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Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla
scrittrice J
Nota delle autrici: Tutti i diritti di Harry Potter vanno alla
scrittrice J.K. Rowling, all’editore inglese Bloomsbury, alla Warner Bros…
Note di scrittura:
aaaaa à narrazione (3^ persona, narratore onnisciente)
“…” à discorso diretto
aaaaaà pensieri (incantesimi,parole straniere, parole enfatizzate)
*^*^*^ à
cambio di luogo
*** à salto di tempo, stesso luogo
≈≈≈ nome ≈≈≈ à
inizio del P.O.V. (Point Of View); narrazione in 1^ persona; riflessioni
≈*≈*≈ à fine del P.O.V.
[quanto tempo fa] à inizio del Flash Back
[+*+*+] à fine del Flash Back
=*=*=*= à
fine del capitolo
Progetto “Past Legacy” di Samy_chan&Kaho_chan
In fervida attesa di “Harry
Potter 7 by J.K. Rowling” vi proponiamo questa allettante alternativa, che
speriamo possa riscuotere successo.
Il Progetto “Past Legacy” consiste
nello sviluppare una Trilogia di cui la prima parte
(P a s tL e g a c y :H P 7) è un ipotetico settimo libro con un’avvincente se non
intricatissima trama, che però ha un senso (come tutte le trame di Harry
Potter), nessun personaggio verrà trascurato nella complessità psicologica, in
particolar modo alcuni beniamini delle scrittrici.
La seconda parte (P a s tL e g a c y :Post War) è più un intermezzo che spiega l’evolversi
della società magica e babbana dopo la Seconda Guerra Magica dedicata in gran
parte agli ingaboli romantici di alcune famigerate coppie di maghi e streghe;
non possono mancare i matrimoni dei nostri vecchi eroi e le nascite dei nostri
nuovi eroi: i Talenti. In sostanza è un lungo epilogo di P a s tL e g a c y :H P 7e un lungo
prologo di P a s tL e g a c y
:Over TimeLine.
Dopo aver guardato tutte le
stagioni di X-Files mi è venuto il pallino del complotto e ho invitato Kaho,
costretta in realtà, a dedicare una parte della Trilogia alle associazioni
segrete e ai complotti governativi… ne segue la prima parte di P a s tL e g a c y :Over TimeLine (L’epoca dei Talenti). In breve è il racconto
dei Talenti, giovani maghi particolarmente dotati tra cui vi sono i figli di
nostre vecchie conoscenze, che intraprendono una missione pacifica a spasso nel
tempo per ristabilire le drammatiche ripercussioni che ha avuto la magia oscura
in quegli anni. I viaggi nel tempo non vincolati al futuro, possibili solo
grazie ad un Master of Tempus, porteranno il gruppo di ragazzi a faccia a
faccia coi loro genitori da giovani in imbarazzanti incontri che culmineranno
con emozionanti rivelazioni e altro ancora… poi ancora indietro fino al tempo
in cui Hogwarts era governata dalla mano despota dei Malandrini… poi ancora
indietro sino all’adolescenza mal vissuta dell’irriverente e ambizioso Tom
Riddle… poi sempre più indietro fino a giungere all’epoca dei Fondatori di
Hogwarts, in un’Inghilterra stile “I Pilastri della Terra” di Ken Follett, dove
maghi e streghe sono considerati il demonio sceso in terra… e poi un brusco
balzo in avanti, alla fine della prima parte della TrilogiaP a s tL e g a c y :H P 7 : i
Talenti rivivranno il dramma della Seconda Guerra Magica aiutati da un alleato
inimmaginabile.
Avvertenze: le scrittrici si
dimostreranno un tantino imparziali nella stesura dei capitoli; noterete infatti
che Samy e Kaho (parliamo di noi in terza persona, siamo pazze ^__^)
prediligono alcuni personaggi (e chi non lo fa?) e ne odiano altri (ex.:
Severus Piton… abbiamo tentato di scavare a fondo nella testa di Piton
concludendo che la sua è stata una vita travagliata con un passato oscuro e
deprecabile, ma resta comunque una vittima colpevole, molto colpevole).
P a s tL e g a c y :H P 7
Dopo il preludio in “Harry Potter
e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con
terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di
Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari
Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando
al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle
continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore
inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny
ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
Personaggi: un po’ tutti,
Harry/Ginny, Hermione/Ron, Draco Malfoy, Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Azione,
Romantico
Raiting: NC-13
Avvertenze: Spoiler del 6°
libro
P a s tL e g a c y :Post War
P a s tL e g a c y :Over TimeLine
Parte I: L’epoca dei Talenti
Parte II: Reborn
Parte III: Marauder’s Time
Parte IV: Quite a Dark Lord
Parte V: L’epoca dei Fondatori
Parte VI: Two Times Second War
*^*^*^*^*^*^*^*^*
Prologo
Quando Draco riprese i sensi, stava ancora stringendo
freneticamente la bacchetta che una settimana prima si era rifiutata di
assassinare il suo preside... ex preside. Era disteso accanto al fuoco che
brillava intensamente scaldandogli la tunica intrisa di sudore freddo; la
cravatta, una volta impeccabile e pulita, ora era incrostata di terra e fango.
Sopra il suo corpo ancora tremante e sconvolto era lievemente poggiato il
mantello con lo stemma dei Serpeverde.
A qualche passo da lui, sull’imboccatura della caverna, stava
ritta una figura oscura: era un uomo magro e ossuto con un prominente naso
adunco che spiccava in profilo; la pelle giallastra e smunta rifletteva la luce
della luna piena che brillava in un cielo notturno particolarmente tetro. La
figura si voltò come al rallentatore agitando nel vento i capelli pece e
puntando i suoi occhi nero inchiostro in un’accoppiata grigia chiara, piena di
timore “Non preoccuparti” mormorò l’uomo “Ho perlustrato la zona e non ci sono
tracce di Auror. Questa notte partiremo per raggiungere il covo del Signore
Oscuro, sempre che nessuno ci stia pedinando…” e riprese a fissare con
intensità il buio impenetrabile della notte.
“Finalmente” esultò Draco tuttavia rimanendo cupo “Non ne
potevo più di girovagare per l’Inghilterra ridotto in queste condizioni. Questo
aspetto scialbo non si addice ad un Malfoy.”
Severus Piton restò ritto e immobile “Farai meglio a non
curarti di queste cose. Non ti voglio scoraggiare ma dubito che in mezzo ai
Mangiamorte riceverai tributi da re.”
Draco si agitò sul pavimento della caverna “Per quale
motivo?” domandò con euforia “Non è forse merito mio se ora Silente è morto?”
“Errato o almeno parzialmente sbagliato” disse Piton
flebile “Io ho ucciso Silente tu ti sei limitato ad intrappolarlo.”
Il viso del ragazzo si contorse indignato “Limitato ad
intrappolarlo? Ma si rende conto di ciò che sta dicendo? Non ha idea di
quanti e quali salti mortali abbia dovuto fare per intrappolarlo!” si
alzò in piedi strepitando contro l’uomo, poi le sue labbra si abbandonarono ad
una smorfia ironica “Ma perché mi sorprendo. Lo sapevo che TU alla fine avresti
vinto… falso e infido, per questo sei il suo Mangiamorte preferito.”
“Gradirei che mi prestassi un po’ più di rispetto, Draco”
lo ammonì Piton con voce incolore.
Draco si concesse una risata impertinente “Perché dovrei
farlo? Tu non sei più il mio professore.”
Piton rimase impassibile a contemplare l’oscurità notturna
“Non parlo in nome di professore, ma in qualità del Mangiamorte più potente di
tutti o il favorito del Signore Oscuro, come preferisci…”
“Se mia madre non l’avesse costretta a fare il Voto
Infrangibile scommetto che in questo momento sarei sul fondo di un fosso” lo
accusò il ragazzo digrignando i denti.
Severus fece un sospiro scocciato “Non parlare a vanvera,
sei stanco e affaticato, non è il caso che ti agiti con tutte queste ciance.”
“Certo che lei è davvero incredibile!” esclamò Draco “E non
le permetto di darmi degli ordini, io sono l’ultimo dei Malfoy e ho avuto
successo in una missione che neanche il Signore Oscuro è risuscito a compiere,
quindi anche lei mi deve rispetto.”
“Frena la lingua, Draco” mugugnò Piton “Ti ho già spiegato:
non hai portato a termine la missione, tu non hai ucciso Silente.”
“La prossima volta ce la farò, ad uccidere una persona”
tentò di giustificarsi Draco, tuttavia incerto delle parole che pronunciava “Ma
ho comunque svolto un lavoro impeccabile che ha contribuito alla sua morte, ci
sarà una ricompensa per me.”
“Certo che c’è” ghignò Piton, poi i lineamenti del suo
volto si allentarono “No. Scusami, Draco. Avrei dovuto dirtelo da un po’, ma
non ne ho avuto il cuore visto come eri ridotto dopo la fuga da Hogwarts” il
ragazzo lo fissò con occhi impazienti “Io conosco beneil Signore Oscuro” continuò Piton “E’
probabile che decida di punirti perché non gli hai ubbidito.”
Il ragazzo soffocò a stento un urlo “Che cosa!?”
Piton permise ad un vago sentore di compassione di
intaccare il suo volto austero “Gli hai disobbedito, non hai ucciso Silente
anche se ne avevi l’occasione. Per lui non conta il resto, ciò che importa al
Signore Oscuro e che non hai eseguito i suoi ordini alla lettera.”
Draco aprì la bocca come per protestare ma, rassegnato dal
volere del Signore Oscuro, nascose il viso tra le mani “Non è possibile, dopo
tutto quello che ho fatto e che ho rischiato…”
“Vuoi tirarti indietro?” disse Piton impassibile “Fallo e
lui non esiterà ad ucciderti, ma sei un pesce piccolo quindi si limiterà a
commissionare il tuo assassinio a qualche Mangiamorte.”
“E i Mangiamorte lo faranno? Anche se sono il figlio del
loro compagno” chiese Draco con voce tremante.
“Senza esitazione” rispose secco Piton “Da quando tuo padre
si è fatto catturare dall’Ordine della Fenice e ha perso la profezia la stima
che i Mangiamorte avevano nei suoi confronti è crollata vertiginosamente; direi
che ora quasi lo disprezzano, disprezzano lui e tutta la sua progenie, tutta la
famiglia. Il Signore Oscuro si è infuriato molto saputa la perdita della
profezia e siccome tuo padre era già stato portato ad Azkaban con altri si è
dovuto sfogare sui Mangiamorte presenti e, credimi, non è stato per niente
magnanimo, pur sapendo che non avevano alcuna colpa per il fallimento del piano
affidato a tuo padre.”
“Quindi non posso aspettarmi pietà da loro, né rispetto”
mormorò Draco desolato.
“Esatto, e stai bene attento” lo avvertì Piton “da quando
sono stati torturati in vece di tuo padre non vedono l’ora di avere sotto le
mani un Malfoy per rendergli il favore.”
Il volto del ragazzo si incupì e si lasciò sfuggire dalle
labbra una risata straordinariamente triste “Quindi, dopo una settimana di
vagabondaggio, mi aspetta tortura e tirannia nel covo del Signore Oscuro? E’
così?”
“Sì” assentì Piton, sinceramente dispiaciuto per il ragazzo
“Mi dispiace molto Draco, ma non devi pensare di abbandonare il Signore Oscuro
o verrai sicuramente ucciso, mi hai capito bene?”
Il ragazzo fece un sospiro amareggiato “Anche lei mi
ucciderebbe se glielo ordinasse il Signore Oscuro?”
“Ho giurato a tua madre di proteggerti…” disse Piton
esitante.
“Lasci perdere il Voto Infrangibile, e se non fosse sotto
l’influsso di quell’incantesimo, mi ucciderebbe?” domandò con insistenza Draco.
Le labbra di Piton non si mossero e l’uomo riprese a
fissare la notte “Questo è il momento più buio della notte” mormorò “è arrivato
il momento di raggiungere il covo oscuro; alzati in piedi e seguimi, bacchetta
alla mano.”
Draco si alzò a fatica con le gambe che gli tremavano per
l’assopimento “Non hai finto in tutto per questi ultimi sette anni, almeno non
come mio padrino… lo spero” biascicò lui seguendo fiduciosamente il suo
ex-professore di Pozioni.
Piton avanzava veloce, con testa e collo protesi in avanti, servendosi sovente
della bacchetta per vagliare con più attenzione la strada davanti a lui. Era
molto difficile per Draco seguirlo a passo spedito dato che tutte le
articolazione gli dolevano, ma Piton sembrava non avere intenzione di
abbandonarlo e, se vedeva che era rimasto indietro, si fermava pazientemente
per aspettarlo.
“Manca poco, non ti preoccupare” esordì Piton
all’improvviso “Si può giungere al covo del Signore Oscuro solo
smaterializzandosi da un punto ben preciso: si chiama canale di fuga;
c’è n’è uno anche a Hogwarts, sai? Ma non ho mai capito dove fosse il punto
esterno, Silente non me l’ha mai voluto dire. Almeno in questo è stato
provvidente” ghignò infine Piton.
Draco aveva notato una cosa: il carattere solitamente
freddo e distaccato di Piton mutava in adirato e quasi rabbioso quando parlava
di Silente; per quale motivo? Lo aveva ucciso tradendo la sua fiducia, caso mai
avrebbe dovuto essere minimamente dispiaciuto, e non provare rancore verso
quell’uomo che lo aveva protetto fidandosi ciecamente di lui.
“Ecco” disse Piton “C’è un sentiero che scende fino ad una
piccola grotta scavata sotto terra; è là in fondo che dobbiamo andare. Seguimi,
Draco.”
Un terribile fetore giungeva dall’apertura nella roccia che
additava Piton; c’era odore di morto.
“Laggiù ci sono degli Inferi, ma non devi temere Draco; non
attaccano coloro che portano il marchio oscuro.”
L’uomo fece strada e Draco lo seguì tuffandosi nel buio.
L’apertura era stretta e oscura ed entrambi dovettero ricorrere al Lumos
per capire dove mettere i piedi. Scesero di qualche metro e toccarono il fondo
della caverna, dove scorreva dell’acqua salmastra.
Piton si girò brevemente verso il ragazzo che sguazzava
nell’acqua del torrente poco profondo “Se senti qualcosa che ti batte contro le
gambe non avere paura; sono gli Inferi. Ma come ho detto prima non ti
attaccheranno. Ora vieni e stammi vicino, questo posto è un labirinto.”
Draco riuscì ad accennare col capo e proseguì tenendosi a
lievissima distanza da Piton. Avanzarono a lungo a tentoni nella lunga gola
sinuosa, e alle gambe stanche di Draco sembrò durare un’eternità. Piton
intraprese complicate svolte a destra e a sinistra, mentre, dietro di lui,
Draco tentava di schivare qualsiasi cosa vedesse nell’acqua, sperando di non
essere nemmeno lontanamente sfiorato da un Inferus. Man mano che procedevano il
canale si faceva più ampio e meno profondo e il livello dell’acqua si abbassava
gradualmente..
“Ci siamo quasi, qualche deviazione e ci siamo” ansimò
Piton mentre arrancava nell’acqua
D’un tratto una figura biancastra si delineò sul fondo poco
profondo del fiume: era un Inferus e puntava inesorabile verso di loro.
Il ragazzo si fece prendere dal panico agitando la
bacchetta contro l’Inferus “Aveva detto che non ci avrebbero attaccati!”
sbraitò contro Piton.
“Infatti” fece freddamente l’uomo “Probabilmente non siamo
soli.”
E, confermando le aspettative di Piton, l’Inferus li
oltrepassò sfiorandoli appena con enorme disgusto di Draco e puntò verso
qualcosa di indefinito che sostava dietro di loro. Ci furono delle urla d’uomo,
delle scintille di bacchetta e una voce che gridava: “Ritirata! Torneremo con
dei rinforzi!”
“No che non lo farete” sibilò Piton spingendo Draco a
retrocedere verso gli urli “Muoviti, Draco! Non possiamo permettere che quelli
rivelino l’ubicazione dell’accesso al covo oscuro. Dobbiamo eliminarli e
finalmente mi proverai se quello che hai detto corrisponde a verità: sarai in
grado di ucciderli.”
Draco avanzò esitante spintonato dall’uomo dietro di lui.
Dopo interminabili attimi riuscirono a raggiungere l’apertura nella roccia e ad
uscire. In lontananza spiccava solo la figura pallida della luna piena, non
c’era traccia di uomini.
“Perfetto!” esordì Piron ironico “Sono fuggiti. Ora come
faremo a riprenderli, me lo vuoi dire Draco?”
Il ragazzo distolse lo sguardo da quello di Piton;
detestava ricevere dei rimproveri. Ma non poteva negare la soddisfazione che
aveva provato nel vedere la piana attorno a loro completamente deserta; non si
sentiva ancora pronto per uccidere qualcuno.
Ma quando Piton stava ancora fissando con aria di
rimprovero il ragazzo, la stessa voce che poco prima aveva gridato nella
caverna, strillò: “Attaccateli! Sono dei Mangiamorte!” E, comparsi dal nulla,
cinque Auror si materializzarono attorno a loro, imprigionandoli in un cerchio.
I raggi scaturiti dalle bacchette viaggiarono verso di loro e Piton fece appena
in tempo a scansare Draco evitando che uno Stupeficium lo colpisse in
pieno.
Severus Piton si guardò attorno valutando le probabilità di
fuga da quell’imboscata “Dobbiamo combattere!” strepitò “Non sono dell’Ordine
della Fenice, sono dei tirapiedi del Ministero, ma sarà comunque difficile
sconfiggerli: siamo due contro cinque.”
Draco estrasse prontamente la bacchetta; era determinato a
non farsi catturare: non potevano mettere un altro Malfoy dietro le sbarre! A
quel pensiero l’immagine di suo padre immerso nella desolazione di Azkaban,
reso vile e miserabile dalla prigionia gli fece stringere il cuore in una morsa
di dolore e allentare la presa sulla bacchetta.
“Coraggio Draco!” lo esortò Piton “Devi ucciderli!
Uccidili! Uccidili!”
Quelle parole gli rimbombavano nella testa; fastidiose. Avada
Kedavra; doveva solo pronunciare quelle due, misere parole, sillabarle, ma,
niente… non ci riuscì. La pietà e quel briciolo d’innocenza che gli restavano
gli ostruivano la gola e gli facevano tremare il braccio, incontrollabile.
L’Auror di fronte a lui colse l’opportunità e “Stupeficium!”
gridò.
Draco venne sollevato da terra con una forza immane e
scaraventato contro le asperità della viva roccia. Un dolore allucinante gli
avviluppò la schiena mentre vide l’Auror avvicinarsi sorridendo. Piton era
impegnato nella battaglia contro gli alti quattro; la sua superiorità di
combattente presa singolarmente era indiscutibile, ma ora che ne doveva
affrontare quattro, per quanto incapaci fossero, lo scontro lo teneva ben
occupato; non aveva tempo per salvarlo. Doveva salvarsi da solo.
Puntò la bacchetta contro l’Auror e riuscì a biascicare
sommessamente un “Avad…” ma l’esitazione lo vinse e l’Auror diede un
calcio alla bacchetta che volò lontano.
Un altro Auror riuscì a liberarsi dallo scontro contro
Piton e fu al fianco dell’altro in un batter d’occhio “Cha facciamo?” chiese
questo “Quanti anni pensi che abbia? Non ti sembra un po’ troppo giovane per
essere un Mangiamorte?” L’altro rispose: “E’ sicuramente un Mangiamorte.
Guarda, ha la divisa di Hogwarts, scommetto che è quel Serpeverde che ha
complottato l’assassinio di Albus Silente: è Draco Malfoy.”
Il ragazzo sussultò: dunque tutti conoscevano le sue colpe,
sapevano che era stato lui a ordire il piano per uccidere Silente. La minima
intenzione che aveva avuto prima di abbandonare i Mangiamorte e le schiere del
Signore Oscuro scomparve all’istante. Ora era marchiato a vita come un Mangiamorte
assassino, nessuno mai l’avrebbe voluto dall’altra parte; ora poteva augurarsi
solo la vittoria del Signore Oscuro.
“Uccidiamolo” disse crudele un degli Auror “Non possiamo
permettere che un criminale del genere marci a piede libero; questi sono gli
ordini del Ministro: tutti coloro che si scoprono in combutta col Signore
Oscuro vanno uccisi” ed estrasse dalla tunica un lungo pugnale affilato “E
visto che non possiamo usare una Maledizione Senza Perdona saremo costretti
a far ricorso a mezzi più babbani.”
Draco indietreggiò inutilmente; era bloccato contro la
parete della caverna, l’apertura era molto distante da loro, non poteva usarla
come rifugio.
Vide l’Auror sollevare il braccio stringendo convulsamente
il pugnale; un ghigno gli contorceva il viso. Allora i mostri non sono solo
dalla nostra parte. Pensò Draco mentre fissava distrattamente e malinconico
il marchio oscuro impresso a fuoco sul suo braccio. Che ridicolo per me,
l’ultimo dei Malfoy, morire in questo modo, così miseramente; ma perché sto per
morire? Non lo so più nemmeno io… forse per qualcosa che mi hanno inculcato
nella testa da piccolo, ma è stato mio padre a farlo, e così suo padre… speravo
di poterlo fare anch’io con mio figlio, ma quella stessa idea ora mi condanna
alla più deplorevoli della morti, assassinato da un’arma babbana. Ma che mi
importa ormai? Avrò la fortuna di non vedere questa schifosa guerra distruggere
tutto. Pace all’ultimo dei Malfoy.
Il ragazzo chiuse gli occhi e con un’indicibile
rassegnazione, abbandonò il suo corpo contro la roccia; trattenne il respiro
per sentire la lama sferzare in aria e affondare nella sua carne. Pace.
Ma quel silenzio di attesa dolorosamente straziante venne
frantumato dall’urlo dell’Auror. Un ringhio atroce che costrinse Draco a
riprendersi da quel trance emotivo.
La mano stringeva ancora il pugnale, ma il braccio non era
più attaccato al corpo… l’Auror si contorceva in terribili convulsioni tentando
di arrestare il fiotto di sangue nero che gli zampillava dalla spalla squarciata.
Chi era stato? Draco voltò di scatto il capo verso Piton, giusto per
distogliere lo sguardo da quello strazio: l’uomo aveva appena colpito uno degli
Auror con un raggio verde, l’Avada Kedavra, l’anatema che uccide,
irraggiungibile incantesimo per Draco.
Piton si volse verso il corpo straziante attirato dalle sue
urla e scrutò torvo una figura dietro questo “Greyback” mugugnò sordido Piton.
Draco istintivamente si portò una mano alla gola rimasta
scoperta, strisciando contro la parete di roccia in direzione di Piton. La
luna, bella, tonda e piena, splendeva in cielo, pacifica; grazie a questo
stesso astro candido ora un mostro sanguinolento come Fenrir Greyback poteva
dare sfogo a tutta la sua furia animale, primordiale, incontrollabile e
selvaggia.
“Draco! Vieni via!” strillò Piton col viso livido dalla
preoccupazione.
L’ansia che gli attanagliava lo stomaco lo fece quasi
vomitare, tentò di voltarsi spinto da quella curiosità che ti invoglia a
scoprire le cosa più atroci. Alla fine si decise quando udì un altro terribile
rantolo. Un mastodontico Lupo Mannaro aveva azzannato alla gola l’altro Auror;
questi cacciò uno strillo terrificante e d’un tratto si fece grigio e immobile.
La bestia lo sballottolò tra le zampe come a volerci giocare e, quando il corpo
divenne troppo rigido e freddo, lo lasciò scivolare a terra emettendo un
ululato terribilmente simile ad una risata sadica.
L’altro Auror con il braccio staccato aveva il colore cereo
del marmo; il corpo scosso dai brividi, la fronte imperlata di sudore, gli
occhi imploranti che gridavano all’immonda bestiaccia di concedergli la
liberazione della morte. Ma Greyback, degenerato e perverso, lo abbandonò
accanto al corpo senza vita del compagno e si dedicò ad uno dei due Auror che
stavano affrontando Piton. Lo colse alle spalle e, spalancando le enormi fauci,
inghiottì la testa dell’uomo nella sua bocca famelica e strinse finché non
sentì il cranio dell’uomo frantumarsi. Aprì il muso passandosi la lingua sui
denti acuminati per gustare il sapore di cervello umano.
Draco, anche lui scosso da violenti brividi, ammirò quasi
ipnotizzato il capo deforme dell’uomo; poi la sua attenzione si concentrò
sull’altro Auror, il monco, che implorava con preghiere folli e confuse
l’arrivo della morte; non ne poteva più… Si girò verso Draco e lo supplicò di
ucciderlo. Quella richiesta poteva essere l’opportunità che aspettava per
dimostrare la sua caparbietà, per dimostrare a tutti che era in grado di
uccidere… ma la bacchetta era troppo lontana come il desiderio del ragazzo di
togliere la vita a un essere vivente. Rannicchiato contro la parete lasciò che
l’uomo soffrisse senza pietà.
Poi Draco scorse un lampo verde: Piton aveva ucciso l’altro
Auror. Con quale facilità riescono a uccidere? Sembra così semplice. Perché
io non ce la faccio? Che cos’ho che non va?
Greyback accortosi, pareva solo ora, della presenza del
ragazzo, iniziò una lenta marcia al trotto verso Draco.
“Greyback…” ansimò Piton come per bloccarlo.
Nonostante l’oscurità Draco si accorse che il lupo era
molto grosso, col pelo grigio tutto arruffato; gli occhi gialli parevano ardere
come due candele mentre la bestia gli veniva incontro barcollando vistosamente.
Draco rimase immobile. Solo quando fu abbastanza vicino da – non sia mai -
poter sfiorare la sua sudicia pelliccia, vide la bava che gli colava dal muso e
quegli occhi febbricitanti, ma ancora umani. Occhi di uomo malvagio e cinico.
Il ragazzo restò sempre statico, facilitato dalla paralisi
causatagli dal terrore, mentre il lupo gli annusava il viso e si avvicinava
pericolosamente alla giugulare scoperta.
“Greyback!” strepitò deciso Piton, marciando verso la
bestiaccia e strattonandogli il pelo del collo.
Il lupo non sembrò accorgersene e, piuttosto, si concentrò
sul tatuaggio a forma di teschio che restava scoperto sul braccio di Draco. Lo
annusò un paio di volte, poi, sollevando l’enorme testolone poggiò il muso
lungo e sporco di sangue contro la spalla di Draco, e spalancò le fauci.
Accadde tutto in un lampo. Il ragazzo già immaginava il suo
corpo straziato che giaceva in una bara tre metri sotto terra, mentre Piton,
più ottimista, augurava a Draco felici anni da Lupo Mannaro. Ma nessuna delle
due ipotesi si avverò giacché la bestiaccia preferì afferrare il lembo di
stoffa della divisa scolastica che copriva la spalla del ragazzo, evitando di
azzannare la carne. Sollevò il corpo di Draco senza troppa fatica trascinandolo
dal colletto della camicia e, sempre a fauci strette, lo fece ruotare
brevemente in aria e lo scaraventò nella pozza di sangue vicina, troppo vicina,
all’Auror monco, ancora vivo ma ormai con un piede nella fossa.
Draco si riprese sdraiato in una pozza di liquido vermiglio
dall’inconfondibile odore. Prima che si potesse rizzare in piedi l’Auror
superstite si precipitò su di lui e con una terrificante espressione sconvolta
implorò il ragazzo: “Uccidimi! Ti prego! Abbi pietà…”
Draco tentò di scrollarsi di dosso il corpo insanguinato
dell’Auror e di schivare con lo sguardo la sua spalla lacerata. Ma il peso
morto dell’Auror lo opprimeva troppo.
Greyback zampettò, quasi allegramente, nel mezzo del lago
di sangue e con una violenta zampata lanciò l’Auror lontano. Si fermò ad
osservare il viso di Draco, indicibilmente pallido e, in alcuni punti,
chiazzato di rosso; schizzi di sangue. Il lupo si chinò sul ragazzo e levò il
sangue raggrumato sulla guancia sinistra di Draco con una larga leccata; poi
balzò oltre il corpo frastornato del giovane e andò a finire l’Auror.
Draco tremava ancora, incontrollabile, quando commise l’imprudenza
di voltare il capo verso Greyback e l’Auror. Quest’ultimo rimase quasi commosso
nel vedere le fauci del lupo aprirsi; finalmente avrebbe avuto la pace tanto
agoniata; ma la bestia non gli concesse questo privilegio e, invece, strappò
un’abbondante porzione di carne e nervi dal braccio ancora intatto. Il dolore
fu tanto lancinante che l’Auror riuscì solo ad emettere un rantolo soffocato
dal fiotto di sangue nero che gli uscì dalla bocca. Draco, ancora sconvolto,
rimase a guardare il Lupo Mannaro che masticava e inghiottiva la carne
dell’uomo. Poi il lupo affondò di nuovo il muso nello stomaco dell’uomo
strappando assieme alla carne e a un pezzo di intestino anche parte della
divisa dell’Auror; Greyback mangiò il tutto con disinvoltura.
Se lo stava mangiando vivo! Draco distolse lo sguardo e
quando non avvertì più i rantoli disperati dell’uomo seppe che finalmente era
morto.
Piton allungò un braccio e afferrò la mano di Draco, che
ancora annaspava nel lago vermiglio, e riuscì a rimettere in piedi il ragazzo.
Una situazione analoga gli era capitata quando Potter lo aveva colpito con il Sectusempra.
Greyback sollevò il muso, ormai completamente rosso, e
ululò alla luna. Il verso che gli uscì dalla gola non era melodioso come il
richiamo che di solito emettono i lupi in tributo alla luna, ma era più simile
a un canto giulivo e sfrontato; troppo soddisfatto e gaio, mentre, alle sue
zampe, stava abbandonato il corpo dell’Auror, mozzato e irriconoscibile.
Draco era così follemente convinto che da un momento
all’altro un Elfo Domestico lo avrebbe cautamente risvegliato dal sonno a
Malfoy Manor. Sarebbe sceso per l’abituale colazione delle 8 e avrebbe
raccontato alla madre del suo agghiacciante incubo: “Non ti puoi immaginare,
Madre, un essere tanto immondo può esistere solo nei miei incubi.”
*^*^*^*^*^*^*^*^*
Dopo la morte di Sirius Black Grimuald Place numero 12
era diventato un luogo irrequieto come base dell’Ordine della Fenice, ma
scoperto il doppiogioco di Severus Piton, assassino di Albus Silente, i membri
dell’Ordine avevano ritenuto più che opportuno abbandonare l’antica dimora
della famiglia Black per cercare una nuova sede dove porre la loro base. Ora
l’avevano trovata: era un luogo insospettabile e persino i membri dell’Ordine
stentavano a credere di trovarsi tra quelle mura.
Quasi tutti i membri dell’Ordine avevano scelto la nuova
base come dimora dato che le loro abitazioni erano a rischio di attacco. Tra
gli inquilini si era subito creata un’atmosfera di pacifica convivenza, c’era chi,
però, protestava rispetto alla presenza di un membro dell’Ordine che durante
particolari notti, come questa ad esempio, diventava un coinquilino non
particolarmente pacifico…
La nottata sarebbe stata scura non fosse per la luna
splendente che fluttuava nel cielo nero. Questa era il paesaggio che si poteva
ammirare dalle vetrate della finestra magicamente protetta.
“Sei certo di non voler trasferirti qui con la tua
famiglia, c’è posto per tutti” propose Ninfadora Tonks osservando con un
pizzico di angoscia la luna piena che era appena sorta in cielo.
Un uomo grosso, dai capelli rossi e dal viso cordiale le
rispose con un gran sorriso: “No, non ti preoccupare. Non credo che i
Mangiamorte si abbasserebbero ad attaccare la Tana e poi ho riempito casa mia
di magie di difesa all’avanguardia; non c’è alcun problema.”
“Come preferisci; salutami Molly e gli altri” disse Tonks
guardando con ansia l’orologio al polso per controllare che fossero passati i
fatidici cinque minuti dal sorgere della luna.
“Tonks, dove vai?” chiese il signor Weasley seguendo con lo
sguardo la donna dai capelli rosa tenue che si accingeva a scendere le scale.
“Da Remus” fece lei brevemente.
Arthur parve sorpreso da quella risposta “Perché?”
“Voglio fargli compagnia. Sarei andata prima, ma… niente” Ti
ho detto che non mi importa se sei un Lupo Mannaro, ebbene è così, ma non
riesco a reggere lo sguardo quando ti trasformi.
Tonks scese con lentezza le scale, pur essendo impaziente
di vederlo; poggiò una mano alla parete per cercare sostegno. Poi avvertì il
tintinnio delle catene che scorrevano contro la pietra dei sotterranei. Davanti
a lei c’era un’inferriata di metallo pesante, l’entrata di una delle gabbie
usate una volta per rinchiudere le belve; usata ancora per rinchiudere le
belve… Tonks varcò la soglia della prigione col cuore in gola e fissò senza
esitazione la figura incatenata che poco si agitava nella parte più oscura dei
sotterranei.
Il lupo si mosse appena e tornò poi nel suo angolo buio,
lontano dalla luce della luna. Le catene strette alle zampe gli limitavano i
movimenti; quella non erano l’unica accortezza usata per imbrigliare l’animale.
Per terra, nell’angolo opposto, un miscuglio di erbe e liquidi parzialmente
consumato era raccolto in una ciotola di legno; si trattava chiaramente della
pozione anti-lupo.
“Vieni più avanti” lo incoraggiò lei facendogli un cenno
con la mano.
Il lupo, quasi avesse capito le parole di Tonks o reagendo
in risposta al suo gesto, avanzò lentamente finché la luce della luna gli
inondò il corpo. Era una creatura maestosa col pelo fulgido e argentato. Il
lupo brillava di una luce propria, imperlato dai riflessi candidi dell’astro
che gli conferivano un’aria spettrale, astratta, quasi soprannaturale; sembrava
fatto di un inconsistente fumo brillante… o almeno questo era ciò che vedeva
Tonks…
≈≈≈ Ninfadora Tonks ≈≈≈
Da quanto tempo ti sto fissando? Forse dovrei essere
intimorita dalla tua vicinanza, ma non è così, e non è solo perché hai preso
una pozione che blocca il tuo istinto. Sento che non avrei timore neanche se
fossi libero dalle catene, se non avessi bevuto la pozione… Sono una pazza,
forse. Sono convinta che tu non mi attaccheresti mai… so che non è così, ma ne
sono convinta: tu non mi faresti mai del male; forse il lupo sì, ma chi
è il lupo? Ti sto parlando o sto parlando al lupo? Il lupo… quella creatura che
ora osservo, ammaliata…
Vedendolo così posso cogliere il fascino selvaggio che non
ostenti mai quando sei uomo. E’ bello e maestoso, il pelo argentato sembra così
morbido, mi prega di accarezzarlo e anche il mugolio che gli esce dal muso
chino invoca un po’ di tenerezza; non posso resistere…
Sono una pazza, forse. Sto per accarezzare un Lupo Mannaro.
Ecco la mia mano che si allunga; e se la dovesse mordere? No, non devo
dimenticare chi c’è nascosto dietro a quel muso minaccioso: tu. E infatti lo
vedo esitare, indietreggia… è timido. Avanzo piano per non innervosirlo troppo
ed ecco che strizza gli occhioni color nocciola, sono i tuoi. Fanno giusto un
po’ d’impressione incastonati in una creatura così possente, creata dalla natura
per uccidere… ma i suoi, i tuoi occhi smentiscono tutto, in fondo sono lo
specchio dell’anima: tu sei ancora umano.
Lo comprendo solo ora. Questo lupo sei tu e sei umano…
Incredibile che proprio io sia riuscita a capirlo, io che forse sono eccentrica
e troppo egoista – l’unico pizzico di eredità della famiglia Black - ho sempre
preteso il massimo da me e dagli altri, ho sempre preferito il perfetto, senza
difetti, senza problemi. E mi sono innamorata di te; piano, piano… credevo al
colpo di fulmine, ma con te è stato diverso…
E’ a causa della mia incredibile arroganza se la prima
volta che ti vidi scappai a piangere in camera mia: “Mamma!” strillai come una
povera pazza “C’è il lupo!” Quanto mi odio. Ma il tuo cuore era e resta troppo
dolce; ti limitasti a sorridermi candidamente: “Non ti preoccupare piccola
Ninfadora, ora il lupo se ne va.” Se ne va…
La luna piena splende ostinata per tutta la notte ma poi la
mattina se ne va.
≈*≈*≈*≈ù
Le ombre proiettate sul pavimento di pietra persero la
lucentezza argentata che donava loro la luna scomparendo per un breve istante,
per poi ricomparire più oscure di prima, ben delineate dal candore dei raggi
del sole. Le pietre del pavimento divennero arancione tenue, acquistando sempre
più un colore caldo e acceso. Dei timidi cinguettii si diffusero nell’aria
esterna che cominciava a profumare di mattina e infatti, dopo pochi attimi,
l’alba si mostrò in tutta la sua magnificenza rischiarando il cielo d’azzurro
e, finalmente, il sole che brillava prepotente riuscì a rubare ai raggi di luna
tutto il loro magico e mostruoso potere.
Mentre Tonks si aggrappava disperatamente alle immagini, ai
suoni, ai profumi di quella mattinata per allontanare lo sguardo dalla
trasformazione di Remus, quest’ultimo, inondato come sempre dal conforto della
luce del sole, trovò ad attenderlo un'altra gradita sorpresa. Indugiando
qualche istante nella gioia di vederla, si riscosse con la sua intransigente
apprensione.
“Cosa… cosa ci fai qui; sei pazza?”
Tonks mostrò appena un sorriso ironico e insieme deluso
“Figurati, è stato un piacere restarti accanto tutta la notte. Dai, non ti
preoccupare, tanto c’era la pozione che ti calmava.”
“Tutta la notte!? E se la pozione non avesse funzionato?”
chiese Lupin stizzito.
“Ci sono le catene” rispose lei noncurante.
“E se il lupo avesse spezzato le catene?”
“C’eri tu” disse lei allo stesso modo di prima.
Lupin rimase scosso da quelle parole, anche perché non
riusciva a comprenderle “Che significa? C’era il lupo, non io; non posso
controllarlo, lo sai.
“Perché parli di te in terza persona?”
“Cosa?” fece Lupin incerto.
“Ascolta, questa notte ho imparato qualcosa, solo
guardandoti, solo guardando i tuoi occhi. Non ti potrò mai aiutare
desiderandoti unicamente come essere umano. Devo imparare ad amare il tuo
lupo.”
Remus era sempre più incredulo e confuso “Il mio lupo?”
“Sì, ti accetterò per tutto quello che sei, anche la tua
parte peggiore. L’ho guardato negli occhi, sei sempre tu.”
“No, quella bestia porta solo dolore e morte a chi gli sta
intorno; non sono io, è colpa del morso di Greyback, il più infido dei Lupi
Mannari!” gridò Remus tentando quasi di trovare una scappatoia da quella
situazione, di addossare la colpa a qualcun altro, di non ammettere quello che
Tonks cercava di fargli capire…
“Non sei perfetto, Remus.”
“Non l’ho mai creduto” le rispose lui deciso.
“Allora perché ti ostini a non accettare la tua parte
oscura. Sei convinto di essere completamente buono?”
“Il Lupo Mannaro che viene quando c’è la luna piena è una
creatura ributtante: è un assassino” disse Remus stringendosi forte le mani
come a voler bloccare il suo impeto nascosto.
“Tu sei il Lupo Mannaro!” esclamò all’improvviso Tonks
facendo sussultare Remus.
“No! Io non ucciderei mai nessuno!” strillò Remus a pieni
polmoni.
Tonks abbassò il capo tetro, nascondendo un sorriso triste
“Neanche per salvare la vita di una persona che ami?”
Lupin ammutolì e prese a fissare il pavimento; voleva
scansare quella domanda e la sua risposta, che temeva tanto.
“Vedi Remus, sei umano anche tu, hai dei difetti.”
“Ma il Lupo Mannaro non è umano” mugugnò Remus, restando
col capo chino, quasi in segno di pentimento.
“Il Lupo Mannaro è umano ma non è un uomo. Riesci a capire
la differenza?” gli domandò lei, ma Remus non sembrò comprendere quelle parole
e quella sottile differenza che invece era la chiave per esorcizzare Remus
dalla frustrazione, dal pentimento e dall’incubo del lupo.
Non ricevendo alcuna risposta da Lupin la donna proseguì:
“Secondo te tutti i Lupi Mannari sono dei mostri, tutti uguali?” gli chiese
Tonks con un filo di scetticismo nella voce.
“Beh… sì, lo penso” le rispose Lupin.
“Quindi sei uguale a Greyback.”
Remus alzò violentemente il capo: “No, io non sono come
Greyback, io non farei mai quello che fa lui! Lui sfrutta la sua
maledizione.”
“Almeno Greyback lo ha accettato. Ascolta Remus, io non ti
chiedo di sfruttare il tuo piccolo problema – Lupin non poté fare a meno
di pensare a James e di quanto gli assomigliasse Tonks in quel momento – ma ti
chiedo di accettarlo. Sei in grado di farlo? Riesci a capire che il lupo sei tu
e che il lupo è te, che siete lo stesso umano, lui animale e tu uomo?”
“Lui cattivo e io buono, dici?”
“Non è così semplice, ma in sostanza è così. Non devi avere
paura di lui: è solo un animale e le bestie, per quanto selvatiche siano, si
possono dominare, addomesticare.”
Remus accennò lievemente col capo “Potrei tenere sotto
controllo la mia parte oscura.”
Tonks sorrise teneramente “Vedo che cominci a capire.”
“Ma tu la fai troppo facile.”
“Perché è facile, Remus! Sei tu che ti ostini a farla
troppo difficile.”
“Non lo so, non sono del tutto convinto” disse Lupin
scuotendo la testa “Il Lupo Mannaro è più che una semplice parte oscura, è
qualcosa che sento venire dal fuori, che non mi appartiene.”
Mancò poco che Tonks levasse occhi e braccia al cielo “Beh,
lascio perdere!” sbuffò lei, tuttavia un dolce sorriso le restava sulle labbra
“Sei irremovibile, per non dire cocciuto. Ma se non ci sono riusciti James e
Sirius a convincerti, io non credo di poter fare di meglio.”
Alla nomina di quei due nomi e ai ricordi che questi
rievocavano, Lupin si perse nel vortice delle memorie passate, ricordando con
un sorriso amaro le scorribande notturne sotto la luna piena.
Tonks gli si avvicinò e gli batté debolmente una mano sulla
spalla “Tranquillo, a tempo debito capirai.”
“Quando?”
Il sorriso sul viso di Tonks si espanse e divenne più
acceso come il colore rosa dei suoi capelli “Sei impaziente come i bambini,
Remus.”
Lupin, resosi conto solo di recente dell’atmosfera intima
che si era venuta a creare con Tonks, divenne tutto rosso “Grazie per essermi
stata accanto” le sussurrò piano poggiando la sua mano sulla sua.
Ninfadora osservò la tonalità rosea che tingeva le guance
pallide di Remus e non poté fare a meno di arrossire a sua volta “Prego.”
Lupin, ancora più rosso in viso, la accolse gentilmente tra
le braccia e altrettanto lievemente suggellò le loro labbra con un bacio.
Tonks avvertì chiaramente la scossa che preannunciava il
mutamento del colore dei suoi capelli, solo che ora la scossa era più intensa e
prolungata; si domandò cosa avrebbe pensato il signor Weasley vedendola salire
dai sotterranei mano nella mano con Remus e coi capelli di un rosso troppo
focoso.
Il bacio di Remus era sicuramente inesperto, goffo e
impacciato ma, esclusivamente per Ninfadora, era stato anche straordinariamente
tenero e dolce.
Per un folle attimo le passò per la testa l’idea che lei
potesse essere la prima a baciarlo, ma qualunque pensiero venne cancellato
subito, surclassato dall’ondata di sentimenti che investì entrambi.
Tonks non sapeva che la sua supposizione era giusta. Era
stata la prima donna a penetrare nell’intimità di Remus, a far parzialmente
crollare il muro che secondo lui lo doveva separare dalla gente normale; era
stata la prima donna che lui amasse veramente e la prima ad amarlo per tutto
quello che era… forse dopo Lily Evans.
*^*^*^*^*^*^*^*^*
Nel bel mezzo della campagna inglese, Severus Piton e
Fenrir Greyback sedevano su degli scomodi speroni di roccia, davanti all’antro
di una caverna. Il mattino dopo la sanguinosa battaglia contro gli Auror era
luminosa e calma; in quella parte della regione i Dissennatori non si erano
ancora diffusi.
“Quindi non possiamo ritornare al covo oscuro, ora come
ora” disse Piton scuotendo la testa.
Greyback uomo non era molto diverso dalla versione animale:
enorme, peloso e sudicio, fatta eccezione per il sangue che gli colava dal muso
di Lupo Mannaro e che dopo la trasformazione aveva avuto la decenza di pulire
via, leccando. Il Mangiamorte digrignò i denti giallastri verso Piton, parlando
con voce rauca “Precisamente, Piton. Il Signore Oscuro non vuole rischiare e mi
ha incaricato di cambiare il canale di fuga. Deluso, ragazzino?” Greyback
guardò il ragazzo con quei suoi occhi infidi, gli stessi che Draco aveva scorto
di sfuggita quand’era un Lupo Mannaro.
“Un po’” esalò Draco.
“Quando ti parlo gradirei che mi guardassi in faccia”
ringhiò Greyback.
Il ragazzo alzò lo sguardo titubante ed incontrò quello
famelico del Mangiamorte che bisbigliò malefico: “Quanto si vede che sei un
novellino. Non capisco perché il Signore Oscuro abbia voluto accollarsi un
deboluccio come te, non riesci neanche ad uccidere… ridicolo… uccidere è la
cosa più fantastica e facile del mondo.”
Draco tentò di mantenere il suo solito cipiglio altezzoso
anche se gli riusciva piuttosto difficile in presenza di quell’essere: le
immagini del massacro che Greyback aveva fatto la notte prima non volevano
sgombrare la sua testa ed ogni volta che incrociava lo sguardo del licantropo
non poteva fare altro che identificarlo come il macellaio cannibale di Auror.
“Spiegami una cosa: come sei riuscito a trattenerti la
notte scorsa?” domandò Piton al licantropo “Ti sei limitato ad annusare Draco e
non gli hai torto un capello; questo è molto estraneo al tuo personale modus
operandi.”
Il licantropo rispose: “Ho sentito l’odore del marchio
oscuro” Piton mostrò un’aria scettica; Greyback sogghignò “non mi dire che tu
che sei sempre informato non sai qual è l’odore del marchio oscuro?”
“E se anche fosse? Non capisco come tu sia riuscito a
frenare l’istinto di Mannaro durante la trasformazione. La tua mente umana
dovrebbe essere del tutto estranea a ciò che fai una volta diventato Lupo
Mannaro.”
“Dovrebbe” sghignazzò Greyback “Ma vedi, io, a differenza
di tutti gli altri Mannari, riesco a mantenere la mente lucida di uomo anche
sottoforma di lupo. Mi sembri sorpreso, Piton. Ebbene sì, sono il primo che ci
sia riuscito nella storia della magia. Lo sai perché? Perché è da anni che
alleno il mio corpo e la mia mente d’uomo come se fossi costantemente
trasformato in Lupo Mannaro, a tal punto che ho bisogno di attaccare anche
quando non c’è la luna piena, e questi sono i risultati: la mia coscienza umana
si è plasmata fino a diventare uguale a quella del Lupo Mannaro che c’è in me,
posso controllare le mie azioni anche durante le notti di luna piena, quindi…
sono l’arma più micidiale che il Signore Oscuro ha a sua disposizione” e
concluse con un profondo inchino.
Piton si concesse un vago interesse compiaciuto, Draco era
completamente sdegnato.
“Forse è il caso che ti vai a lavare la faccia, Draco”
intervenne Piton osservando l’espressione sconcertata del ragazzo “Sei
piuttosto sporco; là dietro ci dovrebbe essere un fiumiciattolo.”
Draco, senza farselo ripetere due volte, si allontanò da
Piton, ma soprattutto da Greyback; la vicinanza di quell’essere non gli era per
niente gradita.
Si sciacquò la faccia con l’acqua fresca del torrentello e
così facendo riuscì anche a svegliarsi dallo stato di requiem in cui si
trovava; aveva passato la notte in bianco, com’era prevedibile dopo l’immondo
spettacolo a cui aveva assistito, e la notte prima aveva dormito malissimo. Si
specchiò nell’acqua e controllò che fosse tutto a posto. Prima si riconoscevano
a stento i lineamenti raffinati e il colore diafano della pelle, ora si sentiva
pulito e fresco; si spostò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e
riconobbe nel riflesso sull’acqua la figura aristocratica e ponderata che gli
era sempre appartenuta.
Rientrò nella caverna e si andò a sedere su una delle rocce
più distanti da Greyback, premurandosi di non sfiorarlo neanche con lo sguardo.
Il licantropo esaminò il viso pulito del ragazzo che
fissava ostinato il terreno. Il volto di Greyback si contrasse in quello che
avrebbe potuto essere un sorriso “Dimmi” cominciò il licantropo con un tono
meno ringhioso del solito “Quanti anni hai, ragazzo?”
Con qualsiasi mago, ad eccezione dei suoi genitori e del
Signore Oscuro, Draco avrebbe fatto scena muta o risposto di rimpetto
infastidito dall’impertinenza, ma quell’essere gli incuteva una paura nuova e
sconcertante “Quasi diciassette anni” mugugnò infine Draco.
“Sei giovane, allora. Adoro i giovani. Vieni più vicino”
Greyback allungò un dito peloso e dotato di un’unghia contundente e
giallognola, e fece segno a Draco di venire verso di lui.
Dentro la testa di Draco l’orgoglio dei Malfoy si dimenava
in direzioni differenti: se Draco rifiutava, dimostrando così di essergli del
tutto indifferente e superiore, il suo atteggiamento poteva essere frainteso e
scambiato per paura nei confronti di Greyback; se invece accoglieva la sua
proposta accettando la sfida e facendogli intendere che non provava timore, la
sua immediata disponibilità poteva apparire come eccessiva accondiscendenza ai
desideri di Greyback, spinta magari dalla paura.
Ma anche l’orgoglio dei Malfoy non poteva impedire a Draco
di avere paura, paura e disgusto per Greyback. Così il ragazzo esitò.
“Non vuoi venire, eh?” fece il licantropo con un ghigno
“Allora verrò io da te.”
Il ragazzo si vide arrivare contro un colosso peloso armato
di una stazza fuori misura e di unghie e denti acuminati, ma la cosa più
sconvolgente era il ghigno perverso che continuava a fissarlo caparbio.
“Fenrir, per favore” sbuffò Piton quando ormai il
licantropo era a pochi, fatali passi da Draco “E’ già abbastanza scosso senza
le tue crude perversioni.”
Greyback si voltò di scatto verso Piton “Scusami, Severus,
non volevo spaventarlo, la mia era solo cortesia, volevo solo fargli dei
complimenti” poi tornò a puntare il suo muso contro il ragazzo, leccandosi le
labbra “Giuro sulla luna piena, non sfiorerò mai con un dito il tuo protetto.”
“Sarà meglio così” disse Piton, lasciando intendere una
minaccia.
“Sai, Piton…” fece Greyback con un risolino, evidentemente
divertito dall’apprensione di Severus “… credo che non potrai proteggerlo più a
lungo. Lo sai quello che gli aspetta una volta arrivati al covo oscuro?”
“Sì lo so e lo sa anche lui. Non intendiamo sottrarci al
volere del Signore Oscuro” rispose Piton risoluto.
“Meglio per voi” ringhiò sordido il licantropo, come se una
lama gli raschiasse contro la gola “Il marchio che portate sul braccio vi
onorerà per sempre: servirete fedelmente il Signore Oscuro per tutta la vita.”
*^*^*^*^*^*^*^*^*
Minerva McGranitt fu ridestata
dal suono di voci. Aveva passato tutta la giornata al Ministero della Magia per
compilare moduli di certificazione di cattedra scolastica, in qualità di nuovo
Preside di Hogwarts. Gli Auror non aveva mancato di farle subire un lungo
interrogatorio sulla notte dell’attacco dei Mangiamorte, soffermandosi con
particolare enfasi sulla morte di Albus Silente che, a quanto sembrava, non
aveva creato particolare scompiglio tra i funzionari del Ministero; questi
ritenevano infatti che il ruolo di Silente nella nuova guerra oscura fosse da
tempo finito e che venisse il turno del Ministero della Magia di riportare la
pace e debellare le forze oscure, con o senza l’aiuto del Prescelto.
Molti uomini alti e possenti girovagavano lungo i confini
della scuola. Portavano una lunga tunica bianca e una cintura argentata a cui
era agganciato un fodero con una spada affilata, sulla tunica, proprio sopra il
cuore, era ricamato lo stemma del casato di Rufus Scrimgeour. Questi individui
dall’aria circoscritta e dal viso non molto cordiale facevano parte dello
squadrone speciale di Auror del Ministero, gli “Eclipti”, selezionati e
addestrati dallo stesso Ministro; per questo tra i sostenitori dell’Ordine e di
Silente, che dopo la morte dell’uomo erano aumentati considerevolmente, gli
Eclipti erano noti come “i cani di Rufus”.
In quei tempi oscuri era tristemente evidente il vantaggio
schiacciante che aveva la parte oscura: i Mangiamorte erano una setta compatta
e anche se mancavano i gesti di cameratismo tra i membri della congrega, erano tutti
uniti sotto un solo comandante, Lord Voldemort, a cui prestavano la più
assoluta devozione; mentre dall’altra parte del campo i sostenitori del bene
erano divisi in molte fazioni perché ognuno voleva fare giustizia a modo
proprio.
Minerva rivolse un cenno di saluto agli Eclipti che però
non ricambiarono e continuarono la loro imperturbabile ronda intorno al
castello. La donna entrò dal portone di Hogwarts e quasi meccanicamente arrivò
in presidenza scortata da alcuni Auror. Congedò i funzionari del Ministero con
poche parole di ringraziamento che questi si limitarono ad accogliere e non a
ricambiare. Era lei la nuova direttrice della scuola eppure quegli Auror la
trattavano come una semplice strega da quattro soldi. Minerva si sentiva
accerchiata da un gruppo di sciacalli, era noto a tutti, infatti, che dopo la
morte di Silente la scuola sarebbe passata ufficialmente nelle mani della vice
preside, ma in concreto sarebbe stato il Ministero a dettare legge e lei da
sola non poteva impedirlo.
Salì fino all’ufficio di Silente, ora il suo, e lo osservò
con un sospiro; la sua attenzione si spostò dal trespolo della fenice Fanny,
vuoto e desolante, al soffitto dove stavano affissi tutti i ritratti dei
presidi che l’avevano preceduta: Silente era in mezzo a loro. Minerva scostò
immediatamente lo sguardo dalla cornice dorata quando vide gli occhi azzurro
chiaro di Silente indugiare su di lei; quel ritratto era una tortura e un
illusione: Silente era morto, che senso aveva dialogare col suo ritratto.
Minerva si accomodò sulla sedia
che di solito vedeva occupata con fierezza da Albus Silente; ora lei era
dall’altra parte del tavolo e non si sentiva degna di essere lì…
≈≈≈ Minerva McGranitt ≈≈≈
Non dovrei essere qui. Questo è
l’ufficio di Silente; è sempre stato così e così sarebbe dovuto rimanere, se
solo lui non fosse… Proprio lui che io credevo essere il mago più forte di
tutti… ora che hanno ucciso lui come riusciremo a cavarcela? Io non potrei mai
eguagliare la sua bravura, la sua fierezza, la sua straordinaria dote innata di
ammagliare tutti col suo fascino, la sua ironia… Io cosa posso dare a questa
scuola? Cosa posso offrire ai miei studenti? Neanche la sicurezza… Neanche la
certezza che il giorno dopo si sveglieranno nel loro letto sani e salvi. Sono
sempre stata responsabile, ma qui ci vuole troppa responsabilità, è un momento
troppo delicato e io non mi sento assolutamente pronta per diventare la
direttrice proprio ora… ma tanto la scuola è nelle mani del Ministero, quindi…
e io non posso impedire che Hogwarts diventi un’affiliata al Ministero, che
finisca sotto la tirannia di Rufus Scrimgeour. Silente ce l’avrebbe fatta, lui
riusciva in tutto, è sempre stato così, fin da quando ho memoria…
Quando è diventato preside dopo
Dippett si è notato subito il salto di qualità, quanto è migliorato il rapporto
con gli studenti, quanto loro amavano il preside, quanto il preside amasse
tutti loro, compresi i soggetti più irrequieti. Silente ha sempre amato tutti,
anche Colui-che-non-deve-essere-nominato, anche Piton… il mio ex-ccollega,
l’uomo di cui si fidava Silente e perché? L’unico difetto di Silente è che si
fida troppo, ha troppa fiducia nel buon cuore degli uomini. Non dimenticherò
mai quando qualche giorno prima di morire mi disse: “Professoressa McGranitt,
ora so come ha fatto Voldemort a sopravvivere per tutti questi anni: si è
lacerato l’anima, capisce? Povero Tom, ho sempre sperato che cambiasse, che
riuscisse ad uscire dal circolo di orrori in cui si era avviluppata la sua vita
e invece è arrivato al punto di lacerarsi l’anima. Povero Tom, non sono
riuscito ad aiutarlo. Non potrò mai accettare che ora sia diventato così,
quello stesso orfano che ho tirato fuori dalla desolazione di una vita piatta e
inconsistente, ma sono arrivato troppo tardi, ormai a quel tempo, a soli undici
anni, tutte le disgrazie della sua vita gli erano piombate addosso e lo avevano
trasformato, irrimediabilmente… se solo fossi arrivato prima… Povero Tom, ogni
notte piango ripensando a quanto sia triste la sua storia, la sua vita, e
quanto crudele e necessaria dovrà esser la sua morte per poter mettere fine a
questo periodo oscuro. Povero Tom… spererò sempre che qualcuno riuscirà a
salvargli l’anima.”
Ma il suo buon cuore è sempre
stato anche il suo punto di forza, di nobiltà. Come potrò mai eguagliare tanta
sconfinata bontà? E’ così sconvolgente il suo buon cuore… ama persino il suo
peggior nemico… Ma soprattutto, come potrò sostituirlo nel ruolo di mentore che
ha sempre avuto per Harry Potter. Quel povero ragazzo che sta perdendo tutti in
questa guerra, che proprio ora ha più bisogno di una guida ed è costretto a
farne a meno perché Silente è morto e ci sono io. Chi sono io per rimpiazzarlo?
Non esisterà mai un altro mago al pari di Albus Silente…
≈*≈*≈*≈
Minerva si passò le dita tra i capelli bianchi,
scompigliandoli in ciuffi disordinati che le ricadevano sul viso :“Albus
Silente era un miracolo” singhiozzò la donna a voce alta, ormai presa dalla
disperazione “Ora che lui non c’è più, chi ci manderà un altro miracolo per
sconfiggere le forze oscure?!”
La donna ricevette il silenzio come risposta e ne fu
sconsolata. Poggiò il capo sulla cattedra e lo nascose tra le braccia
incrociate “Ora mi sfogo, ma poi mi riprendo e… la vita continua, così come
dovrà andare. Quanto mi sento impotente, non sono mai stata così debole in vita
mia.”
Immersa in riflessioni sulle bieche aspettative che
sarebbero toccate alla scuola, Minerva fu presa di sorpresa quando udì la voce
di Silente che proveniva dal ritratto appeso al soffitto. La donna sussultò e
fu quasi terrorizzata, osservando il quadro che le sorrideva incoraggiante. Era
solo un il suo dipinto, non era l’originale, ma era pur sempre il dipinto di
Silente, il suo ricordo…
“Non è necessario che invochi un altro miracolo” le disse
il dipinto, imitando alla perfezione la voce e l’espressione del viso allegro e
rilassato, ma solenne, che aveva sempre contraddistinto Silente “Il miracolo
c’è già, devi solo capire chi è.”
In principio Minerva riuscì
solo a pensare quanto fosse simile quel ritratto all’originale, quanto persino
le sue parole sagge potessero appartenere esclusivamente a Silente; poi si
concentrò sull’affermazione del dipinto “Harry Potter?!” propose la donna con
enfasi “Allora avevano ragione: è lui il Prescelto?”
Il colore azzurro utilizzato
per dipingere gli occhi di Silente sembrava brillare al pari della cornice
d’oro massiccio “Harry Potter e non solo.”
Gli occhi di Minerva si
ingrandirono mentre continuava a fissare ammaliata e insieme intimorita il
ritratto “C’è qualcun altro dotato dei poteri magici necessari per sconfiggere
il Lord Oscuro?”
Le labbra dipinte si piegarono
con dolcezza in un sorriso calmo e rilassato “Ti sorprenderai nell’apprendere
che in periodi come questi, dov’è a repentaglio l’esistenza stessa, la libertà,
la giustizia… molti uomini possiedono l’animo che li rende dei miracoli, anche
se non sono dotati di poteri magici.”
“Babbani?!”
Silente accennò col capo,
raggiante “Babbani, Maghi e non solo. Nelle disgrazie tutti gli esseri che
amano la pace sono disposti a rischiare e ad unirsi sotto la stessa bandiera.
Lo vedrai.”
E, sfoderando un gesto che
l’uomo non le aveva mai rivolto con tanta complicità, Silente strizzò un occhio
all’indirizzo di Minerva che arrossì vistosamente e sorrise, alquanto
impacciata.
Il cuore della donna si strinse
in contemporanea con le viscere nel suo stomaco, rievocando un sentimento che
aveva accantonato per tanti anni d’insegnamento. Ripensò un po’ amaramente agli
anni trascorsi al fianco di quell’uomo, opprimendo il suo affetto e
sostituendolo da un’intransigenza sofferta, che l’aveva fatta odiare da molti
suoi studenti. Ma alla fine si abbandonò ad un sorriso; i ricordi di Silente
erano comunque i più preziosi che avesse e, specialmente in quel momento, era
inutile e dannoso ripensare con nostalgia a quello che avrebbe potuto fare
scegliendo le diverse alternative che le aveva offerto la vita… Doveva pensare
al presente: hic et nunc.
Rincuorata da quelle poche ma
energiche parole di Silente si sollevò dalla cattedra e prese carta e piuma con
la ferma intenzione di mettere un freno alla mano despota del Ministro.
Mentre Minerva osservava il volo del gufo che portava la
lettera appena scritta a Rufus Scrimgeour, sentì il suo animo rasserenato dalla
riscoperta tenacia e da una nuova speranza: Verso delle lacrime ora per
prepararmi a quello che verrà dopo. Adesso so che abbiamo le persone giuste per
uscire da questa guerra vincitori, ma non senza sacrifici. Non scorderò mai il
tuo prezioso consiglio; porterò sempre con me il tuo ricordo e la speranza che
mi hai donato.
*^*^*^*^*^*^*^*^*
Greyback si fermò e fiutò
l’aria. “Per di qui.” Sentenziò e si lanciò in avanti, seguito immediatamente
da Piton e, alcuni passi più indietro, dal giovane Malfoy.
“Quanto manca?” avrebbe voluto chiedere Draco, ma non lo
fece immaginando i commenti sardonici di Greyback e il silenzio imbarazzante di
Piton; così piegò il busto in avanti e riprese a correre lungo il tunnel
semibuio e stretto che avevano imboccato da alcune ore, o almeno aveva questa
impressione. Aveva la schiena indolenzita poiché era stato costretto a correre
chinato per tutto il percorso, data la sua altezza, e anche il resto del corpo
era provato, teso, stanco.
Gli sarebbe piaciuto raggiungere la fine del tunnel al
più presto per uscire da quel luogo sporco e nauseabondo (quasi non respirava;
Draco si era chiesto più volte se il naso di Greyback fosse insensibile
all’odore dell’acqua stagnante), tuttavia la strada più breve era andare in
quella direzione e, conscio della sua posizione e della sua prossima punizione,
l’idea di giungere al covo del Signore Oscuro non lo rallegrava affatto.
Inciampò in un tubo sottile e cadde in avanti, ma riuscì ad
appoggiare le mani a terra e a evitare di cadere interamente nella fanghiglia
melmosa.
“Muoviti, Draco, il Signore Oscuro non ama i ritardatari e
non vorrei aggravare la tua situazione” lo bacchettò Piton mentre si voltava
per vedere se era rimasto indietro, come più volte aveva fatto nel tragitto.
Draco si puntellò sulle pareti del tunnel, trattenendo tra
le labbra una risposta secca al suo ‘protettore’, e si alzò riprendendo
quell’assurda corsa, pulendosi le mani sporche in un candido fazzoletto che
teneva sempre nella tasca interna del suo mantello.
“Siamo arrivati” annunciò il capofila e Draco sentì quel
gelo, quel brivido che l’aveva scosso quando aveva visto Greyback all’opera e
quegli infidi, perversi occhi gialli posarsi su di lui. Deglutì automaticamente
e passò di fianco a Piton, uscendo prima del suo professore.
I suoi occhi grigi non fecero nemmeno lo sforzo di
abituarsi alla luce: fiaccole appese al corridoio che avevano imboccato
illuminavano a tratti le pareti di pietra e calce; al tatto il muro era umido,
viscoso e gli ricordò i corridoi delle cantine di Malfoy Manor, ma l’odore del
Covo Oscuro era ben diverso dagli aromi fruttati dei vini e delle leccornie
stagionate: difatti vi regnava un lezzo invisibile, non l’odore della
fanghiglia, ma afoso, soffocante, impossibile da definire.
“Queste sono le prigioni” Greyback trovò forse opportuno
riferirglielo, ma Draco non gli rispose, intimidito, aspettando il suo maestro
che spuntava dal buco vicino alla parete.
Il Lupo Mannaro non sembrò interessarsi del silenzio del
giovane Malfoy, li precedette e li condusse lungo la strada. “L’Oscuro Signore
è nella Sala Regia, tra poco ci sarà una riunione e tutti i Mangiamorte
devono essere presenti.” Sogghignò crudelmente. “E poi ci sarà un colloquio
privato per te, caro il mio giovane Malfoy. Pensa che onore!”
Draco rimase gelido, ma aveva voglia di svegliarsi e
mangiare una fetta di torta al limone con sua madre bevendo caffè e discutendo
sulla scuola, sul Ministero, sui raccolti di mele; razionalmente Draco era
consapevole di ciò che gli sarebbe accaduto, meglio lo immaginava. Mentre
camminava per il tunnel buio aveva pensato a tutte le possibili scappatoie, ma
non aveva vie di scampo e sapeva che sarebbe stato punito, torturato, ma non
ucciso. Oh no, questo Piton non l’avrebbe permesso legato com’era dal Voto
Infrangibile con sua madre.
Batté le ciglia, giusto per allontanare da sè lo sguardo
pressante e disgustoso di Greyback, che si voltò, deluso dalla sua assenza
apparente di paura.
Il licantropo iniziò allora a vantarsi delle sue ultime
battaglie e informò Piton degli esiti positivi; sarebbe stata una passeggiata,
secondo lui, abbattere ogni difesa del Ministero e cominciare a dominare
l’Inghilterra.
“Perché diamine devo starmene qui ad aspettare? Se
attaccassimo adesso potremo raderli tutti al suolo!”
“La tua intelligenza di lupo non può sanare la tua mancanza
di intelletto umano”
“Che intendi, doppiogiochista?!”
“Che sarebbe da sciocchi un attacco diretto, meglio
dissanguarli a poco a poco, fino a sfinire ogni risorsa del nemico e attaccarlo
in seguito, costringendolo alla resa.” Aveva replicato pacato Piton.
Draco capì da un vociare soffuso che al di là della vicina
arcata si trovava la Sala Regia: poteva già vederla, debolmente illuminata e
spoglia se non per il colonnato semicircolare ai bordi della Sala e la
scalinata alta che portava al trono di Lord Voldemort, un trono scuro e grande,
come la sua sete di dominio e la sua malvagità.
Vide Piton muovere la bacchetta e tornare lindo in un
attimo e lo imitò sussurrando “Gratta e netta” all’indirizzo dei vestiti
che si ripulirono, dandogli un aspetto dignitoso e un certo conforto (abituato
com’era ad essere sempre elegante e pulito, come insegnatogli dalla madre e
come voleva suo padre), si eresse nel suo metro e ottantadue, si passò una mano
tra i capelli sperando di rimetterli in qualche modo a posto.
“Mantieni il sangue freddo, Draco”
Malfoy arricciò il naso in una smorfia beffarda “Non ho
bisogno di suggerimenti, professore” sibilò, mimando una sicurezza che
non possedeva.
Piton non sembrò scocciato nè impressionato dal suo tono
altezzoso e insieme indossarono il cappuccio e varcarono la soglia, unendosi
alla macchia nera che circondava il trono. Alcuni Mangiamorte erano nascosti
nell’ombra dello stretto colonnato, altri entravano da due altre uscite – una
di fronte al trono, l’altra infondo a destra -, ma la maggior parte era già
sotto il trono.
“Tu devi essere
Severus Piton, eh?”
Sia Draco che Piton si voltarono trovandosi in faccia un
omone non molto alto (Draco lo superava di alcuni centimetri) ma possente e,
cosa che disgustò molto il giovane Malfoy, peloso tanto che gli parve di
trovarsi davanti un orso.
Piton rimase freddo e imperscrutabile, per niente
impressionato nè sorpreso “Lei deve essere il nuovo Mangiamorte, non è così?”
“Gravius Cortess. Sono certo che ha sentito parlare di me,
sono spagnolo e nell’ultima battaglia ho praticamente distrutto un intero
squadrone di Auror solo con la mia mazza corazzata.” Si pavoneggiò gonfiando il
torace.
Draco trattenne una smorfia nel vedere i lunghi peli della
barba nera.
“Certamente” rispose Piton e Draco ebbe la certezza che il
suo insegnante sapesse chi fosse, ma non lo stimasse affatto e non si
interessasse delle sue imprese, anzi lo stavano annoiando.
Greyback sputò per terra. “Bleah! Solo uno squadrone? Io
come minimo ne sbrano due.”
“Tu sei…”
“Fenrin Greyback, il Lupo Mannaro.” Si presentò questi, e
Cortess allungò la mano e entrambi la strinsero forte, come a fare a gara di
forza, mentre Draco paragonava le sporche unghie di sangue e i peli: sembravano
identici. E Cortess guadagnò un nuovo nomignolo: uomo delle caverne.
“E il bamboccio chi è? Il tuo novellino Piton?”
Draco si rese conto con orrore che il Cavernicolo si stava
riferendo a lui e, prima che Piton potesse parlare in sua vece, ribatté con
voce ponderata: “Per sua informazione sono già Mangiamorte” e mostrò il
tatuaggio, “E sono il più giovane che il Signore Oscuro abbia mai avuto nel suo
gruppo di fidati” questa frase avrebbe fatto meglio a cancellarla, pensò poi
Draco, ma la competizione tra Greyback e Cortess aveva accesso la sua vanità e
il suo amore per la pulizia e la buona educazione.
Greyback sogghignò leggermente, forse pensando alla
prossima punizione del ragazzo, e si allontanò dicendo di avere fame; Cortess
assottigliò gli occhi piccoli e lo squadrò meticolosamente con astio, come con
ostilità disse: “Draco Malfoy.” Non era un saluto. Ma una provocazione. Ghignò
malignamente. “Il più giovane Mangiamorte ma anche quello che ha meno palle.
Sì, ho già sentito parlare di te, o meglio… sparlare di te e la tua
famiglia di codardi.”
Draco sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per la
rabbia e, nonostante il timore per il futuro e il tumulto che aveva in corpo,
un po’ del Draco sprezzante e sardonico che se la prendeva con i più piccoli e
i Grifondoro risorse dalle ceneri: “Non ti permetto di insultare nè me nè la
mia famiglia con le tue parole, specie se pronunciate da un omuncolo
insignificante con un cognome tanto immondo…” sogghignò “Mezzosangue, non dico
forse la verità Cortess?”
Cortess ci vide rosso. Lo afferrò per il bavero del
mantello, alzandolo da terra con una forza portentosa e scoprendogli la faccia,
e alzò un pugno furente. “IO TI AMMAZZO!”
Draco si riprese del tutto e d’un tratto si rese conto di
aver insultato un omone che possedeva la forza di un orso e la bruttezza di un
cavernicolo, un brutto incrocio tra Hagrid e un cinghiale.
“Pietrificus totalus!” il bestione si fermò e Piton
fu svelto a appoggiare a terra Draco, il quale, ansimante, si affrettò a
ricoprirsi il volto con il cappuccio.
“Non ti permetto di fare a botte Cortess. Devi stare
attento a ciò che fai qui, non siamo in un circo nè in una stalla. Perciò, dato
che sei appena arrivato e che Draco è sempre più anziano di te come
Mangiamorte, ti consiglio di tenere la testa bassa per il momento.”
Detto ciò Piton liberò Cortess che sbuffò, lanciando
un’occhiata d’odio al giovane Malfoy. Draco si accorse troppo tardi del suo
fazzoletto macchiato di fango che era a terra e, quando si chinò a raccoglierlo
e lo rifilò nel fodero nascosto, Cortess aveva già trovato un nuovo modo per
insultare la sua famiglia.
“Infangato come il
tuo nome” sogghignò storcendo le labbra molli e coperte da abbondante barba,
stempiata in alcuni punti.
“Almeno io ho un nome” replicò tagliente Draco; Cortess
tentò nuovamente di aggredirlo ululante di rabbia ma tra lui e il giovane
Mangiamorte si posizionò Piton a braccia aperte riuscendo così a impedire a Cortess
di avventarsi sul ragazzo.
“Sta iniziando la riunione, Lord Voldemort è qui, Cortess,
e credo che non sarà contento di vedere le tue sceneggiate!”
Ancora una volta Severus Piton era riuscito a salvarlo da
una situazione spiacevole: Gravius Cortess ingoiò bile e sbuffò come un toro
infuriato al centro di un’arena, ma si voltò allontanandosi tra la folla nera,
spingendo i Mangiamorte che si mettevano sulla sua strada. Tuttavia Draco aveva
inteso benissimo la minaccia sussurrata prima che l’Uomo delle Caverne se ne
andasse: “Me la pagherai, mocciosetto. Gravius Cortess non dimentica.” Il
giovane Malfoy non sapeva ancora quanto presto sarebbe arrivata la vendetta di
Cortess.
Non ebbe però il tempo di capire che si era fatto un nuovo,
pericoloso nemico perché ad attirare l’attenzione di Draco fu il sibilo forte
di un serpente. Il suo sguardo si fissò sul trono, dove ora sedeva il Signore
Oscuro, Lord Voldemort, gli occhi iniettati di sangue percorrevano la Sala,
socchiusi e sospettosi come sempre, e una mano accarezzava pigramente l’enorme
serpente accovacciato ai suoi piedi, con la testa posta sulle sue gambe e la
lingua che scivolava fuori dalle enormi fauci. Al di sotto di qualche gradino
c’era un incappucciato silenzioso che attendeva. Era molto strano che a lui
fosse concesso di stare vicino al Signore Oscuro, osservò Draco, e la risposta
arrivò subito.
“Miei Mangiamorte” sibilò Lord Voldemort “oggi accogliamo
tra noi un nuovo membro della nostra” il Signore Oscuro si concesse un pigro
sorriso sardonico “famiglia. Samantha togliti il cappuccio.”
È dunque la cerimonia dell’Investitura.
L’incappucciata si mostrò alla congrega di Mangiamorte; era
bella e giovane, di qualche anno più vecchia di Draco, con una pelle diafana e
capelli di un singolare color oro scuro che coloravano quel luogo con i loro
riflessi color rame; i lineamenti erano dolci e delicati e le labbra piene
erano stirate in un sorriso appena accennato. Draco pensò subito che Samantha
era un nome che le si addiceva: aveva un non so che di nobile ma non
presuntuoso, come il suo modo di chinarsi davanti a Lord Voldemort.
Nagini sibilò e alzò piano la testa, inclinandola, come a
giudicare la nuova Mangiamorte, la quarta donna in quel luogo oltre a lei.
Sibilò nuovamente, un sibilo strisciato che Draco non poteva comprendere, ma
che aveva già sentito una volta quando a lui era toccato il giuramento e… la
marchiatura.
“Samantha, giuri di essere fedele al tuo Signore e alla
causa che noi perpetuiamo? Di non esitare a mettere a disposizione i tuoi
poteri, il tuo corpo, la tua vita per il volere del tuo Signore?”
Quelle che poneva il Signore Oscuro non erano richieste.
Semmai, domande retoriche perché c’era solo una risposta che si doveva dare.
“Lo giuro.”
La voce femminile risuonò alta in confronto con il sibilo
basso e gutturale di Lord Voldemort.
“Allunga il braccio.” La ragazza obbedì, scostandosi il
mantello.
Draco era entrato solo una volta prima di allora nella Sala
Regia, proprio a causa della sua Investitura; era stato da quel momento che la
sua vita aveva preso una nuova, terribile piega. Ricordava ogni istante di quel
cerimoniale e lo rivide mentre assisteva a quello della nuova Mangiamorte: il
giuramento e poi il fuoco doloroso della marchiatura, la bacchetta che sfiorava
la carne dell’avambraccio e una punta di sangue che zampillava, strisciando
sulla pelle e disegnando il teschio e il serpente, e poi, il suo stesso sangue,
era diventato nero e indelebile, si era fissato sulla sua pelle, vivo,
pulsante, richiamando a sè altro sangue a colorare il simbolo della sua
appartenenza, più che fedeltà, a Lord Voldemort.
Il Marchio era uguale al suo Padrone: esigeva sangue,
voleva sangue, amava il sangue.
Draco aveva dovuto stringere i denti per non mettersi a
piangere tanto era stato il dolore. Durava un attimo, ma gli era parso non
passare mai.
Vide Samantha toccarsi l’avambraccio, sicuramente
infiammato e ora marchiato, ansimando piano e battendo le palpebre per non
cedere. Si rialzò in fretta, mostrò il braccio e il mare nero di incappucciati
sotto di lei gridò soddisfatto; poi si voltò e chinò nuovamente il busto
davanti al suo Signore.
“Puoi rialzarti.” La ragazza fece come richiesto e si
incappucciò in fretta.
“Mangiamorte, permettetemi di presentarvi la vostra nuova
compagna, Samantha Drake. Viene dall’altra parte dell’oceano, dagli Stati Uniti
precisamente, e da un’illustre e antichissima famiglia Purosangue. Ella è la
curatrice del progetto D.I.O, ovvero Diffusione Internazionale Oscura; questo
progetto ci permetterà di creare filiali in tutto il mondo, di espatriare la
nostra causa e il nostro potere: siamo destinati a dominare tutto il mondo!”
Un boato d’assenso ed eccitazione riempì la Sala Regia.
Voldemort alzò una mano e il silenzio si impadronì nuovamente del luogo. Draco
non aveva esultato, come gli altri, ma aveva osservato il nuovo acquisto: era
stata sempre silenziosa, tranne quando era indispensabile parlare, e precisa in
tutte le azioni del cerimoniale.
Un perfetto automa, pensò malignamente mentre le
veniva consegnata la maschera d’argento con cui celavano la loro identità i
Mangiamorte.
“Puoi andare insieme ai tuoi confratelli, Samantha” sibilò
Lord Voldemort e la Mangiamorte si inchinò nuovamente per poi scendere i pochi
gradini.
La cerimonia era finita, intensa e breve e il Signore
Oscuro aveva un nuovo giocattolo nelle sue mani.
Draco storse il naso: come si poteva decidere
volontariamente di fare il Mangiamorte? Se lo era chiesto molte volte. E si era
anche chiesto il perché lui fosse tra quella marmaglia di assassini.
Si sentiva diverso da tutti loro. Era diverso.
Anzitutto era stato costretto a diventare Mangiamorte per
salvare la sua famiglia, e non per risollevare l’onore dei Malfoy agli occhi di
Lord Voldemort, come credevano in molti. Non aveva mai voluto essere schiavo
del volere di un uomo perché amava la sua libertà e la sua naturale attitudine
al comando e non all’obbedienza; inoltre restava scettico e svogliato di fronte
alle imprese dei Mangiamorte (ma naturalmente ammirava suo padre con tutto sé
stesso) e la promessa di potere, che per un certo periodo gli aveva fatto
sfiorare l’idea di seguire il suo destino oscuro (così lo chiamava Voldemort),
non era bastata ad indurlo all’Investitura di sua spontanea volontà.
Era una vittima di una malaugurata decisione di suo padre…
no, meglio, era vittima di un destino che, crudele, lo aveva messo nella mai di
quell’abile giocattolaio che era Lord Voldemort, un uomo superbamente capace
nel manipolare le menti.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un nuovo
sibilo.
“Lestrange! Alecto! Amycus!”
I tre Mangiamorte si fecero avanti e chinarono
all’unisono il capo rispettosamente. “Agli ordini, mio Signore.”
“Prendete gli uomini che ho scelto l’altra mattina e
partite per le missioni che vi ho assegnato.”
I tre Mangiamorte si inchinarono nuovamente e fecero cenno
ai loro uomini di seguirli; i tre presero ognuno una diversa uscita e nella
Sala rimase poco meno di un terzo dell’iniziale folla.
“Bene. Ora Severus e Draco venite qui davanti a me.”
Draco strinse un pugno forte e ispirò una lunga boccata
d’aria e salì un paio di gradini insieme al suo ex-professore, poi chinò la
testa, cercando di non dar peso al tremolio che sentiva nelle viscere.
Lord Voldemort accarezzò languidamente Nagini che gli
strofinò la testa squamosa sotto il palmo, come un docile micetto.
“Bentornato Severus,” esordì con voce placida, “e anche a
te Draco.”
Draco percepì la sottile e per questo più crudele ironia
che nascondeva quel saluto.
Voldemort mosse la mano destra, guantata e provvista di
diversi anelli preziosi e antichi, e i cappucci delle loro tuniche nere
caddero, lasciando il viso scoperto.
“Draco, Draco, Draco… ho saputo che Silente è morto. Me lo
confermi?” C’era un lieve sghignazzare nella voce del Signore Oscuro.
“Sì, mio Signore.” Rispose rigidamente Draco.
Voldemort osservò pigramente le dita della mano anelata,
muovendole leggermente. “Il piano per entrare nella fortezza è andato a buon
fine.” Un certo orgoglio, e una fioca speranza, inondarono il petto del giovane
Malfoy, ma ebbero vita breve “Tuttavia hai disubbidito ai miei ordini e questo
è inaccettabile. Se Severus non fosse intervenuto a quest’ora Silente mi
intralcerebbe ancora con quel suo dannato club di smidollati.” Tuonò Voldemort,
serrando le dita a pugno.
Il silenzio regnò nella stanza e Draco sentì mille e più
sguardi addosso, mentre i muscoli raggelavano. Non osò fiatare senza il
permesso del Signore Oscuro. Come una marionetta, attendeva che il giocattolaio
muovesse i fili e gli aprisse la cavità della bocca. Draco si impedì di
abbassare lo sguardo (anche se sarebbe stato felice di poterlo fare) e osservò
le vene azzurre di quel capo bianco rasato pulsare di rabbia; solo l’intervento
mitigatore di Nagini, che sfiorò con la lingua sottile il braccio del suo
padrone, sembrò in grado di tranquillizzarlo e di far calare sul volto e il
corpo di Lord Voldemort la sua calma glaciale di assassino.
“Sono molto deluso e perciò meriti di essere punito.”
Concluse. “Hai qualcosa da dire, Draco? Pensi di non meritarti tutto questo?”
Sì, pensò, ma sapendo bene che la punizione sarebbe
stato ancor più spietata di quel che già lo attendesse, quindi rispose
umilmente: “Sono consapevole di essere peccatore nei vostri confronti, mio
Signore, e sconterò la pena che mi darà.” Esitò un attimo. “Se a questo piccolo
impertinente servitore è concesso, vorrei porre umilmente una domanda a vostra
Signoria, sperando che Voi siate così magnanimo da rispondermi.”
Draco aveva calcolato tutte le sue parole, aveva ripensato
a questo discorso per tutto il suo viaggio, accantonando il suo naturale
orgoglio e imponendosi di strisciare come il più umile dei vermi, ma con il
cuore gonfio di angoscia e preoccupazione per lei. Voldemort, come aveva
sperato, acconsentì.
“Vorrei avere notizia di mia madre, Narcissa Malfoy, che
so essere nelle vostre mani.”
Voldemort sembrò divertito da questa richiesta e si
concesse il lusso di dire al Mangiamorte: “Sta bene, Draco, molto più di come
sarai tu tra poco.” Ghignando, chiamò: “Cortess!” e il bisonte si chinò accanto
a lui, sogghignando già.
“Sì, mio Signore?”
“Porta Draco nei sotterranei e dagli la camera più
bella che abbiamo.”
Cortess ghignò: “Come lei desidera.” E con voce dura lo
prese per le spalle spingendolo in avanti lungo le scale “Muoviti moccioso!”
“Severus devo discorrere con te. Tutti i Mangiamorte posso
andare, la riunione è sciolta.” Annunciò il Lord Oscuro prima di scomparire
nell’ombra con il suo grande serpente e il suo più grande servitore.
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
…cribbio, finalmente abbiamo messo on-line la nostra
storia! Che emozione!
Allora… noi siamo Samy e Kaho, due fans scatenate del
magico mondo di Harry Potter da una vita e ora probabili stelle di EFP grazie a
questa serie (eh… Modestia l’abbiamo accantonata in un angolino della mente…
povera, sta anche piangendo, Superbia la pestata per benino!). Almeno ci
proveremo a diventare delle brave scrittrici dato che questa è la prima storia…
(Modestia prende la sua rivincita).
A parte questo scontro tra Superbia e Modestia,
ringraziamo calorosamente chi ha avuto la pazienza di leggere il progetto e il
prologo, piuttosto lunghetto… insomma, dato che l’inizio con tutta
l’introduzione è un po’ noiosetto abbiamo pensato di darvi un assaggio della
storia! -____^
Ora… dato che avete letto… e che avete buon cuore… e che
recensire belle storie è la cosa più spassosa del mondo… clickate qui sotto e
ci lasciate un’opinione? ^______^ Dai, vogliamo pareri, complimenti, critiche…
insomma, accettiamo di tutto, ma fateci sapere!
Complimenti a voi che vi siete imbarcati a leggere questa
ficcina (beh, non tanto “ina”), vi divertirete un pacco tra misteri, ricerche e
battaglie in cui si troveranno tutti i personaggi principali di HP!!
P.S = Il caro protagonista arriverà nel prossimo capitolo,
per chi se lo chiedesse… e non vi preoccupate, Harry ci sarà sempre nei
prossimi capitoli… e anche Herm, Ron, Draco (che appare un po’ troppo spesso…
ndKaho ZITTA!! È lui che dà quel non so che alla storia…NdSamy Secondo
me non dà un fico secco… ndKaho*subito dopo aggredita da un martello di
gomma*)…^^
La nebbia fitta che avvolgeva in una morsa l’Inghilterra si
era estesa fino ad invadere tutti i cieli d’Europa. Secondo i Babbani la fosca
coltre era un inconsueto fenomeno atmosferico, ma anche i più scettici e
razionali non potevano negare che la nebbia aveva portato con sé un’ondata di
depressione, senza contare l’aumento di cadaveri negli obitori.
Anche Privet Drive con le sue grandi case quadrate, un
tempo soffocata dal sole estivo, era cupa e nebbiosa; quell’atmosfera melanconica
contribuì, seppure in misera parte, a rendere ancora più inospitale il numero
4: la casa degli zii da cui Harry Potter, dopo diciassette anni di soprusi, se
ne andava con gioia.
Il giovane, che tra un mese sarebbe diventato maggiorenne
secondo le leggi del mondo magico, si premurò di controllare di non aver
dimenticato alcunché nella camera che un tempo era appartenuta a suo cugino
Dudley e che poi, cinque anni prima, gli era stata “generosamente” regalata.
Si udì un vociare al piano inferiore. Harry aveva avvertito
gli zii della sua definitiva partenza e questo, a dispetto di quanto pensava il
giovane mago, aveva causato scompiglio e una certa inquietudine tra i membri
della famiglia Dursley, soprattutto in sua zia Petunia, che aveva preso a comportarsi
in modo sospettoso equasi fobico già
da due anni, da quando Harry le aveva detto che suo figlio Dudley era stato
aggredito da un Dissenatore.
Harry prese la piuma e scrisse qualche riga su una
pergamena che poi avrebbe inviato al suo miglior amico, Ronald Weasley:
Sarò alla Tana entro un giorno.
Non tornerò più a casa dei miei zii. Manca ancora un mese al mio
diciassettesimo compleanno, ma non credo che questa casa sia più una dimora
sicura e soprattutto ospitale. So che Silente voleva che restassi…
Con un gesto impetuoso cancellò l’ultima frase incompleta.
Non se la sentiva di scrivere il suo nome, non ancora almeno. Erano passate
poche, troppe poche settimane dalla sua morte; doveva dare alla ferita il tempo
di rimarginarsi, ma sapeva che, come per Sirius, non sarebbe mai guarita del
tutto e sarebbe rimasta una cicatrice a ricordo di quell’uomo che era stato il
suo mentore, la sua guida. Una cicatrice…
Harry si tastò con le dita il taglio a forma di saetta che
aveva sulla fronte. Non le aveva fatto più male e questo continuava ormai da
diverso tempo. Significava forse che aveva perduto la connessione magica che lo
legava a Voldemort? I poteri del Signore Oscuro non erano certamente rimasti
inattivi nelle ultime settimane. Harry afferrò il periodico babbano poggiato
sulla sua ex-scrivania: le pagine dedicate alla cronaca nera o efferati fatti
di sangue inspiegabili formavano un plico di fogli alto due centimetri
abbondanti.
Harry terminò di scrivere la lettera per Ron e la consegnò
ad Edvige, che subito planò oltre il giardinetto della casa per immergersi
nella foschia. Sperò che la civetta sarebbe giunta a destinazione in tempo
nonostante quella fitta nebbia e le ferranti revisioni del Ministero; se
speravano di intercettare uno scambio epistolare via gufo tra maghi oscuri
erano proprio disperati. Harry sapeva che il Ministero era praticamente inutile
in una situazione del genere e che il nuovo Ministro, Rufus Scrimgeour, non era
meglio del predecessore, Cornelius Caramell, che secondo la Gazzetta del
Profeta e il Cavillo era scomparso misteriosamente da casa sua, senza lasciare
alcuna traccia. La popolazione magica era sempre più inquieta: se nemmeno
l’ex-Ministro della Magia era al sicuro, chi poteva esserlo, e dove?
Il candore della civetta si mescolò con la nebbia pallida
che opprimeva Privet Drive da due settimane; due sole settimane lo separavano
dal funerale di Silente. Il viaggio in treno era stato piacevole in compagnia
dei suoi amici, ma giunto a King’s Cross lo aveva colpito una schiacciante
certezza: Hogwarts non sarebbe più stata la sua scuola; non avrebbe più fissato
gli altri bastioni del castello con lo sguardo ammirato di uno studente; non
avrebbe mai affrontato i tanto agoniati M.A.G.O.; non avrebbe mai potuto
girovagare per i corridoi del castello con l’aria soddisfatta di chi ha alle
spalle sette, fantastici anni di scuola; in definitiva, non avrebbe mai
frequentato il settimo anno ad Hogwarts. Per lui, inaspettatamente e
sfortunatamente, il sesto era stato l’ultimo anno, e che anno era stato! Certo,
non aveva mai passato un anno tranquillo ad Hogwarts, ma durante il sesto i
morti non si contavano più.
Harry aveva il cuore lacerato da tanti anni di sventura.
Era iniziato tutto con Cedric Diggory, e già quell’unica
perdita era gravata in maniera spaventosa sull’animo di Harry e l’anno dopo,
con la scomparsa del suo amato padrino avvenuta in circostanze talmente
assurde, il giovane aveva tollerato una perdita talmente insopportabile da
convincerlo a credere che nulla di peggiore potesse mai accadere, e invece, al
funerale di Albus Silente, si era dovuto ricredere. Babbani, Maghi, tutti
morivano per colpa di un unico uomo, se così lo si poteva chiamare;
quell’essere che aveva dissacrato la sua stessa anima, aveva ucciso il suo
stesso padre, i suoi nonni… e i genitori di Harry, il suo padrino, il suo
adorato preside e chissà chi altro ancora.
Harry scosse la testa. Il tempo per rimuginare sui dolori
passati era finito; adesso doveva agire e trovare e distruggere gli Horcruxes,
questa era la promessa che aveva fatto a Silente ed intendeva onorarla a tutti
i costi.
Harry sollevò la valigia e la trascinò fuori dalla stanza,
scese le scale e la poggiò sull’uscio di casa. Avrebbe voluto andarsene così,
senza salutare, ma la sua coscienza gli vietò di aprire la porta e lo spinse,
seppure controvoglia, in salotto, dove, seduti su una poltrona, se ne stavano i
membri della famiglia Dursley.
Dudley ghignava apertamente seduto tra i due genitori, il
viso rubicondo di zio Vernon era arrossato e contorto in un sorrisetto
soddisfatto. Lo stupore iniziale causato dalla notizia improvvisa della
partenza di Harry aveva lasciato posto ad un evidente stato di soddisfazione e
compiacimento. Eppure sua zia Petunia aveva un’aria stanca, spaesata, decisamente
preoccupata. Di sicuro non sono io la fonte di tutta quella preoccupazione.
Pensò Harry fissando il volto della zia pallido come un cencio.
Aveva già visto quell’espressione e quella tinta grigiastra
sul viso di Draco Malfoy poco prima dell’attentato ad Hogwarts, quando si
disperava nei bagni in compagnia di Mirtilla Malcontenta. In due settimane
Harry aveva riflettuto: per quel ragazzo, suo acerrimo nemico per sei anni,
riusciva a provare una piccola eppure sincera pietà. Lo aveva visto vacillare
sotto gli incoraggiamenti di Silente, avrebbe abbassato la bacchetta se non
fossero sopraggiunti gli altri Mangiamorte, e anche dopo, seppure non
apertamente, si era rifiutato di uccidere il suo preside. Malfoy aveva sempre
avuto una raccapricciante predisposizione verso le Arti Oscure, ma anche lui,
rifiutandosi di uccidere Silente, aveva dimostrato un minimo di decenza umana.
E alla fine era fuggito da Hogwarts per non tornarci più; Harry si ricordava
ancora del discorso che Malfoy aveva fatto tutto impettito ai suoi compagni: “Voglio
dire, può darsi che il prossimo anno io non sia nemmeno a Hogwarts, che cosa me
ne importa se piaccio o no a un vecchio grasso relitto?” Ma tutto
l’orgoglio di Mangiamorte si era presto dissipato: forse Malfoy aveva capito di
essere dalla parte sbagliata? Silente lo credeva, ma Harry non si fidava più
dei suoi giudizi bonari; l’eccessivo altruismo lo aveva portato alla morte.
Harry strinse forte i denti quando gli balenò alla mente il
volto dell’uomo che più disprezzava e odiava sulla faccia della terra, Severus
Piton, che aveva brutalmente assassinato il suo protettore. Secondo dopo
secondo, come in un film dove risaltano i particolari più minuziosi e crudeli,
Harry rivisse la morte del suo amato preside: Silente piegato dal dolore che
implorava Piton. Ma Piton non aveva accolto le sue suppliche e un accecante
raggio verde aveva colpito l’esile figura di Silente facendolo precipitare nel
vuoto per poi toccare la dura terra con un tonfo sordo: ed era stata la fine
del più grande preside che Hogwarts avesse mai avuto. Harry lo seppe da subito,
quando l’incantesimo di blocco che gli aveva lanciato Silente svanì di colpo:
quella morte era stata immediata e catastrofica, aveva riempito Harry, non di
rabbia, com’era accaduto un anno addietro con Sirius, ma di un dolore furente.
Dopo quel terribile colpo la sua pietà era diventata più
tenera e flessibile: avrebbe voluto uccidere tutti quei Mangiamorte, compreso
Malfoy, assassinarli col suo dolore nel modo più atroce possibile. E quel dolore,
alla fine, era sempre rabbia indomabile che lo spingeva a cambiare il suo
spirito, soccombendo; il suo spirito martoriato dal dolore e sopraffatto dalla
vendetta.
E’ così Harry Potter a diciassette anni: vittima di una
debolezza d’animo; non era perfetto e non lo sarebbe mai stato, ma doveva
sforzarsi di andare oltre i suoi limiti per il bene di tutti.
Il giovane mago si concentrò sui Dudley: niente smancerie,
sarebbe stato un’ipocrisia salutarli con un abbraccio. Si limitò a mormorare un
“Addio” che i Dudley accolsero di buon grado rispondendo con un ispirato
“Addio, Harry. A mai più rivederci”
Zia Petunia era ancora taciturna. Vernon se ne accorse e si
voltò per chiederle: “Che c’è cara, non ti senti bene?”
Petunia lo ignorò per rivolgersi ad Harry: “Ora è tutto
cambiato, vero. Sono in guerra… siamo in guerra.”
I due Dursley la fissarono a bocca aperta e occhi sgranati,
evidentemente spaesati dalla sua domanda. Harry sapeva benissimo a cosa
alludeva sua zia, ma come poteva saperlo? Il giovane non se ne preoccupò: i
problemi di quella famiglia non erano più i suoi. Ma ancora una volta la sua
coscienza lo frenò e gli impose di accennare con il capo e dire “Sì” Il viso di
Petunia si fece buio e oscuro.
Harry sospirò ed abbandonò la famiglia Dudley, mentre zia
Petunia si crogiolava sul divano nella sua privata ed inspiegabile
disperazione.
Prima di uscire Harry fu colto da un’improvvisa nostalgia.
Si voltò verso lo sgabuzzino sotto le scale. Quello era stata la sua casa e il
suo rifugio fino ai dodici anni; doveva dirgli addio.
Si avvicinò ed aprì la porticina. Ormai era decisamente
troppo alto per poterci entrare con facilità, era cresciuto di altri cinque
centimetri da quando aveva lasciato la scuola. Allungò un braccio per accendere
la lampadina che pendeva dal soffitto: era tale e quale l’aveva lasciato,
mancava solo il letto. Lo stesso disordine di quando era undicenne pervadeva il
piccolo sgabuzzino, gli stessi oggetti, i libri, le riviste accatastate, un
cumulo di cianfrusaglie, non c’era da stupirsi se gli zii l’avevano scelta come
sua camera da letto. Appagato da quella vista spense la luce e si voltò non
prima di intravedere con la coda dell’occhio un leggero bagliore rosso. Si girò
di scatto per tirare la corda che pendeva dalla lampadina. Lo sgabuzzino fu
nuovamente invaso dalla luce, ma non c’era niente di fosforescente nel punto in
cui credeva di aver scorto un luce vermiglia, solo delle riviste, una cornice e
un paio di forbici.
Spense la luce ed uscì dallo spazio angusto per camminare
verso l’atrio. Era diventato ancora più paranoico nelle ultime settimane,
doveva stare attento, altrimenti rischiava di impazzire o di vedere esseri
invisibili come Luna Lovegood.
Afferrò la valigia ed aprì la porta. Con un profondo
respiro eccitato mise piede oltre lo stipite ispirando a pieni polmoni l’aria
uggiosa mista a nebbia. Si voltò per richiudere la porta e i suoi occhi caddero
per terra: non avrebbe mai più toccato il pavimento di casa Dursley! Dopo due
settimane, finalmente, un po’ di soddisfazione! Ma Harry s’illudeva: in un
futuro non molto lontano sarebbe ritornato a casa Dursley, non certo per far
visita agli zii. Lui non lo poteva immaginare.
Nonostante fosse ancora pomeriggio, il cielo era cupo e
appannato da una spessa foschia. Era difficile scorgere qualcosa oltre i due
metri, ma Harry riconobbe subito la figura che si stagliava di fronte a lui.
Arrancando tra il banco di nebbia che invadeva tutto il giardino Harry corse
lungo il vialetto. Si precipitò tra le braccia di Remus Lupin che lo strinse
amorevolmente e lo guardò sorpreso e soddisfatto da quella dimostrazione
affettiva. Finalmente una faccia amica!
Harry fu felice di notare che i lunghi solchi che di solito
scavavano il viso scarno di Lupin erano quasi del tutto scomparsi, la pelle era
più viva e il viso più sorridente e acceso. Al contrario di lui, Remus aveva
passato due settimane fantastiche, ma se lo meritava dopo tanti anni di
solitudine. Ormai erano alti uguali, ma Harry erano più robusto e aveva un
fisico più tonico, frutto di sei anni di allenamenti. Il Quidditch! Harry
avrebbe voluto giocarci di nuovo, naturalmente dopo aver risolto il problema
“Horcruxes”.
“Il matrimonio di Fleur e Bill è domani pomeriggio. Mi
hanno dato il compito di scortarti fino a casa Weasley” disse Lupin.
Harry, per un attimo, si rabbuiò: di solito era Silente a
dare gli ordini, ma si riprese quasi subito: “Sì, lo so. Ma prima di andare mi
piacerebbe salutare Arabella Figg.”
“Oh” Lupin lanciò un’occhiata alla casa di fronte a quella
degli zii di Harry: era parzialmente celata dalla nebbia, le tende erano tirate
e le luci tutte spente “Non credo sia ancora in casa, saputo della tua partenza
ha deciso di andarsene. Privet Drive non gli è mai piaciuta, troppe pettegole.
Almeno così diceva lei. Però può darsi che sia ancora in casa”
Harry ne dubitava, ma tentar non nuoce: “Meglio che vada a
controllare, allora”
“Stai attento” lo ammonì Remus “Non vorrei fare la parte
dello scocciatore, ma sai anche tu che di questi tempi il pericolo è ovunque,
cerca di non cacc…”
Harry lo interruppe chiedendogli con voce maliziosa: “Come
vanno le cose con Tonks?”
I capelli grigiastri di Lupin si contrapponevano in modo
netto con il rossore acceso del viso “Non c’è male” Harry sapeva di essere
diventato un tantino visionario negli ultimi tempi, ma avrebbe giurato di
vedere le orecchie di Remus fumare “Ehm, abbiamo solo avuto degli… incontri
ravvicinati” Lupin si morse la lingua: chissà quale terribile e perverso doppio
senso aveva macchinato la mente adolescenziale di Harry Potter?
“Non fraintendere, Harry” aggiunse Lupin guardando un punto
imprecisato nel banco di nebbia “Siamo solo usciti a cena” e diede un marcato
colpetto di tosse “Niente di più, niente di meno… ma soprattutto niente di
più!”
Harry non riuscì a trattenersi, neanche la sua imperiosa
coscienza era stata in grado di fermarlo: “Cosa avrei dovuto fraintendere,
Remus?” domanda retorica “Ad ogni modo mi fa piacere che le cose con Tonks
vadano bene. Ma chissà per quanto ancora potrò chiamarla Tonks, cambierà di
cognome quando si sposerà, giusto?” altra domanda retorica “Ma c’è un
martellante interrogativo che mi pongo ormai da tempo…” Il groppo nella gola di
Lupin non accennava a sbloccarsi, Harry, invece, non sembrava avere esitazioni
e neanche peli sulla lingua “… come pensate di chiamare vostro figlio?
Preferisci un maschio o una femmina?”
A questo punto la discussione tra i due poteva dirsi
conclusa, Harry dubitava che Lupin riuscisse a mettere assieme due parole in un
discorso logico. Il giovane mago sorrise nel vedere Remus tutto impacciato e
balbettante: chissà se quello era il suo primo amore? Probabilmente sì; Lupin
aveva sempre sfuggito la vita amorosa per via delle sue condizioni, in fondo,
dopo trentasette anni di vita, non era riuscito ancora ad accettare il fatto di
essere un Lupo Mannaro, ma Tonks era un’ottima medicina per superare questo
blocco emotivo e a giudicare dall’evidente imbarazzo che Remus tentava di
nascondere infruttuosamente, Tonks era una medicina che funzionava mooolto bene.
“Torno subito, aspettami qui.” Non avrebbe fatto fatica a
ritrovarlo in mezzo alla foschia: il viso di Remus brillava come una lampadina
da 100 watt, era meglio di un faro da nebbia.
Harry si allontanò da Lupin puntando dritto davanti a
lui, sperando che quelle fossero le coordinate giuste per arrivare a casa di
Arabella Figg.
“Lumos!” Gridò Harry e una ridotta macchia di luce
riuscì a perforare lo spesso banco di nebbia. Viveva in Inghilterra da
diciassette anni eppure non aveva mai visto una nebbia tanto fitta, era come se
fosse solida e carica di negativismo: i Dissennatori si stavano duplicando alla
svelta. I metereologi babbani avevano tentato in tutti i modi di spiegare il
fenomeno, ma era impossibile prevedere quali sarebbero state le prossime regioni
ad essere invase dalla nebbia; inoltre la polizia si scapigliava per trovare
delle risposte all’improvvisa crescita di decessi, che alla fine erano stati
classificati come suicidi a causa della depressione portata dalla nebbia.
Nessun oggetto babbano poteva individuare residui di magia, ma se avessero
potuto, avrebbero sicuramente trovato tracce di qualche Maledizione Senza
Perdono.
Harry puntò la bacchetta di fronte a lui e scorse quelle
che potevano essere le mattonelle di un muro. Tastò a tentoni la parete finché
non trovò il legno della porta e la maniglia; la abbassò, ma la serratura era
chiusa. Allora bussò, ma non vi fu risposta. La signora Figg se n’era già
andata.
Scoraggiato si voltò per tornare da Lupin, ma la serratura
alle sue spalle scattò e la porta si aprì con un lento cigolio. Il sesto senso
di Harry lo fece sobbalzare: c’era qualcosa di oscuro nell’aria! Si girò di
scatto con la bacchetta saldamente stretta tra le dita, ma si trattava solo di
Arabella Figg.
Harry sospirò e abbassò la bacchetta, aveva già i nervi a
fior di pelle e quell’atmosfera carica di tensione non aveva certo contribuito
a calmarlo. Ma l’intuito di Harry gli diceva che c’era qualcosa di strano che
non dipendeva dalla nebbia, ma davanti a lui c’era solo un’anziana donna magonò
completamente indifesa e disarmata. Che gli stava succedendo?
“Ah, sei tu
Harry!”
Harry fece uno sforzo per riconoscere la voce di Arabella
Figg; era proprio lei? Un sottile strato di nebbia le aleggiava attorno al
viso, ma i lineamenti erano i suoi. Forse aveva solo un po’ di influenza o mal
di gola. Perché devo sempre pensare negativo?
“Sì, sono io. Volevo dirle arrivederci, signora Figg.”
“Mi fa molto piacere che tu sia venuto a salutarmi, Harry!
Sono così contenta!” ma, nonostante le sue parole, il tono della voce rimaneva
piatto e quasi meccanico.
“E’ meglio che non ti faccia entrare” continuò lei
insistendo sullo stesso tono di voce “Sto per partire e ci sono bagagli sparsi
dappertutto”
“Anch’io me ne sto andando. Remus Lupin è qui di fronte che
mi aspetta.”
“Remus Lupin… sì certo. Come sta?”
Harry ebbe un attimo di esitazione prima di risponderle:
parlava come se non conoscesse Remus. “Sta molto bene, le cose con Tonks
sembrano andare a gonfie vele.”
“Mi fa piacere per lui.”
La conversazione sembrava ristagnata. Che cosa era successo
all’energica Arabella Figg che non era mai a corto di pettegolezzi e di
argomenti di discussione?
“Oh, scusami Harry!” cominciò a piangere.
“Ehm, signora Figg…” i singhiozzi della donna risuonavano
nelle strade deserte di Privet Drive. Harry era completamente spiazzato, non
sapeva cosa fare quando una persona, in special modo una donna, si metteva a
piangere di fronte a lui. “Che cosa le prende? Mi dica, forse posso aiutarla.”
I piagnistei di Arabella si attenuarono “Oh, Harry. E’ solo
che queste ultime settimane sono state così… pazzesche. Non so più che cosa
fare, non so più come andrà a finire questa guerra e ora che Silente non c’è
più…” e riprese un pianto dirotto.
Una valanga di rimorsi colpì Harry in pieno petto: aveva
sospettato di Arabella Figg, ma lei era solo sconvolta per la morte di Silente,
il minimo che poteva fare era tentare di consolarla.
“Non si preoccupi, ci penserò io a risolvere tutto” le
parole gli erano uscite di getto dalla bocca, quasi di loro spontanea volontà.
Harry rimase quasi basito: era vero quello che aveva detto, toccava a lui e a
lui solo sconfiggere Voldemort e mettere fine a quella guerra, portava un
enorme fardello sulle spalle.
Arabella Figg interruppe il suo pianto “Ora sono più
tranquilla sapendo che ci sarai tu a difenderci dall’Oscuro Sign… da
colui-che-non-deve-essere-nominato.” Non ne era molto sicuro, ma Harry avrebbe
giurato di scorgere un leggero tono di ironia nell’affermazione della donna e
il riferimento all’Oscuro Signore non gli era sfuggito. Il suo sesto senso si
risvegliò.
“Signora Figg, va tutto bene?”
“Sì, sì, è solo che sono così stressata!” rispose quasi
seccata.
Il dubbio in Harry continuava a crescere ad ogni parola
della donna “Le dispiace se entriamo in casa un momento?” la domanda di Harry
sembrava più un ordine che una proposta.
“Mi dispiace, te l’ho già detto che è tutto in disordine.”
“Perché non mi vuole fare entrare?”
“Non ti voglio fare entrare?” la donna proseguì con
freddezza “Se ci tieni così tanto, allora entra” e si levò dallo stipite della
porta lasciando libero accesso a Harry.
Il giovane varcò la soglia pronto per qualunque cosa
dovesse succedere, ma, una volta dentro la casa, non successe nulla.
“Allora..” Harry sobbalzò sentendo la voce cupa di Arabella
Figg dietro di lui “… vuoi perquisire la mia casa come hanno fatto quelli del
Ministero, vuoi controllare sul mio braccio sinistro” e alzò la manica della
sua tunica per rivelare un braccio immacolato “oh, ma che peccato, niente
tatuaggio. Allora, Harry, mi credi una doppiogiochista?” questa volta la sua
voce suonava offesa, triste e delusa.
Harry dimenticò subito tutti i suoi dubbi: “Mi dispiace
molto signora Figg! E’ solo che sono così sospettoso ultimamente, deve essere
colpa di tutta questa nebbia!”
La donna ebbe un improvviso cambio di umore e si mise a
ridacchiare compiaciuta “Naturalmente! Ma devi scusare anche me, vedi, con la
morte di Silente e la tua partenza mi sento così inutile” Arabella continuò con
fare melodrammatico “E’ solo che la morte di Silente mi ha così sconvolta! Che
uomo era Silente! Pensa che ha persino concesso ad una magonò come me di
entrare nell’Ordine della Fenice! Non che io svaluti i magonò, non voglio certo
offendere tua zia Petunia…” Arabella Figg ammutolì e cadde un lungo silenzio
imbarazzante.
Harry era esterrefatto: “Che cosa ha detto?”
“Niente!” la donna fece un gesto non curante con la mano,
sembrava quasi che stesse recitando.
“No, non è vero! Lei ha detto che, che… mia zia è una
magonò?”
Arabella abbassò il viso con una simulata aria costernata
“Vedi, Harry, certe cose le devi capire. Voglio dire, certi segreti vanno
tenuti, per il bene di una persona.”
“Quali segreti? Quale bene di una persona?” chiese Harry
con insistenza.
La signora Figg si abbandonò ad una risata
straordinariamente priva di emozioni “D’accordo, mi hai beccata, Harry! Ma
tutti gli altri hanno sempre reputato che fosse giusto tenerti all’oscuro delle
condizioni di tua zia Petunia… e dei tuoi nonni materni.”
“Quali condizioni dei miei nonni materni?”
“Loro erano maghi, Harry. E di conseguenza tua zia Petunia
è una magonò perché non ha poteri magici e tua madre non era una Mezzosangue.”
“Cosa?” Harry era sconvolto “Ma è impossibile! I miei nonni
materni vivevano tra i Babbani, non mi risulta che fossero mai andati a
Hogwarts!”
“Questo è vero perché i tuoi nonni erano dei magonò. Ed è
anche per questo che la nascita di tua madre fu una vera benedizione per loro,
è raro che da una coppia di magonò nasca una strega con dei poteri e tra
l’altro una strega straordinariamente dotata come tua madre! Devi capire tua
zia Petunia e l’avversione che nutre nei confronti di tua madre, una gelosia
tanto forte da portarla a…” e qui si interruppe bruscamente.
“Come?” Harry non riusciva a dire altro, troppo sconvolto
per capire qualcosa. Era andato a salutare una vicina di casa e invece gli
venivano svelati segreti che riguardavano la famiglia di sua madre!
“Capisco che tu sia molto confuso, Harry. Ma l’abbiamo
fatto per il tuo bene, Silente ci ha fatto giurare di non dirtelo mai, per non
farti soffrire…”
Harry si riprese grazie all’insensatezza di quella frase:
“Perché dovrebbe farmi soffrire?”
“Col tempo lo scoprirai” sembrava quasi un avvertimento,
una minaccia, un ammonimento… Harry non lo sapeva, quella situazione era così
strana e Arabella Figg era così…
Harry non ebbe il tempo di riflettere perché la voce di
Remus Lupin gli arrivò alle spalle, a confronto di quella di Arabella Figg, la
sua voce era molto più colorita, vitale e… meno forzata.
“Che cosa succede? Ho sentito piangere, ma prima di trovare
la porta ci ho impiegato un po’. E poi ho sentito la voce di Harry un tantino
sconvolta.”
Arabella Figg si rivolse a Lupin “Ehm… Remus… Harry sa
tutto di sua zia Petunia e dei suoi nonni materni.”
Lupin fece un balzo impressionante: “Come sa tutto? E chi
gliel’ha detto?”
“Io… ma inavvertitamente” Arabella riprese a parlare con
quel tono simulato, freddo e meccanico.
Remus si mise a fissare Harry con aria preoccupata: “Harry,
stai bene?”
“Perché dovrebbe farmi soffrire sapere che mia zia è una
magonò?” doveva assolutamente saperlo; era impossibile pensare che la risposta
fosse semplicemente: Perché è tua zia e devi provare compassione per le sue
condizioni. Inoltre Silente aveva fatto giurare il silenzio a tutti, doveva
trattarsi di qualcosa di importante.
Ma Remus ignorò la sua domanda: “Mi sembra che tu sia molto
agitato. E’ meglio che saluti Arabella, dobbiamo andare.”
Harry gettò la spugna, era inutile insistere. Prima doveva
riprendersi e poi considerare i fatti a mente lucida. “D’accordo” e si voltò
verso Arabella “Arrivederci signora Figg.”
Ma la donna restava muta, ritta sulle sue gambe come un
palo inanimato, sembrava bloccata da un incantesimo. Anche Remus se ne accorse
e le andò incontro: “Arabella, va tutto bene?”
Prima che le arrivasse vicino la donna ebbe uno scatto
epilettico e mosse la testa freneticamente avanti e indietro. Lupin
indietreggiò e afferrò Harry per un braccio: “Harry, andiamo via. Credo sia
vittima dell’Imperius.”
Harry lo sospettava già da molto ma non aveva intenzione di
abbandonare Arabella Figg: “Non possiamo lasciarla qui! E se tornassero i
Mangiamorte e la uccidessero?”
Remus esitò ma poi strattonò Harry fuori dalla porta mentre
Arabella li seguiva ritta e statica come un pezzo di ghiaccio. Alla tenue luce
della bacchetta di Lupin i due scorsero il volto pallido e spettrale della
signora Figg: aveva l’intensità espressiva di un Inferus e i suoi occhi erano
completamente vacui.
“Ascolta” disse Lupin con voce malferma “So che è
rischioso, ma prima di tutto dobbiamo pensare a te. Appena arrivati alla Tana
manderemo subito qualcuno dell’Ordine per verificare che stia bene, ma dobbiamo
fare alla svelta!”
A malincuore, Harry chiuse gli occhi e si concentrò
visualizzando nella mente la casa dei Weasley e un attimo dopo ebbe la consueta
e sgradita sensazione di vertigini, i piedi si staccarono da terra e un imbuto
di energia li risucchiò entrambi per smaterializzarli molte miglia lontano da
lì.
Sia Harry Potter che Remus Lupin svanirono sotto lo sguardo
vuoto di Arabella Figg, ma ad osservarli c’era un altro paio di occhi, nascosti
in un angolino buio della casa.
Di fronte al numero 4 di Privet Drive dominava il silenzio,
ma una sottile voce femminile lo interruppe bruscamente bisbigliando: “Imperio”
e le invisibili funi che fino a quel momento avevano guidato Arabella Figg come
una marionetta si spezzarono e il corpo della donna tornò libero.
La signora Figg cadde in ginocchio mentre, con la voce
mozzata dal fiatone, mormorava: “Cosa mi hai fatto fare!”
Dalla zona più in ombra della casa venne avanti una figura
incappucciata, nera come la notte: “Non si agiti, non intendo ucciderla.” La
voce che proveniva da dietro la maschera si accordava ben poco con l’aspetto
maligno che ispirava quella Mangiamorte: il timbro della voce era gentile e
rassicurante: “Io non la ucciderò, ma si ricordi: non deve dire a nessuno che
sono stata qui. E se per caso scopro che mi ha disubbidito la polizia babbana
avrà a che fare con un misterioso caso di suicidio collettivo, diciamo… il
suicidio di tutti gli abitanti di Privet Drive.”
Arabella divenne più pallida di quanto già non fosse:
“Non faccia del male a questi Babbani, sono brava gente! D’accordo, starò zitta.”
“Meglio per i suoi amici Babbani. E si ricordi che io la
tengo d’occhio, non mi faccia arrabbiare, sappia che sono capace di qualunque
cosa quando mi arrabbio.”
“Non ne dubito, è una Mangiamorte.”
“Se questo voleva essere un insulto, sappia che non me la
sono presa” La misteriosa Mangiamorte passò accanto ad Arabella Figg e le si
inginocchiò davanti: “Guardi che non scherzo, sappia che sono una persona
molto… poco affidabile.”
Arabella deglutì nel vedere la Mangiamorte avvicinarsi
pericolosamente. Adesso che erano faccia a faccia poteva vedere i suoi occhi
attraverso le fessure della maschera: erano di un colore incredibile, che
faceva impallidire persino il verde intenso degli occhi di Harry; avevano
sfumature azzurre cielo e verde bottiglia che si mescolavano in una miriade di
tonalità, come in un vortice che esaltava la pupilla nera.
“Ho degli occhi molto belli, vero?” sibilò la Mangiamorte
mentre si alzava e si preparava a svanire.
“Aspetti!” esclamò improvvisamente la signora Figg.
La Mangiamorte stese le braccia lungo i fianchi e fissò la
donna accasciata a terra: “Sì?”
Arabella proseguì dubbiosa “Lei mi sembra molto giovane,
quanti anni ha?” non ricevette risposta “Credo che lei sia nel fiore dell’età e
allora perché butta via la giovinezza in questo modo? Non sia più una
Mangiamorte, cambi idea, scelga la strada giusta!” la Mangiamorte non reagì, si
limitava a fissarla.
“Ha finito con questi vuoti discorsi da filosofa
moralista. Che le prende? Ora che Silente è schiattato vuole sostituirlo nel
ruolo di predicatrice? Non se la prenda, ma mi ha fatto davvero pena con il
discorso di prima e poi non le conviene fare rimproveri a Maghi Oscuri, è un
lavoro pericoloso. Ricordi cosa ha ottenuto il caro e defunto Silente per fare
la ramanzina del buon samaritano a Severus Piton.” e con la mano simulò una
caduta accompagnata da un fischio sordo.
Il colorito del viso di Arabella passò dal bianco spento al
rosso acceso: “Come osa parlare male di un uomo che ha sacrificato la sua vita
perché noi potessimo…”
“Sta insistendo con la tattica della moralista? Non le ho
già detto che non le si addice?” la interruppe la Mangiamorte.
La signora Figg boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, ma
non pronunciò parola.
La Mangiamorte rise sommessamente: “Ha qualcos’altro da
propinarmi oppure mi lascia andare a fare il mio lavoro.”
Arabella si riprese dal mutismo: “Vai pure a fare il tuo
sporco lavoro!”
“Però, ora che ci ripenso, per fare il mio sporco lavoro
non mi devo allontanare granché” la Mangiamorte sghignazzò di nuovo con un
sorrisetto estremamente dolce “La mia vittima è molto vicina.”
Un oscuro dubbio si insinuò nella mente di Arabella:
“Perché dice così? Non stava andando via?”
La Mangiamorte sghignazzò, questa volta più crudelmente:
“Beh, ho cambiato idea.”
“In che senso?” domandò Arabella mentre indietreggiava
verso l’uscio della porta.
“Vede, cara signora Figg, è inutile che tenti di scappare:
io sono una strega molto potente e lei una misera magonò; scommetto che non ha
mai assistito ad un incantesimo Imperius migliore del mio, ha notato che
avevo preso pieno possesso del suo corpo e che potevo manipolarla come volevo,
farla parlare come volevo…”
“Sì, ho notato” rispose secca la donna senza alcuna traccia
di ironia nella voce: era troppo spaventata, l’ansia le stava attanagliando la
gola “Siete terribili! Voi, tutti i Mangiamorte! Avete il maligno nel sangue…”
“Il maligno nel sangue? Sbaglio o eravate voi a predicare: Non
si giudicano i maghi a seconda del sangue! E’ un po’ contraddittoria, cara
signora. Ma ora sto facendo passare troppi, preziosi secondi, quindi…”
La Mangiamorte ebbe la prima reazione emotiva della serata,
ma questa non giovò ad Arabella Figg che si ritrovò sbattuta contro il muro da
uno schiantesimo.
“Le sembro cattiva, io?” la Mangiamorte bisbigliava a
denti stretti; tutta la tenerezza della voce era scomparsa “Proprio io che le
stavo offrendo su un piatto d’argento la possibilità di sopravvivere
all’attacco di una Mangiamorte, e lei, invece…” e detto questo afferrò
l’anziana donna per il collo del pullover e la alzò da terra: quella giovane
era incredibilmente forte e aveva una stretta molto poderosa.
“Mi… mi dispiace” balbettò Arabella mentre tremava dalla
paura, prigioniera tra la parete e la Mangiamorte.
“Già, anche a me dispiace per lei” la Mangiamorte estrasse
la bacchetta e si compiacque nel vedere il terrore negli occhi della sua
vittima “Non è mai piacevole morire da soli, per fortuna ci sono io qui con
lei. Non si preoccupi, non soffrirà minimamente, almeno ora. Alcuni credono che
le vittime dell’Avada Kedavra anche dopo la morte non trovano pace.”
“La preg…”
Ma Arabella Figg non fece in tempo a finire la frase; la
Mangiamorte urlò: “Avada…”
E tutto si fece oscuro per Arabella Figg.
La Mangiamorte fissò il corpo inerme della donna steso a
terra, una smorfia di sorpresa e dolore le contorceva i lineamenti del viso.
“Ho visto una luce verde! Non sarà mica…”
Degli uomini si erano appena materializzati di fronte alla
casa e stavano per entrare dalla porta spalancata, per fortuna della
Mangiamorte la nebbia fitta limitava la visuale e quindi i membri dell’Ordine
non l’avevano ancora localizzata.
Si chinò e toccò il freddo volto di Arabella Figg: “Povera
donna, ma in fondo non mancherai a nessuno: a chi può mancare una magonò? E a
proposito, hai fatto proprio un bel lavoro con il giovane Harry Potter, gli
abbiamo confuso le idee per benino. Quando scoprirà il resto della verità sulla
sua famiglia scommetto che farà per noi il lavoro sporco. Sarà lui a portare a
termine il piano, anche se non lo farà volontariamente. Ehm, povera Petunia,
doveva essere molto gelosa della sorella per farle una cosa del genere, ma del
resto avere una sorella talmente dotata l’avrà fatta sentire una… reietta.” E
si smaterializzò nel covo segreto del Signore Oscuro.
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
Samy & Kaho show
Sorella: Innanzitutto
grazie e x qnt riguarda Draco non c’è da preoccuparsi… (purtroppo ndKaho
fortunatamente!! Ciao sorella! Condividiamo la stessa passione ndSamy^////^;
ç__ç à
*_* ndKaho) è un personaggio principale e non deve assolutamente mancare
(tranne in questo capitolo) nei prossimi cap la sua presenza abbonderà. X qnt
riguarda gli errori ce li correggiamo a vicenda ma nel Prologo abbiamo avuto
dei leggeri problemi di pubblicazione ^_^ e ci è sfuggito qlcs. Grazie 1000 KS
Siangel87: Grazie per
avere avuto tutta la pazienza di leggere l’intro sulla trilogia… per quanto
riguarda la completezza della trilogia……. teoricamente la trama di HP7 è già
tutta scritta e siamo arrivate a 5 cap completi e il 6° è in corso. Ci saranno
degli imprevisti vacanzieri e ovviamente la pigrizia di Kaho -_- , ma la
frequenza di pubblicazione è di circa 4 giorni per quelle già fatte e x le
altre circa una settimana e dipende anke da fattori X e Y ma ci impegneremo
(tra l’altro i cap sn un po’ funghetti, l’hai notato? ^__^) (Momento di
imbarazzo) à
ehm, ehm, x la terza parte la trama dettagliata nei cap c’è già tutta, ma
mancano i cap scritti in concreto; ma porta pazienza xké HP7 è unpo’ lungo (all’incirca 20 cap o +) Ciao,
speriamo di sentirti ancora KS
Rebecca: In effetti anche
noi avevamo dei problemi di comprensione con la legenda ma tanto x fare i
tecnologici e le precisine abbiamo voluto scriverla. Nel contesto i segni si
dovrebbero capire ma cercheremo di semplificare e di togliere alcune cose. Grazie
x il tuo commento costruttivo. Ma x qnt riguarda la storia, ti intriga? Non
mancare alla prox Ciao! ^_^ KS
Evanescense88: 1^ cosa hai
un bel nick (Kaho ne è rimasta affascinata dato che ricorda un certo gruppo
ndSamy) 2^ Grazieeee x i complimenti, hanno avuto l’incredibile potere di
invogliare Kaho a scrivere un altro capitolo (cs ke accade di rado… ndSamy -_-)
Baci KS
Quando la morsa all’ombelico – ormai solo un fastidioso
solletico – cessò, Harry seppe di essere arrivato a destinazione, la Tana.
Anche se i suoi pensieri erano rivolti alla signora Figg, il ragazzo si
rallegrò alla vista dei lunghi campi arati della campagna inglese che
precedevano la Tana e istintivamente prese un bel respiro, godendosi
quell’odore di terra tipico degli ambienti agresti.
Poco dopo Harry si voltò verso il suo ex professore di
Difesa contro le Arti Oscure fissandolo con due occhi smeraldo angosciati.
“Remus…” iniziò, ma la sua voce fu subito surclassata da quella decisa e seria
di Lupin che gli disse: “Vado a cercare aiuto. Tu vai alla Tana, senza indugi.
Lì sarai al sicuro.”
Harry annuì: “Va bene. Ma fai…”
Il licantropo gli sorrise brevemente e in un attimo si
smaterializzò davanti ai suoi occhi. Harry rimase fermo per un momento,
guardando il vuoto. “…in fretta” completò la frase. Remus era uno dei membri
più in gamba dell’Ordine e svolgeva con minuzia ogni incarico a lui affidato e
s’impegnava sempre con costanza quando si trattava di aiutare il prossimo: la
sig. Figg era in buone mani.
Grazie a questo pensiero rassicurante, l’apprensione di
Harry per la Magonò si affievolì e i muscoli del collo si distesero. Harry si
incamminò a lunghe falcate verso la casa dei Weasley, la numerosissima famiglia
di pel di carota, che in pratica lo aveva adottato.
La Tana, così era chiamata la piccola costruzione in legno
dove viveva la famiglia, era per Harry l’unica casa dopo Hogwarts, la scuola di
Magia e Stregoneria che quell’anno non avrebbe più frequentato.
Scuotendo lievemente la testa, contrariato dalla piega che
avevano preso i suoi pensieri, affrettò ancor di più il passo, impaziente di
potersi rilassare coi suoi amici, Hermione e Ron, e finalmente di poter
assaporare i dolci appena sfornati della signora Weasley.
Harry arrivò ben presto alla porta amichevole della Tana.
Bussò e attese.
“Chi va là?” chiese una nervosa voce femminile da dentro
casa, voce che Harry identificò come quella di Molly Weasley.
“Sono io signora Weasley” rispose Harry, acquattandosi un
poco in modo che la madre di Ron lo potesse vedere dal basso spioncino.
“Oh, Harry
caro…”
Il giovane mago udì il rumore del chiavistello, ma la porta
non si aprì, anzi, la voce possente d’un uomo – Arthur Weasley – fermò la
moglie, rimproverandola. “Molly… la parola d’ordine!”
“Ma Arthur, è solo Harry, e mi sembra una buffonata così…”
la voce si alzò di un decibel, e il tono con cui Molly Weasley si rivolse al
marito divenne più tagliente “E va bene, Arthur, se proprio insisti, lo farò.”
La voce mutò ancora, diventando quasi di zucchero filato. “Scusa, Harry caro,
ma mi sapresti dire il nome del primo animaletto domestico di Hagrid?”
Harry sorrise tra sè ripensando a come Molly detestasse
tutti quei cerimoniosi sistemi di protezione. “Aragog.” Rispose e finalmente
l’uscio si aprì.
Neanche passato un millisecondo Harry fu abbracciato di
slancio dalla tarchiata mamma di Ron, che quasi pianse dalla contentezza nel
vederlo lì, al sicuro. Ormai anche per i signori Weasley Harry era come un
figlio adottivo; e per quanto Harry adorasse tutti e fosse felice di questo, le
dimostrazioni della signora Weasley erano sempre... imbarazzanti. Ma piacevoli,
a modo loro. L’affetto era ciò che gli era mancato nella sua infanzia.
“Oh, caro, eravamo così… preoccupati…” singultò, mentre
Harry, imbarazzatissimo, tentava di calmarla con piccole pacche affettuose
sulla schiena, balbettando: “Sto bene, signora Weasley…”
A salvarlo venne prontamente il signor Weasley. “Fai
entrare il povero Harry, Molly, sarà stanco per il viaggio.”
“Oh, certo, certo…” La signora Weasley si spostò di lato,
lasciandolo libero di respirare, e Harry entrò finalmente in casa. “Accomodati
pure, Harry caro. Tra dieci minuti sarà pronto…”
“Ottimo. Salve signor Weasley, Charlie…” salutò Harry
togliendosi il mantello e appoggiandolo su un appendiabiti che il giovane mago
non aveva mai visto. Guardandosi bene intorno notò che tutta la casa era stata
rassettata di recente, anche se l’arredamento non era cambiato. Eppure a Harry
pareva meno polverosa e più ordinata di quanto fosse stata in quei sei anni.
Charlie, il maggiore dei sette fratelli Weasley, sorrise
divertito osservando lo stupore di Harry, che continuava a girare su sè stesso
come una trottola, sorpreso.
“È inutile che tenti di scavare un buco nel pavimento per
rovinare il lavoro di mamma, Harry. Ha messo un incantesimo contro sporcizia e
disastri domestici generali…” lo avvertì, ridacchiando leggermente.
Harry aprì al bocca, ma da questa non uscì alcun suono.
“Ah, se cerchi Hermione e Ron sono nel retro…”
“Grazie Charlie…” riuscì finalmente a dire Harry,
precipitandosi, non poco incuriosito da quel strano fattore, verso il retro
della casa, dove sperava di trovare i suoi migliori amici, nonché compagni di
mille avventure: Ronald Weasley e Hermione Granger. La gioia di poterli
riabbracciare gli fece dimenticare sia l’apprensione per la signora Figg che la
curiosità di sapere cosa era mai avvenuto in quella che era sempre stata la
disordinatissima Tana.
Harry si mise quasi a correre quando sentì due voci molto
famigliari borbottare tra loro, stuzzicandosi come al solito. Il ragazzo scosse
la testa, tra il divertito e l’esasperato, mentre si fermava dietro ad un
cespuglio per sbirciare i suoi amici, trattenendo una risata nel vedere in
quale stranissima situazione si erano andati a cacciare: evidentemente Ron era
riuscito a convincere Hermione, in qualche assurda maniera, a salire su una
scopa magica.
Ad Hermione volare non era mai piaciuto perché,
probabilmente, non eccelleva al massimo nelle lezioni di Volo, che, a dirla
tutta, rappresentava per lei la “materia incubo”. Intelligente, sensibile,
coraggiosa, come ogni degno Grifondoro, ligia allo studio e pignola era quasi
l’esatto contrario di Ron, che invece era pigro, spontaneo, coraggioso, ma
l’amico più leale del mondo. E appunto, mentre assisteva di nascosto alle
lezioni private che Ron stava impartendo ad Hermione, Harry si rese
piacevolmente conto di come due opposti si attraggono.
Tuttavia, il ragazzo rimaneva all’oscuro del motivo, se per
orgoglio, timidezza, gelosia o che cos’altro, per cui non si fossero ancora
dichiarati, nonostante l’ovvietà dei sentimenti, ovvietà forse solo per occhi
esterni. Ma anche Harry Potter, che non era particolarmente sensibile alle
faccende romantiche, aveva identificato la loro dannata e ossessiva gelosia
come “cotta” o addirittura “innamoramento”. Ma il ragazzo si ritrovava
puntualmente in mezzo a questi due esseri innamorati persi e inconsapevoli.
Questa situazione gli aveva quasi fatto guadagnare
un’emicrania perenne e Harry, rinunciato di rendere partecipi i due dell’ovvio
affetto che provavano per l’altro, aveva preferito cedere questo arduo compito
al corso naturale delle cose. E qui si presentava una buona occasione…
“No, Hermione, devi essere più decisa nel chiamare a te la
scopa.”
“Io sono decisa, Ron!” Hermione, una scopa appoggiata a
terra al suo fianco, incrociò le braccia sul petto, sdegnata.
Ron si grattò il mento, pensieroso, non notando – o
fingendo di non notare – l’atteggiamento scontroso della ragazza. “È sbagliato come lo fai tu, Herm, devi essere
più… non deve essere un obbligo… la scopa non è qualcosa senz’anima” Hermione
inarcò un sopracciglio e le orecchie di Ron assunsero una colorazione purpurea
“volevo dire che ha una sua… come dire… sensibilità. È magica, Hermione, non
dimenticarlo. Devi voler davvero imparare a volare.”
Harry era indeciso su cosa fosse più divertente: Hermione
che tentava di volare o Ron che le faceva da maestro.
“E se io non volessi?!”
Ron alzò le spalle. “Andiamo Herm! Tu devi aver desiderato
almeno una maledettissima volta di saper volare!”
Ecco che cominciano ad innervosirsi…pensò amaramente
Harry.
“E se il pensiero di volare non mi avesse neppure sfiorata?
Non tutti vivono per essere il Re del Quiddicth, Ron.” Ribatté Hermione con
quel suo tono di sussiego che Ron odiava.
Ron esplose, le si avvicinò allungando le gambe lunghe e la
scosse leggermente: “Diamine, Herm, vuoi dire che non hai mai invidiato me ed
Harry, o Ginny mentre volavamo in alto? Non hai mai voluto provare le brezza di
non stare coi piedi per terra, di sentire il vento schiaffeggiarti la faccia?!
Mai, mai, mai?!!”
Hermione non rispose.
Harry dal suo nascondiglio emise un piccolo fischio
d’approvazione. La perla di saggezza di Ronald Weasley. Una perla preziosa, una
su dieci contro le nove su dieci di Hermione Granger. Eh bravo il nostro Re…
Ron rimase un attimo in piedi vicino all’amica. “Oh, va al
diavolo!” Ron si voltò e fece per andar via, quando successe una cosa che Harry
non si sarebbe mai aspettato: la mano di Hermione lo trattenne per il polso.
Ron si voltò, il volto in fiamme, guardando con gli occhi azzurri sbarrati la
sua migliore amica mordersi un labbro nervosamente.
“…io… l’ho desiderato più di una volta Ron.” Hermione
confessò questo con estrema lentezza, come se ogni parola le costasse uno
sforzo immane. “Ma non ce la faccio, ci ho provato al primo anno, e anche due
estati fa, con Victor… non ce la faccio, Ron, non ne sono capace…” la tristezza
con cui disse questo toccò Harry quasi quanto toccò il suo migliore amico.
Hermione abbassò lo sguardo, dispiaciuta e amareggiata,
tormentandosi ripetutamente il labbro. Ron le posò l’indice della mano destra
sotto il mento, alzandolo in modo che i loro sguardi si incrociassero. “E se
provassimo insieme…?” le suggerì dolcemente.
Hermione tirò su col naso e annuì, un grosso sorriso
stampato in faccia. “Va bene…”
Sotto gli occhi increduli di Harry, il suo migliore amico
le strinse forte la mano, mentre Hermione ordinava con tranquillità alla scopa:
“Su”
La vecchia Stellafreccia di Ron si alzò in volo, a circa un
metro d’altezza, per consentire al passeggero di salirvi. Hermione si voltò
un’ultima volta verso Ron, che sorrise e le strinse convulsamente la mano,
dicendole un muto “Io credo in te.”
Hermione assunse un cipiglio deciso e montò sulla scopa,
muovendosi per un attimo incerta e incredula sul veicolo magico.
“Ricorda di non frenare bruscamente e di andare piano per
la prima volta, potresti cadere…” le diede un ultimo avvertimento Ron.
Hermione annuì nuovamente, afferrando saldamente con una
mano il manico di scopa, esitando prima di lasciare la mano di Ron, che solo in
quel momento parve accorgersi dell’atmosfera che si era venuta a creare. L’aria
ristagnava dell’elettricità che era scaturita dai due.
Le lasciò libera la mano, che andò a stringersi sul manico
di scopa. Hermione respirò profondamente. “Ok, ce la posso fare.” Si disse,
cercando lo sguardo di Ron. La ragazza sorrise e si diede una piccola spinta
verso l’alto, strizzando gli occhi per una manciata di secondi; li riaprì,
stupita esoddisfatta: non era caduta e
stava… volando!!
Ad Harry per poco cadde la mascella nel vederla librarsi in
aria, prima con qualche incertezza di troppo, poi man mano sempre più rilassata
e a suo agio, ridendo per la facilità dell’impresa che fino a pochi minuti
prima aveva reputato impossibile.
Ron se ne stava a terra, la mano sulla sua Tornado, pronto
a scattare in caso di minimo pericolo per Hermione; un sorriso allegro e
appagato gli illuminava gli occhi.
Questo, per Harry, era il massimo esempio di come i suoi
due amici fossero irrimediabilmente legati l’uno all’altra. E di questo non
poteva che rallegrarsene, la felicità di Ron e Hermione era la sua felicità…
Hermione e Ron erano la sua famiglia, ancor prima di tutta la famiglia Weasley,
perché erano stati i primi veri amici di Harry, non lo giudicavano perché era
il Bambino Sopravvissuto, ma lo apprezzavano perchè era Harry, semplicemente
Harry.
Che famiglia strana, pensò. Si chiese com’era una famiglia
normale, padre-madre-figli. In quel momento, il suo desiderio più nascosto,
quello più celato dal suo cuore, gli pizzicò la mente. Una famiglia. Lui voleva
avere una famiglia tutta per sè. E il pensiero della persona con cui
avrebbe voluto formarla lo riportò alla realtà, facendogli gemere il cuore.
“AAAAAH!!!”
La sua attenzione fu nuovamente catturata da un movimento
brusco di Hermione, che si sbilanciò in avanti; la ragazza aveva perso il
controllo sul mezzo e stringeva convulsamente il manico della scopa e gridava,
chiedendo aiuto. Harry tirò fuori dalla tasca dei jeans la bacchetta, pronto a
intervenire, ma si bloccò vedendo Ron raggiungerla velocemente sulla sua
Tornado. Ron si allungò verso Hermione, aprendo le braccia e portandola sul suo
manico di scopa; mentre scendevano a terra, la Stellafreccia – che
evidentemente per la sua età aveva perso molta stabilità ed era stata, forse,
la causa di quell’incidente – si schiantò a terra e si frantumò in minuscoli
pezzetti di legno. Hermione, i piedi a terra, osservava inorridita il punto
dove la scopa era caduta, spaventata, e si accoccolò tra le braccia di Ron,
piangendo. Inizialmente, Ron era impacciato e imbarazzato, indeciso; poi si
lasciò andare, abbracciò forte Hermione, accarezzandogli i capelli riccioluti,
sussurrando frasi che Harry non comprese, ma che immaginava dolci e
confortanti, poiché ebbero l’effetto di placare i singulti di Hermione.
Harry non poté trattenere un moto d’invidia verso i suoi
amici, pentendosi subito dopo di questo, e sentendosi un vero verme: invidioso
dei suoi migliori amici… in fondo, aveva voluto lui che la sua storia con Ginny
finisse no?! È meglio così, si ripeté inflessibile, meglio così…
“Harry, che ci fai lì accovacciato?”
Harry Potter si girò arrossendo lievemente e incrociò lo
sguardo interrogativo dei due gemelli di casa Weasley, Fred e George, che erano
già saltati al suo fianco, guardandosi intorno, curiosi di scoprire cosa stesse
osservando così segretamente Harry. Hermione e Ron, nel frattempo, si erano
staccati: Ron aveva il viso rivolto a terra, le orecchie uguali ai suoi capelli
rossi, mentre Hermione si asciugava velocemente gli occhi con la manica della
felpa grigia.
I gemelli sorrisero nella stessa maniera, con la stessa
angolazione della bocca, assomigliando vagamente a due statue identiche. “Ehi,
fratellino, non pensavo ti piacesse così tanto provarci in giardino con un
pubblico così nutrito!” esclamò Fred.
Ron ribatté velocemente. “Non è come sembra…”
George lo fermò: “Infatti è più di quel che sembra, vero
Fred?”
“Mooolto di più! È pronta la cena…” e sghignazzando i due
gemelli rientrarono in casa.
Harry si aggiustò sul naso gli occhiali, impacciato. “Ehm…
ciao, sono arrivato da poco…” esordì per rompere il ghiaccio, odiando il
silenzio imbarazzante che era calato tra il trio.
La prima a riprendersi fu Hermione, che lo raggiunse,
baciandogli la guancia. “Oh,
ciao Harry come stai?”
“Bene. E tu, Mione?”
“Molto bene, grazie… scusa se scappo, ma devo andare a… ad
aiutare la signora Weasley a servire! Ci vediamo dopo!” si congedò velocemente,
le guance che le andavano a fuoco a causa dello sguardo che aveva scambiato con
Ron mentre pronunciava “Molto bene”.
Quando fu sparita, Harry si rivolse al suo migliore amico
con un ghigno trionfale e insieme malizioso sulle labbra. Ron disse
frettolosamente: “Non fare commenti, Harry!” e si lanciò verso la porta per entrare
in casa. Harry lo seguì, seppur faticando a tenergli testa; quando lo raggiunse
inclinò il viso di lato e domandò in tono casuale: “Allora… che stavate facendo
tu ed Hermione tutti soli di fuori?”
Ron si affrettò a salire le scale e, spinto Harry dentro la
sua stanza – dove dormivano insieme – lo guardò quasi impaurito e gli chiese:
“Da quanto eri lì?”
Harry si portò l’indice sul mento, fingendo di rifletterci
un attimo. “Da poco… ma pochi attimi posso essere fatali, non trovi?”
La sottile allusione fu colta da Ron che si lanciò sul suo
letto, affondando il naso coperto da lentiggini nel materasso.
“Miseriaccia!”
Harry si sedette sul letto di fronte, le mani appoggiate
sulle ginocchia, e ghignò vedendo il suo amico così… smarrito. L’idea di Harry
era che entrambi non volevano accettare la realtà… ma prima o poi… il ghigno si
allargò.
“È morbida Hermione?”
Ron saltò letteralmente per aria, guardandolo come se fosse
un alieno, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, le orecchie che si
coloravano già di rosso. “Io… lei… ecco…”
Harry
rise. Ron lo fulminò. “Oh, va a quel paese, Harry!” sbottò Ron girandosi
su un fianco, intenzionato a non parlare più con Harry, per punirlo della
stupida domanda.
Harry si alzò e si sedette sul bordo del letto di Ron, che
rimase zitto e immobile. “Oh, scusa, ho esagerato un poco, lo ammetto.” Ron non
diede segni di vita. “Scendiamo, prima che tua madre ci faccia lavare i piatti
alla maniera babbana come punizione per essere arrivati in ritardo a cena.”
Harry si alzò facendo molleggiare leggermente il letto, Ron
si girò su un fianco, osservando Harry da sotto un braccio, mentre questi
apriva la porta con falsa galanteria.
Ron sorrise. “Ok, perdonato!” uscì e aspettò Harry che
chiudeva la porta al suo fianco.
“Comunque… lei è molto morbida…” il tono era così
lieve che Harry faticò a sentirlo, ma, compreso, sorrise all’amico. “Lo sapevo…
ma sentirtelo ammettere è troppo esaltante…” gli confessò, guadagnandosi una
pacca amichevole sulle spalle.
Ma il buon umore di Harry non era destinato a durare per
molto…
“Buonasera, Harry.”
Harry sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte, quasi
volesse uscirgli dal petto, causandogli un dolore sordo. “Ginny…”
Virginia Weasley – detta Ginny – era la ragazza che
affollava ormai da tempo i sogni di Harry e che lui aveva lasciato due
settimane prima pensando di poterla salvare dalla mano malvagia di Voldemort. E
ora era lì, davanti a lui, i capelli rossi, marca Weasley, sciolti sulle spalle
coperte da una felpa blu scuro che era appartenuta a Ron, gli occhi verde
chiaro, striati di marrone, che lo scrutavano facendolo sentire piccolo
nonostante la superasse di parecchi centimetri, e la bocca stretta in un falso
sorriso gioioso. Harry sentì la tensione tagliare l’aria.
“Muovetevi, è pronto.” Fu l’unica cosa che la ragazza disse
prima di precederli giù per le scale.
Harry rimase immobile davanti alle scale, Ron era già al
terzo gradino e lo guardava preoccupato. Poi il rosso fissò il punto in cui era
scomparsa la sorella, e si voltò verso Harry. “Ah, le donne… c’è un potere più
grande di loro?!” chiese ad alta voce.
Harry si trovò d’accordissimo. E con questa azzeccata
constatazione, seconda perla di saggezza, Harry si apprestava a rivalutare la
saggezza di Ronald Bilius Weasley.
*^*^*^
La cena fu consumata allegramente. Quattro tavoli furono
sistemati nel giardino in modo da farci stare tutti i commensali: Harry e
Hermione, la famiglia Weasley al completo, meno Bill (e ovviamente Percy) e
Fleur, che Harry aveva scoperto a Londra per provvedere agli ultimi preparativi
per il matrimonio che si sarebbe svolto lì alla Tana tra due giorni; ed ecco
svelato l’arcano dell’ordine.
A cena erano stati invitati anche Remus e Tonks, ora in
gran forma con i capelli rosa shocking corti che le cadevano sulle spalle, con
innovative ciocche bionde, e quell’allegria che a Harry era un po’ mancata
l’anno precedente.
“Ehi, Harry! Mi faresti un favorino?” gli chiese appena
incontrati.
Harry annuì “Quello che posso.”
Tonks sorrise divertita. “La prossima volta che devi fare
l’interrogatorio sulla relazione che ho con Remus, vieni da me. Quando è
tornato a casa era ancora mezzo sconvolto e continuava a ripetere: E’
incredibile come Harry sia diventato così simile a James, anche nelle battutine
smaliziate…!; secondo Remus hai ereditato la sua… come l’hai definita, Rem?
Ah già, ‘sfacciataggine!”
Tonks ridacchiò, Remus arrossì. “Beh… non è andata proprio
così, Ninphadora!”
“Sciocchezze… vado a salutare Molly!” e si allontanò.
Harry trattenne Lupin per la manica della giacca. Lo
sguardo triste che Remus gli rimandò non fu di buon auspicio. Harry sentì tutto
il suo corpo rabbrividire, quasi conscio della risposta alla domanda che stava
per porre…
“Remus… la signora Figg…?”
Remus gli poggiò una mano sulla spalla, il volto fattosi
incredibilmente pesante, si chinò a terra. “E’ scomparsa, il suo corpo non si
trova… ma Kingsley dice di aver visto una luce verde, prima di entrare. La luce
di un Avada Kedravra.” Fece una piccola pausa. “Mi spiace, Harry.”
Il sesto senso di Harry l’aveva in qualche modo preparato a
quell’ennesimo colpo… ma non poteva restare indifferente di fronte alla morte. Un’altra
vittima innocente. Harry sentì un forte peso sullo stomaco, la
responsabilità che gravava su di lui, il Prescelto. Sono l’unico capace di
fermare Voldemort…In quei momenti la responsabilità era tale da farlo
sentire più vecchio della sua età e, quasi, da poter toccare la corrente di
eventi che lo allontanava dall’adolescenza… e un terribile sconforto si
impossesso di lui.
“Non… non sentirti in colpa…” mugugnò Harry rivolto a
Lupin.
Remus lo scrutò a lungo, osservando ciò che si dibatteva
nei suoi occhi verdi e alla fine scosse la testa. “Lo stai dicendo a me o a te
stesso, Harry?”
Ora Harry era seduto accanto a Ron e teneva lo sguardo
fisso sul suo tacchino con patate, incapace di mandar giù un solo boccone a
causa dell’eco della recente conversazione con Lupin che continuava a
tormentargli la coscienza. Ron lo guardò a lungo, ma non gli disse niente, si
limitò a stringergli una spalla per una manciata di secondi. Harry gli fu
profondamente grato, il silenzio era quello di cui aveva bisogno ora. Forse
questo atteggiamento sembrava sbagliato, ma per Harry era un gesto di fiducia
da parte di Ron, come se rispettasse lo stato sconsolato e quasi inanimato che
si prendeva sempre più di frequente possesso di lui. Dalla morte di Silente era
più restio a mostrare i suoi sentimenti e prendeva molte più decisioni da solo,
estraniandosi inconsciamente, acquistando man mano un’indipendenza che lo
allontanava inesorabilmente dai suoi amici. Ma sapeva che Ron gli era vicino:
bastava uno sguardo e capivano di poter contare sull’appoggio dell’altro.
“Harry perché non mangi?”
Hermione, per contro, non capiva quando chiudere la bocca.
“…non ho molta fame, Hermione…”
“Non dire stupidaggini, non avrai ancora mangiato niente!”
esclamò stizzita la ragazza.
“Davvero Hermione, io non…”
“Mangia o mi costringerai ad imboccarti.”
Ron ridacchiò sottovoce. Harry sospirò, o meglio sbuffò, e
obbedì suo malgrado inghiottendo una patata e scoprendosi piuttosto affamato;
svuotò il piatto sotto lo sguardo ammonitore di Hermione e dovette mangiarne
anche una seconda porzione, che il suo stomaco accettò con fatica, sempre a
causa della maniacale apprensione di Hermione e della signora Weasley,
costantementepreoccupata per la nutrizione del ragazzo.
“Harry vuoi un’altra fetta di torta?”
Hermione gli porse un piattino con un invitante dolce ai
frutti di bosco. Peccato per lo stomaco di Harry che si era già trangugiato a
fatica due porzioni di tacchino con patate e una fetta di torta con una
manciata di biscotti al cioccolato.
“No davvero, sono pieno…”
Hermione gli mise sotto il naso il piatto e l’odore del
dolce gli arrivò alle narici, dandogli un lieve sentore di nausea. “Solo un
poco Harry…”
“Hermione, non ho proprio fame…”
Ron agguantò dal piatto la fetta. “Io però sì!”
Hermione s’accigliò, si allungò sul tavolo e gli tirò un
orecchio, facendolo diventare violaceo. “Era per Harry non per te, idiota.”
“Ahia!” Ron gli lanciò un’occhiata furiosa. “Ma se non la
vuole è un peccato sprecarla, no?!”
Hermione inarcò un sopracciglio. “Ma Harry avrà mangiato
poco o niente dai suoi zii, quindi è giusto che reintegri le energie.”
Harry si passò una mano sulla faccia, annientato:
l’episodio del pomeriggio non aveva affatto migliorato il rapporto tra i due,
per sua sfortuna!
La signora Weasley annuì. “Oh, giusto! E poi il cibo di
campagna è genuino, quello di cui hai bisogno. Harry caro, ti taglio una fetta
di torta? Sì?”
Un’altra. Sono perduto. Non che ci tenga particolarmente
alla linea, ma così non riuscirò nemmeno a salire su una scopa.
“Io…”
“Harry non è un maiale che deve andare al macello, mamma.
Se non ha fame, lasciatelo in pace.” Harry alzò gli occhi verso la sua
salvatrice che evitò con cura di guardarlo in faccia: Ginny aveva il volto
abbassato e tagliava col cucchiaio una mousse di yogurt. Il ragazzo cercò di
svincolare lo sguardo che fissava ostinato la rossa, ma ogni tentativo fu vano:
sembrava che avesse un paraocchi rigido che gli impediva di osservare altro, se
non il capo ramato di Ginny.
Il cigolio di una sedia trascinata sul pavimento gli fece
capire che Hermione si era riseduta a tavola. “Hai ragione, Gin.” Convenne la
sua amica aggiungendo: “Ma questo non significa che Ron si sia comportato da
benemerito cafone…”
Ron grugnì. E in quel momento gli occhi di Ginny si
fissarono su quelli di Harry. Il ragazzo fu attraversato da un brivido
indefinibile e d’istinto distolse lo sguardo. Si rivolse in fretta e furia a
Ron e Hermione, interrompendo il principio di un altro litigio: “Venite, devo
parlavi.”
I due lo guardarono un po’ straniti, ma si decisero a
seguirlo in giardino, salutando educatamente gli altri commessali. Harry gli
raccontò per filo e per segno tutto ciò che gli era successo nelle ultime
settimane, dalla sua decisione di non entrare mai più nella casa degli zii alla
morte della signora Figg.
“Oh, Harry…” singultò leggermente Hermione, appena seppe la
notizia. “Deve essere molto difficile da sopportare…”
“Lo è per tutti… è colpa di questa guerra” commentò Harry
cercando di sembrare forte e rilassato, in perfetto contrasto con ciò che in
realtà sentiva.
“Ma per te, ora che sai della Profezia, tutto deve pesare
almeno il doppio…” continuò Hermione.
Harry si allontanò dai due amici e ritornò verso la casa.
“Torniamo dentro, comincia a diventare freddo.”
Hermione e Ron non commentarono e lo seguirono dentro casa,
dove si sedettero vicino a lui, davanti al focolare acceso. Lupin li raggiunse
con un sorriso, accomodandosi accanto a Harry.
“Eccovi… ma dove vi eravate cacciati?” chiese.
Hermione alzò le spalle. “Un giro intorno alla casa a
parlare un po’…”
“Cose tra amici, vero?”
Tutti e tre annuirono. “Già…”
Harry avvertì lo sguardo apprensivo di Remus su di sè, ma
continuò a osservare il fuoco con testardaggine, leggermente imbronciato.
Voleva solo essere lasciato in pace. La compassione era l’ultima cosa di cui
aveva bisogno.
Lupin si sistemò meglio sulla poltrona rattoppata e tirò
fuori una pipa, la caricò e aspirò la prima boccata. Hermione sgranò gli occhi
color cioccolato, mentre Ron sorrise raggiante.
“Non ci posso credere… Remus non dirmi che fumi?!” esclamò
il rosso.
Lupin scrollò le spalle. “Alle volte. Solo pipa, però.”
Rispose.
Hermione intervenne decisa: “Ma non lo sai che è dannoso
alla salute?! È provato scientificamente che le difese dei fumatori sono
ridotte rispetto ad un individuo che non fuma e…”
“E chi te l’ha detto, Hermione?” le chiese Lupin.
Hermione si strinse nelle spalle. “Nel mondo babbano è
l’argomento del giorno, perchè sono in molti coloro che fumano e che
contraggono cancri al polmone o…”
“Sciocchezze.” Disse Ron.
Hermione si voltò verso di lui, incollerita. “Ron, ho letto
articoli su articoli su questo argomento da riviste dei miei genitori… non puoi
negare che il fumo fa male alla salute…” ribatté la ragazza.
Ron alzò le spalle. “Mai sentito che fa male.”
“Certo, oltre ai libri sul Quidditch non leggi
nient’altro!”
Ron si infiammò: “Il fumo magico non è nocivo! Leggiti
qualche deplian del San Mungo, sapientona!”
Lupin si mise una mano davanti alla bocca e rise piano.
“Per Merlino, voi due assomigliate terribilmente
a Lily e James… perfino quando ormai era palese l’attrazione che provavano
l’uno per l’altra non facevano che litigare…” commentò pacatamente,formando una nuvoletta di fumo.
“Non è vero!” tuonarono insieme Hermione e Ron, entrambi
rossi in viso.
Remus contenne una risata dietro un colpo di tosse e
ricominciò: “Eppure come Lily e James litigate per cose banalissime senza voler
mai ammettere di essere in torto. E molte volte, anche sposati, i signori
Potter litigavano ancora!”
Harry si scordò completamente il suo intento di estraniarsi
dal resto del mondo e rimase molto incuriosito e interessato da ciò che disse
Remus. Sapeva ben poco dei suoi genitrici e quindi si voltò verso Lupin
prestando la massima attenzione al racconto.
Ad Harry venne in mente il quinto anno ad Hogwarts quando
aveva preso lezioni di Occlumanzia dall’odiato Professor Piton ed era incappato
per sbaglio nel suo Pensatoio, assistendo alla pubblica umiliazione del
Serpeverde ad opera di James e di Sirius, e non aveva certo scordato la
compassione e il coraggio di sua madre nel difendere Piton e l’avversione e la
stizza nell’affrontare il padre. All’epoca aveva quasi provato un moto di pietà
nei confronti di Piton, vittima dei sotterfugi dei Malandrini, ma ora che aveva
avuto la prova del reale tradimento di Piton nei confronti dell’Ordine della Fenice
e soprattutto verso Silente, di cui era l’assassino, non poteva che approvare
incondizionatamente il comportamento di suo padre e di Sirius.
Al ricordo di quell’episodio gli venne spontanea una
domanda: “Remus… mi potresti dire quando mio padre e mia madre hanno iniziato a
frequentarsi?”
Remus prese una boccata con la pipa, pensieroso. “Quando è
nato il loro interesse l’uno per l’altra, intendi?” gli chiese, e Harry annuì.
Lupin sorrise. “Oh, tuo padre era cotto di Lily già dal quinto anno e non passava
gita a Hogsmade che tua madre ricevesse un invito da parte di James a uscire
con lui… Lily non era entusiasta della cosa perché vedeva James solo da un
lato: quello del bravaccio. D’altronde lui e Sirius erano dei veri idoli dentro
le mura di Hogwarts, venerati da tutti i Grifondoro (meno tua madre, ma te l’ho
detto: li vedeva solo da una prospettiva), rispettati da Corvonero e Tassorosso
e odiati dai Serpeverde. Lily non approvava come Ramoso e Felpato sfruttavano
il loro intelletto. In pratica amavano sfoderare ogni genere di incantesimo per
verificare il proprio talento e sostenevano che tormentare Piton allietasse le
loro giornate; per questo Lily scansava ogni invito di James. Ma tuo padre era
davvero molto ostinato e una volta aveva tentato persino di creare una pozione
d’amore… che Mrs Purr ingerì poi per sbaglio; a causa di questo disastroso
incidente James era stato perseguitato per due intere settimane da quella
gattaccia, facendo ingelosire parecchio Gazza.” Lupin alzò gli occhi al cielo,
Ron e Hermione risero insieme e ad Harry scappò un sorrisetto.
“E come… come ha fatto il padre di Harry a farla
innamorare?” chiese Hermione, appassionata dal racconto.
“La prima mossa fu un mazzo di rose rosse e un profumo di
Madama Magnolia, che avrebbe sicuramente funzionato se non fosse stato per la
dedica.” Remus fece una pausa per dare enfasi al seguito. “Alla mia
deliziosa secchioncella. Il tuo fighissimo James.”
Ron allargò gli occhi, poi si mise le mani sulla pancia e
si rotolò sul tappeto, commentando tra una risata e l’altra: “Nemmeno tu ed io,
Harry, potremmo mai raggiungere certi gradi di stupidità!!”
Hermione gelò Ron all’istante con un’occhiataccia: “Oh, voi
sapete essere molto più stupidi in questa materia, Ron.” Berciò la ragazza.
Harry rise.
“Vedo che la storia vi piace!” esclamò allegramente Lupin.
“Oh sì, la prego, continui!” pregò Hermione, dopo aver
zittito Harry e Ron.
Lupin continuò a raccontare: “Bene. Il secondo tentativo
fu, se possibile, ancor più disastroso.”
“Cosa ha combinato mio padre?” chiese Harry incuriosito.
“Organizzò una serenata.”
Silenzio. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo di comune
sdegno per un’idea così sdolcinata, al contrario gli occhi color cioccolato di
Hermione si illuminarono. “Oh, che gesto carino!” sospirò la ragazza con le
mani giunte a preghiera. Harry e Ron, alle sue spalle, si misero
contemporaneamente un dito in bocca fingendo di vomitare.
Lupin alzò le spalle: “Immagino che per una donna possa
essere carino, ma Lily non era dello stesso parere… forse perché James non
l’aveva fatto in un posto intimo, ma bensì, come era nella sua natura di
esibizionista cronico, nella Sala Comune davanti a tutti gli studenti, vestito
stile Re Sole, stonato come una campana e con un coretto a dir poco disastroso:
Sirius era un baritono pessimo e Peter squittiva, anziché cantare. Soltanto io
e il mio clarinetto siamo scampati alle critiche delle settimane che
seguirono.”
Hermione fissava l’ex-professore inorridita. “Capisco
perché tua madre fosse in collera con lui, Harry.” Grugnì, mal celando una
smorfia.
“Sto cominciando a capirlo anch’io…” annuì Harry,
aggiungendo però: “Ma certe volte voi donne siete troppo pretenziose… insomma,
era carino… no?”
Hermione non rispose, ignorandolo volutamente.
Lupin si schiarì la gola. “Allora… dopo il suo totale
fiasco, James era depresso al massimo, fu allora che Sirius commise uno dei più
grandi errori della sua vita: gli diede lezioni di corteggiamento.” Lupin
sorrise tra sè, ricordando le notti insonni di simulazione per prepararsi al
corteggiamento di Lily Evans. “Sirius era un vero rubacuori, bello e
impossibile. Sirius diceva sempre che non c’era donna degna del suo fascino. E
poi ci fu la prova generale della conquista di Lily.”
“Ah… e come andò?” domandò Ron.
“Lily bestemmiò per la prima volta in sei anni.” Remus rise
per un attimo, scuotendo la testa. “Ooh, la scena era bellissima: James
indossava una giacca di pelle di drago, con tanto di jeans strappati e un paio
di occhiali scuri, e la aspettava addossato ad una colonna. Lily stava andando
in Biblioteca con me per una riunione dei Prefetti (momento perfetto secondo
James per agire, perché c’era poca gente; pessimo per me perché Lily era sempre
nervosina prima di una riunione… ma Ramoso era testardo e l’unico a cui forse
dava retta, purtroppo per lui, era Sirius) quando ci siamo visti spuntare dal
buio James in versione ‘uomo brillantina’, inutile invenzione babbana per gli
indomabili capelli di James Potter! Il povero Ramoso si era poi avvicinato a
Lily e aveva esordito con un “Ehi, pupazzola, ti va di rockeggiare con me?”.
Come ovvia conseguenza Lily imprecò in più lingue e mentre se ne andava, James
continuava a gridarle che era solo la prova generale e che il vero show era
fissato per il giorno dopo… Per una settimana Lily riuscì ad evitarlo.”
Harry non poté trattenersi dal ridere davanti ad un
racconto così esilarante quanto irreale; gli tornò il buon umore: non sapeva
quasi niente dei suoi genitori, eppure la storia di Remus e delle peripezie di
suo padre gli sembravano quasi rispecchiare la sua attuale situazione romantica
(anche se lui non avrebbe mai cantato di fronte a Ginny). Quel piccolo sprazzo
della vita dei suoi genitori era importantissimo per lui, così come lo erano i ricordi
di Sirius e l’unico amico di suo padre rimasto in vita, che ora lo stava
deliziando con tutti quei fantastici racconti.
Lupin aspirò una boccata dalla pipa, sorridendo. “Ma poi,
alla fine di luglio, io, tuo padre e Sirius ci trovavamo a Diagon Alley per
acquistare insieme i libri scolastici per l’ultimo anno di scuola. Vi confesso
che temevo la fine della scuola quasi quanto temo le notti di luna piena… avevo
paura che non avrei mai più ritrovato i miei amici, ma questo non è accaduto.”
Remus svuotò la pipa dentro ad un posacenere che aveva
trovato sul tavolo, immerso nei suoi pensieri e poi fece un gestonon curante con l’altra mano.
“Ma non è questa la storia. Allora… quel giorno entrammo al
Ghirigoro. Sapete, James e Sirius volevano farmi un regalo in ritardo, e
casualmente incontrammo Lily che cercava un libro sui Druidi dell’Antica
Gallia. La salutammo e James la invitò a prendere un gelato e Lily, forse
intontita dal tono gentile di James a cui non era abituata, annuì: il sorriso
di James è ancora un record imbattuto in ampiezza!” ironizzò Remus, anche lui
preso da un enorme sorriso “Beh, tutto sembrava procedere bene: io e Sirius
fingemmo di allontanarci con una scusa idiota, lasciandoli soli soletti.”
“Ma… come diavolo ha fatto a conquistarla in un
pomeriggio?!” chiese il rosso ammirato con gli occhi spalancati.
Hermione rispose per lui, zelante: “Ron è così chiaro.
Non ci si innamora così in un solo giorno, si vede che Lily già provava
qualcosa senza riuscire ad ammetterlo agli altri quanto a sè stessa.”
“Hermione, te l’ho già detto: sei una strega
incredibilmente dotata per la tua età.” Si complimentò con sincerità Lupin.
Le guance di Hermione si imporporarono leggermente.
“Grazie… ma sono soprattutto una donna e so come funzionano queste cose… anche
per mia esperienza…” dichiarò la ragazza, facendo girare Ron dalla sua parte.
“Che genere di esp…?” incominciò il rosso, titubante.
“Ma mio padre deve aver pur fatto qualcosa che ha colpito
mia madre.” Harry interruppe il suo migliore amico, salvando l’atmosfera
pacifica di quel momento.
Hermione lo guardò e mosse le labbra per ringraziarlo.
Harry ricambiò, ormai rassegnato ad una vita unicamente dedita a mediare tra
Hermione e Ron.
Remus annuì. “Oh, beh… diciamo che James ha mostrato a Lily
quanto tenesse davvero a lei, rinunciando ad una cosa che amava tantissimo e
dimostrando così a tua madre che aveva messo la testa a posto ed era maturato
un po’.”
“A cosa rinunciò?” chiesero in coro.
Remus chiuse gli occhi per un istante. “Torturare Severus
Piton.” Al nome dell’uomo, sia Remus che Harry si irrigidirono.
“James e Piton si odiavano a vicenda. Io penso ancora che
Piton lo invidiasse e che James odiasse il suo comportamento viscido, come
Sirius. Lily, invece, provava una gran pena per lui. Aveva un gran cuore tua
madre, Harry, ed era la persona più caparbia e generosa che abbia mai
conosciuto. Sapeva perdonare tutti, portava con fierezza il vezzeggiativo di
“mezzosangue” e combatteva per ogni suo ideale. Forse è proprio per questo che
James si innamorò di lei. Chissà.”
Remus sospirò. “Ad
ogni modo, tuo padre la portò a fare una passeggiata per Diagon Alley,
riuscendo addirittura a prenderla a braccetto. Io e Sirius, appostati dentro ad
un vicolo ci scambiavamo occhiatine compiaciute, ma ad un tratto vedemmo Piton
con in mano un pacchetto regalo avanzare a fianco di una donna molto magra e
con i suoi stessi occhi neri; fu un attimo. Lily e James stavano ridendo
allegramente, cosa che avrei reputato impossibile solo qualche settimana prima,
quando Piton investì Lily facendola cadere a terra. James le fu accanto per
soccorrerla, mentre la donna faceva lo stesso con Piton. James alzò gli occhi
da tua madre e, posso ammetterlo, non ho mai visto così tanto odio negli occhi
di James Potter come quel giorno.”
Harry
digrignò i denti. “Oh, lo capisco piuttosto bene…” bisbigliò
impercettibilmente.
Remus colse il bisbiglio di Harry, ma preferì non
commentare, forse perché anche lui temeva di esternare sentimenti di puro odio
verso Piton; così continuò a raccontare: “James cominciò ad insultarlo e a
pretendere le sue scuse. Ma ovviamente Piton rifiutò di farlo con disprezzo,
ribattendo che Lily era solo una sporca mezzosangue e che il suo posto era lì,
a terra e in mezzo alla polvere. James ci vide nero: chiuse le mani a pugno e
si allungò per colpirlo, ma Lily lo trattenne.”
Remus si fermò, per poi riprendere.
“Non so cosa gli abbia detto Lily in quei dieci secondi, ma
James rinunciò ad ogni suo spirito bellico – non senza fatica, come disse poi a
me e a Sirius – almeno rinunciò per quel giorno. Piton si rialzò e si allontanò
con la donna che lo rimproverava per aver sporcato il vestito appena preso per
il suo compleanno. Da allora Lily cambiò atteggiamento nei confronti di James e
infatti, la prima volta che Ramoso le chiese di uscire lei acconsentì.”
“Io… ho sempre
considerato Lily e James come la prova che l’amore esiste veramente, la prova
che l’amore non è una storiella inventata come avevo sempre pensato io prima di
conoscerli e di vederli insieme. Ogni loro gesto, ogni sguardo… sembravano
quasi la stessa persona, nonostante i contrasti delle loro personalità… lo
trovavo sconcertante…”
Remus si grattò una guancia imbarazzato. “Beh…
incomprensibile fino ad ora che sto con Ninphad... Beh, ad ogni modo Harry”
aggiunse Remus scansando l’occhiata maliziosa del giovane Potter “voglio
prendermi la libertà di darti solo un consiglio: non scappare dai tuoi
sentimenti come ho fatto io per tanti anni, ma anzi, usali per costruire la tua
vita e il tuo trionfo.”
Harry sgranò gli occhi e Lupin sorrise.
“Lily e James avrebbero voluto che tu sapessi che loro sono
stati felici, disperati eroi ma sempre insieme. Ecco, volevo dirti solo questo…”
concluse Remus sempre più impacciato.
Harry boccheggiò con la mente che si rifiutava di formulare
qualsiasi parola di senso compiuto, ma impegnata invece a scolpire quelle
parole nella sua mente. “Io…”
Lupin scosse dolcemente la testa. “Non devi dire niente,
Harry.” Remus si alzò dalla poltrona e infilò la pipa in una falda del
mantello.
“Grazie, Lunastorta.”
Remus si voltò stupito, ma Harry aveva già voltato la testa
verso le fiamme arancioni del caminetto. Lupin sorrise dolcemente, quando…
“Bonsoir Weasley!”
Una vocina allegra echeggiò nel salotto e Harry si voltò
appena in tempo per essere avvolto dal profumo di colonia e per ricevere un
sonoro bacio sulla guancia. “Sciao Herrì cher…” lo salutò tutta
frizzante Fleur, mentre lui le rispondeva sorridente: “Oh, ciao Fleur… come
stai?”
