuori dalla tasca della tunica lo pseudo-Horcrux “allora potrebbe essere… ma certo!” esclamò la ragazza, intimata poi dai due ad abbassare la voce “è perché siamo all’interno dei confini di Hogwarts” spiegò Hermione “un doppio legame di mente praticato attraverso un oggetto è inefficace attraverso una barriera magica come quella che circonda Hogwarts.”

 

“Ma io riuscivo a vedere attraverso gli occhi di Voldemort e lui riusciva ad entrare nei miei sogni anche se ero a Hogwarts” disse Harry, cupo.

 

Hermione scosse la testa “Quello è un altro tipo di legame, molto più forte.”

 

Subito Harry sentì la voce di Ron attraverso la nebbia: “Bene, ora dobbiamo solo andare da Hagrid e…”

 

Scintille e urla acute interruppero il giovane Weasley che si voltò e puntò gli occhi verso dei raggi rossi che brillavano nella nebbia “Quelli sembrano Stupeficium” disse Ron “Qualcuno sta dando battaglia contro l’Eclitto.”

 

Questa volta Harry percepì un chiaro strattone allo stomaco che significava “pericolo”, ma non per sé, ma per una persona a lui cara. Senza curarsi di come avrebbe fatto a ritrovare i due Harry mollò la mano di Ron e si avventurò nella nebbia, bacchetta alla mano, lasciando Hermione incredula e inspiegabilmente appagata, mano nella mano e da sola con Ron.

 

Harry corse verso le luci rosse che assunsero poi altri colori dal blu al grigio tenue; per fortuna, pensò Harry, non c’era traccia di raggi verdi. Il ragazzo riuscì a notare che i fasci di luce provenivano solo da una direzione e miravano su una bersaglio non definito che restava nascosto nella nebbia. Harry riconobbe la voce dell’Eclitto che urlava incantesimi senza sosta e chiamava rinforzi; chiunque fosse il suo bersaglio invisibile, ed il ragazzo capì che si trovava molto vicino dall’essere colpito da un incantesimo, si trovava in seri guai. Harry non sapeva chi fosse lo sconosciuto eppure si lasciò guidare dall’istinto e calcolando la traiettoria degli anatemi lanciati riuscì a capire dove fosse la fonte ed eseguì uno splendido Schiantesimo che andò a centrare l’Eclitto in pieno.

 

Gli anatemi si interruppero di colpo ed Harry sentì il tonfo del corpo dell’Eclitto che cadeva e imprecava. Poi si lanciò verso la zona bersagliata dall’Eclitto e gridò: “Chi c’è? Chi sei?”

 

Qualcosa si avventò su Harry e lo strinse saldamente con le braccia in torno al collo. Per un momento il ragazzo pensò che si trattasse di un nemico che tentava di strangolarlo ma l’odore dei morbidi capelli che gli solleticavano il mento era inconfondibile “Ginny?” bisbigliò Harry.

 

Il ragazzo sentì un singulto e avvertì un viso che si premeva contro la sua maglia. D’istinto accarezzò i capelli morbidi e soffici al tatto e mormorò “Scusa.”

 

Intanto Ron e Hermione, ancora stretti per mano, non si concedevano un momento di pace e continuavano a rimuginare sulla bizzarra situazione in cui si erano immischiati: soli in mezzo alla nebbia. L’atmosfera era tesa e dalla partenza di Harry, che nessuno aveva tentato di impedire, si era creato un muto accordo di silenzio, rispettato rigorosamente. Entrambi volgevano lo sguardo dalla direzione opposta rispetto all’altro e sebbene l’apprensione per Harry era forte veniva surclassata da uno strano desiderio di restare fermi e uniti, cosa che Ron attribuì con fatica alla sua paura per l’ignoto e alla certezza che Harry se la sarebbe cavata da solo e che Hermione bollò come un logico sistema per non rischiare di perdersi nella nebbia.

 

Alla fine il raziocino di Hermione, unito alla sua perspicacia e al buon senso, vinsero la timidezza e la ragazza riuscì ad accettare i fatti così come stavano: lei e Ron si tenevano per mano con un evidente imbarazzo per entrambi, imbarazzo scatenato da un sentimento che già aleggiavano da molto tempo nella testa dei due, ma che nessuno era riuscito mai ad esternare completamente. Ora Hermione era quasi certa di averlo capito e lo ammise all’inizio con una punta di esitazione: forse le piaceva Ronald Weasley; e si rese stupidamente conto di come questo fosse ovvio agli occhi di tutti gli altri, a partire da Harry sino alla signora Weasley che in più di un’occasione le aveva dato ad intendere che le sarebbe piaciuta molto come nuora, sicuramente più di Fleur.

 

Ron invece preferiva restare nel suo guscio di indifferenza per proteggersi dalle attuali circostanze e da ciò che esse significavano… neanche lui sapeva esattamente cosa fosse, in realtà sì ma era un sentimento così complesso che non voleva indugiarci troppo e perdersi in riflessioni complicate; era meglio non pensarci e così avrebbe ottenuto ciò che desiderava: restare parzialmente estraneo a quella sensazione ancora troppo difficile da gestire. Doveva andarci cauto e anche se molte volte si era convinto ad analizzare meglio le strambe situazioni tra lui ed Hermione la prospettiva di scoprire quel sentimento troppo grande lo aveva indotto a rimandare. E così aspettava il momento giusto per decidersi ad agire, momento che secondo lui avrebbe dovuto arrivare prima o poi… ma questo non era il momento giusto.

 

Hermione si aspettava qualcosa, neanche lei sapeva cosa, ma l’atmosfera restava immutata e anche se le sue dita tremavano strette alla mano di Ron, il giovane Weasley restava distaccato dalla situazione, come se avesse tutto sottocontrollo. Questo fece indignare molto Hermione, che si vergognò perché di solito era lei quella calcolatrice che non si lascia sorprendere e così, quasi per fare dispetto al contegno di Ron, stacco violentemente la mano da quella del rosso.

 

Ron si ritrovò decisamente spiazzato come di consueto di fronte agli inspiegabili comportamenti di Hermione e riuscì solo a fissarla sbalordito mentre lei di rimando lo guardava decisamente inviperita e scontenta. Ron non tentò neanche di scervellarsi per capire che cosa mai l’avesse fatta arrabbiare; il ragazzo pensava che Hermione fosse troppo suscettibile a volte, ma doveva riconoscere che anche lui non era da meno.

“Ragazz…” Harry irruppe prepotentemente nella scena e si accorse di aver troncato sul nascere un’altra disputa tra i due. Ginny avanzò aggrappata al braccio di Harry e sospirò vedendo la figura nebulosa del fratello in pieno contrasto con quella di Hermione.

 

“Harry” lo salutò Ron, impacciato “Ginny?” aggiunse notando il figurino accanto all’amico di cui si potevano scorgere solo i capelli color fiamma.

 

“Ciao, Ginny” proruppe di gioia Hermione “Sono contenta che ci sia anche tu e sono certa che anche a Harry fa molto piacere” la ragazza si avviò a passi calcolati fino alla migliore amica che la ricambiò con un abbraccio, mentre Harry tentava di scorgere Ron nella nebbia.

 

Il rosso teneva sopra il palmo la bacchetta che roteava “Da questa parte c’è il nord” disse indicando il lago sulla sua destra “quindi la capanna di Hagrid è più o meno da questa parte: Lumos” si avviò nella direzione che reputava giusta e gli altri lo seguirono docilmente senza obbiettare – sarebbe stata una cattiva idea data l’evidente irritazione di Ron -.

 

Anche Hermione lo seguì senza fare storie con una muta indifferenza e freddezza. Harry pensò che i gemelli Weasley avrebbe ottenuto molto presto i famigerati venti galeoni della scommessa.

 

Il Magico trio rinsaldato dalla presenza di Ginny stava vagando ormai da un buon quarto d’ora in mezzo alla nebbia ma della casa di Hagrid non c’era proprio traccia. Harry cominciava ad essere preoccupato dato che il tragitto dalla riva del lago all’abitazione del guardiacaccia solitamente durava circa tre minuti scarsi. Ma per fortuna si trovavano ancora in pianura senza ostacoli d’innanzi, quindi erano ancora lontani dalla Foresta Proibita, inoltre non c’era traccia di Eclitti. Fu questo che mise in agitazione Harry: la sorveglianza doveva essere molto compatta, soprattutto nelle vicinanze di Hogwarts e ciò significava che si stavano allontanando. Ma nessuno aveva l’ardire di contrastare Ron che, tutto impettito e ancora scocciato dalla reazione di Hermione, era convinto di stare andando nella direzione giusta.

 

Ad un tratto Harry sentì Hermione cadere verso il basso ed ebbe il terrore di sapere dove si trovassero: lungo la riva frastagliata accanto al torrione ovest di Hogwarts, luogo in cui c’era un precipizio a strapiombo su degli scogli appuntiti “Hermione!” gridò Harry avvicinandosi cautamente a quello che credeva essere un precipizio. Si inginocchiò e protese le mani aspettandosi di trovare il vuoto ma riuscì solo a bagnarsi la mano destra: erano ancora vicini al lago.

 

Si sentì un movimento nell’acqua ed Hermione si issò alla sinistra di Harry probabilmente tutta inzuppata “Ora basta!” proruppe la ragazza “Sono caduta nel lago, quindi abbiamo fatto un giro in tondo!”

 

“Allora fai tu!” esclamò Ron fuori di sé “Visto che sei tanto brava.”

 

“Ehi! Chi va là!?”

 

Le grida di Hermione e Ron avevano attirato qualche Eclitto e a giudicare dai passi frettolosi sul terreno si trattava di uno squadrone intero.

 

“Via” disse Harry trascinandosi a destra e a sinistra Ginny e Hermione.

 

Corsero per un po’ nella direzione opposta rispetto al lago senza l’utilizzo dell’incantesimo Lumos. Quando si fermarono tutti e tre ebbero la sgradevole sensazione di essere dispersi nel nulla, completamenti circondati dal grigio. Harry non ne poté più e decise di rischiare il tutto per tutto: “Lumos Maximus!” gridò e un’accecante luce illuminò tutto nel raggio di cinque metri. E Harry finalmente la vide: la capanna di Hagrid si trovava sulla loro sinistra a circa tre metri, era vicinissima. Annullò velocemente l’incantesimo e abbassò il capo: Hagrid non si trovava là dentro, la capanna era completamente distrutta. Come aveva potuto dimenticarsi dell’incendio avvenuto solo qualche settimana prima? Era così preso da R.A.B. e dagli Horcruxes che non aveva più pensato al suo amico Hagrid; probabilmente non si trovava neppure più entro i confini di Hogwarts.

 

Ma il giovane Potter si rese presto conto di avere un problema ancora più grande “Harry” lo chiamò Ginny “Ron è scomparso.”

 

Harry strinse forte i denti: nella fretta di fuggire dagli Eclitti si era dimenticato del suo migliore amico. Come poteva aver fatto un altro errore così madornale.

 

“D’accordo” disse Harry “Per oggi la missione è annullata, ci sono stati troppi imprevisti. Troviamo Ron e andiamocene.”

 

“Ma come facciamo a trovarlo?” questionò Ginny, molto preoccupata “Forse gli Eclitti l’hanno già catturato o magari si è perso nella Foresta Proibita.”

 

Erano tutte ipotesi molto sconcertanti ma possibili e Harry era talmente preoccupata per il suo amico e arrabbiato con sé stesso per l’imperdonabile negligenza di averlo abbandonato, che il suo cervello non riusciva a macchinare una soluzione.

 

“Usa la Mappa del Malandrino” intervenne Hermione “Siamo ancora entro i confini di Hogwarts.”

 

Harry si riempì d’insulti per non averci pensato prima; così avrebbero sicuramente risparmiato molto tempo e magari ora la missione poteva proseguire, ma prima doveva trovare Ron. Fu molto grato ad Hermione che evidentemente aveva accantonato i suoi risentimenti e che dopotutto teneva davvero a Ron.

 

Esaminò accuratamente la mappa: sparsi per il cortile di Hogwarts apparivano molti nomi maschili, probabilmente gli Eclitti, che per fortuna erano distanti dagli indicatori che segnavano Harry Potter, Hermione Granger e Ginevra Weasley. Harry fece quasi un salto di gioia , molto sorpreso e soddisfatto, quando scorse poco lontano da loro il nome “Ronald Weasley” affiancato a quello di “Rubeus Hagrid”. I due si trovavano esattamente dietro l’antica capanna del guardiacaccia, ma Harry ebbe un attimo di esitazione nel vedere che il disegno sulla mappa era diverso rispetto a come era abituato a vederlo: la casa di Hagrid, una volta integra, ora era raffigurata come delle macerie di legno e sassi. Il giovane Potter pensò che la mappa, essendo incantata, mutava esattamente come la realtà, caratteristica che non aveva mai notato.

 

Le due ragazze seguirono fiduciosamente Harry che, oltrepassati i resti della casa di Hagrid, si ritrovò davanti ad una piccola tenda che, a giudicare dalle dimensioni, avrebbe accolto al massimo due persone o Hagrid tutto intero. Harry scostò il tessuto dall’entrata e vide che l’interno era decisamente più ampio delle apparenze – si trattava di una tenda incantata come quella che aveva usato il signor Weasley alla finale della coppa del Quidditch – era arredato scarsamente e su una delle seggiole attorno al fuoco acceso stava seduto Ron che gli fece segno di entrare, rivolgendogli un gran sorriso “Sono incappato nella ex-capanna di Hagrid prima, credevo di essermi perso ma poi Hagrid mi ha trascinato dentro la tenda salvandomi da un Eclitto.”

 

“Già” disse Hagrid sbucando dalla zona cucina con un grosso paiolo fumante in mano“l’ho visto che camminava solo soletto e dietro di lui c’era una di quelle guardie così l’ho preso per il braccio e l’ho portato dentro la tenda. Pensavo che c’eri anche tu, Harry, così ho guardato in giro ma c’era solo l’Eclitto.”

 

“Come hai fatto a vederlo?” chiese Harry “C’è molta nebbia.”

 

“Mi ha aiutato questo” spiegò Hagrid e tirò fuori da sotto la barba una mano putrefatta che reggeva una lanterna.

 

La mano della Gloria di Malfoy, pensò Harry e poi disse: “Hagrid, non è che ce la potresti prestare? Ci serve per entrare ad Hogwarts.”

 

Gli occhi scuri di Hagrid si allargarono sulla sua faccia rossa: “Sei pazzo Harry? No, non si può fare. Il ministro ha detto di no e anche se a me quello lì non piace, tu non puoi entrare; è pericoloso con tutte quelle guardie. Loro non ci pensano due volte a colpirti, sono senza scrupoli.”

 

“Grazie per l’apprensione Hagrid” disse Harry sinceramente “Ma è davvero troppo importante, si tratta di una missione che potrebbe decidere le sorti della guerra; capisci cosa voglio dire?”

 

“Cioè…” mugugnò Hagrid confuso “Tu dici che dentro Hogwarts c’è qualcosa che può uccidere Voldemort?”

 

Harry scosse il capo “Non esattamente, la faccenda è molto complicata. Ma dobbiamo assolutamente entrare.”

 

“Capisco” convenne Hagrid “Allora io mi fido e vi lascio passare, tutti e quattro, ma state attenti. Io ti do questa mano putrida, Harry, e ti do anche un consiglio; ormai è da tre settimane che vedo questi tipi fare avanti e indietro e c’è un posto che non passeggiano mai: la Foresta Proibita. Potete andare lì fino all’entrata di fianco sulla torre, lì potete salire, ma state attenti a non incontrare nessuno nella scuola, altrimenti il Ministro si arrabbierà.”

 

“Capito, Hagrid, ci sei stato incredibilmente utile” lo ringraziò Harry con un sorriso raggiante.

 

Il visone di Hagrid diventò rosso “Grazie, grazie… ma è un dovere aiutare voi. Sono felice di essere utile almeno a qualcosa. Dopo che mi hanno distrutto la casa io e Thor stiamo qui in questa tenda che ci ha dato il Ministro. Beh, è molto grande, ma adesso Scrimgeour non mi vuole lasciare più a fare l’insegnante, ha detto che lo fa la signora Caporal. Ha detto anche che la scuola riapre ma che la vuole comandare lui, alla faccia della professoressa McGranitt.”

 

“Quindi riapriranno la scuola a settembre, è vero!” gioì Hermione.

 

Anche Harry ne fu sollevato pur sapendo che non l’avrebbe mai frequentata. Ma comunque sperava follemente che sarebbe riuscito a risolvere tutto prima dell’inizio del suo settimo anno. Un desiderio molto lontano dalla futura realtà.

 

“Ma ci saranno i M.A.G.O.?” chiese Hermione.

 

Prima che Hagrid avesse il tempo di rispondere, Ron scoppiò in una protesta adirata: “Cosa vuoi che importi degli esami se Voldemort vince e ci uccide tutti! Sempre a pensare alla scuola e ai tuoi amati libri, non hai occhi per altro se non per la studio.”

 

Hermione rimase molto scioccata e cercò la complicità di Ginny per aggredire il fratello, ma la rossa si limitò a sorriderle piano e a bisbigliarle all’orecchio: “Sai com’è mio fratello: va sempre per sotterfugi. In realtà vuole solo attirare la tua attenzione e farti capire che esiste anche lui.”

 

Hermione tornò a fissare con gli occhi nocciola il viso rosso e scocciato di Ron e si limitò a sbuffare: “Infantile.”

 

Hagrid era incredulo come Harry i primi tempi che aveva assistito alle strane contraddizioni e alle liti di Ron ed Hermione.

 

“Calmi, calmi” intervenne il mezzogigante in tono bonario “Fate pace e andate a fare la vostra missione.”

 

Hermione, in parte intenerita dalla spontaneità di Hagrid e in parte spinta dal suo strano desiderio di restare in solidarietà con Ron, disse, rivolta al giovane Weasley: “Scusami, Ron. Ti piacerebbe perdonarmi?”

 

Tutti i presenti trattennero il respiro. Ron alzò un sopracciglio rosso e sospirò:

 

“Se proprio devo.”

*********

Harry aveva seguito il suggerimento di Hagrid e grazie alla Mappa del Malandrino e alla Mano della Gloria era riuscito a penetrare nel castello senza inconvenienti. Il percorso dall’entrata alla biblioteca era stato altrettanto semplice soprattutto grazie all’utilizzo della Mappa e del Mantello dell’Invisibilità. Ora i quattro stavano sfogliando l’archivio degli studenti che avevano frequentato Hogwarts, tenendo sempre conto delle informazioni che avevano su R.A.B.

 

“Ecco qui” disse Hermione “Ho isolato tutte le cartelle relative agli studenti che erano a Hogwarts nello stesso lasso di tempo dei sette anni di Voldemort. Non so se ti possa interessare Harry, ma ho trovato questa” gli porse una pergamena che portava il sigillo dei Serpeverde.

 

Harry srotolò il foglio e lesse l’intestazione della pagina: “Dati Personali e Scolastici dell’allievo: Tom Marvolo Riddle, anni scolastici 1936/1943” Il resto delle note era un incredibile susseguirsi di meriti accademici e lodi ai servizi resi alla scuola, con un appunto personale del professore Horace Lumacorno, all’epoca insegnante di Pozioni e direttore della casa di Riddle: “Tra tutti i miei allievi Tom Riddle è senza dubbio il ragazzo più dotato, sia in campo scolastico, che nell’utilizzo pratico della magia. Quindi ritengo oneroso da parte della comunità magica valorizzare il suo talento offrendogli alti incarichi; spero un giorno di vederlo Ministro della Magia. Sono certo che il futuro riserva a questo ragazzo grandi opportunità e tanta gloria, senza dubbio ricoprirà una figura molto rilevante e che influirà molto sulla comunità magica.”

 

Lumacorno non c’era andato tanto lontano, pensò Harry mentre si figurava il Signore Oscuro e le sue schiere di alleati.

 

“Quanta roba, dobbiamo controllarla tutta?” chiese Ron mentre fissava scoraggiato le alte torri di pergamene che stavano impilati sui tavoli della biblioteca.

 

“No, Ronald” rispose Hermione, acida “Basta che tu mi leggi il numero riportato sull’esterno delle pergamene e io controllerò il nome corrispondente sui registri della scuola, almeno non dovremo srotolare tutte le pergamene.”

 

“Bene” fece Ron, stizzito e cominciò a recitare scocciato i numeri sulla prima di circa mille pergamene “1936/2-21… niente, 1936/1-03…”

 

Harry e Ginny erano impiegati nella stessa operazione: Ginny leggeva i numeri e Harry controllava i nomi, cercandone qualcuno che corrispondesse alla sigla R.A.B; ogni tanto il ragazzo sbirciava sulla Mappa del Malandrino per assicurarsi che gli Eclitti non si avvicinassero troppo alla Biblioteca.

 

Dopo un buon quarto d’ora, i quattro si trovavano ancora ad un punto morto, finché Harry lesse un nome interessante sulla sua lista: “Wallace Simur, anni 1933/1940, casa Serpeverde.”

 

“Aspettate un attimo.”

 

Tutti si voltarono verso Harry che cominciò a spiegare: “Simur ha detto che era compagno di Voldemort e anche di R.A.B., quindi possiamo escludere gli anni dopo il 1940 dato che Simur se n’era già andato.”

 

“Non cambia molto” esalò Hermione mentre metteva via le circa trecento pergamene nella sezione corrispondente “Rimangono sempre gli anni dal 1933 al 1936, le pergamene sono comunque tante.”

 

Harry non era una cima in Aritmazia e decise di lasciare la padronanza ad Hermione in questo campo, ma comunque scosse il capo “Non credo. Conoscete qualche Serpeverde che abbia stretto amicizia al di fuori della propria casa? Simur ha detto anche che erano amici, quindi io cercherei solo tra gli studenti di Serpeverde che hanno frequentato Hogwarts da qualche parte tra il 1933 e il 1940.”

 

Tutti accolsero di buon grado la proposta di Harry ed eliminarono gran parte delle pergamene.

 

Alla fine della ricerca i quattro si raggrupparono intorno ad un tavolo nascosto dagli scaffali e confrontarono gli esiti.

 

“Ho trovato tre possibili R.A.B.: Alfonso Romeo Bronx, Amanda Romilda Bristol, Ruth Alis Buxton. La seconda ha cominciato a frequentare Hogwarts nel 1940, quindi è stata compagna di Simur solo per un anno, forse è da escludere…”

 

“Hermione” la interruppe Harry “Ti ho detto che R.A.B. è un uomo e quindi nella tua lista c’è solo un possibile candidato.”

 

“D’accordo” disse Hermione, risentita “Vado a cercare la sua pergamene nell’archivio.”

 

Harry si rivolse a Ron che fissava torbido Hermione mentre si allontanava “Io e Ginny invece ne abbiamo trovato solo uno: Rice, Benedict Ashley, è il numero 1935/4-35”

 

“Vado a prendere la pergamena” bisbigliò Ron mentre scompariva dietro allo scaffale dove stava Hermione.

 

Harry e Ginny sentirono distintamente dei bisbigli e poi videro Hermione e Ron che uscivano da dietro lo scaffale, entrambi lividi in volto e che stringevano convulsamente ognuno una pergamena.

 

“Allora” cominciò Ron, guardando di sbieco Hermione “Rice ha frequentato Hogwarts dal 1935 fino al 1945, ha dovuto ripetere la scuola tre volte, al 5°, al 6° e al 7° anno, ed è uscito con una media dell’Accettabile scarso.”

 

“Non è lui” disse Harry “Non credo che Voldemort avrebbe accettato nella sua cerchia di fedeli un ripetente.”

 

“Dimentichi i padri di Tiger e Goyle” intervenne Ginny.

 

“Già, ma da come ne parlava Simur questo R.A.B. doveva essere abbastanza legato a Voldemort e anche un buon mago perché ha trovato e distrutto un Horcrux; questo non può farlo uno qualunque che è uscito dalla scuola sul filo del rasoio.”

 

“Hai ragione, Harry” confermò Hermione “Ci hai detto che solo Silente era riuscito ad individuare e distruggere degli Horcruxes, e lui era un ottimo mago, il migliore di tutti.”

 

Ginny vide comparire un’espressione cupa sul volto di Harry alla nomina del loro ex-preside, così si affrettò a dire: “E poi non dimentichiamo che anche tu hai distrutto un Horcrux, il diario di Riddle e mi hai liberato dall’incantesimo che mi controllava, e lo hai fatto a dodici anni; anche tu sei un ottimo mago.”

 

Harry le rivolse un sorriso incoraggiante; poi si rivolse a Hermione: “E allora ci rimane un ultimo candidato.”

 

La ragazza aprì la sua pergamena e la lisciò sul tavolo: “Alfonso Romeo Bronx ha frequentato Hogwart a partire dal 1936 e ha terminato nel 1940.”

 

“Come mai ha terminato così presto?” chiese Harry.

 

“Forse era talmente bravo che ha saltato tre anni ad Hogwarts e si è diplomato subito” propose Ron.

 

Hermione smentì l’ipotesi del rosso con un vago senso di vendetta: “No, Ronald. Qui c’è scritto – e si interruppe un istante – che è morto al quarto anno.”

 

“Morto?” questionò Ginny “Ma come è successo? E’ stato ucciso?”

 

“Controllo tra i suoi dati personali” disse Hermione “Qui dice che è morto nel 1940 a 14 anni a causa di un incidente alla Torre di Astronomia; è caduto.”

 

Ron sospirò “Accidenti, che fine orribile.”

 

“Aspettate” proferì Hermione “riguardo alla sua morte c’è un rimando personale alla pergamena n° 1933/4-41; meglio controllarla. La vado a prendere nell’archivio.”

 

“Non ce n’è bisogno” intervenne Harry “La pergamena ce l’ho io: è quella di Wallace Simur.”

 

“Lo studente morto al quarto anno dunque aveva qualche legame con Simur” dedusse Ginny “Forse è lui R.A.B. ed ha inscenato la sua morte con l’aiuto di Simur.”

 

“Non credo che l’abbia inscenata” disse Hermione estraendo una foto e un foglio allegati alla pergamena: “Qui c’è il certificato di morte attestato dal San Mungo e una foto del cadavere che vi consiglio di non guardare; una caduta di trenta metri può sfigurare orribilmente una persona.”

 

Intanto Harry stava leggendo i dati di Wallace Simur: era stato bocciato al suo settimo anno per trasgressione delle regole della scuola e poi espulso per possibile complicità in un tragico incidente che aveva coinvolto uno studente anonimo, ma che Harry sapeva essere Bronx.

 

“Ha ragione Hermione” convenne Harry “Bronx non può essere R.A.B. dato che lui è ancora vivo. Ma voglio fare luce su questa storia e conosco qualcuno che frequentava Hogwarts quando è successo l’incidente e che sarebbe felicissimo di comunicarci i particolari.”

 

“Hagrid” assentirono gli altri tre.

 

Harry accennò col capo e si infilò sotto la tunica la pergamena di Riddle, Simur e di Bronx. Riprese la Mappa del Malandrino e tirò fuori il Mantello dell’Invisibilità, ripercorrendo la strada al contrario per raggiungere la tenda di Hagrid.

 

Lungo il percorso i quattro passarono davanti alla zona segna-punti dove stavano le clessidre delle varie case. Ora invece un enorme cartello che riportava la scritta “Lavori In Corso” attestava la nuova regola che vigeva a Hogwarts dall’arrivo del Ministro. Scrimgeour sosteneva che la divisione in case maturava il contrasto e la competizione spietata tra i ragazzi che crescendo avrebbero sempre mantenuto le distanze dagli ex-compagni che non erano appartenuti alla propria casa. Questo in parte era vero, ma solo per quanto riguardava i Serpeverde, che da secoli preferivano non mischiarsi alle altre tre case. La maggior parte dei maghi aveva accolto con favore la proposta del Ministro di riunificare le case in un periodo di guerra durante il quale bisognava soprattutto stare uniti, ma Harry aveva la sgradevole sensazione che Scrimgeour nascondesse qualche altro proposito, oltre alla proliferazione sociale.

 

“Harry” il giovane Potter si voltò a fissare Ron, convinto che questi gli avesse appena rivolto la parola. Ma sotto il Mantello dell’Invisibilità stretti in quattro il rosso aveva a mala pena lo spazio per respirare e inoltre Harry aveva avvertito gli altri di non parlare per evitare che gli Eclitti li individuassero. Allora chi era?

 

“Harry… non ci provare, ti avverto. Lasciami stare… meglio che tu non venga a cercarmi.”

 

R.A.B.? Harry si guardò frettolosamente in giro: era ancora ad Hogwarts, stava giusto per oltrepassare le quattro clessidre vuote, ma allora come faceva R.A.B. a comunicare con lui? Doveva chiederlo ad Hermione, ma preferì aspettare che fossero giunti nella tenda di Hagrid. Nel frattempo avrebbe chiesto informazioni direttamente a R.A.B., ma quando tentò di comunicare con lui scoprì che il contatto si era già interrotto. Aspettò per cinque minuti, ma R.A.B. non si fece risentire; ormai erano arrivati alla tenda di Hagrid.

 

Il mezzogigante era intento a consumare il suo stufato fumante e appena vide i quattro entrare sorrise allegramente e posò l’enorme paiolo che aveva in mano sul fuoco “Missione compiuta, immagino e siete tutti e quattro interi!”

 

“La missione non è proprio compiuta” sospirò Harry, estraendo da sotto la tunica le pergamene. Appena vide l’espressione scoraggiata sul visone di Hagrid, il ragazzo gli mise in mano la pergamena di Bronx aperta e dichiarò: “Ci serve assolutamente il tuo aiuto, Hagrid. Devi dirci una cosa molto importante.”

 

“Cosa molto importante?” ripeté Hagrid, pensieroso “Va beh, ma non so se posso, io di cose importanti non ne so molto.”

 

Harry sorrise amichevole e proseguì “E invece sì. Ascolta, Hagrid, tu eri a Hogwarts quando c’era anche Voldemort e non è che per caso ti ricordi di un ragazzo: Alfonso Romeo Bronx, era di Serpeverde.”

 

“Oh” fece Hagrid, sbalordito “Mi dimentico sempre che Riddle è Voldemort, quando era ragazzino non sembrava così cattivo. Però di questo tipo, Bronz, Brosc… non sono bravo con i nomi, non mi ricordo. E poi io stavo lontano dai Serpeverde, loro erano i più turbolenti di tutti e cercavano sempre di attacar briga con qualcuno.”

 

Harry insistette “Beh, allora forse c’è un incidente di cui ti ricordi: questo ragazzo è morto al suo quarto anno, quando tu facevi… il quinto anno, credo.”

 

“Ah” disse Hagrid, d’improvviso illuminato “Ho capito. Sì, era un Serpeverde ed è morto cadendo giù dalla torre di Astronomia.”

 

Ginny, Ron ed Hermione si misero in circolo attorno ad Hagrid, mentre Harry, in piedi di fronte a lui lo pregò di continuare.

 

“Sì, è stata una brutta faccenda. Povero ragazzo anche se a me non stava tanto simpatico. Attaccava briga con tutti, perfino con il prefetto della sua casa, immaginate. Ma poi è morto ed è dispiaciuto ai professori e anche ai famigliari, hanno alzato un polverone…! Lui faceva parte di una nobile famiglia Purosangue, sapete, sempre la stessa storia, e così hanno denunciato la scuola e hanno fatto espellere un altro ragazzo più grande che tutti pensavano che era il responsabile. Anch’io credevo di sì, ma poi lui s’è l’è cavata con l’espulsione e niente denuncia… ma lui mi stava simpatico solo per un motivo, quel ragazzo espulso, mi ricordo che era molto bravo in Cura delle Creature Magiche e anche a lui piacevano molto i draghi e lui piaceva ai draghi.”

 

“Dev’essere Simur” disse Hermione “Lui poi è diventato il miglior addestratori di draghi dell’Inghilterra.”

 

“Oh” fece Hagrid ammirato “Beh, sono felice per lui, ma non è mai stato tanto gentile con me, era un mago cattivo, come quasi tutti i Serpeverde.”

 

“Infatti poi è diventato un Mangiamorte al servizio di Voldemort” confermò Harry.

 

“Oh” fece Hagrid, un po’ deluso “Peccato, era dotato, soprattutto coi draghi.”

 

“Sai per caso altre cose sull’incidente?” chiese Harry ad Hagrid “Magari il motivo per cui Simur lo voleva morto.”

 

“Pensandoci bene, c’era un motivo” cominciò il mezzogigante “Quel Simur non lo sopportava perché era arrogante… pensate un po’ che un Serpeverde dice arrogante a un altro Serpeverde… comunque quello che è morto si vantava sempre e diceva di essere Purosangue, come tutti i Serpeverde, ma lui insultava non solo i Grifondoro, i Corvonero e i Tassorosso, ma anche i Serpeverde. Diceva che lui era Purosangue e che non voleva che gli stessero intorno i Mezzosangue e che gli faceva schifo che c’erano dei maghi col sangue sporco anche nei Serpeverde. Lui diceva sempre così e Simur si arrabbiava molto quando lo faceva, ma è strano perché lui era un Purosangue. Infatti quello che è morto gli ha sempre detto di stare zitto e che non ce l’aveva con lui, ma Simur gli gridava in faccia che doveva stare attento a come parlava e che non sapeva chi stava offendendo. Me lo ricordo così bene perché facevano così tutti i santi giorni e poi era strano vedere due Serpeverde che litigavano fra di loro, era bizzarro.”

 

Harry si mise a riflettere ad alta voce “Simur diceva che Bronx non si rendeva conto di chi offendeva; forse si trattava di Voldemort.”

 

“Voldemort?” irruppe Hagrid “Non credo che il tipo che è morto voleva offendere lui, perché lui offendeva solo i Mezzosangue e Voldemort è un Purosangue.”

 

“No, Hagrid” intervenne Hermione “Il padre di Voldemort era un Babbano.”

 

“Oh, caspiterina!” esclamò Hagrid, alzandosi di scatto e facendo cadere la seggiola su cui era seduto “Ma allora è pazzo. Voldemort vuole uccidere i Babbani e i Mezzosangue anche se lui è un Mezzosangue, ma non ha senso.”

 

“Infatti” confermò Harry con un’espressione risentita “Niente di quello che fa ha senso. Ma ora, Hagrid, sapresti dirci altro, qualunque cosa ti ricordi sul giorno dell’incidente.”

 

“Vediamo” Hagrid si grattò il mento ricoperto di barba ispida “Mi ricordo che quello che è morto aveva litigato come una furia col suo prefetto prima di cadere giù dalla torre.”

 

“Ha litigato con il Prefetto di Serpeverde? Sai chi era Hagrid?” gli domandò Harry.

 

“Non ho mai saputo chi erano i Prefetti, neanche i miei. I nomi li facevano vedere su un cartello ma io avevo dei problemi a leggere e così…”

 

“Tu eri al quinto anno” disse Harry “Simur era al settimo e Bronx e Voldemort erano al quarto; ma si può diventare Prefetti solo a partire dal quinto, a meno che…”

 

Harry aprì la pergamena di Voldemort e sorrise quando finalmente comprese a pieno la situazione “Simur ha ucciso Bronx perché continuava a sparlare di Voldemort; era lui il Prefetto di Serpeverde.”

 

“Al quarto anno non poteva esserlo, Harry” spiegò Hermione.

 

“Invece no” la contraddisse il giovane Potter “Qui c’è scritto che al giovane Tom Marvolo Riddle, al suo quarto anno di scuola, viene concessa l’autorità e il titolo di Prefetto della sua casa per gli encomiabili successi nello studio.”

 

“Neanche ad Hermione hanno dato l’incarico al quarto anno” rifletté Ron “Se Voldemort era più in gamba di Hermione nello studio allora c’è d’aver paura, che razza di cervellone ha?”

 

Hermione arrossì violentemente e scoccò a Ron un tale sguardo che costrinse il viso del giovane Weasley ad assumere il colorito dei suoi capelli.

 

“Bah” fece Hagrid guardando prima Ron e poi Hermione “Comunque mi ricordo che Riddle era molto bravo negli studi e anche con la bacchetta e con la scopa; però non è mai entrato nella squadra di Quidditch. Invece tu Harry ci sei entrato al primo anno.”

 

Era una fioca consolazione per Harry apprendere che almeno superava Voldemort in qualcosa anche se sapeva che il combattimento tra di loro non si sarebbe svolto su un campo di Quidditch.

 

“Ma Riddle però…” continuò Hagrid “Mi ricordo che nessuno lo vedeva bene, quelli delle altre case non lo sopportavano perché erano abituati così con tutti i Serpeverde e soprattutto con i Prefetti e invece i Serpeverde lo odiavano perché erano gelosi di lui e magari, adesso che me l’hai detto Harry, anche perché era Mezzosangue. Però aveva un gruppetto di tirapiedi che lo seguivano dappertutto, ma non erano amici, un po’ come Tiger e Goyle con Malfoy.”

 

Harry aveva sempre pensato che Tiger e Goyle fossero venuti al mondo solo per eseguire gli ordini di Malfoy e forse era anche quello che i due corpulenti Serpeverde credevano fino all’arrivo del loro sedicesimo compleanno; erano diventati più indipendenti e ribelli, ma soprattutto avevano preso coscienza delle prepotenze di Malfoy. E se in futuro i Mangiamorte avessero fatto lo stesso? Harry accantonò il pensiero perché, dopotutto, non si poteva comparare Malfoy a Voldemort. Il Signore Oscuro incuteva un fascino reverenziale, ma soprattutto un bieco timore in tutti i suoi servitori; i Mangiamorte non l’avrebbero mai tradito a meno di un motivo molto particolare. Era inutile immaginare una possibile ribellione dei Mangiamorte; Harry pensava che ciò fosse impossibile… ma forse pensava male?

 

“Adesso conosciamo meglio Voldemort e abbiamo capito cosa collegava Bronx a Simur, ma resta un problema” disse Ginny “Non sappiamo ancora chi sia R.A.B.”

 

“E’ vero” concordò Ron “Non può essere Bronx perché è morto e gli altri candidati non mi sembravano un granché.”

 

“Avremmo potuto consultare meglio gli archivi generali, se solo il M.I.B. non fosse stato distrutto. Ma poi, dopotutto, cosa ci dice che R.A.B. sia la sigla del suo nome?” domandò Hermione, amareggiata ancora al ricordo della disfatta della sacra biblioteca.

 

“Hm... il M.I.B. … il suo nome non è R.A.B.?” rimuginò Harry “Ma certo! Devo andare. Voi tenetevi la Mano della Gloria, io torno in Biblioteca. Se non mi vedete arrivare entro un quarto d’ora tornate alla barca e attraversate il lago. Ci ritroveremo alla Tana.”

 

“Harry, no!” proruppe Ginny “Veniamo anche noi, non ti abbandoniamo. E poi come pensi di tornare a casa da solo?”

 

Harry si alzò di scatto dalla seggiola e tirò fuori la Mappa del Malandrino “Userò la barca con cui sei arrivata tu, non c’è problema.”

 

Neanche Hagrid riuscì a bloccare Harry che con uno scatto magistrale filò fuori dalla tenda, non prima di aver detto: “Forse non tornerò alla Tana per un paio di giorni, ma non state in pensiero. E’ una cosa che devo fare da solo.”


*^*^*^*^*^*^*

I suoi occhi acuti notarono l’intonaco scrostato dei muri e l’evidente disordine che regnava nell’appartamento. Draco si limitò a mugugnare un “carino” disinvolto e sistemò i suoi bagagli in un angolo.

 

“Lo so” accennò Samantha “Devo mettere un po’ in ordine.”

 

Draco tirò un sospiro: “Non ti devi sforzare troppo solo perché ci sono qui io. Se ti piace vivere in questo modo – e lanciò un’occhiata bieca a un batuffolo di polvere vicino al divano – fai pure come se non esistessi. Continua come prima.”

 

“Non ti preoccupare. Non giudicarmi dall’aspetto di questo posto, è solo che ultimamente non ho avuto molto tempo di fare un po’ di ordine, sai tra una missione e l’altra…”

 

Samantha si chinò per raccogliere la sacca di Draco ma il ragazzo la precedette scostandola delicatamente dal posto e afferrando per primo il bagaglio “Faccio io” bofonchiò poi.

 

“Bene” buttò lì la ragazza non sapendo cos’altro dire. Era passato solo un minuto dall’arrivo di Draco nel suo appartamento eppure avvertiva che qualcosa era cambiato. Tutto aveva preso un’irrimediabile e nuova piega da quando gli aveva fatto la proposta e lui aveva accettato: “vivere con un ragazzo nello stesso appartamento.” Ripensandoci bene era stata una mossa azzardata e il suo sesto senso spingeva Samantha a convincersi che c’era stata un’altra ragione, oltre alla compassione, per la quale aveva fatto quella proposta.

 

Draco si guardò attorno avanzando di qualche passo sul parqué.

 

“Siediti qui” disse Samantha mentre toglieva delle riviste da un divano per fare posto al nuovo inquilino “Se vuoi” aggiunse fissando l’espressione scocciata del ragazzo “Devi essere molto stanco… credo.”

 

Draco si sedette senza troppi complimenti e si voltò per guardare Samantha, aspettandosi una lista infinita di regole che avrebbe dovuto rispettare se non voleva essere sbattuto fuori a calci dall’appartamento. Invece la ragazza si limitava a fissarlo di rimando “Hai qualche problema?” chiese brusco, all’improvviso.

 

Samantha sbatté un paio di volte le palpebre e farfugliò “No, no…” ma non andò avanti, incapace di trovare una qualche parola da rivolgergli, troppo concentrata a rimuginare sulle attuali circostanze: “coinquilini?” E allora? Siamo coinquilini e compagni di congrega. Siamo praticamente condannati a stare tutto il giorno, tutti i giorni, vicini. Prima al covo oscuro stavamo in mezzo a circa cento Mangiamorte;e adesso? Soli e sperduti, confinati in un appartamento babbano nei dintorni di Londra… soli… noi due… solo noi due…

 

“Ti sei incantata?”

 

La voce di Draco la fece sussultare: “No!” esclamò, recuperando in parte la coscienza di quello che aveva appena fatto: sono stata a fissarlo… cioè, io pensavo, ma lui adesso è convinto che lo stavo fissando, ma non è così “Stavo solo pensando.”

 

Draco rispose con uno strano verso e si alzò dal divano “Vado a fare un giro per questo posto. Voglio vedere in che razza di buco sarò costretto a vivere, d’ora in poi.”

 

Samantha fece un cenno con il capo che il ragazzo interpretò come un fai pure. E si avviò verso la cucina “Tanto lo avrei fatto anche senza il tuo permesso” aggiunse  Draco con un ghigno. Si voltò e attese una replicata pungente di Samantha ma lei sembrava essere ricaduta in uno dei suoi trance pensierosi.

 

Abbastanza turbata, Samantha osservò il ghigno di Draco scomparire appena varcata la soglia della cucina. Un’improvvisa e folle riflessione, che la ragazza premurò di sopprimere all’istante, attraversò i suoi pensieri già abbastanza irrequieti: ma che sto pensando? Con calma e sangue freddo, rifletti. Stai ospitando un collega, chiamiamolo così, e non c’è niente di male in questo. Devo soltanto chiarire un paio di punti con lui: “la nostra relazione resta puramente professionale”. Ma allora perché prima ho pensato che il suo ghigno è molto fascinoso?

 

“Suppongo che qui non ci siano Elfi Domestici come nel covo oscuro, giusto?”

 

“Già, non ci sono…” borbottò Samantha.

 

Draco le si piazzò davanti e la sottopose alla pressante inquisizione dei suoi occhi grigi “Ti sei incantata di nuovo? Che ti succede ora?”

 

“Senti” sbottò all’improvviso Samantha “Ho qualcosa da dirti.”

 

Draco alzò un sopracciglio pallido “Fai pure.”

 

“Anche se ti ho generosamente offerto di stare qui con me… di stare nell’appartamento, non significa che noi due dobbiamo… cioè, noi non dobbiamo diventare…”

 

Quale parola uso? Devo trovarne una che sia insieme esplicativa, chiara, ma non troppo brusca o imbarazzante.

 

“Capisco” disse Draco con un sorrisetto amaro.

 

“Davvero?”

 

“Sì, certo. Tu non vuoi che diventiamo amici.”

 

Samantha non era per niente sicura del valore che Draco voleva dare a quel “amici”. Poteva spingersi fino al livello che intendeva lei? Ma se invece si riferiva al puro senso della parola: semplici amici? Samantha avrebbe voluto che fossero amici.

 

“No, Draco, io non intendevo che…”

 

“Lascia stare” tagliò corto Draco e sfoderò ancora la sua espressione indifferente “Se ci tieni così tanto allora puoi anche credere che siamo amici.”

 

“Non ci tengo così tanto” disse a fatica Samantha; era così difficile esprimere a parole un concetto diametralmente opposto a quello che pensava “Ma avere un amico non mi dispiacerebbe. E non dovrebbe dispiacere neanche a te, ne hai molto bisogno, soprattutto adesso.”

 

“D’accordo. Ma non avere la presunzioni di crederti la mia ancora di salvezza.”

 

“Va bene. Siamo solo amici” quelle parole suonavano in qualche modo deluse pronunciate da Samantha.

 

“Di sicuro non siamo amici al livello di do la mia vita per salvare la tua. Non sono così incosciente da stringere un’amicizia profonda.”

Alle orecchie di Samantha la confessione di Draco suonava molto triste “Non è poi così male avere degli amici. Ti sostengono, ti rallegrano…”

 

“Hm, sono utili, è vero. Ma solo finché mantengono le distanze e non si impicciano troppo dei tuoi affari. Chiaro il concetto, Samantha? Non ti impicciare troppo.”

 

“Come faccio a consolarti quando sei depresso se non so nemmeno perché sei depresso? E’ un’impresa titanica.”

 

“Ce la puoi fare” sogghignò Draco.

 

All’improvviso fece il suo ingresso nell’appartamento una donna tarchiata sui quarant’anni che Samantha riconobbe come la sgradevolissima padrona di casa.

“Oh, Amanda, sei tornata. E vedo che questo posto è in disordine come sempre, ricordati di mettere un po’ in ordine, non voglio che i miei appartamenti sembrino dei porcili e – un largo sorriso illuminò il suo viso rubicondo – chi abbiamo qua!” esclamò allegramente guardando Draco, affascinata e insieme ammirata.

“Lui è Devon” disse Samantha presentando Draco. La ragazza non dovette usare molta fantasia per immaginare la smorfia disgustata che il ragazzo portava stampata sul viso.

 

Samantha riuscì a cogliere il sibilo di Draco: “Devon?” e continuò la sua presentazione: “E’ un mio amico e d’ora in poi anche coinquilino. Pagherò doppio affitto da oggi.”

 

Il sorriso raggiante scomparve dal volto della donna: “Non è un ospite, quindi? Ti avverto Amanda, non voglio essere coinvolta in uno scandalo. Un ragazzo e una ragazza non sposati che vivono sotto lo stesso tetto…”

 

A quanto pare la padrona di casa era riuscita ad esternare i timori di Samantha ma troppo bruscamente.

 

“… I miei appartamenti sono dei luoghi rispettabili e non li voglio vedere teatri di peccaminosi atti sessuali.”

 

Samantha avvertì un sapore metallico nella gola e ricordò dai suoi studi di medicina che era un sintomo d’infarto. Ma in quel preciso istante avrebbe preferito sfoderare la bacchetta e scagliare una Maledizione Senza Perdono contro la padrona di casa piuttosto che crollare sul pavimento col cuore a pezzi.

 

“Stia tranquilla” intervenne Draco a sorpresa “Qui non si commetterà nessun atto sessuale.”

 

Samantha gli fu immensamente grata di essere stato così tempestivo nello zittire la padrona di casa che per un attimo dovette ricacciare nel profondo della sua coscienza la bizzarra delusione che gli aveva provocato l’affermazione del ragazzo.

 

“Beh, allora” continuò la donna burbera “Molto piacere di conoscerti Devon” allungò la mano in cerca di quella di Draco, ma questi si limitò a emettere una specie di grugnito.

 

“D’accordo” sospirò la padrona di casa continuando a guardare Draco sognante “A presto Devon” poi si rivolse con ben poca cortesia a Samantha “Amanda” si accomiatò e uscì dalla porta.

 

“Ti chiama Amanda?” le chiese subito Draco “Ora capisco perché ti dava così fastidio quando lo facevo io. Quella Babbana non da molto l’impressione che tu le sia simpatica.”

 

“Non mi importa, dopotutto è una Babbana” disse Samantha.

 

“Già, ma era proprio indispensabile che mi chiamassi Devon?”

 

“Certo” rispose la ragazza “Fa parte della nostra copertura fuori dal Covo Oscuro. Io ho scelto Amanda giusto perché assomigliava al mio nome, ma avrei anche potuto farne a meno dato che ci sono tante Samanthe sparse per l’Inghilterra, mentre di Drachi, credo ce ne siano ben pochi; è un nome troppo riconoscibile. Spero almeno che Devon ti piaccia.”

 

“Non è male” concluse Draco con un sogghigno dei suoi.

 

Ancora quel ghigno, pensò Samantha mentre deviava lo sguardo su qualsiasi altra cosa che non fosse appartenuta a Draco Malfoy.

 

Draco guardò pigramente fuori dalla finestra e vide la luce del sole affievolirsi “Sta quasi per calare la notte. Non ho concluso di visitare l’appartamento quindi mi faresti la cortesia di mostrarmi la mia amaca o qualsiasi altra cosa mi dovesse fungere da letto.”

 

Samantha passò veloce lo sguardo sul divano che era a dir poco impolverato. Si sentì inspiegabilmente in colpa anche solo per aver pensato di offrire a Draco una schifezza del genere come giaciglio per la notte. Chissà perché sarebbe stata pronta a cedere il suo confortevole letto al ragazzo e a dormire su quel divano per far piacere a Draco. Samantha si riprese subito da quello slancio di pazzia e indicò al ragazzo il divano impolverato.

 

“Non ho intenzione di dormire sul divano” sbottò Draco.

 

Perfetto, pensò Samantha “Allora dovrò chiedere alla simpaticissima padrona di casa di portare qui un letto pieghevole.”

 

“Il letto pieghevole va già meglio” e Draco sfoderò ancora il suo ghigno.

 

“Vado subito a chiamarla” disse Samantha sbrigativa.

 

E poi mi bevo anche un po’ di acqua fresca.

 

Samantha si ripresentò con la donna che reggeva l’intelaiatura di ferro del letto su una spalla e sull’altra cuscini e lenzuola.

 

“Ti dispiace aiutarla, Devon, io devo andare in cucina a bere qualcosa.”

 

La donna corpulenta restò ferma nella speranza che “Devon” la aiutasse ma lui non si mosse di un passo. La padrona di casa parve molto delusa e mentre Samantha ritornava dalla cucina con un bicchiere d’acqua in mano le urlò dietro: “Ehi, Amanda! Dove devo mettere questa roba?”

 

E qui sorge un altro, enorme problema.

Draco si mise a fissare Samantha e si rese conto che era caduta in un altro dei suoi trance “Dentro questo posto ci sarà pure una stanza adibita al riposo?” chiese Draco sarcastico “Che ne dici di una camera da letto?”

 

La padrona di casa restò estasiata a fissare Draco, ammaliata dalla sua tenacia e dalla sua schiettezza “Vado subito Devon” disse “Sistemo tutto nella camera da letto.”

 

Samantha nel frattempo era rimasta basita dalla proposta del ragazzo: in camera da letto? Dove c’era il suo letto? Niente panico: siamo compagni di congrega, coinquilini, abitiamo nello stesso appartamento e dormiamo nella stessa stanza… ma non nello stesso letto, si consolò fiocamente la ragazza.

 

“Tutto sistemato!” irruppe la padrona di casa sbucando all’improvviso “Ora me ne vado, Ciao, Devon” e sparì nuovamente dietro la porta.

 

“Mi da il voltastomaco” eruppe Draco.

 

Per un attimo Samantha pensò che Draco si riferisse al fatto di dormire nella stessa stanza con lei, ma ciò che turbava il ragazzo era altro.

 

“Non sopporto il modo in cui quella Babbana mi guarda. Che schifo, potrebbe anche essere mia madre.”

 

Samantha provò una strana consolazione e un bizzarro appagamento nel sapere che Draco rifiutava le avance di un’altra donna.

 

“Bene, io vado a dormire” disse Draco “Sono molto stanco.”

 

Ripercorse la strada che aveva fatto la padrona di casa prima “A proposito, Samantha” si voltò a fissare la ragazza “Domani mattina ci dobbiamo alzare presto per andare alla riunione dei Mangiamorte e tu sei l’unica che può smaterializzarsi da qui fino al Covo Oscuro. Potresti indicarmi la stanza in cui dormi, almeno ti sveglierò io, non vorrei che restassi addormentata fino a tardi.”

 

“La stanza in cui dormo?” ripeté Samantha quasi ipnotizzata.

 

“Sì” rispose Draco con una certa sorpresa.

 

“Vedi Draco” cominciò la ragazza “Devi sapere che questo è un appartamento omologato per una sola persona e quindi, beh… la mia camera da letto è la tua camera da letto” concluse tutto d’un fiato.

 

Samantha lo scrutò: aveva in volto un’espressione vacua, nella quale non c’era traccia di emozioni “Beh, fa’ niente” disse Draco, tranquillamente “Non mi fa ne caldo ne freddo.”

 

“Il letto pieghevole te lo puoi anche scordare! Tu non dormirai nella stessa stanza dove dormo io!” sbottò d’improvviso Samantha, mutando totalmente il suo atteggiamento.

 

“Come?” fece Draco, sorpreso.

 

“Mi hai sentito. Tu dormi sul divano e non voglio obbiezioni.”

 

“D’accordo. Hai forse paura che ti salti addosso durante la notte… o hai paura di non resistere al mio fascino” aggiunse Draco con un ghigno.

 

Entrambe le cose, pensò Samantha, fissando con falsa non chalance il sorrisetto beffardo del ragazzo. La convivenza non si preannuncia pacifica.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Harry era ancora stordito, non riusciva a mettere a fuoco gli ultimi avvenimenti: degli Eclitti lo stavano rincorrendo e poi…? Si era ritrovato in questo strano posto; ma dov’era?

 

“Finalmente mi hai trovato.”

 

Harry si voltò lentamente verso la voce profonda che aveva udito alle spalle. Il giovane Potter si trovò a fissare il volto di Ludesh Dulick… o non era il suo?

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La Scarcerazione ***


CAPITOLO 6 – “”

News:

 

D’ora in poi arricchiremo i capitoli con altre sezioncine tanto per rallegrare i lettori e per insinuare in voi la curiosità di sapere come finirà questa storia.

 

Anticipazioni/chiarimenti: Samy e Kaho si lasceranno scappare qualche sviluppo prossimo della storia e faranno anche dei commenti personali sul capitolo (autocritica -_-); oppure dei chiarimenti generali sulla storia; N.B. à se qualche lettore vuole fare una domanda di qualsiasi tipo sulla storia col commento, risponderemo in questa sezione.

Indizi sulla Trilogia: Kaho e Samy riveleranno i nomi e qualcos’altro sui nuovi personaggi della Trilogia, post-HP7; forse (se le autrici saranno magnanime) diremo qualche cosuccia anche sulla trama;

Personaggio del Capitolo: breve parentesi psicologica di un personaggio della Rowling (o anche inventato da noi) analizzata dal punto di vista di Samy e Kaho; i personaggi più incasinati (ex. Voldemort, Piton) verranno tenuti per ultimi dato che la storia e soprattutto gli ultimi avvenimenti influiranno in modo determinate su di essi;

Coppia del Capitolo: Samy e Kaho analizzeranno una coppia a capitolo; che cosa ne pensa lui? che cosa ne pensa lei della loro storia? Che cosa ne pensano Kaho e Samy?

Risposta ai commenti: rispondiamo ai commenti! (^_^) e speriamo siano numerosi!

Prossimo Capitolo: titolo del prossimo capitolo! E magari qualche indizio o previsione delle autrici.

 

Speriamo che queste nuove ideuzze vi stuzzichino molto, cari lettori.

 

Samy&Kaho

 

N.B.: Ora che la scuola è ripresa e interrogazioni orali e verifiche scritte infestano tutte le settimane la pubblicazione dei capitoli non sarà molto veloce, ma neanche troppo lenta, approssimativamente da 1 settimana e ½ a 3 settimane (ma cercheremo di evitare che passi così tanto tempo tra un capitolo e l’altro); il problema è che siamo impegnate con la scuola, scriviamo quando ci sorge l’Ispirazione e i nostri capitoli sono molto prolissi. Ci daremo dentro! (e parecchio! Non sarà la scuola a fermarci!!)

 

 

Capitolo 6 – “La scarcerazione”

 

 

“Finalmente mi hai trovato.”

 

Harry si voltò lentamente verso la voce profonda che aveva udito alle spalle. Il giovane Potter si trovò a fissare il volto di Ludesh Dulick… o non era il suo?

 

“R.A.B.?”

 

“No” rispose l’uomo con un accenno di sorriso.

 

“Ma allora tu sei…?” Harry era stordito; chi altri poteva essere?

 

Il viso del vecchio, incredibilmente fascinoso per la sua età, si ricompose in un’espressione molto seria: “Sono la reincarnazione di Albus Silente.”

 

Harry trattenne il fiato. Gli ultimi ricordi erano confusi, l’attuale situazione era quasi fantasmagorica eppure quella rivelazione lo portò a voler credere che quella fosse la realtà.

 

“Professore…?”

 

“Carattere ingenuo, facilmente malleabile e… divertente, aggiungerei” rise l’uomo abbandonando del tutto la posa seriosa.

 

“Mi sta prendendo in giro? E’ lei R.A.B., o chi altro è?” domandò brusco Harry, scioccato ed incredibilmente deluso.

 

“Ma certo che sono R.A.B. Il tuo senso della perspicacia è a dir poco infimo” aggiunse il vecchio con fare canzonatorio “Comunque puoi chiamarmi Kaus.”

 

“Allora avevo ragione, lei è Lyons Kaus, vero? Ma perché si fa chiamare R.A.B.?”

 

“Sì, sono sempre io; e mi dispiace, non ho intenzione di dirtelo ora. Ma suppongo che il merito di questa scoperta sia da attribuire ad un informatore esterno, non hai il volume cranico né la capacità per aver risalito al mio nome.”

 

“No, infatti” rispose Harry alquanto irritato dal sorriso mellifluo del vecchio; doveva trattenersi per ottenere le informazioni che voleva.

 

“Ma mi hai comunque trovato, quindi: benvenuto!” ironizzò Kaus, mostrando a Harry con un gesto magistrale della mano il piccolo appartamento “Questa è la mia umile dimora”

 

Harry si guardò confusamente intorno; ora era certo di essere fuori dai confini della scuola “Ma un momento fa ero ad Hogwarts, come ho fatto a finire qui? Non ci si può smaterializzare dentro i confini della scuola.”

 

“Audace deduzione, Harry, se mi posso permettere di chiamarti per nome, oh Prescelto” R.A.B. non abbandonò per un solo istante il suo sorriso altezzoso e derisorio “Non hai mai sentito parlare del Canale di Fuga?”

 

“No” rispose Harry, cercando di spingere il suo grado di sopportazione ai limiti del possibile.

 

“Bene. Allora non voglio rovinare la tua ignoranza, accontentati di sapere che sei a casa mia.”

 

Harry osservò meglio il locale: era molto buio e cupo, quasi come se nell’aria aleggiasse una nebbia nera, e in un angolo del locale il ragazzo scorse quella che avrebbe potuto essere una distorsione spaziale “Ma che cos’ha questo posto?”

 

“Sai cos’è la barriera parallela spaziale?” domandò Kaus con una punta di sarcasmo.

 

“No.”

 

“Tu devi essere una di quelle persone che pongono di continuo domande ma che non conoscono mai una risposta, ne c’est pas?” sghignazzò l’uomo vedendo Harry disorientato.

 

“Sei caduto in una crisi confusionale? Vuoi sapere chi sono veramente e che cosa ho a che fare col pazzo smanioso di potere?”

 

“Intende dire…?” cominciò Harry alquanto stupito dalla franchezza molto impudente con cui R.A.B. si rivolgeva al Signore Oscuro. Era sempre stato circondato da maghi e streghe che temevano persino di pronunciare il suo nome e invece il vecchio stregone che gli stava davanti osava persino offenderlo.

 

“Riddle, già. E non mi dare del lei, mi fai sentire vecchio” Kaus guardò di sbieco Harry, sogghignando “Beh, più di quanto lo sia già.”

 

“D’accordo. Io ho scoperto che tu eri un compagno di classe di Voldemort…”

 

“Alt, alt… lo possiamo chiamare Tom o Riddle invece di Voldemort, troppo dark per i miei gusti.”

 

“Dunque” continuò Harry, un tantino irritato “tu conoscevi Riddle e anche Wallace Simur.”

 

“Il leccapiedi di Riddle, beh, uno dei tanti, caratterizzato da una scarsa fiducia e stima di sé, più predisposto ad ubbidire servilmente che a comandare.”

 

“Sì, lui” confermò Harry “Vorrei solo sapere quali sono le tue intenzioni e da che parte stai.”

 

“Non l’hai ancora capito?” chiese R.A.B. assolutamente divertito.

 

Harry strinse forte i pugni cercando di trattenersi “No.”

“Chissà perché a tutte le mie domande rispondi sempre no; ho un’influenza così negativa?”

 

Harry cercò di focalizzare tutti i suoi pensieri sulla promessa che aveva fatto a Silente e quindi tentò di abbandonare la crescente antipatia che nutriva per R.A.B. “No.”

 

“In altre parole, sì. Beh, prova a sforzarti Harry, ha giudicare dal mio comportamento da che parte pensi che stia?”

 

“Non lo so, credo dalla mia dato che mi hai aiutato.”

 

“Ragionamento semplicistico e banale. Punto numero uno: tutti gli esseri viventi stanno dalla parte di loro stessi; punto numero due: io non differisco da questa costante umana; punto numero tre: se si dovesse imporre una divisione tra “buoni” e “cattivi” in questa guerra, la mia posizione sarebbe prettamente centrale.”

 

“In altre parole non stai da nessuna parte.”

 

“Sì, esatto. Ma suonava molto più armonico nel discorso che ho costruito io.”

 

“Io non capisco.”

 

“Strano” lo schernì Kaus sghignazzando apertamente.

 

Harry inghiottì un grande accumulo di saliva “Ma perché mi hai aiutato?”

 

“Perché sei utile a raggiungere il fine ultimo della mia esistenza.”

 

“Bene, e questo fine ultimo va contro di me o contro Voldemort?”

 

“Riddle” lo corresse Kaus “Posso affermare con certezza che va contro Riddle.”

 

Harry sospirò, sentendosi alquanto rincuorato, anche se era più che convinto che l’ineguagliabile antipatia di R.A.B. non gli avrebbe mai permesso di fidarsi di lui a tal punto da considerarlo un alleato.

 

“Non tirare sospiri di sollievo. Non essere così sciocco da fidarti di qualcuno, specialmente di me.”

 

“Perché non dovrei fidarmi?”

 

Kaus, d’un tratto, si fece molto serio “Fai conto che parlare con me è come parlare in linea diretta con Riddle.”

 

Harry si convinse quasi subito della falsità di quell’espressione seriosa “Ad ogni modo sono venuto per chiederti una cosa.”

 

“L’avevo detto che tu eri il ragazzo delle domande.”

 

“Tu sai che cosa sono gli Horcruxes, vero?” tagliò corto Harry, convinto che se avrebbe passato un altro istante a farsi calunniare da R.A.B. gli avrebbe urlato in faccia.

 

“Domanda idiota. Se hai trovato la mia firma dentro lo pseudo-Horcrux della caverna la risposta deducibile è senza dubbio sì, anche se niente è senza dubbio.”

 

“Allora l’hai distrutto?” gli chiese Harry con molta pazienza.

 

“Altra domanda idiota.”

 

“Come mai sei ancora vivo? Dal biglietto che hai scritto mi è sembrato di capire che eri sul punto di morte.”

 

“Altre circostanze: mi trovavo in una situazione di totale incomprensione, non avevo la minima idea di cosa sarebbe successo e come suggerisce il buon senso ho preferito pensare al peggio. Dopo aver infranto la protezione dell’Horcrux mi sono trovato davanti un bel bivio e ripensandoci oggi ho preso la strada sbagliata, quella più facile, ma la sbagliata. Può sembrare un paradosso ma sono sopravvissuto grazie all’Anatema di Morte dell’Horcrux.”

 

Harry aveva rinunciato da molto a sforzarsi per intuire il senso profondo dei discorsi di Kaus, così si limitò a chiedergli: “Ora dimmi un’altra cosa, ti dispiace?”

 

“Ti ascolto.”

 

“Dove sono gli altri Horcruxes?”

 

“Oh caro Harry…” cominciò l’uomo in tono di rimprovero.

 

“Lo so, se lo avessi saputo gli avresti già distrutti.”

 

“No, sbagliato” ridacchiò Kaus scuotendo la testa “Io so dove si trovano tutti eccetto uno, quello legato al fondatore più fiero e coraggioso.”

 

“Godric Grifondoro.”

 

“Prima risposta corretta della serata.”

 

“Ma allora, potresti dirmi dove sono questi Horcruxes?”

 

“Lo sai già” rispose Kaus, apparendo alquanto scocciato “Uno l’hai distrutto, si trattava del diario di Riddle, l’altro, l’anello di Serpeverde, è stato annichilito da Albus Silente, poi c’è l’Horcrux di Corvonero e Tassorosso e infine il pezzo di anima all’interno del serpente.”

 

Harry si illuminò “Nagini? Allora il professor Silente aveva ragione. Tu sai dove si trovano l’Horcrux di Corvonero e quello di Tassorosso, vero? Ti sarei molto grato se me lo dicessi.”

 

“Non sei mai stato una cima in Aritmazia, scommetto” sghignazzò R.A.B.

 

“Hm?” fece Harry, incapace di trovare un nesso logico che legasse la sua incompatibilità coi numeri alla ricerca degli Horcruxes.

 

“Secondo la tua brillante deduzione ci dovrebbero essere sette Horcrux che girano a piede libero oltre a quello nel corpo di Riddle. Sbagliato, ce ne sono sette in tutto. I simboli di Tassorosso e Corvonero sono sullo stesso Horcrux.”

 

“Ma dov’è?” chiese Harry, sempre più esasperato.

 

“Trovatelo da solo”

 

Il giovane Potter fu quasi contento nello scoprire che aveva perso tutta la pazienza; almeno si sarebbe sfogato sul vecchio “Cosa?! Ma…”

 

“Calmati” lo interruppe Kaus, agitando con non chalance la mano “E’ piuttosto facile da scovare. Basta che incarichi la tua brillante amica Mezzosangue di una piccola ricerca su un oggetto che suggella l’alleanza tra le fondatrici della scuola.”

 

“Gli Horcruxes non sono così facili da trovare. Voldemort non è stupido.”

 

“Ahimè su questo punto ho i miei dubbi, ma comunque… questo particolare Horcrux può concedersi il lusso di essere scovato, i veri problemi sopraggiungono dopo il ritrovamento.”

 

“Come?”

 

“Lo capirai a tempo debito” disse Kaus simulando un’incredibile saggezza nelle sue parole “Vuoi che ti racconti la storia della mia vita per farti comprendere meglio le mie intenzioni?”

 

“No, grazie” rispose Harry con totale sincerità.

 

“Saggia decisione. Ci vorrebbe molto tempo per discorrere sui meriti della mia vita. Ti propongo altro, piuttosto: che ne dici di restare qui a casa mia e farti allenare dal sottoscritto?”

 

“Vuole allenarmi? Per combattere contro Voldemort?”

 

“Esatto. Allora, accetti?”

 

“Devo pensarci.”

 

Kaus sghignazzò “Prenditi tutto il tempo che serve al tuo cervello per carburare una risposta.”

 

“Se me ne vado ora, non potrò più tornare indietro?”

 

“Certo che potrai tornare. Oltrepassa la barriera – e additò lo spazio della camera dove le immagini deformate sembrava convergere in un solo punto - e ritrova i tuoi due amici e la rossa.”

 

Il riferimento a Ginny fece imporporare le guance di Harry “D’accordo e… non è che potresti smetterla di spiarmi almeno quando sono in compagnia?”

 

R.A.B. assunse una falsa aria indignata: “Mi hai preso per un maniaco guardone? E’ da diciassette anni che non esco da questo buco schifoso, sinceramente avrei preferito un soggiorno ad Azkaban, almeno lì c’erano i Dissennatori che sapevano come farti ingannare il tempo, ma a casa mia… l’unico svago da qui a una settimana è stato partecipare alle bieche esperienze di un maghetto appena maggiorenne.”

 

Harry se ne andò senza ripensarci due volte e congedò l’antipatico vecchietto con ben poca gratitudine “Arrivederci.”

 

La voce canzonatoria di Lyons Kaus lo accompagnò anche oltre la barriera: “Arrivederci. E quando torni portami una bottiglia di Whisky Incendiario.”

 

*^*^*^*^

 

“Per Morgana, Harry, dopo tutto ciò che ti ho detto non puoi prendere anche solo in considerazione la proposta di quel… quel…” Hermione, che fino ad allora aveva contestato e commentato in solitudine il bizzarro incontro che Harry aveva raccontato di aver avuto con Lyons Kaus, si fermò giusto il tempo per trovare un appellativo appropriato all’ormai cinquantenne mago. “Quel RAB!” berciò infine la ragazza frustrata, afferrando una ciocca di capelli riccioli e portandosela dietro l’orecchio “Almeno è affidabile? Ti sembra un individuo dalle intenzioni chiare?”

 

Harry sospirò visibilmente rammentandosi dei discorsi machiavellici del vecchio e voltò la testa verso la sua migliore amica. “Sentimi, Hermione, hai ragione a insistere che non c’è da fidarsi di lui, che sicuramente Kaus conosce incantesimi di Magia Oscura ignoti a molti, forse anche a Silente stesso, che mi ha raggirato come voleva fino ad adesso; tuttavia sai che sono il Prescelto… e questo comporta, diciamo, alcuni rischi.” La interruppe Harry con una smorfia ironica.

 

Hermione aprì la bocca un paio di volte, furiosa e amareggiata dall’idea che Harry stesse sul serio ripensando, o addirittura prendendo in considerazione quello che Kaus gli aveva proposto; le parole che non trovava per esprimere la sua totale disapprovazione per un pensamento così sconsiderato volarono, però, in bocca a Ron che si alleò, per una volta, con Hermione contro il suo migliore amico: “Anche se dovessi uccidere tu Voldemort, non è necessario che tu vada a casa di Kaus ad allenarti. Lupin sarebbe più che felice di insegnarti qualcosa se glielo chiedessi e infondo RAB era un compagno di Riddle, te lo ha detto lui stesso… non possiamo rischiare che tu rimanga da solo con lui. Può essere una trappola.” Osservò il rosso, meritandosi un’occhiata compiaciuta di Hermione e un suo sorriso sgargiante.

 

“Andare ad allenarsi con” riprese la ragazza, deglutendo prima di pronunciare il nome dell’uomo. “Kaus significa allontanarsi dall’Ordine, dalla protezione di persone fidate.”

 

Harry fece una smorfia. “Non sappiamo se tutti sono fidati. Prendi Piton ad esempio: era una colonna portante dell’Ordine, e guarda cosa ha fatto.”

 

“Non divagare, Harry” lo riprese lesta Hermione.

 

Harry alzò le braccia e le agitò in aria. “Ok, avete ragione a non volervi fidare di lui, ma io sono un Legimens, ricordate? Lo sentirei se provasse il desiderio di uccidermi.”

 

Ma Hermione aveva la risposta anche a questo: “Anche al quinto anno eri convinto di vedere esattamente ciò che faceva Voldemort e invece siamo caduti in una sua trappola e…” Hermione spezzò la frase, mordendosi le labbra.

 

“…Sirius è morto.” Completò Harry sospirando con impazienza. “Lo so. Ma stavolta è diverso… io… riesco sul serio a captare le sue emozioni più forti… è come se mi sfiorassero, un lieve tocco, ma riconoscibile… lo ammetto che non sono ancora molto bravo, e che molte volte i pensieri sono confusi, ma sui sentimenti non posso sbagliare: e vi assicuro che Kaus prova un forte moto d’odio verso Riddle.”

 

Hermione schioccò la lingua. Harry la guardò malissimo. La ragazza cercò di restare in silenzio; Ron constatò con stupore che c’era riuscita per ben quarantasette secondi e un battito di ciglia.

 

“Non mi convince Harry. Se è così, perché non ha mai cercato di rintracciare qualcuno che come lui fosse ostile a Voldemort? Ad esempio Silente… Tutto il Mondo Magico sapeva che Silente lo combatteva, e inoltre è impossibile che Kaus non sapesse dove trovarlo…” ricominciò a supporre infervorata Hermione.

 

Harry strinse gli occhi e si mise i palmi sulle orecchie, ficcando le dita nei lunghi capelli neri ribelli. “Non lo so, non lo so, va bene?! È una sensazione che ho… per adesso posso stare tranquillo con lui…”

 

“Per adesso, Harry, per adesso…” ripeté dura Hermione.

 

“Starò attento…”

 

Hermione incrociò le braccia al petto. “Ne parli come se volessi già andare!” sbottò quasi isterica guardandolo con gli occhi color cioccolato scuriti. Ron non disse niente preferendo far scricchiolare le dita: alzò solo lievemente lo sguardo fino ad incrociare il suo, poi riprese a dedicarsi al suo passatempo; Hermione schioccò nuovamente la lingua irritata dalla mancanza di appoggio.

 

“Non ho ancora deciso” rispose infine Harry alla tacita domanda di Hermione (e Ron, forse). “ma non ho nemmeno accantonato l’idea. Ogni possibilità va esaminata con cura. Ci devo riflettere.”

 

“…e bene.” Soggiunse fermamente Hermione, voltandosi poi verso Ron e intimandogli di smetterla ‘con quelle dita’.

 

Harry sbuffò leggermente, ma cedette ad un sorriso divertito: Hermione era sempre Hermione, intelligente e furba, quanto testarda e meticolosa.

 

“Lo farò Hermione.” Disse per tranquillizzarla.

 

Hermione sorrise e drizzò la schiena. “Alle volte mi chiedo come fareste senza di me…”

 

Ron intrecciò le dita facendo l’ultimo cric sonoro e portandosi le mani a coppa dietro la testa. “Tutto ciò che vogliamo senza che tu ci rompa le scatole…”

 

“RON!”

 

*^*^*^*^

 

Samantha sedeva sul suo letto con le gambe rannicchiate al petto e le mani che stringevano forte alcune polaroid: osservava in silenzio le persone immortalate sorridenti nelle pose più disparate; e, nonostante alcune fossero davvero esilaranti, in quel momento le si formò un groppo in gola e le venne da piangere, uno sfogo infantile che poco si addiceva ad una Mangiamorte, pensò in un misto di rabbia e frustrazione; le nocche sbiancarono mentre lei stringeva quasi spasmodicamente le fotografie animate.

 

Lei era forte, una vera Drake: dal ruolo che ricopriva nell’organizzazione dipendeva l’esito di questa guerra ed era davvero sciocco lasciarsi andare all’amarezza del passato quando c’era un presente da costruire.

 

Una debolezza piuttosto ridicola, che non si doveva permettere. Nè questa, nè altre.

 

Si strofinò con forza i polsi sugli occhi arrossati asciugandosi le guance con il pullover e si alzò andando verso la finestra. Quel giorno c’era un violento acquazzone. La pioggia aveva spazzato via la nebbia e bagnava ormai incessantemente da almeno quattro ore i giardini tagliati di fresco, lasciando nell’aria quell’odore acre di fieno che impregna l’aria e ti soffoca dolcemente; a Samantha non spiaceva quell’odore, ma al contempo era insopportabile.

 

Il quartiere dove abitava era carino, dopotutto: fuori dal centro città, Effingham era una sottospecie di paradiso paragonato ai disordini che regnavano da padroni a Londra: niente cinguettii degli uccellini e niente vicini premurosi, anzi la padrona di casa, la signora Denver, le faceva venir voglia di tirare fuori la bacchetta e di Schiantarla, ma tutto sommato era solo nel suo appartamento che poteva dedicarsi un attimo al riposo e a se stessa. Prima che arrivasse lui. L’aveva invitato Samantha e non si pentiva di quella scelta (non si era mai pentita per nessuna, a dirla tutta), ma il suo riposo adesso era limitato alla sua stanza da letto… e tutto per colpa di Draco Malfoy.

 

Draco era un ragazzo intelligente, raffinato e dotato di un certo fascino, ma non riusciva a lasciarle il suo spazio. Non che fosse curioso o invadente, anzi, quando non iniziavano una conversazione – sarebbe stato meglio dire che Samantha iniziava –  o non rifletteva in silenzio, leggeva in silenzio… niente rumori fastidiosi, quindi; era piuttosto la sua presenza a lasciarla inquieta e incapace di rilassarsi.

 

Insopportabile. Ecco l’aggettivo giusto.

 

Da quando era arrivato aveva lasciato nella casa un’impronta indelebile che Samantha non era riuscita a coprire. I libri in salotto, il cappotto, l’odore di muschio di cui era impregnata la casa… e, naturalmente, il suo respiro accanto a lei. Certe notti Samantha appoggiava l’orecchio alla sua porta, spiando nella serratura, per ascoltare il suo respiro regolare, o per scorgerlo sdraiato con le braccia dietro la testa a guardare il soffitto, alle volte direttamente lei: Samantha sospettava che ogni volta che aveva fatto questo, lui l’avesse sentita, ma non glielo avesse mai detto, indifferente alla cosa.

 

La ragazza scosse la testa, mordendo un labbro.

 

Assurdo. Decisamente assurdo che un ragazzino di quattro anni più giovane di lei la facesse sentire irrequieta… e un ragazzino per giunta presuntuoso, quando apriva quella sua boccaccia, e silenzioso.

 

Forse era proprio questo il problema: Draco le era sembrato più… umano nei primi tempi che lo aveva conosciuto e questo l’aveva avvicinata a lui. Aveva pensato addirittura ad un fidato amico all’interno di una confraternita come i Mangiamorte, ma man mano passava il tempo Draco, respirando e vivendo nel Covo Oscuro, aveva imparato a dominare completamente le sue emozioni, mantenendo un calma glaciale.

 

Samantha rabbrividì: era impensabile per lei una tale freddezza all’infuori del covo del Signore Oscuro. Lì lei era calma e autoritaria quando ci riusciva, ma fuori era come se si liberasse e tornasse a respirare.

 

TOC TOC

 

Samantha sussultò lievemente. Chiuse gli occhi per riprendere il controllo e chiese educatamente: “Sì? Chi è?”

 

“Sono io, Draco”

 

E chi altri se no? Chi ho qui, se non lui?

 

Anche la voce di Draco era ormai pacata, educata, fredda (ma rare volte scortese), ancora alle volte acuta e infantile, ma che ormai s’avviava a prendere una cadenza profonda; aveva quasi un suono musicale.

 

“Oh… entra, Draco.”

 

Lui entrò, leggero e silenzioso come un gatto, richiudendo la porta. Samantha, ancora girata verso la finestra, si morse nuovamente le labbra e strinse di più le braccia sul petto: ora anche la sua stanza era contaminata. Sentiva già il suo profumo.

 

“Prima o poi dovrai dirmi che cosa usi per profumarti di muschio…” sussurrò in trans.

 

“Cosa?”

 

“Niente.” Gli rispose voltandosi verso di lui. Draco era perplesso, ma sembrava che non volesse insistere. Samantha sospirò internamente.

 

“Perché sei qui?” gli domandò, sedendosi sul letto e facendogli segno di accomodarsi. Lui non si mosse, fermo vicino alla porta, declinando così la sua offerta. Samantha pensò che Draco volesse quasi essere nella posizione più proficua per scappare.

 

“Mi chiedevo cosa pensa il Signore Oscuro dell’idea di scarcerare i detenuti ad Azkaban.”

 

Samantha se lo aspettava: era l’unico pensiero che, lei lo sapeva, frullasse in testa a quel ragazzo.

 

“Cosa ti fa pensare che io ne sappia più di te?” gli chiese. Aveva imparato a essere prudente, da quando lui era cambiato: già troppe volte gli aveva espresso pareri pericolosi, per testarlo, forse.

 

“Vedi il Signore Oscuro quasi tutti i giorni a causa del tuo incarico. Te ne avrà parlato, no?” il suo tono calmo nascondeva in realtà un affannamento.

 

Samantha rifletté sulla possibilità o meno di rivelargli qualcosa. D’altronde, un po’ lo capiva: dentro Azkaban c’era anche suo padre, Lucius Malfoy.

 

“… sei in pena per tuo padre, Draco?” la voce di Samantha aveva preso colore, diventando dolce.

 

Draco sembrò soppesare la domanda – e lei – per un attimo. Samantha non aveva fretta, e sapeva che se gli avesse rifatto la domanda, non le avrebbe di certo più rivelato qualcosa su di lui. E la ragazza nutriva una curiosità quasi morbosa di sapere di più su Draco.

 

“Ormai è un anno e trentotto giorni che è là. Non dovrei essere in pena.” Rispose.

 

Samantha gli sorrise. Contava i giorni che suo padre aveva trascorso in prigione e aveva usato un condizionale. Ci teneva alla famiglia, anche a colui che l’aveva, per così dire, fatto diventare un Mangiamorte.

 

La ragazza aveva raccolto informazioni sulla vita precedente di Malfoy, scoprendo che suo padre era stato un Mangiamorte molto influente e questo di certo aveva influenzato il suo destino.

 

“Eppure lo sei.” Commentò pacatamente sempre con il sorriso. “Che carino!”

 

Draco spalancò gli occhi, sembrando imbarazzato, e lei si illuminò nel trovare sotto la sottile corazza di indifferenza e ghiaccio ancora qualcosa di umano e sensibile.

 

“Scusa, m’è scappato.” Gli disse, facendogli però l’occhiolino. Troppo tardi: la maschera era già al suo posto sul viso impenetrabile di Draco Malfoy.

 

“Mh.”

 

Restarono per qualche minuto in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

 

“Allora?”

 

“Eh?”

 

Draco alzò le sopracciglia altezzosamente e borbottò: “Queste informazioni…”

 

“Beh, non ne so molto, ma credo che Voldemort stia facendo qualcosa in proposito… o magari sta solo prendendo in considerazione questa ipotesi. Ci sono sì nuovi acquisti, ma non abbondano, diciamo. È per questo che io sono qui. È un po’ come se fossi un agente pubblicitario.” Sorrise Samantha.

 

“Un cosa?” chiese Draco.

 

Samantha ridacchiò imbarazzata. “Eh eh… niente, niente… solo uno stupido lavoro babbano…”

 

“Sarà…” Draco era perplesso. “Secondo me non sei adatta a reclutare uomini per il Signore Oscuro. Non mi sembri molto d’accordo con le motivazioni e gli scopi di Voldemort.”

 

Samantha si irrigidì. “Cosa intendi dire? Vuoi forse mettere in discussione la mia lealtà al nostro Signore?” domandò con tono irritato.

 

Draco rimase in silenzio, mettendola così ancor più in agitazione. Samantha sentì un brivido e la collera (mista a qualcos’altro) avanzare in lei.

 

I lineamenti del volto della ragazza si indurirono. “Non ti permetto di insinuare questo, Draco. I successi che ho portato a termine sono il chiaro segno di come mi stia impegnando per convincere i maghi all’estero ad unirsi a noi. Cosa non facile, dato che ai tempi della Prima Guerra Magica l’influenza del Signore Oscuro non era arrivata fuori dai confini europei.”

 

Draco non si intimorì. “Non dovresti giustificarti.” Osservò glaciale.

 

Samantha sostenne il suo sguardo diffidente con determinazione. “Quando c’è chi insinua il mio tradimento, ho il dovere di chiarire la mia lealtà. Chiunque farebbe così.” Replicò con freddezza pari a quella del ragazzo. Questi, non insistette, ma neppure le chiese scusa.

 

“Ora vattene, m’hai irritato.” Gli ordinò.

 

Lui richiuse la porta alle sua spalle.

 

Samantha si alzò e accostò l’orecchio alla parete finché non sentì una porta chiudersi. Si lasciò ricadere addossata all’uscio, premendosi la tempia con due dita.

 

Gli scontri con Draco la spossavano sempre.

 

*^*^*^*^

 

Fiamme.

 

Le fiamme bruciavano le travi di legno che, incandescenti, crollavano dal tetto ormai in cenere della Tana.

 

Un cumulo di macerie, sassi anneriti, muri crollati, prati da cui sembravano salire le fiamme dell’inferno era quel che pareva rimanere della casa di campagna, dove tutti e tre loro aveva trascorso momenti felici.

 

Il pollame, impazzito, correva per il cortile con acuti versi di terrore.

 

A coronare il tutto, la grande nube nero pece, che Hermione per prima e con la solita prontezza aveva avvistato in lontananza, faceva da sfondo a quel che Harry e Ron avevano sempre considerato ‘casa’, mentre ora era soltanto un cumulo di rovine.

 

Il giovane Potter sentì un vuoto all’altezza dello stomaco chiuso. Osservò in silenzio un’altra trave crollare: in qualche modo era come se crollasse con lei anche una parte sua. Forse la sua infanzia, l’adolescenza.

 

Harry guardò alla sua destra dove, silenzioso, Ron osservava lo stesso scenario, gli occhi azzurri completamente spenti.

 

Il rumore del fuoco crepitante non era lo stesso suono che aveva udito Harry tante volte davanti al camino acceso; era più forte, più potente, quasi più mostruoso.

 

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: un serpente nebuloso si muoveva sinuosamente uscendo dalla bocca d’un teschio.

 

Mangiamorte.

 

Non che non avesse già capito che non si era trattato di un incidente, ma Harry non aveva mai preso in considerazione l’idea che potessero fare questo ai Weasley.

“Ron, ti prego…” il sussurro disperato di Hermione attirò l’attenzione del giovane Potter: l’amico non si era mosso da quando, atterrati in lontananza dalla Tana, aveva corso pazzamente davanti a lui e a Hermione fino a giungere lì.

 

Sembrava smarrito, annichilito; Harry, tuttavia, avrebbe scommesso la sua testa, per la gioia di  Voldemort, che in verità era molto, molto arrabbiato. Poteva quasi vedere l’ira che divampava in lui come il fuoco che si stava finalmente consumando tra le ceneri.

 

Hermione stava singhiozzando. “Ron, ti prego, parlami… reagisci…” sussurrava preoccupata. Come sempre, aveva capito che il rosso aveva bisogno di aiuto, prima ancora di compatire una casa in fiamme. D’altronde, si disse Harry, non era importante in sè, ma era più che altro un simbolo che andava perduto; l’avrebbero ricostruita, si promise.

 

Harry si avvicinò. “Amico, andiamo…” suggerì, tentando di allontanarlo.

 

“NO!” si oppose il rosso, districandosi dalla sua presa.

 

Harry non cedette. “Non mi sembra il caso di inalberarsi, Ron.” Disse. Lo prese per le spalle e tentò nuovamente di allontanarlo. “Non serve a niente stare qui… cerchiamo la tua famiglia e avvisiamoli dell’accaduto…”

 

“Lasciami in pace!” gridò invece Ron cercando di divincolarsi. “Devo rimanere qui!”

 

Harry si fece forza per tentare di contenere l’amico, più alto e prestante di lui. “Non ti servirà a niente! Cerca di calmarti!”

 

“Maledizione, Harry, lasciami! È la mia casa quella che sta bruciando, la MIA casa!!” gli urlò il rosso, dibattendosi con crescente forza.

 

“Lo so!” gli rispose Harry, tentando di calmare la belva.

 

Accidentalmente il gomito di Ron si conficcò nel suo petto, facendogli mancare il fiato per un attimo. Lo lasciò andare, tenendosi con una mano la parte contusa.

 

“Cavoli…” borbottò lanciando maledizioni. “Testardo d’un Weasley…”

 

Vide allora Hermione, che prima era restata da parte in silenzio a guardarli dimenarsi, avvicinarsi a Ron cauta e posizionarsi di fronte a lui.

 

“Ron…” lo chiamò dolcemente. “Capisco il tuo dolore, ma l’importante è che tu stia bene, ok? …Ron, ti prego, guardami!” Hermione prese il suo viso con una mano e lo girò in modo da essere occhi negli occhi. “Devi reagire Ron. Non puoi startene qui fino alla fine dei tuoi giorni, nè fino alla fine di questo.”

 

“Lasciami stare.”

 

Due parole come due stilettate al cuore.

 

SCHIAF!

 

Potter smise di respirare, e forse così fece anche la ragazza.

 

Era successo quello che nè Harry nè Ron nè, forse, Hermione avrebbero mai immaginato. La mano di Hermione si era abbattuta con decisione sulla guancia di Ron, facendogli voltare la faccia dall’altra parte.

 

Ron era rimasto con la faccia voltata, gli occhi sbarrati d’incredulità. D’un tratto si riprese e si voltò: “Hermione, che cavolo…” ma le parole gli morirono in gola.

 

Hermione stava piangendo.

 

Ron, dimentico dello schiaffo, della casa e di Harry, si abbassò fino a raggiungere la statura della ragazza e prese a cancellargli le lacrime con i pollici, preoccupato a sua volta per lei: “Hermione, non piangere… io non volevo… smettila, per favore… perché piangi?”

 

Hermione strinse gli occhi per tentare di calmarsi e borbottò tra i singulti: “Perché sei un dannato imbecille, Ronald Weasley…” …e mi fai tanto preoccupare…

 

Hermione si calmò e prese fiato. Alzò gli occhi cioccolato su di lui.

 

Ron si staccò, rosso sulle orecchie, imbarazzato.

 

Hermione, al contrario, non sembrava esserlo più di tanto. “Ora la smetti di fare l’idiota, per piacere? Dobbiamo andare via di qui.” Gli disse con dolcezza.

 

“S-sì… scusatemi.” Balbettò Ron.

 

Delle sirene in lontananza svegliarono Harry che aveva guardato sbalordito (e un poco divertito, a dire il vero) lo spettacolino dei due amici.

 

“Sarà meglio andarsene…” disse. “I proprietari dei terreni confinanti avranno chiamato i pompieri.”

 

I due annuirono e lo seguirono lungo i prati, trotterellando abbassati per non farsi vedere dal camion rosso appena giunto già al lavoro per domare l’incendio ormai passato. Arrivati alla radura dove avevano lasciato le scope, rifletterono sul da farsi.

 

“Dovremmo raggiungere la famiglia di Ron e avvisarli dell’accaduto…”

 

“E’ quello che avevo in mente.” Concordò Harry con Hermione.

 

“C’è un problema.” Intervenne Ron.

 

Gli altri due chiesero al rosso a cosa mai si riferisse.

 

“A parte che molto probabilmente sanno già tutto, non sappiamo nè dove siano nè come contattarli.” Spiegò Ron, che ora sembrava lucido e completamente ripreso dallo shock.

 

“Vero.” Convenne Hermione.

 

“Che si fa?” domandò il rosso.

 

Ci fu qualche minuto di silenzio, mentre tutti riflettevano.

 

“Beh…” tentò Harry. “Si potrebbe contattare l’Ordine…”

 

“Geniale, amico!” esultò Ron alzando il pollice mentre Harry si strofinava l’indice sotto il naso soddisfatto.

 

“Peccato che non sappiamo come fare anche con loro.”

 

Hermione fece crollare le loro speranze.

 

“E che si fa, sentiamo!”

 

“Possiamo andare al Paiolo Magico a Londra. In qualche modo, lì, riusciremo a contattare qualcuno che ci possa aiutare.” Propose la ragazza, aggiungendo: “Certo, dovremmo fare attenzione con le scope, dopo l’attacco di quel drago al Parlamento babbano il Ministero ha imposto un regime speciale anti-rivelazione.”

 

“Ma…” iniziò titubante Ron, interrotto poi dal richiamo di un uccello.

 

I tre si voltarono contemporaneamente in direzione dello strillo acuto e per Harry famigliare, e videro una civetta bianca librarsi verso di loro.

 

“Edvige!”

 

La civetta atterrò morbidamente sul braccio disteso del suo padrone. Harry sorrise alla sua vecchia amica e le accarezzò la testolina piumata. “Ehi bella, cosa mi porti?”

 

La civetta allungò una zampina a cui era legata una pergamena che Harry slegò e porse ad Hermione, mentre Edvige gli beccava amorevolmente le dita in segno di affetto.

 

“Allora?” chiese Ron impaziente.

 

Hermione sorrise. “E’ di tua madre. Stanno tutti bene e c’è scritto dove possiamo trovarli.”

 

Ron si alzò in piedi. “Perfetto, andiamo.”

 

Harry lo imitò, raccomando alla civetta di seguirli. Salirono sulle scope e seguirono Hermione che volava egregiamente.

 

“Dove andiamo?”

 

“Londra.” Rispose sbrigativa lei.

 

“E dove di preciso?”

 

“Uffi, Ron, fidati.”

 

“Eddai, Hermione cosa ti costa? Devi sempre avere tu il controllo di tutto!”

 

Harry si portò una mano sulla faccia. “Non è possibile, di nuovo…”

 

“Non è vero! Sei tu quello che fa sempre scenate!”

 

“Bugia. Ah, ora che ci penso, perché mai mi hai mollato un ceffone, si può sapere?! Fa male…”

 

“Se fai ancora il pazzo te ne becchi un altro, stupido!”

 

“Edvige, amica mia, meno male che ci sei tu…”

 

Ma la civetta, disturbata dagli schiamazzi, cominciò a volare più veloce, lasciando il padrone da solo, terzo incomodo tra i due, come al solito.

 

*^*^*^*^*^

 

Harry rigirò la bacchetta tra le dita pensando alla proposta di Kaus e in contemporanea a Ginny, Ron ed Hermione. Non era la prima volta che si sentiva diviso tra i suoi cari e il suo dovere, ma mai prima d’ora era stato così indeciso. Non c’era da fidarsi di Lyons Kaus, come gli aveva ripetuto Hermione fino alla nausea, eppure necessitava del suo aiuto per trovare gli Horcruxes e magari per migliorare nel combattimento.

 

Kaus era un mago molto potente che conosceva a fondo Voldemort, ma che soprattutto non lo temeva. Era forse per questo motivo che Harry ora si sentiva quasi pronto ad accettare la proposta di R.A.B.: un mago, vecchio, potente e che non temeva Voldemort e che voleva addestrarlo per sconfiggerlo… quelle caratteristiche gli ricordavano Silente. Harry era in parte conscio del fatto che stava riflettendo lo spettro del suo amato ex-preside su Kaus, eppure doveva accettare; dopo un lungo riflettere si convinse che presto avrebbe riassaporato il gusto amaro del sorrisetto canzonatorio di R.A.B.

 

Come per uno scherzo del destino il suo inconscio lo aveva trascinato nei sotterranei del Ministero, dove si trovava ora la nuova sede dell’Ordine all’insaputa di tutti. Da quando Scrimgeour aveva assunto massima carica, quasi dittatoriale, la stanza dei Misteri era stata letteralmente ripulita ed ora, in quello che una volta era stato un labirinto di porte e stanze dai contenuti macabri e misteriosi, restava solo lo scheletro spoglio: un’immensa stanza completamente vuota, fatta eccezione per le mobilie.

 

Harry si mise a girovagare per molto; l’ambiente esteso e oscuro gli sembrava ottimo per riflettere anche perché quel luogo racchiudeva molti ricordi: lo scontro contro i Mangiamorte, la scoperta della profezia, la battaglia tra Silente e Voldemort e la morte di…

 

Harry si trattenne dal ricordare quella scena, ma gli fu impossibile quando si ritrovò parato davanti all’odiato velo. Il Ministero dunque non se ne era sbarazzato; quel drappo di tessuto rosso che detestava tanto… cosa sarebbe accaduto se avesse varcato la soglia che delimitava? Avrebbe rincontrato Sirius? Certo, il desiderio di riabbracciare il suo amato padrino era forte ma lo era quasi altrettanto la volontà di realizzare la promessa fatta a Silente.

 

Strenuamente Harry decise di fare dietro-front e di non indugiare oltre su ricordi dolorosi; doveva concentrarsi sul presente. Così attraversò l’immensa stanza deserta e risalì la scalinata segreta sino a ritrovarsi nel cuore del covo dell’Ordine della Fenice. Come se si fosse trovato ancora in un ambiente deserto e incurante dei saluti che gli rivolgevano i giovani apprendisti Auror, Harry si diresse verso quella che ufficialmente era diventata la sua stanza e vi si barricò dentro.

 

Dopo aver rivolto uno sguardo furtivo alla stanza per accertarsi di essere solo, Harry aprì un cassetto e cercò con le dita sul fondo quello che riconobbe come il vetro di uno specchio. Tirò fuori l’oggetto e lo osservò ipnotizzato. Sapeva che tutto ciò era inutile ma indugiò con lo sguardo sullo specchio che rifletteva nient’altro che la sua immagine. Proprio come la volta precedente ricevette un’enorme delusione, una frustrazione che Harry reputava infantile e ingenua. Perché continuava ad illudersi così? Era quell’ambiente in cui ora lo costringevano a vivere: la sezione Misteri. Non potevano scegliere un luogo che flagellasse di più la determinazione di Harry, tanto valeva obbligarlo a vivere sulla tomba dei suoi genitori. Il Ministero era un luogo sicuro strategicamente, ma non ottimale per il morale di Harry.

 

Il ragazzo aveva bisogno di una boccata d’aria fresca e sapeva che quell’aria si trovava proprio a casa di R.A.B. Prima di andarsene definitivamente da quella che per brevissimo tempo era stata la sua stanza, nascose lo specchio di Sirius sotto il mantello, anche quello, come il falso Horcrux da cui ora era inseparabile, era un monito per ricordarsi di quanto avesse perduto e con quanto impegno avrebbe dovuto impegnarsi per valorizzare la perdita di Sirius.

 

*^*^*^*^*^

 

Draco Malfoy era seduto su una poltrona, incurante della polvere che gli rovinava i pantaloni su misura. Per quanto tenesse al suo aspetto anche in tempo di guerra, era troppo preso dalle sue preoccupazioni per perdere tempo in cose futili.

 

Era da tre giorni che non aveva nessun colloquio con il Signore Oscuro e questo gli pesava un po’. Non si sentiva ancora un perfetto assassino, questo era vero, ma non era un nullafacente e l’attesa di una risposta alla sua proposta lo stava facendo impazzire.

 

Il rumore di una porta spalancata catturò la sua attenzione.

 

Sulla soglia, col fiato un po’ corto, stava Samantha. “Muoviti!” gli ordinò bruscamente, prendendolo per un braccio e trascinandolo di corsa tra i corridoi bui.

 

“Cosa succede?” chiese, strattonando il braccio in modo da liberarsi dalla presa.

 

“L’attacco sta per cominciare. Adesso.” Chiarì la ragazza.

 

Draco spalancò gli occhi. Sapeva già di cosa stesse parlando, ma volle comunque averne la conferma, così domandò: “Ad Azkaban?”

 

Samantha lo fissò, per un attimo gli sorrise con dolcezza. “Ovviamente.”

 

Draco sentì l’adrenalina in ogni fibra del suo corpo, ma si ordinò di mantenere la calma. “Chi guiderà l’attacco?” doveva saperne di più.

 

“Darcy Donovan, altrimenti detto Doppio Dolore. Un mago davvero molto potente, che si è distinto nella battaglia a Edimburgo.”

 

Draco annuì concitato. Ne aveva sentito parlare: ambizioso, distaccato, e spietato. Era la sua prima missione e sicuramente avrebbe fatto di tutto per portarla a termine con successo, così da conquistare stima e fama tra i Mangiamorte e, naturalmente, agli occhi di Lord Voldemort.

 

“Sono pronto.” Disse più a se stesso che a Samantha.

 

Lei non replicò limitandosi con un gesto di bacchetta a materializzare la sua maschera.

 

Nella Sala Regia un discreto numero di Mangiamorte era radunato, pronto all’attacco. Davanti un uomo sulla quarantina che li squadrava attraverso la maschera con due occhi viola inquietanti.

 

“Signori stiamo per attaccare Azkaban, la più inaccessibile prigione del Mondo Magico. Che dite, la lasceremo inaccessibile?!” gridò alla folla quello.

 

“NO!”

 

“Bene. Smaterializzatevi e uccidete. Per lord Voldemort!”

 

Padre sto arrivando a riscattarti.

 

*^*^*^*^

 

“Voglio entrare a far parte dell’Ordine.”

 

La frase di Ron aveva raffreddato ancora di più l’atmosfera pesante che regnava quella sera nel Quartier Generale dell’Ordine della Fenice. La signora Weasley stava seduta su una sedia e aveva smesso di rammendare un paio di calzini del consorte. Le labbra le tremavano.

 

“No, Ron non te lo permetto!”

 

“Mamma sono abbastanza grande da decidere da solo.” Ribatté caparbio il giovane Weasley.

 

“Non se ne parla! Qui non stiamo giocando ai soldatini, far parte dell’Ordine vuol dire rischiare di… di…” Molly Weasley lasciò cadere due lacrimoni sulle guance rubiconde. “…morire… ed io non permetterò che i miei bambini…”

 

“Charlie e Bill sono già dentro da un pezzo, mamma, e tutti oggi rischiano la vita, io in primo luogo. Preferisco di gran lunga agire piuttosto che starmene rintanato in un buco, come vorresti tu.” un luce determinata brillava negli occhi chiari di Ron.

 

“Non si preoccupi signora Weasley, non permetterò che Ron si faccia del male” l’intervento di

 

Hermione aveva rassicurato la signora Weasley che le concedette un sorriso di gratitudine. “Diventerò anch’io un membro della Fenice.”

 

Decisamente quasi tutti i presenti nella stanza – famiglia Weasley al completo, Tonks e Lupin, e Malocchio Moody – rimasero impietriti dall’iniziativa dei due giovani. Solo pochi tra i presenti non sembravano per niente sorpresi: il primo era Harry, al quale i due amici avevano dato per primo la notizia, e che se ne stava tranquillo appoggiato con la spalla al caminetto; la seconda era Ginny che continuò con serenità a studiare con aria assorta il grosso tomo di Incantesimi che le aveva prestato Hermione (a causa della chiusura di Hogwarts doveva recuperare da autodidatta gli insegnamenti); il terzo era Malocchio Moody che continuava a far ruotare sinistramente il suo occhio per tutta la stanza.

 

“Benissimo” disse quest’ultimo fissando l’occhio dall’altra parte rispetto a Ron e Hermione. “Abbiamo bisogno di carne fresca. Io e Lupin potremo farvi da maestri. Vi avviso da subito che sarà dura. Potete ancora ripensarci.”

 

I due ragazzi si fissarono per un lungo istante.

 

“Io accetto.” Disse Ron, seguito a ruota da Hermione. “Anch’io.” Annuì convinta la ragazza.

 

“Benissimo. Sono certo che mi divertirò un mondo come non mi capitava da tempo…” Lupin lanciò un’occhiata stupita all’ex-cacciatore di Mangiamorte. “Qualcosa in contrario Lupin?”

 

“N-no…” balbettò quello, incerto.

 

“Benissimo, benissimo…” ripeté con evidente soddisfazione Moody. “Mi divertirò…”
“Un momento Moody.” Intervenne rapida Molly scattando in piedi con il dito già alzato in segno d’accusa. “Non permetterò che questi ragazzi rischino la vita per il suo sadismo!” inveì con voce squillante.

 

“…mamma…” borbottò Ron a mezza voce, incrociando le braccia.

 

Molly scoccò al figlio un’occhiata furente. “E non provare a dire ‘mamma’ in quel modo, Ronald, o giuro che ti sculaccio per benino.” Lo minacciò, così da far colorare le orecchie di Ron di rosso nonostante il ragazzo mantenesse un’aria di superiorità.

 

“Se mi posso permettere signora Weasley” intervenne Harry. “Ron e Hermione hanno rischiato e rischiano sempre tanto a causa mia. Ecco io preferirei che loro fossero protetti e ben addestrati per ogni evenienza… e concorderà con me che chi se non l’Ordine può dare entrambe le cose?”

 

“Ma… Harry caro…”

 

“Eddai Molly, lasciamolo fare.” Arthur Weasley sorrise. “Anche perchè nonostante tutti i tuoi sforzi non riuscirai a smuoverlo dalla sua decisione.”

 

La signora Weasley si lasciò andare mollemente sulla sedia. “E va bene” si arrese, lanciando però un’occhiata al figlio. “Ma bada di non ficcarti in troppi guai.”

 

 

“Avete sentito Moody?! Vuole ammazzarci di lavoro!”

 

“E’ logico che la tabella di marcia sia così sostanziosa Ron, oltre agli Incantesimi e la cultura generale sulla Magia da affinare dovremo anche allenarci molto sul piano fisico.” Lo rimbeccò Hermione, ma la sua voce si fece incerta sull’ultimo punto. “Non so se ce la farò…”

 

Ron la guardò dall’alto stranito. “Certo che ce la farai. Sei la ragazza più in gamba e più testarda che conosca.”

 

Hermione, che aveva esibito un grosso sorriso, lo rimproverò. “Ron…” fece con voce minacciosa.

 

“Che ho detto?” allargò le spalle quello.

 

“Sarei testarda, eh?”

 

“Beh…”

 

“Poveri voi, non vi invidio affatto… avere Moody come insegnante non sarà affatto facile…”

 

Hermione scoccò ad Harry un’occhiata che non prometteva nulla di buono. “Perché, tu non ti alleni?” gli domandò con stizza.

 

Harry ciondolò un attimo, guardandosi le scarpe; doveva dirglielo? Tanto prima o poi lo avrebbero scoperto… quindi…

 

“Ho deciso di andare da RAB. È la cosa più giusta.”

 

“Ma…”

 

“Non riuscirai a farmi cambiare idea, Hermione.” La bloccò sul nascere Harry.

 

Seguì uno strano silenzio.

 

“Oh Harry… saremo così lontani… non puoi…” provò Hermione, facendolo sorridere intenerito. Si preoccupava sempre per lui… Hermione e Ron erano davvero importanti, la sua famiglia.

 

“Smettila di piagnucolare Hermione, Harry ha deciso.” Ron alzò lo sguardo pensoso. “Devo dire che io lo sospettavo fin dall’inizio. E se avessi scommesso avresti perso dieci galeoni Hermione.”

 

Harry allargò gli occhi, in un’espressione vagamente offesa. “Avete scommesso su di me?!”

 

Fu la volta di Hermione ciondolarsi. “No, no… io non ho voluto, le scommesse sono così inutili…”

 

Ron alzò semplicemente le spalle sorridendo.

 

“Carogna…” gli ringhiò contro Harry.

 

Il rosso sogghignò. “Per guadagnare dieci galeoni tutto.” Ron fece una smorfia ripensando all’amico nelle grinfie ‘diaboliche’ di RAB. “Chissà cosa ti farà quel uomo…”

 

Harry gli diede una piccola spinta scherzosa. “Pensa piuttosto a Moody te! Dopodomani si inizia già!”

 

“Non ricordarmelo amico…”

 

“Anche per me inizierà l’addestramento.” Ginny spuntò dall’ombra del corridoio e si mise tra Ron e Harry, sfidandoli con lo sguardo ad opporsi. “Ho parlato con Lupin e lui è d’accordo con me nella mia decisione di far parte anch’io dell’Ordine.”

 

“Che bello Ginny!” Hermione abbracciò in un impeto d’affetto sincero l’amica, che contraccambiò. “Potremo allenarci tutti insieme, io, tu e Ron e poi…”

 

“NO!” urlarono contemporaneamente i due ragazzi, fissando le altre due ancora abbracciate.

 

Ginny girò gli occhi fiammeggianti verso di loro. “Sentiamo… sapevo dall’inizio che voi due mi avreste portato grane…”

 

“Non puoi Ginny, non ti permetterò di rischiare! Tu sei ancora troppo piccola!” la voce di Ron aveva dato vita agli stessi pensieri che avevano fatto capolino nella mente di Harry, anche se l’ultima parte era decisamente diversa…

 

L’unica femmina della famiglia Weasley incrociò le braccia al petto e prese a battere la terra con il piede. “Piccola? Ron ho sedici anni e solo uno in meno di te, avevo ottimi voti a scuola e ho seguito i corsi di Harry durante il mio quarto anno; e, se non sbaglio, sono venuta con voi nella Stanza dei Misteri. Mi pare di possedere le qualità per diventare un membro dell’Ordine.”

 

Ron s’infiammò subito. “Non è questo il punto! Non posso permettere che la mia sorellina si metta in pericolo!”

 

Ginny sospirò allungando una mano verso il fratello, prese una delle sue mani e la strinse nelle sue, fissandolo con decisione. “Ascolta Ron. Ho sopportato per anni i tuoi modi iper-prottettivi solo perché so che mi vuoi bene e ti viene istintivo comportati così nei miei confornti. Ma non puoi proteggermi per l’eternità. Io so che tu ci sarai sempre per me, ma ti dimentichi troppo spesso che anche io posso esserci per te, per aiutarti. Non è un rapporto a senso unico quello che ci lega, Ron. Tu vuoi proteggere la tua famiglia, i tuoi amici? Bene, questo è ciò che voglio fare anche io. E lo devi accettare, anche se so che sarà difficile per te.” Ginny sorrise timidamente al fratello, stringendo di più la sua mano.

 

Ron la guardava in silenzio, come rimuginando sulle sue parole.

 

“Ron…”

 

Il ragazzo si staccò dalle sue mani bruscamente e si voltò dall’altra parte, le mani dietro la nuca, sbuffando. “E va bene… ma sia chiaro che lo africo solo perché penso che così ti potrai proteggere meglio…”

 

Ginny sorrise ampiamente e, aggirando il fratello in modo da esserli nuovamente davanti, gli scoccò un veloce bacio sulla guancia esclamando: “Grazie fratellone!”

 

“Umpf…” Ron borbottò qualcosa di incomprensibile, in imbarazzo; Hermione sorrise vedendo la scena e provò uno strano calore nel petto, che non le era poi tanto sconosciuto, in realtà.

 

Ginevra si voltò poi verso Harry, che continuava  a guardarla truce.

 

“E tu non fiatare” lo minacciò Ginny sfidando il suo sguardo “non lascerò che le tue manie da eroe condizionino la mia vita.”

 

“Non ho detto niente.” Si difese freddo il ragazzo.

 

“Ma i tuoi occhi dicono ciò che tu non dici con la bocca.” Lo rimbeccò Ginny, passandogli di fianco come una furia e dandogli volutamente una spallata prima di scomparire nei corridoi del Quartier Generale.

 

Harry rimase basito senza muovere un muscolo. Com’era possibile che ogni volta che le parlava non faceva altro che peggiorare la situazione? Com’è che quando c’era lei non riusciva a comportarsi in modo intelligente, facendo sempre la figura dell’idiota?

 

Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo ironico e decisamente astioso di Hermione e un’occhiata di pietà di Ron.

 

Alzò una mano in un gesto nervoso. “Al diavolo” e si girò per andarsene anche lui, desideroso di un attimo di solitudine.

 

*^*^*^*^*

 

Albert Gray era uno degli Auror di turno alla prigione magica di Azkaban.

 

Da quando i Dissenatori si erano dileguati per unirsi alle schiere di Tu-Sai-Chi il carcere era tutelato da una guardia composta da uomini esperti che più volte avevano avuto a che fare con le Arti Oscure e che sapevano come affrontarle, oppure da giovani selezionati molto capaci.

 

Con i suoi quarantasette anni di vita, dei quali ventotto al servizio della tutela della comunità magica, Albert era un sergente attivo che amava mischiarsi nelle battaglie e vivere il suo lavoro, e aveva preferito accettare l’offerta di custodire Azkaban piuttosto di una vita tra scartoffie varie. La scrivania non era il suo luogo, era lì tra i suoi uomini.

 

Purtroppo Albert si rendeva conto che gli anni passavano e che ormai era prossimo ai cinquant’anni: i capelli rimasti attorno alla pelata erano brizzolati e sempre più spesso soffriva di disturbi diuretici. Forse era arrivato il momento di cedere posto ai giovani, si disse mentre scrutava l’orizzonte.

 

Il cielo era rosato e il sole rosa scuro brillava a stento tra la coltre di nebbia che si estendeva al di là della barriera magica che custodiva la prigione. All’interno dell’edificio e per pochi chilometri all’esterno di questo, infatti, la nebbia scompariva grazie ad una potente magia che permetteva loro maggior difesa.

 

“Ehi Al!”

 

Albert si voltò verso la voce e sorrise sotto i baffi grigi. “Edgar…” strinse la mano ad un uomo all’incirca della sua età ed entrambi si diedero una virile pacca sulla schiena. “Come stai, vecchio mio?” gli chiese, facendolo accomodare sul muretto della torre.

 

Era lì che Albert preferiva pattugliare la zona. Poche cose gli sfuggivano da quell’angolazione.

 

Edgar alzò le spalle. “Non c’è male, ma farei volentieri a meno di sostituirti stanotte. Mary è scontenta ultimamente e non vede l’ora che mi rinchiudano in un ufficio.”

 

“Ti capisco, amico” annuì mestamente, ma con un sorriso, Albert. “Anche la mia Dorothy vuole la stessa cosa. Posso capirla: è stufa di fare le ore piccole quando io sono di turno di notte, soprattutto ora che il mio angioletto si sposa.”

 

Edgar spalancò gli occhi. “Non mi dire! Così la tua Emily sta per abbandonarti per un aitante giovanotto, eh?”

 

Albert sospirò. “Sembrerebbe che preferisca quell’impiegato tranquillo a suo padre.”

 

L’amico rise. “Crescono in fretta, eh Al?”

 

Il quarantottenne annuì.

 

“Anche Martin sembra aver messo la testa a posto.”

 

Albert ghignò a sua volta. “E chi è la temeraria che è riuscita nell’impresa che hai tentato per lunghi anni?” ironizzò.

 

“Si chiama Sophia e sembra aver fatto breccia nel cuore di quel povero figlio mio con le sue gambe lunghe…”

 

Albert rise. “Alla fine è sempre così: sono le donne che comandano!”

 

“Già… dai, ora torna a casa Albert. Qui ci penso io.”

 

Albert guardò l’orologio. Il suo amico era in anticipo di un quarto d’ora. “Resto, Ed. Non mi piace lasciare il mio lavoro in sospeso.”

 

Edgar alzò un angolo della bocca in un sorrisetto. “Sempre nobile il vecchio Albert, eh? Dai, ero fremente di iniziare oggi… và! Immagino già Dorothy che scalpita per la voglia di farti trangugiare qualcuna delle sue deliziose torte…”

 

Albert si toccò la pancia. “Che Dio sia benedetto se mi ritrovo senza pancia anche dopo la pensione! Grazie, Ed, e buon lavoro!”

 

“Ciao!”

 

Dopo lo scambio di battute, Albert fece le scale fischiettando allegramente e salutando di tanto in tanto i colleghi che giravano i corridoi per assicurarsi che tutto fosse in ordine. Giunto al secondo piano dell’edificio, unico luogo dove ci si poteva Smaterializzare, afferrò velocemente il suo borsone dove teneva tutto ciò che riteneva utile in caso di emergenza e si mise il mantello, pronto a raggiungere la sua dolce Dorothy.

 

Gli rimaneva solo il cartellino da timbrare. Prese il foglio in mano e si avvicinò alla finestra dove lo mise al suo posto, dopo aver cambiato con una piccola magia l’orario di uscita. Anche se non era molto legale, era una frivolezza che poteva concedersi, si disse sogghignando.

 

D’un tratto i suoi occhi chiari notarono una cosa veramente strana. Il colle vicino ad Azkaban spezzava il sole che rosso stava calando all’orizzonte, lasciandolo completamente in ombra. Eppure lui era convinto che, lungo il profilo della collina, non c’erano stati mai così tanti sassi da formare un profilo così ondeggiante.

 

Poi capì: quelli non erano certo sassi, bensì uomini.

 

“Dannazione!”

 

Si posizionò nel punto giusto e si Smaterializzò velocemente alla torre, facendo sussultare così Edward. “Albert che diavolo…?”

 

L’uomo lo mise a tacere con poche parole. “CI ATTACCANO!”

 

Edward rimase impietrito per un attimo. “Come? Chi? Sei sicuro?” gli domandò freneticamente, guardando in lungo e in largo alla ricerca di qualche segno che gli facesse pensare ad un’aggressione.

 

“Non c’è tempo! Fidati e lancia l’allarme! Presto!!” gli urlò di risposta Albert alzando la bacchetta al cielo e urlando: “LUMUS MAXIMA!”; nello stesso momento, Edward allungò il braccio ed esclamò con la bacchetta in mano: “Conclamatio ad arma!” (*)

 

I due incantesimi saettarono veloci in alto, uno bianco e l’altro rosso e lì si scontrarono producendo una gran luce e il rumore assordante di un allarme.

 

Albert si gettò sui torrioni, accanto a lui Edward gli passò un binocolo. “Eccoli là, i bastardi… Mangiamorte, sulla collina.” Commentò allarmato ma con voce calma, abituato da anni a sopportare la tensione della battaglia.

 

Edward, dopo aver preso in mano l’aggeggio babbano, vide delle figure nere appallottolare sul limitare della collina. “Volevano approfittare della notte per passare inosservati, quei bastardi! …cazzo, saranno almeno una cinquantina…”

 

Albert scosse la testa. “Troppo pochi. Noi qui siamo in centotrentadue. Se Tu-Sai-Chi volesse attaccarci lo farebbe in grande stile, e non con così pochi uomini ma con un piccolo esercito in grado di annientarci in una sola battaglia… quindi…”

 

Il suono di un’esplosione fece accapponare la pelle di ambedue gli Auror. Con un’occhiata di intesa conclusero all’unisono: “Alle prigioni!” e corsero a perdifiato lungo le scale, serrando forte tra le dita ognuno la propria bacchetta.

 

Appena varcarono la soglia del secondo piano si trovarono davanti al caos totale. Incantesimi che arrivavano da tutte le direzioni, urla, alcuni corpi già a terra privi di vita; gli Auror stavano fronteggiando le macchie nere che stavano man mano invadendo i corridoi illuminati; Albert pensò con preoccupazione che se non si fosse accorto di quelle ombre insolite, probabilmente quegli invasati li avrebbero sorpresi alle spalle ancor più sprovvisti.

 

Con un urlo si gettò tra la mischia, insieme all’amico. Con scioltezza si chinò ed evitò un raggio giallo, rilanciando al Mangiamorte uno Schiantesimo che lo colpì in pieno viso, mandandolo contro una parete e rendendolo inoffensivo.

 

Si fece strada tra il tumulto, lanciando incantesimi ai bersagli mobili e mancando non troppo spesso quelli troppo lontani. Strinse i denti: questa battagli si misurava con scontri diretti, sbagliare un bersaglio poteva significare colpire uno dei suoi dietro. Doveva stare attento.

 

Uno spostamento d’aria accanto a lui lo mise all’erta e Albert ruotò su se stesso evitando di striscio un raggio verde che poteva essere solo di un’Avada. In un balzo fu addosso al Mangiamorte e gli tirò un pungo all’addome, facendolo piegare in due, e aprì la bocca pronto a lanciare un incantesimo Legante; purtroppo l’avversario fu più veloce stavolta e si rialzò dando un calcio alla sua mano e mandando così lontano la sua bacchetta.

 

Albert strinse la mascella e parò non senza difficoltà i colpi che quel Mangiamorte altissimo gli stava rifilando, ridendo sguainatamente.

 

È pazzo, ma anche un osso duro, maledizione!

 

Il nemico gli rifilò una gomitata sul viso, che lo fece voltare dall’altra parte, ma permettendogli così di scorgere con la coda dell’occhio la sua bacchetta a pochi metri da lui.

 

“Ehi vecchiaccio, non ho ancora finito!”

 

Sentì l’avversario incombere su di lui e prenderlo per il bavero del mantello, colpendolo al viso con un pugno violentissimo. Albert boccheggiò, mentre il sapore del sangue gli si diffondeva in bocca. Approfittando del suo stato, il Mangiamorte lo colpì ripetutamente al volto e allo stomaco, facendogli sputare sangue.

 

“Che hai, vecchio? Vuoi morire? Lasciami giocare ancora un po’!” rideva l’incappucciato, ululando quasi.

 

Albert sputò sul viso dell’avversario. “Adesso gioco io, ragazzino.” Gli sfondò lo stomaco con un potente calcio assestato con entrambi i piedi; il Mangiamorte ricadde all’indietro, istupidito e dolorante, mentre Albert atterrava in piedi e si fiondava velocemente di lato afferrando la bacchetta.

 

Il Mangiamorte alzò il busto, tenendosi la pancia. “Maledetto…” imprecò in sua direzione, in un fil di voce. Albert sorrise malignamente, puntandogli addosso la bacchetta. “Risparmia il fiato, pivello. Ligatus! (*)” Dalla bacchetta dell’Auror guizzarono lunghi raggi violetti che avvolsero il Mangiamorte stupito e lo strinsero in una presa di ferro, intrappolandolo.

 

“Che…?” Le parole del Mangiamorte furono stroncate dalla scossa elettrica che gli fece perdere i sensi partita dalla bacchetta dell’Auror.

 

Soddisfatto della cattura, Albert spezzò le corde magiche con uno strattone dalla bacchetta, sapendo che avrebbero tenuto prigioniero l’uomo fino al contro-incantesimo, e si rituffò nella folla: con un certo orgoglio, vide i suoi ragazzi lavorare sodo e tenere testa ai nemici, ma Edgar sembrava sparito. Albert pregò perché il suo compagno d’arme fosse ancora vivo e che fosse riuscito a bloccare l’evasione.

 

Con un balzo, che gli causò un dolore alle costole che ignorò, si rintanò in una nicchia e la spinse piano, aprendo un passaggio segreto, stretto e angusto, ma che gli avrebbe permesso di raggiungere più celermente le celle e di passare oltre la folla combattente. Si affrettò a scendere i gradini che portavano nel sotterraneo. Si pulì la bocca dal sangue e controllò velocemente le proprie ferite: forse una costola rotta, il labbro era spaccato e il naso rotto. Il suo viso avrebbe cambiato espressione, pensò con una punta di rammarico.

 

Il pensiero gli volò via non appena intravide l’uscita. Fece ruotare una pietra e un varco gli si aprì davanti. Dietro di lui udiva i rumori della battaglia e davanti poteva vedere i corpi dei primi Mangiamorte caduti in trappola. Grugnì di disappunto: nonostante le trappole sembravano funzionare bene, non era altrettanto meritevole che alcuni di quegli invasati fossero già penetrati nelle segrete.

 

Affidandosi alla memoria percorse il corridoio seguendo una determinata linea di massi, saltandone prima due e poi uno, e così andare: un piede in fallo avrebbe fatto scattare un complesso chiodato sopra la sua testa. Uscito da quel primo imbroglio illeso, e si mosse a balzi per il secondo tratto di strada, stando bene attento a non toccare i muri, ricoperti da una sostanza velenosa. Altri Mangiamorte deceduti, con le carni lacerate dal veleno.

 

Albert si mosse con rapidità, dato che in quel tratto magico lui come Auror era immune alle trappole. Si morse un labbro: come avevano fatto a passare? C’era qualche spia al Quartier Generale degli Auror? Non molti possedevano tutti i segreti della fortezza: lui e Edgar erano tra quelli perchè responsabili della prigione. Quanto in là si erano spinti i Mangiamorte? Alcuni erano già giunti alle prigioni o erano morti? Grazie al cunicolo era giunto a metà del percorso, saltando molte altre trappole… erano penetrati troppo infondo per non fargli sospettare qualche traditore. Anche nella Prima Guerra Oscura c’erano stati parecchi disertori, e lui era stato testimone da giovane soldato semplice.

 

Con una sensazione spiacevole che gli attanagliava lo stomaco e le fitte che aumentavano, corse quasi l’ultimo tratto del percorso lungo un precipizio che era possibile attraversare solo con una corda invisibile posta in una certa posizione. Si mosse con cautela, attento a non cadere nella voragine sottostante e in silenzio, per non svegliare i Pixy, odiose creaturine che si sarebbero divertite a fare cadere ogni umano che avessero visto penzolante in aria.

 

Sospirò internamente giunto a terra; senza voltarsi indietro e rafforzando la presa sulla bacchetta, si incamminò verso la meta: le prigioni di Azkaban.

 

Il silenzio opprimeva quei corridoi. L’istinto affinato dell’Auror lo avvertì del pericolo e Albert si appiattì contro il muro, avanzando centimetro per centimetro lungo la pietra umida.

 

Dietro la curva c’erano le celle. Da lì dietro provenivano alcune voci, poteva sentire la risatina di qualche ammattito carcerato. Poi la prima esplosione: Albert capì di essere giunto troppo tardi e di essere solo.

 

Merda.

 

Sbirciò facendo attenzione a non farsi scoprire. C’erano cinque incappucciati: un omone era posto di guardia e si girava nervoso avanti e indietro, ma per fortuna non sembrava averlo avvistato; uno stava riducendo a brandelli una guardia, sorridendo sadico sotto la maschera. Con orrore Albert si accorse che tutti e dodici i guardiani erano stati uccisi.

 

“Pietà… i-io… vi ho… aperto… la s-strada…”

 

Il secondo Mangiamorte sogghignò rigirando il piede sopra il capo insanguinato di un Auror che Albert riconobbe come una guardia delle Prigioni sotterranee, uomini considerati di fiducia che conoscevano ogni stratagemma della fortezza. Sembrava proprio lui il colpevole dell’attacco ben riuscito. “I traditori sono peggio della feccia.” Disse il mangiamorte, schiacciando di più il capo dell’ex-guardiano, facendolo urlare dal dolore.

 

“Smetti di giocare allo stronzo Derrick.”

 

Il Mangiamorte torturatore ringhiò guardando l’unico tra gli incappucciati a indossare una maschera percorsa da una riga nera, ma non replicò. “Avada Kedravra” Anatema colpì l’ex-Auror, che giacque a terra senza vita.

 

Albert si rinascose dietro l’angolo e chiuse gli occhi. Non gli era mai piaciuto uccidere e l’aveva sempre considerata come ultima risorsa in caso di estrema urgenza. Come si poteva uccidere a sangue freddo?

 

In ogni caso si ordinò di mantenere la calma. Risbirciò e osservò gli avversari: quello con la maschera rigata doveva essere il capo, e quello gli ispirava una gran brutta sensazione, non doveva essere uno sprovveduto; in più c’erano un omaccione, un sanguinario e altri due esili figure impegnate a rompere i sigilli che tenevano rinchiusi i prigionieri.

 

Doveva pensare, e in fretta. I prigionieri erano in tutto ventisei in quella parte, riservata appositamente agli assassini più spietati o ai seguaci di Tu-Sai-Chi. In tutto i suoi avversari sarebbero diventati trenta, decisamente troppi. Doveva fermare quei cinque prima che potessero aprire le celle o non ce l’avrebbe mai fatta a tornare a casa quella sera e doveva farlo adesso, da solo, sperando che altri lo raggiungessero al più presto. Non c’era il tempo per chiamare aiuto.

 

Escogitò rapidamente una strategia. L’omuncolo di guardia si era appoggiato al muro. Mentalmente lo addormentò con un incantesimo Assonnante di breve durata. Aveva quindici minuti. Prima di uscire a affrontare i nemici in battaglia aperta, Albert indietreggiò di un paio di passi e premette un pulsante alla sua destra: attivava infatti una serie di aghi appuntiti all’inizio delle prigioni. Sperò in un miracolo e esultò internamente sentendo un grido strozzato. Bingo. La trappola era scattata. Meno due.

 

“Drake, Malfoy fermi! Derrick che cazzo…? Franklin?! Maledizione è addormentato! Voi due all’erta, qui c’è qualcuno! Continuate col vostro lavoro! Veloci, veloci!”

 

Aveva riconosciuto la voce: il capo, sicuramente. Si acquattò nella penombra dell’angolo, aspettando l’arrivo del nemico. I suoi passi erano quasi indistinguibili, silenziosi e felpati, sovrastati dalla risata pazza dei prigionieri che impazienti aspettavano di essere liberati.

 

“Giochiamo a nascondino, uh? Pensi che non sappia che sei lì? Avada Kedavra!”

 

Albert schizzò di lato, sfuggendo appena in tempo dall’Anatema Mortale. In un attimo fu in piedi pronto ad affrontare il nemico.

 

“Un Auror” sussurrò questo.

 

“Hai dimenticato di aggiungere che sarò quello che ti rinchiuderà qui insieme ai tuoi compari.”

 

Albert destreggiò la bacchetta: “Expelliarmus!” ma l’attacco andò a vuoto e il suo nemico si rintanò dentro il largo corridoio dove si trovavano le  celle. Con circospezione lo seguì, bacchetta stretta nel pugno e l’altra mano che vagava vicino al cinturone, pronta ad afferrare le armi babbane che ogni Auror doveva sapere usare.

 

Osservò la situazione e vide i due Mangiamorte che non aveva ancora sistemato lanciare incantesimi alle serrature delle celle; aprì la bocca deciso a Schiantarli prima che potessero aprire quelle dannate prigioni, quando una colpo lo sbilanciò in avanti.

 

“Mai abbassare la guardia…”

 

Albert rivolse uno sguardo carico di odio e furia al cosiddetto Capo, che lo aveva sorpreso alle spalle con un poderoso calcio che per poco non l’aveva buttato a terra.

 

“Solo un vigliacco potrebbe attaccare alle spalle!” commentò aspramente l’Auror.

 

“Tsk. Queste regole nobili non valgono un felce per il Signore Oscuro. Examinare. (*)”

 

Albert sentì come una mano invisibile bloccarlo contro il muro e premergli il collo fino a mozzargli il respiro. Lasciò cadere la bacchetta e si portò le mani verso il collo, cercando di strapparsi da quella morsa, scalciando e affannando per un filo d’aria. Tutto inutile: le forze lo stavano abbandonando. Il Mangiamorte si posizionò a pochi centimetri da lui, e Albert maledisse quegli occhietti viola che ridevano di lui.

 

“Non ti farà morire così in fretta, patetico giustiziere.”

 

Un movimento fluido della bacchetta e Albert si ritrovò a terra, stremato e ansante, con gli arti che tremavano ancora indeboliti. Ma il nemico non gli concedette che una brevissima e utopica tregua: sentì un dolore insopportabile, un bruciore in tutto il corpo, come se stesse arrostendo sopra una fiamma, e il sangue premere violentemente sulle vene, come se volesse uscirgli dal corpo.

 

Che razza… di… Cruciatus…

 

Non aveva mai dovuto subire una Maledizione così dolorosa e prolungata. Gli sembrò distare per  morire, ma evidentemente il suo carnefice non era ancora di quest’idea. Il dolore, così come era iniziato, finì e Albert si ritrovò accasciato a terra, più morto che vivo, con gli arti che non lo reggevano più e la vista appannata. Riuscì a stento a focalizzare la scarpa davanti al viso.

 

“Hai un’ottima resistenza al mio Cruciatus. Ti voglio offrire una via di uscita: o mangiamorte o la vita.”

 

Albert gli sputò sulla scarpa senza esitazioni.

 

“Sapevo che l’avresti fatto… davvero patetico. Crucio!”

 

Fu nuovamente pervaso da quel dolore fisico che gli offuscava la mente. I suoi pensieri andarono alla sua famiglia, a sua moglie, le sue figlie, quel matrimonio che finalmente avrebbe dato quella felicità che meritava alla figlia. E lui non ci sarebbe stato…

 

No. Non poteva arrendersi così…

 

Con uno sforzo enorme girò la testa e individuò la bacchetta. Strisciando e urlando ad ogni centimetro percorso si mosse lentamente verso l’arma. Il dolore si raddoppiò e gli fece addirittura sputare sangue.

 

…cazzo…

 

Allungò faticosamente la mano verso la bacchetta, la sua compagna di tante battaglie… bastava afferrarla e avrebbe potuto almeno tentare qualcosa… qualsiasi cosa… lui non voleva, non doveva morire, dannazione!

 

“Abbiamo finito.” La voce femminile gli giungeva lontano.

 

“Allora è ora di mettere fine alla tua miserabile vita, giustiziere.”

 

È finita…

 

“Avada Kedavra…”

 

“NOO!!”

 

“Maledizione!”

 

Albert aprì faticosamente un occhio. Era… era ancora vivo… ma come…?

 

Il cuore smise di battere per un lungo istante. Davanti a lui, il corpo massiccio di Edward era steso a terra, senza vita.

 

Oh Cristo Santo… no…

 

Il rumore delle urla degli Auror gli giungeva lontano e gli pareva così effimero in quel momento, ma riuscì a calcolare che i Mangiamorte avevano poco tempo per scappare. Purtroppo, aperta una cella, si apriva tutte le altre.

 

Edward… perché l’hai fatto…?

 

Allungò l’altra mano, non senza sforzo, e sfiorò il viso immobile dell’amico.

 

Io…

 

In uno scatto di rabbia cercò con gli occhi il responsabile della morte. Ma vide solo un ragazzino biondo vestito di nero (e la maschera?) che sorreggeva un uomo anch’egli biondo che riconobbe come Lucius Malfoy. Di lui non c’era traccia.

 

Ed io ti vendicherò, lo giuro.

 

Poi fu sopraffatto dal dolore e tutto fu nebbia.

 

=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=

 

(*) Da“Dizionarietto degli Incantesimi (teorie e curiosità a portata di mano)” di Cloud Wilson:

 

Conclamatio ad arma (Allarme alle armi) = Si pensa che questo incantesimo sia stato creato dagli antichi Maghi medioevali inglesi durante le lunghe battaglie contro gli Stregoni del Nord; inizialmente era usato come grido di battaglia o come allarme in caso di imboscate o attacchi a sorpresa, oggi utilizzato soltanto nei reparti Auror solo nel suo secondo uso.

Ligatus (Legato) = Incantesimo Legante di uso pressoché limitato al Dipartimento Auror per la sua pericolosità. Abbastanza difficile da padroneggiare con scioltezza, quest’incantesimo permette di legare con corde iper-resistenti il nemico e di fargli perdere i sensi con una scarica elettrica emessa dalla bacchetta. Se non capaci di sfruttarlo, la scarica potrebbe rivelarsi mortale. Le corde rimangono attaccate alla bacchetta e per rimuoverle basta uno strattone: i capi liberi delle corde andranno ad attaccarsi al corpo del avversario. Contro-incantesimo: Solventes Funes.

Examinare (Soffoca) = Inventato nel Medioevo per torturare i Goblin, oggi è un incantesimo che pochi conoscono e, chiunque lo conosca, non è tenuto ad usarlo se non per ordine del Ministro della Magia. Come si può comprendere dall’etimologia della parola, l’incantesimo crea una simulazione di soffocamento, tutt’altro che vera, ma è già capitato che qualcuno sia morto perché psicologicamente coinvolto nella finzione.

 

=*=*=*=*=*=

 

Olà! ^_^ Bentornati a tutti e scusate per le grandi attese, ma la scuola è ricominciata… e i capitoli già preparati sono finiti! In più, alcune modifiche alla trama originale (stiamo cercando di attenerci sempre di più alle dichiarazioni di mamma Rowling) hanno tardato l’aggiornamento del numero 6… dobbiamo continuamente informarci per essere più fedeli possibile, giuriamo di non farlo apposta! Ancora mille scuse. ^^’ (cominciamo a essere un po’ ripetitive con le scuse…)

Anche per i prossimi aggiornamenti non vi aspettate tre giorni l’uno d’altro perché tra stesura, correzione, revisione… accidenti… tempo maligno!! Non sappiamo neanche se riusciremo a sfornare un capitolo ogni settimana, perché la scuola e impegni vari ci stanno succhiando via un sacco di tempo! Capiteci, e siate clementi!

Finalmente ritorna un po’ di azione! **^______^** Avete visto come i Mangiamorte hanno vinto quei poveri Auror? Non hanno conquistato la fortezza, ma sono riusciti benissimo nel loro intento e in più hanno inflitto una grave perdita agli Auror. E pensate che potevano fare molto peggio se il nostro Albert non avesse intravisto quelle ombre… a proposito, abbiamo deciso, dopo attente riflessioni, che la Scarcerazione sarebbe stata più intrigante da un punto di vista esterno (ma speriamo non confusionario!!), e da qui abbiamo creato Albert… simpatico, vero? ^^ Certo, poverino, gli abbiamo ucciso un amico… è la guerra, ragazzi… anzi, approfittiamo per fare un po’ di sana pubblicità contro: no war!!

A proposito di Azkaban: qualcuno potrebbe notare che le trappole sono troppo sofisticate (stile Indiana Jones) e che Sirius non avrebbe mai potuto superarle da cane (ih ih…), ma vogliamo specificare che sono state aggiunte dopo la diserzione dei Dissy…

 

Anticipazioni/chiarimenti

 

- Prima di tutto chiariamo questa cosa: non abbandoneremo la stesura di HP7 e men che meno della Trilogia in generale. Abbiamo già concluso il primo capitolo della terza parte, pensate che pazzia… se vedete che il capitolo tarda a pubblicare è solo perché probabilmente ci sono state cause di forza maggiore che ci hanno rallentato il lavoro.

- Il numero dei capitoli di HP7: sono 21 in tutto, ma dobbiamo ancora decidere se inserire o no l’Epilogo; forse lo inseriremo nella seconda parte della Trilogia come Prologo (ma?)

- Harry Potter non muore alla fine della nostra storia; questa è l’unica cosa che possiamo dire riguardo alla morte o alla non-morte dei personaggi.

- Autocritica: R.A.B., personaggio di nostro genio, ci pare un vecchiaccio molto impudente ma simpatico a modo suo, farà disperare alla follia Harry coi suoi allenamenti; Hermione e Ron si mantengono stabili sul piano di ostilità, ma sul piano dell’indifferenza stanno maturando: Hermione comincia a rendersi conto di tenere molto a Ron, ma per quanto riguarda il rosso Weasley, a lui serviranno altri capitoli per aprire gli occhi e guardare in faccia la cruda realtà; Ginny e Harry sono sempre più irritabili a causa della guerra che li divide ma trovano anche un po’ di pace e sollievo nella reciproca compagnia quando non discutono; la compassione di Samantha per Draco comincia a convergere nell’affetto, ma Draco è troppo preoccupato per la sorte dei genitori per accorgersi di altro.

 

Indizi sulla Trilogia

 

-         Harry avrà un primogenito (chissà con chi?) che avrà un nome di risonanza simile a “Lily”;

-         Nella seconda parte farà la sua ricomparsa Krum;

-         Si conoscerà meglio la famiglia di Samantha Drake;

-         Si sveleranno i misteri delle associazioni americane e straniere che avranno un ruolo chiave nelle terza parte della trilogia (in HP7 sono tenute un po’ sullo sfondo ma ricoprono un ruolo decisivo nel destino di Voldemort);

-         I figli di alcuni personaggi della Rowling si incontreranno e socializzeranno, chissà che non nasca anche qualche love-story;

-         “Over TimeLine” sarà ricca di suspence e azione;

-         Per i misteri dell’ultima parte della trilogia abbiamo tratto ispirazione dal nostro manuale di filosofia greca (uh -_-)

-         Nella seconda parte ci saranno dei particolari capitoli, delle specie di bonus, che avranno molto a che fare con la trama ma saranno soprattutto di genere comico (e da come parlano certi personaggi anche un po’ demenziale);

-         I viaggi nel tempo saranno pieni di suspence dato che i protagonisti dovranno sudare sette camicie per non incappare nei loro avi e di conseguenza mandare a friggere la “continuità dello spazio temporale”.

 

Personaggio del Capitolo: Lyons Kaus (altrimenti detto R.A.B.)

 

Preferiamo partire sul sicuro e analizzare un personaggio la cui psicologia è una nostra invenzione. Avrete notato sicuramente che R.A.B. la sa bella lunga su ogni cosa e che ha un atteggiamento da “so-tutto-io” dieci volte più marcato di quello di Hermione; in effetti lui è un cervellone e come ogni Serpeverde se ne vanta a più non posso. Il soprannome R.A.B. gliel’ha dato Voldemort (spoiler del capitolo 7!!) quando ancora frequentavano Hogwarts ed erano compagni di casa. Da non scordare è l’incredibile non-chalance con cui Kaus ironizza su Voldemort; come mai tanta tracotanza? Da cosa deriverà? Evidentemente Kaus ha un motivo molto particolare per non sentirsi minacciato da Voldemort; ma qual è il motivo? Harry lo scoprirà, suo malgrado, alla fine della storia.

 

Coppia del Capitolo: Remus Lupin & Ninfadora Tonks

 

Simpaticamente sono decisamente una bella coppia e anche una delle più inaspettate della serie della Rowling; chi l’avrebbe mai detto che il tenero Lupo Mannaro si sarebbe messo con l’esuberante (e a tratti eccentrica) Metamorfomagus? Secondo noi la loro storia deve essere innanzitutto dolce e a tratti inesperta, basti pensare che Remus non deve aver avuto molte corteggiatrici al suo seguito a causa del suo “piccolo problema peloso” e che Tonks non sembra molto portata a relazioni sentimentali (così ci sembra). D’altro canto sono adulti, Remus molto più di Tonks, e maturi, quindi ricercano una loro intimità che viene puntualmente interrotta dai gemelli Weasley o da Harry che nelle nostre storie appare sempre come “il terzo incomodo”, anche come linea spartiacque tra Ron ed Hermione. Così, abbandonato l’imbarazzo iniziale del primo incontro; Tonks e Remus ci danno dentro (nel senso buono) con enorme approvazione di tutti (soprattutto Molly Weasley). Remus è finalmente riuscito ad abbandonare, seppure parzialmente, l’idea di essere un “diverso” e quindi di doversi negare la felicità per tenere lontano da sé una persona cara che potrebbe ferire a causa della sua indole; Tonks glielo fa passare, questo piccolo blocco (^_-)

 

Bene, ora passiamo a rispondere alle vostre recensioni… il nostro momento preferito!! ^^

 

Lulumyu: (*Kaho saltella felicemente per la stanza* Hai visto chi abbiamo qui? ^__^ ndKaho Ovvio, non sono mica cieca! NdSamy) Ciao Myu! ^^ Innanzitutto grazie per la recensione! I litigi RonHermione sono molto divertenti da scrivere e – per noi che li adoriamo – è un piacevole passatempo inventarli… ci vuole qualche stacco di tanto in tanto e chi meglio di quei due?! ^^ RAB deve rimanere enigmatico, ma siamo certe di averti aperto la mente con questo capitolo. I progetti Voldy e Piton sono ancora oscuri a voi… e lo rimarranno ancora per un po’! *risate malefiche* Cortess è odiosissimo (guarda come tratta Dracucciolo! Schifoso stupido…!! NdSamy), lo sappiamo, abbiamo fatto apposta a renderlo così… ehm, Uomo delle Caverne, decisamente il nomignolo più appropriato. U.U Grazie ancora e continua a recensire mi raccomando! -___^ K&S

Apple: Ben ritrovata! ^^ Grazie mille per i tuoi complimenti, ci fanno sempre molto piacere… Non ti preoccupare per Harry, è in buone mani… (-_-‘’ ndHarry) non ce la sentiamo di farlo soffrire troppo… (però devo soffrire… -_- ndHarry La vita non è facile per nessuno Harry! NdS&K). Ginny è molto simpatica anche a noi (tranne nelle DG! >.< ndSamy) e Herm e Ron sono semplicemente adorabili e troppo divertenti! Spezzano un po’ tutta al serietà presente nel libro… d’altronde non è nata molto come storia romantica o comica, ma d’avventura, magia e mistero, con un pizzico di batticuore ogni tanto naturalmente! -___^ Un bacione e un grazie. K&S

P.S = Hai per caso cancellato la tua storia? Non la troviamo più! Facci sapere! -___^ Per intanto leggiamo il Dr House… (Che mito quell’uomo! *____* anche se personalmente non lo vediamo molto con Cameron… però… magari…)

Keloryn: In effetti volevamo essere un po’ bastardelle e tenervi sul lastrico ancora un po’! -___^ Anche Kaho, ahimè deve ammetterlo, fa ancora fatica a capire bene tutti i meccanismi per l’identità segreta di RAB, quindi era logico che i lettori fossero confusi, ma era ciò che volevamo ottenere! Speriamo di aver chiariti un poco questo aspetto. Grazie per la recensione! ^____^ K&S

ale146: Anche noi speriamo di riuscire ad impostare prima possibile ogni capitolo nonostante il fattore chiamato scuola! Grazie mille. K&S 

truth: Ciao e benvenuta tra le recensitici! ^^ Grazie per i commenti… in effetti, scriviamo le parti separatamente – anche perchè sarebbe difficilino trovarci sempre per scriverli insieme! – ma correggiamo a vicenda ogni capitolo prima di metterlo on-line; in linea i personaggi sono caratterizzati nello stesso modo ma, dato che comunque siamo due persone diverse, non possiamo avere lo stesso stile e lo stesso modo di ‘sentire’ i personaggi. Ad esempio Draco… Samy lo adora e per lei è più facile penetrare nella sua mente, mentre per Kaho è un po’ più complicato… ma ci stiamo abituando a intuire le parole e le azioni man mano andiamo avanti! ^^ Ciao e speriamo di ritrovarti tra le recensitrici! K&S

sprpr: Ecco una delle nostre lettrici più fedeli! ^___^ Hai recuperato il sonno perduto? -___^ Draco è un personaggio base (e il più carismatico, il più bello, il più… ndSamy -___- ndKaho), ma naturalmente non possiamo dedicare tutta la storia a lui, il protagonista è sempre Harry! (Sigh… come vorrei dedicare più spazio al mio bellissimo Draco… ndSamy Dai, quando cominciamo la seconda e la terza parte avrà più spazio! ^^’’’ ndKaho) Ti sarai rifatta gli occhi con questo capitolo, o almeno speriamo! Siamo curiose di sapere se abbiamo reso bene il cambiamento di Draco, siamo sicure che ci illuminerai! **^_______^** Grazie come sempre, e un bacione! ^^ K&S

 

…finish! ^^ Grazie a tutti, anche a chi non commenta… anche se sarebbe meglio lasciare un commentino… non sapete come ci danno energia le vostre parole! **^__________^**

 

Quindi, recensite please!!

 

A presto… K&S

 

 

ANTEPRIME DI: Prossimo Capitolo

 

Titolo: “Il Tacto Facti delle Fondatrici

 

Dove sarà il prossimo Horcrux? Sarà davvero così facile da rintracciare come sostiene R.A.B.? Ma R.A.B. ha qualche segreto? Come reagirà Lucius Malfoy alla scarcerazione? Come si comporterà col figlio? Quali loschi intrighi staranno tramando Piton e Voldemort? Ce la farà Harry a sopravvivere ai ghigni di R.A.B.? Perché poi si chiama R.A.B. Lyons Kaus? Che fine farà il Ministero della Magia?

 

Tutte le risposte… alla prossima puntata!! **^___________^**

 

P.S = che ne pensate della nostra rubrichetta sui personaggi? -_____^ Pensiamo di farne uno per ogni personaggio principale o secondario… così, per sfizio… andando avanti l’aggiorneremo sempre di più. È un metodo per lavorare, pensandoci bene…

E il dizionarietto? …che simpatico il dizionarietto, eh? -_____^ (Date a Kaho la soddisfazione di sentirselo dire o me la sorbo io la crisi! XD NdSamy Guarda che quella che ha sfogliato il dizionario di latino è stata la sottoscritta! NdKaho Ma se hai insistito come una matta per occupartene tu! NdSamy …ops… è vero… =P ndKaho)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Tacto Facti delle Fondatrici ***


CAPITOLO 7 – “IL TACTO FACTI DELLE FONDATRICI”

Capitolo 7 – “Il Tacto Facti delle Fondatrici”

 

 

“Veramente un ottimo lavoro, Darcy” si compiacque Lord Voldemort, incoraggiando gli altri Mangiamorte ad acclamarlo.

 

Una serie di applausi scrosciati accolsero Doppio Dolore mentre faceva il suo ingresso nella Sala Regia a testa alta e col petto gonfio d’orgoglio “Vi ringrazio. Sono onorato di aver potuto dimostrare il mio valore sul campo di battaglia.”

 

“E dovresti anche essere onorato di aver compiaciuto i desideri del nostro potente Signore Oscuro” aggiunse Bellatrix sibilando; era stata esclusa dallo squadrone di scarceramento per colpa di Darcy Donovan, un Mangiamorte entrato da poco a far parte dell’esercito di Lord Voldemort e che pure ostentava delle doti da super-mago con un eccessivo vanto che talvolta osava mettere in ombra gli ineguagliabili poteri del Signore Oscuro. Era vanitoso, tracotante e più portato al comando che all’ubbidienza.

 

Doppio Dolore la squadrò coi suoi pungenti occhi viola “Parli, parli ma non fai mai nient’altro. Facile criticare quando te ne stai qui nel Covo Oscuro a millantanare sulla tua incredibile utilità per il Signore Oscuro.”

 

“Non è il caso di continuare” intervenne Lord Voldemort facendo ammutolire d’un tratto tutta la sala “Darcy ha i suoi meriti, Bella, ma anche il nostro caro Doppio Dolore dovrebbe imparare a contenere la sua vanità” proseguì il Signore Oscuro con un tono raggelante.

 

Donovan sostenne il suo sguardo con un fare vagamente impudente “Sì, mio Signore.”

 

“Bene, e ora, miei Mangiamorte, è il caso di accogliere un altro fedele servitore che si è dimostrato molto utile nell’esecuzione di alcuni dei miei nemici.”

 

D’improvviso, quasi tutti i Mangiamorte avvertirono una subitanea scossa di gelo lungo la schiena. Le pareti della Sala Regia si ghiacciarono e il respiro dei presenti si tradusse in una nuvoletta bianca. Molti Mangiamorte si strinsero nelle tuniche nere quando scorsero una tela color pece che fluttuava accompagnata da un’insopportabile verso acuto. Uno squadrone di Dissennatori avanzava verso il Signore Oscuro sorvolando le teste dei Mangiamorte. Bellatrix e tutti quelli che erano stati rinchiusi ad Azkaban dopo la presunta caduta di Lord Voldemort strinsero i denti e indietreggiarono, grugnendo istericamente.

 

Voldemort si rivolse al Dissennatore che guidava lo squadrone “Benvenuto, Nole.”

 

L’essere si piegò in due come a voler simulare un inchino.

 

“Nole Rowe ha eliminato in un modo abbastanza originale molti componenti scomodi del Ministero, quindi vi prego di complimentarvi con lui.”

 

I Mangiamorte che non erano impegnati a disperarsi tentarono di battere le mani frementi dal freddo. Il Dissennatore fece uno strano verso.

 

Voldemort continuò a parlare con la sua voce roca e sibilante: “Nole porge i suo ringraziamenti a tutti voi, in special modo ai Mangiamorte che gli hanno fornito un dilettevole diversivo per tredici anni.”

I Lestrange e molti altri si portarono le mani alle orecchie quando i Dissennatori intonarono in coro un canto straziante. Gli altri si lanciarono occhiate confuse, domandandosi in cuor loro come facesse il loro signore a comprendere i pensieri del Dissennatore capo.

 

Lord Voldemort osservò lo squadrone allontanarsi dalla sala mentre i suoi Mangiamorte tiravano sospiri di sollievo; aveva la strana sensazione di aver già incontrato Nole Rowe.

 

“Ora che abbiamo terminato con le congratulazioni, intendo dare il bentornato ai nostri compagni Mangiamorte dalla prigione di Azkaban.”

 

I recenti liberati si prodigarono in un inchino profondo mormorando ringraziamenti.

 

“…e vedete di non deludermi ancora” aggiunse Voldemort in un terribile, minaccioso monito “E ora passiamo a cose più importanti: Greyback!”

 

Un omone peloso e rattrappito nella tunica di Mangiamorte si fece avanti nella mischia a spallate: “Mio signore” abbaiò “Eccomi qui!”

 

“Molto bene, Greyback. Il tuo impegno si è dimostrato molto utile e intendo darti una ricompensa.”

 

“Sapete, mio signore, che la maggiore ricompensa per me è uccidere su vostro comando.”

 

“Lo so” ghignò orribilmente Lord Voldemort “E so anche che hai sviluppato una predilezione per le vittime giovani, quindi…”

 

L’intera sala e Greyback più di tutti fremevano dall’eccitazione.

 

“… per ora ti dovrà bastare questo: tra qualche mese avrai molte giovani gole da lacerare, tu e il tuo branco… un bel banchetto a portata d’artigli” terminò Lord Voldemort con un ghigno sinistro.

 

La riunione si sciolse con la prospettiva di un’allettante strage.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

“Come prevedibile, sei tornato” dichiarò R.A.B. con un ampio sbadiglio, mentre scrutava Harry, in piedi davanti alla deformazione spaziale “E hai anche capito il modo di oltrepassare la barriera, bravo. In fondo non sei così tonto… più o meno.”

 

Harry strinse lo specchio che teneva nascosto sotto la tunica e concentrò al massimo la sua pazienza “Già.”

 

“Hai condiviso la tua decisione coi tuoi amichetti?” gli chiese Kaus accomodandosi sulla poltrona al centro della stanza.

 

“Sì.”

 

“Ma prima di partire non li hai salutati, vero?”

 

“No.”

 

“Hai riferito qualcosa della nostra precedente discussione?”

 

“No.”

 

Kaus sospirò con un mugugno “Decisamente stupido.”

 

“Come?” fece Harry stupito “Credevo che ci tenessi alla tua privacy.”

 

“E io credevo che ci tenessi ai tuoi Horcruxes, o meglio, a quelli di Riddle” ribatté R.A.B. voltandosi verso il ragazzo che esibiva un’espressione confusa “Per Merlino, non osare tirar fuori quell’espressione quando sei in mia compagnia.”

 

Harry continuava a non capire e a fissare sempre più indeciso e irritato il sorrisetto canzonatorio del vecchio.

 

“Per Corvonero! La ragazza!” eruppe Kaus con un tono insieme rimproverante e divertito “Quella ricciuta, l’unica che nel tuo gruppetto di amici sia degna di avere il pollice opponibile.”

 

“Hermione” puntualizzò Harry.

 

“Esatto. E se non hai parlato con lei prima di partire allora ne deduco che non l’hai incaricata di compiere la ricerca sull’Horcrux delle Fondatrici, come ti avevo intelligentemente suggerito io.”

 

Harry si dovette contenere dallo spalancare la bocca: come aveva potuto dimenticarsene? Ma la cosa peggiore era il rimprovero di quel dannato vecchietto “Un attimo. Tu puoi vedere tutto quello che faccio e allora perché non me l’hai ricordato.”

 

“Perché ora sono troppo scoperto. Avrei dovuto mettere a repentaglio la mia vita per farti presente che la tua memoria sfiora i limiti dello zero assoluto, sii realistico. Glielo chiederai la prossima volta, quando tornerai alla base dell’Ordine.”

 

“Sai dell’Ordine?”

 

“Mio caro ragazzo, so molte più cose di quante tu ne possa immaginare. Ora andiamo a dormire.”

 

Kaus si alzò dalla poltrona e si trascinò barcollante verso una delle stanze.

 

“Ma sono solo le otto e mezza” gli fece notare Harry.

 

R.A.B. si voltò lentamente verso di lui con un’espressione addolorata “Vedi, Harry, tu hai commesso un altro errore. Vedo che non hai portato niente con te.”

 

“Il Whisky incendiario!” esclamò Harry, ricordandosi d’improvviso la richiesta di R.A.B. “Credevo che scherzassi!”

 

“Io non scherzo mai” dichiarò R.A.B. con tono fermo.

 

“Ma non vuoi iniziare ad allenarmi” propose Harry.

 

“Di notte non è consigliabile, attireremmo troppo l’attenzione. Ma se vuoi posso restare sveglio, che ne dici di fare una bella chiacchierata con me?”

 

 “Buona notte” Harry girò sui tacchi e si andò a coricare su una brandina sistemata in un angolo: meglio quella che un altro minuto in compagnia del sarcasmo e dei sorrisetti di R.A.B.

 

“Questa minaccia funziona sempre” sogghignò Kaus.

 

 

La mattina seguente si avviò l’incipit del calvario di Harry Potter: si diede inizio al tutto con una dieta speciale da combattente che prevedeva verdura cotta e altri generi di cibo rancido che avevano tutta l’aria di funghi velenosi, per poi passare al look di un dignitoso combattente che aveva più volte portato Harry e Kaus ai limiti di un crudo litigio che aveva come soggetto “il modo umano di pettinare i capelli di Harry Potter”. Tutto ciò veniva accompagnato da un singolare codice di regole che avrebbero dovuto dirigere l’esistenza del ragazzo nei più minuziosi particolari. Così la settimana finì ed Harry desiderò con tutto il cuore di trovarsi sotto il torchio di Malocchio Moody, invidiando in maniera oltremodo folle la fortuna che avevano avuto Ron ed Hermione ad essere allenati da una persona che conosceva in vaga maniera il significato delle parole “pietà” e “tregua”.

 

Gli incessanti allenamenti di Harry erano caratterizzati da una spiacevole costante: il sarcasmo di Lyons Kaus, per non parlare della sua pedante precisione. Per molti maghi l’angolo di tiro (che variava da incantesimo a incantesimo) con cui bisognava tenere tesa la bacchetta costituiva una nozione superflua, ma per R.A.B. – esperto di pose stilistiche di particolare effetto durante il lancio di una fattura – aveva il medesimo valore del saper pronunciare correttamente la formula.

 

“Credimi, l’angolo di tiro è una nozione fondamentale. Lo devi memorizzare per forza… avanti non è così difficile ricordare: Stupeficium: angolo di 15,7° a partire dall’asse orizzontale-frontale” lo incoraggiò R.A.B. con la tipica aria seccata del genio incompreso.

 

“Non è così facile se oltre a quello te ne devi ricordare altri cento!” si lamentò Harry mentre faceva scorrere lo sguardo sulla lista di fatture che Kaus gli aveva raccomandato di memorizzare con perizia.

 

1- ACCIO: misura approssimativa variabile, dipendente dall’oggetto che si desidera richiamare à parametri = ogg. Inferiore 3Kg (angolo 10°, in direzione cardinale)…

2- ALOHOMORA: perfetta perpendicolarità col baricentro della serratura; distanza consigliabile = 3,5 cm

3- AVIS: angolo perfetto di 45° puntato in direzione nord, in asse con il corpo

4- AVADA KEDAVRA: angolo di tiro che coincide con l’asse perpendicolare partente dal cuore dell’avversario.

….

 

“Ma lo vuoi capire che non ho nessuna intenzione di usare una Maledizione senza Perdono!” strepitò Harry, leggendo con disapprovazione il quarto dei cento incantesimi scritti sulla pergamena.

 

“Quanto la fai lunga!” sbuffò R.A.B., tuttavia divertito dalla reazione del ragazzo “Non c’è spazio per i moralisti sul campo di battaglia. Hai due opzioni: o riesci ad eseguire correttamente tutti gli incantesimi, incluse le Maledizioni, o farai la fine di Silente.”

 

Harry strinse i denti ed accartocciò la pergamena gettandola ai piedi di R.A.B. “Ora ne ho abbastanza delle tue battutine pungenti, o la finisci di deridere il professor Silente oppure io…!”

 

“Mi lanci addosso un Avada Kedavra, non aspetto altro. Bravo Harry, è così che ti voglio, colmo di rabbia, perché è quella che permette la corretta esecuzione di una Maledizione senza Perdono.”

 

Harry rimase immobile, quasi sotto shock, incredulo di fronte all’arroganza del vecchio. Riprese la pergamena sul pavimento mentre cercava con la mano sotto il mantello lo specchio di Sirius e lo pseudo-Horcrux “Non ucciderò mai nessuno.”

 

“Nessuno, Harry, ne sei sicuro? Neanche me?” chiese R.A.B. con voce neutrale.

 

“Cosa… cosa vuoi dire?” domandò Harry, incredulo.

 

“Lascia perdere, lo capirai a tempo debito. Piuttosto…” riprese Kaus facendo salire di un’ottava la voce “… che ne dici di ascoltare i consigli di un vecchio saggio e imparare le giuste pose tecniche degli incantesimi.”

 

“Nessun professore di Difesa ci ha mai fatto imparare una cosa del genere” gli fece notare Harry con un po’ di rancore.

 

“Perché i tuoi insegnanti preferiscono essere superficiali con degli studentelli di pochi anni di vita. Quello che sto cercando disperatamente di insegnarti è ciò che si richiede ad un Auror.”

 

“Non sapevo che servisse imparare queste cose per diventare un Auror” confessò Harry, fissando dubbioso la lista di incantesimi.

 

“A quanto ho sentito dire in giro pare che tu voglia diventare Auror, giusto? Beh, meglio che abbandoni quest’idea se memorizzi a fatica solo cento incantesimi.”

 

“Solo!” tuonò Harry.

 

“In totale gli incantesimi che si possono ritenere dilettevoli per un combattente sono più di settecento” spiegò R.A.B. con indifferenza.

 

Harry rimase quasi basito; non aveva neppure sospettato che il totale degli incantesimi conosciuti dai maghi superasse le cinquecento fatture.

 

“Ebbene sì, Harry” continuò Kaus “Non sei portato per quel mestiere. Casualmente ti si può ritenere un buon combattente, ma di sicuro non ottimale. Tutti i meriti che ti sei ingiustamente accaparrato negli anni sono dovuti solo ad una sfacciata sfortuna, al sostegno di altri maghi molto più competenti di te e anche ad una sorta di privilegio dovuto alla tua fama. Quindi non ti illudere di poter diventare Auror, al massimo potresti chiedere al signor Argus Gazza di cederti il suo nobile impiego.”

 

“Già” mugugnò Harry, tentando di padroneggiare la sua pazienza “Sai, mi chiedo per quale motivo tu non sia andato ad insegnare Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts” ironizzò Harry, ripensando alle interminabili sofferenze che avevano accompagnato quella settimana di allenamenti.

 

“Stai scherzando, Harry!” sbottò Kaus “Io ci tengo alla vita. Primo punto, non amo essere subordinato a nessuno, nemmeno ad un preside; secondo, la mia grave posizione non mi permette di lasciare questa casa; terzo, se anche riuscissi a diventare insegnante di quella materia mi aspetterebbe sicuramente una morte atroce.”

 

Harry ripenso ad uno dei colloqui che aveva avuto con Silente l’anno passato e si ricordò di un particolare accenno alla richiesta di Lord Voldemort per la cattedra in Difesa Contro le Arti Oscure “Stai parlando di quella specie di maledizione che Voldemort ha lanciato dopo essere stato rifiutato dal preside Silente.”

 

“Giusta deduzione, Harry, vedi che delle volte riesci a darmi delle soddisfazioni” si compiacque R.A.B., ostentando comunque il suo sorrisetto canzonatorio “Proprio così, Riddle ha lanciato una vera e propria maledizione, molto robusta; è praticamente impossibile spezzarla. Tutt’ora mi chiedo dove abbia trovato una formula tanto potente da suggellare un anatema del genere.”

 

“So che chiunque diventi professore di Difesa Contro le Arti Oscure è destinato ad un solo anno di insegnamento.”

 

“Non solo, Harry, si è destinati anche ad una morte atroce” aggiunse Kaus, mantenendo la sua freddezza.

 

“No!” sbottò Harry, allarmato “Non può essere. Nessuno è mai morto, sono stati solo licenziati o ridotti in condizioni tali da non poter insegnare, ma non…”

 

“Che mi dici di Raptor?” gli chiese Kaus.

 

“Lui è un’eccezione. Si trattava di un servo di Voldemort e comunque è l’unico che è morto.”

 

R.A.B. sospirò ed andò a frugare tra uno dei suoi scaffali stracolmi di libri “Sicuro?”

 

“Certo” dichiarò Harry fermamente, tuttavia avvertendo un nodo alla bocca dello stomaco. Professor Lupin, pensò il ragazzo mentre Kaus gli si avvicinava con un manipolo di fogli di giornale.

 

“Qui ci sono alcuni articoli risalenti a molti anni fa. Osservali attentamente e poi trai le tue conclusioni” disse R.A.B. consegnando i fogli a Harry.

 

Il ragazzo li osservò superficialmente notando che si trattava di prime pagine di diverse edizioni della Gazzetta del Profeta; alcuni articoli risalivano a venti anni fa, mentre altri recavano date più recenti. Ma tutti i giornali avevano una macabra analogia: seppure con diversi titoli che andavano dal “Ex-Professore morto in circostanze spiacevoli” a “Terribile macello di sangue coinvolge un ex-professore”, tutti gli articoli trattavano del tragico decesso di tutti i Professori che avevano insegnato Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts, alternandosi di anno in anno.

 

“Vedi, Harry” intervenne Kaus, scrutando il volto sconvolto del ragazzo “Non è detto che la morte debba avvenire all’istante, o poco dopo il licenziamento. C’è chi ha vissuto in pace al massimo per cinque anni prima di finire…” accennò con la mano floscia alle immagini raccapriccianti degli articoli.

 

“No, non può essere” ripeté Harry “Ci deve essere un modo per bloccare questa maledizione!”

 

“Spiacente, ma come ho detto prima, si tratta di una maledizione robustissima, che, devo ammetterlo, va al di là di qualsiasi capacità magica. Intendo dire, Harry…” spiegò Kaus “… che stiamo parlando di un anatema permanente e che implica la morte di varie persone; ci troviamo di fronte ad una sorta di “Maleficio Dinastico”, che tra tutte le maledizioni è la più terribile e anche la più difficile da eseguire. Ma qui sta l’incognita della faccenda, perché non si tratta di un vero e proprio maleficio che flagella una dinastia e quindi una determinata linea di sangue, ma un semplice posto di lavoro. Prova a immaginare questo Harry: le maledizioni permanenti si basano sulle relazioni tra le vittime, nel caso del “Maleficio Dinastico” si tratta del sangue… ma che relazione ci può essere tra degli insegnanti di Difesa Contro le Arti Oscure, che sicuramente provengono da famiglie diverse? Non c’è alcuna logica per sceglierli come future vittime, a meno che non si operi una “contaminazione del destino”; si tratta di una maledizione che coinvolge tutti coloro che sostituiscono un frangente di futuro del probabile destino del mago che scaglia il maleficio. Ora mi spiego meglio, Voldemort aveva previsto di diventare insegnante e quindi il suo futuro sarebbe stato quello di fare l’insegnante, ma il professor Silente glielo ha impedito, deviando così la linea del suo futuro. Così Voldemort ha dovuto cambiare il suo destino, che non era più quello di fare l’insegnante, ma prima di farlo ha scagliato una “contaminazione del destino” che avrebbe colpito chiunque avesse tentato di occupare il suo futuro mai realizzato, cioè insegnare Difesa Contro le Arti Oscure. Chiaro?”

 

“Ma è una cosa che si può fare?” domandò Harry, alquanto stordito dalla spiegazione di Kaus.

 

“Si può fare, teoricamente. Ma per metterlo in pratica si necessita di una tale forza spirituale che non ha mai posseduto neanche il professor Silente.”

 

“Stai dicendo che Voldemort è un mago migliore di Silente?” chiese Harry, indignato e insieme preoccupato.

 

“Se davvero è riuscito a scagliare una “contaminazione del destino”, allora dire proprio di sì.”

 

“Ma non c’è nessun modo per…?”

 

“Ti ho già detto di no!” esclamò R.A.B., alquanto seccato “Ma perché ci tieni così tanto, in fondo non hai mai insegnato Difesa Contro le Arti Oscure.”

 

Harry scosse la testa, esasperato “Non è per me. Al terzo anno il mio insegnante è stato Remus Lupin!”

 

“Ah, il Lupo Mannaro. Capisco Harry, mi dispiace. Beh, che altro posso dire: future condoglianze!”

 

“No!” urlò Harry “Ci deve essere un modo, uno qualsiasi!”

 

“Beh” cominciò incerto R.A.B., donando un barlume di speranza a Harry “Ci sono dei particolari maghi che sono immuni alle maledizioni permanenti e selettive come nel nostro caso la “contaminazione del destino”… ma dubito che il tuo amico possa essere uno di questi maghi.”

 

“E che mago dovrebbe essere per annullare la maledizione?”

 

“Come posso spiegarti, mh…” rifletté Kaus guardando distrattamente il soffitto della casa “… deve essere un doppio-mago.”

 

“Cosa vuol dire?”

 

“Un doppio-mago non è altro che una piacevole allegoria” ridacchiò Kaus, costretto poi dallo sguardo pungente di Harry a riprendere la spiegazione “Si tratta di un mago che nel suo individuo porta un secondo spirito.”

 

“Un secondo spirito?”

 

“Meglio che ti accontenti con questa spiegazione, Harry. Il concetto di anima e spirito è troppo raffinato per uno come te, ti ci vorrebbe una predisposizione concettuale che di sicuro non possiedi.”

 

“Vorrei solo sapere cosa intendi con secondo spirito.”

 

“Per l’appunto” sospirò Kaus “D’accordo, altrimenti non mi darai pace, ma ti avverto, entreremo in un campo decisamente minato” R.A.B. espirò a fondo e cominciò il discorso “Questa è la mia premessa: lo spirito è irrimediabilmente legato al destino; ora proseguiamo con calma… Molte volte, nel linguaggio comune, si usa impropriamente la parola “spirito”, sai farmi un esempio, Harry?”

 

“Beh, io con spirito intendo un fantasma.”

 

“E questa è la prova di come l’ignoranza pervada la gente comune. Ma, proseguendo il discorso… lo spirito non è assolutamente un fantasma, il fantasma non contiene minimamente lo spirito di una persona, ma ne è soltanto l’involucro copiato con miseri ricordi della vita, in altre parole si tratta dell’impronta dell’anima. Già, Harry, anima e spirito sono due cose diverse, ma non ho intenzione di approfondire, finiremmo chi sa dove intraprendendo certe spiegazioni.”

 

“Sapevo già che il fantasma è una specie di impronta del defunto, ma credevo che l’impronta dell’animo fosse lo spirito.”

 

“E invece no. Ogni corpo vivente è costituito da anima e spirito; l’anima è semplicemente la forza astratta e caratteristica di ogni essere che racchiude lo spirito; lo spirito è più propriamente la consistenza degli esseri viventi: costituisce i ricordi, il carattere, l’intelligenza, le caratteristiche corporee, per non parlare del potere magico che è capillare solo nei maghi e nelle streghe. L’anima è solo un involucro che può permanere nel corpo di un morto per breve periodo e che può essere richiamata con un determinato incantesimo. E’ questo ciò che sono gli Inferi: anime richiamate in corpi morti e putrefatti.”

 

“E i Dissennatori?” chiese Harry, sinceramente interessato.

 

“I Dissennatori sono corpi concreti e insieme intangibili. Non mi è molto chiaro ma sospetto che siano spiriti senza anima, il che è un vero azzardo per le leggi della natura. Sai, Harry…” riprese Kaus, più serio “… non mi voglio dilungare ulteriormente, ti spiegherò a tempo debito ciò che costituisce gli esseri e che cosa sono anima e spirito e come la loro scombinata mescolanza possa creare degli esseri né vivi, né morti, ma per ora accontentati di questo: il bilancio tra anima e spirito è indispensabile per la creazione degli Horcruxes.”

 

“Capisco” accennò Harry, deciso “Me lo dirà a tempo debito, ma ora vorrei solo sapere se c’è qualche speranza di salvezza per Remus Lupin.”

 

“Già, tutto questo discorso è iniziato con l’interrogativo: può essere Remus Lupin un doppio-mago? La risposta è certamente no. Un doppio-mago contiene due spiriti, come ti avevo accennato prima, ciò significa che il suo corpo dovrebbe essere soggetto a due destini, quello suo e quello dello spirito che ospita. E’ proprio per questa duplice connotazione del destino che la maledizione non ha più effetto: due diversi destini – ossia due diversi spiriti - in un solo corpo si annullano a vicenda, non concretamente, ma non sono più soggetti a forze esterne. E’ come una specie di copertura, gli spiriti esistono in simbiosi ma nascondono la loro presenza al di fuori, così il destino non li può colpire. In altre parole, una profezia o una maledizione riferita o scagliata contro un doppio-mago non ha alcun significato o effetto.”

 

Harry aveva capito poco o niente dalla spiegazione di R.A.B. ma la sua attenzione era puntata tutta sulla sorte dell’amico “Ma perché Remus non può essere un doppio-mago? Non c’è nessuna possibilità che…?”

 

“A dirla tutta non c’è un modo concreto di capire se uno è un doppio-mago o no, tranne una particolare eccezione: la condizione di Lupo Mannaro. Ora, Harry, tu devi sapere che quando un mago si trasforma in Lupo Mannaro perde la cognizione di ciò che gli accade, in altre parole non si controlla, perde completamente la sua identità e questa perdita di identità corrisponde ad una temporanea perdita di spirito. E se mentre è trasformato in Lupo Mannaro il soggetto non ha più controllo e si comporta come un animale ciò significa che non è subentrato un secondo spirito, che si attiva pienamente ogni volta che lo spirito principale viene meno. La prova del nove per il tuo amico è questa: quando è un Lupo Mannaro riesce a controllarsi? certo non per opera sua, ma per merito del secondo spirito?”

 

“Remus non si controlla” rispose Harry desolato, sentendo che il nodo alla bocca dello stomaco si stringeva sempre più minacciosamente.

 

“Allora non è un doppio-mago” concluse R.A.B., astenendosi dal sorridere come era solito fare, cosa di cui Harry gli fu molto grato.

 

Harry scosse la testa, incredulo di fronte a ciò che aveva appena scoperto “Non riesco a credrci. Beh, l’unica consolazione è sapere che anche Severus Piton farà una brutta fine.”

 

“Severus Piton!” strepitò Kaus “Silente gli ha permesso di diventare insegnante nonostante sapesse della maledizione?!”

 

Harry avvertì che il suo cuor aveva fatto una vorticosa ribaltata nel petto “Silente… Silente sapeva della maledizione?”

 

“Certo che lo sapeva, non è stupido come certe persone! Ma allora come si spiega che abbia voluto mettere a rischio la sua vita.”

 

“Che c’è di tanto speciale nella vita di Severus Piton!” gridò Harry, ormai senza controllo. Silente sapeva della maledizione, ma allora come aveva potuto permettere che tutte quelle persone, che Remus Lupin, diventassero vittime della maledizione, destinati così alla morte?

 

“Silente non te l’ha detto? Lo immaginavo, ha preferito lasciarti l’illusione.”

 

“Quale illusione?” domandò Harry a denti stretti.

 

“Lascia stare. Piuttosto, non ti sei mai chiesto il motivo del perché Silente si fidava così tanto di Severus Piton?”

 

“Me lo sono chiesto sì, un sacco di volte!”

 

“E’ per quel preciso motivo che per Silente la vita di Severus Piton era così importante. E appunto non capisco il motivo del perché lui gli abbia permesso… oh, no… non mi dirai, Silente…” cominciò R.A.B. dialogando col soffitto “… che hai voluto trasformarti in un martire quando hai capito che Riddle stava diventando troppo potente. Idea astuta. Silente sapeva che Voldemort non avrebbe mai rischiato di far morire Piton, così ha lasciato che diventasse insegnante di Difesa, tanto sapeva che Riddle avrebbe annullato gli effetti della maledizione su Piton una volta che si sarebbero rincontrati.”

 

“Cosa vuol dire: Voldemort non avrebbe mai rischiato di far morire Piton?” chiese Harry, incredulo, ripensando alle parole di Arthur Weasley: E’ questo ciò che significa essere Mangiamorte: servitori usa e getta quando a Voldemort fa più comodo.

 

“La vita di Severus Piton ha un importante valore per molti, sia per i “buoni” che per i “cattivi”; capire il perché…”

 

“… solo a tempo debito” concluse Harry.

 

“Esatto.”

 

“Ma…” cominciò Harry, riflettendo sulle precedenti parole di Kaus “Hai detto che Voldemort avrebbe annullato gli effetti della maledizione su Piton?”

 

“Esatto; è un bel colpo per te, vero Harry?”

 

“No” sbottò Harry “Al contrario, ora che so che la maledizione si può annullare. Costringerò Voldemort ad annullare la maledizione su Remus.”

 

“E come pensi di fare a costringerlo?”

 

“Dopotutto hai ragione tu, niente scrupoli” ammise Harry, inghiottendo la sua coscienza “Vorrei che mi insegnassi la Maledizione Imperius.”

 

“D’accordo” acconsentì R.A.B., un poco sorpreso.

 

“Buona notte” mugugnò fiocamente Harry, mentre si apprestava a coricarsi sulla brandina che ormai era diventata il suo giaciglio per la notte.

 

Bonne nuit.Già, pensò R.A.B. tra sé e sé, Prima si inizia con l’Imperius, poi con il Cruciatus e si chiude in bellezza con l’Avada Kedavra.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

“Potter ha scovato Kaus, mio signore.”

 

“Eccellente” si compiacque Lord Voldemort “Ora non ti resta altro da fare che prendere uno squadrone e andare ad ucciderlo, Severus.”

 

“Sì, mio signore” assentì Piton, riverente “Per quanto riguarda le informazioni che volevate sui gruppi stranieri, sono desolato, ma pare che la loro copertura sia impenetrabile.”

 

“Non importa, se ne occuperà l’I.M.M.U.D.O., abbiamo Samantha Drake come garante. Piuttosto, sarebbe il caso di eliminare certe seccature.”

 

Lord Voldemort fece apparire una copia consumata della rivista “Il Cavillo” “Mi è stato segnalato da alcuni Mangiamorte, leggi il titolo, Severus.”

 

Piton afferrò il giornale fluttuante e lo aprì sulla prima pagina: “Signore Oscuro ottiene l’appoggio estero di alcune segrete corporazioni oscure. Mio signore, con tutto rispetto, la rivista Il Cavillo è di ultima categoria, non ci fa caso quasi nessuno.”

 

“E’ quel quasi che mi preoccupa, Severus. Non fraintendermi, di sicuro non ho paura, ma è meglio essere previdenti ed eliminare il problema alla radice.”

 

“Sono pienamente d’accordo. Provvederò io stesso a risolvere il problema” concordò Piton “Ho altre notizie, mio signore.”

 

“Ti ascolto, Severus” mormorò Lord Voldemort.

 

“Al Ministero è prevista la visita di un importante esponente della dinastia oracolare di Delfi. Pare che il Ministro della Magia Scrimgeour abbia richiesto un consulto per predire le sorti della guerra.”

 

“Vanaglorioso, quell’uomo” sibilò Voldemort “Altro?”

 

“Sì, mio signore. Deve sapere che quando feci domanda per un incarico come apprendista in Pozioni, presso Hogwarts, mi giunse all’orecchio la voce che Albus Silente avesse richiesto un consulto speciale con l’Oracolo di Delfi per chiarire gli avvenimenti dei prossimi anni.”

 

Piton si sorprese nel vedere un barlume di preoccupazione accendersi sul volto solitamente impassibile del suo signore.

 

“Questo non è da sottovalutare” sibilò Lord Voldemort, a denti serrati “Raduna uno squadrone valido: faremo una visita al Ministero della Magia oggi stesso.”