“Oh, sono così emosionata, Herrì! Demain è il gronde
jorno!” gli confessò, baciando e salutando rispettivamente prima Ron e
poi Lupin (causando due rossori e facendo sì che Ron diventasse tutto ad un
tratto balbuziente).
“Ehi famiglia!”
Ron salutò calorosamente Bill Weasley, secondogenito dei
Weasley, dandogli un paio di pacche virili sulla schiena e esclamando ironico:
“Allora, pronto per il gran giorno, Bill, proprio tu che secondo mamma saresti
stato l’ultimo dei figli che si sarebbe sposato!? Anche dopo Fred e Geroge!”
Bill rise
forte. “Oh, mai stato più pronto di così.” Dichiarò e Fleur gli sorrise
dolcemente, somigliando ad un angelo dai capelli biondissimi.
Harry si alzò e strinse la mano a Bill. “Ciao Bill… come
stai?” gli chiese semplicemente.
Bill alzò le spalle. “Oh, si va avanti. Non saranno un paio
di cicatrici a fermarmi.” Gli disse con un po’ di amaro in bocca.
Bill era sempre stato il ribelle di casa Weasley, con
giacche di pelle, codino ed una sfilza di orecchini sulle orecchie,
disperazione della signora Weasley. Ora era il primo della famiglia a prendersi
un impegno gravoso come quello di un matrimonio con l’affascinante mezza Veela
Fleur Delacour, la campionessa francese con cui Harry si era confrontato
durante il Torneo Tremaghi tre anni prima, quando Voldemort era risorto; un
matrimonio che nessuno di loro si aspettava: tutti erano rimasti piacevolmente
sorpresi quando, poco tempo fa, Fleur aveva insistito per maritarsi con lui
nonostante fosse stato morso dal feroce Licantropo Greyback, che gli aveva
sfigurato metà della faccia.
Per Harry la storia di Fleur e Bill era un po’ come per
Lupin la storia dei suoi genitori: una storia di speranza.
Speranza. Una parola che era come linfa in quei tempi.
Harry sentiva che le seconda guerra magica era iniziata, al
contrario delle dichiarazioni del Ministro della Magia. E lui si sentiva in
obbligo di combattere.
“Allora” Esordì Hermione cercando di essere gentile con
Fleur e di celare il fastidio che aveva provato quando la mezza Veela aveva
sfiorato Ron. “Hai già deciso il vestito?”
Fleur squittì eccitata. “Oui, oui… è tutto pronto pour
la cerimonia nel giardino demain… tout plein di pizzi e con tonto
di velo… come una prinscipessa!” Fleur si avvicinò a Bill e lo abbracciò
scoccandogli un piccolo bacio sulle labbra. “Merci mon amour!”
“Bill!!”
Fleur si staccò dal prossimo marito, mentre Ginny gli
buttava le braccia attorno al collo e lo stringeva forte a sè. Bill rise e la
fece volare. “Ehi, piccola Gin! Come stai?”
Ginny gli diede un bacio sulla guancia e si staccò da lui
sorridendogli vivacemente.
Harry sentì un bruciore allo stomaco, ma lo ignorò
ricordandosi che Bill era il secondo fratello preferito di Ginny dopo Ron e
che… diamine, era suo fratello! Come si faceva ad esserne gelosi?!
“Benissimo e tu? Guarda che fai ancora in tempo a
salvarti!” gli disse, mentre Fleur si girava indignata e la fulminava con
un’occhiataccia che Ginny non degnò di uno sguardo. Bill rise.
“Sai che amo rischiare…” Fleur gli sorrise grata,
ricominciando a discorrere con la signora Weasley sui preparativi della
cerimonia. “Ma tu sei sempre la mia sorellina preferita!” Sussurrò Bill alla
sorella, scompigliando i lunghi capelli rossi di Ginny.
Harry si sentì sul punto di scoppiare, e fece due respiri
profondi.
Ron parve accorgersene e, sbadigliando, esclamò a voce
intenzionalmente alta: “Che sonno! Domani dobbiamo svegliarci presto per
preparare il giardino, Harry, che ne dici di andare a dormire?”
Harry sbadigliò in risposta. “Uh, d’accordissimo! Il
viaggio mi ha stancato…” disse a voce anche questa volta volutamente alta.
“Andiamo.”
“Bravi ragazzi, andate a letto!” acconsentì la signora
Weasley.
I due ragazzi si congedarono seguiti da Hermione. La
ragazza scuoteva la testa divertita mentre salivano le scale. “Siete degli
sciocchi, voi uomini. Pensate che Ginny non si sia accorta che tu volevi
allontanarti da lei, Harry?” gli chiese bonariamente, mentre il ragazzo le
rispondeva con un grugnito.
Ron si intromise: “Magari non l’ha capito, mamma non ci ha
fatto caso.”
“Ron sei uno sciocco!” ribatté Hermione. “Tua madre ha
occhi solo per il matrimonio di Bill in questo momento, ecco perché non se n’è
accorta. Non sottovalutare Ginny e le donne in generale.”
“Anche Ginny era impegnata con suo fratello.” Disse Harry,
cercando di acquietare il suo tono burbero.
Hermione lo fissò con i suoi disarmanti occhi cioccolato.
“Oh Harry, sei così cieco… comunque vi lascio, scendo ad aspettare Gin…”
“Da quando tu e Ginny siete così vicine?” le chiese Ron
incuriosito.
Hermione alzò e riabbassò velocemente la mano in un gesto
di non curanza. “Da un pezzo, Ron, Ginny è la mia migliore amica.”
“Pensavo che io e Harry fossimo i tuoi migliori amici!”
esclamò il ragazzo dai capelli rossi, corrugando la fronte e senza nascondere
una sorta di dispiacere.
Hermione sbuffò spazientita. “Ma certo che lo siete, ma
certe volte ho assoluto bisogno di un appoggio femminile… certe cose non si
posso dire a dei ragazzi.” Spiegò velocemente “E comunque, io e Ginny abbiamo
in comune molte cose… tra cui due ragazzi poco recettivi per certi messaggi.”
Dichiarò misteriosamente, scomparendo sulla rampa delle scale.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
“Secondo te che cosa dice a Ginny che non può dire a noi
due?” domandò Ron.
Harry scosse la testa in segno di diniego. “Non ne ho la
più pallida idea.”
“Lo immaginavo: neanche io ne ho la più pallida idea.”
I due ragazzi entrarono nella camera di Ron e si buttarono
sui rispettivi letti, sospirando all’unisono.
“Donne…”
Poi si guardarono e sogghignarono divertiti.
“Ti va una partita a scacchi?” gli chiese Ron.
Harry si alzò e prese la scacchiera che aveva regalato
all’amico due anni prima.“Certo… e
magari questa è la volta buona che ti batto!” esclamò appoggiando l’oggetto
magico sul letto di Ron e sedendosi a gambe incrociate sul materasso.
“Illuso… sono imbattibile in questo gioco! Non mi batterai
mai” si vantò Ron, prendendo le pedine nere e appoggiandole sulla scacchiera.
Harry rise sotto i baffi. “Mai dire mai, Ron…” lo ammonì
più divertito che serio, appoggiando le pedine bianche e queste si posizionarono
magicamente al loro posto, come quelle nere.
Ron ghignò pavoneggiandosi con ampi gesti delle braccia.
“Sulla mia invincibilità ci giocherei il mio poster dei Cannoni di Chudley…
forza Harry i bianchi iniziano per primi, almeno questo dovresti saperlo!”
Harry si concentrò, increspando la fronte. “Pedone in E6.”
“Dilettante.”
*^*^*^*^
Harry spalancò gli occhi e si voltò verso il comodino,
tentando di trovare bacchetta e occhiali.
“Lumos” mormorò e la bacchetta si illuminò
debolmente. A notte fonda Harry era stato svegliato da un’improvvisa voglia di
bere.
Sbuffò impercettibilmente e, facendo attenzione a non
svegliare Ron, s’infilò ai piedi due pantofole felpate e scese le scale fino
alla cucina.
Si guardò intorno, ma non sembrava esserci anima viva; così
aprì il frigorifero (invenzione babbana portata dal signor Weasley e che unica
fra tutte era piaciuta alla sua consorte) e, dopo una piccola ricognizione,
scelse un brick di succo d’arancia. La prese dal ripiano, tolse il tappo per poterlo
bere a canna e chiuse lo sportello e subito dopo sussultò sorpreso, bagnandosi
tutta la maglietta del pigiama.
“…Ginny?”
Davanti a lui Virginia lo guardava incuriosita, inarcando
un sopracciglio chiaro, e burlandosi silenziosamente della sua sbadataggine.
“Non credevo che le magliette soffrissero la sete.”
Commentò pacificamente con un mezzo sorriso.
Harry tossicchiò cercando di sciogliere il groppo che gli
dondolava nella gola. “Ehm… vuoi un po’ di succo d’arancia?”
È tutto quello che riesci a dirgli?! Sei proprio
un imbecille, Potter!
Ginny sbatté le palpebre meravigliata, poi annuì e gli
diede le spalle per andare a prendere due bicchieri dalla credenza. Harry
inclinò la testa e la vide alzarsi sulle punte dei piedi e aprire l’ultima anta
dell’armadio. Ginny era sempre stata piuttosto bassina, ma aveva un corpo ben
definito e un caratterino niente male, tali da attirare la sua attenzione.
Forse proprio il carattere improvvisamente vivace che aveva scoperto in lei li
aveva avvicinati. A differenza di Cho, Ginny non avrebbe mai pianto mentre la
baciava, non avrebbe cercato in lui un rifugio. Ginny voleva, al contrario,
essere il suo rifugio.
E lui l’aveva allontanata.
Idiota…
Ma è per il suo bene, dovevo farlo!
“Allora… hai già preparato l’abito per la cerimonia?” gli
chiese Ginny, mentre cercava di raggiungere il fondo del ripiano troppo alto
per lei. La ragazza sbuffò irritata. “Dovrò prendere una sedia, accidenti…”
Ginny si sentì afferrare improvvisamente la vita e fu
sollevata di qualche centimetro. Si voltò e guardò cautamente Harry, che aveva
il cuore in tumulto e un certo imbarazzo celato dal buio della stanza. “Dai, ti
faccio da appoggio.”
Ginny non commentò nè si divincolò dalla presa; afferrò i
bicchieri e subito dopo si ritrovarono ancora a specchiarsi l’uno negli occhi
dell’altra, in silenzio. Harry sentiva lo stomaco contorcersi violentemente in
una presa piacevole.
“Puoi farmi scendere adesso, Harry.” Disse Ginny. Harry
percepì nel tono un lieve tremore, e seppe di averla scombussolata.
Impacciato, come sempre quando si trattava di ragazze (era
sicuramente una tara genetica presa dal padre), rispose: “Oh… sì, certo” e fece
come ordinato.
Ginny appoggiò i piedi nudi sul pavimento e alzò la testa
per incrociare ancora il suo sguardo. “Grazie.”
“E di che?” rispose lui, con la testa che cominciava a
vorticare nella fantasia: erano davvero troppo vicini… si accorse di avere una
gran voglia di baciarla, di sentirla ancor più vicina a lui… Si inclinò
leggermente e sul punto di congiungere le loro labbra il suo stomaco borbottò
fermandolo appena in tempo.
Ridacchiò imbarazzato, allontanandosi. “La sete.” Spiegò e
le rubò un bicchiere sfiorandole le dita e sentendo un brivido percorsegli la
schiena. Si versò del succo, dandole le spalle e cercando di calmare i battiti
del suo cuore, dopo di che si girò vero di lei offrendole con un cenno di capo
un po’ della bevanda.
Ginny lo raggiunse stranamente silenziosa e gli porse il
bicchiere che lui riempì.
Bevvero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Harry continuava a guardarla di sottecchi e a serrare la mascella per placare
ogni slancio troppo audace.
“Harry…”
Il ragazzo si girò verso Ginny che aveva poggiato il
bicchiere sul tavolo e si stava avvicinando decisa.
“Ginny…” la richiamò lui, ipnotizzato dalla sua camminata
leggera.
Il verde dei suoi occhi, poco più tenue di quelli di Harry,
si illuminò di una luce decisa “Harry, devi smetterla di giocare con me.”
“Io non gioco con te” dichiarò Harry deciso.
Ginny alzò le sopracciglia e arricciò il piccolo naso
lentigginoso, in quell’espressione ironica e scettica che Harry trovava
adorabile. “Ah, no, eh? E
quello che hai fatto prima?”
Harry sostenne il suo sguardo. “Cercavo solo di aiutarti.”
Disse ferreo, sapendo bene di omettere gran parte della verità.
La ragazza chiuse gli occhi e sospirò scuotendo lievemente
la testa e facendo oscillare i lunghi capelli lucidi.
“Non capisci, Harry?” gli chiese. Il ragazzo negò
vistosamente, sinceramente estraneo ai dubbi della ragazza.
Ginny allungò un piede e gli fu vicinissima; iniziò ad
accarezzargli una guancia con gli occhi socchiusi.
“Non ce la faccio ad escluderti, se continui così.” Gli
disse, senza smettere di accarezzarlo, facendo avvampare un fuoco sotto il suo
tocco.
“Non voglio che mi escludi.” Rispose lui, intrecciando una
mano con quella libera di Ginny.
La ragazza sussultò e si allontanò bruscamente da lui.
Harry aveva gli occhi che luccicavano nell’oscurità della stanza e che
continuavano a seguire i movimenti nervosi di lei, che aveva preso a camminare
in tondo con le mani allacciate dietro alla schiena e i capelli che svolazzavano
al vento.
“Così non va, Harry, maledizione!” esclamò Ginny,
mettendosi le mani nei capelli.
Harry fece una smorfia. “E perché mai?”
Ginny si voltò con i lineamenti del viso contratti. “Non
puoi continuare ad illudermi, così non ce la faccio a vivere serenamente! Dimmi
cosa devo credere se quando siamo soli tu ti comporti come se stessimo ancora
insieme!?” gli urlò addosso additandolo.
Harry si sentì offeso. “Stai dicendo che sto cercando di
approfittarmi di te?” le chiese brusco; Ginny sobbalzò leggermente, fermandosi
di botto.
“Forse” gli rispose enigmatica con gli occhi che balenavano
per la stanza, indecisi e irrequieti, senza mai guardarlo. “Altrimenti non so
cosa pensare, se non altro che tu mi abbia lasciata solo per quel tuo sciocco
pensiero di dover proteggere tutti da Voldemort!” continuò a sbraitare lei,
riprendendo la sua camminata. “Te l’ho già detto al funerale di Silente: mi sei
sempre piaciuto anche e nonostante il tuo eroismo.” La ragazza sorrise
leggermente. “Ma non posso vivere aspettandoti, Harry. Davvero, non ce la
faccio più. Ho aspettato troppo.”
Harry si sentiva frastornato: davvero aveva pensato che lui
volesse approfittarsi di lei, Ginny, l’unica che l’aveva veramente stregato?!
Sentì il sangue ribollire dalla rabbia e, senza aver ascoltato niente dopo quel
‘Forse’, le bloccò il passo parandosi di fronte a lei con gli occhi verdi
incredibilmente scuri.
“Così pensi questo di me, eh? Che io sia un
approfittatore?!” le domandò strattonandole un braccio con forza. Ginny lo
fissò stordita.
“Harry, che diamine… molla subito la presa…” mormorò
debolmente, senza però sortire alcun effetto.
“Pensi davvero che potrei fare una cosa così spregevole,
così crudele, in particolar modo a te?! Non sono mica un Mangiamorte!”
sbraitò il ragazzo, stringendo la pelle della ragazza troppo forte.
“Dacci un taglio, Harry!! Stai iniziando a farmi
spaventare” strillò Ginny con voce tremante.
Harry la osservò stranito senza capire il perché di quello
sguardo impaurito e di quel tono vibrante. “Ginny…?”
La ragazza si scostò bruscamente da lui e si girò dandogli
le spalle.
“Ginny…” la chiamò debolmente, appoggiandole una mano sulla
spalla.
“Stai lontano da
me, Potter.” Sibilò Ginny con tono incredibilmente sprezzante. Si allontanò
verso l’uscita, lasciandolo nel centro della cucina ancora incredulo. Prima di
andarsene, Ginny indugiò sull’uscio della cucina. “Pensa bene a quello che sei,
prima di tirare in ballo paragoni ipocriti e banali tra te e un Mangiamorte.”
Disse con voce indecifrabile e scomparve.
Harry rimase ancora nella cucina, immobile, ascoltando i
passi frettolosi di Ginny affievolirsi.
“Cosa mi è
successo…?” chiese al vuoto.
*^*^*^*^*^
“…vi dichiaro marito e moglie!”
Il lavoro di Percy Weasley, per una volta, si era
dimostrato utile a qualcosa: la sua posizione all’interno del Ministero gli
permetteva di legalizzare un matrimonio e Bill e Fleur l’avevano scelto come
ministro per la loro unione (Fred e George andavano dicendo che i due sposi
erano stati messi sotto Imperio dalla signora Weasley).
Harry si alzò in piedi e applaudì insieme agli altri
invitati, mentre Fleur, fasciata nel suo abito rosa pallido che faceva
risaltare i suoi capelli biondissimi tenuti in una crocchia, e Bill,
rigorosamente in giacca e cravatta, si baciavano delicatamente sotto il gazebo
che la mattina lui e Ron avevano faticosamente assemblato.
La cerimonia era stata semplice e gli invitati erano
soprattutto parenti Weasley (tutti rigorosamente con i capelli rossi), membri
dell’Ordine della Fenice e pochi colleghi di lavoro che Bill aveva invitato. La
famiglia di Fleur non era potuta venire a causa dell’allarme dilagato in
Francia che non permetteva viaggi in Inghilterra, con grande dispiacere della
sposa.
I due sposini si guardarono negli occhi sorridenti e poi si
voltarono verso gli invitati agitando le mani; Charlie, testimone dello sposo,
fu il primo a muovere la bacchetta e a gettare addosso agli sposi una cascata
di riso, ridendo, imitato da tutti gli invitati, mentre Fleur e Bill scappavano
dalla folla su un lungo tappeto rosso e giallo, dirigendosi verso il buffet
poco più in là.
Gli ululati gioiosi degli invitati furono sovrastati
inaspettatamente dai poderosi singulti della signora Weasley. La madre dello
sposo non aveva fatto altro che versare lacrime addossata alla spalla del
marito, mormorando di tanto in tanto “Il mio bambino!”. Fred e George
sghignazzavano incontrollatamente nel vedere l’espressione spazientita del padre,
mentre questi dava pacche di incoraggiamento a Molly e nel contempo cercava di
asciugarsi l’unica camicia buona che possedeva. Vicino a Fred e George, Ron
applaudiva pigramente, ma con un sorriso invidioso, voltandosi di tanto in
tanto verso Hermione, fatto che la ragazza non notò per niente, con enorme
dispiacere di Harry. E poi c’era Ginny, l’ultima della combriccola; Harry la
osservò di sottecchi, sicuro di non essere visto a sua volta: aveva gli occhi
lucidi di commozione e le guance rosse per il caldo.
Il ragazzo deglutì nervosamente e riportò l’attenzione
sugli sposi che ormai guidavano il corteo verso il buffet. Ron si unì a lui e a
Hermione e subito i due si misero a battibeccare su un argomento che Harry non
afferrò, ma che doveva avere a che fare con l’importanza degli Elfi Domestici
nella Storia della Magia.
Aveva in testa un solo pensiero e doveva accantonarlo,
immediatamente!
Harry non ci mise molto a trovare un altro argomento degno
di tutta la sua attenzione: gli Horcruxes, Voldemort, la guerra…
Harry si sentì bruciare più che mai dal desiderio di
mettere fine a quella guerra e decise all’istante che il mattino dopo si
sarebbe recato a Godric’s Hollow da solo; lì sarebbe andato a visitare la tomba
dei genitori e chissà se avrebbe trovato anche qualcos’altro.
Poi fu un attimo: Harry riprese a pensare a Ginny e, in
contemporanea, la rossa incrociò il suo sguardo e fu costretta, almeno per
cortesia, a rivolgergli un sorriso debole e sforzato; ma si voltò quasi subito,
amareggiata.
Le gambe di Harry traballavano
vistosamente. Il ragazzo serrò le mani a pugno per trattenere la voglia di
sbattere la testa contro qualcosa di molto duro. Magari Ron lo avrebbe aiutato
se solo avesse saputo del terribile litigio che era infuriato la sera
precedente tra lui e la sua preziosa sorella.
Non ci può essere nessuno che stia
peggio di me…
*^*^*^*^*^*^*^
“Crucio!”
Il corpo di Draco Malfoy rovinò sul pavimento polveroso
della cella, procurandogli un altro strappo alla divisa scolastica che ancora
indossava dopo due settimane passate con Piton a nascondersi dagli Auror per
poi arrivare nel covo del Signore Oscuro e ricevere la giusta ricompensa.
Draco tossicchiò, sia per la polvere che gli era entrata
nella bocca sia perché quel pensiero suonava talmente insensato e ridicolo da
farlo sogghignare amaramente.
Il ragazzo si puntellò sulle braccia per alzarsi, stanco ma
determinato a non dare al suo torturatore la soddisfazione di vederlo
sconfitto; tuttavia le continue violenze che aveva subito, da quante ore?, lo
avevano spossato, avevano provocato una ferita abbastanza seria, ma non mortale
(Draco credeva che Voldemort avesse ordinato di non ucciderlo), sul ventre,
vari graffi, lividi e sbucciature sulle ginocchia e sui gomiti, e Malfoy non
riuscì a reggere il peso del suo corpo, seppur reso molto sottile da giorni di
quasi totale digiuno, e ancora stramazzò a terra pestando il mento sulla dura
pietra della prigione.
Un Mangiamorte incappucciato si avvicinò a lui sghignazzando,
profondamente divertito dal suo dolore. “Ma tu guarda… un Malfoy che si rotola
nella polvere… solo che a differenza di tuo padre, tu Draco, stai ruzzolando letteralmente
nella polvere. Anche se ad Azkaban le celle non devono essere un gran che…”
concluse ridendo sguaiatamente, come solo un boia crudele può fare al cospetto
della sua vittima.
Malfoy digrignò i denti e si costrinse ad ingoiare
l’orgoglio e la rabbia per evitare un altro Cruciatus. Tormentato dall’odiosa
risata isterica del Mangiamorte tentò nuovamente di alzarsi.
La risata cessò di colpo. “Dove credi di andare, ragazzino
impudente?!” tuonò il Mangiamorte dandogli un calcio all’addome.
Draco sussultò sentendo le costole incrinarsi per la
potenza del calcio e si contorse lontano dal losco individuo incappucciato che
non sembrava conoscere né la delicatezza, né la pietà o il rispetto. Con una
falcata il Mangiamorte gli balzò accanto. “Che c’è, Malfoy, già stanco?” gli
domandò sadico, infierendo nuovamente sull’addome; poi gli puntò contro la
bacchetta e, dopo un indefinito bisbiglio cinico, lo fece andare a sbattere
contro il muro.
Dalle labbra di Draco scappò un agghiacciante urlo di
dolore. Il ragazzo sentì aprirsi una voragine nella testa che pulsava forte
causandogli un male insopportabile; si lasciò scivolare lungo il muro fino ad
inginocchiarsi e si toccò il capo con le mani, annaspando, tentando di
scacciare la pressione che martellava da dentro la testa. Quando ritirò le mani
le vide scintillare di rosso, ricoperte dal suo sangue, il sangue dei Malfoy,
quel sangue di nobili origini per cui molta gente avrebbe venduto l’anima al
diavolo pur di sentirselo scorrere nelle vene; non era più così. Anche Draco in
quel momento di disperazione, estenuato da quella lunga e sadica tortura,
avrebbe desiderato non essere il figlio di Lucius Malfoy. Forse il dolore
cominciava a dagli alla testa… la vista si stava già appannando…
Il Mangiamorte sputò a terra, vicino alle gambe flosce del
ragazzo. “Che feccia, i Malfoy. Tu non sei migliore di tuo padre, quel fallito,
ma almeno Lucius sapeva pronunciare due semplici parole…” Il Mangiamorte rimise
nella tasca del mantello la bacchetta magica. Sorrise pericolosamente. “…Avada
Kedravra!!! Buon per te che non so fare gli incantesimi non verbali, se no
a quest’ora saresti già stecchito!” E si concesse una risata indecentemente
perversa.
Draco alzò faticosamente la testa, diventata di colpo
pesantissima da sostenere, e levò fieramente gli occhi grigi sul suo
torturatore. “Sempre meglio che essere dei luridi Mezzosangue, Cortess.”
Ribatté aspramente il giovane.
Gravius Cortess rimase in silenzio, gli occhi si
iniettarono di sangue e cinque secondi dopo fu addosso al ragazzo,
tempestandolo di pugni. Draco non sentì quasi i colpi: stava diventando
insensibile ad ogni dolore fisico e questo lo preoccupò perché significava che
le sue ferite erano più gravi di quanto pensasse… ma almeno era ancora lucido.
Stanco, ma lucido.
Rispondere di rimpetto a quell’invasato di Cortess non era
stata una grande idea, ma almeno gli restava la soddisfazione di averlo
umiliato.
Il Mangiamorte si bloccò e si allontanò scostandosi dal
volto i lunghi capelli scuri in un gesto quasi altezzoso, osservando
affascinato un rivolo di sangue che scendeva lento lungo la mascella a dir poco
cadaverica del ragazzo. Draco tossì.
Cortess sorrise cinicamente. “Sei uno sciocco, Draco
Malfoy, ma servi al Signore Oscuro” disse mortificato e alzò la bacchetta
guarendogli il taglio sulla fronte, vari graffi, e il viso tumefatto dal
precedente sfogo d’ira.
Draco si alzò con la testa che ancora martellava e una
stanchezza che non aveva mai provato: tenere aperti gli occhi era un’impresa
quasi titanica, ancor di più che durante le ore di Storia della Magia. “Almeno io
non sono un Mezzosangue.”
Cortess sghignazzò “Sapevo che avresti detto così, anzi,
speravo che l’avresti fatto, quindi non mi lasci altra scelta che…” Pausa. “… Crucio!!!”
Draco sentì il corpo sconquassarsi e tentò di opporsi alla
tortura, ma l’ultimo attacco di Cortess gli aveva prosciugato le energie e quel
poco di resistenza che gli era rimasta… così spossato, così stanco… a cosa era
servito diventare un Mangiamorte? A essere torturato?
D’improvviso gli tornò in mente Silente mentre tentava di
restare in piedi appoggiandosi ad un muro e gli proponeva di passare dalla
“parte giusta”. Perché non lo aveva denunciato al Ministero? Per salvargli la
vita, per evitare che Voldemort lo uccidesse… e lui, in cambio, aveva
complottato il suo assassinio.
Stupido inutile vecchio, non è servito a niente
il tuo sacrificio…
Draco rimase quasi basito realizzando che il suo pensiero
non era sarcastico, semmai quasi… triste… dispiaciuto…
“Crucio!”
Basta!!!
Draco sentì una nuova forte scossa attraversargli il petto
e si raggomitolò sul pavimento, abbracciandosi e rotolando in preda ad un
atroce dolore.
Aiutatemi…
“Forza Malfoy, sei un Purosangue! Un po’ di resistenza! Mi
piacerebbe sapere qual è il tuo tasso di sopportazione al dolore… Crucio!”
urlò più forte Cortess, ridendo.
Draco respirò affannosamente, sbattendo gli occhi. La
vista… era tutto così confuso…
“Avanti Malfoy, in fondo ti sto addestrando! Lezione numero
uno: sopportare un Cruciatus… a casa dei Purosangue non lo insegnano? Non mi
dire che il tuo papino non ha mai testato su di te un Cruciatus! Provvedo
subito: Crucio!”
Draco gemette forte, incapace di controllare il proprio
corpo, atrofizzato e assaltato da continue fitte lancinanti.
“CRUCIO!” continuò Cortess in prede ad un folle
divertimento. “CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO!!!”
Basta… voglio che questo dolore
smetta… Lo odio: questo Mangiamorte, Potter, Silente…Voldemort… vi odio tutti!
“Fermo!!”
Draco riuscì a udire una voce lanciare uno Schiantesimo in
direzione del suo carceriere e dei passi avvicinarsi. Sbatté le palpebre
cercando di mettere a fuoco: tuttavia non riuscì a vedere altro che una figura
sfocata; una mano calda gli fasciò il capo, alzandolo da terra e l’altra si
posò sulla sua guancia. Gli parve quasi di sentire qualcuno chiamarlo…
Chiunque sia è gentile e premuroso quanto mia
madre… magari è proprio lei…
*******
Draco riprese conoscenza dopo un tempo indefinito, sdraiato su qualcosa di
morbido. Il dolore del Cruciatus era ancora vivo sotto la sua pelle anche se
poco più attenuato. Le labbra e la gola arida sopportavano a stento la mancanza
d’acqua e lo stomaco reclamava a viva voce del cibo. Le palpebre erano sempre
dolenti e pesanti, per non parlare di braccia e gambe che soffrivano ancora gli
spasmi della maledizione.
Draco sentiva il suo corpo lontano, come qualcosa che non
gli apparteneva, qualcosa talmente inutile e fastidioso che sarebbe stato
meglio buttare via. Il ragazzo si ricordò dell’Auror senza braccio vittima di
Greyback che implorava disperatamente una morte veloce e istantanea e ora anche
lui, con quell’ammasso di ossa e carne che gli pulsava dal dolore, avrebbe
preferito gettarsi via come spazzatura; era stanco, senza energia, senza voglia
di vivere.
Sentì un leggero frusciò agitarsi accanto al suo giaciglio,
ma non aprì gli occhi. Forse era Cortess: era venuto per lui, per finire il suo
lavoro e Draco non glielo avrebbe impedito, anzi, sarebbe stato quasi felice,
come l’Auror che dopo essersi fatto divorare parzialmente da Greyback aveva
smesso di urlare ed era scivolato nella calma assoluta. Il ragazzo voleva
questo: tranquillità; e Cortess gliel’avrebbe data, doveva solo sopportare
ancora un po’ di dolore.Così si decise
a riaprire gli occhi: un’enorme delusione mista ad un pizzico di sollievo… fu
questo ciò che provò alla vista di Samantha Drake che, con i più premurosi dei
riguardi lo stava curando
“E’ un unguento che attenua gli strascichi del Cruciatus”
disse la Mangiamorte mostrandogli una bottiglietta dorata “Tra qualche secondo
il dolore svanirà del tutto e riuscirai a reggerti sulle gambe.”
All’idea di rimettersi in piedi e continuare quell’ingrata
esistenza, la poca felicità che Draco aveva provato grazie alla disperata
speranza di morire gli fu strappata via. Era già stato infelice in precedenza
con la prospettiva di dover soffrire molto, ma adesso si riteneva molto più
infelice, perché aveva l’esperienza del dolore con la certezza che non sarebbe
mai finito. Una persona che si era imposta sacrifici così grandi per proteggere
la sua famiglia e per continuare a vivere, poteva ben concedersi qualche
soddisfazione; ma Malfoy era l’eccezione che conferma la regola. Si sentiva
diverso dagli altri – dai suoi coetanei, persino dai Serpeverde e soprattutto
dai Mangiamorte – e quella sua capillare differenza – sia della ricchezza, o
del sangue, o della nobiltà, o del carattere, o della disperata situazione in
cui si trovava… - lo condannava alla solitudine.
Le sue infelici riflessioni furono bruscamente troncate
dalla pressione di una mano contro il suo stomaco. Draco sbatté le palpebre un
paio di volte e focalizzò la vista su Samantha Drake che stava agitando una
mano sotto la sua tunica.
“Che… che cosa stai facendo?” strepitò il ragazzo alzandosi
di scatto e sussultando a causa dello sforzo doloroso a cui aveva costretto i
muscoli delle braccia.
La Mangiamorte lo spinse delicatamente con l’altra mano,
costringendolo a stendersi di nuovo “Stai calmo” sussurrò lei “Ti ho salvato
dalle grinfie di Cortess, ma scommetto che non te lo ricordi. Eri già una trota
lessa quando sono venuta a fermarlo per ordine del Signore Oscuro.”
Draco sgranò gli occhi, perplesso. “Sì” accennò Samantha
“Il Signore Oscuro gli aveva ordinato di punirti, non di ucciderti. Ma non ti
devi preoccupare perché grazie alle mie cure sarai in forma, bello e pimpante
in pochi giorni. Però bisogna ammettere che Gravius Cortess è una vera bestia,
un incivile oserei dire. Guarda come ti ha ridotto, ti ha malmenato peggio di
come avrebbe fatto una banda di pugili ubriachi.”
Per tutto il tempo che aveva parlato a Draco, Samantha non
aveva smesso di strusciare la sua mano contro l’addome del ragazzo che,
ignorando il motivo di quel gesto, provava un misto tra disagio e una sorta di
lascivo compiacimento.
“Ecco fatto” dichiarò la ragazza scostando la mano dalla
pelle del ragazzo “Ti ho spalmato un po’ di unguento sullo stomaco, Cortess
l’aveva martoriato di calci.”
Draco era combattuto tra il pronunciare un sommesso
“grazie” o voltare il capo, indifferente alla gentilezza della ragazza. Ma
dopotutto era una Mangiamorte e per tutti quelli che portavano il Marchio
Oscuro – compreso suo padre ed esclusa sua madre – il ragazzo provava una
servizievole reverenza. Così si decise a mormorare: “Grazie.”
La Mangiamorte sorrise in un modo così tenero e fascinoso
da far sbigottire Draco “Di niente, Drago” sussurrò lei picchiettandogli un
dito sulla punta del naso.
Quel gesto così disinvolto fece acquietare l’aura di
Mangiamorte che Draco aveva designato alla ragazza. In fondo è solo una
novellina ed è anche molto giovane, si ritrovò a pensare lui, Magari non
è poi così diversa da me.
Mentre la Mangiamorte si apprestava ad andarsene, Draco
la trattenne esclamando con tono impertinente: “Ehi tu! Io mi chiamo Draco, non
Drago!”
Samantha si girò mostrando un sorriso ironico “Bel nome!
Immagino che sia frutto della tradizione medievale inglese. E a proposito di
nomi… io non mi chiamo ehi tu, ma Samantha.”
Draco sogghignò “Nome da Babbana.”
“Io non criticherei i nomi degli altri, caro Draco,
quando il mio è andato in disuso da tre secoli.”
“E’ un nome antico e importante, a differenza del tuo che è
banalmente comune e sciatto” ribatté sprezzante il ragazzo.
“Perché ti ho salvato da Cortess?” si chiese Samantha
digrignando i denti.
“Perché te l’ha ordinato il Signore Oscuro e i suoi ordini
non si discutono” mugugnò Draco.
“Come sei servizievole, mi sarei aspettata di meglio da un
Malfoy.”
“Allora sai chi sono?”
“Più o meno. La tua triste storia la conosco e mi
dispiace.”
Draco sbuffò “Non fare l’ipocrita. Lo sanno tutti che i
Mangiamorte sono degli egocentrici.”
“Magari non tutti” disse la ragazza “Ti avverto… Ho un
fratello che è un autentico campione nello stressare le persone e posso
orgogliosamente dichiarare che sono riuscita a sopportarlo per quasi vent’anni
senza impiccarmi. Quindi, se stai cercando di spazientirmi con il tuo
caratteraccio simulato, puoi anche abbandonare il proposito.”
“Fantastico, mi serviva davvero qualcuno da usare come
persona-sfogo” ironizzò Draco.
Samantha sorrise ancora “Scherza pure. Comunque io sarei
molto più gentile con l’unico medico efficiente che si possa trovare nel Covo
Oscuro.”
“Ti sbagli, c’è anche un altro medimago tra i Mangiamorte.”
“Per questo ho detto efficiente” puntualizzò
Samantha “Ho controllato le credenziali di quel tipo e sarebbe anche capace di
farti trangugiare della cicuta come rimedio per il mal di stomaco.”
“Beh, non m’importa se sei un medico efficiente,
tanto per usare parole tue” bofonchiò Draco.
“Dovrebbe importarti dato che ogni Mangiamorte in questo
covo sembra intenzionato ad usarti come persona-sfogo, tanto per usare
parole tue.”
Draco la fissò inacidito “Evidentemente vent’anni passati
con un fratello insopportabile ti hanno resa a dir poco insopportabile.”
“Tu invece sei sopportabilissimo” scherzò la ragazza “E
non hai fratelli o sorelle che ti stressano, giusto? Riconosco alla perfezione
la puzza da viziato di un figlio unico, caro Drago.”
“Pensala come vuoi, Amanda” sibilò il ragazzo “E
se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo
io: Draco con la C!”
“E anche se la tua memoria è talmente infima da
non ricordartelo, te lo ricordo io: Samantha non Amanda!” gli fece eco la
Mangiamorte, godendo dell’evidente esasperazione del ragazzo “Ma se ti garba mi
puoi anche chiamare Amanda; questo nome mi ricorda una mia amica” disse
Samantha nascondendo un sorriso schifato.
“E anche a te, Amanda, se ti garba potresti
chiamarmi Drago. Anche a me piace, mi fa apparire molto…”
“Animale” gli venne in aiuto Samantha “Oh macho? No
perché, se proprio vuoi apparire macho oltre che al nome ti servirebbe anche un
aspetto un po’ più virile. Eh, povero Drago, la natura non è stata molto
generosa nel donarti muscoli.”
“La sa una cosa, cara signora Amanda” borbottò Draco “Non
dovrebbe permettersi una tale confidenza con un ragazzo molto meno vecchio
di lei; che ne dice?”
“Ma la mia era solo una constatazione disinvolta, Drago.
Certo, un lattante dalla mente giovane e immatura come la tua potrebbe aver
frainteso tutto…”
“Arrivederci, signora Amanda, ora ho bisogno di un po’ di
riposo” sbottò Draco, stizzito.
“Hai ragione, ora meriti un po’ di riposo. Per prendere
sonno preferisci una tazza di camomilla o una bella ninnananna?”
Draco le rivolse un’occhiata sicuramente non infantile o
innocente.
“D’accordo, me ne vado” si rassegnò Samantha “Buona
notte, Drago, e sogni d’oro. Sogna tanti unicorni volanti.”
Draco si scompose appena nel letto “Buona notte anche a
te, vecchia megera.”
La Mangiamorte sorrise di gusto “Se ti comporti così
sembri proprio un bambino, lo sai?”
“Fuori” sbraitò Draco da sotto le lenzuola.
“Sto andando, sto andando!” esclamò sorridente Samantha,
mentre richiudeva la porta dell’infermeria alle sue spalle.
Una volta che fu tornata la calma, Draco si concesse un
sorriso leggero “Discretamente divertente.”
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
Sprpr (sorella?): ciao
Sory, siamo felici di averti ritrovata; ma sei tu? Ti ringraziamo calorosamente
(cm sempre x i tuoi commenti)… nel prox chap ci sarà Draco, quindi nn puoi
perdertelo (anke se soffrirà un po’) (ops, ti abbiamo dato un indizio sul prox
chap -_^) Kiss KS
Charlotte Doyle: il tuo
commento ci ha fatto gioire interiormente. Sei furba e dotta, come hai fatto a
cogliere la discrepanza per quanto riguarda Petunia e la family Evans? Noi ci
avevamo pensato, ma poi, per esigenze di copione, abbiamo preferito accantonare
la questione. Non c’è pericolo di incoerenza con la storia della Rowling perché
più tardi nella storia ci sarà una bella scena che spiegherà il motivo di
questa scelta. Ancora complimenti per la tua arguzie. Speriamo di risentirti;
guarda che ci contiamo. Peace KS
Hermione CH: ben arrivata;
i tuoi complimenti sono super-apprezzati da Kaho. Speriamo di non deluderti cn
il prox chap (impossibile ndKahoSamy). A’ bientot KS
James e Lily:
innanzitutto, complimenti xké anke noi amiamo qst coppia (ProngsxLily,. Cn i
Malandrini – escluso ovviamente il Sorcio di Fogna, alias Peter Minus – e *ç*
ndKaho); non possiamo dare indicazioni precise sui prox chap ma c’è una bella
combutta famigliare ke scoprirai continuando a leggere. Se sei una fan dei Mala
non puoi perderti il prox chap (ops, abbiamo dato info top-secret) Kiss KS
Siangel187: ben tornata!!
Siamo sempre felici di ricevere i tuoi complimenti ^///^; x la scena di Lupin:
nn preouc, c’è ne saranno sicuramente altre altrettanto esilaranti (e
imbarazzanti); sì, la Mangiamorte era propria Samantha; la faccenda psicologica
di Samantha rimarrà un costante mistero fino all’ultimo chap di HP7… dopo
capirai… Ciao KS
Evanescense87: grazie, grazie, grazie (!!!!!!!) Siamo
molto felici e orgogliose (io direi esaltate ndKaho). Non c’è timore x il
seguito della storia; siamo arrivate a 6 chap conclusi e il progetto trilogia è
troppo importante, nn si può abbandonare, anke xké Samy nn vede l’ora di poter
descrivere i figli dei nostri eroi (in particolare di 1 ndSamy)… ciao, baci KS
La giovane Mangiamorte si smaterializzò nel covo di Voldemort, un luogo
oscuro e appartato di cui non possono rivelare l’ubica
Scuse esemplari per
l’increscioso ritardo: ci sono stati alcuni imprevisti vacanzieri (del tipo:
“Non c’è il computer in spiaggia”) Scusate ancora e promettiamo solennemente di
non ritardare mai più con la pubblicazione dei capitoli
.
Capitolo
3 – “Godric’s Hollow”
Harry
aprì gli occhi e fissò Ron che russava a bocca aperta stravaccato sul letto.
Fuori dalla finestra il cielo era oscuro, come sempre. L’orologio appeso alla
parete segnava le sette e mezza; era ancora presto ma il buio era frutto della
nebbia che tormentava costantemente tutti i risvegli di Harry Potter: l’ultimo
risveglio alla Tana.
Quella
mattina sarebbe partito alla ricerca degli Horcruxes.
Il
matrimonio di Fleur e Bill si era concluso in bellezza con una danza ed Harry
era stato costretto a soffrire mezz’ora di Ronald Weasley che simulava di
invitare Hermione a ballare. Alla fine era stata proprio lei ad invitare il
rosso. Per una volta Harry poteva dirsi soddisfatto mentre osservava i due
volteggiare felicemente. Certo, sarebbe stato meglio se anche lui avesse avuto
una partner, ma Ginny era irreperibile. Al solo pensarci Harry era caduto nello
sconforto e a migliorare la situazione era sopraggiunta una battutina di
cattivo gusto che Ron aveva fatto su Victor Krum. Così la magica atmosfera che
aveva portato il matrimonio (e che era riuscita addirittura a riappacificare,
anche se per poco, Percy e Arthur Weasley) venne spezzata da cuori infranti ed
Harry si era ritrovato a rimuginare su Ginny…
Che dire?
Escludendo la complessità psicologica di tutte le adolescenti, la giovane di
casa Weasley aveva una mente piuttosto enigmatica: Ginevra Weasley era l’essere
più incomprensibile che potesse esistere nell’universo di Harry Potter.
Harry si
stropicciò gli occhi e tirò fuori da sotto il letto la valigia che aveva
preparato la notte prima, senza fare rumore. Si cambiò velocemente e scese le
scale mantenendo intatto il silenzio in casa Weasley. Depositò sopra il tavolo
della cucina la lettera di addio e si precipitò fuori dalla casa stando ben attento
a non sbattere la porta. Hermione e Ron si erano offerti di accompagnarlo a
Godric’s Hollow, Harry aveva accettato la loro compagnia, ma, dopo quello che
era successo alla Signora Figg, anche una semplice visita alla tomba dei
genitori di Harry poteva rappresentare un pericolo mortale per i suoi migliori
amici. Harry Potter aveva deciso: tutte le persone a lui care dovevano stargli
ad almeno un chilometro di distanza, senza eccezioni e in qualunque situazione.
La solitudine sarebbe stata la chiave per garantire la sicurezza dei suoi cari,
anche se nessun posto poteva dirsi sicuro dopo la presa di potere di Voldemort,
neanche e soprattutto Hogwarts.
Non aveva
mai visto Godric’s Hollow e quindi non poteva ricorrere alla Smaterializzazione
con efficienza in mancanza di una delle D: destinazione. Il mezzo di trasporto
più conveniente in quella situazione era la Firebolt, la più conveniente, ma la
meno sicura. In cielo avrebbe potuto incontrare di tutto: Dissennatori,
Mangiamorte, il Ministero… Ma l’istinto di Harry Potter lo guidava alla tomba
dei suoi genitori: il suo sesto senso era come la Felix Felicis, escludendo la
sicura riuscita del risultato.
Evocò la
sua scopa con un incantesimo di appello e vi salì a bordo. Non si voltò per
guardare la Tana, avrebbe avuto altre occasioni di vederla; così sperava il suo
cuore.
Aveva già
percorso un quarto della distanza totale che lo separava da Godric’s Hollow e
tutto filava liscio. Ringraziò la nebbia perché almeno non avrebbe dovuto
preoccuparsi di avvistamenti Babbani coperto da una massa spessa di fumo
grigio; per grazia divina, non aveva incontrato nessun Dissennatore.
Cinque
minuti dopo gli sembrò di udire un rumore, anche se piuttosto fievole: il suo
istinto drizzò le antenne, c’era qualcosa che lo osservava. Rallentò ed
estrasse discretamente la bacchetta, senza farsi vedere dal suo ignoto
osservatore. D’improvviso arrestò la corsa, stese il braccio impugnando
saldamente la bacchetta pronto a difendersi con il fedele cervo argentato. Vide
tre figure oscure che avanzavano verso di lui. Aprì la bocca per pronunciare
l’incantesimo, ma…
“Sei
sicura che sia da queste parti? Con questa nebbia non si vede un accidente!”
“Ne sono
certa, si è diretto da questa parte! E anche se non fosse potremmo sempre
raggiungerlo a Godric’s Hollow.”
Harry
tirò un sospiro di sollievo: erano Ron e Hermione. Ma il sollievo durò ben
poco: lo avevano pedinato incuranti del pericolo? Ora Harry doveva accollarsi
le loro vite, non avrebbe permesso che gli accadesse qualcosa, ma questo
avrebbe rallentato la sua missione.
La voce
di Ron echeggiò nella coltre di nebbia: “Guarda, Hermione! Davanti a noi! Pensi
che sia Harry?”
“Potrebbe
essere lui o anche un Dissennatore: tieniti pronto con la bacchetta!”
“Sono già
pronto con la bacchetta! Non c’è bisogno che mi ordini di fare le cose come ad
un bambino di cinque anni!”
Hermione
ribatté aspra: “Il mio voleva solo essere un consiglio, Ron! Quanto sei
suscettibile!”
“Ohh,
parla Miss Tranquillità! Prima ti avevo detto di svoltare a destra e invece
ora, grazie a te, dobbiamo batterci contro un Dissennatore!” abbaiò Ron.
Per
fortuna di entrambi Harry non era un Dissennatore. Il giovane dubitava che un
vero Dissennatore avrebbe atteso che i due finissero di discutere prima di
attaccarli e a quel punto, sia Ron che Hermione, sarebbero stati disarcionati
dalle scope e, dopo una caduta di una trentina di metri, sarebbero finiti
spiaccicati contro il terreno, proprio come Silente…
Harry
agitò la testa abbandonando quei macabri pensieri epuntò verso i due litiganti: “Ron, Hermione! Sono io! Abbassate
quelle bacchette, non c’è pericolo!”
Harry si
morse la lingua, pentendosi di ciò che aveva detto: le figure erano tre, non
due; chi poteva essere il terzo sconosciuto che galleggiava sopra Ron e
Hermione. Harry riuscì a distinguere dei brandelli di stoffa che fluttuavano e
l’aria si fece d’improvviso più gelida. Spronò al massimo la Firebolt per
gettarsi tra la terza figura e quelle dei suoi amici.
Mentre si
avvicinava a tutta velocità udì la voce di Hermione: “Non ti sembra che sia più
freddo di prima?”
“Sì, può
darsi. Ma non ti preoccupare. Hai sentito anche tu, si tratta di Harry. Metti
via la bacchetta!” ribatté Ron.
“No, no!”
l’esclamazione di Harry uscì troppo debole dalla sua bocca; era senza fiato a
causa dello sforzo che stava facendo per portare la scopa alla massima
velocità.
I suoi
timori si concretizzarono quando vide la terza figura scendere freneticamente
contro le altre due. Ma era abbastanza vicino da poter vedere le facce dei suoi
amici. Quando incontrò lo sguardo di Ron, questi gli disse: “Harry!” ma la sua
voce fu subito mozzata dal rantolo di terrore di Hermione che vide il
Dissennatore avvicinarsi in picchiata.
Harry
tentò una brusca frenata, ma per farlo, dovette usare entrambe le mani
abbassando la bacchetta, e, a causa dell’alta velocità, riuscì ad arrestarsi
del tutto solo qualche metro più in là.
Sentì Ron
imprecare ed Hermione urlare qualcosa: la loro sorte era segnata come quella di
Silente? Harry voltò la scopa tenendo gli occhi chiusi, non riuscendo a trovare
il coraggio di aprirli, per paura di quello che avrebbe potuto vedere. Si
sentiva vile ed inutile: non era stato in grado di difendere i suoi amici.
Qualche anno prima non si sarebbe arreso, convinto di poter fare tutto, ma non
era così e il suo intervento sarebbe comunque stato inutile: era troppo tardi
per salvarli; forse poteva gettarsi all’inseguimento dei loro corpi che
cadevano nel vuoto. Sarebbe riuscito a fare almeno questo? Ma indugiò e riaprì
gli occhi titubante.
Un’accecante
luce argentata dominava la scena. Harry vide una gigantesca lontra assalire il
Dissenatore che venne ricacciato nel cuore della coltre di nebbia. Tirò un
estasiato sospiro di sollievo e planò incontro ai suoi amici che vedendolo
arrivare lo accolsero con una certa ostilità:
“Harry!”
enfatizzò il rosso “Ma come ti è venuto in mente di dirci che non c’era
pericolo? Non hai notato il Dissennatore sopra le nostre teste? Fortuna che
Hermione aveva ancora la bacchetta in mano!”
Hermione
guardò Ron torva: “Veramente tu mi hai ordinato di metterla via! E’ grazie alla
mia provvidenza se siamo ancora vivi!” poi si voltò verso Harry: “Harry! Avevo
pensato che venissi per difenderci e invece ci hai oltrepassato a tutta
velocità!”
Il
rimorso di Harry crebbe vertiginosamente: “Scusate! Stavo andando al massimo
con la Firebolt e ho fatto fatica a frenare” il rimorso fu subito sostituito
dal rimprovero: “Ma, voi due! Come vi è venuto in mente di seguirmi? Ci sarà
stato un motivo se me ne sono andato furtivamente dalla Tana: è perché non
volevo che veniste con me! E’ troppo pericoloso!”
I due si
scambiarono un’occhiata complice, ma fu Hermione a parlare: “Scusaci, Harry! Ma
ce lo avevi promesso e noi siamo tuoi amici: non abbiamo intenzione di
abbandonarti proprio quando ne hai più bisogno. So che la morte della signora
Figg ti ha turbato parecchio, per non parlare della scomparsa di Silente…
Ascoltaci! Noi abbiamo scelto spontaneamente di seguirti e non per fare le
belle statuine o le vittime indifese, ma per darti una mano quando ne avrai
bisogno. Siamo qui per aiutarti e non vogliamo esserti di peso.”
Ron
accennò energicamente con la testa: “Hermione ha ragione: noi non ti saremo di
peso. Hai visto anche prima, siamo stati in grado di difenderci da un
Dissennatore senza il tuo aiuto.” Ron cambiò soggetto alla frase minacciato
dallo sguardo burbero di Hermione “Lei è riuscita a scacciare il
Dissennatore usando l’Incanto Patronum, quello che ci hai insegnato tu. Sai
come si dice: l’allievo supera il maestro!”
Hermione
sorrise candidamente inclinando la testa fino a poggiarla sulla spalla, un
tenero atteggiamento d’imbarazzo e di compiacimento, molto inusuale per
Hermione Granger: “Ti ringrazio, Ron. Sei troppo gentile!”
“Hm?”
gorgogliò Ron “Oh… non stavo parlando di te, ma di me” concluse con vanto.
L’espressione
di Hermione riprese la consueta ed intransigente durezza mentre fissava il
rosso che, tutto impettito ridacchiava a cavallo della scopa. Sbuffò
socchiudendo gli occhi domandandosi ironicamente: perché mi sono voluta
illudere?
Harry
osservava i due divertito e al quanto pensieroso: Mi sono mai comportato
così con Ginny senza rendermene conto? Nah, non può essere.
Quando
Ron terminò la sua performance e il colorito del viso di Hermione tornò ad una
tonalità di rosso più bassa, Harry sentenziò: “Coraggio, allora! Ci andremo
tutti assieme a Godric’s Hollow. So che siete capaci di difendervi e scusatemi
tanto per prima; devo essere stato un tantino arrogante e presuntuoso.”
“Arrogante
e presuntuoso?” fece Hermione voltandosi con enfasi all’indirizzo di Ron: “Non
sei l’unico, non ti preoccupare!”
E,
aspettato che i due amici terminassero quel breve scambio di insulti, Harry
Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley partirono, finalmente, per Godric’s
Hollow.
*^*^*^*^*^*^*
La giovane
Mangiamorte si smaterializzò nel covo di Voldemort, un luogo insospettabile e
ben nascosto da occhi indiscreti e dai membri dell’Ordine della Fenice.
Per molti
Mangiamorte di cui era ben noto il nome, quel covo era diventato la dimora
fissa, ma per la giovane Drake era solo un luogo di raccolta e ristoro dove
poteva incontrare sempre il Signore Oscuro.
“Samantha,
il Signore Oscuro ti ha convocata; vuole sapere se hai portato a termine la
missione come ordinato” le venne incontro una figura massiccia agghindata come
uno zombi “Sbaglio o sei leggermente in ritardo?”
La
ragazza gli rispose con un ghigno impertinente: “Non sbagli, Rodolphus. Ma
questo è il mio stile: meglio eseguire le missioni con calma piuttosto che…” e
gli rivolse un’occhiata eloquente “… non portarle a termine.”
Lestrange
sghignazzò: “Buon per te, allora, ma datti una mossa. Il Signore Oscuro non ama
attendere i comodi di una ragazzina” e pronunciò quest’ultima parola con
particolare enfasi.
Samantha
lo oltrepassò tenendo la testa ritta: “Allora farò meglio a sbrigarmi” aprì la
porta del salone dei ricevimenti “Ma prima ti vorrei dire una cosa: cambiati
quella tunica, vai in giro come un pezzente, persino i Dissennatori sono
vestiti meglio di te” e, messo piede nella sala, chiuse rapidamente la porta
lasciando fuori un contrariato Rodolphus Lestrange che imprecava a denti
stretti.
La sala
dei ricevimenti era un ambiente lugubre come il resto del covo: oscuro e
pericoloso.
“Vieni
avanti, Samantha” la voce dell’Oscuro Signore risuonò nel locale vuoto facendo
rabbrividire persino i muri di pietra.
La
Mangiamorte avanzò decisa e si inchinò di fronte all’essere biancastro che
stava in piedi nel centro della stanza.
Voldemort
la scrutò con i suoi occhi rossi: “Dunque hai portato a termine la missione,
riesco a leggertelo nella mente. Hai accertato la presenza di quell’oggetto dove
pensavo che fosse?”
“Sì, mio
signore. Non avrei mai potuto deluderla” confesso Samantha con grande rispetto.
Voldemort
sospirò: “Se tutti i Mangiamorte potessero dire lo stesso a quest’ora sarei già
padrone del mondo!”
Samantha
rise, pur mantenendo la sua sommissione: “Mi creda, tra non molto lei sarà il
padrone del mondo, o almeno dell’Inghilterra e potrà contare sull’appoggio
degli Stati Uniti.”
“E’ stato
molto generoso da parte dei tuoi compatrioti contribuire al progetto D.I.O.”
“Non si
deve sorprendere, signore, molte famiglie americane di purosangue la pensano
esattamente come lei: Babbani e Babbanofili alla sedia elettrica!”
Voldemort
si stuzzicò il mento rugoso: “Carino questo motto”
“Lo penso
anch’io, ma l’hanno inventato dei maghi texani.”
Voldemort
si concesse un leggero sorriso: “Devo ammetterlo, tra tutti i maghi stranieri
che ho avuto a mio servizio tu sei la migliore.”
Samantha
chinò la testa in segno di gratitudine: “La ringrazio molto, ma sbaglio o sono
l’unica strega straniera che abbia mia avuto a suo servizio.”
“Strega,
sì. Se non conto quello smidollato di Igor Karkaroff.”
“Ho
sentito parlare di lui, sbaglio o è il preside di Durmstrang?”
Voldemort
sogghignò: “Sbagli solo in parte, Samantha. Igor Karkaroff era il
preside di Durmstrang. Ormai quella scuola è in decadimento e farò in modo che
anche Beauxbattons subisca la stessa sorte, ma l’obiettivo finale sarà
Hogwarts.”
“Intende
davvero distruggerla, signore?” chiese Samantha con voce incolore.
“Oh, sì,
troppi sudici Mezzosangue hanno contaminato quel castello. Lo distruggerò
risparmiando la Camera dei Segreti e lo ricostruirò come voleva Salazar
Serpeverde” le iridi rosse di Voldemort brillavano perfidi come quelli di un
serpente.
Un
ammasso di spire serpeggianti si avvicinò alle ginocchia della ragazza per
strofinarsi alle sue caviglie. Samantha avvertì la fredde scaglie del serpente
strisciare contro le gambe: “Nagini, come stai?”
Il
serpente sibilò in risposta.
“Ti ha detto che hai un bel corpo” intervenne
Voldemort.
“Ma…Nagini
non è una femmina?”
Voldemort
accarezzò il suo animaletto domestico che nel frattempo gli era strisciato
accanto: “Oh, sì. Ed è un fantastico esemplare di femmina.”
Nagini
emise un sibilo che somigliava molto ad un gemito sensuale.
“Potrei
sapere cosa ha detto?” chiese Samantha.
“Meglio
di no. Sei ancora troppo innocente per capire queste cose.” Voldemort sollevò
il serpente e se lo mise attorno alle spalle e questo prese a strusciare le
spire contro il collo “Comunque penso che sia solo gelosa della tua bellezza,
ma più che gelosa dovrei dire… nostalgica.”
Samantha
osservava i due, Voldemort e Nagini, appartati in quello che poteva essere un
contatto passionale.
“Ti puoi
ritirare” disse il Signore Oscuro mentre baciava delicatamente la coda del
serpente “Ma prima rendimi il rubino.”
Samantha
poggiò il ciondolo rosso su uno dei numerosi mobili antichi presenti nella
stanza, ritenendo saggio non disturbare i due, quindi fece un inchino.
Con un
certo sconcerto Samantha uscì dalla sala: “Grazie e arrivederci, mio signore.”
E lasciò che i due “amanti” si crogiolassero in qualunque cosa stessero
facendo.
Era
ancora piuttosto stordita a causa della scena a cui aveva assistito: il freddo Signore
Oscuro che sbaciucchia un serpente? Doveva esserci qualcosa sotto, ma cosa?
“Che cosa
ti ha detto, ragazzina?” era di nuovo Lestrange: l’aveva attesa fuori dalla
sala delle riunioni.
“Niente
di particolare, si è solo complimentato con me.”
Rodolphus
la guardò dubbioso: “Niente di particolare? Sei uscita con una faccia molto
pensierosa; che cosa è successo là dentro?”
Samantha
esitò ma alla fine decise che non c’era niente di male nel dire a Lestrange ciò
che aveva visto; forse era una normale routine per il Signore Oscuro amoreggiare
con Nagini davanti ai Mangiamorte: “Mi ha fatto i complimenti, poi è arrivata
Nagini e si è messo a baciarle la coda.”
Inspiegabilmente,
Lestrange divenne pallido come un morto, fece un sorrisetto ironico tra sé e sé
e poi aggiunse: “E così non gli è ancora passata la voglia, dopo quello che gli
ha fatto… bisogna essere proprio scemi!”
Samantha
lo guardò sconcertata.
Rodolphus
si affrettò a correggersi: “Non stavo parlando del nostro signore, ovviamente.”
E
allora di chi? Non di Nagini, non può essere scema, è un serpente. Pensò la
giovane mentre Lestrange gli voltava le spalle con aria imbarazzata. Forse
mi ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dirmi.
Ma il
Mangiamorte era già sparito. Era facile perdere di vista qualcuno in quei
corridoi oscuri.
Samantha
stava ancora rimuginando sul bizzarro comportamento di Lord Voldemort quando
gli venne l’improvvisa voglia di fare visita a qualcuno. Prese la bacchetta ed
eseguì l’incantesimo dei punti cardinali per orientarsi nel buio e raggiungere
l’infermeria del covo, in pratica la sua base operativa dato che era stata
nominata la “dottoressa dei Mangiamorte”.
Arrivata
davanti alla porta dell’infermeria si sistemò la tunica nera lisciandosela sul
corpo e si levò la maschera e il cappuccio lasciando libera una chioma ribelle
di capelli ramati a tratti biondi. Aprì la porta dell’infermeria schiarendosi
la gola:
“Ehm,
ehm, buonasera Draco! Stai meglio? Ti sei ripreso dal Cruciatus?”
Un
ragazzo biondo completamente vestito di nero se ne stava accoccolato su uno dei
letti. Sentita la voce della ragazza si stiracchio e sbuffò scocciato:
“Cosa
vuoi, Drake? Non hai notato che stavo dormendo?”
“Non
agitarti troppo, bambinetto.”
Il viso
di Draco riprese la consueta espressione scocciata: “Se smetti di chiamarmi
bambinetto, io smetterò di chiamarti vecchia. Ti conviene accettare, non è
facile che io mi abbassi a fare dei compromessi. Beh, in fondo non sei molto
più grande di me.”
“In
effetti ho solo cinque anni in più, ma almeno sono maggiorenne” dichiarò lei
orgogliosa.
“Anch’io
sono maggiorenne.”
Samantha
piegò le labbra, scettica “Ero convinta che avessi sedici anni.”
“Ne ho
compiuti diciassette due giorni fa.”
“Oh, auguri in ritardo. Hai passato un bel compleanno?”
“Smettila, Drake. Lo sai benissimo come ho passato il
compleanno: agonizzando sul pavimento dei sotterranei.”
Samantha
mormorò un sincero “Scusa” che Malfoy accolse di buon grado.
La
giovane continuò a parlare con aria giocosa: “Allora sei un uomo! Beh, per così
dire. Quando i Mangiamorte più grandi mi avevano detto che tra di loro c’era un
sedicenne mi ero immaginata un tipo robusto e tarchiato con cicatrici e
tatuaggi… e invece…”
Malfoy sogghignò: “Un tatuaggio ce l’ho, per così dire.
Ma le cicatrici non mi piacciono. Mi farebbero troppo Sfregiato e questo
titolo è già coraggiosamente difeso da San Potter, quindi…”
“Ti sta
proprio antipatico questo Harry Potter. Gelosia o invidia repressa?”
“Niente
affatto” sbottò Draco “Lo odio perché ha mandato mio padre in prigione.”
“Già, tuo
padre è ad Azkaban. Credi che sarebbe felice di vederti così?” domandò Samantha
con indifferenza.
“Sarebbe
orgoglioso di me perché sono un Mangiamorte come lui” dichiarò fieramente
Draco.
“E per
quanto riguarda la faccenda del Cruciatus? Avresti potuto resistere di più
prima di stramazzare al suolo dolorante. Tuo padre non ti ha insegnato a
sopportare l’incantesimo Crucio?”
“Mio
padre non è quel genere di padre!” esclamò Draco “Lui non ha mai usato nessuna
delle Maledizioni senza Perdono su di me. Anche se è severo a volte…” si
interruppe abbassando lo sguardo “Comunque cosa ci fai qui? Non è che la tua
presenza mi sia molto gradita.”
“Ero solo
venuta a vedere se stavi meglio, dovresti ringraziare invece di lamentarti. Ma
sembra che tu sia capace di fare solo quello.”
“Io mi lamento quanto mi pare, ne ho il
diritto!” esclamò Draco all’improvviso “Ti rendi conto di quello che mi ha
fatto passare. Ho eseguito i suoi ordini e grazie a me adesso Silente è morto,
ma invece di ringraziarmi, mi ha…beh, lo sai…” disse il biondo adirato e poi
aggiunse con una punta di imbarazzo “… dato che mi hai salvato.”
“Invece
non hai eseguito i suoi ordini!” lo rimproverò la ragazza senza però apparire
in alcun modo imperiosa o accusatrice: “Il Signore Oscuro ti aveva ordinato di
uccidere Silente e tu non l’hai fatto e adesso Severus Piton si sta godendo la
gloria mentre tu stai qui in infermeria a riprenderti da un Cruciatus.”
Samantha si interruppe per poi continuare più dolcemente “E’ stata la tua prima
volta? La prima volta che subivi un Cruciatus?”
Il
fagotto nero sul letto si raggomitolò ancora di più: “Sì”
“Beh, mi
dispiace, ma avresti dovuto obbedirgli.”
Draco si
sedette sul letto fissando Samantha con aria inquisitoria “Quindi avrei dovuto
uccidere Silente?”
La
ragazza piegò le labbra in un gesto di noncuranza: “Esatto, ma perché non l’hai
fatto?”
Malfoy
distolse lo sguardo, sbuffando col suo tipico fare altezzoso: “Non lo so
perché. Non ci sono riuscito, punto e basta.”
“Quindi
non hai mai ucciso nessuno.”
“No!”
sbottò Draco.
“Guarda
che non volevo rimproverarti, è solo che non capisco perché tu sia voluto
diventare un Mangiamorte se non riesci ad uccidere.”
Draco la
guardò ed alzò un sopracciglio pallido: “Chi ha detto che ho voluto?”
“Lo
sapevo” fece Samantha con aria trionfante “Ti hanno costretto, infatti tu non
ce l’hai la faccia del Mangiamorte.”
“Che
intendi dire?” le chiese Draco.
“Beh, tu
non mi sembri un assassino.”
“Se è
solo per le apparenze, allora anche tu non sembri un’assassina.”
“Io ho
già ucciso e più di una persona, se è questo che volevi sapere” disse Samantha
con distacco “Ma tu non riesci ad uccidere, vero?” proseguì la ragazza con aria
divertita “Proprio un novellino… ma d’altronde, uccidere non è così facile come
pensano gli innocenti.”
Malfoy
ebbe la sgradevole sensazione di aver già sentito quelle parole e infatti gli
balenò alla mente la disputa con Silente sulla Torre di Astronomia: “Non mi
interessa quello che credete. Io riesco ad uccidere. E’ stata solo una stupida
esitazione quella volta e non riaccadrà mai più.”
“Quella volta? Intendi quando hai quasi vanificato
l’accuratissimo piano segreto del Signore Oscuro? ”
Draco si
alzò di scatto dal letto, ignorando gli acuti dolori che aveva alle gambe: “Io
non ho vanificato niente del Signore Oscuro! IO ho fatto tutto quanto, sono IO
che ho sviluppato il piano segreto e se proprio stavo per vanificare qualcosa
era solo il MIO piano. Lui non ha fatto proprio un bel niente, niente!”
“Tranne
minacciare di uccidere te e la tua famiglia se rifiutavi” aggiunse Samantha con
calma.
“Esatto”
confermò Draco acquietando il tono della voce.
“Ma ti
rendi conto” disse Samantha “Che se qualche Mangiamorte ti avesse sentito pochi
attimi fa, quando parlavi con tanta enfasi del niente del Signore
Oscuro, ora saresti di nuovo nei sotterranei a fare un altro round di
resistenza al Cruciatus con Cortess?”
Draco
impallidì di colpo “Sei una Mangiamorte e quindi presumo che andrai a dire
tutto al Signore Oscuro, vero?”
Samantha
sogghignò “No, non mi piace fare la spia.”
Draco sospirò
“Vuoi dire che non dirai nulla?”
“Infatti”
rispose Samantha “Ma se ti chiedessi qualcosa in cambio del mio silenzio, cosa
diresti?”
“Dipende”
rispose Draco, confuso.
“Se fosse
qualcosa di umiliante come lavarmi la tunica ogni volta che si sporca? Ricorda
che è tessuto nero e che quindi richiede una costante pulizia e…”
“Non ci
penso proprio” eruppe Draco “Non sono un Elfo Domestico e non mi abbasserei a
fare il domestico per nessuno.”
“Non lo
faresti per nessuno?”
“No”
sbottò Draco.
“Affinché
tu lo sappia un sinonimo di Mangiamorte è domestico o servo del Signore Oscuro”
disse Samantha con noncuranza “Devo andare a dire al nostro signore che non
gradisci la tua posizione di domestico?”
Draco la
guardò con odio “Avevi detto che non ti piaceva fare la spia, giusto?”
“Infatti,
e non mi piace neanche fare ricatti” confermò Samantha “Volevo solo testare il
tuo orgoglio. Complimenti, massimi voti. Soffrire come un cane invece che
abbassarsi a fare un lavoro umile è davvero ammirevole, beh anche un po’ stupido
ma…”
“Cosa
credi di fare?” la interruppe Draco di botto “Tu non mi fai nessun test e non
mi rigiri come un giocattolo solo per fare i tuoi comodi, chiaro?”
“Scusami.
Mi dispiace di averti fatto precipitare nell’ansia più assoluta, ma sta pur
certo che da me il Signore Oscuro non saprà niente. Te l’ho già detto, non mi piace
fare la spia, infatti ho stipulato il contratto da Mangiamorte proprio con
questa postilla: non disposta a fare la spia.”
“Fai poco
la spiritosa e comunque non capisco perché non corri dal Signore Oscuro a
raccontare tutto quanto. Sei una novellina e acquisteresti prestigio agli occhi
del Signore Oscuro.”
“Ho già molto prestigio e, cosa fai?, ora sei tu che
testi la mia sete di potere? In effetti, ora che mi hai fatto notare questa
piccola faccenda del prestigio potrei anche andare a spettegolare tutto.”
Draco trattenne il respiro e si diede mentalmente dello
stupido.
“Scherzo
di nuovo” disse Samantha con una risata “Non potrei mai permettere che Cortess
ti faccia ancora del male.”
Draco era
piuttosto stupito dalla confessione della ragazza e gli venne d’istinto fare
una domanda “Perché?”
Il
sorriso di Samantha si piegò in un’espressione seria ma ridivenne quasi subito
ironica “Hai idea di quanto tempo occorre ad un medico per curare contusioni ed
effetti post Cruciatus? Butterei via troppo tempo.”
“Capisco”
disse Draco “E quindi, dopo questo grande giro di parole, la conclusione è che
non andrai a fare la spia?”
Samantha
fece spallucce sorridendo con aria divertita “Non si sa.”
Malfoy la
guardò con un ghigno: “Certo che sei strana tu, non riesco a capire quale sia
la vera Samantha Drake: quella pazza sorridente o quella killer che ghigna
perfida e che ci prova con tutti.”
“Cosa?”
fece Samantha stranita “Perché ci dovrei provare con tutti?”
“E’
quello che ha detto il Signore Oscuro all’Investitura” rispose Draco “Giuri
di mettere a disposizione il tuo corpo per il volere del tuo Signore?
Ricordo molto bene la mia Investitura e questa parte non c’era.”
“Che cosa
vorresti dire?” gli chiese Samantha indignata.
“Non sei
qui per quello, per mettere a disposizione il tuo corpo? Sei un bravo medico,
questo te lo riconosco, ma credo che tu sia qui per fare ben altre cose. E’
tipico nelle guerre che ci si porti dietro una che, diciamo, solleva il morale
dei combattenti quando sono un po’ depres…”
Samantha
schiaffeggiò Draco con quanta più forza gli riuscisse. Lui barcollò
all’indietro e, ancora un po’ stordito, cozzò con le gambe sul bordo del letto
e il pungente dolore del Cruciatus riapparve.
“Sei uno
schifoso marmocchio viziato e incompetente” disse Samantha digrignando i denti
e si avviò a grandi passi verso l’uscita dell’infermeria. Chiuse violentemente
la porta alle sue spalle non prima di sentire:
“E tu sei
una puttana."
*^*^*^*^*^*^*^*^*
“Io penso
che i ragazzi abbiano la delicatezza di un Troll molto goffo e maldestro quando
si tratta di parlare ad una ragazza” sbottò Hermione al termine di un’altra
discussione che si era venuta a creare tra lei e Ron a causa della relazione
tra Harry e Ginny.
Come
mai ogni volta che quei due aprono bocca su storie sentimentali finiscono
sempre a vagheggiare sui loro sentimenti inconfessati? Pensò Harry mentre
avanzava sulla Firebolt al fianco di Ron e Hermione, molto vicino alla meta.
“Lascia
stare Hermione! Non sono affari tuoi, sono affari di Harry e di Ginny!” disse
Ron.
Hermione
accennò col capo: “Giusto, ma io pensavo ad un’altra coppia di Grifondoro”
“Stai
parlando di Lavanda Brown e Dean Thomas? Loro si sono lasciatineanche due settimane dopo il fidanzamento”
dichiarò Ron, ignaro del guaio in cui si era andato a cacciare.
Harry
strinse gli occhi e scosse la testa: Oh, no! Non devi nominare Lavanda Brown
davanti ad Hermione e nemmeno Dean Thomas davanti a me: lo sai che l’ho visto
pomiciare con Ginny!
Hermione
ridacchiò piano e aggiunse con una nota di rancore nella voce: “No, Ron. Sto
parlando di un’altra coppia di Grifondoro e i due non si sono ancora fidanzati
dopo sei anni che si conoscono perché il ragazzo è troppo impedito
sentimentalmente per chiederlo alla ragazza e la ragazza è troppo restia a
chiedergli di mettersi insieme perché non è abituata a fare certe cose, sebbene
sia già stata assieme ad un ragazzo, anche se questa era una relazione fasulla
e priva di profondi sentimenti”
Ron si
grattò il mento, riflettendo: “Mi dai altri indizi?”
“L’ex-fidanzato
della ragazza è un campione di Quidditch” sibilò Hermione. Possibile che non ci
fosse arrivato? O era solo un’abile mossa per temporeggiare?
“Hm?
Quale ruolo gioca?” chiese Ron con un’incredibile non chalance.
“Il
cercatore” rispose Hermione abbassando lo sguardo con desolazione.
“Ho
capito!” esultò Ron.
Se ha
capito non dovrebbe essere così felice. Rifletté Harry.
“Davvero!”
l’esclamazione di Hermione era carica di speranza.
“Sì! Il
campione di Quidditch cercatore è ovviamente Harry, quindi la ragazza è Ginny e
tu stai ficcando il naso in faccende che non ti riguardano!” disse Ron sicuro,
incurante del fatto che le dita di Hermione si erano serrate a tenaglia attorno
al manico della scopa per la rabbia repressa.
La scopa
di Hermione fece una virata improvvisa fino a pararsi di fronte a Ron: “Non mi
riguardano?” domandò Hermione con un po’ troppa enfasi per i gusti del rosso.
Se
solo Ron sapesse! Pensò Harry mentre il viso di Hermione si accendeva di un
minaccioso rosso vermiglio.
Ron
fissava Hermione al quanto sconcertato, sia per l’incredibile abilità che la
ragazza aveva dimostrato a cavallo della scopa, sia per l’espressione adirata
che portava sul viso e di cui non conosceva la causa: “Esattamente. Mi dispiace
molto, Harry. Non sapevo che la storia tra te e Ginny andasse male e fosse
priva di profondi sentimenti, ma non ti abbattere, amico. Intendo prendere a
pugni quello sfigato che non è in grado di dichiararsi a mia sorella!”
Harry si
passò una mano sulla faccia, esasperato.
Il capo
di Hermione si agitò mentre lei ridacchiava istericamente: “Intendi prendere a
pugni quello sfigato che non è in grado di dichiararsi?”
“Esattamente!
Perché? Hai qualche problema? Forse quel tipo ti piace?” chiese Ron
terrorizzato dal bizzarro comportamento di Hermione che si agitava davanti a lui
come un’indemoniata.
“Stai
scherzando? Io quel tipo lo odio e ha tutto il mio disprezzo” gridò Hermione in
faccia a Ron “E’ talmente ottuso che non riesce a capire una semplice allusione
e… potresti farmi un piacere, Ron?” gli chiese con falso tono mieloso.
“Certo”
disse Ron, poi, vedendo una scintilla perfida brillare negli occhi della
ragazza, riprese con un filino di voce: “Beh, dipende. Qual è il favore?”
“Prendi a
pugni quell’infame” sussurrò Hermione riducendo gli occhi a due fessure.
Ron non
badò al suo tono imperioso e carico di risentimento: “Lo farei volentieri, ma
non conosco il suo nome.”
Harry
temeva che Hermione avrebbe chiesto a Ron di tirarsi una manata in faccia.
Sul viso della ragazza apparve un sogghigno: “Te lo dico
io il suo nome! È…”
“Guardate!
Siamo arrivati a Godric’s Hollow!” esclamò Harry a pieni polmoni. Quello non
era il momento più adatto per rendere conscio Ron dei sentimenti di Hermione
anche perché la loro relazione non sarebbe partita con le migliori premesse.
Hermione,
sospirante, fissò Harry e gli inviò un chiaro messaggio: Sei un buon amico.
I tre
iniziarono la discesa mentre Ron si crucciava con un enorme dubbio:
“Allora,
Hermione, qual è il suo nome?” chiese il rosso. La ragazza fece un movimento
convulso sulla scopa e rischiò di scivolare a terra. Per fortuna di Hermione, i
pronti riflessi da cercatore di Harry riuscirono a salvarle l’osso del collo e
a riacciuffarla prima che toccasse terra malamente.
Harry
aiutò Hermione a ricomporsi dalla caduta e lanciò un’occhiata di sbieco a Ron.
“Lascia perdere, Ron. Non vale la pena scoprire la verità. Potrebbe rivelarsi
molto dolorosa” dichiarò saggiamente Harry.
Ron
preferì non approfondire oltre, vista la reazione di Hermione, anche se la
curiosità si faceva sempre più pressante.
Harry si
guardò intorno: erano giunti a Godric’s Hollow, un agglomerato di case rustiche
e antichi casolari con giardini soffocati dalle erbacce e naturalmente la
consueta nebbiolina che opprimeva il paesaggio. Quella città fantasma era
lugubre e cupa; com’era possibile che i suoi genitori avessero vissuto gli
ultimi e felici anni della loro vita in quel luogo desolato? Era successo
qualcosa di orribile a Godric’s Hollow dopo la caduta di Voldemort: era come
marcita. Qualcosa di agghiacciante, un pericolo in agguato, si nascondeva negli
angoli più oscuri del paese.
“Accidenti.
Pensavo che Godric’s Hollow fosse un pochino più allegra” disse Ron guardandosi
attorno con aria desolata.
Harry
scrutò ogni centimetro del paese che non fosse coperto dalla nebbia; una goccia
di sudore freddo gli scese lungo la schiena: “A chi lo dici.”
I tre si
avviarono lungo le viuzze deserte di Godric’s Hollow, bacchetta alla mano,
stando ben attenti a non incappare in qualcosa di oscuro. Harry era il più
angosciato dei tre ed ansimava pesantemente agitando la bacchetta ogni
qualvolta udiva un rumore: “Lo sentite anche voi?” disse con il fiato mozzato
dall’affanno.
“Harry cosa c’è? Mi sembri un
tantino...” disse Ron “…spettrale” aggiunse vedendo il colorito del viso
dell’amico.
Harry
sbirciò i dintorni, scavando negli angoli più oscuri con sguardo furtivo: “Ho
la sensazione che qualcosa di orribile stia per spuntare fuori e aggredirmi, ma
è più di una sensazione, è una certezza!” E si voltò fulmineamente urlando a
squarciagola un incantesimo per colpire un paio di mani artigliate che si
protendevano verso di lui, minacciose; ma non erano mani, era solo l’ombra dei
rami di un albero. “Cosa mi succede? Non mi sono mai sentito così angosciato in
vita mia! Ho un terrificante senso di oppressione che mi attanaglia le viscere;
è orribile!” Harry si piegò in due sotto il peso di un’inquietante apprensione.
“Smettila,
Harry! Mi stai spaventando! Ti comporti in modo strano!” esclamò Ron tentando
di rialzare Harry che se ne stava ostinatamente accucciato a terra.
Hermione
fissò Harry rannicchiato mentre tentava di proteggersi da un pericolo
invisibile agitando freneticamente la bacchetta: “Ron ha ragione, ti stai
comportando in modo troppo strano. Devi essere vittima di un
incantesimo, tu non sei il tipo che si spaventa così facilmente.”
Harry
parlò con una voce talmente fioca e spenta da far impallidire i suoi due amici:
“Ma come è possibile che mi abbiano lanciato un incantesimo? Sono stato tutto
il tempo alla Tana e poi sono venuto qui con voi…”
Hermione
insistette: “Ma prima che ti raggiungessimo con le scope, cosa è successo? Non
ti sei sentito strano?”
Prima,
quando Ron e Hermione erano stati attaccati dal Dissennatore aveva avuto una
chiara visione della loro morte e quella era la medesima sensazione che provava
ora, solo che a Gocric’s Hollow il pessimismo sembrava centuplicarsi rispetto
al normale; c’era qualcosa nell’aria di quel luogo e nei dintorni che lo faceva
stare profondamente male. Ma cosa?
Harry
accennò con un debole colpo del capo.
“Lo sapevo” disse Hermione “Ti devono aver lanciato un
anatema, ma se ti senti così scoraggiato potrebbe anche essere qualche effetto
ritardato del Dissennatore, ma non riesco a capire. A meno che…” Hermione agitò
Harry afferrandolo dal mantello: “Avanti, Harry! Alzati! Credo che tu abbia
addosso qualche oggetto che ti sta risucchiando energia, devi toglierlo
subito.”
Harry
abbandonò la sua posizione fetale anche se l’angoscia non se ne andò. Si tirò
in piedi a fatica e, per un breve istante, gli parve di essere in un altro
luogo, una stanza puzzolente e fetida, e gli parve di vedere… una fenice nera?
“Harry,
Harry!” la voce di Hermione lo riscosse dal suo sogno a occhi aperti: “Devi
cercare di reagire! Intanto io e Ron tenteremo di trovare l’oggetto incantato
che ti causa tanto dolore. Forza, Ron!”
Ron
protese le mani verso Harry un poco spaesato: “Dove devo cercare?”
Hermione
alzò gli occhi al cielo: “Credi che se lo sapessi non l’avrei già tolto da
sola?”
“Non lo so. Sei tu il cervello del Magico Trio” disse
Ron.
Hermione
arrossì lievemente e tutta la rabbia che aveva provato per Ron si sciolse come
neve al sole: “D’accordo. Dobbiamo cercare un amuleto o un braccialetto,
qualunque cosa.”
Harry
fissava i due amici che parlavano, ma le orecchie con cui ascoltava i loro
discorsi non erano le sue. Un terribile dubbio si insinuò nella mente di Harry:
Voldemort! Poteva aver preso il controllo del suo corpo attraverso la cicatrice
che aveva in fronte e aver avuto libero accesso a tutti i suoi pensieri, ma lui
non poteva ricorrere all’Occlumanzia come difesa per tre buone ragioni: 1) non
avrebbe mai messo in pratica un insegnamento di Piton; 2) durante le
poche lezione di Piton aveva imparato poco o niente 3) si era
completamente dimenticato gli insegnamenti di Piton.
Hermione
spinse Ron a cercare sotto il mantello di Harry, ma il rosso sembrava piuttosto
restio a ficcare le mani sotto i vestiti di qualcun altro. Hermione si stava
spazientendo.
“Coraggio,
Ron! Altrimenti Harry starà sempre peggio. Avanti, è tuo amico.”
Ron si
teneva ben a distanza dal corpo di Harry: “Scusa tanto Hermione, ma anche se
siamo amici mi sento un pochino a disagio a mettergli le mani addosso. Non sono
abituato a fare certe cose… insomma non lo faccio tutti i giorni…”
Hermione
aveva perso del tutto la pazienza e le parole gli uscirono dalla bocca come
un’eruzione esplosiva esce da un vulcano: “Ma figuriamoci! Devi fare
esattamente come con Lavanda Brown.”
La mente
di Harry era lontana, quasi assente dal suo corpo, come se non avesse potere
sulle sue azioni, eppure rimaneva quel vago sentore di guai in arrivo e la
consueta sensazione di essere il terzo incomodo tra due draghi in calore che
sputano fuoco e fiamme.
Ron reagì
d’istinto: “Giusto, come tu con Victor Krum.”
Ed Harry
seppe di essere perduto, era stato completamente obliato dalle menti dei due,
concentrati nello scagionarsi dalle loro tresche amorose.
Lo so,
sono solo, ma devo reagire per il bene di tutti! Questo pensiero sembrava
venire dal fuori, come una coscienza amica, ma Harry aveva giurato di adempiere
il suo dovere: nessuno gli avrebbe rubato lo spirito.
“Aspetta,
Ron!” esclamò Hermione “Harry!”
Harry
riprese colorito e la ragione gli ripiombò nel corpo assieme alla tranquillità:
l’anatema era svanito. Harry dubitava che fosse stata la sua impavida
responsabilità ad annullare l’incantesimo, ma per ora il problema era risolto e
non era indispensabile indagare oltre.
“Ora sto
bene” disse Harry, riprendendo fiato.
Hermione
lo guardava preoccupata: “Forse dovremmo andarcene, qui non sei al sicuro.”
“No, non
possiamo. Qualcosa mi ha spinto a venire a Godric’s Hollow per un motivo ben
preciso e ora so dove andare.” Harry riprese a marciare svoltando senza indugi
ad ogni incrocio, come se conoscesse a memoria la strada che doveva percorrere.
Ron e Hermione lo seguirono senza fiatare.
Poi Harry
si fermò davanti a un cumulo di macerie: calce, mattoni spezzati e vetri rotti.
Di fronte a quel cumulo di macerie restava in piedi solo la cassetta delle
lettere, arrugginita e cigolante, su di essa si poteva ancora leggere una
scritta sbiadita, il nome degli antichi proprietari di quella casa devastata: “Potter”.
Ron ebbe
l’ardire di interrompere quel silenzio solenne: “Questa è la casa dei tuoi
genitori... o meglio quello che ne resta.”
Harry
accennò col capo e si girò verso i suoi amici con un’evidente spossatezza sul
volto.
“Questo
posto è come una foto di tanto tempo fa. E’ un ricordo piuttosto vago, ma reale,
come quello dei miei genitori. Prima che andassi via con Hagrid sulla moto di
Sirius ho guardato la mia casa e ho visto queste rovine, sono nell’esatta
posizione in cui le ho lasciate. E’ tutto uguale, ma perché?” Harry parlava con
una voce incolore, quasi fosse ancora posseduto da quella forza estranea, ma
amica, che lo aveva condotto alla casa dei suoi genitori.
“Harry,
va tutto bene?” chiese Ron, preoccupato e allo stesso tempo intimorito dal
vacuo comportamento di Harry.
Hermione
parve non curarsi dei bizzarri gesti di quell’Harry automa perché sapeva essere
gli ovvi effetti di un anatema: “Queste macerie sono un simbolo, ecco perché
non le hanno toccate. Sono il simbolo della caduta di Voldemort. E tutta questa
città è un diretto affronto a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ecco perché
quando ha ripreso potere tutti gli abitanti di Godric’s Hollow sono fuggiti,
avevano paura di un attacco dei Mangiamorte.”
La
risposta della ragazza parve appagare Harry che però si trovò spinto, sempre da
quella forza estranea, a rovistare tra le rovine della casa, anche se questo
significava dissacrare la tomba dei suoi genitori e il suo nido d’infanzia per
troppo poco tempo.
“Quindi
qui non è rimasto nessuno. Meglio verificare: ehilà!” esclamò Ron incurante
degli ammonimenti di Hermione.
La
ragazza ebbe di che ribattere anche se lo fece a voce troppo alta: “Smettila di
urlare!”
“Tu stai
urlando!” gridò Ron, gareggiando con Hermione a chi riusciva a sfoderare la
voce più alta e penetrante.
Hermione
raccolse la sfida ed alzò di una decina di decibel il tono della voce: “Sto
urlando per farti smettere di urlare!”
“Shhh!”
Harry emise un verso simile al sibilo di un serpente a sonagli, imperioso e
carico di altero rimprovero. Harry si rese conto che quel suono non apparteneva
alla sua voce, e lo fece uscire dalle labbra controvoglia. Ron e Hermione lo
ignoravano, forse non l’avevano neppure udito, ma quel sibilo apparteneva ad un
Rettilofono, il sinistro timbro, viscido e oscuro della forza estranea e…
amica? Un Rettilofono, come poteva essere amichevole? E poi, quanti Rettilofoni
conosceva escluso lui? Solo Voldemort.
Ma Harry
sapeva che non poteva essere lui. Già una volta la sua mente era stata
strapazzata dal Signore Oscuro e la sensazione non era la stessa, era totalmente
diversa. Inoltre, Harry riusciva a leggere, seppure molto confusamente, nella
testa del suo “aggressore” e quella con cui stava in collegamento non era la
testa di Voldemort. Troppo vile, timorosa, dubbiosa; avrebbe potuto essere
Codaliscia, ma si scorgeva un chiaro barlume di fierezza, di orgoglio e uno
sfrenato sentimento di vendetta (Codaliscia non si sarebbe mai permesso di
provare risentimenti verso qualcuno; la vendetta era troppo ardita per il suo
animo debole e febbrilmente pauroso).
Hermione
e Ron intervennero all’unisco con la medesima domanda: “Harry, cosa c’è?”
“Restate
qui. Vado a controllare. Se vedete delle scintille venite ad aiutarmi, ma per
ora restate qui” e di nuovo a parlare fu quella voce sentenziosa e burbera che
non concedeva risposte di alcun genere; era un comando chiaro e conciso.
I due non
osarono ribattere intimoriti dal quel tono imperioso anche se Ron aveva il suo
bel dire sulle condizioni mentali dell’amico, ma Hermione lo fermò
assicurandogli che ad Harry serviva del tempo per smaltire gli effetti
dell’anatema; era Harry con cui stavano parlando, non un parassita che si era
infiltrato nella sua mente.
Incredibile
a dirsi, Hermione si era sbagliata.
Harry si
lasciò guidare dalla forza estranea; per qualche strana ragione si fidava di
quell’invasore. Anche lui, chiunque fosse, voleva la stessa cosa che voleva
Harry: uccidere Voldemort. Harry era riuscito a leggerglielo chiaramente in
testa: la vendetta era tutta contro Voldemort.
Aprì la
porta di una delle case disabitate di Godric’s Hollow, la più vicina a quella
dei suoi genitori, e scoprì che era ancora abitata. I proprietari erano riversi
sul pavimento dell’atrio e portavano sul volto i chiari segni di una
maledizione: terrore di una morte improvvisa e dolorosa. I corpi erano ancora
integri, perfettamente normali escludendo il colorito grigiastro della pelle:
neppure il tempo e i piccoli animaletti spazzini osavano toccare una vittima
dell’Avada Kedavra.
Alla
vista di quei morti la mente di Harry fu sbattuta da parte e al suo posto vi
entrò quella dell’estraneo: “Diavolo! Questi morti sono recenti. Ciò
significa che Riddle ha spedito i suoi Mangiamorte a recuperare l’Horcrux, ma
scommetto che non l’hanno trovato. Avranno rovistato nelle case di tutti i
vicini e non hanno concluso niente, se non una bella carneficina. Eh, poveri
gli abitanti di Godric’Hollow, troppo presuntuosi nel credere di poter sfuggire
alla morte in questo posto.”
Harry
aveva percepito tutto e si era impresso quelle parole a marchio di fuoco nella
memoria. Lo sconosciuto era convinto di non essere ascoltato, il ragazzo poteva
leggerglielo nella mente. Non sospettava minimamente delle abilità Legimens di
Harry, abilità che anche il ragazzo aveva scoperto solo in quel momento.
Un’altra
cosa che mi accomuna a Voldemort. Pensò Harry mentre la mente veniva
risbattuta dentro la sua testa. L’invasore se n’era andato, definitivamente.
Quello che aveva bisogno di vedere lo aveva visto e aveva sfruttato gli occhi
di Harry per vedere. Ma cosa aveva usato per controllare il suo corpo? Harry
non aveva alcun tipo di legame con quello sconosciuto e la cicatrice non gli
aveva fatto male durante la possessione.
Sospettava
di qualcosa; Hermione aveva detto che poteva trattarsi di un oggetto magico,
allora forse…
“Hermione,
Ron!” finalmente Harry riuscì a parlare con la sua voce: “Dobbiamo andarcene di
qui, subito.”
“Abbandoniamo
così Godric’s Hollow. Ma come?” gli chiese Ron scettico: “Dopo che hai
insistito così tanto per rimanere. Non vuoi neanche andare a vedere la tomba dei
tuoi genitori? Credo sia nel cimitero della città.”
“Ron,
questa intera città è un cimitero” disse Harry facendo raggelare i due.
“Hermione aveva torto: gli abitanti di Godric’s Hollow non sono fuggiti per
paura di una ritorsione dei Mangiamorte, sono rimasti qui e ci rimarranno per
sempre.”
Ron mandò
giù a fatica il groppo che aveva in gola: “Che cosa vuoi dire? Che sono tutti…”
“Morti.
Credo di sì” concluse Harry desolato.
“Allora
non c’è problema” intervenne Hermione. I due ragazzi la fissarono perplessi.
Hermione
si giustificò: “Beh, se i Mangiamorte sono già venuti una volta non credo che
ci ritorneranno. Ma cosa saranno venuti a fare qui?”
“Come hai
detto tu prima: per dissacrare l’affronto al Signore Oscuro” disse Ron.
“No,
cercavano un Horcrux, ma non l’hanno trovato” dichiarò Harry.
“Come fai
a saperlo?” chiese Hermione.
“Me l’ha
detto un… informatore”
Hermione
non adorava le persone misteriose, men che meno gli informatori: “Ci possiamo
fidare?”
“Sì,
assolutamente” Harry accennò vigorosamente e poi proseguì con tono più
incalzante: “Dobbiamo andarcene. Lui è convinto che ci sia qualcosa a Godric’s Hollow,
qualcosa che i Mangiamorte hanno lasciato a guardia della città, ecco perché
ero così in allerta prima.”
“Che cosa
intendi dire? Che il tuo misterioso informatore è l’essere che ti ha…
controllato la mente prima?” domandò la ragazza sempre più diffidente e meno
amichevole nei confronti del misterioso “informatore”.
“Sì, ma
ci possiamo fidare. Anzi, sono quasi certo di sapere chi è” ribatté Harry riuscendo
a convincere Ron delle buone intenzione dell’informatore, ma lasciando Hermione
nel dubbio.
“E come
fai a sapere chi è? E soprattutto, come fai a fidarti di lui dopo quello che ti
ha fatto?” gli chiese Hermione sempre più invadente.
“Perché è
stato lui a guidarmi alla casa dei miei genitori, voleva che cercassi qualcosa,
almeno credo. Non sono tanto sicuro che l’abbia fatto volontariamente.”
Harry non
aveva tempo di convincere Hermione. Prima che l’informatore interrompesse il
contatto mentale era riuscito a captare un chiaro pensiero: a Godric’s Hollow
si nascondeva tuttora un pericolo mortale ed Harry sapeva benissimo qual era.
Già una volta si era trovato faccia a faccia con quelle creature e non avrebbe
più voluto ripetere l’esperienza.
“Che cos’è
che devi cercare?” Hermione continuava a fare domande incessantemente.
“Non lo
so con precisione, ma mi ha mandato un flash confuso dell’oggetto che devo
trovare; lo riconoscerò quando lo vedrò” rispose Harry.
Hermione
non si arrese; la cocciutaggine è un vizio degli intellettuali: “Non hai ancora
risposto alla prima domanda, Harry: come fai a sapere chi è?”
Harry
tirò un sospiro esasperato; qualcosa si stava muovendo nelle case, un suono
sinistro di corpi in putrefazione che strisciano sui pavimenti: “Ricordi prima,
quando mi hai detto che potevo essere sotto l’influsso di qualche oggetto
magico?”
Hermione
rispose: “Sì, ma ho scartato quell’ipotesi quando l’effetto è svanito da solo.
Solo un anatema può comportarsi così, a meno che l’oggetto sia controllato
tramite il pensiero da un doppio legame e questo spiegherebbe anche perché ti
comportavi in quel modo prima; il proprietario di quell’oggetto deve averlo
utilizzato come tramite per controllare il tuo corpo e usarlo a proprio
piacimento, come faceva Voldemort con la cicatrice, solo che lui poteva solo
insinuarsi nei tuoi pensieri, mentre il tuo informatore può controllare tutto
il tuo corpo.”
“Può
leggermi nel pensiero come faceva Voldemort?” chiese Harry.
Hermione
negò: “No, a meno che lui sia un Legimens e la stessa cosa vale per te.”
“Allora
tutto a posto, lui non è un Legimens, gliel’ho letto nei pensieri.”
“Beh,
credo di essere un Legimens” concluse Harry senza particolare orgoglio.
“Congratulazioni”
si complimentò Hermione un tantino poco entusiasta; Ron lo fissò col tipico
sguardo da “ci mancava solo questa”.
“Accidenti…
più il tempo passa, più io tendo ad assomigliare a Voldemort” dichiarò Harry
melanconico, guadagnandosi lo sguardo cupo di Ron.
“Non
dirlo neanche per scherzo, Harry, sei diverso da… lui.” Lo rassicurò il
rosso, che faticava ancora a pronunciare il nome di Voldemort.
“Ma chi è
il tuo informatore?” insistette Hermione.
“Il nome
non lo conosco.”
“Allora,
chi è? Che cosa fa?”
“Non so
neanche questo” rispose Harry.
“Com’è
fatto fisicamente?”
Harry
scosse il capo: non ne aveva la minima idea.
“Ma
allora…?” iniziò Hermione.
Harry
pensò che era meglio troncare sul nascere le domande di Hermione: “E’ R.A.B.,
almeno credo. Questo è il falso Horcrux” ed estrasse dal taschino un ciondolo:
“Quello che io e Silente credevamo essere il medaglione di Serpeverde. Da
quando ce l’ho mi comporto in modo… pessimistico.”
Ron
inarcò le sopracciglia chiare con espressione divertita: “Abbiamo notato.”
“Ma
allora R.A.B. è ancora vivo?” chiese Hermione.
“Già!
Credevo fosse morto, ma evidentemente non è così” confermò Harry.
“E quindi
ora ce ne andiamo. Hai detto che R.A.B. credeva che i Mangiamorte avessero
lasciato qualcosa qui” affermò Hermione.
Harry udì
distintamente lo stesso suono sinistro, il cigolio di porte che si aprivano e
il rumore di passi di esseri fetidi che si trascinavano da soli per le vie di
Godric’s Hollow, verso di loro: “In effetti i Mangiamorte hanno lasciato
qualcosa a Godric’s Hollow: è pieno di cadaveri.”
“Non è
consolatorio sapere che i Mangiamorte hanno sterminato tante persone, ma almeno
dei cadaveri non possono farci niente” intervenne Ron.
“Già,
almeno che…” Hermione ebbe un sospetto che Harry confermò accennando col capo:
“Sì, esatto. Ma aspettiamo ad andarcene, prima devo recuperare una cosa” e
detto questo Harry si precipitò tra le macerie per cercare l’oggetto misterioso
indicatogli da R.A.B., o almeno chi pensava fosse R.A.B.
“Almeno
che cosa, Hermione?” domandò Ron, trepidante per conoscere maggiori dettagli
sul pericolo a cui andavano incontro rimanendo a Godric’s Hollow.
Hermione
non ebbe tempo di ribattere. La casa più vicina a quella dei Potter (quella
dove Harry era stato prima) ebbe un fremito, come se fosse stata scossa da un
terremoto circoscritto a quella zona. Un terribile e straziante lamento umano
si levò nell’aria.
“Cos’è
stato?” chiese Ron con un filino di voce estraendo prontamente la bacchetta.
Hermione
si avvicinò il più possibile a Ron stando ben attenta a non strofinarsi contro
il suo corpo e disse con voce tremula: “Inferi. I Mangiamorte hanno lanciato
una specie di incantesimo che costringesse gli Inferi a risvegliarsi se e solo
quando qualcuno si fosse avventurato a Godric’s Hollow.”
“Harry,
santo Merlino, sbrigati!” esclamò Ron con la sua classica voce da panico
estremo: un Inferus maschio, così sembrava, era uscito con gambe malferme dalla
casa vicina seguito da un altro Inferus agghindato con uno straccio somigliante
ad un vestito da femmina, forse questa era stata sua moglie nella vita passata.
Harry
vide i due esseri avvicinarsi e prese a scavare tra le macerie più velocemente,
mettendo da parte il rispetto che nutriva verso le rovine della casa dei suoi
genitori; arrancò per qualche minuto tra la calce e i mattoni, ma non trovò
nulla che attirò la sua attenzione. E intanto dalle vie di Godric’s Hollow i
lamenti degli Inferi si facevano sempre più vicini e inquietanti.
Harry
estrasse la bacchetta e disse: “Accio oggetto!” ma non accadde nulla come era prevedibile.
Harry
guardava Ron e Hermione serrati in posizione di difesa; ormai alla ragazza non
importava più di stare appiccicata a Ron: gli Inferi marciavano verso di loro.
Ma Harry non poteva andarsene senza recuperare l’oggetto. Lasciò scivolare la bacchetta
a terra, chiuse gli occhi e si concentrò sul frammento di immagine che R.A.B.
gli aveva mostrato volontariamente o involontariamente; Harry sapeva solo che
doveva recuperarlo: era importante, poteva essere l’Horcrux che i Mangiamorte
non avevano trovato.
Visualizzò
l’oggetto ed eseguì un incantesimo senza bacchetta e funzionò. Harry afferrò il
pezzo di carta che gli era volato contro e senza neanche degnarlo di uno
sguardo gridò: “L’ho trovato! Ora andiamocene.”
“Siamo
circondati!” strillò Hermione.
Harry
aveva la soluzione: “Non è un problema: Accio Firebolt!”
Ron e
Hermione fecero la stessa cosa con le loro scope mentre Harry respingeva un
paio di Inferi con degli schiantesimi.
“Quanto
ci mettono ad arrivare quelle dannate scope!” strepitò Ron.
“Dovrebbero
esser qui tra poco, Rictusempra!” Hermione colpì un Inferus che le si parava a
pochi metri di distanza; il corpo putrefatto ricadde all’indietro sulla via
sassosa, ma ci mise poco a rialzarsi.
Nel
frattempo le tre scope stavano sfrecciando verso i rispettivi proprietari che
le afferrarono.
“Montiamo
sulle scope, avanti!” gridò Harry.
Hermione,
anche a causa dell’agitazione, era piuttosto impacciata sulla scopa e la sua
insicurezza permise ad un Inferus di afferrarle la caviglia.
“Ron!”
Singolare che Hermione avesse invocato il nome del timoroso Weasley quando
c’era disponibile l’impavido Potter.
“Arrivo,
Hermione!”
E come in
un classico dei film cavallereschi Ron si fiondò contro l’Inferus con un impeto
e un coraggio degni di Godric Grifondoro. Sferrò in faccia al mostro un calcio
talmente brutale da costringerlo a mollare la presa e a chinarsi per
raccogliere i denti che gli erano caduti a causa del violento urto.
Approfittando
della distrazione dell’Inferus, Ron portò in salvo Hermione facendola salire
sulla sua scopa. Come alla conclusione di un epico racconto si allontanarono
dal campo di battaglia stretti l’uno all’altro, in sella al nobile destriero,
cioè alla scopa; mancava solo il bacio e il “vissero felici e contenti”, ma
Ron, prontamente, rovinò tutto.
Mentre
teneva tra le braccia Hermione, il cui collo si stava già protendendo per
ricevere l’attesissimo bacio, disse, convinto di sdrammatizzare l’atmosfera
romantica: “Non avrei mai permesso che quegli Inferi ti toccassero, Hermione,
altrimenti chi mi suggerirebbe agli esami? Potrei dire addio ai M.A.G.O.” e
concluse con una breve risata.
Poco più
avanti Harry Potter contemplava con enorme delusione la disfatta di
quell’ennesimo cult romantico, sfumato da Ron, tanto per cambiare.
La
battutina di Ron non sortì l’effetto desiderato. Hermione prese a divincolarsi
sulla scopa: “Lasciami andare, razza di cafone, preferisco finire in pasto agli
Inferi!” E ci sarebbe finita davvero se Ron non avesse preso la strenua
decisione di afferrarla per i fianchi e stringersela forte al petto.
Harry si
compiacque della saggia mossa dell’amico: Forza, Ron! Ce la puoi fare, io
credo in te!
“Sta
ferma Hermione! Se fai così cadrai dalla scopa e io ci tengo troppo a te,
capito? Non farmi brutti scherzi!” disse Ron accarezzando i riccioli di
Hermione.
La
ragazza rimase spiazzata da questa confessione: per la prima volta la sua
ferrea sicurezza vacillò e crollò completamente; non era più padrona della
situazione e non riusciva a dosare le sue reazioni, che fare? Hermione reagì da
vera “intellettuale”: “Ci tieni più a me o a Lavanda Borwn?”
Harry
credeva che i due si divertissero a lanciare frecciatine, ma la reazione di
Hermione era in parte giustificata, dopo tutte le bidonate che le aveva dato
Ron doveva pur prendersi una rivincita. Il giovane Potter aveva appreso che
nella pseudo-relazione tra quei due la pazienza e la prontezza di nervi erano
alla base di una convivenza pacifica.
“Hermione,
tu…” iniziò Ron.
Dal tono
di voce Harry capì che stava per iniziare un’altra delle loro discussioni, ma
aveva qualcosa di più importante che stare a sentire Ron che accusava Hermione
di gelosia e Hermione che accusava Ron di alto tradimento: l’Horcrux che aveva
appena recuperato.
Tirò
fuori dal mantello il pezzo di carta che fino a quel momento aveva gelosamente
custodito: era una foto abbastanza vecchia a giudicare dai bordi consumati e
dall’odore di stantio che emanava. Era piuttosto sciupata ma si potevano vedere
chiaramente i soggetti messi in posa sorridenti e allegri nel giorno più felice
della loro vita: il matrimonio dei suoi genitori. In primo piano James
stringeva possessivamente Lily che, avvolta in un abito da sposa semplice ma
incredibilmente elegante, salutava il fotografo con un largo sorriso e poi
rivolgeva una linguaccia dispettosa al neo-marito. In secondo piano, ma non
certo rimasto inosservato, un giovane e affascinante Sirius Balck saltellava
allegramente cercando di attirare l’attenzione dell’amico impegnato a svolgere
i doveri matrimoniali; per un attimo Sirius e James si scambiarono la classica
occhiata malandrina e si volsero entrambi verso il fotografo che a giudicare
dalle loro espressioni, sembrò ricambiare il gesto. In quei quattro, fotografo
compreso (Harry era quasi certo che si trattasse di Lupin) niente era triste e
cupo, sprizzavano pura energia da tutto il corpo, sembrava che niente potesse
intaccare la loro somma felicità; sembrava…
Harry
strinse la foto al petto e, per un attimo, riuscì a dimenticare tutto, la morte
di Sirius, quella di Silente, Ginny, persino Ron e Hermione che litigavano;
stava lì, fluttuava a mezz’aria sulla Firebolt, e godeva di quell’allegria
contagiosa che sapeva avrebbe avuto un tragico epilogo.
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
Apple: troppe lusinghe ci
fanno arrossire (^////^), ma ovviamente siamo semplicemente estasiate di
ricevere complimenti così incoraggianti; appena pubblicherai la tua versione
sul 7° libro andremo di corsa di corsa a recensire (con altrettanti
complimenti) grazie e non mancare al prox chap KS
Charlotte Doyle: Per
quanto riguarda i nomi la precisione è molto scarsa (non prestiamo attenzione
ai dettagli). Ci hai dato l’ispirazione: nel 5° cap (dato che gli altri sono
già zeppi di cose) aggiungeremo lo spin-off su Herm e Gin. La storia sarà
comunque vista dal punto di vista di Harry (ma ci saranno tanti fuori
programma). Percy (simpaticamente) non lo riteniamo affatto simpatico e degno
delle nostre parole (ma lo utilizzeremo in futuro per tramare un piano oscuro…)
Sam di sicuro non è Mary Sue (capirai più in là quando si conoscerà meglio) si
sentirà spesso parlare di lei perché avrà un ruolo chiave nell’”evoluzione” di
Draco; soprattutto nel cap 4 (ke abbiamo appena stuccato) ci sarà un discorso
abbastanza esistenziale tra Sam e Draco per quanto riguarda la guerra; ma non
può mancare all’inizio un pizzico di contrasto ironico tra i due (ed entrerà in
campo anke la gelosia ecc…) I punti esclamativi sono un problema di Kaho (lei
stessa lo ammette) quindi Samy si assumerà il compito di frenare il suo impeto.
I tuoi commenti ci devono sempre essere perché (davvero, ma davvero) ci aiutano
a migliorare. We love i commenti costruttivi: i prox quattro cap sono già
finiti ma vedremo di rivederli in certi punti ^__^ Grazie 10000 KS
Hermione CH: ormai sei una
fedele recensitrice e sia Kaho ke Samy sono molto onorate (inchino) no
preoccupa!… Gin e Harry ne faranno di cotte e di crude poi… (anke Ron e Herm
^_^) Kiss KS
Siangel187: un’altra
fedele recensitrice; speriamo di non deluderti coi prox chap anke se,
modestamente, speriamo di no.... in futuro aspettati tanta avventura e azione e
ovviamente love Kiss KS
Evanescense87: grazie,
grazie!! ^__^ un miticissimo davvero apprezzato; continua a recensire!
Kiss KS
James e Lily: in qst cap
si è chiarito (+ o -) ke cs succede al povero Harry… speriamo ke rinsavisca;
grazie 1000 per la recensione… non mancare (scuse prostranti x il ritardo di
qst cap) KS
Avviso: per la prossima settimana siamo in
vacanza (di nuovo) quindi non aggiorneremo per un po’; niente paura: i capitoli
sono già pronti fino al 6°, dobbiamo solo stuccarli un po’ . Please, non ci
abbandonate!
Samy&Kaho
Capitolo
4 – “Attentato al Parlamento”
Il
ritorno alla Tana da Godric’s Hollow si sarebbe potuto definire un “viaggio
turbolento”: tra Hermione e Ron che si arruffavano come cane e gatto e Harry
che si scervellava tra il capire perché il misterioso informatore gli aveva
indicato una foto del matrimonio dei suoi genitori come probabile Horcrux e tra
l’accertare che questi fosse proprio R.A.B. e che avesse buone intenzioni,
persino i Dissennatori si erano tenuti a distanza per evitare uno scontro
diretto con quelle tre “teste calde”; inoltre ci sarebbe stata ben poca
felicità da succhiare in un momento di forte tensione emotiva (per Harry) e
romantica (per Ron e Hermione, o almeno così speriamo).
A circa
trenta metri dal suolo, invischiato in una nebbia impenetrabile con una decina
di pericoli che lo circondavano, Ron continuava imperterrito la discussione con
Hermione: “Te lo sei proprio legato al dito! Perché devi sempre tirare in ballo
Lavanda Brown?”
“Oh,
scusami Ron-Ron!” fece Hermione in una crudele ma perfetta imitazione della ex
del rosso “E perché tu hai sempre qualcosa da ridire su Victor?”
“Oh, stai
parlando di Vicky?” disse Ron sbattendo languidamente le palpebre, gesto che
fece rabbrividire Hermione fin nelle ossa: “A me di quello non frega
assolutamente niente! Piuttosto, tu sei gelosa!”
“Gelosa-io-di-te?”
Hermione scandì le parole pronunciandole a balzi spezzettati come se avesse un
grave problema d’asma: “Ma vuoi scherzare! Sei l’ultima persona per cui potrei
provare qualcosa di più profondo di un’amicizia!”
Ron
incassò il colpo malamente e lo diede a vedere quando le sue gote diventarono
del colore dei capelli. Hermione si zittì di botto, o perché si rese conto di
aver ferito i sentimenti di Ron o perché era perfettamente conscia di aver
detto una grandissima sciocchezza.
In quel
placido silenzio, che per i suoi due amici era un attimo di forte tensione e
imbarazzo, Harry riuscì a mettere un po’ d’ordine al confuso susseguirsi di
fatti che lo avevano portato a stringere nella mano la foto del matrimonio dei
suoi genitori, il presunto Horcrux.
Qualcuno,
presumibilmente R.A.B., lo aveva posseduto per mezzo del medaglione che Harry e
Silente pensavano essere un Horcrux e lo aveva guidato nelle strade di Godric’s
Hollow per accertarsi che ci fosse ciò che temeva: una schiera di Inferus
lasciati dai Mangiamorte a guardia della città. Grazie al doppio legame che si
era creato tra la mente del misterioso personaggio e la sua, Harry era riuscito
a captare le immagini di un pezzo di carta, la foto che pensava essere un
Horcrux, e ad ascoltare il frangente di pensieri di R.A.B. in cui era parso ben
evidente l’odio che nutrisse per Voldemort; R.A.B. lo aveva chiamato Riddle,
ciò significava che lo conosceva molto bene. Ma R.A.B. in che rapporti era con
lui? Niente può essere bianco o nero e R.A.B. ne era l’esempio vivente: aveva
un animo oscuro, anche se rimaneva viva una briciola di bontà, ma odiava
puramente il Singore Oscuro.
Harry
dovette eseguire molti incantesimi per trovare l’esatto punto della Tana, la
nebbia continuava a salire e ad infittirsi: i Dissennatori si stavano
moltiplicando senza sosta. Alla fine i tre atterrarono nel giardino di casa
Weasley e giunsero sull’uscio di casa arrancando a tentoni. Sulla soglia stava
un’adiratissima, se non preoccupatissima, Molly Weasley:
“Dove
diavolo siete stati? Ve ne siete andati senza neanche lasciare un biglietto! Ma
siete voi: Ron, Hermione, Harry!”
Fu Ron a
risponderle: “Sì, siamo noi mamma.”
La
signora Weasley tirò un sospiro di sollievo: “Bene, allora entrate in casa,
coraggio.”
I tre si
fecero avanti, riluttanti all’idea di subire una pedante ramanzina dalla
signora, ma stranamente, contro tutte l’esperienza accumulata da Ron in
diciassette anni di vita, Molly Weasley li lasciò in pace. Si premurò solo di
consigliare Harry:
“Harry,
caro, ormai è inutile che ti stia appresso come una balia, sei un ragazzo
adulto e il compito che ti ha affidato Silente è di cruciale importanza per
tutti noi. Sappi solo che se avessi bisogno di conforto o di un aiuto puoi
sempre contare sulla famiglia Weasley al completo. E’ ora di lasciarti andare
Harry, ormai sei un adulto” e detto questo tirò fuori dal taschino un
fazzoletto e vi nascose il viso singhiozzando.
Harry era
commosso: “Grazie mille, signora Weasley. La sua fiducia è molto importante per
me, ma d’altronde, voi Weasley siete stati la mia seconda famiglia, quella
migliore, anche se non credo di poter chiamare famiglia i Dursley, e lei
signora Weasley è riuscita a farmi provare parte dell’amore materno – Ron
ridacchio sotto i baffi: “Se l’avessi avuta come madre non parleresti così!” –
quindi la ringrazio molto, davvero, per tutto quello che ha fatto. Come ha
detto lei è arrivato il momento per me di partire dalla Tana, spero di tornare
un giorno, ma non si preoccupi, me la saprò cavare; lo faccio sempre.”
Harry
aveva voluto consolarla ma con le sue parole non fece altro che aumentare la
cascata di lacrime della signora Weasley.
Ron si
avvicinò a sua madre battendole una mano sulla spalla: “Mamma, non piangere.
Vedrai che andrà tutto bene, Harry saprà cavarsela e quando mai non ci riesce.
Ci sarò anch’io a dargli man forte e…”
La donna
si riprese all’istante abbandonando la posa di madre costernata: “Come?”
Ron si
ritrasse leggermente all’udire la tipica voce di sua madre che di solito
annunciava un rimprovero: “Aiuterò Harry” disse piano tentando di acquietarla.
“Oh no
che non lo farai. Tu sei troppo giovane e…”
“Incapace
e inutile” le vennero in aiuto i due gemelli Weasley giunti all’ingresso della
cucina.
“Voi due
state zitti!” strepitò Ron “Ma mamma, hai appena detto a Harry che è un adulto
e che può fare tutto quello che vuole.”
“Non sono
state queste le mie testuali parole, Ronald!” Ron sobbalzò all’esclamazione di
sua madre - quando ricorreva al suo full-name non c’era d’aspettarsi niente di
buono – Molly continuò incalzando sullo stesso tono adirato: “E poi io stavo
parlando a Harry che, poverino, ne ha passate di cotte e di crude, ma è
riuscito sempre a superarle grazie alle sue strabilianti abilità, il suo sangue
freddo, il suo intelletto… - e qui Hermione tossicchio tentando di attirare
l’attenzione - … e responsabilità, maturità. Capito, Ronald? Responsabilità,
maturità, due parole di cui non conosci neanche il significato… – e qui
Hermione accennò energicamente con la testa guadagnasi un ringhio da parte di
Ron - … e quindi tu non farai da palla al piede a Harry, mi sono spiegata?”
“Non è
giusto”disse Ron mettendo il broncio.
“E se
insisti con questo atteggiamento infantile potrai dire addio all’indipendenza
per il resto dei giorni della tua vita!” ribatté la signora in un minaccioso
tono di voce che fece ammutolire il figlio.
In
secondo piano, Hermione si gustava la scena divertita.
Harry
interruppe l’acceso dibattimento tra madre e figlio sulle manie d’indipendenza
adolescenziali: “Scusi signora Weasley, sa per caso dov’è Remus Lupin?”
Molly si
concesse un attimo di tregua, mentre Ron rimuginava sulla possibile replica da
propinare a sua madre per convincerla a lasciarlo andare con Harry: “Credo sia
al piano di sopra, in camera.”
Dopo aver
ringraziato la signora, Harry salì le scale e cercò nelle tante stanze che
c’erano al primo piano. Alla fine trovò Lupin nella camera di Fred e Gorge, ma
c’era un problema: Remus non era solo, anzi, si trovava in piacevole compagnia.
Ma è
una maledizione? Perché devo fare sempre il terzo incomodo? Davanti agli
occhi di Harry si presentava un’audace scena romantica: Tonks (con i capelli
rosso fiamma) era seduta in grembo a Remus e stava arrotolando i suoi capelli
grigi intorno al dito mentre con l’altra mano avvicinava la nuca di Lupin per
approfondire un bacio piuttosto appassionato.
Harry
avrebbe voluto andarsene, ma il problema dell’Horcrux che forse aveva in mano
era più urgente delle questioni lussuriose di Tonks e Lupin? No. Harry preferì
ritirarsi, ma, per sua sfortuna e per ancora più sfortuna dei due amanti, il
giovane aveva indugiato troppo tempo sull’uscio della camera e Remus era
riuscito a scorgerlo distrattamente con la coda dell’occhio e questo era
bastato a fargli interrompere di botto il contatto con le labbra di Tonks.
Con un
sonoro bop i loro visi si allontanarono e Lupin prese a grattarsi la
testa nervosamente, quasi in modo isterico: “Oh, ciao Harry” disse con affanno
– probabilmente prima dell’arrivo di Harry i due si erano dati molto da fare –
“Hai bisogno di qualcosa?” concluse Remus riallacciandosi i primi tre bottoni
della camicia.
Harry era
sempre meno a suo agio: il mio destino è quello di fare da spartiacque
inuna coppia di piccioncini
innamorati? Sono peggio di Voldemort! Non era il caso di rendere pubblica
la sua constatazione e quindi si limitò a dire: “Beh, se non disturbo – e dallo
sguardo che gli lanciò Tonks intuì che stava disturbando -… vorrei parlarti un
secondo in privato – a quel “in privato” Tonks si ritirò furiosamente dal
grembo di Lupin e nell’uscire dalla stanza sibilò all’orecchio di Harry:
“Quella che hai appena mandato a monte era una delle rare se non uniche volte
di intimità che io e Remus avevamo la possibilità di condividere senza quegli
odiosi gemelli Weasley che ci fischiavano ad ogni abbraccio. Regoleremo i conti
dopo.”
“Le donne
innamorate sono piuttosto minacciose” osservò Harry.
“Più che
altro sono pretenziose” ribatté Lupin “Allora, cosa volevi?”
“Solo
parlare di questa” Harry gli mostrò la foto “Ti ricorda qualcosa?”
Remus la
contemplò per un lungo momento, le labbra piegate in un sorriso dolce e
spensierato, proprio come quelli delle figure nella foto: una felicità
contagiosa.
Harry si
sentì quasi in colpa ad interrompere quel silenzio solenne, carico di ricordi e
di gioia, ma doveva sapere: “Remus, l’hai scattata tu questa foto?”
“Sì, il
fotografo si era beccato una brutta infezione e aveva dato buca a Lily e James
e, naturalmente, Sirius mi aveva stressato tutto il giorno: voleva
assolutamente comparire nella foto e siccome io ero l’unico disponibile… Minus
non c’era quel pomeriggio, ci disse che aveva qualcosa di molto importante da
fare - le labbra di Lupin si contorsero impercettibilmente in una smorfia. - Ma
James mi disse esattamente così: Non ti preoccupare Remus, anche se non
compari nella foto farai sempre comparsa spirituale: i Malandrini non si
separeranno mai. Ehi Sirius! Non pensi che formiamo proprio un bel trio?
Non accennò minimamente a Peter, forse sospettava già di lui. Oh Merlino! Come
era felice quel giorno James, e guarda Sirius, ancora giovane e in buona
salute, quello che ci ha restituito Azkaban era una versione un po’ smunta, ma
rimaneva sempre il solito Felpato. E’ triste, vero? Che abbia goduto così poco
la sua libertà” sorrise tristemente, con aria disinvolta, i suoi occhi
diventarono lucidi, per la gioia di momenti passati o per il dolore della
perdita; forse per tutti e due.
Harry
faticò ancora a riprendere il discorso per timore di interrompere qualcosa di
solenne: “Mio padre ha detto che i Malandrini non si separeranno mai, è vero
Remus? Lo pensi anche tu?” sperò che Lupin riuscisse a capire ciò che intendeva
comunicargli.
Remus si
voltò e lo guardò dolcemente: “Certo Harry. I Malandrini non si sono separati e
non lo faranno mai. Accidenti, sei saggio come tua madre eppure in te rimane
viva quella briciola (chiamiamola briciola) di pazzia di James. Era
insuperabile, anche Sirius lo era.”
“Lo so”
disse Harry quasi sorridendo; riflettendo bene sull’episodio a cui aveva assistito
nel Pensatoio di Piton, il giovane mago si convinse dell’innocenza di suo
padre. James Potter non aveva fatto niente di male… anzi! Spettava al giovane
Potter terminare il compito paterno e togliere dai piedi, una volta per tutte,
quel gran rompiscatole di Mocciosus.
“Ma…”
fece Lupin perplesso “… dove hai trovato questa foto? Sembra molto vecchia.”
“Era tra
le macerie della mia vecchia casa, quella a Godric’s Hollow” gli rispose Harry.
Gli occhi
di Lupin si accesero di disapprovazione: “Ah, è lì che sei andato allora. Hai
corso un grave pericolo, fonti ben attendibili mi avevano comunicato che
Godric’s Hollow era stata attaccata dai Mangiamorte qualche settimana dopo la
rinascita di Voldemort.”
“In
effetti c’erano un paio di Inferi a fare la guardia.”
Remus
scosse la testa e gli lanciò la classica occhiata da “te ne sei andato senza
permesso, hai incontrato degli Inferi, sei uscito illeso dalla battaglia: sei
come tuo padre!”
“Però mi
sorge un dubbio” disse Lupin “Come hai fatto a trovare questa foto in mezzo
alle macerie?”
“C’era
qualcuno che mi… guidava, per così dire.”
Remus
appariva ancora scettico: “E’ strano però che sia rimasta intatta. Se la
dipartita di Voldemort è stata così violenta come ci ha descritto Hagrid allora
non dovrebbe esserne rimasta traccia.”
Harry
rifletté: in effetti quel pezzetto di carta appariva molto fragile, senza
contare che lui aveva visto le macerie della sua casa, erano una vera e propria
discarica di mattoni e calce, non c’era rimasto niente d’intatto, tranne quella
foto; perché? Harry credeva di avere la soluzione:
“Remus,
io avrei una mia ipotesi. E se questa foto fosse un Horcrux, sai cos’è un
Horcrux?”
“Ne ho
sentito parlare, ma non so esattamente di cosa si tratti. Se non sbaglio ha a
che fare con la Magia Oscura, ma perché dovrebbe essere la foto del matrimonio
dei tuoi genitori, non ha senso.”
E invece
aveva molto senso per Harry che sapeva il funzionamento degli Horcrux: si
doveva immolare una vittima per dividere l’anima e imprigionarla in un oggetto
e Harry era quasi certo che quella vittima fosse suo padre. Silente gli aveva
detto che Voldemort prediligeva degli oggetti di grande importanza, come le
reliquie dei Fondatori, per insinuarvi la sua anima, ma rendendo un Horcrux
quella foto aveva compiuto un gesto irrimediabilmente irrispettoso, facendosi
beffe della felicità dei Potter, insomma, avrebbe reso evidente la sua
smisurata crudeltà; inoltre, R.A.B. gli aveva mostrato quell’immagine.
“Grazie
tante; Remus. Forse hai ragione tu, non ha senso” Harry non intendeva
coinvolgerlo; l’importante era che stesse felice con Tonks, non era necessario
renderlo partecipe delle perversioni di Voldemort.
“Ciao,
Harry e grazie a te per avermi fatto ricordare” gli disse mentre Harry usciva
dalla camera.
“Allora?
Com’è andata? Cosa ti ha detto Lupin?” gli domandò Hermione appena vide
scendere Harry dalle scale.
“Niente
di nuovo. Però sono quasi certo che questo sia un Horcrux” disse Harry
rigirandosi la foto tra le dita.
“Allora
siamo al punto di partenza” intervenne Ron, reduce da una strenua discussione
con la signora Weasley.
“Esatto.
Non riesco a trovare un modo per capire se questo è un Horcrux oppure no” Harry
appariva sconsolato.
“Un modo
ci sarebbe” interloquì la ragazza.
“Quale?”
chiesero Ron e Harry all’unisco curiosi di conoscere il nuovo colpo di genio di
Hermione.
“E’ molto
semplice: appoggiati la foto sulla cicatrice” spiegò Hermione con disinvoltura.
“Ma sei
malata!” esalò Ron.
“Sono
sanissima, Ronald” fece Hermione imitando alla perfezione la madre del rosso
“Ricordi come reagisce Harry in presenza di Voldemort? Esatto, gli fa male la
cicatrice, quindi, siccome l’Horcrux è un concentrato della sua anima dovrebbe
accadere la stessa cosa, ma solo se quella foto è davvero un Horcrux.”
“Ingegnosa”
si complimentò Ron facendo arrossire, senza volere, il viso di Hermione.
“Allora
ci provo” Harry accostò il bordo della foto alla cicatrice, ma non accadde
nulla “Niente” disse alquanto deluso.
“Allora
non è un Horcrux” sancì Hermione.
Harry era
ancora dubbioso: “Ma ne sei così sicura?”
Hermione
scosse la testa, negando: “C’è un altro modo per verificarlo: un Incantesimo di
Test Oscuro.”
Ron
bisbigliò: “Ma le sa proprio tutte.”
Poi
Hermione si rivolse a Ron: “Tuo padre di sicuro è in grado di farlo.”
Gli
sguardi di Hermione e Ron si intrecciarono per un lungo attimo che, secondo il
“terzo incomodo”, era durato anche troppo. Harry lanciò un colpetto di tosse:
quando è troppo è troppo! C’era tutto il tempo per risolvere i loro ingaboli
sentimentali.
“Allora
andiamo, Harry!” esclamò Ron sbrigativo, trascinando letteralmente Harry in
cucina e premurandosi di dare le spalle a Hermione.
La
ragazza li raggiunse cinque minuti dopo e attese il responso da Harry:
“Niente.
Avevi ragione tu: non è un Horcrux.”
“Sbaglio
o stiamo ristagnando” sbuffò Ron “Questa foto non ci porterà da nessuna parte e
l’allegra gita a Godric’s Hollow non è servita a niente.”
“Non
direi, Ron” esordì Harry “Ora so che R.A.B. è ancora vivo. Il prossimo passo
sarà trovarlo.”
*^*^*^*^*^*^*
Draco
Malfoy stava vagabondando per i corridoi del Covo Oscuro da neanche lui sapeva
quanto; quello era il modo più dilettevole con cui passare il tempo e dato che
molti Mangiamorte preferivano stare alla larga da quella particolare zona del
rifugio (lui non sapeva perché) non avrebbe rischiato di fare brutti incontri.
Perciò si sorprese molto quando sentì una voce femminile irrompere da dietro
una delle porte che davano a est.
“Ne sei sicuro? Non scherzare…”
Accostò l’orecchio alla porta e
riuscì a distinguere chiaramente una domanda: “Che razza di strategia sarebbe
questa, scusa…?”
La proprietaria della voce
sembrava piuttosto scossa.
“D’accordo… no, non corro alcun
pericolo, questo posto dovrebbe avere una specie di barriera… sì, credo sia
abbastanza potente da resistere a…” si bloccò di colpo e Draco socchiuse
leggermente la porta quanto bastò per sentire un sospiro agitato: “…
fantastico, beh, teneteli d’occhio, io penso a questi” Draco spinse la porta
molto piano fino a creare un piccolo spiraglio da cui poter osservare la scena:
davanti a lui stava Samantha Drake con in mano uno strano apparecchio che
premeva contro l’orecchio “Avevi ragione tu, non ce n’è uno che si salvi… pensa
che adesso reclutano anche i mocc…” la ragazza smise di parlare contro il
piccolo apparecchio e si voltò fulminea verso la porta: “scusa, devo andare.”
Quando si accorso che la ragazza
lo stava osservando con la coda dell’occhio, Malfoy aprì del tutto la porta con
aria soddisfatta. Samantha ripose lo strano oggetto nella tasca della tunica
nera e scrutò Draco con un’espressione preoccupata e insieme rabbiosa.
“Che cosa vuoi?” chiese Samantha
tentando di rilassare la voce.
“Con chi stavi parlando?” domandò
secco lui con un’espressione accusatoria stampata in volto.
“Il mio ragazzo, perché? hai
qualche problema?” rispose Samantha in tono acido.
“Nessuno.”
“Bene.”
Si
congedarono con uno scambio di sguardi pungenti e se ne andarono per le loro
strade.
*^*^*^*^*^*^*
La cena a
casa dei Weasley era giunta ormai alla conclusione e l’argomento “indipendenza
adolescenziale di Ron” era stato accuratamente evitato sia dalla madre che dal
figlio. Ma nello spirito dei due gemelli il pasto si concluse con un lancio di
polpette al sugo.
“Smettetela,
Fred, George! Siete più infantili di Ron!” strillò la signora Weasley.
Questo
bastò a far ammutolire i gemelli e a risvegliare nell’animo di Ron l’imbarazzo
e in quello di Hermione un velato divertimento. Harry restava impassibile a
togliersi di dosso gli schizzi di sugo che gli imbrattavano la camicia. Il
signor Weasley quella sera era di particolare buon umore e si concesse lo
sfizio di chiedere a Harry:
“Potremmo
sapere cosa combini, Harry? E dove sei andato sta mattina? Credo che Remus lo
sappia ma non ce lo vuole dire.”
“Beh, a
questo punto mi sembra d’obbligo dirvi tutto: sta mattina sono andato a
Godric’s Hollow e lì ho trovato quello che credevo essere… ma non importa,
tanto non lo era. Ad ogni modo domani ho intenzione di partire per mettermi
alla ricerca di una persona, Hermione e Ron mi accompagneranno” rispose Harry
non particolarmente interessato. Aveva fatto giurare a Ron e Hermione di non
rivelare il nome di R.A.B., anche se più che il nome era la sigla del suo
presunto nome.
Prima che
la signora Weasley potesse dire qualcosa, Ron troncò la sua ramanzina sul nascere
esclamando un “esatto” piuttosto enfatico. Ci fu un breve ma intenso scambio di
occhiate di fuoco fra i vari membri della famiglia Weasley e anche il povero
Harry che si faceva gli affari suoi.
“Ragazzi…”
si intromise Hermione “… credo di aver trovato una soluzione, ci ho pensato
tutto il pomeriggio e credo che potremmo trovare informazione su voi-sapete-chi
nell’archivio del M.I.B.”
Tutti i
membri della famiglia Weasley, Ron escluso e Fleur compresa (oramai è
irrimediabilmente parte della famiglia), si guardarono perplessi.
“Credevo
che Silente ti avesse già detto tutto quello che c’era da sapere su tu-sai-chi”
assentì Arthur.
Hermione
si frappose tra i due per chiarire la situazione: “No, signor Weasley. Con
“voi-sapete-chi” intendevo… ehm, un’altra persona.” Già da molto tempo Hermione
e Ron, sotto i pressanti incoraggiamenti di Harry, si erano abituati a
pronunciare il nome “Voldemort”.
Harry
riprese il filo del discorso mentre il signor Weasley rifletteva sull’ignota
“altra persona”: “Che cos’è il M.I.B.?”
“Noi lo
sappiamo!” esclamarono in coro Fred e George: “M sta per Man, I per In, e B per
Black: Man in Black. La settimana scorsa papà ha portato un paio di VSH babbane
nel nostro negozio. Ma allora la persona che deve cercare Harry è un alieno.”
“VHS non
VSH!” esclamò il signor Weasley “D’accordo, vi spiego come funziona…” E i tre
si gettarono in un acceso discorso sui mezzi d’intrattenimento babbani.
Hermione
levò gli occhi al cielo: “No, M.I.B. significa Magic International Bibliotech
cioè Biblioteca Internazionale Magica. Lì ci sono archivi enormi e sono
catalogati tutti i maghi nati in Inghilterra e poi il M.I.B. è la raccolta più
vasta di libri di magia, di libri stupendi…” gli occhi di Hermione
scintillavano dalla gioia.
Ron fece
un sorrisetto disinvolto: “Scommetto che per te sarà come il Paese dei
Balocchi.”
“Esatto e
non ho intenzione di perdermi l’opportunità di esaminarla a fondo” disse
Hermione pregustando centinaia di scaffali zeppi da strabordare di libri e
libri.
Il rosso
sbuffò scocciato: “Sai che divertimento ci aspetta domani.”
“Ci
aspettata?” tuonò la signora Weasley “Tu non ci andrai, non voglio che intralci
i piani di Harry.”
Ron
mugugnò: “Mamma…”
“Signora
Weasley” intervenne Harry deciso “Ron non mi intralcia, al contrario. Senza di
lui non me la sarei potuta cavare al primo anno durante la battaglia a scacchi
magici. E se fallivo quella prima volta Voldemort a quest’ora era già padrone
del mondo. Non può penalizzare Ron solo perché ha volte è un po’… pasticcione.
Mi farebbe molto piacere che venisse con me domani e credo che ormai la
decisione finale spetti a Ron.”
“Domani
andrò con Harry” assentì Ron senza indugi.
Molly
aprì la bocca ma in un attimo si ricompose e il pasto proseguì immerso in un
silenzio tombale.
*******
La mattina
dopo i tre erano tutti pronti e pimpanti già all’alba, impazienti di recarsi al
M.I.B. per diversi motivi: Hermione fremeva all’idea di poter tangere anche un
solo e mitologico libro di quella leggendaria biblioteca, Ron era più che
soddisfatto di affermare la sua indipendenza e di dimostrare alla madre e alla
famiglia quanto valesse veramente, e Harry desiderava ardentemente scoprire
l’identità del misterioso R.A.B. sperando in cuor suo che fosse celata tra gli
scaffali del M.I.B.
L’intera
famiglia Weasley sfilava in una parata per salutare e augurare buona fortuna ai
tre giovani maghi che si apprestavano a smaterializzarsi nella Londra babbana,
ma qualcosa frenò l’impeto di Harry.
“Fermi un
attimo!” esclamò il giovane “Manca qualcuno…” lasciò in sospeso la frase per
concentrarsi sulla fonte di quella percezione: era di nuovo R.A.B. o, come
Hermione amava chiamarlo, il “truffaldino informatore misterioso”.
“Come?”
fecero tutti in coro.
Harry
fece scorrere lo sguardo sui membri della famiglia Weasley indugiando a stento
su Ginny che gli lanciò un’occhiata indecifrabile, l’ultimo saluto prima della
partenza; ma il suo obiettivo non era la ragazza, bensì…
“Charlie!”
Harry fece segno al secondogenito di avvicinarsi “Verrai con noi” dichiarò
infine, causando scompiglio e sgomento tra i presenti.
“Che
significa, Harry?” gli domandò Hermione, perplessa.
“R.A.B.”
fu la breve ma concisa risposta del giovane Potter.
Tra
l’indignazione di Hermione e i brontolii della signora Weasley che, per la
prima volta nella vita, ammonivano Harry “Ma non puoi portarci via anche
Charlie, Harry, non ci hai dato neanche un minimo di preavviso…”, il giovane
mago afferrò la mano di Charlie senza troppi complimenti e si smaterializzò
figurando nella mente il centro caotico di Londra.
In un
lampo abbandonò le verdi campagne della Tana e si trovò su una strada asfaltata
con accanto il fratello di Ron che, con un violento strattone, si liberò della
presa.
“Ma dico,
sei completamente partito di testa, Harry?” gli sbraitò contro Charlie “Cos’è
questa storia? Mi vuoi spiegare perché mi hai trascinato qui con te e perché
hai aspettato gli ultimi millesimi di secondo prima della partenza per
avvertirmi e perché non mi hai avvisato prima o mi hai chiesto se volevo
venire? Lo sai che mia madre si preoccupa! E poi, ti sei guardato in faccia?
Sembri uno spiritato! Dico davvero Harry, da quanto è che non dormi, è per caso
colpa di Gin…?”
Harry
riuscì a levare Charlie dalla strada prima che una Rolls Royce placcata di nero
li travolgesse entrambi.
“Pirata
della strada!” urlò Charlie “Ci poteva investire, ma è cieco?”
“Non è
cieco, siamo noi quelli invisibili” dichiarò Harry agitando la bacchetta per
annullare gli effetti della barriera che li circondava.
“Come?”
fece Charlie confuso “Sbaglio o quella era una barriera invisibile creata
durante una smaterializzazione? E’ magia molto complessa, da quand’è che sei capace
di fare incantesimi simili, Harry?”
Il
giovane Potter non aprì bocca.
Charlie
estrasse la bacchetta e la puntò contro il viso di Harry: “Chi sei tu? Non sei
Harry Potter, vero?”
“Calmati
Charlie Weasley” Charlie fece un salto dallo sgomento. Le labbra di Harry si
muovevano ma le parole sembravano doppiate da un vecchio con un timbro di voce
decisamente rauco “Tu sei fondamentale per la riuscita di questa missione. Fai
quello che sai fare e ricordati di vedere dove punta il drago, è lì che si
nasconde il nemico che state cercando.”
“C..cosa?”
Charlie abbassò lievemente la bacchetta “Chi sei tu? Sei nella testa di Harry,
tu sei Voldemort?”
“No,
Charlie” disse Harry, la voce magicamente tornata come prima “E’ qualcuno che
tenta di aiutarci nella lotta contro Voldemort.”
Charlie
avrebbe voluto tempestare Harry di domande ma suo fratello Ronald e la sua
“amica” Hermione comparvero poco distanti da loro, fra i rami di un arbusto
frondoso.
“Ahia!
Che male questi rami!” esclamò Ron “Perché siamo dovuti atterrare in questo
dannato cespuglio?”
“Perché
questo dannato cespuglio impedisce ai Babbani di vederci mentre ci
smaterializziamo, capisci Ron? Non sarebbe proprio il massimo se il mondo
magico si rivelasse agli occhi di più di cinque miliardi di Babbani solo perché
tu non vuoi farti pungere da un paio di ramoscelli” rispose Hermione con
quell’aria da saputella che riservava esclusivamente per Ron quando la faceva
arrabbiare.
Ron
sbuffò e uscì dal cespuglio borbottando una caricatura di Hermione-so-tutto-io
“Harry, Charlie!” esclamò quando si accorse della presenza del fratello e
dell’amico “Ma, Charlie, perché punti una bacchetta contro Harry? E tu Harry,
perché ti sei smaterializzato così in quattro e quattr’otto, mia madre c’è
rimasta quasi secca.”
“Per non
parlare poi di Ginny” intervenne Hermione levandosi alcuni ramoscelli dal
pullover “L’hai lasciata così… e io che credevo che il massimo esperto in
insensibilità amorosa fosse il qui presente Ronald Weasley.”
Ron che,
come spesso capita, non aveva colto l’allusione di Hermione, le chiese confuso:
“Cosa sarei io?”
“Per
carità, ora smettetela!” urlò Harry con un tono di voce tra il rauco e
l’avvilito e il giovane e lo sferzante “Per l’amor di Merlino, vi conosco, per
così dire, da due giorni e lasciatevi dire che siete la coppietta di
piccioncini innamorati più chiassosa e insopportabile che io abbia mai
conosciuto!”
Anche
R.A.B. se n’è accorto. Pensò Harry mentre tentava di recuperare pieno
possesso della mente.
“R.A.B.”
ringhiò Hermione a bassa voce “Tu, lurido e maledetto doppiogiochista di un
truffaldino informatore misterioso dei miei stivali, quello che hai detto è
assolutamente falso!”
Charlie
abbassò la bacchetta e si allontanò di qualche passo da Harry che Hermione
puntava come il falco mira ad un inerme topino.
“Calma
Hermione!” sbraitò Harry tentando di placare l’ira funesta dell’amica “Ora sono
io, R.A.B. se n’è andato.”
“R.A.B.
chi?” chiese Charlie sempre più confuso.
“E’
tornato” constatò Ron preoccupato “E tu stai bene, Harry? Non ti ha fatto
niente questa volta?”
“No,
niente vibrazioni negative” disse Harry.
“Scusate…”
intervenne Charlie alquanto irritato “Qualcuno si degnerebbe di spiegarmi cosa
succede qui?”
“Niente
fratellone, stai calmo. E’ una storia molto complicata da spiegare su due
piedi” disse Ron con l’aria di chi la sa lunga.
Harry,
ignorando il commento di Ron, ordinò all’amico: “Ron, tu aggiorna Charlie sulla
faccenda di R.A.B., io devo dire una cosa ad Hermione.”
Senza
neanche lasciare a Ron il tempo di ribattere Harry trascinò Hermione con sé
dietro il famigerato cespuglio.
“Ascolta…”
cominciò Harry “So che hai sempre avuto una certa diffidenza nei confronti di
R.A.B., ma questa volta è diverso. Ho percepito chiaramente i pensieri di
R.A.B. e mi ha permesso di leggergli nella mente: sa qualcosa che noi non
sappiamo riguardo a qualcosa che dovrebbe accadere oggi.”
“Eh?”
fece Hermione stordita.
“Mi rendo
conto che può sembrare inverosimile ma in effetti non sono riuscito a capire
esattamente ciò che volesse comunicarmi così ho lasciato che prendesse possesso
del mio corpo e ha detto a Charlie ciò che doveva dire a me. Per questo mi ha
suggerito di portarlo con noi, Charlie ricoprirà un ruolo molto importante in
quella cosa che dovrebbe succedere oggi.”
Hermione
collegò le frasi sconnesse di Harry e riuscì a tirarci fuori un discorso
comprensibile. “Capisco” disse lei “E così tu, per la seconda volta, hai dato
retta a questo misterioso informatore?”
“Sapevo
che avresti detto così” confessò Harry con un mezzo sorriso “Ma mi fido di
R.A.B. e devo scoprire cosa ha detto a Charlie” e detto questo si avvicinò ai
due Weasley mentre Ron terminava il racconto di Godric’s Hollow.
“Però”
sospirò Charlie “Proprio una bella avventura, Harry. E quindi prima quello che
mi ha parlato era R.A.B., giusto?”
“Sì”
annui Harry “Ti dispiacerebbe dirmi quello che prima io, cioè R.A.B., ti ha
detto.”
Charlie
fece spallucce: “Un sacco di cose campate per aria, non avevano molto senso; è
restato molto sul vago.”
“Strano
da parte di R.A.B.” scherzò Hermione.
Harry
tentò di esortare Charlie: “Beh, potresti citarmi testualmente quello che ti ha
detto e magari io potrei riuscire a capire se le sue parole hanno un senso
oppure no.”
“Va bene”
sbuffò il rosso “Dunque, se non sbaglio ha detto “Calmati Charlie Weasley” –
poi ha detto qualcosa tipo “Sei fondamentale per la riuscita di… qualche cosa”-
e poi ha accennato ad un drago che io dovevo seguire e che ci avrebbe portato
nel covo del nostro nemico… insomma, un discorso senza capo né coda. Secondo me
parlava per metafora, insomma, qui di draghi io non ne vedo.”
“Eppure
tu sei un esperto di draghi” intervenne Hermione “Quindi se R.A.B., ammettendo
che ci si possa fidare di lui, ha voluto che venissi e ti ha detto di seguire
un drago… non lo so, ma di sicuro c’è un collegamento.”
Harry
stava rimuginando su altro: il covo del nostro nemico? “Credete che R.A.B.
intendesse dirci che per trovare il nascondiglio di Voldemort dobbiamo seguire
un drago?”
“Può
darsi” disse Ron.
Nel
frattanto Charlie si ricordò di un altro frammento del discorso: “R.A.B. ha
parlato anche di una missione, ecco per che cosa ha detto che servivo: per
portare a termine una missione.”
“Quale
missione?” domandò Ron.
“Non ne
ho la minima idea” rispose Harry.
Hermione
parlò con voce grave e perentoria: “Dobbiamo stare attenti, non sappiamo se
questa missione sia una crociata personale di R.A.B. o se possa mettere in
pericolo le nostre vite.”
Il magico
trio accompagnato dal fratello maggiore di Ron, Charlie Weasley, marciava
svelto per le viuzze di Londra, evitando incontri con Babbani o membri del
Ministero. Charlie tese le orecchie tentando di distinguere tra i consueti
rumori cittadini il richiamo di un drago, senza però avere successo.
“Niente”
commentò infine Charlie “Pare che non ci siano draghi nelle vicinanze, almeno
non draghi rumorosi e se ne fosse atterrato uno nelle vicinanze i Babbani
avrebbero di sicuro fatto parecchio baccano, comunque – punto gli occhi sul
cielo uggioso e grigio – non è per niente facile avvistare un drago in volo con
tutta questa foschia. Un banco di nebbia è il nascondiglio ideale per un drago
che intende fare un agguato. Perciò è meglio restare allerta.”
I quattro
procedettero in fila indiana con Hermione a capo: era l’unica che sapeva con
precisione dove si trovasse la biblioteca e anche se l’idea di un drago in
agguato tra la nebbia l’aveva un tantino terrorizzata, non era riuscita a
toglierle l’entusiasmo e l’emozione della sua prima volta al M.I.B.
“Ecco:
siamo arrivati!” esultò lei con una carica di entusiasmo paragonabile a quella
dei gemelli Weasley messi assieme “Questo è il M.I.B.” e mostrò magistralmente
un edificio che recava la scritta: “MadameTussauds” (Museo delle Cere) “Hai piani inferiori è custodita la più
grande e meravigliosa raccolta di lib…”
“Andiamo”
fece Ron sbrigativo guadagnandosi l’ira di Hermione e il compiacimento di Harry
e Charlie.
Due
corpulenti agenti di polizia stavano piazzati ai lati della porta d’ingresso e
osservavano ogni visitatore con circospezione, fermando i possibili sospetti e
esaminandoli da capo a piedi. L’agente che stava sulla destra balzava
particolarmente all’occhio: era un vecchio tarchiato con il viso austero ma
maestoso, nonostante gli anni avanzati appariva solido come una roccia, fatta
eccezione per il colorito smunto della pelle, i capelli accuratamente pettinati
gli lasciavano scoperta una fronte ampia e corrucciata; era una personaggio
estremamente altezzoso e non sembrava trovarsi a suo agio nei panni del buon
poliziotto che difende la giustizia.
“Non
possiamo correre il rischio di far trovare le nostre bacchette a quei due,
lasciamole qui” disse Hermione mentre sfilava la sua bacchetta e la nascondeva
dietro il muretto che costeggiava il marciapiede.
“Sei
fuori di testa!” esclamò Ron “Vuoi andare in giro disarmata quando c’è un drago
in circolazione?”
Charlie
tirò una gomitata al fratello minore “Abbassa la voce, Ron. Quelli ci stanno
guardando molto male.”
I due
poliziotti li scrutarono sospettosi e fecero segno di avvicinarsi.
“Buttate
le bacchette” ordinò Hermione a bassa voce mentre si avvicinava con aria
disinvolta ai due “Qualche problema agenti?”
“Tu e i
tuoi amici intendete entrare?” chiese scortesemente il più massiccio dei due
poliziotti.
Hermione
fece per entrare nell’edificio: “Sì, non vediamo l’ora di…”
L’agente
piazzato alla sua destra la afferrò e cominciò una meticolosa perquisizione.
Ron strinse i denti e sbottò: “Ma come si permette di metterle le mani addosso.”
“Finito”
dichiarò il poliziotto “Sei pulita, puoi passare.”
Hermione
si ricompose e fece segno agli altri tre di seguirla. Harry e Charlie passarono
inosservati davanti agli occhi inquisitori dei due agenti, ma Ron sembrò
catturare l’attenzione del poliziotto che prima aveva perquisito Hermione “Tu
ragazzo” urlò quello “Fermati e lasciati perquisire… hai una faccia che non mi
piace…”
“Quanto
lo odio!” proruppe Ron qualche istante dopo “Perché mi ha voluto perquisire?”
Charlie
scrollò le spalle: “Credo che ci sospettasse già da prima, Ron.”
“Allora
perché non ha perquisito te o Harry?”
“Abbiamo
delle facce simpatiche” scherzò il fratello facendo imbestialire Ron “Allora
dove si va, Hermione?”
La
ragazza fece un giro d’ispezione attirando non poco l’attenzione dei
visitatori. “Da questa parte…” Hermione trascinò i tre nel… bagno degli
andicappati. Là c’era un uomo su una sedia a rotelle che tossicchiò tre volte
appena vide i ragazzi.
“E’ il
segnale” esultò Hermione “Siamo qui per visitare il M.I.B.”
L’uomo si sollevò dalla
sedia trasfigurandola in una botola, poi consegnò ad ognuno un biglietto verde.
“Entrate nella botola e proseguite verso il basso. Buona visita al M.I.B.”
Harry, Ron e Charlie dovettero trattenere Hermione per le braccia per evitare
che si mettesse a saltellare per tutto il M.I.B. in preda ad una gioiosa
pazzia.
L’interno della biblioteca non era come se l’era immaginata Harry, piatta e
noiosa, ma, al contrario, era sfarzosa e incantata. Tutti i libri magici
emanavano scintille e l’incredibile varietà cromatica delle copertine dei
manuali donava a quel luogo sapiente e carico di conoscenza l’aspetto vivace e
giocoso dei negozi di Hogsmade. Le pareti erano completamente ricoperte di
scaffali con libri serrati uno di fianco all’altro, gli unici spazi sgombri
lasciavano posto ad un enorme e maestoso lampadario fatto di cristallo e ad una
finestra con i vetri intarsiati di diamanti; la luce che ne filtrava dall’alto
era di mille colori diversi, come un arcobaleno.
I quattro
erano ancora fermi nel piccolo spiazzo sgombro vicino alla botola mentre
ammiravano a occhi sgranati la magnificenza di quel luogo: era mirabolante la
quantità di libri che conteneva quell’unica stanza e tuttavia l’ambiente
appariva lindo e ordinato.
“Che
aspettiamo qui fermi?” fece Hermione eccitatissima scalpitando come un’ossessa
per liberarsi dalla presa dei tre.
“Aspetta
Hermione!” le urlò dietro Harry, ma la ragazza si era già fiondata nel centro
della sala.
Anche il
pavimento era ricoperto di libri ma Hermione camminava sospesa ad una trentina
di centimetri dagli scaffali ancora tutta euforica dall’eccitazione.
“Posso
aiutarvi ragazzi?” fece una voce da un cubicolo del locale. Un vecchio col
volto semi coperto da una sciarpa se ne stava rannicchiato su una sedia e fece
cenno loro di venire verso di lui.
Harry non
lo aveva notato prima e ora che lo osservava da vicino poteva identificare in
lui alcuni tratti famigliari tuttavia non riuscì a capire perché tenesse una
sciarpa avvolta al collo col caldo che faceva in quella stanza.
“L’ho già
vista da qualche parte?” gli domandò Harry.
“Certamente
caro” fece quello con la voce leggermente distorta dalla sciarpa che gli
copriva la bocca “Due anni fa al San Mungo e mi ricordo bene di te, in fondo
sei il famoso Harry Potter. Eri venuto a far visita a qualcuno nell’ospedale,
uno che era stato accusato di spionaggio all’interno del Ministero, io ero di
fianco al suo letto.”
Harry si
ricordò di Bode e dell’incursione al Reparto Misteri: “E’ vero, forse è lì che
l’ho vista, non mi ricordo molto bene il suo viso.”
Il
vecchio rise: “Lo credo bene, caro, ero ricoverato per ustioni di secondo
grado, ero un tantino sfigurato, non che ora sia un granché…”
“Mi
dispiace” disse Harry.
“Non fa
niente, sono cose che capitano. Comunque, come posso aiutarvi?” ribadì il
vecchio.
Hermione
si fece avanti ancora tutta sorridente “Stiamo cercando la sezione
dell’anagrafe.”
“Oh, sì,
è in un’altra sala” dichiarò il vecchio.
Harry
sgranò gli occhi: “Vuol dire che c’è un’altra sala come questa?”
Il vecchio
soffocò una risata contro la sciarpa: “Non solo un’altra, ma molte altre, anche
più grandi di questa. Forse è meglio che vi dia una mappa, ecco” e consegnò a
Harry un foglio di pergamena con la pianta del M.I.B. molto simile a quella dei
Malandrini. Harry lesse sulla mappa il nome del vecchio: “Ludesh Dulick”.
“Grazie
mille signor Dulick.”
“Di
niente Harry Potter” assentì quello “E sta molto attento a quello che leggi
sulla mappa.”
Harry lo
fissò stranito e cominciò a cercare la sezione: dopo la sala di “Testi di
Storia” e “Libri animati per bambini” c’era un’ala di modeste dimensioni che
recava la scritta “Catalogazione delle Nascite-Inghilterra.”
“Come
pensate di fare ora?” chiese Hermione a Harry e Ron una volta arrivati nella
sezione giusta.
“Per fare
cosa?” domandò Ron
“Per
trovare R.A.B.” tutto l’entusiasmo di Hermione era sfumato “Ammesso che questa
sia la sigla del suo nome non sappiamo quale sia la lettera del nome o del
cognome, o in che anno sia nato e poi, chi ci dice che sia un uomo, non
potrebbe essere una donna?”
“Escluso”
disse Harry senza esitare “Ne sono convinto, ma non chiedermi come, dai suoi
pensieri credo che sia un uomo.”
“D’accordo,
allora abbiamo ristretto i possibili candidati a “tutti gli uomini viventi
d’Inghilterra”” fece Hermione sarcastica.
Ron
sbuffò “Puoi evitare di essere così critica? Inizieremo col cercare “uomini
viventi d’Inghilterra col cognome che inizia per R o per B”; penso che A sia il
suo secondo nome.”
“Astuto
fratellino” si complimentò Charlie.
“Non può
essere nato dopo la presa di potere di Voldemort perché conosce il suo vero
nome e non sembra avere problemi nel pronunciarlo” interloquì Harry.
“D’accordo,
abbiamo abbastanza indizi per poterlo trovare” confermò Hermione “E allora
iniziamo. Non dobbiamo fare altro che dire ad alta voce quello che stiamo
cercando e le raccolte dei certificati con le caratteristiche che vogliamo
dovrebbero posarsi sul quel tavolo laggiù. Poi si tratta solo di capire chi è
tra la moltitudine di persone che sicuramente corrisponderanno alla
descrizione.”
“Dov’è
finito tutto il tuo buon umore, Hermione?” le chiese Ron.
Gli occhi
nocciola di Hermione scintillavano “Lo sapete chi sfruttano per catalogare
tutti questi libri, per ripulire il locale ogni santo giorno, per smerigliare i
volumi…?”
Harry e
Ron si scambiarono uno sguardo d’intesa: “C.R.E.P.A.” pensarono
entrambi.
Charlie,
ignaro dei personali ideali di Hermione, stravaganti per molti maghi, disse con
disinvoltura: “Elfi Domestici. Qual è il problema? Loro sono nati per servire i
maghi e le streghe.”
La
ricerca non parte con le migliori premesse. Rifletté Harry mentre Hermione
tirava fuori una delle sue spille e tentava, contro il volere di Charlie, di
attaccargliela alla felpa.
Dopo una
buona mezz’ora la ricerca non aveva dato alcun frutto e Charlie, abituato alla
vita selvaggia e all’aria aperta stava per avere una crisi di panico “Non ne
posso più” strepitò dopo un altro quarto d’ora passato a leggere interminabili
liste di nomi “Possiamo fare una pausa?”
“Concordo”
sbuffò Harry “Io e Charlie andiamo a fare una passeggiata. Non ti preoccupare
Ron – disse Harry incrociando lo sguardo implorante dell’amico – quando
torneremo potrai fare una pausa anche tu e anche Hermione se lo vuole.” Ma la
ragazza sembrava completamente assorta nell’analisi delle liste.
Lui e
Charlie imboccarono una porta a caso e Harry tirò fuori la mappa per verificare
la loro posizione: si trovavano vicino alla sezione “Romanzi Magici”, ma alla
loro destra, disegnato con pesanti contorni neri, c’era un locale molto più
piccolo rispetto agli altri, “Sezione Proibita – Accesso esclusivo a personale
autorizzato.” La curiosità tipica dei Potter si destò all’istante.
*^*^*^*^*^*^*
Malfoy
stava ancora rimuginando sugli strani discorsi che aveva sentito fare alla
Drake. Indubbiamente l’interlocutore non poteva essere il suo ragazzo, sembrava
anzi che si trattasse di un individuo circospetto, una sorta di informatore,
quindi poteva trattarsi di una spia infiltrata tra i Mangiamorte. Tirava aria
di complotto e Draco si sarebbe guadagnato grande approvazione dal Signore
Oscuro se avesse sventato le iniziative della Drake e, in compenso, la ragazza
sarebbe finita sicuramente uccisa. La bocca di Draco si piegò in un sogghigno…
“Guarda
chi c’è!” ghignò una voce alle sue spalle, una voce che lo fece raggelare e che
sapeva appartenere a Cortess.
Draco
bloccò le sue gambe e fece dietrofront puntando una smorfia sprezzante in
direzione di Gravius: “Giusto, guarda un po’ chi c’è: Cortess e Amycus.”
Cortess
mostrò i denti ingialliti concedendosi un sorriso perfido: “Non fare troppo
l’arrogante, ragazzino. Non mi sei sembrato particolarmente arrogante quando
piagnucolavi nei sotterranei e chiedevi aiuto: Mamma, papà!”
All’imitazione
di Gravius, Amycus rispose con una risata rauca: “Giusto, giusto… quasi come
sulla torre a Hogwarts” disse con un ghigno aspro “A proposito, ragazzino, ti
dispiacerebbe raccontarmi perché te ne andavi in giro ciondolando con
quell’aria così pensierosa?”
Per un
attimo Draco ebbe l’irrefrenabile impulso di raccontare a quei due dei discorsi
compromettentidi Samantha Drake ma,
riflettendoci meglio, decise che sarebbe stato più utile conservare il segreto
e attuare un bel ricatto coi fiocchi “Non sono affari tuoi” fece Draco
stizzito.
“Sentitelo
come è pieno di sé” mugugnò perfido Gravius “Scommetto che ti piacerebbe
riassaggiare il mio Cruciatus, vero?”
Draco
sostenne intrepido lo sguardo “Se io fossi un Babbano non saresti così audace,
vero?”
Cortess,
completamente inviperito, serrò i pugni fino a scavarsi con le unghie delle
fossette nei palmi, fissando in cagnesco il ragazzo.
Draco non
sembrava per niente intimorito, anzi, appariva quasi divertito “So tutto caro
Gravius. Hai la Babbanofobia…” e si abbandonò ad una leggera risata “… la paura
dei Babbani. Sembra davvero una barzelletta: un Mangiamorte babbanofobico.”
La rabbia
di Cortess lasciò posto alla perversa gioia di una vendetta imminente “Ti va di
fare del sano sport, Amycus?”
“Come no,
basta che questo includa la tortura di un essere vivente o uno spargimento di
sangue” suggerì Amycus, comprese le intenzioni del compagno.
Gravius
bloccò Draco contro il muro con un incantesimo immobilizzante “Entrambi amico
mio. Mi è appena venuto in mente un modo per passare il tempo qui dentro, che
ne dici di giocare a Quidditch? Dei semplici passaggi con la pluffa.”
“Certo,
ma non abbiamo la pluffa” si lamentò Amycus lanciando un’occhiata furtiva a
Cortess.
Gravius
fece un cenno d’intesa al Mangiamorte, poi concentrò tutta la sua attenzione
sul viso preoccupato di Draco “Ti sbagli, è proprio qui di fronte a me, la nostra
palla.”
Cortess
allungò una mano sulla figura tremante del ragazzo, ma prima che potesse
raggiungerla un violento scossone fece vibrare il pavimento e tentennare i
muri.
“Che
diavolo è stato!” urlò Cortess mentre Draco sgusciava dalla sua presa “Il
terremoto?!”
*^*^*^*^*^*^*
“Il
terremoto?!” strepitò Charlie aggrappandosi ad uno degli scaffali della Sezione
Proibita del M.I.B.
Dopo una
serie di abili sotterfugi Harry e Charlie erano riusciti a penetrare nella
Sezione Proibita, un locale abbastanza angusto e buio pieno di libri
all’apparenza molto antichi che sembravano giacere lì da molto tempo.
Tutti i
manuali sugli scaffali erano protetti da una barriera che impediva ai due
ragazzi di avvicinarvisi anche solo di quindici centimetri. Solo un volume non
era ordinatamente sistemato sugli scaffali e Harry lo aveva raccolto poco prima
dal pavimento di pietra. Era un libro con la copertina nera, abbastanza pesante
e sigillato con una catena d’oro che Harry aveva tentato in vano di aprire fino
al momento in cui l’intero locale aveva cominciato a dondolare e poi a tremare
vistosamente.
“Che
diavolo succede!” urlò Harry stringendosi il volume nero al petto.
La
serratura della porta magica che Harry e Charlie avevano abilmente scardinato
si ruppe nuovamente facendo spalancare la porta. All’ingresso della Sezione
Proibita stava ritto Ludesh Dulick, l’uomo che aveva consegnato a Harry la
pianta del M.I.B. “Venite, presto!” sbraitò Dulick “Qui c’è pericolo che vi
cada qualcosa addosso!”
Mentre
Harry e Charlie si precipitavano in fretta e furia fuori dal locale il giovane
Potter mormorò delle sincere scuse al signor Dulcik per aver violato la
restrizione che imponeva la Sezione Probita. Ma questi rispose con un noncurante
“Fa niente” che insospettì parecchio Harry.
In poco
tempo Charlie e Harry furono scortati fuori dal M.I.B. e trascinati all’esterno
di MadameTussauds dai due corpulenti
agenti. Ancora tutto sconvolto da quel continuo sballottaggio Harry si rese conto
di un particolare inquietante: il signor Dulick e l’agente più massiccio
avrebbero potuto essere gemelli. Erano identici nei più minimi particolari ora
che osservava bene i loro volti scoperti, soprattutto quello del signor Dulick
che appariva privo di scottature o cicatrici; com’era possibile? Gli aveva
mentito? E tutto quello che era successo al M.I.B. aveva a che fare con il
libro che ora stringeva sotto il mantello?
Harry si
avvicinò furtivo a Dulick e lo afferrò per un braccio “Chi è lei veramente?”
Il
vecchio si voltò “Guarda bene il mio volto Harry Potter” sussurrò quello “Il
mio volto e il suo – e fece cenno all’agente identico a lui – appartengono
all’uomo che tu stai cercando. Ricordati questo nome: Lyons Kaus; non
dimenticartelo e tieni stretto quel libro.”
Il
vecchio si liberò dalla presa di Harry e si smaterializzò davanti al giovane
Potter con la mente che rifletteva spedita: “Allora è quello il vero nome di
R.A.B.”
“Harry,
Harry!” lo chiamarono a squarciagola i suoi amici “R.A.B. aveva ragione!”
“Come?”
Harry era rimasto tutto concentrato sul mistero del signor Dulick e dell’agente
che aveva dimenticato le altre problematiche: il libro della Sezione Probita e
la causa di quell’inspiegabile terremoto.
Ma quando
Harry seguì lo sguardo terrorizzato di Hermione comprese la causa: un’enorme
figura alata con due poderose mascelle e delle minacciose zampe artigliate
stava seminando panico tra i Babbani che fuggivano in preda alla disperazione e
all’incredulità. Come poter dar loro torto? Un drago a Londra non è di
ordinaria amministrazione.
Mentre
attorno a lui rimbombavano le grida agghiaccianti di babbani in fuga Harry si
precipitò accanto a Charlie che studiava con fredda minuziosità ogni
particolare del dragone. Dall’aspetto appariva molto diverso dallo Spinato:
questo drago era meno possente e la coda somigliava più ad un frustino che ad
una mazza ferrata, ma il nero pece delle scaglie che lo ricoprivano e il rosso
sanguinolento dei suoi occhi assoggettavano ancora di più delle micidiali armi
di attacco di uno Spinato.
“Boscaiolo
Irlandese” dichiarò infine Charlie “Questo tipo di drago ha delle
caratteristiche ben precise: detesta il rumore, si nutre solo di carcasse e
quindi non si ciba di prede vive, e non è in grado di sputare fuoco.”
Ron borbottò
“Che razza di drago è? Non sembra molto pericoloso. Un momento Charlie, tu hai
detto che a questo drago non piace il rumore, ma allora perché è venuto nel
centro caotico di Londra? Sei sicuro di aver azzeccato la specie?”
“Sono
sicurissimo, Ron” rispose Charlie indispettito.
Harry
osservò il corpo slanciato del Boscaiolo Irlandese che si agitava tentando di
evitare che le sue zampe andassero a cozzare contro qualche macchina o qualche
persona: “Allora se non è venuto qui per cercare cibo, cosa vuole fare?”
Come in
risposta alla domanda di Harry il drago alzò di scatto il capo, aprì le
gigantesche ali nere da pipistrello e si staccò dal suolo andando a rintanarsi
nel banco di nebbia.
Charlie
si guardò intorno preoccupato “Qui c’è di mezzo lo zampino di un addestratore…
Harry, Ron, Hermione, dobbiamo andarcene di qui! Ci penserà il Ministero a
toglierlo di mezzo!” disse il giovane Weasley pur dubitando dell’efficienza del
nuovo Ministro e degli Auror “Ma dov’è Hermione?”
Hermione
era ancora vicino all’entrata di MadameTussauds e lungi preoccupata dalla minaccia del drago che stava in
agguato nella nebbia: “E’ un disastro! Quanti Babbani l’hanno visto? Qui c’è il
rischio che scoppi uno scandalo mondiale e addio al mondo dei Maghi!”
Mentre il
fratello e l’amico tentavano di trascinar via Hermion, Ron levò gli occhi verso
il banco di nebbia e chiese a Charlie: “Scusami fratellone, ma perché lo
chiamano Boscaiolo?”
“Perché
per trovare le carcasse in decomposizione nei boschi taglia un sacco di
alberi.”
Ron assentì
soddisfatto: “E dimmi, con cosa riesce a tagliare gli alberi? Non mi sembra che
abbia delle fauci molto acuminate o una coda a forma di ascia.”
Un boato
scese dalle nuvole accompagnando la discesa del drago. Il ringhio ravvivò le
urla mentre il Boscaiolo planava in picchiata poco più in là. Harry recuperò la
bacchetta che aveva lasciato dietro al muretto e mormorò un incantesimo.
“Fermo,
Harry!” strepitò Hermione “Non crederai davvero di poter sconfiggere un drago
da solo?”
“Da solo
no” rispose Harry e puntò lo sguardo su Charlie: “Dimmi tutto quello che sai
sul Boscaiolo Irlandese, qualunque informazione per poterlo sconfiggere.”
Il
giovane Weasley fissò Harry indulgente e preoccupato: “Coraggio Harry, non
essere così cocciuto, Hermione ha ragione! Non si può fare niente: dobbiamo
andarcene. Ci penseranno gli Auror.”
“Non
possiamo andarcene! R.A.B. ha voluto che venissi perché sei l’unico che può
scacciare il drago. E poi prima che gli Auror riescano ad organizzarsi quel
Boscaiolo avrà già distrutto Londra!”
“Non ne
sono sicuro” commentò Charlie “Questo tipo di drago è di norma piuttosto
mansueto e non attacca dei centri abitati a meno che non vi sia costretto. I
Boscaioli Irlandesi sono famosi anche perché si ritiene che siano i draghi più
facilmente addomesticabili. Sono quasi sicuro che dietro a tutta questa storia
ci sia un addestratore che muove il Boscaiolo per via di suoni, magari con un
fischietto ad ultrasuoni.”
Harry
accennò vigorosamente col capo: “Quindi se troviamo l’addestratore potremmo fermare
il drago.”
“Teoricamente…”
fece Charlie alquanto convinto.
“D’accordo”
disse Harry “Perfetto.” Una Firebolt si stava avvicinando a tutta velocità
evocata dallo stesso Harry qualche istante prima con un incantesimo d’appello.
Il ragazzo l’afferrò e vi montò sopra incurante delle grida di protesta degli
amici:
“Come
pensi di riconoscere l’addestratore, Harry! Torna qui!” strillò Charlie, ma il
giovane Potter era già parecchi metri lontano.
Bastava
che seguisse gli schiamazzi e il tumulto per strada e avrebbe facilmente
ritrovato il drago e infatti, eccolo lì, a pochi chilometri. Il Boscaiolo
Irlandese era aggrappato al Big Bang, la torre dell’orologio, e puntava il
minaccioso muso affusolato contro il Parlamento Babbano, in attesa di un
segnale che lo avrebbe spinto ad attaccare. La polizia babbana era riversa per
strada, persino degli elicotteri di Scotland Yard costeggiavano la torre
mantenendosi ad una distanza ragionevole; ma nessuna delle forze spiegate osava
attaccare la bestia.
Il loro
disagio morale aveva preso ilsopravvento:era come se tutti i
libri di favole del mondo avessero preso vita. La comunità babbana, fino ad
allora ceca, aveva violentemente aperto gli occhi e appreso una sconvolgente
verità: i draghi esistevano davvero; ma se avessero scavato più a fondo? Che ne
sarebbe stato dei maghi e delle streghe?
Con un
tumulto di pensieri che gli si agitavano in testa, Harry fece una veloce
planata sulla strada adiacente alla torre dell’orologio, ma era troppo in alto,
doveva scendere. Il ragazzo optò per una soluzione molto rischiosa per la
segretezza dell’intera comunità magica, ma doveva fermare il drago prima che
facesse delle vittime.
Scese in
picchiata e… “Idiota!!!” Frenò bruscamente: era R.A.B. quello che lo
ammoniva con ira. “Vuoi farti scoprire da tutti quei Babbani: NO! E poi
anche se scendessi per cercare l’addestratore non lo troveresti mai con tutta
quella gente! Conosco un modo migliore per scovarlo. Torna indietro e recupera
Charlie Weasley, ci sarà un motivo se l’ho fatto venire fin qui, no?”
“Un
momento” pensò Harry “Perché ora mi parli chiaro? Prima eri così confuso
e distane.”
“Perché
ormai mi ha, anzi mi hanno scoperto, tutti e due!” esalò R.A.B.
“Chi
sono?” gli chiese Harry.
“Non sei ancora pronto per
saperlo, ma stammi bene a sentire: non ti fidare di nessuno! Specie di quel
bibliotecario.”
“Se non mi devo fidare di
nessuno, allora non mi devo fidare neanche di te, R.A.B.; sei tu, non è vero,
quello che ha lasciato il biglietto dentro il falso Horcrux?”
“Sì,
sono io” ammise “Ma ora non c’è tempo per queste cose, devi fidarti di
me, te lo dirò più tardi. Ora cerca Charlie Weasley!” gli ordinò imperioso
R.A.B.
Harry
fece un brusco dietro front , ma proprio in quell’istante il drago rizzò il
muso, scattò in alto e ripiombò a peso morto sul Parlamento babbano, sollevando
una grande nuvola di polvere e fumo e quelle che sembravano essere scintille di
un incantesimo.
“Non
ti voltare!” strillò R.A.B. nella sua testa “Vai!” Harry chiuse gli
occhi e ritornò a Madame Tussauds dove i suoi amici lo attendevano con grande
trepidazione.
“Harry!”
gridò Charlie facendogli segno di atterrare “Hai trovato l’addestratore? Che
cos’è successo? Abbiamo sentito un boato e…”
“Mi servi
subito. Monta sulla Firebolt” Harry afferrò Charlie per la camicia, lo issò a
forza sulla sua scopa e, senza neanche voltarsi per rassicurare Ron e Hermione,
partì a tutta velocità verso il Parlamento.
Charlie
si dimenava sulla scopa dietro di lui chiedendo spiegazioni, ma ad un tratto
rimase senza parole. Harry strizzò gli occhi cercando di scorgere da lontano
ciò che aveva fatto ammutolire Charlie: il corpo massiccio del drago si gettava
ripetutamente contro il Parlamento ma senza che questo riportasse dei danni.
“Cosa
succede?” chiese Charlie “Il Boscaiolo sta attaccando con tutta la sua forza il
Parlamento eppure non accade nulla… è come se quell’edificio fosse protetto da
un incantesimo.”
Harry ripensò alle scintille che aveva scorto poco prima
di tornare a Madame Tussauds “Credo sia veramente protetto da un incantesimo.
Potrebbe essere una precauzione che ha adottato il Ministro della Magia in
accordo con quello babbano.”
“Molto
probabile, altrimenti non mi saprei spiegare quell’incantesimo” disse Charlie
“Ma ora spiegami perché mi hai portato fin qui.”
“Un
secondo” fece Harry, partendo con la mente alla ricerca di R.A.B. “Ehi! Che
cosa deve fare Charlie?”
“Scopritelo
da soli” gli rispose di rimpetto lui.
“Come?! Non fare così! Se ci vuoi aiutare allora
aiutaci e spiegaci chiaramente ciò che dobbiamo fare.”
“Dovete
trovare l’addestratore e ucciderlo” dichiarò R.A.B.
“Ucciderlo?”
esalò Harry.
“Sì, così il drago sarà
disorientato senza un addestratore e a quel punto sarà facile da abbattere.”
“Come
lo troviamo?” domandò Harry.
“Il compito di scovarlo spetta
a Charlie Weasley. Ora devo andare e non tentare di richiamarmi.”
“R.A.B.!”
“Harry!” esclamò Charlie preoccupato “Non mi dire che
abbiamo ancora a che fare con quell’individuo?”
“Invece sì Charlie” disse Harry “Ora devi assolutamente
trovare quell’addestratore.”
“Io?” fece Charlie sorpreso.
“Certo” assentì Harry “R.A.B. ha voluto che venissi perché
sei un esperto di draghi e probabilmente sai come riconoscere l’addestratore.”
“Io non so proprio come fare, Harry. E poi come fa questo
R.A.B. a sapere che studio i draghi?”
Bella domanda, pensò Harry con un sospiro Ho la
vaga impressione che R.A.B. tenga sottocontrollo la mia vita da quel primo
incontro a Godric’s Hollow.
“Rifletti, Charlie” lo incoraggiò Harry “Ci deve essere un
qualcosa per capire chi è l’addestratore.”
“Vediamo” il giovane Weasley si grattò il mento pensieroso
“L’addestratore dovrebbe avere un fischietto in mano o qualcosa del genere per
impartire al drago degli ordini precisi, poi c’è da contare anche la posizione:
per propagare il suono di certi fischietti a ultra suoni è necessario stare
abbastanza in alto, quindi escluderei che si trovi in strada con tutto quel
trambusto. Ah, inoltre c’è un particolare e non so se potrà esserci utile
perché ormai il drago è già all’attacco, ma… hai per caso visto dove si è
posato il drago prima di attaccare il Parlamento babbano?”
“Sì” rispose Harry, senza sapere a cosa questo gli sarebbe
servito.
Il volto di Charlie si illuminò “Perfetto! Perché sai, è
precisa abitudine di un drago riunirsi al suo addestratore prima che gli si
impartiscano degli ordini, credo sia per questo che prima il Bosciaiolo è
ritornato in mezzo alle nuvole, probabilmente era lì il suo addestratore, ma
ora ha sicuramente cambiato posto…”
Prima che Charlie terminasse la sua arringa sulle abitudini
dei draghi Harry puntò dritto contro la torre dell’orologio. Per fortuna con
tutto il trambusto che c’era per strada Harry e Charlie volarono inosservati
verso il Big Bang: tutti gli occhi erano puntati sul drago che tentava invano
di distruggere il Parlamento.
“L’addestratore è sicuramente qui” dichiarò Harry “Prima di
attaccare il drago si è posato sul Big Bang.”
“Ottimo!” esclamò Charlie compiaciuto “Deve trovarsi
all’esterno perché altrimenti i muri impedirebbero al suono del fischietto di
arrivare fino alle orecchie del drago.”
I due fecero diversi giri intorno alla torre, ma non c’era
nessuno e il drago non smetteva di aggredire il Parlamento che resisteva
protetto da una sorta di barriera magica.
“Non capisco” disse Charlie “Deve trovarsi assolutamente
qua fuori e il drago non ha smesso di attaccare quindi vuol dire che
l’addestratore lo sta ancora dirigendo col fischietto.”
“L’addestratore potrebbe anche aver cambiato posizione”
suggerì Harry.
Charlie negò col capo “No, lo escluderei. Bisogna che la
fonte del suono rimanga in un punto costante altrimenti il drago smette di
eseguire gli ordini. E’ una tattica che usano gli addestratori per impedire che
i draghi vengano controllati da altri fischietti; il Boscaiolo presterà
attenzione solo ai suoni che vengono dal punto in cui ha visto l’addestratore
prima di attaccare, quindi deve essere per forza qui.”
“E se avesse addosso un Mantello dell’Invisibilità o avesse
fatto un incantesimo che lo rende invisibile?” propose Harry.
“Giusto! Sei un genio, Harry” si complimentò Charlie
“Allora dobbiamo trovare assolutamente un modo per… c’è l’hai il tuo Mantello
dell’Invisibilità?”
“No” rispose Harry.
“Allora potresti eseguire l’incantesimo che ci ha reso
invisibili quando ci siamo Smaterializzati a Londra. Chi è invisibile può
vedere chi è invisibile. E’ l’unico modo per capire dov’è l’addestratore.”
“Io non sono capace” dichiarò Harry “Prima a fatto tutto
R.A.B. Tu piuttosto, non sei capace di eseguire un incantesimo d’invisibilità?”
In fondo Charlie aveva terminato la scuola da molto tempo.
“Non sono mai stato un asso in Incantesimi” ammise Charlie
con un sogghigno “Ero molto più portato per Cura delle Creature Magiche.”
“Quindi non sei capace” sospirò Harry. Cosa mi tocca
fare! Questo era R.A.B.
“R.A.B.!”
esclamò Harry.
“Ancora quel tipo!” mugugnò Charlie.
Harry avvertì un sospiro scocciato provenire dalla mente di
R.A.B. “Renderò te e il tuo amico sono-impedito-negli-incantesimi invisibili
così che possiate trovare l’addestratore.”
“Grazie mille.” In un batter d’occhio Harry e
Charlie divennero invisibili.
“Però! E’ efficiente quel tipo” disse Charlie con un
sorriso sarcastico.
Harry sentì R.A.B. imprecare nella sua testa ma ritenne
oneroso non riferire a Charlie la valanga di insulti che gli aveva rivolto
R.A.B.
I due fecero scorrere lo sguardo nei pressi della torre
dell’orologio e notarono un particolare che prima non avevano visto: sulla
punta del Big Bang c’era aggrappato qualcosa, ma era troppo piccolo per essere
un mago adulto. Si avvicinarono con la scopa e quando furono abbastanza vicini
videro un vecchio rannicchiato dietro alla guglia della torre che stringeva tra
le labbra un fischietto: lo avevano trovato e probabilmente l’uomo era così
concentrato nel dare ordini al drago che non aveva visto Harry e Charlie che si
avvicinavano sulla Firebolt; era il momento più propizio per metterlo fuori
gioco, ma non ucciderlo come aveva proposto R.A.B.
Harry estrasse la
bacchetta dal mantello e la puntò contro l’uomo, ma se avesse eseguito uno
schiantesimo probabilmente il vecchio sarebbe caduto dalla torre e sarebbe
sicuramente morto. Esitò quanto bastò all’addestratore per rendersi conto di
essere osservato: “E voi due?” si alzò in piedi rimanendo col braccio
aggrappato alla guglia della torre; per quel breve istante in cui aveva levato
le labbra dal fischietto il drago aveva smesso di dimenarsi contro il
Parlamento. Bastava dunque togliergli il fischietto e il Boscaiolo sarebbe
stato inoffensivo, non c’era motivo di ucciderlo.
Dietro Harry, Charlie ebbe un sussulto: “Wallace Simur?”
Il vecchio annuì col capo ma non parlò perché altrimenti il
drago avrebbe smesso di attaccare il Parlamento.
“Chi è Wallace Simur?” chiese Harry a Charlie.
“E’ il massimo esperto di draghi dell’isola Britannica e
non avrei mai creduto che arrivasse a compiere azioni di questo genere.”
Harry controllò gli occhi di Simur: erano lucidi e accesi
dallo stesso scintillio perfido che aveva scorto in quelli di Bellatrix Black.
Quindi non era sotto l’effetto dell’Imperius, stava agendo di spontanea
volontà.
Wallace Simur fece due soffi profondi nel fischietto e se
lo levò dalle labbra, ma il drago continuò ad avventarsi sull’edificio.
“Ora è inarrestabile”
sogghignò Wallace Simur “Finché non gli ordino di fare qualcos’altro continuerà
ad attaccare il Parlamento babbano e a meno che uno di voi due sappia
maneggiare un fischietto per draghi il mio Boscaiolo non si fermerà mai.”
Harry guardò speranzoso Charlie ma questi negò sconsolato
“Mi dispiace Harry, non sono capace.”
“Uccidilo! Usa l’Avada Kedavra” era di nuovo R.A.B.
“Non posso” disse Harry “E poi a cosa servirebbe
ucciderlo? Il drago non si fermerà finché non glielo ordina.”
“Servirebbe di sicuro. Se il drago non avverte più la
presenza e l’odore del suo padrone allora smette di attaccare. Chiedilo al tuo
amico se non mi credi.”
Harry avvertì la sincerità di R.A.B., ma non avrebbe
comunque ucciso Simur, non poteva.
“E va bene” si arrese R.A.B. “Se non vuoi
ucciderlo allora lanciagli un Imperius e ordinagli di fermare il drago.”
“No” esalò Harry.
“Oh, santo ragazzo! Allora usa il Cruciatus e torturalo
finché non lo ferma.”
“Ancora peggio” strillò Harry “Non ho intenzione
di usare nessuna delle Maledizioni Senza Perdono.”
R.AB. emise un lamento
esasperato “Allora buttalo giù dalla torre con uno schiantesimo così la
farai finita senza usare una Maledizioni Senza Perdono.”
“No” disse Harry ostinato “Non lo voglio
uccidere!”
“Coraggio, ragazzo!” insistette R.A.B. “O lui ti
ucciderà e attento…!”
“Attento Harry!” gridò Charlie disperato.
Harry si rese conto troppo tardi di ciò che stava
succedendo. Simur, approfittano dello stato catatonico in cui era caduto Harry
gli aveva lanciato contro uno Stupeficium, ma Charlie gli si era messo
davanti cambiando posizione sulla scopa e aveva ricevuto in pieno l’incantesimo.
Le mani di Charlie
lasciarono la presa sulla Firebolt e il ragazzo cadde in avanti precipitando
nel vuoto. A Harry si mozzò il fiato in gola ed ebbe ancora quello sgradevole
pessimismo che gli trasmetteva R.A.B. Spronò la scopa verso il basso ma una
sorprendente e gradita visione lo rincuorò di colpo: Charlie stava aggrappato
ad una delle lancette dell’orologio, quella più lunga che segnava i minuti.
“Non pensare a me” gridò Charlie da sotto mentre si issava
sull’asta di ferro “Pensa a sconfiggere Simur, io me la caverò benissimo!”
“Audace il tuo amico” sogghignò il vecchio mentre scagliava
un secondo Stupeficium verso Harry che però riuscì ad evitare grazie ai
suoi pronti riflessi.
Wallace Simur fece
partire un altro incantesimo, ma Harry estrasse la bacchetta prontamente per
respingere la maledizione di Simur e gliela rispedì contro facendogli allentare
la presa sulla guglia della torre. R.A.B. mandava pressanti incoraggiamenti a
Harry perché buttasse di sotto il vecchio mentre questo si sbilanciava nel
vuoto per caricare un altro incantesimo; ma Harry si rifiutò di ucciderlo e
intanto in sottofondo si udiva il ringhio del Boscaiolo e le grida disperate
dei Babbani che fuggivano a destra e a manca inondando le strade di una folla
confusa e spaventata.
Questa volta la maledizione del vecchio mancò Harry di
pochi centimetri. Simur continuava ad acquistare terreno e, scagliando
incantesimi senza sosta, non dava nemmeno ad Harry il tempo di sollevare la
bacchetta per pronunciare l’incantesimo. Harry scivolò indietro in sella alla
Firebolt, colpito da una potente fattura di Wallace Simur. Mentre volteggiava
aggrappato alla scopa vide in un vortice confuso di immagini i Babbani
disperati, il drago che attaccava il Parlamento, Charlie che tentava di issarsi
sulle lancette dell’orologio e il ghigno sadico di Simur che si preparava a
scagliare un altro incantesimo contro di lui. Ripresosi dallo stordimento,
Harry virò sulla scopa e partì dritto verso il vecchio schivando appena in
tempo il suo Stupefiucium e caricandolo con la Firebolt. Ma Simur lo
batté in prontezza e lo disarmò con un potente schiantesimo, rischiando anche
di disarcionarlo dalla scopa. Harry si aggrappò con tutta la sua forza all’asta
di legno mentre la bacchetta scivolava sempre più in basso, contro il suolo
gremito di Babbani. Fu come un sogno allucinogeno, dove la mente è così lontana
dalla realtà da raggiungere uno stato di grande concentrazione ed Harry riuscì
a compiere a pieno il suo primo incantesimo non verbale: “Expelliarmus”;
e alla bacchetta di Wallace Simur toccò la stessa sorte di quella di Harry.
Ora erano pari, ugualmente privi di bacchetta, solo che
Harry stava al sicuro a cavallo di una scopa e Simur era in bilico a sessanta
metri dal suo. Per un attimo il ragazzo fu certo di poter convincere il vecchio
a richiamare il drago ma si rese contro di essere ancora in netto svantaggio
rispetto a Simur: lui aveva ancora il fischietto. E infatti lo usò per
impartire dei misteriosi comandi al Boscaiolo che si allontanò dal Parlamento e
puntò dritto verso il suo addestratore. Harry intuì subito i propositi del
drago: sicuramente Simur gli aveva ordinato di ucciderlo e come riuscire a
difendersi senza bacchetta? Con la Firebolt poteva solo fuggire ma non avrebbe
potuto evitare a lungo le fauci del drago. L’unica soluzione era strappare il
fischietto dalle mani del vecchio. Ce la poteva fare, in fondo lui era un
grande cercatoree Wallace Simur solo
un vecchio. Harry impennò la Firebolt contro il vecchio deciso a strappargli di
mano il fischietto con cui Simur ora impartiva ordini al drago, ma prima che
potesse raggiungerlo un terribile rintocco quasi gli squarciò i timpani e fu
costretto a retrocedere e a tapparsi le orecchie con le mani. Le campane della
torre dondolarono rumorosamente in quattro potentissimi rintocchi e andarono
avanti senza tregua. Harry era intontito dal suono e ormai l’unica speranza di
rubare il fischietto a Simur era svanita dato che il vecchio sembrava essersi
reso conto delle sue intenzioni.
Le circostanze si erano messe contro Harry: ci mancavano
solo le campane. Ma il ragazzo si rese conto che ad azionare il meccanismo era
stato niente popò di meno che Charlie Weasley. Il rosso era riuscito a
posizionare la lancetta dei minuti sul “12” grazie a numerosi schiantesimi;
perché? Charlie si voltò e lanciò ad Harry un sorriso soddisfatto mentre le
campane suonavano il settimo rintocco. Harry si girò a sua volta e vide il
drago immobile a mezz’aria e Wallace Simur che tentava inutilmente di
impartirgli ordini con il fischietto; evidentemente il rumore delle campane
rendeva impossibile la comunicazione tra addestratore e drago. Harry si levò le
mani dalle orecchie e, ignorando il fracasso che gli faceva rimbombare la
testa, allungò il braccio mentre con la Firebolt puntava verso Simur. Le sue
dita si serrano intorno al fischietto e lo strappò via dalla debole presa del
vecchio. I rintocchi delle campane terminarono e il Boscaiolo non si mosse dal
punto in cui si era fermato.
“E’ finita signor Simur” disse Harry rivolgendosi al
vecchio aggrappato alla guglia che ora si disperava sommessamente “Si arrenda,
non la voglio uccidere.”
Il vecchio non rispose e nascose il viso tra le braccia
“Non è finita!” mormorò sordidamente “Loro sono qui, mi verranno in aiuto!”
“Chi? Chi è qui?” urlò Harry mentre gli si avvicinava con
la Firebolt.
“Sono qui” continuò il vecchio come se non avesse sentito
le parole di Harry “Lo sento” si alzò la manica sinistra della camicia e rivelò
un tatuaggio nero: era un Mangiamorte.
“I Mangiamorte sono qui?” gridò Harry afferrando Simur per
la camicia.
“Stanno arrivando! Sono molto vicini. Lo sento” insistette
il vecchio, mostrando un ghigno sadico a Harry “E ti uccideranno! Sento che
anche il mio Signore è qui.”
Harry sgranò gli occhi, perplesso “Voldemort è qui? Qui a
Londra?” All’improvviso le parole di R.A.B. ebbero un senso: “seguite il drago
e vi porterà al rifugio del vostro nemico”. Il covo di Voldemort era a Londra,
ma dove? “Il rifugio di Voldemort è qui?”chiese Harry con insistenza,
strattonando il vecchio per esortarlo ad una reazione.
“Non lo so dov’è il suo rifugio” disse quello, ansimando
“Io sono appena arrivato qui in Inghilterra. Voglio servire il Signore Oscuro.
Volevo solo distruggere il Parlamento per fargli piacere, ma c’è qualcosa che non
va: perché un edificio babbano dovrebbe essere difeso da una barriera magica,
poi perché proprio quel tipo di barriera magica, non ha senso!”
“Cosa?” strillò Harry “Che cosa vuoi dire? Non sono stati
gli Auror a mettere quella barriera per difendere il Parlamento babbano?”
Simur si abbandonò ad una risata orripilante: “Già, gli
Auror! Allora gli Auror se ne intendono molto di magia oscura!”
“Come? Vuoi dire che sono stati dei maghi oscuri a creare
quella barriera? Perché?”
“Lascia perdere, Harry!” Strillò R.A.B. nella sua
testa.
“R.A.B.?” fece
Simur sorpreso e scioccato “Quel R.A.B.?”
Harry avvertì che il contatto tra le loro mentì si spezzava
bruscamente “Lo conosci?” fece Harry in risposta alla domanda di Simur “Sai chi
è?”
Il vecchio ansimò e lo guardò di sbieco “Ma tu puoi
comunicare coi morti? Il R.A.B. di cui io sto parlando è morto tanti anni fa…
diciassette anni fa. Quindi non può essere lo stesso.”
“Dimmi chi è, o chi era, forza!” strillò d’impulso Harry,
preso da una cieca curiosità.
“Lo conoscevo” rispose il vecchio, tradendo un certo
orgoglio misto a repulsione “Pensavo fosse un tipo a posto date le sue nobili
origini, ma mi sbagliavo. Ci ha traditi, me e il Signore Oscuro. Eppure quando andavamo
a scuola insieme eravamo così uni…” ma il vecchio non ebbe il tempo di finire
la frase. Un enorme schizzò di sangue si levò dal suo petto e imbrattò gli
occhiali di Harry e per un attimo il ragazzo riuscì a vedere solo una macchi a
rossa. Udì l’urlo di dolore di Simur e se lo sentì scivolare via dalle dita.
Quando si tolse gli occhiali, la vista annebbiata gli consentì solo di scorgere
una figura di uomo sfocata che precipitava verso il basso, abbandonando una
scia rossa durante la sua caduta. A Harry ricordò tragicamente la dipartita di
Albus Silente.
Harry ripulì le sue lenti dal sangue di Wallace Simur e se
le rimise meccanicamente. Virando con la scopa raccolse Charlie che stava
ancora aggrappato alle lancette e se andò via da lì alla velocità massima a cui
riusciva a portare la Firebolt. Si dimenticò del Boscaiolo che volava a
mezz’aria nel centro di Londra, di tutti quei Babbani sconcertati e
terrorizzati, del pericolo a cui era andato incontro il mondo magico con
l’inaspettata rivelazione di un drago alla comunità babbana, di Wallace Simur e
delle sue parole e dell’identità del suo ignoto assassino. Ora era solo
tremendamente scioccato dal ricordo della morte del suo adorato preside, che,
nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva a dimenticare e ad accettare.
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
Apple: grazie per
continuare a recensire la nostra fic e stai pur certa che recensiremo anke la
tua (Kaho si sta intrigando e Samy non vede l’ora di leggere la comparsa di
Draco…). Purtroppo per un po’ non recensiremo dato l’imprevisto vacanziero ma
appena torniamo ti lasceremo uno splendido commento lungo lungo… ke colpo! Nn
sapevamo di essere le 40° (la solita fortuna di Kaho), grazie x le info sulla
tua fic (Samy si lancia nelle congetture…) A presto, kiss KS
Meggie: hola! Thanks very much! Grazie per la
tua recensione, cercheremo di impegnarci in questo ipotetico HP7 e ora abbiamo
intenzione di compiere una mossa azzardata: ti sveliamo 1 segreto à
Piton avrà un ruolo chiave in questo HP7, ma solo alla fine della fic si capirà
il perché; ed era indispensabile fare degli Evans una family di maghi perché…
sorpresa (!!)… è un mistero molto lungo da spiegare, sbroglierai la matassa se
continuerai a leggere la nostra fic (c’era la truffa ndKaho; un orribile
ricatto, mi piace ndSamyinSly) KS
Muriel: qui c’è un momento
di imbarazzo dato che ci avevano già detto che il nome esteso di Ginny era
Ginevra (ops), siamo puntualmente sbadate nei dettagli… ^__^… grazie x i
complimenti ke sn super-graditi e continua a segnalarci eventuali imperfezioni;
chissà se una delle due riuscirà a fare attenzione ai dettagli? (io non credo
ndKaho, forse io sì ndSamy stai volando con la fantasia ndKaho ed è per questo
che la nostra fic riscuote successo…fantasy ndSamy -_- ndKaho) Kiss KS
Ale146: grazie, grazie
(inkino); continua a recensire: i complimenti sono un prezioso carburante ke
alimenta la nostra penna da scrittrici (-_- ? ndSamy) aggiorneremo con una
frequenza di circa 4-5 giorni, ma x un pò saremo in vacanza, no pro…
ritorneremo più gasate di prima (almeno si spera…) kiss KS
Keloryn: grazie x i complimenti (continuiamo a
ringraziare tutti!), ci fa molto piacere ke apprezzi la fic e x qnt riguarda
R.A.B. …. Eh eh (risata malefica), è una faccenda bella complicata… ti possiamo
anticipare una cosa: Harry lo incontrerà nel cap 5, cioè nel prox… altra
anticipazione: R.A.B. è vivo! Ma cm è riuscito a distruggere l’Horcrux di Voldy
senza morire? Ma l’ha davvero distrutto? Dov’è il medaglione di Serpeverde?…
domande ke avranno risposta al cap 19 (please wait) spero ke tu abbia molta
pazienza, ma se segui gli altri cap il mistero si potrebbe anke scoprire…forse…
KS
Era trascorsa una settimana dalla presunta “riappacificazione” tra Draco
e Samantha e la loro relazione andata avanti come da
Grazie per la pazienza! In realtà Samy e Kaho hanno
dovuto sistemare quasi tutto il capitolo dopo aver letto le ultime novità sul
settimo libro; c’era qualcosa che non quadrava nella nostra fic. C’eravamo
ripromesse di pubblicarlo prima dell’inizio della scuola, ma eccoci qui al 12
settembre. Speriamo di ripagare la vostra pazienza con questa lunga fic. Le
risposte alle recensioni del capitolo precedente saranno pubblicate nel
prossimo capitolo.
Voldemort
sogghignò e osservò delle crepe che si erano aperte di recente sul tetto: “Non
credo che l’intervento azzardato di Simur sia opera sua, non credi Severus?”
“Assolutamente
no, mio Signore” convenne Piton “Simur era chiaramente una marionetta
manipolata, la sua mente è sempre stata molto debole. Quell’uomo è stato
condizionato dall’esterno e credo che oltre all’Ordine della Fenice e a
quell’inutile Ministero ci sia un’altra fazione contro di noi.”
Voldemort
si scompose a mala pena: “Contro di noi? Contro il mondo dei maghi, credo.”
“Mio
Signore?”
“Spingere
un drago ad attaccare in pieno giorno, davanti a centinaia di Babbani… Questo è
un chiaro attentato alla sicurezza magica. Ma gli attentatori sono certamente
dei maghi e dato che il loro obiettivo era molto… strategico, oserei dire, sono
dei maghi anche estremamente preparati e informati; non sono certo da
sottovalutare. Dovrò tenere d’occhio questo nuovo gruppo, sembra non ci sia
niente che lo trattenga, nemmeno l’incolumità di tutto il mondo magico.”
“E’ questo quello che mi sconcerta, mio Signore” disse
Piton “Con questo attentato hanno ampiamente dimostrato di essere contro di
noi. Sicuramente non possono essere un gruppo affiliato al Ministero, ne tanto
meno a quello che rimane dei sostenitori di Silente… il loro obiettivo non è
chiaro. Se davvero vogliono eliminare i Babbani, allora perché si sono messi
contro di noi e hanno rischiato di far scoppiare una guerra che avrebbe
sicuramente messo a repentaglio tutti i maghi, inclusi noi Mangiamorte?”
“E’
ovvio” continuò semplicemente Voldemort “Il loro obiettivo è fare scoppiare una
guerra e dalle guerre ci si ricavano sempre un sacco di cose. Ma i fini che vogliono
raggiungere attraverso la guerra ci rimangono ignoti, per questo è un gruppo
pericoloso. Credo che chiederò alla giovane rappresentante della I.M.M.U.N.D.O.
informazioni su gruppi esterni. A quanto mi ha riferito al nostro primo
colloquio pare che ci sia un gruppo esterno, molto pericoloso: gli A.R.A.s. E’
possibile che si tratti anche di un sabotaggio contro il progetto D.I.O. e di
conseguenza, un ostacolo all’espansione del mio potere.”
Piton
assentì: “E per quanto riguarda…”
“Il mio
vecchio amico?” lo precedette Voldemort “Non avrei mai creduto che sarebbe
sopravvissuto.”
“Infatti
Simur lo credeva morto diciassette anni fa.”
“E
infatti sono stato io ad ucciderlo davanti agli occhi di Wallace Simur. Per
questo era così sorpreso quando Potter ha pronunciato il suo nome… già, Potter…
Chi l’avrebbe mai detto che il mio vecchio amico sarebbe finito in combutta col
mio peggior nemico. La sua è stata una mossa alquanto azzardata e rischiosa,
creare un doppio legame con la mente del giovane Potter che sapeva
perfettamente essere sotto il mio parziale controllo.”
“Ma, se
mi è concesso chiederlo, è davvero certo che sia proprio lui, la persona
con cui è in contatto Potter?”
“Assolutamente
sicuro, Severus. A quanto pare, oltre a Harry Potter, esiste un altro mago che
è riuscito a sopravvivere al mio anatema della morte. Devo scoprire come ha
fatto. Forse anche lui ha creato degli Horcruxes? Ma lo ritengo improbabile…”
“Mio
Signore, non pensa che voglia portare a termine ciò che ha iniziato prima della
sua presunta morte?” propose Piton, ostentando un’aria preoccupata.
“Probabile”
fece Voldemort con un sogghigno amaro “E tocca a te, Severus, impedire che
porti a termine ciò che aveva iniziato. Devi trovare prima di lui gli Horcruxes
e metterli al sicuro. So che sono protetti molto bene, ma mi voglio assicurare
che stiano in un luogo protetto. Durante i tredici anni della mia assenza gli
Horcruxes potrebbero essersi dispersi a mia insaputa e credo che qualcuno sia
stato anche distrutto, lo sento – afferrò con le bianche dita affusolate il
polso del suo braccio sinistro – oltre al diario, l’anno scorso qualcuno ha
distrutto un altro Horcrux e credo di sapere chi è stato.”
Piton
fece un profondo inchino “Sarebbe un onore per me, uccidere questa persona.”
Voldemort
si abbandonò ad un ghigno lascivo: “Lo hai già fatto, Severus. Già, Silente non
ci scoccerà più. Ora i problemi sono Harry Potter, il mio vecchio amico e
questo nuovo gruppo misterioso.”
“Ucciderò
Harry Potter, se me lo permetterete, mio Signore” disse Piton tenacemente.
“Credo
che anche il giovane Potter non veda l’ora di ucciderti. Sarà proprio una bella
battaglia. Ma quello che ora mi preoccupa non è lui. Devo distruggere tutte le
persone, tranne te Severus, che sono al corrente del mio segreto, cioè degli Horcruxes.
Il mio vecchio amico lo sa e ad informare Silente credo sia stato Horace
Lumacorno.”
“L’attuale
professore di Pozioni” disse Piton con una punta di disprezzo.
“Esattamente.
Ma potrei anche lasciarlo stare, tanto ormai non può fare granché, non è un
pericolo. Senza contare che gli devo un favore, è stato lui a rivelarmi il
segreto degli Horcruxes, e immagino che ora se ne penta.”
“Lo so,
mio Signore. Ma se lo vorrebbe morto non ci sarebbero problemi. Ormai Hogwarts
senza Silente non è più una botte di ferro, possiamo distruggere la scuola
senza alcuna difficoltà.”
“Questo è
vero” si compiacque Voldemort “Ma ogni cosa a suo tempo. Ora dobbiamo
identificare il nuovo gruppo e uccidere il mio caro vecchio amico, a meno che…”
“Mio
Signore?”
“Ma
certo” ringhiò Voldemort “Silente non può aver fatto tutto da solo. Anche Harry
Potter conosce il segreto degli Horcruxes, ecco perché lui si è messo in
contatto col ragazzo, lo vuole sfruttare per fare il lavoro sporco al posto
suo… molto astuto, così non potrà essere rintracciato. Ma per sua sfortuna
Harry Potter tende a ficcare il naso dappertutto, prima o poi riuscirà a
trovare il luogo in cui si nasconde e solo allora interverremo noi.”
“Quindi
aspettiamo che Potter lo trovi.”
“Esatto.
E così troveremo anche uno dei miei Horcruxes, è ancora integro, lo sento. Lui
non sarebbe mai riuscito a distruggerlo senza morire: la protezione sul
medaglione di Serpeverde per essere spezzata esige la morte di chi tenta di
distruggere l’Horcrux. E mentre aspettiamo che Potter lo trovi, vedremo di far
luce su questo gruppo misterioso. Devo parlare con la giovane Drake; mandala a
chiam…”
Una voce
acuta irruppe nella stanza: “Mio Signore! Ho delle brutte notizie!” Dalla porta
della sala entrò un Mangiamorte tutto trafelato, stringendo un rotolo di
giornale nella mano destra.
“I nostri compagni, Signore…” mormorò quello, mostrando a
Voldemort un articolo della Gazzetta del Profeta.
Voldemort
fece scorrere veloce lo sguardo sul titolo dell’articolo. Si levò in piedi, di
fronte al Mangiamorte, che si inginocchiò in segno di rispetto. Il volto del
Signore Oscuro si contrasse in una smorfia: “Crucio” disse, puntando la
bacchetta contro il Mangiamorte inginocchiato ai suoi piedi “Ti sembra il caso”
sibilò Voldemort “Di interrompere un mio discorso solo per questo!?” E
gli gettò addosso i fogli di giornale che si dispersero sul suo corpo
agonizzante.
Voldemort
interruppe la maledizione con un ghigno sdegnato “State diventando troppo
deboli. Non voglio che i miei Mangiamorte si agitino tanto solo per questo!”
“Sì, mio Signore” mugugnò il Mangiamorte con l’avanzo di
ossigeno che gli restava nei polmoni.
“Comunica
ai Mangiamorte che li voglio qui riuniti entro un’ora” ordinò Voldemort.
“Sì, mio
Signore” rispose quello dopo essersi alzato, e si ritirò dalla sala quasi
strisciando.
*^*^*^*^*^*^*
Aveva giurato e spergiurato di non ripensarci più e invece
ogni tragedia, ogni cosa, gli rimembrava nella mente l’immagine di Silente che
cadeva nel vuoto. Indubbiamente non era riuscito ad accettare e a realizzare la
sua morte e per questo, ogni volta che ripensava al suo ex-preside gli si
formava un opprimente vuoto nel cuore.
“Harry!”
Hermione chiamava all’appello.
Harry si
alzò dal letto sul quale era rimasto accovacciato per diverse ore nel vano
tentativo di smaltire gli effetti post-trauma della morte di Simur.
Harry
scese le scale e trovò tutta la famiglia Weasley raggruppata attorno al tavolo
della cucina, intenti ad ascoltare il signor Weasley che leggeva il giornale
con un cipiglio per niente rassicurante.
“Abbiamo
brutte notizie e buone notizie” disse il Signor Weasley, poggiando la Gazzetta
del Profeta sul tavolo.
Harry
trasse un profondo respiro: “Dica prima le cattive notizie.”
“Beh”
Arthur si schiarì la voce “Innanzitutto ci sono stati nuovi attacchi di
Dissennatori contro Babbani e non solo. Sono stati ritrovati numerosi cadaveri
di maghi orribilmente deformati.”
“Che
significa?” chiese Harry “Credevo che i Dissennatori si limitassero a succhiare
la felicità alle vittime, non possono infliggere danni fisici.”
“Infatti
non potrebbero, ma questo particolare Dissennatore, autore di questi orribili
crimini, crediamo fosse il capo guardia ad Azkaban e da alcuni è ritenuto il
più potenti tra tutti i Dissennatori perché…” gli occhi del signor Weasley si
assottigliarono nello sdegno “… possiede una capacità in più rispetto agli
altri: è in grado di plasmare.”
“Plasmare?”
“Sì,
Harry. Un plasmatore è un mago che è in grado di modificare la composizione
della materia e di cambiarla a proprio piacimento, insomma, qualcosa di molto
simile ad una trasfigurazione ma estremamente più potente e pericolosa. Il
plasmatore può operare senza bacchetta ed è in grado di trasformare le cose
semplicemente figurando la loro nuova composizione nella mente, quindi il suo potere
non ha limite, e in oltre non si limita agli oggetti ma anche agli esseri
viventi. Plasmare degli esseri viventi è assolutamente vietato dalla legge dei
maghi, oltre che sbagliato moralmente è anche dannoso fisicamente per il
campione plasmato che potrebbe riportare dei serissimi danni fisici dopo la
trasformazione e infatti…” e mostrò la foto sulla Gazzetta del Profeta che
recava l’immagine raccapricciante di un corpo, o almeno così sembrava, con
braccia, gambe, testa… tutto scombinato.
“Ma lei
ha detto che solo un mago può nascere con queste capacità, quindi come può
averle un Dissennatore?” domandò Harry.
“Non ho
detto così, Harry” ribatté Arthur “Chiunque può diventare un plasmatore,
necessita solo di un particolare simbolo detto “plasmatico” . Questo simbolo è
ormai sconosciuto dalla comunità magica perché il suo specialissimo disegno è
andato perso negli anni e solo se si tracciano le linee che compongono il
simbolo con precisione infinitesimale si può sperare di ottenere i suoi poteri
inimmaginabili, tra i quali anche quello di guarire qualsiasi male. Comunque,
in presenza di questo simbolo un mago può convogliare i suoi poteri e fare
quello che ha più voglia. Il simbolo plasmatico in mano a degli sconsiderati è
un’arma micidiale.”
“D’accordo,
ma lei ha detto che solo un mago può usare questo simbolo e il Dissennatore non
è un mago” insistette Harry.
“A dirla
tutta, Harry” intervenne Hermione “Il Dissennatore è un mago.”
Harry la
squadrò sconcertato.
“Vedi,
Harry” continuò la ragazza “Alcuni eruditi maghi pensano che i Dissennatori non
siano altro che le anime di maghi particolarmente malvagi che, a causa delle
orribili azioni che hanno commesso in vita, non sono state accettate neanche
nel mondo, beh, dopo la morte e quindi sono tornate sulla terra come esseri
dannati costretti a soffrire fino alla fine del tempo.”
Harry
fece una smorfia, disgustato “In altre parole i Dissennatori sono dei maghi
morti talmente malvagi che persino l’inferno gli ha risputati fuori.”
“Precisamente
e c’è un’altra cosa che devi sapere” disse Hermione un po’ preoccupata
“Tantissimi anni fa uno dei primi medimaghi della storia magica creò un simbolo
speciale per guarire tutti i mali, ottenendo una cura efficace contro ogni
malattia e anche un simbolo magico in grado di elevare la trasfigurazione a
gradi altissimi. Il medimago capì che era molto pericoloso e che i suoi
eccezionali benefici non potevano bilanciare i terribili effetti collaterali
della plasmazione e così distrusse tutti i documenti relativi al simbolo.
Però, tanti
anni dopo, c’è stato un mago, Nole Rowe, che ha scoperto l’esatto tracciato del
simbolo plasmatico, probabilmente ritrovando i resti dei documenti del medimago
e, lungi dal guarire le malattie, ha usato i poteri più terrificanti del
simbolo e ha plasmato – e qui Hermione si concesse una pausa, disgustata – il
corpo del fratello minore riducendolo pressappoco come quello del mago nella
foto. Se stai pensando che questo sia il risultato di un tragico incidente ti
sbagli Harry, perché poco dopo la morte del fratellino Nole Rowe andò in giro
per il paese sperimentando i suoi poteri e riducendo tutti, non importava chi
fosse, in un cumulo di carni scomposte e solo la sua improvvisa e inspiegabile
morte riuscì a fermare la sua sete di sangue.”
“Ma alla
sua morte” proseguì il signor Weasley, dato che Hermione non era in grado di
continuare “scomparve anche il tracciato del simbolo plasmatico; Nole Rowe si è
trascinato il segreto nella tomba. E credimi Harry, non è un gioco di parole,
Nole Rowe si è letteralmente trascinato il segreto appresso, anche dopo la
morte.”
“Quindi
il Dissennatore colpevole di questi delitti è Nole Rowe, è quello che pensate,
giusto?”
Arthur e
Hermione accennarono con il capo in un muto assenso “Ma non siamo stati i primi
a fare il collegamento, ci ha pensato il Ministro Scrimgeour ed ora gli Eclitti
sono nei guai fino al collo. Non potranno mai battere un Dissennatore. E’ un
essere già morto e, a differenza dell’Inferus, non si può distruggere con un
incantesimo. Dopo che Voldemort ha liberato i Dissennatori dal vincolo con
Azkaban, Nole Rowe si è scatenato e stavolta neanche la morte lo potrà
fermare.”
I membri
della famiglia si scrutarono sconsolati; “E le buone notizie?” domandò Harry,
tentando di allentare le tensione.
Il signor
Weasley aprì il giornale ed indicò un breve articolo che recava a lettere
cubitali il titolo: “Primo Mangiamorte annientato dagli Auror!”. Anche lì c’era
una foto. Harry la osservò velocemente e riconobbe all’istante il cadavere di
Wallace Simur.
“Cosa?
Sono stati gli Auror ad uccidere Simur?”
“A dirla
tutta non è molto chiaro, Harry” mormorò Arthur “Al Ministero si sono
accaparrati il merito di averlo ucciso, ma Charlie ci ha detto che in realtà
sei stato tu a…”
“E’ una
menzogna!” strepitò Harry, squadrando con particolare astio Charlie Weasley “Io
non ho ucciso nessuno. Perché gli hai detto che ho ucciso Simur?
“Ma,
Harry” fece Charlie intimorito “Io ho riferito solo quello che ho visto: tu e
Simur che combattevate e ad un certo punto il suo corpo è stato colpito da una
specie di anatema ed è caduto.”
Harry
scosse violentemente la testa “Esatto! Ma chi ti dice che sia stato io a fargli
quell’incantesimo?”
“Harry”
disse Hermione con calma “Charlie ci ha detto che Simur sembrava essere stato
trafitto da delle lame invisibili e che il suo corpo era tutto inzuppato di
sangue e, beh, questo ci ha fatto ricordare qualcosa… Hai usato la stessa
maledizione su Malfoy, è il Sectusempra.”
“Hermione…”
mugugnò Harry a denti stretti “IO non ho…”
“Magari
l’hai fatto senza accorgertene” propose Ron.
“E’
incredibile!” esplose Harry “Davvero credete che io possa uccidere una persona?
Anche se ho questa cicatrice in fronte, e sono stato sotto il giogo di
Voldemort e ora R.A.B. si insinua regolarmente nella mia testa, non vuol dire
che io sia cambiato. Io non sono capace di uccidere una persona e non lo farai
mai! Chiaro?”
Calò
nuovamente il silenzio. “Scusaci, Harry” intervenne Ginny all’improvviso. Harry
la fissò, rivolgendole con un gran sorriso tutta la sua gratitudine.
“D’accordo,
beh, non importa” disse Harry, perfettamente in contrasto con ciò che realmente
pensava “Ma ora che ci rifletto, l’incantesimo che ha colpito Simur sembrava
davvero un Sectusempra” il ragazzo si voltò di scatto verso Arthur “Signor
Weasley, deve assolutamente convincere gli Auror o l’Ordine a perquisire il
Parlamento babbano.”
Gli occhi
nocciola di Arthur Weasley si allargarono “Sei impazzito, Harry?! Non si può
fare una cosa del genere, è una mossa assolutamente anti-politca. Così non
faremo altro che indebolire ulteriormente i rapporti mago-babbani. E poi perché
vorresti far perquisire il Parlamento?”
“Il
Sectusempra” spiegò Harry “Io l’ho imparato dal libro del Principe Mezzosangue,
cioè Piton – e qui il ragazzo ebbe un leggero scatto di rabbia – quindi è molto
probabile che sia stato lui a colpire Simur e inoltre R.A.B. e lo stesso
Wallace Simur mi hanno fatto capire che il covo del nostro nemico, cioè del
signore oscuro, era a Londra, molto vicino a dove ci trovavamo, e se Piton è
davvero l’assassino di Simur allora questo spiega perché lo ha ucciso, per
proteggere Voldemort e il suo covo dato che Simur stava ordinando al suo drago
di attaccare il Parlamento. Quindi, in conclusione: il Parlamento babbano è il
covo di Voldemort.”
Ron non
riuscì a trattenere un impeto di sorpresa “Ma, Harry. Ti ascolti quando parli?
Ti rendi conto di quello che stai dicendo?”
“Ron ha
ragione, Harry” disse Hermione “E poi perché Simur avrebbe dovuto attaccare il
covo del Signore oscuro quando lui stesso è un Mangiamorte?”
“Sentite,
non mi chiedete perché i pazzi facciano queste cose, fate solo quello che vi
chiedo di fare” insistette Harry, ma Arthur non sembrava per nulla convinto “Mi
ascolti bene, signor Weasley, anche al sesto anno quando ho insistito come un
ossesso perché lei tenesse d’occhio la famiglia Malfoy, era convinto che stessi
vaneggiando e che c’erano troppi punti oscuri ed inspiegabili; e alla fine
Silente è morto. Gli costa molto fare una piccola verifica o deve aspettare che
muoia tutta la popolazione babbana di Londra per ascoltarmi.”
“Manderemo
subito qualcuno dell’Ordine, Harry” sentenziò cupo il signor Weasley.
“Altre
buone notizie?” chiese Harry.
“Sì, ehm,
grazie al sostegno internazionale magico si è riuscito ad evitare uno scandalo
mondiale” Arthur sfogliò il giornale e si soffermò a leggere l’articolo: “Grazie
al pronto intervento di un gruppo segreto americano il mondo magico mantiene
intatto il suo segreto. Utilizzando uno strumento sperimentale in grado di
estendere gli effetti di un incantesimo propagando delle onde di bassa
frequenza non dannose per gli uomini (per ulteriori informazioni consultare
pag.8) si è scongiurato il pericolo di rivelazione al mondo babbano. Gli
Eclitti del Ministero hanno lavorato senza sosta in unione col gruppo americano,
che preferisce restare anonimo per motivi di sicurezza internazionale, e grazie
alla loro efficace cooperazione è risultato possibile cancellare parzialmente
la memoria (relativa al giorno dell’attentato) di tutti i Babbani di Londra.”
“Così non
c’è nessun problema” disse Harry. Non aveva pensato molto alle conseguenze di
una possibile rivelazione al mondo babbano, ma ora, riflettendoci bene,
sarebbero state a dir poco disastrose; Harry si chiese per quale motivo un
Mangiamorte aveva rischiato così tanto. Forse il nuovo piano di Voldemort era
quello di rivelare ai Babbani il mondo magico, ma a quale scopo? Non era forse
meglio mantenere il segreto fin quando gli eserciti babbani sarebbero stati
debellati definitivamente, in modo da evitare uno scontro diretto. Forse era
proprio per quello che Simur era stato ucciso. Ma da chi? E se era davvero
Piton l’assassino, perché uccidere un compagno? Simur sembrava essere un
Mangiamorte morbosamente fedele a Voldemort, come Bellatrix Lestrange, allora
perché era andato contro il volere del Signore Oscuro? Da chi era guidato?
Hermione
interruppe i pensieri di Harry emettendo un singhiozzo: “Ci sono altre cattive
notizie, Harry.”
Un
brivido corse lungo la schiena di Harry. Il viso di Hermione era livido e cupo
come non lo aveva mai visto, forse solo al funerale di Silente: cos’altro era
successo?
“Una
tragedia…” proseguì la ragazza con la voce che le tremava “Il M.I.B. è stato
distrutto.”
Harry
tirò un incredibile sospiro di sollievo guadagnandosi l’ostilità di Hermione che
esibiva due occhi lucidi e carichi di lacrime.
“Coraggio,
Hermione. Dispiace a tutti.”
Inaspettatamente
Ron posò una mano sulla spalla dell’amica e in segno di costernazione abbassò
il capo, forse per nascondere un’espressione che tradiva le sue parole.
Hermione sapeva che a Ron la notizia della distruzione del M.I.B. non faceva né
caldo né freddo, eppure si era premurato così tanto di apparire dispiaciuto che
la ragazza non poté fare a meno di sorridere e poggiare la mano su quella
dell’amico.
Tutti gli
occhi erano puntati sui due che, non appena fiutarono l’atmosfera romantica che
si era venuta a creare, staccarono le mani come fulminati.
“Sì,
dispiace a tutti” aggiunse Harry, celando la sua aria compiaciuta: cominciano
a fare dei progressi.
“Harry” disse il signor Weasley tornando sulla prima
pagina della Gazzetta del Profeta “C’è un’altra notizia e credo sia buona, i
Mangiamorte catturati all’ufficio Misteri l’anno scorso verranno giustiziati..”
Harry sfilò il giornale dalle mani di Arthur mormorando delle
scuse e prese a leggere avidamente i sottotitoli e la dichiarazione del
Ministro della Magia:
Condanna a morte per iMangiamorte!
Dopo l’attacco al Parlamento Babbano il Ministro della
Magia Rufus Scrimgeour ha tenuto un colloquio privato con il Primo Ministro
Babbano. Il Ministro della Magia ha così rivelato al rappresentante babbano
l’identità dell’aggressore: un Mangiamorte; confidandogli inoltre di avere
sotto custodia altri suoi compagni. Il Primo Ministro Babbano, ancora sconvolto
dall’attentato al Parlamento ad opera di un drago, ha invitato ed ottenuto che
il nostro Ministro emetta una sentenza di morte per i Mangiamorte catturati in
modo da scongiurare una possibile evasione, com’è già accaduto due anni fa.
Ecco la dichiarazione di Rufus Scrimgeour:
“Non possiamo restare indifferenti di fronte ad un
attentato di tali proporzioni. Non solo colui-che-non-deve-essere-nominato ha
rischiato di rivelarci al mondo babbano, ma ha anche messo a repentaglio i
legami mago-babbani che i nostri ambasciatori si erano faticosamente impegnati
a stringere. Il verdetto del Primo Ministro Babbano è in totale sintonia con il
mio: condanna a morte per i Mangiamorte!”
A causa della
fuga dei Dissennatori da Azkaban il Ministro della Magia è stato costretto ad
adottare un nuovo sistema di soppressione dei carcerati: l’iniezione letale, il
sistema utilizzato dai Babbani (per ulteriori informazione consultare pag. 4).
Harry interruppe la lettura per osservare i volti che
circondavano la tavola di casa Weasley: sembravano tutti compiaciuti. Anche lui
lo era, finalmente i Mangiamorte avrebbero avuto ciò che si meritavano: la
morte. Ma nell’approvare la decisione del Ministro, Harry si sentì stranamente
a disagio, come se stesse sbagliando, come se ritenere che i Mangiamorte
meritassero la morte fosse un atto riprovevole. Harry scosse la testa e il suo
sguardo fu attirato da una lista di nomi.
Qui di seguito sono riportati i nomi dei Mangiamorte
condannati a morte:
Avery, Stephen
Dolohov, Antonin
Jugson, Steward
Goyle, Spencer
Lestrange, Rabastan
Malfoy, Lucius
McNair, Walden
Mulciber, Yorick
Nott, Terence
Rookwood, Augustus
Tiger, Edward
Harry piegò la Gazzetta del Profeta e la riconsegnò al Signor Weasley con
un incredibile sorriso forzato. Per un folle istante, quando aveva letto il
nome del sesto condannato a morte, Harry aveva concentrato tutti i suoi
pensieri su Draco Malfoy: ha faticato per salvare la sua famiglia minacciata
da Voldemort e ora la nuova minaccia è il Ministero. Ma il ragazzo si
riscosse dalle sue riflessioni insensate ricordando che quel “faticare” di
Malfoy era stato “complottare la morte di Silente”; e inoltre Lucius Malfoy era
un Mangiamorte convinto e crudele, e si meritava la morte. Ma suo figlio si
meritava di vedere suo padre morire senza avere la possibilità di fare niente?
A meno che…
“E se Voldemort tentasse di far evadere i suoi
Mangiamorte?” chiese Harry, accantonando del tutto l’insensata pietà che aveva
provato per Malfoy.
“Ne dubito” a parlare era stato Remus Lupin, che era
recentemente entrato nella Tana in compagnia di Tonks.
“Azkaban è piena di Eclitti e Voldemort non rischierebbe
mai uno scontro diretto inutile” continuò Remus.
“Ma si tratta di salvare dieci dei suoi Mangiamorte”
insistette Harry.
Lupin sospirò “E per Voldemort questo è inutile. Salvare
dieci servitori che si sono fatti catturare fallendo una missione, potrebbe
significare perdere più Mangiamorte che lui ritiene più efficienti nello
scontro contro gli Eclitti. Si tratta solo di semplici calcoli e i numeri sono
le vite dei suoi servitori.”
“Già” convenne Arthur Weasley “E’ questo ciò che significa
essere Mangiamorte: servitori usa e getta quando a Voldemort fa più comodo.”
Ed Harry, fissando la prima pagina della Gazzetta del
Profeta, tornò a pensare a Draco Malfoy, suo acerrimo nemico per sei anni di
scuola, e si rese incredibilmente conto che la pietà verso di lui stava
crescendo.
*^*^*^*^*^*^*
“A parte l’I.M.M.U.N.D.O.
esiste un altro gruppo segreto di cui le avevo già parlato, gli A.R.A.s.”
“Cosa sai dirmi su di loro,
Samantha?”
Lord Voldemort aveva fatto convocare Samantha Drake per un
consulto privato prima dell’inizio della riunione vera e propria, durante la
quale avrebbe annunciato ai Mangiamorte la condanna a morte dei loro compagni
rinchiusi ad Azkaban.
“Innanzitutto
hanno un’ottima copertura” cominciò Samantha “Difficilmente si riescono ad
identificare e a catturare. Hanno contatti praticamente ovunque e numerosissimi
infiltrati nei gruppi più disparati. Hanno a disposizione un considerevole
fondo economico e l’appoggio di alcune grandi aziende americane, il che
garantisce loro un’immunità col governo magico. Inoltre ho sentito dire che
ultimamente hanno adottato delle nuove armi magiche di alto livello, che
superano di gran lunga la bacchetta convenzionale.”
“In altre
parole sono molto pericolosi”
“Già”
confermò Samantha “Ma non c’è motivo di preoccuparsi troppo. L’ I.M.M.U.N.D.O.
sta già facendo dei controlli incrociati e presto riusciranno a smascherare l’
A.R.A.s e qualsiasi cosa stiano tentando di fare. Sono già sotto terra per
quanto mi riguarda.”
“Tu sei
pronta ad affermare che l’ I.M.M.U.N.D.O. risolverà tutto senza l’aiuto dei
miei Mangiamorte? Vuoi davvero assumerti questa responsabilità?”
Samantha
deglutì piano: “Sì.”
“Bene” si
compiacque Voldemort con un ghigno “Manda a chiamare tutti i Mangiamorte
reperibili all’interno del covo. Ho una brutta notizia da comunicare.”
Samantha
si congedò con un profondo inchino ed eseguì gli ordini. Puntò la bacchetta
contro il Marchio Oscuro e in un batter d’occhio delle figure nere si
materializzarono accanto a lei. La giovane Drake prese posto tra la schiera di
Mangiamorte, premurandosi di stare accanto ad uno dei suoi compagni in
particolare. Aveva già letto la Gazzetta del Profeta nella mattina e in parte
immaginava quale sarebbe stato l’impatto di quella notizia su Draco Malfoy.
Voldemort
espose i fatti con la solita voce neutrale e fredda. I Mangiamorte mantennero
il loro contegno e il gelido distacco degno dei servi del Signore Oscuro.
La
notizia era data, tale e quale come riportata sulla Gazzetta del Profeta.
Voldemort squadrò ad uno ad uno i suoi Mangiamorte: nessuna traccia di
compassione o disperazione… Bene, è così che vi voglio. Si soffermò per
qualche istante sul volto scarnato e cereo di Bellatrix Lestrange che, come il
Signore Oscuro aveva preveduto, manteneva la solita compostezza e la più totale
e servizievole lealtà che si possa immaginare. Fece scorrere i suoi occhi rossi
sulle figure incappucciate e non appena intravide dei capelli biondo-argentei
che sbucavano da sotto un cappuccio nero le sue labbra sottili e bianche si
piegarono in un ghigno. Molto bene, pensò Voldemort mentre analizzava
ulteriormente il volto pallido di Draco Malfoy: sembrava in tutto e per tutto
una statua di marmo, impassibile e tremendamente bianca. Sa dominare le sue
emozioni, bene.
Il Signore Oscuro accomiatò i suoi Mangiamorte che subito
si smaterializzarono fuori dalla sala ad eccezione di due. Voldemort osservò
con perverso interesse la più alta delle figure incappucciate che si
allontanava mollemente dal centro della stanza; l’altro Mangiamorte, dopo
essersi prodigato in un inchino, lo seguì da breve distanza finché entrambi
sparirono dietro alla porta della Sala Regia. Interessante.
Appena
chiusa la porta dietro alle spalle Samantha si avvicinò cauta al suo compagno e
gli tocco esitante la spalla per richiamare la sua attenzione.
“Come
stai?” gli domandò.
La voce
straziata di Draco Malfoy eruppe da sotto il cappuccio “Tu che dici?”
Samantha
abbassò il capo “Hai ragione, è una domanda stupida.”
Dal
corridoio giunsero dei mormorii mischiati a dei ghigni “Ma guarda chi c’è!”
sibilò Cortess “E come sta il caro orfano Draco?” Draco non si mosse né reagì
in alcuna maniera “O scusami tanto!” continuò Cortess esilarante “Tuo padre non
è ancora morto ma, sai come si dice, quando un fatto è così certo, perché
tentare di sfuggirgli? Ho sentito dire che ad Azkaban c’è il più grande
squadrone di Auror a controllare che i prigionieri non scappino e che nessuno
venga a liberarli. Ma ho pure sentito dire che le condizioni igieniche in quel
posto sono a dir poco da terzo mondo, e anche se qualcuno riuscisse a tirar
fuori un condannato a morte da quella prigione avrebbe solo un relitto, una
specie di uomo col cervello spiaccicato, credimi, perché anche se non ci sono
più i Dissennatori in quel posto si rischia di impazzire e di perdere la
testa!”
“E’ dopo
un anno che si comincia a perdere la testa, vero Cortess?” chiese con
giovialità Amycus.
“Sì,
esatto” confermò il Mangiamorte con un sorrisetto sadico “E da quand’è che tuo
padre sta in prigione, Draco?”
“Finiscila
di dare aria a quell’inutile boccaccia di Babbanofobico, se non vuoi che te la
faccia chiudere io per sempre con un Avada Kedavra!” strepitò Draco
all’improvviso, agitando furiosamente la bacchetta contro Cortess.
Il
Mangiamorte lo fissò per un istante, in principio scioccato dalla sua reazione,
ma poi si abbandonò ad una risata fastidiosamente euforica, accompagnato dalle
derisioni di Amycus “Intendi sistemarlo come hai fatto con Silente sulla Torre
ad Hogwarts? Ma a chi vuoi far paura?”
Draco non si rese neanche conto di quello che diceva tanto
era adirato “Silente non lo volevo uccidere veramente, ma con voi due invece
voglio proprio…” il ragazzo si interruppe all’istante, capendo solo in
quell’istante ciò che aveva detto.
“Traditore”
mormorò Cortess a denti stretti “Ti faremo torturare dal Signore Oscuro per
questo, dicono che sia il migliore con il Cruciatus, ma sempre che non decida
di usare l’Avada Kedavra su di te.”
Draco indietreggiò
abbassando la bacchetta se possibile più pallido di prima. Sentì una sgradevole
sensazione allo stomaco, convinto di stare per vomitare, ma poi si rese conto
che si trattava solo dell’effetto di una smaterializzazione. Guardò davanti a
sé e nel punto in cui prima c’erano Cortess e Amycus intravide solo un infinito
corridoio buio e deserto.
Samantha
mollò la mano di Draco e disse con voce franca “Forse è il caso che cambi aria
per un po’.”
Draco si
guardò stupito la mano destra: aveva tremato così tanto che non si era neanche
accorto che la Drake lo aveva preso per mano “E tu cosa proponi?” le chiese con
un filo di voce “Non posso scappare dal Covo Oscuro, l’ultima cosa che voglio
fare è disertare. Se me ne vado ora non avrò mai più la possibilità di
ridiventare un Mangiamorte.”
“Nessuno
smette di essere un Mangiamorte” disse saggiamente la ragazza “Ma se proprio ci
tieni così tanto a farti torturare, accomodati. Devi solo aspettare che Cortess
e Amycus ti trovino o spifferino tutto al Signore Oscuro.”
“Non ci
tengo molto” confessò il ragazzo rabbrividendo al solo pensiero.
“Allora
la cosa più saggia da fare in questo momento è trasferirti da qualche altra
parte, è una cosa concessa ai Mangiamorte se hai un’abitazione stabile e
sicura.”
“Ma io
non ce l’ho.”
“Ma io
sì.”
Draco
fissò brevemente la ragazza “E per quanto riguarda il Signore Oscuro? Come
faccio a spiegargli il motivo del mio improvviso trasloco?”
“Ci penso
io a questo. Sono particolarmente brava nelle trattative.”
“Allora
d’accordo.”
“Bene.”
Ci fu un
breve scambio di occhiate tra i due durante il quale Samantha scorse un fugace
addolcimento negli occhi ghiaccio del biondo. Credo che dovrò interpretarlo
come delle scuse.
*^*^*^*^*^*^*
R.A.B., R.A.B. … Era l’unico punto d’arrivo che gli si prefiggeva.
La ricerca degli Horcruxes si era rivelata più complicata di quanto pensasse e
ora lui era la sua unica speranza; Harry era convinto che quel misterioso
individuo sapesse dove trovare gli Horcruxes dato che ne aveva già distrutto
uno: il medaglione di Serpeverde. Fuori l’anello, fuori il medaglione e fuori
il diario, restavano solo tre Horcruxes più il pezzo di anima che rimaneva nel
corpo di Voldemort. In fondo non era una missione tanto complicata, doveva solo
trovare tre oggetti e poi sconfiggere il mago oscuro più potente dell’ultimo
secolo, se non di più. L’unico intoppo era trovare R.A.B.
“Allora”
cominciò Harry deciso “E’ il caso di organizzare le informazioni che abbiamo su
R.A.B.”
Hermione
tirò fuori il manipolo di pergamene che erano scampate alla distruzione del
M.I.B. “Abbiamo trovato tre persone che rispondono alle caratteristiche di
R.A.B. e sono tutte e tre decedute.”
Contrariamente
alle aspettative di Hermione il volto di Harry non si incupì “Non importa”
disse “So dove cercare questa volta. Simur ha detto che lui e Voldemort erano
compagni di scuola e che c’era anche un R.A.B. con loro, deve essere per forza
la persona che stiamo cercando se conosceva Voldemort quando andava a
Hogwarts.”
“Sai dove
cercare?” fece Hermione, inquisitoria “Non avrai per caso intenzione di
penetrare negli archivi studenti di Hogwarts, vero?”
“E invece
sì.”
“Harry,
non puoi assolutamente entrare a Hogwarts con gli Eclitti che girovagano lungo
i confini. Il Ministro ha assolutamente vietato l’ingresso alla scuola prima di
settembre e siamo alla fine di giugno, e non abbiamo nemmeno la certezza che
riapriranno la scuola, perciò…”
“Non
importa” la interruppe Harry “Anche se non c’è più Silente, Hogwarts non è
contro di noi. Abbiamo sempre degli alleati.”
“Dici la
McGranitt?” chiese Ron, scettico.
“No,
Hagrid. Ed è un validissimo alleato.”
Hermione
e Ron si scambiarono un’occhiata e parvero decisi ad andare fino in fondo.
“Bene,
allora domani si parte per Hogwarts” dichiarò Harry.
Ginevra
Weasley staccò il suo corpo dalla porta e, nonostante il fievole rimorso che
provava per aver origliato di nascosto la conversazioni dei suoi amici, si
decise finalmente a seguire il Magico Trio. Harry per troppo tempo l’aveva
messa in disparte per cause di forza maggiore e Ginny lo capiva e lo accettava,
seppure amaramente; ma la loro relazione aveva rischiato di incrinarsi per
colpa del misterioso ospite che abitava la mente di Harry e la giovane non
poteva tollerare che quella guerra con tutto ciò che essa comportava riuscisse
a dividere lei e Harry. Aveva atteso sei anni per averlo tutto per se e quando
finalmente era riuscita a conquistarlo ecco che i suoi encomiabili doveri di
Prescelto glielo avevano strappato dalle braccia, lasciandola con l’amaro in
bocca. Ora Harry era troppo concentrato sulla ricerca degli Horcruxes e di
R.A.B. e anche se Ginny sperava che il ragazzo la pensasse tra una missione e
l’altra, non poteva limitarsi a sperare che finisse tutto bene per lei, per
loro due e per il mondo, doveva agire e fare qualcosa e, infatti, eccola qui:
pronta ad unirsi al Magico Trio.
“Perché dobbiamo fare tutto in punta di piedi?” chiese Ron a voce bassa il
mattino dopo.
“Perché
non dobbiamo svegliare nessuno” rispose Hermione con calma paziente “così
nessuno si preoccuperà per noi.”
“Questo
lo so” fece di rimando il rosso “ma questa è casa mia e credo di avere il
diritto se non il dovere di camminare a testa alta e non sgattaiolare da una
stanza all’altra come un ladro.”
Hermione
sospirò, intenta a passarsi una mano sul viso “Lascia perdere, Ron.”
Harry
scese le scale premurandosi di non farne scricchiolare il legno “Non avete
detto a nessuno che oggi partiamo per Hogwarts, vero?” chiese ai due.
“Certo
che no, Harry” rispose Hermione “Almeno, io non ho spifferato niente ma
Ron potrebbe, inavvertitamente, …”
“Ron
inavvertitamente non ha spifferato un bel niente” bisbigliò il rosso con voce
strozzata “Sono capace di tenere un segreto per più di sei ore.”
“Ma
scadute le sei ore il segreto si disperde ai quattro venti” puntualizzò Hermione
con un’occhiata degna di una Serpeverde, occhiata che, Harry notò felicemente e
con una punta di amarezza, era esclusivamente rivolta a Ron. Probabilmente un
monito in codice che Hermione aveva usato per avvertire Ron di non rifare
qualcosa che l’aveva fatta arrabbiare; sempre la stessa storia, in pratica…
Harry già da molto tempo, tra una scoperta sensazionale e l’altra, si divertiva
a ipotizzare il futuro dei due e a fare scommesse con Fred e George sulla
prossima, ma loro credevano lontana, data della dichiarazione di Ron. Se i due
amici continuavano così Harry avrebbe dovuto sborsare dieci galeoni per
ciascuno dei gemelli Weasley.
Il Magico
Trio si armò di scope volanti e decollò con destinazione Hogwarts; eppure Harry
continuava ad avere la sensazione che un paio di occhi famigliari gli
guardassero le spalle e lo seguissero, ma alla fine il ragazzo non ci badò
molto dato che, stranamente, era una sensazione piacevole.
A metà
del cammino i tre amici si ritrovare a dover affrontare un volo alla ceca in un
enorme banco di nebbia con la costante preoccupazione dell’attacco di qualche
creatura volante. Il sesto senso di Harry era calmo e questo lo tranquillizzò
anche se avvertiva ancora che qualcosa lo stava seguendo, ma non lo percepiva
come un pericolo, anzi…
In
lontananza cominciava già a delinearsi la figura imponente del castello di
Hogwarts, anche questo circondato dalla nebbia.
“Atterriamo
qui” disse Harry “Non ho avvertito Hagrid del nostro arrivo, non c’era
possibilità di farlo dato che il Ministero controlla tutti i gufi in volo.”
Dopo
l’atterraggio in un punto imprecisato fuori dai confini di Hogwarts, Harry, Ron
e Hermione dovettero utilizzare l’incantesimo dei punti cardinali per riuscire
ad orientarsi e finalmente, dopo un lungo vagare di mezz’ora trovarono il lago
e delle barche abbandonate sulla riva, quelle che si usavano per l’attraversata
al primo anno.
I tre ne
scelsero una, quella che secondo Hermione era la più integra – a quanto pareva
durante la lotta contro i Mangiamorte le imbarcazioni si erano danneggiate – e
salparono dalla riva, accorgendosi poco dopo di un suono singolare che avrebbe
potuto essere il “plof” di un enorme sasso buttato nel lago. Harry
tranquillizzò gli amici e prese a remare con l’aiuto di Ron mentre Hermione agitava
la bacchetta ansiosa, per schiarire l’acqua torbida davanti alla prua della
barca.
“Non
siete preoccupati anche voi?” chiese Ron, inquieto “Ho come l’impressione che
qualcosa ci segua. Forse è un Dissennatore o un Eclitto.”
“No, Ron”
intervenne Hermione, senza tuttavia riuscire a nascondere la sua ansia “Un
Dissennatore ci avrebbe già attaccato e un Eclitto già arrestato… ma anch’io ho
una strana sensazione.”
“Niente
paura” disse Harry indifferente, continuando a vogare mantenendo un ritmo
incalzante.
“Se lo
dici tu Harry” acconsentirono i due.
Giunsero
sull’altra sponda e attraccarono in silenzio, tenendosi pronti a qualsiasi cosa
sarebbe giunta alle loro spalle. Harry era l’unico rilassato e con totale calma
estrasse la bacchetta ed eseguì un incantesimo “Lumos”; ma la sua mossa si
rivelò troppo azzardata.
“Chi va
là!” urlò una voce d’uomo, probabilmente un Eclitto.
Harry
bisbigliò “Nox” e intimò gli amici di seguirlo verso destra, tentando di
allontanarsi dalla voce. La nebbia era un’arma a doppio taglio. Sebbene li
mantenesse nascosti agli occhi dell’Eclitto,avventurarsi senza una luce in un ambiente denso e grigio dove l’unica
cosa visibile erano gli scarsi centimetri di terreno che precedevano i loro passi,
era a dir poco rischioso e azzardato, in più i tre rischiavano
irrimediabilmente di perdersi più di quanto non fossero già e di smarrirsi
singolarmente, dato che una richiesta di aiuto per rivelare la propria
posizione era inconcepibile con l’Eclitto a pochi passi da loro che teneva le
orecchie ben tese.
Così
Harry cercò la mano di Ron e la strinse saldamente e intimò l’amico di fare la
stessa cosa con Hermione senza emettere alcun suono, il che comprendeva
eventuali critiche o i loro soliti battibecchi.
Il rosso
fece come comandato senza battere ciglio, per niente contrario alla prospettiva
di stringere la mano dell’amica, pensiero che lo fece quasi subito sussultare e
che divenne a dir poco imbarazzante quando Hermione intrecciò le proprie dita
con le sue con un leggero brivido.
Harry
trascinò i due amici mantenendosi piuttosto vicino alla riva e quando ritenne
di essersi allontanato abbastanza dall’Eclitto si fermò e tese le orecchie per
percepire qualche suono, ma l’unica cosa che udì fu il gorgoglio dell’acqua che
fluttuava contro la ghiaia della riva e gli alternati e lievi singulti di Ron
ed Hermione. Quindi interpellò il suo sesto senso e cercò anche l’appoggio di
R.A.B., senza risultati. Restò molto sorpreso nel comprendere che finalmente
era l’esclusivo proprietario della sua mente; che fine aveva fatto il suo
misterioso informatore?
Dato che
non c’era traccia dell’Eclitto e l’incantesimo Lumos brillava sulla sua
bacchetta già da molto tempo senza pericolo Harry si arrischiò a chiedere a
Hermione: “Ci può essere un motivo per cui non riesco a mettermi in contatto
con R.A.B.?”
La
ragazza emise un mugolio contrariato, trattenendosi dal parlare a voce alta:
“Non ci posso credere, cerchi addirittura un contatto adesso?”
“Hermione”
intervenne Ron inaspettatamente “Harry ti ha fatto una domanda.”
Stranamente
la ragazza non ribatté con veemenza come era solita fare in quelle situazione
col rosso, ma si limitò a stringere le sue dita con quelle di Ron in un gesto
di cui il significato rimase un mistero per tutti e due, e rispose a Harry:
“Hai controllato di avere il medaglione con te – Harry annuì tirando fuori
dalla tasca della tunica lo pseudo-Horcrux “allora potrebbe essere… ma certo!”
esclamò la ragazza, intimata poi dai due ad abbassare la voce “è perché siamo
all’interno dei confini di Hogwarts” spiegò Hermione “un doppio legame di mente
praticato attraverso un oggetto è inefficace attraverso una barriera magica
come quella che circonda Hogwarts.”
“Ma io
riuscivo a vedere attraverso gli occhi di Voldemort e lui riusciva ad entrare
nei miei sogni anche se ero a Hogwarts” disse Harry, cupo.
Hermione
scosse la testa “Quello è un altro tipo di legame, molto più forte.”
Subito
Harry sentì la voce di Ron attraverso la nebbia: “Bene, ora dobbiamo solo
andare da Hagrid e…”
Scintille
e urla acute interruppero il giovane Weasley che si voltò e puntò gli occhi
verso dei raggi rossi che brillavano nella nebbia “Quelli sembrano Stupeficium”
disse Ron “Qualcuno sta dando battaglia contro l’Eclitto.”
Questa
volta Harry percepì un chiaro strattone allo stomaco che significava
“pericolo”, ma non per sé, ma per una persona a lui cara. Senza curarsi di come
avrebbe fatto a ritrovare i due Harry mollò la mano di Ron e si avventurò nella
nebbia, bacchetta alla mano, lasciando Hermione incredula e inspiegabilmente appagata,
mano nella mano e da sola con Ron.
Harry
corse verso le luci rosse che assunsero poi altri colori dal blu al grigio
tenue; per fortuna, pensò Harry, non c’era traccia di raggi verdi. Il ragazzo
riuscì a notare che i fasci di luce provenivano solo da una direzione e
miravano su una bersaglio non definito che restava nascosto nella nebbia. Harry
riconobbe la voce dell’Eclitto che urlava incantesimi senza sosta e chiamava
rinforzi; chiunque fosse il suo bersaglio invisibile, ed il ragazzo capì che si
trovava molto vicino dall’essere colpito da un incantesimo, si trovava in seri
guai. Harry non sapeva chi fosse lo sconosciuto eppure si lasciò guidare
dall’istinto e calcolando la traiettoria degli anatemi lanciati riuscì a capire
dove fosse la fonte ed eseguì uno splendido Schiantesimo che andò a centrare
l’Eclitto in pieno.
Gli
anatemi si interruppero di colpo ed Harry sentì il tonfo del corpo dell’Eclitto
che cadeva e imprecava. Poi si lanciò verso la zona bersagliata dall’Eclitto e
gridò: “Chi c’è? Chi sei?”
Qualcosa
si avventò su Harry e lo strinse saldamente con le braccia in torno al collo.
Per un momento il ragazzo pensò che si trattasse di un nemico che tentava di
strangolarlo ma l’odore dei morbidi capelli che gli solleticavano il mento era
inconfondibile “Ginny?” bisbigliò Harry.
Il
ragazzo sentì un singulto e avvertì un viso che si premeva contro la sua
maglia. D’istinto accarezzò i capelli morbidi e soffici al tatto e mormorò
“Scusa.”
Intanto
Ron e Hermione, ancora stretti per mano, non si concedevano un momento di pace
e continuavano a rimuginare sulla bizzarra situazione in cui si erano
immischiati: soli in mezzo alla nebbia. L’atmosfera era tesa e dalla partenza
di Harry, che nessuno aveva tentato di impedire, si era creato un muto accordo
di silenzio, rispettato rigorosamente. Entrambi volgevano lo sguardo dalla
direzione opposta rispetto all’altro e sebbene l’apprensione per Harry era
forte veniva surclassata da uno strano desiderio di restare fermi e uniti, cosa
che Ron attribuì con fatica alla sua paura per l’ignoto e alla certezza che
Harry se la sarebbe cavata da solo e che Hermione bollò come un logico sistema
per non rischiare di perdersi nella nebbia.
Alla fine
il raziocino di Hermione, unito alla sua perspicacia e al buon senso, vinsero la
timidezza e la ragazza riuscì ad accettare i fatti così come stavano: lei e Ron
si tenevano per mano con un evidente imbarazzo per entrambi, imbarazzo
scatenato da un sentimento che già aleggiavano da molto tempo nella testa dei
due, ma che nessuno era riuscito mai ad esternare completamente. Ora Hermione
era quasi certa di averlo capito e lo ammise all’inizio con una punta di
esitazione: forse le piaceva Ronald Weasley; e si rese stupidamente conto di
come questo fosse ovvio agli occhi di tutti gli altri, a partire da Harry sino
alla signora Weasley che in più di un’occasione le aveva dato ad intendere che
le sarebbe piaciuta molto come nuora, sicuramente più di Fleur.
Ron
invece preferiva restare nel suo guscio di indifferenza per proteggersi dalle
attuali circostanze e da ciò che esse significavano… neanche lui sapeva
esattamente cosa fosse, in realtà sì ma era un sentimento così complesso che
non voleva indugiarci troppo e perdersi in riflessioni complicate; era meglio
non pensarci e così avrebbe ottenuto ciò che desiderava: restare parzialmente
estraneo a quella sensazione ancora troppo difficile da gestire. Doveva andarci
cauto e anche se molte volte si era convinto ad analizzare meglio le strambe
situazioni tra lui ed Hermione la prospettiva di scoprire quel sentimento
troppo grande lo aveva indotto a rimandare. E così aspettava il momento giusto
per decidersi ad agire, momento che secondo lui avrebbe dovuto arrivare prima o
poi… ma questo non era il momento giusto.
Hermione
si aspettava qualcosa, neanche lei sapeva cosa, ma l’atmosfera restava immutata
e anche se le sue dita tremavano strette alla mano di Ron, il giovane Weasley
restava distaccato dalla situazione, come se avesse tutto sottocontrollo.
Questo fece indignare molto Hermione, che si vergognò perché di solito era lei
quella calcolatrice che non si lascia sorprendere e così, quasi per fare
dispetto al contegno di Ron, stacco violentemente la mano da quella del rosso.
Ron si
ritrovò decisamente spiazzato come di consueto di fronte agli inspiegabili
comportamenti di Hermione e riuscì solo a fissarla sbalordito mentre lei di
rimando lo guardava decisamente inviperita e scontenta. Ron non tentò neanche
di scervellarsi per capire che cosa mai l’avesse fatta arrabbiare; il ragazzo
pensava che Hermione fosse troppo suscettibile a volte, ma doveva riconoscere
che anche lui non era da meno.
“Ragazz…” Harry irruppe prepotentemente nella scena e si
accorse di aver troncato sul nascere un’altra disputa tra i due. Ginny avanzò
aggrappata al braccio di Harry e sospirò vedendo la figura nebulosa del
fratello in pieno contrasto con quella di Hermione.
“Harry”
lo salutò Ron, impacciato “Ginny?” aggiunse notando il figurino accanto
all’amico di cui si potevano scorgere solo i capelli color fiamma.
“Ciao,
Ginny” proruppe di gioia Hermione “Sono contenta che ci sia anche tu e sono
certa che anche a Harry fa molto piacere” la ragazza si avviò a passi calcolati
fino alla migliore amica che la ricambiò con un abbraccio, mentre Harry tentava
di scorgere Ron nella nebbia.
Il rosso
teneva sopra il palmo la bacchetta che roteava “Da questa parte c’è il nord”
disse indicando il lago sulla sua destra “quindi la capanna di Hagrid è più o
meno da questa parte: Lumos” si avviò nella direzione che reputava
giusta e gli altri lo seguirono docilmente senza obbiettare – sarebbe stata una
cattiva idea data l’evidente irritazione di Ron -.
Anche
Hermione lo seguì senza fare storie con una muta indifferenza e freddezza.
Harry pensò che i gemelli Weasley avrebbe ottenuto molto presto i famigerati
venti galeoni della scommessa.
Il Magico
trio rinsaldato dalla presenza di Ginny stava vagando ormai da un buon quarto
d’ora in mezzo alla nebbia ma della casa di Hagrid non c’era proprio traccia.
Harry cominciava ad essere preoccupato dato che il tragitto dalla riva del lago
all’abitazione del guardiacaccia solitamente durava circa tre minuti scarsi. Ma
per fortuna si trovavano ancora in pianura senza ostacoli d’innanzi, quindi
erano ancora lontani dalla Foresta Proibita, inoltre non c’era traccia di
Eclitti. Fu questo che mise in agitazione Harry: la sorveglianza doveva essere
molto compatta, soprattutto nelle vicinanze di Hogwarts e ciò significava che
si stavano allontanando. Ma nessuno aveva l’ardire di contrastare Ron che,
tutto impettito e ancora scocciato dalla reazione di Hermione, era convinto di
stare andando nella direzione giusta.
Ad un
tratto Harry sentì Hermione cadere verso il basso ed ebbe il terrore di sapere
dove si trovassero: lungo la riva frastagliata accanto al torrione ovest di
Hogwarts, luogo in cui c’era un precipizio a strapiombo su degli scogli
appuntiti “Hermione!” gridò Harry avvicinandosi cautamente a quello che credeva
essere un precipizio. Si inginocchiò e protese le mani aspettandosi di trovare
il vuoto ma riuscì solo a bagnarsi la mano destra: erano ancora vicini al lago.
Si sentì
un movimento nell’acqua ed Hermione si issò alla sinistra di Harry
probabilmente tutta inzuppata “Ora basta!” proruppe la ragazza “Sono caduta nel
lago, quindi abbiamo fatto un giro in tondo!”
“Allora
fai tu!” esclamò Ron fuori di sé “Visto che sei tanto brava.”
“Ehi! Chi
va là!?”
Le grida
di Hermione e Ron avevano attirato qualche Eclitto e a giudicare dai passi
frettolosi sul terreno si trattava di uno squadrone intero.
“Via”
disse Harry trascinandosi a destra e a sinistra Ginny e Hermione.
Corsero
per un po’ nella direzione opposta rispetto al lago senza l’utilizzo
dell’incantesimo Lumos. Quando si fermarono tutti e tre ebbero la sgradevole
sensazione di essere dispersi nel nulla, completamenti circondati dal grigio.
Harry non ne poté più e decise di rischiare il tutto per tutto: “Lumos
Maximus!” gridò e un’accecante luce illuminò tutto nel raggio di cinque
metri. E Harry finalmente la vide: la capanna di Hagrid si trovava sulla loro
sinistra a circa tre metri, era vicinissima. Annullò velocemente l’incantesimo
e abbassò il capo: Hagrid non si trovava là dentro, la capanna era
completamente distrutta. Come aveva potuto dimenticarsi dell’incendio avvenuto
solo qualche settimana prima? Era così preso da R.A.B. e dagli Horcruxes che
non aveva più pensato al suo amico Hagrid; probabilmente non si trovava neppure
più entro i confini di Hogwarts.
Ma il
giovane Potter si rese presto conto di avere un problema ancora più grande
“Harry” lo chiamò Ginny “Ron è scomparso.”
Harry
strinse forte i denti: nella fretta di fuggire dagli Eclitti si era dimenticato
del suo migliore amico. Come poteva aver fatto un altro errore così madornale.
“D’accordo”
disse Harry “Per oggi la missione è annullata, ci sono stati troppi imprevisti.
Troviamo Ron e andiamocene.”
“Ma come
facciamo a trovarlo?” questionò Ginny, molto preoccupata “Forse gli Eclitti
l’hanno già catturato o magari si è perso nella Foresta Proibita.”
Erano
tutte ipotesi molto sconcertanti ma possibili e Harry era talmente preoccupata
per il suo amico e arrabbiato con sé stesso per l’imperdonabile negligenza di
averlo abbandonato, che il suo cervello non riusciva a macchinare una
soluzione.
“Usa la
Mappa del Malandrino” intervenne Hermione “Siamo ancora entro i confini di
Hogwarts.”
Harry si
riempì d’insulti per non averci pensato prima; così avrebbero sicuramente
risparmiato molto tempo e magari ora la missione poteva proseguire, ma prima
doveva trovare Ron. Fu molto grato ad Hermione che evidentemente aveva
accantonato i suoi risentimenti e che dopotutto teneva davvero a Ron.
Esaminò
accuratamente la mappa: sparsi per il cortile di Hogwarts apparivano molti nomi
maschili, probabilmente gli Eclitti, che per fortuna erano distanti dagli
indicatori che segnavano Harry Potter, Hermione Granger e Ginevra Weasley.
Harry fece quasi un salto di gioia , molto sorpreso e soddisfatto, quando
scorse poco lontano da loro il nome “Ronald Weasley” affiancato a quello di
“Rubeus Hagrid”. I due si trovavano esattamente dietro l’antica capanna del
guardiacaccia, ma Harry ebbe un attimo di esitazione nel vedere che il disegno
sulla mappa era diverso rispetto a come era abituato a vederlo: la casa di
Hagrid, una volta integra, ora era raffigurata come delle macerie di legno e
sassi. Il giovane Potter pensò che la mappa, essendo incantata, mutava
esattamente come la realtà, caratteristica che non aveva mai notato.
Le due
ragazze seguirono fiduciosamente Harry che, oltrepassati i resti della casa di
Hagrid, si ritrovò davanti ad una piccola tenda che, a giudicare dalle
dimensioni, avrebbe accolto al massimo due persone o Hagrid tutto intero. Harry
scostò il tessuto dall’entrata e vide che l’interno era decisamente più ampio
delle apparenze – si trattava di una tenda incantata come quella che aveva
usato il signor Weasley alla finale della coppa del Quidditch – era arredato
scarsamente e su una delle seggiole attorno al fuoco acceso stava seduto Ron
che gli fece segno di entrare, rivolgendogli un gran sorriso “Sono incappato nella
ex-capanna di Hagrid prima, credevo di essermi perso ma poi Hagrid mi ha
trascinato dentro la tenda salvandomi da un Eclitto.”
“Già”
disse Hagrid sbucando dalla zona cucina con un grosso paiolo fumante in
mano“l’ho visto che camminava solo soletto e dietro di lui c’era una di quelle
guardie così l’ho preso per il braccio e l’ho portato dentro la tenda. Pensavo
che c’eri anche tu, Harry, così ho guardato in giro ma c’era solo l’Eclitto.”
“Come hai
fatto a vederlo?” chiese Harry “C’è molta nebbia.”
“Mi ha aiutato
questo” spiegò Hagrid e tirò fuori da sotto la barba una mano putrefatta che
reggeva una lanterna.
La
mano della Gloria di Malfoy, pensò Harry e poi disse: “Hagrid, non è che ce
la potresti prestare? Ci serve per entrare ad Hogwarts.”
Gli occhi
scuri di Hagrid si allargarono sulla sua faccia rossa: “Sei pazzo Harry? No,
non si può fare. Il ministro ha detto di no e anche se a me quello lì non
piace, tu non puoi entrare; è pericoloso con tutte quelle guardie. Loro non ci
pensano due volte a colpirti, sono senza scrupoli.”
“Grazie
per l’apprensione Hagrid” disse Harry sinceramente “Ma è davvero troppo
importante, si tratta di una missione che potrebbe decidere le sorti della
guerra; capisci cosa voglio dire?”
“Cioè…”
mugugnò Hagrid confuso “Tu dici che dentro Hogwarts c’è qualcosa che può
uccidere Voldemort?”
Harry
scosse il capo “Non esattamente, la faccenda è molto complicata. Ma dobbiamo
assolutamente entrare.”
“Capisco”
convenne Hagrid “Allora io mi fido e vi lascio passare, tutti e quattro, ma
state attenti. Io ti do questa mano putrida, Harry, e ti do anche un consiglio;
ormai è da tre settimane che vedo questi tipi fare avanti e indietro e c’è un
posto che non passeggiano mai: la Foresta Proibita. Potete andare lì fino
all’entrata di fianco sulla torre, lì potete salire, ma state attenti a non
incontrare nessuno nella scuola, altrimenti il Ministro si arrabbierà.”
“Capito,
Hagrid, ci sei stato incredibilmente utile” lo ringraziò Harry con un sorriso
raggiante.
Il visone
di Hagrid diventò rosso “Grazie, grazie… ma è un dovere aiutare voi. Sono
felice di essere utile almeno a qualcosa. Dopo che mi hanno distrutto la casa
io e Thor stiamo qui in questa tenda che ci ha dato il Ministro. Beh, è molto
grande, ma adesso Scrimgeour non mi vuole lasciare più a fare l’insegnante, ha
detto che lo fa la signora Caporal. Ha detto anche che la scuola riapre ma che
la vuole comandare lui, alla faccia della professoressa McGranitt.”
“Quindi
riapriranno la scuola a settembre, è vero!” gioì Hermione.
Anche
Harry ne fu sollevato pur sapendo che non l’avrebbe mai frequentata. Ma
comunque sperava follemente che sarebbe riuscito a risolvere tutto prima
dell’inizio del suo settimo anno. Un desiderio molto lontano dalla futura
realtà.
“Ma ci
saranno i M.A.G.O.?” chiese Hermione.
Prima che
Hagrid avesse il tempo di rispondere, Ron scoppiò in una protesta adirata:
“Cosa vuoi che importi degli esami se Voldemort vince e ci uccide tutti! Sempre
a pensare alla scuola e ai tuoi amati libri, non hai occhi per altro se non per
la studio.”
Hermione
rimase molto scioccata e cercò la complicità di Ginny per aggredire il
fratello, ma la rossa si limitò a sorriderle piano e a bisbigliarle
all’orecchio: “Sai com’è mio fratello: va sempre per sotterfugi. In realtà
vuole solo attirare la tua attenzione e farti capire che esiste anche lui.”
Hermione
tornò a fissare con gli occhi nocciola il viso rosso e scocciato di Ron e si
limitò a sbuffare: “Infantile.”
Hagrid
era incredulo come Harry i primi tempi che aveva assistito alle strane
contraddizioni e alle liti di Ron ed Hermione.
“Calmi,
calmi” intervenne il mezzogigante in tono bonario “Fate pace e andate a fare la
vostra missione.”
Hermione,
in parte intenerita dalla spontaneità di Hagrid e in parte spinta dal suo
strano desiderio di restare in solidarietà con Ron, disse, rivolta al giovane
Weasley: “Scusami, Ron. Ti piacerebbe perdonarmi?”
Tutti i
presenti trattennero il respiro. Ron alzò un sopracciglio rosso e sospirò:
“Se
proprio devo.”
*********
Harry aveva seguito il suggerimento di Hagrid e grazie
alla Mappa del Malandrino e alla Mano della Gloria era riuscito a penetrare nel
castello senza inconvenienti. Il percorso dall’entrata alla biblioteca era
stato altrettanto semplice soprattutto grazie all’utilizzo della Mappa e del
Mantello dell’Invisibilità. Ora i quattro stavano sfogliando l’archivio degli
studenti che avevano frequentato Hogwarts, tenendo sempre conto delle
informazioni che avevano su R.A.B.
“Ecco
qui” disse Hermione “Ho isolato tutte le cartelle relative agli studenti che
erano a Hogwarts nello stesso lasso di tempo dei sette anni di Voldemort. Non
so se ti possa interessare Harry, ma ho trovato questa” gli porse una pergamena
che portava il sigillo dei Serpeverde.
Harry
srotolò il foglio e lesse l’intestazione della pagina: “Dati Personali e
Scolastici dell’allievo: Tom Marvolo Riddle, anni scolastici 1936/1943” Il
resto delle note era un incredibile susseguirsi di meriti accademici e lodi ai
servizi resi alla scuola, con un appunto personale del professore Horace
Lumacorno, all’epoca insegnante di Pozioni e direttore della casa di Riddle: “Tra
tutti i miei allievi Tom Riddle è senza dubbio il ragazzo più dotato, sia in
campo scolastico, che nell’utilizzo pratico della magia. Quindi ritengo oneroso
da parte della comunità magica valorizzare il suo talento offrendogli alti
incarichi; spero un giorno di vederlo Ministro della Magia. Sono certo che il
futuro riserva a questo ragazzo grandi opportunità e tanta gloria, senza dubbio
ricoprirà una figura molto rilevante e che influirà molto sulla comunità
magica.”
Lumacorno
non c’era andato tanto lontano, pensò Harry mentre si figurava il Signore
Oscuro e le sue schiere di alleati.
“Quanta
roba, dobbiamo controllarla tutta?” chiese Ron mentre fissava scoraggiato le
alte torri di pergamene che stavano impilati sui tavoli della biblioteca.
“No,
Ronald” rispose Hermione, acida “Basta che tu mi leggi il numero riportato
sull’esterno delle pergamene e io controllerò il nome corrispondente sui
registri della scuola, almeno non dovremo srotolare tutte le pergamene.”
“Bene”
fece Ron, stizzito e cominciò a recitare scocciato i numeri sulla prima di
circa mille pergamene “1936/2-21… niente, 1936/1-03…”
Harry e
Ginny erano impiegati nella stessa operazione: Ginny leggeva i numeri e Harry
controllava i nomi, cercandone qualcuno che corrispondesse alla sigla R.A.B;
ogni tanto il ragazzo sbirciava sulla Mappa del Malandrino per assicurarsi che
gli Eclitti non si avvicinassero troppo alla Biblioteca.
Dopo un
buon quarto d’ora, i quattro si trovavano ancora ad un punto morto, finché
Harry lesse un nome interessante sulla sua lista: “Wallace Simur, anni
1933/1940, casa Serpeverde.”
“Aspettate
un attimo.”
Tutti si
voltarono verso Harry che cominciò a spiegare: “Simur ha detto che era compagno
di Voldemort e anche di R.A.B., quindi possiamo escludere gli anni dopo il 1940
dato che Simur se n’era già andato.”
“Non
cambia molto” esalò Hermione mentre metteva via le circa trecento pergamene
nella sezione corrispondente “Rimangono sempre gli anni dal 1933 al 1936, le
pergamene sono comunque tante.”
Harry non
era una cima in Aritmazia e decise di lasciare la padronanza ad Hermione in
questo campo, ma comunque scosse il capo “Non credo. Conoscete qualche
Serpeverde che abbia stretto amicizia al di fuori della propria casa? Simur ha
detto anche che erano amici, quindi io cercherei solo tra gli studenti di
Serpeverde che hanno frequentato Hogwarts da qualche parte tra il 1933 e il
1940.”
Tutti
accolsero di buon grado la proposta di Harry ed eliminarono gran parte delle pergamene.
Alla fine
della ricerca i quattro si raggrupparono intorno ad un tavolo nascosto dagli
scaffali e confrontarono gli esiti.
“Ho
trovato tre possibili R.A.B.: Alfonso Romeo Bronx, Amanda Romilda Bristol, Ruth
Alis Buxton. La seconda ha cominciato a frequentare Hogwarts nel 1940, quindi è
stata compagna di Simur solo per un anno, forse è da escludere…”
“Hermione”
la interruppe Harry “Ti ho detto che R.A.B. è un uomo e quindi nella tua lista
c’è solo un possibile candidato.”
“D’accordo”
disse Hermione, risentita “Vado a cercare la sua pergamene nell’archivio.”
Harry si
rivolse a Ron che fissava torbido Hermione mentre si allontanava “Io e Ginny
invece ne abbiamo trovato solo uno: Rice, Benedict Ashley, è il numero
1935/4-35”
“Vado a
prendere la pergamena” bisbigliò Ron mentre scompariva dietro allo scaffale
dove stava Hermione.
Harry e
Ginny sentirono distintamente dei bisbigli e poi videro Hermione e Ron che
uscivano da dietro lo scaffale, entrambi lividi in volto e che stringevano
convulsamente ognuno una pergamena.
“Allora”
cominciò Ron, guardando di sbieco Hermione “Rice ha frequentato Hogwarts dal
1935 fino al 1945, ha dovuto ripetere la scuola tre volte, al 5°, al 6° e al 7°
anno, ed è uscito con una media dell’Accettabile scarso.”
“Non è
lui” disse Harry “Non credo che Voldemort avrebbe accettato nella sua cerchia
di fedeli un ripetente.”
“Dimentichi
i padri di Tiger e Goyle” intervenne Ginny.
“Già, ma
da come ne parlava Simur questo R.A.B. doveva essere abbastanza legato a
Voldemort e anche un buon mago perché ha trovato e distrutto un Horcrux; questo
non può farlo uno qualunque che è uscito dalla scuola sul filo del rasoio.”
“Hai
ragione, Harry” confermò Hermione “Ci hai detto che solo Silente era riuscito
ad individuare e distruggere degli Horcruxes, e lui era un ottimo mago, il
migliore di tutti.”
Ginny
vide comparire un’espressione cupa sul volto di Harry alla nomina del loro
ex-preside, così si affrettò a dire: “E poi non dimentichiamo che anche tu hai
distrutto un Horcrux, il diario di Riddle e mi hai liberato dall’incantesimo
che mi controllava, e lo hai fatto a dodici anni; anche tu sei un ottimo mago.”
Harry le
rivolse un sorriso incoraggiante; poi si rivolse a Hermione: “E allora ci
rimane un ultimo candidato.”
La
ragazza aprì la sua pergamena e la lisciò sul tavolo: “Alfonso Romeo Bronx ha
frequentato Hogwart a partire dal 1936 e ha terminato nel 1940.”
“Come mai
ha terminato così presto?” chiese Harry.
“Forse
era talmente bravo che ha saltato tre anni ad Hogwarts e si è diplomato subito”
propose Ron.
Hermione
smentì l’ipotesi del rosso con un vago senso di vendetta: “No, Ronald. Qui c’è
scritto – e si interruppe un istante – che è morto al quarto anno.”
“Morto?”
questionò Ginny “Ma come è successo? E’ stato ucciso?”
“Controllo
tra i suoi dati personali” disse Hermione “Qui dice che è morto nel 1940 a 14
anni a causa di un incidente alla Torre di Astronomia; è caduto.”
Ron
sospirò “Accidenti, che fine orribile.”
“Aspettate”
proferì Hermione “riguardo alla sua morte c’è un rimando personale alla
pergamena n° 1933/4-41; meglio controllarla. La vado a prendere nell’archivio.”
“Non ce
n’è bisogno” intervenne Harry “La pergamena ce l’ho io: è quella di Wallace
Simur.”
“Lo
studente morto al quarto anno dunque aveva qualche legame con Simur” dedusse
Ginny “Forse è lui R.A.B. ed ha inscenato la sua morte con l’aiuto di Simur.”
“Non
credo che l’abbia inscenata” disse Hermione estraendo una foto e un foglio
allegati alla pergamena: “Qui c’è il certificato di morte attestato dal San
Mungo e una foto del cadavere che vi consiglio di non guardare; una caduta di
trenta metri può sfigurare orribilmente una persona.”
Intanto
Harry stava leggendo i dati di Wallace Simur: era stato bocciato al suo settimo
anno per trasgressione delle regole della scuola e poi espulso per possibile
complicità in un tragico incidente che aveva coinvolto uno studente anonimo, ma
che Harry sapeva essere Bronx.
“Ha
ragione Hermione” convenne Harry “Bronx non può essere R.A.B. dato che lui è
ancora vivo. Ma voglio fare luce su questa storia e conosco qualcuno che
frequentava Hogwarts quando è successo l’incidente e che sarebbe felicissimo di
comunicarci i particolari.”
“Hagrid”
assentirono gli altri tre.
Harry
accennò col capo e si infilò sotto la tunica la pergamena di Riddle, Simur e di
Bronx. Riprese la Mappa del Malandrino e tirò fuori il Mantello
dell’Invisibilità, ripercorrendo la strada al contrario per raggiungere la
tenda di Hagrid.
Lungo il
percorso i quattro passarono davanti alla zona segna-punti dove stavano le
clessidre delle varie case. Ora invece un enorme cartello che riportava la
scritta “Lavori In Corso” attestava la nuova regola che vigeva a Hogwarts
dall’arrivo del Ministro. Scrimgeour sosteneva che la divisione in case
maturava il contrasto e la competizione spietata tra i ragazzi che crescendo
avrebbero sempre mantenuto le distanze dagli ex-compagni che non erano
appartenuti alla propria casa. Questo in parte era vero, ma solo per quanto
riguardava i Serpeverde, che da secoli preferivano non mischiarsi alle altre tre
case. La maggior parte dei maghi aveva accolto con favore la proposta del
Ministro di riunificare le case in un periodo di guerra durante il quale
bisognava soprattutto stare uniti, ma Harry aveva la sgradevole sensazione che
Scrimgeour nascondesse qualche altro proposito, oltre alla proliferazione
sociale.
“Harry”
il giovane Potter si voltò a fissare Ron, convinto che questi gli avesse appena
rivolto la parola. Ma sotto il Mantello dell’Invisibilità stretti in quattro il
rosso aveva a mala pena lo spazio per respirare e inoltre Harry aveva avvertito
gli altri di non parlare per evitare che gli Eclitti li individuassero. Allora
chi era?
“Harry…
non ci provare, ti avverto. Lasciami stare… meglio che tu non venga a
cercarmi.”
R.A.B.? Harry si guardò
frettolosamente in giro: era ancora ad Hogwarts, stava giusto per oltrepassare
le quattro clessidre vuote, ma allora come faceva R.A.B. a comunicare con lui?
Doveva chiederlo ad Hermione, ma preferì aspettare che fossero giunti nella
tenda di Hagrid. Nel frattempo avrebbe chiesto informazioni direttamente a
R.A.B., ma quando tentò di comunicare con lui scoprì che il contatto si era già
interrotto. Aspettò per cinque minuti, ma R.A.B. non si fece risentire; ormai
erano arrivati alla tenda di Hagrid.
Il
mezzogigante era intento a consumare il suo stufato fumante e appena vide i
quattro entrare sorrise allegramente e posò l’enorme paiolo che aveva in mano
sul fuoco “Missione compiuta, immagino e siete tutti e quattro interi!”
“La
missione non è proprio compiuta” sospirò Harry, estraendo da sotto la tunica le
pergamene. Appena vide l’espressione scoraggiata sul visone di Hagrid, il
ragazzo gli mise in mano la pergamena di Bronx aperta e dichiarò: “Ci serve
assolutamente il tuo aiuto, Hagrid. Devi dirci una cosa molto importante.”
“Cosa
molto importante?” ripeté Hagrid, pensieroso “Va beh, ma non so se posso, io di
cose importanti non ne so molto.”
Harry
sorrise amichevole e proseguì “E invece sì. Ascolta, Hagrid, tu eri a Hogwarts
quando c’era anche Voldemort e non è che per caso ti ricordi di un ragazzo:
Alfonso Romeo Bronx, era di Serpeverde.”
“Oh” fece
Hagrid, sbalordito “Mi dimentico sempre che Riddle è Voldemort, quando era
ragazzino non sembrava così cattivo. Però di questo tipo, Bronz, Brosc… non
sono bravo con i nomi, non mi ricordo. E poi io stavo lontano dai Serpeverde,
loro erano i più turbolenti di tutti e cercavano sempre di attacar briga con
qualcuno.”
Harry
insistette “Beh, allora forse c’è un incidente di cui ti ricordi: questo
ragazzo è morto al suo quarto anno, quando tu facevi… il quinto anno, credo.”
“Ah”
disse Hagrid, d’improvviso illuminato “Ho capito. Sì, era un Serpeverde ed è
morto cadendo giù dalla torre di Astronomia.”
Ginny,
Ron ed Hermione si misero in circolo attorno ad Hagrid, mentre Harry, in piedi
di fronte a lui lo pregò di continuare.
“Sì, è
stata una brutta faccenda. Povero ragazzo anche se a me non stava tanto
simpatico. Attaccava briga con tutti, perfino con il prefetto della sua casa,
immaginate. Ma poi è morto ed è dispiaciuto ai professori e anche ai
famigliari, hanno alzato un polverone…! Lui faceva parte di una nobile famiglia
Purosangue, sapete, sempre la stessa storia, e così hanno denunciato la scuola
e hanno fatto espellere un altro ragazzo più grande che tutti pensavano che era
il responsabile. Anch’io credevo di sì, ma poi lui s’è l’è cavata con
l’espulsione e niente denuncia… ma lui mi stava simpatico solo per un motivo,
quel ragazzo espulso, mi ricordo che era molto bravo in Cura delle Creature
Magiche e anche a lui piacevano molto i draghi e lui piaceva ai draghi.”
“Dev’essere
Simur” disse Hermione “Lui poi è diventato il miglior addestratori di draghi
dell’Inghilterra.”
“Oh” fece
Hagrid ammirato “Beh, sono felice per lui, ma non è mai stato tanto gentile con
me, era un mago cattivo, come quasi tutti i Serpeverde.”
“Infatti
poi è diventato un Mangiamorte al servizio di Voldemort” confermò Harry.
“Oh” fece
Hagrid, un po’ deluso “Peccato, era dotato, soprattutto coi draghi.”
“Sai per
caso altre cose sull’incidente?” chiese Harry ad Hagrid “Magari il motivo per
cui Simur lo voleva morto.”
“Pensandoci
bene, c’era un motivo” cominciò il mezzogigante “Quel Simur non lo sopportava
perché era arrogante… pensate un po’ che un Serpeverde dice arrogante a un
altro Serpeverde… comunque quello che è morto si vantava sempre e diceva di
essere Purosangue, come tutti i Serpeverde, ma lui insultava non solo i
Grifondoro, i Corvonero e i Tassorosso, ma anche i Serpeverde. Diceva che lui
era Purosangue e che non voleva che gli stessero intorno i Mezzosangue e che
gli faceva schifo che c’erano dei maghi col sangue sporco anche nei Serpeverde.
Lui diceva sempre così e Simur si arrabbiava molto quando lo faceva, ma è
strano perché lui era un Purosangue. Infatti quello che è morto gli ha sempre
detto di stare zitto e che non ce l’aveva con lui, ma Simur gli gridava in
faccia che doveva stare attento a come parlava e che non sapeva chi stava
offendendo. Me lo ricordo così bene perché facevano così tutti i santi giorni e
poi era strano vedere due Serpeverde che litigavano fra di loro, era bizzarro.”
Harry si
mise a riflettere ad alta voce “Simur diceva che Bronx non si rendeva conto di
chi offendeva; forse si trattava di Voldemort.”
“Voldemort?”
irruppe Hagrid “Non credo che il tipo che è morto voleva offendere lui, perché
lui offendeva solo i Mezzosangue e Voldemort è un Purosangue.”
“No,
Hagrid” intervenne Hermione “Il padre di Voldemort era un Babbano.”
“Oh,
caspiterina!” esclamò Hagrid, alzandosi di scatto e facendo cadere la seggiola
su cui era seduto “Ma allora è pazzo. Voldemort vuole uccidere i Babbani e i
Mezzosangue anche se lui è un Mezzosangue, ma non ha senso.”
“Infatti”
confermò Harry con un’espressione risentita “Niente di quello che fa ha senso.
Ma ora, Hagrid, sapresti dirci altro, qualunque cosa ti ricordi sul giorno
dell’incidente.”
“Vediamo”
Hagrid si grattò il mento ricoperto di barba ispida “Mi ricordo che quello che
è morto aveva litigato come una furia col suo prefetto prima di cadere giù
dalla torre.”
“Ha
litigato con il Prefetto di Serpeverde? Sai chi era Hagrid?” gli domandò Harry.
“Non ho
mai saputo chi erano i Prefetti, neanche i miei. I nomi li facevano vedere su
un cartello ma io avevo dei problemi a leggere e così…”
“Tu eri
al quinto anno” disse Harry “Simur era al settimo e Bronx e Voldemort erano al
quarto; ma si può diventare Prefetti solo a partire dal quinto, a meno che…”
Harry
aprì la pergamena di Voldemort e sorrise quando finalmente comprese a pieno la
situazione “Simur ha ucciso Bronx perché continuava a sparlare di Voldemort;
era lui il Prefetto di Serpeverde.”
“Al
quarto anno non poteva esserlo, Harry” spiegò Hermione.
“Invece
no” la contraddisse il giovane Potter “Qui c’è scritto che al giovane Tom
Marvolo Riddle, al suo quarto anno di scuola, viene concessa l’autorità e il
titolo di Prefetto della sua casa per gli encomiabili successi nello studio.”
“Neanche
ad Hermione hanno dato l’incarico al quarto anno” rifletté Ron “Se Voldemort
era più in gamba di Hermione nello studio allora c’è d’aver paura, che razza di
cervellone ha?”
Hermione
arrossì violentemente e scoccò a Ron un tale sguardo che costrinse il viso del
giovane Weasley ad assumere il colorito dei suoi capelli.
“Bah”
fece Hagrid guardando prima Ron e poi Hermione “Comunque mi ricordo che Riddle
era molto bravo negli studi e anche con la bacchetta e con la scopa; però non è
mai entrato nella squadra di Quidditch. Invece tu Harry ci sei entrato al primo
anno.”
Era una
fioca consolazione per Harry apprendere che almeno superava Voldemort in
qualcosa anche se sapeva che il combattimento tra di loro non si sarebbe svolto
su un campo di Quidditch.
“Ma
Riddle però…” continuò Hagrid “Mi ricordo che nessuno lo vedeva bene, quelli
delle altre case non lo sopportavano perché erano abituati così con tutti i
Serpeverde e soprattutto con i Prefetti e invece i Serpeverde lo odiavano
perché erano gelosi di lui e magari, adesso che me l’hai detto Harry, anche
perché era Mezzosangue. Però aveva un gruppetto di tirapiedi che lo seguivano
dappertutto, ma non erano amici, un po’ come Tiger e Goyle con Malfoy.”
Harry
aveva sempre pensato che Tiger e Goyle fossero venuti al mondo solo per
eseguire gli ordini di Malfoy e forse era anche quello che i due corpulenti
Serpeverde credevano fino all’arrivo del loro sedicesimo compleanno; erano diventati
più indipendenti e ribelli, ma soprattutto avevano preso coscienza delle
prepotenze di Malfoy. E se in futuro i Mangiamorte avessero fatto lo stesso?
Harry accantonò il pensiero perché, dopotutto, non si poteva comparare Malfoy a
Voldemort. Il Signore Oscuro incuteva un fascino reverenziale, ma soprattutto
un bieco timore in tutti i suoi servitori; i Mangiamorte non l’avrebbero mai
tradito a meno di un motivo molto particolare. Era inutile immaginare una
possibile ribellione dei Mangiamorte; Harry pensava che ciò fosse impossibile…
ma forse pensava male?
“Adesso
conosciamo meglio Voldemort e abbiamo capito cosa collegava Bronx a Simur, ma
resta un problema” disse Ginny “Non sappiamo ancora chi sia R.A.B.”
“E’ vero”
concordò Ron “Non può essere Bronx perché è morto e gli altri candidati non mi
sembravano un granché.”
“Avremmo
potuto consultare meglio gli archivi generali, se solo il M.I.B. non fosse
stato distrutto. Ma poi, dopotutto, cosa ci dice che R.A.B. sia la sigla del
suo nome?” domandò Hermione, amareggiata ancora al ricordo della disfatta della
sacra biblioteca.
“Hm... il
M.I.B. … il suo nome non è R.A.B.?” rimuginò Harry “Ma certo! Devo andare. Voi
tenetevi la Mano della Gloria, io torno in Biblioteca. Se non mi vedete
arrivare entro un quarto d’ora tornate alla barca e attraversate il lago. Ci
ritroveremo alla Tana.”
“Harry,
no!” proruppe Ginny “Veniamo anche noi, non ti abbandoniamo. E poi come pensi
di tornare a casa da solo?”
Harry si
alzò di scatto dalla seggiola e tirò fuori la Mappa del Malandrino “Userò la
barca con cui sei arrivata tu, non c’è problema.”
Neanche
Hagrid riuscì a bloccare Harry che con uno scatto magistrale filò fuori dalla
tenda, non prima di aver detto: “Forse non tornerò alla Tana per un paio di
giorni, ma non state in pensiero. E’ una cosa che devo fare da solo.”
*^*^*^*^*^*^*
I suoi occhi acuti notarono
l’intonaco scrostato dei muri e l’evidente disordine che regnava
nell’appartamento. Draco si limitò a mugugnare un “carino” disinvolto e sistemò
i suoi bagagli in un angolo.
“Lo so” accennò Samantha “Devo
mettere un po’ in ordine.”
Draco tirò un sospiro: “Non ti
devi sforzare troppo solo perché ci sono qui io. Se ti piace vivere in questo
modo – e lanciò un’occhiata bieca a un batuffolo di polvere vicino al divano –
fai pure come se non esistessi. Continua come prima.”
“Non ti preoccupare. Non
giudicarmi dall’aspetto di questo posto, è solo che ultimamente non ho avuto
molto tempo di fare un po’ di ordine, sai tra una missione e l’altra…”
Samantha si chinò per raccogliere
la sacca di Draco ma il ragazzo la precedette scostandola delicatamente dal
posto e afferrando per primo il bagaglio “Faccio io” bofonchiò poi.
“Bene” buttò lì la ragazza non
sapendo cos’altro dire. Era passato solo un minuto dall’arrivo di Draco nel suo
appartamento eppure avvertiva che qualcosa era cambiato. Tutto aveva preso
un’irrimediabile e nuova piega da quando gli aveva fatto la proposta e lui
aveva accettato: “vivere con un ragazzo nello stesso appartamento.”
Ripensandoci bene era stata una mossa azzardata e il suo sesto senso spingeva
Samantha a convincersi che c’era stata un’altra ragione, oltre alla
compassione, per la quale aveva fatto quella proposta.
Draco si guardò attorno avanzando
di qualche passo sul parqué.
“Siediti qui” disse Samantha
mentre toglieva delle riviste da un divano per fare posto al nuovo inquilino
“Se vuoi” aggiunse fissando l’espressione scocciata del ragazzo “Devi essere
molto stanco… credo.”
Draco si sedette senza troppi
complimenti e si voltò per guardare Samantha, aspettandosi una lista infinita
di regole che avrebbe dovuto rispettare se non voleva essere sbattuto fuori a
calci dall’appartamento. Invece la ragazza si limitava a fissarlo di rimando
“Hai qualche problema?” chiese brusco, all’improvviso.
Samantha sbatté un paio di volte
le palpebre e farfugliò “No, no…” ma non andò avanti, incapace di trovare una
qualche parola da rivolgergli, troppo concentrata a rimuginare sulle attuali
circostanze: “coinquilini?” E allora? Siamo coinquilini e compagni di congrega.
Siamo praticamente condannati a stare tutto il giorno, tutti i giorni, vicini.
Prima al covo oscuro stavamo in mezzo a circa cento Mangiamorte;e adesso? Soli
e sperduti, confinati in un appartamento babbano nei dintorni di Londra… soli…
noi due… solo noi due…
“Ti sei incantata?”
La voce di Draco la fece
sussultare: “No!” esclamò, recuperando in parte la coscienza di quello che
aveva appena fatto: sono stata a fissarlo… cioè, io pensavo, ma lui adesso è
convinto che lo stavo fissando, ma non è così “Stavo solo pensando.”
Draco rispose con uno strano
verso e si alzò dal divano “Vado a fare un giro per questo posto. Voglio
vedere in che razza di buco sarò costretto a vivere, d’ora in poi.”
Samantha fece un cenno con il
capo che il ragazzo interpretò come un fai pure. E si avviò verso la
cucina “Tanto lo avrei fatto anche senza il tuo permesso” aggiunseDraco con un ghigno. Si voltò e attese una
replicata pungente di Samantha ma lei sembrava essere ricaduta in uno dei suoi
trance pensierosi.
Abbastanza turbata, Samantha
osservò il ghigno di Draco scomparire appena varcata la soglia della cucina.
Un’improvvisa e folle riflessione, che la ragazza premurò di sopprimere
all’istante, attraversò i suoi pensieri già abbastanza irrequieti: ma che
sto pensando? Con calma e sangue freddo, rifletti. Stai ospitando un collega,
chiamiamolo così, e non c’è niente di male in questo. Devo soltanto chiarire un
paio di punti con lui: “la nostra relazione resta puramente professionale”. Ma
allora perché prima ho pensato che il suo ghigno è molto fascinoso?
“Suppongo che qui non ci siano
Elfi Domestici come nel covo oscuro, giusto?”
“Già, non ci sono…” borbottò
Samantha.
Draco le si piazzò davanti e la
sottopose alla pressante inquisizione dei suoi occhi grigi “Ti sei incantata di
nuovo? Che ti succede ora?”
“Senti” sbottò all’improvviso
Samantha “Ho qualcosa da dirti.”
Draco alzò un sopracciglio
pallido “Fai pure.”
“Anche se ti ho generosamente
offerto di stare qui con me… di stare nell’appartamento, non significa che noi
due dobbiamo… cioè, noi non dobbiamo diventare…”
Quale parola uso? Devo
trovarne una che sia insieme esplicativa, chiara, ma non troppo brusca o
imbarazzante.
“Capisco” disse Draco con un
sorrisetto amaro.
“Davvero?”
“Sì, certo. Tu non vuoi che diventiamo
amici.”
Samantha non era per niente
sicura del valore che Draco voleva dare a quel “amici”. Poteva spingersi fino
al livello che intendeva lei? Ma se invece si riferiva al puro senso della
parola: semplici amici? Samantha avrebbe voluto che fossero amici.
“No, Draco, io non intendevo
che…”
“Lascia stare” tagliò corto Draco
e sfoderò ancora la sua espressione indifferente “Se ci tieni così tanto allora
puoi anche credere che siamo amici.”
“Non ci tengo così tanto” disse a
fatica Samantha; era così difficile esprimere a parole un concetto
diametralmente opposto a quello che pensava “Ma avere un amico non mi
dispiacerebbe. E non dovrebbe dispiacere neanche a te, ne hai molto bisogno,
soprattutto adesso.”
“D’accordo. Ma non avere la
presunzioni di crederti la mia ancora di salvezza.”
“Va bene. Siamo solo amici”
quelle parole suonavano in qualche modo deluse pronunciate da Samantha.
“Di sicuro non siamo amici al
livello di do la mia vita per salvare la tua. Non sono così incosciente
da stringere un’amicizia profonda.”
Alle orecchie di Samantha la confessione di Draco suonava
molto triste “Non è poi così male avere degli amici. Ti sostengono, ti
rallegrano…”
“Hm, sono utili, è vero. Ma solo
finché mantengono le distanze e non si impicciano troppo dei tuoi affari.
Chiaro il concetto, Samantha? Non ti impicciare troppo.”
“Come faccio a consolarti quando
sei depresso se non so nemmeno perché sei depresso? E’ un’impresa titanica.”
“Ce la puoi fare” sogghignò
Draco.
All’improvviso fece il suo
ingresso nell’appartamento una donna tarchiata sui quarant’anni che Samantha
riconobbe come la sgradevolissima padrona di casa.
“Oh, Amanda, sei tornata. E vedo che questo posto è in
disordine come sempre, ricordati di mettere un po’ in ordine, non voglio che i
miei appartamenti sembrino dei porcili e – un largo sorriso illuminò il suo
viso rubicondo – chi abbiamo qua!” esclamò allegramente guardando Draco,
affascinata e insieme ammirata.
“Lui è Devon” disse Samantha presentando Draco. La ragazza
non dovette usare molta fantasia per immaginare la smorfia disgustata che il
ragazzo portava stampata sul viso.
Samantha riuscì a cogliere il
sibilo di Draco: “Devon?” e continuò la sua presentazione: “E’ un mio amico
e d’ora in poi anche coinquilino. Pagherò doppio affitto da oggi.”
Il sorriso raggiante scomparve
dal volto della donna: “Non è un ospite, quindi? Ti avverto Amanda, non voglio
essere coinvolta in uno scandalo. Un ragazzo e una ragazza non sposati che
vivono sotto lo stesso tetto…”
A quanto pare la padrona di casa
era riuscita ad esternare i timori di Samantha ma troppo bruscamente.
“… I miei appartamenti sono dei
luoghi rispettabili e non li voglio vedere teatri di peccaminosi atti
sessuali.”
Samantha avvertì un sapore
metallico nella gola e ricordò dai suoi studi di medicina che era un sintomo
d’infarto. Ma in quel preciso istante avrebbe preferito sfoderare la bacchetta
e scagliare una Maledizione Senza Perdono contro la padrona di casa piuttosto
che crollare sul pavimento col cuore a pezzi.
“Stia tranquilla” intervenne
Draco a sorpresa “Qui non si commetterà nessun atto sessuale.”
Samantha gli fu immensamente
grata di essere stato così tempestivo nello zittire la padrona di casa che per
un attimo dovette ricacciare nel profondo della sua coscienza la bizzarra
delusione che gli aveva provocato l’affermazione del ragazzo.
“Beh, allora” continuò la donna
burbera “Molto piacere di conoscerti Devon” allungò la mano in cerca di quella
di Draco, ma questi si limitò a emettere una specie di grugnito.
“D’accordo” sospirò la padrona di
casa continuando a guardare Draco sognante “A presto Devon” poi si rivolse con
ben poca cortesia a Samantha “Amanda” si accomiatò e uscì dalla porta.
“Ti chiama Amanda?” le chiese
subito Draco “Ora capisco perché ti dava così fastidio quando lo facevo io.
Quella Babbana non da molto l’impressione che tu le sia simpatica.”
“Non mi importa, dopotutto è una
Babbana” disse Samantha.
“Già, ma era proprio
indispensabile che mi chiamassi Devon?”
“Certo” rispose la ragazza “Fa
parte della nostra copertura fuori dal Covo Oscuro. Io ho scelto Amanda giusto
perché assomigliava al mio nome, ma avrei anche potuto farne a meno dato che ci
sono tante Samanthe sparse per l’Inghilterra, mentre di Drachi, credo ce ne
siano ben pochi; è un nome troppo riconoscibile. Spero almeno che Devon ti
piaccia.”
“Non è male” concluse Draco con
un sogghigno dei suoi.
Ancora quel ghigno, pensò
Samantha mentre deviava lo sguardo su qualsiasi altra cosa che non fosse
appartenuta a Draco Malfoy.
Draco guardò pigramente fuori
dalla finestra e vide la luce del sole affievolirsi “Sta quasi per calare la
notte. Non ho concluso di visitare l’appartamento quindi mi faresti la cortesia
di mostrarmi la mia amaca o qualsiasi altra cosa mi dovesse fungere da letto.”
Samantha passò veloce lo sguardo
sul divano che era a dir poco impolverato. Si sentì inspiegabilmente in colpa
anche solo per aver pensato di offrire a Draco una schifezza del genere come
giaciglio per la notte. Chissà perché sarebbe stata pronta a cedere il suo
confortevole letto al ragazzo e a dormire su quel divano per far piacere a
Draco. Samantha si riprese subito da quello slancio di pazzia e indicò al
ragazzo il divano impolverato.
“Non ho intenzione di dormire sul
divano” sbottò Draco.
Perfetto, pensò Samantha
“Allora dovrò chiedere alla simpaticissima padrona di casa di portare qui un
letto pieghevole.”
“Il letto pieghevole va già
meglio” e Draco sfoderò ancora il suo ghigno.
“Vado subito a chiamarla” disse
Samantha sbrigativa.
E poi mi bevo anche un po’ di
acqua fresca.
Samantha si ripresentò con la
donna che reggeva l’intelaiatura di ferro del letto su una spalla e sull’altra
cuscini e lenzuola.
“Ti dispiace aiutarla, Devon, io
devo andare in cucina a bere qualcosa.”
La donna corpulenta restò ferma
nella speranza che “Devon” la aiutasse ma lui non si mosse di un passo. La
padrona di casa parve molto delusa e mentre Samantha ritornava dalla cucina con
un bicchiere d’acqua in mano le urlò dietro: “Ehi, Amanda! Dove devo mettere
questa roba?”
E qui sorge un altro, enorme
problema.
Draco si mise a fissare Samantha e si rese conto che era
caduta in un altro dei suoi trance “Dentro questo posto ci sarà pure una stanza
adibita al riposo?” chiese Draco sarcastico “Che ne dici di una camera da
letto?”
La padrona di casa restò
estasiata a fissare Draco, ammaliata dalla sua tenacia e dalla sua schiettezza
“Vado subito Devon” disse “Sistemo tutto nella camera da letto.”
Samantha nel frattempo era
rimasta basita dalla proposta del ragazzo: in camera da letto? Dove c’era il
suo letto? Niente panico: siamo compagni di congrega, coinquilini, abitiamo
nello stesso appartamento e dormiamo nella stessa stanza… ma non nello stesso
letto, si consolò fiocamente la ragazza.
“Tutto sistemato!” irruppe la
padrona di casa sbucando all’improvviso “Ora me ne vado, Ciao, Devon” e sparì
nuovamente dietro la porta.
“Mi da il voltastomaco” eruppe
Draco.
Per un attimo Samantha pensò che
Draco si riferisse al fatto di dormire nella stessa stanza con lei, ma ciò che
turbava il ragazzo era altro.
“Non sopporto il modo in cui
quella Babbana mi guarda. Che schifo, potrebbe anche essere mia madre.”
Samantha provò una strana
consolazione e un bizzarro appagamento nel sapere che Draco rifiutava le avance
di un’altra donna.
“Bene, io vado a dormire” disse
Draco “Sono molto stanco.”
Ripercorse la strada che aveva
fatto la padrona di casa prima “A proposito, Samantha” si voltò a fissare la
ragazza “Domani mattina ci dobbiamo alzare presto per andare alla riunione dei
Mangiamorte e tu sei l’unica che può smaterializzarsi da qui fino al Covo
Oscuro. Potresti indicarmi la stanza in cui dormi, almeno ti sveglierò io, non
vorrei che restassi addormentata fino a tardi.”
“La stanza in cui dormo?” ripeté
Samantha quasi ipnotizzata.
“Sì” rispose Draco con una certa
sorpresa.
“Vedi Draco” cominciò la ragazza
“Devi sapere che questo è un appartamento omologato per una sola persona e
quindi, beh… la mia camera da letto è la tua camera da letto” concluse tutto
d’un fiato.
Samantha lo scrutò: aveva in volto
un’espressione vacua, nella quale non c’era traccia di emozioni “Beh, fa’
niente” disse Draco, tranquillamente “Non mi fa ne caldo ne freddo.”
“Il letto pieghevole te lo puoi
anche scordare! Tu non dormirai nella stessa stanza dove dormo io!” sbottò
d’improvviso Samantha, mutando totalmente il suo atteggiamento.
“Come?” fece Draco, sorpreso.
“Mi hai sentito. Tu dormi sul
divano e non voglio obbiezioni.”
“D’accordo. Hai forse paura che
ti salti addosso durante la notte… o hai paura di non resistere al mio fascino”
aggiunse Draco con un ghigno.
Entrambe le cose, pensò
Samantha, fissando con falsa non chalance il sorrisetto beffardo del ragazzo. La
convivenza non si preannuncia pacifica.
*^*^*^*^*^*^*
Harry era
ancora stordito, non riusciva a mettere a fuoco gli ultimi avvenimenti: degli
Eclitti lo stavano rincorrendo e poi…? Si era ritrovato in questo strano posto;
ma dov’era?
“Finalmente
mi hai trovato.”
Harry si
voltò lentamente verso la voce profonda che aveva udito alle spalle. Il giovane
Potter si trovò a fissare il volto di Ludesh Dulick… o non era il suo?
D’ora in poi arricchiremo i capitoli con altre
sezioncine tanto per rallegrare i lettori e per insinuare in voi la curiosità
di sapere come finirà questa storia.
Anticipazioni/chiarimenti: Samy e Kaho si lasceranno
scappare qualche sviluppo prossimo della storia e faranno anche dei commenti
personali sul capitolo (autocritica -_-); oppure dei chiarimenti generali sulla
storia; N.B. à se qualche lettore vuole fare una domanda di
qualsiasi tipo sulla storia col commento, risponderemo in questa sezione.
Indizi sulla Trilogia: Kaho e Samy riveleranno i
nomi e qualcos’altro sui nuovi personaggi della Trilogia, post-HP7; forse (se
le autrici saranno magnanime) diremo qualche cosuccia anche sulla trama;
Personaggio del Capitolo: breve parentesi
psicologica di un personaggio della Rowling (o anche inventato da noi)
analizzata dal punto di vista di Samy e Kaho; i personaggi più incasinati (ex.
Voldemort, Piton) verranno tenuti per ultimi dato che la storia e soprattutto
gli ultimi avvenimenti influiranno in modo determinate su di essi;
Coppia del Capitolo: Samy e Kaho analizzeranno una
coppia a capitolo; che cosa ne pensa lui? che cosa ne pensa lei della loro
storia? Che cosa ne pensano Kaho e Samy?
Risposta ai commenti: rispondiamo ai commenti! (^_^)
e speriamo siano numerosi!
Prossimo Capitolo: titolo del prossimo capitolo! E
magari qualche indizio o previsione delle autrici.
Speriamo che queste nuove ideuzze vi stuzzichino molto,
cari lettori.
Samy&Kaho
N.B.: Ora che la scuola è ripresa e
interrogazioni orali e verifiche scritte infestano tutte le settimane la
pubblicazione dei capitoli non sarà molto veloce, ma neanche troppo lenta,
approssimativamente da 1 settimana e ½ a 3 settimane (ma cercheremo di
evitare che passi così tanto tempo tra un capitolo e l’altro); il problema è
che siamo impegnate con la scuola, scriviamo quando ci sorge l’Ispirazione e i
nostri capitoli sono molto prolissi. Ci daremo dentro! (e parecchio! Non sarà
la scuola a fermarci!!)
Capitolo 6 – “La
scarcerazione”
“Finalmente mi hai trovato.”
Harry si voltò lentamente verso la voce profonda che aveva
udito alle spalle. Il giovane Potter si trovò a fissare il volto di Ludesh
Dulick… o non era il suo?
“R.A.B.?”
“No” rispose l’uomo con un accenno di sorriso.
“Ma allora tu sei…?” Harry era stordito; chi altri poteva
essere?
Il viso del vecchio,
incredibilmente fascinoso per la sua età, si ricompose in un’espressione molto
seria: “Sono la reincarnazione di Albus Silente.”
Harry trattenne il fiato. Gli ultimi ricordi erano confusi,
l’attuale situazione era quasi fantasmagorica eppure quella rivelazione lo
portò a voler credere che quella fosse la realtà.
“Professore…?”
“Carattere ingenuo, facilmente malleabile e… divertente,
aggiungerei” rise l’uomo abbandonando del tutto la posa seriosa.
“Mi sta prendendo in giro? E’ lei R.A.B., o chi altro è?”
domandò brusco Harry, scioccato ed incredibilmente deluso.
“Ma certo che sono R.A.B. Il tuo senso della perspicacia è
a dir poco infimo” aggiunse il vecchio con fare canzonatorio “Comunque puoi
chiamarmi Kaus.”
“Allora avevo ragione, lei è Lyons Kaus, vero? Ma perché si
fa chiamare R.A.B.?”
“Sì, sono sempre io; e mi dispiace, non ho intenzione di
dirtelo ora. Ma suppongo che il merito di questa scoperta sia da attribuire ad
un informatore esterno, non hai il volume cranico né la capacità per aver
risalito al mio nome.”
“No, infatti” rispose Harry alquanto irritato dal sorriso
mellifluo del vecchio; doveva trattenersi per ottenere le informazioni che
voleva.
“Ma mi hai comunque trovato, quindi: benvenuto!” ironizzò
Kaus, mostrando a Harry con un gesto magistrale della mano il piccolo
appartamento “Questa è la mia umile dimora”
Harry si guardò confusamente intorno; ora era certo di
essere fuori dai confini della scuola “Ma un momento fa ero ad Hogwarts, come
ho fatto a finire qui? Non ci si può smaterializzare dentro i confini della
scuola.”
“Audace deduzione, Harry, se mi posso permettere di
chiamarti per nome, oh Prescelto” R.A.B. non abbandonò per un solo istante il
suo sorriso altezzoso e derisorio “Non hai mai sentito parlare del Canale di
Fuga?”
“No” rispose Harry, cercando di spingere il suo grado di
sopportazione ai limiti del possibile.
“Bene. Allora non voglio rovinare la tua ignoranza,
accontentati di sapere che sei a casa mia.”
Harry osservò meglio il locale: era molto buio e cupo,
quasi come se nell’aria aleggiasse una nebbia nera, e in un angolo del locale
il ragazzo scorse quella che avrebbe potuto essere una distorsione spaziale “Ma
che cos’ha questo posto?”
“Sai cos’è la barriera parallela spaziale?” domandò Kaus
con una punta di sarcasmo.
“No.”
“Tu devi essere una di quelle persone che pongono di
continuo domande ma che non conoscono mai una risposta, ne c’est pas?”
sghignazzò l’uomo vedendo Harry disorientato.
“Sei caduto in una crisi confusionale? Vuoi sapere chi sono
veramente e che cosa ho a che fare col pazzo smanioso di potere?”
“Intende dire…?” cominciò Harry alquanto stupito dalla
franchezza molto impudente con cui R.A.B. si rivolgeva al Signore Oscuro. Era
sempre stato circondato da maghi e streghe che temevano persino di pronunciare
il suo nome e invece il vecchio stregone che gli stava davanti osava persino
offenderlo.
“Riddle, già. E non mi dare del lei, mi fai sentire
vecchio” Kaus guardò di sbieco Harry, sogghignando “Beh, più di quanto lo sia
già.”
“D’accordo. Io ho scoperto che tu eri un compagno di classe
di Voldemort…”
“Alt, alt… lo possiamo chiamare Tom o Riddle invece di
Voldemort, troppo dark per i miei gusti.”
“Dunque” continuò Harry, un tantino irritato “tu conoscevi
Riddle e anche Wallace Simur.”
“Il leccapiedi di Riddle, beh, uno dei tanti,
caratterizzato da una scarsa fiducia e stima di sé, più predisposto ad ubbidire
servilmente che a comandare.”
“Sì, lui” confermò Harry “Vorrei solo sapere quali sono le
tue intenzioni e da che parte stai.”
“Non
l’hai ancora capito?” chiese R.A.B. assolutamente divertito.
Harry
strinse forte i pugni cercando di trattenersi “No.”
“Chissà perché a tutte le mie domande rispondi sempre no;
ho un’influenza così negativa?”
Harry cercò di focalizzare tutti i suoi pensieri sulla
promessa che aveva fatto a Silente e quindi tentò di abbandonare la crescente
antipatia che nutriva per R.A.B. “No.”
“In altre parole, sì. Beh, prova a sforzarti Harry, ha
giudicare dal mio comportamento da che parte pensi che stia?”
“Non lo so, credo dalla mia dato che mi hai aiutato.”
“Ragionamento semplicistico e banale. Punto numero uno:
tutti gli esseri viventi stanno dalla parte di loro stessi; punto numero due:
io non differisco da questa costante umana; punto numero tre: se si dovesse
imporre una divisione tra “buoni” e “cattivi” in questa guerra, la mia
posizione sarebbe prettamente centrale.”
“In altre parole non stai da nessuna parte.”
“Sì, esatto. Ma suonava molto più armonico nel discorso che
ho costruito io.”
“Io non capisco.”
“Strano” lo schernì Kaus sghignazzando apertamente.
Harry inghiottì un grande accumulo di saliva “Ma perché mi
hai aiutato?”
“Perché sei utile a raggiungere il fine ultimo della mia
esistenza.”
“Bene, e questo fine ultimo va contro di me o contro
Voldemort?”
“Riddle” lo corresse Kaus “Posso affermare con certezza che
va contro Riddle.”
Harry sospirò, sentendosi alquanto rincuorato, anche se era
più che convinto che l’ineguagliabile antipatia di R.A.B. non gli avrebbe mai
permesso di fidarsi di lui a tal punto da considerarlo un alleato.
“Non tirare sospiri di sollievo. Non essere così sciocco da
fidarti di qualcuno, specialmente di me.”
“Perché non dovrei fidarmi?”
Kaus, d’un tratto, si fece molto serio “Fai conto che
parlare con me è come parlare in linea diretta con Riddle.”
Harry si convinse quasi subito della falsità di
quell’espressione seriosa “Ad ogni modo sono venuto per chiederti una cosa.”
“L’avevo detto che tu eri il ragazzo delle domande.”
“Tu sai che cosa sono gli Horcruxes, vero?” tagliò corto
Harry, convinto che se avrebbe passato un altro istante a farsi calunniare da
R.A.B. gli avrebbe urlato in faccia.
“Domanda idiota. Se hai trovato la mia firma dentro lo
pseudo-Horcrux della caverna la risposta deducibile è senza dubbio sì, anche se
niente è senza dubbio.”
“Allora l’hai distrutto?” gli chiese Harry con molta
pazienza.
“Altra domanda idiota.”
“Come mai sei ancora vivo? Dal biglietto che hai scritto mi
è sembrato di capire che eri sul punto di morte.”
“Altre circostanze: mi trovavo in una situazione di totale
incomprensione, non avevo la minima idea di cosa sarebbe successo e come
suggerisce il buon senso ho preferito pensare al peggio. Dopo aver infranto la
protezione dell’Horcrux mi sono trovato davanti un bel bivio e ripensandoci
oggi ho preso la strada sbagliata, quella più facile, ma la sbagliata. Può
sembrare un paradosso ma sono sopravvissuto grazie all’Anatema di Morte
dell’Horcrux.”
Harry aveva rinunciato da molto a sforzarsi per intuire il
senso profondo dei discorsi di Kaus, così si limitò a chiedergli: “Ora dimmi
un’altra cosa, ti dispiace?”
“Ti ascolto.”
“Dove sono gli altri Horcruxes?”
“Oh caro Harry…” cominciò l’uomo in tono di rimprovero.
“Lo so, se lo avessi saputo gli avresti già distrutti.”
“No, sbagliato” ridacchiò Kaus scuotendo la testa “Io so
dove si trovano tutti eccetto uno, quello legato al fondatore più fiero e
coraggioso.”
“Godric Grifondoro.”
“Prima risposta corretta della serata.”
“Ma allora, potresti dirmi dove sono questi Horcruxes?”
“Lo sai già” rispose Kaus, apparendo alquanto scocciato
“Uno l’hai distrutto, si trattava del diario di Riddle, l’altro, l’anello di
Serpeverde, è stato annichilito da Albus Silente, poi c’è l’Horcrux di
Corvonero e Tassorosso e infine il pezzo di anima all’interno del serpente.”
Harry si illuminò “Nagini? Allora il professor Silente
aveva ragione. Tu sai dove si trovano l’Horcrux di Corvonero e quello di
Tassorosso, vero? Ti sarei molto grato se me lo dicessi.”
“Non sei mai stato una cima in Aritmazia, scommetto”
sghignazzò R.A.B.
“Hm?” fece Harry, incapace di trovare un nesso logico che
legasse la sua incompatibilità coi numeri alla ricerca degli Horcruxes.
“Secondo la tua brillante deduzione ci dovrebbero essere
sette Horcrux che girano a piede libero oltre a quello nel corpo di Riddle.
Sbagliato, ce ne sono sette in tutto. I simboli di Tassorosso e Corvonero sono
sullo stesso Horcrux.”
“Ma dov’è?” chiese Harry, sempre più esasperato.
“Trovatelo da solo”
Il giovane Potter fu quasi contento nello scoprire che
aveva perso tutta la pazienza; almeno si sarebbe sfogato sul vecchio “Cosa?!
Ma…”
“Calmati” lo interruppe Kaus, agitando con non chalance la
mano “E’ piuttosto facile da scovare. Basta che incarichi la tua brillante
amica Mezzosangue di una piccola ricerca su un oggetto che suggella l’alleanza
tra le fondatrici della scuola.”
“Gli Horcruxes non sono così facili da trovare. Voldemort
non è stupido.”
“Ahimè su questo punto ho i miei dubbi, ma comunque… questo
particolare Horcrux può concedersi il lusso di essere scovato, i veri problemi
sopraggiungono dopo il ritrovamento.”
“Come?”
“Lo capirai a tempo debito” disse Kaus simulando
un’incredibile saggezza nelle sue parole “Vuoi che ti racconti la storia della
mia vita per farti comprendere meglio le mie intenzioni?”
“No, grazie” rispose Harry con totale sincerità.
“Saggia decisione. Ci vorrebbe molto tempo per discorrere
sui meriti della mia vita. Ti propongo altro, piuttosto: che ne dici di restare
qui a casa mia e farti allenare dal sottoscritto?”
“Vuole allenarmi? Per combattere contro Voldemort?”
“Esatto. Allora, accetti?”
“Devo pensarci.”
Kaus sghignazzò “Prenditi tutto il tempo che serve al tuo
cervello per carburare una risposta.”
“Se me ne vado ora, non potrò più tornare indietro?”
“Certo che potrai tornare. Oltrepassa la barriera – e
additò lo spazio della camera dove le immagini deformate sembrava convergere in
un solo punto - e ritrova i tuoi due amici e la rossa.”
Il riferimento a Ginny fece imporporare le guance di Harry
“D’accordo e… non è che potresti smetterla di spiarmi almeno quando sono in
compagnia?”
R.A.B. assunse una falsa aria indignata: “Mi hai preso per
un maniaco guardone? E’ da diciassette anni che non esco da questo buco
schifoso, sinceramente avrei preferito un soggiorno ad Azkaban, almeno lì
c’erano i Dissennatori che sapevano come farti ingannare il tempo, ma a casa
mia… l’unico svago da qui a una settimana è stato partecipare alle bieche
esperienze di un maghetto appena maggiorenne.”
Harry se ne andò senza ripensarci due volte e congedò
l’antipatico vecchietto con ben poca gratitudine “Arrivederci.”
La voce canzonatoria di Lyons Kaus lo accompagnò anche
oltre la barriera: “Arrivederci. E quando torni portami una bottiglia di Whisky
Incendiario.”
*^*^*^*^
“Per Morgana, Harry, dopo tutto ciò che ti ho detto non
puoi prendere anche solo in considerazione la proposta di quel… quel…”
Hermione, che fino ad allora aveva contestato e commentato in solitudine il
bizzarro incontro che Harry aveva raccontato di aver avuto con Lyons Kaus, si
fermò giusto il tempo per trovare un appellativo appropriato all’ormai
cinquantenne mago. “Quel RAB!” berciò infine la ragazza frustrata, afferrando
una ciocca di capelli riccioli e portandosela dietro l’orecchio “Almeno è
affidabile? Ti sembra un individuo dalle intenzioni chiare?”
Harry sospirò visibilmente rammentandosi dei discorsi
machiavellici del vecchio e voltò la testa verso la sua migliore amica.
“Sentimi, Hermione, hai ragione a insistere che non c’è da fidarsi di lui, che
sicuramente Kaus conosce incantesimi di Magia Oscura ignoti a molti, forse
anche a Silente stesso, che mi ha raggirato come voleva fino ad adesso;
tuttavia sai che sono il Prescelto… e questo comporta, diciamo, alcuni
rischi.” La interruppe Harry con una smorfia ironica.
Hermione aprì la bocca un paio di volte, furiosa e
amareggiata dall’idea che Harry stesse sul serio ripensando, o addirittura
prendendo in considerazione quello che Kaus gli aveva proposto; le parole che
non trovava per esprimere la sua totale disapprovazione per un pensamento così
sconsiderato volarono, però, in bocca a Ron che si alleò, per una volta, con
Hermione contro il suo migliore amico: “Anche se dovessi uccidere tu
Voldemort, non è necessario che tu vada a casa di Kaus ad allenarti. Lupin
sarebbe più che felice di insegnarti qualcosa se glielo chiedessi e infondo RAB
era un compagno di Riddle, te lo ha detto lui stesso… non possiamo rischiare
che tu rimanga da solo con lui. Può essere una trappola.” Osservò il rosso,
meritandosi un’occhiata compiaciuta di Hermione e un suo sorriso sgargiante.
“Andare ad allenarsi con” riprese la ragazza, deglutendo
prima di pronunciare il nome dell’uomo. “Kaus significa allontanarsi dall’Ordine,
dalla protezione di persone fidate.”
Harry fece una smorfia. “Non sappiamo se tutti sono fidati.
Prendi Piton ad esempio: era una colonna portante dell’Ordine, e guarda cosa ha
fatto.”
“Non divagare, Harry” lo riprese lesta Hermione.
Harry alzò le braccia e le agitò in aria. “Ok, avete
ragione a non volervi fidare di lui, ma io sono un Legimens, ricordate? Lo
sentirei se provasse il desiderio di uccidermi.”
Ma Hermione aveva la risposta anche a questo: “Anche al
quinto anno eri convinto di vedere esattamente ciò che faceva Voldemort e
invece siamo caduti in una sua trappola e…” Hermione spezzò la frase,
mordendosi le labbra.
“…Sirius è morto.” Completò Harry sospirando con
impazienza. “Lo so. Ma stavolta è diverso… io… riesco sul serio a captare le
sue emozioni più forti… è come se mi sfiorassero, un lieve tocco, ma
riconoscibile… lo ammetto che non sono ancora molto bravo, e che molte volte i
pensieri sono confusi, ma sui sentimenti non posso sbagliare: e vi assicuro che
Kaus prova un forte moto d’odio verso Riddle.”
Hermione schioccò la lingua. Harry la guardò malissimo. La
ragazza cercò di restare in silenzio; Ron constatò con stupore che c’era
riuscita per ben quarantasette secondi e un battito di ciglia.
“Non mi convince Harry. Se è così, perché non ha mai
cercato di rintracciare qualcuno che come lui fosse ostile a Voldemort? Ad
esempio Silente… Tutto il Mondo Magico sapeva che Silente lo combatteva, e
inoltre è impossibile che Kaus non sapesse dove trovarlo…” ricominciò a
supporre infervorata Hermione.
Harry strinse gli occhi e si mise i palmi sulle orecchie,
ficcando le dita nei lunghi capelli neri ribelli. “Non lo so, non lo so, va
bene?! È una sensazione che ho… per adesso posso stare tranquillo con lui…”
“Per adesso, Harry, per adesso…” ripeté dura Hermione.
“Starò attento…”
Hermione incrociò le braccia al petto. “Ne parli come se
volessi già andare!” sbottò quasi isterica guardandolo con gli occhi color
cioccolato scuriti. Ron non disse niente preferendo far scricchiolare le dita: alzò
solo lievemente lo sguardo fino ad incrociare il suo, poi riprese a dedicarsi
al suo passatempo; Hermione schioccò nuovamente la lingua irritata dalla
mancanza di appoggio.
“Non ho ancora deciso” rispose infine Harry alla tacita
domanda di Hermione (e Ron, forse). “ma non ho nemmeno accantonato l’idea. Ogni
possibilità va esaminata con cura. Ci devo riflettere.”
“…e bene.” Soggiunse fermamente Hermione, voltandosi poi
verso Ron e intimandogli di smetterla ‘con quelle dita’.
Harry sbuffò leggermente, ma cedette ad un sorriso
divertito: Hermione era sempre Hermione, intelligente e furba, quanto testarda
e meticolosa.
“Lo farò Hermione.” Disse per tranquillizzarla.
Hermione sorrise e drizzò la schiena. “Alle volte mi chiedo
come fareste senza di me…”
Ron intrecciò le dita facendo l’ultimo cric sonoro e
portandosi le mani a coppa dietro la testa. “Tutto ciò che vogliamo senza che
tu ci rompa le scatole…”
“RON!”
*^*^*^*^
Samantha sedeva sul suo letto con le gambe rannicchiate al
petto e le mani che stringevano forte alcune polaroid: osservava in silenzio le
persone immortalate sorridenti nelle pose più disparate; e, nonostante alcune
fossero davvero esilaranti, in quel momento le si formò un groppo in gola e le
venne da piangere, uno sfogo infantile che poco si addiceva ad una Mangiamorte,
pensò in un misto di rabbia e frustrazione; le nocche sbiancarono mentre lei
stringeva quasi spasmodicamente le fotografie animate.
Lei era forte, una vera Drake: dal ruolo che ricopriva
nell’organizzazione dipendeva l’esito di questa guerra ed era davvero sciocco
lasciarsi andare all’amarezza del passato quando c’era un presente da
costruire.
Una debolezza piuttosto ridicola, che non si doveva
permettere. Nè questa, nè altre.
Si strofinò con forza i polsi sugli occhi arrossati
asciugandosi le guance con il pullover e si alzò andando verso la finestra.
Quel giorno c’era un violento acquazzone. La pioggia aveva spazzato via la
nebbia e bagnava ormai incessantemente da almeno quattro ore i giardini
tagliati di fresco, lasciando nell’aria quell’odore acre di fieno che impregna
l’aria e ti soffoca dolcemente; a Samantha non spiaceva quell’odore, ma al
contempo era insopportabile.
Il quartiere dove abitava era carino, dopotutto: fuori dal
centro città, Effingham era una
sottospecie di paradiso paragonato ai disordini che regnavano da padroni a
Londra: niente cinguettii degli uccellini e niente vicini premurosi, anzi la
padrona di casa, la signora Denver, le faceva venir voglia di tirare fuori la
bacchetta e di Schiantarla, ma tutto sommato era solo nel suo appartamento che
poteva dedicarsi un attimo al riposo e a se stessa. Prima che arrivasse lui.
L’aveva invitato Samantha e non si pentiva di quella scelta (non si era mai
pentita per nessuna, a dirla tutta), ma il suo riposo adesso era limitato alla
sua stanza da letto… e tutto per colpa di Draco Malfoy.
Draco era un ragazzo intelligente, raffinato e dotato di un
certo fascino, ma non riusciva a lasciarle il suo spazio. Non che fosse curioso
o invadente, anzi, quando non iniziavano una conversazione – sarebbe stato
meglio dire che Samantha iniziava –o non rifletteva in silenzio, leggeva in silenzio… niente rumori
fastidiosi, quindi; era piuttosto la sua presenza a lasciarla inquieta e
incapace di rilassarsi.
Insopportabile. Ecco l’aggettivo giusto.
Da quando era arrivato aveva lasciato nella casa
un’impronta indelebile che Samantha non era riuscita a coprire. I libri in
salotto, il cappotto, l’odore di muschio di cui era impregnata la casa… e,
naturalmente, il suo respiro accanto a lei. Certe notti Samantha appoggiava
l’orecchio alla sua porta, spiando nella serratura, per ascoltare il suo
respiro regolare, o per scorgerlo sdraiato con le braccia dietro la testa a
guardare il soffitto, alle volte direttamente lei: Samantha sospettava che ogni
volta che aveva fatto questo, lui l’avesse sentita, ma non glielo avesse mai
detto, indifferente alla cosa.
La ragazza scosse la testa, mordendo un labbro.
Assurdo. Decisamente assurdo che un ragazzino di quattro
anni più giovane di lei la facesse sentire irrequieta… e un ragazzino per
giunta presuntuoso, quando apriva quella sua boccaccia, e silenzioso.
Forse era proprio questo il problema: Draco le era sembrato
più… umano nei primi tempi che lo aveva conosciuto e questo l’aveva avvicinata
a lui. Aveva pensato addirittura ad un fidato amico all’interno di una
confraternita come i Mangiamorte, ma man mano passava il tempo Draco,
respirando e vivendo nel Covo Oscuro, aveva imparato a dominare completamente
le sue emozioni, mantenendo un calma glaciale.
Samantha rabbrividì: era impensabile per lei una tale
freddezza all’infuori del covo del Signore Oscuro. Lì lei era calma e
autoritaria quando ci riusciva, ma fuori era come se si liberasse e tornasse a
respirare.
TOC TOC
Samantha sussultò lievemente. Chiuse gli occhi per
riprendere il controllo e chiese educatamente: “Sì? Chi è?”
“Sono io, Draco”
E chi altri se no? Chi ho qui, se non lui?
Anche la voce di Draco era ormai pacata, educata, fredda
(ma rare volte scortese), ancora alle volte acuta e infantile, ma che ormai
s’avviava a prendere una cadenza profonda; aveva quasi un suono musicale.
“Oh… entra, Draco.”
Lui entrò, leggero e silenzioso come un gatto, richiudendo
la porta. Samantha, ancora girata verso la finestra, si morse nuovamente le
labbra e strinse di più le braccia sul petto: ora anche la sua stanza era
contaminata. Sentiva già il suo profumo.
“Prima o poi dovrai dirmi che cosa usi per profumarti di
muschio…” sussurrò in trans.
“Cosa?”
“Niente.” Gli rispose voltandosi verso di lui. Draco era
perplesso, ma sembrava che non volesse insistere. Samantha sospirò
internamente.
“Perché sei qui?” gli domandò, sedendosi sul letto e
facendogli segno di accomodarsi. Lui non si mosse, fermo vicino alla porta,
declinando così la sua offerta. Samantha pensò che Draco volesse quasi essere
nella posizione più proficua per scappare.
“Mi chiedevo cosa pensa il Signore Oscuro dell’idea di
scarcerare i detenuti ad Azkaban.”
Samantha se lo aspettava: era l’unico pensiero che, lei lo
sapeva, frullasse in testa a quel ragazzo.
“Cosa ti fa pensare che io ne sappia più di te?” gli
chiese. Aveva imparato a essere prudente, da quando lui era cambiato: già
troppe volte gli aveva espresso pareri pericolosi, per testarlo, forse.
“Vedi il Signore Oscuro quasi tutti i giorni a causa del
tuo incarico. Te ne avrà parlato, no?” il suo tono calmo nascondeva in realtà
un affannamento.
Samantha rifletté sulla possibilità o meno di rivelargli
qualcosa. D’altronde, un po’ lo capiva: dentro Azkaban c’era anche suo padre,
Lucius Malfoy.
“… sei in pena per tuo padre, Draco?” la voce di Samantha
aveva preso colore, diventando dolce.
Draco sembrò soppesare la domanda – e lei – per un attimo.
Samantha non aveva fretta, e sapeva che se gli avesse rifatto la domanda, non
le avrebbe di certo più rivelato qualcosa su di lui. E la ragazza nutriva una
curiosità quasi morbosa di sapere di più su Draco.
“Ormai è un anno e trentotto giorni che è là. Non dovrei
essere in pena.” Rispose.
Samantha gli sorrise. Contava i giorni che suo padre aveva
trascorso in prigione e aveva usato un condizionale. Ci teneva alla famiglia,
anche a colui che l’aveva, per così dire, fatto diventare un Mangiamorte.
La ragazza aveva raccolto informazioni sulla vita precedente
di Malfoy, scoprendo che suo padre era stato un Mangiamorte molto influente e
questo di certo aveva influenzato il suo destino.
“Eppure lo sei.” Commentò pacatamente sempre con il
sorriso. “Che carino!”
Draco spalancò gli occhi, sembrando imbarazzato, e lei si
illuminò nel trovare sotto la sottile corazza di indifferenza e ghiaccio ancora
qualcosa di umano e sensibile.
“Scusa, m’è scappato.” Gli disse, facendogli però
l’occhiolino. Troppo tardi: la maschera era già al suo posto sul viso
impenetrabile di Draco Malfoy.
“Mh.”
Restarono per qualche minuto in silenzio, ognuno immerso
nei propri pensieri.
“Allora?”
“Eh?”
Draco alzò le sopracciglia altezzosamente e borbottò:
“Queste informazioni…”
“Beh, non ne so molto, ma credo che Voldemort stia facendo
qualcosa in proposito… o magari sta solo prendendo in considerazione questa
ipotesi. Ci sono sì nuovi acquisti, ma non abbondano, diciamo. È per questo che
io sono qui. È un po’ come se fossi un agente pubblicitario.” Sorrise Samantha.
“Un cosa?” chiese Draco.
Samantha ridacchiò imbarazzata. “Eh eh… niente, niente…
solo uno stupido lavoro babbano…”
“Sarà…” Draco era perplesso. “Secondo me non sei adatta a
reclutare uomini per il Signore Oscuro. Non mi sembri molto d’accordo con le
motivazioni e gli scopi di Voldemort.”
Samantha si irrigidì. “Cosa intendi dire? Vuoi forse
mettere in discussione la mia lealtà al nostro Signore?” domandò con tono
irritato.
Draco rimase in silenzio, mettendola così ancor più in
agitazione. Samantha sentì un brivido e la collera (mista a qualcos’altro)
avanzare in lei.
I lineamenti del volto della ragazza si indurirono. “Non ti
permetto di insinuare questo, Draco. I successi che ho portato a termine sono
il chiaro segno di come mi stia impegnando per convincere i maghi all’estero ad
unirsi a noi. Cosa non facile, dato che ai tempi della Prima Guerra Magica
l’influenza del Signore Oscuro non era arrivata fuori dai confini europei.”
Draco non si intimorì. “Non dovresti giustificarti.”
Osservò glaciale.
Samantha sostenne il suo sguardo diffidente con
determinazione. “Quando c’è chi insinua il mio tradimento, ho il dovere di
chiarire la mia lealtà. Chiunque farebbe così.” Replicò con freddezza pari a
quella del ragazzo. Questi, non insistette, ma neppure le chiese scusa.
“Ora vattene, m’hai irritato.” Gli ordinò.
Lui richiuse la porta alle sua spalle.
Samantha si alzò e accostò l’orecchio alla parete finché
non sentì una porta chiudersi. Si lasciò ricadere addossata all’uscio,
premendosi la tempia con due dita.
Gli scontri con Draco la spossavano sempre.
*^*^*^*^
Fiamme.
Le fiamme bruciavano le travi di legno che, incandescenti,
crollavano dal tetto ormai in cenere della Tana.
Un cumulo di macerie, sassi anneriti, muri crollati, prati
da cui sembravano salire le fiamme dell’inferno era quel che pareva rimanere
della casa di campagna, dove tutti e tre loro aveva trascorso momenti felici.
Il pollame, impazzito, correva per il cortile con acuti
versi di terrore.
A coronare il tutto, la grande nube nero pece, che Hermione
per prima e con la solita prontezza aveva avvistato in lontananza, faceva da
sfondo a quel che Harry e Ron avevano sempre considerato ‘casa’, mentre ora era
soltanto un cumulo di rovine.
Il giovane Potter sentì un vuoto all’altezza dello stomaco
chiuso. Osservò in silenzio un’altra trave crollare: in qualche modo era come
se crollasse con lei anche una parte sua. Forse la sua infanzia, l’adolescenza.
Harry guardò alla sua destra dove, silenzioso, Ron
osservava lo stesso scenario, gli occhi azzurri completamente spenti.
Il rumore del fuoco crepitante non era lo stesso suono che
aveva udito Harry tante volte davanti al camino acceso; era più forte, più
potente, quasi più mostruoso.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: un serpente nebuloso si
muoveva sinuosamente uscendo dalla bocca d’un teschio.
Mangiamorte.
Non che non avesse già capito che non si era trattato di un
incidente, ma Harry non aveva mai preso in considerazione l’idea che potessero
fare questo ai Weasley.
“Ron, ti prego…” il sussurro disperato di Hermione attirò
l’attenzione del giovane Potter: l’amico non si era mosso da quando, atterrati
in lontananza dalla Tana, aveva corso pazzamente davanti a lui e a Hermione
fino a giungere lì.
Sembrava smarrito, annichilito; Harry, tuttavia, avrebbe
scommesso la sua testa, per la gioia diVoldemort, che in verità era molto, molto arrabbiato. Poteva quasi
vedere l’ira che divampava in lui come il fuoco che si stava finalmente
consumando tra le ceneri.
Hermione stava singhiozzando. “Ron, ti prego, parlami…
reagisci…” sussurrava preoccupata. Come sempre, aveva capito che il rosso aveva
bisogno di aiuto, prima ancora di compatire una casa in fiamme. D’altronde, si
disse Harry, non era importante in sè, ma era più che altro un simbolo che
andava perduto; l’avrebbero ricostruita, si promise.
Harry si avvicinò. “Amico, andiamo…” suggerì, tentando di
allontanarlo.
“NO!” si oppose il rosso, districandosi dalla sua presa.
Harry non cedette. “Non mi sembra il caso di inalberarsi,
Ron.” Disse. Lo prese per le spalle e tentò nuovamente di allontanarlo. “Non
serve a niente stare qui… cerchiamo la tua famiglia e avvisiamoli
dell’accaduto…”
“Lasciami in pace!” gridò invece Ron cercando di
divincolarsi. “Devo rimanere qui!”
Harry si fece forza per tentare di contenere l’amico, più
alto e prestante di lui. “Non ti servirà a niente! Cerca di calmarti!”
“Maledizione, Harry, lasciami! È la mia casa quella che sta
bruciando, la MIA casa!!” gli urlò il rosso, dibattendosi con crescente forza.
“Lo so!” gli rispose Harry, tentando di calmare la belva.
Accidentalmente il gomito di Ron si conficcò nel suo petto,
facendogli mancare il fiato per un attimo. Lo lasciò andare, tenendosi con una
mano la parte contusa.
“Cavoli…” borbottò lanciando maledizioni. “Testardo d’un
Weasley…”
Vide allora Hermione, che prima era restata da parte in
silenzio a guardarli dimenarsi, avvicinarsi a Ron cauta e posizionarsi di
fronte a lui.
“Ron…” lo chiamò dolcemente. “Capisco il tuo dolore, ma
l’importante è che tu stia bene, ok? …Ron, ti prego, guardami!” Hermione prese
il suo viso con una mano e lo girò in modo da essere occhi negli occhi. “Devi
reagire Ron. Non puoi startene qui fino alla fine dei tuoi giorni, nè fino alla
fine di questo.”
“Lasciami stare.”
Due parole come due stilettate al cuore.
SCHIAF!
Potter smise di respirare, e forse così fece anche la
ragazza.
Era successo quello che nè Harry nè Ron nè, forse, Hermione
avrebbero mai immaginato. La mano di Hermione si era abbattuta con decisione
sulla guancia di Ron, facendogli voltare la faccia dall’altra parte.
Ron era rimasto con la faccia voltata, gli occhi sbarrati
d’incredulità. D’un tratto si riprese e si voltò: “Hermione, che cavolo…” ma le
parole gli morirono in gola.
Hermione stava piangendo.
Ron, dimentico dello schiaffo, della casa e di Harry, si
abbassò fino a raggiungere la statura della ragazza e prese a cancellargli le
lacrime con i pollici, preoccupato a sua volta per lei: “Hermione, non
piangere… io non volevo… smettila, per favore… perché piangi?”
Hermione strinse gli occhi per tentare di calmarsi e
borbottò tra i singulti: “Perché sei un dannato imbecille, Ronald Weasley…” …e
mi fai tanto preoccupare…
Hermione si calmò e prese fiato. Alzò gli occhi cioccolato
su di lui.
Ron si staccò, rosso sulle orecchie, imbarazzato.
Hermione, al contrario, non sembrava esserlo più di tanto.
“Ora la smetti di fare l’idiota, per piacere? Dobbiamo andare via di qui.” Gli
disse con dolcezza.
“S-sì… scusatemi.” Balbettò Ron.
Delle sirene in lontananza svegliarono Harry che aveva
guardato sbalordito (e un poco divertito, a dire il vero) lo spettacolino dei
due amici.
“Sarà meglio andarsene…” disse. “I proprietari dei terreni
confinanti avranno chiamato i pompieri.”
I due annuirono e lo seguirono lungo i prati,
trotterellando abbassati per non farsi vedere dal camion rosso appena giunto
già al lavoro per domare l’incendio ormai passato. Arrivati alla radura dove
avevano lasciato le scope, rifletterono sul da farsi.
“Dovremmo raggiungere la famiglia di Ron e avvisarli
dell’accaduto…”
“E’ quello che avevo in mente.” Concordò Harry con
Hermione.
“C’è un problema.” Intervenne Ron.
Gli altri due chiesero al rosso a cosa mai si riferisse.
“A parte che molto probabilmente sanno già tutto, non
sappiamo nè dove siano nè come contattarli.” Spiegò Ron, che ora sembrava
lucido e completamente ripreso dallo shock.
“Vero.” Convenne Hermione.
“Che si fa?” domandò il rosso.
Ci fu qualche minuto di silenzio, mentre tutti
riflettevano.
“Geniale, amico!” esultò Ron alzando il pollice mentre
Harry si strofinava l’indice sotto il naso soddisfatto.
“Peccato che non sappiamo come fare anche con loro.”
Hermione fece crollare le loro speranze.
“E che si fa, sentiamo!”
“Possiamo andare al Paiolo Magico a Londra. In qualche
modo, lì, riusciremo a contattare qualcuno che ci possa aiutare.” Propose la
ragazza, aggiungendo: “Certo, dovremmo fare attenzione con le scope, dopo
l’attacco di quel drago al Parlamento babbano il Ministero ha imposto un regime
speciale anti-rivelazione.”
“Ma…” iniziò titubante Ron, interrotto poi dal richiamo di
un uccello.
I tre si voltarono contemporaneamente in direzione dello
strillo acuto e per Harry famigliare, e videro una civetta bianca librarsi
verso di loro.
“Edvige!”
La civetta atterrò morbidamente sul braccio disteso del suo
padrone. Harry sorrise alla sua vecchia amica e le accarezzò la testolina
piumata. “Ehi bella, cosa mi porti?”
La civetta allungò una zampina a cui era legata una
pergamena che Harry slegò e porse ad Hermione, mentre Edvige gli beccava
amorevolmente le dita in segno di affetto.
“Allora?” chiese Ron impaziente.
Hermione sorrise. “E’ di tua madre. Stanno tutti bene e c’è
scritto dove possiamo trovarli.”
Ron si alzò in piedi. “Perfetto, andiamo.”
Harry lo imitò, raccomando alla civetta di seguirli.
Salirono sulle scope e seguirono Hermione che volava egregiamente.
“Dove andiamo?”
“Londra.” Rispose sbrigativa lei.
“E dove di preciso?”
“Uffi, Ron, fidati.”
“Eddai, Hermione cosa ti costa? Devi sempre avere tu il
controllo di tutto!”
Harry si portò una mano sulla faccia. “Non è possibile, di
nuovo…”
“Non è vero! Sei tu quello che fa sempre scenate!”
“Bugia. Ah, ora che ci penso, perché mai mi hai mollato un
ceffone, si può sapere?! Fa male…”
“Se fai ancora il pazzo te ne becchi un altro, stupido!”
“Edvige, amica mia, meno male che ci sei tu…”
Ma la civetta, disturbata dagli schiamazzi, cominciò a
volare più veloce, lasciando il padrone da solo, terzo incomodo tra i due, come
al solito.
*^*^*^*^*^
Harry rigirò la bacchetta tra le dita pensando alla
proposta di Kaus e in contemporanea a Ginny, Ron ed Hermione. Non era la prima
volta che si sentiva diviso tra i suoi cari e il suo dovere, ma mai prima d’ora
era stato così indeciso. Non c’era da fidarsi di Lyons Kaus, come gli aveva
ripetuto Hermione fino alla nausea, eppure necessitava del suo aiuto per
trovare gli Horcruxes e magari per migliorare nel combattimento.
Kaus era un mago molto potente che conosceva a fondo
Voldemort, ma che soprattutto non lo temeva. Era forse per questo motivo che
Harry ora si sentiva quasi pronto ad accettare la proposta di R.A.B.: un mago,
vecchio, potente e che non temeva Voldemort e che voleva addestrarlo per
sconfiggerlo… quelle caratteristiche gli ricordavano Silente. Harry era in
parte conscio del fatto che stava riflettendo lo spettro del suo amato
ex-preside su Kaus, eppure doveva accettare; dopo un lungo riflettere si
convinse che presto avrebbe riassaporato il gusto amaro del sorrisetto
canzonatorio di R.A.B.
Come per uno scherzo del destino il suo inconscio lo aveva
trascinato nei sotterranei del Ministero, dove si trovava ora la nuova sede
dell’Ordine all’insaputa di tutti. Da quando Scrimgeour aveva assunto massima
carica, quasi dittatoriale, la stanza dei Misteri era stata letteralmente
ripulita ed ora, in quello che una volta era stato un labirinto di porte e
stanze dai contenuti macabri e misteriosi, restava solo lo scheletro spoglio:
un’immensa stanza completamente vuota, fatta eccezione per le mobilie.
Harry si mise a girovagare per molto; l’ambiente esteso e
oscuro gli sembrava ottimo per riflettere anche perché quel luogo racchiudeva
molti ricordi: lo scontro contro i Mangiamorte, la scoperta della profezia, la
battaglia tra Silente e Voldemort e la morte di…
Harry si trattenne dal ricordare quella scena, ma gli fu
impossibile quando si ritrovò parato davanti all’odiato velo. Il Ministero
dunque non se ne era sbarazzato; quel drappo di tessuto rosso che detestava
tanto… cosa sarebbe accaduto se avesse varcato la soglia che delimitava?
Avrebbe rincontrato Sirius? Certo, il desiderio di riabbracciare il suo amato
padrino era forte ma lo era quasi altrettanto la volontà di realizzare la
promessa fatta a Silente.
Strenuamente Harry decise di fare dietro-front e di non
indugiare oltre su ricordi dolorosi; doveva concentrarsi sul presente. Così
attraversò l’immensa stanza deserta e risalì la scalinata segreta sino a
ritrovarsi nel cuore del covo dell’Ordine della Fenice. Come se si fosse
trovato ancora in un ambiente deserto e incurante dei saluti che gli
rivolgevano i giovani apprendisti Auror, Harry si diresse verso quella che
ufficialmente era diventata la sua stanza e vi si barricò dentro.
Dopo aver rivolto uno sguardo furtivo alla stanza per
accertarsi di essere solo, Harry aprì un cassetto e cercò con le dita sul fondo
quello che riconobbe come il vetro di uno specchio. Tirò fuori l’oggetto e lo
osservò ipnotizzato. Sapeva che tutto ciò era inutile ma indugiò con lo sguardo
sullo specchio che rifletteva nient’altro che la sua immagine. Proprio come la
volta precedente ricevette un’enorme delusione, una frustrazione che Harry
reputava infantile e ingenua. Perché continuava ad illudersi così? Era
quell’ambiente in cui ora lo costringevano a vivere: la sezione Misteri. Non
potevano scegliere un luogo che flagellasse di più la determinazione di Harry,
tanto valeva obbligarlo a vivere sulla tomba dei suoi genitori. Il Ministero
era un luogo sicuro strategicamente, ma non ottimale per il morale di Harry.
Il ragazzo aveva bisogno di una boccata d’aria fresca e
sapeva che quell’aria si trovava proprio a casa di R.A.B. Prima di andarsene
definitivamente da quella che per brevissimo tempo era stata la sua stanza, nascose
lo specchio di Sirius sotto il mantello, anche quello, come il falso Horcrux da
cui ora era inseparabile, era un monito per ricordarsi di quanto avesse perduto
e con quanto impegno avrebbe dovuto impegnarsi per valorizzare la perdita di
Sirius.
*^*^*^*^*^
Draco Malfoy era seduto su una poltrona, incurante della
polvere che gli rovinava i pantaloni su misura. Per quanto tenesse al suo
aspetto anche in tempo di guerra, era troppo preso dalle sue preoccupazioni per
perdere tempo in cose futili.
Era da tre giorni che non aveva nessun colloquio con il
Signore Oscuro e questo gli pesava un po’. Non si sentiva ancora un perfetto
assassino, questo era vero, ma non era un nullafacente e l’attesa di una
risposta alla sua proposta lo stava facendo impazzire.
Il rumore di una porta spalancata catturò la sua
attenzione.
Sulla soglia, col fiato un po’ corto, stava Samantha.
“Muoviti!” gli ordinò bruscamente, prendendolo per un braccio e trascinandolo
di corsa tra i corridoi bui.