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Erano passati due mesi dal primo personale incontro tra Harry e Lyons Kaus; l’estate stava tramontando per lasciare posto ad un autunno altrettanto cupo e nebuloso. Harry aveva passato il suo compleanno a praticare la Maledizione Imperius; oramai era un esperto. Alle porte del mese di settembre il giovane Potter aveva appreso con la più minuziosa delle pignolerie tutte le tecniche corrette di esecuzione degli incantesimi. E R.A.B, nonostante tutte le sue battutine insolenti, si era dimostrato soddisfatto dei progressi di Harry e ora lo riteneva degno di misurarsi in una vera sfida, bacchetta contro bacchetta.

 

“Sei pronto, Harry.”

 

“Prontissimo.”

 

Harry e R.A.B. si inchinarono rispettosamente per poi posizionarsi secondo lo schema offensivo-protettivo che Kaus aveva insegnato al ragazzo.

 

Si studiarono per qualche attimo e poi partirono all’attacco.

 

Stupeficio!”

 

Gridarono all’unisco. I raggi rossi scaturiti dalle loro bacchette cozzarono a mezz’aria e rimbalzarono perpendicolarmente, formando una sorta di reticolo cartesiano con le scie rosse delle fatture. Il contraccolpo fece indietreggiare i due di qualche centimetro, ma il vecchio riuscì a stabilizzarsi prontamente e a lanciare un altro incantesimo:

 

Immobilus!”

 

Harry reagì quasi meccanicamente mormorando un efficace Protego che riuscì a bloccare la fattura di R.A.B. Il giovane Potter mantenne il braccio piegato a 45° contro il petto in modo da estendere maggiormente lo scudo protettivo, poi, con una rapida estensione dell’arto, rispedì l’incantesimo contro il suo stesso fautore senza che la maledizione diminuisse la sua originaria potenza.  

 

Kaus si smaterializzò rapidamente sulla sinistra, puntò la bacchetta contro il ragazzo che un attimo dopo si trovò a gambe all’aria, ribaltato da una potente fattura non verbale.

 

Il vecchio tentò nuovamente l’incantesimo immobilizzante, questa volta con maggiore successo. Harry poteva solo sbattere le palpebre e sentire il sangue che gli grondava giù dal cervello mentre R.A.B. si avvicinava minaccioso.

 

“Sai qual è la punizione, vero Harry?” chiese ironicamente Kaus, puntandogli la bacchetta in mezzo agli occhi.

 

Harry non poteva parlare, ma il bagliore di sfida che R.A.B. intravide nei suoi occhi fu una risposta più che sufficiente.

 

“Sei durato poco, Harry” bisbigliò il vecchio, malignamente “Poco male… Crucio!”

 

Harry riuscì solo a sgranare gli occhi mentre i dolorosi influssi della maledizioni si propagavano in tutto il suo corpo; se possibile l’effetto risultava ancora più esasperante data la sua incapacità di muoversi o di sfogarsi urlando a squarciagola. La fronte era contratta e i nervi quasi accartocciati dallo sforzo di uno sfogo trattenuto.

 

Harry sentì la testa aprirsi di netto, come se l’antico dolore della cicatrice fosse tornato vivo e pulsante. Quella sensazione lo fece allucinare: la pelle piuttosto abbronzata di Lyons Kaus stava diventando di un pallore cadaverico, i suoi occhi marrone chiaro tendevano sempre di più ad un sanguinolento rosso acceso, capelli e sopracciglia si sfoltivano per rivelare il volto dell’uomo più odiato da Harry Potter.

 

Le immagini del suo aggressore, sempre più appannate a causa delle lacrime di dolore che gli scendevano dagli occhi, si stavano lentamente delineando in qualcosa di estraneo a Lyons Kaus: un uomo dall’aspetto grottesco e cadaverico; forse non era neanche l’aspetto autentico di Lord Voldemort, ma nei ricordi di Harry appariva così, in tutta la sua mostruosità. Poi d’un tratto lo sfocato si fece nero e anche il pallore della pelle di Lord Voldemort scomparve, mescolandosi nel buio.

 

Il biancore ricomparve, questa volta meno cadaverico, ma più spettrale e astratto. Una folta chioma nera ricoprì parte della grande macchia bianca e ovale, mentre sotto la frangia appena apparsa si accendevano due occhi scintillanti di perfidia e follia. L’ovale si squarciò sul basso in un sorriso beffardo e malefico: “Ti manca, Potterino. Lo so che ti manca, ti manca Sirius.”

 

La scomparsa di Bellatrix Black fu accompagnata dall’incessante eco di quelle parole. Mentre anche l’ultimo bagliore del suo sguardo maniacale si spegneva, diluendosi nel nero, apparve all’istante, come un flash improvviso, l’immagine chiara e nitida di Severus Piton: il volto era scarno e neutrale, quasi apatico. “Ti manca Silente, ti manca la mamma, ti manca il papà, Potter?” La voce era remota ma inconfondibile nella sua freddezza e untuosità. Harry guardò il suo volto pallido e desiderò di poterlo stringere fino a farlo scoppiare. Allungò una mano con una forza disperata, ma Piton tentò di proteggersi parandosi col braccio sinistro. Allora Harry vide il Marchio Nero che spuntava parzialmente dalla manica della tunica. Con tutta la risolutezza che gli rimaneva conficcò le unghie nel tatuaggio.

 

Le grida che ne seguirono furono per Harry un dolce canto di consolazione. Affondò le unghie senza pietà, rimanendo ipnotizzato ad osservare la sua trasformazione. Il teschio si fuse con il serpente che gli usciva dalla bocca e si mescolarono in una singola macchia nera che si delineò in una figura diversa: un uccello maestoso dalle nove code che emergeva dalle fiamme, una fenice, ma una fenice nera avvolta da fuoco verde.

 

Harry si sentì precipitare e cozzare contro il suolo; sbattendo le palpebre riacquistò la vista.

 

Kaus se ne stava raggomitolato a terra con la mano destra premuta contro l’avambraccio sinistro. Alzò lo sguardo carico di odio e di dolore “Complimenti… Harry” ansimò a fatica “Hai trovato… il… il mio punto debole.”

 

R.A.B. si alzò barcollante e lanciò a Harry uno sguardo d’avvertimento: “Ricordami come sono adesso: carico di furia omicida; perché è così che dovrai sempre vedermi.”

 

Harry si alzò di scatto dal pavimento, raccolse la sua bacchetta e il mantello dove custodiva i suoi due preziosi amuleti e senza ripensarci abbandonò quel luogo oltrepassando la barriera spaziale con l’intenzione di non tornarci mai più.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Samantha Drake tirò un lungo sospiro di sollievo quando finì di rassettare a dovere l’ultimo Mangiamorte. Dopo la cerimonia di bentornato che aveva seguito la scarcerazione, i dieci Mangiamorte liberati (uno era stato ucciso durante la scarcerazione) si erano dovuti sottoporre ad un test completo per verificare lo stato di salute e dell’integrità mentale. Così Samantha aveva accertato con rammarico che Cortess non aveva avuto tutti i torti ad affermare che gli scarcerati sarebbero stati più tocchi che malvagi.

 

Samantha aveva preferito sottoporre i dieci ad un interrogatorio per tentare di chiarire l’origine di un tale squilibrio mentale. Dai racconti confusionari di quelli che avevano accettato di rispondere alle domande era emerso che i giovani apprendisti Eclitti amavano molto esercitarsi al tiro al bersaglio con campioni vivi: i prigionieri di Azkaban. A quanto pareva il Ministro non solo era al corrente di questi soprusi ma li approvava, incentivando così la tortura dei prigionieri, che giorno dopo giorno venivano usati per l’esercitazione pratica e resi vittime della più svariata gamma di incantesimi e fatture senza un attimo di sosta da più di un anno.

 

Anche il padre di Draco, Lucius Malfoy, non aveva più una mente del tutto lucida; per questo Samantha aveva preferito non dire nulla all’amico, sperando in una repentina, seppure improbabile, guarigione spontanea; dopotutto la psicosi di cui soffriva l’uomo avrebbe anche potuto essere curata con una terapia, ma il Covo Oscuro non era il luogo più indicato per cominciare la cura.

 

Draco Malfoy si avvicinò a Samantha quando questa congedò il Mangiamorte che stava visitando.

“Allora?” chiese in tono freddo, tentando di celare la preoccupazione “Come sta mio padre?”

 

Samantha ingoiò a vuoto la saliva e cercò di apparire il più calma possibile “Dovresti dirmelo tu. Sei appena andato a trovarlo: come ti sembra?”

 

“Normale” rispose Draco.

 

Samantha sbarrò gli occhi dalla sorpresa “Davvero?” chiese stupita; poi, ricomponendo il volto in un’espressione indifferente, ripeté: “Davvero?”

 

“Beh, si comporta come sempre” rispose Draco, incuriosito dalla reazione della ragazza “Perché? Come dovrebbe stare? Sei tu il medico… non sarà ferito?”

 

“No, no… nessuna ferita fisica, non ti preoccupare.”

 

“Non mi preoccupo. Chi si preoccupa” concluse Draco con una sbuffata delle sue.

 

“Molto bene… allora, se non c’è nient’altro che mi vuoi chiedere, io me ne vado a curare il prossimo Mangiamorte” Samantha tentò di defilarsi dalla porta principale, ma fu costretta ad abbandonare il suo proposito quando Lucius Malfoy le sbarrò il cammino.

 

“Tu sei Samantha Drake, giusto?” le chiese l’uomo con un tono raggelante “Il nuovo acquisto del Signore Oscuro, la garante del progetto D.I.O.?”

 

“S..sì” rispose Samantha esitante.

 

“Vedi di non intralciarmi, ragazzina” disse quello in tono secco e agghiacciante.

 

La ragazza avvertì l’impulso di rispondere all’istante “Sì.”

 

Lucius Malfoy la oltrepassò. Draco indietreggiò impercettibilmente quando vide il padre che gli veniva incontro.

 

“Tu prima mi hai chiesto se stavo bene?” domandò al figlio con il medesimo tono di voce con cui si era rivolto a Samantha.

 

Draco accennò col capo “Sì” sembrava che quella fosse l’unica risposta adatta alle domande di Lucius Malfoy.

 

“Sto bene.” Senza preavviso l’uomo afferrò il braccio di Draco e abbassò violentemente la manica della tunica per rivelare il Marchio Oscuro. Draco lo contemplò fisso, tremando quasi dal timore. Samantha abbassò il capo e guardò Draco desolata, non sapendo che reazione aspettarsi da quell’uomo.

 

Lucius scrutò il figlio con un’occhiata tanto indecifrabile quanto ghiacciata “Il Marchio Oscuro; allora sei diventato anche tu un Mangiamorte?”

 

Draco accennò con il capo, sperando in cuor suo che quelle del padre fossero parole di apprezzamento.

 

“Tu sei Draco Malfoy, giusto?” sibilò Malfoy senior, perforando con lo sguardo il figlio.

 

Draco si limitò, come prima, a muovere la testa in segno di affermazione, ora assolutamente sconvolto.

 

Lucius Malfoy serrò la presa attorno al braccio del figlio e a Draco sfuggì un gemito di dolore “Ti è stata affidata la missione di uccidere Albus Silente, la più importante delle missioni che possa essere affidata ad un Mangiamorte, persino più importante del recupero della profezia. L’hai portata a termine?”

 

Draco pensò di intravedere uno spiraglio di logica nel comportamento del padre: era arrabbiato con lui perché non era riuscito ad uccidere Silente, perché non aveva completato la missione fino in fondo “Dopotutto il piano per intrappolare Silente l’ho ideato io e ha funzionato: Silente è morto” dichiarò con orgoglio, attendendo speranzoso i complimenti del padre.

 

Invece ottenne solo un sonore ceffone sul viso che lo fece quasi cadere. Draco si portò una mano sulla guancia arrossata e guardò supplicante il padre con gli occhi carichi di lacrime.

 

“Non ti vantare” sibilò Lucius Malfoy “Se fossi stato fuori da Azkaban il Signore Oscuro avrebbe affidato a me l’incarico di uccidere Silente: io sono il suo Mangiamorte preferito” afferrò la tunica del figlio e lo scosse forte “Vedi di non intralciarmi, ragazzino, se non vuoi fare una brutta fine.”

 

Lucius allentò la presa e, con un ultimo sguardo sprezzante, si allontanò dal figlio, che crollò sul pavimento con le mani che gli coprivano il viso.

 

Samantha si scostò per far passare l’uomo e osservò il suo volto di pietra che non riuscì ad addolcirsi nemmeno quando i singhiozzi disperati di suo figlio lo raggiunsero.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Hermione e Ginny stavano sfogliando la Gazzetta del Profeta, guardando con desolazione l’articolo che riportava la disfatta di Azkaban.

 

“Tante vittime che il Ministero ha preferito celarne il numero” lesse Hermione con rammarico.

 

Ginny ripiegò la Gazzetta e fissò l’amica con sconforto “Soprattutto nostre vittime. I corpi dei Mangiamorte recuperati dal Ministero sono in tutto tre; solo per questo Scrimgeour pensa di essere ad un passo della vittoria e mette in prima pagina le foto dei loro cadaveri.”

 

“E’ disumano oltre che borioso” Hermione proseguì con un tono impacciato “Sai chi è una delle vittime?”

 

“Il padre di Goyle” rispose Ginny, mantenendosi composta.

 

“Non voglio difendere i Mangiamorte, no di certo, ma… ho sempre detestato il modo di fare di Goyle, così sottomesso a Malfoy, ma… mi dispiace per lui” concluse Hermione, guardando Ginny con fare inquisitorio “E a te?”

 

“Ci sono stati centinaia di figli che hanno pianto per la morte dei loro genitori per colpa del padre di Goyle e dei suoi compagni. Non mi aspetto di provare compassione per lui, ma so solo che pubblicare la foto del cadavere del padre è sicuramente scorretto, è una mancanza di rispetto verso la sua morte e verso la famiglia del defunto.”

 

“Devo dire che sei più obiettiva di me, Ginny” ammise Hermione con un sospiro.

 

“Ma no Hermione, sono solo più inflessibile” ribatté Ginny “Piuttosto, ti va di cambiare discorso e di parlare di Ron?”

 

“Francamente” cominciò Hermione, indispettita “Credo che sarebbe più redditizio parlare di morti che di Ron.”

 

“Non esagerare” disse Ginny con una breve risata “So perfettamente come è fatto mio fratello ma tu non puoi negare i fatti, Hermione.”

 

“I fatti…” ripeté Hermione, frustrata “I fatti sono questi: lui è uno stupido perché non capisce mai niente e io sono stupida perché mi interessa uno stupido.”

 

“Non essere così dura con te stessa, sono cose che succedono” affermò Ginny con disinvoltura.

 

“Non prendere la cosa alla leggera Ginny; il mio è un grave problema che temo non abbia soluzione!”

 

“Non chiamarlo “problema”, Hermione” la rimproverò l’amica, sorridendo “E’ semplicemente una grande cotta”

 

“Non è grande… no… non riesco a capirlo di preciso” rivelò Hermione arrossendo in viso.

 

“E questo ti manda in confusione dato che sei abituata ad avere tutto sotto controllo.”

 

“Anche, ma non solo questo… con Victor non c’era tutto questo coinvolgimento, stavo con lui solo perché mi lusingava essere corteggiata da un ragazzo così famoso, ma alla fine sapevo che saremo restati solo buoni amici, nonostante quel piccolo bacio…”

 

“Quindi tu e Krum vi siete spinti solo fino alla fase uno, nient’altro?” le chiese Ginny.

 

“No, e mi pare già tanto con uno come lui.”

 

“Era tanto per te, ma lui cosa ne pensava? Ho sempre avuto l’impressione che Krum intendesse puntare al sodo, insomma, che volesse un contatto più fisico.”

 

“E l’ha cercato” confessò Hermione con visibile imbarazzo “Ma la sottoscritta non si sentiva assolutamente pronta e così ho mandato tutto a monte.”

 

Ginny posò una mano sulla spalla di Hermione “Non devi darti la colpa se è stato lui ad insistere troppo.”

 

“No” fece Hermione scandalizzata “Non voleva fare… quello… voleva solo darmi dei baci più profondi e…”

 

“Pomiciare, insomma” concluse Ginny.

 

“Precisamente” concordò Hermione col viso in fiamme “Ma io ho un blocco e non riesco a superarlo. Tendo a bloccarmi quando i ragazzi tentano di andare oltre…”

 

Ginny annuì grave col capo “So cosa intendi, Hermione.”

 

“Tu? No, Ginny, non intendevo…” si scusò subito Hermione “… è solo che ho avuto l’impressione che tu con i ragazzi… ci sappia fare.”

 

“In effetti sono un po’ disinibita, ma non troppo” dichiarò Ginny orgogliosa “Ma delle volte è capitato anche a me di avere questo blocco… con Corner.”

 

“Hmm” fece Hermione, nauseata.

 

“Puoi dirlo forte, Hermione. Solo che Corner non è un gentiluomo come Krum… lui aveva proprio in mente di farlo. Io mi sono opposta, all’epoca avevo a mala pena quattordici anni… ma lui non mi ha voluto dare retta. Alla fine l’ho sistemato con un efficace sinistro.”

 

“Mi dispiace Ginny. Quel Corner…” mugugnò Hermione piena di rabbia.

 

“Figurati; quel pugno è stato davvero liberatorio, era da settimane che intendevo darglielo” confessò Ginny con un sorriso mordace “Quando ha capito che la sua ragazza non aveva la minima intenzione di concedersi a lui, mi ha mollato… anche se a dirla tutta era già da un mese che, con varie sottigliezze, tentavo di fargli capire che non ero più interessata a lui.”

 

“E ora con Harry?” chiese Hermione, interessata.

 

“Lui è molto pudico, forse anche più di me” ironizzò Ginny “Ma è assolutamente il miglior ragazzo che Ginevra Weasley abbia mai avuto. In effetti lui mi è sempre piaciuto, ma siccome lui non mi guardava…”

 

“Hai preferito disinteressarti a lui e cercare affetto da un’altra parte. E speravi che, magari, lui si sarebbe ingelosito” aggiunse Hermione.

 

“Esatto. Vedi, Hermione, tu le capisci al volo le questioni amorose, ma sembra che con mio fratello questo tuo talento si dissipi. D’altronde non è facile analizzare la situazione quando si è così coinvolti” concluse Ginny con un sorrisetto malizioso.

 

“Con Victor ce la facevo” dichiarò Hermione, scoraggiata.

 

“E’ perché con lui non era una cosa seria. Ora con Ron sei coinvolta fino al collo, è difficile essere oggettivi” commentò Ginny.

 

“Non dire così, Ginny.”

 

“Fai la prima mossa, Hermione “ suggerì Ginny all’amica in tono rassicurante “Ormai devono fare tutto le ragazze perché se aspettiamo i ragazzi…”

 

“Ma è stato Harry a fare la prima mossa con te” puntualizzò Hermione con un sospiro.

 

“Ma dopo cinque anni che ci conoscevano e dopo avergli esplicitamente fatto capire che mi interessava… Ron è ancora peggio di Harry. Se aspetti lui finirete entrambi vecchi e svogliati.”

 

“Hai ragione tu, Ginny” disse Hermione, caricandosi di grinta “E’ ora di finirla a giocare al gatto e al topo.”

 

“Giusto” concordò Ginny, tenace “Sai, mio fratello avrà anche i suoi difetti, ma infondo…”

 

Ginny sobbalzò vedendo scorrere davanti agli occhi un’indeterminata figura d’argento. La scia prese consistenza e, una volta arrivata in fondo alla stanza, curvò nettamente per sfilare nuovamente davanti allo sguardo sconsolato di Ginny e a quello furioso di Hermione: si trattava di un’enorme marmotta col pelo folto e vaporoso, che le ragazze sapevano essere il Patronus di…

 

“Ron!” strillò Hermione all’indirizzo del rosso che si accingeva a richiamare nella punta della sua bacchetta l’enorme animale.

 

Ginny sospirò, tra l’incredula e il divertita “Parli del diavolo e…” sventolò la mano verso il fratello con un sorriso poco convinto.

 

“Mi stavo giusto esercitando col Patronus” dichiarò Ronald Weasley orgoglioso “Anche voi due dovreste fare lo stesso invece di stare lì sedute a parlare di stupidaggini.”

 

“Stupidaggini” ripeté Hermione facendo salire di parecchi decibel il tono della voce “Oh, in effetti io e Ginny stavano proprio parlando di uno stupido.”

 

Dall’occhiata pungete che gli aveva rivolto Hermione, Ron intuì che quel suddetto “stupido” non poteva essere altri che lui. Il giovane Weasley sostenne lo sguardo di Hermione e rivolse alla ragazza un’occhiata altrettanto ostile.

 

Ginny si passò una mano sul viso mentre Moody faceva il suo ingresso trionfale nella stanza.

 

“Ehi!” gridò contro Ron e Hermione, vedendo i due giovane fissarsi in cagnesco “Sempre a bisticciare come un branco di marmocchi, ma tu guarda. In piedi e pronti con le bacchette, tutti quanti, voglio tre dei più superbi Patronus che io abbia mai visto in tutta la vita… vedete di sorprendermi!”

 

Ginny scattò in piedi, non tanto in riflesso al comando di Moody quanto più per il desiderio di accontentarlo e di fargli chiudere la bocca. Agitò lievemente la bacchetta mormorando l’incantesimo: un’elegante gazzella attraversò il locale sotto lo sguardo compiaciuto del fratello. Quando si dissolse in una foschia luminosa, Moody accennò un vago sorriso compiaciuto.

 

“Non c’è male signorina… adesso tu, l’altra.”

 

Hermione avanzò, in risposta alla richiesta di Moody, ancora livida in volto.

 

Expecto Patronum!” gridò la ragazza.

 

Una lontra dai movimenti sinuosi schizzò fuori dalla bacchetta di Hermione e percorse a sobbalzi l’intera stanza per poi svanire con un sonore schiocco.

 

“Puoi fare di meglio, ragazzina” la rimproverò Moody con tono saccente “Ho l’impressione che tu sia troppo nervosa ultimamente: così senza concentrazione non ti riuscirà mai un buon Patronus.”

 

Hermione fissò Ron se possibile ancora più arrabbiata di prima; evidentemente lo riteneva responsabile della predica di Moody.

 

“Ora tu, ragazzo!” ordinò l’uomo facendo roteare l’occhio magico all’indirizzo di Ron.

 

Il giovane Weasley avanzò calmo al centro della stanza e mormorò l’incantesimo. La stessa figura di marmotta comparve dalla punta della sua bacchetta, ancora più luminosa di prima.

 

Questa volta Moody si concesse un sorriso ammirato “Complimenti, ragazzo, era proprio un bel Patronus. E’ di fondamentale importanza imparare l’Expecto Patronum ora che Nole Rowe è a piede libero e se alla ragazzina riccioluta questo non basta come incoraggiamento allora le consiglio di andare a vedere le foto delle vittime di quel Dissennatore.”

 

Ginny si voltò verso Hermione. La ragazza aveva gli occhi lucidi sia per colpa del litigio con Ron che per il rimprovero di Moody.

 

“Ora esercitatevi singolarmente, e smettetela di bisticciare” concluse l’ex-Auror con fermezza.

 

Alastor Moody se ne andò lasciandosi alle spalle un’atmosfera molto tesa.

 

Ginny fissò con circospezione il fratello mentre si avvicinava all’amica per consolarla.

 

“Dai, Hermione, sai com’è fatto Moody… sempre a brontolare.”

 

“Lo so…” singhiozzò Hermione “Ma è un’altra la persona che mi ha offesa.”

 

Ginny si fiondò sul fratello e lo afferrò per un braccio con una scintilla sinistra negli occhi “Ora tu vai a chiederle scusa” gli ordinò la sorella “E con scuse non intendo una sfilza di parole farfugliate nel tipico stile Ronald Weasley, ma un abbraccio e un bacio, capito Ron? Un abbraccio e…”

 

“… un bacio?” concluse Ron sobbalzando.

 

Hermione gli rivolse un’occhiata neutra. Ron osservò le lacrime che minacciavano di rigarle il volto.

 

“Mi spiace” cominciò il giovane Weasley protendendosi verso la ragazza scossa dai singhiozzi. In lontananza, Ginny lo stava esortando ad andare avanti e a non cedere all’imbarazzo.

 

Ron finalmente si sentiva pronto.

 

Un rumore acuto, come una sirena, squarciò l’atmosfera magica e fece quasi saltare il cuore fuori dal petto di Ronald Weasley “Non adesso, maledizione” mormorò il ragazzo ritraendo di scatto le braccia che aveva aperto per accogliervi il corpo di Hermione.

 

“Muovetevi!” Moody irruppe nella stanza con in mano la bacchetta e l’occhio roteante che sembrava impazzito “E’ scattato l’allarme: un ingresso non autorizzato, potrebbero essere i Mangiamorte!”

 

Ron sbuffò brandendo la bacchetta e si precipitò all’inseguimento di Moody che già stava imboccando il corridoio che conduceva all’atrio del rifugio.

 

Hermione restò immobile al centro della stanza con la mano sinistra premuta contro gli occhi. Ginny le si avvicinò scrollandole debolmente la spalla.

 

“Coraggio, Hermione! Non c’è tempo adesso, ci stanno attaccando. Reagisci, soltanto per ora, non ci pensare.”

 

Hermione accennò col capo, in viso ancora scura “Appena finisce questa storia, gliela faccio vedere io a Ron… se ne pentirà amaramente! Gli farò vedere tutte le costellazioni del cielo a furia di lanciargli robuste fatture!”

 

“Brava… Hermione” disse Ginny esitante. Se questa minaccia bastava a caricarla contro gli aggressori tanto meglio, ma non avrebbe di certo giovato alla relazione con Ron.

 

“Ah!”

 

Le due ragazze si voltarono di scatto.

 

“E’… la voce di mio fratello” constatò Ginny con la voce titubante “Gli dev’essere successo qualcosa: andiamo, Hermione!”

 

Hermione seguì Ginny da distanza ravvicinata, con la voce che le tremava dal rimorso “Senti, prima, quando ho detto che mi sarebbe piaciuto vederlo malconcio… stavo scherzando.”

 

“Non importa, Hermione” rispose meccanicamente Ginny.

 

“Non ho mai desiderato che si facesse del male” continuò Hermione, concludendo con un singhiozzo.

 

“Lo so, Hermione.”

 

“E’ un idiota, ma non voglio che… no, non è neanche un idiota, Ron è un ragazzo davvero…” Hermione andò a sbattere contro la schiena di Ginny.

 

Sollevando il capo notò che il volto della giovane Weasley era acceso di stupore.

 

“Ginny” singhiozzò Hermione, liberando infine le lacrime “Cos’è successo a Ron?”

 

Osò guardare oltre la spalla di Ginny e ciò che vide le mozzò di netto il fiato: “Harry!?” esclamò la ragazza, sconcertata.

 

Appena udì il suo nome pronunciato dalle labbra di Hermione, Ginny si precipitò tra le braccia di Harry che Ron ancora stava stringendo con felicità. Appartò bruscamente il fratello con una sonora spallata e si aggrappò disperatamente alle robuste spalle di Harry: lo baciò, profondamente.

 

Harry dovette convenire che l’idea di lasciare la casa di R.A.B. e di ritornare al Quartier Generale dell’Ordine aveva dato i suoi generosi frutti. Neanche nei momenti più intimi che avevano passato insieme, Ginny gli aveva mai dato un bacio del genere, così maturo da fargli girare la testa, così intenso da fargli precipitare una cascata di sangue dalla testa dritto sulle labbra.

 

Dopo uno di quei lunghi istanti che parevano essere secoli, splendidi secoli, Harry si staccò da Ginny con un sonoro schiocco e con le labbra tutte umide, arrossate e gli occhi vitrei. Il ragazzo cercò con lo sguardo Ron, che se ne stava accasciato contro la parete con un’espressione schifata di puro ribrezzo. I due si fissarono per un breve istante, poi Ron borbottò qualcosa agitando la mano come se stesse spazzando l’aria:

 

“Bah, d’accordo… dopotutto sono cose naturali. Potete pure farlo.”

 

“Nessuno ti ha chiesto il permesso, io e Harry lo facciamo quando più ne abbiamo voglia” affermò Ginny assolutamente smaliziata, facendo trasalire il fratello.

 

Harry sperò che quella fosse una proposta per ripetere l’accaduto. Intanto, con grande stupore, si accorse che Hermione li stava fissando melanconica e con un velo di lacrime sugli occhi.

 

“Cos’hai, Hermione?” le chiese Harry in tono preoccupato.

 

“Niente” rispose lei con uno strano sogghigno “Sono felice per te e per Ginny, vedo che avete fatto la pace, bene. E’ sempre un piacere vedere due persone che riescono ad esprimere i loro sentimenti senza essere frenati da blocchi psicologici.”

 

Ginny lasciò le spalle di Harry e si avvicinò al volto cupo dell’amica “Hermione?”

 

La ragazza la bloccò protendendo il braccio davanti a sé “Tieni” disse Hermione, porgendole una moneta stregata “E’ per Harry, così potremo tenerci in contatto.”

 

Ginny raccolse la moneta dal palmo aperto di Hermione e la fissò sconsolata “Mi dispiace.”

 

“Oh no, Ginny” gemette Hermione “Non c’è niente di cui tu ti debba scusare.”

 

“Hermione.”

 

La ragazza fu percorsa da brividi quando sentì la voce di Ron “Cosa vuoi?”

 

“Mi dispiace per qualunque cosa io ti abbia fatto” bisbigliò Ron con l’espressione più seria e sincera che Hermione avesse mai visto sul suo volto.

 

Hermione sentì rimbombare il cuore nelle orecchie mentre Ron le si avvicinava per abbracciarla.

 

“Ci attaccano!” strepitò Moody irrompendo dalla porta stregata “I Mangiamorte!”

 

“Shh” sibilarono Ginny e Harry “Sono io” brontolò il giovane Potter “Non mandare tutto a monte proprio adesso” “Ci mancava poco” mormorò Ginny, abbattuta.

 

“Non tu, Potter!” borbottò Moody “Proprio qua sopra di noi i Mangiamorte stanno dando battaglia agli Auror!”

 

“Hanno scoperto il rifugio dell’Ordine!” esclamò Ginny, preoccupata.

 

“Ne dubito” affermò Tonks che nel frattempo era entrata da una delle porte stregate “Il loro obiettivo è il Ministero, non siamo noi.”

 

“Che facciamo, cosa suggerisce il grande capo?” domandò Moody sbrigativo con l’occhio magico che gli roteava dall’eccitazione.

 

“Il grande capo dice di non intervenire” ribatté Tonks con un sospiro “Meglio lasciare che gli Auror se ne occupino per non rischiare di rivelare la nostra presenza e quindi anche la posizione dell’Ordine.”

 

“Come sarebbe a dire?” strepitò Moody.

 

“E’ così” confermò Tonks amareggiata “Non possiamo muoverci, ordini del capo.”

 

“Il capo?” Harry non era per niente certo di essere riuscito a realizzare gli avvenimenti successivi all’impetuoso bacio di Ginny.

 

“Già, Harry” ribatté Ginny “E’ subentrata un’altra autorità che starà a capo dell’Ordine. Si è presentato davanti a noi due giorni dopo che te ne sei andato via senza dire niente a nessuno.”

 

Harry pensò di percepire un’accusa nelle parole di Ginny “Mi dispiace” si scusò lui.

 

Ginny strizzò un occhio con un’espressione accattivante “Con il bacio di prima ti sei abbondantemente scusato.”

 

Qual è il suo nome? Harry sobbalzò quando riconobbe quella voce dannatamente famigliare che lo aveva costretto, innumerevoli volte, a sottostare alle sue angherie da mentore.

 

Chiedigli il nome del capo! Ordinò a Harry.

 

“Te lo puoi scordare!” strillò il giovane Potter, senza preoccuparsi del fatto che agli occhi degli altri presenti sarebbe potuto apparire come un pazzo che parla al vento “E’ ora che mi lascia in pace, non ne posso più di te!”

 

Chiedigli quel dannato nome! E’ importante. Insistette.

 

“No!” gridò Harry “Trovati un’altra antenna di trasmissione.”

 

“E’ posseduto!” eruppe Moody precipitandosi al lato di Harry, cominciando a mormorare una cantilena dall’aria gotica.

 

Chiediglielo! Per i tuoi dannati capricci vuoi rischiare che tutto il mondo finisca ai piedi del Signore Oscuro!

 

Harry bloccò la filastrocca di Moody e gli chiese a denti stretti: “Qual… qual è il nome del vostro capo?”

 

“Si fa chiamare Albatros” rispose Moody con ovvietà.

 

Oh, Merlino! Ritorna subito qua, Harry. Immediatamente!

 

“Non ci tornerei neanche morto!” strillò Harry a squarciagola.

 

E va bene… allora se torni ti dirò dove si trova uno degli Horcrux che stai cercando. Ma devi venire qui subito, adesso.

 

Harry afferrò la moneta stregata dalla mano di Ginny mormorando un melanconico “A dopo.”

 

Si precipitò fuori dalla porta magica da cui era appena entrato e fece il percorso al contrario. Appena giunse all’entrata del Ministero si rese conto che la preoccupazione di Moody e Tonks non era infondata. L’atrio era praticamente distrutto e il corpo della donna che soleva accogliere  visitatori era riverso a terra, mostrando un viso chiaramente vittima dell’Anatema che Uccide: occhi sbarrati ed espressione perennemente sconvolta.

 

Harry sentì delle grida acute dietro di sé e voltandosi riuscì a scorgere due grosse figure nere che ne trascinavano un’altra più tozza e agitata. Il ragazzo sbarrò gli occhi dalla sorpresa quando riconobbe il viso da rospo della prigioniera: Dolores Umbridge. La donna gracchiava in maniera disperata implorando i due Mangiamorte di lasciarla libera. Dietro di loro, due Mangiamorte spalleggiavano un secondo prigioniero, più alto e sinuoso e col viso coperto da un cappuccio di seta argento. Non opponeva resistenza e sembrava quasi che i Mangiamorte avessero nei suoi confronti un trattamento di riguardo.

 

E’ lui! Muoviti!

 

“Potter!” strillò la Umbridge quando lo riconobbe “Ci sei tu dietro tutta questa storia?” lo accusò la donna con la voce singhiozzante “Aiutami! Liberami se è vero che sei il Prescelto!” lo implorò con voce supplichevole, una voce che Harry non avrebbe mai detto appartenere a Dolores Umbridge.

 

Vieni subito qui!

 

“Mi dispiace” disse Harry fissando la Umbridge con sguardo vacuo. E mentre i due Mangiamorte che stavano ai lati di lei estraevano le bacchette, Harry chiuse gli occhi e visualizzò nelle mente la casa di R.A.B. Si Smaterializzò in un lampo lasciandosi alle spalle le grida di Dolores Umbridge.

 

 

 

Una volta materializzato nella sua odiosa casa, non perse tempo ad imprecare contro R.A.B. “L’Horcrux, voglio sapere dov’è l’Horcrux.”

 

“Vuoi andare subito al sodo, Harry?” gli chiese Kaus sarcastico “Non ti piacerebbe sapere chi era quell’uomo incappucciato, catturato dai Mangiamorte oppure chi è in realtà il nuovo capo dell’Ordine della Fenice?”

 

“Dimmi dov’è l’Horcrux!” gridò Harry “Non mi interessa niente del resto!”

 

“D’accordo. Se hai proprio tutta questa voglia di trovare l’Horcrux di Riddle all’ora ti suggerisco di cercare in un antiquariato babbano che si trova proprio di fianco alla torre dell’orologio londinese. Non dovresti avere difficoltà a vederlo. L’insegna reca la scritta: Abbandonate ogni speranza, o voi che entrate. Un’insegna davvero stimolante, non credi?”

 

“Addio” tagliò corto Harry, facendo dietro front verso l’apertura spaziale sulla parete che dava a ovest.

 

“Sei davvero il ragazzo più permaloso che io abbia mai incontrato” sogghignò R.A.B., evidentemente compiaciuto “Poco male, ci si vedrà tra poco.”

 

“E’ l’ultima volta che ci vediamo” dichiarò Harry fermamente, intento ad attraversare la barriera spaziale.

 

“Illuso e poco realistico. Fuggi dall’evidente realtà per evitare il dolore.”

 

Il ragazzo si addentrò nelle oscure vie della città fantasma di Little Raven, la città natale di R.A.B., tentando disperatamente di levarsi dalla testa l’eco delle sue parole. Si fermò e cominciò a riflettere pazientemente e, come sempre, i suoi pensieri si indirizzarono alla promessa fatta a Silente.

 

Harry Potter rigirò la moneta stregata tra le dita, vi avvicinò le labbra esitante e bisbigliò:

 

“Hermione, Hermione…”

 

Dalla moneta irruppe una potente voce femminile “Harry! Dove sei finito! Stai bene? Qui al Ministero è succ…”

 

Harry conosceva fin troppo bene la loquacità dell’amica così si affrettò a bloccarla “Me lo racconterai di persona, Hermione. Di fronte al Big Ben tra mezz’ora.”

 

“Harry, come…?”

 

“Tu, Ron e Ginny tra mezz’ora di fronte al Big Ben. Se volete venire allora fatelo, se decidete di non seguirmi – e francamente vi capirei – allora non venite; capirò quando non vi vedrò.”

 

Detto questo rificcò la moneta nella tasca interna del mantello, non lasciando ad Hermione il tempo di ribattere. Aveva la sensazione di essere ascoltato.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Aveva tentato tutto il possibile per consolare Draco, ma più cercava di incoraggiarlo a reagire, più otteneva che il ragazzo si infossasse al suolo e le urlasse contro di andarsene, come se ritenesse le sue lacrime indecenti e vergognose. Samantha aveva cercato di spiegare a Draco che non c’era nulla di umiliante nel pianto, purché non si mostrasse in quello stato davanti agli altri Mangiamorte, ma poi…

 

“Anche tu sei una Mangiamorte, quindi… vai via!” le gridò contro Draco, smettendo per un istante di singhiozzare.

 

Samantha tentò comunque di tranquillizzarlo “Calmati, ora!” gli disse “Non c’è nessun bisogno di ridursi in questo stato per quell’uomo! Sarà anche tuo padre ma non devi dargli retta in questo momento, ascolta, lui è… come dire… un po’ tocco per via di Az…”

 

L’unico risultato che aveva ottenuto era stato uno schiantesimo ricevuto in pieno stomaco che le aveva fatto perdere del tutto il fiato che aveva in gola e la compassione per Draco.

 

Ora lo osservava seguire il padre docilmente, diretti entrambi nella Sala Regia sotto richiesta del Signore Oscuro. Dopo la sfuriata di Lucius contro il figlio, Lord Voldemort aveva convocato Malfoy Senior e altri validi Mangiamorte per un inaspettato attacco al Ministero, che aveva avuto buon esito. E, a missione conclusa, Draco aveva tentato per l’ennesima volta di avvicinare suo padre con risultati ancora più disastrosi dei precedenti…

 

“Perché insisti nel venirmi dietro!” strepitò Lucius Malfoy.

 

Draco scosse il capo, impaurito dalla violenza del padre.

 

“Tanto lo so perché” ringhiò Malfoy Senior in tono sordido “Sei geloso per la buona riuscita della missione. Hai paura che ti rubi la gloria.”

 

“Quale gloria, Padre?!” esclamò Draco, non riuscendo più a trattenersi “Di cosa stai parlando?!”

 

Lucius afferrò il ragazzo per i capelli, tirandoli brutalmente “Non osare più gridarmi in faccia” lo liberò con rudezza “Avrai anche ucciso Silente, ma resti comunque una giovane recluta. Io ho più anni di esperienza e mi devi rispetto.”

 

“Sì, Padre” disse Draco docilmente.

 

“E smettila di chiamarmi Padre” sibilò Lucius al figlio, spietato.

 

Draco tentò di trattenere il singhiozzo che gli voleva uscire di bocca “Come ti devo chiamare, allora?”           

 

“Signor Malfoy” rispose Lucius in tono gelido e seccato.

 

Se ne era andato lasciando il figlio in un tale stato confusionale da provocargli la tipica sindrome del cane bastonato. Ora Draco lo seguiva ovunque con un atteggiamento umile e reverenziale, ignorando completamente gli avvertimenti del padre che lo intimavano ad andarsene. Più lo maltrattava, più Draco tentava di stargli accanto e di farsi perdonare ottenendo solo un peggioramento della già grave situazione. Tutto ciò si svolgeva sotto gli sguardi divertiti degli altri Mangiamorte.

 

Ora il Signore Oscuro aveva richiesto la presenza dei due Malfoy per discutere di una nuova missione.

 

Draco osservò l’imponente figura del padre che avanzava spavaldo lungo i corridoi del covo e, come era sempre solito fare, tentò di imitarlo, restando però dietro di lui, in posizione sommessa.

 

“Dunque” cominciò il Signore Oscuro, non appena i due Malfoy furono giunti nella Sala Regia “Ho intenzione di affidarvi una missione sulla quale richiedo la massima discrezione; si tratta del recupero di un oggetto estremamente prezioso per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Ovviamente, non accetto fallimenti.”

 

“Sì, mio Signore” assentirono i due all’unisono.

 

“Potete ritirarvi, vi comunicherò in seguito i dettagli della missione e, mi raccomando, mantenete la massima segretezza su ciò che vi ho appena comunicato.”

 

Dopo essersi prostrato davanti al Signore Oscuro, Draco aveva preferito avviarsi fuori dalla Sala Regia da solo, per riflettere. Una missione affidata esclusivamente a lui e al padre poteva significare due cose: il recupero del prestigio dei Malfoy agli occhi del Signore Oscuro e la possibilità di migliorare i rapporti col genitore.

 

Il ragazzo stava passeggiando rincuorato lungo i corridoi quando si sentì afferrare per la spalla. Una voce sibilante e terribilmente famigliare gli mormorò all’orecchio:

 

“Non osare intralciarmi i piani, ragazzino, o farai una brutta fine, capito?”

 

“Sì, signor Malfoy” rispose a malincuore Draco, con la voce strozzata.

 

“Bene, sei bravo e ubbidiente” ghignò Lucius, allentando la presa sulla spalla del figlio e allontanandosi lungo il corridoio.

 

Draco non sapeva il perché, ma quella misera parola di approvazione del padre lo rendeva estremamente felice.

 

*^*^*^*^*^*^*

 

Harry ciondolava su una panchina fissando nervosamente l’orologio digitale. Era rimasto per quasi mezz’ora seduto su quella panchina a fissare metri sconfinati di nebbia: i Dissennatori; si ritrovò a pensare per l’ennesima volta mentre sbadigliava vistosamente, tuttavia angosciato: Arriveranno?

 

Appena Harry scrutò tre figure nella nebbia la sua prima reazione fu estrarre la bacchetta e puntarla contro quelle ombre ondeggianti che si avvicinavano a lui dispensando delle voci giovanili tra le quali Harry riconobbe chiaramente quella di Ginny che parlava a voce molto più alta del necessario:

 

“Niente panico, Hermione. Dobbiamo pur farci sentire da Harry, e poi a quest’ora, e dopo i recenti attentati, non circola più nessun Babbano da queste parti.”

 

“Nessun Babbano, forse” ribatté Hermione, con una nota di irritazione nella voce “Ma ci sarà di sicuro qualche Mangiamorte o Dissennatore, guarda quanta nebbia.”

 

“La nebbia c’è praticamente dappertutto” affermò Ginny, apparentemente scocciata “E di Mangiamorte qui non ne vedo, tranne quella figura laggiù…”

 

Il volto di Ginny si illuminò e balzò come un fulmine tra le braccia di Harry.

 

“Non mi ricordavo che fossi così sdolcinata, Ginny” disse Ron, alquanto infastidito dalle attenzioni che sua sorella stava dando all’amico.

 

“Ginny!” esclamò Hermione “Avresti potuto aspettare prima di gettarti a capofitto su di lui. Hai pensato alla possibilità che potesse essere un Mangiamorte trasformato in Harry con la pozione Polisucco?”

 

“Conosco il mio uomo” affermò Ginny, guardando Harry maliziosa “E poi non sono così sprovveduta da avvicinarmi ad uno sconosciuto qualunque senza bacchetta; qui si sta parlando di Harry.”

 

Quando Hermione entrò nel breve campo completamente visibile che concedeva la nebbia, Harry notò che i suoi occhi erano sinceramente carichi di rimprovero e anche di frustrazione “E a maggior ragione! E’ Harry, non uno qualsiasi; i Mangiamorte potrebbero voler prendere di mira i suoi amici, per non parlare della sua ragazza.”

 

Harry avrebbe giurato di cogliere una nota di ostilità e gelosia in Hermione; che altro era successo durante la sua assenza? Fissò Ron che alzò le spalle e, ammiccando verso Hermione, si puntò un dito alla testa e lo fece girare, imitando il suono di ingranaggi mal funzionanti; Ginny gli rivolse un sospiro melanconico e spiegò a bassa voce:

 

“Non è che sia tutta colpa di Ron, questa volta. E’ colpa di tutto. Hermione non ce la fa più a sopportare contemporaneamente un ragazzo come mio fratello, incapace di dichiararsi, e questa guerra che ha interrotto quelle rare volte in cui sembrava intravedersi uno spiraglio di speranza per Ron.”

 

“Comprensibile” approvò Harry “Ma ora vi ho chiamato per una missione molto importante” Harry si sentì spaventosamente simile ad un dittatore che impartisce ordini ai suoi servi “R.A.B. mi ha finalmente detto dove posso trovare un Horcrux.”

 

Calò un profondo silenzio, reso più pesante a causa dell’atmosfera nebulosa.

 

“E tu credi di poterti fidare” intervenne Hermione, con un sogghigno estraneo alla sua personalità “Non credo proprio, Harry. Ti avrà tirato un bidone, ne sono sicura.”

 

Harry si trattenne dal ribattere, ricordando tutte le sofferenze sentimentali che Hermione era stata costretta a patire “Non importa” disse “Dobbiamo tentare lo stesso. Restiamo uniti e cerchiamo un negozio di antiquariato. Hermione, non è che per caso tu ne conosci uno da queste parti?”

 

“Perché dovrei?” ribatté la ragazza.

 

“Beh…” cominciò Harry, dubbioso “Perché tu abiti a Londra e ti interessi di cultura, un antiquariato mi sembra… comunque tu sai tutto, di solito.”

 

“O certo! Quando non sappiamo dove sbattere la testa chiediamo aiuto alla so-tutto-io; non è così che la pensi, Harry?”

 

Harry e Hermione si fissarono per un breve istante. Ginny strattonò la maglia di Harry come a volerlo trattenere; Hermione sospirò:

 

“E’ da quella parte” la ragazza puntò il dito verso una zona imprecisata tra la nebbia “Ci andavo spesso una volta, quando era piccola, mi affascinavano gli oggetti antichi.”

 

Il gruppo seguì Hermione in silenzio da breve distanza. Quando cominciò a delinearsi il profilo di un piccolo edificio, Harry ridusse gli occhi a due fessure per poter leggere l’insegna: “Abbandonate ogni speranza, o voi che entrate”.

 

Più rincuorato e con una strano formicolio nello stomaco, Harry entrò nel negozio seguito da Ron e Ginny. Hermione, già al bancone, conversava allegramente con un vecchietto e sembrava aver abbandonato il mal umore. Ma quando si girò verso i tre l’espressione severa ricomparve sul suo viso.

 

“Ho detto al proprietario del negozio che ti piacerebbe molto guardare uno dei suoi oggetti antichi” bisbigliò Hermione ad Harry “Stai al gioco; sai almeno com’è fatto l’Horcrux?”

 

“Sì” ribatté Harry mentre si avvicinava all’anziano proprietario, tutto eccitato:

 

“Mi piacerebbe vedere una coppa, molto piccola e fatta d’oro.”

 

“Qui ce ne sono centinaia” rispose l’anziano, gioviale “Dovrai essere più preciso, ragazzo. Per esempio, di che epoca è?”

 

Harry si ritrovò a pensare che dopotutto leggere il libro “Storia di Hogwarts” si era dimostrato utile “E’ antichissimo, forse risale a mille anni fa.”

 

“Non abbiamo niente di così antico qui, un oggetto del genere dovrebbe trovarsi in un museo.”

 

Harry rifletté: se Voldemort aveva nascosto il suo Horcrux in quel negozio, luogo assolutamente insospettabile, aveva di sicuro incaricato uno dei suoi servi di portarlo lì o magari l’Horcrux era nascosto da qualche parte senza che il proprietario sapesse della sua presenza. “Forse lei lo ha trovato per caso o gli è stato donato da qualcuno.”

 

“Non ho mai trovato nessuno oggetto antico per strada, magari fosse così” sorrise il proprietario “Però, in effetti, circa vent’anni fa mi è stata donata una coppa d’oro finissimo. Quella donazione non la scorderò mai perché in pratica l’uomo non ha preteso niente in cambio, e bisogna ammettere che quel giovane aveva un aspetto che non lasciava per niente indifferenti, oserei dire un aspetto gotico, tutto incappucciato e vestito di nero; forse sono solo io troppo vecchio e che non è capace di stare al passo con la moda.”

 

“Incappucciato e vestito di nero!” esclamarono i quattro all’unisco.

 

“Signor Pover, le dispiacerebbe portarci quell’oggetto?” gli chiese Hermione, estremamente cortese.

 

“Lo vorrei” disse il proprietario con uno sbuffo “Ma, sono un po’ imbarazzato a dirlo, non sono mai riuscito a tirarlo fuori dal suo scrigno di vetro; dovrete venire voi a vederlo. E’ di sotto nel magazzino.”

 

L’anziano fece gesto ai quattro di seguirlo. Scesero una scalinata e si ritrovarono in un locale foderato di legno pieno di oggetti dall’aria antica. Il proprietario sorrise incoraggiante verso i quattro:

 

“Qui le cose si conservano a meraviglia; questa stanza è meglio di un frigorifero. La coppa che state cercando è da questa parte.”

 

Harry seguì l’uomo con il cuore che batteva a mille. Fissò con occhi avidi le mani del vecchio mentre spolveravano un tessuto rosso che avvolgeva qualcosa dalla forma di parallelepipedo. L’uomo alzò il lenzuolo porpora rivelando una specie di scrigno fatto di vetro, dall’apparenza molto resistente; all’interno giaceva, sopra un cuscino, una coppa d’oro con due manici finemente lavorati, la stessa che Harry aveva visto nei ricordi di Hokey, l’elfa domestica dell’antica proprietaria della coppa.

 

Harry liberò infine il respiro prodigandosi in un urlo di vittoria che fece sobbalzare l’anziano.

 

“Mi perdoni, signore” si scusò Harry ancora euforico “La ringrazio moltissimo, era proprio quello che cercavo.”

 

Harry estrasse la bacchetta. Hermione fece appena in tempo ad afferrare il proprietario per un braccio, distraendolo dall’incantesimo Alohomora che il giovane Potter stava effettuando sul sigillo dello scrigno.

 

Quando Harry udì lo scattò della serratura, trattenne il fiato e allungò avido la mano per afferrare la coppa. Le parole di Lyons Kaus lo bloccarono: questo particolare Horcrux può concedersi il lusso di essere scovato, i veri problemi sopraggiungono dopo il ritrovamento.

 

“Cosa stai facendo?” chiese il proprietario con tono di rimprovero, dopo essersi liberato dalla presa di Hermione “Non permetto a nessuno di forzare un lucchetto e di mettere le mani su oggetti così fragili. Solo un antiquario esperto è in grado di maneggiarli correttamente; da qua…”

 

L’anziano tese una mano e la serrò contro l’oggetto. La coppa si illuminò di un minaccioso rosso vermiglio ed emise un suono metallico le cui onde sonore si trasfigurarono in una scritta che andò a proiettarsi contro il muro retrostante. Quando la scritta, dai caratteri incomprensibili, svanì le dita dell’uomo si contorsero contro i manici dorati e incandescenti e, in un lampo, si afflosciarono contro la coppa, scivolando sulla superficie liscia.

 

Harry osservò, impietrito, il proprietario che rovinava a terra con gli occhi dilatati e la bocca spalancata. A Ron e Ginny sfuggì un gemito.

 

Hermione lanciò un urlo terrificante “Signor Pover!”

 

“E’ morto” disse Harry con la voce strozzata.

 

Il capo di Ginny si abbassò, grave “Non si può fare più niente.”

 

“Già.”

 

Tutti si voltarono verso Hermione. Una lunga cortina di riccioli le copriva il volto livido.

 

“Dev’essere stato il Tacto Facti. Tutte le manifestazioni del maleficio coincidono” disse Hermione con voce incolore “L’ho letto su quel libro che hai rubato al M.I.B., Harry. Si tratta di una maledizione dinastica che solo gli appartenenti alla famiglia, in questo caso i Tassorosso, possono scogliere; chiunque non abbia il loro sangue nelle vene, toccando quell’oggetto rischia la morte” Hermione continuò a parlare come se non potesse farne a meno “E siccome non esistono eredi viventi dei Tassorosso la protezione su quell’oggetto è indistruttibile.”

 

“E se rompiamo la coppa?” propose Ron.

 

“E’ tutto inutile!” strillò Hermione “Non si può fare niente. La protezione garantisce anche che l’oggetto sia infrangibile e non possiamo neanche portarlo via di qui per analizzarlo perché ci è impossibile toccarlo.”

                       

Il volto di Ron si accese, come vittima di un’incredibile scoperta “Al contrario.”

 

Il polso di Ron girò rapidamente su sè stesso mentre il rosso scandiva: “Wirgardium Leviosa!”. Immediatamente il prezioso Horcrux si mosse verso il ragazzo che cominciò a correre per le scale, tentando di andarsene dal sotterraneo.

 

Ron fece un piccolo sorrisetto fugace di soddisfazione, mentre era quasi giunto alla fine della scalinata, la Coppa che fluttuava accanto a lui. Ormai era in cima…!

 

Salì l’ultimo gradino e ruotò il piede per ripartire dall’altra parte quando sentì il suo incantesimo venir meno e la Coppa ricadere con un tonfo sordo a terra.

 

Ma che diamine…?

 

“Accio Coppa!”

 

Il rosso non impiegò più di un secondo per identificare la voce dietro di lui. “Malfoy…” ringhiò voltandosi verso il ragazzo biondo, che sogghignò leggermente.

 

“Weasley… è da tempo che non ci si vede, per mia fortuna.”

 

“La prossima volta che ci vedremo tu sarai ad Azkaban, te lo assicuro…” replicò di rimando Ron, la bacchetta già puntata sull’avversario.

 

“Tsk, illuso. Stupefacium!”

 

Protego!”

 

Ron eresse appena in tempo lo scudo magico, e Draco – con la stessa velocità – riprese con un Incantesimo di Appello la Coppa, maledicendo mentalmente l’ultimo genito maschio dei Weasley. E ora dove diavolo metteva quella sottospecie di trofeo?! Non poteva tenerla in mano, Lord Voldemort era stato fin troppo chiaro quando gli avevo detto di non toccarla… accidenti! In più quel maledetto Weasley sembrava intenzionato a combattere arduamente per riprendersi quella Coppa per il suo amichetto San Potter… quei tre erano una vera scocciatura… si ritrovò a considerare amaramente quanto velocemente tenendo d’occhio l’avversario che intanto stava scagliando uno Schiantesimo.

 

Dannazione… ma dov’è mio padre…? Già, dov’è…

 

Non è il momento, Draco, non è il momento! Concentrati!

 

Mosse la bacchetta e appoggiò a terra il prezioso (a quanto sembrava) oggetto ed eresse uno scudo magico davanti a sè, un po’ troppo lentamente di come avrebbe dovuto perché si ritrovò sbalzato all’indietro e sdraiato malamente sul pavimento freddo.

 

Ron cercò di soffocare un impeto di gioiosa soddisfazione nel vedere Malfoy a terra e di mantenersi invece lucido e calmo, con scarsi risultati.

 

“Chi è ora in basso, Malfoy?” domandò con ironia, avvicinandosi cautamente all’avversario che, seppur non fosse ancora in piedi, rimaneva un nemico da non sottovalutare e con una bacchetta stretta in mano, pronta a lanciare chissà quali Maledizioni. Infondo era sempre un Mangiamorte, anche se Harry affermava che Silente… Ron strinse i denti, ripensando al racconto dettagliato che lui ed Hermione erano riusciti a farsi narrare dal loro migliore amico.

 

No, non è il momento dei dubbi nè dei sentimentalismi nè di misericordia. Adesso si combatte, Bene e Male uno contro l’altro. Io e Malfoy.

 

“Tsk, Weasley. La mia condizione è del tutto fisica, mentre la tua la descriverei immutabile. Ed è così per ogni Purosangue Babbanofilo che frequenti un’insulsa, sapientona Mezzosangue.”

 

Le orecchie di Ronald divennero rosse per la rabbia. “Tu lurida Serp…!”

 

Stupefacium!”

 

L’incantesimo colpì in pieno Ron che avvertì un dolore sordo allo stomaco, come un pugno, e ricadde indietro contro la parete. La rabbia gli montò dentro, offuscando la sua lucidità, per altro  già precaria. Il ragazzo si alzò in piedi e in un balzo schivò un nuovo incantesimo di Malfoy – anche lui ora non più a terra – e con un movimento secco della bacchetta lanciò uno Schiantesimo che mancò l’avversario, facendogli digrignare i denti mentre Malfoy sogghignava malignamente al suo indirizzo.

 

“Che c’è, Lenticchia, non riesci neanche a lanciare un incantesimo senza che la tua amichetta Granger ti insegni come fare? Almeno ti ha insegnato qualcosa di interessante, quella Mezzosangue, o non te la sei ancora fatta?” si burlò di lui il biondino.

 

Ma Draco non aveva calcolato quanto svantaggioso poteva essere provocare Ronald Bilius Weasley, soprattutto quando di mezzo si metteva il fattore Hermione Jane Granger ; così si trovò completamente spiazzato all’attacco diretto di Ron che lo mandò a terra con una spallata, avventandosi poi su di lui.

 

Draco, nonostante Ron fosse animato da furia ‘quasi’ cieca e fosse dotato di maggior forza fisica, tuttavia riuscì in qualche modo a pararsi dai colpi del rosso, seppur con danni e fatica, e, forse spinto dall’istinto di sopravvivenza, riuscì a scrollarselo di dosso, afferrare la bacchetta e disarmarlo.

 

Per un attimo restarono fermi, Malfoy in ginocchio e qualche metro di distanza da Ron, semi-sdraiato, con le nocche della mano sul mento, dove il biondo l’aveva colpito prima di sgusciare via a prendere la sua bacchetta. Ansimavano tutti e due, ma i loro sguardi si scontravano ancora in silenzio.

 

Draco fu il primo a distogliere lo sguardo approfittandone per Schiantare ancora il rosso che sbattè la testa rimanendo intontito, e si avviò verso la Coppa allungando una mano.

 

“Draco! Non toccare quella dannata Coppa!”

 

Il ragazzo sbuffò leggermente, senza essere visto da Samantha che lo stava raggiungendo (inaspettatamente per lui), insieme sicuramente a suo padre.

 

“Lo so, lo so… non sono mica un bambino.” Disse freddo senza neppure voltarsi a guardare la sua compagna, ma mormorando “Locomotor” all’indirizzo della Coppa che prese a fluttuare accanto a lui. “Possiamo and…” Malfoy finalmente si voltò, e inarcò un sopracciglio. “Ottimo… ora siamo al completo…” ringhiò quasi, vedendo sbucare insieme a Samantha anche la Granger accompagnata da Potter.

 

“Crucio!”

 

L’urlo potente seguito da un sogghigno quasi isterico si espanse per il corridoio, agghiacciando Draco nella sua posizione.

 

Padre… un lieve sorriso giocò sulle labbra di Draco. O forse è meglio signor Malfoy?

 

Harry spinse di lato Hermione e si buttò anch’egli a terra in tempo per schivare il lampo rosso del Cruciatus che Lucius Malfoy aveva loro scagliato. Già… avevano scoperto di non essere gli unici ad essere interessati all’Horcrux – anche se doveva immaginarselo che Voldemort lo avrebbe tenuto d’occhio – e anche che i suoi avversari erano Malfoy junior e senior accompagnati da una donna spuntata da chissà dove.

 

Vide Hermione eseguire egregiamente uno Schiantesimo in direzione di Lucius Malfoy, il quale non smetteva di lanciare Cruciatus per il corridoio, e correre a proteggere un Ron che gli parve alquanto confuso (che Draco Malfoy gli avesse lanciato un Incantesimo Confondente?) e, sicuro che il suo migliore amico fosse al sicuro (e al fianco di Hermione certamente contento, si ritrovò a pensare per un nanosecondo con un sorrisetto), Harry osservò preoccupato la Mangiamorte sconosciuta pronunciare qualcosa e far apparire accanto alla finestra tre scope magiche, su cui Malfoy junior si affrettò a salire con l’Horcrux svolazzante intorno.

 

Subito Harry aprì la bocca per paralizzare il biondino con un Incantesimo Pietrificante, ma si ritrovò a cambiare incantesimo “Protego” sussurrò, facendo apparire uno scudo magico che lo riparò da un incantesimo sconosciuto arancione che la Mangiamorte gli aveva lanciato; quando si liberò dello scudo corse veloce alla finestra, dove aveva visto decollare prima i due Malfoy e successivamente la donna, ma era troppo tardi: Draco e Lucius Malfoy erano troppo lontani per poterli intercettare, mentre la sconosciuta lo fissava con astio attraverso la maschera grigia che indossava.

 

“Harry Potter…” il tono di voce era ironico e solenne al contempo. “Il Ragazzo sopravvissuto all’Anatema-Che-Uccide del Signore Oscuro…”

 

“Io non so chi tu sia realmente” sibilò Harry, puntandogli la bacchetta contro “Ma saperti una Mangiamorte per me è abbastanza per intuire ciò che si cela dentro di te.”

 

La Mangiamorte rise sprezzante, la bacchetta bene in vista, puntata contro di lui. Harry capì che non poteva colpirla, avrebbe potuto ucciderla facendola cadere a terra.

 

“Sei stolto come si racconta, Potter.” Lo schernì la Mangiamorte, facendosi seria subito dopo. “Stai attento a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre.”

 

E detto questo, volò via, lasciando solo Harry che fissava il cielo con i due occhi smeraldini tremendamente confusi e un senso amaro in bocca: la perdita del primo Horcrux.

 

Il ragazzo con gli occhiali diede un piccolo pugno sulla pietra del davanzale.

 

La partita non è finita. Tom Marvolo Riddle, o Lord Voldemort, come ami farti chiamare… io ti ucciderò.

 

Harry si voltò e si diresse dai due amici, per accettarsi delle loro condizioni.

=*=*=*=*=*=

 

Ehm… ok, ok, siamo imperdonabili. Ma davvero, non riuscivamo più a partorirlo questo capitolo! Fra trimestri del cavolo e ripensare diecimila volte alla stessa scena, è stato faticosissimo! Comunque ci scusiamo, avevamo promesso tre settimane, e invece sono sicuramente quattro più gli interessi… scusate! Ç___ç

 

Abbiamo voluto calcare un po’ la mano, se così si può dire, quando abbiamo descritto l’incontro tra i Malfoy, ma in effetti secondo noi è il più probabile: insomma, dopo una lunga vacanza ad Azkaban, che pretendevate?! Si va di matto! -_^

 

In più le coppiette si sono smosse un pochetto… che teneri… ah, come qualcuno ci aveva chiesto abbiamo visto i commenti di Gin e Herm sui loro maschietti! ^^ Naturalmente non pensate che le beghe tra Gin e Harry siamo finite! Mentre Ron ed Hermione… beh, loro sono proprio un caso particolare… ^____^ Adorabili! ^.^

 

 

 

Coppia del capitolo: Ron Weasley&Hermione Granger

 

Sicuramente è la coppia più bella che la (mamma) Rowling abbia mai pensato! Chi non può amarli quei due? Innamorati pazzamente l’uno dell’altra in modo palese tranne per i diretti interessati, Ron e Hermione non fanno altro che bisticciare come marito e moglie (^___^) per ogni sciocchezza facendo letteralmente impazzire il povero Harry, rinchiusi in un guscio d’orgoglio che non vogliono togliersi, e che li ‘divide’. Eppure non fanno altro che preoccuparsi per l’altro e con il loro comportamento, specialmente quello di Ron, si feriscono vicendevolmente. Che altro dire? Beh, Hermione e Ron sono un esempio che ‘gli opposti si attraggono’, riflessiva una – impulsivo l’altro, pignola – disordinato, saccente – sportivo… e, a ben guardare, anche fisicamente non sono proprio uguali, nè per le origini… Tutti questi elementi fan sì che questa coppia sia la più spassosa e più gestibile, forse perché dentro tutti noi c’è un po’ di Ron Weasley e Hermione Granger… naturalmente, questo è il modesto parere di due autrici! ^_____^

 

Harry Potter

 

Il protagonista della storia è un ragazzo sicuramente fuori dalla norma: la sua vita, infatti, è stata influenzata dalla sua sopravvivenza all’Anatema-Che-Uccide lanciato da Voldemort in persona, e ciò rende Harry il nemico ‘prediletto’ – insieme prima a Silente – del Signore Oscuro. Questa sua condizione di Ragazzo Sopravvissuto è pesata sulla vita di Harry che, orfano di padre e madre uccisi per mano di Voldemort, si è ritrovato a scoprirsi mago e a superare un’avventura dietro l’altra per tutti gli anni di vita scolastica ad Hogwarts, fiancheggiato dai migliori amici Ron Weasley e Hermione Granger, agli insegnanti, i membri dell’Ordine della Fenice, i compagni di scuola… Harry è il possibile Prescelto, l’unico secondo la Profezia a poter uccidere Lord Voldemort. Un peso aggiuntivo alla già pesante responsabilità del giovane, a cui il Signore Oscuro ha tolto l’affetto di due persone a lui molto care: il padrino Sirius Black e Albus Silente, ex-preside di Hogwarts. Un personaggio affascinante, dotato di coraggio e intuito, e con un passato alle spalle che lo ha reso speciale. Ma, oltre ad essere il Ragazzo Sopravvissuto, Harry è anche un semplice ragazzo, con  difetti fisici (miopia) e caratteriali (tende ad isolarsi e compiangersi), e di emozioni. Innamorato attualmente di Ginny Weasley… ma questa è un’altra storia… -___^

 

 

 

Ed ora, rispondiamo alle recensitrici… raga’, vi adoriamo! ^___________^

 

EDVIGE86: Ma ciao! ^.^ Grazie, grazie, grazie, grazie e ancora grazie per i tantissimi complimenti che ci hai fatto! ^\\^ Graditissimi! Speriamo di valere tutta questa sfilza di complimenti! Anche a noi piace molto Ronnie, anzi, la RonHermione per noi è la coppia sacra di HP, quella più bella nata dalla mente brillantissima della mamma Row, quindi cercheremo di trattarli bene, sia lui sia la sua compare! -_____^ Per quanto riguarda l’anticipazione che ci hai chiesto… uhm… beh, avrai notato che le prime conseguenze dell’amicizia con Harry si sono già viste con l’incendio della Tana… d’altronde, non c’è solo l’amicizia con Harry a mettere in pericolo Ron e Herm, ma anche la loro appartenenza all’Ordine, la guerra in generale… quindi sicuramente saranno bersagli, diciamo, ‘appetitosi’ per Voldie… beh, se leggi magari lo scopri… abbiamo già detto troppo! Bocche cucite! ^x^ Ciao e un bacio grossissimo! K&S

P.S = grazie per l’imbocca al lupo per le interrogazioni! -____^ Però speriamo che non muoia, questo lupacchiotto, potrebbe essere il povero Remus! XDD

Saty: Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie e grazie ancora! Mamma, come sei stata gentile! ç.ç hai letto sette capitoli in un fiato?! O.O Ma che mito! Niente da aggiungere, anche perché sono lunghetti… ma abbiamo notato con piacere che piacciono così, quindi… -_____^ in effetti, anche a noi come lettrici sconfinferano di più quelli lunghi, i chap corti lasciano sempre a bocca asciutta… speriamo di non ricadere nel banale! -_______^

RonHermione sono una coppia a cui teniamo particolarmente, anche perchè una delle più belle della nostra fic… anche se, ammettiamolo, a noi piacciono tutte o non scriveremo su di loro! ^^ Sono troppo belli insieme quei due! **^__^** Come hai giustamente osservato, è meglio procedere per gradi… piano piano i due si scioglieranno sempre di più e poi… bomb! La botta finale! Vedremo come se la caveranno quegli adorabili tesorini… **^.^** Ti aspettiamo al prossimo capitolo, mi raccomando, ci teniamo! -________^ Un bacione K&S 

p.s = Kaho ringrazia infinitamente per il commentino sul dizionario…. Grazie! **^____^**

SiriusTheBest: ma tu guarda chi si vede! Ma ciao! ^_^ Siamo contente che hai dato un’occhiatina alla nostra storia, dato che sei molto brava! Tranqui, la tua la continuiamo a leggere, ormai Kaho ci ha preso gusto (e di conseguenza ha fatto in modo che anche Samy si appassionasse!) -_______^ Quasi perfetta… mamma, beh, nessuna storia è perfetta… vedrai che quando la rileggiamo tra un mesetto ci troveremo qualche errorino, ma… grazie infinite! ^____^ Draco è un personaggio importante nella nostra fic, e però ammettiamo che nella versione Rowlingiana molto probabilmente non comparirà tutti i capitoli, ma ci serve a descrivere la situazione dalla parte di zio Voldie, e poi Samy collassa senza il suo amatissimo Dracucciolo, comprendila! U.U (chi non lo ama, scusa?! ndSamy io! NdKaho umpf… ndSamy-imbronciata). Eh eh… anche noi ci dilettiamo aspettando il mitico numero 7, the Original one… e chissà, magari sarà un mix tra il nostro e il tuo! -_____^ Un bacio gigante! K&S

P.S = Di certo la prima differenza tra noi due è l’atteggiamento di Harry… il tuo è decisamente più… maturo? Non è l’esatto aggettivo, ma… comunque, quegli quattro colleghi di Harry sono fantastici (Kaho ormai è invaghita di Mat… =P)! vedremo cosa combina Regulus Black… a presto carissima!!!

Lulumyu: Ehi tesssssoro! Visto?! Grazie a me ora sei una recensitrice ufficiale e bravissima e fantasticissima! -______^ (ehi! Come mai io sono esclusa dalla conversazione?! >.< ndSamy ehm… sorry! ^^’’ ndKaho) Innanzitutto, grazie molte per la tua rec… mamma, era lunghissima! *________* Continua così, tesssssoro! -___^ La trama e l’organizzazione è tutto merito di Samy (Kaho con schemi e simili non è molto d’accordo… insomma, ordine e Kaho sono due contrari) (in effetti Kaho assomiglia a Kaos… ndSamy Verissimo! Non ci avevo mai fatto caso! O.O ndKaho) R.A.B è stato molto discusso prima che venisse fuori così… no, scherziamo, è stato un lapsus di ispirazione divina! =P ci piace un sacco pensarlo in questi termini e vediamo che piace parecchi, quindi.. meglio! Non l’avremmo cambiato comunque! XD Albert, povero caro, non doveva proprio andare così la faccenda, ma qualcuno (veeeeero K? ¬.¬ ndSamy O.O’’’ ehm… ^^;;; ndKaho) ha voluto traumatizzarlo di brutto… quel pover uomo… così simpatico! Beh, tienilo d’occhio, perché ricomparirà prima o poi! ^___^ E più agguerrito che mai! -_______^ Basta, ci cuciamo le boccucce! ^x^ al prossimo chapino tess! ^________^ Un bacio K&S

P.S = i cenni dell’utilizzo della filosofia che abbiamo accennato nelle Anticipazioni li abbiamo pensati all’improvviso, durante le lezioni: insomma, almeno per qualcosa dovranno essere utili, no? -_______^

 

Ed ora… che ne dite di cliccare quella bella scritta ‘Lasciare una recensione’? eddai… abbiamo bisogno di pareri, consigli… potete aiutarci solo voi!! ^______________^

 

A proposito… scusate, un appello: Charlotte Doyle, dove sei con le tue critiche costruttive?! O.o Torna!!!

 

Un grazie a tutti, quelli che hanno recensito, recensiranno e a chi legge soltanto (anche se li invitiamo a lasciarci un commentazzolo! -____________^)

 

Un kissone gigantesco!

 

Kaho&Samy 

 

Al prossimo chap: “Gli Eredi dei Fondatori?” … vi piacerebbero le anticipazioni adesso, nevvero?! Invece, suspence!! ^___________^ *risate malefiche*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Gli Eredi dei Fondatori? ***


Finalmente ci accingiamo a pubblicare anche questo chappy… come sempre in super-mega-ritardo

Finalmente ci accingiamo a pubblicare anche questo chappy… come sempre in super-mega-ritardo! Eh eh… ci voleva la sbronza di Capodanno per far marciare il cervellino! (scherzone) XD Ed ora si apre il sipario… ed ecco un nuovo capitolo di HP7 (dall’omonimo titolo! XD)! Buona lettura! ^^

 

 

 

Capitolo 8 – “Gli Eredi dei Fondatori?”

 

 

Era quasi mezzanotte e il Ministro Rufus Scrimgeour era intento a leggere la relazione dei danni provocati dall’invasione dei Mangiamorte.

 

“Com’è possibile?” domandò sarcastico all’Eclitto parato alla destra della sua scrivania “Com’è possibile che un gruppo di Mangiamorte sia riuscito non solo a penetrare le difese del Ministero ma a rapire una nostra collaboratrice e l’ospite più sorvegliato dell’intero edificio?”

 

“Signore” intervenne un Auror “Abbiamo tentato di bloccarli ma ci hanno colto di sorpresa. Non c’è stato niente da fare, ben cinque dei nostri sono stati colpiti da Avada Kedavra all’improvviso. Abbiamo pensato che difendere il Ministero e in special modo il suo ufficio fosse la cosa migliore da fare.”

 

“E avete pensato male” ribatté Scrimgeour aspro “Io so difendermi alla perfezione mentre il preziosissimo ospite che avevo convocato qui al Ministero… non potevamo permetterci di perderlo e ora è finito dritto nelle mani del nemico!”

 

“Ci perdoni” proferì un secondo Auror, inchinandosi profondamente “Ma i Mangiamorte hanno attuato un’ottima strategia, ci hanno depistato, non credevamo che il loro obiettivo fosse il nostro ospite.”

 

“E il nostro ospite” ripeté il Ministro a denti stretti “Non doveva essere protetto dalle migliori guardie del Ministero? Che fine hanno fatto?”

 

“Morti, signore” rispose il primo Auror.

 

“Ma voi vi rendete vagamente conto di quanto quell’uomo fosse prezioso per aggiudicarsi la vittoria e ora invece è tra le mani dei Mangiamorte e di Colui-che-non-deve-essere-nominato; siamo nei guai più totali! E voglio ancora capire come sono riusciti quei Mangiamorte a penetrare nel mio Ministero.”

 

Una voce profonda si levò da un angolo della stanza “Espugnare il Ministero della Magia pare sia diventato un gioco da ragazzi per i Mangiamorte.”

 

“Sergente Marshal” salutò rispettosamente Scrimgeour “Finalmente ho l’onore di rivederla nelle mie schiere e forse ora riusciremo a non farci umiliare.”

 

“Può darsi” ribatté il sergente Marshal avvicinandosi alla scrivania del Ministro “E la prima mossa da fare è assicurarsi una sede stabile ed inespugnabile, è già la seconda volta che i Mangiamorte entrano senza troppe difficoltà all’interno del Ministero; è ovvio che le ingenti misure di sicurezza di questo edificio non bastano a fermare la loro magia oscura.”

 

Scrimgeour lo fissò attento “Cosa propone, dunque?”

 

“Trasferiamoci da qualche altra parte e lasciamo qui una retroguardia  a badare alle faccende di minor importanza” propose Marshal.

 

“Dove ritiene più sicuro il trasferimento?” domandò con insistenza il Ministro.

 

Marshal sogghignò appoggiandosi con non curanza sulla scrivania “Mi pare ovvio.”

 

“Non è il caso che si prenda tutta questa confidenza con il Ministro, sergente Marshal” intervenne uno degli Auror.

 

“Caro amico” disse Marshal non smettendo di sogghignare “Lasciamo decidere al Ministro se il mio comportamento è appropriato oppure no.”

 

“Non perdiamo tempo in simili sciocchezze” proruppe Scrimgeour “Voglio una risposta!”

 

Il sergente Eclitto, continuando a sghignazzare all’indirizzo dell’Auror che lo aveva rimproverato, disse: “Hogwarts. D’altronde, quale posto è più inespugnabile di quella scuola?” domandò retoricamente e con un sorrisetto mellifluo.

 

“I Mangiamorte sono già riusciti ad entrarvi” sibilò l’Auror.

 

“Vero, ma…” ribatté Marshal “Per un puro caso fortuito. Siamo riusciti ad individuare la via d’accesso che hanno usato i Mangiamorte: due semplici armadi. Il proprietario di quello all’esterno, un certo Sinister, ha dato tutta la colpa ad un ex-studente di Hogwarts, che lui sostiene ora essere un Mangiamorte, Draco Malfoy.”

 

“Se non sbaglio suo padre ed altri sono stati scarcerati durante l’invasione di Azkaban” disse il Ministro in tono seccato.

 

Marshal accennò con il capo “Vero. Ma ora che abbiamo neutralizzato l’unico accesso ad Hogwarts non autorizzato, la scuola dovrebbe essere una botte di ferro, anche senza Albus Silente.”

 

I denti del Ministro si strinsero alla nomina del defunto preside.

 

“E inoltre” continuò Marshal, dondolandosi contro la scrivania “Da quando il vecchio è morto la giurisdizione della scuola è passata al Ministero, giusto?”

 

L’Auror alla sua sinistra strinse gli occhi “Cerchi di avere più rispetto per i morti.”

 

“Caro Auror, tu continui a darmi degli ordini” puntualizzò Marshal, sogghignando “Ma io sono un sergente Eclitto. Forse non ha presente il decreto che stabilisce l’importanza dei gradi nell’esercito?”

 

Le mani dell’Auror si serrarono convulsamente “Ho presente.”

 

Marshal si voltò verso il Ministro “Dunque?”

 

“Si parte per Hogwarts” ribatté Scrimgeour, annuendo grave “E lei è benvenuto nel nostro esercito, sergente Marshal.”

 

Il Ministro e Marshal si strinsero la mano. “E…” cominciò Scrimgeour, esitante “Mi dispiace per la sua famiglia, ho saputo che…”

 

Marshal smise di sogghignare e allentò bruscamente la presa sulla mano del Ministro “Niente di grave” disse in tono tagliente.

 

 

 

*^*^*^*^*^

 

 

L’ancora sconosciuto ospite del Ministero – chiamato in codice dagli Auror ‘Le Stelle’ – è stato rapito oggi all’ora locale 11.40 da un gruppo di (15?) Mangiamorte. Non siamo ancora riusciti a stabilire il ruolo di questo misterioso ‘Le Stelle’ nei piani di Scrimgeour e nemmeno possiamo immaginare l’utilità di questo individuo (ACCERTATO TRATTASI DI ESSERE UMANO) per il Ministro che per Tu-Sai-Chi. Continueremo ad indagare ulteriormente, non appena avremo aggiornamenti ve li daremo; stavolta li troverete dentro falso-fondo del secondo cassetto del comodino nella stanza 12 del locale ‘Il Paiolo Magico’ [per aprirlo mormorare ‘Graps’ con un movimento circolare della bacchetta]. Dolores Umbridge – capo del Dipartimento per il Controllo dell’Applicazione dei Decreti del Ministero –  è stata ufficialmente dichiarata ‘Non reperibile’: ciò significa che Scrimgeour non vuole far trapelare o la sua scomparsa o la sua morte o la sua cattura da parte dei Mangiamorte. Lo stesso è accaduto per alcuni suoi subordinati: Roger Cuddy, Lysa Ginger Baker, Simon Luis. In attesa di istruzioni o suggerimenti, a presto. Penna Blu.

 

Messaggio già decriptato. Destinatario originale: Ordine della Fenice, riscritto per i giovani cadetti dell’Ordine da Remus Lupin. Dopo la lettura, il messaggio si darà fuoco da solo. Allontanatevi, ragazzi. Remus.

 

Il messaggio scivolò via dalle mani di Harry e si diede fuoco. Il ragazzo appoggiò la propria Firebolt in uno stanzino e fissò per un attimo le scope all’interno dello sgabuzzino senza veramente vederle. Avrebbe dovuto informare il suo ex-professore di ciò di cui era stato testimone al Ministero, ma di certo non gli avrebbe riferito la macabra predizione che R.A.B. aveva sostenuto incombesse su di lui: la Maledizione sul seggio di Difesa Contro le Arti Oscure; un ennesimo scocciante anatema lasciato da Lord Voldemort.

 

Si sfilò il mantello di dosso e con un cenno del capo invitò Ron ed Hermione ad andare avanti. Loro esitarono un momento, poi annuirono comprensivi e cominciarono ad avviarsi lungo i corridoi della Base dell’Ordine della Fenice. Da dietro, Harry li osservò sparire dietro un angolo, silenziosi, le spalle di Ron rigide.

 

Come Prescelto e Bambino-Sopravvissuto molte volte gli erano capitate occasioni uniche che si potevano considerare dei privilegi; ma quante volte gli era capitato di venire a conoscenza di fatti, informazioni che non avrebbe mai voluto sapere?

 

Ma quello era il suo destino.

 

Ed era in quei momenti che l’egoismo arrivava come un tarlo, insinuandogli pensieri poco degni di un eroe. Ma Harry non era un eroe, non lo era mai stato, ma doveva diventarlo.

 

Un eroe… cos’era un eroe? Solo una figura, simbolo di azioni benevole a favore di qualcuno. Nient’altro che questo.

 

Un eroe era solo?

 

Solitudine. La sua più grande paura.

 

Harry sospirò forte. Per fortuna aveva Ron ed Hermione sempre accanto a lui.

 

“Harry… tutto a posto?” una piccola mano pallida si posò sulle sue spalle, ed Harry sorrise istintivamente, sentendosi come un prigioniero che prende la prima boccata d’aria fresca dopo tanto tempo al chiuso. Era questa la sensazione che aveva sentito Sirius, evaso da Azkaban?

 

“Sì, Ginny” toccò la mano della ragazza “Tutto bene.”

 

E poi, c’era lei.

 

Tutto ciò di cui un eroe, lui, aveva bisogno.

 

*^*^*^*

 

Harry Potter si passò stancamente una mano sugli occhi e pressò il pollice e l’anulare sulle tempie, massaggiandole. Si sentiva stanco per la giornata appena vissuta, per la battaglia da poco conclusa e dalla sua prima sconfitta: aveva perso l’occasione di distruggere un Horcrux, e ciò lo irritava a dir poco, soprattutto perché ora non aveva idea di come fare per scoprire il nascondiglio di un altro di quei maledetti pezzi d’anima!

 

Ora si trovava seduto su una sedia scomoda in una stanza del nascondiglio dell’Ordine della Fenice, a godersi il tepore del fuoco di un piccolo comignolo in quella notte inaspettatamente gelida di luglio, e approfittava del momento di pace per schiarirsi le idee.

 

Sulla poltrona accanto a lui, Ron fissava con insistenza le fiamme arancioni e rosse da cui usciva qualche scintilla, anche lui immerso nei pensieri di quella battaglia; e anche Hermione sembrava immersa in chissà quali ragionamenti, in piedi accanto al camino, lo sguardo distratto che scivolava per la stanza, senza soffermarsi su niente di particolare.

 

“Non ci voleva…” esordì Ron, troncando il profondo silenzio che aleggiava nella stanza “Maledizione, non avrei dovuto essere così impulsivo, così stupido…!”

 

“No, Ron, non è colpa tua. E poi non è il caso di demoralizzarsi, ora.” Lo consolò Harry. “Se avessi capito prima la collocazione di quel Horcrux, avremmo potuto battere Voldemort sul tempo e non ci sarebbe stato bisogno di combattere…”

 

“Smettetela ambedue di commiserarvi” li interruppe rudemente Hermione inarcando un sopracciglio scuro con uno sguardo accigliato “Tutto ciò che possiamo fare è riflettere sui fatti recentemente accaduti e trarne le giuste conclusioni: ora sappiamo l’identità di uno degli Horcrux.”

 

“E a cosa serve se non l’abbiamo?” ribatté con ironia Ron, fissando Hermione con gli occhi cerulei socchiusi.

 

Hermione ricambiò lo sguardo ostile del giovane Weasley. “Voldemort non terrà mai vicino a sè più di due Horcrux, troppo pericoloso: se anche uno dei suoi Mangiamorte fosse un traditore, avrebbe la possibilità di distruggere la Coppa, e forse, sempre se le supposizioni di Silente erano esatte, il serpente di Voldemort. Quindi si può concludere che Voldemort tenterà di nascondere l’Horcrux il più presto possibile.”

 

“Però intanto dobbiamo aspettare che lo faccia.” Ribatté Ron, e Hermione alzò gli occhi al cielo, frustrata. “Ron… ti prego…”

 

Il rosso strinse la mascella e si alzò. “Ho bisogno di una boccata d’aria.” Nervoso e arrabbiato, Ron lasciò la stanza sbattendo la porta dietro di sè. Hermione fece per seguirlo, ma Harry le afferrò un polso, scuotendo dolcemente la testa. La ragazza si morse un labbro, ma annuì, sarebbe andata da lui più tardi…

 

Si accomodò sulla poltrona consunta trovandola straordinariamente confortevole; la ragazza non poté fare a meno di percepire l’odore restato impresso alla pelle del divano, quello di Ron, così particolare e famigliare alle sue narici che l’avrebbe riconosciuto tra mille.

 

Harry osservò il gesto dell’amica da dietro le lenti degli occhiali, sorridendo lievemente. Eh, Hermione

 

“Vedrai che prima o poi finirà questo giochino del detto-non detto.”

 

Hermione strabuzzò gli occhi cioccolato e sbatté le palpebre, balbettando parole incomprensibili e arrossendo piano sulle gote, intuendo benissimo ciò che intendesse Harry. Il sorriso del ragazzo si allargò.

 

“Allora, secondo te, Voldemort allontanerà da sè la Coppa?”

 

Hermione si limitò ad annuire, accavallando le gambe fasciate dai jeans. “Mi sembra il ragionamento più coerente da fare, ma naturalmente la possibilità che stia radunando intorno a sè gli Horcruxes è comunque percorribile…”

 

Harry annuì, pensieroso e assorto.

 

“Non ci resta che tentare di intuire dove possa aver deciso di posizionare gli altri Horcruxes.” Commentò amaro, tuttavia non scoraggiato.

 

Harry sospirò mentalmente. Non posso tornare da R.A.B. strisciando per chiedergli aiuto…

 

“Harry…” Il ragazzo alzò lo sguardo fino ad incrociare gli occhi di Hermione “Ricordi cosa ti ha detto esattamente quella Mangiamorte prima di andarsene?”

 

Harry fissò l’amica sorpreso dalla domanda “Stai collezionando gli insulti e le minacce che mi vengono rivolte, per caso?” le chiese con un sorrisetto ironico. Ma Hermione non pareva divertita.

 

“Stupido.” Lo titolò, e in quel momento il tono somigliava a quello che usava solitamente con Ron “L’ultima frase prima di volare via. Le parole esatte, possibilmente.” Precisò e Harry non represse un sospiro e un sorriso per la stranezza della richiesta.

 

Stai attento a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre… o qualcosa di vagamente simile. Molto poetica come minaccia, vero?” sogghignò Harry, ormai abituato a simili intimidazioni. “Ma perché lo volevi sapere? Hermione…? Hermione! Ma mi stai ascoltando?!” sbottò il giovane mago vedendo la ragazza ignorarlo palesemente con lo sguardo perso nel vuoto e la fronte appena corrugata.

 

“Eh?” esclamò quella, arrossendo leggermente. “Oh, scusa Harry, è solo che quelle parole… ”

 

 “Che hanno di strano?” domandò Harry, ora più che mai incuriosito.

 

“Io… credo di averle già sentite o lette da qualche parte, sì…” mormorò Hermione, più a se stessa che a Harry, il quale sbuffò, leggermente divertito.

 

“Oh oh… miss So-A-Memoria-Ogni-Libro Granger  che non si ricorda qualcosa? Da segnare sul calendario.”

 

Hermione e Harry si voltarono contemporaneamente verso l’uscio e Ron sorrise leggermente, accennando con un gesto della mano ai due.

 

Un modo per scusarsi? Si chiese Hermione rispondendo alla battuta del rosso con uno “Stupido” meno acre del solito. In fondo, l’importante era che la rabbia fosse un po’ scemata.

 

“Non ti ho sentito arrivare.” Disse Harry all’amico, rivolgendogli un’occhiata divertita. “Da quanto sei lì davanti all’uscio?”

 

Ron alzò le spalle larghe. “Oh beh, da poco…” rispose vagamente.

 

“Da quando è uscito” Ginny fece il suo ingresso nella stanzetta in un turbine di cotone verde, sorridendo amorevolmente al fratello che invece era arrossito e la fissava irritato “E’ rimasto con il broncio attaccato alla porta per poter origliare.” Aggiunse la rossa, colorando le guance di Hermione di un rosso acceso tendente al bordeaux

 

Gli occhi verdi di Harry si fissarono in quelli di Ginny, zampillanti di allegria e genuino divertimento. “E’ un classico che Ron si comporti da bambino.” Disse scherzando e accattivandosi l’odio (momentaneo, naturalmente) del fratello.

 

“Va al diavolo” gli disse questi, imbronciandosi nuovamente.

 

“E’ quel che farò al più presto” lo rassicurò Harry, senza lasciare per neanche un secondo il viso di Ginevra “Scusa amico se non rimango a discutere, ma ho un questione da sistemare con tua sorella” e, presa la mano di una Ginny piuttosto sconcertata, la trascinò via dalla stanza, lasciandosi alle spalle Ron ed Hermione.

 

I due ragazzi, rimasti soli, si fissarono per una quantità – per loro imprecisata – di minuti, senza dirsi niente, fino a quando Hermione deviò lo sguardo verso il focolare, scostando dal viso una ciocca della chioma riccioluta ribelle, mordendosi un labbro. Ron avrebbe potuto passare un’altra quantità indefinita di secondi, minuti, ore a contemplare Hermione, perdendosi in futili riflessioni sul suo bizzarro carattere, tentando di capire le reazioni che lei stessa non sapeva spiegarsi… forse insisteva nel soffocare i suoi sentimenti, nascondendoli dietro mille frecciate e battute ironiche?

 

“Scusa.”

 

Hermione – immersa in pensieri non tanto dissimili dai suoi – puntò il viso verso il suo, ovviamente sorpresa. “Per cosa?” gli domandò, le labbra socchiuse interrogativamente.

 

Pronte per essere baciate, Ron arrivò quasi al collasso, scioccato dall’inspiegabile piega che avevano preso le sue riflessioni “Beh… per il comportamento da bamboccio di prima… insomma, non dovevo essere così rude con te, non c’entri niente con il fatto che mi sono lasciato scappare Malfoy…” borbottò, la mano che grattava nervosamente la testa.

 

Hermione sorrise dolcemente, sentendo un’ondata di improvvisa felicità scaldarle il petto: delle scuse! E chi se le aspettava da Ronald Bilius Weasley? Istintivamente si alzò e lo abbracciò forte, quasi ridendo, mentre Ron assaporava quel breve momento tentando di decriptare le sensazioni che gli scorrevano in corpo; il rosso sospirò e, quasi dubbioso, ricambiò l’abbraccio, cullando piano la ragazza tra le sue braccia.

 

“Accetto le tue scuse, anche se non erano necessarie… ormai so come sei fatto…” mormorò Hermione, staccandosi un po’ da lui. Ron la fissò negli occhi senza diminuire la presa sui fianchi della ragazza e questa sentì un brivido sotto lo sguardo penetrante del rosso.

 

“Alle volte sono terribile, eh?”

 

Hermione fece un sorrisetto. “Sì… proprio insopportabile, ma io sono armata di pazienza e riesco a sopportarti. …e poi anch’io sarei stata intrattabile dopo essere stata battuta da Draco Malfoy…” la ragazza pizzicò bonariamente il naso ricoperto di lentiggini di Ron. “Ma vedrai che avrai un’altra occasione per rifarti… in fondo  errare humano est.”

 

Ron sogghignò. “Non tirarmi fuori le frasi in latino che non posso comprendere…” si sentiva meglio, come sollevato, l’irritazione per la perdita dell’Horcrux dimenticata: ora c’erano solo le labbra di Hermione così vicino al suo mento da costituire una tentazione difficile da negare.

 

Erano così vicini… forse troppo.

 

Ron la lasciò andare, allontanandosi un poco verso il camino, mentre la ragazza rimase dove lui l’aveva lasciata, un poco delusa da quell’allontanamento. D’altronde, si consolò con un sorrisino per metà triste e per metà soddisfatto – come si sentiva, è già tanto se ci abbracciamo. E questo era un abbraccio vero, pensando questo ricordò vividamente la percezione di protezione che aveva tra le braccia forti del rosso, il calore di lui che le attraversava il maglione e i muscoli del ragazzo contro il suo petto. Fantastico.

 

Ron attizzò il fuoco e poi si sedette sul tappeto davanti al caminetto, la scatola degli scacchi davanti a lui; con un cenno del capo e un mezzo sorriso la invitò ad una sfida ed Hermione, con un sospiro e un’espressione determinata, accettò.

 

“E’ la volta che ti batto.” Disse convinta.

 

Se continui a distrarmi così, ci riuscirai di sicuro. Ron sorrise. “Vedremo.”

 

 

 

Alle volte Ginny non riusciva a non pensare che Harry fosse davvero imprevedibile, e puntualmente giungevano le conferme: chi l’avrebbe detto? Trascinata via dal suo ‘principe azzurro’ fino ad una stanzetta polverosa e buia. Davvero, non se lo era aspettato, e nemmeno lo sguardo bramoso che lui le aveva rivolto appena entrata con Ron in quella che ormai per lei, Hermione e suo fratello era la Sala-Svago dopo ore di duri allenamenti con Moody.

 

Forse il verde, oltre ad essere il mio colore preferito, è quello che mi rende più graziosa e molto, molto più fortunata, pensò sorridendo maliziosamente dentro di sè.

 

Lumos” la bacchetta di Harry scintillò ed una velata luce si diffuse per la stanza, illuminando una specie di magazzino con oggetti di ogni sorta ammucchiati uno sopra l’altro senza logica, sporchi e impolverati. Ginny sentì il naso pizzicarle fastidiosamente.

 

La ragazza si guardò intorno e alzò un sopracciglio in modo ironico verso il suo ragazzo. “Volevi portarmi in un luogo romantico? Azzeccato, signor Potter.”

 

Ad Harry scappò una risatina e non rispose, limitandosi a prenderla tra le braccia con delicatezza e a baciarla delicatamente, lasciandola, per la seconda volta in pochi minuti, piacevolmente sbigottita.

 

Ginny si aggrappò al suo collo, spingendolo verso di sè e socchiudendo le labbra per permettere alla lingua di lui di penetrare la sua bocca, in un bacio passionale e al contempo così pieno d’amore che alla ragazza vennero le lacrime agli occhi pensando a come in circostanze normali, senza Voldemort, senza guerre, niente li avrebbe separati… tuttavia, si ricordò, forse erano state proprio quelle circostanze a farli conoscere, avvicinare, amare.

 

Amare… Ginny era convinta che fosse quello il giusto verbo per descrivere quello che c’era tra lei e Harry così come era convinta che non era un’esagerazione adolescenziale: come si poteva giustificare se no quel desiderio di proteggerlo ad ogni costo o almeno aiutarlo da quello stesso mondo per cui si voleva sacrificare

 

Harry… sacrifichi tutto ciò che ti è caro per gli altri… sei così dannatamente altruista alle volte… ma ti amo per questo…

 

Harry, con stupore, sentì un sapore salato-amaro sulle labbra e aprì gli occhi staccandosi da Ginny preoccupato: lacrime rigavano le guance della ragazza, che ormai singhiozzava, sfregando la manica della felpa sugli occhi nel tentativo di fermare quelle lacrime inopportune.

 

“Ginny…? Che cos’hai?” le domandò preoccupato, stringendo il viso della ragazza tra le mani e asciugando i rigagnoli di acqua salata con i pollici delle mani.

 

Ginny scosse la testa, abbozzando un sorriso. “Niente Harry… è che ti voglio così tanto bene che non passa giorno che vorrei averti vicino a me per sempre… c’è da vergognarsene, ma alle volte trovo una voglia assurda di rinchiuderti in una stanza con me, lontano dal mondo… non è dannatamente egoistico questo desiderio?” disse lei, il tono amaro e dolce allo stesso tempo, stropicciando il viso contro il petto del ragazzo e stringendo tra le dita il tessuto caldo.

 

Harry non rispose, troppo emozionato da quella rivelazione, col cuore palpitante e l’essere indefinito dentro il suo stomaco che ballava la rumba impazzito; la strinse ancor di più a sè, chinando il viso fino a baciarle amorevolmente la fronte. “Non è affatto egoistico Ginny…” le sussurrò, mentre una calma piacevole scendeva su di lui. Aveva il cuore che batteva a mille, eppure non si era mai sentito così a suo agio e tranquillo nell’esporre ad altri i suoi sentimenti… con lei era pronto. Sembrava il momento delle rivelazioni, a quanto pareva: anche lui era intenzionato a ribadire il suo sentimento, dopo aver cercato inutilmente di estraniarlo. “Anche io ti voglio bene” dichiarò, alzandole il mento con la mano destra per fissarla negli occhi verdi acquosi “e ti giuro che vorrei più di ogni altra cosa chiudermi con te in una stanza; ma…”

 

Ginny poggiò un dito sulle sue labbra, sorridente, le guance bagnate ancora dalle lacrime ormai prosciugate e gli occhi lucidi: Harry la contemplò, era così bella in quel momento, per lui più bella di qualsiasi Fleur o Veela o  Ninfa dei boschi, perché era la sua spigliata, dolce, forte Ginny, calda e confortante contro di lui.

 

“So bene che non lascerai combattere ad altri la tua battaglia, così come io non mi metterò da parte. Voglio proteggere la mia famiglia, i miei amici, e te.”

 

Io ci sono e ci sarò sempre, Harry.

 

…Lei c’è e ci sarà sempre.

 

Harry inarcò un sopracciglio, l’angolo della bocca appena alzato. “Amore, queste frasi da principe azzurro lasciale all’uomo, ok?”

 

Ginny rise e gli prese la testa tra le mani dandogli un bacio schioccante sulle labbra. “Uhm… non sono così sicura che l’uomo sia tu, ma potresti sempre dimostrarmelo…” lo stuzzicò, ridendo nuovamente quando vide l’espressione inebetita e le guance arrossate di lui. “Scherzavo!” lo tranquillizzò facendogli una linguaccia. “Non voglio ancora sapere cosa si nasconde sotto i maglioni di mia madre… potrebbe essere terrificante…”

 

Harry arricciò il naso. “Distruggi il mio ego, così… dovrò rimediare…” e la baciò, piano e dolcemente, ma con intensità tale da lasciarla intontita quando le sue labbra si staccarono per esigenze respiratorie.

 

Sentiva l’esigenza di saperla sua, ufficiosamente e non, lo sentiva come un’impellente desiderio che non sarebbe riuscito a frenare, che non voleva frenare.

 

Quello che stava per fare non era giusto.

 

Harry sapeva che era uno sbaglio, era per questo che l’aveva lasciata. Ma non poteva essere perfetto. Aveva delle limitazioni.

 

E sbagliare, non gli era mai sembrato così dolce…

 

“…chi è il maschio della coppia?” domandò ironico – ed un poco ansante – Harry.

 

“Non vale, stai occultando la mia capacità di giudizio…” si lamentò lei, accostando la guancia alla felpa di lui, coccolata dalla mano di Harry che le accarezzava la schiena.

 

“Ogni mezzo pur di vincere!” esclamò allegro il ragazzo, felice come non gli capitava da tempo, appoggiando a sua volta il mento sui capelli rossi di Ginny. “Sai Ginny? Forse ora potrei fare il discorsetto da principe azzurro…”

 

Ginny sorrise contro il tessuto. “Sei ispirato?”

 

Sentì un leggero tremore sulla testa, la risata di Harry contro di sè. “Credo che tu sia la mia Musa ispiratrice: finalmente ho capito perché combatto. Non solo per la comunità magica, non solo per vendetta… ma per voi, coloro che amo.” Ed era vero, l’aveva compreso dopo tanto tempo… forse era questo il motivo del suo malessere, forse era questo che Harry Potter aveva cercato per anni: uno scopo diverso dalla vendetta. E quello che aveva trovato, lo soddisfaceva.

 

Ginny, commossa, cercò le sue mani e le intrecciò con le proprie, facendogli sentire quanto gli fosse vicina, quanto lo ammirava, quanto lo amava… ed Harry lo percepì nel suo piccolo gesto. La sua dolce Ginny era capace di gesti teatrali, ma soprattutto di piccoli gesti in cui si poteva percepire ciò che provasse…

 

“Ginny… credi che sarei egoistico a volerti avere ancora con me?”

 

Ginny alzò finalmente il capo, sulle labbra un bellissimo sorriso che chiuse la sua bocca in un piccolo bacio a stampo. “Sciocco di un Potter… stavolta non ti lascerò andare via da me…” lo minacciò, mentre lui le portava, senza mai staccarsi, le mani dietro la schiena.

 

“Uhm… mi piace questo…” commentò con un sorrisetto e le baciò le labbra, ancora insaziato, quasi a suggellare quelle sue parole, accarezzandole piano coi pollici le guance ormai asciutte, mentre Ginny si sporgeva verso il suo petto, accarezzandogli delicatamente l’attaccatura dei capelli dietro la testa.

 

Ma Harry avrebbe dovuto sapere che stava filando tutto troppo liscio…

 

“AAAAAAAAAAAH!!! Oh Merlino, cosa state facendo ragazzi?!”

 

Harry e Ginny fecero contemporaneamente un salto all’indietro, fissando rossi e colti in fragrante dalla signora Weasley munita di scopettone in mano e con uno sguardo scuro in volto.

 

“Esigo delle spiegazioni, voi due.”

 

I due fidanzati deglutirono.

 

Beccati in pieno!!

 

 

 

Harry era seduto al tavolo di una stanza utilizzata momentaneamente come corte di giustizia casalinga e stava aspettando che iniziasse il processo per la condanna del suo crimine: aver macchiato la piccola, innocente, dolce Ginny. Con nervosismo, scoccò un’occhiata dapprima a Arthur Weasley seduto a capotavola lontano tre sedie da lui, al centro del tavolo, trovando uno sguardo fisso che non preannunciava niente di buono, e poi, spaventato dalla visione di un serio e arrabbiato Arthur (rarissimamente aveva avuto il piacere di vedere quell’espressione di rabbia contenuta, e mai rivolta a lui), verso Molly Weasley in piedi davanti a lui, l’espressione truce aumentata dalla ragnatela di rughe, che solitamente Harry trovava perfette per una mamma ma che ora gli ispiravano solo orrore. Il ragazzo deglutì pesantemente, sospirando: maledetta Ginny, perché devi passare te per santarellina quando sei il diavoletto tentatore?!

 

“Harry Potter” disse la signora Weasley quasi con voce paziente, mentre Harry la guardava con la coda dell’occhio ed il capo chino “penso che tu ci debba delle spiegazioni.”

 

Harry prese in mano un bicchiere d’acqua e ne buttò giù qualche sorso di malavoglia, solo per prendere tempo: ogni parola poteva costargli la pellaccia!

 

“Vedete signori Weasley, io e Ginny…”

 

“Al diavolo!” tuonò all’improvviso il signor Weasley buttando sul tavolo le mani e fissandolo con occhi simili al colore verde bagnato d’ambra di Ginny, solo un poco più scuri (o forse era merito dell’ira?) “Harry non posso credere che tu abbia toccato mia figlia…”

 

Molly sgranò gli occhi nel medesimo modo di Harry e cacciò un urlo. “Oh, Merlino… vuoi dire che la mia bambina è stata…? …cioè… che lei…?” un nuovo grido stridulo.

 

Harry si affrettò a chiarire: “No, no, pensate male signori Weasley io e lei siamo rimasti al semplice bacio…” spiegò arrossendo leggermente il ragazzo e sventolando davanti a sè le mani come per proteggersi da quelle accuse.

 

Il signor Weasley lo fulminò. “Bada Harry Potter che se solo le torci un capello io ti…” interruppe la minaccia, rimanendo inebetito a fissare il vuoto, e subito dopo si rivolse alla moglie che aveva già in mano un fazzoletto di dimensioni spropositate in mano “Molly cara… mi hai detto ‘li ho colti in fragrante’… che intendevi di preciso?”

 

Quella precisazione non piacque a Harry… no, accidenti…

 

Molly sembrò tentennare, come indecisa se dire o no a suo marito la verità; stranamente i ruoli del genitore-severo e di quello docile erano invertiti per la questione Ginevra Molly Weasley… inquietante.

 

Molly aprì la bocca e nel medesimo istante la porta si aprì ed entrò una curiosissima Ginny che si lasciava sulla soglia a spiare un’Hermione scocciata e un Ron divertito che sogghignava malignamente in direzione di Harry – ormai febbricitante.

 

“Ci stavamo baciando, se proprio vuoi saperlo papà, niente di più innocente di un bacio appassionato.”

 

Il signor Weasley ignorò bellamente lo sguardo di fuoco della ragazza posando il suo – ancor più spaventoso – sul povero Harry. “E’ vero ciò che afferma mia figlia?” indagò con una voce algida che diede nuovi brividi, già numerosi tra l’altro, al giovane Potter.

 

“Sissignore” rispose automaticamente il ragazzo senza riuscire a chinare il capo.

 

Arthur Weasley accusò il colpo, la bocca che si deformava in una smorfia.

 

“Beh… in fondo è Harry, è un bravo ragazzo, e Ginny è molto matura per i suoi sedici anni …” intervenne la signora Weasley timidamente, causando lo stupore generale.

 

“Qui ci volevano Fred e George… ti immagini le risate?!” ridacchiò Ron, zittito dallo sguardo intimidatorio che gli rivolse sua madre.

 

Arthur Weasley sembrava possedere un’insolita freddezza quando era veramente adirato. “Si da il caso che Ginny ha solo sedici anni e che quindi è ancora una bambina.” Sostenne caparbio. Ginny incrociò le braccia al petto, decisa a mettere in chiaro le sue idee una volta per tutte e di potersi godere finalmente Harry.

 

“Papà, e anche tu mamma,” cominciò con voce ferma l’unica Weasley “io non sono più una bambina. Con questo non dico di essere una donna, ma sicuramente nessuno di voi deve proteggermi dalle mie scelte. Se io voglio avere una storia con Harry ciò implica anche il contatto fisico, una cosa normalissima tra i ragazzi della mia età, per cui vi prego di non creare un’epopea per avermi beccata mentre baciavo il mio fidanzato.” La ragazza tirò le labbra. “Per favore.”

 

“Fidanzato?” la signora Weasley sbatté le palpebre più volte “Per la barba di Merlino!” e, dopo essersi toccata teatralmente la fronte con una mano, si accasciò contro Ron – prontamente intervenuto – svenuta.

 

Ginny schioccò le labbra mentre Harry poteva già sentire le sue ossa scricchiolare sotto il peso del signor Weasley mentre con l’immaginazione già prefigurava lui e Arthur come lottatori di wrestling.

 

Il signor Weasley si chinò accanto al figliolo e appoggiò la testa della moglie sulle proprie ginocchia ordinando a Hermione di procurargli dei sali; ma nè l’intervento di Ginny nè l’incidente lo placò. “Ecco, visto cosa hai procurato a tua madre, scellerata?!” disse alla figlia, mentre Ginny sembrava cominciare a cedere sotto il suo sguardo, ciondolandosi sui suoi stessi piedi. “Ma che accidenti ti sei messa in testa, eh? Non sei affatto così indipendente come credi, signorinella, formalmente sei sotto la mia giurisdizione e non permetterò che tu sia promessa a Harry già a questa giovane età.”

 

Ginny si spassò una mano sulla faccia, incredula che suo padre fosse così indietro. Promessa a Harry… qui si stava esagerando!

 

Harry tossicchiò. “Beh… veramente signor Weasley…”

 

“Zitto tu!” lo riprese lesto Arthur ricominciando a interessarsi al ragazzo (che voleva solo chiarire la faccenda ‘promessa’). “Vorresti dirmi che non sei impegnato con mia figlia?”

 

Harry si zittì ma il suo sguardo verde si fece serio. “Lo sono.”

 

“Beh, non posso permettere che a soli sedic’anni mia figlia si sposi con uno appena maggiorenne! Harry non ho niente contro di te in particolare, ma non voglio maritare mia figlia così giovane, so che per via della guerra avete tutti troppo fretta di impegnarvi, quindi...”

 

“Papà…”

 

Arthur Weasley congelò la figlia con lo sguardo. “E non dire ‘papà’ con quel tono scocciato, Ginevra Weasley. Come tuo genitore ho anche la tua tutela.”

 

“Li ho trovati!” Hermione arrivò in quel momento e si accovacciò accanto a Ron aprendo un barattolino contenente sali e mettendoli sotto il naso della signora Weasley, sotto lo sguardo lievemente preoccupato del marito; Ginny ed Harry approfittarono del momento per fissarsi negli occhi e Harry colse la tristezza che avevano quelli di lei. Doveva fare qualcosa, persuadere il signor Weasley, non voleva perdere di nuovo la sua fidanzata ora che era finalmente riuscita ad accettare di avere un tremendo bisogno di lei.

 

La signora Weasley sbatté le palpebre e balbettò qualcosa. Arthur l’aiutò a sedersi, reggendole il capo e domandandole: “Tutto a posto, cara?” con ansia.

 

Molly annuì, voltò piano il capo fino ad incrociare lo sguardo di Harry. Sorrise. “Finalmente un ragazzo che piace anche a me…” sospirò felice.

 

Sia Harry che Ron che il signor Weasley abbatterono le palpebre più volte, increduli. “Che?!!”

 

Molly allargò il sorriso. “Carissima piccola mia… sono così felice che tu sia riuscita ad accalappiarti un bravo giovincello come Harry, sono sicura che saprà badare a te meglio di chiunque altro…” Ginny arrossì lievemente, scioccata quanto gli altri, e si gettò tra le braccia materne sciogliendosi in un “Oh mamma…” pieno di riconoscenza e gioia.

 

La signora Weasley l’abbracciò sorridente, l’espressione si fece più seria quando incontrò lo sguardo del marito. “Arthur… credo che dovremo concedere un po’ di libertà a questi nostri figli, anche a quelli più piccoli.”

 

“Ma… ma…” balbettò quello confuso, incapace di credere che fosse proprio sua moglie colei che stava parlando di libertà quando per anni era stata iper-protettiva con tutti i suoi bambini, da quando Charlie aveva deciso di diventare Dragatore a quando Bill aveva annunciato il prossimo matrimonio. “Ginny è troppo piccola!”

 

“Ginny è molto più matura di quel che tu pensi… sei sempre stato premuroso nei confronti della femmina della famiglia, ed anche io lo sono stata per anni, ma con la guerra le cose sono cambiate,” Molly Weasley sospirò, accarezzando amorevolmente la guancia di Ginevra “la situazione è invivibile per questi ragazzi, il loro futuro è così incerto, faticoso… ogni cosa che può renderli felici, renderà felice anche me e so che Ginny sarebbe molto felice se avesse il nostro permesso di frequentare Harry… certo, con qualche postilla: non voglio mai più trovarvi in certe situazioni…” disse Molly Weasley mentre Harry annuiva imbarazzato.

 

“Non si preoccupi, signora Weasley” la rassicurò Harry, sistemandosi gli occhiali lungo il naso “non la deluderò… tengo davvero a vostra figlia…” La sincerità che la madre lesse negli occhi verdi di Harry scacciò ogni incertezza a cui Molly non aveva accennato nel suo discorso.

 

“Bene… qualcosa da dire, mio caro?”

 

Arthur deglutì sotto lo sguardo incrinabile della moglie e quello mesto della figlia.

 

Alla fine ha sempre ciò che vuole… sospirò internamente con un mezzo sorriso, sapendo bene che il suo cuore non si poteva opporre ad un desiderio della moglie.

 

“Harry… vedi di non approfittartene.” Disse solo uscendo dalla stanza. Molly sorrise e si lasciò aiutare dai ragazzi a rimettersi in piedi, ringraziandoli; Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo e Molly, capita l’antifonia, se ne andò dalla stanza, dicendo di dover cercare quel ‘testone’ di suo marito.

 

Harry e Ginny si abbracciarono, traboccanti di felicità.

 

“Pare di aver acquistato un cognato…” commentò trattenendo un sorriso Ron. Hermione guardò ancora la coppia che si sorrideva e accarezzava delicatamente.

 

“L’unico cognato con cui saresti andato d’accordo.” Ironizzò la riccia. Uno strano calore le invadeva il petto, era come se in quel momento tutte le angosce, le paure, le incertezze della loro situazione fossero lontane, e quel giorno fosse una splendida utopia da cui non avrebbe voluto risvegliarsi; d’istinto cercò la mano di Ron e la strinse nella sua, calamitando lo sguardo ceruleo di lui che non si divincolò dalla presa, ma, anzi, intrecciò le dita.

 

D’un tratto un lieve rumore, come d’un bussare leggero, gelò l’atmosfera calda venutasi a creare.

 

Per primo, Harry si avvicinò alla porta socchiusa e l’aprì. Qualcosa gli sfrecciò davanti agli occhi e per poco non gli fece perdere l’equilibrio. “Che diavolo…? Un gufo??” esclamò fissando il volatile che si era appallottolato sopra al tavolo di legno, la testa bruna inclinata di lato e gli occhioni gialli che lo fissavano opachi.

 

“Chi mai può essere? Chi sa che siamo qui?” Ginny diede voce alle sue stesse domande.

 

Hermione prese dal becco dell’animale quattro lettere e le fissò attentamente, gli occhi si fecero lucidi e le labbra si piegarono in un grande sorriso. “Per Merlino… ragazzi, qui c’è il simbolo di Hogwarts!” esclamò concitata mentre apriva quasi ansiosamente la lettera indirizzata a lei.

 

“Hogwarts?” Ron prese la busta con scetticismo fissando il simbolo sulla busta e la scritta in una calligrafia minuta sul retro, in cui c’era scritto il suo nome e l’indirizzo. “Impossibile.”

 

“Oh, no no! Aspetta che leggo:

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Direttore: Rufus Scrimgeour

 

(Ordine di Merlino, Prima Classe, Ministro della Magia, Sommo Stratega, Direttore della Confed. Internazionale dei Maghi, Patriota della Magia, Vicario e Giudice Incorruttibile, Capo dell’Esercito Magico Inglese, e Uomo di amabili Prìncipi)

 

Oh Merlino… Scrimgeour è il Preside di Hogwarts?!” Hermione spalancò gli occhi, interrompendo la lettura mentre Ron grugniva di disappunto.

 

“Tu che ne pensi, Harry?” domandò con voce neutra Ginny.

 

Harry scosse le spalle, d’un tratto rigido. “Non penso niente. Solo che con Scrimgeour tra i piedi Hogwarts non sarà più come la ricordavamo…”

 

“Non è possibile, Harry!” esclamò Hermione inorridendo al pensiero di un cambiamento nella sua vecchia scuola “I Professori non lo permetteranno e  di certo non potrà rivoluzionare le leggi centenarie dello statuto scolastico!”

 

Harry scosse la testa. “Tu non lo hai affrontato Hermione… è un freddo calcolatore, pronto a tutto per i suoi interessi. L’ho avvertito a pelle e ti posso assicurare che non ho sbagliato…vuole avere tutto sotto controllo.” Affermò con convinzione.

 

Ron alzò un lato della bocca. “E sembra anche piuttosto borioso… senti come viene elogiato!” Harry e Ginny sogghignarono selvaggiamente e anche Hermione, con suo disappunto, si lasciò scappare un sorrisetto.

 

“Continua, ti prego” la invitò a proseguire Ginny, calmatasi.

 

Hermione annuì e continuò a voce alta:

 

Cara signorina Granger,

            siamo lieti di informarLa che anche per quest’anno la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts sarà aperta agli studenti, nonostante le vicende dell’anno precedente e che lei è stata ammessa al Settimo Anno Scolastico. Qui incluso troverà l’elenco dei libri e delle attrezzature necessarie.

I corsi avranno inizio il 1° settembre, partenza dal Binario 9¾ dalla Stazione di Londra alle ore 9.00 in punto.

 

E poi c’è la firma della McGranitt, che è ancora Vicepreside, a quanto sembra…” concluse Hermione, sollevata dalla presenza della professoressa che stimava di più.

 

Ron storse il naso. “Non mi piace che ci sia Scrimgeour.”

 

“Concordo pienamente… quell’uomo ha un non-so-che di inquietante…” lo appoggiò Ginny, leggendo a sua volta silenziosamente la propria lettera. “…voi che farete?” chiese poi, e a quella domanda rimasero tutti silenti. Ginny cercò lo sguardo di ognuno di loro, ma Hermione aveva il viso a terra, Ron fissava un punto imprecisato accanto a lei e Harry aveva lo sguardo più lacerante degli altri… era deciso. E lei sapeva che era una decisione che non le sarebbe piaciuta, ma che avrebbe accettato, come sempre.

 

 “Io ci andrò.” sospirò la ragazza.

 

Ron si voltò verso il suo migliore amico. “E tu Harry?”

 

Il giovane Potter si appoggiò alla parete. “Lo sai che non posso tornare. Non voglio.” Non dopo la morte di Silente… anche se, forse, un angolo remoto di me vorrebbe rivedere quella che è stata la mia casa…

 

“Ok, allora io ed Hermione ti seguiremo.” Decise Ron. Hermione si morse un labbro ma annuì col capo.

 

“No” il tono di Harry era duro “Andrete ad Hogwarts.”

 

Ron lo incenerì con lo sguardo. “E perchè mai dovrei obbedirti, Harry? Io voglio combattere al tuo fianco, non è solo una tua battaglia. Devi smetterla di pensarlo.” Ron si interruppe, il volto più scuro. “O forse ti sei stancato di noi, eh Harry?”

 

Harry scosse la testa. “Non ho detto niente del genere, non sai quanto sia riconoscente a te ed Hermione per il vostro appoggio. Siete gli amici più importanti e i migliori sostenitori e collaboratori di Harry Potter, proprio per questo vi chiedo di andare ad Hogwarts.”

 

Ron strabuzzò un poco gli occhi, la mascella sempre serrata ma ora incuriosito dalla piega che stava assumendo il discorso di Harry. “Perché?” domandò.

 

Il giovane Potter abbozzò un sorrisetto. “Chi meglio del fratello dei mitici gemelli Weasley inventori delle Orecchie Oblunghe e di un’intelligentissima studentessa modello possono tenere d’occhio Scrimgeour?”

 

Ron spalancò la bocca, ma poi la richiuse, pensieroso. Hermione accanto a lui incrociò dietro la schiena le dita e si morse con più foga il labbro, guardando rispettivamente il rosso ed Harry.

 

“… e poi saremo anche Caposcuola quest’anno, giusto? Possiamo togliere punti ai Serpeverde quando vorremo…” Ron fece l’occhiolino ad Harry. “Fidati di noi, amico: nel giro di poche settimane sapremo tutti i progetti del Ministero.” Harry accettò la pacca di Ron sulla spalla, fissandolo grato e sorridente, lieto di avere un amico come lui. Sempre lì, per aiutarlo.

 

Hermione spiccò un salto e gridò “EVVAI!” a pieni polmoni. Accorgendosi di essere fissata da sei occhi arrossì violentemente. “Ehm… che c’è? Non posso essere felice di tornare a scuola e in biblioteca?” sbottò imbronciata.

 

“Sei completamente fuori.” Decretò Ron. “Solo tu potevi essere felice di tornare sui banchi di scuola.”

 

Hermione gli lanciò un’occhiataccia. “E quest’anno non pensare di poter copiare dalla sottoscritta, perché non è così. Ronald Weasley, quest’anno ci sono i M.A.G.O. e giuro, tu ti metterai a studiare, fosse l’ultima cosa che ti costringo a fare!”

 

Ron impallidì, ma poi si preparò a rispondere a tono (come al solito). “Che serve studiare durante una guerra?! Ormai sappiamo un buon numero di incantesimi e nozioni grazie agli allenamenti, perchè dobbiamo impegnarci a scuola?”

 

Hermione roteò gli occhi. “Ron non si finisce mai di imparare.”

 

“La tua testa contiene così tante informazioni che non so come fa a non scoppiare.”

 

Harry e Ginny si passarono una mano sulla faccia; poi Ginny, ignorando il battibecco, si voltò verso il suo fidanzato.

 

“E tu che farai, Harry?”

 

Hermione e Ron interruppero la discussione. Harry sospirò e si inforcò gli occhiali.

 

“Tornerò da R.A.B… è l’unica cosa che posso fare.”

 

Hermione storse il naso, ma non replicò.

 

“Quindi… adesso ci dividiamo…” interruppe il silenzio Ron.

 

Harry annuì gravemente. “Già.”

 

Hermione prese un respirò e gli aprì il palmo della mano ficcandogli in mano una moneta dorata. “Tieni. È la versione migliorata delle mie monete comunicanti… per ogni cosa tu abbia bisogno usala.” Gli disse apprensiva.

 

“Lo stesso vale per voi; fatemi sapere.” Ron ed Hermione annuirono.

 

“Parti subito?” chiese Ron.

 

“Penso poco prima di voi… volevo vedere un po’ cosa è successo in Inghilterra mentre ero alla ricerca degli Horcruxes. Non voglio trascurare troppo le informazioni proveniente dall’Ordine” rispose Harry.

 

“Bene.”

 

*

 

Un rumore soffuso svegliò Ginny. La ragazza scattò seduta sul letto, infilando cautamente la mano sotto il cuscino dove aveva nascosto la sua bacchetta.

 

“Hermione? Sei tu?” chiese nel buio.

 

“No” Ginny sospirò quasi di sollievo, rilassando i muscoli.

 

“Harry… dove sei?” domandò nel buio, scostando le coperte e allungando le mani davanti a sè come un cieco, alla ricerca del ragazzo e, a tastoni, lo trovò seduto sul suo baule che guaiva.

 

“Accidenti… l’altra notte non era qui…” Ginny sorrise sedendogli accanto “Beh… ho voluto prepararmi per Hogwarts. Sai com’è, domani partiamo…” spiegò “Non dirmi che hai inciampato”

 

Sotto le sue dita le guance di Harry scottarono improvvisamente.  “Volevi qualcosa?” domandò curiosa, e le mani di lui si posarono sui suoi fianchi coperti dal pigiama di cotone, accarezzandole piano la schiena.

 

“Domani mattina parto e… non volevo andarmene senza averti salutato.” Il tono, Ginny lo percepiva, era imbarazzato.

 

Il sorriso di colpo le si smorzò. Se ne andava e non si sarebbero rivisti per chissà quanto tempo… non poteva essere  altro che triste. Tuttavia fece in modo che lui non lo percepisse; l’ultima cosa che voleva era rendere la separazione ancor più difficile.

 

Cercò le sue labbra nel buio e trovandole le accarezzò dolcemente, infilando le dita nei capelli arruffati del ragazzo.

 

“Stai attento…” bisbigliò nel buio.

 

“Tu piuttosto… attenta a Scrimgeour.” Seguì un attimo di silenzio. “Promettimi che rimarrai ad Hogwarts, al sicuro.”

 

Ginny sospirò. L’aveva immaginato ed era per questo che aveva subito accettato l’idea di rientrare a scuola, anche se una parte di lei aveva ardentemente sperato che anche Harry decidesse di tornarvici.

 

“Prometto che rimarrò il necessario” modulò la promessa “Finché può essere utile all’Ordine… e a te.”

 

Sentì le labbra di lui posarsi sul suo naso e l’odore di zucchero e vaniglia di lui accarezzarle le narici e stringerle il cuore per la tenerezza. Quando lui si abbandonava sul suo petto non poteva fare  a meno di pensare a come Harry fosse cresciuto troppo in fretta, l’infanzia bruciata da un fato che nè lui nè i suoi genitori avrebbero voluto. Ed ora doveva stringere i denti e combattere, eroe di una favola troppo crudele per essere solo righe scritte da una mano umana.

 

Lui pensava che lei fosse la sua piccola Ginny. Glielo bisbigliava sempre, nel buio della notte, tra carezze nascoste e baci innocenti o bollenti. Ma Ginny era convinta che in realtà fosse lui il suo piccolo Harry.

 

Era un ragazzo che come un bambino aveva bisogno di coccole e affetto. E lei era felice di dargliene. E, come un bambino, aveva bisogno di rassicurazioni. “Non preoccuparti” soffiò Ginny nella notte accarezzandogli i capelli con dolcezza “ci sono Ron ed Hermione… tu pensa a tornare da me. Me lo prometti?”

 

 

“…sì.”

 

*

 

Harry stava volando a bordo della sua Firebolt, ripensando a ciò che era successo in quei giorni, il prigioniero misterioso, la Umbridge, i signori Weasley, Ron (mezzo addormentato) e Hermione che lo salutavano e Ginny… già, Ginny. Avrebbe voluto chiedere ufficialmente al signor Weasley il permesso di fidanzarsi con la figlia, ma poi ci aveva ripensato. Lo avrebbe fatto alla fine di quella guerra… se fosse finita bene.

 

Il Bambino-Sopravvissuto strinse i denti e spronò di più la scopa, nascondendosi perfettamente nella nebbia che avvolgeva come di consuetudine l’Inghilterra.

 

E così alla fine, nonostante i suoi propositi, sarebbe ritornato da Lyons Kaus… questa sua dipendenza un po’ lo frustrava. Tuttavia doveva ammettere che R.A.B. era stato un maestro severo ma competente e davvero irritante, caratteristica controproducenti per l’allievo. Aveva persino migliorato le sue doti da Occlumante, anche se il controllo sui suoi poteri mistici restava sempre vago e incostante. Kaus aveva attribuito la sua “inconsistenza magica” alla sua “mente priva di controllo razionale”: “I poteri di un mago non sempre sono al loro massimo in ogni occasione, ma essi dipendono da allenamento, stato mentale e fisico” lo aveva rimproverato. Harry aveva qualche dubbio sulla veridicità della supposizione di R.A.B., anche perché non credeva che il suo deficit magico si potesse attribuire alla spossatezza, così come il dolore alla cicatrice ricomparso dopo molto tempo di inattività; compariva d’improvviso la notte assieme ad una forte fitta, odio e qualcosa dal sentore animalesco. Questo accadeva solo di notte.

 

Forse, avrebbe dovuto parlarne con Hermione… Il giovane Potter scosse la testa: no, gli avrebbe proibito di avvicinarsi a R.A.B.

 

Atterrò poco lontano dalla dimora del mago, e senza farsi notare vi si avviò e, svoltato l’angolo, restò attonito nello scorgere la porta della casa completamente spalancata..

 

E se Harry avesse conosciuto solo un poco Lyons Kaus e la sua pedante riservatezza, avrebbe dedotto che non lo stesse aspettando a braccia aperte al di là della porta…

 

“No, maledizione!” imprecò lievemente Harry, entrando nella piccola casa babbana.

 

Come temeva, vide il pavimento ricoperto di oggetti di varia fattura rotti, sbeccati, o semplicemente buttati a terra, schegge di legno e alcune piume appartenenti alla poltrona che si levavano nell’aria insieme alla polvere mentre Harry si addentrava in quel che rimaneva della casa di R.A.B.

 

Con orrore si rese conto delle macabre analogie con la casa d’infanzia a Godric’s Hollow: le immagini dei vecchi ruderi si accavallarono alla dimora devastata di Kaus, alla Tana in fiamme e ancora alla casa di Kaus, un accavallarsi di ricordi, sensazioni di smarrimento e perdita.

 

Scosse la testa per scacciare i pensieri inopportuni.

 

“Kaus!” chiamò prima a gran voce, poi con la forza del pensiero. Niente, non gli rispondeva.

 

Riprovò più volte, ma non gli giunse alcuna replica ed Harry avvertì un brivido lungo la schiena – che fosse…? No, non poteva essere caduto nelle mani di Voldemort, era un temibile mago e troppo scaltro… possibile che…?

 

Cercò a lungo un indizio, un’indicazione che gli potesse confermare la presenza di Lyons Kaus… non ne trovò, ma l’assenza di un corpo cominciò a preoccuparlo.

 

Non poteva credere che quel pomposo, arrogante e cervellotico di un cinquantenne si fosse fatto catturare come un qualsiasi pivello! … oppure tutto questo rientrava in un piano specifico? In fondo, lo stesso Kaus aveva ammesso di usarlo solo per i suoi intenti contro Riddle… ma diceva la verità?

 

Come sempre, Harry aveva un milione di domande e neanche una risposta concreta o certa.

 

Sospirò malinconicamente, fissando il sole tramontare. E ora? Cosa devo fare?

 

Troppo spossato per un viaggio lungo… doveva trovare una locanda per passarvici la notte. E dopo… e dopo sarebbe tornato nell’unico luogo dove si sentiva bene: Hogwarts, con il Ministro e i suoi amici.

 

La consapevolezza di dovervici tornare lo colpì come una pugnalata mentre la figura di Silente che cadeva – frutto di incubi notturni piuttosto violenti quando la sua mente traboccava di energia magica – gli passava davanti agli occhi.

 

Digrignando i denti, Harry schiacciò le mani contro le orecchie, la cicatrice che gli doleva, pur certo della lontananza di Voldemort da quel luogo, tentando di scacciare l’immagine, che sembrava quasi vera a causa della sua nitidezza… forse era la casa di R.A.B. a risvegliare quel lato della sua magia che ancora non gestiva bene e che doveva imparare a piegare ai suoi voleri.

 

Silente cadeva… cadeva all’indietro, quasi al rallentatore, una, due, tre… dieci volte, sempre dalla stessa finestra, gli occhiali a mezzaluna che si scollavano dal naso… cadeva insieme a Sirius, il movimento quasi uguale, caduta senza ritorno, in solitudine, morte inutile… Silente cadeva, solo, con una parvenza di sorriso e la bacchetta di Piton da cui usciva un raggio verde…

 

…un raggio verde davanti a lui…

 

“HARRY!”

 

…la voce di sua madre…

 

“PRENDI HARRY!”

 

… papà?…

 

“L’amore, Harry. L’amore.”

 

…Professor Silente?

 

Un corvo nero gracchiava e volava via…

 

Ansimante, così come tutto era iniziato, tutto cessò: il dolore alla tempia diminuì, le visioni svanirono e così la sua mente si svuotò mentre Harry, nauseato, si rialzava, tremante, davanti all’uscio della casa di R.A.B.

 

Si pulì con la manica la bocca, tossendo, sentendosi addosso una sensazione del tutto nuova: desiderio di incontenibile vendetta, molto più violenta delle precedenti.

 

Non sapeva come, ma in quel momento percepì la presenza di un’energia negativa.

 

Ginny, Ginny, Ginny…

 

Riddikulus!” Il Dissenatore gemette e, così come era sbucato da chissà dove, scomparve, forse in cerca di aiuto.

 

…non posso rimanere…

 

Harry Potter si avvolse nel mantello, afferrò la scopa e si diresse a piedi al Paiolo Magico in cerca di una camera, incappucciato in modo da non rendersi riconoscibile.

 

Sarebbe andato ad Hogwarts… ma non in quel momento.

 

*^*^*^*

 

Ron era impegnato nel rassettare la nuova divisa: l’operazione comprendeva l’eliminazione dello stemma col Leone Rampante e qualsiasi altro simbolo che recasse un vago accenno alla casa del Grifondoro.

 

“Possiamo dire addio alla cravatta giallo-rossa”

 

Ginny sbuffò, altrettanto contrariata “Non si tratta solo di questo, Ron, anche la squadra di Quidditch del Grifondoro è sciolta. Scrimgeour ci permetterà di gareggiare pacificamente e solo se le squadre saranno composte da studenti delle ex-case assortiti. Vi immaginate un giocatore di Serpeverde e un Grifondoro nella stessa squadra?”

 

“Forse il progetto di Scrimegeour può essere positivo” intervenne Neville Paciock distogliendo lo sguardo dal paesaggio che scorreva fuori dall’Espresso di Hogwarts “Credo che stare tutti più uniti ci farebbe davvero bene.”

 

“Dimentichi un piccolo particolare Neville” disse Ginny “Tra Corvonero, Tassorosso e Grifondoro potrebbe anche funzionare, ma per quanto riguarda Serpeverde? E’ sempre stata la casa più ostile di tutti, unita tra di loro più o meno, ma mai solidale con le altre case.”

 

“Ginny ha ragione e inoltre…” dichiarò Hermione decisa “… non si possono cancellare in un batter d’occhio tutte le tradizioni di Hogwarts, la divisione delle case, il simbolo stesso della scuola, il ricordo dei fondatori…”

 

“E’ questo il problema di quelli contrari alla decisione di Scrimgeour” la interruppe Ron poco accorto “La tiravano troppo per gli estremi, esagerando al massimo e così Scrimgeour ha vinto, non che ci si potesse aspettare un finale diverso.”

 

Hermione fissò di sbieco Ron spaparanzato sul sedile “Mi stai dando dell’esagerata?” sibilò lei pungente “Dunque è un reato voler conservare un po’ di tradizioni antiche, almeno un briciolo di storia della scuola?”

 

Da quell’istante in poi Neville si voltò verso Ginny e intraprese una discussione caotica su ciò che ne pensava dell’anima gemella, discussione che la ragazza interpretò come un chiaro riferimento ad Hermione e Ron “Secondo me quando incontri la persona giusta non te ne rendi subito conto, lo capisci piano piano.”

 

“Sono d’accordo” disse Ginny, nonostante ricordasse con precisione il colpo di fulmine che l’aveva invaghita di Harry.

 

“Harry non verrà a scuola quest’anno?” chiese Neville, impacciato.

 

“No” rispose Ginny impetuosamente.

 

“E tu e Harry state ancora insieme?” chiese Neville tutto d’un fiato con un imbarazzo molto marcato “Cioè, giusto per curiosità…”

 

Ginny sbatté un paio di volte le palpebre “Credo di sì.”

 

“Credi?” sospirò Neville con una bizzarra nota di speranza nella voce.

 

“Voglio dire, sì” si corresse all’istante Ginny, vagamente conscia delle intenzioni di Neville.

 

Il volto di questo assunse una strana aria ombrosa “Capisco.”

 

Nel frattempo Ron e Hermione avevano smesso di bisticciare ed entrambi, senza dire una parola, contemplavano il monotono paesaggio fuori dal finestrino: nebbia, nebbia…

 

Ginny si morse il labbro mentre Neville si alzava dal suo posto con aria desolata ed usciva dallo scompartimento; in fondo era un bravo ragazzo… ma il ricordo di lui che le pestava i piedi al Ballo del Ceppo non era incluso tra la rosa dei suoi momenti d’oro, come invece lo erano la prima visita di Harry alla Tana, il suo salvataggio nella Camera dei Segreti, il loro primo bacio…

 

Lo scompartimento si aprì e ne sbucò una silenziosa Luna Lovegood che non degnò nessuno della sua attenzione. Si sedette di fronte a Ginny che la osservò attentamente “Ciao Luna” cominciò la rossa cercando di scorgere il volto dell’amica celato dalle lunghe ciocche bionde.

 

Luna rimase zitta e immobile.

 

“Ciao Luna” dissero all’unisco Ron e Hermione, prima fissandosi imbarazzati e poi affrettandosi a deviare la loro attenzione.

 

“Come ti sono andate le vacanze?” chiese Ron, più preoccupato a scansare lo sguardo di Hermione che a ricevere una risposta da Luna.

 

“Poteva andare meglio” mormorò Luna con un filo di voce “All’inizio andava bene. Mio padre aveva persino scritto un articolo eccellente sulle cospirazioni tra Mangiamorte e gruppi segreti stranieri; quello è stato il suo ultimo grande articolo…”

 

“L’ultimo?” ripeté Ginny desolata, cominciando a comprendere il comportamento dell’amica.

 

“Sì” rispose Luna con voce strozzata “I Mangiamorte l’hanno preso perché sapeva troppe cose, è stato per colpa dell’articolo, per colpa della cospirazione.”

 

“Quando dici che l’hanno preso vuoi dire che è…?” iniziò Ron esitante.

 

“No, brutto uccellaccio del malaugurio” strillò Luna scoccando un’occhiataccia a Ron “I Mangiamorte lo tengono rinchiuso perché sa troppe cose ma è ancora vivo, lo so questo. E sono felice che sia stato catturato per il suo articolo, almeno ora tutti capiranno che il Cavillo non è da sottovalutare.”

 

Hermione si sentì particolarmente coinvolta nell’affermazione di Luna “E’ stato un gesto nobile, quello di tuo padre.”

 

“Non c’è bisogno che ti inventi le cose per consolarmi” bisbigliò Luna con la sua solita franchezza.

 

Hermione fu colta da un incredibile imbarazzo. Ron fissava la bionda che se ne stava rannicchiata cupa e sciupata contro il sedile e si convinse fermamente che chiunque l’avesse canzonata con l’appellativo “Lunatica” si sarebbe guadagnato l’ostilità di Ronald Weasley.

 

La porta dello scompartimento si aprì per la seconda volta. Ginny pensò di dover riaffrontare il rimorso che le provocava la delusione di Neville Paciock, perciò fu molto sorpresa quando intravide una sagoma femminile dietro al finestrino della porta.

 

Pansy Parkinson fece il suo ingresso accompagnata da Tiger e Nott; i tre ostentavano l’effige dei Serpeverde che brillava sulla divisa, Pansy, in particolare, esibiva la spilla da Prefetto con un ghigno sinistro. Ron, Hermione e Ginny assunsero un’aria ostile; i tre supponevano che Luna rimanesse completamente indifferente, perciò quello che successe li lasciò alquanto esterrefatti.

 

“Che cosa volete?” chiese Luna in tono aggressivo prima che i tre Serpeverde potessero aprir bocca.

 

Pansy rimase stupita: Luna era famosa per la sua rinnovata pazzia e per la calma impassibile che dimostrava contro le provocazioni “Lovegood” cominciò Pansy con un tono di voce che ricordava molto il ghigno mellifluo di Malfoy “Meglio se stai calma e al tuo posto, anche tu” rivolse un’occhiata sprezzante a Hermione “e voi” sogghignò all’indirizzò di Ron e Ginny “I Mezzosangue e i Babbanofili saranno i primi a cadere.”

 

Ginny, la più vicina all’entrata, stava per alzarsi ma venne preceduta da un’irritatissima Luna che strepitò contro Pansy, assolutamente fuori controllo “Tu, tu e i tuoi amici Mangiamorte! Voi farete meglio a stare calmi, perché se osate fare di nuovo qualcosa, giuro che io, io…”

 

Pansy per un attimo parve sotto shock, ma si riscosse quasi subito con una risatina irritante “Lovegood, che ti è successo? Nostalgia del padre?”

 

Questa volta sia Ron che Ginny si avvicinarono in modo intimidatorio alla Serpeverde ed Hermione estrasse la bacchetta dal mantello con aria ostile. Nott fece altrettanto e Tiger mostrò minacciosamente i pugni serrati.

 

“E tu, Pansy?” mugugnò Ginny, maldisposta “A te manca Malfoy?”

 

Pansy scostò bruscamente Luna e, senza perdere tempo ad impugnare la bacchetta, graffiò con particolare astio la guancia scoperta di Ginny.

 

“Tu, schifosa arpia!” esclamò Ron.

 

Il rosso tentò di afferrarla per il colletto della camicia, ma il suo braccio venne bloccato da Tiger che lo sollevò con tanto impeto da fargli cozzare la testa contro il tetto dello scompartimento. Hermione reagì d’istinto e scagliò una robusta fattura contro Tiger che sbatté contro il finestrino. Durante l’urto mollò la presa su Ron che rovinò addosso al corpulento Serpeverde trascinandosi dietro Nott, a cui si era aggrappato durante la caduta.

 

Il povero Serpeverde allampanato si ritrovò schiacciato dall’imponente massa di Tiger che si dimenava nel tentativo di togliersi di dosso Ron, fortunatamente atterrato incolume. Ginny si lasciò sfuggire una risata “Ben fatto, Hermione! E ora, Pansy? Cosa credi di poter fare senza i tuoi scagnozzi?”

 

Pansy indietreggiò fino a sbattere i piedi contro il groviglio di ragazzi da cui proveniva il ringhio frustato di Tiger, non ancora riuscito a levarsi di dosso Ron che, invece, rideva apertamente, divertito dalla situazione.

 

La porta scorrevole dello scompartimento si aprì ancora e vi entrò un giovane uomo che indossava l’inconfondibile uniforme degli Eclitti.

 

“Sono il sergente John Marshal” dichiarò l’uomo “Ed esigo subito che voi la smettiate. Il preside e ministro Scrimgeour non tollera comportamenti del genere come invece faceva il deceduto Albus Silente.”

 

In meno di un minuto il sergente Eclitto si guadagnò l’antipatia dei Grifondoro e dei Serpeverde presenti, ma per motivi diversi.

 

Il sergente Marshal gettò uno sguardo disgustato a Tiger e Nott “Il preside e ministro proibisce di indossare stemmi che certifichino l’appartenenza ad una delle case; ora non esistono più. E anche tu, ragazzina” lanciò un’occhiataccia a Pansy “Togliti quella spilla da Prefetto, ora i supervisori della scuola sono gli Eclitti, le regole sono cambiate. Mi chiedo come si possa affidare un compito che richieda tanta responsabilità ad un branco di adolescenti immaturi.”

 

Detto questo uscì dallo scompartimento, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo disgustato ai ragazzi “Dimenticavo: siate uniti.”

 

Ginny era assolutamente certa che quell’anno gli studenti di Hogwarts sarebbero stati più ostili e meno uniti che negli anni precedenti.

 

*^*^*^*^*

 

Voldemort presiedeva l’alto trono nella Sala principale del Covo Oscuro. Intorno a lui erano raggruppati più di dieci Mangiamorte, tutti rigorosamente inchinati. Il Signore Oscuro sogghignò.

 

“Devo riconoscerlo, per una volta i miei Mangiamorte mi hanno arrecato grande soddisfazione. Ottimo lavoro, siete riusciti a portarmi entrambi gli ostaggi che avevo richiesto, per non parlare del pieno successo della missione affidata ai Malfoy.”

 

Malfoy Sr. si inchinò profondamente e così fece il figlio.

 

La fessura che Voldemort aveva al posto della bocca si piegò leggermente “Anche se mi hanno riferito che avete ricevuto sostegno.”

 

Gli occhi di Lucius Malfoy si volsero all’indirizzo di Samantha Drake, scintillando dietro la maschera. La Mangiamorte distolse subito lo sguardo, ancora tremendamente intimorita da quell’occhiata pungente.

 

“Comunque il suo intervento non è stato fondamentale per il compimento della missione” aggiunse Lucius Malfoy, continuando a fissare mortifero Samantha.

 

La Mangiamorte si trattenne dal ribattere aspramente, benché avesse più di un argomento per umiliare Lucius Malfoy davanti al Signore Oscuro. Tutto ciò che la fermò fu l’incredibile somiglianza che l’uomo aveva col figlio e la devozione quasi maniacale che questo provava nei confronti del padre.

 

“Ora è il tuo turno, Greyback” sibilò Voldemort, facendo avvicinare un grande Mangiamorte che puzzava di sangue “La tua prossima missione è di fondamentale importanza: tu organizzerai l’attacco a Hogwarts.”

 

Molti dei Mangiamorte sospirarono eccitanti.

 

“Quindi attaccheremo la scuola, finalmente, non vedevo l’ora” si compiacque il Lupo Mannaro, ridacchiando cupamente “Tante gole da lacerare…”

 

“Mi perdoni, mio signore” intervenne una voce che si riconobbe come quella di Severus Piton “Ho delle notizie da comunicarle.”

 

“Molto bene, Severus, su di te posso sempre contare.”

 

Lucius Malfoy socchiuse gli occhi, riconoscendo la figura cupa di Severus Piton; gli sfuggì appena un soffio scocciato, mentre il Mangiamorte cominciò a dialogare privatamente col Signore Oscuro.

 

“Pare che il ministro e i suoi più importanti collaboratori abbiano deciso di cambiare sede: Hogwarts sarà la loro nuova fortezza. Inoltre Rufus Scrimgeour ha deciso di trasferire lungo i confini della scuola la maggior parte delle legioni del suo esercito, quelle più temibili. Un attacco diretto potrebbe comportare troppe perdite dalla nostra parte.”

 

“Astuto da parte del ministro, non credevo possedesse tanta furbizia. Quindi, anche senza Silente, espugnare Hogwarts non sarà così facile” sibilò Voldemort.

 

“Sì, mio signore, sto ancora raccogliendo informazioni per scoprire l’ubicazione del Canale di Fuga, anche se ho il sospetto che Potter ne sappia qualcosa” ribatté Piton, stringendo i denti “Inoltre, il ministro ha scoperto il passaggio che alcuni Mangiamorte hanno utilizzato quattro mesi fa per penetrare nella scuola e lo ha reso inagibile.”

 

“Giusto” sospirò Voldemort “Già una volta i miei Mangiamorte sono riusciti ad entrare in quella scuola, cosa che persino Silente riteneva impossibile e tutto questo grazie al giovane Malfoy.”

 

La figura incappucciata affiancata a Lucius sobbalzò leggermente, inchinandosi.

 

“Dopotutto si è dimostrato un abile servitore quindi intendo concedergli la mia fiducia. Sei disposto a farti carico di una nuova missione, Draco?”

 

“Sì, mio signore” rispose il ragazzo, compiaciuto dal complimento ma senza dimenticare quanto gli era venuto a costare l’attacco di quatto mesi prima. Meglio non avere rimpianti verso il Signore Oscuro. Sentì una leggera scarica lungo la schiena, e tentò di celare l’emozione per l’ultima considerazione del suo Signore.

 

Voldemort sogghignò “Devi interrogare una prigioniera, si trova nei sotterranei, cella numero 18. Cerca di scoprire cosa conosce di preciso sulle vie d’accesso ad Hogwarts e anche le informazioni che ha sull’altro catturato; con lui ci parlerò personalmente.”

 

“Sì, mio signore” ripeté Draco, chinandosi ancora.

 

Voldemort si alzò dal trono e prima di smaterializzarsi, ammonì il ragazzo “Oh e per interrogare la donna puoi usare qualunque metodo.”

 

Il giovane Mangiamorte osservò il padrone scomparire con crescente soddisfazione: finalmente il Signore Oscuro aveva riconosciuto i suoi sforzi! Draco guardò con occhi speranzosi il padre, ma lui si oscurò e girò la testa.

 

Draco si guardò attorno per scoprire se qualcuno avesse notato quello scambio di occhiate. Molti delle figure incappucciate continuavano a guardare alternativamente lui e suo padre, dandosi gomitate e scambiandosi sogghigni.

 

Draco sussultò. Si sentiva come un cane scacciato a calci. Avrebbe voluto raggomitolarsi in un angolo dove nessuno l’avrebbe notato, ma il grande orgoglio dei Malfoy lo frenò dall’abbassare il capo, mortificato. Tenne gli occhi fissi davanti a sé per non incontrare lo sguardo di nessuno.

 

“Non sei fiero di me?”

 

Le parole gli erano sfuggite dalle labbra senza che il ragazzo avesse tempo di controllarle; aveva passato troppo tempo oppresso dalla gelida indifferenza del padre.

 

La voce di Lucius Malfoy proruppe da dietro la maschera, il tono venato da austerità e da un vago accenno di invidia. “Sei solo un ragazzino insignificante!”

 

I Mangiamorte gridarono e applaudirono, mentre Draco tentava di trattenere un brivido.

 

Voltò le spalle a suo padre, sforzandosi di dominare l’espressione del viso e di nascondere i suoi sentimenti. Attraversò la sala in fretta, per quanto era possibile senza correre, mentre le risate aumentavano. Finalmente spalancò la porta e uscì barcollando, riassettandosi la maschera sul viso nascose un singhiozzo soffocato dalla vergogna.

 

Il suono della risate che si smorzavano e l’eco delle parole del padre gli echeggiarono nelle orecchie mentre attraversava il corridoio oscuro, senza conoscere di preciso la meta.

 

*^*^*^*^*

 

L’Espresso di Hogwarts giunse al capolinea con un violento fischio. I ragazzi si riversarono in massa fuori dalle carrozze, invadendo la piattaforma lievemente illuminata da centinaia di lanterne che, nonostante il numero, non riuscivano a rischiare l’imponente banco di nebbia.

 

Fuori dal treno li attendevano qualche Auror e uno squadrone di Eclitti armati di tutto punto a cui a capo c’era niente di meno che John Marshal.

 

“Muovetevi, ragazzi” ordinò quello con particolare astio “Non vorrei che qualche Inferus vagabondante vi sbranasse.”

 

A questa prospettiva molti degli studenti più giovani si precipitarono nelle carrozze trainate da enormi cani dall’aspetto poco raccomandabile. Come spiegare la presenza di quelle bestiali creature?

 

I ragazzi si gettarono nelle più fantasiose ipotesi finché il sergente Marshal non ristabilì l’ordine “Silenzio, prego! I Thestral sono stati dichiarati dal preside e ministro Scrimgeour inadatti alla nuova scuola.”

 

“E sentiamo, perché?”

 

Un vocione carico di risentimento si levò dalle spalle di Marshal. Il sergente si limitò a stringere gli occhi con un sogghigno: “Guardiacaccia” mormorò con indifferenza “Non ti era stato ordinato di abbandonare i confini di Hogwarts.”

 

“Sissignore” rispose Rubeus Hagrid con rancore “Io e Thor ce ne stavano giusto andando.”

 

Hagrid stava trascinando a fatica un carro stracolmo di gabbie cariche di animali tra i quali Ron distinse gli Schiodi Sparacoda e altre bestiacce del genere. Thor guaiva mentre tentava di spingere con il muso l’unico bagaglio di Hagrid che probabilmente conteneva vestiti, la zampa sinistra del cane era priva di pelo, probabilmente a causa di una scottatura avvenuta durante l’incendio di tre mesi prima.

 

“Tutte quelle cose” disse Marshal strascicano la voce e additando le creature nelle gabbie “Metà di quelle cose sono state dichiarate pericolose, tendenziali alla rivolta.”

 

“Come?” fece Hagrid col fiato corto, evidentemente anche per la sua possente forza il carro pieno di animali era troppo.

 

Marshal cominciò a spiegare con la stessa attitudine di chi si rivolge ad un ignorante “In questo periodo il preside e ministro Scrimgeour non ha tempo per dedicarsi a rivolte animalesche come quella che accadde tempo fa in questa scuola, se non sbaglio. Non si era parlato di un Ippogriffo assassino?”

 

Fierobecco non è un assassino!” strepitò Hagrid lasciando la presa sul carro che sbatté a terra con un botto.

 

“Sì, beh, sei libero di credere quello che vuoi, ma sappi che i fatti sono altri: quell’uccellaccio avrebbe dovuto finire arrosto e così anche i tuoi cosi qui” sogghignò Marshal e poi diede ordine a due Eclitti: “Scaricate quella roba dal carro e procedete all’esecuzione.”

 

“No!” Hagrid si piazzò davanti al carro esibendo la sua enorme mole mentre ai suoi piedi Thor ringhiava minaccioso.

 

“Se diventa ostile avete il permesso di usare le maniere forti, anzi, usatele già adesso, ho sentito dire che quel coso è un Mezzo-gigante.”

 

Gli Eclitti estrassero le bacchette in risposta al comando di Marshal e si avvicinarono ad Hagrid con un ghigno perfido stampato in volto.

 

“Aspettate” intervenne uno degli Auror, senza però abbandonare la sua posizione “Forse prima è il caso di ragionarci e poi di attaccare.”

 

“Caro Auror” cominciò Marshal, seccato “C’è bisogno che ti spieghi in che grado sono posti Eclitti e Auror sulla scala delle autorità, o devo…?”

 

“No, non ce n’è bisogno” tagliò corto l’Auror, sembrando deciso a non aprire più bocca.

 

Il sergente sogghignò e si rivolse ai due Eclitti a cui aveva incaricato l’esecuzione “Dunque?”

 

Una manciata di ragazzi si era appostata tra il Mezzogigante e i suoi uomini. Erano studenti cresciuti, probabilmente degli ultimi anni, stringevano ognuno la propria bacchetta e non sembravano aver intenzione di scostarsi. Rimase stupito quando riconobbe alcuni dei ragazzi che aveva ammonito poco tempo prima sul treno. Un sorriso pericoloso gli illuminò il viso.

 

“Vi riconosco” iniziò Marshal con un sorriso sprezzante “Tu, tu e tu.”

 

Hermione, Ron e Ginny lo guardarono a loro volta senza mostrare un’apparente reazione.

 

“Ci tenete davvero poco alla vostra carriera scolastica” continuò Marshal “Annotate, voi due” si rivolse nuovamente agli Eclitti “Questi ragazzi saranno privati del privilegio di frequentare la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, a partire da ora.”

 

Hermione si lasciò sfuggire un gemito di orrore.

 

“A chi interessa frequentare la scuola del preside e ministro Scrimgeour” cantilenò Ron in una smielata ma perfetta imitazione di Marshal.

 

“Ron!” Hermione precedette il sergente, che lì per lì aveva avuto l’intenzione di schiantare il ragazzino coi capelli rossi. “Cosa dici?” disse Hermione, agitata “Non possiamo permetterci di saltare la scuola per un anno e per di più l’ultimo anno!”

 

“Fai come ti pare!” strepitò Ron, rancoroso “Se ci tieni davvero così tanto al tuo M.A.G.O., allora resta in questa scuola corrotta; io resto fedele a Silente.”

 

“Brutta cosa essere fedele ad un morto” intervenne Marshal con un sogghigno “E’ così deprimente.”

 

Ron levò più alta la bacchetta e questa volta la puntò direttamente contro il sergente.

 

“Ron, no!” esclamò Ginny, afferrandogli il braccio e cercando di abbassarglielo a forza “Non fare l’idiota. Abbassa la bacchetta o finirai in guai seri.”

 

“Ascolta il consiglio della bamboccia, Ron” disse Marshal con sarcasmo “Non è saggio sfidarmi.”

 

“Sii superiore” sibilò Ginny al fratello guardandolo con un’espressione supplichevole.

 

Marshal scoppiò in una risata fragorosa, sinceramente divertito.

 

Ron abbassò la bacchetta con le narici frementi “D’accordo, ma non gli permetterò di avvicinarsi ad Hagrid.”

 

“Mi dispiace deluderti ma…” Marshal fece cenno con il capo ai due Eclitti che, approfittando delle disputa tra i ragazzi, si erano avventati contro Hagrid.

 

Marshal abbandonò il capo all’indietro, ghignando apertamente, mentre Ron, Ginny ed Hermione si gettavano contro gli Eclitti in soccorso di Hagrid.

 

D’improvviso la risata di Marshal si bloccò e la bacchetta iniziò a tremargli tra le dita. Anche gli Eclitti si bloccarono, insospettiti dal repentino cambiamento del sergente. Seguirono il suo sguardo tremante fino a scorgere un’ombra annidata sopra una roccia. La figura era confusa, la notte era troppo oscura e nebbiosa, il silenzio troppo opprimente. Perfino i più rumorosi tra gli studenti che avevano assistito allo scontro contro Marshal proferendo commenti a destra e a manca ora stavano completamente immobili e muti, intenti a scrutare l’ombra, cercando di identificarne una figura conosciuta.

 

Marshal prese a fremere più forte quando un vento possente diradò in parte la nebbia e permise ad alcuni raggi di luna di penetrare nella foschia. Ron levò lo sguardo verso il punto da cui sembrava provenire la luce: l’immagine di un cerchio segmentato giallo veniva distorto dalla nebbia.

 

“Ma?” cominciò Ron esitante, infrangendo il silenzio e osservando il tondo luminoso “C’è la luna piena?”

 

Un potente boato si levò nell’aria, quasi in risposta a Ron. L’ombra sulla collina si precipitò lungo le rocce frastagliate, diretto a tutta velocità verso la piattaforma. Gli Auror si fecero avanti formando una sorta di barriera. Gli Eclitti fissarono Marshal in attesa di ordini, ma il sergente pareva disorientato e assolutamente sconvolto: il viso pallido grondava di sudore e gli occhi sbarrati tremavano mentre seguivano l’ombra avvicinarsi.

 

Lungo lo scudo creato magicamente dagli Auror si propagò una scossa tale da far tremare le loro bacchette. L’ombra aveva sbattuto contro lo scudo e nel breve lampo di luce che ne era seguito, era parsa evidente a tutti l’identità del misterioso aggressore: un lupo Mannaro.

 

Molti dei ragazzi presero ad urlare mentre si accalcavano l’uno contro l’altro tentando di salire a bordo delle carrozze.

 

Altre ombre stavano scendendo dalla collina per schiantarsi contro lo scudo che si andava indebolendo sempre più.

 

Alcuni Eclitti presero l’iniziativa senza aspettare un comando dal sergente e liberarono i grossi cani legati alle carrozze. Le grosse creature pelose si gettarono contro i lupi Mannari infrangendo definitivamente lo scudo protettivo creato dagli Auror.

 

Le urla degli studenti sovrastavano l’improvvisato campo di battaglia dove cani enormi e mostruosi tentavano di respingere a morsi e artigliate i lupi che ringhiavano sempre più minacciosi, chiamando all’appello compagni branco. Ma vi era un’inequità numerica tra cani e lupi, a vantaggio di questi ultimi che riuscirono ad aprirsi un varco e a raggiungere la piattaforma.

 

Auror e Eclitti si fecero avanti limitandosi a respingere i lupi con schiantesimi o creando delle barriere. Affrontare dei lupi Mannari era un’impresa poco gradita ai combattenti, non solo per la paura che incutevano gli occhi lupeschi iniettati di sangue e cattiveria, ma anche per il timore di venir contagiati e quindi intraprendere una vita segnata per sempre da dolorose trasformazioni ed inaspettati cambiamenti d’umore.

 

Anche i due Eclitti a fianco di Hagrid si erano gettati nella mischia per spalleggiare i compagni; il sergente Marshal era completamente pietrificato.

 

Ginny, Ron ed Hermione trascinarono Hagrid lontano mentre questo tentava di risollevare il carro.

 

“Lascia perdere, Hagrid!” gridò Ron aggrappandosi al braccione dell’ex-guardiacaccia, senza riuscire a muoverlo di un millimetro “Qui sei troppo a rischio, finirai per farti prendere da un lupo Mannaro!”

 

“I lupi Mannari li so affrontare e poi…”

 

Hagrid riuscì a stento a terminare la frase quando un enorme lupo gli si gettò addosso a fauci aperte. Hagrid sollevò un bastone e con un potente movimento che fece addirittura diradare parte della nebbia, colpì la bestia sul muso. Il lupo ricadde a terra guaendo, ma continuò a mostrare intimidatorio i denti del muso insanguinato.

 

Ron aiutò a spingere il carro mentre Hagrid lo trascinava e Ginny ed Hermione intimavano loro di fare alla svelta. Il carro salì sulla piattaforma e si posizionò oltre la barriera protettiva degli Auror.

 

Ron notò con piacere che i lupi si trovavano in netta difficoltà. Ginny invece, scura in volto, si accostò al sergente Marshal che ancora fissava la battaglia con occhi carichi di disperazione.

 

“Insomma!” esclamò la ragazza “Faccia qualcosa. Non è forse uno dei più validi Eclitti del Ministero?”

 

John Marshal si voltò lentamente verso Ginny e boccheggiò un paio di volte, prima di riuscire a trovare le parole giuste “Non… non contro quelle bestie…”

 

Ahhh, ahhh!”

 

La risata più orripilante che si potesse immaginare sfuggì ad uno dei lupi, il più grande e minaccioso di tutti.

 

Marshal, ti ho già visto?”

 

Il sergente Eclitto ansimò pesantemente, lasciandosi sfuggire la bacchetta dalle dita, e fissò assolutamente sconvolto il lupo Mannaro che gli aveva appena parlato. Anche Ginny sembrava totalmente incredula e pareva che solo loro due avessero sentito la voce del lupo, a causa del frastuono creato dai ragazzi terrorizzati.

 

“Ci si vedrà nelle notti di luna piena.” La sua voce non era umana. Si udiva un inconfondibile ringhio che accompagnava ogni sua parola e che rendeva quel suono osceno e spaventoso.

 

Il lupo, forse il capobranco, lanciò un potente ululato stridulo e i suoi compagni si ritirarono seguendolo nella boscaglia, nel profondo della nebbia.

 

“Si stanno ritirando” gridò trionfante uno degli Eclitti.

 

Gli Auror mormorarono un contro incantesimo facendo sparire le barriere magiche. Alcuni degli Eclitti richiamarono con un fischietto gli enormi cani che si fecero imbrigliare da questi alle carrozze, mantenendo un’attitudine mansueta. Le urla dei ragazzi si andarono affievolendo finché non restarono altro che deboli singhiozzi e mormorii lievemente spaventati.

 

Hermione e Ron furono al fianco di Ginny in breve tempo. Ron osservò con apprensione il viso disorientato della sorella “Ginny, va tutto bene?”

 

“Ho appena sentito parlare un lupo Mannaro” rispose Ginny semplicemente, tuttavia incerta delle parole che pronunciava.

 

“Chiaro” disse Ron calmo, mentre uno dei suoi sopraccigli rossi si alzava inconsciamente.

 

“Non sono pazza, Ron” strepitò Ginny “Lo ha sentito anche il sergente Marshal.”

 

A quelle parole Marshal riprese il controllo e la sua espressione sconvolta diede passo ad una carica di determinazione.

 

“Ora muovetevi, mocciosi” ordinò con voce decisa “Voglio vedervi tutti al centro della piattaforma” gridò agli studenti, tentando di apparire imperioso, ma tuttavia il suo viso era imperlato di sudore freddo.

 

I ragazzi, ancora storditi, fecero come ordinato senza protestare. Gli Auror e gli Eclitti ripresero le loro postazione nell’udire la voce del sergente.

 

“Statemi bene a sentire, tutti” sibilò Marshal facendo scorrere lo sguardo anche sugli Auror “Non dovete minimamente fare accenno a questo attacco, chiaro? Non voglio che genitori sconvolti vengano qui a criticare le difese della nuova scuola. Oblieremo a questo piccolo inconveniente tenendo tutti la bocca chiusa, sono stato chiaro?”

 

Forse a causa del recente shock, o forse per lo sguardo minaccioso di Marschal, gli studenti acconsentirono senza fiatare.

 

Hermione si trattenne a stento dall’intervenire, stringendo convulsamente le mani. John Marshal se ne accorse.

 

“C’è qualcosa che vorresti dirmi ragazzina. Se è così deduco che hai poca voglia di frequentare la scuola, quest’anno.”

 

“No…” cominciò Hermione con la voce che le tremava “Non ho niente da dire.”

 

Marshal ghignò, compiaciuto. Ron ringhiò sommessamente e sollevò il capo deciso verso Marshal mentre questo lo fissava di rimando attendendo con impazienza che il ragazzo commettesse qualche atto che lo avrebbe autorizzato a farlo sbattere fuori dalla scuola.

 

“Ron” mugugnò Hermione, sfiorando appena il braccio del rosso.

 

Ron rilassò il viso e volse le spalle a Marshal che parve scontento dalla reazione del ragazzo.

 

“Salite sulle carrozze, anche quelli del primo anno” ordinò un Auror, facendo smuovere la folla di ragazzini ammassati in un angolo della piattaforma.

 

Neville fece segno ai tre amici di raggiungerlo su una carrozza occupata anche da Luna Lovegood.

 

“Che roba quel Marshal” commentò Neville, evitando accuratamente di fissare Ginny “E’ anche peggio della Umbridge.”

 

“Concordo” sospirò Ron “E io che mi ero illuso che quest’anno non ci sarebbe stato nessuno scocciatore a Hogwarts, con Malfoy e Piton fuori gioco.”

 

“Come hai potuto crederlo, Ron” intervenne Hermione, mentre la carrozza cominciava a muoversi “La scuola ora è sotto il controllo di Scrimgeour.”

 

*^*^*^*^*

 

Le carrozze trainate dagli enormi cani avanzarono in fila lungo la strada per Hogwarts, costeggiata da un’interminabile schiera di Auror alternati a Eclitti. Ron tirò un sospiro scocciato quando venne severamente ammonito per essersi sporto troppo dal finestrino della carrozza.

 

“Ma sono pazzi! Mi ero sporto pochissimo! Mi sembra di stare a casa, anzi, forse mamma è anche più magnanima quando mi rimprovera.”

 

“Al terzo anno avevamo i Dissennatori, al quinto la Umbridge, l’anno scorso Auror e quest’anno Auror e Eclitti. E’ chiaro che ci vogliono tenere d’occhio” commentò Ginny seccamente “E quel Marshal, per fortuna che si limiterà a fare la guardia, non sopporterei l’idea di vederlo per più di un minuto al giorno.”

 

“Concordo, è davvero un seccatore” confermò Neville, arrossendo vistosamente quando Ginny gli sorrise.

 

“Tutte queste protezioni sono ovvie, il Ministero non si può permettere errori ora che Silente non c’è più” cominciò Luna Lovegood cupa, guadagnandosi l’attenzione di tutti nella carrozza “Prima quel Marshal ci ha imposto il silenzio stampa, beh, io non tacerò, non mi importa se verrò sbattuta fuori dalla scuola, tanto che senso ha diplomarsi per poi finire ammazzati dai Mangiamorte?”

 

Cadde un silenzio carico di tensione. Hermione rigirava i pollici nervosa mentre fissava comprensiva il volto deciso di Luna.

 

Le carrozze si fermarono sferragliando sulla ghiaia accanto al portone di Hogwarts. I cinque ragazzi scesero in silenzio, istantaneamente immersi nella nebbia. Hermione sobbalzò intravedendo centinaia di figure schierati nella foschia: se gli Auror e gli Eclitti appostati alla fermata dell’Espresso di Hogwarts le erano parsi troppi, il numero di guardie nei giardini della scuola, armate come se fossero in procinto di cominciare una battaglia, era semplicemente inconcepibile.

 

Gli studenti avanzarono sempre più spaesati tra gli Eclitti  che li intimavano di proseguire in silenzio e mantenendo un’andatura veloce per non rischiare di rimanere vittime di qualche Mannaro o Inferus.

 

“Ma sono veramente pazzi” bisbigliò Hermione a Ginny “Dire delle cose del genere a degli studenti del primo anno. Finiranno per farli morire di paura.”

 

“Già” annuì Ginny “Mi domando se non sia proprio questo il loro scopo.”

 

La ragazza si bloccò quando la raggiunse una voce odiosamente famigliare.

 

“Ehi, Weasley! Vuoi già farti odiare dai capi della scuola” squittì Pansy Parknson mentre si faceva largo tra la folla grazie al possente aiuto di Tiger “Peccato che Draco non sia qui, gli sarebbe piaciuto vedere quel Mezzogigante cacciato dalla scuola.”

 

Ginny strinse i denti, pronta a risponderle di tutto punto, ma un’altra voce, parimenti odiosa e famigliare, la precedette:

 

“Ho detto di non parlare a voce alta” intervenne Marshal saccentemente, rivolto a Pansy “Ah, e se ti riferivi a Draco Malfoy, l’attentatore dell’ex-preside di questa scuola, anche a me dispiace che non sia qui.”

 

Pansy sbatté le palpebre, confusa.

 

“Sai” continuò Marshal sogghignando “Mi sarebbe proprio piaciuto sbatterlo ad Azkaban col paparino, peccato che anche lui sia scappato. Ora il Ministro Scrimgeour ha ordinato tassativamente di uccidere i Mangiamorte a vista, senza badare al sesso e all’età. Quindi se vedi il tuo amico Draco, fammelo sapere, ci penso io a farlo divertire come di deve.”

 

“La prima cosa buona che abbia detto Marshal” convenne Ron, mentre osservava il sergente Eclitto andarsene stizzosamente.

 

“Direi di no, Ron” ribatté Hermione “Anche se si tratta di Malfoy non dovremo volerlo morto.”

 

Ron alzò un sopracciglio “Perché no?”

 

“E’ ovvio” disse Hermione “Si comincia con delle marachelle infantili a scuola e si finisce ad ammazzarsi su un campo di battaglia.”

 

“Giusto” convenne Ginny “La dimostrazione più lampante è l’odio di Piton verso il padre di Harry e Sirius; hanno cominciato a scuola e guarda adesso com’è andata a finire.”

 

“Mi arrendo” disse Ron “Siete più sagge voi.”

 

“E’ naturale, siamo ragazze” ribatté Ginny sorridente. Hermione, invece, si limitò ad arrossire.

 

“Dentro, dentro” li interruppe un Eclitto spingendoli letteralmente dentro la scuola, oltre il portone della Sala Grande.

 

Il portone di legno si aprì cigolando e Ginny riuscì a constatare di prima persona i cambiamenti che aveva portato Scrimgeour alla scuola.

 

Nella Sala Grande, i quattro enormi tavoli delle Case che solitamente ingombravano tutto l’ambiente erano scomparsi per dare posto a dei tavolini da cinque posti sparsi a macchia nella sala. Le candele galleggianti a mezz’aria erano anch’esse sparite e il soffitto, una volta incantato, rifletteva solo delle convenzionali tavole di legno. Lo stendardo della scuola, pendente sopra la tavola dei professori, era stato rimpiazzato dall’effige del Ministero e, sparsi qua e là, dove invece avrebbero dovuto esserci gli stemmi della varie Case, drappi d’argento e oro recavano il simbolo degli Eclitti, nonché l’effige della casata di Rufus Scrimgeour. E, infatti, il Ministro stesso se ne stava comodamente seduto al tavolo dei professori in posizione centrale, là dove un tempo risplendeva la magica figura di Albus Silente, assolutamente non comparabile al rozzo combattente, capo degli Auror e degli Eclitti, che si vantava boriosamente della nuova carica conquistata.

 

Minerva McGranitt, nel ruolo di vice-preside, se ne stava sommessamente seduta al fianco di Scrimgeour; pareva che avesse perso la sua singolare determinazione e loquacità. Anche gli altri professori sembravano a disagio e fuori posto accanto al Ministro che discuteva animatamente con l’odiato John Marshal.

 

“Ovviamente non ci sarà alcuno Smistamento. Prendete posto ai tavoli, immediatamente.” Ordinò l’Eclitto che li aveva spintonati senza troppi complimenti nella sala.

 

“A quali?” domandò Ron, perplesso nel constatare il nuovo arredamento della Sala Grande.

 

“Uno qualsiasi” rispose quello acido “E’ preferibile se ad un tavolo ci siano studenti assortiti delle ex-case.”

 

“Giusto” asserì un altro Eclitto “Non vogliamo vedere i soliti gruppetti. Vedete di comportarvi da maturi e fate meno gli asociali.”

 

Ginny avanzò nelle sala sempre più innervosita “Se c’è qualcuno che dovrebbe comportarsi in modo maturo…” e levò lo sguardo verso il Ministro che rideva sguaiatamente accompagnato da John Marshal, che sghignazzava altrettanto disinibito “… sono quei due.”

 

Ignorando bellamente le prediche degli Eclitti, Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna si sedettero ad un unico tavolo.

 

“Beh, almeno c’è Luna che è, cioè che era di Corvonero” puntualizzò Hermione, sospirando “Non dovrebbero avere da obiettare.”

 

“Oh, certo. Ora sono utile” ribatté Luna, amaramente “Ma non conterei troppo sulla mia presenza. Ho intenzione di fare uno scoop il prima possibile, il titolo “La dittatura di Rufus Scrimgeour è arrivata oltre le mura di Hogwarts” e come sottotitolo “Rufus Scrimgeour, probabile orditore dell’assassinio di Albus Silente in complotto con Voldemort?

 

Hermione rimase senza fiato, guardandosi intorno nervosamente, ma per fortuna nessuno degli Eclitti sembrava aver sentito niente.

 

“Così ora anche tu lo chiami per nome” disse Ginny con la voce impastata.

 

“Proprio così” esclamò Luna, andando fuori controllo “E non capisco perché non si debba fare, ne ho piene le tasche di questo regime del terrore… anzi sai che ti dico: Voldemort!”

 

Un nevralgico silenzio crollò nella Sala Grande. Alcuni studenti che si stavano apprestando a consumare il banchetto ai tavoli, si erano bloccati con la forchetta a mezz’aria. Scrimgeour, dal tavolo degli insegnanti ridusse gli occhi a due fessure, si alzò in piedi e proclamò:

 

“Questa scuola, ora sotto le direttive del Ministero, non ammetterà mai un simile comportamento” additò Luna come a volerla martirizzare “Fuori dalla mia scuola!”

 

“Non vedevo l’ora!” strepitò Luna con stizza.

 

Ginny rimase pietrificata al tavolo ed osservò l’amica varcare il portone principale scortata da due Eclitti. Quando i due pesanti cardini batterono contro il pavimento di pietra, Ginny si alzò in piedi sbattendo le mani sul tavolo.

 

“Ginny” la supplicarono Ron ed Hermione, mentre John Marshal si avvicinava al loro tavolo, gongolante.

 

“Vuoi seguirla” disse pungente “Nessun problema, provvediamo subito” schioccò le dita e due Eclitti si avvicinarono.

 

“No” gridò Ron “E’ solo arrabbiata ma non vuole lasciare la scuola.”

 

“Hai ragione, Ron” gemette Ginny “L’ho promesso ad Harry, che avrei frequentato la scuola anche per lui.”

 

La giovane Weasley si risedette al tavolo facendo sbattere la sedia contro il pavimento.

 

“Calma, calma” cominciò Marshal col solito ghigno “Ho l’impressione che qui qualcuno sia un po’ troppo ribelle. Peccato non ci siano più le clessidre per togliere punti… ma si può sempre rimediare: in piedi!” ordinò il sergente.

 

Ginny si alzò tremante. Ron era trattenuto a viva forza da Hermione che lo implorava con lo sguardo di non commettere gesti avventati.

 

“Ci piacerebbe vedere gli studenti meno frazionati in piccoli gruppetti e a me pare che qui siate solo ex-Grifondoro.”

 

“Chi gliel’ha detto?” chiese Ginny, scura in volto.

 

“Voci di corridoio” sghignazzò Marshal.

 

Ad un tavolo vicino un gruppetto di ex-Serpeverde sogghignava apertamente. Con enorme sorpresa di Ginny tra di loro non c’era Pansy Parkinson che invece era seduta qualche tavolo più in là a fissare con sguardo pieno di rancore John Marshal.

 

“Quindi” proseguì il sergente “E’ meglio se ti troviamo una collocazione migliore, direi…” si guardò in giro, soffermandosi al tavolo di Pansy Parkinson “Mi è sembrato di capire che tu e quella ragazzina andiate particolarmente d’accordo, quindi, vai.”

 

Ginny si avviò fremente verso il tavolo occupato da una delle sue più acerrime nemiche. Si sedette senza proferire parola, sotto lo sguardo disgustato degli ex-Serpeverde al tavolo. Ginny li osservò di sottecchi: si trattava di Tiger, Nott, Millicent Bulstrode, Blaise  Zabini e naturalmente Pansy Parkinson. Ingoiò saliva a vuoto e cominciò a consumare il suo pasto, domandandosi poco dopo il motivo per il quale Gregory Goyle si trovasse ad un altro tavolo e fissasse il loro con disprezzo; Ginny era sicura che quello sguardo avverso non era riservato a lei.

 

Che cos’era successo ai Serpeverde? Ora non si sopportavano neanche tra di loro? Ecco cos’aveva portato il proposito di concordanza di Rufus Scrimgeour.

 

*^*^*^*^*

 

La vergogna di essere stato umiliato pubblicamente si era trasformata in rancore e rabbia. Davanti alla cella numero 18, attendeva con ansia che il Mangiamorte terminasse di sbloccare la serratura magicamente sigillata per potersi sfogare con la prigioniera.

 

“Ecco fatto” disse il Mangiamorte, rivolgendosi poi a Draco “E vedi di non ucciderla, devi solo interrogarla.”

 

Draco fece una smorfia scettica “Non capisco perché mi dovrei trattenere con una prigioniera, tanto prima o poi verrà uccisa, giusto?”

 

“E’ vero, ma l’esecuzione va posticipata; prima sono necessarie le informazioni dell’altro prigioniero.”

 

“Capisco.”

 

Draco entrò nella prigione dalla quale non penetrava un minimo raggio di luce. Fece un passo avanti e delle torce si accesero a comando, illuminando l’ambiente.

 

Il ragazzo non tardò a riconoscere il volto della donna fremente, accasciata in un angolo: aveva le sembianze di un rospo pallido e grosso che dondolava incontrollabilmente riversa sul muro. Draco si scoprì del tutto indifferente alle suppliche della donna.

 

“Non uccidermi” continuava a balbettare, tremando vistosamente.

 

“Non ti ucciderò, non mi hanno dato il permesso.”

 

Dolores Umbridge levò i grandi occhi sporgenti sul Mangiamorte, incuriosita dalla sua voce.

 

“Tu…” prese a mormorare la donna “Non sarai per caso…?”

 

Draco si sfilò la maschera e nelle stanza si diffuso l’eco del singhiozzo della Umbridge “Tu! E pensare che ti avevo fatto diventare capo della mia squadra di Inquisizione!”

 

“Mi servono delle informazioni” sibilò Draco come se la donna non avesse proferito parola “E per ottenerle sono autorizzato ad utilizzare tutti i metodi possibili, quindi sta ha lei decidere come comportarsi.”

 

La Umbridge tentò di infossarsi contro il muro, il più lontano possibile dal giovane Mangiamorte “Non avrei mai pensato che saresti diventato Mangiamorte e pensare che sostenevi il Ministero della Magia! E anche tuo padre…!”

 

Il collo corto e flaccido della donna si contrasse spasmodicamente, costringendola a restare in silenzio. Draco ritrasse la bacchetta con un ghigno aspro “Non nomini mai più mio padre e se ci tiene alla sua integrità fisica farà meglio a darmi le informazioni che voglio. Cosa sa degli accessi ad Hogwarts?” chiese, puntando nuovamente la bacchetta contro la donna.

 

La Umbridge si ritrasse con gli occhi tondi lacrimosi “Va bene, ti dico tutto, ma abbassa la bacchetta, ragazzo” gracchiò esasperatamente “Non commettere atti impulsivi.”

 

Una robusta fattura sbatté la donna contro il muro di pietra “Non mi dica cosa devo fare” mugugnò Draco con voce mortifera.

 

La Umbridge prese a tremare più violentemente “Calmo, calmo. Ti dico tutto. Ci sono dei passaggi segreti che conducono a Hogwarts.”

 

Un largo sogghigno comparve sul volto di Draco “Bene, proceda ad elencarmeli.”

 

“Ma perché li vuoi conoscere?” chiese la Umbridge con voce impastata “Non avrete intenzione di attaccare la scuola!”

 

La donna fu nuovamente colpita da un incantesimo. Draco levò più alta la bacchetta mentre l’eco delle voci che lo avevano deriso lo caricavano di rabbia. Scagliò nuovamente una maledizione contro la Umbridge che scivolò contro la parete per rovinare a terra.

 

“Alzati” le ordinò Draco con violenza. La collera non gli era passata del tutto, aveva bisogno di un diversivo per sfogarsi “Alzati se non vuoi che usi il Cruciatus.”