“Cosa succede?” chiese, strattonando il braccio in modo da
liberarsi dalla presa.
“L’attacco sta per cominciare. Adesso.” Chiarì la ragazza.
Draco spalancò gli occhi. Sapeva già di cosa stesse
parlando, ma volle comunque averne la conferma, così domandò: “Ad Azkaban?”
Samantha lo fissò, per un attimo gli sorrise con dolcezza.
“Ovviamente.”
Draco sentì l’adrenalina in ogni fibra del suo corpo, ma si
ordinò di mantenere la calma. “Chi guiderà l’attacco?” doveva saperne di più.
“Darcy Donovan, altrimenti detto Doppio Dolore. Un mago davvero
molto potente, che si è distinto nella battaglia a Edimburgo.”
Draco annuì concitato. Ne aveva sentito parlare: ambizioso,
distaccato, e spietato. Era la sua prima missione e sicuramente avrebbe fatto
di tutto per portarla a termine con successo, così da conquistare stima e fama
tra i Mangiamorte e, naturalmente, agli occhi di Lord Voldemort.
“Sono pronto.” Disse più a se stesso che a Samantha.
Lei non replicò limitandosi con un gesto di bacchetta a
materializzare la sua maschera.
Nella Sala Regia un discreto numero di Mangiamorte era
radunato, pronto all’attacco. Davanti un uomo sulla quarantina che li squadrava
attraverso la maschera con due occhi viola inquietanti.
“Signori stiamo per attaccare Azkaban, la più inaccessibile
prigione del Mondo Magico. Che dite, la lasceremo inaccessibile?!” gridò alla
folla quello.
“NO!”
“Bene. Smaterializzatevi e uccidete. Per lord Voldemort!”
Padre sto arrivando a riscattarti.
*^*^*^*^
“Voglio entrare a far parte dell’Ordine.”
La frase di Ron aveva raffreddato ancora di più l’atmosfera
pesante che regnava quella sera nel Quartier Generale dell’Ordine della Fenice.
La signora Weasley stava seduta su una sedia e aveva smesso di rammendare un
paio di calzini del consorte. Le labbra le tremavano.
“No, Ron non te lo permetto!”
“Mamma sono abbastanza grande da decidere da solo.” Ribatté
caparbio il giovane Weasley.
“Non se ne parla! Qui non stiamo giocando ai soldatini, far
parte dell’Ordine vuol dire rischiare di… di…” Molly Weasley lasciò cadere due
lacrimoni sulle guance rubiconde. “…morire… ed io non permetterò che i miei
bambini…”
“Charlie e Bill sono già dentro da un pezzo, mamma, e tutti
oggi rischiano la vita, io in primo luogo. Preferisco di gran lunga agire
piuttosto che starmene rintanato in un buco, come vorresti tu.” un luce
determinata brillava negli occhi chiari di Ron.
“Non si preoccupi signora Weasley, non permetterò che Ron
si faccia del male” l’intervento di
Hermione aveva rassicurato la signora Weasley che le
concedette un sorriso di gratitudine. “Diventerò anch’io un membro della
Fenice.”
Decisamente quasi tutti i presenti nella stanza – famiglia
Weasley al completo, Tonks e Lupin, e Malocchio Moody – rimasero impietriti
dall’iniziativa dei due giovani. Solo pochi tra i presenti non sembravano per
niente sorpresi: il primo era Harry, al quale i due amici avevano dato per
primo la notizia, e che se ne stava tranquillo appoggiato con la spalla al
caminetto; la seconda era Ginny che continuò con serenità a studiare con aria
assorta il grosso tomo di Incantesimi che le aveva prestato Hermione (a causa
della chiusura di Hogwarts doveva recuperare da autodidatta gli insegnamenti);
il terzo era Malocchio Moody che continuava a far ruotare sinistramente il suo
occhio per tutta la stanza.
“Benissimo” disse quest’ultimo fissando l’occhio dall’altra
parte rispetto a Ron e Hermione. “Abbiamo bisogno di carne fresca. Io e Lupin
potremo farvi da maestri. Vi avviso da subito che sarà dura. Potete ancora
ripensarci.”
I due ragazzi si fissarono per un lungo istante.
“Io accetto.” Disse Ron, seguito a ruota da Hermione.
“Anch’io.” Annuì convinta la ragazza.
“Benissimo. Sono certo che mi divertirò un mondo come non
mi capitava da tempo…” Lupin lanciò un’occhiata stupita all’ex-cacciatore di
Mangiamorte. “Qualcosa in contrario Lupin?”
“N-no…” balbettò quello, incerto.
“Benissimo, benissimo…” ripeté con evidente soddisfazione
Moody. “Mi divertirò…”
“Un momento Moody.” Intervenne rapida Molly scattando in piedi con il dito già
alzato in segno d’accusa. “Non permetterò che questi ragazzi rischino la vita
per il suo sadismo!” inveì con voce squillante.
“…mamma…” borbottò Ron a mezza voce, incrociando le
braccia.
Molly scoccò al figlio un’occhiata furente. “E non provare
a dire ‘mamma’ in quel modo, Ronald, o giuro che ti sculaccio per benino.” Lo
minacciò, così da far colorare le orecchie di Ron di rosso nonostante il
ragazzo mantenesse un’aria di superiorità.
“Se mi posso permettere signora Weasley” intervenne Harry.
“Ron e Hermione hanno rischiato e rischiano sempre tanto a causa mia. Ecco io
preferirei che loro fossero protetti e ben addestrati per ogni evenienza… e
concorderà con me che chi se non l’Ordine può dare entrambe le cose?”
“Ma… Harry caro…”
“Eddai Molly, lasciamolo fare.” Arthur Weasley sorrise. “Anche perchè
nonostante tutti i tuoi sforzi non riuscirai a smuoverlo dalla sua decisione.”
La signora Weasley si lasciò andare mollemente sulla sedia.
“E va bene” si arrese, lanciando però un’occhiata al figlio. “Ma bada di non
ficcarti in troppi guai.”
“Avete sentito Moody?! Vuole ammazzarci di lavoro!”
“E’ logico che la tabella di marcia sia così sostanziosa
Ron, oltre agli Incantesimi e la cultura generale sulla Magia da affinare
dovremo anche allenarci molto sul piano fisico.” Lo rimbeccò Hermione, ma la
sua voce si fece incerta sull’ultimo punto. “Non so se ce la farò…”
Ron la guardò dall’alto stranito. “Certo che ce la farai.
Sei la ragazza più in gamba e più testarda che conosca.”
Hermione, che aveva esibito un grosso sorriso, lo rimproverò.
“Ron…” fece con voce minacciosa.
“Che ho detto?” allargò le spalle quello.
“Sarei testarda, eh?”
“Beh…”
“Poveri voi, non vi invidio affatto… avere Moody come
insegnante non sarà affatto facile…”
Hermione scoccò ad Harry un’occhiata che non prometteva
nulla di buono. “Perché, tu non ti alleni?” gli domandò con stizza.
Harry ciondolò un attimo, guardandosi le scarpe; doveva
dirglielo? Tanto prima o poi lo avrebbero scoperto… quindi…
“Ho deciso di andare da RAB. È la cosa più giusta.”
“Ma…”
“Non riuscirai a farmi cambiare idea, Hermione.” La bloccò
sul nascere Harry.
Seguì uno strano silenzio.
“Oh Harry… saremo così lontani… non puoi…” provò Hermione,
facendolo sorridere intenerito. Si preoccupava sempre per lui… Hermione e Ron
erano davvero importanti, la sua famiglia.
“Smettila di piagnucolare Hermione, Harry ha deciso.” Ron
alzò lo sguardo pensoso. “Devo dire che io lo sospettavo fin dall’inizio. E se
avessi scommesso avresti perso dieci galeoni Hermione.”
Harry allargò gli occhi, in un’espressione vagamente
offesa. “Avete scommesso su di me?!”
Fu la volta di Hermione ciondolarsi. “No, no… io non ho
voluto, le scommesse sono così inutili…”
Ron alzò semplicemente le spalle sorridendo.
“Carogna…” gli ringhiò contro Harry.
Il rosso sogghignò. “Per guadagnare dieci galeoni tutto.”
Ron fece una smorfia ripensando all’amico nelle grinfie ‘diaboliche’ di RAB.
“Chissà cosa ti farà quel uomo…”
Harry gli diede una piccola spinta scherzosa. “Pensa
piuttosto a Moody te! Dopodomani si inizia già!”
“Non ricordarmelo amico…”
“Anche per me inizierà l’addestramento.” Ginny spuntò
dall’ombra del corridoio e si mise tra Ron e Harry, sfidandoli con lo sguardo
ad opporsi. “Ho parlato con Lupin e lui è d’accordo con me nella mia decisione
di far parte anch’io dell’Ordine.”
“Che bello Ginny!” Hermione abbracciò in un impeto
d’affetto sincero l’amica, che contraccambiò. “Potremo allenarci tutti insieme,
io, tu e Ron e poi…”
“NO!” urlarono contemporaneamente i due ragazzi, fissando
le altre due ancora abbracciate.
Ginny girò gli occhi fiammeggianti verso di loro.
“Sentiamo… sapevo dall’inizio che voi due mi avreste portato grane…”
“Non puoi Ginny, non ti permetterò di rischiare! Tu sei
ancora troppo piccola!” la voce di Ron aveva dato vita agli stessi pensieri che
avevano fatto capolino nella mente di Harry, anche se l’ultima parte era
decisamente diversa…
L’unica femmina della famiglia Weasley incrociò le braccia
al petto e prese a battere la terra con il piede. “Piccola? Ron ho
sedici anni e solo uno in meno di te, avevo ottimi voti a scuola e ho seguito i
corsi di Harry durante il mio quarto anno; e, se non sbaglio, sono venuta con
voi nella Stanza dei Misteri. Mi pare di possedere le qualità per diventare un
membro dell’Ordine.”
Ron s’infiammò subito. “Non è questo il punto! Non posso
permettere che la mia sorellina si metta in pericolo!”
Ginny sospirò allungando una mano verso il fratello, prese
una delle sue mani e la strinse nelle sue, fissandolo con decisione. “Ascolta
Ron. Ho sopportato per anni i tuoi modi iper-prottettivi solo perché so che mi
vuoi bene e ti viene istintivo comportati così nei miei confornti. Ma non puoi
proteggermi per l’eternità. Io so che tu ci sarai sempre per me, ma ti
dimentichi troppo spesso che anche io posso esserci per te, per aiutarti. Non è
un rapporto a senso unico quello che ci lega, Ron. Tu vuoi proteggere la tua
famiglia, i tuoi amici? Bene, questo è ciò che voglio fare anche io. E lo devi
accettare, anche se so che sarà difficile per te.” Ginny sorrise timidamente al
fratello, stringendo di più la sua mano.
Ron la guardava in silenzio, come rimuginando sulle sue
parole.
“Ron…”
Il ragazzo si staccò dalle sue mani bruscamente e si voltò
dall’altra parte, le mani dietro la nuca, sbuffando. “E va bene… ma sia chiaro
che lo africo solo perché penso che così ti potrai proteggere meglio…”
Ginny sorrise ampiamente e, aggirando il fratello in modo
da esserli nuovamente davanti, gli scoccò un veloce bacio sulla guancia
esclamando: “Grazie fratellone!”
“Umpf…” Ron borbottò qualcosa di incomprensibile, in
imbarazzo; Hermione sorrise vedendo la scena e provò uno strano calore nel
petto, che non le era poi tanto sconosciuto, in realtà.
Ginevra si voltò poi verso Harry, che continuavaa guardarla truce.
“E tu non fiatare” lo minacciò Ginny sfidando il suo
sguardo “non lascerò che le tue manie da eroe condizionino la mia vita.”
“Non ho detto niente.” Si difese freddo il ragazzo.
“Ma i tuoi occhi dicono ciò che tu non dici con la bocca.”
Lo rimbeccò Ginny, passandogli di fianco come una furia e dandogli volutamente
una spallata prima di scomparire nei corridoi del Quartier Generale.
Harry rimase basito senza muovere un muscolo. Com’era
possibile che ogni volta che le parlava non faceva altro che peggiorare la
situazione? Com’è che quando c’era lei non riusciva a comportarsi in modo
intelligente, facendo sempre la figura dell’idiota?
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo ironico e decisamente
astioso di Hermione e un’occhiata di pietà di Ron.
Alzò una mano in un gesto nervoso. “Al diavolo” e si girò
per andarsene anche lui, desideroso di un attimo di solitudine.
*^*^*^*^*
Albert Gray era uno degli Auror di turno alla prigione
magica di Azkaban.
Da quando i Dissenatori si erano dileguati per unirsi alle
schiere di Tu-Sai-Chi il carcere era tutelato da una guardia composta da uomini
esperti che più volte avevano avuto a che fare con le Arti Oscure e che
sapevano come affrontarle, oppure da giovani selezionati molto capaci.
Con i suoi quarantasette anni di vita, dei quali ventotto
al servizio della tutela della comunità magica, Albert era un sergente attivo
che amava mischiarsi nelle battaglie e vivere il suo lavoro, e aveva preferito
accettare l’offerta di custodire Azkaban piuttosto di una vita tra scartoffie
varie. La scrivania non era il suo luogo, era lì tra i suoi uomini.
Purtroppo Albert si rendeva conto che gli anni passavano e
che ormai era prossimo ai cinquant’anni: i capelli rimasti attorno alla pelata
erano brizzolati e sempre più spesso soffriva di disturbi diuretici. Forse era
arrivato il momento di cedere posto ai giovani, si disse mentre scrutava
l’orizzonte.
Il cielo era rosato e il sole rosa scuro brillava a stento
tra la coltre di nebbia che si estendeva al di là della barriera magica che
custodiva la prigione. All’interno dell’edificio e per pochi chilometri
all’esterno di questo, infatti, la nebbia scompariva grazie ad una potente
magia che permetteva loro maggior difesa.
“Ehi Al!”
Albert si voltò verso la voce e sorrise sotto i baffi
grigi. “Edgar…” strinse la mano ad un uomo all’incirca della sua età ed
entrambi si diedero una virile pacca sulla schiena. “Come stai, vecchio mio?”
gli chiese, facendolo accomodare sul muretto della torre.
Era lì che Albert preferiva pattugliare la zona. Poche cose
gli sfuggivano da quell’angolazione.
Edgar alzò le spalle. “Non c’è male, ma farei volentieri a
meno di sostituirti stanotte. Mary è scontenta ultimamente e non vede l’ora che
mi rinchiudano in un ufficio.”
“Ti capisco, amico” annuì mestamente, ma con un sorriso,
Albert. “Anche la mia Dorothy vuole la stessa cosa. Posso capirla: è stufa di
fare le ore piccole quando io sono di turno di notte, soprattutto ora che il
mio angioletto si sposa.”
Edgar spalancò gli occhi. “Non mi dire! Così la tua Emily
sta per abbandonarti per un aitante giovanotto, eh?”
Albert sospirò. “Sembrerebbe che preferisca quell’impiegato
tranquillo a suo padre.”
L’amico rise. “Crescono in fretta, eh Al?”
Il quarantottenne annuì.
“Anche Martin sembra aver messo la testa a posto.”
Albert ghignò a sua volta. “E chi è la temeraria che è
riuscita nell’impresa che hai tentato per lunghi anni?” ironizzò.
“Si chiama Sophia e sembra aver fatto breccia nel cuore di
quel povero figlio mio con le sue gambe lunghe…”
Albert rise. “Alla fine è sempre così: sono le donne che
comandano!”
“Già… dai, ora torna a casa Albert. Qui ci penso io.”
Albert guardò l’orologio. Il suo amico era in anticipo di
un quarto d’ora. “Resto, Ed. Non mi piace lasciare il mio lavoro in sospeso.”
Edgar alzò un angolo della bocca in un sorrisetto. “Sempre
nobile il vecchio Albert, eh? Dai, ero fremente di iniziare oggi… và! Immagino
già Dorothy che scalpita per la voglia di farti trangugiare qualcuna delle sue
deliziose torte…”
Albert si toccò la pancia. “Che Dio sia benedetto se mi
ritrovo senza pancia anche dopo la pensione! Grazie, Ed, e buon lavoro!”
“Ciao!”
Dopo lo scambio di battute, Albert fece le scale
fischiettando allegramente e salutando di tanto in tanto i colleghi che
giravano i corridoi per assicurarsi che tutto fosse in ordine. Giunto al
secondo piano dell’edificio, unico luogo dove ci si poteva Smaterializzare,
afferrò velocemente il suo borsone dove teneva tutto ciò che riteneva utile in
caso di emergenza e si mise il mantello, pronto a raggiungere la sua dolce
Dorothy.
Gli rimaneva solo il cartellino da timbrare. Prese il
foglio in mano e si avvicinò alla finestra dove lo mise al suo posto, dopo aver
cambiato con una piccola magia l’orario di uscita. Anche se non era molto
legale, era una frivolezza che poteva concedersi, si disse sogghignando.
D’un tratto i suoi occhi chiari notarono una cosa veramente
strana. Il colle vicino ad Azkaban spezzava il sole che rosso stava calando
all’orizzonte, lasciandolo completamente in ombra. Eppure lui era convinto che,
lungo il profilo della collina, non c’erano stati mai così tanti sassi da
formare un profilo così ondeggiante.
Poi capì: quelli non erano certo sassi, bensì uomini.
“Dannazione!”
Si posizionò nel punto giusto e si Smaterializzò
velocemente alla torre, facendo sussultare così Edward. “Albert che diavolo…?”
L’uomo lo mise a tacere con poche parole. “CI ATTACCANO!”
Edward rimase impietrito per un attimo. “Come? Chi? Sei
sicuro?” gli domandò freneticamente, guardando in lungo e in largo alla ricerca
di qualche segno che gli facesse pensare ad un’aggressione.
“Non c’è tempo! Fidati e lancia l’allarme! Presto!!” gli
urlò di risposta Albert alzando la bacchetta al cielo e urlando: “LUMUS
MAXIMA!”; nello stesso momento, Edward allungò il braccio ed esclamò con la
bacchetta in mano: “Conclamatio ad arma!” (*)
I due incantesimi saettarono veloci in alto, uno bianco e
l’altro rosso e lì si scontrarono producendo una gran luce e il rumore
assordante di un allarme.
Albert si gettò sui torrioni, accanto a lui Edward gli
passò un binocolo. “Eccoli là, i bastardi… Mangiamorte, sulla collina.”
Commentò allarmato ma con voce calma, abituato da anni a sopportare la tensione
della battaglia.
Edward, dopo aver preso in mano l’aggeggio babbano, vide
delle figure nere appallottolare sul limitare della collina. “Volevano
approfittare della notte per passare inosservati, quei bastardi! …cazzo,
saranno almeno una cinquantina…”
Albert scosse la testa. “Troppo pochi. Noi qui siamo in
centotrentadue. Se Tu-Sai-Chi volesse attaccarci lo farebbe in grande stile, e
non con così pochi uomini ma con un piccolo esercito in grado di annientarci in
una sola battaglia… quindi…”
Il suono di un’esplosione fece accapponare la pelle di
ambedue gli Auror. Con un’occhiata di intesa conclusero all’unisono: “Alle
prigioni!” e corsero a perdifiato lungo le scale, serrando forte tra le dita
ognuno la propria bacchetta.
Appena varcarono la soglia del secondo piano si trovarono
davanti al caos totale. Incantesimi che arrivavano da tutte le direzioni, urla,
alcuni corpi già a terra privi di vita; gli Auror stavano fronteggiando le
macchie nere che stavano man mano invadendo i corridoi illuminati; Albert pensò
con preoccupazione che se non si fosse accorto di quelle ombre insolite, probabilmente
quegli invasati li avrebbero sorpresi alle spalle ancor più sprovvisti.
Con un urlo si gettò tra la mischia, insieme all’amico. Con
scioltezza si chinò ed evitò un raggio giallo, rilanciando al Mangiamorte uno
Schiantesimo che lo colpì in pieno viso, mandandolo contro una parete e
rendendolo inoffensivo.
Si fece strada tra il tumulto, lanciando incantesimi ai
bersagli mobili e mancando non troppo spesso quelli troppo lontani. Strinse i
denti: questa battagli si misurava con scontri diretti, sbagliare un bersaglio
poteva significare colpire uno dei suoi dietro. Doveva stare attento.
Uno spostamento d’aria accanto a lui lo mise all’erta e
Albert ruotò su se stesso evitando di striscio un raggio verde che poteva
essere solo di un’Avada. In un balzo fu addosso al Mangiamorte e gli tirò un
pungo all’addome, facendolo piegare in due, e aprì la bocca pronto a lanciare
un incantesimo Legante; purtroppo l’avversario fu più veloce stavolta e si
rialzò dando un calcio alla sua mano e mandando così lontano la sua bacchetta.
Albert strinse la mascella e parò non senza difficoltà i
colpi che quel Mangiamorte altissimo gli stava rifilando, ridendo
sguainatamente.
È
pazzo, ma anche un osso duro, maledizione!
Il nemico gli rifilò una gomitata sul viso, che lo fece
voltare dall’altra parte, ma permettendogli così di scorgere con la coda
dell’occhio la sua bacchetta a pochi metri da lui.
“Ehi vecchiaccio, non ho ancora finito!”
Sentì l’avversario incombere su di lui e prenderlo per il
bavero del mantello, colpendolo al viso con un pugno violentissimo. Albert
boccheggiò, mentre il sapore del sangue gli si diffondeva in bocca.
Approfittando del suo stato, il Mangiamorte lo colpì ripetutamente al volto e
allo stomaco, facendogli sputare sangue.
“Che hai, vecchio? Vuoi morire? Lasciami giocare ancora un
po’!” rideva l’incappucciato, ululando quasi.
Albert sputò sul viso dell’avversario. “Adesso gioco io,
ragazzino.” Gli sfondò lo stomaco con un potente calcio assestato con entrambi
i piedi; il Mangiamorte ricadde all’indietro, istupidito e dolorante, mentre
Albert atterrava in piedi e si fiondava velocemente di lato afferrando la
bacchetta.
Il Mangiamorte alzò il busto, tenendosi la pancia.
“Maledetto…” imprecò in sua direzione, in un fil di voce. Albert sorrise malignamente,
puntandogli addosso la bacchetta. “Risparmia il fiato, pivello. Ligatus!
(*)” Dalla bacchetta dell’Auror guizzarono lunghi raggi violetti che avvolsero
il Mangiamorte stupito e lo strinsero in una presa di ferro, intrappolandolo.
“Che…?” Le parole del Mangiamorte furono stroncate dalla
scossa elettrica che gli fece perdere i sensi partita dalla bacchetta
dell’Auror.
Soddisfatto della cattura, Albert spezzò le corde magiche
con uno strattone dalla bacchetta, sapendo che avrebbero tenuto prigioniero
l’uomo fino al contro-incantesimo, e si rituffò nella folla: con un certo
orgoglio, vide i suoi ragazzi lavorare sodo e tenere testa ai nemici, ma Edgar
sembrava sparito. Albert pregò perché il suo compagno d’arme fosse ancora vivo
e che fosse riuscito a bloccare l’evasione.
Con un balzo, che gli causò un dolore alle costole che
ignorò, si rintanò in una nicchia e la spinse piano, aprendo un passaggio
segreto, stretto e angusto, ma che gli avrebbe permesso di raggiungere più
celermente le celle e di passare oltre la folla combattente. Si affrettò a
scendere i gradini che portavano nel sotterraneo. Si pulì la bocca dal sangue e
controllò velocemente le proprie ferite: forse una costola rotta, il labbro era
spaccato e il naso rotto. Il suo viso avrebbe cambiato espressione, pensò con
una punta di rammarico.
Il pensiero gli volò via non appena intravide l’uscita.
Fece ruotare una pietra e un varco gli si aprì davanti. Dietro di lui udiva i
rumori della battaglia e davanti poteva vedere i corpi dei primi Mangiamorte
caduti in trappola. Grugnì di disappunto: nonostante le trappole sembravano
funzionare bene, non era altrettanto meritevole che alcuni di quegli invasati
fossero già penetrati nelle segrete.
Affidandosi alla memoria percorse il corridoio seguendo una
determinata linea di massi, saltandone prima due e poi uno, e così andare: un
piede in fallo avrebbe fatto scattare un complesso chiodato sopra la sua testa.
Uscito da quel primo imbroglio illeso, e si mosse a balzi per il secondo tratto
di strada, stando bene attento a non toccare i muri, ricoperti da una sostanza
velenosa. Altri Mangiamorte deceduti, con le carni lacerate dal veleno.
Albert si mosse con rapidità, dato che in quel tratto
magico lui come Auror era immune alle trappole. Si morse un labbro: come
avevano fatto a passare? C’era qualche spia al Quartier Generale degli Auror?
Non molti possedevano tutti i segreti della fortezza: lui e Edgar erano tra
quelli perchè responsabili della prigione. Quanto in là si erano spinti i
Mangiamorte? Alcuni erano già giunti alle prigioni o erano morti? Grazie al
cunicolo era giunto a metà del percorso, saltando molte altre trappole… erano
penetrati troppo infondo per non fargli sospettare qualche traditore. Anche
nella Prima Guerra Oscura c’erano stati parecchi disertori, e lui era stato
testimone da giovane soldato semplice.
Con una sensazione spiacevole che gli attanagliava lo
stomaco e le fitte che aumentavano, corse quasi l’ultimo tratto del percorso
lungo un precipizio che era possibile attraversare solo con una corda
invisibile posta in una certa posizione. Si mosse con cautela, attento a non
cadere nella voragine sottostante e in silenzio, per non svegliare i Pixy,
odiose creaturine che si sarebbero divertite a fare cadere ogni umano che avessero
visto penzolante in aria.
Sospirò internamente giunto a terra; senza voltarsi
indietro e rafforzando la presa sulla bacchetta, si incamminò verso la meta: le
prigioni di Azkaban.
Il silenzio opprimeva quei corridoi. L’istinto affinato
dell’Auror lo avvertì del pericolo e Albert si appiattì contro il muro,
avanzando centimetro per centimetro lungo la pietra umida.
Dietro la curva c’erano le celle. Da lì dietro provenivano
alcune voci, poteva sentire la risatina di qualche ammattito carcerato. Poi la prima
esplosione: Albert capì di essere giunto troppo tardi e di essere solo.
Merda.
Sbirciò facendo attenzione a non farsi scoprire. C’erano
cinque incappucciati: un omone era posto di guardia e si girava nervoso avanti
e indietro, ma per fortuna non sembrava averlo avvistato; uno stava riducendo a
brandelli una guardia, sorridendo sadico sotto la maschera. Con orrore Albert
si accorse che tutti e dodici i guardiani erano stati uccisi.
“Pietà… i-io… vi ho… aperto… la s-strada…”
Il secondo Mangiamorte sogghignò rigirando il piede sopra
il capo insanguinato di un Auror che Albert riconobbe come una guardia delle
Prigioni sotterranee, uomini considerati di fiducia che conoscevano ogni
stratagemma della fortezza. Sembrava proprio lui il colpevole dell’attacco ben
riuscito. “I traditori sono peggio della feccia.” Disse il mangiamorte,
schiacciando di più il capo dell’ex-guardiano, facendolo urlare dal dolore.
“Smetti di giocare allo stronzo Derrick.”
Il Mangiamorte torturatore ringhiò guardando l’unico tra
gli incappucciati a indossare una maschera percorsa da una riga nera, ma non
replicò. “Avada Kedravra” Anatema colpì l’ex-Auror, che giacque a terra
senza vita.
Albert si rinascose dietro l’angolo e chiuse gli occhi. Non
gli era mai piaciuto uccidere e l’aveva sempre considerata come ultima risorsa
in caso di estrema urgenza. Come si poteva uccidere a sangue freddo?
In ogni caso si ordinò di mantenere la calma. Risbirciò e
osservò gli avversari: quello con la maschera rigata doveva essere il capo, e
quello gli ispirava una gran brutta sensazione, non doveva essere uno
sprovveduto; in più c’erano un omaccione, un sanguinario e altri due esili
figure impegnate a rompere i sigilli che tenevano rinchiusi i prigionieri.
Doveva pensare, e in fretta. I prigionieri erano in tutto
ventisei in quella parte, riservata appositamente agli assassini più spietati o
ai seguaci di Tu-Sai-Chi. In tutto i suoi avversari sarebbero diventati trenta,
decisamente troppi. Doveva fermare quei cinque prima che potessero aprire le
celle o non ce l’avrebbe mai fatta a tornare a casa quella sera e doveva farlo
adesso, da solo, sperando che altri lo raggiungessero al più presto. Non c’era
il tempo per chiamare aiuto.
Escogitò rapidamente una strategia. L’omuncolo di guardia
si era appoggiato al muro. Mentalmente lo addormentò con un incantesimo
Assonnante di breve durata. Aveva quindici minuti. Prima di uscire a affrontare
i nemici in battaglia aperta, Albert indietreggiò di un paio di passi e
premette un pulsante alla sua destra: attivava infatti una serie di aghi
appuntiti all’inizio delle prigioni. Sperò in un miracolo e esultò internamente
sentendo un grido strozzato. Bingo. La trappola era scattata. Meno due.
“Drake, Malfoy fermi! Derrick che cazzo…? Franklin?!
Maledizione è addormentato! Voi due all’erta, qui c’è qualcuno! Continuate col
vostro lavoro! Veloci, veloci!”
Aveva riconosciuto la voce: il capo, sicuramente. Si
acquattò nella penombra dell’angolo, aspettando l’arrivo del nemico. I suoi
passi erano quasi indistinguibili, silenziosi e felpati, sovrastati dalla
risata pazza dei prigionieri che impazienti aspettavano di essere liberati.
“Giochiamo a nascondino, uh? Pensi che non sappia che sei
lì? Avada Kedavra!”
Albert schizzò di lato, sfuggendo appena in tempo dall’Anatema
Mortale. In un attimo fu in piedi pronto ad affrontare il nemico.
“Un Auror” sussurrò questo.
“Hai dimenticato di aggiungere che sarò quello che ti
rinchiuderà qui insieme ai tuoi compari.”
Albert destreggiò la bacchetta: “Expelliarmus!” ma
l’attacco andò a vuoto e il suo nemico si rintanò dentro il largo corridoio
dove si trovavano lecelle. Con
circospezione lo seguì, bacchetta stretta nel pugno e l’altra mano che vagava
vicino al cinturone, pronta ad afferrare le armi babbane che ogni Auror doveva
sapere usare.
Osservò la situazione e vide i due Mangiamorte che non
aveva ancora sistemato lanciare incantesimi alle serrature delle celle; aprì la
bocca deciso a Schiantarli prima che potessero aprire quelle dannate prigioni,
quando una colpo lo sbilanciò in avanti.
“Mai abbassare la guardia…”
Albert rivolse uno sguardo carico di odio e furia al
cosiddetto Capo, che lo aveva sorpreso alle spalle con un poderoso calcio che
per poco non l’aveva buttato a terra.
“Solo un vigliacco potrebbe attaccare alle spalle!”
commentò aspramente l’Auror.
“Tsk. Queste regole nobili non valgono un felce per il
Signore Oscuro. Examinare. (*)”
Albert sentì come una mano invisibile bloccarlo contro il
muro e premergli il collo fino a mozzargli il respiro. Lasciò cadere la
bacchetta e si portò le mani verso il collo, cercando di strapparsi da quella
morsa, scalciando e affannando per un filo d’aria. Tutto inutile: le forze lo
stavano abbandonando. Il Mangiamorte si posizionò a pochi centimetri da lui, e
Albert maledisse quegli occhietti viola che ridevano di lui.
“Non ti farà morire così in fretta, patetico giustiziere.”
Un movimento fluido della bacchetta e Albert si ritrovò a
terra, stremato e ansante, con gli arti che tremavano ancora indeboliti. Ma il
nemico non gli concedette che una brevissima e utopica tregua: sentì un dolore
insopportabile, un bruciore in tutto il corpo, come se stesse arrostendo sopra
una fiamma, e il sangue premere violentemente sulle vene, come se volesse
uscirgli dal corpo.
Che
razza… di… Cruciatus…
Non aveva mai dovuto subire una Maledizione così dolorosa e
prolungata. Gli sembrò distare permorire, ma evidentemente il suo carnefice non era ancora di quest’idea.
Il dolore, così come era iniziato, finì e Albert si ritrovò accasciato a terra,
più morto che vivo, con gli arti che non lo reggevano più e la vista appannata.
Riuscì a stento a focalizzare la scarpa davanti al viso.
“Hai un’ottima resistenza al mio Cruciatus. Ti voglio
offrire una via di uscita: o mangiamorte o la vita.”
Albert gli sputò sulla scarpa senza esitazioni.
“Sapevo che l’avresti fatto… davvero patetico. Crucio!”
Fu nuovamente pervaso da quel dolore fisico che gli
offuscava la mente. I suoi pensieri andarono alla sua famiglia, a sua moglie,
le sue figlie, quel matrimonio che finalmente avrebbe dato quella felicità che
meritava alla figlia. E lui non ci sarebbe stato…
No. Non poteva arrendersi così…
Con uno sforzo enorme girò la testa e individuò la
bacchetta. Strisciando e urlando ad ogni centimetro percorso si mosse
lentamente verso l’arma. Il dolore si raddoppiò e gli fece addirittura sputare
sangue.
…cazzo…
Allungò faticosamente la mano verso la bacchetta, la sua
compagna di tante battaglie… bastava afferrarla e avrebbe potuto almeno tentare
qualcosa… qualsiasi cosa… lui non voleva, non doveva morire, dannazione!
“Abbiamo finito.” La voce femminile gli giungeva lontano.
“Allora è ora di mettere fine alla tua miserabile vita,
giustiziere.”
È
finita…
“Avada Kedavra…”
“NOO!!”
“Maledizione!”
Albert aprì faticosamente un occhio. Era… era ancora vivo…
ma come…?
Il cuore smise di battere per un lungo istante. Davanti a
lui, il corpo massiccio di Edward era steso a terra, senza vita.
Oh
Cristo Santo… no…
Il rumore delle urla degli Auror gli giungeva lontano e gli
pareva così effimero in quel momento, ma riuscì a calcolare che i Mangiamorte
avevano poco tempo per scappare. Purtroppo, aperta una cella, si apriva tutte
le altre.
Edward…
perché l’hai fatto…?
Allungò l’altra mano, non senza sforzo, e sfiorò il viso
immobile dell’amico.
Io…
In uno scatto di rabbia cercò con gli occhi il responsabile
della morte. Ma vide solo un ragazzino biondo vestito di nero (e la maschera?)
che sorreggeva un uomo anch’egli biondo che riconobbe come Lucius Malfoy. Di lui
non c’era traccia.
Ed io ti vendicherò, lo giuro.
Poi fu sopraffatto dal dolore e tutto fu nebbia.
=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=
(*) Da“Dizionarietto degli Incantesimi (teorie e
curiosità a portata di mano)” di Cloud Wilson:
Conclamatio ad arma (Allarme alle armi) = Si pensa
che questo incantesimo sia stato creato dagli antichi Maghi medioevali inglesi
durante le lunghe battaglie contro gli Stregoni del Nord; inizialmente era
usato come grido di battaglia o come allarme in caso di imboscate o attacchi a
sorpresa, oggi utilizzato soltanto nei reparti Auror solo nel suo secondo uso.
Ligatus (Legato) = Incantesimo Legante di uso
pressoché limitato al Dipartimento Auror per la sua pericolosità. Abbastanza
difficile da padroneggiare con scioltezza, quest’incantesimo permette di legare
con corde iper-resistenti il nemico e di fargli perdere i sensi con una scarica
elettrica emessa dalla bacchetta. Se non capaci di sfruttarlo, la scarica
potrebbe rivelarsi mortale. Le corde rimangono attaccate alla bacchetta e per
rimuoverle basta uno strattone: i capi liberi delle corde andranno ad
attaccarsi al corpo del avversario. Contro-incantesimo: Solventes Funes.
Examinare (Soffoca) = Inventato nel Medioevo per
torturare i Goblin, oggi è un incantesimo che pochi conoscono e, chiunque lo
conosca, non è tenuto ad usarlo se non per ordine del Ministro della Magia.
Come si può comprendere dall’etimologia della parola, l’incantesimo crea una
simulazione di soffocamento, tutt’altro che vera, ma è già capitato che qualcuno
sia morto perché psicologicamente coinvolto nella finzione.
=*=*=*=*=*=
Olà! ^_^ Bentornati a tutti e scusate per le grandi attese,
ma la scuola è ricominciata… e i capitoli già preparati sono finiti! In più,
alcune modifiche alla trama originale (stiamo cercando di attenerci sempre di
più alle dichiarazioni di mamma Rowling) hanno tardato l’aggiornamento del
numero 6… dobbiamo continuamente informarci per essere più fedeli possibile,
giuriamo di non farlo apposta! Ancora mille scuse. ^^’ (cominciamo a essere un
po’ ripetitive con le scuse…)
Anche per i prossimi aggiornamenti non vi aspettate tre
giorni l’uno d’altro perché tra stesura, correzione, revisione… accidenti…
tempo maligno!! Non sappiamo neanche se riusciremo a sfornare un capitolo ogni
settimana, perché la scuola e impegni vari ci stanno succhiando via un sacco di
tempo! Capiteci, e siate clementi!
Finalmente ritorna un po’ di azione! **^______^** Avete
visto come i Mangiamorte hanno vinto quei poveri Auror? Non hanno conquistato
la fortezza, ma sono riusciti benissimo nel loro intento e in più hanno
inflitto una grave perdita agli Auror. E pensate che potevano fare molto peggio
se il nostro Albert non avesse intravisto quelle ombre… a proposito, abbiamo
deciso, dopo attente riflessioni, che la Scarcerazione sarebbe stata più
intrigante da un punto di vista esterno (ma speriamo non confusionario!!), e da
qui abbiamo creato Albert… simpatico, vero? ^^ Certo, poverino, gli abbiamo
ucciso un amico… è la guerra, ragazzi… anzi, approfittiamo per fare un po’ di
sana pubblicità contro: no war!!
A proposito di Azkaban: qualcuno potrebbe notare che le
trappole sono troppo sofisticate (stile Indiana Jones) e che Sirius non avrebbe
mai potuto superarle da cane (ih ih…), ma vogliamo specificare che sono state
aggiunte dopo la diserzione dei Dissy…
Anticipazioni/chiarimenti
- Prima di tutto chiariamo questa cosa: non abbandoneremo la stesura di HP7
e men che meno della Trilogia in generale. Abbiamo già concluso il primo
capitolo della terza parte, pensate che pazzia… se vedete che il capitolo tarda
a pubblicare è solo perché probabilmente ci sono state cause di forza maggiore
che ci hanno rallentato il lavoro.
- Il numero dei capitoli di
HP7: sono 21 in tutto, ma dobbiamo ancora decidere se inserire o no l’Epilogo;
forse lo inseriremo nella seconda parte della Trilogia come Prologo (ma?)
- Harry Potter non muore alla fine della nostra storia;
questa è l’unica cosa che possiamo dire riguardo alla morte o alla non-morte
dei personaggi.
- Autocritica: R.A.B., personaggio di nostro genio,
ci pare un vecchiaccio molto impudente ma simpatico a modo suo, farà disperare
alla follia Harry coi suoi allenamenti; Hermione e Ron si mantengono stabili
sul piano di ostilità, ma sul piano dell’indifferenza stanno maturando:
Hermione comincia a rendersi conto di tenere molto a Ron, ma per quanto
riguarda il rosso Weasley, a lui serviranno altri capitoli per aprire gli occhi
e guardare in faccia la cruda realtà; Ginny e Harry sono sempre più irritabili
a causa della guerra che li divide ma trovano anche un po’ di pace e sollievo
nella reciproca compagnia quando non discutono; la compassione di Samantha per
Draco comincia a convergere nell’affetto, ma Draco è troppo preoccupato per la
sorte dei genitori per accorgersi di altro.
Indizi sulla Trilogia
-Harry avrà un primogenito (chissà con chi?) che avrà un nome
di risonanza simile a “Lily”;
-Nella seconda parte farà la sua ricomparsa Krum;
-Si conoscerà meglio la famiglia di Samantha Drake;
-Si sveleranno i misteri delle associazioni americane e
straniere che avranno un ruolo chiave nelle terza parte della trilogia (in HP7
sono tenute un po’ sullo sfondo ma ricoprono un ruolo decisivo nel destino di
Voldemort);
-I figli di alcuni personaggi della Rowling si incontreranno e
socializzeranno, chissà che non nasca anche qualche love-story;
-“Over TimeLine” sarà ricca di suspence e azione;
-Per i misteri dell’ultima parte della trilogia abbiamo tratto
ispirazione dal nostro manuale di filosofia greca (uh -_-)
-Nella seconda parte ci saranno dei particolari capitoli, delle
specie di bonus, che avranno molto a che fare con la trama ma saranno
soprattutto di genere comico (e da come parlano certi personaggi anche un po’
demenziale);
-I viaggi nel tempo saranno pieni di suspence dato che i
protagonisti dovranno sudare sette camicie per non incappare nei loro avi e di
conseguenza mandare a friggere la “continuità dello spazio temporale”.
Personaggio del Capitolo: Lyons Kaus
(altrimenti detto R.A.B.)
Preferiamo partire sul
sicuro e analizzare un personaggio la cui psicologia è una nostra invenzione.
Avrete notato sicuramente che R.A.B. la sa bella lunga su ogni cosa e che ha un
atteggiamento da “so-tutto-io” dieci volte più marcato di quello di Hermione;
in effetti lui è un cervellone e come ogni Serpeverde se ne vanta a più non
posso. Il soprannome R.A.B. gliel’ha dato Voldemort (spoiler del capitolo 7!!)
quando ancora frequentavano Hogwarts ed erano compagni di casa. Da non scordare
è l’incredibile non-chalance con cui Kaus ironizza su Voldemort; come mai tanta
tracotanza? Da cosa deriverà? Evidentemente Kaus ha un motivo molto particolare
per non sentirsi minacciato da Voldemort; ma qual è il motivo? Harry lo
scoprirà, suo malgrado, alla fine della storia.
Coppia del Capitolo:Remus Lupin & Ninfadora
Tonks
Simpaticamente sono decisamente una bella coppia e anche
una delle più inaspettate della serie della Rowling; chi l’avrebbe mai detto
che il tenero Lupo Mannaro si sarebbe messo con l’esuberante (e a tratti
eccentrica) Metamorfomagus? Secondo noi la loro storia deve essere innanzitutto
dolce e a tratti inesperta, basti pensare che Remus non deve aver avuto molte
corteggiatrici al suo seguito a causa del suo “piccolo problema peloso” e che
Tonks non sembra molto portata a relazioni sentimentali (così ci sembra).
D’altro canto sono adulti, Remus molto più di Tonks, e maturi, quindi ricercano
una loro intimità che viene puntualmente interrotta dai gemelli Weasley o da
Harry che nelle nostre storie appare sempre come “il terzo incomodo”, anche
come linea spartiacque tra Ron ed Hermione. Così, abbandonato l’imbarazzo
iniziale del primo incontro; Tonks e Remus ci danno dentro (nel senso buono)
con enorme approvazione di tutti (soprattutto Molly Weasley). Remus è
finalmente riuscito ad abbandonare, seppure parzialmente, l’idea di essere un
“diverso” e quindi di doversi negare la felicità per tenere lontano da sé una
persona cara che potrebbe ferire a causa della sua indole; Tonks glielo fa
passare, questo piccolo blocco (^_-)
Bene, ora passiamo a rispondere alle vostre recensioni… il
nostro momento preferito!! ^^
Lulumyu: (*Kaho saltella felicemente per
la stanza* Hai visto chi abbiamo qui? ^__^ ndKaho Ovvio, non sono mica cieca! NdSamy) Ciao Myu! ^^
Innanzitutto grazie per la recensione! I litigi RonHermione sono molto
divertenti da scrivere e – per noi che li adoriamo – è un piacevole passatempo
inventarli… ci vuole qualche stacco di tanto in tanto e chi meglio di quei
due?! ^^ RAB deve rimanere enigmatico, ma siamo certe di averti aperto la mente
con questo capitolo. I progetti Voldy e Piton sono ancora oscuri a voi… e lo
rimarranno ancora per un po’! *risate malefiche* Cortess è odiosissimo
(guarda come tratta Dracucciolo! Schifoso stupido…!! NdSamy), lo sappiamo,
abbiamo fatto apposta a renderlo così… ehm, Uomo delle Caverne, decisamente il
nomignolo più appropriato. U.U Grazie ancora e continua a recensire mi
raccomando! -___^ K&S
Apple:Ben ritrovata! ^^ Grazie mille per
i tuoi complimenti, ci fanno sempre molto piacere… Non ti preoccupare per
Harry, è in buone mani… (-_-‘’ ndHarry) non ce la sentiamo di farlo soffrire
troppo… (però devo soffrire… -_- ndHarry La vita non è facile per nessuno
Harry! NdS&K). Ginny è molto simpatica anche a noi (tranne nelle DG!
>.< ndSamy) e Herm e Ron sono semplicemente adorabili e troppo
divertenti! Spezzano un po’ tutta al serietà presente nel libro… d’altronde non
è nata molto come storia romantica o comica, ma d’avventura, magia e mistero,
con un pizzico di batticuore ogni tanto naturalmente! -___^ Un bacione e un grazie.
K&S
P.S = Hai per caso cancellato la tua storia? Non la
troviamo più! Facci sapere! -___^ Per intanto leggiamo il Dr House… (Che mito
quell’uomo! *____* anche se personalmente non lo vediamo molto con Cameron…
però… magari…)
Keloryn: In effetti volevamo essere un po’
bastardelle e tenervi sul lastrico ancora un po’! -___^ Anche Kaho, ahimè deve
ammetterlo, fa ancora fatica a capire bene tutti i meccanismi per l’identità
segreta di RAB, quindi era logico che i lettori fossero confusi, ma era ciò che
volevamo ottenere! Speriamo di aver chiariti un poco questo aspetto. Grazie per
la recensione! ^____^ K&S
ale146:Anche noi speriamo di riuscire ad
impostare prima possibile ogni capitolo nonostante il fattore chiamato scuola!
Grazie mille. K&S
truth: Ciao e benvenuta tra le
recensitici! ^^ Grazie per i commenti… in effetti, scriviamo le parti
separatamente – anche perchè sarebbe difficilino trovarci sempre per scriverli
insieme! – ma correggiamo a vicenda ogni capitolo prima di metterlo on-line; in
linea i personaggi sono caratterizzati nello stesso modo ma, dato che comunque
siamo due persone diverse, non possiamo avere lo stesso stile e lo stesso modo
di ‘sentire’ i personaggi. Ad esempio Draco… Samy lo adora e per lei è più
facile penetrare nella sua mente, mentre per Kaho è un po’ più complicato… ma
ci stiamo abituando a intuire le parole e le azioni man mano andiamo avanti! ^^
Ciao e speriamo di ritrovarti tra le recensitrici! K&S
sprpr: Ecco una delle nostre lettrici più
fedeli! ^___^ Hai recuperato il sonno perduto? -___^ Draco è un personaggio
base (e il più carismatico, il più bello, il più… ndSamy -___- ndKaho), ma
naturalmente non possiamo dedicare tutta la storia a lui, il protagonista è
sempre Harry! (Sigh… come vorrei dedicare più spazio al mio bellissimo Draco…
ndSamy Dai, quando cominciamo la seconda e la terza parte avrà più spazio!
^^’’’ ndKaho) Ti sarai rifatta gli occhi con questo capitolo, o almeno
speriamo! Siamo curiose di sapere se abbiamo reso bene il cambiamento di Draco,
siamo sicure che ci illuminerai! **^_______^** Grazie come sempre, e un
bacione! ^^ K&S
…finish! ^^
Grazie a tutti, anche a chi non commenta… anche se sarebbe meglio lasciare un
commentino… non sapete come ci danno energia le vostre parole! **^__________^**
Quindi, recensite please!!
A presto…
K&S
ANTEPRIME DI: Prossimo Capitolo
Titolo: “Il Tacto Facti delle Fondatrici”
Dove sarà il prossimo
Horcrux? Sarà davvero così facile da rintracciare come sostiene R.A.B.? Ma
R.A.B. ha qualche segreto? Come reagirà Lucius Malfoy alla scarcerazione? Come
si comporterà col figlio? Quali loschi intrighi staranno tramando Piton e
Voldemort? Ce la farà Harry a sopravvivere ai ghigni di R.A.B.? Perché poi si
chiama R.A.B. Lyons Kaus? Che fine farà il Ministero della Magia?
Tutte le risposte… alla prossima puntata!!
**^___________^**
P.S = che ne pensate della nostra rubrichetta sui
personaggi? -_____^ Pensiamo di farne uno per ogni personaggio principale o
secondario… così, per sfizio… andando avanti l’aggiorneremo sempre di più. È un
metodo per lavorare, pensandoci bene…
E il dizionarietto? …che simpatico il dizionarietto, eh?
-_____^ (Date a Kaho la soddisfazione di sentirselo dire o me la sorbo io la
crisi! XD NdSamy Guarda che quella che ha sfogliato il dizionario di latino è
stata la sottoscritta! NdKaho Ma se hai insistito come una matta per
occupartene tu! NdSamy …ops… è vero… =P ndKaho)
Capitolo 8 *** Il Tacto Facti delle Fondatrici ***
CAPITOLO 7 – “IL TACTO FACTI DELLE FONDATRICI”
Capitolo
7 – “Il Tacto Facti delle Fondatrici”
“Veramente un ottimo lavoro,
Darcy” si compiacque Lord Voldemort, incoraggiando gli altri Mangiamorte ad
acclamarlo.
Una serie di applausi scrosciati
accolsero Doppio Dolore mentre faceva il suo ingresso nella Sala Regia a testa
alta e col petto gonfio d’orgoglio “Vi ringrazio. Sono onorato di aver potuto
dimostrare il mio valore sul campo di battaglia.”
“E dovresti anche essere onorato
di aver compiaciuto i desideri del nostro potente Signore Oscuro” aggiunse
Bellatrix sibilando; era stata esclusa dallo squadrone di scarceramento per
colpa di Darcy Donovan, un Mangiamorte entrato da poco a far parte
dell’esercito di Lord Voldemort e che pure ostentava delle doti da super-mago
con un eccessivo vanto che talvolta osava mettere in ombra gli ineguagliabili
poteri del Signore Oscuro. Era vanitoso, tracotante e più portato al comando
che all’ubbidienza.
Doppio Dolore la squadrò coi suoi
pungenti occhi viola “Parli, parli ma non fai mai nient’altro. Facile criticare
quando te ne stai qui nel Covo Oscuro a millantanare sulla tua incredibile
utilità per il Signore Oscuro.”
“Non è il caso di continuare”
intervenne Lord Voldemort facendo ammutolire d’un tratto tutta la sala “Darcy
ha i suoi meriti, Bella, ma anche il nostro caro Doppio Dolore dovrebbe
imparare a contenere la sua vanità” proseguì il Signore Oscuro con un tono
raggelante.
Donovan sostenne il suo sguardo
con un fare vagamente impudente “Sì, mio Signore.”
“Bene, e ora, miei Mangiamorte, è
il caso di accogliere un altro fedele servitore che si è dimostrato molto utile
nell’esecuzione di alcuni dei miei nemici.”
D’improvviso, quasi tutti i
Mangiamorte avvertirono una subitanea scossa di gelo lungo la schiena. Le
pareti della Sala Regia si ghiacciarono e il respiro dei presenti si tradusse
in una nuvoletta bianca. Molti Mangiamorte si strinsero nelle tuniche nere
quando scorsero una tela color pece che fluttuava accompagnata da
un’insopportabile verso acuto. Uno squadrone di Dissennatori avanzava verso il Signore
Oscuro sorvolando le teste dei Mangiamorte. Bellatrix e tutti quelli che erano
stati rinchiusi ad Azkaban dopo la presunta caduta di Lord Voldemort strinsero
i denti e indietreggiarono, grugnendo istericamente.
Voldemort si rivolse al
Dissennatore che guidava lo squadrone “Benvenuto, Nole.”
L’essere si piegò in due come a
voler simulare un inchino.
“Nole Rowe ha eliminato in un
modo abbastanza originale molti componenti scomodi del Ministero, quindi vi
prego di complimentarvi con lui.”
I Mangiamorte che non erano
impegnati a disperarsi tentarono di battere le mani frementi dal freddo. Il
Dissennatore fece uno strano verso.
Voldemort continuò a parlare con
la sua voce roca e sibilante: “Nole porge i suo ringraziamenti a tutti voi, in
special modo ai Mangiamorte che gli hanno fornito un dilettevole diversivo per
tredici anni.”
I Lestrange e molti altri si
portarono le mani alle orecchie quando i Dissennatori intonarono in coro un
canto straziante. Gli altri si lanciarono occhiate confuse, domandandosi in
cuor loro come facesse il loro signore a comprendere i pensieri del
Dissennatore capo.
Lord Voldemort osservò lo
squadrone allontanarsi dalla sala mentre i suoi Mangiamorte tiravano sospiri di
sollievo; aveva la strana sensazione di aver già incontrato Nole Rowe.
“Ora che abbiamo terminato con le
congratulazioni, intendo dare il bentornato ai nostri compagni Mangiamorte
dalla prigione di Azkaban.”
I recenti liberati si prodigarono
in un inchino profondo mormorando ringraziamenti.
“…e vedete di non deludermi
ancora” aggiunse Voldemort in un terribile, minaccioso monito “E ora
passiamo a cose più importanti: Greyback!”
Un omone peloso e rattrappito
nella tunica di Mangiamorte si fece avanti nella mischia a spallate: “Mio
signore” abbaiò “Eccomi qui!”
“Molto bene, Greyback. Il tuo
impegno si è dimostrato molto utile e intendo darti una ricompensa.”
“Sapete, mio signore, che la
maggiore ricompensa per me è uccidere su vostro comando.”
“Lo so” ghignò orribilmente Lord
Voldemort “E so anche che hai sviluppato una predilezione per le vittime
giovani, quindi…”
L’intera sala e Greyback più di
tutti fremevano dall’eccitazione.
“… per ora ti dovrà bastare
questo: tra qualche mese avrai molte giovani gole da lacerare, tu e il tuo
branco… un bel banchetto a portata d’artigli” terminò Lord Voldemort con un
ghigno sinistro.
La riunione si sciolse con la
prospettiva di un’allettante strage.
*^*^*^*^*^*^*
“Come prevedibile, sei tornato”
dichiarò R.A.B. con un ampio sbadiglio, mentre scrutava Harry, in piedi davanti
alla deformazione spaziale “E hai anche capito il modo di oltrepassare la
barriera, bravo. In fondo non sei così tonto… più o meno.”
Harry strinse lo specchio che
teneva nascosto sotto la tunica e concentrò al massimo la sua pazienza “Già.”
“Hai condiviso la tua decisione
coi tuoi amichetti?” gli chiese Kaus accomodandosi sulla poltrona al centro
della stanza.
“Sì.”
“Ma prima di partire non li hai
salutati, vero?”
“No.”
“Hai riferito qualcosa della
nostra precedente discussione?”
“No.”
Kaus sospirò con un mugugno
“Decisamente stupido.”
“Come?” fece Harry stupito
“Credevo che ci tenessi alla tua privacy.”
“E io credevo che ci tenessi ai
tuoi Horcruxes, o meglio, a quelli di Riddle” ribatté R.A.B. voltandosi verso
il ragazzo che esibiva un’espressione confusa “Per Merlino, non osare tirar
fuori quell’espressione quando sei in mia compagnia.”
Harry continuava a non capire e a
fissare sempre più indeciso e irritato il sorrisetto canzonatorio del vecchio.
“Per Corvonero! La ragazza!”
eruppe Kaus con un tono insieme rimproverante e divertito “Quella ricciuta,
l’unica che nel tuo gruppetto di amici sia degna di avere il pollice
opponibile.”
“Hermione” puntualizzò Harry.
“Esatto. E se non hai parlato con
lei prima di partire allora ne deduco che non l’hai incaricata di compiere la
ricerca sull’Horcrux delle Fondatrici, come ti avevo intelligentemente
suggerito io.”
Harry si dovette contenere dallo
spalancare la bocca: come aveva potuto dimenticarsene? Ma la cosa peggiore era
il rimprovero di quel dannato vecchietto “Un attimo. Tu puoi vedere tutto
quello che faccio e allora perché non me l’hai ricordato.”
“Perché ora sono troppo scoperto.
Avrei dovuto mettere a repentaglio la mia vita per farti presente che la tua
memoria sfiora i limiti dello zero assoluto, sii realistico. Glielo chiederai
la prossima volta, quando tornerai alla base dell’Ordine.”
“Sai dell’Ordine?”
“Mio caro ragazzo, so molte più
cose di quante tu ne possa immaginare. Ora andiamo a dormire.”
Kaus si alzò dalla poltrona e si
trascinò barcollante verso una delle stanze.
“Ma sono solo le otto e mezza”
gli fece notare Harry.
R.A.B. si voltò lentamente verso
di lui con un’espressione addolorata “Vedi, Harry, tu hai commesso un altro
errore. Vedo che non hai portato niente con te.”
“Il Whisky incendiario!” esclamò
Harry, ricordandosi d’improvviso la richiesta di R.A.B. “Credevo che
scherzassi!”
“Io non scherzo mai” dichiarò
R.A.B. con tono fermo.
“Ma non vuoi iniziare ad
allenarmi” propose Harry.
“Di notte non è consigliabile,
attireremmo troppo l’attenzione. Ma se vuoi posso restare sveglio, che ne dici
di fare una bella chiacchierata con me?”
“Buona notte” Harry girò sui tacchi e si andò a coricare su una
brandina sistemata in un angolo: meglio quella che un altro minuto in compagnia
del sarcasmo e dei sorrisetti di R.A.B.
“Questa minaccia funziona sempre”
sogghignò Kaus.
La mattina seguente si avviò
l’incipit del calvario di Harry Potter: si diede inizio al tutto con una dieta
speciale da combattente che prevedeva verdura cotta e altri generi di cibo
rancido che avevano tutta l’aria di funghi velenosi, per poi passare al look
di un dignitoso combattente che aveva più volte portato Harry e Kaus ai limiti
di un crudo litigio che aveva come soggetto “il modo umano di pettinare i
capelli di Harry Potter”. Tutto ciò veniva accompagnato da un singolare codice
di regole che avrebbero dovuto dirigere l’esistenza del ragazzo nei più
minuziosi particolari. Così la settimana finì ed Harry desiderò con tutto il
cuore di trovarsi sotto il torchio di Malocchio Moody, invidiando in maniera
oltremodo folle la fortuna che avevano avuto Ron ed Hermione ad essere allenati
da una persona che conosceva in vaga maniera il significato delle parole
“pietà” e “tregua”.
Gli incessanti allenamenti di
Harry erano caratterizzati da una spiacevole costante: il sarcasmo di Lyons
Kaus, per non parlare della sua pedante precisione. Per molti maghi l’angolo di
tiro (che variava da incantesimo a incantesimo) con cui bisognava tenere tesa
la bacchetta costituiva una nozione superflua, ma per R.A.B. – esperto di pose
stilistiche di particolare effetto durante il lancio di una fattura – aveva il
medesimo valore del saper pronunciare correttamente la formula.
“Credimi, l’angolo di tiro è una nozione fondamentale. Lo devi
memorizzare per forza… avanti non è così difficile ricordare: Stupeficium:
angolo di 15,7° a partire dall’asse orizzontale-frontale” lo incoraggiò R.A.B.
con la tipica aria seccata del genio incompreso.
“Non è così facile se oltre a
quello te ne devi ricordare altri cento!” si lamentò Harry mentre faceva
scorrere lo sguardo sulla lista di fatture che Kaus gli aveva raccomandato di
memorizzare con perizia.
1- ACCIO: misura approssimativa variabile,
dipendente dall’oggetto che si desidera richiamare à
parametri = ogg. Inferiore 3Kg (angolo 10°, in direzione cardinale)…
2- ALOHOMORA: perfetta perpendicolarità col
baricentro della serratura; distanza consigliabile = 3,5 cm
3- AVIS: angolo perfetto di 45° puntato in direzione
nord, in asse con il corpo
4- AVADA KEDAVRA: angolo di tiro che
coincide con l’asse perpendicolare partente dal cuore dell’avversario.
….
“Ma lo vuoi capire che non ho nessuna intenzione di usare
una Maledizione senza Perdono!” strepitò Harry, leggendo con disapprovazione il
quarto dei cento incantesimi scritti sulla pergamena.
“Quanto la fai lunga!” sbuffò R.A.B., tuttavia
divertito dalla reazione del ragazzo “Non c’è spazio per i moralisti sul campo
di battaglia. Hai due opzioni: o riesci ad eseguire correttamente tutti gli
incantesimi, incluse le Maledizioni, o farai la fine di Silente.”
Harry strinse i denti ed accartocciò la
pergamena gettandola ai piedi di R.A.B. “Ora ne ho abbastanza delle tue
battutine pungenti, o la finisci di deridere il professor Silente oppure io…!”
“Mi lanci addosso un Avada Kedavra, non
aspetto altro. Bravo Harry, è così che ti voglio, colmo di rabbia, perché è
quella che permette la corretta esecuzione di una Maledizione senza Perdono.”
Harry rimase immobile, quasi sotto shock,
incredulo di fronte all’arroganza del vecchio. Riprese la pergamena sul
pavimento mentre cercava con la mano sotto il mantello lo specchio di Sirius e
lo pseudo-Horcrux “Non ucciderò mai nessuno.”
“Nessuno, Harry, ne sei sicuro? Neanche me?”
chiese R.A.B. con voce neutrale.
“Cosa… cosa vuoi dire?” domandò Harry,
incredulo.
“Lascia perdere, lo capirai a tempo debito.
Piuttosto…” riprese Kaus facendo salire di un’ottava la voce “… che ne dici di
ascoltare i consigli di un vecchio saggio e imparare le giuste pose tecniche
degli incantesimi.”
“Nessun professore di Difesa ci ha mai fatto
imparare una cosa del genere” gli fece notare Harry con un po’ di rancore.
“Perché i tuoi insegnanti preferiscono essere
superficiali con degli studentelli di pochi anni di vita. Quello che sto
cercando disperatamente di insegnarti è ciò che si richiede ad un Auror.”
“Non sapevo che servisse imparare queste cose
per diventare un Auror” confessò Harry, fissando dubbioso la lista di
incantesimi.
“A quanto ho sentito dire in giro pare che tu
voglia diventare Auror, giusto? Beh, meglio che abbandoni quest’idea se
memorizzi a fatica solo cento incantesimi.”
“Solo!” tuonò Harry.
“In totale gli incantesimi che si possono
ritenere dilettevoli per un combattente sono più di settecento” spiegò R.A.B.
con indifferenza.
Harry rimase quasi basito; non aveva neppure
sospettato che il totale degli incantesimi conosciuti dai maghi superasse le
cinquecento fatture.
“Ebbene sì, Harry” continuò Kaus “Non sei
portato per quel mestiere. Casualmente ti si può ritenere un buon combattente,
ma di sicuro non ottimale. Tutti i meriti che ti sei ingiustamente accaparrato
negli anni sono dovuti solo ad una sfacciata sfortuna, al sostegno di altri
maghi molto più competenti di te e anche ad una sorta di privilegio dovuto alla
tua fama. Quindi non ti illudere di poter diventare Auror, al massimo potresti
chiedere al signor Argus Gazza di cederti il suo nobile impiego.”
“Già” mugugnò Harry, tentando di padroneggiare
la sua pazienza “Sai, mi chiedo per quale motivo tu non sia andato ad insegnare
Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts” ironizzò Harry, ripensando alle
interminabili sofferenze che avevano accompagnato quella settimana di
allenamenti.
“Stai scherzando, Harry!” sbottò Kaus “Io ci
tengo alla vita. Primo punto, non amo essere subordinato a nessuno, nemmeno ad
un preside; secondo, la mia grave posizione non mi permette di lasciare questa
casa; terzo, se anche riuscissi a diventare insegnante di quella materia mi
aspetterebbe sicuramente una morte atroce.”
Harry ripenso ad uno dei colloqui che aveva
avuto con Silente l’anno passato e si ricordò di un particolare accenno alla
richiesta di Lord Voldemort per la cattedra in Difesa Contro le Arti Oscure
“Stai parlando di quella specie di maledizione che Voldemort ha lanciato dopo
essere stato rifiutato dal preside Silente.”
“Giusta deduzione, Harry, vedi che delle volte
riesci a darmi delle soddisfazioni” si compiacque R.A.B., ostentando comunque
il suo sorrisetto canzonatorio “Proprio così, Riddle ha lanciato una vera e
propria maledizione, molto robusta; è praticamente impossibile spezzarla.
Tutt’ora mi chiedo dove abbia trovato una formula tanto potente da suggellare
un anatema del genere.”
“So che chiunque diventi professore di Difesa
Contro le Arti Oscure è destinato ad un solo anno di insegnamento.”
“Non solo, Harry, si è destinati anche ad una
morte atroce” aggiunse Kaus, mantenendo la sua freddezza.
“No!” sbottò Harry, allarmato “Non può essere.
Nessuno è mai morto, sono stati solo licenziati o ridotti in condizioni tali da
non poter insegnare, ma non…”
“Che mi dici di Raptor?” gli chiese Kaus.
“Lui è un’eccezione. Si trattava di un servo
di Voldemort e comunque è l’unico che è morto.”
R.A.B. sospirò ed andò a frugare tra uno dei
suoi scaffali stracolmi di libri “Sicuro?”
“Certo” dichiarò Harry fermamente, tuttavia
avvertendo un nodo alla bocca dello stomaco. Professor Lupin, pensò il
ragazzo mentre Kaus gli si avvicinava con un manipolo di fogli di giornale.
“Qui ci sono alcuni articoli risalenti a molti anni fa.
Osservali attentamente e poi trai le tue conclusioni” disse R.A.B. consegnando
i fogli a Harry.
Il ragazzo li osservò superficialmente notando
che si trattava di prime pagine di diverse edizioni della Gazzetta del Profeta;
alcuni articoli risalivano a venti anni fa, mentre altri recavano date più
recenti. Ma tutti i giornali avevano una macabra analogia: seppure con diversi
titoli che andavano dal “Ex-Professore morto in circostanze spiacevoli” a
“Terribile macello di sangue coinvolge un ex-professore”, tutti gli articoli
trattavano del tragico decesso di tutti i Professori che avevano insegnato
Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts, alternandosi di anno in anno.
“Vedi, Harry” intervenne Kaus, scrutando il
volto sconvolto del ragazzo “Non è detto che la morte debba avvenire
all’istante, o poco dopo il licenziamento. C’è chi ha vissuto in pace al
massimo per cinque anni prima di finire…” accennò con la mano floscia alle
immagini raccapriccianti degli articoli.
“No, non può essere” ripeté Harry “Ci deve
essere un modo per bloccare questa maledizione!”
“Spiacente, ma come ho detto prima, si tratta
di una maledizione robustissima, che, devo ammetterlo, va al di là di qualsiasi
capacità magica. Intendo dire, Harry…” spiegò Kaus “… che stiamo parlando di un
anatema permanente e che implica la morte di varie persone; ci troviamo di
fronte ad una sorta di “Maleficio Dinastico”, che tra tutte le maledizioni è la
più terribile e anche la più difficile da eseguire. Ma qui sta l’incognita
della faccenda, perché non si tratta di un vero e proprio maleficio che
flagella una dinastia e quindi una determinata linea di sangue, ma un semplice
posto di lavoro. Prova a immaginare questo Harry: le maledizioni permanenti si
basano sulle relazioni tra le vittime, nel caso del “Maleficio Dinastico” si
tratta del sangue… ma che relazione ci può essere tra degli insegnanti di
Difesa Contro le Arti Oscure, che sicuramente provengono da famiglie diverse?
Non c’è alcuna logica per sceglierli come future vittime, a meno che non si
operi una “contaminazione del destino”; si tratta di una maledizione che
coinvolge tutti coloro che sostituiscono un frangente di futuro del probabile
destino del mago che scaglia il maleficio. Ora mi spiego meglio, Voldemort
aveva previsto di diventare insegnante e quindi il suo futuro sarebbe stato
quello di fare l’insegnante, ma il professor Silente glielo ha impedito,
deviando così la linea del suo futuro. Così Voldemort ha dovuto cambiare il suo
destino, che non era più quello di fare l’insegnante, ma prima di farlo ha
scagliato una “contaminazione del destino” che avrebbe colpito chiunque avesse
tentato di occupare il suo futuro mai realizzato, cioè insegnare Difesa Contro
le Arti Oscure. Chiaro?”
“Ma è una cosa che si può fare?” domandò Harry,
alquanto stordito dalla spiegazione di Kaus.
“Si può fare, teoricamente. Ma per metterlo in
pratica si necessita di una tale forza spirituale che non ha mai posseduto
neanche il professor Silente.”
“Stai dicendo che Voldemort è un mago migliore
di Silente?” chiese Harry, indignato e insieme preoccupato.
“Se davvero è riuscito a scagliare una
“contaminazione del destino”, allora dire proprio di sì.”
“Ma non c’è nessun modo per…?”
“Ti ho già detto di no!” esclamò R.A.B.,
alquanto seccato “Ma perché ci tieni così tanto, in fondo non hai mai insegnato
Difesa Contro le Arti Oscure.”
Harry scosse la testa, esasperato “Non è per
me. Al terzo anno il mio insegnante è stato Remus Lupin!”
“Ah, il Lupo Mannaro. Capisco Harry, mi
dispiace. Beh, che altro posso dire: future condoglianze!”
“No!” urlò Harry “Ci deve essere un modo, uno
qualsiasi!”
“Beh” cominciò incerto R.A.B., donando un
barlume di speranza a Harry “Ci sono dei particolari maghi che sono immuni alle
maledizioni permanenti e selettive come nel nostro caso la “contaminazione del
destino”… ma dubito che il tuo amico possa essere uno di questi maghi.”
“E che mago dovrebbe essere per annullare la
maledizione?”
“Come posso spiegarti, mh…” rifletté Kaus
guardando distrattamente il soffitto della casa “… deve essere un doppio-mago.”
“Cosa vuol dire?”
“Un doppio-mago non è altro che una piacevole
allegoria” ridacchiò Kaus, costretto poi dallo sguardo pungente di Harry a
riprendere la spiegazione “Si tratta di un mago che nel suo individuo porta un
secondo spirito.”
“Un secondo spirito?”
“Meglio che ti accontenti con questa
spiegazione, Harry. Il concetto di anima e spirito è troppo raffinato per uno
come te, ti ci vorrebbe una predisposizione concettuale che di sicuro non
possiedi.”
“Vorrei solo sapere cosa intendi con secondo
spirito.”
“Per l’appunto” sospirò Kaus “D’accordo,
altrimenti non mi darai pace, ma ti avverto, entreremo in un campo decisamente
minato” R.A.B. espirò a fondo e cominciò il discorso “Questa è la mia premessa:
lo spirito è irrimediabilmente legato al destino; ora proseguiamo con calma…
Molte volte, nel linguaggio comune, si usa impropriamente la parola “spirito”,
sai farmi un esempio, Harry?”
“Beh, io con spirito intendo un fantasma.”
“E questa è la prova di come l’ignoranza pervada
la gente comune. Ma, proseguendo il discorso… lo spirito non è assolutamente un
fantasma, il fantasma non contiene minimamente lo spirito di una persona, ma ne
è soltanto l’involucro copiato con miseri ricordi della vita, in altre parole
si tratta dell’impronta dell’anima. Già, Harry, anima e spirito sono due cose
diverse, ma non ho intenzione di approfondire, finiremmo chi sa dove
intraprendendo certe spiegazioni.”
“Sapevo già che il fantasma è una specie di
impronta del defunto, ma credevo che l’impronta dell’animo fosse lo spirito.”
“E invece no. Ogni corpo vivente è costituito
da anima e spirito; l’anima è semplicemente la forza astratta e caratteristica
di ogni essere che racchiude lo spirito; lo spirito è più propriamente la
consistenza degli esseri viventi: costituisce i ricordi, il carattere,
l’intelligenza, le caratteristiche corporee, per non parlare del potere magico
che è capillare solo nei maghi e nelle streghe. L’anima è solo un involucro che
può permanere nel corpo di un morto per breve periodo e che può essere
richiamata con un determinato incantesimo. E’ questo ciò che sono gli Inferi:
anime richiamate in corpi morti e putrefatti.”
“E i Dissennatori?” chiese Harry, sinceramente
interessato.
“I Dissennatori sono corpi concreti e insieme
intangibili. Non mi è molto chiaro ma sospetto che siano spiriti senza anima,
il che è un vero azzardo per le leggi della natura. Sai, Harry…” riprese Kaus,
più serio “… non mi voglio dilungare ulteriormente, ti spiegherò a tempo debito
ciò che costituisce gli esseri e che cosa sono anima e spirito e come la loro
scombinata mescolanza possa creare degli esseri né vivi, né morti, ma per ora
accontentati di questo: il bilancio tra anima e spirito è indispensabile per la
creazione degli Horcruxes.”
“Capisco” accennò Harry, deciso “Me lo dirà a
tempo debito, ma ora vorrei solo sapere se c’è qualche speranza di salvezza per
Remus Lupin.”
“Già, tutto questo discorso è iniziato con
l’interrogativo: può essere Remus Lupin un doppio-mago? La risposta è certamente
no. Un doppio-mago contiene due spiriti, come ti avevo accennato prima, ciò
significa che il suo corpo dovrebbe essere soggetto a due destini, quello suo e
quello dello spirito che ospita. E’ proprio per questa duplice connotazione del
destino che la maledizione non ha più effetto: due diversi destini – ossia due
diversi spiriti - in un solo corpo si annullano a vicenda, non concretamente,
ma non sono più soggetti a forze esterne. E’ come una specie di copertura, gli
spiriti esistono in simbiosi ma nascondono la loro presenza al di fuori, così
il destino non li può colpire. In altre parole, una profezia o una maledizione
riferita o scagliata contro un doppio-mago non ha alcun significato o effetto.”
Harry aveva capito poco o niente dalla
spiegazione di R.A.B. ma la sua attenzione era puntata tutta sulla sorte
dell’amico “Ma perché Remus non può essere un doppio-mago? Non c’è nessuna
possibilità che…?”
“A dirla tutta non c’è un modo concreto di
capire se uno è un doppio-mago o no, tranne una particolare eccezione: la
condizione di Lupo Mannaro. Ora, Harry, tu devi sapere che quando un mago si
trasforma in Lupo Mannaro perde la cognizione di ciò che gli accade, in altre
parole non si controlla, perde completamente la sua identità e questa perdita
di identità corrisponde ad una temporanea perdita di spirito. E se mentre è
trasformato in Lupo Mannaro il soggetto non ha più controllo e si comporta come
un animale ciò significa che non è subentrato un secondo spirito, che si attiva
pienamente ogni volta che lo spirito principale viene meno. La prova del nove
per il tuo amico è questa: quando è un Lupo Mannaro riesce a controllarsi?
certo non per opera sua, ma per merito del secondo spirito?”
“Remus non si controlla” rispose Harry
desolato, sentendo che il nodo alla bocca dello stomaco si stringeva sempre più
minacciosamente.
“Allora non è un doppio-mago” concluse R.A.B.,
astenendosi dal sorridere come era solito fare, cosa di cui Harry gli fu molto
grato.
Harry scosse la testa, incredulo di fronte a
ciò che aveva appena scoperto “Non riesco a credrci. Beh, l’unica consolazione
è sapere che anche Severus Piton farà una brutta fine.”
“Severus Piton!” strepitò Kaus “Silente gli ha
permesso di diventare insegnante nonostante sapesse della maledizione?!”
Harry avvertì che il suo cuor aveva fatto una
vorticosa ribaltata nel petto “Silente… Silente sapeva della maledizione?”
“Certo che lo sapeva, non è stupido come certe
persone! Ma allora come si spiega che abbia voluto mettere a rischio la sua
vita.”
“Che c’è di tanto speciale nella vita di
Severus Piton!” gridò Harry, ormai senza controllo. Silente sapeva della
maledizione, ma allora come aveva potuto permettere che tutte quelle persone,
che Remus Lupin, diventassero vittime della maledizione, destinati così alla
morte?
“Silente non te l’ha detto? Lo immaginavo, ha
preferito lasciarti l’illusione.”
“Quale illusione?” domandò Harry a denti
stretti.
“Lascia stare. Piuttosto, non ti sei mai
chiesto il motivo del perché Silente si fidava così tanto di Severus Piton?”
“Me lo sono chiesto sì, un sacco di volte!”
“E’ per quel preciso motivo che per Silente la
vita di Severus Piton era così importante. E appunto non capisco il motivo del
perché lui gli abbia permesso… oh, no… non mi dirai, Silente…” cominciò R.A.B.
dialogando col soffitto “… che hai voluto trasformarti in un martire quando hai
capito che Riddle stava diventando troppo potente. Idea astuta. Silente sapeva
che Voldemort non avrebbe mai rischiato di far morire Piton, così ha lasciato
che diventasse insegnante di Difesa, tanto sapeva che Riddle avrebbe annullato
gli effetti della maledizione su Piton una volta che si sarebbero rincontrati.”
“Cosa vuol dire: Voldemort non avrebbe mai
rischiato di far morire Piton?” chiese Harry, incredulo, ripensando alle parole
di Arthur Weasley: E’ questo ciò che significa essere Mangiamorte:
servitori usa e getta quando a Voldemort fa più comodo.
“La vita di Severus Piton ha un importante
valore per molti, sia per i “buoni” che per i “cattivi”; capire il perché…”
“… solo a tempo debito” concluse Harry.
“Esatto.”
“Ma…” cominciò Harry, riflettendo sulle
precedenti parole di Kaus “Hai detto che Voldemort avrebbe annullato gli
effetti della maledizione su Piton?”
“Esatto; è un bel colpo per te, vero Harry?”
“No” sbottò Harry “Al contrario, ora che so
che la maledizione si può annullare. Costringerò Voldemort ad annullare la
maledizione su Remus.”
“E come pensi di fare a costringerlo?”
“Dopotutto hai ragione tu, niente scrupoli”
ammise Harry, inghiottendo la sua coscienza “Vorrei che mi insegnassi la
Maledizione Imperius.”
“D’accordo” acconsentì R.A.B., un poco
sorpreso.
“Buona notte” mugugnò fiocamente Harry, mentre
si apprestava a coricarsi sulla brandina che ormai era diventata il suo
giaciglio per la notte.
“Bonne nuit.” Già, pensò R.A.B.
tra sé e sé, Prima si inizia con l’Imperius, poi con il Cruciatus e si
chiude in bellezza con l’Avada Kedavra.
*^*^*^*^*^*^*
“Potter ha scovato Kaus, mio
signore.”
“Eccellente” si compiacque Lord
Voldemort “Ora non ti resta altro da fare che prendere uno squadrone e andare
ad ucciderlo, Severus.”
“Sì, mio signore” assentì Piton,
riverente “Per quanto riguarda le informazioni che volevate sui gruppi
stranieri, sono desolato, ma pare che la loro copertura sia impenetrabile.”
“Non importa, se ne occuperà
l’I.M.M.U.D.O., abbiamo Samantha Drake come garante. Piuttosto, sarebbe il caso
di eliminare certe seccature.”
Lord Voldemort fece apparire una
copia consumata della rivista “Il Cavillo” “Mi è stato segnalato da alcuni
Mangiamorte, leggi il titolo, Severus.”
Piton afferrò il giornale
fluttuante e lo aprì sulla prima pagina: “Signore Oscuro ottiene l’appoggio
estero di alcune segrete corporazioni oscure. Mio signore, con tutto
rispetto, la rivista Il Cavillo è di ultima categoria, non ci fa caso quasi
nessuno.”
“E’ quel quasi che mi
preoccupa, Severus. Non fraintendermi, di sicuro non ho paura, ma è meglio
essere previdenti ed eliminare il problema alla radice.”
“Sono pienamente d’accordo.
Provvederò io stesso a risolvere il problema” concordò Piton “Ho altre notizie,
mio signore.”
“Ti ascolto, Severus” mormorò
Lord Voldemort.
“Al Ministero è prevista la
visita di un importante esponente della dinastia oracolare di Delfi. Pare che
il Ministro della Magia Scrimgeour abbia richiesto un consulto per predire le
sorti della guerra.”
“Sì, mio signore. Deve sapere che
quando feci domanda per un incarico come apprendista in Pozioni, presso
Hogwarts, mi giunse all’orecchio la voce che Albus Silente avesse richiesto un
consulto speciale con l’Oracolo di Delfi per chiarire gli avvenimenti dei
prossimi anni.”
Piton si sorprese nel vedere un
barlume di preoccupazione accendersi sul volto solitamente impassibile del suo
signore.
“Questo non è da sottovalutare”
sibilò Lord Voldemort, a denti serrati “Raduna uno squadrone valido: faremo una
visita al Ministero della Magia oggi stesso.”
*^*^*^*^*^*^*
Erano passati due mesi dal primo personale
incontro tra Harry e Lyons Kaus; l’estate stava tramontando per lasciare posto
ad un autunno altrettanto cupo e nebuloso. Harry aveva passato il suo
compleanno a praticare la Maledizione Imperius; oramai era un esperto. Alle
porte del mese di settembre il giovane Potter aveva appreso con la più minuziosa
delle pignolerie tutte le tecniche corrette di esecuzione degli incantesimi. E
R.A.B, nonostante tutte le sue battutine insolenti, si era dimostrato
soddisfatto dei progressi di Harry e ora lo riteneva degno di misurarsi in una
vera sfida, bacchetta contro bacchetta.
“Sei pronto, Harry.”
“Prontissimo.”
Harry e R.A.B. si inchinarono rispettosamente
per poi posizionarsi secondo lo schema offensivo-protettivo che Kaus aveva
insegnato al ragazzo.
Si studiarono per qualche attimo e poi
partirono all’attacco.
“Stupeficio!”
Gridarono all’unisco. I raggi rossi scaturiti
dalle loro bacchette cozzarono a mezz’aria e rimbalzarono perpendicolarmente,
formando una sorta di reticolo cartesiano con le scie rosse delle fatture. Il
contraccolpo fece indietreggiare i due di qualche centimetro, ma il vecchio
riuscì a stabilizzarsi prontamente e a lanciare un altro incantesimo:
“Immobilus!”
Harry reagì quasi meccanicamente mormorando un
efficace Protego che riuscì a bloccare la fattura di R.A.B. Il giovane
Potter mantenne il braccio piegato a 45° contro il petto in modo da estendere
maggiormente lo scudo protettivo, poi, con una rapida estensione dell’arto,
rispedì l’incantesimo contro il suo stesso fautore senza che la maledizione
diminuisse la sua originaria potenza.
Kaus si smaterializzò rapidamente sulla
sinistra, puntò la bacchetta contro il ragazzo che un attimo dopo si trovò a
gambe all’aria, ribaltato da una potente fattura non verbale.
Il vecchio tentò nuovamente l’incantesimo
immobilizzante, questa volta con maggiore successo. Harry poteva solo sbattere
le palpebre e sentire il sangue che gli grondava giù dal cervello mentre R.A.B.
si avvicinava minaccioso.
“Sai qual è la punizione, vero Harry?” chiese
ironicamente Kaus, puntandogli la bacchetta in mezzo agli occhi.
Harry non poteva parlare, ma il bagliore di
sfida che R.A.B. intravide nei suoi occhi fu una risposta più che sufficiente.
Harry riuscì solo a sgranare gli occhi mentre i dolorosi
influssi della maledizioni si propagavano in tutto il suo corpo; se possibile
l’effetto risultava ancora più esasperante data la sua incapacità di muoversi o
di sfogarsi urlando a squarciagola. La fronte era contratta e i nervi quasi accartocciati
dallo sforzo di uno sfogo trattenuto.
Harry sentì la testa aprirsi di netto, come se
l’antico dolore della cicatrice fosse tornato vivo e pulsante. Quella
sensazione lo fece allucinare: la pelle piuttosto abbronzata di Lyons Kaus
stava diventando di un pallore cadaverico, i suoi occhi marrone chiaro
tendevano sempre di più ad un sanguinolento rosso acceso, capelli e
sopracciglia si sfoltivano per rivelare il volto dell’uomo più odiato da Harry
Potter.
Le immagini del suo aggressore, sempre più
appannate a causa delle lacrime di dolore che gli scendevano dagli occhi, si
stavano lentamente delineando in qualcosa di estraneo a Lyons Kaus: un uomo
dall’aspetto grottesco e cadaverico; forse non era neanche l’aspetto autentico
di Lord Voldemort, ma nei ricordi di Harry appariva così, in tutta la sua
mostruosità. Poi d’un tratto lo sfocato si fece nero e anche il pallore della
pelle di Lord Voldemort scomparve, mescolandosi nel buio.
Il biancore ricomparve, questa volta meno
cadaverico, ma più spettrale e astratto. Una folta chioma nera ricoprì parte
della grande macchia bianca e ovale, mentre sotto la frangia appena apparsa si
accendevano due occhi scintillanti di perfidia e follia. L’ovale si squarciò
sul basso in un sorriso beffardo e malefico: “Ti manca, Potterino. Lo so che
ti manca, ti manca Sirius.”
La scomparsa di Bellatrix Black fu
accompagnata dall’incessante eco di quelle parole. Mentre anche l’ultimo
bagliore del suo sguardo maniacale si spegneva, diluendosi nel nero, apparve
all’istante, come un flash improvviso, l’immagine chiara e nitida di Severus
Piton: il volto era scarno e neutrale, quasi apatico. “Ti manca Silente, ti
manca la mamma, ti manca il papà, Potter?” La voce era remota ma
inconfondibile nella sua freddezza e untuosità. Harry guardò il suo volto
pallido e desiderò di poterlo stringere fino a farlo scoppiare. Allungò una
mano con una forza disperata, ma Piton tentò di proteggersi parandosi col
braccio sinistro. Allora Harry vide il Marchio Nero che spuntava parzialmente dalla
manica della tunica. Con tutta la risolutezza che gli rimaneva conficcò le
unghie nel tatuaggio.
Le grida che ne seguirono furono per Harry un
dolce canto di consolazione. Affondò le unghie senza pietà, rimanendo
ipnotizzato ad osservare la sua trasformazione. Il teschio si fuse con il
serpente che gli usciva dalla bocca e si mescolarono in una singola macchia
nera che si delineò in una figura diversa: un uccello maestoso dalle nove code
che emergeva dalle fiamme, una fenice, ma una fenice nera avvolta da fuoco
verde.
Harry si sentì precipitare e cozzare contro il
suolo; sbattendo le palpebre riacquistò la vista.
Kaus se ne stava raggomitolato a terra con la
mano destra premuta contro l’avambraccio sinistro. Alzò lo sguardo carico di
odio e di dolore “Complimenti… Harry” ansimò a fatica “Hai trovato… il… il mio
punto debole.”
R.A.B. si alzò barcollante e lanciò a Harry
uno sguardo d’avvertimento: “Ricordami come sono adesso: carico di furia
omicida; perché è così che dovrai sempre vedermi.”
Harry si alzò di scatto dal pavimento,
raccolse la sua bacchetta e il mantello dove custodiva i suoi due preziosi
amuleti e senza ripensarci abbandonò quel luogo oltrepassando la barriera
spaziale con l’intenzione di non tornarci mai più.
*^*^*^*^*^*^*
Samantha Drake tirò un lungo
sospiro di sollievo quando finì di rassettare a dovere l’ultimo Mangiamorte.
Dopo la cerimonia di bentornato che aveva seguito la scarcerazione, i dieci
Mangiamorte liberati (uno era stato ucciso durante la scarcerazione) si erano
dovuti sottoporre ad un test completo per verificare lo stato di salute e
dell’integrità mentale. Così Samantha aveva accertato con rammarico che Cortess
non aveva avuto tutti i torti ad affermare che gli scarcerati sarebbero stati
più tocchi che malvagi.
Samantha aveva preferito
sottoporre i dieci ad un interrogatorio per tentare di chiarire l’origine di un
tale squilibrio mentale. Dai racconti confusionari di quelli che avevano
accettato di rispondere alle domande era emerso che i giovani apprendisti
Eclitti amavano molto esercitarsi al tiro al bersaglio con campioni vivi: i
prigionieri di Azkaban. A quanto pareva il Ministro non solo era al corrente di
questi soprusi ma li approvava, incentivando così la tortura dei prigionieri,
che giorno dopo giorno venivano usati per l’esercitazione pratica e resi
vittime della più svariata gamma di incantesimi e fatture senza un attimo di
sosta da più di un anno.
Anche il padre di Draco, Lucius
Malfoy, non aveva più una mente del tutto lucida; per questo Samantha aveva preferito
non dire nulla all’amico, sperando in una repentina, seppure improbabile,
guarigione spontanea; dopotutto la psicosi di cui soffriva l’uomo avrebbe anche
potuto essere curata con una terapia, ma il Covo Oscuro non era il luogo più
indicato per cominciare la cura.
Draco Malfoy si avvicinò a
Samantha quando questa congedò il Mangiamorte che stava visitando.
“Allora?” chiese in tono freddo,
tentando di celare la preoccupazione “Come sta mio padre?”
Samantha ingoiò a vuoto la saliva
e cercò di apparire il più calma possibile “Dovresti dirmelo tu. Sei appena
andato a trovarlo: come ti sembra?”
“Normale” rispose Draco.
Samantha sbarrò gli occhi dalla
sorpresa “Davvero?” chiese stupita; poi, ricomponendo il volto in
un’espressione indifferente, ripeté: “Davvero?”
“Beh, si comporta come sempre”
rispose Draco, incuriosito dalla reazione della ragazza “Perché? Come dovrebbe
stare? Sei tu il medico… non sarà ferito?”
“No, no… nessuna ferita fisica,
non ti preoccupare.”
“Non mi preoccupo. Chi si
preoccupa” concluse Draco con una sbuffata delle sue.
“Molto bene… allora, se non c’è
nient’altro che mi vuoi chiedere, io me ne vado a curare il prossimo
Mangiamorte” Samantha tentò di defilarsi dalla porta principale, ma fu
costretta ad abbandonare il suo proposito quando Lucius Malfoy le sbarrò il
cammino.
“Tu sei Samantha Drake, giusto?”
le chiese l’uomo con un tono raggelante “Il nuovo acquisto del Signore Oscuro,
la garante del progetto D.I.O.?”
“S..sì” rispose Samantha
esitante.
“Vedi di non intralciarmi, ragazzina”
disse quello in tono secco e agghiacciante.
La ragazza avvertì l’impulso di
rispondere all’istante “Sì.”
Lucius Malfoy la oltrepassò.
Draco indietreggiò impercettibilmente quando vide il padre che gli veniva
incontro.
“Tu prima mi hai chiesto se stavo
bene?” domandò al figlio con il medesimo tono di voce con cui si era rivolto a
Samantha.
Draco accennò col capo “Sì”
sembrava che quella fosse l’unica risposta adatta alle domande di Lucius
Malfoy.
“Sto bene.” Senza preavviso
l’uomo afferrò il braccio di Draco e abbassò violentemente la manica della
tunica per rivelare il Marchio Oscuro. Draco lo contemplò fisso, tremando quasi
dal timore. Samantha abbassò il capo e guardò Draco desolata, non sapendo che
reazione aspettarsi da quell’uomo.
Lucius scrutò il figlio con
un’occhiata tanto indecifrabile quanto ghiacciata “Il Marchio Oscuro; allora
sei diventato anche tu un Mangiamorte?”
Draco accennò con il capo,
sperando in cuor suo che quelle del padre fossero parole di apprezzamento.
“Tu sei Draco Malfoy, giusto?”
sibilò Malfoy senior, perforando con lo sguardo il figlio.
Draco si limitò, come prima, a
muovere la testa in segno di affermazione, ora assolutamente sconvolto.
Lucius Malfoy serrò la presa
attorno al braccio del figlio e a Draco sfuggì un gemito di dolore “Ti è stata
affidata la missione di uccidere Albus Silente, la più importante delle
missioni che possa essere affidata ad un Mangiamorte, persino più importante
del recupero della profezia. L’hai portata a termine?”
Draco pensò di intravedere uno
spiraglio di logica nel comportamento del padre: era arrabbiato con lui perché
non era riuscito ad uccidere Silente, perché non aveva completato la missione
fino in fondo “Dopotutto il piano per intrappolare Silente l’ho ideato io e ha
funzionato: Silente è morto” dichiarò con orgoglio, attendendo speranzoso i
complimenti del padre.
Invece ottenne solo un sonore
ceffone sul viso che lo fece quasi cadere. Draco si portò una mano sulla
guancia arrossata e guardò supplicante il padre con gli occhi carichi di
lacrime.
“Non ti vantare” sibilò Lucius
Malfoy “Se fossi stato fuori da Azkaban il Signore Oscuro avrebbe affidato a me
l’incarico di uccidere Silente: io sono il suo Mangiamorte preferito”
afferrò la tunica del figlio e lo scosse forte “Vedi di non intralciarmi,
ragazzino, se non vuoi fare una brutta fine.”
Lucius allentò la presa e, con un
ultimo sguardo sprezzante, si allontanò dal figlio, che crollò sul pavimento
con le mani che gli coprivano il viso.
Samantha si scostò per far passare l’uomo e osservò il suo volto di
pietra che non riuscì ad addolcirsi nemmeno quando i singhiozzi disperati di
suo figlio lo raggiunsero.
*^*^*^*^*^*^*
Hermione e Ginny stavano
sfogliando la Gazzetta del Profeta, guardando con desolazione l’articolo che
riportava la disfatta di Azkaban.
“Tante vittime che il Ministero
ha preferito celarne il numero” lesse Hermione con rammarico.
Ginny ripiegò la Gazzetta e fissò
l’amica con sconforto “Soprattutto nostre vittime. I corpi dei Mangiamorte
recuperati dal Ministero sono in tutto tre; solo per questo Scrimgeour pensa di
essere ad un passo della vittoria e mette in prima pagina le foto dei loro
cadaveri.”
“E’ disumano oltre che borioso”
Hermione proseguì con un tono impacciato “Sai chi è una delle vittime?”
“Il padre di Goyle” rispose
Ginny, mantenendosi composta.
“Non voglio difendere i
Mangiamorte, no di certo, ma… ho sempre detestato il modo di fare di Goyle,
così sottomesso a Malfoy, ma… mi dispiace per lui” concluse Hermione, guardando
Ginny con fare inquisitorio “E a te?”
“Ci sono stati centinaia di figli
che hanno pianto per la morte dei loro genitori per colpa del padre di Goyle e
dei suoi compagni. Non mi aspetto di provare compassione per lui, ma so solo
che pubblicare la foto del cadavere del padre è sicuramente scorretto, è una
mancanza di rispetto verso la sua morte e verso la famiglia del defunto.”
“Devo dire che sei più obiettiva
di me, Ginny” ammise Hermione con un sospiro.
“Ma no Hermione, sono solo più
inflessibile” ribatté Ginny “Piuttosto, ti va di cambiare discorso e di parlare
di Ron?”
“Francamente” cominciò Hermione,
indispettita “Credo che sarebbe più redditizio parlare di morti che di Ron.”
“Non esagerare” disse Ginny con
una breve risata “So perfettamente come è fatto mio fratello ma tu non puoi
negare i fatti, Hermione.”
“I fatti…” ripeté Hermione,
frustrata “I fatti sono questi: lui è uno stupido perché non capisce mai niente
e io sono stupida perché mi interessa uno stupido.”
“Non essere così dura con te
stessa, sono cose che succedono” affermò Ginny con disinvoltura.
“Non prendere la cosa alla
leggera Ginny; il mio è un grave problema che temo non abbia soluzione!”
“Non chiamarlo “problema”,
Hermione” la rimproverò l’amica, sorridendo “E’ semplicemente una grande cotta”
“Non è grande… no… non riesco a
capirlo di preciso” rivelò Hermione arrossendo in viso.
“E questo ti manda in confusione
dato che sei abituata ad avere tutto sotto controllo.”
“Anche, ma non solo questo… con
Victor non c’era tutto questo coinvolgimento, stavo con lui solo perché mi
lusingava essere corteggiata da un ragazzo così famoso, ma alla fine sapevo che
saremo restati solo buoni amici, nonostante quel piccolo bacio…”
“Quindi tu e Krum vi siete spinti
solo fino alla fase uno, nient’altro?” le chiese Ginny.
“No, e mi pare già tanto con uno
come lui.”
“Era tanto per te, ma lui cosa ne
pensava? Ho sempre avuto l’impressione che Krum intendesse puntare al sodo,
insomma, che volesse un contatto più fisico.”
“E l’ha cercato” confessò
Hermione con visibile imbarazzo “Ma la sottoscritta non si sentiva
assolutamente pronta e così ho mandato tutto a monte.”
Ginny posò una mano sulla spalla
di Hermione “Non devi darti la colpa se è stato lui ad insistere troppo.”
“No” fece Hermione scandalizzata
“Non voleva fare… quello… voleva solo darmi dei baci più profondi e…”
“Pomiciare, insomma” concluse
Ginny.
“Precisamente” concordò Hermione
col viso in fiamme “Ma io ho un blocco e non riesco a superarlo. Tendo a
bloccarmi quando i ragazzi tentano di andare oltre…”
Ginny annuì grave col capo “So
cosa intendi, Hermione.”
“Tu? No, Ginny, non intendevo…”
si scusò subito Hermione “… è solo che ho avuto l’impressione che tu con i
ragazzi… ci sappia fare.”
“In effetti sono un po’ disinibita, ma non troppo” dichiarò Ginny
orgogliosa “Ma delle volte è capitato anche a me di avere questo blocco… con
Corner.”
“Hmm” fece Hermione, nauseata.
“Puoi dirlo forte, Hermione. Solo
che Corner non è un gentiluomo come Krum… lui aveva proprio in mente di farlo.
Io mi sono opposta, all’epoca avevo a mala pena quattordici anni… ma lui non mi
ha voluto dare retta. Alla fine l’ho sistemato con un efficace sinistro.”
“Mi dispiace Ginny. Quel
Corner…” mugugnò Hermione piena di rabbia.
“Figurati; quel pugno è stato
davvero liberatorio, era da settimane che intendevo darglielo” confessò Ginny
con un sorriso mordace “Quando ha capito che la sua ragazza non aveva la minima
intenzione di concedersi a lui, mi ha mollato… anche se a dirla tutta era già
da un mese che, con varie sottigliezze, tentavo di fargli capire che non ero
più interessata a lui.”
“E ora con Harry?” chiese
Hermione, interessata.
“Lui è molto pudico, forse anche
più di me” ironizzò Ginny “Ma è assolutamente il miglior ragazzo che Ginevra
Weasley abbia mai avuto. In effetti lui mi è sempre piaciuto, ma siccome lui
non mi guardava…”
“Hai preferito disinteressarti a
lui e cercare affetto da un’altra parte. E speravi che, magari, lui si sarebbe
ingelosito” aggiunse Hermione.
“Esatto. Vedi, Hermione, tu le
capisci al volo le questioni amorose, ma sembra che con mio fratello questo tuo
talento si dissipi. D’altronde non è facile analizzare la situazione quando si
è così coinvolti” concluse Ginny con un sorrisetto malizioso.
“Con Victor ce la facevo”
dichiarò Hermione, scoraggiata.
“E’ perché con lui non era una
cosa seria. Ora con Ron sei coinvolta fino al collo, è difficile essere
oggettivi” commentò Ginny.
“Non dire così, Ginny.”
“Fai la prima mossa, Hermione “
suggerì Ginny all’amica in tono rassicurante “Ormai devono fare tutto le
ragazze perché se aspettiamo i ragazzi…”
“Ma è stato Harry a fare la prima
mossa con te” puntualizzò Hermione con un sospiro.
“Ma dopo cinque anni che ci
conoscevano e dopo avergli esplicitamente fatto capire che mi interessava… Ron
è ancora peggio di Harry. Se aspetti lui finirete entrambi vecchi e svogliati.”
“Hai ragione tu, Ginny” disse
Hermione, caricandosi di grinta “E’ ora di finirla a giocare al gatto e al
topo.”
“Giusto” concordò Ginny, tenace
“Sai, mio fratello avrà anche i suoi difetti, ma infondo…”
Ginny sobbalzò vedendo scorrere
davanti agli occhi un’indeterminata figura d’argento. La scia prese consistenza
e, una volta arrivata in fondo alla stanza, curvò nettamente per sfilare
nuovamente davanti allo sguardo sconsolato di Ginny e a quello furioso di
Hermione: si trattava di un’enorme marmotta col pelo folto e vaporoso, che le
ragazze sapevano essere il Patronus di…
“Ron!” strillò Hermione
all’indirizzo del rosso che si accingeva a richiamare nella punta della sua
bacchetta l’enorme animale.
Ginny sospirò, tra l’incredula e
il divertita “Parli del diavolo e…” sventolò la mano verso il fratello con un
sorriso poco convinto.
“Mi stavo giusto esercitando col
Patronus” dichiarò Ronald Weasley orgoglioso “Anche voi due dovreste fare lo
stesso invece di stare lì sedute a parlare di stupidaggini.”
“Stupidaggini” ripeté Hermione
facendo salire di parecchi decibel il tono della voce “Oh, in effetti io e
Ginny stavano proprio parlando di uno stupido.”
Dall’occhiata pungete che gli
aveva rivolto Hermione, Ron intuì che quel suddetto “stupido” non poteva essere
altri che lui. Il giovane Weasley sostenne lo sguardo di Hermione e rivolse
alla ragazza un’occhiata altrettanto ostile.
Ginny si passò una mano sul viso
mentre Moody faceva il suo ingresso trionfale nella stanza.
“Ehi!” gridò contro Ron e
Hermione, vedendo i due giovane fissarsi in cagnesco “Sempre a bisticciare come
un branco di marmocchi, ma tu guarda. In piedi e pronti con le bacchette, tutti
quanti, voglio tre dei più superbi Patronus che io abbia mai visto in tutta la
vita… vedete di sorprendermi!”
Ginny scattò in piedi, non tanto
in riflesso al comando di Moody quanto più per il desiderio di accontentarlo e
di fargli chiudere la bocca. Agitò lievemente la bacchetta mormorando
l’incantesimo: un’elegante gazzella attraversò il locale sotto lo sguardo
compiaciuto del fratello. Quando si dissolse in una foschia luminosa, Moody
accennò un vago sorriso compiaciuto.
“Non c’è male signorina… adesso
tu, l’altra.”
Hermione avanzò, in risposta alla
richiesta di Moody, ancora livida in volto.
“Expecto Patronum!” gridò
la ragazza.
Una lontra dai movimenti sinuosi
schizzò fuori dalla bacchetta di Hermione e percorse a sobbalzi l’intera stanza
per poi svanire con un sonore schiocco.
“Puoi fare di meglio, ragazzina”
la rimproverò Moody con tono saccente “Ho l’impressione che tu sia troppo
nervosa ultimamente: così senza concentrazione non ti riuscirà mai un buon
Patronus.”
Hermione fissò Ron se possibile
ancora più arrabbiata di prima; evidentemente lo riteneva responsabile della
predica di Moody.
Il giovane Weasley avanzò calmo
al centro della stanza e mormorò l’incantesimo. La stessa figura di marmotta
comparve dalla punta della sua bacchetta, ancora più luminosa di prima.
Questa volta Moody si concesse un
sorriso ammirato “Complimenti, ragazzo, era proprio un bel Patronus. E’ di
fondamentale importanza imparare l’Expecto Patronum ora che Nole Rowe è
a piede libero e se alla ragazzina riccioluta questo non basta come
incoraggiamento allora le consiglio di andare a vedere le foto delle vittime di
quel Dissennatore.”
Ginny si voltò verso Hermione. La ragazza aveva gli occhi lucidi sia
per colpa del litigio con Ron che per il rimprovero di Moody.
“Ora esercitatevi singolarmente,
e smettetela di bisticciare” concluse l’ex-Auror con fermezza.
Alastor Moody se ne andò
lasciandosi alle spalle un’atmosfera molto tesa.
Ginny fissò con circospezione il
fratello mentre si avvicinava all’amica per consolarla.
“Dai, Hermione, sai com’è fatto
Moody… sempre a brontolare.”
“Lo so…” singhiozzò Hermione “Ma
è un’altra la persona che mi ha offesa.”
Ginny si fiondò sul fratello e lo
afferrò per un braccio con una scintilla sinistra negli occhi “Ora tu vai a
chiederle scusa” gli ordinò la sorella “E con scuse non intendo una sfilza di
parole farfugliate nel tipico stile Ronald Weasley, ma un abbraccio e un bacio,
capito Ron? Un abbraccio e…”
“… un bacio?” concluse Ron
sobbalzando.
Hermione gli rivolse un’occhiata
neutra. Ron osservò le lacrime che minacciavano di rigarle il volto.
“Mi spiace” cominciò il giovane
Weasley protendendosi verso la ragazza scossa dai singhiozzi. In lontananza,
Ginny lo stava esortando ad andare avanti e a non cedere all’imbarazzo.
Ron finalmente si sentiva pronto.
Un rumore acuto, come una sirena,
squarciò l’atmosfera magica e fece quasi saltare il cuore fuori dal petto di
Ronald Weasley “Non adesso, maledizione” mormorò il ragazzo ritraendo di scatto
le braccia che aveva aperto per accogliervi il corpo di Hermione.
“Muovetevi!” Moody irruppe nella
stanza con in mano la bacchetta e l’occhio roteante che sembrava impazzito “E’
scattato l’allarme: un ingresso non autorizzato, potrebbero essere i
Mangiamorte!”
Ron sbuffò brandendo la bacchetta
e si precipitò all’inseguimento di Moody che già stava imboccando il corridoio
che conduceva all’atrio del rifugio.
Hermione restò immobile al centro
della stanza con la mano sinistra premuta contro gli occhi. Ginny le si
avvicinò scrollandole debolmente la spalla.
“Coraggio, Hermione! Non c’è
tempo adesso, ci stanno attaccando. Reagisci, soltanto per ora, non ci
pensare.”
Hermione accennò col capo, in
viso ancora scura “Appena finisce questa storia, gliela faccio vedere io a Ron…
se ne pentirà amaramente! Gli farò vedere tutte le costellazioni del cielo a
furia di lanciargli robuste fatture!”
“Brava… Hermione” disse Ginny
esitante. Se questa minaccia bastava a caricarla contro gli aggressori tanto
meglio, ma non avrebbe di certo giovato alla relazione con Ron.
“Ah!”
Le due ragazze si voltarono di
scatto.
“E’… la voce di mio fratello”
constatò Ginny con la voce titubante “Gli dev’essere successo qualcosa:
andiamo, Hermione!”
Hermione seguì Ginny da distanza
ravvicinata, con la voce che le tremava dal rimorso “Senti, prima, quando ho
detto che mi sarebbe piaciuto vederlo malconcio… stavo scherzando.”
“Non ho mai desiderato che si
facesse del male” continuò Hermione, concludendo con un singhiozzo.
“Lo so, Hermione.”
“E’ un idiota, ma non voglio che…
no, non è neanche un idiota, Ron è un ragazzo davvero…” Hermione andò a
sbattere contro la schiena di Ginny.
Sollevando il capo notò che il volto
della giovane Weasley era acceso di stupore.
“Ginny” singhiozzò Hermione,
liberando infine le lacrime “Cos’è successo a Ron?”
Osò guardare oltre la spalla di
Ginny e ciò che vide le mozzò di netto il fiato: “Harry!?” esclamò la ragazza,
sconcertata.
Appena udì il suo nome
pronunciato dalle labbra di Hermione, Ginny si precipitò tra le braccia di
Harry che Ron ancora stava stringendo con felicità. Appartò bruscamente il
fratello con una sonora spallata e si aggrappò disperatamente alle robuste
spalle di Harry: lo baciò, profondamente.
Harry dovette convenire che
l’idea di lasciare la casa di R.A.B. e di ritornare al Quartier Generale
dell’Ordine aveva dato i suoi generosi frutti. Neanche nei momenti più intimi
che avevano passato insieme, Ginny gli aveva mai dato un bacio del genere, così
maturo da fargli girare la testa, così intenso da fargli precipitare una
cascata di sangue dalla testa dritto sulle labbra.
Dopo uno di quei lunghi istanti
che parevano essere secoli, splendidi secoli, Harry si staccò da Ginny con un
sonoro schiocco e con le labbra tutte umide, arrossate e gli occhi vitrei. Il
ragazzo cercò con lo sguardo Ron, che se ne stava accasciato contro la parete
con un’espressione schifata di puro ribrezzo. I due si fissarono per un breve istante,
poi Ron borbottò qualcosa agitando la mano come se stesse spazzando l’aria:
“Bah, d’accordo… dopotutto sono
cose naturali. Potete pure farlo.”
“Nessuno ti ha chiesto il
permesso, io e Harry lo facciamo quando più ne abbiamo voglia” affermò Ginny assolutamente
smaliziata, facendo trasalire il fratello.
Harry sperò che quella fosse una
proposta per ripetere l’accaduto. Intanto, con grande stupore, si accorse che
Hermione li stava fissando melanconica e con un velo di lacrime sugli occhi.
“Cos’hai, Hermione?” le chiese
Harry in tono preoccupato.
“Niente” rispose lei con uno
strano sogghigno “Sono felice per te e per Ginny, vedo che avete fatto la pace,
bene. E’ sempre un piacere vedere due persone che riescono ad esprimere i loro
sentimenti senza essere frenati da blocchi psicologici.”
Ginny lasciò le spalle di Harry e
si avvicinò al volto cupo dell’amica “Hermione?”
La ragazza la bloccò protendendo
il braccio davanti a sé “Tieni” disse Hermione, porgendole una moneta stregata
“E’ per Harry, così potremo tenerci in contatto.”
Ginny raccolse la moneta dal
palmo aperto di Hermione e la fissò sconsolata “Mi dispiace.”
“Oh no, Ginny” gemette Hermione
“Non c’è niente di cui tu ti debba scusare.”
“Hermione.”
La ragazza fu percorsa da brividi
quando sentì la voce di Ron “Cosa vuoi?”
“Mi dispiace per qualunque cosa
io ti abbia fatto” bisbigliò Ron con l’espressione più seria e sincera che
Hermione avesse mai visto sul suo volto.
Hermione sentì rimbombare il
cuore nelle orecchie mentre Ron le si avvicinava per abbracciarla.
“Ci attaccano!” strepitò Moody
irrompendo dalla porta stregata “I Mangiamorte!”
“Shh” sibilarono Ginny e Harry
“Sono io” brontolò il giovane Potter “Non mandare tutto a monte proprio adesso”
“Ci mancava poco” mormorò Ginny, abbattuta.
“Non tu, Potter!” borbottò Moody
“Proprio qua sopra di noi i Mangiamorte stanno dando battaglia agli Auror!”
“Hanno scoperto il rifugio
dell’Ordine!” esclamò Ginny, preoccupata.
“Ne dubito” affermò Tonks che nel
frattempo era entrata da una delle porte stregate “Il loro obiettivo è il
Ministero, non siamo noi.”
“Che facciamo, cosa suggerisce il
grande capo?” domandò Moody sbrigativo con l’occhio magico che gli roteava
dall’eccitazione.
“Il grande capo dice di non
intervenire” ribatté Tonks con un sospiro “Meglio lasciare che gli Auror se ne
occupino per non rischiare di rivelare la nostra presenza e quindi anche la
posizione dell’Ordine.”
“Il capo?” Harry non era per
niente certo di essere riuscito a realizzare gli avvenimenti successivi
all’impetuoso bacio di Ginny.
“Già, Harry” ribatté Ginny “E’
subentrata un’altra autorità che starà a capo dell’Ordine. Si è presentato
davanti a noi due giorni dopo che te ne sei andato via senza dire niente a
nessuno.”
Harry pensò di percepire
un’accusa nelle parole di Ginny “Mi dispiace” si scusò lui.
Ginny strizzò un occhio con
un’espressione accattivante “Con il bacio di prima ti sei abbondantemente
scusato.”
Qual è il suo nome? Harry
sobbalzò quando riconobbe quella voce dannatamente famigliare che lo aveva
costretto, innumerevoli volte, a sottostare alle sue angherie da mentore.
Chiedigli il nome del capo!Ordinò a Harry.
“Te lo puoi scordare!” strillò il giovane Potter, senza preoccuparsi
del fatto che agli occhi degli altri presenti sarebbe potuto apparire come un
pazzo che parla al vento “E’ ora che mi lascia in pace, non ne posso più di
te!”
Chiedigli quel dannato nome!
E’ importante. Insistette.
“No!” gridò Harry “Trovati un’altra antenna di trasmissione.”
“E’ posseduto!” eruppe Moody precipitandosi al lato di Harry,
cominciando a mormorare una cantilena dall’aria gotica.
Chiediglielo! Per i tuoi
dannati capricci vuoi rischiare che tutto il mondo finisca ai piedi del Signore
Oscuro!
Harry bloccò la filastrocca di
Moody e gli chiese a denti stretti: “Qual… qual è il nome del vostro capo?”
“Si fa chiamare Albatros” rispose
Moody con ovvietà.
Oh, Merlino! Ritorna subito
qua, Harry. Immediatamente!
“Non ci tornerei neanche morto!”
strillò Harry a squarciagola.
E va bene… allora se torni ti dirò dove si trova uno
degli Horcrux che stai cercando. Ma devi venire qui subito, adesso.
Harry afferrò la moneta stregata
dalla mano di Ginny mormorando un melanconico “A dopo.”
Si precipitò fuori dalla porta
magica da cui era appena entrato e fece il percorso al contrario. Appena giunse
all’entrata del Ministero si rese conto che la preoccupazione di Moody e Tonks
non era infondata. L’atrio era praticamente distrutto e il corpo della donna
che soleva accoglierevisitatori era
riverso a terra, mostrando un viso chiaramente vittima dell’Anatema che Uccide:
occhi sbarrati ed espressione perennemente sconvolta.
Harry sentì delle grida acute dietro
di sé e voltandosi riuscì a scorgere due grosse figure nere che ne trascinavano
un’altra più tozza e agitata. Il ragazzo sbarrò gli occhi dalla sorpresa quando
riconobbe il viso da rospo della prigioniera: Dolores Umbridge. La donna
gracchiava in maniera disperata implorando i due Mangiamorte di lasciarla
libera. Dietro di loro, due Mangiamorte spalleggiavano un secondo prigioniero,
più alto e sinuoso e col viso coperto da un cappuccio di seta argento. Non
opponeva resistenza e sembrava quasi che i Mangiamorte avessero nei suoi
confronti un trattamento di riguardo.
E’ lui! Muoviti!
“Potter!” strillò la Umbridge
quando lo riconobbe “Ci sei tu dietro tutta questa storia?” lo accusò la donna
con la voce singhiozzante “Aiutami! Liberami se è vero che sei il Prescelto!”
lo implorò con voce supplichevole, una voce che Harry non avrebbe mai detto
appartenere a Dolores Umbridge.
Vieni subito qui!
“Mi dispiace” disse Harry
fissando la Umbridge con sguardo vacuo. E mentre i due Mangiamorte che stavano
ai lati di lei estraevano le bacchette, Harry chiuse gli occhi e visualizzò
nelle mente la casa di R.A.B. Si Smaterializzò in un lampo lasciandosi alle
spalle le grida di Dolores Umbridge.
Una volta materializzato nella
sua odiosa casa, non perse tempo ad imprecare contro R.A.B. “L’Horcrux, voglio
sapere dov’è l’Horcrux.”
“Vuoi andare subito al sodo,
Harry?” gli chiese Kaus sarcastico “Non ti piacerebbe sapere chi era quell’uomo
incappucciato, catturato dai Mangiamorte oppure chi è in realtà il nuovo capo
dell’Ordine della Fenice?”
“Dimmi dov’è l’Horcrux!” gridò
Harry “Non mi interessa niente del resto!”
“D’accordo. Se hai proprio tutta
questa voglia di trovare l’Horcrux di Riddle all’ora ti suggerisco di cercare
in un antiquariato babbano che si trova proprio di fianco alla torre
dell’orologio londinese. Non dovresti avere difficoltà a vederlo. L’insegna
reca la scritta: Abbandonate ogni speranza, o voi che entrate.
Un’insegna davvero stimolante, non credi?”
“Addio” tagliò corto Harry,
facendo dietro front verso l’apertura spaziale sulla parete che dava a ovest.
“Sei davvero il ragazzo più
permaloso che io abbia mai incontrato” sogghignò R.A.B., evidentemente
compiaciuto “Poco male, ci si vedrà tra poco.”
“E’ l’ultima volta che ci
vediamo” dichiarò Harry fermamente, intento ad attraversare la barriera
spaziale.
“Illuso e poco realistico. Fuggi
dall’evidente realtà per evitare il dolore.”
Il ragazzo si addentrò nelle oscure vie della città fantasma di Little
Raven, la città natale di R.A.B., tentando disperatamente di levarsi dalla
testa l’eco delle sue parole. Si fermò e cominciò a riflettere pazientemente e,
come sempre, i suoi pensieri si indirizzarono alla promessa fatta a Silente.
Harry Potter rigirò la moneta stregata tra le
dita, vi avvicinò le labbra esitante e bisbigliò:
“Hermione, Hermione…”
Dalla moneta irruppe una potente voce
femminile “Harry! Dove sei finito! Stai bene? Qui al Ministero è succ…”
Harry conosceva fin troppo bene la loquacità
dell’amica così si affrettò a bloccarla “Me lo racconterai di persona,
Hermione. Di fronte al Big Ben tra mezz’ora.”
“Harry, come…?”
“Tu, Ron e Ginny tra mezz’ora di fronte al Big
Ben. Se volete venire allora fatelo, se decidete di non seguirmi – e
francamente vi capirei – allora non venite; capirò quando non vi vedrò.”
Detto questo rificcò la moneta nella tasca
interna del mantello, non lasciando ad Hermione il tempo di ribattere. Aveva la
sensazione di essere ascoltato.
*^*^*^*^*^*^*
Aveva tentato tutto il possibile per consolare
Draco, ma più cercava di incoraggiarlo a reagire, più otteneva che il ragazzo
si infossasse al suolo e le urlasse contro di andarsene, come se ritenesse le
sue lacrime indecenti e vergognose. Samantha aveva cercato di spiegare a Draco
che non c’era nulla di umiliante nel pianto, purché non si mostrasse in quello
stato davanti agli altri Mangiamorte, ma poi…
“Anche tu sei una Mangiamorte, quindi… vai
via!” le gridò contro Draco, smettendo per un istante di singhiozzare.
Samantha tentò comunque di tranquillizzarlo
“Calmati, ora!” gli disse “Non c’è nessun bisogno di ridursi in questo stato
per quell’uomo! Sarà anche tuo padre ma non devi dargli retta in questo
momento, ascolta, lui è… come dire… un po’ tocco per via di Az…”
L’unico risultato che aveva ottenuto era stato
uno schiantesimo ricevuto in pieno stomaco che le aveva fatto perdere del tutto
il fiato che aveva in gola e la compassione per Draco.
Ora lo osservava seguire il padre docilmente,
diretti entrambi nella Sala Regia sotto richiesta del Signore Oscuro. Dopo la
sfuriata di Lucius contro il figlio, Lord Voldemort aveva convocato Malfoy
Senior e altri validi Mangiamorte per un inaspettato attacco al Ministero, che
aveva avuto buon esito. E, a missione conclusa, Draco aveva tentato per
l’ennesima volta di avvicinare suo padre con risultati ancora più disastrosi
dei precedenti…
“Perché insisti nel venirmi dietro!” strepitò
Lucius Malfoy.
Draco scosse il capo, impaurito dalla violenza
del padre.
“Tanto lo so perché” ringhiò Malfoy Senior in
tono sordido “Sei geloso per la buona riuscita della missione. Hai paura che ti
rubi la gloria.”
“Quale gloria, Padre?!” esclamò Draco, non
riuscendo più a trattenersi “Di cosa stai parlando?!”
Lucius afferrò il ragazzo per i capelli,
tirandoli brutalmente “Non osare più gridarmi in faccia” lo liberò con rudezza
“Avrai anche ucciso Silente, ma resti comunque una giovane recluta. Io ho più
anni di esperienza e mi devi rispetto.”
“Sì, Padre” disse Draco docilmente.
“E smettila di chiamarmi Padre” sibilò Lucius
al figlio, spietato.
Draco tentò di
trattenere il singhiozzo che gli voleva uscire di bocca “Come ti devo chiamare,
allora?”
“Signor Malfoy”
rispose Lucius in tono gelido e seccato.
Se ne era andato
lasciando il figlio in un tale stato confusionale da provocargli la tipica sindrome
del cane bastonato. Ora Draco lo seguiva ovunque con un atteggiamento umile e
reverenziale, ignorando completamente gli avvertimenti del padre che lo
intimavano ad andarsene. Più lo maltrattava, più Draco tentava di stargli
accanto e di farsi perdonare ottenendo solo un peggioramento della già grave
situazione. Tutto ciò si svolgeva sotto gli sguardi divertiti degli altri
Mangiamorte.
Ora il Signore
Oscuro aveva richiesto la presenza dei due Malfoy per discutere di una nuova
missione.
Draco osservò
l’imponente figura del padre che avanzava spavaldo lungo i corridoi del covo e,
come era sempre solito fare, tentò di imitarlo, restando però dietro di lui, in
posizione sommessa.
“Dunque” cominciò il
Signore Oscuro, non appena i due Malfoy furono giunti nella Sala Regia “Ho
intenzione di affidarvi una missione sulla quale richiedo la massima
discrezione; si tratta del recupero di un oggetto estremamente prezioso per il
raggiungimento dei nostri obiettivi. Ovviamente, non accetto fallimenti.”
“Sì, mio Signore”
assentirono i due all’unisono.
“Potete ritirarvi,
vi comunicherò in seguito i dettagli della missione e, mi raccomando, mantenete
la massima segretezza su ciò che vi ho appena comunicato.”
Dopo essersi
prostrato davanti al Signore Oscuro, Draco aveva preferito avviarsi fuori dalla
Sala Regia da solo, per riflettere. Una missione affidata esclusivamente a lui
e al padre poteva significare due cose: il recupero del prestigio dei Malfoy
agli occhi del Signore Oscuro e la possibilità di migliorare i rapporti col
genitore.
Il ragazzo stava
passeggiando rincuorato lungo i corridoi quando si sentì afferrare per la
spalla. Una voce sibilante e terribilmente famigliare gli mormorò all’orecchio:
“Non osare
intralciarmi i piani, ragazzino, o farai una brutta fine, capito?”
“Sì, signor
Malfoy” rispose a malincuore Draco, con la voce strozzata.
“Bene, sei bravo e
ubbidiente” ghignò Lucius, allentando la presa sulla spalla del figlio e
allontanandosi lungo il corridoio.
Draco non sapeva il perché, ma quella misera parola di
approvazione del padre lo rendeva estremamente felice.
*^*^*^*^*^*^*
Harry ciondolava su una panchina
fissando nervosamente l’orologio digitale. Era rimasto per quasi mezz’ora
seduto su quella panchina a fissare metri sconfinati di nebbia: i Dissennatori;
si ritrovò a pensare per l’ennesima volta mentre sbadigliava vistosamente,
tuttavia angosciato: Arriveranno?
Appena Harry scrutò tre figure nella nebbia la sua prima reazione fu
estrarre la bacchetta e puntarla contro quelle ombre ondeggianti che si
avvicinavano a lui dispensando delle voci giovanili tra le quali Harry
riconobbe chiaramente quella di Ginny che parlava a voce molto più alta del
necessario:
“Niente panico, Hermione.
Dobbiamo pur farci sentire da Harry, e poi a quest’ora, e dopo i recenti
attentati, non circola più nessun Babbano da queste parti.”
“Nessun Babbano, forse” ribatté
Hermione, con una nota di irritazione nella voce “Ma ci sarà di sicuro qualche
Mangiamorte o Dissennatore, guarda quanta nebbia.”
“La nebbia c’è praticamente
dappertutto” affermò Ginny, apparentemente scocciata “E di Mangiamorte qui non
ne vedo, tranne quella figura laggiù…”
Il volto di Ginny si illuminò e
balzò come un fulmine tra le braccia di Harry.
“Non mi ricordavo che fossi così
sdolcinata, Ginny” disse Ron, alquanto infastidito dalle attenzioni che sua
sorella stava dando all’amico.
“Ginny!” esclamò Hermione
“Avresti potuto aspettare prima di gettarti a capofitto su di lui. Hai pensato
alla possibilità che potesse essere un Mangiamorte trasformato in Harry con la
pozione Polisucco?”
“Conosco il mio uomo” affermò
Ginny, guardando Harry maliziosa “E poi non sono così sprovveduta da
avvicinarmi ad uno sconosciuto qualunque senza bacchetta; qui si sta parlando
di Harry.”
Quando Hermione entrò nel breve
campo completamente visibile che concedeva la nebbia, Harry notò che i suoi
occhi erano sinceramente carichi di rimprovero e anche di frustrazione “E a
maggior ragione! E’ Harry, non uno qualsiasi; i Mangiamorte potrebbero voler
prendere di mira i suoi amici, per non parlare della sua ragazza.”
Harry avrebbe giurato di cogliere
una nota di ostilità e gelosia in Hermione; che altro era successo durante la
sua assenza? Fissò Ron che alzò le spalle e, ammiccando verso Hermione, si
puntò un dito alla testa e lo fece girare, imitando il suono di ingranaggi mal
funzionanti; Ginny gli rivolse un sospiro melanconico e spiegò a bassa voce:
“Non è che sia tutta colpa di
Ron, questa volta. E’ colpa di tutto. Hermione non ce la fa più a sopportare
contemporaneamente un ragazzo come mio fratello, incapace di dichiararsi, e
questa guerra che ha interrotto quelle rare volte in cui sembrava intravedersi
uno spiraglio di speranza per Ron.”
“Comprensibile” approvò Harry “Ma
ora vi ho chiamato per una missione molto importante” Harry si sentì
spaventosamente simile ad un dittatore che impartisce ordini ai suoi servi
“R.A.B. mi ha finalmente detto dove posso trovare un Horcrux.”
Calò un profondo silenzio, reso
più pesante a causa dell’atmosfera nebulosa.
“E tu credi di poterti fidare”
intervenne Hermione, con un sogghigno estraneo alla sua personalità “Non credo
proprio, Harry. Ti avrà tirato un bidone, ne sono sicura.”
Harry si trattenne dal ribattere,
ricordando tutte le sofferenze sentimentali che Hermione era stata costretta a
patire “Non importa” disse “Dobbiamo tentare lo stesso. Restiamo uniti e
cerchiamo un negozio di antiquariato. Hermione, non è che per caso tu ne
conosci uno da queste parti?”
“Perché dovrei?” ribatté la
ragazza.
“Beh…” cominciò Harry, dubbioso
“Perché tu abiti a Londra e ti interessi di cultura, un antiquariato mi sembra…
comunque tu sai tutto, di solito.”
“O certo! Quando non sappiamo
dove sbattere la testa chiediamo aiuto alla so-tutto-io; non è così che la
pensi, Harry?”
Harry e Hermione si fissarono per un breve istante. Ginny strattonò la
maglia di Harry come a volerlo trattenere; Hermione sospirò:
“E’ da quella parte” la ragazza
puntò il dito verso una zona imprecisata tra la nebbia “Ci andavo spesso una
volta, quando era piccola, mi affascinavano gli oggetti antichi.”
Il gruppo seguì Hermione in
silenzio da breve distanza. Quando cominciò a delinearsi il profilo di un
piccolo edificio, Harry ridusse gli occhi a due fessure per poter leggere
l’insegna: “Abbandonate ogni speranza, o voi che entrate”.
Più rincuorato e con una strano
formicolio nello stomaco, Harry entrò nel negozio seguito da Ron e Ginny.
Hermione, già al bancone, conversava allegramente con un vecchietto e sembrava
aver abbandonato il mal umore. Ma quando si girò verso i tre l’espressione
severa ricomparve sul suo viso.
“Ho detto al proprietario del
negozio che ti piacerebbe molto guardare uno dei suoi oggetti antichi”
bisbigliò Hermione ad Harry “Stai al gioco; sai almeno com’è fatto l’Horcrux?”
“Sì” ribatté Harry mentre si
avvicinava all’anziano proprietario, tutto eccitato:
“Mi piacerebbe vedere una coppa,
molto piccola e fatta d’oro.”
“Qui ce ne sono centinaia”
rispose l’anziano, gioviale “Dovrai essere più preciso, ragazzo. Per esempio,
di che epoca è?”
Harry si ritrovò a pensare che
dopotutto leggere il libro “Storia di Hogwarts” si era dimostrato utile “E’
antichissimo, forse risale a mille anni fa.”
“Non abbiamo niente di così
antico qui, un oggetto del genere dovrebbe trovarsi in un museo.”
Harry rifletté: se Voldemort
aveva nascosto il suo Horcrux in quel negozio, luogo assolutamente
insospettabile, aveva di sicuro incaricato uno dei suoi servi di portarlo lì o
magari l’Horcrux era nascosto da qualche parte senza che il proprietario
sapesse della sua presenza. “Forse lei lo ha trovato per caso o gli è stato
donato da qualcuno.”
“Non ho mai trovato nessuno
oggetto antico per strada, magari fosse così” sorrise il proprietario “Però, in
effetti, circa vent’anni fa mi è stata donata una coppa d’oro finissimo. Quella
donazione non la scorderò mai perché in pratica l’uomo non ha preteso niente in
cambio, e bisogna ammettere che quel giovane aveva un aspetto che non lasciava
per niente indifferenti, oserei dire un aspetto gotico, tutto incappucciato e vestito
di nero; forse sono solo io troppo vecchio e che non è capace di stare al passo
con la moda.”
“Incappucciato e vestito di
nero!” esclamarono i quattro all’unisco.
“Signor Pover, le dispiacerebbe
portarci quell’oggetto?” gli chiese Hermione, estremamente cortese.
“Lo vorrei” disse il proprietario
con uno sbuffo “Ma, sono un po’ imbarazzato a dirlo, non sono mai riuscito a
tirarlo fuori dal suo scrigno di vetro; dovrete venire voi a vederlo. E’ di
sotto nel magazzino.”
L’anziano fece gesto ai quattro
di seguirlo. Scesero una scalinata e si ritrovarono in un locale foderato di
legno pieno di oggetti dall’aria antica. Il proprietario sorrise incoraggiante
verso i quattro:
“Qui le cose si conservano a
meraviglia; questa stanza è meglio di un frigorifero. La coppa che state
cercando è da questa parte.”
Harry seguì l’uomo con il cuore
che batteva a mille. Fissò con occhi avidi le mani del vecchio mentre
spolveravano un tessuto rosso che avvolgeva qualcosa dalla forma di
parallelepipedo. L’uomo alzò il lenzuolo porpora rivelando una specie di
scrigno fatto di vetro, dall’apparenza molto resistente; all’interno giaceva,
sopra un cuscino, una coppa d’oro con due manici finemente lavorati, la stessa
che Harry aveva visto nei ricordi di Hokey, l’elfa domestica dell’antica
proprietaria della coppa.
Harry liberò infine il respiro
prodigandosi in un urlo di vittoria che fece sobbalzare l’anziano.
“Mi perdoni, signore” si scusò
Harry ancora euforico “La ringrazio moltissimo, era proprio quello che
cercavo.”
Harry estrasse la bacchetta.
Hermione fece appena in tempo ad afferrare il proprietario per un braccio,
distraendolo dall’incantesimo Alohomora che il giovane Potter stava
effettuando sul sigillo dello scrigno.
Quando Harry udì lo scattò della
serratura, trattenne il fiato e allungò avido la mano per afferrare la coppa.
Le parole di Lyons Kaus lo bloccarono: questo particolare Horcrux può
concedersi il lusso di essere scovato, i veri problemi sopraggiungono dopo il
ritrovamento.
“Cosa stai facendo?” chiese il
proprietario con tono di rimprovero, dopo essersi liberato dalla presa di
Hermione “Non permetto a nessuno di forzare un lucchetto e di mettere le mani
su oggetti così fragili. Solo un antiquario esperto è in grado di maneggiarli
correttamente; da qua…”
L’anziano tese una mano e la
serrò contro l’oggetto. La coppa si illuminò di un minaccioso rosso vermiglio
ed emise un suono metallico le cui onde sonore si trasfigurarono in una scritta
che andò a proiettarsi contro il muro retrostante. Quando la scritta, dai
caratteri incomprensibili, svanì le dita dell’uomo si contorsero contro i
manici dorati e incandescenti e, in un lampo, si afflosciarono contro la coppa,
scivolando sulla superficie liscia.
Harry osservò, impietrito, il
proprietario che rovinava a terra con gli occhi dilatati e la bocca spalancata.
A Ron e Ginny sfuggì un gemito.
Hermione lanciò un urlo
terrificante “Signor Pover!”
“E’ morto” disse Harry con la
voce strozzata.
Il capo di Ginny si abbassò,
grave “Non si può fare più niente.”
“Già.”
Tutti si voltarono verso
Hermione. Una lunga cortina di riccioli le copriva il volto livido.
“Dev’essere stato il Tacto
Facti. Tutte le manifestazioni del maleficio coincidono” disse Hermione con
voce incolore “L’ho letto su quel libro che hai rubato al M.I.B., Harry. Si
tratta di una maledizione dinastica che solo gli appartenenti alla famiglia, in
questo caso i Tassorosso, possono scogliere; chiunque non abbia il loro sangue
nelle vene, toccando quell’oggetto rischia la morte” Hermione continuò a parlare
come se non potesse farne a meno “E siccome non esistono eredi viventi dei
Tassorosso la protezione su quell’oggetto è indistruttibile.”
“E se rompiamo la coppa?” propose
Ron.
“E’ tutto inutile!” strillò
Hermione “Non si può fare niente. La protezione garantisce anche che l’oggetto
sia infrangibile e non possiamo neanche portarlo via di qui per analizzarlo
perché ci è impossibile toccarlo.”
Il volto di
Ron si accese, come vittima di un’incredibile scoperta “Al contrario.”
Il polso di Ron girò rapidamente
su sè stesso mentre il rosso scandiva: “Wirgardium Leviosa!”. Immediatamente il
prezioso Horcrux si mosse verso il ragazzo che cominciò a correre per le scale,
tentando di andarsene dal sotterraneo.
Ron fece un piccolo sorrisetto
fugace di soddisfazione, mentre era quasi giunto alla fine della scalinata, la
Coppa che fluttuava accanto a lui. Ormai era in cima…!
Salì l’ultimo gradino e ruotò il
piede per ripartire dall’altra parte quando sentì il suo incantesimo venir meno
e la Coppa ricadere con un tonfo sordo a terra.
Ma che diamine…?
“Accio Coppa!”
Il rosso non impiegò più di un
secondo per identificare la voce dietro di lui. “Malfoy…” ringhiò voltandosi
verso il ragazzo biondo, che sogghignò leggermente.
“Weasley… è da tempo che non ci
si vede, per mia fortuna.”
“La prossima volta che ci vedremo
tu sarai ad Azkaban, te lo assicuro…” replicò di rimando Ron, la bacchetta già
puntata sull’avversario.
“Tsk, illuso. Stupefacium!”
“Protego!”
Ron eresse appena in tempo lo
scudo magico, e Draco – con la stessa velocità – riprese con un Incantesimo di
Appello la Coppa, maledicendo mentalmente l’ultimo genito maschio dei Weasley.
E ora dove diavolo metteva quella sottospecie di trofeo?! Non poteva tenerla in
mano, Lord Voldemort era stato fin troppo chiaro quando gli avevo detto di non
toccarla… accidenti! In più quel maledetto Weasley sembrava intenzionato a
combattere arduamente per riprendersi quella Coppa per il suo amichetto San
Potter… quei tre erano una vera scocciatura… si ritrovò a considerare
amaramente quanto velocemente tenendo d’occhio l’avversario che intanto stava
scagliando uno Schiantesimo.
Dannazione… ma dov’è mio padre…? Già, dov’è…
Non è il momento, Draco, non è
il momento! Concentrati!
Mosse la bacchetta e appoggiò a terra il prezioso (a
quanto sembrava) oggetto ed eresse uno scudo magico davanti a sè, un po’ troppo
lentamente di come avrebbe dovuto perché si ritrovò sbalzato all’indietro e
sdraiato malamente sul pavimento freddo.
Ron cercò di soffocare un impeto
di gioiosa soddisfazione nel vedere Malfoy a terra e di mantenersi invece
lucido e calmo, con scarsi risultati.
“Chi è ora in basso, Malfoy?”
domandò con ironia, avvicinandosi cautamente all’avversario che, seppur non
fosse ancora in piedi, rimaneva un nemico da non sottovalutare e con una
bacchetta stretta in mano, pronta a lanciare chissà quali Maledizioni. Infondo
era sempre un Mangiamorte, anche se Harry affermava che Silente… Ron strinse i
denti, ripensando al racconto dettagliato che lui ed Hermione erano riusciti a
farsi narrare dal loro migliore amico.
No, non è il momento dei dubbi nè dei sentimentalismi nè
di misericordia. Adesso si combatte, Bene e Male uno contro l’altro. Io e
Malfoy.
“Tsk, Weasley. La mia condizione
è del tutto fisica, mentre la tua la descriverei immutabile. Ed è così
per ogni Purosangue Babbanofilo che frequenti un’insulsa, sapientona
Mezzosangue.”
Le orecchie di Ronald divennero
rosse per la rabbia. “Tu lurida Serp…!”
“Stupefacium!”
L’incantesimo colpì in pieno Ron
che avvertì un dolore sordo allo stomaco, come un pugno, e ricadde indietro
contro la parete. La rabbia gli montò dentro, offuscando la sua lucidità, per
altrogià precaria. Il ragazzo si alzò
in piedi e in un balzo schivò un nuovo incantesimo di Malfoy – anche lui ora non
più a terra – e con un movimento secco della bacchetta lanciò uno Schiantesimo
che mancò l’avversario, facendogli digrignare i denti mentre Malfoy sogghignava
malignamente al suo indirizzo.
“Che c’è, Lenticchia, non riesci
neanche a lanciare un incantesimo senza che la tua amichetta Granger ti insegni
come fare? Almeno ti ha insegnato qualcosa di interessante, quella Mezzosangue,
o non te la sei ancora fatta?” si burlò di lui il biondino.
Ma Draco non aveva calcolato
quanto svantaggioso poteva essere provocare Ronald Bilius Weasley, soprattutto
quando di mezzo si metteva il fattore Hermione Jane Granger ; così si trovò
completamente spiazzato all’attacco diretto di Ron che lo mandò a terra con una
spallata, avventandosi poi su di lui.
Draco, nonostante Ron fosse
animato da furia ‘quasi’ cieca e fosse dotato di maggior forza fisica, tuttavia
riuscì in qualche modo a pararsi dai colpi del rosso, seppur con danni e
fatica, e, forse spinto dall’istinto di sopravvivenza, riuscì a scrollarselo di
dosso, afferrare la bacchetta e disarmarlo.
Per un attimo restarono fermi,
Malfoy in ginocchio e qualche metro di distanza da Ron, semi-sdraiato, con le
nocche della mano sul mento, dove il biondo l’aveva colpito prima di sgusciare
via a prendere la sua bacchetta. Ansimavano tutti e due, ma i loro sguardi si
scontravano ancora in silenzio.
Draco fu il primo a distogliere
lo sguardo approfittandone per Schiantare ancora il rosso che sbattè la testa
rimanendo intontito, e si avviò verso la Coppa allungando una mano.
“Draco! Non toccare quella
dannata Coppa!”
Il ragazzo sbuffò leggermente,
senza essere visto da Samantha che lo stava raggiungendo (inaspettatamente per
lui), insieme sicuramente a suo padre.
“Lo so, lo so… non sono mica un
bambino.” Disse freddo senza neppure voltarsi a guardare la sua compagna, ma
mormorando “Locomotor” all’indirizzo della Coppa che prese a fluttuare
accanto a lui. “Possiamo and…” Malfoy finalmente si voltò, e inarcò un
sopracciglio. “Ottimo… ora siamo al completo…” ringhiò quasi, vedendo sbucare
insieme a Samantha anche la Granger accompagnata da Potter.
“Crucio!”
L’urlo potente seguito da un
sogghigno quasi isterico si espanse per il corridoio, agghiacciando Draco nella
sua posizione.
Padre… un lieve sorriso giocò sulle labbra
di Draco. O forse è meglio signor Malfoy?
Harry spinse di lato Hermione e
si buttò anch’egli a terra in tempo per schivare il lampo rosso del Cruciatus
che Lucius Malfoy aveva loro scagliato. Già… avevano scoperto di non essere gli
unici ad essere interessati all’Horcrux – anche se doveva immaginarselo che
Voldemort lo avrebbe tenuto d’occhio – e anche che i suoi avversari erano
Malfoy junior e senior accompagnati da una donna spuntata da chissà dove.
Vide Hermione eseguire
egregiamente uno Schiantesimo in direzione di Lucius Malfoy, il quale non
smetteva di lanciare Cruciatus per il corridoio, e correre a proteggere un Ron
che gli parve alquanto confuso (che Draco Malfoy gli avesse lanciato un
Incantesimo Confondente?) e, sicuro che il suo migliore amico fosse al sicuro
(e al fianco di Hermione certamente contento, si ritrovò a pensare per un
nanosecondo con un sorrisetto), Harry osservò preoccupato la Mangiamorte
sconosciuta pronunciare qualcosa e far apparire accanto alla finestra tre scope
magiche, su cui Malfoy junior si affrettò a salire con l’Horcrux svolazzante
intorno.
Subito Harry aprì la bocca per
paralizzare il biondino con un Incantesimo Pietrificante, ma si ritrovò a
cambiare incantesimo “Protego” sussurrò, facendo apparire uno scudo magico che
lo riparò da un incantesimo sconosciuto arancione che la Mangiamorte gli aveva
lanciato; quando si liberò dello scudo corse veloce alla finestra, dove aveva
visto decollare prima i due Malfoy e successivamente la donna, ma era troppo
tardi: Draco e Lucius Malfoy erano troppo lontani per poterli intercettare,
mentre la sconosciuta lo fissava con astio attraverso la maschera grigia che
indossava.
“Harry Potter…” il tono di voce
era ironico e solenne al contempo. “Il Ragazzo sopravvissuto all’Anatema-Che-Uccide
del Signore Oscuro…”
“Io non so chi tu sia realmente”
sibilò Harry, puntandogli la bacchetta contro “Ma saperti una Mangiamorte per
me è abbastanza per intuire ciò che si cela dentro di te.”
La Mangiamorte rise sprezzante,
la bacchetta bene in vista, puntata contro di lui. Harry capì che non poteva
colpirla, avrebbe potuto ucciderla facendola cadere a terra.
“Sei stolto come si racconta,
Potter.” Lo schernì la Mangiamorte, facendosi seria subito dopo. “Stai attento
a non risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre.”
E detto questo, volò via,
lasciando solo Harry che fissava il cielo con i due occhi smeraldini
tremendamente confusi e un senso amaro in bocca: la perdita del primo Horcrux.
Il ragazzo con gli occhiali diede
un piccolo pugno sulla pietra del davanzale.
La partita non è finita. Tom Marvolo Riddle, o Lord
Voldemort, come ami farti chiamare… io ti ucciderò.
Harry si voltò e si diresse dai
due amici, per accettarsi delle loro condizioni.
=*=*=*=*=*=
Ehm… ok, ok, siamo imperdonabili. Ma davvero, non
riuscivamo più a partorirlo questo capitolo! Fra trimestri del cavolo e
ripensare diecimila volte alla stessa scena, è stato faticosissimo! Comunque ci
scusiamo, avevamo promesso tre settimane, e invece sono sicuramente quattro più
gli interessi… scusate! Ç___ç
Abbiamo voluto calcare un po’ la
mano, se così si può dire, quando abbiamo descritto l’incontro tra i Malfoy, ma
in effetti secondo noi è il più probabile: insomma, dopo una lunga vacanza ad
Azkaban, che pretendevate?! Si va di matto! -_^
In più le coppiette si sono
smosse un pochetto… che teneri… ah, come qualcuno ci aveva chiesto abbiamo
visto i commenti di Gin e Herm sui loro maschietti! ^^ Naturalmente non pensate
che le beghe tra Gin e Harry siamo finite! Mentre Ron ed Hermione… beh, loro
sono proprio un caso particolare… ^____^ Adorabili! ^.^
Coppia del capitolo: Ron Weasley&Hermione Granger
Sicuramente è la coppia più bella
che la (mamma) Rowling abbia mai pensato! Chi non può amarli quei due? Innamorati
pazzamente l’uno dell’altra in modo palese tranne per i diretti interessati,
Ron e Hermione non fanno altro che bisticciare come marito e moglie
(^___^) per ogni sciocchezza facendo letteralmente impazzire il povero Harry,
rinchiusi in un guscio d’orgoglio che non vogliono togliersi, e che li
‘divide’. Eppure non fanno altro che preoccuparsi per l’altro e con il loro
comportamento, specialmente quello di Ron, si feriscono vicendevolmente. Che
altro dire? Beh, Hermione e Ron sono un esempio che ‘gli opposti si
attraggono’, riflessiva una – impulsivo l’altro, pignola – disordinato,
saccente – sportivo… e, a ben guardare, anche fisicamente non sono proprio
uguali, nè per le origini… Tutti questi elementi fan sì che questa coppia sia
la più spassosa e più gestibile, forse perché dentro tutti noi c’è un po’ di
Ron Weasley e Hermione Granger… naturalmente, questo è il modesto parere di due
autrici! ^_____^
Harry Potter
Il protagonista della storia è un
ragazzo sicuramente fuori dalla norma: la sua vita, infatti, è stata
influenzata dalla sua sopravvivenza all’Anatema-Che-Uccide lanciato da
Voldemort in persona, e ciò rende Harry il nemico ‘prediletto’ – insieme prima
a Silente – del Signore Oscuro. Questa sua condizione di Ragazzo Sopravvissuto
è pesata sulla vita di Harry che, orfano di padre e madre uccisi per mano di
Voldemort, si è ritrovato a scoprirsi mago e a superare un’avventura dietro
l’altra per tutti gli anni di vita scolastica ad Hogwarts, fiancheggiato dai
migliori amici Ron Weasley e Hermione Granger, agli insegnanti, i membri
dell’Ordine della Fenice, i compagni di scuola… Harry è il possibile Prescelto,
l’unico secondo la Profezia a poter uccidere Lord Voldemort. Un peso aggiuntivo
alla già pesante responsabilità del giovane, a cui il Signore Oscuro ha tolto
l’affetto di due persone a lui molto care: il padrino Sirius Black e Albus
Silente, ex-preside di Hogwarts. Un personaggio affascinante, dotato di
coraggio e intuito, e con un passato alle spalle che lo ha reso speciale.
Ma, oltre ad essere il Ragazzo Sopravvissuto, Harry è anche un semplice
ragazzo, condifetti fisici (miopia) e
caratteriali (tende ad isolarsi e compiangersi), e di emozioni. Innamorato
attualmente di Ginny Weasley… ma questa è un’altra storia… -___^
Ed ora, rispondiamo alle
recensitrici… raga’, vi adoriamo! ^___________^
EDVIGE86: Ma ciao! ^.^
Grazie, grazie, grazie, grazie e ancora grazie per i tantissimi complimenti che
ci hai fatto! ^\\^ Graditissimi! Speriamo di valere tutta questa sfilza di
complimenti! Anche a noi piace molto Ronnie, anzi, la RonHermione per noi è la
coppia sacra di HP, quella più bella nata dalla mente brillantissima della
mamma Row, quindi cercheremo di trattarli bene, sia lui sia la sua compare!
-_____^ Per quanto riguarda l’anticipazione che ci hai chiesto… uhm… beh, avrai
notato che le prime conseguenze dell’amicizia con Harry si sono già viste con
l’incendio della Tana… d’altronde, non c’è solo l’amicizia con Harry a mettere
in pericolo Ron e Herm, ma anche la loro appartenenza all’Ordine, la guerra in
generale… quindi sicuramente saranno bersagli, diciamo, ‘appetitosi’ per
Voldie… beh, se leggi magari lo scopri… abbiamo già detto troppo! Bocche
cucite! ^x^ Ciao e un bacio grossissimo! K&S
P.S = grazie per l’imbocca al
lupo per le interrogazioni! -____^ Però speriamo che non muoia, questo
lupacchiotto, potrebbe essere il povero Remus! XDD
Saty: Grazie, grazie,
grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie e grazie
ancora! Mamma, come sei stata gentile! ç.ç hai letto sette capitoli in un
fiato?! O.O Ma che mito! Niente da aggiungere, anche perché sono lunghetti… ma
abbiamo notato con piacere che piacciono così, quindi… -_____^ in effetti,
anche a noi come lettrici sconfinferano di più quelli lunghi, i chap corti
lasciano sempre a bocca asciutta… speriamo di non ricadere nel banale!
-_______^
RonHermione sono una coppia a cui teniamo
particolarmente, anche perchè una delle più belle della nostra fic… anche se,
ammettiamolo, a noi piacciono tutte o non scriveremo su di loro! ^^ Sono troppo
belli insieme quei due! **^__^** Come hai giustamente osservato, è meglio
procedere per gradi… piano piano i due si scioglieranno sempre di più e poi…
bomb! La botta finale! Vedremo come se la caveranno quegli adorabili tesorini…
**^.^** Ti aspettiamo al prossimo capitolo, mi raccomando, ci teniamo!
-________^ Un bacione K&S
p.s = Kaho ringrazia infinitamente per il commentino sul
dizionario…. Grazie! **^____^**
SiriusTheBest: ma tu guarda
chi si vede! Ma ciao! ^_^ Siamo contente che hai dato un’occhiatina alla nostra
storia, dato che sei molto brava! Tranqui, la tua la continuiamo a leggere,
ormai Kaho ci ha preso gusto (e di conseguenza ha fatto in modo che anche Samy
si appassionasse!) -_______^ Quasi perfetta… mamma, beh, nessuna storia è
perfetta… vedrai che quando la rileggiamo tra un mesetto ci troveremo qualche
errorino, ma… grazie infinite! ^____^ Draco è un personaggio importante nella
nostra fic, e però ammettiamo che nella versione Rowlingiana molto
probabilmente non comparirà tutti i capitoli, ma ci serve a descrivere la
situazione dalla parte di zio Voldie, e poi Samy collassa senza il suo
amatissimo Dracucciolo, comprendila! U.U (chi non lo ama, scusa?! ndSamy io!
NdKaho umpf… ndSamy-imbronciata). Eh eh… anche noi ci dilettiamo aspettando il
mitico numero 7, the Original one… e chissà, magari sarà un mix tra il nostro e
il tuo! -_____^ Un bacio gigante! K&S
P.S = Di certo la prima
differenza tra noi due è l’atteggiamento di Harry… il tuo è decisamente più…
maturo? Non è l’esatto aggettivo, ma… comunque, quegli quattro colleghi di
Harry sono fantastici (Kaho ormai è invaghita di Mat… =P)! vedremo cosa combina
Regulus Black… a presto carissima!!!
Lulumyu: Ehi tesssssoro!
Visto?! Grazie a me ora sei una recensitrice ufficiale e bravissima e
fantasticissima! -______^ (ehi! Come mai io sono esclusa dalla conversazione?! >.< ndSamy ehm… sorry! ^^’’
ndKaho) Innanzitutto, grazie molte per la tua rec… mamma, era lunghissima!
*________* Continua così, tesssssoro! -___^ La trama e l’organizzazione è tutto
merito di Samy (Kaho con schemi e simili non è molto d’accordo… insomma, ordine
e Kaho sono due contrari) (in effetti Kaho assomiglia a Kaos… ndSamy Verissimo!
Non ci avevo mai fatto caso! O.O ndKaho) R.A.B è stato molto discusso prima che
venisse fuori così… no, scherziamo, è stato un lapsus di ispirazione divina! =P
ci piace un sacco pensarlo in questi termini e vediamo che piace parecchi,
quindi.. meglio! Non l’avremmo cambiato comunque! XD Albert, povero caro, non
doveva proprio andare così la faccenda, ma qualcuno (veeeeero K? ¬.¬
ndSamy O.O’’’ ehm… ^^;;; ndKaho) ha voluto traumatizzarlo di brutto… quel pover
uomo… così simpatico! Beh, tienilo d’occhio, perché ricomparirà prima o poi!
^___^ E più agguerrito che mai! -_______^ Basta, ci cuciamo le boccucce! ^x^ al
prossimo chapino tess! ^________^ Un bacio K&S
P.S = i cenni dell’utilizzo della
filosofia che abbiamo accennato nelle Anticipazioni li abbiamo pensati
all’improvviso, durante le lezioni: insomma, almeno per qualcosa dovranno essere
utili, no? -_______^
Ed ora… che ne dite di cliccare
quella bella scritta ‘Lasciare una recensione’? eddai… abbiamo bisogno di
pareri, consigli… potete aiutarci solo voi!! ^______________^
A proposito… scusate, un appello:
Charlotte Doyle, dove sei con le tue critiche costruttive?! O.o
Torna!!!
Un grazie a tutti, quelli che
hanno recensito, recensiranno e a chi legge soltanto (anche se li invitiamo a
lasciarci un commentazzolo! -____________^)
Un kissone gigantesco!
Kaho&Samy
Al prossimo chap: “Gli Eredi dei
Fondatori?” … vi piacerebbero le anticipazioni adesso, nevvero?! Invece,
suspence!! ^___________^ *risate malefiche*
Finalmente ci accingiamo a pubblicare anche questo chappy… come sempre
in super-mega-ritardo
Finalmente
ci accingiamo a pubblicare anche questo chappy… come
sempre in super-mega-ritardo! Eh eh…
ci voleva la sbronza di Capodanno per far marciare il cervellino! (scherzone) XD Ed ora si apre il sipario… ed ecco un nuovo
capitolo di HP7 (dall’omonimo titolo! XD)! Buona lettura! ^^
Capitolo
8 – “Gli Eredi dei Fondatori?”
Era quasi mezzanotte e il
Ministro Rufus Scrimgeour era intento a leggere la
relazione dei danni provocati dall’invasione dei Mangiamorte.
“Com’è possibile?” domandò
sarcastico all’Eclitto parato alla destra della sua
scrivania “Com’è possibile che un gruppo di Mangiamorte sia riuscito non solo a
penetrare le difese del Ministero ma a rapire una nostra collaboratrice e
l’ospite più sorvegliato dell’intero edificio?”
“Signore” intervenne un Auror
“Abbiamo tentato di bloccarli ma ci hanno colto di sorpresa. Non c’è stato
niente da fare, ben cinque dei nostri sono stati colpiti da Avada Kedavra
all’improvviso. Abbiamo pensato che difendere il Ministero e in special modo il
suo ufficio fosse la cosa migliore da fare.”
“E avete pensato male” ribatté Scrimgeour aspro “Io so difendermi alla perfezione mentre
il preziosissimo ospite che avevo convocato qui al Ministero… non potevamo
permetterci di perderlo e ora è finito dritto nelle mani del nemico!”
“Ci perdoni” proferì un secondo
Auror, inchinandosi profondamente “Ma i Mangiamorte hanno attuato un’ottima
strategia, ci hanno depistato, non credevamo che il loro obiettivo fosse il
nostro ospite.”
“E il nostro ospite” ripeté il
Ministro a denti stretti “Non doveva essere protetto dalle migliori guardie del
Ministero? Che fine hanno fatto?”
“Morti, signore” rispose il primo
Auror.
“Ma voi vi rendete vagamente
conto di quanto quell’uomo fosse prezioso per aggiudicarsi la vittoria e ora
invece è tra le mani dei Mangiamorte e di Colui-che-non-deve-essere-nominato;
siamo nei guai più totali! E voglio ancora capire come sono riusciti quei
Mangiamorte a penetrare nel mio Ministero.”
Una voce profonda si levò da un
angolo della stanza “Espugnare il Ministero della Magia pare sia diventato un
gioco da ragazzi per i Mangiamorte.”
“Sergente Marshal”
salutò rispettosamente Scrimgeour “Finalmente ho
l’onore di rivederla nelle mie schiere e forse ora riusciremo a non farci
umiliare.”
“Può darsi” ribatté il sergente Marshal avvicinandosi alla scrivania del Ministro “E la
prima mossa da fare è assicurarsi una sede stabile ed inespugnabile, è già la
seconda volta che i Mangiamorte entrano senza troppe difficoltà all’interno del
Ministero; è ovvio che le ingenti misure di sicurezza di questo edificio non
bastano a fermare la loro magia oscura.”
Scrimgeour
lo fissò attento “Cosa propone, dunque?”
“Trasferiamoci da qualche altra
parte e lasciamo qui una retroguardiaa
badare alle faccende di minor importanza” propose Marshal.
“Dove ritiene più sicuro il
trasferimento?” domandò con insistenza il Ministro.
Marshal
sogghignò appoggiandosi con non curanza sulla scrivania “Mi pare ovvio.”
“Non è il caso che si prenda
tutta questa confidenza con il Ministro, sergente Marshal”
intervenne uno degli Auror.
“Caro amico” disse Marshal non smettendo di sogghignare “Lasciamo decidere al
Ministro se il mio comportamento è appropriato oppure no.”
“Non perdiamo tempo in simili
sciocchezze” proruppe Scrimgeour “Voglio una
risposta!”
Il sergente Eclitto,
continuando a sghignazzare all’indirizzo dell’Auror che lo aveva rimproverato,
disse: “Hogwarts. D’altronde, quale posto è più inespugnabile di quella
scuola?” domandò retoricamente e con un sorrisetto mellifluo.
“I Mangiamorte sono già riusciti
ad entrarvi” sibilò l’Auror.
“Vero, ma…” ribatté Marshal “Per un puro caso fortuito. Siamo riusciti ad
individuare la via d’accesso che hanno usato i Mangiamorte: due semplici
armadi. Il proprietario di quello all’esterno, un certo Sinister,
ha dato tutta la colpa ad un ex-studente di Hogwarts, che lui sostiene ora
essere un Mangiamorte, Draco Malfoy.”
“Se non sbaglio suo padre ed
altri sono stati scarcerati durante l’invasione di Azkaban” disse il Ministro
in tono seccato.
Marshal
accennò con il capo “Vero. Ma ora che abbiamo neutralizzato l’unico accesso ad
Hogwarts non autorizzato, la scuola dovrebbe essere una botte di ferro, anche
senza Albus Silente.”
I denti del Ministro si strinsero
alla nomina del defunto preside.
“E inoltre” continuò Marshal, dondolandosi contro la scrivania “Da quando il
vecchio è morto la giurisdizione della scuola è passata al Ministero, giusto?”
L’Auror alla sua sinistra strinse
gli occhi “Cerchi di avere più rispetto per i morti.”
“Caro Auror, tu continui a darmi
degli ordini” puntualizzò Marshal, sogghignando “Ma
io sono un sergente Eclitto. Forse non ha presente il
decreto che stabilisce l’importanza dei gradi nell’esercito?”
Le mani dell’Auror si serrarono
convulsamente “Ho presente.”
Marshal
si voltò verso il Ministro “Dunque?”
“Si parte per Hogwarts” ribatté Scrimgeour, annuendo grave “E lei è benvenuto nel nostro
esercito, sergente Marshal.”
Il Ministro e Marshal
si strinsero la mano. “E…” cominciò Scrimgeour,
esitante “Mi dispiace per la sua famiglia, ho saputo che…”
Marshal
smise di sogghignare e allentò bruscamente la presa sulla mano del Ministro
“Niente di grave” disse in tono tagliente.
*^*^*^*^*^
L’ancora sconosciuto ospite del
Ministero – chiamato in codice dagli Auror ‘Le Stelle’
– è stato rapito oggi all’ora locale 11.40 da un gruppo di (15?) Mangiamorte.
Non siamo ancora riusciti a stabilire il ruolo di questo misterioso ‘Le Stelle’ nei piani di Scrimgeour e
nemmeno possiamo immaginare l’utilità di questo individuo (ACCERTATO TRATTASI
DI ESSERE UMANO) per il Ministro che per Tu-Sai-Chi. Continueremo ad indagare
ulteriormente, non appena avremo aggiornamenti ve li daremo; stavolta li
troverete dentro falso-fondo del secondo cassetto del comodino nella stanza 12
del locale ‘Il Paiolo Magico’ [per aprirlo mormorare
‘Graps’ con un movimento circolare della bacchetta].
Dolores Umbridge – capo del Dipartimento per il Controllo dell’Applicazione dei
Decreti del Ministero –è stata
ufficialmente dichiarata ‘Non reperibile’: ciò
significa che Scrimgeour non vuole far trapelare o la
sua scomparsa o la sua morte o la sua cattura da parte dei Mangiamorte. Lo
stesso è accaduto per alcuni suoi subordinati: RogerCuddy, Lysa Ginger Baker, Simon Luis. In attesa di
istruzioni o suggerimenti, a presto. Penna Blu.
Messaggio già decriptato. Destinatario originale:
Ordine della Fenice, riscritto per i giovani cadetti dell’Ordine da Remus
Lupin. Dopo la lettura, il messaggio si darà fuoco da solo.
Allontanatevi, ragazzi. Remus.
Il messaggio scivolò via dalle mani di Harry e si diede
fuoco. Il ragazzo appoggiò la propria Firebolt in uno stanzino e fissò per un
attimo le scope all’interno dello sgabuzzino senza veramente vederle. Avrebbe
dovuto informare il suo ex-professore di ciò di cui era stato testimone al
Ministero, ma di certo non gli avrebbe riferito la macabra predizione che R.A.B. aveva sostenuto incombesse su di lui: la Maledizione
sul seggio di Difesa Contro le Arti Oscure; un ennesimo scocciante anatema
lasciato da Lord Voldemort.
Si sfilò il mantello di dosso e con un cenno del capo
invitò Ron ed Hermione ad andare avanti. Loro esitarono un momento, poi
annuirono comprensivi e cominciarono ad avviarsi lungo i corridoi della Base
dell’Ordine della Fenice. Da dietro, Harry li osservò sparire dietro un angolo,
silenziosi, le spalle di Ron rigide.
Come Prescelto e Bambino-Sopravvissuto molte volte gli
erano capitate occasioni uniche che si potevano considerare dei privilegi; ma
quante volte gli era capitato di venire a conoscenza di fatti, informazioni che
non avrebbe mai voluto sapere?
Ma quello era il suo destino.
Ed era in quei momenti che l’egoismo arrivava come un
tarlo, insinuandogli pensieri poco degni di un eroe. Ma Harry non era un eroe,
non lo era mai stato, ma doveva diventarlo.
Un eroe… cos’era un eroe? Solo una figura, simbolo di
azioni benevole a favore di qualcuno. Nient’altro che questo.
Un eroe era solo?
Solitudine. La sua più grande paura.
Harry sospirò forte. Per fortuna aveva Ron ed Hermione
sempre accanto a lui.
“Harry… tutto a posto?” una piccola mano pallida si posò
sulle sue spalle, ed Harry sorrise istintivamente, sentendosi come un
prigioniero che prende la prima boccata d’aria fresca dopo tanto tempo al
chiuso. Era questa la sensazione che aveva sentito Sirius, evaso da Azkaban?
“Sì, Ginny” toccò la mano della
ragazza “Tutto bene.”
E poi, c’era lei.
Tutto ciò di cui un eroe, lui, aveva bisogno.
*^*^*^*
Harry Potter si passò stancamente una mano sugli occhi e
pressò il pollice e l’anulare sulle tempie, massaggiandole. Si sentiva stanco
per la giornata appena vissuta, per la battaglia da poco conclusa e dalla sua
prima sconfitta: aveva perso l’occasione di distruggere un Horcrux, e ciò lo
irritava a dir poco, soprattutto perché ora non aveva idea di come fare per
scoprire il nascondiglio di un altro di quei maledetti pezzi d’anima!
Ora si trovava seduto su una sedia scomoda in una stanza
del nascondiglio dell’Ordine della Fenice, a godersi il tepore del fuoco di un
piccolo comignolo in quella notte inaspettatamente gelida di luglio, e
approfittava del momento di pace per schiarirsi le idee.
Sulla poltrona accanto a lui, Ron
fissava con insistenza le fiamme arancioni e rosse da
cui usciva qualche scintilla, anche lui immerso nei pensieri di quella battaglia;
e anche Hermione sembrava immersa in chissà quali ragionamenti, in piedi
accanto al camino, lo sguardo distratto che scivolava per la stanza, senza
soffermarsi su niente di particolare.
“Non ci voleva…” esordì Ron,
troncando il profondo silenzio che aleggiava nella stanza “Maledizione, non
avrei dovuto essere così impulsivo, così stupido…!”
“No, Ron, non è colpa tua. E poi
non è il caso di demoralizzarsi, ora.” Lo consolò Harry. “Se avessi capito
prima la collocazione di quel Horcrux, avremmo potuto battere Voldemort sul
tempo e non ci sarebbe stato bisogno di combattere…”
“Smettetela ambedue di
commiserarvi” li interruppe rudemente Hermione inarcando un sopracciglio scuro
con uno sguardo accigliato “Tutto ciò che possiamo fare è riflettere sui fatti
recentemente accaduti e trarne le giuste conclusioni: ora sappiamo l’identità
di uno degli Horcrux.”
“E a cosa serve se non
l’abbiamo?” ribatté con ironia Ron, fissando Hermione con gli occhi cerulei
socchiusi.
Hermione ricambiò lo sguardo
ostile del giovane Weasley. “Voldemort non terrà mai vicino a sè più di due
Horcrux, troppo pericoloso: se anche uno dei suoi Mangiamorte fosse un
traditore, avrebbe la possibilità di distruggere la Coppa, e forse, sempre se
le supposizioni di Silente erano esatte, il serpente di Voldemort. Quindi si
può concludere che Voldemort tenterà di nascondere l’Horcrux il più presto
possibile.”
“Però intanto dobbiamo aspettare
che lo faccia.” Ribatté Ron, e Hermione alzò gli occhi al cielo, frustrata.
“Ron… ti prego…”
Il rosso strinse la mascella e si
alzò. “Ho bisogno di una boccata d’aria.” Nervoso e arrabbiato, Ron lasciò la
stanza sbattendo la porta dietro di sè. Hermione fece per seguirlo, ma Harry le
afferrò un polso, scuotendo dolcemente la testa. La ragazza si morse un labbro,
ma annuì, sarebbe andata da lui più tardi…
Si accomodò sulla poltrona
consunta trovandola straordinariamente confortevole; la ragazza non poté fare a
meno di percepire l’odore restato impresso alla pelle del divano, quello di Ron, così particolare e famigliare alle sue narici che
l’avrebbe riconosciuto tra mille.
Harry osservò il gesto dell’amica
da dietro le lenti degli occhiali, sorridendo lievemente. Eh, Hermione…
“Vedrai che prima o poi finirà
questo giochino del detto-non detto.”
Hermione strabuzzò gli occhi
cioccolato e sbatté le palpebre, balbettando parole incomprensibili e
arrossendo piano sulle gote, intuendo benissimo ciò che intendesse Harry. Il
sorriso del ragazzo si allargò.
“Allora, secondo te, Voldemort
allontanerà da sè la Coppa?”
Hermione si limitò ad annuire,
accavallando le gambe fasciate dai jeans. “Mi sembra il ragionamento più
coerente da fare, ma naturalmente la possibilità che stia radunando intorno a
sè gli Horcruxes è comunque percorribile…”
Harry annuì, pensieroso e
assorto.
“Non ci resta che tentare di
intuire dove possa aver deciso di posizionare gli altri Horcruxes.”
Commentò amaro, tuttavia non scoraggiato.
Harry sospirò mentalmente. Non
posso tornare da R.A.B. strisciando per chiedergli
aiuto…
“Harry…” Il ragazzo alzò lo
sguardo fino ad incrociare gli occhi di Hermione
“Ricordi cosa ti ha detto esattamente quella Mangiamorte prima di andarsene?”
Harry fissò l’amica sorpreso
dalla domanda “Stai collezionando gli insulti e le minacce che mi vengono rivolte,
per caso?” le chiese con un sorrisetto ironico. Ma Hermione non pareva
divertita.
“Stupido.” Lo titolò, e in quel
momento il tono somigliava a quello che usava solitamente con Ron “L’ultima
frase prima di volare via. Le parole esatte, possibilmente.” Precisò e Harry
non represse un sospiro e un sorriso per la stranezza della richiesta.
“Stai attento a non
risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre… o
qualcosa di vagamente simile. Molto poetica come minaccia, vero?” sogghignò
Harry, ormai abituato a simili intimidazioni. “Ma perché lo volevi sapere?
Hermione…? Hermione! Ma mi stai ascoltando?!” sbottò il giovane mago vedendo la
ragazza ignorarlo palesemente con lo sguardo perso nel vuoto e la fronte appena
corrugata.
“Eh?” esclamò quella, arrossendo
leggermente. “Oh, scusa Harry, è solo che quelle parole… ”
“Che hanno di strano?” domandò Harry, ora più
che mai incuriosito.
“Io… credo di averle già sentite
o lette da qualche parte, sì…” mormorò Hermione, più a se stessa che a Harry,
il quale sbuffò, leggermente divertito.
“Oh oh…
miss So-A-Memoria-Ogni-Libro Grangerche non si ricorda qualcosa? Da segnare sul
calendario.”
Hermione e Harry si voltarono
contemporaneamente verso l’uscio e Ron sorrise leggermente, accennando con un
gesto della mano ai due.
Un modo per scusarsi? Si
chiese Hermione rispondendo alla battuta del rosso con uno “Stupido” meno acre
del solito. In fondo, l’importante era che la rabbia fosse un po’ scemata.
“Non ti ho sentito arrivare.”
Disse Harry all’amico, rivolgendogli un’occhiata divertita. “Da quanto sei lì
davanti all’uscio?”
Ron alzò le spalle larghe. “Oh
beh, da poco…” rispose vagamente.
“Da quando è uscito” Ginny fece
il suo ingresso nella stanzetta in un turbine di cotone verde, sorridendo
amorevolmente al fratello che invece era arrossito e la fissava irritato “E’
rimasto con il broncio attaccato alla porta per poter origliare.” Aggiunse la
rossa, colorando le guance di Hermione di un rosso acceso tendente al bordeaux
Gli occhi verdi di Harry si
fissarono in quelli di Ginny, zampillanti di allegria e genuino divertimento.
“E’ un classico che Ron si comporti da bambino.” Disse scherzando e
accattivandosi l’odio (momentaneo, naturalmente) del fratello.
“Va al diavolo” gli disse questi,
imbronciandosi nuovamente.
“E’ quel che farò al più presto”
lo rassicurò Harry, senza lasciare per neanche un secondo il viso di Ginevra
“Scusa amico se non rimango a discutere, ma ho un questione da sistemare con
tua sorella” e, presa la mano di una Ginny piuttosto sconcertata, la trascinò
via dalla stanza, lasciandosi alle spalle Ron ed
Hermione.
I due ragazzi, rimasti soli, si
fissarono per una quantità – per loro imprecisata – di minuti, senza
dirsi niente, fino a quando Hermione deviò lo sguardo verso il focolare,
scostando dal viso una ciocca della chioma riccioluta ribelle, mordendosi un
labbro. Ron avrebbe potuto passare un’altra quantità indefinita di secondi,
minuti, ore a contemplare Hermione, perdendosi in
futili riflessioni sul suo bizzarro carattere, tentando di capire le reazioni
che lei stessa non sapeva spiegarsi… forse insisteva nel soffocare i suoi
sentimenti, nascondendoli dietro mille frecciate e battute ironiche?
“Scusa.”
Hermione – immersa in pensieri
non tanto dissimili dai suoi – puntò il viso verso il suo, ovviamente sorpresa.