 

All’ultima parola la Umbridge si rizzò in piedi con le gambe grassocce traballanti “Ora ti dico tutto” mormorò con affanno “Quando ero diventata preside avevo trovato una pianta degli accessi alla scuola nell’ufficio di Silente. C’è una strada che passa da Zonko a Hogsmeade, fino all’interno della scuola. Un’altra dalla Stamberga Strillante fin sotto il Platano Picchiatore; non mi ricordo altro, lo giuro…”

 

“Direi che per ora basta; credi che qualcun altro sappia di questi passaggi?”

 

“No, ho dovuto eseguire un incantesimo di rivelazione per scoprire quella piantina; credo lo sapesse solo Silente.”

 

“Ma ora lui non c’è più” sogghignò Draco “E un’altra cosa: che informazioni hai sull’altro prigioniero?”

 

“Lui” cominciò la Umbridge, esitante “Non so di preciso chi sia, ma il ministro Scrimgeour ci teneva davvero tanto, ha messo a sorvegliarlo metà dipartimento di difesa magica; voleva un consulto con lui. Ho sentito dire che è arrivato fin qui dall’Asia.”

 

“Diventi straordinariamente collaborativa e umile quando si usa la violenza per minacciarti; vedrò di riferirlo anche agli altri Mangiamorte.”

 

Con un ultimo movimento della bacchetta la Umbridge si ritrovò accasciata a terra, colta da improvvisi brividi di panico.

 

“Tranquilla, per oggi ho finito” disse Draco con un ghigno, prima di uscire dalla cella.

 

Prese a camminare lungo i sotterranei stringendo nervosamente la bacchetta tra le dita. Per quanto avesse tentato di sfogare la sua frustrazione contro la prigioniera, la soddisfazione era durata ben poco.

 

Draco sentì il cigolio di una porta che si chiudeva e senza pensarci due volte, appena riconobbe la figura ritta a fianco di una cella, si inginocchiò rispettosamente.

 

“Mio signore, ho interrogato la prigioniera e ho ottenuto le informazioni che voleva.”

 

“Ottimo lavoro; tra un po’ ti convocherò nella Sala Regia” rispose frettolosamente Lord Voldemort.

 

Draco alzò lo sguardo e osservò di sfuggita il volto cereo del Signore Oscuro prima che si voltasse, procedendo lungo i sotterranei con passi nervosi e affrettati.

 

Il Mangiamorte rimase interdetto; abituato alla fredda impassibilità del suo signore non si era aspettato di cogliere un accenno di agitazione e, possibile?, paura sul suo viso pallido. Draco osservò incuriosito la cella dalla quale il Signore Oscuro era appena uscito; doveva essere quella del prigioniero misterioso.

 

Il ragazzo vi si avvicinò finché una voce profonda ed incredibilmente penetrante si levò dall’oscurità della prigione:

 

“Ragazzo, non temere un essere tanto vile.”

 

Draco sussultò e si sentì sfuggire dalle labbra una voce tanto fievole che non gli parve sua: “Chi sei tu?”

 

Il ragazzo sentì un fruscio di stoffe nella cella e dei passi leggeri che si approssimavano “Sono colui che vede il futuro.”

 

Draco indietreggiò scorgendo il profilo del prigioniero stagliarsi contro le sbarre della cella “Sei un profeta?”

 

Gli sembrò di percepire un vago accenno di sorriso “No, sono un oracolo; non percepisco il futuro corrotto dalle scelte, solo quello piegato dal destino.”

 

*^*^*^*^*

 

Il primo giorno di scuola si concluse nei peggiori dei modi. Ora che non c’era più la divisione tra le Case, anche i dormitori avevano terminato per unificarsi in un unico settore di Hogwarts. La posizione delle sale comuni era stata rivelata apertamente e Scrimgeour aveva imposto il divieto di accedervi dato che erano ancora in corso i lavori di smantellamento per dare posto agli alloggi degli Eclitti e degli Auror.

 

Ginny aveva terminato il suo pasto in silenzio alla tavola di Pansy Parkinson. Nessun discorso di incoraggiamento era stato proferito dal preside Scrimgeour, convito così com’era di essere perfettamente degno della sua carica. Ma la parte più agghiacciante della serata era stata la nomina dei professori.

 

“… per Storia della Magia, Aritmazia, Trasfigurazione e Pozioni i professori dell’anno precedente.”

 

Ascoltò Ron distrattamente mentre osservava di sottecchi Lumacorno che pareva più pallido di uno spettro alla sinistra della McGranitt.

 

“E il ministro e preside Rufus Scrimgeour ha ritenuto opportuno ridimensionare il quadro delle materie. Per primo sono state sospese le lezioni di Volo per evidenti ragioni climatiche e di sicurezza.”

 

Un timido dissenso si udì nella Sala ma fu subito placato dall’avanzata di Marshal tra i tavoli.

 

“E inoltre” continuò l’Eclitto “Saranno sospese tassativamente le lezioni di Cura delle Creature Magiche e di Divinazione.” Qui nessuno ebbe da obbiettare.

 

“Infine, per i motivi che ho già esposto, il ministro e preside ha ritenuto opportuno annullare il campionato di Quidditch” una violenta protesta si levò dai tavoli, ma l’Eclitto la ignorò “per garantire la vostra sicurezza è inoltre vietata qualsiasi gita fuori dai confini di Hogwarts, il che comprende le gite a Hogsmeade. E per le vacanze natalizie il Ministero e la scuola non si fanno carico della protezione degli studenti per il viaggio di andata e ritorno, quindi è consigliabile che permaniate a scuola durante tutto l’anno. Grazie.”

 

Alcuni studenti più anziani si levarono dai tavoli e cominciarono a protestare a viva voce. In quella confusione Ron, Hermione e Neville che erano rimasti allo stesso tavolo, presero a discutere animatamente.

 

“Quello schifoso di uno Scrimgeour” strepitò Ron “Non può obbligarci a stare chiusi dentro questa scuola, non siamo mica ad Azkaban.”

 

“Ma a quanto ho capito lo fa per la nostra sicurezza” commentò Neville, esitante.

 

“Ma quale sicurezza?” ribatté Hermione “Vuole solo fare bella figura davanti al mondo magico, per mostrare di essere degno della carica di Ministro e di preside. Un Auror in cerca di gloria è l’ultima persona che sarebbe in grado di proteggerci e di debellare i Mangiamorte; direi che era meglio Caramell. Almeno con lui le fazioni erano meno frammentate.”

 

“Vero” convenne Ron, in tono combattivo “Qui tra Eclitti, Auror, Ordine della Fenice, combattenti solitari non riusciremo mai a battere i Mangiamorte.”

 

“Silenzio!” urlò Marshal a voce così alta da far sobbalzare tutti i ragazzi “Dunque” continuò più lievemente e ostentando una falsa dolcezza “Ho altre belle notizie per voi. Avrete notato, senza dubbio, che nell’esposizione precedente è stata tralasciata la materia di Difesa contro le Arti Oscure, ma… ebbene, d’ora in avanti tale materia è annullata e sostituita dalla seguente: Autodifesa ministeriale. E’ una sorta di perfezionamento della materia precedente con aggiunte opportune concordate da me e dal preside e ministro Rufus ScrimgeourMarshal lanciò un’occhiata d’intesa al capo degli Eclitti “Per Autodifesa ministeriale non occorrono libri dato che si insegna già dal principio ad utilizzare la bacchetta esclusivamente nel senso pratico e tattico; anche per quelli del primo anno. E, un’avvertenza per quelli del settimo” insinuò Marshal ghignante “Se non si supera il test finale di Autodifesa ministeriale che costituisce una prova d’eccellenza per i M.A.G.O., non è possibile diplomarsi anche se la media degli altri voti rasenta la perfezione.”

 

Hermione si passò una mano sul viso “Non riesco a crederci.”

 

“Peggio di così non potrebbe andare” commentò Ron, cupamente.

 

“E, dimenticavo” aggiunse Marshal con un sorriso ancora più ampio del precedente “Il nuovo insegnante di Autodifesa ministeriale sarò io.”

 

Molti degli studenti sprofondarono sulle proprie sedie, perdendosi in una muta contemplazione dei piatti carichi di cibo. Ginny fece rigirare la forchetta tra le dita, fissando con astio Marshal che si accomodava accanto a Scrimgeour e poi Pansy Parkinson che discuteva animatamente con Blaise Zabini.

 

“Mi è passata la fame” borbottò, abbandonandosi sulla sedia e fissando distrattamente il tavolo dei professori.

 

Horace Lumacorno aveva trascorso la serata tentando di attaccare discorso col Ministro, ma, a quanto pareva, il sergente Marshal non intendeva cedere il passo di pupillo del preside. Il professore di Pozioni si era rassegnato ad un lungo silenzio, accompagnato dagli altri professori, rimasti tranquilli e apatici durante tutta la serata. Ai tavoli i ragazzi si premuravano di non fare troppo rumore e se qualche spavaldo studente del settimo si azzardava a modulare la voce in modo che risultasse più forte di un sussurro, John Marshal provvedeva diligentemente alla martirizzazione del ragazzo in pubblico.

 

Terminata la cena, la Sala Grande si svuotò in un lampo. Ginny venne condotta col suo nuovo gruppo di compagni nella zona riposo di Hogwarts, che venne ribattezzata “Dormitorio Comune” e che era unicamente divisa in reparto maschile e femminile. In ogni stanza privata vi erano quattro letti e Ginny si ritrovò, quasi senza stupirsene, a dividere la camera con Pansy Parkinson, Millicent Buldstrode e Daphne Greengrass.

 

Trovò i suoi bagagli ai piedi del letto dalle coperte grigio spento. Dopo essersi cambiata rapidamente si infilò sotto le lenzuola, sprofondando la faccia contro il cuscino. Ginny desiderò con tutto il cuore di addormentarsi il più velocemente possibile, uditi di sfuggita i sospiri di Pansy nel sonno: “Draco…”

 

Il secondo giorno fu, se possibile, ancora più disastroso. Ginny terminò la colazione in totale apatia. Mentre era costretta a subire le sfrecciatine di Pansy Parkinson, verso la quale si scoprì impermeabile agli insulti, lanciava qualche occhiata al tavolo di suo fratello, Hermione e Neville che le rispondevano con entusiasmo e rassicurazione. Ma John Marshal, col suo continuo pellegrinare tra i tavoli, non tardò a scoprire l’intesa con i suoi amici. Era intenzionato ad isolarla completamente da contatti amichevoli, così si premurò di separare drasticamente Ron, Hermione e Neville che furono smistatiti in gruppi dai membri assortiti.

 

Neville finì in un gruppo di sole ragazze, tutte spocchiose e altamente infastidite dalla presenza di un ragazzo che non sostenesse i loro standard di bellezza. Ron fu costretto a sopportare i continui sfoghi di disperazione di tre ragazzini ex-Tassorosso che avevano riconosciuto in lui il braccio destro dell’eroe Harry Potter.

 

“Forse tu ci potresti aiutare. Dopo l’attacco alla stazione di Hogwarts siamo tutti terrorizzati.”

 

“Già, sei Ronald Weasley e hai aiutato il tuo amico Harry Potter al Ministero e in un sacco di altre cose.”

 

“Aiutaci.”

 

Ron ascoltava in silenzio mentre sbuffava in continuazione, tentando di far comprendere ai ragazzini la sua totale indisponibilità come guardia del corpo. Pensò distrattamente che solo qualche anno prima avrebbe trovato soddisfacenti quelle richieste d’aiuto che lo idolatrizzavano come un eroe. Non poté fare a meno di pensare ad Harry e di quanto fossero infondate tutte quegli attacchi di invidia verso l’amico e la sua celeberrima fama di Prescelto.

 

John Marshal sogghignava soddisfatto a fianco di Scrimgeour, convinto di essere riuscito a disporre il gruppo di ragazzi ribelli nel clima più disagiato possibile. Ad Hermione bastò un rapido esame ai volti che la circondavano alla tavola per capire che Marshal aveva raggiunto il suo scopo. Tutti i ragazzi erano ex-Serpeverde ad eccezione di uno, Cormac McLaggen. Hermione ingoiò un gemito di orrore non appena lo riconobbe al tavolo con un sorriso malizioso stampato sul viso.

 

“Bene, Hermione. Pare che d’ora in poi staremo più vicini che negli anni passati. Chissà che non nasca un’intesa speciale.”

 

Uno degli ex-Serpeverde fece una faccia assolutamente disgustata mentre il compagno al suo fianco faceva finta di vomitare nel piatto, bisbigliando. “Con una mezzosangue, bleah.”

 

McLaggen si prodigò nella difesa di Hermione aggredendo i due ragazzi con la sua energica mole. Hermione e l’altro ex-Serpeverde fissavano la scena con un misto di orrore e sdegno: Cormac aveva la stazza di un elefante tarchiato ed era al suo settimo anno mentre i due ragazzini allampanati su cui tiranneggiava raggiungevano al massimo il terzo anno. 

 

Marshal si avvicinò al loro tavolo per giudicare la situazione e, senza nessun preavviso, scaraventò McLaggen a tre metri di distanza con una potente fattura.

 

“Niente comportamenti del genere in questa scuola. Punizione” sibilò Marshal strattonando McLaggen per la manica della tunica.

 

Cormac si rimise a fatica in piedi e fissò il sergente Eclitto dritto negli occhi dall’alto del suo metro e ottantacinque “Se lo meritavano, hanno offeso Hermione, l’hanno chiamata mezzosangue.”

 

Marshal non accenno a nessun genere di reazione, si limitò a voltarsi all’indirizzo di Hermione.

 

“Dunque è quello il suo nome. Beh, se i suoi genitori sono Babbani non vedo dove stia il problema, hanno semplicemente confermato la realtà.”

 

“Mezzosangue è un insulto” ringhiò McLaggen.

 

Ora tutta la sala li fissava taciturna, attendendosi una magistrale sfuriata da parte del sergente. Hermione guardava McLaggen esterrefatta.

 

Pf… Ne conosco di peggiori” ribatté secco il sergente “Però forse è il caso che cambi gruppo.”

 

Hermione sospirò dalla consolazione, ma questo fu un grave errore. Marshal, cogliendo l’accenno di contentezza di Hermione, si accorse di quanto la presenza di McLaggen fosse poco gradita alla ragazza, così si limitò a dire “Ma non sono così cattivo, puoi restare col tua amichetta.”

 

Hermione ascoltò con sdegno le parole maliziose di Marshal che ora incoraggiava McLaggen a predente posto vicino a lei. Cormac acconsentì immediatamente, pensando che, dopotutto, il sergente Eclitto era una persona comprensiva e generosa. Dall’altro capo della sala, Ron strinse i pugni tanto da farsi sbiancare le nocche.

 

“Non dire niente. Ci farai togliere dei punti” bisbigliò uno dei ragazzini, il più coraggioso dei tre.

 

“Punti? Ma se non ci sono più le clessidre” ribatté Ron, riducendo gli occhi a due fessure mentre seguiva con lo sguardo John Marshal ritornare al fianco di Scrimgeour con aria baldanzosa.

 

“Ora ogni gruppo ha dei punti di credito che valgono come aiuto durante gli esami.”

 

Ron si voltò di scatto verso il ragazzino “Cosa?”

 

“E’ la verità, lo giuro” disse l’ex-Tassorosso con un filo di voce “Ce l’ha detto un Eclitto il primo giorno. All’inizio ogni gruppo possiede una base di punti, che chiamano crediti, e che verranno poi tolti o aggiunti al totale del gruppo in base al comportamento di ognuno dei ragazzi del gruppo. Poi questi crediti serviranno come vantaggio agli esami del quinto e del settimo anno o come incentivo ai voti finali degli altri anni.”

 

“Ridicolo” commentò Ron.

 

Qualche istante dopo il giovane Weasley si dovette ricredere. Marshal informò la sala del nuovo metodo di controllo comportamentale che aveva riscosso l’approvazione del Ministero: un sistema di tassazione a punti di credito su ogni gruppo, ossia i ragazzi che dividevano lo stesso tavolo. Secondo il sergente e lo stesso ministro ciò avrebbe favorito la cooperazione.

 

Ginny abbandonò la sala avanzando al fianco del suo nuovo gruppo di compagni, i quali esibivano perennemente un’aria scocciata. Attraversarono un lungo corridoio e Ginny fu sorpresa nel notare che non c’era traccia di fantasmi o del solito Pixie che si divertiva a infastidire i ragazzi. Solo la presenza di Gazza occupava la scuola, con ai piedi l’inseparabile gatta Purr. Ginny si accorse però che vi era un’altra figura affiancata alla parete; questa aveva un profilo piuttosto sporgente e un’inconfondibile pelata luccicante.

 

“Professor Lumacorno” salutarono svogliatamente Pansy e Daphne Greengrass.

 

“Salve ragazze” rispose frettolosamente Lumacorno “Tu come stai, Blaise?”

 

Zabini si limitò ad accennare con il capo per poi procedere al fianco delle altre due.

 

“Oh, signorina Weasley” esclamò Lumacorno senza apparire sorpreso “Ho bisogno di parlarle.”

 

Ginny si bloccò subito, dopotutto contenta di abbandonare i suoi ostili compagni di gruppo “Mi dica, professore.”

 

“Si tratta di Harry” cominciò Lumacorno, esitante “Beh, tu sei la sua ragazza ufficiale e quindi mi chiedevo se tu per caso sai dov’è.”

 

“No” rispose Ginny decisa.

 

“Capisco” fece Lumacorno deluso, tuttavia cercando di ostentare un sorriso tirato “E sai se quest’anno frequenterà Hogwarts?”

 

“Non credo che verrà a scuola” rispose Ginny “Ha cose più importanti a cui pensare.”

 

I baffi argentati di Lumacorno si sollevarono con stupore “Capisco. Dopotutto lui è il Prescelto.”

 

Ginny annuì piano col capo “Esatto.”

 

“Bene” riprese Lumacorno con voce melanconica “E’ meglio che tu vada a lezione, non è il caso di fare ritardo il primo giorno dell’anno. E anch’io mi devo avviare ai sotterranei, quindi…” salutò Ginny con un breve cenno del capo prima di avviarsi lungo il corridoio.

 

“Professore” lo bloccò Ginny.

 

Lumacorno si voltò con aria speranzosa.

 

“Anche quest’anno ha intenzione di istituire il Lumaclub?” Ginny non conosceva il motivo per cui gliel’avesse chiesto; fatto sta che l’aria sconsolata dell’uomo le aveva imposto di fermarlo.

 

“No” rispose il professore con un sospiro “Non credo che il preside e ministro Scrimgeour approverebbe.”

 

“Capisco… bene, allora arrivederci” lo salutò cortesemente Ginny.

 

“Arrivederci” fece eco Lumacorno come se fosse sull’orlo delle lacrime.

 

Intanto Ron ed Hermione avanzavano relegati nei loro gruppi verso l’aula di Autodifesa Ministeriale, la prima materia della mattinata. Neanche Pozioni con Piton era apparso tanto odioso quanto lo era Autodifesa in quel momento, in special modo a causa del professore che presiedeva le lezioni: John Marshal.

 

Entrati nell’aula Ron, Hermione e Neville si ritrovarono ed ebbero giusto il tempo di scambiarsi qualche sgradevole giudizio sui loro gruppi che una voce famigeratamente famigliare impose il silenzio con un colpo di tosse. John Marshal varcò una porta secondaria che immetteva direttamente nel centro della stanza: vestiva un completo da combattente piuttosto lavorato e dall’aspetto costoso, senza la bandana che imponeva la divisa da Eclitto i raffinati e tuttavia decisi lineamenti del suo viso potevano essere apprezzati in tutto il loro fascino.

 

Molte delle ragazze, alcune, notò Ron con disgusto, anche ex-Grifondoro, sospirarono all’entrata di John Marshal. Senza l’orribile divisa da Eclitto, il sergente appariva in tutta la sua grazia  e anche Hermione, fustigandosi mentalmente, dovette ammettere che il bel aspetto di Marshal non le era del tutto indifferente.

 

Il sergente Eclitto entrò nell’aula e un sogghigno alquanto sadico gli comparve sulle labbra non appena sentì i distinti apprezzamenti di alcune delle ragazze.

 

Dispensando ordini agli allievi come farebbe un sergente con i suoi subalterni, fece accomodare tutti in modo che i ragazzi si disponessero in cinque file ordinate, mentre le ragazze formassero un gruppo amalgamato in un angolo.

 

“Ora attenzione” disse Marshal con un filo di voce che bastò ad imporre un silenzio tombale “Per combattere contro un nemico non bastano solo le arti magiche, esse sono le principali armi di difesa e di attacco, ma non le uniche. Ora noi ci alleneremo in un confronto corpo a corpo, ossia uno scontro fisico che non prevede alcun utilizzo della bacchetta.”

 

Molti ragazzi si scambiarono delle occhiate perplesse ma non osarono commentare a voce.

 

“Vedete” continuò Marshal sempre più divertito “Nell’addestramento per diventare Eclitti sono incluse anche prove per testare la resistenza fisica e l’attitudine alla lotta diretta, prove che io ho superato con il massimo dei voti – nel gruppo di ragazze si avvertirono dei lievi sospiri – e dunque” riprese Marshal con un ampio sogghigno “al Ministero è parso appropriato prepararvi come i migliori combattenti di cui disponga il nostro esercito magico, in altre parole gli Eclitti. Detto questo si comincia… tu rosso, vieni.”

 

Ron, che si era preparato mentalmente a delle possibili angherie di Marshal, avanzò verso il sergente con un misto di curiosità e agitazione che si trasformarono in ansia e disgusto quando osservò l’uomo sfilarsi la parte superiore del completo restando con una canottiera nera molto aderente; Marshal assunse una posizione da combattimento che Ron interpretò come un campanello dall’allarme. Altri sospiri, questa volta più marcati, si levarono dal gruppo di ragazze che osservavano con interesse la posa virile del sergente.

 

“Vediamo cosa sei capace di fare” sogghignò Marshal mentre avanzava di qualche passo verso Ron “Avrai già preso parte a qualche rissa alla babbana, anche se, a giudicare dal tuo fisico smunto, direi che non possiedi le doti per farlo.”

 

Alle parole del sergente, Ron portò i pugni serrati davanti al viso. Dopotutto quella lezione si sarebbe potuta rivelare la più soddisfacente della sua vita se solo fosse riuscito a mollare un sonoro manrovescio sulla faccia sprezzante di Marshal. L’unica cosa che lo preoccupava era l’evidente superiorità fisica di questo che, nonostante fosse più basso di lui di un paio di centimetri, in quanto a corporatura non aveva nulla da invidiare ad un culturista, sebbene non esagerasse nella possenza dei muscoli.

 

La gamba destra di Marshal scattò pericolosamente in avanti e Ron fu costretto a reagire violentemente, prese di mira la faccia del sergente e affondò un duro gancio sinistro. Il colpo venne prontamente bloccato dalla controffensiva di Marshal, che tratteneva senza troppo sforzo il pugno di Ron.

 

“Troppo debole.”

 

Marshal affondò le lunghe dita nella mano chiusa di Ron facendolo sussultare dal dolore e con la mano libera afferrò il braccio del ragazzo. Ron non si rese neanche conto di venire sollevato e scaraventato a terra, quando invece lo scricchiolio di ossa spezzate che proveniva dal braccio catturato lo fece fremere.

 

Hermione si fece spazio tra il gruppo di ragazze e osservò Ron stringersi il braccio inerte che penzolava al suolo formando un angolo innaturale.

 

Marshal sogghignò “In piedi senza fare storie; le ossa si possono aggiustare. Credi forse che ai tuoi nemici importi qualcosa delle tue ferite, non avranno alcuna pietà, anzi, ne approfitteranno per attaccarti, quindi: in piedi!” il sergente diede un colpo al costato di Ron per esortarlo a sollevarsi.

 

“La smetta, la smetta!” ripeté Hermione, irrefrenabile “Questo è abuso contro gli allievi. Potrebbero sbatterla ad Azkaban per quello che ha fatto!”

 

Marshal si volse sogghignante verso Hermione “In questo momento Azkaban è inagibile come prigione e ad ogni modo il ministro e preside Scrimgeour ritiene che gli allievi debbano essere pronti ad affrontare qualunque cosa e questo implica un addestramento molto severo.”

 

“C’è un’enorme differenza tra severità e violenza” sussurrò Hermione “Lei ora è il professore e il suo compito è proteggere i suoi allievi, non ferirli.”

 

“E’ quello che sto facendo” disse Marshal, d’un tratto serio “Non sarò sempre dietro di voi a coprirvi le spalle, dovete imparare a difendervi da soli ed è quello che sto cercando di insegnarvi.”

 

“Lei non sta insegnando niente, ci sta soltanto mostrando dell’inutile violenza” ribatté Hermione tenace.

 

Il viso di Marshal si contrasse in una smorfia adirata “E cosa credete di trovare là fuori? Siamo nel bel mezzo di una guerra sanguinosa: là fuori c’è solo violenza e voi dovete essere preparati ad affrontarla.”

 

“Sappiamo cosa c’è là fuori” disse Hermione “Sappiamo quanto possono essere violenti e crudeli i Mangiamorte e di cosa siano capaci.”

 

“Voi non sapete niente!” esclamò Marshal, quasi fuori controllo “Vi limitate ad elaborare le terribili notizie che leggete sui giornali: cadaveri, Inferus, Dissennatori e chissà quant’altro. Ma le immagini che create nelle vostre menti non sono neanche lontanamente realistiche: voi non conoscete il vero orrore della guerra, siete troppo innocenti. E se uscite da questa scuola innocenti finirete per farvi massacrare.”

 

“Ma non si ascolta quando parla?” proruppe Hermione “Sembra un fanatico, sta terrorizzando tutti. Non riuscirà mai a prepararci ad affrontare quello che c’è là fuori mettendoci tutta questa paura in corpo.”

 

“Voi dovete avere paura e reagire” ribatté Marshal, fremendo “Dovete sapere che in questo momento le vostre famiglie che si trovano a casa e si credono al sicuro potrebbero essere attaccate da un gruppo di Mangiamorte e venire uccise. Voi siete totalmente ignari e il mio compito è quello di aprirvi gli occhi: la guerra è sanguinosa e chi la combatte non conosce pietà; né per un ferito – e lanciò di sfuggita un’occhiata verso Ron – né per una ragazza – si avvicinò pericolosamente ad Hermione, serrando un pugno; la ragazza indietreggiò terrorizzata appena incrociò lo sguardo folle del sergente – e neanche per un bambino di tre anni.”

 

Hermione avvertì per un istante un’ombra di dolore attraversare gli occhi di Marshal.

 

“Nessuna pietà” ripeté il sergente prima di calare la mano chiusa contro lo stomaco di Hermione.

 

La ragazza si sentì morire il fiato in gola mentre si accasciava a terra, piegata in due dalle fitte all’addome. Riaperta la mano, Marshal sentì delle urla selvagge dietro di sé e voltandosi vide il ragazzo rosso che, nonostante il braccio rotto, aveva trovato la forza di avventarsi brutalmente contro di lui. Marshal fu scaraventato a terra e il rumore della sua testa che cozzava contro il pavimento di pietra si diffuse per la stanza. Hermione levò lo sguardo ancora dolorante e incontrò quello di Ron che tratteneva il sergente a terra; la ragazza osservò quasi ipnotizzata un rigagnolo rosso scorrere sul pavimento dalla testa dell’uomo.

 

Marshal sentì le forze scivolare lentamente via dal suo corpo; levò lo sguardo vitreo su Ron “Visto” disse con un filo di voce, prima di chiudere gli occhi “Ora sei pronto per affrontare il mondo là fuori se combatti così.”

 

Il silenzio regnò sovrano nell’Aula per qualche istante, mentre un paio di Eclitti misero le braccia del sergente sulle spalle e lo portarono in Infermeria da Madama Chips.

 

Ron era atterrito e al contempo ancora infuriato, ma non riusciva a muovere un muscolo. Fissava Hermione e lei ricambiava lo sguardo con gli occhi nocciola spalancati per lo stupore.

 

Davanti alla porta arrivò un Eclitto.

 

“Cosa ci fa una classe incustodita?” domandò tuonante. Prima che qualcuno potesse rispondere, l’uomo schioccò la lingua e li precedette: “Ditemi piuttosto dov’è il sergente.”

 

“Infermeria.”

 

L’Eclitto schioccò ancora la lingua, irritato. “Cazzo. E io che ne faccio di questo?!” disse indicando la sagoma di un ragazzo legato alla bacchetta dietro di lui.

 

“Se mi mollassi, invece di tenermi qui legato come un salame…!”

 

Ron ed Hermione si disincantarono e con occhi colmi di orrore gridarono: “Harry!”

 

*^*^*^*^*

 

Alla parola ‘Potiri rerum (*) il grande Gargoyle di pietra si spostò e apparvero davanti ad Harry le scale dell’ufficio del Preside. Il giovane prese un bel respiro, mentre poteva già sentire in gola un nodo che quasi lo strozzava.

 

Non fare l’idiota, Harry, si rimproverò mentalmente, sapevi benissimo che tornare ad Hogwarts voleva dire affrontare i ricordi legati a Silente.

 

Così arrivò alla porta di legno che conduceva nell’Ufficio del Preside, l’animo in tumulto, e bussò, sapendo che era attesa la sua venuta. Probabilmente, Scrimgeour si era preparato un discorsetto per cercare di rubargli informazioni; ciò lo rendeva un poco nervoso ed irritato.

 

“Entra pure, Harry” disse una voce decisamente femminile e che il ragazzo riconobbe subito.

 

Aprì la porta e la richiuse alle sue spalle, salendo i pochi gradini, mentre la professoressa McGranitt ricambiava il suo sguardo con gli occhi chiari affilati e seri, facendogli appena cenno di accomodarsi. “Buongiorno Potter” lo salutò incolore.

 

Harry si accomodò su una poltrona di pelle nera, osservando con sguardo obliquo i cambiamenti all’interno dell’Ufficio: ora la scrivania era ordinata e una serie di volumi erano accatastati sul lato sinistro, due poltrone verdi sostavano ai lati di quella che più che una sedia sembrava un trono sontuoso tanto era intagliato finemente; ogni traccia di Silente era sparita: l’asta su cui si rannicchiava Fanny, la fenice, i ritratti dei Presidi erano stati esposti lungo i corridoi e le pareti erano riempite di librerie e schedari in ordine alfabetico. Tutto troppo ordinato; ma rispecchiava la personalità calcolatrice e razionale del Ministro. Una delle poche cose che era rimasta intoccata era la teca dove era conservata la spada di Godric Grifondoro e anche il Cappello Parlante, che sembrava ormai inutile.

 

“Salve Professoressa” salutò Harry.

 

La vecchia professoressa si mise con la schiena ritta e il mento appoggiato elegantemente sul dorso delle mani. “Siamo qui per discutere del tuo inaccettabile ritardo, Potter” la voce era tagliente e colma di rimprovero “Avresti dovuto venire qui da subito. L’avevo scritto nella tua lettera d’ammissione.”

 

Harry non badò al tono con cui la sua insegnante si rivolgeva a lui. Non aveva bisogno di prediche, anche se probabilmente molti dell’Ordine della Fenice si erano scomodati in ricerche durante il lasso di tempo che aveva passato a casa di Kaus.

 

“Non l’ho letta” disse.

 

La McGranitt non batté ciglio. “Dovresti imparare a fingere meglio, Harry” disse, il tono ancora incolore ma con gli occhi scintillanti.

 

“Scusi” disse solo Harry e abbassò lo sguardo. “…verrò espulso dalla scuola?”

 

“Vuoi tornare davvero a scuola, Harry?”

 

Il ragazzo guardò un poco spiazzato la Professoressa “Per ora… è giusto così.” Spiegò semplicemente, guardandosi in giro. La McGranitt annuì, pensierosa.

 

“Capisco… ora dovrò trovare la punizione adatta Potter e, purtroppo, credo che dovremo espellerti.”

 

Harry inarcò un sopracciglio, confuso. “Mi scusi Professoressa ma… dov’è Scrimgeour?”

 

La donna si irrigidì appena. “Il Ministro si trova in viaggio in questo momento e io lo sto sostituendo in qualità di vice-preside.”

 

Harry inarcò un sopracciglio. “Perché mai Scrimgeour si è caricato anche della nomina di Preside?”

 

“Per il bene dei futuri cittadini inglesi, mi sembra ovvio.”

 

Harry rimase basito e in una frazione di secondo scattò in piedi e sbatté le mani sulla scrivania con un tonfo secco. “Non dica stupidaggini, Professoressa, lui non ha a cuore nessuno di noi!” esclamò, inorridito che una donna intelligente come Minerva McGranitt – che oltretutto era un membro dell’Ordine – potesse essersi lasciata abbindolare dalle parole di Scrimgeour.

 

“Siediti Potter” gli comandò freddamente, ma Harry rimase dov’era, caparbio. “Ti prego Potter, siediti. E stai più attento a ciò che dici.”

 

Dapprima Harry non capì, ma poi realizzò che quello era pur sempre l’ufficio del Ministro e che  probabilmente aveva fatto istallare centinaia di apparecchi di spionaggio. Così si risedette scusandosi per l’irruenza.

 

La McGranitt sorrise appena, tornando subito dopo seria. “Spero tu ti renda conto che non posso trascurare un fatto del genere, soprattutto dopo l’incidente del tuo secondo anno, ennesimo tuo ritardo, per non parlare degli altri…” Harry annuì mesto e la donna sospirò impercettibilmente. “Vado a consultare il Regolamento nel mio Ufficio e cercherò di trovare un modo per svincolare il Regolamento e fare in modo che tu frequenti Hogwarts.” disse e si alzò, mentre Harry la imitava. La donna stirò le labbra in un sorriso appena accennato. “No, tu rimani qui Potter. È meglio che il Ministro sappia dove sei.” Gli ordinò gentilmente sorpassando la scrivania.

 

Harry strinse i denti e i pugni. “Professoressa… perché non ha lottato per avere la carica di Preside?” La donna sobbalzò appena.

 

“Io… non posso, Harry. Non ce la farei. E poi, è meglio il signor Scrimgeour di me…” disse semplicemente.

 

“Non è vero e lei lo sa benissimo!” scoppiò il ragazzo “Sarebbe stato meglio se a guidare la scuola fosse stata lei!”

 

“Non dire sciocchezze, Potter” lo fulminò la professoressa e Harry deglutì pesantemente, soffocando un'altra protesta; la donna gli mise una mano sulla spalla e lo spinse dolcemente, ma con decisione risoluta, finché il ragazzo non fu seduto, serio e fremente ancora d’irritazione.

 

 “Sempre troppo sincero e giustiziere.” Harry alzò il volto e colse per un breve istante un sorriso sincero sulle labbra della Professoressa e un’occhiata che avrebbe potuto celare dell’affetto, ma repentinamente il volto della McGranitt ritornò serio e pragmatico. “Resta qui.”

 

Harry si limitò ad annuire.

 

Quando la porta dell’ufficio si richiuse con un tonfo, Harry si guardò intorno finche gli occhi smeraldini incontrarono la bacheca dei cimeli di Hogwarts. Beh, sorrise, non ha mai detto che non potevo girare per l’ufficio.

 

In un paio di falcate fu davanti alla vetrata e osservò la lama argentata e lucente e l’elsa tempestata di rubini della spada di Godric Grifondoro, il fondatore del suo ex-Casato.

 

Gli eredi dei fondatori… 

 

Un turbine di pensieri gli turbinavano per la testa, mentre congetturava su quei misteriosi eredi. La spada luccicò sotto il riflesso del sole, che ormai andava tramontando, basso, ma non ancora all’orizzonte.

 

D’un tratto, i ricordi di quando in quello stesso luogo, lui e Silente avevano parlato della sua somiglianza con Voldemort e della sua scelta di essere un Grifondoro si fecero spazio tra i suoi pensieri.

 

“Soltanto un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarla dal Cappello, Harry”

 

…come un vero Grifondoro, Harry aveva potuto prendere la spada…

 

“Harry Potter… non devi essere convinto che per forza un Erede deve appartenere alla Casa del suo avo Fondatore…”

 

Harry si voltò e con stupore vide il vecchio Cappello Parlante curvarsi e muovere le pieghe della stoffa, come munito di bocca. Inarcò un sopracciglio. “Mi è stato di grande aiuto” disse con ironia, avvicinandosi all’oggetto.

 

“Non essere sfrontato, ragazzo” lo rimproverò il Cappello, soggiungendo: “Io continuo a pensare che tu saresti stato meglio a Serpeverde.”

 

La fronte di Harry si corrugò. “E’ quello che mi ripeti ogni volta, Cappello” sospirò quasi.

 

“Ed è quello che continuerò a ripeterti” ribatté il Cappello “Dentro di te c’è una parte dello stesso Salazar Serpeverde, c’è un pezzetto di lui in te.”

 

“Lo so” rispose Harry col volto oscurato. “Ma è colpa della cicatrice che Voldemort mi ha lasciato il giorno in cui sono sopravvissuto all’Avada Kedavra; grazie a quella ho ereditato dei suoi poteri.”

 

“No” lo contraddisse il Cappello, lasciando Harry con un palmo di naso. “Non è solo quello. La cicatrice che tu porti è solo un tramite, ma dentro di te aleggia il vero Signore Oscuro.”

 

“Cosa…?”

 

“Harry Potter” Harry sobbalzò e si voltò verso la porta: davanti a lui stava un uomo robusto che gli sorrideva beffardamente, quasi ghignando. “mi erano giunte voci sulla tua singolare stranezza, ma sei arrivato al punto di parlare con un vecchio pezzo di stoffa senza più utilità… e saresti tu che dovresti salvarci?”

 

Harry soffocò una risposta tagliente tra i denti. “E lei chi è, signore?” domandò invece, cercando di mantenere la voce incolore.

 

L’uomo sogghignò appena. “Sergente maggiore John Marshal, comandante degli Eclitti.”

 

Era come lo aveva descritto Ron nei pochi minuti passati insieme prima di essere mandato dalla McGranitt: borioso, irritante e pieno di sé. Trasmetteva odio a pelle.

 

“Deve aspettare il Ministro?”

 

“Il Ministro e Preside Scrimgeour? Non essere ridicolo, ragazzo” lo beffeggiò Marshal “Se volessi contattarlo mi basterebbe recarmi da lui. No, sono qui per te.”

 

Harry lo guardò perplesso. “Per me? E per cosa, di grazia?”

 

L’Eclitto si limitò ad alzare le spalle con un sorriso amabile sulle labbra. “Solo per dirti che sei ammesso ad Hogwarts… e naturalmente niente escursioni, per te… soprattutto di carattere personale.”

 

Il messaggio era chiaro: volevano tenerlo d’occhio. Harry annuì semplicemente. “Posso andare?”

 

Il sergente sventolò una mano “Sì, certo. Sei stato ammesso in un gruppo, cerca Finnigan, sei con lui.” Harry aprì la porta, ma prima che potesse uscire un braccio di Marshal gli bloccò il passaggio. L’uomo sorrise. “Ci si congeda per educazione, signor Potter, anche se lei è la nostra star.”

 

Harry serrò i pugni. “Arrivederci, sergente Marshal.” Questi sogghignò ancora e lo lasciò passare. “Arrivederci, Potter.”

 

Harry prese a vagare per il corridoio come se gli ultimi istanti che aveva passato nell’ufficio della McGranitt fossero soltanto frutto della sua immaginazione o di un improbabile sogno. Le allusive parole del Cappello Parlante potevano forse significare che lui era…? Ma non osava pensarlo; era già fin troppo opprimente essere enfatizzato dalla bocca di tutti come il Prescelto destinato a sconfiggere Lord Voldemort e se poi si fosse venuto a sapere che lui era anche l’Erede di….. Persino pensarlo era fin troppo sconvolgente. Così si convinse di aver interpretato male le parole del Cappello.

 

D’un tratto Harry udì un rantolo strozzato e un tonfo. Rizzò la testa e vide Sibilla Cooman accasciata contro la parete con lo sguardo vacuo e le labbra tremanti.

 

Harry, in un attimo, si precipitò al fianco della donna e tentò di sostenerla per il braccio.

“Professoressa, cosa ci fa qui? Ma sta bene?”

 

La Cooman singhiozzò sonoramente e si issò con l’aiuto di Harry. Il ragazzo fissò interdetto il suo viso glabro e pallidamente febbrile.

 

“Un… un ultimo addio a questa… scuola” mugugnò con le mani tremanti ed incredibilmente sudate.

 

Harry cominciò a preoccuparsi seriamente “La porterò in infermeria. Si sostenga alla mia spalla.”

 

Il capo della donna si riversò sul suo petto e cominciò ad ansimare pesantemente, poi le uscì dalle labbra una voce dura e vibrante:

 

I tuoi dubbi, ragazzo – annaspò a fatica – ti domandi chi sei? Dentro di te giace l’eredità di sangue tramandata per secoli da uno dei mitici quattro che fondò la rocca incantata – crollò sul pavimento nonostante gli sforzi di Harry – la tua tra tutte è l’eredità più preziosa perché perpetuerà eternamente – Harry dimenticò per un istante la salute di Sbilla Cooman, completamente ipnotizzato dalle sue parole – ma due simili non possono esistere – la donna prese a tremare – uno rivendicherà il sangue dell’altro – Harry tentò di bloccare i suoi movimenti spasmodici; i suoi occhi verdi la supplicavano di continuare – tu puoi vincere, devi solo imparare a gestirlo – dalle labbra perlacee della Cooman emerse un rigagnolo di sangue viscoso; Harry era esasperato e levò un urlo disperato verso la presidenza: “Professoressa McGranitt! Venga qui ad aiutarmi; presto!” poi si rivolse febbricitante verso la donna quasi del tutto incosciente: “Cosa mi aiuterà a vincere?” – è ciò che lui non ha mai conosciuto che ti farà vincere – “Cos’è?” – Lo sai.”

 

Con un ultimo rantolo uno spruzzo di sangue le uscì dalla bocca. La Cooman si accasciò inerte tra le braccia di Harry.

 

“Potter!”

 

Harry si voltò e vide la Professoressa McGranitt accorrere accompagnata da due Eclitti stranamente preoccupati.

 

La vice-preside si lasciò sfuggire un gemito di stupore: “Portatela in infermeria, è ancora viva!”

 

Gli Eclitti sollevarono la Cooman e corsero lungo il corridoio in direzione dell’infermeria poco distante.

 

“Potter” tuonò la McGranitt risistemandosi gli occhialini scomposti sul naso e additando Harry “Cos’è successo?”

 

“La professoressa Cooman” rispose Harry con voce incolore “credo che abbia pronunciato una Profezia.”

 

Il viso della vice-preside si scurì di colpo “Ora è chiaro. Probabilmente quella che hai appena udito sarà la sua ultima Profezia.”

 

“Vuole dire che morirà?” strepitò Harry.

 

“Non lo so, Potter. Ma sappi che anche se ce la facesse dovrà abbandonare per sempre Divinazione. Fare una profezia, come hai appena compreso, è estremamente debilitante per il Profeta e in alcuni casi può condurre persino alla morte. Spero solo che ciò che ti abbia detto la Professoressa Cooman giustifichi il suo sacrificio.”

 

“Sì” bisbigliò Harry “Lo giustifica.”

 

 

Dopo essersi accertato del ricovero della Professoressa Cooman, il Bambino-Sopravvissuto prese a camminare velocemente verso la Sala Grande, dove sperava di trovare Ron per poter sfogare la propria frustrazione: aveva una gran voglia di urlare, prendere il muro a calci e lasciarsi andare stanco contro la parete, la mente piena di ricordi e di nuove informazioni che quasi gli stava scoppiando. In quel momento, ciò di cui aveva bisogno era un amico che lo aiutasse. E Ron era bravo a sopportarlo.

 

Camminava talmente in fretta che non si accorse di essere arrivato vicino alle Clessidre che una volta segnavano i punti delle quattro Case di Hogwarts, fu solo una voce a farlo fermare improvvisamente.

 

“Ragazzo, ma dove sei?! È da un bel po’ che cerco di contattarti!”

 

Kaus?

 

“E chi altri?” sentì R.A.B. sbuffare sonoramente, quasi stanco. “Dove ti trovi ora, ordunque?”

 

Ehm… Hogwarts.

 

“Ma sei stupido? Oh, domanda retorica” disse sarcasticamente il maestro “Vieni qui da me immediatamente! Devo parlarti.” C’era una nota d’urgenza nella sua voce.

 

Ma… la tua casa è distrutta…

 

Kaus sospirò ancora. “Mai sentito parlare di Passaggi Temporali e Canali di Fuga? Eppure ero convinto di averteli citati, una volta. Bah, con te devo sempre diventare un libretto delle istruzioni.” Harry stava per rispondere a tono ma Lyons Kaus non gliene diede il tempo “Torna a casa mia e portati nel punto dove sei giunto da me la prima volta. Vedrai che la mia parete dimensionale che funge da ologramma ti lascerà passare… fai presto!” e se ne andò dalla sua mente.

 

Harry uscì dal castello e recuperò da un cespuglio il Mantello dell’Invisibilità che si era ricordato di portare. Gli sarebbe stato utile per illudere la sorveglianza di Auror ed Eclitti. Non voleva di certo incontrare ancora Marshal. Avrebbe contattato gli altri più tardi con la moneta.

 

*

 

Harry prese un bel respiro profondo e avvolse se stesso nel Mantello di suo padre, camminando speditamente verso il Platano Picchiatore, dove aveva nascosto la sua Firebolt prima di essere catturato dall’Eclitto.

 

Troppe cose erano cambiate nella cara vecchia Hogwarts, ma non era certo per questo che se ne doveva andare: lui aveva uno scopo da raggiungere, ed ora aveva anche una serie di valide motivazioni per cui adempiere alla Profezia. Era deciso e, per il momento, l’unico modo per mandare avanti la sua ricerca degli Horcruxes e di apprendere qualcosa di utile da poter usare contro Voldemort era andare da R.A.B., anche se di questo non era molto felice.

 

Nonostante avesse imparato a sopportarlo, nonostante gli avesse dato prova di voler veramente combattere Voldemort, qualcosa in lui non lo convinceva e il suo istinto gli urlava di non fidarsi ciecamente di quell’enigmatico uomo.

 

Attento a non destare le attenzioni degli Auror posizionati vicino alla Foresta Proibita per ordine degli Eclitti e del Ministro, Harry scivolò per il sottobosco, cercando di utilizzare gli ultimi raggi solari per orientarsi, sperando di raggiungere il Platano prima di notte perché, sebbene le tenebre potessero aiutarlo a scappare da Hogwarts, non potevano aiutarlo a muoversi bene attraverso i fitti sottoboschi vicino al lago. E lui non voleva capitare nelle mani di un inserviente del Ministro per poi rincontrare quello spregevole Capitano degli Eclitti.

 

Con sollievo scorse la casa e stava per mettersi a correre quando qualcosa cominciò ad illuminarsi e a far tremare lui e il Mantello dell’Invisibilità.

 

“Per Merlino!” gli scappò dalle labbra e si tuffò tra i cespugli cercando nelle tasche dei jeans ciò che per poco non rovinava la sua fuga ed ecco gli capitò in mano la moneta che Hermione gli aveva consegnato.

 

Questa smise di luccicare e di vibrare e un fascio di luce partì da questa mostrando la faccia di Hermione in 3D cogli occhi che brillavano eccitati.

 

“Hermione!” cominciò Harry fissandola stranito e irritato. “Che diavolo…?”

 

“Harry! Harry!” cominciò l’amica concitata, battendosi le mani davanti alla faccia, quasi ridendo.”Ce l’ho fatta! L’ho trovato! Lo sapevo io che quelle parole mi erano famigliari, anzi, proprio non capisco come ho fatto a dimenticarmi di quel passaggio… è sempre stato uno dei più affascinanti del volume, per quanto macabro …”

 

Harry, come da logica, non capì niente di quello che diceva la ragazza. “Ti spiacerebbe essere più chiara?” la interruppe, acquattandosi nel suo angolino e lanciando un’occhiata dietro di sè. Nessuno, perfetto.

 

“Oh scusa” Hermione inarcò un sopracciglio “Perché bisbigli?”

 

“Oh” Harry stette un poco in silenzio prima di rispondere “Beh, stavo per tornare da R.A.B…”

 

Hermione scattò come una molla. “Senza dirci niente?!” Fu la volta di Harry di scusarsi “Vi avrei chiamato più tardi, volevo approfittare della notte” le spiegò e Hermione parve accontentarsi di quello perché ricominciò a sproloquiare.

 

“Harry oggi sono andata in biblioteca, dato che avevo finito tutti i compiti…” Harry le lanciò un’occhiata ironica ed Hermione sbuffò “No comment. Basta già Ron che rompe le scatole, non ti ci mettere anche tu!”

 

“Sto zitto.” Sorrise.

 

“Ecco, bravo” disse lei “Comunque non era di questo che volevo parlarti. Ecco, ho sempre avuto la sensazione di aver già letto da qualche parte la minaccia che ti ha rivolto quella Mangiamorte…”

 

“Vuoi dire che peccano di originalità?”

 

Hermione non rise alla battuta di Harry, ma, anzi, lo guardò acidamente.

 

“Scherzavo. Ti ascolto.” La invitò Harry, concentrandosi. Se Hermione era così euforica, doveva essere parecchio importante.

 

“Ho trovato il libro e la frase è identica! Si tratta di ‘Leggende di Hogwarts’―”

 

Harry alzò le sopracciglia. “Esiste un libro del genere?”

 

“Era uno dei libri consigliato da Rüf  per il terzo anno, e se tu e Ron non aveste passato l’estate a scartare Cioccorane e a rinviare i Compiti delle vacanze lo avreste presente anche voi e―”

 

“Ok Hermione, messaggio ricevuto” la bloccò ancora Harry, decisamente interessato più all’informazione misteriosa che alle ramanzine della ragazza “Arriva al punto Hermione. Cosa centra quella minaccia?”

 

Hermione annuì. “Ecco è un libro che tratta essenzialmente le leggende del castello e gli episodi più strani e misteriosi della scuola. La cosa curiosa è che nel mezzo della narrazione della leggenda dello scontro tra Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde (raccontata tra l’altro come una specie di poema epico, veramente interessantissimo)” Harry scosse la testa esasperato “quando i due abbandonarono il campo di battaglia per una tregua, dato che erano entrambi feriti, Godric si rifugiò insieme alle altre due Fondatrici nel castello mentre Salazar si recò nel―”

 

“Che c’entra adesso?”

 

“Harry vuoi tapparti per un secondo quella boccaccia?!” sbottò Hermione. Harry si zittì e si limitò a fare un cenno col capo. “Ecco, dicevo? Ah già, Salazar Serpeverde si rifugiò in un campo di zucche  dove si racconta che si lasciò curare dagli spiriti che qui abitavano.”

 

“Non ho mai sentito parlare di un combattimento tra Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde.” Commentò Harry.

 

“Te l’ho detto, è una leggenda, non sono certa se sia realtà o meno… ma non è questo il punto! Dicevo: alla fine di questa leggenda su una guerra tra i Fondatori in cui morì Rowena Corvonero si scopre che la storia è raccontata da un certo Maxwell il quale viene pregato da un mago a noi sconosciuto di non tramandare la storia… e sai cosa gli dice Harry?” Hermione non gli diede il tempo di rispondere: “ ’Stai attento a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre.’ E poi questo mago scompare. Harry, sono le stesse identiche parole, vero?”

 

Harry annuì, sconcertato, cercando di assimilare la notizia.

 

“Ma non è finita!” aggiunse Hermione squillante “Sai dove viene raccontato l’intero episodio? Nel vecchio campo delle zucche.”

 

“Qui non c’è un campo delle zucche, Hermione.” Gli fece notare Harry e la ragazza sembrò illuminarsi.

 

“Lo so, ho fatto una piccola ricerca e… ta-dam! Ho scoperto che il campo di zucche fu trasformato nel Cimitero di Hogwarts.”

 

Harry sbarrò gli occhi. “Un cimitero?! Ad Hogwarts?!”

 

Hermione annuì vigorosamente. “Esatto, ma… Harry… secondo te perché un Mangiamorte dovrebbe indicarci il Cimitero di Hogwarts a cui è collegata questa leggenda?”

 

Harry scosse la testa. “Non lo so” disse.  “Non lo so.”

 

Che fosse una traditrice o una trappola?

 

 

E adesso… doveva andare da R.A.B. e chiedere consiglio, o andare ad indagare nel Cimitero sconosciuto di Hogwarts?

 

 

*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*

 

 

(*) = Per chi non lo sapesse, l’espressione ‘Potiri Rerum’ in latino equivarrebbe a ‘prendere il potere assoluto’, o annessi.

 

 

…eh eh… vi lasciamo nel dubbio! ^____^ Che farà il nostro Harry ora? Beh, se volete capirlo andata più in basso nella anticipazioni e preparatevi per il nuovo capitolo di “Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori”!! ^o^

Il ritardo è colpa nostra che ci siamo godute in pieno ozio le vacanze… ma d’altronde è piuttosto lunghetto, no? (notiamo: più di 50 pagine di Word!!) Crediamo di essere *ehm* ‘perdonabili’! ^^

La parte con il messaggio esplosivo ha fatto ridere Samy per una buona dose di minuti, questa trovata di Kaho è stata abilmente copiata dai fantastici cartoni del Dottor Gadget (presente? ^^), quel fantastico uomo che noi tutte adoriamo… (Adesso non esageriamo! NdSamy Eddai, è un gallo quell’uomo, un idolo delle folle! Hop-hop gadget ombrello! ^o^ ndKaho Oh cielo! Con un’invasata, ho a che fare con un’invasata! XD ndSamy).

E poi abbiamo lasciato un po’ di spazio alle coppiette principali… yeah! -________^ Sinceramente c’è un po’ troppo caramello, ma quando prende l’ispirazione non si può arrestare le valanghe di zucchero!! XD Saranno i dolci di Natale a fare questo effetto! XDD

Eeeeeh… continuiamo a inventare personaggi! XD Prima amico Albert, poi adesso anche Marshal (un personaggio importante, e con un certo fascino, dobbiamo ammetterlo! U.U). capitano degli Eclitti… ma messo al tappeto da Ron! XD Eh, Hermione non si tocca e non si insulta se no il nostro caro Weasley ti prende a cazzotti, capito! XD 

 

Ma ora… veniamo a noi! XD

 

Indizi sulla Trilogia

 

-         I Talenti torneranno nel passato per eliminare la fonte che nel futuro distruggerà il mondo;

-         Prima della partenza dei Talenti uno del Magico Trio morirà;

-         Uno dei Talenti è la figlia di John Marshal;

-         Uno dei Talenti è un assassino;

-         Le rivelazioni che farà R.A.B. nel prossimo capitolo saranno di fondamentale importanza per capire la trama dell’ultima parte della Trilogia;

-         Uno dei Talenti è un autentico genio (vi lasciamo immaginare di chi sarà figlio ^_^);

-         Alcuni dei Talenti hanno avuto delle infanzie travagliate.

-         Dopo aver letto l’Inferno di Dante ci sono balenate in testa delle idee molto macabre (mhh… *_*)

 

Coppia del capitolo: Harry Potter&Ginny Weasley

 

Chi avrebbe detto che la timida Ginny Weasley, cotta persa durante i primi anni di Hogwarts di Harry, Sarebbe riuscita ad accalappiarsi il Ragazzo Sopravvissuto? -___^ Eppure, in HBP, la Rowling ci ha sorpreso con quei ‘qualcosa allo stomaco’ tipici dell’Harry innamorato rivolti proprio all’unica femmina dei Weasley! ^^ Decisamente Harry ha capito che Ginny è cresciuta, ed è lei, con la sua disarmante sincerità e il suo carattere peperino, quella giusta per sostenerlo con amore nella sua vita per niente facile, lei che può rasserenarlo quando tutto gli sembra più scuro… peccato che, come sempre, Potter tenda a colpevolizzarsi e ad allontanare le persone che invece dovrebbe tenere accanto a sè… e così si è dis-fidanzato dalla rossa, quando il suo cuore batte ancora per lei… ma Ginny non è tipa da arrendersi, soprattutto quando Harry si è accorto di lei dopo millenni. Non se lo farà scappare, state sicure, ma non si lascerà neanche prendere in giro! Semplicemente lo legherà a sè in maniera che non possa più scappare… ^^ E in questo capitolo si vede, no? -____^ Grande Ginny! Sei riuscita ad incastrare un ragazzo complicatissimo! XDD

 

Risposta ai commenti (Mamma… che soddisfazioni!! ^___________^)

 

EDVIGE86:  Ma ciauz carissima! ^^ Grazie moltissime per i complimenti, davvero, non ce li meritiamo! (parla per te! chi è che si scervella per incasinare sempre più la storia?! NdSamy Ma… ma… Samy un po’ di modestia… no, anzi, te li meriti tutti! ndKaho Grazie! ^^ ndSamy). Personalmente anche noi ce la ridiamo sempre con Kaus, è un mito! *__* Anche noi adoriamo Ron (mai come Draco… ndSamy Ma parla per te! e poi tu non lo adori Draco, lo ami… come personaggio… ndKaho Certo! NdSamy), e siamo felici che ti sia piaciuto nel suo combattimento! È bello di tanto in tanto vedere le varie prospettive, e così abbiamo voluto dare a Ronnie caro il suo posticino… ^.^ Lui ed Hermione, beh, sono mitici! *_____* Il rapporto Draco e Lucius è stato un difficile parto, soprattutto per Samy che voleva rendere nel modo più naturale il loro incontro… e grazie all’aiuto ed il sostegno di Kaho (ma non è vero! ndSamy E chi ti ascolta mentre blateri di lui?! NdKaho), l’ha descritto così… in effetti, Malfoy Junior fa un po’ di pena… Grazie ancora e speriamo di trovarti ancora tra le recensitrici! **^_____________^** Bacioni! K&S

Saty: *momento di profonda commozione* Ooh, grazie! Grazie, grazie! Ci scusiamo per il ritardo, ma, come sempre, impegni non ci hanno permesso di finire prima il chap… ma siamo felici di vedere con che affiatamento aspetti gli aggiornamenti, vuol dire che la storia ti sta prendendo! E quale soddisfazione migliore per due autrici?! -________^ Davvero odi RAB? O.o Eppure noi lo troviamo così simpatico… beh, in realtà ci divertiamo a torturare Harry! *sorrisetto sadico* Mi sa che te lo dovrai sorbire ancora un poco ‘sto Kaus! ^^ Draco rimane un ragazzo glaciale, anche se naturalmente tendiamo a giustificare il suo comportamento, data l’infanzia e la sua nuova… ehm… ‘professione’? ^____^ Comunque, bastardello di natura lo è già… per quanto riguarda Ron pensiamo che sia uno dei personaggi più simpa che mamma Rowl abbia partorito (e voi lettrici lo amate alla follia! ^^), Ginny è un peperino, anche perché deve vivacizzare quel povero Harry, altrimenti ci rimane insipido! -____^ Hermione non ha paura del contatto fisico con Ron, devi comprenderla… piuttosto è esasperata da questo tira-e-molla con il rosso, di questi litigi vuoti e stupidi dietro cui si nascondono sempre… comprensibile, se pensi che è da quasi quattro anni che quei due si rincorrono… ma prima o poi… ^___^ ihihihih… **^__________^** Harry non avremmo potuto descriverlo meglio: citandoti,Harry è un mistero, nel senso che è sempre in una dimensione diversa e capire che caspita sta producendo il suo cervello è un terno al lotto…” Perfetta definizione Saty! ^_____^ Al prossimo capitolo, sperando che ti sia piaciuto anche questo! -________^ Baci K&S

Siangel187: Grazie mille per i complimenti Siangel! ^_____^ E bravissima! -____^ Sei l’unica che si è chiesta: ma chi è questo Albatros che ha il nome di un uccello?! (Kaho… ti prego… ndSamy Eddai lovina non vedi come ci stava a pennello la parola ‘uccello’? ^___^ NdKaho Senza doppi-sensi, vero? ¬__¬ ndSamy Glup… dai, tanto lo so che l’hai pensato anche tu! >\< ndKaho   -__-) Eh eh… che autrici sadiche saremmo se te lo svelassimo??! ^______^ Tranqui, tra non molto si parlerà anche di lui… Samy diciamo che è un personaggio ambiguo… e sì, c’entra con la terza parte della Trilogy, ma con le associazioni segrete… beh, quello… è un segreto! ^________^ RAB noi lo adoriamo, e vediamo che piace, quindi siamo onorate che sia gradito alle lettrici, nonostante il suo linguaggio altolocato… -_________^ è un gallo! ^^ Le scene Ron Hermione non finiscono qui, ma non ti aspettare di vedere solo quelle (anche se tendiamo a metterne a bizzeffe… eeeh… se piacciono piacciono…!), d’altronde è la nostra versione di HP7, e dobbiamo occuparci di svelare tutti i misteri… ihihihAl prox chap! **^______________^** Kiss K&S

Tsukino: Benvenuta nel magico mondo di Past Legacy cara Tsukino! -________^ grazie infinite per i complimenti… e complimenti anche a te, perché leggersi d’un fiato il mattone di cose che abbiamo scritto… mica noccioline, tra le 30 pagine (circa) di ogni capitolo! Grandissima! *___* RAB è il nostro mito, quasi una figura onnipotente, eh? -______^ Ci ridiamo sopra anche noi sulla stupidità in qualche occasione di Harry… però dai, in fondo non è così male… solo un po’ ingenuo in certe occasioni… soprattutto con le donne… per fortuna abbiamo Ginny che lo aiuta a capirle, le cose! XD Hermione insofferente? Lo saresti anche tu se il ragazzo che ti piace non perdesse occasione di litigare per ogni cosa e voi due non riusciste a dichiararvi per orgoglio! Povera, ci voleva un po’ di sclero anche per lei! -_______^ Speriamo che ti sia piaciuto il capitolo… e aspettiamo il tuo prossimo commento! ^^ Kissoni  K&S

Killer:  Noi ci proviamo a tentare un possibile settimo libro… certo, non vediamo l’ora di leggere quello vero di mamma Rowl, anche se ormai vediamo le cose solo dalla nostra prospettiva! -_____^ Grazie mille per i complimenti, sei stata trooooppo gentile! ^^ Speriamo di trovarti anche nel prossimo chappy…! ^_____^ Baci K&S

rupertmania: Ehi super-fan di Ronnie! -______^ Innamorata della fic?? Rowling?? Ma grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie!! Troppo gentile, così ci fai arrossire!! ^\\^ Le coppie sono quelle che ci piacciono di più, e RonHermione una delle più belle, se non la migliore… ma no, a noi piacciono tutte, cerchiamo di non fare favoritismi! -____^ Felici che ti sia piaciuto il combattimento RonDraco… era ora che il nostro ragazzo coi capelli rossi preferito ci mostrasse di che pasta è fatto!! -____^ Speriamo di non averti fatto aspettare troppo… ^^’’’ *Kaho e Samy tossicchiano* Ehm… Un grazie ancora. Un bacio. K&S

SiriusTheBest: Oh darling, how are you? ^____^ Non ti preoccupare, lo sappiamo che sei occupato anche tu a scrivere una storia, l’importante è che alla fine ci si ritrovi qui! XD Eh eh… Thanks a lot, come sempre, per i complimenti che ci fai (e naturalmente del fatto che ti piace come stanno venendo su Ron e Hermione… sembra che piaccia collettivamente il loro rapporto! Che bellezza! ^.^ Un po’ di sono smossi, ma non del tutto… tanto alla fine sappiamo come finiscono quei due! Ops, lo sappiamo solo noi! XDD)! ^____^ Ma tu guarda, abbiamo scoperto che si nasconde un fumatore tra i nostri recensori, e così sei tu a dare il cattivo esempio ad Harry, eh? XD Per adesso nella nostra storia non c’è nessun fumatore, ma (attento: spoiler che concediamo solo ed esclusivamente a te! -___^) nella seconda parte ci saranno dei grandissimi fumatori (non si dice di cosa! XD)… anche perché, siamo obbiettive, è un viziaccio che si va diffondendo… touchè! ^^ Samy è allergica e Kaho ha una brutta esperienza con il papà fumatore (no, tranqui, non l’hanno picchiata, nè la demenza è a causa del fumo, è diventata scema da sola! -_____^ ndSamy Ehi! >.< NdKaho), quindi noi siamo per il No-Smoke… Libertà di azioni e pensiero… ^___^ Non sappiamo bene cosa centri il discorso, comunque… grazie! ^_________^ Kiss kiss, alla prox! K&S

 

WARNING: Nel prossimo Capitolo…

 

Titolo: “Anima e Spirito

 

Confuso dalla profezia della Cooman e dalle parole del Cappello Parlante, Harry torna dall’unico mago che possa svelargli la realtà: Lyons Kaus, l’uomo di cui il ragazzo si fida minormente. Harry pretenderà di conoscere la vera identità dell’uomo: perché lo chiamano R.A.B.? Cosa nasconde il mago che sembra sapere ogni cosa? Finalmente R.A.B. chiarirà ad Harry il mistero degli Horcruxes, rivelandogli in parte i più importanti segreti della natura degli esseri viventi, nonché un accenno di mistero sulla sua vera vocazione: “Tu ed io, Harry, abbiamo qualcosa che possiede anche lui; ma è un’impronta la nostra mentre la sua è l’eredità tramandatagli dall’inizio del mondo. Non tentare di trovare una logica nelle mie parole, solo sappi che per sconfiggere del tutto il male dovrai estirpare anche ciò che è dentro di noi. Forse tu e Riddle siete più simili di quanto crediate.” Nel frattempo si apprendono più notizie sul misterioso prigioniero di Lord Voldemort, il Profeta, colui che conosce le sorti immutabili della guerra. Il Signore Oscuro, forse preoccupato dalle parole del Profeta, convoca una seduta speciale di Mangiamorte al Covo Oscuro e organizza i preparativi per l’attacco a Hogwarts; Greyback sogghigna: “Domani ci sarà la luna piena.” Intanto, nell’ombra, qualcuno si muove: “Così tutto sta seguendo il suo corso.” “Il copione procede e alla fine della guerra avremo la Matrice Originaria.”

 

N.B.: Per il prossimo capitolo serve una preparazione psicologica notevole, soprattutto per i discorsi di R.A.B.

 

 

Tanti auguri (in ritardissimissimissimo), a chi recensisce e a chi no! E buon 2007… l’anno giusto per pubblicare Harry Potter 7, no?! -___^

Preparatevi per il nono chappy! -___^

 

Un bacio e un abbraccio…

 

 

 

Kaho e Samy

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Anima e Spirito ***


CAPITOLO 9 – “ANIMA E SPIRITO

Capitolo 9 – “Anima e Spirito”

 

 

Il Cimitero di Hogwarts

[Idolo Profano]

 

 

Quel luogo cupo non sembrava far parte dei territori di Hogwarts: era grondante di nebbia e aria stantia, le lapidi si ergevano a macchia d’olio sul terreno soffocato dalle erbacce. Harry aveva marciato fino a raggiungere i confini della scuola, oltre il Platano Picchiatore e parzialmente inoltrato nella Foresta Oscura si trovava il luogo della leggenda: il misterioso Cimitero di Hogwarts. Senza curarsi minimamente delle guardie poste a proteggere i confini della scuola, il giovane Potter aveva vagato alla cieca nella nebbia, solo guidato dall’istinto e dalla voce interiore che indirizzava i suoi passi verso una meta a lui ignota; ogni volta che compariva quella voce la cicatrice gli doleva terribilmente, quasi come se Lord Voldemort fosse dietro l’angolo, pronto ad attaccarlo.

 

Le parole pronunciate dalla Mangiamorte erano incise sulla pietra, posta all’entrata del cimitero e sopra la quale era poggiata una statua.

 

Harry si mise a fissare, quasi ipnotizzato, l’imponente statua che si ergeva all’entrata del Cimitero di Hogwarts: aveva una luminescenza quasi lunare nella folta foschia di nebbia, la sua forma rispecchiava quella di un uomo adulto di incredibili dimensioni, le mani dalle unghie prominenti erano giunte quasi in segno di supplica, la gamba sinistra era piegata e l’intero corpo, a partire dalla lunga coda a frusta fino al capo dal muso rettilesco chino, formava un arco ricurvo su se stesso, quasi implorante. Era una sorta di anello di congiunzione tra un uomo e un drago, forse una statua profana o l’allegoria del mietitore di anime messo a guardia delle tombe dei più illustri personaggi della storia di Hogwarts, a partire dai quattro fondatori, di cui la gigantesca lapide occupava il centro del cimitero.

 

Harry sentì risuonare il suo sussultò per l’aria grigia quando scorse il profilo di una tomba candida dall’aria terribilmente famigliare; dunque il Ministero era arrivato a questo? Profanare la tomba di Albus Silente condannandola a restare in un luogo del genere.

 

Harry si fece avanti, ma non appena varcò le colonne che disegnavano l’entrata del cimitero, udì un forte grido, quasi non umano. Realizzò dopo poco che l’urlo era sfuggito dalle sue stesse labbra; la cicatrice pulsava come non era mai accaduto in vita sua, non era solo un allucinante dolore fisico. Il cuore cominciò a contrarsi nel suo petto e la gola gli si serrò, il dolore dell’animo era ben più acuto di quello della cicatrice. Era come precipitare in un’infinità di ricordi mostruosi e orripilanti che lo condannavano man mano ad una terribile solitudine, tuttavia Harry percepì una vaga lontananza da quelle memorie, come se non facessero parte di lui; la voce che lo aveva condotto fino a lì era dunque un’estranea, ma non era Lord Voldemort, né tanto meno Lyons Kaus, era qualcosa di profondamente diverso, qualcuno o qualcosa che andava al di là della concezione umana.

 

Harry fissò stordito la statua del drago-uomo, avvertendo un singolare conforto nella sua immagine, come se quel muso divaricato che mostrava temibili fauci acuminate fosse il viso solare e distante della propria madre.

 

Harry prese ad ansimare pesantemente e ritrasse di scatto la gamba che aveva oltrepassato i confini del cimitero. Lanciò di sfuggita uno sguardo malinconico alla Tomba Bianca. Riprese la Firebolt che aveva appoggiato poco lontano da lì e prima di decollare, fissò per interminabili secondi il muso chino del drago; il cuore di Harry Potter si serrò di dolore.

 

*^*^*^*^*^

 

Da Settembre a Dicembre

[Routine]

 

 

Ginny tentava di rilassarsi nel caldo tepore del suo letto per quanto fosse possibile con Pansy Parkinson mugugnante a pochi metri di distanza. Nascosta sotto le coperte guardò  l’orologio a polso: 7.14. Si levò il pesante copertone di lana dal viso e stiracchiò le braccia.

 

Preferiva svegliarsi con le proprie forze piuttosto che essere bruscamente strattonata fuori dal letto da qualche Eclitto impertinente. Il discorso sull’ennesima regola di sicurezza che aveva tenuto Scrimegeour il giorno prima era stato di singolare stoltezza:

 

“Per garantire una piena gestione degli studenti, naturalmente per provvedere alla vostra sicurezza, è stato imposto un orario fisso da rispettare rigorosamente. Chi ritarderà nel seguire la tabella di marcia della giornata, dovrà subire una detenzione di un giorno.”

 

Ginny si era ritrovata a pensare che dopotutto non c’era molta differenza tra l’eseguire a bacchetta gli ordini di Scrimgeour e restare un giorno confinata in una stanza sorvegliata da Eclitti: la libertà decisionale era praticamente la stessa.

 

“Sveglia!”

 

L’urlo dell’Eclitto mattiniero era giunto in perfetta sincronia con il ticchettio dell’orologio di Ginny che scandiva le 7.15.

 

Ginny si alzò dal letto e precipitò nel bagno per prendersi un attimo di respiro. Aveva esattamente un quarto d’ora di tempo per cambiarsi, lavarsi e scendere nella Sala di Raccolta dei Dormitori, oppure un Eclitto mattiniero (così si chiamavano quelli incaricati della sveglia e della colazione) sarebbe irrotto nella stanza infischiandosene della privacy di giovani ragazze e avrebbe trascinato i residenti della stanza fino in Sala Grande anche in mutande. Ginny ne era così certa perché era capitato; un ragazzo, che lei credeva fosse di Tassorosso, era stato costretto a consumare la colazione con nient’altro che i suoi boxer grigi sotto lo sguardo attonito dei suoi compagni di tavolo e quello sogghignante del sergente Marshal che, per marcare ulteriormente l’umiliazione come soltanto lui sapeva fare, aveva esordito con un’affermazione spensierata:

 

“Questo per farvi capire che non si tollerano ritardi. Anche le signorine, notoriamente famose per le loro estenuanti preparazioni trucco e vestiario, faranno meglio a scordarsi di ingioiellarsi la mattina se non vogliono essere trascinate in Sala Grande in mutande e reggiseno… e tu ragazzo – aveva soggiunto guardando con disgusto l’ex-Tassorosso in boxer – è il caso che ti faccia sgobbare di più durante le mie lezioni di Autodifesa Ministeriale, hai del tale flaccidume sulle gambe che solo a guardarle mi sale un brivido lungo la schiena.”

 

Un ragazzo del sesto, forse Serpeverde, aveva osato sogghignare alla battuta di Marshal che, con due occhi più fulminei di quelli di un falco, lo aveva individuato in mezzo alla moltitudine di tavoli e costretto ad alzarsi. Era già ovvio che il sergente stava macchinando qualcosa di perfido e così l’ex-Serpeverde aveva preferito prevenire qualsiasi attacco fisico o psicologico.

 

“L’avverto, anche se è un sergente Eclitto, io appartengo ad un’importante famiglia e se osa farmi qualcosa ne dovrà rispondere a…” il ragazzo si era bloccato di colpo, mordendosi la lingua.

 

Marshal, con aria gongolante, si era atteggiato in una falsa riflessione “Dunque, se non sbaglio la tua famiglia ha il diritto di sporgere denuncia contro di me, ma della mia eventuale punizione se ne dovrà occupare il dipartimento Giustizia del Ministero della Magia, non è così? Allora… è il caso di evitare noiosi rigiri burocratici e di comunicare il tuo dissenso direttamente al preside e ministro Scrimgeour.”

 

Marshal lo aveva invitato ad accomodarsi accanto al tavolo degli insegnanti dove capeggiava Rufus Scrimgeour.

 

L’ex-Serpeverde, più pallido di un fantasma, si era riseduto bruscamente sulla sedia con gli occhi che gli tremavano: per un appartenente alla sua casa era sempre difficile ingoiare l’orgoglio e lasciarsi umiliare pubblicamente.

 

Scrimgeour era restato impassibile per tutto il tempo rigirando la sua zuppa di avena tra l’indignazione generale dei professori che, però, aveva deciso di non intervenire. Minerva McGranitt aveva fissato il preside con un’espressione di marmo mentre attorcigliava il tovagliolo tra le mani vecchie e agitate.

 

Dopo quell’episodio a tutti era parso ovvio lo strapotere di cui era investito Marshal e il Ministro stesso: Hogwarts era diventata la roccaforte di Scrimgeour e gli studenti delle pedine spaventate e dalle menti facilmente influenzabili; alcuni sospettavano persino che Scrimgeour intendesse farne dei soldati per riempire le future schiere di Eclitti e, in effetti, questa ipotesi spiegava l’enorme preferenza che si concedeva alla lezione di Autodifesa Ministeriale che occupava con tre ore minime ogni giorno il tabellone degli orari scolastici.

 

Ginny si gettò in faccia una cospicua dose di acqua ghiacciata sperando di darsi animo per quell’ennesima giornata sotto il torchio degli Eclitti. Inoltre alla terza ora della mattinata l’orario delle lezioni indicava Autodifesa Ministeriale, il che significava John Marshal che a sua volta era il garante di guai e sofferenze assicurati.

 

Alla porta del bagno si precipitò anche Pansy Parkinson che, dall’altra parte, mancava poco che imprecasse sguaiatamente contro Ginny.

 

“Weasley, ti avverto! Se non esci di lì in meno di due minuti chiamo un Eclitto e gli faccio sfondare la porta!”

 

Ginny sogghignò apertamente: a volte la Parkinson poteva essere incredibilmente ingenua e stupida; come poteva ancora credere che gli Eclitti sarebbero stati ai suoi comodi di ragazzina viziata. Marshal aveva ampiamente dimostrato la sua intolleranza verso le famiglie Purosangue vanagloriose, additandole come i sicuri colpevoli di quella guerra.

 

“Se foste rimasti in disparte, accoppiandovi tra di voi come fanno tutte le corrette famiglie nobili incestuose, non avreste il problema della purezza del sangue e non dovreste neanche prendervela con i Babbani di nascita.”

 

Quel breve sprizzo di sensatezza aveva fatto credere a qualche ingenuo che Marshal disprezzasse i Serpeverde, etichettandoli tutti come futuri Mangiamorte, e, per contro, apprezzasse le restanti case e in particolar modo i Babbani di nascita. Ma John Marshal era del tutto imparziale, anche perché le quattro antiche casate erano scomparse e non c’era nessun modo di distinguere i Serpeverde dagli altri. Inoltre il sergente Eclitto dimostrava pari disprezzo a tutti gli studenti, senza discriminare in base al rango famigliare, il sesso e l’età; per lui era uguale esplodere in una delle su crudeli ramanzine di fronte ad un nobile ex-Serpeverde del settimo anno o davanti ad una novellina terrorizzata dal cognome sconosciuto.

 

In aggiunta al suo pessimo carattere era sopraggiunto il mistero del capo fasciato. Infatti, a partire dal terzo giorno d’inizio anno, Marshal, che si era sempre strenuamente rifiutato di portare il turbante come tutti gli Eclitti, girava per la scuola col suo tipico ghigno crudele e delle spesse bende sulla testa. Voci di corridoio sostenevano che fosse rimasto coinvolto in una rissa scatenata da qualche studente del settimo anno che era rimasto parecchio scontento del suo modo di insegnare; l’identità dell’aggressore di Marshal era ancora ignota e molti sospettavano che il ragazzo fosse già stato eliminato per la sua imprudenza, ma tutti gli studenti erano unanimemente d’accordo nel celebrare il coraggio del loro misterioso compagno.

 

“Se sapessero che sono io” aveva bisbigliato Ron a Ginny durante una controllata permanenza in Biblioteca.

 

Ginny aveva serrato di botto il libro che stava leggendo con disinteresse e si era avvicinata al fratello cercando di parlare a bassa voce “E’ meglio che non si sappia, non ti ricordi la minaccia di Marshal: ‘Se provi a dirlo a qualcuno ti spezzo anche l’altro braccio e non solo’.”

 

“Ma questa minaccia l’ha rivolta a tutta la classe e poi non potevo fare altro dopo che…” Ron aveva stretto con foga la mano che ancora poteva muovere. L’altro braccio gli era stato fasciato al termine della terza giornata e il responso ufficiale dell’Infermeria era stato: caduta da grande altezza e conseguente frattura delle ossa del braccio destro. Era da qualche giorno che Ron moriva dalla voglia di confessare a tutti il segreto del copricapo di Marshal “Chissà che bernoccolo gli è rimasto in testa se ha bisogno di tutte quelle bende per nasconderlo…”

 

Ginny si era concessa un leggero sorriso “Comunque Hermione ha apprezzato il tuo gesto.”

 

Ron aveva esibito un broncio scettico “Veramente l’unica cosa che mi ha detto è stata: ‘La tua stupidità è incalcolabile, Ronald Weasley!’”

 

Ginny aveva scosso la testa “E’ perché si trovava in un momento di grande sconforto, pensa ricevere un ceffone da quell’uomo-armadio, e poi è tipico della nostra Hermione criticare tutto quello che fai, caro Ron.”

 

“Chi le capisce le ragazze?”

 

Ginny aveva dovuto utilizzare la magia per sistemarsi in meno di due minuti, prima che Pansy Parkinson e la sua vocetta stridula finissero per abbattere la porta del bagno.

 

Ginny rientrò nella camera principale con in dosso la divisa della scuola priva di qualsiasi stemma, completamente grigia e nera.

 

Pansy Parkinson entrò nel bagno con uno sbuffo “Perché devo condividere la stanza con una nullità come te?”

 

Ginny controllò l’orologio a polso che ormai tutti gli studenti erano costretti a portare per evitare di violare i rigidi orari imposti da Scrimegour: 7.24.

 

Aveva ancora sei minuti abbondanti prima della chiamata a raccolta nella Sala di Raccolta. In un angolo della stanza Millicent Buldstrode tentava di infilarsi la camicetta di cui un bottone rischiava pericolosamente di saltare.

 

Senza indugi Ginny scese nella sala di ritrovo; quello era l’unico momento della mattinata in cui gli era concesso di parlare con suo fratello, Hermione e i suoi restanti amici.

 

Come prevedibile Hermione era già nella sala a braccia conserte: la ragazza, incline al libero pensiero come dimostrava la sua ostinazione al progetto C.R.E.P.A., era totalmente scontenta della nuova condotta del preside e dei professori che preferivano rimanere in silenzio.

 

Le due amiche si salutarono calorosamente; per entrambe sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che li era stato possibile vedere un volto amico e famigliare.

 

“Sempre uno schifo da me” esordì Ginny con un sorriso.

 

“Ti capisco perfettamente” ribatté Hermione “Tra McLaggen e gli ex-Serpeverde non riesco a capire quali siano i più sgradevoli.”

 

“Finiamola con queste ciance!” sbraitò l’Eclitto mattiniero che era posto di guardia in un angolo della stanza.

 

Hermione trascinò Ginny nell’angolo più appartato della sala “Forse è meglio che facciamo piano, pare che questo Eclitto concorra in indolenza con Marshal.”

 

“Il che è tutto dire” soggiunse la rossa “Piuttosto, dov’è Ron?”

 

Hermione si limitò a scuotere il capo “Proprio non è ho idea. Anche se temo che sia rimasto vittima di qualche vendetta di Marshal… voglio dire, dopo quello che ha fatto…” si tastò il ventre nel punto preciso in cui aveva ricevuto il gancio destro di Marshal “… che ha fatto per me…”

 

“Quell’uomo!” eruppe Ginny guadagnandosi un severo rimprovero da parte dell’Eclitto mattiniero “Quest’intero branco di cani ai comandi di Scrimgeour mi danno sui nervi e nessuno ha il coraggio di fare o dire niente, neanche i professori.”

 

Hermione sospirò lungamente “Non puoi biasimarli, una figura potente come Scrimgeour è capace di fare un radicale lavaggio del cervello. Inoltre i professori sono vincolati all’ubbidienza del preside da un contratto, se si ponessero contrari alle iniziative di Scrimgeour, quell’uomo non ci penserebbe due volte prima di licenziarli e di questi tempi Hogwarts è il luogo più sicuro dove ripararsi da Voldemort e dai Mangiamorte.”

 

“Chi può dirlo con certezza” mugugnò Ginny.

 

Una voce ribelle scese per la rampa di scale che conducevano al Dormitorio Maschile “Sto scendendo, sto scendendo…”

 

Hermione seguì con apprensione il ragazzo dai folti capelli rossi trattenuto a viva forza da John Marshal. Il sergente Eclitto sembrava sinceramente divertito nello strattonare il braccio fasciato di Ron, ricevendo in cambio mugugni di dolore.

 

“Quell’uomo…” sibilò Ginny a denti stretti.

 

“Credo che il preside e ministro Scrimgeour abbia già ribadito eccessivamente l’importanza della puntualità riguardo alla tabella di marcia stabilita, non ho forse ragione, rosso?” quindi Marshal soggiunse “Non voglio fare certo la parte del soldato tirannico nel maltrattare un andicappato – lanciò un fugace sogghigno al braccio rotto di Ron – ma d’altronde non è colpa mia se sei caduto dalle scale spezzandoti un braccio. Non ho forse ragione, rosso? E’ forse colpa mia se hai il braccio bendato?” ripeté il sergente Eclitto sottintendendo non troppo velatamente una terribile minaccia.

 

Tutta la sala era concentrata sulla disputa tra i due.

 

Ron sussultò, o per le fitte al braccio bendato, o per l’impulso trattenuto di saltare addosso a Marshal “No, non è colpa sua, signore.”

 

“Ben detto, ragazzo” senza troppa gentilezza, Marshal diede una bonaria pacca sulla spalla a Ron facendolo scendere repentinamente di parecchi gradini.

 

“7.35” annunciò l’Eclitto mattiniero “Tempo disponibile per l’arrivo in Sala di Raccolta dei Dormitori: scaduto. Seguitemi in Sala Grande per la colazione delle 7.40.”

 

Il massiccio gruppo di studenti, che comprendevano tutti gli allievi dal quinto anno in su, procedette a passo di marcia silenziosa lungo i corridoi della scuola invasi da Eclitti e Auror, appostati ad ogni angolo.

 

Ginny salutò Hermione e non ebbe neanche il tempo di verificare le condizioni fisiche di suo fratello che fu sballottolata al tavolo da un possente Auror parecchio intransigente. Il pasto di estrazione continentale che comprendeva un uovo sodo, conflex calorici con latte scremato e un impasto che all’avviso degli Eclitti serviva a potenziare le capacità fisiche e mentali, venne consumato nel più totale silenzio.

 

Quando l’enorme orologio a pendolo affisso alla parete principale della Sala Grande, esattamente sotto lo stemma di Hogwarts, scandì le 7.50 con un potente rintocco, i vassoi di metallo della colazione e tutto il cibo avanzato sparirono all’istante assieme alle posate: era capitato a più di un ragazzo che era in procinto di degustare la misteriosa brodaglia degli Eclitti, di sentirsi evanescere tra le labbra il boccone che aveva appena inforcato col cucchiaio.

 

“5 minuti per il ritiro della posta. Tutto il materiale che avanzerà verrà bruciato!” gridò una voce autorevole e severa.

 

Si formò un’ordinata fila indiana dietro al tavolo dei professori dove era esposto tutto ciò che fosse stato inviato agli studenti via gufo dai propri genitori e che era riuscito a superare il controllo degli Eclitti; quindi gli oggetti non abbondavano dato che Scrimgeour preferiva prevenire un possibile danno buttando via tutto ciò che non fosse cartaceo.

 

Ginny sbirciò verso il tavolo dal punto della fila in cui era incolonnata: poteva vedere solo giornali. Gli articoli più ricercati erano i quotidiani, in special modo la Gazzetta del Profeta, ma qualcuno sembrava aver ordinato anche dei giornali babbani e il Cavillo.

 

Conclusi i cinque minuti disponibili non tutti riuscirono a terminare la fila per ritirare la propria posta e si diffuse un sommesso borbottio quando un Eclitto ammucchiò tutti gli oggetti rimasti sul tavolo e li diede fuoco con un incanto Incendio controllato.

 

Per fortuna, Ginny era riuscita ad arraffare una Gazzetta del Profeta e una lettera della sua famiglia che confermava il benessere di tutti e riportava commenti divergenti sulla relazione matrimoniale di Fleur e Bill. La Gazzetta del Profeta riportava notizie molto meno consolanti: La trentesima vittima nel Whiltshire: possibile coinvolgimento di un branco di Lupi Mannari guidati dal presunto Mangiamorte Fenrir Greyback. La versione ufficiale dei Babbani è stata ‘ampia proliferazione di Serial Killer dovuta all’inefficienza del Primo Ministro.’

 

“8.50. Cinque minuti per giungere nelle classi desiniate alle rispettive materie della prima ora.”

 

Ginny ripiegò il giornale con un sospiro, Harry, non ti stai perdendo niente qui a Hogwarts.

 

La ragazza salutò Ron e Hermione e fu costretta ad imboccare la tromba di scale mobili che l’avrebbero portata fino al secondo piano dove, ad attenderla, c’era la prima lezione della giornata. Durante il tragitto Ginny rilesse più volte la materia indicata come prima; Ci deve essere un errore, pensò, tuttavia quasi certa che dietro ci fosse lo zampino di Scrimgeour, io non ho chiesto di proseguire Trasfigurazione dopo i G.U.F.O..

 

Ginny, infatti, nonostante il suo Oltre Ogni Aspettativa pieno in Trasfigurazione, aveva preferito dedicare la maggior parte delle ore scolastiche allo studio e alla pratica del combattimento, quindi Difesa Contro le Arti Oscure; se solo avessi saputo che Scrimgeour l’avrebbe rimpiazzato con quella buffonata di Autodifesa Ministeriale

 

Alla porta dell’aula di Trasfigurazione la attendeva la Professoressa McGranitt con aria scura e preoccupata. Aveva in mano una pergamena dall’aria ufficiale.

 

“Il signor Ministro e Preside Scrimgeour così dispone” cominciò la professoressa in tono incolore “Chiunque si comporti in modo non idoneo al nuovo regolamento scolastico verrà punito con una detenzione che avrà una durata proporzionata al grado di insubordinazione mostrato durante le lezioni. I professori sono tenuti a rispettare i programmi consigliati dal Ministero e anche una loro intransigenza o deviazione dal percorso scolastico verrà punita; la punizione estrema sarà il licenziamento così come per gli studenti l’espulsione. Vi auguro un buono studio, Rufus Scrimgeour.”

 

C’era qualcosa di velatamente ironico nell’augurio di Scrimgeour e Ginny ne fu certa quando, entrando in classe, lo sguardo indugiò sui quattro Eclitti dal volto minaccioso appostati agli angoli della stanza. Anche Minerva McGranitt parve inizialmente sorpresa dalla presenza dei soldati di guardia, ma li licenziò subito con un sorriso amaro. Si accomodò alla cattedra e attese che i suoi studenti prendessero posto ai banchi che, a differenza degli anni precedenti, erano singoli.

 

“Molti di voi saranno sorpresi di vedermi” “ma non c’è alcun errore. Il Ministro Scrimgeour ha imposto alcune materie obbligatorie e tra queste c’è Trasfigurazione, sebbene il programma del Ministero sembri più propenso alla pratica della Trasfigurazione da combattente…”

 

“Ehm, ehm” uno degli Eclitti di guardia tossicchiò marcatamente, rivolgendo uno sguardo persuasivo alla professoressa.

 

“Dunque” continuò la McGranitt come se fosse stata interrotta “Cominciamo. Aprite le scatole sui vostri banchi.”

 

Ginny sbirciò sul proprio tavolino e notò una scatola di dimensioni ridotte nell’angolo sinistro. Lo aprì e ne estrasse un chiodo piuttosto spesso. Molti dei compagni presero a guardarsi intorno, reggendo nel palmo della mano il pezzetto di ferro.

 

“Il primo obiettivo della settimana è il seguente” la professoressa diede una rapida occhiata alla pergamena siglata con il marchio del Ministro e, per un attimo, le rughe sul suo volto parvero accartocciarsi “Dovete trasfigurare il chiodo in un coltello con un manico di circa 6 cm e una lama di 10 cm per cominciare.”

 

Un borbottio si diffuse per la stanza ma venne immediatamente placato dagli sguardi biechi che i quattro Eclitti lanciarono per tutto il locale.

 

Potevano andare più sul sottile, pensò Ginny mentre agitava la bacchetta contro il proprio chiodo, così i loro intenti sono troppo ovvi e mi pare inutile opporsi, quella missiva di prima è stata fin troppo esplicita.

 

Passarono trenta minuti abbondanti prima che tutti gli studenti riuscissero ad ottenere un coltello dalla lama abbastanza tagliente da scalfire il metallo. La professoressa McGranitt, solitamente disponibile nell’aiutare i propri alunni in difficoltà, era rimasta alla cattedra ad analizzare il programma scolastico fornito dal Ministero; più di una volta i suoi occhi si erano allargati per lo stupore.

 

“Bene” disse la McGranitt a fatica, quando anche l’ultimo dei suoi studenti strinse tra le mani un coltello trasfigurato “Ora dovete trasfigurare il medesimo chiodo in un coltello con le medesime dimensioni, ma la lama dovrà essere seghettata” concluse la donna trattenendo a stento un singulto.

 

Gli Eclitti agli angoli non la mollavano un secondo: i loro occhi indagatori erano costantemente puntati sulla professoressa.

 

Ginny ritrasfigurò il coltello in un chiodo, sentendo un forte fiotto di sangue che le saliva al cervello, Impensabile.

 

Gli studenti incontrarono più difficoltà nella seconda trasfigurazione; gli Eclitti sembravano spazientiti.

 

“Impegnatevi” gridò uno dei quattro facendo sobbalzare tutti, inclusa la professoressa “Chi riuscirà a compiere perfettamente la Trasfigurazione entro la fine dell’ora riceverà un surplus di punti bonus per la propria squadra.”

 

“Ma a cosa serve” bisbigliò Ginny, pressando il chiodo tra le proprie dita “A cosa serve farci imparare una trasfigurazione del genere?”

 

L’Eclitto sorrise sinistramente “Trasportabilità. Le armi magiche non sono le nostre uniche risorse; anche l’utilizzo di armi da taglio si presta all’attacco e alla difesa. E’ piuttosto sconveniente trascinarsi sul campo di battaglia una dose eccessiva di armi da taglio che possono pesare molto e occupare troppo spazio. Se imparate a trasfigurare questi piccoli chiodi direttamente sul campo, potrete avere a disposizione una grande quantità di coltelli che, secondo le eventualità, si posso ritrasfigurare in chiodi dal facile trasporto. Chiaro il concetto?”

 

E’ chiarissimo, ci volete trasformare in cagnolini al vostro servizio, mi spiace tanto ma io non ho nessuna intenzione di infoltire le vostre schiere di leccapiedi del Ministro, si limitò a pensare Ginny, mordendosi la lingua.

 

L’ora di Trasfigurazione si concluse con un completo insuccesso: dopo le motivazioni fornite dall’Eclitto, nessuno si era voluto impegnare per portare a termine la consegna; di questo la McGranitt fu molto rasserenata. Anche se Ginny, uscendo dall’aula, osservò più accuratamente la professoressa: stava assorta con lo sguardo per aria, come se non vedesse nulla, gli occhi velati, quasi annebbiati.

 

Dopo le due ore di Trasfigurazione, arrivò la lezione più intollerabile di tutte: Autodifesa Ministeriale. Ginny poteva avvertire un’evidente tensione tra i suoi compagni che già ipotizzavano centinaia di sadici esercizi a cui li avrebbe sottoposti Marshal.

 

All’interno dell’aula di Autodifesa Ministeriale, in assoluto la più grande di tutte, l’agitazione era palpabile. L’enorme stanzone, completamente sgombro di banchi e cattedra, era occupato solo da John Marshal che, accanto alla porta lanciava per aria un pugnale, facendolo roteare, e poi riacciuffandolo per la lama con due dita.

 

In fondo all’aula erano posti tredici bersagli delineati da cerchi concentrici neri e bianchi. Su un tavolino accanto ai bersagli era accumulato un mucchio di chiodi.

 

“Oggi impareremo a lanciare i coltelli” esordì Marshal sardonico, continuando a giocherellare con il pugnale “Chi è in grado di farlo, prenda uno di quei chiodi e lo trasfiguri in pugnali e al resto ci penserò io.”

 

Ginny sogghignò; tutto ha un senso ora, il piano di Scrimgeour è fin troppo evidente.

 

L’ipotesi di Ginny ebbe conferma anche nelle ore scolastiche successive. Dopo la fine di quell’estenuante ora di lancio coltelli durante la quale più di uno studente aveva rischiato la tachicardia mentre Marshal, roteando il pugnale, lo minacciava di usarlo come bersaglio, ci fu una lezione obbligatoria di Incantesimi che insegnava una versione potenziata del Diffindo e la creazione di scudi protettivi abbastanza potenti da reggere all’impatto di un’arma contundente. L’ora di Erbologia era strascorsa nella ricerca e l’impasto di un unguento per la cura di ferite da armi da taglio. Le altre lezioni della giornata erano state tutte le medesimo stampo: utilizzo e difesa da coltelli.

 

I pomeriggi erano intervallati da brevi momenti di ricreazione, controllati da schiere di Eclitti; Ginny aveva avuto a stento l’opportunità di parlare con suo fratello e Hermione, ingabbiata com’era nel suo gruppo di acidule ex-Serpeverdi. Persino ad ogni angolo dell’immensa biblioteca di Hogwarts era appostato un soldato con immensa soddisfazione di M. Prinse che finalmente vedeva rispettato il silenzio.

 

Le giornate erano proseguite così, una uguale all’altra fino a Dicembre, mentre fuori dalla roccaforte di Hogwarts Voldemort e i suoi seguaci assoldavano Mangiamorte, devastavano quartieri babbani e uccidevano chiunque si rifiutasse di unirsi al loro gruppo. Forse solo in vista del Natale Scrimgeour avrebbe allentato le redini per permettere ai suoi studenti un attimo di tregua da quell’interminabile routine.

 

*^*^*^*^*^

Hogwarts, 16 Dicembre

[Preparativi per la Festa]

 

 

Hermione accostò alle labbra la sua tazza di the, godendosi la pace che poteva trovare solo a quell’ora del mattino, quando tutti, inclusi i professori, erano ancora a godersi gli ultimi momenti di tepore sotto il piumino dei loro letti; anche lei avrebbe potuto comportarsi nello stesso modo, ma ad Hermione piaceva alzarsi presto e osservare il cielo mattutino della Scozia grazie al magico soffitto della Sala Grande.

 

Così anche quella mattina si era alzata presto, si era recata nelle cucine litigando – come sempre –con Dobby (che riempiva di ogni carineria possibile quelli che lui chiamava ‘gli amici di Harry Potter, signore!’) e qualche altro elfo domestico per prepararsi da sola un po’ di the, finendo – come sempre – per arrendersi pur di non vederli tristi. Non aveva rinunciato alla C.R.E.P.A., ma non poteva permettersi di pensarci troppo in quel momento, doveva impregnarsi per raccogliere informazioni utili per capire dove fossero gli Horcruxes, studiare per i M.A.G.O. e per essere capace di difendere se stessa e quelli che più amava… lei aveva deciso di seguire la giusta causa e di stare vicino a Harry e a… Ron.

 

Quello stupido, imbranato, dolcissimo Ronald Weasley.

 

Hermione emise un gridolino e appoggiò velocemente la tazza sul tavolo, cominciando a soffiare sulla propria lingua ustionata e prendendo a mangiare un biscotto per calmare il bruciore. Una piccola risata dietro di lei la fece girare; i suoi lunghi capelli ricci le caddero su un’unica spalla mentre salutava con un’occhiataccia Neville che si sedette vicino a lei, un poco imbarazzato.

 

“Oh, scusa Hermione, non volevo essere maleducato, è solo che… eri buffa.” L’ex-Grifondoro le fece un piccolo sorriso e sulle sue guance apparvero due piccole fossette che Hermione trovava adorabili su Neville e che gli davano quell’aria un po’ ingenua e tenera che lo rendeva incredibilmente amichevole… chi avrebbe potuto far del male ad un ragazzino così… innocente? Hermione si era sempre chiesta cosa poteva aver significato per Neville aver vissuto sapendo che i suoi genitori non sarebbero stati mai più come tutti gli altri, che per loro erano estranei qualunque; per l’aspetto goffo era sempre stato oggetto di burle ad Hogwarts, era troppo timido per dichiararsi ad una ragazza o anche solo corteggiarla e gli unici amici che aveva erano il suo rospo Oscar, le sue piante, e se stesso. Neville meritava qualcosa di più.

 

Hermione si ripromise di parlargli più spesso, d’ora in poi.

 

Gli sorrise piano. “Non ti preoccupare Neville,” ridacchiò un poco “in effetti dovevo essere parecchio buffa. Allora… che ci fai qui a quest’ora del mattino?”

 

Neville arrossì. “Oh, io… sono andato in Guferia.”

 

Hermione inarcò un sopracciglio. “In Guferia a quest’ora? È vietato.” Fece notare solamente, sorpresa dell’audacia del ragazzo. D’altronde, già al quinto anno Neville aveva dimostrato di possedere coraggio al Ministero, e di impegnarsi fino ad imparare nell’E.S. gli incantesimi che Harry aveva loro insegnato, per non parlare di quella volta che al primo anno aveva cercato di fermare lei, Harry e Ron dall’andare alla ricerca della Pietra Filosofale.

 

Neville annuì piano, chinando il viso sul tavolo, chiaramente a disagio.

 

“Non sei obbligato a dirmi niente, Neville.” Disse Hermione dolcemente allungando verso di lui il piccolo vassoio di dolcetti che le avevano regalato gli Elfi Domestici. “…vuoi un biscotto?”

 

Neville annuì con un sorriso e ne prese uno, addentandolo. “Grazie, Hermione” la ragazza gli sorrise ancora di più, facendolo imbarazzare. “E di che?”

 

“Per essere così gentile con me, anche quando l’altro giorno sei intervenuta zittendo le mie compagne di gruppo.” Spiegò il ragazzo, continuando ad evitare il suo sguardo.

 

“Era ciò che ogni Grifondoro avrebbe fatto per un altro Grifondoro” spiegò Hermione “si chiama cameratismo, o amicizia.”

 

Neville le sorrise. “Oh, allora… grazie per essere mia amica, Hermione. È… è fantastico, davvero.”

 

La ragazza si intenerì all’istante. Neville era davvero dolcissimo, un ragazzo d’oro e lei era felice di essere ufficialmente una sua amica, e non più una semplice compagna di Casa, soprattutto ora che di Case non si poteva più parlare. In effetti, Neville era sempre stato ammesso alla sua cerchia di amici, ma il concetto di amicizia era sottinteso, labile. Ma ora Hermione sapeva bene che il segreto per vincere la guerra era rimanere tutti uniti, avere più alleati possibili, riuscire ad avere la fiducia degli altri.

 

Gli occhi scuri di Neville andarono verso la porta, e poi spiarono la Sala Grande, sospettosi e perplessi, poi il ragazzo si chinò un poco verso di lei. Hermione si accorse solo allora che quell’estate era cresciuto di almeno cinque centimetri e che si era snellito. “Ho portato illegalmente Nemo.” Bisbigliò il ragazzo “Ho dovuto nasconderlo, quando ho saputo che avrebbero controllato le valigie  e che non era possibile tenere null’altro che un unico animale in stanza.”

 

La ragazza rimase interdetta, poi si chinò anche lei in un atteggiamento cospiratore. “Chi è Nemo?” domandò in un sussurro.

 

Neville divenne entusiasta. “E’ un regalo della nonna per il mio scorso compleanno! Da quando ho combattuto al Ministero mi riempie di complimenti e di coccole!” esclamò, vergognandosi poi per la sua dichiarazione e controllando che nessuno avesse sentito. Hermione trattenne una risata.

 

“Chi è questo misterioso Nemo, allora?” incalzò ancora, incuriosita.

 

“E’ una rarissima Begonia Subnolenta ” spiegò Neville con energia, felice di poter dimostrare ad Hermione i risultati di un’estate passata su libri di Erbologia ed escursioni fuori dalla casa di campagna alla ricerca di piante “un bellissimo esemplare.”

 

“Non ricordo di questa Begonia… che proprietà magiche ha?” si informò la ragazza, appoggiando il mento sul palmo della mano.

 

“Di solito è usata come tranquillante o, in dosi più massicce, come vero e proprio sonnifero, facendo una pozione con il suo polline… ma è soprattutto molto bella. Dovresti vedere che magnifico colore rubino hanno le sue foglie e che corolla scura attorno ai petali blu! Un vero e proprio mix di colori esotici… infatti, è originaria del Mediterraneo, dove fa più caldo, sai…”

 

Hermione inarcò un sopracciglio. “Ma non fa troppo freddo qui?”

 

Neville sorrise raggiante. “Sì, normalmente, ma nella Guferia c’è un caldo infernale, è circondata da paglia e animali (che non la mangiano perché i petali sono velenosi, come indica il loro colore)… l’unica cosa devo annaffiarla ogni tre giorni… è per questo che oggi sono andato a trovare Nemo.” Neville esitò, trattenendo quasi l’aria che respirava. “Non lo dirai a nessuno il mio segreto, vero Hermione?”

 

“Non ti preoccupare” lo rassicurò subito Hermione con un sorriso. “Sei al sicuro con me. E poi ormai sono anni che non seguo più le regole, tutta colpa di Ron e Harry…” scherzò strappando una risatina al ragazzo.

 

“Hanno avuto una cattiva influenza, eh?… sai… mi mancano i vecchi tempi. Hogwarts non è più la stessa, e poi non vado d’accordo con nessuno nel mio gruppo.”

 

Hermione annuì. “Neanche a me piace. Trovo l’atmosfera tesa e quasi una sensazione di claustrofobia o di avere sempre qualcuno che mi guarda le spalle…”

 

Neville sospirò, affondando il viso tra le braccia conserte e con gli occhi scuri che vagavano vuoti per la Sala Grande. “Non c’è più nemmeno l’aria di Natale… ti ricordi Hermione? In questo periodo Hagrid tagliava un enorme abete e lo posizionava proprio laggiù” indicò con gli occhi un angolo della Stanza “c’era il professor Vitious che levitava gli addobbi e i fantasmi vagavano appendendo ghirlande di quadrifoglio… e poi mi ricordo che Pix si divertiva ad andare in giro con uno stupido vischio per far baciare chiunque si odiasse vicendevolmente…” Neville si fece scappare una risatina “Mi è tornato in mente quando hanno dovuto baciarsi Cho Chang e Colin Cannon, proprio l’anno scorso… povero Colin, era terrorizzato, mentre Cho ha fatto una faccia…!” anche Hermione  rise.

 

“Non lo sapevo…”

 

Neville sospirò di nuovo, giocherellando con le dita. “Mah… farei qualsiasi cosa per avere una piccola festicciola di Natale, con dolci e decorazioni, e persone che chiacchierano ridendo… la guerra ha rovinato anche il Natale…”

 

Il cuore di Hermione si strinse per la tristezza quando si rese conto che Neville aveva ragione: con la seconda Guerra Magica era scomparsa la tradizionale allegria e spensieratezza che accompagnava Hogwarts almeno in quel periodo dell’anno. Se solo ci fosse stato un modo per…

 

“Ma certo!” Neville scattò di colpo a sedere dritto, spaventato dal gridolino eccitato di Hermione. “Neville, sei un genio!” si complimentò la ragazza schioccandogli un bacio sulla guancia. Neville si fece paonazzo.

 

“Ma che…?”

 

Hermione gli rispose ridendo. “Forse riusciremo ad avere un piccolo assaggio del Natale anche qui, Neville, ora devo andare…” spiegò brevemente Hermione, finendo di un botto la sua tazza di the e rubando dal vassoio un paio di biscotti. “Devo andare da Ron… ci vediamo in giro!” Hermione sventolò la mano e Neville la vide svanire dietro la porta della Sala Grande, lasciandolo inebetito.

 

Hermione correva attraverso i corridoi, facendo attenzione a non incappare in nessun Auror o Eclitto di guardia, e, con discrezione, si lanciò per i dormitori maschili dei ragazzi del Settimo Anno (divisi per età e sesso). Salì velocemente le scale, inciampando in qualche ragazzo appena sveglio che la guardava stupito, fino a quando non vide Ron seduto sul proprio letto, intento a stropicciarsi gli occhi ancora assonnati, i capelli rossi che assomigliavano a quelli di Harry tanto erano spettinati (senza però superare il record di Potter) e con addosso solo i pantaloni del pigiama e una canotta.

 

“Hermione!” esclamò il ragazzo concitato, arrossendo. “Che ci fai qui?” si affrettò a domandare, imbarazzato e perplesso.

 

“Ho appena parlato con Neville,” cominciò Hermione, mettendosi davanti a lui “e ho avuto una grande idea! Che ne dici di preparare una piccola festicciola di Natale nella Stanza delle Necessità?” Ron la guardò perplesso.

 

“Ma non è stata chiusa?” domandò il rosso, interessato. Era stufo di dover andare sempre in giro con la sua combriccola, specie se doveva trattenersi dal spaccare la faccia all’ex fidanzato di Ginny Michael Corner.

 

Hermione scosse la testa, facendo danzare i lunghi riccioli bruni. Neanche a dirlo, Ron li adorava quei capelli: selvaggi e semplici. Quante volte gli sarebbe piaciuto tastarne la morbidezza? Erano ispidi, soffici, setosi?

 

“No, Harry c’è stato l’altro giorno c-” Hermione si morse il labbro. Ron la guardò interrogativamente e lei decise di non dirgli che Harry c’era stato con Ginny per ‘rilassarsi’ dopo ore di studio davanti a tomi impolverati e antichi. “Beh, insomma, mi ha detto ieri che non l’hanno sigillata, non si sa il perché. La Umbridge gli avrà detto sicuramente del passaggio…”

 

“Non è un po’ troppo… imprudente fare una festa?”

 

“Eddai” Hermione esibì due perfetti occhi da cerbiatta “solo una festicciola tra pochi intimi, potremo esprimere il desiderio che essa sia anti-cattura mentre siamo dentro…”

 

Ron sospirò, ma sorrise. “E va bene, ciò che Hermione Granger desidera, avrà.” La ragazza emise un grido di gioia soffocato e gli buttò le braccia al collo, travolgendolo con la forza del suo abbraccio e quando riaprì gli occhi si accorse di averlo buttato sul suo letto con lei sopra. Hermione sentì le guance scottare terribilmente.

 

“Oh, scusami” si affrettò a dire, scostandosi e arrossendo. Ron si mise a ridere e le accarezzò piano i capelli, facendo si che le sue guance diventassero di una tinta più scura di quella che già avevano.

 

“Per cosa?” domandò retoricamente il rosso, con un sorrisetto malizioso. “Hai avuto una splendida idea, e il tuo entusiasmo mi sta contagiando. Il mio Natale sarà meno tenebroso, grazie a te, Hermione.” La ragazza perse un battito. No, il cuore aveva ripreso a batterle furiosamente quasi volesse saltarle fuori dal petto.

 

I suoi riccioli sono morbidi…come immaginavo…

 

“Quando cominciamo coi preparativi?”

 

*^*^*^*^*^

 

Covo di Lord Voldemort, 17 dicembre

[Preparativi per l’Attacco]

 

 

Darcy Donovan era in ginocchio, affiancato da Severus Piton e Greyback nella medesima posizione.

 

Ad un cenno di capo del Signore Oscuro, tutti e tre si alzarono contemporaneamente aspettando di venire a conoscenza della convocazione.

 

Donovan nascose sotto la maschera una smorfia di disgusto, percependo chiaramente l’odore selvatico e nauseabondo di Greyback.

 

Mangiamorte… un gruppo a cui decisamente non appartengo.

 

Sempre così rozzi, perversi, tozzi. Non si adattavano ad un uomo della sua importanza e della sua raffinatezza, ma per il momento doveva sopportarli e starsene zitto ad obbedire agli ordini di Lord Voldemort. Naturalmente, non per sempre. Non era nella natura di un Donovan stare ai comandi di qualcuno.

 

“Ci ha chiamato, mio Signore?” domandò Seversus Piton.

 

Il Signore Oscuro sogghignò mellifluamente. “Sì Severus. Dato la buona riuscita delle vostre ultime missioni, voglio fare di te, Greyback e Darcy coloro che guideranno la prossima missione.”

 

Darcy si accigliò un poco. Lui che collabora con quel fetido di Greyback e quel viscido di Piton?

 

La dura vita del subordinato, uh?

 

Non vedo l’ora che questo finisca.

 

“Quale missione la spinge a porre a capo ben tre comandanti?” domandò Donovan senza però risultare acido. La sua voce era incolore e indifferente, come lui.

 

Le labbra di lord Voldemort si arricciarono come al solito in una smorfia serpentina e maliziosa.

 

“Distruggeremo Hogwarts.”

 

Qualche attimo di silenzio impregnò la Sala Regia del covo dei Mangiamorte, pochi istanti in cui il cervello di Donovan cominciò a meccanizzare quell’ardua impresa: espugnare Hogwarts avrebbe significato imporre una grave sconfitta al Ministero e agli Auror e ridurre in ginocchio l’intera Comunità Magica, materialmente quanto spiritualmente. Lord Voldemort aveva pianificato da tempo tutto questo, nei minimi dettagli.

 

“Cosa dobbiamo fare?” esclamò Greyback senza trattenere l’eccitazione per la battaglia. Donovan poteva già immaginare il semplice circuito mentale del Licantropo al suo fianco: Battaglia – Ragazzini – Sangue.

 

Bestia.

 

“Impaziente Greyback, uh?”

 

“Sempre, quando si tratta di obbedire ad un suo comando.”

 

Il Signore Oscuro sembrò gradire quell’uscita, perché sorrise lascivo al Mangiamorte; gli affidò il compito che sapeva Greyback desiderava. “Greyback: tu ti occuperai del primo assalto con la tua squadra di Lupi Mannari. Non mi interessa come, ma dovrai muovere un impeto contro gli Auror e gli Eclitti che sorvegliano dal fuori Hogwarts, possibilmente riuscendo ad entrare nella scuola. Dopodiché, beh, i ragazzini sono tutti tuoi. Non mi interessano.”

 

Greyback ululò piano senza nascondere l’eccitazione e chinò il capo, leccando piano i baffi grigi. “Non vedo l’ora, mio Signore.”

 

“Severus” Piton fissò Voldemort in silenzio, in attesa di istruzioni “Voglio che tu ti occupi di rapire il carissimo Scrimgeour e di lasciare al suo posto il cadavere di quella insulsa Mezzosangue. Comincia a puzzare.”

 

Piton annuì silenziosamente e Donovan pensò nuovamente che quel Mangiamorte era il più viscido e il più pericoloso di tutti; perché era intelligente e lui era dell’opinione che la sua stessa sopravvivenza dipendeva dal superare persone come Piton.

 

“Ed io, mio Signore?” domandò Darcy fissando cautamente Voldemort negli occhi rossi e serpentini, senza abbassare i suoi.

 

“Farai da spalla a Severus aiutandolo nell’operazione. Ci vuole un gruppo scelto per superare i vari ostacoli che avranno architettato gli Auror per tenersi stretto il loro Ministro.” Una risata crudele e sarcastica uscì dalle labbra sottili, quasi inesistenti, di Lord Voldemort, l’ilarità dovuta all’immagine di Scrimgeour sorridente, credendosi protetto nel suo nuovo rifugio.

 

Donovan annuì, abbassando la testa. Meglio non sfidare la pazienza di Voldemort.

 

“Come faremo ad entrare?” domandò poi, informandosi sul piano.

 

Un sibilo profondo e quasi musicale risuonò nella Sala. “Nagini” Voldemort sorrise al rettile che si acciambellò ai suoi piedi, squadrando con le pupille serpentine i tre umani di fronte a lei, sibilando piano. Voldemort ghignò ampiamente “Esatto piccola mia: fra poco avrai un figlioletto da curare, contenta?” il serpente sibilò in risposta.

 

Internamente, Donovan rabbrividì di disgusto. E cosa intendeva con ‘figlioletto’? Un altro serpentone per i corridoi di quel postaccio?

 

Lo stomaco di Darcy si chiuse al pensiero. Quanto gli facevano schifo gli esseri viscidi. Come Nagini, Piton e Voldemort stesso.

 

“La grassona è servita a qualcosa. Ora consociamo i passaggi segreti di Hogwarts; sarà facile per voi infiltrarsi mentre fuori infuria la battaglia contro i Lupi Mannari di Greyback.”

 

Un diversivo efficace, dovette ammettere Donovan. D’altronde, si disse, Voldemort non è uno stupido.

 

“E mentre voi vi occuperete del caro Ministro” continuò Voldemort accarezzando le squame di Nagini con uno sguardo quasi lascivo, “Bellatrix e Rodulphus andranno nella Camera dei Segreti a recuperare l’uovo di Basilisco che c’è al suo interno. Noi non vediamo l’ora, vero carissima?” sibilò, mentre Nasini rispondeva facendo uscire la sua lingua biforcuta.

 

Donovan si irrigidì impercettibilmente. “Se anche i Lestrange sono a capo di un gruppo di assalto, come mai non sono qui?”

 

Voldemort continuò ad accarezzare il serpente, mentre Greyback lo guardò come per rimproverargli una qualche mancanza di rispetto.

 

Lupetto, io non sono mai alle complete dipendenze di nessuno. Non sono un pupazzo, al contrario di te.

 

“Bella e Rodulphus sono a compiere una missione per conto mio. Ho già spiegato loro come dovranno fare. Mi mancate voi da istruire. Qualcosa in contrario, Donovan?”

 

Darcy sostenne il rosso delle pupille di Voldemort, ma chinò il capo rispettosamente. “Niente, mio Signore. Mi scuso se è sembrato che vi mancassi di rispetto.”

 

La tensione si smorzò rapidamente.

 

“Bene. Ora, i particolari ve li spiegherò più avanti. Per ora, Darcy si occuperà di scegliere gli uomini adatti per i vari compiti.” Voldemort sogghignò “E voglio che tu stabilisca ciò attraverso un Torneo interno. È da tanto che non ho il piacere di dilettarmi al Club dei Duellanti.”

 

Donovan annuì. “Bene. Quanti Mnagiamorte per gruppo?”

 

“Una quindicina per affiancare Bellatrix e Rodulphus, in cui è incluso Marcus Harker. Una ventina per rapire Scrimgeour, e voglio un uomo forte a guidare il gruppo che sostituirà il corpo della grassona con quello del Ministro mentre voi ve ne andate con quest’ultimo.” Donovan annuì obbediente e attento “Ah, la Drake e il giovane Malfoy avranno l’incarico di andare ad avvisare i ragazzini Serpeverde del nostro attacco e per portarli sani e salvi al Covo” Voldemort sorrise con cattiveria “Non vorrei mai che andassero perduti i futuri Mangiamorte! Come potrei sopportare il volto piangente dei genitori?” la voce era piena di sarcasmo, e falsata quasi come se il Signore Oscuro stesse trattenendo una risata.

 

“Bene” ripeté Donovan. “Qualche ordine speciale per il Torneo?”

 

“No. È affar tuo, l’importante è che sia un grande spettacolo per me.”

 

Il Mangiamorte si inchinò appena. “Ne sarete soddisfatto” promise, e si voltò facendo oscillare attorno alle gambe il lungo mantello.

 

Greyback e Piton si congedarono poco dopo. Nagini strusciò il muso sul palmo di Lord Voldemort che fissava il portone da cui erano usciti i suoi subordinati.

 

“Neanche io mi fido totalmente di lui, ma è bravo nel suo lavoro e ha un lato oscuro che mi diverte profondamente.” Nagini fissò perplessa il portone e poi Voldemort che le sorrise appena “E poi, io non mi fido di nessuno. Men che meno di Doppio Dolore.”

 

*

 

“– per mettervi alla prova, ecco perché abbiamo indetto questo Torneo.” Concluse Doppio Dolore sovrastando la folla che mormorava fittamente.

 

Cortess sghignazzò malignamente, scroccando le dita delle mani insieme con fare minaccioso. “Era ora. Ci voleva un po’ di sano movimento.”

 

Samantha, poco lontano, storse il naso e si voltò verso Draco il quale fissava senza emozioni Darcy Donovan, ma, nonostante il suo sguardo fosse freddo, il suo corpo irrigidito tradiva un certo nervosismo.

 

Samantha lo comprendeva bene: anche a lei non allettava l’idea di dover fronteggiare uno qualunque dei suoi colleghi, sapendo troppo bene di come Donovan avrebbe lasciato usare trucchetti e incantesimi di qualunque genere, tranne quelli mortali.

 

“Silenzio.” Al comando, tutta la Sala Regia si zittì e l’attenzione altissima era rivolta ancora a Doppio Dolore, in piedi a pochi gradini lontano dal trono del Signore Oscuro, che sorrideva a nessuno in particolare ma all’idea di ciò che sarebbe successo tra poco.

 

“I duelli saranno disputati tra coppie; il giudice sarò io. Non è un torneo ad eliminazione per trovare un campione, ma una specie di test; tuttavia non prendetelo alla leggera: dalle vostre prestazioni dipenderanno i vostri ruoli nella prossima missione, che sta molto a cuore al Signore Oscuro, ancor più dell’attacco ad Azkaban e al Ministero” Donovan fece una pausa e tutti stettero col fiato sospeso, pendenti dalle sue labbra. Darcy Donovan sorrise appena. “Attaccheremo Hogwarts nel periodo preferito degli studenti: Natale.”

 

Un mormorio confuso, risate e commenti di vario genere, per lo più divertiti, si diffusero nella Sala. Samantha cercò istintivamente lo sguardo di Draco, ma non lo trovò. Il ragazzo fissava ancora Donovan, con le labbra serrate.

 

“Draco? Tutto a posto?”

 

Gli occhi grigi di lui la pietrificarono sul posto. Erano freddi, inespressivi.

 

“Perché non dovrebbe esserlo?”

 

Samantha deglutì nervosamente, scostando gli occhi dal viso di lui per volgerli verso Donovan. Il Mangiamorte attendeva pazientemente che i compagni assimilassero la notizia. “Niente. È solo… Non  sei preoccupato per i tuoi amici?”

 

“Io non ho mai avuto amici lì.”

 

Come sempre negli ultimi tempi, ricevette una risposta raggelante.

 

Era ovvio che Draco alternava due personalità: quella sbeffeggiante, ma infondo divertente, e quella sinceramente sadica, fredda e scostante.

 

Ultimamente era la seconda personalità a prevalere, specialmente in presenza del padre. Quando Draco era così freddo aveva l’impressione di stare con un estraneo, non con un amico, e questo non le piaceva affatto, perché di estranei ne aveva già a bizzeffe.

 

Il bisogno di qualcuno a cui appoggiarti… ti rende debole, lo sai?

 

Samantha ignorò la voce cinica nella sua testa.

 

Però c’erano anche dei momenti speciali: la seconda personalità si smorzava e lasciava emergere la prima, che di solito era accompagnata da una buona dose di depressione.

 

*

 

I muscoli di Draco si rilassarono lentamente; poteva sentire il respiro lento e regolare di Samantha contro il collo e le sue braccia intorno alla schiena; il contatto non era invadente, ma delicato, immobile, che lasciava il tempo di abituarsi alla novità.

 

Non lo stava obbligando a ricambiare, l’importante era percepire il calore di quel gesto, che all’inizio l’aveva lasciato sbigottito e rigido; sembrava quasi che lei lo stesse accogliendo… ecco, così si sentiva. Accolto. Per com’era, Mangiamorte e ragazzo.

 

Draco si stava quasi abituando alla sua presenza, al solletichìo dei suoi morbidi capelli contro la bocca, al profumo fresco di lei. Con un gesto automatico, senza un preciso obiettivo, alzò una mano e scostò un ricciolo di chioma ramata – morbidi come quelli di mia madre – appoggiandolo su una spalla con delicatezza, sfiorando con la punta delle dita la pelle scoperta del collo di Samantha, facendola rabbrividire visibilmente.

 

La ragazza si mosse, autorizzata dall’iniziativa del ragazzo, e si alzò sulle punte dei piedi, attaccando la propria guancia a quella di lui, strofinandosi appena contro.

 

Draco mugugnò con un principio di resistenza. Dov’era il limite del contatto fisico tra due amici? Perché quell’abbraccio lo stava mettendo in difficoltà?

 

Erano così dannatamente vicini ora, poteva sentire il calore di Samantha scaldargli la pelle gelida e l’aria intorno…

 

Era bella, Samantha, una bellezza che non poteva lasciare nessun uomo indifferente, morbida nei punti giusti, snella, con lunghi capelli ramati che incorniciavano il viso gentile e due occhi in cui ci si poteva perdere dentro. Non era la prima volta che Draco si trovava a pensare a lei in quel senso; doveva ammettere di non essere immune al suo fascino, anzi, avrebbe dovuto preoccuparsi di non reagire ad una bella donna – ma si trattava solo di attrazione fisica. Giusto?

 

“Draco… dovresti fartela…”

 

Draco sobbalzò e poi si accorse che la voce era quella di Samantha. Arrossì un poco. “Chi?!” esclamò con una nota di nervosismo nella voce.

 

Samantha sbatté le palpebre, guardandolo con occhi innocenti e un sorriso pigro. “La barba.”

 

^*^*^*^*^*

 

Il Segreto degli Horcruxes

[Forma dell’Essere]

 

 

Per tutto il viaggio Harry rimuginò sull’inspiegabile sensazione che aveva provato al cospetto di quella statua: una piacevole sensazione di déjà-vu. Allora perché il dolore alla cicatrice era ricomparso? E quella fitta di dolore improvviso, ben peggiore del Cruciatus? Evidentemente esisteva un collegamento mistico tra quel luogo e Lord Voldemort; inoltre la ricerca di Hermione e le parole della Mangiamorte indicavano inevitabilmente il Cimitero di Hogwarts. Avrebbe indagato dopo il ritorno da casa di R.A.B.

 

L’ultima volta che era atterrato a Little Raven, la piccola cittadina in cui da più di diciassette anni si nascondeva R.A.B., aveva trovato ad accoglierlo una dimora completamente distrutta.

 

Seguì il consiglio del mago e, una volta nascosta la Firebolt, varcò la soglia della casa e, stando attento a non inciampare nell’infinità di cocci e macerie al suolo, si diresse sul fondo della sala principale. L’immagine sulla parete era nebulosa e alquanto distorta; Harry pensò che si trattasse di un effetto della barriera di cui R.A.B. gli aveva parlato. Allungò un braccio cautamente e quando vide la sua mano scomparire oltre le travi di legno, trattenne il respiro, ma il suo istinto non percepì alcun pericolo, quindi attraversò la parete con lo stesso impeto di quando aveva varcato per la prima volta la barriera posta alla stazione di Londra al binario 9 e ¾. Si ritrovò in una stanza completante uguale alla precedente, esclusi i cocci a terra. Harry notò il perfetto parallelismo rispetto alla stanza originale; sembrava di essere in uno specchio. Dallo squarcio sulla parete appena attraversata poteva osservare con chiarezza l’intera casa di R.A.B. D’improvviso il buco si richiuse e una voce canzonatoria e famigliare si levò alle spalle di Harry:

 

“Doppia Barriera! E’ così che ho eluso l’attacco di quei Mangiamorte, maghi davvero poco furbi, in effetti… Riddle sta raschiando il fondo del barile pur di reclutare servitori…”

 

“La Doppia Barriera?” chiese Harry non appena scorse il sogghigno di R.A.B.; l’eventualità che il mago potesse rischiare di restare vittima di un Mangiamorte non lo scosse minimamente.

 

“Ben tornato, Harry” rispose Kaus, facendogli segno di avvicinarsi “E come vedo sei sempre l’uomo delle domande. Beh, a questo punto ti rispondo. Una Doppia Barriera crea una sorta di doppione anti-dimensionale della zona totale coperta dall’incantesimo, la cosiddetta dimensione parallela e, in questo caso, opposta, la cui entrata si trova in un punto specifico all’interno della zona incantata e a cui è possibile accedere solo conoscendone con esattezza la collocazione. In altre parole sei riuscito ad entrare solo perché ti ho indicato la zona detta “Punto di Fuga”, e che ora ho prontamente rattoppato con un Incantesimo di Sigillo per evitare spiacevoli interruzioni. ”

 

Harry annuì, attonito. Lyon Kaus sorrise: “Non hai compreso una sola virgola del mio discorso, deduzione corretta?”

 

“A grandi linee ho capito” ribatté Harry, stizzito.

 

Le labbra di R.A.B. si storsero “E devono essere linee molto ampie. Ad ogni modo dovresti pur saperne qualcosa dato che la barriera d’accesso alla stazione di Hogwarts e la stessa Hogwarts sono protette da un tale sistema di intrusione, ma ovviamente quello della scuola è ben più potente ed elaborato del mio.”

 

“Anche ad Hogwarts?”

 

“Già, caro Harry. Da qualche parte nella scuola ci deve essere un “Canale di Fuga”, è differente rispetto al “Punto di Fuga”, dato che quest’ultimo concede un accesso da un punto materiale che è direttamente collegato con il doppione anti-dimensionale, mentre l’altro consente di Smaterializzarsi da un luogo esterno alla zona incantata fino a raggiungere la zona stessa, anche se questa è soggetta ad un incantesimo anti-materializzazione; la condizione è sempre conoscerne l’esatta ubicazione.”

 

“Ad Hogwarts ci si può Materializzare?” chiese Harry stupito.

 

“Precisamente. Non rammenti quel lontano giorno – Merlino, perché è accaduto? – che venisti a farmi visita per la prima volta?” domandò R.A.B. con fare drammatico.

 

Harry si chiese il motivo del perché Lyons Kaus insistesse nel recitare teatricalmente ogni qual volta parlava del loro primo incontro “Beh… ero a Hogwarts e un attimo dopo mi sono ritrovato a casa tua… in effetti è un avvenimento che non sono mai riuscito a spiegarmi.”

 

“Hai saltato un passaggio, caro Harry. Non ricordi, per caso, di aver sostato in un’ulteriore tappa? E’ impossibile che il Canale di Fuga fosse collegato direttamente con casa mia; assurdo, oserei dire. Ma questo l’ho capito: una volta utilizzato il Canale, ti sei Smaterializzato fuori da Hogwarts e poi, di nuovo, a casa mia; al tempo non vi era ancora una doppia barriera, perciò il mio resoconto è del tutto fattibile, ma la domanda è…”

 

“Come sono riuscito a Materializzarmi a casa tua se non l’avevo mai vista?” lo precedette Harry con evidente compiacimento “Uno degli obiettivi della Materializzazione è Destinazione.”

 

“No” disse Kaus cancellando la soddisfazione dal viso di Harry “Conosco già la risposta logica a questa domanda, ma, fammi indovinare, il tuo maestro di Materializzazione è stato Wilkie Twycross?”

 

“Sì.”

 

“Prevedibile. E così il Ministero recluta uomini del genere? Forse Riddle non è l’unico incapace nel selezionare i propri dipendenti, mmh…” mugugnò R.A.B., vedendo il volto incuriosito di Harry “Conosco Twycross da qualche annetto, e con “annetto” intendo dire ventiquattro anni, è un essere talmente spento e un pessimo maestro.”

 

Harry guardò Kaus di sbieco, pensando che l’uomo non era la persona più adatta per criticare i metodi di insegnamento di altri.

 

Kaus rivolse gli occhi al soffitto e assunse una smorfia annoiata “E poi la sua memoria era talmente a breve termine che non riusciva a imprimersi nella testa il mio pseudonimo, solo tre semplici lettere… R.A.L…. R.E.B., come lo storpiava indegnamente.”

 

“Perché?”

 

“Te l’ho detto, poca memoria.”

 

“No, perché?” ripeté Harry in tono severo “Perché ti fai chiamare R.A.B.?”

 

“Per lo stesso motivo di Riddle?” si autointerpellò Kaus con un ghigno “Non credo, non ho mai avuto problemi esistenziali tali da richiedere una dissociazione dalla mia vita precedente. La mia è solo arroganza, voglia di staccarsi dalla massa, ricerca di un titolo autorevole che sigillasse le mie doti innate.”

 

Harry strinse gli occhi “Doti innate?”

 

“Esatto. Ogni lettera è l’iniziale di una mia dote innata.”

 

“Quali doti…?”

 

“Hai due possibilità su tre” lo interruppe R.A.B. sorridendo “Puoi scegliere due delle tre lettere e saprai che dote innata nascondono; scegli con cura, è un’occasione irripetibile.”

 

Harry borbottò, seccato. Kaus si divertiva a testarlo in subdoli giochetti come quello ogni volta che ne aveva l’occasione.

 

“A.”

 

“Alchimista.”

 

Harry trattenne il fiato. Ecco un’altra faccia nascosta di Lyons Kaus. Forse avrebbe dovuto riflettere con più attenzione prima di scegliere la prossima lettera, ma d’altra parte, non c’era nessun metodo logico per selezionarne una.

 

“B.”

 

“Basilisco.”

 

“Come?” esplose Harry.

 

“Hai presente quel serpente gigante dallo sguardo assassino?”

 

“Sì, ma, perché hai scelto Basilisco?” domandò Harry, esasperato. Che Kaus avesse qualcosa a che fare con l’incidente del secondo anno?

 

“Beh” cominciò R.A.B. grattandosi il mento “Ci sono persone a cui piace collezionare francobolli, che prediligono l’allevamento di draghi, ma nel mio caso si tratta di serpenti giganti e mitologici: sono un Levatore di Basilischi.”

 

“Io credevo che i Basilischi non esistessero più in Inghilterra” disse Harry.

 

“In effetti la schiusa delle uova di Basilisco è dannatamente lenta: cento anni. Io ho raccolto delle uova e le ho tenute al caldo nel ripostiglio di Riddle finché un uovo su cinque si è schiuso.”

 

“Con “ripostiglio di Riddle” intendi la Camera dei Segreti?”

 

“La conosci? Ma d’altronde è ovvio. Hai avuto il privilegio di vederla in prima persona e in quell’occasione, se non sbaglio, hai anche soppresso il mio caro Giansar; sia chiaro, non ho niente contro di te, in fondo è stata puramente autodifesa… povero il mio basilisco!”

 

Harry fece tanto d’occhi “Come fai a saperlo?”

 

Per la prima volta da quando l’aveva incontrato, Harry vide Lyons Kaus vacillare, spiazzato dalla domanda.

 

“Come sai che sono stato nella Camera dei Segreti e che ho ucciso un Basilisco?” insistette Harry “Come fai a saperlo se sei rinchiuso qui da diciassette anni?”

 

Kaus piegò le labbra in un sogghigno “Sei sempre l’uomo delle domande, tu.”

 

“E vorrei che tu fossi l’uomo delle risposte, non delle allusioni” affermò Harry con tenacia.

 

“Qui si va sul pesante” sghignazzò R.A.B. “D’accordo, allora ti dirò tutto quello che vuoi sapere. Tutte le tue domande avranno una risposta comprensibile, ma questo non significa che tu riesca a capirle del tutto, ad ogni modo…”

 

Harry era visibilmente spazientito “Come fai a saperlo?”

 

Il sogghigno di R.A.B. diede passo ad un’espressione terribilmente seria “Ora ti dirò delle cose e tu dovrai prestare la massima attenzione, me lo prometti?”

 

Harry accennò con il capo, gli occhi che tremavano dall’impazienza.

 

R.A.B. prese un respiro profondo “Io sono in grado di percepire i suoi pensieri, non percepire interamente, parlerei piuttosto di una condivisione del pensiero. C’è qualcosa tra me e Riddle, un legame che si è creato da quel giorno.”

 

“Quale giorno?”

 

“Lo capirai da solo, Harry, dopotutto anche tu spartisci il mio medesimo destino” rispose Kaus abbassando gli occhi “Tu ed io, Harry, abbiamo qualcosa che possiede anche lui; ma è un’impronta la nostra mentre la sua è l’eredità tramandatagli dall’inizio del mondo. Forse tu e Riddle siete più simili di quanto crediate.”

 

Harry scosse il capo; le parole di Kaus suonavano distanti dalla sua piena comprensione “E’ per via della cicatrice e dei poteri che mi ha trasmesso?”

 

“Harry, quello che ti ha trasmesso Riddle va ben più in là di semplici poteri magici” sospirò Kaus, con lo sguardo fisso a terra.

 

Harry sbarrò gli occhi, allarmato “Che cosa mi ha trasmesso? E’ male?”

 

“No, non è possibile stabilirlo. Quello che ti ha donato sfugge ai normali parametri del bene e del male, è qualcosa di superiore, di incomprensibile.”

 

“Non riesco a capire” ammise Harry.

 

R.A.B. riprese un poco della sua naturale sfrontatezza, mentre sollevava il capo proferendo parole che alle orecchie di Harry suonavano come una Profezia “Non tentare di trovare una logica nelle mie parole, solo sappi che per sconfiggere del tutto il male dovrai estirpare anche ciò che è dentro di noi.”

 

Harry si tastò la cicatrice “Allora è male quello dentro di me. Hai detto che per sconfiggere del tutto il male dovrò morire anch’io.”

 

“Non necessariamente” ribatté Kaus in tono solerte “Come ho detto prima la nostra è solo un’impronta e scomparirà solo quando si annullerà il legame che ci unisce alla matrice originale in Riddle; in altre parole: quando quell’identità abbandonerà il corpo, l’anima e lo spirito di Riddle.”

 

“Cioè quando Voldemort morirà” puntualizzò Harry.

 

“No. L’identità lo può pervadere anche dopo la morte.”

 

“Allora dovrò uccidere anche questa “identità”?”

 

Il volto di Lyons Kaus si scompose in una smorfia di puro orrore “Non ti rendi conto di quello che dici!” ringhiò come un ossesso “Sono parole blasfeme le tue!”

 

Harry osservò R.A.B. mentre tentava di riprendere il controllo, domandandosi in cuor suo cosa mai avesse detto per scatenare una reazione tanto violenta nel composto Lyons Kaus.

 

“Ad ogni modo non la potrai mai uccidere, perché quell’identità è immortale e tale deve rimanere” disse Kaus con un soffio di voce.

 

“Di cosa stiamo parlando esattamente?” chiese Harry.

 

“E’ incomprensibile anche per me” ammise R.A.B. con un sogghigno.

 

“E questa identità è dentro di me? Anche dentro di te?” domandò Harry esitante.

 

“Sì, anche se, come ho detto, si tratta solo di un’impronta, una specie di copia che dipende dall’originale… Harry” continuò R.A.B. con la voce che gli tremava dalla decisione “devi assolutamente sconfiggere Riddle, uccidilo, fai quello che vuoi, devi privarlo della possibilità di sfruttare quello che ha dentro di lui. Credo che fino ad adesso non abbia compreso a pieno il suo enorme potenziale, ringraziamo Merlino, perché Riddle non è mai stato propenso all’indagine di sé stesso. Se avesse scrutato con più attenzione nel suo animo, avrebbe sicuramente notato quell’intruso… ma forse quello che c’è dentro Riddle fa paura persino a lui.”

 

Harry inghiottì saliva “E’ così spaventoso?”

 

Kaus borbottò “Certo, è un essere ignoto ed estraneo… niente fa più paura di una simile accoppiata, qualcosa che non conosciamo e che è diverso da noi.”

 

Seguì un lungo attimo di profondo silenzio. In quel breve momento Harry tentò di elaborare le parole di R.A.B.: qualsiasi cosa gli dicesse quell’uomo era inspiegabile e terribile, a partire dalla Maledizione mortale che Voldemort aveva scagliato sulla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, sino al misterioso motivo dell’estrema fiducia che Silente aveva riposto in Piton. Harry strinse violentemente i pugni: quel legame di fiducia che evidentemente scorreva solo da Silente verso Piton e non viceversa… perché Silente si era fidato di lui? Anche quand’era ovvio il suo tradimento nei confronti dell’Ordine? E perché Lyons Kaus sembrava conoscere ogni cosa? Cosa sapeva degli Horcruxes? Dove poteva cercarli? Forse grazie al legame con la mente di Voldemort di cui gli aveva parlato? E il legame con la sua mente e la cicatrice? Quella misteriosa identità? Le parole del Cappello Parlante, della Cooman e di quella Mangiamorte? La misteriosa sensazione al Cimitero di Hogwarts? Quella statua? Persino il mistero che aleggiava su Petunia Dursley… un’infinità di quesiti e misteri che a Harry sembravano non aver soluzione. Era un groviglio inesplicabile e che lo tormentava costantemente, ormai non sapeva più cosa fare, a quale domanda tentare di rispondere. E ora R.A.B., l’uomo che sembrava conoscere ogni cosa, si metteva a sua disposizione per chiarire quel tumulto di domande.

 

“Allora anche tu vuoi che Voldemort muoia” riprese Harry con voce ferma “Quindi ti prego di comunicarmi qualsiasi informazione che mi possa aiutare ad uccidere Voldemort, e non voglio che tu faccia il vago come sempre.”

 

Kaus sghignazzò prima di prendere posto sull’unico mobilio della stanza, un divano nero di pelle piuttosto rovinato; fece segno ad Harry di sedersi sul pavimento. Il ragazzo si accomodò ai suoi piedi a gambe conserte, la posizione sommessa non gli impediva di celare la sua trepidazione.

 

“Presumo che Silente ti abbia già spiegato a grandi linee le funzionalità degli Horcruxes, sai quindi che permettono di raggiungere uno stato d’immortalità” Harry annuì “Molto bene, almeno mi facilita il compito, anche se la parte più dura da digerire la sentirai dalle mie labbra, sei pronto e concentrato?”

 

Harry ripeté il cenno con il capo.

 

“Devi capire innanzitutto come si creano gli Horcruxes e anche quali tipi di essi si possono formare.”

 

Harry sgranò gli occhi “Ci sono dei tipi diversi di Horcrux?”

 

R.A.B. annuì “Dipende dalla combinazione con cui si associa il pezzo di anima. Ma questo te lo spiegherò dopo. La prima cosa che devi comprendere è la tripartizione che caratterizza ogni essere, chiaro?”

 

“Sì” rispose Harry con un nodo in gola.

 

“Dunque” proseguì Kaus schiarendosi la voce “Ogni essere è identificato da tre componenti: corpo, anima e spirito. L’anima delimita i confini del tuo essere e racchiude lo spirito, serbando in sé stessa un’impronta di esso. Lo spirito è l’essenza stessa di un vivente, giacché racchiude i ricordi e le percezioni, nonché ciò che ci distingue dai simili: la coscienza. La coscienza plasma il carattere di una persona, le sue scelte, i suoi sentimenti… quello che ti sto spiegando vale esclusivamente per gli esseri pensanti, non sono in grado di dirti se anche gli animali e le bestie possiedano una coscienza.”

 

Harry assentì sempre più stupefatto.

 

“Infine c’è il corpo, detto anche “trono dell’anima”. Esso è l’unica componente materiale, infatti sia anima che spirito sono invisibili e intangibili. Il corpo è un involucro privo di valore etico che può variare assecondando le leggi di natura o la genetica, mentre l’anima e lo spirito sono immutabili, ma ciò non significa che il carattere di una persona è predisposto dalla nascita; è solo la suscettibilità all’ambiente che circonda il corpo che induce la coscienza, anch’essa immutabile, a causare una serie di reazioni neurologiche nel corpo, in altre parole, un’evoluzione psicologica. Il corpo è anche la zavorra che protegge anima e spirito. Sai cosa succede quando l’anima, contente lo spirito, si dissocia dal corpo?”

 

“Si muore” disse Harry in un soffio.

 

“Già. E l’anima col suo spirito attraversa una barriera superiore, la Trinità, e nel mondo da essa racchiuso, l’anima libera lo spirito che si perfeziona, riprendendo le proprie sembianze umane, senza l’intralcio del corpo. In tale modo lo spirito è immortale e resterà lì oltre la fine del tempo, in altre parole, per sempre.”

 

Le mani di Harry tremarono sulle sue ginocchia “Ma come…” quasi balbettò “… come puoi dirlo con certezza? Nessuno è mai tornato dalla morte per raccontare come sia.”

 

R.A.B. sospirò “Indaga te stesso e scoprirai quanto è profonda la tua anima, oltre quella profondità troverai la Verità: ecco l’estrema importanza di quell’identità.”

 

Harry rimase oltremodo basito. Lyons Kaus sghignazzò “Lascia perdere. Quando mi senti fare discorsi che rasentano l’esoterico, ti prego, tappati le orecchie, non capisco nemmeno io quello che dico.”

 

Dietro le lenti degli occhiali, lo sguardo di Harry brillava intensamente “Quello che hai detto sulla morte, è vero?”

 

Kaus parve soppesare la domanda con molta attenzione: “Sono solo mie supposizioni” rispose infine.

 

Harry espirò con un misto di delusione e alleviamento “Puoi proseguire con la creazione degli Horcruxes, ma, per Merlino, non propinarmi più teorie strampalate sulla morte.”

 

“Chiaro, capo” ironizzò R.A.B., accomodandosi meglio sulla poltrona “L’Horcrux permette l’immortalità perché su di esso è legato un frammento di anima e dato che non è possibile un trapasso multiplo, lo spirito, la componente principale di un essere, resta in questo mondo anche se il suo corpo viene diviso dall’anima. Ora ti illustrerò le fasi di creazione di un Horcrux.”

 

Harry storse la bocca sentendosi stranamente simile a Voldemort, in attesa di scoprire i misteri egli Horcruxes “Devi proprio?”

 

“Temo di sì. E stai bene attento, sempre che tu voglia capirci qualcosa” sogghignò R.A.B. come solo lui poteva fare “La premessa per la creazione di un Horcrux è l’instabilità dell’armonia corporea, ossia quella tra corpo e anima. Questo sbilanciamento si crea ogni volta che si interagisce violentemente contro un’anima al di fuori della propria, e nessuno sconvolgimento è migliore dell’estirpazione della stessa anima dal suo corpo. Così facendo, l’assassinio di un altro essere vivente provoca uno sbilanciamento dell’armonia tale da permettere all’uccisore una scissione della propria anima. In altre parole, quando si uccide, si crea una sorta di strappo nella propria anima che con l’incantesimo appropriato, che ora non intendo spiegarti, è possibile allargare in modo da ritagliare un pezzo di anima da suggellare nella bacchetta.”

 

“La bacchetta?”

 

“Proprio così. E’ all’interno di essa che il frammento di anima si rifugia in attesa di essere assegnato ad un oggetto o ad un essere vivente per formare un Horcrux. E’ la stessa cosa che accade con l’Avada Kedavra, ma forse questo Riddle non lo sa. Per questo, un giorno, le sue vittime gli renderanno il favore” concluse R.A.B. con un ghigno compiaciuto.

 

Kaus evase lo sguardo indagatorio di Harry e proseguì saccentemente: “Ora hai capito come si creano gli Horcruxes, quindi ti illustrerò quanto può essere subdola la loro utilità. Ti ho già spiegato che l’armonia è caratterizzata dal bilancio tra corpo ed anima e dunque, asportando un frammento di questa, seppure con l’intento di raggiungere l’immortalità, il risultato effettivo è diametralmente opposto alle aspettative. Lo sbilanciamento può essere molto pericoloso per il soggetto, nel suddetto caso, la creazione di più di un Horcrux è decisamente azzardata.”

 

Gli occhi di Harry si illuminarono “Voldemort ne ha creati ben sei.”

 

“Non rallegrarti troppo. Riddle era perfettamente conscio di poter superare i normali parametri di un mago comune, ecco perché ha voluto rischiare e crearne addirittura sei per ottenere un’immunità quasi assoluta. Credo che questa sua extra-sopportazione alla lacerazione dell’anima sia da attribuire all’ospite che vige nell’anima. Comunque con l’anima così lacerata, Riddle non riceverà alcuna pietà nel giudizio finale.”

 

“Quale giudizio finale?”

 

“La morte” soffiò Kaus con voce fredda “E’ un rischio creare degli Horcruxes perché nel caso in cui vengano distrutti tutti, l’anima principale resta sola e debilitata senza le parti mancanti, e un tale sbilanciamento armonico è fatale, e, se poi…” un lungo brivido percorse il corpo di R.A.B. “… se poi si venisse a formare un Morcrux...”

 

“Che cos’è?” domandò Harry, fremente dall’emozione; esisteva qualcosa con un potenziale peggiore di quello degli Horcruxes?

 

“Questo proprio non posso dirtelo, Harry. Ma credo che prima della fine avrai possibilità di vederlo con i tuoi stessi occhi.”

 

“Continua allora” disse Harry con un filo di voce. Ciò che affermava R.A.B. era quasi una certezza; le sue parole erano l’eco di una Profezia.

 

“Bene. Prima ti ho parlato di diverse tipologie di Horcruxes, vi sono infatti quelli legati a semplici oggetti inanimati e quelli suggellati ad esseri animati. Questi ultimi forniscono una protezione maggiore, ma l’eccezionalità non sta nella difficoltà di spezzare il sigillo dell’Horcruxes, bensì nell’ostacolo che costituisce l’Horcrux stesso. Essendo un essere pensante è probabile che opponga resistenza all’estirpazione dell’anima del suo, come dire, “padrone”, e inoltre finché il pezzo di anima lo pervade, l’Horcrux animato condivide lo stesso destino del suo creatore, in sostanza è immortale.”

 

“E come si può distruggere se è immortale?”

 

“Basta semplicemente annullare il sigillo che lo lega all’anima, non è indispensabile ucciderlo. Anche se sarei più propenso a sopprimere chiunque avesse avuto a che fare con l’anima del mio peggior nemico.”

 

Harry annuì piano, sebbene poco convinto “Un Horcrux animato è come Nagini?”

 

“Esatto. Quel serpente costituisce un Horcrux animato e probabilmente sarà il secondo più difficile da distruggere” affermò R.A.B. col volto cupo.

 

“Il secondo?”

 

“Stai pur sicuro, Harry” e rivolse al ragazzo un ghigno beffardo “Che l’altro Horcrux animato non si lascerà uccidere tanto facilmente” dichiarò Kaus con una nota di malizia nella voce.

 

Harry sbatté le palpebre, turbato “Allora c’è un altro Horcrux animato? Eppure secondo i miei calcoli dovrebbe… almeno che non sia l’Horcrux legato al ricordo di Godric Grifondoro!”

 

“Può darsi” condivise R.A.B. “Ma ora proseguiamo con i dettagli: nel caso in cui l’Horcrux animato sia una persona possedente uno spirito. Ricordi quando ti ho parlato del Doppio-mago?”

 

Harry annuì piano “Certo, e mi hai anche detto che Remus Lupin è condannato ad una morte atroce!”

 

“Stai calmo” disse R.A.B. sventolando una mano davanti al viso di Harry “Ti ho anche detto che non correrà alcun rischio prima della fine di questo anno.”

 

“Non ho mai capito come tu faccia a saperlo, ma mi fido” ammise Harry con uno sbuffo.

 

“No, caro mio” ribatté R.A.B. con una risata delle sue “Tu ci speri. E fai bene a farlo perché se prima della fine dell’anno non riesci a costringere Riddle a spezzare la Maledizione, prevedo una nefanda fine per il tuo amico.”

 

Harry strinse forte i denti, distogliendo gli occhi dal viso sogghignante di Kaus “Continua.”

 

“Bene. Ti ho già spiegato a grandi linee l’essenza di un doppio-mago, ossia un mago occupato dal proprio spirito più quello di un estraneo. Ma per creare un Horcrux si necessità dell’anima, non dello spirito, il che ci conduce un tantino fuori tema, ma ti conviene comunque prestare attenzione, ti sarà di fondamentale importanza in futuro, credimi. Un doppio-mago è un Horcrux assolutamente speciale dove in luogo dell’anima si lega ad un estraneo il proprio spirito, ossia la propria essenza. In questo modo si pone definitivamente fine alla vita terrena per raggiungere uno stadio di esistenza spirituale all’interno del nuovo corpo. Tali esseri ibridi che vivono come parassiti all’interno di anime altrui sono detti Karmafaghi.”

 

Harry venne scosso da un lungo brivido “L’entità di cui mi stavi parlando prima? Non è che per caso…?”

 

“Perspicace, non me lo sarei mai aspettato da te, Harry” sogghignò Kaus “Ebbene sì: Riddle è un Karmafago e in prima persona un Horcrux. Buffo, no? Un Horcrux che crea altri Horcrux” il volto di R.A.B. si incupì “Qualcosa che va assolutamente contro natura.”

 

Harry sapeva che sarebbe andato incontro a verità sconvolgenti, ma non avrebbe mai immaginato di arrivare a tanto. Voldemort era un Horcrux? Un Horcrux speciale? Un Karmafago?

 

“E le doti speciali di un Horcrux animato non finiscono qui” esordì R.A.B., distogliendo Harry dal suo cruccio mentale “Attraverso la cosiddetta “Legge dello scambio Bilanciato” si può utilizzare un Horcrux per riportare in vita delle persone.”

 

Harry scordò completamente le sconvolgenti origini di Voldemort per concentrarsi sulla nuova ed impressionante rivelazione “Si possono resuscitare delle persone? Perché ritornino come prima della morte?” chiese esasperato.

 

“In teoria” rispose R.A.B. rilassandosi sulla poltrona “Ma non si può scegliere chi resuscitare, è un processo molto laborioso.”

 

Harry si riaccomodò sul pavimento con un sorrisetto aspro “Lo immaginavo.”

 

“Ora, se non ti dispiace, ti illustrerò il meccanismo di sussistenza di un Karmafago.”

 

“Perché?” chiese Harry, brusco.

 

“Te l’ho già spiegato. Ti sarà molto utile in futuro. E poi non ti piacerebbe sapere come se la passa Riddle con un ospite nell’anima? Ci potremmo fare due risate, anche se noi non siamo ridotti meglio.”

 

Harry lo scrutò sconcertato, ma prima che potesse contestare Kaus lo zittì.

 

“Lo spirito ospite può permanere nell’anima altrui sotto tre diverse forme permanenti: la prima è detta Suggellata, ossia quando lo spirito ospite è rinchiuso entro i confini dell’anima altrui, nel cosiddetto mare del brodo primordiale; a questo livello di estremo contatto con l’anima altrui, lo spirito, seppure privato della facoltà di muoversi liberamente, riesce a contaminare anche il livello corporeo del portatore, lasciando delle impronte del proprio spirito anche nell’anima del portatore, e questi influssi talvolta emergono e il Karmafago prova le percezioni dello spirito ospite. Con molta probabilità è questo il tipo di legame che unisce Riddle al suo spirito ospite, ed è una fortuna. Tra i tre possibili tipi questo è quello che permette il minor sfruttamento delle capacità dello spirito” R.A.B. rivolse il suo sguardo pigro al volto contratto di Harry “Fino ad adesso ti è tutto chiaro?”

 

In risposta, Harry esibì una faccia parecchio sconcertata.

 

“Stendiamo un velo pietoso e continuiamo. L’importante è che tu capisca che tal volta Riddle potrebbe avere delle improvvise crisi di identità in aggiunta ai suoi evidenti complessi esistenziali” le labbra di Kaus si contrassero ancora in un largo sogghigno “Il secondo tipo di legame permanente è detto Parassitico, lo spirito ospite raggiunge la predominanza mentale assoluta del portatore e questo è solitamente determinato dalla debolezza caratteriale di quest’ultimo. Comunque questa forma di legame non è niente di speciale: in questo caso lo spirito ospite ha sì il pieno controllo del corpo del portatore, ma non è in grado di esternare i suoi immensi poteri, può soltanto sfruttare quelli del portatore. Chiaro?”

 

Harry annuì gravemente. Lyons Kaus riprese a borbottare, estremamente divertito.

 

“Il terzo ed ultimo legame permanente e in assoluto il più pericoloso è detto Simbiotico. Lo spirito ospite non è suggellato nell’anima del portatore, ma è libero nel suo spirito e naturalmente mantiene la sua forma definita per non mischiarsi con quella del portatore. Ciò che impedisce allo spirito ospite di confondersi con lo spirito del portatore è definita banalmente Barriera dello Spirito, ma tuttavia, esiste un contatto tra questa e l’interiorità del portatore: in tale condizione i sogni diventano il tramite che unisce le essenze dell’ospite e del portatore.”

 

“I sogni” rimuginò Harry. Che le sue visioni notturne non fossero altro che il tentativo di contatto di uno spirito ospite, forse quello di Voldemort? Il ragazzo delineò la cicatrice con la punta delle dita: quello era il punto di contatto.

 

“Ritorna tra di noi, Harry Potter. Devo ancora spiegarti la parte più interessante” sogghignò R.A.B. scuotendo Harry per una spalla.

 

Il ragazzo esibì una smorfia scocciata ma implorò la sua pazienza di resistere alle frecciatine di Lyon Kaus “Continua” ripeté per l’ennesima volta.

 

“Oltre ai citati stadi permanenti vi sono quelle definite condizioni temporali. La prima è quella Sincopatica dove lo spirito ospite prende possesso momentaneamente delle facoltà corporee e mentali del portatore. Questo è possibile solo se di base c’è un legame Suggellato e un grande turbamento nell’anima del portatore. La seconda condizione temporale è la Dicotomia – Merlino ce ne scampi! – ossia quando il portatore riesce a sfruttare parte dei poteri dello spirito ospite. Al culmine di questa condizione vi è la Sincronia Perfetta: ai poteri del portatore vengono addizionati quelli dello spirito ospite ed inoltre si può giungere alla materializzazione della Barriera dello Spirito.”

 

Harry esaminò con turbamento il volto terrorizzato di R.A.B. “E’ così tragico?”

 

“Assolutamente sì” rispose R.A.B. con un sussurro appena udibile “E’ la fine del mondo.”

 

Harry trattenne il respiro: ci mancavano solo le predizioni apocalittiche!

 

“Ma è una cosa che Voldemort non potrà mai fare, vero?” chiese Harry con una nota di speranza nella voce.

 

Kaus liberò un lungo sospiro “Grazie a Merlino, no. La Sincronia Perfetta è accessibile solo al Karmafago unito con un legame Simbiotico e, che io sappia, non sono mai esistiti dei Karmafaghi del genere.”

 

Dopo aver ripreso calma, Harry scrutò Kaus, inquisitorio “Allora come fai a sapere che esistono?”

 

“L’ho letto in un libro, ma ormai dovrebbe esser andato distrutto. Era un libro che tra incantesimi e rituali assolutamente proibiti, citava un brano antico, inciso su una tavoletta antichissima: spiegava in minuziosi dettagli come si sarebbe svolta l’Apocalisse, la fine del mondo. Davvero sconcertante la Cerimonia del Ritorno e tutti quei macabri riferimenti ai Karmafaghi.”

 

“Era solo un libro” sospirò Harry con voce cupa.

 

Kaus sogghignò con una smorfia “Già, è quello che spero per l’umanità.”

 

Harry preferì ignorare quella nota di macabro sarcasmo “Hai altre cose da dirmi sugli Horcruxes o posso andare?”

 

“Effetti collaterali” ribatté R.A.B. saccentemente “Dietro a tutte le belle cose si nasconde una fregatura e nel caso dell’Horcrux parlerei di dipendenza. Anche se Riddle ha una resistenza notevole nella dissipazione dell’anima non vuol dire che riesca a sopravvivere con delle parti mancanti: un essere con l’anima non completa non è né vivo né morto, è una condizione a dir poco atroce, sia fisicamente che psicologicamente.”

 

“Ma allora, come…”

 

“Si chiama legame infrangibile primordiale” lo precedette Kaus “E’ questa la sconvenienza perché per colmare il vuoto che si genera con la creazione di nuovi Horcrux si necessità di attingere da una fonte di anima sana, ossia un altro mago. Ma una volta che questo mago con cui il creatore di Horcrux condivide l’anima muore per cause naturali, automaticamente la sua anima va a colmare i vuoti nell’animo del creatore e questi completa definitivamente la sua stabilità corporea. Riddle deve aver quindi stretto un legame infrangibile primordiale con un altro mago perché condividesse con lui la propria anima. Questa è la fregatura: se per caso questo mago dovesse morire prima del tempo, Riddle si ritroverebbe con un’anima lacerata e in condizioni peggiori di quelle di un Inferus, chiaro il concetto? Per Riddle deve essere tremendo dover dipendere dalla vita di un altro essere finché questo non termina il suo ciclo vitale.”

 

Harry annuì grave “Quindi se io riuscissi a trovare questo mago e a…” il ragazzo si bloccò di colpo.

 

“Ucciderlo?” sghignazzò Kaus “Ma non eri tu il santarellino niente-Maledizioni-senza-Perdono? Cambia strategia, assolutamente” R.A.B. marcò il tono della voce “Perché con lo sconvolgimento dell’anima si potrebbero verificare le condizioni favorevoli per la mutazione in un legame Sincopatico di cui ti parlavo prima. E questo è da evitare assolutamente; chissà cosa potrebbe fare quell’essere con i poteri di Riddle…”

 

“Ho riflettuto” cominciò Harry con espressione seria.

 

“Vuoi che getti in aria una manciata di riso?” chiese Kaus sarcasticamente.

 

Harry scosse il capo e assunse un’aria severa “Il mago con cui Voldemort ha stretto il legame infrangibile è Severus Piton, giusto?”

 

Kaus emise un mormorio che avrebbe potuto dissimulare una risata “Acuto. Già, è proprio lui. Non ci sono altre ragioni, infatti, per giustificare il trattamento di riguardo che Riddle serba a Piton. La sua vita gli è indispensabile, ecco perché lo espone ben poche volte a missioni pericolose. Comunque Severus Piton è sempre stato, senza dubbio alcuno, il Mangiamorte favorito di Riddle, ha avuto il grande onore di condividere con lui la propria anima. Ecco perché Riddle lo ha perdonato così facilmente nonostante i suoi anni passati sotto Albus Silente, ed ecco perché lo stesso Albus Silente si fidava così ciecamente di lui.”

 

Harry si levò in piedi con la mascella incredibilmente aperta, ma Kaus lo frenò con un rapido cenno della mano.

 

“Non mi chiedere altre spiegazioni” disse osservando di sottecchi l’espressione sconvolta di Harry “Ti ho detto anche troppo. Ma in casa mia vale il quid pro quo: ora sei tu che devi spiegarmi qualcosa. E ti avverto, è inutile che mi fai domande sulla questione “cieca fiducia di Silente verso Piton”, perché tanto io non ti risponderò.”

 

R.A.B. assunse una postura da bambino capriccioso, scrutando Harry con un’espressione insieme offesa e burlona. Il giovane Potter rimase alquanto interdetto: delle volte avrebbe voluto far ingoiare a R.A.B. una cospicua dose di Veritaserum, così che il vecchio avrebbe sputato tutte le informazioni di cui Harry aveva bisogno senza troppi giri di parole. D’altronde Lyons Kaus era un autentico pozzo di sapienza ed Harry non comprendeva il motivo del perché proprio quel mago saccente che lo aveva più volte sbeffeggiato per la sua presunta ignoranza, richiedesse il suo aiuto per conoscere qualcosa.

 

“Fai uno sforzo di memoria, te ne prego” sbuffò R.A.B. con un’espressione seccata “Non ti ricordi proprio dove hai fatto tappa prima di giungere a casa mia quel remoto giorno in cui – per Merlino! – ci incontrammo per la prima volta?”

 

Harry avrebbe anche potuto sforzarsi per ricordare, ma l’espressione asciutta di Kaus era del tutto scoraggiante. Era già la seconda volta che R.A.B. si interessava all’argomento quindi, anche se non lo dava a vedere, doveva tenere molto a quell’informazione; così Harry decise di volgere la situazione a suo vantaggio.

 

“Credo di essermene ricordato” disse con un sorriso pigro “Ma, come cortesia, ti pregherei di spiegarmi prima il motivo del perché Silente si fidava di Piton” all’ultima parola Harry non riuscì a trattenere una smorfia.

 

Kaus sorrise ampiamente “Un ricatto, chi se lo sarebbe mai aspettato da Harry Potter? Stai cominciando a diventare piuttosto subdolo… bel cambiamento. Ma non attacca, io ho molti più anni di esperienza nel campo della retorica.”

 

“Bene, allora non lo saprai mai” disse Harry in tono asciutto, mentre si voltava per andarsene.

 

“Tanto lo so già” mugugnò Kaus ridendo apertamente “Tutto merito dell’oggettino che tieni nella tasca. Grazie mille per l’informazione, comunque.”

 

Harry frugò nella tasca della tunica e vi estrasse un medaglione contente un messaggio rivolto al Signore Oscuro. Il legame mentale; il ragazzo levò il braccio per gettare via il falso Horcrux, ma la sua mano frenò: quell’amuleto era il ricordo del sacrificio di Silente e il garante della promessa che Harry aveva stretto con lui poco prima che morisse.

 

Lyons Kaus agitò la bacchetta contro il muro dove si riaprì lo squarcio spaziale da cui Harry era entrato qualche minuto prima “Puoi andare, ora so tutto ciò che desidero.”

 

Harry lo squadrò adirato: proprio quando il ragazzo era convinto che l’arroganza di R.A.B. avesse raggiunto il culmine, ecco che lo sorprendeva con una nuova dose di alterigia.

 

Mi ha già detto abbastanza, per oggi. Riuscirò ad estorcergli più informazioni in futuro, pensò Harry, suo malgrado rendendosi conto che probabilmente Kaus aveva percepito ogni sua riflessione grazie al legame mentale.

 

Infatti il vecchio mago gli rivolse un sorrisetto acido e lo invitò con un cenno della mano ad attraversare la distorsione spaziale.

 

Harry varcò il Punto di Fuga senza fretta eccessiva. Aveva come l’impressione di aver colto una certa ansia nel volto sogghignante di R.A.B. Che attendesse qualcuno?

 

Lyons Kaus osservò stancamente Harry Potter scomparire oltre la parete. Attese qualche minuto e sigillò lo squarcio con un colpo di bacchetta, poi volse il suo sguardo ansioso verso un angolo della stanza.

 

“Puoi uscire adesso” sibilò con voce algida “Piton.”

Tradimento…

 

Severus Piton comparve con uno schiocco nel punto in cui Kaus stava volgendo lo sguardo. L’alto mago dall’aspetto unto si avvicinò a R.A.B. con gli occhi nero pece che lanciavano fiamme.

 

“Perché hai svelato a Potter il segreto degli Horcrux? Perché gli hai rivelato il legame che unisce me al mio Signore?”

 

“L’ho già spiegato a Harry: do ut des. Lui ha ricordato ciò che mi occorreva e io gli ho rivelato qualche leggera informazione” rispose R.A.B., trattenendo a stento uno sbadiglio.

 

“Leggera?” sibilò Piton “Ora che l’ha scoperto conosce anche il punto debole del Signore Oscuro.”

 

Kaus si lasciò sfuggire un ghigno “Temi forse per la tua vita, Piton? Sta tranquillo, ho raccomandato al ragazzo di non compiere un gesto tanto avventato, destabilizzare l’anima di Riddle sarebbe davvero un azzardo, e poi non mi pare che a Harry serva un altro motivo per desiderare la tua morte.”

 

Piton sogghignò a sua volta “Non penserai davvero che mi possa preoccupare un moccioso inetto come Potter? E’ solo della sua lunga lingua che mi preoccupo, se lo rivelasse a qualche membro capace, ammesso che ce ne siano, dell’Ordine della Fenice, si potrebbe…”

 

“Non c’è pericolo” lo interruppe R.A.B. “So come funziona la psiche di Harry Potter: niente di ciò che gli dico lo riferirà ad altri. Tra noi si è creata una sorta di cospirazione, il ragazzo è consapevole del profondo turbamento che causerebbero le informazioni ricevute dal sottoscritto, e inoltre, il fatto stesso di rivelare ciò che accade quando è in mia presenza, lo porterebbe a confessare il suo sordido segreto.”

 

“Sarebbe?” domandò Piton.

 

“Riesce ad eseguire alla perfezione la Maledizione Imperius” rispose Kaus con un ghigno.

 

Piton sospirò tra lo stupefatto e il divertito “Per quale motivo Potter avrebbe desiderato imperare una Maledizione Senza Perdono?”

 

Kaus sollevò le spalle “Fatti suoi.”

 

“E scommetto” incalzò Piton “che il suo maestro è nient’altri che tu, vero R.A.B.?”

 

“Signor Kaus per te, Piton” borbottò R.A.B. “Solo Riddle ha il permesso di rivolgersi a me utilizzando il mio pseudonimo.”

 

“E ti pregherei, R.A.B., di rivolgerti al nostro Signore come gli spetta” mugugnò Piton in tono viscido.

 

“Ma è proprio ciò che si merita Riddle. Lo riconosco, è un mago abbastanza capace, ma la sua totale instabilità psicologica lo rende del tutto privo di fascino: non riuscirà mai ad esternare correttamente i suoi effettivi poteri magici.”

 

Piton scattò in avanti ed afferrò bruscamente il braccio sinistro di R.A.B. “Rispetto, innanzitutto. Io sarei più gentile con l’uomo che ha deciso di risparmiarti la vita.”

 

“Io non sono gentile con l’uomo che mi ha distrutto la casa” sogghignò R.A.B., liberandosi della presa di Piton con uno strattone “Oltretutto, non puoi toccarmi neanche con un dito, lo sai il perché?”

 

“Ovviamente” ribatté Piton in tono glaciale “Il Signore Oscuro mi ha spiegato ogni cosa. Ma se fossi in te non conterei troppo sulla magnanimità del nostro Lord e sulla mia pazienza.”

 

“Mago spazientito” cominciò R.A.B. con un ampio ghigno “ci tieni davvero a ricevere quell’informazione? – Piton digrignò i denti – Allora presta più rispetto agli anziani.”

 

Piton lo scrutò con mal celato rancore, ma fu costretto ad avvicinarsi al vecchio e a chinare il capo “Sono pronto per ricevere l’informazione.”

 

R.A.B. posò due dita sulla tempia destra di Piton e chiuse gli occhi.

 

Piton avvertì un leggero soffio attraversargli la testa; chiuse gli occhi a sua volta e Kaus ritirò le sue dita, accomodandosi sulla poltrona “Ebbene?” chiese.

 

Piton riaprì gli occhi, soddisfatto, ma quando incrociò il ghigno di R.A.B. la sua espressione appagata vacillò “Tutta questa farsa deve terminare” strepitò “Alleni Potter, gli riveli i segreti del nostro Signore e ora passi a me informazioni cruciali per il compimento della nostra prossima missione. Da che parte stai?”

 

Le labbra di Lyons Kaus delinearono un sorriso piuttosto affabile “Prettamente nel centro, o meglio, dove mi conviene maggiormente.”

 

Piton volse le spalle a R.A.B. e si incamminò verso il punto della parete dove Kaus aveva sigillato lo squarcio “Un approfittatore, i rifiuti privi di morale.”

 

Alle parole severe di Piton, Kaus non poté fare a meno di ridere sguaiatamente “I rifiuti privi di morale dopo i traditori, che ne dici Piton? Ma almeno io ho il coraggio di accettarlo. Quando ammetterai a te stesso di non essere altro che un lurido voltafaccia senza vergogna?”

 

Le dita di Piton si infossarono nella parete e lo squarcio di riaprì. “Mai” bisbigliò sordidamente prima di varcare il Punto di Fuga.

 

Lyons Kaus attese che Piton si smaterializzasse oltre la dimensione parallela “Prima della fine” confessò alla stanza vuota “Prima della fine lo ammetterai.”

 

*

 

Il corpo di Harry si affondò lungo la parete, mentre il Mantello dell’Invisibilità scivolava parzialmente dalla sua testa. Il suo volto glabro era contorto da un’espressione in parte incredula e scioccata: Piton e Kaus? Il suo istinto aveva fiutato l’ansia di R.A.B., ma di certo nulla avrebbe potuto prepararlo alla comparsa di Severus Piton e allo scambio di battute tra lui a il vecchio mago. R.A.B. era un traditore, anche se era stato suo maestro non si poteva assolutamente fidare di lui, era un doppiogiochista come Piton… e Harry gli aveva involontariamente rivelato un’informazione che avrebbe giovato al piano oscuro di Lord Voldemort, di cosa si trattasse esattamente, Harry non lo sapeva, capiva solo che avrebbe dovuto fermarlo a tutti i costi.

 

La prima cosa da fare sarebbe stata varcare il Punto di Fuga e far sputare a Lyons Kaus la verità, non importa con quali mezzi. Harry strinse forte la bacchetta portandosela al petto. Si sfilò del tutto il mantello dal capo e allungò il braccio verso la parete, ma questa frenò la sua avanzata. Harry spinse con più decisione ma la mano sbatteva contro la solidità del legno. Prese a tirare forti colpi contro la parete e a urlare, perdendo il controllo: “Vuoi aprire, schifoso doppiogiochista! Abbi almeno un po’ di dignità e affrontami! Ti prego, dimmi cosa hai fatto! Dimmi come posso fermare Piton!”

 

Il silenzio fu la risposta alle sue disperate suppliche. Harry lasciò che la bacchetta gli scivolasse lentamente dalle dita: Lyons Kaus lo aveva tradito e Harry si era fidato di lui, per un breve periodo aveva creduto di scorgere il sorriso sereno di Albus Silente in quello canzonatorio di R.A.B., il suo volto anziano e stanco sembrava rispecchiare quello dell’ex-preside, ma era tutta un’illusione.

 

“Cavatela da solo.”

 

Harry sobbalzò quando udì la voce di R.A.B.

 

“Devi smetterla di contare sugli altri, affronta il mondo con le tue sole forze.”

 

Harry indietreggiò sussultando. Kaus gli aveva detto di non fidarsi di nessuno, specialmente di lui, ma Harry aveva preferito creare una falsa fiducia per dipendere da lui e dalla sua bravura, per avere un punto di riferimento in sostituzione ad Albus Silente. R.A.B. era uno schifoso doppiogiochista, ma aveva ragione: Harry non poteva pretendere di ricevere sostegno da un mago che si era rivelato apertamente alleato col nemico.

 

Il giovane Potter raccolse la sua bacchetta e inforcò la Firebolt, scalciando il terreno. Si confuse nella nebbia fitta ispirando profondamente l’aria uggiosa.

 

^*^*^*^*^*

 

Hogwarts, 18 dicembre

[Si Cresce. Gelosia e Orgoglio. Vischio a s/proposito. ]

 

 

Harry aveva preferito attribuire alla bontà natalizia la concessione di Scrimgeour: gli aveva permesso di restare a Hogwarts senza retroguardia alle calcagna, ma con la promessa che, una volta finite le vacanze natalizie, o avrebbe fatto propaganda per il Ministero, o se ne sarebbe andato via definitivamente. Naturalmente Harry aveva scelto la seconda opzione, ma per quanto riguardava la promessa di non tornare più a Hogwarts, aveva stretto il giuramento con le dita intrecciate dietro la schiena.

 

Mancavano due giorni all’inizio delle vacanze natalizie e Harry non era obbligato, cosa che aveva suscitato le proteste di Ron, a frequentare le lezioni. Dopotutto Harry ne aveva già avute abbastanza grazie agli interminabili sermoni di R.A.B.

 

R.A.B. …

 

Strinse le labbra ma le rilassò quasi subito; doveva concentrarsi sulla situazione attuale. Lui e Ron si trovavano in una circostanza piuttosto particolare ma, per certi versi, esaltante.

 

Ron deglutì rumorosamente.

 

“Pronto?” il tono di voce di Harry non era per niente rassicurante, cauto e perplesso.

 

Il rosso annuì con la testa e la gola completamente secca.

 

Era il momento del grande passo.

 

Ron sapeva bene che prima o poi qualunque ragazzo doveva obbligatoriamente affrontare quel momento, solo allora sarebbe diventato un uomo; e sapeva bene che la sua intera vita sentimentale dipendeva da quel momento.

 

Eppure, una parte di lui era ancora incerta, soprattutto ora che si specchiava nel bagno del dormitorio e vedeva chiaramente, nel riflesso, la sua espressione perplessa. La mano impugnava con forza eccessiva un oggetto, come a volerlo inclinare, e i muscoli del braccio destro erano tesissimi, come se stessero compiendo un grande sforzo.

 

“Ron” lo chiamò Harry “Io… ecco… non è troppo presto?” domandò l’amico, esitante. Anche lui, la stessa espressione perplessa e il braccio tremante.

 

Ron si accigliò leggermente. “Beh… credo sia il momento. Abbiamo diciassette anni, ormai. E poi, l’hai proposto tu!” gli fece notare senza nascondere un poco di stizza.

 

Harry corrugò le sopracciglia. “E’ Ginny che insiste e se non l’accontento sono ufficialmente un uomo scapolo e defunto.”

 

Ron si fece scappare un piccolo sorriso, sogghignando malignamente nella sua testa all’immagine della sua carissima sorellina che picchiava a sangue Harry.

 

“Quindi non hai scelta, giusto?”

 

Harry sospirò. “Ok, ok, capito. Lo faccio… se no, che Grifondoro sarei?” scherzò piegando il gomito verso di sé.

 

Ron lo imitò. “Ben detto. Allora… al mio tre. Uno” Ron e Harry avvicinarono la lametta da barba alla guancia fino ad averla ad un solo centimetro dalla pelle illesa. “Due” i due amici si fissarono nelle palle degli occhi, per poi annuire e voltarsi verso lo specchio: “Tre!”

 

“Fermi!” Ron e Harry si girarono simultaneamente per fissare un sogghignante Seamus Finnigan appoggiato maliziosamente alla porta del bagno.

 

“Seamus… che vuoi?” domandò scocciato Ron, ricevendo in risposta un ghigno più ampio.

 

“Ma Ron, ti pare di essere così scortese? Proprio adesso che vi sto salvando da dissanguamento certo?” recitò teatralmente, mettendosi un mano su cuore.

 

Harry sbatté le palpebre. “Che intendi?”

 

“La schiuma da barba.” Spiegò l’ex-Grifondoro con tutta serenità.

 

“Che?” Ron si guardò nuovamente allo specchio e trovò la sua faccia pulita. Forse, lui ed Harry avevano dimenticato qualcosa… “Ah, oooh…”

 

Seamus si lasciò andare in una risata, mentre Harry rielaborava i dati ricevuti, capendo finalmente il problema. “Che stupidi” disse afferrando una bomboletta e, riempita una mano di schiuma, se la passò sul viso, massaggiando.

 

Ron fulminò Seamus, riuscendo a farlo uscire ma anche a far aumentare le risate, e prese a sua volta un po’ di schiuma che gli aveva passato Harry.

 

“Come se fosse stato così evidente… è la prima volta, no?” borbottò, mentre Harry sorrideva.

 

“Sei troppo permaloso Ron. Ti saresti messo a ridere anche tu, al suo posto…”

 

“Non sono permaloso.” Sottolineò con enfasi il rosso, affondando la lama nella guancia e raschiando la pelle con gentilezza.

 

Harry ridacchiò mentre lui stesso passava la lametta sulla pelle.

 

“Non ti senti incredibilmente adulto in questo momento?” chiese con allegria il ragazzo momentaneamente senza occhiali.

 

Ron si guardò allo specchio, soddisfatto della prima metà di guancia. “Nah, alla fine non è niente. Solo uno stupido fatto di crescita fisica, ma dentro… dentro sono già cambiato.”

 

Ed era vero. Ron sentiva di essere in qualche modo maturato dalla morte di Silente, e, se da una parte c’era un piccolo rimpianto verso i giorni spensierati (più o meno) degli anni passati, dall’altra era fiero dei propri cambiamenti; oltretutto non era cambiato troppo, solo… beh, maturato. Non c’era altro modo per dirlo.

 

“Merlino, mi sono tagliato!”

 

Ron rise apertamente mentre Harry gli lanciava un’occhiata di fuoco. “Non c’è niente da ridere! Spero che – ” Harry non finì la frase che il rosso borbottò un “Ahi” dopo essersi tagliato mentre si occupava del pelo rossiccio sulle basette. Entrambi si guardarono e scoppiarono a ridere.

 

“Sei proprio un portasfortuna, Harry” scherzò Ron.

 

“Infierisci pure, dopo anni di predizioni Coomaniane sono immune a queste cose.” Stette al gioco il Ragazzo Sopravvissuto, finendo il proprio lavoro e sciacquandosi il viso. Harry si guardò allo specchio, apparentemente soddisfatto, e si asciugò con un asciugamano.

 

“Io scendo da Ginny, voglio vedere se avrà da obbiettare ancora qualcosa: niente problemi di barba durante i baci.” Annunciò, con un sorriso malizioso.

 

Ron cercò di non darci peso: si doveva rassegnare all’idea che sua sorella stesse con Harry, no? Meglio lui di qualcuno altro, si consolò, sorridendo a sua volta. “Cerca di non approfittarti troppo di lei” si raccomandò il rosso, da una parte complice, dall’altra estremamente serio.

 

Harry non sospirò né tremò né ebbe alcuna reazione. Forse, era solo abituato alla sua iper-protettività da fratello… infondo, gli aveva detto di capirlo, qualche giorno prima, in un momento in cui si erano ritrovati insieme ad Hermione.

 

“Tranquillo. A dopo Ron!” lo salutò, dileguandosi dalla porta.

 

Ron sospirò leggermente, si lavò il viso e lo asciugò, passandosi una mano sulla guancia. Poi prese il dopo-barba, accorgendosi solo ora che Harry aveva dimenticato di metterselo. “Che scemo” sorrise furbescamente, premendosi le mani sulle guance. Il bruciore fu improvviso: la bocca di Ron si aprì e ne scaturì un piccolo suono strozzato e le mani si allontanarono di scatto dal viso, come ustionate.

 

“Per la barba di Merlino, non pensavo bruciasse così tanto!” esclamò il ragazzo, mentre il dolore diminuiva progressivamente fino a scomparire.

 

Nel bagno entrarono una decina di ragazzi che Ron conosceva più o meno di vista. Il rosso si congedò salutandoli con cenno di capo e andando verso il suo letto, dove si vestì prendendo a caso una maglietta, un maglione e un paio di jeans; infilate le scarpe, Ron si precipitò giù dalle scale con una strana allegria con cui si era svegliato quella mattina, deciso a godersi i pochi istanti di libertà dentro Hogwarts: la colazione!

 

Giunto in Sala Grande aguzzò la vista in cerca dei suoi amici – meglio, in cerca di Hermione. Infatti, Harry e Ginny erano irrecuperabili fino all’orario di lezione, e  non aveva voglia di chiacchierare né con Seamus né con Ernie… insomma, a dirla tutta, Ron aveva voglia di stare un po’ con Hermione.

 

Perché gli mancava da morire.

 

La chioma leonina della ragazza catturò il suo sguardo che si indurì nel costatare che non era sola.

 

Una parola: Mclaggen. Quel bastardo era diventato una specie di Hermione-fanatico appiccicato a lei più di Krum aiutato dal fatto che erano in gruppo insieme.

 

Un braccio del ragazzo si mosse verso le spalle di Hermione, che si scansò dicendo qualcosa che Ron non poteva capire. Decisamente, si deve intervenire.

 

Pensando a questo Ron si posizionò dietro ad Hermione, la quale stava ripiegando la Gazzetta del Profeta che non era riuscita a leggere per colpa di quell’irritante McLaggen, e la salutò con un sorriso radioso.

 

“Buongiorno Hermione… buone notizie?”

 

La ragazza arrossì un poco e negò con un cenno di capo, restituendogli il sorriso e aumentando il suo stato di euforia. “No, come sempre nuovi attentati o dichiarazioni del Ministro.” Disse, ignorando volontariamente il suo compagno. “E ben svegliato anche a te Ron…” soffiò dolcemente.

 

Ron sogghignò. “Me lo dai il bacino del buongiorno?” Eh già, da qualche giorno i due ragazzi avevano preso l’abitudine decisamente molto piacevole di scambiarsi un piccolo bacio – innocente, bene inteso – per augurarsi una buona mattinata. Tutto era successo per gioco, ma Ron ogni mattina le domandava il ‘bacino del buongiorno’ ed Hermione non aveva proprio il cuore per rifiutarglielo.

 

La ragazza sorrise compiaciuta e posò le labbra sulla guancia protesa verso di lei che il suo ‘migliore amico’ le porgeva. Ron gongolò, sia per il bacio sia per il digrignare di denti di McLaggen.

 

Hermione lo guardava ancora con gli occhi color cioccolato che brillavano e le guance rosa scuro che lo invitavano a passarvici un dito e posarvisi un nuovo bacio. E in effetti Ron si sarebbe chinato volentieri per dare consistenza al proprio desiderio, ma la voce pregnante di rabbia di McLaggen lo distrasse.

 

“Ehi tu, che credi di fare?!” tuonò con prepotenza quello, alzandosi in piedi per fronteggiarlo. Benché Ron fosse più alto, McLaggen era di certo più robusto, ma non più forte. Ron si era allenato duramente prima e durante la scuola, per essere sicuro di poter difendere i suoi amici, la sua famiglia e anche se stesso, possibilmente.

 

Ron inarcò un sopracciglio evidentemente infastidito. “Stai calmo, McLaggen. Sto salutando la mia amica, problemi?”

 

Quello pestò i piedi e emise un suono profondo, simile ad un ruggito. “Stai costringendo Hermione a fare qualcosa che non farebbe di solito. Non la devi toccare, o te la vedrai con me, chiaro?”

 

Ron non si scompose minimamente. “Lasciami stare, McLaggen. Quello che è una scocciatura qui, sei tu.” sottolineò il rosso.

 

Il viso di Mclaggen era contorto in una smorfia di rabbia e gelosia. “Cosa hai detto?”

 

“La pura verità” asserì Ron scoccandogli un’occhiata pungente “Hermione è arcistufa di te e del tuo fanatismo, fattene una ragione. Lei non sarà mai la tua ragazza.”

 

McLaggen non si mosse. Hermione continuava a scambiare sguardi da lui a Ronald, amareggiata e frustrata da quella situazione.

 

“…Hermione… sono così invadente?” venne fuori in un soffio la voce di McLaggen. Hemrieon sussultò sentendo quella voce solitamente prepotente e sorda uscire lieve e quasi tremante. Era ferito? Era davvero innamorato di lei?

 

“Sì, è la verità. Ora lasciala in pace.”

 

Hermione non riusciva a capacitarsi del tono freddo che stava usando Ron. Prima che potesse in qualche modo esprimersi sull’argomento, McLaggen chinò il capo verso di lei senza però guardarla negli occhi “Mi dispiace” e se ne andò sbattendo la spalla, non proprio casualmente, contro quella di Ron e facendolo così ondeggiare all’indietro.

 

“Maledetto McLaggen” borbottò Ron, girandosi poi con un sorriso verso Hermione. “Allora… stabiliamo l’ora per i preparativi della festa? Tutto il materiale è quasi pronto, ormai.” Commentò allegramente il rosso, prendendo una tazza e riempiendola di caffèlatte caldo.

 

Hermione non rispose al sorriso, ma lo guardò duramente. Ron sbatté le palpebre.

 

“Che ho fatto?” chiese con tono seccato, riconoscendo lo sguardo So-Tutto-Io di Hermione Granger, o meglio, lo sguardo che gli lanciava ogni volta che lei pensava che lui avesse fatto qualcosa di sbagliato.

 

“Non avresti dovuto dire quelle cose.”

 

Ron non poté evitare di sgranare incredulo gli occhi. “Non eri tu che ti lamentavi di McLaggen?” Si accorse tardi che la sua voce era dura, troppo.

 

Hermione strinse le labbra e Ron sapeva benissimo cosa li aspettava: una nuova guerra. Una di quelle piccole (forse) guerre costruite su malintesi, gelosie e sentimenti non espressi.

 

“Vero, ma c’è modo e modo di rivolgerti alle persone.” Contestò Hermione fissandolo con testa alta e occhi fieri “Me ne sarei occupata io, senza che tu ti mettessi a decidere per me.”

 

“E allora torna da lui, che ti devo dire?! Vai, scusati, e stacci insieme!” Perché non collegava il cervello prima di parlare?

 

Hermione, come si era aspettato, stirò ancora di più le labbra rosee fino a farle diventare un’unica linea. “Bene” disse “Andrò a farlo. Ciao Ronald.” Si congedò la ragazza enfatizzando il suo nome prima di girare i tacchi e scomparire dal Portone.

 

Ron rimase per qualche minuto immobile, stringendo la mascella e i pugni fino a farsi male, poi si risedette e finì il suo caffelatte. Infine divise con rabbia una brioche e sibilò “Al diavolo”.

 

Un sospiro.

 

“… perché il mio orgoglio è più importante di lei?”

 

*

 

Hermione si sentiva frustrata, semplicemente. L’irritazione della litigata mattutina con Ron era passata, ed ora le rimaneva solo quella sensazione di amaro nel palato e una profonda e sconsolata coscienza che dovevano smetterla di comportarsi così; eppure, Hermione sapeva che il suo rapporto con Ron non poteva cambiare. No, non nel senso da amicizia a  - diciamo – ‘qualcosa in più’ (anche se questo cambiamento le pareva ancora lontano); solo, Hermione sapeva di non potersi imporre sull’orgoglio di Ron, né sul suo, perché faceva parte del loro carattere; e anche se l’orgoglio era uno degli aspetti che prediligeva nel carattere di Ron, era un ostacolo.

 

L’orgoglio. L’ostacolo più grande tra lei e Ron.

 

Come si faceva a vincerlo? Come potevano per una volta combatterlo se tutti e due volevano essere dei vincitori? Perché si trattava di questo: vincere uno sull’altra, non essere dei perdenti. Alla fine, tuttavia, il guadagno di quell’orgoglio era esiguo, solo un’amara soddisfazione e un dolore che mozzava il respiro.

 

La ragazza sospirò, afflitta, e alzò gli occhi dal pavimento per fissarli su Ron che stava a qualche banco più indietro: era evidentemente distratto, gli occhi azzurri che fissavano assenti qualcosa al di fuori della finestra.

 

Poi, quelle pozze blu la fissarono.

 

Con un’intensità da metterle i brividi, con un’umiltà che era già di per sé uno ‘Scusa’ non verbale.

 

Hermione sospirò e gli rivolse un piccolo sorriso tirato.

 

Perché l’orgoglio poteva vincere tutte le sue buone intenzioni ma non quello sguardo.

 

Finita la lezione, Ron le si avvicinò subito, e si misero insieme a camminare per i corridoi, quasi casualmente, approfittando dell’ora buca.

 

“Beh… hai avvisato gli altri?” domandò Ron, un poco ansioso.

 

Hermione annuì, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio. “Sì, ma sono tutti impegnati oggi e non possono aiutarci ad addobbare la Stanza delle Necessità… saremo solo noi due.” Soli.

 

“Oh” Ron non sembrava né disapprovare né esserne entusiasta. “Capisco.”

 

Un silenzio per niente piacevole li accompagnò nella loro camminata, interrotto solo dalle chiacchiere degli studenti che incontravano man mano e dal respiro ansioso di Hermione.

 

Alla fine Ron sospirò e si fermò, facendo si che anche Hermione lo imitasse.

 

“Senti Herm –”

 

“Hermione!” McLaggen si precipitò verso i due, con un sorrisone larghissimo e le mani dietro la schiena.

 

“Sì, McLaggen?” disse Hermione cercando di essere educata; forse, solo forse, sarebbe stato meglio se non avesse mai cercato McLaggen dopo la litigata con Ron e non si fosse scusata per il comportamento del suo migliore amico. Almeno, se l’avrebbe tolto di mezzo. “Hai bisogno di qualcosa?”

 

Il robusto ragazzo scosse la testa in segno di diniego. “Ti ho portato un piccolo regalo di Natale.”

 

“Oh” Hermione inarcò un sopraciglio con scetticismo. “Così presto?”

 

Lui annuì stupidamente. “Guarda qui, Hermione: vischio!” Il ragazzo mostrò il rametto della pianticella che aveva rubato da qualche parte e lo allungò verso di lei, facendole scappare un gridolino di sorpresa e orripilato.

 

“Sai cosa dice la tradizione, Herm?” Odiava quel nomignolo. E come odiava quella situazione e quel maledetto rametto che si avvicinava a lei insieme al corpo massiccio del compagno di gruppo.

 

“Che i due giovani che si trovano sotto il vischio devono –” Ron interruppe l’avanzata del ragazzo rubandogli il ramo di vischio dalla mano, livido di rabbia.

 

“Ti ho detto che devi starle lontano.”

 

McLaggen lo fronteggiò. “Lo dici tu, non lei.”

 

Ron stava per rispondere, ma poi si fermò. Che diritto aveva di scegliere per Hermione? Ma odiava quel tipo, troppo viscido. Oh, beh, a dir la verità era geloso di tutti i ragazzi di sesso maschile che le gironzolavano intorno. Ma solo per amicizia, …tsk, chi prendeva in giro? Era geloso, geloso marcio.

 

“McLaggen, stai lontano.”

 

Tutti e due i ragazzi si girarono in contemporanea verso Hermione che aveva parlato, entrambi sorpresi ma uno felice, l’altro decisamente il contrario.

 

“Ma Herm…”

 

Hermione esplose. “Sono stufa di come tu mi stia appiccicato, di doverti fare da balia e di cercare di ignorare la tua presenza. Tu non mi piaci McLaggen, mi spiace, ma è così, quindi, ti prego, dimenticami e smettila di assillarmi.”

 

McLaggen assottigliò gli occhi e se ne andò mormorando contro Hermione imprecazioni parecchio pesanti; la reazione violenta e sprezzante confermò a Hermione la correttezza della sua scelta. Ron stava quasi per seguirlo e pestarlo a sangue quando la mano di Hermione gli toccò il polso, fermandolo.

 

“Lascia stare Ron” soffiò “Non è il caso di seguirlo. È solo un povero idiota con il cuore a pezzi, in fondo.” Ron grugnì ma obbedì. Hermione gli regalò un sorriso radioso da sciogliere qualunque traccia di tristezza nel suo cuore.

 

“Grazie”

 

“Di che?” domandò Ron, accorgendosi solo in quel momento di come erano vicini. Poteva sentire il calore del suo corpo attraverso la divisa scolastica e il suo respiro leggero sul collo.

 

“Per avermi fatto finalmente capire che dovevo parlare seriamente con McLaggen” Hemrioen chiuse gli occhi sospirando “Era da tempo che volevo farlo, ma cercavo il modo giusto. Non credo sia andata bene, ma è andata”

 

Ron si era già perso nello scintillio dei suoi occhi cioccolato così dolci, perdendosi almeno metà del discorso.

 

D’impulso, le prese la vita e la strinse più vicina a sé, facendola sobbalzare e arrossire furiosamente.

 

“Ron, cosa…?” Le labbra di Ron si accostarono alle sue, delicatamente. Hermione spalancò gli occhi, del tutto impreparata.

 

Oddio… e adesso che faccio? Chefacciochefacciochefaccio??

 

Una delle mani di Ron cominciò a massaggiarle piano la schiena ed istintivamente i muscoli di Hermione si rilassarono. Le labbra di Ron erano morbide e si strofinavano piano contro le sue, provocando brividi lungo la schiena della ragazza.

 

Comportati da vera Grifondoro Hermione Granger.

 

Le braccia di Hermione si posarono sulle spalle di Ron e le sua mani scivolarono lungo la base del collo del ragazzo, giocando con i suoi capelli color fiamma, mentre il suo corpo si pressò contro quello di lui, invitandolo ad andare più a fondo.

 

Ron sospirò contro la sua bocca e obbedì, accarezzandole con la lingua le labbra già socchiuse con una lentezza esasperante e incredibilmente piacevole. Hermione si lasciò guidare dal suo tocco e dalla sua esperienza – dimentica di colei che gliela aveva procurata, troppo presa dai brividi di piacere e dal tocco gentile delle sue mani contro la schiena.

 

Si staccarono solo per riprendere fiato.

 

Ron la teneva ancora stretta a sé, e il viso di Hermione era ancora a pochi centimetri da quello di lui. Le accarezzò la guancia teneramente, posando un piccolo bacio sul suo naso.

 

“Merlino, ancora meglio di come lo immaginavo.”

 

Hermione sorrise gongolante, il cuore che batteva furiosamente contro il suo, altrettanto veloce. “Perché diavolo non l’hai fatto prima, razza di stupido?” lo accusò scherzosamente, facendo scintillare divertiti gli occhi blu di Ron.

 

“Utilizziamo questo pomeriggio per recuperare il tempo che ho inutilmente perso, che ne dici?” ghignò il ragazzo, stringendola ancora di più a sé. Le labbra di Hermione erano ancora più vicine e così dannatamente invitanti…

 

“Ma dovremo iniziare ad organizzare la festa e –” Ron le lanciò un’occhiata penetrante “Al diavolo.” Hermione premette ancora le labbra contro quelle di Ron, soddisfatta di come si incollavano bene sulle sue.

 

Da dietro l’angolo Minerva McGrannitt sospirò, fissando con un piccolo sorriso i due ex-Grifondoro intenti in un abbraccio piuttosto intimo. Si girò decisa e si diresse verso il proprio ufficio, decidendo di recarsi più tardi in Guferia, per non disturbarli, facendo finta di non aver visto niente.

 

Infondo, oltre a lasciare che una nuova coppia nascesse, ed una coppia composta da due dei suoi studenti preferiti, faceva un piccolo dispetto a Scrimgeour.

 

Beata gioventù.

 

Proprio in quel momento, Harry stava prendendo il volo con la Firebolt, spinto dal suo irrefrenabile istinto. Si sarebbe unito alla festa solo dopo; per ora doveva compiere la sua vendetta.

 

 

^*^*^*^*^*

 

Il Torneo

[Contro suo Padre; Vendetta e Sangue]

 

 

La voce di Donovan sovrastò i borbottii dei Mangiamorte: "Si dia inizio al Torneo."

 

Il giudice della gara si voltò verso Voldemort, il quale fece un'impercettibile segno di assenso; Darcy alzò un angolo della bocca, e mosse appena la propria bacchetta. Sopra le teste dei Mangiamorte apparve un oggetto che ricordò a Draco il famoso Calice di Fuoco visto durante il suo quarto anno a Serpeverde, e, se non era proprio il Calice originale, Malfoy avrebbe saputo benissimo capirne la funzione.

 

La fiamma di un tenue azzurro si fece d'un colore grigio cenere, da cui comparvero due foglietti di pergamena che fluttuarono nell'aria fino al palmo di Darcy Donovan. Draco storse la bocca, in una smorfia insofferente così tante volte provata a scuola, che originalità.

 

In effetti, Voldemort peccava un po' di originalità. Insomma, il vecchio sogno del male di conquista del mondo..., mentre il pensiero sarcastico gli sfiorava la mente, Draco si ritrovò a rimproverarsi di questo.

 

Lui è il Signore Oscuro, a cui tu sei devoto. Niente pensieri strani.

 

Samantha, vicino a lui, osservava il sorriso accennato di Donovan mentre pronunciava il nome di due Mangiamorte che Draco aveva sentito una volta nominare da suo padre come incompetenti, le braccia incrociate al petto, facendo aderire alla sua figura il mantello. A Malfoy non poté sfuggire di notare la curva dolce del seno della sua coinquilina, non che non vi avesse mai gettato un'occhiata prima. Anche ad Hogwarts aveva avuto occasione di dilettarsi con immagini di donne, ma non aveva mai voluto intraprendere qualcosa di serio o di fare qualcosa di serio dato la delicata situazione in cui si era trovato. Ma era un ragazzo, si diceva quasi per soffocare quella sensazione di incomodità che provava in quel momento. Un ragazzo.

 

Samantha sbatté le lunghe ciglia scure, un poco perplessa. "Draco, tutto bene?"

 

"Smettila di chiedermi se sto bene" rispose scorbutico, voltandosi di nuovo verso Donovan, riuscendo a nascondere il lieve rossore che sentiva sulle guance. Samantha non si doveva essere accorta di niente, perché non aveva urlacchiato - come facevano di solito le sue compagne di Serpeverde - né aveva fatto commenti sarcastici - come si divertiva Blaise Zabini (ai tempi d'oro, l'unico amico, per così dire, e forse anche adesso, ma non voleva pensarci).

 

O, forse, Samantha aveva finto di non notare la sua occhiata. Draco era perplesso nei confronti della Mangiamorte straniera, non riusciva a comprendere alcuni suoi comportamenti. Come quando parlava in modo ambiguo, come se non fosse una seguace di Lord Voldemort. O come, questo più spesso e più sconcertante, si preoccupava per lui - o, almeno, era quello che pareva.

 

Personalmente, Draco non sapeva come comportarsi con lei; delle volte era come se lui diventasse un altro, una specie di ragazzino più fragile che - se ne era accorto - la inteneriva, altre tornava il Draco Malfoy di Serpeverde, quello presuntuoso e saccente che sbeffeggiava Potter&company. Il suo vero io, ultimamente molto rado; e Draco provava un certo ribrezzo quando si accorgeva di non riuscire ad imporsi in nessun modo in quel luogo... ma c'era qualcosa di positivo, in quello: non essere annoiato e non avere nemici troppo insistenti. Però c'era il rischio continuo di venire schiacciato, e a Draco non andava. Voleva dimostrare a tutti - e a suo padre - di poter superare tutte quelle fecce mezzosangue e codardi che si nascondevano tra i Mangiamorte.

 

Samantha, accanto a lui, sussultò. Draco la guardò con la coda dell'occhio e il sopracciglio inarcato interrogativamente.

 

Samantha gli sorrise. "Augurami buona fortuna" mormorò in modo che solo lui potesse sentirla e si Smaterializzò su una specie di 'ring' allestito in un angolo della sala (semplice incantesimo di Trasfigurazione) e, in piedi in un angolo, abbassò il cappuccio rivelando la chioma voluminosa e liscia.

 

Draco non trattenne un'espressione scioccata - oh no, non per i capelli, ma perché il rivale di Samantha era suo padre.

 

Per un attimo la testa smise di collaborare e andò in black-out.

 

"Potete iniziare", fu il sogghigno malevolo di Donovan.

 

No che non possono. Dannazione...

 

Draco Malfoy era in una situazione scomoda; il problema è che neanche lui sapeva perché si sentisse così fuori luogo mentre osservava le prime battute del match tra suo padre e (la sua amica? la sua coinquilina? quella a cui ogni tanto sbirciava?) Samantha.

 

Come altri Mangiamorte prima di loro, Samantha e Lucius Malfoy si staccarono dall'angolo del ring pronti a combattere.

 

Fulmineamente, Malfoy Senior cominciò con uno Schiantesimo che Samantha parò con prontezza, la bacchetta spuntata da una piega del lungo mantello nero.

 

Lucius Malfoy sorrise mellifluo e si prodigò a lanciarle una serie di Cruciatus, come pochi altri (stranamente) avevano eseguito prima di lui; in risposta Samantha si spostò velocemente nel piccolo spazio, cercando di pensare ad una strategia per avvicinarlo e poterlo colpire. Il ripetersi dell'incantesimo le impediva di contrattaccare, ma doveva trovare l'offensiva giusta - non voleva soccombere, la sua carriera all'interno dei Mangiamorte era troppo importante in quel momento.

 

Tuttavia esitava - Lucius Malfoy era il padre di Draco.

 

Samantha si morse un labbro, irritata con se stessa per il suo comportamento sciocco: non poteva fraternizzare adesso, qui si trattava di avere il comando di una squadra durante la missione più importante dai tempi del ritorno di Lord Voldemort e non poteva permettersi quel poco di 'rispetto' che si era guadagnata all'inizio della sua iniziazione.

 

Con un movimento veloce del polso, approfittando di una distrazione, lanciò un Incantesimo Vincolante che il suo avversario parò con facilità, ridendo; Samantha non si lasciò impressionare e lanciò un altro incantesimo senza riuscire a centrare il bersaglio, ma non era quello il suo scopo.

 

Malfoy rigettò l'incantesimo indietro, convinto della sua superiorità. "Dove vai, Drake? Non puoi scapparmi per sempre e i tuoi ridicoli attacchi mi stanno annoiando" sogghignò alzando un angolo della bocca, divertito.

 

Samantha mormorò qualcosa e una cortina di nebbia avvolse il corpo di Malfoy.

 

"Lumus." Lucius Malfoy avanzò nel fumo, divertito da quella trovata che rendeva il gioco 'un po' più interessante'. "Drake?" Chiamò beffeggiandola "Ti nascondi da me? Avanti, così non finiremo mai più..."

 

Lucius si fermò, e sorrise cattivo.

 

"Il lupo ti ha trovato, Drake. Stupefacio!"

 

Il raggio rosso colpì in pieno petto Samantha e la mandò a sbattere contro il muro; la ragazza lanciò un piccolo gemito di dolore e si lasciò scivolare lungo il muro, avvertendo i muscoli lamentarsi e ringraziò il proprio mantello per averle almeno salvato la pelle.

 

Merlino, Samantha odiava queste situazioni. Soprattutto quando i suoi piani fallivano miseramente: Lucius Malfoy non era solo arrogante e superbo - difetti che avrebbe voluto usare per vincere - ma anche dannatamente in guardia e furbo. Aveva subito capito che si trattava di un Incantesimo di Mimetizzazione e aveva usato la bacchetta per trovarla con un incantesimo simile a quello di Guida, un poco modificato.

 

Maledizione. Samantha, pensa e in fretta!

 

La Mangiamorte si rialzò aiutandosi col muro e annaspò nella nebbia che non si era ancora diradata. Con un grugnito, la ragazza comandò alla propria bacchetta lo stesso incantesimo che Malfoy aveva usato per trovarla senza parlare. Se voleva riuscire a giocarla con il suo stesso trucco, si sbagliava di grosso.

 

Samantha avanzò, indugiando ad ogni passo e attenta agli spostamenti d'aria, la bacchetta che l'attirava alla sua destra.

 

Niente, di Malfoy ancora nessuna traccia. Che aveva in mente?

 

Un raggio bianco alla sua sinistra la prese alla sprovvista, ma Samantha riuscì fortunatamente a schivarlo, ma un altro Schiantesimo la colpì alla sua destra. La ragazza spalancò gli occhi, sbigottita e dolorante.

 

La stava giocando. La stava giocando!

 

Poteva sentire le risate degli altri Mangiamorte sotto di lei e il sapore amaro della vergogna. Samantha strinse la bacchetta tra le dita e tossì, lo stomaco che le doleva per la nuova caduta.

 

Dalla nebbia la figura di Lucius Malfoy si materializzò davanti a lei, sogghignante. "Contro di me non puoi nulla, Drake," si vantò, prendendole il viso tra due dita, il volto più duro "Lo sapevo che quell’incapace del tuo stupido amichetto non poteva far altro che frequentare degli inetti."

 

La mano di Samantha si mosse da sola vero la guancia di Malfoy senior ma fu bloccata da questo. "Bastardo" sibilò la Mangiamorte, avvertendo il polso bloccato diventare quasi insensibile nella morsa di acciaio del suo avversario.

 

Malfoy le diede uno schiaffo, tanto da farla cadere a terra. "Non osare parlarmi così, donna." le disse, un insulto vero e proprio.

 

"Ehi, ehi, basta così." la voce giuliva di Donovan interruppe lo scambio di 'battute'. Uno schiocco di dita e la nebbia sparì.

 

Samantha fu in grado di vedere la folla sottostante che rumoreggiava e Doppio Dolore che avanzava verso di loro sorridente. "Ottima prova, Malfoy. Drake, non posso dire lo stesso" Samantha si morse un labbro ma lo sfidò con gli occhi, "Posso andare?" domandò cercando di nascondere l'irritazione.

 

"Dopo, dopo, rimani fino all'assegnazione dei ruoli" le ordinò con non-chalance Donovan; Samantha annuì e scese dal ring sperando di nascondersi al più presto. Quelle risate, le battute pesanti e quegli sguardi divertiti erano insopportabili; il suo orgoglio di Drake era ridotto al minimo storico e gli occhi le bruciavano per la voglia di piangere. Non si era sentita più umiliata.

 

Dov'era Draco? Mai come prima sentì il bisogno di una faccia amica - mai come prima si rese conto della sua debolezza.

 

Ma il suo desiderio di poter parlare un attimo con Draco in pace non si poté realizzare.

 

Donovan ghignò con un cenno di sarcasmo. "Uh uh, tu guarda un match interessante: Malfoy Junior contro Cortess."

 

Sul ring poteva già vedere il corpulento spagnolo e il più giovane e, a confronto, gracile Draco. Samantha, istintivamente, rabbrividì.

 

Cortess rideva davanti a lui, e scricchiolò come di norma le nocche delle grandi mani callose. "Così ci si ritrova a pareggiare i conti, eh Malfoy? Pronto a soccombere?"

 

Draco alzò lievemente le sopracciglia mormorando qualcosa simile a "Tsk" e replicò "Guardati alle spalle, Mezzosangue" Cortess grugnì, sputando a terra. "Sputerò anche su di te, figlio di buona donna."

 

Gli occhi grigi di Draco lampeggiarono. "Non nominare mia madre, troglodita col sangue sporco!"

 

La folla, sotto, rideva e incitava gli avversari, prevedendo una sfida entusiasmante. Donovan si affrettò ad accontentarli. "Che la sfida cominci."

 

Draco portò la mano alla bacchetta ma prima che potesse pronunciare un qualsiasi incantesimo il gancio destro di Cortess lo centrò in pieno stomaco, facendolo piegare in due sul suo braccio. Non era la prima volta che Draco riceveva un pugno, ma la potenza del colpo lo lasciò senza fiato per qualche secondo a boccheggiare cercando di respirare.

 

Cortess si chinò verso il suo orecchio. "Ti riduco in brandelli oggi, pivello"

 

Draco tossì. "Stupido cavernicolo," un piccolo ghigno "Stupefacio!"

 

L'omone, attonito dalla risposta, venne colpito in pieno petto dalla caratteristica scia rossa dello Schiantesimo e si ritrovò buttato a terra, con un dolore lancinante all'addome. Draco, intanto, era in ginocchio e si teneva la pancia, digrignando i denti per il dolore, ma soddisfatto di aver ripagato con la stessa moneta il suo avversario.

 

Steso a terra, Cortess prese a ridere, guadagnandosi un'occhiata interrogativa di Draco.

 

L'omone si mise a sedere, ancora sogghignante "Sarà divertente ridurti a pezzetti, moscerino" disse e si alzò in piedi, pronto a caricare con un altro colpo. Malfoy, intanto, cercava di elaborare un piano per riuscire a neutralizzare la potenza fisica di Cortess (certamente il suo punto forte in battaglia).

 

Gli indirizzò velocemente uno Schiantesimo che il suo avversario evitò - probabilmente avendo previsto questa mossa - e poi un Incantesimo Immobilizzante, di certo il più efficace per vincere uno con una tale prestanza fisica, ma fu nuovamente schivato da Cortess; Draco si ritrovò a boccheggiare, colpito ancora all'addome con più potenza e più rabbia. Alcune gocce di sangue gli macchiarono il mento.

 

Draco provò uno strano senso di smarrimento. Lui, Draco Malfoy, sanguinava. Era diverso da quando Cortess l'aveva torturato, perché in quel momento poteva difendersi, ed invece si era lasciato colpire.

 

Era stato poco originale, ed era stato abbattuto.

 

Lui non voleva perdere, non ci era abituato. Lui era un vincente, era un Malfoy. Non poteva farsi battere da un mezzosangue, anche se questi era dieci volte più forte di lui e più esperto negli scontri.

 

"Non sei mio figlio"

 

Lui era un Malfoy. E avrebbe vinto, per Merlino!

 

Ingegnati. Pensa. Inventati qualcosa, se non vuoi morire, qualsiasi cosa, ma fallo in fretta!

 

Cortess lo osservò sogghignante. "Sei un incapace."

 

Non è vero. So benissimo cavarmela da solo.

 

Il fiato puzzolente di Cortess gli sfiorò i capelli. "Ora imparerai come si parla a quelli più grandi di te, moccioso."

 

Un pugno lo colpì in pieno viso, facendolo rovinare a terra.

 

Draco portò la mano verso la mascella, sentendola fuori posto, e sentì sui polpastrelli il fluido viscoso del proprio sangue.

 

Non ebbe tempo di cercare la bacchetta che fu colpito da un calcio sulla schiena, capace di farlo gemere. Un altro. E poi una serie di calci che lo trascinavano di qua e di là lungo il ring come se fosse un pallone di quello strano gioco babbano di cui una volta aveva accennato Blaise in uno dei suoi strani discorsi.

 

Il nome di Cortess si ripeteva nella sua mente come una cantilena, e rimbombava nel suo cranio come nella Sala dove la folla eccitata tifava per l'omone, incitandolo a colpire Draco con più forza, chi a rompergli qualche osso, altri osservavano solamente, sorridendo.

 

La mano di Cortess si avviluppò intorno al colletto del suo mantello di prima fattura e il Mangiamorte lo alzò fino a che furono faccia a faccia.

 

Cortess sorrise. "Chi è la feccia adesso, Malfoy?"

 

Draco fissò quel viso e quel ghigno superiore. Lo odiò. Si stava prendendo gioco di lui, di un Malfoy.

 

Non sapeva contro chi si stava imbattendo.

 

Draco sorrise nello stesso modo. "Tu"

 

Il pugno di Draco si abbatté violentemente contro la mascella dell'omone nello stesso istante in cui, dopo averle piegate verso di sé, le sue gambe colpirono lo stomaco di Cortess, sbilanciandolo indietro e facendogli mollare la presa sul mantello.

 

Draco si mosse più veloce che poté, i muscoli che gridavano pietà, e afferrò la bacchetta da terra, puntandola contro l'avversario che nel frattempo si era alzato in piedi. "Stupefacio!"

 

Cortess si trovò spiazzato dalla potenza dell'incantesimo e di quelli avvenire, e la folla, sorpresa come lui, cominciò ad urlare il nome di Malfoy.

 

Draco sentiva il sangue pompargli alla testa e il corpo scuotersi per l'eccitazione.

 

Com'era appagante comandare, avere il potere su un'altra creatura e poterci giocare. Vendetta, onore, potere davanti a lui.

 

E si sentiva dio mentre gli lanciava tutti gli incantesimi che gli venivano in mente, facendolo contorcere.

 

"Cruciatus"

 

Il corpo si contorceva.

 

Potere. Potere.

 

"Draco, non venire mai alle mani. E' così poco elegante... da bruto. Piuttosto, istruisci qualcuno che lo faccia per te." "Sì, madre."

 

Il corpo di Silente precipitava.

Ho ucciso il Professor Silente.

L'ho ucciso.

 

Gli occhi di Draco si allargarono. Cosa sto facendo?

 

Draco abbassò la bacchetta, con grande disappunto del pubblico, e si immobilizzò, senza focalizzare più sull'incontro. Fuori immobilità, dentro il caos più totale.

 

Cortess non perdé l'occasione e gli tirò un nuovo calcio, mandandolo a terra. "Brutto stronzetto figlio di -"

 

"Può bastare" cinguettò Donovan mettendo fine alla disputa e invitando gelidamente Cortess a sgomberare il campo per un'altra coppia.

 

"Drake" Samantha si Smaterializzò sul ring, in viso un'espressione gelida, in attesa di comandi da Donovan. "Porta Malfoy in infermeria" Samantha annuì e si avvicinò a Draco, passando proprio davanti a Doppio Dolore "Ah, eravate entrambi stati già scelti per guidare un gruppo che salverà i mocciosetti Serpeverde. Ci troviamo domani alle quattro del pomeriggio, dillo anche al ragazzino."

 

Samantha assottigliò gli occhi, ardenti di evidente rabbia. "E ci avete fatto combattere per niente?"

 

Donovan inarcò un sopracciglio. "Qualcosa in contrario Drake?"

 

Samantha digrignò i denti "Come avete potuto lasciare Draco ridursi così?! Perché diavolo avete dovuto organizzare tutta questa messa in scena?! E' stato stupido e per lo più infruttuoso!"

 

Donovan sorrise. "Perché mi diverto, ecco perché. Se non ti va bene, Drake, posso sempre insegnarti un po' di disciplina nelle celle, che ne dici?"

 

Samantha si morse un labbro e chinò la testa. "Mi scusi. Ora me ne vado." E, preso Draco per una manica, lo smaterializzò insieme a lei.

 

*

 

"Ahi! Samantha attenta con quell'arnese, per Merlino!"

 

Samantha sbatté le palpebre, come per ridestarsi da un sogno. "Oh, scusa Draco, mi spiace!" esclamò costernata, allontanando dal labbro del biondino il batuffolo di cotone imbevuto d'acqua.

 

"Tsz" mugugnò Draco "Stai più attenta, la prossima volta." ringhiò, senza far trapelare quanto quella medicazione lo mettesse in imbarazzo.

 

Samantha l'aveva portato in infermeria, gli aveva curato con un incantesimo le botte e le fratture, compreso il labbro spaccato. Ora la Mangaimorte stava finendo di pulirgli il viso dal rigagnolo di sangue che si era seccato dal mento alle labbra.

 

"Non capisco perché tu lo stia facendo alla maniera babbana" borbottò Draco, tambureggiando le dita distrattamente per allentare la tensione.

 

Samantha gli rispose senza esitazione. "Meglio non sforzare l'incantesimo" spiegò, e Draco non si sentì di chiederle se fosse la verità o meno.

 

Non aveva mai visto Samantha in quello stato, i capelli tutti arruffati come se fosse un'indemoniata e il viso indurito in un'espressione di pura rabbia, per non parlare dei commenti a raffica che era stato costretto a sorbirsi sull'incompetenza e la sadicità dei loro compagni e sull'inutilità di tutta quella lotta.

 

"Ma ti sembra il caso di mettermi alla prova?! Come se ce ne fosse bisogno! Siamo dei buoni maghi, tu ed io, l'abbiamo dimostrato in altre missioni. E ci hanno fatto combattere lo stesso quando ci avevano già destinato a salvare i tuoi compagni di Casa!" Samantha fece una smorfia e si mise a braccia conserte scimmiottando Donovan: "Perchè mi diverto - stronzate." sibilò, sorprendendolo.

 

Prima sparla, poi bestemmia. Uhm...

 

"Samantha" l'apostrofò Draco, con un sogghigno divertito.

 

Samantha inarcò un sopracciglio, arrossendo appena. "Il fatto che non dica mai parolacce non vuol dire che non le usi." affermò, senza guardarlo negli occhi "Sono arrabbiata."

 

Un po' sclerata, a dire il vero, commentò mentalmente Draco ma pensò furbamente di tenerselo per sé.

 

"Perché te la prendi tanto?" domandò, incuriosito.

 

Samantha alzò le sopracciglia come per dire 'non è evidente'.

 

"E' normale che il Signore Oscuro testi la forza dei suoi seguaci, credo." aggiunse Draco.

 

Samantha cancellò con delicatezza l'ultima traccia di sangue vicino al labbro inferiore del biondino "Sarà normale, ma che lo faccia con chi non lavora. Noi avevamo il diritto come Piton, Doppio Dolore e Greyback di stare seduti e osservare; e invece guarda cosa ti hanno fatto" finì in tono apprensivo, staccando il cotone dal viso di Draco.

 

I due Mangiamorte si fissarono per un tempo indefinito, senza aggiungere niente, lei troppo in imbarazzo, ancora sotto il ricordo bruciante del vedere il ragazzo picchiato un'altra volta, lui troppo sconcertato riguardo a questo nuovo lato di Samantha per aggiungere altro.

 

"Samantha" la chiamò infine lui.

 

"Uh?" rispose la Mangiamorte quasi distratta.

 

"Cosa- cioè, mio padre ti ha detto qualcosa… di me?"

 

Samantha sobbalzò e si voltò per appoggiare il cotone sporco su un piccolo vassoietto dove aveva predisposto un kit medico. Come poteva dirglielo? Sapeva bene quanto per Draco il padre fosse importante, e ancor più la sua opinione. Quindi, preferì rifugiarsi nel silenzio, anche se scomodo.

 

"Samantha" rabbrividì sentendo il mormorio appena dietro le spalle. "Dimmelo." La Mangiamorte percepì già nel suo tono un per favore. Sospirò, voltandosi e guardandolo negli occhi.

 

"Ha solo detto che sei uno stupido, Draco."

 

Lui si irrigidì. Samantha non riuscì a resistere all'impulso e lo abbracciò.

 

^*^*^*^*^*

 

Il Ministero della Magia

[Detectors. Albatros. La Profezia del mio Peggior Nemico]

 

 

Aveva deciso: la prima tappa sarebbe stata la Base dell’Ordine della Fenice, poi sarebbe stato solo il suo infallibile istinto a guidarlo.

 

Harry atterrò accanto ad una vecchia cabina telefonica smaltata in parte da vernice rosso spento. Aprì la porta di vetro e fissò la ruota telefonica con accanto la cornetta staccata che penzolava nel vuoto. A quanto pareva i Mangiamorte avevano già trovato il modo di eludere l’accesso autorizzato all’interno del Ministero. Harry conosceva la sequenza numerica corretta e così fece scorrere le dita sulla ruota che ad ogni giro emetteva uno squillo acuto. Finito di comporre la sequenza, Harry attese, anche se sapeva che dall’altro capo del ricevitore non c’era alcuna dipendente pronta ad accoglierlo: era stata assassinata dai Mangiamorte un mese prima.

 

Una sferzante voce maschile eruppe dalla cornetta: “Chi sarebbe?”

 

“Harry Potter” rispose il ragazzo semplicemente.

 

Ci fu una lunga pausa e la voce ricomparve più affabile di prima: “Bene, puoi passare.”

 

Harry vide scomparire la parete graffitata di fronte alla cabina, mentre il marciapiede si innalzava sempre di più. Attese un minuto e il pavimento della cabina si illuminò quando la discesa finì. Harry aprì lo sportello con una mano ed entrò nell’atrio del Ministero della Magia.

 

La sala era del tutto irriconoscibile, il lusso che vi regnava qualche mese prima era del tutto scomparso, lasciato il posto ad un’evidente confusione e decadimento: sul pavimento di legno scuro, non più splendente, erano tracciati dei lunghi solchi, segni di una battaglia furiosa, i pannelli di legno lucido erano stati staccati dalle pareti per rivelare dello sporco cemento grigio, i simboli dorati sul soffitto erano consumati e le statue che decoravano la fontana all’ingresso avrebbero potuto dimostrare millenni di antichità.

 

Un Auror dal viso stanco gli venne incontro “Benvenuto al Ministero della Magia, Harry Potter” disse in tono ironico.

 

Quello che Harry aveva davanti agli occhi era, infatti, solo lo scheletro spolpato dell’antico e sfarzoso Ministero.

 

“Cosa sei venuto a fare qui?” chiese il mago con evidente curiosità “Hai finalmente deciso di rincuorare la comunità magica in nome del Ministero?”

 

“No” rispose Harry, deciso. Il volto dell’Auror si storse dalla delusione. “Volevo solo fare un giro” aggiunse il ragazzo.

 

“Solo fare un giro? Non siamo in un parco giochi, Harry Potter. Anche se il Ministero è diventato solo una retroguardia non puoi pensare di scorrazzarci liberamente.”

 

Harry si morse il labbro: doveva assolutamente giungere alla Base dell’Ordine. La volta precedente era stato facilitato dallo scompiglio creato dalla battaglia dei Mangiamorte. Si era molto sorpreso, infatti, nel non aver incontrato alcun Auror all’ingresso del Ministero. Ma ora, dopo l’attacco, i controlli si erano fatti più serrati, non avrebbe più raggiunto l’Ufficio Misteri con tanta facilità. Forse avrebbe potuto chiedere l’intervento di un membro dell’Ordine… Harry ricacciò quell’idea nella testa: non sarebbe dipeso da nessuno.

 

“Che cosa vuoi fare, dunque?” chiese con insistenza l’Auror.

 

Harry non avrebbe voluto dover utilizzare una mossa insegnatagli da R.A.B., ma le circostanze lo richiedevano. Sfilò la bacchetta dal mantello e la puntò contro l’Auror che, non aspettandosi una reazione del genere, si trovò impreparato.

 

Oculis Confundi” mormorò Harry, abbastanza piano da non diffondere l’eco della voce nel corridoio.

 

L’Auror sbatté un paio di volte le palpebre e si strofinò gli occhi con entrambe le mani, come se dei granelli di sabbia gli stessero offuscando la vista. Riaprì gli occhi fulmineamente e, altrettanto velocemente estrasse la bacchetta per rispondere all’aggressione del ragazzo, ma si trovò impossibilitato ad eseguire un qualunque incantesimo dato che il bersaglio era scomparso.

 

Harry si mosse con la massima leggerezza, stando attento a non fare tanto rumore da permettere all’Auror di localizzarlo. Allontanatosi qualche passo dal mago, estrasse il Mantello dell’Invisibilità e se lo gettò addosso: l’incantesimo Oculis Confundus aveva una durata massima di cinque minuti, entro poco tempo l’Auror avrebbe riacquistato pienamente il senso visivo. Harry si allontanò dall’atrio, inoltrandosi nel Ministero e lasciandosi alle spalle l’Auror che, rinunciata la ricerca di Harry, stava tentando di contattare i suoi compagni con la bacchetta; Harry doveva fare alla svelta, altrimenti l’intero dipartimento ministeriale gli sarebbe stato alle costole.

 

Harry si richiuse la porta dell’ascensore alle spalle e premette il pulsante numero nove. Attese qualche minuto finché le corde di ferro smisero di stridere e una fredda voce femminile annunciò: “Ex-Ufficio Misteri.” Aprì con foga la porta dell’ascensore e pronunciò l’incantesimo che lo avrebbe guidato attraverso le porte magiche fin nel cuore della Base dell’Ordine.

 

Le porte prescelte si illuminarono una dietro l’altra e Harry le aprì e le chiuse frettolosamente senza curarsi del rumore cupo che producevano. Finalmente varcò l’ultima soglia; il campanello d’allarme per gli accessi non previsti si mise in moto e il ragazzo avvertì lo scalpitare di gambe che correvano verso di lui. In un attimo fu circondato da venti bacchette tese che furono prontamente abbassate appena i proprietari riconobbero la figura che si celava sotto il Mantello.

 

Un uomo dalla corporatura possente ma rovinata si fece avanti dal cerchio “Harry” lo salutò Malocchio Moody “Finalmente hai deciso di farti vedere, ragazzo, è da un bel po’ che non mi capiti sotto le mani. Si sente molto la mancanza di quei ragazzini aspiranti Auror.”

 

“Signor Moody” lo salutò Harry a sua volta “Mi spiace ma ho paura di non potermi trattenere molto questa volta, ho delle faccende da sbrigare.”

 

“Come sempre” ribatté l’uomo facendo roteare l’occhio magico “Almeno abbi la decenza di salutare i tuoi vecchi amici.”

 

“Certamente” convenne Harry “Dove posso trovare i signori Weasley, Tonks e Remus Lupin?”

 

“Molly e Arthur sono fuori per recuperare approvvigionamenti, ma ho visto entrare Remus nell’ultima stanza là in fondo e sicuramente ci sarà anche Tonks. Dove c’è uno c’è anche l’altro, ultimamente” le labbra di Moody si contorsero come se avesse assaggiato qualcosa di molto acido.

 

“Capisco” disse Harry con un mezzo sorriso “Allora, alla prossima.”

 

Moody levò appena il braccio, agitandolo lievemente  “Sì, sì.”

 

Harry si incamminò lungo il corridoio fino a pararsi di fronte all’ultima porta. Questa volta avrebbe bussato, decise, già troppe volte gli era capitato di interrompere Tonks e Remus in situazioni compromettenti e tutte le volte si era visto rivolgere dalla donna uno sguardo inceneritore. Stava per poggiare il dorso della mano sulla porta quando udì di sfuggita una lieve risata accompagnata da un commento altrettanto divertito; Harry riconobbe la voce di Tonks. Tirò un sospiro di sollievo: se rideva e parlava voleva dire che la sua bocca non era occupata ad intrattenere quella di Remus. Quindi non avrebbe interrotto nulla di serio.

 

Diede due rapide bussate sulla porta ed entrò immediatamente, senza aspettare il permesso; dopotutto era convinto che Remus e Tonks non si stessero baciando.

 

In effetti, appena la situazione gli fu chiara, Harry poté accertare che la bocca di Remus non era incollata a quella di Tonks, il problema stava nel fatto che la sua lingua era occupata ad intrattenere la donna in ben altri posti. Harry distolse subito lo sguardo con imbarazzo, pronto a ricevere una sfuriata magistrale da Tonks.

 

La donna, invece, si limitò a scostare il volto sconvolto e arrossato di Lupin dal suo petto e si riabbottonò la camicia con non curanza.

 

“Harry” lo salutò in tono calmo “E’ sempre un piacere vederti, non è così Remus?”

 

Ad Harry sembrò di cogliere una nota ironica nella voce di Tonks, tuttavia la donna non gli aveva lanciato contro nessuna robusta fattura o occhiata inceneritrice, il che si poteva dire una conquista.

 

Remus, al contrario, era piuttosto impacciato, la sua reputazione di unico elemento santo dei Malandrini era in rapido declino.

 

Tonks afferrò il braccio di Lupin e lo strattonò per convincerlo ad alzarsi dal divano su cui qualche minuto prima avevano condiviso un piacevolissimo quarto d’ora “Dai, Remus. Dovresti averci fatto l’abitudine, con tutte le volte che ci ha interrotto.”

 

Harry riconobbe l’audacia nervosa di Tonks nell’occhiata che questa gli rivolse. Ingoiò a vuoto della saliva quando la donna gli passò accanto e sbatté la porta con violenza voluta.

 

“Allora, Harry” cominciò Remus riassettandosi la cravatta “Volevi dirmi qualcosa d’importante?”

 

Harry si trovò in difficoltà, dal tono serioso di Lupin era evidente che l’uomo si aspettava una discussione problematica e intensa che giustificasse l’allontanamento di Tonks “Volevo solo salutarti” disse dopo una breve pausa “Anche Tonks…” rivolse un’occhiata di sfuggita alla porta chiusa “la volevo salutare.”

 

Remus restò interdetto per un abbondante minuto, fissando Harry come a voler cogliere il senso nascosto delle sue parole “Salutare” sospirò infine “Mi volevi salutare, Harry? Beh, sei molto gentile.”

 

Harry aveva come l’impressione che quello slancio di cortesia fosse molto forzato, così si sentì in dovere di scusarsi “Non avevo intenzione di interrompere niente, non volevo, giuro.”

 

Remus gli rivolse un sorriso affabile, ma le dita della sua mano si intrecciarono convulsamente “Volere e potere e fare, Harry, sono dei concetti molto dissimili.”

 

Harry ebbe l’impressione di ascoltare una massima saccente di R.A.B., il che era un segno di evidente scocciatura… R.A.B…. Meglio non pensarci.

 

“Sono proprio felice che tu abbia deciso di salutarci, Harry” ululò Tonks alle spalle di Harry, facendolo levitare di qualche centimetro.

 

“Figurati, è un piacere parlare con voi” soggiunse il ragazzo con un mezzo sorriso.

 

Tonks, entrata a sorpresa dalla porta appena chiusa, saltellò verso Remus e gli si aggrappò al collo, gesto che fece più effetto su Harry che su Lupin; il ragazzo ebbe la consueta impressione di essere il soggetto estraneo della situazione, sensazione più volte sperimentata con Ron e Hermione.

 

Harry si ritirò con un saluto sbrigativo, percependo un presentimento sinistro nei capelli fiammanti di Tonks. Ma arrivato al limite della porta sbatté contro qualcosa.

 

Tonks si staccò di colpo da Lupin e fece un rapido segnale con la mano destra, portandosela al petto col pugno chiuso. Remus ripeté l’identico gesto con sguardo rispettoso. Harry avanzò di qualche passo e si voltò lentamente, deciso a scoprire cosa destasse nei due amici tanto rispetto: si trattava di un uomo piuttosto anziano ma dalla corporatura stabile, con dei profondi occhi di un colore incredibile, acqua cristallina, e un sorriso infinitamente gentile.

 

L’uomo rivolse ad Harry un sorriso se possibile più cortese “Tu devi essere Harry Potter” la sua voce cristallina rispecchiava perfettamente i suoi lineamenti affabili “Io mi chiamo Albatros, sono il nuovo direttore dell’Ordine della Fenice.”

 

“Molto piacere, signore” rispose Harry immediatamente; la voce, il sorriso e lo sguardo dell’uomo erano incredibilmente rassicuranti, l’Ordine della Fenice aveva acquistato un grande soggetto.

 

“Piacere mio” disse l’uomo stringendo lievemente la mano di Harry “Ti posso chiamare Harry?”

 

Nell’osservare l’espressione serena dell’uomo, Harry sorrise a sua volta “Certamente.”

 

Gli occhi di Albatros brillarono intensamente “Grazie.”

 

Harry osservò l’espressione limpida dell’uomo e non poté fare a meno di comparare il suo sguardo luminoso con gli occhi azzurro cielo di Albus Silente. Albatros parve accorgersi del suo turbamento e gli rivolse un sorriso incoraggiante.

 

“Credimi, non intendo sostituire Albus Silente, nessuno ne sarebbe in grado. Ma di questi tempi è necessario per l’Ordine della Fenice che un mago con una certa esperienza si metta a capo del loro gruppo” confessò mantenendo un leggero sorriso composto “Io ho vissuto come un eremita per tanti anni, anche durante il passato Periodo Oscuro. Non sono intervenuto durante quel conflitto e me ne vergogno, ma intendo rimediare ora, sconfiggendo i maghi oscuri che minacciano la pace della comunità magica.”

 

Harry ebbe l’impressione che l’aria introno a lui si fosse fatta più leggera e la stanza più accogliente “Sono dei nobili propositi, sono sicuro che ce la farete” disse il ragazzo a fior di labbra, continuando a sorridere.

 

Il volto di Albatros si illuminò “Sei molto gentile, Harry. Ora dovete scusarmi ma ho delle informazioni urgenti da esaminare” si volse verso Tonks e Lupin che lo salutarono cortesemente “Ninfadora, Remus, è sempre un piacere… Harry, spero di rincontrarti” aggiunse l’uomo chinando leggermente il capo.

 

Harry fece un mezzo inchino con un sorriso candido “Lo stesso vale per me, signore.”

 

Albatros sorrise e salutò nuovamente tutti i presenti prima di uscire dalla stanza, chiudendo la porta con estrema leggiadria. Harry stette a fissare con enorme compiacimento la porta che Albatros aveva appena varcato.

 

“Sei sulle nuvole, vero Harry?”

 

La voce di Tonks ridestò Harry da uno stato di quasi dormiveglia. Il ragazzo si voltò con un sorriso tanto candido che fece rabbrividire la donna fin nella ossa.

 

“Come?” domandò Harry con un filo di voce.

 

“Ti ho chiesto, sei sulle nuvole?” ripeté Tonks, apparendo spazientita.

 

“Oh” sospiro Harry, poi scosse la testa e i suoi occhi smisero di luccicare come diamanti “Beh… direi che è una persona piacevole.”

 

“Ha effetto anche su di te” affermò Tonks con decisione.

 

“Ninfadora…” cominciò Remus in tono di rimprovero.

 

“Ma è strano” ribatté Tonks, indispettita “Tutti hanno l’impressione di galleggiare per aria la prima volta che lo incontrano; è sospetto.”

 

“E’ semplicemente parte del suo carisma.”

 

Tonks negò vistosamente all’indirizzo di Remus “A mio parere Silente era ben più carismatico e non faceva sciogliere il cervello delle persone come neve al sole. E poi l’ho provata anch’io quella sensazione: è come fumarsi un intero campo di camomilla, assolutamente svantaggioso se si vuole combattere contro un nemico.”

 

“Cosa intendi dire?” chiese Lupin levando gli occhi al cielo.

 

“Che è una specie di tecnica di autodifesa, prima intontisce i suoi avversari con qualsiasi incantesimo usi per farti sorridere come un ebete e poi…”

 

“E poi cosa, Ninfadora?” la interruppe Remus “E’ il nuovo direttore dell’Ordine della Fenice, non un mago oscuro con poteri vegetali da pianta soporifera.”

 

Tonks mise il broncio “Comunque, avverto una certa falsità dietro al suo sorriso sempre magnanimo.”

 

Remus sbuffò “Non mi dire che pensi ancora a quella storia del Metamorfomagus?”

 

“Io non ho frainteso” si discolpò Tonks “Quando ha detto “Dunque puoi solo cambiare la conformazione dei capelli” sono certissima di aver colto un’evidente nota di arroganza, se non sbeffeggiamento, se non disprezzo.”

 

Remus scosse leggermente il capo “Caliamo un velo pietoso e salutiamo Harry, che ne dici Ninfadora?”

 

“Perché lo fai, sai che detesto quel nome!” si lamentò Tonks.

 

“Preferisci che ti chiami Ninfa?” domandò Remus con un leggero sogghigno sulle labbra.

 

“Beh, è più piacevole” Tonks gli rivolse un’occhiata maliziosa.

 

“Più piacevole?” ripeté Remus con un sorriso disinibito.

 

“Sono piacevoli i momenti in cui usi quel soprannome” ribatté Tonks in tono quasi languido.

 

Remus accolse Tonks tra le sue braccia, poggiando il mento tra i suoi morbidi capelli fiamma “Sono d’accordo. Ma prima di fare alcunché, salutiamo Harry.”

 

Entrambi si volsero verso l’ingresso, trovando una zona vuota dove però aleggiava ancora la presenza di Harry Potter.

 

“Se n’è andato senza dire una parola” soggiunse Tonks, accigliata “Ha imparato la lezione” disse, afferrando Remus per il capo per averlo più vicino.

 

Da quando i due avevano preso a sogghignare maliziosamente, Harry aveva preferito togliere il disturbo per evitare di essere bersagliato da un’occhiata perforante di Tonks.

 

Harry fischiettava allegramente lungo i corridoi della base dell’Ordine: era felice per Remus. Certo, non aveva avuto il coraggio di confessargli ciò che aveva scoperto riguardo la Maledizione di Difesa contro le Arti Oscure, anche perché, essendo un notizia datagli da R.A.B., aveva molte possibilità di essere falsa.

 

Si sorprese molto nel trovare i corridoi della base completamene deserti, forse i membri dell’Ordine erano in missione. Così venne attirato da una porta socchiusa dalla quale proveniva uno spicchio di luce. La spinse leggermente e, quando accertò che la stanza fosse vuota, vi entrò senza fare troppo rumore.

 

Era un locale piuttosto lussuoso e confortevole, con una somiglianza impressionante al vecchio ufficio di Albus Silente. Harry si avvicinò a quello che poteva essere un acquario: all’interno di una sfera di vetro, grossa quasi quanto un uomo, galleggiava una tunica bianca che Harry non faticò a riconoscere: si trattava della divisa di un Eclitto, lo stemma ricamato sul colletto era inconfondibile.

 

La mente di Harry lavorava spedita, tentando di dare un senso a quello che vedeva, ma la sua attenzione fu catturata da una sfera ben più piccola di quella che conteneva acqua cristallina e una tunica da Eclitto. Era una piccola sfera delle dimensioni di un Boccino d’Oro conservata in una specie di cofanetto vellutato sul cui coperchio era incisa una scritta elegante:

 

M.M.W. a A.P.W.B.S.

Severus Piton

e Petunia Evans

 

Harry stette a fissare per un buon minuto quell’improbabile coppia mentre il suo viso sbiancava ad ogni secondo: riconobbe il destinatario di quella che ormai aveva capito essere una Profezia: Albus Silente e uno dei soggetti era Piton. Forse quella sfera racchiudeva il mistero della fiducia di Silente verso il Mangiamorte, ma cosa poteva averci a che fare sua zia, babbana di nascita? Harry sospirò, ricordando le parole della signora Figg: è una magonò. Una moltitudine di ipotesi cominciarono a turbinare nella testa di Harry mentre la curiosità spingeva la sua mano ad estrarre la Profezia dalla custodia.

 

“E’ meglio che non la tocchi” lo bloccò una voce placida “Non è per te.”

 

Harry riconobbe la figura pacifica di Albatros sul ciglio della porta e subito un largo sorriso si impossessò delle sue labbra, mentre la stanza si faceva più ospitale.

 

“E’ per Severus Piton” soggiunse l’uomo in tono lieve “Noi non possiamo ascoltare il segreto che racchiude la Profezia, il segreto di Severus Piton.”

 

“Ora sono stufo di questo segreto” dichiarò Harry con impeto, tentando comunque di non essere troppo brusco in presenza di Albatros.

 

“Allora fa in modo che non sia più un segreto” gli suggerì l’uomo con un sorriso sereno.

 

“Come potrei fare?” chiese il ragazzo.

 

Gli occhi azzurri dell’uomo parvero riflettere “Conosci il tuo nemico e scoprirai il suo segreto. Potresti cominciare con un’ispezione approfondita della sua dimora.”

 

“Grazie per il consiglio, signore. Io però non so dove abita” soggiunse Harry tentando di non apparire ingrato.

 

 “A Hogwarts lo sapranno, ma è troppo rischioso entrare in quella scuola con un soggetto come Rufus Scrimgeour come preside. L’anagrafe al secondo piano avrà di certo l’informazione che stai cercando” disse Albatros con un sorriso rassicurante.

 

“Grazie, signore, non so proprio come sdebitarmi” lo ringraziò Harry, chinando la testa in segno di apprezzamento.

 

“Devi solo fare attenzione, Harry, promettimi solo questo” disse Albatros ricevendo un’entusiasta approvazione dal ragazzo.

 

Lo sguardo di Harry si smarrì sulla tunica dell’Eclitto “Signore?” lo interpellò indeciso.

 

“Sì?”

 

Harry si rivolse ad Albatros tentando di apparire il meno invadente possibile “Cos’è quella sfera?”

 

“E’ solo un po’ di acqua” rispose l’uomo con gli occhi limpidi che brillavano.

 

Harry parve esitare, convinto di mostrare scortesia “Ma? Quella tunica?”

 

Il sorriso gentile dell’uomo sembrò indugiare un attimo “Una volta questa stanza era il locale lavanderia del Ministero, qualche Eclitto si deve essere scordato la divisa e io ho preferito lasciarla lì.”

 

Harry accenno con il capo e sorrise “Capisco, beh, arrivederci, signore.”

 

“Arrivederci, Harry” lo salutò Albatros, ricambiandolo con altrettanta gentilezza.

 

Appena Harry chiuse la porta, un sorriso meno fiducioso del precedente comparve sulle labbra di Albatros “I ragazzini si bevono proprio tutto” sussurrò “A proposito di bere…” aggiunse, levando il suo sguardo cristallino sulla sfera contente la divisa dell’Eclitto. Levitò fino a raggiungere l’apertura sulla sommità della sfera e immerse le mani a coppa nell’acqua tiepida. Si portò il liquido trasparente alla bocca e bevve avidamente.

 

“Hai uno splendido sapore, Matthew Lucas” mormorò leccandosi le labbra umide.

 

*^*^*^*^*^

Fuga dal Ministero

[L’Altro Ministro]

 

 

Una volta entrato nell’ascensore Harry premette il tasto che segnava il numero 2 e attese che il cigolio metallico terminasse, quindi seppe di essere arrivato a destinazione. Con molta cautela sfilò il Mantello dell’Invisibilità dallo zaino e se lo mise addosso. Aspettò che la porta dell’ascensore si riaprisse e uscì più silenziosamente possibile, controllando con lo sguardo che il corridoio fosse deserto. Proprio di fronte a lui stava appesa una mappa del piano, vi si accostò con cautela e memorizzò le indicazione che gli occorrevano.

 

Harry preferì percorrere il corridoio lentamente per evitare di fare troppo rumore sbattendo i piedi a terra, anche se avrebbe potuto non curarsi troppo di questo dato che il secondo piano sembrava essere totalmente vuoto. Si sorprese ancora quando lesse la scritta a caratteri cubitali incisa su una delle porti di legno massiccio “Anagrafe”.

 

Oggi la fortuna mi sorride e non ho neanche preso la Felix Felicis, pensò Harry con un sorriso mentre faceva scattare con un incantesimo silenzioso la serratura della porta. Spinse contro di essa e il cigolio che si produsse gli sembrò più rumoroso del necessario, si guardò in torno e scorse solo un lungo corridoio deserto. Tirò un lungo sospiro di sollievo e sbirciò dentro lo spicchio di porta che aveva aperto. La stanza era del tutto sgombra fatta eccezione per una fila di scaffali di metallo lucido che ricoprivano per intero la parete destra. Harry spinse del tutto la porta ed entrò trascinandosi alle spalle il Mantello dell’Invisibilità.

 

Si avvicinò agli scaffali e tentò di fare mente locale. Quando il Magico Trio aveva fatto visita al M.I.B., Hermione aveva utilizzato un incantesimo particolare per richiamare dagli elenchi ordinati posti sulle migliaia di scaffali le pergamene che le occorrevano. Il ragazzo sorrise quando si ricordò della fattura, dopotutto le interminabili lezioni di R.A.B. gli avevano allenato la memoria. Harry scacciò dalla testa quell’ennesimo pensiero rivolto al suo ex-mentore e bisbigliò:

 

Accio Scripto: Severus Piton.”

 

Gli occhi di Harry si illuminarono di soddisfazione appena strinse tra le dita la pergamena che aveva risposto al suo incantesimo. La srotolò con cura sotto il mantello e vide una scritta luminescente: Severus Piton; Harry notò che il foglio era diviso in due colonne, la prima occupata da nomi propri e la seconda da indirizzi civici. L’incantesimo di ricerca aveva funzionato.

 

Il ragazzo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una penna e ricopiò l’indirizzo sul palmo destro della mano, mentre con l’altra reggeva la pergamena. La arrotolò senza troppa cura, ricacciandola nello scaffale dalla quale era uscita.

 

Prese a correre lungo il corridoio principale, ma dovette bloccarsi alla seconda svolta quando udì delle voci cupe. Un gruppo di Auror con a capo un Eclitto stavano pattugliando il corridoio e Harry riconobbe tra di loro l’Auror che lo aveva accolto con ben poca gentilezza all’entrata del Ministero.

 

“Bisogna fare attenzione di questi tempi. Pensa alla fine che ha fatto Matthew Lucas. Sicuro che fosse Harry Potter?” chiese l’Eclitto in tono duro

 

“Assolutamente” rispose l’Auror “Grazie all’equipaggiamento che ci ha fornito quell’uomo siamo in grado di detectare tutti i generi di incantesimi e se quel ragazzo era davvero un Polisucco allora questo coso avrebbe dovuto attivarsi.”

 

L’Auror estrasse dalla divisa un oggetto che aveva tutta l’aria di essere di fattura babbana: somigliava ad un cellulare ma appariva tecnologicamente più avanzato ed emetteva ad intervalli regolari un suono in tutto simile al radar di un sottomarino. Harry si chiese come facesse il Ministero a possedere strumenti del genere.

 

“Stupidi aggeggi babbani” sbuffò l’Eclitto fulminando l’Auror con lo sguardo.

 

Questo assunse un’aria ostile e fissò con più attenzione il congegno “Ma secondo questo coso, qui davanti… in basso c’è una spia che segnala: Target: 1 solido, o qualcosa del genere…” l’Auror prese ad esaminare il corridoio mentre fissava l’apparecchio che aveva in mano.

 

Harry, che si trovava esattamente di fronte al gruppo, si spostò di lato per evitare di andare a sbattere contro uno dei maghi.

 

“Si è mosso!” esclamò l’Auror “Verso destra, guardate” il mago invitò i compagni ad osservare lo schermo di quello strano apparecchio che durante lo spostamento di Harry aveva emesso un suono più acuto dei precedenti.

 

Harry indietreggiò di pochi passi e il suono acuto si ripeté.

 

“Non c’è dubbio” esordì l’Auror, studiando per qualche attimo l’apparecchio e quindi levando lo sguardo esattamente nel punto in cui Harry si nascondeva sotto il Mantello dell’Invisibilità “Là c’è qualcuno.”

 

“Veramente?” anche l’Eclitto teneva nascosto sotto la divisa lo stesso tipo di strumento “Anche secondo il mio qui davanti c’è qualcosa.”

 

Ciascuno dei maghi davanti a Harry estrasse le bacchette e le puntarono esattamente contro il ragazzo che, sempre più disorientato, non riusciva a prendere una decisione: se davvero quello strumento riusciva a localizzarlo evadendo ogni stregoneria, allora il Mantello dell’Invisibilità era totalmente inutile così come qualsiasi incantesimo per confondergli la vista.

 

Lo squadrone di Auror si compattò e l’Eclitto, tenendo il congegno a mezz’aria, dava istruzioni per raggiungere il bersaglio invisibile indicato dal rilevatore. Harry si mosse appena sotto il mantello ed estrasse la bacchetta; facendo frusciare il tessuto sotto il quale si nascondeva lanciò un incantesimo non verbale contro l’Eclitto che andò a sbattere contro i restanti membri del gruppo. L’attacco inaspettato causò molto scompiglio tra gli Auror ed Harry approfittò del momento di distrazione e della confusione che si era venuta a creare per correre lungo il corridoio in direzione opposta.

 

A Harry sembrò che i suoi passi risuonassero in modo assurdamente rumoroso e temeva che ad ogni angolo svoltato in corsa qualche dipendente del Ministero lo avrebbe attaccato. Ma il ragazzo era deciso a non farsi catturare ora che aveva tra le mani l’informazione che desiderava. Harry fissò la scritta che portava sulla mano: Spinner’s End 17. Ripeté l’indirizzo nella testa per darsi coraggio: avrebbe sicuramente portato a termine la missione e per farlo doveva uscire dal Ministero indenne.

 

Svoltato l’ultimo angolo dovette arrestare la sua corsa. Un ingente gruppo di Auror pattugliava il corridoio principale, adocchiando con particolare cura l’ascensore. La mente di Harry cominciò a lavorare spedita: l’unica uscita dal Ministero era quella nell’atrio che si trovava due piani sopra di lui, ma avrebbe comunque potuto utilizzare le scale. Diede una rapida sbirciata alla mappa del piano attaccata alla parete, per fortuna, non troppo distante da lui: le uniche scale del secondo livello si trovavano oltre la schiera di Auror che invadeva il corridoio principale.

 

Alle spalle di Harry si accentuarono delle voci in lontananza: “Signore, credo sia andato di là, l’aggeggio dice così.”

 

“Sì, sì, lo vedo. Bene! Pare che ora si sia fermato… ma vedo altri punti che lampeggiano. C’è scritto, Target: 27 solidi.”

 

Il cuore di Harry ebbe un tuffo: era in trappola. Abbassò lo sguardo e questo gli cadde sull’indirizzo: Spinner’s End 17… Dannato Piton! Non ti lascerò vivere ancora!

 

Harry strinse i denti e si gettò nella mischia di Auror. Grazie al Mantello dell’Invisibilità restava nascosto agli occhi dei maghi del corridoio principale e anche se il misterioso congegno poteva percepire la presenza di un oggetto solido, sarebbe risultato difficile al gruppo guidato dall’Eclitto distinguerlo in mezzo ad altri ventisei segnali, l’unico problema era evitare di andare a sbattere contro qualche Auror. Harry scoprì che l’impresa era più difficoltosa di quanto sembrava: gli Auror erano in fermento, quasi pronti per un attacco da parte dei Mangiamorte, e continuavano a marciare instancabilmente per il corridoio senza uno schema preciso. Harry ne schivò uno per un soffio, l’orlo del mantello si sollevò appena ma Harry ebbe comunque la sgradevole sensazione di essersi scoperto troppo. Rivelarsi lì, in mezzo a ventisei Auror ostili, poteva dirsi problematico.

 

Il gruppo di Auror guidati dall’Eclitto giunse sul posto e scrutò nei dintorni. L’Eclitto osservò lo schermo dello strumento, poi la moltitudine degli Auror ed emise un sospiro scocciato:

 

“Attenzione, signori!” intimò agli Auror nel corridoio “Tra di voi c’è un soggetto non autorizzato all’ingresso nel Ministero e invisibile, vi prego di collaborare per la sua cattura.”

 

Una serie di voci si levò dalla mischia di Auror.

 

“Soggetto non autorizzato?”

 

“Un Mangiamorte?”

 

“E’ pericoloso?”

 

“Non sarà l’intruso che ha fatto sparire Matthew Lucas?”

 

Dopo l’ultima affermazione molti degli Auror estrassero la bacchetta e la fecero saettare in tutte le direzioni con sguardi preoccupati.

 

Harry aveva già sentito quel nome in precedenza: Matthew Lucas, ne stava discutendo l’Eclitto a capo del gruppo di Auror prima di intercettarlo con quel bizzarro aggeggio; che questo Lucas fosse una vittima dei Mangiamorte?

 

Harry ricominciò a zigzagare tra gli Auror che, sempre più agitati, si aggiravano con foga per il corridoio principale. Per un pelo riuscì a passare in mezzo a due Auror che lo stavano serrando in un cerchio sempre più stretto e infine oltrepassò l’ultimo mago che lo separava dalla rampa di scale.

 

L’atrio si trovava due piani più in alto, quindi salì le scale finché lesse il cartello: Livello 1. A quel punto, eccitato per la scoperta, non si rese conto della presenza di Auror di pattuglia al limite delle scale e gli sbatté contro. L’Auror, della stazza di un armadio, non si scompose minimamente, ma Harry, ricevuto il contraccolpo, finì con la schiena sul pavimento del primo piano. Parte del mantello gli era scivolato dal corpo e il ragazzo era certo che l’Auror potesse vedere chiaramente le sue gambe. L’Auror stette un buon momento a contemplare il pavimento, poi estrasse di scatto la bacchetta per puntarla dritta contro Harry che tentava di ricoprirsi col mantello.

 

“Identificati o farai una brutta fine!” gli urlò contro l’Auror.

 

Harry ebbe uno scatto di coraggio e si levò in piedi togliendosi del tutto il mantello “Harry Potter” esordì in tono deciso.

 

La faccia dell’Auror si contorse dalla sorpresa ed Harry ne approfittò per eseguire l’incantesimo confondente per la vista.

 

Mentre l’Auror si stropicciava gli occhi lamentandosi e agitando la bacchetta in cerca di Harry, il ragazzo si era ricoperto col mantello, pronto per salire le scale, ma delle urla lo bloccarono.

 

“Tutto bene là sotto? Veniamo a darti una mano!”

 

“Venite, venite, c’è un intruso!” esclamò l’Auror con la mano ancora davanti agli occhi.

 

Harry fu costretto ad invertire direzione di marcia e sfrecciò lungo il corridoio principale in cerca dell’ascensore. Delle nuove voci invasero il corridoio, da tutte le direzioni. Ad ogni passo che faceva si sentiva sempre più un topo in trappola, l’unica speranza era trovare rifugio in una delle stanze e aspettare che le acque si calmassero. Harry aprì la prima porta a cui passò davanti e una volta richiusa alle spalle capì dalla scritta che era incisa su di essa che si trovava nell’”Ufficio Relazioni Internazionali Magiche”; per fortuna la stanza era vuota.

 

Harry notò vari segni di bruciature sulla mobilia e anche dei documenti sparsi scompostamente sul pavimento, probabilmente era stato usato come luogo di battaglia durante l’attacco dei Mangiamorte. Ma quello che lo stupì di più fu un’enorme pozza d’acqua sul pavimento; sembrava spessa in altezza e totalmente statica. Il ragazzo vi si avvicinò con cautela e protese un braccio.

 

Una potente voce eruppe da dietro la porta “Proviamo qua dentro!”

 

Harry ritirò il braccio e si gettò sotto una delle scrivanie ancora intatte poste contro la parete, il Mantello dell’Invisibilità sopra di lui.

 

Nella stanza sgusciarono due Auror con le bacchette levate. Entrambi scrutarono l’aria, ma quando i loro occhi caddero sulla pozza d’qua ebbero un sobbalzo.

 

“Questo è il luogo in cui…?” cominciò un Auror titubante.

 

“Sì” rispose l’altro col volto cereo “Andiamocene, non voglio fare la fine di Matthew Lucas.”

 

Ancora quel nome, pensò Harry mentre osservava con sollievo gli Auror uscire dalla stanza.

 

Harry strisciò fuori dal suo nascondiglio e attaccò l’orecchio alla porta.

 

“Pattugliate l’intero piano, ma che dico?, l’intero edificio, chiunque sia non dobbiamo farcelo scappare! Questo è pur sempre il Ministero della Magia, mostreremo a Scrimgeour quanto valgono gli Auror!”

 

Urla concitate parvero dare l’approvazione all’ordine ricevuto. Harry sentì numerosi passi muoversi oltre la porta: ormai uscire da quella stanza sarebbe equivalso a farsi prendere. Si guardò intorno; ovviamente non c’erano finestre dato che si trovavano parecchi metri sotto terra, ma il ragazzo scorse, nell’angolo più a sinistra, qualcosa che lo avrebbe potuto aiutare ad uscire da quella disperata situazione: un camino.

 

Harry si avvicinò con il cuore a sobbalzi e poté tirare un lungo sospiro di sollievo quando vide della Polvere Volante raccolta in un vaso di ceramica sopra la mensola del camino. Ne raccolse una manciata nella mano e pronunciò la prima destinazione sicura che gli venne in mente:

 

“Diagon Alley!”

 

Gettò la polvere sulle mattonelle di cotto, ma non accadde niente. Harry si morse la lingua; il suo urlo poteva aver attirato l’attenzione di qualche Auror di pattuglia all’esterno e, infatti, un nutrito numero di voci si raccolse fuori dalla porta.

 

Il ragazzo raccolse una nuova manciata di Polvere e si mise a riflettere: Hermione gli aveva spiegato che certi camini speciali sono magicamente predisposti a non collegarsi con caminetti pubblici, per rispetto della privacy. Harry capiva il motivo del perché non potesse viaggiare fino a Diagon Alley, la più popolata delle vie magiche, ma comunque non poteva conoscere una destinazione adatta per un camino del Ministero.

 

Poi, proprio quando la porta della stanza cominciò a cigolare, Harry si ricordò di un incantesimo di rievocazione che gli aveva insegnato R.A.B.. Spinto dal panico pronunciò l’incantesimo: “Postremo dicto” e gettò la polvere per terra. Questa volta delle lunghe lingue di fuoco verde e indolore salirono lungo tutto il suo corpo, appena prima che la porta della stanza venisse sfondata da un poderoso calcio.

 

“Sei finito!” gridò un Auror irrompendo nella stanza, ora completamente vuota “Dove diavolo…?”

 

In quel momento il fuoco verde si estinse nel camino lasciando della polvere nera sulle mattonelle di ceramica.

 

“Maledizione! E’ scappato con la Polvere Volante!”

 

*

 

Il Primo Ministro fece scorrere gli occhi su un documento dall’aria ufficiale in cui, per buona parte, si accusava il governo dell’ultima e tragica vicenda che aveva colpito l’Inghilterra: l’attentato al Parlamento. Sebbene fossero passati diversi mesi dall’accaduto la gente, i giornalisti e in special modo i politici di partiti avversi, amavano ribadire le implicazioni quasi scontate dell’inefficienza del governo, ovvero del Primo Ministro.

 

L’uomo si massaggiò le tempie ed afferrò un altro documento. Al termine dell’ultima frase fu colto da un moto di simpatia, per lo meno gli autori di quel documento avevano avuto l’accortezza di mitigare le accuse: potrebbe essere stato causato da un’inefficienza della polizia… Il Primo Ministro amava i condizionali, in special modo in situazioni come quella. Anche se, a memoria d’uomo, non si era mai verificato un simile incidente dalla fine delle grandi guerre del ventesimo secolo.

 

Il Primo Ministro mugugnò ancora ripensando agli incontri con quegli individui che lui preferiva chiamare, gli Altri Ministri. Erano garanti di tragedie e se ne andavano scaricando su di lui la responsabilità … Del resto, negli ultimi tempi, il Primo Ministro era stato vittima di innumerevoli scarica barili.

 

“Ehm.”

 

Il Primo Ministro levitò dalla sedia e si voltò cupo verso il dipinto confinato nell’angolo più appartato dell’ufficio.

 

Un ometto su tela con una lunga parrucca argentea mosse appena le labbra dipinte:

 

“Al Primo Ministro dei Babbani. Incontro non previsto con individuo non identificato a breve.”

 

“Non identificato?” ripeté il Primo Ministro aggrappandosi al bordo della scrivania “Rifiuto l’incontro. Ho già abbastanza a cui pensare, non ho bisogno di altre cattive notizie.”

 

Il vecchio dipinto storse la bocca “Spiacente, è già qui.”

 

All’interno del bel camino di marmo si avvilupparono delle alte lingue di fuoco verde, fino a raggiungere la statura di un uomo, poi ci fu un sonoro scoppiettio e un’enorme polverone di fuliggine si levò dalle braci quando un giovane ragazzo venne scaraventato sul tappeto persiano di fronte al camino.

 

Il Primo Ministro non ricordava dai suoi precedenti incontri un arrivo dal camino tanto violento. In principio scosso, osservò con attenzione quello che aveva tutta l’aria di essere un adolescente piuttosto frastornato e disorientato. D’istinto si protese per aiutarlo.

 

Quando il rombo assordante nelle orecchie cessò, Harry fu sbalzato fuori da un ampio camino, strisciando per un buon mezzo metro sul pavimento del nuovo locale. La testa gli vorticava ancora all’impazzata, ma trovò comunque la forza di rimettersi in piedi, traballante, e di scrutare l’ambiente per quanto glielo permettevano le sue lenti annebbiate dalla cenere. Subito venne scosso da una figura non identificata che gli veniva contro; d’istinto afferrò la bacchetta e scagliò una robusta fattura contro lo sconosciuto.

 

Il Primo Ministro sentì una voragine nello stomaco mentre il pavimento si staccava da sotto i suoi piedi. Avvertì un allucinante dolore alla schiena accompagnato da una sonora botta che lui attribuiva allo scontro in atterraggio contro la sua scrivania di mogano.

Harry si ripulì alla svelta le lenti degli occhiali dopo aver scagliato l’incantesimo. Ripuntò la bacchetta contro lo sconosciuto che stava sdraiato scompostamente su una scrivania dall’aria costosa ed antica. Probabilmente, pensò il ragazzo, si trovava all’interno del Ministero della Magia, forse in un altro reparto, fatto sta che doveva tenersi pronto per respingere gli attacchi dello sconosciuto, forse un Auror, e poi scappare per raggiungere la dimora di Piton e fargli sputare la verità a suon di schiantesimi.

 

Dato che lo sconosciuto non aveva ancora mosso un membro da che era stato scagliato contro la scrivania, Harry pensò che fosse svenuto e si concesse un attimo di distrazione per osservare la stanza: era uno studio piuttosto accogliente, con un ampio camino di marmo alle sue spalle, tappeti dall’aria antica e pregiata, finestre a ghigliottina sigillate, un lampadario di cristallo e la scrivania su cui era steso l’uomo. Harry indugiò con lo sguardo su un’accoppiata di bandiere, poste ai lati della scrivania come stendardi: recavano la croce bianca e rossa su sfondo blu, simbolo dell’Inghilterra. Harry ne rimase colpito perché tempo prima Hermione gli aveva detto che i maghi preferivano restare neutri per quanto riguardava la nazionalità imposta dai babbani, almeno all’interno di edifici governativi.

 

In effetti c’erano altri particolari che destarono l’interesse del ragazzo, primo fra tutti il lampadario che, sotto lo strato di pendoli di cristallo, nascondeva due lampadine al neon. Come per Hogwarts, anche all’interno del Ministero gli apparecchi elettronici non funzionavano, tuttavia Harry si ricordò del misterioso congegno che gli aveva fatto quasi saltare la copertura; che dopo l’attacco dei Mangiamorte il Ministero avesse perso parte della sua difesa magica? Ma continuava a non spiegarsi la presenza di un oggetto di chiara manifattura babbana all’interno del Ministero della Magia, a meno che si trovasse in un altro luogo.

 

Harry esaminò più accuratamente la stanza; in un angolo lontano scorse un dipinto animato di un vecchio dall’aria inquieta che contorceva le labbra. Forse si trovava in un altro edificio magico che però presentava delle caratteristiche babbane.

 

Un mugolio giunse dalla scrivania e Harry fece guizzare la bacchetta contro l’uomo che ora lottava per alzare il capo. Si massaggiò la testa con una mano aperta e, tenendo sempre gli occhi serrati scese dalla scrivania, quasi incespicando. Solo in quel momento il ragazzo si rese conto della sua impulsività: forse aveva aggredito qualcuno che non se lo meritava?

 

L’uomo aprì gli occhi lacrimati e li volse terrorizzato contro Harry che teneva ancora levata la bacchetta. Il ragazzo sentì lo stomaco levitargli in gola; quel volto lo aveva già visto alla televisione, sui giornali, durante dibattiti politici: era il Primo Ministro Babbano. La bacchetta gli scivolò dalle dita, cadendo sul tappeto.

 

“Mi dispiace, signore” proferì Harry con un filo di voce. Aveva forse compromesso irrimediabilmente le relazioni tra maghi e babbani? Hermione gli aveva detto che il solo legame tra i due governi consisteva nel rapporto tra i due Primi Ministri, quello magico e quello babbano, in altre parole, la valutazione di tutta la comunità magica per i Babbani dipendeva dall’uomo che Harry aveva appena scaraventato contro una scrivania e che ora lo fissava con un misto di terrore e rabbia.

 

“Ti dispiace” sussurrò il Primo Ministro quando vide che il ragazzo aveva perso la bacchetta “Non è sufficiente. Per quale diavolo di motivo ti sei permesso di attaccarmi? Non vi basta più mandarmi cattive notizie, ora mi volete anche uccidere?”

 

“Niente del genere, signore” rispose prontamente Harry con un enorme groppo in gola; non si trovava molto a suo agio nel ruolo di mitigatore, in quel momento gli sarebbe servita la diplomazia di Hermione “E’ stato un errore, un terribile errore.”

 

“E pretendi anche che io ti creda?” sbraitò il Primo Ministro “Come si può attaccare una persona per errore? Credete davvero che noi ‘normali’ siamo così stupidi in confronto a voi, solo perché potete usare la magia credete di essere migliori? Più furbi? Più intelligenti?”

 

Il Primo Ministro stava rapidamente perdendo il controllo e il panico di Harry aumentava man mano che le accuse del Ministro slittavano da lui all’intera comunità magica.

 

“Credete davvero che sia così stupido? Non potete scaricare la colpa unicamente su di me. E’ il momento di prendervi le vostre responsabilità, ma tanto è inutile dirvelo, vero? Chi mai crederebbe all’inefficiente Primo Ministro d’Inghilterra che rivela al mondo l’esistenza di maghi e streghe? Per non parlare della vera causa della distruzione di mezzo Parlamento… non è stato esattamente piacevole osservare un bestione nero con ampie ali da pipistrello avventarsi contro l’edifico più solidale del governo: un drago… ma non potete tenerli sotto controllo questi draghi? Come avete potuto permettere che accadesse una cosa del genere? Non solo per l’impatto fisico, ma psicologico dei poveri cittadini londinesi che si sono visti volare una bestia mitologica sopra le teste? Oh, ma per fortuna c’è sempre la magia che si occupa di risolvere tutto. Una cancellazione di massa della memoria… roba da mettere i brividi: uno squadrone di maghi armati che confina in una stanza tutto il mio personale, i miei alleati, i miei opponenti… e poi quella luce… avrete anche cancellato la loro memoria ma i momenti d’ansia che hanno preceduto l’incantesimo non glieli leva più nessuno! E’ un miracolo che a nessuno siano saltati i nervi o il cuore! Per la miseria, persino io che sapevo dell’esistenza di questi esseri mi sono preso un tale colpo che… ma non ci voglio più pensare! Come avete fatto, piuttosto, a cancellare la memoria di tutti i londinesi, una simile quantità di persone? Lascia perdere, non  voglio sapere neanche questo, so solo che voi avete un potere immenso e se davvero avete la possibilità di incantare un’intera metropoli come Londra, forse la prossima volta non sarà un incantesimo di memoria, ma un anatema, un qualcosa che uccide, non lo so, una qualche genere di maledizione… E io devo evitare che questo accada, devo difendere questi cittadini anche se per loro non sono altro che un fantoccio incompetente… grazie a voi mi sono guadagnato questo titolo, grazie davvero!”

 

Di colpo, Il Primo Ministro voltò le spalle ad Harry e si ritirò in un profondo silenzio.

 

Harry rimase sul posto, basito, finché un sonoro rumore di passi che accorrevano raggiunse la porta dello studio. Un possente uomo dalla carnagione scura eruppe nella stanza, anche lui bacchetta alla mano.

 

“Kingsley?”

 

“Harry?”

 

I due si stettero a contemplare per un buon minuto sotto lo sguardo dubbioso del Primo Ministro che guizzava frettolosamente dall’Auror al ragazzo.

 

Kingsley trasse un lungo sospiro e abbassò la bacchetta.

 

“Primo Ministro Babbano” salutò l’Auror con una leggera riverenza.

 

Il Primo Ministro storse la bocca “Ti pregherei di non usare quella parola… ‘Babbano’ suona offensivo alle mie orecchie… e anche alle vostre orecchie da mago, suppongo” ritornò alla scrivania e piegò il capo su di essa, contemplando il liscio mogano rosso.

 

Kingsley si avvicinò ad Harry e gli sussurrò “Devi scusarlo, è stata una settimana molto pesante e quella prima non era stata da meno, perciò… è un po’ stressato.”

 

Il Primo Ministro si alzò dalla poltrona e si chinò sul costoso tappeto persiano per raccogliere i documenti caduti al suolo dopo l’attacco di Harry “Dimenticavo le lettere dei miei ammiratori” ironizzò l’uomo mentre arraffava i fogli in un mucchio disordinato “… o le letterine delle mie amanti, come sostengono amichevolmente i giornalisti…”

                     

“Cosa sei venuto a fare qui, Harry” gli chiese Kinglsey mentre il Primo Ministro prendeva a leggere i documenti, passeggiando per la stanza.

 

“Niente di particolare” gli rispose il ragazzo non sapendo che altro dire “E’ stata una disperata fuga dal Ministero” si morse la lingua, non sapeva quanto si poteva fidare di Kingsley; anche se faceva parte dell’Ordine, restava pur sempre un Auror e, secondo l’esperienza del ragazzo, era meglio diffidare dei galoppini del Ministro.

 

Kingsley fece un mugugno “Cose che capitano all’ordine del giorno per un ragazzo come te; lo capisco, è facile farsi dei nemici quando sei il Prescelto della situazione.”

 

“Prescelto?” il Primo Minstro interruppe la sua ansiosa marcia per la stanza e si avvicinò ai due “Non sarai per caso quel ragazzo di cui mi parlava l’altro Ministro, Caramell, tu sei… Berry… qualcosa.”

 

Harry indietreggiò, ritenendo poco fiducioso lo sguardo indagatore del Primo Ministro. Preferiva non sbilanciarsi troppo, soprattutto vista l’evidente ostilità che il Ministro nutriva nei confronti dei maghi; non voleva fornire un ulteriore pretesto per incrinare i rapporto mago-babbani… ma ci pensò Kingsley ad intervenire:

 

“Sì, lui è Harry Potter. Il ragazzo che è sopravvissuto. Gliene deve avere parlato Cornelius Caramell, l’ex-Ministro della Magia. Ora, questo ragazzo è ritenuto l’unico in grado di soppiantare le forze oscure di Colui-che-non-deve-essere-nominato.”

 

“Un ragazzino” mugugnò il Primo Ministro scrutando Harry con un certo dissenso “Bene! Ora mi sento più tranquillo. Specialmente dopo aver scoperto che il mio tentato assassinio è stato ordito da colui che dovrebbe risolvere tutto questo conflitto, bene… credo che riprenderò a leggere le mie letterine.”

 

Senza muoversi dal posto, nascose il viso dietro un documento talmente fitto di parole da far venire il mal di testa. Kingsley mise un braccio attorno alle spalle di Harry per trascinarlo lontano dal Ministro.

 

“Comprendi…” sospirò Kingsley “E’ difficile per lui. Mi pare scontato dirlo, ma i maghi non gli vanno molto a genio, anche prima dello scherzetto che gli hai fatto al tuo arrivo. E’ convinto che tutti i maghi la pensino come i Mangiamorte, che si credano superiori ai Babbani perché hanno dei poteri magici… ora come ora non crederebbe all’esistenza di maghi come Arthur Weasley che sono affascinati e rispettano il mondo dei Babbani, quindi è meglio lasciarlo stare, per adesso…”

 

“Ma come faremo poi?” gli domandò Harry, osservando con una certa compassione il Primo Ministro che si apprestava a leggere un documento, se possibile, più impegnativo e lungo del precedente “Anche se dovessimo vincere contro Voldemort, non si potrebbe creare una guerra contro i Babbani?”

 

Kingsley annuì grave “E’ già successo in passato e non è escluso che possa ricapitare. Comunque questo Babbano è intelligente, non mi sembra così avventato da rischiare di destabilizzare le certezze dei Babbani in un momento di stallo come questo. E alla fine del conflitto, se vinceremo noi… si vedrà! Il futuro è imprevedibile.”

 

Le parole dell’Auror fecero scattare qualcosa nella mente di Harry “Kingsley, cosa ne sai riguardo ad una Profezia su Severus Piton?”

 

La bocca di Kingsley si aprì leggermente, la fronte si corruccio. Harry sostenne uno sguardo deciso e i lineamenti dell’Auror si rilassarono “Non ne so molto. So solo che, diciassette anni fa, Albus Silente richiese un consulto con un Oracolo, lo stesso Oracolo che è stato rapito dai Mangiamorte qualche mese fa, durante l’attacco al Ministero. Harry…” soggiunse l’Auror con sguardo serio “devi smetterla di correre dietro a Piton. Prima o poi avrà ciò che si merita ma ora non è il caso di farsi accecare dalle vendette e dimenticare che siamo in guerra.”

 

“Mi spiace” ribatté Harry con gli occhi che mandavano fiamme “Ma è il mio destino correre dietro a Piton finché non l’avrò ucciso” si fissò il palmo della mano: l’indirizzo era ancora chiaro, una scritta che sarebbe rimasta indelebile finché Harry avrebbe compiuto la sua vendetta.

 

“Ora devo andare, Kingsley, buongiorno e mi scusi, Primo Ministro.”

 

Il Primo Ministro levò lo sguardo dal plico di documenti e scrutò Harry intensamente “Anche tu sei amareggiato. Spero che troverai fine al tuo tormento.”

 

“La sto per trovare” replicò Harry, deciso più a incoraggiare sé che a rispondere al Ministro.

 

Kingsley seguì Harry con occhi preoccupati, finché il ragazzo si parò di fronte alla finestra a ghigliottina e l’aprì con un ‘Alohomora’ “Dove vai, Harry?”

 

Il giovane Potter frugò nello zaino e ne estrasse la miniatura di una Firebolt “Engorgio. Te l’ho già detto Kingsley, non smetterò di correre dietro a Piton.”

 

Il ragazzo montò a cavalcioni sulla scopa magicamente ingrandita e spiccò il volo attraverso la finestra dello studio del Primo Ministro Babbano. Meta: Spinner’s End.

 

*^*^*^*^*^

 

24 Dicembre, Spinner’s End

[Il Topo Scappa]

 

 

Il corpo di Harry era abbandonato malamente contro una parete di legno. Il capo penzolava in avanti, le braccia lungo i fianchi, inerte. Una sottile lingua di sangue partiva dai capelli mogano del ragazzo, scendendo lungo le travi di legno marcio.

 

Nell’oscurità prossima due occhietti infidi e gialli osservavano il ragazzo svenuto. Si udì uno squittio e un repentino movimento nel buio. La porta nascosta sbatté e il piccolo animale corse lungo le scale, fino nell’atrio della tetra casa suburbana. La sera stava calando; già si poteva scorgere il riflesso della luna: era piena.

 

Dei flebili raggi lunari penetrarono attraverso le finestre incrinate. L’ombra della bestiola si proiettò contro il vicino muro di mattoni; l’ombra si allungò piano fino ad assumere delle connotazioni umane, quelle di un ometto tozzo e grasso, con un naso piuttosto prominente e la mascella che si agitava in continuazione come se non potesse fare a meno di rosicchiare.

 

L’Animagus stiracchiò le braccia sopra il capo e osservò con la coda dell’occhio la porta nascosta sotto la scalinata principale.

 

“Rimarrai lì per un bel po’. Finché loro avranno concluso la missione affidatagli dal grande Signore Oscuro.”

 

Guardò con attenzione i raggi di luna, come ipnotizzato.

 

“Non c’è niente che si possa fare per fermarli durante notti come queste. Faranno una bella visitina a Hogwarts. Tu lo sai e non riuscirai a fermarli” l’Animagus ridacchiò “Immagino il tuo senso di colpa quando tutti i tuoi amici saranno morti… lo capisco bene, ma non è poi così tragico perdere i tuoi migliori amici… io questo lo so bene.”

 

La voce stridente si abbassò di qualche nota, diventando più rauca: “Poi il rimorso passa subito. Si vive solo per sé stessi.”

 

Fissò di nuovo la luna piena: quattro animali correvano sotto i raggi di luna, ululavano, bramivano, latravano, squittivano… quattro amici esploravano la loro scuola…

 

“Tra qualche ora non ci sarà più alcuna scuola… addio Hogwarts… così anche l’ultimo ostacolo tra il Signore Oscuro e il potere assoluto sarà annientato.”

 

L’Animagus sgusciò fuori dalla casa diroccata. Riprese le sue sembianze di ratto: così si sentiva più a suo agio, come se fosse nato per stare in quella pelliccia lurida.

 

Zampettò lungo le vie deserte di Spinner’s End. Fissò di nuovo il cielo notturno: c’era il plenilunio e a qualche miglia di distanza si potevano già udire degli ululati e delle grida.

 

*^*^*^*^*

 

Dietro le quinte

[Il Concilio dei Potenti]

 

Voce #1: “L’Oracolo è giunto tra le mani del Signore Oscuro.”

 

Voce #2: “Dunque la prima delle sue profezie si è avverata.”

 

Voce #3: “Jolly ha incontrato il Prescelto.”

 

Voce #2: “E’ riuscito a rubare la sua fiducia.”

 

Voce #1: “Anche se in minor misura del previsto, il Prescelto condizionerà il proprio destino e quello di coloro che lo circondano.”

 

Voce #3: “La Matrice Originaria è insita anche nel suo corpo. Alla fine di tutto dovremo estirparla per non lasciare tracce.”

 

Voce #2: “Anche per questo dovremo chiedere consulto all’Oracolo.”

 

Voce #1: “Ora dobbiamo solo attendere che gli eventi si sviluppino.”

 

Voce #3: “Il Signore Oscuro ha ordinato di distruggere Hogwarts.”

 

Voce #2: “Anche questo è stato previsto.”

 

Voce #1: “Ciò porterà alla rifondazione dell’antica rocca.”

 

Voce #2: “Sarà il nostro nuovo nido.”

 

Voce #1: “Così dice l’Oracolo.”

 

Voce #3: “Dunque attendiamo che il martirio abbia inizio. Gli innocenti massacrati durante questa lunga notte di plenilunio saranno il perfetto sacrificio da immolare alla nostra causa.”

 

Voce #2: “Così tutto sta seguendo il suo corso.”

 

Voce #1: “Il copione procede e alla fine della guerra avremo la Matrice Originaria.”

 

 

*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*

Scusate il ritardo.

 

Stavolta, è interamente colpa di Kaho. E delle feste di carnevale per i bambini, per i boccia un poco più grandicelli e per se stessa. Sorry, really.

 

Per non parlare di tutto il resto. Oh, beh, voi ci seguite ancora, nevvero? Se non recensite siete responsabili della morte prematura di Kaho e della prematura incarcerazione per omicidio di Samy. XD Battutone…

 

Ok, stay calm, fly down.

 

È il momento delle recensioni… ^___^ Continuate così! Le recensioni fanno le autrici più contente e l’ispirazione più prorompente!! XD

Ragazzi, più di 50 recensioni!!! Ma quanto vi adoriamo??? Ç___ç troppo buone, davvero!! 

 

Saty: Ma ciauz! ^___^ Sempre felici di beccarti qui tra le recensitici… Ehm, per ‘colui che morirà nel terzo’… non possiamo fare anticipazioni, però possiamo esortarti a continuare a seguire… se caso causeremo il tuo pianto disperato *sigh* possiamo consolarti… *ehm* per ora goditi HP7 dove tutti rimangono vivi e veg– no, scherzavamo, ci sarà parecchio sangue da versare!! *risatine sataniche di sottofondo* *Samy si riprende e dà una botta in testa a Kaho per fermarla* Siamo felici che il dottor Gadget vi piaccia! *______* In realtà, tutto è nato senza relazioni… solo dopo abbiamo compreso da dove avevamo copiato l’idea… ma quel cartone è stato uno dei miti della nostra infanzia a base di Bim Bum Bam, Warner Bros., Disney e un po’ di film bollino-giallo, che non fanno mai male! XD Per Kaus… ehmbè, mica potremo pretendere che tutti i personaggi vi piacciano, nevvero? Lui è così, e non ti aspettare azioni eroiche. Però è utile, in un certo qual modo, no? Senza di lui Harry sarebbe un po’ in difficoltà… in effetti, come nota in questo capitolo, è un po’ troppo dipendente questo Potterino… *ehm* Eh beh! ^^ Marshal è un bastardo, sì… adorabile. *Kaho e Samy sorridono* Per difendere la McGrannitt: non è che non ha più le palle, (quanto mi piace usare le espressioni volgari!! NdKaho Contegno!!! NdSamy) ma non può permettersi di perdere il posto. Deve controllare il Ministro anche lei, non ci sono mica solo Hermione e Ron che lo spiano, che credi? -____^ E poi senza Mc Hogwarts non è più lei… giù la mamma Row ci ha ucciso Silente!! Ç___ç *Momento di lutto profondissimo* La scena GinHarry vs. family Weasley è stata divertente anche per noi da scrivere… ehm, per la RonHermione credi che siamo un po’ bastarde? No, perché noi ci divertiamo un sacco a farli rincorrere come degli scemi… però questo capitolo era dedicato a loro… finalmente un po’ di istinto animale, vero? -_______^ Grazie mille per i complimenti!!! Trooooooppo gentile, thanks!!! **^_________^** Beh, alla prossima… un bacio. K&S P.S = Oh, la nebbia della Val Padania la conosciamo… ogni volta che dalle montagne scendiamo a Milano ecco che la becchiamo a perseguitarci!!! Grrr!! Non è che lo zio Voldie manda i Dissy a cercarci…?

siangel187: Wè ciao!! Eh eh… bella Gadget! -___^ Siamo contente che il chappy ti sia piaciuto… come hai fatto notare, Hogwarts è una specie di base militare, ma tutto per avere Marshal in canotta!! ^ç^ Sarà uno stronzo, ma con– ok, basta deliri su John: però è un bel tipino. Ed è fantastico scrivere le sue battute… stra-divertente! -______^ Luna, beh, è il nostro mito, è uno dei personaggi di Harry Potter che non hanno un ruolo principale ma che noi adoriamo (come Neville, ad esempio). Harry sapeva bene a cosa andava incontro stando con Ginny… i signori Weasley possono essere peggio di zio Voldie!! XD Grazie ancora, speriamo che anche questo chap ti sia piaciuto! Baci, K&S

EDVIGE86: Grazie mille per i complimentosi, così ci fai arrossire!! ^\\^ Beh, prima di rispondere per bene Kaho tende a precisare che lei cerca di non mettere in ogni capitolo Draco, ma Samy rischia l’astinenza-da-Malfoy e potrebbe morire, perciò dovete rassegnarvi al giovane Mangiamorte raghe! XD Smay sta saltando come una matta quando ha letto che ti piace il suo Draco… (Però è tutto mio!! *ç* ndSamy Sì, tranqui… ndKaho) Eddai… Guarda che Marshal non è così tanto male solo un poco bastardello e manipolatore… ecco tutto… e poi così c’è stato un altro bel momento HermioneRon, no? ^___^ Harry per una volta intuisce i pensieri di Hermione… già, sarà un frana con le ragazze, ma come amico non lo è (per fortuna). ^___^ Brava! Hogwarts è sicura? Domandone… eh eh… leggi il chap e poi risponditi da sola! XD Beh, grazie ancora… -___^ A presto!! Kiss kiss K&S

rupertmania: Oh, grazie grazie grazie!!!! Davvero, ma quanto amiamo queste recensioni?? Ç___ç *momento di commozione* Hogwarts è cambiata sì, e Marshal è un bastardello, già già… e Ron ed Hermione procedono, ooh se procedono… come ti sono sembrati in questo chappy? Speriamo di aver reso una fan felice! ^__________^ Eh eh, lo sappiamo che voi stavate aspettando solo questo momento da tempi immemori et voilà! Ecco i due magnifici Ronnino ed Hermione… ^___^ Cerchiamo di dare ad ogni coppia il suo momento, ma questi due sembrano sempre entrare dovunque, una cosa sconvolgente! O___O Ma è fantastico scrivere di loro, sul serio. Per la fantasia… Samy è un pozzo senza fondo. Poi, dopo deliri, Kaho che l’ascolta sconfortata e cerca di riportarla alla realtà, ecco che puntualmente anche lei si inabissa nel mondo di Past Legaci ed annuisce come un cagnolino cominciando a delirare anche lei… tranqui, non ci facciamo di niente!! XD *forse* Scusa il ritardo, ma tra impegni e lunghezza ci impieghiamo un po’… -____^ Al prossimo chappy… kiss! K&S

fringu: Ehi benvenuta nel mondo magico di Past Legacy! ^___^ Siamo felicissime che questa storia ti piaccia, e lo saremo di certo di più se continuerai a recensire… cribbio, tutti questi complimenti ci fanno arrossire d’orgoglio e contentezza! Che pensi di questo chappy? A presto! Kiss K&S

 

Eh eh… sembra, leggendo le vostre rec, che  Marshal si torverà a combattere contro il vostro gruppetto di killer personali dopo il suo tiro mancino a Ron e Hermione… ^____^ Eddai ragazze, mica tutti li devono adorare quei due, no? -________^ Ci vuole l’antagonista. U__U Piuttosto, odiate McLaggen!! Lui sì che merita tutto!!! (insieme a Piton, of course. Sarà un personaggio importante eccetera ma non riusciamo ad amarlo).

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** L'Ultimo Natale di Hogwarts ***


CAPITOLO 10 – IL CROLLO DELL’ANTICA FORTEZZA

Capitolo 10 – “L’Ultimo Natale di Hogwarts”

 

 

Il risveglio, 8.30 P.M.

[Ricordati, è importante]

 

 

Harry si risvegliò con la testa che pulsava come un’ossessa. Anche se avrebbe dovuto farci l’abitudine dato il considerevole numero di volte che era stato bersagliato da schiantesimi e da botte in testa, non poté fare a meno di mugugnare dal dolore quando tentò di rialzarsi, appoggiandosi al muro. Sentì un gorgoglio come di un liquido viscoso che scendeva lungo la pietra.

 

Harry si tastò la nuca con una spiacevole certezza. Osservò le punte delle dita che, nel bagliore della luna piena, risplendevano di rosso. Il ragazzo trattenne il fiato, con un enorme blocco alla gola: la Luna Piena.

 

Scosse la testa vigorosamente tentando di dare un ordine agli ultimi avvenimenti: aveva lasciato il Ministero babbano a bordo della sua Firebolt ed era atterrato a Spinner’s End. Un’altra fitta alla tempia lo costrinse a sedersi sul pavimento di legno. Perché si trovava in quel luogo? I ricordi degli ultimi momenti, prima dello svenimento, erano parecchio offuscati. Qualcuno doveva averlo colpito alla nuca e molto violentemente; non ricordava il volto dell’aggressore, eppure era certo di averlo intravisto prima che tutto diventasse nero.

 

Piton… ora Harry ricordava il motivo del perché si trovava in quel luogo: avrebbe dovuto compiere la sua vendetta, il secondo motivo a cui aveva votato la sua vita dopo la ricerca degli Horcruxes, ma invece era stato facilmente disarmato e aggredito, troppo concentrato com’era nella vendetta e nell’odio.

 

E il suo aggressore? No, non era Piton, ma era qualcuno che si era meritato il disprezzo di Harry con pari ardore. Il ragazzo si premette le dita contro le tempie: doveva assolutamente ricordare perché aveva la sgradevole sensazione che, se non ci fosse riuscito, avrebbe permesso il verificarsi di qualcosa di ignobile senza poter fare niente. Ed era già successo una volta: lui, immobilizzato, che assisteva all’esecuzione di Silente… il suo corpo che cadeva dai bastioni di Hogwarts…

 

Hogwarts… Ma certo! Aveva scoperto qualcosa riguardo ad Hogwarts. Erano state le ultime parole del suo aggressore, poco prima che lo colpisse alla testa…

 

“Tanto non potrai fare niente per Hogwarts”…

 

Era una voce acuta e nervosa. Quasi uno squittio… Peter Minus… Harry sogghignò nell’oscurità: ecco un altro che avrebbe volentieri inserito nella sua lista nera. Un altro traditore, come Piton e R.A.B.

 

Ma cosa gli aveva detto Peter Minus? Qualcosa riguardo ad Hogwarts? Eppure le sue erano le parole di un perdente e infido servitore, non degne della considerazione di nessuno, ma nonostante questo Harry sapeva di dover ricordare perché altrimenti… Cosa sarebbe successo? Il ragazzo non lo sapeva, ma ogni volta che ci rimuginava sopra, una sgradevole bassezza gli inondava le viscere: era qualcosa di grave, molto grave. Stava per succedere qualcosa ad Hogwarts, quella notte, ecco perché sentiva di doversi sbrigare a ricordare, altrimenti non sarebbe arrivato in tempo.

 

Ma cosa doveva ricordare? Che Minus gli avesse cancellato la memoria? In quel caso non ci sarebbe stato modo di risolvere il problema. Ma qualcosa nello stomaco di Harry lo invogliava a non arrendersi e a sforzarsi al massimo.

 

Alla fine il ragazzo si rilassò contro il muro. In casi come quelli era meglio stare calmi e, come diceva sempre Hermione, il modo migliore di ricordarsi di memorie perdute è non pensarci affatto, consiglio che, Harry sospettava, l’amica non avesse utilizzato mai nella vita data la sua spiccata memoria fotografica.

 

Harry volse il capo verso la luna tonda e piena. Persino lo spesso strato di nebbia non riusciva a nascondere il suo bagliore: la cosa migliore era rilassarsi e la luna era rilassante. Allora perché Harry si sentiva sempre più avvilito mentre contemplava l’astro candido, la cui luce sembrava così minacciosa e diabolica; cosa c’era di tanto spaventoso nella luna?

 

Il ragazzo decise di darsi una calmata, aveva i nervi a fior di pelle; riusciva a vedere persino nella luna, pacifica e innocua, un mostro spaventoso. Certo, rifletté il ragazzo, non tanto pacifica e innocua per Remus, ma…

 

Harry Potter si alzò di scatto ignorando completamente gli atroci dolori alla nuca. Cercò a tentoni la sua bacchetta e la Firebolt. La inforcò all’istante e, senza curarsi delle inferriate chiuse, puntò contro la finestra e, con un potente colpo di fattura, fece crollare le sbarre e si fiondò attraverso i vetri della finestra in frantumi, tagliandosi una guancia con un ciocco volante. Ma non gli importava.

 

Ora sapeva perché doveva sbrigarsi. Sapeva perché non poteva permettere che accadesse: avrebbe perso anche Hogwarts… sì, Hogwarts stava per essere distrutta. E lui solo poteva impedire che succedesse.

 

*^*^*^*^*^

 

Appostamento fuori Hogwarts, 7.40 P.M.

[E’ giunto il Mio Momento di Gloria]

 

 

Albus dovette fare molta fatica ad indirizzare una rotta stabile: la nebbia gli offuscava la visuale e, man mano che scendeva di quota, questa si faceva più fitta e fastidiosa. Planò per qualche attimo in discesa libera finché i suoi acuti occhi gialli individuarono un manipolo di figure nere appostate dietro un alto sperone di roccia. Si appollaiò sullo sperone e osservò le figure sotto di lui, una in particolare attirò la sua attenzione: si trattava del suo proprietario.

 

Il gufo reale di nome Albus planò fino a posarsi morbidamente sul braccio del padrone che, prontamente, sfilò il messaggio dal becco dell’animale.

 

“Grazie mille, Albus” sogghignò Doppio Dolore mentre rompeva il sigillo magico con un colpo di bacchetta.

 

Spiegò il foglio di carta e attivò l’incantesimo Lumus, attirando l’attenzione delle restanti figure.

 

“E’ un messaggio di Lord Voldemort, cruciale per l’operazione” spiegò Donovan ai compagni.

 

Un Mangiamorte si fece avanti dalla schiera che circondava Doppio Dolore, parlando con voce unta e dubbiosa “Ho qualche perplessità, Donovan. Dubito che il Signore Oscuro affiderebbe un messaggio di rilevante importanza ad un gufo.”

 

Albus emise un forte stridio, quasi come se avesse compreso le parole del Mangiamorte.

 

“Anch’io sono molto perplesso, Piton” sibilò Donovan “Mi sorprende che l’Oscuro Signore ti abbia permesso di affrontare una missione tanto rischiosa. Non preferisce tenerti sotto una campana di vetro?”

 

“Attento a quello che dici, Doppio Dolore” ribatté Piton con voce calma e dosata “Si potrebbe pensare ad una mancanza di rispetto nei confronti di Lord Voldemort.”

 

“Non sia mai” disse Donovan in tono del tutto casuale “Comunque non c’è da preoccuparsi. Di Albus ci si può fidare, è addestrato meglio di quegli inetti Eclitti che tra qualche attimo stermineremo… il Signore Oscuro lo sa bene.”

 

Donovan accarezzò il capo piumato del gufo che piegò la testa con un pigolato di approvazione.

 

Un altro Mangiamorte si fece avanti “Vorresti comunicare al gruppo le nuove volontà del Signore Oscuro.”

 

“Con molto piacere, Lucius. Il Signore Oscuro desidera del veleno di Acramantuala che, come ben sai, è molto raro. Lord Voldemort richiede un’ispezione dei sotterranei della scuola, presumo nel laboratorio di Pozioni, per prelevare il veleno. Direi che quest’operazione non può essere affidata ad altri che a Piton. Dunque, mi dispiace Piton, ma temo che dovrò dirigere io il rapimento di Scrimgeour” concluse Darcy con un sogghigno volutamente esagerato.

 

Piton mantenne la sua naturale impassibilità di fronte alla provocazione del Mangiamorte “Spiacente anch’io di deluderti, Donovan” disse con freddezza “e spiacente soprattutto di deludere il Nostro Potente Signore, ma temo che persino per i laboratori di Hogwarts il veleno di Acramantula sia troppo eccezionale.”

 

Doppio Dolore non ebbe di che ribattere, il che era molto insolito data la velenosità della sua lingua sempre pronta a scagliarsi contro gli avversari.

 

“L’Acramantula è un ragno gigante” intervenne all’improvviso una voce meno tetra e profonda delle altre.

 

Donovan si voltò lentamente verso una figura incappucciata più esile delle altre “Complimenti, Draco” attaccò il Mangiamorte con un sogghigno “Non avevo idea che tu fossi così competente riguardo alla dottrina di Cura delle Creature Magiche; sei proprio un bravo studentello.”

 

Molti Mangiamorte risero. Non c’era premura di offendere nessuno. Draco era praticamente una nullità nella scala gerarchica dei Mangiamorte, novellino, detentore imbattibile di punizioni corporali da parte di Cortess e, soprattutto, figlio rinnegato dal padre.

 

“Non è il caso che ti sbilanci troppo con le battutine, signore” sibilò il giovane Mangiamorte con voce melliflua e tagliente “Se fallisci anche in una sola operazione il Signore Oscuro te la farà pagare, io lo so bene questo. Perciò è il caso che impari a contenere la tua esuberanza e a prestarmi rispetto. Ben inteso, a meno che tu voglia apparire un fallito agli occhi di Lord Voldemort, ritornando dalla missione senza il veleno di Acramantula.”

 

Un ampio sogghigno beffardo si allargò sul viso di Donovan “Scusami?”

 

Draco tirò indietro il cappuccio per rivelare un ghigno compiaciuto “Hai capito bene.”

 

Donovan rimase interdetto. Possibile che dietro quel debole ragazzino si celasse un Mangiamorte astuto? “Se sai dove trovare il veleno di Acramantula sei obbligato a riferirlo al tuo capo, che durante questa missione sarei io. Se rifiuti di comunicarmelo spontaneamente, la tua opposizione sarà intesa come tradimento verso l’Oscuro Signore.”

 

“Ma ora l’Oscuro Signore non c’è, io sto parlando con te” sibilò Draco, avvicinandosi a Doppio Dolore con le pupille dilatate.

 

Darcy sogghignò leggermente; cominciava a percepire un’atmosfera di pericolo che, pensava, non avrebbe mai accompagnato quella giovane e insulsa recluta “Avresti davvero il coraggio di patteggiare? Ne dubito, sei un codardo.”

 

Draco si limitò a sospirare, lievemente scocciato “Sei libero di pensarla come ti pare. Tanto l’unico a subirne le conseguenze sarai tu.”

 

Il sangue cominciò ad affluirgli a fiotti nella testa: un insulso ragazzino che tentava di intimidirlo? E per di più, ci stava riuscendo “Tu sai veramente dove reperire il veleno di Acramantula? Allora dimmelo.”

 

“No.”

 

“Questo è tradimento!”

 

“Niente affatto. Non lo dico a te, Doppio Dolore, ma lo comunicherò in seguito al Signore Oscuro. Vedi, le cose stanno così secondo il mio punto di vista: tu fai lo sgarbato e io non ti dico nulla; tu provi ad uccidermi o a strapparmi le informazioni con la forza, e perderai tempo prezioso per la missione, senza contare che anch’io ho un compito importante da svolgere; come tocco finale tornerai dalla missione con ben due operazioni incompiute, senza veleno di Acramantula e magari ci sarà scappato qualche morto tra i Serpeverde che non ho potuto avvisare in tempo. Solo allora, farò il mio ingresso trionfale e consegnerò al Signore Oscuro il veleno di Acramantula. Morale della favola: io riceverò onori e gloria, mentre tu subirai il Cruciatus che tanto adori; tutti contenti, giusto?”

 

“Così, io ti do il rispetto e tu mi dai il veleno di Acramantula?” chiese Donovan con i denti serrati; mai nessuno aveva osato ricattarlo tanto spudoratamente.

 

“Non esattamente. Tu mi dai il rispetto e io darò al Signore Oscuro il veleno di Acramantula.”

 

Era decisamente troppo per credere che quella situazione fosse reale. Doppio Dolore preferì abbandonarsi ad una risata che aveva un gusto isterico “E tu speri che io accetti delle simili condizioni?”

 

Draco mugugnò di nuovo, senza mostrare la minima preoccupazione “Non hai altra scelta. O questo o niente.”

 

“Da dove viene questo slancio di ambizione? Forse è il caso che ti dia una regolata, che ne dici di rivedere le condizioni del ricatto? Facciamo così, io ti rispetto e tu mi dici dove trovare il veleno di Acramantula. Queste sono le mie condizioni e in quanto a tali sono irremovibile” concluse Donovan con l’espressione più tirannica che gli fosse mai capitata sul viso.

 

Draco alzò le spalle con noncuranza “Allora non se ne fa niente. So come gira il mondo. Se ti dico ora dove si trova il veleno di Acramantula, il tuo rispetto svanirà nel momento in cui otterrai l’informazione che tanto bramavi. Poi concluderai la missione in bellezza e sarai beneficiato dal Signore Oscuro, senza menzionare minimamente l’aiuto che hai ricevuto da parte mia. Infine mi torturerai per vendicarti del piccolo ricatto che ti ho teso.”

 

Dopo un primo momento di incertezza, Doppio Dolore riprese il suo sogghigno “Sei molto bravo a capire la mentalità delle persone. In effetti avrei indubbiamente agito nel modo che hai appena descritto. E va bene, il tuo acume ti perdona, farò come hai stabilito tu.”

 

Draco non accennò ad alcun tipo di reazione anche se Donovan sapeva che nella sua testa stava pazzamente festeggiando il suo trionfo.

 

“Prima occupati dei Serpeverde, poi provvedi a recuperare il veleno di Acramantula” ordinò al giovane Mangiamorte.

 

Draco fece un lieve movimento con il capo “Bene, ma per ottenere il veleno mi ci vorrà un po’ di tempo.”

 

“E’ importante se nel frattempo distruggeremo Hogwarts?”

 

“No, la cosa non mi è d’intralcio per il recupero del veleno” disse il ragazzo con un’espressione di ghiaccio.

 

Samantha, al suo fianco, lo osservò accigliata attraverso le fessure del cappuccio. Da quand’è che era diventato così gelido e calcolatore?

 

“Perfetto, dunque, a questo punto si può dare inizio all’attacco.”

 

Degli urli controllati rispose all’incoraggiamento di Doppio Dolore.

 

“Tutti alle postazioni desiniate. Bellatrix e Rodolphus in prima linea, Lucius, copri loro le spalle come solo tu sai fare, Piton, al mio fianco, Drake e… signor Malfoy, voi per ultimi; avanzate solo quando vedete cedere la prima barriera di Eclitti. Noi avanzeremo e uccideremo gli Eclitti che in quel punto – indicò qualcosa oltre la nebbia, nei pressi della Foresta Oscura - sono vulnerabili, quindi entreremo nella scuola; abbiamo dalla nostra la nebbia e il fattore sorpresa. Gli altri Mangiamorte si occuperanno di penetrare la scuola attraverso i passaggi nascosti. Dunque, le vie di accesso sono quella di Hogsmeade, che sfocia in un corridoio al terzo piano nelle vicinanze della nuova presidenza, e quella che conduce sotto il Platano Picchiatore, secondo le informazione raccolte dal signor Malfoy. Quindi, le reclute Mangiamorte libereranno i suddetti passaggi per permetterci la ritirata quando la scuola verrà invasa dai branchi di Lupi Mannari riuniti da Greyback. Loro si incaricheranno di fare piazza pulita dei nostri avversari e anche dei mocciosi rimasti nella scuola. Abbiamo un’ora di tempo per svolgere le operazioni e abbandonare il castello prima dell’arrivo dei Lupi Mannari; ricordate che anche se stanno dalla nostra, non fanno distinzione tra nemico e alleato durante le notti di luna piena. Tutto chiaro?”

 

Ci fu un movimento di assenso tra i Mangiamorte.

 

“E ricordate anche di non eccedere troppo. Dobbiamo nascondere la nostra presenza quanto più a lungo ci è possibile. E Signor Malfoy… crede che le possa bastare un’ora complessiva per svolgere le due missioni?”

 

Draco rispose con un ghigno indispettito.

 

“Bene. Si parte”

 

*^*^*^*^*^

 

Le Guardie di Hogwarts

[Assassini nella Nebbia – Il Mangiamorte Sorridente]

 

 

Fuori da uno dei portoni secondari di Hogwarts la guardia ai comandi di Scrimgeour era piuttosto irrequieta. La nebbia continuava a salire e a farsi fitta, per di più era la Vigilia di Natale.

 

“Pazzesco!”  proruppe un Eclitto “Non si vede un accidente!”

 

“Io mi lamenterei di altro, Steven” intervenne un Auror accasciato contro il pesante portone di legno “E’ la vigilia di Natale e siamo qui a lavorare come cani. Neanche un secondo di pausa, tutto merito del tuo comandante.”

 

L’Eclitto chiamato Steven sbuffò “Marshal è a posto. Non mi secca stare qui a fare la guardia perché è Natale… se solo non ci fosse questa dannata nebbia!” diede due potenti colpi di tosse come a voler liberare i polmoni dal denso vapore grigio.

 

L’Auror sbarrò gli occhi “Non hai nulla da ridire sulla prepotenza di quel tipo?”

 

L’Eclitto si agitò “Ehi, attenzione a come parli di lui. D’accordo, è un autentico cafone, ma se sapessi la sua storia…”

 

“Racconta.”

 

Steven avanzò repentinamente nel banco di nebbia, fingendo di non averlo sentito “E’ proprio fitta, vero? Sembra quasi solida.”

 

“Allora, me lo vuoi raccontare, Steven. Non puoi continuare a fare il vago, hai voluto parlarne, quindi finisci il tuo resoconto.”

 

“Davvero spiacente” strillò l’Eclitto continuando ad addentrarsi nella nebbia “Ma non riesco a sentirti.”

 

“Finiscila di fare l’idiota!” esclamò l’Auror cercando il compagno nella densa foschia “Per evitare la mia domanda finirai per perderti!”

 

La voce di Steven, ormai fuori portata di vista, echeggiò per il cortile “Tsk. Sono un Eclitto, quindi perfettamente addestrato alla sopravvivenza, in qualunque situazione!”

 

“Dimmi la verità, c’entra qualcosa con la sua fobia dei Lupi Mannari?” chiese l’Auror.

 

Oltre il primo strato di nebbia, tutto era tranquillo.

 

“Idiota!” urlò l’Auror “Dai, vieni fuori. Se Marshal ci trova fuori posto scatenerà un vero inferno!”

 

Non ottenne alcuna risposta.

 

“E va bene, non mi impiccio più dei fatti di Marshal, ma torna qui, Steven!” insistette l’Auror alzando di molto il tono della voce “Se stai fingendo, finiscila immediatamente! Comincio a preoccuparmi sul serio… non voglio lanciare un falso allarme!”

 

L’atmosfera rimaneva quieta.

 

L’Auror impugnò la bacchetta, puntandola verso l’alto “Ho una brutta sensazione. Pericul…!”

 

“Aspetta!” lo frenò una voce grave che l’Auror riconobbe come quella di Steven.

 

Una figura scura, ammantata dalla nebbia, si mosse davanti all’Auror “Steven, idiota!” strepitò questo “Stavo per lanciare un falso allarme! Immaginati Marshal…”

 

Le parole gli morirono in gola. Faceva fatica a respirare e un atroce dolore allo stomaco cominciava a propagarsi per tutto il corpo.

 

“Co.. cos-…?” annaspò, assaggiando il sapore ferreo del sangue che gli inondò la bocca.

 

Le gambe dell’Auror si afflosciarono, trascinando l’uomo al suolo. La mano dell’Auror si serrò contro lo stomaco, le dita toccarono gli indumenti; erano bagnati e appiccicosi ed emanavano un odore inconfondibile: sangue.

 

La mano dell’Auror salì lungo lo stomaco finché cozzò contro qualcosa di freddo e affilato. L’uomo piegò il capo e tentò di mettere a fuoco il suo corpo che era parzialmente visibile, malgrado la nebbia. La vista era offuscata, sentiva che era sul punto di svenire, ma l’oggetto che aveva piantato nello stomaco era inconfondibile: il pugnale degli Eclitti con quella tipica lama bianca e lo stemma di Scrimgeour sull’elsa.

 

“St-stev…” esalò l’Auror, muovendo appena gli occhi verso la figura avvolta dalla nebbia.

 

L’Eclitto Steven avanzò dal banco di nebbia col capo levato e la mano destra insanguinata.

 

L’Auror era al limite del collasso “N-no… per-r… ch-ché?”

 

Steven abbassò il viso di scatto e incrociò lo sguardo del compagno che tremava e si faceva sempre più vacuo, ma gli occhi di Steven erano più assenti e vuoti. Fissava l’amico morente con una glacialità da brivido “Così mi hanno ordinato” disse con voce impassibile.

 

Le pupille dell’Auror rotearono quando un’improvvisa e poderosa scossa di dolore gli raggiunse il costato.

 

Maledizione, pensò mentre gli occhi si capovolgevano, diventando quasi bianchi, E’ sotto l’effetto dell’Imperius, l’Auror non avvertiva più il freddo della sera, solo un tiepido torpore che lo stava facendo lentamente assopire, I Mangiamorte, la bocca si socchiuse, lasciando scappare un rivolo di sangue, sono nella scuola.

 

“Perfetto, è morto e non ha fatto troppo rumore.”

 

Steven si voltò verso la voce sogghignante di Darcy Donovan. Il Mangiamorte si parò di fronte all’Eclitto “Hai ucciso il tuo amico, straordinario quello che ti fa fare l’Imperius, vero?”

 

Il volto di Steven rimase impassibile, ma dall’angolo di un occhio scese una sottile lacrima cristallina. Doppio Dolore rilassò il volto, Dopotutto, non sono così bravo ad eseguire l’Imperius.

 

“Ti dispiace per la morte del tuo amico, sta tranquillo. Nella dimensione oltre questa tutte le anime legate in vita possono trovare la via per rincontrarsi.”

 

Ci fu un breve lampo che colorò di verde la nebbia del cortile di Hogwarts, poi un leggero tonfo. Donovan sollevò il corpo rigido e freddo dell’Eclitto e lo sistemò accanto a quello dell’Auror. Estrasse il pugnale insanguinato dal corpo dell’uomo e lo pulì con la tunica nera, poi si chinò su Steven, poggiandogli una mano sul viso per chiudergli gli occhi. Il Mangiamorte si infilò il pugnale ripulito sotto il mantello, allontanandosi dai due corpi con fare rispettoso; quindi estrasse la bacchetta e la puntò verso il fitto della nebbia.

 

Doppio Dolore mandò dei segnali ad intermittenza con la bacchetta; messaggi in codice che solo i suoi compagni Mangiamorte potevano intendere: Scocciatori eliminati.

 

Un nutrito gruppo di Mangiamorte si avvicinò a Donovan, sei figure incappucciate in prima linea.

 

“Bene” si compiacque Doppio Dolore “Vedo che siete già disposti. Bellatrix, Rodolphus, voi entrerete con la Drake e il signor Malfoy. Io, Lucius e Severus andremo a sistemare gli Eclitti e gli Auror qui di fianco, nel caso avessero sentito qualcosa, non possiamo correre il rischio di venire subito scoperti.”

 

“Infatti. Per questo ritengo opportuno rivedere la sua strategia, signor Donovan” intervenne una voce vellutata e affabile.

 

Doppio Dolore ebbe uno scatto improvviso; fissò duramente le retroguardie: un altro novellino vuole fare lo spaccone? Il manipolo di Mangiamorte si disperse, isolando una figura sottile e piuttosto bassa.

 

Il giovane Mangiamorte avanzò, spingendo indietro il cappuccio. Era davvero giovane, forse un coetaneo di Draco. Ma la cosa più stupefacente era la piega leggera che aveva assunto la sua bocca: un sorriso docile. Mai visto un Mangiamorte sorridere così!

 

“Mi perdoni, signor Donovan” cominciò il ragazzo con un tono di voce flautato ed educato “Ma se uccidiamo le guardie qui accanto, non faremo altro che accrescere il problema; la violenza attira altra violenza. L’odore di morte desterà inevitabilmente il sesto senso di qualche Eclitto o Auror. E’ meglio optare per una strategia meno violenta, che cosa ne dice?”

 

“Scusami sai” sogghignò Doppio Dolore “Ma non ho proprio idea da dove tu venga fuori.”

 

“Il mio nome è Josh Currey, signore” si presentò il ragazzo con un inchino “E vengo dalla Scozia.”

 

“E, di grazia, cosa ti fa credere che decida di darti retta?”

 

Il giovane Mangiamorte sorrise candidamente “Il suo buon senso, signor Donovan. E’ la strategia migliore.”

 

“Il mio buon senso mi sta gridando di schiantarti, lo sai?” sibilò Donovan sarcasticamente.

 

Il ragazzo rise brevemente “Se decidete di farlo, signor Donovan, finirà per attirare l’attenzione. Uno Stupeficium è troppo appariscente, io opterei per un Avada Kedavra; più breve e meno abbagliante.”

 

“Mi stai tentando? Vuoi che ti uccida?”

 

“Questo spetta a lei deciderlo, è lei il capo…” il giovane socchiuse gli occhi e piegò le labbra in un sorriso del tutto particolare, enigmatico “…Darcy.”

 

Doppio Dolore venne scosso da un lungo brivido, ma si ricompose quasi subito. Solo Piton sembrò accorgersi della sua bizzarra reazione, lo scrutò con i suoi profondi occhi neri e poi ritornò con lo sguardo sul giovane Mangiamorte, dall’apparenza innocuo e pacifico; forse possedeva quella stessa calma e pacatezza con cui la morte ti coglie nel sonno.

 

“Il Signore Oscuro ha richiesto la mia presenza, signor Donovan” disse il ragazzo quando il volto di Doppio Dolore tornò imperscrutabile “Vuole che affianchi i signori Lestrange nel recupero dell’uovo di Basilisco.”

 

Ci fu un mormorio tra le retroguardie dei Mangiamorte.

 

“Come sai del piano?” eruppe Bellatrix “Solo i prediletti del Signore Oscuro ne erano a conoscenza.”

 

Il giovane non smise di sorridere quando si voltò verso Bellatrix “Ha ritenuto opportuno informarmi, dato che possiedo un’abilità che vi potrebbe tornare utile durante la vostra operazione, signori Lestrange.”

 

Bellatrix storse la bocca “Quale sarebbe la tua abilità?”

 

“Sono un Rettilofono” dichiarò il ragazzo con calma.

 

Doppio Dolore fece un movimento improvviso e Piton colse in questo un moto di agitazione e irrequietudine.

 

“Ecco il motivo” sibilò Bellatrix “Ma il Signore Oscuro mi aveva confidato personalmente il modo di aprire la Camera dei Segreti senza utilizzare la lingua dei serpenti.”

 

“Quando è venuto a conoscenza della mia abilità ha preferito mandarmi con voi, per rendere l’operazione più semplice e veloce” spiegò il ragazzo con un leggero sorriso.

 

“D’accordo, gli ordini del Signore Oscuro non si discuto. Ma vedi di non rallentarci troppo” soffiò Bellatrix dall’angolo della bocca.

 

“Bellatrix” intervenne Doppio Dolore in principio con una voce malferma “Non essere così sgarbata con la nuova recluta, possiede una delle abilità del Nostro Potente Signore, dovremmo lodarlo per questo.”

 

Il ragazzo gli rivolse un gran sorriso “Grazie, signor Donovan, è molto gentile.”

 

Doppio Dolore aprì la bocca ma non rispose. Ricompose il volto in un’espressione seria e si rivolse al grosso dei Mangiamorte ma, tuttavia, i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dall’esile figura del giovane Mangiamorte.

 

“Dunque, Bellatrix, Rodolphus e la nuova recluta scenderanno nella Camera dei Segreti; voglio almeno cinque di voi che li coprano le spalle.”

 

Alcune delle retroguardie avanzarono e si posero al fianco dei Lestrange e di Josh Currey che si voltò verso di loro e disse sinceramente: “Siete molto gentili.”

 

“Infine” proseguì Doppio Dolore un poco impacciato “Dobbiamo attuare una strategia per mettere a tacere le altre guardie senza ucciderle.”

 

Molte delle retroguardie si scambiarono delle occhiate perplesse e anche Piton, in prima fila, sospettava qualcosa di losco dietro l’improvvisa accondiscendenza di Doppio Dolore.

 

Il giovane Mnagiamorte avanzò di qualche passo “Se mi permette, signor Donovan, potrei risolvere io il suo problema.”

 

“Ne sarei onorato” ribatté Doppio Dolore, poi recuperando un po’ di durezza nella voce: “Una recluta deve sapersi mettere alla prova per entrare nelle grazie di Lord Voldemort, bravo Josh.”

 

“E’ troppo gentile” disse il ragazzo con un altro sorriso.

 

Al suo fianco, Piton era certo di aver colto una nota di rimprovero e comando nel tono pesato e tranquillo del giovane Mangiamorte; e anche Donovan sembrò rendersene conto perché assunse d’improvviso un’espressione di pietra.

 

“Allora attua il tuo piano, giovane recluta, e se fallisci, sarai ritenuto direttamente responsabile e ne subirai le conseguenze per mano mia” Donovan si morse il labbro inferiore e scrutò il ragazzo come se questo fosse pronto ad esplodere.

 

“Comprendo, signor Donovan, ma non fallirò.”

 

Inspiegabilmente il giovane Mangiamorte si accostò ai due cadaveri al suolo; stette per un buon momento ad osservare i volti cerei dell’Eclitto e dell’Auror, dunque si voltò verso il gruppo di Mangiamorte, del quale aveva completamente catturato l’attenzione.

 

Josh Currey sorrise al loro indirizzo prima che le sue labbra diventassero luccicanti, quasi trasparenti come stava accadendo al resto del viso e del corpo. Molti Mangiamorte sibilarono mentre il corpo del ragazzo prendeva ad ondeggiare come acqua, si sformava e si ricomponeva. La tunica nera da Mangiamorte smise di lievitare e ricadde lungo il nuovo corpo di Josh Currey.

 

“Sei un Metamorfomagus completo?” lo interpellò Piton con un’occhiata penetrante.

 

La voce che uscì dalle nuove labbra di Josh era profonda e grave, identica a quella dell’Eclitto Steven “Sì, signor Piton, è un’altra delle mie abilità.”

 

“Comprendo il tuo piano” disse Piton “Vuoi fingere di essere quell’Eclitto per rassicurare gli altri. Può funzionare, gli Auror sono abbastanza stupidi e ingenui per crederci.”

 

Il falso Steven piegò le labbra, sorridendo nell’identico modo enigmatico con cui era solito sorridere Josh Currey “Inoltre il mio sorriso è rassicurante.”

 

Il giovane Mangiamorte con le sembianze da Eclitto sparì nella spessa coltre di nebbia che sembrò quasi ritirarsi al suo passaggio.

 

Poco lontano da lì, la stessa nebbia opprimente infastidiva alcuni Auror posti da guardia davanti al portone principale di Hogwarts.

 

Uno di questi sbuffò: “E pensare che è quasi Natale, non so cosa darei per starmene a casa con la mia famiglia. Specialmente con mio figlio che ha appena compiuto tre anni.”

 

“E’ naturale” una voce profonda e moderata raggiunse il gruppo di guardie. Lungo un tratto, il banco di nebbia si ritirò e sembrò quasi voler preannunciare l’arrivo di una grande figura. Gli Auror estrassero la bacchetta e la puntarono in sincronia contro la voce sospetta.

 

Dal punto di nebbia diradata comparve il volto dell’Eclitto Steven, sorridente e affabile “E’ naturale” ripeté questo, incurante delle bacchette puntate contro di lui “Un padre desidera sempre stare accanto al proprio figlio, vederlo crescere con due occhi ammirati, essere il suo eroe…”

 

“Scusami” fece l’Auror che poco prima si era lamentato “Ma tu non sei Steven Chopin, l’Eclitto posto di guardia al portone secondario assieme a un nostro collega?”

 

La figura misteriosa avanzò ancora e si arrestò sul limite del banco di nebbia “Infatti. Ho preferito venire di persona, mentre il mio compagno resta di guardia davanti all’entrata secondaria. Spero non siate stati distratti da rumori molesti.”

 

Gli Auror si scambiarono delle occhiate fugaci, alcune delle quali imbarazzate e poi abbassarono la bacchetta “In effetti abbiamo sentito qualcosa” disse uno di loro “Un uomo che gridava, silenzio e altre grida. Stavamo giusto per venire a controllare la situazione.”

 

L’Eclitto si chinò in segno di scusa lasciando tutti gli Auror a bocca spalancata: da quand’è che un Eclitto si mostra summissivo ad un Auror? “Sono assolutamente desolato. Il mio compagno ha voluto farmi uno scherzo per ingannare il tempo e così a simulato una dispersione nella nebbia.”

 

Gli Auror si guardarono dubbiosi. Era evidente che qualcosa non quadrava in quel soggetto, soprattutto la tunica nera che indossava al posto della regolare divisa bianca degli Eclitti.

 

Ma Eclitto sorrise in una maniera tanto sincera da rendere l’atmosfera più tiepida e accogliente. Gli Auror abbandonarono qualsiasi dubbio, credendo in buona fede a quell’Eclitto dal sorriso incantatorio; come non fidarsi di un’espressione tanto genuina? “Capisco. In effetti siamo in postazione da più di sei ore e comincia a diventare pesante tirare avanti senza trovare un bel passatempo. Non ti preoccupare, non diremo nulla a Marshal, dopotutto è la vigilia di Natale.”

 

“Grazie, siete gentili” disse l’Eclitto con un ennesimo sorriso.

 

“Grazie a te” risposero gli altri in coro con una voce stranamente melensa e a tratti sognante.

 

L’Eclitto fece un sorriso che pareva un concentrato di gentilezza “Allora io ritorno alla mia postazione, buon proseguimento e se sentite delle urla, non badateci.”

 

“Sì, assolutamente” dissero gli Auror all’unisono, ora la voce era totalmente estasiata, come i loro volti.

 

L’Eclitto fu nuovamente inghiottito dal banco di nebbia.

 

Dall’altro capo della coltre, i Mangiamorte attendevano con trepidazione il ritorno dell’insolito compagno sorridente.

 

Rodolphus Lestrange cominciò a vagare inquieto lungo il portico “Credete davvero che quel ragazzino sia in grado di ingannare gli Auror? Sono pur sempre maghi addestrati di tutto punto e per recitare nel modo corretto si necessita di una certa dose di astuzia e, francamente, quel ragazzino…”

 

“Non c’è da preoccuparsi” ribatté Piton “Ho recitato per anni e riconosco un maestro all’opera. Quel Josh Currey ha sicuramente la stoffa dell’attore.”

 

“Vi ringrazio, signor Piton.”

 

Piton sobbalzò sentendo la voce del ragazzo falsata da quella dell’Eclitto; rare volte gli era capitato di avvertire un brivido lungo la schiena, l’inconfondibile allarme che lo metteva sull’attenti contro un infido nemico. Possibile che quel ragazzo sorridente…? D’altronde lui stesso aveva appreso che l’apparente gentilezza è più infida della cattiveria diretta.

 

Piton preferì non ribattere alle parole del ragazzo comparso all’improvviso dalla nebbia, si limitò a seguirlo con lo sguardo finché questo si posizionò di fronte a Doppio Dolore con un sorriso compiaciuto.

 

“E’ andato tutto bene. Non sospettano nulla ora, e anche in futuro si dimostreranno molto accondiscendenti alle nostre scorribande.”

 

“Capisco” disse Donovan con gli occhi che gli tremavano leggermente “Un lavoro apprezzabile, recluta, farò in modo che giunga alle orecchie del Nostro Potente Signore.”

 

Josh lo ringraziò con un sorriso, facendo piegare le labbra dell’Eclitto Steven a proprio piacere.

Il giovane Mangiamorte trattenne il respiro e il falso corpo diventò docile come l’acqua, quindi si modellò e assunse i tratti più flebili e spigolosi di Josh Currey.

 

I Mangiamorte lo osservarono sbalorditi, mentre il ragazzo riacquistava le proprie sembianze.

 

Piton si fece avanti, spintonando da parte Doppio Dolore che sembrava saldamente attaccato al suolo “Sembra che le tue doti sorprendano molta gente” disse Piton, osservando con la coda dell’occhio i muscoli del collo di Donovan che si rilassavano da una grande tensione “E dei simili poteri non avrebbero mai potuto passare inosservati. Dall’aspetto devi avere circa diciassette, diciotto anni, comunque meno di venti, e io per primo, che ho tenuto la cattedra di Pozioni per molti anni, non ho memoria di uno studente con delle simili capacità.”

 

Josh Currey non cessò di sorridere “Per la verità, signor Piton, io non ho frequentato Hogwarts, per questo non ho avuto l’onore di incrociarla per i corridoi della scuola. Comunque mi avrebbe fatto molto piacere averla come insegnante di Pozioni; lei, signor Piton, ha l’aria di un mago molto competente e dalla mente acuta.”

 

Piton preferì ignorare i complimenti sdolcinati del ragazzo, ma, soprattutto, si impegnò a non soffermare lo sguardo sul suo sorriso sereno; aveva l’impressone che quelle labbra sorridenti fossero più pericolose degli occhi di un Basilisco “Dunque come hai potuto apprendere delle formule magiche e quindi entrare a far parte dei Mangiamorte?”

 

“Questione di fortuna” rispose il ragazzo “O se preferisce, di sorte o fato. Tutto avviene per un motivo; benché fossi solo un ragazzino mago di poco conto e livello sociale ho compreso che la mia vita aveva uno scopo ben più alto del semplice esistere; dunque, nelle sperdute campagne scozzesi da cui provengo, mi è giunta la voce di un Potente Signore che intendeva portare alla massima gloria la peculiarità di noi maghi, il nostro sangue antico e incantato che ci distingue dai più comuni e semplici Babbani. Ho capito che avrei dovuto far parte di quell’ambizioso progetto e le mie capacità che fino a quel momento erano state sottovalutate, quasi invidiate dagli stolti compaesani del mio villaggetto borghese, sono diventate una dote sovrumana, qualcosa di altresì divino.”

 

“Quindi vieni da un villaggetto sperduto nelle campagne?” domandò Piton con una nota di sarcasmo “Buffo, non credevo che i contadini possedessero un linguaggio tanto raffinato.”

 

Il giovane Mangiamorte non smise di sorridere “Vi ringrazio del complimento, ma le mie capacità oratorie le ho apprese grazie allo studio privato e alla completa estraneazione dalla monotona vita borghese e campagnola da cui ero accerchiato; mi si potrebbe definire un passero solitario, che coltiva nel proprio nido nascosto capacità che i compagni non potranno mai capire a fondo.”

 

“Non hai frequentato Hogwarts e hai studiato privatamente” rifletté Piton in tono gelido “Mi domando se la tua abilità con la bacchetta sia tanto ammirevole quanto le tue doti oratorie.”

 

“Purtroppo no, signor Piton. Non sono in grado di utilizzare la bacchetta, non conosco nemmeno le basilari informazioni di impugnatura. L’unica cosa che mi ha reso speciale agli occhi del Signore Oscuro è la capacità di parlare Serpentese e dunque quella di cambiare aspetto radicalmente e completamente.”

 

Piton storse il naso adunco “Ad ogni modo la tua presenza rimane sospetta. Il Signore Oscuro non ti ha mai menzionato in mia presenza e solitamente Egli richiede un mio consulto prima di selezionare per il reclutamento maghi con delle capacità speciali.”

 

“Se è per questo anch’io godo della stessa confidenza” intervenne impetuosamente Bellatrix “Il Signore Oscuro mi ha fatto l’onore di rivelare in mia presenza alcuni dei suoi più importanti segreti e rimango io la sua prediletta, l’unica di cui si fidi veramente, l’unica che…”

 

“Finiscila, Bellatrix!” tuonò Lucius Malfoy “La tua detenzione ad Azkaban ti ha resa pazza. Pazza perché non riesci a vedere l’evidente: è Severus Piton il prediletto del Signore Oscuro. Ma ciò non significa che dobbiamo rinunciare alla nostra grande occasione; il Signore Oscuro non avrà sempre e solo occhi per lui, quando Piton commetterà uno sbaglio, io sarò pronto a sostituire il suo ruolo di prediletto.”

 

Piton incrociò lo sguardo raggelante di Malfoy senior e abbassò cupamente il capo “Ti ringrazio, Lucius. Ma credo che i tuoi auguri di sfortuna, non mi impediscano di servire più che onorevolmente il Nostro Potente Signore. E comunque, anche se dovessi fallire, il Signore Oscuro non cesserebbe di considerarmi l’eletto.”

 

Una serie di sibili si diffuse tra i Mangiamorte. Molti parvero indignati o confusi, la dichiarazione di Piton aveva irritato tutti, tutti tranne Josh Currey, che invece sembrava divertito.

 

“La certezza di una persona deriva dalla consapevolezza. Ma le decisioni del Nostro Potente Signore Oscuro sono dettate dalla variabilità delle circostanze e dal suo umore, qualcosa di indubbiamente imprevedibile; non c’è certezza per quanto riguardi l’entrare e l’uscire dalle sue grazie. Dunque se afferma ciò con tanta sicurezza, signor Piton, deve possedere una certezza inoppugnabile, una garanzia” disse il giovane Mangiamorte “Prima ha usato la parola ‘eletto’, dobbiamo quindi dedurne che esiste un patto saldo e infrangibile che lega lei e il Signore Oscuro tale che risulti impossibile per il Nostro Potente Signore volerle del male?”

 

Piton si voltò verso Josh Currey e puntò i suoi occhi d’inchiostro in quelli castani del ragazzo “Sei arguto, ragazzo, ma quello che hai detto non corrisponde alla verità.”

 

“Ora capisco come ha fatto ad ingannare Albus Silente: è un ottimo attore, la sua finzione è magistrale e in più, l’anziano preside aveva un cuore troppo intenerito da eccessivi anni di buonismo; troppo ottimismo può essere intossicante, se non fatale” dichiarò Josh Currey, voltandosi verso Darcy Donovan non appena terminò di pronunciare l’ultima sillaba rivolta a Piton, così da non lasciargli il tempo di ribattere alla velata insinuazione “Dunque, signor Donovan? Mi è concesso l’onore di aggregarmi alla missione?”

 

Doppio Dolore si riscosse da un parziale stordimento e rispose fermamente al giovane “Certamente, e considerate le tue capacità, entrerai a Hogwarts con Bellatrix e Rodolphus e aprirai la Camera dei Segreti.”

 

Josh sorrise ancora “Porterò a termine la missione a costo della vita.”

 

Donovan fece un sorriso sforzato che avrebbe dovuto essere incoraggiante e si voltò immediatamente d’altro lato del cortile. Già, pensò, come se la possibilità di morire fosse un problema per te, Jolly.

 

*^*^*^*^*^

Il Concilio dei Potenti

[La Natura di Jolly]

 

 

Voce #1: “Jolly ha ottenuto l’appoggio dei Mangiamorte.”

 

Voce #3: “Le sue capacità di socializzare sono sorprendenti.”

 

Voce #2: “Tutto merito del suo sorriso ingannatore.”

 

Voce #3: “Non dimentichiamo l’appoggio ricevuto dal nostro inviato minore.”

 

Voce #2: “La seconda spia infiltrata tra i Mangiamorte.”

 

Voce #2: “Corrono voci su un presunto coinvolgimento dell’A.R.A.s.”

 

Voce #1: “Dunque, l’antica affiliata dell’I.M.M.U.N.D.O. ha voluto entrare in gioco.”

 

Voce #3: “Non c’è problema. L’A.R.A.s. si  manterrà in un ruolo strettamente neutrale. Il suo compito è osservare, nient’altro.”

 

Voce #2: “Inoltre, l’antico patto di non belligeranza stretto tra le nostre associazioni impedisce al suddetto gruppo di intervenire.”

 

Voce #1: “Oggi osserveranno il macello di Hogwarts.”

 

Voce #3: “Il primo dei tre sacrifici.”

 

Voce #2: “Dunque si giungerà al sacrificio estremo per il compimento del destino ultimo dell’uomo.”

 

Voce #1: “Jolly scamperà a suddetto destino, come già una volta accadde.”

 

Voce #3: “Più di tremila anni fa, quando abbandonò il suo nome di uomo.”

 

Voce #1: “O fu il nome di uomo ad abbandonare lui?”

 

Voce #2: “In effetti da quel momento egli cessò di essere uomo.”

 

Voce #1: “L’uomo è essere vivente e razionale.”

 

Voce #2: “Egli non è né vivente, né razionale.”

 

Voce #1: “In lui vi è la predominanza di quella pazzia che è intellegibile per l’uomo.”

 

Voce #3: “E non vive.”

 

Voce #1: “Il suo corpo mortale non è qui.”

 

Voce #2: “Tremila anni fa egli morì.”

 

Voce #3: “Tuttavia la sua esistenza è continuata ingannando le regole del tempo.”

 

Voce #1: “Non esiste alcuna creatura che può scampare le impassibile regole del tempo.”

 

Voce #2: “Quindi egli non è creatura ma creatore.”

 

Voce #1: “Una divinità.”

 

*^*^*^*^*^

 

24  Dicembre 1998, 8.30 P.M.

[Il giorno in cui la pietà fu abbandonata]

 

 

“Restiamo qui, appiattiti nella nebbia. La nostra copertura dovrebbe essere perfetta ora, grazie al contributo della nuova recluta.”

 

Doppio Dolore organizzò la disposizione dei compagni in modo che i Mangiamorte restassero completamente celati nel banco di nebbia. Gli occhi viola continuavano a guizzare sull’orologio da taschino che teneva in mano. Mancavano pochi minuti all’inizio ufficiale della missione. Le lancette a forma di serpenti allungati segnavano le 8.25.

 

“Attendiamo che giunga l’ora stabilita. A quel punto irromperemo ad Hogwarts attraverso questa via secondaria, mentre le retroguardie che abbiamo posto alle estremità dei passaggi segreti che conducono alla scuola faranno piazza pulita di Auror e Eclitti” dunque si voltò verso Draco “Sei proprio sicuro, signor Malfoy, di avere il tempo necessario per recuperare il veleno di Acramantula?”

 

“Tu lascia fare a me e non ti preoccupare” rispose il giovane Malfoy con un ghigno impertinente e beffardo.

 

Donovan ingoiò saliva, stando bene attento a tenere i denti saldamente uniti; la pazienza non era una delle sue virtù, e quindi doveva controllarsi se non intendeva compromettere la missione.

 

Josh Currey sembrò notare solo in quel momento il più giovane dei Malfoy che, durante la discussione con Donovan e Piton, si era tenuto in disparte. La recluta lanciò un’occhiata fugace prima a Draco e poi a suo padre Lucius: la somiglianza era sbalorditiva, sembravano l’uno la copia perfetta con variante temporale dell’altro.

 

Il Metamorfomagus si avvicinò al Malfoy maggiore rivolgendogli un sorriso educato, che Lucius ricambiò con un’occhiata per niente cortese.

 

“Deve essere molto fiero di suo figlio, signor Malfoy” suppose il giovane Mangiamorte con un sorriso più candido.

 

Draco sentì vacillare la maschera di impassibilità che si era costretto ad indossare per quella missione; si voltò lentamente verso il padre, tentando di scorgere sul suo viso glabro e impassibile un qualche segno di reazione; ma quella freddezza era ben peggiore del rifiuto.

 

Josh osservò di sottecchi prima il giovane Malfoy e poi il padre, prestando particolare attenzione allo sguardo suppliche che Draco stava lanciando al genitore “E’ evidente che il suo parere è molto importante per Draco, signor Malfoy” i lineamenti del ragazzo si addolcirono, apparendo quasi melanconici “L’ammirazione negli occhi del proprio figlio che si riflette su di un padre è il raggiungimento della somma felicità.”

 

Lucius Malfoy sospirò, scocciato “Non c’è nulla di appagante negli occhi di un figlio inutile che tremano di debolezza.”

 

Draco distolse immediatamente lo sguardo dal padre, tentando di mascherare il proprio dolore con la freddezza, ma era impossibile restare indifferenti di fronte al rifiuto dell’uomo che più ammiri e da cui vorresti disperatamente essere ammirato.

 

Il volto di Josh si piegò con estrema durezza, gli occhi luccicanti presero a fiammeggiare “Certe persone sono tanto piene di sé da non rendersi conto del tesoro che stringono tra le mani.”

 

Il viso di Lucius si piegò duramente, le narici frementi dalla rabbia, pronto a scagliarsi contro Josh Currey.

 

La voce di Doppio Dolore li raggiunse da dietro “Bene, è ora. Partiamo e ricordate di non fare troppo rumore dentro la scuola; non vorremo essere colti in fragrante, giusto? Non dovremo avere intralci da parte degli studentelli, pare che il nuovo regime di Scrimgeour li voglia tutti a letto per le 8 serali in punto; poi ci penserà lo squadrone di Greyback a svegliarli” sogghignò Donovan “E, un’altra cosa: nessuna pietà! Questo è ciò che grideremo quando Hogwarts sarà messa al rogo e i corridoi della scuola si riempiranno di grida e di sangue. Apriremo le porte di Hogwarts al branco di Greyback, a quel punto fuggiremo e osserveremo la scuola diventare un campo di macello.”

 

Molti Mangiamorte urlarono in coro, esaltati dalla prospettiva. Samantha cercò lo sguardo di Draco; lui aveva indossato la maschera da Mangiamorte e sembrava deciso a non togliersela.

 

Josh Currey si avvicinò al giovane Malfoy e gli disse con voce profondamente comprensiva “Stai attento, il rimorso è più letale di un Avada Kedavra.”

 

Draco sospirò dietro la maschera con voce smorzata e roca “Niente senso di colpa.”

 

Josh annuì e le sue labbra si abbassarono, trasformando il sorriso sereno in una piega melanconica “Molti padri perderanno i propri figli, oggi.”

 

*

 

I quattro Auror posti di guardia nell’atrio del secondo portone stavano seduti sul pavimento, accasciati contro il muro. Erano all’ottava ora di guardia ininterrotta e, ormai, la sensibilità delle gambe era un ricordo lontano. Senza contare che la frustrazione del dover trascorrere la vigilia di Natale appostati in guardia continuamente, pronti a prevenire un attacco che quasi sicuramente non sarebbe accaduto, aumentava la loro stanchezza.

 

Qualche Auror sbuffò e socchiuse gli occhi; il più resistente dei quattro si rialzò in piedi, allungando le gambe che sembravano essere andate in formicolio. Poggiò la schiena contro il muro e si domandò in nome di quale bene superiore stavano sopportando quel martirio. Per fortuna erano quasi le 9.00 e a quel punto altri quattro poveri Auror si sarebbero accollati la fatica di fare la guardia durante la notte di Natale. I quattro maghi lanciavano occhiate sempre più fugaci verso l’orologio: 8.29; ancora 31 minuti all’ora di cambio guardia, per fortuna, erano esausti. E incuranti del pericolo oltre la porta.

 

8.30. Darcy Donovan diede disposizioni come stabilito.

 

I battenti del portone secondario furono aperti parzialmente con una serie di schiantesimi silenziosi; uno spicchio di luce di lanterna si proiettò sull’erba del cortile esterno. I Mangiamorte si intrufolarono attraverso la stretta apertura tra i battenti della porta. Sei figure nere si insinuarono più velocemente delle altre, prendendo posto in prima fila. Poi la porta venne repentinamente richiusa.

 

I quattro Auror, storditi dalla stanchezza e ormai rilassati contro il muro, ebbero appena il tempo di identificare gli intrusi; una poderosa luce verde si diffuse per l’atrio. Donovan sogghignò e, accanto a lui, fecero lo stesso Rodolphus, Bellatrix e Lucius che avevano eseguito un simultaneo Avada Kedavra.

 

I Mangiamorte avanzarono silenziosamente tra i corpi dei maghi appena abbattuti. I quattro Auror rimasero incurantemente riversi al suolo con i volti stravolti da una morte inaspettata e ingiusta.

 

Doppio Dolore fece segno alle reclute di avanzare in avanscoperta. Qualche figura ammantata di nero avanzò in risposta al comando di Donovan, giungendo fino al limite del primo, ampio corridoio dell’atrio. Un Mangiamorte alzò un braccio. Doppio Dolore gli diede conferma e fece cenno ai Mangiamorte dietro di lui di avanzare; il primo corridoio era libero; la fortuna era dalla loro, probabilmente quello era l’ingresso meno sorvegliato del castello.

 

Donovan fissò l’orologio da taschino che ciondolava dalla divisa.

 

Non abbiamo tempo da perdere con quegli inetti. Dobbiamo raggiungere lo snodo principale.

 

Albus si appollaiò sul braccio del padrone che lo aveva richiamato con un gesto veloce. Il gufo reale stette ad ascoltare gli ordini di Donovan col capo piumato chino, poi spiccò il volo e progredì lungo il corridoio. Piton si parò di fianco a Doppio Dolore con sguardo interrogativo.

 

“Niente timore” bisbigliò Donovan “E’ un animale intelligente, altrimenti perché l’avrei chiamato Albus?”

 

Il gufo planò seguendo il corridoio principale, poi atterrò su una lanterna che pendeva dal soffitto, facendola ondulare leggermente.

 

I due Auror posti di guardia in quel frammento di corridoio levarono il capo, incuriositi dall’ondeggiamento delle loro ombre: un gufo reale stava appollaiato sulla lanterna sopra di loro, scuotendola leggermente e facendo vibrare la luce. Il gufo li guardò con occhi acuti e gialli e prese a pigolare.

 

Gli Auror si guardarono perplessi. Un gufo non era un animale insolito da vedersi ad Hogwarts, ma in quel tratto di scuola non avrebbero dovuto esserci altro che guardie. Anche se insignificante era comunque un’anomalia e il sergente Marshal li aveva ripetuto fino alla nausea di non trascurare nulla.

 

“Tiriamolo giù di lì, forza” propose uno degli Auror puntando la bacchetta contro il gufo.

 

“Non ci provare.”

 

L’Auror guardò il compagno, ma questi alzò le spalle; non era stato lui a parlare. I due maghi si scambiarono un’occhiata d’intesa e levarono le bacchette contro il punto da cui sembrava provenire la voce sconosciuta. Scrutarono appena una figura nera, nascosta perfettamente nell’ombra di una colonna. Uno degli Auror aprì la bocca per urlare, chiedendo rinforzi, ma l’espressione del suo viso venne immortalata in quella posa da un accecante raggio verde. Il suo corpo cadde a terra con un tonfo, seguito poco dopo da quello del compagno.

 

Alcuni Mangiamorte avanzarono, mentre Donovan si avvicinava al portone di legno massiccio accanto al corpo di uno degli Auror. Tentò di aprirlo manualmente, ma sembrava che la serratura fosse stata magicamente bloccata da una potente fattura. Con una serie di contro incantesimi, maledizioni e molta magia oscura, Doppio Dolore riuscì a far scattare la serratura. Aprì il portone e sbirciò nell’ambiente successivo: si trattava di una tromba secondaria di scale che collegava tutti i piani del castello; il Ministero aveva ben pensato di sigillare il portone per evitare che qualcuno vi si intrufolasse, evidentemente erano a corto di personale di guardia.

 

Donovan sogghignò, facendo segno agli altri Mangiamorte di avvicinarsi.

 

“Campo libero” sibilò piano “Ognuno al piano che gli spetta. Io e Severus andremo al terzo, dove si trova la nuova presidenza, signor Malfoy e Drake andrete nei sotterranei per raggruppare i Serpeverde, Bellatrix, Rodolphus e nuova recluta andrete al secondo piano, nella Camera dei Segreti; e, infine, Lucius, a te spetta il recupero di Horace Lumacorno. Tutto chiaro? Bene si proceda.”

 

I Mangiamorte che erano avanzati si avvicinarono a Doppio Dolore e gli confermarono la buona riuscita dell’operazione: gli Auror che dovevano dare il cambio di guardia erano sistemati.

 

Darcy Donovan sorrise, oltre ogni soddisfazione: quella missione sarebbe stata un trionfo di sangue.

 

*^*^*^*^*^

 

La festa; Momenti Spensierati 8.30 P.M.;

[Al di là del sottile muro scintilla la falce]

 

 

Il ticchettio dell'orologio del dormitorio scandiva secondo dopo secondo il tempo che passava, e Ginny avvertì una strana angoscia premerle nel petto (e non era la prima volta da quando Harry era partito). D'istinto strinse le coperte al petto, sospirando; forse un po' troppo forte rispetto al dovuto: Pansy Parkinson, vicino a lei, si rigirò nel suo letto, mugugnando qualcosa nel sonno che suonava come 'Draco'.

 

Che fissata, si ritrovò a pensare la rossa, fissando dal suo giaciglio la situazione e - soprattutto - l'orario.

 

Le dieci e dieci.

 

Cinque minuti per raggiungere la partenza.

 

Guardandosi in giro, la giovane Weasley scostò le coperte e uscì dal letto, attenta a non svegliare con nessuno dei suoi movimenti le sue vicine di letto. Mise un cuscino sotto le coperte, prese la bacchetta e, come le aveva spiegato Hermione, sussurrò un incantesimo di Trasfigurazione. Con soddisfazione, Ginny vide una sagoma che poteva facilmente essere scambiata per una ragazza - per lei - sotto le lenzuola.

 

Si guardò per l'ennesima volta intorno e, sicura di non essere stata scoperta né da Eclitti né da compagne che potevano rivelarsi spie, zampettò fino all'uscio del Dormitorio, incontrando per la strada Hannah Abbott, Calì Patil e Romilda Vane.

 

Fece un piccolo cenno col capo, ricevendo in risposta un sorriso da Hannah, un allegro "Ciao" da Calì e, infine, un commento sommesso di Romilda che Ginny non intese, anche se poteva immaginare che era stato un insulto. La giovane Grifondoro non l'aveva mai perdonata per essersi presa il 'suo Harry'.

 

"Non vi ha visto nessuno?" si raccomandò Ginny, appiccicandosi al muro dove si trovavano le altre tre.

 

"Per chi mi hai preso, Weasley? Ho una certa esperienza in queste cose..." alzò il naso Romilda. Ginny ruotò gli occhi.


"Un folletto ti ha dato un pizzicotto o devo presumere che tu sia sempre così di buon umore la sera, Vane?"

 

"Ragazze..." mormorò Hannah, mettendosi fra Ginny e Romilda, intente a lanciarsi sguardi di fuoco.

 

Calì ridacchiò coprendosi le labbra inumettate di lucidalabbra con una mano. "Per fortuna sei arrivata tu Ginny, la mocciosa mi stava annoiando con i suoi continui blaterare sul mio presunto fidanzamento con Harry al Ballo del Ceppo. Merlino, è così dannatamente ottusa..."

 

Romilda ridusse gli occhi a due fessure. "Patil, chiudi la fogna."

 

Ginny sogghignò. Per una volta, sembrava che la Patil fosse dalla sua parte. "Chi ha invitato una del secondo anno alla festa?"

 

Hannah sospirò. "E' stato Dean, dato che è la sua fidanzata."

 

"Ma come...?" Ginny non finì la frase che Hannah la precedette. "Sono nella mia stessa squadra. E' lì che si sono conosciuti." spiegò brevemente, ma con la voce un po' incrinata.

 

“Oh,” Ginny poteva vedere gli occhi della ex-Tassorosso inumidirsi appena mentre Romilda cominciava a cinguettare la sua relazione con Dean - che non era come Harry, certo, ma aveva un certo charme. D'istinto, pur non conoscendola, la Weasley appoggiò una mano sulla spalla della Tassorosso, ignorando Romilda. "Tutto a posto?"

 

Hannah annuì, sorridendo timidamente. "Certamente. Ora andiamo, o perderemo la festa..."

 

Ginny annuì e richiamò al silenzio le altre due, intente a discutere dei rispettivi vestiti. "Calì" chiamò Ginny "Ma Lavanda non è con te?"

 

L'interpellata scosse la testa, accigliata. "E' andata prima per aiutare il suo Seamus. Traditrice."

 

Ginny non poté trattenere un sorriso (e un sospiro: ci mancava solo che la Brown si mettesse tra Hermione e Won-Won proprio ora che stavano insieme). "Ok, allora adesso ci avviamo e seguiamo il percorso escogitato da Hermione. Non dovremo incappare in nessuna guardia, se Ron e Ernie Mcmillan hanno fatto un buon lavoro." Infatti, i due compagni dell'ES avevano studiato i turni di guardia delle sentinelle per una settimana e mezza per permettere ad Hermione di escogitare dei percorsi per raggiungere la Stanza delle Necessità.

 

Gli invitati erano stati un numero residuo e divisi per piccoli gruppi, scaglionati in orari ben precisi. Quello di Ginny era uno degli ultimi, e la ragazza non vedeva l’ora di concedersi un attimo di tregua e di vedere il risultato di un lavoro che l’aveva vista impegnata con anima e corpo.

 

Le quattro ragazze avanzarono piano per un tratto di corridoio, arrancando contro i muri: davanti Calì guidava il gruppo, seguita da Romilda, Hannah e infine Ginny che chiudeva la fila, guardando le loro spalle.

 

D’un tratto, Ginny vide Calì impallidire e schiacciarsi addosso al muro, allungando una mano per spingere Romilda contro la parete nello stesso modo e facendo segno di fare silenzio. Ginny si affrettò ad accucciarsi contro la parete di roccia, e si congelò sentendo il rumore di passi avvicinarsi.

 

La rossa fissò le compagne: Calì le lanciava uno sguardo disperato, Romilda si mangiava le unghie, nervosa, e Hannah aveva il colore di Nick Quasi-Senza-Testa.

 

Deglutì nervosamente, guardandosi di qua e di là in cerca di un nascondiglio e optò per un angolo scuro dove ci sarebbero state, benché un po’ pressate. Con un cenno di capo indicò il luogo e le altre annuirono, seguendola.

 

“Cosa facciamo Ginny? Questo non era previsto.” Chiese nervosamente Calì, accanto a lei, lasciando nel punto più nascosto la giovane fan di Harry e la Tassorosso.

 

“Non lo so, non lo so.” Rispose concitatamente Ginny, mordendosi un labbro nel tentativo di pensare a qualcosa. “Chi diavolo era, si può sapere?”

 

Patil scosse la testa “Non ne ho idea. Appena ho sentito quei passi strascicati mi sono allarmata e ho preferito fermarmi.”

 

Ginny sospirò, chiudendo gli occhi.

 

Hermione non poteva avere sbagliato. Insomma, è di Hermione Granger che parliamo, il geniaccio. E con suo fratello a prendere quei dati c’era anche Ernie, che stupido non era. Quindi, cos’era andato storto? Erano stati beccati quelli prima di lei? Avevano cambiato ronda? Ma perchè proprio la vigilia di Natale? O era aumentato il numero dei controlli? Marshal non poteva essere così stronzo da far lavorare i suoi uomini la vigilia. Ella stessa si rese conto della stupidità del suo ragionamento. Era chiaro, limpido che Marshal avrebbe aumentato i controlli, ma Hermione aveva calcolato la variante. Cos’è andato storto? Si chiese ancora la giovane Weasley.

 

I passi si fecero sempre più vicini per poi cambiare direzione e allontanarsi. Passi affrettati, trascinati come per soffocare i rumori. Non i passi rumorosi e sordi degli Eclitti. Ginny li aveva sentiti troppe volte per potersi sbagliare: quelli non erano Eclitti.

 

“Ginny… cosa fai?!” esclamò allarmata Calì; Ginny la ignorò e incurvò il collo per vedere chi era. Mantelli neri e sguardo circospetto. Gli occhi verdastri di Ginny si spalancarono.

 

“Weasley, che diamine…?” cominciò Romilda.

 

I lineamenti della Weasley erano ferrei. “Professoressa McGrannitt?

 

La professoressa si fermò, voltando il capo verso il nascondiglio. La mano di Calì calò velocemente sulla bocca ancora aperta di Ginny e l’altra mano l’artigliò per il mantello trascinandola nell’oscurità, mentre tutte trattenevano il fiato.

 

Minerva McGrannitt aspettò qualche minuto, poi riprese a camminare nella direzione opposta alla loro. Le ragazze rimasero immobili fino a quando lo scalpitio delle scarpe di cuoio della professoressa fu solo un eco lontano.

 

“Grazie, Calì” inalò Ginny, cercando di calmare il proprio cuore. La ragazza annuì. “Muoviamoci!” le incitò poi, lanciando delle occhiate circospette nel corridoio ora vuoto.

 

Ginny annuì e, girandosi per vedere se le altre due stavano bene, continuò a guidare il gruppo verso il posto prestabilito, scivolando silenziosamente per il buio del castello. Il gruppetto rischiò ben due volte di inciampare in qualche Eclitto, ma alla fine giunsero alla meta senza essere avvistate.

 

Ginny diede loro i comandi – come aveva detto Hermione – e le ragazze camminarono tre volte davanti e indietro, mormorando la parola segreta che Hermione aveva consegnato solo al capo gruppo (ricordando vagamente a Ginny la setta satanica del film horror che suo padre aveva voluto vedere qualche estate scorsa), e finalmente apparve la porta della Stanza delle Necessità; questa si aprì. Un ragazzo, che Ginny non era sicura di conoscere, chiese bruscamente la moneta, una sorta di ‘biglietto d’entrata’ per la serata; ricevutola da tutte e quattro, le lasciò passare, prendendo i loro mantelli e depositandoli in un angolo.

 

La Stanza delle Necessità non era più una piccola ‘stanza’ ma un vero e proprio bordello.

 

La forma richiamava vagamente un anfiteatro romano: la pianta circolare, che fungeva da pista da ballo – dove la musica pompava al massimo volume e il buio regnava sovrano ad eccezione di luci psichedeliche o colorate, era circondata da un anello alle cui estremità erano posizionati dei divanetti divisi da paraventi decorati coi colori delle ex-case di Hogwarts, come a simboleggiare lo spirito ‘ribelle’ di quella festa. Davanti all’ingresso, Ginny riuscì a scorgere un bancone lungo dove alcuni ragazzi stavano servendo drink e stuzzichini e una postazione su cui le parve di adocchiare Dean smanettare come deejay. A darle conferma giunse la voce di Thomas che invitava la folla danzante ad aprirsi per far passare la sua ‘donna’.

 

La Vane, infatti, fece un sorrisetto saccente e alzò appena la mano in segno di saluto, percorrendo poi con falcate misurate la distanza tra lei e il suo ragazzo, attirando con la sua mise aderente parecchi sguardi e quello accigliato delle tre ragazze del gruppo (e non solo). La folla danzante riempì la superficie della pista e l’aria di gridolini, mentre i corpi degli studenti si muovevano al ritmo della musica.

 

Ginny non credeva di poter vedere i giovani di Tassorosso allacciarsi così audacemente a delle ragazze, ma a quanto pare i pregiudizi erano radicati anche in lei. Siamo tutti ragazzi, anche se in mezzo ad una guerra. Un piccolo sentore di amaro le invase la bocca: forse avrebbero dovuto invitare anche i Serpeverde… non l’aveva detto Silente? Collaborazione.

 

I pensieri della rossa furono accantonati quando la voce – alzata di parecchi decibel per sovrastare la musica – di Hannan proruppe in un saluto: “Beh, bell’avventura. Ci vediamo!” e se ne andò.

 

“E noi?” Ginny alzò le spalle. “Vieni Calì, gli altri devono essere seduti, conoscendo Hermione non può essere altro che lì.”

 

Calì ridacchiò. “Starà ancora borbottando per gli alcolici che Seamus è riuscito a farsi mandare dai tuoi due mitici fratelli.”

 

“Fred e George?”

 

“Chi altri?” sorrise Calì, facendosi spazio tra la folla per imboccare il loggiato attorno alla pista. Ginny la seguì, sogghignando al pensiero dei due gemelli che – incredibilmente – erano riusciti in chissà qual modo a raggirare le misure di sicurezza del Ministero e contrabbandare Whiskey incendiario per i cari vecchi compagni di scuola. Eh, chissà, magari sapendo che l’idea era partita dalla loro prossima cognata l’avevano fatto pure gratis!

 

No, forse adesso esagerava. Fred e George erano stati sempre un po’ avidi, e per il disturbo e la quantità di alcol avevano dovuto farsi pagare qualcosa. Diciamo che magari uno sconto l’avevano fatto!

 

“Ginny, oh Ginny!” un lamento funereo, distinguibile in quella parte della Stanza perché pareva che lì la musica arrivasse più ovattata.

 

La Grifondoro sospirò: pareva che la Patil avesse ragione. “Ciao ragazzi” salutò, prendendo posto accanto ad Hermione sul divanetto che lei, suo fratello Ron, Seamus con in braccio Lavanda e ora Calì stavano occupando.

 

Le arrivarono in risposta saluti concitati e un altro lamento.

 

Hermione…” mormorò seccata Lavanda.

 

Hermione, che era seduta su d’un divanetto con le mani a pugno davanti alla bocca, come per soffocare un nuovo gemito, la ignorò deliberatamente rivolgendosi a Ginny con gli occhi color castagna che scintillavano d’indignazione. “Ginny, guarda! È a dir poco indecente! Perché tutti hanno votato per la proposta di Finnigan sull’alcol? Qui la festa sta degenerando! Già tre ragazzini del terzo anno sono in bagno a dannarsi l’anima per colpa di un bicchiere di troppo! Come faranno a reggersi in piedi per la fine della serata?”

 

Ginny non rispose, coperta dalla voce divertita di Seamus.

 

“Granger, devi essere sempre così puntigliosa? Ecco, assaggia il mio bicchiere di Spuma di Sirena, e cambierai idea.” Finnigan allungò verso la ragazza un bicchiere ricolmo di una sostanza azzurrognola con della spuma argentata.

 

Hermione allargò gli occhi e scosse la testa. “Mi rifiuto.” Disse testarda, assottigliando gli occhi – e Ginny ebbe paura che Seamus potesse morire sotto quello sguardo omicida. Ma l’irlandese (*) non pareva disturbato, ma, anzi, sogghignò, alzando gli occhi verso di lei.

 

“Beh” intervenne Ginny, ispirata da quell’invito non-verbale “posso berne un po’ io, allora?”

 

Seamus annuì e Ginny colse il bicchiere al volo, sotto lo sguardo inorridito del fratello e dell’amica.

 

“Ginny, anche tu…” mormorò Hermione con tono accusatorio.

 

Ron parlò per la prima volta da quando era arrivata. “Ginny” cominciò fremendo di rabbia “perché diamine ti metti a bere, si può sapere? L’alcol può causare -”

 

“Dacci un taglio Ron, so cosa succede a chi si ubriaca. Un sorso non mi stenderà di certo.” Lo zittì Ginny, spaparanzandosi sul divano. Uhm, comodo.

 

“Non dovresti permetterti di argomentare contro tua sorella, Ronald Weasley.” A sorpresa la voce di Hermione intervenne a sua difesa, lasciandola perplessa. Ginny lanciò qualche occhiata interrogativa in direzione di Seamus e Lavanda: lei si limitò a circondare con le braccia il suo ragazzo – come impaurita dalla presenza della Weasley – lui, invece, alzò le sopracciglia, genuinamente divertito.

 

“Buono il cocktail?” Ginny annuì e Seamus sogghignò nuovamente. “Anche Ron era dello stesso parere quando lo ha preso insieme ad un altro paio di cocktail con strani colori…” Gli occhi verdastri di Ginny si allargarono, mentre un ghigno si allargava sulla sua faccia.

 

“Capisco” annuì meditabonda, mentre le nuova coppietta sembrava – come al solito – ignorare tutto il resto del mondo tranne loro due intenti – neanche a dirlo – in un nuovo litigio.

 

Ginny sospirò stancamente.

 

“Ma lei è mia sorella, ha solo sedici anni!”

 

“Sai che differenza, Ron, tu ne hai diciassette!”

 

“Sono un ragazzo, sopporto meglio l’alcol.”

 

Hermione spalancò la bocca “Da quando sei un dannato maschilista?”

 

“Adesso non comincerai una nuova crociata.” Borbottò Ron. Hermione gli fu letteralmente addosso, le mani strette a pugno sul colletto della camicia azzurra lasciata appositamente aperta e le palpebre che fremevano come il resto del corpo. “Ron, non permetterti di –“

 

Ginny assaporò il relativo silenzio che ora regnava sul divanetto, ringraziando i numi per aver donato a Ron quel poco impeto che ora condivideva ardentemente con Hermione. Una parte di lei era sinceramente divertita da quell’intenso scambio di saliva: le labbra del fratello chiuse su quelle della sua migliore amica per zittirla, ma, in successiva analisi, le sembrava un poco strano che il fratellino da sempre pudico ed esitante si stesse facendo la propria ragazza di fianco alla sua sorellina, che lui aveva sempre voluto preservare candida ed illesa dalle perversioni della vita.

 

Si spostò a disagio qualche centimetro più vicina all’altra coppietta, con cui si sarebbe sentita più a suo agio se non fosse stato per gli sguardi obliqui che Lavanda le stava rivolgendo, convinta così com’era che, data l’assenza di Harry, la giovane Weasley avrebbe anche potuto provarci col suo ex.

 

Insomma, c’è una bella differenza tra Harry e Seamus.

 

“Come ti pare la festa, Ginny?” Il sorriso di Seamus era quasi mellifluo, ma Ginny sorrise ugualmente; qualcosa nel suo atteggiamento le dava la netta impressione di un tentato rimorchio.

 

“Non ho ancora assaporato bene, ma l’arredamento è stupendo.” Commentò, adocchiando un cameriere e facendogli segno di portarle una Burrobirra calda.

 

“L’idea dei paraventi è stata mia; carina, vero?” cinguettò Lavanda, sbattendo le palpebre segnate da eyeliner e ombretto lilla. Seamus annuì con un sorriso, scoccandole un bacio a stampo sulle labbra “Certo, amore” da dietro Calì fece una faccia stralunata e mise fuori la lingua, disgustata, facendo ridere Ginny.