“Per cosa?” gli domandò, le labbra socchiuse interrogativamente.
Pronte per essere baciate,
Ron arrivò quasi al collasso, scioccato
dall’inspiegabile piega che avevano preso le sue riflessioni “Beh… per il
comportamento da bamboccio di prima… insomma, non dovevo essere così rude con
te, non c’entri niente con il fatto che mi sono lasciato scappare Malfoy…”
borbottò, la mano che grattava nervosamente la testa.
Hermione
sorrise dolcemente, sentendo un’ondata di improvvisa felicità scaldarle il
petto: delle scuse! E chi se le aspettava da Ronald Bilius Weasley?
Istintivamente si alzò e lo abbracciò forte, quasi ridendo, mentre Ron
assaporava quel breve momento tentando di decriptare le sensazioni che gli
scorrevano in corpo; il rosso sospirò e, quasi dubbioso, ricambiò l’abbraccio,
cullando piano la ragazza tra le sue braccia.
“Accetto le tue scuse, anche se
non erano necessarie… ormai so come sei fatto…” mormorò Hermione, staccandosi
un po’ da lui. Ron la fissò negli occhi senza diminuire la presa sui fianchi
della ragazza e questa sentì un brivido sotto lo sguardo penetrante del rosso.
“Alle volte sono terribile, eh?”
Hermione fece un sorrisetto. “Sì…
proprio insopportabile, ma io sono armata di pazienza e riesco a sopportarti.
…e poi anch’io sarei stata intrattabile dopo essere stata battuta da Draco
Malfoy…” la ragazza pizzicò bonariamente il naso ricoperto di lentiggini di
Ron. “Ma vedrai che avrai un’altra occasione per rifarti… in fondoerrare humano
est.”
Ron sogghignò. “Non tirarmi fuori
le frasi in latino che non posso comprendere…” si sentiva meglio, come
sollevato, l’irritazione per la perdita dell’Horcrux dimenticata: ora c’erano
solo le labbra di Hermione così vicino al suo mento da costituire una
tentazione difficile da negare.
Erano così vicini… forse troppo.
Ron la lasciò andare,
allontanandosi un poco verso il camino, mentre la ragazza rimase dove lui
l’aveva lasciata, un poco delusa da quell’allontanamento. D’altronde, si
consolò con un sorrisino per metà triste e per metà soddisfatto – come si
sentiva, è già tanto se ci abbracciamo. E questo era un abbraccio vero,
pensando questo ricordò vividamente la percezione di protezione che aveva tra
le braccia forti del rosso, il calore di lui che le attraversava il maglione e
i muscoli del ragazzo contro il suo petto. Fantastico.
Ron attizzò il fuoco e poi si
sedette sul tappeto davanti al caminetto, la scatola degli scacchi davanti a
lui; con un cenno del capo e un mezzo sorriso la invitò ad una sfida ed
Hermione, con un sospiro e un’espressione determinata, accettò.
“E’ la volta che ti batto.” Disse
convinta.
Se continui a distrarmi così,
ci riuscirai di sicuro. Ron sorrise. “Vedremo.”
Alle volte Ginny non riusciva a non pensare che Harry
fosse davvero imprevedibile, e puntualmente giungevano le conferme: chi
l’avrebbe detto? Trascinata via dal suo ‘principe azzurro’
fino ad una stanzetta polverosa e buia. Davvero, non se lo era aspettato, e
nemmeno lo sguardo bramoso che lui le aveva rivolto appena entrata con Ron in
quella che ormai per lei, Hermione e suo fratello era la Sala-Svago dopo ore di
duri allenamenti con Moody.
Forse il verde, oltre ad
essere il mio colore preferito, è quello che mi rende più graziosa e molto,
molto più fortunata, pensò sorridendo maliziosamente dentro di sè.
“Lumos”
la bacchetta di Harry scintillò ed una velata luce si diffuse per la stanza,
illuminando una specie di magazzino con oggetti di ogni sorta ammucchiati uno
sopra l’altro senza logica, sporchi e impolverati. Ginny sentì il naso
pizzicarle fastidiosamente.
La ragazza si guardò intorno e
alzò un sopracciglio in modo ironico verso il suo ragazzo. “Volevi portarmi in
un luogo romantico? Azzeccato, signor Potter.”
Ad Harry scappò una risatina e
non rispose, limitandosi a prenderla tra le braccia con delicatezza e a
baciarla delicatamente, lasciandola, per la seconda volta in pochi minuti,
piacevolmente sbigottita.
Ginny si aggrappò al suo collo,
spingendolo verso di sè e socchiudendo le labbra per permettere alla lingua di
lui di penetrare la sua bocca, in un bacio passionale e al contempo così pieno
d’amore che alla ragazza vennero le lacrime agli occhi pensando a come in
circostanze normali, senza Voldemort, senza guerre, niente li avrebbe separati…
tuttavia, si ricordò, forse erano state proprio quelle circostanze a farli
conoscere, avvicinare, amare.
Amare… Ginny era convinta che
fosse quello il giusto verbo per descrivere quello che c’era tra lei e Harry
così come era convinta che non era un’esagerazione adolescenziale: come si
poteva giustificare se no quel desiderio di proteggerlo ad ogni costo o almeno
aiutarlo da quello stesso mondo per cui si voleva sacrificare
Harry… sacrifichi tutto ciò che ti è caro per gli altri… sei così dannatamente
altruista alle volte… ma ti amo per questo…
Harry, con stupore, sentì un
sapore salato-amaro sulle labbra e aprì gli occhi staccandosi da Ginny
preoccupato: lacrime rigavano le guance della ragazza, che ormai singhiozzava,
sfregando la manica della felpa sugli occhi nel tentativo di fermare quelle
lacrime inopportune.
“Ginny…? Che cos’hai?” le domandò
preoccupato, stringendo il viso della ragazza tra le mani e asciugando i
rigagnoli di acqua salata con i pollici delle mani.
Ginny scosse la testa, abbozzando
un sorriso. “Niente Harry… è che ti voglio così tanto bene che non passa giorno
che vorrei averti vicino a me per sempre… c’è da vergognarsene, ma alle volte
trovo una voglia assurda di rinchiuderti in una stanza con me, lontano dal
mondo… non è dannatamente egoistico questo desiderio?” disse lei, il tono amaro
e dolce allo stesso tempo, stropicciando il viso contro il petto del ragazzo e
stringendo tra le dita il tessuto caldo.
Harry non rispose, troppo
emozionato da quella rivelazione, col cuore palpitante e l’essere indefinito
dentro il suo stomaco che ballava la rumba impazzito; la strinse ancor di più a
sè, chinando il viso fino a baciarle amorevolmente la fronte. “Non è affatto
egoistico Ginny…” le sussurrò, mentre una calma piacevole scendeva su di lui.
Aveva il cuore che batteva a mille, eppure non si era mai sentito così a suo
agio e tranquillo nell’esporre ad altri i suoi sentimenti… con lei era pronto.
Sembrava il momento delle rivelazioni, a quanto pareva: anche lui era
intenzionato a ribadire il suo sentimento, dopo aver cercato inutilmente di
estraniarlo. “Anche io ti voglio bene” dichiarò, alzandole il mento con la mano
destra per fissarla negli occhi verdi acquosi “e ti giuro che vorrei più di
ogni altra cosa chiudermi con te in una stanza; ma…”
Ginny poggiò un dito sulle sue
labbra, sorridente, le guance bagnate ancora dalle lacrime ormai prosciugate e
gli occhi lucidi: Harry la contemplò, era così bella in quel momento, per lui
più bella di qualsiasi Fleur o Veela oNinfa dei boschi, perché era la sua
spigliata, dolce, forte Ginny, calda e confortante
contro di lui.
“So bene che non lascerai
combattere ad altri la tua battaglia, così come io non mi metterò da parte.
Voglio proteggere la mia famiglia, i miei amici, e te.”
Io ci sono e ci sarò sempre, Harry.
…Lei c’è e ci sarà sempre.
Harry inarcò un sopracciglio,
l’angolo della bocca appena alzato. “Amore, queste frasi da principe azzurro
lasciale all’uomo, ok?”
Ginny rise e gli prese la testa
tra le mani dandogli un bacio schioccante sulle labbra. “Uhm… non sono così
sicura che l’uomo sia tu, ma potresti sempre dimostrarmelo…” lo stuzzicò,
ridendo nuovamente quando vide l’espressione inebetita e le guance arrossate di
lui. “Scherzavo!” lo tranquillizzò facendogli una linguaccia. “Non voglio
ancora sapere cosa si nasconde sotto i maglioni di mia madre… potrebbe essere
terrificante…”
Harry arricciò il naso.
“Distruggi il mio ego, così… dovrò rimediare…” e la baciò, piano e dolcemente,
ma con intensità tale da lasciarla intontita quando le sue labbra si staccarono
per esigenze respiratorie.
Sentiva l’esigenza di saperla
sua, ufficiosamente e non, lo sentiva come un’impellente desiderio che non
sarebbe riuscito a frenare, che non voleva frenare.
Quello che stava per fare non era
giusto.
Harry sapeva che era uno sbaglio,
era per questo che l’aveva lasciata. Ma non poteva essere perfetto. Aveva delle
limitazioni.
E sbagliare, non gli era mai
sembrato così dolce…
“…chi è il maschio della coppia?”
domandò ironico – ed un poco ansante – Harry.
“Non vale, stai occultando la mia
capacità di giudizio…” si lamentò lei, accostando la guancia alla felpa di lui,
coccolata dalla mano di Harry che le accarezzava la schiena.
“Ogni mezzo pur di vincere!”
esclamò allegro il ragazzo, felice come non gli capitava da tempo, appoggiando
a sua volta il mento sui capelli rossi di Ginny. “Sai Ginny? Forse ora potrei fare il
discorsetto da principe azzurro…”
Ginny sorrise contro il tessuto.
“Sei ispirato?”
Sentì un leggero tremore sulla
testa, la risata di Harry contro di sè. “Credo che tu sia la mia Musa
ispiratrice: finalmente ho capito perché combatto. Non solo per la comunità
magica, non solo per vendetta… ma per voi, coloro che amo.” Ed era vero,
l’aveva compreso dopo tanto tempo… forse era questo il motivo del suo
malessere, forse era questo che Harry Potter aveva cercato per anni: uno scopo
diverso dalla vendetta. E quello che aveva trovato, lo soddisfaceva.
Ginny, commossa, cercò le sue
mani e le intrecciò con le proprie, facendogli sentire quanto gli fosse vicina,
quanto lo ammirava, quanto lo amava… ed Harry lo percepì nel suo piccolo gesto.
La sua dolce Ginny era capace di gesti teatrali, ma soprattutto di piccoli
gesti in cui si poteva percepire ciò che provasse…
“Ginny… credi che sarei egoistico
a volerti avere ancora con me?”
Ginny alzò finalmente il capo,
sulle labbra un bellissimo sorriso che chiuse la sua bocca in un piccolo bacio
a stampo. “Sciocco di un Potter… stavolta non ti lascerò andare via da me…” lo
minacciò, mentre lui le portava, senza mai staccarsi, le mani dietro la
schiena.
“Uhm… mi piace questo…” commentò
con un sorrisetto e le baciò le labbra, ancora insaziato, quasi a suggellare
quelle sue parole, accarezzandole piano coi pollici le guance ormai asciutte,
mentre Ginny si sporgeva verso il suo petto, accarezzandogli delicatamente
l’attaccatura dei capelli dietro la testa.
Ma Harry avrebbe dovuto sapere
che stava filando tutto troppo liscio…
“AAAAAAAAAAAH!!! Oh Merlino, cosa
state facendo ragazzi?!”
Harry e Ginny fecero
contemporaneamente un salto all’indietro, fissando rossi e colti in fragrante
dalla signora Weasley munita di scopettone in mano e con uno sguardo scuro in
volto.
“Esigo delle spiegazioni, voi
due.”
I due fidanzati deglutirono.
Beccati in pieno!!
Harry era seduto al tavolo di una
stanza utilizzata momentaneamente come corte di giustizia casalinga e stava
aspettando che iniziasse il processo per la condanna del suo crimine: aver
macchiato la piccola, innocente, dolce Ginny. Con nervosismo, scoccò
un’occhiata dapprima a Arthur Weasley seduto a capotavola lontano tre sedie da
lui, al centro del tavolo, trovando uno sguardo fisso che non preannunciava
niente di buono, e poi, spaventato dalla visione di un serio e arrabbiato
Arthur (rarissimamente aveva avuto il piacere di vedere quell’espressione di
rabbia contenuta, e mai rivolta a lui), verso Molly Weasley in piedi davanti a
lui, l’espressione truce aumentata dalla ragnatela di rughe, che solitamente
Harry trovava perfette per una mamma ma che ora gli ispiravano solo orrore. Il
ragazzo deglutì pesantemente, sospirando: maledetta Ginny, perché devi
passare te per santarellina quando sei il diavoletto tentatore?!
“Harry Potter” disse la signora Weasley quasi con voce
paziente, mentre Harry la guardava con la coda dell’occhio ed il capo chino
“penso che tu ci debba delle spiegazioni.”
Harry prese in mano un bicchiere
d’acqua e ne buttò giù qualche sorso di malavoglia, solo per prendere tempo:
ogni parola poteva costargli la pellaccia!
“Vedete signori Weasley, io e
Ginny…”
“Al diavolo!” tuonò
all’improvviso il signor Weasley buttando sul tavolo le mani e fissandolo con
occhi simili al colore verde bagnato d’ambra di Ginny, solo un poco più scuri
(o forse era merito dell’ira?) “Harry non posso credere che tu abbia toccato
mia figlia…”
Molly sgranò gli occhi nel
medesimo modo di Harry e cacciò un urlo. “Oh, Merlino… vuoi dire che la mia
bambina è stata…? …cioè… che lei…?” un nuovo grido stridulo.
Harry si affrettò a chiarire:
“No, no, pensate male signori Weasley io e lei siamo rimasti al semplice
bacio…” spiegò arrossendo leggermente il ragazzo e sventolando davanti a sè le
mani come per proteggersi da quelle accuse.
Il signor Weasley lo fulminò.
“Bada Harry Potter che se solo le torci un capello io ti…” interruppe la
minaccia, rimanendo inebetito a fissare il vuoto, e subito dopo si rivolse alla
moglie che aveva già in mano un fazzoletto di dimensioni spropositate in mano
“Molly cara… mi hai detto ‘li ho colti in fragrante’…
che intendevi di preciso?”
Quella precisazione non piacque a
Harry… no, accidenti…
Molly
sembrò tentennare, come indecisa se dire o no a suo marito la verità;
stranamente i ruoli del genitore-severo e di quello docile erano invertiti per
la questione Ginevra Molly Weasley… inquietante.
Molly aprì la bocca e nel
medesimo istante la porta si aprì ed entrò una curiosissima Ginny che si
lasciava sulla soglia a spiare un’Hermione scocciata e un Ron divertito che
sogghignava malignamente in direzione di Harry – ormai febbricitante.
“Ci stavamo baciando, se proprio
vuoi saperlo papà, niente di più innocente di un bacio appassionato.”
Il signor Weasley ignorò
bellamente lo sguardo di fuoco della ragazza posando il suo – ancor più
spaventoso – sul povero Harry. “E’ vero ciò che afferma mia figlia?” indagò con
una voce algida che diede nuovi brividi, già numerosi tra l’altro, al giovane
Potter.
“Sissignore” rispose
automaticamente il ragazzo senza riuscire a chinare il capo.
Arthur Weasley accusò il colpo,
la bocca che si deformava in una smorfia.
“Beh… in fondo è Harry, è un
bravo ragazzo, e Ginny è molto matura per i suoi sedici anni …” intervenne la
signora Weasley timidamente, causando lo stupore generale.
“Qui ci volevano Fred e George…
ti immagini le risate?!” ridacchiò Ron, zittito dallo sguardo intimidatorio che
gli rivolse sua madre.
Arthur Weasley sembrava possedere
un’insolita freddezza quando era veramente adirato. “Si da il caso che
Ginny ha solosedici anni e che quindi è ancora una bambina.”
Sostenne caparbio. Ginny incrociò le braccia al petto, decisa a mettere in
chiaro le sue idee una volta per tutte e di potersi godere finalmente Harry.
“Papà, e anche tu mamma,”
cominciò con voce ferma l’unica Weasley “io non sono più una bambina.
Con questo non dico di essere una donna, ma sicuramente nessuno di voi deve
proteggermi dalle mie scelte. Se io voglio avere una storia con Harry ciò
implica anche il contatto fisico, una cosa normalissima tra i ragazzi della mia
età, per cui vi prego di non creare un’epopea per avermi beccata mentre baciavo
il mio fidanzato.” La ragazza tirò le labbra. “Per favore.”
“Fidanzato?” la signora Weasley sbatté le palpebre più
volte “Per la barba di Merlino!” e, dopo essersi toccata teatralmente la fronte
con una mano, si accasciò contro Ron – prontamente intervenuto – svenuta.
Ginny schioccò le labbra mentre
Harry poteva già sentire le sue ossa scricchiolare sotto il peso del signor
Weasley mentre con l’immaginazione già prefigurava lui e Arthur come lottatori
di wrestling.
Il signor Weasley si chinò
accanto al figliolo e appoggiò la testa della moglie sulle proprie ginocchia
ordinando a Hermione di procurargli dei sali; ma nè l’intervento di Ginny nè
l’incidente lo placò. “Ecco, visto cosa hai procurato a tua madre,
scellerata?!” disse alla figlia, mentre Ginny sembrava cominciare a cedere
sotto il suo sguardo, ciondolandosi sui suoi stessi piedi. “Ma che accidenti ti
sei messa in testa, eh? Non sei affatto così indipendente come credi, signorinella, formalmente sei sotto la mia giurisdizione e
non permetterò che tu sia promessa a Harry già a questa giovane età.”
Ginny si spassò una mano sulla
faccia, incredula che suo padre fosse così indietro. Promessa a Harry…
qui si stava esagerando!
Harry tossicchiò. “Beh… veramente
signor Weasley…”
“Zitto tu!” lo riprese lesto Arthur ricominciando a
interessarsi al ragazzo (che voleva solo chiarire la faccenda ‘promessa’). “Vorresti dirmi che non sei impegnato con mia
figlia?”
Harry si zittì ma il suo sguardo
verde si fece serio. “Lo sono.”
“Beh, non posso permettere che a
soli sedic’anni mia figlia si sposi con uno appena
maggiorenne! Harry non ho niente contro di te in particolare, ma non voglio
maritare mia figlia così giovane, so che per via della guerra avete tutti
troppo fretta di impegnarvi, quindi...”
“Papà…”
Arthur
Weasley congelò la figlia con lo sguardo. “E non dire ‘papà’
con quel tono scocciato, Ginevra Weasley. Come tuo genitore ho anche la tua
tutela.”
“Li ho trovati!” Hermione arrivò
in quel momento e si accovacciò accanto a Ron aprendo un barattolino contenente
sali e mettendoli sotto il naso della signora Weasley, sotto lo sguardo
lievemente preoccupato del marito; Ginny ed Harry approfittarono del momento
per fissarsi negli occhi e Harry colse la tristezza che avevano quelli di lei.
Doveva fare qualcosa, persuadere il signor Weasley, non voleva perdere di nuovo
la sua fidanzata ora che era finalmente riuscita ad accettare di avere un
tremendo bisogno di lei.
La signora Weasley sbatté le
palpebre e balbettò qualcosa. Arthur l’aiutò a sedersi, reggendole il capo e
domandandole: “Tutto a posto, cara?” con ansia.
Molly annuì, voltò piano il capo
fino ad incrociare lo sguardo di Harry. Sorrise. “Finalmente un ragazzo che
piace anche a me…” sospirò felice.
Sia Harry che Ron che il signor
Weasley abbatterono le palpebre più volte, increduli. “Che?!!”
Molly allargò il sorriso.
“Carissima piccola mia… sono così felice che tu sia riuscita ad accalappiarti
un bravo giovincello come Harry, sono sicura che saprà badare a te meglio di
chiunque altro…” Ginny arrossì lievemente, scioccata quanto gli altri, e si
gettò tra le braccia materne sciogliendosi in un “Oh mamma…” pieno di
riconoscenza e gioia.
La signora Weasley l’abbracciò
sorridente, l’espressione si fece più seria quando incontrò lo sguardo del
marito. “Arthur… credo che dovremo concedere un po’ di libertà a questi nostri
figli, anche a quelli più piccoli.”
“Ma… ma…” balbettò quello
confuso, incapace di credere che fosse proprio sua moglie colei che stava
parlando di libertà quando per anni era stata iper-protettiva
con tutti i suoi bambini, da quando Charlie aveva deciso di diventare Dragatore a quando Bill aveva annunciato il prossimo
matrimonio. “Ginny è troppo piccola!”
“Ginny è molto più matura di quel
che tu pensi… sei sempre stato premuroso nei confronti della femmina della
famiglia, ed anche io lo sono stata per anni, ma con la guerra le cose sono
cambiate,” Molly Weasley sospirò, accarezzando amorevolmente la guancia di
Ginevra “la situazione è invivibile per questi ragazzi,
il loro futuro è così incerto, faticoso… ogni cosa che può renderli felici,
renderà felice anche me e so che Ginny sarebbe molto felice se avesse il nostro
permesso di frequentare Harry… certo, con qualche postilla: non voglio mai più
trovarvi in certe situazioni…” disse Molly Weasley mentre Harry annuiva
imbarazzato.
“Non si preoccupi, signora
Weasley” la rassicurò Harry, sistemandosi gli occhiali lungo il naso “non la
deluderò… tengo davvero a vostra figlia…” La sincerità che la madre lesse negli
occhi verdi di Harry scacciò ogni incertezza a cui Molly non aveva accennato
nel suo discorso.
“Bene… qualcosa da dire, mio
caro?”
Arthur deglutì sotto lo sguardo
incrinabile della moglie e quello mesto della figlia.
Alla fine ha sempre ciò che
vuole… sospirò internamente con un mezzo sorriso, sapendo bene che il suo
cuore non si poteva opporre ad un desiderio della moglie.
“Harry… vedi di non
approfittartene.” Disse solo uscendo dalla stanza. Molly sorrise e si lasciò
aiutare dai ragazzi a rimettersi in piedi, ringraziandoli; Harry e Ginny si
scambiarono uno sguardo e Molly, capita l’antifonia,
se ne andò dalla stanza, dicendo di dover cercare quel ‘testone’
di suo marito.
Harry e Ginny si abbracciarono,
traboccanti di felicità.
“Pare di aver acquistato un
cognato…” commentò trattenendo un sorriso Ron. Hermione guardò ancora la coppia
che si sorrideva e accarezzava delicatamente.
“L’unico cognato con cui saresti
andato d’accordo.” Ironizzò la riccia. Uno strano calore le invadeva il petto,
era come se in quel momento tutte le angosce, le paure, le incertezze della
loro situazione fossero lontane, e quel giorno fosse una splendida utopia da
cui non avrebbe voluto risvegliarsi; d’istinto cercò la mano di Ron e la
strinse nella sua, calamitando lo sguardo ceruleo di lui che non si divincolò
dalla presa, ma, anzi, intrecciò le dita.
D’un tratto un lieve rumore, come
d’un bussare leggero, gelò l’atmosfera calda venutasi a creare.
Per primo, Harry si avvicinò alla
porta socchiusa e l’aprì. Qualcosa gli sfrecciò davanti agli occhi e per poco
non gli fece perdere l’equilibrio. “Che diavolo…? Un gufo??” esclamò fissando
il volatile che si era appallottolato sopra al tavolo di legno, la testa bruna
inclinata di lato e gli occhioni gialli che lo fissavano opachi.
“Chi mai può essere? Chi sa che
siamo qui?” Ginny diede voce alle sue stesse domande.
Hermione prese dal becco
dell’animale quattro lettere e le fissò attentamente, gli occhi si fecero
lucidi e le labbra si piegarono in un grande sorriso. “Per Merlino… ragazzi,
qui c’è il simbolo di Hogwarts!” esclamò concitata mentre apriva quasi
ansiosamente la lettera indirizzata a lei.
“Hogwarts?” Ron prese la busta
con scetticismo fissando il simbolo sulla busta e la scritta in una calligrafia
minuta sul retro, in cui c’era scritto il suo nome e l’indirizzo.
“Impossibile.”
“Oh, no no!
Aspetta che leggo:
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Rufus Scrimgeour
(Ordine di Merlino, Prima Classe, Ministro della Magia,
Sommo Stratega, Direttore della Confed.
Internazionale dei Maghi, Patriota della Magia, Vicario e Giudice
Incorruttibile, Capo dell’Esercito Magico Inglese, e Uomo di amabili Prìncipi)
Oh Merlino… Scrimgeour è il
Preside di Hogwarts?!” Hermione spalancò gli occhi,
interrompendo la lettura mentre Ron grugniva di disappunto.
“Tu che ne pensi, Harry?” domandò
con voce neutra Ginny.
Harry scosse le spalle, d’un
tratto rigido. “Non penso niente. Solo che con Scrimgeour
tra i piedi Hogwarts non sarà più come la ricordavamo…”
“Non è possibile, Harry!” esclamò
Hermione inorridendo al pensiero di un cambiamento nella sua vecchia scuola “I
Professori non lo permetteranno edi
certo non potrà rivoluzionare le leggi centenarie dello statuto scolastico!”
Harry scosse la testa. “Tu non lo
hai affrontato Hermione… è un freddo calcolatore, pronto a tutto per i suoi
interessi. L’ho avvertito a pelle e ti posso assicurare che non ho
sbagliato…vuole avere tutto sotto controllo.” Affermò con convinzione.
Ron alzò un lato della bocca. “E
sembra anche piuttosto borioso… senti come viene elogiato!” Harry e Ginny
sogghignarono selvaggiamente e anche Hermione, con suo disappunto, si lasciò
scappare un sorrisetto.
“Continua, ti prego” la invitò a
proseguire Ginny, calmatasi.
Hermione annuì e continuò a voce
alta:
“Cara signorina Granger,
siamo lieti di informarLa che anche per quest’anno la
scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts sarà aperta agli studenti, nonostante
le vicende dell’anno precedente e che lei è stata ammessa al Settimo Anno
Scolastico. Qui incluso troverà l’elenco dei libri e delle attrezzature
necessarie.
I corsi
avranno inizio il 1° settembre, partenza dal Binario 9¾ dalla Stazione di
Londra alle ore 9.00 in punto.
E poi c’è la firma della McGranitt, che è ancora Vicepreside, a quanto sembra…”
concluse Hermione, sollevata dalla presenza della professoressa che stimava di
più.
Ron storse il naso. “Non mi piace
che ci sia Scrimgeour.”
“Concordo pienamente… quell’uomo
ha un non-so-che di inquietante…” lo appoggiò Ginny,
leggendo a sua volta silenziosamente la propria lettera. “…voi che farete?”
chiese poi, e a quella domanda rimasero tutti silenti. Ginny cercò lo sguardo
di ognuno di loro, ma Hermione aveva il viso a terra, Ron fissava un punto
imprecisato accanto a lei e Harry aveva lo sguardo più lacerante degli altri…
era deciso. E lei sapeva che era una decisione che non le sarebbe piaciuta, ma
che avrebbe accettato, come sempre.
“Io ci andrò.” sospirò la ragazza.
Ron si
voltò verso il suo migliore amico. “E tu Harry?”
Il giovane Potter si appoggiò
alla parete. “Lo sai che non posso tornare. Non voglio.” Non dopo la morte
di Silente… anche se, forse, un angolo remoto di me vorrebbe rivedere quella
che è stata la mia casa…
“Ok, allora io ed Hermione ti
seguiremo.” Decise Ron. Hermione si morse un labbro ma annuì col capo.
“No” il tono di Harry era duro “Andrete ad Hogwarts.”
Ron lo incenerì con lo sguardo.
“E perchè mai dovrei obbedirti, Harry? Io voglio combattere al tuo fianco, non
è solo una tua battaglia. Devi smetterla di pensarlo.” Ron si
interruppe, il volto più scuro. “O forse ti sei stancato di noi, eh Harry?”
Harry scosse la testa. “Non ho
detto niente del genere, non sai quanto sia riconoscente a te ed Hermione per
il vostro appoggio. Siete gli amici più importanti e i migliori sostenitori e
collaboratori di Harry Potter, proprio per questo vi chiedo di andare ad
Hogwarts.”
Ron strabuzzò un poco gli occhi,
la mascella sempre serrata ma ora incuriosito dalla piega che stava assumendo
il discorso di Harry. “Perché?” domandò.
Il giovane Potter abbozzò un
sorrisetto. “Chi meglio del fratello dei mitici gemelli Weasley inventori delle
Orecchie Oblunghe e di un’intelligentissima studentessa modello possono tenere
d’occhio Scrimgeour?”
Ron spalancò la bocca, ma poi la
richiuse, pensieroso. Hermione accanto a lui incrociò dietro la schiena le dita
e si morse con più foga il labbro, guardando rispettivamente il rosso ed Harry.
“… e poi saremo anche Caposcuola
quest’anno, giusto? Possiamo togliere punti ai Serpeverde quando vorremo…” Ron
fece l’occhiolino ad Harry. “Fidati di noi, amico: nel giro di poche settimane
sapremo tutti i progetti del Ministero.” Harry accettò la pacca di Ron sulla
spalla, fissandolo grato e sorridente, lieto di avere un amico come lui. Sempre
lì, per aiutarlo.
Hermione spiccò un salto e gridò
“EVVAI!” a pieni polmoni. Accorgendosi di essere fissata da sei occhi arrossì
violentemente. “Ehm… che c’è? Non posso essere felice di tornare a scuola e in
biblioteca?” sbottò imbronciata.
“Sei completamente fuori.”
Decretò Ron. “Solo tu potevi essere felice di tornare sui banchi di scuola.”
Hermione gli lanciò
un’occhiataccia. “E quest’anno non pensare di poter copiare dalla sottoscritta,
perché non è così. Ronald Weasley, quest’anno ci sono i M.A.G.O.
e giuro, tu ti metterai a studiare, fosse l’ultima cosa che ti costringo
a fare!”
Ron
impallidì, ma poi si preparò a rispondere a tono (come al solito). “Che serve
studiare durante una guerra?! Ormai sappiamo un buon numero di incantesimi e
nozioni grazie agli allenamenti, perchè dobbiamo impegnarci a scuola?”
Hermione roteò gli occhi. “Ron
non si finisce mai di imparare.”
“La tua testa contiene così tante
informazioni che non so come fa a non scoppiare.”
Harry e Ginny si passarono una
mano sulla faccia; poi Ginny, ignorando il battibecco, si voltò verso il suo
fidanzato.
“E tu che farai, Harry?”
Hermione e Ron interruppero la
discussione. Harry sospirò e si inforcò gli occhiali.
“Tornerò da R.A.B… è l’unica cosa
che posso fare.”
Hermione storse il naso, ma non
replicò.
“Quindi… adesso ci dividiamo…”
interruppe il silenzio Ron.
Harry annuì gravemente. “Già.”
Hermione prese un respirò e gli
aprì il palmo della mano ficcandogli in mano una moneta dorata. “Tieni. È la
versione migliorata delle mie monete comunicanti… per ogni cosa tu abbia
bisogno usala.” Gli disse apprensiva.
“Lo stesso vale per voi; fatemi
sapere.” Ron ed Hermione annuirono.
“Parti subito?” chiese Ron.
“Penso poco prima di voi… volevo
vedere un po’ cosa è successo in Inghilterra mentre ero alla ricerca degli
Horcruxes. Non voglio trascurare troppo le informazioni proveniente
dall’Ordine” rispose Harry.
“Bene.”
*
Un rumore soffuso svegliò Ginny. La ragazza scattò seduta
sul letto, infilando cautamente la mano sotto il cuscino dove aveva nascosto la
sua bacchetta.
“Hermione? Sei tu?” chiese nel
buio.
“No” Ginny sospirò quasi di
sollievo, rilassando i muscoli.
“Harry… dove sei?” domandò nel
buio, scostando le coperte e allungando le mani davanti a sè come un cieco,
alla ricerca del ragazzo e, a tastoni, lo trovò seduto sul suo baule che
guaiva.
“Accidenti… l’altra notte non era
qui…” Ginny sorrise sedendogli accanto “Beh… ho voluto prepararmi per Hogwarts.
Sai com’è, domani partiamo…” spiegò “Non dirmi che hai inciampato”
Sotto le sue dita le guance di
Harry scottarono improvvisamente.“Volevi qualcosa?” domandò curiosa, e le mani di lui si posarono sui
suoi fianchi coperti dal pigiama di cotone, accarezzandole piano la schiena.
“Domani mattina parto e… non
volevo andarmene senza averti salutato.” Il tono, Ginny lo percepiva, era
imbarazzato.
Il sorriso di colpo le si smorzò.
Se ne andava e non si sarebbero rivisti per chissà quanto tempo… non poteva
esserealtro che triste. Tuttavia fece
in modo che lui non lo percepisse; l’ultima cosa che voleva era rendere la
separazione ancor più difficile.
Cercò le sue labbra nel buio e
trovandole le accarezzò dolcemente, infilando le dita nei capelli arruffati del
ragazzo.
“Stai attento…” bisbigliò nel
buio.
“Tu piuttosto… attenta a Scrimgeour.” Seguì un attimo di silenzio. “Promettimi che
rimarrai ad Hogwarts, al sicuro.”
Ginny sospirò. L’aveva immaginato
ed era per questo che aveva subito accettato l’idea di rientrare a scuola,
anche se una parte di lei aveva ardentemente sperato che anche Harry decidesse
di tornarvici.
“Prometto che rimarrò il
necessario” modulò la promessa “Finché può essere utile all’Ordine… e a te.”
Sentì le labbra di lui posarsi
sul suo naso e l’odore di zucchero e vaniglia di lui accarezzarle le narici e
stringerle il cuore per la tenerezza. Quando lui si abbandonava sul suo petto
non poteva farea meno di pensare a come
Harry fosse cresciuto troppo in fretta, l’infanzia bruciata da un fato che nè
lui nè i suoi genitori avrebbero voluto. Ed ora doveva stringere i denti e
combattere, eroe di una favola troppo crudele per essere solo righe scritte da
una mano umana.
Lui pensava che lei fosse la sua
piccola Ginny. Glielo bisbigliava sempre, nel buio della notte, tra carezze
nascoste e baci innocenti o bollenti. Ma Ginny era convinta che in realtà fosse
lui il suo piccolo Harry.
Era un ragazzo che come un
bambino aveva bisogno di coccole e affetto. E lei era felice di dargliene. E,
come un bambino, aveva bisogno di rassicurazioni. “Non preoccuparti” soffiò
Ginny nella notte accarezzandogli i capelli con dolcezza “ci sono Ron ed
Hermione… tu pensa a tornare da me. Me lo prometti?”
…
“…sì.”
*
Harry stava volando a bordo della
sua Firebolt, ripensando a ciò che era successo in quei giorni, il prigioniero
misterioso, la Umbridge, i signori Weasley, Ron (mezzo addormentato) e Hermione
che lo salutavano e Ginny… già, Ginny. Avrebbe voluto chiedere ufficialmente al
signor Weasley il permesso di fidanzarsi con la figlia, ma poi ci aveva
ripensato. Lo avrebbe fatto alla fine di quella guerra… se fosse finita bene.
Il Bambino-Sopravvissuto strinse
i denti e spronò di più la scopa, nascondendosi perfettamente nella nebbia che
avvolgeva come di consuetudine l’Inghilterra.
E così alla fine, nonostante i
suoi propositi, sarebbe ritornato da Lyons Kaus… questa sua dipendenza un po’
lo frustrava. Tuttavia doveva ammettere che R.A.B.
era stato un maestro severo ma competente e davvero irritante, caratteristica
controproducenti per l’allievo. Aveva persino migliorato le sue doti da Occlumante, anche se il controllo sui suoi poteri mistici
restava sempre vago e incostante. Kaus aveva
attribuito la sua “inconsistenza magica” alla sua “mente priva di controllo
razionale”: “I poteri di un mago non sempre sono al loro massimo in ogni
occasione, ma essi dipendono da allenamento, stato mentale e fisico” lo aveva
rimproverato. Harry aveva qualche dubbio sulla veridicità della supposizione di
R.A.B., anche perché non credeva che il suo deficit
magico si potesse attribuire alla spossatezza, così come il dolore alla
cicatrice ricomparso dopo molto tempo di inattività; compariva d’improvviso la
notte assieme ad una forte fitta, odio e qualcosa dal sentore animalesco.
Questo accadeva solo di notte.
Forse, avrebbe dovuto parlarne
con Hermione… Il giovane Potter scosse la testa: no, gli avrebbe proibito di
avvicinarsi a R.A.B.
Atterrò poco lontano dalla dimora
del mago, e senza farsi notare vi si avviò e, svoltato l’angolo, restò attonito
nello scorgere la porta della casa completamente spalancata..
E se Harry avesse conosciuto solo
un poco Lyons Kaus e la sua pedante riservatezza, avrebbe dedotto che non lo
stesse aspettando a braccia aperte al di là della porta…
“No, maledizione!” imprecò
lievemente Harry, entrando nella piccola casa babbana.
Come temeva, vide il pavimento
ricoperto di oggetti di varia fattura rotti, sbeccati, o semplicemente buttati
a terra, schegge di legno e alcune piume appartenenti alla poltrona che si
levavano nell’aria insieme alla polvere mentre Harry si addentrava in quel che
rimaneva della casa di R.A.B.
Con orrore si rese conto delle
macabre analogie con la casa d’infanzia a Godric’s
Hollow: le immagini dei vecchi ruderi si accavallarono alla dimora devastata di
Kaus, alla Tana in fiamme e ancora alla casa di Kaus,
un accavallarsi di ricordi, sensazioni di smarrimento e perdita.
Scosse la testa per scacciare i
pensieri inopportuni.
“Kaus!” chiamò prima a gran voce,
poi con la forza del pensiero. Niente, non gli rispondeva.
Riprovò più volte, ma non gli
giunse alcuna replica ed Harry avvertì un brivido lungo la schiena – che
fosse…? No, non poteva essere caduto nelle mani di Voldemort, era un temibile
mago e troppo scaltro… possibile che…?
Cercò a lungo un indizio, un’indicazione che gli potesse
confermare la presenza di LyonsKaus…
non ne trovò, ma l’assenza di un corpo cominciò a preoccuparlo.
Non poteva credere che quel
pomposo, arrogante e cervellotico di un cinquantenne si fosse fatto catturare
come un qualsiasi pivello! … oppure tutto questo rientrava in un piano
specifico? In fondo, lo stesso Kaus aveva ammesso di usarlo solo per i suoi
intenti contro Riddle… ma diceva la verità?
Come sempre, Harry aveva un
milione di domande e neanche una risposta concreta o certa.
Sospirò malinconicamente,
fissando il sole tramontare. E ora? Cosa devo fare?
Troppo spossato per un viaggio
lungo… doveva trovare una locanda per passarvici la notte. E dopo… e dopo
sarebbe tornato nell’unico luogo dove si sentiva bene: Hogwarts, con il
Ministro e i suoi amici.
La consapevolezza di dovervici tornare lo colpì come una pugnalata mentre la
figura di Silente che cadeva – frutto di incubi notturni piuttosto violenti
quando la sua mente traboccava di energia magica – gli passava davanti agli
occhi.
Digrignando i denti, Harry
schiacciò le mani contro le orecchie, la cicatrice che gli doleva, pur certo
della lontananza di Voldemort da quel luogo, tentando di scacciare l’immagine,
che sembrava quasi vera a causa della sua nitidezza… forse era la casa di
R.A.B. a risvegliare quel lato della sua magia che ancora non gestiva bene e
che doveva imparare a piegare ai suoi voleri.
Silente cadeva… cadeva
all’indietro, quasi al rallentatore, una, due, tre… dieci volte, sempre dalla
stessa finestra, gli occhiali a mezzaluna che si scollavano dal naso… cadeva
insieme a Sirius, il movimento quasi uguale, caduta senza ritorno, in
solitudine, morte inutile… Silente cadeva, solo, con una parvenza di sorriso e
la bacchetta di Piton da cui usciva un raggio verde…
…un raggio verde davanti a lui…
“HARRY!”
…la voce di sua madre…
“PRENDI HARRY!”
… papà?…
“L’amore, Harry. L’amore.”
…Professor Silente?…
Un corvo nero gracchiava
e volava via…
Ansimante, così come tutto era
iniziato, tutto cessò: il dolore alla tempia diminuì, le visioni svanirono e
così la sua mente si svuotò mentre Harry, nauseato, si rialzava, tremante,
davanti all’uscio della casa di R.A.B.
Si pulì con la manica la bocca,
tossendo, sentendosi addosso una sensazione del tutto nuova: desiderio di
incontenibile vendetta, molto più violenta delle precedenti.
Non sapeva come, ma in quel
momento percepì la presenza di un’energia negativa.
Ginny, Ginny, Ginny…
“Riddikulus!”
Il Dissenatore gemette e, così come era sbucato da chissà dove, scomparve,
forse in cerca di aiuto.
…non posso rimanere…
Harry Potter si avvolse nel
mantello, afferrò la scopa e si diresse a piedi al Paiolo Magico in cerca di
una camera, incappucciato in modo da non rendersi riconoscibile.
Sarebbe andato ad Hogwarts… ma
non in quel momento.
*^*^*^*
Ron era impegnato nel rassettare
la nuova divisa: l’operazione comprendeva l’eliminazione dello stemma col Leone
Rampante e qualsiasi altro simbolo che recasse un vago accenno alla casa del
Grifondoro.
“Possiamo dire addio alla
cravatta giallo-rossa”
Ginny sbuffò, altrettanto
contrariata “Non si tratta solo di questo, Ron, anche la squadra di Quidditch
del Grifondoro è sciolta. Scrimgeour ci permetterà di
gareggiare pacificamente e solo se le squadre saranno composte da
studenti delle ex-case assortiti. Vi immaginate un giocatore di Serpeverde e un
Grifondoro nella stessa squadra?”
“Forse il progetto di Scrimegeour può essere positivo” intervenne Neville Paciock distogliendo lo sguardo dal paesaggio che scorreva
fuori dall’Espresso di Hogwarts “Credo che stare tutti più uniti ci farebbe
davvero bene.”
“Dimentichi un piccolo
particolare Neville” disse Ginny “Tra Corvonero, Tassorosso e Grifondoro
potrebbe anche funzionare, ma per quanto riguarda Serpeverde? E’ sempre stata
la casa più ostile di tutti, unita tra di loro più o meno, ma mai solidale con
le altre case.”
“Ginny ha ragione e inoltre…”
dichiarò Hermione decisa “… non si possono cancellare in un batter d’occhio
tutte le tradizioni di Hogwarts, la divisione delle case, il simbolo stesso
della scuola, il ricordo dei fondatori…”
“E’ questo il problema di quelli
contrari alla decisione di Scrimgeour” la interruppe
Ron poco accorto “La tiravano troppo per gli estremi, esagerando al massimo e
così Scrimgeour ha vinto, non che ci si potesse
aspettare un finale diverso.”
Hermione fissò di sbieco Ron
spaparanzato sul sedile “Mi stai dando dell’esagerata?” sibilò lei pungente
“Dunque è un reato voler conservare un po’ di tradizioni antiche, almeno un
briciolo di storia della scuola?”
Da quell’istante in poi Neville
si voltò verso Ginny e intraprese una discussione caotica su ciò che ne pensava
dell’anima gemella, discussione che la ragazza interpretò come un chiaro
riferimento ad Hermione e Ron “Secondo me quando incontri la persona giusta non
te ne rendi subito conto, lo capisci piano piano.”
“Sono d’accordo” disse Ginny,
nonostante ricordasse con precisione il colpo di fulmine che l’aveva invaghita
di Harry.
“Harry non verrà a scuola
quest’anno?” chiese Neville, impacciato.
“No” rispose Ginny impetuosamente.
“E tu e Harry state ancora
insieme?” chiese Neville tutto d’un fiato con un imbarazzo molto marcato “Cioè,
giusto per curiosità…”
Ginny sbatté un paio di volte le
palpebre “Credo di sì.”
“Credi?” sospirò Neville con una
bizzarra nota di speranza nella voce.
“Voglio dire, sì” si corresse
all’istante Ginny, vagamente conscia delle intenzioni di Neville.
Il volto di questo assunse una
strana aria ombrosa “Capisco.”
Nel frattempo Ron e Hermione
avevano smesso di bisticciare ed entrambi, senza dire una parola, contemplavano
il monotono paesaggio fuori dal finestrino: nebbia, nebbia…
Ginny si morse il labbro mentre
Neville si alzava dal suo posto con aria desolata ed usciva dallo
scompartimento; in fondo era un bravo ragazzo… ma il ricordo di lui che le
pestava i piedi al Ballo del Ceppo non era incluso tra la rosa dei suoi momenti
d’oro, come invece lo erano la prima visita di Harry alla Tana, il suo
salvataggio nella Camera dei Segreti, il loro primo bacio…
Lo scompartimento si aprì e ne
sbucò una silenziosa Luna Lovegood che non degnò nessuno della sua attenzione.
Si sedette di fronte a Ginny che la osservò attentamente “Ciao Luna” cominciò
la rossa cercando di scorgere il volto dell’amica celato dalle lunghe ciocche
bionde.
Luna rimase zitta e immobile.
“Ciao Luna” dissero all’unisco
Ron e Hermione, prima fissandosi imbarazzati e poi affrettandosi a deviare la
loro attenzione.
“Come ti sono andate le vacanze?”
chiese Ron, più preoccupato a scansare lo sguardo di Hermione che a ricevere
una risposta da Luna.
“Poteva andare meglio” mormorò
Luna con un filo di voce “All’inizio andava bene. Mio padre aveva persino
scritto un articolo eccellente sulle cospirazioni tra Mangiamorte e gruppi
segreti stranieri; quello è stato il suo ultimo grande articolo…”
“L’ultimo?” ripeté Ginny
desolata, cominciando a comprendere il comportamento dell’amica.
“Sì” rispose Luna con voce
strozzata “I Mangiamorte l’hanno preso perché sapeva troppe cose, è stato per
colpa dell’articolo, per colpa della cospirazione.”
“Quando dici che l’hanno preso
vuoi dire che è…?” iniziò Ron esitante.
“No, brutto uccellaccio del
malaugurio” strillò Luna scoccando un’occhiataccia a Ron “I Mangiamorte lo
tengono rinchiuso perché sa troppe cose ma è ancora vivo, lo so questo. E sono
felice che sia stato catturato per il suo articolo, almeno ora tutti capiranno
che il Cavillo non è da sottovalutare.”
Hermione si sentì particolarmente
coinvolta nell’affermazione di Luna “E’ stato un gesto nobile, quello di tuo
padre.”
“Non c’è bisogno che ti inventi
le cose per consolarmi” bisbigliò Luna con la sua solita franchezza.
Hermione fu colta da un
incredibile imbarazzo. Ron fissava la bionda che se ne stava rannicchiata cupa
e sciupata contro il sedile e si convinse fermamente che chiunque l’avesse
canzonata con l’appellativo “Lunatica” si sarebbe guadagnato l’ostilità di
Ronald Weasley.
La porta dello scompartimento si
aprì per la seconda volta. Ginny pensò di dover riaffrontare il rimorso che le
provocava la delusione di Neville Paciock, perciò fu
molto sorpresa quando intravide una sagoma femminile dietro al finestrino della
porta.
Pansy Parkinson fece il suo
ingresso accompagnata da Tiger e Nott; i tre
ostentavano l’effige dei Serpeverde che brillava sulla divisa, Pansy, in
particolare, esibiva la spilla da Prefetto con un ghigno sinistro. Ron,
Hermione e Ginny assunsero un’aria ostile; i tre supponevano che Luna rimanesse
completamente indifferente, perciò quello che successe li lasciò alquanto
esterrefatti.
“Che cosa volete?” chiese Luna in
tono aggressivo prima che i tre Serpeverde potessero aprir bocca.
Pansy rimase stupita: Luna era
famosa per la sua rinnovata pazzia e per la calma impassibile che dimostrava
contro le provocazioni “Lovegood” cominciò Pansy con un tono di voce che ricordava
molto il ghigno mellifluo di Malfoy “Meglio se stai calma e al tuo posto, anche
tu” rivolse un’occhiata sprezzante a Hermione “e voi” sogghignò all’indirizzò
di Ron e Ginny “I Mezzosangue e i Babbanofili saranno i primi a cadere.”
Ginny, la più vicina all’entrata,
stava per alzarsi ma venne preceduta da un’irritatissima Luna che strepitò
contro Pansy, assolutamente fuori controllo “Tu, tu e i tuoi amici Mangiamorte!
Voi farete meglio a stare calmi, perché se osate fare di nuovo qualcosa, giuro
che io, io…”
Pansy per un attimo parve sotto
shock, ma si riscosse quasi subito con una risatina irritante “Lovegood, che ti
è successo? Nostalgia del padre?”
Questa volta sia Ron che Ginny si
avvicinarono in modo intimidatorio alla Serpeverde ed Hermione estrasse la
bacchetta dal mantello con aria ostile. Nott fece
altrettanto e Tiger mostrò minacciosamente i pugni serrati.
“E tu, Pansy?” mugugnò Ginny,
maldisposta “A te manca Malfoy?”
Pansy scostò bruscamente Luna e,
senza perdere tempo ad impugnare la bacchetta, graffiò con particolare astio la
guancia scoperta di Ginny.
“Tu, schifosa arpia!” esclamò
Ron.
Il rosso tentò di afferrarla per
il colletto della camicia, ma il suo braccio venne bloccato da Tiger che lo
sollevò con tanto impeto da fargli cozzare la testa contro il tetto dello
scompartimento. Hermione reagì d’istinto e scagliò una robusta fattura contro
Tiger che sbatté contro il finestrino. Durante l’urto mollò la presa su Ron che
rovinò addosso al corpulento Serpeverde trascinandosi dietro Nott, a cui si era aggrappato durante la caduta.
Il povero Serpeverde allampanato
si ritrovò schiacciato dall’imponente massa di Tiger che si dimenava nel
tentativo di togliersi di dosso Ron, fortunatamente atterrato incolume. Ginny
si lasciò sfuggire una risata “Ben fatto, Hermione! E ora, Pansy? Cosa credi di
poter fare senza i tuoi scagnozzi?”
Pansy indietreggiò fino a
sbattere i piedi contro il groviglio di ragazzi da cui proveniva il ringhio
frustato di Tiger, non ancora riuscito a levarsi di dosso Ron che, invece,
rideva apertamente, divertito dalla situazione.
La porta scorrevole dello
scompartimento si aprì ancora e vi entrò un giovane uomo che indossava
l’inconfondibile uniforme degli Eclitti.
“Sono il sergente John Marshal” dichiarò l’uomo “Ed esigo subito che voi la
smettiate. Il preside e ministro Scrimgeour non
tollera comportamenti del genere come invece faceva il deceduto Albus Silente.”
In meno di un minuto il sergente Eclitto si guadagnò l’antipatia dei Grifondoro e dei
Serpeverde presenti, ma per motivi diversi.
Il sergente Marshal
gettò uno sguardo disgustato a Tiger e Nott “Il
preside e ministro proibisce di indossare stemmi che certifichino
l’appartenenza ad una delle case; ora non esistono più. E anche tu, ragazzina”
lanciò un’occhiataccia a Pansy “Togliti quella spilla da Prefetto, ora i
supervisori della scuola sono gli Eclitti, le regole
sono cambiate. Mi chiedo come si possa affidare un compito che richieda tanta
responsabilità ad un branco di adolescenti immaturi.”
Detto questo uscì dallo
scompartimento, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo disgustato ai
ragazzi “Dimenticavo: siate uniti.”
Ginny era assolutamente certa che
quell’anno gli studenti di Hogwarts sarebbero stati più ostili e meno uniti che
negli anni precedenti.
*^*^*^*^*
Voldemort presiedeva l’alto trono nella Sala principale
del Covo Oscuro. Intorno a lui erano raggruppati più di dieci Mangiamorte,
tutti rigorosamente inchinati. Il Signore Oscuro sogghignò.
“Devo riconoscerlo, per una volta i miei Mangiamorte mi
hanno arrecato grande soddisfazione. Ottimo lavoro, siete riusciti a portarmi
entrambi gli ostaggi che avevo richiesto, per non parlare del pieno successo
della missione affidata ai Malfoy.”
Malfoy Sr. si inchinò profondamente e così fece il figlio.
La fessura che Voldemort aveva al posto della bocca si
piegò leggermente “Anche se mi hanno riferito che avete ricevuto sostegno.”
Gli occhi di Lucius Malfoy si volsero all’indirizzo di
Samantha Drake, scintillando dietro la maschera. La Mangiamorte distolse subito
lo sguardo, ancora tremendamente intimorita da quell’occhiata pungente.
“Comunque il suo intervento non è stato fondamentale per
il compimento della missione” aggiunse Lucius Malfoy, continuando a fissare
mortifero Samantha.
La Mangiamorte si trattenne dal ribattere aspramente,
benché avesse più di un argomento per umiliare Lucius Malfoy davanti al Signore
Oscuro. Tutto ciò che la fermò fu l’incredibile somiglianza che l’uomo aveva
col figlio e la devozione quasi maniacale che questo provava nei confronti del
padre.
“Ora è il tuo turno, Greyback” sibilò Voldemort, facendo
avvicinare un grande Mangiamorte che puzzava di sangue “La tua prossima
missione è di fondamentale importanza: tu organizzerai l’attacco a Hogwarts.”
Molti dei Mangiamorte sospirarono eccitanti.
“Quindi attaccheremo la scuola, finalmente, non vedevo
l’ora” si compiacque il Lupo Mannaro, ridacchiando cupamente “Tante gole da
lacerare…”
“Mi perdoni, mio signore” intervenne una voce che si
riconobbe come quella di Severus Piton “Ho delle notizie da comunicarle.”
“Molto bene, Severus, su di te posso sempre contare.”
Lucius Malfoy socchiuse gli occhi, riconoscendo la figura
cupa di Severus Piton; gli sfuggì appena un soffio scocciato, mentre il
Mangiamorte cominciò a dialogare privatamente col Signore Oscuro.
“Pare che il ministro e i suoi più importanti
collaboratori abbiano deciso di cambiare sede: Hogwarts sarà la loro nuova
fortezza. Inoltre Rufus Scrimgeour ha deciso di
trasferire lungo i confini della scuola la maggior parte delle legioni del suo
esercito, quelle più temibili. Un attacco diretto potrebbe comportare troppe
perdite dalla nostra parte.”
“Astuto da parte del ministro, non credevo possedesse
tanta furbizia. Quindi, anche senza Silente, espugnare Hogwarts non sarà così
facile” sibilò Voldemort.
“Sì, mio signore, sto ancora raccogliendo informazioni per
scoprire l’ubicazione del Canale di Fuga, anche se ho il sospetto che Potter ne
sappia qualcosa” ribatté Piton, stringendo i denti “Inoltre, il ministro ha
scoperto il passaggio che alcuni Mangiamorte hanno utilizzato quattro mesi fa
per penetrare nella scuola e lo ha reso inagibile.”
“Giusto” sospirò Voldemort “Già una volta i miei
Mangiamorte sono riusciti ad entrare in quella scuola, cosa che persino Silente
riteneva impossibile e tutto questo grazie al giovane Malfoy.”
La figura incappucciata affiancata a Lucius sobbalzò
leggermente, inchinandosi.
“Dopotutto si è dimostrato un abile servitore quindi
intendo concedergli la mia fiducia. Sei disposto a farti carico di una nuova
missione, Draco?”
“Sì, mio signore” rispose il ragazzo, compiaciuto dal
complimento ma senza dimenticare quanto gli era venuto a costare l’attacco di
quatto mesi prima. Meglio non avere rimpianti verso il Signore Oscuro. Sentì
una leggera scarica lungo la schiena, e tentò di celare l’emozione per l’ultima
considerazione del suo Signore.
Voldemort sogghignò “Devi interrogare una prigioniera, si
trova nei sotterranei, cella numero 18. Cerca di scoprire cosa conosce di
preciso sulle vie d’accesso ad Hogwarts e anche le informazioni che ha
sull’altro catturato; con lui ci parlerò personalmente.”
Voldemort si alzò dal trono e prima di smaterializzarsi,
ammonì il ragazzo “Oh e per interrogare la donna puoi usare qualunque metodo.”
Il giovane Mangiamorte osservò il padrone scomparire con
crescente soddisfazione: finalmente il Signore Oscuro aveva riconosciuto i suoi
sforzi! Draco guardò con occhi speranzosi il padre, ma lui si oscurò e girò la testa.
Draco si guardò attorno per scoprire se qualcuno avesse
notato quello scambio di occhiate. Molti delle figure incappucciate
continuavano a guardare alternativamente lui e suo padre, dandosi gomitate e
scambiandosi sogghigni.
Draco sussultò. Si sentiva come un cane scacciato a calci.
Avrebbe voluto raggomitolarsi in un angolo dove nessuno l’avrebbe notato, ma il
grande orgoglio dei Malfoy lo frenò dall’abbassare il capo, mortificato. Tenne
gli occhi fissi davanti a sé per non incontrare lo sguardo di nessuno.
“Non sei fiero di me?”
Le parole gli erano sfuggite dalle labbra senza che il
ragazzo avesse tempo di controllarle; aveva passato troppo tempo oppresso dalla
gelida indifferenza del padre.
La voce di Lucius Malfoy proruppe da dietro la maschera,
il tono venato da austerità e da un vago accenno di invidia. “Sei solo un
ragazzino insignificante!”
I Mangiamorte gridarono e applaudirono, mentre Draco
tentava di trattenere un brivido.
Voltò le spalle a suo padre, sforzandosi di dominare
l’espressione del viso e di nascondere i suoi sentimenti. Attraversò la sala in
fretta, per quanto era possibile senza correre, mentre le risate aumentavano.
Finalmente spalancò la porta e uscì barcollando, riassettandosi la maschera sul
viso nascose un singhiozzo soffocato dalla vergogna.
Il suono della risate che si
smorzavano e l’eco delle parole del padre gli echeggiarono nelle orecchie
mentre attraversava il corridoio oscuro, senza conoscere di preciso la meta.
*^*^*^*^*
L’Espresso di Hogwarts giunse al
capolinea con un violento fischio. I ragazzi si riversarono in massa fuori
dalle carrozze, invadendo la piattaforma lievemente illuminata da centinaia di
lanterne che, nonostante il numero, non riuscivano a rischiare l’imponente
banco di nebbia.
Fuori dal treno li attendevano
qualche Auror e uno squadrone di Eclitti armati di
tutto punto a cui a capo c’era niente di meno che John Marshal.
“Muovetevi, ragazzi” ordinò
quello con particolare astio “Non vorrei che qualche Inferus
vagabondante vi sbranasse.”
A questa prospettiva molti degli
studenti più giovani si precipitarono nelle carrozze trainate da enormi cani
dall’aspetto poco raccomandabile. Come spiegare la presenza di quelle bestiali
creature?
I ragazzi si gettarono nelle più
fantasiose ipotesi finché il sergente Marshal non
ristabilì l’ordine “Silenzio, prego! I Thestral sono
stati dichiarati dal preside e ministro Scrimgeour
inadatti alla nuova scuola.”
“E sentiamo, perché?”
Un vocione carico di risentimento
si levò dalle spalle di Marshal. Il sergente si
limitò a stringere gli occhi con un sogghigno: “Guardiacaccia” mormorò con
indifferenza “Non ti era stato ordinato di abbandonare i confini di Hogwarts.”
“Sissignore” rispose Rubeus Hagrid con rancore “Io e Thor
ce ne stavano giusto andando.”
Hagrid stava trascinando a fatica
un carro stracolmo di gabbie cariche di animali tra i quali Ron distinse gli
Schiodi Sparacoda e altre bestiacce del genere. Thor guaiva mentre tentava di spingere con il muso l’unico
bagaglio di Hagrid che probabilmente conteneva vestiti, la zampa sinistra del
cane era priva di pelo, probabilmente a causa di una scottatura avvenuta
durante l’incendio di tre mesi prima.
“Tutte quelle cose” disse Marshal strascicano la voce e additando le creature nelle
gabbie “Metà di quelle cose sono state dichiarate pericolose, tendenziali alla
rivolta.”
“Come?” fece Hagrid col fiato
corto, evidentemente anche per la sua possente forza il carro pieno di animali
era troppo.
Marshal
cominciò a spiegare con la stessa attitudine di chi si rivolge ad un ignorante
“In questo periodo il preside e ministro Scrimgeour
non ha tempo per dedicarsi a rivolte animalesche come quella che accadde tempo
fa in questa scuola, se non sbaglio. Non si era parlato di un Ippogriffo assassino?”
“Fierobecco
non è un assassino!” strepitò Hagrid lasciando la presa sul carro che sbatté a
terra con un botto.
“Sì, beh, sei libero di credere
quello che vuoi, ma sappi che i fatti sono altri: quell’uccellaccio avrebbe
dovuto finire arrosto e così anche i tuoi cosi qui” sogghignò Marshal e poi diede ordine a due Eclitti:
“Scaricate quella roba dal carro e procedete all’esecuzione.”
“No!” Hagrid si piazzò davanti al
carro esibendo la sua enorme mole mentre ai suoi piedi Thor
ringhiava minaccioso.
“Se diventa ostile avete il permesso
di usare le maniere forti, anzi, usatele già adesso, ho sentito dire che quel
coso è un Mezzo-gigante.”
Gli Eclitti
estrassero le bacchette in risposta al comando di Marshal
e si avvicinarono ad Hagrid con un ghigno perfido stampato in volto.
“Aspettate” intervenne uno degli
Auror, senza però abbandonare la sua posizione “Forse prima è il caso di
ragionarci e poi di attaccare.”
“Caro Auror” cominciò Marshal, seccato “C’è bisogno che ti spieghi in che grado
sono posti Eclitti e Auror sulla scala delle
autorità, o devo…?”
“No, non ce n’è bisogno” tagliò
corto l’Auror, sembrando deciso a non aprire più bocca.
Il sergente sogghignò e si
rivolse ai due Eclitti a cui aveva incaricato
l’esecuzione “Dunque?”
Una manciata di ragazzi si era
appostata tra il Mezzogigante e i suoi uomini. Erano
studenti cresciuti, probabilmente degli ultimi anni, stringevano ognuno la
propria bacchetta e non sembravano aver intenzione di scostarsi. Rimase stupito
quando riconobbe alcuni dei ragazzi che aveva ammonito poco tempo prima sul
treno. Un sorriso pericoloso gli illuminò il viso.
“Vi riconosco” iniziò Marshal con un sorriso sprezzante “Tu, tu e tu.”
Hermione, Ron e Ginny lo
guardarono a loro volta senza mostrare un’apparente reazione.
“Ci tenete davvero poco alla
vostra carriera scolastica” continuò Marshal
“Annotate, voi due” si rivolse nuovamente agli Eclitti
“Questi ragazzi saranno privati del privilegio di frequentare la scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts, a partire da ora.”
Hermione si lasciò sfuggire un
gemito di orrore.
“A chi interessa frequentare la
scuola del preside e ministro Scrimgeour”
cantilenò Ron in una smielata ma perfetta imitazione di Marshal.
“Ron!” Hermione precedette il
sergente, che lì per lì aveva avuto l’intenzione di schiantare il ragazzino coi
capelli rossi. “Cosa dici?” disse Hermione, agitata “Non possiamo permetterci
di saltare la scuola per un anno e per di più l’ultimo anno!”
“Fai come ti pare!” strepitò Ron,
rancoroso “Se ci tieni davvero così tanto al tuo M.A.G.O., allora resta in questa scuola corrotta; io resto
fedele a Silente.”
“Brutta cosa essere fedele ad un
morto” intervenne Marshal con un sogghigno “E’ così
deprimente.”
Ron levò più alta la bacchetta e
questa volta la puntò direttamente contro il sergente.
“Ron, no!” esclamò Ginny,
afferrandogli il braccio e cercando di abbassarglielo a forza “Non fare
l’idiota. Abbassa la bacchetta o finirai in guai seri.”
“Ascolta il consiglio della
bamboccia, Ron” disse Marshal con sarcasmo
“Non è saggio sfidarmi.”
“Sii superiore” sibilò Ginny al
fratello guardandolo con un’espressione supplichevole.
Marshal
scoppiò in una risata fragorosa, sinceramente divertito.
Ron abbassò la bacchetta con le
narici frementi “D’accordo, ma non gli permetterò di avvicinarsi ad Hagrid.”
“Mi dispiace deluderti ma…” Marshal fece cenno con il capo ai due Eclitti
che, approfittando delle disputa tra i ragazzi, si erano avventati contro
Hagrid.
Marshal
abbandonò il capo all’indietro, ghignando apertamente, mentre Ron, Ginny ed
Hermione si gettavano contro gli Eclitti in soccorso
di Hagrid.
D’improvviso la risata di Marshal si bloccò e la bacchetta iniziò a tremargli tra le
dita. Anche gli Eclitti si bloccarono, insospettiti
dal repentino cambiamento del sergente. Seguirono il suo sguardo tremante fino
a scorgere un’ombra annidata sopra una roccia. La figura era confusa, la notte
era troppo oscura e nebbiosa, il silenzio troppo opprimente. Perfino i più
rumorosi tra gli studenti che avevano assistito allo scontro contro Marshal proferendo commenti a destra e a manca ora stavano
completamente immobili e muti, intenti a scrutare l’ombra, cercando di
identificarne una figura conosciuta.
Marshal
prese a fremere più forte quando un vento possente diradò in parte la nebbia e
permise ad alcuni raggi di luna di penetrare nella foschia. Ron levò lo sguardo
verso il punto da cui sembrava provenire la luce: l’immagine di un cerchio
segmentato giallo veniva distorto dalla nebbia.
“Ma?” cominciò Ron esitante,
infrangendo il silenzio e osservando il tondo luminoso “C’è la luna piena?”
Un potente boato si levò
nell’aria, quasi in risposta a Ron. L’ombra sulla collina si precipitò lungo le
rocce frastagliate, diretto a tutta velocità verso la piattaforma. Gli Auror si
fecero avanti formando una sorta di barriera. Gli Eclitti
fissarono Marshal in attesa di ordini, ma il sergente
pareva disorientato e assolutamente sconvolto: il viso pallido grondava di
sudore e gli occhi sbarrati tremavano mentre seguivano l’ombra avvicinarsi.
Lungo lo scudo creato magicamente
dagli Auror si propagò una scossa tale da far tremare le loro bacchette.
L’ombra aveva sbattuto contro lo scudo e nel breve lampo di luce che ne era
seguito, era parsa evidente a tutti l’identità del misterioso aggressore: un
lupo Mannaro.
Molti dei ragazzi presero ad
urlare mentre si accalcavano l’uno contro l’altro tentando di salire a bordo
delle carrozze.
Altre ombre stavano scendendo
dalla collina per schiantarsi contro lo scudo che si andava indebolendo sempre
più.
Alcuni Eclitti
presero l’iniziativa senza aspettare un comando dal sergente e liberarono i
grossi cani legati alle carrozze. Le grosse creature pelose si gettarono contro
i lupi Mannari infrangendo definitivamente lo scudo protettivo creato dagli
Auror.
Le urla degli studenti sovrastavano
l’improvvisato campo di battaglia dove cani enormi e mostruosi tentavano di
respingere a morsi e artigliate i lupi che ringhiavano sempre più minacciosi,
chiamando all’appello compagni branco. Ma vi era un’inequità
numerica tra cani e lupi, a vantaggio di questi ultimi che riuscirono ad
aprirsi un varco e a raggiungere la piattaforma.
Auror e Eclitti
si fecero avanti limitandosi a respingere i lupi con schiantesimi
o creando delle barriere. Affrontare dei lupi Mannari era un’impresa poco
gradita ai combattenti, non solo per la paura che incutevano gli occhi lupeschi
iniettati di sangue e cattiveria, ma anche per il timore di venir contagiati e
quindi intraprendere una vita segnata per sempre da dolorose trasformazioni ed
inaspettati cambiamenti d’umore.
Anche i due Eclitti
a fianco di Hagrid si erano gettati nella mischia per spalleggiare i compagni;
il sergente Marshal era completamente pietrificato.
Ginny, Ron ed Hermione
trascinarono Hagrid lontano mentre questo tentava di risollevare il carro.
“Lascia perdere, Hagrid!” gridò
Ron aggrappandosi al braccione dell’ex-guardiacaccia,
senza riuscire a muoverlo di un millimetro “Qui sei troppo a rischio, finirai
per farti prendere da un lupo Mannaro!”
“I lupi Mannari li so affrontare
e poi…”
Hagrid riuscì a stento a
terminare la frase quando un enorme lupo gli si gettò addosso a fauci aperte.
Hagrid sollevò un bastone e con un potente movimento che fece addirittura
diradare parte della nebbia, colpì la bestia sul muso. Il lupo ricadde a terra
guaendo, ma continuò a mostrare intimidatorio i denti del muso insanguinato.
Ron aiutò a spingere il carro
mentre Hagrid lo trascinava e Ginny ed Hermione intimavano loro di fare alla
svelta. Il carro salì sulla piattaforma e si posizionò oltre la barriera protettiva
degli Auror.
Ron notò con piacere che i lupi
si trovavano in netta difficoltà. Ginny invece, scura in volto, si accostò al
sergente Marshal che ancora fissava la battaglia con
occhi carichi di disperazione.
“Insomma!” esclamò la ragazza
“Faccia qualcosa. Non è forse uno dei più validi Eclitti
del Ministero?”
John Marshal
si voltò lentamente verso Ginny e boccheggiò un paio di volte, prima di
riuscire a trovare le parole giuste “Non… non contro quelle bestie…”
“Ahhh, ahhh!”
La risata più orripilante che si
potesse immaginare sfuggì ad uno dei lupi, il più grande e minaccioso di tutti.
“Marshal,
ti ho già visto?”
Il sergente Eclitto
ansimò pesantemente, lasciandosi sfuggire la bacchetta dalle dita, e fissò
assolutamente sconvolto il lupo Mannaro che gli aveva appena parlato. Anche
Ginny sembrava totalmente incredula e pareva che solo loro due avessero sentito
la voce del lupo, a causa del frastuono creato dai ragazzi terrorizzati.
“Ci si vedrà nelle notti di luna
piena.” La sua voce non era umana. Si udiva un inconfondibile ringhio che
accompagnava ogni sua parola e che rendeva quel suono osceno e spaventoso.
Il lupo, forse il capobranco, lanciò un potente ululato stridulo e i suoi
compagni si ritirarono seguendolo nella boscaglia, nel profondo della nebbia.
“Si stanno ritirando” gridò
trionfante uno degli Eclitti.
Gli Auror mormorarono un contro
incantesimo facendo sparire le barriere magiche. Alcuni degli Eclitti richiamarono con un fischietto gli enormi cani che
si fecero imbrigliare da questi alle carrozze, mantenendo un’attitudine
mansueta. Le urla dei ragazzi si andarono affievolendo finché non restarono
altro che deboli singhiozzi e mormorii lievemente spaventati.
Hermione e Ron furono al fianco
di Ginny in breve tempo. Ron osservò con apprensione il viso disorientato della
sorella “Ginny, va tutto bene?”
“Ho appena sentito parlare un
lupo Mannaro” rispose Ginny semplicemente, tuttavia incerta delle parole che
pronunciava.
“Chiaro” disse Ron calmo, mentre
uno dei suoi sopraccigli rossi si alzava inconsciamente.
“Non sono pazza, Ron” strepitò
Ginny “Lo ha sentito anche il sergente Marshal.”
A quelle parole Marshal riprese il controllo e la sua espressione sconvolta
diede passo ad una carica di determinazione.
“Ora muovetevi, mocciosi” ordinò
con voce decisa “Voglio vedervi tutti al centro della piattaforma” gridò agli
studenti, tentando di apparire imperioso, ma tuttavia il suo viso era imperlato
di sudore freddo.
I ragazzi, ancora storditi,
fecero come ordinato senza protestare. Gli Auror e gli Eclitti
ripresero le loro postazione nell’udire la voce del sergente.
“Statemi bene a sentire, tutti”
sibilò Marshal facendo scorrere lo sguardo anche
sugli Auror “Non dovete minimamente fare accenno a questo attacco, chiaro? Non
voglio che genitori sconvolti vengano qui a criticare le difese della nuova
scuola. Oblieremo a questo piccolo inconveniente tenendo tutti la bocca chiusa,
sono stato chiaro?”
Forse a causa del recente shock,
o forse per lo sguardo minaccioso di Marschal, gli
studenti acconsentirono senza fiatare.
Hermione si trattenne a stento
dall’intervenire, stringendo convulsamente le mani. John Marshal
se ne accorse.
“C’è qualcosa che vorresti dirmi
ragazzina. Se è così deduco che hai poca voglia di frequentare la scuola,
quest’anno.”
“No…” cominciò Hermione con la
voce che le tremava “Non ho niente da dire.”
Marshal
ghignò, compiaciuto. Ron ringhiò sommessamente e sollevò il capo deciso verso Marshal mentre questo lo fissava di rimando attendendo con
impazienza che il ragazzo commettesse qualche atto che lo avrebbe autorizzato a
farlo sbattere fuori dalla scuola.
“Ron” mugugnò Hermione, sfiorando
appena il braccio del rosso.
Ron rilassò il viso e volse le
spalle a Marshal che parve scontento dalla reazione
del ragazzo.
“Salite sulle carrozze, anche
quelli del primo anno” ordinò un Auror, facendo smuovere la folla di ragazzini
ammassati in un angolo della piattaforma.
Neville fece segno ai tre amici
di raggiungerlo su una carrozza occupata anche da Luna Lovegood.
“Che roba quel Marshal” commentò Neville, evitando accuratamente di
fissare Ginny “E’ anche peggio della Umbridge.”
“Concordo” sospirò Ron “E io che
mi ero illuso che quest’anno non ci sarebbe stato nessuno scocciatore a
Hogwarts, con Malfoy e Piton fuori gioco.”
“Come hai potuto crederlo, Ron”
intervenne Hermione, mentre la carrozza cominciava a muoversi “La scuola ora è
sotto il controllo di Scrimgeour.”
*^*^*^*^*
Le carrozze trainate dagli enormi
cani avanzarono in fila lungo la strada per Hogwarts, costeggiata da
un’interminabile schiera di Auror alternati a Eclitti.
Ron tirò un sospiro scocciato quando venne severamente ammonito per essersi
sporto troppo dal finestrino della carrozza.
“Ma sono pazzi! Mi ero sporto
pochissimo! Mi sembra di stare a casa, anzi, forse mamma è anche più magnanima
quando mi rimprovera.”
“Al terzo anno avevamo i
Dissennatori, al quinto la Umbridge, l’anno scorso Auror e quest’anno Auror e Eclitti. E’ chiaro che ci vogliono tenere d’occhio”
commentò Ginny seccamente “E quel Marshal, per
fortuna che si limiterà a fare la guardia, non sopporterei l’idea di vederlo
per più di un minuto al giorno.”
“Concordo, è davvero un
seccatore” confermò Neville, arrossendo vistosamente quando Ginny gli sorrise.
“Tutte queste protezioni sono
ovvie, il Ministero non si può permettere errori ora che Silente non c’è più”
cominciò Luna Lovegood cupa, guadagnandosi l’attenzione di tutti nella carrozza
“Prima quel Marshal ci ha imposto il silenzio stampa,
beh, io non tacerò, non mi importa se verrò sbattuta fuori dalla scuola, tanto
che senso ha diplomarsi per poi finire ammazzati dai Mangiamorte?”
Cadde un silenzio carico di
tensione. Hermione rigirava i pollici nervosa mentre fissava comprensiva il
volto deciso di Luna.
Le carrozze si fermarono sferragliando
sulla ghiaia accanto al portone di Hogwarts. I cinque ragazzi scesero in
silenzio, istantaneamente immersi nella nebbia. Hermione sobbalzò intravedendo
centinaia di figure schierati nella foschia: se gli Auror e gli Eclitti appostati alla fermata dell’Espresso di Hogwarts le
erano parsi troppi, il numero di guardie nei giardini della scuola, armate come
se fossero in procinto di cominciare una battaglia, era semplicemente
inconcepibile.
Gli studenti avanzarono sempre
più spaesati tra gli Eclittiche li intimavano di proseguire in silenzio e
mantenendo un’andatura veloce per non rischiare di rimanere vittime di qualche
Mannaro o Inferus.
“Ma sono veramente pazzi”
bisbigliò Hermione a Ginny “Dire delle cose del genere a degli studenti del
primo anno. Finiranno per farli morire di paura.”
“Già” annuì Ginny “Mi domando se
non sia proprio questo il loro scopo.”
La ragazza si bloccò quando la
raggiunse una voce odiosamente famigliare.
“Ehi, Weasley! Vuoi già farti
odiare dai capi della scuola” squittì Pansy Parknson
mentre si faceva largo tra la folla grazie al possente aiuto di Tiger “Peccato
che Draco non sia qui, gli sarebbe piaciuto vedere quel Mezzogigante
cacciato dalla scuola.”
Ginny strinse i denti, pronta a
risponderle di tutto punto, ma un’altra voce, parimenti odiosa e famigliare, la
precedette:
“Ho detto di non parlare a voce alta” intervenne Marshal saccentemente, rivolto a Pansy “Ah, e se ti
riferivi a Draco Malfoy, l’attentatore dell’ex-preside di questa scuola, anche
a me dispiace che non sia qui.”
Pansy sbatté le palpebre,
confusa.
“Sai” continuò Marshal sogghignando “Mi sarebbe proprio piaciuto sbatterlo
ad Azkaban col paparino, peccato che anche lui sia
scappato. Ora il Ministro Scrimgeour ha ordinato
tassativamente di uccidere i Mangiamorte a vista, senza badare al sesso e all’età.
Quindi se vedi il tuo amico Draco, fammelo sapere, ci penso io a farlo
divertire come di deve.”
“La prima cosa buona che abbia
detto Marshal” convenne Ron, mentre osservava il
sergente Eclitto andarsene stizzosamente.
“Direi di no, Ron” ribatté
Hermione “Anche se si tratta di Malfoy non dovremo volerlo morto.”
Ron alzò un sopracciglio “Perché
no?”
“E’ ovvio” disse Hermione “Si
comincia con delle marachelle infantili a scuola e si finisce ad ammazzarsi su
un campo di battaglia.”
“Giusto” convenne Ginny “La
dimostrazione più lampante è l’odio di Piton verso il padre di Harry e Sirius;
hanno cominciato a scuola e guarda adesso com’è andata a finire.”
“Mi arrendo” disse Ron “Siete più
sagge voi.”
“E’ naturale, siamo ragazze”
ribatté Ginny sorridente. Hermione, invece, si limitò ad arrossire.
“Dentro, dentro” li interruppe un
Eclitto spingendoli letteralmente dentro la scuola,
oltre il portone della Sala Grande.
Il portone di legno si aprì
cigolando e Ginny riuscì a constatare di prima persona i cambiamenti che aveva
portato Scrimgeour alla scuola.
Nella Sala Grande, i quattro
enormi tavoli delle Case che solitamente ingombravano tutto l’ambiente erano
scomparsi per dare posto a dei tavolini da cinque posti sparsi a macchia nella
sala. Le candele galleggianti a mezz’aria erano anch’esse sparite e il
soffitto, una volta incantato, rifletteva solo delle convenzionali tavole di
legno. Lo stendardo della scuola, pendente sopra la tavola dei professori, era
stato rimpiazzato dall’effige del Ministero e, sparsi qua e là, dove invece
avrebbero dovuto esserci gli stemmi della varie Case, drappi d’argento e oro
recavano il simbolo degli Eclitti, nonché l’effige
della casata di Rufus Scrimgeour. E, infatti, il Ministro
stesso se ne stava comodamente seduto al tavolo dei professori in posizione
centrale, là dove un tempo risplendeva la magica figura di Albus Silente,
assolutamente non comparabile al rozzo combattente, capo degli Auror e degli Eclitti, che si vantava boriosamente della nuova carica
conquistata.
Minerva McGranitt, nel ruolo di
vice-preside, se ne stava sommessamente seduta al fianco di Scrimgeour;
pareva che avesse perso la sua singolare determinazione e loquacità. Anche gli
altri professori sembravano a disagio e fuori posto accanto al Ministro che
discuteva animatamente con l’odiato John Marshal.
“Ovviamente non ci sarà alcuno
Smistamento. Prendete posto ai tavoli, immediatamente.” Ordinò l’Eclitto che li aveva spintonati senza troppi complimenti
nella sala.
“A quali?” domandò Ron, perplesso
nel constatare il nuovo arredamento della Sala Grande.
“Uno qualsiasi” rispose quello
acido “E’ preferibile se ad un tavolo ci siano studenti assortiti delle
ex-case.”
“Giusto” asserì un altro Eclitto “Non vogliamo vedere i soliti gruppetti. Vedete di
comportarvi da maturi e fate meno gli asociali.”
Ginny avanzò nelle sala sempre
più innervosita “Se c’è qualcuno che dovrebbe comportarsi in modo maturo…” e
levò lo sguardo verso il Ministro che rideva sguaiatamente accompagnato da John
Marshal, che sghignazzava altrettanto disinibito “…
sono quei due.”
Ignorando bellamente le prediche
degli Eclitti, Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna
si sedettero ad un unico tavolo.
“Beh, almeno c’è Luna che è, cioè
che era di Corvonero” puntualizzò Hermione, sospirando “Non dovrebbero avere da
obiettare.”
“Oh, certo. Ora sono utile”
ribatté Luna, amaramente “Ma non conterei troppo sulla mia presenza. Ho
intenzione di fare uno scoop il prima possibile, il titolo “La dittatura di
Rufus Scrimgeour è arrivata oltre le mura di Hogwarts”
e come sottotitolo “Rufus Scrimgeour, probabile
orditore dell’assassinio di Albus Silente in complotto con Voldemort?”
Hermione rimase senza fiato,
guardandosi intorno nervosamente, ma per fortuna nessuno degli Eclitti sembrava aver sentito niente.
“Così ora anche tu lo chiami per
nome” disse Ginny con la voce impastata.
“Proprio così” esclamò Luna,
andando fuori controllo “E non capisco perché non si debba fare, ne ho piene le
tasche di questo regime del terrore… anzi sai che ti dico: Voldemort!”
Un nevralgico silenzio crollò nella Sala Grande. Alcuni
studenti che si stavano apprestando a consumare il banchetto ai tavoli, si
erano bloccati con la forchetta a mezz’aria. Scrimgeour,
dal tavolo degli insegnanti ridusse gli occhi a due fessure, si alzò in piedi e
proclamò:
“Questa scuola, ora sotto le
direttive del Ministero, non ammetterà mai un simile comportamento” additò Luna
come a volerla martirizzare “Fuori dalla mia scuola!”
“Non vedevo l’ora!” strepitò Luna
con stizza.
Ginny rimase pietrificata al
tavolo ed osservò l’amica varcare il portone principale scortata da due Eclitti. Quando i due pesanti cardini batterono contro il
pavimento di pietra, Ginny si alzò in piedi sbattendo le mani sul tavolo.
“Ginny” la supplicarono Ron ed
Hermione, mentre John Marshal si avvicinava al loro
tavolo, gongolante.
“Vuoi seguirla” disse pungente
“Nessun problema, provvediamo subito” schioccò le dita e due Eclitti si avvicinarono.
“No” gridò Ron “E’ solo
arrabbiata ma non vuole lasciare la scuola.”
“Hai ragione, Ron” gemette Ginny
“L’ho promesso ad Harry, che avrei frequentato la scuola anche per lui.”
La giovane Weasley si risedette
al tavolo facendo sbattere la sedia contro il pavimento.
“Calma, calma” cominciò Marshal col solito ghigno “Ho l’impressione che qui
qualcuno sia un po’ troppo ribelle. Peccato non ci siano più le clessidre per
togliere punti… ma si può sempre rimediare: in piedi!” ordinò il sergente.
Ginny si alzò tremante. Ron era
trattenuto a viva forza da Hermione che lo implorava con lo sguardo di non
commettere gesti avventati.
“Ci piacerebbe vedere gli
studenti meno frazionati in piccoli gruppetti e a me pare che qui siate solo
ex-Grifondoro.”
“Chi gliel’ha detto?” chiese
Ginny, scura in volto.
“Voci di corridoio” sghignazzò Marshal.
Ad un tavolo vicino un gruppetto
di ex-Serpeverde sogghignava apertamente. Con enorme sorpresa di Ginny tra di
loro non c’era Pansy Parkinson che invece era seduta qualche tavolo più in là a
fissare con sguardo pieno di rancore John Marshal.
“Quindi” proseguì il sergente “E’
meglio se ti troviamo una collocazione migliore, direi…” si guardò in giro,
soffermandosi al tavolo di Pansy Parkinson “Mi è sembrato di capire che tu e
quella ragazzina andiate particolarmente d’accordo, quindi, vai.”
Ginny si avviò fremente verso il tavolo occupato da una
delle sue più acerrime nemiche. Si sedette senza proferire parola, sotto lo
sguardo disgustato degli ex-Serpeverde al tavolo. Ginny li osservò di
sottecchi: si trattava di Tiger, Nott, MillicentBulstrode, BlaiseZabini e naturalmente Pansy Parkinson. Ingoiò
saliva a vuoto e cominciò a consumare il suo pasto, domandandosi poco dopo il
motivo per il quale Gregory Goyle si trovasse ad un
altro tavolo e fissasse il loro con disprezzo; Ginny era sicura che quello
sguardo avverso non era riservato a lei.
Che cos’era successo ai
Serpeverde? Ora non si sopportavano neanche tra di loro? Ecco cos’aveva portato
il proposito di concordanza di Rufus Scrimgeour.
*^*^*^*^*
La vergogna di essere stato umiliato pubblicamente si era
trasformata in rancore e rabbia. Davanti alla cella numero 18, attendeva con
ansia che il Mangiamorte terminasse di sbloccare la serratura magicamente
sigillata per potersi sfogare con la prigioniera.
“Ecco fatto” disse il
Mangiamorte, rivolgendosi poi a Draco “E vedi di non ucciderla, devi solo
interrogarla.”
Draco fece una smorfia scettica
“Non capisco perché mi dovrei trattenere con una prigioniera, tanto prima o poi
verrà uccisa, giusto?”
“E’ vero, ma l’esecuzione va
posticipata; prima sono necessarie le informazioni dell’altro prigioniero.”
“Capisco.”
Draco entrò nella prigione dalla
quale non penetrava un minimo raggio di luce. Fece un passo avanti e delle
torce si accesero a comando, illuminando l’ambiente.
Il ragazzo non tardò a
riconoscere il volto della donna fremente, accasciata in un angolo: aveva le
sembianze di un rospo pallido e grosso che dondolava incontrollabilmente
riversa sul muro. Draco si scoprì del tutto indifferente alle suppliche della
donna.
“Non uccidermi” continuava a
balbettare, tremando vistosamente.
“Non ti ucciderò, non mi hanno
dato il permesso.”
Dolores Umbridge levò i grandi
occhi sporgenti sul Mangiamorte, incuriosita dalla sua voce.
“Tu…” prese a mormorare la donna
“Non sarai per caso…?”
Draco si sfilò la maschera e
nelle stanza si diffuso l’eco del singhiozzo della Umbridge “Tu! E pensare che
ti avevo fatto diventare capo della mia squadra di Inquisizione!”
“Mi servono delle informazioni”
sibilò Draco come se la donna non avesse proferito parola “E per ottenerle sono
autorizzato ad utilizzare tutti i metodi possibili, quindi sta ha lei decidere
come comportarsi.”
La Umbridge tentò di infossarsi
contro il muro, il più lontano possibile dal giovane Mangiamorte “Non avrei mai
pensato che saresti diventato Mangiamorte e pensare che sostenevi il Ministero
della Magia! E anche tuo padre…!”
Il collo corto e flaccido della
donna si contrasse spasmodicamente, costringendola a restare in silenzio. Draco
ritrasse la bacchetta con un ghigno aspro “Non nomini mai più mio padre e se ci
tiene alla sua integrità fisica farà meglio a darmi le informazioni che voglio.
Cosa sa degli accessi ad Hogwarts?” chiese, puntando nuovamente la bacchetta
contro la donna.
La Umbridge si ritrasse con gli
occhi tondi lacrimosi “Va bene, ti dico tutto, ma abbassa la bacchetta,
ragazzo” gracchiò esasperatamente “Non commettere atti impulsivi.”
Una robusta fattura sbatté la
donna contro il muro di pietra “Non mi dica cosa devo fare” mugugnò Draco con
voce mortifera.
La Umbridge prese a tremare più
violentemente “Calmo, calmo. Ti dico tutto. Ci sono dei passaggi segreti che
conducono a Hogwarts.”
Un largo sogghigno comparve sul
volto di Draco “Bene, proceda ad elencarmeli.”
“Ma perché li vuoi conoscere?”
chiese la Umbridge con voce impastata “Non avrete intenzione di attaccare la
scuola!”
La donna fu nuovamente colpita da
un incantesimo. Draco levò più alta la bacchetta mentre l’eco delle voci che lo
avevano deriso lo caricavano di rabbia. Scagliò nuovamente una maledizione
contro la Umbridge che scivolò contro la parete per rovinare a terra.
“Alzati” le ordinò Draco con
violenza. La collera non gli era passata del tutto, aveva bisogno di un
diversivo per sfogarsi “Alzati se non vuoi che usi il Cruciatus.”
All’ultima parola la Umbridge si
rizzò in piedi con le gambe grassocce traballanti “Ora ti dico tutto” mormorò
con affanno “Quando ero diventata preside avevo trovato una pianta degli
accessi alla scuola nell’ufficio di Silente. C’è una strada che passa da Zonko
a Hogsmeade, fino all’interno della scuola. Un’altra dalla Stamberga Strillante
fin sotto il Platano Picchiatore; non mi ricordo altro, lo giuro…”
“Direi che per ora basta; credi
che qualcun altro sappia di questi passaggi?”
“No, ho dovuto eseguire un
incantesimo di rivelazione per scoprire quella piantina; credo lo sapesse solo
Silente.”
“Ma ora lui non c’è più”
sogghignò Draco “E un’altra cosa: che informazioni hai sull’altro prigioniero?”
“Lui” cominciò la Umbridge, esitante
“Non so di preciso chi sia, ma il ministro Scrimgeour
ci teneva davvero tanto, ha messo a sorvegliarlo metà dipartimento di difesa
magica; voleva un consulto con lui. Ho sentito dire che è arrivato fin qui
dall’Asia.”
“Diventi straordinariamente collaborativa
e umile quando si usa la violenza per minacciarti; vedrò di riferirlo anche
agli altri Mangiamorte.”
Con un ultimo movimento della
bacchetta la Umbridge si ritrovò accasciata a terra, colta da improvvisi
brividi di panico.
“Tranquilla, per oggi ho finito”
disse Draco con un ghigno, prima di uscire dalla cella.
Prese a camminare lungo i
sotterranei stringendo nervosamente la bacchetta tra le dita. Per quanto avesse
tentato di sfogare la sua frustrazione contro la prigioniera, la soddisfazione
era durata ben poco.
Draco sentì il cigolio di una
porta che si chiudeva e senza pensarci due volte, appena riconobbe la figura
ritta a fianco di una cella, si inginocchiò rispettosamente.
“Mio signore, ho interrogato la
prigioniera e ho ottenuto le informazioni che voleva.”
“Ottimo lavoro; tra un po’ ti
convocherò nella Sala Regia” rispose frettolosamente Lord Voldemort.
Draco alzò lo sguardo e osservò
di sfuggita il volto cereo del Signore Oscuro prima che si voltasse, procedendo
lungo i sotterranei con passi nervosi e affrettati.
Il Mangiamorte rimase interdetto;
abituato alla fredda impassibilità del suo signore non si era aspettato di
cogliere un accenno di agitazione e, possibile?, paura sul suo viso pallido.
Draco osservò incuriosito la cella dalla quale il Signore Oscuro era appena
uscito; doveva essere quella del prigioniero misterioso.
Il ragazzo vi si avvicinò finché
una voce profonda ed incredibilmente penetrante si levò dall’oscurità della
prigione:
“Ragazzo, non temere un essere
tanto vile.”
Draco sussultò e si sentì
sfuggire dalle labbra una voce tanto fievole che non gli parve sua: “Chi sei
tu?”
Il ragazzo sentì un fruscio di
stoffe nella cella e dei passi leggeri che si approssimavano “Sono colui che
vede il futuro.”
Draco indietreggiò scorgendo il
profilo del prigioniero stagliarsi contro le sbarre della cella “Sei un
profeta?”
Gli sembrò di percepire un vago
accenno di sorriso “No, sono un oracolo; non percepisco il futuro corrotto
dalle scelte, solo quello piegato dal destino.”
*^*^*^*^*
Il primo giorno di scuola si
concluse nei peggiori dei modi. Ora che non c’era più la divisione tra le Case,
anche i dormitori avevano terminato per unificarsi in un unico settore di
Hogwarts. La posizione delle sale comuni era stata rivelata apertamente e Scrimgeour aveva imposto il divieto di accedervi dato che
erano ancora in corso i lavori di smantellamento per dare posto agli alloggi
degli Eclitti e degli Auror.
Ginny aveva terminato il suo
pasto in silenzio alla tavola di Pansy Parkinson. Nessun discorso di
incoraggiamento era stato proferito dal preside Scrimgeour,
convito così com’era di essere perfettamente degno della sua carica. Ma la
parte più agghiacciante della serata era stata la nomina dei professori.
“… per Storia della Magia, Aritmazia,
Trasfigurazione e Pozioni i professori dell’anno precedente.”
Ascoltò Ron distrattamente mentre
osservava di sottecchi Lumacorno che pareva più pallido di uno spettro alla
sinistra della McGranitt.
“E il ministro e preside Rufus Scrimgeour ha ritenuto opportuno ridimensionare il quadro
delle materie. Per primo sono state sospese le lezioni di Volo per evidenti
ragioni climatiche e di sicurezza.”
Un timido dissenso si udì nella
Sala ma fu subito placato dall’avanzata di Marshal
tra i tavoli.
“E inoltre” continuò l’Eclitto “Saranno sospese tassativamente le lezioni di Cura
delle Creature Magiche e di Divinazione.” Qui nessuno ebbe da obbiettare.
“Infine, per i motivi che ho già
esposto, il ministro e preside ha ritenuto opportuno annullare il campionato di
Quidditch” una violenta protesta si levò dai tavoli, ma l’Eclitto
la ignorò “per garantire la vostra sicurezza è inoltre vietata qualsiasi gita
fuori dai confini di Hogwarts, il che comprende le gite a Hogsmeade. E per le
vacanze natalizie il Ministero e la scuola non si fanno carico della protezione
degli studenti per il viaggio di andata e ritorno, quindi è consigliabile che
permaniate a scuola durante tutto l’anno. Grazie.”
Alcuni studenti più anziani si
levarono dai tavoli e cominciarono a protestare a viva voce. In quella
confusione Ron, Hermione e Neville che erano rimasti allo stesso tavolo,
presero a discutere animatamente.
“Quello schifoso di uno Scrimgeour” strepitò Ron “Non può obbligarci a stare chiusi
dentro questa scuola, non siamo mica ad Azkaban.”
“Ma a quanto ho capito lo fa per
la nostra sicurezza” commentò Neville, esitante.
“Ma quale sicurezza?” ribatté
Hermione “Vuole solo fare bella figura davanti al mondo magico, per mostrare di
essere degno della carica di Ministro e di preside. Un Auror in cerca di gloria
è l’ultima persona che sarebbe in grado di proteggerci e di debellare i
Mangiamorte; direi che era meglio Caramell. Almeno
con lui le fazioni erano meno frammentate.”
“Vero” convenne Ron, in tono
combattivo “Qui tra Eclitti, Auror, Ordine della
Fenice, combattenti solitari non riusciremo mai a battere i Mangiamorte.”
“Silenzio!” urlò Marshal a voce
così alta da far sobbalzare tutti i ragazzi “Dunque” continuò più lievemente e
ostentando una falsa dolcezza “Ho altre belle notizie per voi. Avrete notato,
senza dubbio, che nell’esposizione precedente è stata tralasciata la materia di
Difesa contro le Arti Oscure, ma… ebbene, d’ora in avanti tale materia è
annullata e sostituita dalla seguente: Autodifesa ministeriale. E’ una sorta di
perfezionamento della materia precedente con aggiunte opportune concordate da
me e dal preside e ministro Rufus Scrimgeour” Marshal lanciò un’occhiata d’intesa al capo degli Eclitti “Per Autodifesa ministeriale non occorrono libri
dato che si insegna già dal principio ad utilizzare la bacchetta esclusivamente
nel senso pratico e tattico; anche per quelli del primo anno. E, un’avvertenza
per quelli del settimo” insinuò Marshal ghignante “Se
non si supera il test finale di Autodifesa ministeriale che costituisce una
prova d’eccellenza per i M.A.G.O., non è possibile
diplomarsi anche se la media degli altri voti rasenta la perfezione.”
Hermione si passò una mano sul
viso “Non riesco a crederci.”
“Peggio di così non potrebbe
andare” commentò Ron, cupamente.
“E, dimenticavo” aggiunse Marshal con un sorriso ancora più ampio del precedente “Il
nuovo insegnante di Autodifesa ministeriale sarò io.”
Molti degli studenti
sprofondarono sulle proprie sedie, perdendosi in una muta contemplazione dei
piatti carichi di cibo. Ginny fece rigirare la forchetta tra le dita, fissando
con astio Marshal che si accomodava accanto a Scrimgeour e poi Pansy Parkinson che discuteva animatamente
con Blaise Zabini.
“Mi è passata la fame” borbottò,
abbandonandosi sulla sedia e fissando distrattamente il tavolo dei professori.
Horace
Lumacorno aveva trascorso la serata tentando di attaccare discorso col
Ministro, ma, a quanto pareva, il sergente Marshal
non intendeva cedere il passo di pupillo del preside. Il professore di Pozioni
si era rassegnato ad un lungo silenzio, accompagnato dagli altri professori,
rimasti tranquilli e apatici durante tutta la serata. Ai tavoli i ragazzi si
premuravano di non fare troppo rumore e se qualche spavaldo studente del
settimo si azzardava a modulare la voce in modo che risultasse più forte di un
sussurro, John Marshal provvedeva diligentemente alla
martirizzazione del ragazzo in pubblico.
Terminata la cena, la Sala Grande
si svuotò in un lampo. Ginny venne condotta col suo nuovo gruppo di compagni
nella zona riposo di Hogwarts, che venne ribattezzata “Dormitorio Comune” e che
era unicamente divisa in reparto maschile e femminile. In ogni stanza privata
vi erano quattro letti e Ginny si ritrovò, quasi senza stupirsene, a dividere
la camera con Pansy Parkinson, MillicentBuldstrode e Daphne Greengrass.
Trovò i suoi bagagli ai piedi del
letto dalle coperte grigio spento. Dopo essersi cambiata rapidamente si infilò
sotto le lenzuola, sprofondando la faccia contro il cuscino. Ginny desiderò con
tutto il cuore di addormentarsi il più velocemente possibile, uditi di sfuggita
i sospiri di Pansy nel sonno: “Draco…”
Il secondo giorno fu, se
possibile, ancora più disastroso. Ginny terminò la colazione in totale apatia.
Mentre era costretta a subire le sfrecciatine di Pansy Parkinson, verso la
quale si scoprì impermeabile agli insulti, lanciava qualche occhiata al tavolo
di suo fratello, Hermione e Neville che le rispondevano con entusiasmo e
rassicurazione. Ma John Marshal, col suo continuo
pellegrinare tra i tavoli, non tardò a scoprire l’intesa con i suoi amici. Era
intenzionato ad isolarla completamente da contatti amichevoli, così si premurò
di separare drasticamente Ron, Hermione e Neville che furono smistatiti in
gruppi dai membri assortiti.
Neville finì in un gruppo di sole
ragazze, tutte spocchiose e altamente infastidite dalla presenza di un ragazzo
che non sostenesse i loro standard di bellezza. Ron fu costretto a sopportare i
continui sfoghi di disperazione di tre ragazzini ex-Tassorosso che avevano
riconosciuto in lui il braccio destro dell’eroe Harry Potter.
“Forse tu ci potresti aiutare.
Dopo l’attacco alla stazione di Hogwarts siamo tutti terrorizzati.”
“Già, sei Ronald Weasley e hai
aiutato il tuo amico Harry Potter al Ministero e in un sacco di altre cose.”
“Aiutaci.”
Ron ascoltava in silenzio mentre
sbuffava in continuazione, tentando di far comprendere ai ragazzini la sua
totale indisponibilità come guardia del corpo. Pensò distrattamente che solo
qualche anno prima avrebbe trovato soddisfacenti quelle richieste d’aiuto che
lo idolatrizzavano come un eroe. Non poté fare a meno
di pensare ad Harry e di quanto fossero infondate tutte quegli attacchi di
invidia verso l’amico e la sua celeberrima fama di Prescelto.
John Marshal
sogghignava soddisfatto a fianco di Scrimgeour,
convinto di essere riuscito a disporre il gruppo di ragazzi ribelli nel clima
più disagiato possibile. Ad Hermione bastò un rapido esame ai volti che la
circondavano alla tavola per capire che Marshal aveva
raggiunto il suo scopo. Tutti i ragazzi erano ex-Serpeverde ad eccezione di
uno, CormacMcLaggen.
Hermione ingoiò un gemito di orrore non appena lo riconobbe al tavolo con un
sorriso malizioso stampato sul viso.
“Bene, Hermione. Pare che d’ora
in poi staremo più vicini che negli anni passati. Chissà che non nasca
un’intesa speciale.”
Uno degli ex-Serpeverde fece una
faccia assolutamente disgustata mentre il compagno al suo fianco faceva finta
di vomitare nel piatto, bisbigliando. “Con una mezzosangue, bleah.”
McLaggen
si prodigò nella difesa di Hermione aggredendo i due ragazzi con la sua
energica mole. Hermione e l’altro ex-Serpeverde fissavano la scena con un misto
di orrore e sdegno: Cormac aveva la stazza di un
elefante tarchiato ed era al suo settimo anno mentre i due ragazzini
allampanati su cui tiranneggiava raggiungevano al massimo il terzo anno.
Marshal
si avvicinò al loro tavolo per giudicare la situazione e, senza nessun
preavviso, scaraventò McLaggen a tre metri di
distanza con una potente fattura.
“Niente comportamenti del genere
in questa scuola. Punizione” sibilò Marshal
strattonando McLaggen per la manica della tunica.
Cormac
si rimise a fatica in piedi e fissò il sergente Eclitto
dritto negli occhi dall’alto del suo metro e ottantacinque “Se lo meritavano,
hanno offeso Hermione, l’hanno chiamata mezzosangue.”
Marshal
non accenno a nessun genere di reazione, si limitò a voltarsi all’indirizzo di
Hermione.
“Dunque è quello il suo nome.
Beh, se i suoi genitori sono Babbani non vedo dove stia il problema, hanno
semplicemente confermato la realtà.”
“Mezzosangue è un insulto”
ringhiò McLaggen.
Ora tutta la sala li fissava
taciturna, attendendosi una magistrale sfuriata da parte del sergente. Hermione
guardava McLaggen esterrefatta.
“Pf… Ne
conosco di peggiori” ribatté secco il sergente “Però forse è il caso che cambi
gruppo.”
Hermione sospirò dalla
consolazione, ma questo fu un grave errore. Marshal,
cogliendo l’accenno di contentezza di Hermione, si accorse di quanto la
presenza di McLaggen fosse poco gradita alla ragazza,
così si limitò a dire “Ma non sono così cattivo, puoi restare col tua amichetta.”
Hermione ascoltò con sdegno le
parole maliziose di Marshal che ora incoraggiava McLaggen a predente posto vicino a lei. Cormac
acconsentì immediatamente, pensando che, dopotutto, il sergente Eclitto era una persona comprensiva e generosa. Dall’altro
capo della sala, Ron strinse i pugni tanto da farsi sbiancare le nocche.
“Non dire niente. Ci farai
togliere dei punti” bisbigliò uno dei ragazzini, il più coraggioso dei tre.
“Punti? Ma se non ci sono più le
clessidre” ribatté Ron, riducendo gli occhi a due fessure mentre seguiva con lo
sguardo John Marshal ritornare al fianco di Scrimgeour con aria baldanzosa.
“Ora ogni gruppo ha dei punti di
credito che valgono come aiuto durante gli esami.”
Ron si voltò di scatto verso il
ragazzino “Cosa?”
“E’ la verità, lo giuro” disse
l’ex-Tassorosso con un filo di voce “Ce l’ha detto un Eclitto
il primo giorno. All’inizio ogni gruppo possiede una base di punti, che
chiamano crediti, e che verranno poi tolti o aggiunti al totale del gruppo in
base al comportamento di ognuno dei ragazzi del gruppo. Poi questi crediti
serviranno come vantaggio agli esami del quinto e del settimo anno o come
incentivo ai voti finali degli altri anni.”
“Ridicolo” commentò Ron.
Qualche istante dopo il giovane
Weasley si dovette ricredere. Marshal informò la sala
del nuovo metodo di controllo comportamentale che aveva riscosso l’approvazione
del Ministero: un sistema di tassazione a punti di credito su ogni gruppo,
ossia i ragazzi che dividevano lo stesso tavolo. Secondo il sergente e lo
stesso ministro ciò avrebbe favorito la cooperazione.
Ginny abbandonò la sala avanzando
al fianco del suo nuovo gruppo di compagni, i quali esibivano perennemente
un’aria scocciata. Attraversarono un lungo corridoio e Ginny fu sorpresa nel
notare che non c’era traccia di fantasmi o del solito Pixie
che si divertiva a infastidire i ragazzi. Solo la presenza di Gazza occupava la
scuola, con ai piedi l’inseparabile gatta Purr. Ginny
si accorse però che vi era un’altra figura affiancata alla parete; questa aveva
un profilo piuttosto sporgente e un’inconfondibile pelata luccicante.
“Professor Lumacorno” salutarono
svogliatamente Pansy e Daphne Greengrass.
“Salve ragazze” rispose
frettolosamente Lumacorno “Tu come stai, Blaise?”
Zabini si limitò ad accennare con
il capo per poi procedere al fianco delle altre due.
“Oh, signorina Weasley” esclamò
Lumacorno senza apparire sorpreso “Ho bisogno di parlarle.”
Ginny si bloccò subito, dopotutto
contenta di abbandonare i suoi ostili compagni di gruppo “Mi dica, professore.”
“Si tratta di Harry” cominciò
Lumacorno, esitante “Beh, tu sei la sua ragazza ufficiale e quindi mi chiedevo
se tu per caso sai dov’è.”
“No” rispose Ginny decisa.
“Capisco” fece Lumacorno deluso,
tuttavia cercando di ostentare un sorriso tirato “E sai se quest’anno
frequenterà Hogwarts?”
“Non credo che verrà a scuola”
rispose Ginny “Ha cose più importanti a cui pensare.”
I baffi argentati di Lumacorno si
sollevarono con stupore “Capisco. Dopotutto lui è il Prescelto.”
Ginny annuì piano col capo
“Esatto.”
“Bene” riprese Lumacorno con voce
melanconica “E’ meglio che tu vada a lezione, non è il caso di fare ritardo il
primo giorno dell’anno. E anch’io mi devo avviare ai sotterranei, quindi…”
salutò Ginny con un breve cenno del capo prima di avviarsi lungo il corridoio.
“Professore” lo bloccò Ginny.
Lumacorno si voltò con aria
speranzosa.
“Anche quest’anno ha intenzione
di istituire il Lumaclub?” Ginny non conosceva il
motivo per cui gliel’avesse chiesto; fatto sta che l’aria sconsolata dell’uomo
le aveva imposto di fermarlo.
“No” rispose il professore con un
sospiro “Non credo che il preside e ministro Scrimgeour
approverebbe.”
“Capisco… bene, allora
arrivederci” lo salutò cortesemente Ginny.
“Arrivederci” fece eco Lumacorno
come se fosse sull’orlo delle lacrime.
Intanto Ron ed Hermione
avanzavano relegati nei loro gruppi verso l’aula di Autodifesa Ministeriale, la
prima materia della mattinata. Neanche Pozioni con Piton era apparso tanto
odioso quanto lo era Autodifesa in quel momento, in special modo a causa del
professore che presiedeva le lezioni: John Marshal.
Entrati nell’aula Ron, Hermione e
Neville si ritrovarono ed ebbero giusto il tempo di scambiarsi qualche
sgradevole giudizio sui loro gruppi che una voce famigeratamente famigliare
impose il silenzio con un colpo di tosse. John Marshal
varcò una porta secondaria che immetteva direttamente nel centro della stanza:
vestiva un completo da combattente piuttosto lavorato e dall’aspetto costoso,
senza la bandana che imponeva la divisa da Eclitto i
raffinati e tuttavia decisi lineamenti del suo viso potevano essere apprezzati
in tutto il loro fascino.
Molte delle ragazze, alcune, notò
Ron con disgusto, anche ex-Grifondoro, sospirarono all’entrata di John Marshal. Senza l’orribile divisa da Eclitto,
il sergente appariva in tutta la sua graziae anche Hermione, fustigandosi mentalmente, dovette ammettere che il bel
aspetto di Marshal non le era del tutto indifferente.
Il sergente Eclitto
entrò nell’aula e un sogghigno alquanto sadico gli comparve sulle labbra non
appena sentì i distinti apprezzamenti di alcune delle ragazze.
Dispensando ordini agli allievi
come farebbe un sergente con i suoi subalterni, fece accomodare tutti in modo
che i ragazzi si disponessero in cinque file ordinate, mentre le ragazze
formassero un gruppo amalgamato in un angolo.
“Ora attenzione” disse Marshal con un filo di voce che bastò ad imporre un silenzio
tombale “Per combattere contro un nemico non bastano solo le arti magiche, esse
sono le principali armi di difesa e di attacco, ma non le uniche. Ora noi ci
alleneremo in un confronto corpo a corpo, ossia uno scontro fisico che non
prevede alcun utilizzo della bacchetta.”
Molti ragazzi si scambiarono
delle occhiate perplesse ma non osarono commentare a voce.
“Vedete” continuò Marshal sempre più divertito “Nell’addestramento per
diventare Eclitti sono incluse anche prove per
testare la resistenza fisica e l’attitudine alla lotta diretta, prove che io ho
superato con il massimo dei voti – nel gruppo di ragazze si avvertirono dei
lievi sospiri – e dunque” riprese Marshal con un
ampio sogghigno “al Ministero è parso appropriato prepararvi come i migliori
combattenti di cui disponga il nostro esercito magico, in altre parole gli Eclitti. Detto questo si comincia… tu rosso, vieni.”
Ron, che si era preparato
mentalmente a delle possibili angherie di Marshal,
avanzò verso il sergente con un misto di curiosità e agitazione che si
trasformarono in ansia e disgusto quando osservò l’uomo sfilarsi la parte
superiore del completo restando con una canottiera nera molto aderente; Marshal assunse una posizione da combattimento che Ron
interpretò come un campanello dall’allarme. Altri sospiri, questa volta più
marcati, si levarono dal gruppo di ragazze che osservavano con interesse la
posa virile del sergente.
“Vediamo cosa sei capace di fare”
sogghignò Marshal mentre avanzava di qualche passo
verso Ron “Avrai già preso parte a qualche rissa alla babbana, anche se, a
giudicare dal tuo fisico smunto, direi che non possiedi le doti per farlo.”
Alle parole del sergente, Ron
portò i pugni serrati davanti al viso. Dopotutto quella lezione si sarebbe
potuta rivelare la più soddisfacente della sua vita se solo fosse riuscito a
mollare un sonoro manrovescio sulla faccia sprezzante di Marshal.
L’unica cosa che lo preoccupava era l’evidente superiorità fisica di questo
che, nonostante fosse più basso di lui di un paio di centimetri, in quanto a
corporatura non aveva nulla da invidiare ad un culturista, sebbene non
esagerasse nella possenza dei muscoli.
La gamba destra di Marshal scattò pericolosamente in avanti e Ron fu costretto
a reagire violentemente, prese di mira la faccia del sergente e affondò un duro
gancio sinistro. Il colpo venne prontamente bloccato dalla controffensiva di Marshal, che tratteneva senza troppo sforzo il pugno di
Ron.
“Troppo debole.”
Marshal
affondò le lunghe dita nella mano chiusa di Ron facendolo sussultare dal dolore
e con la mano libera afferrò il braccio del ragazzo. Ron non si rese neanche
conto di venire sollevato e scaraventato a terra, quando invece lo scricchiolio
di ossa spezzate che proveniva dal braccio catturato lo fece fremere.
Hermione si fece spazio tra il
gruppo di ragazze e osservò Ron stringersi il braccio inerte che penzolava al
suolo formando un angolo innaturale.
Marshal
sogghignò “In piedi senza fare storie; le ossa si possono aggiustare. Credi
forse che ai tuoi nemici importi qualcosa delle tue ferite, non avranno alcuna
pietà, anzi, ne approfitteranno per attaccarti, quindi: in piedi!” il sergente
diede un colpo al costato di Ron per esortarlo a sollevarsi.
“La smetta, la smetta!” ripeté
Hermione, irrefrenabile “Questo è abuso contro gli allievi. Potrebbero
sbatterla ad Azkaban per quello che ha fatto!”
Marshal
si volse sogghignante verso Hermione “In questo momento Azkaban è inagibile
come prigione e ad ogni modo il ministro e preside Scrimgeour
ritiene che gli allievi debbano essere pronti ad affrontare qualunque cosa e
questo implica un addestramento molto severo.”
“C’è un’enorme differenza tra
severità e violenza” sussurrò Hermione “Lei ora è il professore e il suo
compito è proteggere i suoi allievi, non ferirli.”
“E’ quello che sto facendo” disse
Marshal, d’un tratto serio “Non sarò sempre dietro di
voi a coprirvi le spalle, dovete imparare a difendervi da soli ed è quello che
sto cercando di insegnarvi.”
“Lei non sta insegnando niente,
ci sta soltanto mostrando dell’inutile violenza” ribatté Hermione tenace.
Il viso di Marshal
si contrasse in una smorfia adirata “E cosa credete di trovare là fuori? Siamo
nel bel mezzo di una guerra sanguinosa: là fuori c’è solo violenza e voi dovete
essere preparati ad affrontarla.”
“Sappiamo cosa c’è là fuori”
disse Hermione “Sappiamo quanto possono essere violenti e crudeli i Mangiamorte
e di cosa siano capaci.”
“Voi non sapete niente!” esclamò Marshal, quasi fuori controllo “Vi limitate ad elaborare le
terribili notizie che leggete sui giornali: cadaveri, Inferus,
Dissennatori e chissà quant’altro. Ma le immagini che
create nelle vostre menti non sono neanche lontanamente realistiche: voi non
conoscete il vero orrore della guerra, siete troppo innocenti. E se uscite da
questa scuola innocenti finirete per farvi massacrare.”
“Ma non si ascolta quando parla?”
proruppe Hermione “Sembra un fanatico, sta terrorizzando tutti. Non riuscirà
mai a prepararci ad affrontare quello che c’è là fuori mettendoci tutta questa
paura in corpo.”
“Voi dovete avere paura e
reagire” ribatté Marshal, fremendo “Dovete sapere che
in questo momento le vostre famiglie che si trovano a casa e si credono al
sicuro potrebbero essere attaccate da un gruppo di Mangiamorte e venire uccise.
Voi siete totalmente ignari e il mio compito è quello di aprirvi gli occhi: la
guerra è sanguinosa e chi la combatte non conosce pietà; né per un ferito – e
lanciò di sfuggita un’occhiata verso Ron – né per una ragazza – si avvicinò
pericolosamente ad Hermione, serrando un pugno; la ragazza indietreggiò
terrorizzata appena incrociò lo sguardo folle del sergente – e neanche per un
bambino di tre anni.”
Hermione avvertì per un istante
un’ombra di dolore attraversare gli occhi di Marshal.
“Nessuna pietà” ripeté il
sergente prima di calare la mano chiusa contro lo stomaco di Hermione.
La ragazza si sentì morire il
fiato in gola mentre si accasciava a terra, piegata in due dalle fitte
all’addome. Riaperta la mano, Marshal sentì delle
urla selvagge dietro di sé e voltandosi vide il ragazzo rosso che, nonostante
il braccio rotto, aveva trovato la forza di avventarsi brutalmente contro di
lui. Marshal fu scaraventato a terra e il rumore
della sua testa che cozzava contro il pavimento di pietra si diffuse per la
stanza. Hermione levò lo sguardo ancora dolorante e incontrò quello di Ron che
tratteneva il sergente a terra; la ragazza osservò quasi ipnotizzata un
rigagnolo rosso scorrere sul pavimento dalla testa dell’uomo.
Marshal
sentì le forze scivolare lentamente via dal suo corpo; levò lo sguardo vitreo
su Ron “Visto” disse con un filo di voce, prima di chiudere gli occhi “Ora sei
pronto per affrontare il mondo là fuori se combatti così.”
Il silenzio regnò sovrano
nell’Aula per qualche istante, mentre un paio di Eclitti
misero le braccia del sergente sulle spalle e lo portarono in Infermeria da
Madama Chips.
Ron era atterrito e al contempo
ancora infuriato, ma non riusciva a muovere un muscolo. Fissava Hermione e lei
ricambiava lo sguardo con gli occhi nocciola spalancati per lo stupore.
Davanti alla porta arrivò un Eclitto.
“Cosa ci fa una classe
incustodita?” domandò tuonante. Prima che qualcuno potesse rispondere, l’uomo
schioccò la lingua e li precedette: “Ditemi piuttosto dov’è il sergente.”
“Infermeria.”
L’Eclitto
schioccò ancora la lingua, irritato. “Cazzo. E io che ne faccio di questo?!”
disse indicando la sagoma di un ragazzo legato alla bacchetta dietro di lui.
“Se mi mollassi, invece di
tenermi qui legato come un salame…!”
Ron ed Hermione si disincantarono
e con occhi colmi di orrore gridarono: “Harry!”
*^*^*^*^*
Alla parola ‘Potirirerum’ (*)
il grande Gargoyle di pietra si spostò e apparvero
davanti ad Harry le scale dell’ufficio del Preside. Il giovane prese un bel
respiro, mentre poteva già sentire in gola un nodo che quasi lo strozzava.
Non fare l’idiota, Harry,
si rimproverò mentalmente, sapevi benissimo che tornare ad Hogwarts voleva
dire affrontare i ricordi legati a Silente.
Così arrivò alla porta di legno
che conduceva nell’Ufficio del Preside, l’animo in tumulto, e bussò, sapendo
che era attesa la sua venuta. Probabilmente, Scrimgeour
si era preparato un discorsetto per cercare di
rubargli informazioni; ciò lo rendeva un poco nervoso ed irritato.
“Entra pure, Harry” disse una
voce decisamente femminile e che il ragazzo riconobbe subito.
Aprì la porta e la richiuse alle
sue spalle, salendo i pochi gradini, mentre la professoressa McGranitt ricambiava il suo sguardo con gli occhi chiari
affilati e seri, facendogli appena cenno di accomodarsi. “Buongiorno Potter” lo
salutò incolore.
Harry si accomodò su una poltrona
di pelle nera, osservando con sguardo obliquo i cambiamenti all’interno
dell’Ufficio: ora la scrivania era ordinata e una serie di volumi erano
accatastati sul lato sinistro, due poltrone verdi sostavano ai lati di quella
che più che una sedia sembrava un trono sontuoso tanto era intagliato
finemente; ogni traccia di Silente era sparita: l’asta su cui si rannicchiava
Fanny, la fenice, i ritratti dei Presidi erano stati esposti lungo i corridoi e
le pareti erano riempite di librerie e schedari in ordine alfabetico. Tutto troppo
ordinato; ma rispecchiava la personalità calcolatrice e razionale del
Ministro. Una delle poche cose che era rimasta intoccata era la teca dove era
conservata la spada di GodricGrifondoro
e anche il Cappello Parlante, che sembrava ormai inutile.
“Salve Professoressa” salutò
Harry.
La vecchia professoressa si mise
con la schiena ritta e il mento appoggiato elegantemente sul dorso delle mani.
“Siamo qui per discutere del tuo inaccettabile ritardo, Potter” la voce era
tagliente e colma di rimprovero “Avresti dovuto venire qui da subito. L’avevo
scritto nella tua lettera d’ammissione.”
Harry non badò al tono con cui la
sua insegnante si rivolgeva a lui. Non aveva bisogno di prediche, anche se
probabilmente molti dell’Ordine della Fenice si erano scomodati in ricerche
durante il lasso di tempo che aveva passato a casa di Kaus.
“Non l’ho letta” disse.
La McGranitt
non batté ciglio. “Dovresti imparare a fingere meglio, Harry” disse, il tono
ancora incolore ma con gli occhi scintillanti.
“Scusi” disse solo Harry e
abbassò lo sguardo. “…verrò espulso dalla scuola?”
“Vuoi tornare davvero a
scuola, Harry?”
Il ragazzo guardò un poco
spiazzato la Professoressa “Per ora… è giusto così.” Spiegò semplicemente,
guardandosi in giro. La McGranitt annuì, pensierosa.
“Capisco… ora dovrò trovare la
punizione adatta Potter e, purtroppo, credo che dovremo espellerti.”
Harry inarcò un sopracciglio,
confuso. “Mi scusi Professoressa ma… dov’è Scrimgeour?”
La donna si irrigidì appena. “Il
Ministro si trova in viaggio in questo momento e io lo sto sostituendo in
qualità di vice-preside.”
Harry inarcò un sopracciglio.
“Perché mai Scrimgeour si è caricato anche della
nomina di Preside?”
“Per il bene dei futuri cittadini
inglesi, mi sembra ovvio.”
Harry rimase basito e in una
frazione di secondo scattò in piedi e sbatté le mani sulla scrivania con un
tonfo secco. “Non dica stupidaggini, Professoressa, lui non ha a cuore nessuno
di noi!” esclamò, inorridito che una donna intelligente come Minerva McGranitt – che oltretutto era un membro dell’Ordine –
potesse essersi lasciata abbindolare dalle parole di Scrimgeour.
“Siediti Potter” gli comandò
freddamente, ma Harry rimase dov’era, caparbio. “Ti prego Potter, siediti.
E stai più attento a ciò che dici.”
Dapprima Harry non capì, ma poi
realizzò che quello era pur sempre l’ufficio del Ministro e cheprobabilmente aveva fatto istallare centinaia
di apparecchi di spionaggio. Così si risedette scusandosi per l’irruenza.
La McGranitt
sorrise appena, tornando subito dopo seria. “Spero tu ti renda conto che non
posso trascurare un fatto del genere, soprattutto dopo l’incidente del tuo
secondo anno, ennesimo tuo ritardo, per non parlare degli altri…” Harry annuì
mesto e la donna sospirò impercettibilmente. “Vado a consultare il Regolamento
nel mio Ufficio e cercherò di trovare un modo per svincolare il Regolamento e
fare in modo che tu frequenti Hogwarts.” disse e si alzò, mentre Harry la
imitava. La donna stirò le labbra in un sorriso appena accennato. “No, tu
rimani qui Potter. È meglio che il Ministro sappia dove sei.” Gli ordinò
gentilmente sorpassando la scrivania.
Harry strinse i denti e i pugni.
“Professoressa… perché non ha lottato per avere la carica di Preside?” La donna
sobbalzò appena.
“Io… non posso, Harry. Non ce la
farei. E poi, è meglio il signor Scrimgeour di me…”
disse semplicemente.
“Non è vero e lei lo sa
benissimo!” scoppiò il ragazzo “Sarebbe stato meglio se a guidare la scuola
fosse stata lei!”
“Non dire sciocchezze, Potter” lo
fulminò la professoressa e Harry deglutì pesantemente, soffocando un'altra
protesta; la donna gli mise una mano sulla spalla e lo spinse dolcemente, ma
con decisione risoluta, finché il ragazzo non fu seduto, serio e fremente
ancora d’irritazione.
“Sempre troppo sincero e giustiziere.” Harry
alzò il volto e colse per un breve istante un sorriso sincero sulle labbra
della Professoressa e un’occhiata che avrebbe potuto celare dell’affetto, ma
repentinamente il volto della McGranitt ritornò serio
e pragmatico. “Resta qui.”
Harry si limitò ad annuire.
Quando la porta dell’ufficio si
richiuse con un tonfo, Harry si guardò intorno finche gli occhi smeraldini
incontrarono la bacheca dei cimeli di Hogwarts. Beh, sorrise, non ha
mai detto che non potevo girare per l’ufficio.
In un paio di falcate fu davanti
alla vetrata e osservò la lama argentata e lucente e l’elsa tempestata di
rubini della spada di GodricGrifondoro,
il fondatore del suo ex-Casato.
Gli eredi dei fondatori…
Un turbine di pensieri gli
turbinavano per la testa, mentre congetturava su quei misteriosi eredi.
La spada luccicò sotto il riflesso del sole, che ormai andava tramontando,
basso, ma non ancora all’orizzonte.
D’un tratto, i ricordi di quando
in quello stesso luogo, lui e Silente avevano parlato della sua somiglianza con
Voldemort e della sua scelta di essere un Grifondoro
si fecero spazio tra i suoi pensieri.
“Soltanto un vero Grifondoro avrebbe potuto
estrarla dal Cappello, Harry”
…come un vero Grifondoro,
Harry aveva potuto prendere la spada…
“Harry Potter… non devi essere
convinto che per forza un Erede deve appartenere alla Casa del suo avo
Fondatore…”
Harry si voltò e con stupore vide
il vecchio Cappello Parlante curvarsi e muovere le pieghe della stoffa, come
munito di bocca. Inarcò un sopracciglio. “Mi è stato di grande aiuto” disse con
ironia, avvicinandosi all’oggetto.
“Non essere sfrontato, ragazzo”
lo rimproverò il Cappello, soggiungendo: “Io continuo a pensare che tu saresti
stato meglio a Serpeverde.”
La fronte di Harry si corrugò.
“E’ quello che mi ripeti ogni volta, Cappello” sospirò quasi.
“Ed è quello che continuerò a
ripeterti” ribatté il Cappello “Dentro di te c’è una parte dello stesso Salazar
Serpeverde, c’è un pezzetto di lui in te.”
“Lo so” rispose Harry col volto
oscurato. “Ma è colpa della cicatrice che Voldemort mi ha lasciato il giorno in
cui sono sopravvissuto all’Avada Kedavra; grazie a
quella ho ereditato dei suoi poteri.”
“No” lo contraddisse il Cappello,
lasciando Harry con un palmo di naso. “Non è solo quello. La cicatrice che tu
porti è solo un tramite, ma dentro di te aleggia il vero Signore Oscuro.”
“Cosa…?”
“Harry Potter” Harry sobbalzò e
si voltò verso la porta: davanti a lui stava un uomo robusto che gli sorrideva
beffardamente, quasi ghignando. “mi erano giunte voci sulla tua singolare
stranezza, ma sei arrivato al punto di parlare con un vecchio pezzo di stoffa
senza più utilità… e saresti tu che dovresti salvarci?”
Harry soffocò una risposta
tagliente tra i denti. “E lei chi è, signore?” domandò invece, cercando di
mantenere la voce incolore.
L’uomo sogghignò appena.
“Sergente maggiore JohnMarshal,
comandante degli Eclitti.”
Era come lo aveva descritto Ron nei pochi minuti passati insieme prima di essere
mandato dalla McGranitt: borioso, irritante e pieno
di sé. Trasmetteva odio a pelle.
“Deve aspettare il Ministro?”
“Il Ministro e Preside Scrimgeour? Non essere ridicolo, ragazzo” lo beffeggiò Marshal “Se volessi contattarlo mi basterebbe recarmi da
lui. No, sono qui per te.”
Harry lo guardò perplesso. “Per
me? E per cosa, di grazia?”
L’Eclitto
si limitò ad alzare le spalle con un sorriso amabile sulle labbra. “Solo per
dirti che sei ammesso ad Hogwarts… e naturalmente niente escursioni, per te…
soprattutto di carattere personale.”
Il messaggio era chiaro: volevano
tenerlo d’occhio. Harry annuì semplicemente. “Posso andare?”
Il sergente sventolò una mano
“Sì, certo. Sei stato ammesso in un gruppo, cerca Finnigan,
sei con lui.” Harry aprì la porta, ma prima che potesse uscire un braccio di Marshal gli bloccò il passaggio. L’uomo sorrise. “Ci si
congeda per educazione, signor Potter, anche se lei è la nostra star.”
Harry serrò i pugni.
“Arrivederci, sergente Marshal.” Questi sogghignò
ancora e lo lasciò passare. “Arrivederci, Potter.”
Harry prese a vagare per il corridoio come se gli ultimi
istanti che aveva passato nell’ufficio della McGranitt
fossero soltanto frutto della sua immaginazione o di un improbabile sogno. Le
allusive parole del Cappello Parlante potevano forse significare che lui era…?
Ma non osava pensarlo; era già fin troppo opprimente essere enfatizzato dalla
bocca di tutti come il Prescelto destinato a sconfiggere Lord Voldemort e se
poi si fosse venuto a sapere che lui era anche l’Erede di….. Persino pensarlo
era fin troppo sconvolgente. Così si convinse di aver interpretato male le
parole del Cappello.
D’un tratto Harry udì un rantolo
strozzato e un tonfo. Rizzò la testa e vide Sibilla Cooman
accasciata contro la parete con lo sguardo vacuo e le labbra tremanti.
Harry, in un attimo, si precipitò
al fianco della donna e tentò di sostenerla per il braccio.
“Professoressa, cosa ci fa qui?
Ma sta bene?”
La Cooman
singhiozzò sonoramente e si issò con l’aiuto di Harry. Il ragazzo fissò
interdetto il suo viso glabro e pallidamente febbrile.
“Un… un ultimo addio a questa…
scuola” mugugnò con le mani tremanti ed incredibilmente sudate.
Harry cominciò a preoccuparsi seriamente “La porterò in
infermeria. Si sostenga alla mia spalla.”
Il capo della donna si riversò sul suo petto e cominciò ad
ansimare pesantemente, poi le uscì dalle labbra una voce dura e vibrante:
“I tuoi dubbi, ragazzo –
annaspò a fatica – ti domandi chi sei? Dentro di te giace l’eredità di
sangue tramandata per secoli da uno dei mitici quattro che fondò la rocca
incantata – crollò sul pavimento nonostante gli sforzi di Harry – la tua
tra tutte è l’eredità più preziosa perché perpetuerà eternamente – Harry
dimenticò per un istante la salute di SbillaCooman, completamente ipnotizzato dalle sue parole – ma
due simili non possono esistere – la donna prese a tremare – uno
rivendicherà il sangue dell’altro – Harry tentò di bloccare i suoi
movimenti spasmodici; i suoi occhi verdi la supplicavano di continuare – tu
puoi vincere, devi solo imparare a gestirlo – dalle labbra perlacee della Cooman emerse un rigagnolo di sangue viscoso; Harry era
esasperato e levò un urlo disperato verso la presidenza: “Professoressa McGranitt! Venga qui ad aiutarmi; presto!” poi si rivolse
febbricitante verso la donna quasi del tutto incosciente: “Cosa mi aiuterà a
vincere?” – è ciò che lui non ha mai conosciuto che ti farà vincere –
“Cos’è?” – Lo sai.”
Con un ultimo rantolo uno spruzzo
di sangue le uscì dalla bocca. La Cooman si accasciò
inerte tra le braccia di Harry.
“Potter!”
Harry si voltò e vide la
Professoressa McGranitt accorrere accompagnata da due
Eclitti stranamente preoccupati.
La vice-preside si lasciò
sfuggire un gemito di stupore: “Portatela in infermeria, è ancora viva!”
Gli Eclitti
sollevarono la Cooman e corsero lungo il corridoio in
direzione dell’infermeria poco distante.
“Potter” tuonò la McGranitt risistemandosi gli occhialini scomposti sul naso
e additando Harry “Cos’è successo?”
“La professoressa Cooman” rispose Harry con voce incolore “credo che abbia
pronunciato una Profezia.”
Il viso della vice-preside si
scurì di colpo “Ora è chiaro. Probabilmente quella che hai appena udito sarà la
sua ultima Profezia.”
“Vuole dire che morirà?” strepitò
Harry.
“Non lo so, Potter. Ma sappi che
anche se ce la facesse dovrà abbandonare per sempre Divinazione. Fare una
profezia, come hai appena compreso, è estremamente debilitante per il Profeta e
in alcuni casi può condurre persino alla morte. Spero solo che ciò che ti abbia
detto la Professoressa Cooman giustifichi il suo
sacrificio.”
“Sì” bisbigliò Harry “Lo
giustifica.”
Dopo essersi accertato del
ricovero della Professoressa Cooman, il
Bambino-Sopravvissuto prese a camminare velocemente verso la Sala Grande, dove
sperava di trovare Ron per poter sfogare la propria
frustrazione: aveva una gran voglia di urlare, prendere il muro a calci e
lasciarsi andare stanco contro la parete, la mente piena di ricordi e di nuove
informazioni che quasi gli stava scoppiando. In quel momento, ciò di cui aveva
bisogno era un amico che lo aiutasse. E Ron era bravo
a sopportarlo.
Camminava talmente in fretta che
non si accorse di essere arrivato vicino alle Clessidre che una volta segnavano
i punti delle quattro Case di Hogwarts, fu solo una voce a farlo fermare
improvvisamente.
“Ragazzo, ma dove sei?! È da un bel po’ che cerco di contattarti!”
Kaus?
“E chi altri?” sentì R.A.B. sbuffare sonoramente, quasi stanco. “Dove ti
trovi ora, ordunque?”
Ehm… Hogwarts.
“Ma sei stupido? Oh, domanda
retorica” disse sarcasticamente il maestro “Vieni qui da me
immediatamente! Devo parlarti.” C’era una nota d’urgenza nella sua voce.
Ma… la tua casa è distrutta…
Kaus
sospirò ancora. “Mai sentito parlare di Passaggi Temporali e Canali di Fuga?
Eppure ero convinto di averteli citati, una volta. Bah, con te devo sempre
diventare un libretto delle istruzioni.” Harry stava per rispondere a tono
ma LyonsKaus non gliene
diede il tempo “Torna a casa mia e portati nel punto dove sei giunto da me
la prima volta. Vedrai che la mia parete dimensionale che funge da ologramma ti
lascerà passare… fai presto!” e se ne andò dalla sua mente.
Harry uscì dal castello e
recuperò da un cespuglio il Mantello dell’Invisibilità che si era ricordato di
portare. Gli sarebbe stato utile per illudere la sorveglianza di Auror ed Eclitti. Non voleva di
certo incontrare ancora Marshal. Avrebbe contattato
gli altri più tardi con la moneta.
*
Harry prese un bel respiro
profondo e avvolse se stesso nel Mantello di suo padre, camminando speditamente
verso il Platano Picchiatore, dove aveva nascosto la sua Firebolt
prima di essere catturato dall’Eclitto.
Troppe cose erano cambiate nella
cara vecchia Hogwarts, ma non era certo per questo che se ne doveva andare: lui
aveva uno scopo da raggiungere, ed ora aveva anche una serie di valide
motivazioni per cui adempiere alla Profezia. Era deciso e, per il momento,
l’unico modo per mandare avanti la sua ricerca degli Horcruxes e di apprendere
qualcosa di utile da poter usare contro Voldemort era andare da R.A.B., anche
se di questo non era molto felice.
Nonostante avesse imparato a
sopportarlo, nonostante gli avesse dato prova di voler veramente
combattere Voldemort, qualcosa in lui non lo convinceva e il suo istinto gli
urlava di non fidarsi ciecamente di quell’enigmatico uomo.
Attento a non destare le
attenzioni degli Auror posizionati vicino alla Foresta Proibita per ordine
degli Eclitti e del Ministro, Harry scivolò per il
sottobosco, cercando di utilizzare gli ultimi raggi solari per orientarsi,
sperando di raggiungere il Platano prima di notte perché, sebbene le tenebre
potessero aiutarlo a scappare da Hogwarts, non potevano aiutarlo a muoversi
bene attraverso i fitti sottoboschi vicino al lago. E lui non voleva capitare
nelle mani di un inserviente del Ministro per poi rincontrare quello spregevole
Capitano degli Eclitti.
Con sollievo scorse la casa e
stava per mettersi a correre quando qualcosa cominciò ad illuminarsi e a far
tremare lui e il Mantello dell’Invisibilità.
“Per Merlino!” gli scappò dalle
labbra e si tuffò tra i cespugli cercando nelle tasche dei jeans ciò che per
poco non rovinava la sua fuga ed ecco gli capitò in mano la moneta che Hermione
gli aveva consegnato.
Questa smise di luccicare e di
vibrare e un fascio di luce partì da questa mostrando la faccia di Hermione in
3D cogli occhi che brillavano eccitati.
“Hermione!” cominciò Harry
fissandola stranito e irritato. “Che diavolo…?”
“Harry! Harry!” cominciò l’amica
concitata, battendosi le mani davanti alla faccia, quasi ridendo.”Ce l’ho
fatta! L’ho trovato! Lo sapevo io che quelle parole mi erano famigliari, anzi,
proprio non capisco come ho fatto a dimenticarmi di quel passaggio… è sempre
stato uno dei più affascinanti del volume, per quanto macabro …”
Harry, come da logica, non capì
niente di quello che diceva la ragazza. “Ti spiacerebbe essere più chiara?” la
interruppe, acquattandosi nel suo angolino e lanciando un’occhiata dietro di
sè. Nessuno, perfetto.
“Oh scusa” Hermione inarcò un
sopracciglio “Perché bisbigli?”
“Oh” Harry stette un poco in
silenzio prima di rispondere “Beh, stavo per tornare da R.A.B…”
Hermione scattò come una molla.
“Senza dirci niente?!” Fu la volta di Harry di scusarsi “Vi avrei chiamato più
tardi, volevo approfittare della notte” le spiegò e Hermione parve
accontentarsi di quello perché ricominciò a sproloquiare.
“Harry oggi sono andata in
biblioteca, dato che avevo finito tutti i compiti…” Harry le lanciò un’occhiata
ironica ed Hermione sbuffò “No comment. Basta già Ron
che rompe le scatole, non ti ci mettere anche tu!”
“Sto zitto.” Sorrise.
“Ecco, bravo” disse lei “Comunque
non era di questo che volevo parlarti. Ecco, ho sempre avuto la sensazione di
aver già letto da qualche parte la minaccia che ti ha rivolto quella Mangiamorte…”
“Vuoi dire che peccano di
originalità?”
Hermione non rise alla battuta di
Harry, ma, anzi, lo guardò acidamente.
“Scherzavo. Ti ascolto.” La
invitò Harry, concentrandosi. Se Hermione era così euforica, doveva essere
parecchio importante.
“Ho trovato il libro e la frase è
identica! Si tratta di ‘Leggende di Hogwarts’―”
Harry alzò le sopracciglia.
“Esiste un libro del genere?”
“Era uno dei libri consigliato da
Rüfper il
terzo anno, e se tu e Ron non aveste passato l’estate a scartare Cioccorane e a rinviare i Compiti delle vacanze lo avreste
presente anche voi e―”
“Ok Hermione, messaggio ricevuto”
la bloccò ancora Harry, decisamente interessato più all’informazione misteriosa
che alle ramanzine della ragazza “Arriva al punto Hermione. Cosa centra quella
minaccia?”
Hermione annuì. “Ecco è un libro
che tratta essenzialmente le leggende del castello e gli episodi più strani e
misteriosi della scuola. La cosa curiosa è che nel mezzo della narrazione della
leggenda dello scontro tra Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde (raccontata
tra l’altro come una specie di poema epico, veramente interessantissimo)” Harry
scosse la testa esasperato “quando i due abbandonarono il campo di battaglia
per una tregua, dato che erano entrambi feriti, Godric si rifugiò insieme alle
altre due Fondatrici nel castello mentre Salazar si recò nel―”
“Che c’entra adesso?”
“Harry vuoi tapparti per un
secondo quella boccaccia?!” sbottò Hermione. Harry si zittì e si limitò a fare
un cenno col capo. “Ecco, dicevo? Ah già, Salazar Serpeverde si rifugiò in un
campo di zucchedove si racconta che si lasciò
curare dagli spiriti che qui abitavano.”
“Non ho mai sentito parlare di un
combattimento tra Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde.” Commentò Harry.
“Te l’ho detto, è una leggenda,
non sono certa se sia realtà o meno… ma non è questo il punto! Dicevo: alla
fine di questa leggenda su una guerra tra i Fondatori in cui morì Rowena Corvonero si scopre che la storia è raccontata da un
certo Maxwell il quale viene pregato da un mago a noi
sconosciuto di non tramandare la storia… e sai cosa gli dice Harry?” Hermione
non gli diede il tempo di rispondere: “ ’Stai attento a non risvegliare la
sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre.’ E poi questo mago
scompare. Harry, sono le stesse identiche parole, vero?”
Harry annuì, sconcertato,
cercando di assimilare la notizia.
“Ma non è finita!” aggiunse
Hermione squillante “Sai dove viene raccontato l’intero episodio? Nel vecchio
campo delle zucche.”
“Qui non c’è un campo delle
zucche, Hermione.” Gli fece notare Harry e la ragazza sembrò illuminarsi.
“Lo so, ho fatto una piccola
ricerca e… ta-dam! Ho scoperto che il campo di zucche
fu trasformato nel Cimitero di Hogwarts.”
Harry sbarrò gli occhi. “Un
cimitero?! Ad Hogwarts?!”
Hermione annuì vigorosamente.
“Esatto, ma… Harry… secondo te perché un Mangiamorte dovrebbe indicarci il
Cimitero di Hogwarts a cui è collegata questa leggenda?”
Harry scosse la testa. “Non lo
so” disse.“Non lo so.”
Che fosse una traditrice o una
trappola?
…
E adesso… doveva andare da R.A.B.
e chiedere consiglio, o andare ad indagare nel Cimitero sconosciuto di
Hogwarts?
*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*
(*) = Per chi non lo sapesse,
l’espressione ‘PotiriRerum’
in latino equivarrebbe a ‘prendere il potere assoluto’,
o annessi.
…eh eh…
vi lasciamo nel dubbio! ^____^ Che farà il nostro Harry ora? Beh, se volete
capirlo andata più in basso nella anticipazioni e preparatevi per il nuovo
capitolo di “Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori”!! ^o^
Il ritardo è colpa nostra che ci siamo godute in pieno
ozio le vacanze… ma d’altronde è piuttosto lunghetto,
no? (notiamo: più di 50 pagine di Word!!) Crediamo di essere *ehm* ‘perdonabili’! ^^
La parte con il messaggio esplosivo ha fatto ridere Samy
per una buona dose di minuti, questa trovata di Kaho
è stata abilmente copiata dai fantastici cartoni del Dottor Gadget (presente?
^^), quel fantastico uomo che noi tutte adoriamo… (Adesso non esageriamo! NdSamy Eddai, è un gallo quell’uomo, un idolo delle folle! Hop-hop gadget ombrello! ^o^ndKaho Oh cielo! Con
un’invasata, ho a che fare con un’invasata! XD ndSamy).
E poi abbiamo lasciato un po’ di spazio alle coppiette
principali… yeah! -________^ Sinceramente c’è un po’ troppo caramello, ma
quando prende l’ispirazione non si può arrestare le valanghe di zucchero!! XD
Saranno i dolci di Natale a fare questo effetto! XDD
Eeeeeh… continuiamo a inventare
personaggi! XD Prima amico Albert, poi adesso anche Marshal
(un personaggio importante, e con un certo fascino, dobbiamo ammetterlo! U.U). capitano degli Eclitti… ma
messo al tappeto da Ron! XD Eh, Hermione non si tocca e non si insulta se no il
nostro caro Weasley ti prende a cazzotti, capito! XD
Ma ora… veniamo a noi! XD
Indizi sulla Trilogia
-I Talenti torneranno nel passato per eliminare la fonte
che nel futuro distruggerà il mondo;
-Prima della partenza dei Talenti uno del Magico
Trio morirà;
-Uno dei Talenti è la figlia di John Marshal;
-Uno dei Talenti è un assassino;
-Le rivelazioni che farà R.A.B. nel prossimo
capitolo saranno di fondamentale importanza per capire la trama dell’ultima
parte della Trilogia;
-Uno dei Talenti è un autentico genio (vi
lasciamo immaginare di chi sarà figlio ^_^);
-Alcuni dei Talenti hanno avuto delle infanzie
travagliate.
-Dopo aver letto l’Inferno di Dante ci sono
balenate in testa delle idee molto macabre (mhh… *_*)
Coppia del capitolo: Harry Potter&Ginny
Weasley
Chi avrebbe detto che la timida
Ginny Weasley, cotta persa durante i primi anni di Hogwarts di Harry, Sarebbe
riuscita ad accalappiarsi il Ragazzo Sopravvissuto? -___^ Eppure, in HBP, la Rowling
ci ha sorpreso con quei ‘qualcosa allo stomaco’
tipici dell’Harry innamorato rivolti proprio all’unica femmina dei Weasley! ^^
Decisamente Harry ha capito che Ginny è cresciuta, ed è lei, con la sua
disarmante sincerità e il suo carattere peperino, quella giusta per sostenerlo
con amore nella sua vita per niente facile, lei che può rasserenarlo quando
tutto gli sembra più scuro… peccato che, come sempre, Potter tenda a
colpevolizzarsi e ad allontanare le persone che invece dovrebbe tenere accanto a
sè… e così si è dis-fidanzato dalla rossa, quando il
suo cuore batte ancora per lei… ma Ginny non è tipa da arrendersi, soprattutto
quando Harry si è accorto di lei dopo millenni. Non se lo farà scappare,
state sicure, ma non si lascerà neanche prendere in giro! Semplicemente lo
legherà a sè in maniera che non possa più scappare… ^^ E in questo capitolo si
vede, no? -____^ Grande Ginny! Sei riuscita ad incastrare un ragazzo
complicatissimo! XDD
Risposta ai commenti (Mamma…
che soddisfazioni!! ^___________^)
EDVIGE86:Ma ciauz carissima!
^^ Grazie moltissime per i complimenti, davvero, non ce li meritiamo! (parla
per te! chi è che si scervella per incasinare sempre più la storia?! NdSamy Ma… ma… Samy un po’ di modestia… no, anzi, te li
meriti tutti! ndKaho Grazie! ^^ ndSamy).
Personalmente anche noi ce la ridiamo sempre con Kaus, è un mito! *__* Anche
noi adoriamo Ron (mai come Draco… ndSamy Ma parla per
te! e poi tu non lo adori Draco, lo ami… come personaggio… ndKaho Certo! NdSamy), e siamo
felici che ti sia piaciuto nel suo combattimento! È bello di tanto in tanto
vedere le varie prospettive, e così abbiamo voluto dare a Ronnie
caro il suo posticino… ^.^ Lui ed Hermione, beh, sono mitici! *_____* Il
rapporto Draco e Lucius è stato un difficile parto, soprattutto per Samy che
voleva rendere nel modo più naturale il loro incontro… e grazie all’aiuto ed il
sostegno di Kaho (ma non è vero! ndSamy
E chi ti ascolta mentre blateri di lui?! NdKaho),
l’ha descritto così… in effetti, Malfoy Junior fa un po’ di pena… Grazie ancora
e speriamo di trovarti ancora tra le recensitrici!
**^_____________^** Bacioni! K&S
Saty:
*momento di profonda commozione* Ooh, grazie! Grazie, grazie! Ci scusiamo per
il ritardo, ma, come sempre, impegni non ci hanno permesso di finire prima il chap… ma siamo felici di vedere con che affiatamento
aspetti gli aggiornamenti, vuol dire che la storia ti sta prendendo! E quale
soddisfazione migliore per due autrici?! -________^ Davvero odi RAB? O.o Eppure noi lo troviamo così simpatico… beh, in realtà
ci divertiamo a torturare Harry! *sorrisetto sadico* Mi sa che te lo dovrai
sorbire ancora un poco ‘sto Kaus! ^^ Draco rimane un ragazzo glaciale, anche se
naturalmente tendiamo a giustificare il suo comportamento, data l’infanzia e la
sua nuova… ehm… ‘professione’? ^____^ Comunque, bastardello di natura lo è già… per quanto riguarda Ron
pensiamo che sia uno dei personaggi più simpa che mamma Rowl
abbia partorito (e voi lettrici lo amate alla follia! ^^), Ginny è un peperino,
anche perché deve vivacizzare quel povero Harry, altrimenti ci rimane insipido!
-____^ Hermione non ha paura del contatto fisico con Ron, devi comprenderla…
piuttosto è esasperata da questo tira-e-molla con il
rosso, di questi litigi vuoti e stupidi dietro cui si nascondono sempre…
comprensibile, se pensi che è da quasi quattro anni che quei due si rincorrono…
ma prima o poi… ^___^ ihihihih… **^__________^**
Harry non avremmo potuto descriverlo meglio: citandoti, “Harry è un mistero, nel senso che
è sempre in una dimensione diversa e capire che caspita sta producendo il suo
cervello è un terno al lotto…” Perfetta definizione Saty! ^_____^ Al
prossimo capitolo, sperando che ti sia piaciuto anche questo! -________^ Baci K&S
Siangel187: Grazie mille
per i complimenti Siangel! ^_____^ E bravissima!
-____^ Sei l’unica che si è chiesta: ma chi è questo Albatros
che ha il nome di un uccello?! (Kaho… ti prego… ndSamy Eddai lovina non vedi come
ci stava a pennello la parola ‘uccello’? ^___^ NdKaho Senza doppi-sensi, vero?
¬__¬ ndSamyGlup… dai,
tanto lo so che l’hai pensato anche tu! >\< ndKaho-__-) Eh eh… che
autrici sadiche saremmo se te lo svelassimo??! ^______^ Tranqui,
tra non molto si parlerà anche di lui… Samy diciamo che è un personaggio
ambiguo… e sì, c’entra con la terza parte della Trilogy,
ma con le associazioni segrete… beh, quello… è un segreto! ^________^ RAB noi
lo adoriamo, e vediamo che piace, quindi siamo onorate che sia gradito alle
lettrici, nonostante il suo linguaggio altolocato… -_________^ è un gallo! ^^
Le scene Ron Hermione non finiscono qui, ma non ti aspettare di vedere solo
quelle (anche se tendiamo a metterne a bizzeffe… eeeh…
se piacciono piacciono…!), d’altronde è la nostra
versione di HP7, e dobbiamo occuparci di svelare tutti i misteri… ihihih… Al
prox chap! **^______________^** Kiss K&S
Tsukino:
Benvenuta nel magico mondo di PastLegacy cara Tsukino! -________^
grazie infinite per i complimenti… e complimenti anche a te, perché leggersi
d’un fiato il mattone di cose che abbiamo scritto… mica noccioline, tra le 30
pagine (circa) di ogni capitolo! Grandissima! *___* RAB è il nostro mito, quasi
una figura onnipotente, eh? -______^ Ci ridiamo sopra anche noi sulla stupidità
in qualche occasione di Harry… però dai, in fondo non è così male… solo un po’
ingenuo in certe occasioni… soprattutto con le donne… per fortuna abbiamo Ginny
che lo aiuta a capirle, le cose! XD Hermione insofferente? Lo saresti anche tu
se il ragazzo che ti piace non perdesse occasione di litigare per ogni cosa e
voi due non riusciste a dichiararvi per orgoglio! Povera, ci voleva un po’ di sclero anche per lei! -_______^ Speriamo che ti sia
piaciuto il capitolo… e aspettiamo il tuo prossimo commento! ^^ KissoniK&S
Killer:Noi ci proviamo a tentare un possibile
settimo libro… certo, non vediamo l’ora di leggere quello vero di mamma Rowl, anche se ormai vediamo le cose solo dalla nostra
prospettiva! -_____^ Grazie mille per i complimenti, sei stata trooooppo gentile! ^^ Speriamo di trovarti anche nel
prossimo chappy…! ^_____^ Baci K&S
rupertmania:
Ehi super-fan di Ronnie! -______^ Innamorata della
fic?? Rowling?? Ma grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie,
grazie!! Troppo gentile, così ci fai arrossire!! ^\\^ Le coppie sono quelle
che ci piacciono di più, e RonHermione una delle più
belle, se non la migliore… ma no, a noi piacciono tutte, cerchiamo di non fare
favoritismi! -____^ Felici che ti sia piaciuto il combattimento RonDraco… era ora che il nostro ragazzo coi capelli rossi
preferito ci mostrasse di che pasta è fatto!! -____^ Speriamo di non averti
fatto aspettare troppo… ^^’’’ *Kaho e Samy
tossicchiano* Ehm… Un grazie ancora. Un bacio. K&S
SiriusTheBest:
Oh darling, how are you? ^____^ Non ti preoccupare, lo sappiamo che sei
occupato anche tu a scrivere una storia, l’importante è che alla fine ci si
ritrovi qui! XD Eh eh… Thanks a lot, come sempre, per i
complimenti che ci fai (e naturalmente del fatto che ti piace come stanno
venendo su Ron e Hermione… sembra che piaccia collettivamente il loro rapporto!
Che bellezza! ^.^ Un po’ di sono smossi, ma non del tutto… tanto alla fine
sappiamo come finiscono quei due! Ops, lo sappiamo solo noi! XDD)! ^____^ Ma tu
guarda, abbiamo scoperto che si nasconde un fumatore tra i nostri recensori, e
così sei tu a dare il cattivo esempio ad Harry, eh? XD Per adesso nella nostra
storia non c’è nessun fumatore, ma (attento: spoiler che concediamo solo ed
esclusivamente a te! -___^) nella seconda parte ci saranno dei grandissimi
fumatori (non si dice di cosa! XD)… anche perché, siamo obbiettive, è un
viziaccio che si va diffondendo… touchè! ^^ Samy è
allergica e Kaho ha una brutta esperienza con il papà
fumatore (no, tranqui, non l’hanno picchiata, nè la
demenza è a causa del fumo, è diventata scema da sola! -_____^ ndSamy Ehi! >.< NdKaho), quindi
noi siamo per il No-Smoke… Libertà di azioni e
pensiero… ^___^ Non sappiamo bene cosa centri il discorso, comunque… grazie! ^_________^ Kiss kiss, alla prox!
K&S
WARNING: Nel prossimo Capitolo…
Titolo: “Anima e Spirito”
Confuso dalla profezia della Cooman e dalle parole del
Cappello Parlante, Harry torna dall’unico mago che possa svelargli la realtà:
Lyons Kaus, l’uomo di cui il ragazzo si fida minormente.
Harry pretenderà di conoscere la vera identità dell’uomo: perché lo chiamano
R.A.B.? Cosa nasconde il mago che sembra sapere ogni cosa? Finalmente R.A.B.
chiarirà ad Harry il mistero degli Horcruxes, rivelandogli in parte i più
importanti segreti della natura degli esseri viventi, nonché un accenno di
mistero sulla sua vera vocazione: “Tu ed io, Harry, abbiamo qualcosa che
possiede anche lui; ma è un’impronta la nostra mentre la sua è l’eredità
tramandatagli dall’inizio del mondo. Non tentare di trovare una logica nelle
mie parole, solo sappi che per sconfiggere del tutto il male dovrai estirpare
anche ciò che è dentro di noi. Forse tu e Riddle siete più simili di quanto
crediate.” Nel frattempo si apprendono più notizie sul misterioso prigioniero
di Lord Voldemort, il Profeta, colui che conosce le sorti immutabili della
guerra. Il Signore Oscuro, forse preoccupato dalle parole del Profeta, convoca
una seduta speciale di Mangiamorte al Covo Oscuro e organizza i preparativi per
l’attacco a Hogwarts; Greyback sogghigna: “Domani ci sarà la luna piena.”
Intanto, nell’ombra, qualcuno si muove: “Così tutto sta seguendo il suo corso.”
“Il copione procede e alla fine della guerra avremo la Matrice Originaria.”
N.B.: Per il prossimo capitolo
serve una preparazione psicologica notevole, soprattutto per i discorsi di
R.A.B.
Tanti auguri (in ritardissimissimissimo), a chi recensisce e a chi no! E buon 2007…
l’anno giusto per pubblicare Harry Potter 7, no?! -___^
Quel luogo cupo non sembrava far parte dei territori di
Hogwarts: era grondante di nebbia e aria stantia, le lapidi si ergevano a
macchia d’olio sul terreno soffocato dalle erbacce. Harry aveva marciato fino a
raggiungere i confini della scuola, oltre il Platano Picchiatore e parzialmente
inoltrato nella Foresta Oscura si trovava il luogo della leggenda: il
misterioso Cimitero di Hogwarts. Senza curarsi minimamente delle guardie poste
a proteggere i confini della scuola, il giovane Potter aveva vagato alla cieca
nella nebbia, solo guidato dall’istinto e dalla voce interiore che indirizzava
i suoi passi verso una meta a lui ignota; ogni volta che compariva quella voce
la cicatrice gli doleva terribilmente, quasi come se Lord Voldemort fosse
dietro l’angolo, pronto ad attaccarlo.
Le parole pronunciate dalla Mangiamorte erano incise sulla
pietra, posta all’entrata del cimitero e sopra la quale era poggiata una
statua.
Harry si mise a fissare, quasi ipnotizzato, l’imponente
statua che si ergeva all’entrata del Cimitero di Hogwarts: aveva una
luminescenza quasi lunare nella folta foschia di nebbia, la sua forma
rispecchiava quella di un uomo adulto di incredibili dimensioni, le mani dalle
unghie prominenti erano giunte quasi in segno di supplica, la gamba sinistra
era piegata e l’intero corpo, a partire dalla lunga coda a frusta fino al capo
dal muso rettilesco chino, formava un arco ricurvo su se stesso, quasi
implorante. Era una sorta di anello di congiunzione tra un uomo e un drago,
forse una statua profana o l’allegoria del mietitore di anime messo a guardia
delle tombe dei più illustri personaggi della storia di Hogwarts, a partire dai
quattro fondatori, di cui la gigantesca lapide occupava il centro del cimitero.
Harry sentì risuonare il suo sussultò per l’aria grigia
quando scorse il profilo di una tomba candida dall’aria terribilmente
famigliare; dunque il Ministero era arrivato a questo? Profanare la tomba di
Albus Silente condannandola a restare in un luogo del genere.
Harry si fece avanti, ma non appena varcò le colonne che
disegnavano l’entrata del cimitero, udì un forte grido, quasi non umano.
Realizzò dopo poco che l’urlo era sfuggito dalle sue stesse labbra; la
cicatrice pulsava come non era mai accaduto in vita sua, non era solo un
allucinante dolore fisico. Il cuore cominciò a contrarsi nel suo petto e la
gola gli si serrò, il dolore dell’animo era ben più acuto di quello della
cicatrice. Era come precipitare in un’infinità di ricordi mostruosi e
orripilanti che lo condannavano man mano ad una terribile solitudine, tuttavia
Harry percepì una vaga lontananza da quelle memorie, come se non facessero
parte di lui; la voce che lo aveva condotto fino a lì era dunque un’estranea, ma
non era Lord Voldemort, né tanto meno Lyons Kaus, era qualcosa di profondamente
diverso, qualcuno o qualcosa che andava al di là della concezione umana.
Harry fissò stordito la statua del drago-uomo, avvertendo
un singolare conforto nella sua immagine, come se quel muso divaricato che
mostrava temibili fauci acuminate fosse il viso solare e distante della propria
madre.
Harry prese ad ansimare
pesantemente e ritrasse di scatto la gamba che aveva oltrepassato i confini del
cimitero. Lanciò di sfuggita uno sguardo malinconico alla Tomba Bianca. Riprese
la Firebolt che aveva appoggiato poco lontano da lì e prima di decollare, fissò
per interminabili secondi il muso chino del drago; il cuore di Harry Potter si
serrò di dolore.
*^*^*^*^*^
Da Settembre a Dicembre
[Routine]
Ginny tentava di rilassarsi nel
caldo tepore del suo letto per quanto fosse possibile con Pansy Parkinson
mugugnante a pochi metri di distanza. Nascosta sotto le coperte guardòl’orologio a polso: 7.14. Si levò il pesante
copertone di lana dal viso e stiracchiò le braccia.
Preferiva svegliarsi con le
proprie forze piuttosto che essere bruscamente strattonata fuori dal letto da
qualche Eclitto impertinente. Il discorso sull’ennesima regola di sicurezza che
aveva tenuto Scrimegeour il giorno prima era stato di singolare stoltezza:
“Per garantire una piena gestione degli studenti,
naturalmente per provvedere alla vostra sicurezza, è stato imposto un orario
fisso da rispettare rigorosamente. Chi ritarderà nel seguire la tabella di
marcia della giornata, dovrà subire una detenzione di un giorno.”
Ginny si era ritrovata a pensare
che dopotutto non c’era molta differenza tra l’eseguire a bacchetta gli ordini
di Scrimgeour e restare un giorno confinata in una stanza sorvegliata da
Eclitti: la libertà decisionale era praticamente la stessa.
“Sveglia!”
L’urlo dell’Eclitto mattiniero
era giunto in perfetta sincronia con il ticchettio dell’orologio di Ginny che
scandiva le 7.15.
Ginny si alzò dal letto e
precipitò nel bagno per prendersi un attimo di respiro. Aveva esattamente un
quarto d’ora di tempo per cambiarsi, lavarsi e scendere nella Sala di Raccolta
dei Dormitori, oppure un Eclitto mattiniero (così si chiamavano quelli
incaricati della sveglia e della colazione) sarebbe irrotto nella stanza
infischiandosene della privacy di giovani ragazze e avrebbe trascinato i
residenti della stanza fino in Sala Grande anche in mutande. Ginny ne era così
certa perché era capitato; un ragazzo, che lei credeva fosse di Tassorosso, era
stato costretto a consumare la colazione con nient’altro che i suoi boxer grigi
sotto lo sguardo attonito dei suoi compagni di tavolo e quello sogghignante del
sergente Marshal che, per marcare ulteriormente l’umiliazione come soltanto lui
sapeva fare, aveva esordito con un’affermazione spensierata:
“Questo per farvi capire che non
si tollerano ritardi. Anche le signorine, notoriamente famose per le loro
estenuanti preparazioni trucco e vestiario, faranno meglio a scordarsi di
ingioiellarsi la mattina se non vogliono essere trascinate in Sala Grande in
mutande e reggiseno… e tu ragazzo – aveva soggiunto guardando con disgusto
l’ex-Tassorosso in boxer – è il caso che ti faccia sgobbare di più durante le
mie lezioni di Autodifesa Ministeriale, hai del tale flaccidume sulle gambe che
solo a guardarle mi sale un brivido lungo la schiena.”
Un ragazzo del sesto, forse
Serpeverde, aveva osato sogghignare alla battuta di Marshal che, con due occhi
più fulminei di quelli di un falco, lo aveva individuato in mezzo alla
moltitudine di tavoli e costretto ad alzarsi. Era già ovvio che il sergente
stava macchinando qualcosa di perfido e così l’ex-Serpeverde aveva preferito
prevenire qualsiasi attacco fisico o psicologico.
“L’avverto, anche se è un
sergente Eclitto, io appartengo ad un’importante famiglia e se osa farmi
qualcosa ne dovrà rispondere a…” il ragazzo si era bloccato di colpo,
mordendosi la lingua.
Marshal, con aria gongolante, si
era atteggiato in una falsa riflessione “Dunque, se non sbaglio la tua famiglia
ha il diritto di sporgere denuncia contro di me, ma della mia eventuale
punizione se ne dovrà occupare il dipartimento Giustizia del Ministero della
Magia, non è così? Allora… è il caso di evitare noiosi rigiri burocratici e di
comunicare il tuo dissenso direttamente al preside e ministro Scrimgeour.”
Marshal lo aveva invitato ad
accomodarsi accanto al tavolo degli insegnanti dove capeggiava Rufus
Scrimgeour.
L’ex-Serpeverde, più pallido di
un fantasma, si era riseduto bruscamente sulla sedia con gli occhi che gli
tremavano: per un appartenente alla sua casa era sempre difficile ingoiare
l’orgoglio e lasciarsi umiliare pubblicamente.
Scrimgeour era restato
impassibile per tutto il tempo rigirando la sua zuppa di avena tra
l’indignazione generale dei professori che, però, aveva deciso di non
intervenire. Minerva McGranitt aveva fissato il preside con un’espressione di
marmo mentre attorcigliava il tovagliolo tra le mani vecchie e agitate.
Dopo quell’episodio a tutti era
parso ovvio lo strapotere di cui era investito Marshal e il Ministro stesso:
Hogwarts era diventata la roccaforte di Scrimgeour e gli studenti delle pedine
spaventate e dalle menti facilmente influenzabili; alcuni sospettavano persino
che Scrimgeour intendesse farne dei soldati per riempire le future schiere di
Eclitti e, in effetti, questa ipotesi spiegava l’enorme preferenza che si
concedeva alla lezione di Autodifesa Ministeriale che occupava con tre ore
minime ogni giorno il tabellone degli orari scolastici.
Ginny si gettò in faccia una
cospicua dose di acqua ghiacciata sperando di darsi animo per quell’ennesima
giornata sotto il torchio degli Eclitti. Inoltre alla terza ora della mattinata
l’orario delle lezioni indicava Autodifesa Ministeriale, il che significava
John Marshal che a sua volta era il garante di guai e sofferenze assicurati.
Alla porta del bagno si precipitò
anche Pansy Parkinson che, dall’altra parte, mancava poco che imprecasse
sguaiatamente contro Ginny.
“Weasley, ti avverto! Se non esci
di lì in meno di due minuti chiamo un Eclitto e gli faccio sfondare la porta!”
Ginny sogghignò apertamente: a
volte la Parkinson poteva essere incredibilmente ingenua e stupida; come poteva
ancora credere che gli Eclitti sarebbero stati ai suoi comodi di ragazzina
viziata. Marshal aveva ampiamente dimostrato la sua intolleranza verso le
famiglie Purosangue vanagloriose, additandole come i sicuri colpevoli di quella
guerra.
“Se foste rimasti in disparte,
accoppiandovi tra di voi come fanno tutte le corrette famiglie nobili
incestuose, non avreste il problema della purezza del sangue e non dovreste
neanche prendervela con i Babbani di nascita.”
Quel breve sprizzo di sensatezza
aveva fatto credere a qualche ingenuo che Marshal disprezzasse i Serpeverde,
etichettandoli tutti come futuri Mangiamorte, e, per contro, apprezzasse le
restanti case e in particolar modo i Babbani di nascita. Ma John Marshal era
del tutto imparziale, anche perché le quattro antiche casate erano scomparse e
non c’era nessun modo di distinguere i Serpeverde dagli altri. Inoltre il sergente
Eclitto dimostrava pari disprezzo a tutti gli studenti, senza discriminare in
base al rango famigliare, il sesso e l’età; per lui era uguale esplodere in una
delle su crudeli ramanzine di fronte ad un nobile ex-Serpeverde del settimo
anno o davanti ad una novellina terrorizzata dal cognome sconosciuto.
In aggiunta al suo pessimo
carattere era sopraggiunto il mistero del capo fasciato. Infatti, a partire dal
terzo giorno d’inizio anno, Marshal, che si era sempre strenuamente rifiutato
di portare il turbante come tutti gli Eclitti, girava per la scuola col suo
tipico ghigno crudele e delle spesse bende sulla testa. Voci di corridoio
sostenevano che fosse rimasto coinvolto in una rissa scatenata da qualche
studente del settimo anno che era rimasto parecchio scontento del suo modo di
insegnare; l’identità dell’aggressore di Marshal era ancora ignota e molti
sospettavano che il ragazzo fosse già stato eliminato per la sua imprudenza, ma
tutti gli studenti erano unanimemente d’accordo nel celebrare il coraggio del
loro misterioso compagno.
“Se sapessero che sono io” aveva
bisbigliato Ron a Ginny durante una controllata permanenza in Biblioteca.
Ginny aveva serrato di botto il
libro che stava leggendo con disinteresse e si era avvicinata al fratello
cercando di parlare a bassa voce “E’ meglio che non si sappia, non ti ricordi
la minaccia di Marshal: ‘Se provi a dirlo a qualcuno ti spezzo anche l’altro
braccio e non solo’.”
“Ma questa minaccia l’ha rivolta
a tutta la classe e poi non potevo fare altro dopo che…” Ron aveva stretto con
foga la mano che ancora poteva muovere. L’altro braccio gli era stato fasciato
al termine della terza giornata e il responso ufficiale dell’Infermeria era
stato: caduta da grande altezza e conseguente frattura delle ossa del braccio
destro. Era da qualche giorno che Ron moriva dalla voglia di confessare a tutti
il segreto del copricapo di Marshal “Chissà che bernoccolo gli è rimasto in
testa se ha bisogno di tutte quelle bende per nasconderlo…”
Ginny si era concessa un leggero
sorriso “Comunque Hermione ha apprezzato il tuo gesto.”
Ron aveva esibito un broncio
scettico “Veramente l’unica cosa che mi ha detto è stata: ‘La tua stupidità è
incalcolabile, Ronald Weasley!’”
Ginny aveva scosso la testa “E’
perché si trovava in un momento di grande sconforto, pensa ricevere un ceffone
da quell’uomo-armadio, e poi è tipico della nostra Hermione criticare tutto
quello che fai, caro Ron.”
“Chi le capisce le ragazze?”
Ginny aveva dovuto utilizzare la
magia per sistemarsi in meno di due minuti, prima che Pansy Parkinson e la sua
vocetta stridula finissero per abbattere la porta del bagno.
Ginny rientrò nella camera
principale con in dosso la divisa della scuola priva di qualsiasi stemma,
completamente grigia e nera.
Pansy Parkinson entrò nel bagno
con uno sbuffo “Perché devo condividere la stanza con una nullità come te?”
Ginny controllò l’orologio a
polso che ormai tutti gli studenti erano costretti a portare per evitare di
violare i rigidi orari imposti da Scrimegour: 7.24.
Aveva ancora sei minuti
abbondanti prima della chiamata a raccolta nella Sala di Raccolta. In un angolo
della stanza Millicent Buldstrode tentava di infilarsi la camicetta di cui un
bottone rischiava pericolosamente di saltare.
Senza indugi Ginny scese nella
sala di ritrovo; quello era l’unico momento della mattinata in cui gli era
concesso di parlare con suo fratello, Hermione e i suoi restanti amici.
Come prevedibile Hermione era già
nella sala a braccia conserte: la ragazza, incline al libero pensiero come
dimostrava la sua ostinazione al progetto C.R.E.P.A., era totalmente scontenta
della nuova condotta del preside e dei professori che preferivano rimanere in
silenzio.
Le due amiche si salutarono
calorosamente; per entrambe sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che
li era stato possibile vedere un volto amico e famigliare.
“Sempre uno schifo da me” esordì
Ginny con un sorriso.
“Ti capisco perfettamente”
ribatté Hermione “Tra McLaggen e gli ex-Serpeverde non riesco a capire quali
siano i più sgradevoli.”
“Finiamola con queste ciance!”
sbraitò l’Eclitto mattiniero che era posto di guardia in un angolo della
stanza.
Hermione trascinò Ginny
nell’angolo più appartato della sala “Forse è meglio che facciamo piano, pare
che questo Eclitto concorra in indolenza con Marshal.”
“Il che è tutto dire” soggiunse
la rossa “Piuttosto, dov’è Ron?”