 

“Anche questi qui dietro di me sono della stessa pasta se non più attaccati ancora” le rispose Ginny lanciando un’occhiata a suo fratello, mentre Calì ironizzava con una punta d’invidia “Chi avrebbe detto che Hermione Granger baciasse in pubblico?”

 

Hermione, punta sul vivo, smise di accarezzare le guance di Ron e si volse verso la ex-coinquilina di camere rossa in volto. “Calì…!”

 

Seamus scrollò la testa all’indietro, ridendo. “E poi dici a me dell’alcol, eh Granger? Non pensi a cosa potrebbero pensare i marmocchi qui intorno vedendo la più gettonata caposcuola mezza immersa nella bocca del suo tipo?”

 

Hermione divenne ancor più scarlatta ma non rispose, non potendo negare niente.

 

“Smettila di parlare come se io non ci fossi, Seamu; non mi piace che tu ti metta a punzecchiare la mia ragazza.” Intervenne divertito Ron, circondando con il braccio la vita di Hermione, fasciata da una maglietta smanicata e appena scollata

 

Seamus alzò le spalle. “Come ordina il Re.” Fece divertito, scoccando un occhiolino a Ginny che si limitò a sorridere un po’ titubante; Lavanda pareva a dir poco inviperita perso il monopolio dell’attenzione del proprio ragazzo.

 

“Seamus, puoi togliermi una curiosità?” domandò poi Hermione. L’irlandese scrollò le spalle e le fece cenno di andare avanti.

 

“Cosa c’è di tanto bello nell’ubriacarsi?” la voce di Hermione era palesemente perplessa.

 

Seamus scosse la testa. “Tsk, Granger, si vede che tu sei una ragazza per bene.” Hermione inarcò un sopracciglio mentre Ron fulminava con lo sguardo il suo ex-compagno di camera.

 

“Oh beh, mentre voi discutete così fallosamente io vado in pista… chissà che non trovi qualche ragazzo solo soletto. Ciao!” Calì si alzò muovendosi incredibilmente a suo agio sui tacchi a spillo lunghi almeno cinque centimetri.

 

“Non ti ho chiesto di denigrarmi, Finnigan.” Fece dura Hermione, incrociando le braccia al  petto.

 

Seamus alzò le mani in segno di resa. “Scherzavo;” disse subito, sorridendo “Ma come faccio a spiegarti? Innanzitutto, c’è il sapore: alcuni tipi di alcol sono davvero deliziosi e anche quelli più forti, se mitigati con i giusti sapori, sono” Seamus fece schioccare la lingua “un piacere per i sensi.” Lavanda ridacchiò scioccamente, premendosi contro il petto di Seamus. “Ma oltre a questo, l’alcol… beh, l’alcol è un po’ una moda, lo ammetto. Cominci per provare e poi continui. E poi, ti giuro, Granger, che la sensazione di leggerezza e allegrezza che ti dà un buon bicchiere di Whisky Incendiario è il giusto anestetico per ogni dolore.”

 

Hermione inarcò un sopracciglio, scettica. “A quanto vedo pare che l’alcol li assopisca i sensi.” Sbottò acida.

 

Seamus alzò le spalle. “Vedila come ti pare, resta che per i giovani è un richiamo a cui è difficile rinunciare.”

 

“Tutte cavolate, solo una scusa per ubriacarsi.”

 

Seamus sospirò, afflitto. “Non ti convincerò mai a provare un bicchiere, eh Granger?”

 

Hermione sorrise con aria furba. “Credo proprio di no, Seamus.”

 

Lui alzò le spalle. “Accidenti, è stancante argomentare con te. Quindi, meglio finirla qui: se dovessi dire qualcosa di spiacevole io non ho il permesso di zittirti con un bacio.”

 

Il riferimento al precedente litigio tra Ron e Hermione era palese e fece sorridere i due Weasley ed arrossire Hermione.

 

Dopodiché Seamus si rivolse alla ragazza tra le sue gambe. “Ehi zuccherino, che ne dici di un ballo?” Lavanda saltò in piedi con enfasi e gli prese un mano, trascinandolo verso la pista da ballo.

 

“Strano tipo; un po’ troppo malandrino” commentò asciutta Hermione.

 

“E’ un bravo ragazzo” la corresse dolcemente Ron, accarezzando il palmo della mano della sua ragazza intrecciata con la sua. “Anche se non mi piaceva come ti guardava, Ginny.”

 

La rossa alzò gli occhi al cielo, infastidita. “Smettila di essere così insistente, Ron.”

 

“Non ti sei accorta di come ti guardava?!” rispose il fratello con stizza e rabbia sfidando lo sguardo di fuoco della sorella.

 

“Certo, ma credo di potermela cavare da sola!”

 

“Ma Harry…”

 

La sopportazione di Ginny raggiunse i massimi storici. “Ron, adesso basta. Lo so che sto con Harry, ma questo non mi vieta di interagire con un altro essere maschile che non sia tu.” Il tono di Ginny si fece stizzito, quasi isterico. “Mi stavo godendo la serata e, puntualmente, è dovuto giungere un tuo commento infantile per rovinarla.” Ron allargò un poco gli occhi, ferito. Ginny era troppo frustrata per potersene rendere conto e così sfoderò l’ultimo attacco. “Non devi sempre essere un fratello iper-protettivo, sai Ron?”

 

“Ehm, scusate…” un giovane moro interruppe il litigio dei due fratelli e allungò la mano verso Ginny. “Ti va di ballare?” la rossa annuì, lanciando un’ultima occhiata ammonitrice al fratello prima di scomparire nella folla.

 

Ron appoggiò una mano sconsolato alla tempia. “Ho detto troppo, uh? Non intendevo dire questo.”

 

Hermione sospirò pesantemente appoggiando la fronte sul petto del ragazzo e distendendo i palmi sulla sua morbida camicia. “Le passerà; Harry le manca molto e, di questi tempi, è sempre così preoccupata e arrabbiata perché non vuole starsene con le mani in mano… È nervosa. Non intendeva dirti tutte quelle cattiverie.”

 

Ron sospirò, baciando i morbidi riccioli di Hermione. “Lo so. Grazie.”

 

Hermione lo abbracciò di slancio, sorridendo contro il suo petto. “Di niente.”

 

Dieci minuti dopo Ginny ritornò da loro, sorridendo timidamente. “Quel ragazzo era uno stupido… venite anche voi a ballare? Ho bisogno di un body-guard.”

 

Scuse implicite.

 

Hermione sorrise, vedendo i lineamenti del suo ragazzo rilassarsi e sorridere di rimando alla sorellina. “Ti difendo io, Ginny.”

 

La rossa alzò un sopracciglio. “Ma solo quanto necessario, d’accordo?”

 

Ron alzò gli occhi al cielo. “Certo, certo.” Una pacca sul sedere fece scattare come una molla Hermione che lanciò al giovane Weasley uno sguardo tra l’irritato e l’imbarazzato, mentre Ginny rideva. Ron le sorrise innocente. “Andiamo a ballare, Hermione?”

 

*

 

I giovani non sapevano che al di là delle mura, l’attacco alla fortezza era cominciato. Anche le antiche rocce di Hogwarts sarebbero cadute sotto l’impeto del nemico e il grigio scintillante delle divise di Auror ed Eclitti avrebbe perso la battaglia contro il rosso del sangue di innocenti.

 

*^*^*^*^*

La Camera dei Segreti, 9,00 P.M.

[Il Nido del Serpente]

 

 

Una scia di cadaveri di Eclitti e Auror conduceva dall’accesso al secondo piano dalla tromba delle scale fino ad uno dei gabinetti femminili inutilizzati. Cinque Mangiamorte attendevano sulla soglia.

 

Bellatrix Lestrange tastò con soddisfazione l’incisione di un piccolo serpente su di uno dei rubinetti di rame del bagno di Mirtilla Malcontenta. La fantasmina se ne stava pietrificata in un angolo del locale, su di un gabinetto, incapace persino di singhiozzare. Rodolphus Lestrange le si avvicinò con un gran ghigno:

 

“Piaciuto l’incantesimo speciale, spettro? Funziona anche con gli scarti terreni come te.”

 

“Finiscila, Rodolphus” sbraitò Bellatrix “e vieni a dare un’occhiata. Credo che questa sia l’entrata.”

 

Il Mangiamorte si avvicinò prima alla moglie e poi diede un’occhiata al rubinetto arrugginito.

 

“Il simbolo di Serpeverde” disse soddisfatto “Vieni qui, recluta, è arrivato il tuo momento.”

 

Josh Currey uscì dall’ultimo cubicolo buio del bagno dove stava placidamente contemplando la luna piena fuori dalla finestra “Arrivo immediatamente” disse con un sorriso “Non vorrei certo far pazientare la più violenta delle Mangiamorti.”

 

Bellatrix storse la bocca mentre Rodolphus ghignò con un accenno di divertimento.

 

Il giovane Mangiamorte passò di fronte alla fantasmina pietrificata, la guardò di sbiecò e poi proseguì.

 

Gli occhi di Mirtilla Malcontenta si dilatarono, ma nessuno lo notò.

 

E’ morto. Gli occhi tremanti di Mirtilla seguirono Josh Currey, che si chinò per esaminare l’incisione sul rubinetto. E’ come me, no… molto peggio.

 

Josh si allontanò di qualche passo, facendo segno ai due compagni di imitarlo.

 

Apriti!” sibilò in Serpentese.

 

La maniglia del rubinetto cominciò a luccicare di un verde molto simile a quello dell’Avada Kedavra. L’incisione del serpente prese a ruotare finché scattò un ingranaggio; il lavandino si ritirò nella parete e lasciò scoperta una buca con un tubo abbastanza largo per un uomo solo.

 

“Ora dobbiamo scendere lungo il tubo, ma non riesco a stimarne la profondità con un simile buio” disse Josh Currey mentre esaminava l’apertura completamente oscurata.

 

Bellatrix marciò decisa verso Josh “Non importa, ci penso io” spinse rudemente da parte il giovane Mangiamorte e si lanciò nel tubo senza esitazione.

 

“Donna interessante” sghignazzò Rodolphus prima di lanciarsi a sua volta nell’apertura.

 

Josh sorrise, calandosi lentamente nel tubo. Mollò la presa e cominciò a scivolare lungo una pista viscida che sembrava non avere conclusione. La rotta si piegava, ridiventando piana in alcuni punti e lasciando tempo al ragazzo di osservare i grovigli di tubi che si snodavano ben oltre i sotterranei della scuola. Scivolava ormai da più di tre minuti quando comprese di trovarsi circa al livello delle profondità oscure del lago di Hogwarts. La rotta ridiventò piana dopo un’ultima deviazione, preannunciando la fine del tubo. Josh chiuse gli occhi e cambiò consistenza.

 

Rodolphus toccò terra con un tonfo, rialzandosi si rese conto di trovarsi in un buio e viscido tunnel di pietra. Bellatrix era già retta e bacchetta alla mano, gli occhi scrutavano indagatori il profilo di un serpente gigantesco. Lestrange sfilò la bacchetta e la puntò contro la sagoma oscura poco distante.

 

“Credevo che il Basilisco fosse morto” urlò contro Bellatrix.

 

La donna gli lanciò un’occhiataccia “Evidentemente non è così e, abbassa la bacchetta! Non oserai fare del male ad una creatura del Signore Oscuro, mi auguro.”

 

Rodolphus ritirò la bacchetta con i denti serrati. Ma chi ha voglia di farsi sbranare da un serpente gigante?

 

“Comunque non ci sta attaccando” osservò Bellatrix “Sembra mansueto. Forse ha capito che siamo fedeli servi del suo padrone.”

 

“Non direi.”

 

I due Lestrange si voltarono per incontrare il sorriso cristallino di Josh Currey. Rodolphus lo osservò sbalordito; mentre lui e Bellatrix avevano le divise completamente zuppe e sporche a causa della caduta nel viscido tubo e all’atterraggio poco confortevole sul pavimento lurido del tunnel, la tunica del ragazzo era di un nero impeccabilmente pulito.

 

“Conoscete il mito della Caverna?” domandò Josh ai due compagni “Le ombre possono ingannare. Attivate l’incantesimo Lumus e lo scoprirete da voi.”

 

Bellatrix si voltò lentamente verso la sagoma di serpente, facendo brillare la punta della bacchetta: davanti a lei si snodava una pelle raggrinzita per parecchi metri, probabilmente una muta del Basilisco.

 

La Mangiamorte non fece commenti e avanzò oltre la pelle lungo un corridoio dal pavimento irregolare. Gli altri due la seguirono fino al fondo del tunnel. Qui, su una parete, era posto un portone di metallo massiccio che recava le incisioni di cinque serpenti allungati.

 

Josh avanzò oltre Bellatrix, sibilando un altro: “Apriti!

 

Un serpente con gli occhi di smeraldo stranamente vivi prese a strisciare lungo il bordo arrotondato del portone, i musi degli altri serpenti si ritraevano al suo passaggio. Quando anche l’ultimo dei rettili si piegò, un secco rumore di ingranaggio che scatta si diffuse per il tunnel. Il portone si aprì totalmente, lasciando intravedere parte della Camera.

 

Bellatrix si arrampicò oltre il portone con gli occhi che le tremavano dall’emozione. Rodolphus la seguì altrettanto emozionato. Josh aspirò profondamente l’aria viziata del tunnel.

 

Sarebbe proprio un nido ideale per noi.

 

Si ritrovarono in un’ampia stanza debolmente illuminata. Posti ai lati del lungo corridoio principale si ergevano colonne massicce e dall’aspetto di serpenti aggrovigliati. Sul fondo della camera troneggiava la scultura di Salazar Serpeverde che fissava il gruppo di Mangiamorte con espressione severa. Josh Currey ricambiò con un sorriso.

 

“Ora da che parte?” domandò Rodolphus scrutando con avidità i meandri neri della Camera.

 

“Nella statua di Salazar Serpeverde, così ha detto il Signore Oscuro” rispose Bellatrix, marciando decisa e febbricitante verso l’enorme capo scolpito.

 

Josh Currey camminò con tranquillità verso la massiccia statua di Serpeverde, osservando incuriosito i due Lestrange che la veneravano come un potente idolo “Credo spetti a me, ora: Apriti!” mormorò in tono serpentesco, parato di fronte all’enorme statua.

 

Gli occhi scolpiti di Salazar parvero risplendere di verde e, con un rumore sordo, la mascella del grosso capo calò fino a rivelare un antro nero e sinistro. Bellatrix osservava ammaliata la bocca aperta della statua che sembrava celare una cavità nascosta.

 

“E’ lì!” strillò, levitando fino alla bocca di Salazar “Ci penso io, voi non intervenite!”

 

Sparì nella concavità oscura e, dopo molti attimi di silenzio assoluto, ne uscì reggendo orgogliosa e fiera un grosso uovo nero a tratti striato di rosso sangue.

 

“E’ l’unico rimasto intatto, gli altri sono tutti schiacciati, ma è perfetto” dichiarò con voce febbrile, stringendo al petto l’uovo come se fosse un dolce neonato “La nostra missione è terminata. L’Oscuro Signore sarà così fiero di noi.”

 

Bellatrix avvolse l’uovo con parte della tunica nera e si avviò spedita lungo la Camera, percorrendo il tragitto al contrario. Rodolphus e Josh vennero totalmente ignorati.

 

*^*^*^*^*^

 

Sotterranei di Hogwarts, 9.15 P.M.

[Post-Akzaban: Solo Gloria – Senso di Colpa]

 

 

Un gruppo di Mangiamorte si stava dirigendo verso i sotterranei della scuola, lasciandosi alle spalle una scia di cadaveri senza fine. A capo della compagnia c’era Lucius Malfoy che, con crescente esaltazione, pronunciava Maledizioni Senza Perdono all’indirizzo di qualunque cosa si muovesse oltre al suo gruppo di Mangiamorte.

 

Infine, giunsero alla gradinata principale che conduceva ai Laboratori di Pozioni, dove si conservavano le scorte di ingredienti e a cui era affiancata la camera del Professore, Horace Lumacorno.

 

La missione di rapimento era stata affidata a Lucius il giorno prima dell’attacco ufficiale alla scuola direttamente dal Signore Oscuro; il coinvolgimento di Lumacorno nella difesa e nel sostegno di Hogwarts e del Ministero lo avevano dichiarato aperto nemico e, inoltre, pareva ci fossero dei segreti che il vecchio uomo conosceva e che Lord Voldemort preferiva tenere sotto chiave. Infine, la sua nota abilità con le Pozioni era di fondamentale importanza per il successivo piano ordito dal Signore Oscuro e per il quale sembrava essere anche necessario il Veleno di Acramantula.

 

Il Veleno di Acramantula…

 

Il collegamento con Draco Malfoy fu immediato. Quel ragazzino cominciava ad acquistare terreno e ad eccedere nell’ambizione. Se continuava così rischiava di intralciargli i piani per il raggiungimento del massimo onore riservato ad un Mangiamorte: il posto di pupillo del Signore Oscuro che per venti anni era stato esclusivamente riservato a Severus Piton.

 

Severus Piton, Draco Malfoy…

 

Un vecchio amico, suo figlio…

 

No, non era più così dopo Azkaban. Erano solo compagni di congrega e rivali che gareggiavano alla conquista della gloria.

 

Azkaban…

 

I ricordi sembravano incentrati esclusivamente su quel frangente di vita: un anno e mezzo in prigione, e prima di quello tutto era superfluo, offuscato. Un anno e mezzo in prigione, umiliato, lui che era Lucius Malfoy, il più nobile Purosangue d’Inghilterra, proprio lui era stato costretto a marcire su un lurido pavimento di una cella con in dosso dei cenci sudici, privato della sua bacchetta, alla stregua di un Magonò; e già questo era bastato a mortificare al limite il suo orgoglio di Malfoy. Ma il Ministero doveva allenare le sue reclute e così lui era diventato un bersaglio, proprio come un animale rognoso a cui si da la caccia per passare il tempo.

 

Nella sua cella entravano a turno dei giovani sbarbatelli che a stento sapevano puntare la bacchetta, quindi degne reclute per aspirare al posto di Auror. Con la presunzione di grandi maghi quei piccoli insetti avevano osato puntare la bacchetta contro di lui e lo avevano colpito, obiettivo facile quando il bersaglio è incatenato alla parete, completamente immobile. Andavano avanti per tutto il giorno, senza fermarsi, minuto dopo minuto era stato costretto a ricevere la più svariata gamma di incantesimi offensivi che avesse mai dovuto sopportare; solitamente non concedeva abbastanza tempo al nemico per permettergli di attaccarlo, perché prima lo uccideva, ma ad Azkaban…

 

Una seria infinita dei più disparati incantesimi… talvolta, alla fine della giornata, arrivava a provare tanto dolore come durante un Cruciatus, ma i malesseri tendevano a diminuire lungo la notte perché, in fondo, si trattava solo di reclute senza esperienza. E lui era usato come un oggetto per allenare i futuri Auror, i suoi nemici. Era questo che non sopportava, non il dolore a cui era già stato temprato dal Signore Oscuro.

 

Il suo orgoglio, di cui era stato indegnamente privato, ecco a cosa pensò appena fuori da Azkaban. Non gli importava né di suo figlio, né di sua moglie, né dei suoi vecchi amici, l’unica cosa che contava era riacquistare l’orgoglio, a tutti i costi. Cosa gli importava dei disgustosi tentavi di suo figlio di stargli accanto per ottenere approvazione? Niente. Ormai non gli sembrava neanche suo figlio, solo un Mangiamorte rivale.

 

Prima di Azkban lo aveva sostenuto perché il suo obiettivo era perpetuare la famiglia Malfoy e lui era il suo erede, non perfetto, ma comunque degno del nome che portava. Ora tutto ciò che contava era brillare personalmente agli occhi del Signore Oscuro, l’onore della propria famiglia l’avrebbe riacquistata lui, e non quel debole moccioso che non aveva la tempra di uccidere un vecchio preside indifeso, niente di più facile. Lui solo avrebbe fatto brillare il nome ‘Malfoy’, e se la sua stirpe sarebbe finita con lui, tanto meglio; non voleva passare il testimone ad un ragazzino che quasi sicuramente avrebbe riportato la dignità di famiglia ai più bassi livelli, ad Azkaban.

 

Non esisteva più niente prima di Azkaban, quello che importava si trovava dopo Azkaban, e quello che contava veramente era la gloria, nient’altro.

 

Per questo marciava con decisione lungo i sotterranei di Hogwarts, uccidendo senza pietà chiunque scorgeva con la coda dell’occhio. Ora il suo gruppo era arrivato al traguardo, la camera di Horace Lumacorno.

 

Lucius sogghignò quando l’incantesimo Alohomora sbloccò la serratura della porta senza il minimo rumore. Malfoy entrò silenzioso come un’ombra, approssimandosi al vecchio professore che gli dava le spalle.

 

Horace Lumacorno ripose con cura la fiala di Veleno di Acramantula sul fondo di un recipiente di legno. Con un lungo sospiro ritornò a fissare il muro di pietra di fronte a lui: la scuola era in mano al Ministero perché Albus Silente era morto e Silente era morto assassinato da Severus Piton, un suo ex-studente che stimava molto, e Severus Piton era agli ordini di Lord Voldemort, e Lord Voldemort era Tom Riddle, e Tom Riddle era il pupillo a cui aveva dedicato la carriera di insegnante, e a lui aveva rivelato il segreto degli Horcruxes, e gli Horcruxes lo avevano reso immortale, e l’immortalità lo aveva reso il più temibile mago oscuro di tutti i tempi. Con un sottile collegamento tutte le rovine che affliggevano il mondo dei Maghi e dei Babbani di quei tempi erano riconducibili a lui.

 

Lumacorno era assolutamente colpevole, Harry Potter lo sapeva, conosceva il vero ricordo che aveva affidato camuffato ad Albus Silente. Ma Lumacorno era deciso a trascinarsi la sua colpa nella tomba, nessun altro avrebbe dovuto sapere, sarebbe stato troppo umiliante.

 

Levò una mano per passarsela sul viso rubicondo e sudato ma, d’un tratto, tutto il suo corpo si bloccò.

 

Il Petrificus Totalus, ma chi…?

 

Una risata soddisfatta si levò alle sue spalle: “E’ stato fin troppo facile.”

 

Quella voce mi è famigliare.

 

Lumacorno si sentì sollevare e i suoi occhi saettarono con ansia sul Marchio Nero che vedeva impresso sull’avambraccio del suo aggressore.

 

I Mangiamorte a Hogwarts? Ancora?

 

Sentì che persino le sue ossa stavano tremando nonostante l’incantesimo che avrebbe dovuto paralizzarle. Tutto ciò che poteva fare era muovere gli occhi e così tentò ansiosamente di riconoscere i suoi aggressori. Alcuni portavano la maschera, ma altri no, e tra questi Lumacorno identificò dei volti conosciuti.

 

Nott, il mio vecchio amico? E, Lucius Malfoy, uno dei mie ex-studenti, anche lui faceva parte della cerchia dei miei prediletti… e adesso è un Mangiamorte… Sembra che io allevi Mangiamorte e Maghi Oscuri… che sia davvero tutta colpa mia?

 

“Ma guarda, pare che qui ci sia una piacevole sorpresa.”

 

Lumacorno la riconobbe come la voce di Lucius Malfoy. Lo sentiva muoversi alle spalle, proprio vicino alla scrivania su cui stava riponendo la fiala di veleno.

 

“Con questo ho completato un’altra operazione: il rapimento di Horace Lumacorno e il recupero del Veleno di Acramantula. Andiamo forza, non voglio pazientare troppo per ricevere la ricompensa dell’Oscuro Signore.”

 

I Mangiamorte che lo trasportavano si mossero.

 

Mi portano da Colui-che-non-deve-essere-nominato, mi portano da Lord Voldemort, da Tom Riddle, dal più grande errore della mia vita!

 

*^*^*^*^*^

 

Nell’Ufficio del Preside e Ministro, 9.30 P.M.

[Un Segreto per Ognuno - Il Ricordo di Marshal - Mai dire Mai]

 

 

Dopo lo smistamento dei compagni nei vari settori della scuola, Donovan sentì di avere il successo in pugno. Ora marciava deciso per i corridoi di Howgarts a testa alta come un vincitore. Grazie alle sorprendenti abilità di Albus era risultato piuttosto dilettevole sorprendere gli Auror esausti e affaticati, uccidendoli senza che questi avessero il tempo di estrarre la bacchetta o chiamare rinforzi.

 

Era già a quota 25. Sei pattuglie appostate lungo il tragitto che doveva seguire; tutte annichilite in un batter d’occhio e lui continuava a girovagare indisturbato per Howgarts. L’unico problema reale era rischiare di essere scoperto troppo presto e quindi far scattare una tale mobilitazione di Auror e Eclitti da rendergli impossibile la fuga dopo che Greyback e i suoi fossero entrati nella scuola; per fortuna Scrimgeour aveva tassativamente vietato a fantasmi e spettri di girare liberi per Hogwarts e aveva rimosso tutti i quadri animati dalle pareti.

 

Grazie Scrimegour, le tue prese di posizioni radicali ci sono sempre molto utili.

 

Aveva deciso di affidare la sorveglianza del castello unicamente agli Auror; errore madornale. Se almeno avesse lasciato qualche fantasma in giro avrebbe avuto più possibilità di individuare qualche intruso.

 

Quindi, l’unica incertezza che gli restava era quell’individuo. Non credeva che Loro avrebbero mai deciso di mandarlo in mezzo ai Mangiamorte; già c’era lui a tenere d’occhio la situazione e il Signore Oscuro non sospettava niente. Perché, allora, inviarlo in campo? Ad esporsi così apertamente?

 

A meno che Jolly abbia deciso di fare tutto di testa sua. E’ probabile per uno come lui non eseguire gli ordini, anche se però sembra rispettare enormemente le volontà del generale Dulick.

 

Doppio Dolore ingoiò saliva a vuoto.

 

Speriamo solo che non dia mostra dei suoi effettivi poteri, altrimenti…

 

“Donovan” lo chiamò Piton, distogliendolo dalla sua ansia.

 

Doppio Dolore non lo degnò di uno sguardo, preoccupato che dalla sua espressione si potesse cogliere qualcosa di spaventato “Che c’è, Piton?”

 

“Josh Currey, la nuova recluta, lo conosci, vero?”

 

Donovan non ebbe alcuna reazione, anche se si sentiva rabbrividire fin nelle ossa: quel Piton era troppo furbo.

 

“Ne ho sentito parlare. Pare sia molto abile.”

 

“Sembra che tu abbia paura di lui” sogghignò Piton “Proprio tu, Donovan, che hai la fama di temerario, hai paura di un ragazzino?”

 

Se solo sapessi cos’è… Donovan sbuffò “Se sei convinto di avere ragione, allora non ti darò torto, Piton.”

 

“Vuol dire che sei spaventato sul serio” constatò Piton mentre Donovan allungava il passo.

 

Doppio Dolore distanziò Piton di qualche metro e, volgendogli le spalle, disse: “Tutti hanno le proprie paure nascoste. Io non riesco a tollerare quel suo sorrisetto, ma, soprattutto, la sua abilità di cambiare aspetto a proprio piacimento… troppo subdolo.”

 

“Quindi non devo interpretare il fatto che tu tremi dalla testa ai piedi ogni volta che quel ragazzino ti si avvicina, né tanto meno il timore reverenziale che dimostri nei suoi confronti.”

 

“Infatti, meglio per te se non approfondisci” ribatté Donovan, secco.

 

“Donovan” lo apostrofò Piton “Cosa sai su quel ragazzo? Chi è?”

 

Doppio Dolore si voltò con un sorrisetto divertito “E’ un segreto.”

 

Piton si bloccò, lo sguardo nero imperscrutabile “Non possono esistere segreti. L’Oscuro Signore ne verrà a conoscenza prima o poi.”

 

“Non troppo presto, mi auguro” mugugnò Donovan “Comunque, se anche dovesse sapere, non potrebbe fare nulla.”

 

“Sottovaluti il potere del più grande mago di tutti i tempi?”

 

“Vedi, Piton” attaccò Doppio Dolore con voce completamente asettica “Se anche egli fosse il più grande mago di tutti i tempi, ciò non basterebbe. Perché Lord Voldemort è pur sempre un umano mortale.”

 

“La sua Resurrezione è la prova di un immenso potere” disse Piton con voce solerte “E’ scampato alla morte ed è tornato, riacquistando tutti i suoi poteri. Ora, devi ammettere, che se anche è stato sconfitto da un bambinetto in fasce, i suoi poteri non hanno limiti, sai che è immortale.”

 

“So che ha fatto sì che la sua anima restasse immortale. Ma la sua è una forzatura, qualcosa che va contro ciò per cui la natura lo ha predisposto, quindi non è veramente immortale perché prima o poi l’equilibrio ritorna e il destino si fa sentire” Donovan riprese fiato, passo dopo passo ogni parola sembrava acquistare solennità “La nuova recluta ha un occhio acuto. Esiste un segreto anche tra te e il Signore Oscuro, vero?”

 

Piton incrociò gli occhi viola e tremanti di Donovan “Ognuno ha i suoi segreti” sibilò a Doppio Dolore “Tu proteggi gelosamente il tuo e io faccio altrettanto.”

 

“Allora non c’è ragione di continuare questo discorso” convenne Donovan “La curiosità uccide il gatto.”

 

“Signore!” chiamò un Mangiamorte poco distante, tornando affannato da un corridoio traverso con la bacchetta stretta in pugno “Ci siamo sbarazzati di un’orda di Auror e Eclitti, ce n’erano molti quindi pensiamo che la Presidenza si trovi in fondo a questo corridoio.”

 

Donovan accenno col capo “Perfetto. Raggruppiamoci e tenetevi pronti per fare incursione in presidenza. Ricordate, Scrimgeour deve essere catturato vivo, uccidete gli altri se necessario.”

 

Il Mangiamorte annuì e fece strada a Piton e a Doppio Dolore lungo un corridoio inseminato di cadaveri di Eclitti e Auror riversi a terra con un’espressione agghiacciata sul viso, chiaro segno dell’Avada Kedavra. Si fermarono di fronte ad un muro liscio e spoglio, il limite di un vicolo ceco, o almeno così sembrava a prima vista.

 

Uno dei Mangiamorte fece scorrere la punta della bacchetta sulla parete e questa si agitò debolmente.

 

“Qui dietro c’è qualcuno” disse “Al massimo tre maghi, oppure due, di cui uno molto potente.”

 

“Non abbastanza per starci dietro, comunque” sogghignò Donovan “Ottimo incantesimo di individuazione, comunque” disse, rivolgendosi al Mangiamorte “Presumo si basi sulla percezione di magia in bacchetta, giusto?”

 

“Infatti” confermò il Mangiamorte “E’ un incantesimo inventato da poco, si chiama Incanto Secutus, si formula l’incantesimo e la bacchetta dovrebbe reagire con un movimento alla presenza di altre bacchette e, più il potenziale della bacchetta è elevato, più la propria bacchetta si agita.”

 

“Geniale” si compiacque Donovan “La tua abilità non verrà trascurata ma, per ora, occupiamoci del caro Scrimgeour. Da questo momento in poi non ci cureremo di girare per la scuola in punta di piedi, la copertura può saltare: fate urlare le vostre vittime quanto vi pare e piace.”

 

Molti Mangiamorte sogghignarono mentre Donovan scagliava contro la parete una potente fattura.

 

*

 

Nell’Ufficio del Preside e Ministro Scrimgeour, John Marshal stava comodamente disteso sul divano di pelle sul fondo della presidenza. Rufus Scrimegour redigeva lettere intestate ai genitori degli studenti, rassicurandoli per l’incolumità dei propri figli.

 

“E’ proprio necessario, Preside?” gli chiese Marshal dopo un ampio sbadiglio.

 

“Assolutamente” ribatté Scrimgeour “Ora che la notizia dell’attacco al Ministero è stata resa di dominio pubblico ho bisogno di ricevere appoggio e sostegno almeno dai genitori dei nostri studenti; ora Hogwarts è la nostra nuova sede di potere, e non cadrà tanto facilmente come il Ministero, è una roccaforte che resisterà in eterno. Nessun mago oscuro vi entrerà, mai”

 

Il sergente Eclitto si allungò sul divano con un sogghigno “Mai dire mai, si possono avere delle brutte sorprese.”

 

“Piuttosto, sergente Marshal” intervenne il Ministro con voce tagliente “mi auguro che i suoi uomini e gli Auror si stiano impegnando con il dovuto riguardo alla protezione della scuola.”

 

Marshal sbadigliò ancora “Chi può dirlo, non sono onnisciente e in più non chiudo occhio da due giorni, non ho la lucidità per valutare la situazione attuale.”

 

“Le pare una risposta rassicurante?” tuonò Scrimgeour, interrompendo il suo lavoro.

 

“No, è solo la verità. A rassicurare il prossimo con scuse e giustificazioni c’è già lei, Ministro.”

 

“Le consiglio di trattenere la lingua, sergente” ringhiò Scrimgeour “Non è una saggia idea mettere alla prova la mia pazienza. Mi dispiace per la sua situazione, ma non è esonerato dalle punizioni solo perché oggi è l’anniversario della morte di sua moglie e di suo figlio.”

 

Marshal si alzò dal divano di botto “Grazie mille davvero” disse con un sorriso nervoso “Ma credo che questo divano non sia il giaciglio più adatto per fare un riposino.”

 

Scrimgeour lo fissò con i suoi occhi saldi e determinati “Le perdite fanno parte della vita di un uomo e talvolta sono così dolorose da causare un trauma, ma non è il caso di trascinarsele appresso con ostinazione. Prima o poi si dimenticano, prima possibile è meglio. Quindi la smetta di tormentarsi e li dimentichi; ricordi del genere sono soltanto dolorosi.”

 

Marshal lo fissò con un ghigno isterico “La ringrazio Ministro, non sapevo fornisse anche dei consulti psicologici. Ora che mi ha parlato mi sento decisamente meglio. D’altronde è facile eliminare dei simili ricordi: è una notte di luna piena, la Vigilia di Natale, ma tu hai fatto tardi per lavoro, perché sei ambizioso, così cerchi di farti perdonare e corri a casa più veloce che puoi, tu rientri in casa, la porta aperta a graffiate, una scia di sangue puzzolente e di orme ti conduce alla tua camera matrimoniale, tu segui le orme, trovi tua moglie a letto come sempre, solo che è ricoperta di sangue, allora tu pensi solo a tuo figlio, vai da lui ma la culla è vuota, allora lo cerchi dappertutto ma non lo trovi, allora ritorni da tua moglie e la guardi meglio… finalmente hai trovato tuo figlio, non te ne eri accorto prima perché c’era troppo sangue ma è sdraiato sul petto di tua moglie, è così piccolo e non l’hai notato subito, ma ora lo puoi vedere su sua madre, anche lui coperto di sangue, del sangue suo e di sua madre… poi senti un rumore…”

 

Smash!!!

 

Scrimgeour lievitò dalla sedia e portò una mano alla bacchetta: la parete attraverso cui si accedeva alla Presidenza aveva appena vibrato. Passò qualche attimo e il rumore si ripeté, ma questa volta l’ingresso per l’ufficio si agitò fortemente, quasi pronto a crollare.

 

“Marshal, si muova!!” sbraitò Scrimgeour sventolando furiosamente la bacchetta “Questo è un attacco!”

 

Marshal si portò una mano al petto, riaccasciandosi sul divano; era sicuro, il suo cuore aveva appena saltato un battito, per un breve istante si era fermato, esattamente come era accaduto un anno fa, a casa sua, di fronte a sua moglie e suo figlio, morti. Il ricordo rievocato dal proprio racconto e le interminabili ore trascorse a capofitto nel lavoro per evitare di pensarci gli offuscavano la ragione: che cosa gli importava se lo stavano attaccando?

 

“Marshal!” insistette il Ministro a squarciagola.

 

“Adesso basta” mugugnò Marshal accovacciandosi sul divano, il viso affondato nella fredda pelle nera “Sono stufo, ho voglia di dormire.”

 

“Maledetto uomo!” gridò Scrimgeour da dietro la scrivania “Non importa, sono l’ex-generale degli Auror, non ho bisogno di codardi al mio seguito.”

 

Marshal restò completamente immobile, le palpebre cominciavano a scendere sui suoi occhi stanchi e sconvolti.

 

Scrimgeour volse il capo verso l’entrata facendo roteare in aria i suoi capelli come una criniera fulva e a tratti grigia, gli occhi gialli e acuti fiammeggiavano oltre gli occhiali, la bacchetta saldamente levata e puntata con durezza verso la porta che minacciava di essere abbattuta.

 

Chi diamine sarà? Qualche studentello in vena di rivolta, e i miei Eclitti e Auror? Possibile che siano riusciti a penetrare la difesa. Ma non possono essere i Mangiamorte, Hogwarts è inespugnabile. La mascella rugosa di Scrimgeour si serrò. Ma certo! Gli ex-Serpeverde intendono speculare le imprese del loro compagno Mangiamorte, il giovane Malfoy. Ma troveranno ad attenderli  un Preside molto più agguerrito di Albus Silente!

 

Con un’ultima e potente scossa la porta crollò a terra.

 

Due figure nere si fiondarono nell’ufficio, bacchette alla mano. I riflessi, seppure vecchi di Scrimgeour erano pronti a prevedere un qualunque attacco, ma non quello che osservarono i suoi occhi sconcertati: i Mangiamorte nella sua scuola?!

 

Quel breve istante di stupore gli fu fatale. Darcy Donovan lanciò un potente Expelliarmus che lo disarmò e lo mandò a cozzare contro la scrivania. Le zampe del tavolo strisciarono contro il pavimento di pietra: un forte rumore acuto venne accompagnato dal grido soffocato del Ministro che ricadde a terra come un leone sconfitto.

 

Dietro alla scrivania, ben celato da un paravento in parte spiegato, John Marshal riposava placidamente in un sonno così profondo da estraniarlo dagli incubi e dalle grida di trionfo dei Mangiamorte.

 

Doppio Dolore si avvicinò al Ministro accasciato a terra e gli tirò un potente colpo al costato, facendolo ruggire di dolore “Visto, Piton” sogghignò il Mangiamorte “Non c’è stato bisogno del tuo prezioso aiuto, ora Scrimgeour è un leone senza zanne; non è mai stato un mago degno di nota.”

 

Il Ministro serrò la bocca e tentò di scagliarsi con impeto contro il sogghignante Donovan, ma venne ricacciato contro il pavimento da un Petrificus Totalus lanciato dallo stesso Piton.

 

“Mai dire mai, Donovan” sibilò Piton mentre riabassava la bacchetta.

 

Doppio Dolore piegò la bocca in un sorriso forzato “Molto gentile, comunque.”

 

Con il piede rovesciò il corpo rigido del Ministro e ordinò ai compagni di sollevarlo.

 

Rufus Scrimgeour era completamente paralizzato, poteva solo far guizzare i suoi occhi gialli per quanto glielo permetteva il suo collo immobile. Aveva perso gli occhiali nello scontro con il Mangiamorte, quindi poté solo sbirciare alcuna figure nere che ne depositavano una terza ammantata di rosa intenso sul pavimento dell’ufficio.

 

Poi volse la sua attenzione sul marchio sfocato che intravedeva sotto la manica piegata di una delle tuniche nere: Dopo la morte di Silente avevo giurato che mai più, mai più a Hogwarts ci sarebbe stato il Marchio Oscuro. Mai…

 

*^*^*^*^*^

 

Missione Salvataggio, 9.40 P.M.

[Sopravvivere alle parole (quelle che fanno male)]

 


Alle reclute Mangiamorte era stato affidato il compito di fare totale piazza pulita di Auror ed Eclitti; mascherati e ammantati di nero avanzavano bramosi di mietere nuove vittime con la più letale delle Maledizioni Senza Perdono: il loro obiettivo non era molto promettente, si trattava di una semplice missione di salvataggio, quindi ogni qual volta avevano la possibilità di freddare qualcuno, erano ben contenti di cogliere alle spalle qualche Auror e sistemarlo a dovere con un Avada Kedavra.

 

I due Mangiamorte incaricati di quell’operazione se ne stavano a distanza dal gruppo di reclute frementi dal desiderio di uccidere, camminavano semplicemente, seguendo la scia di cadaveri che i loro compagni si lasciavano alle spalle. 

 

Uno dei due aveva appena ottenuto un’opportunità incoraggiante per brillare di prestigio agli occhi del Signore Oscuro, eppure non era per nulla soddisfatto. Aveva persino ricattato con successo uno dei Mangiamorte più subdoli della congrega, ottenendo con un compromesso il rispetto che non gli era mai stato riconosciuto dall’arrivo al Covo Oscuro, eppure non era appagato. O che si trattasse della mancata attenzione da parte del padre, o del rimorso pungente che insisteva, fastidioso, a tormentarlo, non si trovava per nulla a suo agio in quel luogo, in quella situazione.

 

Draco lanciò qualche occhiata fugace nei dintorni: si trovavano al terzo piano, quindi non troppo distante dalla nuova collocazione dei Dormitori. Quella situazione era pressoché irreale; dopo il tentato omicidio di Silente, non avrebbe mai creduto di dover ritornare a scuola, eppure, eccolo lì, che camminava al seguito di una banda di Mangiamorte che uccidevano con una facilità impressionante. Tutti nel Covo Oscuro sembravano abituati, quasi divertiti dalla morte; non c’era nulla di più facile dell’uccidere una persona, dicevano, era una predisposizione naturale per un Mangiamorte che voleva esigere rispetto. Persino la ragazza che camminava al fianco di Draco, in apparenza così mite, aveva sulla coscienza un considerevole numero di vittime, sempre che ce l’avesse una coscienza.

 

Sembrava che tutti ci riuscissero tranne lui. Sulla torre di Howgarts, sei mesi prima, si era auto convinto di potercela fare; di base l’omicidio richiedeva gli stessi presupposti dell’Occlumanzia: selezionare un particolare settore della mente e nasconderlo. Severus Piton aveva riconosciuto a Draco un grande talento per l’Occlumanzia perché, in fondo, il ragazzo era sempre stato abituato a mettere a tacere pietà, compassione, rispetto reciproco, almeno nei confronti di Mezzosangue e Babbani. Ma per uccidere Silente, un vecchio indifeso che fino ad un attimo prima gli aveva concesso il perdono e offerto aiuto, per fare quello non bastava nascondere per un istante pietà e compassione, doveva cancellarle definitivamente, altrimenti come avrebbe potuto assassinare Silente senza tremare di esitazione e di paura, paura per quello che avrebbe fatto: uccidere una persona? Se almeno avesse avuto un valido motivo per farlo… ma anche la minaccia di Lord Voldemort non gli aveva impedito di esitare e tremare come un codardo. Perché solo i codardi non sono capace di uccidere; così gli avevano ripetuto fino alla nausea nel Covo Oscuro.

 

E adesso, cosa stava facendo? Come era arrivato fino a quel punto? Quando fino ad un anno prima camminava tronfio per i corridoi di quella che chiamava scuola… i Serpeverde si sarebbero salvati, ma tutti gli altri? Macerati e digeriti dallo stomaco di Greyback, gli ultimi istanti di vita passati nel terrore più assoluto, in mezzo ad una carneficina e ad un coro di grida e strilli disperati. Draco sapeva che avrebbe fatto di tutto per non sentire e non vedere perché qualsiasi immagine o suono di quel massacro che doveva venire lo avrebbero tormentato fino alla morte.

 

Maledetta coscienza… non possono essere come gli altri Mangiamorte… forse ha ragione mio padre, tutto quello che posso fare è fingere goffamente di esserlo.

 

“Quella grassa donna” attaccò la Mangiamorte al suo fianco, come a voler interrompere le sue angosce “quella che hai interrogato e che Doppio Dolore ha ucciso ci ha rivelato molte cose sulla nuova amministrazione della scuola, pare che l’istituto della quattro Case sia stato messo al bando; gli ex-Serpeverde dovrebbero essere sparpaglianti un po’ dappertutto. Questo rende il salvataggio più complicato del previsto, ma non c’è problema grazie a queste” Samantha levò la mano sinistra per mostrare qualcosa a Draco; nel palmo della ragazza brillava debolmente una moneta piuttosto piccola che aveva tutta l’aria di un Galeone “L’attacco a Hogwarts è stato pianificato già da tempo. Prima del rientro a scuola ad ognuno dei tuoi compagni che hanno parentele o legami con i Mangiamorte è stata affidata una particolare moneta stregata. Con questa si possono avvisare facilmente in caso di attacco. Una volta raggruppati li condurremo verso i passaggi segreti del castello e quindi via verso la salvezza prima che Greyback trasformi questo posto in una macelleria.”

 

Poco distante da lei, Draco continuava ad avanzare imperturbabile.

 

Samantha lo fissò da dietro un poco amareggiata “In ogni caso il tuo aiuto è fondamentale, Draco. Qui sei l’unico in grado di riconoscere gli autentici ex-Serpeverde, che non ci capiti di salvare qualche Mezzosangue.”

 

“Lascia perdere” ribatté Draco con una voce leggermente strascicata “Ogni volta che tenti di consolarmi ottieni sempre l’effetto opposto.”

 

“Sei un vero ingrato” disse Samantha in tono asciutto.

 

Draco soffiò dall’angolo della bocca e riprese sul volto un’aria imbronciata.

 

“Ma non riesci a fare altro, solo sbuffare e lamentarti?” continuò Samantha, pungente “Possibile che tu sia demoralizzato anche dopo aver messo a tacere Doppio Dolore, neanche un briciolo di soddisfazione?”

 

Sembrò che Draco fosse scosso da un brivido, quindi si voltò e ringhiò contro Samantha “Stiamo per condannare al massacro i miei ex-compagni, scusa se non sfioro il cielo con un dito!”

 

“Silenzio!” inveì una delle reclute Mangiamorte “così ci farete scoprire.”

 

Il volto di Draco tornò freddo e arcigno “Non è che me ne importi molto dei Grifondoro, o dei Tassorosso o dei Corvonero, è l’idea stessa che non mi quadra.”

 

“Sei una lagna, un autentico pesce fuor d’acqua” mugugnò Samantha “Comunque ti capisco, mica male riuscire a sorridere nella tua situazione. Sai, con tuo padre…”

 

Draco la interruppe con uno sbuffo improvviso e un’occhiata raggelante. Riprese ad avanzare, ma sembrava che le reclute si fossero fermate, intente ad ascoltare una voce.

 

“… quindi il Veleno di Acramantula è già stato recuperato. Riferitelo a Draco Malfoy.”

 

A Draco si gelò il sangue nelle vene: la voce di suo padre; era inequivocabile la particolare cadenza, quasi dispregiativa, che dava al suo nome.

 

Il ragazzo si bloccò di colpo, indietreggiando un poco: l’ultima cosa che voleva in quel momento era ricevere un commento sardonico da suo padre. Samantha gli arrivò alle spalle, spintonandolo leggermente.

 

“Stai attento. Non fermarti così all’improvviso, ma… che cosa c’è?”

 

Samantha sbirciò oltre la spalla del compagno e riconobbe la figura autoritaria di Lucius Malfoy che dava ordini alle reclute in tono imperioso. La Mangiamorte trasse un lungo sospiro e poggiò le mani sulle spalle di Draco, che reagì al contatto come ad una leggere scossa.

 

“Credo ci sia qualcosa che dovresti sapere riguardo a tuo padre” cominciò con tono calmo e asettico.

 

Draco allontanò con uno schiaffo le mani di Samantha e si voltò verso di lei: vide pietà e compassione negli occhi di una Mangiamorte. Se persino lei che uccideva senza esitazione era arrivata a compatirlo, allora doveva avere proprio toccato il fondo.

 

“Non mi interessa” confessò freddamente, mentre marciava deciso verso il padre. Non poteva tollerare una simile situazione, essere compatito e persino soffrire a causa del suo rifiuto: era tutta colpa di suo padre. Era stato Lucius a trascinare il nome dei Malfoy nelle schiere dei Mangiamorte ma era stato su Draco che il Signore Oscuro aveva scaricato tutto ciò che di negativo comportava entrare nella sua cerchia di servitori: minacce di morte, torture a non finire, vessazioni dai compagni, disprezzo… Draco non riusciva più a sopportare quella situazione e suo padre doveva saperlo.

 

Lucius si voltò verso il figlio con un’espressione agghiacciante, le mani guantate di nero stringevano con possessività la fiala di veleno “Continua pure la tua patetica missione e va a salvare degli studentelli. I tuoi servigi non sono più richiesti, il veleno di Acramantula l’ho recuperato io.”

 

Draco ricambiò con uno sguardo ostile “Non è grave, Lucius. Avrò altre occasioni per farmi valere agli occhi del Signore Oscuro.”

 

Lucius rimase sorpreso dalla reazione del ragazzo, forse perché si era abituato alla sua totale devozione e pazienza che lo avevano reso così ridicolo e manipolabile ai suoi occhi. 

 

Draco si limitò a rivolgergli un ghigno beffardo che di solito riservava a chi non tollerava in particolar modo, e superò il padre con passo deciso e testa alta. 

 

*

 

L’ennesimo Schiantesimo partì dalla bacchetta di Samantha: un altro Auror cadde a terra, immobile. La ragazza ansimava, spossata dalla corsa a perdifiato per il castello; gli occhi si muovevano rapidamente per monitorare la zona.


I Lupi Mannari sarebbero presto entrati nella scuola. La velocità dell’operazione di salvataggio era essenziale per prevenire un eventuale incontro con quei mostri. Tuttavia gli Auror rappresentavano un crescente pericolo, ingombrando il loro cammino e rallentando la loro avanzata. Comunque, il gruppo di Mangiamorte reclute affiancato a Samantha e Draco provvedeva piuttosto efficientemente alla liberazione di intralci.


Samantha guardò Draco, che camminava impettito pochi passi davanti a lei “Quanto manca ai dormitori?” gli chiese.


Lui alzò il mento indicando un corridoio, “Dietro quell’angolo, se le informazioni della Umbridge sono corrette” rispose incolore.


Samantha sospirò internamente. Sentiva la tensione della battaglia attanagliarle il corpo, i muscoli tesi e la mente quasi febbricitante, pronta ad ogni evenienza.  


Girato l’angolo si trovò di fronte ad un bivio: due enormi rampe portavano ai dormitori comuni, un amalgamo di letti stretti e privi di una qualunque privacy. Ben pochi ragazzi si trovavano al loro interno, probabilmente perché avevano preferito trascorrere le vacanze natalizie a casa. Del resto, di quei tempi, si rischiava di perdere l’intera famiglia in un giorno solo. Ma questo semplificava la ricerca degli ex-Serpeverde.


Alzò un sopracciglio “Draco… il dormitorio femminile…?”


Lui le indicò un corridoio “Per di là. Ci saranno guardie.”


Samantha annuì “Ok, occupati dei tuoi amici, io prendo le ragazze. Ci troviamo qui.”


“Non c’è bisogno che tu lo dica” sibilò Draco.


Samantha ignorò il commento freddo vagamente temprata a quel genere di indifferenza. Al culmine della rampa di sinistra c’era il dormitorio femminile, distinguibile per le sue tonalità tendenti al rosa.

Alcune ragazze erano già sveglie e la guardavano allarmate, gli occhi spalancati dal terrore: la maschera che portava al viso. La tenuta da Mangiamorte aveva un sorprendente potere che ispirava paura ed una subitanea collaborazione.


Samantha sogghignò; il tutto rendeva la missione di salvataggio estremamente semplice, fatta eccezione per intralci di origine animale. La Mangiamorte sperò vivamente di non dover mai essere costretta ad incrociare lo sguardo famelico di un lupo mannaro.


“Ditemi” tuonò minacciosa al gruppetto di ragazzine “Dove posso trovare Pansy Parkinson, Millicent Bullstrode, Daphne Greengrass e Tracey Davies?” Levò la bacchetta su di loro e l’atmosfera si caricò di panico.


Una delle ragazzine, tremante come le altre, le indicò un punto vago verso la sua sinistra. Samantha alzò un sopraciglio, irritata, e sbottò: “Voi cinque, portatemi da loro, adesso. Oppure vi ammazzo.”


La minaccia funzionò alla perfezione perché le ragazzine, dopo un piccolo squittio, si affrettarono a portarla in una fila di letti poco lontana e ad indicarle quattro ragazze. Una bruna dallo sguardo svogliato era intenta a fumarsi una sigaretta, le lunghe gambe bianche lasciate libere dal pigiama corto.


La giovane alzò i suoi occhi chiari e la squadrò prima di allargare gli occhi.


“Il Signore Oscuro…?”


Samantha non aveva di certo il tempo per rispondere.


“Tu sei Millicent?” domandò veloce.


Quella storse il naso. “Non sono sovrappeso. Io sono Daphne, Daphne Greengrass.”


“Mi interessa poco chi sei” la interruppe rude Samantha “Muoviti a svegliare Pansy Parkinson, Millicent Bullstrode e Tracey Davies… vi portiamo via.”


La Greengrass si mosse subito verso i letti vicini e svegliò con parole taglienti le compagne profondamente addormentate mentre Samantha lodava internamente il senso pratico della ragazza più giovane. Quando tutte si furono svegliate, la Mangiamorte disse: “Il Signore Oscuro vi vuole vive, per questo ci ha mandato a salvarvi. Ora Hogwarts è sotto assedio, ci sono Auror e Lupi Mannari; quindi, se volete sopravvivere, dovete seguirmi e fare tutto ciò che vi sarà ordinato. Tutto chiaro?” Le quattro annuirono, lo smarrimento del primo risveglio già scomparso e rimpiazzato da pura adrenalina: ora si parlava di rischiare le proprie vite.


“Ora seguitemi!” ordinò Samantha. Il gruppo la seguì correndo giù per l’ampia scalinata, lasciandosi alle spalle le grida sconvolte delle altre ragazze: ben presto avrebbero avuto motivi ben più validi per urlare.


Draco l’aspettava al limite della scalinata, il suo gruppetto composto da una decina di sedicenni in pigiama era pronto a partire.


Di certo l’agitazione non era predominante tra i ragazzi: molti non cessavano di sbadigliare e alcuni dondolavano in piedi per il sonno bruscamente interrotto. Sicuramente Draco era stato più cauto e silenzioso di lei, pensò amaramente la Mangiamorte.


I loro sguardi si incrociarono. Samantha era certa di stare per ricevere un commento tagliente sul suo evidente ritardo. La Mangiamorte sbuffò, pronta ad un noioso rimprovero, tuttavia Draco non l’apostrofò, intento com’era a mitigare l’euforia di una brunetta aggrappata al suo collo. Samantha fece tanto d’occhi: una ragazza dai lunghi capelli lisci si era lanciata al collo di Draco con uno scatto fulmineo e ora lo stringeva forte, sussurrando qualcosa che Samantha non comprese (e non voleva comprendere).


In principio Draco parve un poco spiazzato, ma poi si limitò a fissare la ragazza con occhi di ghiaccio. “Pansy…”


La ragazza sorrise, gli occhi leggermente umidi, e si avvinghiò al suo braccio, stringendolo con forza. “Sei venuto anche tu…” sussurrò dolce.


Ovviamente un amore immaturo e illusorio
. Rifletté Samantha con un ghigno: Draco non faceva nulla per respingerla ma il suo volto sembrava più freddo di prima. Tuttavia anche quel contatto forzato fece scattare qualcosa all’interno della Mangiamorte.


Samantha provò un’immediata antipatia per la ragazzina e un certo rancore per Draco.


“Dobbiamo muoverci” pronunciò fredda, incrociando le braccia al petto.


Draco annuì, la ragazza ancora attaccata al braccio. Samantha alzò un sopracciglio.


“Ehi mocciosa, staccati da Malfoy. Non voglio che lo intralci” ordinò con voce sibilante, più cattiva di quanto volesse.


La Parkinson ebbe giusto il tempo di aprire la bocca, che Samantha le gridò contro, chiaramente intenzionata a terrorizzarla tanto quanto le riusciva: “Vuoi un Cruciatus?”


Pansy rimase muta e immusonita, limitandosi ad accennare con il capo.


Samantha assunse una posa impettita e soddisfatta, ma quando si voltò per abbandonare la zona dei dormitori, incrociò lo sguardo obliquo e nero pece di un ragazzo sogghignante e dalla pelle scura.


“E tu cos’hai da ridere?” gli chiese Samantha, tagliente.


Il ragazzo le sorrise malizioso, il che aveva qualcosa di famigliare “Niente.”


“Smettila di fare la vipera, Drake


La Mangiamorte si voltò verso Draco, decisamente scocciata. Per fare il grande uomo di mondo di fronte ai suoi compagni aveva ritenuto più virile chiamarla per cognome con una fredda voce austera… quanta infantilità aleggiava su quel ragazzino.


Sbuffò in risposta, cercando di mascherare un sogghigno  “Muoviamoci” si limitò a dire, lanciando un’occhiata dietro di sé e contando velocemente i ragazzi. Quattordici più lei e Draco.


“Li ho già contati” la informò Draco con sufficienza “Ci sono tutti.”


“Bene, allora si parte” confermò Samantha, mentre gli ex-Serpeverde parlottavano tra di loro in maniera alquanto fastidiosa. “Guido io il gruppo.”


Draco la fissò incolore, cosa che riusciva ad infastidirla sempre meno. Ormai era diventata una consuetudine tra di loro per motivi che solo a Draco erano chiari.


“Allora suppongo che dovrò chiudere il gruppo” le comunicò il Mangiamorte.

 

Samantha annuì e fece un cenno con la mano “Seguitemi” e prese a correre per i corridoi, bacchetta sguainata, e stomaco chiuso per timore di udire un ululato lontano; tuttavia c’era qualcos’altro che ingombrava le sue preoccupazioni: la Parkinson, proprio prima che lei si mettesse alla guida del gruppetto, si era avvinghiata al braccio sinistro di Draco. Ancora.


Se gli piace così tanto farsi coccolare da una cozza, non mi deve riguardare.
Samantha sbatté le palpebre per focalizzare le immagini, divenute appannate per un attimo, e scacciò dalla testa quel pensiero, o almeno ci provò.


Vigilanza, sempre. Rischi di venire uccisa o, peggio ancora, morsa, Samantha. Non è un gioco. La tua vita non è un fottutissimo gioco e neanche quella dei ragazzini che devi proteggere!


Un rumore di passi l’avvisò della presenza di uno squadrone di Auror. Prontamente alzò la bacchetta e avvisò: “Preparatevi a lanciare Schiantesimi!” e cominciò a buttare all’indietro per il corridoio un gruppetto di quattro Auror che le si parò davanti. Gli Auror non poterono far nulla, presi alla sprovvista e colpiti da più Schiantesimi che rapidi avevano centrato il bersaglio. Il gruppo delle reclute di Mangiamorte era tornato al loro fianco. Più agguerriti che mai fecero strada e piazza pulita di intralci.


Non vi furono altri intoppi a parte un paio di Auror di cui Samantha si occupò velocemente. Il piano era filato liscio, persino meglio delle aspettative.


La Mangiamorte si illuminò non appena scorse il passaggio che Draco le aveva descritto, la statua della vecchia strega curva che portava a Hogsmeade. Udì un ululato non molto lontano e il respiro le si mozzò in gola.


Non dovrebbero essere già qui!


Il volto di Samantha sotto la maschera era una smorfia di ansia e preoccupazione, mentre distruggeva con un incantesimo la statua aprendo il varco per l’uscita dalla scuola.


“Muovetevi ad entrare!” gridò cominciando a spingere un ragazzo per il passaggio stretto “Non vorrete essere mangiati dai Licantropi!”


A quelle parole i ragazzi sbiancarono e cominciarono a scendere di gran carriera lungo i gradini tortuosi ingombri dei frammenti della statua. Anche la Parkinson si staccò (finalmente) dal braccio di Draco e raggiunse il valico, non senza lanciare un’ultima occhiata ansiosa verso il Mangiamorte sotto gli occhi fiammeggianti di Samantha.


“Và, ora arriva anche lui” sbottò frettolosa Samantha e la ragazza la fissò un attimo, sorridendo appena e rispondendo: “Come desidera” con un tono sfacciato.


Samantha dovette mordersi un labbro per impedirsi di freddarla all’istante con un Avada Kedavra. Mai nessuno le era risultato così spiacevole: evidentemente perché le mancava di rispetto, non centrava niente la sua evidente confidenza con Draco.


Ovviamente non ha nulla a che fare con Malfoy.


Ogni pensiero si congelò non appena vide un giovane e massiccio ragazzo, probabilmente dell’età di Draco che stava spintonando Malfoy gridando frasi sconnesse e rotte.


“Goyle, calmati!”  la voce di Draco era imperiosa e marcata, come sempre nei confronti della sua ‘ex-guardia del corpo’. Ma lui ora non lo ascoltava più; era fuori controllo.


Gregory Goyle era furioso. Agitava le mani, spingeva Draco, gridava parole senza apparente significato: tutto quello che contava era sfogarsi e scaricare la colpa contro qualcuno.


Perché la guerra gli aveva portato via il padre, ed era colpa del Signore Oscuro. Perché in fondo non gli era rimasto niente, forse non aveva mai avuto niente, e la guerra aveva messo a nudo questa verità opprimente, troppo dura da accettare per il diciassettenne.


Avrebbe voluto picchiare i grossi pugni sul muro (come aveva fatto già altre volte), provare il dolore dell’impatto contro la pietra per soffocare ogni dubbio, per non stare così male, per sentirsi forte come un tempo… ma mai veramente padrone della situazione.


Sua madre collassava, e lui lo sapeva questo. Tiger era solo un compagno di mangiate. Gli altri ex-Serpeverde una massa di persone che lui non conosceva. E Draco era un ricordo lontano; Malfoy: il cognome che odiava, perché il Mangiamorte che lo portava aveva riavuto indietro suo padre, perché aveva sempre avuto tutto.


“Hai ucciso mio padre! Perché lui non può tornare come il tuo, eh? Perché?”

Un altro ululato – tremendamente vicino – tuonò tra le mura del castello. Draco cercò di ignorare le mani e gli urli di Goyle e di farlo ragionare.


“Goyle, dobbiamo muoverci o ci sbraneranno…”


“Smettila di darmi ordini, Malfoy!”


“Cosa ti ho fatto?!”


“DRACO!” Il Mangiamorte sentì il richiamo di Samantha, la voce della ragazza stridula e acuta, soppiantata da un ululato troppo vicino. Non c’era tempo da perdere.


Goyle levò il tono della voce, stringendo convulsamente il braccio di Draco, al limite della disperazione “Mi hai rovinato la vita!”


Draco sbarrò gli occhi “Ma io-”


“Altro che compagno! Noi non eravamo neanche amici, tu mi hai solo usato! E anche il Signore Oscuro ha usato mio padre, non siete simili, eh? Non siete due sanguisughe?” Goyle serrò i denti, e la mano.


Un violento pugno colpì la mascella di Draco.


A terra, il giovane Mangiamorte era impietrito, troppo scioccato per parlare.


[non siete simili, eh?]


Uno strano senso di nausea lo invase e non si accorse neanche dell’ombra di Goyle che lo sovrastava né di Samantha che puntava la bacchetta e urlava “Avada…”.


Il preludio dell’Anatema della Morte gli giunse addosso come un atroce presagio; il seguito di quella misera parola… sapeva cosa sarebbe accaduto. Si mise le mani sulle orecchie in un gesto quasi infantile, innocente; ma gli occhi non potevano ingannare: il pesante corpo di Goyle cadde senza vita ai suoi piedi, le pareti del castello ancora dipinte leggermente di verde.


Draco spalancò gli occhi, l’incredulità e l’insensatezza di quel momento lo stavano facendo tremare. Samantha non gli diede modo di riprendersi e, afferratogli un polso, lo trascinò nel passaggio sotterraneo. Con un rapido colpo di bacchetta, la Mangiamorte chiuse il passaggio dietro di sé mentre il lupo sguainava le sue fauci pronto a balzare.


Il lupo ringhiò per un attimo, probabilmente deluso dalla mancata preda; quindi si avvertirono le sue unghie strisciare sulla pietra e tornare indietro. Dopo, solo il rumore di una mascella che masticava carne.


Samantha cercò di regolarizzare il respiro, corto dannatamente corto, e trascinò Draco per i gradini, in una marcia decisa che era al limite della fuga.


Niente di così spaventoso le era mai capito in via sua: il rischio effettivo di morire o, peggio, di essere contagiata.


Quando fu sicura di essere salva si voltò infuriata.


“Che ti è saltato in mente, idiota?!”


Draco alzò un sopracciglio, irritato; ma l’irritazione sembrava celare qualcosa di più profondo e doloroso.


“Idiota?”


“E come lo definiresti tu uno che per poco si è fatto divorare da un Licantropo?!” ribatté aspra Samantha appoggiando le mani sui fianchi e protendendosi verso di lui impercettibilmente. “Ah, forse un suicida?!”


“Mancava Goyle.” Rispose Draco freddamente. La freddezza era l’ideale maschera che gli occorreva in quel momento, forse di velato lutto.


“Non importa, se non voleva essere salvato erano affari suoi! Abbiamo rischiato di morire, noi. A quest’ora potevamo essere morti.”


Draco non replicò; la freddezza imperversava sul suo viso.


Samantha rimase in silenzio, mentre due lacrime, che non erano state trattenute dalle sue palpebre serrate, si fecero strada sulle guance. La Mangiamorte le scaccio subito.


“Andiamo.”


Non ottenne risposta. D’ora in avanti sarebbe valso solo il silenzio tra loro due.


*^*^*^*^*^

 

Atrio di Hogwarts, 9.45 P.M.

[Apriamo le Porte alle Bestie]



Un nutrito gruppo di Mangiamorte tra i quali figuravano Rabastan Lestrange, Terence Nott, Antonin Dolohov ed altri di fama non molto raccomandabile si raggrupparono lungo i battenti del portone principale della scuola dopo aver compiuto una sistematica eliminazione di Auror e Eclitti.

 

“E’ quasi ora” attaccò Dolohov con la sua voce aspra, fissando l’orologio magicamente sincronizzato con quelli dei compagni Mangiamorte.

 

Nott senior si accostò la moneta stregata all’orecchio, stringendo gli occhi pallidi “…Capisco, allora si può procedere” rivolse il suo viso infossato e vecchio ai restanti Mangiamorte “I nostri ragazzi sono stati messi in salvo. Possiamo aprire le porte a Greyback.”

 

“Anche mio fratello, la pazza e la recluta hanno portato a termine la missione di recupero” intervenne una voce dalla distinta tonalità folle “Ora dovrebbero stare attraversando il passaggio segreto che conduce a Hogsmeade.”

 

Rabastan Lestrange dondolava il corpo appoggiato malamente sull’enorme portone di legno. Fece saettare i suoi occhi neri e dilatati sui compagni e scoppiò in una risata dal senso vago che si smorzò in un singhiozzò fremente “Non vedo l’ora di vedere questa scuola in fiamme… chi mi aiuta ad aprire? Non vorrete lasciare tutto il gusto a me, vero?”

 

Ficcò la punta della bacchetta in una delle serrature base del portone e scoppiò in una serie di maledizioni e imprecazioni che scossero tutta la parete.

 

Alcune reclute si scambiarono sguardi eloquenti, chiaramente a disagio con la pazzia post-Azkaban che invece era diventata comune e quotidiana per i Mangiamorte più anziani.

 

La cerchia di figure nere si strinse attorno a Rabastan e cominciò un coro violento di anatemi che saettarono lungo i battenti del portone e contro le serrature.

 

Il portone scricchiolò con rumori striduli e sofferenti finché un profondo boato seguì l’abbattimento totale dell’unica barriera che avrebbe impedito a Greyback di compiere il suo massacro.

 

*

 

La Foresta Proibita, 9.45 P.M.

[Il Ritrovo delle Bestie]

 

 

Una conca di rocce aspre formava uno strapiombo, interrompendo la pianura alberata di una delle zone più oscure della Foresta Proibita. Nel punto più infossato della gola rocciosa, Fenrir Greyback, nella sua forma più bestiale, latrava e lanciava incomprensibili e acuti ululati come se fosse un generale imperioso rivolto ai suoi subalterni. I soldati di quell’esercito erano dei quadrupedi pelosi, col pelo arruffato sulla nuca, occhi insanguinati e fauci bramose di carne da macerare e dalle quali colava della bava puzzolente.

 

“E’ l’ora di andare a fare ciò per cui siamo nati. Perché noi siamo nati sotto la luna piena e uccideremo sotto la luna piena.”

 

Un sonoro coro di ululati accompagnava quello più profondo e sonoro di Greyback, il lupo più imponente e minaccioso.

 

“Questa è la nostra vera natura e, oggi, grazie al Signore Oscuro, mostreremo a quelli normali quanto valiamo. E vedendo il nostro valore non potranno fare altro che seguirci e unirsi al nostro branco, perché altrimenti uccideremo anche loro.”

 

Un’isterica agitazione invase la prima fila di lupi, che presero a sbavare più in fretta.

 

“Il Signore Oscuro vincerà sicuramente e l’epoca che il suo dominio porterà è l’epoca degli oscuri, cioè la Nostra Epoca! Tra qualche anno noi lupi mannari saremo gli esseri più temuti e rispettati; come servitori del Signore Oscuro dovremo stare ai suoi ordini e ringraziarlo dell’enorme opportunità che ci ha dato. L’opportunità di uccidere indiscriminatamente, come ci spinge a fare la nostra vera natura. Perciò lo faremo: noi uccideremo e addestreremo altri a farlo.”

 

La gola rocciosa si riempì di bestie impazienti e che pendevano dalle fauci del capobranco.

 

“Nessuno ci impedirà di compiere la nostra missione e quella di oggi è uccidere, e basta. Non si accettano prigionieri. Ci sarà tempo per contaminare giovani e addestrarli a diventare perfetti lupi mannari. Oggi Hogwarts diventerà il nostro terreno di caccia e le prede saranno tutti gli esseri viventi che troverete entro le sue mura. Mostreremo al mondo quanto valiamo e quindi… andiamo!…” il suo ululato sembrò quasi piegarsi in un ghigno “…a uccidere!”

 

Il verso che gli scappò dalle fauci fu talmente acuto che squarciò l’aria e fece rizzare il pelo dei giovani lupi mannari che si nascondevano nel fitto della foresta.

 

Greyback fece un salto impressionante, spingendosi con le poderose zampe posteriori. Le unghie si conficcarono nella parete rocciosa, arrivando persino a spaccare la roccia più dura:

 

“Seguitemi, verso Hogwarts!”

 

Anche gli altri lupi si arrampicarono lungo la parete di roccia, uscendo dalla conca. In un attimo la gola sembrò rigurgitare centinaia di bestie oscure che avanzavano brutalmente tra gli alberi spogli e rinsecchiti della Foresta Proibita.

 

“Nessuno fermerà noi lupi mannari, perché siamo implacabili. Niente riuscirà a fermarci, tanto meno quel briciolo di umanità che ci resta nelle membra!”

 

Greyback accelerò il passo, le grinfie acuminate delle zampe raspavano il terreno arido della foresta, sollevando un enorme polverone.

 

Dopo istanti che parvero un’eternità d’attesa fremente, Greyback intravide le luci del castello. Lanciò un potente ululato a cui seguirono cori spaventosi di latrati e ringhi. I lupi varcarono i confini inviolabili della Foresta Proibita mettendo zampe sul terreno protetto da più di mille anni da un accordo stretto con i Fondatori che aveva impedito a qualsiasi creatura oscura di uscire dalla propria tana nel fitto della boscaglia.

 

Ora quel patto era infranto, lacerato… e così sarebbero state le vite di quei maghi, rinchiusi nel castello, e che avevano osato, per tanto tempo, ricacciarli nel fitto della foresta come mostri pestilenziali. Ora i lupi avrebbero avuto la loro vendetta, la rivincita sui maghi che tanto avevano bramato nel buio opprimente della foresta, ma Greyback desiderava solo sangue.

 

Sangue, sangue…

 

I lupi varcarono la soglia una volta incorrotta della scuola. Hogwarts fu invasa da ululati e grida.

 

*^*^*^*^*^

 

Dalla Presidenza all’Uscita, 9.50 P.M.

[L’Anniversario della Vendetta]

 

 

La totale oscurità era placida e rilassante, la tensione andava sciogliendosi in quella distesa di buio, sonno senza incubi né sogni: puro riposo. Ne aveva bisogno per un motivo o per l’altro: due giorni di veglia continua, l’anniversario della morte della sua intera famiglia.

 

Ma venne trascinato nuovamente alla semiveglia, gli occhi ancora ermeticamente chiusi, spaventati dalla luce di quel mondo che aveva cominciato a stufarlo. Il suo respiro regolare lo cullava, ma non abbastanza per addormentarsi o ritrovare quel torpore tanto liberatorio. Cominciò ad avvertire persino il freddo fastidioso della pelle del divano: era quasi sveglio.

 

Infine aprì gli occhi con lentezza; la luce era fastidiosa come previsto, ma il silenzio totale aiutò a rendere meno traumatico quel risveglio. Si rialzò con estrema lentezza dal divano e quando si poggiò sulle proprie gambe ebbe una sgradevole sensazione: il mondo era appannato e la luce gli giungeva a flash negli occhi; era ancora dannatamente stanco e quel breve momento di riposo profondo non aveva fatto altro che accentuare il suo estremo bisogno di dormire. Allora perché il suo corpo aveva voluto svegliarlo a tutti i costi? Che si trattasse del suo infallibile istinto?

 

Marshal fece qualche passo traballante nell’ufficio di Scrimgeour. Lanciò qualche occhiata nei dintorni: la percezione dell’ambiente era ancora distorta dal sonno eppure non riusciva a vedere nessuno nella stanza, anzi no, c’era qualcuno o qualcosa che mandava un abbagliante folgore rosa ai piedi della scrivania del Preside e Ministro. Marshal vi si accasciò di fianco e l’odore che emanava fu subito impattante, precedendo la sua vista nell’identificazione di quella cosa: odore di cadavere. Sbatté le palpebre un paio di volte avvicinandosi al volto glabro e rigido della creatura: era una donna piuttosto in carne, con una bocca ampia e due occhi sbarrati enormi, come una grossa rana.

 

Marshal si alzò a fatica, facendo mente locale: quella era Dolores Umbridge, la nuova funzionaria incaricata dallo stesso Scrimgeour di amministrare la struttura scolastica della nuova Hogwarts. Se il suo cadavere giaceva ai piedi della scrivania del Ministro con evidenti segni di Avada Kedavra significava che i Mangiamorte erano dentro la scuola.

 

Marshal sogghignò amaramente; probabilmente, mentre lui dormiva, i Mangiamorte avevano catturato Scrimgeour e scaricato la Umbridge al suo posto come monito, forse intendevano fare al Ministro la stessa cosa. Chissà perché questa prospettiva non scosse minimamente Marshal; il suo ruolo come sergente degli Eclitti era funzionale solo alla risoluzione della sua solitudine: non c’era più stato niente e nessuno dopo la sua famiglia a parte il lavoro.

 

Uscì dall’ufficio del Preside decisamente frastornato. Se avevano preso la scuola gli poteva anche andare bene, ma c’era un motivo se il suo corpo lo aveva spinto a svegliarsi: lui doveva continuare a vivere; non era certo uno di quegli smidollati che si lasciano scivolare nella morte arrendendosi di fronte ad una vita priva di significato. La sua vita aveva perso quasi tutto esattamente un anno prima, in un’identica notte di luna piena; il senso della sua vita si era perso col sangue di sua moglie e di suo figlio. Ma avrebbe comunque venduto cara la pelle a quei Mangiamorte, soprattutto a quel particolare lupo, quello che aveva attaccato l’Espresso di Hogwarts alla fermata di Howgarts, lo stesso che aveva ridotto in carne scomposta la sua famiglia.

 

Si lasciò scappare uno sbadiglio mentre attraversava il corridoio di fronte alla presidenza. Con la coda dell’occhio poteva vedere i corpi offuscati dei suoi subalterni riversi sul pavimento: già delle vittime e ce ne sarebbero state molte altre. Marshal preferì non approfondire molto e proseguì avanzando lungo quella che credeva la strada verso l’uscita di Hogwarts: continuava ad essere tutto confuso e il sergente Eclitto sapeva che se qualche Mangiamorte lo avrebbe sorpreso per lui non ci sarebbero state molte possibilità, stremato com’era dal sonno.

 

Ma la bacchetta continuava a stringerla furiosamente tra le dita: non voleva morire proprio in quel giorno, proprio durante quell’anniversario.

 

Un boato in lontananza lo fece leggermente sobbalzare: il rumore era parecchio lontano e se era riuscito a raggiungerlo da una simile distanza probabilmente si trattava della caduta di qualcosa di estremamente grosso e pesante. Però Marshal si sorprese di non sentire grida o urli di Auror ed Eclitti che imponevano ordini per impedire l’avanzata dei Mangiamorte, ma d’altra parte era la Vigilia di Natale e il numero di soldati in servizio era stato ridotto al minimo. Che l’avessero pianificato o meno, i Mangiamorte avevano scelto un giorno ideale per attaccare Hogwarts.

 

Credo sia inevitabile, la scuola verrà distrutta. Chissà se risparmieranno i ragazzi. Probabilmente no, sono dei Mangiamorte dopotutto. Merlino, quanto sono stanco…

 

Poggiò la mano contro la parete a cui piedi giaceva il cadavere di un Auror: faceva fatica a camminare, si sarebbe volentieri sdraiato accanto a quel corpo, magari fingendosi morto così l’avrebbero lasciato in pace una volta per tutte.

 

Un ringhio basso e mortifero gli fece riaprire gli occhi di botto. Ora sentiva in lontananza, probabilmente dallo stesso punto da cui era provenuto il boato, un’orda di passi rumorosi e veloci che avanzavano: ululati e poi le prime grida.

 

Ululati… mi farò uccidere come mia moglie e mio figlio? Nello stesso modo, nello stesso giorno?

 

La bacchetta che gli era quasi scivolata dalle dita ritornò salda nella sua mano. Rialzò lo sguardo lentamente: eccolo lì, un lupo mannaro lo stava fissando con le fauci aperte, i canini affilati ben in mostra, il corpo proteso per attaccare, stava solo aspettando che facesse un movimento improvviso e quindi gli sarebbe saltato alla gola, squarciandola.

 

No, te lo scordi!

 

Marshal gli puntò la bacchetta contro in un lampo. Il lupo mannaro fece un balzo impressionante.

 

“Diffindo!”

 

Si udì un guaito e poi il lupo tornò a toccare terra con un sonore tonfo: la collottola pelosa era falcata da un lungo e profondo taglio, coperta di sangue, dal sangue dello stesso lupo che ora lo stava lentamente soffocando.

 

Un’istantanea soddisfazione gli fece dimenticare per un attimo il sonno opprimente che minacciava di farlo svenire in un qualunque momento: ecco cosa doveva fare per vivere, vendicarsi di quei pidocchiosi mostri e ammazzarli uno per uno. Addio lupi mannari, addio alle sue paure.

 

Riprese a camminare con un nuovo sapore in bocca, quello della vendetta e di una certa follia: desiderava ardentemente incontrare un lupo lungo il suo cammino. E in effetti venne esaudito, quando, ad una svolta ramificata, venne circondato da cinque lupi, tutti piuttosto giovani all’apparenza. Marshal sogghignò, compiaciuto.

 

Finalmente.

 

Lanciò una serie di schiantesimi contro un singolo individuo, mettendolo permanentemente fuori combattimento, ma gli altri gli furono addosso. Marshal fece il possibile per evitarli e, nonostante i suoi riflessi fossero indeboliti dal sonno, riuscì miracolosamente nel suo intento: neanche un graffio, forse il suo coraggio disperato lo portava a non esitare e a non temere quelle creature i cuoi occhi iniettati di sangue avrebbero fatto tremare chiunque.

 

Ma il lupi erano troppi per uno e il sonno cominciò a farsi risentire: le membra si assopivano e la vista si appannava. Una delle bestie approfittò del breve istante in cui Marshal strinse gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco. Aprì il muso e puntò alla giugulare del mago.

 

Marshal non lo sentì nemmeno arrivare. In un attimo inatteso gli giunse nelle narici una repentina ondata di sensazioni maleodoranti, puzza di sangue; qualcosa di viscido e grumoso stava colando alle sue spalle.

 

Si voltò: un lupo era steso in una vistosa pozza di sangue, quasi inverosimile data la sua ampiezza: sembrava incredibile che una tale quantità di sangue si trovasse all’interno di quel piccolo animale.

 

Delle gambe umane si avvicinarono alla carcassa della bestia.

 

“Ecco fatto” disse una voce piacente e calma.

 

I lupi mannari di fronte a Marshal rizzarono le orecchie e, con un guaito, si diedero alla fuga.

 

Mai visto dei lupi mannari in ritirata, pensò il sergente Eclitto mentre levava lo sguardo verso il suo salvatore: era un uomo anziano piuttosto robusto e con un incredibile sorriso cristallino. Il vecchio gli porse la mano.

 

“Salve, Eclitto. Il mio nome è Albatros, capo dell’Ordine della Fenice.”

 

Marshal si ritrasse istintivamente: l’Ordine della Fenice sopravviveva ancora dopo la morte di Albus Silente.

 

Il sergente Eclitto strinse i denti: quel vecchiaccio gli dava una strana sensazione, e soprattutto quel sorriso compiacente metteva in allarme il suo sesto senso.

 

“Grazie, mille” rispose sbrigativo Marshal “Ma qui abbiamo tutto sotto controllo.”

 

Il vecchio gli rivolse un nuovo sorriso, questa volta con una punta di ironia.

 

“Se lo dice lei, sergente. Ad ogni modo l’Ordine è qui solo per mettere in salvo gli studenti; lasceremo ad Auror ed Eclitti il compito più nobile di sterminio dei lupi mannari, non intendiamo invadervi il campo.”

 

“Sarà meglio” sibilò Marshal all’indirizzo del vecchio. Fece qualche passo indietro, allontanandosi dal cadavere del lupo e riprese a correre verso l’uscita della scuola.

 

La voce tranquilla del vecchio gli giunse alle spalle “La ritirata è la più saggia delle decisioni. E mi dispiace per suo figlio.”

 

Marshal arrestò l’avanzata così d’impeto che rischiò di capitombolare in avanti, le orecchie pronte, in attesa che il vecchio concludesse il suo discorso.

 

“E’ tremendo per un padre perdere il proprio figlio. Così innaturale che un padre sopravviva alla propria futura generazione, così triste. Il dolore più atroce del mondo.”

 

La voce del vecchio si smorzò il quello che Marshal riconobbe come un leggero sospiro. Il sergente Eclitto continuò ad avanzare tra corridoi zeppi di cadaveri di Auror ed Eclitti, ululati che si propagavano da ogni parte, grida che si diffondevano ovunque, ma per fortuna non incontrò nessun ostacolo fino all’uscita.

 

Il portone era stato completamente scardinato, la sua liscia superficie di legno era zeppa di graffi di zanne e artigli. Marshal vi passò sopra con noncuranza, lasciandosi alle spalle quell’inferno di grida e ululati senza particolari rimorsi.

 

Se sono un codardo non me ne importa niente, vorrei solo riposare.

 

*^*^*^*^*^

 

Gli Eclitti sono senza guida, 10.00 P.M.

[L’intervento di Albert]

 

Albert correva a perdifiato ma il rumore secco dei suoi stivali che calpestavano il pavimento di roccia era sovrastato da urla e tonfi caratteristici delle battaglie.

 

Alla curva del corridoio l’Auror si appoggiò al muro per fermare la propria corsa e darsi la spinta necessaria per riprendere l’andatura veloce.

 

Albert era di pessimo umore per ovvi motivi. Il primo: non era a casa sua a godersi il Natale accanto a sua moglie, suo figlio e quella santa donna della sua fidanzata; secondo: era ad Hogwarts in pieno attacco di quei fottutissimi sciupa feste chiamati Mangiamorte e nelle armate degli Auror nessuno sapeva cosa fare.

 

Dove diavolo era quel coglione di Marshall?

 

“Sergente!” urlò Albert attirando così l’attenzione di un suo sottoposto.

 

L’uomo gridò alcuni ordini ai suoi uomini e si avvicinò a lui.

 

“Per Merlino, per fortuna siete qui Capitano. Siamo nella merda fino al collo, qui sotto ci sono dei dannatissimi Licantropi.”

 

Albert fermò con tono deciso le lamentele del sottoposto. “Lo so, Morrison, non c’è bisogno che mi informi. Piuttosto quello che voglio sapere è dove diamine sono gli Eclitti e soprattutto dove si trova Marshall.”

 

Il sergente Morrison inarcò le sopracciglia. “Non saprei Capitano, su questa torre ci sono solo Auror. Gli Eclitti erano incaricati di controllare i confini, ora stanno combattendo contro i Mannari.”

 

Albert annuì. “Lo so, ma mentre loro stanno tentando di trattenere quei mostri senza guida, almeno fino all’alba, gruppi di Mangiamorte sono dentro il castello. Abbiamo bisogno di sapere cosa fare, Morrison, ho bisogno di ordini, per la miseria!”

 

Il sottoposto rimase in silenzio, non avendo nulla da obiettare.

 

Erano stati presi alla sprovvista e ora Hogwarts era stata per la prima volta nella storia privata totalmente di ogni difesa e assaltata.

 

“Sergente!” Morrison si voltò verso un Auror della sua squadra. “Todd, notizie dalle truppe ad Ovest?”

 

Il ragazzo si mise sull’attenti. “Le difese stanno cedendo, signore. Tra pochi minuti l’interno della scuola sarà invaso dai Licantropi.”

 

“Merda.” Mormorò il sergente, passandosi una mano sul viso. “Capitano?”

 

I muscoli di Albert si tesero, mentre il cervello lavorava febbricitante per trovare una strategia offensiva che potesse risultare fruttuosa. Non potevano continuare a difendersi, dovevano cominciare a far indietreggiare il gruppo di Lupi prima che raggiungessero i ragazzi… quella era la loro priorità assoluta.

 

“Morrison.” Il sergente si mise sull’attenti. “Ho bisogno che lei organizzi una squadra composta dai ragazzi più in gamba di tutta il Quartier Generale, contatti pure gli altri sergenti e se li faccia mandare. Una divisione da venti persone, non di più; li prenda e con loro vada dagli studenti e li porti in salvo, non mi interessa a quale prezzo, fatelo e basta. Questa è la nostra priorità.”

 

Il tenente fece un cenno di capo. “Signorsì.”

 

“Inoltre faccia in modo che ogni divisione Auror non impegnata con gli Eclitti all’esterno per combattere i Lupi Mannari si raduni nella sala Grande, dove partiremo in squadre per setacciare il castello e catturare più Mangiamorte possibili.”

 

“Sissignore.”

 

Albert annuì. “Bene, riferisca gli ordini al Capitano Bryan. Sarà lui a guidare questi gruppetti.”

 

“E lei, signore?”

 

Albert sospirò e si affacciò al muretto della torre fissando con uno sguardo duro e deciso la battaglia che infuriava sotto di lui e i corpi delle vittime che giacevano sbranate a terra.

 

“Io mi occupo di quelle palle di pelo, Sergente. Con olio bollente dall’alto e Avada Kedavra, se necessario.” Rispose con voce inflessibile facendogli cenno di congedarsi.

 

Morrison fece il saluto militare e si mise a correre per avvisare prima il Capitano Bryan. Avrebbe preso la sua squadra sulla via. Il sergente sospirò internamente, grato della presenza del Capitano Gray e della sua prontezza di spirito.

 

Forse non sarebbe stato un massacro, forse.

 

*^*^*^*^*

 

Cosa facciamo, Hermione?!

[La Felix Felicis c’è… ma Lumacorno?]

 

Hermione si appoggiò sulla spalla di Ron, esausta.

 

“Ron” lo chiamò dolcemente, sfregando la guancia sulla camicia immacolata del ragazzo.

 

“Hermione? Sei stanca?”

 

La ragazza annuì, stringendosi a lui. “Mh mmh” rispose strascicando le parole “Possiamo uscire un attimo?”

 

Ronald le sorrise. “Ma certo.”

 

I due fidanzati si avviarono verso l’uscita e, lanciando un cenno al ‘boy-guard’, uscirono nel corridoio della scuola con le bacchette in mano, pronti a confondere i possibili Eclitti che fossero passati accidentalmente per il corridoio.

 

“Sei sudatissima” ridacchiò Ron, scostandole le ciocche ondulate attaccate alla nuca. Hermione sbuffò. “Più che altro ho la testa come un palloncino e nelle orecchie quella dannata musica spacca-timpani di Dean e per di più –“ La ragazza fermò la sua parlantina e congelò nelle braccia di Ron.

 

“Cosa sono questi rumori?” domandò svelta, guardandosi in giro, preoccupata.

 

Anche Ron si era teso improvvisamente. “Non lo so, ma non mi piace. È come se ci fosse una guerra in corso… non può essere un allenamento degli Eclitti, no?”

 

Hermione si staccò da lui e camminò veloce lungo il corridoio.

 

“Dove vai?” le chiese Ron correndole dietro. L’indice di Hermione indicò una finestra poco lontana.

 

“Sembra che i rumori siano esterni. Voglio controllare.”

 

Il rosso annuì col capo. “Vengo con te.”

 

Hermione si avvinò al vetro e guardò in basso, seguita da Ron. Le due reazioni furono ben diverse: la ragazza avvicinò le mani alla bocca e si voltò di lato, cercando di restringere (invano) un conato di vomito; il ragazzo impallidì vistosamente e rimase pietrificato per alcuni attimi davanti al giardino di Hogwarts senza riuscire a distogliere lo sguardo da una figura lupesca che rincorreva un Eclitto (riconoscibile dalla divisa) e lo azzannava con brutalità.

 

Ron tornò in sé solo sentendo la ragazza dare di stomaco accanto a lui e, preoccupato per lei, si affrettò a prenderle la nuca e sostenerla mentre Hermione vomitava la cena sul pavimento della scuola. Quando ebbe finito, Ron sentì una stretta al cuore vedendola pallida come un cencio e con gli occhi lucidi di lacrime.

 

In silenzio – perché sarebbero state decisamente più scomode le parole, dopo quello spettacolo –  le asciugò la fronte e le strofinò la mano sulla schiena, per infonderle calore e coraggio: gli sembrava così fragile…

 

Ron si tolse il mantello e lo appoggiò sulle spalle della ragazza, riprendendo a strofinare vigorosamente le spalle di Hermione, e le pulì il viso con un fazzoletto, facendolo svanire con la bacchetta.

 

Sapeva che la ragazza aveva bisogno di tutto il suo appoggio, ma sapeva anche che dovevano abbandonare Hogwarts il prima possibile. Gli invitati erano circa una trentina, più o meno, e non potevano certo combattere contro dei Licantropi né contro dei Mangiamorte (Ron era riuscito a scorgere il marchio del Signore Oscuro illuminare pallidamente la notte di luna piena).

 

“Hermione… non possiamo rimanere qui.”

 

La ragazza singhiozzò, ma annuì, strofinandosi gli occhi.

 

“O-ok.” Balbettò, sospirando e chiudendo forte gli occhi.

 

“R-Ron quell’uomo…”

 

La voce era spaventata e spaventava lo stesso ragazzo. Ron la strinse a sé, cercando di infondere ad entrambi il coraggio che li avrebbe (forse) salvato.

 

“Lo so che è terribile, ma dobbiamo resistere, Hermione, per me, te, Ginny e tutti i nostri amici. Li salveremo, Hermione, so che possiamo farcela, ci siamo allenati per questo, no? Ed infondo è una vita che non facciamo altro che scappare dalla morte… oggi ce la faremo, come sempre.”

 

Hermione sembrò rincuorata perché si strinse un’ultima volta a lui e poi si staccò decisa.

 

“Ce la faremo.”

 

Ron sorrise. “E’ così che ti voglio. Ora: cosa facciamo, Hermione?”

 

La ragazza rimase in silenzio per qualche minuto. Poi sospirò. “Dobbiamo andare alla festa e fermare tutto quanto per poi uscire dal castello. Siamo troppo pochi per combattere e molti ragazzi non sono stati addestrati come noi; dobbiamo salvarli.”

 

“Ok,” annuì Ron “Ma come facciamo a uscirne incolumi? Siamo in trenta e chissà quanti Mangiamorte girano già per il castello indisturbati.”

 

Hermione si morse il labbro e Ron continuò a voce alta il suo ragionamento. “Siamo lontani dal passaggio per Hogsmeade… potremo incappare in qualcuno e rischiamo che ci scappi il morto…” Hermione rimase silenziosa, concorde evidentemente con lui. Ron sospirò “Ci vorrebbe una fortuna della miseria per scamparne vivi.”

 

Hermione si illuminò.

 

“Ron, sei un genio!”

 

Il rosso inarcò un sopracciglio. “Eh?”

 

Hermione gli afferrò il braccio e lo trascinò davanti alla porta della Stanza delle Necessità cominciando a camminare avanti e indietro per tre volte.

 

“Mi vuoi spiegare?!” borbottò Ron, ma la ragazza non gli diede retta e si incamminò verso la piattaforma del deejay, bloccando la musica e riaccendendo le luci. Questo provocò le vivaci proteste della folla danzante e dello stesso Dean che cercò di riappropriarsi del microfono, torvando però a difendere Hermione Ron che, malgrado la sua estraneità alle intenzioni della ragazza, si fidava cecamente di lei.

 

Hermione sospirò e strinse il pugno intorno al microfono.

 

“Scusate l’interruzione, ma sono spiacente di comunicarvi che la festa è finita. Adesso!”

 

I fischi e gli urli si amplificarono. Hermione tentò di non badarci e aumentò il tono della voce per sovrastare il putiferio di proteste.

 

“Vi prego di mantenere la calma, siamo in una situazione di emergenza. Hogwarts è stata attaccata stanotte e la battaglia è ancora in corso di svolgimento.”

 

La folla era sbigottita e, dopo un attimo di sorpresa, si sentirono grida acute di panico femminile e confabulazioni preoccupate.

 

Ron le rubò il microfono. “Signori, state zitti e se volete salvarvi il culo ascoltate Hermione.”

 

La folla si calmò e Hermione rivolse un ringraziamento veloce a Ron.

 

“Bene. Ora vi spiego come faremo a salvarci. Ci muoveremo tutti insieme, bacchette in mano e pronti a colpire ogni cosa che vi passerà davanti. Usate tutto: fatture Orcovolanti, Schiantesimi, anche un Virgardium Leviosa potrebbe salvarvi ma dovete rimanere vigili e il più possibile lucidi.” Hermione fece una pausa per enfatizzare il suo discorso.

 

“Andremo nel vicino ufficio del Professor Lumacorno e lì cercherò la pozione Felix Felicis che una volta bevuta dovrebbe garantirci l’incolumità da ogni attacco nemico. Ognuno avrà la sua goccia, e ne lascerà per altri, ripeto, non fate gli ingordi con la pozione, basta una goccia perché faccia effetto e ricordate che non siamo pochi.

 

“Dopodichè vi guiderò attraverso un passaggio che porta nella cantina di Mielandia dove io e gli altri ragazzi del Settimo vi aiuteremo a Smaterializzarvi a Londra. Tutto chiaro?”

 

Nessuno si fece avanti.

 

“Bene. Ora ci muoveremo in questo modo. Un gruppo, composto da me Ginny e Justin, si metterà in testa e un gruppo composto dagli altri studenti del settimo anno chiuderà la fila e farà da retroguardia. Ora usciamo e, in silenzio, andremo nell’ufficio di Lumacorno. Seguitemi.”

 

E detto questo Hermione mollò a terra il microfono e si avviò verso l’uscita, già traboccante di studenti frettolosi e ansanti. La ragazza posò lo sguardo su Ron e, prima di infilarsi tra la folla per andare in testa, si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò appena sulle labbra.

 

Il ragazzo la guardò con occhi pieni di sentimento. “Non succederà niente.”

 

Hermione si commosse. Lui la capiva meglio di tutti, quando erano in quel genere di situazione.

 

Gli sorrise fiduciosa. “Lo so.” E andò in testa seguita da Ginny e Justin Finch-Flechtley. Con passo affrettato li guidò nel corridoio sottostante, guardandosi intorno ansiosa e arrestandosi un paio di volte per deviare percorso ed evitare una battaglia; arrivato a destinazione, la ragazza si mosse veloce ed entrò da sola nell’ufficio, vuoto.

 

Hermione alzò un sopracciglio. “Professore?”

 

Lumacorno, non proprio cuor di leone, logicamente sarebbe stato nascosto nel suo ufficio a rigurgitare la pozione della Buona Sorte, ma dalla mancanza di risposta Hermione ipotizzò la sua totale assenza.

 

Ma non aveva tempo per indagare; lo sguardo attento della ragazza sorvolò sugli armadi, senza trovare traccia della pozione. Un piccolo incantesimo, tuttavia, riuscì a farle scorgere una botola sotto la scrivania di Lumacorno e Hermione si affrettò ad aprirla trovando una boccetta la cui etichetta non lasciava dubbi.

 

Felix felicis.

 

La ragazza sorrise, soddisfatta e, bevutone un sorso, lo diede ai suoi compagni che bevvero ciascuno un po’ di pozione.

 

Poi, con l’abilità di un generale, ordinò che quelli che ne avevano bevuta di meno, per precauzione, stessero in mezzo al gruppo e guidò i ragazzi verso il passaggio che era chiuso da una muraglia. Hermione ignorò questo fatto e si preparò a lanciare l’incantesimo quando l’urlo acuto di Romilda la fermò.

 

La ragazza si girò e vide la giovane ragazzina svenuta tra le braccia del fidanzato.

 

“Ma cosa…?”

 

Ginny fece una smorfia e Ron la fissò dritto negli occhi. Quelli di Hermione erano allargati e spaventati.

 

Sul pavimento rimaneva una pozza di sangue rosso e qualche brandello di carne e ossa; probabilmente i resti dell’aggressione di un Mannaro.

 

“M-muoviamoci.” Balbettò la ragazza e lasciò entrare tutti al sicuro nel passaggio dopo averlo distrutto con un incantesimo Esplosivo.

 

Ron le fu subito accanto e la sostenne mettendole un braccio intorno alle spalle.

 

Lei sospirò – ancora – e corse insieme  a lui per il lungo passaggio buio che l’avrebbe salvata, accanto Ginny, impallidita.

 

“Ci sono in giro Lupi Mannari?” chiese la giovane Weasley.

 

Hermione annuì.

 

Ginny mise una mano alla bocca. “Mio Dio. Siamo stati maledettamente fortunati.”

 

Hermione non poté discordare dall’amica quando oltrepassarono il passaggio senza altri intoppi; tuttavia, man mano che avanzava, si rese progressivamente conto della presenza di altre impronte umane. Ne era quasi sicura: qualcun altro aveva utilizzato il passaggio prima di loro e aveva la tremenda certezza che si trattasse dei Mangiamorte. Hermione si sentì ribollire il sangue.

 

Dannati codardi! Prima attaccano alle spalle e poi battono in ritirata.

 

Lo stretto passaggio fu invaso da nuove urla e da una violenta vibrazione che scosse il terreno.

 

“Un’esplosione!” gridò Ron che chiudeva la fila accompagnato da Dean e Seamus.

 

“Ma siamo parecchio distanti! Deve essere stata proprio un bel botto, peggio dei miei incantesimi” disse Seamus che, nonostante le parole, pareva tutto tranne che disposto ad ironizzare sulla situazione.

 

Dev’essere stata l’Aula di Pozioni, rifletté Hermione mentre il volto sbiancava, Là dentro c’è abbastanza materiale esplosivo da generare un’esplosione gigantesca; spero solo che le fondamenta di Hogwarts reggano.

 

Dopo qualche attimo di interminabile silenzio che trascorse dopo l’esplosione, una lieve luce smorzata avvisò Hermione dell’approssimarsi dell’uscita. Spinse la botola sulla sua testa e sbirciò nella cantina: si trovavano effettivamente a Mielandia, gli scaffali dello scantinato erano colmi di dolci e macchiati di sangue. Hermione spalancò gli occhi: riversi a terra stavano quelli che lei immaginò essere i nuovi proprietari dello stabile.

 

Quindi avevo ragione, i Mangiamorte sono passati di qui prima di noi. In fondo siamo stati fortunati.

 

Hermione rivolse un’inconscia occhiata alla sue spalle, diretta verso Hogwarts.

 

Che ne sarà degli altri ragazzi?

 

*^*^*^*^*

 

Hogwarts?, 10.30 P.M.

[Una Gigantesca Torcia]

 

 

Hogwarts brillava più che mai durante quella notte di luna piena. Il lago rifletteva i bagliori accecanti delle fiamme che stavano corrodendo la scuola e i superstiti scampati ai lupi che ben presto avrebbero trovato la morte in una fornace.

 

Una gigantesca torcia.

 

Harry abbandonò la Firebolt sull’erba arida accanto ai confini più occidentali della foresta, in riva al lago. Si rannicchiò su di uno sperone di roccia; da quella prospettiva lo spettacolo era in equiparabile: Harry troneggiava la scena mentre Hogwarts bruciava senza ritegno. Un vago odore di fumo gli giunse nelle narici nonostante la distanza; il ragazzo avvertì distintamente l’acre e pesante sapore della carne bruciata e del sangue.

 

La torre di Astronomia cedette, ricadendo lungo il cortile interno, trascinandosi dietro metà della facciata che dava sul lago. Nuove grida giunsero dalla scuola, così acute nella loro disperazione, ma si spensero quasi subito: altri pezzi di muro crollarono come se fossero di materiale inconsistente. Il profilo della scuola era irriconoscibile, ripiegato su se stesso, aveva perso tutta la sua maestà.

 

Come voleva la tradizione i maghi e le streghe morivano sul rogo.

 

Harry si sdraiò sull’erba non cessando un istante di fissare la gigantesca torcia che pareva animata e sofferente. Le mani andarono alla disperata ricerca del falso medaglione di Serpeverde e dello specchio di Sirius. Li strinse entrambi contro il petto, proprio sopra il cuore.

 

Professor Silente, Sirius… ho fallito ancora.

 

Stavolta il boato fu più maestoso. Harry strinse gli occhi: Hogwarts era crollata e con essa tutto ciò che contasse. I suoi amici, la promessa fatta a Silente… Ecco cos’era il dolore dei sopravvissuti: puro rimorso e rancore.

 

Se fossi stato con loro, ma… cosa avrei potuto fare? Di chi è la colpa? Chi ha fatto tutto questo? Qualcuno avrebbe potuto evitare che succedesse…

 

Ora era nitido: il rimorso diventò collera incontrollabile in un flash di pungente dolore. Ora era tutto ovvio e chiaro: questa volta ti ucciderò! Con Bellatrix non ho potuto, con Voldemort non ho potuto, con Piton non ho potuto, ma con te posso e voglio.

 

La Firebolt si staccò dal suolo, spronata più che mai verso un’unica meta: Raven’s Corner.

 

*

 

Una coltre di risate sorde e rauche si levò dai confini dell’ex-scuola di Magia e Stregoneria d’Inghilterra. Un’orda di figure ammantate di nero stava ritta su un’incolta collina rialzata dalla quale si poteva assistere alla scena in tutta tranquillità; l’Ordine della Fenice e i pochi Auror ed Eclitti sopravvissuti erano intenti a salvare ciò che ormai era inevitabilmente perduto.

 

Si poteva già avvertire l’odore di carne arrosto, mentre le grida di gente bruciata viva si smorzava per lasciare posto al silenzio. Raccolto ai limiti più estremi della Foresta Proibita con il suo branco, Greyback si passò la lunga lingua ispida sulla fauci intinte di sangue.

 

“Ora il Signore Oscuro non ha più intralci.”

 

“Sarà il mago più potente del mondo!”

 

“Il suo trionfo è assicurato!”

 

Partì una serie di acclamazioni sempre più fanatiche tra la moltitudine di Mangiamorte che assisteva al rogo di Hogwarts con evidente compiacimento.

 

C’era chi preferiva rimanere in silenzio, gustandosi a pieno l’immagine della disfatta del bene, colmandosi gli occhi e le orecchie di quegli istanti di pura oscurità: la distruzione di Hogwarts, la morte aleggiava ovunque entro i confini della scuola.

 

Sulla collinetta, in prima fila, stava l’elite di Mangiamorte designato per la coordinazione dell’intera missione. Questi avevano portato a termine ciascuno i propri compiti con pieno successo, i loro volti lasciavano ampiamente trasparire l’esaltazione e l’attesa trepidante della grande ricompensa del loro Signore. Lumacorno era pietrificato al loro fianco, totalmente sconvolto.

 

Rodolphus e sua moglie Bellatrix erano il connubio perfetto per descrivere la gioia folle e selvaggia, i lineamenti dei loro volti distorti da una felicità maniacale e le loro iridi scure fiammeggianti al pari dell’incendio che stava consumando Hogwarts. Donovan Darcy, il responsabile dell’intera missione, era il trionfo della compiacenza, normalmente algido nelle sue espressioni, ora mostrava l’essenza stessa della soddisfazione. Il volto glabro e olivastro di Piton luccicava ai bagliori delle fiamme che serpeggiavano sopra la scuola, l’angolo della bocca ripiegato verso l’alto in un ghigno che pareva indecifrabile quanto enigmatico. Lucius era al colmo dell’esaltazione sebbene la sua naturale austerità e controllo delle emozioni mitigassero il ghigno sul suo viso: finalmente avrebbe ottenuto la gloria.

 

In prima fila, ai margini del plotone di Mangiamorte invasati dalla soddisfazione stavano Draco e Samantha; leggermente più indietro Pansy fissava entrambi con un misto di fastidio e alterigia.

 

Draco era il solo a contemplare la scena con totale disinteresse e freddezza, il volto una maschera d’impassibilità. Samantha rigirò la bacchetta tra le dita, la stessa bacchetta che poco prima aveva  freddato senza troppi scrupoli uno degli amici di Draco. La Mangiamorte inclinò leggermente il capo come a voler esaminare il compagno.

 

“Finalmente ti ho capito” disse “Tu non sei e non sarai mai un bravo ragazzo, per natura sei inevitabilmente predisposto a ferire quelli che non tolleri o che non reputi alla tua altezza; direi che trai molta soddisfazione nel tormentare il prossimo. Sei un cattivo ragazzo, ma” avanzò di qualche passo e disse con voce più calcata “i veri Mangiamorte sono molto più cattivi di te.”

 

Draco la guardò di sottecchi, il profilo illuminato dalle fiamme che ardevano su Hogwarts “Tu non osare più parlarmi” ribatté, con una voce spaventosamente simile a quella del padre.

 

Alle sue spalle, Samantha sentì il risolino compiaciuto di Pansy e ci mancò poco che mandasse in frantumi la bacchetta che stringeva tra le mani per la rabbia.

 

Doppio Dolore avanzò di una passo, arrivando al limite della collina sotto alla quale si apriva un ampio strapiombo, quindi si voltò verso i Mangiamorte.

 

“Vittoria completa!” dichiarò con un ghigno. Fece scorrere gli occhi viola sulle maschere luccicanti dei compagni, finché il suo sguardo indugiò al fianco dei Lestrange. Il sorriso di totale soddisfazione perse un po’ della sua ampiezza “Dov’è la recluta?” chiese a Bellatrix e a Rodolphus “Josh Currey, dov’è?”

 

Donovan avvertì gli occhi d’inchiostro di Piton stringersi su di lui.

 

Bellatrix era talmente immersa nella sua privata soddisfazione che dovette essere Rodolphus a rispondere “Mah… Dopo che siamo usciti dalla Camera dei Segreti se l’è squagliata, non l’abbiamo più visto, forse è stato sbranato da un lupo mannaro o è finito carbonizzato da un incendio.”

 

“E vi ha detto qualcosa prima di andare?” chiese immediatamente Donovan come se l’eventualità che la recluta fosse morta non gli avesse neppure sfiorato la mente.

 

“Può darsi” rispose Rodolphus con tono annoiato, chiaramente quell’interrogatorio gli stava rovinando lo spettacolo di Howgarts in fiamme “Ha detto qualcosa del tipo ‘Continuate sulla vostra strada, io ritorno nel luogo dove sono venerato…’. Presumo stesse parlando della Scozia, forse quel piccolo codardo ha deciso di abbandonare i Mangiamorte.”

 

Doppio Dolore si voltò subito volgendo gli occhi su Hogwarts, l’enorme torcia fiammeggiante che ormai era prossima al crollo.

                     

Se n’è andato. La divinità è tornata ai suoi Cieli, al cospetto di Loro Tre.

 

Un ampio stridio invase l’atmosfera, come se il legno stesso piangesse mentre l’unica torre del castello rimasta in piedi precipitò dalla scogliera, in parte frantumandosi contro le rocce e quindi riversandosi nell’acqua; sollevò schiuma e onde. Il fuoco stava per terminare il suo combustibile: pietre, legno, dipinti stregati, libri, pozioni infiammabili, uomini, bambini… Sarebbe rimasta solo cenere e nient’altro.

 

*^*^*^*^*^

 

Il Concilio dei Potenti

[Tutto è Bene quel che Finisce Bene]

 

 

Voce #1: “E con ciò il sacrificio è completato.”

 

Voce #3: “L’intervento di Jolly è stato marginale.”

 

Voce #2: “Tuttavia Egli non è passato inosservato.”

 

Voce #3: “Come potrebbe mai, una creatura tanto perfetta?”

 

Voce #1: “Sento che si avvicina.”

 

Voce #2: “In fine avremo l’onore di ospitare la sua essenza.”

 

Voce #3: “Non completamente.”

 

Voce #2: “Una sua emanazione è rimasta in campo. Dalla parte del ‘bene’.”

 

Voce #:3 “Il nuovo capo dell’Ordine della Fenice.”

 

Voce #2: “Albatros.”

 

Voce #1: “Il più imponente degli esseri volanti.”

 

Voce #3: “Si addice ad un essere come Lui.”

 

Voce #2: “Né uomo, né Dio supremo.”

 

Voce #3: “Un angelo?”

 

Voce #1: “Forse un angelo dalle ali nere.”

 

Voce#2: “Jolly è tornato.”

 

Voce#1: “Ora è tutto perfetto.”

 

*^*^*^*^*^

 

A casa di R.A.B. – 25 Dicembre 1998, 0.00 A.M.

[Un Viso Conosciuto]

 

 

Il manico della scopa era diventato l’unico appiglio per scaricare la sua rabbia; ma non doveva esagerare: quell’ira pulsante che lo faceva tremare lungo tutto il corpo sarebbe stata l’arma schiacciante che avrebbe usato contro di lui, R.A.B.; l’unico vero responsabile della distruzione di Howgwarts.

 

Indolente ed indifferente alle sofferenze del mondo esterno fino alle più tragiche conseguenze, R.A.B. aveva lasciato che accadesse, quando invece tramava alle sue spalle con Piton e con il Signore Oscuro, quindi sapeva del piano… ma neanche la pietà per dei poveri ragazzi era riuscito a smuoverlo dalla sua inviolabile fortezza di insensibilità. Ora sarebbe stato Harry a smuoverlo, a trascinarlo a forza nel mondo esterno, quello vero e reale, e lì l’avrebbe ucciso.

 

Dopo l’atterraggio a Raven’s Corner tutto fu irreale e delirante; la mente imbevuta nella vendetta e nell’odio distorceva il paesaggio: tutto era oscuro e tenebroso.

 

In un attimo si parò di fronte allo squarcio spaziale e con la più che consueta abitudine del varcarlo, lo aprì. Levò la bacchetta, assaporando già sulle labbra la più implacabile delle Maledizioni Senza Perdono. Perché era solo questo che spettava a R.A.B., una morte cruenta ed improvvisa, tanto scioccante come lo erano state quelle degli infelici caduti a Hogwarts.

 

Niente pietà questa volta, niente perdono,… anche se dovessi diventare un assassino!

 

Lo vide, comodamente rannicchiato contro la sua poltrona prediletta.

 

Harry cominciò a levare la bacchetta, gli occhi verdi e scintillanti stretti sulla sua futura vittima.

 

“Ah, sei tornato. Peccato che tu debba vedermi in queste condizioni… l’effetto della pozione è terminato.”

 

Ed ecco la sua voce derisoria: Harry sobbalzò d’odio e rancore. Puntò la bacchetta.

 

“Avada…” il ragazzo dovette fermarsi: pareva che una mano gli stesse attorcigliando le budella e una voce candida e dall’onestà incessante lo implorava di fermarsi, di non ucciderlo.

 

R.A.B. si alzò dalla poltrona e cominciò a voltarsi.

 

“No, stavolta non esiterò” bisbigliò Harry “Avada” la punta della sua bacchetta cominciò ad illuminarsi di una tenue luce verde “Kedav…”

 

Il fiato di Harry gli fu letteralmente strappato di gola, il respiro diventò ansimante, la bacchetta tremò, le budella si contrassero spasmodicamente: R.A.B. si era voltato, ma non era lui, era…

 

“Sirius!”

 

=*=*=*=*=*=*=*=

 

Sirius? Ebbene sì… oppure no? Pazientate… pazienza, la virtù dei saggi.

 

(*) Non siamo certe che Seamus sia effettivamente irlandese, ma Kaho è profondamente convinta di sì. Perciò, ci prendiamo una licenza poetica! =D

 

Eccoci qua dopo un periodo di assenza abbastanza lungo… promettiamo di essere un po’ più veloci la prossima volta.

Piuttosto… riapriamo l’angolo delle follie delle autrici…



*Jolly: al di là del suo sorriso…* (^__^)


Forse molti di voi si staranno chiedendo, ma chi diamine è questo Jolly? Josh Currey, Albatros… mah… Circolano delle strane voci sul suo conto e persino l’impavido Braveheart Darcy Donovan detto Doppio Dolore ha tema di lui. Una risposta parziale sulle sue origini si può dedurre dalla conversazione tra le tre “Voci”, che a parere delle autrici sono molto fashion. Jolly è una divinità? Più potente del Signore Oscuro? Mah… ipotesi senza fondamento, chi può dirlo? Comunque Jolly e il suo perenne sorriso enigmatico non ci abbandoneranno: la Terza Parte di Past Legacy (così lontana nel futuro ndAutrici) sarà teatro delle sue vicende personali e finalmente si riuscirà a capire il perché della sua fissazione padre-figlio, che i lettori più attenti avranno colto in questo capitolo. Jolly non è il suo vero nome, solo uno pseudonimo anagrammato di Jolly Lord Lydgate, e nemmeno questa è la sua vera identità, insomma, è peggio degli X-men, come quelle subdole e misteriose “Voci”. Hanno un sapore un po’ profetico e apocalittico, molto colte e enigmatiche queste “Voci”, ma il primato di sapienza è riservato all’Oracolo catturato da Voldemort. Le autrici sono certe che la rivelazione della vera identità di questo Oracolo farà sbarellare molti lettori (§_§). Pazientate fino alla terza parte.

 


*L’Angolo del Terrore – Le Autrici Temono…*

[L’Uscita del Settimo Libro: “Harry Potter and the Deathly Hallows”]


“Harry e gli Spiriti della Morte…”. Già il titolo con quel sapore di morte è destabilizzante: le Autrici temono la morte di qualche personaggio pilastro, se non il disfacimento del Magico Trio![*.*] Ma la nostra fic, HP7, continuerà anche dopo il 23 luglio (data di pubblicazione del settimo); chissà se riusciremo ancora a scrivere dopo la “ipotetica” mazzata che la Rowling ci darà alla fine del settimo: l’autrice ha dichiarato che ucciderà due personaggi principali alla fine del libro; chi ammazzerà?[?_?] (io spero ke uno dei due sia Piton >.< ndSamy Condivido ^__^ ndKaho) D’ora in poi la nostra fic sarà una AU (Alternative Univers), crediamo fermamente di essere uscite con abbondanza dai temi base di Harry Potter by Rownling: il cammino adolescenziale di Harry fino alla sconfitta di Voldemort… la nostra trama di fondo è un “tantino” più ampia... Possiamo dichiarare orgogliosamente che le uniche cose canon nella nostra fic sono le coppie: Harry/Ginny, Hermione/Ron, Remus/Tonks. Qui si continua a pregare e ad invocare spiriti celesti per impedire a mamma Rowling di distruggere una di queste coppie con l’infausta morte di qualche personaggio beniamino. Ma si sa per certo che Stephen King e un nutrito gruppo di scrittori-fan-Rowling gridano: “Non fare morire Harry Potter!” E dunque: Gridiamo Con Loro! (perché altrimenti sarebbe proprio una vita da sfigato -_-)

 

Un grazie a tutti quelli che hanno recensito, in particolare: Saty (grazie, nostra fedelissima, speriamo che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^), EDVIGE86 (visto? Siamo arrivate! Scusa anche a te. ^^” Piaciuto il capitolo?), Lulumyu (bentornata! *__* Ora rimani al passo! XD), *magicichigo* (thank you! ^^), Space Jam (merci beaucoup! ^^), Hohenheimdelaluz (*commosse* Grazie! Speriamo che continuerai a seguirci ^^) e Apple (Stra’felici che tu sia tornata in carreggiata! ^^); come dimenticare il *recensitore anonimo* che è riuscito a farci arrivare alle 60 rec? Nonostante i tuoi biechi propositi grazie a te abbiamo raggiunto la 60ina (thanks; e scommetti sul nostro cavallo, è sempre vincente ^_^)  

 

Il prossimo capitolo sarà decisamente più facile, perché *musichetta trionfale di sottofondo* sarà dedicato al romanticismo. *___* Tonks/Remus, Ginny/Harry, Samantha/Draco e l’immancabile Ron/Hermione con Il Bulgaro il Ritorno! *_______* [Avete capito chi intendiamo, uh? XD]

 

In più grazie a tutti quelli che leggono… accidenti, dobbiamo festeggiare: la nostra storia è tra i preferiti di ben 28 utenti! *_____* Grazie a tutti ragazzi, siete uno spettacolo! **^______^**



Alla prossima… [speriamo non troppo tardi]

Il prossimo capitolo si intitolerà: “Lo PseudoProfeta”. Un nome un programma… la trame del prox chap è deducibile dal titolo, quindi non diciamo nulla. D’accordo, ma solo un indizietto: forse Harry non è del tutto impazzito quando grida: “Sirius!”; forse i suoi occhiali non hanno fatto cilecca, forse… () Poi c’è anche una sorpresina per i fan di Ron/Hermione: dalla Bulgaria arriverà qualcuno (e chi sarà mai?) a destabilizzare la loro relazione. In compenso ci saranno tanti teneri momenti Remus/Tonks e un’altra sorpresa dalla Francia… ebbene sì, i Delacour invadono l’Inghilterra! Poi zio Voldy avrà un attacco di cuore, ma si riprenderà quasi subito (notizia sconvolgente per lui… ci penserà lo PseudoProfeta che non è l’Oracolo acchiappato dai Mangiamorte al Ministero).

 

A presto ^^

 

Recensite, mi raccomando! -____^

Kaho&Samy

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Lo PseudoProfeta ***


Capitolo 11 – Lo PseudoProfeta

 

 

 

Dietro la Maschera di R.A.B.

[La Maledizione dei Black]

 

 

L’immaginazione era terribilmente ingrata, le allucinazioni anche peggio perché ti facevano vivere qualcosa di tremendamente reale e, al contempo, assolutamente falso. Un uomo che si sapeva morto ormai da ben due anni, un uomo caro che avresti disperatamente voluto riavere con te, che aveva alimentato per gli anni antecedenti alla sua morte una delle tue più grandi gioie, un uomo il cui infelice destino ti era risultato dannatamente ingiusto, un uomo il cui destino avevi imparato ad accettare…

 

E tutto il dolore di quel distacco ti riassale ferocemente, quando credevi di averlo accantonato, ma non dimenticato. Rivedi ancora e ancora gli ultimi istanti della sua morte: un fastidioso drappo rosso ti blocca la visuale, impedendoti di regalargli l’ultimo addio. Quanto avresti dato per quell’ultimo saluto?

 

Ma ora non importa, perché è di fronte a te: il senso di nostalgia e malinconia passata si è immediatamente trasfigurato in un’accecante speranza. Da qualche parte nella tua testa una vocina minuta ti grida di smetterla di illuderti, ma hai preferito abbandonare il buon senso per crogiolarti in quell’improbabile, impossibile visione: il tuo amato padrino, morto da due anni, sta a pochi passi da te, seduto su una poltrona.

 

Quello è il posto di R.A.B., ma non ti importa, non ci pensi neanche: l’importante è continuare a seguire tenacemente quella convinzione, tutto ciò che di razionale ti è stato insegnato lo abbandoni subito per continuare a credere; nulla ha senso in quello che vedi, ma preferisci non farci caso.

 

Non sbatti le palpebre e non distogli lo sguardo da lui perché forse ti sei reso conto, nel più profondo della tua coscienza, che quello è solo un miraggio, nulla di reale e di tangibile, non un uomo che puoi abbracciare, con cui ameresti sfogarti, ma semplicemente una disperata macchinazione della tua mente sconvolta dal rogo di Hogwarts che non ne può più della solitudine.

 

“Sirius…?”

 

Il fiato ti esce di bocca come un’invocazione, una conferma… che cos’è? Vorresti un’immediata risposta, anche se la temi quasi più della morte… un’ennesima delusione, dopo quello che è capitato a Hogwarts, no, tu non te lo meriti. Sirius è tornato per consolarti, quindi è reale, è vivo.

 

Sirius ti sorride, ma è un sorriso che non ti piace: lo hai già visto da qualche altra parte, lo stesso tipo di sorriso ghignante, derisorio, ma non sulle labbra di Sirius, quel sogghigno appartiene ad un altro.

 

Sirius resta immobile, nascosto nella penombra, non fa niente per confermare la tua speranza. Tu lo osservi meglio, ma è difficile cogliere i tratti del suo viso, è lontano dalla luce della luna, mitigata sottilmente dalla nebbia. Ma sei assolutamente certo della sua identità: Sirius Balck. Gli somiglia dannatamente, lo cogli dal suo profilo, è identico; non può essere che lui.

 

D’un tratto si alza; il tuo cuore sobbalza con lui, il tuo stomaco si stringe, ma non sai descrivere con precisione il sentimento che ti fa contorcere le budella. Avanza di qualche passo e si lascia investire dai raggi di luna: il tuo cuore può smettere di battere all’impazzata, è lui.

 

*

 

“Sirius…!”

 

Esclamò disperatamente Harry Potter, ora libero da ogni dubbio.

 

Sirius sogghignò, forse con un’ombra amara. Gli occhi scuri come l’ebano striati di un blu profondo scrutarono attentamente Harry Potter.

 

“Harry, lascia perdere, non sono lui.”

 

Non appena le labbra di Sirius si richiusero, il cuore di Harry sprofondò in qualcosa di talmente oscuro e doloroso che persino la visuale di Hogwarts carbonizzata non reggeva il confronto.

 

“Cosa…?” balbettò il ragazzo con quella che avrebbe potuto sembrare la più disperata delle voci “Sirius, sei tu! Ma come hai fatto?”

 

Sirius storse il ghigno, lasciando spazio ad un vago accenno di compassione.

 

“Ti ho detto di smetterla” disse lui “Non serve a niente torturarsi con false speranze.”

 

Harry era assolutamente incapace di trovare una spiegazione ragionevole a tutto ciò che gli stava capitando: ma, d’altronde, Azkaban aveva logorato parecchio la mente di Sirius, quindi era probabile che manifestasse degli sprizzi di pazzia… tutto quello che Harry voleva sapere era in che modo Sirius fosse riuscito a riattraversare il velo dell’Ufficio Misteri: quella spiegazione gli sarebbe bastata come conferma. La sua speranza non era futile e distruttiva, come sosteneva Sirius, era invece incoraggiante e vitale… forse.

 

“Spiegami come ci sei riuscito, Sirius?” gli chiese Harry con un inspiegabile nodo alla gola “Come sei riuscito a… a tornare indietro?”

 

Sirius alzò un angolo della bocca “Finiscila, Harry, ora stai sfociando nel ridicolo.”

 

Harry non lo stava realmente ascoltando, perché non voleva sentire la voce di quello che credeva essere Sirius, perché quella voce stanca e derisoria non era di Sirius, apparteneva al vecchio che era venuto ad uccidere.

 

“Come hai fatto, Sirius?” borbottò Harry, marcando con enfasi l’ultima parola, come a volercisi aggrappare.

 

Il volto di Sirius si contorse per la rabbia, tutte le tracce di comprensione volatilizzate in un attimo “Non sono Sirius, dannato ragazzo! Ascolta la mia voce! Hai capito chi sono?”

 

Harry lo fissò assolutamente sconvolto, eppure non fece nulla per ribattere o per dar segno di avere compreso.

 

Sirius emise un grido stridulo, fremendo alla vista dell’immobilità di Harry. Marciò con decisione verso un angolo della camera, lasciando Harry totalmente scombinato. L’uomo tornò quasi subito, reggendo tra le mani una ciotola carica di una sostanza fangosa e dall’aspetto nauseabondo.

 

Harry sapeva cos’era: Pozione Polisucco. Ma non batté un ciglio; in qualche modo l’informazione che i suoi occhi avevano registrato non gli giunse al cervello, non venne elaborata o interpretata in alcun modo: era solo della Pozione Polisucco.

 

“Ora l’effetto è finito” sibilò Sirius “Questo è il mio vero aspetto.”

 

Harry fu colpito come da una violenta scossa: il suo vero aspetto? Che quello fosse davvero R.A.B.? La voce derisoria era la sua. Ma se quello era realmente il suo vero aspetto, allora R.A.B. era Sirius… R.A.B., che lui intendeva assassinare fino ad un attimo prima, era il suo amato padrino?

 

“Sirius… R.A.B. … Lyons Kaus?”

 

Una serie scoordinata di nomi: in che modo questi fossero legati, Harry non lo sapeva; ma se davvero erano uniti da qualcosa, dunque Harry aveva sinceramente desiderato la morte del suo padrino, perché lui aveva architettato la distruzione di Hogwarts, confabulando con Piton.

 

Sirius sbuffò, sembrava totalmente estraneo alla disperazione di Harry, alla confusione di quel momento “Uno su tre, Harry. Non sono Sirius, non sono Lyons Kaus, ma sono R.A.B.”

 

Harry scosse il capo: Sirius era ambiguo... Sirius faceva dei discorsi assurdi, totalmente sconnessi.

 

“Ma, Sirius…?”

 

“Ti ho detto: Basta!” gridò quell’uomo andando fuori controllo “Non sono Sirius! Non sono mio fratello…”

 

L’ultima parola cadde nel silenzio e in una sorta di meditazione.

 

“Fratello?” mormorò Harry, senza dare particolare peso alle sue parole: se davvero quello non era Sirius, allora non gli importava più di niente.

 

L’uomo lo scrutò con due occhi tremendamente uguali a quelli di Sirius, aprì lentamente le labbra, e la voce che ne uscì era quella di R.A.B.  “Il mio nome è Regulus Arthemius Black.”

 

Il mondo di Harry si concentrò totalmente su quelle parole, mentre la nube di confusione cominciava a diradarsi, lasciando passo alla medesima rabbia che lo aveva portato in quel luogo, per uccidere l’uomo che detestava. Delusione e un’atroce sentimento di repulsione e furia: era stato ancora tradito e ingannato…

 

Tradito e ingannato… Harry detestava i traditori per principio o forse perché, da qualche parte nella sua anima, un’entità ferita dal rifiuto era naturalmente portata all’odio verso coloro che la tradivano; non era concessa alcuna seconda possibilità, né tanto meno perdono, la morte era la soluzione ideale.

 

E R.A.B. se la meritava.

 

Harry strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure cariche di rabbia; la bacchetta si rialzò all’istante: una nuova e assassina decisione si risvegliò nel ragazzo.

 

Quando Bellatrix aveva assassinato Sirius, Harry aveva tentato di ucciderla, ma il suo Cruciatus era risultato debole e poco convinto, ma ora sapeva che se avesse tentato di eseguire la più fatale delle Maledizioni Senza Perdono non avrebbe fallito.

 

Regulus incrociò lo sguardo mortifero di Harry, gli occhi di coloro che hanno perso tutti i limiti morali, per cui ogni infamia è lecita “Non lo fare” gli ordinò con una sottile invocazione nella voce.

 

Harry levò più alta la bacchetta “Adesso non c’è nulla che tu possa dirmi, niente che possa salvarti la vita.”

 

Regulus tremò interiormente, ma non lo diede a vedere; sostenne lo sguardo senza distogliere gli occhi dalla bacchetta puntata contro di lui “E invece credo ci sia qualcosa di interessante che vorresti sapere. Ad esempio la posizione esatta di un Horcrux…”

 

“Finiscila!” strillò Harry “Ti ho detto che devi stare zitto. Ora sto per ucciderti.”

 

Le parole erano sulla punta della sua lingua, ma non volevano uscire. Ogni attimo esitante che passava con la bacchetta puntata su quella faccia infame, tanto simile a quella dello zio, era un istante di profonda rabbia: perché non riusciva ad ucciderlo? Eppure lo voleva con tutto il cuore: non gli importava nulla di quell’uomo, nemmeno la curiosità lo avrebbe spinto ad informarsi sulla sua vera situazione, nemmeno la proposta allettante di un Horcrux… voleva solo ucciderlo, all’istante e senza ripensamenti o rimorsi.

 

“Non lo farai. Non ne sei capace. Il tuo animo è troppo tenero per commettere un omicidio a sangue freddo.”

 

Harry non riuscì ad evitare un sogghigno cogliendo nella voce dell’uomo una nota di supplica, quasi speranza.

 

“E invece ti sbagli, io non ho nessun problema ad uccidere i traditori.”

 

Per qualche inspiegabile ragione, Regulus riprese a sorridere.

 

“Non è questo il tuo pensiero. Lui sta usando le tue labbra e la tua voce come tramite.”

 

“Lui? Chi, Voldemort?” gli chiese Harry con tono ironico, la bacchetta ancora saldamente stretta tra le dita.

 

“L’altro: Lui” ribatté Regulus, calcando sulla parola un’incredibile solennità “L’entità che entrambi condividete, tu e Riddle o, meglio, il Signore Oscuro; potrei smetterla di esprimermi come Kaus ora che conosci la mia vera identità.”

 

Seguì un lungo silenzio, interrotto regolarmente dagli ansiti di Harry: levare quella bacchetta in faccia ad un uomo con la ferma intenzione di ucciderlo, quasi percependolo come un dovere, era incredibilmente faticoso. La stessa fatica ed esitazione di Malfoy sulla Torre, un anno fa, ultimo giorno di vita di Albus Silente… se nemmeno Malfoy, molto più malvagio di Harry e Mangiamorte già da diversi mesi, era riuscito ad uccidere un uomo, che speranze poteva avere il buon Grifondoro e Prescelto Harry Potter, l’innocente ragazzino sopravvissuto?

 

Uccidere non è nemmeno lontanamente facile come credono gli innocenti.

 

Le parole di Silente… Harry scosse il capo, risoluto più che mai, ma non fece nulla per attaccare Regulus.

 

Regulus sembrò approfittare del silenzio per elaborare un discorso arguto e sottile che avrebbe dissoluto Harry dai suoi propositi omicidi “So per certo che non mi ucciderai, tale non è il mio destino. La sorte di un Black è molto più crudele.”

 

Harry lo scrutò torvo, conscio delle intenzioni dell’uomo, ma, tuttavia, un briciolo di curiosità lo spinse ad indagare “Quale sorte?” si arrischiò a domandare.

 

“La sorte dei Balck” rispose Regulus “La Maledizione dei Black.”

 

Harry rimase di stucco: la Maledizione dei Black… i Black… quindi anche Sirius.

 

“Dimmi di più.”

 

Regulus sogghignò impercettibilmente “Si tratta di un anatema relativamente recente, credo fu formulato venticinque anni fa o poco prima.”

 

Regulus si fermò volutamente, lasciando la curiosità di Harry insoddisfatta.

 

Harry strinse i denti: lo sta facendo di proposito. Devo solo scoprire di più stando attento a non cadere nella sua trappola.

 

“E che tipo di Maledizione è?”

 

“Una Maledizione davvero crudele” disse Regulus “E come tutte le Maledizioni che si rispettino termina con una morte crudele.”

 

Una morte crudele, ingiusta… “Sirius…?”

 

A quel nome Regulus ebbe un sussulto “No, lui no. E’ stato fortunato. Era già stato diseredato quando la Maledizione fu formulata, ciò significa che ufficialmente non era un Black e, non appartenendo all’arazzo di famiglia era immune all’anatema.”

 

Ormai Harry aveva dimenticato il suo preambolo: non perdere il controllo, stare ben attento a non farsi coinvolgere nelle macchinazioni di Regulus, non dargli la soddisfazione di vederlo pendere dalle sue labbra “Ma allora perché è morto in un modo del genere, sparendo dietro ad un velo?”

 

Regulus storse il naso “Non credo sia morto.”

 

“Non prenderti gioco di me!” esplose Harry facendo tremare la bacchetta.

 

“Calmo” sospirò Regulus con un accenno di sogghigno che lo fece somigliare terribilmente a Sirius “Ne sono quasi certo, mio fratello è vivo. O quasi. Ma di sicuro tornerà, deve terminare il suo lavoro.”

 

“Quale lavoro?”

 

Regulus sbuffò, virando intenzionalmente il discorso su un altro vertice “La Maledizione dei Black: venire uccisi dalla persona che più si ama.”

 

“Non cambiare argomento” inveì Harry “Rispondi alla mia domanda: quale lavoro?”

 

“Forse ho risposto alla tua domanda.”

 

“Smettila di fare il vago o giuro che ti…” Harry si morse la lingua: … ammazzo. Forse non ci sarebbe riuscito, quella sua dannata curiosità stava surclassando la rabbia.

 

Regulus colse lo smarrimento di Harry per una fruttuosa occasione. Estrasse la bacchetta più fulmineo di un lampo e richiamò quella di Harry nella propria mano.

 

Harry si sentì scivolare la bacchetta dalle dita; un instante dopo Regulus la stringeva saldamente in pugno con aria compiaciuta e pericolosa.

 

Harry sentì il sapore della bile e della repulsione invadergli la bocca: se doveva farla finita era meglio sbrigarsi, non avrebbe tollerato un altro attimo quel ghigno sprezzante su di un viso così tremendamente simile a quello di Sirius.

 

“Sbrigati” disse secco, abbassando il capo.

 

Regulus lo scrutò divertito e gettò la bacchetta del ragazzo nell’oscurità del piccolo locale.

 

“Non ti voglio uccidere, piuttosto, voglio che tu mi ascolti.”

 

Harry levò il capo con aria rancorosa, tuttavia era interessato alla proposta dell’uomo la cui vera storia era stata sempre coperta dal mistero e da innumerevoli allusioni.

 

“Ti ascolto.”

 

Regulus gli sorrise di rimando, ormai sentendosi padrone della situazione “Certamente avrai compreso la mia vera identità: Regulus Black, fratello del tuo amato padrino, presunto morto diciassette anni fa.”

 

Harry accennò con il capo, rammentandosi chiaramente della data di morte ricamata sull’arazzo di famiglia Black a Grimmuald Place.

 

“Ebbene, sono tuttora vivo grazie ad un piacevole fraintendimento di persona. Il sottoscritto ed uno tra i più anziani Mangiamorte venimmo a conoscenza dell’esistenza degli Horcrux e, quindi, agimmo di conseguenza. In realtà fu una cosa architetta da tempo ai danni del Signore Oscuro.”

 

Harry strinse le labbra: ‘Signore Oscuro’ era l’appellativo che utilizzavano prettamente i Mangiamorte.

 

“In breve tutto terminò con la distruzione dell’Horcrux nella caverna, il medaglione di Serpeverde.”

 

“Perché?” intervenne Harry brusco “Perché avreste dovuto distruggere un Horcrux se eravate suoi servi?”

 

“Ecco perché” ribatté Regulus veemente “L’altro Mangiamorte non tollerava l’altisonante portata di Lord Voldemort che pretendeva ci rivolgessimo a lui acclamandolo ‘Signore’ e ci prostrassimo ai suoi piedi: servi, ecco cos’eravamo diventati, in principio compari, dunque compagni subordinati, infine servi. L’altro Mangiamorte, grazie alla sua anzianità, aveva potuto assistere al fenomeno di progressivo decadimento della dignità del Mangiamorte con i propri occhi; quest’uomo, in qualità di Purosangue altamente altolocato, proprio non lo digeriva e per questo decise di ribellarsi segretamente. In me trovò un valido spalleggiatore.”

 

“Perché?” insistette Harry “Ho capito i motivi dell’altro, ma i tuoi?”

 

Regulus fece una smorfia “Non è poi così importante” disse con voce distaccata “Piuttosto, distrutto l’Horcrux ci ritrovammo in una posizione di stallo; eravamo veramente malconci, non avevamo immaginato che la distruzione di un Horcrux avrebbe comportato un simile dispendio di energia. E alla fine la notizia del nostro tradimento giunse alle orecchie del Signore Oscuro. Egli si dimostrò particolarmente tenace nel darci la caccia e nello scovarci ma alla nostra cattura sembrò più interessato a Lyons Kaus, io fui affidato alle mani di un Mangiamorte minore. Probabilmente avvertiva di essere stato tradito da un vecchio amico e compagno di scuola.”

 

Harry sbarrò gli occhi “Lyons Kaus?”

 

“Esatto, colui che ha fornito la mia copertura per tutti questi anni” disse Regulus senza l’ombra di un’emozione “Fortuna volle che il soprannome di Kaus, R.A.B., fosse identico all’anagramma del mio nome; questo mi fece riflettere: forse potevo prendere il posto di Lyons Kaus, fingermi lui? Scampato all’esecuzione, agii in tale modo e continuo ormai da diciotto anni.”

 

“Il Mangiamorte incaricato non ti uccise?”

 

Regulus accennò col capo “No, mi salvò l’amicizia che ci legava. Buffo, no? Quanto provvidenziale possa essere il caso.”

 

“Tu e il Mangiamorte eravate amici?” chiese Harry, dubbioso.

 

“Nei limiti sentimentali di due Serpeverde e Mangiamorte, sì, eravamo buoni amici” Regulus si interruppe, come a voler dar peso a quelle parole “Sicuramente ne avrai sentito parlare: Rabastan Lestrange. Ai tempi, suo fratello Rodolphus e mia cugina Bellatrix si erano da poco maritati e così ci incontravamo spesso ai ricevimenti a casa Lestrange o Black. Avevamo molto in comune, specialmente nelle relazioni concernenti i fratelli…”

 

Regulus si interruppe bruscamente, come se le sue stesse parole fossero indegne.

 

“Ma queste sono storie noiose. In sostanza hai compreso come feci: regolare Pozione Polisucco con i resti del povero Lyons Kaus.”

 

“Quello che non capisco è perché hai voluto prendere il posto di Kaus, non ti bastava restare Regulus Black?”

 

“Come sei semplicistico, Harry. Vi sono cose ben più spaventose di una morte da braccato, ossia una morte scontata, già prestabilita, un destino con una destinazione macabra ed infelice.”

 

Harry tirò un lungo sospiro di comprensione, gli occhi che cercavano distrattamente la sua bacchetta abbandonata nel buio “La Maledizione dei Black.”

 

Regulus permise ad un vago stupore di intaccare il suo volto, quindi il consueto ghigno si impadronì della sua espressione “Arguto, Harry. Sull’arazzo è indicata la data della mia morte e questo è bastato per scampare la maledizione, almeno fino ad ora” un’occhiata penetrante e dal sentore omicida venne rivolta al ragazzo “Perché ora tu conosci la mia vera identità, Harry, sai che sono vivo…”

 

Harry sobbalzò, cercando con più impegno la bacchetta nell’ombra della stanza. Gli occhi scintillanti di Regulus, così simili a quelli di Sirius nel loro colore e nella loro stanchezza, si spensero per un attimo.

 

“Ma non posso fare nulla” sospirò l’uomo “Anche per te è riservato un altro destino. Due grandi Maledizione si intrecciano nel nostro reciproco fato e non v’è nulla che si possa fare per annullarle. Soltanto un sacrificio estremo potrebbe bloccare il nostro destino ingrato.”

 

Harry bloccò la sua ricerca, concedendosi un attimo per soppesare le parole di Regulus: Nostro?

 

“C’è una Maledizione anche per me?”

 

“Buffo, vero?” sogghignò Regulus “Di questi tempi il destino condizionato da terribili anatemi è all’ordine del giorno per maghi come noi, sfiorati da quella particolare presenza.”

 

“Cosa… cosa mi dovrebbe succedere?” chiese Harry esitante, quasi balbettando.

 

“Oh, niente” ribatté Regulus con totale disinteresse “Se davvero, come me, sei stato semplicemente sfiorato. Ma se la cicatrice sulla tua fronte servisse da tramite, o da catalizzatore… Due entità simili e perfette non tollerano che un’altra invada il proprio territorio, una delle due deve necessariamente morire. E’ la legge della natura: non possono esistere due divinità uguali, ciò rappresenta il colmo dello squilibrio. Finché una vive, l’altra tenterà di ucciderla e viceversa.”

 

Harry sobbalzò nuovamente: la Profezia. Lui e Voldemort erano legati da un reciproco sentimento di vendetta omicida: uno dei due sarebbe morto alla fine di tutto.

 

Era in quei momenti che Harry avvertiva una forza suprema dalla quale era totalmente escluso che prestabiliva con infinita precisione tutte le mosse che avrebbe compiuto in futuro; era in quei momenti che quasi perdeva la speranza, incatenato in un destino già prestabilito.

 

Parve che per un attimo la nebbia si diradò lasciando trapassare dei raggi di luna più copiosi. La stanza venne illuminata brevemente. Harry scorse la sua bacchetta in un angolo, proprio ai piedi della poltrona prediletta di Regulus. Ma gli occhi del ragazzo furono quasi forzati a contemplare la figura dell’uomo che gli stava davanti, sogghignante: indubbiamente simile se non identico a Sirius, Regulus aveva i medesimi occhi blu profondo e i capelli corvini dai riflessi metallizzati, tuttavia trascurati e in parte incolti. Un leggero strato di barba scura gli incorniciava il mento non in modo volgare, ma conferendogli un’aria di solenne austerità. Il medesimo fascino naturale che contraddistingueva tutti i Black, pareva affievolito sul volto stanco ma comunque sogghignante di Regulus, spossato da molti anni di reclusione e paura.

 

Solo quel ghigno beffardo e vagamente fascinoso e un leggero distacco d’età lo separavano da Sirius. Harry sospirò amaramente: buffo che il sosia del suo amato padrino fosse anche l’uomo che desiderava morto… Uno dei molti che desidero morto… si ritrovò a riflettere il ragazzo. Se fosse male o meno desiderare la morte di una persona, seppure malvagia oltre i normali parametri morali, non lo sapeva, ma comunque gli lasciava l’impressione, una volta affievolito l’impetuoso odio iniziale, di aver agito in modo cattivo.

 

Non può essere così tanto cattivo desiderare la morte di un traditore, di un vile, di un codardo o dell’uomo che ha assassinato i tuoi genitori… anzi sarebbe innaturale, è perfettamente normale che io voglia vederli strisciare ai miei piedi, in una pozza di sangue, imploranti… e poi finirli.

 

Lo sguardo di Harry si era indurito, mortifero, mentre trasfigurava i suoi pensieri in immagini fantasiose, tuttavia così intense da sembrare concrete e raggiungibili.

 

Il ghigno di Regulus si affievolì appena “A che cosa pensi con quegli occhi?”

 

“Penso che somigli molto a Sirius” rispose Harry con una voce bassa e sordida che non gli sembrava neanche la sua.

 

Regulus si agitò inquieto, le palpebre si abbassarono pesanti sugli occhi come in tutte le altre occasioni che suo fratello era stato menzionato “Molti lo dicevano: Regulus e Sirius si assomigliano, sono due gocce d’acqua… ma c’è una differenza incolmabile tra di loro” il ghigno ricomparve sulle labbra di Regulus, questa volta più sadico e forzato “Regulus è un vero Black.”

 

Harry fece una smorfia, mentre la voce di Regulus si caricava di esaltazione:

 

“Regulus non si è mai mescolato a degli sporchi Mezzosangue o traditori del proprio sangue, come invece fa Sirius con Potter, Lupin e Minus… Regulus ascolta sempre i consigli della madre e del padre e rispetta entrambi con l’adeguata ubbidienza e devozione, non come Sirius, l’emblema dell’insensata ribellione adolescenziale, che non sa fare altro che disubbidire, deludere e mettere in imbarazzo la propria famiglia… Regulus è il perfetto erede della casata Black con il suo portamento aristocratico e dosato, non come Sirius così volgarmente alla mano, così squilibrato, troppo esuberante… Regulus è un Mangiamorte, serve la più nobile delle cause, non come Sirius che è fuggito di casa per vivere alla babbana con una famiglia di Purosangue in decadenza.”

 

La voce di Regulus si smorzò d’improvviso, il tono quasi nostalgico e risentito:

 

“Ma ad un certo punto non si parlò più di Sirius, Sirius non era più un Black, quindi era come se non fosse mai esistito: io ero diventato figlio unico, solo erede maschio della Nobilissima e Antichissima Casata dei Black. I Black… fu poco dopo il mio ingresso nei Mangiamorte che scoprii l’entità della Maledizione che sovrastava la mia famiglia. Davvero un anatema ben congegnato, ma non scoprii mai chi condannò la mia famiglia alla decadenza, seppi solo che il destino dell’ultima generazione dei Black, in breve i nomi che stanno all’estremità dell’arazzo di famiglia, è di morire sotto la mano della persona che più amano.”

 

Harry storse la bocca “E c’è qualcuno che tu ami?” chiese, decisamente scettico e ironico.

 

“Certo” ribatté Regulus, ignorando la provocazione del ragazzo “Ma credevo che quella persona non mi avrebbe più potuto ferire, già solo il suo rifiuto e il suo disprezzo nei miei confronti mi parevano una punizione sufficiente, invece, venni a sapere che sarebbe stato anche il mio carnefice.”

 

“L’hai ucciso?” domandò Harry, dubbioso “Voglio dire, se il suo amore non era ricambiato e se sapevi che in un futuro ti avrebbe ucciso, non avresti potuto precederlo?”

 

Regulus lo fissò con occhi quasi compassionevoli “Oh, che infelice proposta la tua, Harry: uccidere l’unica persona che davvero amassi? Forse nemmeno un Mangiamorte potrebbe arrivare a tanto… ma forse mi sbaglio. Forse sono solo io, povero illuso, che spera ancora di essere ricambiato, di ricevere vero amore da un’altra persona. Qualcosa mi dice che la felicità somma di un essere è l’amore reciproco.”

 

Harry si stupì molto nel vedere i lineamenti del volto di Regulus addolcirsi che per un attimo gli sembrò proprio identico a Sirius, lo stesso sorriso nostalgico e felice di quando parlava delle spensierate avventure dei Malandrini.

 

Regulus si rigettò sulla poltrona con un enorme sospiro. Harry rimase in piedi a fissarlo, interrogativo.

 

Silenzio. Scomodo ed inquietante.

 

Per Harry risultava molto complicato riflettere immerso in quell’atmosfera tesa, tuttavia un altro ricordo gli era riaffiorato alla mente: era un dubbio piuttosto fastidioso che non aveva smesso di assillarlo, soprattutto dopo la caduta di Hogwarts.

 

“Perché stavi parlando con Piton?”

 

“Affari nostri, suppongo” ribatté Regulus con il consueto ghigno beffardo.

 

“Stai dalla parte di Voldemort?” chiese Harry, con insistenza.

 

Regulus fece spallucce “No.”

 

“E allora perché Piton…?”

 

“Niente che ti debba interessare” lo interruppe bruscamente Regulus “Piuttosto ho un’altra proposta per te. Mi sono stancato di questo gioco noioso che è divenuta la mia vita.”

 

“Sentiamo, allora” disse Harry con un vago tono ironico. Che cosa c’era di più importante di scovare la vera indole di Severus Piton?

 

“Ora ti dirò dove trovare un Horcrux.”

 

*^*^*^*^*^*

 

[L’odore di cenere;

brucia via, l’innocenza]

 

 

L’odore di cenere di per sé non aveva mai dato fastidio a Ron.

 

Lo aveva associato facilmente (e molte volte) al caminetto della Sala Comune, alla pittoresca immagine di lui, Hermione e Harry seduti sulle poltrone, sorridenti, a parlare della giornata scolastica o – non raramente – più seri a discutere le prossime mosse della loro infantile “guerra contro il male”.

 

[Adesso, tutto si era incrinato.]

 

L’odore di cenere, ora, creava un’altra immagine nella sua testa, ben meno serena.

 

La Foresta Proibita, che aveva fatto a molti paura e che molti segreti aveva celato dentro di sé come molte avventure, mentre soccombeva contro le grandi fiammate di fuoco.

 

Il castello, devastato, diroccato, divorato dalle fiamme. Lo stesso castello grazie a cui aveva imparato la magia, in cui aveva riso con Harry, in cui aveva litigato e baciato Hermione, in cui molte generazioni della sua famiglia erano usciti maghi e streghe adulti.

 

Distrutto. Tutto.

 

È il prezzo della guerra, si disse. È il prezzo della crescita.

 

Bambino, corri.

Fuggi via da questa realtà [che fa male].

Stai crescendo, bambino.

Non è più la lotta bene contro male.

Solo una lotta per la sopravvivenza…

Essere dalla parte del giusto

è una semplice fatalità.

 

Ma  c o m b a t t i, bambino, ormai uomo.

Per non perdere ciò che hai di più caro

(Anche i tuoi valori, se vuoi.

Anche per le persone che ami, se devi.

Anche per me, se puoi.)

 

*

 

[Via da Hogsmeade

L’ansia di Ginny]

 

Hermione si riscosse dalla vista del castello in fiamme. Aveva gli occhi arrossati, umidi per le lacrime e la cenere, ma capì per prima che non potevano rimanere lì.

 

“Ron!” esclamò aggrappandosi al maglione del ragazzo, i cui occhi rimanevano fissi sullo scenario infuocato di Hogwarts. “Ron!” lo richiamò, scuotendolo.

 

Questi parve rinvenire da un incubo tremendamente reale, si voltò verso di lei con espressione stupita ‘Uh?’.

 

“Non possiamo rimanere qui! Ci saranno gli Auror che verranno a prendere i sopravvissuti e noi dobbiamo-”

 

“Hermione, Ron non possiamo stare qui!” l’aveva interrotta Ginny, arrivando tutta trafelata di corsa. “Dobbiamo avvertire Harry! Dobbiamo fargli sapere che stiamo tutti bene!”

 

“Ginny, cosa…?” Ron non ebbe il tempo di chiedere nulla perché ogni suo pensiero si cancellò nell’istante in cui sua sorella si aggrappò al suo maglione, gridando frasi sconnesse rotte dai singulti che scuotevano il suo esile corpo con una facilità che lo sorprese e lo spaventò (era da tanto tempo che non si trovano così, lei in lacrime e lui nel ruolo [patetico, inutile] del consolatore.)

 

“Ginny.” Riuscì vagamente a sussurrare.

 

“Ti prego Ron, andiamo da Harry, morirà di sensi di colpa se non lo troviamo! Lui e quel suo dannato complesso dell’eroe…” la presa sul suo maglione si fece più ferrea, quasi convulsa; la faccia di Ginny si nascose tra le pieghe dell’indumento, mentre lei la sfregava, come per fermare le lacrime. “Starà male di nuovo, Ron!, lo sai quanto è stupido… non voglio che stia male, voglio che stia calmo e lo sarà solo se saprà della nostra incolumità!”

 

“Ginny…” la voce di Hermione era incrinata.

 

Ronald Weasley chiuse gli occhi, come per convogliare a sé le energie, e sospirò forte. La sua mano si mosse verso i capelli della sorella, prendendo ad accarezzarli amorevolmente, nonostante il suo disagio – non si era mai sentito bravo a consolarla. Di solito era lui a farla piangere, da bambina.

 

“Non ti preoccupare Ginny.” Bisbigliò. “Lo avviseremo e lui si tranquillizzerà, ok? Andrà tutto bene…”

 

La ragazza annuì, stringendolo di più a sé, e cercando di calmare i singulti. Ron le accarezzò per qualche minuto la testa rossa e intanto incatenò lo sguardo con Hermione, che sorrideva, commossa. Arrossì un poco.

 

“Uhm,” disse infine, baciando la fronte di Ginny. “Andiamo?”

 

Lei annuì nuovamente, asciugandosi gli occhi con la felpa grigiastra. “Dove?”

 

“Direi che il provvedimento più saggio è andare al Ministero e avvertire l’Ordine, Harry potrebbe tornarci e, poi, così avremmo svolto la nostra missione.” Intervenne Hermione.

 

Ron annuì. “Bene. Dato che siamo fuori da Hogwarts, possiamo Smaterializzarci, vero Hermione?”

 

“Se avessi letto ‘Storia di Hogwarts’, Ron…” ironizzò Hermione, facendo ridacchiare Ginny e arrossire le orecchie di Ron.

 

“Risparmiami la predica, So-Tutto-Io.” Borbottò contrariato il rosso.

 

Ginny si staccò da lui. “Eddai, fratellone, sbrighiamoci a raggiungere il Ministero. Mi Smaterializzerò assieme a voi, anche se è illegale.”

 

“Quando hai imparato a …?”

 

Ginny sogghignò, le guance ancora umide. “Hermione.”

 

Ron alzò gli occhi al cielo. “Ah, donne. Riescono sempre a farmela.”

 

Con tre sonori e secchi ‘Blop!’, si smaterializzarono per giungere al Ministero.

 

*^*^*^*^*^*

 

Covo Oscuro

[Ricompensa negata – Vendetta: Gelosia]

 

 

Felicità ed esuberanza erano spesso interdetti all’interno del Covo dei Mangiamorte, ma quello era un giorno speciale. Un’orda impressionante di Mangiamorte si era riversata nella Sala Principale: decine e decine di uomini incappucciati si sbracciavano e si scalmanavano tutti febbricitanti dalla gioia, ignorando l’afa opprimente: quel giorno si festeggiava la sconfitta di Hogwarts, il più imponente simbolo eretto a scapito del Signore Oscuro.

 

Il Ministero, Auror, Eclitti, Ordine della Fenice, tutti erano rimasti scioccati dal repentino e diabolico attacco dei Mangiamorte: senza pietà avevano stroncato la vita di centinaia di innocenti. Pensare che potessero essere maghi al loro pari, con una simile morale, praticamente inesistente, li aveva gettati nello sconforto… davvero non se la sarebbero aspettata una cosa del genere, neanche dai crudeli Mangiamorte.

 

Ma i Mangiamorte festeggiavano. Quelli più giovani roteavano per la stanza senza la minima coordinazione, febbricitanti al limite della follia, così come i Lestrange, Bellatrix, Rodolphus e Rabastan che pazzi lo erano davvero.

 

Ai margini della sala si erano raccolti i pochi Mangiamorte dal portamento inviolabilmente austero che contemplavano con una vaga vergogna il bordello di gaiezza dei propri compagni. Fra questi vi erano Lucius Malfoy e Severus Piton, qualche metro più in là, poggiato malamente contro il muro, Draco Malfoy, l’unico giovane che aveva resistito alla tentazione di gettarsi nella mischia febbricitante dei Mangiamorte. Il suo sguardo, vacuo, era l’unico in tutta la sala che avrebbe potuto esprimere un vago giudizio di rimprovero: forse non era così decoroso imbastire una festa con uomini quasi invasati da un massacro indegno… ma era solo un’idea fievole in mezzo al tripudio schiamazzante dei Mangiamorte.

 

Samantha stava al suo fianco, più preoccupata ad osservare le emozioni che combattevano sul volto impenetrabile di Draco, più che a partecipare alla festa dei Mangiamorte. Le feste le piacevano ma quella aveva un insopportabile odore di perverso, come se al solo prendervi parte si rischiasse di macchiarsi con una vergogna indelebile.

 

D’improvviso lo schiamazzo tacque. Lord Voldemort fece il suo ingresso nella stanza, lento nei movimenti e quasi solenne, gli occhi socchiusi, e la bocca piegata in un leggero ghigno. Preso posto sul trionfale trono della stanza rivolse ai suoi Mangiamorte un sogghigno esaltato:


“Dunque… Avete il permesso di continuare i vostri festeggiamenti, ve lo meritate. Ciò che avete fatto è meritevole di lode ed onore.”

 

I Mangiamorte esplosero in grida di acclamazione:

 

“Evviva il Signore Oscuro! Evviva!”

 

Si levò un incomparabile giubilo dalla folla, omaggi e onori tutti rivolti a Lord Voldemort.

 

Il tumulto non cessò per più di due ore, finché i Mangiamorte, spossati da quel festeggiamento folle, cominciarono ad uscire dalla sala. Infine restarono solo i sette comandanti che avevano diretto la missione di distruzione della scuola: Darcy Donovan, Severus Piton, Lucius Malfoy, Bellatrix e Rodolphus Lestrange, Draco Malfoy e Samantha Drake. Naturalmente, in un angolo della stanza, Fenrir Greyback sogghignava con il suo impareggiabile latrato inumano.

 

“Eccovi, il motivo del mio orgoglio” esordì Lord Voldemort. Gli otto si inginocchiarono rispettosamente.

 

“La vostra missione è stata un pieno successo. Devo dirmi soddisfatto, assolutamente. E, naturalmente, oltre alla mia approvazione guadagnerete altro: un omaggio e un premio a ciascuno di voi. L’omaggio è una più alta considerazione delle vostre capacità, maggiore rispetto da chiunque, nonché, maggiori favoritismi da parte del sottoscritto. Il premio è una richiesta; ditemi cosa desiderate ed io farò il possibile per esaudirvi, naturalmente la richiesta deve rientrare nei parametri del possibile e del decoroso. Inoltre, per Darcy Donovan che ha capeggiato l’intera operazione conferisco la carica speciale di comandante supremo delle truppe combattenti dei miei Mangiamorte.”

 

Neanche il volto austero di Doppio Dolore riuscì a celare l’immensa soddisfazione “Grazie, mio Signore.”

 

Lord Voldemort reclinò la canuta testa bianca e viscida in segno di approvazione “Ora procediamo con l’assegnazione dei premi: fatevi avanti ed esponete i vostri desideri.”

 

Il primo a presentarsi al cospetto del Signore Oscuro fu Greyback che con la sua consueta bramosia selvaggia espose una tale richiesta che persino l’impassibile volto di Lord Voldemort cedette ad un poco di divertimento.

 

“Pare che anche dopo la luna piena i tuoi, Fenrir, sia gli atteggiamenti tipici della bestia” commentò l’Oscuro Signore con un lieve sogghigno.

 

Greyback si inchinò goffamente, esponendo i denti immensamente aguzzi: evidentemente per lui quello era un complimento.

 

“Vi ringrazio, mio Signore.”

 

Lord Voldemort lo contemplò con aria allietata “Il tuo premio ti sarà recapitato questo pomeriggio, lo selezionerò io personalmente; non hai di che preoccuparti.”

 

“Certo, mio signore” ribatté Fenrir con un mezzo latrato euforico “Ne sono onorato.”

 

Darcy Donovan si fece avanti con passo solenne. Bellatrix soffiò indignata; come si permetteva quell’uomo ad atteggiarsi così pomposamente di fronte al Potente Signore Oscuro? Lord Voldemort lo guardava di sottecchi, in parte divertito: il Mangiamorte ambizioso cedeva sempre alla sua vanità.

 

“Mio signore” disse Doppio Dolore inchinandosi senza troppo esagerare.

 

“Sono davvero curioso, Darcy” sogghignò il Signore Oscuro “Perché temo che mi porrai una richiesta impropriamente eccessiva.”

 

“Non mi permetterei mai, mio Signore” rispose Donovan, e dalla sua voce non era distinguibile né ironia, né serietà “Detesto eccedere. Vorrei semplicemente il permesso di addestrare una recluta.”

 

“Una così misera richiesta? Da parte tua, Donovan? O suvvia” disse Lord Voldemort in tono ironico e di leggero rimprovero.

 

“Si tratta di una recluta molto speciale, dalle immense potenzialità, oserei dire” soggiunse Doppio Dolore “e che si è dimostrato particolarmente meritevole di lodi dato il suo più che utile appoggio nella Camera dei Segreti.”

 

Dietro di lui, Bellatrix sibilò: attendeva con trepidazione i consensi del Potente Signore Oscuro per l’ottima missione svolta da lei nella Camera ed ora Doppio Dolore intendeva adombrare il suo impeccabile impegno; dopotutto il ragazzino si era limitato a biascicare in Serpentese, forse permettendole di risparmiare un poco di tempo, ma niente di più.

 

“Il suo nome è Josh Currey” annunciò Darcy Donovan.

 

Piton lo squadrò da dietro: ancora un impercettibile tremolio nella voce di Donovan, che solo un udito pronto a cogliere i turbamenti come il suo poteva percepire. Cosa nascondeva Josh Currey di tanto spaventoso da far tremare persino la voce ferma e risoluta dell’impassibile Doppio Dolore? Ma non si arrischiò a dire nulla, per ora, almeno.

 

“Se ci tieni così tanto non posso che acconsentire, anche se mi sorprendo alquanto. Mi comunicherai i progressi di questa eccezionale recluta quando saranno meritevoli della mia attenzione” concluse Lord Voldemort in tono imperioso, il sogghigno scomparso. Anche lui, come Piton, cominciava a sospettare qualcosa.

 

Donovan si ritirò con un rispetto alquanto discutibile, nettamente in contrasto con lo slancio di assoluta devozione ed obbedienza che Bellatrix Lestrange mostrò al suo signore, prostrandosi ai suoi piedi. 

 

“Come sempre, Bella, valorizzo la tua devozione” attaccò Lord Voldemort, il sogghigno improvvisamente tornato sulle labbra “Tu e tuo marito potete espormi la vostra richiesta.”

 

Anche in un immenso gaudio come quello, inchinata lì, di fronte al Potente Signore Oscuro, Bellatrix non poté evitare una smorfia: sempre i Lestrange, mai Bellatrix. Era perennemente condannata a sentirsi apostrofare moglie di un uomo che aveva sposato per pura carità verso la sua casata in declino. Lei sola avrebbe dovuto rifulgere agli occhi di Lord Voldemort, lontana da Rodolphus che invece insisteva nel volerle stare appiccicato come un insopportabile parassita.

 

Rodolphus, inchinatosi profondamente ai piedi del Signore Oscuro, squadrò la moglie, in attesa che formulasse la richiesta: lui non aveva nulla in mente, del resto, aveva la più che concreta sensazione di aver lasciato la mente ad Azkaban; la testa che aveva sulle spalle eseguiva ancora i suoi desideri, ma gli serviva solo per compiere meccanicamente ordini e tutto ciò che un uomo doveva fare per sopravvivere. Poi il suo cuore era sempre stato di Bellatrix, anche se in un modo insolito ed impetuoso, totalmente estraneo al romanticismo.

 

Da Azkaban era uscito completamente vuoto, come una marionetta, ma, stranamente, i fili che lo legavano a Bellatrix c’erano ancora, addirittura rafforzati, l’unico appiglio ad una mente né lucida, né sana, ma che sapeva ancora prendere decisioni, reagire, combattere con furore. Forse non si rendeva conto di essere considerato alla stregua di un insetto fastidioso e ronzante dalla moglie, né di essere completamente dipendente da essa, qualcosa di cui, prima di Azkaban, se ne sarebbe vergognato a morte.

 

“Tutto ciò che desidero io è la vostra fiducia, mio Signore e la vostra ammirazione, se non è troppo chiedere” pronunciò Bellatrix con la voce che vibrava dall’emozione e gli occhi scuri e tremanti spalancati.

 

“Mi sarei aspettato qualcosa del genere, Bella. E, sì, accetto con molto piacere. Naturalmente anche a tuo marito sarà riservato lo stesso privilegio, se lui è d’accordo” Voldemort fece scorrere le sue iridi serpentine verso Rodolphus.

 

Lestrange accennò vigorosamente col capo, senza bisogno di una conferma visiva per cogliere lo sguardo di Bellatrix: ‘se rifiuti o manchi di rispetto al nostro Potente Signore, io ti ammazzo.’

 

“Certamente, mio Signore, è un onore immenso per me.”

 

In verità, Rodolphus non provava nulla per quell’uomo che prima di Azkaban aveva ispirato parte della sua fiducia e ammirazione: tutto ciò che lo legava al mondo era Bellatrix e lei, quell’uomo, lo ammirava alla follia e a lui questo bastava: gli occhi di Bellatrix brillavano sempre quando contemplavano l’Oscuro signore; ormai Rodolphus non riusciva a concepire nemmeno la gelosia.

 

Quando i Lestrange furono tornati al loro posto, Lord Voldemort indugiò sulla figura nera e ossuta alla destra di Rodolphus.

 

“Severus, del tuo compenso ne parleremo dopo, in privato” accennò Lord Voldemort con dolcezza, suscitando un’ondata di gelosia.

 

Piton si inchinò prontamente “Certo, mio Signore.”

 

Lord Voldemort fece un rapido cenno alla figura alla destra di Piton, un uomo alto, biondo e dallo sguardo glaciale e implacabile. Lucius Malfoy si inginocchiò al cospetto dell’Oscuro Signore non tralasciando il decoro di un potente lord.

 

“Dunque, Lucius, che cosa desideri?”

 

“Una totale riabilitazione, mio Signore, se è possibile” affermò Lucius in tono deciso tuttavia rispettoso “Rispetto e affidabilità al pari del mio apice di successo, prima del fallimento al Ministero, mio Signore” la voce di Lucius si incrinò leggermente “Non desidero nient’altro.”

 

“Ovviamente, Lucius” disse Lord Voldemort “Il tuo pieno successo nell’operazione affidatati ad Hogwarts più il recupero del veleno di Acramantula ti hanno riabilitato pienamente ai miei occhi e oltre. Avrai tutto il rispetto che meriti.”

 

Il volto di Lucius si arrossò dalla soddisfazione “Grazie, mio Signore.”

 

Samantha venne dopo di lui, anche lei si inchinò rispettosamente.

 

Lord Voldemor la squadrò con curiosità; non poteva prevedere la richiesta della ragazza, d’altronde aveva avuto poco tempo per comprenderla a fondo “Parla, Samantha.”

 

“Anch’io richiedo fiducia, mio Signore” cominciò la Mangiamorte in tono risoluto “Ma non per me, la richiedo per altri.”

 

“Spiegati” sibilò Lord Voldemort.

 

“Mi è giunta una comunicazione dalla sede dell’associazione che gestisce il progetto D.I.O. (Diffusione Internazionale Oscura) che sono in molti a voler prendere attivamente parte alla seconda guerra magica, qui in Inghilterra. I miei superiori hanno selezionato accuratamente i migliori campioni sia in intelligenza, forza, scaltrezza e perfidia. Questi miei colleghi amerebbero immensamente potersi rendere utili e combattere per la Nostra Causa, mio Signore. So che di questi tempi con la pressante intromissione di alcune società occulte l’I.M.M.U.N.D.O. ha perso di affidabilità ai suoi occhi, mio Signore, ma la prego di conferire a questi eccezionali maghi la possibilità di potersi battere per lei e di poter riacquistare pienamente la sua fiducia.”

 

Per un qualche oscuro motivo, Darcy Donovan sogghignò.

 

“Ti avrei detto di attendere una mia decisione, Samantha, ma visto che ti sei dimostrata all’altezza del compito affidatoti approvo con immediatezza la tua richiesta. I tuoi colleghi sono liberi di unirsi ai miei Mangiamorte.”

 

Draco la fissò con occhio critico: Samantha sorrideva in un modo inconsueto, come a voler celare un altro sentimento oltre alla gioia.

 

“Grazie, mio Signore” disse e ritornò al suo posto, al fianco di Draco che aveva cominciato a muovere qualche passo verso il trono di Lord Voldemort.

 

Samantha colse di sfuggita uno sguardo ansioso negli occhi solitamente freddi e impassibili di Draco; il ragazzo si stava mordendo il labbro inferiore tenendo le mani fortemente serrate e quasi tremanti. La Mangiamorte sobbalzò: cosa voleva chiedere quello stupido?

 

Draco si inchinò. Voldemort sogghignò appena, l’insensatezza e l’impulsione di quel ragazzino lo rendevano molto curioso: già una volta aveva osato eccedere e disubbidire ai suoi ordini, chissà se avrebbe avuto il coraggio di ripetere quella sciocca impresa.

 

“Parla, Draco.”

 

Draco smise di tormentarsi il labbro, rendendosi vagamente conto della precarietà della sua domanda, ma doveva farlo, convincere il Signore Oscuro ad approvare la sua richiesta, a tutti i costi.

 

“Mio Signore” cominciò con voce ansante, gli occhi fissi sul pavimento e una sgradevole sensazione di vulnerabilità e di pericolo in gola “Mi è giunta voce delle intenzioni del Ministero, Signore, di come intendono controllare il ‘problema Mangiamorte’ - sperò di non essere risultato impudente – anche a lei, mio Signore, ne è giunta notizia?”

 

“Spiegami tu, Draco” sentenziò Lord Vodemort con tono insinuante.

 

“Dopo il crollo di Hogwarts il Ministero ha intrapreso un’offensiva più feroce” senza volerlo, la voce si incrinò in un mugugno “Il Ministero ha emanato un editto speciale che prevede l’imprigionamento dei sospettati Mangiamorte e… l’eliminazione di tutti i membri delle famiglie accertate Mangiamorte.”

 

Le labbra di Lord Voldemort si storsero in un sogghigno “Comprendo, tua madre…”

 

“Esatto, mio Signore” affermò Draco con la voce poco più alta di un sospiro “Vorrei che venisse mandato qualche Mangiamorte per condurla fino al Covo Oscuro, così sarà al sicuro.”

 

“Credo proprio che non sia possibile, Draco.”

 

Il fiato di Draco si mozzò di colpo “Ma… ma” balbettò incoerentemente, il sudore scendeva libero lungo il volto “Perché?”

 

Bellatrix sibilò: come si permetteva quell’impudente di suo nipote? Come poteva contestare una decisione del Potente Signore Oscuro? Doveva accettare il rifiuto in silenzio. Forse non pensò nemmeno che la donna la cui vita era in gioco non era solo la madre di quel suo nipote impudente ma anche sua sorella, un tempo la sua migliore amica, la sua confidente… Lord Voldemort era tutto per lei, in quei momenti la sua imponente figura oscura riusciva ad offuscare tutto il resto, inclusa la sua amata sorella.

 

“Perché probabilmente il Ministero sta già tenendo sotto controllo Malfoy Manor e se mandassi i miei Mangiamorte a salvare tua madre per condurla al Covo svelerei automaticamente la nostra posizione: anche se sono degli incapaci quelli del Ministero hanno sufficiente abilità per pedinare tua madre e gli altri sino al Covo Oscuro. Non posso rischiare di svelare la nostra nuova base operativa solo per salvare una donna che, tra l’altro, non è nemmeno una Mangiamorte attiva. Quindi devi cambiare richiesta, Draco” concluse Lord Voldemort in tono totalmente asettico.

 

Draco rimase completamente immobile, aveva smesso di tremare ed ansimare: la sua era la calma che preannunciava la tempesta.

 

Alle sue spalle Samantha continuava a fissarlo, esasperata: non fare lo stupido, non fare lo stupido…

 

Lord Voldemort lo fissava incuriosito: il giovane Malfoy se ne stava quieto e tranquillo ai suoi piedi, comportamento decisamente insolito data la portata della sua dichiarazione: sua madre era praticamente morta. Aveva sperato che il ragazzino facesse qualcosa di avventato o che cedesse a quella sua ridicola impulsione sentimentale… forse aveva imparato a controllarsi.

 

Ma l’Oscuro Signore non sospettava che dietro a quell’incorruttibile calma fremesse una rabbia talmente pulsante da aver paralizzato tutto il corpo del ragazzo. Fare un’altra scelta? Come se esistesse un’opzione più importante della vita della propria madre… Voleva metterlo alla prova, vedere fino a che punto avrebbe resistito la sua pazienza?

 

…solo per salvare una donna che, tra l’altro, non è nemmeno una Mangiamorte attiva…

 

Maledizione! Quella donna era sua madre ed era anche la sorella e la moglie di altri due Mangiamorte… ma allora perché non intervenivano, reclamando al suo fianco, implorando il Signore Oscuro perché la salvasse? Perché poi doveva decidere lui della vita di sua madre? Non era forse libero di andare a salvarla? Che stupido! Da quando si era unito ai Mangiamorte non era stato più libero di fare nulla.

 

Sapeva che se avesse reagito come gli comandava la sua rabbia sarebbe finito ammazzato… ma francamente non gli importava. In quel Covo Oscuro anche il valore della propria vita, che aveva sempre giudicato preziosa ed inviolabile, lo considerava superficiale, se non superfluo, anzi, cominciava a diventare un peso con tutto quel dolore, quel rifiuto, quelle delusioni.

 

Eppure non poteva cedere alla rabbia, perché avrebbe condannato sua madre a morte. Doveva sopravvivere ed aiutarla, anche se poi avrebbe dovuto disobbedire ad un ordine diretto del Potente Signore Oscuro.

 

Si inchinò profondamente, gli occhi ancora incollati al suolo. Sapeva che se li avesse levati e incrociati con le iridi penetrati di Lord Voldemort tutta quella rabbia che gli ribolliva in corpo sarebbe stata dannatamente evidente. Ingoiò saliva a vuoto e dischiuse le labbra, sperando in cuor suo che anche la voce non lo tradisse, che la rabbia non avesse contaminato anche quella:

 

“Comprendo mio Signore” disse con voce spaventosamente neutrale “Ma non desidero nient’altro.”

 

“Allora puoi ritirarti.”

 

Draco si levò di scatto, il capo chino e tornò al suo posto. Sapeva che avrebbe dovuto dire ‘Grazie, mio Signore’, ma era davvero troppo, quelle parole, sulle sue labbra tremanti di rabbia, sarebbero inconfondibilmente state impregnate di veleno e odio.  

 

Fissò suo padre di sottecchi: il volto impassibile. Di colpo tutta la rabbia che aveva accumulato in seguito al rifiuto di Lord Voldemort virò su suo padre e su quell’insopportabile volto austero ed impassibile.

 

“Potete andare.”

 

Avvertì le parole dell’Oscuro Signore molto lontane e, meccanicamente, le sue gambe lo condussero all’uscita della sala: tutto il suo essere concentrato sull’odio verso il padre.

 

*

Draco uscì dalla Sala Regia con un forte senso di rimpianto e rancore.

 

Lucius gli passò accanto con aria indifferente; il ragazzo avvertì la rabbia e il disprezzo: di come suo padre lo trattasse ormai non gli importava molto, ma il fatto che sdegnasse così glacialmente il pericolo che correva sua madre lo caricava di una collera incomparabile, proprio quella che nasce dal rifiuto di una persona cara.

 

Ora mai non aveva più molto da dire a suo padre, se non parole vuote cariche di sdegno e alterigia: il mito, l’idolo paterno che aveva ispirato la sua infanzia era crollato miseramente. 

 

Suo padre, Lucius Malfoy, scomparve nell’oscurità del corridoio.

 

“Ehi, Draco!”

 

Una distrazione giunse dalla persona di Pansy Parkinson: ragazza superficiale, nevrotica, ma che lo gratificava e lo contemplava con occhi carichi di ammirazione.

 

In quel momento la necessitava: aveva bisogno della sua superficialità per immergersi in un mondo semplicistico libero da ogni turbativa, della sua ammirazione perché lo potesse riverire, non importa cosa lui facesse o dicesse, in completa devozione, senza impicciarsi troppo delle sue faccende private, che si limitasse a tenergli la testa sulle ginocchia e ad accarezzargli i capelli, sussurrandogli parole di venerazione.

 

Non aveva alcun bisogno di una consolazione profonda da una persona che in fondo lo capiva, avendo condiviso con lui i medesimi momenti di disperazione. Il suo sguardo volò ad una certa Mangiamorte: lei no. Samantha lo conosceva troppo bene, aveva imparato a percepire le sue emozioni, lo aveva visto vacillare più di una volta: lo capiva con troppa indiscrezione, aveva appreso il suo lato più fragile, che il ragazzo aveva sempre voluto tenere nascosto agli estranei.

 

La loro intesa rischiava di diventare troppo forte e Draco non avrebbe tollerato un altro essere umano infiltrato nella sua più intima sfera di affezione, come suo padre. Quell’uomo che poi lo aveva deluso mortalmente proprio perché rappresentava una persona cara. Forse aveva paura di avvicinarsi troppo al prossimo, perché conoscendo profondamente una persona e facendosi conoscere a sua volta si rischiava un’inguaribile ferita, intensa e impossibile da sanare.

 

Meglio restare distaccati e glaciali: mantenendo le appropriate distanze non si rischiava nulla.

 

“Un’altra riunione, accidenti! Sembra che tu sia veramente importante qui” squittì Pansy avvicinandosi parecchio a Draco che, con enorme sorpresa e compiacimento della ragazza, la afferrò per un polso, continuando a camminare a braccetto.

 

“Sì, sono abbastanza importante” rispose Draco con enorme sollievo: qualsiasi cosa gli sarebbe uscita dalla bocca, Pansy avrebbe continuato a riverirlo.

 

Draco percepì qualcosa di inquieto agitarsi alla loro destra. Con una rapida occhiata scorse il broncio contrariato di Samantha Drake: quella Mangiamorte che aveva ucciso Goyle e che insisteva nel volergli stare vicino, nel volerlo conoscere… e lui che quasi intendeva ricambiare. Meglio troncare il problema alla radice.

 

A lui era riservato un trattamento speciale, Samantha insisteva sempre nel volerlo accanto per assicurarsi che non si ferisse. C’era un’unica spiegazione alla pazienza e all’apprensione della ragazza che risultava, al contrario, snervata e seccata con gli altri Mangiamorte.

 

Draco sogghignò impercettibilmente: aveva sempre avuto fiuto per quel genere di cose, si accorgeva senza troppa malizia quando una ragazza si interessava a lui. Quella era l’occasione ideale per allontanare definitivamente Samantha Drake, per farla soffrire, per punirla per quello che aveva fatto a Goyle.

 

“Sei proprio fantastico” continuò Pansy aggrappata al suo braccio “Ho sempre creduto che saresti arrivato molto in alto, sicuramente sarai molto soddisfatto…”

 

Un ampio sbuffo scettico li raggiunse alle spalle: Samantha contemplava i due con un vago senso di divertimento e un’accentuata aria turbata.

 

Pansy si accostò maggiormente a Draco per sussurrargli all’orecchio “Possiamo andare da un'altra parte. Non mi piace che quella tipa ci segua ovunque. Credo che tu le interessi, è così evidente, no? Forse dovresti mettere in chiaro le cose” quindi si aggrappò con più tenacia al suo braccio.

 

Anche se Samantha non aveva inteso a pieno le parole di Pansy, solo il tono squittente e l’eccessiva complicità nei confronti di Draco le bastarono per prendere in considerazione l’idea di freddarla all’istante.

 

“Temo che questo non sia possibile, Pansy” disse Draco con voce calma e dosata “Perché dovremo condividere l’alloggio con lei. Vieni, ora ci smaterializziamo là, stringi quanto vuoi.”

 

Pansy emise un risolino nervoso e, puntandosi sui piedi, lanciò le braccia al collo di Draco, affondando la faccia nell’incavo del suo collo.

 

Samantha ebbe giusto il tempo di realizzare a pieno la dichiarazione di Draco: lei, lui e l’altra lei nello stesso appartamento? E ora l’altra lei che si appiccicava come un’ostrica al suo lui? E i due che sparivano abbracciati?

 

Samantha si arrese ad un sorrisetto sadico con una vaga aria d’intesa. Dunque il suo lui aveva di certo architettato tutto per fargliela pagare: scatenargli un’indomabile gelosia? Tsk, proprio folle il suo lui a voler testare il limite di sopportazione di Samantha Drake. Ma lei sarebbe stata più che accondiscendente a dare una breve ed intensa manifestazione del suo punto limite di sopportazione: poi se ne sarebbero guardati entrambi dal volerla scatenare di nuovo.

 

La Mangiamorte cominciò la smaterializzazione, riflettendo distrattamente da quand’era che aveva cominciato a pensare a Draco come al ‘suo lui’.

 

*^*^*^*^*^*

 

Ministero – San Mungo

[Il Salvatore dei Granger – Une bonne nouvelle!]

 

 

Il rifugio dell’Ordine era ben nascosto, merito degli speciali accorgimenti del nuovo comandante della squadra, il misterioso Albatros.

 

Innanzitutto, bisognava conoscere il giusto punto su cui era possibile invocare un incantesimo speciale per materializzare la soglia, e, secondariamente, per attraversarla era necessario rientrare in una lista speciale, sigillata da un potente ed invalicabile Incantesimo di Protezione elaborato dallo stesso nuovo ‘capo’ dell’Ordine.

 

Ron, Hermione e Ginny stavano percorrendo i corridoi, cercando di non incappare in qualche squadra di protezione; ma la marcia si rivelò presto una passeggiata, dato che il Ministero sembrava svuotato: innumerevoli Auror ed Eclitti erano caduti ad Hogwarts e i rimanenti soccorrevano quanti era ancora possibile salvare.

 

Comunque, con tutta probabilità, aveva riflettuto Hermione, alcune delle squadre Auror, saputo dell’attacco dei Mangiamorte, avrebbero dovuto restare di vedetta al Ministero per preservare l’ultimo quartier generale rimasto alla Resistenza Oscura.

 

E per questo era bene rimanere all’erta, di certo non sarebbe stato piacevole farsi sorprendere da qualche Auror o Eclitto irascibile.

 

“Magari proprio Tonks è stata affidata a difesa del Ministero.” Propose Ginny, titubante.

 

Ron arricciò il naso. “Mah, e se quelli dell’Ordine sono stati chiamati ad aiutare gli Auror e gli Eclitti ad Hogwarts? Avremmo fatto tanta fatica per niente.”

 

In effetti, Hermione non aveva pensato a quell’eventualità: l’Ordine probabilmente era stato chiamato sul campo, o era stato mandato sul campo.

 

Ma non era il momento dei dubbi.

 

“Lo verificheremo tra poco,” rispose alla costatazione di Ron.

 

Svoltato l’angolo, la ragazza si trovò in pochi secondi a terra. Dopo un attimo di stordimento, Hermione alzò lo sguardo e vide un uomo, con diversi graffi sul volto, la testa rasata e il viso pingue su cui spiccavano alcune rughe.

 

“Voi che ci fate qui? Siete alunni di Hogwarts?” domandò l’uomo. Solo allora Hermione si accorse della divisa da Auror nera, bruciata e stracciata.

 

“Noi, ecco…” balbettò, incerta su cosa inventarsi.

 

Fu Ginny ad avere il tempismo giusto. “Oh, per fortuna abbiamo incontrati un Auror! Signore, vede, noi siamo riusciti a scappare ma non sapevamo cosa fare, così abbiamo pensato di venire qui a chiedere aiuto.”

 

“Questo edificio era l’ex-Ministero.”

 

Hermione vide Ginny aprire la bocca, come scioccata. “Davvero? Ma come potevamo saperlo, noi? La Gazzetta non diceva niente in proposito, anche se avevamo sentito di uno strano spostamento.”

 

Hermione pensò che la mezza-bugia di Ginny era molto credibile, quindi annuì per dar più veridicità alle sue parole.

 

L’uomo sbuffò, sembrando acconsentire di mala voglia “Va bene, allora vi scorto al San Mungo dove hanno radunato tutti i vostri compagni sopravvissuti e il personale scolastico.”

 

Lei e Ginny annuirono, Ron rimase in silenzio, esitando nel seguire l’uomo.

 

Il viaggio fu breve ed Hermione sperava di poter tornare al Ministero una volta lasciato l’Auror (così da non destare sospetti) e intanto approfittare delle cure magiche del San Mungo. Non l’aveva detto a nessuno, ma durante l’esplosione nei Sotterranei si era lussata il polso destro, sbattendolo violentemente contro una roccia dopo il violento scossone.

 

“Allora, come siete scappati da Hogwarts?” domandò l’Auror con tono casuale.

 

Furbo, pensò Hermione, mordendosi un labbro. Come avrebbero potuto dirgli la verità? Ci sarebbe stata da spiegare la festa, il perché conoscessero il passaggio segreto e il furto della Felix Felicis. Un vero casino.

 

“Ecco noi…” cominciò incerta, mentre il suo cervello cominciava a elaborare alcune possibili spiegazioni.

 

Dalla faccia

 

“Siete i due Weasley e Hermione Granger, giusto?”

 

I tre sbatterono le palpebre, stupiti, e annuirono.

 

L’Auror sorrise. “Mi ha parlato di voi il gruppetto che avete salvato rompendo quella parete già distrutta dai Mangiamorte. Io sono Albert Gray, Capitano di Secondo Grado nell’Accademia Auror e attuale comandante delle operazioni di soccorso nell’Inghilterra. Vi devo ringraziare per la prontezza di spirito, ragazzi. Senza di voi, avremmo avuto più vittime.”

 

Beh, per aver spifferato la loro tattica di fuga, Hermione avrebbe volentieri tagliato la lingua-lunga che aveva fatto da spia, ma per una volta sembrava avessero fortuna; almeno avevano trovato un modo per amicarsi l’Auror.

 

“Scusi, ma quanti sono sopravvissuti?” era intervenuto Ron, un po’ preoccupato.

 

L’Auror si irrigidì. “Degli studenti la maggior parte è stata tratta in salvo, siamo riusciti ad arginare le perdite a venticinque morti, ma rimangono almeno una quindicina di feriti gravi.”

 

“E gli Auror?” domandò timidamente Hermione.

 

“La metà delle truppe è morta in combattimento. Un quarto dei sopravvissuti è grave, la metà ferita e alcuni immobilizzati a vita. Cinque uccisi sotto l’ordine del comandante Marshall perché morsi dai Licantropi.”

 

La voce dell’Auror era meccanica, ma tradiva rabbia e risentimento.

 

Hermione si zittì di fronte al numero delle vittime.

 

[ Sangue sparso sulle mura che avevano cresciuto molti di loro. ]

 

“Mi… mi dispiace.” Mormorò.

 

Albert si irrigidì, ma le spalle si rilassarono appena. “No, sono io che mi devo scusare. Vi ho rattristito con questa sfilza di dati. Inoltre non avrei nemmeno dovuto comunicarvi una stima delle vittime, molti preferirebbero che non raggiungesse l’opinione pubblica, e poi, alla vostra età... ma, d’altronde, in questo clima oscuro si cresce in fretta. Purtroppo, siamo in tempo di guerra e mi avete beccato in un momento un po’ difficile, ragazzi.”

 

“Non si preoccupi,” lo rassicurò Ron. “Comprendiamo che la perdita dei propri compagni sia un boccone amaro.”

 

L’Auror squadrò il ragazzo con uno sguardo ammirato. “Grazie, ragazzo. Il tuo nome?”

 

“Ronald, Ron per tutti.”

 

Albert sorrise con tenerezza. “Ron Weasley. Mi ricorderò di te.” Poi rivolse gli occhi alle due ragazze. “E anche di voi due, signorina Granger e Weasley. Ora saliamo al San Mungo, vi farò medicare appena possono.”

 

L’ospedale magico era immerso nel caos più completo.

 

L’organizzazione interna di reparti e padiglioni era evidentemente ignorato. All’ingresso stavano feriti per ustione, infermiere che correvano di qua e di là con frenesia, persone che gemevano in attesa, altri con fasciature babbane di fortuna, c’era chi sanguinava ancora e uomini le cui ossa erano messe in strane posizioni non del tutto naturali.

 

Il sentore forte di sangue, anestetico e disinfettante colpì il naso di Hermione, dandole un leggero senso di nausea.

 

“Oh per Merlino… cosa è successo qui?” Domandò Ginny, in ansia “Sembra di avanzare attraverso un campo di battaglia.”

 

“Abbiamo dovuto spostare tutti i feriti meno gravi in questo piano e usare gli altri per quelli più gravi. Mentre il grosso dei Mangiamorte invadeva Hogwarts, altri giovani aspiranti oscuri hanno colpito alcune piccole città e paesini a prevalenza babbana, soprattutto nelle vicinanze di Londra.”

 

Hermione trattenne il fiato. “Anche… anche Camden?”

 

“Sì.” Confermò l’Auror, annuendo. “Vado a cercarvi un’infermiera per quei graffi.”

 

Le gambe si fecero pesanti. Hermione crollò a terra sulle ginocchia, gli occhi spalancati e le guance rigate da lacrime.

 

“Oh Merlino, oh Merlino...” Continuava a ripetere, istericamente. Sentiva la bocca improvvisamente secca e acida, le guance umide e un nodo serrarle lo stomaco e la gola. Pure la vista cominciava ad offuscarsi e la testa diventava leggera, come sul punto del collasso.

 

E probabilmente sarebbe svenuta tra qualche minuto.

 

“Hermione!”

 

Le braccia di Ron la sorressero, forti.

 

“Cosa succede?!” si aggiunse ansiosa Ginny, sedendole vicino.

 

D’un tratto la debolezza di Hermione sparì, lasciando spazio ad una scarica di agitazione e nervosismo. “I miei genitori… loro vivono a Camden! Oh Merlino… i Mangiamorte… quei dannat Mangiamorte… e se avessero…?” Il piccolo corpo di Hermione era conquassato dai singulti e tremava addosso a Ron. “Lo sapevo, dovevo insistere perché si trasferissero da zia Lory, ma non mi hanno dato retta! E se… e se adesso…”

 

Ron l’abbracciò di slancio, lasciando che la sua spalla si bagnasse di lacrime per un’altra volta. Il petto del ragazzo era colmo di tristezza e non poté trattenere un sospiro stanco.

 

“Non lo dire nemmeno per scherzo, Hermione. C’è la possibilità che siano vivi, non c’è motivo di farsi prender dalla disperazione già adesso. Andremo a cercali, ok? Io, te e Ginny. Insieme.”

 

“Ron… ho paura che loro…” espirò Hermione, stringendolo forte a sé.

 

Ron si sentì completamente inutile.

 

“Non piangere, ti prego.”

 

Ma come poteva consolarla? Come poteva chiederle di non disperarsi se anche lui, in una situazione così precaria, avrebbe fatto lo stesso?

 

Tuttavia le lacrime di Hermione lo stavano uccidendo, veramente. E lui non poteva asciugarle – come avrebbe potuto colmare la tristezza della sua ragazza? Hermione non era stupida, sapeva bene che era probabile che i suoi genitori non fossero sopravvissuti. Come poteva Ron illuderla che andava tutto bene?

 

“Hermioni!”

 

La ragazza parve riprendersi un poco, strinse un po’ la sua maglietta e alzò lo sguardo. “Viktor?”

 

“Hermioni! Finalmente ti ho tvovata!”

 

Il bulgaro si avvicinò al gruppo, sorridendo. “Ho incontrato i tuoi genitovi, Hermioni!”

 

Hermione si staccò da Ron e corse incontro a Krum con espressione speranzosa e le guance ancora scintillanti. “E… stanno bene? Ti prego Viktor, dimmi di sì!”

 

Il bulgaro annuì, e sorrise. “Lovo mi hanno detto di dire a Hermioni che va tutto bene. Li ho salvati io.”

 

Hermione abbracciò di slancio Krum, sotto gli occhi scioccati di Ron: vero, era soltanto una pura formalità quell’abbraccio, un modo innocuo ed innocente per ringraziarlo, nient’altro, ma... come non poter esplodere di gelosia? Infondo, il primo bacio di Hermione l’aveva ricevuto Krum, aveva il diritto di essere verde di invidia!

 

“Oh, grazie, grazie Viktor, tu non sai quanto mi hai resa felice!”

 

“Anche io sono felice, se tu è felice.” Il ragazzo l’abbracciò di rimando.

 

“Ma perché eri a Camden? Ero convinta fossi in viaggio da qualche parte in Asia con la tua squadra di Quidditch?” domandò Hermione, ancora un po’ stupita.

 

Krum sospirò. “Colpa guerra partite tutte annullate. Però ero in Inghilterra e ho pensato di venive a tvovarti perché io preoccupato. Però mentre ero coi tuoi ho sentito incantesimi e grida, così mi sono Smaterializzato coi tuoi genitori a Londra.”

 

Hermione rinnovò l’abbraccio “Grazie, Viktor.”

 

“Ehm, ehm” tossicchiò Ron, furente. “Krum… quanto tempo.” Digrignò i denti il Weasley.

 

Il bulgaro si voltò verso di lui, mentre Hermione si staccava, imbronciata. “Ron, non cominciare!” gli intimò, senza essere (naturalmente) ascoltata.

 

I capelli rosso fiamma del ragazzo erano un tutt’uno con il suo viso. “Via le mani da Hermione! Lei è la mia ragazza!” strepitò, incollerito.

 

“La tua…?” Il campione di Quidditch sembrava un po’ spiazzato. “Quando?”

 

Hermione arrossì leggermente. “Da poco, Viktor, te l’avrei raccontato nella prossima lettera.”

 

“Oh, peccato” sospirò Viktor, ma sorrise ugualmente con un’alzata di spalle. “Sono felice se tu è felice, Hermioni. Tu sai, vero?”

 

La ragazza aveva nuovamente le lacrime agli occhi. “Viktor… mi dispiace…”

 

A Ron venne naturale un commento sardonico: “A me per niente.”

 

“Scusalo Viktor, Ron è sempre stato un tipetto focoso.” Commentò acidamente Hermione scoccando uno sguardo infuocato al suo fidanzato, che non si fece intimorire, ostentando la sua smorfia ostile.

 

Krum rise con la sua voce baritona. “Ma io capire Ron! Anche io sarebbe molto geloso di Hermioni.” Disse, facendola arrossire furiosamente.

 

Ron ne approfittò per prendere Hermione per la mano e trascinarla verso di sé. “Appunto, se capisci non te la prenderai se la voglio più vicina a me che a te, vero?”

 

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Ron tu non sei geloso. Sei possessivo oltre che esagerato.”

 

“Vuol dire che ci tengo a te.” Ribatté lui, scontroso.

 

“Devo farti anche io il discorso di Ginny? O uno sulla fiducia tra fidanzati?” incalzò la ragazza, mettendosi le mani sui fianchi, irata.

 

“Hermioni ha ragione.” Intervenne Krum, ricevendo due replcihe completamente antitetiche: “Grazie Viktor” e “Ma stai zitto!”.

 

Ginny sbatté il palmo della mano sulla fronte in segno di esasperazione, un tantino divertita. Almeno la lampante gelosia di Ron era riuscita a distrarre tutti dalla situazione contingente??

 

“Oh, Ginnì, Ron, e Harmioni! State tutti bien, oui?”

 

Ginny sentì un brivido gelido lungo la schiena, mentre si girava e fronteggiava un’allegra e bellissima Fleur avanzare verso di lei, circondata da almeno una quindicina di individui tutti rigorosamente biondi tra cui aveva riconosciuto la sorellina piccola che Harry aveva salvato al quarto anno… come si chiamava? Gabrielle?

 

“Flebo…? Cioè, Fleur, cosa ci fai qui? E chi sono questi?”

 

Fleur sorrise. “Oh, questi è mia famille, sono giuntì ici pour la guerre, anche in Franscia i maghi oscuri si stonno ribelando. Siamo venuti parce que sci hanno detto que Bill si trouve ici.”

 

Oh Meerlino. I Delacour invadono l’Inghilterra. “Ma è meraviglioso Fleur! Così finalmente potrò conoscere i miei parenti francesi.” Cinguettò ironica Ginny.

 

Fleur non sembrò accorgersi dell’evidente nota di sarcasmo, o almeno non lo diede a vedere.

 

“Sono arrivati oji con un pormesso spesciale” spiegò Fleur “Proprio pour sapere della buona nouvelle.”

 

Ginny inarcò un sopracciglio. “Quale notizia?”

 

Fleur le si gettò addosso, circondandola con le braccia. “oh, Ginnì: diventerai zia!” esclamò in lacrime la bionda cugina di Veela, facendola irrigidire.

 

Oh Merlino. Merlino, perché?!

 

Ginny fece un sorriso tirato, e diede un paio di pacche alla nuora. “Oh, sono felicissima Fleur… ma quando l’hai scoperto?”

 

Fleur sospirò sulla sua spalla, sognante. “Io e Bill siamo ondati dal medico per le sue scicatrisci e Bill ha insistito pour una visita pour moi, parce que continuavo ad avere la nauseà. Et voilà! Tu diventerai zia! Non sei entusiasta?”

 

Ginny sospirò nuovamente, e rise. Beh, un nipotino non doveva essere male anche se figlio di Flebo, no? “Sì, Fleur, sono felicissima. Hai sentito, Ron? Diventerai zio.” Lo informò gongolante, riuscendo a distrarre il fratello dalla lite per ‘il possesso di Hermione’.

 

“Eh?” balbettò quello spiazzato. “Z-zio?”

 

Ginny annuì ghignando sadicamente mentre Fleur la lasciava e saltellava verso Ron, abbracciando anche lui. “Oui, oui, Ron tu non sei felice? La famiglia si allarga!”

 

Ron era rimasto senza parole. Ginny rise insieme ad Hermione. Aveva la stessa faccia di uno stoccafisso.

 

“Zio.”

 

“Sì, Ron” sorrise Ginny. “Zio.”

 

“Zio.” Ripeté quello, come un automa.

 

Krum sorrise dando una pacca sulla spalla di Fleur. “E’ fantastico. Spevo che sia maskio.” Le augurò; erano rimasti in contatto dal Torneo Tremaghi, mantenendo una buona corrispondenza amichevole, naturalmente, non al pari con quella di Hermione.

 

Fleur si avventò su Krum, stavolta, annaffiandolo di lacrime. “Oh Viktor, io sporo che sia una petite femme. È da generazioni che siamo quasi tutte femme.”

 

Ron sembrò riprendersi. “Noi Weasley sempre maschi.” Si bloccò allo sguardo di Ginny. “tranne Ginny, naturalmente.” Lei sorrise, più contenta.

 

Hermione si sentiva un po’ in imbarazzo, quindi decise di fare qualche domanda alla nuova mamma. “Allora, quanti mesi?”

 

“Due.” Fleur era raggiante. Continuava ad abbracciare Krum e intanto si toccava la pancia istintivamente, sorridendo commossa a tutti.

 

“La notre petite Fleur!” esclamò una donna sulla quarantina, bionda e slanciata, e molto simile e con raffinate fattezze da Veela; un fazzoletto ricamato in mano con il quale le asciugava le lacrime.

 

“Sembra iori che era una petite fille.” Riprese un uomo fascinoso e distinto, alto e moro.

 

“Ah, Ginnì, Ron, questi sono i mioi jenitori.” Sorrise Fleur. “Pére, Mére, questi i frères di Bill, la loro amica Ermione e Viktor Krum.”

 

“Felice di conoscervi.” Dissero insieme i quattro ragazzi, a cui la signora Delacour regalò un grande sorriso.

 

“E’ piascere nostro.” Disse il signor Delacour, e indicò le sue spalle. “Questi sono la mia famille. Ma fille Gabrielle che conoscete già, mio zio Gustave,” un longilineo e anziano uomo con i baffetti eleganti e bianchi fece un cenno di saluto, “Ma souer Marguerite, la zia Marie, nonno Paul, zia Josephine, le cugine di Fleur Felicitè, Chantal, Chanel e infine” l’uomo fece una piccola smorfia “la cugina Giulie.”

 

Tutti i Delacour avevano cominciato a fare cenni di mano come saluto e sembravano molto cordiali, tranne l’ultima cugina. La sua distaccata indifferenza la faceva sembrare essere una sorta di anomalia all’interno della famiglia francese e, per questo, attirò l’attenzione dei Weasley e di Hermione: infatti, tutte le donne Delacour erano meravigliose (al contrario dei mariti – Ron si chiese come fossero riusciti ad averle) e, soprattutto sorridenti, ma la ragazza (doveva avere ventitre anni) ostentava un viso (che avrebbe potuto essere indiscutibilmente splendido e attarente se rilassato in un sorriso) crucciato e annoiato, non tentando minimamente di dissimulare l’evidente fastidio di quell’incontro inaspettato e di quei saluti forzati.

 

“Giulie, saluta.” Qualcuno le mormorò e quella, invece di ubbidire, voltò il capo dall’altra parte e grugnì.

 

“Uh?” mormorò sconcertata Hermione, mentre il signor Delacour sospirava. “Giulie è sompre stata una ribelle. Non ubbidisce jamais. Je suis desolè.” Borbottò mesto.

 

La ragazza lo ignorò e tirò fuori dal vestitino nero un pacchetto di sigarette, mettendosene una tra le labbra e accendendola.

 

Una donna – Chanel, se Ron non sbagliava – si avvicinò a lei con le mani sui fianchi. “Non avviscinarti a Fleur, potresti fare male al petit enfant.” Le disse.

 

Giulie alzò un sopracciglio e si avvicinò a Fleur. La francese indietreggiò istintivamente sotto lo sguardo scuro della cugina. Una nuvola densa di fumo le arrivo in pieno viso quando Giulie, boccheggiando per espirare, gliela sbuffò contro con aria indifferente.

 

“Ma sei passa?” bisbigliò tossendo.

 

Quella alzò le spalle e continuò a fumare tranquillamente in faccia alla cugina, che prese a tossire.

 

“Ehi, non credi che sia ora di smetterla?” ringhiò Ron, irritato dal comportamento malsano della cugina di Fleur.

 

Ok, vuole fare la ribelle? Non con la mezza-Veela futura madre del prossimo Weasley!

 

Giulie Delacour fece un ghigno mellifluo e arrogante, assottigliando appena gli occhi. “Tu guarda, anche in Inghilterra hanno gli imbecilli che si credono principini azzurri.” Commentò con sarcasmo in un perfetto inglese impeccabile nell’accento, prendendo un’altra generosa boccata.

 

Ron digrignò i denti, offeso. Non sarebbe stata una scommessa azzardata valutare quale Casa si meritasse quell’insipida francesina: Serpeverde. Già, sarebbe finita a Serpeverde se solo Hogwarts…

 

“Mentre da qual che vedo le mezze-Veela non sono perfette.” Replicò Ron asciutto. “L’aspetto fisico non significa niente.”

 

Giulie rise, senza allegria ma con una punta di ironia. “Ecco quello che odio della gente: ha sempre aspettative a cui dovresti adeguarti, chinare la testa e rispettarle. Invece io non lo faccio.”

 

Hermione si accigliò. Quello di Giulie non era un semplice ed infantile tentativo di ribellione, era puro egocentrismo: non sforzarsi nemmeno di adeguarsi alle regole del prossimo o di apparire gentile per compiacere qualcuno… si ostinava a non ‘chinare la testa’ esclusivamente perché desiderava soddisfare il proprio ego e le proprie ed esclusive necessità.

 

Hermione stava per aprire bocca, decisa a far valere la propria opinione, ma l’ombra di un uomo dietro la Delacour ribelle la fece zittire improvvisamente, la bocca riarsa.

 

John Marshall sorrideva mellifluamente, squadrando lei, Ron e Ginny. I muscoli di Hermione si tesero istintivamente mentre il Capitano degli Eclitti li esaminava, sogghignando.

 

“Granger e Weasley insieme, con mio grande stupore vedo che vi siete salvati. E, sfortunatamente, senza gravi danni.” Commentò serafico l’Eclitto, sfidando apertamente gli occhi ottenebrati del giovane Weasley.

 

La prima mossa di Hermione fu di stringere il braccio di Ron, nell’ennesimo tentativo di bloccare i suoi nervi esplosivi, già messi a dura prova da Krum, la Delacour e, in maniera più incisiva, dalla fuga da Hogwarts.

 

A quel gesto, Marshall ghignò con maggior gusto “I codardi che scappano dalle battaglie sono quelli con meno ferite.”

 

La mano mitigatrice di Hermione sul braccio, non impedì a Ron di tremare di collera e di odio.

 

Ma al suo posto intervenne Ginny, più risoluta a non perdere le staffe, non dando così la possibilità a Marshall di infierire sulla sua rabbia “Non mi pare che sia ferito gravemente, Generale. Questo significa che anche lei è scappato dalla battaglia?”

 

L’Eclitto alzò le sopracciglia in tono di sufficienza. “L’opinione di voi inetti non mi sfiora minimamente, sei libera di pensarla come più ti pare, signorina Weasley. Almeno, abbi un po’ di rispetto per un coraggioso soldato di guerra, nonché Generale delle uniche forze del bene rimaste.”

 

“Non le uniche” ribatté Ginny tenacemente “E comunque non siamo più ad Hogwarts, signore,” continuò in tono provocatorio sotto gli occhi sbigottiti dei Delacour – che sembravano non capire -  e lo sguardo realmente preoccupato di Fleur, che non sembrava gradire minimamente la presenza del nuovo Generale degli Eclitti.

 

Marshall si chinò fino a restare a pochi centimetri dal volto di Ginny. Ron fremeva con un incontenibile impulso di saltare alla gola dell’Eclitto, trattenuto a viva forza da Hermione, che lo incoraggiava a mantenersi calmo.

 

“Resto sempre un militare, Weasley, e uno coi gradi più alti. E’ un consiglio da buon ex-professore: non mi provocare” sibilò Marshall, raggelandola sul posto.

 

Lo sguardo del generale poteva essere crudele e la sua vicinanza faceva sentire Ginny incredibilmente vulnerabile: quell’uomo aveva la stessa aura di un Mangiamorte.

 

Monsieur, lasci in pasce mon amie Ginnì, voi siete plutot scortese.” Con grande sorpresa generale, Fleur si piantò tra Ginny e Marshall, le mani sui fianchi ancora piccoli e aggraziati e gli occhi celestini che mandavano scintille. La giovane Weasley sbatté più volte le palpebre, confusa, ma grata a Fleur che l’aveva allontanata da Marshall.

 

Marshall alzò un angolo della bocca. “Scortese? Io? Sono un militare, bellezza, non un gentleman.” Rise infine l’Eclitto .

 

Fleur indietreggiò all’istante, colpita da quella risata rozza e sguaiata.

 

“Umhf.  Andiamoscene, con scerte persone non sto bien.” Sbuffò Fleur, prendendo per un braccio Ginny e Ron, e cominciando ad andarsene con lunghi passi decisi verso destra, seguita dall’intera famiglia che, premurosa, le stava accanto, mugugnando in francese considerazioni aspre sull’educazione degli inglesi.

 

Solo Giulie Delacour si fermò, irremovibile nella sua disobbedienza.

 

Marshall alzò un sopracciglio e la francese sogghignò.

 

“E tu cosa vuoi?” domandò scorbutico, ampliando il ghigno di quella.

 

Giulie rise e aspirò la sigaretta. “Fai tanto il duro, ma potrei batterti su due piedi, militare.” Si vantò sbattendo le lunghe ciglia bionde, ammiccando in sua direzione.

 

Marshall poteva sentire su di sé gli sguardi scocciati del gruppetto, che si era fermato per osservare la scena.

 

L’Eclitto digrignò i denti. “Non ho problemi a picchiare una donna. E comunque, non si fuma qui.” Disse, strappandole la sigaretta dalle dita e buttandola a terra. La calpestò violentemente, schiacciandola sotto i piedi con un ghigno di trionfo che aveva dell’infantile.

 

La biondina rise e prese dalla borsa un’altra sigaretta, portandosela dietro l’orecchio con un’aria da monella. “Fermami, militare.” Sogghignò, leccandosi appena le labbra.

 

Marshall si irrigidì con una strana e scomoda sensazione allo stomaco. Grugnì qualcosa e uscì dall’ospedale continuando a borbottare risentito.

 

I Delacour e il resto dei ragazzi osservarono, storditi e confusi, la risata vuota della cugina ribelle che seguiva con lo sguardo Marshall.

 

“Ma… cosa..?” balbettò sconnessamente Hermione, perplessa dagli ultimi scambi di battuta.

 

Fleur espirò forte dalle narici. “Giulie, andiamo!” la chiamò, ma quella si mise la sigaretta in bocca e uscì anche lei dall’ospedale, meditabonda.

 

“Argh, c’est impossible!” urlò in preda ad una crisi isterica – probabilmente dovuta alla gravidanza – Fleur, e prese a ripercorrere l’ospedale a gran passi, urlando e sbraitando, mentre la famiglia l’accompagnava annuendo ad ogni sua parola e dandole ragione su tutto, lasciando Ron, Hermione e Ginny da soli.

 

Questi si unirono in una perplessità generale.

 

“Beh, andiamo al Ministero” propose Ron, e le altre due annuirono.

 

Davanti a loro un’accesissima e conturbante lite si infiammò tra i Delacour, rabbia e insulti dalle consonanti languide e strascicate francesi tempestavano la cugina Giulie, apertamente dichiaratasi la pecora nera della famiglia.

 

Krum intervenne per tentare di rabbonire la situazione, ma fornì solo altri pretesti per infiammare la collera generale. Hermione contemplava la scena con un poco di inquietudine, sentendo tempestare motti francesi e vedendo qualche bacchetta luccicante sprizzare delle scintille di avvertimento. Ron la stringeva, anch’egli altrettanto turbato da quella scena di guerriglia raccapricciante.

 

Ginny, preferendo estraniarsi da quel putiferio francese, lanciò distrattamente un’occhiata al calendario magico, dove spiccava la data lampeggiante di quel giorno.

 

25 Dicembre.

 

Fece una smorfia contrita: nessuno avrebbe mai potuto affermare che quel giorno era Natale.

 

*^*^*^*^*^*

 

Lui, lei e l’altra

[Scena Madre]



Gelosia: Sentimento di angosciosa apprensione di chi si considera, o teme di essere, posposto ad altri nell’affetto di qualcuno e, in particolare, della persona amata.

 

Lui voleva la gelosia? E allora lei gliel’avrebbe data all’ennesima potenza, amplificata in tutte le sue estreme sfaccettature, in caricatura passionale, come uno stereotipo impetuoso ed indomabile.

 

Da più di un’ora Pansy si era stabilita nell’appartamento e già la sua presenza e il suo intollerabile profumo scadente avevano intaccato l’equilibro precario che si era venuto a stabilire tra Samantha e Draco.

 

La nuova intrusa se ne stava comodamente adagiata sul divano con la testa di Draco sul grembo; gli accarezzava i capelli con un’assoluta devozione; lui la contemplava con uno sguardo totalmente assente, ma lei insisteva nel suo ostinato battibecco che ormai continuava, ininterrotto, da più di mezz’ora.

 

Samantha stava ultimando gli ultimi preparativi per inscenare la figura travolgente che lei amava considerare la ‘psicopatica amante rifiutata’. Passionale al punto giusto, violenta, aggressiva, impetuosa; avrebbe lasciato di stucco sia lui che l’altra lei: nessuno poi avrebbe più osato provocarla.

 

Aveva orchestrato un’impareggiabile contro mossa alla provocazione di Draco; credeva di farle effetto vedendolo con un’altra che lo coccolava, ebbene sì, le dava una bizzarra sensazione di gelosia, ma dopo la sceneggiata teatralmente drammatica il rispetto sarebbe stato rivalutato in quell’appartamento.

 

Finì di truccarsi e di acconciarsi i capelli mentre l’orecchio teso coglieva di sfuggita qualche cinguettio di Pansy:

 

“Che bello, questa sera dormiremo tutti e due qui, se ci penso, divento tutta rossa.”

 

Vedrai, vedrai. Ora ci penso io a scaldare la situazione.

 

Samantha aprì la porta del bagno con impeto e fece il suo ingresso in scena, addobbata di tutto punto.

 

Pansy e Draco la fissarono: due diverse tipologie di stupore si mescolavano sui loro volti.

 

Samantha indossava un vestito aderente e rosso accesso con una prominente scollatura che non lasciava spazio all’immaginazione. Il tessuto lucente le fasciava il corpo evidenziando le morbide curve, la spaccatura del corto vestito mostrava con impudenza una gamba sollevata da un tacco affusolato e vermiglio. Una spallina volutamente calata lasciava provocatoriamente una spalla scoperta.

 

“Non credo di poterlo sopportare ancora a lungo” affermò Samantha, le labbra rosso intenso piegate nell’indignazione.

 

La mascella di Pansy sprofondò verso il basso “Che cosa?”

 

“Il mio uomo e un’altra” dichiarò Samantha con voce carica di colore e impeto.

 

Draco si rizzò all’improvviso con un’aria pressoché frastornata “Di cosa stai parlando?”

 

Samantha spalancò la bocca esageratamente, il viso un’espressione di puro sconcerto “Ora tenti anche di negarlo. Che c’è? Non ti soddisfo più? Eppure mi parevi piuttosto contento, ieri notte, quando ti ho sorpreso nel mezzo del sonno e ci siamo divertiti insieme, senza controllo.”

 

“Che bugiarda!” esclamò Pansy sull’orlo dell’isteria “Draco mi ha detto che siete solo colleghi, anzi meno di questo. Ha detto che gli sei indifferente!”

 

“E allora perché credi che condividiamo lo stesso appartamento?” le chiese Samantha pungente e piccante, insinuando il dubbio nella mente di Pansy.

 

“Cosa credi che possano combinare un uomo e una donna, da soli, di notte?”

 

“Finiscila!” strillò Pansy, cercando una disperata conferma dal ragazzo “Draco, dille qualcosa!”

 

“Oh, lui ha molto da dirmi, vero tesorino. Ti piace giocare a fare il padroncino dell’harem, vero?” chiese Samantha, suadente e languida, scostando Pansy violentemente, imponendosi padrona della situazione “Beh, mi dispiace, ma detesto per principio le orge” sibilò a Draco, storcendo l’angolo della bocca e socchiudendo gli occhi infiammati.

 

Abbandonò il corpo disposto contro quello del ragazzo, chinando il capo verso il viso di Draco; alle sue spalle avvertiva l’esasperazione di Pansy. Non ci fece caso, nascondendo un ghigno divertito. Il suo naso urtò contro l’incavo del collo del ragazzo, proprio sopra la spalla sinistra. Draco rimase immobile mentre Samantha gli sfiorava la pelle con le labbra e respirava avidamente il suo profumo.

 

“Detesto che il mio uomo puzzi dell’odore di un’altra femmina!”

 

Si accostò al suo orecchio, sussurrandogli in tono piccante “Se non puoi essere tutto mio, allora non ti voglio affatto!”

 

“Allora, vattene via! Perché Draco è mio!” urlò Pansy, strattonando il braccio di Samantha per staccarla dal ragazzo. Samantha resistette tenacemente, affondando le dita tra i capelli serici di Draco. Si liberò dalla stretta di Pansy senza particolare difficoltà, la sua totale attenzione ritornò a Draco, che sospirava inquieto contro il corpo di Samantha, il suo viso a pochissimi, fatali centimetri dal petto virtuoso della ragazza, o donna da quella prospettiva.

 

“Ti piacerebbe, vero? Ma bisogna combattere per possedere le cose che si desiderano” soffiò Samantha rivolta a Pansy, con le dita ancora aggrovigliate nella chioma bionda del ragazzo.

 

D’improvviso, Samantha si staccò da Draco, lasciandogli un senso di vuoto e l’odore di lei, e il suo calore, ancora impressi sulla sua tunica di Mangiamorte.

 

“Che aspetti, colei che sopravviverà avrà il diritto di stare con Draco” ghignò Samantha mentre sfoderava la bacchetta.

 

Pansy rimase di stucco, gli occhi che guizzavano inquieti all’indirizzo di Draco, invocando sostegno. Ma il ragazzo sembrava preso da tutt’altri pensieri.

 

“Su, avanti. Non mi dire che non vuoi, io sto qui ad aspettarti” disse Samantha con voce profonda e, a brevi tratti, provocante.

 

“Sei pazza!” strillò Pansy, indietreggiando ad una velocità spaventosa. Si ritrovò ben presto con le spalle al muro.

 

“Certo” Samantha si leccò le labbra con gli occhi più scuri e scintillanti “Pazza per lui. Sono disposta ad uccidere per lui, non c’è niente che non farei per lui.”

 

Il passo incalzante di Samantha portò la sua bacchetta a pochi centimetri dalla faccia di Pansy.

 

“E ucciderò te” dichiarò infine.

 

“Pansy.”

 

L’attenzione di entrambe venne bruscamente deviata verso il giovane uomo che contemplava entrambe con aria vagamente divertita.

 

“Forse è meglio che tu vada. Torna a casa, ci terremo in contatto” disse Draco.

 

Pansy si strinse la mano sul cuore, ancora tremendamente intimorita dalla bacchetta puntata contro il viso “Ma, Draco…”

 

Draco la fece zittire con un rapido cenno di mano “Ci penso io a tenerla a bada, lei è capace di tutto quando si scatena.”

 

“Vai pure cara, lui è uno specialista, sa come domarmi, vero?” Samantha si rivolse infine a Draco con un’espressione maliziosamente supplicante e languida.

 

Draco sospirò appena “Certo, Drake.”

 

Pansy venne violentemente spinta verso l’uscita sotto la minaccia della bacchetta di Samantha.

 

“Allora, io vado a casa mia. Ti aspetterò, Draco, quando la guerra sarà finita. Ti aspetterò sempre” dichiarò infine Pansy, il viso quasi in lacrime che fissava Draco dallo spicchio aperto della porta.

 

Samantha le sbatté la porta in faccia, cancellando anche l’ultimo singhiozzò di Pansy.

 

“Molto teatrale” disse Draco quando entrambi furono certi che Pansy fosse uscita dallo stabile “Per un attimo ho creduto che facessi sul serio.”

 

“Ti è piaciuto?” gli domandò lei con una punta di malizia.

 

“Mi piace come sei vestita” ribatté lui, lanciando una fugace occhiata all’ampia scollatura del suo vestito.

 

Samantha sogghignò appena, distogliendo brevemente lo sguardo dall’espressione insieme divertita e maliziosa di Draco, ma quando lo tornò a fissare quell’espressione era scomparsa.

 

“Senti, Drake. Posso chiederti un favore?” le domandò lui, d’improvviso serio.

 

Samantha accennò lievemente col capo.

 

“Vuoi aiutarmi a salvare mia madre?”

 

Il viso di Samantha si rabbuiò brevemente “Disubbidiremmo ad un ordine diretto del Signore Oscuro, sarebbe tradimento questo.”

 

“Un attimo fa hai detto che non c’è niente che non faresti per me.”

 

“E’ vero” confermò lei con un sorriso divertito.

 

“Lo prenderò come un favore in cambio dell’assassinio di Goyle” disse Draco, le parole sembravano uscite con grande sforzo.

 

“Se ti aiuto, dimenticherai che ho ucciso il tuo amico?”

 

“Sì.”

 

“Allora va bene.”

 

Seguì un altro di quei profondi silenzi che infastidivano molto Samantha, così la ragazza si affrettò a trovare una qualsiasi domanda per interrompere quella calma snervante:

 

“C’è qualcos’altro che vuoi che faccia?”

 

Draco sogghignò appena, ma in un modo del tutto nuovo, né amaro, né nostalgico, solo vagamente impudente e dispettoso “Con quel vestito addosso mi stanno venendo in mente un paio di idee.”

 

Samantha ricambiò in pieno il ghigno “Mi spiace, niente favori sessuali. Era l’accordo per una convivenza pacifica.”

 

“Oh, ma che peccato!” disse lui enfatizzando il lato ironico dell’esclamazione “Credo di aver perso un’occasione unica al mondo.”

 

*^*^*^*^*^*

 

Ministero della Magia,

[La Controffensiva di Marshall]

 


Stavano ripercorrendo i corridoi che portavano all’entrata nel Quartiere Generale dell’Ordine della Fenice per la seconda volta in quel giorno, ma stavolta Ginny, Ron ed Hermione erano intenzionati a raggiungere il loro obiettivo: informare i componenti dell’Ordine e fare in modo di contattare il più presto possibile Harry. Del giovane Potter si erano perse le tracce e, se davvero sapeva della distruzione di Hogwarts, gli amici potevano a stento immaginare il dolore di Harry, il dolore dei sopravvissuti.

 

Ron aveva avuto da ridire durante il viaggio dal San Mungo al Ministero, aveva borbottato contro ‘il perdente’ Krum, contro la cugina di Fleur – altro che “inglesi maleducati” - inveito contro Marshall… non che fosse una novità.

 

Tutti e tre insieme però si erano ritrovati alquanto spaesati dalla recente bombardata di eventi e, benché molti fossero spiacevoli, qualcosa era riuscito ad alleviare la loro tristezza: il bambino di Fleur, ad esempio. Ginny stessa sembrava aver accettato ancor di più la cognata nel momento in cui si era messa tra lei e Marshall, difendendola (anche se in modo un po’… Fleuresco), e dopo lo shock le brillavano gli occhi all’idea di diventare presto zia, come a Ron, d’altronde.

 

Arrivati al Ministero, le discussioni cessarono all’istante: occorreva, infatti, un assoluto silenzio per poter sperare almeno di superare la guardia esterna; non sarebbe stato facile come la prima volta. Ci dovevano essere più Auror di guardia e più probabilità, quindi, di essere scoperti.

 

Con circospezione erano riusciti grazie ad un semplice incantesimo di rabbia a far litigare violentemente due passanti, creando un diversivo e distraendo le guardie all’entrata dell’edificio, che erano intervenute per far  smettere i due.

 

Successivamente, erano sgattaiolati per i corridoi, appiattendosi ogni qual volta sentivano dei rumori e sperando di avere con loro il Mantello dell’Invisibilità di Harry – o quello di Moody, se proprio. La fortuna sembrava nuovamente dalla loro parte; forse erano gli strascichi della Felix Felicis, aveva dedotto Hermione a poche svolte all’arrivo nel cuore del Quartier Generale.

 

Ginny sorrideva all’idea di poter (magari) incontrare Harry, o almeno contattarlo per sapere come stava. Le mancava terribilmente, e sentiva il bisogno oggi più che mai di stringerlo a sé e confortarlo, rassicurarlo.

 

“Generale, cosa si fa ora?”

 

Il trio si fermò di colpo, nascondendosi dietro l’angolo. La voce tonante e sarcastica, ormai famigliare, di Marshall mozzò loro il fiato.

 

“Umhp, nessuna cattura a Londra? Solo dieci miseri arrestati nelle segrete?”

 

La prima voce, probabilmente un sottoposto, rispose: “Sì, Generale.”

 

Sul pavimento i tre ragazzi videro le due ombre molto leggere date dalla luce, che non era omogenea in quei corridoi delle viscere del Ministero.

 

Poi un grugnito. “Dovremo prendere seri provvedimenti. Innanzitutto, quest’edificio ritornerà la base ufficiale del Ministero, ci serve un esercito saldo e un comandante deciso... ormai il Scrimgeour è andato e se dovessimo attendere l’elezione del prossimo Ministro la guerra finirebbe per concludersi prima del dovuto, e non a nostro favore. E infine, muoio dalla voglia di stanare e terminare qualche Mangiamorte... dobbiamo essere più decisi  riguardo a questo, Scrimgeour è stato troppo blando e, infatti, è finito com’è finito. Dobbiamo adottare una tattica più aggressiva contro i Mangiamorte.”

 

“Come farete, signore?”

 

Anche senza vederlo, Ron, Ginny ed Hermione immaginarono il ghigno malefico di Marshall tra le sue labbra. “Catturate tutti i parenti dei Mangiamorte che conosciamo per certo, e poi uccideteli con cautela, in modo che non si venga a sapere. Con il concilio magico intento a cercare un nuovo leader sarà facile.” Ordinò secco.

 

L’Eclitto annuì con un “Sissignore!”

 

“Ora andiamo, il concilio magico è in piena crisi e necessita di un valido supporto. Rimarranno incartati per un po’ nelle solite e noiose pratiche burocratiche… questo è il nostro momento” Sbuffò Marshall, e le due ombre scomparirono dal corridoio.

 

I tre ragazzi rilasciarono il fiato, contenti di essere riusciti a scamparla ancora.

 

Hermione stava per bisbigliare di proseguire, quando una mano calda le toccò la spalla; la ragazza lasciò che un gridolino di sorpresa e spavento le uscisse dalle labbra, ma voltandosi trovò fortunatamente dei famigliari capelli rosa cicca e una Tonks lievemente perplessa.

 

“Voi che ci fate qui? State bene?” mormorò ai ragazzi un po’ preoccupata.

 

Hermione riprese fiato e annuì veemente. “Abbiamo pensato di riferire quello che sappiamo sulla disfatta di – insomma, sulla distruzione di Hogwarts. Inoltre, speravamo di trovare Harry e magari anche i signori Weasley.”

 

Tonks annuì e scoccò loro un sorrisetto. “Vedo che anche i membri più giovani dell’Ordine sono duri da sconfiggere.”

 

Ron alzò le sopracciglia. “Ehi, abbiamo quasi più esperienza di te in sopravvivenza.” Ironizzò, facendo sorridere tutte.

 

“Bene, allora, meglio per voi,” gli fece l’occhiolino Ninphadora. “Andiamo, vi accompagno.”

 

I tre annuirono e la seguirono fino all’Ordine, dove fecero rapporto non senza marcare la loro indignazione e il profondo odio e disprezzo verso i Mangiamorte. Ma chiedendo informazioni su Harry scoprirono di trovarsi ad un punto morto: dopo l’incontro con il Primo Ministro Babbano e Kingsley era scomparso.

 

L’ansia per l’amico si acuì, invece di smorzarsi come avevano sperato.

 

“Forse” aveva mormorato Hermione, tremante e incerta “l’effetto dalla pozione è svanito.”

 

Né Ron né Ginny replicarono, limitandosi a finire di medicarsi.

 

*^*^*^*^*^*

 

La Camera delle Torture

[L’Oracolo si Presenta – “Vita o Morte, caro professore?”]

 

 

Forse era il luogo più segreto e appartato del Covo Oscuro, il più intrinseco di magia proibita, dove il terrore era palpabile nell’aria. Lord Voldemort permetteva a pochi eletti di raggiungerlo in quella che ormai si era trasformata nella camera delle torture con aggiunta di interrogatori sanguinari e di esperimenti su cavie umane vive: traditori, mezzosangue, babbani e anche qualche occasionale giovane e fortunato ragazzo sopravvissuto al rogo di Hogwarts che Greyback aveva trascinato fuori dal castello in fiamme.

 

Severus Piton era forse il massimo pupillo dell’Oscuro Signore. Un legame li univa, oscuro al resto del mondo; ed era quel legame a pesare sul piatto della bilancia: vittoria o sconfitta per Lord Voldemort. Piton sapeva che in realtà il grande segreto era condiviso anche dal misterioso R.A.B., alias Regulus Black. Quell’uomo dalla mente contorta e dalla crudeltà perversa era totalmente inaffidabile, ma il suo isolamento aveva determinato una specie di garanzia per Severus Piton, in tal modo non avrebbe potuto rivelarlo a nessuno. Ma puntualmente Harry Potter si era intromesso ed ora conosceva il maggiore segreto dell’Oscuro Signore, ma, per grazia alla parte oscura, non comprendeva l’enorme portata di quella rivelazione.

 

Piton era stato convocato nella camera delle torture; al suo fianco l’Oscuro Signore sembrava quasi giacere nell’ombra della camera, cullato dall’oscurità di quel luogo. Rivolse a Severus il cenno d’intesa che lo autorizzava ad iniziare la sua arringa.

 

“Mio Signore, già mi favorisce con immensi privilegi, quindi non credo di… meritarmi un premio come nel caso dei miei compagni.”

 

“Infatti, Severus” biascicò Lord Voldemort con eleganza “sempre una spanna più in alto dei tuoi compagni, se così ami chiamarli. Sai che soltanto il ruolo di cui ti investo è degno dei più incommensurabili degli onori?”

 

“Lo comprendo, mio Signore” disse Piton con profondo rispetto “E non esiste nulla al mondo che mi piegherebbe al tradimento. Le rimarrò fedele per tutta la vita.”

 

Lord Voldemort lo fissò dritto negli occhi concentrando l’enorme potenzialità delle sue doti Legimens “E sei sincero. E’ la tua vita che è così preziosa per me, Severus. D’altronde tu sei il sigillo che mi permette di esistere senza indicibili tormenti. Sarei peggiore che il più miserevole degli spettri, peggiore di come mi ritrovai dopo la sconfitta che mi impartì Harry Potter – come di consueto i suoi occhi serpenteschi si strinsero acutamente - sarei vivo, ma assolutamente miserevole. Compresi infine il significato delle parole di Silente: c’è qualcosa peggio della morte. Sono tuttora convinto che no, non esiste nulla peggiore della morte, ma una vita del genere… la augurerei solo al nostro caro Harry.”

 

Piton sogghignò con lui, tuttavia conscio della sua posizione subordinata.

 

“Severus” Lord Voldemort mormorò solo lievemente quella parola, levando il braccio bianco, dissimulando il suo ordine imperioso in un invito declinabile; il Mangiamorte si avvicinò all’istante.

 

Piton si arrestò a pochi passi dal suo signore, immobile come il silenzio che circondava entrambi.

 

Lord Voldemort mosse appena le labbra bianche e talmente sottili da sembrare irreali, inumane “So che qualcosa ti tormenta, nulla può sfuggire al mio occhio. Qualcosa di grave e pericoloso…”

 

Lasciò sfumare le parole nella quiete della stanza.

 

“Si tratta del giovane Potter?”

 

“No, mio Signore” rispose Piton con la calma che aveva imparato a coltivare negli anni di spia “Si tratta invece della recluta che Darcy Donovan si propone di addestrare.”

 

“Le sue doti sono dunque così sorprendenti da allarmare persino te, Severus?”

 

“Più che sorprendenti sono alquanto curiose, mio Signore” disse Piton pacatamente “Quella recluta racchiude in se molte qualità che già singolarmente sono assai rare: è sia Rettilofono che Metamorofmagus completo.”

 

“Un fenomeno unico al mondo, mai documentato nella Storia Magica, a quanto mi risulta” rifletté Lord Voldemort avanzando nella stanza con la lunga veste nera che gli svolazzava alle spalle “Sicuramente un elemento da tenere d’occhio, potrebbe risultare eccessivo il suo talento: da utile diverrebbe dannoso per la Nostra Causa. Un servo più potente del proprio Signore.”

 

Piton nascose abilmente la sua inquietudine: già di suo sospettava che le doti del giovane Mangiamorte sorridente eguagliassero quelle dell’onnipotente Lord Voldemort e persino le riverenti parole di Darcy Donovan avevano fornito una conferma: Vedi, Piton, se anche egli fosse il più grande mago di tutti i tempi, ciò non basterebbe. Perché Lord Voldemort è pur sempre un umano mortale.

 

Mortale? Umano? Perché prendersi la briga di sottolinearlo, significava forse che quel giovane era ben più che un comune mago o un semplice umano? E se davvero era immortale, allora poteva essere…

 

“Non credo, mio Signore. Voi siete molto più potente di lui, avete molta esperienza, un’istruzione e una conoscenza della magia più raffinata. L’unico suo pericolo è la scaltrezza, quel ragazzo è subdolo: si direbbe che dietro al suo perenne sorriso si nasconda un demonio” Piton sobbalzò. Che fosse proprio così?

 

“Dopo che avremo terminato con lo PseudoProfeta, manda a chiamare la recluta” Lord Voldemort lo fissò e apparve molto turbato “Troppi sono i pericoli che si stanno ergendo contro di me: il Ministero e l’Ordine della Fenice, non che lo stesso Harry Potter sono dei nemici da considerarsi pressoché innocui, non temo più la Profezia. Ma queste singole figure dal contorno misterioso e mistico rischiano di causare un insormontabile intralcio, per questo necessito di una previsione, una certezza concreta.”

 

“Per questo richiese la mia presenza.”

 

Li raggiunse una voce che pareva attorniata dal mistero e dalla solennità.

 

Lord Voldemort turbinò come una spirale nera verso la voce, le braccia aperte e il volto una mistura grottesca di allegria e ansia “Ecco dunque il mio diletto. Severus, hai mai avuto l’onore di conoscere il venerabile Oracolo?”

 

Piton colse il riflesso d’inquietudine sul volto glabro e solitamente impassibile. Un istantaneo nervosismo lo catturò mentre volgeva l’attenzione verso il proprietario di quella voce insigne “No, mio Signore” rispose con la consueta voce controllata.

 

Era bianco, totalmente fasciato da drappi di lino e seta candida che brillava anche nell’oscurità della camera. Abbigliato come un solitario viandante del deserto, lasciava scoperti solo due inviolabili occhi nocciola, acuti e più penetrati dell’occhiata serpentina dell’Oscuro Signore. Dalla sua figura trasparivano rispetto e solennità, generando quasi un’aura divina sul suo giovane corpo appena trentenne.

 

I suoi occhi scattarono su Piton, stringendosi in due fessure senza però mutare l’impassibilità del suo volto.

 

“Tu morirai miseramente.”

 

Piton sobbalzò e con lui l’Oscuro Signore.

 

“Stroncato dalla mano erede del tuo protetto. Soffocato da un amore inestirpabile e violento. Soffocato lentamente da una seta serpentina e antica.”

 

Il silenzio era immobile ed inquietante. Il volto esangue e sudato di Piton si rifletteva nelle profondità mistiche e impenetrabili quali erano gli occhi nocciola dell’Oracolo.

 

“So di essere un elemento scomodo. Ma so anche che non morirò, qualsiasi cosa io decida di fare. Perché io mi vedo nel futuro.”

 

“E’ sufficiente, ti ringrazio” mormorò distintamente l’Oscuro Signore.

 

Piton seguitava nel suo silenzio.

 

La solenne voce si levò, lievemente attutita dal drappo che l’Oracolo portava sul volto “Lo so che faccio paura. Ora il suo molliccio, professor Piton, si rispecchierà nella mia figura. La rivelazione della propria morte è un fatto, nulla si può fare per arrestare la morte: è il destino incorruttibile quello che io rivelo. Non si inquieti, professore, che io gliel’abbia detto o meno non altera il futuro, tutto ciò che può fare è aspettare la morte e accettarla.”

 

Piton fu colto da un incredibile fremito. Le parole di quell’individuo non appartenevano a quel mondo, nella loro assoluta certezza erano estranee, inumane, superiori. E il modo in cui lo apostrofava: professore… nulla gli era apparso altrettanto inquietante e persino il suo allenato volto impassibile faticò a stare calmo.

 

“Non sono un mago particolarmente potente, ma ciò che possiedo è ben più elevato della magia: il futuro.” 

 

Lord Voldemort si allontanò velocemente. Piton lo imitò senza fiatare, lasciandosi alle spalle l’Oracolo.

 

“Dobbiamo accogliere un ospite, Severus, quindi è il caso di ricomporre i nostri volti.”

 

Horace Lumacorno venne trascinato mollemente nella camera da due Mangiamorte corpulenti, i piedi del vecchio strisciavano sul pavimento, le membra del suo corpo parevano abbandonati e cadenti.

 

“Vi avevo pregato di trattarlo con deferenza” sentenziò l’Oscuro Signore fulminando i due Mangiamorte con lo sguardo.

 

“Noi non abbiamo fatto nulla” si affrettarono a discolparsi “E’ rimasto chiuso nelle prigioni ma non gli è stato torto nemmeno un capello. Se n’è rimasto quieto tutto il tempo, cosa strana, mentre il suo compagno di cella, Rufus Scrimgeour, si agitava come un leone in gabbia.”

 

 Il corpo del professore venne abbandonato ai piedi di Lord Voldemort come una grande massa informe di carne priva di volontà. L’Oscuro Signore sogghignò compiaciuto.

 

“Dov’è finito il suo orgoglio, professore? Le pare il caso di lasciarsi andare così, non abbiamo ancora fatto nulla.”

 

Il massiccio corpo dell’uomo ebbe un terribile fremito che lo fece tremolare tutto come una gelatina instabile.

 

“Ma non tema, professore. Dopotutto lei mi ha dato l’immortalità, in un certo senso. Le pare che io sia un ingrato? No, le sono così debitore: grazie a lei sono potuto diventare ciò che oggi sono; sopravvivere, diventare immortale…”

 

Lord Voldemort era perfettamente conscio del turbine di rimorso e terrore che avevano inghiottito Horace Lumacorno: la colpa e il rimpianto si mescolavano negli occhi tremanti dell’uomo, specchi cristallini che l’Oscuro Signore trapassò con una sola occhiata: grazie alle sue eccezionali abilità di Legimens e allo stato di agitazione e di privazione di autocontrollo del vecchio, che lo rendevano un pessimo Oclumante, catturò le sensazioni di Lumacorno, le manipolò per volgerle a suo favore.

 

“Ora mi segua, professore” accennò Lord Voldemort con falsa gentilezza.

 

Lumacorno rimase immobile e tremante.

 

“Che cosa le prende. Non si fida più del suo pupillo Tom Riddle?” Lord Voldemort non tentò neanche di celare il marcato disgusto che calcò sulle ultime due parole: le sue reminescenze babbane all’orfanotrofio, qualcosa per cui aveva ardentemente desiderato una nuova identità, più gloriosa, rispettabile, nobile: Lord Voldemort.

 

Lumacorno levò lo sguardo e se ne pentì all’istante quando incontrò gli occhi rossi e serpentini dell’Oscuro Signore. Un’ondata di terrore lo investì in pieno.

 

“Si muova, professore” disse lievemente l’Oscuro Signore, sottintendendo chiaramente un comando ineluttabile.

 

Uscì dalla stanza accompagnato da Severus Piton. Non ritenne necessario voltarsi ed incoraggiare nuovamente il professore, sapeva che la paura lo aveva spinto ad ubbidire al suo comando come un servizievole cagnolino. Puntando sul suo timore avrebbe ottenuto qualunque cosa e, se il rimorso si sarebbe rifatto vivo nella sua coscienza da codardo, avrebbe ripiegato su intimidazioni più concrete: Vita o Morte.

 

Camminarono in assoluto silenzio per breve tempo, inoltrandosi sempre di più nei sotterranei del Covo. Lumacorno guizzava gli occhi per il buio corridoio con circospezione: dove si trovava? Cosa avrebbe dovuto affrontare? Quell’uomo… il Signore Oscuro… Lord Voldemort… tutto fuorché Tom… lo avrebbe ucciso? Sapeva che nessuna speranza riusciva ad oltrepassare il covo segreto dell’Oscuro Signore, sapeva di stare per morire, il punto era: come doveva andarsene? Sarebbe ricordato nella storia come colui che rese Lord Voldemort immortale? No, aveva deciso. Anche se gli sarebbe costato la tortura avrebbe resistito, non avrebbe ricommesso lo stesso tragico errore, non avrebbe più aiutato Lord Voldemort nella sua scalata al potere.

 

Infine giunsero in un seminterrato debolmente illuminato da qualche lanterna. Molti scaffali carichi di ingredienti in bottigliette e contenitori ricoprivano le pareti, ad eccezione di una, sgombra per lasciare posto ad un enorme calderone.

 

Lumacorno sobbalzò quando udì la voce sibilante di Voldemort: dunque era il suo talento in Pozioni che desideravano.

 

“Non c’è bisogno che le spieghi niente professore, è abbastanza sveglio per capirlo da solo: necessitiamo della sua preziosa arte nelle pozioni, Severus le darà una mano, ma lei indubbiamente conosce alla perfezione la formula che ci occorre per distillare un particolarissimo infuso.”

 

Lumacorno lo ascoltò, fremendo ad ogni parola. D’improvviso gli occhi gli saettarono in un angolo tetro della stanza. Sul duro pavimento di pietra quattro vampiri succhiavano avidamente il sangue dalle carcasse ancora calde di due unicorni. I lunghi canini affilati fendevano i candidi mantelli, giungendo sino all’aorta da cui estrapolavano il sangue, lucente e fluido come argento fuso, che riversavano poi in piccole boccette ammassate ai loro piedi.

 

“Questa è…” singhiozzò Lumacorno “… sangue di unicorno e bava di vampiro… il Luparina… il più potente anti-veleno del mondo.”

 

“Precisamente. A quanto mi ha detto Severus serve a controbilanciare gli sporadici effetti dei più temibili veleni senza però togliere in potenzialità a questi; in pratica permette di sopravvivere  pur avendo il corpo saturo di veleno mortale, ma solo con l’assunzione ripetuta del Luparina, mi corregga se sbaglio, professore.”

 

Voldemort fu volutamente provocante, ma ciò non scosse Lumacorno troppo impegnato a trovare una valida spiegazione che giustificasse il suo ruolo nei piani segreti dell’Oscuro Signore.

 

“Questi sono i suoi utensili e gli ingredienti, professore.”

 

Con un gesto elegante della mano indicò un lungo tavolo su cui erano poggiati ordinatamente vari strumenti da taglio, cucchiai di tutte le forme, dimensioni e materiale, assi di legno, piccoli calderoni, fiale e una provetta che Lumacorno riconobbe all’istante: il Veleno di Acramantula. La fiala giaceva al fianco di un uovo nero striato di rosso, inconfondibilmente un uovo di Basilisco; circa una dozzina di potentissimi veleni era sparsa lungo il tavolo.

 

Una lista proibita, ricercata nei libri più nefandi di pozioni, balenò nella mente dell’uomo:

 

Veleno di Acramantula

Tuorlo di Uovo di Basilisco

Estratto di veleno dello Scorpione Maculato

Veleno…

 

Per assicurare al designato la facoltà di comunicare le sue visioni all’interlocutore, si consiglia un’abbondante e ripetitiva dose di Luparina.

 

… Pozione Rituale dello PseudoProfeta…

 

“Esattamente, professore, sono lieto che lei conosca la formula.”

 

Gli occhi Legimens di Lord Voldemort avevano violato i suoi pensieri senza eccessiva difficoltà. Ora l’Oscuro Signore sapeva di poter ottenere da lui la formula maledetta di quella pozione proibita.

 

“Non esiti, professore, le do la possibilità di andarsene incolume da questo posto se lei accetta. Altrimenti morirà nel più orribile dei modi.”

 

Il viso di Lumacorno si era fatto rosso e gonfiato, il sudore scendeva copioso.

 

“Avanti, professore, in fondo è solo una pozione. Le permetto anche di andare a spifferare tutto al Ministero quando l’avrò lasciata andare, perché io la liberò vivo, professore. A meno che lei decida di fare la parte dell’insensato martire. Prima o poi riuscirò a trovare un altro mezzo per raggiungere il mio obiettivo e quindi il suo eventuale sacrificio sarebbe del tutto inutile. Allora che cosa mi dice?”

 

“Stima davvero così poco la sua vita? Se non considera neanche la propria, come può curarsi di quella degli altri? Dovrebbe ritenersi onorato, è la prima volta che prego qualcuno, professore, di solito preferisco ricorrere immediatamente ad una buona dose di Maledizione Senza Perdono. Ripensandoci, potrei anche usare l’Imperius, giusto? Ma in fondo lei è sempre stato il mio insegnante preferito.”

 

Un’ondata di orgoglio colse Lumacorno. Lui sapeva che avrebbe dovuto sentirsi disgustato, oltraggiato da quella sensazione, eppure non era così. Tom Ridlle era diventato il Grande Signore Oscuro, malvagio, crudele, ma pur sempre Grande.

 

Per Voldemort non fu difficile avvertire quel minuto senso di orgoglio; le labbra bianche si piegarono in un sorriso.

 

“Vita o Morte, caro professore?”

 

“Scelgo… - le mani si chiusero a pugni, rosse, tremanti – scelgo… - la voce si incrinava, strideva, trascinata da due emozioni diverse – scelgo la vita!”

 

 L’Oscuro Signore ghignò.

 

“Forse è il caso che indossi la mascherina e i guanti, professore, anche solo i fumi potrebbero ucciderla.”

 

Voldemort si stava ritirando “Mandate a chiamare il nostro Profeta.”

 

Avrebbe avuto ancora la possibilità di cambiare decisione, ma non lo fece.

 

*^*^*^*^*^*

 

Lo PseudoProfeta

[Promessa di Vittoria Oscura – Le parole della Fine]



Lo PseudoProfeta… un rituale capace di estorcere dalle viscere della tua anima una verità futura: ogni anima contiene in sé il proprio destino che si lega a sua volta col destino del mondo e di altri. Un qualsiasi essere umano può così diventare un infallibile profeta a cui poter porgere la propria domanda. La letale mistura dei più tremendi veleni esistenti sulla faccia della terra causa un trapasso violento della mente, già inevitabilmente proiettata verso la morte prossima; così si è in grado di sbirciare la propria anima e, quindi, il futuro.

 

 Il Profeta designato venne spintonato nella stanza, il suo orgoglio da combattente fremeva contro gli sforzi immani dei due Mangiamorte che tentavano di trascinarlo nella stanza.

 

Lord Voldemort si ergeva nel centro del locale in tutta la sua oscura autorità.

 

Severus Piton e Horace Lumacorno, il primo glorioso nel compimento della sua missione, l’altro miseramente schiacciato dal rimorso ma desideroso di abbandonare quel luogo tenebroso incolume. Il Mangiamorte diletto dell’Oscuro Signore porse a questi la fiala schiumante contenente il micidiale composto finale, risultato della combinazione di tredici veleni letali.

 

“E’ sufficiente una sola goccia, mio Signore.”

 

Il Profeta, l’orgoglioso Rufus Scrimgeour, venne fatto piegare infine dopo numerosi colpi di bacchetta.

 

Lord Voldemort lo torreggiò, reggendo la fiala tra le bianche dita sottili. La sollevo, mormorando incantesimi e formule dalla risonanza antica e oscura.

 

Scrimgeour fu trapassato da un’occhiata penetrante quanto l’acciaio: due occhi serpenti e rossi, incandescenti di desiderio di conoscere, di svelare il proprio destino.

 

Imperius

 

Mormorò l’Oscuro Signore a fior di labbra.

 

Scrimgeour fu scosso da una forza magistralmente potente: il suo orgoglio scalpitante si affievolì sotto il sibilo tetro e imperioso che Lord Voldemort proferiva nel profondo della sua mente.

 

“Alzati e bevi.”

 

La volontà di colui che era stato acclamato come l’inarrestabile Ministro della Magia, capo degli Auror, fondatore e comandante dell’ordine degli Eclitti e Preside di Hogwarts, si spezzò come un ramoscello secco: incapace di protestare, di reagire o di fermare il proprio corpo che si protendeva per assaggiare quell’intruglio micidiale.

 

La lingua sfiorò appena il liquido salmastro e viscosamente nero pece: un tremito scintillante, pari quasi al Cruciatus, lo scosse lungo tutto il corpo. Strinse gli occhi, fiammeggianti di tenacia:

 

Fermati, fermati, fermati…

 

“Bevi” ripeté la voce nella sua testa; le labbra dell’Oscuro Signore si mossero in contemporanea, tornando poi sogghignanti e soddisfatte.

 

La fiala si inclinò verso l’alto, il liquido scese pigro lungo la superficie di vetro e una minuta parte scomparve nella gola dell’uomo: Scrimgeour ingerì la prima goccia di pozione.

 

Il suo cuore, la vista e tutto il suo corpo creparono, squarciati da quella singola goccia: l’ombra diventava luce, tutto il freddo e il sudore scomparivano per dar passo al tepore del sonno eterno.

 

“Ingoia questo”

 

Ancora quella voce insinuante e diabolica.

 

Sentì appena il sapore di una seconda pozione e di colpo, il sudore e il freddo tornarono, così anche la percezione del proprio corpo e della paura: ma tutto era ancora bianco.

 

“Dimmi, cosa ne sarà del Potente Signore Oscuro? Chi vincerà la battaglia?”

 

Quella voce gli ordinava di trovare una risposta, di ubbidire e di adempiere alla sua volontà. Il suo corpo non poteva reagire, ma la sua mente volò via per un istante in cerca di quello che doveva essere il futuro.

 

“Dimmelo! Voglio sapere! Vincerò io? E Potter, che fine farà quel ragazzo?”

 

Harry Potter… Lui lo ricordava bene. Il suo fulmineo ricordo lo portò ad immergersi in quel bianco che sembrava velargli gli occhi: eccolo Harry Potter, lo poteva vedere, ora e nel futuro: percepiva tutta la sua esistenza non con i deboli sensi del corpo ma con il forte supporto della sua stessa anima.

 

Nessuna reazione o emozione poté cogliere Scrimgeour quando questi contemplò il destino di Harry Potter, il suo corpo era insensibile allo stupore e al dolore che forse avrebbe potuto provare.

 

“Che ne sarà del Potente Signore Oscuro?”

 

Sentiva che dell’altra pozione gli veniva versata in gola, e il bianco perse un po’ della sua nitidezza.

 

Lord Voldemort… Lui lo conosce di fama, la sua famigerata fama. Il bianco si tinse di nuovo, Scrimgeour affondò in quell’infinito pallore e lo percepì: smania di potere e pura solitudine, ciò che era l’Oscuro Signore. Vide il suo futuro, il suo destino segnato da una maledizione, intrecciata e indissolubile da quella che marchiava Harry Potter.

 

“Chi vincerà?”

 

Altra pozione gli venne fatta trangugiare: ora avvertiva la lingua e il palato, un sapore orripilante gli invadeva la bocca, ma il resto del corpo era ancora assopito, il bianco diventava più insistente.

 

“Quando… - la voce di Scrimegour, percepì la propria voce fuori dal luogo candido in cui si trovava - … Harry Potter… non avrà… vita… tu… esisterai… ancora…”

 

L’assoluto trionfo dell’Oscuro Signore gli giunse anche in quel luogo. Ebbene sì: quando la morte sopraggiungerà su Harry Potter, l’Oscuro Signore avrà ancora vita.

 

Il corpo ormai trapassato del vecchio leone morente venne abbandonato al suo inevitabile destino. Nel buio della Camera delle Torture, immobile nell’oscurità, allucinante dal veleno, Rufus Scrimgeour pronunciò la più grande delle Profezie.

 

“… ma… così… rompi il corso del… destino… la maledizione… crei un’anomalia… e ce ne sarà un’altra… dopo di te… quella… quella… distruggerà il mondo…”

 

Le ultime e apocalittiche parole dello PseudoProfeta, quelle che davvero avrebbero dovuto pesare sul destino di tutti, si persero nel vuoto: Scrimegour venne inghiottito dal bianco.

 

 

~ [ End of Chapter 12 ] ~

 

=*=*=*=*=

 

Eccoci qui! XD

Come sempre un ritardo increscioso ma, sembrerà strano, le vacanze estive sono più impegnative della scuola.

 

Ah, che bel capitolo, diciamo che l’amore delle autrici per i personaggi da loro creati è aumentato a dismisura e continuerà fino al culmine della seconda e terza parte [spoiler… possiamo darne? XD].

Ma la parte sicuramente più bella è stato il triangolo amoroso Samantha/Draco/Pansy. Finalmente Samantha comincia a mostrarsi veramente per quello che è, sembrava dolce e carina, vero? XD Ragazzi, è solo la metà di quel che sembra (se non niente… Kaho ci ha messo secoli per capire il vero ‘io’ di Samantha XD nd Samy Umhp… ndKaho).

 

News scottanti: mancano quattro capitoli! Esatto! I capitoli arrivano fino al 15! Poi HP7 termina… finirà nel sangue (*_*) Ma… finalmente (^_^ °_° ndSamy&Kaho) inizia: P a s t L e g ac y Part II!!!

Intrallazzi amorosi e nascite… (Kaho non vede l’ora)… ma Samy non vede l’ora di scrivere la 3^ Parte con i bocha cresciuti dei nostri eroi. Auspichiamo di finire la 1^ parte prima dell’uscita del 7° libro ufficiale (sogna, sogna ndKaho Ma poi se il finale del libro non mi piace andrò in crisi mistica ndSamy >.<). Rimaneteci fedeli perché (si spera) non vi deluderemo.

 

Indizietti (Spoiler): abbiamo notato ke nella 3^parte ci sono un pacco di persone colte da improvvise crisi mentali (non troppe). Uno dei figli di genitori misteriosi (ma già conosciuti XD) è proprio un gran bel **** (Samy e Kaho sbavano per l’emozione… è così bello creare personaggi tremendamente fascinosi!!).

 

~Risposte ai Lettori~

 

Apple: Te non hai idea delle soddisfazioni che ci dai *___* Innanzitutto, la soddisfazione a Samy che si impegna ad incasinare le cose e vede che tu le noti (es. le tue attente osservazioni su Jolly), e poi la soddisfazione di vedere che ti stai appassionando alla Samantha/Draco. *____* Lo sappiamo, Marshall crea una specie di rapporto amore/odio (anche se ormai Kaho lo adora! XD)  ma poverino, ha avuto i suoi traumi *Kaho e Samy ammiccano verso la tua recensione tossicchiando per non dare spoiler agli altri lettori*. Oh sì, Sirius. Traumatico, eh? Ma adesso è tutto svelato, volevamo lasciarvi con l’ansia di un nuovo capitolo… i metodi scorretti per tenersi stretti i lettori! XD Presto arriveranno momenti Harry/Ginny più sostanziosi, intanto Kaho si gode la tua raccolta. ^^ Grazie per le recensioni, we love you! *-* Un bacio, Kaho&Samy

Saty: Oh, ma nostra veterana recensitrice *___* Grazie per la precisazione su Seamus, in effetti ci pareva che c’era qualcosa anche sui libri della mamma Row, ma non ne eravamo sicure perchè abbiamo postato senza controllare… avere la tua ‘accertazione’ ci fa stare più tranquille. E per i microfoni che funzionano *ehm* diciamo che sono magici. In effetti, un Sonorus era più semplice. Oh beh, ormai ciò che è scritto è scritto! xD Oh, sì, approfondiremo meglio Harry/Ginny, non ti preoccupare. Siamo contente di essere riuscite a mantenere il climax per tutto il capitolo e di averti incuriosito con Sirius. Ma davvero non ti piace? *Kaho spalanca gli occhi, il suo tesorino non piace!* Oh, beh, gustibus non disputandum est, giusto? XD Però siamo riuscite a farti piacere Draco/Samantha. *Samy felice* A presto! ^.^ Un bacio Kaho&Samy

EDVIGE86: Carissima hai visto che stavolta siamo state più veloci? ^^ Ci fai sempre arrossire con i tuoi complimenti, grazie. *-* Il pezzo con Krum-il-Tricheco *Kaho e Samy scoppiano a ridere per il soprannome* ti è piaciuto?  Tch, Ron è così prevedibile… è diventato verde di gelosia! XD Anche a Kaho non piacciono i serpenti, ma c’è Samy che li adora. Questione di gusti. Bellatrix è pazza, sì, povero Rodoulphus, a noi fa così pena quell’uomo! Ç__ç Un bacio, facci arrossire anche con questo capitolo! XD Kaho&Samy

amy: Benvenuta, benvenuta, siamo sempre felici di avere nuovi recensori! *___* Oh, sei riuscita a leggere la storia nel giro di un giorno? Noi molto colpite, è un malloppone! *___* Meglio per noi! XD Piaciuta l’entrata di sopracciglio Krum? Ah, per gli spoiler che abbiamo dato (e la morte di uno del trio) non possiamo dire niente… solo continua a seguirci! XD Grazie! Un bacio, Kaho&Samy

HarryEly: Benvenuta! *abbraccio* Addirittura la più bella che hai letto?? Oddio, non esageriamo… (ma dai ce lo meritiamo! ndSamy SAMY!! ndKahoScandalizzata) Grazie per i complimenti, diciamo che per la somiglianza con la mamma Row abbiamo rubato in anteprima il suo manoscritto e lo abbiamo tradotto (scherzo! XD). Davvero grazie per i complimenti, ti aspettiamo anche per questo capitolo! ^^ Un bacio, Kaho&Samy

 

Oddio, oggi siamo commosse da questi recensori, sìsì. Un saluto alle fedelissime Saty e Edvige, alla ritrovata Apple, e alle nuove arrivate amy e HarryEly.

 

Vi adoriamo, senza le recensioni la storia non andrebbe avanti per carenza di affetto… Quindi, dovete proprio lasciarci una recensione, ragazze! XD

 

Un bacio e a presto *___*

Kaho&Samy

 

 

P.S = Kaho ha scritto una drabble su Draco, non collegata alla storia, per il compleanno di Samy. Se a qualcuno andasse di leggerla, la troverete sul profilo dell’autrice, con il titolo “Regret”. Semplice introspezione di un personaggio, il suo punto di vista. Recensioni sempre benvenute! ;)

 

COUNTDOWN (alla fine di H P 7): meno 4 capitoli

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** L'Ultimo dei Black ***


 

Capitolo 12 – L’ultimo dei Black

 

 

“Sentiamo, allora” disse Harry con un vago tono ironico.

 

“Ora ti dirò dove trovare un Horcrux.”

 

*

Fuori dalla Tana

[Al Cospetto dell’Arazzo di Famiglia]

 

 

Harry lo osservava rigirarsi la bacchetta tra le dita. Infine Regulus serrò le labbra e si levò deciso.

 

“E’ tempo di distruggere un Horcrux… o forse anche due.”

 

“Perché mi vuoi aiutare?” chiese il giovane Potter marcando nella voce la sua diffidenza.

 

“Non è te che aiuto, caro Harry” rispose quieto Regulus lanciando un’occhiata vuota per la stanza altrettanto cupa e deserta “In questa tana, per me, ora, non c’è niente. E poi prima della mia presunta morte mi dedicai anima e corpo alla ricerca degli Horcrux e ora intendo finire il lavoro… o almeno portarlo avanti… perché qualunque cosa io faccia so che non potrò mai assistere alla fine dell’Oscuro Signore… prima dovrò perire io.”

 

Quella confessione accese l’interesse del ragazzo, ma Harry trattenne un singulto e la domanda imminente che desiderava porgli. Si limitò a seguirlo, mentre l’uomo avanzava per la stanza e oltre la parete magicamente camuffata e ondeggiante con movimenti rigidi ed esitanti.

 

Lo seguì fiducioso. Forse perché il suo aspetto rispecchiava la figura autoritaria e permeata di fiducia del suo amato padrino.

 

Giunsero entrambi alla soglia della casa, davanti a loro la sconfinata e deserta cittadina di Raven Corner. Regulus fissò contemplativo l’ambiente esterno, un’ombra calò sui suoi occhi scuri.

 

“Non appena varcherò questa soglia la Maledizione mi sarà addosso.”

 

“Perché vuoi venire anche tu, allora?” gli domandò Harry ancora una volta.

 

Regulus alzò le spalle e disse con voce annoiata: “Non ho davvero niente di meglio da fare.”

 

“E la Maledizione?”

 

Regulus attese un ampio istante di riflessione prima di sospirare “Sono stufo. La paura è terribilmente stancante e noiosa. Non ho avuto altro che paura per quindici anni. Non sono mai stato coraggioso, non come lui… ecco perché mi hanno smistato a Serpeverde… ero proprio un codardo e lo sono ancora.”

 

Harry lo fissava di sottecchi: il volto dell’uomo era ritornato serio e quasi sognante, come durante quei momenti malinconici in cui menzionava quel ‘lui’ che, lo capiva bene, era una figura nostalgica e triste.

 

Possibile che quel lui sia… Sirius?

 

Ma non poteva esserlo. Regulus paventava e prevedeva un incontro con quel ‘lui’ e Sirius era morto.

 

“Però mi consola sapere che lo rivedrò” aggiunse Regulus con un’occhiata melanconica “Su, Harry, andiamo a casa. Mi serve il tuo aiuto.”

 

Il Black fece apparire con un rapido movimento di bacchetta una scopa dall’aria vecchia e malandata. Un attimo dopo sorvolava a mezz’aria sopra lo sguardo confuso di Harry.

 

Seguimi” gli intimò “Torniamo a casa.”

 

Harry montò a cavalcioni della sua Firebolt e prese il volo affiancando Regulus.

 

Per Harry il viaggio fu nebuloso quanto il cielo attraverso cui sfrecciarono, colmo di nebbia fitta e massiccia.

 

Dov’è casa sua?

 

Pensò Harry, stando alle calcagna di Regulus per evitare di perderlo di vista.

 

Il viaggio continuò per diversi minuti, forse ore. Harry non capì come Regulus riuscisse ad orientarsi nel mezzo di tutta quella nebbia, ma, d’un tratto, il manico della sua scopa virò bruscamente, puntando verso il basso. Harry lo accompagnò in una discesa vertiginosa finché le luci artificiali di una Londra notturna apparvero ai loro occhi.

 

Ecco dov’è casa sua.

 

Rifletté Harry mentre entrambi si avvicinavano ad un quartiere dall’aspetto conosciuto.

 

Grimmauld Place numero dodici.

 

Atterrarono alla tenue luce di un lampione intermittente.

 

Evanesco” borbottò Regulus, facendo sparire la sua scopa.

 

Un istante dopo, Harry lo seguiva lungo l’ispido selciato che fiancheggiava le case dalle facciate sudice e poco accoglienti di Grimmauld Place.

 

Regulus si parò tra il numero undici e il tredici, dove un’ampia e sozza parete si estendeva, completamente sgombra.

 

Il Black chiuse gli occhi, concentrandosi sull’antica formula che da generazioni la famiglia si tramandava come una reliquia: la parola d’ordine che permetteva l’accesso ad uno dei più sfarzosi possedimenti della Nobile e Antichissima Casata dei Black, parola d’ordine che solo i prescelti dal loro sangue ‘Toujours Pur’ potevano conoscere.

 

*Sirius Black*, nome del Capostipite della Casata…

 

Che ironia…

 

Esattamente come due anni prima, una casa si gonfiò tra i numeri undici e tredici, rivelando la vecchia porta d’ingresso al sommo di una scalinata.

 

Harry salì i gradini di pietra, ma si dovette arrestare quando comprese che Regulus aveva fatto altrettanto.

 

“Ora è casa tua” gli disse Regulus con voce risentita e triste “Sei tu il padrone di casa: apri la porta.”

 

Harry lo superò esitante e afferrò il pesante batacchio dalla forma di serpente intrecciato. Lo sbatté un paio di volte contro il legno consumato della porta. Una voce gracchiante e sofferente si levò dall’interno della casa. Un attimo dopo l’ingresso si mostrò agli occhi di Harry con un cigolio metallico.

 

Harry varcò la soglia e venne investito dal famigliare puzzo di muffa, umido e marcio e dalle proteste gracchianti dell’Elfo Domestico steso ai suoi piedi.

 

“Ora il nuovo padrone entra nella nobile casa dell’illustre famiglia Black, il nuovo padrone che è un Mezzosangue! Se la mia antica padrona lo venisse a sapere non reggerebbe dalla vergogna. Il nuovo padrone ora si crederà proprietario di questa nobile casa, ma non è così!” affermò deciso il vecchio Elfo con il lungo naso ancora schiacciato contro il pavimento in un disperato tentativo di inchino.

 

“Non l’ho voluto io, Kreacher!” sbraitò Harry, fremendo di rabbia “Non volevo affatto tornare in questa casa.”

 

“L’ho voluto io” disse Regulus alle spalle di Harry.

 

Avanzò di qualche passo e fissò con uno strano sorriso il vecchio Elfo appiattito sul pavimento.

 

“Ciao, Kreacher.”

 

Le lunghe orecchie della creatura si rizzarono, fremendo e sventolando. Kreacher staccò immediatamente il naso da terra, gli immensi occhi lucidi si allargarono come a voler esplodere dalla testa.

 

“Padroncino Regulus… padroncino Regulus” bofonchiò stridendo, preso da un’esaltazione isterica “Il padroncino, il vero e nobile padroncino, il figlio prediletto dalla padrona… è tornato!”

 

Kreacher strisciò come un fulmine fino ad aggrapparsi all’orlo del mantello di Regulus e lì prese a liberare versi che parevano un misto di grida di gioioso pianto disperato e urli di trionfo indescrivibile.

 

“Ora basta, Kreacher” gli comandò Regulus con tono secco.

 

I versi del vecchio Elfo cessarono all’istante, e questi levò lo sguardo colmo di ammirazione verso il volto impenetrabile di Regulus.

 

Kreacher si scusa, padroncino. Ma Kreacher è davvero felice, padroncino: la Nobile e Antichissima Casata dei Black vive ancora!”

 

Il volto di Regulus si incupì “Non per molto” sibilò piano.

 

Avanzò lungo il cupo e lungo corridoio. Un candelabro infestato da ragnatele si accese al suo passaggio, rivelando un ambiente logoro e decadente: vecchi quadri consumati dagli anni, tappezzeria e mobili consunti.

 

Regulus osservò con occhi stanchi il fantasma sfinito della sua antica e nobile casa, un tempo sfarzosa e maestosa nel suo arredo e nell’orgoglio e la superbia di famiglia.

 

Kreacher gli stava alle calcagna, inchinandosi ogni tanto per mostrare la sua più totale fedeltà e venerazione:

 

“Ora che il padroncino è tornato Kreacher non dovrà più servire quello stupido ragazzino figlio di una Mezzosangue.”

 

Harry proseguì dietro di loro, fremendo ad ogni parola dell’Elfo Domestico, finché Regulus si arrestò in un’ampia sala col pavimento ingombro di polvere.

 

Kreacher pulisce immediatamente” attaccò subito la creatura “Kreacher prima non voleva pulire perché credeva che la casa sarebbe stata di quello – lanciò un’occhiata in tralice a Harry, lasciando apparire i suoi sommessi occhi da elfo incredibilmente altezzosi – Vostra Madre, padroncino, avrebbe preferito vedere questa casa distrutta invece che nelle mani di Mezzosangue e di traditori del loro sangue.”

 

Regulus ignorò i commenti del vecchio elfo, lo sguardo era catturato dall’ampio arazzo che occupava tutta una parete.

 

Il volto grottesco di Kreacher si illuminò: “Kreacher ha protetto l’arazzo di famiglia. Kreacher l’ha fatto! Kreacher sapeva che è il tesoro più grande della famiglia!”

 

Regulus si avvicinò all’arazzo, analizzandolo con un’aria cupa e nostalgica: il bordo era sbiadito e consumato, solo il filo d’oro con cui era ricamato era sopravvissuto intatto a sette secoli di storia… eccolo ritrovato, l’albero genealogico della Nobile e Antichissima Casata dei Black.

 

Regulus abbassò lo sguardo fino a scorgere le estremità dei lunghissimi rami che si diramavano dal capostipite della sua potente famiglia. Alla base dell’albero era ricamato il suo nome, ‘Regulus Black’, accompagnato dalla data di nascita a cui non seguiva più niente.

 

Harry gli venne di fianco sotto le vive proteste di Kreacher che non desiderava che l’amato padroncino venisse insozzato dalla presenza del figlio della Mezzosangue.

 

Il giovane Potter osservò il vuoto dove solo due anni prima era incisa la data di morte di Regulus Black.

 

“L’arazzo è magico” gli spiegò Regulus “Diciassette anni fa registrò la mia morte perché così tutti credevano e perché persi la mia identità per guadagnare quella di Lyons Kaus e mi nascosi: sparii completamente. Ma ora ho rinunciato alla mia copertura e ho abbandonato il mio rifugio. E tu, Harry, hai scoperto la mia vera identità, sai che Regulus Black è ancora vivo… e così la mia morte è svanita” sussurrò indicando il vuoto dopo la sua data di nascita “e la Maledizione è ricomparsa.”

 

“Perché hai voluto rischiare tanto?” gli chiese Harry, nuovamente.

 

Il volto di Regulus tornò indecifrabile “Voglio solo ritrovare un volto amato.”

 

Regulus abbandonò l’arazzo di famiglia e si inginocchiò di fronte a Kreacher, che lo osservò ammaliato. Il Black si levò la pesante sciarpa di lana che portava avvolta al collo e la porse al vecchio elfo. Gli occhi della creatura tremarono e lanciò un urlo immondo e permeato di disperazione.

 

“Padroncino, Kreacher la supplica! Kreahcer non vuole abbandonare la famiglia Black! Kreacher non vuole essere liberato! Kreacher preferisce morire! Kreacher servirà la Nobile e Antichissima Casata dei Black fino alla morte!”

 

“Non ci sarà più una Nobile e Antichissima Casata dei Black, Kreacher” confessò Regulus con la voce poco più alta di un sussurro.

 

“Il Padroncino non deve dire così! Ora che il Padroncino è tornato la Casata rivive!” sbraitò Kreacher, attaccandosi alla sua veste e scostando bruscamente la sciarpa che il mago gli offriva.

 

“Ma presto finirà” borbottò Regulus cupamente “Ora devo andare, Kreacher.”

 

“No!” strillò Kreacher, tirandosi le lunghe orecchie “No! Kreacher aspetterà il vostro ritorno, Padroncino.”

 

“Non tornerò più, Kreacher. La Nobile e Antichissima Casata dei Black si spegnerà questa notte, ma no si spegnerà con me.”

 

“No, no, no! Kreacher non capisce! Il Padroncino è la sola speranza della Casata e lui tornerà per riportare la sua nobile famiglia all’antico splendore!”

 

“Non tornerò più in questa casa, Kreacher” sussurrò Regulus “Guarda l’arazzo, guarda il mio nome… continua a guardarlo dopo che me ne sarà andato, poi, ad un certo punto, capirai che non potrò più tornare.”

 

Kreacher non capisce! Kreacher non capisce!” continuava a ripetere il vecchio elfo, urlando dalla disperazione.

 

Regulus ignorò nuovamente i suoi strilli e rinnovò l’invito ad afferrare la sciarpa “Tieni, Kreacher, prendi questa sciarpa. Se vuoi essere libero, accettala.”

 

Ma l’elfo si strapazzava le orecchie, negando vigorosamente con la testolina e strillando a voce ancora più alta.

 

Allora Regulus abbandonò la sciarpa ai suoi piedi tremanti e si alzò per andarsene “So che vuoi servire la famiglia Black, Kreacher, ma tra non molto non esisterà più alcun Black, quindi sentiti libero di abbandonare questa casa se non desideri servire più Harry Potter.”

 

Kreacher vide il padroncino allontanarsi; fissò la sua schiena che se ne andava con un’espressione di puro orrore: afferrò l’orlo del mantello di Regulus, che svolazzava alle sue spalle.

 

“No, Padroncino! Non Andatevene! Siete l’ultimo Black!”

 

Regulus lo fissò con gli occhi che scintillavano di una strana emozione “No, Kreacher, non sarò io l’ultimo dei Black.”

 

Si  liberò della sua stretta e varcò per l’ultima volta la soglia di Grimmauld Place numero dodici.

 

*^*^*^*^*

[Home Sweet Home…

“Scusa, puoi ripetere?!”]

 

 

Tonks aveva imparato ad apprezzare i diversi aspetti del carattere di Remus J. Lupin, anche quelli che solitamente non mostrava a nessuno, ma che solo a lei aveva rivelato nel corso di questo ultimo anno, soprattutto da quando aveva accettato la sua presenza: era diventata la sua compagna.

 

Per molti versi, Remus era sorprendente: alle volte malinconico e serio, ed altre sottile e sarcastico, con uno humour decisamente piccante che non si sarebbe mai aspettata da lui; ma proprio per questo Remus le piaceva.

 

Tonks ammetteva che non era tanto l’aspetto fisico, quando l’essenza di Remus ad averla colpita. Era una continua scoperta, la faceva ridere, si sentiva bene con lui molto più che con qualsiasi altro ragazzo con cui fosse mai stata – e lei, di ragazzi, ne aveva avuti parecchi, a dire il vero, e tutti diversi da lui… tutti sbagliati in confronto a lui.

 

Se qualcuno le avesse chiesto se si pentisse di stare con Remus, lei avrebbe alzato le spalle e confessato candidamente che non vedeva l’ora di sposarlo. Naturalmente, questo suo desiderio Remus non lo sospettava ma lei non glielo avrebbe mai confessato: conoscendo il suo lato “riservato e solitario” che aveva così tanto faticato ad abbattere per far sì che uscissero insieme, Remus l’avrebbe guardata sbigottito e cominciato a brontolare che lei meritava di più o che non avrebbe avuto una vita facile con un Lupo Mannaro come marito, eccetera eccettera.

Quindi, per il momento, avrebbe cercato di tenere la bocca cucita (e chissà per quanto ce l’avrebbe fatta).

 

Tonks era seduta svogliatamente sulla poltrona dell’Ordine, gli occhi chiusi e le braccia che penzolavano mollemente.

 

Sentiva i muscoli rilassarsi piano piano e cominciare a dolere. Non appena tornata a casa, si sarebbe buttata sotto la doccia e distesa sul suo materasso, i muscoli ancor più stanchi e la testa leggera.

 

Dall’attacco di Hogwarts l’Ordine si era mosso in fretta e così lei si era trovata impegnata tra missioni Auror e quelle clandestine dell’Ordine per arginare i danni causati da Voldemort, un’impresa tutt’altro che facile. Con i numerosi attacchi (e l’evidente incremento dei Mangiamorte) era difficile trovare un attimo per il riposo: tutta la nazione, magica e babbana, era occupata a contare i feriti e i morti, a risanare le difese e a pensare febbrilmente un piano d’attacco, mentre bisognava anche rassicurare (con scarsi risultati) i cittadini.

 

Si lasciò scivolare ancora di più nel morbido tessuto, muovendo appena il collo per rilassarsi e pensare un po’, qualcosa che non riguardasse la guerra. Naturalmente, i suoi pensieri andarono su Remus Lupin.

 

Dire che si erano visti ultimamente era un eufemismo. Erano esattamente cinque giorni e qualche ora dall’ultima volta in cui era riuscita a rivolgergli una parola e una carezza prima di essere scaraventata in mezzo ad attacchi dei nemici e nella caotica società magica.

 

Le mancava. Terribilmente.

 

Chissà se anche lui provava una specie di nostalgia, nel pensarla… A lei capitava spesso, quando non erano insieme. Una sensazione di inadeguatezza, la voglia di sfiorare con la punta delle dita i suoi capelli grigi e sorridere contro la sua guancia, adagiata sotto le coperte dell’appartamento di lui con addosso una camicia da notte antichissima che le ricordava sua madre – e tutto perché Remus Lupin era un uomo d’onore e, anche dopo aver fatto l’amore, insisteva sempre perché lei si sentisse a suo agio, quindi coperta.

 

Tonks ridacchiò al pensiero. Come se lei si sentisse a disagio nuda.

 

Ma le piaceva il modo in cui le riservava attenzioni, l’aveva sempre colpita quel suo lato. Remus era protettivo, dolce ma non per questo ingenuo, anzi intelligente e astuto, quando serviva.

 

Infine, a dirla tutta, le piaceva la camicia da notte che le aveva dato, recuperata da non si sa quale cassetto (Tonks non voleva nemmeno sapere cosa ci facesse una camicia da notte nel suo baule); le strusciava sulla pelle, dandole la sensazione di essere morbida, e ogni qual volta sentiva il fruscio del vestito contro il corpo di Remus – ecco, la sensazione la stordiva piacevolmente, la infiammava di passione e amore.

 

Le labbra sottili e rosee di Tonks si strinsero in un sorrisetto malizioso mentre da queste usciva un mugolio soddisfatto.

 

“Spero che tu non stia pensando a Gilderoy Allock per sospirare così.”

 

Tonks sobbalzò spaventata e nel farlo sbilanciò la poltrona che cadde con lei dentro, facendole pestare la testa.

 

Ouch.”

 

La risata di Remus le riempì le orecchie. “Colta sul fatto?” ironizzò il suo ‘fidanzato’, allungandole una mano con un sorrisino, gli occhi ancora che la deridevano.

 

Tonks alzò le sopracciglia. “Non sei geloso?” domandò ghignando appena e accettando la mano che lui le stava offrendo.

 

Remus la rimise in piedi e sembrò soppesare la cosa. “Un po’,” ammise tranquillo, avvolgendola con le sue braccia. “Ma non credo che avrai mai la possibilità di conoscerlo, quindi…” le disse, baciandola dolcemente sulle labbra.

 

Tonks rise, gli passò le braccia intorno al collo e prese a giocherellare con i suoi capelli. “Siamo in vena di coccole?”

 

“Mi sei mancata.”

 

Tonks trattenne il fiato, a questa ammissione.

 

“Davvero?”

 

Mh mh…” annuì lui, annusando il profumo del suo shampoo. “E io? Ti sono mancato?”

 

Lei ridacchiò. “Posso mentire?”

 

“Non credo proprio, signorina…” fu la risposta divertita, che la fece ridere ancor di più. Ecco, la sensazione nostalgica spariva: le braccia di Remus erano un rifugio confortevole, che la rilassava e la facevano sentire a casa.

 

“Allora devo rispondere che, sì, mi sei mancato…” gli bisbigliò all’orecchio, facendolo rabbrividire. “Che ne dici di andare a casa tua? Io sono libera…”

 

“Tra mezzora devo andare via. Missione.” Confessò tristemente lui.

 

“Oh… e in un’ora non possiamo…?”

 

Shh.” L’indice di Remus le coprì la bocca. “Ti devo portare in un posto.”

 

Gli occhi scuri di Tonks scintillarono, curiosi e vivaci.

 

“Dove?”

 

Remus le sorrise malandrino. “E’ una sorpresa, devi solo fidarti di me, ok?”

 

Lei annuì e rise quando Remus bisbigliò un incantesimo che le bendò gli occhi e le coprì le orecchie. “Ha un non che di sadomaso, sai?” commentò tranquilla e – pur non potendo sentire nulla con l’udito – percepì il petto di lui vibrare in una silenziosa risata.

 

Tonks avvertì la sensazione di viaggiare e un po’ di polvere che la fece starnutire e pensare alla Metropolvere. Una certa curiosità l’animava e si chiedeva dove mai Remus la volesse portare: Merlino, quanto amava le sorprese… e lui si stava dimostrando, nuovamente, una scoperta ogni volta. Stavano così bene insieme…

 

Remus? Mi puoi liberare?”

 

La richiesta fu ignorata, ma le mani di lui si intrecciarono con le sue, guidandola in quel luogo senza nome né immagine.

 

Remus?” chiamò ancora, ridacchiando.

 

Inciampò in qualcosa di non identificato, ma un paio di braccia l’afferrarono giusto prima di cadere. I suoi occhi furono liberati, come pure le sue orecchie.

 

Tonks sbatté le palpebre per riabituarsi alla luce e incontrò lo sguardo di Remus.

 

“Potrei baciarti se mi guardi così dolcemente, sai?” gli confessò candidamente lei, continuando a sbattere le ciglia. Lui ghignò.

 

“Prima dai un’occhiata intorno e poi mi baci, ok?”

 

Tonks inarcò un sopracciglio e si guardò intorno. Subito sbatté le palpebre, stordita. “Ma dove…? Di chi è questa casa, Remus?”

 

Lui le sorrise. “Dai, perché non facciamo un giretto nella nostra nuova casa?”

 

Tonks si girò verso di lui con gli occhioni scuri sgranati. “Che?? Hai detto proprio ‘nostra’?”

 

Il sorriso di Remus si fece (quasi) intenerito.

 

Aha. Nostra.” Enfatizzò, mentre sul volto di Tonks si allargava un sorriso deliziosamente genuino.

 

La ragazza fece un piccolo gridolino e si lanciò alla scoperta di quella piccola, ma graziosa casa, con due piccoli bagni, due camere, cucina e salotto non ancora del tutto arredati e un po’ impolverata.

 

“Ma quando l’hai presa?” gli domandò febbrilmente, portandosi dietro come un cagnolino Remus, artigliato da lei ad un braccio.

 

“Alcuni mesi fa… sai, mi ci è voluto un po’ di lavoro extra ma – ” Le labbra di Tonks sulle sue lo zittirono e lo stordirono piacevolmente. Che bel grazie!

 

Tonks si staccò da lui sorridendo. “Perché non me lo hai detto? Avrei contribuito con i pagamenti…”

 

Lui le accarezzò la guancia assorto. “Beh, volevo farti una sorpresa e poi non cantare vittoria! Abbiamo solo un paio di comodini, un lavabo, un letto ad una piazza, un armadio e una poltrona, bisogna prendere tutti il resto e sistemare impianto elettrico e gas. Per non parlare di quello idrico.”

 

Tonks alzò le spalle. “Non c’è problema: papà ti può aiutare. È stato anche elettricista, sai?”

 

“Davvero?” Tonks annuì. “Bene, dovrai informarlo che prossimamente verrai ad abitare qui, se tutto va bene. L’ho intestato a te.”

 

Tonks fece un mezzo sorriso. “Ti amo.” E lo baciò, pensando che aveva detto quel che veramente pensava e sentiva, e che non era mai stata così felice in tanto tempo.

 

Lui la rendeva felice.

 

“Anche io… Nimphadora.”

 

Lei gli diede una piccola botta. “Odio quel nome.” La voce le uscì flebile, a causa della vicinanza di Remus, che la faceva letteralmente sciogliere.

 

“A me piace” le rispose invece Remus “Ha un non so che di fatato…”

 

“E’ proprio per quello che lo odio!” ribatté Tonks, mentre lui le accarezzava la schiena, piano, sfiorandole le labbra con il respiro.

 

Remus…?” lo chiamò dopo  un po’.

 

“Uh?” fu la risposta intontita.

 

“Mi sposi?”

 

Gli occhi di Remus si allargarono di colpo. “Scusa, puoi ripetere?!”

 

Tonks sbuffò, soffiando nel contempo via una ciocca rosa cicca un po’ troppo lunga che le ricadeva sugli occhi. “Mi vuoi sposare?” domandò nuovamente, con una voce ovvia.

 

Le sopracciglia di Remus si inarcarono lievemente. “Non puoi dire sul serio.”

 

“Perché no?” ribatté Nimphadora, serafica.

 

“E anche se fosse, dovrei essere io a proporlo.”

 

Tonks alzò le sopracciglia. “Scusa, ti stai impuntando solo perché io ti ho fatto la proposta per prima? Non ti facevo così sessista.”

 

Remus sospirò, appoggiando una mano alla fronte, esasperato. “Non va bene.”

 

Adesso, cominciava ad essere un po’ irata. Non voleva sposarla, per caso?!

 

“Non vado abbastanza bene per te Remus o sono ancora quei tuoi insulsi e insensati discorsi sul tuo essere Lupo Mannaro?!” le uscì acido.

 

“Non sono insulsi né insensati, solo ragionevoli” corresse placidamente Remus, scuotendo poi la testa e fissandola dritta con i suoi stanchi e brillanti occhi ambrati. “E poi tu sei l’unica per me, Tonks. Lo sai che ti amo.”

 

“E allora!” esplose lei, contrita. “Che problema c’è?!”

 

Remus sospirò. “Un problema c’è: hai rovinato tutto.”

 

Prima che potesse replicare, Tonks guardò scioccata il suo fidanzato inginocchiarsi a terra e tirare fuori dalla tasca del logoro giubbotto una piccola scatolina di velluto e aprirla davanti ai suoi occhi: una semplice fede d’oro le brillò davanti agli occhi.

 

Remus… ma…?” balbettò, il cuore che le batteva in gola per l’emozione e gli occhi fastidiosamente lucidi.

 

Remus sorrideva dolcemente. “Nimphadora Tonks: mi vuoi sposare?”

 

Lei rise e si gettò in ginocchio, stringendolo forte a sé. “Sì, sì, SI! Ti sposo, Remus J. Lupin.”

 

Lui ricambiò l’abbraccio con passione. “Allora, lascia che ti metta l’anello al dito, ok? So che non è nulla di speciale ma…”

 

“Oh no!” lo interruppe lei, mentre Remus le metteva il gioiello all’anulare. “E’ perfetto. Semplicemente perfetto.” Commentò rigirandoselo davanti agli occhi ormai lucidi.

 

Lui sorrise dolcemente, l’espressione più soffice. “Ti amo.”

 

Lei lo baciò. “Anche io.” Borbottò piano sulle sue labbra, scioccandogli un ultimo bacio.

 

“Sai cosa manca Remus?”

 

“Cosa?” domandò lui.

 

Tonks sogghignò. “Una cena dai miei. Non puoi più rimandare la cucina di mia madre!”

 

Remus deglutì allargando gli occhi. “Nimphadora, ti prego…”

 

Lei ignorò il tono supplichevole. “Uhuh, tesoro, mamma e papà devono per forza vedere una seconda volta il mio prossimo marito, non ti pare?” domandò retorica, lanciandogli un sorrisetto soddisfatto.

 

Remus sospirò, ma sorrideva. “Cosa devo fare per averti, cara Tonks…”

 

*^*^*^*

Nei Cieli di Londra

[Verso il Cimitero]

 

 

Harry rimase nell’ombra di Regulus quando richiuse la porta di Grimmauld Place.

 

I lamenti di Kreacher andavano affievolendosi mentre i due maghi terminavano la discesa lungo gli accidentati gradini di pietra. Harry osservò alle sue spalle la Nobile e Antichissima dimora dei Black svanire tra il numero undici e tredici.

 

Regulus fece riapparire la sua vecchia scopa. Harry lo seguì, decollando dalla silenziosa Londra notturna, oppressa da una fitta nebbia da palude.

 

“Dove andiamo?” domandò Harry con voce fievole.

 

Regulus, al suo fianco, si limitò a sbuffare “Te l’ho già detto. Distruggeremo un Horcrux.”

 

“E sai dove trovarne uno? Credevo che conoscessi solo la posizione della coppa delle Fondatrici” gli fece notare Harry.

 

“Infatti, è proprio quella che andiamo a scovare. Prima della mia presunta morte indagai a lungo sui metodi di preservazione che l’Oscuro Signore adoperava nei riguardi dei suoi Horcrux. Se un oggetto viene riconosciuto come tale si adoperava un immediato trasferimento del pezzo di anima in una dimora più sicura: una persona. Ricordi cosa ti dissi in merito agli Horcrux viventi, giusto?”

 

Harry accennò col capo, sgranando gli occhi: “Quindi ora l’Horcrux è indistruttibile?”

 

“Solo più difficile da espugnare, ma ce la faremo.”

 

“Sai già chi è questa persona, suppongo.”

 

“Esatto” disse Regulus “Anche se mi risulta difficile chiamarla un Horcrux vivente, dato che già da più di mille anni è morta.”

 

“Morta? Quindi è una strega?”

 

“Perspicace, Harry” ribatté Regulus con il consueto sarcasmo “E dovresti capire chi è dagli indizi che ti ho fornito. Da mille anni giace sottoterra… e tieni presente che, essendo un Horcrux del Signore Oscuro, è legato alla fama e alla gloria di Hogwarts, nonché ai suoi Fondatori.”

 

Tassorosso o Corvonero?” propose Harry “Ma come fai ad esserne così sicuro?”

 

“L’attacco ad Hogwarts” disse Regulus, sbirciando con la coda dell’occhio la reazione di Harry “Le grandi battaglie sollevano dei grandi polveroni. Hogwarts, in fondo, non rappresentava più un reale ostacolo, forse il Signore Oscuro ha lasciato intendere questo ai Mangiamorte che l’hanno rasa al suolo, ma io sono più propenso nel pensare che si trattasse di un puro diversivo… per distogliere lo sguardo da un’operazione più importante: la sostituzione di un Horcrux.”

 

“Tu mi stai dicendo” cominciò Harry, fremendo di rabbia “Che Voldemort ha distrutto Hogwarts e stroncato centinaia di vite solo per… creare un diversivo?”

 

“E’ fatto così” rispose Regulus con non curanza ed un’alzata di spalle.

 

Harry tremava dalla collera da capo a piedi, persino la sua scopa si agitava con lui, ma il ragazzo si impose di calmarsi. Fissò Regulus di sottecchi e gli chiese: “Perché proprio Corvonero?”

 

“Criterio dell’esclusione” rispose RegulusGrifondoro è l’eterno nemico di Serpeverde quindi io non credo che l’Oscuro Signore intendesse legare un pezzo della sua anima all’epica nemesi del suo illustre antenato. Lo stesso Serpeverde non può essere perché l’Oscuro Signore non avrebbe mai osato profanare la tomba del proprio avo. Infine restano Tassorosso e Corvonero: tra le due, come ogni buon Serpeverde, ho scelto Corvonero, che tra le Case di Hogwarts è quella più vicina agli ideali di Serpeverde, anche se non troppo.”

 

“Stiamo andando al cimitero di Hogwarts” borbottò Harry, pensoso.

 

“Infatti. Perché tanta inquietudine?”

 

“Ci sono già stato una volta” confessò Harry con espressione cupa “Me ne sono andato subito: c’era qualcosa nell’aria che non mi piaceva.”

 

“Perché ci saresti andato” domandò Regulus con disinteresse “Una capatina alla tomba del trapassato Albus Silente?”

 

“No. C’era stata una curiosa serie di eventi che mi hanno portato lì.”

 

“Potrei sapere di cosa si tratta?” gli chiese Regulus, leggermente incuriosito.

 

“Niente di importante. La Mangiamorte che ha portato via la coppa delle Fondatrici assieme a Malfoy e suo padre, prima di andarsene mi ha gridato una strana frase, che poi Hermione ha scoperto essere incisa all’entrata del Cimitero di Hogwarts.”

 

“E a te questo non sembra importante?” sbraitò Regulus con un movimento improvviso, facendo quasi cozzare la sua scopa contro quella di Harry “Vuoi spiegarmi quali sarebbero le tue priorità d’importanza? Sentiamo… vorrei farmi proprio un paio di risate.”

 

Harry si imbronciò: si era quasi scordato dell’effetto umiliante e avvilente che R.A.B., o meglio Regulus, aveva su di lui.

 

“Quindi, secondo te, quella Mangiamorte l’ha fatto apposta” disse Harry “Credi che volessero tendermi una trappola?”

 

“Dubito fortemente che per quanto l’Oscuro Signore ti desideri morto utilizzi un Horcrux come esca… non rischierebbe mai tanto” poi aggiunse Regulus con aria pensierosa “E’più probabile un tradimento.”

 

“Tradimento?”

 

Regulus accennò distrattamente, ritornando pensoso “Chiunque sia quella Mangiamorte, probabilmente non condivide gli stessi interessi dell’Oscuro Signore… in un bizzarro modo ha tentato di avvertirti. Però non mi è chiaro come facesse a conoscere un segreto di così rilevante importanza… questo è decisamente sospetto. Ma di una cosa sono certo: abbiamo scovato una ribelle tra i suoi servitori.”

 

*^*^*^*^*

Malfoy Manor

[Ambigua – Cocco di Mamma]

 

 

Il piano era semplice e conciso: recuperare Narcissa a Malfoy Manor e condurla al Covo Oscuro senza farsi scoprire dall’Ordine della Fenice o dagli inviati del Ministero. Ma il piano aveva una falla…

 

Samantha diede un piccolo colpo di tosse per attirare l’attenzione di Draco, intento a rimuginare sull’operazione di salvataggio… o forse stava pensando a sua madre.

 

“E’ probabile che non avremo problemi a condurre tua madre al Covo Oscuro” attaccò la Mangiamorte “I veri problemi si presenteranno lì: l’Oscuro Signore ha espresso chiaramente il suo dissenso in una simile operazione, quindi, anche se compissimo la missione senza la minima sbavatura ci aspetterebbe una dura punizione per avergli disobbedito. Sei pronto a correre questo pericolo per salvare tua madre?”

 

Draco si limitò a lanciarle un bieco sguardo di sfida.

 

Samantha gli rivolse un ampio sorriso “Sapevo che non eri cattivo: una persona malvagia non è capace di sacrificarsi per gli altri; l’esistenza di un vero cattivo è votata solo per difendere la propria vita e le proprie ambizioni a tutti i costi.”

 

Draco sbuffò come suo solito “Allora anche tu non sei poi così cattiva: se ti importasse solo di te stessa, non mi aiuteresti disobbedendo ad un ordine del Signore Oscuro, mettendo a repentaglio la tua vita e la tua brillante carriera da Mangiamorte.”

 

“E’ un favore che si fa tra colleghi. E poi te l’ho già detto: se ti aiuto, in cambio, dovrai dimenticare che ho ucciso a sangue freddo il tuo amico a Hogwarts” mugugnò infine Samantha, senza far trasparire, però, il minimo rincrescimento.

 

“Non credevo che ti importasse così tanto la mia approvazione” disse Draco con un tono di voce misterioso.

 

“E’ della tua compagnia che ho bisogno” ribatté Samantha “Ma ora basta di rimuginare su certe cose; voglio solo che tu capisca a cosa andiamo incontro, io già lo so: essere pronti a fronteggiare l’Oscuro Signore.”

 

“Parli come una traditrice” borbottò Draco, lanciando un’occhiata alla Mangiamorte per osservare la sua reazione.

 

Samantha si schiarì la voce, leggermente imbarazzata “Con ‘fronteggiare’, intendevo dire ‘accogliere con coraggio e accettazione la punizione che ci darà.”

 

Draco la scrutò attentamente. Samantha trattenne il fiato, ma il suo volto appariva totalmente rilassato.

 

“Stai provando a fare il Legimens” gli chiese con tono beffeggiatore “Non è tanto carino invadere la privacy di una signorina.”

 

Draco rimase ostinato nella sua imperturbabile analisi, gli occhi grigi e freddi fissi in quelli bicolore di Samantha “Te lo chiederò solo una volta, solo questa volta: fai il doppiogioco?”

 

Draco si sarebbe aspettato un lungo silenzio immobile e carico di tensione, ma Samantha non attese neanche un battito di ciglia per rispondere:

 

“No” disse con un sorriso gaio, troppo rilassato “Hai ancora dei dubbi sulla mia fedeltà? Mi hai visto uccidere a sangue freddo con una Maledizione Senza Perdono… credi che se fossi una spia mandata dalla schiera del ‘Bene’ ad infiltrarmi nella schiera del ‘Male’ avrei usato un Avada Kedavra per stroncare la vita di un ragazzo?”

 

Draco trattenne una smorfia infastidita: parla di Goyle “Ovviamente ti trovi molto a tuo agio nella schiera del ‘Male’, molto meglio di me… ma, quello che voglio sapere, è se l’associazione che ti ha promosso Mangiamorte, l’I.M.M.U.N.D.O., è più vicina al Male di quanto lo siano i Mangiamorte.”

 

Questa volta, Samantha si concesse un attimo di silenzio, per ribatter poi in tono fermo: “L’I.M.M.U.N.D.O. è una sorta di associazione che recluta servitori per l’Oscuro Signore all’estero tramite il progetto D.I.O. (Diffusione Internazionale Oscura), quindi è un’affiliata dei Mangiamorte e, di conseguenza, la loro malvagità è alla pari e perfettamente in sintonia con quella dell’Oscuro Signore… Ma non volevi andare a salvare tua madre? Si sta facendo tardi.”

 

Draco la fissò, sbalordito dal suo repentino cambiamento: ebbe la forte sensazione che Samantha si trovasse molto a disagio nel parlare della sua associazione madre: l’I.M.M.U.N.D.O.

 

“D’accordo, andiamo a Malfoy Manor.”

 

Samantha accennò col capo, rivolgendogli uno sguardo complice “Deve essere molto piacevole per te tornare a casa dopo un’assenza così lunga.”

 

“Abbastanza” mugugnò Draco prima di Smaterializzarsi.

 

*

 

Il Wiltshire era una distesa di campagna zeppa di antica e nobile magia: il mistero si poteva respirare nell’aria, ora gravida della medesima nebbia che opprimeva tutta l’Inghilterra.

 

Draco e Samantha stavano accucciati accanto ad un alto ed antichissimo albero, magnificamente nascosti dalla fitta nebbia.

 

La Mangiamorte terminò di mormorare l’ennesimo incantesimo di rivelazione e la bacchetta le restituì, ancora una volta, un segnale negativo.

 

“Ecco fatto” dichiarò soddisfatta “Via libera, non c’è nessuno oltre a noi due nelle vicinanze di Malfoy Manor.”

 

La nebbia fu subito squarciata da una zona magicamente incantata perché risultasse sgombra da qualsiasi intemperie climatiche. Malfoy Manor e il largo possedimento alberato che la circondava erano una piccola oasi luminosa e accogliente, ma, soprattutto, maestosa.

 

Man mano che si avvicinava all’edificio Samantha rimase stupita delle sue proporzioni: era quasi un piccolo castello, ma, a differenza di Hogwarts, Malfoy Manor era elegante in ogni minimo particolare, a partire dalla porta d’accesso principale, sigillata dall’enorme blasone della famiglia, sino alle cornici ghirlandate delle finestre, ampie e dalle vetrate finemente intarsiate.

 

Draco salì i gradini che conducevano al portone d’accesso con un vago senso di estraneità: quante volte aveva varcato quella porta senza badarci troppo, e ora, quell’enorme maniero non gli sembrava nemmeno la sua casa, sebbene non avesse perso nulla dell’antico splendore.

 

Mormorò l’incantesimo che spalancava le porte alla nobile residenza dei Malfoy; la Mangiamorte lo seguì con curiosità.

 

Samantha stentò a trattenere la sua ammirazione: in America non c’era nulla del genere. Quella casa era il trionfo della maestosità, elegante e posata. Il Maniero era antico, tuttavia sgargiante e vitale nel suo ricco arredamento; un incantesimo teneva illuminato tutto l’edificio con quelle che sembravano candele dagli aromi e dall’aspetto indiscutibilmente pregiato; tutto era lucido, ottonato, dorato, argentato e luccicante di nobiltà e gloria antica. Non c’erano dubbi, Malfoy Manor era la casa più maestosa, sfarzosa e imponente che Samantha avesse mai visto.

 

A rompere quell’incanto di meraviglia giunse la voce strascicata di Draco:

 

“Chiudi la bocca, non è buona educazione spalancarla così.”

 

Samantha si rese fastidiosamente conto che non era riuscita a trattenersi dallo spalancare la bocca davanti ad una simile meraviglia di casa; ma, senza lasciar trasparire la propria irritazione, rivolse a Draco un gran sorriso:

 

“E tu vivi in un castello del genere?” enfatizzò, forse con una leggera gelosia.

 

“E’ un maniero, non un castello” ribatté Draco, pacatamente.

 

Samantha sussultò, ma come sempre si trattenne dal darlo a vedere.

 

Sapeva che Draco avrebbe dovuto essere felice e soddisfatto nel ritornare alla casa che gli era stato proibito di visitare; eppure era melanconico.

 

“Hai paura che il Ministero abbia già catturato tua madre”

 

Draco strinse brevemente gli occhi, riaprendoli bruscamente, come a voler cacciare quell’orribile pensiero “Sbrighiamoci a trovarla.”

 

Samantha accennò col capo “Bene, ma non mi pare il caso di urlare a squarciagola il nome di tua madre, è troppo rischioso e scoprirebbe la nostra posizione, invece la nostra presenza deve restare inosservata: dobbiamo ispezionare questo posto da cima a fondo per trovare tua madre. Forse è il caso che ci dividiamo: questo castello… perdon… questo maniero è bello grande e se procediamo uniti impiegheremo troppo tempo, rischiando di incappare negli inviati del Ministero. Il primo che la trova manderà un segnale tramite il Marchio Nero, d’accordo?”

 

“Sei un’ottima stratega” le rispose Draco con un accenno di sorriso e con quello che sembrava un tono di voce rincuorato “Cerca almeno di non perderti e di non incappare in qualche tranello.”

 

“Figurati” ribatté Samantha con un’espressione emozionata “E’ sempre stato il mio sogno esplorare una casa antica come questa piena di tranelli e camere nascoste.”

 

Draco le rivolse un sorriso più marcato e si incamminò nella direzione opposta alla sua.

 

Man mano che avanzava attraverso le sale maestose e i corridoi addobbati da dipinti magnifici e soprammobili pregiati, Samantha rinnovava la sua ammirazione verso Malfoy Manor: era stato il suo sogno d’infanzia vivere in un castello – o maniero – incantato, antico e nobile come quello.

 

Scacciò con fastidio quel pensiero: doveva concentrarsi su quella missione per non rischiare di incorrere in un pericolo con la sua distrazione ma, cosa più importante, perché il buon risultato del salvataggio avrebbe reso felice Draco.

 

E’ probabile che sia Draco a trovarla per primo, rifletté Samantha, imboccando un altro corridoio, Ha molta più famigliarità lui con questa casa di quanta ne abbia io… beh, d’altronde, lui ci viveva.

 

Quasi convinta di non poter trovare nessuno e, attendendo un segnale da Draco, Samantha svoltò l’angolo e incrociò una figura di donna: era una strega davvero bella, bionda e con la medesima pelle diafana di Draco.

 

 

Samantha lanciò il segnale al compagno tramite il Marchio Nero e attese, nascosta dietro lo stipite della porta. Scrutò attentamente quella che ormai era certa essere la signora Malfoy, indecisa se palesare la sua presenza o attendere l’arrivo di Draco.

 

Decise di aspettare, dando un’occhiata in più alla madre del compagno Mangiamorte. La donna era intenta nel guardare con trasporto un libro ben conservato e prezioso che aveva tutta l’aria di essere un Album di Ricordi.

 

Sul tavolino di fronte a lei, anche quello rigorosamente intagliato dal legno più raffinato e costoso, stava poggiata una copia della Gazzetta del Profeta e, se la vista non la ingannava, Samantha riuscì a leggere il titolo della prima pagina, che riportava la politica della nuova e radicale offensiva del Ministero contro i Mangiamorte dopo l’attacco ad Hogwarts.

 

Quindi la signora Malfoy conosceva benissimo la sorte che gli sarebbe spettata se avesse deciso di rimanere a Malfoy Manor; eppure era seduta, tranquilla e rilassata, sullo splendido divano del proprio salotto, vestita finemente e con abiti non certo adatti al combattimento in caso di incursione del Ministero.

 

Rischiava la morte in una simile situazione: il Ministero aveva giurato che ai parenti di Mangiamorte accertati sarebbe toccata la pena capitale per aperta collaborazione con le forze oscure di Lord Voldemort. E, di quei tempi, Malfoy era diventato sinonimo di Mangiamorte; quella sarebbe stata la prima casa a cui i dipendenti del Ministero avrebbero fatto visita. Allora perché la signora Malfoy si ostinava a rimanere in casa, sfogliando pacificamente un Album di Ricordi?

 

Samantha si rese conto con stupore che la donna era pronta ad accettare la morte, accasciata contro un morbido divano, fissando con occhi lucidi le foto e i ricordi di un passato felice ed irraggiungibile.

 

Il forte senso di determinazione di Samantha le impose di interrompere quella melanconica rassegnazione alla morte: uscì dal suo nascondiglio e mosse qualche passo veloce nell’immenso salone, forse troppo impetuosa.

 

Narcissa Malfoy venne violentemente scossa da quella repentina intrusione, infrangendo di colpo un piacevole sogno di memorie di visi sorridenti. La bacchetta stava poggiata sul tavolino di fronte a sé, con una rapida mossa avrebbe potuto afferrarla, ma non fece nulla per difendersi. Forse aveva identificato Samantha come Mangiamorte e, quindi, come una salvatrice che era venuta a recuperarla prima che il Minsitero facesse incursione a Malfoy Manor.

 

Tuttavia i suoi occhi ed il suo viso continuarono a rimanere cupi e spenti: nessuna traccia di sollievo o  di conforto.

 

Samantha decise di prendere l’iniziativa, dato che la donna sembrava ostinata nel suo silenzio imperturbabile.

 

“Salve, signora Malfoy” attaccò con voce pacata e controllata, cercando di apparire il meno nemica possibile “Sono venuta qui per condurla al Covo Oscuro…”

 

Stava per aggiungere… per ordine dell’Oscuro Signore… ma le sembrò un azzardo farlo; con quella missione di salvataggio sia lei che Draco stavano infrangendo apertamente un ordine di Lord Voldemort.

 

Il volto di Narcissa restò impassibile e anche il corpo non accennò a muoversi.

 

Samantha si sentì a disagio, cosa che non le capitava spesso se non in presenza di Draco quando faceva il ficcanaso, e di suo padre Lucius quando la fulminava col suo sguardo glaciale. Probabilmente aveva qualche incompatibilità con la famiglia Malfoy.

 

Ma era singolare che la signora Malfoy stesse così impassibile, quasi allerta, in presenza di un Mangiamorte; forse aveva un conflitto con l’Oscuro Signore? Forse temeva anche lui quanto il Ministero?

 

“Se mi vuole seguire…” disse Samantha con un tono che giudicò essere troppo impacciato.

 

“E’ desiderio dell’Oscuro Signore che ti segua?” domandò secca ed impassibile Narcissa.

 

Ecco la fatidica domanda; probabilmente la signora Malfoy era riluttante nel seguirla sino al Covo Oscuro, questo le era parso ovvio dato il suo attaccamento all’Albun e la sua espressione trita quando l’aveva riconosciuta come Mangiamorte. Quindi, voleva andarsene da quella casa solo nel caso peggiore: un ordine diretto del Signore Oscuro.

 

Samantha rifletté un attimo, senza però lasciare trascorrere troppo tempo; sarebbe stato difficile infrangere un altro immobile e teso silenzio.

 

La Mangiamorte si levò la manica della tunica rivelando il Marchio Nero “La prego, signora Malfoy, mi segua.”

 

Samantha si morse la lingua: forse il suo era sembrato più un ordine tassativo che una richiesta gentile, ma, in effetti, non si sarebbe dovuto aspettare altro la signora Malfoy data l’inflessibile rigidità dei Mangiamorte.

 

Samantha ebbe la sgradevole sensazione di aver cominciato col piede sbagliato la relazione tra lei e Narcissa Malfoy. Già col marito Lucius era iniziata davvero tenebrosa e ostile, e Samantha, per qualche strano motivo, ci teneva a far colpo su almeno uno dei genitori di Draco.

 

A proposito del compagno Mangiamorte… Samantha si augurò che intervenisse presto per interrompere quella tensione e quel silenzio che la Mangiamorte non sopportava.

 

Nel frattempo, Narcissa continuava a restare ostile. Ma nei suoi occhi si era acceso un lampo di terrore alla vista del Marchio Nero.

 

Samantha sentì dei passi pacati provenire dal corridoio che si immetteva direttamente nel salone: ringraziò il cielo! Non avrebbe retto ancora per molto quel silenzio snervante; sicuramente si trattava di Draco, l’amato figlio della donna, che, sicuramente, avrebbe appianato qualunque ostilità e fraintendimento.

 

Anche Narcissa sembrò cogliere il movimento dei passi, perché aguzzò la vista verso il corridoio: ora gli occhi mandavano fiamme ostili.

 

Samantha sospirò interiormente, quasi sogghignando: Narcissa sarebbe stata davvero piacevolmente sorpresa nel riconoscere in suo figlio quello che invece credeva essere un altro Mangiamorte da fronteggiare… in fondo era felice per lei. Le dava l’impressione di una signora composta, di una madre premurosa, e con quell’Albun di Ricordi gelosamente custodito anche di una donna sensibile e gradevole.

 

Samantha si guardò alle spalle ed incontrò la muta domanda di Draco: ‘l’hai trovata?’

 

La Mangiamorte accennò con il capo, facendo un gran sorriso: ‘sì, e sta anche molto bene.’

 

Sul volto di Draco si accese il sollievo e un sorriso di pura emozione che Samantha fu molto felice di vedere.

 

Draco si parò al fianco di Samantha, in piena vista; sua madre lo osservò, boccheggiando, l’espressione del viso totalmente mutata.

 

Tra i due vi fu un intenso scambio di sguardi  dal quale Samantha si sentiva esclusa e d’impiccio. Gli occhi ghiaccio di Draco si erano addolciti considerevolmente, e, quelli azzurri e chiari della madre erano tornati limpidi e luminosi. Le emozioni che si combattevano tra quegli sguardi erano molteplici, ma in entrambi c’era sorpresa e un forte sentimento affettivo che la loro nobiltà gli imponeva di trattenere.

 

Samantha indietreggiò impercettibilmente. Mentre il suo sentore di terza incomoda si acuiva, Narcissa marciò dritta verso il figlio e, senza troppe cerimonie, lo abbracciò.

 

Draco era più alto della donna, il suo mento era reclinato sui morbidi capelli biondi della madre. Il volto di Narcissa era nascosto agli occhi di Samantha, eppure la ragazza giurò di sentirla lievemente singhiozzare, sicuramente tentando di trattenere un liberatorio pianto di gioia. Ancora una volta si sentì d’intralcio e osservò Draco ricambiare con più contegno l’abbraccio della madre; la stretta di Narcissa sembrò approfondirsi.

 

Samantha osservò distrattamente entrambi e, con un vago senso di ruota di scorta, si rese conto che Draco era un vero cocco di mamma.

 

*^*^*^*^*

 

Cimitero di Hogwarts

[I Profanatori di Tombe – Il Cuore di Corvonero]

 

 

“E’ solo una vecchia reliquia del passato. Non può dare più fastidio a nessuno.”

 

Harry ascoltò distrattamente il commento di Regulus. Black se ne stava parato di fronte all’imponente statua dall’aspetto grottesco di un drago con fattezze umane, la stessa statua che aveva ridestato l’antico e acuto dolore nella cicatrice del giovane Potter.

 

Il cuore e gli occhi di Harry erano fissi e concentrati sulle macerie ancora fumanti di quella che un tempo era stata Hogwarts.

 

L’incendio non aveva risparmiato nulla, persino una parte di foresta era irrimediabilmente distrutta; niente sarebbe più cresciuto da quel terreno oscuro e carico di cenere.

 

Gli Auror e gli Eclitti avevano da tempo sgombrato i superstiti e quanti era ancora possibile sperare che si salvassero dalle rovine abbrustolite della scuola: un cumulo di enormi massi color carbone ingombrava lo spazio una volta esclusivamente riservato al profilo imponente di Hogwarts.

 

Harry distolse immediatamente lo sguardo quando Regulus lo invitò a seguire i suoi passi.

 

“Fa esattamente ciò che faccio io. Non c’è bisogno che ti dica che l’eterno letto di riposo dei Fondatori è protetto da straordinari incantesimi di difesa.”

 

Harry rimase in silenzio. Lanciò un’occhiata di sfuggita all’incisione su dura pietra che sorreggeva la statua: *Stai attento a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre*

 

Un istantaneo brivido lo colse, un misto tra paura ed eccitazione: forse avrebbe distrutto un Horcrux, ma… a quale prezzo? Silente, un tempo il mago più potente del mondo, aveva sacrificato la propria vita per il recupero di un oggetto che non era neppure l’originale; quale sarebbe stato il pedaggio per l’Horcrux nascosto nelle catacombe del cimitero di Hogwarts?

 

Il giovane Potter strinse il primo dei suoi preziosi amuleti: il falso Horcrux, il falso medaglione di Serpeverde, a cui era legata la promessa stretta con Silente. La mano gli volò sull’altro prezioso oggetto: lo specchio di Sirius, dal quale aveva sempre continuato a sperare di scorgere il volto dell’amato padrino, l’amuleto che portava tutte le speranze di un futuro esorcizzato dalle Potenze Oscure.

 

Regulus si piantò al cospetto della tomba dei Fondatori, onorata in superficie con una magnifica statua dei quattro, uniti mentre puntavano le bacchette nella medesima direzione.

 

Il Black agitò la bacchetta, mormorando una sorta di cantilena: un pannello laboriosamente inciso con scene di importanza storica nella fondazione di Hogwarts si aprì, rivelando un antro oscuro e dei rovinosi scalini di pietra che scendevano.

 

Harry continuò a stringere lo specchio quando si immersero nella tenebrosa apertura. Entrambi attivarono l’incantesimo Lumos e proseguirono nella loro veloce discesa: Harry, alle spalle di Regulus, lo seguiva con un forte senso di pericolo e di inquietudine, tuttavia il cuore gli martellava dall’emozione: dopo tante ricerche sarebbe giunto a distruggere un Horcrux.

 

La discesa sembrò interminabile, immerso in una quasi totale oscurità in uno stretto corridoio ripido che puzzava di umidità e putrefazione.

 

Infine, Regulus arrestò la sua discesa. Harry puntò la bacchetta davanti a sé e scorse i resti di quella che avrebbe potuto essere un pesante portone di pietra.

 

“Ecco l’accesso alla nobile catacomba, dove sono conservati i resti dei Fondatori” annunciò Regulus in tono solenne.

 

Harry si portò a suo pari, bacchetta sempre alla mano con un forte senso di trionfo in gola.

 

“Questa via è già stata battuta” constatò Regulus, analizzando i resti del portone d’accesso con un grande compiacimento “Avevo ragione: l’attacco di Howgarts è stato un diversivo. Mentre i Mangiamorte dell’Oscuro Signore attiravano l’attenzione con un indegno massacro, il più fedele dei suoi servitori provvedeva a penetrare nella tomba e a rimpiazzare un Horcrux: ottima iniziativa. Dopo un disastro tale, la disfatta di Hogwarts, nessuno mai, almeno nei prossimi anni, si azzarderà a calpestare i confini della scuola: così l’Oscuro Signore era convinto di preservare il suo Horcrux ancora per molto.”

 

Regulus oltrepassò la soglia un tempo protetta dal portone di pietra e puntò la bacchetta illuminata davanti a sé; un ghigno gli contorse le labbra: “Pare che d’ora in poi avremo la strada spianata. Suppongo che i trabocchetti siano già stati annichiliti dal Mangiamorte che ci ha preceduto, comunque procediamo con cautela.”

 

Harry annuì silenziosamente, riprendendo l’avanzata al fianco di Regulus. Come aveva previsto il Black non incontrarono intoppi di alcun generi, solo resti di quelli che parevano trappole magiche o fisiche sventate e distrutte.

 

I corridoi proseguivano in fila con il medesimo aspetto: stretti, grondanti di umidità e di puzzo.

 

Ma ad una svolta l’ambiente cambiò bruscamente, come entro i confini di una zona magicamente incantata perché risultasse onorevole e pulita: un ampio salone circolare con le pareti di pietra lucida e levigata accoglieva la versione in miniatura della statua eretta in superficie in onore dei Fondatori.

 

In questa versione però, notò Harry, le bacchette erano puntate in quattro direzioni diverse, esattamente perpendicolari, tutte rivolte verso un punto, lungo la parete, che formava una lieve rientranza addobba dello stemma della Casa corrispondente.

                                   

“I quattro Fondatori riposano qui” mormorò Regulus incantato e rapito dall’effige al centro della stanza “Quattro come gli elementi della tradizione: fuoco per Grifondoro, terra per Tassorosso, aria per Corvonero e acqua per Serpeverde… secondo tale concezione sono anche disposte le segrete Sali Comuni. Io conosco quella di Serpeverde, nei sotterranei, sotto il livello del lago che è pura acqua. Quattro come i punti cardinali… potrei andare avanti all’infinito” si interruppe e lanciò un’occhiata ad Harry “ma sono certo che tu non apprezzeresti col dovuto rispetto la mia lezione, Harry.”

 

“Vorrei solo trovare e distruggere l’Horcrux” dichiarò Harry con voce ferma e decisa “In fretta.”

 

“Così impaziente” mormorò Regulus mentre puntava il dito verso la statua che raffigurava Cosetta Corvonero “Osserva la sua bacchetta e comprenderai il nascondiglio dell’Horcrux.”

 

“C’ero arrivato da solo, grazie” ribatté Harry, d’improvviso spazientito.

 

Il giovane Potter marciò verso la rientranza indicata dalla bacchetta di Corvonero e tastò con ammirazione il bassorilievo della Casa della Fondatrice.

 

“Qual è l’incantesimo per aprire la tomba?” gli domandò Harry con impazienza.

 

“Innanzitutto” cominciò Regulus con voce melensa “Quello è un sarcofago. La tomba è l’ambiente generale in cui sono custoditi i sarcofagi e qualsiasi altro accessorio adeguato a riservare onore ai quattro Fondatori.”

 

Harry lo fulminò con lo sguardo “Vuoi rispondermi?”

 

In principio Regulus non rispose, socchiuse gli occhi e lanciò una rapida occhiata nel salone.

 

“E’ sbagliato” affermò, voltandosi verso le statue dei quattro.

 

“Cosa?” chiese Harry, tornando a fianco di Regulus.

 

“La disposizione dei Fondatori” ribatté il Black, compiendo un giro indagatore attorno alle effigi dei Fondatori “Come ti ho detto prima ad ogni Fondatore corrisponde un punto cardinale e queste statue sono rivolte dalla parte sbagliata.”

 

“Forse dobbiamo spostare le statue finché saranno rivolte dalla parte giusta” propose Harry fremendo dall’emozione: erano sulla strada giusta…

 

“Arguto, Harry” disse Regulus con un sogghigno beffardo “Il problema è scoprire quale incantesimo sia in grado di invogliare le statue a spostarsi: sembra che la sequenza sia corretta, quindi, tutto ciò che dobbiamo fare, è farle ruotare… direi che il giro più corto è quello verso sinistra: due colpi ed è fatta.”

 

Regulus marciò verso la statua di Serpeverde e si accovacciò ai suoi piedi “Qui forse ci sono le istruzioni.”

 

Harry osservò delle incisioni anche alla base delle statue degli altri Fondatori “Anche qui c’è scritto qualcosa.”

 

“Non ha importanza” disse Regulus “Ho la forte sensazione che uno di noi dovrà superare un test per poter muovere le statue. In tal caso sono io il mago più potente e preparato tra i due, Harry… senza l’ombra d’alcun dubbio. Quindi scelgo la prova che mi prospetta Serpeverde.”

 

Riversa la tua anima sulla connotazione di sé stessa.

Solo superato il controllo della sua incorruttibile limpidezza

sarai ammesso alla visione dei resti dei tre

e delle nobili reliquie del più Puro.

 

“Chiaro, non è poi così enigmatico: esige una goccia del mio sangue per verificare la purezza di esso, e desidera che io la versi sulla parola incisa: ‘anima’. Non ci saranno problemi: il sangue dei Black è nobile e antichissimo.”

 

Harry sgranò gli occhi “Come può fare una cosa del genere? Voglio dire… giudicare la purezza del sangue?”

 

Serpeverde creò molti incantesimi oscuri, potenti e misteriosi a suo tempo che, però, decise di tramandare esclusivamente agli eredi puri del suo sangue; non escludo che tra questi potenti incantesimi ne esistesse uno che fosse in grado di valutare la purezza del sangue di un mago” spiegò Regulus mentre, con un controllato incantesimo Diffindo si recideva il polpastrello dell’indice destro.

 

Lasciò che la goccia scendesse pigramente sulla parola anima, incisa su una targa obliqua ai piedi del Salazar Serpeverde in pietra. Il sangue si propagò, quasi guidato magicamente, e riempì i solchi delle lettere: la parola anima risplendette del sangue rosso di Regulus Black, illuminandosi di dorato e poi d’argento.

 

Il bagliore si attenuò e un ingranaggio si accese. Lo scatto del marchingegno fu seguito da uno strusciare di pietra su pietra: infine tutto l’apparato si arrestò e le statue trovarono la loro rispettiva posizione.

 

Anche gli stemmi sulle rientranze della parete avevano cambiato posizione, come trasfigurate.

 

Sia Regulus che Harry si accostarono a quello di Corvonero.

 

“Possibile sia così semplice” bisbigliò Regulus analizzando con circospezione il corvo rampante inciso sulla pietra “Alohomora.”

 

Il pannello si mosse e rivelò l’antro che celava il sarcofago di Cosetta Corvonero.

 

“Pare che qualcuno l’abbia già aperto, come immaginavo. I cardini e le serrature magiche sono distrutti: bene, ci ha risparmiato un po’ di lavoro. Accio sarcofago” pronunciò Regulus, attirando verso di sé la bara di pietra che recava l’effige della Fondatrice.

 

Il sarcofago sembrò fluttuare a mezz’aria, esattamente a livello delle loro mani. Ora Harry poteva vedere le serrature ridotte a resti carbonizzati.

 

“Preparati, Harry” gli disse Regulus con un’occhiata seria “Anche se credo che il tuo stomaco sia allenato alla vista di cadaveri in putrefazione, data le tue numerose e mirabolanti avventure tra gli Inferi. Ma, ti devo avvertire, questo cadavere ha più di mille anni di storia.”

 

Regulus scoprì il sarcofago con un incantesimo; anche il coperchio slittò sulla bara in pietra per fluttuare a mezz’aria.

 

Harry osservò i resti di Cosetta Corvonero che venivano lentamente rivelati mentre il coperchio scivolava sul sarcofago: era una donna di immane bellezza, ancora fresca e pulita come in attesa che qualcuno la risvegliasse da un placido sonno. Aveva pelle diafane e lunghissimi capelli lisci e corvini, dai riflessi che li facevano scintillare come zaffiri, le labbra piene e rosse, le mani esili e delicate incrociate sul petto.

 

“Sembra intatta” disse Harry, fissando, ancora ammirato, quello che avrebbe dovuto essere un cadavere che aveva più di mille anni.

 

“Come sempre le tue deduzioni mi lasciano interdetto, Harry” sogghignò Regulus “Ma ciò non significa nulla: anzi, un’apparenza incorrotta e genuina è proprio ciò di cui ha bisogno un Horcrux per non destare sospetti, per non mostrare apertamente la sua natura oscura.”

 

“Quindi, questo sarebbe un Horcrux.”

 

“Non esattamente” ribatté Regulus “Suppongo che il corpo di Corvonero sia solo l’involucro che lo protegge. Sono abbastanza convinto che il vero Horcrux si trovi all’interno di esso; probabilmente uno degli organi… il cuore.”

 

Harry sussultò “Il cuore? Come puoi dirlo con tanta precisione?”

 

“Ci fu una leggenda secondo cui la bella Corvonero rimase ammaliata dalla mente acuta e ambiziosa di Salazar Serpeverde, ma, come ben sai, il grande Fondatore non era un soggetto facile da conquistare così convinto delle proprie doti e del proprio talento: in effetti, non vi è mai stato niente e nessuno in grado di conquistare un Serpeverde… sono loro che conquistano. Così Serpeverde rubò il cuore di Corvonero e pare che ne rimase in possesso senza badarvi molto finché la donna morì… giovane come puoi vedere, forse stroncata dall’amore respinto.

Ora, il nostro obiettivo è recuperare il cuore di Corvonero che, anche dopo la morte, rimane sottoil giogo di Serpeverde, posseduto dall’anima di un suo discendente.”

 

“Vuoi dire che dobbiamo…?” chiese Harry, esitante: anche se si trattava del recupero di un Horcrux non era certo di poter adoperarsi ad un’autopsia di uno dei Fondatori di Hogwarts.

 

Regulus gli rivolse una smorfia schifata “Non ti sto chiedendo di scuoiare un corpo morto con la finezza tecnica dei Babbani… abbiamo la magia? Allora: usiamola? Si tratta di un incantesimo che utilizzano in prevalenza i Guaritori per operare su organi interni danneggiati.”

 

Il Black cominciò un incantesimo, molto simile ad una cantilena, più decadente e complicata di quella che aveva utilizzato per aprire la tomba dei Fondatori in superficie. Harry riuscì a cogliere sprazzi di altri incantesimi: “AccioEriptoDiffindo

 

Infine, Regulus alzò le braccia sopra la testa, unendo le mani e stringendo la bacchetta tra di esse. Harry osservò stupito e disgustato l’organo di carne quasi pulsante e attorniato da una specie di alone luminoso e verde uscire dal petto di Cosetta Corvonero come se questa fosse stata una bolla d’acqua.

 

Regulus fece fluttuare il cuore di fronte a sé. Allungò una mano scontrandosi contro la barriera luminosa: il contatto fu istantaneo e liberò un lampo di luce verde che somigliava spaventosamente al getto di luce dell’Avada Kedavra.

 

Il bagliore verde fu accecante ed Harry fu costretto a distogliere lo sguardo. Sentì la vibrazione e il sentore di morte della più micidiale delle Maledizioni Senza Perdono: per un attimo, fu certo di voltarsi ed incontrare il volto storto dallo spaventoso stupore del cadavere di Regulus Black. Si stupì molto nel provare soddisfazione e niente rimpianto all’idea della morte dell’uomo.

 

Ma quando si voltò, trovò Regulus vivo, anch’egli circondato da una barriera che sembrava liquida, intento ad afferrare il cuore di Corvonero oltre l’alone luminoso. Allungò le dita che superarono l’ostacolo: parve che la barriera di Regulus avesse la meglio su quella dell’Horcrux. Strinse le dita intorno al cuore pulsante e, a mani nude, distrusse l’Horcrux.

 

Harry distolse lo sguardo mentre il sangue viscoso schizzato dall’organo colava dalle dita di Regulus sul corpo magnificamente preservato di Cosetta Corvonero, sporcandolo di vermiglio e liquido nero e denso.

 

Il Black lanciò il cuore lontano dal sarcofago e questo si spiaccicò sul pavimento di pietra, strisciando e lasciandosi dietro un’appiccicosa scia di sangue.

 

Quindi, Regulus si rivolse al giovane Potter “Andava fatto, Harry, o sbaglio?”

 

Harry rimase muto: la soddisfazione di aver distrutto un Horcrux offuscata da un basso senso di scorrettezza e inumanità. Aveva raggiunto il suo obiettivo, ma non era stato in grado di farlo personalmente, e colui che aveva adempito alla promessa fatta a Silente, era l’autore di un macello.

 

“Non è stato poi così difficile, almeno per uno come me” aggiunse poi Regulus “La barriera che hai visto circondare l’Horcrux aveva lo stesso effetto di un Avada Kedavra.”

 

Ad Harry non venne neanche la voglia di chiedere a Regulus come avesse fatto a sopravvivere alla barriera, ma ci pensò il Black ad intervenire per primo:

 

“Silenzioso, mhh? Strano. Comunque non ho avuto problemi perché sapevo di non poter morire in quel modo: la Maledizione dei Black, già… in un certo senso è utile, sapendo di dover morire per mano della persona che più ami non temi nessun’altro tipo di morte: è una specie di assicurazione.”

 

Harry fu colto da un’ondata di indignazione e di rabbia “E ti sei gettato così? Solo perché c’era la Maledizione dei Black?”

 

Il volto di Regulus diventò di colpo serio e tenebroso: “Non solo per quello. Dopo capirai.”

 

Regulus mosse qualche passo verso l’uscita della sala, non premurandosi nemmeno di richiudere il sarcofago.

 

Harry rimase indietro e con un incantesimo ‘Gratte e Netta’ riuscì a ripulire in parte il macello che aveva fatto il Black: rimise a suo posto il coperchio del sarcofago e la bara di pietra stessa nel suo antro oltre l’effige di Corvonero. Non appena il pannello si abbassò, richiudendo l’antro, le statue ruotarono nuovamente, ritornando nella posizione iniziale.

 

Harry riattraversò la sala, stando ben attento a non calpestare i resti sanguinolenti sul pavimento. Dovette usare l’Evanesco per far sparire il cuore di Corvonero.

 

Uscì dalla sala, totalmente sdegnato, in cerca di Regulus. Lo trovò facilmente seguendo il bagliore della sua bacchetta: parato di fronte ad un arco con un velo svolazzante e dall’aria spettrale, in una muta e ammaliata contemplazione.

 

“Vieni, Harry” bisbigliò Regulus al ragazzo senza voltarsi “Attraversiamo il velo: questo è speciale, non ci accadrà nulla… se volessimo, potremmo anche tornare indietro… ma solo tu lo farai, io resterò là dietro, con lui. Oltrepassiamo l’arco insieme, così, entrambi, potremo rivedere lui.”

 

*^*^*^*

[Il Militare e la Francesina

“Voulez-vous couchez avec moi?”]

 

 

Giulie non sapeva perché aveva seguito sua cugina in quel caotico, inglese edificio che chiamavano Ministero. Di certo non l’aveva fatto per aiutarla – come faceva tutta la sua idiota famiglia da quando era nata, ma ancor più adesso da quando era giunta la bonne nouvelle del marmocchio in arrivo – né perché glielo avevano ordinato; solo per curiosità.

 

L’edificio non era così interessante come si era aspettata: un normale palazzo con uffici, e naturalmente, la magia. Ma quella era una parte così banale nella sua vita che non provava nessun piacere nel vedere cabine telefoniche che funzionavano come ascensori babbani o buste che svolazzavano da tutte le parti.

 

Inoltre, esteticamente, il Ministero faceva proprio schifo. Grigio compatto e bianco, con qualche sprizzo di verde e giallo per i serramenti. Quasi, quasi era meglio quello francese, il che era tutto dire per lei.

 

Fleur aveva cercato di intavolare una conversazione con lei sul suo matrimonio e su suo marito, con scarsi risultati: Giulie si era rinchiusa in un ostinato silenzio che non aveva voglia di rompere, così aveva lasciato la cugina nel suo monologo per elogiare Bill Weasley – se aveva capito bene.

 

La seguì sperando di trovare qualche inglese interessante da abbordare o almeno con cui divertirsi: mentre passava per i corridoi, Giulie lanciò qualche occhiata ammiccante e occhiolini a destra e a manca, lasciando i funzionari del Ministero a bocca aperta – ma con suo sommo dispiacere, nessuno aveva avuto il coraggio di parlarle.

 

Uffi, qui si prospettava una vacanza noiosa, tra la sua famiglia e gli inglesi timidi.

 

Un gridolino di Fleur le fece alzare gli occhi, pesantemente coperti da eyeliner e da un ombretto viola scuro: la cugina si era gettata tra le braccia di un giovane alto, con i capelli lunghi rossi legati in un codino, metà viso sfigurato da una cicatrice e un paio di vispi occhi chiari che scintillavano d’intelligenza.

 

Giulie si chiese perché mai un tipo così promettente come Bill Weasley avesse scelto come compagna quella piattola di Fleur Delacour.

 

Insomma, Giulie doveva ammettere che il Weasley era assai interessante, con cicatrice e la giacca di pelle di drago: aveva l’aria del ribelle che le piaceva immensamente e un sorriso un po’ malizioso che completava quel quadretto.  Non sembrava proprio il tipo noioso che i suoi genitori e quelli di Fleur volevano come parente, eppure… Bill era il marito di Fleur.

 

Per una volta, Giulie dovette convenire che la cugina aveva buon gusto.

 

“E lei chi è? Non me la presenti?” chiese il Weasley, indicandola con un cenno di capo.

 

Fleur le indirizzò uno sguardo possessivo a cui lei rispose con un sogghigno e disse: “Bill, questa è la mia cugina Giulie Delacour. È francaise, come moi, ma ha vissuto per en peu in Inghiltera.”

 

Bill le sorrise e allungò una mano, stringendo la sua. “Piacere, chiamami Bill.”

 

Lei rispose al sorriso con una punta di malizia. “Il piacere è tutto mio, Bill.” Sussurrò socchiudendo appena le palpebre e massaggiando con il pollice la mano dell’inglese.

 

Questi inarcò un sopracciglio e si staccò dalla presa, sospettoso. Gli dava fastidio che ci provasse con lui? Teneva davvero a Fleur?

 

La cugina era arrossita per la rabbia. Oh beh, pensò Giulie ridendo silenziosamente, almeno questo è divertente.

 

“Hai davvero un ottimo accento.” Disse pacato Bill, cercando di allontanarsi.

 

Giulie alzò le spalle. “Quando hai passato l’infanzia in un college inglese, non ti scordi più come si parla.” Spiegò sinteticamente, spiando le reazioni dei due: Bill era accanto a Fleur e lei gli stritolava il braccio. Troppo uniti.

 

Maledizione, la cugina aveva trovato un marito fedele! Non rispondeva ai suoi sguardi… e tentare in tutti i modi di portarselo a letto si prospettava difficile e faticoso, non ne aveva la ben che minima voglia.

 

Così si dileguò con la scusa del bagno, cercando qualche nuovo soggetto con cui giocare.

 

Aveva provato ad approcciare un paio di impiegati, anche piuttosto carini, ma le erano sembrati tutti così scialbi. Uhm, forse era vera la voce secondo cui gli inglesi erano dei finocchi.

 

Uffa… che noia.

 

“Ehi francesina!”

 

Una voce forte le tuonò nelle orecchie, fermandola.

 

Con una piroetta elegante si voltò sfoderando uno dei suoi sogghigni maliziosi e trovandosi davanti un uomo vestito in uniforme militare che gli dava una certa aura affascinante, questo Giulie doveva ammetterlo.

 

Inoltre, avendolo già fronteggiato, sapeva benissimo che quell’uomo era divertente.

 

“Ehi militare… ti sono mancata?” bisbigliò con voce appena arrochita sbattendo le ciglia lunghe e bionde verso di lui.

 

Marshall alzò un sopracciglio come se il suo tono non l’avesse scalfito.

 

“Francesina, sono venuto solo per darti un consiglio: non provocarmi mai più.”

 

Giulie sbuffò, giocosa, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi scalati e appoggiando l’altra sul fianco. “Che peccato… e io che speravo di poterti rivedere ancora, militare!”

 

Gli occhi di Marshall si assottigliarono, dandogli un’aria pericolosa che le piacque.

 

Com’è che si dice? Ah, già: non si gioca col fuoco.

 

Giulie adorava disobbedire ai cari vecchi proverbi.

 

“Ci stai provando con me, francesina?” le domandò divertito, sogghignando e abbassandosi fino all’altezza degli occhi cristallini di Giulie.

 

Credeva forse di intimorirla con la vicinanza? Per chi l’aveva presa?! Lei non era mica una signorina casta e timida.

 

Senza imbarazzo, Giulie allungò il collo fino a toccare con il proprio naso la punta di quello di Marshall, sempre sorridendo. “Probabile.” Rispose sfacciatamente, incrinando appena la testa con un’espressione divertita. “Mi piacciono gli uomini in divisa…” confessò serafica, giocherellando con le medaglie appese al pettorale di Marshall.

 

L’uomo corrugò la fronte, spiazzato da tale comportamento. Da quando le francesi erano così sgualdrine?!

 

Marshall si sistemò la divisa, calcolando rapidamente come comportarsi per mettere a disagio quella francese impudente. Non aveva ben digerito come l’avesse provocato davanti a tutti – in special modo davanti al trio di imbecilli che lo aveva divertito ad Hogwarts – e non digeriva il suo sguardo lussurioso e quei movimenti artificiosi studiati appositamente per far cadere gli uomini nelle grinfie di quella strega.

 

Doveva ammettere però che era bella, la francese. Molto più bella di Janet, sua moglie, anche se erano tutte e due bionde e mediamente alte. Rimaneva però una puttana, mentre Janet era stata posata, educata e con un sorriso gentile dipinto perennemente sulle labbra.

 

“Che c’è?” gli occhi chiari della francese lo stavano apertamente deridendo. “Ti faccio paura, militare? Proprio a te che dovresti essere quello rispettato e temuto?”

 

Giulie rise forte, buttando indietro la cascata di folti capelli biondi.

E Marshall non ragionò più.

 

Con uno scatto fulmineo, che Giulie non ebbe il tempo di registrare, le prese il polso e, aperta di scatto una porta, la buttò dentro ad un ufficio buio polveroso. Giulie non ebbe il tempo di capacitarsi di quello che era successo, che Marshall tirò fuori la bacchetta e, mormorato un “Colloportus” verso l’uscio, sigillandolo, e la schiacciò con il proprio corpo contro il muro freddo e umido.

 

Giulie sorrise obliquamente anche in quella situazione, il cuore che batteva furioso ed eccitato e l’amata e ricercata adrenalina che pompava nelle vene dandole una sensazione di impagabile piacevolezza.

 

“Dovrei mettermi ad urlare?” lo provocò a bassa voce, ridendo.

 

Sentì i potenti muscoli di Marshall avvicinarsi ancor di più al suo corpo ormai schiacciato e la barba corta e ispida di lui – avrebbe dovuto riuscire a convincerlo a tagliarla, si annotò mentalmente – che le raschiava la pelle delicata della guancia.

 

“Francesina… potrei farti di tutto qui, da soli, basta solo che mormori un Incantesimo Silenziatore e tu saresti in mia balia…” le sussurrò pericolosamente all’orecchio, le mani che le imprigionavano i polsi contro il muro.

 

Giulie trattenne un gemito misto tra dolore – la presa sui polsi era così maledettamente ferrea – e di eccitazione.

 

“Chi ti dice che non voglia proprio questo, militare? Ricordi? Ci stavo provando con te… e ci sto provando ancora.” Rispose rocamente, inarcando appena la schiena fino a fregare il giubbotto di pelle contro la divisa calda del Capitano.

 

Questi gemette rocamente, il fiato leggermente accelerato.

 

“Cazzo…” annaspò Marshall chiudendo gli occhi nel tentativo di dominare l’istinto di infilare una mano sotto la minigonna che indossava la francese e tastare la pelle muda sotto le calze a rete portate impudentemente anche in inverno.

 

Giulie sorrise all’esclamazione. “Ahacazzo.” Ripetè con voce controllata e calma, mentre la sua lingua scivolava lenta sulla guancia ruvida di Marshall, mozzandogli il respiro.

 

L’Eclitto non riuscì a contenersi: le lasciò i polsi e, mentre una mano giocherellava con una coscia sapientemente piegata verso di lui, l’altra afferrò Giulie dietro il collo, guidando le sue labbra verso la bocca di lui che le chiuse con un bacio.

 

Il respiro di Giulie si fece affrettato mentre una mano di Marshall risaliva lenta lungo la coscia e le labbra di lui giocavano con le sue, prima di invadere con la lingua la sua bocca.

 

Le sembrava di avere un formicolio particolarmente piacevole per tutto il corpo, ovunque questo venisse a contatto con la stoffa del vestito del militare, facendola fremere di frustrazione: sentiva il bisogno di adrenalina, e aveva come l’impressione che Marshall era la risposta ai noiosi pomeriggi inglesi che le si prospettavano.

 

Forse, almeno le notti sarebbero state divertenti, pensò coerentemente prima di miagolare nella bocca di lui non appena la sua mano si chiuse con decisione sul suo fondoschiena, sorprendendola piacevolmente.

 

“Adesso non parli più, eh, francesina?” le domandò arrogante Marshall staccandosi dalle sue labbra per lambirle di baci la mandibola.

 

Istintivamente Giulie tirò indietro il collo.

 

“Militare… questo era il mio –” si interruppe strozzandosi con un gemito “– scopo.” Finì, ansimante, accarezzandogli i capelli e la schiena con le lunghe dita curate.

 

Marshall rise. “Almeno quando ti tocco parli come piace a me.” La prese in giro, fissandola con occhi appannati di lussuria.

 

Giulie ricambiò lo sguardo intensamente. “Anche a me piace come mi tocchi.” Sorrise maliziosa. “Ma mi piacerà di più quando io ti sentirò gemere quando ti tocco.” E detto questo lasciò scorrere la mano verso il basso, sotto gli occhi sgranati e sorpresi del militare.

 

Marshall sogghignò. “Vedremo, francese.”

 

“Come vuole, militare.”

 

Giulei fece per riavvicinare le labbra a quelle dell’uomo, quando la radio attaccata alla cintura di Marshall vibrò.

 

L’uomo con disappunto si staccò da lei e guardò l’apparecchio. Infine, rilasciò un grugnito di disappunto.

 

“Devi andare, immagino.” Commentò secca Giulie, sistemandosi capelli e gonna e massaggiandosi i polsi.

 

Marshall annuì. “Di nuovo il concilio, quel cumulo di vecchi… non sanno cosa fare senza di me.” Borbottò scocciato di essere stato interrotto.

 

Alzò lo sguardo verso di lei, indugiando sulle calze – che aveva rotto – e sulle labbra gonfie.

 

Certo che la francese era divertente, e anche disponibile. Da quanto non toccava la pelle di una donna con così tanta energia? Da quanto non si divertiva in quel modo?

 

Marshall sogghignò compiaciuto. “Ehi, francese.”

 

“Uh?” Giulie lo fissò con aria innocente. “Che c’è, militare?”

 

Marshall ampliò il ghigno. “Ti devo ancora dare una lezione per la tua arroganza.” Le disse, implicando tutt’altro e lo sapevano ambedue.

 

Giulie alzò un angolo della bocca. “Quello arrogante sei tu, militare. Ti posso benissimo tenere a bada… dimmi quando vorresti darmi una lezione.”

 

“C’è un albergo magico famoso detto ‘Il Paiolo Magico’, non farai fatica a trovarlo se chiedi a qualcuno. Io sarò lì stanotte verso le dieci.”

 

Giulie ammiccò. “Bene, ci sarò.”

 

Con un “Finitem Incantatem” la porta si aprì e i due partirono per diverse direzioni, come se non si conoscessero affatto, ma in verità, sia Marshall che Giulie non facevano altro che ripensare a quell’appuntamento che sembrava cancellare un po’ di noia dalle loro vite, anche se in modo diverso: per Giulie era una corsa sul filo del rasoio, il gusto del proibito di disobbedire ai criteri da casta che la sua famiglia aveva cercato di affibbiarle, per Marshall un passatempo dopo aver esercitato la sua influenza sul concilio.

 

*^*^*^*

Oltre il Velo

[L’altro Horcrux – i Fratelli Black]

 

 

Harry varcò la soglia che delimitava l’antico e poderoso arco: il velo gli scivolò sul viso e lo lasciò delicatamente entrare in uno spazio fluttuante e luminoso. Harry trattenne il fiato; la paura venne surclassata dallo stupore: un illimitato corridoio costeggiato da arcate simili a quello che aveva appena varcato, i veli spettrali fluttuavano placidi come sospinti da un lieve soffio di vento…

 

Era forse un collegamento con il velo dell’Uffico Misteri che aveva così indegnamente risucchiato la vita di Sirius. Una debole speranza cominciò a farsi largo nel cuore di Harry:

 

“Perché siamo qui?”

 

“Ora aspetto il mio destino: la Maledizione dei Black si compirà qui” declamò Regulus con un’ombra oscura negli occhi.

 

“Che significa?”

 

Regulus gli rivolse un’occhiata vuota:

 

“Una volta mi chiedesti perché mi ribellai all’Oscuro Signore, perché tentai e riuscii a scovare il segreto degli Horcruxes… Non avevo realizzato quanto fosse brutale e impietosa la sua scalata al potere e l’Oscuro Signore mi chiese la conferma, esigendo la mia più totale fedeltà: volle che torturassi e, infine, uccidessi mio fratello. Probabilmente aveva scoperto che Sirius era il Custode originale della dimora nascosta dei Potter, ma poi le carte in tavola si ribaltarono e fu Peter Minus a svelargli il loro nascondiglio e a decretarne la morte. Ma io non potevo dimenticare ciò che mi aveva chiesto e ciò che ancora richiedeva, anche se mio fratello non costituiva più una fonte di informazione rilevante… l’Oscuro Signore desiderava che io uccidessi Sirius… ma io non volevo.”

 

“E ora, lui verrà qui e finalmente potrò rivedere il suo viso e la Maledizione dei Black si compirà.”

 

Harry trattenne il fiato, scostando finalmente lo sguardo dall’infinito corridoio di setosi veli svolazzanti. Mosse i suoi occhi smeraldo su Regulus e gli si mozzò il fiato: un’ombra oscura, come dei tentacoli bui, si agitava sul corpo dell’uomo.

 

La cicatrice di Harry cominciò a pulsare e il ragazzo si ritrovò accasciato a terra dal dolore.

 

Co-cos’è?” riuscì a mugugnare tra le fitte che scuotevano il suo corpo.

 

“Lo sai, Harry: oltre il velo è visibile l’anima di un individuo. Perché credi che io, tenuto fuori dal mondo per più di diciassette anni, conoscessi i profondi segreti dell’Oscuro Signore, i piani oscuri che aveva in mente dopo la sua rinascita; eppure te lo dissi una volta: non sei il solo ad avere un contatto con l’Oscuro Signore… tu hai la cicatrice e io ho un pezzo della sua anima.”

 

Harry spalancò gli occhi, il fiato gli morì in gola.

 

“Sì, Harry. Ecco perché non temevo la morte quando ruppi l’incantesimo che proteggeva la tomba di Corvonere, certo, c’era la Maledizione dei Black, ma, in più, o forse proprio in combutta col destino della mia famiglia, il pezzo di anima del Signore Oscuro mi fornisce una potente protezione: io sono difficile da uccidere, come Horcrux umano.”

 

“Ecco perché” sibilò Harry, stringendo la bacchetta “Hai detto che, qualunque cosa tu possa fare, non potrai mai vedere la morte di Voldemort e perché, tu, prima devi morire.”

 

“Bravo, Harry, perspicace. Quando tentai di distruggere il medaglione di Serpeverde con l’aiuto di Lyons Kaus tutto quello che riuscimmo a fare fu liberare il pezzo di anima, ma non distruggerla… fui io a bere la pozione per arrivare all’Horcrux e, vagamente, conoscevo il destino che mi sarebbe spettato: morire avvelenato entro poco tempo… per questo scrissi quel messaggio, firmato R.A.B. (Regulus Arcturus Black). Al tempo non sapevo della Maledizione dei Black… forse fu proprio quella ad impedirmi di morire così, avvelenato dalla pozione… perché io dovevo morire ucciso dalla persona che più amassi.

E’ qui che la Maledizione della mia famiglia diventò provvidenziale, forse, proprio per il mio destino, non mi fu permesso di morire a quel modo, avvelenato, e così l’anima vagante che avevamo liberato dal medaglione trovò ristoro nel mio corpo, ovviamente contro la mia volontà: ma, grazie a quella, fui salvato perché diventai un Horcrux vivente, immune a qualsiasi tipo di veleno, una fortezza umana per preservare l’anima del Signore Oscuro.

Inoltre, in quella pozione, lasciai la mia memoria liquida – simile alla sostanza evanescente e fluida del Pensatoio – Quando la bevvi allucinai dal dolore: rividi gli attimi più sofferenti degli ultimi mesi, la richiesta che mi fece l’Oscuro Signore… me lo disse Lyons Kaus, io non rammentai nulla di quei momenti sotto l’effetto allucinante della pozione. Là, in quel liquido che stava a guardia del falso medaglione di Serpeverde riversai involontariamente i miei più biechi timori.

Nessuno conosceva questo mio segreto, né Lyons Kaus, né l’Oscuro Signore… soltanto Piton.”

 

“Perché, Piton?” domandò Harry a denti stretti, gli occhi e la bacchetta puntati sui tentacoli oscuri che attanagliavano il corpo di Regulus: poteva distruggere un altro Horcrux “Perché l’hai detto a Piton?”

 

“Perché anche lui è in una situazione simile” confessò Regulus “Anche lui è legato indissolubilmente alla vita dell’Oscuro Signore… solo che lui ne fornisce il sostentamento, già te lo spiegai una volta, ma pare che tu non abbia compreso la portata di quella rivelazione.”

 

“Me l’hai già detto” disse Harry spazientito “Piton è quello che alla creazione del primo Horcrux ha permesso a Voldemort di condividere la sua anima per evitare che la propria si destabilizzasse.”

 

“Bravo, Harry, hai studiato” sogghignò Regulus “Ma continui a non renderti conto della portata di questo fatto… ma pazienza. Solo sappi che, forse, Piton non è poi così cattivo come sembra.”

 

“Ha ucciso Silente!” esplose Harry “L’ha ucciso e lui gli aveva dato protezione e fiducia: per me questo basta per giudicarlo: è uno schifoso traditore e doppiogiochista, merita solo la morte!”

 

“E dunque quella si guadagnerà” sentenziò Regulus con una bizzarra voce profetica “Ma rifletti bene sulla profezia, sulle sue parole.”

 

Regulus mosse qualche passo deciso verso Harry. Il giovane Potter levò la bacchetta più alta e non accennò ad indietreggiare.

 

“Perché i tuoi genitori hanno sfidato l’Oscuro Signore per tre volte? Cos’hanno fatto?”

 

“Non lo so” disse Harry con un soffio, la bacchetta ancora fermamente puntata contro l’ombra oscura sulla pelle dell’altro.

 

“Cerca di scoprirlo” disse Regulus “E’ l’ultimo consiglio che ti do. Dopo questa notte non sarò più disponibile per svelarti i misteri della vita e degli Horcruxes. Dovrai imparare a cavartela da solo, senza l’aiuto di un protettore.”

 

“Me la caverò da solo! Lo faccio già da molto” ringhiò Harry contro l’uomo.

 

Regulus gli rivolse un sorriso ironico al quale Harry rispose sventolando minacciosamente la bacchetta, come sul punto di scagliare una robusta fattura.

 

“Non ho paura. Non sarai tu ad uccidermi, Harry… non sei tu la persona più cara per me.”

 

“Lo vedremo” borbottò Harry, un’ondata di risoluzione lo invase, più potente di quella che lo aveva spinto a cercare Piton per ucciderlo “Ho giurato a Silente che avrei distrutto tutti gli Horcruxes e poi Voldemort: e tu sei un Horcrux!”

 

Harry si scagliò contro Regulus, ma prima che potesse avvicinarsi venne respinto da un violente schiantesimo che lo fece strisciare lungo un buon tratto di corridoio.

 

Il giovane Potter si rialzò a fatica e un lampo rosso subito lo accecò, sollevandolo da terra e scaraventandolo ancora più lontano.

 

“La differenza tra di noi è incolmabile, Harry” gli urlò Regulus con un sogghigno “Io, dopotutto, ero un abile Mangiamorte e devo dire che il frammento di anima dell’Oscuro Signore ha accresciuto enormemente il mio potere: non hai speranze contro di me.”

 

Harry tentò nuovamente di alzarsi per combattere, ma uno scintillio poco distante attirò la sua attenzione: uno specchio dal vetro incrinato giaceva sul duro pavimento di pietra. Forse, durante la caduta gli era scivolato dal mantello, andando ad infrangersi al suolo.

 

Il giovane Potter lo raccolse con disperazione, abbandonando persino la bacchetta: lo specchio di Sirius era rotto. Lo stesso specchio in cui aveva creduto di scorgere l’amato volto del padrino… neanche quell’oggetto, suo prezioso ricordo, era stato in grado di proteggere.

 

Sirius” quasi singultò, reggendo tra le mani tremanti lo specchio infranto.

 

Il giovane Potter udì l’eco della sua supplica e attese un vuoto silenzio.

 

Ma una calda voce famigliare gli rispose: “Harry.”

 

Il respiro fu violentemente trattenuto mentre levava lo sguardo per incontrare due occhi scuri e famigliari, ma evanescenti. Il fantasma di Sirius fluttuava a pochi centimetri da lui.

 

Harry si alzò di scatto, travolto da un’ondata di incredula felicità: i lunghi capelli scuri e spettinati, il breve accenno di barba incolta, gli occhi scuri e i lineamenti che celavano una passata e grande bellezza.

 

“Aspetta!” lo ammonì Sirius, indietreggiando a velocità sorprendente “Non toccarmi, sono pericoloso sotto questa forma.”

 

“Ma, Sirius, tu…?” biascicò Harry ancora dominato da un irrefrenabile impulso di avvicinarsi all’uomo.

 

“Non sono un fantasma” ribatté Sirius “Credo di non esserlo, almeno – si fissò le mani trasparenti e luminescenti – da quando ho varcato quel velo sono rimasto qui, non mi è stata data la possibilità di andarmene, quindi, forse, io sono…”

 

“Sei comunque morto” mugugnò sordidamente una voce alle spalle di Harry.

 

Il giovane Potter si voltò appena in tempo per evitare una robusta fattura scagliatagli da Regulus.

 

“Hai ragione” proseguì Regulus “Non sei un fantasma: i fantasmi sono impronte di anima, mentre tu sei anima pura. Se solo dovessi avvicinarti ad un essere vivente il tuo solo tocco basterebbe a scindere l’anima dal corpo e, dietro questo velo, ciò equivarrebbe alla morte. Anche per un Horcrux vivente come me sei davvero pericoloso, caro fratello Inutile.”

 

Sirius fremette da capo a piedi, il che fu impressionante dato che il corpo era totalmente inconsistente:

 

“Stupido fratello, non osare più chiamarmi così” ringhiò a voce poco più alta di un sussurro “E’ da quando ho scoperto che sei ancora vivo che voglio ucciderti… dopo tutto quello che hai fatto a Harry.”

 

Regulus scrutò lo sguardo mortifero del fratello e un’ombra di tristezza gli attraversò gli occhi “Come fai a saperlo?”

 

“Lo specchio, attraverso quello potevo vedere quello che accadeva nel mondo… è ho visto quello che hai fatto ad Harry.” rispose Sirius con voce velenosa.

 

“Sono diventato il suo mentore” ribatté Regulus con voce più calma e pacata.

 

“Sbagliato!” strepitò Sirius “Lo hai preso in giro, lo hai ingannato, lo hai persino tradito con Mocciosus e stavi per mandarlo a morire al Ministero… sapevi di Hogwarts, ma non hai fatto nulla.”

 

“Per tutto quello che hai fatto meriti di morire e non mi importa nulla se sei mio fratello” urlò Sirius quasi sputando.

 

Il volto di Regulus si fece d’improvviso più sereno e luminoso “E sarai tu a donarmi la morte… proprio come vuole la Maledizione della nostra famiglia.”

 

In un istante, Harry comprese il drammatico significato della Maledizione dei Black: Sirius sarebbe stato il carnefice di Regulus; il minore che guardava al maggiore con una segreta ammirazione e con affetto represso sarebbe stato vittima dell’amato fratello.

 

Sirius si gettò su Regulus come un lampo, con la velocità spettrale e fluttuante che solo un essere non umano può avere.

 

La bacchetta di Regulus restò mollemente rivolta a terra, l’uomo non fece nulla per contrastare l’avanzata di Sirius, non oppose resistenza.

 

Ad Harry sembrò di vederlo abbandonare la bacchetta: questa scivolò dalle sue dita e sbatté sul pavimento di pietra con un rimbombo legnoso.

 

Le mani di Sirius furono sul suo collo in un attimo: gli arti evanescenti del fratello maggiore si strinsero e tirarono; l’anima di Regulus cominciò a scindersi dal corpo.

 

“Ti ucciderò!” sbraitò Sirius in facci al fratello “Morirai qui!”

 

“L’ho sempre pensato” bisbigliò Regulus con un filo di voce “Sei tu l’ultimo dei Black. Sei sempre stato l’ultimo in tutto… Inutile.”

 

Sirius affondò la presa e Regulus sussultò più forte.

 

“Ma” continuò il più giovane dei Black “Non ti puoi sottrarre al tuo destino.”

 

Con il fievole sprizzo di forza che gli restava in corpo, Regulus afferrò il braccio destro di Sirius, artigliando le dita nella sua pelle.

 

“Ora… spetta a te… portare questo fardello” sussurrò con la voce che si indeboliva sempre di più.

 

Sirius non ebbe il tempo di ringhiare contro il fratello: l’ombra che macchiava la pelle candida di Regulus stava allungando i suoi tentacoli verso di lui. Lentamente, quel frangente di anima oscura scivolò sulle braccia di Sirius e gli invase tutto il corpo.

 

“Cosa… cosa hai fatto!?” strillò Sirius col volto deformato dalla rabbia.

 

Il fratello maggiore strinse la morsa e Regulus trasalì, al limite delle proprie forze “Ora sei tu… il… nuovo… Horcrux.”

 

“Maledetto! Maledetto! Non potevi morire e basta? Perché?”

 

Regulus gli sorrise lievemente di rimando “Perché… devi… devi provare… la Maledizione… dei Black.”

 

“No!” strepitò Sirius “Io non appartengo a quella stupida famiglia! L’ho abbandonata tanto tempo fa!”

 

“Eppure” singultò Regulus allo stremo “Hai… continuato… a… farti chiamare… SiriusBlack.”

 

“Questo non importa!” gridò Sirius “Io me ne sono andato da quell’orribile famiglia. Il mio nome, la mia esistenza è stata cancellata dall’arazzo di famiglia. Per me la Maledizione non esiste perché nessuno della Nobile e Antichissima Casata dei Black – sibilò Sirius con sprezzo – mi ha riconosciuto come un pari: voi vi siete dimenticati di me, sono sparito dalle vostre menti, non sono mai esistito per voi… ma così, meglio per me! Per me non c’è nessuna Maledizione perché nessuno di voi si è ricordato di me!” esclamò, infine, trionfante.

 

“Ti… ti… sbagli” esalò Regulus, le palpebre che cominciavano a calare sugli occhi stanchi e vuoti “Per… te… c’è… la Maled… - il volto si riversò su un lato e diede in un potente colpo di tosse, ma gli occhi quasi serrati tornarono sul volto del fratello - … già… tu sei… un… Black… ma è… colpa… mia… io… io…”

 

… non ti ho mai dimenticato. Sei sempre stato mio fratello.

 

Bisbigliò, o forse pensò. I suoi occhi profondi e scuri si spensero guardando il volto cupo di Sirius. Non seppe mai se suo fratello l’avesse sentito.

 

Sirius abbandonò il corpo morto di Regulus, osservando l’ombra scura che tingeva la sua pelle: un brivido istantaneo lo colse.

 

“Maledetto Regulus” sibilò a denti stretti.

 

Sirius” bisbigliò Harry alle sue spalle; il volto del padrino era adombrato da un’intensa oscurità.

 

Sirius si voltò verso il nipote e gli rivolse un sorriso amaro “A quanto pare il mio fratellino avrà presto compagnia nella tomba. Oggi finisce l’ultimo dei Black.”

 

Harry trattenne il fiato e poi esplose “No! Ora che ti ho ritrovato non penserai davvero di andartene, di morire?”

 

“Sono già morto, Harry” disse Sirius con rassegnata calma “Ma questo velo non mi permette di andarmene, mi ha bloccato in questa specie di limbo: ero legato sia al mondo dei morti che a quello dei vivi. Ovunque tu andassi, sentivo la tua presenza, ero vicino a te… lo specchio che hai custodito con tanta gelosia, Harry… quello era il nostro legame.”

 

Il giovane Potter osservò il vetro infranto dello specchio e agitò violentemente la testa “No! Se sei qui vuol dire che puoi tornare! Basta che riattraversi il velo… con me! Combatteremo Voldemort e lo sconfiggeremo… insieme!”

 

Un lieve sorriso si formò sulle labbra di Sirius.

 

“E’ la stessa cosa che mi disse James quando ci unimmo all’Ordine e continuava sempre a ripeterlo… insieme… anch’io lo volevo, Harry. Ma adesso basta rimuginare sul passato, sono sempre rimasto attaccato al passato, a quei ricordi felici perché era l’unica cosa che mi permetteva di sopravvivere ad Azkaban. Ma ora ne sono uscito” continuò Sirius con più energia e decisione, il volto stanco si faceva più superbo “Sono pronto a ricevere quello che mi spetta, sono pronto ad andarmene… non dimenticherò mai tuo padre, Harry, ma quei ricordi mi stanno accecando.”

 

Harry lo fissava sbalordito con una sgradevole sensazione di bassezza nelle viscere: non voleva che si separassero, non voleva lasciarlo andare… di nuovo.

 

“E’ tutta colpa mia” borbottò Sirius “Aveva ragione la vecchia signora Weasley… tu sei James, per me almeno. Ti ho sempre visto come la copia di James, il mio caro vecchio amico fuori di testa. Siete identici, e io volevo che fossi identico a lui in tutto e per tutto, che fossi un mio pari, l’unico alla mia altezza… e non mi sono curato delle conseguenze. Ora spetta a te finirmi, Harry.”