Hermione si limitò a scuotere il
capo “Proprio non è ho idea. Anche se temo che sia rimasto vittima di qualche
vendetta di Marshal… voglio dire, dopo quello che ha fatto…” si tastò il ventre
nel punto preciso in cui aveva ricevuto il gancio destro di Marshal “… che ha
fatto per me…”
“Quell’uomo!” eruppe Ginny
guadagnandosi un severo rimprovero da parte dell’Eclitto mattiniero
“Quest’intero branco di cani ai comandi di Scrimgeour mi danno sui nervi e
nessuno ha il coraggio di fare o dire niente, neanche i professori.”
Hermione sospirò lungamente “Non
puoi biasimarli, una figura potente come Scrimgeour è capace di fare un
radicale lavaggio del cervello. Inoltre i professori sono vincolati
all’ubbidienza del preside da un contratto, se si ponessero contrari alle
iniziative di Scrimgeour, quell’uomo non ci penserebbe due volte prima di
licenziarli e di questi tempi Hogwarts è il luogo più sicuro dove ripararsi da
Voldemort e dai Mangiamorte.”
“Chi può dirlo con certezza”
mugugnò Ginny.
Una voce ribelle scese per la
rampa di scale che conducevano al Dormitorio Maschile “Sto scendendo, sto
scendendo…”
Hermione seguì con apprensione il
ragazzo dai folti capelli rossi trattenuto a viva forza da John Marshal. Il
sergente Eclitto sembrava sinceramente divertito nello strattonare il braccio
fasciato di Ron, ricevendo in cambio mugugni di dolore.
“Quell’uomo…” sibilò Ginny a
denti stretti.
“Credo che il preside e ministro
Scrimgeour abbia già ribadito eccessivamente l’importanza della puntualità
riguardo alla tabella di marcia stabilita, non ho forse ragione, rosso?”
quindi Marshal soggiunse “Non voglio fare certo la parte del soldato tirannico
nel maltrattare un andicappato – lanciò un fugace sogghigno al braccio rotto di
Ron – ma d’altronde non è colpa mia se sei caduto dalle scale spezzandoti un
braccio. Non ho forse ragione, rosso? E’ forse colpa mia se hai il
braccio bendato?” ripeté il sergente Eclitto sottintendendo non troppo velatamente
una terribile minaccia.
Tutta la sala era concentrata sulla disputa tra i due.
Ron sussultò, o per le fitte al
braccio bendato, o per l’impulso trattenuto di saltare addosso a Marshal “No,
non è colpa sua, signore.”
“Ben detto, ragazzo” senza troppa gentilezza, Marshal
diede una bonaria pacca sulla spalla a Ron facendolo scendere repentinamente di
parecchi gradini.
“7.35” annunciò l’Eclitto
mattiniero “Tempo disponibile per l’arrivo in Sala di Raccolta dei Dormitori:
scaduto. Seguitemi in Sala Grande per la colazione delle 7.40.”
Il massiccio gruppo di studenti,
che comprendevano tutti gli allievi dal quinto anno in su, procedette a passo
di marcia silenziosa lungo i corridoi della scuola invasi da Eclitti e Auror,
appostati ad ogni angolo.
Ginny salutò Hermione e non ebbe
neanche il tempo di verificare le condizioni fisiche di suo fratello che fu
sballottolata al tavolo da un possente Auror parecchio intransigente. Il pasto
di estrazione continentale che comprendeva un uovo sodo, conflex calorici con
latte scremato e un impasto che all’avviso degli Eclitti serviva a potenziare
le capacità fisiche e mentali, venne consumato nel più totale silenzio.
Quando l’enorme orologio a
pendolo affisso alla parete principale della Sala Grande, esattamente sotto lo
stemma di Hogwarts, scandì le 7.50 con un potente rintocco, i vassoi di metallo
della colazione e tutto il cibo avanzato sparirono all’istante assieme alle
posate: era capitato a più di un ragazzo che era in procinto di degustare la
misteriosa brodaglia degli Eclitti, di sentirsi evanescere tra le labbra il
boccone che aveva appena inforcato col cucchiaio.
“5 minuti per il ritiro della
posta. Tutto il materiale che avanzerà verrà bruciato!” gridò una voce
autorevole e severa.
Si formò un’ordinata fila indiana
dietro al tavolo dei professori dove era esposto tutto ciò che fosse stato
inviato agli studenti via gufo dai propri genitori e che era riuscito a
superare il controllo degli Eclitti; quindi gli oggetti non abbondavano dato
che Scrimgeour preferiva prevenire un possibile danno buttando via tutto ciò
che non fosse cartaceo.
Ginny sbirciò verso il tavolo dal
punto della fila in cui era incolonnata: poteva vedere solo giornali. Gli
articoli più ricercati erano i quotidiani, in special modo la Gazzetta del
Profeta, ma qualcuno sembrava aver ordinato anche dei giornali babbani e il
Cavillo.
Conclusi i cinque minuti
disponibili non tutti riuscirono a terminare la fila per ritirare la propria
posta e si diffuse un sommesso borbottio quando un Eclitto ammucchiò tutti gli
oggetti rimasti sul tavolo e li diede fuoco con un incanto Incendio
controllato.
Per fortuna, Ginny era riuscita
ad arraffare una Gazzetta del Profeta e una lettera della sua famiglia che
confermava il benessere di tutti e riportava commenti divergenti sulla
relazione matrimoniale di Fleur e Bill. La Gazzetta del Profeta riportava
notizie molto meno consolanti: La trentesima vittima nel Whiltshire:
possibile coinvolgimento di un branco di Lupi Mannari guidati dal presunto
Mangiamorte Fenrir Greyback. La versione ufficiale dei Babbani è stata ‘ampia
proliferazione di Serial Killer dovuta all’inefficienza del Primo Ministro.’
“8.50. Cinque minuti per giungere
nelle classi desiniate alle rispettive materie della prima ora.”
Ginny ripiegò il giornale con un
sospiro, Harry, non ti stai perdendo niente qui a Hogwarts.
La ragazza salutò Ron e Hermione
e fu costretta ad imboccare la tromba di scale mobili che l’avrebbero portata
fino al secondo piano dove, ad attenderla, c’era la prima lezione della
giornata. Durante il tragitto Ginny rilesse più volte la materia indicata come
prima; Ci deve essere un errore, pensò, tuttavia quasi certa che dietro
ci fosse lo zampino di Scrimgeour, io non ho chiesto di proseguire
Trasfigurazione dopo i G.U.F.O..
Ginny, infatti, nonostante il suo
Oltre Ogni Aspettativa pieno in Trasfigurazione, aveva preferito dedicare la
maggior parte delle ore scolastiche allo studio e alla pratica del
combattimento, quindi Difesa Contro le Arti Oscure; se solo avessi saputo
che Scrimgeour l’avrebbe rimpiazzato con quella buffonata di Autodifesa
Ministeriale…
Alla porta dell’aula di
Trasfigurazione la attendeva la Professoressa McGranitt con aria scura e
preoccupata. Aveva in mano una pergamena dall’aria ufficiale.
“Il signor Ministro e Preside Scrimgeour così dispone”
cominciò la professoressa in tono incolore “Chiunque si comporti in modo non
idoneo al nuovo regolamento scolastico verrà punito con una detenzione che avrà
una durata proporzionata al grado di insubordinazione mostrato durante le
lezioni. I professori sono tenuti a rispettare i programmi consigliati dal
Ministero e anche una loro intransigenza o deviazione dal percorso scolastico
verrà punita; la punizione estrema sarà il licenziamento così come per gli studenti
l’espulsione. Vi auguro un buono studio, Rufus Scrimgeour.”
C’era qualcosa di velatamente
ironico nell’augurio di Scrimgeour e Ginny ne fu certa quando, entrando in
classe, lo sguardo indugiò sui quattro Eclitti dal volto minaccioso appostati
agli angoli della stanza. Anche Minerva McGranitt parve inizialmente sorpresa
dalla presenza dei soldati di guardia, ma li licenziò subito con un sorriso
amaro. Si accomodò alla cattedra e attese che i suoi studenti prendessero posto
ai banchi che, a differenza degli anni precedenti, erano singoli.
“Molti di voi saranno sorpresi di
vedermi” “ma non c’è alcun errore. Il Ministro Scrimgeour ha imposto alcune
materie obbligatorie e tra queste c’è Trasfigurazione, sebbene il programma del
Ministero sembri più propenso alla pratica della Trasfigurazione da
combattente…”
“Ehm, ehm” uno degli Eclitti di
guardia tossicchiò marcatamente, rivolgendo uno sguardo persuasivo alla
professoressa.
“Dunque” continuò la McGranitt
come se fosse stata interrotta “Cominciamo. Aprite le scatole sui vostri
banchi.”
Ginny sbirciò sul proprio
tavolino e notò una scatola di dimensioni ridotte nell’angolo sinistro. Lo aprì
e ne estrasse un chiodo piuttosto spesso. Molti dei compagni presero a
guardarsi intorno, reggendo nel palmo della mano il pezzetto di ferro.
“Il primo obiettivo della
settimana è il seguente” la professoressa diede una rapida occhiata alla
pergamena siglata con il marchio del Ministro e, per un attimo, le rughe sul
suo volto parvero accartocciarsi “Dovete trasfigurare il chiodo in un coltello
con un manico di circa 6 cm e una lama di 10 cm per cominciare.”
Un borbottio si diffuse per la
stanza ma venne immediatamente placato dagli sguardi biechi che i quattro
Eclitti lanciarono per tutto il locale.
Potevano andare più sul
sottile, pensò Ginny mentre agitava la bacchetta contro il proprio chiodo, così
i loro intenti sono troppo ovvi e mi pare inutile opporsi, quella missiva di
prima è stata fin troppo esplicita.
Passarono trenta minuti
abbondanti prima che tutti gli studenti riuscissero ad ottenere un coltello
dalla lama abbastanza tagliente da scalfire il metallo. La professoressa
McGranitt, solitamente disponibile nell’aiutare i propri alunni in difficoltà,
era rimasta alla cattedra ad analizzare il programma scolastico fornito dal
Ministero; più di una volta i suoi occhi si erano allargati per lo stupore.
“Bene” disse la McGranitt a
fatica, quando anche l’ultimo dei suoi studenti strinse tra le mani un coltello
trasfigurato “Ora dovete trasfigurare il medesimo chiodo in un coltello con le
medesime dimensioni, ma la lama dovrà essere seghettata” concluse la donna
trattenendo a stento un singulto.
Gli Eclitti agli angoli non la
mollavano un secondo: i loro occhi indagatori erano costantemente puntati sulla
professoressa.
Ginny ritrasfigurò il coltello in
un chiodo, sentendo un forte fiotto di sangue che le saliva al cervello, Impensabile.
Gli studenti incontrarono più
difficoltà nella seconda trasfigurazione; gli Eclitti sembravano spazientiti.
“Impegnatevi” gridò uno dei
quattro facendo sobbalzare tutti, inclusa la professoressa “Chi riuscirà a
compiere perfettamente la Trasfigurazione entro la fine dell’ora riceverà un
surplus di punti bonus per la propria squadra.”
“Ma a cosa serve” bisbigliò
Ginny, pressando il chiodo tra le proprie dita “A cosa serve farci imparare una
trasfigurazione del genere?”
L’Eclitto sorrise sinistramente
“Trasportabilità. Le armi magiche non sono le nostre uniche risorse; anche
l’utilizzo di armi da taglio si presta all’attacco e alla difesa. E’ piuttosto
sconveniente trascinarsi sul campo di battaglia una dose eccessiva di armi da
taglio che possono pesare molto e occupare troppo spazio. Se imparate a
trasfigurare questi piccoli chiodi direttamente sul campo, potrete avere a
disposizione una grande quantità di coltelli che, secondo le eventualità, si
posso ritrasfigurare in chiodi dal facile trasporto. Chiaro il concetto?”
E’ chiarissimo, ci volete
trasformare in cagnolini al vostro servizio, mi spiace tanto ma io non ho
nessuna intenzione di infoltire le vostre schiere di leccapiedi del Ministro,
si limitò a pensare Ginny, mordendosi la lingua.
L’ora di Trasfigurazione si
concluse con un completo insuccesso: dopo le motivazioni fornite dall’Eclitto,
nessuno si era voluto impegnare per portare a termine la consegna; di questo la
McGranitt fu molto rasserenata. Anche se Ginny, uscendo dall’aula, osservò più
accuratamente la professoressa: stava assorta con lo sguardo per aria, come se
non vedesse nulla, gli occhi velati, quasi annebbiati.
Dopo le due ore di
Trasfigurazione, arrivò la lezione più intollerabile di tutte: Autodifesa
Ministeriale. Ginny poteva avvertire un’evidente tensione tra i suoi compagni
che già ipotizzavano centinaia di sadici esercizi a cui li avrebbe sottoposti
Marshal.
All’interno dell’aula di
Autodifesa Ministeriale, in assoluto la più grande di tutte, l’agitazione era
palpabile. L’enorme stanzone, completamente sgombro di banchi e cattedra, era
occupato solo da John Marshal che, accanto alla porta lanciava per aria un
pugnale, facendolo roteare, e poi riacciuffandolo per la lama con due dita.
In fondo all’aula erano posti
tredici bersagli delineati da cerchi concentrici neri e bianchi. Su un tavolino
accanto ai bersagli era accumulato un mucchio di chiodi.
“Oggi impareremo a lanciare i
coltelli” esordì Marshal sardonico, continuando a giocherellare con il pugnale
“Chi è in grado di farlo, prenda uno di quei chiodi e lo trasfiguri in pugnali
e al resto ci penserò io.”
Ginny sogghignò; tutto ha un
senso ora, il piano di Scrimgeour è fin troppo evidente.
L’ipotesi di Ginny ebbe conferma
anche nelle ore scolastiche successive. Dopo la fine di quell’estenuante ora di
lancio coltelli durante la quale più di uno studente aveva rischiato la
tachicardia mentre Marshal, roteando il pugnale, lo minacciava di usarlo come
bersaglio, ci fu una lezione obbligatoria di Incantesimi che insegnava una
versione potenziata del Diffindo e la creazione di scudi protettivi abbastanza
potenti da reggere all’impatto di un’arma contundente. L’ora di Erbologia era
strascorsa nella ricerca e l’impasto di un unguento per la cura di ferite da
armi da taglio. Le altre lezioni della giornata erano state tutte le medesimo
stampo: utilizzo e difesa da coltelli.
I pomeriggi erano intervallati da
brevi momenti di ricreazione, controllati da schiere di Eclitti; Ginny aveva
avuto a stento l’opportunità di parlare con suo fratello e Hermione, ingabbiata
com’era nel suo gruppo di acidule ex-Serpeverdi. Persino ad ogni angolo
dell’immensa biblioteca di Hogwarts era appostato un soldato con immensa
soddisfazione di M. Prinse che finalmente vedeva rispettato il silenzio.
Le giornate erano proseguite così, una uguale all’altra
fino a Dicembre, mentre fuori dalla roccaforte di Hogwarts Voldemort e i suoi
seguaci assoldavano Mangiamorte, devastavano quartieri babbani e uccidevano
chiunque si rifiutasse di unirsi al loro gruppo. Forse solo in vista del Natale
Scrimgeour avrebbe allentato le redini per permettere ai suoi studenti un
attimo di tregua da quell’interminabile routine.
*^*^*^*^*^
Hogwarts, 16 Dicembre
[Preparativi
per la Festa]
Hermione accostò alle labbra la sua tazza di the,
godendosi la pace che poteva trovare solo a quell’ora del mattino, quando
tutti, inclusi i professori, erano ancora a godersi gli ultimi momenti di
tepore sotto il piumino dei loro letti; anche lei avrebbe potuto comportarsi
nello stesso modo, ma ad Hermione piaceva alzarsi presto e osservare il cielo
mattutino della Scozia grazie al magico soffitto della Sala Grande.
Così anche quella mattina si era
alzata presto, si era recata nelle cucine litigando – come sempre –con Dobby
(che riempiva di ogni carineria possibile quelli che lui chiamava ‘gli amici di
Harry Potter, signore!’) e qualche altro elfo domestico per prepararsi da sola
un po’ di the, finendo – come sempre – per arrendersi pur di non vederli
tristi. Non aveva rinunciato alla C.R.E.P.A., ma non poteva permettersi di
pensarci troppo in quel momento, doveva impregnarsi per raccogliere
informazioni utili per capire dove fossero gli Horcruxes, studiare per i
M.A.G.O. e per essere capace di difendere se stessa e quelli che più amava… lei
aveva deciso di seguire la giusta causa e di stare vicino a Harry e a… Ron.
Quello stupido, imbranato,
dolcissimo Ronald Weasley.
Hermione emise un gridolino e
appoggiò velocemente la tazza sul tavolo, cominciando a soffiare sulla propria
lingua ustionata e prendendo a mangiare un biscotto per calmare il bruciore.
Una piccola risata dietro di lei la fece girare; i suoi lunghi capelli ricci le
caddero su un’unica spalla mentre salutava con un’occhiataccia Neville che si
sedette vicino a lei, un poco imbarazzato.
“Oh, scusa Hermione, non volevo
essere maleducato, è solo che… eri buffa.” L’ex-Grifondoro le fece un piccolo
sorriso e sulle sue guance apparvero due piccole fossette che Hermione trovava
adorabili su Neville e che gli davano quell’aria un po’ ingenua e tenera che lo
rendeva incredibilmente amichevole… chi avrebbe potuto far del male ad un
ragazzino così… innocente? Hermione si era sempre chiesta cosa poteva aver
significato per Neville aver vissuto sapendo che i suoi genitori non sarebbero
stati mai più come tutti gli altri, che per loro erano estranei qualunque; per
l’aspetto goffo era sempre stato oggetto di burle ad Hogwarts, era troppo
timido per dichiararsi ad una ragazza o anche solo corteggiarla e gli unici
amici che aveva erano il suo rospo Oscar, le sue piante, e se stesso. Neville
meritava qualcosa di più.
Hermione si ripromise di
parlargli più spesso, d’ora in poi.
Gli sorrise piano. “Non ti
preoccupare Neville,” ridacchiò un poco “in effetti dovevo essere parecchio
buffa. Allora… che ci fai qui a quest’ora del mattino?”
Neville arrossì. “Oh, io… sono
andato in Guferia.”
Hermione inarcò un sopracciglio.
“In Guferia a quest’ora? È vietato.” Fece notare solamente, sorpresa
dell’audacia del ragazzo. D’altronde, già al quinto anno Neville aveva
dimostrato di possedere coraggio al Ministero, e di impegnarsi fino ad imparare
nell’E.S. gli incantesimi che Harry aveva loro insegnato, per non parlare di
quella volta che al primo anno aveva cercato di fermare lei, Harry e Ron
dall’andare alla ricerca della Pietra Filosofale.
Neville annuì piano, chinando il
viso sul tavolo, chiaramente a disagio.
“Non sei obbligato a dirmi niente,
Neville.” Disse Hermione dolcemente allungando verso di lui il piccolo vassoio
di dolcetti che le avevano regalato gli Elfi Domestici. “…vuoi un biscotto?”
Neville annuì con un sorriso e ne
prese uno, addentandolo. “Grazie, Hermione” la ragazza gli sorrise ancora di
più, facendolo imbarazzare. “E di che?”
“Per essere così gentile con me,
anche quando l’altro giorno sei intervenuta zittendo le mie compagne di
gruppo.” Spiegò il ragazzo, continuando ad evitare il suo sguardo.
“Era ciò che ogni Grifondoro
avrebbe fatto per un altro Grifondoro” spiegò Hermione “si chiama cameratismo,
o amicizia.”
Neville le sorrise. “Oh, allora…
grazie per essere mia amica, Hermione. È… è fantastico, davvero.”
La ragazza si intenerì
all’istante. Neville era davvero dolcissimo, un ragazzo d’oro e lei era felice
di essere ufficialmente una sua amica, e non più una semplice compagna di Casa,
soprattutto ora che di Case non si poteva più parlare. In effetti, Neville era
sempre stato ammesso alla sua cerchia di amici, ma il concetto di amicizia era
sottinteso, labile. Ma ora Hermione sapeva bene che il segreto per vincere la
guerra era rimanere tutti uniti, avere più alleati possibili, riuscire ad avere
la fiducia degli altri.
Gli occhi scuri di Neville
andarono verso la porta, e poi spiarono la Sala Grande, sospettosi e perplessi,
poi il ragazzo si chinò un poco verso di lei. Hermione si accorse solo allora
che quell’estate era cresciuto di almeno cinque centimetri e che si era
snellito. “Ho portato illegalmente Nemo.” Bisbigliò il ragazzo “Ho dovuto
nasconderlo, quando ho saputo che avrebbero controllato le valigiee che non era possibile tenere null’altro
che un unico animale in stanza.”
La ragazza rimase interdetta, poi
si chinò anche lei in un atteggiamento cospiratore. “Chi è Nemo?” domandò in un
sussurro.
Neville divenne entusiasta. “E’
un regalo della nonna per il mio scorso compleanno! Da quando ho combattuto al
Ministero mi riempie di complimenti e di coccole!” esclamò, vergognandosi poi
per la sua dichiarazione e controllando che nessuno avesse sentito. Hermione
trattenne una risata.
“Chi è questo misterioso Nemo,
allora?” incalzò ancora, incuriosita.
“E’ una rarissima Begonia
Subnolenta ” spiegò Neville con energia, felice di poter dimostrare ad
Hermione i risultati di un’estate passata su libri di Erbologia ed escursioni
fuori dalla casa di campagna alla ricerca di piante “un bellissimo esemplare.”
“Non ricordo di questa Begonia…
che proprietà magiche ha?” si informò la ragazza, appoggiando il mento sul
palmo della mano.
“Di solito è usata come
tranquillante o, in dosi più massicce, come vero e proprio sonnifero, facendo
una pozione con il suo polline… ma è soprattutto molto bella. Dovresti vedere
che magnifico colore rubino hanno le sue foglie e che corolla scura attorno ai
petali blu! Un vero e proprio mix di colori esotici… infatti, è originaria del
Mediterraneo, dove fa più caldo, sai…”
Hermione inarcò un sopracciglio.
“Ma non fa troppo freddo qui?”
Neville sorrise raggiante. “Sì,
normalmente, ma nella Guferia c’è un caldo infernale, è circondata da paglia e
animali (che non la mangiano perché i petali sono velenosi, come indica il loro
colore)… l’unica cosa devo annaffiarla ogni tre giorni… è per questo che oggi
sono andato a trovare Nemo.” Neville esitò, trattenendo quasi l’aria che
respirava. “Non lo dirai a nessuno il mio segreto, vero Hermione?”
“Non ti preoccupare” lo rassicurò
subito Hermione con un sorriso. “Sei al sicuro con me. E poi ormai sono anni
che non seguo più le regole, tutta colpa di Ron e Harry…” scherzò strappando
una risatina al ragazzo.
“Hanno avuto una cattiva
influenza, eh?… sai… mi mancano i vecchi tempi. Hogwarts non è più la stessa, e
poi non vado d’accordo con nessuno nel mio gruppo.”
Hermione annuì. “Neanche a me piace.
Trovo l’atmosfera tesa e quasi una sensazione di claustrofobia o di avere
sempre qualcuno che mi guarda le spalle…”
Neville sospirò, affondando il
viso tra le braccia conserte e con gli occhi scuri che vagavano vuoti per la
Sala Grande. “Non c’è più nemmeno l’aria di Natale… ti ricordi Hermione? In
questo periodo Hagrid tagliava un enorme abete e lo posizionava proprio laggiù”
indicò con gli occhi un angolo della Stanza “c’era il professor Vitious che
levitava gli addobbi e i fantasmi vagavano appendendo ghirlande di
quadrifoglio… e poi mi ricordo che Pix si divertiva ad andare in giro con uno
stupido vischio per far baciare chiunque si odiasse vicendevolmente…” Neville
si fece scappare una risatina “Mi è tornato in mente quando hanno dovuto
baciarsi Cho Chang e Colin Cannon, proprio l’anno scorso… povero Colin, era
terrorizzato, mentre Cho ha fatto una faccia…!” anche Hermionerise.
“Non lo sapevo…”
Neville sospirò di nuovo, giocherellando con le dita.
“Mah… farei qualsiasi cosa per avere una piccola festicciola di Natale, con
dolci e decorazioni, e persone che chiacchierano ridendo… la guerra ha rovinato
anche il Natale…”
Il cuore di Hermione si strinse
per la tristezza quando si rese conto che Neville aveva ragione: con la seconda
Guerra Magica era scomparsa la tradizionale allegria e spensieratezza che
accompagnava Hogwarts almeno in quel periodo dell’anno. Se solo ci fosse stato
un modo per…
“Ma certo!” Neville scattò di
colpo a sedere dritto, spaventato dal gridolino eccitato di Hermione. “Neville,
sei un genio!” si complimentò la ragazza schioccandogli un bacio sulla guancia.
Neville si fece paonazzo.
“Ma che…?”
Hermione gli rispose ridendo.
“Forse riusciremo ad avere un piccolo assaggio del Natale anche qui, Neville,
ora devo andare…” spiegò brevemente Hermione, finendo di un botto la sua tazza
di the e rubando dal vassoio un paio di biscotti. “Devo andare da Ron… ci
vediamo in giro!” Hermione sventolò la mano e Neville la vide svanire dietro la
porta della Sala Grande, lasciandolo inebetito.
Hermione correva attraverso i
corridoi, facendo attenzione a non incappare in nessun Auror o Eclitto di
guardia, e, con discrezione, si lanciò per i dormitori maschili dei ragazzi del
Settimo Anno (divisi per età e sesso). Salì velocemente le scale, inciampando
in qualche ragazzo appena sveglio che la guardava stupito, fino a quando non
vide Ron seduto sul proprio letto, intento a stropicciarsi gli occhi ancora
assonnati, i capelli rossi che assomigliavano a quelli di Harry tanto erano
spettinati (senza però superare il record di Potter) e con addosso solo i
pantaloni del pigiama e una canotta.
“Hermione!” esclamò il ragazzo
concitato, arrossendo. “Che ci fai qui?” si affrettò a domandare, imbarazzato e
perplesso.
“Ho appena parlato con Neville,”
cominciò Hermione, mettendosi davanti a lui “e ho avuto una grande idea! Che ne
dici di preparare una piccola festicciola di Natale nella Stanza delle
Necessità?” Ron la guardò perplesso.
“Ma non è stata chiusa?” domandò
il rosso, interessato. Era stufo di dover andare sempre in giro con la sua
combriccola, specie se doveva trattenersi dal spaccare la faccia all’ex
fidanzato di Ginny Michael Corner.
Hermione scosse la testa, facendo
danzare i lunghi riccioli bruni. Neanche a dirlo, Ron li adorava quei capelli:
selvaggi e semplici. Quante volte gli sarebbe piaciuto tastarne la morbidezza?
Erano ispidi, soffici, setosi?
“No, Harry c’è stato l’altro
giorno c-” Hermione si morse il labbro. Ron la guardò interrogativamente e lei
decise di non dirgli che Harry c’era stato con Ginny per ‘rilassarsi’ dopo ore
di studio davanti a tomi impolverati e antichi. “Beh, insomma, mi ha detto ieri
che non l’hanno sigillata, non si sa il perché. La Umbridge gli avrà detto
sicuramente del passaggio…”
“Non è un po’ troppo… imprudente
fare una festa?”
“Eddai” Hermione esibì due
perfetti occhi da cerbiatta “solo una festicciola tra pochi intimi, potremo
esprimere il desiderio che essa sia anti-cattura mentre siamo dentro…”
Ron sospirò, ma sorrise. “E va
bene, ciò che Hermione Granger desidera, avrà.” La ragazza emise un grido di
gioia soffocato e gli buttò le braccia al collo, travolgendolo con la forza del
suo abbraccio e quando riaprì gli occhi si accorse di averlo buttato sul suo
letto con lei sopra. Hermione sentì le guance scottare terribilmente.
“Oh, scusami” si affrettò a dire,
scostandosi e arrossendo. Ron si mise a ridere e le accarezzò piano i capelli,
facendo si che le sue guance diventassero di una tinta più scura di quella che
già avevano.
“Per cosa?” domandò retoricamente
il rosso, con un sorrisetto malizioso. “Hai avuto una splendida idea, e il tuo
entusiasmo mi sta contagiando. Il mio Natale sarà meno tenebroso, grazie a te,
Hermione.” La ragazza perse un battito. No, il cuore aveva ripreso a batterle
furiosamente quasi volesse saltarle fuori dal petto.
I suoi riccioli sono morbidi…come
immaginavo…
“Quando cominciamo coi
preparativi?”
*^*^*^*^*^
Covo di Lord Voldemort, 17 dicembre
[Preparativi
per l’Attacco]
Darcy Donovan era in ginocchio,
affiancato da Severus Piton e Greyback nella medesima posizione.
Ad un cenno di capo del Signore
Oscuro, tutti e tre si alzarono contemporaneamente aspettando di venire a
conoscenza della convocazione.
Donovan nascose sotto la maschera
una smorfia di disgusto, percependo chiaramente l’odore selvatico e nauseabondo
di Greyback.
Mangiamorte… un gruppo a cui
decisamente non appartengo.
Sempre così rozzi, perversi,
tozzi. Non si adattavano ad un uomo della sua importanza e della sua
raffinatezza, ma per il momento doveva sopportarli e starsene zitto ad obbedire
agli ordini di Lord Voldemort. Naturalmente, non per sempre. Non era nella
natura di un Donovan stare ai comandi di qualcuno.
“Ci ha chiamato, mio Signore?”
domandò Seversus Piton.
Il Signore Oscuro sogghignò
mellifluamente. “Sì Severus. Dato la buona riuscita delle vostre ultime
missioni, voglio fare di te, Greyback e Darcy coloro che guideranno la prossima
missione.”
Darcy si accigliò un poco. Lui che collabora con quel
fetido di Greyback e quel viscido di Piton?
La dura vita del subordinato, uh?
Non vedo l’ora che questo finisca.
“Quale missione la spinge a porre
a capo ben tre comandanti?” domandò Donovan senza però risultare acido. La sua
voce era incolore e indifferente, come lui.
Le labbra di lord Voldemort si
arricciarono come al solito in una smorfia serpentina e maliziosa.
“Distruggeremo Hogwarts.”
Qualche attimo di silenzio
impregnò la Sala Regia del covo dei Mangiamorte, pochi istanti in cui il
cervello di Donovan cominciò a meccanizzare quell’ardua impresa: espugnare
Hogwarts avrebbe significato imporre una grave sconfitta al Ministero e agli
Auror e ridurre in ginocchio l’intera Comunità Magica, materialmente quanto
spiritualmente. Lord Voldemort aveva pianificato da tempo tutto questo, nei
minimi dettagli.
“Cosa dobbiamo fare?” esclamò Greyback senza trattenere
l’eccitazione per la battaglia. Donovan poteva già immaginare il semplice
circuito mentale del Licantropo al suo fianco: Battaglia – Ragazzini –
Sangue.
Bestia.
“Impaziente Greyback, uh?”
“Sempre, quando si tratta di
obbedire ad un suo comando.”
Il Signore Oscuro sembrò gradire
quell’uscita, perché sorrise lascivo al Mangiamorte; gli affidò il compito che
sapeva Greyback desiderava. “Greyback: tu ti occuperai del primo assalto con la
tua squadra di Lupi Mannari. Non mi interessa come, ma dovrai muovere un impeto
contro gli Auror e gli Eclitti che sorvegliano dal fuori Hogwarts,
possibilmente riuscendo ad entrare nella scuola. Dopodiché, beh, i ragazzini
sono tutti tuoi. Non mi interessano.”
Greyback ululò piano senza
nascondere l’eccitazione e chinò il capo, leccando piano i baffi grigi. “Non
vedo l’ora, mio Signore.”
“Severus” Piton fissò Voldemort
in silenzio, in attesa di istruzioni “Voglio che tu ti occupi di rapire il carissimo
Scrimgeour e di lasciare al suo posto il cadavere di quella insulsa
Mezzosangue. Comincia a puzzare.”
Piton annuì silenziosamente e
Donovan pensò nuovamente che quel Mangiamorte era il più viscido e il più
pericoloso di tutti; perché era intelligente e lui era dell’opinione che
la sua stessa sopravvivenza dipendeva dal superare persone come Piton.
“Ed io, mio Signore?” domandò
Darcy fissando cautamente Voldemort negli occhi rossi e serpentini, senza
abbassare i suoi.
“Farai da spalla a Severus
aiutandolo nell’operazione. Ci vuole un gruppo scelto per superare i vari
ostacoli che avranno architettato gli Auror per tenersi stretto il loro Ministro.”
Una risata crudele e sarcastica uscì dalle labbra sottili, quasi inesistenti,
di Lord Voldemort, l’ilarità dovuta all’immagine di Scrimgeour sorridente,
credendosi protetto nel suo nuovo rifugio.
Donovan annuì, abbassando la
testa. Meglio non sfidare la pazienza di Voldemort.
“Come faremo ad entrare?” domandò
poi, informandosi sul piano.
Un sibilo profondo e quasi
musicale risuonò nella Sala. “Nagini” Voldemort sorrise al rettile che
si acciambellò ai suoi piedi, squadrando con le pupille serpentine i tre umani
di fronte a lei, sibilando piano. Voldemort ghignò ampiamente “Esatto piccola
mia: fra poco avrai un figlioletto da curare, contenta?” il serpente sibilò in
risposta.
Internamente, Donovan rabbrividì
di disgusto. E cosa intendeva con ‘figlioletto’? Un altro serpentone per i
corridoi di quel postaccio?
Lo stomaco di Darcy si chiuse al
pensiero. Quanto gli facevano schifo gli esseri viscidi. Come Nagini, Piton e
Voldemort stesso.
“La grassona è servita a
qualcosa. Ora consociamo i passaggi segreti di Hogwarts; sarà facile per voi
infiltrarsi mentre fuori infuria la battaglia contro i Lupi Mannari di
Greyback.”
Un diversivo efficace,
dovette ammettere Donovan. D’altronde, si disse, Voldemort non è uno
stupido.
“E mentre voi vi occuperete del
caro Ministro” continuò Voldemort accarezzando le squame di Nagini con uno
sguardo quasi lascivo, “Bellatrix e Rodulphus andranno nella Camera dei Segreti
a recuperare l’uovo di Basilisco che c’è al suo interno. Noi non vediamo l’ora,
vero carissima?” sibilò, mentre Nasini rispondeva facendo uscire la sua lingua
biforcuta.
Donovan si irrigidì impercettibilmente.
“Se anche i Lestrange sono a capo di un gruppo di assalto, come mai non sono
qui?”
Voldemort continuò ad accarezzare
il serpente, mentre Greyback lo guardò come per rimproverargli una qualche
mancanza di rispetto.
Lupetto, io non sono mai alle
complete dipendenze di nessuno. Non sono un pupazzo, al contrario di te.
“Bella e Rodulphus sono a
compiere una missione per conto mio. Ho già spiegato loro come dovranno fare.
Mi mancate voi da istruire. Qualcosa in contrario, Donovan?”
Darcy sostenne il rosso delle
pupille di Voldemort, ma chinò il capo rispettosamente. “Niente, mio Signore.
Mi scuso se è sembrato che vi mancassi di rispetto.”
La tensione si smorzò
rapidamente.
“Bene. Ora, i particolari ve li
spiegherò più avanti. Per ora, Darcy si occuperà di scegliere gli uomini adatti
per i vari compiti.” Voldemort sogghignò “E voglio che tu stabilisca ciò
attraverso un Torneo interno. È da tanto che non ho il piacere di dilettarmi al
Club dei Duellanti.”
Donovan annuì. “Bene. Quanti
Mnagiamorte per gruppo?”
“Una quindicina per affiancare
Bellatrix e Rodulphus, in cui è incluso Marcus Harker. Una ventina per rapire
Scrimgeour, e voglio un uomo forte a guidare il gruppo che sostituirà il corpo
della grassona con quello del Ministro mentre voi ve ne andate con
quest’ultimo.” Donovan annuì obbediente e attento “Ah, la Drake e il giovane
Malfoy avranno l’incarico di andare ad avvisare i ragazzini Serpeverde del
nostro attacco e per portarli sani e salvi al Covo” Voldemort sorrise con
cattiveria “Non vorrei mai che andassero perduti i futuri Mangiamorte! Come
potrei sopportare il volto piangente dei genitori?” la voce era piena di
sarcasmo, e falsata quasi come se il Signore Oscuro stesse trattenendo una
risata.
“Bene” ripeté Donovan. “Qualche
ordine speciale per il Torneo?”
“No. È affar tuo, l’importante è
che sia un grande spettacolo per me.”
Il Mangiamorte si inchinò appena.
“Ne sarete soddisfatto” promise, e si voltò facendo oscillare attorno alle
gambe il lungo mantello.
Greyback e Piton si congedarono
poco dopo. Nagini strusciò il muso sul palmo di Lord Voldemort che fissava il
portone da cui erano usciti i suoi subordinati.
“Neanche io mi fido totalmente di
lui, ma è bravo nel suo lavoro e ha un lato oscuro che mi diverte
profondamente.” Nagini fissò perplessa il portone e poi Voldemort che le
sorrise appena “E poi, io non mi fido di nessuno. Men che meno di Doppio
Dolore.”
*
“– per mettervi alla prova, ecco
perché abbiamo indetto questo Torneo.” Concluse Doppio Dolore sovrastando la
folla che mormorava fittamente.
Cortess sghignazzò malignamente,
scroccando le dita delle mani insieme con fare minaccioso. “Era ora. Ci voleva
un po’ di sano movimento.”
Samantha, poco lontano, storse il
naso e si voltò verso Draco il quale fissava senza emozioni Darcy Donovan, ma,
nonostante il suo sguardo fosse freddo, il suo corpo irrigidito tradiva un
certo nervosismo.
Samantha lo comprendeva bene:
anche a lei non allettava l’idea di dover fronteggiare uno qualunque dei suoi
colleghi, sapendo troppo bene di come Donovan avrebbe lasciato usare trucchetti
e incantesimi di qualunque genere, tranne quelli mortali.
“Silenzio.” Al comando, tutta la
Sala Regia si zittì e l’attenzione altissima era rivolta ancora a Doppio
Dolore, in piedi a pochi gradini lontano dal trono del Signore Oscuro, che
sorrideva a nessuno in particolare ma all’idea di ciò che sarebbe successo tra
poco.
“I duelli saranno disputati tra
coppie; il giudice sarò io. Non è un torneo ad eliminazione per trovare un
campione, ma una specie di test; tuttavia non prendetelo alla leggera: dalle
vostre prestazioni dipenderanno i vostri ruoli nella prossima missione, che sta
molto a cuore al Signore Oscuro, ancor più dell’attacco ad Azkaban e al
Ministero” Donovan fece una pausa e tutti stettero col fiato sospeso, pendenti
dalle sue labbra. Darcy Donovan sorrise appena. “Attaccheremo Hogwarts nel
periodo preferito degli studenti: Natale.”
Un mormorio confuso, risate e
commenti di vario genere, per lo più divertiti, si diffusero nella Sala.
Samantha cercò istintivamente lo sguardo di Draco, ma non lo trovò. Il ragazzo
fissava ancora Donovan, con le labbra serrate.
“Draco? Tutto a posto?”
Gli occhi grigi di lui la
pietrificarono sul posto. Erano freddi, inespressivi.
“Perché non dovrebbe esserlo?”
Samantha deglutì nervosamente,
scostando gli occhi dal viso di lui per volgerli verso Donovan. Il Mangiamorte
attendeva pazientemente che i compagni assimilassero la notizia. “Niente. È
solo… Nonsei preoccupato per i tuoi
amici?”
“Io non ho mai avuto amici lì.”
Come sempre negli ultimi tempi,
ricevette una risposta raggelante.
Era ovvio che Draco alternava due
personalità: quella sbeffeggiante, ma infondo divertente, e quella sinceramente
sadica, fredda e scostante.
Ultimamente era la seconda
personalità a prevalere, specialmente in presenza del padre. Quando Draco era
così freddo aveva l’impressione di stare con un estraneo, non con un amico, e
questo non le piaceva affatto, perché di estranei ne aveva già a bizzeffe.
Il bisogno di qualcuno a cui appoggiarti…
ti rende debole, lo sai?
Samantha ignorò la voce cinica nella sua testa.
Però c’erano anche dei momenti speciali: la seconda
personalità si smorzava e lasciava emergere la prima, che di solito era
accompagnata da una buona dose di depressione.
*
I muscoli di Draco si rilassarono lentamente; poteva
sentire il respiro lento e regolare di Samantha contro il collo e le sue
braccia intorno alla schiena; il contatto non era invadente, ma delicato,
immobile, che lasciava il tempo di abituarsi alla novità.
Non lo stava obbligando a ricambiare, l’importante era
percepire il calore di quel gesto, che all’inizio l’aveva lasciato sbigottito e
rigido; sembrava quasi che lei lo stesse accogliendo… ecco, così si sentiva. Accolto.
Per com’era, Mangiamorte e ragazzo.
Draco si stava quasi abituando alla sua presenza, al
solletichìo dei suoi morbidi capelli contro la bocca, al profumo fresco di lei.
Con un gesto automatico, senza un preciso obiettivo, alzò una mano e scostò un
ricciolo di chioma ramata – morbidi come quelli di mia madre –
appoggiandolo su una spalla con delicatezza, sfiorando con la punta delle dita
la pelle scoperta del collo di Samantha, facendola rabbrividire visibilmente.
La ragazza si mosse, autorizzata dall’iniziativa del
ragazzo, e si alzò sulle punte dei piedi, attaccando la propria guancia a
quella di lui, strofinandosi appena contro.
Draco mugugnò con un principio di resistenza. Dov’era il
limite del contatto fisico tra due amici? Perché quell’abbraccio lo stava
mettendo in difficoltà?
Erano così dannatamente vicini ora, poteva sentire il
calore di Samantha scaldargli la pelle gelida e l’aria intorno…
Era bella, Samantha, una bellezza che non poteva lasciare
nessun uomo indifferente, morbida nei punti giusti, snella, con lunghi capelli
ramati che incorniciavano il viso gentile e due occhi in cui ci si poteva
perdere dentro. Non era la prima volta che Draco si trovava a pensare a lei in quel
senso; doveva ammettere di non essere immune al suo fascino, anzi, avrebbe
dovuto preoccuparsi di non reagire ad una bella donna – ma si trattava solo di
attrazione fisica. Giusto?
“Draco… dovresti fartela…”
Draco sobbalzò e poi si accorse che la voce era quella di
Samantha. Arrossì un poco. “Chi?!” esclamò con una nota di nervosismo nella voce.
Samantha sbatté le palpebre, guardandolo con occhi
innocenti e un sorriso pigro. “La barba.”
^*^*^*^*^*
Il Segreto
degli Horcruxes
[Forma
dell’Essere]
Per tutto il viaggio Harry rimuginò sull’inspiegabile
sensazione che aveva provato al cospetto di quella statua: una piacevole
sensazione di déjà-vu. Allora perché il dolore alla cicatrice era ricomparso? E
quella fitta di dolore improvviso, ben peggiore del Cruciatus? Evidentemente
esisteva un collegamento mistico tra quel luogo e Lord Voldemort; inoltre la
ricerca di Hermione e le parole della Mangiamorte indicavano inevitabilmente il
Cimitero di Hogwarts. Avrebbe indagato dopo il ritorno da casa di R.A.B.
L’ultima volta che era atterrato a Little Raven, la
piccola cittadina in cui da più di diciassette anni si nascondeva R.A.B., aveva
trovato ad accoglierlo una dimora completamente distrutta.
Seguì il consiglio del mago e, una volta nascosta la
Firebolt, varcò la soglia della casa e, stando attento a non inciampare
nell’infinità di cocci e macerie al suolo, si diresse sul fondo della sala
principale. L’immagine sulla parete era nebulosa e alquanto distorta; Harry
pensò che si trattasse di un effetto della barriera di cui R.A.B. gli aveva
parlato. Allungò un braccio cautamente e quando vide la sua mano scomparire
oltre le travi di legno, trattenne il respiro, ma il suo istinto non percepì
alcun pericolo, quindi attraversò la parete con lo stesso impeto di quando
aveva varcato per la prima volta la barriera posta alla stazione di Londra al
binario 9 e ¾. Si ritrovò in una stanza completante uguale alla precedente,
esclusi i cocci a terra. Harry notò il perfetto parallelismo rispetto alla
stanza originale; sembrava di essere in uno specchio. Dallo squarcio sulla
parete appena attraversata poteva osservare con chiarezza l’intera casa di
R.A.B. D’improvviso il buco si richiuse e una voce canzonatoria e famigliare si
levò alle spalle di Harry:
“Doppia Barriera! E’ così che ho eluso l’attacco di quei
Mangiamorte, maghi davvero poco furbi, in effetti… Riddle sta raschiando il
fondo del barile pur di reclutare servitori…”
“La Doppia Barriera?” chiese Harry non appena scorse il
sogghigno di R.A.B.; l’eventualità che il mago potesse rischiare di restare
vittima di un Mangiamorte non lo scosse minimamente.
“Ben tornato, Harry” rispose Kaus, facendogli segno di
avvicinarsi “E come vedo sei sempre l’uomo delle domande. Beh, a questo punto
ti rispondo. Una Doppia Barriera crea una sorta di doppione anti-dimensionale
della zona totale coperta dall’incantesimo, la cosiddetta dimensione parallela
e, in questo caso, opposta, la cui entrata si trova in un punto specifico
all’interno della zona incantata e a cui è possibile accedere solo conoscendone
con esattezza la collocazione. In altre parole sei riuscito ad entrare solo
perché ti ho indicato la zona detta “Punto di Fuga”, e che ora ho prontamente
rattoppato con un Incantesimo di Sigillo per evitare spiacevoli interruzioni. ”
Harry annuì, attonito. Lyon Kaus sorrise: “Non hai
compreso una sola virgola del mio discorso, deduzione corretta?”
“A grandi linee ho capito” ribatté Harry, stizzito.
Le labbra di R.A.B. si storsero “E devono essere linee
molto ampie. Ad ogni modo dovresti pur saperne qualcosa dato che la barriera
d’accesso alla stazione di Hogwarts e la stessa Hogwarts sono protette da un
tale sistema di intrusione, ma ovviamente quello della scuola è ben più potente
ed elaborato del mio.”
“Anche ad Hogwarts?”
“Già, caro Harry. Da qualche parte nella scuola ci deve
essere un “Canale di Fuga”, è differente rispetto al “Punto di Fuga”, dato che
quest’ultimo concede un accesso da un punto materiale che è direttamente
collegato con il doppione anti-dimensionale, mentre l’altro consente di
Smaterializzarsi da un luogo esterno alla zona incantata fino a raggiungere la
zona stessa, anche se questa è soggetta ad un incantesimo
anti-materializzazione; la condizione è sempre conoscerne l’esatta ubicazione.”
“Ad Hogwarts ci si può Materializzare?” chiese Harry
stupito.
“Precisamente. Non rammenti quel lontano giorno – Merlino,
perché è accaduto? – che venisti a farmi visita per la prima volta?” domandò
R.A.B. con fare drammatico.
Harry si chiese il motivo del perché Lyons Kaus insistesse
nel recitare teatricalmente ogni qual volta parlava del loro primo incontro
“Beh… ero a Hogwarts e un attimo dopo mi sono ritrovato a casa tua… in effetti
è un avvenimento che non sono mai riuscito a spiegarmi.”
“Hai saltato un passaggio, caro Harry. Non ricordi, per
caso, di aver sostato in un’ulteriore tappa? E’ impossibile che il Canale di
Fuga fosse collegato direttamente con casa mia; assurdo, oserei dire. Ma questo
l’ho capito: una volta utilizzato il Canale, ti sei Smaterializzato fuori da
Hogwarts e poi, di nuovo, a casa mia; al tempo non vi era ancora una doppia
barriera, perciò il mio resoconto è del tutto fattibile, ma la domanda è…”
“Come sono riuscito a Materializzarmi a casa tua se non
l’avevo mai vista?” lo precedette Harry con evidente compiacimento “Uno degli
obiettivi della Materializzazione è Destinazione.”
“No” disse Kaus cancellando la soddisfazione dal viso di
Harry “Conosco già la risposta logica a questa domanda, ma, fammi indovinare,
il tuo maestro di Materializzazione è stato Wilkie Twycross?”
“Sì.”
“Prevedibile. E così il Ministero recluta uomini del
genere? Forse Riddle non è l’unico incapace nel selezionare i propri
dipendenti, mmh…” mugugnò R.A.B., vedendo il volto incuriosito di Harry
“Conosco Twycross da qualche annetto, e con “annetto” intendo dire ventiquattro
anni, è un essere talmente spento e un pessimo maestro.”
Harry guardò Kaus di sbieco, pensando che l’uomo non era
la persona più adatta per criticare i metodi di insegnamento di altri.
Kaus rivolse gli occhi al soffitto e assunse una smorfia
annoiata “E poi la sua memoria era talmente a breve termine che non riusciva a
imprimersi nella testa il mio pseudonimo, solo tre semplici lettere… R.A.L…. R.E.B., come lo
storpiava indegnamente.”
“Perché?”
“Te l’ho detto, poca memoria.”
“No, perché?” ripeté Harry in tono severo “Perché ti fai
chiamare R.A.B.?”
“Per lo stesso motivo di Riddle?” si autointerpellò Kaus
con un ghigno “Non credo, non ho mai avuto problemi esistenziali tali da
richiedere una dissociazione dalla mia vita precedente. La mia è solo
arroganza, voglia di staccarsi dalla massa, ricerca di un titolo autorevole che
sigillasse le mie doti innate.”
Harry strinse gli occhi “Doti innate?”
“Esatto. Ogni lettera è l’iniziale di una mia dote
innata.”
“Quali doti…?”
“Hai due possibilità su tre” lo interruppe R.A.B.
sorridendo “Puoi scegliere due delle tre lettere e saprai che dote innata
nascondono; scegli con cura, è un’occasione irripetibile.”
Harry borbottò, seccato. Kaus si divertiva a testarlo in
subdoli giochetti come quello ogni volta che ne aveva l’occasione.
“A.”
“Alchimista.”
Harry trattenne il fiato. Ecco un’altra faccia nascosta di
Lyons Kaus. Forse avrebbe dovuto riflettere con più attenzione prima di
scegliere la prossima lettera, ma d’altra parte, non c’era nessun metodo logico
per selezionarne una.
“B.”
“Basilisco.”
“Come?”
esplose Harry.
“Hai presente quel serpente gigante dallo sguardo
assassino?”
“Sì, ma, perché hai scelto Basilisco?” domandò Harry,
esasperato. Che Kaus avesse qualcosa a che fare con l’incidente del secondo
anno?
“Beh” cominciò R.A.B. grattandosi il mento “Ci sono
persone a cui piace collezionare francobolli, che prediligono l’allevamento di
draghi, ma nel mio caso si tratta di serpenti giganti e mitologici: sono un
Levatore di Basilischi.”
“Io credevo che i Basilischi non esistessero più in
Inghilterra” disse Harry.
“In effetti la schiusa delle uova di Basilisco è
dannatamente lenta: cento anni. Io ho raccolto delle uova e le ho tenute al
caldo nel ripostiglio di Riddle finché un uovo su cinque si è schiuso.”
“Con “ripostiglio di Riddle” intendi la Camera dei
Segreti?”
“La conosci? Ma d’altronde è ovvio. Hai avuto il
privilegio di vederla in prima persona e in quell’occasione, se non sbaglio,
hai anche soppresso il mio caro Giansar; sia chiaro, non ho niente contro di
te, in fondo è stata puramente autodifesa… povero il mio basilisco!”
Harry fece tanto d’occhi “Come fai a saperlo?”
Per la prima volta da quando l’aveva incontrato, Harry
vide Lyons Kaus vacillare, spiazzato dalla domanda.
“Come sai che sono stato nella Camera dei Segreti e che ho
ucciso un Basilisco?” insistette Harry “Come fai a saperlo se sei rinchiuso qui
da diciassette anni?”
Kaus piegò le labbra in un sogghigno “Sei sempre l’uomo
delle domande, tu.”
“E vorrei che tu fossi l’uomo delle risposte, non delle
allusioni” affermò Harry con tenacia.
“Qui si va sul pesante” sghignazzò R.A.B. “D’accordo,
allora ti dirò tutto quello che vuoi sapere. Tutte le tue domande avranno una
risposta comprensibile, ma questo non significa che tu riesca a capirle del
tutto, ad ogni modo…”
Harry era visibilmente spazientito “Come fai a saperlo?”
Il sogghigno di R.A.B. diede passo ad un’espressione
terribilmente seria “Ora ti dirò delle cose e tu dovrai prestare la massima
attenzione, me lo prometti?”
Harry accennò con il capo, gli occhi che tremavano
dall’impazienza.
R.A.B. prese un respiro profondo “Io sono in grado di
percepire i suoi pensieri, non percepire interamente, parlerei piuttosto di una
condivisione del pensiero. C’è qualcosa tra me e Riddle, un legame che si è
creato da quel giorno.”
“Quale giorno?”
“Lo capirai da solo, Harry, dopotutto anche tu spartisci
il mio medesimo destino” rispose Kaus abbassando gli occhi “Tu ed io, Harry,
abbiamo qualcosa che possiede anche lui; ma è un’impronta la nostra mentre la
sua è l’eredità tramandatagli dall’inizio del mondo. Forse tu e Riddle siete
più simili di quanto crediate.”
Harry scosse il capo; le parole di Kaus suonavano distanti
dalla sua piena comprensione “E’ per via della cicatrice e dei poteri che mi ha
trasmesso?”
“Harry, quello che ti ha trasmesso Riddle va ben più in là
di semplici poteri magici” sospirò Kaus, con lo sguardo fisso a terra.
Harry sbarrò gli occhi, allarmato “Che cosa mi ha
trasmesso? E’ male?”
“No, non è possibile stabilirlo. Quello che ti ha donato
sfugge ai normali parametri del bene e del male, è qualcosa di superiore, di
incomprensibile.”
“Non riesco a capire” ammise Harry.
R.A.B. riprese un poco della sua naturale sfrontatezza,
mentre sollevava il capo proferendo parole che alle orecchie di Harry suonavano
come una Profezia “Non tentare di trovare una logica nelle mie parole, solo
sappi che per sconfiggere del tutto il male dovrai estirpare anche ciò che è
dentro di noi.”
Harry si tastò la cicatrice “Allora è male quello dentro
di me. Hai detto che per sconfiggere del tutto il male dovrò morire anch’io.”
“Non necessariamente” ribatté Kaus in tono solerte “Come
ho detto prima la nostra è solo un’impronta e scomparirà solo quando si
annullerà il legame che ci unisce alla matrice originale in Riddle; in altre parole:
quando quell’identità abbandonerà il corpo, l’anima e lo spirito di Riddle.”
“Cioè quando Voldemort morirà” puntualizzò Harry.
“No. L’identità lo può pervadere anche dopo la morte.”
“Allora dovrò uccidere anche questa “identità”?”
Il volto di Lyons Kaus si scompose in una smorfia di puro
orrore “Non ti rendi conto di quello che dici!” ringhiò come un ossesso “Sono
parole blasfeme le tue!”
Harry osservò R.A.B. mentre tentava di riprendere il
controllo, domandandosi in cuor suo cosa mai avesse detto per scatenare una
reazione tanto violenta nel composto Lyons Kaus.
“Ad ogni modo non la potrai mai uccidere, perché
quell’identità è immortale e tale deve rimanere” disse Kaus con un soffio di
voce.
“Di cosa stiamo parlando esattamente?” chiese Harry.
“E’ incomprensibile anche per me” ammise R.A.B. con un
sogghigno.
“E questa identità è dentro di me? Anche dentro di te?”
domandò Harry esitante.
“Sì, anche se, come ho detto, si tratta solo di
un’impronta, una specie di copia che dipende dall’originale… Harry” continuò
R.A.B. con la voce che gli tremava dalla decisione “devi assolutamente
sconfiggere Riddle, uccidilo, fai quello che vuoi, devi privarlo della
possibilità di sfruttare quello che ha dentro di lui. Credo che fino ad adesso
non abbia compreso a pieno il suo enorme potenziale, ringraziamo Merlino,
perché Riddle non è mai stato propenso all’indagine di sé stesso. Se avesse
scrutato con più attenzione nel suo animo, avrebbe sicuramente notato
quell’intruso… ma forse quello che c’è dentro Riddle fa paura persino a lui.”
Harry inghiottì saliva “E’ così spaventoso?”
Kaus borbottò “Certo, è un essere ignoto ed estraneo…
niente fa più paura di una simile accoppiata, qualcosa che non conosciamo e che
è diverso da noi.”
Seguì un lungo attimo di profondo silenzio. In quel breve
momento Harry tentò di elaborare le parole di R.A.B.: qualsiasi cosa gli
dicesse quell’uomo era inspiegabile e terribile, a partire dalla Maledizione
mortale che Voldemort aveva scagliato sulla cattedra di Difesa contro le Arti
Oscure, sino al misterioso motivo dell’estrema fiducia che Silente aveva
riposto in Piton. Harry strinse violentemente i pugni: quel legame di fiducia
che evidentemente scorreva solo da Silente verso Piton e non viceversa… perché
Silente si era fidato di lui? Anche quand’era ovvio il suo tradimento nei
confronti dell’Ordine? E perché Lyons Kaus sembrava conoscere ogni cosa? Cosa
sapeva degli Horcruxes? Dove poteva cercarli? Forse grazie al legame con la
mente di Voldemort di cui gli aveva parlato? E il legame con la sua mente e la
cicatrice? Quella misteriosa identità? Le parole del Cappello Parlante, della
Cooman e di quella Mangiamorte? La misteriosa sensazione al Cimitero di
Hogwarts? Quella statua? Persino il mistero che aleggiava su Petunia Dursley… un’infinità
di quesiti e misteri che a Harry sembravano non aver soluzione. Era un
groviglio inesplicabile e che lo tormentava costantemente, ormai non sapeva più
cosa fare, a quale domanda tentare di rispondere. E ora R.A.B., l’uomo che
sembrava conoscere ogni cosa, si metteva a sua disposizione per chiarire quel
tumulto di domande.
“Allora anche tu vuoi che Voldemort muoia” riprese Harry
con voce ferma “Quindi ti prego di comunicarmi qualsiasi informazione che mi
possa aiutare ad uccidere Voldemort, e non voglio che tu faccia il vago come
sempre.”
Kaus sghignazzò prima di prendere posto sull’unico mobilio
della stanza, un divano nero di pelle piuttosto rovinato; fece segno ad Harry
di sedersi sul pavimento. Il ragazzo si accomodò ai suoi piedi a gambe conserte,
la posizione sommessa non gli impediva di celare la sua trepidazione.
“Presumo che Silente ti abbia già spiegato a grandi linee
le funzionalità degli Horcruxes, sai quindi che permettono di raggiungere uno
stato d’immortalità” Harry annuì “Molto bene, almeno mi facilita il compito,
anche se la parte più dura da digerire la sentirai dalle mie labbra, sei pronto
e concentrato?”
Harry ripeté il cenno con il capo.
“Devi capire innanzitutto come si creano gli Horcruxes e
anche quali tipi di essi si possono formare.”
Harry sgranò gli occhi “Ci sono dei tipi diversi di
Horcrux?”
R.A.B. annuì “Dipende dalla combinazione con cui si
associa il pezzo di anima. Ma questo te lo spiegherò dopo. La prima cosa che
devi comprendere è la tripartizione che caratterizza ogni essere, chiaro?”
“Sì” rispose Harry con un nodo in gola.
“Dunque” proseguì Kaus schiarendosi la voce “Ogni essere è
identificato da tre componenti: corpo, anima e spirito. L’anima delimita i
confini del tuo essere e racchiude lo spirito, serbando in sé stessa
un’impronta di esso. Lo spirito è l’essenza stessa di un vivente, giacché
racchiude i ricordi e le percezioni, nonché ciò che ci distingue dai simili: la
coscienza. La coscienza plasma il carattere di una persona, le sue scelte, i
suoi sentimenti… quello che ti sto spiegando vale esclusivamente per gli esseri
pensanti, non sono in grado di dirti se anche gli animali e le bestie
possiedano una coscienza.”
Harry assentì sempre più stupefatto.
“Infine c’è il corpo, detto anche “trono dell’anima”. Esso
è l’unica componente materiale, infatti sia anima che spirito sono invisibili e
intangibili. Il corpo è un involucro privo di valore etico che può variare
assecondando le leggi di natura o la genetica, mentre l’anima e lo spirito sono
immutabili, ma ciò non significa che il carattere di una persona è predisposto
dalla nascita; è solo la suscettibilità all’ambiente che circonda il corpo che
induce la coscienza, anch’essa immutabile, a causare una serie di reazioni
neurologiche nel corpo, in altre parole, un’evoluzione psicologica. Il corpo è
anche la zavorra che protegge anima e spirito. Sai cosa succede quando l’anima,
contente lo spirito, si dissocia dal corpo?”
“Si muore” disse Harry in un soffio.
“Già. E l’anima col suo spirito attraversa una barriera
superiore, la Trinità, e nel mondo da essa racchiuso, l’anima libera lo spirito
che si perfeziona, riprendendo le proprie sembianze umane, senza l’intralcio
del corpo. In tale modo lo spirito è immortale e resterà lì oltre la fine del
tempo, in altre parole, per sempre.”
Le mani di Harry tremarono sulle sue ginocchia “Ma come…”
quasi balbettò “… come puoi dirlo con certezza? Nessuno è mai tornato dalla
morte per raccontare come sia.”
R.A.B. sospirò “Indaga te stesso e scoprirai quanto è
profonda la tua anima, oltre quella profondità troverai la Verità: ecco
l’estrema importanza di quell’identità.”
Harry rimase oltremodo basito. Lyons Kaus sghignazzò
“Lascia perdere. Quando mi senti fare discorsi che rasentano l’esoterico, ti
prego, tappati le orecchie, non capisco nemmeno io quello che dico.”
Dietro le lenti degli occhiali, lo sguardo di Harry
brillava intensamente “Quello che hai detto sulla morte, è vero?”
Kaus parve soppesare la domanda con molta attenzione:
“Sono solo mie supposizioni” rispose infine.
Harry espirò con un misto di delusione e alleviamento
“Puoi proseguire con la creazione degli Horcruxes, ma, per Merlino, non
propinarmi più teorie strampalate sulla morte.”
“Chiaro, capo” ironizzò R.A.B., accomodandosi meglio sulla
poltrona “L’Horcrux permette l’immortalità perché su di esso è legato un
frammento di anima e dato che non è possibile un trapasso multiplo, lo spirito,
la componente principale di un essere, resta in questo mondo anche se il suo
corpo viene diviso dall’anima. Ora ti illustrerò le fasi di creazione di un
Horcrux.”
Harry storse la bocca sentendosi stranamente simile a
Voldemort, in attesa di scoprire i misteri egli Horcruxes “Devi proprio?”
“Temo di sì. E stai bene attento, sempre che tu voglia
capirci qualcosa” sogghignò R.A.B. come solo lui poteva fare “La premessa per
la creazione di un Horcrux è l’instabilità dell’armonia corporea, ossia quella
tra corpo e anima. Questo sbilanciamento si crea ogni volta che si interagisce
violentemente contro un’anima al di fuori della propria, e nessuno
sconvolgimento è migliore dell’estirpazione della stessa anima dal suo corpo.
Così facendo, l’assassinio di un altro essere vivente provoca uno
sbilanciamento dell’armonia tale da permettere all’uccisore una scissione della
propria anima. In altre parole, quando si uccide, si crea una sorta di strappo
nella propria anima che con l’incantesimo appropriato, che ora non intendo
spiegarti, è possibile allargare in modo da ritagliare un pezzo di anima da
suggellare nella bacchetta.”
“La bacchetta?”
“Proprio così. E’ all’interno di essa che il frammento di
anima si rifugia in attesa di essere assegnato ad un oggetto o ad un essere
vivente per formare un Horcrux. E’ la stessa cosa che accade con l’Avada
Kedavra, ma forse questo Riddle non lo sa. Per questo, un giorno, le sue
vittime gli renderanno il favore” concluse R.A.B. con un ghigno compiaciuto.
Kaus evase lo sguardo indagatorio di Harry e proseguì
saccentemente: “Ora hai capito come si creano gli Horcruxes, quindi ti
illustrerò quanto può essere subdola la loro utilità. Ti ho già spiegato che
l’armonia è caratterizzata dal bilancio tra corpo ed anima e dunque, asportando
un frammento di questa, seppure con l’intento di raggiungere l’immortalità, il
risultato effettivo è diametralmente opposto alle aspettative. Lo
sbilanciamento può essere molto pericoloso per il soggetto, nel suddetto caso,
la creazione di più di un Horcrux è decisamente azzardata.”
Gli occhi di Harry si illuminarono “Voldemort ne ha creati
ben sei.”
“Non rallegrarti troppo. Riddle era perfettamente conscio
di poter superare i normali parametri di un mago comune, ecco perché ha voluto
rischiare e crearne addirittura sei per ottenere un’immunità quasi assoluta.
Credo che questa sua extra-sopportazione alla lacerazione dell’anima sia da
attribuire all’ospite che vige nell’anima. Comunque con l’anima così lacerata,
Riddle non riceverà alcuna pietà nel giudizio finale.”
“Quale giudizio finale?”
“La morte” soffiò Kaus con voce fredda “E’ un rischio
creare degli Horcruxes perché nel caso in cui vengano distrutti tutti, l’anima
principale resta sola e debilitata senza le parti mancanti, e un tale
sbilanciamento armonico è fatale, e, se poi…” un lungo brivido percorse il
corpo di R.A.B. “… se poi si venisse a formare un Morcrux...”
“Che cos’è?” domandò Harry, fremente dall’emozione;
esisteva qualcosa con un potenziale peggiore di quello degli Horcruxes?
“Questo proprio non posso dirtelo, Harry. Ma credo che
prima della fine avrai possibilità di vederlo con i tuoi stessi occhi.”
“Continua allora” disse Harry con un filo di voce. Ciò che
affermava R.A.B. era quasi una certezza; le sue parole erano l’eco di una
Profezia.
“Bene. Prima ti ho parlato di diverse tipologie di
Horcruxes, vi sono infatti quelli legati a semplici oggetti inanimati e quelli
suggellati ad esseri animati. Questi ultimi forniscono una protezione maggiore,
ma l’eccezionalità non sta nella difficoltà di spezzare il sigillo
dell’Horcruxes, bensì nell’ostacolo che costituisce l’Horcrux stesso. Essendo
un essere pensante è probabile che opponga resistenza all’estirpazione
dell’anima del suo, come dire, “padrone”, e inoltre finché il pezzo di anima lo
pervade, l’Horcrux animato condivide lo stesso destino del suo creatore, in
sostanza è immortale.”
“E come si può distruggere se è immortale?”
“Basta semplicemente annullare il sigillo che lo lega
all’anima, non è indispensabile ucciderlo. Anche se sarei più propenso a
sopprimere chiunque avesse avuto a che fare con l’anima del mio peggior
nemico.”
Harry annuì piano, sebbene poco convinto “Un Horcrux
animato è come Nagini?”
“Esatto. Quel serpente costituisce un Horcrux animato e
probabilmente sarà il secondo più difficile da distruggere” affermò R.A.B. col
volto cupo.
“Il secondo?”
“Stai pur sicuro, Harry” e rivolse al ragazzo un ghigno
beffardo “Che l’altro Horcrux animato non si lascerà uccidere tanto facilmente”
dichiarò Kaus con una nota di malizia nella voce.
Harry sbatté le palpebre, turbato “Allora c’è un altro
Horcrux animato? Eppure secondo i miei calcoli dovrebbe… almeno che non sia
l’Horcrux legato al ricordo di Godric Grifondoro!”
“Può darsi” condivise R.A.B. “Ma ora proseguiamo con i
dettagli: nel caso in cui l’Horcrux animato sia una persona possedente uno
spirito. Ricordi quando ti ho parlato del Doppio-mago?”
Harry annuì piano “Certo, e mi hai anche detto che Remus
Lupin è condannato ad una morte atroce!”
“Stai calmo” disse R.A.B. sventolando una mano davanti al
viso di Harry “Ti ho anche detto che non correrà alcun rischio prima della fine
di questo anno.”
“Non ho mai capito come tu faccia a saperlo, ma mi fido”
ammise Harry con uno sbuffo.
“No, caro mio” ribatté R.A.B. con una risata delle sue “Tu
ci speri. E fai bene a farlo perché se prima della fine dell’anno non riesci a
costringere Riddle a spezzare la Maledizione, prevedo una nefanda fine per il
tuo amico.”
Harry strinse forte i denti, distogliendo gli occhi dal
viso sogghignante di Kaus “Continua.”
“Bene. Ti ho già spiegato a grandi linee l’essenza di un
doppio-mago, ossia un mago occupato dal proprio spirito più quello di un
estraneo. Ma per creare un Horcrux si necessità dell’anima, non dello spirito,
il che ci conduce un tantino fuori tema, ma ti conviene comunque prestare
attenzione, ti sarà di fondamentale importanza in futuro, credimi. Un
doppio-mago è un Horcrux assolutamente speciale dove in luogo dell’anima si
lega ad un estraneo il proprio spirito, ossia la propria essenza. In questo
modo si pone definitivamente fine alla vita terrena per raggiungere uno stadio
di esistenza spirituale all’interno del nuovo corpo. Tali esseri ibridi che
vivono come parassiti all’interno di anime altrui sono detti Karmafaghi.”
Harry venne scosso da un lungo brivido “L’entità di cui mi
stavi parlando prima? Non è che per caso…?”
“Perspicace, non me lo sarei mai aspettato da te, Harry”
sogghignò Kaus “Ebbene sì: Riddle è un Karmafago e in prima persona un Horcrux.
Buffo, no? Un Horcrux che crea altri Horcrux” il volto di R.A.B. si incupì
“Qualcosa che va assolutamente contro natura.”
Harry sapeva che sarebbe andato incontro a verità
sconvolgenti, ma non avrebbe mai immaginato di arrivare a tanto. Voldemort era
un Horcrux? Un Horcrux speciale? Un Karmafago?
“E le doti speciali di un Horcrux animato non finiscono
qui” esordì R.A.B., distogliendo Harry dal suo cruccio mentale “Attraverso la
cosiddetta “Legge dello scambio Bilanciato” si può utilizzare un Horcrux per
riportare in vita delle persone.”
Harry scordò completamente le sconvolgenti origini di
Voldemort per concentrarsi sulla nuova ed impressionante rivelazione “Si
possono resuscitare delle persone? Perché ritornino come prima della morte?”
chiese esasperato.
“In teoria” rispose R.A.B. rilassandosi sulla poltrona “Ma
non si può scegliere chi resuscitare, è un processo molto laborioso.”
Harry si riaccomodò sul pavimento con un sorrisetto aspro
“Lo immaginavo.”
“Ora, se non ti dispiace, ti illustrerò il meccanismo di
sussistenza di un Karmafago.”
“Perché?” chiese Harry, brusco.
“Te l’ho già spiegato. Ti sarà molto utile in futuro. E
poi non ti piacerebbe sapere come se la passa Riddle con un ospite nell’anima?
Ci potremmo fare due risate, anche se noi non siamo ridotti meglio.”
Harry lo scrutò sconcertato, ma prima che potesse
contestare Kaus lo zittì.
“Lo spirito ospite può permanere nell’anima altrui sotto
tre diverse forme permanenti: la prima è detta Suggellata, ossia quando lo
spirito ospite è rinchiuso entro i confini dell’anima altrui, nel cosiddetto
mare del brodo primordiale; a questo livello di estremo contatto con l’anima altrui,
lo spirito, seppure privato della facoltà di muoversi liberamente, riesce a
contaminare anche il livello corporeo del portatore, lasciando delle impronte
del proprio spirito anche nell’anima del portatore, e questi influssi talvolta
emergono e il Karmafago prova le percezioni dello spirito ospite. Con molta
probabilità è questo il tipo di legame che unisce Riddle al suo spirito ospite,
ed è una fortuna. Tra i tre possibili tipi questo è quello che permette il
minor sfruttamento delle capacità dello spirito” R.A.B. rivolse il suo sguardo
pigro al volto contratto di Harry “Fino ad adesso ti è tutto chiaro?”
In risposta, Harry esibì una faccia parecchio sconcertata.
“Stendiamo un velo pietoso e continuiamo. L’importante è
che tu capisca che tal volta Riddle potrebbe avere delle improvvise crisi di
identità in aggiunta ai suoi evidenti complessi esistenziali” le labbra di Kaus
si contrassero ancora in un largo sogghigno “Il secondo tipo di legame
permanente è detto Parassitico, lo spirito ospite raggiunge la predominanza
mentale assoluta del portatore e questo è solitamente determinato dalla
debolezza caratteriale di quest’ultimo. Comunque questa forma di legame non è
niente di speciale: in questo caso lo spirito ospite ha sì il pieno controllo
del corpo del portatore, ma non è in grado di esternare i suoi immensi poteri,
può soltanto sfruttare quelli del portatore. Chiaro?”
Harry
annuì gravemente. Lyons Kaus riprese a borbottare, estremamente
divertito.
“Il terzo ed ultimo legame permanente e in assoluto il più
pericoloso è detto Simbiotico. Lo spirito ospite non è suggellato nell’anima
del portatore, ma è libero nel suo spirito e naturalmente mantiene la sua forma
definita per non mischiarsi con quella del portatore. Ciò che impedisce allo
spirito ospite di confondersi con lo spirito del portatore è definita
banalmente Barriera dello Spirito, ma tuttavia, esiste un contatto tra questa e
l’interiorità del portatore: in tale condizione i sogni diventano il tramite
che unisce le essenze dell’ospite e del portatore.”
“I sogni” rimuginò Harry. Che le sue visioni notturne non
fossero altro che il tentativo di contatto di uno spirito ospite, forse quello
di Voldemort? Il ragazzo delineò la cicatrice con la punta delle dita: quello
era il punto di contatto.
“Ritorna tra di noi, Harry Potter. Devo ancora spiegarti
la parte più interessante” sogghignò R.A.B. scuotendo Harry per una spalla.
Il ragazzo esibì una smorfia scocciata ma implorò la sua
pazienza di resistere alle frecciatine di Lyon Kaus “Continua” ripeté per
l’ennesima volta.
“Oltre ai citati stadi permanenti vi sono quelle definite
condizioni temporali. La prima è quella Sincopatica dove lo spirito ospite
prende possesso momentaneamente delle facoltà corporee e mentali del portatore.
Questo è possibile solo se di base c’è un legame Suggellato e un grande
turbamento nell’anima del portatore. La seconda condizione temporale è la
Dicotomia – Merlino ce ne scampi! – ossia quando il portatore riesce a
sfruttare parte dei poteri dello spirito ospite. Al culmine di questa
condizione vi è la Sincronia Perfetta: ai poteri del portatore vengono
addizionati quelli dello spirito ospite ed inoltre si può giungere alla
materializzazione della Barriera dello Spirito.”
Harry esaminò con turbamento il volto terrorizzato di
R.A.B. “E’ così tragico?”
“Assolutamente sì” rispose R.A.B. con un sussurro appena
udibile “E’ la fine del mondo.”
Harry trattenne il respiro: ci mancavano solo le
predizioni apocalittiche!
“Ma è una cosa che Voldemort non potrà mai fare, vero?”
chiese Harry con una nota di speranza nella voce.
Kaus liberò un lungo sospiro “Grazie a Merlino, no. La
Sincronia Perfetta è accessibile solo al Karmafago unito con un legame
Simbiotico e, che io sappia, non sono mai esistiti dei Karmafaghi del genere.”
Dopo aver ripreso calma, Harry scrutò Kaus, inquisitorio
“Allora come fai a sapere che esistono?”
“L’ho letto in un libro, ma ormai dovrebbe esser andato
distrutto. Era un libro che tra incantesimi e rituali assolutamente proibiti,
citava un brano antico, inciso su una tavoletta antichissima: spiegava in
minuziosi dettagli come si sarebbe svolta l’Apocalisse, la fine del mondo.
Davvero sconcertante la Cerimonia del Ritorno e tutti quei macabri riferimenti
ai Karmafaghi.”
“Era solo un libro” sospirò Harry con voce cupa.
Kaus sogghignò con una smorfia “Già, è quello che spero
per l’umanità.”
Harry preferì ignorare quella nota di macabro sarcasmo
“Hai altre cose da dirmi sugli Horcruxes o posso andare?”
“Effetti collaterali” ribatté R.A.B. saccentemente “Dietro
a tutte le belle cose si nasconde una fregatura e nel caso dell’Horcrux
parlerei di dipendenza. Anche se Riddle ha una resistenza notevole nella
dissipazione dell’anima non vuol dire che riesca a sopravvivere con delle parti
mancanti: un essere con l’anima non completa non è né vivo né morto, è una
condizione a dir poco atroce, sia fisicamente che psicologicamente.”
“Ma allora, come…”
“Si chiama legame infrangibile primordiale” lo precedette
Kaus “E’ questa la sconvenienza perché per colmare il vuoto che si genera con
la creazione di nuovi Horcrux si necessità di attingere da una fonte di anima
sana, ossia un altro mago. Ma una volta che questo mago con cui il creatore di
Horcrux condivide l’anima muore per cause naturali, automaticamente la sua
anima va a colmare i vuoti nell’animo del creatore e questi completa
definitivamente la sua stabilità corporea. Riddle deve aver quindi stretto un
legame infrangibile primordiale con un altro mago perché condividesse con lui
la propria anima. Questa è la fregatura: se per caso questo mago dovesse morire
prima del tempo, Riddle si ritroverebbe con un’anima lacerata e in condizioni
peggiori di quelle di un Inferus, chiaro il concetto? Per Riddle deve essere
tremendo dover dipendere dalla vita di un altro essere finché questo non
termina il suo ciclo vitale.”
Harry annuì grave “Quindi se io riuscissi a trovare questo
mago e a…” il ragazzo si bloccò di colpo.
“Ucciderlo?” sghignazzò Kaus “Ma non eri tu il
santarellino niente-Maledizioni-senza-Perdono? Cambia strategia, assolutamente”
R.A.B. marcò il tono della voce “Perché con lo sconvolgimento dell’anima si
potrebbero verificare le condizioni favorevoli per la mutazione in un legame
Sincopatico di cui ti parlavo prima. E questo è da evitare assolutamente;
chissà cosa potrebbe fare quell’essere con i poteri di Riddle…”
“Ho riflettuto” cominciò Harry con espressione seria.
“Vuoi che getti in aria una manciata di riso?” chiese Kaus
sarcasticamente.
Harry scosse il capo e assunse un’aria severa “Il mago con
cui Voldemort ha stretto il legame infrangibile è Severus Piton, giusto?”
Kaus emise un mormorio che avrebbe potuto dissimulare una
risata “Acuto. Già, è proprio lui. Non ci sono altre ragioni, infatti, per
giustificare il trattamento di riguardo che Riddle serba a Piton. La sua vita
gli è indispensabile, ecco perché lo espone ben poche volte a missioni
pericolose. Comunque Severus Piton è sempre stato, senza dubbio alcuno, il
Mangiamorte favorito di Riddle, ha avuto il grande onore di condividere con lui
la propria anima. Ecco perché Riddle lo ha perdonato così facilmente nonostante
i suoi anni passati sotto Albus Silente, ed ecco perché lo stesso Albus Silente
si fidava così ciecamente di lui.”
Harry si levò in piedi con la mascella incredibilmente
aperta, ma Kaus lo frenò con un rapido cenno della mano.
“Non mi chiedere altre spiegazioni” disse osservando di
sottecchi l’espressione sconvolta di Harry “Ti ho detto anche troppo. Ma in
casa mia vale il quid pro quo: ora sei tu che devi spiegarmi qualcosa. E
ti avverto, è inutile che mi fai domande sulla questione “cieca fiducia di
Silente verso Piton”, perché tanto io non ti risponderò.”
R.A.B. assunse una postura da bambino capriccioso,
scrutando Harry con un’espressione insieme offesa e burlona. Il giovane Potter
rimase alquanto interdetto: delle volte avrebbe voluto far ingoiare a R.A.B.
una cospicua dose di Veritaserum, così che il vecchio avrebbe sputato tutte le
informazioni di cui Harry aveva bisogno senza troppi giri di parole. D’altronde
Lyons Kaus era un autentico pozzo di sapienza ed Harry non comprendeva il
motivo del perché proprio quel mago saccente che lo aveva più volte
sbeffeggiato per la sua presunta ignoranza, richiedesse il suo aiuto per
conoscere qualcosa.
“Fai uno sforzo di memoria, te ne prego” sbuffò R.A.B. con
un’espressione seccata “Non ti ricordi proprio dove hai fatto tappa prima di
giungere a casa mia quel remoto giorno in cui – per Merlino! – ci incontrammo
per la prima volta?”
Harry avrebbe anche potuto sforzarsi per ricordare, ma
l’espressione asciutta di Kaus era del tutto scoraggiante. Era già la seconda
volta che R.A.B. si interessava all’argomento quindi, anche se non lo dava a
vedere, doveva tenere molto a quell’informazione; così Harry decise di volgere
la situazione a suo vantaggio.
“Credo di essermene ricordato” disse con un sorriso pigro
“Ma, come cortesia, ti pregherei di spiegarmi prima il motivo del perché
Silente si fidava di Piton” all’ultima parola Harry non riuscì a trattenere una
smorfia.
Kaus sorrise ampiamente “Un ricatto, chi se lo sarebbe mai
aspettato da Harry Potter? Stai cominciando a diventare piuttosto subdolo… bel
cambiamento. Ma non attacca, io ho molti più anni di esperienza nel campo della
retorica.”
“Bene, allora non lo saprai mai” disse Harry in tono asciutto,
mentre si voltava per andarsene.
“Tanto lo so già” mugugnò Kaus ridendo apertamente “Tutto
merito dell’oggettino che tieni nella tasca. Grazie mille per l’informazione,
comunque.”
Harry frugò nella tasca della tunica e vi estrasse un
medaglione contente un messaggio rivolto al Signore Oscuro. Il legame
mentale; il ragazzo levò il braccio per gettare via il falso Horcrux, ma la
sua mano frenò: quell’amuleto era il ricordo del sacrificio di Silente e il
garante della promessa che Harry aveva stretto con lui poco prima che morisse.
Lyons Kaus agitò la bacchetta contro il muro dove si
riaprì lo squarcio spaziale da cui Harry era entrato qualche minuto prima “Puoi
andare, ora so tutto ciò che desidero.”
Harry lo squadrò adirato: proprio
quando il ragazzo era convinto che l’arroganza di R.A.B. avesse raggiunto il
culmine, ecco che lo sorprendeva con una nuova dose di alterigia.
Mi ha già detto abbastanza,
per oggi. Riuscirò ad estorcergli più informazioni in futuro, pensò Harry,
suo malgrado rendendosi conto che probabilmente Kaus aveva percepito ogni sua
riflessione grazie al legame mentale.
Infatti il vecchio mago gli
rivolse un sorrisetto acido e lo invitò con un cenno della mano ad attraversare
la distorsione spaziale.
Harry varcò il Punto di Fuga senza
fretta eccessiva. Aveva come l’impressione di aver colto una certa ansia nel
volto sogghignante di R.A.B. Che attendesse qualcuno?
Lyons Kaus osservò stancamente Harry Potter scomparire
oltre la parete. Attese qualche minuto e sigillò lo squarcio con un colpo di
bacchetta, poi volse il suo sguardo ansioso verso un angolo della stanza.
“Puoi uscire adesso” sibilò con
voce algida “Piton.”
Tradimento…
Severus Piton comparve con uno
schiocco nel punto in cui Kaus stava volgendo lo sguardo. L’alto mago dall’aspetto
unto si avvicinò a R.A.B. con gli occhi nero pece che lanciavano fiamme.
“Perché hai svelato a Potter il
segreto degli Horcrux? Perché gli hai rivelato il legame che unisce me al mio
Signore?”
“L’ho già spiegato a Harry: do
ut des. Lui ha ricordato ciò che mi occorreva e io gli ho rivelato qualche
leggera informazione” rispose R.A.B., trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Leggera?” sibilò Piton “Ora che
l’ha scoperto conosce anche il punto debole del Signore Oscuro.”
Kaus si lasciò sfuggire un ghigno
“Temi forse per la tua vita, Piton? Sta tranquillo, ho raccomandato al ragazzo
di non compiere un gesto tanto avventato, destabilizzare l’anima di Riddle
sarebbe davvero un azzardo, e poi non mi pare che a Harry serva un altro motivo
per desiderare la tua morte.”
Piton sogghignò a sua volta “Non
penserai davvero che mi possa preoccupare un moccioso inetto come Potter? E’
solo della sua lunga lingua che mi preoccupo, se lo rivelasse a qualche membro
capace, ammesso che ce ne siano, dell’Ordine della Fenice, si potrebbe…”
“Non c’è pericolo” lo interruppe
R.A.B. “So come funziona la psiche di Harry Potter: niente di ciò che gli dico
lo riferirà ad altri. Tra noi si è creata una sorta di cospirazione, il ragazzo
è consapevole del profondo turbamento che causerebbero le informazioni ricevute
dal sottoscritto, e inoltre, il fatto stesso di rivelare ciò che accade quando
è in mia presenza, lo porterebbe a confessare il suo sordido segreto.”
“Sarebbe?” domandò Piton.
“Riesce ad eseguire alla
perfezione la Maledizione Imperius” rispose Kaus con un ghigno.
Piton sospirò tra lo stupefatto e
il divertito “Per quale motivo Potter avrebbe desiderato imperare una
Maledizione Senza Perdono?”
Kaus sollevò le spalle “Fatti
suoi.”
“E scommetto” incalzò Piton “che
il suo maestro è nient’altri che tu, vero R.A.B.?”
“Signor Kaus per te, Piton”
borbottò R.A.B. “Solo Riddle ha il permesso di rivolgersi a me utilizzando il
mio pseudonimo.”
“E ti pregherei, R.A.B.,
di rivolgerti al nostro Signore come gli spetta” mugugnò Piton in tono viscido.
“Ma è proprio ciò che si merita
Riddle. Lo riconosco, è un mago abbastanza capace, ma la sua totale instabilità
psicologica lo rende del tutto privo di fascino: non riuscirà mai ad esternare
correttamente i suoi effettivi poteri magici.”
Piton scattò in avanti ed afferrò
bruscamente il braccio sinistro di R.A.B. “Rispetto, innanzitutto. Io sarei più
gentile con l’uomo che ha deciso di risparmiarti la vita.”
“Io non sono gentile con l’uomo
che mi ha distrutto la casa” sogghignò R.A.B., liberandosi della presa di Piton
con uno strattone “Oltretutto, non puoi toccarmi neanche con un dito, lo sai il
perché?”
“Ovviamente” ribatté Piton in
tono glaciale “Il Signore Oscuro mi ha spiegato ogni cosa. Ma se fossi in te
non conterei troppo sulla magnanimità del nostro Lord e sulla mia pazienza.”
“Mago spazientito” cominciò
R.A.B. con un ampio ghigno “ci tieni davvero a ricevere quell’informazione? –
Piton digrignò i denti – Allora presta più rispetto agli anziani.”
Piton lo scrutò con mal celato
rancore, ma fu costretto ad avvicinarsi al vecchio e a chinare il capo “Sono
pronto per ricevere l’informazione.”
R.A.B. posò due dita sulla tempia
destra di Piton e chiuse gli occhi.
Piton avvertì un leggero soffio
attraversargli la testa; chiuse gli occhi a sua volta e Kaus ritirò le sue
dita, accomodandosi sulla poltrona “Ebbene?” chiese.
Piton riaprì gli occhi,
soddisfatto, ma quando incrociò il ghigno di R.A.B. la sua espressione appagata
vacillò “Tutta questa farsa deve terminare” strepitò “Alleni Potter, gli riveli
i segreti del nostro Signore e ora passi a me informazioni cruciali per il
compimento della nostra prossima missione. Da che parte stai?”
Le labbra di Lyons Kaus
delinearono un sorriso piuttosto affabile “Prettamente nel centro, o meglio,
dove mi conviene maggiormente.”
Piton volse le spalle a R.A.B. e
si incamminò verso il punto della parete dove Kaus aveva sigillato lo squarcio
“Un approfittatore, i rifiuti privi di morale.”
Alle parole severe di Piton, Kaus
non poté fare a meno di ridere sguaiatamente “I rifiuti privi di morale dopo i
traditori, che ne dici Piton? Ma almeno io ho il coraggio di accettarlo. Quando
ammetterai a te stesso di non essere altro che un lurido voltafaccia senza
vergogna?”
Le dita di Piton si infossarono
nella parete e lo squarcio di riaprì. “Mai” bisbigliò sordidamente prima di
varcare il Punto di Fuga.
Lyons Kaus attese che Piton si
smaterializzasse oltre la dimensione parallela “Prima della fine” confessò alla
stanza vuota “Prima della fine lo ammetterai.”
*
Il corpo di Harry si affondò
lungo la parete, mentre il Mantello dell’Invisibilità scivolava parzialmente
dalla sua testa. Il suo volto glabro era contorto da un’espressione in parte
incredula e scioccata: Piton e Kaus? Il suo istinto aveva fiutato l’ansia di
R.A.B., ma di certo nulla avrebbe potuto prepararlo alla comparsa di Severus
Piton e allo scambio di battute tra lui a il vecchio mago. R.A.B. era un
traditore, anche se era stato suo maestro non si poteva assolutamente fidare di
lui, era un doppiogiochista come Piton… e Harry gli aveva involontariamente
rivelato un’informazione che avrebbe giovato al piano oscuro di Lord Voldemort,
di cosa si trattasse esattamente, Harry non lo sapeva, capiva solo che avrebbe
dovuto fermarlo a tutti i costi.
La prima cosa da fare sarebbe
stata varcare il Punto di Fuga e far sputare a Lyons Kaus la verità, non
importa con quali mezzi. Harry strinse forte la bacchetta portandosela al
petto. Si sfilò del tutto il mantello dal capo e allungò il braccio verso la
parete, ma questa frenò la sua avanzata. Harry spinse con più decisione ma la
mano sbatteva contro la solidità del legno. Prese a tirare forti colpi contro
la parete e a urlare, perdendo il controllo: “Vuoi aprire, schifoso
doppiogiochista! Abbi almeno un po’ di dignità e affrontami! Ti prego, dimmi
cosa hai fatto! Dimmi come posso fermare Piton!”
Il silenzio fu la risposta alle
sue disperate suppliche. Harry lasciò che la bacchetta gli scivolasse
lentamente dalle dita: Lyons Kaus lo aveva tradito e Harry si era fidato di
lui, per un breve periodo aveva creduto di scorgere il sorriso sereno di Albus
Silente in quello canzonatorio di R.A.B., il suo volto anziano e stanco
sembrava rispecchiare quello dell’ex-preside, ma era tutta un’illusione.
“Cavatela da solo.”
Harry sobbalzò quando udì la voce
di R.A.B.
“Devi smetterla di contare sugli
altri, affronta il mondo con le tue sole forze.”
Harry indietreggiò sussultando. Kaus gli aveva detto di
non fidarsi di nessuno, specialmente di lui, ma Harry aveva preferito creare
una falsa fiducia per dipendere da lui e dalla sua bravura, per avere un punto
di riferimento in sostituzione ad Albus Silente. R.A.B. era uno schifoso
doppiogiochista, ma aveva ragione: Harry non poteva pretendere di ricevere
sostegno da un mago che si era rivelato apertamente alleato col nemico.
Il giovane Potter raccolse la sua
bacchetta e inforcò la Firebolt, scalciando il terreno. Si confuse nella nebbia
fitta ispirando profondamente l’aria uggiosa.
^*^*^*^*^*
Hogwarts, 18 dicembre
[Si
Cresce. Gelosia e Orgoglio. Vischio a s/proposito. ]
Harry aveva preferito attribuire
alla bontà natalizia la concessione di Scrimgeour: gli aveva permesso di
restare a Hogwarts senza retroguardia alle calcagna, ma con la promessa che,
una volta finite le vacanze natalizie, o avrebbe fatto propaganda per il
Ministero, o se ne sarebbe andato via definitivamente. Naturalmente Harry aveva
scelto la seconda opzione, ma per quanto riguardava la promessa di non tornare
più a Hogwarts, aveva stretto il giuramento con le dita intrecciate dietro la
schiena.
Mancavano due giorni all’inizio
delle vacanze natalizie e Harry non era obbligato, cosa che aveva suscitato le
proteste di Ron, a frequentare le lezioni. Dopotutto Harry ne aveva già avute
abbastanza grazie agli interminabili sermoni di R.A.B.
R.A.B. …
Strinse le labbra ma le rilassò
quasi subito; doveva concentrarsi sulla situazione attuale. Lui e Ron si
trovavano in una circostanza piuttosto particolare ma, per certi versi,
esaltante.
Ron deglutì rumorosamente.
“Pronto?” il tono di voce di
Harry non era per niente rassicurante, cauto e perplesso.
Il rosso annuì con la testa e la
gola completamente secca.
Era il momento del grande passo.
Ron sapeva bene che prima o poi
qualunque ragazzo doveva obbligatoriamente affrontare quel momento, solo
allora sarebbe diventato un uomo; e sapeva bene che la sua intera vita
sentimentale dipendeva da quel momento.
Eppure, una parte di lui era
ancora incerta, soprattutto ora che si specchiava nel bagno del dormitorio e
vedeva chiaramente, nel riflesso, la sua espressione perplessa. La mano
impugnava con forza eccessiva un oggetto, come a volerlo inclinare, e i muscoli
del braccio destro erano tesissimi, come se stessero compiendo un grande
sforzo.
“Ron” lo chiamò Harry “Io… ecco…
non è troppo presto?” domandò l’amico, esitante. Anche lui, la stessa
espressione perplessa e il braccio tremante.
Ron si accigliò leggermente.
“Beh… credo sia il momento. Abbiamo diciassette anni, ormai. E poi, l’hai
proposto tu!” gli fece notare senza nascondere un poco di stizza.
Harry corrugò le sopracciglia.
“E’ Ginny che insiste e se non l’accontento sono ufficialmente un uomo scapolo
e defunto.”
Ron si fece scappare un piccolo
sorriso, sogghignando malignamente nella sua testa all’immagine della sua
carissima sorellina che picchiava a sangue Harry.
“Quindi non hai scelta, giusto?”
Harry sospirò. “Ok, ok, capito. Lo
faccio… se no, che Grifondoro sarei?” scherzò piegando il gomito verso di sé.
Ron lo imitò. “Ben detto. Allora…
al mio tre. Uno” Ron e Harry avvicinarono la lametta da barba alla guancia fino
ad averla ad un solo centimetro dalla pelle illesa. “Due” i due amici si
fissarono nelle palle degli occhi, per poi annuire e voltarsi verso lo
specchio: “Tre!”
“Fermi!” Ron e Harry si girarono
simultaneamente per fissare un sogghignante Seamus Finnigan appoggiato
maliziosamente alla porta del bagno.
“Seamus… che vuoi?” domandò
scocciato Ron, ricevendo in risposta un ghigno più ampio.
“Ma Ron, ti pare di essere così
scortese? Proprio adesso che vi sto salvando da dissanguamento certo?” recitò
teatralmente, mettendosi un mano su cuore.
Harry sbatté le palpebre. “Che intendi?”
“La schiuma da barba.” Spiegò
l’ex-Grifondoro con tutta serenità.
“Che?” Ron si guardò nuovamente
allo specchio e trovò la sua faccia pulita. Forse, lui ed Harry avevano
dimenticato qualcosa… “Ah, oooh…”
Seamus si lasciò andare in una
risata, mentre Harry rielaborava i dati ricevuti, capendo finalmente il
problema. “Che stupidi” disse afferrando una bomboletta e, riempita una mano di
schiuma, se la passò sul viso, massaggiando.
Ron fulminò Seamus, riuscendo a
farlo uscire ma anche a far aumentare le risate, e prese a sua volta un po’ di
schiuma che gli aveva passato Harry.
“Come se fosse stato così evidente…
è la prima volta, no?” borbottò, mentre Harry sorrideva.
“Sei troppo permaloso Ron. Ti
saresti messo a ridere anche tu, al suo posto…”
“Non sono permaloso.” Sottolineò
con enfasi il rosso, affondando la lama nella guancia e raschiando la pelle con
gentilezza.
Harry ridacchiò mentre lui stesso
passava la lametta sulla pelle.
“Non ti senti incredibilmente
adulto in questo momento?” chiese con allegria il ragazzo momentaneamente senza
occhiali.
Ron si guardò allo specchio,
soddisfatto della prima metà di guancia. “Nah, alla fine non è niente. Solo uno
stupido fatto di crescita fisica, ma dentro… dentro sono già cambiato.”
Ed era vero. Ron sentiva di
essere in qualche modo maturato dalla morte di Silente, e, se da una parte
c’era un piccolo rimpianto verso i giorni spensierati (più o meno) degli anni
passati, dall’altra era fiero dei propri cambiamenti; oltretutto non era
cambiato troppo, solo… beh, maturato. Non c’era altro modo per dirlo.
“Merlino, mi sono tagliato!”
Ron rise apertamente mentre Harry
gli lanciava un’occhiata di fuoco. “Non c’è niente da ridere! Spero che – ”
Harry non finì la frase che il rosso borbottò un “Ahi” dopo essersi tagliato
mentre si occupava del pelo rossiccio sulle basette. Entrambi si guardarono e
scoppiarono a ridere.
“Sei proprio un portasfortuna,
Harry” scherzò Ron.
“Infierisci pure, dopo anni di
predizioni Coomaniane sono immune a queste cose.” Stette al gioco il Ragazzo
Sopravvissuto, finendo il proprio lavoro e sciacquandosi il viso. Harry si
guardò allo specchio, apparentemente soddisfatto, e si asciugò con un
asciugamano.
“Io scendo da Ginny, voglio
vedere se avrà da obbiettare ancora qualcosa: niente problemi di barba durante
i baci.” Annunciò, con un sorriso malizioso.
Ron cercò di non darci peso: si
doveva rassegnare all’idea che sua sorella stesse con Harry, no? Meglio lui
di qualcuno altro, si consolò, sorridendo a sua volta. “Cerca di non
approfittarti troppo di lei” si raccomandò il rosso, da una parte complice,
dall’altra estremamente serio.
Harry non sospirò né tremò né
ebbe alcuna reazione. Forse, era solo abituato alla sua iper-protettività da
fratello… infondo, gli aveva detto di capirlo, qualche giorno prima, in un
momento in cui si erano ritrovati insieme ad Hermione.
“Tranquillo. A dopo Ron!” lo
salutò, dileguandosi dalla porta.
Ron sospirò leggermente, si lavò
il viso e lo asciugò, passandosi una mano sulla guancia. Poi prese il
dopo-barba, accorgendosi solo ora che Harry aveva dimenticato di metterselo.
“Che scemo” sorrise furbescamente, premendosi le mani sulle guance. Il bruciore
fu improvviso: la bocca di Ron si aprì e ne scaturì un piccolo suono strozzato
e le mani si allontanarono di scatto dal viso, come ustionate.
“Per la barba di Merlino, non
pensavo bruciasse così tanto!” esclamò il ragazzo, mentre il dolore
diminuiva progressivamente fino a scomparire.
Nel bagno entrarono una decina di
ragazzi che Ron conosceva più o meno di vista. Il rosso si congedò salutandoli
con cenno di capo e andando verso il suo letto, dove si vestì prendendo a caso
una maglietta, un maglione e un paio di jeans; infilate le scarpe, Ron si
precipitò giù dalle scale con una strana allegria con cui si era svegliato
quella mattina, deciso a godersi i pochi istanti di libertà dentro Hogwarts: la
colazione!
Giunto in Sala Grande aguzzò la
vista in cerca dei suoi amici – meglio, in cerca di Hermione. Infatti,
Harry e Ginny erano irrecuperabili fino all’orario di lezione, enon aveva voglia di chiacchierare né con
Seamus né con Ernie… insomma, a dirla tutta, Ron aveva voglia di stare un po’
con Hermione.
Perché gli mancava da morire.
La chioma leonina della ragazza
catturò il suo sguardo che si indurì nel costatare che non era sola.
Una parola: Mclaggen. Quel
bastardo era diventato una specie di Hermione-fanatico appiccicato a lei più di
Krum aiutato dal fatto che erano in gruppo insieme.
Un braccio del ragazzo si mosse
verso le spalle di Hermione, che si scansò dicendo qualcosa che Ron non poteva
capire. Decisamente, si deve intervenire.
Pensando a questo Ron si
posizionò dietro ad Hermione, la quale stava ripiegando la Gazzetta del Profeta
che non era riuscita a leggere per colpa di quell’irritante McLaggen, e la
salutò con un sorriso radioso.
“Buongiorno Hermione… buone
notizie?”
La ragazza arrossì un poco e negò
con un cenno di capo, restituendogli il sorriso e aumentando il suo stato di
euforia. “No, come sempre nuovi attentati o dichiarazioni del Ministro.” Disse,
ignorando volontariamente il suo compagno. “E ben svegliato anche a te Ron…”
soffiò dolcemente.
Ron sogghignò. “Me lo dai il
bacino del buongiorno?” Eh già, da qualche giorno i due ragazzi avevano preso
l’abitudine decisamente molto piacevole di scambiarsi un piccolo bacio –
innocente, bene inteso – per augurarsi una buona mattinata. Tutto era successo
per gioco, ma Ron ogni mattina le domandava il ‘bacino del buongiorno’ ed
Hermione non aveva proprio il cuore per rifiutarglielo.
La ragazza sorrise compiaciuta e
posò le labbra sulla guancia protesa verso di lei che il suo ‘migliore amico’
le porgeva. Ron gongolò, sia per il bacio sia per il digrignare di denti di
McLaggen.
Hermione lo guardava ancora con
gli occhi color cioccolato che brillavano e le guance rosa scuro che lo
invitavano a passarvici un dito e posarvisi un nuovo bacio. E in effetti Ron si
sarebbe chinato volentieri per dare consistenza al proprio desiderio, ma la
voce pregnante di rabbia di McLaggen lo distrasse.
“Ehi tu, che credi di fare?!”
tuonò con prepotenza quello, alzandosi in piedi per fronteggiarlo. Benché Ron
fosse più alto, McLaggen era di certo più robusto, ma non più forte. Ron si era
allenato duramente prima e durante la scuola, per essere sicuro di poter
difendere i suoi amici, la sua famiglia e anche se stesso, possibilmente.
Ron inarcò un sopracciglio evidentemente
infastidito. “Stai calmo, McLaggen. Sto salutando la mia amica, problemi?”
Quello pestò i piedi e emise un
suono profondo, simile ad un ruggito. “Stai costringendo Hermione a fare
qualcosa che non farebbe di solito. Non la devi toccare, o te la vedrai con me,
chiaro?”
Ron non si scompose minimamente.
“Lasciami stare, McLaggen. Quello che è una scocciatura qui, sei tu.”
sottolineò il rosso.
Il viso di Mclaggen era contorto
in una smorfia di rabbia e gelosia. “Cosa hai detto?”
“La pura verità” asserì Ron
scoccandogli un’occhiata pungente “Hermione è arcistufa di te e del tuo
fanatismo, fattene una ragione. Lei non sarà mai la tua ragazza.”
McLaggen non si mosse. Hermione
continuava a scambiare sguardi da lui a Ronald, amareggiata e frustrata da
quella situazione.
“…Hermione… sono così invadente?”
venne fuori in un soffio la voce di McLaggen. Hemrieon sussultò sentendo quella
voce solitamente prepotente e sorda uscire lieve e quasi tremante. Era ferito?
Era davvero innamorato di lei?
“Sì, è la verità. Ora lasciala in
pace.”
Hermione non riusciva a
capacitarsi del tono freddo che stava usando Ron. Prima che potesse in qualche
modo esprimersi sull’argomento, McLaggen chinò il capo verso di lei senza però
guardarla negli occhi “Mi dispiace” e se ne andò sbattendo la spalla, non
proprio casualmente, contro quella di Ron e facendolo così ondeggiare
all’indietro.
“Maledetto McLaggen” borbottò
Ron, girandosi poi con un sorriso verso Hermione. “Allora… stabiliamo l’ora per
i preparativi della festa? Tutto il materiale è quasi pronto, ormai.” Commentò
allegramente il rosso, prendendo una tazza e riempiendola di caffèlatte caldo.
Hermione non rispose al sorriso,
ma lo guardò duramente. Ron sbatté
le palpebre.
“Che ho fatto?” chiese con tono
seccato, riconoscendo lo sguardo So-Tutto-Io di Hermione Granger, o meglio, lo
sguardo che gli lanciava ogni volta che lei pensava che lui
avesse fatto qualcosa di sbagliato.
“Non avresti dovuto dire quelle
cose.”
Ron non poté evitare di sgranare
incredulo gli occhi. “Non eri tu che ti lamentavi di McLaggen?” Si accorse
tardi che la sua voce era dura, troppo.
Hermione strinse le labbra e Ron
sapeva benissimo cosa li aspettava: una nuova guerra. Una di quelle piccole
(forse) guerre costruite su malintesi, gelosie e sentimenti non espressi.
“Vero, ma c’è modo e modo di
rivolgerti alle persone.” Contestò Hermione fissandolo con testa alta e occhi
fieri “Me ne sarei occupata io, senza che tu ti mettessi a decidere per me.”
“E allora torna da lui, che ti
devo dire?! Vai, scusati, e stacci insieme!” Perché non collegava il cervello
prima di parlare?
Hermione, come si era aspettato,
stirò ancora di più le labbra rosee fino a farle diventare un’unica linea.
“Bene” disse “Andrò a farlo. Ciao Ronald.” Si congedò la ragazza
enfatizzando il suo nome prima di girare i tacchi e scomparire dal Portone.
Ron rimase per qualche minuto
immobile, stringendo la mascella e i pugni fino a farsi male, poi si risedette
e finì il suo caffelatte. Infine divise con rabbia una brioche e sibilò “Al
diavolo”.
Un sospiro.
“… perché il mio orgoglio è più
importante di lei?”
*
Hermione si sentiva frustrata,
semplicemente. L’irritazione della litigata mattutina con Ron era passata, ed
ora le rimaneva solo quella sensazione di amaro nel palato e una profonda e
sconsolata coscienza che dovevano smetterla di comportarsi così; eppure,
Hermione sapeva che il suo rapporto con Ron non poteva cambiare. No, non nel
senso da amicizia a- diciamo –
‘qualcosa in più’ (anche se questo cambiamento le pareva ancora lontano); solo,
Hermione sapeva di non potersi imporre sull’orgoglio di Ron, né sul suo, perché
faceva parte del loro carattere; e anche se l’orgoglio era uno degli aspetti
che prediligeva nel carattere di Ron, era un ostacolo.
L’orgoglio. L’ostacolo più grande
tra lei e Ron.
Come si faceva a vincerlo? Come
potevano per una volta combatterlo se tutti e due volevano essere dei
vincitori? Perché si trattava di questo: vincere uno sull’altra, non essere dei
perdenti. Alla fine, tuttavia, il guadagno di quell’orgoglio era esiguo, solo
un’amara soddisfazione e un dolore che mozzava il respiro.
La ragazza sospirò, afflitta, e
alzò gli occhi dal pavimento per fissarli su Ron che stava a qualche banco più
indietro: era evidentemente distratto, gli occhi azzurri che fissavano assenti
qualcosa al di fuori della finestra.
Poi, quelle pozze blu la
fissarono.
Con un’intensità da metterle i
brividi, con un’umiltà che era già di per sé uno ‘Scusa’ non verbale.
Hermione sospirò e gli rivolse un
piccolo sorriso tirato.
Perché l’orgoglio poteva vincere
tutte le sue buone intenzioni ma non quello sguardo.
Finita la lezione, Ron le si
avvicinò subito, e si misero insieme a camminare per i corridoi, quasi
casualmente, approfittando dell’ora buca.
“Beh… hai avvisato gli altri?”
domandò Ron, un poco ansioso.
Hermione annuì, sistemandosi una
ciocca dietro l’orecchio. “Sì, ma sono tutti impegnati oggi e non possono
aiutarci ad addobbare la Stanza delle Necessità… saremo solo noi due.” Soli.
“Oh” Ron non sembrava né
disapprovare né esserne entusiasta. “Capisco.”
Un silenzio per niente piacevole
li accompagnò nella loro camminata, interrotto solo dalle chiacchiere degli
studenti che incontravano man mano e dal respiro ansioso di Hermione.
Alla fine Ron sospirò e si fermò,
facendo si che anche Hermione lo imitasse.
“Senti Herm –”
“Hermione!” McLaggen si precipitò
verso i due, con un sorrisone larghissimo e le mani dietro la schiena.
“Sì, McLaggen?” disse Hermione
cercando di essere educata; forse, solo forse, sarebbe stato meglio se
non avesse mai cercato McLaggen dopo la litigata con Ron e non si fosse scusata
per il comportamento del suo migliore amico. Almeno, se l’avrebbe tolto di
mezzo. “Hai bisogno di qualcosa?”
Il robusto ragazzo scosse la
testa in segno di diniego. “Ti ho portato un piccolo regalo di Natale.”
“Oh” Hermione inarcò un
sopraciglio con scetticismo. “Così presto?”
Lui annuì stupidamente. “Guarda
qui, Hermione: vischio!” Il ragazzo mostrò il rametto della pianticella che
aveva rubato da qualche parte e lo allungò verso di lei, facendole scappare un
gridolino di sorpresa e orripilato.
“Sai cosa dice la tradizione,
Herm?” Odiava quel nomignolo. E come odiava quella situazione e quel maledetto
rametto che si avvicinava a lei insieme al corpo massiccio del compagno di
gruppo.
“Che i due giovani che si trovano
sotto il vischio devono –” Ron interruppe l’avanzata del ragazzo rubandogli il
ramo di vischio dalla mano, livido di rabbia.
“Ti ho detto che devi starle lontano.”
McLaggen lo fronteggiò. “Lo dici
tu, non lei.”
Ron stava per rispondere, ma poi
si fermò. Che diritto aveva di scegliere per Hermione? Ma odiava quel tipo,
troppo viscido. Oh, beh, a dir la verità era geloso di tutti i ragazzi di sesso
maschile che le gironzolavano intorno. Ma solo per amicizia, …tsk, chi prendeva
in giro? Era geloso, geloso marcio.
“McLaggen, stai lontano.”
Tutti e due i ragazzi si girarono
in contemporanea verso Hermione che aveva parlato, entrambi sorpresi ma uno
felice, l’altro decisamente il contrario.
“Ma Herm…”
Hermione esplose. “Sono stufa di
come tu mi stia appiccicato, di doverti fare da balia e di cercare di ignorare
la tua presenza. Tu non mi piaci McLaggen, mi spiace, ma è così, quindi, ti
prego, dimenticami e smettila di assillarmi.”
McLaggen assottigliò gli occhi e
se ne andò mormorando contro Hermione imprecazioni parecchio pesanti; la
reazione violenta e sprezzante confermò a Hermione la correttezza della sua
scelta. Ron stava quasi per seguirlo e pestarlo a sangue quando la mano di Hermione
gli toccò il polso, fermandolo.
“Lascia stare Ron” soffiò “Non è
il caso di seguirlo. È solo un povero idiota con il cuore a pezzi, in fondo.”
Ron grugnì ma obbedì. Hermione gli regalò un sorriso radioso da sciogliere
qualunque traccia di tristezza nel suo cuore.
“Grazie”
“Di che?” domandò Ron,
accorgendosi solo in quel momento di come erano vicini. Poteva sentire il
calore del suo corpo attraverso la divisa scolastica e il suo respiro leggero
sul collo.
“Per avermi fatto finalmente
capire che dovevo parlare seriamente con McLaggen” Hemrioen chiuse gli occhi
sospirando “Era da tempo che volevo farlo, ma cercavo il modo giusto. Non credo
sia andata bene, ma è andata”
Ron si era già perso nello
scintillio dei suoi occhi cioccolato così dolci, perdendosi almeno metà del
discorso.
D’impulso, le prese la vita e la
strinse più vicina a sé, facendola sobbalzare e arrossire furiosamente.
“Ron, cosa…?” Le labbra di Ron si
accostarono alle sue, delicatamente. Hermione spalancò gli occhi, del tutto
impreparata.
Oddio… e adesso che faccio?
Chefacciochefacciochefaccio??
Una delle mani di Ron cominciò a
massaggiarle piano la schiena ed istintivamente i muscoli di Hermione si
rilassarono. Le labbra di Ron erano morbide e si strofinavano piano contro le
sue, provocando brividi lungo la schiena della ragazza.
Comportati da vera Grifondoro
Hermione Granger.
Le braccia di Hermione si
posarono sulle spalle di Ron e le sua mani scivolarono lungo la base del collo
del ragazzo, giocando con i suoi capelli color fiamma, mentre il suo corpo si
pressò contro quello di lui, invitandolo ad andare più a fondo.
Ron sospirò contro la sua bocca e
obbedì, accarezzandole con la lingua le labbra già socchiuse con una lentezza
esasperante e incredibilmente piacevole. Hermione si lasciò guidare dal suo
tocco e dalla sua esperienza – dimentica di colei che gliela aveva procurata,
troppo presa dai brividi di piacere e dal tocco gentile delle sue mani contro
la schiena.
Si staccarono solo per riprendere
fiato.
Ron la teneva ancora stretta a
sé, e il viso di Hermione era ancora a pochi centimetri da quello di lui. Le
accarezzò la guancia teneramente, posando un piccolo bacio sul suo naso.
“Merlino, ancora meglio di come
lo immaginavo.”
Hermione sorrise gongolante, il
cuore che batteva furiosamente contro il suo, altrettanto veloce. “Perché
diavolo non l’hai fatto prima, razza di stupido?” lo accusò scherzosamente,
facendo scintillare divertiti gli occhi blu di Ron.
“Utilizziamo questo pomeriggio
per recuperare il tempo che ho inutilmente perso, che ne dici?” ghignò il
ragazzo, stringendola ancora di più a sé. Le labbra di Hermione erano ancora
più vicine e così dannatamente invitanti…
“Ma dovremo iniziare ad
organizzare la festa e –” Ron le lanciò un’occhiata penetrante “Al diavolo.”
Hermione premette ancora le labbra contro quelle di Ron, soddisfatta di come si
incollavano bene sulle sue.
Da dietro l’angolo Minerva
McGrannitt sospirò, fissando con un piccolo sorriso i due ex-Grifondoro intenti
in un abbraccio piuttosto intimo. Si girò decisa e si diresse verso il
proprio ufficio, decidendo di recarsi più tardi in Guferia, per non
disturbarli, facendo finta di non aver visto niente.
Infondo, oltre a lasciare che una
nuova coppia nascesse, ed una coppia composta da due dei suoi studenti
preferiti, faceva un piccolo dispetto a Scrimgeour.
Beata gioventù.
Proprio in quel momento, Harry stava prendendo il volo con
la Firebolt, spinto dal suo irrefrenabile istinto. Si sarebbe unito alla festa
solo dopo; per ora doveva compiere la sua vendetta.
^*^*^*^*^*
Il Torneo
[Contro suo Padre; Vendetta e
Sangue]
La voce di Donovan sovrastò i borbottii dei
Mangiamorte: "Si dia inizio al Torneo."
Il giudice della gara si voltò verso Voldemort, il
quale fece un'impercettibile segno di assenso; Darcy alzò un angolo della
bocca, e mosse appena la propria bacchetta. Sopra le teste dei Mangiamorte
apparve un oggetto che ricordò a Draco il famoso Calice di Fuoco visto durante
il suo quarto anno a Serpeverde, e, se non era proprio il Calice originale,
Malfoy avrebbe saputo benissimo capirne la funzione.
La fiamma di un tenue azzurro si fece d'un colore
grigio cenere, da cui comparvero due foglietti di pergamena che fluttuarono
nell'aria fino al palmo di Darcy Donovan. Draco storse la bocca, in una smorfia
insofferente così tante volte provata a scuola, che originalità.
In effetti, Voldemort peccava un po' di originalità.
Insomma, il vecchio sogno del male di conquista del mondo..., mentre il
pensiero sarcastico gli sfiorava la mente, Draco si ritrovò a rimproverarsi di
questo.
Lui è il Signore Oscuro, a cui tu sei devoto.
Niente pensieristrani.
Samantha, vicino a lui, osservava il sorriso
accennato di Donovan mentre pronunciava il nome di due Mangiamorte che Draco
aveva sentito una volta nominare da suo padre come incompetenti, le braccia
incrociate al petto, facendo aderire alla sua figura il mantello. A Malfoy non
poté sfuggire di notare la curva dolce del seno della sua coinquilina, non che
non vi avesse mai gettato un'occhiata prima. Anche ad Hogwarts aveva avuto
occasione di dilettarsi con immagini di donne, ma non aveva mai voluto
intraprendere qualcosa di serio o di fare qualcosa di serio dato la
delicata situazione in cui si era trovato. Ma era un ragazzo, si diceva quasi
per soffocare quella sensazione di incomodità che provava in quel momento. Un
ragazzo.
Samantha sbatté le lunghe ciglia scure, un poco
perplessa. "Draco, tutto bene?"
"Smettila di chiedermi se sto bene" rispose
scorbutico, voltandosi di nuovo verso Donovan, riuscendo a nascondere il lieve
rossore che sentiva sulle guance. Samantha non si doveva essere accorta di
niente, perché non aveva urlacchiato - come facevano di solito le sue compagne
di Serpeverde - né aveva fatto commenti sarcastici - come si divertiva Blaise
Zabini (ai tempi d'oro, l'unico amico, per così dire, e forse anche adesso, ma
non voleva pensarci).
O, forse, Samantha aveva finto di non notare la sua
occhiata. Draco era perplesso nei confronti della Mangiamorte straniera, non
riusciva a comprendere alcuni suoi comportamenti. Come quando parlava in modo
ambiguo, come se non fosse una seguace di Lord Voldemort. O come, questo più
spesso e più sconcertante, si preoccupava per lui - o, almeno, era
quello che pareva.
Personalmente, Draco non sapeva come comportarsi con
lei; delle volte era come se lui diventasse un altro, una specie di
ragazzino più fragile che - se ne era accorto - la inteneriva, altre tornava il
Draco Malfoy di Serpeverde, quello presuntuoso e saccente che sbeffeggiava
Potter&company. Il suo vero io, ultimamente molto rado; e Draco
provava un certo ribrezzo quando si accorgeva di non riuscire ad imporsi in
nessun modo in quel luogo... ma c'era qualcosa di positivo, in quello: non
essere annoiato e non avere nemici troppo insistenti. Però c'era il rischio
continuo di venire schiacciato, e a Draco non andava. Voleva dimostrare a tutti
- e a suo padre - di poter superare tutte quelle fecce mezzosangue e
codardi che si nascondevano tra i Mangiamorte.
Samantha, accanto a lui, sussultò. Draco la guardò
con la coda dell'occhio e il sopracciglio inarcato interrogativamente.
Samantha gli sorrise. "Augurami buona
fortuna" mormorò in modo che solo lui potesse sentirla e si Smaterializzò
su una specie di 'ring' allestito in un angolo della sala (semplice incantesimo
di Trasfigurazione) e, in piedi in un angolo, abbassò il cappuccio rivelando la
chioma voluminosa e liscia.
Draco non trattenne un'espressione scioccata - oh no,
non per i capelli, ma perché il rivale di Samantha era suo padre.
Per un attimo la testa smise di collaborare e andò in
black-out.
"Potete iniziare", fu il sogghigno malevolo
di Donovan.
No che non possono. Dannazione...
Draco Malfoy era in una situazione scomoda; il
problema è che neanche lui sapeva perché si sentisse così fuori luogo mentre
osservava le prime battute del match tra suo padre e (la sua amica? la sua
coinquilina? quella a cui ogni tanto sbirciava?) Samantha.
Come altri Mangiamorte prima di loro, Samantha e
Lucius Malfoy si staccarono dall'angolo del ring pronti a combattere.
Fulmineamente, Malfoy Senior cominciò con uno
Schiantesimo che Samantha parò con prontezza, la bacchetta spuntata da una
piega del lungo mantello nero.
Lucius Malfoy sorrise mellifluo e si prodigò a
lanciarle una serie di Cruciatus, come pochi altri (stranamente) avevano
eseguito prima di lui; in risposta Samantha si spostò velocemente nel piccolo
spazio, cercando di pensare ad una strategia per avvicinarlo e poterlo colpire.
Il ripetersi dell'incantesimo le impediva di contrattaccare, ma doveva trovare
l'offensiva giusta - non voleva soccombere, la sua carriera all'interno dei
Mangiamorte era troppo importante in quel momento.
Tuttavia esitava - Lucius Malfoy era il padre di
Draco.
Samantha si morse un labbro, irritata con se stessa
per il suo comportamento sciocco: non poteva fraternizzare adesso, qui si
trattava di avere il comando di una squadra durante la missione più importante
dai tempi del ritorno di Lord Voldemort e non poteva permettersi quel poco di
'rispetto' che si era guadagnata all'inizio della sua iniziazione.
Con un movimento veloce del polso, approfittando di
una distrazione, lanciò un Incantesimo Vincolante che il suo avversario parò
con facilità, ridendo; Samantha non si lasciò impressionare e lanciò un altro
incantesimo senza riuscire a centrare il bersaglio, ma non era quello il suo
scopo.
Malfoy rigettò l'incantesimo indietro, convinto della
sua superiorità. "Dove vai, Drake? Non puoi scapparmi per sempre e i tuoi
ridicoli attacchi mi stanno annoiando" sogghignò alzando un angolo della
bocca, divertito.
Samantha mormorò qualcosa e una cortina di nebbia
avvolse il corpo di Malfoy.
"Lumus." Lucius Malfoy avanzò nel
fumo, divertito da quella trovata che rendeva il gioco 'un po' più
interessante'. "Drake?" Chiamò beffeggiandola "Ti nascondi da
me? Avanti, così non finiremo mai più..."
Lucius si fermò, e sorrise cattivo.
"Il lupo ti ha trovato, Drake. Stupefacio!"
Il raggio rosso colpì in pieno petto Samantha e la
mandò a sbattere contro il muro; la ragazza lanciò un piccolo gemito di dolore
e si lasciò scivolare lungo il muro, avvertendo i muscoli lamentarsi e
ringraziò il proprio mantello per averle almeno salvato la pelle.
Merlino, Samantha odiava queste situazioni.
Soprattutto quando i suoi piani fallivano miseramente: Lucius Malfoy non era
solo arrogante e superbo - difetti che avrebbe voluto usare per vincere - ma
anche dannatamente in guardia e furbo. Aveva subito capito che si trattava di
un Incantesimo di Mimetizzazione e aveva usato la bacchetta per trovarla con un
incantesimo simile a quello di Guida, un poco modificato.
Maledizione. Samantha, pensa e in fretta!
La Mangiamorte si rialzò aiutandosi col muro e
annaspò nella nebbia che non si era ancora diradata. Con un grugnito, la
ragazza comandò alla propria bacchetta lo stesso incantesimo che Malfoy aveva
usato per trovarla senza parlare. Se voleva riuscire a giocarla con il suo
stesso trucco, si sbagliava di grosso.
Samantha avanzò, indugiando ad ogni passo e attenta
agli spostamenti d'aria, la bacchetta che l'attirava alla sua destra.
Niente, di Malfoy ancora nessuna traccia. Che aveva
in mente?
Un raggio bianco alla sua sinistra la prese alla
sprovvista, ma Samantha riuscì fortunatamente a schivarlo, ma un altro
Schiantesimo la colpì alla sua destra. La ragazza spalancò gli occhi,
sbigottita e dolorante.
La stava giocando. La stava giocando!
Poteva sentire le risate degli altri Mangiamorte
sotto di lei e il sapore amaro della vergogna. Samantha strinse la bacchetta
tra le dita e tossì, lo stomaco che le doleva per la nuova caduta.
Dalla nebbia la figura di Lucius Malfoy si
materializzò davanti a lei, sogghignante. "Contro di me non puoi nulla,
Drake," si vantò, prendendole il viso tra due dita, il volto più duro
"Lo sapevo che quell’incapace del tuo stupido amichetto non poteva far
altro che frequentare degli inetti."
La mano di Samantha si mosse da sola vero la guancia
di Malfoy senior ma fu bloccata da questo. "Bastardo" sibilò la
Mangiamorte, avvertendo il polso bloccato diventare quasi insensibile nella
morsa di acciaio del suo avversario.
Malfoy le diede uno schiaffo, tanto da farla cadere a
terra. "Non osare parlarmi così, donna." le disse, un insulto vero e
proprio.
"Ehi, ehi, basta così." la voce giuliva di
Donovan interruppe lo scambio di 'battute'. Uno schiocco di dita e la nebbia
sparì.
Samantha fu in grado di vedere la folla sottostante
che rumoreggiava e Doppio Dolore che avanzava verso di loro sorridente.
"Ottima prova, Malfoy. Drake, non posso dire lo stesso" Samantha si
morse un labbro ma lo sfidò con gli occhi, "Posso andare?" domandò
cercando di nascondere l'irritazione.
"Dopo, dopo, rimani fino all'assegnazione dei
ruoli" le ordinò con non-chalance Donovan; Samantha annuì e scese dal ring
sperando di nascondersi al più presto. Quelle risate, le battute pesanti e
quegli sguardi divertiti erano insopportabili; il suo orgoglio di Drake era
ridotto al minimo storico e gli occhi le bruciavano per la voglia di piangere.
Non si era sentita più umiliata.
Dov'era Draco? Mai come prima sentì il bisogno
di una faccia amica - mai come prima si rese conto della sua debolezza.
Ma il suo desiderio di poter parlare un attimo con
Draco in pace non si poté realizzare.
Donovan ghignò con un cenno di sarcasmo. "Uh uh,
tu guarda un match interessante: Malfoy Junior contro Cortess."
Sul ring poteva già vedere il corpulento spagnolo e
il più giovane e, a confronto, gracile Draco. Samantha, istintivamente,
rabbrividì.
Cortess rideva davanti a lui, e scricchiolò come di
norma le nocche delle grandi mani callose. "Così ci si ritrova a
pareggiare i conti, eh Malfoy? Pronto a soccombere?"
Draco alzò lievemente le sopracciglia mormorando
qualcosa simile a "Tsk" e replicò "Guardati alle spalle, Mezzosangue"
Cortess grugnì, sputando a terra. "Sputerò anche su di te, figlio di buona
donna."
Gli occhi grigi di Draco lampeggiarono. "Non
nominare mia madre, troglodita col sangue sporco!"
La folla, sotto, rideva e incitava gli avversari,
prevedendo una sfida entusiasmante. Donovan si affrettò ad accontentarli.
"Che la sfida cominci."
Draco portò la mano alla bacchetta ma prima che
potesse pronunciare un qualsiasi incantesimo il gancio destro di Cortess lo
centrò in pieno stomaco, facendolo piegare in due sul suo braccio. Non era la
prima volta che Draco riceveva un pugno, ma la potenza del colpo lo lasciò
senza fiato per qualche secondo a boccheggiare cercando di respirare.
Cortess si chinò verso il suo orecchio. "Ti
riduco in brandelli oggi, pivello"
Draco tossì. "Stupido cavernicolo,"
un piccolo ghigno "Stupefacio!"
L'omone, attonito dalla risposta, venne colpito in
pieno petto dalla caratteristica scia rossa dello Schiantesimo e si ritrovò
buttato a terra, con un dolore lancinante all'addome. Draco, intanto, era in
ginocchio e si teneva la pancia, digrignando i denti per il dolore, ma
soddisfatto di aver ripagato con la stessa moneta il suo avversario.
Steso a terra, Cortess prese a ridere, guadagnandosi
un'occhiata interrogativa di Draco.
L'omone si mise a sedere, ancora sogghignante
"Sarà divertente ridurti a pezzetti, moscerino" disse e si alzò in
piedi, pronto a caricare con un altro colpo. Malfoy, intanto, cercava di
elaborare un piano per riuscire a neutralizzare la potenza fisica di Cortess
(certamente il suo punto forte in battaglia).
Gli indirizzò velocemente uno Schiantesimo che il suo
avversario evitò - probabilmente avendo previsto questa mossa - e poi un
Incantesimo Immobilizzante, di certo il più efficace per vincere uno con una
tale prestanza fisica, ma fu nuovamente schivato da Cortess; Draco si ritrovò a
boccheggiare, colpito ancora all'addome con più potenza e più rabbia. Alcune
gocce di sangue gli macchiarono il mento.
Draco provò uno strano senso di smarrimento. Lui,
Draco Malfoy, sanguinava. Era diverso da quando Cortess l'aveva
torturato, perché in quel momento poteva difendersi, ed invece si era
lasciato colpire.
Era stato poco originale, ed era stato abbattuto.
Lui non voleva perdere, non ci era abituato. Lui era
un vincente, era un Malfoy. Non poteva farsi battere da un mezzosangue, anche
se questi era dieci volte più forte di lui e più esperto negli scontri.
"Non sei mio figlio"
Lui era un Malfoy. E avrebbe vinto, per Merlino!
Ingegnati. Pensa. Inventati qualcosa, se non vuoi
morire, qualsiasi cosa, ma fallo in fretta!
Cortess lo osservò sogghignante. "Sei un
incapace."
Non è vero. So benissimo cavarmela da solo.
Il fiato puzzolente di Cortess gli sfiorò i capelli.
"Ora imparerai come si parla a quelli più grandi di te, moccioso."
Un pugno lo colpì in pieno viso, facendolo rovinare a
terra.
Draco portò la mano verso la mascella, sentendola
fuori posto, e sentì sui polpastrelli il fluido viscoso del proprio sangue.
Non ebbe tempo di cercare la bacchetta che fu colpito
da un calcio sulla schiena, capace di farlo gemere. Un altro. E poi una serie
di calci che lo trascinavano di qua e di là lungo il ring come se fosse un
pallone di quello strano gioco babbano di cui una volta aveva accennato Blaise
in uno dei suoi strani discorsi.
Il nome di Cortess si ripeteva nella sua mente come
una cantilena, e rimbombava nel suo cranio come nella Sala dove la folla
eccitata tifava per l'omone, incitandolo a colpire Draco con più forza, chi a
rompergli qualche osso, altri osservavano solamente, sorridendo.
La mano di Cortess si avviluppò intorno al colletto
del suo mantello di prima fattura e il Mangiamorte lo alzò fino a che furono
faccia a faccia.
Cortess sorrise. "Chi è la feccia adesso,
Malfoy?"
Draco fissò quel viso e quel ghigno superiore. Lo
odiò. Si stava prendendo gioco di lui, di un Malfoy.
Non sapeva contro chi si stava imbattendo.
Draco sorrise nello stesso modo. "Tu"
Il pugno di Draco si abbatté violentemente contro la
mascella dell'omone nello stesso istante in cui, dopo averle piegate verso di
sé, le sue gambe colpirono lo stomaco di Cortess, sbilanciandolo indietro e
facendogli mollare la presa sul mantello.
Draco si mosse più veloce che poté, i muscoli che
gridavano pietà, e afferrò la bacchetta da terra, puntandola contro
l'avversario che nel frattempo si era alzato in piedi. "Stupefacio!"
Cortess si trovò spiazzato dalla potenza
dell'incantesimo e di quelli avvenire, e la folla, sorpresa come lui, cominciò
ad urlare il nome di Malfoy.
Draco sentiva il sangue pompargli alla testa e il
corpo scuotersi per l'eccitazione.
Com'era appagante comandare, avere il potere su
un'altra creatura e poterci giocare. Vendetta, onore, potere davanti a lui.
E si sentiva dio mentre gli lanciava tutti gli
incantesimi che gli venivano in mente, facendolo contorcere.
"Cruciatus"
Il corpo si contorceva.
Potere. Potere.
"Draco, non venire
mai alle mani. E' così poco elegante... da bruto. Piuttosto, istruisci qualcuno
che lo faccia per te." "Sì, madre."
Il corpo di Silente
precipitava.
Ho ucciso il Professor Silente.
L'ho ucciso.
Gli occhi di Draco si allargarono. Cosa sto
facendo?
Draco abbassò la bacchetta, con grande disappunto del
pubblico, e si immobilizzò, senza focalizzare più sull'incontro. Fuori
immobilità, dentro il caos più totale.
Cortess non perdé l'occasione e gli tirò un nuovo
calcio, mandandolo a terra. "Brutto stronzetto figlio di -"
"Può bastare" cinguettò Donovan mettendo
fine alla disputa e invitando gelidamente Cortess a sgomberare il campo per
un'altra coppia.
"Drake" Samantha si Smaterializzò sul ring,
in viso un'espressione gelida, in attesa di comandi da Donovan. "Porta
Malfoy in infermeria" Samantha annuì e si avvicinò a Draco, passando
proprio davanti a Doppio Dolore "Ah, eravate entrambi stati già scelti per
guidare un gruppo che salverà i mocciosetti Serpeverde. Ci troviamo domani alle
quattro del pomeriggio, dillo anche al ragazzino."
Samantha assottigliò gli occhi, ardenti di evidente
rabbia. "E ci avete fatto combattere per niente?"
Donovan inarcò un sopracciglio. "Qualcosa in
contrario Drake?"
Samantha digrignò i denti "Come avete potuto
lasciare Draco ridursi così?! Perché diavolo avete dovuto organizzare tutta
questa messa in scena?! E' stato stupido e per lo più infruttuoso!"
Donovan sorrise. "Perché mi diverto, ecco
perché. Se non ti va bene, Drake, posso sempre insegnarti un po' di disciplina
nelle celle, che ne dici?"
Samantha si morse un labbro e chinò la testa.
"Mi scusi. Ora me ne vado." E, preso Draco per una manica, lo
smaterializzò insieme a lei.
*
"Ahi! Samantha attenta con quell'arnese, per
Merlino!"
Samantha sbatté le palpebre, come per ridestarsi da
un sogno. "Oh, scusa Draco, mi spiace!" esclamò costernata,
allontanando dal labbro del biondino il batuffolo di cotone imbevuto d'acqua.
"Tsz" mugugnò Draco "Stai più attenta,
la prossima volta." ringhiò, senza far trapelare quanto quella medicazione
lo mettesse in imbarazzo.
Samantha l'aveva portato in infermeria, gli aveva
curato con un incantesimo le botte e le fratture, compreso il labbro spaccato.
Ora la Mangaimorte stava finendo di pulirgli il viso dal rigagnolo di sangue
che si era seccato dal mento alle labbra.
"Non capisco perché tu lo stia facendo alla
maniera babbana" borbottò Draco, tambureggiando le dita distrattamente per
allentare la tensione.
Samantha gli rispose senza esitazione. "Meglio
non sforzare l'incantesimo" spiegò, e Draco non si sentì di chiederle se
fosse la verità o meno.
Non aveva mai visto Samantha in quello stato, i
capelli tutti arruffati come se fosse un'indemoniata e il viso indurito in
un'espressione di pura rabbia, per non parlare dei commenti a raffica che era
stato costretto a sorbirsi sull'incompetenza e la sadicità dei loro compagni e
sull'inutilità di tutta quella lotta.
"Ma ti sembra il caso di mettermi alla prova?!
Come se ce ne fosse bisogno! Siamo dei buoni maghi, tu ed io, l'abbiamo
dimostrato in altre missioni. E ci hanno fatto combattere lo stesso quando ci
avevano già destinato a salvare i tuoi compagni di Casa!" Samantha fece
una smorfia e si mise a braccia conserte scimmiottando Donovan: "Perchè
mi diverto - stronzate." sibilò, sorprendendolo.
Prima sparla, poi bestemmia. Uhm...
"Samantha" l'apostrofò Draco, con un
sogghigno divertito.
Samantha inarcò un sopracciglio, arrossendo appena.
"Il fatto che non dica mai parolacce non vuol dire che non le usi."
affermò, senza guardarlo negli occhi "Sono arrabbiata."
Un po' sclerata, a dire il vero, commentò
mentalmente Draco ma pensò furbamente di tenerselo per sé.
"Perché te la prendi tanto?" domandò,
incuriosito.
Samantha alzò le sopracciglia come per dire 'non è
evidente'.
"E' normale che il Signore Oscuro testi la forza
dei suoi seguaci, credo." aggiunse Draco.
Samantha cancellò con delicatezza l'ultima traccia di
sangue vicino al labbro inferiore del biondino "Sarà normale, ma che lo
faccia con chi non lavora. Noi avevamo il diritto come Piton, Doppio Dolore e
Greyback di stare seduti e osservare; e invece guarda cosa ti
hanno fatto" finì in tono apprensivo, staccando il cotone dal viso di
Draco.
I due Mangiamorte si fissarono per un tempo
indefinito, senza aggiungere niente, lei troppo in imbarazzo, ancora sotto il
ricordo bruciante del vedere il ragazzo picchiato un'altra volta, lui
troppo sconcertato riguardo a questo nuovo lato di Samantha per aggiungere
altro.
"Samantha" la chiamò infine lui.
"Uh?" rispose la Mangiamorte quasi
distratta.
"Cosa- cioè, mio padre ti ha detto qualcosa… di
me?"
Samantha sobbalzò e si voltò per appoggiare il cotone
sporco su un piccolo vassoietto dove aveva predisposto un kit medico. Come
poteva dirglielo? Sapeva bene quanto per Draco il padre fosse importante, e
ancor più la sua opinione. Quindi, preferì rifugiarsi nel silenzio, anche se
scomodo.
"Samantha" rabbrividì sentendo il mormorio
appena dietro le spalle. "Dimmelo." La Mangiamorte percepì già nel
suo tono un per favore. Sospirò, voltandosi e guardandolo negli occhi.
"Ha solo detto che sei uno stupido, Draco."
Lui si irrigidì. Samantha non riuscì a resistere
all'impulso e lo abbracciò.
^*^*^*^*^*
Il Ministero
della Magia
[Detectors.
Albatros. La Profezia del mio Peggior Nemico]
Aveva deciso: la prima tappa
sarebbe stata la Base dell’Ordine della Fenice, poi sarebbe stato solo il suo
infallibile istinto a guidarlo.
Harry atterrò accanto ad una
vecchia cabina telefonica smaltata in parte da vernice rosso spento. Aprì la
porta di vetro e fissò la ruota telefonica con accanto la cornetta staccata che
penzolava nel vuoto. A quanto pareva i Mangiamorte avevano già trovato il modo
di eludere l’accesso autorizzato all’interno del Ministero. Harry conosceva la
sequenza numerica corretta e così fece scorrere le dita sulla ruota che ad ogni
giro emetteva uno squillo acuto. Finito di comporre la sequenza, Harry attese,
anche se sapeva che dall’altro capo del ricevitore non c’era alcuna dipendente
pronta ad accoglierlo: era stata assassinata dai Mangiamorte un mese prima.
Una sferzante voce maschile
eruppe dalla cornetta: “Chi sarebbe?”
“Harry Potter” rispose il ragazzo
semplicemente.
Ci fu una lunga pausa e la voce
ricomparve più affabile di prima: “Bene, puoi passare.”
Harry vide scomparire la parete
graffitata di fronte alla cabina, mentre il marciapiede si innalzava sempre di
più. Attese un minuto e il pavimento della cabina si illuminò quando la discesa
finì. Harry aprì lo sportello con una mano ed entrò nell’atrio del Ministero
della Magia.
La sala era del tutto
irriconoscibile, il lusso che vi regnava qualche mese prima era del tutto
scomparso, lasciato il posto ad un’evidente confusione e decadimento: sul pavimento
di legno scuro, non più splendente, erano tracciati dei lunghi solchi, segni di
una battaglia furiosa, i pannelli di legno lucido erano stati staccati dalle
pareti per rivelare dello sporco cemento grigio, i simboli dorati sul soffitto
erano consumati e le statue che decoravano la fontana all’ingresso avrebbero
potuto dimostrare millenni di antichità.
Un Auror dal viso stanco gli
venne incontro “Benvenuto al Ministero della Magia, Harry Potter” disse in tono
ironico.
Quello che Harry aveva davanti
agli occhi era, infatti, solo lo scheletro spolpato dell’antico e sfarzoso
Ministero.
“Cosa sei venuto a fare qui?”
chiese il mago con evidente curiosità “Hai finalmente deciso di rincuorare la
comunità magica in nome del Ministero?”
“No” rispose Harry, deciso. Il
volto dell’Auror si storse dalla delusione. “Volevo solo fare un giro” aggiunse
il ragazzo.
“Solo fare un giro? Non siamo in
un parco giochi, Harry Potter. Anche se il Ministero è diventato solo una
retroguardia non puoi pensare di scorrazzarci liberamente.”
Harry si morse il labbro: doveva
assolutamente giungere alla Base dell’Ordine. La volta precedente era stato
facilitato dallo scompiglio creato dalla battaglia dei Mangiamorte. Si era
molto sorpreso, infatti, nel non aver incontrato alcun Auror all’ingresso del
Ministero. Ma ora, dopo l’attacco, i controlli si erano fatti più serrati, non
avrebbe più raggiunto l’Ufficio Misteri con tanta facilità. Forse avrebbe
potuto chiedere l’intervento di un membro dell’Ordine… Harry ricacciò quell’idea
nella testa: non sarebbe dipeso da nessuno.
“Che cosa vuoi fare, dunque?”
chiese con insistenza l’Auror.
Harry non avrebbe voluto dover
utilizzare una mossa insegnatagli da R.A.B., ma le circostanze lo richiedevano.
Sfilò la bacchetta dal mantello e la puntò contro l’Auror che, non aspettandosi
una reazione del genere, si trovò impreparato.
“Oculis Confundi” mormorò
Harry, abbastanza piano da non diffondere l’eco della voce nel corridoio.
L’Auror sbatté un paio di volte
le palpebre e si strofinò gli occhi con entrambe le mani, come se dei granelli
di sabbia gli stessero offuscando la vista. Riaprì gli occhi fulmineamente e,
altrettanto velocemente estrasse la bacchetta per rispondere all’aggressione
del ragazzo, ma si trovò impossibilitato ad eseguire un qualunque incantesimo
dato che il bersaglio era scomparso.
Harry si mosse con la massima
leggerezza, stando attento a non fare tanto rumore da permettere all’Auror di
localizzarlo. Allontanatosi qualche passo dal mago, estrasse il Mantello
dell’Invisibilità e se lo gettò addosso: l’incantesimo Oculis Confundus aveva
una durata massima di cinque minuti, entro poco tempo l’Auror avrebbe
riacquistato pienamente il senso visivo. Harry si allontanò dall’atrio,
inoltrandosi nel Ministero e lasciandosi alle spalle l’Auror che, rinunciata la
ricerca di Harry, stava tentando di contattare i suoi compagni con la
bacchetta; Harry doveva fare alla svelta, altrimenti l’intero dipartimento
ministeriale gli sarebbe stato alle costole.
Harry si richiuse la porta dell’ascensore
alle spalle e premette il pulsante numero nove. Attese qualche minuto finché le
corde di ferro smisero di stridere e una fredda voce femminile annunciò:
“Ex-Ufficio Misteri.” Aprì con foga la porta dell’ascensore e pronunciò
l’incantesimo che lo avrebbe guidato attraverso le porte magiche fin nel cuore
della Base dell’Ordine.
Le porte prescelte si
illuminarono una dietro l’altra e Harry le aprì e le chiuse frettolosamente
senza curarsi del rumore cupo che producevano. Finalmente varcò l’ultima soglia;
il campanello d’allarme per gli accessi non previsti si mise in moto e il
ragazzo avvertì lo scalpitare di gambe che correvano verso di lui. In un attimo
fu circondato da venti bacchette tese che furono prontamente abbassate appena i
proprietari riconobbero la figura che si celava sotto il Mantello.
Un uomo dalla corporatura
possente ma rovinata si fece avanti dal cerchio “Harry” lo salutò Malocchio
Moody “Finalmente hai deciso di farti vedere, ragazzo, è da un bel po’ che non
mi capiti sotto le mani. Si sente molto la mancanza di quei ragazzini aspiranti
Auror.”
“Signor Moody” lo salutò Harry a
sua volta “Mi spiace ma ho paura di non potermi trattenere molto questa volta,
ho delle faccende da sbrigare.”
“Come sempre” ribatté l’uomo
facendo roteare l’occhio magico “Almeno abbi la decenza di salutare i tuoi
vecchi amici.”
“Certamente” convenne Harry “Dove
posso trovare i signori Weasley, Tonks e Remus Lupin?”
“Molly e Arthur sono fuori per
recuperare approvvigionamenti, ma ho visto entrare Remus nell’ultima stanza là
in fondo e sicuramente ci sarà anche Tonks. Dove c’è uno c’è anche l’altro,
ultimamente” le labbra di Moody si contorsero come se avesse assaggiato
qualcosa di molto acido.
“Capisco” disse Harry con un
mezzo sorriso “Allora, alla prossima.”
Moody levò appena il braccio,
agitandolo lievemente“Sì, sì.”
Harry si incamminò lungo il
corridoio fino a pararsi di fronte all’ultima porta. Questa volta avrebbe
bussato, decise, già troppe volte gli era capitato di interrompere Tonks e
Remus in situazioni compromettenti e tutte le volte si era visto rivolgere
dalla donna uno sguardo inceneritore. Stava per poggiare il dorso della mano
sulla porta quando udì di sfuggita una lieve risata accompagnata da un commento
altrettanto divertito; Harry riconobbe la voce di Tonks. Tirò un sospiro di
sollievo: se rideva e parlava voleva dire che la sua bocca non era occupata ad
intrattenere quella di Remus. Quindi non avrebbe interrotto nulla di serio.
Diede due rapide bussate sulla
porta ed entrò immediatamente, senza aspettare il permesso; dopotutto era
convinto che Remus e Tonks non si stessero baciando.
In effetti, appena la situazione
gli fu chiara, Harry poté accertare che la bocca di Remus non era incollata a
quella di Tonks, il problema stava nel fatto che la sua lingua era occupata ad
intrattenere la donna in ben altri posti. Harry distolse subito lo sguardo con
imbarazzo, pronto a ricevere una sfuriata magistrale da Tonks.
La donna, invece, si limitò a
scostare il volto sconvolto e arrossato di Lupin dal suo petto e si riabbottonò
la camicia con non curanza.
“Harry” lo salutò in tono calmo
“E’ sempre un piacere vederti, non è così Remus?”
Ad Harry sembrò di cogliere una
nota ironica nella voce di Tonks, tuttavia la donna non gli aveva lanciato contro
nessuna robusta fattura o occhiata inceneritrice, il che si poteva dire una
conquista.
Remus, al contrario, era
piuttosto impacciato, la sua reputazione di unico elemento santo dei Malandrini
era in rapido declino.
Tonks afferrò il braccio di Lupin
e lo strattonò per convincerlo ad alzarsi dal divano su cui qualche minuto
prima avevano condiviso un piacevolissimo quarto d’ora “Dai, Remus. Dovresti
averci fatto l’abitudine, con tutte le volte che ci ha interrotto.”
Harry riconobbe l’audacia nervosa
di Tonks nell’occhiata che questa gli rivolse. Ingoiò a vuoto della saliva
quando la donna gli passò accanto e sbatté la porta con violenza voluta.
Harry si trovò in difficoltà, dal
tono serioso di Lupin era evidente che l’uomo si aspettava una discussione
problematica e intensa che giustificasse l’allontanamento di Tonks “Volevo solo
salutarti” disse dopo una breve pausa “Anche Tonks…” rivolse un’occhiata di sfuggita
alla porta chiusa “la volevo salutare.”
Remus restò interdetto per un
abbondante minuto, fissando Harry come a voler cogliere il senso nascosto delle
sue parole “Salutare” sospirò infine “Mi volevi salutare, Harry? Beh, sei molto
gentile.”
Harry aveva come l’impressione
che quello slancio di cortesia fosse molto forzato, così si sentì in dovere di
scusarsi “Non avevo intenzione di interrompere niente, non volevo, giuro.”
Remus gli rivolse un sorriso
affabile, ma le dita della sua mano si intrecciarono convulsamente “Volere e
potere e fare, Harry, sono dei concetti molto dissimili.”
Harry ebbe l’impressione di
ascoltare una massima saccente di R.A.B., il che era un segno di evidente
scocciatura… R.A.B…. Meglio
non pensarci.
“Sono proprio felice che tu abbia
deciso di salutarci, Harry” ululò Tonks alle spalle di Harry, facendolo
levitare di qualche centimetro.
“Figurati, è un piacere parlare
con voi” soggiunse il ragazzo con un mezzo sorriso.
Tonks, entrata a sorpresa dalla
porta appena chiusa, saltellò verso Remus e gli si aggrappò al collo, gesto che
fece più effetto su Harry che su Lupin; il ragazzo ebbe la consueta impressione
di essere il soggetto estraneo della situazione, sensazione più volte
sperimentata con Ron e Hermione.
Harry si ritirò con un saluto
sbrigativo, percependo un presentimento sinistro nei capelli fiammanti di
Tonks. Ma arrivato al limite della porta sbatté contro qualcosa.
Tonks si staccò di colpo da Lupin
e fece un rapido segnale con la mano destra, portandosela al petto col pugno
chiuso. Remus ripeté l’identico gesto con sguardo rispettoso. Harry avanzò di
qualche passo e si voltò lentamente, deciso a scoprire cosa destasse nei due
amici tanto rispetto: si trattava di un uomo piuttosto anziano ma dalla
corporatura stabile, con dei profondi occhi di un colore incredibile, acqua
cristallina, e un sorriso infinitamente gentile.
L’uomo rivolse ad Harry un
sorriso se possibile più cortese “Tu devi essere Harry Potter” la sua voce
cristallina rispecchiava perfettamente i suoi lineamenti affabili “Io mi chiamo
Albatros, sono il nuovo direttore dell’Ordine della Fenice.”
“Molto piacere, signore” rispose
Harry immediatamente; la voce, il sorriso e lo sguardo dell’uomo erano
incredibilmente rassicuranti, l’Ordine della Fenice aveva acquistato un grande
soggetto.
“Piacere mio” disse l’uomo
stringendo lievemente la mano di Harry “Ti posso chiamare Harry?”
Nell’osservare l’espressione
serena dell’uomo, Harry sorrise a sua volta “Certamente.”
Gli occhi di Albatros brillarono
intensamente “Grazie.”
Harry osservò l’espressione
limpida dell’uomo e non poté fare a meno di comparare il suo sguardo luminoso
con gli occhi azzurro cielo di Albus Silente. Albatros parve accorgersi del suo
turbamento e gli rivolse un sorriso incoraggiante.
“Credimi, non intendo sostituire
Albus Silente, nessuno ne sarebbe in grado. Ma di questi tempi è necessario per
l’Ordine della Fenice che un mago con una certa esperienza si metta a capo del
loro gruppo” confessò mantenendo un leggero sorriso composto “Io ho vissuto
come un eremita per tanti anni, anche durante il passato Periodo Oscuro. Non
sono intervenuto durante quel conflitto e me ne vergogno, ma intendo rimediare
ora, sconfiggendo i maghi oscuri che minacciano la pace della comunità magica.”
Harry ebbe l’impressione che
l’aria introno a lui si fosse fatta più leggera e la stanza più accogliente
“Sono dei nobili propositi, sono sicuro che ce la farete” disse il ragazzo a
fior di labbra, continuando a sorridere.
Il volto di Albatros si illuminò
“Sei molto gentile, Harry. Ora dovete scusarmi ma ho delle informazioni urgenti
da esaminare” si volse verso Tonks e Lupin che lo salutarono cortesemente
“Ninfadora, Remus, è sempre un piacere… Harry, spero di rincontrarti” aggiunse
l’uomo chinando leggermente il capo.
Harry fece un mezzo inchino con
un sorriso candido “Lo stesso vale per me, signore.”
Albatros sorrise e salutò
nuovamente tutti i presenti prima di uscire dalla stanza, chiudendo la porta
con estrema leggiadria. Harry stette a fissare con enorme compiacimento la
porta che Albatros aveva appena varcato.
“Sei sulle nuvole, vero Harry?”
La voce di Tonks ridestò Harry da
uno stato di quasi dormiveglia. Il ragazzo si voltò con un sorriso tanto
candido che fece rabbrividire la donna fin nella ossa.
“Come?” domandò Harry con un filo
di voce.
“Ti ho chiesto, sei sulle
nuvole?” ripeté Tonks, apparendo spazientita.
“Oh” sospiro Harry, poi scosse la
testa e i suoi occhi smisero di luccicare come diamanti “Beh… direi che è una
persona piacevole.”
“Ha effetto anche su di te”
affermò Tonks con decisione.
“Ninfadora…” cominciò Remus in
tono di rimprovero.
“Ma è strano” ribatté Tonks,
indispettita “Tutti hanno l’impressione di galleggiare per aria la prima volta
che lo incontrano; è sospetto.”
“E’ semplicemente parte del suo
carisma.”
Tonks negò vistosamente
all’indirizzo di Remus “A mio parere Silente era ben più carismatico e non
faceva sciogliere il cervello delle persone come neve al sole. E poi l’ho
provata anch’io quella sensazione: è come fumarsi un intero campo di camomilla,
assolutamente svantaggioso se si vuole combattere contro un nemico.”
“Cosa intendi dire?” chiese Lupin
levando gli occhi al cielo.
“Che è una specie di tecnica di
autodifesa, prima intontisce i suoi avversari con qualsiasi incantesimo usi per
farti sorridere come un ebete e poi…”
“E poi cosa, Ninfadora?” la
interruppe Remus “E’ il nuovo direttore dell’Ordine della Fenice, non un mago
oscuro con poteri vegetali da pianta soporifera.”
Tonks mise il broncio “Comunque,
avverto una certa falsità dietro al suo sorriso sempre magnanimo.”
Remus sbuffò “Non mi dire che
pensi ancora a quella storia del Metamorfomagus?”
“Io non ho frainteso” si discolpò
Tonks “Quando ha detto “Dunque puoi solo cambiare la conformazione dei
capelli” sono certissima di aver colto un’evidente nota di arroganza, se
non sbeffeggiamento, se non disprezzo.”
Remus scosse leggermente il capo “Caliamo un velo pietoso
e salutiamo Harry, che ne dici Ninfadora?”
“Perché lo fai, sai che detesto
quel nome!” si lamentò Tonks.
“Preferisci che ti chiami Ninfa?”
domandò Remus con un leggero sogghigno sulle labbra.
“Beh, è più piacevole” Tonks gli
rivolse un’occhiata maliziosa.
“Più piacevole?” ripeté Remus con
un sorriso disinibito.
“Sono piacevoli i momenti in cui
usi quel soprannome” ribatté Tonks in tono quasi languido.
Remus accolse Tonks tra le sue
braccia, poggiando il mento tra i suoi morbidi capelli fiamma “Sono d’accordo.
Ma prima di fare alcunché, salutiamo Harry.”
Entrambi si volsero verso
l’ingresso, trovando una zona vuota dove però aleggiava ancora la presenza di
Harry Potter.
“Se n’è andato senza dire una
parola” soggiunse Tonks, accigliata “Ha imparato la lezione” disse, afferrando
Remus per il capo per averlo più vicino.
Da quando i due avevano preso a
sogghignare maliziosamente, Harry aveva preferito togliere il disturbo per
evitare di essere bersagliato da un’occhiata perforante di Tonks.
Harry fischiettava allegramente
lungo i corridoi della base dell’Ordine: era felice per Remus. Certo, non aveva
avuto il coraggio di confessargli ciò che aveva scoperto riguardo la
Maledizione di Difesa contro le Arti Oscure, anche perché, essendo un notizia
datagli da R.A.B., aveva molte possibilità di essere falsa.
Si sorprese molto nel trovare i
corridoi della base completamene deserti, forse i membri dell’Ordine erano in
missione. Così venne attirato da una porta socchiusa dalla quale proveniva uno
spicchio di luce. La spinse leggermente e, quando accertò che la stanza fosse
vuota, vi entrò senza fare troppo rumore.
Era un locale piuttosto lussuoso
e confortevole, con una somiglianza impressionante al vecchio ufficio di Albus
Silente. Harry si avvicinò a quello che poteva essere un acquario: all’interno
di una sfera di vetro, grossa quasi quanto un uomo, galleggiava una tunica
bianca che Harry non faticò a riconoscere: si trattava della divisa di un
Eclitto, lo stemma ricamato sul colletto era inconfondibile.
La mente di Harry lavorava
spedita, tentando di dare un senso a quello che vedeva, ma la sua attenzione fu
catturata da una sfera ben più piccola di quella che conteneva acqua
cristallina e una tunica da Eclitto. Era una piccola sfera delle dimensioni di
un Boccino d’Oro conservata in una specie di cofanetto vellutato sul cui
coperchio era incisa una scritta elegante:
M.M.W. a A.P.W.B.S.
Severus Piton
e Petunia Evans
Harry stette a fissare per un
buon minuto quell’improbabile coppia mentre il suo viso sbiancava ad ogni
secondo: riconobbe il destinatario di quella che ormai aveva capito essere una
Profezia: Albus Silente e uno dei soggetti era Piton. Forse quella sfera
racchiudeva il mistero della fiducia di Silente verso il Mangiamorte, ma cosa
poteva averci a che fare sua zia, babbana di nascita? Harry sospirò, ricordando
le parole della signora Figg: è una magonò. Una moltitudine di ipotesi
cominciarono a turbinare nella testa di Harry mentre la curiosità spingeva la
sua mano ad estrarre la Profezia dalla custodia.
“E’ meglio che non la tocchi” lo
bloccò una voce placida “Non è per te.”
Harry riconobbe la figura
pacifica di Albatros sul ciglio della porta e subito un largo sorriso si
impossessò delle sue labbra, mentre la stanza si faceva più ospitale.
“E’ per Severus Piton” soggiunse
l’uomo in tono lieve “Noi non possiamo ascoltare il segreto che racchiude la
Profezia, il segreto di Severus Piton.”
“Ora sono stufo di questo
segreto” dichiarò Harry con impeto, tentando comunque di non essere troppo
brusco in presenza di Albatros.
“Allora fa in modo che non sia
più un segreto” gli suggerì l’uomo con un sorriso sereno.
“Come potrei fare?” chiese il
ragazzo.
Gli occhi azzurri dell’uomo
parvero riflettere “Conosci il tuo nemico e scoprirai il suo segreto. Potresti
cominciare con un’ispezione approfondita della sua dimora.”
“Grazie per il consiglio, signore.
Io però non so dove abita” soggiunse Harry tentando di non apparire ingrato.
“A Hogwarts lo sapranno, ma è troppo rischioso entrare in quella
scuola con un soggetto come Rufus Scrimgeour come preside. L’anagrafe al
secondo piano avrà di certo l’informazione che stai cercando” disse Albatros
con un sorriso rassicurante.
“Grazie, signore, non so proprio
come sdebitarmi” lo ringraziò Harry, chinando la testa in segno di
apprezzamento.
“Devi solo fare attenzione,
Harry, promettimi solo questo” disse Albatros ricevendo un’entusiasta
approvazione dal ragazzo.
Lo sguardo di Harry si smarrì
sulla tunica dell’Eclitto “Signore?” lo interpellò indeciso.
“Sì?”
Harry si rivolse ad Albatros
tentando di apparire il meno invadente possibile “Cos’è quella sfera?”
“E’ solo un po’ di acqua” rispose
l’uomo con gli occhi limpidi che brillavano.
Harry parve esitare, convinto di
mostrare scortesia “Ma? Quella tunica?”
Il sorriso gentile dell’uomo
sembrò indugiare un attimo “Una volta questa stanza era il locale lavanderia
del Ministero, qualche Eclitto si deve essere scordato la divisa e io ho
preferito lasciarla lì.”
Harry accenno con il capo e
sorrise “Capisco, beh, arrivederci, signore.”
“Arrivederci, Harry” lo salutò
Albatros, ricambiandolo con altrettanta gentilezza.
Appena Harry chiuse la porta, un
sorriso meno fiducioso del precedente comparve sulle labbra di Albatros “I
ragazzini si bevono proprio tutto” sussurrò “A proposito di bere…” aggiunse,
levando il suo sguardo cristallino sulla sfera contente la divisa dell’Eclitto.
Levitò fino a raggiungere l’apertura sulla sommità della sfera e immerse le
mani a coppa nell’acqua tiepida. Si portò il liquido trasparente alla bocca e
bevve avidamente.
“Hai uno splendido sapore,
Matthew Lucas” mormorò leccandosi le labbra umide.
*^*^*^*^*^
Fuga dal
Ministero
[L’Altro
Ministro]
Una volta entrato nell’ascensore
Harry premette il tasto che segnava il numero 2 e attese che il cigolio
metallico terminasse, quindi seppe di essere arrivato a destinazione. Con molta
cautela sfilò il Mantello dell’Invisibilità dallo zaino e se lo mise addosso.
Aspettò che la porta dell’ascensore si riaprisse e uscì più silenziosamente
possibile, controllando con lo sguardo che il corridoio fosse deserto. Proprio
di fronte a lui stava appesa una mappa del piano, vi si accostò con cautela e
memorizzò le indicazione che gli occorrevano.
Harry preferì percorrere il
corridoio lentamente per evitare di fare troppo rumore sbattendo i piedi a
terra, anche se avrebbe potuto non curarsi troppo di questo dato che il secondo
piano sembrava essere totalmente vuoto. Si sorprese ancora quando lesse la
scritta a caratteri cubitali incisa su una delle porti di legno massiccio
“Anagrafe”.
Oggi la fortuna mi sorride e
non ho neanche preso la Felix Felicis, pensò Harry con un sorriso mentre
faceva scattare con un incantesimo silenzioso la serratura della porta. Spinse
contro di essa e il cigolio che si produsse gli sembrò più rumoroso del
necessario, si guardò in torno e scorse solo un lungo corridoio deserto. Tirò
un lungo sospiro di sollievo e sbirciò dentro lo spicchio di porta che aveva
aperto. La stanza era del tutto sgombra fatta eccezione per una fila di
scaffali di metallo lucido che ricoprivano per intero la parete destra. Harry
spinse del tutto la porta ed entrò trascinandosi alle spalle il Mantello
dell’Invisibilità.
Si avvicinò agli scaffali e tentò
di fare mente locale. Quando il Magico Trio aveva fatto visita al M.I.B.,
Hermione aveva utilizzato un incantesimo particolare per richiamare dagli elenchi
ordinati posti sulle migliaia di scaffali le pergamene che le occorrevano. Il
ragazzo sorrise quando si ricordò della fattura, dopotutto le interminabili
lezioni di R.A.B. gli avevano allenato la memoria. Harry scacciò dalla testa
quell’ennesimo pensiero rivolto al suo ex-mentore e bisbigliò:
“Accio Scripto: Severus Piton.”
Gli occhi di Harry si
illuminarono di soddisfazione appena strinse tra le dita la pergamena che aveva
risposto al suo incantesimo. La srotolò con cura sotto il mantello e vide una scritta
luminescente: Severus Piton; Harry notò che il foglio era diviso in due
colonne, la prima occupata da nomi propri e la seconda da indirizzi civici.
L’incantesimo di ricerca aveva funzionato.
Il ragazzo tirò fuori dalla tasca
dei pantaloni una penna e ricopiò l’indirizzo sul palmo destro della mano,
mentre con l’altra reggeva la pergamena. La arrotolò senza troppa cura,
ricacciandola nello scaffale dalla quale era uscita.
Prese a correre lungo il
corridoio principale, ma dovette bloccarsi alla seconda svolta quando udì delle
voci cupe. Un gruppo di Auror con a capo un Eclitto stavano pattugliando il
corridoio e Harry riconobbe tra di loro l’Auror che lo aveva accolto con ben
poca gentilezza all’entrata del Ministero.
“Bisogna fare attenzione di questi
tempi. Pensa alla fine che ha fatto Matthew Lucas. Sicuro che fosse Harry
Potter?” chiese l’Eclitto in tono duro
“Assolutamente” rispose l’Auror
“Grazie all’equipaggiamento che ci ha fornito quell’uomo siamo in grado di
detectare tutti i generi di incantesimi e se quel ragazzo era davvero un
Polisucco allora questo coso avrebbe dovuto attivarsi.”
L’Auror estrasse dalla divisa un
oggetto che aveva tutta l’aria di essere di fattura babbana: somigliava ad un
cellulare ma appariva tecnologicamente più avanzato ed emetteva ad intervalli
regolari un suono in tutto simile al radar di un sottomarino. Harry si chiese
come facesse il Ministero a possedere strumenti del genere.
“Stupidi aggeggi babbani” sbuffò
l’Eclitto fulminando l’Auror con lo sguardo.
Questo assunse un’aria ostile e
fissò con più attenzione il congegno “Ma secondo questo coso, qui davanti… in
basso c’è una spia che segnala: Target: 1 solido, o qualcosa del
genere…” l’Auror prese ad esaminare il corridoio mentre fissava l’apparecchio
che aveva in mano.
Harry, che si trovava esattamente
di fronte al gruppo, si spostò di lato per evitare di andare a sbattere contro
uno dei maghi.
“Si è mosso!” esclamò l’Auror
“Verso destra, guardate” il mago invitò i compagni ad osservare lo schermo di
quello strano apparecchio che durante lo spostamento di Harry aveva emesso un
suono più acuto dei precedenti.
Harry indietreggiò di pochi passi
e il suono acuto si ripeté.
“Non c’è dubbio” esordì l’Auror,
studiando per qualche attimo l’apparecchio e quindi levando lo sguardo
esattamente nel punto in cui Harry si nascondeva sotto il Mantello
dell’Invisibilità “Là c’è qualcuno.”
“Veramente?” anche l’Eclitto
teneva nascosto sotto la divisa lo stesso tipo di strumento “Anche secondo il
mio qui davanti c’è qualcosa.”
Ciascuno dei maghi davanti a
Harry estrasse le bacchette e le puntarono esattamente contro il ragazzo che,
sempre più disorientato, non riusciva a prendere una decisione: se davvero
quello strumento riusciva a localizzarlo evadendo ogni stregoneria, allora il
Mantello dell’Invisibilità era totalmente inutile così come qualsiasi
incantesimo per confondergli la vista.
Lo squadrone di Auror si compattò
e l’Eclitto, tenendo il congegno a mezz’aria, dava istruzioni per raggiungere
il bersaglio invisibile indicato dal rilevatore. Harry si mosse appena sotto il
mantello ed estrasse la bacchetta; facendo frusciare il tessuto sotto il quale
si nascondeva lanciò un incantesimo non verbale contro l’Eclitto che andò a
sbattere contro i restanti membri del gruppo. L’attacco inaspettato causò molto
scompiglio tra gli Auror ed Harry approfittò del momento di distrazione e della
confusione che si era venuta a creare per correre lungo il corridoio in
direzione opposta.
A Harry sembrò che i suoi passi
risuonassero in modo assurdamente rumoroso e temeva che ad ogni angolo svoltato
in corsa qualche dipendente del Ministero lo avrebbe attaccato. Ma il ragazzo
era deciso a non farsi catturare ora che aveva tra le mani l’informazione che
desiderava. Harry fissò la scritta che portava sulla mano: Spinner’s End 17.
Ripeté l’indirizzo nella testa per darsi coraggio: avrebbe sicuramente portato
a termine la missione e per farlo doveva uscire dal Ministero indenne.
Svoltato l’ultimo angolo dovette
arrestare la sua corsa. Un ingente gruppo di Auror pattugliava il corridoio
principale, adocchiando con particolare cura l’ascensore. La mente di Harry
cominciò a lavorare spedita: l’unica uscita dal Ministero era quella nell’atrio
che si trovava due piani sopra di lui, ma avrebbe comunque potuto utilizzare le
scale. Diede una rapida sbirciata alla mappa del piano attaccata alla parete,
per fortuna, non troppo distante da lui: le uniche scale del secondo livello si
trovavano oltre la schiera di Auror che invadeva il corridoio principale.
Alle spalle di Harry si
accentuarono delle voci in lontananza: “Signore, credo sia andato di là,
l’aggeggio dice così.”
“Sì, sì, lo vedo. Bene! Pare che ora si sia fermato… ma
vedo altri punti che lampeggiano. C’è scritto, Target: 27 solidi.”
Il cuore di Harry ebbe un tuffo:
era in trappola. Abbassò lo sguardo e questo gli cadde sull’indirizzo: Spinner’s
End 17… Dannato Piton! Non ti lascerò vivere ancora!
Harry strinse i denti e si gettò
nella mischia di Auror. Grazie al Mantello dell’Invisibilità restava nascosto
agli occhi dei maghi del corridoio principale e anche se il misterioso congegno
poteva percepire la presenza di un oggetto solido, sarebbe risultato difficile
al gruppo guidato dall’Eclitto distinguerlo in mezzo ad altri ventisei segnali,
l’unico problema era evitare di andare a sbattere contro qualche Auror. Harry
scoprì che l’impresa era più difficoltosa di quanto sembrava: gli Auror erano
in fermento, quasi pronti per un attacco da parte dei Mangiamorte, e
continuavano a marciare instancabilmente per il corridoio senza uno schema
preciso. Harry ne schivò uno per un soffio, l’orlo del mantello si sollevò
appena ma Harry ebbe comunque la sgradevole sensazione di essersi scoperto
troppo. Rivelarsi lì, in mezzo a ventisei Auror ostili, poteva dirsi
problematico.
Il gruppo di Auror guidati
dall’Eclitto giunse sul posto e scrutò nei dintorni. L’Eclitto osservò lo
schermo dello strumento, poi la moltitudine degli Auror ed emise un sospiro
scocciato:
“Attenzione, signori!” intimò
agli Auror nel corridoio “Tra di voi c’è un soggetto non autorizzato
all’ingresso nel Ministero e invisibile, vi prego di collaborare per la sua
cattura.”
Una serie di voci si levò dalla
mischia di Auror.
“Soggetto non autorizzato?”
“Un Mangiamorte?”
“E’ pericoloso?”
“Non sarà l’intruso che ha fatto
sparire Matthew Lucas?”
Dopo l’ultima affermazione molti
degli Auror estrassero la bacchetta e la fecero saettare in tutte le direzioni
con sguardi preoccupati.
Harry aveva già sentito quel nome
in precedenza: Matthew Lucas, ne stava discutendo l’Eclitto a capo del gruppo
di Auror prima di intercettarlo con quel bizzarro aggeggio; che questo Lucas
fosse una vittima dei Mangiamorte?
Harry ricominciò a zigzagare tra
gli Auror che, sempre più agitati, si aggiravano con foga per il corridoio
principale. Per un pelo riuscì a passare in mezzo a due Auror che lo stavano
serrando in un cerchio sempre più stretto e infine oltrepassò l’ultimo mago che
lo separava dalla rampa di scale.
L’atrio si trovava due piani più
in alto, quindi salì le scale finché lesse il cartello: Livello 1. A quel
punto, eccitato per la scoperta, non si rese conto della presenza di Auror di
pattuglia al limite delle scale e gli sbatté contro. L’Auror, della stazza di
un armadio, non si scompose minimamente, ma Harry, ricevuto il contraccolpo,
finì con la schiena sul pavimento del primo piano. Parte del mantello gli era
scivolato dal corpo e il ragazzo era certo che l’Auror potesse vedere
chiaramente le sue gambe. L’Auror stette un buon momento a contemplare il
pavimento, poi estrasse di scatto la bacchetta per puntarla dritta contro Harry
che tentava di ricoprirsi col mantello.
“Identificati o farai una brutta
fine!” gli urlò contro l’Auror.
Harry ebbe uno scatto di coraggio
e si levò in piedi togliendosi del tutto il mantello “Harry Potter” esordì in
tono deciso.
La faccia dell’Auror si contorse
dalla sorpresa ed Harry ne approfittò per eseguire l’incantesimo confondente
per la vista.
Mentre l’Auror si stropicciava
gli occhi lamentandosi e agitando la bacchetta in cerca di Harry, il ragazzo si
era ricoperto col mantello, pronto per salire le scale, ma delle urla lo
bloccarono.
“Tutto bene là sotto? Veniamo a
darti una mano!”
“Venite, venite, c’è un intruso!”
esclamò l’Auror con la mano ancora davanti agli occhi.
Harry fu costretto ad invertire
direzione di marcia e sfrecciò lungo il corridoio principale in cerca
dell’ascensore. Delle nuove voci invasero il corridoio, da tutte le direzioni.
Ad ogni passo che faceva si sentiva sempre più un topo in trappola, l’unica
speranza era trovare rifugio in una delle stanze e aspettare che le acque si
calmassero. Harry aprì la prima porta a cui passò davanti e una volta richiusa
alle spalle capì dalla scritta che era incisa su di essa che si trovava
nell’”Ufficio Relazioni Internazionali Magiche”; per fortuna la stanza era
vuota.
Harry notò vari segni di
bruciature sulla mobilia e anche dei documenti sparsi scompostamente sul
pavimento, probabilmente era stato usato come luogo di battaglia durante
l’attacco dei Mangiamorte. Ma quello che lo stupì di più fu un’enorme pozza
d’acqua sul pavimento; sembrava spessa in altezza e totalmente statica. Il
ragazzo vi si avvicinò con cautela e protese un braccio.
Una potente voce eruppe da dietro
la porta “Proviamo qua dentro!”
Harry ritirò il braccio e si
gettò sotto una delle scrivanie ancora intatte poste contro la parete, il
Mantello dell’Invisibilità sopra di lui.
Nella stanza sgusciarono due
Auror con le bacchette levate. Entrambi scrutarono l’aria, ma quando i loro
occhi caddero sulla pozza d’qua ebbero un sobbalzo.
“Questo è il luogo in cui…?”
cominciò un Auror titubante.
“Sì” rispose l’altro col volto
cereo “Andiamocene, non voglio fare la fine di Matthew Lucas.”
Ancora quel nome, pensò
Harry mentre osservava con sollievo gli Auror uscire dalla stanza.
Harry strisciò fuori dal suo
nascondiglio e attaccò l’orecchio alla porta.
“Pattugliate l’intero piano, ma
che dico?, l’intero edificio, chiunque sia non dobbiamo farcelo scappare!
Questo è pur sempre il Ministero della Magia, mostreremo a Scrimgeour quanto
valgono gli Auror!”
Urla concitate parvero dare
l’approvazione all’ordine ricevuto. Harry sentì numerosi passi muoversi oltre
la porta: ormai uscire da quella stanza sarebbe equivalso a farsi prendere. Si
guardò intorno; ovviamente non c’erano finestre dato che si trovavano parecchi
metri sotto terra, ma il ragazzo scorse, nell’angolo più a sinistra, qualcosa
che lo avrebbe potuto aiutare ad uscire da quella disperata situazione: un
camino.
Harry si avvicinò con il cuore a
sobbalzi e poté tirare un lungo sospiro di sollievo quando vide della Polvere
Volante raccolta in un vaso di ceramica sopra la mensola del camino. Ne
raccolse una manciata nella mano e pronunciò la prima destinazione sicura che
gli venne in mente:
“Diagon Alley!”
Gettò la polvere sulle mattonelle
di cotto, ma non accadde niente. Harry si morse la lingua; il suo urlo poteva
aver attirato l’attenzione di qualche Auror di pattuglia all’esterno e,
infatti, un nutrito numero di voci si raccolse fuori dalla porta.
Il ragazzo raccolse una nuova
manciata di Polvere e si mise a riflettere: Hermione gli aveva spiegato che
certi camini speciali sono magicamente predisposti a non collegarsi con
caminetti pubblici, per rispetto della privacy. Harry capiva il motivo del
perché non potesse viaggiare fino a Diagon Alley, la più popolata delle vie
magiche, ma comunque non poteva conoscere una destinazione adatta per un camino
del Ministero.
Poi, proprio quando la porta
della stanza cominciò a cigolare, Harry si ricordò di un incantesimo di
rievocazione che gli aveva insegnato R.A.B.. Spinto dal panico pronunciò
l’incantesimo: “Postremo dicto” e gettò la polvere per terra. Questa
volta delle lunghe lingue di fuoco verde e indolore salirono lungo tutto il suo
corpo, appena prima che la porta della stanza venisse sfondata da un poderoso
calcio.
“Sei finito!” gridò un Auror irrompendo nella stanza, ora
completamente vuota “Dove diavolo…?”
In quel momento il fuoco verde si estinse nel camino
lasciando della polvere nera sulle mattonelle di ceramica.
“Maledizione! E’ scappato con la Polvere Volante!”
*
Il Primo Ministro fece scorrere
gli occhi su un documento dall’aria ufficiale in cui, per buona parte, si
accusava il governo dell’ultima e tragica vicenda che aveva colpito
l’Inghilterra: l’attentato al Parlamento. Sebbene fossero passati diversi mesi
dall’accaduto la gente, i giornalisti e in special modo i politici di partiti
avversi, amavano ribadire le implicazioni quasi scontate dell’inefficienza del
governo, ovvero del Primo Ministro.
L’uomo si massaggiò le tempie ed
afferrò un altro documento. Al termine dell’ultima frase fu colto da un moto di
simpatia, per lo meno gli autori di quel documento avevano avuto l’accortezza
di mitigare le accuse: potrebbe essere stato causato da un’inefficienza
della polizia… Il Primo Ministro amava i condizionali, in special modo in
situazioni come quella. Anche se, a memoria d’uomo, non si era mai verificato
un simile incidente dalla fine delle grandi guerre del ventesimo secolo.
Il Primo Ministro mugugnò ancora
ripensando agli incontri con quegli individui che lui preferiva chiamare, gli
Altri Ministri. Erano garanti di tragedie e se ne andavano scaricando su di lui
la responsabilità … Del resto, negli ultimi tempi, il Primo Ministro era stato
vittima di innumerevoli scarica barili.
“Ehm.”
Il Primo Ministro levitò dalla
sedia e si voltò cupo verso il dipinto confinato nell’angolo più appartato
dell’ufficio.
Un ometto su tela con una lunga
parrucca argentea mosse appena le labbra dipinte:
“Al Primo Ministro dei Babbani.
Incontro non previsto con individuo non identificato a breve.”
“Non identificato?” ripeté il
Primo Ministro aggrappandosi al bordo della scrivania “Rifiuto l’incontro. Ho
già abbastanza a cui pensare, non ho bisogno di altre cattive notizie.”
Il vecchio dipinto storse la
bocca “Spiacente, è già qui.”
All’interno del bel camino di
marmo si avvilupparono delle alte lingue di fuoco verde, fino a raggiungere la
statura di un uomo, poi ci fu un sonoro scoppiettio e un’enorme polverone di
fuliggine si levò dalle braci quando un giovane ragazzo venne scaraventato sul
tappeto persiano di fronte al camino.
Il Primo Ministro non ricordava
dai suoi precedenti incontri un arrivo dal camino tanto violento. In principio
scosso, osservò con attenzione quello che aveva tutta l’aria di essere un
adolescente piuttosto frastornato e disorientato. D’istinto si protese per
aiutarlo.
Quando il rombo assordante nelle orecchie cessò, Harry fu
sbalzato fuori da un ampio camino, strisciando per un buon mezzo metro sul
pavimento del nuovo locale. La testa gli vorticava ancora all’impazzata, ma
trovò comunque la forza di rimettersi in piedi, traballante, e di scrutare
l’ambiente per quanto glielo permettevano le sue lenti annebbiate dalla cenere.
Subito venne scosso da una figura non identificata che gli veniva contro;
d’istinto afferrò la bacchetta e scagliò una robusta fattura contro lo
sconosciuto.
Il Primo Ministro sentì una voragine nello stomaco mentre
il pavimento si staccava da sotto i suoi piedi. Avvertì un allucinante dolore
alla schiena accompagnato da una sonora botta che lui attribuiva allo scontro
in atterraggio contro la sua scrivania di mogano.
Harry si ripulì alla svelta le lenti degli occhiali dopo
aver scagliato l’incantesimo. Ripuntò la bacchetta contro lo sconosciuto che
stava sdraiato scompostamente su una scrivania dall’aria costosa ed antica.
Probabilmente, pensò il ragazzo, si trovava all’interno del Ministero della
Magia, forse in un altro reparto, fatto sta che doveva tenersi pronto per
respingere gli attacchi dello sconosciuto, forse un Auror, e poi scappare per
raggiungere la dimora di Piton e fargli sputare la verità a suon di
schiantesimi.
Dato che lo sconosciuto non aveva ancora mosso un membro
da che era stato scagliato contro la scrivania, Harry pensò che fosse svenuto e
si concesse un attimo di distrazione per osservare la stanza: era uno studio
piuttosto accogliente, con un ampio camino di marmo alle sue spalle, tappeti
dall’aria antica e pregiata, finestre a ghigliottina sigillate, un lampadario
di cristallo e la scrivania su cui era steso l’uomo. Harry indugiò con lo
sguardo su un’accoppiata di bandiere, poste ai lati della scrivania come
stendardi: recavano la croce bianca e rossa su sfondo blu, simbolo
dell’Inghilterra. Harry ne rimase colpito perché tempo prima Hermione gli aveva
detto che i maghi preferivano restare neutri per quanto riguardava la
nazionalità imposta dai babbani, almeno all’interno di edifici governativi.
In effetti c’erano altri particolari che destarono
l’interesse del ragazzo, primo fra tutti il lampadario che, sotto lo strato di
pendoli di cristallo, nascondeva due lampadine al neon. Come per Hogwarts,
anche all’interno del Ministero gli apparecchi elettronici non funzionavano, tuttavia
Harry si ricordò del misterioso congegno che gli aveva fatto quasi saltare la
copertura; che dopo l’attacco dei Mangiamorte il Ministero avesse perso parte
della sua difesa magica? Ma continuava a non spiegarsi la presenza di un
oggetto di chiara manifattura babbana all’interno del Ministero della Magia, a
meno che si trovasse in un altro luogo.
Harry esaminò più accuratamente la stanza; in un angolo
lontano scorse un dipinto animato di un vecchio dall’aria inquieta che
contorceva le labbra. Forse si trovava in un altro edificio magico che però
presentava delle caratteristiche babbane.
Un mugolio giunse dalla scrivania e Harry fece guizzare la
bacchetta contro l’uomo che ora lottava per alzare il capo. Si massaggiò la
testa con una mano aperta e, tenendo sempre gli occhi serrati scese dalla
scrivania, quasi incespicando. Solo in quel momento il ragazzo si rese conto
della sua impulsività: forse aveva aggredito qualcuno che non se lo meritava?
L’uomo aprì gli occhi lacrimati e li volse terrorizzato
contro Harry che teneva ancora levata la bacchetta. Il ragazzo sentì lo stomaco
levitargli in gola; quel volto lo aveva già visto alla televisione, sui
giornali, durante dibattiti politici: era il Primo Ministro Babbano. La
bacchetta gli scivolò dalle dita, cadendo sul tappeto.
“Mi dispiace, signore” proferì Harry con un filo di voce.
Aveva forse compromesso irrimediabilmente le relazioni tra maghi e babbani?
Hermione gli aveva detto che il solo legame tra i due governi consisteva nel
rapporto tra i due Primi Ministri, quello magico e quello babbano, in altre
parole, la valutazione di tutta la comunità magica per i Babbani dipendeva
dall’uomo che Harry aveva appena scaraventato contro una scrivania e che ora lo
fissava con un misto di terrore e rabbia.
“Ti dispiace” sussurrò il Primo Ministro quando vide che
il ragazzo aveva perso la bacchetta “Non è sufficiente. Per quale diavolo di
motivo ti sei permesso di attaccarmi? Non vi basta più mandarmi cattive
notizie, ora mi volete anche uccidere?”
“Niente del genere, signore” rispose prontamente Harry con
un enorme groppo in gola; non si trovava molto a suo agio nel ruolo di
mitigatore, in quel momento gli sarebbe servita la diplomazia di Hermione “E’
stato un errore, un terribile errore.”
“E pretendi anche che io ti creda?” sbraitò il Primo
Ministro “Come si può attaccare una persona per errore? Credete davvero che noi
‘normali’ siamo così stupidi in confronto a voi, solo perché potete usare la
magia credete di essere migliori? Più furbi? Più intelligenti?”
Il Primo Ministro stava rapidamente perdendo il controllo
e il panico di Harry aumentava man mano che le accuse del Ministro slittavano
da lui all’intera comunità magica.
“Credete davvero che sia così stupido? Non potete
scaricare la colpa unicamente su di me. E’ il momento di prendervi le vostre
responsabilità, ma tanto è inutile dirvelo, vero? Chi mai crederebbe
all’inefficiente Primo Ministro d’Inghilterra che rivela al mondo l’esistenza
di maghi e streghe? Per non parlare della vera causa della distruzione di mezzo
Parlamento… non è stato esattamente piacevole osservare un bestione nero con
ampie ali da pipistrello avventarsi contro l’edifico più solidale del governo:
un drago… ma non potete tenerli sotto controllo questi draghi? Come avete
potuto permettere che accadesse una cosa del genere? Non solo per l’impatto
fisico, ma psicologico dei poveri cittadini londinesi che si sono visti volare
una bestia mitologica sopra le teste? Oh, ma per fortuna c’è sempre la magia
che si occupa di risolvere tutto. Una cancellazione di massa della memoria…
roba da mettere i brividi: uno squadrone di maghi armati che confina in una
stanza tutto il mio personale, i miei alleati, i miei opponenti… e poi quella
luce… avrete anche cancellato la loro memoria ma i momenti d’ansia che hanno
preceduto l’incantesimo non glieli leva più nessuno! E’ un miracolo che a
nessuno siano saltati i nervi o il cuore! Per la miseria, persino io che sapevo
dell’esistenza di questi esseri mi sono preso un tale colpo che… ma non ci
voglio più pensare! Come avete fatto, piuttosto, a cancellare la memoria di
tutti i londinesi, una simile quantità di persone? Lascia perdere, nonvoglio sapere neanche questo, so solo che
voi avete un potere immenso e se davvero avete la possibilità di incantare un’intera
metropoli come Londra, forse la prossima volta non sarà un incantesimo di
memoria, ma un anatema, un qualcosa che uccide, non lo so, una qualche genere
di maledizione… E io devo evitare che questo accada, devo difendere questi
cittadini anche se per loro non sono altro che un fantoccio incompetente…
grazie a voi mi sono guadagnato questo titolo, grazie davvero!”
Di colpo, Il Primo Ministro voltò le spalle ad Harry e si
ritirò in un profondo silenzio.
Harry rimase sul posto, basito, finché un sonoro rumore di
passi che accorrevano raggiunse la porta dello studio. Un possente uomo dalla
carnagione scura eruppe nella stanza, anche lui bacchetta alla mano.
“Kingsley?”
“Harry?”
I due si stettero a contemplare per un buon minuto sotto
lo sguardo dubbioso del Primo Ministro che guizzava frettolosamente dall’Auror
al ragazzo.
Kingsley trasse un lungo sospiro e abbassò la bacchetta.
“Primo Ministro Babbano” salutò l’Auror con una leggera
riverenza.
Il Primo Ministro storse la bocca “Ti pregherei di non usare
quella parola… ‘Babbano’ suona offensivo alle mie orecchie… e anche alle vostre
orecchie da mago, suppongo” ritornò alla scrivania e piegò il capo su di essa,
contemplando il liscio mogano rosso.
Kingsley si avvicinò ad Harry e gli sussurrò “Devi scusarlo,
è stata una settimana molto pesante e quella prima non era stata da meno,
perciò… è un po’ stressato.”
Il Primo Ministro si alzò dalla poltrona e si chinò sul
costoso tappeto persiano per raccogliere i documenti caduti al suolo dopo
l’attacco di Harry “Dimenticavo le lettere dei miei ammiratori” ironizzò l’uomo
mentre arraffava i fogli in un mucchio disordinato “… o le letterine delle mie
amanti, come sostengono amichevolmente i giornalisti…”
“Cosa sei venuto a fare qui,
Harry” gli chiese Kinglsey mentre il Primo Ministro prendeva a leggere i
documenti, passeggiando per la stanza.
“Niente di particolare” gli
rispose il ragazzo non sapendo che altro dire “E’ stata una disperata fuga dal
Ministero” si morse la lingua, non sapeva quanto si poteva fidare di Kingsley;
anche se faceva parte dell’Ordine, restava pur sempre un Auror e, secondo
l’esperienza del ragazzo, era meglio diffidare dei galoppini del Ministro.
Kingsley fece un mugugno “Cose
che capitano all’ordine del giorno per un ragazzo come te; lo capisco, è facile
farsi dei nemici quando sei il Prescelto della situazione.”
“Prescelto?” il Primo Minstro
interruppe la sua ansiosa marcia per la stanza e si avvicinò ai due “Non sarai
per caso quel ragazzo di cui mi parlava l’altro Ministro, Caramell, tu sei…
Berry… qualcosa.”
Harry indietreggiò, ritenendo
poco fiducioso lo sguardo indagatore del Primo Ministro. Preferiva non
sbilanciarsi troppo, soprattutto vista l’evidente ostilità che il Ministro
nutriva nei confronti dei maghi; non voleva fornire un ulteriore pretesto per
incrinare i rapporto mago-babbani… ma ci pensò Kingsley ad intervenire:
“Sì, lui è Harry Potter. Il
ragazzo che è sopravvissuto. Gliene deve avere parlato Cornelius Caramell,
l’ex-Ministro della Magia. Ora, questo ragazzo è ritenuto l’unico in grado di
soppiantare le forze oscure di Colui-che-non-deve-essere-nominato.”
“Un ragazzino” mugugnò il Primo
Ministro scrutando Harry con un certo dissenso “Bene! Ora mi sento più
tranquillo. Specialmente dopo aver scoperto che il mio tentato assassinio è
stato ordito da colui che dovrebbe risolvere tutto questo conflitto, bene…
credo che riprenderò a leggere le mie letterine.”
Senza muoversi dal posto, nascose
il viso dietro un documento talmente fitto di parole da far venire il mal di
testa. Kingsley mise un braccio attorno alle spalle di Harry per trascinarlo
lontano dal Ministro.
“Comprendi…” sospirò Kingsley “E’
difficile per lui. Mi pare scontato dirlo, ma i maghi non gli vanno molto a
genio, anche prima dello scherzetto che gli hai fatto al tuo arrivo. E’
convinto che tutti i maghi la pensino come i Mangiamorte, che si credano
superiori ai Babbani perché hanno dei poteri magici… ora come ora non
crederebbe all’esistenza di maghi come Arthur Weasley che sono affascinati e
rispettano il mondo dei Babbani, quindi è meglio lasciarlo stare, per adesso…”
“Ma come faremo poi?” gli domandò
Harry, osservando con una certa compassione il Primo Ministro che si apprestava
a leggere un documento, se possibile, più impegnativo e lungo del precedente
“Anche se dovessimo vincere contro Voldemort, non si potrebbe creare una guerra
contro i Babbani?”
Kingsley annuì grave “E’ già
successo in passato e non è escluso che possa ricapitare. Comunque questo
Babbano è intelligente, non mi sembra così avventato da rischiare di
destabilizzare le certezze dei Babbani in un momento di stallo come questo. E
alla fine del conflitto, se vinceremo noi… si vedrà! Il futuro è
imprevedibile.”
Le parole dell’Auror fecero
scattare qualcosa nella mente di Harry “Kingsley, cosa ne sai riguardo ad una
Profezia su Severus Piton?”
La bocca di Kingsley si aprì
leggermente, la fronte si corruccio. Harry sostenne uno sguardo deciso e i
lineamenti dell’Auror si rilassarono “Non ne so molto. So solo che, diciassette
anni fa, Albus Silente richiese un consulto con un Oracolo, lo stesso Oracolo
che è stato rapito dai Mangiamorte qualche mese fa, durante l’attacco al
Ministero. Harry…” soggiunse l’Auror con sguardo serio “devi smetterla di
correre dietro a Piton. Prima o poi avrà ciò che si merita ma ora non è il caso
di farsi accecare dalle vendette e dimenticare che siamo in guerra.”
“Mi spiace” ribatté Harry con gli
occhi che mandavano fiamme “Ma è il mio destino correre dietro a Piton finché
non l’avrò ucciso” si fissò il palmo della mano: l’indirizzo era ancora chiaro,
una scritta che sarebbe rimasta indelebile finché Harry avrebbe compiuto la sua
vendetta.
“Ora devo andare, Kingsley,
buongiorno e mi scusi, Primo Ministro.”
Il Primo Ministro levò lo sguardo
dal plico di documenti e scrutò Harry intensamente “Anche tu sei amareggiato.
Spero che troverai fine al tuo tormento.”
“La sto per trovare” replicò
Harry, deciso più a incoraggiare sé che a rispondere al Ministro.
Kingsley seguì Harry con occhi
preoccupati, finché il ragazzo si parò di fronte alla finestra a ghigliottina e
l’aprì con un ‘Alohomora’ “Dove vai, Harry?”
Il giovane Potter frugò nello
zaino e ne estrasse la miniatura di una Firebolt “Engorgio. Te l’ho già
detto Kingsley, non smetterò di correre dietro a Piton.”
Il ragazzo montò a cavalcioni
sulla scopa magicamente ingrandita e spiccò il volo attraverso la finestra
dello studio del Primo Ministro Babbano. Meta: Spinner’s End.
*^*^*^*^*^
24
Dicembre, Spinner’s End
[Il Topo
Scappa]
Il corpo di Harry era abbandonato
malamente contro una parete di legno. Il capo penzolava in avanti, le braccia
lungo i fianchi, inerte. Una sottile lingua di sangue partiva dai capelli
mogano del ragazzo, scendendo lungo le travi di legno marcio.
Nell’oscurità prossima due occhietti
infidi e gialli osservavano il ragazzo svenuto. Si udì uno squittio e un
repentino movimento nel buio. La porta nascosta sbatté e il piccolo animale
corse lungo le scale, fino nell’atrio della tetra casa suburbana. La sera stava
calando; già si poteva scorgere il riflesso della luna: era piena.
Dei flebili raggi lunari
penetrarono attraverso le finestre incrinate. L’ombra della bestiola si
proiettò contro il vicino muro di mattoni; l’ombra si allungò piano fino ad
assumere delle connotazioni umane, quelle di un ometto tozzo e grasso, con un
naso piuttosto prominente e la mascella che si agitava in continuazione come se
non potesse fare a meno di rosicchiare.
L’Animagus stiracchiò le braccia sopra il capo e osservò
con la coda dell’occhio la porta nascosta sotto la scalinata principale.
“Rimarrai lì per un bel po’. Finché loro avranno concluso
la missione affidatagli dal grande Signore Oscuro.”
Guardò con attenzione i raggi di luna, come ipnotizzato.
“Non c’è niente che si possa fare per fermarli durante
notti come queste. Faranno una bella visitina a Hogwarts. Tu lo sai e non
riuscirai a fermarli” l’Animagus ridacchiò “Immagino il tuo senso di colpa
quando tutti i tuoi amici saranno morti… lo capisco bene, ma non è poi così
tragico perdere i tuoi migliori amici… io questo lo so bene.”
La voce stridente si abbassò di qualche nota, diventando
più rauca: “Poi il rimorso passa subito. Si vive solo per sé stessi.”
Fissò di nuovo la luna piena: quattro animali correvano
sotto i raggi di luna, ululavano, bramivano, latravano, squittivano… quattro
amici esploravano la loro scuola…
“Tra qualche ora non ci sarà più alcuna scuola… addio
Hogwarts… così anche l’ultimo ostacolo tra il Signore Oscuro e il potere
assoluto sarà annientato.”
L’Animagus sgusciò fuori dalla casa diroccata. Riprese le
sue sembianze di ratto: così si sentiva più a suo agio, come se fosse nato per
stare in quella pelliccia lurida.
Zampettò lungo le vie deserte di Spinner’s End. Fissò di
nuovo il cielo notturno: c’era il plenilunio e a qualche miglia di distanza si
potevano già udire degli ululati e delle grida.
*^*^*^*^*
Dietro le quinte
[Il Concilio dei Potenti]
Voce #1: “L’Oracolo è
giunto tra le mani del Signore Oscuro.”
Voce #2: “Dunque la prima
delle sue profezie si è avverata.”
Voce #3: “Jolly ha
incontrato il Prescelto.”
Voce #2: “E’ riuscito a
rubare la sua fiducia.”
Voce #1: “Anche se in
minor misura del previsto, il Prescelto condizionerà il proprio destino e
quello di coloro che lo circondano.”
Voce #3: “La Matrice Originaria
è insita anche nel suo corpo. Alla fine di tutto dovremo estirparla per non
lasciare tracce.”
Voce #2: “Anche per
questo dovremo chiedere consulto all’Oracolo.”
Voce #1: “Ora dobbiamo
solo attendere che gli eventi si sviluppino.”
Voce #3: “Il Signore
Oscuro ha ordinato di distruggere Hogwarts.”
Voce #2: “Anche questo è
stato previsto.”
Voce #1: “Ciò porterà
alla rifondazione dell’antica rocca.”
Voce #2: “Sarà il nostro
nuovo nido.”
Voce #1: “Così dice
l’Oracolo.”
Voce #3: “Dunque
attendiamo che il martirio abbia inizio. Gli innocenti massacrati durante
questa lunga notte di plenilunio saranno il perfetto sacrificio da immolare
alla nostra causa.”
Voce #2: “Così tutto sta
seguendo il suo corso.”
Voce #1: “Il copione
procede e alla fine della guerra avremo la Matrice Originaria.”
*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*=*
Scusate il ritardo.
Stavolta, è interamente colpa di Kaho. E delle feste di
carnevale per i bambini, per i boccia un poco più grandicelli e per se stessa.
Sorry, really.
Per non parlare di tutto il
resto. Oh, beh, voi ci seguite ancora, nevvero? Se non recensite siete
responsabili della morte prematura di Kaho e della prematura incarcerazione per
omicidio di Samy. XD
Battutone…
Ok, stay calm, fly down.
È il momento delle recensioni… ^___^
Continuate così! Le recensioni fanno le autrici più contente e l’ispirazione
più prorompente!! XD
Ragazzi, più di 50 recensioni!!!
Ma quanto vi adoriamo??? Ç___ç troppo buone, davvero!!
Saty: Ma ciauz! ^___^
Sempre felici di beccarti qui tra le recensitici… Ehm, per ‘colui che morirà
nel terzo’… non possiamo fare anticipazioni, però possiamo esortarti a
continuare a seguire… se caso causeremo il tuo pianto disperato *sigh* possiamo
consolarti… *ehm* per ora goditi HP7 dove tutti rimangono vivi e veg– no,
scherzavamo, ci sarà parecchio sangue da versare!! *risatine sataniche di
sottofondo* *Samy si riprende e dà una botta in testa a Kaho per fermarla*
Siamo felici che il dottor Gadget vi piaccia! *______* In realtà, tutto è nato
senza relazioni… solo dopo abbiamo compreso da dove avevamo copiato l’idea… ma
quel cartone è stato uno dei miti della nostra infanzia a base di Bim Bum Bam,
Warner Bros., Disney e un po’ di film bollino-giallo, che non fanno mai male!
XD Per Kaus… ehmbè, mica potremo pretendere che tutti i personaggi vi
piacciano, nevvero? Lui è così, e non ti aspettare azioni eroiche. Però è
utile, in un certo qual modo, no? Senza di lui Harry sarebbe un po’ in
difficoltà… in effetti, come nota in questo capitolo, è un po’ troppo dipendente
questo Potterino… *ehm* Eh beh! ^^
Marshal è un bastardo, sì… adorabile. *Kaho e Samy sorridono* Per
difendere la McGrannitt: non è che non ha più le palle, (quanto mi piace usare
le espressioni volgari!! NdKaho Contegno!!! NdSamy) ma non può permettersi di
perdere il posto. Deve controllare il Ministro anche lei, non ci sono mica solo
Hermione e Ron che lo spiano, che credi? -____^ E poi senza Mc Hogwarts non è
più lei… giù la mamma Row ci ha ucciso Silente!! Ç___ç *Momento di lutto
profondissimo* La scena GinHarry vs. family Weasley è stata divertente anche
per noi da scrivere… ehm, per la RonHermione credi che siamo un po’ bastarde?
No, perché noi ci divertiamo un sacco a farli rincorrere come degli scemi… però
questo capitolo era dedicato a loro… finalmente un po’ di istinto animale,
vero? -_______^ Grazie mille per i complimenti!!! Trooooooppo gentile, thanks!!! **^_________^**
Beh, alla prossima… un bacio. K&S P.S = Oh, la nebbia della Val Padania la
conosciamo… ogni volta che dalle montagne scendiamo a Milano ecco che la
becchiamo a perseguitarci!!! Grrr!! Non è che lo zio Voldie manda i Dissy a
cercarci…?
siangel187: Wè ciao!! Eh
eh… bella Gadget! -___^ Siamo contente che il chappy ti sia piaciuto… come hai
fatto notare, Hogwarts è una specie di base militare, ma tutto per avere
Marshal in canotta!! ^ç^ Sarà uno stronzo, ma con– ok, basta deliri su John:
però è un bel tipino. Ed è fantastico scrivere le sue battute… stra-divertente!
-______^ Luna, beh, è il nostro mito, è uno dei personaggi di Harry Potter che
non hanno un ruolo principale ma che noi adoriamo (come Neville, ad esempio).
Harry sapeva bene a cosa andava incontro stando con Ginny… i signori Weasley
possono essere peggio di zio Voldie!! XD Grazie ancora, speriamo che anche
questo chap ti sia piaciuto! Baci, K&S
EDVIGE86: Grazie mille per
i complimentosi, così ci fai arrossire!! ^\\^ Beh, prima di rispondere per
bene Kaho tende a precisare che lei cerca di non mettere in ogni capitolo
Draco, ma Samy rischia l’astinenza-da-Malfoy e potrebbe morire, perciò
dovete rassegnarvi al giovane Mangiamorte raghe! XD Smay sta saltando come una
matta quando ha letto che ti piace il suo Draco… (Però è tutto mio!! *ç*
ndSamy Sì, tranqui… ndKaho) Eddai… Guarda che Marshal non è così tanto male
solo un poco bastardello e manipolatore… ecco tutto… e poi così c’è stato un
altro bel momento HermioneRon, no? ^___^ Harry per una volta intuisce i
pensieri di Hermione… già, sarà un frana con le ragazze, ma come amico non lo è
(per fortuna). ^___^ Brava! Hogwarts è sicura? Domandone… eh eh… leggi il chap
e poi risponditi da sola! XD Beh, grazie ancora… -___^ A presto!! Kiss kiss K&S
rupertmania: Oh, grazie grazie
grazie!!!! Davvero, ma quanto amiamo queste recensioni?? Ç___ç *momento di
commozione* Hogwarts è cambiata sì, e Marshal è un bastardello, già già… e Ron
ed Hermione procedono, ooh se procedono… come ti sono sembrati in questo
chappy? Speriamo di aver reso una fan felice! ^__________^ Eh eh, lo sappiamo
che voi stavate aspettando solo questo momento da tempi immemori et voilà! Ecco
i due magnifici Ronnino ed Hermione… ^___^ Cerchiamo di dare ad ogni coppia il
suo momento, ma questi due sembrano sempre entrare dovunque, una cosa
sconvolgente! O___O Ma è fantastico scrivere di loro, sul serio. Per la fantasia…
Samy è un pozzo senza fondo. Poi, dopo deliri, Kaho che l’ascolta sconfortata e
cerca di riportarla alla realtà, ecco che puntualmente anche lei si inabissa
nel mondo di Past Legaci ed annuisce come un cagnolino cominciando a delirare
anche lei… tranqui, non ci facciamo di niente!! XD *forse* Scusa il ritardo, ma
tra impegni e lunghezza ci impieghiamo un po’… -____^ Al prossimo chappy… kiss!
K&S
fringu: Ehi benvenuta nel
mondo magico di Past Legacy! ^___^ Siamo felicissime che questa storia ti
piaccia, e lo saremo di certo di più se continuerai a recensire… cribbio, tutti
questi complimenti ci fanno arrossire d’orgoglio e contentezza! Che pensi di
questo chappy? A presto! Kiss
K&S
Eh eh… sembra, leggendo le vostre
rec, cheMarshal si torverà a
combattere contro il vostro gruppetto di killer personali dopo il suo tiro
mancino a Ron e Hermione… ^____^ Eddai ragazze, mica tutti li devono adorare
quei due, no? -________^ Ci vuole l’antagonista. U__U Piuttosto, odiate
McLaggen!! Lui sì che merita tutto!!! (insieme a Piton, of course. Sarà un personaggio importante
eccetera ma non riusciamo ad amarlo).
Harry si risvegliò con la testa che pulsava come
un’ossessa. Anche se avrebbe dovuto farci l’abitudine dato il considerevole
numero di volte che era stato bersagliato da schiantesimi e da botte in testa,
non poté fare a meno di mugugnare dal dolore quando tentò di rialzarsi,
appoggiandosi al muro. Sentì un gorgoglio come di un liquido viscoso che
scendeva lungo la pietra.
Harry si tastò la nuca con una
spiacevole certezza. Osservò le punte delle dita che, nel bagliore della luna
piena, risplendevano di rosso. Il ragazzo trattenne il fiato, con un enorme
blocco alla gola: la Luna Piena.
Scosse la testa vigorosamente
tentando di dare un ordine agli ultimi avvenimenti: aveva lasciato il Ministero
babbano a bordo della sua Firebolt ed era atterrato a Spinner’s End. Un’altra
fitta alla tempia lo costrinse a sedersi sul pavimento di legno. Perché si
trovava in quel luogo? I ricordi degli ultimi momenti, prima dello svenimento,
erano parecchio offuscati. Qualcuno doveva averlo colpito alla nuca e molto
violentemente; non ricordava il volto dell’aggressore, eppure era certo di
averlo intravisto prima che tutto diventasse nero.
Piton… ora Harry ricordava il
motivo del perché si trovava in quel luogo: avrebbe dovuto compiere la sua
vendetta, il secondo motivo a cui aveva votato la sua vita dopo la ricerca
degli Horcruxes, ma invece era stato facilmente disarmato e aggredito, troppo
concentrato com’era nella vendetta e nell’odio.
E il suo aggressore? No, non era
Piton, ma era qualcuno che si era meritato il disprezzo di Harry con pari
ardore. Il ragazzo si premette le dita contro le tempie: doveva assolutamente
ricordare perché aveva la sgradevole sensazione che, se non ci fosse riuscito,
avrebbe permesso il verificarsi di qualcosa di ignobile senza poter fare
niente. Ed era già successo una volta: lui, immobilizzato, che assisteva
all’esecuzione di Silente… il suo corpo che cadeva dai bastioni di Hogwarts…
Hogwarts… Ma certo! Aveva
scoperto qualcosa riguardo ad Hogwarts. Erano state le ultime parole del suo
aggressore, poco prima che lo colpisse alla testa…
“Tanto non potrai fare niente per Hogwarts”…
Era una voce acuta e nervosa.
Quasi uno squittio… Peter Minus… Harry sogghignò nell’oscurità: ecco un altro
che avrebbe volentieri inserito nella sua lista nera. Un altro traditore, come
Piton e R.A.B.
Ma cosa gli aveva detto Peter
Minus? Qualcosa riguardo ad Hogwarts? Eppure le sue erano le parole di un
perdente e infido servitore, non degne della considerazione di nessuno, ma
nonostante questo Harry sapeva di dover ricordare perché altrimenti… Cosa
sarebbe successo? Il ragazzo non lo sapeva, ma ogni volta che ci rimuginava
sopra, una sgradevole bassezza gli inondava le viscere: era qualcosa di grave,
molto grave. Stava per succedere qualcosa ad Hogwarts, quella notte, ecco
perché sentiva di doversi sbrigare a ricordare, altrimenti non sarebbe arrivato
in tempo.
Ma cosa doveva ricordare? Che
Minus gli avesse cancellato la memoria? In quel caso non ci sarebbe stato modo
di risolvere il problema. Ma qualcosa nello stomaco di Harry lo invogliava a
non arrendersi e a sforzarsi al massimo.
Alla fine il ragazzo si rilassò
contro il muro. In casi come quelli era meglio stare calmi e, come diceva
sempre Hermione, il modo migliore di ricordarsi di memorie perdute è non
pensarci affatto, consiglio che, Harry sospettava, l’amica non avesse
utilizzato mai nella vita data la sua spiccata memoria fotografica.
Harry volse il capo verso la luna
tonda e piena. Persino lo spesso strato di nebbia non riusciva a nascondere il
suo bagliore: la cosa migliore era rilassarsi e la luna era rilassante. Allora
perché Harry si sentiva sempre più avvilito mentre contemplava l’astro candido,
la cui luce sembrava così minacciosa e diabolica; cosa c’era di tanto
spaventoso nella luna?
Il ragazzo decise di darsi una
calmata, aveva i nervi a fior di pelle; riusciva a vedere persino nella luna,
pacifica e innocua, un mostro spaventoso. Certo, rifletté il ragazzo, non
tanto pacifica e innocua per Remus, ma…
Harry Potter si alzò di scatto
ignorando completamente gli atroci dolori alla nuca. Cercò a tentoni la sua
bacchetta e la Firebolt. La inforcò all’istante e, senza curarsi delle
inferriate chiuse, puntò contro la finestra e, con un potente colpo di fattura,
fece crollare le sbarre e si fiondò attraverso i vetri della finestra in
frantumi, tagliandosi una guancia con un ciocco volante. Ma non gli importava.
Ora sapeva perché doveva sbrigarsi. Sapeva perché non
poteva permettere che accadesse: avrebbe perso anche Hogwarts… sì, Hogwarts
stava per essere distrutta. E lui solo poteva impedire che succedesse.
*^*^*^*^*^
Appostamento
fuori Hogwarts, 7.40 P.M.
[E’
giunto il Mio Momento di Gloria]
Albus dovette fare molta fatica
ad indirizzare una rotta stabile: la nebbia gli offuscava la visuale e, man
mano che scendeva di quota, questa si faceva più fitta e fastidiosa. Planò per
qualche attimo in discesa libera finché i suoi acuti occhi gialli individuarono
un manipolo di figure nere appostate dietro un alto sperone di roccia. Si
appollaiò sullo sperone e osservò le figure sotto di lui, una in particolare
attirò la sua attenzione: si trattava del suo proprietario.
Il gufo reale di nome Albus planò
fino a posarsi morbidamente sul braccio del padrone che, prontamente, sfilò il
messaggio dal becco dell’animale.
“Grazie mille, Albus” sogghignò
Doppio Dolore mentre rompeva il sigillo magico con un colpo di bacchetta.
Spiegò il foglio di carta e
attivò l’incantesimo Lumus, attirando l’attenzione delle restanti figure.
“E’ un messaggio di Lord
Voldemort, cruciale per l’operazione” spiegò Donovan ai compagni.
Un Mangiamorte si fece avanti
dalla schiera che circondava Doppio Dolore, parlando con voce unta e dubbiosa
“Ho qualche perplessità, Donovan. Dubito che il Signore Oscuro affiderebbe un
messaggio di rilevante importanza ad un gufo.”
Albus emise un forte stridio,
quasi come se avesse compreso le parole del Mangiamorte.
“Anch’io sono molto perplesso,
Piton” sibilò Donovan “Mi sorprende che l’Oscuro Signore ti abbia permesso di
affrontare una missione tanto rischiosa. Non preferisce tenerti sotto una
campana di vetro?”
“Attento a quello che dici,
Doppio Dolore” ribatté Piton con voce calma e dosata “Si potrebbe pensare ad
una mancanza di rispetto nei confronti di Lord Voldemort.”
“Non sia mai” disse Donovan in
tono del tutto casuale “Comunque non c’è da preoccuparsi. Di Albus ci si può
fidare, è addestrato meglio di quegli inetti Eclitti che tra qualche attimo
stermineremo… il Signore Oscuro lo sa bene.”
Donovan accarezzò il capo piumato
del gufo che piegò la testa con un pigolato di approvazione.
Un altro Mangiamorte si fece
avanti “Vorresti comunicare al gruppo le nuove volontà del Signore Oscuro.”
“Con molto piacere, Lucius. Il
Signore Oscuro desidera del veleno di Acramantuala che, come ben sai, è molto
raro. Lord Voldemort richiede un’ispezione dei sotterranei della scuola,
presumo nel laboratorio di Pozioni, per prelevare il veleno. Direi che
quest’operazione non può essere affidata ad altri che a Piton. Dunque, mi
dispiace Piton, ma temo che dovrò dirigere io il rapimento di Scrimgeour”
concluse Darcy con un sogghigno volutamente esagerato.
Piton mantenne la sua naturale
impassibilità di fronte alla provocazione del Mangiamorte “Spiacente anch’io di
deluderti, Donovan” disse con freddezza “e spiacente soprattutto di deludere il
Nostro Potente Signore, ma temo che persino per i laboratori di Hogwarts il
veleno di Acramantula sia troppo eccezionale.”
Doppio Dolore non ebbe di che
ribattere, il che era molto insolito data la velenosità della sua lingua sempre
pronta a scagliarsi contro gli avversari.
“L’Acramantula è un ragno
gigante” intervenne all’improvviso una voce meno tetra e profonda delle altre.
Donovan si voltò lentamente verso
una figura incappucciata più esile delle altre “Complimenti, Draco” attaccò il
Mangiamorte con un sogghigno “Non avevo idea che tu fossi così competente
riguardo alla dottrina di Cura delle Creature Magiche; sei proprio un bravo
studentello.”
Molti Mangiamorte risero. Non
c’era premura di offendere nessuno. Draco era praticamente una nullità nella
scala gerarchica dei Mangiamorte, novellino, detentore imbattibile di punizioni
corporali da parte di Cortess e, soprattutto, figlio rinnegato dal padre.
“Non è il caso che ti sbilanci
troppo con le battutine, signore” sibilò
il giovane Mangiamorte con voce melliflua e tagliente “Se fallisci anche in una
sola operazione il Signore Oscuro te la farà pagare, io lo so bene questo.
Perciò è il caso che impari a contenere la tua esuberanza e a prestarmi
rispetto. Ben inteso, a meno che tu voglia apparire un fallito agli occhi di
Lord Voldemort, ritornando dalla missione senza il veleno di Acramantula.”
Un ampio sogghigno beffardo si
allargò sul viso di Donovan “Scusami?”
Draco tirò indietro il cappuccio
per rivelare un ghigno compiaciuto “Hai capito bene.”
Donovan rimase interdetto.
Possibile che dietro quel debole ragazzino si celasse un Mangiamorte astuto? “Se
sai dove trovare il veleno di Acramantula sei obbligato a riferirlo al tuo
capo, che durante questa missione sarei io. Se rifiuti di comunicarmelo
spontaneamente, la tua opposizione sarà intesa come tradimento verso l’Oscuro
Signore.”
“Ma ora l’Oscuro Signore non c’è,
io sto parlando con te” sibilò Draco, avvicinandosi a Doppio Dolore con le
pupille dilatate.
Darcy sogghignò leggermente;
cominciava a percepire un’atmosfera di pericolo che, pensava, non avrebbe mai accompagnato
quella giovane e insulsa recluta “Avresti davvero il coraggio di patteggiare?
Ne dubito, sei un codardo.”
Draco si limitò a sospirare,
lievemente scocciato “Sei libero di pensarla come ti pare. Tanto l’unico a
subirne le conseguenze sarai tu.”
Il sangue cominciò ad affluirgli
a fiotti nella testa: un insulso ragazzino che tentava di intimidirlo? E per di
più, ci stava riuscendo “Tu sai veramente dove reperire il veleno di
Acramantula? Allora dimmelo.”
“No.”
“Questo è tradimento!”
“Niente affatto. Non lo dico a
te, Doppio Dolore, ma lo comunicherò in seguito al Signore Oscuro. Vedi, le
cose stanno così secondo il mio punto di vista: tu fai lo sgarbato e io non ti
dico nulla; tu provi ad uccidermi o a strapparmi le informazioni con la forza,
e perderai tempo prezioso per la missione, senza contare che anch’io ho un
compito importante da svolgere; come tocco finale tornerai dalla missione con
ben due operazioni incompiute, senza veleno di Acramantula e magari ci sarà
scappato qualche morto tra i Serpeverde che non ho potuto avvisare in tempo.
Solo allora, farò il mio ingresso trionfale e consegnerò al Signore Oscuro il
veleno di Acramantula. Morale della favola: io riceverò onori e gloria, mentre
tu subirai il Cruciatus che tanto adori; tutti contenti, giusto?”
“Così, io ti do il rispetto e tu
mi dai il veleno di Acramantula?” chiese Donovan con i denti serrati; mai
nessuno aveva osato ricattarlo tanto spudoratamente.
“Non esattamente. Tu mi dai il
rispetto e io darò al Signore Oscuro il veleno di Acramantula.”
Era decisamente troppo per
credere che quella situazione fosse reale. Doppio Dolore preferì abbandonarsi
ad una risata che aveva un gusto isterico “E tu speri che io accetti delle
simili condizioni?”
Draco mugugnò di nuovo, senza
mostrare la minima preoccupazione “Non hai altra scelta. O questo o niente.”
“Da dove viene questo slancio di
ambizione? Forse è il caso che ti dia una regolata, che ne dici di rivedere le
condizioni del ricatto? Facciamo così, io ti rispetto e tu mi dici dove trovare
il veleno di Acramantula. Queste sono le mie condizioni e in quanto a tali sono
irremovibile” concluse Donovan con l’espressione più tirannica che gli fosse
mai capitata sul viso.
Draco alzò le spalle con
noncuranza “Allora non se ne fa niente. So come gira il mondo. Se ti dico ora
dove si trova il veleno di Acramantula, il tuo rispetto svanirà nel momento in
cui otterrai l’informazione che tanto bramavi. Poi concluderai la missione in
bellezza e sarai beneficiato dal Signore Oscuro, senza menzionare minimamente
l’aiuto che hai ricevuto da parte mia. Infine mi torturerai per vendicarti del
piccolo ricatto che ti ho teso.”
Dopo un primo momento di
incertezza, Doppio Dolore riprese il suo sogghigno “Sei molto bravo a capire la
mentalità delle persone. In effetti avrei indubbiamente agito nel modo che hai
appena descritto. E va bene, il tuo acume ti perdona, farò come hai stabilito
tu.”
Draco non accennò ad alcun tipo
di reazione anche se Donovan sapeva che nella sua testa stava pazzamente
festeggiando il suo trionfo.
“Prima occupati dei Serpeverde,
poi provvedi a recuperare il veleno di Acramantula” ordinò al giovane
Mangiamorte.
Draco fece un lieve movimento con
il capo “Bene, ma per ottenere il veleno mi ci vorrà un po’ di tempo.”
“E’ importante se nel frattempo
distruggeremo Hogwarts?”
“No, la cosa non mi è d’intralcio
per il recupero del veleno” disse il ragazzo con un’espressione di ghiaccio.
Samantha, al suo fianco, lo
osservò accigliata attraverso le fessure del cappuccio. Da quand’è che era
diventato così gelido e calcolatore?
“Perfetto, dunque, a questo punto
si può dare inizio all’attacco.”
Degli urli controllati rispose
all’incoraggiamento di Doppio Dolore.
“Tutti alle postazioni desiniate.
Bellatrix e Rodolphus in prima linea, Lucius, copri loro le spalle come solo tu
sai fare, Piton, al mio fianco, Drake e… signor
Malfoy, voi per ultimi; avanzate solo quando vedete cedere la prima
barriera di Eclitti. Noi avanzeremo e uccideremo gli Eclitti che in quel punto
– indicò qualcosa oltre la nebbia, nei pressi della Foresta Oscura - sono
vulnerabili, quindi entreremo nella scuola; abbiamo dalla nostra la nebbia e il
fattore sorpresa. Gli altri Mangiamorte si occuperanno di penetrare la scuola
attraverso i passaggi nascosti. Dunque, le vie di accesso sono quella di
Hogsmeade, che sfocia in un corridoio al terzo piano nelle vicinanze della
nuova presidenza, e quella che conduce sotto il Platano Picchiatore, secondo le
informazione raccolte dal signor Malfoy. Quindi, le reclute Mangiamorte
libereranno i suddetti passaggi per permetterci la ritirata quando la scuola
verrà invasa dai branchi di Lupi Mannari riuniti da Greyback. Loro si
incaricheranno di fare piazza pulita dei nostri avversari e anche dei mocciosi
rimasti nella scuola. Abbiamo un’ora di tempo per svolgere le operazioni e
abbandonare il castello prima dell’arrivo dei Lupi Mannari; ricordate che anche
se stanno dalla nostra, non fanno distinzione tra nemico e alleato durante le
notti di luna piena. Tutto chiaro?”
Ci fu un movimento di assenso tra
i Mangiamorte.
“E ricordate anche di non eccedere
troppo. Dobbiamo nascondere la nostra presenza quanto più a lungo ci è
possibile. E Signor Malfoy… crede che le possa bastare un’ora complessiva per
svolgere le due missioni?”
Draco rispose con un ghigno
indispettito.
“Bene. Si parte”
*^*^*^*^*^
Le
Guardie di Hogwarts
[Assassini
nella Nebbia – Il Mangiamorte Sorridente]
Fuori da uno dei portoni
secondari di Hogwarts la guardia ai comandi di Scrimgeour era piuttosto
irrequieta. La nebbia continuava a salire e a farsi fitta, per di più era la
Vigilia di Natale.
“Pazzesco!”proruppe un Eclitto “Non si vede un
accidente!”
“Io mi lamenterei di altro,
Steven” intervenne un Auror accasciato contro il pesante portone di legno “E’
la vigilia di Natale e siamo qui a lavorare come cani. Neanche un secondo di
pausa, tutto merito del tuo comandante.”
L’Eclitto chiamato Steven sbuffò
“Marshal è a posto. Non mi secca stare qui a fare la guardia perché è Natale…
se solo non ci fosse questa dannata nebbia!” diede due potenti colpi di tosse
come a voler liberare i polmoni dal denso vapore grigio.
L’Auror sbarrò gli occhi “Non hai
nulla da ridire sulla prepotenza di quel tipo?”
L’Eclitto si agitò “Ehi,
attenzione a come parli di lui. D’accordo, è un autentico cafone, ma se sapessi
la sua storia…”
“Racconta.”
Steven avanzò repentinamente nel
banco di nebbia, fingendo di non averlo sentito “E’ proprio fitta, vero? Sembra
quasi solida.”
“Allora, me lo vuoi raccontare,
Steven. Non puoi continuare a fare il vago, hai voluto parlarne, quindi finisci
il tuo resoconto.”
“Davvero spiacente” strillò
l’Eclitto continuando ad addentrarsi nella nebbia “Ma non riesco a sentirti.”
“Finiscila di fare l’idiota!”
esclamò l’Auror cercando il compagno nella densa foschia “Per evitare la mia
domanda finirai per perderti!”
La voce di Steven, ormai fuori
portata di vista, echeggiò per il cortile “Tsk. Sono un Eclitto, quindi
perfettamente addestrato alla sopravvivenza, in qualunque situazione!”
“Dimmi la verità, c’entra
qualcosa con la sua fobia dei Lupi Mannari?” chiese l’Auror.
Oltre il primo strato di nebbia,
tutto era tranquillo.
“Idiota!” urlò l’Auror “Dai,
vieni fuori. Se Marshal ci trova fuori posto scatenerà un vero inferno!”
Non ottenne alcuna risposta.
“E va bene, non mi impiccio più
dei fatti di Marshal, ma torna qui, Steven!” insistette l’Auror alzando di
molto il tono della voce “Se stai fingendo, finiscila immediatamente! Comincio
a preoccuparmi sul serio… non voglio lanciare un falso allarme!”
L’atmosfera rimaneva quieta.
L’Auror impugnò la bacchetta,
puntandola verso l’alto “Ho una brutta sensazione. Pericul…!”
“Aspetta!” lo frenò una voce
grave che l’Auror riconobbe come quella di Steven.
Una figura scura, ammantata dalla
nebbia, si mosse davanti all’Auror “Steven, idiota!” strepitò questo “Stavo per
lanciare un falso allarme! Immaginati Marshal…”
Le parole gli morirono in gola.
Faceva fatica a respirare e un atroce dolore allo stomaco cominciava a
propagarsi per tutto il corpo.
“Co.. cos-…?” annaspò,
assaggiando il sapore ferreo del sangue che gli inondò la bocca.
Le gambe dell’Auror si
afflosciarono, trascinando l’uomo al suolo. La mano dell’Auror si serrò contro
lo stomaco, le dita toccarono gli indumenti; erano bagnati e appiccicosi ed
emanavano un odore inconfondibile: sangue.
La mano dell’Auror salì lungo lo
stomaco finché cozzò contro qualcosa di freddo e affilato. L’uomo piegò il capo
e tentò di mettere a fuoco il suo corpo che era parzialmente visibile, malgrado
la nebbia. La vista era offuscata, sentiva che era sul punto di svenire, ma
l’oggetto che aveva piantato nello stomaco era inconfondibile: il pugnale degli
Eclitti con quella tipica lama bianca e lo stemma di Scrimgeour sull’elsa.
“St-stev…” esalò l’Auror,
muovendo appena gli occhi verso la figura avvolta dalla nebbia.
L’Eclitto Steven avanzò dal banco
di nebbia col capo levato e la mano destra insanguinata.
L’Auror era al limite del
collasso “N-no… per-r… ch-ché?”
Steven abbassò il viso di scatto
e incrociò lo sguardo del compagno che tremava e si faceva sempre più vacuo, ma
gli occhi di Steven erano più assenti e vuoti. Fissava l’amico morente con una
glacialità da brivido “Così mi hanno ordinato” disse con voce impassibile.
Le pupille dell’Auror rotearono
quando un’improvvisa e poderosa scossa di dolore gli raggiunse il costato.
Maledizione, pensò mentre gli occhi si capovolgevano, diventando
quasi bianchi, E’ sotto l’effetto dell’Imperius,
l’Auror non avvertiva più il freddo della sera, solo un tiepido torpore che lo
stava facendo lentamente assopire, I
Mangiamorte, la bocca si socchiuse, lasciando scappare un rivolo di sangue,
sono nella scuola.
“Perfetto, è morto e non ha fatto
troppo rumore.”
Steven si voltò verso la voce
sogghignante di Darcy Donovan. Il Mangiamorte si parò di fronte all’Eclitto
“Hai ucciso il tuo amico, straordinario quello che ti fa fare l’Imperius,
vero?”
Il volto di Steven rimase
impassibile, ma dall’angolo di un occhio scese una sottile lacrima cristallina.
Doppio Dolore rilassò il volto, Dopotutto,
non sono così bravo ad eseguire l’Imperius.
“Ti dispiace per la morte del tuo
amico, sta tranquillo. Nella dimensione oltre questa tutte le anime legate in
vita possono trovare la via per rincontrarsi.”
Ci fu un breve lampo che colorò
di verde la nebbia del cortile di Hogwarts, poi un leggero tonfo. Donovan sollevò
il corpo rigido e freddo dell’Eclitto e lo sistemò accanto a quello dell’Auror.
Estrasse il pugnale insanguinato dal corpo dell’uomo e lo pulì con la tunica
nera, poi si chinò su Steven, poggiandogli una mano sul viso per chiudergli gli
occhi. Il Mangiamorte si infilò il pugnale ripulito sotto il mantello,
allontanandosi dai due corpi con fare rispettoso; quindi estrasse la bacchetta
e la puntò verso il fitto della nebbia.
Doppio Dolore mandò dei segnali
ad intermittenza con la bacchetta; messaggi in codice che solo i suoi compagni
Mangiamorte potevano intendere: Scocciatori
eliminati.
Un nutrito gruppo di Mangiamorte
si avvicinò a Donovan, sei figure incappucciate in prima linea.
“Bene” si compiacque Doppio
Dolore “Vedo che siete già disposti. Bellatrix, Rodolphus, voi entrerete con la
Drake e il signor Malfoy. Io, Lucius e Severus andremo a sistemare gli Eclitti
e gli Auror qui di fianco, nel caso avessero sentito qualcosa, non possiamo
correre il rischio di venire subito scoperti.”
“Infatti. Per questo ritengo
opportuno rivedere la sua strategia, signor Donovan” intervenne una voce
vellutata e affabile.
Doppio Dolore ebbe uno scatto
improvviso; fissò duramente le retroguardie: un altro novellino vuole fare lo spaccone? Il manipolo di
Mangiamorte si disperse, isolando una figura sottile e piuttosto bassa.
Il giovane Mangiamorte avanzò,
spingendo indietro il cappuccio. Era davvero giovane, forse un coetaneo di
Draco. Ma la cosa più stupefacente era la piega leggera che aveva assunto la
sua bocca: un sorriso docile. Mai visto un Mangiamorte sorridere così!
“Mi perdoni, signor Donovan”
cominciò il ragazzo con un tono di voce flautato ed educato “Ma se uccidiamo le
guardie qui accanto, non faremo altro che accrescere il problema; la violenza
attira altra violenza. L’odore di morte desterà inevitabilmente il sesto senso
di qualche Eclitto o Auror. E’ meglio optare per una strategia meno violenta,
che cosa ne dice?”
“Scusami sai” sogghignò Doppio
Dolore “Ma non ho proprio idea da dove tu venga fuori.”
“Il mio nome è Josh Currey,
signore” si presentò il ragazzo con un inchino “E vengo dalla Scozia.”
“E, di grazia, cosa ti fa credere
che decida di darti retta?”
Il giovane Mangiamorte sorrise
candidamente “Il suo buon senso, signor Donovan. E’ la strategia migliore.”
“Il mio buon senso mi sta
gridando di schiantarti, lo sai?” sibilò Donovan sarcasticamente.
Il ragazzo rise brevemente “Se
decidete di farlo, signor Donovan, finirà per attirare l’attenzione. Uno
Stupeficium è troppo appariscente, io opterei per un Avada Kedavra; più breve e
meno abbagliante.”
“Mi stai tentando? Vuoi che ti
uccida?”
“Questo spetta a lei deciderlo, è
lei il capo…” il giovane socchiuse gli occhi e piegò le labbra in un sorriso
del tutto particolare, enigmatico “…Darcy.”
Doppio Dolore venne scosso da un
lungo brivido, ma si ricompose quasi subito. Solo Piton sembrò accorgersi della
sua bizzarra reazione, lo scrutò con i suoi profondi occhi neri e poi ritornò
con lo sguardo sul giovane Mangiamorte, dall’apparenza innocuo e pacifico;
forse possedeva quella stessa calma e pacatezza con cui la morte ti coglie nel
sonno.
“Il Signore Oscuro ha richiesto
la mia presenza, signor Donovan” disse il ragazzo quando il volto di Doppio
Dolore tornò imperscrutabile “Vuole che affianchi i signori Lestrange nel
recupero dell’uovo di Basilisco.”
Ci fu un mormorio tra le
retroguardie dei Mangiamorte.
“Come sai del piano?” eruppe
Bellatrix “Solo i prediletti del Signore Oscuro ne erano a conoscenza.”
Il giovane non smise di sorridere
quando si voltò verso Bellatrix “Ha ritenuto opportuno informarmi, dato che possiedo
un’abilità che vi potrebbe tornare utile durante la vostra operazione, signori
Lestrange.”
Bellatrix storse la bocca “Quale
sarebbe la tua abilità?”
“Sono un Rettilofono” dichiarò il
ragazzo con calma.
Doppio Dolore fece un movimento
improvviso e Piton colse in questo un moto di agitazione e irrequietudine.
“Ecco il motivo” sibilò Bellatrix
“Ma il Signore Oscuro mi aveva confidato personalmente il modo di aprire la
Camera dei Segreti senza utilizzare la lingua dei serpenti.”
“Quando è venuto a conoscenza
della mia abilità ha preferito mandarmi con voi, per rendere l’operazione più
semplice e veloce” spiegò il ragazzo con un leggero sorriso.
“D’accordo, gli ordini del
Signore Oscuro non si discuto. Ma vedi di non rallentarci troppo” soffiò
Bellatrix dall’angolo della bocca.
“Bellatrix” intervenne Doppio
Dolore in principio con una voce malferma “Non essere così sgarbata con la
nuova recluta, possiede una delle abilità del Nostro Potente Signore, dovremmo
lodarlo per questo.”
Il ragazzo gli rivolse un gran
sorriso “Grazie, signor Donovan, è molto gentile.”
Doppio Dolore aprì la bocca ma
non rispose. Ricompose il volto in un’espressione seria e si rivolse al grosso
dei Mangiamorte ma, tuttavia, i suoi occhi non riuscivano a staccarsi
dall’esile figura del giovane Mangiamorte.
“Dunque, Bellatrix, Rodolphus e
la nuova recluta scenderanno nella Camera dei Segreti; voglio almeno cinque di
voi che li coprano le spalle.”
Alcune delle retroguardie
avanzarono e si posero al fianco dei Lestrange e di Josh Currey che si voltò
verso di loro e disse sinceramente: “Siete molto gentili.”
“Infine” proseguì Doppio Dolore
un poco impacciato “Dobbiamo attuare una strategia per mettere a tacere le
altre guardie senza ucciderle.”
Molte delle retroguardie si
scambiarono delle occhiate perplesse e anche Piton, in prima fila, sospettava
qualcosa di losco dietro l’improvvisa accondiscendenza di Doppio Dolore.
Il giovane Mnagiamorte avanzò di
qualche passo “Se mi permette, signor Donovan, potrei risolvere io il suo
problema.”
“Ne sarei onorato” ribatté Doppio
Dolore, poi recuperando un po’ di durezza nella voce: “Una recluta deve sapersi
mettere alla prova per entrare nelle grazie di Lord Voldemort, bravo Josh.”
“E’ troppo gentile” disse il
ragazzo con un altro sorriso.
Al suo fianco, Piton era certo di
aver colto una nota di rimprovero e comando nel tono pesato e tranquillo del
giovane Mangiamorte; e anche Donovan sembrò rendersene conto perché assunse
d’improvviso un’espressione di pietra.
“Allora attua il tuo piano,
giovane recluta, e se fallisci, sarai ritenuto direttamente responsabile e ne
subirai le conseguenze per mano mia” Donovan si morse il labbro inferiore e
scrutò il ragazzo come se questo fosse pronto ad esplodere.
“Comprendo, signor Donovan, ma
non fallirò.”
Inspiegabilmente il giovane
Mangiamorte si accostò ai due cadaveri al suolo; stette per un buon momento ad
osservare i volti cerei dell’Eclitto e dell’Auror, dunque si voltò verso il
gruppo di Mangiamorte, del quale aveva completamente catturato l’attenzione.
Josh Currey sorrise al loro
indirizzo prima che le sue labbra diventassero luccicanti, quasi trasparenti
come stava accadendo al resto del viso e del corpo. Molti Mangiamorte
sibilarono mentre il corpo del ragazzo prendeva ad ondeggiare come acqua, si
sformava e si ricomponeva. La tunica nera da Mangiamorte smise di lievitare e
ricadde lungo il nuovo corpo di Josh Currey.
“Sei un Metamorfomagus completo?”
lo interpellò Piton con un’occhiata penetrante.
La voce che uscì dalle nuove
labbra di Josh era profonda e grave, identica a quella dell’Eclitto Steven “Sì,
signor Piton, è un’altra delle mie abilità.”
“Comprendo il tuo piano” disse
Piton “Vuoi fingere di essere quell’Eclitto per rassicurare gli altri. Può
funzionare, gli Auror sono abbastanza stupidi e ingenui per crederci.”
Il falso Steven piegò le labbra,
sorridendo nell’identico modo enigmatico con cui era solito sorridere Josh
Currey “Inoltre il mio sorriso è rassicurante.”
Il giovane Mangiamorte con le
sembianze da Eclitto sparì nella spessa coltre di nebbia che sembrò quasi
ritirarsi al suo passaggio.
Poco lontano da lì, la stessa
nebbia opprimente infastidiva alcuni Auror posti da guardia davanti al portone
principale di Hogwarts.
Uno di questi sbuffò: “E pensare
che è quasi Natale, non so cosa darei per starmene a casa con la mia famiglia.
Specialmente con mio figlio che ha appena compiuto tre anni.”
“E’ naturale” una voce profonda e
moderata raggiunse il gruppo di guardie. Lungo un tratto, il banco di nebbia si
ritirò e sembrò quasi voler preannunciare l’arrivo di una grande figura. Gli
Auror estrassero la bacchetta e la puntarono in sincronia contro la voce
sospetta.
Dal punto di nebbia diradata
comparve il volto dell’Eclitto Steven, sorridente e affabile “E’ naturale”
ripeté questo, incurante delle bacchette puntate contro di lui “Un padre
desidera sempre stare accanto al proprio figlio, vederlo crescere con due occhi
ammirati, essere il suo eroe…”
“Scusami” fece l’Auror che poco
prima si era lamentato “Ma tu non sei Steven Chopin, l’Eclitto posto di guardia
al portone secondario assieme a un nostro collega?”
La figura misteriosa avanzò
ancora e si arrestò sul limite del banco di nebbia “Infatti. Ho preferito
venire di persona, mentre il mio compagno resta di guardia davanti all’entrata
secondaria. Spero non siate stati distratti da rumori molesti.”
Gli Auror si scambiarono delle
occhiate fugaci, alcune delle quali imbarazzate e poi abbassarono la bacchetta “In
effetti abbiamo sentito qualcosa” disse uno di loro “Un uomo che gridava,
silenzio e altre grida. Stavamo giusto per venire a controllare la situazione.”
L’Eclitto si chinò in segno di
scusa lasciando tutti gli Auror a bocca spalancata: da quand’è che un Eclitto
si mostra summissivo ad un Auror? “Sono assolutamente desolato. Il mio compagno
ha voluto farmi uno scherzo per ingannare il tempo e così a simulato una
dispersione nella nebbia.”
Gli Auror si guardarono dubbiosi.
Era evidente che qualcosa non quadrava in quel soggetto, soprattutto la tunica
nera che indossava al posto della regolare divisa bianca degli Eclitti.
Ma Eclitto sorrise in una maniera
tanto sincera da rendere l’atmosfera più tiepida e accogliente. Gli Auror
abbandonarono qualsiasi dubbio, credendo in buona fede a quell’Eclitto dal
sorriso incantatorio; come non fidarsi di un’espressione tanto genuina?
“Capisco. In effetti siamo in postazione da più di sei ore e comincia a
diventare pesante tirare avanti senza trovare un bel passatempo. Non ti
preoccupare, non diremo nulla a Marshal, dopotutto è la vigilia di Natale.”
“Grazie, siete gentili” disse
l’Eclitto con un ennesimo sorriso.
“Grazie a te” risposero gli altri
in coro con una voce stranamente melensa e a tratti sognante.
L’Eclitto fece un sorriso che
pareva un concentrato di gentilezza “Allora io ritorno alla mia postazione,
buon proseguimento e se sentite delle urla, non badateci.”
“Sì, assolutamente” dissero gli
Auror all’unisono, ora la voce era totalmente estasiata, come i loro volti.
L’Eclitto fu nuovamente inghiottito
dal banco di nebbia.
Dall’altro capo della coltre, i
Mangiamorte attendevano con trepidazione il ritorno dell’insolito compagno
sorridente.
Rodolphus Lestrange cominciò a
vagare inquieto lungo il portico “Credete davvero che quel ragazzino sia in
grado di ingannare gli Auror? Sono pur sempre maghi addestrati di tutto punto e
per recitare nel modo corretto si necessita di una certa dose di astuzia e,
francamente, quel ragazzino…”
“Non c’è da preoccuparsi” ribatté
Piton “Ho recitato per anni e riconosco un maestro all’opera. Quel Josh Currey
ha sicuramente la stoffa dell’attore.”
“Vi ringrazio, signor Piton.”
Piton sobbalzò sentendo la voce
del ragazzo falsata da quella dell’Eclitto; rare volte gli era capitato di avvertire
un brivido lungo la schiena, l’inconfondibile allarme che lo metteva
sull’attenti contro un infido nemico. Possibile che quel ragazzo sorridente…?
D’altronde lui stesso aveva appreso che l’apparente gentilezza è più infida
della cattiveria diretta.
Piton preferì non ribattere alle
parole del ragazzo comparso all’improvviso dalla nebbia, si limitò a seguirlo
con lo sguardo finché questo si posizionò di fronte a Doppio Dolore con un
sorriso compiaciuto.
“E’ andato tutto bene. Non
sospettano nulla ora, e anche in futuro si dimostreranno molto accondiscendenti
alle nostre scorribande.”
“Capisco” disse Donovan con gli
occhi che gli tremavano leggermente “Un lavoro apprezzabile, recluta, farò in
modo che giunga alle orecchie del Nostro Potente Signore.”
Josh lo ringraziò con un sorriso,
facendo piegare le labbra dell’Eclitto Steven a proprio piacere.
Il giovane Mangiamorte trattenne
il respiro e il falso corpo diventò docile come l’acqua, quindi si modellò e
assunse i tratti più flebili e spigolosi di Josh Currey.
I Mangiamorte lo osservarono
sbalorditi, mentre il ragazzo riacquistava le proprie sembianze.
Piton si fece avanti, spintonando
da parte Doppio Dolore che sembrava saldamente attaccato al suolo “Sembra che
le tue doti sorprendano molta gente” disse Piton, osservando con la coda
dell’occhio i muscoli del collo di Donovan che si rilassavano da una grande
tensione “E dei simili poteri non avrebbero mai potuto passare inosservati.
Dall’aspetto devi avere circa diciassette, diciotto anni, comunque meno di venti,
e io per primo, che ho tenuto la cattedra di Pozioni per molti anni, non ho
memoria di uno studente con delle simili capacità.”
Josh Currey non cessò di
sorridere “Per la verità, signor Piton, io non ho frequentato Hogwarts, per questo
non ho avuto l’onore di incrociarla per i corridoi della scuola. Comunque mi
avrebbe fatto molto piacere averla come insegnante di Pozioni; lei, signor
Piton, ha l’aria di un mago molto competente e dalla mente acuta.”
Piton preferì ignorare i complimenti
sdolcinati del ragazzo, ma, soprattutto, si impegnò a non soffermare lo sguardo
sul suo sorriso sereno; aveva l’impressone che quelle labbra sorridenti fossero
più pericolose degli occhi di un Basilisco “Dunque come hai potuto apprendere
delle formule magiche e quindi entrare a far parte dei Mangiamorte?”
“Questione di fortuna” rispose il
ragazzo “O se preferisce, di sorte o fato. Tutto avviene per un motivo; benché
fossi solo un ragazzino mago di poco conto e livello sociale ho compreso che la
mia vita aveva uno scopo ben più alto del semplice esistere; dunque, nelle
sperdute campagne scozzesi da cui provengo, mi è giunta la voce di un Potente
Signore che intendeva portare alla massima gloria la peculiarità di noi maghi,
il nostro sangue antico e incantato che ci distingue dai più comuni e semplici
Babbani. Ho capito che avrei dovuto far parte di quell’ambizioso progetto e le
mie capacità che fino a quel momento erano state sottovalutate, quasi invidiate
dagli stolti compaesani del mio villaggetto borghese, sono diventate una dote
sovrumana, qualcosa di altresì divino.”
“Quindi vieni da un villaggetto
sperduto nelle campagne?” domandò Piton con una nota di sarcasmo “Buffo, non
credevo che i contadini possedessero un linguaggio tanto raffinato.”
Il giovane Mangiamorte non smise
di sorridere “Vi ringrazio del complimento, ma le mie capacità oratorie le ho
apprese grazie allo studio privato e alla completa estraneazione dalla monotona
vita borghese e campagnola da cui ero accerchiato; mi si potrebbe definire un
passero solitario, che coltiva nel proprio nido nascosto capacità che i
compagni non potranno mai capire a fondo.”
“Non hai frequentato Hogwarts e
hai studiato privatamente” rifletté Piton in tono gelido “Mi domando se la tua
abilità con la bacchetta sia tanto ammirevole quanto le tue doti oratorie.”
“Purtroppo no, signor Piton. Non
sono in grado di utilizzare la bacchetta, non conosco nemmeno le basilari
informazioni di impugnatura. L’unica cosa che mi ha reso speciale agli occhi
del Signore Oscuro è la capacità di parlare Serpentese e dunque quella di
cambiare aspetto radicalmente e completamente.”
Piton storse il naso adunco “Ad
ogni modo la tua presenza rimane sospetta. Il Signore Oscuro non ti ha mai
menzionato in mia presenza e solitamente Egli richiede un mio consulto prima di
selezionare per il reclutamento maghi con delle capacità speciali.”
“Se è per questo anch’io godo
della stessa confidenza” intervenne impetuosamente Bellatrix “Il Signore Oscuro
mi ha fatto l’onore di rivelare in mia presenza alcuni dei suoi più importanti
segreti e rimango io la sua prediletta, l’unica di cui si fidi veramente,
l’unica che…”
“Finiscila, Bellatrix!” tuonò
Lucius Malfoy “La tua detenzione ad Azkaban ti ha resa pazza. Pazza perché non
riesci a vedere l’evidente: è Severus Piton il prediletto del Signore Oscuro.
Ma ciò non significa che dobbiamo rinunciare alla nostra grande occasione; il
Signore Oscuro non avrà sempre e solo occhi per lui, quando Piton commetterà
uno sbaglio, io sarò pronto a sostituire il suo ruolo di prediletto.”
Piton incrociò lo sguardo
raggelante di Malfoy senior e abbassò cupamente il capo “Ti ringrazio, Lucius.
Ma credo che i tuoi auguri di sfortuna, non mi impediscano di servire più che
onorevolmente il Nostro Potente Signore. E comunque, anche se dovessi fallire,
il Signore Oscuro non cesserebbe di considerarmi l’eletto.”
Una serie di sibili si diffuse
tra i Mangiamorte. Molti parvero indignati o confusi, la dichiarazione di Piton
aveva irritato tutti, tutti tranne Josh Currey, che invece sembrava divertito.
“La certezza di una persona
deriva dalla consapevolezza. Ma le decisioni del Nostro Potente Signore Oscuro
sono dettate dalla variabilità delle circostanze e dal suo umore, qualcosa di
indubbiamente imprevedibile; non c’è certezza per quanto riguardi l’entrare e
l’uscire dalle sue grazie. Dunque se afferma ciò con tanta sicurezza, signor
Piton, deve possedere una certezza inoppugnabile, una garanzia” disse il
giovane Mangiamorte “Prima ha usato la parola ‘eletto’, dobbiamo quindi dedurne
che esiste un patto saldo e infrangibile che lega lei e il Signore Oscuro tale
che risulti impossibile per il Nostro Potente Signore volerle del male?”
Piton si voltò verso Josh Currey
e puntò i suoi occhi d’inchiostro in quelli castani del ragazzo “Sei arguto,
ragazzo, ma quello che hai detto non corrisponde alla verità.”
“Ora capisco come ha fatto ad
ingannare Albus Silente: è un ottimo attore, la sua finzione è magistrale e in
più, l’anziano preside aveva un cuore troppo intenerito da eccessivi anni di
buonismo; troppo ottimismo può essere intossicante, se non fatale” dichiarò
Josh Currey, voltandosi verso Darcy Donovan non appena terminò di pronunciare
l’ultima sillaba rivolta a Piton, così da non lasciargli il tempo di ribattere
alla velata insinuazione “Dunque, signor Donovan? Mi è concesso l’onore di
aggregarmi alla missione?”
Doppio Dolore si riscosse da un
parziale stordimento e rispose fermamente al giovane “Certamente, e considerate
le tue capacità, entrerai a Hogwarts con Bellatrix e Rodolphus e aprirai la
Camera dei Segreti.”
Josh sorrise ancora “Porterò a
termine la missione a costo della vita.”
Donovan fece un sorriso sforzato
che avrebbe dovuto essere incoraggiante e si voltò immediatamente d’altro lato
del cortile. Già, pensò, come se la possibilità di morire fosse un
problema per te, Jolly.
*^*^*^*^*^
Il
Concilio dei Potenti
[La
Natura di Jolly]
Voce #1: “Jolly ha ottenuto
l’appoggio dei Mangiamorte.”
Voce #3: “Le sue capacità di
socializzare sono sorprendenti.”
Voce #2: “Tutto merito del suo
sorriso ingannatore.”
Voce #3: “Non dimentichiamo
l’appoggio ricevuto dal nostro inviato minore.”
Voce #2: “La seconda spia
infiltrata tra i Mangiamorte.”
Voce #2: “Corrono voci su un
presunto coinvolgimento dell’A.R.A.s.”
Voce #1: “Dunque, l’antica
affiliata dell’I.M.M.U.N.D.O. ha voluto entrare in gioco.”
Voce #3: “Non c’è problema.
L’A.R.A.s. simanterrà in un ruolo
strettamente neutrale. Il suo compito è osservare, nient’altro.”
Voce #2: “Inoltre, l’antico patto
di non belligeranza stretto tra le nostre associazioni impedisce al suddetto
gruppo di intervenire.”
Voce #1: “Oggi osserveranno il
macello di Hogwarts.”
Voce #3: “Il primo dei tre
sacrifici.”
Voce #2: “Dunque si giungerà al
sacrificio estremo per il compimento del destino ultimo dell’uomo.”
Voce #1: “Jolly scamperà a
suddetto destino, come già una volta accadde.”
Voce #3: “Più di tremila anni fa,
quando abbandonò il suo nome di uomo.”
Voce #1: “O fu il nome di uomo ad
abbandonare lui?”
Voce #2: “In effetti da quel
momento egli cessò di essere uomo.”
Voce #1: “L’uomo è essere vivente
e razionale.”
Voce #2: “Egli non è né vivente,
né razionale.”
Voce #1: “In lui vi è la
predominanza di quella pazzia che è intellegibile per l’uomo.”
Voce #3: “E non vive.”
Voce #1: “Il suo corpo mortale
non è qui.”
Voce #2: “Tremila anni fa egli
morì.”
Voce #3: “Tuttavia la sua
esistenza è continuata ingannando le regole del tempo.”
Voce #1: “Non esiste alcuna
creatura che può scampare le impassibile regole del tempo.”
Voce #2: “Quindi egli non è
creatura ma creatore.”
Voce #1: “Una divinità.”
*^*^*^*^*^
24Dicembre 1998, 8.30 P.M.
[Il
giorno in cui la pietà fu abbandonata]
“Restiamo qui, appiattiti nella
nebbia. La nostra copertura dovrebbe essere perfetta ora, grazie al contributo
della nuova recluta.”
Doppio Dolore organizzò la
disposizione dei compagni in modo che i Mangiamorte restassero completamente
celati nel banco di nebbia. Gli occhi viola continuavano a guizzare
sull’orologio da taschino che teneva in mano. Mancavano pochi minuti all’inizio
ufficiale della missione. Le lancette a forma di serpenti allungati segnavano
le 8.25.
“Attendiamo che giunga l’ora
stabilita. A quel punto irromperemo ad Hogwarts attraverso questa via
secondaria, mentre le retroguardie che abbiamo posto alle estremità dei
passaggi segreti che conducono alla scuola faranno piazza pulita di Auror e
Eclitti” dunque si voltò verso Draco “Sei proprio sicuro, signor Malfoy, di
avere il tempo necessario per recuperare il veleno di Acramantula?”
“Tu lascia fare a me e non ti
preoccupare” rispose il giovane Malfoy con un ghigno impertinente e beffardo.
Donovan ingoiò saliva, stando
bene attento a tenere i denti saldamente uniti; la pazienza non era una delle
sue virtù, e quindi doveva controllarsi se non intendeva compromettere la
missione.
Josh Currey sembrò notare solo in
quel momento il più giovane dei Malfoy che, durante la discussione con Donovan
e Piton, si era tenuto in disparte. La recluta lanciò un’occhiata fugace prima
a Draco e poi a suo padre Lucius: la somiglianza era sbalorditiva, sembravano
l’uno la copia perfetta con variante temporale dell’altro.
Il Metamorfomagus si avvicinò al
Malfoy maggiore rivolgendogli un sorriso educato, che Lucius ricambiò con
un’occhiata per niente cortese.
“Deve essere molto fiero di suo
figlio, signor Malfoy” suppose il giovane Mangiamorte con un sorriso più
candido.
Draco sentì vacillare la maschera
di impassibilità che si era costretto ad indossare per quella missione; si
voltò lentamente verso il padre, tentando di scorgere sul suo viso glabro e
impassibile un qualche segno di reazione; ma quella freddezza era ben peggiore
del rifiuto.
Josh osservò di sottecchi prima
il giovane Malfoy e poi il padre, prestando particolare attenzione allo sguardo
suppliche che Draco stava lanciando al genitore “E’ evidente che il suo parere
è molto importante per Draco, signor Malfoy” i lineamenti del ragazzo si
addolcirono, apparendo quasi melanconici “L’ammirazione negli occhi del proprio
figlio che si riflette su di un padre è il raggiungimento della somma
felicità.”
Lucius Malfoy sospirò, scocciato
“Non c’è nulla di appagante negli occhi di un figlio inutile che tremano di
debolezza.”
Draco distolse immediatamente lo
sguardo dal padre, tentando di mascherare il proprio dolore con la freddezza,
ma era impossibile restare indifferenti di fronte al rifiuto dell’uomo che più
ammiri e da cui vorresti disperatamente essere ammirato.
Il volto di Josh si piegò con
estrema durezza, gli occhi luccicanti presero a fiammeggiare “Certe persone
sono tanto piene di sé da non rendersi conto del tesoro che stringono tra le
mani.”
Il viso di Lucius si piegò
duramente, le narici frementi dalla rabbia, pronto a scagliarsi contro Josh
Currey.
La voce di Doppio Dolore li
raggiunse da dietro “Bene, è ora. Partiamo e ricordate di non fare troppo
rumore dentro la scuola; non vorremo essere colti in fragrante, giusto? Non
dovremo avere intralci da parte degli studentelli, pare che il nuovo regime di
Scrimgeour li voglia tutti a letto per le 8 serali in punto; poi ci penserà lo
squadrone di Greyback a svegliarli” sogghignò Donovan “E, un’altra cosa:
nessuna pietà! Questo è ciò che grideremo quando Hogwarts sarà messa al rogo e
i corridoi della scuola si riempiranno di grida e di sangue. Apriremo le porte
di Hogwarts al branco di Greyback, a quel punto fuggiremo e osserveremo la
scuola diventare un campo di macello.”
Molti Mangiamorte urlarono in
coro, esaltati dalla prospettiva. Samantha cercò lo sguardo di Draco; lui aveva
indossato la maschera da Mangiamorte e sembrava deciso a non togliersela.
Josh Currey si avvicinò al
giovane Malfoy e gli disse con voce profondamente comprensiva “Stai attento, il
rimorso è più letale di un Avada Kedavra.”
Draco sospirò dietro la maschera
con voce smorzata e roca “Niente senso di colpa.”
Josh annuì e le sue labbra si
abbassarono, trasformando il sorriso sereno in una piega melanconica “Molti
padri perderanno i propri figli, oggi.”
*
I quattro Auror posti di guardia
nell’atrio del secondo portone stavano seduti sul pavimento, accasciati contro
il muro. Erano all’ottava ora di guardia ininterrotta e, ormai, la sensibilità
delle gambe era un ricordo lontano. Senza contare che la frustrazione del dover
trascorrere la vigilia di Natale appostati in guardia continuamente, pronti a
prevenire un attacco che quasi sicuramente non sarebbe accaduto, aumentava la
loro stanchezza.
Qualche Auror sbuffò e socchiuse
gli occhi; il più resistente dei quattro si rialzò in piedi, allungando le
gambe che sembravano essere andate in formicolio. Poggiò la schiena contro il
muro e si domandò in nome di quale bene superiore stavano sopportando quel
martirio. Per fortuna erano quasi le 9.00 e a quel punto altri quattro poveri Auror
si sarebbero accollati la fatica di fare la guardia durante la notte di Natale.
I quattro maghi lanciavano occhiate sempre più fugaci verso l’orologio: 8.29;
ancora 31 minuti all’ora di cambio guardia, per fortuna, erano esausti. E
incuranti del pericolo oltre la porta.
8.30. Darcy Donovan diede
disposizioni come stabilito.
I battenti del portone secondario
furono aperti parzialmente con una serie di schiantesimi silenziosi; uno
spicchio di luce di lanterna si proiettò sull’erba del cortile esterno. I
Mangiamorte si intrufolarono attraverso la stretta apertura tra i battenti
della porta. Sei figure nere si insinuarono più velocemente delle altre,
prendendo posto in prima fila. Poi la porta venne repentinamente richiusa.
I quattro Auror, storditi dalla
stanchezza e ormai rilassati contro il muro, ebbero appena il tempo di
identificare gli intrusi; una poderosa luce verde si diffuse per l’atrio.
Donovan sogghignò e, accanto a lui, fecero lo stesso Rodolphus, Bellatrix e
Lucius che avevano eseguito un simultaneo Avada Kedavra.
I Mangiamorte avanzarono
silenziosamente tra i corpi dei maghi appena abbattuti. I quattro Auror
rimasero incurantemente riversi al suolo con i volti stravolti da una morte
inaspettata e ingiusta.
Doppio Dolore fece segno alle
reclute di avanzare in avanscoperta. Qualche figura ammantata di nero avanzò in
risposta al comando di Donovan, giungendo fino al limite del primo, ampio
corridoio dell’atrio. Un Mangiamorte alzò un braccio. Doppio Dolore gli diede
conferma e fece cenno ai Mangiamorte dietro di lui di avanzare; il primo
corridoio era libero; la fortuna era dalla loro, probabilmente quello era
l’ingresso meno sorvegliato del castello.
Donovan fissò l’orologio da
taschino che ciondolava dalla divisa.
Non abbiamo tempo da perdere con quegli inetti. Dobbiamo raggiungere lo
snodo principale.
Albus si appollaiò sul braccio
del padrone che lo aveva richiamato con un gesto veloce. Il gufo reale stette
ad ascoltare gli ordini di Donovan col capo piumato chino, poi spiccò il volo e
progredì lungo il corridoio. Piton si parò di fianco a Doppio Dolore con
sguardo interrogativo.
“Niente timore” bisbigliò Donovan
“E’ un animale intelligente, altrimenti perché l’avrei chiamato Albus?”
Il gufo planò seguendo il
corridoio principale, poi atterrò su una lanterna che pendeva dal soffitto,
facendola ondulare leggermente.
I due Auror posti di guardia in
quel frammento di corridoio levarono il capo, incuriositi dall’ondeggiamento
delle loro ombre: un gufo reale stava appollaiato sulla lanterna sopra di loro,
scuotendola leggermente e facendo vibrare la luce. Il gufo li guardò con occhi
acuti e gialli e prese a pigolare.
Gli Auror si guardarono
perplessi. Un gufo non era un animale insolito da vedersi ad Hogwarts, ma in
quel tratto di scuola non avrebbero dovuto esserci altro che guardie. Anche se
insignificante era comunque un’anomalia e il sergente Marshal li aveva ripetuto
fino alla nausea di non trascurare nulla.
“Tiriamolo giù di lì, forza”
propose uno degli Auror puntando la bacchetta contro il gufo.
“Non ci provare.”
L’Auror guardò il compagno, ma
questi alzò le spalle; non era stato lui a parlare. I due maghi si scambiarono
un’occhiata d’intesa e levarono le bacchette contro il punto da cui sembrava
provenire la voce sconosciuta. Scrutarono appena una figura nera, nascosta
perfettamente nell’ombra di una colonna. Uno degli Auror aprì la bocca per
urlare, chiedendo rinforzi, ma l’espressione del suo viso venne immortalata in
quella posa da un accecante raggio verde. Il suo corpo cadde a terra con un
tonfo, seguito poco dopo da quello del compagno.
Alcuni Mangiamorte avanzarono,
mentre Donovan si avvicinava al portone di legno massiccio accanto al corpo di
uno degli Auror. Tentò di aprirlo manualmente, ma sembrava che la serratura
fosse stata magicamente bloccata da una potente fattura. Con una serie di
contro incantesimi, maledizioni e molta magia oscura, Doppio Dolore riuscì a
far scattare la serratura. Aprì il portone e sbirciò nell’ambiente successivo:
si trattava di una tromba secondaria di scale che collegava tutti i piani del castello;
il Ministero aveva ben pensato di sigillare il portone per evitare che qualcuno
vi si intrufolasse, evidentemente erano a corto di personale di guardia.
Donovan sogghignò, facendo segno
agli altri Mangiamorte di avvicinarsi.
“Campo libero” sibilò piano
“Ognuno al piano che gli spetta. Io e Severus andremo al terzo, dove si trova
la nuova presidenza, signor Malfoy e Drake andrete nei sotterranei per
raggruppare i Serpeverde, Bellatrix, Rodolphus e nuova recluta andrete al
secondo piano, nella Camera dei Segreti; e, infine, Lucius, a te spetta il
recupero di Horace Lumacorno. Tutto chiaro? Bene si proceda.”
I Mangiamorte che erano avanzati
si avvicinarono a Doppio Dolore e gli confermarono la buona riuscita
dell’operazione: gli Auror che dovevano dare il cambio di guardia erano
sistemati.
Darcy Donovan sorrise, oltre ogni
soddisfazione: quella missione sarebbe stata un trionfo di sangue.
*^*^*^*^*^
La festa; Momenti
Spensierati 8.30 P.M.;
[Al di là del sottile
muro scintilla la falce]
Il ticchettio dell'orologio del dormitorio scandiva
secondo dopo secondo il tempo che passava, e Ginny avvertì una strana angoscia
premerle nel petto (e non era la prima volta da quando Harry era partito).
D'istinto strinse le coperte al petto, sospirando; forse un po' troppo forte
rispetto al dovuto: Pansy Parkinson, vicino a lei, si rigirò nel suo letto,
mugugnando qualcosa nel sonno che suonava come 'Draco'.
Che fissata, si ritrovò a pensare la rossa,
fissando dal suo giaciglio la situazione e - soprattutto - l'orario.
Le dieci e dieci.
Cinque minuti per raggiungere la partenza.
Guardandosi in giro, la giovane Weasley scostò le
coperte e uscì dal letto, attenta a non svegliare con nessuno dei suoi
movimenti le sue vicine di letto. Mise un cuscino sotto le coperte, prese la
bacchetta e, come le aveva spiegato Hermione, sussurrò un incantesimo di
Trasfigurazione. Con soddisfazione, Ginny vide una sagoma che poteva facilmente
essere scambiata per una ragazza - per lei - sotto le lenzuola.
Si guardò per l'ennesima volta intorno e, sicura di
non essere stata scoperta né da Eclitti né da compagne che potevano rivelarsi
spie, zampettò fino all'uscio del Dormitorio, incontrando per la strada Hannah
Abbott, Calì Patil e Romilda Vane.
Fece un piccolo cenno col capo, ricevendo in risposta
un sorriso da Hannah, un allegro "Ciao" da Calì e, infine, un
commento sommesso di Romilda che Ginny non intese, anche se poteva immaginare
che era stato un insulto. La giovane Grifondoro non l'aveva mai perdonata per
essersi presa il 'suo Harry'.
"Non vi ha visto nessuno?" si raccomandò
Ginny, appiccicandosi al muro dove si trovavano le altre tre.
"Per chi mi hai preso, Weasley? Ho una certa
esperienza in queste cose..." alzò il naso Romilda. Ginny ruotò gli occhi.
"Un folletto ti ha dato un pizzicotto o devo presumere che tu sia sempre
così di buon umore la sera, Vane?"
"Ragazze..." mormorò Hannah, mettendosi fra
Ginny e Romilda, intente a lanciarsi sguardi di fuoco.
Calì ridacchiò coprendosi le labbra inumettate di
lucidalabbra con una mano. "Per fortuna sei arrivata tu Ginny, la mocciosa
mi stava annoiando con i suoi continui blaterare sul mio presunto fidanzamento
con Harry al Ballo del Ceppo. Merlino, è così dannatamente ottusa..."
Romilda ridusse gli occhi a due fessure. "Patil,
chiudi la fogna."
Ginny sogghignò. Per una volta, sembrava che la Patil
fosse dalla sua parte. "Chi ha invitato una del secondo anno alla
festa?"
Hannah sospirò. "E' stato Dean, dato che è la
sua fidanzata."
"Ma come...?" Ginny non finì la frase che
Hannah la precedette. "Sono nella mia stessa squadra. E' lì che si sono
conosciuti." spiegò brevemente, ma con la voce un po' incrinata.
“Oh,” Ginny poteva vedere gli occhi della
ex-Tassorosso inumidirsi appena mentre Romilda cominciava a cinguettare la sua
relazione con Dean - che non era come Harry, certo, ma aveva un certo charme.
D'istinto, pur non conoscendola, la Weasley appoggiò una mano sulla spalla
della Tassorosso, ignorando Romilda. "Tutto a posto?"
Hannah annuì, sorridendo timidamente. "Certamente.
Ora andiamo, o perderemo la festa..."
Ginny annuì e richiamò al silenzio le altre due,
intente a discutere dei rispettivi vestiti. "Calì" chiamò Ginny
"Ma Lavanda non è con te?"
L'interpellata scosse la testa, accigliata. "E'
andata prima per aiutare il suo Seamus. Traditrice."
Ginny non poté trattenere un sorriso (e un sospiro:
ci mancava solo che la Brown si mettesse tra Hermione e Won-Won proprio ora che
stavano insieme). "Ok, allora adesso ci avviamo e seguiamo il percorso
escogitato da Hermione. Non dovremo incappare in nessuna guardia, se Ron e
Ernie Mcmillan hanno fatto un buon lavoro." Infatti, i due compagni
dell'ES avevano studiato i turni di guardia delle sentinelle per una settimana
e mezza per permettere ad Hermione di escogitare dei percorsi per raggiungere
la Stanza delle Necessità.
Gli invitati erano stati un numero residuo e divisi
per piccoli gruppi, scaglionati in orari ben precisi. Quello di Ginny era uno
degli ultimi, e la ragazza non vedeva l’ora di concedersi un attimo di tregua e
di vedere il risultato di un lavoro che l’aveva vista impegnata con anima e
corpo.
Le quattro ragazze avanzarono piano per un tratto di
corridoio, arrancando contro i muri: davanti Calì guidava il gruppo, seguita da
Romilda, Hannah e infine Ginny che chiudeva la fila, guardando le loro spalle.
D’un tratto, Ginny vide Calì impallidire e
schiacciarsi addosso al muro, allungando una mano per spingere Romilda contro
la parete nello stesso modo e facendo segno di fare silenzio. Ginny si affrettò
ad accucciarsi contro la parete di roccia, e si congelò sentendo il rumore di
passi avvicinarsi.
La rossa fissò le compagne: Calì le lanciava uno
sguardo disperato, Romilda si mangiava le unghie, nervosa, e Hannah aveva il
colore di Nick Quasi-Senza-Testa.
Deglutì nervosamente, guardandosi di qua e di là in
cerca di un nascondiglio e optò per un angolo scuro dove ci sarebbero state,
benché un po’ pressate. Con un cenno di capo indicò il luogo e le altre
annuirono, seguendola.
“Cosa facciamo Ginny? Questo non era previsto.”
Chiese nervosamente Calì, accanto a lei, lasciando nel punto più nascosto la
giovane fan di Harry e la Tassorosso.
“Non lo so, non lo so.” Rispose concitatamente Ginny,
mordendosi un labbro nel tentativo di pensare a qualcosa. “Chi diavolo era, si
può sapere?”
Patil scosse la testa “Non ne ho idea. Appena ho
sentito quei passi strascicati mi sono allarmata e ho preferito fermarmi.”
Ginny sospirò, chiudendo gli occhi.
Hermione non poteva avere sbagliato. Insomma, è di Hermione Granger che parliamo, il
geniaccio. E con suo fratello a prendere quei dati c’era anche Ernie, che
stupido non era. Quindi, cos’era andato storto? Erano stati beccati quelli
prima di lei? Avevano cambiato ronda? Ma perchè proprio la vigilia di Natale? O
era aumentato il numero dei controlli? Marshal non poteva essere così stronzo
da far lavorare i suoi uomini la vigilia. Ella stessa si rese conto della
stupidità del suo ragionamento. Era chiaro, limpido che Marshal avrebbe
aumentato i controlli, ma Hermione aveva calcolato la variante. Cos’è andato storto? Si chiese ancora la
giovane Weasley.
I passi si fecero sempre più vicini per poi cambiare
direzione e allontanarsi. Passi affrettati, trascinati come per soffocare i
rumori. Non i passi rumorosi e sordi degli Eclitti. Ginny li aveva sentiti
troppe volte per potersi sbagliare: quelli non erano Eclitti.
“Ginny… cosa fai?!” esclamò allarmata Calì; Ginny la
ignorò e incurvò il collo per vedere chi era. Mantelli neri e sguardo
circospetto. Gli occhi verdastri di Ginny si spalancarono.
“Weasley, che diamine…?” cominciò Romilda.
I lineamenti della Weasley erano ferrei. “Professoressa McGrannitt?”
La professoressa si fermò, voltando il capo verso il nascondiglio. La
mano di Calì calò velocemente sulla bocca ancora aperta di Ginny e l’altra mano
l’artigliò per il mantello trascinandola nell’oscurità, mentre tutte
trattenevano il fiato.
Minerva McGrannitt aspettò qualche minuto, poi riprese a camminare nella
direzione opposta alla loro. Le ragazze rimasero immobili fino a quando lo
scalpitio delle scarpe di cuoio della professoressa fu solo un eco lontano.
“Grazie, Calì” inalò Ginny, cercando di calmare il proprio cuore. La
ragazza annuì. “Muoviamoci!” le incitò poi, lanciando delle occhiate
circospette nel corridoio ora vuoto.
Ginny annuì e, girandosi per vedere se le altre due stavano bene,
continuò a guidare il gruppo verso il posto prestabilito, scivolando
silenziosamente per il buio del castello. Il gruppetto rischiò ben due volte di
inciampare in qualche Eclitto, ma alla fine giunsero alla meta senza essere
avvistate.
Ginny diede loro i comandi – come aveva detto Hermione – e le ragazze camminarono
tre volte davanti e indietro, mormorando la parola segreta che Hermione aveva
consegnato solo al capo gruppo (ricordando vagamente a Ginny la setta satanica
del film horror che suo padre aveva voluto vedere qualche estate scorsa), e finalmente
apparve la porta della Stanza delle Necessità; questa si aprì. Un ragazzo, che
Ginny non era sicura di conoscere, chiese bruscamente la moneta, una sorta di
‘biglietto d’entrata’ per la serata; ricevutola da tutte e quattro, le lasciò
passare, prendendo i loro mantelli e depositandoli in un angolo.
La Stanza delle Necessità non era più una piccola ‘stanza’ ma un vero e
proprio bordello.
La forma richiamava vagamente un anfiteatro romano: la pianta circolare,
che fungeva da pista da ballo – dove la musica pompava al massimo volume e il
buio regnava sovrano ad eccezione di luci psichedeliche o colorate, era
circondata da un anello alle cui estremità erano posizionati dei divanetti
divisi da paraventi decorati coi colori delle ex-case di Hogwarts, come a
simboleggiare lo spirito ‘ribelle’ di quella festa. Davanti all’ingresso, Ginny
riuscì a scorgere un bancone lungo dove alcuni ragazzi stavano servendo drink e
stuzzichini e una postazione su cui le parve di adocchiare Dean smanettare come
deejay. A darle conferma giunse la voce di Thomas che invitava la folla
danzante ad aprirsi per far passare la sua ‘donna’.
La Vane, infatti, fece un sorrisetto saccente e alzò appena la mano in
segno di saluto, percorrendo poi con falcate misurate la distanza tra lei e il
suo ragazzo, attirando con la sua mise
aderente parecchi sguardi e quello accigliato delle tre ragazze del gruppo (e
non solo). La folla danzante riempì la superficie della pista e l’aria di
gridolini, mentre i corpi degli studenti si muovevano al ritmo della musica.
Ginny non credeva di poter vedere i giovani di Tassorosso allacciarsi
così audacemente a delle ragazze, ma a quanto pare i pregiudizi erano radicati
anche in lei. Siamo tutti ragazzi, anche
se in mezzo ad una guerra. Un piccolo sentore di amaro le invase la bocca:
forse avrebbero dovuto invitare anche i Serpeverde… non l’aveva detto Silente?
Collaborazione.
I pensieri della rossa furono accantonati quando la voce – alzata di
parecchi decibel per sovrastare la musica – di Hannan proruppe in un saluto:
“Beh, bell’avventura. Ci vediamo!” e se ne andò.
“E noi?” Ginny alzò le spalle. “Vieni Calì, gli altri devono essere
seduti, conoscendo Hermione non può essere altro che lì.”
Calì ridacchiò. “Starà ancora borbottando per gli alcolici che Seamus è
riuscito a farsi mandare dai tuoi due mitici fratelli.”
“Fred e George?”
“Chi altri?” sorrise Calì, facendosi spazio tra la folla per imboccare il
loggiato attorno alla pista. Ginny la seguì, sogghignando al pensiero dei due
gemelli che – incredibilmente – erano riusciti in chissà qual modo a raggirare
le misure di sicurezza del Ministero e contrabbandare Whiskey incendiario per i
cari vecchi compagni di scuola. Eh, chissà, magari sapendo che l’idea era
partita dalla loro prossima cognata l’avevano fatto pure gratis!
No, forse adesso esagerava. Fred e George erano stati sempre un po’
avidi, e per il disturbo e la quantità di alcol avevano dovuto farsi pagare
qualcosa. Diciamo che magari uno sconto l’avevano fatto!
“Ginny, oh Ginny!” un lamento
funereo, distinguibile in quella parte della Stanza perché pareva che lì la
musica arrivasse più ovattata.
La Grifondoro sospirò: pareva che la Patil avesse ragione. “Ciao ragazzi”
salutò, prendendo posto accanto ad Hermione sul divanetto che lei, suo fratello
Ron, Seamus con in braccio Lavanda e ora Calì stavano occupando.
Le arrivarono in risposta saluti concitati e un altro lamento.
“Hermione…” mormorò seccata
Lavanda.
Hermione, che era seduta su d’un divanetto con le mani a pugno davanti
alla bocca, come per soffocare un nuovo gemito, la ignorò deliberatamente
rivolgendosi a Ginny con gli occhi color castagna che scintillavano
d’indignazione. “Ginny, guarda! È a dir poco indecente! Perché tutti hanno
votato per la proposta di Finnigan sull’alcol? Qui la festa sta degenerando!
Già tre ragazzini del terzo anno sono in bagno a dannarsi l’anima per colpa di
un bicchiere di troppo! Come faranno a reggersi in piedi per la fine della
serata?”
Ginny non rispose, coperta dalla voce divertita di Seamus.
“Granger, devi essere sempre così puntigliosa? Ecco, assaggia il mio
bicchiere di Spuma di Sirena, e
cambierai idea.” Finnigan allungò verso la ragazza un bicchiere ricolmo di una
sostanza azzurrognola con della spuma argentata.
Hermione allargò gli occhi e scosse la testa. “Mi rifiuto.” Disse
testarda, assottigliando gli occhi – e Ginny ebbe paura che Seamus potesse
morire sotto quello sguardo omicida. Ma l’irlandese (*) non pareva disturbato,
ma, anzi, sogghignò, alzando gli occhi verso di lei.
“Beh” intervenne Ginny, ispirata da quell’invito non-verbale “posso berne
un po’ io, allora?”
Seamus annuì e Ginny colse il bicchiere al volo, sotto lo sguardo
inorridito del fratello e dell’amica.
“Ginny, anche tu…” mormorò
Hermione con tono accusatorio.
Ron parlò per la prima volta da quando era arrivata. “Ginny” cominciò
fremendo di rabbia “perché diamine ti metti a bere, si può sapere? L’alcol può
causare -”
“Dacci un taglio Ron, so cosa succede a chi si ubriaca. Un sorso non mi
stenderà di certo.” Lo zittì Ginny, spaparanzandosi sul divano. Uhm, comodo.
“Non dovresti permetterti di argomentare contro tua sorella, Ronald
Weasley.” A sorpresa la voce di Hermione intervenne a sua difesa, lasciandola
perplessa. Ginny lanciò qualche occhiata interrogativa in direzione di Seamus e
Lavanda: lei si limitò a circondare con le braccia il suo ragazzo – come
impaurita dalla presenza della Weasley – lui, invece, alzò le sopracciglia,
genuinamente divertito.
“Buono il cocktail?” Ginny annuì e Seamus sogghignò nuovamente. “Anche
Ron era dello stesso parere quando lo ha preso insieme ad un altro paio di
cocktail con strani colori…” Gli occhi verdastri di Ginny si allargarono,
mentre un ghigno si allargava sulla sua faccia.
“Capisco” annuì meditabonda, mentre le nuova coppietta sembrava – come al
solito – ignorare tutto il resto del mondo tranne loro due intenti – neanche a
dirlo – in un nuovo litigio.
Ginny sospirò stancamente.
“Ma lei è mia sorella, ha solo sedici anni!”
“Sai che differenza, Ron, tu ne
hai diciassette!”
“Sono un ragazzo, sopporto meglio l’alcol.”
Hermione spalancò la bocca “Da quando sei un dannato maschilista?”
“Adesso non comincerai una nuova crociata.” Borbottò Ron. Hermione gli fu
letteralmente addosso, le mani strette a pugno sul colletto della camicia
azzurra lasciata appositamente aperta e le palpebre che fremevano come il resto
del corpo. “Ron, non permetterti di –“
Ginny assaporò il relativo silenzio che ora regnava sul divanetto,
ringraziando i numi per aver donato a Ron quel poco impeto che ora condivideva
ardentemente con Hermione. Una parte di lei era sinceramente divertita da
quell’intenso scambio di saliva: le labbra del fratello chiuse su quelle della
sua migliore amica per zittirla, ma, in successiva analisi, le sembrava un poco
strano che il fratellino da sempre pudico ed esitante si stesse facendo la
propria ragazza di fianco alla sua sorellina, che lui aveva sempre voluto
preservare candida ed illesa dalle perversioni della vita.
Si spostò a disagio qualche centimetro più vicina all’altra coppietta,
con cui si sarebbe sentita più a suo agio se non fosse stato per gli sguardi
obliqui che Lavanda le stava rivolgendo, convinta così com’era che, data
l’assenza di Harry, la giovane Weasley avrebbe anche potuto provarci col suo
ex.
Insomma, c’è una bella differenza
tra Harry e Seamus.
“Come ti pare la festa, Ginny?” Il sorriso di Seamus era quasi mellifluo,
ma Ginny sorrise ugualmente; qualcosa nel suo atteggiamento le dava la netta
impressione di un tentato rimorchio.
“Non ho ancora assaporato bene, ma l’arredamento è stupendo.” Commentò,
adocchiando un cameriere e facendogli segno di portarle una Burrobirra calda.
“L’idea dei paraventi è stata mia; carina, vero?” cinguettò Lavanda,
sbattendo le palpebre segnate da eyeliner e ombretto lilla. Seamus annuì con un
sorriso, scoccandole un bacio a stampo sulle labbra “Certo, amore” da dietro
Calì fece una faccia stralunata e mise fuori la lingua, disgustata, facendo
ridere Ginny.
“Anche questi qui dietro di me sono della stessa pasta se non più
attaccati ancora” le rispose Ginny lanciando un’occhiata a suo fratello, mentre
Calì ironizzava con una punta d’invidia “Chi avrebbe detto che Hermione Granger
baciasse in pubblico?”
Hermione, punta sul vivo, smise di accarezzare le guance di Ron e si
volse verso la ex-coinquilina di camere rossa in volto. “Calì…!”
Seamus scrollò la testa all’indietro, ridendo. “E poi dici a me
dell’alcol, eh Granger? Non pensi a cosa potrebbero pensare i marmocchi qui
intorno vedendo la più gettonata caposcuola mezza immersa nella bocca del suo
tipo?”
Hermione divenne ancor più scarlatta ma non rispose, non potendo negare
niente.
“Smettila di parlare come se io non ci fossi, Seamu; non mi piace che tu
ti metta a punzecchiare la mia ragazza.” Intervenne divertito Ron, circondando
con il braccio la vita di Hermione, fasciata da una maglietta smanicata e
appena scollata
Seamus alzò le spalle. “Come ordina il Re.” Fece divertito, scoccando un
occhiolino a Ginny che si limitò a sorridere un po’ titubante; Lavanda pareva a
dir poco inviperita perso il monopolio dell’attenzione del proprio ragazzo.
“Seamus, puoi togliermi una curiosità?” domandò poi Hermione. L’irlandese
scrollò le spalle e le fece cenno di andare avanti.
“Cosa c’è di tanto bello nell’ubriacarsi?” la voce di Hermione era
palesemente perplessa.
Seamus scosse la testa. “Tsk, Granger, si vede che tu sei una ragazza per
bene.” Hermione inarcò un sopracciglio mentre Ron fulminava con lo sguardo il
suo ex-compagno di camera.
“Oh beh, mentre voi discutete così fallosamente io vado in pista… chissà
che non trovi qualche ragazzo solo soletto. Ciao!” Calì si alzò muovendosi incredibilmente
a suo agio sui tacchi a spillo lunghi almeno cinque centimetri.
“Non ti ho chiesto di denigrarmi, Finnigan.” Fece dura Hermione,
incrociando le braccia alpetto.
Seamus alzò le mani in segno di resa. “Scherzavo;” disse subito,
sorridendo “Ma come faccio a spiegarti? Innanzitutto, c’è il sapore: alcuni
tipi di alcol sono davvero deliziosi e anche quelli più forti, se mitigati con
i giusti sapori, sono” Seamus fece schioccare la lingua “un piacere per i sensi.” Lavanda ridacchiò scioccamente,
premendosi contro il petto di Seamus. “Ma oltre a questo, l’alcol… beh, l’alcol
è un po’ una moda, lo ammetto. Cominci per provare e poi continui. E poi, ti
giuro, Granger, che la sensazione di leggerezza e allegrezza che ti dà un buon
bicchiere di Whisky Incendiario è il giusto anestetico per ogni dolore.”
Hermione inarcò un sopracciglio, scettica. “A quanto vedo pare che
l’alcol li assopisca i sensi.” Sbottò acida.
Seamus alzò le spalle. “Vedila come ti pare, resta che per i giovani è un
richiamo a cui è difficile rinunciare.”
“Tutte cavolate, solo una scusa per ubriacarsi.”
Seamus sospirò, afflitto. “Non ti convincerò mai a provare un bicchiere,
eh Granger?”
Hermione sorrise con aria furba. “Credo proprio di no, Seamus.”
Lui alzò le spalle. “Accidenti, è stancante argomentare con te. Quindi,
meglio finirla qui: se dovessi dire qualcosa di spiacevole io non ho il
permesso di zittirti con un bacio.”
Il riferimento al precedente litigio tra Ron e Hermione era palese e fece
sorridere i due Weasley ed arrossire Hermione.
Dopodiché Seamus si rivolse alla ragazza tra le sue gambe. “Ehi
zuccherino, che ne dici di un ballo?” Lavanda saltò in piedi con enfasi e gli
prese un mano, trascinandolo verso la pista da ballo.
“Strano tipo; un po’ troppo malandrino” commentò asciutta Hermione.
“E’ un bravo ragazzo” la corresse dolcemente Ron, accarezzando il palmo
della mano della sua ragazza intrecciata con la sua. “Anche se non mi piaceva
come ti guardava, Ginny.”
La rossa alzò gli occhi al cielo, infastidita. “Smettila di essere così
insistente, Ron.”
“Non ti sei accorta di come ti guardava?!” rispose il fratello con stizza
e rabbia sfidando lo sguardo di fuoco della sorella.
“Certo, ma credo di potermela cavare da sola!”
“Ma Harry…”
La sopportazione di Ginny raggiunse i massimi storici. “Ron, adesso
basta. Lo so che sto con Harry, ma questo non mi vieta di interagire con un
altro essere maschile che non sia tu.”
Il tono di Ginny si fece stizzito, quasi isterico. “Mi stavo godendo la serata
e, puntualmente, è dovuto giungere un tuo commento infantile per rovinarla.”
Ron allargò un poco gli occhi, ferito. Ginny era troppo frustrata per potersene
rendere conto e così sfoderò l’ultimo attacco. “Non devi sempre essere un
fratello iper-protettivo, sai Ron?”
“Ehm, scusate…” un giovane moro interruppe il litigio dei due fratelli e
allungò la mano verso Ginny. “Ti va di ballare?” la rossa annuì, lanciando
un’ultima occhiata ammonitrice al fratello prima di scomparire nella folla.
Ron appoggiò una mano sconsolato alla tempia. “Ho detto troppo, uh? Non
intendevo dire questo.”
Hermione sospirò pesantemente appoggiando la fronte sul petto del ragazzo
e distendendo i palmi sulla sua morbida camicia. “Le passerà; Harry le manca
molto e, di questi tempi, è sempre così preoccupata e arrabbiata perché non
vuole starsene con le mani in mano… È nervosa. Non intendeva dirti tutte quelle
cattiverie.”
Ron sospirò, baciando i morbidi riccioli di Hermione. “Lo so. Grazie.”
Hermione lo abbracciò di slancio, sorridendo contro il suo petto. “Di
niente.”
Dieci minuti dopo Ginny ritornò da loro, sorridendo timidamente. “Quel
ragazzo era uno stupido… venite anche voi a ballare? Ho bisogno di un
body-guard.”
Scuse implicite.
Hermione sorrise, vedendo i lineamenti del suo ragazzo rilassarsi e
sorridere di rimando alla sorellina. “Ti difendo io, Ginny.”
La rossa alzò un sopracciglio. “Ma solo quanto necessario, d’accordo?”
Ron alzò gli occhi al cielo. “Certo, certo.” Una pacca sul sedere fece
scattare come una molla Hermione che lanciò al giovane Weasley uno sguardo tra
l’irritato e l’imbarazzato, mentre Ginny rideva. Ron le sorrise innocente.
“Andiamo a ballare, Hermione?”
*
I giovani non sapevano che al di là delle mura, l’attacco alla fortezza
era cominciato. Anche le antiche rocce di Hogwarts sarebbero cadute sotto
l’impeto del nemico e il grigio scintillante delle divise di Auror ed Eclitti
avrebbe perso la battaglia contro il rosso del sangue di innocenti.
*^*^*^*^*
La
Camera dei Segreti, 9,00 P.M.
[Il
Nido del Serpente]
Una scia di cadaveri di Eclitti e
Auror conduceva dall’accesso al secondo piano dalla tromba delle scale fino ad
uno dei gabinetti femminili inutilizzati. Cinque Mangiamorte attendevano sulla
soglia.
Bellatrix Lestrange tastò con
soddisfazione l’incisione di un piccolo serpente su di uno dei rubinetti di
rame del bagno di Mirtilla Malcontenta. La fantasmina se ne stava pietrificata
in un angolo del locale, su di un gabinetto, incapace persino di singhiozzare.
Rodolphus Lestrange le si avvicinò con un gran ghigno:
“Piaciuto l’incantesimo speciale,
spettro? Funziona anche con gli scarti terreni come te.”
“Finiscila, Rodolphus” sbraitò
Bellatrix “e vieni a dare un’occhiata. Credo che questa sia l’entrata.”
Il Mangiamorte si avvicinò prima
alla moglie e poi diede un’occhiata al rubinetto arrugginito.
“Il simbolo di Serpeverde” disse
soddisfatto “Vieni qui, recluta, è arrivato il tuo momento.”
Josh Currey uscì dall’ultimo
cubicolo buio del bagno dove stava placidamente contemplando la luna piena
fuori dalla finestra “Arrivo immediatamente” disse con un sorriso “Non vorrei
certo far pazientare la più violenta delle Mangiamorti.”
Bellatrix storse la bocca mentre
Rodolphus ghignò con un accenno di divertimento.
Il giovane Mangiamorte passò di
fronte alla fantasmina pietrificata, la guardò di sbiecò e poi proseguì.
Gli occhi di Mirtilla Malcontenta
si dilatarono, ma nessuno lo notò.
E’ morto. Gli occhi tremanti di Mirtilla seguirono Josh Currey, che
si chinò per esaminare l’incisione sul rubinetto. E’ come me, no… molto peggio.
Josh si allontanò di qualche
passo, facendo segno ai due compagni di imitarlo.
“Apriti!” sibilò in Serpentese.
La maniglia del rubinetto
cominciò a luccicare di un verde molto simile a quello dell’Avada Kedavra.
L’incisione del serpente prese a ruotare finché scattò un ingranaggio; il
lavandino si ritirò nella parete e lasciò scoperta una buca con un tubo
abbastanza largo per un uomo solo.
“Ora dobbiamo scendere lungo il
tubo, ma non riesco a stimarne la profondità con un simile buio” disse Josh
Currey mentre esaminava l’apertura completamente oscurata.
Bellatrix marciò decisa verso
Josh “Non importa, ci penso io” spinse rudemente da parte il giovane
Mangiamorte e si lanciò nel tubo senza esitazione.
“Donna interessante” sghignazzò
Rodolphus prima di lanciarsi a sua volta nell’apertura.
Josh sorrise, calandosi
lentamente nel tubo. Mollò la presa e cominciò a scivolare lungo una pista
viscida che sembrava non avere conclusione. La rotta si piegava, ridiventando
piana in alcuni punti e lasciando tempo al ragazzo di osservare i grovigli di
tubi che si snodavano ben oltre i sotterranei della scuola. Scivolava ormai da
più di tre minuti quando comprese di trovarsi circa al livello delle profondità
oscure del lago di Hogwarts. La rotta ridiventò piana dopo un’ultima
deviazione, preannunciando la fine del tubo. Josh chiuse gli occhi e cambiò
consistenza.
Rodolphus toccò terra con un
tonfo, rialzandosi si rese conto di trovarsi in un buio e viscido tunnel di
pietra. Bellatrix era già retta e bacchetta alla mano, gli occhi scrutavano
indagatori il profilo di un serpente gigantesco. Lestrange sfilò la bacchetta e
la puntò contro la sagoma oscura poco distante.
“Credevo che il Basilisco fosse
morto” urlò contro Bellatrix.
La donna gli lanciò un’occhiataccia
“Evidentemente non è così e, abbassa la bacchetta! Non oserai fare del male ad
una creatura del Signore Oscuro, mi auguro.”
Rodolphus ritirò la bacchetta con
i denti serrati. Ma chi ha voglia di
farsi sbranare da un serpente gigante?
“Comunque non ci sta attaccando”
osservò Bellatrix “Sembra mansueto. Forse ha capito che siamo fedeli servi del
suo padrone.”
“Non direi.”
I due Lestrange si voltarono per
incontrare il sorriso cristallino di Josh Currey. Rodolphus lo osservò
sbalordito; mentre lui e Bellatrix avevano le divise completamente zuppe e
sporche a causa della caduta nel viscido tubo e all’atterraggio poco
confortevole sul pavimento lurido del tunnel, la tunica del ragazzo era di un
nero impeccabilmente pulito.
“Conoscete il mito della Caverna?”
domandò Josh ai due compagni “Le ombre possono ingannare. Attivate
l’incantesimo Lumus e lo scoprirete da voi.”
Bellatrix si voltò lentamente
verso la sagoma di serpente, facendo brillare la punta della bacchetta: davanti
a lei si snodava una pelle raggrinzita per parecchi metri, probabilmente una
muta del Basilisco.
La Mangiamorte non fece commenti
e avanzò oltre la pelle lungo un corridoio dal pavimento irregolare. Gli altri
due la seguirono fino al fondo del tunnel. Qui, su una parete, era posto un
portone di metallo massiccio che recava le incisioni di cinque serpenti
allungati.
Josh avanzò oltre Bellatrix,
sibilando un altro: “Apriti!”
Un serpente con gli occhi di
smeraldo stranamente vivi prese a strisciare lungo il bordo arrotondato del
portone, i musi degli altri serpenti si ritraevano al suo passaggio. Quando
anche l’ultimo dei rettili si piegò, un secco rumore di ingranaggio che scatta
si diffuse per il tunnel. Il portone si aprì totalmente, lasciando intravedere
parte della Camera.
Bellatrix si arrampicò oltre il
portone con gli occhi che le tremavano dall’emozione. Rodolphus la seguì
altrettanto emozionato. Josh aspirò profondamente l’aria viziata del tunnel.
Sarebbe proprio un nido ideale per noi.
Si ritrovarono in un’ampia stanza
debolmente illuminata. Posti ai lati del lungo corridoio principale si ergevano
colonne massicce e dall’aspetto di serpenti aggrovigliati. Sul fondo della
camera troneggiava la scultura di Salazar Serpeverde che fissava il gruppo di
Mangiamorte con espressione severa. Josh Currey ricambiò con un sorriso.
“Ora da che parte?” domandò
Rodolphus scrutando con avidità i meandri neri della Camera.
“Nella statua di Salazar
Serpeverde, così ha detto il Signore Oscuro” rispose Bellatrix, marciando
decisa e febbricitante verso l’enorme capo scolpito.
Josh Currey camminò con
tranquillità verso la massiccia statua di Serpeverde, osservando incuriosito i
due Lestrange che la veneravano come un potente idolo “Credo spetti a me, ora: Apriti!” mormorò in tono serpentesco,
parato di fronte all’enorme statua.
Gli occhi scolpiti di Salazar
parvero risplendere di verde e, con un rumore sordo, la mascella del grosso
capo calò fino a rivelare un antro nero e sinistro. Bellatrix osservava
ammaliata la bocca aperta della statua che sembrava celare una cavità nascosta.
“E’ lì!” strillò, levitando fino
alla bocca di Salazar “Ci penso io, voi non intervenite!”
Sparì nella concavità oscura e,
dopo molti attimi di silenzio assoluto, ne uscì reggendo orgogliosa e fiera un
grosso uovo nero a tratti striato di rosso sangue.
“E’ l’unico rimasto intatto, gli
altri sono tutti schiacciati, ma è perfetto” dichiarò con voce febbrile,
stringendo al petto l’uovo come se fosse un dolce neonato “La nostra missione è
terminata. L’Oscuro Signore sarà così fiero di noi.”
Bellatrix avvolse l’uovo con
parte della tunica nera e si avviò spedita lungo la Camera, percorrendo il
tragitto al contrario. Rodolphus e Josh vennero totalmente ignorati.
*^*^*^*^*^
Sotterranei
di Hogwarts, 9.15 P.M.
[Post-Akzaban:
Solo Gloria – Senso di Colpa]
Un gruppo di Mangiamorte si stava
dirigendo verso i sotterranei della scuola, lasciandosi alle spalle una scia di
cadaveri senza fine. A capo della compagnia c’era Lucius Malfoy che, con
crescente esaltazione, pronunciava Maledizioni Senza Perdono all’indirizzo di
qualunque cosa si muovesse oltre al suo gruppo di Mangiamorte.
Infine, giunsero alla gradinata
principale che conduceva ai Laboratori di Pozioni, dove si conservavano le
scorte di ingredienti e a cui era affiancata la camera del Professore, Horace
Lumacorno.
La missione di rapimento era
stata affidata a Lucius il giorno prima dell’attacco ufficiale alla scuola
direttamente dal Signore Oscuro; il coinvolgimento di Lumacorno nella difesa e
nel sostegno di Hogwarts e del Ministero lo avevano dichiarato aperto nemico e,
inoltre, pareva ci fossero dei segreti che il vecchio uomo conosceva e che Lord
Voldemort preferiva tenere sotto chiave. Infine, la sua nota abilità con le
Pozioni era di fondamentale importanza per il successivo piano ordito dal
Signore Oscuro e per il quale sembrava essere anche necessario il Veleno di
Acramantula.
Il Veleno di Acramantula…
Il collegamento con Draco Malfoy fu
immediato. Quel ragazzino cominciava ad acquistare terreno e ad eccedere
nell’ambizione. Se continuava così rischiava di intralciargli i piani per il
raggiungimento del massimo onore riservato ad un Mangiamorte: il posto di
pupillo del Signore Oscuro che per venti anni era stato esclusivamente
riservato a Severus Piton.
Severus Piton, Draco Malfoy…
Un vecchio amico, suo figlio…
No, non era più così dopo
Azkaban. Erano solo compagni di congrega e rivali che gareggiavano alla
conquista della gloria.
Azkaban…
I ricordi sembravano incentrati
esclusivamente su quel frangente di vita: un anno e mezzo in prigione, e prima
di quello tutto era superfluo, offuscato. Un anno e mezzo in prigione,
umiliato, lui che era Lucius Malfoy, il più nobile Purosangue d’Inghilterra,
proprio lui era stato costretto a marcire su un lurido pavimento di una cella
con in dosso dei cenci sudici, privato della sua bacchetta, alla stregua di un
Magonò; e già questo era bastato a mortificare al limite il suo orgoglio di
Malfoy. Ma il Ministero doveva allenare le sue reclute e così lui era diventato
un bersaglio, proprio come un animale rognoso a cui si da la caccia per passare
il tempo.
Nella sua cella entravano a turno
dei giovani sbarbatelli che a stento sapevano puntare la bacchetta, quindi degne
reclute per aspirare al posto di Auror. Con la presunzione di grandi maghi quei
piccoli insetti avevano osato puntare la bacchetta contro di lui e lo avevano
colpito, obiettivo facile quando il bersaglio è incatenato alla parete,
completamente immobile. Andavano avanti per tutto il giorno, senza fermarsi, minuto
dopo minuto era stato costretto a ricevere la più svariata gamma di incantesimi
offensivi che avesse mai dovuto sopportare; solitamente non concedeva
abbastanza tempo al nemico per permettergli di attaccarlo, perché prima lo
uccideva, ma ad Azkaban…
Una seria infinita dei più
disparati incantesimi… talvolta, alla fine della giornata, arrivava a provare
tanto dolore come durante un Cruciatus, ma i malesseri tendevano a diminuire
lungo la notte perché, in fondo, si trattava solo di reclute senza esperienza.
E lui era usato come un oggetto per allenare i futuri Auror, i suoi nemici. Era
questo che non sopportava, non il dolore a cui era già stato temprato dal
Signore Oscuro.
Il suo orgoglio, di cui era stato
indegnamente privato, ecco a cosa pensò appena fuori da Azkaban. Non gli
importava né di suo figlio, né di sua moglie, né dei suoi vecchi amici, l’unica
cosa che contava era riacquistare l’orgoglio, a tutti i costi. Cosa gli
importava dei disgustosi tentavi di suo figlio di stargli accanto per ottenere
approvazione? Niente. Ormai non gli sembrava neanche suo figlio, solo un
Mangiamorte rivale.
Prima di Azkban lo aveva
sostenuto perché il suo obiettivo era perpetuare la famiglia Malfoy e lui era
il suo erede, non perfetto, ma comunque degno del nome che portava. Ora tutto
ciò che contava era brillare personalmente agli occhi del Signore Oscuro,
l’onore della propria famiglia l’avrebbe riacquistata lui, e non quel debole
moccioso che non aveva la tempra di uccidere un vecchio preside indifeso,
niente di più facile. Lui solo avrebbe fatto brillare il nome ‘Malfoy’, e se la
sua stirpe sarebbe finita con lui, tanto meglio; non voleva passare il
testimone ad un ragazzino che quasi sicuramente avrebbe riportato la dignità di
famiglia ai più bassi livelli, ad Azkaban.
Non esisteva più niente prima di
Azkaban, quello che importava si trovava dopo Azkaban, e quello che contava
veramente era la gloria, nient’altro.
Per questo marciava con decisione
lungo i sotterranei di Hogwarts, uccidendo senza pietà chiunque scorgeva con la
coda dell’occhio. Ora il suo gruppo era arrivato al traguardo, la camera di
Horace Lumacorno.
Lucius sogghignò quando l’incantesimo
Alohomora sbloccò la serratura della porta senza il minimo rumore. Malfoy entrò
silenzioso come un’ombra, approssimandosi al vecchio professore che gli dava le
spalle.
Horace Lumacorno ripose con cura
la fiala di Veleno di Acramantula sul fondo di un recipiente di legno. Con un
lungo sospiro ritornò a fissare il muro di pietra di fronte a lui: la scuola era
in mano al Ministero perché Albus Silente era morto e Silente era morto
assassinato da Severus Piton, un suo ex-studente che stimava molto, e Severus
Piton era agli ordini di Lord Voldemort, e Lord Voldemort era Tom Riddle, e Tom
Riddle era il pupillo a cui aveva dedicato la carriera di insegnante, e a lui
aveva rivelato il segreto degli Horcruxes, e gli Horcruxes lo avevano reso
immortale, e l’immortalità lo aveva reso il più temibile mago oscuro di tutti i
tempi. Con un sottile collegamento tutte le rovine che affliggevano il mondo
dei Maghi e dei Babbani di quei tempi erano riconducibili a lui.
Lumacorno era assolutamente
colpevole, Harry Potter lo sapeva, conosceva il vero ricordo che aveva affidato
camuffato ad Albus Silente. Ma Lumacorno era deciso a trascinarsi la sua colpa
nella tomba, nessun altro avrebbe dovuto sapere, sarebbe stato troppo
umiliante.
Levò una mano per passarsela sul
viso rubicondo e sudato ma, d’un tratto, tutto il suo corpo si bloccò.
Il Petrificus Totalus, ma chi…?
Una risata soddisfatta si levò alle
sue spalle: “E’ stato fin troppo facile.”
Quella voce mi è famigliare.
Lumacorno si sentì sollevare e i
suoi occhi saettarono con ansia sul Marchio Nero che vedeva impresso
sull’avambraccio del suo aggressore.
I Mangiamorte a Hogwarts? Ancora?
Sentì che persino le sue ossa
stavano tremando nonostante l’incantesimo che avrebbe dovuto paralizzarle.
Tutto ciò che poteva fare era muovere gli occhi e così tentò ansiosamente di
riconoscere i suoi aggressori. Alcuni portavano la maschera, ma altri no, e tra
questi Lumacorno identificò dei volti conosciuti.
Nott, il mio vecchio amico? E, Lucius Malfoy, uno dei mie ex-studenti,
anche lui faceva parte della cerchia dei miei prediletti… e adesso è un
Mangiamorte… Sembra che io allevi Mangiamorte e Maghi Oscuri… che sia davvero
tutta colpa mia?
“Ma guarda, pare che qui ci sia
una piacevole sorpresa.”
Lumacorno la riconobbe come la
voce di Lucius Malfoy. Lo sentiva muoversi alle spalle, proprio vicino alla
scrivania su cui stava riponendo la fiala di veleno.
“Con questo ho completato
un’altra operazione: il rapimento di Horace Lumacorno e il recupero del Veleno
di Acramantula. Andiamo forza, non voglio pazientare troppo per ricevere la
ricompensa dell’Oscuro Signore.”
I Mangiamorte che lo
trasportavano si mossero.
Mi portano da Colui-che-non-deve-essere-nominato, mi portano da Lord
Voldemort, da Tom Riddle, dal più grande errore della mia vita!
*^*^*^*^*^
Nell’Ufficio
del Preside e Ministro, 9.30 P.M.
[Un
Segreto per Ognuno - Il Ricordo di Marshal - Mai dire Mai]
Dopo lo smistamento dei compagni
nei vari settori della scuola, Donovan sentì di avere il successo in pugno. Ora
marciava deciso per i corridoi di Howgarts a testa alta come un vincitore.
Grazie alle sorprendenti abilità di Albus era risultato piuttosto dilettevole
sorprendere gli Auror esausti e affaticati, uccidendoli senza che questi
avessero il tempo di estrarre la bacchetta o chiamare rinforzi.
Era già a quota 25. Sei pattuglie
appostate lungo il tragitto che doveva seguire; tutte annichilite in un batter
d’occhio e lui continuava a girovagare indisturbato per Howgarts. L’unico
problema reale era rischiare di essere scoperto troppo presto e quindi far
scattare una tale mobilitazione di Auror e Eclitti da rendergli impossibile la
fuga dopo che Greyback e i suoi fossero entrati nella scuola; per fortuna
Scrimgeour aveva tassativamente vietato a fantasmi e spettri di girare liberi
per Hogwarts e aveva rimosso tutti i quadri animati dalle pareti.
Grazie Scrimegour, le tue prese di posizioni radicali ci sono sempre
molto utili.
Aveva deciso di affidare la
sorveglianza del castello unicamente agli Auror; errore madornale. Se almeno
avesse lasciato qualche fantasma in giro avrebbe avuto più possibilità di
individuare qualche intruso.
Quindi, l’unica incertezza che
gli restava era quell’individuo. Non
credeva che Loro avrebbero mai deciso di mandarlo in mezzo ai Mangiamorte; già
c’era lui a tenere d’occhio la situazione e il Signore Oscuro non sospettava
niente. Perché, allora, inviarlo in campo? Ad esporsi così apertamente?
A meno che Jolly abbia deciso di fare tutto di testa sua. E’ probabile
per uno come lui non eseguire gli ordini, anche se però sembra rispettare
enormemente le volontà del generale Dulick.
Doppio Dolore ingoiò saliva a
vuoto.
Speriamo solo che non dia mostra dei suoi effettivi poteri, altrimenti…
“Donovan” lo chiamò Piton,
distogliendolo dalla sua ansia.
Doppio Dolore non lo degnò di uno
sguardo, preoccupato che dalla sua espressione si potesse cogliere qualcosa di
spaventato “Che c’è, Piton?”
“Josh Currey, la nuova recluta,
lo conosci, vero?”
Donovan non ebbe alcuna reazione,
anche se si sentiva rabbrividire fin nelle ossa: quel Piton era troppo furbo.
“Ne ho sentito parlare. Pare sia
molto abile.”
“Sembra che tu abbia paura di
lui” sogghignò Piton “Proprio tu, Donovan, che hai la fama di temerario, hai
paura di un ragazzino?”
Se solo sapessi cos’è… Donovan sbuffò “Se sei convinto di avere
ragione, allora non ti darò torto, Piton.”
“Vuol dire che sei spaventato sul
serio” constatò Piton mentre Donovan allungava il passo.
Doppio Dolore distanziò Piton di
qualche metro e, volgendogli le spalle, disse: “Tutti hanno le proprie paure
nascoste. Io non riesco a tollerare quel suo sorrisetto, ma, soprattutto, la
sua abilità di cambiare aspetto a proprio piacimento… troppo subdolo.”
“Quindi non devo interpretare il
fatto che tu tremi dalla testa ai piedi ogni volta che quel ragazzino ti si
avvicina, né tanto meno il timore reverenziale che dimostri nei suoi confronti.”
“Infatti, meglio per te se non
approfondisci” ribatté Donovan, secco.
“Donovan” lo apostrofò Piton
“Cosa sai su quel ragazzo? Chi è?”
Doppio Dolore si voltò con un
sorrisetto divertito “E’ un segreto.”
Piton si bloccò, lo sguardo nero imperscrutabile
“Non possono esistere segreti. L’Oscuro Signore ne verrà a conoscenza prima o
poi.”
“Non troppo presto, mi auguro”
mugugnò Donovan “Comunque, se anche dovesse sapere, non potrebbe fare nulla.”
“Sottovaluti il potere del più
grande mago di tutti i tempi?”
“Vedi, Piton” attaccò Doppio
Dolore con voce completamente asettica “Se anche egli fosse il più grande mago
di tutti i tempi, ciò non basterebbe. Perché Lord Voldemort è pur sempre un
umano mortale.”
“La sua Resurrezione è la prova
di un immenso potere” disse Piton con voce solerte “E’ scampato alla morte ed è
tornato, riacquistando tutti i suoi poteri. Ora, devi ammettere, che se anche è
stato sconfitto da un bambinetto in fasce, i suoi poteri non hanno limiti, sai
che è immortale.”
“So che ha fatto sì che la sua
anima restasse immortale. Ma la sua è una forzatura, qualcosa che va contro ciò
per cui la natura lo ha predisposto, quindi non è veramente immortale perché
prima o poi l’equilibrio ritorna e il destino si fa sentire” Donovan riprese
fiato, passo dopo passo ogni parola sembrava acquistare solennità “La nuova
recluta ha un occhio acuto. Esiste un segreto anche tra te e il Signore Oscuro,
vero?”
Piton incrociò gli occhi viola e
tremanti di Donovan “Ognuno ha i suoi segreti” sibilò a Doppio Dolore “Tu
proteggi gelosamente il tuo e io faccio altrettanto.”
“Allora non c’è ragione di
continuare questo discorso” convenne Donovan “La curiosità uccide il gatto.”
“Signore!” chiamò un Mangiamorte
poco distante, tornando affannato da un corridoio traverso con la bacchetta
stretta in pugno “Ci siamo sbarazzati di un’orda di Auror e Eclitti, ce n’erano
molti quindi pensiamo che la Presidenza si trovi in fondo a questo corridoio.”
Donovan accenno col capo
“Perfetto. Raggruppiamoci e tenetevi pronti per fare incursione in presidenza.
Ricordate, Scrimgeour deve essere catturato vivo, uccidete gli altri se
necessario.”
Il Mangiamorte annuì e fece
strada a Piton e a Doppio Dolore lungo un corridoio inseminato di cadaveri di
Eclitti e Auror riversi a terra con un’espressione agghiacciata sul viso,
chiaro segno dell’Avada Kedavra. Si fermarono di fronte ad un muro liscio e
spoglio, il limite di un vicolo ceco, o almeno così sembrava a prima vista.
Uno dei Mangiamorte fece scorrere
la punta della bacchetta sulla parete e questa si agitò debolmente.
“Qui dietro c’è qualcuno” disse
“Al massimo tre maghi, oppure due, di cui uno molto potente.”
“Non abbastanza per starci
dietro, comunque” sogghignò Donovan “Ottimo incantesimo di individuazione,
comunque” disse, rivolgendosi al Mangiamorte “Presumo si basi sulla percezione
di magia in bacchetta, giusto?”
“Infatti” confermò il Mangiamorte
“E’ un incantesimo inventato da poco, si chiama Incanto Secutus, si formula l’incantesimo e la bacchetta dovrebbe
reagire con un movimento alla presenza di altre bacchette e, più il potenziale
della bacchetta è elevato, più la propria bacchetta si agita.”
“Geniale” si compiacque Donovan
“La tua abilità non verrà trascurata ma, per ora, occupiamoci del caro
Scrimgeour. Da questo momento in poi non ci cureremo di girare per la scuola in
punta di piedi, la copertura può saltare: fate urlare le vostre vittime quanto
vi pare e piace.”
Molti Mangiamorte sogghignarono
mentre Donovan scagliava contro la parete una potente fattura.
*
Nell’Ufficio del Preside e
Ministro Scrimgeour, John Marshal stava comodamente disteso sul divano di pelle
sul fondo della presidenza. Rufus Scrimegour redigeva lettere intestate ai
genitori degli studenti, rassicurandoli per l’incolumità dei propri figli.
“E’ proprio necessario, Preside?”
gli chiese Marshal dopo un ampio sbadiglio.
“Assolutamente” ribatté
Scrimgeour “Ora che la notizia dell’attacco al Ministero è stata resa di
dominio pubblico ho bisogno di ricevere appoggio e sostegno almeno dai genitori
dei nostri studenti; ora Hogwarts è la nostra nuova sede di potere, e non cadrà
tanto facilmente come il Ministero, è una roccaforte che resisterà in eterno.
Nessun mago oscuro vi entrerà, mai”
Il sergente Eclitto si allungò
sul divano con un sogghigno “Mai dire mai, si possono avere delle brutte
sorprese.”
“Piuttosto, sergente Marshal” intervenne
il Ministro con voce tagliente “mi auguro che i suoi uomini e gli Auror si
stiano impegnando con il dovuto riguardo alla protezione della scuola.”
Marshal sbadigliò ancora “Chi può
dirlo, non sono onnisciente e in più non chiudo occhio da due giorni, non ho la
lucidità per valutare la situazione attuale.”
“Le pare una risposta
rassicurante?” tuonò Scrimgeour, interrompendo il suo lavoro.
“No, è solo la verità. A
rassicurare il prossimo con scuse e giustificazioni c’è già lei, Ministro.”
“Le consiglio di trattenere la
lingua, sergente” ringhiò Scrimgeour “Non è una saggia idea mettere alla prova
la mia pazienza. Mi dispiace per la sua situazione, ma non è esonerato dalle
punizioni solo perché oggi è l’anniversario della morte di sua moglie e di suo
figlio.”
Marshal si alzò dal divano di
botto “Grazie mille davvero” disse con un sorriso nervoso “Ma credo che questo
divano non sia il giaciglio più adatto per fare un riposino.”
Scrimgeour lo fissò con i suoi
occhi saldi e determinati “Le perdite fanno parte della vita di un uomo e
talvolta sono così dolorose da causare un trauma, ma non è il caso di
trascinarsele appresso con ostinazione. Prima o poi si dimenticano, prima
possibile è meglio. Quindi la smetta di tormentarsi e li dimentichi; ricordi
del genere sono soltanto dolorosi.”
Marshal lo fissò con un ghigno
isterico “La ringrazio Ministro, non sapevo fornisse anche dei consulti
psicologici. Ora che mi ha parlato mi sento decisamente meglio. D’altronde è
facile eliminare dei simili ricordi: è una notte di luna piena, la Vigilia di
Natale, ma tu hai fatto tardi per lavoro, perché sei ambizioso, così cerchi di
farti perdonare e corri a casa più veloce che puoi, tu rientri in casa, la
porta aperta a graffiate, una scia di sangue puzzolente e di orme ti conduce
alla tua camera matrimoniale, tu segui le orme, trovi tua moglie a letto come
sempre, solo che è ricoperta di sangue, allora tu pensi solo a tuo figlio, vai
da lui ma la culla è vuota, allora lo cerchi dappertutto ma non lo trovi,
allora ritorni da tua moglie e la guardi meglio… finalmente hai trovato tuo
figlio, non te ne eri accorto prima perché c’era troppo sangue ma è sdraiato
sul petto di tua moglie, è così piccolo e non l’hai notato subito, ma ora lo
puoi vedere su sua madre, anche lui coperto di sangue, del sangue suo e di sua
madre… poi senti un rumore…”
Smash!!!
Scrimgeour lievitò dalla sedia e
portò una mano alla bacchetta: la parete attraverso cui si accedeva alla
Presidenza aveva appena vibrato. Passò qualche attimo e il rumore si ripeté, ma
questa volta l’ingresso per l’ufficio si agitò fortemente, quasi pronto a
crollare.
“Marshal, si muova!!” sbraitò
Scrimgeour sventolando furiosamente la bacchetta “Questo è un attacco!”
Marshal si portò una mano al
petto, riaccasciandosi sul divano; era sicuro, il suo cuore aveva appena
saltato un battito, per un breve istante si era fermato, esattamente come era
accaduto un anno fa, a casa sua, di fronte a sua moglie e suo figlio, morti. Il
ricordo rievocato dal proprio racconto e le interminabili ore trascorse a
capofitto nel lavoro per evitare di pensarci gli offuscavano la ragione: che
cosa gli importava se lo stavano attaccando?
“Marshal!” insistette il Ministro
a squarciagola.
“Adesso basta” mugugnò Marshal
accovacciandosi sul divano, il viso affondato nella fredda pelle nera “Sono
stufo, ho voglia di dormire.”
“Maledetto uomo!” gridò
Scrimgeour da dietro la scrivania “Non importa, sono l’ex-generale degli Auror,
non ho bisogno di codardi al mio seguito.”
Marshal restò completamente
immobile, le palpebre cominciavano a scendere sui suoi occhi stanchi e
sconvolti.
Scrimgeour volse il capo verso
l’entrata facendo roteare in aria i suoi capelli come una criniera fulva e a
tratti grigia, gli occhi gialli e acuti fiammeggiavano oltre gli occhiali, la
bacchetta saldamente levata e puntata con durezza verso la porta che minacciava
di essere abbattuta.
Chi diamine sarà? Qualche studentello in vena di rivolta, e i miei
Eclitti e Auror? Possibile che siano riusciti a penetrare la difesa. Ma non
possono essere i Mangiamorte, Hogwarts è inespugnabile. La mascella rugosa
di Scrimgeour si serrò. Ma certo! Gli
ex-Serpeverde intendono speculare le imprese del loro compagno Mangiamorte, il
giovane Malfoy. Ma troveranno ad attenderliun Preside molto più agguerrito di Albus Silente!
Con un’ultima e potente scossa la
porta crollò a terra.
Due figure nere si fiondarono
nell’ufficio, bacchette alla mano. I riflessi, seppure vecchi di Scrimgeour
erano pronti a prevedere un qualunque attacco, ma non quello che osservarono i
suoi occhi sconcertati: i Mangiamorte nella sua scuola?!
Quel breve istante di stupore gli
fu fatale. Darcy Donovan lanciò un potente Expelliarmus
che lo disarmò e lo mandò a cozzare contro la scrivania. Le zampe del tavolo
strisciarono contro il pavimento di pietra: un forte rumore acuto venne
accompagnato dal grido soffocato del Ministro che ricadde a terra come un leone
sconfitto.
Dietro alla scrivania, ben celato
da un paravento in parte spiegato, John Marshal riposava placidamente in un
sonno così profondo da estraniarlo dagli incubi e dalle grida di trionfo dei
Mangiamorte.
Doppio Dolore si avvicinò al
Ministro accasciato a terra e gli tirò un potente colpo al costato, facendolo
ruggire di dolore “Visto, Piton” sogghignò il Mangiamorte “Non c’è stato
bisogno del tuo prezioso aiuto, ora Scrimgeour è un leone senza zanne; non è
mai stato un mago degno di nota.”
Il Ministro serrò la bocca e
tentò di scagliarsi con impeto contro il sogghignante Donovan, ma venne
ricacciato contro il pavimento da un Petrificus
Totalus lanciato dallo stesso Piton.
“Mai dire mai, Donovan” sibilò
Piton mentre riabassava la bacchetta.
Doppio Dolore piegò la bocca in
un sorriso forzato “Molto gentile, comunque.”
Con il piede rovesciò il corpo
rigido del Ministro e ordinò ai compagni di sollevarlo.
Rufus Scrimgeour era
completamente paralizzato, poteva solo far guizzare i suoi occhi gialli per
quanto glielo permetteva il suo collo immobile. Aveva perso gli occhiali nello
scontro con il Mangiamorte, quindi poté solo sbirciare alcuna figure nere che
ne depositavano una terza ammantata di rosa intenso sul pavimento dell’ufficio.
Poi volse la sua attenzione sul
marchio sfocato che intravedeva sotto la manica piegata di una delle tuniche
nere: Dopo la morte di Silente avevo
giurato che mai più, mai più a Hogwarts ci sarebbe stato il Marchio Oscuro.
Mai…
*^*^*^*^*^
Missione Salvataggio,
9.40 P.M.
[Sopravvivere alle parole
(quelle che fanno male)]
Alle reclute Mangiamorte era stato affidato il compito di fare totale piazza
pulita di Auror ed Eclitti; mascherati e ammantati di nero avanzavano bramosi
di mietere nuove vittime con la più letale delle Maledizioni Senza Perdono: il
loro obiettivo non era molto promettente, si trattava di una semplice missione
di salvataggio, quindi ogni qual volta avevano la possibilità di freddare
qualcuno, erano ben contenti di cogliere alle spalle qualche Auror e sistemarlo
a dovere con un Avada Kedavra.
I due Mangiamorte incaricati di
quell’operazione se ne stavano a distanza dal gruppo di reclute frementi dal
desiderio di uccidere, camminavano semplicemente, seguendo la scia di cadaveri
che i loro compagni si lasciavano alle spalle.
Uno dei due aveva appena ottenuto
un’opportunità incoraggiante per brillare di prestigio agli occhi del Signore
Oscuro, eppure non era per nulla soddisfatto. Aveva persino ricattato con
successo uno dei Mangiamorte più subdoli della congrega, ottenendo con un
compromesso il rispetto che non gli era mai stato riconosciuto dall’arrivo al
Covo Oscuro, eppure non era appagato. O che si trattasse della mancata
attenzione da parte del padre, o del rimorso pungente che insisteva,
fastidioso, a tormentarlo, non si trovava per nulla a suo agio in quel luogo,
in quella situazione.
Draco lanciò qualche occhiata
fugace nei dintorni: si trovavano al terzo piano, quindi non troppo distante
dalla nuova collocazione dei Dormitori. Quella situazione era pressoché
irreale; dopo il tentato omicidio di Silente, non avrebbe mai creduto di dover
ritornare a scuola, eppure, eccolo lì, che camminava al seguito di una banda di
Mangiamorte che uccidevano con una facilità impressionante. Tutti nel Covo
Oscuro sembravano abituati, quasi divertiti dalla morte; non c’era nulla di più
facile dell’uccidere una persona, dicevano, era una predisposizione naturale
per un Mangiamorte che voleva esigere rispetto. Persino la ragazza che
camminava al fianco di Draco, in apparenza così mite, aveva sulla coscienza un
considerevole numero di vittime, sempre che ce l’avesse una coscienza.
Sembrava che tutti ci riuscissero
tranne lui. Sulla torre di Howgarts, sei mesi prima, si era auto convinto di
potercela fare; di base l’omicidio richiedeva gli stessi presupposti
dell’Occlumanzia: selezionare un particolare settore della mente e nasconderlo.
Severus Piton aveva riconosciuto a Draco un grande talento per l’Occlumanzia
perché, in fondo, il ragazzo era sempre stato abituato a mettere a tacere pietà,
compassione, rispetto reciproco, almeno nei confronti di Mezzosangue e Babbani.
Ma per uccidere Silente, un vecchio indifeso che fino ad un attimo prima gli
aveva concesso il perdono e offerto aiuto, per fare quello non bastava
nascondere per un istante pietà e compassione, doveva cancellarle
definitivamente, altrimenti come avrebbe potuto assassinare Silente senza
tremare di esitazione e di paura, paura per quello che avrebbe fatto: uccidere
una persona? Se almeno avesse avuto un valido motivo per farlo… ma anche la
minaccia di Lord Voldemort non gli aveva impedito di esitare e tremare come un
codardo. Perché solo i codardi non sono capace di uccidere; così gli avevano
ripetuto fino alla nausea nel Covo Oscuro.
E adesso, cosa stava facendo?
Come era arrivato fino a quel punto? Quando fino ad un anno prima camminava
tronfio per i corridoi di quella che chiamava scuola… i Serpeverde si sarebbero
salvati, ma tutti gli altri? Macerati e digeriti dallo stomaco di Greyback, gli
ultimi istanti di vita passati nel terrore più assoluto, in mezzo ad una
carneficina e ad un coro di grida e strilli disperati. Draco sapeva che avrebbe
fatto di tutto per non sentire e non vedere perché qualsiasi immagine o suono
di quel massacro che doveva venire lo avrebbero tormentato fino alla morte.
Maledetta coscienza… non possono essere come gli altri Mangiamorte… forse
ha ragione mio padre, tutto quello che posso fare è fingere goffamente di
esserlo.
“Quella grassa donna” attaccò la
Mangiamorte al suo fianco, come a voler interrompere le sue angosce “quella che
hai interrogato e che Doppio Dolore ha ucciso ci ha rivelato molte cose sulla
nuova amministrazione della scuola, pare che l’istituto della quattro Case sia
stato messo al bando; gli ex-Serpeverde dovrebbero essere sparpaglianti un po’
dappertutto. Questo rende il salvataggio più complicato del previsto, ma non
c’è problema grazie a queste” Samantha levò la mano sinistra per mostrare
qualcosa a Draco; nel palmo della ragazza brillava debolmente una moneta
piuttosto piccola che aveva tutta l’aria di un Galeone “L’attacco a Hogwarts è
stato pianificato già da tempo. Prima del rientro a scuola ad ognuno dei tuoi
compagni che hanno parentele o legami con i Mangiamorte è stata affidata una
particolare moneta stregata. Con questa si possono avvisare facilmente in caso
di attacco. Una volta raggruppati li condurremo verso i passaggi segreti del
castello e quindi via verso la salvezza prima che Greyback trasformi questo
posto in una macelleria.”
Poco distante da lei, Draco
continuava ad avanzare imperturbabile.
Samantha lo fissò da dietro un
poco amareggiata “In ogni caso il tuo aiuto è fondamentale, Draco. Qui sei
l’unico in grado di riconoscere gli autentici ex-Serpeverde, che non ci capiti
di salvare qualche Mezzosangue.”
“Lascia perdere” ribatté Draco
con una voce leggermente strascicata “Ogni volta che tenti di consolarmi
ottieni sempre l’effetto opposto.”
“Sei un vero ingrato” disse
Samantha in tono asciutto.
Draco soffiò dall’angolo della
bocca e riprese sul volto un’aria imbronciata.
“Ma non riesci a fare altro, solo
sbuffare e lamentarti?” continuò Samantha, pungente “Possibile che tu sia
demoralizzato anche dopo aver messo a tacere Doppio Dolore, neanche un briciolo
di soddisfazione?”
Sembrò che Draco fosse scosso da
un brivido, quindi si voltò e ringhiò contro Samantha “Stiamo per condannare al
massacro i miei ex-compagni, scusa se non sfioro il cielo con un dito!”
“Silenzio!” inveì una delle
reclute Mangiamorte “così ci farete scoprire.”
Il volto di Draco tornò freddo e
arcigno “Non è che me ne importi molto dei Grifondoro, o dei Tassorosso o dei
Corvonero, è l’idea stessa che non mi quadra.”
“Sei una lagna, un autentico
pesce fuor d’acqua” mugugnò Samantha “Comunque ti capisco, mica male riuscire a
sorridere nella tua situazione. Sai, con tuo padre…”
Draco la interruppe con uno
sbuffo improvviso e un’occhiata raggelante. Riprese ad avanzare, ma sembrava
che le reclute si fossero fermate, intente ad ascoltare una voce.
“… quindi il Veleno di
Acramantula è già stato recuperato. Riferitelo a Draco Malfoy.”
A Draco si gelò il sangue nelle
vene: la voce di suo padre; era inequivocabile la particolare cadenza, quasi
dispregiativa, che dava al suo nome.
Il ragazzo si bloccò di colpo,
indietreggiando un poco: l’ultima cosa che voleva in quel momento era ricevere
un commento sardonico da suo padre. Samantha gli arrivò alle spalle,
spintonandolo leggermente.
“Stai attento. Non fermarti così
all’improvviso, ma… che cosa c’è?”
Samantha sbirciò oltre la spalla
del compagno e riconobbe la figura autoritaria di Lucius Malfoy che dava ordini
alle reclute in tono imperioso. La Mangiamorte trasse un lungo sospiro e poggiò
le mani sulle spalle di Draco, che reagì al contatto come ad una leggere
scossa.
“Credo ci sia qualcosa che dovresti
sapere riguardo a tuo padre” cominciò con tono calmo e asettico.
Draco allontanò con uno schiaffo
le mani di Samantha e si voltò verso di lei: vide pietà e compassione negli
occhi di una Mangiamorte. Se persino lei che uccideva senza esitazione era arrivata
a compatirlo, allora doveva avere proprio toccato il fondo.
“Non mi interessa” confessò
freddamente, mentre marciava deciso verso il padre. Non poteva tollerare una
simile situazione, essere compatito e persino soffrire a causa del suo rifiuto:
era tutta colpa di suo padre. Era stato Lucius a trascinare il nome dei Malfoy
nelle schiere dei Mangiamorte ma era stato su Draco che il Signore Oscuro aveva
scaricato tutto ciò che di negativo comportava entrare nella sua cerchia di
servitori: minacce di morte, torture a non finire, vessazioni dai compagni,
disprezzo… Draco non riusciva più a sopportare quella situazione e suo padre
doveva saperlo.
Lucius si voltò verso il figlio
con un’espressione agghiacciante, le mani guantate di nero stringevano con possessività
la fiala di veleno “Continua pure la tua patetica missione e va a salvare degli
studentelli. I tuoi servigi non sono più richiesti, il veleno di Acramantula
l’ho recuperato io.”
Draco ricambiò con uno sguardo
ostile “Non è grave, Lucius. Avrò
altre occasioni per farmi valere agli occhi del Signore Oscuro.”
Lucius rimase sorpreso dalla
reazione del ragazzo, forse perché si era abituato alla sua totale devozione e
pazienza che lo avevano reso così ridicolo e manipolabile ai suoi occhi.
Draco si limitò a rivolgergli un
ghigno beffardo che di solito riservava a chi non tollerava in particolar modo,
e superò il padre con passo deciso e testa alta.
*
L’ennesimo
Schiantesimo partì dalla bacchetta di Samantha: un altro Auror cadde a terra,
immobile. La ragazza ansimava, spossata dalla corsa a perdifiato per il
castello; gli occhi si muovevano rapidamente per monitorare la zona.
I Lupi Mannari sarebbero presto entrati nella scuola. La velocità
dell’operazione di salvataggio era essenziale per prevenire un eventuale
incontro con quei mostri. Tuttavia gli Auror rappresentavano un crescente
pericolo, ingombrando il loro cammino e rallentando la loro avanzata. Comunque,
il gruppo di Mangiamorte reclute affiancato a Samantha e Draco provvedeva
piuttosto efficientemente alla liberazione di intralci.
Samantha guardò Draco, che camminava impettito pochi passi davanti a lei
“Quanto manca ai dormitori?” gli chiese.
Lui alzò il mento indicando un corridoio, “Dietro quell’angolo, se le
informazioni della Umbridge sono corrette” rispose incolore.
Samantha sospirò internamente. Sentiva la tensione della battaglia
attanagliarle il corpo, i muscoli tesi e la mente quasi febbricitante, pronta
ad ogni evenienza.
Girato l’angolo si trovò di fronte ad un bivio: due enormi rampe portavano ai
dormitori comuni, un amalgamo di letti stretti e privi di una qualunque
privacy. Ben pochi ragazzi si trovavano al loro interno, probabilmente perché
avevano preferito trascorrere le vacanze natalizie a casa. Del resto, di quei tempi,
si rischiava di perdere l’intera famiglia in un giorno solo. Ma questo
semplificava la ricerca degli ex-Serpeverde.
Alzò un sopracciglio “Draco… il dormitorio femminile…?”
Lui le indicò un corridoio “Per di là. Ci saranno guardie.”
Samantha annuì “Ok, occupati dei tuoi amici, io prendo le ragazze. Ci troviamo
qui.”
“Non c’è bisogno che tu lo dica” sibilò Draco.
Samantha ignorò il commento freddo vagamente temprata a quel genere di
indifferenza. Al culmine della rampa di sinistra c’era il dormitorio femminile,
distinguibile per le sue tonalità tendenti al rosa.
Alcune ragazze erano già sveglie e la guardavano allarmate, gli occhi spalancati
dal terrore: la maschera che portava al
viso. La tenuta da Mangiamorte aveva un sorprendente potere che ispirava paura
ed una subitanea collaborazione.
Samantha sogghignò; il tutto rendeva la missione di salvataggio estremamente
semplice, fatta eccezione per intralci di origine animale. La Mangiamorte sperò
vivamente di non dover mai essere costretta ad incrociare lo sguardo famelico
di un lupo mannaro.
“Ditemi” tuonò minacciosa al gruppetto di ragazzine “Dove posso trovare Pansy
Parkinson, Millicent Bullstrode, Daphne Greengrass e Tracey Davies?” Levò la
bacchetta su di loro e l’atmosfera si caricò di panico.
Una delle ragazzine, tremante come le altre, le indicò un punto vago verso la
sua sinistra. Samantha alzò un sopraciglio, irritata, e sbottò: “Voi cinque,
portatemi da loro, adesso. Oppure vi
ammazzo.”
La minaccia funzionò alla perfezione perché le ragazzine, dopo un piccolo
squittio, si affrettarono a portarla in una fila di letti poco lontana e ad
indicarle quattro ragazze. Una bruna dallo sguardo svogliato era intenta a
fumarsi una sigaretta, le lunghe gambe bianche lasciate libere dal pigiama
corto.
La giovane alzò i suoi occhi chiari e la squadrò prima di allargare gli occhi.
“Il Signore Oscuro…?”
Samantha non aveva di certo il tempo per rispondere.
“Tu sei Millicent?” domandò veloce.
Quella storse il naso. “Non sono sovrappeso. Io sono Daphne, Daphne Greengrass.”
“Mi interessa poco chi sei” la interruppe rude Samantha “Muoviti a svegliare
Pansy Parkinson, Millicent Bullstrode e Tracey Davies… vi portiamo via.”
La Greengrass si mosse subito verso i letti vicini e svegliò con parole
taglienti le compagne profondamente addormentate mentre Samantha lodava
internamente il senso pratico della ragazza più giovane. Quando tutte si furono
svegliate, la Mangiamorte disse: “Il Signore Oscuro vi vuole vive, per questo
ci ha mandato a salvarvi. Ora Hogwarts è sotto assedio, ci sono Auror e Lupi
Mannari; quindi, se volete sopravvivere, dovete seguirmi e fare tutto ciò che
vi sarà ordinato. Tutto chiaro?” Le quattro annuirono, lo smarrimento del primo
risveglio già scomparso e rimpiazzato da pura adrenalina: ora si parlava di
rischiare le proprie vite.
“Ora seguitemi!” ordinò Samantha. Il gruppo la seguì correndo giù per l’ampia
scalinata, lasciandosi alle spalle le grida sconvolte delle altre ragazze: ben
presto avrebbero avuto motivi ben più validi per urlare.
Draco l’aspettava al limite della scalinata, il suo gruppetto composto da una
decina di sedicenni in pigiama era pronto a partire.
Di certo l’agitazione non era predominante tra i ragazzi: molti non cessavano
di sbadigliare e alcuni dondolavano in piedi per il sonno bruscamente
interrotto. Sicuramente Draco era stato più cauto e silenzioso di lei, pensò
amaramente la Mangiamorte.
I loro sguardi si incrociarono. Samantha era certa di stare per ricevere un
commento tagliente sul suo evidente ritardo. La Mangiamorte sbuffò, pronta ad
un noioso rimprovero, tuttavia Draco non l’apostrofò, intento com’era a
mitigare l’euforia di una brunetta aggrappata al suo collo. Samantha fece tanto
d’occhi: una ragazza dai lunghi capelli lisci si era lanciata al collo di Draco
con uno scatto fulmineo e ora lo stringeva forte, sussurrando qualcosa che
Samantha non comprese (e non voleva comprendere).
In principio Draco parve un poco spiazzato, ma poi si limitò a fissare la
ragazza con occhi di ghiaccio. “Pansy…”
La ragazza sorrise, gli occhi leggermente umidi, e si avvinghiò al suo braccio,
stringendolo con forza. “Sei venuto anche
tu…” sussurrò dolce.
Ovviamente un amore immaturo e illusorio. Rifletté Samantha con un ghigno:
Draco non faceva nulla per respingerla ma il suo volto sembrava più freddo di
prima. Tuttavia anche quel contatto forzato fece scattare qualcosa all’interno
della Mangiamorte.
Samantha provò un’immediata antipatia per la ragazzina e un certo rancore per
Draco.
“Dobbiamo muoverci” pronunciò fredda, incrociando le braccia al petto.
Draco annuì, la ragazza ancora attaccata al braccio. Samantha alzò un
sopracciglio.
“Ehi mocciosa, staccati da Malfoy. Non voglio che lo intralci” ordinò con voce
sibilante, più cattiva di quanto volesse.
La Parkinson ebbe giusto il tempo di aprire la bocca, che Samantha le gridò
contro, chiaramente intenzionata a terrorizzarla tanto quanto le riusciva:
“Vuoi un Cruciatus?”
Pansy rimase muta e immusonita, limitandosi ad accennare con il capo.
Samantha assunse una posa impettita e soddisfatta, ma quando si voltò per
abbandonare la zona dei dormitori, incrociò lo sguardo obliquo e nero pece di
un ragazzo sogghignante e dalla pelle scura.
“E tu cos’hai da ridere?” gli chiese Samantha, tagliente.
Il ragazzo le sorrise malizioso, il che aveva qualcosa di famigliare “Niente.”
“Smettila di fare la vipera, Drake”
La Mangiamorte si voltò verso Draco, decisamente scocciata. Per fare il grande
uomo di mondo di fronte ai suoi compagni aveva ritenuto più virile chiamarla
per cognome con una fredda voce austera… quanta infantilità aleggiava su quel
ragazzino.
Sbuffò in risposta, cercando di mascherare un sogghigno“Muoviamoci” si limitò a dire, lanciando
un’occhiata dietro di sé e contando velocemente i ragazzi. Quattordici più lei
e Draco.
“Li ho già contati” la informò Draco con sufficienza “Ci sono tutti.”
“Bene, allora si parte” confermò Samantha, mentre gli ex-Serpeverde
parlottavano tra di loro in maniera alquanto fastidiosa. “Guido io il gruppo.”
Draco la fissò incolore, cosa che riusciva ad infastidirla sempre meno. Ormai
era diventata una consuetudine tra di loro per motivi che solo a Draco erano
chiari.
“Allora suppongo che dovrò chiudere il gruppo” le comunicò il Mangiamorte.
Samantha
annuì e fece un cenno con la mano “Seguitemi” e prese a correre per i corridoi,
bacchetta sguainata, e stomaco chiuso per timore di udire un ululato lontano;
tuttavia c’era qualcos’altro che ingombrava le sue preoccupazioni: la
Parkinson, proprio prima che lei si mettesse alla guida del gruppetto, si era
avvinghiata al braccio sinistro di Draco. Ancora.
Se gli piace così tanto farsi coccolare da una cozza, non mi deve riguardare. Samantha
sbatté le palpebre per focalizzare le immagini, divenute appannate per un
attimo, e scacciò dalla testa quel pensiero, o almeno ci provò.
Vigilanza, sempre. Rischi di venire uccisa o, peggio ancora, morsa, Samantha.
Non è un gioco. La tua vita non è un fottutissimo gioco e neanche quella dei
ragazzini che devi proteggere!
Un rumore di passi l’avvisò della presenza di uno squadrone di Auror.
Prontamente alzò la bacchetta e avvisò: “Preparatevi a lanciare Schiantesimi!”
e cominciò a buttare all’indietro per il corridoio un gruppetto di quattro
Auror che le si parò davanti. Gli Auror non poterono far nulla, presi alla
sprovvista e colpiti da più Schiantesimi che rapidi avevano centrato il
bersaglio. Il gruppo delle reclute di Mangiamorte era tornato al loro fianco.
Più agguerriti che mai fecero strada e piazza pulita di intralci.
Non vi furono altri intoppi a parte un paio di Auror di cui Samantha si occupò
velocemente. Il piano era filato liscio, persino meglio delle aspettative.
La Mangiamorte si illuminò non appena scorse il passaggio che Draco le aveva descritto,
la statua della vecchia strega curva che portava a Hogsmeade. Udì un ululato
non molto lontano e il respiro le si mozzò in gola.
Non dovrebbero essere già qui!
Il volto di Samantha sotto la maschera era una smorfia di ansia e
preoccupazione, mentre distruggeva con un incantesimo la statua aprendo il
varco per l’uscita dalla scuola.
“Muovetevi ad entrare!” gridò cominciando a spingere un ragazzo per il
passaggio stretto “Non vorrete essere mangiati dai Licantropi!”
A quelle parole i ragazzi sbiancarono e cominciarono a scendere di gran
carriera lungo i gradini tortuosi ingombri dei frammenti della statua. Anche la
Parkinson si staccò (finalmente) dal
braccio di Draco e raggiunse il valico, non senza lanciare un’ultima occhiata
ansiosa verso il Mangiamorte sotto gli occhi fiammeggianti di Samantha.
“Và, ora arriva anche lui” sbottò frettolosa Samantha e la ragazza la fissò un
attimo, sorridendo appena e rispondendo: “Come desidera” con un tono sfacciato.
Samantha dovette mordersi un labbro per impedirsi di freddarla all’istante con
un Avada Kedavra. Mai nessuno le era risultato così spiacevole: evidentemente
perché le mancava di rispetto, non centrava niente la sua evidente confidenza
con Draco.
Ovviamente non ha nulla a che fare con Malfoy.
Ogni pensiero si congelò non appena vide un giovane e massiccio ragazzo,
probabilmente dell’età di Draco che stava spintonando Malfoy gridando frasi
sconnesse e rotte.
“Goyle, calmati!”la voce di Draco era
imperiosa e marcata, come sempre nei confronti della sua ‘ex-guardia del
corpo’. Ma lui ora non lo ascoltava più; era fuori controllo.
Gregory Goyle era furioso. Agitava le mani, spingeva Draco, gridava parole
senza apparente significato: tutto quello che contava era sfogarsi e scaricare
la colpa contro qualcuno.
Perché la guerra gli aveva portato via il padre, ed era colpa del Signore
Oscuro. Perché in fondo non gli era rimasto niente, forse non aveva mai avuto niente, e la guerra aveva messo a nudo
questa verità opprimente, troppo dura da accettare per il diciassettenne.
Avrebbe voluto picchiare i grossi pugni sul muro (come aveva fatto già altre
volte), provare il dolore dell’impatto contro la pietra per soffocare ogni
dubbio, per non stare così male, per sentirsi forte come un tempo… ma mai
veramente padrone della situazione.
Sua madre collassava, e lui lo sapeva questo. Tiger era solo un compagno di
mangiate. Gli altri ex-Serpeverde una massa di persone che lui non conosceva. E
Draco era un ricordo lontano; Malfoy: il cognome che odiava, perché il
Mangiamorte che lo portava aveva riavuto indietro suo padre, perché aveva
sempre avuto tutto.
“Hai ucciso mio padre! Perché lui non può tornare come il tuo, eh? Perché?”
Un
altro ululato – tremendamente vicino –
tuonò tra le mura del castello. Draco cercò di ignorare le mani e gli urli di
Goyle e di farlo ragionare.
“Goyle, dobbiamo muoverci o ci sbraneranno…”
“Smettila di darmi ordini, Malfoy!”
“Cosa ti ho fatto?!”
“DRACO!” Il Mangiamorte sentì il richiamo di Samantha, la voce della ragazza
stridula e acuta, soppiantata da un ululato troppo
vicino. Non c’era tempo da perdere.
Goyle levò il tono della voce, stringendo convulsamente il braccio di Draco, al
limite della disperazione “Mi hai rovinato la vita!”
Draco sbarrò gli occhi “Ma io-”
“Altro che compagno! Noi non eravamo neanche amici, tu mi hai solo usato! E
anche il Signore Oscuro ha usato mio padre, non siete simili, eh? Non siete due
sanguisughe?” Goyle serrò i denti, e la mano.
Un violento pugno colpì la mascella di Draco.
A terra, il giovane Mangiamorte era impietrito, troppo scioccato per parlare.
[non siete simili, eh?]
Uno strano senso di nausea lo invase e non si accorse neanche dell’ombra di
Goyle che lo sovrastava né di Samantha che puntava la bacchetta e urlava
“Avada…”.
Il preludio dell’Anatema della Morte gli giunse addosso come un atroce
presagio; il seguito di quella misera parola… sapeva cosa sarebbe accaduto. Si
mise le mani sulle orecchie in un gesto quasi infantile, innocente; ma gli
occhi non potevano ingannare: il pesante corpo di Goyle cadde senza vita ai
suoi piedi, le pareti del castello ancora dipinte leggermente di verde.
Draco spalancò gli occhi, l’incredulità e l’insensatezza di quel momento lo
stavano facendo tremare. Samantha non gli diede modo di riprendersi e,
afferratogli un polso, lo trascinò nel passaggio sotterraneo. Con un rapido
colpo di bacchetta, la Mangiamorte chiuse il passaggio dietro di sé mentre il
lupo sguainava le sue fauci pronto a balzare.
Il lupo ringhiò per un attimo, probabilmente deluso dalla mancata preda; quindi
si avvertirono le sue unghie strisciare sulla pietra e tornare indietro. Dopo,
solo il rumore di una mascella che masticava carne.