 

S-sirius?” bofonchiò Harry, esterrefatto.

 

“Basta un semplice colpo di bacchetta, un incantesimo che quello stupido di mio fratello ti ha insegnato… così la mia anima potrà andarsene e non diventerò un fantasma.”

 

“Perché no!?” esclamò Harry disperato “Perché non potresti diventare un fantasma? Così potremo parlare comunque anche se tu… sei morto!”

 

“No, Harry” ribatté Sirius con dolcezza “Coloro che diventano dei fantasmi restano legati al mondo terreno, ma non perché sentono il bisogno di stare vicino ai propri cari… hanno un debito, c’è qualcosa che nella loro vita non hanno concluso, che è rimasta incompiuta. E io il mio debito lo saldo con te: libera la mia anima.”

 

“Perché?” eruppe Harry “Perché dovrei fare una cosa del genere?”

 

“Perché sono un Horcrux.”

 

Le parole di Sirius investirono Harry in tutta la loro sconvolgente rivelazione; gli occhi smeraldo del ragazzo saettarono ai tentacoli oscuri che adombravano la figura evanescente del padrino: una parte dell’anima di Lord Voldemort.

 

“Mio fratello ha pensato bene di farmi un regalino prima di andarsene” sogghignò Sirius, tuttavia privo di rancore “Devi liberare la mia anima perché questo è il destino dei Black.”

 

“Quando mai!” esplose Harry “Quando mai ti sei piegato al destino dei Black, Sirius!?”

 

“Mai!” ribatté Sirius con decisione “Sono sempre stato un cane sciolto, selvatico e ribelle, sempre scostante, sempre in bilico in qualunque situazione… il nome dei Black mi ha sempre perseguitato e io l’ho sempre scacciato via come la peste… ma adesso, Maledizione o no, per quanto io desideri rimanere con te… devo morire.”

 

“Se desideri davvero restare con me, allora rimani! Perché dovresti voler morire?”

 

“Harry” disse Sirius lievemente “Sono un Horcrux. E se non mi aiuti ad oltrepassare definitivamente il velo, se non liberi la mia anima, Lord Voldemort continuerà ad esistere… in eterno.”

 

“Ti libererò da quelle macchie oscure. Troveremo un modo!” sbraitò Harry.

 

Sirius scosse la testa “No. Cerca di capire: io non farò come Regulus, lui ha chinato il capo e si è lasciato morire perché la Maledizione dei Black lo ha conquistato… io decido di morire perché Lord Voldemort, un giorno, possa sparire… e sarai tu, Harry, a farlo, non è vero?”

 

Un muto rantolo di orrore uscì dalle labbra di Harry, una fastidiosa sensazione cominciava a pungergli gli occhi: come poteva chiedergli di diventare il suo carnefice? Possibile che scegliesse la morte e non la vita?

 

Ma Sirius gli sorrise con quel modo complice e paterno.

 

Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci, ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black… entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il nostro destino. E il mio destino è di morire e voglio che sia la persona che più amo al mondo ad aiutarmi ad oltrepassare il velo: sei tu, Harry… e il fatto che io ti scelga perché sei il mio amato nipote non significa che io mi stia piegando alla Maledizione dei Black, al contrario, io scegliendo, la domino.”

 

La bacchetta tremava ancora tra le dita di Harry, lacrime calde minacciavano di cadere dai suoi occhi: due parole gli uscirono dalla gola: “Ho capito.”

 

Sirius gli rivolse un ampio accenno con orgoglio, gli occhi ancora luminosi e dolci.

 

“Ti va di diventare il mio gufo?” gli domandò con un sorriso incoraggiante “Ho dei messaggi da affidarti.”

 

Harry accennò vigorosamente con il capo “Certamente.”

 

Sirius gli sorrise di rimando e cominciò: “A tutto l’Ordine della Fenice: sono stati dei grandi compagni, tranne Malocchio Moody quando si ubriacava.”

 

Harry si lasciò sfuggire una risata che, tuttavia, sembrò incredibilmente priva di allegria: gli occhi ancora fissi sul volto evanescente del padrino.

 

“Ringrazia tutti i tuoi amici: Ron, Hermione e naturalmente Ginny” aggiunse Sirius con un’amicata che aveva del complice.

 

Lo sguardo di Sirius si fece più deciso e risoluto “Queste sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort, Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”

 

“E’ quello che voglio anch’io e ti giuro che se avrò un figlio maschio…”

 

“Non ti azzardare a chiamare il primo dei tuoi figli maschi Sirius, è un nome sfortunato” lo interruppe il padrino con un sogghigno.

 

“D’accordo” disse Harry con una smorfia contrita, ma che si sforzò di far apparire allegra.

 

“Salutami Tonks e dille di darci dentro con Remus, ne ha proprio bisogno quel ragazzone.”

 

Harry rise con lui.

 

“E dì a Remus di tenere alto il nome dei Malandrini. Ricordagli di non lasciarsi seppellire dai sensi di colpa, anche se lo ricorderò sempre come il perno morale del gruppo” aggiunse piano con una smorfia ironica che fece sorridere Harry.

 

“E magari” borbottò Sirius col volto improvvisamente grave “Magari incontrerò Regulus, quello stupido… non sono riuscito a dirgli che è uno stupido, il mio fratellino stupido.”

 

Harry pensò di vedere un lampo di affetto negli occhi scuri dell’ultimo dei Black.

 

Sirius allentò l’espressione seria del viso in un sorriso di trionfo, tutto rivolto ad Harry.

 

“Addio, Harry. Se riuscirò a trovarlo, ti saluterò James… sai, lui è sempre stato un vero mago nell’arte della mimesi.”

 

Sirius gli fece cenno: il giovane Potter agitò la bacchetta, bisbigliando l’incantesimo.

 

Harry contemplò l’ultima speranza della Nobile e Antichissima Casata dei Black scomparire lentamente davanti a lui con un lieve sorriso.

 

*^*^*^*

[Indovina chi viene a cena?

La famiglia Tonks]

 

 

Remus tentò di deglutire, sentendo la gola arida, ma il gesto fu quasi inutile: sembrava che l’agitazione gli impedisse anche la salivazione. Merlino.

 

Si era rasato barba e sistemato i capelli, aveva indossato la giacca con meno toppe che aveva trovato nell’armadio, una camicia bianca semplice, aveva rinunciata alla cravatta (troppo rovinata), e un paio di pantaloni marroni abbinati con la giacca, anche se un po’ lisi sulle ginocchia.

 

Poi con un sospiro aveva raggiunto la semplice e modesta casa dei Tonks con la propria scopa, per non sporcarsi il vestito con la Metropolvere.

 

Aveva le mani sudate, costatò mentre aspettava che qualcuno venisse ad aprirgli la porta, ed era nervoso: aveva già conosciuto i genitori di Tonks – Andromeda era all’ultimo anno quando lui era entrato ad Hogwarts – e Ted era un simpatico uomo con sui aveva parlato piacevolmente in qualche occasionale cena organizzata dalla sua deliziosa fidanzata.

 

Ma non si era mai dovuto presentare come sposo. E se i genitori di Nimphadora non volevano che la figlia sposasse un Licantropo? Non li avrebbe biasimati. Lui era più vecchio di Tonks di almeno una decina d’anni buoni (non voleva ricordarsi il numero esatti o sarebbe andato di matto) e oltretutto non era ricco, per non parlare del ‘piccolo problema peloso’, come lo definivano James e Sirius ai tempi della scuola.

 

Aveva imparato ed era grato a Tonks per averlo accettato, per amarlo così com’era ma… alle volte non riusciva a non sentirsi in qualche modo sbagliato per lei. In fondo, si era sentito sbagliato per una vita intera, e solo poche persone come i suoi amici (ormai morti), Harry, Silente, la famiglia Weasley, Hermione, l’Ordine e Tonks non erano scappati via da lui.

 

I suoi pensieri furono interrotti da un cigolio di porta e dalla testolina rosa acceso di Tonks che spuntava dalla porta socchiusa e gli sorrideva.

 

“Pronto?” scherzò lei, vedendolo teso come una corda di violino.

 

Remus prese un bel respiro e annuì. Tonks sorrise divertita, aprendogli la porta. “Allora entra.”

 

Lupin impiegò qualche secondo per registrare le sue parole, paralizzato dall’abito semplice ma ad effetto indossato dalla sua promessa: il violetto le donava, decise, lasciando i suoi occhi indugiare sulla scollatura semplice ma incantevole dell’abito.

 

“Sei… uno splendore.”

 

Tonks arrossì. “G-grazie.” Balbettò, spostandosi di lato. “Dai, entra.” Ridacchiò per togliersi un po’ dall’imbarazzo che le era nato sotto l’esame approfondito di Remus.

 

Lui entrò timidamente, togliendosi il cappotto. “Dove lo posso appoggiare?” le domandò cortese.

 

Tonks gli rubò l’indumento dalle mani e chiuse dietro di sé l’uscio. “Ci penso io, tu entra in salotto ad aspettare: mamma sta finendo il brasato.”

 

Remus sobbalzò e l’espressione di Tonks si fece dubbiosa. “Non ti piace  il brasato? E per la cucina di mamma non ti preoccupare, l’ho aiutata io!” esclamò allegra, sistemandosi sul braccio il cappotto color grigio topo di Lupin.

 

“Allora si che mi preoccupo…” ironizzò, guadagnandosi un’occhiataccia. “E’ che… devo parlare con tuo padre da solo? Non potresti venire con me?”

 

Tonks sbarrò gli occhi, divertita. “Oh cielo, hai paura?” gli chiese incredula, facendolo grugnire.

 

La ragazza rise e gli posò un bacio sulla guancia. “Dai, torno subito, e poi papà non mangia. Ce la puoi fare, mio eroe.” Ridacchiò, rilassandolo un poco.

 

Remus annuì. “Allora vado.”

 

Nimphadora sorrise con dolcezza. “Vai.”

 

Remus entrò nel salotto con un lieve “Permesso” e la gola ancora terribilmente secca. Doveva calmarsi, prendere un respiro, diamine!

 

Ted Tonks alzò gli occhi dal quotidiano per fissarlo intensamente. “Lupin… benvenuto. Sono felice che tu sia qui.” Il tono del signor Tonks era diverso dal solito scherzoso e burlone, più calmo e… serio.

 

Remus annuì. “Grazie. Sono sempre grato della vostra ospitalità.”

 

“Ma ti prego, posso darti del tu vero?” Remus annuì nuovamente, torturandosi il lembo del vestito. “Vieni a sederti accanto a me, Remus.”

 

“Certamente, signor Tonks.” Rispose cordialmente Lupin, sedendosi come indicato su una poltrona accanto al suo prossimo ‘suocero’ (se fosse riuscito a fargli una buona impressione, naturalmente).

 

“Chiamami Ted.” Gli disse Tonks senior, facendolo nuovamente annuire. Si sentiva un alunno, rifletté vagamente Remus.

 

“Allora, Remus…” Ecco, qui comincia l’interrogatorio, pensò Lupin terrorizzato. “Ami mia figlia?”

 

Remus dovette sbattere gli occhi, intontito da un approccio così diretto, ben diverso da quello a cui si era preparato. “Scusi?”

 

Ted non mutò espressione. “Ami mia figlia?”

 

“Sì.” Rispose d’impulso Remus. “Con tutto il mio cuore.”

 

I piccoli occhi svegli di Ted Tonks lo studiarono per qualche secondo, poi le sue labbra si tirarono in un sorriso. “Bene, allora puoi sposarla.”

 

Remus era senza parole. “Eh? Ma non mi pone nessuna domanda? Non ha obiezioni?”

 

Ted rise forte, una risata gioiosa e vigorosa molto simile a quella della figlia. “Andiamo Remus, ci conosciamo da un po’ ormai, so che sei una brava persona e so che mia figlia ti ama e la rendi felice. Questo ti basta per accaparrarti il diritto di sposarla, non credi?” esclamò giulivo, facendogli l’occhiolino.

 

Remus riuscì finalmente a deglutire e sorridere spontaneamente. “Grazie… Ted. Davvero.”

 

L’uomo rise ancora e gli diede qualche pacca sulla schiena.

 

“Ehi è pronto.”

 

Gli occhi di Remus si spostarono su Tonks, appoggiata con una spalla sullo stipite di casa con un grande sorriso stampato in faccia e gli occhi che brillavano.

 

“Andiamo Remus!” esclamò Ted, passando accanto alla figlia e dandole un tenero bacio sulla guancia prima di raggiungere la moglie con un: “Chissà se ti è venuto bene stavolta, Andromeda!”

 

“TED!”

 

Remus raggiunse Tonks ancora sorridente. “Scusali, fanno sempre così.”

 

Lupin scosse la testa, accarezzandole la guancia. “Sono fantastici, come la figlia.” Lei ridacchiò e gli diede un bacio a stampo sulle labbra.

 

“Muoviamoci.”

 

La serata volò in un clima di allegria e giocosità. Il brasato era uscito commestibile, benché un po’ insipido, e Andromeda non aveva fatto altro che piagnucolare accompagnata dalle risate del marito, dagli sbuffi imbarazzati di Tonks e il sorriso genuino di Remus, che aveva trovato il coraggio dopo il primo dialogo con Ted e ora discuteva e scherzava con la famiglia di lei.

 

Niente senso di disagio: i Tonks l’avevano accolto come parte della famiglia.

 

*^*^*^*

Grimmauld Place numero 12

[La Fine dei Black]

 

 

Fu come un sogno: riattraversare il velo fluttuante, combattendo il desiderio di restare in quel luogo incantato e bianco, uscire dalla tomba, immergersi nella nebbia, volare via dai resti fumanti di Hogwarts.

 

Fu la Firebolt a guidare Harry attraverso i cieli nebulosi d’Inghilterra… voleva tornare a casa, ma dov’era? Non più la Tana, messa al rogo come la stessa Hogwarts, non il rifugio di macerie a Godric’s Hollow, non il nascondiglio di Regulus

 

La Firebolt atterrò in uno spiazzo debolmente illuminato da un lampione; era arrivato, forse quella poteva essere una casa… una volta aveva sentito qualcuno chiamarla casa: Grimmaul Place numero dodici.

 

Varcò la sogli magicamente apparsa: tutto immobile, vecchio e smorto, nessun segno di vita, nemmeno il gracchiare di Kreacher. Dov’era quel dannato Elfo Domestico?

 

Kreacher” lo chiamò Harry con voce strozzata e roca.

 

Aspettò invano il famigliare schiocco che preannunciava l’apparizione dell’elfo.

 

Doveva vederlo, per annunciargli che la sua preziosa famiglia si era spenta, che non restava più nessuno che avrebbe portato avanti il nome dei Black.

 

Vagò a lungo per la casa deserta come uno spettro, chiamando occasionalmente il nome dell’elfo; il silenzio era immobile e inquietante.

 

Giunse, infine, nella stanza del grande arazzo di famiglia; una figura scomposta giaceva a terra al tenue lume di candela.

 

Harry si avvicinò, inginocchiandosi al suo fianco: ecco dov’era finito Kreacher. Non poteva certo rispondergli in quelle condizioni, Harry non l’avrebbe rimproverato: l’elfo si era suicidato, strozzandosi con la sciarpa che Regulus gli aveva regalato prima della partenza.

 

Harry levò gli occhi, scrutando l’arazzo. Ecco perché Kreacher l’aveva fatto: a fianco della data di nascita di Regulus Black era comparso, nero e marcato, il giorno della sua morte… quella notte la famiglia Black era stata annientata.

 

Si accasciò, strisciando contro l’arazzo. Pianse a lungo… per Sirius, per Regulus, per Kreacher, per la Maledizione dei Black.

 

~ [ Fine Capitolo 12] ~

 

=*=*=*=*=

 

E anche questo capitolo è concluso! xD

 

Kya, manca poco all’uscita del vero HP7! *___*

Samy è già febbricitante, mentre Kaho è un (bel) po’ più rilassata… se caso la fine del settimo non ci piace, ci consoleremo con la nostra versione! XD

*Kukuku* Ormai, manca poco. *___* Meno tre capitoli e via con la seconda parte! Yay! Almeno Kaho ci mette più di impegno nello scrivere! XD (Ehm… ndKaho Umhf…! ndSamyLievementeAdirata).

Per ora ci siamo guardate il quinto film con accanto un collega di stage di Samy che faceva il tifo per Piton (orrore! Nonostante abbia fatto delle considerazioni sul personaggio parecchio intriganti…) e Lucius Malfoy! Le risate che non abbiamo fatto… XD

Certo in alcuni punti si stacca completamente dal libro, ma tutto sommato questo film non ha deluso Kaho come il terzo. Forse perché le avevano detto che faceva schifo… mah…

Inoltre, c’è stato un accenno di Harry/Ginny, o forse è solo la nostra fantasia ad avercelo fatto vedere, non diciamo in che punto per non spoilerare. XD

Tra parentesi, è certificato che chi vede i film si mette a tifare per la Harry/Hermione. Mah, dannata Emma Watson! >:(

Ci consoliamo con la nostra fic, dove ci sono coppie canon e quelle nuove che si preannunciano molto divertente (esempio: Giulie/Marshall – in questo capitolo Kaho si è divertita un casino con quei due X3)… poi è tornato Sirius anche solo per un po’. *____*

 

Samy fa i suoi più vivi complimenti a Kaho che ha saputo realizzare magistralmente la scena Remus/Tonks, un po’ fluff (si scrive così?) ma adattissima per quei due… sono così pucciosi! Invece Giulie/Marshall è davvero molto piccante… ottimo lavoro Kaho!!!

 

 

~ [ Prossimamente… Past Legacy II - III ] ~

 

Nouvelles - Seconda Parte:

- Tonks e Remus avranno una bella sorpresina in una notte di Luna Piena;

- (forse già annunciato) la nostra etica di *happy ending* per i buoni ci impedisce di uccidere i beniamini eroi, quindi ci sarà tutto il Magico Trio;

- Ron dovrà vedersela ancora con Marshall;

- vi immaginate un mago Purosangue alle prese con aggeggi babbani di alta tecnologia?

- un genio di quoziente intellettivo 210 può dedicare la sua vita al gioco d’azzardo?

 

Nouvelles - Terza Parte:

- ci sarà qualche triangolo-love, più di uno intrecciato… ovviamente tra i figli dei nostri characters, anche quelli originali;

- ci saranno dei gemelli;

- ci sarà un personaggio che, a parere delle autrici, ha la morale *se ce l’ha* di un ferocissimo e fedelissimo cane da guardia (è uno dei personaggi preferiti di Samy^_^);

- i geni sono sempre infelici e soli?

 

 

[Prox. Chap. 13]: Ad Harry verrà il dubbio di essere l’Erede di Grifondoro (ma vah!! ndSamy&Kaho); si scoprirà il mistero che circonda Petunia Dursley (è davvero una Magonò?), cosa ha visto Dudley durante l’attacco del Dissennatore nel quinto libro, il perché il colore verde degli occhi di Harry è così importante… E, non può mancare, un’intensa Hermione/Ron che in questo capitolo non c’è… poi un ending sorprendente tra Ginny/Harry… forse ci vedremo tra una settima e qualche giorno… forse (dipende tutto dalla *velocità* di Kaho ndSamy; ^_^ ndKaho)

 

 

Grazie per le recensioni, vi adoriamo, lo sapete, nevvero? *___*

Sono queste che ci fanno andare avanti! <3 E, ora, rispondiamo!

 

~ [ Angolo delle Recensioni ] ~

 

Saty: Cirius? *risata scrosciante di Samy in sottofondo, faccina basita di Kaho* Oh beh, questione di gusti. Però è tornato, per tua disgrazia (più o meno)! X3 Certo, qualche personaggio che sta sulle palle ci deve essere in ogni storia che si rispetti, altrimenti ci si annoia se è tutto bello e perfetto, no? X3 Per tutte le trame e gli intrighi, bisogna ringraziare Samy. Lei sì che le pensa di notte e le scrive di giorno, Kaho da solo una mano, è Samy che bisogna elogiare, in pratica questa storia viene su grazie a lei! Kaho… beh, Kaho ascolta (con pazienza) tutti gli intrighi e i collegamenti, inoltre lei pensa alle cose demenziali, una parte mooolto importante XD *ironia*. Già, Samantha è intrigante e poi… cattiva, suvvia… se hai letto bene questo capitolo avrai capito che non è proprio tutto quel come sembra! X3 *risatine sataniche* Ron è Ron, e sì, lui è rimane un Weasley geloso! XD Chissà se anche il nuovo Weasleyno sarà come lui o sarà più simile ad un Delacour… *attimi di terrore* Giulie, sì, lei viene dal Reparto Psichiatrico del San Mungo! XD Speriamo che ti sia piaciuto anche questo capitolo… ci fanno sempre tanto piacere le tue recensioni, lunghe e così entusiasmanti! *____* E’ un piacere rileggerle, danno la carica! X3 Un bacio, e un grazie davvero gigante! K&S

EDVIGE86: In realtà ci divertiamo ad usare Marshall come bastardo della situazione, magari è il nostro spirito sadico che ci invita a trattare male i personaggi… comunque, credici, c’è mancato poco e anche Ginny gli sputava in un occhio! XD Per quanto riguarda Bellatrix, sostanzialmente non la amiamo, tranne in qualche fic. Di certo, con Rodulphus almeno, affascina, non sappiamo perché! X3 Anche a te è piaciuto il pezzo con Krum? Eppure non è stato il pezzo migliore del capitolo… uhm… Grazie dei complimenti e delle parole dolcissime! Un bacio, K&S

Nana92: Graziegraziegrazie, troppo buona! X3 Siamo felici di averti appassionato, e speriamo che continuerai a leggere e recensire, guarda che ci contiamo, eh? XD Addirittura nei preferiti?? Noi molto, molto contente! *__* facci sapere di questo capitolo, mi raccomando! X3 Bacio, K&S

Apple: Tesoro! *____* Ma noi andiamo in adorazione non appena leggiamo la tua recensione, riesci davvero a farci contente con tutte le tue congetture perché, accidenti!, sei acuta, hai osservato un sacco di cose che sono vere… certo, non diciamo quali! :P Oh sì, Harry lo figuriamo sempre come il solito egocentrico che non sa ascoltare Regulus, perchè così lo dipinge anche la Rowling: per fortuna di solito c’è Hermione ad aiutarlo, altrimenti… oddio, non vogliamo nemmeno pensarci!  XD La maledizione dei Black ritornerà, e sì, è molto, molto intrigante, anche perché molto crudele. Che triste destino! I complimenti a Samantha? *Samantha ringrazia e ammicca verso Draco, che tenta di fare l’indifferente* Oh sì, Samantha è una forza! XD E’ riuscita a far staccare Pansy da Draco, è un’impresa quasi epica! XD E GiulieGiulie è Giulie. Interessante a modo suo, come ogni personaggio, d’altronde. X3 Speriamo di ritrovarti anche in questo capitolo con una bella recensione! *___* Grazie ancora! Tu non hai idea delle soddisfazioni che ci dai, davvero! X3 Un bacio, K&S P.S = Grazie anche per il commentino a Regret! *Kaho give you a bear hug*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Un Vero Grifondoro ***


 

Capitolo 13 – Un vero Grifondoro

 

La Caccia Continua

[Verso Privet Drive n°4]



Grimmauld Place numero 12 era calma e tranquilla. Harry stava accovacciato sotto l’arazzo della Nobile e Antichissima Casata dei Black da molto tempo, troppo per poterlo esprimere con certezza. L’Elfo Domestico, Kreacher, giaceva poco lontano da lui, immobile e rigido con la morbida sciarpa di Regulus stretta attorno al collo vecchio e rugoso. Da qualche parte nella casa il ritratto della vecchia signora Black strillava invano in cerca del suo servo.

 

Il tempo del cordoglio e del lutto era passato: la famiglia Black si era estinta in ogni sua misera briciola. O forse no…

 

Harry diede una rapida occhiata alle estremità dei lunghi rami dell’arazzo che partivano, gloriosi, dal capostipite della famiglia: Alphard Sirius Black. I figli di Orion Black erano stati annientati, prima Sirius, diseredato e bruciato dall’arazzo, poi Regulus, presunto morto; infine, nella stessa notte, entrambi i fratelli si erano spenti definitivamente.

 

Ma, su un altro ramo c’era ancora speranza di crescita, anche se il nome ‘Black’ era stato irrimediabilmente perduto: tre donne discendevano da Cygnus Black, fratello maggiore di Orion. Una delle sorelle era stata annientata, allo stesso modo di Sirius, cancellata dall’arazzo; ma il suo ramo bruciato, Harry lo sapeva, sarebbe andato avanti a fianco di Remus J. Lupin.

 

Un altro ramo concludeva con Bellatrix Black, la più pazza delle sorelle, la cui follia non era un ricordo di Azkaban ma un’eredità di famiglia materna derivata da incroci con i propri consanguinei. Quel ramo si intersecava con Rodolphus Lestrange, il cui nome si stava già sbiadendo, ma da quella branca non sarebbe mai germogliato nulla, non sarebbe mai nato nessuno.

 

Infine, l’unico che avesse speranza di continuare, l’unico ramo riconosciuto che poteva portare nel sangue l’impronta della famiglia Black: Narcissa Black unita a Lucius Malfoy. E il loro discendente Draco poteva allungare quel ramo, capeggiando il nome dei Malfoy e portando nel sangue il nome dei Black.

 

Portando nel sangue il nome dei Black…

 

Si sarebbe portato appresso anche la Maledizione dei Black o il suo cognome, Malfoy, lo avrebbe salvato?

 

Malgrado quel pensiero, Harry spostò di nuovo lo sguardo sul ramo infruttuoso di Bellatix Lestrange, un ghigno sulle labbra: lei, l’assassina di Sirius, la torturatrice dei Paciock, non poteva scampare al suo destino.

 

Harry poggiò di nuovo la testa contro la parete. Rifletteva sulle ultime parole di Regulus:

 

“Perché i tuoi genitori hanno sfidato l’Oscuro Signore per tre volte? Cos’hanno fatto?”

 

“E’ l’ultimo consiglio che ti do.”

 

Doveva riprendere la caccia agli Horcrux. Quella notte, assieme ai Black, erano scomparsi due Horcruxes.

 

Harry si massaggiò la cicatrice: Lord Voldemort non sapeva nulla, non avvertiva quella mancanza; ormai aveva imparato a conoscere il loro legame: la cicatrice pulsava e bruciava intensamente ogni qual volta il Signore Oscuro perdeva il controllo, sormontato dalla rabbia, dall’ira o da un piacere immenso.

 

Nulla lo aveva scosso durante quella notte. Non sapeva di aver perduto due frammenti della propria anima e questo poteva giocare a favore di Harry perché se davvero Lord Voldemort non sospettava nulla della sua personale ricerca agli Horcruxes o della promessa che aveva stretto con Silente, allora aveva ancora la possibilità di non essere intralciato.

 

Harry era certo che Regulus avesse voluto aiutarlo; sapeva che quelli dietro il velo sarebbero stati gli ultimi istanti della sua vita, sormontato dalla Maledizione dei Black. Anche lui, come Silente, gli aveva lasciato un testamento, una missione da compiere, quella che non erano riusciti a portare a termine: distruggere Lord Voldemort.

 

Harry si alzò ed abbandonò la casa dei Black; Kreacher era ancora steso sul pavimento, ma lui non osava muoverlo. Si guardò alle spalle quando richiuse la porta: forse quello sarebbe potuto diventare il suo rifugio.

 

Dopo la caduta di Hogwarts e del Ministero niente era più sicuro e protetto, omicidi e persecuzioni di Babbani e Mezzosangue si moltiplicavano a macchia d’olio per tutto il paese. Ormai quell’ondata di follia e malignità aveva sormontato i confini dell’Inghilterra, ormai stava contaminando anche l’Europa.

 

Harry montò sulla Firebolt e riprese quota nella nebbia: l’avanzata dei Dissennatori era inarrestabile. Ecco un altro problema da risolvere. Pareva che in quel paese vi fosse un’infinità di cose da sistemare e tutte assillavano la coscienza di Harry, ma, in fondo, lui era il Prescelto, il suo primo scopo era distruggere Lord Voldemort, poi avrebbe pensato al resto.

 

La ricerca degli Horcruxes continuava e la prossima tappa era Privet Drvie numero 4: Harry avrebbe infine scoperto il segreto di sua zia Petunia di cui già la signora Figg gli aveva accennato.

 

Perché i suoi genitori avevano sfidato Lord Voldemort per tre volte? L’Ordine non glielo avrebbe mai rivelato, quindi rimaneva un’unica opzione. L’unico legame con i suoi genitori, con sua madre era quel poco di famiglia che era rimasto: i Dursley.

*

 

Privet Drive

[Il Quartiere della Morte]

 

 

Harry atterrò a Privet Drive. La nebbia avvolgeva completamente il quartiere ed Harry si lanciò in una ricerca del numero 4, una delle tante abitazioni a schiera che per diciassette anni aveva dovuto chiamare casa.

 

Mentre avanzava percepì un vago settore di bruciato, la nebbia cominciava a scurirsi, mischiata a del fumo denso e nero. Il cuore di Harry salì in gola; ormai doveva essere molto vicino alla casa dei suoi zii e forse era proprio quella ad emanare quell’odore di bruciato, così dannatamente simile all’atmosfera cupa che aveva circondato Hogwarts dopo il rogo.

 

Riconobbe il giardino e la macchina degli zii, ma in parte era distrutta. La nebbia era meno intensa in quel punto, ancora consumata dalle fiamme che rade ma intense spiravano dalla zona diroccata dell’abitazione.

 

La cucina, lo scantinato e parte del giardino erano distrutti, ammassati in un cumolo di pietre e detriti che riflettevano una luce verde e spettrale. Harry levò il capo: al numero quattro di Privet Drive era stato lasciato il simbolo del Signore Oscuro, il Marchio Nero brillava intensamente sopra la sua testa.

 

Possibile che Voldemort l’avesse preceduto? Possibile che avesse intuito i suoi pensieri? Ma da quanto tempo si trovavano là quelle macerie?

 

Harry montò a cavalcioni sulla Firebolt e riprese subito quota, nascondendosi nella nebbia. Avrebbe dovuto immaginare che il primo luogo in cui i Mangiamorte l’avrebbero cercato sarebbe stata la dimora che un tempo aveva fornito la sua massima protezione.

 

Ora dove sarebbe andato? Doveva chiedere informazioni a qualcuno. Ma la signora Figg, l’unica che conoscesse il suo segreto da quelle parti era morta, ormai.

 

Delle sirene lo distolsero dai suoi pensieri. La nebbia si illuminava a tratti, alternando riflessi rossi e blu, in lontananza, in progressivo avvicinamento, si udiva lo strimpellare di uno squadrone di polizia, forse ambulanze, forse pompieri che giungevano per estinguere l’incendio.

 

Harry abbassò la Firebolt fino a trovarsi quasi a rasoterra. Si gettò il Mantello dell’Invisibilità addosso e attese l’arrivo della misteriosa pattuglia. Come aveva previsto era un gruppo di volanti della polizia. Le ruote delle cinque auto sgommarono sull’asfalto in una brusca frenata, quattro poliziotti per macchina scesero dalle volanti, accendendo torce e disponendosi strategicamente per quella parte di quartiere.

 

Alcuni bussarono alle porte dei numeri sette e nove, mentre altri fecero irruzione nella casa di fronte al numero quattro, quella della signora Figg. Harry ebbe uno scatto di indignazione: possibile che avessero scoperto solo sei mesi dopo l’omicidio che la signora Figg era scomparsa?

 

I poliziotti uscirono dall’abitazione, chiamando a raccolta tutti i restanti agenti vicini alle auto. Si udì un urlo, uno dei poliziotti aveva lanciato un grido d’allarme all’interno del numero sette, dopo avervi fatto irruzione; anche dal numero nove giunse lo stesso richiamo.

 

I poliziotti uscirono e si precipitarono alle volanti. Harry li vide azionare la radio di comunicazione agganciata al cruscotto, probabilmente richiedendo un intervento di forze maggiori.

 

Cos’era successo? Harry scese dalla scopa, sistemandola in un cespuglio. Fece per avvicinarsi alle auto, il Mantello dell’Invisibilità ancora sulla testa. Ci fu uno scoppio, come di una bomba, almeno così dovettero pensare gli agenti, ma Harry aveva colto il raggio di luce rossa che aveva preceduto lo schianto. Volse gli occhi al cielo: da un solido banco di nebbia stavano scendendo in picchiata almeno una decina di Mangiamorte a cavallo di scope velocissime; non un incantesimo di invisibilità li nascondeva, erano perfettamente visibili agli occhi dei Babbani.

 

Alcuni agenti estrassero le armi dalle fondine, altri rimasero pietrificati sul posto ad osservare quel turbinio di mantelli neri e quei raggi verdi che scintillavano in tutte le direzioni.

 

Harry ebbe un fremito: una tempesta di Maledizioni Senza Perdono si abbatté sugli agenti, ancora troppo scossi per comprendere la situazione. Si levò una grande nube di fuliggine scintillante che investì Harry in pieno, probabilmente il contraccolpo delle fatture.

 

Quando il fumo si diradò, portando via anche la nebbia, lasciò libero uno spiazzo circolare punteggiato dai cadaveri degli agenti, alcune volanti cappottate e fumanti.

 

Harry resistette all’impulso di estrarre la bacchetta e lanciare qualche robusta fattura all’indirizzo dei Mangiamorte: sarebbero stati dieci contro uno; non ce l’avrebbe mai fatta. Rimase sotto il Mantello dell’Invisibilità col cuore in gola e la stessa sensazione di codardia ed impotenza che lo aveva colto sulla Torre di Hogwarts, quando aveva dovuto assistere alla morte di Silente senza poter muovere un dito.

 

I Mangiamorte atterrarono ed alcuni si levarono la maschera, rinfoderando la bacchetta.

 

“Buco nell’acqua” disse uno con la faccia costellata di cicatrici e ustioni “Harry Potter non c’è.”

 

“Ovvio che non c’è, altrimenti non avremmo mai dovuto usare l’Avada Kedavra” contestò un altro che Harry riconobbe essere Doholov dal suo volto aguzzo e duro “Sai che solo l’Oscuro Signore deve avere il privilegio di ucciderlo con la propria bacchetta.”

 

“Anche se sembra avere dei problemi con quella che ha” bisbigliò un altro Mangiamorte con un mezzo ghigno.

 

“Fai silenzio! Le tue parole possono essere fraintese, sai?” ringhiò Doholov puntando il dito contro un Mangiamorte dall’aria piuttosto giovane.

 

“Scusami, devo ancora abituarmi a quest’atmosfera di assoluto asservimento” ribatté l’altro non smettendo di ghignare.

 

“Ora mi ricordo” disse Doholov con un soffio mortifero “Tu sei uno dei nuovi acquisti, uno di quelli che la Mangiamorte americana ha portato nel nostro gruppo.”

 

L’altro fece un vigoroso accenno col capo, apparendo molto orgoglioso “Esatto. Lascia che mi presenti: il mio nome è Davisson Luke, nato e cresciuto nella Carolina del Sud.”

 

“Così il potere dell’Oscuro Signore ha raggiunto anche il nuovo mondo?” sibilò un'altra figura ammantata col volto ancora celato dalla maschera.

 

“Precisamente” affermò Davisson “E dovreste ringraziare Merlino per questo. Non avete idea di quanto siano potenti le armi a nostra disposizione.”

 

Doholov storse la bocca, come schifato “A che ti riferisci? Bacchette meglio costruite. Lo sanno tutti che il migliore fabbricante di bacchette del mondo è Olivander.”

 

“Chissà dov’è questo famoso Olivander?” si domandò Davisson con un tocco di ironia “Voi ne sapete qualcosa colleghi Mangiamorte?”

 

“Noi non l’abbiamo toccato, dev’essere fuggito da solo, quel coniglio…” borbottò Doholov quasi sputando “Appena ha annusato il sentore di Magia Oscura se l’è data a gambe… un vero peccato… l’Oscuro Signore aveva davvero voglia di vederlo per usufruire dei suoi servigi e delle sue conoscenze…”

 

“Per la bacchetta, intendi dire” aggiunse Davisson “So tutto dei problemi che la bacchetta dell’Oscuro Signore gli ha causato durante il primo scontro diretto col ragazzo Potter: Prior Incantatio. Gran brutta grana… Le bacchette, avendo il nucleo composto dalla piuma della medesima fenice, si possono definire gemelle e, messa l’una contro l’altra, sono decisamente infruttuose, come calamite di poli uguali che si respingono e i cui incantesimi non arrivano mai a destinazione.”

 

“Solo per questo Potter si è salvato” borbottò Doholov “La superiorità magica dell’Oscuro Signore è indiscutibile… se non fosse stato per la faccenda delle bacchette avrebbe vinto lui… L’unica minaccia che può venire da Potter è la sua bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta… Ma l’Oscuro Signore ha rimediato anche a questo.”

 

“Lo PseduoProfeta?” sussurrò Davisson con una nota di stupore.

 

“Esatto. Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura! Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo.”

 

“Ma dovrà essere l’Oscuro Signore a finirlo, giusto?”

 

“Infatti, ma l’Oscuro Signore è certo che sarà Potter ha giungere da lui.”

 

“Allora perché siamo fermi qui in vedetta, attendendo che arrivi Potter per un agguato alle spalle?”

 

“Volere dell’Oscuro Signore. E poi così ci divertiremo con i Babbani che provano ad entrare in questo quartiere.”

 

“Già… ormai Privet Drive è un quartiere maledetto: chi vi entra trova la morte” sogghignò Davisson.

 

“Io so altro” intervenne un Mangiamorte emaciato, ancora avvolto dalla maschera e dal mantello nero “So che l’Oscuro Signore ci vuole qui per fare la guardia a qualcosa – lanciò un’occhiata di sfuggita alle macerie del numero quattro – qualcosa in quella casa.”

 

“Ormai non c’è più nulla là dentro” sghignazzò Doholov “Peccato che i parenti Babbani di Potter siano stati salvati dall’Ordine della Fenice – sempre in mezzo ai piedi, quelli – mi sarei davvero divertito a torturarli.”

 

“C’eri anche tu, dunque, in quella spedizione?” domandò Davisson.

 

“Oh, sì. Il giorno fatidico: il 31 luglio, quando finalmente l’incantesimo di protezione svaniva dalla casa di quei Babbani. Potter sarebbe davvero stata un’ottima preda… peccato che se ne fosse già andato. Comunque l’Oscuro Signore non contava molto su quell’attacco… è sempre più convinto che, ormai, Potter non rappresenti più una minaccia.”

 

“Ma c’è stato un periodo in cui lo credeva” insinuò Davisson con un sogghigno.

 

“Questo è stato molto tempo fa… prima dello PseudoProfeta… molto prima…”

 

Il volto di Davisson si contorse in un profondo ghigno “Ho sentito dire che l’Oscuro Signore temeva un intralcio da parte di Potter… temeva che conoscesse un suo segreto… il segreto della sua immortalità e del suo ritorno.”

 

“Hai parlato troppo, Davisson” ringhiò Doholov “E comunque Potter non potrebbe mai conoscere quel segreto quando nemmeno noi Mangiamorte ne siamo a conoscenza… solo Piton lo conosce.”

 

Davisson sembrò cogliere la nota di invidia nella voce del compare “Deve essere una specie di garante di quel segreto, il nostro caro Piton… una specie di Custode…”

 

“Zitto, ho detto!” sbraitò Doholov “Forza, andiamocene!”

 

L’ammucchiata di Mangiamorte si staccò da terra, ritornando a celarsi nella fitta nebbia.

 

Quando fu certo che fossero abbastanza lontani per non avvertire la sua presenza, Harry cominciò a respirare più regolarmente, liberando il fiato a grandi boccate.

 

Si liberò del Mantello dell’Invisibilità. La bacchetta saldamente premuta contro il petto.

 

“L’unica minaccia che può venire da Potter è la sua bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta.”

 

“Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!”

 

Un brivido gli corse lungo la schiena. Ma prima che avesse il tempo di elaborare quelle sconcertanti novità, una mano si serrò sulla sua spalla.

 

Harry trattenne a stento un urlo di sorpresa. La preziosa bacchetta roteò verso lo sconosciuto aggressore.

 

Un attimo dopo Ted Tonks si ritrovò con la punta della bacchetta di Harry Potter a pochi, fatali millimetri dal suo occhio sinistro.

 

“Calmo e tranquillo” sospirò l’uomo “Sono venuto qui per portarti al sicuro; sono Ted Tonks.”

 

La rigidità di Harry non cedette “Come posso esserne sicuro? Non ho mai incontrato Ted Tonks, non so che faccia abbia… potresti anche essere un Mangiamorte.”

 

“D’accordo” sospirò l’uomo con un’espressione infantilmente scocciata “Sono sposato con Andromeda Black, rinnegata dalla sua famiglia per essersi maritata con un Mezzosangue, cioè il sottoscritto. Ho una figlia, Ninfadora Tonks, che però detesta il suo nome e preferisce farsi chiamare ‘Tonks’, ma io mi ostino a chiamarla ‘Dora’. E’ una Metamorfamagus parziale, il colore dei suoi capelli cambia a seconda del suo umore, ma delle volte riesce a mutarlo consapevolmente. Sembra aver sviluppato una particolare ostilità contro il nuovo comandante dell’Ordine, Albatros. Da sei mesi frequenta Remus J. Lupin e ultimamente hanno deciso di dividere casa. Ma, cosa più importante, come il sottoscritto, fa parte dell’Ordine della Fenice, l’ultimo sprizzo di maghi buoni dotati di ragione… ovviamente il Ministero non conta in questa categoria.”

 

Harry abbassò la bacchetta, mormorando delle scuse.

 

“Su, su” disse il signor Tonks sbrigativo, mentre materializzava una scopa e ci montava sopra “Andiamo via prima che i Mangiamorte tornino. Ti porterò a casa mia, lì sarai al sicuro, c’è un incantesimo di protezione.”

 

Harry annuì in silenzio ed inforcò la Firebolt. Lanciò un’occhiata ai cadaveri stesi sulla via principale di Privet Drive.

 

“Non è la prima volta che succede” disse Ted Tonks, cogliendo il suo sguardo “E’ dal tuo diciassettesimo compleanno che i Mangiamorte si aggirano per questo quartiere, facendo strage di tutti i Babbani che incontrano… la prima è stata la signora Figg… poi è toccato a tutti gli altri.”

 

“Cosa?” boccheggiò Harry “Tutti i Babbani di questo quartiere sono morti?”

 

“Sì” rispose il signor Tonks con un breve sospiro “Le autorità babbane sono intervenute diverse volte per verificare le condizioni in questo quartiere, ma i Mangiamorte hanno sempre… beh, hai visto, no? Così Privet Drive è una specie di quartiere maledetto.”

 

Harry sobbalzò “Maledetto? I Babbani sospettano forse che ci sia dietro qualcosa di soprannaturale… di magico?”

 

“Oh, no. Quello è solo un detto babbano. Il Primo Ministro si è assicurato di imbastire una storia su un serial killer, o qualcosa del genere. Ma i Babbani non sembrano molto convinti. Ha anche dichiarato tutta questa zona ‘Scena del Crimine’, vietandone l’accesso. Astuto, no? Così non rischia di causare altre vittime. Ma i Babbani si lamentano perché non è stato fatto niente per risolvere i casi di omicidio e trovare un colpevole. Quello di Privet Drive è un caso molto scottante, che può mettere a repentaglio la sicurezza magica, ma, ovviamente, il Ministero se ne frega… loro hanno cose più importanti a cui pensare… così tocca a me e ad Andromeda vegliare sul quartiere, stando attenti a che nessun Babbano vi entri. Ma questa sera mi è sfuggito quel gruppo di Babbani… credo che cercassero vendetta o forse giustizia; dato che lo Stato babbano non sta facendo niente per indagare sulle morti di Privet Drive volevano fare giustizia da soli.”

 

Fare giustizia da soli…

 

Quelle parole suonavano fastidiosamente famigliari a Harry.

 

“Ecco casa mia” eruppe Ted Tonks “Forza, scendiamo.”

 

Harry puntò la Firebolt verso il basso ed atterrò in quello che aveva tutta l’aria di essere un giardinetto incolto. Ted Tonks fece cenno verso una casa in mattoni rossi e tetto spiovente.

 

“Questa è la mia umile dimora e la fortezza che ospiterà il Prescelto finché la situazione si sarà calmata.”

 

Harry fece un cenno con la testa, poco convinto. Avrebbe lasciato casa Tonks appena ne avrebbe avuto l’opportunità: doveva cercare gli Horcruxes. Ma gli servivano informazioni.

 

Il signor Tonks lo fece accomodare nella piccola cucina del bilocale, appostamento provvisorio.

 

“Andromeda, vieni a servire del the di prima qualità, abbiamo un ospite ragguardevole.”

 

Harry vide comparire quella che, per un disperato momento, parve Bellatrix Lestrange. Ovviamente era preparato alla somiglianza tra le due, dato che Andromeda Tonks un tempo era stata sua sorella.

 

Andromeda aveva un sorriso sincero, che contrastava nettamente con il ghigno folle che accompagnava sempre la sadica Mangiamorte, i capelli più fluidi, chiari e meno crespi. Tuttavia, anche se conservava un viso dai lineamenti aggraziati, Andromeda sembrava possedere una bellezza meno appariscente di Bellatrix, aveva invece un’apparenza più genuina e semplice.

 

La signora Tonks posò due tazze sul tavolo a cui era accomodato Harry, rivolgendogli un sorriso.

 

“Sono felice di vedere che stai bene, Harry Potter. Ted era giusto uscito di casa per controllare la situazione a Privet Drive quando quei Mangiamorte hanno attaccato.”

 

“Ma Harry non ha avuto problemi con la mimesi, tutto merito del suo Mantello dell’Invisibilità” affermò Ted con un gran sorriso.

 

Andromeda sorrise a sua volta “Sirius me ne aveva parlato. Quando la piccola Ninfadora era appena nata mi venne a fare visita di nascosto. Mi raccontò ogni singola avventura dei Malandrini…”

 

La signora Tonks si interruppe, la voce lievemente piegata dalla tristezza. Ted rimase immobile al suo fianco, evidentemente poco a suo agio in quell’atmosfera luttuosa. Harry serrò ermeticamente le labbra: non doveva dire nulla di Sirius, né di Regulus, avrebbe causato solo altra sofferenza.

 

“Ho sentito di sfuggita il mio orribile nome!” eruppe una voce gaia da qualche parte nella casa “Sai che non mi piace, mamma!”

 

Ted si alzò di scatto dalla sedia, accogliendo la figlia con franca contentezza “Oh, Dora. Siediti e guarda un po’ chi abbiamo come ospite.”

 

Ninfadora Tonks fece la sua comparsa nella stanza, il suo spirito esuberante e gioioso si rifletteva nei colori scintillanti dei suoi capelli, ora di un’ammagliante dorato che le donava molto.

 

“Harry” fece con evidente sorpresa “Ma dove sei stato? Tutto l’Ordine della Fenice era in allerta dopo l’attacco ad Hogwarts e tu scompari! I tuoi amici sono preoccupatissimi, per non parlare di Ginny Weasley…”

 

Harry sobbalzò, ma la sua espressione si incupì un poco.

 

“… ma ora potranno mettersi tutti l’anima in pace. Scommetto che non vedi l’ora di incontrarli.”

 

“Sì” ribatté Harry con uno sbuffo flebile, distogliendo lo sguardo da Tonks “Piuttosto, tuo padre mi ha detto che tu e Remus avete deciso di dividere casa, è vero?”

 

Tonks sembrò fremere tutta dall’emozione “Ohh, puoi scommetterci! E, contrariamente al senso comune, è stato Remus a chiedermelo, da non credere!”

 

“Sono felice per voi” confessò Harry con un sorriso che però aveva un’aria melanconica.

 

Per ora conta la felicità degli altri…

 

Ted sembrò fiutare un sentore di tristezza e subito si prodigò per esprimere la sua esuberanza:

 

“All’inizio non volevo crederci neanche io. Remus mi aveva dato l’impressione del soggetto calmo e solitario, ma da quando è entrato in casa mia giusto ieri – beh, non proprio con l’aria dello spavaldo – e mi ha chiesto il permesso di sposare Dora… dico davvero, l’ho rivalutato da capo a piedi: l’uomo degno e valoroso che starà accanto alla mia figliola.”

 

I capelli di Tonks virarono dal dorato ad un rosso acceso “Ehm, comunque sia è piacevole condividere la casa con Remus. Era da tanti anni che non vivevo in un simile ordine: organizzazione perfetta. Anche se dai suoi vestiti non sembra, Remus è un tipo molto preciso e pulito. E poi è più massaia lui di me.”

 

La signora Tonks la squadrò con uno sguardo lievemente indignato: “Non lo costringerai a fare i mestieri di casa, vero Ninfadora?”

 

Tonks premette lievemente alla nomina del suo odiato nome di battesimo, assumendo un’aria ostinata “E’ lui quello che insiste a cucinare e a lavare i piatti. Inoltre mi ha offesa: dice che non ho alcun talento culinario.”

 

Ted annuì grave e compiaciuto “Uomo saggio, bravo Remus.”

 

“Papà!” esclamò Tonks indispettita “Non è il caso che ti metti a criticare perché fra te e la mamma non so proprio chi scegliere per criticare ‘raccapriccianti capacità culinarie’.”

 

“Io sono un uomo” spiegò Ted con un ampio sorriso di trionfo.

 

“Non ricominciare, Ted” intervenne Andromeda con voce dosata “Il tuo maschilismo sfacciato non è una giustificazione sufficiente. In più oltre che essere un pessimo cuoco, tu hai anche la più cattiva percezione dei gusti di tutta la famiglia: spaghetti con la maionese e il peperoncino, tesoro?”

 

Le due Tonks presero a ridere, la figlia più sguaiata, la madre più contenuta, mentre l’uomo di famiglia si rannicchiava sulla sua sedia con un’espressione contrita: le donne si prendono gioco di me.

 

Harry osservò quel gioioso quadretto famigliare con compiacenza e un sottile velo di invidia e ingiustizia che lo fece sentire un ingrato.

 

“Scusatemi” cominciò Harry, scoprendosi affranto quando interruppe le risate delle due donne “Ho bisogno di sapere una cosa ed è davvero molto importante.”

 

“Chiedi pure, Harry” ribatté Ted incoraggiante “Se possiamo esserti d’aiuto ti risponderemo.”

 

Harry prese un’ampia boccata d’aria, avvertendo gli occhi dei presenti come aghi sulla pelle “Vorrei sapere dove si trovano i miei zii e mio cugino Dudley.”

 

Ted fece un movimento improvviso e la sua espressione incoraggiante mutò in una scettica “Beh, in effetti questo lo sappiamo ma…”

 

“Papà!” lo interruppe di botto Tonks “Non essere avventato. Prima di dirgli alcunché dobbiamo scoprire le intenzioni di Harry – puntò lo sguardo sul ragazzo che ancora aveva il capo chino – tu non vuoi andare a cercare i tuoi zii, non è vero, Harry? Non vuoi andartene ora con quei Mangiamorte che pattugliano il cielo, vero? La sola cosa che vuoi è ritornare dai tuoi amici e dalla tua ragazza per stare vicino a loro, per confortarli, giusto?”

 

“No” fu la risposta secca e decisa di Harry.

 

Tonks rimase muta e interdetta.

 

“Prima di tutto non sono nell’umore di confortare qualcuno” riprese Harry “E poi ho delle cose più importanti da fare.”

 

“Cosa potrebbe essere più importante dello stare accanto a degli amici che sono in pensiero per te e che ti rivogliono al loro fianco?” chiese Tonks, indignata.

 

“Uccidere Lord Voldemort.”

 

Calò un’atmosfera tetra nella quale Ted Tonks sapeva destreggiarsi poco.

 

“D’accordo” accennò l’uomo “Capiamo che tu sia il Prescelto e quindi questa è la tua missione, ma…”

 

“No!” sbottò Tonks “Non è vero che Harry è il Prescelto. Questo ridicolo mito è stato creato dalla Gazzetta del Profeta sotto ordine del Ministero, è stato creato solo per sollevare il morale della gente; è assolutamente impensabile riversare tutto il destino della comunità magica sulle spalle di un ragazzo.”

 

Harry scosse il capo “Dal mio diciassettesimo compleanno non sono più un ragazzo… forse non lo sono da molto più tempo, comunque, per una volta la Gazzetta del Profeta ha azzeccato: io sono il Prescelto. Tre persone mi hanno designato come Prescelto: Lord Voldemort, Albus Silente e…”

 

Regulus Black.

 

“E’ ridicolo, Harry” continuò Tonks “Non puoi assumerti una simile responsabilità da solo. Da solo non puoi fare nulla, ti serve sostegno.”

 

“Fino a questa notte ho avuto sostegno; ho sempre avuto sostegno: non ho mai fatto nulla da solo. Dipendevo sempre da qualcuno, ma ora ho capito: chi mi aiuta finisce col morire.”

 

La bocca di Tonks si contorse in una smorfia “Questo è un ragionamento stupido, Harry! Non posso credere che tu lo stia dicendo! Chi ti aiuta muore? Cos’è, una maledizione?”

 

Una voce si accese nella testa di Harry: ‘Anche tu sei avviluppato da una Maledizione, Harry’. “Sì, è la mia Maledizione. Quindi andrò avanti da solo d’ora in poi. Ma non vuol dire che mi dimenticherò dei  miei amici e di quelli che hanno tentato di aiutarmi, anzi: loro mi possono dare forza ma solo come ricordi, non voglio che stiano al mio fianco in carne ed ossa quando affronto il pericolo… so che il pericolo mi circonda e non voglio trascinarci dentro anche i miei amici. Capisci, lo faccio per la loro incolumità.”

 

“No che non capisco!” esplose Tonks “Credevo che avessi superato la morte di Silente, credevo che avessi capito che la morte delle persone a cui tieni non dipende da te, la morte precoce può dipendere solo da un assassino, da un uomo malvagio, nel tuo caso da… Lord Voldemort.”

 

Andromeda Tonks fremette alle parole della figlia, ma non staccò gli occhi dal viso cupo di Harry.

 

“E da Severus Piton” sibilò Harry “Ma la morte può dipendere anche da una Maledizione e io so di possedere una terribile Maledizione…”

 

‘Sarai ucciso dalla persona che più ami’ questa era per voi, Black… e invece la mia: ‘Vedrai uccise le persone che più ami, Harry Potter’. Perché no? Così la mia vita comincerebbe ad avere un senso: i miei genitori, Sirius, Silente… perché no, anche Regulus…

 

Tonks prese ad agitarsi, scrutando il giovane Potter con sguardo fortemente contrariato “Harry, ma non ha senso quello che dici… sei sconvolto, sei stato sconvolto da qualcosa, dimmi da cosa, possiamo aiutarti.”

 

Già. Tutti mi vogliono aiutare perché faccio tanta pena: orfano, braccato dal più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. Ma quello che rischiano è la morte, ma proprio non vogliono capire che io lo sto facendo per loro?

 

“Non ce n’é bisogno” tagliò corto Harry “Se proprio mi vuoi aiutare, allora dimmi dove sono i miei zii… per favore, è importante.”

 

Tonks chiuse ermeticamente la bocca, voltandosi di scatto dalla parte opposta. Ted contemplava la scena con un’aria di scomodità. Andromeda pareva l’unica che avesse il pieno possesso della sua calma.

 

“Harry” cominciò la signora Tonks con voce delicata “Te lo dirò io.”

 

“Grazie” mugugnò Harry, ma la sua voce venne ampiamente surclassata dallo strillo di Tonks: “Mamma!”

 

“Calmati, Ninfadora” disse alla figlia con uno sguardo severo che evidentemente era poco frequente sul volto della donna perché sia il marito che la figlia rimasero sorpresi ed interdetti.

 

“Credo di aver compreso la situazione di Harry: ciò che lui sta dicendo gli costa fatica, ma è pronto a sobbarcarsi questa grande responsabilità.”

 

Harry si attese il consueto ‘non si può, è solo un ragazzo’, ma non venne proferita parola. Tutta la famiglia era in muta accettazione del parere della signora Tonks.

 

Andromeda scribacchiò qualcosa su un foglio di pergamena con mano agile e decisa. Poi porse il biglietto a Harry con sguardo serio.

 

“Harry, i tuoi zii si trovano a questo indirizzo. Sono stati scortati dall’Ordine della Fenice e per accedervi è indispensabile la parola d’ordine riportata sul fondo del biglietto.”

 

“La ringrazio, signora Tonks” mormorò Harry. Tutta quella collaborazione era ben accetta, tuttavia quasi inquietante.

 

“Immagino che tu voglia partire subito.”

 

“E’ così, signora Tonks.”

 

“Ti accompagno alla porta, allora.”

 

Tonks si protese di scatto verso la porta d’uscita “Vengo anch’i…”

 

“Non occorre, Ninfadora” la interruppe Andromeda con una grazia sorprendente.

 

Tonks si accomodò al tavolo accanto a suo padre, entrambi i loro volti erano un trionfo di stupore.

 

“Vieni, Harry.”

 

Il giovane Potter seguì l’invito della signora Tonks fino al giardinetto incolto di fronte alla modesta abitazione.

 

“Vai” sospirò Andromeda mentre si voltava per rientrare in casa.

 

“Signora Tonks” la fermò Harry “Perché l’ha fatto?”

 

Andromeda gli rivolse un sorriso triste e distante “Perché so cosa significa portare un grande peso sulle spalle: delle pressanti aspettative. So cosa significa deludere queste grandi aspettative e… so cosa è successo questa notte.”

 

A Harry si mozzò il fiato in gola “Come…?”

 

“Prima di andarmene di casa con Ted rubai un arazzo della famiglia Black, non certo maestoso quanto quello di Grimmauld Place, ma sempre magico: volevo un ricordo di quel covo di serpi che era stata la mia famiglia. E oggi ho visto la mia famiglia che si spegneva.”

 

“Mi dispiace” borbottò Harry, sentendosi di colpo impacciato e fuori luogo.

 

“Si sono uccisi a vicenda, vero?”

 

Andromeda gli dava le spalle, forse per celargli qualcosa, qualcosa che lei reputava indegno per quei ricordi: lacrime.

 

“Da piccoli bisticciavano sempre: io stavo dalla parte di Sirius, le mie sorelle dalla parte di Regulus. Chi l’avrebbe mai detto che quelle bisticciate infantili sarebbero diventate azioni così consapevoli e malvagie: fratricidio” Andromeda trattenne un singhiozzo “E quei due schieramenti che facevamo per gioco ora sono: Mangiamorte e Ordine della Fenice, già, perché ora so che per me andrà a finire come tra Sirius e Regulus: io e le mie sorelle, io… per quanto le detesti… non potrei mai… ma so che loro possono… Narcissa forse… ma Bellatrix… lei… so che lei mi ucciderà… lo so.”

 

“No, signora Tonks, lei non deve…”

 

“Lo so che c’è qualcosa che non va nella famiglia Black.”

 

La voce di Harry si mozzò: non era il caso di consolarla, sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto non sarebbe servito a nulla.

 

Harry afferrò la Firebolt che aveva nascosto in un cespuglio del giardino e prese quota. Avvertì i passi delicati di Andromeda che si allontanava e si sentì in dovere di dire qualcosa prima di andarsene.

 

“Se sua sorella Bellatrix non è la persona che più ama, allora non ha motivo di temere la sua morte, signora Tonks.”

 

Sentì il vento che gli schiaffava la faccia mentre si allontanava a tutta velocità… sentì anche la voce di Andromeda Tonks, lontana: “E’ questo il destino dei Black?”

 

*^*^*^*^*

 

Tired of living like a blind man [Stanco di vivere come un cieco]

I'm sick of sight without a sense of feeling [Sono nauseato dagli sguardi senza emozioni]

This is how you remind me [Ed è così che mi ricordi]

(…) Of what I really am [Di chi sono veramente]

 

                      How You Remind Me, Nickelback

 

 

[Family Portrait

Reminiscenza o mera illusione?]

 

 

Il cappuccio da Mangiamorte copriva perfettamente i lunghi capelli biondi di Narcissa Malfoy; la maschera nascondeva le lunghe ciglia chiare dagli sguardi curiosi e ruffiani dei servitori del Signore Oscuro, giù, fino al Covo.

 

Le lacrime di gioia di una madre che aveva infine ritrovato il figlio erano sparite ed ora avanzava composta lungo i corridoi bui, senza vacillare.

 

Samantha la osservava incedere con un’eleganza naturale e una rigidezza austera che le conferivano un aspetto regale nonostante i segni della guerra lasciati sul volto smunto e pallido.

 

Mi chiedo che tipo di donna sia. Si trovò a riflettere Samantha, conscia del profondo cambiamento della donna. Può una madre affettuosa essere anche una temibile Mangiamorte? Forse sarà preoccupata per il marito… non avrà una bella sorpresa… però qualcosa mi dice che riuscirà a superarla…

 

Samantha colse il brillio di determinazione e fierezza che balenava negli occhi azzurri di Narcissa.

 

… è una donna molto forte, molto. Ha più tenacia e resistenza di Draco… e forse anche del marito… anzi, sicuramente… d’altronde le donne hanno una marcia in più.

 

Samantha si mise a ridere sotto i baffi, finché la figura di Darcy Donovan si stagliò contro l’interminabile corridoio laterale del Covo Oscuro.

 

Si scambiarono uno sguardo pieno di significato. Gli occhi bicolore di Samantha contrastarono quelli viola cupo di Donovan.

 

Lo so, Doppio Dolore… niente coinvolgimenti emotivi.

 

Sentì Draco  mugugnare al suo fianco e anche Darcy sembrò cogliere quell’accenno di protesta.

 

“Non preoccuparti, signor Malfoy” attaccò Doppio Dolore col consueto sogghigno “Non ho visto nulla. Nessuno meglio di me sa tenere dei segreti.”

 

Questa volta lo sguardo di sfida a Samantha fu esplicito. La Mangiamorte resse alla sfida con altrettanta determinazione.

 

Sì, sì, lo so Doppio Dolore: terrò il segreto, qualsiasi cosa dovesse accadere.

 

“A dopo allora, Samantha, signor Malfoy” bisbigliò Donovan più sordidamente “Signora Malfoy.”

 

Narcissa ignorò completamente Doppio Dolore con un rigido contegno che però aveva del dosato, non l’austerità fredda del marito e del figlio. Samantha ammirò questa sua padronanza e cominciò persino ad ammirare Narcissa.

 

Sarei proprio curiosa di vedere la reazione di Malfoy Senior.

 

Immaginare Lucius Malfoy nei panni del marito affettuoso presentava del difficoltoso, e anche la fervida immaginazione di Samantha aveva delle lacune su un ipotetico incontro tra i due.

 

La Mangiamorte avrebbe tanto voluto soddisfare la sua curiosità, ma Draco non desiderava che i genitori si incontrassero. A suo parere la madre avrebbe sofferto troppo del vedere l’uomo sdegnoso e gelido che era diventato suo padre. Samantha si era trattenuta dal sogghignare.

 

Figuriamoci, Draco, qui sei tu l’unico col cuore spezzato. Sono certa che tua madre sarebbe in grado di far fronte al ‘problema’ di Lucius con più spirito di impresa di quanto ne abbia tu.

 

Samantha sospirò ancora: e sì, quel biondo Mangiamorte inglese aveva dei punti a suo favore per l’inarrivabile carattere acido, malizioso e, chissà perché, anche fascinoso. Ma i difetti abbondavano: non aveva spirito di intraprendenza, coraggio neanche a parlarne, affrontare le situazioni pericolose non era certo il suo cavallo di battaglia e, soprattutto, aveva paura di farsi male. Qualsiasi cosa che, anche solo in lontana teoria gli avrebbe potuto causare del dolore, lo allontanava.

 

Tutto tipico del viziato figlio unico. Draco non è perfetto… ma ogni lasciata è persa, pensò Samantha mentre si avvicinava impercettibilmente a Draco.

 

“Hai portato la Pozione Polisucco?”

 

Draco alzò un sopracciglio vagamente ironico. “Certo, è nella tasca. Ma lo useremo solo in caso di emergenza” le bisbigliò con un accenno di preoccupazione, lanciando un’occhiata verso la madre, calma e quieta.

 

Samantha annuì: aveva rubato qualche sorsata di pozione dall’infermeria del Covo con capelli di sconosciuto Mangiamorte accuratamente raccolti e infilati nella pozione. Narcissa avrebbe dovuto ingerirla per nascondersi da occhi indiscreti, almeno finché la situazione non si fosse chiarita ‘pacificamente’ col Signore Oscuro. Un piano semplice, ma efficace, che però aveva un’unica pecca: l’uomo che stava venendo loro contro.

 

Si preannuncia una tragedia di famiglia. Ma perché la comparsa di quest’uomo è sempre così inopportuna?

 

Lucius Malfoy stava avanzando nella loro direzione, il viso scoperto dal cappuccio e l’espressione di ghiaccio. Samantha inarcò le sopracciglia, crucciata dall’imprevisto, Draco, vicino a lei, sussultò e si voltò all’indietro. Troppo tardi.

 

Narcissa aveva appena sfiorato la spalla di Samantha e l’aveva superata quasi trafelata, andando proprio davanti a Lucius, il capo scoperto. Il Mangiamorte si era fermato bruscamente, fissando la donna bionda ed elegante di fronte a lui, appena scosso dalla sua apparizione.


“Lucius” sussurrò Narcissa con calore e un piccolo sorriso sul volto. “Stai bene, per fortuna.”

 

Lucius tentennò. “Noi… noi ci conosciamo?” domandò titubante, scosso da quella donna dal profilo fine e appuntito… e vagamente famigliare… l’aveva già visto prima, oltre la nebbia di pazzia di Azkaban?

 

Narcissa bloccò il braccio sinistro, proteso verso Lucius. Le sembrò di sentire della fine sabbia che scorreva o uno specchio che si rompeva: le sue tenue speranza ridotte in polvere, spezzate: una famiglia felice.

 

C’era solo suo marito, il padre del loro figlio, che la guardava incerto, come se fosse stata la prima volta che la fissava negli occhi.

 

[La mente è spenta, gli occhi fuggono al cuore

Non può essere vero., ti ripeti.

Stolta.]

 

“Lucius… sono Narcissa.” la voce di Narcissa era ferma, nonostante avesse un fastidioso pizzicore negli occhi.

 

Lucius socchiuse appena gli occhi, come se tentasse di metterla a fuoco, ma sempre senza alcun interesse “Io… non ti conosco.”

 

Narcissa si sentì spiazzata, e tradita. Ma c’era qualcosa di più grave: suo figlio era alle sue spalle e stava osservando tutto e Narcissa non poteva immaginare il suo dolore: la cosa più orribile, sentire suo figlio che soffriva.

 

Lucius? E’ solo Azkaban che ti ha offuscato la mente, io questo lo so, ma Draco… Non voglio che tu lo faccia soffrire.

 

Narcissa si resse fieramente, il mento alzato e orgoglioso e gli occhi lucidi.

 

“Anche io non ti riconosco. Sei cambiato, Lucius.”

 

[ “Non voglio che tu ti unisca al Signore Oscuro!”

 

“Narcissa, è la scelta giusta da fare. Diventeremo potenti.”

 

“Lo siamo già!”

 

“Estirperò i mezzosangue.”

 

“E questo? Non ti preoccupi per me e il nostro bambino, Lucius?”

 

Gli occhi di ghiaccio dell’uomo si posarono sul grembo gonfio della moglie, e un piccolo accenno di sorriso gli sfiorò le labbra.

 

“Lo faccio anche per voi. Vedrai, grazie al Signore Oscuro farò in modo che i Malfoy abbiamo un futuro prospero e sicuro.”

 

La donna l’aveva inchiodato con uno sguardo orgoglioso.

 

“Non ti riconosco più, Lucius.” ]

 

Lucius scosse la testa, intorpidito e sbigottito dalle strane immagini che gli ronzavano per la testa. Quella donna… quello sguardo… che gli stavano facendo? Lo stavano indebolendo. Lei era una debolezza. Da evitare, eliminare.

 

Sbatté le palpebre e schioccò la lingua, infastidito.

 

“Devi prestarmi più rispetto, donna: io sono Lucius Malfoy.”

 

Narcissa aveva passivamente abbassato le palpebre, lasciando che un sospiro le morisse sulle labbra, mentre Lucius la sorpassava, con freddezza e indifferenza.

 

“Già… non sei più l’uomo che ho sposato.” Mormorò a sé stessa. Poi si voltò, il volto impassibile e il cappuccio nuovamente sul capo.

 

Si voltò verso Draco e il dolore del rifiuto di Lucius non resse il confronto: suo figlio stava ovviamente soffrendo; neanche il gelido controllo dei Malfoy aveva impedito alla tristezza di intaccare il suo volto.

 

Narcissa chiuse violentemente gli occhi, più furiosa che addolorata.

 

Questo non lo posso tollerare…

 

“Andiamo Draco… vorrei parlarti appena giunti in un luogo più sicuro.”

 

Draco si incupì, ma annuì. “D’accordo.”

 

*^*^*^*^*


Il Segreto di Petunia

[Dovrai distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile]

 

 

Harry indossò il mantello dell’Invisibilità per mantenere una perfetta copertura contro i Mangiamorte e i Dissennatori che sicuramente pattugliavano i cieli sopra Privet Drive. Riuscì ad evitare agguati fino ai confini del Surrey e a quel punto diede un’occhiata all’indirizzo riportato sul foglietto mentre la voce di Andromeda Tonks gli urlava nella testa:

 

“E’ questo il destino dei Black?”

 

Quindi si accavallarono altre grida formando un coro urlante a dir poco tormentoso.

 

Anche tu sei avviluppato da una Maledizione, Harry’

 

“L’unica minaccia che può venire da Potter è la sua bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta.”

 

“Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!”

 

Strinse la bacchetta a sé mentre planava nel piccolo ed insignificante quartiere divenuto la segreta residenza dei Dursley. Nascose diligentemente la Firebolt e si parò al cospetto dell’invisibile porta tra i numeri 22 e 23, esattamente come indicato nel biglietto. Pronunciò la parola magica e l’entrata si rivelò così come Grimmauld Place numero 12.

 

Uno spiacevole senso di dejà-vu colse Harry mentre si apprestava ad aprire il pesante portone d’ingresso. Si guardò alle spalle: forse qualche Mangiamorte lo aveva seguito? Avrebbe rischiato la vita dei Dursley per ottenere l’indizio che tanto voleva?

 

Sono i miei zii, ma…

 

Entrò nell’appartamento con un forte senso di determinazione e quella che avrebbe potuto essere spietatezza.

 

Richiuse la porta con un cigolio e quel rumore bastò per far rizzare all’erta gli abitanti della casa: Vernon Dursley sorseggiava un bicchierino di quello che pareva Whiskey e, a giudicare dal rossore delle sue guancie e dalla lucidità dei suoi occhi non doveva essere il primo della serata; al suo fianco, solitamente diligente ed impeccabile stava invece una Petunia assolutamente affannata, spettinata che sembrava aver interrotto di botto un’accesa discussione col marito. Dudley era accucciato su un divano, raggomitolato e strabordante di grasso mentre addentava un generoso boccone di un sandwich formato extra-large.

 

Tutti i presenti strabuzzarono gli occhi al suo indirizzo: sorpresa e stupore, tranne in Petunia che, invece, celava un sottile velo di paura.

 

“Che ci fai tu qui?” sbottò zio Vernon picchiando il bicchiere su una mensola e marciando deciso verso Harry con tutta la sua imponente mole “Dannato ragazzo! Hai idea di quello che abbiamo dovuto passare per colpa dei tuoi amici strambi? Eh, per colpa tua siamo quasi stati ammazzati da dei fanatici incappucciati! Sai come faccio a sapere che è colpa tua? Perché gli ho sentiti! ‘Parenti bab… qualcosa di Harry Potter vi cattureremo e vi tortureremo finché vostro nipote verrà a salvarvi e a buttarsi tra le braccia della morte!’ Degli autentici fanatici! Mai visto della gente tanto svitata! E quella luce verde… brr, per poco a Dudley non veniva un colpo…!”

 

D’istinto come collaudato in tanti anni di tirannia, zio Vernon afferrò il colletto del mantello di Harry. Ma questa volta fu costretto a strattonare verso il basso: Harry era più alto di lui di una buona spanna.

 

“Allora! Ci volevi fare ammazzare?”

 

Harry si liberò senza troppa fatica dalla stretta dello zio “Non era mia intenzione…”

 

Così come non desideravo che le persone a cui più tenevo morissero tutte.

 

Harry si morse la lingua e fissò zio Vernon con astio. Il signor Dursley rimase gelato sul posto, fulminato dall’indifferente alterigia che mai avrebbe immaginato vedere sul volto del servizievole e rammollito nipote.

 

“Ho qualcosa da chiedervi… e sarà anche l’ultima volta che vi darò fastidio… già…”

 

“Dopo quello che ci hai fatto passare hai anche il coraggio di venire a chiederci aiuto? E poi cosa vuoi che ci interessi il mondo di voi strambi!” ululò zio Vernon, ripresosi dalla paralisi.

 

Harry non si scompose minimamente, sorprendendosi lui stesso del suo inflessibile e glaciale controllo delle emozioni “Come ho detto prima, non era mia intenzione disturbarvi. Ma come ben sapete il più grande mago Oscuro di tutti i tempi mi è alle costole, mi sta braccando perché vuole uccidermi. Anche se ora pare essersi rassegnato…”

 

Le parole distanti di un Mangiamorte gli si accesero nella memoria: …l’Oscuro Signore è certo che sarà Potter ha giungere da lui…

 

“Non ti vuole più uccidere?” domandò zio Vernon con una nota di inquietudine e stupore.

 

“Certo che sì. Ma ora è convinto che sarò io a presentarmi al suo cospetto.”

 

“Per farti uccidere?” sghignazzò zio Vernon.

 

“Per ucciderlo” ribatté Harry con espressione atona.

 

Vernon fremette nell’osservare il volto di Harry “E tu credi… di poter uccidere?”

 

Harry pensò di cogliere un secondo fine nella domanda: se non ti aiutiamo, potresti ucciderci?

 

“Certo che credo di poterlo fare… l’ho già fatto.”

 

L’immagine del volto di Sirius che svaniva al movimento della propria bacchetta gli balenò alla mente… sì, lui aveva ucciso Sirius Black.

 

Vernon ingoiò saliva e ritornò al fianco della moglie, come in atteggiamento protettivo. Dudley fissava la scena esattamente con i medesimi occhi che aveva mostrato dopo l’attacco del Dissennatore due anni prima.

 

“Cosa vuoi?” venne la voce di Petunia Dursley ad infrangere il silenzio, ma non la tensione che si stava infittendo nell’aria.

 

Harry la fissò, concentrato su un particolare ricordo: ora sentiva alla perfezione le parole di Arabella Figg… tua zia è una Magonò.

 

Era l’anomalia che doveva comprendere per giungere al segreto di Petunia Dursley e forse anche alla scoperta di un nuovo Horcrux.

 

“Sei una Magonò?”

 

Petunia sobbalzò e l’espressione di paura si tramutò in rabbia: “Mago…? Io non sono strana… io sono normale!”

 

Harry scosse la testa “Qualcuno mi ha detto il contrario.”

 

“Eh” giunse il mugugno di zio Vernon “Petunia una strega… questa si che è bella.”

 

Inaspettatamente Petunia fulminò il marito con lo sguardo. Harry riconobbe in quell’occhiata rancore e invidia.

 

“Certo che non posso essere una strega, Harry!” strillò lei ancora più rancorosa “Mi hai mai visto fare qualcosa di strano?”

 

“Una Magonò è una strega che solo in potenzialità possiede la magia, ma non è in grado di usarla” spiegò Harry concentrato nell’analizzare le reazioni della zia: stranamente non pareva sorpresa della sua spiegazione.

 

“Lo so che cos’è una Magonò!” sbottò Petunia ed evidentemente quelle parole le erano uscite di getto perché un’espressione di rammarico si impadronì del suo volto.

 

Harry la scrutò ancora più attentamente “Come fai a saperlo? Già qualcuno aveva accennato a questa possibilità, vero?”

 

Petunia tremò come sull’orlo di una crisi “Certo” biascicò a bassa voce “Lily era speciale e qualcuno, forse per pietà di me, disse che anch’io ero speciale ma non lo davo a vedere.”

 

Vernon la fissava con sconcerto e ora anche gli occhi vuoti di Dudley sembravano accesi da una sordida curiosità.

 

Harry era sorpreso solo di un dettaglio: da quando sua zia definiva l’essere mago ‘speciale’ in luogo di ‘strambo’?

 

“E quel vecchio con la barba… Sipiente forse… lui mi disse che ero una Magonò, mi disse che lo sospettava e che voleva una conferma” proseguì Petunia con la voce che le tremava a tratti “Così mi fece consultare quel fattucchiere… oh! Che cosa ridicola, pensavo io! Un oracolo, uno di quei cialtroni con le carte e la sfera di cristallo… solo che a guardarlo negli occhi sembrava tutto tranne che un cialtrone… Lui mi disse che avevo magia dentro di me. All’epoca i miei genitori erano morti e la famiglia Evans non era così rilevante da tenere un albero genealogico così nessuno ebbe mai la conferma: quel giorno mi dissero che entrambi i miei genitori erano Magonò e che era una vera fortuna che mia sorella Lily avesse simili capacità magiche… ecco perché i miei genitori la trattavano come una prediletta! Da quel momento ho odiato la magia, oh sì… anche quando quel vecchio mi disse che la mia vera identità poteva sconvolgere una predizione, o qualcosa del genere, e volle che io mi rivelassi per amore di mia sorella… oh, sì… amore… io non lo feci… e non me ne pento.”

 

L’unico che sembrava in grado di proferir parole era Harry che però era turbato quanto i Dursley, la sua facciata impassibile era crollata di fronte a quella rivelazione.

 

“Zia Petunia” biasciò Harry “Tu e Albus Silente vi tenevate in contatto? E lui ti ha mostrato ad un Oracolo? – subito gli balenò alla mente il ricordo di quella figura maestosa catturata dai Mangiamorte al Ministero – Quindi tu sei una Magonò… ma come può questo sconvolgere…?”

 

Si interruppe di botto.

 

La Profezia: e il Signore Oscuro lo designerà come un suo eguale. Voldemort ha scelto me invece di Neville perché lui era un Purosangue e io no, perché ero un Mezzosangue come lui… ed ero un Mezzosangue perché mia madre lo era, figlia di due Babbani… ma se davvero erano entrambi Magonò, allora erano maghi e questo avrebbe fatto di mia madre una Purosangue e quindi il parallelismo che legava Voldemort a me sarebbe svanito… Voldemort non avrebbe più visto in me un suo pari… Voldemort non avrebbe assassinato i miei genitori, non avrebbe scelto me!

 

Volse gli occhi su Petunia Dursley.

 

Se solo questa donna avesse ammesso di essere una Magonò. Solo per la sua stupidità, per la sua stupida vanità, i miei genitori sono…

 

Senza rendersene conto Harry aveva proteso un braccio decisamente minaccioso verso la zia. Petunia indietreggiò con uno scatto fulmineo, aggrappandosi al braccio di Vernon.

 

“Ma non è così” mugugnò Petunia “Io… non sono una Magonò.”

 

L’alterigia apparente di Harry non resse “Ah, è così che pensi! Continui ad insistere e a negare solo perché non vuoi essere stramba?! E solo per questo hai lasciato che i miei genitori morissero!”

 

“Tu non hai capito niente” strillò Petunia d’un tratto infuriata quanto Harry.

 

Abbandonò il braccio di Vernon e si riavvicinò a Harry con passo incalzante e quasi disperato “Io non lo sono davvero… magari! Magari! Avrei voluto anch’io essere speciale come mia sorella! Almeno un po’! Ma lui mi disse che era impossibile! Perché non avevo nulla… niente magia! Ero schifosamente normale!”

 

Harry non ebbe tempo di indugiare sull’espressione sconvolta dello zio “Lui! Lui chi?”

 

“Quello che ti vuole uccidere!” gracchiò Petunia in faccia ad Harry.

 

“Voldemort?” bisbigliò Harry “Tu sei andata da Voldemort?”

 

“Il ragazzo che stava sempre dietro a tua madre… me lo disse lui” continuò Petunia con voce più controllata “Non tuo padre… un altro… anche lui era un mago… ma aveva un aspetto miserabile, anche lui viveva in un quartiere di gente normale, senza magia, ancora più malconcio del nostro.”

 

“Un Mezzosangue che stava dietro a mia madre?”

 

A Harry venne in mente Lupin ma scacciò all’istante quel pensiero. Per nessun motivo al mondo Remus avrebbe avuto il motivo di condurre sua zia a Lord Voldemort… doveva essere un Mangiamorte questo famoso Mezzosangue che conosceva Lily Evans.

 

“Era Peter Minus?” propose Harry.

 

Petunia scosse la testa con sguardo cupo “Non conosco il suo nome.”

 

“Era basso, grasso, con la faccia da topo…?”

 

“Era alto, olivastro, naso adunco e capelli neri e sudici” ribatté Petunia con un’ombra di disgusto.

 

Per un attimo, Harry sentì la gola contrarsi nel collo “Piton? Severus Piton? Perché Piton avrebbe dovuto stare vicino a mia madre… li ho visti nel Pensatoio: si detestavano!”

 

“Il ragazzo era strano” disse Petunia “D’un tratto era gentile con Lily e l’attimo dopo austero e scontroso… una volta la chiamò Mezzosangue… e Lily lo odiò per quello e non si parlarono più. Ma quel ragazzino era così ostinato e voleva trovare il modo di ritornare…amici? Mah, la loro è sempre stata una relazione controversa… poi tuo padre, quel Potter, lui detestava quel ragazzino.”

 

Tutti i dubbi di Harry svanirono in un attimo sostituiti da una profonda sensazione di bassezza “Così Piton conosceva mia madre. E tu l’hai incontrato quando… quando è venuto a fare visita a mia madre?”

 

“Già… ma fu un momento sbagliato per lui… perché c’era anche Potter. Allora scoppiò un autentico combattimento… io ero terrorizzata. Me lo ricordo bene… era il giorno seguente al consulto con quell’oracolo… ero convinta di essere una strega anch’io ma mi sentivo così impotente in quel putiferio. Poi tutto finì e quel Potter e tua madre se ne andarono. Quel ragazzino era steso per terra, tutto mal concio. Non so perché ma io glielo chiesi, gli chiesi: ‘cos’è una Magonò?’ Lui volle sapere le mie motivazioni. Io gli dissi che ero una Magonò, che quel vecchio me l’aveva detto. Appena lo seppe quel ragazzino mi propose qualcosa, mi disse che se volevo potevo diventare una strega a tutti gli effetti e mi condusse da lui, quella persona che ora vuole ucciderti.”

 

Prese una grande boccata d’aria, tremando visibilmente.

 

“E’ stato lui, quella stessa notte, la notte della tragedia… Quel ragazzo, Piton, mi disse di andare a casa di mia sorella Lily, io non avevo idea di dove si trovasse perché credo che lei e quel Potter si fossero nascosti… ma ci pensò lui a condurmi lì… e per tutto il tempo fu cortese e mi propose di donarmi le facoltà di una strega perfetta perché lui, con i suoi poteri oscuri, poteva far diventare una Magonò una strega completa… dovevo solo dirgli dove trovare un oggetto. Io non avevo idea di quale oggetto parlasse… mi disse una parola che mi gelò il sangue nelle vene… mi ripeté che se volevo il potere dovevo dirgli dove trovare quell’oggetto, aggiunse che non potevo mentire con lui perché riusciva a leggermi nel pensiero… sapeva che conoscevo l’esatta ubicazione di quell’oggetto ma che non poteva leggere ulteriormente nei miei pensieri su quella cosa perché lui stesso aveva imposto come protezione l’impossibilità per un mago-che-legge-la-mente di trovarlo con l’indagine della memoria.”

 

Harry fremette: un Horcrux.

 

“Io non sapevo cosa fare: riuscivo a capire che quell’oggetto era molto importante per lui, sapevo anche che se gli avessi detto quello che voleva avrei tradito mia sorella nei peggiori dei modi, sapevo che se non l’avessi fatto mi avrebbe uccisa… così scelsi la strada più facile…”

 

“Gliel’hai detto” sibilò Harry “E lui ha recuperato l’Horcrux e ha ucciso i miei genitori.”

 

Petunia ebbe quasi un mancamento alla nomina dell’Horcrux.

 

“Dimmi!” gridò Harry “Dimmi, Voldemort ha recuperato l’Horcrux?”

 

“C’era quasi” mormorò Petunia “Ma poi tu… tu, in qualche modo, lo hai…”

 

“Non l’ha preso allora, non l’ha preso!” esultò Harry tra l’emozionato e il febbricitante “Dov’è adesso? Tu c’eri, vero? Hai visto tutto! Hai visto la morte dei miei genitori! L’hai detto tu: la notte della tragedia. Dimmi all’ora dov’è!”

 

Petunia non si mosse molto, fece solo volteggiare la mano su una mensola vicina e ne trasse una cornice. La porse ad Harry.

 

“Qui c’era la foto del matrimonio dei tuoi genitori. Appena lui se n’è andato, anche quell’esserone sulla moto volante e quell’uomo coi capelli scuri che urlava, quando tutti se n’erano andati e la casa era bruciata… io ho ritrovato la cornice… e l’ho presa.”

 

“E hai buttato via la foto, lasciandola tra le macerie di Godric’s Hollow?”

 

Certo che l’hai fatto, zia Petunia. Ora non stai mentendo, lo so: la foto che abbiamo trovato a Godric’s Hollow, quella strana sensazione prima della partenza… è tutto vero… ho trovato un altro Horcrux! Ma perché era custodito dai miei genitori… forse il loro lavoro all’Ordine della Fenice…?

 

“Ascolta attentamente, zia Petunia: come sapevi dell’Horcrux? Cosa facevano i miei genitori?”

 

Petunia si riprese dall’imbarazzo e squadrò Harry “Una volta ho sentito mia sorella e quel Potter parlare: parlavano della loro missione e degli ‘Horcrux’. Lily voleva che tuo padre la smettesse perché aveva fallito col tentativo di distruggere quell’oggetto già tre volte e rischiava di morire…”

 

Harry sobbalzò: coloro che hanno sfidato il Signore Oscuro per tre volte… perché aveva fallito col tentativo di distruggere quell’oggetto già tre volte…

 

“Poi Lily ha preso tra le mani questa” proseguì zia Petunia premendo le unghie contro la cornice “E ha detto che vedeva un’ombra sulla cornice… un’ombra oscura.”

 

Dudley si agitò sul divano. Petunia abbandonò immediatamente la cornice, poggiandola su un tavolino con noncuranza e si diresse verso il figlio.

 

“Diddy, mi dispiace tanto” sussurrò la donna mentre abbracciava il figlio.

 

“No, mamma!” strillò Dudley “L’ho visto quella volta… quando quella cosa ha attaccato me e Harry… l’ho vista anch’io quell’ombra…”

 

“Quando il Dissennatore ti ha attaccato hai rivissuto i momenti più agghiaccianti della tua vita” spiegò Harry “Che cosa hai visto Dudley?”

 

Dudley fissò il cugino protendendo le braccione per scostare la madre. Petunia boccheggiava, assolutamente sconvolta, implorando il figlio con dei sommessi ‘no, no, no…’

 

“L’ombra era sulla mamma!” gridò Dudley disperato mentre si infossava nel divano.

 

Harry fissò la zia con un’inquietudine crescente, sentendo rivivere dentro di sé la notte in cui entrambi i Black avevano perso la vita, avvinghiati da quell’ombra, perché loro erano…: no, lei è…?

 

“Non l’ho detto a nessuno, nemmeno al vecchio con la barba” confessò zia Petunia con una risata isterica “Era il mio segreto… almeno così anch’io avevo della magia dentro il mio corpo.”

 

Harry protese il braccio verso la cornice, stringendo le dita sul metallo freddo: niente. La cicatrice era immobile nel suo dolore. Fece scorrere il dito sulla superficie, delineando il blasone che torreggiava sulla cornice: Godric Grifondoro. Harry fissò gli occhi metallici del leone rampante e, ancora, i sussurri lontani di una persona gli si accesero nella mente.

 

I tuoi dubbi, ragazzo… ti domandi chi sei? Dentro di te giace l’eredità di sangue tramandata per secoli da uno dei mitici quattro che fondò la rocca incantatala tua tra tutte è l’eredità più preziosa perché perpetuerà eternamente

I suoi genitori possedevano un oggetto di Godric Grifondoro. La Profezia della Cooman forse era la conferma del suo sospetto: poteva davvero osare tanto? Poteva sperare di essere l’Erede di Grifondoro e quindi il degno avversario di Lord Voldemort, Erede di Serpeverde?

 

Le parole aspre di Petunia lo riportarono alla realtà.

 

“Quella cornice ormai non vale più niente” disse la zia mentre amicava con disgusto verso l’oggetto.

 

Petunia volse i suoi occhi su Harry con uno sguardo folle “Vuoi sapere come so con certezza di non essere una Magonò… cosa successe quella sera? Ora te lo racconto.”

 

[La Notte della Tragedia]


Petunia Evans da poco maritata con Vernon Dursley e madre del piccino disubbidiente ed ingordo Dudley venne condotta da un uomo oscuro verso il nascondiglio della sorella Lily Potter. Molte emozioni le passarono davanti agli occhi, ma una sola predominava in quel momento, alimentata dal sordido bisbiglio dell’Oscuro Signore: non sei gelosa di tua sorella? Non vuoi ottenere i suoi stessi poteri?

 

“Sì” mugugnò Petunia ricacciando nella mente il terribile dubbio che la assillava: sto per consegnare mia sorella nelle mani di questo essere, la sto per condannare a morte?

 

No, già qualcuno aveva tradito la fiducia dei Potter: Peter Minus. Ma questo Petunia non poteva saperlo, convinta così com’era di barattare i poteri che da sempre aveva sperato di ottenere con la vita della sorella.

 

Giunsero infine a Godric’s Hollow e Petunia venne sospinta nell’oscurità di un vicolo.

 

“Stai lì” eruppe Lord Voldemort “Finché non sentirai più alcun rumore… oltre la mia risata di trionfo.”

 

Petunia sussultò. No, non vuole uccidere mia sorella… non può! Non sto per consegnare mia sorella a questo essere!

 

Voldemort sogghignò appena, i perfetti denti bianchi gli luccicarono sotto il cappuccio ripiegato sul capo. Il viso, seppure ancora quello di un uomo affascinante, era segnato da un olezzo di morte e putrefazione, appena indistinguibili sulla sua pelle glabra, ma predominanti sulla sua figura oscura: i segni di un’anima devastata, il prezzo di sei Horcrux.

 

Petunia indietreggiò nel vicolo, con la sensazione di occhi serpentini che le scrutavano nella mente: mi legge il pensiero, lo so!

 

Lord Voldemort chinò il capo in una muta conferma dei dubbi della donna “Dopo che avrai ottenuto il potere di una strega potrai sopravvivere anche al rimorso… anzi, ad un tratto il ricordo di azioni infide e crudeli svanirà completamente, imparerai a conviverci.”

 

Entrò nella casa e la percezione di Petunia si fermò: non era lì in quel vicolo oscuro e non aveva nemmeno consegnato sua sorella alla morte… no, era da un’altra parte, un posto bianco e fluttuante dove non era concesso ai pensieri di entrare: era tutta leggerezza.

 

Ma Petunia non riuscì ad evitare di sentire il grido di un uomo: quel Potter. Era l’urlo di un animale in trappola, mortalmente ferito, pronto a morire.

 

Poi giunse la voce di Lily, ma non era dentro quella casa, no, era nella sua testa.

 

So, Petunia, che reputi James una persona strana… come me. Ma credimi, è un mago e se anche non lo fosse io lo amerei alla stessa maniera.

 

Al termine del ricordo Petunia era sulla soglia spalancata del nascondiglio di sua sorella: quel Potter agitava la bacchetta contro l’uomo dall’aura oscura, ma, anche agli occhi inesperti di magia di una Babbana come lei, parve evidente che era prossimo alla morte.

 

“Almeno prima di andarmene” rantolò James schivando di striscio un anatema viola intenso “Voglio proteggere Lily e Harry… voglio terminare il mio lavoro…”

 

Petunia osservò quel Potter che si lanciava con un incredibile slancio verso un baule cacciato nell’angolo più remoto della stanza. James batté contro un tavolo nel disperato tentativo di evitare un altro incantesimo, per un attimo vide tutto bianco, ma anche in quel breve istante di incoscienza le sue mani arrancavano per cercare il sigillo del baule.

 

“C’è qualcosa di prezioso là dentro?” sibilò Lord Voldemort approssimandosi a James con un’espressione di folle soddisfazione.

 

“No!”

 

Era il grido di Petunia: non lo aveva progettato e già se ne stava pentendo… quegli occhi serpentini si posarono su di lei mentre James annaspava in cerca di aria e contemporaneamente agitava la bacchetta malferma per aprire il sigillo.

 

“Ti ho detto di rimanere fuori” disse Lord Voldemort con tono duro ed inflessibile “Ormai non mi servi più… è qui, lo sento: il mio Horcrux! Potrei anche ucciderti ora… quindi, vattene!”

 

“I miei poteri da strega!” strillò Petunia disperatamente.

 

Certo: penso a me. Devo pensare solo a me stessa… non devo pensare a Lily e a quel Potter, non devo pensare a quello che li sto facendo.

 

“Non li avrai mai” sogghignò Lord Voldemort con un sussulto basso e mortifero “Una Babbana non potrà mai diventare una strega… una Magonò forse sì con l’ausilio dei miei grandi poteri: ma tu sei una Babbana, non hai nulla di magico. Il vecchio Silente si è sbagliato: tu sei solo una lurida Babbana!”

 

Avrebbe voluto protestare ma il sogghigno impietoso e quegli occhi tremendamente profondi che sapevano penetrare l’anima di chiunque erano spietatamente sinceri: già, non è altro che una Babbana…

 

Sono normale… schifosamente normale e… sto lasciando che mia sorella muoia per niente… sto per distruggere la sua famiglia per niente.

 

La bacchetta di Lord Voldemort era puntata contro di lei, un debole bagliore verde cominciò ad accendersi sulla punta trascinandosi dietro il monito di una sicura morte.

 

E ora tocca a me… poi a mia sorella… non voglio morire! E’ tutta colpa loro, tutta colpa della magia!

 

I suoi occhi già riflettevano l’impietoso raggio verde e il ghigno spietato di Lord Voldemort, ma qualcosa bloccò entrambi. I suoi occhi mortiferi saettarono, Petuina li vide perdere il loro bagliore di vita per un attimo e in quell’attimo James Potter affondò la sua bacchetta contro un insignificante oggetto, una cornice forse.

 

Petunia osservò con stupore e ribrezzo la bacchetta di quel Potter che andava in frantumi, sgretolata contro l’improvviso bagliore che generò la collisione: un lampo di luce, uno schiocco e il grido di furia omicida di Lord Voldemort.

 

Petunia non conobbe mai la vendetta dell’Oscuro Signore e il sapore di quel misterioso bagliore verde. Lord Voldemort la dimenticò, obliò tutto di lei e si concentrò solo su quella misera e moribonda figura che aveva osato sfidarlo e aveva vinto: l’Horcrux era distrutto; un pezzo della sua anima svanito.

 

Voldemort si chinò su James con una lentezza esasperante agli occhi di Petunia, la bacchetta calò come un pugnale acuto, fendendo l’aria con il suo grido disperato:

 

“Ora ripagherai con la vita il tuo oltraggio!”

 

E Petunia conobbe l’effetto di quel misterioso bagliore verde quando le pareti di casa Potter si tinsero per un istante di verde e quando l’istante dopo il corpo rovinò a terra privato della sua anima.

 

Uno strillo di orrore eruppe dietro una porta sigillata: il pianto di dolore di Lily e i singulti del neonato.

 

Lord Voldemort si chinò sul corpo di James e Petunia ebbe l’onore di osservare con i proprio occhi la creazione di un Horcrux e, in pochi istanti, di provare l’invasione dell’anima dell’Oscuro Signore dentro il suo medesimo corpo.

 

Voldemort terminò la cantilena e marciò verso Petunia con la bacchetta che gli tremava in mano: la mano dell’Oscuro Signore era ferma ma la bacchetta tremava come se avesse vita, e una vita la conteneva, quella di James Potter.

 

“E’ una vera profanazione… donare la mia anima ad una babbana… tsk; ma ora non ho scelta, devo ricreare un Horcrux per sostituire quello che mi è stato appena sottratto. Sarai il temporaneo contenitore dell’anima dell’Oscuro Signore, dovresti ritenerti onorata, babbana. Ora apri gli occhi!”

 

Petunia non avrebbe potuto chiuderli neanche volendo, spalancati da un terrore sconquassante. Lord Voldemort agitò la bacchetta e quella smise di tremare: un ago attraversò gli occhi di Petunia con il grido di James Potter e una puntura dolorosissima… qualcosa di estraneo ed oscuro era entrato dentro di lei.

 

“Resta qui. Torno subito a riprendere la mia anima… dovrò scegliere un Horcrux migliore di te, babbana.”

 

Petunia rimase lì, mentre attendeva il ritorno dell’Oscuro Signore, mentre lo vedeva varcare quella soglia sigillata, mentre sentiva la vita di suo sorella che scivolava fuori da quella casa, mentre vide uno scoppio, mentre sentì un urlo, mentre percepì lo spettro informe di Lord Voldemort che sgusciava via da Godric’s Hollow, mentre suo nipote Harry strillava.

 

Si mosse solo quando udì un altro urlo: troppo disperato; lo stesso urlo che aveva represso quando era stata certa della sorte della sorella. Era l’urlo di Sirius Black che gridava il dolore per la perdita del migliore amico James, quasi un fratello, e per la distruzione della famiglia Potter.

 

Petunia non gridò ma scappò ma una parte di lei attese a Godric’s Hollow il ritorno dell’Oscuro Signore per la riscossione del suo tributo. Attese su quella soglia che la liberasse da quell’ombra oscura e da quei ricordi strazianti. E rimase così, posseduta da quell’anima oscura, per oltre diciassette anni.

 

[+*+*+*+*+*]

E ora la sua attesa era terminata. Harry era giunto a riscuotere l’anima dell’Oscuro Signore e lei gliel’avrebbe data con estrema collaborazione, assieme ai ricordi di quella notte, assieme alla sua vita.

 

“Hai lasciato morire i miei genitori?”

 

Petunia fremette, ma non seppe se di paura o esaltazione: il ringhio che Harry celò era in tutto simile alla nota mortifera del sibilo di Lord Voldemort.

 

“E’ così.”

 

Petunia sperò che con quelle semplici parole e l’espressione di indifferenza che portava sul viso avrebbe fatto accendere il lato oscuro di Harry, che lo avrebbe spinto a privarla dell’ombra oscura… ad ucciderla.

 

E infatti…

 

“Io… io ho promesso a Silente, a Regulus, anche a Sirius e a tutti quelli che sono morti che avrei distrutto gli Horcrux… e tu, zia Petunia, sei un Horcrux!”

 

Petunia non si sorprese nel sentirsi vittima di un incantesimo. Sbatté contro una parete e rovinò cozzando contro qualcosa, ma non sentì molto male, non aveva mai provato vero male fisico da quella notte: l’ombra oscura era come un angelo custode, ma infinitamente nero.

 

Harry si vide scorrere davanti lo scontro contro Regulus, la vera morte di Sirius. Stava per riaccadere quella notte, lui l’avrebbe fatto riaccadere con la propria bacchetta, con la propria forza, distruggendo un Horcrux… distruggendo sua zia? Possibile che avrebbe dovuto ucciderla? No… c’era qualcosa, un incantesimo buono che poteva esorcizzare Petunia. Il libro che aveva raccolto Hermione ne riportava la formula e le distanti parole di un R.A.B. ignoto ne davano una conferma:

 

“… un Horcrux creato con un uomo, un essere vivente... si può spezzare questo legame… si può anche…”

 

“Cosa fai, Harry? Stai esitando come tuo padre quella notte.”

 

“Basta così, babbana.”

 

Harry si lanciò contro la zia, il dolore alla cicatrice era talmente acuto che si era fuso col suo corpo, il potere dell’Oscuro Signore si era fuso col suo corpo e stava avanzando portando la mano di Harry a puntare la bacchetta contro Petunia e a mormorare quelle parole dal sapore famigliare…

 

“Avada Kedavra!”

 

Entrambi vennero inghiottiti nel bagliore verde. Petunia finalmente scoprì il segreto di quell’anatema.

 

Sto fluttuando nel vuoto… sono morta?

 

Harry riconobbe il vuoto, la stessa sensazione che lo aveva colto dietro il Velo.

 

Ma certo, sono morto anch’io. Esattamente come quella volta, l’Avada Kedavra mi è rimbalzato contro… ho fatto lo stesso errore, di nuovo…

 

Lo spettro del corpo di Harry galleggiò contro quello di Petunia. Entrambi si fissarono ed entrambi videro nell’altro un’ombra oscura.

 

“Anche tu, Harry?”

 

“Anch’io, babbana.”

 

“Non sei Harry.”

 

“Questo a te sembra perché non conosci il vero Harry. Sono io.”

 

“Sei il Signore Oscuro.”

 

“Sì, sono Harry.”

 

Il braccio di Harry si allungò per stringersi contro il collo di Petunia.

 

“Ora non hai difese, babbana. Non hai più la protezione dell’Horcrux, ora posso distruggerti con l’anima di Voldemort… siamo soli…”

 

“No, Harry, ci sono anch’io, mi vedi, proprio accanto a tua zia.”

 

Gli occhi serpentini di Harry si levarono dal collo della zia e videro il sorriso scaltro di James Potter che gli amicava dall’alto, il sorriso di un Malandrino ancora vent’enne, prima di quella notte.

 

Le iridi rosse di Harry si strinsero su quella figura: lo riconobbe.

 

“Anche tu! Anche tu che mi hai sfidato per tre volte e hai distrutto il mio Horcrux meriti di morire!”

 

“Chi stai facendo parlare, Harry?”

 

I denti affilati di Harry digrignarono e dalle labbra bianche sfuggì il sibilo dell’Oscuro Signore.

 

“Zitto, Potter!”

 

Il sorriso di James perso un po’ del suo vigore ma continuò con la sua persuasione: qualcosa si frantumò all’intero del corpo di Harry.

 

“No!”

 

I brillanti occhi verdi di Harry si strinsero nel dolore.

 

“No, non ce la faccio: è più forte lui!”

 

James rafforzò il suo sorriso, quello di un vero Malandrino, quello che era riuscito a consolare Remus dopo la più terribile delle notti di luna piena, quello che aveva dato coraggio a Sirius dopo il ripudio di casa Black… quello che alla fine era riuscito a far innamorare Lily Potter e aveva fatto sorridere il piccolo Harry nella culla.

 

“No, sei molto più forte di lui: sei mio figlio. Non farai del male a Petunia perché era l’amata sorella di Lily e tu somigli molto a tua madre.”

 

Gli occhi di Harry cominciarono a lacrimare: la cicatrice si stava squarciando, qualcosa voleva uscire, doveva uscire.

 

“Dimmi addio, Harry. Ora devo andare e porterò via anche questo scortese ospite. Terminerò il mio lavoro: salverò te e anche Lily.”

 

Harry aprì gli occhi.

 

“Sai, Harry, avete gli stessi identici occhi… quel verde incredibile! Gli ho visti, sai? Anche oltre l’anima oscura di Lord Voldemort ho visto i tuoi incredibili occhi verdi che brillavano, come quelli di Lily. Mi hanno condotto fino a te.”

 

La cicatrice smise di pulsare.

 

“Papà, posso farti rimanere?”

 

Un ricordo: ora vedeva febbricitante il volto di Lyons Kaus: “Un Horcrux umano… quanto potere ha! Può persino ridare la vita all’anima sacrificata per la sua creazione; ma bisogna pagare un prezzo: la vita, tutto lo spirito e l’anima dell’Horcrux umano in cambio della sola anima dell’uomo sacrificato… e sarà ancora pervaso dall’ombra oscura… ma così potrai ridargli vita.”

 

Il dolore ricominciò, più lancinante di prima, ma Harry trovò le parole e i ricordi anche attraverso quella coltre di sofferenza.

 

“Posso farti restare. Me l’ha detto Regulus Black. Mi ha detto che posso far restare la tua anima!”

 

“Certo che potresti, Harry. Ma puoi? Anch’io faccio parte di quest’Horcrux, rimarrei con l’anima di Voldemort e dovresti sacrificare la vita di tua zia.”

 

“E’ questa la scelta? Dovrei scegliere tra la vita di una zia che mi ha sempre disprezzato e la vita di mio padre che mi ha amato? La scelta è molto facile…”

 

“Certo che è molto facile, Harry. Ma è giusta? Devi distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile.”

 

Anche Silente sorrideva ora, accanto a James.

 

“Dovrei condannarti a morte per salvare zia Petunia… no! Non ce la faccio, non possono scegliere lei… forse sarebbe giusto ma non ho il coraggio di scegliere lei!”

 

“Ma certo che ce l’hai, Harry. Sai, quella cornice? Godric Grifondoro… i Potter sono Purosangue ma non discendo da Grifondoro, questo no. Ma noi Potter siamo comunque Grifondoro, abbiamo la stessa qualità che l’ha reso uno dei più grandi maghi del suo tempo.”

 

“No, il Cappello Parlante! Ha detto che sarei stato meglio a Serpeverde!”

 

“Ma tu hai scelto Grifondoro e hai impugnato la sua spada. Questa è la dote di ogni Grifondoro, Harry: ti sei opposto al destino, hai rifiutato quello che ti imponevano di fare perché sapevi che non era giusto: coraggio! Ecco, Harry: tu hai coraggio!”

 

“Come può essere? Voldemort è ancora nella mia testa!”

 

“Ma ora sei tu che parli, tu l’hai mandato via: sei un vero Grifondoro!”

 

L’anatema si spezzò e Harry prese la sua scelta.

 

*^*^*^*^*

Cioccorana Fusa

[Squisita]

 

Draco era sdraiato svogliatamente sul divano, il capo chino sul cuscino, voltato da parte, una gamba piegata e l’altra mollemente penzolante.

 

Samantha si avvicinò, in mano una tazza di cioccolata calda.

 

“Bevi.” Gli disse, decisa e alquanto imperiosa, poggiando la tazza sul tavolino accanto.

 

Draco alzò un sopracciglio, perplesso. “Che diamine è?”

 

Samantha sospirò divertita, come sempre durante gli attacchi di isteria del ragazzo “Cioccorana fusa, il miglior rimedio che conosco contro la cupezza.”

 

Draco non si mosse per prendere la bevanda. “Cosa ti fa credere che io ne abbia bisogno?”

 

“Non so” Samantha fece una significativa pausa e proseguì con tono ironico e abbastanza spietato dato il contesto “Come è andato il colloquio con tua madre? Se il soggetto era la psicosi di tuo padre immagino che non sia stato tutto rosa e fiori.”

 

Draco la gelò con lo sguardo, borbottando decisamente ostile “Non sono affari tuoi.”

 

“Oh sì,” replicò invece Samantha, sedendosi sul bracciolo del divano, invadendo così lo spazio personale di Draco che rispose all’intrusione con un altro mugugno.

 

“Lo è ogni cosa che ti riguarda dato che io ho rischiato la mia vita svariate volte per te, oh piccolo ingrato.” Gli disse, con un sorrisone di scherno sulle labbra rosate.

 

Draco sbuffò, molto innervosito.

 

Che bisogno ha la Drake di trattarmi come un moccioso ribelle?

 

E Samantha continuava a fissarlo col tipo sguardo di ‘vecchio saggio della montagna’ che deve spendere il suo prezioso tempo per risolvere gli impicci di un giovane e imbranato discepolo.

 

Però, forse le devo un favore… dopotutto mia madre ora è al sicuro…

 

E lui può tornare a respirare.

 

“Come vanno le cose in famiglia?” gli chiese Samantha, vagamente seria.

 

Draco sospirò ancora, questa volta fortemente irritato: sembrava quasi che la Drake facesse apposta a fargli sentire il peso del debito che aveva nei suoi confronti. E, perché no, forse si divertiva anche a rigirare il coltello (tuo padre è pazzo) nella piaga (non si ricorda né di te né di tua madre). In fin dei conti era una Mangiamorte.

 

Draco lanciò un’occhiata sbieca a Samantha mentre gli sorrideva con un sogghigno enigmatico.

 

Speravo almeno che le donne Mangiamorte fossero meno spietate e più comprensive… escludendo zia Bellatrix, ovviamente… ma questa Drake è molto più rude di me… La sua bellezza non compensa le sue maniere da scaricatrice di porto.

 

In effetti Draco venne riportato alla realtà da un leggero colpo al capo, beh, non troppo leggero.

 

“Drake, vuoi smetterla di picchiarmi?”

 

Samantha allontanò la mano che aveva usato per ‘fustigare’ Draco, non prima di avergli arruffato i capelli “Suvvia, quanto sei deboluccio (a differenza di tua madre). E come sta Narcissa?”

 

“Come vuoi che stia?” ghignò Draco in risposta, il tono carico di sarcasmo.

 

“Forse è molto più forte di quanto credi” commentò serenamente Samantha, mentre osservava Draco che tentava di aggiustarsi la pettinatura come meglio riusciva.

 

Draco smise di pettinarsi e la fissò molto serio “Forse mia madre è orgogliosa, come d’altronde tutti i Black, ma non credo che sia forte.”

 

Gli occhi bicolore di Samantha lo perforarono “Tsk, ma se è molto più forte di te… non che ci voglia molto, tu, DracoMalfoy, sei una femminuccia.”

 

“E tu sei una rozza” ribatté Draco con un broncio che aveva molto dell’infantile.

 

Samantha scoppiò in una risata tonante che non tentò minimamente di contenere “Che bamboccio!”

 

Le guance di Draco assunsero una delicata tonalità rosata “Finiscila!” le sbraitò contro “Trovi che sia così divertente torturarmi?”

 

“Torturarti?” ripeté Samantha con un’altra risata “Ma se ti ho solo punzecchiato, sei una vera prima donna, Draco. Piuttosto dovresti ringraziarmi, piccolo ingrato.”

 

“Se ti da così fastidio aiutarmi, mi vuoi spiegare perché lo fai, Drake?”

 

“Perché tu hai l’aria del ragazzino smarrito, mi fai molta pena” rispose Samantha con cruda sincerità “In più è estremamente divertente stuzzicarti! Neanche le mie amiche più suscettibili sono permalose quanto te, Draco!”

 

“Sono contento che tu ti diverta, Drake” sibilò Draco con un’occhiataccia a Samantha “Non sia mai che anche tu debba essere privata della felicità… sai, non è molto piacevole.”

 

Samantha smise di ridere e osservò Draco con un vago rimorso “E ora fai la parte della vittima?”

 

Draco le rivolse un’occhiata penetrante “E tu invece, Drake? Tu non fai per caso la parte dell’assassina?”

 

“E’ così che si sopravvive in guerra.”

 

Draco socchiuse gli occhi, il volto improvvisamente cupo  “Bel modo di sopravvivere.”

 

“…e tu? Stai imparando a sopravvivere, Draco?”

 

Il giovane sussultò, colto sul vivo.

 

Sopravvivere. Una necessità. Lo si impara. Ma lo si può sopportare stoicamente?

 

“Bevi.”

 

Il ragazzo si sorprese nell’udire la voce più gentile della ragazza. Draco la fissò, incerto, e allungò le dita verso la tazza, intrecciandole intorno al manico ricurvo. Annusò la bevanda, percependo un sentore dolciastro e pesante.

 

Socchiuse gli occhi, sospettoso.

 

“Ma è buona? Dato che ti diverti così tanto a complicarmi la vita, non escluderei che tu ci possa aver ficcato dentro qualche strano ingrediente.”

 

“Non ti fidi?! Vuoi per caso insinuare che io mi diverto a torturarti?!” sbraitò Samantha, le mani sui fianchi e le gambe accavallate.

 

“Finiscila di prendermi in gir-”

 

“Bevi!”

 

Draco roteò gli occhi. “Solo se la finisci di urlare come una pescivendola.”

 

Le labbra pallide del ragazzo si accostarono al bordo della tazza. Veloce e indolore. Il liquido caldo gli scivolò viscoso in gola, addolcendo il palato e scaldando lo stomaco.

 

Squisita.

 

“Allora?” chiese spazientita Samantha.


Draco alzò le spalle, rimanendo vago. “Non c’è male…” e se ne bevve un altro bel sorso.

 

Samantha sogghignò, soddisfatta, e poggiò il viso su di una mano per guardalo meglio.

 

Certo che Draco era un bel ragazzo… ovviamente escludendo qualche dettaglio…

 

… e ha un non so che di angelico e fanciullesco con le labbra sporche di cioccolata e quell’aria curiosa da bambino.

 

E a quel punto le venne spontaneo un commento.

 

“Sembri un poppante che beve dal biberon.”

 

Draco le lanciò un’occhiataccia, che la fece ridere di gusto.

 

“Aspetta.”

 

Draco si fermò e fissò Samantha alzarsi dal divano.

 

“Che c’è?”

 

Samantha gli sorrise. “Sei tutto sporco.”

 

Si chinò su di lui e gli succhiò il labbro inferiore. E proprio quando Draco cominciava a percepire meglio la situazione, Samantha si era già staccata e sghignazzava.

 

“Così va meglio” disse la ragazza, soffiandogli sulle sue labbra e sorridendogli ammiccante.

 

Draco la fissò dubbioso e riprese a sorseggiare la sua cioccolata come se nulla fosse stato, ma vagamente più frettoloso e teso, finché l’ebbe finita.

 

Samantha gli strappò la tazza dalle mani senza troppa gentilezza “Per fortuna ho fatto altra cioccolata. Mi diverto a vedertela sulle labbra!” esclamò gioviale e se ne tornò in cucina, ridendo.

 

“Tsk.” Borbottò Draco, mentre la osservava allontanarsi.

 

Però è stata squisita… la cioccolata, intendo.

 

*^*^*^*^*

 

Oh, no, gotta learn this someday [Oh, no, lo imparerò un giorno]
Why, I, gotta learn the hard way [Perchè, io, lo imparerò nella dura maniera]

 

            Nickelback, Learn The Hard Way

 

 

[Old Fairytales

Needs – Where’s our happy ending?]

 

“Smettila, Ron.”

 

“Ma… Hermione…”

 

“Per favore Ron. Dopo.”

 

Il volto di Ron scattò velocemente dalla parte opposta, Hermione alle spalle, una smorfia annoiata e imbronciata sul volto.

 

Hermione sospirò. “Ti prego, non fare così…”

 

“E come dovrei reagire?!” aveva borbottato lui, serrando le palpebre ostinatamente. “Preferisci quella palla di pelo a me!” aveva poi aggiunto in tono teatrale, voltando appena il viso solo per fissare di sottecchi e con aria omicida – o, meglio, gatticida – Grattastinchi placidamente appollaiato sulle gambe della sua fidanzata.

 

Il gorgoglio di piacere emesso dal gatto al tocco leggero della mano di Hermione sul suo pelo rosso, fu l’ultima goccia di sopportazione a far traboccare il vaso.

 

“Perché solo a lui le coccole?”

 

Hermione scosse la testa, esasperata. “Addirittura geloso del mio gatto! Ron, sei impossibile!”

 

Lui non negò nulla e si fece più vicino alle due creature, studiando l’avversario, il quale ricambiava con lo stesso sguardo giallo carico di astio e sfida.

 

“Il tuo gatto mi vuole separare da te, Hermione.”

 

La ragazza trattenne l’impulso di lanciare Grattastinchi per aria e affondare un pugno sulla testa dura di Ron.

 

“Vuole solo un po’ di attenzioni, Ron. D’altronde, ho avuto poco tempo per lui in questi mesi…” spiegò, facendo un dolcissimo sorriso intenerito in direzione del gatto, che strofinava il muso schiacciato contro il suo palmo.

 

Ron raddrizzò la schiena, sempre squadrando diffidente il grande gatto arancione.

 

“Credo che sia geloso.” Concluse dopo qualche minuto di meditazione. Hermione alzò gli occhi al cielo. “Ron, è un gatto.”

 

“E io un maschio come lui. So riconoscerle certe cose.” Affermò convinto il Weasley.

 

“Merlino, questo è ridicolo!” esclamò Hermione, la bocca spalancata in una perfetta ‘O’.

 

Ron non sembrava ascoltarla; seguitava, invece, a sfidare Grattastinchi in una gara di sguardi. Davvero molto stupido, pensò Hermione alzando le sopracciglia. Ma proprio mentre accarezzava con tranquillità il suo gatto, Ron si era mosso improvvisamente e aveva gettato il palmo della mano in avanti, verso Grattastinchi.

 

“Miaooo!”

 

“AHI! Stupido gatto!!”

 

“RON! Razza di Troll che non sei altro!”

 

L’azione si era svolta così in fretta che Hermione non aveva avuto il tempo di registrarla bene. Tutto ciò che sapeva era che Ron si era avventato sul suo gatto, Grattastinchi aveva rizzato il pelo e conficcato le sue unghiette affilate nei jeans e poi sulla guancia di Ron, ora sfregiata da tre graffi rossi.

 

Preoccupata, Hermione fece cadere Grattastinchi a terra, e si accucciò accanto a Ron che, in ginocchio a terra, si strofinava la guancia con espressione sofferente.

 

“Ahiahiahiahi!” si lamentò vivacemente il rosso, tenendosi la guancia con una mano. Hermione gliela spostò delicatamente. “Fa vedere.”

 

Ron non si ribellò, lasciando che le dita di Hermione gli sfiorassero la pelle arrossata attorno ai tagli con gli occhi scuri ben vigili. Fissandola, Ron provò l’intensa voglia di fermare quella mano sulla sua guancia; era incantevole.

 

Si chinò su di lei e le baciò le labbra, serrate per la concentrazione e, quando riaprì gli occhi, si tuffò nel caldo colore dello sguardo di lei.

 

“Non… non è niente di grave.” Balbettò imbarazzata Hermione, staccandosi da Ron che le sorrideva, malandrino e compiaciuto.

 

“Anche se mi fossi fatto male, ne sarebbe valsa la pena. Sono felice di essere riuscito a distrarti da quel gattaccio!”

 

“Ron! Che stupido! Tre unghiate sulla guancia solo perché sei geloso del mio gatto?!” aveva gridato Hermione, irritata. Ron aveva sorriso stupidamente e palesemente soddisfatto.

 

“E per un bacio, tesoro.” Aveva aggiunto, anzi, senza diminuire quel sorriso che sembrava sempre più vispo.

 

Hermione si morse la lingua, le guance rosse di imbarazzo e ancora un po’ rancorosa.

 

“Quanto sei stupido.”

 

“Lo siamo tutti.”

 

Ron e Hermione si girarono contemporaneamente e fissarono un Harry dai vestiti sporchi che li guardava da dietro le lenti rotte degli occhiali.

 

“Oh, Harry! Come è andata? Stai bene?” cominciò a domandare Hermione, allontanandosi da Ron per andare incontro al suo migliore amico.

 

“Già, racconta, non ti sei fatto più sentire…” soggiunse Ronald, seguendo docilmente Hermione. Si accigliò un po’, vedendo il compare non rispondere al sorriso: lo sguardo spento e vitreo degli occhi smeraldini di Harry gli trasmise una brutta sensazione.

 

“Ehi, amico…” disse “…è successo qualcosa?”

 

Harry annuì gravemente. “Ho distrutto due Horcrux. Li ho distrutti… ho scelto di distruggerli…

 

(“Sono un Horcrux.”… “Ti libererò da quelle macchie oscure. Troveremo un modo!”… “Ho capito… Addio Sirius”… “Papà, posso farti rimanere?”… “Addio, papà.”)

 

… di distruggerli con le mie mani. Due Horcrux.”

 

“Davvero?” Harry assentì ancora. “Fantastico, Harry!” esclamò Hermione, sinceramente contenta. “In questo modo siamo a metà strada dal nostro obiettivo!”

 

“Già…” concordò tiepidamente Harry, passandosi una mano tra i capelli. Hermione parve accorgersi dello stato inspiegabilmente spento del suo migliore amico.

 

“Harry?”

 

“E’ morto Regulus – R.A.B. – e anche Sirius. Perfino Kreacher… e...”

 

(Addio, papà.)

 

… no, niente.”

 

Sia Ron che Hermione spalancarono gli occhi, increduli.

 

“Come? Sirius? Ma lui… lui era già…”

 

“No.” Harry scosse la testa, affranto. “Non era morto nel vero senso del termine. Il suo spirito era imprigionato. Ma non ho tempo per spiegarvi, sono passato solo per dirvi arrivederci.”

 

Ron inarcò un sopracciglio. “Scusa?”

 

“Proprio come ho detto Ron,” Harry gli lanciò un’intensa occhiata carica di decisione (e tristezza?). “Arrivederci.”

 

“Ma… dove andrai? Non puoi andartene da solo, è troppo pericoloso!” era intervenuta una – ora più che mai – spaventata Hermione. “I Mangiamorte ti cercano dappertutto e gli apparati del Ministero sono sempre più corrotti! Dove ti rifugerai? E perché questa decisione così all’improvviso?... Ma non dovrei neanche discutere… è assolutamente impensabile una cosa del genere, Harry!”

 

Harry sospirò pesantemente, abbassando gli occhi.

 

“Non sono stati facili per me questi mesi, Hermione, ma qualcosa…

 

(Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

… mi ha fatto riflettere: questi mesi sono stati fin troppo facili per me. Sono stato aiutato, mi hanno sorretto molte volte, così tante che se non fosse stato per l’appoggio degli altri io sarei sicuramente...

 

(… finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

… morto. L’allenamento di Regulus serviva solo per allenare la mia magia… non il mio spirito. Devo diventare più forte…

 

(No, non ce la faccio: è più forte lui!)

 

… devo allenarmi, da solo; lontano da tutti quelli che mi posso proteggere.”

 

“Questo è stupido!” era intervenuta Hermione, inorridita.

 

“Non lo è. Come farò a crescere se mi appoggio ad altri, Hermione? Ho bisogno di imparare a sopravvivere, a combattere da solo... so che ho delle qualità…

 

(Ecco, Harry: tu hai coraggio!)

 

… ma devo migliorarle.”

 

“Harry, noi verremo…!”

 

“No, Hermione.” L’aveva subito fermata Harry. Gli occhi verdi erano fermi e irremovibili, sembrava che tutta la muscolatura facciale si fosse fatta di pietra mentre la fulminava. “Non verrete, né tu né Ron.”

 

“Ma…!”

 

“Tu capisci, vero, Ron?”

 

Hermione si voltò verso il suo fidanzato, il cui viso era abbassato e lo sguardo nascosto dalla frangia dei capelli.

 

Ron rimase immobili qualche secondo, poi sospirò e disse: “Capisco, Harry.”

 

Lo scambio d’intesa tra i due faceva sentire Hermione piuttosto fuori luogo, l’unico barlume di ragione in una sconfinata insensatezza. Ma prima che potesse dire qualcosa – qualsiasi cosa – per fermare quella che le sembrava l’idiozia del secolo, una voce dura echeggiò per la stanza, agghiacciando sia lei che Ron, ma soprattutto Harry.

 

“E così te ne vai di nuovo, Harry.”

 

Hermione allargò gli occhi e sobbalzò udendo la voce atona e fredda di Ginny. Con la coda dell’occhio vide Harry non mostrare alcuna sorpresa all’apparizione di Ginnydopo l’iniziale stupore; il volto era immobile.

 

“Non ti avevo promesso un happy ending,” Harry torse il collo e incrociò uno sguardo vacuo. “Ginny.” La suddetta non disse niente, limitandosi a guardarlo di rimando.

 

Hermione sentì calare un’atmosfera troppo intima. Un silenzio denso di tensione e parole mute dominava nella stanza tramite lo scambio di sguardi di Harry e Ginny, troppo intimo.

 

Ron la fissò, muto e con il viso indurito, tentando di comunicarle qualcosa che non seppe registrare.

 

Dopo alcuni minuti Ginny chiuse gli occhi, prendendo un grande respiro. “Ma io avevo detto che non ti avrei lasciato andare un’altra volta. E tu mi dicesti che non era egoistico per me volerti accanto.” Ricordò con decisione, avanzando di qualche passo fino a trovarsi ad una distanza esigua da Harry.

 

“Perché mi dici queste cose?”

 

Ginny alzò le spalle. “Forse perché so come ti comporti, Harry. Lo so. Ma, ti prego, non farlo.”

 

Hermione trattenne il fiato, stringendosi in un gesto protettivo: Ginny piangeva. Piano, quasi silenziosamente, ma piangeva. Invece Harry rimaneva fermo e composto, le spalle un po’ troppo rigide e le braccia attaccate al busto. Eppure, dietro il riflesso degli occhiali, gli occhi verdi palpitavano di un’emozione che Hermione non seppe decifrare ma che le trasmise un senso di infinita tristezza.

 

“Ginny.” Bisbigliò Harry, e la sua voce era dolce e soffice. “Ginny.”

 

Ginny scosse il capo più volte, le mani strette a pugno e le lacrime che le rigavano le guance pallide e lentigginose.

 

“Non parlare Harry, non parlare!” strillò istericamente, cercando (invano) di asciugarsi le guance, con dei gesti simili a quelli di una bambina. Così fragile.

 

“Ron.” Le uscì soffocato e il ragazzo le fu accanto stringendole le spalle, stranamente silenzioso, ad attendere cosa sarebbe successo. Sembrava quasi di partecipare ad una messa in scena teatrale, ma la verità della scena faceva sentire Hermione come un’intrusa, e non una spettatrice.

 

Harry si tolse gli occhiali e si inginocchiò a terra, prendendo le mani di Ginny, che sussultò vistosamente, gli occhi spalancati e atterriti – supplicanti.

 

“Harry… ti prego… non escludermi…” balbettava incoerentemente, continuando a piangere adesso così forte da riempire la stanza dei suoi singulti.

 

Harry non parlò, si limitò ad accarezzare piano le nocche di Ginny, pensieroso, immerso in un mondo distante dal loro.

 

“Lascia che ti aspetti!... H-Harry…”

 

“Io non posso chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.” La voce di Harry era fredda, distante, non sembrava neppure la sua. Il polpastrello del pollice continuava a strofinare gentilmente il palmo di Ginny in grotteschi cerchi invisibili. “Parto e non voglio che tu mi aspetti. Voglio – invece – che tu riesca a vivere anche senza di me. Mi hai già dedicato abbastanza. E, credimi, quello che mi hai dato è talmente prezioso che mi mantiene in vita. Ma non posso appoggiarmi sempre agli altri, non posso gravare su di te, capisci? Prima credevo anch’io si potesse conciliare questa guerra con l’affetto… ma è troppo infantile e ingenuo… non posso combattere con l’amicizia e l’amore alle spalle; l’ho capito oggi, che il sacrificio è bastato: non voglio più che mi stai vicino, né te né Ron o Hermione!”

 

Ginny scosse violentemente la testa, lasciandosi cadere in ginocchio. Strappò le mani dalla presa debole di Harry e gliele portò al viso, in modo da incontrare i suoi occhi non nascosti dalle lenti.

 

“No, no! Io non capisco Harry, non voglio capire, voglio che tu mi abbracci, voglio che mi chieda di aspettarti e di amarti e starti vicino… io… Harry! Ti prego…” …non distruggermi ancora.

 

Harry rimase inespressivo.

 

“Ginny… aspetteresti per niente… forse non tornerò… forse…”

 

(…finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…  Anche tu sei avviluppato da una Maledizione, Harry…)

 

“Devo allenarmi da solo e combattere da solo. Così, forse potrò vincere… forse…”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Abbassò il collo, prese nuovamente le mani di Ginny tra le sue e vi strofinò la guancia, le baciò gentilmente, e le lasciò ricadere, inermi, lungo i fianchi di una affaticata e invecchiata Ginny, ormai rassegnata.

 

“Ti prego…” mormorò piano, come ultima risorsa, Ginny.

 

Harry si rimise gli occhiali, sistemandoseli bene sul naso, si alzò, aggiustò il mantello e si voltò senza aggiungere una parola.

 

Hermione non poteva respirare senza provare un odioso masso sul petto. Lo stesso masso sembrava gravare sulle spalle ricurve di Ginny e sul suo ansimare (folle).

 

Passando accanto a lei e Ron, Harry aggiunse una sola cosa. “Ron, pensaci tu.”

 

Ronald non disse assolutamente niente, limitandosi a fissare fermo un punto imprecisato della parete. Hermione prese a piangere, e allungò le mani nel vano tentativo di fermare Harry, di riaggiustare le cose, di rendere meno triste e meno doloroso quell’addio così straziante che la stava consumando. Harry, tuttavia, la ignorò e continuò per la sua strada senza voltarsi, nemmeno mentre lei gridava e Ginny piangeva forte, come un neonato.

 

Ron, mentre Hermione scalpitava tra le sue braccia, la teneva ferma, in uno strano silenzio, non preoccupandosi di Ginny, troppo distrutta per muovere anche solo un passo.

 

“È il suo destino e la sua scelta. Ce l’ha spiegato Hermione. Noi non possiamo fare niente per fermalo.”

 

Hermione si accasciò finalmente udendo le parole di Ron.


“Che schifo di scelte.” Fu il solo commento con cui se ne uscì Ginny, i singhiozzi un po’ placati.

 

Hermione non ebbe il coraggio di aggiungere niente.

 

^=^=^=^=^=^

 

Meow! *___*

Kaho finalmente è riuscita a mettere i suoi adorati Nickelback in questa storia! Yay!

*Couff couff*

Sì, le vacanze impegnano e la pigrizia di Kaho è sempre un fattore determinante dei ritardi! XD …

… Però è una cosa allucinante, un paradosso! Ultime settimane di vacanza e una brava ragazza pensa che sia tutto rosa e fiori e invece… brr… libri di matematica e filosofia che si sono accumulato per tutte le vacanze *_*! E così ha inizio l’idilliaca secchiata dell’ultima settimana!

 

In realtà le autrici sono delle studentesse coscienziose, o almeno una delle due lo è (Kaho e Samy all’unisono: sei tu!)… Ora passiamo a cose più serie.

 

Mancano solo due capitoli e durante questi Harry avrà un bouleversement di carattere, perché davvero, in questa storia fa la figura dell’allocco (ma no, era solo R.A.B. che lo trattava come un grazioso allocco ndSamy però anche Draco in questo capitolo fa la figura del moccioso incompetente ndKaho-spietata -_- ndSamy). Ma vedrete che la solitudine lo maturerà, sìsì! ù__ù

 

Preparatevi al ritorno di un Harry Potter reduce da un lungo ramingaggio (il vagare di un eroe ^_^)… E’ un poco stile Aragorn, ma le autrici sono certe che farà un figurone nella battaglia finale che avrà inizio… proprio nel prossimo capitolo!!!!

 

Un grazie a Saty (Dio, ti adoriamo, ci fai sempre fare quattro risate! XDDD), Apple (^_^ Siamo felici noi di averti appassionato! X3), EDVIGE86 (Grazie mille! *.*), HarryEly (Merci! ^^) e Nana92 (aggiornato presto eh? ^^;).

 

I prossimi, faremo ciò che possiamo. Non vediamo l’ora di chiudere questa storia e cominciare con la seconda parte (di cui Samy ha già abbozzato qualcosa a computer. Stupenda! *__*)

Ah, per chi ama la Harry/Ginny venga nel forum della carissima Apple: http://harryginnyfanscommunity.forumfree.net/; più siamo meglio è! ^_^

 

 

Bye,

Samy and Kaho

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Prima dell'Ultima Battaglia ***


 

Capitolo 14 – “Prima dell’Ultima Battaglia”

 

Di Nuovo il Magico Trio

[L’Eroe che Torna]

 

 

Ronald Weasley contemplò per l’ennesima volta l’enorme orologio a pendolo di casa Granger mentre scandiva il quarto rintocco del pomeriggio.

 

E con questo fanno due ore. Merlino! Possibile che questo tipo non abbia niente di meglio da fare che importunare le ragazze già impegnate!

 

Ron mugugnò inacidito, fissando l’indesiderato ospite che chiacchierava amabilmente con quelli che forse, in un futuro che lui vedeva ancora molto lontano (ma non troppo), sarebbero diventati una piacevole coppia di suoceri.

 

I Granger, e specialmente la madre, erano a dir poco gentili e cortesi; e naturalmente, senza bisogno di stupirsi, anche estremamente dotti. Dentisti esperti e affermati, che però avevano registrato un notevole calo di visite da cinque mesi a quella parte; anche i normali abitudinari scarseggiavano.

 

Ron storse il naso ripensando all’articolo della Gazzetta del Profeta di qualche mese prima:

 

 

I Babbani sfollano. Nuova avanzata Oscura.

 

Il Primo Ministro Babbano, in accordo col provvisorio capo del dipartimento di Contrasto della Magia Oscura, Albert, ha sancito un istantaneo decreto che prevede lo sfollamento del più possibile numero di Babbani residenti a Londra e nelle vicinanze, centro focale degli attacchi dei Mangiamorte. Il Primo Minsitro Babbano, la cui carica è rimasta traballante ed incerta dall’attentato al Parlamento di un anno fa, giustifica questa ritirata di massa come una precauzionale misura di sicurezza contro ‘attentati terroristici’. La comunità babbana, ovviamente tenuta all’oscuro della vera realtà dei fatti, ribatte a questo decreto con un’orda di proteste e la richiesta di dimissioni dello stesso Primo Ministro…

 

 

Ma nonostante le proteste, la popolazione babbana inglese era in muta ritirata. Troppe vittime, troppe morti misteriose. Anche i Babbani meno arguti avevano intuito che dietro quell’apparente velo di copertura ‘attentati terroristici’ si celava qualcosa di ben più grave, forse innominabile, forse impensabile.

 

La nebbia opprimente, tutti quei bizzarri avvistamenti nel cielo, l’irrazionalità di alcuni eventi stavano per condurre la comunità magica alla più terribile delle disgrazie: la rivelazione al mondo babbano. L’Inghilterra, ormai già messa in ginocchio dalla Guerra Oscura contro Lord Voldemort, non avrebbe retto ad una probabile controffensiva babbana: sarebbe stato un autentico disastro, l’apocalisse del mondo dei maghi.

 

Erano ormai tre mesi che la comunità magica inglese tirava avanti in quel clima di precarietà, non sapendo se temere di più l’attacco di un Mangiamorte o di un Babbano armato di fucile e fiaccola anti-strega.

 

L’unico modo per andare avanti senza crollare dalla disperazione era godere di quei brevi momenti di felicità tra una battaglia e l’altra.

 

E io me li godrei questi bei momenti con i genitori della mia ragazza se solo non ci fosse quel…

 

“Hai migliorato molto la tua pronuncia, Victor.”

 

Come sempre la mamma di Hermione è gentile con tutti… con cani e porci…

 

“Grazie, signora. Ma devo ezzere brafo a pavlare ingleze se voglio reztare cva.”

 

A me non pare così dotato. A stento è capace di finire una frase senza sputare.

 

Ron grugnì appena, ma fu abbastanza perché la sua vicina di divano se ne accorgesse con dissenso.

 

“Smettila, Ron.”

 

Ron si voltò verso l’ormai ufficiale fidanzata “Non ho fatto nulla, Hermione” con una smorfia osservò gli immani sforzi grammaticali di Victor Krum “E mi sono anche trattenuto, dovresti almeno ringraziarmi.”

 

Hermione strinse gli occhi con aria critica “Anche se non hai aperto bocca, l’espressione del tuo viso la dice lunga, Ron.”

 

Ron si specchiò nel pavimento lucido del salotto di casa Granger.

 

In effetti ho uno strano grugno sul viso… bah, tutta colpa del bulgaro.

 

Ron rialzò il viso esibendo un sorriso chiaramente forzato.

 

“Smettila, Ron.”

 

“Oh, andiamo, Hermione… mi sto impegnando!”

 

“No, vuoi solo metterti in mostra perché c’è Victor.”

 

Ron sussultò, sentendosi vagamente colpito nell’orgoglio “Di certo non voglio fare spettacolo solo perché c’è Krum nei paraggi. Oramai sono un diciottenne, Hermione, un vero uomo anche dal punto di vista dei Babbani. Dovresti esserti resa conto dell’enorme evoluzione che ha compiuto la mia maturità.”

 

Hermione sbuffò quasi come se tentasse di smorzare una risata “Avanti Ron, noi stiamo insieme da molto ma… sinceramente… la più matura della coppia sono io.”

 

“Hermione!” esclamò Ron forse troppo forte. Victor Krum si voltò con aria interrogativa che fece prudere il palmo delle mani al rosso Weasley.

 

“D’accordo, Hermione. Ti concedo l’intelligenza e l’arguzia, ma la maturità è mia. Come potresti sostenere il contrario?”

 

“Ah non lo so” sentenziò Hermione, ironica “Forse dal fatto che stai giocando con Victor a ‘chi abbassa lo sguardo per primo’.”

 

Ron interruppe lo scambio di fiammate e scariche elettriche che intercorrevano tra i suoi occhi e quelli di Victor “Questa non è immaturità. E’ semplicemente rottura di… oh, ma Merlino, Hermione! Sono il tuo ragazzo, vengo in visita per conoscere i tuoi genitori e inviti il tuo ex?”

 

Hermione diede un leggero colpetto di tosse “Primo: Victor e io non avevamo un rapporto tanto stretto da potersi definire ‘impegnativo’, quindi lui non è il mio ex… secondo: non avevo idea che oggi lui venisse a visitare casa mia…. Terzo: è stata volontà di mia madre perché voleva ringraziarlo dell’aiuto di sette mesi fa.”

 

“Mh?” Ron assunse un’aria di colpo più seria “Oh, dopo la distruzione di Hogwarts, quando i Mangiamorte hanno attaccato tutti quelle cittadine babbane nei dintorni di Londra.”

 

“Già” assentì Hermione “Victor ha salvato i miei genitori, portandoli con le proprie forze al San Mungo… per questo non posso declinare una sua visita… e soprattutto non posso farlo perché il mio ragazzo è geloso!”

 

“Geloso?”

 

Sì, sono geloso, e immagino che questo sia abbastanza evidente. Ma doverlo ammettere davanti a lei è così svilente!

 

“Emioni!”

 

Oh, per la miseriaccia!… come non poter riconoscere questa flemma così grammaticalmente corretta?

 

“Emioni, tu che sei una vagazza movto cavina e amica di tutti”

 

Uhh, ma che galantuomo!

 

“Hai notizie di Fleuv?”

 

“E’ una donna sposata” aggiunse prontamente Ron.

 

“Lo so cvesto” ribatté Krum con vigore “Lei mi ha mandato una cartolina pev il matrimonio. Si è spozata con Bill Weazley.”

 

“Lo so che si è sposata con Bill Weasley” disse Ron con una voce improvvisamente acida “Bill Weasley è mio fratello.”

 

“Non sapevo” borbottò Krum sorpreso, mentre squadrava Ron “Voi Weazley ziete fovtunati! Avete sempve le ragazze più cavine!”

 

Ron stava quasi per accoglierlo come un complimento quando…

 

Un momento? … vagazze più cavine?... Hermione! Questo recipiente di salsa bulgara scaduta ha anche il coraggio di fare i complimenti alla mia ragazza sotto il mio naso?

 

Ron si alzò dal divano invitando Hermione a seguirlo, cingendole la vita con le braccia. Krum trattenne un grugnito, ma schioccò la lingua con dispetto mentre il rosso Weasley si accomodava su una sedia e faceva accomodare a sua volta Hermione sulle proprie gambe.

 

“Forse non è il caso che resti, Krum” mormorò Ron “Avrai un sacco di partite di Quidditch… molti Boccini da acchiappare.”

 

Victor recepì il messaggio. “Ti sfido. Pvova a fare questo: pavave una Pvuffa.”

 

Ron alzò le sopracciglia, poi socchiuse gli occhi all’indirizzo di Krum “Prova a dire questo: ‘sono seduto su una sedia con una ragazza carina’… senza sputarmi in faccia, per favore.”

 

Hermione sbatté i palmi aperti delle mani sulle proprie gambe e si alzò con uno scatto “Questo è ridicolo.”

 

“Emioni!”

 

“Hermione!”

 

Le giunsero due richieste distinte e si trovò come imprigionata in una sorta di scelta.

 

“Ron, puoi venire un momento.”

 

Il rosso Weasley balzò dalla sedia, facendo segno di vittoria a Krum.

 

Hermione sbuffò, cogliendo lo sfogo infantile di Ron. “Torniamo subito, scusa Victor.”

 

Krum le rivolse un lungo sguardo d’intesa “Niente. Io capivso cveste coze, Emioni.”

 

Ron oltrepassò Hermione sibilando un: “Secondo me quello non capisce niente.”

 

Hermione si richiuse la porta di casa alle spalle, sfoderando la bacchetta. Al suo fianco, Ron fece lo stesso. I due erano freschi d’allenamento e di consigli d’allerta di Malocchio Moody: la nebbia era, se possibile, ancora più fitta rispetto a sette mesi prima; ora persino con l’incantesimo Lumus Maximus era difficile orientarsi nei banchi di foschia.

 

“Allora, Ron, mi vuoi spiegare questo comportamento?”

 

“Hermione, lo sai… è solo la vista di Krum che mi fa imbestialire… insomma… lui è stato il primo a… ad averti.”

 

Hermione esplose, prima di vergogna, poi di indignazione “Lui non mi ha avuta, Ron! Nessuna mi ha avuta fino ad ora! Solo tu eri sulla buona strada, Ron, ma dopo la scenata che hai fatto…”

 

“Dai, Hermione, sai che per me è normale, credevo che ormai non ci facessi più caso” si giustificò Ron “E poi anche tu hai le tue colpe… perché lo tratti così bene?”

 

Hermione alzò un sopracciglio “Forse perché è un essere umano e ha salvato i miei genitori?”

 

“Sulla prima non ci giurerei.”

 

“Ron!”

 

“Ma hai sentito come parla? Si direbbe più un cinghiale che un uomo.”

 

“E’ l’accento delle sue parti.”

 

“Visto, tu lo difendi sempre.”

 

“Ma perché è ingiusto quel che dici, per principio. E poi tu lo sai parlare il bulgaro?”

 

“Esiste una lingua bulgara?”

 

“Ron!”

 

“Siete i soliti.”

 

Quella voce famigliare e che ormai apparteneva a ricordi vecchi di sette mesi squarciò l’atmosfera litigiosa.

 

Il motto di Moody ‘Vigilanza Costante’ non sfiorò nemmeno i pensieri di Ron e Hermione mentre si lanciavano verso il loro amico ritrovato.

 

I tre si strinsero in un abbraccio di gruppo che pareva così irreale, così speculare ad un sogno troppo fantasioso: il ritorno del Magico Trio.

 

Appena Harry si staccò, si vide assalito da un fiume di domande di Hermione… “Stai bene” “Abbastanza per essere il Prescelto braccato dalle Forze Oscure”; “Quando sei tornato?” “Solo oggi”; “Come ci hai trovato?” “E’ bastato seguire le urla di indignazione di Hermione”… l’unica a cui non riuscì a rispondere racchiudeva, in effetti, il mistero di quei sette mesi utopici.

 

“Dove sei stato?”

 

Harry si schiarì la gola, sospirando pesantemente “Qua e là…”

 

… da nessuna parte.

 

Ron poggiò una mano salda sulla spalla della ragazza con un savoir-faire teatralmente solenne “Su, dai, Hermione, smettila di tormentarlo… Lascia campo libero al miglior amico, ora. Vuoi che ti aggiorniamo, Harry? Ne sono successe di cose – belle – dalla tua partenza.”

 

Harry si sentì di colpo escluso o estraneo a quel gruppo di colleghi e amici che un tempo aveva salutato affettuosamente come compagni di vita e famiglia.

 

Forse comincio a perdere quel legame. Forse sono riuscito a perderlo. Forse così potrò scongiurare una brutta fine.

 

(Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

Harry scosse la testa, tentando di scacciare quel ricordo vivido che lo aveva costantemente tormentato per quei lunghi, irreali sette mesi. “Come stanno Remus e Tonks?”

 

Ron sghignazzò. “Oh, questo ti sorprenderà: Tonks è incinta!”

 

Harry rimase colpito dalla felicità di quella notizia, mischiato a qualcos’altro di non altrettanto piacevole:

 

… Tonks è incinta… sta per nascere il figlio di Remus e per me è tutto nuovo… quanto tempo sono stato via?

 

“Come va l’allenamento con l’Ordine?”

 

“Bene, Malocchio Moody ci fa sudare come delle bestie, vero Hermione?”

 

“Sì, Ron, ma sei tu l’unico che suda. Sai Harry, non immagini la fatica di Ron per imparare a maneggiare una spada.”

 

“Non è facile destreggiarsi con grazia con un pezzo di metallo da venti chili da trascinarsi dietro, Hermione. E poi mi sembra insensato imparare a usare una spada, non ci basta solo la bacchetta?”

 

“Serve per migliorare la nostra forza e resistenza. Ma queste cose le aveva già spiegate Moody mentre ci allenava… dimmi, Ron, hai mai veramente prestato interesse alle sue spiegazioni?”

 

“Sei tu l’unica che gli dà retta, Hermione; quell’uomo è fuori di testa.”

 

“Non ricominciare. E’ solo originale… e comunque il suo motto ci è stato più volte utile: vigilanza costante!”

 

Un sogghigno da parte di Ron “Con quella voce e quella posa sembri proprio Moody, Hermione.”

 

“Cosa? Ron ma…! … oh, scusaci, Harry… non lo facciamo apposta, sono cose che capitano.”

 

“Non fa niente, Hermione. Sono felice che le cose non siano cambiate: sono sempre il terzo incomodo nel bel mezzo di un fuoco incrociato.”

 

Harry trasse un lungo respiro, distogliendo lo sguardo dai suoi amici e creando un silenzio incomodo che era inusuale per il Magico Trio.

 

“Vuoi sapere qualcos’altro?” domandò Hermione, socchiudendo gli occhi, lanciando un muto sollecito a Harry.

 

“Beh… come stanno tutti in generale?”

 

“Più precisamente?” insistette Hermione assumendo un’aria severa.

 

“Come sta Ginny?”

 

Harry sperò solo che la domanda non risultasse troppo impegnata e cruciale. Ma il suo proposito fallì quando l’atmosfera mutò di colpo: imbarazzo palpabile e irrequietezza.

 

“Lei… sta bene” borbottò Ron con una mancanza di sincerità che non sfuggì a Harry.

 

“Che le è successo?” chiese assolutamente preoccupato “Un attacco di Mangiamorte o un…?”

 

“Ha un nuovo ragazzo.”

 

Ron si voltò di scatto verso Hermione, lanciandole un chiaro messaggio: ma sei pazza, così di botto e all’improvviso?

 

Gli occhi nocciola di Hermione scintillarono di convinzione, attenuando l’impeto di Ron.

 

E’ ora che Harry affronti le conseguenze delle sue scelte.

 

Harry socchiuse le labbra con un inspiegabile sforzo “Capisco” mugugnò con una voce che fece raggelare l’ambiente.

 

Hermione sospirò: non c’era niente da aggiungere. Ron diede qualche colpettino di tosse, come per smorzare quell’atmosfera tesa e spiacevole, prima di rivolgersi all’amico.

 

“Harry, vuoi andare a trovare…?”

 

“No” lo fermò Harry all’istante “Starà meglio senza vedermi.”

 

*^*^*^*^*

Colloquio con il Sostituto

[L’Eroe che non torna]

 

 

Era assopita contro la finestra di una casa sconosciuta (la casa di Han Joshuel) da più di un quarto d’ora. Ginny sbirciò fuori, al di là del vetro: ovviamente nebbia. Anche i suoi occhi, un tempo azzurri e sgargianti, cominciavano a sfumare come la foschia cupa dei Dissennatori.

 

Qualcuno bussò alla porta e chiamò il suo nome.

 

“Ginny, tua madre e tuo padre sono arrivati.”

 

“Arrivo.”

 

Rispose lei con la versione smunta di quella che un tempo era stata un’energica e tonante voce. Osservò il suo viso riflesso nel vetro della finestra: non sorrideva. Non sorrideva da molto; da molto non incrociava allo specchio lo sguardo vispo e il sorriso energico dell’allegra e autentica Ginevra Weasley.  

 

E’ tutto desolante e cupo. Tutto triste.

 

E per merito di quella cupezza molti valorosi combattenti si erano ritirati dallo scontro contro Lord Voldemort mugugnando un ‘tanto è una battaglia persa’.

 

E tra quegli eroi che si ritiravano c’era anche…

 

Ginny scacciò quel pensiero dalla testa, facendo mulinare i capelli rosso spento. Quel ricordo era autodistruttivo, altamente scoraggiante.

 

Ginny si staccò dalla finestra con enorme fatica, sentendosi addosso una strana pesantezza. Prima di aprire la porta e scendere le scale, raccattò da una mensola il foglio che aveva conservato gelosamente come un talismano, nella speranza che avrebbe segnato la ripresa e la vittoria dei buoni.

 

Per tutto il paese, dopo l’attentato al Ministero, erano stati dispensati avvisi di Reclutamento per ingigantire e rafforzare l’esercito che avrebbe dovuto tener testa ai Mangiamorte di Lord Voldemort. Forse la strategia sarebbe stata buona, ma poi era sopraggiunta la distruzione di Hogwarts che si era trascinata nelle ceneri, oltre che incommensurabili vite innocenti, anche l’ottimismo e la speranza di vittoria.

 

 

“Unitevi alla battaglia contro l’Oscuro Signore. Uniti (Babbani, Maghi, Creature Magiche) lo sconfiggeremo, di sicuro.”

 

 

L’uomo che aveva aiutato alla distribuzione dei volantini, quello che ne aveva fatto delle coppie e anche i restanti collaboratori erano stati trovati uccisi, squartati come solo un Inferus poteva fare.

 

E ora quell’avviso di Reclutamento, quella vena di coraggio che aveva osato far fronte all’oscurità era solo carta straccia.

 

Un ragazzo aprì la porta a Ginny e la affiancò nella discesa verso il salotto. La ragazza intravide i suoi genitori in attesa ai piedi delle scale, scortati dal sempre all’erta Malocchio Moody.

 

Ginny ripensò alle parole del più rigoroso membro dell’Ordine della Fenice, due mesi prima, cinque mesi dopo la scomparsa di Harry.

 

(“Questi codardi menefreghisti. Abbandonano il proprio paese quando ne ha più bisogno. Ma non scoraggiamoci, ragazzi, l’Ordine della Fenici e i suoi validissimi membri possono compensare le perdite, la mancanza di uomini, dobbiamo solo credere nella vittoria e agire in modo tale che vi sia il nostro trionfo.”)

 

Moody era molto bravo a parlare ma si capiva subito quando non era convinto di quello che diceva; esitava sempre. E, quel giorno, Alastor aveva esitato, e molto anche. Esattamente come quando gli era stata comunicata la scomparsa di Harry.

 

“Ciao, Ginny cara” la salutò sua madre con un bacio alla guancia e un’espressione che la figlia giudicò preoccupata.

 

Suo padre si limitò ad accennare un saluto impacciato, fissando con sospetto il ragazzo al suo fianco, Han Joshuel.

 

Han salutò entrambi con cortesia e li invitò ad accomodarsi sul divano del suo salotto. Subito venne servito un servizio da the indiscutibilmente pregiato.

 

Molly fissò le fini decorazioni della ceramica e i manici intarsiati della tazzina “Oh, che onore” disse con un filo di voce, sollevando il the fumante per prendere un assaggio.

 

Han le sorrise cordiale “E’ il minimo che possa fare per i genitori della mia…”

 

Ginny smise di ascoltare e morsicò un biscottino alle mandorle. Ingoiò tutto ma la dolcezza della galletta non le arrivò alla lingua, sembrò solo amaro e difficile da inghiottire.

 

Percepì un sospiro da suo padre, quasi un sibilo “Capisco, Han. E così questa è la tua casa.”

 

“Sì, signore. Ho ereditato tutto dai miei genitori. I Joshuel sono una rispettabile famiglia aristocratica nel mondo dei Babbani… chiamate così le persone normali, vero?”

 

Arthur sbatté la testa in avanti in un gesto di assenso che sperò non essere troppo scortese. Ginny vide Moody agitarsi scomodamente sul divano. Evidentemente era rimasto turbato, se non offeso, da quel ‘persone normali’.

 

Ma Ginny ignorò quel commento, come sempre.

 

Arthur scrollò le spalle “Così la tua famiglia è di stirpe?” disse con una voce critica.

 

“Esatto, signore” rispose Han con accortezza “Una delle migliori, ma ciò non significa che siamo privi di umiltà” concluse con un vago tono insinuante.

 

Arthur si schiarì la voce, tra l’imbarazzato e l’oltraggiato “Non volevo certo offendere nessuno.”

 

“Non si preoccupi, signore, non ha offeso nessuno.”

 

Molly osservò il marito che continuava a cambiare posizione sul divano con un forte alone di irrequietezza. A Moody mancava poco per sputare sul pavimento mentre contemplava il muto litigio tra Arthur e Han scuotendo la testa con una smorfia.

 

Ginny arraffò un’altra galletta dal vassoio d’argento e la ingoiò a fatica.

 

“Davvero buoni questi biscotti.”

 

Han le rivolse un gran sorriso compiaciuto poi tornò a dialogare con Arthur con il medesimo compiacimento.

 

“Anche nel vostro mondo ci sono famiglie aristocratiche? Sa, Ginny non mi parla molto del suo mondo, non certo perché non abbiamo un buon feeling, al contrario, è solo che quando siamo soli impieghiamo il tempo in altro modo.”

 

La mano destra di Arthur ebbe un’evidente convulsione mentre si serrava a pugno. Anche Han la notò, ma non accennò ad alcun tipo di reazione, continuando a sorridere educatamente.

 

“Beh” attaccò Arthur con evidente ostilità “sono proprio le famiglie nobili del nostro mondo che hanno scatenato questa guerra.”

 

Han distolse lo sguardo da quello che ormai amava considerare il suo futuro suocero buffone. Una pesante nebbia densa opprimeva le ampie finestre decorate del salone.

 

Han socchiuse le labbra parlando con tono calmo e dosato come se l’argomento non lo coinvolgesse più di tanto “Quindi questa sarebbe la guerra? E’ per merito vostro se l’Inghilterra si sta lentamente svuotando?”

 

Arthur fremette ma, scorgendo la figlia che, mite rosicchiava un biscottino, si impose la calma, invocando a viva voce le ultime gocce della sua pazienza. “Beh…”

 

“Ora basta!”

 

Han si girò con contegno verso Moody che aveva appena sonoramente sbattuto il fedele bastone sul pavimento di marmo.

 

“Arthur, Molly, mi avete chiesto di farvi da guardia del corpo, ma non spererete davvero che rimanga zitto e calmo mentre quel bamboccio babbano ci insulta?”

 

Arthur gli rivolse un’occhiata di pura gratificazione, ma Molly gliene lanciò una d’avvertimento, spostando poi lo sguardo preoccupato sulla figlia.

 

“Alastor, ti prego. Non è il caso che ti esprimi a questo modo con un Babbano, potresti essere malinteso…”

 

“Oh, suvvia Molly!” grugnì Moody puntando il bastone verso Han “Questo è proprio l’ideale comune dell’Ordine: Babbani e Maghi sono alla pari. E tutti noi sappiamo che tra i maghi ci sono degli autentici bastardi – e qui Molly sobbalzò d’indignazione – e quindi, allo stesso modo, dovremo considerare l’eventualità che anche tra i Babbani si annidino delle serpi, come ad esempio…”

 

E lasciò sfumare la voce, puntando entrambi gli occhi, compreso quello mobile che roteava convulsamente, all’indirizzo di Han.

 

Han adagiò la schiena contro il divano e il suo bracciò si allungò verso Ginny.

 

Arthur ebbe una fulminea reazione (istinto paterno), ma Molly gli trattenne il polso, mitigandolo con pochi sospiri: “Stai calmo, Arthur, non permettere che la situazione degeneri.”

 

Ma quando tornò a fissare il divano accanto, la sua creatura era già stata presa.

 

“Sono sinceramente dispiaciuto, non intendevo davvero risultare così antipatico” disse Han, mentre il suo braccio destro cingeva lievemente le spalle di Ginny, tuttavia con una sinistra possessività “Non vorrei di certo inimicarmi i genitori della mia…”

 

Ginny bevve tutto d’un fiato il the bollente, bruciandosi la gola. Riemerse dalla tazza fumante e vuota, sorridendo con un vago impaccio ad Han.

 

Anche questo non è tanto salutare per me… ma è sempre meglio di attendere un eroe scomparso.

 

“E’ davvero molto buono questo the, Han.”

 

“Grazie, Ginny tesoro, è alle fave. Te ne verso un’altra tazza.”

 

E mentre il liquido fumante e ambrato colava nella tazza di Ginny si creò un tetro silenzio, amplificato dallo scrosciare del the.

 

“Forse è tutta colpa di questa nebbia” aggiunse Han quando ebbe terminato di versare il the “Tende a creare una smisurata dose di depressione.”

 

Ginny chiuse gli occhi prendendo un sorso di the. Già: la depressione, ma c’era dell’altro.

 

Per ingigantire la grande depressione, era sopraggiunto quell’imprevisto, il colpo di grazia, che ormai Ginny cominciava a recepire come un puro fatto di cronaca, come se non vi avesse direttamente preso parte, come se non avesse visto quell’eroe che se ne andava coi propri occhi lacrimanti: il Prescelto era scomparso. Esattamente come Lord Voldemort la notte della morte dei Potter; non ve n’era più traccia, silenzio assoluto.

 

Harry Potter è morto, questa era l’opinione comune; ma non era l’opinione di Ginny. L’oscurità non l’aveva ancora preso, anche se, in innumerevoli notti di tormento, Ginny aveva rivissuto quello straziante addio, quell’addio pietoso e umiliante per Ginny:

 

(“Lascia che ti aspetti!... H-Harry…”)

 

(“Io non posso chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.”)

 

Tanto anche se ci fossero state non le avrebbe capite quelle ragioni: totalmente insensate e campate per aria, come lo stesso Harry che si fiondava in un allenamento solitario scaricando il peso della speranza, lasciandolo affondare e svanire.

 

Molte volte gli avevano detto che non doveva sforzarsi troppo nel suo ruolo di Prescelto, ma anche quei consigli erano fasulli: il mondo aveva bisogno del suo Prescelto per sconfiggere le forze oscure. Ma il Prescelto se n’era andato; alcuni l’avevano subito scordato tra imprecazioni e tristezza, ma altri ancora lo attendevano:

 

(“Ginny… aspetteresti per niente… forse non tornerò… forse…”)

 

… aspetteresti per niente…

 

Nascosta dietro a quell’attesa vana c’era nascosto un consenso, un permesso, un’autorizzazione. Ginny aveva adempito alle aspettative di Harry.

 

“Arrivederci, mia adorabile fidanzata.”

 

Han le cinse le spalle dandole un prolungato bacio di accomiato. Arthur dovette necessariamente distogliere lo sguardo, mentre il sangue gli pompava nelle vene, salendogli al cervello. Molly si intrecciò le dita, agitandole irrequieta. Moody sbuffò senza troppa discrezione, battendo il bastone a ritmo di un orologio impaziente.

 

Quando le sue labbra si staccarono da Han, lui le rivolse un sorriso dolce e Ginny ricambiò, quasi per impulso, quasi come uno specchio che tende a riflettere quello che riceve.

 

Si salutarono con qualche parolina d’amore sussurrata, mentre i signori Weasley sospinti da Malocchio uscivano di casa.

 

“Figuriamoci se mi devo sorbire anche le frasi da piccioncini!” sbraitò Moody appena fuori dal portico di villa Joshuel, non prima di aver verificato l’assenza di trappole e nemici “Quel tipo… per Merlino! Mago o Babbano che sia non importa… dì, Arthur, ma come hai potuto permetterlo?”

 

“Non riesco a vigilare mia figlia ventiquattro ore al giorno” si giustificò lui, tuttavia sentendosi oppresso dal rimorso “E’ successo così e non so nemmeno quando si siano conosciuti.”

 

“E’ stato una settimana dopo la scomparsa di Harry” soggiunse Molly con cupezza.

 

“Ma allora è ovvio” annunciò Moody con un sospiro di comprensione “La ragazza l’ha fatto per compensare la scomparsa di Potter, ma non avrà certo intenzioni serie.”

 

Arthur sobbalzò di colpo “Merlino, spero di no! Ho sempre adorato i Babbani, di più, ne ero affascinato… ma questo qui… ah, oltre che avermi strappato la figlia mi ha anche portato via il rispetto per i Babbani.”

 

“Smettila, Arthur” intervenne Molly con stizza “E non urlare, Ginny potrebbe sentirti.”

 

“E che mi senta. Tanto non ci sono problemi: dal colloquio che abbiamo avuto oggi persino Arabella Figg si sarebbe resa conto della tensione che girava nell’aria.”

 

Arthur si interruppe di colpo, mortificato dallo sguardo della moglie.

 

“Ti avverto, Arthur, non spergiurare sui morti, soprattutto su Arabella.”

 

Arthur mugugnò le sue scuse.

 

Arabella Figg. Faceva male ricordare quel nome e non solo per il dolore e il cordoglio, ma soprattutto per ciò che rappresentava: la prima vittima di Privet Drive. E Privet Drive era divenuto il simbolo della desolazione che si stava diffondendo a macchia d’olio per il paese. Una desolazione che non sembrava avere rimedio… se non il ritorno di un certo eroe…

 

E a quel punto Arthur riuscì a formulare un unico, disperato pensiero:

 

Per Merlino… Harry, dove sei?

 

*^*^*^*^*

Il Rituale della Cioccorana Fusa

[Niente Dolcezza]

 

 

“Ecco a te la Cioccorana fusa, Devon!”

 

Draco la vide avvicinarsi con una tazza fumante tra le mani e l’inquietante aria di una mogliettina premurosa.

 

“E non chiamarmi Devon!”

 

Samantha gli rivolse un sorriso più dispettoso che allegro.

 

“E’ indispensabile, Devon. Perché ho il sospetto che la padrona di casa cominci a ficcare troppo il naso. Si insospettirebbe se mi sentisse chiamarti Draco… penserebbe subito a qualcosa di losco, d’altronde il tuo stesso nome denuncia un velo di oscurità.”

 

Draco sbuffò ancora, prendendo una generosa sorsata.

 

“Comunque sia” mormorò Samantha mentre si accomodava mollemente sul divano “Io preferisco Devon, perché il Draco Mangiamorte non beve mai la Cioccorana.”

 

Una mano si avviò serpeggiando tra i fini capelli biondi del ragazzo.

 

Draco riemerse dalla tazza con le labbra sporche di cioccolata e piegate in un sorriso malizioso. “E a te piace quando bevo la Cioccorana?”

 

“Abbastanza” confessò Samantha intrecciando le dita tra i capelli biondi del ragazzo “La Cioccorana mi piace e anche parecchio.”

 

Un bacio profondo e al sapore di Cioccorana fusa che sapeva conciliare gradevolezza e passione.

 

Draco chiuse gli occhi. Ormai non era inusuale. Due, tre, quattro mesi… era impossibile stabilire con precisione la data fatidica dell’inizio. Il colpo di fulmine era escluso per Draco e forse anche per Samantha… la sua, al principio, era solo stata la curiosità maliziosa per il rampollo di una famiglia in decadenza.

 

Era chiaro ormai da qualche mese prima dell’inizio concreto; entrambi erano interessati al compagno per motivi che, nel profondo, non erano poi tanto romantici: ne avevano bisogno.

 

Avevano bisogno che qualcuno li distraesse dalla guerra, che li facesse sentire non solo servi dell’Oscuro Signore, ma esseri meritevoli di lusinghe e coccole.

 

Forse era iniziato tutto (o almeno la parte più concreta) il giorno del recupero di sua madre, quando lei gli aveva portato la prima tazza di Cioccorana. Quella tazza fumante alle due del pomeriggio era diventato il loro rituale privato, dopo le tenebre del Covo Oscuro.

 

Così posso scaricare la tensione.

 

Quello che si scambiavano in quei momenti era passione priva di profondo sentimento, saliva mista a Cioccorana fusa e nervosismo sfogato con un pizzico di eccitazione.

 

Le lingue si sciolsero e il bacio si concluse. Come sempre a Draco restò un respiro leggermente affannoso; non era mai stato abile a trattenere il fiato per troppo a lungo.

 

Samantha si accomodò sulle sue ginocchia, intrecciandogli le braccia al collo.”Devo eseguire un Anapneo? E’ proprio così spossante?”

 

Draco reclinò la testa contro il petto della ragazza, strofinando leggermente. “Più che spossante è scocciante.”

 

Le dita di Samantha salirono intrecciate tra i fini capelli biondi e Draco fremette come un gatto accarezzato in contropelo.

 

“Che dici, Devon? Ti va di cercare la mia bacchetta?”

 

“Trovatela da sola” la liquidò Draco, affondando il viso nella scollatura della tunica nera.

 

“Ma tu non sai stare al gioco” sogghignò Samantha “Deve essere da qualche parte sotto la tunica.”

 

Draco storse il naso, parlando con voce pigra. “Ti devo spogliare per trovarla?”

 

“Mi dispiace, ma non siamo ancora così intimi” bisbigliò Samantha al suo orecchio di seguito ad una fulminea leccata. “Ma puoi usare le mani per trovarla.”

 

Le labbra di Draco si piegarono, scaltre. “Allora potrei fare uno sforzo.”

 

Le dita lunghe e pallide di Draco si avviarono sul suo corpo, mentre lei sospirava all’orecchio del biondo.

 

“Vedi di trovarla, Devon. La bacchetta è crucialmente importante per una strega.”

 

“Rilassati, tu” ribatté Draco con un’occhiata rapace “Sono un mago anch’io, no? Sarò pur capace di tirare fuori una bacchetta nascosta.”

 

Mani vivaci continuarono con ispezioni pretenziose e disinibite sotto la tunica nera della Mangiamorte finché un sospiro ansante e rauco li raggiunse entrambi.

 

“Maghi? Voi due siete…”

 

La padrona di casa era inchiodata nell’atrio. Un occhio tremolante sbirciava oltre lo spicchio aperto della porta.

 

“Tutte quelle sparizioni… omicidi… misteri…. Io ho… io… nella mia casa…”

 

La porta si spalancò con un tremendo boato, spinta dall’ingresso repentino della padrona di casa. Il volto della donna era completamente distorto, la pelle tirata in una pura espressione di terrore.

 

“Siete dei demoni!”

 

I suoi urli e i suoi movimenti divennero scoordinati. Braccia, gambe e imprecazioni mulinavano per tutta la stanza.

 

“Chiamerò la polizia… un… un esorcista… e vi ammazzeremo!”

 

Le labbra di Samantha si piegarono in un sorriso sinistro; la bacchetta che aveva occupato le ricerche di Draco venne estratta prontamente dalla Mangiamorte. “Ammazzare?”

 

Draco abbassò lo sguardo mentre la bacchetta di Samantha si levava sulla donna. Sapeva già cosa stava per accadere.

 

La Mangiamorte proseguì con un sospiro quasi sibilante. “Buona idea.”

 

Due parole mugugnate, un lampo verde, uno schianto, un tonfo e Draco poté riaprire gli occhi.

 

“Dovresti almeno tentare di guardare.”

 

Le dita di Draco si strinsero sul manico della tazza semivuota. “Avrei vomitato tutta questa Cioccorana.”

 

Samantha levò un sopracciglio. “A beh, in tal caso ti giustifico. Sarebbe stato uno spreco.”

 

La Mangiamorte fissò con occhi impassibili il viso contorto della donna. “Era da molto che volevo farlo.”

 

Draco prese un altro sorso dalla tazza: pura amarezza, niente dolcezza, solo un vago retrogusto acido. “Era proprio necessario?”

 

“Certo, siamo Mangiamorte” ribatté Samantha “Uccidere è il nostro destino… non condividi?”

 

Draco stette a fissare l’ondeggiante riflesso nella Cioccorana, investito dal tiepido e dolce vapore che emanava il liquido caldo. “Prima o poi ci riuscirò” borbottò, poggiando la tazza sul tavolino “Ma per ora non posso negare che…” i suoi occhi volarono al cadavere scomposto sul pavimento, mentre assaporava il retrogusto aspro della Cioccorana “… mi faccia tanto schifo.”

 

*^*^*^*^*

L’Eroe che Riparte

[L’Ultimo Addio]

 

 

“Harri, ben tovnato. Molti dicefano che eri scappato, ma io non ho mai credufo cozì. Io lo sapefo che saresti tovnato.”

 

Harry prese un altro sorso di the verde, offertogli dalla signora Granger. “Grazie, Krum.”

 

“Beh, Krum…” cominciò Ron, ammansito poi da un’occhiata di Hermione “… cioè Victor, anche noi sapevamo fin dall’inizio che in realtà Harry si stava allenando per sconfiggere colui-che-non-deve-essere-nominato, quindi…”

 

“Ron” lo interruppe Harry di colpo con voce cupa “Perché non lo chiami Voldemort? Credevo che ormai avessi superato questo intoppo dal quinto anno.”

 

Ron ammutolì, mugugnando qualche giustifica che Harry faticò a comprendere. La signora Granger si aggrappò inconsciamente al marito e Krum sembrò destreggiarsi in un qualche scongiuro bulgaro.

 

“Vedi, Harry” cominciò Hermione un poco impacciata “E’ cominciato circa quattro mesi fa… la paura per quel nome è tornata. Forse è solo superstizione, ma si ha quasi la certezza che chiunque si azzardi a pronunciare quel nome, prima o poi, verrà colpito dalla Magia Oscura.”

 

Harry riavvicinò la tazza alle labbra, quasi tentando di nascondere un sogghigno ironico. “Allora per me non ci sono problemi. Il fatto che Voldemort mi bracchi è un’assoluta certezza, quindi non fa differenza se dico Vold…”

 

“Ti prego, basta” intervenne a sorpresa la signora Granger con voce educata ma chiaramente ansiosa.

 

Harry posò la tazza. “Mi scusi, non vi disturberò più.”

 

Il giovane Potter si alzò velocemente con la ferma intenzione di lasciare la casa.

 

“Ma, Harry!” esclamò Hermione, tentando di trattenerlo per la manica della tunica smunta “Dove credi di andare? Sei appena tornato. E poi devi ancora spiegarci cosa ti è successo in questi mesi.”

 

 “Giusto, amico” concordò Ron, parandosi di fronte a Harry “Che hai combinato? Sembra che ci sia qualcosa di strano in te.”

 

Harry si risedette con calma. “Scusate, è solo che gli ultimi sette mesi sono un mistero anche per me.”

 

Hermione gli si affiancò con una calda voce rassicurante. “Ti va di spiegarci?”

 

Harry fissò oltre le lenti appannate degli occhiali il volto avido di curiosità di Krum e quelli preoccupati dei Granger.

 

“Forse un’altra volta, adesso devo andare.”

 

“Impensabile!” eruppe Hermione “Questa ormai è diventata la tua filosofia di vita: ‘devo andare’? Non vuoi aspettare neanche Ginny, non vuoi salutarla prima di andare a fare… non so cosa?”

 

Harry abbassò il capo con un singulto. “Sarebbe un altro addio straziante.”

 

Hermione sbarrò gli occhi. “Addio?”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“Quello finale” concluse Harry con un soffio di voce.

 

Hermione strinse il braccio dell’amico, scuotendolo leggermente. “Harry… tu, non vorrai per caso….”

 

Ron estrasse la bacchetta dalla veste e fece un cenno di assenso all’amico. “Harry, so cosa hai in mente di fare e sono d’accordo. E’ ora di mettere fine a tutta questa guerra. Veniamo anche noi!”

 

(Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

“No.”

 

Anche Krum si era levato dal comodo divano per correre incontro a Harry.

 

E’ inutile, la mia decisione l’ho già presa da molto tempo. O forse, è solo destino.

 

E per la prima volta Harry Potter levò la bacchetta contro i suoi amici. Un raggio di luce argentata, un magnifico cervo che galoppava, uno schianto, scuse sussurrate e il Prescelto partì verso il suo Destino Oscuro.

 

*^*^*^*^*

L’Eroe che Non si Trova

[Un Attimo di Indugio]

 

 

“Donovan, saresti così gentile da riferire al tuo Signore il resoconto delle ricerche dei suoi fedeli ma inutili Mangiamorte.”

 

“Sono desolato, mio Signore, ma Harry Potter non si trova. Si direbbe scomparso.”

 

Anche dall’altro lato del campo di battaglia si attendeva il ritorno di Harry Potter, del Prescelto, perché compisse il suo Destino Oscuro: essere sconfitto da Lord Voldemort.

 

“Scomparso, Donovan… morto, forse?”

 

“Non posso affermarlo con sicurezza, mio Signore” replicò Doppio Dolore con voce fredda ma sogghignante “Ma non dovrebbe dispiacerle se lo trovassimo morto, vero?”

 

“Chiudi quella bocca, Darcy!”

 

Doppio Dolore contemplò con divertimento il bel volto folle contorto di rabbia e indignazione.

 

“Non volevo mancare di rispetto al Nostro Signore, Bellatrix.”

 

Bellatrix sibilò delle parole indubbiamente malevole, trapassando la figura di Darcy con i suoi oscuri occhi blu.

 

Voldemort fece turbinare il suo mantello, la voce sibilante e quasi monotona celava una minaccia. “Bella ha ragione, Donovan. Sei troppo insubordinato; non vorrai che sia la bacchetta del tuo Signore a rimetterti in riga, vero?”

 

“Non sia mai, Mio Signore” affermò Doppio Dolore con un profondo inchino.

 

Voldemort strinse gli occhi rossi e serpentini. “Forse questo è il tuo modo di fare, Donovan, ma sappi che se insisterai con quella tua voce sogghignante Lord Voldemort sarà costretto a punirti severamente.”

 

Per fortuna di Darcy il risvolto del mantello nascose il suo sadico sogghigno. “Comprendo, Mio Signore.”

 

“E comunque, Donovan, io desidero che il nostro caro Harry sia ancora vivo. Così che io possa infine distruggerlo con le mie mani” il sibilo di Voldemort si abbassò in un verso rauco e tenebroso, mentre serrava le scheletriche dita a pugno e i denti in una morsa aguzza e velenosa.

 

L’esaltazione di assoluta vittoria dell’Oscuro Signore sembrò trascinare Bellatrix in uno stato di totale e folle euforia. “E ce la farà, Mio Signore, senza alcun dubbio.”

 

“Senza alcun dubbio.”

 

Fece eco il circolo di figure incappucciato, inchinate di fronte al loro Singore. Tra il cerchio di Mangiamorte prostrati Voldemort distinse il suo servo più fidato…

 

… forse non lo è.

 

Lord Voldemort fiancheggiò Severus Piton, invitandolo ad alzarsi. Alcuni Mangiamorte sospirarono, indignati e stupefatti.

 

Mai il Signore Oscuro aveva permesso a un suo servo di tenere la testa alta in sua presenza.

 

Voldemort scrutò gli occhi pece di Piton, con il profondo acume di un grande Legimens.

 

Posso davvero fidarmi di Severus Piton?

 

“Severus” sibilò “Quando sarà giunto il tempo porta Harry Potter da me per la battaglia finale.”

 

Piton ebbe un attimo di indugio; solo un istante, ma fu abbastanza perché gli occhi da Legimens di Lord Voldemort se ne accorgessero.

 

“Sì, Mio Signore.”

*^*^*^*^*

Alla Riscossa dell’Eroe

[Due Tipi di Bene]

 

 

“Harry!”

 

L’urlo di Hermione si disperse nella scia argentata del Patronus. Il cervo galoppò per la stanza e si infranse contro la parete opposta. La signora Granger si lasciò scappare un urlo e un gemito di paura. Hermione abbandonò subito la bacchetta a terra e si precipitò al fianco della madre tremante, sorretta da suo padre e da un Krum sconvolto e preoccupato.

 

Ron gridava ancora, tra l’infuriato e l’indignato, agitando le braccia per disperdere la nebbiolina argentata del Patronus, ancora alla disperata ricerca dell’amico.

 

“Harry! Che cavolo hai combinato?! Non sperare di andartene via con un’uscita del genere! Harry!”

 

Silenzio e vuoto.

 

“E’ andato.”

 

Ron lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un grugnito. “Brutto stupido. E cosa credeva di fare? Cosa crede di fare adesso? Solo?”

 

“Ha agito in virtù del nostro bene, così pensa Harry in questo momento.”

 

Hermione aveva aiutato la madre ad alzarsi, pregando Krum e il padre di accompagnarla nella stanza accanto per farla riposare.

 

“Per Harry agire correttamente significa escluderci dalla battaglia, dalla sua battaglia personale. Lo fa per il nostro bene, per non coinvolgerci.”

 

“Ma tu non credi veramente a quello che stai dicendo, Hermione?” sbraitò Ron.

 

“Certo che non lo credo, Ron!” ribatté Hermione a sua volta con uno strillo disperato “Ma Harry lo crede, è convinto che questo sia bene: escluderci dalla guerra.”

 

“Fesserie” biascicò Ron da un angolo della bocca.

 

“Non lo sono per Harry.”

 

Ron strabuzzò gli occhi, un’espressione determinata e bellicosa sul volto. “Hermione, non lo lasceremo andare da solo, non lasceremo che si comporti come un idiota. Gli faremo capire noi cosa veramente è bene!”

 

Gli occhi nocciola di Hermione tremarono. “Ron?”

 

“Andremo a riprenderlo! Questo è bene: sconfiggere Voldemort tutti uniti!”

 

Hermione fremette un istante alla nomina di quella parola oscura.

 

Cosa sto facendo, non ha senso avere paura di un nome… E sia, Ron, sono con te.

 

“D’accordo, Ron, andremo a riprendere Harry!”

 

“Perfetto!” esclamò Ron “Solo che… hai idea di dove possa essere andato?”

 

Hermione fece un sorrisino con una profonda aria saccente. “Ne ho una vaga idea, ma dovremmo andare dall’Ordine come prima cosa: ci serve il loro aiuto.”

 

*

 

“Il Parlamento, Babbano?”

 

“Esatto, Ron.”

 

“Ma come fai a dirlo, Hermione? Trascurando il fatto che tu sai sempre tutto…”

 

“E’ solo ragionamento, Ron... ora ti spiego, ma prima atterriamo.”

 

Sia la scopa di Ron che quella di Hermione vennero rimpicciolite e riposte sotto il mantello dopo l’atterraggio a Grimmauld Place.

 

“Beh, complimenti, Hermione. Dopo le mie lezioni di volo sei perfetta… magnifica sulla scopa” disse Ron con una punta di malizia.

 

Hermione arrossì lievemente. “Ti ringrazio, Ron, ma non è questo il momento. Dobbiamo pensare a Harry.”

 

“Ah, Harry” sbuffò Ron con aria mesta “E’ peggiorato, credevo che dopo il suo speciale addestramento sarebbe migliorato… e invece quasi ci ammazza con il suo Patronus!”

 

“Non fare il tragico, Ron” lo rimbeccò Hermione “Il Patronus era controllato perché ci fermasse solo, senza farci del male.”

 

“Senza farci del male!” inveì Ron con astio “Come se vederlo puntarci la bacchetta contro non fosse un male!”

 

“Senti, Ron, se non te la senti o vuoi tirarti indietro, basta solo che…”

 

“No, no, figurati” soggiunse Ron sventolando una mano con nonchalance “Perché dovrebbe disturbarmi? Si tratta di salvare un amico, per quanto irragionevole sia… E poi appena l’avremo ripreso da Colui-che-non-deve-essere-nominato…”

 

“Ron…” mormorò Hermione, spaventata dal suo improvviso silenzio.

 

“Lui è andato da Tu-sai-chi, vero?” mugugnò Ron con voce roca “E questa è un’altra prova della sua pazzia… dici che sto ragionando come un codardo, Hermione? Voglio dire, affrontare Tu-sai-chi per noi ora è una pazzia, ma molto tempo fa…”

 

Hermione chinò il capo. “Lo so, Ron. Tanto tempo fa… e in realtà non è passato neanche un anno, ma dopo quello che abbiamo visto… Harry è stato fortunato, non ha vissuto il periodo peggiore; Remus ha detto che questi ultimi mesi sono stati più terrificanti persino dell’ultima epoca oscura, quando Tu-sai-chi era al suo massimo. Ora è molto peggio. Sembra che non abbia fine, questa guerra. Giorno dopo giorno è sempre più insopportabile, tutto ciò a cui riusciamo a pensare ormai, è una preghiera: vogliamo che finisca; ma non facciamo niente perché finisca, non ne abbiamo più la forza. L’oscurità di questa guerra ci sta consumando lo spirito, la forza di volontà. Harry, molto tempo fa, è fuggito e così si è salvato: è in lui che rimane l’ultima scintilla di coraggio e di forza di volontà…”

 

“Sai, Hermione… io ho incolpato Harry di questa guerra…” confessò Ron con un sospiro “In fondo tutto è nato perché Tu-sai-chi lo voleva affrontare, si voleva vendicare… E poi lui è scappato, ci ha lasciato e soprattutto ha lasciato Ginny… non hai idea di quante ne ha passate quella ragazza…”

 

“Certo che lo so, Ron!” esclamò Hermione visibilmente offesa “Io sono la sua migliore amica e lei mi ha detto quello che…”

 

“Già!” sbraitò Ron “Ma io sono suo fratello maggiore e… per Merlino… non sono riuscito a fare niente per consolarla! L’unico che poteva consolarla era Harry e quell’idiota era sparito chissà dove… Quanto senso di colpa poi, perché infondo Harry è il Prescelto e deve impegnarsi per proteggerci… però, Hermione… quanto lo ho odiato!”

 

Appena l’urlo di Ron si dissolse con la nebbia di Grimmauld Place, Hermione posò una mano gentile sulla spalla del fidanzato.

 

“Sai, Ron, esistono due tipi di bene: il bene personale e il bene superiore. Harry ha puntato tutto sul bene superiore.”

 

Ron si voltò di scatto verso la ragazza, urlandole quasi in faccia. “E così ha trascurato il bene personale?! Ha trascurato i suoi amici, la sua ragazza…”

 

“Anche lui però!” protestò Hermione con uno strillo disperato che fece ammutolire Ron “Il bene personale è quello dei suoi amici ma è anche il suo. Ma dico, Ron, non l’hai visto? Ti è sembrato felice? Ti sembra felice di essere il Prescelto e di dover trascurare i suoi amici e la sua ragazza per il bene superiore?... Si sta sforzando come un pazzo, lui non la vuole questa missione! Sono gli altri che vogliono un Prescelto. Harry è coraggioso e altruista, quindi non li può deludere. Harry è combattuto, Ron, in un modo o nell’altro sapeva di dover deludere qualcuno: o il mondo magico o i suoi cari. Ha scelto di deludere noi e sono sicura che ne ha rimorso ogni secondo della giornata. E’ questo il nostro Harry! Vuole sempre accontentare tutti, non sopporta che le persone soffrono e così soffre lui al posto loro… quindi non mi sembra giusto odiarlo…”

 

La voce di Hermione si afflosciò di colpo, mentre lei, costretta a deviare lo sguardo dal viso martoriato di Ron, puntava lo sguardo sull’uscio del numero 12 che si aprì con un cigolio.

 

“Per Merlino!” esclamò Malocchio Moody dallo spicchio della porta aperta “Siete voi due che latrate come dei cani a luna piena? Venite dentro, volete farci scoprire!”

 

Sia Hermione che Ron seguirono le istruzione del capitano senza proferire parola.

 

Moody richiuse la porta con un potente incantesimo collante, dando un’annusata al cielo grigio di Londra. “Qui tira aria di tempesta.”

 

*

 

“Harry… cosa?”

 

Qualcosa si accese tra i presenti alla nomina del Prescelto scomparso, poi tornato, infine scomparso di nuovo: era un misto di speranza, frustrazione, rabbia e preoccupazione… e molta nostalgia.

 

“Ha deciso di andare da Tu-sai-chi” borbottò Hermione dopo un acceso resoconto a Moody.

 

Ron, al suo fianco, restava impassibile, deciso a non aprire bocca sull’argomento.

 

Molly si intrecciò le dita al colletto della veste. “… quel ragazzo… non riesce a trovare pace…”

 

“Finalmente” affermò Arthur con stizza quasi glaciale. Ron non era stato l’unico a soffrire per Ginny. “Era ora che si decidesse a tornare e a mettere le cose a posto.”

 

“Arthur!” inveì Molly, lanciando un’occhiata disperata alla figlia.

 

Anche Ginny era caduta in uno stato di completa apatia. Rigirava tra le dita un biscottino alle mandorle, dono di Han.

 

“Ma sì!” gridò Moody alzandosi di colpo e ribaltando quasi la tavola su cui sbatté i pugni serrati. “Questa è l’occasione, finalmente! Andremo da Harry, non per recuperarlo, ma per combattere al suo fianco!”

 

Molly emise un gemito disperato all’indirizzo di Moody. “Malocchio, ti prego…”

 

“Non mi devi pregare, Molly. Se ti è rimasta un po’ di grinta combatti con l’Ordine, a fianco di quel coraggioso ragazzo” ribatté Moody, irrefrenabile.

 

Dopo quei duri mesi oscuri la tempra di Malocchio Moody si era irrigidita, diventando quasi la freddezza di un guerriero inflessibile.

 

Molly si avvicinò alla figlia come a volerla proteggere dall’avidità di Moody. ‘No, Malocchio, mia figlia non andrà a combattere, a farsi uccidere.’

 

“Bene, allora, andiamo da Harry.”

 

Il sospiro proveniva da Remus Lupin, in piedi vicino all’arazzo dei Black, con una mano sulla spalla della moglie incinta.

 

“Anche tu, Remus?” mugugnò Molly con risentimento.

 

“Andiamo al Parlamento Babbano, è là che si trova Harry” spiegò Hermione con un sol fiato “Lui vuole affrontare Voi-sapete-chi e probabilmente sarà giunto alla mia stessa conclusione: il suo Covo Oscuro è lì, protetto da una barriera magica. Così solo si spiega l’attentato di un anno fa ad opera di quel drago e l’intervento di Piton per risolvere la cosa, si spiega anche quella barriera che il drago non riusciva a perforare, si spiega anche perché tutti i politici che risiedono al Parlamento ultimamente hanno preso delle allarmanti decisione a favore degli attacchi dei Mangiamorte.”

 

Le labbra di Molly tremarono. “Hermione…?”

 

“Ma dobbiamo evacuare Londra” aggiunse Remus “Se davvero intendiamo combattere i Mangiamorte al Parlamento Babbano, l’intera città si trasformerà in un campo di battaglia.”

 

Un gemito sfuggì a Molly. “Evacuare Londra? Ma si può fare in così poco tempo?”

 

“Si potrebbe” intervenne Hermione con decisione “Se informiamo sia il Ministero Babbano che quello Magico.”

 

“Bene! Ora organizziamoci!” dichiarò Moody, facendo roteare l’occhio magico all’impazzata “Shackebolt al Ministero Babbano informerà il Primo Ministro che farà sgomberare Londra. Ma per la comunità magica londinese ci dovrà pensare il nostro di Ministero, ahimé!”

 

L’occhio magico roteò verso Ron. “Tu, giovane Weasley. Mi sei sembrato in gamba, sei migliorato molto dopo il mio addestramento. Devi accompagnarmi al Ministero della Magia e parlare col capo dell’esercito, perché io quello proprio non lo sopporto e se ci dovessi parlare… beh, vieni?”

 

Ron si rizzò dal divano come spinto da una molla. “Certo, signore.”

 

Moody emise un grugnito compiaciuto. “Bene, allora muoviamoci. Tutti!”

 

Tonks strinse la mano del marito con un’ansia infinita. “Fa attenzione, ti prego… so che è un’affermazione scontata ma… non voglio che nostro figlio cresca senza un padre!”

 

Remus le sussurrò all’orecchio “Non ti preoccupare.”

 

Ma appena Ninfadora distolse gli occhi lacrimanti, lo sguardo di Remus volò all’arazzo della famiglia Black, soffermandosi su un nome in particolare.

 

“Sirius, è possibile che ci rincontreremo dopo questa battaglia. Tu, io e James come una volta… però  e il suo sguardo tornò sul ventre gonfio di Ninfadora – vorrei aspettare ancora un po’…”

 

Arthur e Molly si scambiarono una bacio a fior di labbra. Molly ancora tremava, fissando il figlio con una tremenda disperazione. “Torna.”

 

Ron le fece un cenno d’assenso, grintoso ma aveva anche qualcosa di poco convinto. Poi strinse la mano incerta di Hermione, intrecciando le dita con le sue ed entrambi si rilassarono.

 

Calma… la calma prima della tempesta.

 

Remus, Arthur, Ron, Hermione e Moody impugnarono la bacchetta e uscirono dalla calma confortevole di Grimmauld Place numero 12; ex e nuova base dell’Ordine della Fenice, l’unico dono lasciato da Harry dopo la sua partenza.

 

La porta si richiuse alle spalle degli eroi che partivano.

 

Ginny addentò il biscottino alle mandorle. Era insipido.

 

“Vengo anch’io.”

 

Molly quasi strillò dalla disperazione. “No, Ginny!”

 

Ginny si voltò all’improvviso, cingendo la madre con due braccia incredibilmente deboli, sospirando poche parole.

 

“Ciao, mamma.”

 

Molly rimase pietrificata sul posto; quell’abbraccio le aveva tolto tutta la forza. Tonks le arrivò alle spalle, reggendosi il ventre gonfio con una mano protettrice.

 

“Lo so, Molly… ma vedrai che tornerà…”

 

“Tu vai dai tuoi genitori, Ninfadora” singhiozzò Molly con un tono più deciso “La voglio vedere con i miei occhi… la voglio proteggere con le mie mani… andrò anch’io, Ninfadora.”

 

*

 

“Coraggio, ragazzo, mi serve il tuo aiuto per parlare con quell’uomo.”

 

“Capitano Moody, ma è sicuro?”

 

“Ron, non devi diffidare delle tue capacità.”

 

“Io non diffido, Hermione, però…”

 

Un solido banco di nebbia costrinse Ron ad interrompersi. Riemerse dalla nuvola grigia sterzando appena con la scopa.

 

“Volevo solo dire che forse sei più adatta tu in questo genere di cose.”

 

“Non sono d’accordo, Ron” ribatté Hermione “Devi solo fare da intermediario tra il capitano Moody e questo soldato del Ministero… solo un po’ di oratoria, niente di più.”

 

“Appunto” confermò Ron “Questo genere di cose persuasive si addicono più a te, Hermione… Ehi, capitano Moody? Ma è proprio indispensabile?”

 

“Certo, giovane Weasley!” strepitò Malocchio col suo ferro tono imperioso “Come ho detto prima io quell’uomo non lo reggo; mi potrebbero scappare delle parole non troppo gentili e a quel punto i nostri rapporti pacifici col Ministero salterebbero… beh, in effetti sono già saltati da un pezzo, ma non è il caso di aggravare la situazione con la mia poca professionalità. E poi un vero soldato non retrocede nei momenti di bisogno.”

 

Ron sbuffò col preciso scopo di avvertire Moody della sua ostilità. “Se devo proprio… spero solo che sia un uomo non troppo odioso.”

 

“Su questo non ci giurerei” borbottò Moody “Ma tu seguimi. Siamo quasi arrivati al Ministero.”

 

Hermione li attese fuori con la bacchetta levata, lanciando un’ultima occhiata di avvertimento a Ron. “Mantieni il sangue freddo.”

 

Ron seguì Moody lungo il passaggio segreto che conduceva all’ufficio del colonnello Eclitto e non poté fare a meno di notare quanto ciò che lo circondava fosse solo lo spettro semi distrutto di quello che un tempo era l’orgoglioso e fiero Ministero della Magia.

 

“Dobbiamo tentare di riunire il Bene: Ordine della Fenice e dipendenti del Ministero devono combattere uniti. Ricordati, Weasley, sii professionale, impassibile a qualsiasi cosa lui dica, a qualsiasi cosa gli esca dalla bocca… ti avverto, non è facile tollerare quell’uomo, ma sono certo che tu resisterai…Ricordati, Weasley: un caposaldo di freddezza!”

 

Ron assentì, vagamente curioso di conoscere quest’uomo famigerato per la sua insopportabilità. In effetti avrebbe dovuto intuirlo dal dipinto che ne aveva fatto Moody: dipendente di alto grado del Ministero, con saldi contatti nelle alte sfere, strafottente, insopportabile…

 

Ma Ron preferì sperare per un breve momento o comunque non attirarsi addosso il malaugurio pensando proprio a quella particolare persona…

 

Moody giunse al terzo piano, padiglione provvisorio del nuovo esercito insediato. Anche lì tutto era crepato e rovinato; persino la porta che Moody si apprestava ad aprire, sede ufficiale dell’illustre colonnello insopportabile, era danneggiato in vari punti.

 

Moody poggiò la mano sulla maniglia con infinita lentezza; Ron, al suo fianco, fece scorrere gli occhi sul legno solcato da lunghi graffi fino alla targhetta… Poi levò immediatamente lo sguardo.

 

Preferisco la sorpresa.

 

Gli era sembrato di cogliere di sfuggita una J puntata e una M che la seguiva.

 

Un caposaldo di freddezza… un pilastro di impassibilità… oh Merlino, fa che non sia proprio lui!

 

Ron seguì Moody nell’ufficio del misterioso colonnello Eclitto e non poté evitare un sobbalzo, riconosciuta la voce di leggera flemma francese della cugina di Fleur, Julie.

 

“Oh, John, le mani lì… no!”

 

Malocchio Moody di ispirazione sessuale ascetica grugnì con ostilità all’indirizzo di Marshall e di quell’altra donna bionda praticamente stesa sulla scrivania con il colonnello che tentava di intrufolarle una mano sotto la gonna decisamente corta. Distolse lo sguardo con un altro ringhio spazientito, ma il suo occhio magico ruotò verso la scollatura di Julie.

 

“Giovane Weasley, forse avremmo fatto meglio a bussare.”

 

Ron non poteva essere più d’accordo col suo comandante impalato lì come un assurdo pilastro di indifferenza, mentre tentava di mettere in ordine i pensieri…

 

D’accordo… se la cugina di Fleur è solo la… puttana di Marshall allora le cose potrebbero anche restarmi indifferenti… certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!... Ma se per caso Marshall ha delle intenzioni serie? E se per caso quella rimane incinta e Marshall è costretto a sposarla e lei tiene i contatti con Fleur, che è la moglie di Bill, che è mio fratello, che viene regolarmente a trovare i miei genitori, che verrà a trovare anche me? Esiste la remota possibilità che io e Marshall diventeremo parenti?... Certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!...

 

Marshall riemerse dalla scollatura di Julie come se nulla fosse, ma le sue mani restarono ancora saldamente insinuate sotto la sua gonna. “Oh… il pazzo Moody… e anche il rosso Weasley!”

 

Ron colse il sogghigno nella voce del colonnello e fremette.

 

Un pilastro di freddezza…

 

“Siamo venuti qui a chiederle un favore, colonnello Marshall.”

 

Sono stato proprio io a parlare con quella voce fredda e calcolatrice? Aveva ragione Hermione! Ho un perfetto controllo sulle mie emozioni… quando voglio…

 

Moody osservò il ragazzo con aria compiaciuta e anche una sorta di ammirazione.

 

Ron si morse il labbro inferiore mentre vedeva il sogghigno di Marshall che si ampliava.

 

Ok, fino ad adesso sono stato proprio bravo… ma lui non mi ha ancora risposto. Merlino! Fa che risponda in un modo umano o mi verrà la tentazione di strozzarlo a mani nude!

 

La risata sordida di Marshall gli arrivò alle orecchie come lo stridio screziato di qualcosa di insopportabile. “Piccoli mocciosi crescono! Che orgoglio! E pensare che un tempo eri il più rammollito dei miei studenti…”

 

Non lasciò a Ron nemmeno il tempo di riprendersi dall’insulto ed abbandonare la posizione di pilastro di freddezza perché si chinò subito su Julie attaccandole il collo con morsi leggeri e occasionali leccate.

 

“Sai bella, un tempo questo moccioso rosso è stato mio allievo, e ora si atteggia a uomo; non è proprio il massimo, ma comunque ci si avvicina… Indovina di chi è il merito? Dovrebbe proprio ringraziarmi… del resto è un dovere dei grandi uomini tentare almeno di raddrizzare i piccoli mocciosi…”

 

“Oh sì… ho visto quanto sei grande come uomo” sospirò Julie sotto di lui, completamente a suo agio.

 

Ron si rese conto di tremare di rabbia e collera.

 

Calmati! Ricordati di Moody: pilastro di freddezza… Merlino! Lo odio. Quanto vorrei sputargli in faccia, buttarlo giù dalla finestra, schiacciarlo con l’ultimo modello di gip incantata, prenderlo a botte, a mani nude, con una mazza di ferro arrugginito… e poi ci starebbe bene anche un Cruciatus!

 

Ron tossicchiò appena. “Vorremmo far sgomberare Londra. Stiamo per andare in guerra.”

 

Il capo di Marshall restò chino sul collo di Julie. “Che paroloni in bocca ad un moccioso: guerra! Sai che cos’è la guerra? Io credo di no… ma pazienza… Carina l’idea di evacuare Londra: una fantasia che solo uno stupido marmocchio poteva proporre.”

 

Ron si conficcò le unghie nel palmo della mano serrata a pugno. “Dobbiamo sforzarci o finiremo per fare una vera strage durante la battaglia.”

 

“Battaglia?” ghignò Marshall contro il petto di Julie.

 

Gli occhi di Ron divennero quasi neri dal rancore. “Contro i Mangiamorte.”

 

Questa volta la bocca di Marshall si staccò dal collo di Julie. “Contro i Mangiamorte?”

 

“Sì” confermò Ron “L’Ordine della Fenice vuole battersi contro i Mangiamorte.”

 

“Non vedevo l’ora” sibilò Marshall levandosi bruscamente da sopra Julie, che sussultò per l’improvviso movimento “Non credevo che sarebbe stato l’Ordine della Fenice a proporre un’azione simile… già, però si può fare… anzi, si deve fare! Mi sono proprio rotto di tutta questi attacchi e di quei molluschi spauriti che incolpano il Ministero di tutto lo schifo che succede in questo paese.”

 

Marshall sogghignò ancora, ora vagamente lascivo. “Faremo evacuare Londra. E’ una promessa.”

 

Ron e Malocchio uscirono senza scambiarsi né saluti né inutili ed ipocriti auguri di salvezza.

 

Moody fece roteare l’occhio verso Ron con un mugugno scettico. “Ottimo lavoro, giovane Weasley, ma forse è il caso di fare un salto al San Mugno prima di gettarci in battaglia. Hai tutta l’aria di essere sull’orlo di una crisi di nervi.”

 

In effetti la testa di Ron non aveva smesso un secondo di pulsare.

 

Non ho mai augurato la morte a nessuno, ma, Marshall, che un Mangiamorte in gamba ti trovi!

 

*^*^*^*^*

Nella Tana del Nemico

[Challenge]

 

 

Donovan aveva due atteggiamenti diversi. In battaglia era freddo come il ghiaccio, calcolatore, crudele – normalmente, come Mangiamorte, era sì crudele, ma più mellifluo, sogghignante e sadico. Per questo amava il compito di torturatore, ed era piuttosto bravo, nel campo.

 

Conosceva diverse Maledizioni e incantesimi oscuri con cui si divertiva a seviziare i prigionieri, talvolta i suoi stessi subordinati quando compivano una sciocchezza.

 

Su questo fattore, era molto vicino a Lord Voldemort.

 

Quel pomeriggio, Donovan era di buon umore. E perfino un misero, stupido nano avrebbe perfettamente capito perché.

 

“Buongiorno signor Potter.” Il tono di Darcy non nascondeva il divertimento.

 

Harry Potter. Che squisita conquista, che squisita occasione. Il Prescelto in una cella, sotto controllo, il suo controllo. Uh, decisamente soddisfacente.

 

Il ragazzo aveva la schiena appoggiata alla parete, i polsi incatenati insieme da manette, al collo e ai piedi due pesanti catene.

 

Alzò appena gli occhi, incrociando brevemente il suo sguardo, tornando poi a fissare la parete umida della cella, impassibile.

 

“Allora, come si trova da noi? La stanza è di suo gradimento?” incalzò perfido Donovan, facendo cenno al Mangiamorte di guardia di andarsene.

 

Harry strinse appena le labbra. “E’ l’unico posto in cui vorrei essere in questo momento.”

 

“Uh, sembra che qualcuno sia diventato impertinente, vero?” rise il Mangiamorte, avvicinandosi al Prescelto, la bacchetta in mano puntata su di lui.

 

Harry preferì il silenzio, piuttosto che rispondere alla sua provocazione. Purtroppo.

 

Donovan sospirò teatralmente, appoggiandosi una mano sulla fronte, con espressione addolorata.

 

“Signor Potter, questa sua misera condizione mi intristisce.”

 

Si chinò sul suo prigioniero, esaminandone il viso. Un filo di barba cominciava a scurirgli le guance, gli occhi verdi erano scuri, cupi, persino tetri e la mascella serrata dava al giovane Potter un aspetto più maturo della sua effettiva età, per di più sottolineato dal pallido colorito della pelle.

 

“Ascoltami, Potter, non ho voglia di torturarti… lanciarti un Cruciatus sarebbe troppo semplice.”

 

“C’è bisogno di torturarmi? Voldemort non viene a combattermi?” replicò con stizza Harry, lanciando a Donovan uno sguardo astioso.

 

Il Mangiamorte sorrise mellifluamente. “Ah, persino più astuto sei diventato, oltre che più serio in viso.” Diede vita ai suoi pensieri Donovan, divertito. “Questo sarebbe stato l’espediente perfetto per farmi parlare del Signore Oscuro, non è vero?” Ridacchiò, rialzandosi in piedi. Harry seguì i suoi movimenti, vigile.

 

“Ma sai che ti dico? Ti dirò quel che vuoi, Potter. In questo momento Lord Voldemort non si trova nel suo Covo, temo dovrai aspettare prima di compiere la tua eroica impresa.”

 

Harry non batté ciglio, limitandosi ad un viso senza emozioni.

 

Cosa era successo ad Harry Potter? Il ragazzo lo stava seriamente divertendo. Chissà come si era allenato per prepararsi alla sfida con il Signore Oscuro. Era un peccato che solo lui potesse sfiorarlo. Insomma, sì, Donovan avrebbe potuto lanciargli qualche Cruciatus… ma sarebbe stato banale, scontato. Uno spreco.

 

“Potter ti sfido.” Proclamò trionfante infine, slacciandosi il mantello e facendolo cadere in un angolo della cella.

 

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, interdetto dall’uomo che si trovava di fronte. Che diavolo di Mangiamorte gli avevano appioppato per tenerlo d’occhio? Un sadico, sleale componente della parte di Lord Voldemort?

 

Non che gli interessasse molto saperlo. L’importante era una sola cosa: essere riuscito ad arrivare nel Covo del nemico, con anche la fortuna di avere un po’ di tempo per liberarsi da quella cella e prepararsi alla sfida a cui era stato predisposto da quando era entrato ad Hogwarts: lui e Voldemort.

Da soli.

Con due bacchette la cui anima era la stessa, ma i cui destini erano differenti.

Serpeverde contro Grifodoro.

Signore Oscuro contro Prescelto.

Orfano per scelta della madre contro orfano per colpa di un altro orfano.

 

[Fino a che ne rimarrà uno soltanto.]

 

“A cosa vorresti giocare?” soffiò incolore Harry, muovendo appena i polsi e provocando il tintinnio meccanico delle catene.

 

Doppio Dolore mosse la bacchetta. In un attimo, Harry fu senza catene, rinchiuso in una cella ora cementata. Il ragazzo era convinto che quello fosse un incantesimo temporaneo, di poca durata. Troppe energie per tenerlo a lungo.

 

Darcy inarcò un sopracciglio, contrariato. “Allora, giovanotto? Ti dai una mossa? Carica un pugno!”

 

Harry rimase un po’ spiazzato. “Eh?” gorgogliò pateticamente, provocando uno sbadiglio contrariato da parte del suo carceriere.

 

“E’ una sfida, Potter. Tu contro di me, tu senza magia, io con la mia bacchetta e la mia forza. Vediamo se sarai un degno avversario per il Signore Oscuro.”

 

Harry strinse i pugni e si mise in posizione di attacco. Aveva ancora le braccia e le gambe indolenzite dalla posizione scomoda in cui si era coricato nella cella e i polsi arrossati, ma non aveva altra scelta che combattere.

 

Naturalmente, la maggior parte dell’energia voleva utilizzarla per Voldemort: avrebbe dovuto andarci cauto con questo suo subordinato. Sulle sue spalle, pesava un’intera guerra.

 

[Il gigante Atlante che tiene il peso del Mondo.]

 

“Non attacchi?” Domandò candidamente Donovan. “Allora vengo io, se non ti spiace…”

 

Il pugno colpì Harry senza preavviso. Il ragazzo lo aveva schivato appena, le nocche bianche di Doppio Dolore lo avevano centrato sul fianco destro. Harry approfittò della posizione ottimale per alzare le ginocchia e tentare di colpire il suo avversario che si scansò con grazia, scivolando sulla parete della cella.

 

“Uh,uh, bravo, bravo.”

 

Harry tornò vigile, i muscoli tesi e il dolore ad una costola – probabilmente un livido – che pulsava ancora fresca.

 

Donovan percorreva con passo felpato il perimetro della prigione, osservando con i suoi magnetici occhi viola, intensi e assassini. Un predatore, nelle movenze, nei gesti.

 

Ma Harry non aveva la ben che minima voglia di essere mangiato.

 

[La preda diventa il predatore.]

 

Potter scattò in avanti, e si portò alla destra di Donovan, il gomito rialzato e parato dal braccio destro dell’uomo. Ma anche il calcio di Donovan fu parato, e questi si trovò in un angolo, dove non poté evitare il pugno di Harry che lo colpì al viso, spaccandogli un labbro.

 

Harry si allontanò appena, con un poco di fiatone, osservando l’avversario pulirsi il sangue con il candido fazzoletto tirato fuori da una tasca.

 

“Sei bravo.” Gli concesse l’uomo, gli occhi ametista nuovamente su di lui, brillanti.

 

“Ma non hai considerato che io ho la bacchetta. Crucio!”

 

Il raggio rosso colpì Harry in pieno, e il ragazzo riprovò il vomitevole dolore della Maledizione. Tenendosi stretta la cicatrice, Harry digrignò i denti, combattendo contro la voglia di urlare, scalciare, rotolarsi a terra.

 

Rosso. Rosso. Rosso.

Ginny. Ginny. Ginny.

Ron. Ron. Ron.

Hermione. Hermione. Hermione.

 

Mantra che aveva imparato a bisbigliare per distrarsi dal dolore, per ricordare il perché combatteva. E ripeteva in sequenza i nomi di chi amava, dopo il colore rosso dell’Incantesimo, il primo pensiero corrente che riusciva a formulare all’inizio della maledizione.

 

Mamma. Mamma. Mamma.

Papa. Papà. Papà.

Sirius. Sirius. Sirius.

Remus. Remus. Remus.

Silente. Silente. Silente.

 

D’un tratto l’Incantesimo si spezzò, ma Donovan approfittò subito della sua debolezza: l’aveva colpito allo stomaco, forte, preciso, piegandolo in due laddove il Cruciatus non era riuscito.

 

“Figlio di puttana.” Aveva sussurrato con disprezzo nel suo orecchio. “Resistere. Al. Mio. Cruciatus.” Una ginocchiata costrinse Harry a sdraiarsi per terra, stringendosi l’addome.

 

Gli occhi ametista erano superbi, mentre lo guardavano dall’alto al basso, freddi. Il ghigno era sparito dal volto di Donovan, sostituito da un’espressione incolore.

 

“Tu saresti il Prescelto? Lasciatelo dire: i buoni non capiscono niente.”

 

Sputò accanto ad Harry, schifato.

 

“Guardati. Sei già a terra e non ho nemmeno cominciato. Cosa faresti se ti rompessi due costole, eh Potter? Cosa faresti se ti rompessi una gamba? Quante possibilità avresti contro il Signore Oscuro?”

 

Harry deglutì a fatica.

 

Lo sguardo di Donovan rimase di pietra. “Patetico.”

 

La bacchetta si mosse e Harry si ritrovò contro il muro, braccia e piedi legati, sottoposto al giudizio di Darcy Donovan, alias Doppio Dolore.

 

Era come trovarsi in una cella di follia, il volto freddo del torturatore che ti analizza, ti fa a pezzettini, prima fisicamente e poi psicologicamente.

 

Ma Harry doveva resistere. Combattere. Vincere.

 

Per questo non [poteva] assolutamente [perdere] anche se era [ma non doveva] essere impaurito.

 

“Il Signore Oscuro ti vuole intero. Che peccato.” Il tono di Darcy era nuovamente sarcastico, ma più tagliente. “Avrei voluto farti vedere cosa so fare, con frusta e tenaglie. E credimi, non sono giochi a sfondo erotico.”

 

A questa, Harry non poté che inorridire. Donovan se ne accorse, e ne rise, raccattando il mantello nero provvisto di cappuccio.

 

“Arrivederci, è stato divertente Potter. Ma la prossima volta, stringi di più quelle mani. Sei debole.”

 

Donovan fece così la sua uscita plateale, lasciando finalmente Harry solo, la cui mente vorticava non sulla sconfitta subita, ma verso prossima sfida che l’avrebbe visto sul filo della morte.

 

[Atlante si stava per ribellare a Zeus. Nell’Olimpo, il dio aveva vinto.

Adesso, Harry avrebbe trionfato su quello che tutti credevano una divinità.

Ne aveva la certezza. Perché doveva crederci.]

 

Anche se…

 

[Il Destino: una sicura vittoria oscura!]

 

*^*^*^*^*

Visitatore

[Il Destino Oscuro]

 

 

Harry aveva rinunciato già da molto tempo al sonno tormentato dalle catene troppo strette che gli laceravano i polsi e dal riscoperto dolore alla cicatrice. L’unica cosa che poteva fare era riflettere e non arrendersi, sperare di avere abbastanza forze da resistere ai Mangiamorte prima dell’arrivo dell’Oscuro Signore.

 

Doveva (l’unico verbo che si addiceva al Prescelto) affrontare Lord Voldemort e sconfiggerlo, anche se avrebbe dovuto farlo ridotto in fin di vita, tremante dalla paura del futuro…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Devo distrarmi dal dolore se non voglio che mi consumi la concentrazione.

 

Inghiottendo a forza le lancinanti fitte postume del Cruciatus, passò interminabili attimi a rimuginare su piani di vittoria che sembrava quasi irraggiungibile, anzi, era irraggiungibile…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

La porta del sotterraneo si aprì cigolando e nella scarna cella di pietra eruppe la voce canzonante di Draco Malfoy:

 

“Guarda un po’: Potter!”

 

“Malfoy” mugugnò Harry, sorprendendosi molto della spossatezza della sua voce.

 

Nel buio, Harry non riuscì a scorgere Malfoy, mimetizzato perfettamente con la tunica nera da Mangiamorte. Al tenue bagliore delle lanterne il Marchio Nero era visibile sul suo braccio sinistro, scuro e minaccioso come il Padrone.

 

Harry strinse gli occhi, ingoiando un’altra fitta di dolore: quello che aveva davanti non era lo studentello arrogante e viziato che amava tanto spadroneggiare e dargli fastidio, ora era un servo del Signore Oscuro e come tale non più un semplice acerrimo nemico di scuola ma parte della sua nemesi.

 

“Come ci si sente ad essere il Prescelto? Allora? Voglio sentire, Potter” sogghignò Draco.

 

Harry riconobbe a stento la voce strascicata di Malfoy: ora si era fatta più grave, se possibile aveva perso molto della sua naturale sfacciataggine; sembrava molto stanco a vedersi.

 

“Niente di speciale, Malfoy, come tutti i giorni della mia vita.”

 

Draco smise improvvisamente di sogghignare: “Tu morirai, Potter, lo sai?”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“Sì.”

 

Malfoy parve sbigottito, colto alla sprovvista dalla fredda e schietta consapevolezza di Harry.“Bene, ero venuto solo per dirtelo.”

 

“Te l’ha ordinato Voldemort?”

 

Gli occhi grigi di Draco tremarono come le lingue di fiamma delle lanterne.

 

“Hai ancora paura di lui, Malfoy?”

 

Draco lo fulminò con lo sguardo. “Come si fa a smettere di avere paura di lui? Oh, ma certo: tu sei il Prescelto! E allora, Potter, goditi il tuo bel destino di Prescelto!”

 

“E tu goditi il tuo bel destino da Mangiamorte.” 

 

Draco si bloccò di colpo, fermato da una spiacevole consapevolezza. “Avresti dovuto darmi retta, Potter” borbottò tra l’infuriato e il risentito “Avresti dovuto stringermi la mano sull’Espresso di Hogwarts… e magari tutta questa… guerra non sarebbe mai scoppiata!”

 

Harry socchiuse gli occhi con uno sbuffo che aveva del divertito. “Quindi è tutta colpa mia, Malfoy?... La distruzione di Hogwarts, è anche quella colpa mia?”

 

Draco strabuzzò gli occhi colmi di un’ombra oscura e fastidiosa: colpa. “Ho finito. Non ho più niente da dirti, Potter. Tra un paio d’ore sarai morto.”

 

Harry osservò Draco richiudersi alle spalle l’enorme portone con uno stridente cigolio.

 

“A differenza di te, Malfoy, io preferirei morire piuttosto che sottomettermi a un essere come Voldemort… sarebbe andata a finire così in ogni caso…”

 

L’ultimo sospiro di Harry si perse nel vuoto della cella, accompagnato solo da un ricordo.

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“… Era destino.”

 

*^*^*^*^*

Schizzi dell’Ultima Battaglia

[In front of our deepest fears and our best hopes]

 

 

 

Cosa passa per la mente di un combattente, prima della battaglia?

 

I propri sogni, ideali, paure… forse semplicemente, tutti pensano alla propria vita, quella che si mette in gioco, che si rischia sul campo.

 

Si ripensa a quella perché – in fondo – il nostro viaggio, benché effimero – è la cosa più preziosa che abbiamo e quella per cui combattiamo.

 

Si tratta di questo, no? Di vivere.

 

E non bisogna guardare solo alle delusioni e hai fallimenti. Agli errori e ai rimorsi. Alle prepotenze, le ingiustizie e il dolore. Ma anche ad una sola cosa che per un solo attimo ci ha fatto sentire un po’ meno soli, un po’ più realizzati, un po’ più vivi.

 

Quando si è davanti alla morte, si rimembra la vita perché, infondo, non siamo altro che anime i cui ricordi permettono di vivere.

 

*

 

Albert Gray era chino a terra. I polpastrelli della sulla mano tastarono l’asfalto duro e sporco delle strade di Londra, mentre lo sguardo tracciava la mappa già tatuata nella sua mente del Parlamento inglese babbano.

 

Infidi bastardi, pensò astioso, in attesa che i suoi uomini gli dicessero di aver evacuato i parlamentari. Non c’era stato nemmeno bisogno di inscenare la frenetica vita nel centro di Londra, ormai svuotato da mesi.

 

Mesi, mesi, mesi con quella terribile nebbia Succhia-Felicità e suo figlio non aveva potuto sposarsi. Questo gli faceva uscire il fumo dalle orecchie.

 

Ma ora… ora aveva la possibilità di cambiare le cose.

 

Albert aveva sempre, sempre creduto nel suo lavoro. Aveva combattuto nella Prima Guerra Magica come volontario, aveva fatto l’Auror di turno, arresti, scortato persone, testimoniato contro delinquenti. Aveva anche ucciso, sì, aveva le mani sporche e magari qualche Mangiamorte le aveva più pulite delle sue. Ma Albert aveva superato il trauma anni prima, al suo primo omicidio – Merlino, lo ricordava come allora. La sensazione del sangue, viscido, tra le unghie e gli occhi sbarrati del Mangiamorte la cui maschera era scivolata a terra con un tonfo. Nella sua mente, quell’immagine di una manciata di secondi sembrava eterna, rivissuta al rallentatore. Il tonfo della maschera. Il sangue tra le unghie. Gli occhi sbarrati. I muscoli del viso tesi nel dolore. Il coltello affondato nel petto. Il suo cuore che batteva impazzito contro il petto, scandendo un ritmo tutto suo. E poi era tornata la confusione della battaglia intorno a lui, aveva estratto in un colpo il coltello e raccolto da terra la bacchetta.

 

Uccidi per non essere ucciso. Logica barbarica, ma che aveva provato sulla sua pelle.

 

Aveva visto parecchi colleghi non riprendersi da tutto questo. C’era chi era diventato sordo in battaglia, chi aveva perso le gambe, le braccia, le famiglie, e che dichiarava quanto fossero stati fortunati quelli che erano morti prima di vedere i cadaveri dei figli e delle mogli.

 

Albert aveva due cicatrici che gli rammentavano della sua prima guerra. E aveva la sua dolcissima moglie, che gliele curava a letto, accarezzandole piano con i polpastrelli. Per questo l’amava, perché era riuscita a farlo sopravvivere, su quella barella, solo con il suo sorriso. A quel tempo non erano sposati e lei era solo una semplice infermiera, e lui un volontario ferito. Gli aveva curato i tagli e colmato il vuoto. Fu lei a ricordargli il perché valesse la pena di vivere. Fu lei a ricordargli che per vivere c’era bisogno della pace, perché amarsi in un contesto del genere era troppo rischioso. Harry Potter uccise Lord Voldemort, e finalmente Albert la sposò ed ebbe un figlio. E fu felice.

 

Ma la nuova Guerra minacciava di minare questa sua felicità. Questa era la battaglia finale – sentiva distintamente la tensione nell’aria, la paura, il nervosismo.

 

Albert non aveva paura della morte, temeva di più un mondo ristretto, chiuso, sottomesso alla politica dell’uno e non dei tanti. Questo era il motivo per cui combatteva, rischiando la vita. Non aveva intenzione di morire tanto facilmente, ma aveva la convinzione di poter dare la stessa felicità che gli era stata concessa a suo figlio e alla sua sposa, in un tempo di pace.

 

Non aveva fatto nessun discorso ai suoi uomini, si era limitato a spiegare l’assetto iniziale della battaglia. Erano cento Auror all’incirca e Albert sapeva che erano tutti ugualmente motivati, per essere in quel momento nascosti dietro le mura di Londra, ascoltando il Tamigi scorrere placidamente, sporco soltanto di terra e rifiuti. Come anche quelle strade asfaltate, non ancora ricoperte di sangue.

 

La ricetrasmittente gracchiò al suo fianco. “Siamo pronti.” Uscì una voce meccanica.

 

Albert chiuse gli occhi, impugnò salda la bacchetta, controllò la divisa munita di armi babbane e un paio di Pozioni in piccole ampollette e si alzò dal dura strada asfaltata.

 

Afferrò la ricetrasmittente e la portò la moneta stregata alle labbra strette. “Signori e signore, è un onore combattere con qualcuno che ha le palle per credere in qualcosa. Si comincia.”

 

Con un cenno di mano, cominciò a portare il suo plotone più vicino alla struttura, strisciando a terra, mimetizzandosi con l’ambiente.

 

“Squadra Volante. Ora potete buttare sul Parlamento gli esplosivi.” Ordinò alla moneta.

 

Nel cielo nuvoloso di Londra, apparvero una cinquantina di maghi su scope volanti che lasciarono andare pacchi che, quando toccarono l’edificio neo-gotico, esplosero.

 

In pochi minuti, un’onda enorme di uomini incappucciati si riempì il perimetro del Parlamento, bacchette alzate. Erano solo le prime avanguardie – Albert lo sapeva – e già così eguagliavano il loro numero.

 

“ANDIAMO!” urlò, buttandosi in avanti e cominciando a lanciare qualche Schiantesimo ai Mangiamorte più vicini. Dietro di lui, il Tamigi. Ai perimetri i suoi uomini, l’Ordine della Fenice e nessun altro.

 

Eroi sono quelli che rimangono alla fine, diceva sempre Ed con un sorriso.

 

Accanto a lui, il rumore della battaglia, urla, scalpitio di stivali, gomiti che si incrociavano, bacchette che saltavano.

 

Il caos, puro e semplice. Ma un caos a cui era abituato. Che gli era famigliare. In cui avrebbe aggiunto il proprio grido, i propri passi, il proprio ardore.

 

Lui era un combattente. Lui era un credente. Lui era colui che aspirava al silenzio dopo questo maledettissimo e odioso cozzare di corpi.

 

*

Meanwhile…

[Midnight Whispers]

 

 

“Stai comodo?”

 

Silenzio.

 

“Tanto è inutile fare il taciturno. So che sei sveglio, il tuo respiro è irregolare, in più stai tremando: hai paura?”

 

Ancora silenzio.

 

“Beh, è normale. Nemmeno io l’avevo mai fatto prima d’ora. Le cose nuove spaventano sempre.”

 

Un lieve bisbiglio.

 

“Non è per quello.”

 

“Oh, finalmente hai parlato: è il tuo ego maschile che si è risvegliato?”

 

“E’ il Marchio Nero che mi ha svegliato; mi sta bruciando la pelle.”

 

“Mh, anche il mio tatuaggio è infiammato; non me n’ero accorta.”

 

“Come fai a non accorgerti di un dolore simile?”

 

“Beh, tu sei una bella distrazione.”

 

Ancora silenzio, questa volta più imbarazzato; poi un lieve strascicare di seta e lenzuola.

 

“Potresti spostarti un po’, Draco. Anche se sei magro avere tutto il tuo corpo spianato addosso non è molto piacevole.”

 

“Non lo è?”

 

“D’accordo, lo è.”

 

“Come fai a fare così? Non sei neanche un po’ preoccupata?”

 

“Di cosa?”

 

“Ma come di cosa? Della punizione. Il Signore Oscuro ci sta chiamando e noi restiamo qui: questo è tradimento.”

 

“Adesso stai tremando di brutto. Fammi controllare una cosa…”

 

Un delicato bacio sulla fronte.

 

“Sembrerebbe un inizio di influenza… ma non è grave.”

 

“Tutto è grave. Finiremo uccisi.”

 

“Perché dici così?”

 

Strascicare di lenzuola più veloce e frenetico.

 

“Perché? Ma come perché? Invece di combattere la battaglia più cruciale di questa guerra siamo stati qui a fare…”

 

Nuovamente silenzio imbarazzato.

 

“Quanto sei dolce, Draco.”

 

Un sorriso lievemente ironico da parte di lei.

 

Uno sbuffo scocciato da parte di lui.

 

“Sei pentito, Draco?”

 

“Non lo so. Ora come ora non andrei mai a combattere quella dannata battaglia… ma il Marchio… e i miei genitori… forse sono morti e io sono qui a… spassarmela.”

 

“Allora ti è piaciuto?”

 

Un mugugno indignato da parte di lui.

 

“A me sì, Draco. Che mi dici di te; ti è piaciuto? Ti piaccio io?”

 

“Stai confondendo le cose.”

 

“Rispondi alle domande.”

 

“Sì.”

 

“A quale delle due?”

 

“Non lo so.”

 

“Quanto sei enigmatico…”

 

Ancora silenzio, più riflessivo.

 

“Rispondi alla seconda domanda, Draco.”

 

“Smettila. Ho per la testa altre cose adesso.”

 

“La tua sopravvivenza? L’incolumità tua e dei tuoi genitori?”

 

“Esatto.”

 

“Allora rispondi alla domanda.”

 

“Perché?”

 

“Perché devo sapere se sei degno.”

 

“Degno di cosa?”

 

“Di sopravvivere a questa guerra.”

 

Nuovamente silenzio. Un sogghigno ombroso da parte di lui.

 

“Tu non puoi fare la differenza tra vita e morte per me, Samantha.”

 

“Chi te lo assicura? Hai intuito qualcosa di me, dell’organizzazione che ho alle spalle?”

 

“Non credo che nessuno possa competere con l’Oscuro Signore, quindi questa conversazione è inutile.”

 

“D’accordo. Sei tu che hai deciso.”

 

Silenzio da parte di lui. Lei copre entrambi con un lenzuolo.

 

“Rimettiamoci a dormire, Draco. Puoi restare sopra di me se ti senti comodo.”

 

“Magari ci resto. Per ora è il posto più sicuro che ho.”

 

*

 

Più in là dalla sua postazione la battaglia era cominciata.

 

E un ululato lo avvertì che adesso la battaglia cominciava anche per lui.

 

Remus Lupin era coperto di peli, aveva la mascella più forte e il volto allungato: era nella sua forma lupesca, come dettato dalla luna che la sera prima dietro le nubi aveva riso, la faccia piena.

 

Hermione aveva incentivato l’Antidoto che gli permetteva di rimanere lucido durante le notti di luna piena ed ora era lì, affiancato da Moody e dalla squadra che si sarebbe preoccupata di un’importante compito: costituire l’offensiva contro il branco di Lupi Mannari di Greyback.

 

Con suo grande sollievo Ninfadora era nella loro casa fuori Londra, evacuata insieme alla maggior parte della popolazione in compagnia di Ted e Andromeda Tonks. I suoi suoceri.

 

Aveva un bel suono, suocero, ma soprattutto lo aveva moglie. Papà.

 

(“Remus!” la risata di Tonks gli solleticò l’orecchio, adagiato sulla sua pancia un poco gonfia. “È ancora piccolo perché tu senta i suoi calci!”

 

“Ma quanto dovremo aspettare?” si lamentò lui, accarezzandole l’addome. “Dai, piccino, fammi sentire la forza della tua mamma…”

 

Tonks continuò a ridacchiare, accarezzandogli i lunghi capelli castani.

 

“Sarai un ottimo padre, Remus.” Lui si irrigidì. Ninfadora sbatté le palpebre, impensierita. “Remus… cosa…?”

 

“Credo che non manchi molto allo scontro finale, Dora.”

 

Lei spalancò gli occhi, irrequieta e spaventata. “Harry… è tornato?”

 

“No,” la rassicurò Remus, accarezzandole con dolcezza un braccio. “Ma Lord Voldemort si muove in fretta e non so se l’Ordine lo aspetterà… e quando dovrò combattere, Ninfadora, io lo farò.”

 

Tonks si morse le labbra, reprimendo la voglia di piangere. “E io? Me ne dovrei star qui a far niente?!” strillò isterica, obbligando Remus ad alzarsi a sedere.

 

“Ninfadora, ne abbiamo già parlato. Sei incinta e non voglio –”

 

“Voglio combattere anch’io, al tuo fianco!”

 

Remus scosse la testa, e la sua grande mano coprì la guancia arrossata e leggermente umida di Ninfadora. “Pensa al nostro bambino. Devi dargli la possibilità di nascere, Dora. Io vi amo entrambi e non sopporterei di perdervi. Ho perso troppe, troppe persone a me care… ti prego di rinunciare per una volta ad una battaglia.”

 

Per quanto odiasse che lui la vedesse piangere, Tonks non riuscì a trattenere un singhiozzo.


“Stare senza di te sarà la battaglia più grande.”

 

Remus le sorrise con tenerezza. “Ma è per questo che mi sono innamorato di te, di un’amazzone.”

 

Dalle labbra di Tonks uscì qualcosa a metà tra un singhiozzo e una risatina. Remus l’abbracciò stretta, lasciando che si calmasse, accarezzandole i capelli d’uno scialbo grigio topo.

 

“Mi prometteresti una cosa?” Lei annuì sulla sua spalla. “Non chiamare mio figlio con il mio nome. È terribile.” Finalmente, le strappò una risata.)

 

 

Eccoli, sulla scena, il branco di Greyback. Avanzavano, digrignando i denti e sbavando, colpendo con le grandi zanne qualsiasi uomo capitasse loro per mano, impazziti a causa della luna piena. E Greyback ululava alla luna, ridendo della ferocia non umana dei suoi uomini.

 

L’istinto omicida nel vedere il lupo che l’aveva reso un Licantropo si risvegliò e Remus partì d’impulso verso il suo simile, un ringhio feroce tra i denti.

 

Greyback, stupito, si ritrovò a terra, uno dei suoi uomini sul petto con le zanne che affondavano nella sua carne.


“Che diamine stai facendo tu?!” gli urlò addosso, cercando di liberarsi e di strapparsi dal petto le lunghe zanne gialle.

 

Gli occhi ambrati di Remus divennero quasi rossi. “Ti uccido.” Gli ruggì contro, il massimo che poteva fare in qual frangente, la pozione troppo debole per permettergli altro.

 

La parte razionale stava cedendo al bisogno del sangue. Del sangue di un suo compagno – perché da qualche parte, il Remus più vendicativo stava venendo fuori.

 

Greyback spalancò gli occhi. Era impossibile che qualcuno dei suoi possedesse in luna piena la facoltà di grugnire qualcosa, e che attaccasse il suo branco… a meno che… questi non ne facesse parte…

 

Fu la volta di Greyback di digrignare le fauci.

 

“Traditore!” ringhiò e lo morse al collo, costringendo Remus a guaire e allontanarsi dall’avversario.

 

Greyback gli fu addosso subito, artigliandolo al viso, ma Remus si scostò e rispose con un morso che andò sfortunatamente a vuoto.

 

Entrambi i Licantropi erano a quattro zampe, studiandosi silenziosamente in cerchio, la bava alla bocca e la pulsante voglia di sangue nelle vene.

 

E la luna, rubiconda, sorrideva dietro le nubi.

Luna rossa.                                                                                        […ed è solo l’inizio della fine…]

 

*

 

“Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.”

 

Questo, le avevano detto, e Ginny – se non ci fosse stato anche Han – avrebbe risposto secca a suo padre con un “Non è da sempre legato a lui?”. Ma in fondo, ora, non importava più, no? Aveva Han.

 

Stranamente quelle parole, invece, continuavano a martellarle in testa, persino mentre combatteva.

 

Accio roccia!”

 

La roccia colpì un nemico che cadde a terra svenuto. Ma Ginny non ebbe il tempo di verificare le condizioni del Mangiamorte, imbottigliata da un poderoso Schiantesimo da destra e da un terribile raggio verde alla sua sinistra.

 

Accucciandosi a terra evitò entrambi gli incantesimi, che si scontrarono a mezz’aria, provocando una terribile esplosione. I detriti volarono tutt’intorno, causando qualche livido e taglio.

 

Non aveva nemmeno il tempo di respirare; nel caos della battaglia vedeva davanti a sé solo pericoli, raggi colorati, maschere d’argento e nero mischiati ai mantelli verdi o blu degli Auror.

 

Le sembrava di impazzire; le urla di battaglia, di dolore e la polvere che si insinuava contro la pelle scoperta e si incrostava sui tagli superficiali che aveva in volto, e quella frase che le martellava in testa. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.

 

“Ginny!” la voce di sua madre la riportò alla realtà – che aveva perso per qualche istante – e con uno scatto diede una gomitata ad un Mangiamorte che le dava le spalle, poi un calcio e uno Schiantesimo, facendosi così spazio per raggiungere sua madre.

 

Molly Weasley stava combattendo contro un omaccione grande e grosso, che la teneva bloccata per i polsi con una mano e con l’altra le dava un pugno.

 

“MAMMA!” urlò Ginny, disperata, cercando di liberarsi dai nemici che le sbarravano la strada.

 

“MAMMA!”

 

Questa volta Ginny non era stata l’unica voce a gridare.

 

Bill Weasley si era scaraventato feroce contro il Mangiamorte, con un gancio destro che aveva fatto perdere la presa su sua madre e aveva urlato “STUPEFACIUM!” sullo stomaco dell’uomo, che aveva sputato sangue, la maschera ormai caduta, e il viso smorto, svenuto.

 

“BILL! GINNY! Oddio…” aveva mormorato incoerentemente Molly appena Ginny le era stata abbastanza vicina da sentire.

 

“Mamma, per favore, capisco che essere ancora così attraente dopo una certa età ti abbia un po’ sbalordito, ma riprenditi!” rise Bill, con la parte del viso non mutilata meno tesa.

 

“Tesoro, per favore!” esclamò sua madre disgustata, facendo sì che Ginny sorridesse appena, mentre l’aiutava ad alzarsi, lanciando incantesimi di qua e di là di tanto in tanto, attenta a mirare solo gli avversari.

 

Bill rise ancora atterrando un altro nemico.

 

“Arthur? I gemelli?”

 

“Più in là. Fred si è tagliato l’avambraccio, ma sono tutti in piedi.” La rassicurò il secondogenito.

 

Ginny avvertì la madre sospirare. “Bene. …Ginny, scostati!” la ragazza si piegò e Molly fece scattare la bacchetta in avanti. “Flama!”

 

La pelle del Mangiamorte prese a bruciare, facendolo gridare dal dolore.

 

Spalle contro spalle, figlia e madre si rimisero nella mischia, guardandosi vicendevolmente le spalle in un modo molto strategico. Appena una vedeva l’altra in pericolo interveniva.

 

“Hai visto che pugno tuo fratello, Ginny?” esclamò ad un certo punto orgogliosa Molly e Ginny trattenne una risata, però c’era qualcosa d’isterico in quella felicità.

 

“Sì, mamma!” gridò di rimando, lanciando un ‘Expelliarmus’ contro un uomo incappucciato. “Merito di Greyback, si pentirà dopo questo di aver sfregiato mio fratello!” asserì convinta Ginny, scatenando nuova ilarità nervosa in sua madre, che duellava con un Mangiamorte poco lontano.

 

Finalmente Ginny si è ripresa! La mia bambina è tornata! Fiera e combattiva come una vera Weasley!

 

Stavano sdrammatizzando; non si poteva fare altro. C’erano troppi Mangiamorte, non si vedeva altro. Molly venne inghiottita da un’orda nera di combattenti e Ginny la persa di vista.

 

Alla sua destra sentì una voce esasperata gridare: “ARRIVA LA SECONDA ONDATA DI MANGIAMORTE!”

 

Ginny rabbrividì, i nervi a fior di pelle e il cuore che pompava innaturalmente adrenalina in tutto il corpo.

 

Ancora nuovi nemici. Non ce l’avrebbero mai fatta, era una missione suicida!

 

E Harry… Harry sarebbe rimasto da solo contro tutti… chissà se stava già combattendo Voldemort… chissà se aveva pensato a lei…

 

D’un tratto la terra tremò. Ginny si sforzò di rimanere in piedi, ma cadde alla seconda scossa.

 

Ci mancava il terremoto!

 

Stava per imprecare ad alta voce, quando i palazzi vicino a lei vennero rasi al suolo da un piede gigantesco e tutta la piazza cadde in ombra.

 

Gli occhi di Ginny si allargarono sbalorditi e anche un po’ impauriti.

 

Un gruppo di cinque o sei giganti fissavano la folla, e il polverone da poco causato le solleticava le narici rendendole difficile respirare.

 

“BUONI BUONI! GROP DIGLI DI UCCIDERE SOLO QUELLI IN NERO! NERO, GROP!”

 

La voce di Hagrid la colmò di speranza, mentre vedeva la sua figura sulla spalla del più piccolo dei giganti, che annuiva alle sue parole.

 

Ogni genere di creature combatteva per e contro Lord Voldemort. Era una battaglia alla pari; solo un’unica sfida poteva fare la differenza tra vittoria e sconfitta.

 

*

 

Ron e Hermione scivolavano agilmente tra la folla, Ron con la spada sul fianco, muovendola con forza e decimando i nemici che stavano sul lato destro, mentre Hermione gli faceva da scudo sul destro, bacchetta in mano e capelli ribelli che danzavano sul suo volto nonostante l’elastico che doveva domarli.

 

“Ron” gli urlò la ragazza, fissandolo con preoccupazione. “Ti fa male il braccio? Usa la bacchetta, non dei sforzarti troppo o non reggerai all’attacco finale.”

 

Ron estrasse la spada dal fianco di un nemico che si struggeva per il dolore e la ripose nell’elsa dietro la schiena, annuendo, sudato e ansimante per il grande sforzo compiuto.

 

Il Mangiamorte cadde a terra con una mano macchiata del suo stesso sangue ed era stato Ron a far sgorgare quel sangue.

 

Ce la devo fare… anche se dovessi uccidere… devo proteggere le persone che amo… anche se il mio corpo dovesse cedere.

 

“H-hai ragione.” Il Weasley sussurrò debolmente uno Schiantesimo, mentre prendeva fiato.

 

Hermione lo fissò con ansia e irritazione. “Accidenti, Ron, sta un attimo fermo! Ci penso io qui, tu riposa! Riposo, comprendi?”

 

“Certo,” rispose Ron seccato. “Lo dovrei fare in battaglia e farmi salvare dalla mia ragazza!? Non ci penso affatto!”

 

Lo Schiantesimo di Hermione gli passò sopra la testa e colpì un nemico in modo piuttosto violento. A Ron vennero i capelli bianchi e per l’incantesimo e per lo sguardo fatto di scintille di Hermione.

 

“Non essere sessista, Ron. Altrimenti sarò costretta a regolare i conti!” sbraitò la ragazza, facendo inciampare con un incantesimo un Mangiamorte che Ron gettò duramente a terra.

 

“Agli ordini!”

 

Ron si lasciò sfuggire una risata, ma tremendamente isterica.

 

Siamo in mezzo ad una battaglia… stiamo combattendo davvero!

 

Hermione si gettò su un altro nemico e lo schiantò con abilità.

 

Merlino, stava per morire e tutto ciò che riusciva a pensare era quanto gli piaceva Hermione sporca e graffiata…

 

L’intero campo di battaglia si riempì di un polverone terribile che lo fece tossire.

 

“Hermione, ma cos’è questa polvere?!” urlò portandosi vicino a lei per non perderla di vista nel caos.

 

Lei scosse la testa, stupita. “Non ne ho idea! Viene dal lato Est! E quest’ombra… oh Merlino!” prese a strillare, anche lei tremendamente euforica e isterica. “Ron, Ron! Guarda! Quello è Grop, è Grop!”

 

Ron seguì la direzione del dito che Hermione aveva puntato in cielo e, appena la polvere si dissolse nella nebbia riuscì a scorgere il profilo del loro immenso salvatore.

 

“Perfetto! Hagrid che l’ha fatta!” urlò felice.

 

“DIETRO DI TE!”

 

Ron tentò di girarsi, ma sapeva che qualsiasi cosa avrebbe tentare di fare, sarebbe stato troppo lento a parare il colpo. Il polso di Hermione fu più veloce e riuscì a schiantare il Mangiamorte che aveva cercato di aggredire Ron.

 

Lui le sorrise.

 

“Grazie.” Anche lei sorrise.

 

Ma d’un tratto l’atmosfera si gelò, e il sorriso morì dalla bocca di entrambi.

 

“Non è possibile…” sussurrò Ron, voltando gli occhi al cielo.

 

La nebbia si stava alzando sul campo di battaglia e le pozze di pioggia scrosciata della notte prima si stavano ghiacciando.

 

Un mare di esseri fluttuanti emerse dal cielo grigio: i Dissennatori avanzavano, avvicinandosi in grande massa al campo di battaglia, richiamati dal potere oscuro di Lord Voldemort.

 

Ron prese Hermione per un braccio e l’abbracciò.

 

Con te… i miei momenti più felici!

 

“Expecto Patronus!”

 

La sua marmotta zampettò goffamente verso il sempre più vicino squadrone di Dissennatori, e insieme alla sua almeno una trentina di Patronus tra cui la Lontra di Hermione.

 

Ma non erano abbastanza! Pochi guardiani argentati, troppo pochi per contrastare tutti quei Dissennatori…

 

Le nere figure svolazzanti scesero in picchiata. Ron interruppe l’incantesimo e trascinò via Hermione.

 

Così non ce la faremo mai.

 

Ma un boato e uno stridio gli giunsero alle spalle.

 

Ron si voltò in tempo per vedere la bacchetta di Hermione alzata e un sorridente Nick-Quasi-Senza-Testa che gli fluttuava accanto.

 

“Nick! Che ci fai qui?” esclamò repentina Hermione.

 

Il fantasma sorrise, arricciando i baffi evanescenti.

 

“Vado a combattere anche io, signorina. Non potrò toccare coloro che vivono, questo è vero” la voce di Nick era diventata più profonda e seria, mentre i suoi occhi grigi si alzavano verso la massa di Dissennatori. “Ma c’è chi in questa guerra è come un morto. Questi sono i Dissenatori, signorina Granger, e noi fantasmi di Hogwarts siamo stati tutti d’accordo. Li combatteremo noi, signorina.” La rassicurò, sorridendo e guardandoli con tenerezza.

 

Nick rise ancora. “Bene, buona battaglia!” e volò verso i Dissennatori, che ormai avevano raggiunto il Tamigi.

 

Hermione sorrise a Ron, raggiante.

 

“Ogni genere di creatura dalla nostra parte… contro Colui-che… contro Voldemort!” esclamò esaltata.

 

Ron le sorrise “Sono sicuro che Nick si conquisterà la fiducia di tutti in battaglia.” L’espressione si rifece seria. “Forza, Hermione. Dobbiamo aiutare Harry!”

 

La ragazza annuì, decisa, stringendo la bacchetta.

 

“La vera battaglia – e anche l’ultima – sarà quella tra Harry e Voldemort.”

 

*^*^*^*^*

Il Destino

[Rassegnazione]

 

 

Iridi rosse e maligne puntante contro di lui… L’imponente massa oscura e tenebrosa contro la piccola figura tremante del suo pavido avversario, il Prescelto… lui.

 

Io contro Voldemort.

 

Harry era pietrificato al fianco di Piton. Ma nessun incantesimo lo tratteneva, solo un ricordo…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Bellatrix Lestrange era prostata ai piedi di Lord Voldemort, la lunga e oscura chioma scarmigliata le cascava sul viso come una coltre impenetrabile.

 

“Mio Signore, sono ai suoi ordini.”

 

Gli occhi da serpente di Voldemort la squadrarono, sibilando l’ordine con uno stridio. “Vai al fronte, Bella, e tieni occupato l’Ordine.”

 

Bellatrix si alzò con le pupille che tremavano e la voce ansante e maniacale. “Subito. Farò una strage per lei, Mio Signore.”

 

La Lestrange oltrepassò la barriera ormai semidistrutta; l’arco dell’entrata era crollato sul lato più meridionale, abbattuto da un potente colpo del gallese verde di Charlie Weasley.

 

Al fianco del Signore Oscuro restò solo una smunta figura cupa dagli occhi e capelli nero pece.

 

“Severus, prego…”

 

Le dita ossute e albine di Voldemort sventolarono con padronanza all’indirizzo della crepa nell’arco portante.

 

Piton fece un breve inchino e oltrepassò il suo signore con il massimo contegno e rispetto. Piantò la bacchetta a terra, mormorando un incantesimo sconosciuto che pareva una cantilena.

 

Harry sobbalzò col terreno scosso da potenti vibrazioni. Un muro colossale si stava levando dal terreno, sgretolato dalla sua emersione. Un’infinità di altre pareti massicce seguirono la prima, affiancandosi in modo casuale, formando una muraglia invalicabile e un labirinto inarrivabile.

 

La risata rauca e stridente di Voldemort raggiunse Harry come un sibilo pungente. “Con questo di mezzo l’Ordine non arriverà tanto facilmente a noi, Harry. E poi…”

 

Harry intuì un monito d’avvertimento, da qualche parte nella sua testa qualcuno gli stava gridando di scappare o di estrarre la bacchetta, ma rimase paralizzato, irremovibile, catturato in quel ricordo…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Voldemort sfoderò la sua bacchetta, la gemella di quella di Harry. Con la mano libera invitò Piton ad avvicinarsi e, subito, i tre vennero racchiusi in un cerchio luminescente, delimitato da simboli di alta magia che Harry stentava a riconoscere.

 

I segni sul pavimento si unirono in una doppia linea circolare e da loro si levò un’ondata di luce e scintille d’incantesimo, chiudendosi in un guscio simile al Prior Incantatio.

 

Quando parlò, la voce stridente di Voldemort rimbombò contro le pareti luminescenti del guscio, come un eco onnipotente.

 

“E con questo, caro Harry, nessuno potrà interferire. Anche se l’Ordine riuscirà a trovare la giusta via in quel labirinto intricatissimo, non potrà mai distruggere questa barriera: è magia antichissima, massima protezione… proprio come quella che la tua amata madre Mezzosangue ha dato a te.”

 

Il sibilo di Voldemort si perse in una risata aspra e Harry fremette ancora.

 

“E ora morirai, Harry Potter!”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Il respiro di Harry si fece ansante, mentre Lord Voldemort levava la bacchetta su di lui con una lentezza esasperante.

 

Possibile che debba morire per forza? Possibile che il mio destino sia già scritto? Sto per morire e non c’è scampo… proprio come la Maledizione dei Black… il Destino Oscuro di Harry Potter…

 

 

~ [ Fine Capitolo 14] ~

 

=*=*=*=*=*=*=*=

 

 

… p-penultimo c-capitolo…. *Samy e Kaho sospirano e lanciano un urlo, abbracciandosi e salterellando* YAY! Questo significa la seconda parte… e poi… la terza! *__* La più interessante! La più emozionante! La più… ok, basta, ci tappiamo la bocca altrimenti ci escono degli spoiler pazzeschi! XD

Tutto molto epico, uh? (Forse fin troppo… ndSamy ^^; ndKaho)

La battaglia finale deve ancora iniziare, cari lettori, il vero climax sarà il prossimo capitolo… questo è solo l’inizio della fine… *risata satanica*

Allora, che ne dite? Non è troppo antipatico Han? INSOPPORTABILE! Sborone del cavolo! >.< E Ginny… oh, dei, è così maledettamente ‘numb’… (Dai, cantami la mia canzone LechuBox! *___* ndSamy -__- Ok, ok, ma solo perché piace anche a me! ù_ù I become so numb, I find you there... ndKahoCheCantaLaCanzonePreferitaDiSamy).

Sigh, capitolo triste/epico/teso (persino il post-momento-hot tra Draco e Samantha XD). Pensate al prossimo dove cominceremo a fare male per davvero ai protagonisti! XDDD Fisicamente e psicologicamente (sì, ragazzi angst! *muahaha*).

 

 

Ma rispondiamo alle recensioni che è meglio! ^^;

Jerada: Sì, Harry finalmente si è svegliato dal lungo letargo! XD Anche se il suo fardello gli pesa ancora, insomma, non è uno stoico che ha raggiunto l’apatia. XD Scusaci l’excursus filosofico, ma l’argomento ci aveva molto appassionato (più o meno)! =P Grazie dei complimenti, fa sempre piacere e gratifica il nostro lavoro riceverne. ^^ Speriamo che continuerai a seguirci! J

Apple: Anche Samy ama le Cioccorane fuse! XD Però non ti sei sciolta vero?! O_O Altrimenti ti avremo sulla coscienza! XD L’addio è molto triste, ma crediamo che ti abbia ugualmente rattristato questo nuovo ‘status’ tra Harry e Ginny. *Kaho piange disperata e Samy cerca di consolarla* Sigh… speriamo di trovarti nelle recensioni anche dopo questo capitolo… non sciolta però! XD Baci! 

Nana92: Speriamo che la lettura del capitolo non ti abbia rovinato il sonno dato che hai recensito a quell’ora! Insomma, noi ci teniamo ai nostri lettori! XD Capitolo atteso? Bello? Speriamo che lo sia anche questo! Grazie mille per il commento, fa davvero piacere ricevere complimenti! *___* Bye!

Ginny89Potter: Sì era un po’ triste… ma questo lo è di più, soprattutto se sei una fan Ginny/Harry! XD Comunque, grazie! *_* Bye!

HarryEly: Scateniamo queste reazioni ai nostri aggiornamenti?! XDDD (LOL) Affascinata da Godric? Ma noi amiamo i fondatori, altrimenti perché sarebbe intitolata “Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori” questa storia? XD Errori di pronomi? O.O Acc, e pensare che Samy rilegge tutto prima di pubblicare… ops, qualcosa ci sfugge! XD Perdono… felici di appassionarti, magari ti rendiamo anche drogata della saga, se riusciamo! -__^ Grazie! *-* Baci!

Saty: Saty, Saty, Saty, tu ci fai morire ogni volta che leggiamo una tua recensione, sei troppo forte, sul serio! Roba da rotolarsi sul pavimento tenendosi la pancia (come capitiamo sempre)!! XDDDD Però Saty, Kaho ti avverte: se cominci a scrivere che adori Samantha e Draco rendi Samy praticamente impossibile da controllare, una fontana di energia! XD Però fai fai, che è divertente vederla e a lei dà una soddisfazione enorme, soprattutto ora che (finalmente) abbiamo ben capito il carattere di Samantha! -__^ Cirius mi sa che lo sentirai solo nei ricordi dolorosi di Harry con tua grande gioia! XD E se ti ha sconvolto la scena finale dello scorso capitolo, questo ti avrà fatto disperare! XD Cioè, a Hermione e Ron non succede ancora niente ma tutta questa atmosfera dark fa male! Parola di prossimi-pionieri! ù.ù Stacci tu bene, che ci regali così tante risate e soddisfazioni insieme! Baci! *__*

EDVIGE86: Grazie, grazie ci fai arrossire per l’orgoglio super-gonfiato! *__* Ron ed Hermione alla fine… uhuhuh… non possiamo svelarlo, ma ti giuriamo che hanno una parte molto, molto importante! *__* Bye!

Gin&Pokter: Grazie mille dei complimenti! *_* Bye!

ninny: Grazie mille! *__* Speriamo di trovarti anche nel prossimo capitolo! ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** L'Ultima Battaglia ***


 

Capitolo 15 – L’Ultima Battaglia

 

 

[Pur di non tradire…]

 

 

Si fece scorrere addosso l’ampio mantello nero da Mangiamorte e in un attimo fu rivestito e pronto per la battaglia che infuriava oltre quel debole nido.

 

Sbirciò oltre la finestra. Aveva una perfetta visuale del centro storico di Londra, martoriato da fiammate di draghi, colpi di Troll e Giganti. Il cielo era grigio, completamente immerso nella nebbia e infestato dai Dissennatori. Il grande fiume Tamigi era ghiacciato sotto l’influsso di quei mostri e dei corpi straziati e galleggiati erano rimasti intrappolati nella spessa crosta di ghiaccio macchiato dal sangue.

 

Draco impose ai suoi occhi di non guardare oltre, ma si abbassarono sulle strade per soddisfare una curiosità macabra.

 

Si allontanò dalla finestra con un mugugno schifato e un forte impulso nelle viscere.

 

Come aveva immaginato: le strade erano dei cimiteri profanati, corpi di chiunque, qualsiasi cosa, riversi scomposti sull’asfalto bagnato.

 

“La mia proposta è ancora valida.”

 

Draco si voltò piano verso la voce, ribattendo con un sibilo.

 

“Assolutamente no; non voglio tradire l’Oscuro Signore… so cosa fanno ai traditori.”

 

Samantha si levò dalla penombra della stanza con un sogghigno. “Se hai veramente così tanta paura non vedo perché tu debba andare a combattere. Scappa.”

 

Draco sobbalzò, combattuto da quella pressante tentazione. “Mi piacerebbe tanto, ma…” il suo sibilo si spense in un lieve mormorio “… i miei genitori…”

 

“Bene, allora torniamo a combattere” borbottò Samantha “Il Marchio Nero ci chiama.”

 

Draco si afferrò il braccio sinistro, premendo il tessuto ruvido della tunica contro il tatuaggio che pulsava di sangue nero.

 

“So che ci sta chiamando e… sembra arrabbiato.”

 

Samantha piegò il capo di lato con un sospiro. “Se torniamo ora avremo comunque un castigo, un tremendo castigo, ma non moriremo.”

 

Draco strinse gli occhi. “Va bene, allora. Non dobbiamo morire.”

 

“Sarà un dolore atroce…” sbuffò Samantha “Sai quanto sono tremende le torture dell’Oscuro Signore?”

 

“Ora è impegnato ad uccidere Potter” ribatté Draco con una forte urgenza nella voce.

 

“Ma prima o poi Potter cederà e si sfogherà su di noi. A meno che Potter vinca…”

 

‘Quanto vorrei che vincesse Potter!’ Draco sibilò a denti stretti, sentendosi terribilmente vile e codardo per quel desiderio.

 

“Ma Potter non può vincere contro l’Oscuro Signore!”

 

Samantha fece spallucce. “Forse con un piccolo aiuto…”

 

“Smettila!” le gridò addosso “Perché fai così? Non ti rendi conto che stiamo per morire? Perché prima o poi moriremo.”

 

“Non è un mio problema” ribatté Samantha con uno sguardo molto serio “E anche per te non sarebbe un problema, se solo…”

 

“Ho detto di no!” strillò Draco.

 

Un lampo di delusione passò sul viso di Samantha. “D’accordo, come vuoi tu, Draco. Ma ti avverto” la sua voce si fece più bassa e fatale di un sussurro “Per proteggere questo segreto sono disposta ad uccidere chiunque.”

 

Draco la fissò negli occhi con un guizzo di sorpresa e angoscia. “Fai come meglio credi. Ma adesso andiamo.”

 

“Ti seguo.”

 

I due si smaterializzarono nel cuore del Covo Oscuro ora silenzioso e tombale, svuotato dei suoi uomini per l’ultima e cruciale battaglia.

 

Draco mosse qualche passo, seguendo i tremendi rumori dello scontro.

 

“Eccoli i codardi!”

 

Il grido acuto di Cortess che gli giunse alle spalle valse quasi un infarto al giovane Mangiamorte. Rimase voltato dalla parte opposta e sentì la voce stizzosa di Samantha replicare.

 

“Che cosa ci fai anche tu qui? Codardo al pari nostro?”

 

Una risata perfida di Cortess. “Oh no, Drake, codardo come voi è ben difficile. Ma non temere per la mia integrità di Mangiamorte, sono qui per volere dell’Oscuro Signore: mi manda a punire i traditori!”

 

Draco si morse violentemente il labbro inferiore. L’aveva voluto lui; lui aveva convinto Samantha a tornare per affrontare la punizione. Eppure tremava dalla paura, tremava al sibilo delle promesse che scorrevano dalla lingua velenosa di Cortess.

 

I suoi occhi grigi scorsero la mano che si agitava senza controllo.

 

‘Non tremare, maledizione… ho paura di farmi male, ho paura del dolore… ma ho più paura di morire.’

 

Un altro ghigno estasiato dalla macabra prospettiva della tortura. “E ora seguitemi, Draco e Samantha, se non volete che vi uccida sul posto o che ci pensi l’Oscuro Signore in persona.”

 

Draco marciò all’istante verso il suo futuro torturatore, o chissà, boia. Scorse Samantha che gli lanciava un’occhiata esasperata.

 

Draco negò con fermezza, serrando ancora le mani contro la tunica nera.

 

‘Mi dispiace, ma anche se dovessi venire ucciso, io non tradirò mai i miei genitori.’

 

*^*^*^*^*

[Il Valore di una Profezia]

 

 

Il magico guscio luminescente fremette al sibilo tetro di Lord Voldemort.

 

“Così non c’è gusto.”

 

Harry rimase immobile; solo il respiro affannato e il latito del suo cuore accompagnavano la voce crudele di quel ricordo:

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

La bacchetta di Harry era stretta in un pugno floscio, completamente vile di fronte al suo destino. La sua gemella era brandita con fermezza, senza pietà, contro il più grande nemico del padrone.

 

Il sogghigno serpentino di Voldemort si piegò, avvertendo la pacata resa dell’avversario.

 

“Vuoi combattere, Harry Potter!?”

 

Un altro respiro e quel ricordo, ma nient’altro giunse dal Prescelto.

 

La smorfia scocciata dell’Oscuro Signore si era tramutata in un ghigno di pura rabbia.

 

“Allora morirai subito!”

 

Harry sbarrò gli occhi, colpito in pieno da quelle parole, da quella profezia.

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Voldemort agitò la bacchetta, la punta rivolta contro di lui, minacciosa come il grugno di un drago.

 

“Ora morirai, Harry Potter.”

 

La pelle prese a formicolargli; l’aria era tremendamente pungente. Il fiato gli venne meno.

 

La gemella della sua bacchetta si accese di verde come gli occhi mortiferi di un basilisco. Il taglio sbilenco sul viso di Voldemort si piegò in una smorfia di gioia.

 

“Ho vinto io!”

 

“Una sicura vittoria oscura!”

 

Harry lasciò andare il fiato. Le lenti dei suoi occhiali catturarono il bagliore verde che gli fulminò contro.

 

Voldemort lasciò andare il capo all’indietro, scosso da una tonante risata, mentre ancora stringeva la bacchetta illuminata di verde. “E’ la fine del Prescelto! Così vuole la profezia!”

 

Harry chiuse gli occhi.

 

Così vuole la profezia…

 

… Una sicura vittoria oscura…

 

‘Così potrò ritrovare…’

 

… Professor Silente…

 

(“Sai, Harry, una profezia ha valore solo se si decide di darle del valore. Voldemort ha deciso di riporre tutta la sua vita in quella Profezia e hai visto dove questa scelta l’ha condotto. Tu puoi scegliere, e allora scegli, Harry.” )

 

Sirius

 

(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci, ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black… entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il nostro destino.”)

 

… Papà…

 

(“Lo so che ora tutto è molto difficile, ma devi imparare a distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile. Provaci, Harry, e impegnati.”)

 

… Tutti…

 

(“Prima di dirmi addio, Harry, promettimi che ti impegnerai per sconfiggerlo.”)

 

(“Queste sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort, Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”)

 

Harry socchiuse gli occhi; il lampo verde a millimetri dal suo viso.

 

‘Quella Profezia…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

… in confronto ai desideri dei miei amici, di Silente, di Sirius, di mio padre… di tutti…

 

Le dita si serrarono con decisione sulla bacchetta che fremeva per combattere.

 

… non vale niente!’

 

La gemella della bacchetta malvagia si levò contro l’Anatema della Morte e lo fermò.

 

Harry sentì la mano tremare sotto il contraccolpo dell’Avada Kedavra, ma la sua stretta tornò salda in un attimo.

 

Avvertì un grugno di sorpresa e rabbia provenire dall’avversario; levò il capo fiero e urlò contro Voldemort.

 

“Ora, dato che ci tieni molto, combatterò! E ti assicuro che vincerò io!”

 

L’Oscuro Signore sembrò solo infinitamente divertito. Gli occhi rossi e serpentini si strinsero mentre dalle sue labbra erompeva una risata macabra.

 

“Tu non puoi sconfiggermi, Harry Potter! Sono molto più forte di te. Non puoi ferirmi.”

 

Harry abbassò il capo e Voldemort gli sorrise di rimando. Anche le labbra di Harry assunsero il profilo di una smorfia.

 

“Hai ragione, Voldemort” mugugnò Harry “Sei molto più forte tu e io non ti posso ferire…”

 

Un fulmineo ricordo gli balenò davanti agli occhi. Una profonda emozione gli strinse le viscere.

 

(“Non ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)

 

“E dato che non ti posso ferire, allora…”

 

Gli occhi di Harry saettarono su Piton, ancora chinato nel tentativo di stabilizzare i flussi del guscio luminescente.

 

Voldemort seguì il suo sguardo deviato e gli sfuggì un solo gemito inorridito, prima che la sua bacchetta si protendesse contro Harry; ma era troppo tardi. Il Prescelto aveva già scagliato un Sectusempra contro l’ignaro Severus Piton.

 

Harry affondò la bacchetta nell’aria, spingendo il raggio ferreo come una lama affilata contro il bersaglio.

 

‘Per te, Principe Mezzosangue, grazie per avermi insegnato questo anatema.’

 

Piton levò il capo, cogliendo di sfuggita il bagliore ferreo dell’incantesimo e Voldemort gridò dal profondo del suo corpo:

 

“NOOH!”

 

*^*^*^*^*

[Il Dissennatore]

 

 

I Dissennatori cadevano dal cielo come una pioggia fittissima e nerissima.

 

Hermione e Ron stavano uniti, schiena contro schiena, riparati dai loro Patronus argentati che cominciavano a perdere la luce protettrice. Al loro fianco già giacevano i primi sconfitti, assiderati nel gelido alito dei Dissennatori, svuotati della loro anima e dei loro bei ricordi.

 

“Ron… Ron” gemette Hermione, mentre tentava di rafforzare la presa sulla bacchetta traballante “Non resisto più. Un altro colpo e…”

 

Un lampo di ferro ed Hermione cacciò un urlo tremendamente acuto. La sua bacchetta rimbalzò sonoramente contro l’asfalto sudicio della strada e finì oltre il parapetto del Tamigi.

 

La piccola lontra sparì inghiottita in un flusso argentato dalla bocca del Dissennatore.

 

Hermione trattene uno strillo cercando appoggio dalla vicinanza di Ron.

 

“Ron! No, non può essere…”

 

Ron cercò la mano esasperata di Hermione e la strinse forte, mentre con l’altra tentava di forzare il suo Patronus contro un Dissennatore particolarmente resistente.

 

“Calma, Hermione, adesso ci penso io!”

 

Hermione boccheggiò senza riuscire a trovare le parole per comunicare la sua angoscia. La mano libera ancora raspava in giro, cercando disperatamente la sua bacchetta o un arma con cui difendersi.

 

Il Dissennatore che stava calando su di lei con le fauci aperte era ben diverso dagli altri: più piccolo, ma infinitamente più fulmineo nei movimenti fluidi e quasi irreali, e, soprattutto, era stato capace di inghiottire la pura luce di un Patronus, bagliore che invece avrebbe dovuto esorcizzarne la vicinanza.

 

Il mostro calò ed Hermione ebbe l’impressione di scorgere due occhi umani dietro le pieghe sgualcite del cappuccio: occhi scintillanti e rosso sangue che riflettevano il suo viso pallido di terrore.

 

Hermione chiuse gli occhi, quasi certa della tremenda fine che la attendeva. Avvertì il calore della mano di Ron che stringeva la sua ed ebbe un tuffo al cuore, già la nostalgia di averlo perso, di essere sparita e di averlo lasciato solo a combattere in quella battaglia furiosa.

 

Riaprì gli occhi per affrontare quella terribile visione, per tentare di combattere. Ma il Dissennatore si era già bloccato, paralizzato da una figura fluttuante che Hermione riconobbe come Nicl-quasi-senza-testa. Sentì una calda lacrima di consolazione che le scendeva sulla guancia fredda, investita dal gelido fiato del Dissennatore.

 

Ron si voltò, richiamando il fedele Patronus e si lasciò sfuggire un gemito strozzato: Hermione era accasciata ai suoi piedi col volto spettrale e le guance incredibilmente rosse, gli occhi sbarrati e la bocca piegata in una smorfia sotto la nube ghiacciata che gettavano le fauci del Dissennatore. Sfoderò la bacchetta e la puntò immediatamente contro il mostro.

 

Expecto Patronum!”

 

Il cagnolino robusto e fedele puntò contro la creatura. Ci fu uno schianto e un lampo argentato. Ron riconobbe l’urlo di Nick e sperò davvero di non averlo danneggiato. Il Patronus retrocedette con un guaito dalla nube di scintille argentate e da lì schizzò in aria il piccolo Dissennatore, gettandosi a capofitto nell’imponente banco di nebbia in cielo.

 

Ron prese una considerevole boccata d’aria respirabile ora che il gelo polare era scomparso col mostro fluttuante. Sentì immediatamente le dita intrappolate nella morsa disperata di Hermione, mentre ancora fissava sbalordita la figura trasparente di Nick che si riprendeva dall’attacco.

 

“Cos’era?” mugugnò Hermione con un filo sottilissimo di voce.

 

Ron ebbe un tuffo al cuore, la medesima sgradevole sensazione di impotenza che l’aveva colto quando non era stato capace di proteggere la sorellina dalle grinfie di quell’odioso Babbano. “Hermione, calma… era solo un Dissennatore.”

 

Infine Hermione parve rendersi conto della presenza di Ron e sembrò così incredibilmente grata che rinsaldò la presa sulle dita agonizzanti del ragazzo. Ron gemette piano per non preoccupare la ragazza e portò l’altra mano a proteggere quella piccola e morbida di Hermione che ancora tremava per il freddo e la paura.

 

Nick fluttuò sopra i due e disse con un tono gravido di preoccupazione. “Oh no, giovane Weasley; quello non era un Dissennatore qualsiasi.”

 

Hermione si strinse nelle spalle e Ron la cinse con entrambe le braccia mentre fissava Nick di stucco. “Come scusa? Non mi dire che esistono tante razze di Dissennatori?”

 

La figura trasparente di Nick sembrò tremare tutta. “Oh no! Ma questo era particolare. Te lo posso dire con sicurezza. Appena gli sono andato contro per proteggere Hermione è riuscito a toccarmi.”

 

Ron tentò di emulare una reazione di sorpresa, anche se in realtà non conosceva molto bene i normali parametri di comportamento di un Dissennatore. “Bene, capisco… l’hai toccato? Beh, ed è strano per un Dissennatore?”

 

Nick esibì un sorrisetto stiracchiato, un misto di sorpresa e rimprovero. “Oh, Ron, caro signor Weasley, non l’hai ancora imparato? Un Dissennatore è solo un corpo senza anima, solo uno spirito tremendamente impuro che vaga sulla terra tormentando i bei ricordi delle persone, ma resta pur sempre qualcosa di concreto e un essere del genere non dovrebbe mai, in nessun caso, poter toccare un’anima pura, cioè io: un fantasma. E invece quello di prima mi ha toccato e sono persino riuscito a sentire il suo alito gelido. Riesci a crederlo? Io ho sentito! Io che sono un fantasma e non dovrei sentire più nulla. Ma è persino riuscito a farmi provare terrore, persino paura di morire, una brutta sensazione che ormai non sperimentavo da secoli e secoli.”

 

“Quindi… cos’era quello di prima?” domandò Ron.

 

“E’ quello che vorrei sapere anch’io, Ron.”

 

Ron sospirò consolato, percepita la voce più vigorosa di Hermione. Era riuscita a tirarsi in piedi, aggrappata alla spalla del ragazzo, ma il fiato era ancora ansante e disperdeva nuvolette di aria fredda.

 

“E’ stato terribile, Ron, e pensare che non si è nemmeno avvicinato tanto.”

 

Le braccia di Ron la cinsero ancora, più teneramente, tentando di trasmetterle del calore. “Niente paura, Hermione, ci sono i nostri Patronus e anche Nick e i suoi fantasmi, quel Dissennatore non si avvicinerà più a te… poi ci sono anche io e non sono poi così male, vero?”

 

“Già” ammise Hermione con un singhiozzo “Io sono molto brava nelle prove pratiche, qualsiasi prova ci assegnasse Moody la portavo a termine alla perfezione… ma erano solo prove. Sul vero campo di battaglia sei tu il migliore, Ron.”

 

Ron sentì un grande orgoglio, impareggiabile ai complimenti dell’austero Moody o persino agli applausi e alle urla fanatiche dei suoi acclamatori sugli spalti di un campo da Quidditch: il complimento di Hermione era qualcosa di più.

 

“Oh beh, grazie Hermione! Ma è il dovere di qualsiasi bravo ragazzo.”

 

Hermione accennò un sorriso tenero; non voleva lasciarsi trasportare da quella tiepida emozione perché sapeva che poi non sarebbe più riuscita a staccarsi da Ron e dal suo caldo abbraccio. Doveva, invece, tornare nel gelido pungente del campo di battaglia, con l’ansia alla gola, temendo per la sua vita e per quella del ragazzo.

 

Ma doveva rischiare anche se mai avrebbe permesso che qualcosa di spiacevole capitasse a Ron: si sarebbero protetti a vicenda, la loro vicinanza, lo stimolante che li avrebbe spinti a dare il massimo, il loro amore, lo scudo che si sarebbe trasfigurato in un fedele Patronus argentato…

 

… Poi lo doveva a Harry e alla sua ostinazione: combattere per i propri cari.

 

*^*^*^*^*

[Il Valore di un Segreto]

 

 

Draco si riprese solo quando una mano salda e decisa gli strattonò il mantello. Alzò gli occhi e venne colpito in pieno da quella vista: tracce di lacrime sul viso impassibile di Samantha.

 

“Muoviti, adesso andiamo.”

 

Samantha si morse il labbro inferiore mentre con un incantesimo riparava la tunica da Mangiamorte ridotta a brandelli.

 

“Forza, Draco, alzati.”

 

Lo disse con una voce rigida e forte, ma lei non lo era per niente. Come poteva esserlo? Quando solo un istante prima l’aveva sentita strillare e urlare disperatamente perché la salvasse dalle grinfie di Cortess.

 

E lui l’aveva fatto… finalmente… Si era sbloccato ed era riuscito a fare proprio…

 

I suoi occhi grigi scivolarono sul volto contorto di Cortess. Gli salì un conato fino alla gola.

 

L’aveva ucciso. E allora dov’era tutta l’eccitante soddisfazione che i Mangiamorte gli avevano promesso?

 

‘Sì, fidati, giovane Malfoy, la prima volta che uccidi è così incredibilmente eccitante! Ti senti ribollire di sangue e di lussuria, lo vorresti rifare all’infinito!’… Allora forse sono io quello strano perché tutto quello che sento – anche se ho ucciso per difendermi, anche se ho ucciso un uomo che odiavo – è solo schifo.

 

Draco scrutò la fossa in cui erano stati gettati come bestie in attesa del macello. Catene arrugginite che penzolavano dalle pareti, sbarre di ferro fissate alle piccole finestre e… il cadavere del torturatore steso accanto a lui, proprio vicino alla porta.

 

Lo fissò per un attimo in quegli occhi vacui e sorpresi che ti dona l’Anatema della Morte. Poi strinse la bacchetta contro il petto e mugugnò quel tremendo incantesimo a fior di labbra.

 

Non successe nulla. Allora fu pronto a seguire Samantha verso la morte sicura. Almeno per lui.

 

Lei gli stava sempre di fianco, più preoccupata e nervosa che apprensiva; continuava a mormorargli qualcosa su quel ‘segreto’.

 

“Non dirlo, capito? Neanche all’Oscuro Signore, tenta di celargli i tuoi ricordi o morirai subito.”

 

Draco storse il naso, mentre ormai cominciavano a fuoriuscire dal Covo Oscuro. Quando si parlava di morte solo lui poteva esserne il soggetto. Lei era intoccabile. E infatti due Mangiamorte – ma in realtà non lo erano – marciavano dietro di loro come irriducibili guardie del corpo.

 

Finalmente scorsero l’uscita e una cupola luminosa oltre quella.

 

“Cos’è?” sfuggì a Samantha, mentre accelerava il passo.

 

Draco la seguì e percepì i due Mangiamorte avanzare al loro medesimo passo. Poi la vide, la scena che aveva figurato infinite volte con la speranza di un reciproco annientamento: l’Oscuro Signore contro San Potter.

 

Ma l’obiettivo di Potter non era Lord Voldemort.

 

“Quello è Piton!” gridò Samantha mentre si gettava più veloce verso la sfera dei duellanti.

 

‘Potter vuole uccidere Severus Piton? Quello è lo stesso incantesimo che mi ha quasi ucciso al sesto anno.

 

Draco strinse più forte la bacchetta, mirando contro il Prescelto oltre la barriera. E l’odio verso Harry crebbe nella sua stretta. Gridò qualche incantesimo ma il guscio luminoso lo respinse come nulla.

 

Nessuno parve curarsi del suo gesto azzardato, tranne Samantha che si era arrestata bruscamente a pochi passi dalla barriera visto il totale effetto protettore che aveva respinto l’anatema di Draco.

 

E ci pensò l’Oscuro Signore a proteggere la vita del suo pupillo. Draco non credeva di essergli mai stato più grato che in quel momento: mentre Voldemort sollevava fulmineo la bacchetta ed erigeva uno scudo di luce verde ai piedi di Severus Piton.

 

Draco scoprì di esultare di soddisfazione quando vide il Sectusempra di Potter rimbalzare prima contro il guscio verde e poi smembrarsi contro la sfera luminescente. Ma l’attacco di Potter aveva contratto dei danni all’ex professore di Pozioni.

 

Lo scoppio del Scetusempre contro il temporaneo scudo eretto da Lord Voldemort aveva investito in pieno Piton e la presa sulla sua bacchetta era venuta meno: la barriera cominciò a traballare.

 

Draco desiderò di avventarsi contro Potter. Si spinse contro la barriera, più in là di quanto avrebbe dovuto osare. Samantha gli strinse una spalla per costringerlo a fermarsi, ma lui la trascinò dietro e i due Mangiamorte le gridarono di lasciarlo andare a morire contro la barriera.

 

Draco gemette di stupore, incapace di frenare la sua avanzata, il limite del guscio luminescente, delimitato da segni di magia arcaica, era sempre più vicino.

 

‘Se ci finisco contro è la fine.’

 

La barriera cedette all’improvviso e sia Draco che Samantha si ritrovarono oltre il perimetro della barriera, buttati a terra. I due Mangiamorte tentarono di raggiungere Samantha ma il guscio luminescente ricomparve tanto repentinamente così com’era scomparso.

 

Harry digrignò i denti mentre vide Piton rialzarsi e recuperare la sua bacchetta; poi udì un tonfo, ancora esasperato dal mancato colpo diretto verso Piton. Si voltò solo un attimo – Malfoy e una Mangiamorte erano accasciati a terra – ma quell’istante bastò come distrazione. La bacchetta gli volò via dalle mani, richiamata dalla sua gemella.

 

Ritornò a fissare Voldemort: stringeva la sua bacchetta con un ghigno sadico.

 

“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”

 

Gli occhi rossi guizzarono verso Draco e Samantha.

 

“Ho intenzione di sistemare un paio di traditori.”

 

*

“Di qui!”

 

Hermione si affrettò a stare dietro a Ron. Avevano percorso un lato del labirinto che magicamente era apparso dietro a quello che rimaneva del centro di Londra – era davvero una gigantesca struttura, frutto di magia antichissima.

 

Ron svoltò l’angolo e Hermione lo seguì, fermandosi, e appoggiando i palmi sulle ginocchia piegate, ansimando forte. Anche Ron di fianco a lei aveva il fiatone, ma sembrava meno provato.

 

“Quanti… metri… circa?”

 

Hermione prese un gran respiro per poter rispondere. “Ricopre… un bel po’… del perimetro… del parlamento… direi… almeno… un kilometro…”

 

Ron si accigliò. “Questa è il lato più lungo, vero Hermione?”

 

Hermione rimase molto colpita: Ron dimostrava dei nervi saldi che mai si sarebbe aspettata da lui. “Sì, a occhio sembra così, il lato corto è circa un terzo di quello lungo.” Disse Hermione, fissando la folta siepe davanti a sé.

 

Ron alzò lo sguardo deciso. “Entriamo, allora.”

 

“No! Ron ti prego abbi la pazienza di aspettare qualche minuto!”

 

Il ragazzo si voltò accigliato verso Hermione, assottigliando gli occhi irritato dal comportamento tentennante di lei. “Non è il caso di essere prudenti adesso, Hermione! Qui siamo in guerra!”

 

Lei gli rimandò l’occhiata truce con una ancora più scottante. “Lo so, Ron, per Merlino! Ci sono passata anch’io in mezzo a tutti quei corpi!”

 

Ron si irrigidì e la stessa Hermione sentì i muscoli tendersi mentre ricordava il caotico scontro in mezzo alla folla ‘bestiale’ in cui bastava un solo attimo di esitazione per rischiare la morte, che si esibiva in una danza macabra ai loro piedi e davanti ai loro occhi.

 

Hermione… dobbiamo salvare Harry.” Ron spezzò la tensione, ed Hermione si ritrovò stancamente ad annuire.

 

“Ok, andiamo. Ma lasciami soltanto verificare una cosa…”

 

Hermione allungò un braccio verso una stretta apertura del labirinto, tra del folto fogliame intricato. Una bacchetta spuntò dalla fessura e le si conficcò tra le costole.

 

Sentì Ron gemere di sorpresa quando una robusta fattura lo scaraventò lontano da lei.

 

Il fogliame si disperse e le fu visibile il volto folle di Bellatrix Lestrange.

 

“Bene, ecco la Mezzosangue amica di Potter, pronta per morire?”

 

La spinse a terra con un colpo violentissimo e le punto la bacchetta alla fronte.

 

Gli occhi nocciola di Hermione si dilatarono.

 

‘Sono morta?’

 

*

 

La bacchetta di Voldemort si levò verso i due Mangiamorte. “Prima questi traditori, poi tu, Harry.”

 

A Draco sfuggì un grido disperato: “Aspetti!”

 

Voldemort sghignazzò, più divertito che oltraggiato. “Sì, Draco?”

 

Draco sperò solo che la sua voce non tremasse. “Io… io ho un’informazione.” I suoi occhi grigi scivolarono fulminei verso Samantha, ma in un attimo tornarono a fissare, titubanti, la figura di Lord Voldemort “Un’informazione davvero importante: ci sono dei traditori, molti traditori tra i Mangiamorte.”

 

Samantha fece un movimento improvviso, ma così lieve che probabilmente solo Draco se ne accorse.

 

Le labbra di Voldemort si piegarono in una smorfia, ma la sua bacchetta non attaccò. “Non prenderti gioco di me, Draco; posso fare qualcosa di peggio che ucciderti.”

 

“Mio Signore!” strillò Draco atterrito, i suoi occhi tremavano tanto da impedirgli di mettere a fuoco. “Davvero, è la verità! E’ una specie di complotto, sono in molti che complottano alle sue spalle!”

 

Questa volta l’Oscuro Signore non si scompose. A Draco sembrò che stesse allentando la presa sulla bacchetta. Lo sperò infinitamente: non voleva morire; a qualunque costo sarebbe rimasto in vita, anche se…

 

Samantha al suo fianco lo squadrava con occhi di fiamma, gli stessi che aveva prima di infliggere il colpo di grazia alle sue vittime. Si mordeva il labbro inferiore, tentando di trattenere parole urgenti e velenose. E fissandola a sua volta, Draco fu quasi certo di cogliere i suoi pensieri…

 

Non lo fare, non osare… altrimenti io…

 

L’attenzione di Draco fu catturata dal sibilo dell’Oscuro Signore, quasi imbarazzato ma anche tremendamente iroso.

 

“E allora, Draco, avresti delle prove?”

 

Draco ricominciò a tremare e il singulto d’avvertimento di Samantha non lo aiutò a regolarizzare il respiro. “No, ma… glielo posso assicurare… posso dirle i nomi…”

 

Draco sentì uno schiocco, come di legno spezzato. Era stata Samantha, tra le sue mani riposavano i resti della sua bacchetta.

 

Draco frugò sotto il mantello ma non riuscì a trovare la sua bacchetta. Tornò a fissare Samantha.

 

‘Mi ha disarmato, non ho più una bacchetta… non vorrà forse…?’

 

Samantha lasciò scivolare a terra i resti della bacchetta di Draco. E lei prese a fissarlo con due occhi incredibilmente mortiferi.

 

“Sta farneticando” disse lei con incredibile calma “Inoltre” aggiunse con tono fatale e un sogghigno sulle labbra “… è lui il traditore: ha ucciso il Mangiamorte Hernan Cortess.”

 

Draco sobbalzò ancora. Il suo sguardo atterrito si indurì in un’espressione di rabbia.

 

‘L’ho fatto per te, dannata ingrata, dannata ingrata…’

 

Voldemort fissò attentamente Samantha fronteggiare senza timore il suo sguardo serpentino. Si espose completamente al più grande Legilimens del mondo, ma per lei non era un problema perché, come sapeva bene Draco, gli Occlumanti avevano degli occhi davvero speciali.

 

L’Oscuro Signore non perse tempo a leggerle la mente: se un Mangiamorte aveva l’ardire di esporsi spontaneamente al giudizio dei suoi occhi di Legilimens, allora meritava piena fiducia.

 

“Ti credo, Samantha. Quindi dovrò giustiziare un solo traditore” i suoi occhi si strinsero su Draco “Ma non sperare di scampare alla punizione, Samantha, potrai conservare la vita ma subirai il mio Cruciatus per esserti rifiutata di partecipare a questa cruciale battaglia.”

 

Samantha si inchinò profondamente. “Lo comprendo, mio Signore.”

 

Draco prese un’altra boccata d’aria, socchiudendo gli occhi, appesantiti da una sinistra sensazione di torpore: resa?

 

‘Non è possibile, non è possibile… non voglio morire, non voglio morire…’

 

“E’ lei! E’ Samantha la traditrice!”

 

Draco disperse il poco fiato che aveva in gola in un urlo miserabile e folle. Di nuovo il paesaggio divenne traballante mentre i suoi occhi di ghiaccio di riempivano di lacrime di rabbia.

 

‘Non voglio morire, dannazione!’

 

Voldemort rimase impassibile. Levò la bacchetta verso Draco.

 

“Mio Signore!” gridò Samantha con una strana voce. Draco si voltò verso di lei e vide che gli puntava contro la bacchetta.

 

Samantha ricambiò lo sguardo e Draco vide un guizzo, era flebile ma riuscì a capire cosa fosse: vuoi uccidermi tu?

 

‘Anche se stavo per denunciarti, non puoi farlo, non puoi. Perché sono sicuro che tu mi ami.

 

“Mio Signore!” seguitò Samantha con una voce talmente euforica e squilibrata da ricordargli quella di zia Bellatrix. “Farò questo per dimostrarle tutta la mia fedeltà!”

 

Draco storse la bocca: forse tentava di fare un sogghigno divertito o forse una smorfia amareggiata.

 

‘Cosa sarebbe ‘questo’, Samantha? Ne saresti davvero capace? Arriveresti a tanto per proteggere il tuo segreto?... No, tu non puoi, perché io ti ho appena salvato la vita.

 

Samantha levò la bacchetta, puntandola al petto di Draco.

 

Lui sobbalzò e rimase immobile.

 

‘Ne avrai il coraggio?’

 

Quei suoi incredibili occhi bicolore lo fissavano: erano pietosi e malinconici quando gli mormorò piano: “Mi dispiace, Draco.”

 

‘Certo che sì: tu sei una vera Mangiamorte.’

 

Per Draco non fu una sorpresa, attendeva da tempo quel momento; però sentì comunque uno strappo al cuore quando vide la bacchetta della Mangiamorte accendersi di verde.

 

*

 

Narcissa riconobbe in un urlo screziato e folle la voce della sorella.

 

Bellatrix!” strillò volteggiando la bacchetta e abbattendo un altro nemico, un Auror.

 

Bellatrix…” un singhiozzo riuscì a sfuggirle dal groppo che aveva in gola. “Sorella, dov’è mio figlio?”

 

Bellatrix continuava a strillare verso i due fuggiaschi, l’amico di Potter e la Mezzosangue, i suoi occhi nero pece da vera Black iniettati di truce vendetta non avevano altro obiettivo che la morte. Non aveva tempo per le suppliche della sorella minore.

 

Narcissa smise di ascoltare la battaglia, la mano le cadde inerme lungo un fianco, completamente indifesa e vulnerabile ad un qualsiasi attacco.

 

“Mio… mio figlio?”

 

Avvertì dei passi alle spalle che le puntavano contro, ma non le importava nulla, stava ancora attendendo la risposta. Poi sentì un tonfo e un corpo morte che piombava al suolo.

 

Si voltò ed incontrò gli occhi impietosi del marito, il cadavere di un giovane Eclitto era steso ai suoi piedi come il trofeo di una spietata caccia.

 

“Stupida donna” le sibilò “Se non presti attenzione alla battaglia finirai per farti uccidere.”

 

Narcissa socchiuse gli occhi: aveva forse percepito un filo di preoccupazione? Ma anche questo non le importava; tutto quello che contava davvero in quel momento era…

 

Lucius, dov’è?” quasi lo implorò con voce miserevole “Dov’è Draco? Dov’è nostro figlio!?”

 

Una luce violacea si accese alle sue spalle. Il cuore le salì in gola.

 

Era la bacchetta di sua sorella: si era illuminata a mezz’aria, quasi calata sul corpo prostrato della Mezzosangue. Bellatrix era immobile e fissava a bocca aperta la bacchetta che le tremava in mano. Un raggio nero partì, tagliando la nebbia e insinuandosi nel labirinto.

 

Narcissa gridò con tutte le sue forze, disperata mentre si lasciava cadere a terra con un singhiozzo atroce e le unghie conficcate nei capelli.

 

Lucius sospirò al suo fianco. ‘Che siginifica?’

 

“Quello è il raggio mortale di un Voto Infranto.”

 

E tra l’orrore di quella rivelazione, Narcissa udì lo strillo di sua sorella. “Piton ha infranto il voto!”

 

[Forse posso… aiutare Draco.]

[Severus… oh, Severus… lo aiuterai? Lo proteggerai, lo difenderai?]

[Posso provare.]

 

*

 

Moddy raggiunse una delle estremità aperte del labirinto con uno sbuffo di stanchezza. Affannarsi nel gelo opprimente di quella nottata di fuoco era incredibilmente spossante, anche per un veterano combattente come lui.

 

Poggiò il bastone per sostenersi su un fianco; la gamba destra penzolava, parzialmente rotta. Prima di morire per mano sua un Mangiamorte gli aveva fatto la cortesia di schiantargli la gamba ancora buona. Ora tutto il suo peso si reggeva sulla protesi di ferro, anche quella ridotta allo stremo dalle intemperie climatiche e dagli eccessivi sforzi.

 

Moody strinse l’occhio ancora umano. ‘Ora i miei movimenti sono molto limitati. Devo stare attento; se qualcuno mi coglie impreparato sarà la fine per me: vigilanza costante!’

 

Avada Kedavra!”

 

Moody sbarrò gli occhi mentre la nebbia di quel settore si illuminava di verde. Il corpo morto di un Auror venne scaraventato oltre i confini del labirinto, rispedito fuori.

 

Moody sbatté il bastone a terra creando una cortina evanescente per camuffarsi nella nebbia.

 

‘A quanto pare non sono l’unico che ha tentato di oltrepassare il labirinto. Riposa in pace, soldato.’

 

Moody chinò il capo verso il cadavere del giovane Auror e scorse oltre il primo muro del labirinto, ringhiando contro l’assassino.

 

Un robusto Mangiamorte dagli occhi incredibilmente viola uscì dal perimetro incantato seguito da un compagno più vecchio e allampanato e dall’aria servile. Si accostò al corpo dell’Auror e lo spintonò con un piede.

 

“Morto. Peccato, sarebbe stato più divertente farlo soffrire col Cruciatus. Sai, Nott, la mia specialità è la tortura.”

 

“Lo so Doppio Dolore, signore” ribatté il Mangiamorte più vecchio con un sibilo ostile “Il suo talento nella tortura le ha valso senza dubbio la nomina a comandante.”

 

“Non leccare con quelle false adulazioni, Nott” sogghignò Doppio Dolore “So perfettamente ciò che hai in testa.”

 

“Io, invece, non ho la minima idea di quello che avete in testa, Doppio Dolore” attaccò Nott con un tono minaccioso.

 

Dalla sua posizione Moody lo vide rilassare le spalle e prendere una profonda boccata d’aria con un’inequivocabile espressione sul volto scarno e anziano: stava per ricattare l’altro Mangiamorte, quello dagli occhi viola e strafottenti che si faceva chiamare Doppio Dolore.

 

“Sono un amico di vecchia data del Signore Oscuro; abbiamo sostenuto la Casata di Serpeverde durante gli stessi anni di scuola. Ma fu una cosa ad avvicinarsi: il nostro comune ed eccezionale talento nella Legilimanzia. Il mio era un vero talento, ma l’Oscuro Signore eccelleva in tutto ed oltre ad essere uno dei più esperti Legilimens del mondo magico era anche un combattente, un pozionista e un mago di prima categoria.”

 

L’occhio incantato di Moody si spostò su Doppio Dolore. Il veterano dell’Ordine era bravo a percepire variazioni e repentini turbamenti d’animo grazie alla sua vista speciale: il Mangiamorte dagli occhi viola era in preda ad un chiaro momento di difficoltà; le parole del vecchio compagno l’avevano scosso.

 

“Quindi, mi chiedo” proseguì Nott con un sogghigno, scorgendo l’espressione preoccupata sul volto di Doppio Dolore “Per quale motivo non riesco a leggerti nella mente? Anche ora che sei completamente vulnerabile e mi fissi negli occhi; come posso non riuscirci? Io che sono uno dei più abili Legilimens, quasi alla pari del nostro Signore?”

 

La voce di Nott sfumò nel silenzio. Doppio Dolore teneva le labbra serrate, non riuscendo a formulare alcuna replica, ma il suo volto era tornato superbo ed impassibile; Moody pensò di scorgervi un guizzo omicida.

 

“La spiegazione è una sola, Doppio Dolore: sei un Occlumante, un vero Occlumante” dichiarò Nott con tono fatale e volutamente calcato, aspettando avidamente una reazione sconquassata e implorante dal collega più giovane e superbo. “Allora, Doppio Dolore, comandante dei Mangiamorte, cosa ne dite della mia teoria? E’ abbastanza valida da essere esposta al nostro Potente Signore?”

 

Moody vide le dita di Nott afferrare la bacchetta dietro la schiena. Evidentemente sapeva che ricattando un uomo che aveva la fama di spietato torturatore, avrebbe rischiato di venire aggredito, se non ucciso.

 

Anche Doppio Dolore afferrò la sua bacchetta. Moody percepì sentore di morte e ora fu certo del guizzo omicida negli occhi viola di Darcy Donovan.

 

“Astuto, Nott, per essere un vecchio” sibilò lui “Ma non ti pare che la tua argomentazione sia un po’ debole?”

 

“Perché dovrebbe?” borbottò Nott “Ho tutte le prove che mi occorrono, prima fra tutte i tuoi occhi: quel colore incredibile, viola intenso. La prima indicazione per riconoscere un Occlumante è il colore incredibile degli occhi.”

 

Doppio Dolore sogghignò mentre le sue dita si intrecciavano saldamente lungo la bacchetta nascosta agli occhi di Nott. “Grazie del complimento.”

 

Nott mugugnò qualcosa, ovviamente indignato; anche la sua presa sulla bacchetta si fece più insistente. “L’Oscuro Signore sarà proprio felice, Doppio Dolore: un Occlumante tra i suoi servitori. Sembra quasi fatto apposta, non credi? Voglio dire, l’Oscuro Signore è notoriamente il più abile dei Legilimes ed è strano che tra i suoi servitori ve ne sia uno capace di scongiurare totalmente il suo potere più tremendo: leggere nella mente… magari per scovarvi qualche segreto… e il fatto che sia tu poi, un uomo dalle origini misteriose, arruolato all’improvviso, senza alcuna vocazione di servitù, senza rispetto nei confronti del nostro Potente Signore… sai, si potrebbe pensare che tu sia un traditore… o una spia!”

 

Moody era quasi certo che le ultime parole di Nott furono quelle: o una spia! La sua aperta condanna si era persa in un rantolo di dolore struggente quando l’improvviso incantesimo di Doppio Dolore lo aveva raggiunto e gli aveva aperto il petto in due.

 

Moody strinse forte il bastone mentre analizzava col suo occhio magico i risultati di quel tremendo anatema: il vecchio Mangiamorte era così lacerato da sembrare più una poltiglia di carne da macello che i resti di un essere umano.

 

Poi giunse il sogghigno infido di Doppio Dolore. “Ecco la fine che meriti. Nessuno può osare dare della spia a dei validi mercenari come noi. Comunque ti faccio i miei complimenti, eri quasi giunto a svelare il Nostro Segreto. Per proteggere quel Segreto noi siamo disposti a tutto e ora devo fare piazza pulita… anche tu, vecchio nascosto.”

 

Moody lo vide girarsi esattamente nella sua direzione. I suoi mortiferi occhi viola erano puntati alla perfezione contro di lui e così la sua bacchetta. Fu più rapido di un fulmine; di questo Moody gliene diede atto. Forse anche se non avesse avuto una gamba fuori uso e i riflessi rallentati dalla poca visuale che gli dava la nebbia, non sarebbe riuscito ad evitare quel colpo micidiale.

 

Si sentì ribaltare indietro con la forza doppia di un normale schiantesimo. Ma la sensazione peggiore fu il sentirsi svuotato delle sue stesse viscere. L’occhio magico guizzò disperatamente verso il suolo dove era riversata una quantità incredibile di sangue, del suo sangue. Seppe di essere spacciato ancora prima di toccare il duro asfalto e perdere completamente i sensi.

 

Il corpo era quasi del tutto insensibile, ma l’occhio magico riuscì a catturare il suo ultimo ricordo. Vide solo la bacchetta di Bellatrix Lestrange che si accendeva di nero e saettava un anatema viola; la giovane Hermione Grangere era stesa ai suoi piedi. Moody pregò con le sue ultime forze che quella cara ragazza si salvasse.

 

Doppio Dolore riversò il corpo macerato di Malocchio Moody con un gran ghigno. “Lo dicevo anche a Nott: per preservare il Nostro Segreto noi dell’I.M.M.U.N.D.O. siamo pronti a fare qualsiasi cosa, anche uccidere il nostro più fedele compagno.”

 

*^*^*^*^*

 

 [Severus, vuoi tu vegliare su mio figlio Draco…

… vuoi tu, al massimo delle tue capacità, proteggerlo da ogni pericolo?]

[Lo voglio.]

 

[Voto Infranto]

 

Era caduto a terra. Il lampo verde si stava estinguendo. La sua vita si era estinta.

 

Samantha si chinò su di lui e gli chiuse gli occhi: freddi e grigi, più gelidi del solito, agghiacciati dalla morte.

 

Severus lo vide, il suo preferito, il suo superbo studente che amava tormentare Potter quasi quanto lui… morto.

 

Le lacrime sul volto della madre di Draco furono il suo primo pensiero. Non avrebbe mai sopportato la vista del suo adorato figlio così, rigido e freddo in una morte violenta. Sarebbe impazzita come la sorella Bellatrix.

 

Lui, Narcissa e Bellatrix… Gli rievocarono un altro ricordo: un Voto solenne, Infrangibile… ormai era a pezzi. La felicità di Narcissa, la vita di Draco erano state riposte tra le sue mani e l’ultima gli era sfuggita per un accidenti, per colpa di un imprevisto, un’assassina che Severus mai avrebbe creduto diventasse l’assassina di Draco.

 

E con la vita di Draco se ne andava la felicità di Narcissa… e anche la sua vita, la vita di Severus: il Voto era Infranto e la pena era la morte.

 

Severus chiuse gli occhi nero pece, ma prima si soffermò sul viso di Potter… forse anche la vita del Prescelto sarebbe stata sacrificata quel giorno… ma non gli importava… gli bastavano i suoi occhi: occhi verde vivo, occhi di un amore lontano.

 

Harry sfuggì quello sguardo insistente e malinconico e ritornò sul corpo immobile di Malfoy. Sette anni di acerrima inimicizia era tutto ciò che li legava, che li aveva legati. Ma la pietà era concessa per lui ed Harry sapeva il perché: un destino di morte infelice, la Maledizione dei Black.

 

Da Narcissa Black era arrivata fino a lui, l’ultimo discendente di sangue puro di quella Nobilissima e Antichissima Casata. Lui, come Sirius e Regulus: ucciso dalla persona che più amava. Era plausibile allora che quella Mangiamorte dagli occhi bicolore gli avesse tolto la vita come voleva la Maledizione dei Black.

 

La persona che più amava…

 

Samantha si staccò dal corpo di Draco, in mano ancora la bacchetta, calda per l’assassinio. La nascose tra le pieghe del mantello da Mangiamorte, stringendosi le vesti con forza: voleva proteggere la bacchetta, almeno la bacchetta la voleva proteggere.

 

E mentre Lord Voldemort ghignava la sua soddisfazione, Severus Piton attendeva la morte. Ed Harry attendeva la vittoria.

 

*

 

Il raggio nero oltrepassò il labirinto, insinuandosi tra i complicati corridoi, lasciandosi alle spalle una striscia violacea che marchiava la nebbia. Esattamente un minuto dopo la morte di Draco, dopo che il Voto fu infranto, colpì l’infame traditore: Severus Piton.

 

L’incantesimo perforò persino la barriera indistruttibile perché era implacabile nella sua punizione; neanche l’incanto di protezione di Lord Voldemort riuscì a fermarlo. Severus lo attese a braccia aperte e crollò al suolo, trascinando con sé l’immortalità dell’Oscuro Signore.

 

L’eco della caduta di Severus Piton si esaurì e gli occhi di Voldemort riconobbero l’incantesimo.

 

“NO! Maledetto Severus! Non potevi stringere un Voto Infrangibile senza il mio permesso!”

 

Mentre ancora gridava scongiuri contro il recente morto si accasciò a terra e tremò, sudando sangue.

 

Harry osservò con occhi avidi il sangue viscoso di Voldemort che colava: è la fine?

 

Piton giaceva morto tra i resti luminescenti della barriera magica.

 

(“Non ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)

 

La più grande debolezza di Lord Voldemort è Severus Piton, l’unico legame che ha con il regno dei mortali.

 

La morte di Severus Piton è la morte di Lord Voldemort.

 

‘E’ la fine?’

 

Harry cominciò a tremare quasi quanto Voldemort, ma lui era infervorato da quella vittoria quasi fulminea, così fantastica da non sembrare plausibile.

 

Non aveva inferto lui il colpo di grazia a Voldemort, ancora non aveva provato il senso di soddisfazione nello sporcarsi le mani del suo sangue. Ma ora quel sangue lo vedeva colare dal suo stesso corpo e ne era felice. Mai avrebbe creduto di rimanere così talmente affascinato da uno spettacolo misero quanto la lenta morte di un essere vivente. Ma quella era la guerra.

 

I suoi occhi erano ancora catturati dal viso sofferente di Voldemort. Ma l’Oscuro Signore riuscì a sorridere e il sangue di Harry si gelò.

 

“Mi dispiace, Harry, ma non mi puoi sconfiggere. E’ impossibile! Il mio destino è la vittoria! Così diceva il Profeta: una sicura vittoria oscura! Tu morirai prima di me, Harry Potter, così è scritto nel futuro quindi…” si piegò in due, colto da una fitta di dolore e più sangue trasudato prese a scorrergli sulla pelle biancastra “… ci vorrà del tempo prima che il mio corpo cominci a marcire… e prima… prima che ciò accada io… io ti ucciderò Harry Potter!”

 

La mano di Harry annaspò tra le pieghe del mantello ma non trovò la bacchetta. Giaceva ai piedi di Voldemort a pezzi: era disarmato.

 

Ma l’Oscuro Signore stringeva la gemella della sua bacchetta distrutta.

 

Harry strinse gli occhi.

 

‘Non è vero, non posso morire adesso. Non mi arrendo alla profezia!’

 

Avada Kedavra!”

 

Harry udì l’urlo che si era aspettato e si buttò a capofitto da un lato. Ringraziò suo padre e i fulminei riflessi che aveva ereditato da lui. Il raggio verde lo aveva mancato: forse lui lo aveva schivato o forse Voldemort stava per giungere al limite.

 

E lui era ancora vivo. Poteva ancora sperare di sopravvivere alla guerra.

 

Voldemort emise un ringhio, un misto di frustrazione e dolore: “Il prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter. Non mi sfuggirai: io te lo giuro!”

 

*^*^*^*^*

 [Contro il Nero

La Magia di Bellatrix Lestrange]

 

 

Seguivano la scia dell’Anatema da un certo lazzo di tempo, ormai, ma non sembravano ancora vicini al presunto luogo della battaglia – probabilmente già iniziata – tra Harry e Voldemort.

 

Hermione aveva ancora le tempie pulsanti dal terrore: la certezza assoluta di essere morta con la bacchetta assassina della folle Bellatrix Lestrange puntata sulla fronte. Ma alla fine tutto si era bloccato e il colpo si era trascinato nel labirinto, costringendo Bellatrix a cedere la presa su di lei e a permetterle di fuggire nel labirinto con Ron.

 

La stessa scia di quell’Anatema li avrebbe condotti da Harry.

 

Procedevano correndo, e quando non ce la facevano più, a passo spedito.

 

Ron tentava di non eccedere in velocità, preoccupato che Hermione non potesse sostenere il suo ritmo, ma la ragazza sembrava stringere i denti e molte volte era lei che andava davanti e gli faceva capire senza parlare che avrebbe resistito; e Ron, ogni qualvolta lo faceva, reprimeva a stento un sorrisetto.

 

Però adesso Hermione ansimava un po’ troppo e si teneva la mano sul costato, un chiaro segno di cedimento.

 

Hermione… fermiamoci due minuti per riprendere fiato.”

 

“Ma…” annaspò lei a malapena, strozzata dal suo stesso fiato.

 

Ron alzò le sopracciglia. “Sei uno straccio, così non sei d’aiuto.” Costatò, maledicendo se stesso quando vide un lampo di sofferenza negli occhi di Hermione. Stupido.

 

“Non intendevo… Hermione, tu sei d’aiuto! Ma non in queste condizioni!” si affrettò a spiegare. Hermione annuì stancamente e si passò una mano sul viso.

 

“D’accordo.” Dovette fare una pausa, ostacolata dal fiatone. “Mettiamoci… in quel… angolo.”

 

“Va bene.”

 

Hermione si lasciò finalmente andare addosso alla siepe, il collo disteso verso l’alto e il fiato che si stava pian piano calmando.

 

Ron, intanto, osservava intorno a sé la situazione, accertando l’assenza di Mangiamorte, sapendo bene che ve n’era qualcuno all’interno del Labirinto, dato che ne avevano sconfitti già due.

 

“Non hai la sensazione di girare a vuoto?” le chiese sospettoso. In effetti era da parecchio tempo che correvano, ormai.

 

Hermione scosse la testa, facendosi aria con una mano.

 

“L’incantesimo non può non funzionare Ron. A meno che…”

 

A quel ‘a meno che’ Ron sussultò. “Cosa Hermione?!”

 

Lei osservò la polvere azzurrina metri più in su. “Niente. Questa è la scia dell’incantesimo involontario di Bellatrix Lestrange… credo sia l’Anatema finale di un Voto Infrangibile… credo… ma se è davvero così, sapendo ciò che ci ha detto Harry riguardo a Piton e al voto che ha stretto con la madre di Malfoy…”

 

“Allora è per Piton quell’Anatema? Ha infranto il Voto Infrangibile” concluse Ron per lei.

 

“Esatto” confermò Hermione con un sospiro “Questa scia ci porterà da Piton, il servo più fedele di Vold… di Colui-che-non-deve-essere-nominato… sarà al suo fianco e sarà là che troveremo Harry.”

 

“Lo spero, anche se in realtà…” Si lasciò sfuggire Ron, passandosi una mano sul viso, frustrato. Harry, il suo migliore amico, contro il più terribile mago di tutti i tempi: sperava solo che fosse ancora vivo.

 

“E ora?”

 

Hermione analizzò in fretta. “Beh… credo sia meglio segnare ogni angolo con un incantesimo, in modo da ricordarci dove siamo passati e dove no. E poi… e poi bisogna seguire l’istinto, Ron.”

 

Lui sospirò, afflitto. “Ok. Ti sei ripresa?”

 

Hermione asserì annuendo. “Possiamo andare.”

 

“Bene.” L’aiutò ad alzarsi e raggiunsero il primo bivio. Ron si grattò il mento. “Uhm, destra o sinistra?” domandò a se stesso.

 

Ma non gli giunse la risatina leggera di Hermione, né un suo rimprovero, bensì una flessuosa e bassa voce di donna.

 

“Da nessuna parte. Crucio!

 

Prima che potesse intendere quel che accadeva, un raggio rosso colpì Hermione facendola cadere a terra e contorcere spasmodicamente.

 

“HERMIONE!”

 

Ron alzò gli occhi infuocati contro l’aggressore e dovette sforzarsi di non aprire la bocca. Aveva già visto quella donna a Grimmauld Place, nell’arazzo di famiglia dei Black, nelle foto della Gazzetta del Profeta e nella Sala Misteri: davanti a lui sogghignava Bellatrix Lestrange, alta e resa ancora più magra dal vestito nero stracciato in qualche punto e dai capelli nero pece scomposti che le ricadevano sulle spalle, donandole un’aria pericolosa.

 

“Prima la Mezzosangue e poi il Traditore, o il contrario?” cinguettò come se fosse una filastrocca, ridendo.

 

Hermione!

 

Ron strinse gli occhi. “Non le farai del male.”

 

Bellatrix sorrise sinistramente. “Crucio!” cantilenò e il raggio rosso colpì ancora Hermione e il suo grido rimbombò nelle orecchie di Ron, stringendogli il petto e mandandogli il sangue al cervello.

 

“TU!” Pieno di rabbia, si avventò sulla Mangiamorte che schivò il pugno teso.

 

Il volto di Bellatrix rimase beffardo e canzonatorio. “Il traditore vuole raggiungere la sua bella principessa? Il traditore pensa di sconfiggermi senza bacchetta, alla babbana? Che squallore! Crucio.”

 

Ron sentì il colpo centrarlo in pieno e le viscere attorcigliarsi spiacevolmente. Cercò invano di contenere un grido, ma era come se gli stessero infilando una lama nella carne pulsante, tanta era la ferocia di quel Cruciatus, niente che avesse mai sperimentato prima.

 

“Merlino…” riuscì a emettere in un sussurro quando tutto fu finito, tenendosi il ventre con un braccio, caduto a terra.

 

Bellatrix continuava a ridere, girando su se stessa, come una baccante.

 

“Il Signore Oscuro sarebbe così felice nel vedere quel che sto combinando agli amichetti di Potter!” squittì deliziata, lanciandogli un altro Cruciatus. L’urlo di Ron riecheggiò nel labirinto come un eco di dolore.

 

“Ma non vi preoccupate” li rassicurò con voce zuccherina “Non vivrete abbastanza per poter vedere la morte del vostro amico… vi ucciderò prima!” esalò, avvelenata, alzando la bacchetta verso Ron.

 

“RON!”

 

La risata stridula si interruppe quando la bacchetta di Bellatrix le balzò via dalla mano, grazie ad un incantesimo di Hermione.

 

La strega assottigliò gli occhi, come un felino che guardava il topo.

 

Stupida Mezzosangue.” Sibilò con disprezzo, e in un attimo si portò accanto ad Hermione e la schiaffeggiò con ferocia, facendola cadere a terra con un gemito.

 

“HERMIONE!” gridò Ron, disperato, alzando la bacchetta. “Stupefacium!

 

Protego.Bellatrix aveva preso la bacchetta di Hermione, e l’aveva usata per difendersi.

 

“Cosa volete fare, voi piccoli mocciosi? Non vedete che ormai è giunto il regno del Signore Oscuro?! Non potete nulla contro di me. Crucio.”

 

Ancora quella lama tra le viscere!

 

Ron credeva di impazzire per il dolore, e, quando cominciò a diminuire, sentì qualcosa di appuntito perforargli il muscolo destro del braccio, causando un nuovo grido addolorato.

 

Sentiva i singhiozzi impotenti di Hermione e con la vista annebbiata dalle lacrime, la vide sopra di sé tenuta per il polso da una Bellatrix che pareva tutto fuorché col senno.

 

I suoi occhi si spostarono sul braccio, e questo movimento gli causò una fitta che partiva dal muscolo lacerato: gli alti tacchi che portava la Mangiamorte gli stavano perforando il braccio.

 

Gli occhi di Bellatrix brillavano.

 

“Oh, ecco, grida traditore. È il regalo più nobile per il Signore Oscuro.”

 

Commentava pazzamente Bellatrix, mentre Hermione piangeva, tentando di liberarsi da lei. Scocciata, Bellatrix le diede uno spintone, facendola cadere a terra, e sfilò con lentezza il tacco dalla carne viva di Ron; tutto intorno alla ferita, vi era sangue, e il Weasley si ritrovò a gridare più forte che poteva, tenendosi il braccio e rotolando per terra.

 

Hermione singhiozzò il suo nome e fece per andare da lui, ma Bellatrix, sorridendo con crudeltà, sibilò un Cruciatus che la colpì talmente forte da farle perdere i sensi.

 

Bellatrix rise nuovamente, pazzamente soddisfatta.

 

“E ora vi uccido.”

 

Dovette però abbassare la bacchetta, accorgendosi che qualcosa non andava. Alzando gli occhi, la nebbiolina magica che proteggeva il labirinto era scomparsa.

 

Ci fu un urlo: il grido straziato di Lord Voldemort.

 

Gli occhi di Bellatrix si dilatarono, spaventati.

 

“Il Signore Oscuro! Ha bisogno di me!”

 

Infervorata, corse via, lasciando in vita Hermione e Ron.

 

*^*^*^*^*

[La corsa tormentata di Ginny

Harry e Han]

 

 

Ginny correva tra le alte siepi del labirinto, il viso graffiato e una spalla che le pulsava per via di una colluttazione nella battaglia.

 

L’aria che entrava nei polmoni le bruciava la gola, troppo a lungo tenuta aperta per respirare più ossigeno possibile, e il fianco le doleva per il troppo correre.

 

Ma non poteva fermarsi, ora che era riuscita per una fortunata coincidenza ad entrare nel Labirinto: per una volta, i Mangiamorte si erano rivelati utili per toglierla dall’impiccio di pensare lei ad un modo per entrare.

 

Sentiva boati e qualche volta vedeva scintille in lontananza sopra le siepi. Voltando l’angolo vide perfino un paio di cadaveri a terra e non poté reprimere un brivido, nonostante ne avesse visti ormai tanti. Ma prima nel tumulto della battaglia non aveva avuto il tempo di rimanere a fissarli e di metabolizzare la cosa, mentre adesso, senza la pressione di qualcuno che la inseguiva per ucciderla, tutto le pareva così reale.

 

Cercò di non pensarci e riprese a correre, seguendo la luce della bacchetta che le indicava la strada per giungere da Harry.

 

Harry, sempre lui.

 

Dannazione, non era riuscita a non pensarci, a non aver paura di incontrare in quel labirinto il suo cadavere steso a terra, senza vita, accanto ad un sogghignante Tom Riddle, non quello del diario, ma Voldemort, con piccoli occhi rossi e il viso ormai più serpentino che umano.

 

E Han, Ginny? A lui non pensi?

 

Ginny trattenne un brivido, e il volto di Harry si sovrappose a quello di Han: uno che abbozzava un sorriso impacciato, il secondo le sorrideva in quel modo pacato e insieme perverso.

 

Han non è cattivo, si disse Ginny. È solo fatto a modo suo. Mi vuole bene e mi piace.

 

Continuò a ripetersi questo, anche se sapeva che stava correndo da Harry, come un mantra, per ricordarle che dopo la guerra ci sarebbe stato solo Han, e non Harry.

 

Solo Han. Niente Harry. Solo Han.

 

Non poté impedirsi di venire soffocata da quell’idea, mentre si rendeva vagamente conto che il pensiero di Han le era entrato in testa e non riusciva più a liberarsene.

 

Cominciava già ad essere la sua bambola di porcellana.

 

*^*^*^*^*

Il Grido di una Madre

Il borbottio dei Mangiamorte

Il Ringhio dell’Oscuro Signore

 

 

“Il prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter: sei morto!”

 

Un tuffo al cuore e Ginny seppe di avere il coraggio di affrontare il più Grande Mago Oscuro di tutti i tempi per lui.

 

“NOO!”

 

Gridò con tutte le sue forze e una disperazione violenta che spinse il suo incantesimo alla massima potenza contro Voldemort.

 

L’Oscuro Signore si sollevò da terra, schiantato dalla forza di quell’anatema inaspettato quanto l’urlo insolente della ragazzina Weasley che un tempo aveva stregato col suo diario, che un tempo si era piegata al suo controllo, che un tempo era debole… un tempo…

 

Voldemort riuscì comunque a mantenere la stretta sulla propria bacchetta e, dissolvendosi a mezz’aria in un turbine nero, frenò la sua caduta. Fluttuava, sorretto dalle sue facoltà mentali, tuttavia fu costretto a ritornare al suolo da una violenta fitta al braccio sinistro: il suo corpo cominciava a cedere.

 

Ringhiò dal dolore e dall’umiliazione e per un attimo dimenticò Harry Potter e la sua vittoria oscura: la bacchetta tremante di collera era puntata contro Ginny.

 

“Come osi!”

 

Scagliò una fitta serie di anatemi mortali. Ginny fu rapida ed eresse degli scudi di protezione.

 

Il ringhiò di Voldemort si levò nell’aria e la pioggia incessante di maledizioni divenne più fitta e violenta. Lo scudo di Ginny si stava incrinando e il braccio che stringeva a tutta forza la bacchetta stava per cedere.

 

Harry si lasciò sfuggire un rantolo quando l’ennesimo raggio mortale sfiorò Ginny, minacciando di abbattere completamente le sue difese. Affondò le mani disperatamente nella tunica, ma non riuscì a trovare la bacchetta. I suoi occhi scivolarono sul suolo martoriato dai numerosi colpi d’incantesimo: tra i fossi e i frammenti del guscio luminoso distrutto riposavano i resti della sua bacchetta.

 

Gli giunse un grido soffocato di Ginny che aveva appena malamente subito il contraccolpo di un terribile Avada Kedavra. Il respiro gli si bloccò in gola.

 

‘Non deve morire, non deve morire… non di nuovo, non di nuovo… per colpa mia!’

 

Harry si guardò in torno con la frenesia di un ossesso, cercando disperatamente un’arma o qualsiasi cosa avrebbe potuto fermare Voldemort; se fosse stato necessario l’avrebbe anche fermato a mani nude.

 

Finalmente i suoi occhi incontrarono la figura cupa della Mangiamorte che aveva assassinato Malfoy. In un attimo le fu contro, le dita artigliate alla sua tunica nera.

 

“Dammi la tua bacchetta! Dammela subito!”

 

La Mangiamorte sembrò solo infastidita dal grido disperato di Harry. Distolse velocemente lo sguardo dal suo viso sconfortato e riprese a fissare con aria tramortita il corpo inerte di Malfoy.

 

Harry non si fermò continuando a strillare in faccia alla Mangiamorte, esasperato dalla sua indifferenza, ma due braccia robuste lo staccarono a forza e lo respinsero, buttandolo a terra con brutalità.

 

Si riprese dal duro colpo e fissò i due Mangiamorte, schierati davanti alla compagna come guardie del corpo; entrambi i loro sguardi minacciosi puntati contro Harry erano un chiaro monito d’avvertenza: se ci riprovi, sei morto.

 

Harry si rialzò incespicando, mentre ancora gli schianti degli anatemi di Voldemort e i gemiti di Ginny gli riempivano la testa. Diede una rapida occhiata alla situazione: lei ancora resisteva ai suoi attacchi ma stava per giungere al limite.

 

Si gettò a capofitto verso la sua ultima speranza. Si accasciò accanto al corpo di Piton e gli afferrò il polso della mano che stringeva la bacchetta: era ancora caldo. Harry sobbalzò, premendo due dita contro il polso e udendo distintamente i flebili battiti di un cuore debole.

 

‘E’ ancora vivo. Non è possibile.’

 

Ma un ennesimo strillo di Ginny gli fece dimenticare tutto il resto. Aprì il pugno di Piton e gli sfilò la bacchetta dalle dita. Strinse l’arma e si fiondò verso Voldemort .

 

Ancora si sentì venir meno dal terrore: lo scudo di Ginny aveva ceduto e l’Oscuro Signore sghignazzava a pieni polmoni. I resti dello scudo infranto vorticavano per l’aria come una fitta nebbiolina che gli ostruiva la visuale.

 

‘Dimmi che non è morta… non può, non può…’

 

Voldemort ghignò ancora e fu abbastanza per risvegliare la furia latente di Harry.

 

“Basta!!!”

 

Un potente schiantesimo colpì Voldemort alle spalle e gli fece inghiottire il ghigno e sputare saliva. Un ginocchio cedette, sbattendo contro il suolo; un altro tremito gli scosse il corpo mentre dalla sua bocca cominciò a colare sangue misto ad una sostanza oleosa e scura.

 

Appena vide Voldemort accasciarsi a terra, Harry rivolse tutta la sua attenzione al punto in cui i resti dello scudo si stavano dissolvendo. Ginny era ancora in piedi, malridotta e spaventata, ma ancora viva.

 

Harry provò l’impulso di correrle incontro, stringerla e proteggerla, ma gli sembrò quasi di non averne più il diritto: l’aveva lasciata e lei aveva smesso di aspettare il suo ritorno.

 

All’improvviso Ginny alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry con un’espressione dolorante.

 

“Harry!”

 

Gli sembrò di sentirla gridare: tutta la sua mente era concentrata sul viso sofferente di Ginny e gli parve, con uno strappo al cuore, che parte di quella sofferenza fosse anche colpa sua.

 

“Harry! Voldemort!”

 

Harry riconobbe troppo tardi un grido d’avvisaglia nelle parole di Ginny. Si voltò ed incontrò la punta della bacchetta di Voldemort, incollerito più che mai.

 

Harry si sentì completamente vulnerabile; stringeva ancora la bacchetta ma gli parve che levarla contro l’adirato Signore Oscuro fosse solo una mossa disperata. Ma Voldemort non attaccò e lui non osò certo interrompere quella snervante tregua.

 

“Mio Signore!”

 

Harry riconobbe lo strillo euforico di Bellatrix Lestrange e, infatti, la vide emergere dal labirinto, nell’esatto punto in cui era comparsa Ginny, seguita da un consistente plotone di Mangiamorte.

 

Harry seppe di essere sconfitto.

 

Voldemort ghignò ancora, mentre i suoi fedeli Mangiamorte formavano una compatta schiera oscura ai suoi lati: “Sei morto, Harry Potter.”

 

Il sogghigno dell’Oscuro Signore si fece ancora più minaccioso ma non colpì. Sembrò quasi voler assaporare quel momento. “Tutto ciò che hai fatto è inutile, Harry Potter. La sfida che mi hai lanciato non è altro che un’impresa senza senso, perché la vittoria è mia in ogni caso e anche tu questo lo sapevi: una sicura vittoria oscura. Io ti ucciderò e dopo di te – il suo sguardo maniacale si rivolse a Ginny, catturata da due Mangiamorte – moriranno i tuoi amici; tutto ciò che ami io lo distruggerò!”

 

Harry strinse la bacchetta e il suo viso acquistò più vigore. Senza saperlo, Voldemort aveva riacceso il suo spirito combattivo.

 

‘Ecco perché non posso lasciare che vinca, ecco perché lo devo sconfiggere: per proteggere le persone che amo.

 

Scorse Ginny, incastrata tra due possenti Mangiamorte che appariva così vile, disarmata e impotente.

 

‘Adesso basta, Voldemort sparirà oggi.’

 

“Anche la morte di Severus è stata inutile, Potter” imperversò Voldemort con uno sguardo disgustato al corpo del suo diletto Mangiamorte “Perché posso creare un nuovo suggello per i miei Horcruxes e sceglierò qualcuno molto più fedele di Severus Piton.”

 

Si voltò verso il manipolo di Mangiamorte che lo spalleggiava. I suoi occhi serpentini scorrevano sulle bianche ed impassibili maschere; ognuno fremeva al setaccio di quello sguardo vermiglio, ma già tutti conoscevano l’obiettivo dello scandaglio.

 

“Tu, Bella, sei tu la serva più devota.”

 

Bellatrix sembrò sciogliersi di estasi sotto quel sibilo; abbandonò il viso in un’espressione di pura gratificazione e magnificenza: “Mio Signore, mio Signore, grazie!”

 

“Che il rituale abbia inizio” sibilò l’Oscuro Signore facendo cenno a due corpulenti Mangiamorte di imprigionare Potter.

 

Harry scorse una disperata Narcissa Malfoy che tentava di osservare la scena oltre le sue spalle. Diede un colpo d’occhio al corpo immobile di Malfoy e alla Mangiamorte inginocchiata accanto a lui prima che due figure incappucciate lo afferrassero per le braccia, costringendo Harry ad allentare la presa sulla bacchetta di Piton.

 

Voldemort sibilò qualcosa e Bellatrix protese le sue mani tremanti dall’emozione; il viso lucido da lacrime di gioia.

 

L’Oscuro Signore poggiò le sue lunghe dita su quelle lattee di Bellatrix che fremette con un gemito estasiato. La cicatrice di Harry cominciò a bruciare; soffocò un urlo di dolore, sorretto dai due Mangiamorte che gli sigillavano le braccia.

 

Fu costretto a tenere gli occhi completamente serrati dalla tremenda fitta che minacciava di aprirgli la testa in due. Era tutto oscuro.

 

(Un sicura vittoria oscura.)

 

Terminato il rituale Voldemort avrebbe ripreso pieno controllo sul suo corpo e così, con un intero battaglione di Mangiamorte che lo spalleggiavano, senza bacchetta, lui, benché il Prescelto, non sarebbe mai riuscito a sconfiggerlo.

 

La cicatrice bruciava sempre di più e il rituale stava per concludersi: avvertì la vittoria che gli scorreva via dalle dita e un disgustoso sapore amaro di sconfitta, di resa e di sconforto… Ma la cosa più atroce fu il pensiero di Ginny intrappolata tra quei due Mangiamorte, ancora prigioniera dell’oscurità.

 

Ma uno strillo sconvolse tutto. Lo strillo di Bellatrix Lestrange.

 

Harry riaprì di colpo gli occhi: il dolore era scomparso. Il corpo di Bellatrix era steso a terra, immobile quanto quello di Piton e Malfoy: morto.

 

Il viso di Voldemort era una maschera di disperazione e meraviglia.

 

Un Mangiamorte della cerchia scattò all’improvviso ma venne subito bloccato dal compagno; Harry pensò di riconoscervi Rodolphus Lestrange. Narcissa Malfoy era una statua con gli occhi impassibili puntati sulla sorella che però, nel fondo, brillavano di sconcerto.

 

Harry seppe che era morta. Avvertì la Maledizione dei Black che le strisciava addosso, appagata dalla sua morte per mano dell’Oscuro Signore, l’essere che la donna, accecata e resa folle dalla prigionia aveva amato con tutta se stessa.

 

Voldemort si riscosse in un grido collerico: “Perché?! Non è possibile, una cosa del genere sarebbe dovuta accadere solo se l’altro custode fosse ancora vivo, ma non  può essere – gli occhi saettarono sul corpo di PitonSeverus ha spezzato un Voto Infrangibile; la pena di ciò è la morte, non può essere sopravvissuto.!”

 

Harry rammentò la pulsione di deboli battiti.

 

“No, no, no!” recuperò Voldemort con più collera “Non può essere vivo, ha infranto il Voto!”

 

Un’ombra sfilò accanto a Lord Voldemort e persino lui si sentì gelare per un istante. L’Oscuro Signore riconobbe con astio una tunica da Mangiamorte che svolazzava.

 

Narcissa Malfoy, come osi?”

 

Mai nessuno aveva osato passargli accanto a testa alta, senza un monito, senza rispetto. Ed anche in quel momento, sembrò che le parole di veleno dell’Oscuro Signore non l’avessero scalfita: tutto il suo essere era proteso verso il pallido e immobile corpo della creatura che più aveva amato.

 

“Il mio unico figlio… il mio unico figlio…”

 

Narcissa si accovacciò sul corpo gelido del figlio, sconquassata dai singhiozzi. Striduli e disumani singulti di disperazione scossero il suo piccolo corpo; i capelli biondi e scarmigliati cascarono sul viso di marmo del suo bambino.

 

Le sue lunghe dita bianche annasparono sul petto immobile di Draco, artigliando il mantello, tentando di afferrare la sua vita, di farlo ritornare da lei.

 

“Il mio unico figlio… il mio bambino… il mio…”

 

Narcissa Malfoy gridò per suo figlio e il suo grido scosse il marito insensibile, anche l’Oscuro Signore ed anche la cicatrice di Harry Potter: l’ultimo grido di Lily Potter si accavallò allo strillo disperato di Narcissa.

 

“Fai silenzio, donna!” ringhiò Voldemort “O ucciderò anche te?”

 

I tremiti di Narcissa si bloccarono di colpo e dalle sue labbra bianche si levò una voce tanto screziata da non sembrare umana: “Anche? Anche?! – ripeté come un ossessa non riuscendo a staccare gli occhi dal volto cereo del figlio “Non è stato Potter a uccidere mio figlio? E’ stato… è stato… anche? Dite ‘anche’ mio Signore?”

 

Voldemort sembrò in principio divertito da quella folle impudenza, ma le spalle tremanti di Narcissa e la sua voce che si era caricata di una sottile furia sconfinata gli fecero pronunciare parole velenose. “Dico ‘anche’, Narcissa, perché tuo figlio era un traditore e ha ricevuto ciò che gli spettava. E sarà il tuo stesso destino se non riuscirai a contenere quella lingua.”

 

Narcissa si staccò dal corpo del figlio, le unghie artigliate alla sua bacchetta. “… mia sorella… mio figlio... il mio unico figlio! Per chi? Per chi questi sacrifici!?” il suo strillo si perse nel silenzio di marmo dei Mangiamorte, sconvolti e meravigliati dall’audacia della loro compagna.

 

Ginny strinse gli occhi, provando una forte pietà. Anche sua madre aveva gridato quando il fratello Percy se ne era andato di casa ripudiando la famiglia; ma il grido di quella donna, benché Mangiamorte, era più tremendo.

 

Narcissa riprese con la voce che le grondava di una collera sordina e acuta. “Tutti questi sacrifici… per chi? Guarda che lo so, lo so mio Signore. So che non siete altro che un lurido Mezzosangue.”

 

Molti Mangiamorte sibilarono mentre il ringhio di Narcissa si perdeva nell’indignazione. Harry provò un moto di gratitudine ma seppe anche che la signora Malfoy era spacciata; poteva percepire la pungente furia di Lord Voldemort dalla cicatrice.

 

Tuttavia, prima che il grido dell’Oscuro Signore si levasse nell’aria, riuscì a cogliere uno scambio di mugugni dai due Mangiamorte che lo teneva stretto.

 

“Ma che dice Narcissa?”

 

“L’Oscuro Signore non può essere un Mezzosangue, discende direttamente da Salazar Serpeverde.”

 

“Ma allora perché Narcissa l’avrà gridato?”

 

“E’ disperata per la morte del figlio, è chiaro, forse sta cercando una scusa per aggredire l’Oscuro Signore.”

 

“E’ una pazza come la sorella. L’Oscuro Signore un Mezzosangue, poi… tsk… se fosse così perché condurre una guerra dei Purosangue contro i Babbani?”

 

“Già, è una folle.”

 

Una scintilla di speranza disperata si accese nel cuore di Harry: forse non era tutto perduto, forse avrebbe potuto riscuotere la sua vittoria contro Lord Voldemort, forse i Mangiamorte sarebbero insorti al suo fianco se avessero scoperto le vere origini del loro Signore.

 

“Te la farò pagare, donna” mormorò Voldemort con dei denti serpentini che gli brillavano nella bocca “Non avrai la fortuna di morire subito come quel traditore di tuo figlio o Bellatrix.”

 

La sua bacchetta scattò contro Narcissa ma si bloccò ad un singulto.

 

“Bella.”

 

Tutti gli occhi dei Mangiamorte si rivolsero a Rodolphus Lestrange; il suo compagno dal volto indignato si mise da parte mentre l’Oscuro Signore si volgeva verso di lui con un ringhio.

 

“Perché Bella?” singhiozzò Rodolphus fissando Voldemort negli occhi senza alcun timore “Perché hai dovuto uccidere Bella? Lei che era l’unica ad amarti…” abbandonò il capo al suolo.

 

Seguì un concitato attimo di silenzio durante il quale nessun osò respirare. Gli occhi dell’Oscuro Signore si iniettarono di sangue.

 

Rodolphus singhiozzò ancora, per l’ultima volta, e levò il capo e la voce in un impeto di pura collera: “Perché, dannato Mezzosangue!”

 

Un raggio di luce verde partì e Rodolphus Lestrange ricadde a terra morto tra i gemiti degli altri Mangiamorte. Un gemito si levò più alto degli altri.

 

“Perché anche mio fratello!?”

 

Era Rabastan Lestrange ed aveva estratto la bacchetta, puntandola contro Voldemort.

 

“Tu” sibilò Rabastan “Tu, lurido Mez…”

 

Ci fu un altro scatto di furia e un ringhio da Lord Voldemort e la dinastia dei Lestrange si estinse quando il corpo di Rabastan scivolò, morto, accanto a quello del fratello.

 

I Mangiamorte si ritrassero dai due corpi, in preda ad una collettiva ansia: temevano la morte per mano del proprio Signore.

 

Harry capì che poteva ancora vincere, che poteva contare sull’aiuto più inaspettato: i Mangiamorte. Bastava far capire loro quanto rischiavano al servigio di quell’essere e quanto miserabili fossero alle assolute dipendenze di Voldemort, che in realtà era un Mezzosangue. Poteva far leva sul loro orgoglio e quella stessa superbia di Purosangue che aveva scatenato la guerra poteva porvi fine.

 

Prese ad agitarsi tra le braccia dei Mangiamorte, mormorando ai due: “Vi ucciderà, vi ucciderà tutti. Lo sento dalla cicatrice, vi ucciderà. Morirete per mano di un Mezzosangue, perché Voldemort lo è, lui è un Mezzosangue, suo padre era un Babbano.”

 

Uno dei Mangiamorte gli sferrò un colpo allo stomaco, con un ringhio disgustato, ma il volto dell’altro era fisso su Harry, strabiliato ed esterrefatto. Harry sogghignò sotto il duro colpo appena subito; sapeva di essere riuscito ad insinuare il dubbio almeno in uno dei due.

 

Harry cominciò ad agitarsi. Il Mangiamorte più titubante provò a tenerlo fermo, ma senza metterci molto impegno. L’altro, quello più irremovibile nelle sue convinzioni, si appellò all’Oscuro Signore per avvisarlo delle blasfemie uscite dalle labbra indegne di Harry Potter.

 

“Mio Signore, Harry Potter osa dire che…”

 

Harry seppe già dal principio che quel fedele Mangiamorte sarebbe stato ucciso dal suo stesso padrone. Avvertì la cicatrice che pulsava e la rabbia di Voldemort che gli montava dentro: il suo corpo sconquassato dalla mancanza di un suggello stava per cedere, e anche la sua mente, martoriata dall’anima lacerata, non vedeva nulla di chiaro: Harry sentì la paranoia infiammarsi nella mente dell’Oscuro Signore.

 

Il Mangiamorte fedele tentò di avvertire il proprio Signore con tutta la fiducia che si sente meritare un servo devoto, ma Voldemort lo zittì con un Avada Kedavra, temendo che anche lui pronunciasse parole di ribellione.

 

Il Mangiamorte rimasto che teneva fermo Harry, si trascinò di lato col viso pallido di terrore mentre osservava il compagno cadere a terra, morto.

 

Ci fu un acceso brusio tra la schiera di Mangiamorte che affiancava Lord Voldemort. Alcuni si ritrassero spaventati dal loro Signore, altri borbottarono inorriditi, e altri ancora retrocedettero, temendo una rappresaglia.

 

Voldemort sentì un rumorio crescere alle sue spalle, i suoi Mangiamorte che si lamentavano, che borbottavano, che tentavano di ribellarsi…

 

Agitò la bacchetta con frenesia e abbatté tre Mangiamorte a caso tra la schiera che gli stava alle spalle. Scatenò il panico tra i suoi servitori.

 

Harry sentì la cicatrici pulsargli e seppe che Voldemort era pazzo e accecato dal timore del tradimento.

 

“Adesso ucciderò chiunque apra la bocca!” ringhiò follemente l’Oscuro Signore “Chiunque osi alzare la voce contro di me!”

 

Il vociferare si interruppe all’istante e Voldemort sembrò riacquistare un po’ di calma.

 

“Mio figlio!”

 

La cicatrice di Harry riprese a bruciare più intensamente di prima. Si voltò e vide Narcissa Malfoy, ritta davanti al corpo del figlio con l’espressione più collerica che avesse mai visto rivolta all’Oscuro Signore.

 

“Va bene” sibilò Voldemort “Allora ucciderò te, Narcissa!”

 

Affondò la bacchetta nella direzione della donna con occhi rossi e impregnati di desiderio di vendetta. Narcissa rimase immobile, le parve che il suo immenso dolore la rendesse impermeabile a qualsiasi altra cosa.

 

“Mio Signore.”

 

Venne una voce remissiva e umile. Voldemort si bloccò e si volse con un sibilo impaziente a Lucius Malfoy.

 

“Dimmi, Lucius.”

 

“Mio Signore” replicò Lucius Malfoy con voce atona e la bacchetta che riposa mollemente al suo fianco “Mio signore… mio… mio figlio.”

 

Harry ricevette una terribile scossa di fuoco alla cicatrice e seppe che era il momento giusto per tentare la fuga e liberare Ginny, mentre Voldemort, accecato dalla rabbia, levava la bacchetta contro Lucius Malfoy.

 

Diede una gomitata al Mangiamorte che lo tratteneva mollemente, incantato da quella scena, e si liberò senza troppa difficoltà.

 

Ginny se ne accorse e si protese verso di lui, ancora imprigionata da un Mangiamorte robusto. Harry puntò contro di lei, ignorando il ringhio di Voldemort, sperando che nella sua cieca rabbia non lo notasse.

 

La bacchetta dell’Oscuro Signore si accese, diretta verso Lucius, ma il colpo venne deviato con un sibilo feroce: “Ti ucciderò, Harry Potter!”

 

Ginny gemette disperata, intimando a Harry di spostarsi. Lui si buttò a terra senza un secondo ripensamento. Strisciò al suolo, graffiandosi la faccia e scrutando il raggio verde che aveva schivato per un soffio filare sopra la sua testa e schiantarsi contro un Mangiamorte della cerchia.

 

I Mangiamorte che stavano al suo fianco si ritirarono irrequieti, sibilando d’indignazione: l’Oscuro Signore aveva appena ucciso Dolohov, uno dei suoi servi più fedeli e capaci.

 

“Ti ucciderò, Harry Potter! Ucciderò prima te Harry, e poi tutti gli altri” ripeté Voldemort come un indemoniato “Chiunque osi contraddirmi, rivolgermi la parola o mancarmi di rispetto!”

 

La sua bacchetta tornò a Lucius Malfoy che restava immobile con un volto gelido e impassibile, privo di terrore ma anche di rispetto e riverenza.

 

Un'altra voce lo costrinse a bloccare l’incantesimo ed Harry sentì la pazienza di Voldemort giungere al limite.

 

Era Donovan Darcy. “Ma è vero, mio Signore? E’ vero che lei è un Mezzosangue?”

 

Voldemort gridò ancora e affondò la bacchetta contro Doppio Dolore che, con un gesto fulmineo, riuscì a proteggersi e a schivare la fine. Molti Mangiamorte sibilarono d’indignazione, ma non fu chiaro se l’indignazione fosse rivolta a Darcy Donovan o al loro Padrone.

 

Harry si rese conto che Voldemort gli dava le spalle. Puntò la bacchetta; notò che un Mangiamorte aveva colto il suo gesto di offesa contro l’Oscuro Signore ma questi non fece niente per bloccarlo, tornando a fissare la disputa tra Lord Voldemort e Darcy Donovan.

 

Doppio Dolore mugugnò con una pomposa indignazione: “Mi perdoni, mio Signore. Non credevo di scatenare la sua ira omicida con una semplice domanda, è solo che – fu costretto a riformare uno scudo per proteggersi dall’ennesimo anatema di Voldemort – è solo che mi sembra così ingiusto” riprese con una voce melanconica “Noi siamo suoi servi e le siamo fedeli e le pare questo il modo di ricompensarci? E se davvero lei è un Mezzosangue, allora per quale motivo dovremmo prostrarci ai suoi piedi, noi, che siamo Purosangue?”

 

Ci fu un mormorio di assenso tra i Mangiamorte. Voldemort fremette dalla rabbia.

 

“Maledetti voi, siete i miei servi! Non oserete mancarmi di rispetto!”

 

Harry seppe che era il momento giusto: scagliò un Avada Kedavra contro Lord Voldemort, l’Anatema della Morte e lui era riuscito a pronunciarlo e a scagliarlo perché lo desiderava davvero, perché non desiderava altro che la morte di Voldemort.

 

Quella era la guerra e non era solo questione di uccidere o venire uccisi: era il suo destino, ma non quello scelto dalla Profezie, quello che aveva scelto di costruirsi da solo.

 

(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno…)

 

Il raggio mortale si abbatté contro Lord Voldemort. Ci fu uno schianto e il cuore di Harry mancò di un battito.

 

La bacchetta di Voldemort, la gemella della sua, cadde a terra spezzata in due.

 

I Mangiamorte si bloccarono in un religioso silenzio e fissarono il loro Signore, disarmato, miserabile in un corpo che stava per cedere, ma ancora vivo.

 

Gli occhi serpentini di Voldemort strisciarono sulla sua bacchetta troncata e un altro urlo gli sfuggì dalle labbra. Ad Harry sembrò quasi di udire il proprio grido di vittoria dietro il ringhio frustrato dell’Oscuro Signore.

 

*^*^*^*^*

[Istinto animale e coscienza umana

Fenrir Greyback contro Remus Lupin]

 

 

I Licantropi si erano fermati, mettendosi in cerchio intorno al duello che si stavano consumando tra Lupin e Greyback.

 

D’istinto, si comportavano come lupi obbedienti al maschio alfa, nel loro caso Greyback. Ma sapevano benissimo che in caso di sconfitta, il branco sarebbe passato sotto il comando di colui che fosse riuscito ad atterrare il capo, in questo caso Lupin.

 

Era la legge naturale, e loro la seguivano, trepidanti nel sentire la carne umana, ma mitigati da un preciso dovere di lealtà.

 

Li guardavano scambiare zannate e saltarsi addosso come mostri inferociti, sentendo i latrati addolorati di Remus e quelli sghignazzanti di Greyback, che sembrava in vantaggio.

 

Si studiavano attentamente, i due lupi, e poi attaccavano, allungando gli artigli e cercando di colpire l’avversario alimentati uno da puro divertimento e sete di sangue, l’altro dalla vendetta.

 

Entrambi riuscivano a contenere il loro lato animale, almeno un po’, ma l’esperienza di Greyback era certamente più vasta. Remus era in svantaggio, non abituato a muoversi con quel corpo e a comandarlo con una mente pacata, meno grezza di quella del Licantropo.

 

Aveva ferite superficiali sulla schiena e l’unica che lo preoccupava davvero era un graffio lungo il collo che era riuscito ad assestargli proprio in quel momento.

 

Remus era stanco.

 

Sentiva le zampe tendersi, e un’unghia gli bruciava, troncata quando era ricaduto sull’asfalto.

 

Greyback rideva, invece, anche lui ferito.

 

Lo stava divertendo quel gioco.

 

Voleva far vedere a quella sua creatura la vera potenza dei Lupi Mannari.

 

Si lasciò andare in un lungo ululato, e lo fissò con occhi grigi brillanti.

 

Remus Lupin… tu oggi morirai.”

 

Lupin spalancò gli occhi, sentendo il suo nome. Poi avvertì la rabbia scorrergli prepotente nelle vene, mentre il ricordo del morso di Greyback sulla spalla e gli anni di solitudine si accumulavano nella sua mente ora più annebbiata e sempre più in balia dell’istinto animale.

 

“Maledizione…” mormorò cercando di scacciare la voglia di sangue del lupo. “Non ora non ora non ora…”

 

Sentiva l’ululato nella testa, e il sangue pompare dalle arterie feroce, come l’odore di sangue che lo stuzzicava a mordere. Mordere, mordere, mordere.

 

No, maledizione, no!

 

Ripensò a Ninfadora, all’ecografia del suo bambino, ai suoi suoceri, a Harry e a Sirius e James.

 

E finalmente sembrò che la nebbia si diradasse un poco dalla mente. Ma un’ombra incombeva su di lui.

 

Accadde in pochi secondi: Greyback era sopra di lui con le fauci spalancate. Poi un raggio l’aveva colpito, facendolo cadere a terra con un guaito.

 

La voce di Ninfadora l’aveva raggiunto, preoccupata, gridando il suo nome. “REMUS!”

 

Lui aveva abbozzato un sorriso, così insolito ed inquietante sulle fauci di un Lupo Mannaro. Lei aveva sorriso comunque, seduta su una scopa.

 

Poi un raggio – blu, blu, blu si ripeteva Remus – la colpì e Ninfadora fu sbalzata dalla scopa e cadde in mezzo al Tamigi, ricoperto di ghiaccio. Ci fu solo un sonoro schianto, ma niente urla.

 

Remus guaì e fece due grandi balzi, per raggiungerla, ma Greyback lo colpì a tradimento sulla schiena.

 

“Dove vai, piccolino? Preoccupato per la tua bella?” sogghignò sadico Greyback, zampettandogli intorno. “Non ti preoccupare… manderò qualcuno a prenderla.” Rise, e fece cenno ad uno dei Licantropi di muoversi oltre la sponda del fiume di ghiaccio.

 

Gli occhi di Remus si spalancarono spaventati, e fece per andare contro quel Licantropo, ma la strada fu sbarrata da Greyback.

 

“No, no.” Scosse la testa divertito. “L’unico modo per andare da lei è uccidermi, Lupin.”

 

Gli occhi di Remus si fecero rosso sangue.

 

*^*^*^*^*

La Spada di Serpeverde

[L’Ultimo Horcrux]

 

 

Voldemort era disarmato e gridava. Nessuno dei Mangiamorte osò muoversi, nessuno osò disperarsi con l’Oscuro Signore, nemmeno i più devoti e fedeli.

 

Harry cominciò a credere nella vittoria.

 

Ma il grido di Voldemort si interruppe e ci fu solo silenzio. Uno scorrere viscido si accese nell’immobilità. I Mangiamorte si ritrassero, aprendo un varco per l’enorme serpente che strisciava verso il suo Signore.

 

Nagini” bisbigliò Voldemort con gli occhi in fiamme per la gratitudine “Con te posso ancora vincere.”

 

Harry strinse gli occhi sul serpente: l’ultimo Horcrux.

 

Nagini scivolò fino ai piedi dell’Oscuro Signore che avevano ripreso a trasudare sangue. Voldemort si chinò, afferrandole l’attaccatura del capo. Mormorò una cantilena tra sibili e sogghigni.

 

Harry avvertì di nuovo qualcosa che gli sfuggiva, ma non era la vittoria, era la sua vita.

 

Il sibilo di Nagini si perse in un lampo d’argento e smeraldi. Voldemort sollevò la sua nuova arma: una spada lunga e affilata, l’elsa riproduceva un serpente aggrovigliato tempestato di smeraldi.

 

Harry riconobbe nelle fattezze di quella lama la spada di Serpeverde.

 

‘Ha trasfigurato il suo serpente nella spada di Serpeverde. Se è pericolosa come quella di Grifondoro non riuscirò a tenergli testa solo con la bacchetta di Piton.’

 

Ma, contrariamente alle sue previsioni, Voldemort schivò lo sguardo di Harry e puntò i suoi occhi rossi alle spalle del ragazzo.

 

“Tu sei stata la prima ad osare mancarmi di rispetto” sibilò con ira “E sarai la prima a morire così tra non molto potrai rivedere il tuo amato figlio.”

 

Voldemort si perse in un sogghigno terribilmente osceno ma Narcissa Malfoy non mosse un muscolo: il volto impassibile sembrava celare una tremenda rabbia che aspettava solo di esplodere. Ma Harry sapeva che la sola rabbia, per quanto forte fosse, non bastava per sconfiggere Lord Voldemort.

 

Voldemort sollevò la lama da terra, fendendo l’aria con un sibilo. Alle sue spalle Lucius Malfoy estrasse la bacchetta diretta contro l’Oscuro Signore. I Mangiamorte si ritirarono, bisbigliando al compagno deboli moniti d’avvertimento, ma la maggioranza si limitò a lanciargli occhiate d’approvazione e appoggio. Tra i più esultanti spiccava Darcy Donovan.

 

Voldemort avanzò, puntando verso Narcissa. Harry si ritrasse dalla sua traiettoria, lasciandolo sfrecciare al suo fianco. Puntò la bacchetta di Piton alle spalle di Voldemort, cominciando a mormorare l’Anatema della Morte; dietro di lui, sentì Lucius Malfoy fare lo stesso. Forse due Avada Kedavra mirati e potenti avrebbero potuto abbattere l’Oscuro Signore.

 

Narcissa restò immobile, non tentò neanche di alzare la bacchetta; le parve che le bastasse l’ira e il dolore di una madre per annientare l’assassino del proprio figlio. Ma il resto dei presenti sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.

 

“Sono stata io!”

 

Ancora un grido giunse ad interrompere l’avanzata dell’Oscuro Signore. Sia Narcissa che Voldemort si voltarono verso la voce.

 

Samantha Drake era in piedi, a pochi passi dal corpo di Draco, con un ampio sogghigno sul viso. “Io ho ucciso tuo figlio. E’ vero, l’ho fatto per ordine dell’Oscuro Signore, ma sono stata io a pronunciare l’Anatema della Morte.”

 

Per un istante sembrò solo che il volto di Narcissa si fosse congelato in un orribile stupore, poi si infiammò di collera ceca: ora conosceva il suo obiettivo, lo scopo della sua vita dall’istante in cui aveva abbracciato il corpo gelido del figlio era stata la vendetta, e ora poteva sperare di uccidere l’assassina di Draco.

 

Si dimenticò completamente di Lord Voldemort e della battaglia, o del motivo per cui si trovasse lì a combattere quella guerra; si lanciò contro Samantha desiderando solo la sua morte.

 

Voldemort sogghignò, pronto a colpire Narcissa con la spada.

 

Harry prese la mira e lanciò un Avada Kedavra.

 

La lama della spada rifletté il lampo verde e permise a Voldemort di respingere il colpo; puntò la spada di Serpeverde contro l’anatema: l’incantesimo rimbalzò sulla lama, proiettandosi nel cielo.

 

Harry fremette: la spada era in grado di respingere gli incantesimi; forse non ce l’avrebbe fatta.

 

Sentì corrergli accanto qualcuno e vide Lucius Malfoy che oltrepassava Lord Voldemort senza timore. Dietro di lui Narcissa tentava disperatamente di colpire Samantha, ma due Mangiamorte bloccavano e respingeva tutti i suoi anatemi ma non facevano niente per colpirla. Lucius fiancheggiò la moglie e presero a combattere insieme, uniti da una furia tremenda, per vendicare la morte del figlio.

 

Voldemort lanciò un’occhiata disgustata ai Malfoy e si volse a Harry che indietreggiò nella mischia di Mangiamorte. In un attimo l’Oscuro Signore gli fu di fronte con la spada levata in aria. Un gemito giunse dalla schiera oscura: i Mangiamorte erano terrorizzati.

 

“Ascolta, Voldemort” attaccò Harry in tono solenne “Forse non sopravvivrò alla battaglia, ma vincerò comunque. La guerra è persa per te, così come hai perso l’appoggio dei tuoi Mangiamorte, il rispetto, il tuo corpo e la tua anima: non ti resta più niente.”

 

Voldemort lanciò un ringhio e si riprese in un sorriso sprezzante. “Sei tu che devi ascoltarmi, Harry. L’Oracolo ha previsto una sicura vittoria oscura, e sarà quella che avrò.”

 

“Ti sbagli” ribatté Harry “Hai sempre riposto troppa fiducia nelle Profezie; è per una Profezia che hai deciso di rovinarmi la vita, ma… adesso mi va bene così, perché è la tua stessa fiducia nelle Profezie che ti porterà alla morte.”

 

Voldemort ghignò. “Provaci, allora.”

 

Harry scattò in avanti. Voldemort roteò la spada sopra la testa fino a farla diventare un vortice di luce verde.

 

“Questo ha lo stesso effetto dell’Avada Kedavra” ghignò Voldemort prima di calare la spada su Harry.

 

Ci fu un lampo. A Harry sfuggì un urlo acuto. La spada lo aveva sfiorato ma anche così la lama era riuscita a fendergli il braccio destro, lasciandogli una profonda ferita verticale che percorreva tutto l’avambraccio. Dovette mollare la presa sulla bacchetta di Piton.

 

Harry si portò una mano alla ferita e la sentì inzupparsi subito di sangue, che a terra stava già sgocciolando in una considerevole pozza vermiglio scuro. Si rese conto di perdere troppo sangue, il braccio ferito gli tremava e la testa cominciò a vorticare.

 

Voldemort gli rivolse un sorriso calmo ma che celava una grande euforia di trionfo. “Vedi, Harry, te l’avevo detto: una sicura vittoria oscura. Non hai l’esperienza né tantomeno il talento per riuscire a sconfiggermi. Ora non puoi più utilizzare il braccio destro, quello con cui esegui gli incantesimi: sei morto, non puoi usare la magia.”

 

Harry serrò i denti e vide Voldemort rialzare la spada: ora non aveva più speranze.

 

Stava per calare sul suo capo, il ghigno del Signore Oscuro non cedeva, era tirato al limite, assolutamente soddisfatto. Ma ci fu uno strappo e il ghigno cedette: dal mento di Voldemort prese a gocciolare una disgustosa sostanza verde simile alla bile.

 

Harry si chinò per raccogliere la bacchetta di Piton e dovette mollare il tampone sulla ferita con un forte gemito di dolore. Le dita della mano sinistra si chiusero sul liscio legno del bastoncino, pronte a scattare in aria per colpire l’aggressore, ma fu troppo tardi. Voldemort si era ripreso, più incollerito di prima e la spada stava scendendo.

 

Un altro schianto ed Harry ne fu quasi certo: quello schianto era lo strappo del suo collo mozzato. Ma la spada volò via sotto l’impeto di un violento schiantesimo.

 

Harry si voltò e vide Ginny ansante, con la bacchetta levata e pericolosa. I Mangiamorte l’avevano lasciata libera.

 

Il cuore di Harry grondò di gratitudine quando si rialzò traballante a causa della ferita e scorse Voldemort disarmato e impotente. Ma poteva ancora recuperare la sua arma.

 

Ginny fu più svelta. Gridò disperatamente: “Accio spada!”

 

E la spada di Serpeverde levitò sopra il capo fiacco dell’Oscuro Signore fino a posarsi tra le mani di Ginny.

 

“Come osi impugnare la spada del mio antenato!” ringhiò Voldemort scattando contro Ginny.

 

Con un enorme fatica e uno strappo al braccio Harry riuscì a voltarsi e a puntare la bacchetta alle spalle di Voldemort. Un raggio verde partì dalla sua bacchetta e questa volta Harry seppe di non aver fallito.

 

L’Oscuro Signore venne colpito dall’Avada Kedavra di Harry dritto in mezzo alle scapole. Si piegò all’indietro quasi come se il corpo fosse stato troncato in due e rovinò a terra inerme.

 

I Mangiamorte trattennero il fiato, attendendo che il loro immortale Padrone si levasse di nuovo per affrontare e sconfiggere il Prescelto; alcuni temevano il suo ritorno, alcuni bisbigliarono sottovoce ‘fa che sia morto’.

 

Ma dopo qualche attimo, presero a respirare liberamente. Il loro Signore non si sarebbe più rialzato.

 

Harry abbandonò la bacchetta di Piton al suolo e si gettò verso Ginny, ignorando la fitta lancinante al braccio. Si bloccò a pochi, fatali passi da lei che ancora stringeva la spada di Serpeverde. Stava per protendersi e abbracciarla, quando un ghigno gli giunse alle spalle.

 

Il volto di Ginny impallidì ma mai quanto quello di Harry già stremato dalla perdita di sangue.

 

Si levò un borbottio dai Mangiamorte, gemiti di delusione: l’Oscuro Signore era ancora vivo.

 

Era ritto dove Harry l’aveva colpito con l’Anatema della Morte, ai suoi piedi una pozza di sangue misto a sudore e ai liquidi di ciò che restava del suo corpo; la pelle ormai era attaccata alle ossa, il suo intero essere stava diventando uno scheletro. Ma Lord Voldemort riusciva ancora a sogghignare: “Bel tentativo, Harry. Ma hai dimenticato che sono immortale? Non mi puoi uccidere ferendo questo corpo che ormai sta già morendo… un ultimo Horcrux mi protegge.”

 

Ginny sentì la spada di Serpeverde agitarsi tra le sue mani e lanciò un’occhiata disperata a Harry.

 

Harry era sgomento: Voldemort era ancora vivo e lui non poteva più usare la magia, ma forse…

 

Strappò la spada dalle mani di Ginny con il braccio ancora illeso e la pregò con lo sguardo. “Ginny ti prego, aiutami, ma, ti scongiuro, non morire.”

 

Lo sguardo di Ginny era acceso di determinazione. “Non ti preoccupare, Harry, ti aiuterò ma non morirò.”

 

Harry provò l’impulso di baciarla sulle labbra, ma si trattenne con un sorriso incoraggiante. Sguainò la spada contro Voldemort.

 

L’Oscuro Signore o ciò che ne restava sogghignò e fu solo il suo teschio a piegare l’osso della mascella, ormai visibile. “Ardito, Harry, davvero molto. Ma non funzionerà, solo io posso usare la spada di Serpeverde, nelle tue mani è solo una vile spada babbana. Ma su… coraggio, attaccami! In questo stato mi basta toccarti per ucciderti.”

 

Harry sbarrò gli occhi e rammentò Sirius dietro il Velo. Regulus gli aveva detto che quando un essere perde il suo corpo ma resta nel mondo degli uomini non come un fantasma, col solo tocco può strappare l’anima ai corpi viventi.

 

Una goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena. Aveva paura, ma timore per Ginny, non per se stesso. Ormai, con quella battaglia, era giunto quasi ad accettare la propria morte come inevitabile; ma Ginny, i suoi amici, tutti loro dovevano sopravvivere.

 

Ma Voldemort doveva morire e gli occorreva il sostegno e la forza di Ginny. Le lanciò un’occhiata piena di significato. “Non morire. Non ti farò morire.”

 

Partirono entrambi all’attacco, Harry che brandiva la spada sorretto da Ginny che impugnava la propria bacchetta.

 

Voldemort era immobile e ghignava: era certo di poter vincere, anche se aveva perso il corpo e spezzato la sua anima perché la Profezia aveva annunciato una sicura vittoria oscura.

 

Allungò le dita, ormai ridotte a ossi che grondavano pelle e sangue, verso il viso di Harry, contratto dall’affanno e dalla risoluzione.

 

Harry e Ginny levarono spada e bacchetta. Voldemort aprì la mano: artigli che al solo tocco portavano la morte.

 

Ci fu lo scontro e i Mangiamorte sibilarono.

 

Harry vide il bagliore omicida negli occhi rossi di Voldemort e desiderò solo una cosa: ‘Le persone che amo devono salvarsi.’

 

*^*^*^*^*

La Fine…

 

 

I corpi di Ron ed Hermione giacevano svenuti ormai da troppo tempo.

 

Il tremendo Cruciatus subito da Hermione l’aveva scaraventata a terra: la folta chioma nascondeva un grumo di sangue.

 

La ferita aperta sul braccio di Ron non aveva smesso di sanguinare.

 

Nessuno dell’Ordine arrivava. Solo una nebbia ghiacciata.

 

Ron rabbrividì anche se svenuto: il braccio lacerato si contorse quando un fiato gelido gli sbuffò contro.

 

Il Dissennatore era tornato ed era pronto a succhiare l’anima dei due.

 

*

 

Harry sedeva in disparte, osservando la fine di quella battaglia. Ma non la fine della guerra.

 

I Mangiamorte tacevano in muta raccolta. L’Ordine li aveva incatenati, pronti per un’infinita prigionia ad Azkaban.

 

Narcissa Malfoy fu costretta a staccarsi dal corpo del figlio, trascinata col marito al medesimo destino degli altri Mangiamorte. Ma Samantha restò china sul corpo di Draco e non venne sfiorata da nessuno, così come i due Mangiamorte che l’avevano protetta e Darcy Donovan.

 

Per loro, qualunque atrocità avessero commesso in guerra era perdonata.

 

Ginny si stava ritirando, si stava allontanando da lui, affiancata da un guaritore e da un Auror. Cercava la famiglia e cercava Han.

 

L’ultimo Horcrux, la spada di Serpeverde giaceva silenziosa, conficcata nelle reliquie di Lord Voldemort. Ormai di lui non restavano altro che le ossa.

 

E restava il ricordo. Lord Voldemort era morto ma era l’Oscuro Signore.

 

Per questo, Harry lo sapeva, la guerra non era finita con la morte di Colui-che-non-deve-essere-nominato.

 

 

 *=*=*=*=*=*=*=*

 

 

Al solito, il ritardo è da attribuirsi a Kaho, che ammette pienamente le sue colpe.

Signori, questo è l’ultimo capitolo, ebbene sì, vi lasciamo a questo punto. Sadiche, vero? *risate malefiche di sottofondo*

Dunque, dunque, direi che dovete assolutamente leggere anche la seconda parte per poter saziare la nostra curiosità, non credete? Vi aspettano la fine della Guerra e il dopo-guerra, la parte più interessante! *__*

Speriamo solo che non ci odiate per aver interrotto qui, è tutto programmato per assetarvi di curiosità! XDDD

 

 

Risposte veloci:

EDVIGE86: Troppo buona troppo buona, se quello di prima ti aveva ucciso questo ti avrà stroncato! XDDD Cerca di non morirci però eh! Che noi ci teniamo ai lettori! *__* Grazie mille! Bye!

HarryEly: Ciao! ^-^ Allora che ne dici di questo? Ti piace? Siamo troppo felici per i commenti, mille grazie, troppo gentile! ^///^ Ci devi seguire anche nella seconda parte, ci contiamo eh! XD Bye!

ninny: Grazie! ^^

Nana92: Bene, abbiamo visto il tuo entusiasmo per la nostra storia e ne siamo orgogliose! XDDD Grazie mille per i complimenti, anche a Samy è venuta voglia di Ciobar! *ç* Eh, sì, tra Marshall e Ron saranno sempre guai temo! XDD A presto con la seconda parte! ^__-

Saty: Tu meriteresti una risposta lunghissima, ma i tempi stringono e non possiamo dilungarci, sappi solo una cosa, donna: ti adoriamo! *___* Samy voleva aggiornare solo per leggere un tuo commento, pensa un po’ te! XDDD Riesci a farci ridere e nel contempo comprendi i punti chiave, dando spazio a tutti i momenti… sei un geniaccio, Saty! *___* Grazie mille per tutto! ^^ Bye!

 

Ed ora, ci sentiamo nella seconda parte!

Bye gente bella! XD

 

Samy&Kaho

[Ordine di importanza come autrici ù.ù]

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=87125