Samantha cercò di regolarizzare il respiro, corto
dannatamente corto, e trascinò Draco per i gradini, in una marcia decisa
che era al limite della fuga.
Niente di così spaventoso le era mai capito in via sua: il rischio effettivo di
morire o, peggio, di essere contagiata.
Quando fu sicura di essere salva si voltò infuriata.
“Che ti è saltato in mente, idiota?!”
Draco alzò un sopracciglio, irritato; ma l’irritazione sembrava celare qualcosa
di più profondo e doloroso.
“Idiota?”
“E come lo definiresti tu uno che per poco si è fatto divorare da un
Licantropo?!” ribatté aspra Samantha appoggiando le mani sui fianchi e
protendendosi verso di lui impercettibilmente. “Ah, forse un suicida?!”
“Mancava Goyle.” Rispose Draco freddamente. La freddezza era l’ideale maschera
che gli occorreva in quel momento, forse di velato lutto.
“Non importa, se non voleva essere salvato erano affari suoi! Abbiamo rischiato
di morire, noi. A quest’ora potevamo
essere morti.”
Draco non replicò; la freddezza imperversava sul suo viso.
Samantha rimase in silenzio, mentre due lacrime, che non erano state trattenute
dalle sue palpebre serrate, si fecero strada sulle guance. La Mangiamorte le
scaccio subito.
“Andiamo.”
Non ottenne risposta. D’ora in avanti sarebbe valso solo il silenzio tra loro
due.
*^*^*^*^*^
Atrio
di Hogwarts, 9.45 P.M.
[Apriamo
le Porte alle Bestie]
Un nutrito gruppo di Mangiamorte
tra i quali figuravano Rabastan Lestrange, Terence Nott, Antonin Dolohov ed
altri di fama non molto raccomandabile si raggrupparono lungo i battenti del
portone principale della scuola dopo aver compiuto una sistematica eliminazione
di Auror e Eclitti.
“E’ quasi ora” attaccò Dolohov
con la sua voce aspra, fissando l’orologio magicamente sincronizzato con quelli
dei compagni Mangiamorte.
Nott senior si accostò la moneta
stregata all’orecchio, stringendo gli occhi pallidi “…Capisco, allora si può
procedere” rivolse il suo viso infossato e vecchio ai restanti Mangiamorte “I
nostri ragazzi sono stati messi in salvo. Possiamo aprire le porte a Greyback.”
“Anche mio fratello, la pazza e
la recluta hanno portato a termine la missione di recupero” intervenne una voce
dalla distinta tonalità folle “Ora dovrebbero stare attraversando il passaggio
segreto che conduce a Hogsmeade.”
Rabastan Lestrange dondolava il
corpo appoggiato malamente sull’enorme portone di legno. Fece saettare i suoi
occhi neri e dilatati sui compagni e scoppiò in una risata dal senso vago che
si smorzò in un singhiozzò fremente “Non vedo l’ora di vedere questa scuola in
fiamme… chi mi aiuta ad aprire? Non vorrete lasciare tutto il gusto a me,
vero?”
Ficcò la punta della bacchetta in
una delle serrature base del portone e scoppiò in una serie di maledizioni e
imprecazioni che scossero tutta la parete.
Alcune reclute si scambiarono
sguardi eloquenti, chiaramente a disagio con la pazzia post-Azkaban che invece
era diventata comune e quotidiana per i Mangiamorte più anziani.
La cerchia di figure nere si
strinse attorno a Rabastan e cominciò un coro violento di anatemi che
saettarono lungo i battenti del portone e contro le serrature.
Il portone scricchiolò con rumori
striduli e sofferenti finché un profondo boato seguì l’abbattimento totale
dell’unica barriera che avrebbe impedito a Greyback di compiere il suo
massacro.
*
La
Foresta Proibita, 9.45 P.M.
[Il
Ritrovo delle Bestie]
Una conca di rocce aspre formava uno strapiombo,
interrompendo la pianura alberata di una delle zone più oscure della Foresta
Proibita. Nel punto più infossato della gola rocciosa, Fenrir Greyback, nella
sua forma più bestiale, latrava e lanciava incomprensibili e acuti ululati come
se fosse un generale imperioso rivolto ai suoi subalterni. I soldati di
quell’esercito erano dei quadrupedi pelosi, col pelo arruffato sulla nuca,
occhi insanguinati e fauci bramose di carne da macerare e dalle quali colava
della bava puzzolente.
“E’ l’ora di andare a fare ciò
per cui siamo nati. Perché noi siamo nati sotto la luna piena e uccideremo
sotto la luna piena.”
Un sonoro coro di ululati
accompagnava quello più profondo e sonoro di Greyback, il lupo più imponente e
minaccioso.
“Questa è la nostra vera natura e, oggi, grazie al
Signore Oscuro, mostreremo a quelli normali quanto valiamo. E vedendo il nostro
valore non potranno fare altro che seguirci e unirsi al nostro branco, perché
altrimenti uccideremo anche loro.”
Un’isterica agitazione invase la
prima fila di lupi, che presero a sbavare più in fretta.
“Il Signore Oscuro vincerà sicuramente e l’epoca che il
suo dominio porterà è l’epoca degli oscuri, cioè la Nostra Epoca! Tra qualche
anno noi lupi mannari saremo gli esseri più temuti e rispettati; come servitori
del Signore Oscuro dovremo stare ai suoi ordini e ringraziarlo dell’enorme
opportunità che ci ha dato. L’opportunità di uccidere indiscriminatamente, come
ci spinge a fare la nostra vera natura. Perciò lo faremo: noi uccideremo e
addestreremo altri a farlo.”
La gola rocciosa si riempì di
bestie impazienti e che pendevano dalle fauci del capobranco.
“Nessuno ci impedirà di
compiere la nostra missione e quella di oggi è uccidere, e basta. Non si
accettano prigionieri. Ci sarà tempo per contaminare giovani e addestrarli a
diventare perfetti lupi mannari. Oggi Hogwarts diventerà il nostro terreno di
caccia e le prede saranno tutti gli esseri viventi che troverete entro le sue
mura. Mostreremo al mondo quanto valiamo e quindi… andiamo!…” il suo
ululato sembrò quasi piegarsi in un ghigno “…a uccidere!”
Il verso che gli scappò dalle
fauci fu talmente acuto che squarciò l’aria e fece rizzare il pelo dei giovani
lupi mannari che si nascondevano nel fitto della foresta.
Greyback fece un salto
impressionante, spingendosi con le poderose zampe posteriori. Le unghie si
conficcarono nella parete rocciosa, arrivando persino a spaccare la roccia più
dura:
“Seguitemi, verso Hogwarts!”
Anche gli altri lupi si
arrampicarono lungo la parete di roccia, uscendo dalla conca. In un attimo la
gola sembrò rigurgitare centinaia di bestie oscure che avanzavano brutalmente
tra gli alberi spogli e rinsecchiti della Foresta Proibita.
“Nessuno fermerà noi lupi mannari, perché siamo
implacabili. Niente riuscirà a fermarci, tanto meno quel briciolo di umanità
che ci resta nelle membra!”
Greyback accelerò il passo, le
grinfie acuminate delle zampe raspavano il terreno arido della foresta,
sollevando un enorme polverone.
Dopo istanti che parvero
un’eternità d’attesa fremente, Greyback intravide le luci del castello. Lanciò
un potente ululato a cui seguirono cori spaventosi di latrati e ringhi. I lupi
varcarono i confini inviolabili della Foresta Proibita mettendo zampe sul
terreno protetto da più di mille anni da un accordo stretto con i Fondatori che
aveva impedito a qualsiasi creatura oscura di uscire dalla propria tana nel
fitto della boscaglia.
Ora quel patto era infranto,
lacerato… e così sarebbero state le vite di quei maghi, rinchiusi nel castello,
e che avevano osato, per tanto tempo, ricacciarli nel fitto della foresta come
mostri pestilenziali. Ora i lupi avrebbero avuto la loro vendetta, la rivincita
sui maghi che tanto avevano bramato nel buio opprimente della foresta, ma
Greyback desiderava solo sangue.
Sangue, sangue…
I lupi varcarono la soglia una
volta incorrotta della scuola. Hogwarts fu invasa da ululati e grida.
*^*^*^*^*^
Dalla
Presidenza all’Uscita, 9.50 P.M.
[L’Anniversario
della Vendetta]
La totale oscurità era placida e
rilassante, la tensione andava sciogliendosi in quella distesa di buio, sonno
senza incubi né sogni: puro riposo. Ne aveva bisogno per un motivo o per
l’altro: due giorni di veglia continua, l’anniversario della morte della sua
intera famiglia.
Ma venne trascinato nuovamente
alla semiveglia, gli occhi ancora ermeticamente chiusi, spaventati dalla luce
di quel mondo che aveva cominciato a stufarlo. Il suo respiro regolare lo
cullava, ma non abbastanza per addormentarsi o ritrovare quel torpore tanto
liberatorio. Cominciò ad avvertire persino il freddo fastidioso della pelle del
divano: era quasi sveglio.
Infine aprì gli occhi con lentezza;
la luce era fastidiosa come previsto, ma il silenzio totale aiutò a rendere
meno traumatico quel risveglio. Si rialzò con estrema lentezza dal divano e
quando si poggiò sulle proprie gambe ebbe una sgradevole sensazione: il mondo
era appannato e la luce gli giungeva a flash negli occhi; era ancora
dannatamente stanco e quel breve momento di riposo profondo non aveva fatto
altro che accentuare il suo estremo bisogno di dormire. Allora perché il suo
corpo aveva voluto svegliarlo a tutti i costi? Che si trattasse del suo
infallibile istinto?
Marshal fece qualche passo
traballante nell’ufficio di Scrimgeour. Lanciò qualche occhiata nei dintorni:
la percezione dell’ambiente era ancora distorta dal sonno eppure non riusciva a
vedere nessuno nella stanza, anzi no, c’era qualcuno o qualcosa che mandava un
abbagliante folgore rosa ai piedi della scrivania del Preside e Ministro.
Marshal vi si accasciò di fianco e l’odore che emanava fu subito impattante,
precedendo la sua vista nell’identificazione di quella cosa: odore di cadavere.
Sbatté le palpebre un paio di volte avvicinandosi al volto glabro e rigido
della creatura: era una donna piuttosto in carne, con una bocca ampia e due
occhi sbarrati enormi, come una grossa rana.
Marshal si alzò a fatica, facendo
mente locale: quella era Dolores Umbridge, la nuova funzionaria incaricata
dallo stesso Scrimgeour di amministrare la struttura scolastica della nuova
Hogwarts. Se il suo cadavere giaceva ai piedi della scrivania del Ministro con
evidenti segni di Avada Kedavra significava che i Mangiamorte erano dentro la
scuola.
Marshal sogghignò amaramente;
probabilmente, mentre lui dormiva, i Mangiamorte avevano catturato Scrimgeour e
scaricato la Umbridge al suo posto come monito, forse intendevano fare al
Ministro la stessa cosa. Chissà perché questa prospettiva non scosse
minimamente Marshal; il suo ruolo come sergente degli Eclitti era funzionale
solo alla risoluzione della sua solitudine: non c’era più stato niente e nessuno
dopo la sua famiglia a parte il lavoro.
Uscì dall’ufficio del Preside
decisamente frastornato. Se avevano preso la scuola gli poteva anche andare
bene, ma c’era un motivo se il suo corpo lo aveva spinto a svegliarsi: lui
doveva continuare a vivere; non era certo uno di quegli smidollati che si
lasciano scivolare nella morte arrendendosi di fronte ad una vita priva di
significato. La sua vita aveva perso quasi tutto esattamente un anno prima, in
un’identica notte di luna piena; il senso della sua vita si era perso col sangue
di sua moglie e di suo figlio. Ma avrebbe comunque venduto cara la pelle a quei
Mangiamorte, soprattutto a quel particolare lupo, quello che aveva attaccato
l’Espresso di Hogwarts alla fermata di Howgarts, lo stesso che aveva ridotto in
carne scomposta la sua famiglia.
Si lasciò scappare uno sbadiglio
mentre attraversava il corridoio di fronte alla presidenza. Con la coda
dell’occhio poteva vedere i corpi offuscati dei suoi subalterni riversi sul
pavimento: già delle vittime e ce ne sarebbero state molte altre. Marshal preferì
non approfondire molto e proseguì avanzando lungo quella che credeva la strada
verso l’uscita di Hogwarts: continuava ad essere tutto confuso e il sergente
Eclitto sapeva che se qualche Mangiamorte lo avrebbe sorpreso per lui non ci
sarebbero state molte possibilità, stremato com’era dal sonno.
Ma la bacchetta continuava a
stringerla furiosamente tra le dita: non voleva morire proprio in quel giorno,
proprio durante quell’anniversario.
Un boato in lontananza lo fece
leggermente sobbalzare: il rumore era parecchio lontano e se era riuscito a
raggiungerlo da una simile distanza probabilmente si trattava della caduta di
qualcosa di estremamente grosso e pesante. Però Marshal si sorprese di non
sentire grida o urli di Auror ed Eclitti che imponevano ordini per impedire
l’avanzata dei Mangiamorte, ma d’altra parte era la Vigilia di Natale e il
numero di soldati in servizio era stato ridotto al minimo. Che l’avessero
pianificato o meno, i Mangiamorte avevano scelto un giorno ideale per attaccare
Hogwarts.
Credo sia inevitabile, la scuola verrà distrutta. Chissà se
risparmieranno i ragazzi. Probabilmente no, sono dei Mangiamorte dopotutto.
Merlino, quanto sono stanco…
Poggiò la mano contro la parete a
cui piedi giaceva il cadavere di un Auror: faceva fatica a camminare, si
sarebbe volentieri sdraiato accanto a quel corpo, magari fingendosi morto così
l’avrebbero lasciato in pace una volta per tutte.
Un ringhio basso e mortifero gli
fece riaprire gli occhi di botto. Ora sentiva in lontananza, probabilmente dallo
stesso punto da cui era provenuto il boato, un’orda di passi rumorosi e veloci
che avanzavano: ululati e poi le prime grida.
Ululati… mi farò uccidere come mia moglie e mio figlio? Nello stesso
modo, nello stesso giorno?
La bacchetta che gli era quasi
scivolata dalle dita ritornò salda nella sua mano. Rialzò lo sguardo
lentamente: eccolo lì, un lupo mannaro lo stava fissando con le fauci aperte, i
canini affilati ben in mostra, il corpo proteso per attaccare, stava solo
aspettando che facesse un movimento improvviso e quindi gli sarebbe saltato
alla gola, squarciandola.
No, te lo scordi!
Marshal gli puntò la bacchetta
contro in un lampo. Il lupo mannaro fece un balzo impressionante.
“Diffindo!”
Si udì un guaito e poi il lupo
tornò a toccare terra con un sonore tonfo: la collottola pelosa era falcata da
un lungo e profondo taglio, coperta di sangue, dal sangue dello stesso lupo che
ora lo stava lentamente soffocando.
Un’istantanea soddisfazione gli
fece dimenticare per un attimo il sonno opprimente che minacciava di farlo
svenire in un qualunque momento: ecco cosa doveva fare per vivere, vendicarsi
di quei pidocchiosi mostri e ammazzarli uno per uno. Addio lupi mannari, addio
alle sue paure.
Riprese a camminare con un nuovo
sapore in bocca, quello della vendetta e di una certa follia: desiderava
ardentemente incontrare un lupo lungo il suo cammino. E in effetti venne
esaudito, quando, ad una svolta ramificata, venne circondato da cinque lupi,
tutti piuttosto giovani all’apparenza. Marshal sogghignò, compiaciuto.
Finalmente.
Lanciò una serie di schiantesimi
contro un singolo individuo, mettendolo permanentemente fuori combattimento, ma
gli altri gli furono addosso. Marshal fece il possibile per evitarli e,
nonostante i suoi riflessi fossero indeboliti dal sonno, riuscì miracolosamente
nel suo intento: neanche un graffio, forse il suo coraggio disperato lo portava
a non esitare e a non temere quelle creature i cuoi occhi iniettati di sangue
avrebbero fatto tremare chiunque.
Ma il lupi erano troppi per uno e
il sonno cominciò a farsi risentire: le membra si assopivano e la vista si
appannava. Una delle bestie approfittò del breve istante in cui Marshal strinse
gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco. Aprì il muso e puntò alla
giugulare del mago.
Marshal non lo sentì nemmeno
arrivare. In un attimo inatteso gli giunse nelle narici una repentina ondata di
sensazioni maleodoranti, puzza di sangue; qualcosa di viscido e grumoso stava
colando alle sue spalle.
Si voltò: un lupo era steso in
una vistosa pozza di sangue, quasi inverosimile data la sua ampiezza: sembrava
incredibile che una tale quantità di sangue si trovasse all’interno di quel
piccolo animale.
Delle gambe umane si avvicinarono
alla carcassa della bestia.
“Ecco fatto” disse una voce piacente
e calma.
I lupi mannari di fronte a
Marshal rizzarono le orecchie e, con un guaito, si diedero alla fuga.
Mai visto dei lupi mannari in ritirata, pensò il sergente Eclitto
mentre levava lo sguardo verso il suo salvatore: era un uomo anziano piuttosto
robusto e con un incredibile sorriso cristallino. Il vecchio gli porse la mano.
“Salve, Eclitto. Il mio nome è
Albatros, capo dell’Ordine della Fenice.”
Marshal si ritrasse
istintivamente: l’Ordine della Fenice sopravviveva ancora dopo la morte di Albus
Silente.
Il sergente Eclitto strinse i
denti: quel vecchiaccio gli dava una strana sensazione, e soprattutto quel sorriso
compiacente metteva in allarme il suo sesto senso.
“Grazie, mille” rispose
sbrigativo Marshal “Ma qui abbiamo tutto sotto controllo.”
Il vecchio gli rivolse un nuovo
sorriso, questa volta con una punta di ironia.
“Se lo dice lei, sergente. Ad
ogni modo l’Ordine è qui solo per mettere in salvo gli studenti; lasceremo ad
Auror ed Eclitti il compito più nobile di sterminio dei lupi mannari, non
intendiamo invadervi il campo.”
“Sarà meglio” sibilò Marshal
all’indirizzo del vecchio. Fece qualche passo indietro, allontanandosi dal
cadavere del lupo e riprese a correre verso l’uscita della scuola.
La voce tranquilla del vecchio
gli giunse alle spalle “La ritirata è la più saggia delle decisioni. E mi
dispiace per suo figlio.”
Marshal arrestò l’avanzata così
d’impeto che rischiò di capitombolare in avanti, le orecchie pronte, in attesa
che il vecchio concludesse il suo discorso.
“E’ tremendo per un padre perdere
il proprio figlio. Così innaturale che un padre sopravviva alla propria futura
generazione, così triste. Il dolore più atroce del mondo.”
La voce del vecchio si smorzò il
quello che Marshal riconobbe come un leggero sospiro. Il sergente Eclitto
continuò ad avanzare tra corridoi zeppi di cadaveri di Auror ed Eclitti,
ululati che si propagavano da ogni parte, grida che si diffondevano ovunque, ma
per fortuna non incontrò nessun ostacolo fino all’uscita.
Il portone era stato completamente
scardinato, la sua liscia superficie di legno era zeppa di graffi di zanne e
artigli. Marshal vi passò sopra con noncuranza, lasciandosi alle spalle
quell’inferno di grida e ululati senza particolari rimorsi.
Se sono un codardo non me ne importa niente, vorrei solo riposare.
*^*^*^*^*^
Gli Eclitti sono
senza guida, 10.00 P.M.
[L’intervento di
Albert]
Albert correva a perdifiato ma il rumore secco dei suoi stivali che
calpestavano il pavimento di roccia era sovrastato da urla e tonfi caratteristici
delle battaglie.
Alla curva del corridoio l’Auror si appoggiò al muro per fermare la
propria corsa e darsi la spinta necessaria per riprendere l’andatura veloce.
Albert era di pessimo umore per ovvi motivi. Il primo: non era a casa sua
a godersi il Natale accanto a sua moglie, suo figlio e quella santa donna della
sua fidanzata; secondo: era ad Hogwarts in pieno attacco di quei fottutissimi
sciupa feste chiamati Mangiamorte e nelle armate degli Auror nessuno sapeva
cosa fare.
Dove diavolo era quel coglione di Marshall?
“Sergente!” urlò Albert attirando così l’attenzione di un suo sottoposto.
L’uomo gridò alcuni ordini ai suoi uomini e si avvicinò a lui.
“Per Merlino, per fortuna siete qui Capitano. Siamo nella merda fino al
collo, qui sotto ci sono dei dannatissimi Licantropi.”
Albert fermò con tono deciso le lamentele del sottoposto. “Lo so,
Morrison, non c’è bisogno che mi informi. Piuttosto quello che voglio sapere è
dove diamine sono gli Eclitti e soprattutto dove si trova Marshall.”
Il sergente Morrison inarcò le sopracciglia. “Non saprei Capitano, su
questa torre ci sono solo Auror. Gli Eclitti erano incaricati di controllare i
confini, ora stanno combattendo contro i Mannari.”
Albert annuì. “Lo so, ma mentre loro stanno tentando di trattenere quei
mostri senza guida, almeno fino all’alba, gruppi di Mangiamorte sono dentro il
castello. Abbiamo bisogno di sapere cosa fare, Morrison, ho bisogno di ordini,
per la miseria!”
Il sottoposto rimase in silenzio, non avendo nulla da obiettare.
Erano stati presi alla sprovvista e ora Hogwarts era stata per la prima
volta nella storia privata totalmente di ogni difesa e assaltata.
“Sergente!” Morrison si voltò verso un Auror della sua squadra. “Todd,
notizie dalle truppe ad Ovest?”
Il ragazzo si mise sull’attenti. “Le difese stanno cedendo, signore. Tra
pochi minuti l’interno della scuola sarà invaso dai Licantropi.”
“Merda.” Mormorò il sergente, passandosi una mano sul viso. “Capitano?”
I muscoli di Albert si tesero, mentre il cervello lavorava febbricitante
per trovare una strategia offensiva che potesse risultare fruttuosa. Non
potevano continuare a difendersi, dovevano cominciare a far indietreggiare il
gruppo di Lupi prima che raggiungessero i ragazzi… quella era la loro priorità
assoluta.
“Morrison.” Il sergente si mise sull’attenti. “Ho bisogno che lei
organizzi una squadra composta dai ragazzi più in gamba di tutta il Quartier
Generale, contatti pure gli altri sergenti e se li faccia mandare. Una
divisione da venti persone, non di più; li prenda e con loro vada dagli
studenti e li porti in salvo, non mi interessa a quale prezzo, fatelo e basta.
Questa è la nostra priorità.”
Il tenente fece un cenno di capo. “Signorsì.”
“Inoltre faccia in modo che ogni divisione Auror non impegnata con gli
Eclitti all’esterno per combattere i Lupi Mannari si raduni nella sala Grande,
dove partiremo in squadre per setacciare il castello e catturare più
Mangiamorte possibili.”
“Sissignore.”
Albert annuì. “Bene, riferisca gli ordini al Capitano Bryan. Sarà lui a
guidare questi gruppetti.”
“E lei, signore?”
Albert sospirò e si affacciò al muretto della torre fissando con uno
sguardo duro e deciso la battaglia che infuriava sotto di lui e i corpi delle
vittime che giacevano sbranate a terra.
“Io mi occupo di quelle palle di pelo, Sergente. Con olio bollente
dall’alto e Avada Kedavra, se necessario.” Rispose con voce inflessibile
facendogli cenno di congedarsi.
Morrison fece il saluto militare e si mise a correre per avvisare prima
il Capitano Bryan. Avrebbe preso la sua squadra sulla via. Il sergente sospirò
internamente, grato della presenza del Capitano Gray e della sua prontezza di
spirito.
Forse non sarebbe stato un massacro, forse.
*^*^*^*^*
Cosa facciamo,
Hermione?!
[La Felix Felicis
c’è… ma Lumacorno?]
Hermione si appoggiò sulla spalla di Ron, esausta.
“Ron” lo chiamò dolcemente, sfregando la guancia sulla camicia immacolata
del ragazzo.
“Hermione? Sei stanca?”
La ragazza annuì, stringendosi a lui. “Mh mmh” rispose strascicando le
parole “Possiamo uscire un attimo?”
Ronald le sorrise. “Ma certo.”
I due fidanzati si avviarono verso l’uscita e, lanciando un cenno al ‘boy-guard’, uscirono nel corridoio della
scuola con le bacchette in mano, pronti a confondere i possibili Eclitti che
fossero passati accidentalmente per il corridoio.
“Sei sudatissima” ridacchiò Ron, scostandole le ciocche ondulate
attaccate alla nuca. Hermione sbuffò. “Più che altro ho la testa come un
palloncino e nelle orecchie quella dannata musica spacca-timpani di Dean e per
di più –“ La ragazza fermò la sua parlantina e congelò nelle braccia di Ron.
“Cosa sono questi rumori?” domandò svelta, guardandosi in giro,
preoccupata.
Anche Ron si era teso improvvisamente. “Non lo so, ma non mi piace. È
come se ci fosse una guerra in corso… non può essere un allenamento degli
Eclitti, no?”
Hermione si staccò da lui e camminò veloce lungo il corridoio.
“Dove vai?” le chiese Ron correndole dietro. L’indice di Hermione indicò
una finestra poco lontana.
“Sembra che i rumori siano esterni. Voglio controllare.”
Il rosso annuì col capo. “Vengo con te.”
Hermione si avvinò al vetro e guardò in basso, seguita da Ron. Le due
reazioni furono ben diverse: la ragazza avvicinò le mani alla bocca e si voltò
di lato, cercando di restringere (invano) un conato di vomito; il ragazzo
impallidì vistosamente e rimase pietrificato per alcuni attimi davanti al
giardino di Hogwarts senza riuscire a distogliere lo sguardo da una figura
lupesca che rincorreva un Eclitto (riconoscibile dalla divisa) e lo azzannava
con brutalità.
Ron tornò in sé solo sentendo la ragazza dare di stomaco accanto a lui e,
preoccupato per lei, si affrettò a prenderle la nuca e sostenerla mentre
Hermione vomitava la cena sul pavimento della scuola. Quando ebbe finito, Ron sentì
una stretta al cuore vedendola pallida come un cencio e con gli occhi lucidi di
lacrime.
In silenzio – perché sarebbero state decisamente più scomode le parole,
dopo quello spettacolo –le asciugò la
fronte e le strofinò la mano sulla schiena, per infonderle calore e coraggio:
gli sembrava così fragile…
Ron si tolse il mantello e lo appoggiò sulle spalle della ragazza,
riprendendo a strofinare vigorosamente le spalle di Hermione, e le pulì il viso
con un fazzoletto, facendolo svanire con la bacchetta.
Sapeva che la ragazza aveva bisogno di tutto il suo appoggio, ma sapeva
anche che dovevano abbandonare Hogwarts il prima possibile. Gli invitati erano
circa una trentina, più o meno, e non potevano certo combattere contro dei
Licantropi né contro dei Mangiamorte (Ron era riuscito a scorgere il marchio
del Signore Oscuro illuminare pallidamente la notte di luna piena).
“Hermione… non possiamo rimanere qui.”
La ragazza singhiozzò, ma annuì, strofinandosi gli occhi.
“O-ok.” Balbettò, sospirando e chiudendo forte gli occhi.
“R-Ron quell’uomo…”
La voce era spaventata e spaventava lo stesso ragazzo. Ron la strinse a
sé, cercando di infondere ad entrambi il coraggio che li avrebbe (forse)
salvato.
“Lo so che è terribile, ma dobbiamo resistere, Hermione, per me, te,
Ginny e tutti i nostri amici. Li salveremo, Hermione, so che possiamo farcela,
ci siamo allenati per questo, no? Ed infondo è una vita che non facciamo altro
che scappare dalla morte… oggi ce la faremo, come sempre.”
Hermione sembrò rincuorata perché si strinse un’ultima volta a lui e poi
si staccò decisa.
“Ce la faremo.”
Ron sorrise. “E’ così che ti voglio. Ora: cosa facciamo, Hermione?”
La ragazza rimase in silenzio per qualche minuto. Poi sospirò. “Dobbiamo
andare alla festa e fermare tutto quanto per poi uscire dal castello. Siamo
troppo pochi per combattere e molti ragazzi non sono stati addestrati come noi;
dobbiamo salvarli.”
“Ok,” annuì Ron “Ma come facciamo a uscirne incolumi? Siamo in trenta e chissà quanti Mangiamorte
girano già per il castello indisturbati.”
Hermione si morse il labbro e Ron continuò a voce alta il suo
ragionamento. “Siamo lontani dal passaggio per Hogsmeade… potremo incappare in
qualcuno e rischiamo che ci scappi il morto…” Hermione rimase silenziosa,
concorde evidentemente con lui. Ron sospirò “Ci vorrebbe una fortuna della
miseria per scamparne vivi.”
Hermione si illuminò.
“Ron, sei un genio!”
Il rosso inarcò un sopracciglio. “Eh?”
Hermione gli afferrò il braccio e lo trascinò davanti alla porta della Stanza
delle Necessità cominciando a camminare avanti e indietro per tre volte.
“Mi vuoi spiegare?!” borbottò Ron, ma la ragazza non gli diede retta e si
incamminò verso la piattaforma del deejay, bloccando la musica e riaccendendo
le luci. Questo provocò le vivaci proteste della folla danzante e dello stesso
Dean che cercò di riappropriarsi del microfono, torvando però a difendere
Hermione Ron che, malgrado la sua estraneità alle intenzioni della ragazza, si
fidava cecamente di lei.
Hermione sospirò e strinse il pugno intorno al microfono.
“Scusate l’interruzione, ma sono spiacente di comunicarvi che la festa è
finita. Adesso!”
I fischi e gli urli si amplificarono. Hermione tentò di non badarci e
aumentò il tono della voce per sovrastare il putiferio di proteste.
“Vi prego di mantenere la calma, siamo in una situazione di emergenza.
Hogwarts è stata attaccata stanotte e la battaglia è ancora in corso di
svolgimento.”
La folla era sbigottita e, dopo un attimo di sorpresa, si sentirono grida
acute di panico femminile e confabulazioni preoccupate.
Ron le rubò il microfono. “Signori, state zitti e se volete salvarvi il
culo ascoltate Hermione.”
La folla si calmò e Hermione rivolse un ringraziamento veloce a Ron.
“Bene. Ora vi spiego come faremo a salvarci. Ci muoveremo tutti insieme,
bacchette in mano e pronti a colpire ogni cosa che vi passerà davanti. Usate
tutto: fatture Orcovolanti, Schiantesimi, anche un Virgardium Leviosa potrebbe
salvarvi ma dovete rimanere vigili e il più possibile lucidi.” Hermione fece una pausa per enfatizzare il suo discorso.
“Andremo nel vicino ufficio del Professor Lumacorno e lì cercherò la
pozione Felix Felicis che una volta bevuta dovrebbe garantirci l’incolumità da
ogni attacco nemico. Ognuno avrà la sua goccia, e ne lascerà per altri, ripeto,
non fate gli ingordi con la pozione, basta una goccia perché faccia effetto e
ricordate che non siamo pochi.
“Dopodichè vi guiderò attraverso un passaggio che porta nella cantina di
Mielandia dove io e gli altri ragazzi del Settimo vi aiuteremo a
Smaterializzarvi a Londra. Tutto chiaro?”
Nessuno si fece avanti.
“Bene. Ora ci muoveremo in questo modo. Un gruppo, composto da me Ginny e
Justin, si metterà in testa e un gruppo composto dagli altri studenti del
settimo anno chiuderà la fila e farà da retroguardia. Ora usciamo e, in silenzio, andremo nell’ufficio di
Lumacorno. Seguitemi.”
E detto questo Hermione mollò a terra il microfono e si avviò verso
l’uscita, già traboccante di studenti frettolosi e ansanti. La ragazza posò lo
sguardo su Ron e, prima di infilarsi tra la folla per andare in testa, si alzò
sulle punte dei piedi e lo baciò appena sulle labbra.
Il ragazzo la guardò con occhi pieni di sentimento. “Non succederà
niente.”
Hermione si commosse. Lui la capiva
meglio di tutti, quando erano in quel genere di situazione.
Gli sorrise fiduciosa. “Lo so.” E andò in testa seguita da Ginny e Justin
Finch-Flechtley. Con passo affrettato li guidò nel corridoio sottostante,
guardandosi intorno ansiosa e arrestandosi un paio di volte per deviare
percorso ed evitare una battaglia; arrivato a destinazione, la ragazza si mosse
veloce ed entrò da sola nell’ufficio, vuoto.
Hermione alzò un sopracciglio. “Professore?”
Lumacorno, non proprio cuor di leone, logicamente sarebbe stato nascosto
nel suo ufficio a rigurgitare la pozione della Buona Sorte, ma dalla mancanza
di risposta Hermione ipotizzò la sua totale assenza.
Ma non aveva tempo per indagare; lo sguardo attento della ragazza sorvolò
sugli armadi, senza trovare traccia della pozione. Un piccolo incantesimo,
tuttavia, riuscì a farle scorgere una botola sotto la scrivania di Lumacorno e
Hermione si affrettò ad aprirla trovando una boccetta la cui etichetta non
lasciava dubbi.
Felix felicis.
La ragazza sorrise, soddisfatta e, bevutone un sorso, lo diede ai suoi
compagni che bevvero ciascuno un po’ di pozione.
Poi, con l’abilità di un generale, ordinò che quelli che ne avevano
bevuta di meno, per precauzione, stessero in mezzo al gruppo e guidò i ragazzi
verso il passaggio che era chiuso da una muraglia. Hermione ignorò questo fatto
e si preparò a lanciare l’incantesimo quando l’urlo acuto di Romilda la fermò.
La ragazza si girò e vide la giovane ragazzina svenuta tra le braccia del
fidanzato.
“Ma cosa…?”
Ginny fece una smorfia e Ron la fissò dritto negli occhi. Quelli di
Hermione erano allargati e spaventati.
Sul pavimento rimaneva una pozza di sangue rosso e qualche brandello di
carne e ossa; probabilmente i resti dell’aggressione di un Mannaro.
“M-muoviamoci.” Balbettò la ragazza e lasciò entrare tutti al sicuro nel
passaggio dopo averlo distrutto con un incantesimo Esplosivo.
Ron le fu subito accanto e la sostenne mettendole un braccio intorno alle
spalle.
Lei sospirò – ancora – e corse insiemea lui per il lungo passaggio buio che l’avrebbe salvata, accanto Ginny,
impallidita.
“Ci sono in giro Lupi Mannari?” chiese la giovane Weasley.
Hermione annuì.
Ginny mise una mano alla bocca. “Mio Dio. Siamo stati maledettamente fortunati.”
Hermione non poté discordare dall’amica quando oltrepassarono il
passaggio senza altri intoppi; tuttavia, man mano che avanzava, si rese
progressivamente conto della presenza di altre impronte umane. Ne era quasi
sicura: qualcun altro aveva utilizzato il passaggio prima di loro e aveva la
tremenda certezza che si trattasse dei Mangiamorte. Hermione si sentì ribollire
il sangue.
Dannati codardi! Prima attaccano
alle spalle e poi battono in ritirata.
Lo stretto passaggio fu invaso da nuove urla e da una violenta vibrazione
che scosse il terreno.
“Un’esplosione!” gridò Ron che chiudeva la fila accompagnato da Dean e
Seamus.
“Ma siamo parecchio distanti! Deve essere stata proprio un bel botto,
peggio dei miei incantesimi” disse Seamus che, nonostante le parole, pareva
tutto tranne che disposto ad ironizzare sulla situazione.
Dev’essere stata l’Aula di Pozioni,
rifletté Hermione mentre il volto sbiancava, Là dentro c’è abbastanza materiale esplosivo da generare un’esplosione
gigantesca; spero solo che le fondamenta di Hogwarts reggano.
Dopo qualche attimo di interminabile silenzio che trascorse dopo
l’esplosione, una lieve luce smorzata avvisò Hermione dell’approssimarsi
dell’uscita. Spinse la botola sulla sua testa e sbirciò nella cantina: si
trovavano effettivamente a Mielandia, gli scaffali dello scantinato erano colmi
di dolci e macchiati di sangue. Hermione spalancò gli occhi: riversi a terra
stavano quelli che lei immaginò essere i nuovi proprietari dello stabile.
Quindi avevo ragione, i Mangiamorte
sono passati di qui prima di noi. In fondo siamo stati fortunati.
Hermione rivolse un’inconscia occhiata alla sue spalle, diretta verso
Hogwarts.
Che ne sarà degli altri ragazzi?
*^*^*^*^*
Hogwarts?,
10.30 P.M.
[Una
Gigantesca Torcia]
Hogwarts brillava più che mai
durante quella notte di luna piena. Il lago rifletteva i bagliori accecanti
delle fiamme che stavano corrodendo la
scuola e i superstiti scampati ai lupi che ben presto avrebbero trovato la
morte in una fornace.
Una gigantesca torcia.
Harry abbandonò la Firebolt
sull’erba arida accanto ai confini più occidentali della foresta, in riva al
lago. Si rannicchiò su di uno sperone di roccia; da quella prospettiva lo
spettacolo era in equiparabile: Harry troneggiava la scena mentre Hogwarts
bruciava senza ritegno. Un vago odore di fumo gli giunse nelle narici
nonostante la distanza; il ragazzo avvertì distintamente l’acre e pesante
sapore della carne bruciata e del sangue.
La torre di Astronomia cedette,
ricadendo lungo il cortile interno, trascinandosi dietro metà della facciata
che dava sul lago. Nuove grida giunsero dalla scuola, così acute nella loro
disperazione, ma si spensero quasi subito: altri pezzi di muro crollarono come
se fossero di materiale inconsistente. Il profilo della scuola era irriconoscibile,
ripiegato su se stesso, aveva perso tutta la sua maestà.
Come voleva la tradizione i maghi
e le streghe morivano sul rogo.
Harry si sdraiò sull’erba non
cessando un istante di fissare la gigantesca torcia che pareva animata e
sofferente. Le mani andarono alla disperata ricerca del falso medaglione di
Serpeverde e dello specchio di Sirius. Li strinse entrambi contro il petto,
proprio sopra il cuore.
Professor Silente, Sirius… ho fallito ancora.
Stavolta il boato fu più
maestoso. Harry strinse gli occhi: Hogwarts era crollata e con essa tutto ciò
che contasse. I suoi amici, la promessa fatta a Silente… Ecco cos’era il dolore
dei sopravvissuti: puro rimorso e rancore.
Se fossi stato con loro, ma… cosa avrei potuto fare? Di chi è la colpa?
Chi ha fatto tutto questo? Qualcuno avrebbe potuto evitare che succedesse…
Ora era nitido: il rimorso
diventò collera incontrollabile in un flash di pungente dolore. Ora era tutto
ovvio e chiaro: questa volta ti ucciderò! Con
Bellatrix non ho potuto, con Voldemort non ho potuto, con Piton non ho potuto,
ma con te posso e voglio.
La Firebolt si staccò dal suolo,
spronata più che mai verso un’unica meta: Raven’s Corner.
*
Una coltre di risate sorde e
rauche si levò dai confini dell’ex-scuola di Magia e Stregoneria d’Inghilterra.
Un’orda di figure ammantate di nero stava ritta su un’incolta collina rialzata
dalla quale si poteva assistere alla scena in tutta tranquillità; l’Ordine
della Fenice e i pochi Auror ed Eclitti sopravvissuti erano intenti a salvare
ciò che ormai era inevitabilmente perduto.
Si poteva già avvertire l’odore
di carne arrosto, mentre le grida di gente bruciata viva si smorzava per
lasciare posto al silenzio. Raccolto ai limiti più estremi della Foresta
Proibita con il suo branco, Greyback si passò la lunga lingua ispida sulla
fauci intinte di sangue.
“Ora il Signore Oscuro non ha più
intralci.”
“Sarà il mago più potente del
mondo!”
“Il suo trionfo è assicurato!”
Partì una serie di acclamazioni
sempre più fanatiche tra la moltitudine di Mangiamorte che assisteva al rogo di
Hogwarts con evidente compiacimento.
C’era chi preferiva rimanere in
silenzio, gustandosi a pieno l’immagine della disfatta del bene, colmandosi gli
occhi e le orecchie di quegli istanti di pura oscurità: la distruzione di
Hogwarts, la morte aleggiava ovunque entro i confini della scuola.
Sulla collinetta, in prima fila,
stava l’elite di Mangiamorte designato per la coordinazione dell’intera
missione. Questi avevano portato a termine ciascuno i propri compiti con pieno
successo, i loro volti lasciavano ampiamente trasparire l’esaltazione e
l’attesa trepidante della grande ricompensa del loro Signore. Lumacorno era
pietrificato al loro fianco, totalmente sconvolto.
Rodolphus e sua moglie Bellatrix
erano il connubio perfetto per descrivere la gioia folle e selvaggia, i
lineamenti dei loro volti distorti da una felicità maniacale e le loro iridi
scure fiammeggianti al pari dell’incendio che stava consumando Hogwarts. Donovan
Darcy, il responsabile dell’intera missione, era il trionfo della compiacenza,
normalmente algido nelle sue espressioni, ora mostrava l’essenza stessa della
soddisfazione. Il volto glabro e olivastro di Piton luccicava ai bagliori delle
fiamme che serpeggiavano sopra la scuola, l’angolo della bocca ripiegato verso
l’alto in un ghigno che pareva indecifrabile quanto enigmatico. Lucius era al
colmo dell’esaltazione sebbene la sua naturale austerità e controllo delle
emozioni mitigassero il ghigno sul suo viso: finalmente avrebbe ottenuto la
gloria.
In prima fila, ai margini del plotone
di Mangiamorte invasati dalla soddisfazione stavano Draco e Samantha;
leggermente più indietro Pansy fissava entrambi con un misto di fastidio e
alterigia.
Draco era il solo a contemplare
la scena con totale disinteresse e freddezza, il volto una maschera
d’impassibilità. Samantha rigirò la bacchetta tra le dita, la stessa bacchetta
che poco prima avevafreddato senza
troppi scrupoli uno degli amici di Draco. La Mangiamorte inclinò leggermente il
capo come a voler esaminare il compagno.
“Finalmente ti ho capito” disse “Tu
non sei e non sarai mai un bravo ragazzo, per natura sei inevitabilmente
predisposto a ferire quelli che non tolleri o che non reputi alla tua altezza;
direi che trai molta soddisfazione nel tormentare il prossimo. Sei un cattivo ragazzo,
ma” avanzò di qualche passo e disse con voce più calcata “i veri Mangiamorte
sono molto più cattivi di te.”
Draco la guardò di sottecchi, il
profilo illuminato dalle fiamme che ardevano su Hogwarts “Tu non osare più
parlarmi” ribatté, con una voce spaventosamente simile a quella del padre.
Alle sue spalle, Samantha sentì
il risolino compiaciuto di Pansy e ci mancò poco che mandasse in frantumi la
bacchetta che stringeva tra le mani per la rabbia.
Doppio Dolore avanzò di una
passo, arrivando al limite della collina sotto alla quale si apriva un ampio
strapiombo, quindi si voltò verso i Mangiamorte.
“Vittoria completa!” dichiarò con
un ghigno. Fece scorrere gli occhi viola sulle maschere luccicanti dei
compagni, finché il suo sguardo indugiò al fianco dei Lestrange. Il sorriso di
totale soddisfazione perse un po’ della sua ampiezza “Dov’è la recluta?” chiese
a Bellatrix e a Rodolphus “Josh Currey, dov’è?”
Donovan avvertì gli occhi
d’inchiostro di Piton stringersi su di lui.
Bellatrix era talmente immersa
nella sua privata soddisfazione che dovette essere Rodolphus a rispondere “Mah…
Dopo che siamo usciti dalla Camera dei Segreti se l’è squagliata, non l’abbiamo
più visto, forse è stato sbranato da un lupo mannaro o è finito carbonizzato da
un incendio.”
“E vi ha detto qualcosa prima di
andare?” chiese immediatamente Donovan come se l’eventualità che la recluta
fosse morta non gli avesse neppure sfiorato la mente.
“Può darsi” rispose Rodolphus con
tono annoiato, chiaramente quell’interrogatorio gli stava rovinando lo
spettacolo di Howgarts in fiamme “Ha detto qualcosa del tipo ‘Continuate sulla
vostra strada, io ritorno nel luogo dove sono venerato…’. Presumo stesse
parlando della Scozia, forse quel piccolo codardo ha deciso di abbandonare i
Mangiamorte.”
Doppio Dolore si voltò subito
volgendo gli occhi su Hogwarts, l’enorme torcia fiammeggiante che ormai era
prossima al crollo.
Se n’è andato. La divinità è tornata ai suoi Cieli, al cospetto di Loro
Tre.
Un ampio stridio invase
l’atmosfera, come se il legno stesso piangesse mentre l’unica torre del
castello rimasta in piedi precipitò dalla scogliera, in parte frantumandosi
contro le rocce e quindi riversandosi nell’acqua; sollevò schiuma e onde. Il
fuoco stava per terminare il suo combustibile: pietre, legno, dipinti stregati,
libri, pozioni infiammabili, uomini, bambini… Sarebbe rimasta solo cenere e
nient’altro.
*^*^*^*^*^
Il
Concilio dei Potenti
[Tutto
è Bene quel che Finisce Bene]
Voce #1: “E con ciò il sacrificio
è completato.”
Voce #3: “L’intervento di Jolly è
stato marginale.”
Voce #2: “Tuttavia Egli non è
passato inosservato.”
Voce #3: “Come potrebbe mai, una
creatura tanto perfetta?”
Voce #1: “Sento che si avvicina.”
Voce #2: “In fine avremo l’onore
di ospitare la sua essenza.”
Voce #3: “Non completamente.”
Voce #2: “Una sua emanazione è
rimasta in campo. Dalla parte del ‘bene’.”
Voce #:3 “Il nuovo capo
dell’Ordine della Fenice.”
Voce #2: “Albatros.”
Voce #1: “Il più imponente degli
esseri volanti.”
Voce #3: “Si addice ad un essere
come Lui.”
Voce #2: “Né uomo, né Dio
supremo.”
Voce #3: “Un angelo?”
Voce #1: “Forse un angelo dalle
ali nere.”
Voce#2: “Jolly è tornato.”
Voce#1: “Ora è tutto perfetto.”
*^*^*^*^*^
A casa
di R.A.B. – 25 Dicembre 1998, 0.00 A.M.
[Un
Viso Conosciuto]
Il manico della scopa era
diventato l’unico appiglio per scaricare la sua rabbia; ma non doveva
esagerare: quell’ira pulsante che lo faceva tremare lungo tutto il corpo
sarebbe stata l’arma schiacciante che avrebbe usato contro di lui, R.A.B.;
l’unico vero responsabile della distruzione di Howgwarts.
Indolente ed indifferente alle
sofferenze del mondo esterno fino alle più tragiche conseguenze, R.A.B. aveva
lasciato che accadesse, quando invece tramava alle sue spalle con Piton e con
il Signore Oscuro, quindi sapeva del piano… ma neanche la pietà per dei poveri
ragazzi era riuscito a smuoverlo dalla sua inviolabile fortezza di
insensibilità. Ora sarebbe stato Harry a smuoverlo, a trascinarlo a forza nel
mondo esterno, quello vero e reale, e lì l’avrebbe ucciso.
Dopo l’atterraggio a Raven’s
Corner tutto fu irreale e delirante; la mente imbevuta nella vendetta e
nell’odio distorceva il paesaggio: tutto era oscuro e tenebroso.
In un attimo si parò di fronte
allo squarcio spaziale e con la più che consueta abitudine del varcarlo, lo
aprì. Levò la bacchetta, assaporando già sulle labbra la più implacabile delle
Maledizioni Senza Perdono. Perché era solo questo che spettava a R.A.B., una
morte cruenta ed improvvisa, tanto scioccante come lo erano state quelle degli
infelici caduti a Hogwarts.
Niente pietà questa volta, niente perdono,… anche se dovessi diventare
un assassino!
Lo vide, comodamente rannicchiato
contro la sua poltrona prediletta.
Harry cominciò a levare la
bacchetta, gli occhi verdi e scintillanti stretti sulla sua futura vittima.
“Ah, sei tornato. Peccato che tu
debba vedermi in queste condizioni… l’effetto della pozione è terminato.”
Ed ecco la sua voce derisoria: Harry
sobbalzò d’odio e rancore. Puntò la bacchetta.
“Avada…” il ragazzo dovette
fermarsi: pareva che una mano gli stesse attorcigliando le budella e una voce
candida e dall’onestà incessante lo implorava di fermarsi, di non ucciderlo.
R.A.B. si alzò dalla poltrona e
cominciò a voltarsi.
“No, stavolta non esiterò” bisbigliò
Harry “Avada” la punta della sua bacchetta cominciò ad illuminarsi di una tenue
luce verde “Kedav…”
Il fiato di Harry gli fu
letteralmente strappato di gola, il respiro diventò ansimante, la bacchetta
tremò, le budella si contrassero spasmodicamente: R.A.B. si era voltato, ma non
era lui, era…
“Sirius!”
=*=*=*=*=*=*=*=
Sirius? Ebbene sì… oppure no? Pazientate… pazienza, la virtù dei saggi.
(*) Non siamo certe che Seamus sia
effettivamente irlandese, ma Kaho è profondamente convinta di sì. Perciò, ci
prendiamo una licenza poetica! =D
Eccoci qua dopo un periodo di assenza abbastanza lungo… promettiamo di
essere un po’ più veloci la prossima volta.
Piuttosto… riapriamo l’angolo delle follie delle autrici…
*Jolly: al di là del suo sorriso…* (^__^)
Forse molti di voi si staranno chiedendo, ma chi diamine è questo Jolly? Josh
Currey, Albatros… mah… Circolano delle strane voci sul suo conto e persino
l’impavido Braveheart Darcy Donovan detto Doppio Dolore ha tema di lui. Una
risposta parziale sulle sue origini si può dedurre dalla conversazione tra le
tre “Voci”, che a parere delle autrici sono molto fashion. Jolly è una
divinità? Più potente del Signore Oscuro? Mah… ipotesi senza fondamento, chi
può dirlo? Comunque Jolly e il suo perenne sorriso enigmatico non ci
abbandoneranno: la Terza Parte di Past Legacy (così lontana nel futuro
ndAutrici) sarà teatro delle sue vicende personali e finalmente si riuscirà a
capire il perché della sua fissazione padre-figlio, che i lettori più attenti
avranno colto in questo capitolo. Jolly non è il suo vero nome, solo uno
pseudonimo anagrammato di Jolly Lord Lydgate, e nemmeno questa è la sua vera
identità, insomma, è peggio degli X-men, come quelle subdole e misteriose
“Voci”. Hanno un sapore un po’ profetico e apocalittico, molto colte e
enigmatiche queste “Voci”, ma il primato di sapienza è riservato all’Oracolo
catturato da Voldemort. Le autrici sono certe che la rivelazione della vera
identità di questo Oracolo farà sbarellare molti lettori (§_§). Pazientate fino
alla terza parte.
*L’Angolo del Terrore – Le Autrici Temono…*
[L’Uscita del Settimo
Libro: “Harry Potter and the Deathly Hallows”]
“Harry e gli Spiriti della Morte…”. Già il titolo con quel sapore di morte è
destabilizzante: le Autrici temono la morte di qualche personaggio pilastro, se
non il disfacimento del Magico Trio![*.*] Ma la nostra fic, HP7, continuerà
anche dopo il 23 luglio (data di pubblicazione del settimo); chissà se
riusciremo ancora a scrivere dopo la “ipotetica” mazzata che la Rowling ci darà
alla fine del settimo: l’autrice ha dichiarato che ucciderà due personaggi
principali alla fine del libro; chi ammazzerà?[?_?] (io spero ke uno dei due
sia Piton >.< ndSamy Condivido ^__^ ndKaho) D’ora in poi la nostra fic
sarà una AU (Alternative Univers), crediamo fermamente di essere uscite con
abbondanza dai temi base di Harry Potter by Rownling: il cammino adolescenziale
di Harry fino alla sconfitta di Voldemort… la nostra trama di fondo è un
“tantino” più ampia... Possiamo dichiarare orgogliosamente che le uniche cose
canon nella nostra fic sono le coppie: Harry/Ginny, Hermione/Ron, Remus/Tonks.
Qui si continua a pregare e ad invocare spiriti celesti per impedire a mamma
Rowling di distruggere una di queste coppie con l’infausta morte di qualche personaggio
beniamino. Ma si sa per certo che Stephen King e un nutrito gruppo di
scrittori-fan-Rowling gridano: “Non fare morire Harry Potter!” E dunque:
Gridiamo Con Loro! (perché altrimenti sarebbe proprio una vita da sfigato -_-)
Un grazie a tutti quelli che hanno recensito, in particolare: Saty (grazie, nostra fedelissima,
speriamo che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^), EDVIGE86 (visto? Siamo arrivate! Scusa anche a te. ^^” Piaciuto il
capitolo?), Lulumyu (bentornata!
*__* Ora rimani al passo! XD), *magicichigo*
(thank you! ^^), Space Jam (merci
beaucoup! ^^), Hohenheimdelaluz
(*commosse* Grazie! Speriamo che
continuerai a seguirci ^^) e Apple
(Stra’felici che tu sia tornata in carreggiata! ^^); come dimenticare il
*recensitore anonimo* che è riuscito a farci arrivare alle 60 rec? Nonostante i
tuoi biechi propositi grazie a te abbiamo raggiunto la 60ina (thanks; e
scommetti sul nostro cavallo, è sempre vincente ^_^)
Il prossimo capitolo sarà decisamente più
facile, perché *musichetta trionfale di sottofondo* sarà dedicato al
romanticismo. *___* Tonks/Remus, Ginny/Harry, Samantha/Draco e l’immancabile
Ron/Hermione con Il Bulgaro il Ritorno! *_______* [Avete capito chi intendiamo,
uh? XD]
In più
grazie a tutti quelli che leggono… accidenti, dobbiamo festeggiare: la nostra storia
è tra i preferiti di ben 28 utenti! *_____* Grazie a tutti ragazzi, siete uno
spettacolo! **^______^**
Alla prossima… [speriamo non troppo tardi]
Il prossimo capitolo si
intitolerà: “Lo PseudoProfeta”. Un nome un programma… la trame del prox chap è
deducibile dal titolo, quindi non diciamo nulla. D’accordo, ma solo un
indizietto: forse Harry non è del tutto impazzito quando grida: “Sirius!”;
forse i suoi occhiali non hanno fatto cilecca, forse… () Poi c’è anche una
sorpresina per i fan di Ron/Hermione: dalla Bulgaria arriverà qualcuno (e chi
sarà mai?) a destabilizzare la loro relazione. In compenso ci saranno tanti
teneri momenti Remus/Tonks e un’altra sorpresa dalla Francia… ebbene sì, i
Delacour invadono l’Inghilterra! Poi zio Voldy avrà un attacco di cuore, ma si
riprenderà quasi subito (notizia sconvolgente per lui… ci penserà lo
PseudoProfeta che non è l’Oracolo acchiappato dai Mangiamorte al Ministero).
L’immaginazione
era terribilmente ingrata, le allucinazioni anche peggio perché ti facevano
vivere qualcosa di tremendamente reale e, al contempo, assolutamente falso. Un
uomo che si sapeva morto ormai da ben due anni, un uomo caro che avresti
disperatamente voluto riavere con te, che aveva alimentato per gli anni
antecedenti alla sua morte una delle tue più grandi gioie, un uomo il cui
infelice destino ti era risultato dannatamente ingiusto, un uomo il cui destino
avevi imparato ad accettare…
E
tutto il dolore di quel distacco ti riassale ferocemente, quando credevi di
averlo accantonato, ma non dimenticato. Rivedi ancora e ancora gli ultimi
istanti della sua morte: un fastidioso drappo rosso ti blocca la visuale,
impedendoti di regalargli l’ultimo addio. Quanto avresti dato per quell’ultimo
saluto?
Ma
ora non importa, perché è di fronte a te: il senso di nostalgia e malinconia
passata si è immediatamente trasfigurato in un’accecante speranza. Da qualche
parte nella tua testa una vocina minuta ti grida di smetterla di illuderti, ma
hai preferito abbandonare il buon senso per crogiolarti in quell’improbabile,
impossibile visione: il tuo amato padrino, morto da due anni, sta a pochi passi
da te, seduto su una poltrona.
Quello
è il posto di R.A.B., ma non ti importa, non ci pensi neanche: l’importante è
continuare a seguire tenacemente quella convinzione, tutto ciò che di razionale
ti è stato insegnato lo abbandoni subito per continuare a credere; nulla ha
senso in quello che vedi, ma preferisci non farci caso.
Non
sbatti le palpebre e non distogli lo sguardo da lui perché forse ti sei reso
conto, nel più profondo della tua coscienza, che quello è solo un miraggio, nulla
di reale e di tangibile, non un uomo che puoi abbracciare, con cui ameresti
sfogarti, ma semplicemente una disperata macchinazione della tua mente
sconvolta dal rogo di Hogwarts che non ne può più della solitudine.
“Sirius…?”
Il
fiato ti esce di bocca come un’invocazione, una conferma… che cos’è? Vorresti
un’immediata risposta, anche se la temi quasi più della morte… un’ennesima
delusione, dopo quello che è capitato a Hogwarts, no, tu non te lo meriti.
Sirius è tornato per consolarti, quindi è reale, è vivo.
Sirius
ti sorride, ma è un sorriso che non ti piace: lo hai già visto da qualche altra
parte, lo stesso tipo di sorriso ghignante, derisorio, ma non sulle labbra di
Sirius, quel sogghigno appartiene ad un altro.
Sirius
resta immobile, nascosto nella penombra, non fa niente per confermare la tua
speranza. Tu lo osservi meglio, ma è difficile cogliere i tratti del suo viso,
è lontano dalla luce della luna, mitigata sottilmente dalla nebbia. Ma sei
assolutamente certo della sua identità: Sirius Balck. Gli somiglia
dannatamente, lo cogli dal suo profilo, è identico; non può essere che lui.
D’un
tratto si alza; il tuo cuore sobbalza con lui, il tuo stomaco si stringe, ma
non sai descrivere con precisione il sentimento che ti fa contorcere le
budella. Avanza di qualche passo e si lascia investire dai raggi di luna: il
tuo cuore può smettere di battere all’impazzata, è lui.
*
“Sirius…!”
Esclamò
disperatamente Harry Potter, ora libero da ogni dubbio.
Sirius
sogghignò, forse con un’ombra amara. Gli occhi scuri come l’ebano striati di un
blu profondo scrutarono attentamente Harry Potter.
“Harry,
lascia perdere, non sono lui.”
Non
appena le labbra di Sirius si richiusero, il cuore di Harry sprofondò in
qualcosa di talmente oscuro e doloroso che persino la visuale di Hogwarts
carbonizzata non reggeva il confronto.
“Cosa…?”
balbettò il ragazzo con quella che avrebbe potuto sembrare la più disperata
delle voci “Sirius, sei tu! Ma come hai fatto?”
Sirius
storse il ghigno, lasciando spazio ad un vago accenno di compassione.
“Ti
ho detto di smetterla” disse lui “Non serve a niente torturarsi con false
speranze.”
Harry
era assolutamente incapace di trovare una spiegazione ragionevole a tutto ciò
che gli stava capitando: ma, d’altronde, Azkaban aveva logorato parecchio la
mente di Sirius, quindi era probabile che manifestasse degli sprizzi di pazzia…
tutto quello che Harry voleva sapere era in che modo Sirius fosse riuscito a
riattraversare il velo dell’Ufficio Misteri: quella spiegazione gli sarebbe
bastata come conferma. La sua speranza non era futile e distruttiva, come
sosteneva Sirius, era invece incoraggiante e vitale… forse.
“Spiegami
come ci sei riuscito, Sirius?” gli chiese Harry con un inspiegabile nodo alla
gola “Come sei riuscito a… a tornare indietro?”
Sirius
alzò un angolo della bocca “Finiscila, Harry, ora stai sfociando nel ridicolo.”
Harry
non lo stava realmente ascoltando, perché non voleva sentire la voce di quello
che credeva essere Sirius, perché quella voce stanca e derisoria non era di Sirius,
apparteneva al vecchio che era venuto ad uccidere.
“Come
hai fatto, Sirius?” borbottò Harry,
marcando con enfasi l’ultima parola, come a volercisi aggrappare.
Il
volto di Sirius si contorse per la rabbia, tutte le tracce di comprensione
volatilizzate in un attimo “Non sono Sirius, dannato ragazzo! Ascolta la mia
voce! Hai capito chi sono?”
Harry
lo fissò assolutamente sconvolto, eppure non fece nulla per ribattere o per dar
segno di avere compreso.
Sirius
emise un grido stridulo, fremendo alla vista dell’immobilità di Harry. Marciò
con decisione verso un angolo della camera, lasciando Harry totalmente
scombinato. L’uomo tornò quasi subito, reggendo tra le mani una ciotola carica
di una sostanza fangosa e dall’aspetto nauseabondo.
Harry
sapeva cos’era: Pozione Polisucco. Ma non batté un ciglio; in qualche modo
l’informazione che i suoi occhi avevano registrato non gli giunse al cervello,
non venne elaborata o interpretata in alcun modo: era solo della Pozione
Polisucco.
“Ora
l’effetto è finito” sibilò Sirius “Questo è il mio vero aspetto.”
Harry
fu colpito come da una violenta scossa: il suo vero aspetto? Che quello fosse
davvero R.A.B.? La voce derisoria era la sua. Ma se quello era realmente il suo
vero aspetto, allora R.A.B. era Sirius… R.A.B., che lui intendeva assassinare
fino ad un attimo prima, era il suo amato padrino?
“Sirius… R.A.B. … Lyons
Kaus?”
Una
serie scoordinata di nomi: in che modo questi fossero legati, Harry non lo
sapeva; ma se davvero erano uniti da qualcosa, dunque Harry aveva sinceramente
desiderato la morte del suo padrino, perché lui aveva architettato la
distruzione di Hogwarts, confabulando con Piton.
Sirius
sbuffò, sembrava totalmente estraneo alla disperazione di Harry, alla
confusione di quel momento “Uno su tre, Harry. Non sono Sirius, non sono Lyons
Kaus, ma sono R.A.B.”
Harry
scosse il capo: Sirius era ambiguo... Sirius faceva dei discorsi assurdi,
totalmente sconnessi.
“Ma,
Sirius…?”
“Ti
ho detto: Basta!” gridò quell’uomo andando fuori controllo “Non sono Sirius!
Non sono mio fratello…”
L’ultima
parola cadde nel silenzio e in una sorta di meditazione.
“Fratello?”
mormorò Harry, senza dare particolare peso alle sue parole: se davvero quello
non era Sirius, allora non gli importava più di niente.
L’uomo
lo scrutò con due occhi tremendamente uguali a quelli di Sirius, aprì
lentamente le labbra, e la voce che ne uscì era quella di R.A.B.“Il mio nome è Regulus Arthemius Black.”
Il
mondo di Harry si concentrò totalmente su quelle parole, mentre la nube di
confusione cominciava a diradarsi, lasciando passo alla medesima rabbia che lo
aveva portato in quel luogo, per uccidere l’uomo che detestava. Delusione e
un’atroce sentimento di repulsione e furia: era stato ancora tradito e
ingannato…
Tradito e ingannato…
Harry detestava i traditori per principio o forse perché, da qualche parte
nella sua anima, un’entità ferita dal rifiuto era naturalmente portata all’odio
verso coloro che la tradivano; non era concessa alcuna seconda possibilità, né
tanto meno perdono, la morte era la soluzione ideale.
E
R.A.B. se la meritava.
Harry
strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure cariche di rabbia; la
bacchetta si rialzò all’istante: una nuova e assassina decisione si risvegliò
nel ragazzo.
Quando
Bellatrix aveva assassinato Sirius, Harry aveva tentato di ucciderla, ma il suo
Cruciatus era risultato debole e poco convinto, ma ora sapeva che se avesse
tentato di eseguire la più fatale delle Maledizioni Senza Perdono non avrebbe
fallito.
Regulus
incrociò lo sguardo mortifero di Harry, gli occhi di coloro che hanno perso
tutti i limiti morali, per cui ogni infamia è lecita “Non lo fare” gli ordinò
con una sottile invocazione nella voce.
Harry
levò più alta la bacchetta “Adesso non c’è nulla che tu possa dirmi, niente che
possa salvarti la vita.”
Regulus
tremò interiormente, ma non lo diede a vedere; sostenne lo sguardo senza
distogliere gli occhi dalla bacchetta puntata contro di lui “E invece credo ci
sia qualcosa di interessante che vorresti sapere. Ad esempio la posizione
esatta di un Horcrux…”
“Finiscila!”
strillò Harry “Ti ho detto che devi stare zitto. Ora sto per ucciderti.”
Le
parole erano sulla punta della sua lingua, ma non volevano uscire. Ogni attimo
esitante che passava con la bacchetta puntata su quella faccia infame, tanto
simile a quella dello zio, era un istante di profonda rabbia: perché non
riusciva ad ucciderlo? Eppure lo voleva con tutto il cuore: non gli importava
nulla di quell’uomo, nemmeno la curiosità lo avrebbe spinto ad informarsi sulla
sua vera situazione, nemmeno la proposta allettante di un Horcrux… voleva solo
ucciderlo, all’istante e senza ripensamenti o rimorsi.
“Non
lo farai. Non ne sei capace. Il tuo animo è troppo tenero per commettere un
omicidio a sangue freddo.”
Harry
non riuscì ad evitare un sogghigno cogliendo nella voce dell’uomo una nota di
supplica, quasi speranza.
“E
invece ti sbagli, io non ho nessun problema ad uccidere i traditori.”
Per
qualche inspiegabile ragione, Regulus riprese a sorridere.
“Non
è questo il tuo pensiero. Lui sta usando le tue labbra e la tua voce come
tramite.”
“Lui?
Chi, Voldemort?” gli chiese Harry con tono ironico, la bacchetta ancora
saldamente stretta tra le dita.
“L’altro:
Lui” ribatté Regulus, calcando sulla
parola un’incredibile solennità “L’entità che entrambi condividete, tu e Riddle
o, meglio, il Signore Oscuro; potrei smetterla di esprimermi come Kaus ora che
conosci la mia vera identità.”
Seguì
un lungo silenzio, interrotto regolarmente dagli ansiti di Harry: levare quella
bacchetta in faccia ad un uomo con la ferma intenzione di ucciderlo, quasi
percependolo come un dovere, era incredibilmente faticoso. La stessa fatica ed
esitazione di Malfoy sulla Torre, un anno fa, ultimo giorno di vita di Albus
Silente… se nemmeno Malfoy, molto più malvagio di Harry e Mangiamorte già da
diversi mesi, era riuscito ad uccidere un uomo, che speranze poteva avere il
buon Grifondoro e Prescelto Harry Potter, l’innocente ragazzino sopravvissuto?
Uccidere non è nemmeno
lontanamente facile come credono gli innocenti.
Le
parole di Silente… Harry scosse il capo, risoluto più che mai, ma non fece
nulla per attaccare Regulus.
Regulus
sembrò approfittare del silenzio per elaborare un discorso arguto e sottile che
avrebbe dissoluto Harry dai suoi propositi omicidi “So per certo che non mi
ucciderai, tale non è il mio destino. La sorte di un Black è molto più
crudele.”
Harry
lo scrutò torvo, conscio delle intenzioni dell’uomo, ma, tuttavia, un briciolo
di curiosità lo spinse ad indagare “Quale sorte?” si arrischiò a domandare.
“La
sorte dei Balck” rispose Regulus “La Maledizione dei Black.”
Harry
rimase di stucco: la Maledizione dei
Black… i Black… quindi anche Sirius.
“Dimmi
di più.”
Regulus
sogghignò impercettibilmente “Si tratta di un anatema relativamente recente,
credo fu formulato venticinque anni fa o poco prima.”
Regulus
si fermò volutamente, lasciando la curiosità di Harry insoddisfatta.
Harry
strinse i denti: lo sta facendo di
proposito. Devo solo scoprire di più stando attento a non cadere nella sua
trappola.
“E
che tipo di Maledizione è?”
“Una
Maledizione davvero crudele” disse Regulus “E come tutte le Maledizioni che si
rispettino termina con una morte crudele.”
Una morte crudele,
ingiusta… “Sirius…?”
A
quel nome Regulus ebbe un sussulto “No, lui no. E’ stato fortunato. Era già
stato diseredato quando la Maledizione fu formulata, ciò significa che
ufficialmente non era un Black e, non appartenendo all’arazzo di famiglia era
immune all’anatema.”
Ormai
Harry aveva dimenticato il suo preambolo: non perdere il controllo, stare ben
attento a non farsi coinvolgere nelle macchinazioni di Regulus, non dargli la
soddisfazione di vederlo pendere dalle sue labbra “Ma allora perché è morto in
un modo del genere, sparendo dietro ad un velo?”
Regulus
storse il naso “Non credo sia morto.”
“Non
prenderti gioco di me!” esplose Harry facendo tremare la bacchetta.
“Calmo”
sospirò Regulus con un accenno di sogghigno che lo fece somigliare
terribilmente a Sirius “Ne sono quasi certo, mio fratello è vivo. O quasi. Ma
di sicuro tornerà, deve terminare il suo lavoro.”
“Quale
lavoro?”
Regulus
sbuffò, virando intenzionalmente il discorso su un altro vertice “La
Maledizione dei Black: venire uccisi dalla persona che più si ama.”
“Non
cambiare argomento” inveì Harry “Rispondi alla mia domanda: quale lavoro?”
“Forse
ho risposto alla tua domanda.”
“Smettila
di fare il vago o giuro che ti…” Harry si morse la lingua: … ammazzo. Forse non ci sarebbe riuscito,
quella sua dannata curiosità stava surclassando la rabbia.
Regulus
colse lo smarrimento di Harry per una fruttuosa occasione. Estrasse la
bacchetta più fulmineo di un lampo e richiamò quella di Harry nella propria
mano.
Harry
si sentì scivolare la bacchetta dalle dita; un instante dopo Regulus la
stringeva saldamente in pugno con aria compiaciuta e pericolosa.
Harry
sentì il sapore della bile e della repulsione invadergli la bocca: se doveva
farla finita era meglio sbrigarsi, non avrebbe tollerato un altro attimo quel
ghigno sprezzante su di un viso così tremendamente simile a quello di Sirius.
“Sbrigati”
disse secco, abbassando il capo.
Regulus
lo scrutò divertito e gettò la bacchetta del ragazzo nell’oscurità del piccolo
locale.
“Non
ti voglio uccidere, piuttosto, voglio che tu mi ascolti.”
Harry
levò il capo con aria rancorosa, tuttavia era interessato alla proposta
dell’uomo la cui vera storia era stata sempre coperta dal mistero e da
innumerevoli allusioni.
“Ti
ascolto.”
Regulus
gli sorrise di rimando, ormai sentendosi padrone della situazione “Certamente
avrai compreso la mia vera identità: Regulus Black, fratello del tuo amato
padrino, presunto morto diciassette anni fa.”
Harry
accennò con il capo, rammentandosi chiaramente della data di morte ricamata
sull’arazzo di famiglia Black a Grimmuald Place.
“Ebbene,
sono tuttora vivo grazie ad un piacevole fraintendimento di persona. Il
sottoscritto ed uno tra i più anziani Mangiamorte venimmo a conoscenza
dell’esistenza degli Horcrux e, quindi, agimmo di conseguenza. In realtà fu una
cosa architetta da tempo ai danni del Signore Oscuro.”
Harry
strinse le labbra: ‘Signore Oscuro’ era l’appellativo che utilizzavano
prettamente i Mangiamorte.
“In
breve tutto terminò con la distruzione dell’Horcrux nella caverna, il
medaglione di Serpeverde.”
“Perché?”
intervenne Harry brusco “Perché avreste dovuto distruggere un Horcrux se
eravate suoi servi?”
“Ecco
perché” ribatté Regulus veemente “L’altro Mangiamorte non tollerava
l’altisonante portata di Lord Voldemort che pretendeva ci rivolgessimo a lui
acclamandolo ‘Signore’ e ci prostrassimo ai suoi piedi: servi, ecco cos’eravamo
diventati, in principio compari, dunque compagni subordinati, infine servi.
L’altro Mangiamorte, grazie alla sua anzianità, aveva potuto assistere al
fenomeno di progressivo decadimento della dignità del Mangiamorte con i propri
occhi; quest’uomo, in qualità di Purosangue altamente altolocato, proprio non
lo digeriva e per questo decise di ribellarsi segretamente. In me trovò un
valido spalleggiatore.”
“Perché?”
insistette Harry “Ho capito i motivi dell’altro, ma i tuoi?”
Regulus
fece una smorfia “Non è poi così importante” disse con voce distaccata
“Piuttosto, distrutto l’Horcrux ci ritrovammo in una posizione di stallo;
eravamo veramente malconci, non avevamo immaginato che la distruzione di un
Horcrux avrebbe comportato un simile dispendio di energia. E alla fine la
notizia del nostro tradimento giunse alle orecchie del Signore Oscuro. Egli si
dimostrò particolarmente tenace nel darci la caccia e nello scovarci ma alla
nostra cattura sembrò più interessato a Lyons Kaus, io fui affidato alle mani
di un Mangiamorte minore. Probabilmente avvertiva di essere stato tradito da un
vecchio amico e compagno di scuola.”
Harry
sbarrò gli occhi “Lyons Kaus?”
“Esatto,
colui che ha fornito la mia copertura per tutti questi anni” disse Regulus
senza l’ombra di un’emozione “Fortuna volle che il soprannome di Kaus, R.A.B.,
fosse identico all’anagramma del mio nome; questo mi fece riflettere: forse
potevo prendere il posto di Lyons Kaus, fingermi lui? Scampato all’esecuzione,
agii in tale modo e continuo ormai da diciotto anni.”
“Il
Mangiamorte incaricato non ti uccise?”
Regulus
accennò col capo “No, mi salvò l’amicizia che ci legava. Buffo, no? Quanto
provvidenziale possa essere il caso.”
“Tu
e il Mangiamorte eravate amici?” chiese Harry, dubbioso.
“Nei
limiti sentimentali di due Serpeverde e Mangiamorte, sì, eravamo buoni amici”
Regulus si interruppe, come a voler dar peso a quelle parole “Sicuramente ne
avrai sentito parlare: Rabastan Lestrange. Ai tempi, suo fratello Rodolphus e
mia cugina Bellatrix si erano da poco maritati e così ci incontravamo spesso ai
ricevimenti a casa Lestrange o Black. Avevamo molto in comune, specialmente
nelle relazioni concernenti i fratelli…”
Regulus
si interruppe bruscamente, come se le sue stesse parole fossero indegne.
“Ma
queste sono storie noiose. In sostanza hai compreso come feci: regolare Pozione
Polisucco con i resti del povero Lyons Kaus.”
“Quello
che non capisco è perché hai voluto prendere il posto di Kaus, non ti bastava
restare Regulus Black?”
“Come
sei semplicistico, Harry. Vi sono cose ben più spaventose di una morte da
braccato, ossia una morte scontata, già prestabilita, un destino con una
destinazione macabra ed infelice.”
Harry
tirò un lungo sospiro di comprensione, gli occhi che cercavano distrattamente
la sua bacchetta abbandonata nel buio “La Maledizione dei Black.”
Regulus
permise ad un vago stupore di intaccare il suo volto, quindi il consueto ghigno
si impadronì della sua espressione “Arguto, Harry. Sull’arazzo è indicata la
data della mia morte e questo è bastato per scampare la maledizione, almeno
fino ad ora” un’occhiata penetrante e dal sentore omicida venne rivolta al
ragazzo “Perché ora tu conosci la mia vera identità, Harry, sai che sono vivo…”
Harry
sobbalzò, cercando con più impegno la bacchetta nell’ombra della stanza. Gli
occhi scintillanti di Regulus, così simili a quelli di Sirius nel loro colore e
nella loro stanchezza, si spensero per un attimo.
“Ma
non posso fare nulla” sospirò l’uomo “Anche per te è riservato un altro
destino. Due grandi Maledizione si intrecciano nel nostro reciproco fato e non
v’è nulla che si possa fare per annullarle. Soltanto un sacrificio estremo
potrebbe bloccare il nostro destino ingrato.”
Harry
bloccò la sua ricerca, concedendosi un attimo per soppesare le parole di
Regulus: Nostro?
“C’è
una Maledizione anche per me?”
“Buffo,
vero?” sogghignò Regulus “Di questi tempi il destino condizionato da terribili
anatemi è all’ordine del giorno per maghi come noi, sfiorati da quella
particolare presenza.”
“Cosa…
cosa mi dovrebbe succedere?” chiese Harry esitante, quasi balbettando.
“Oh,
niente” ribatté Regulus con totale disinteresse “Se davvero, come me, sei stato
semplicemente sfiorato. Ma se la cicatrice sulla tua fronte servisse da
tramite, o da catalizzatore… Due entità simili e perfette non tollerano che
un’altra invada il proprio territorio, una delle due deve necessariamente
morire. E’ la legge della natura: non possono esistere due divinità uguali, ciò
rappresenta il colmo dello squilibrio. Finché una vive, l’altra tenterà di
ucciderla e viceversa.”
Harry
sobbalzò nuovamente: la Profezia. Lui e Voldemort erano legati da un reciproco
sentimento di vendetta omicida: uno dei due sarebbe morto alla fine di tutto.
Era
in quei momenti che Harry avvertiva una forza suprema dalla quale era
totalmente escluso che prestabiliva con infinita precisione tutte le mosse che
avrebbe compiuto in futuro; era in quei momenti che quasi perdeva la speranza,
incatenato in un destino già prestabilito.
Parve
che per un attimo la nebbia si diradò lasciando trapassare dei raggi di luna
più copiosi. La stanza venne illuminata brevemente. Harry scorse la sua
bacchetta in un angolo, proprio ai piedi della poltrona prediletta di Regulus.
Ma gli occhi del ragazzo furono quasi forzati a contemplare la figura dell’uomo
che gli stava davanti, sogghignante: indubbiamente simile se non identico a
Sirius, Regulus aveva i medesimi occhi blu profondo e i capelli corvini dai
riflessi metallizzati, tuttavia trascurati e in parte incolti. Un leggero
strato di barba scura gli incorniciava il mento non in modo volgare, ma
conferendogli un’aria di solenne austerità. Il medesimo fascino naturale che
contraddistingueva tutti i Black, pareva affievolito sul volto stanco ma
comunque sogghignante di Regulus, spossato da molti anni di reclusione e paura.
Solo
quel ghigno beffardo e vagamente fascinoso e un leggero distacco d’età lo
separavano da Sirius. Harry sospirò amaramente: buffo che il sosia del suo amato
padrino fosse anche l’uomo che desiderava morto… Uno dei molti che desidero morto… si ritrovò a riflettere il
ragazzo. Se fosse male o meno desiderare la morte di una persona, seppure
malvagia oltre i normali parametri morali, non lo sapeva, ma comunque gli
lasciava l’impressione, una volta affievolito l’impetuoso odio iniziale, di
aver agito in modo cattivo.
Non può essere così
tanto cattivo desiderare la morte di un traditore, di un vile, di un codardo o
dell’uomo che ha assassinato i tuoi genitori… anzi sarebbe innaturale, è
perfettamente normale che io voglia vederli strisciare ai miei piedi, in una
pozza di sangue, imploranti… e poi finirli.
Lo
sguardo di Harry si era indurito, mortifero, mentre trasfigurava i suoi
pensieri in immagini fantasiose, tuttavia così intense da sembrare concrete e
raggiungibili.
Il
ghigno di Regulus si affievolì appena “A che cosa pensi con quegli occhi?”
“Penso
che somigli molto a Sirius” rispose Harry con una voce bassa e sordida che non
gli sembrava neanche la sua.
Regulus
si agitò inquieto, le palpebre si abbassarono pesanti sugli occhi come in tutte
le altre occasioni che suo fratello era stato menzionato “Molti lo dicevano:
Regulus e Sirius si assomigliano, sono due gocce d’acqua… ma c’è una differenza
incolmabile tra di loro” il ghigno ricomparve sulle labbra di Regulus, questa
volta più sadico e forzato “Regulus è un vero Black.”
Harry
fece una smorfia, mentre la voce di Regulus si caricava di esaltazione:
“Regulus
non si è mai mescolato a degli sporchi Mezzosangue o traditori del proprio
sangue, come invece fa Sirius con Potter, Lupin e Minus… Regulus ascolta sempre
i consigli della madre e del padre e rispetta entrambi con l’adeguata
ubbidienza e devozione, non come Sirius, l’emblema dell’insensata ribellione
adolescenziale, che non sa fare altro che disubbidire, deludere e mettere in
imbarazzo la propria famiglia… Regulus è il perfetto erede della casata Black
con il suo portamento aristocratico e dosato, non come Sirius così volgarmente
alla mano, così squilibrato, troppo esuberante… Regulus è un Mangiamorte, serve
la più nobile delle cause, non come Sirius che è fuggito di casa per vivere
alla babbana con una famiglia di Purosangue in decadenza.”
La
voce di Regulus si smorzò d’improvviso, il tono quasi nostalgico e risentito:
“Ma
ad un certo punto non si parlò più di Sirius, Sirius non era più un Black,
quindi era come se non fosse mai esistito: io ero diventato figlio unico, solo
erede maschio della Nobilissima e Antichissima Casata dei Black. I Black… fu
poco dopo il mio ingresso nei Mangiamorte che scoprii l’entità della
Maledizione che sovrastava la mia famiglia. Davvero un anatema ben congegnato,
ma non scoprii mai chi condannò la mia famiglia alla decadenza, seppi solo che
il destino dell’ultima generazione dei Black, in breve i nomi che stanno
all’estremità dell’arazzo di famiglia, è di morire sotto la mano della persona
che più amano.”
Harry
storse la bocca “E c’è qualcuno che tu ami?” chiese, decisamente scettico e
ironico.
“Certo”
ribatté Regulus, ignorando la provocazione del ragazzo “Ma credevo che quella
persona non mi avrebbe più potuto ferire, già solo il suo rifiuto e il suo
disprezzo nei miei confronti mi parevano una punizione sufficiente, invece,
venni a sapere che sarebbe stato anche il mio carnefice.”
“L’hai
ucciso?” domandò Harry, dubbioso “Voglio dire, se il suo amore non era
ricambiato e se sapevi che in un futuro ti avrebbe ucciso, non avresti potuto
precederlo?”
Regulus
lo fissò con occhi quasi compassionevoli “Oh, che infelice proposta la tua,
Harry: uccidere l’unica persona che davvero amassi? Forse nemmeno un
Mangiamorte potrebbe arrivare a tanto… ma forse mi sbaglio. Forse sono solo io,
povero illuso, che spera ancora di essere ricambiato, di ricevere vero amore da
un’altra persona. Qualcosa mi dice che la felicità somma di un essere è l’amore
reciproco.”
Harry
si stupì molto nel vedere i lineamenti del volto di Regulus addolcirsi che per
un attimo gli sembrò proprio identico a Sirius, lo stesso sorriso nostalgico e
felice di quando parlava delle spensierate avventure dei Malandrini.
Regulus
si rigettò sulla poltrona con un enorme sospiro. Harry rimase in piedi a
fissarlo, interrogativo.
Silenzio.
Scomodo ed inquietante.
Per
Harry risultava molto complicato riflettere immerso in quell’atmosfera tesa,
tuttavia un altro ricordo gli era riaffiorato alla mente: era un dubbio
piuttosto fastidioso che non aveva smesso di assillarlo, soprattutto dopo la
caduta di Hogwarts.
“Perché
stavi parlando con Piton?”
“Affari
nostri, suppongo” ribatté Regulus con il consueto ghigno beffardo.
“Stai
dalla parte di Voldemort?” chiese Harry, con insistenza.
Regulus
fece spallucce “No.”
“E
allora perché Piton…?”
“Niente
che ti debba interessare” lo interruppe bruscamente Regulus “Piuttosto ho
un’altra proposta per te. Mi sono stancato di questo gioco noioso che è
divenuta la mia vita.”
“Sentiamo,
allora” disse Harry con un vago tono ironico. Che cosa c’era di più importante
di scovare la vera indole di Severus Piton?
“Ora
ti dirò dove trovare un Horcrux.”
*^*^*^*^*^*
[L’odore di cenere;
brucia via, l’innocenza]
L’odore
di cenere di per sé non aveva mai dato fastidio a Ron.
Lo
aveva associato facilmente (e molte volte) al caminetto della Sala Comune, alla
pittoresca immagine di lui, Hermione e Harry seduti sulle poltrone, sorridenti,
a parlare della giornata scolastica o – non raramente – più seri a discutere le
prossime mosse della loro infantile “guerra contro il male”.
[Adesso,
tutto si era incrinato.]
L’odore
di cenere, ora, creava un’altra immagine nella sua testa, ben meno serena.
La
Foresta Proibita, che aveva fatto a molti paura e che molti segreti aveva
celato dentro di sé come molte avventure, mentre soccombeva contro le grandi
fiammate di fuoco.
Il
castello, devastato, diroccato, divorato dalle fiamme. Lo stesso castello
grazie a cui aveva imparato la magia, in cui aveva riso con Harry, in cui aveva
litigato e baciato Hermione, in cui molte generazioni della sua famiglia erano
usciti maghi e streghe adulti.
Distrutto. Tutto.
È il prezzo della
guerra, si disse. È
il prezzo della crescita.
Bambino, corri.
Fuggi via da
questa realtà [che fa male].
Stai crescendo,
bambino.
Non è più la
lotta bene contro male.
Solo una lotta
per la sopravvivenza…
Essere dalla
parte del giusto
è una semplice
fatalità.
Ma c o m b a t t i, bambino, ormai uomo.
Per non perdere
ciò che hai di più caro
(Anche i tuoi valori, se vuoi.
Anche per le persone che ami, se devi.
Anche per me, se puoi.)
*
[Via da Hogsmeade
L’ansia di Ginny]
Hermione
si riscosse dalla vista del castello in fiamme. Aveva gli occhi arrossati,
umidi per le lacrime e la cenere, ma capì per prima che non potevano rimanere
lì.
“Ron!”
esclamò aggrappandosi al maglione del ragazzo, i cui occhi rimanevano fissi
sullo scenario infuocato di Hogwarts. “Ron!” lo richiamò, scuotendolo.
Questi
parve rinvenire da un incubo tremendamente reale, si voltò verso di lei con
espressione stupita ‘Uh?’.
“Non
possiamo rimanere qui! Ci saranno gli Auror che verranno a prendere i sopravvissuti
e noi dobbiamo-”
“Hermione,
Ron non possiamo stare qui!” l’aveva interrotta Ginny, arrivando tutta
trafelata di corsa. “Dobbiamo avvertire Harry! Dobbiamo fargli sapere che
stiamo tutti bene!”
“Ginny,
cosa…?” Ron non ebbe il tempo di chiedere nulla perché ogni suo pensiero si
cancellò nell’istante in cui sua sorella si aggrappò al suo maglione, gridando
frasi sconnesse rotte dai singulti che scuotevano il suo esile corpo con una
facilità che lo sorprese e lo spaventò (era da tanto tempo che non si trovano
così, lei in lacrime e lui nel ruolo [patetico, inutile] del consolatore.)
“Ginny.”
Riuscì vagamente a sussurrare.
“Ti
prego Ron, andiamo da Harry, morirà di sensi di colpa se non lo troviamo! Lui e
quel suo dannato complesso dell’eroe…” la presa sul suo maglione si fece più
ferrea, quasi convulsa; la faccia di Ginny si nascose tra le pieghe
dell’indumento, mentre lei la sfregava, come per fermare le lacrime. “Starà
male di nuovo, Ron!, lo sai quanto è stupido… non voglio che stia male, voglio
che stia calmo e lo sarà solo se saprà della nostra incolumità!”
“Ginny…”
la voce di Hermione era incrinata.
Ronald
Weasley chiuse gli occhi, come per convogliare a sé le energie, e sospirò
forte. La sua mano si mosse verso i capelli della sorella, prendendo ad
accarezzarli amorevolmente, nonostante il suo disagio – non si era mai sentito
bravo a consolarla. Di solito era lui a farla piangere, da bambina.
“Non
ti preoccupare Ginny.” Bisbigliò. “Lo avviseremo e lui si tranquillizzerà, ok?
Andrà tutto bene…”
La
ragazza annuì, stringendolo di più a sé, e cercando di calmare i singulti. Ron
le accarezzò per qualche minuto la testa rossa e intanto incatenò lo sguardo
con Hermione, che sorrideva, commossa. Arrossì un poco.
“Uhm,”
disse infine, baciando la fronte di Ginny. “Andiamo?”
Lei
annuì nuovamente, asciugandosi gli occhi con la felpa grigiastra. “Dove?”
“Direi
che il provvedimento più saggio è andare al Ministero e avvertire l’Ordine,
Harry potrebbe tornarci e, poi, così avremmo svolto la nostra missione.”
Intervenne Hermione.
Ron
annuì. “Bene. Dato che siamo fuori da Hogwarts, possiamo Smaterializzarci, vero
Hermione?”
“Se
avessi letto ‘Storia di Hogwarts’, Ron…” ironizzò Hermione, facendo ridacchiare
Ginny e arrossire le orecchie di Ron.
“Risparmiami
la predica, So-Tutto-Io.” Borbottò contrariato il rosso.
Ginny
si staccò da lui. “Eddai, fratellone, sbrighiamoci a raggiungere il Ministero.
Mi Smaterializzerò assieme a voi, anche se è illegale.”
“Quando
hai imparato a …?”
Ginny
sogghignò, le guance ancora umide. “Hermione.”
Ron
alzò gli occhi al cielo. “Ah, donne.
Riescono sempre a farmela.”
Con
tre sonori e secchi ‘Blop!’, si smaterializzarono per giungere al Ministero.
*^*^*^*^*^*
Covo Oscuro
[Ricompensa negata – Vendetta:
Gelosia]
Felicità
ed esuberanza erano spesso interdetti all’interno del Covo dei Mangiamorte, ma
quello era un giorno speciale. Un’orda impressionante di Mangiamorte si era
riversata nella Sala Principale: decine e decine di uomini incappucciati si
sbracciavano e si scalmanavano tutti febbricitanti dalla gioia, ignorando l’afa
opprimente: quel giorno si festeggiava la sconfitta di Hogwarts, il più
imponente simbolo eretto a scapito del Signore Oscuro.
Il
Ministero, Auror, Eclitti, Ordine della Fenice, tutti erano rimasti scioccati
dal repentino e diabolico attacco dei Mangiamorte: senza pietà avevano
stroncato la vita di centinaia di innocenti. Pensare che potessero essere maghi
al loro pari, con una simile morale, praticamente inesistente, li aveva gettati
nello sconforto… davvero non se la sarebbero aspettata una cosa del genere,
neanche dai crudeli Mangiamorte.
Ma
i Mangiamorte festeggiavano. Quelli più giovani roteavano per la stanza senza
la minima coordinazione, febbricitanti al limite della follia, così come i
Lestrange, Bellatrix, Rodolphus e Rabastan che pazzi lo erano davvero.
Ai
margini della sala si erano raccolti i pochi Mangiamorte dal portamento
inviolabilmente austero che contemplavano con una vaga vergogna il bordello di
gaiezza dei propri compagni. Fra questi vi erano Lucius Malfoy e Severus Piton,
qualche metro più in là, poggiato malamente contro il muro, Draco Malfoy,
l’unico giovane che aveva resistito alla tentazione di gettarsi nella mischia
febbricitante dei Mangiamorte. Il suo sguardo, vacuo, era l’unico in tutta la
sala che avrebbe potuto esprimere un vago giudizio di rimprovero: forse non era
così decoroso imbastire una festa con uomini quasi invasati da un massacro
indegno… ma era solo un’idea fievole in mezzo al tripudio schiamazzante dei
Mangiamorte.
Samantha
stava al suo fianco, più preoccupata ad osservare le emozioni che combattevano
sul volto impenetrabile di Draco, più che a partecipare alla festa dei
Mangiamorte. Le feste le piacevano ma quella aveva un insopportabile odore di
perverso, come se al solo prendervi parte si rischiasse di macchiarsi con una
vergogna indelebile.
D’improvviso
lo schiamazzo tacque. Lord Voldemort fece il suo ingresso nella stanza, lento
nei movimenti e quasi solenne, gli occhi socchiusi, e la bocca piegata in un
leggero ghigno. Preso posto sul trionfale trono della stanza rivolse ai suoi
Mangiamorte un sogghigno esaltato:
“Dunque… Avete il permesso di continuare i vostri festeggiamenti, ve lo
meritate. Ciò che avete fatto è meritevole di lode ed onore.”
I
Mangiamorte esplosero in grida di acclamazione:
“Evviva
il Signore Oscuro! Evviva!”
Si
levò un incomparabile giubilo dalla folla, omaggi e onori tutti rivolti a Lord
Voldemort.
Il
tumulto non cessò per più di due ore, finché i Mangiamorte, spossati da quel festeggiamento
folle, cominciarono ad uscire dalla sala. Infine restarono solo i sette
comandanti che avevano diretto la missione di distruzione della scuola: Darcy
Donovan, Severus Piton, Lucius Malfoy, Bellatrix e Rodolphus Lestrange, Draco
Malfoy e Samantha Drake. Naturalmente, in un angolo della stanza, Fenrir
Greyback sogghignava con il suo impareggiabile latrato inumano.
“Eccovi,
il motivo del mio orgoglio” esordì Lord Voldemort. Gli otto si inginocchiarono
rispettosamente.
“La
vostra missione è stata un pieno successo. Devo dirmi soddisfatto,
assolutamente. E, naturalmente, oltre alla mia approvazione guadagnerete altro:
un omaggio e un premio a ciascuno di voi. L’omaggio è una più alta
considerazione delle vostre capacità, maggiore rispetto da chiunque, nonché,
maggiori favoritismi da parte del sottoscritto. Il premio è una richiesta;
ditemi cosa desiderate ed io farò il possibile per esaudirvi, naturalmente la
richiesta deve rientrare nei parametri del possibile e del decoroso. Inoltre,
per Darcy Donovan che ha capeggiato l’intera operazione conferisco la carica
speciale di comandante supremo delle truppe combattenti dei miei Mangiamorte.”
Neanche
il volto austero di Doppio Dolore riuscì a celare l’immensa soddisfazione
“Grazie, mio Signore.”
Lord
Voldemort reclinò la canuta testa bianca e viscida in segno di approvazione
“Ora procediamo con l’assegnazione dei premi: fatevi avanti ed esponete i
vostri desideri.”
Il
primo a presentarsi al cospetto del Signore Oscuro fu Greyback che con la sua
consueta bramosia selvaggia espose una tale richiesta che persino l’impassibile
volto di Lord Voldemort cedette ad un poco di divertimento.
“Pare
che anche dopo la luna piena i tuoi, Fenrir, sia gli atteggiamenti tipici della
bestia” commentò l’Oscuro Signore con un lieve sogghigno.
Greyback
si inchinò goffamente, esponendo i denti immensamente aguzzi: evidentemente per
lui quello era un complimento.
“Vi
ringrazio, mio Signore.”
Lord
Voldemort lo contemplò con aria allietata “Il tuo premio ti sarà recapitato questo pomeriggio, lo selezionerò io
personalmente; non hai di che preoccuparti.”
“Certo,
mio signore” ribatté Fenrir con un mezzo latrato euforico “Ne sono onorato.”
Darcy
Donovan si fece avanti con passo solenne. Bellatrix soffiò indignata; come si permetteva
quell’uomo ad atteggiarsi così pomposamente di fronte al Potente Signore
Oscuro? Lord Voldemort lo guardava di sottecchi, in parte divertito: il
Mangiamorte ambizioso cedeva sempre alla sua vanità.
“Mio
signore” disse Doppio Dolore inchinandosi senza troppo esagerare.
“Sono
davvero curioso, Darcy” sogghignò il Signore Oscuro “Perché temo che mi porrai
una richiesta impropriamente eccessiva.”
“Non
mi permetterei mai, mio Signore” rispose Donovan, e dalla sua voce non era
distinguibile né ironia, né serietà “Detesto eccedere. Vorrei semplicemente il
permesso di addestrare una recluta.”
“Una
così misera richiesta? Da parte tua, Donovan? O suvvia” disse Lord Voldemort in
tono ironico e di leggero rimprovero.
“Si
tratta di una recluta molto speciale, dalle immense potenzialità, oserei dire”
soggiunse Doppio Dolore “e che si è dimostrato particolarmente meritevole di
lodi dato il suo più che utile appoggio nella Camera dei Segreti.”
Dietro
di lui, Bellatrix sibilò: attendeva con trepidazione i consensi del Potente
Signore Oscuro per l’ottima missione svolta da lei nella Camera ed ora Doppio
Dolore intendeva adombrare il suo impeccabile impegno; dopotutto il ragazzino
si era limitato a biascicare in Serpentese, forse permettendole di risparmiare
un poco di tempo, ma niente di più.
“Il
suo nome è Josh Currey” annunciò Darcy Donovan.
Piton
lo squadrò da dietro: ancora un impercettibile tremolio nella voce di Donovan,
che solo un udito pronto a cogliere i turbamenti come il suo poteva percepire.
Cosa nascondeva Josh Currey di tanto spaventoso da far tremare persino la voce
ferma e risoluta dell’impassibile Doppio Dolore? Ma non si arrischiò a dire
nulla, per ora, almeno.
“Se
ci tieni così tanto non posso che acconsentire, anche se mi sorprendo alquanto.
Mi comunicherai i progressi di questa eccezionale recluta quando saranno
meritevoli della mia attenzione” concluse Lord Voldemort in tono imperioso, il
sogghigno scomparso. Anche lui, come Piton, cominciava a sospettare qualcosa.
Donovan
si ritirò con un rispetto alquanto discutibile, nettamente in contrasto con lo
slancio di assoluta devozione ed obbedienza che Bellatrix Lestrange mostrò al
suo signore, prostrandosi ai suoi piedi.
“Come
sempre, Bella, valorizzo la tua devozione” attaccò Lord Voldemort, il sogghigno
improvvisamente tornato sulle labbra “Tu e tuo marito potete espormi la vostra
richiesta.”
Anche
in un immenso gaudio come quello, inchinata lì, di fronte al Potente Signore
Oscuro, Bellatrix non poté evitare una smorfia: sempre i Lestrange, mai
Bellatrix. Era perennemente condannata a sentirsi apostrofare moglie di un uomo
che aveva sposato per pura carità verso la sua casata in declino. Lei sola
avrebbe dovuto rifulgere agli occhi di Lord Voldemort, lontana da Rodolphus che
invece insisteva nel volerle stare appiccicato come un insopportabile
parassita.
Rodolphus,
inchinatosi profondamente ai piedi del Signore Oscuro, squadrò la moglie, in
attesa che formulasse la richiesta: lui non aveva nulla in mente, del resto,
aveva la più che concreta sensazione di aver lasciato la mente ad Azkaban; la
testa che aveva sulle spalle eseguiva ancora i suoi desideri, ma gli serviva
solo per compiere meccanicamente ordini e tutto ciò che un uomo doveva fare per
sopravvivere. Poi il suo cuore era sempre stato di Bellatrix, anche se in un
modo insolito ed impetuoso, totalmente estraneo al romanticismo.
Da
Azkaban era uscito completamente vuoto, come una marionetta, ma, stranamente, i
fili che lo legavano a Bellatrix c’erano ancora, addirittura rafforzati, l’unico
appiglio ad una mente né lucida, né sana, ma che sapeva ancora prendere
decisioni, reagire, combattere con furore. Forse non si rendeva conto di essere
considerato alla stregua di un insetto fastidioso e ronzante dalla moglie, né
di essere completamente dipendente da essa, qualcosa di cui, prima di Azkaban,
se ne sarebbe vergognato a morte.
“Tutto
ciò che desidero io è la vostra fiducia, mio Signore e la vostra ammirazione,
se non è troppo chiedere” pronunciò Bellatrix con la voce che vibrava dall’emozione
e gli occhi scuri e tremanti spalancati.
“Mi
sarei aspettato qualcosa del genere, Bella. E, sì, accetto con molto piacere.
Naturalmente anche a tuo marito sarà riservato lo stesso privilegio, se lui è
d’accordo” Voldemort fece scorrere le sue iridi serpentine verso Rodolphus.
Lestrange
accennò vigorosamente col capo, senza bisogno di una conferma visiva per
cogliere lo sguardo di Bellatrix: ‘se rifiuti o manchi di rispetto al nostro
Potente Signore, io ti ammazzo.’
“Certamente,
mio Signore, è un onore immenso per me.”
In
verità, Rodolphus non provava nulla per quell’uomo che prima di Azkaban aveva
ispirato parte della sua fiducia e ammirazione: tutto ciò che lo legava al
mondo era Bellatrix e lei, quell’uomo, lo ammirava alla follia e a lui questo
bastava: gli occhi di Bellatrix brillavano sempre quando contemplavano l’Oscuro
signore; ormai Rodolphus non riusciva a concepire nemmeno la gelosia.
Quando
i Lestrange furono tornati al loro posto, Lord Voldemort indugiò sulla figura
nera e ossuta alla destra di Rodolphus.
“Severus,
del tuo compenso ne parleremo dopo, in privato” accennò Lord Voldemort con
dolcezza, suscitando un’ondata di gelosia.
Piton
si inchinò prontamente “Certo, mio Signore.”
Lord
Voldemort fece un rapido cenno alla figura alla destra di Piton, un uomo alto,
biondo e dallo sguardo glaciale e implacabile. Lucius Malfoy si inginocchiò al
cospetto dell’Oscuro Signore non tralasciando il decoro di un potente lord.
“Dunque,
Lucius, che cosa desideri?”
“Una
totale riabilitazione, mio Signore, se è possibile” affermò Lucius in tono
deciso tuttavia rispettoso “Rispetto e affidabilità al pari del mio apice di
successo, prima del fallimento al Ministero, mio Signore” la voce di Lucius si
incrinò leggermente “Non desidero nient’altro.”
“Ovviamente,
Lucius” disse Lord Voldemort “Il tuo pieno successo nell’operazione affidatati
ad Hogwarts più il recupero del veleno di Acramantula ti hanno riabilitato
pienamente ai miei occhi e oltre. Avrai tutto il rispetto che meriti.”
Il
volto di Lucius si arrossò dalla soddisfazione “Grazie, mio Signore.”
Samantha
venne dopo di lui, anche lei si inchinò rispettosamente.
Lord
Voldemor la squadrò con curiosità; non poteva prevedere la richiesta della
ragazza, d’altronde aveva avuto poco tempo per comprenderla a fondo “Parla,
Samantha.”
“Anch’io
richiedo fiducia, mio Signore” cominciò la Mangiamorte in tono risoluto “Ma non
per me, la richiedo per altri.”
“Spiegati”
sibilò Lord Voldemort.
“Mi
è giunta una comunicazione dalla sede dell’associazione che gestisce il
progetto D.I.O. (Diffusione Internazionale Oscura) che sono in molti a voler
prendere attivamente parte alla seconda guerra magica, qui in Inghilterra. I
miei superiori hanno selezionato accuratamente i migliori campioni sia in
intelligenza, forza, scaltrezza e perfidia. Questi miei colleghi amerebbero
immensamente potersi rendere utili e combattere per la Nostra Causa, mio
Signore. So che di questi tempi con la pressante intromissione di alcune
società occulte l’I.M.M.U.N.D.O. ha perso di affidabilità ai suoi occhi, mio
Signore, ma la prego di conferire a questi eccezionali maghi la possibilità di
potersi battere per lei e di poter riacquistare pienamente la sua fiducia.”
Per
un qualche oscuro motivo, Darcy Donovan sogghignò.
“Ti
avrei detto di attendere una mia decisione, Samantha, ma visto che ti sei
dimostrata all’altezza del compito affidatoti approvo con immediatezza la tua
richiesta. I tuoi colleghi sono liberi di unirsi ai miei Mangiamorte.”
Draco
la fissò con occhio critico: Samantha sorrideva in un modo inconsueto, come a
voler celare un altro sentimento oltre alla gioia.
“Grazie,
mio Signore” disse e ritornò al suo posto, al fianco di Draco che aveva
cominciato a muovere qualche passo verso il trono di Lord Voldemort.
Samantha
colse di sfuggita uno sguardo ansioso negli occhi solitamente freddi e
impassibili di Draco; il ragazzo si stava mordendo il labbro inferiore tenendo
le mani fortemente serrate e quasi tremanti. La Mangiamorte sobbalzò: cosa
voleva chiedere quello stupido?
Draco
si inchinò. Voldemort sogghignò appena, l’insensatezza e l’impulsione di quel
ragazzino lo rendevano molto curioso: già una volta aveva osato eccedere e
disubbidire ai suoi ordini, chissà se avrebbe avuto il coraggio di ripetere
quella sciocca impresa.
“Parla,
Draco.”
Draco
smise di tormentarsi il labbro, rendendosi vagamente conto della precarietà
della sua domanda, ma doveva farlo, convincere il Signore Oscuro ad approvare
la sua richiesta, a tutti i costi.
“Mio
Signore” cominciò con voce ansante, gli occhi fissi sul pavimento e una
sgradevole sensazione di vulnerabilità e di pericolo in gola “Mi è giunta voce
delle intenzioni del Ministero, Signore, di come intendono controllare il
‘problema Mangiamorte’ - sperò di non essere risultato impudente – anche a lei,
mio Signore, ne è giunta notizia?”
“Spiegami
tu, Draco” sentenziò Lord Vodemort con tono insinuante.
“Dopo
il crollo di Hogwarts il Ministero ha intrapreso un’offensiva più feroce” senza
volerlo, la voce si incrinò in un mugugno “Il Ministero ha emanato un editto
speciale che prevede l’imprigionamento dei sospettati Mangiamorte e…
l’eliminazione di tutti i membri delle famiglie accertate Mangiamorte.”
Le
labbra di Lord Voldemort si storsero in un sogghigno “Comprendo, tua madre…”
“Esatto,
mio Signore” affermò Draco con la voce poco più alta di un sospiro “Vorrei che
venisse mandato qualche Mangiamorte per condurla fino al Covo Oscuro, così sarà
al sicuro.”
“Credo
proprio che non sia possibile, Draco.”
Il
fiato di Draco si mozzò di colpo “Ma… ma” balbettò incoerentemente, il sudore
scendeva libero lungo il volto “Perché?”
Bellatrix
sibilò: come si permetteva quell’impudente di suo nipote? Come poteva
contestare una decisione del Potente Signore Oscuro? Doveva accettare il
rifiuto in silenzio. Forse non pensò nemmeno che la donna la cui vita era in
gioco non era solo la madre di quel suo nipote impudente ma anche sua sorella,
un tempo la sua migliore amica, la sua confidente… Lord Voldemort era tutto per
lei, in quei momenti la sua imponente figura oscura riusciva ad offuscare tutto
il resto, inclusa la sua amata sorella.
“Perché
probabilmente il Ministero sta già tenendo sotto controllo Malfoy Manor e se
mandassi i miei Mangiamorte a salvare tua madre per condurla al Covo svelerei
automaticamente la nostra posizione: anche se sono degli incapaci quelli del
Ministero hanno sufficiente abilità per pedinare tua madre e gli altri sino al
Covo Oscuro. Non posso rischiare di svelare la nostra nuova base operativa solo
per salvare una donna che, tra l’altro, non è nemmeno una Mangiamorte attiva.
Quindi devi cambiare richiesta, Draco” concluse Lord Voldemort in tono
totalmente asettico.
Draco
rimase completamente immobile, aveva smesso di tremare ed ansimare: la sua era
la calma che preannunciava la tempesta.
Alle
sue spalle Samantha continuava a fissarlo, esasperata: non fare lo stupido, non fare lo stupido…
Lord
Voldemort lo fissava incuriosito: il giovane Malfoy se ne stava quieto e
tranquillo ai suoi piedi, comportamento decisamente insolito data la portata
della sua dichiarazione: sua madre era praticamente morta. Aveva sperato che il
ragazzino facesse qualcosa di avventato o che cedesse a quella sua ridicola
impulsione sentimentale… forse aveva imparato a controllarsi.
Ma
l’Oscuro Signore non sospettava che dietro a quell’incorruttibile calma
fremesse una rabbia talmente pulsante da aver paralizzato tutto il corpo del
ragazzo. Fare un’altra scelta? Come se esistesse un’opzione più importante
della vita della propria madre… Voleva metterlo alla prova, vedere fino a che
punto avrebbe resistito la sua pazienza?
…solo per salvare una
donna che, tra l’altro, non è nemmeno una Mangiamorte attiva…
Maledizione!
Quella donna era sua madre ed era anche la sorella e la moglie di altri due
Mangiamorte… ma allora perché non intervenivano, reclamando al suo fianco,
implorando il Signore Oscuro perché la salvasse? Perché poi doveva decidere lui
della vita di sua madre? Non era forse libero di andare a salvarla? Che
stupido! Da quando si era unito ai Mangiamorte non era stato più libero di fare
nulla.
Sapeva
che se avesse reagito come gli comandava la sua rabbia sarebbe finito
ammazzato… ma francamente non gli importava. In quel Covo Oscuro anche il
valore della propria vita, che aveva sempre giudicato preziosa ed inviolabile,
lo considerava superficiale, se non superfluo, anzi, cominciava a diventare un
peso con tutto quel dolore, quel rifiuto, quelle delusioni.
Eppure
non poteva cedere alla rabbia, perché avrebbe condannato sua madre a morte.
Doveva sopravvivere ed aiutarla, anche se poi avrebbe dovuto disobbedire ad un
ordine diretto del Potente Signore Oscuro.
Si
inchinò profondamente, gli occhi ancora incollati al suolo. Sapeva che se li
avesse levati e incrociati con le iridi penetrati di Lord Voldemort tutta
quella rabbia che gli ribolliva in corpo sarebbe stata dannatamente evidente.
Ingoiò saliva a vuoto e dischiuse le labbra, sperando in cuor suo che anche la
voce non lo tradisse, che la rabbia non avesse contaminato anche quella:
“Comprendo
mio Signore” disse con voce spaventosamente neutrale “Ma non desidero
nient’altro.”
“Allora
puoi ritirarti.”
Draco
si levò di scatto, il capo chino e tornò al suo posto. Sapeva che avrebbe
dovuto dire ‘Grazie, mio Signore’, ma
era davvero troppo, quelle parole, sulle sue labbra tremanti di rabbia,
sarebbero inconfondibilmente state impregnate di veleno e odio.
Fissò
suo padre di sottecchi: il volto impassibile. Di colpo tutta la rabbia che
aveva accumulato in seguito al rifiuto di Lord Voldemort virò su suo padre e su
quell’insopportabile volto austero ed impassibile.
“Potete
andare.”
Avvertì
le parole dell’Oscuro Signore molto lontane e, meccanicamente, le sue gambe lo
condussero all’uscita della sala: tutto il suo essere concentrato sull’odio
verso il padre.
*
Draco
uscì dalla Sala Regia con un forte senso di rimpianto e rancore.
Lucius
gli passò accanto con aria indifferente; il ragazzo avvertì la rabbia e il
disprezzo: di come suo padre lo trattasse ormai non gli importava molto, ma il
fatto che sdegnasse così glacialmente il pericolo che correva sua madre lo
caricava di una collera incomparabile, proprio quella che nasce dal rifiuto di
una persona cara.
Ora
mai non aveva più molto da dire a suo padre, se non parole vuote cariche di
sdegno e alterigia: il mito, l’idolo paterno che aveva ispirato la sua infanzia
era crollato miseramente.
Suo
padre, Lucius Malfoy, scomparve nell’oscurità del corridoio.
“Ehi,
Draco!”
Una
distrazione giunse dalla persona di Pansy Parkinson: ragazza superficiale, nevrotica,
ma che lo gratificava e lo contemplava con occhi carichi di ammirazione.
In
quel momento la necessitava: aveva bisogno della sua superficialità per
immergersi in un mondo semplicistico libero da ogni turbativa, della sua
ammirazione perché lo potesse riverire, non importa cosa lui facesse o dicesse,
in completa devozione, senza impicciarsi troppo delle sue faccende private, che
si limitasse a tenergli la testa sulle ginocchia e ad accarezzargli i capelli,
sussurrandogli parole di venerazione.
Non
aveva alcun bisogno di una consolazione profonda da una persona che in fondo lo
capiva, avendo condiviso con lui i medesimi momenti di disperazione. Il suo
sguardo volò ad una certa Mangiamorte: lei no. Samantha lo conosceva troppo
bene, aveva imparato a percepire le sue emozioni, lo aveva visto vacillare più
di una volta: lo capiva con troppa indiscrezione, aveva appreso il suo lato più
fragile, che il ragazzo aveva sempre voluto tenere nascosto agli estranei.
La
loro intesa rischiava di diventare troppo forte e Draco non avrebbe tollerato
un altro essere umano infiltrato nella sua più intima sfera di affezione, come
suo padre. Quell’uomo che poi lo aveva deluso mortalmente proprio perché
rappresentava una persona cara. Forse aveva paura di avvicinarsi troppo al
prossimo, perché conoscendo profondamente una persona e facendosi conoscere a
sua volta si rischiava un’inguaribile ferita, intensa e impossibile da sanare.
Meglio
restare distaccati e glaciali: mantenendo le appropriate distanze non si
rischiava nulla.
“Un’altra
riunione, accidenti! Sembra che tu sia veramente importante qui” squittì Pansy
avvicinandosi parecchio a Draco che, con enorme sorpresa e compiacimento della
ragazza, la afferrò per un polso, continuando a camminare a braccetto.
“Sì,
sono abbastanza importante” rispose Draco con enorme sollievo: qualsiasi cosa
gli sarebbe uscita dalla bocca, Pansy avrebbe continuato a riverirlo.
Draco
percepì qualcosa di inquieto agitarsi alla loro destra. Con una rapida occhiata
scorse il broncio contrariato di Samantha Drake: quella Mangiamorte che aveva
ucciso Goyle e che insisteva nel volergli stare vicino, nel volerlo conoscere…
e lui che quasi intendeva ricambiare. Meglio troncare il problema alla radice.
A
lui era riservato un trattamento speciale, Samantha insisteva sempre nel
volerlo accanto per assicurarsi che non si ferisse. C’era un’unica spiegazione
alla pazienza e all’apprensione della ragazza che risultava, al contrario,
snervata e seccata con gli altri Mangiamorte.
Draco
sogghignò impercettibilmente: aveva sempre avuto fiuto per quel genere di cose,
si accorgeva senza troppa malizia quando una ragazza si interessava a lui.
Quella era l’occasione ideale per allontanare definitivamente Samantha Drake,
per farla soffrire, per punirla per quello che aveva fatto a Goyle.
“Sei
proprio fantastico” continuò Pansy aggrappata al suo braccio “Ho sempre creduto
che saresti arrivato molto in alto, sicuramente sarai molto soddisfatto…”
Un
ampio sbuffo scettico li raggiunse alle spalle: Samantha contemplava i due con
un vago senso di divertimento e un’accentuata aria turbata.
Pansy
si accostò maggiormente a Draco per sussurrargli all’orecchio “Possiamo andare
da un'altra parte. Non mi piace che quella tipa ci segua ovunque. Credo che tu
le interessi, è così evidente, no? Forse dovresti mettere in chiaro le cose”
quindi si aggrappò con più tenacia al suo braccio.
Anche
se Samantha non aveva inteso a pieno le parole di Pansy, solo il tono
squittente e l’eccessiva complicità nei confronti di Draco le bastarono per
prendere in considerazione l’idea di freddarla all’istante.
“Temo
che questo non sia possibile, Pansy” disse Draco con voce calma e dosata
“Perché dovremo condividere l’alloggio con lei. Vieni, ora ci smaterializziamo
là, stringi quanto vuoi.”
Pansy
emise un risolino nervoso e, puntandosi sui piedi, lanciò le braccia al collo
di Draco, affondando la faccia nell’incavo del suo collo.
Samantha
ebbe giusto il tempo di realizzare a pieno la dichiarazione di Draco: lei, lui
e l’altra lei nello stesso appartamento? E ora l’altra lei che si appiccicava
come un’ostrica al suo lui? E i due che sparivano abbracciati?
Samantha
si arrese ad un sorrisetto sadico con una vaga aria d’intesa. Dunque il suo lui
aveva di certo architettato tutto per fargliela pagare: scatenargli
un’indomabile gelosia? Tsk, proprio folle il suo lui a voler testare il limite
di sopportazione di Samantha Drake. Ma lei sarebbe stata più che
accondiscendente a dare una breve ed intensa manifestazione del suo punto
limite di sopportazione: poi se ne sarebbero guardati entrambi dal volerla
scatenare di nuovo.
La
Mangiamorte cominciò la smaterializzazione, riflettendo distrattamente da
quand’era che aveva cominciato a pensare a Draco come al ‘suo lui’.
*^*^*^*^*^*
Ministero – San Mungo
[Il Salvatore dei Granger – Une bonne nouvelle!]
Il
rifugio dell’Ordine era ben nascosto, merito degli speciali accorgimenti del
nuovo comandante della squadra, il misterioso Albatros.
Innanzitutto,
bisognava conoscere il giusto punto su cui era possibile invocare un
incantesimo speciale per materializzare la soglia, e, secondariamente, per attraversarla
era necessario rientrare in una lista speciale, sigillata da un potente ed
invalicabile Incantesimo di Protezione elaborato dallo stesso nuovo ‘capo’
dell’Ordine.
Ron,
Hermione e Ginny stavano percorrendo i corridoi, cercando di non incappare in
qualche squadra di protezione; ma la marcia si rivelò presto una passeggiata, dato
che il Ministero sembrava svuotato: innumerevoli Auror ed Eclitti erano caduti
ad Hogwarts e i rimanenti soccorrevano quanti era ancora possibile salvare.
Comunque,
con tutta probabilità, aveva riflettuto Hermione, alcune delle squadre Auror, saputo
dell’attacco dei Mangiamorte, avrebbero dovuto restare di vedetta al Ministero
per preservare l’ultimo quartier generale rimasto alla Resistenza Oscura.
E
per questo era bene rimanere all’erta, di certo non sarebbe stato piacevole
farsi sorprendere da qualche Auror o Eclitto irascibile.
“Magari
proprio Tonks è stata affidata a difesa del Ministero.” Propose Ginny,
titubante.
Ron
arricciò il naso. “Mah, e se quelli dell’Ordine sono stati chiamati ad aiutare
gli Auror e gli Eclitti ad Hogwarts? Avremmo fatto tanta fatica per niente.”
In
effetti, Hermione non aveva pensato a quell’eventualità: l’Ordine probabilmente
era stato chiamato sul campo, o era stato mandato
sul campo.
Ma
non era il momento dei dubbi.
“Lo
verificheremo tra poco,” rispose alla costatazione di Ron.
Svoltato
l’angolo, la ragazza si trovò in pochi secondi a terra. Dopo un attimo di
stordimento, Hermione alzò lo sguardo e vide un uomo, con diversi graffi sul
volto, la testa rasata e il viso pingue su cui spiccavano alcune rughe.
“Voi
che ci fate qui? Siete alunni di Hogwarts?” domandò l’uomo. Solo allora Hermione
si accorse della divisa da Auror nera, bruciata e stracciata.
“Noi,
ecco…” balbettò, incerta su cosa inventarsi.
Fu
Ginny ad avere il tempismo giusto. “Oh, per fortuna abbiamo incontrati un
Auror! Signore, vede, noi siamo riusciti a scappare ma non sapevamo cosa fare,
così abbiamo pensato di venire qui a chiedere aiuto.”
“Questo
edificio era l’ex-Ministero.”
Hermione
vide Ginny aprire la bocca, come scioccata. “Davvero? Ma come potevamo saperlo,
noi? La Gazzetta non diceva niente in proposito, anche se avevamo sentito di
uno strano spostamento.”
Hermione
pensò che la mezza-bugia di Ginny era molto credibile, quindi annuì per dar più
veridicità alle sue parole.
L’uomo
sbuffò, sembrando acconsentire di mala voglia “Va bene, allora vi scorto al San
Mungo dove hanno radunato tutti i vostri compagni sopravvissuti e il personale
scolastico.”
Lei
e Ginny annuirono, Ron rimase in silenzio, esitando nel seguire l’uomo.
Il
viaggio fu breve ed Hermione sperava di poter tornare al Ministero una volta
lasciato l’Auror (così da non destare sospetti) e intanto approfittare delle
cure magiche del San Mungo. Non l’aveva detto a nessuno, ma durante
l’esplosione nei Sotterranei si era lussata il polso destro, sbattendolo
violentemente contro una roccia dopo il violento scossone.
“Allora,
come siete scappati da Hogwarts?” domandò l’Auror con tono casuale.
Furbo,
pensò Hermione, mordendosi un labbro. Come avrebbero potuto dirgli la verità?
Ci sarebbe stata da spiegare la festa, il perché conoscessero il passaggio segreto
e il furto della Felix Felicis. Un vero casino.
“Ecco
noi…” cominciò incerta, mentre il suo cervello cominciava a elaborare alcune
possibili spiegazioni.
Dalla
faccia
“Siete
i due Weasley e Hermione Granger, giusto?”
I
tre sbatterono le palpebre, stupiti, e annuirono.
L’Auror
sorrise. “Mi ha parlato di voi il gruppetto che avete salvato rompendo quella
parete già distrutta dai Mangiamorte. Io sono Albert Gray, Capitano di Secondo
Grado nell’Accademia Auror e attuale comandante delle operazioni di soccorso
nell’Inghilterra. Vi devo ringraziare per la prontezza di spirito, ragazzi.
Senza di voi, avremmo avuto più vittime.”
Beh,
per aver spifferato la loro tattica di fuga, Hermione avrebbe volentieri tagliato
la lingua-lunga che aveva fatto da spia, ma per una volta sembrava avessero
fortuna; almeno avevano trovato un modo per amicarsi l’Auror.
“Scusi,
ma quanti sono sopravvissuti?” era intervenuto Ron, un po’ preoccupato.
L’Auror
si irrigidì. “Degli studenti la maggior parte è stata tratta in salvo, siamo
riusciti ad arginare le perdite a venticinque morti, ma rimangono almeno una quindicina
di feriti gravi.”
“E
gli Auror?” domandò timidamente Hermione.
“La
metà delle truppe è morta in combattimento. Un quarto dei sopravvissuti è
grave, la metà ferita e alcuni immobilizzati a vita. Cinque uccisi sotto
l’ordine del comandante Marshall perché morsi dai Licantropi.”
La
voce dell’Auror era meccanica, ma tradiva rabbia e risentimento.
Hermione
si zittì di fronte al numero delle vittime.
[
Sangue sparso sulle mura che avevano cresciuto molti di loro. ]
“Mi…
mi dispiace.” Mormorò.
Albert
si irrigidì, ma le spalle si rilassarono appena. “No, sono io che mi devo
scusare. Vi ho rattristito con questa sfilza di dati. Inoltre non avrei nemmeno
dovuto comunicarvi una stima delle vittime, molti preferirebbero che non
raggiungesse l’opinione pubblica, e poi, alla vostra età... ma, d’altronde, in
questo clima oscuro si cresce in fretta. Purtroppo, siamo in tempo di guerra e
mi avete beccato in un momento un po’ difficile, ragazzi.”
“Non
si preoccupi,” lo rassicurò Ron. “Comprendiamo che la perdita dei propri
compagni sia un boccone amaro.”
L’Auror
squadrò il ragazzo con uno sguardo ammirato. “Grazie, ragazzo. Il tuo nome?”
“Ronald,
Ron per tutti.”
Albert
sorrise con tenerezza. “Ron Weasley. Mi ricorderò di te.” Poi rivolse gli occhi
alle due ragazze. “E anche di voi due, signorina Granger e Weasley. Ora saliamo
al San Mungo, vi farò medicare appena possono.”
L’ospedale
magico era immerso nel caos più completo.
L’organizzazione
interna di reparti e padiglioni era evidentemente ignorato. All’ingresso
stavano feriti per ustione, infermiere che correvano di qua e di là con
frenesia, persone che gemevano in attesa, altri con fasciature babbane di
fortuna, c’era chi sanguinava ancora e uomini le cui ossa erano messe in strane
posizioni non del tutto naturali.
Il
sentore forte di sangue, anestetico e disinfettante colpì il naso di Hermione,
dandole un leggero senso di nausea.
“Oh
per Merlino… cosa è successo qui?” Domandò Ginny, in ansia “Sembra di avanzare
attraverso un campo di battaglia.”
“Abbiamo
dovuto spostare tutti i feriti meno gravi in questo piano e usare gli altri per
quelli più gravi. Mentre il grosso dei Mangiamorte invadeva Hogwarts, altri giovani
aspiranti oscuri hanno colpito alcune piccole città e paesini a prevalenza
babbana, soprattutto nelle vicinanze di Londra.”
Hermione
trattenne il fiato. “Anche… anche Camden?”
“Sì.”
Confermò l’Auror, annuendo. “Vado a cercarvi un’infermiera per quei graffi.”
Le
gambe si fecero pesanti. Hermione crollò a terra sulle ginocchia, gli occhi
spalancati e le guance rigate da lacrime.
“Oh
Merlino, oh Merlino...” Continuava a ripetere, istericamente. Sentiva la bocca
improvvisamente secca e acida, le guance umide e un nodo serrarle lo stomaco e
la gola. Pure la vista cominciava ad offuscarsi e la testa diventava leggera,
come sul punto del collasso.
E
probabilmente sarebbe svenuta tra qualche minuto.
“Hermione!”
Le
braccia di Ron la sorressero, forti.
“Cosa
succede?!” si aggiunse ansiosa Ginny, sedendole vicino.
D’un
tratto la debolezza di Hermione sparì, lasciando spazio ad una scarica di
agitazione e nervosismo. “I miei genitori… loro vivono a Camden! Oh Merlino… i
Mangiamorte… quei dannat Mangiamorte… e se avessero…?” Il piccolo corpo di
Hermione era conquassato dai singulti e tremava addosso a Ron. “Lo sapevo, dovevo
insistere perché si trasferissero da zia Lory, ma non mi hanno dato retta! E
se… e se adesso…”
Ron
l’abbracciò di slancio, lasciando che la sua spalla si bagnasse di lacrime per
un’altra volta. Il petto del ragazzo era colmo di tristezza e non poté
trattenere un sospiro stanco.
“Non
lo dire nemmeno per scherzo, Hermione. C’è la possibilità che siano vivi, non
c’è motivo di farsi prender dalla disperazione già adesso. Andremo a cercali,
ok? Io, te e Ginny. Insieme.”
“Ron…
ho paura che loro…” espirò Hermione, stringendolo forte a sé.
Ron
si sentì completamente inutile.
“Non
piangere, ti prego.”
Ma
come poteva consolarla? Come poteva chiederle di non disperarsi se anche lui,
in una situazione così precaria, avrebbe fatto lo stesso?
Tuttavia
le lacrime di Hermione lo stavano uccidendo, veramente. E lui non poteva
asciugarle – come avrebbe potuto colmare la tristezza della sua ragazza?
Hermione non era stupida, sapeva bene che era probabile che i suoi genitori non
fossero sopravvissuti. Come poteva Ron illuderla che andava tutto bene?
“Hermioni!”
La
ragazza parve riprendersi un poco, strinse un po’ la sua maglietta e alzò lo
sguardo. “Viktor?”
“Hermioni!
Finalmente ti ho tvovata!”
Il
bulgaro si avvicinò al gruppo, sorridendo. “Ho incontrato i tuoi genitovi,
Hermioni!”
Hermione
si staccò da Ron e corse incontro a Krum con espressione speranzosa e le guance
ancora scintillanti. “E… stanno bene? Ti prego Viktor, dimmi di sì!”
Il
bulgaro annuì, e sorrise. “Lovo mi hanno detto di dire a Hermioni che va tutto
bene. Li ho salvati io.”
Hermione
abbracciò di slancio Krum, sotto gli occhi scioccati di Ron: vero, era soltanto
una pura formalità quell’abbraccio, un modo innocuo ed innocente per
ringraziarlo, nient’altro, ma... come non poter esplodere di gelosia? Infondo,
il primo bacio di Hermione l’aveva ricevuto Krum, aveva il diritto di essere
verde di invidia!
“Oh,
grazie, grazie Viktor, tu non sai
quanto mi hai resa felice!”
“Anche
io sono felice, se tu è felice.” Il ragazzo l’abbracciò di rimando.
“Ma
perché eri a Camden? Ero convinta fossi in viaggio da qualche parte in Asia con
la tua squadra di Quidditch?” domandò Hermione, ancora un po’ stupita.
Krum
sospirò. “Colpa guerra partite tutte annullate. Però ero in Inghilterra e ho
pensato di venive a tvovarti perché io preoccupato. Però mentre ero coi tuoi ho
sentito incantesimi e grida, così mi sono Smaterializzato coi tuoi genitori a
Londra.”
Hermione
rinnovò l’abbraccio “Grazie, Viktor.”
“Ehm,
ehm” tossicchiò Ron, furente. “Krum… quanto tempo.” Digrignò i denti il
Weasley.
Il
bulgaro si voltò verso di lui, mentre Hermione si staccava, imbronciata. “Ron,
non cominciare!” gli intimò, senza essere (naturalmente) ascoltata.
I
capelli rosso fiamma del ragazzo erano un tutt’uno con il suo viso. “Via le
mani da Hermione! Lei è la mia ragazza!” strepitò, incollerito.
“La
tua…?” Il campione di Quidditch sembrava un po’ spiazzato. “Quando?”
Hermione
arrossì leggermente. “Da poco, Viktor, te l’avrei raccontato nella prossima
lettera.”
“Oh,
peccato” sospirò Viktor, ma sorrise ugualmente con un’alzata di spalle. “Sono
felice se tu è felice, Hermioni. Tu sai, vero?”
La
ragazza aveva nuovamente le lacrime agli occhi. “Viktor… mi dispiace…”
A
Ron venne naturale un commento sardonico: “A me per niente.”
“Scusalo
Viktor, Ron è sempre stato un tipetto focoso.” Commentò acidamente Hermione
scoccando uno sguardo infuocato al suo fidanzato, che non si fece intimorire,
ostentando la sua smorfia ostile.
Krum
rise con la sua voce baritona. “Ma io capire Ron! Anche io sarebbe molto geloso
di Hermioni.” Disse, facendola arrossire furiosamente.
Ron
ne approfittò per prendere Hermione per la mano e trascinarla verso di sé.
“Appunto, se capisci non te la prenderai se la voglio più vicina a me che a te,
vero?”
Hermione
alzò gli occhi al cielo. “Ron tu non sei geloso. Sei possessivo oltre che esagerato.”
“Vuol
dire che ci tengo a te.” Ribatté lui, scontroso.
“Devo
farti anche io il discorso di Ginny? O uno sulla fiducia tra fidanzati?”
incalzò la ragazza, mettendosi le mani sui fianchi, irata.
“Hermioni
ha ragione.” Intervenne Krum, ricevendo due replcihe completamente antitetiche:
“Grazie Viktor” e “Ma stai zitto!”.
Ginny
sbatté il palmo della mano sulla fronte in segno di esasperazione, un tantino
divertita. Almeno la lampante gelosia di Ron era riuscita a distrarre tutti
dalla situazione contingente??
“Oh,
Ginnì, Ron, e Harmioni! State tutti bien,
oui?”
Ginny
sentì un brivido gelido lungo la schiena, mentre si girava e fronteggiava
un’allegra e bellissima Fleur avanzare verso di lei, circondata da almeno una quindicina
di individui tutti rigorosamente biondi tra cui aveva riconosciuto la sorellina
piccola che Harry aveva salvato al quarto anno… come si chiamava? Gabrielle?
“Flebo…?
Cioè, Fleur, cosa ci fai qui? E chi sono questi?”
Fleur
sorrise. “Oh, questi è mia famille,
sono giuntì ici pour la guerre, anche in Franscia i maghi oscuri
si stonno ribelando. Siamo venuti parce que sci hanno detto que Bill si trouve ici.”
Oh Meerlino. I Delacour
invadono l’Inghilterra. “Ma è meraviglioso Fleur! Così
finalmente potrò conoscere i miei parenti
francesi.” Cinguettò ironica Ginny.
Fleur
non sembrò accorgersi dell’evidente nota di sarcasmo, o almeno non lo diede a
vedere.
“Sono
arrivati oji con un pormesso spesciale” spiegò Fleur “Proprio
pour sapere della buona nouvelle.”
Ginny
inarcò un sopracciglio. “Quale notizia?”
Fleur
le si gettò addosso, circondandola con le braccia. “oh, Ginnì: diventerai zia!” esclamò in lacrime la bionda
cugina di Veela, facendola irrigidire.
Oh Merlino. Merlino,
perché?!
Ginny
fece un sorriso tirato, e diede un paio di pacche alla nuora. “Oh, sono
felicissima Fleur… ma quando l’hai scoperto?”
Fleur
sospirò sulla sua spalla, sognante. “Io e Bill siamo ondati dal medico per le sue scicatrisci e Bill ha insistito pour una visita pour moi, parce que continuavo ad avere la nauseà. Et voilà! Tu diventerai zia! Non sei entusiasta?”
Ginny
sospirò nuovamente, e rise. Beh, un nipotino non doveva essere male anche se
figlio di Flebo, no? “Sì, Fleur, sono felicissima. Hai sentito, Ron? Diventerai
zio.” Lo informò gongolante, riuscendo a distrarre il fratello dalla lite per
‘il possesso di Hermione’.
“Eh?”
balbettò quello spiazzato. “Z-zio?”
Ginny
annuì ghignando sadicamente mentre Fleur la lasciava e saltellava verso Ron,
abbracciando anche lui. “Oui, oui,
Ron tu non sei felice? La famiglia si allarga!”
Ron
era rimasto senza parole. Ginny rise insieme ad Hermione. Aveva la stessa
faccia di uno stoccafisso.
“Zio.”
“Sì,
Ron” sorrise Ginny. “Zio.”
“Zio.”
Ripeté quello, come un automa.
Krum
sorrise dando una pacca sulla spalla di Fleur. “E’ fantastico. Spevo che sia maskio.”
Le augurò; erano rimasti in contatto dal Torneo Tremaghi, mantenendo una buona
corrispondenza amichevole, naturalmente, non al pari con quella di Hermione.
Fleur
si avventò su Krum, stavolta, annaffiandolo di lacrime. “Oh Viktor, io sporo che sia una petite femme. È da generazioni che siamo quasi tutte femme.”
Ron
sembrò riprendersi. “Noi Weasley sempre maschi.” Si bloccò allo sguardo di
Ginny. “tranne Ginny, naturalmente.” Lei sorrise, più contenta.
Hermione
si sentiva un po’ in imbarazzo, quindi decise di fare qualche domanda alla
nuova mamma. “Allora, quanti mesi?”
“Due.”
Fleur era raggiante. Continuava ad abbracciare Krum e intanto si toccava la
pancia istintivamente, sorridendo commossa a tutti.
“La
notre petite Fleur!” esclamò una
donna sulla quarantina, bionda e slanciata, e molto simile e con raffinate
fattezze da Veela; un fazzoletto ricamato in mano con il quale le asciugava le
lacrime.
“Sembra
iori che era una petite fille.” Riprese un uomo fascinoso e distinto, alto e moro.
“Ah,
Ginnì, Ron, questi sono i mioi jenitori.”
Sorrise Fleur. “Pére, Mére, questi i frères di Bill, la loro amica Ermione e Viktor
Krum.”
“Felice
di conoscervi.” Dissero insieme i quattro ragazzi, a cui la signora Delacour
regalò un grande sorriso.
“E’
piascere nostro.” Disse il signor
Delacour, e indicò le sue spalle. “Questi sono la mia famille. Ma fille Gabrielle
che conoscete già, mio zio Gustave,” un longilineo e anziano uomo con i
baffetti eleganti e bianchi fece un cenno di saluto, “Ma souer Marguerite, la zia Marie, nonno Paul, zia Josephine, le
cugine di Fleur Felicitè, Chantal, Chanel e infine” l’uomo fece una piccola
smorfia “la cugina Giulie.”
Tutti
i Delacour avevano cominciato a fare cenni di mano come saluto e sembravano
molto cordiali, tranne l’ultima cugina. La sua distaccata indifferenza la
faceva sembrare essere una sorta di anomalia all’interno della famiglia
francese e, per questo, attirò l’attenzione dei Weasley e di Hermione: infatti,
tutte le donne Delacour erano meravigliose (al contrario dei mariti – Ron si
chiese come fossero riusciti ad averle) e, soprattutto sorridenti, ma la
ragazza (doveva avere ventitre anni) ostentava un viso (che avrebbe potuto
essere indiscutibilmente splendido e attarente se rilassato in un sorriso) crucciato
e annoiato, non tentando minimamente di dissimulare l’evidente fastidio di
quell’incontro inaspettato e di quei saluti forzati.
“Giulie,
saluta.” Qualcuno le mormorò e quella, invece di ubbidire, voltò il capo
dall’altra parte e grugnì.
“Uh?”
mormorò sconcertata Hermione, mentre il signor Delacour sospirava. “Giulie è sompre stata una ribelle. Non ubbidisce jamais. Je suis desolè.” Borbottò mesto.
La
ragazza lo ignorò e tirò fuori dal vestitino nero un pacchetto di sigarette,
mettendosene una tra le labbra e accendendola.
Una
donna – Chanel, se Ron non sbagliava – si avvicinò a lei con le mani sui
fianchi. “Non avviscinarti a Fleur, potresti fare male al petit enfant.” Le disse.
Giulie
alzò un sopracciglio e si avvicinò a Fleur. La francese indietreggiò istintivamente
sotto lo sguardo scuro della cugina. Una nuvola densa di fumo le arrivo in
pieno viso quando Giulie, boccheggiando per espirare, gliela sbuffò contro con
aria indifferente.
“Ma
sei passa?” bisbigliò tossendo.
Quella
alzò le spalle e continuò a fumare tranquillamente in faccia alla cugina, che
prese a tossire.
“Ehi,
non credi che sia ora di smetterla?” ringhiò Ron, irritato dal comportamento
malsano della cugina di Fleur.
Ok, vuole fare la
ribelle? Non con la mezza-Veela futura madre del prossimo Weasley!
Giulie
Delacour fece un ghigno mellifluo e arrogante, assottigliando appena gli occhi.
“Tu guarda, anche in Inghilterra hanno gli imbecilli che si credono principini
azzurri.” Commentò con sarcasmo in un perfetto inglese impeccabile nell’accento,
prendendo un’altra generosa boccata.
Ron
digrignò i denti, offeso. Non sarebbe stata una scommessa azzardata valutare
quale Casa si meritasse quell’insipida francesina: Serpeverde. Già, sarebbe
finita a Serpeverde se solo Hogwarts…
“Mentre
da qual che vedo le mezze-Veela non sono perfette.” Replicò Ron asciutto.
“L’aspetto fisico non significa niente.”
Giulie
rise, senza allegria ma con una punta di ironia. “Ecco quello che odio della
gente: ha sempre aspettative a cui dovresti adeguarti, chinare la testa e
rispettarle. Invece io non lo faccio.”
Hermione
si accigliò. Quello di Giulie non era un semplice ed infantile tentativo di
ribellione, era puro egocentrismo: non sforzarsi nemmeno di adeguarsi alle
regole del prossimo o di apparire gentile per compiacere qualcuno… si ostinava
a non ‘chinare la testa’ esclusivamente perché desiderava soddisfare il proprio
ego e le proprie ed esclusive necessità.
Hermione
stava per aprire bocca, decisa a far valere la propria opinione, ma l’ombra di
un uomo dietro la Delacour ribelle la fece zittire improvvisamente, la bocca
riarsa.
John
Marshall sorrideva mellifluamente, squadrando lei, Ron e Ginny. I muscoli di
Hermione si tesero istintivamente mentre il Capitano degli Eclitti li
esaminava, sogghignando.
“Granger
e Weasley insieme, con mio grande stupore vedo che vi siete salvati. E,
sfortunatamente, senza gravi danni.” Commentò serafico l’Eclitto, sfidando
apertamente gli occhi ottenebrati del giovane Weasley.
La
prima mossa di Hermione fu di stringere il braccio di Ron, nell’ennesimo
tentativo di bloccare i suoi nervi esplosivi, già messi a dura prova da Krum,
la Delacour e, in maniera più incisiva, dalla fuga da Hogwarts.
A
quel gesto, Marshall ghignò con maggior gusto “I codardi che scappano dalle battaglie
sono quelli con meno ferite.”
La
mano mitigatrice di Hermione sul braccio, non impedì a Ron di tremare di
collera e di odio.
Ma
al suo posto intervenne Ginny, più risoluta a non perdere le staffe, non dando
così la possibilità a Marshall di infierire sulla sua rabbia “Non mi pare che
sia ferito gravemente, Generale. Questo significa che anche lei è scappato
dalla battaglia?”
L’Eclitto
alzò le sopracciglia in tono di sufficienza. “L’opinione di voi inetti non mi
sfiora minimamente, sei libera di pensarla come più ti pare, signorina Weasley.
Almeno, abbi un po’ di rispetto per un coraggioso soldato di guerra, nonché
Generale delle uniche forze del bene rimaste.”
“Non
le uniche” ribatté Ginny tenacemente “E comunque non siamo più ad Hogwarts,
signore,” continuò in tono provocatorio sotto gli occhi sbigottiti dei Delacour
– che sembravano non capire -e lo
sguardo realmente preoccupato di Fleur, che non sembrava gradire minimamente la
presenza del nuovo Generale degli Eclitti.
Marshall
si chinò fino a restare a pochi centimetri dal volto di Ginny. Ron fremeva con
un incontenibile impulso di saltare alla gola dell’Eclitto, trattenuto a viva
forza da Hermione, che lo incoraggiava a mantenersi calmo.
“Resto
sempre un militare, Weasley, e uno coi gradi più alti. E’ un consiglio da buon
ex-professore: non mi provocare” sibilò Marshall, raggelandola sul posto.
Lo
sguardo del generale poteva essere crudele e la sua vicinanza faceva sentire
Ginny incredibilmente vulnerabile: quell’uomo aveva la stessa aura di un
Mangiamorte.
“Monsieur, lasci in pasce mon amie Ginnì, voi siete plutot scortese.” Con grande sorpresa
generale, Fleur si piantò tra Ginny e Marshall, le mani sui fianchi ancora
piccoli e aggraziati e gli occhi celestini che mandavano scintille. La giovane
Weasley sbatté più volte le palpebre, confusa, ma grata a Fleur che l’aveva
allontanata da Marshall.
Marshall
alzò un angolo della bocca. “Scortese? Io? Sono un militare, bellezza, non un gentleman.” Rise infine l’Eclitto .
Fleur
indietreggiò all’istante, colpita da quella risata rozza e sguaiata.
“Umhf.Andiamoscene,
con scerte persone non sto bien.”
Sbuffò Fleur, prendendo per un braccio Ginny e Ron, e cominciando ad andarsene
con lunghi passi decisi verso destra, seguita dall’intera famiglia che,
premurosa, le stava accanto, mugugnando in francese considerazioni aspre
sull’educazione degli inglesi.
Solo
Giulie Delacour si fermò, irremovibile nella sua disobbedienza.
Marshall
alzò un sopracciglio e la francese sogghignò.
“E
tu cosa vuoi?” domandò scorbutico, ampliando il ghigno di quella.
Giulie
rise e aspirò la sigaretta. “Fai tanto il duro, ma potrei batterti su due
piedi, militare.” Si vantò sbattendo le lunghe ciglia bionde, ammiccando in sua
direzione.
Marshall
poteva sentire su di sé gli sguardi scocciati del gruppetto, che si era fermato
per osservare la scena.
L’Eclitto
digrignò i denti. “Non ho problemi a picchiare una donna. E comunque, non si
fuma qui.” Disse, strappandole la sigaretta dalle dita e buttandola a terra. La
calpestò violentemente, schiacciandola sotto i piedi con un ghigno di trionfo
che aveva dell’infantile.
La
biondina rise e prese dalla borsa un’altra sigaretta, portandosela dietro
l’orecchio con un’aria da monella. “Fermami, militare.” Sogghignò, leccandosi appena le labbra.
Marshall
si irrigidì con una strana e scomoda sensazione allo stomaco. Grugnì qualcosa e
uscì dall’ospedale continuando a borbottare risentito.
I
Delacour e il resto dei ragazzi osservarono, storditi e confusi, la risata
vuota della cugina ribelle che seguiva con lo sguardo Marshall.
“Ma…
cosa..?” balbettò sconnessamente Hermione, perplessa dagli ultimi scambi di
battuta.
Fleur
espirò forte dalle narici. “Giulie, andiamo!” la chiamò, ma quella si mise la
sigaretta in bocca e uscì anche lei dall’ospedale, meditabonda.
“Argh,
c’est impossible!” urlò in preda ad
una crisi isterica – probabilmente dovuta alla gravidanza – Fleur, e prese a
ripercorrere l’ospedale a gran passi, urlando e sbraitando, mentre la famiglia
l’accompagnava annuendo ad ogni sua parola e dandole ragione su tutto,
lasciando Ron, Hermione e Ginny da soli.
Questi
si unirono in una perplessità generale.
“Beh,
andiamo al Ministero” propose Ron, e le altre due annuirono.
Davanti
a loro un’accesissima e conturbante lite si infiammò tra i Delacour, rabbia e
insulti dalle consonanti languide e strascicate francesi tempestavano la cugina
Giulie, apertamente dichiaratasi la pecora nera della famiglia.
Krum
intervenne per tentare di rabbonire la situazione, ma fornì solo altri pretesti
per infiammare la collera generale. Hermione contemplava la scena con un poco
di inquietudine, sentendo tempestare motti francesi e vedendo qualche bacchetta
luccicante sprizzare delle scintille di avvertimento. Ron la stringeva, anch’egli
altrettanto turbato da quella scena di guerriglia raccapricciante.
Ginny,
preferendo estraniarsi da quel putiferio francese, lanciò distrattamente
un’occhiata al calendario magico, dove spiccava la data lampeggiante di quel
giorno.
25 Dicembre.
Fece
una smorfia contrita: nessuno avrebbe mai potuto affermare che quel giorno era
Natale.
*^*^*^*^*^*
Lui, lei e l’altra
[Scena Madre]
Gelosia:
Sentimento di angosciosa apprensione di chi si considera, o teme di essere,
posposto ad altri nell’affetto di qualcuno e, in particolare, della persona
amata.
Lui
voleva la gelosia? E allora lei gliel’avrebbe data all’ennesima potenza,
amplificata in tutte le sue estreme sfaccettature, in caricatura passionale,
come uno stereotipo impetuoso ed indomabile.
Da
più di un’ora Pansy si era stabilita nell’appartamento e già la sua presenza e
il suo intollerabile profumo scadente avevano intaccato l’equilibro precario
che si era venuto a stabilire tra Samantha e Draco.
La
nuova intrusa se ne stava comodamente adagiata sul divano con la testa di Draco
sul grembo; gli accarezzava i capelli con un’assoluta devozione; lui la
contemplava con uno sguardo totalmente assente, ma lei insisteva nel suo
ostinato battibecco che ormai continuava, ininterrotto, da più di mezz’ora.
Samantha
stava ultimando gli ultimi preparativi per inscenare la figura travolgente che
lei amava considerare la ‘psicopatica amante rifiutata’. Passionale al punto
giusto, violenta, aggressiva, impetuosa; avrebbe lasciato di stucco sia lui che
l’altra lei: nessuno poi avrebbe più osato provocarla.
Aveva
orchestrato un’impareggiabile contro mossa alla provocazione di Draco; credeva
di farle effetto vedendolo con un’altra che lo coccolava, ebbene sì, le dava
una bizzarra sensazione di gelosia, ma dopo la sceneggiata teatralmente
drammatica il rispetto sarebbe stato rivalutato in quell’appartamento.
Finì
di truccarsi e di acconciarsi i capelli mentre l’orecchio teso coglieva di
sfuggita qualche cinguettio di Pansy:
“Che
bello, questa sera dormiremo tutti e due qui, se ci penso, divento tutta
rossa.”
Vedrai, vedrai. Ora ci
penso io a scaldare la situazione.
Samantha
aprì la porta del bagno con impeto e fece il suo ingresso in scena, addobbata
di tutto punto.
Pansy
e Draco la fissarono: due diverse tipologie di stupore si mescolavano sui loro
volti.
Samantha
indossava un vestito aderente e rosso accesso con una prominente scollatura che
non lasciava spazio all’immaginazione. Il tessuto lucente le fasciava il corpo
evidenziando le morbide curve, la spaccatura del corto vestito mostrava con
impudenza una gamba sollevata da un tacco affusolato e vermiglio. Una spallina
volutamente calata lasciava provocatoriamente una spalla scoperta.
“Non
credo di poterlo sopportare ancora a lungo” affermò Samantha, le labbra rosso
intenso piegate nell’indignazione.
La
mascella di Pansy sprofondò verso il basso “Che cosa?”
“Il
mio uomo e un’altra” dichiarò Samantha con voce carica di colore e impeto.
Draco
si rizzò all’improvviso con un’aria pressoché frastornata “Di cosa stai
parlando?”
Samantha
spalancò la bocca esageratamente, il viso un’espressione di puro sconcerto “Ora
tenti anche di negarlo. Che c’è? Non ti soddisfo più? Eppure mi parevi
piuttosto contento, ieri notte, quando ti ho sorpreso nel mezzo del sonno e ci
siamo divertiti insieme, senza controllo.”
“Che
bugiarda!” esclamò Pansy sull’orlo dell’isteria “Draco mi ha detto che siete
solo colleghi, anzi meno di questo. Ha detto che gli sei indifferente!”
“E
allora perché credi che condividiamo lo stesso appartamento?” le chiese
Samantha pungente e piccante, insinuando il dubbio nella mente di Pansy.
“Cosa
credi che possano combinare un uomo e una donna, da soli, di notte?”
“Finiscila!”
strillò Pansy, cercando una disperata conferma dal ragazzo “Draco, dille
qualcosa!”
“Oh,
lui ha molto da dirmi, vero tesorino. Ti piace giocare a fare il padroncino
dell’harem, vero?” chiese Samantha, suadente e languida, scostando Pansy
violentemente, imponendosi padrona della situazione “Beh, mi dispiace, ma
detesto per principio le orge” sibilò a Draco, storcendo l’angolo della bocca e
socchiudendo gli occhi infiammati.
Abbandonò
il corpo disposto contro quello del ragazzo, chinando il capo verso il viso di
Draco; alle sue spalle avvertiva l’esasperazione di Pansy. Non ci fece caso,
nascondendo un ghigno divertito. Il suo naso urtò contro l’incavo del collo del
ragazzo, proprio sopra la spalla sinistra. Draco rimase immobile mentre
Samantha gli sfiorava la pelle con le labbra e respirava avidamente il suo
profumo.
“Detesto
che il mio uomo puzzi dell’odore di un’altra femmina!”
Si
accostò al suo orecchio, sussurrandogli in tono piccante “Se non puoi essere
tutto mio, allora non ti voglio affatto!”
“Allora,
vattene via! Perché Draco è mio!” urlò Pansy, strattonando il braccio di
Samantha per staccarla dal ragazzo. Samantha resistette tenacemente, affondando
le dita tra i capelli serici di Draco. Si liberò dalla stretta di Pansy senza
particolare difficoltà, la sua totale attenzione ritornò a Draco, che sospirava
inquieto contro il corpo di Samantha, il suo viso a pochissimi, fatali
centimetri dal petto virtuoso della ragazza, o donna da quella prospettiva.
“Ti
piacerebbe, vero? Ma bisogna combattere per possedere le cose che si
desiderano” soffiò Samantha rivolta a Pansy, con le dita ancora aggrovigliate
nella chioma bionda del ragazzo.
D’improvviso,
Samantha si staccò da Draco, lasciandogli un senso di vuoto e l’odore di lei, e
il suo calore, ancora impressi sulla sua tunica di Mangiamorte.
“Che
aspetti, colei che sopravviverà avrà il diritto di stare con Draco” ghignò
Samantha mentre sfoderava la bacchetta.
Pansy
rimase di stucco, gli occhi che guizzavano inquieti all’indirizzo di Draco,
invocando sostegno. Ma il ragazzo sembrava preso da tutt’altri pensieri.
“Su,
avanti. Non mi dire che non vuoi, io sto qui ad aspettarti” disse Samantha con
voce profonda e, a brevi tratti, provocante.
“Sei
pazza!” strillò Pansy, indietreggiando ad una velocità spaventosa. Si ritrovò
ben presto con le spalle al muro.
“Certo”
Samantha si leccò le labbra con gli occhi più scuri e scintillanti “Pazza per
lui. Sono disposta ad uccidere per lui, non c’è niente che non farei per lui.”
Il
passo incalzante di Samantha portò la sua bacchetta a pochi centimetri dalla
faccia di Pansy.
“E
ucciderò te” dichiarò infine.
“Pansy.”
L’attenzione
di entrambe venne bruscamente deviata verso il giovane uomo che contemplava
entrambe con aria vagamente divertita.
“Forse
è meglio che tu vada. Torna a casa, ci terremo in contatto” disse Draco.
Pansy
si strinse la mano sul cuore, ancora tremendamente intimorita dalla bacchetta
puntata contro il viso “Ma, Draco…”
Draco
la fece zittire con un rapido cenno di mano “Ci penso io a tenerla a bada, lei
è capace di tutto quando si scatena.”
“Vai
pure cara, lui è uno specialista, sa come domarmi, vero?” Samantha si rivolse
infine a Draco con un’espressione maliziosamente supplicante e languida.
Draco
sospirò appena “Certo, Drake.”
Pansy
venne violentemente spinta verso l’uscita sotto la minaccia della bacchetta di
Samantha.
“Allora,
io vado a casa mia. Ti aspetterò, Draco, quando la guerra sarà finita. Ti
aspetterò sempre” dichiarò infine Pansy, il viso quasi in lacrime che fissava
Draco dallo spicchio aperto della porta.
Samantha
le sbatté la porta in faccia, cancellando anche l’ultimo singhiozzò di Pansy.
“Molto
teatrale” disse Draco quando entrambi furono certi che Pansy fosse uscita dallo
stabile “Per un attimo ho creduto che facessi sul serio.”
“Ti
è piaciuto?” gli domandò lei con una punta di malizia.
“Mi
piace come sei vestita” ribatté lui, lanciando una fugace occhiata all’ampia
scollatura del suo vestito.
Samantha
sogghignò appena, distogliendo brevemente lo sguardo dall’espressione insieme
divertita e maliziosa di Draco, ma quando lo tornò a fissare quell’espressione
era scomparsa.
“Senti,
Drake. Posso chiederti un favore?” le domandò lui, d’improvviso serio.
Samantha
accennò lievemente col capo.
“Vuoi
aiutarmi a salvare mia madre?”
Il
viso di Samantha si rabbuiò brevemente “Disubbidiremmo ad un ordine diretto del
Signore Oscuro, sarebbe tradimento questo.”
“Un
attimo fa hai detto che non c’è niente che non faresti per me.”
“E’
vero” confermò lei con un sorriso divertito.
“Lo
prenderò come un favore in cambio dell’assassinio di Goyle” disse Draco, le
parole sembravano uscite con grande sforzo.
“Se
ti aiuto, dimenticherai che ho ucciso il tuo amico?”
“Sì.”
“Allora
va bene.”
Seguì
un altro di quei profondi silenzi che infastidivano molto Samantha, così la
ragazza si affrettò a trovare una qualsiasi domanda per interrompere quella
calma snervante:
“C’è
qualcos’altro che vuoi che faccia?”
Draco
sogghignò appena, ma in un modo del tutto nuovo, né amaro, né nostalgico, solo
vagamente impudente e dispettoso “Con quel vestito addosso mi stanno venendo in
mente un paio di idee.”
Samantha
ricambiò in pieno il ghigno “Mi spiace, niente favori sessuali. Era l’accordo
per una convivenza pacifica.”
“Oh,
ma che peccato!” disse lui enfatizzando il lato ironico dell’esclamazione
“Credo di aver perso un’occasione unica al mondo.”
*^*^*^*^*^*
Ministero della Magia,
[La Controffensiva di Marshall]
Stavano ripercorrendo i corridoi che portavano all’entrata nel Quartiere
Generale dell’Ordine della Fenice per la seconda volta in quel giorno, ma
stavolta Ginny, Ron ed Hermione erano intenzionati a raggiungere il loro obiettivo:
informare i componenti dell’Ordine e fare in modo di contattare il più presto
possibile Harry. Del giovane Potter si erano perse le tracce e, se davvero
sapeva della distruzione di Hogwarts, gli amici potevano a stento immaginare il
dolore di Harry, il dolore dei sopravvissuti.
Ron
aveva avuto da ridire durante il viaggio dal San Mungo al Ministero, aveva
borbottato contro ‘il perdente’ Krum, contro la cugina di Fleur – altro che
“inglesi maleducati” - inveito contro Marshall… non che fosse una novità.
Tutti
e tre insieme però si erano ritrovati alquanto spaesati dalla recente
bombardata di eventi e, benché molti fossero spiacevoli, qualcosa era riuscito
ad alleviare la loro tristezza: il bambino di Fleur, ad esempio. Ginny stessa
sembrava aver accettato ancor di più la cognata nel momento in cui si era messa
tra lei e Marshall, difendendola (anche se in modo un po’… Fleuresco), e dopo lo shock le brillavano gli occhi all’idea di
diventare presto zia, come a Ron, d’altronde.
Arrivati
al Ministero, le discussioni cessarono all’istante: occorreva, infatti, un
assoluto silenzio per poter sperare almeno di superare la guardia esterna; non
sarebbe stato facile come la prima volta. Ci dovevano essere più Auror di guardia
e più probabilità, quindi, di essere scoperti.
Con
circospezione erano riusciti grazie ad un semplice incantesimo di rabbia a far
litigare violentemente due passanti, creando un diversivo e distraendo le
guardie all’entrata dell’edificio, che erano intervenute per farsmettere i due.
Successivamente,
erano sgattaiolati per i corridoi, appiattendosi ogni qual volta sentivano dei
rumori e sperando di avere con loro il Mantello dell’Invisibilità di Harry – o
quello di Moody, se proprio. La fortuna sembrava nuovamente dalla loro parte;
forse erano gli strascichi della Felix
Felicis, aveva dedotto Hermione a poche svolte all’arrivo nel cuore del
Quartier Generale.
Ginny
sorrideva all’idea di poter (magari) incontrare Harry, o almeno contattarlo per
sapere come stava. Le mancava terribilmente, e sentiva il bisogno oggi più che
mai di stringerlo a sé e confortarlo, rassicurarlo.
“Generale,
cosa si fa ora?”
Il
trio si fermò di colpo, nascondendosi dietro l’angolo. La voce tonante e
sarcastica, ormai famigliare, di Marshall mozzò loro il fiato.
“Umhp,
nessuna cattura a Londra? Solo dieci miseri arrestati nelle segrete?”
La
prima voce, probabilmente un sottoposto, rispose: “Sì, Generale.”
Sul
pavimento i tre ragazzi videro le due ombre molto leggere date dalla luce, che
non era omogenea in quei corridoi delle viscere del Ministero.
Poi
un grugnito. “Dovremo prendere seri provvedimenti. Innanzitutto, quest’edificio
ritornerà la base ufficiale del Ministero, ci serve un esercito saldo e un
comandante deciso... ormai il Scrimgeour è andato e se dovessimo attendere
l’elezione del prossimo Ministro la guerra finirebbe per concludersi prima del
dovuto, e non a nostro favore. E infine, muoio dalla voglia di stanare e
terminare qualche Mangiamorte... dobbiamo essere più decisiriguardo a questo, Scrimgeour è stato troppo
blando e, infatti, è finito com’è finito. Dobbiamo adottare una tattica più
aggressiva contro i Mangiamorte.”
“Come
farete, signore?”
Anche
senza vederlo, Ron, Ginny ed Hermione immaginarono il ghigno malefico di
Marshall tra le sue labbra. “Catturate tutti i parenti dei Mangiamorte che
conosciamo per certo, e poi uccideteli con cautela, in modo che non si venga a
sapere. Con il concilio magico intento a cercare un nuovo leader sarà facile.”
Ordinò secco.
L’Eclitto
annuì con un “Sissignore!”
“Ora
andiamo, il concilio magico è in piena crisi e necessita di un valido supporto.
Rimarranno incartati per un po’ nelle solite e noiose pratiche burocratiche…
questo è il nostro momento” Sbuffò Marshall, e le due ombre scomparirono dal
corridoio.
I
tre ragazzi rilasciarono il fiato, contenti di essere riusciti a scamparla
ancora.
Hermione
stava per bisbigliare di proseguire, quando una mano calda le toccò la spalla;
la ragazza lasciò che un gridolino di sorpresa e spavento le uscisse dalle
labbra, ma voltandosi trovò fortunatamente dei famigliari capelli rosa cicca e
una Tonks lievemente perplessa.
“Voi
che ci fate qui? State bene?” mormorò ai ragazzi un po’ preoccupata.
Hermione
riprese fiato e annuì veemente. “Abbiamo pensato di riferire quello che
sappiamo sulla disfatta di – insomma, sulla distruzione di Hogwarts. Inoltre,
speravamo di trovare Harry e magari anche i signori Weasley.”
Tonks
annuì e scoccò loro un sorrisetto. “Vedo che anche i membri più giovani
dell’Ordine sono duri da sconfiggere.”
Ron
alzò le sopracciglia. “Ehi, abbiamo quasi più esperienza di te in
sopravvivenza.” Ironizzò, facendo sorridere tutte.
“Bene,
allora, meglio per voi,” gli fece l’occhiolino Ninphadora. “Andiamo, vi
accompagno.”
I
tre annuirono e la seguirono fino all’Ordine, dove fecero rapporto non senza
marcare la loro indignazione e il profondo odio e disprezzo verso i
Mangiamorte. Ma chiedendo informazioni su Harry scoprirono di trovarsi ad un
punto morto: dopo l’incontro con il Primo Ministro Babbano e Kingsley era
scomparso.
L’ansia
per l’amico si acuì, invece di smorzarsi come avevano sperato.
“Forse”
aveva mormorato Hermione, tremante e incerta “l’effetto dalla pozione è svanito.”
Né
Ron né Ginny replicarono, limitandosi a finire di medicarsi.
*^*^*^*^*^*
La Camera delle Torture
[L’Oracolo si Presenta – “Vita o Morte,
caro professore?”]
Forse
era il luogo più segreto e appartato del Covo Oscuro, il più intrinseco di
magia proibita, dove il terrore era palpabile nell’aria. Lord Voldemort
permetteva a pochi eletti di raggiungerlo in quella che ormai si era
trasformata nella camera delle torture con aggiunta di interrogatori sanguinari
e di esperimenti su cavie umane vive: traditori, mezzosangue, babbani e anche
qualche occasionale giovane e fortunato ragazzo sopravvissuto al rogo di
Hogwarts che Greyback aveva trascinato fuori dal castello in fiamme.
Severus
Piton era forse il massimo pupillo dell’Oscuro Signore. Un legame li univa,
oscuro al resto del mondo; ed era quel legame a pesare sul piatto della
bilancia: vittoria o sconfitta per Lord Voldemort. Piton sapeva che in realtà
il grande segreto era condiviso anche dal misterioso R.A.B., alias Regulus
Black. Quell’uomo dalla mente contorta e dalla crudeltà perversa era totalmente
inaffidabile, ma il suo isolamento aveva determinato una specie di garanzia per
Severus Piton, in tal modo non avrebbe potuto rivelarlo a nessuno. Ma
puntualmente Harry Potter si era intromesso ed ora conosceva il maggiore
segreto dell’Oscuro Signore, ma, per grazia alla parte oscura, non comprendeva
l’enorme portata di quella rivelazione.
Piton
era stato convocato nella camera delle torture; al suo fianco l’Oscuro Signore
sembrava quasi giacere nell’ombra della camera, cullato dall’oscurità di quel
luogo. Rivolse a Severus il cenno d’intesa che lo autorizzava ad iniziare la
sua arringa.
“Mio
Signore, già mi favorisce con immensi privilegi, quindi non credo di… meritarmi
un premio come nel caso dei miei compagni.”
“Infatti,
Severus” biascicò Lord Voldemort con eleganza “sempre una spanna più in alto
dei tuoi compagni, se così ami chiamarli. Sai che soltanto il ruolo di cui ti
investo è degno dei più incommensurabili degli onori?”
“Lo
comprendo, mio Signore” disse Piton con profondo rispetto “E non esiste nulla
al mondo che mi piegherebbe al tradimento. Le rimarrò fedele per tutta la
vita.”
Lord
Voldemort lo fissò dritto negli occhi concentrando l’enorme potenzialità delle
sue doti Legimens “E sei sincero. E’ la tua vita che è così preziosa per me,
Severus. D’altronde tu sei il sigillo che mi permette di esistere senza
indicibili tormenti. Sarei peggiore che il più miserevole degli spettri,
peggiore di come mi ritrovai dopo la sconfitta che mi impartì Harry Potter –
come di consueto i suoi occhi serpenteschi si strinsero acutamente - sarei
vivo, ma assolutamente miserevole. Compresi infine il significato delle parole
di Silente: c’è qualcosa peggio della
morte. Sono tuttora convinto che no, non esiste nulla peggiore della morte,
ma una vita del genere… la augurerei solo al nostro caro Harry.”
Piton
sogghignò con lui, tuttavia conscio della sua posizione subordinata.
“Severus”
Lord Voldemort mormorò solo lievemente quella parola, levando il braccio bianco,
dissimulando il suo ordine imperioso in un invito declinabile; il Mangiamorte
si avvicinò all’istante.
Piton
si arrestò a pochi passi dal suo signore, immobile come il silenzio che
circondava entrambi.
Lord
Voldemort mosse appena le labbra bianche e talmente sottili da sembrare
irreali, inumane “So che qualcosa ti tormenta, nulla può sfuggire al mio
occhio. Qualcosa di grave e pericoloso…”
Lasciò
sfumare le parole nella quiete della stanza.
“Si
tratta del giovane Potter?”
“No,
mio Signore” rispose Piton con la calma che aveva imparato a coltivare negli
anni di spia “Si tratta invece della recluta che Darcy Donovan si propone di
addestrare.”
“Le
sue doti sono dunque così sorprendenti da allarmare persino te, Severus?”
“Più
che sorprendenti sono alquanto curiose, mio Signore” disse Piton pacatamente
“Quella recluta racchiude in se molte qualità che già singolarmente sono assai
rare: è sia Rettilofono che Metamorofmagus completo.”
“Un
fenomeno unico al mondo, mai documentato nella Storia Magica, a quanto mi
risulta” rifletté Lord Voldemort avanzando nella stanza con la lunga veste nera
che gli svolazzava alle spalle “Sicuramente un elemento da tenere d’occhio,
potrebbe risultare eccessivo il suo talento: da utile diverrebbe dannoso per la
Nostra Causa. Un servo più potente del proprio Signore.”
Piton
nascose abilmente la sua inquietudine: già di suo sospettava che le doti del
giovane Mangiamorte sorridente eguagliassero quelle dell’onnipotente Lord
Voldemort e persino le riverenti parole di Darcy Donovan avevano fornito una
conferma: Vedi, Piton, se anche egli
fosse il più grande mago di tutti i tempi, ciò non basterebbe. Perché Lord
Voldemort è pur sempre un umano mortale.
Mortale?
Umano? Perché prendersi la briga di sottolinearlo, significava forse che quel
giovane era ben più che un comune mago o un semplice umano? E se davvero era
immortale, allora poteva essere…
“Non
credo, mio Signore. Voi siete molto più potente di lui, avete molta esperienza,
un’istruzione e una conoscenza della magia più raffinata. L’unico suo pericolo
è la scaltrezza, quel ragazzo è subdolo: si direbbe che dietro al suo perenne
sorriso si nasconda un demonio” Piton sobbalzò. Che fosse proprio così?
“Dopo
che avremo terminato con lo PseudoProfeta, manda a chiamare la recluta” Lord
Voldemort lo fissò e apparve molto turbato “Troppi sono i pericoli che si
stanno ergendo contro di me: il Ministero e l’Ordine della Fenice, non che lo
stesso Harry Potter sono dei nemici da considerarsi pressoché innocui, non temo
più la Profezia. Ma queste singole figure dal contorno misterioso e mistico
rischiano di causare un insormontabile intralcio, per questo necessito di una
previsione, una certezza concreta.”
“Per
questo richiese la mia presenza.”
Li
raggiunse una voce che pareva attorniata dal mistero e dalla solennità.
Lord
Voldemort turbinò come una spirale nera verso la voce, le braccia aperte e il
volto una mistura grottesca di allegria e ansia “Ecco dunque il mio diletto.
Severus, hai mai avuto l’onore di conoscere il venerabile Oracolo?”
Piton
colse il riflesso d’inquietudine sul volto glabro e solitamente impassibile. Un
istantaneo nervosismo lo catturò mentre volgeva l’attenzione verso il
proprietario di quella voce insigne “No, mio Signore” rispose con la consueta
voce controllata.
Era
bianco, totalmente fasciato da drappi di lino e seta candida che brillava anche
nell’oscurità della camera. Abbigliato come un solitario viandante del deserto,
lasciava scoperti solo due inviolabili occhi nocciola, acuti e più penetrati
dell’occhiata serpentina dell’Oscuro Signore. Dalla sua figura trasparivano
rispetto e solennità, generando quasi un’aura divina sul suo giovane corpo
appena trentenne.
I
suoi occhi scattarono su Piton, stringendosi in due fessure senza però mutare
l’impassibilità del suo volto.
“Tu
morirai miseramente.”
Piton
sobbalzò e con lui l’Oscuro Signore.
“Stroncato
dalla mano erede del tuo protetto. Soffocato da un amore inestirpabile e
violento. Soffocato lentamente da una seta serpentina e antica.”
Il
silenzio era immobile ed inquietante. Il volto esangue e sudato di Piton si
rifletteva nelle profondità mistiche e impenetrabili quali erano gli occhi
nocciola dell’Oracolo.
“So
di essere un elemento scomodo. Ma so anche che non morirò, qualsiasi cosa io
decida di fare. Perché io mi vedo nel futuro.”
“E’
sufficiente, ti ringrazio” mormorò distintamente l’Oscuro Signore.
Piton
seguitava nel suo silenzio.
La
solenne voce si levò, lievemente attutita dal drappo che l’Oracolo portava sul
volto “Lo so che faccio paura. Ora il suo molliccio, professor Piton, si
rispecchierà nella mia figura. La rivelazione della propria morte è un fatto,
nulla si può fare per arrestare la morte: è il destino incorruttibile quello
che io rivelo. Non si inquieti, professore, che io gliel’abbia detto o meno non
altera il futuro, tutto ciò che può fare è aspettare la morte e accettarla.”
Piton
fu colto da un incredibile fremito. Le parole di quell’individuo non
appartenevano a quel mondo, nella loro assoluta certezza erano estranee,
inumane, superiori. E il modo in cui lo apostrofava: professore… nulla gli era
apparso altrettanto inquietante e persino il suo allenato volto impassibile
faticò a stare calmo.
“Non
sono un mago particolarmente potente, ma ciò che possiedo è ben più elevato
della magia: il futuro.”
Lord
Voldemort si allontanò velocemente. Piton lo imitò senza fiatare, lasciandosi
alle spalle l’Oracolo.
“Dobbiamo
accogliere un ospite, Severus, quindi è il caso di ricomporre i nostri volti.”
Horace
Lumacorno venne trascinato mollemente nella camera da due Mangiamorte
corpulenti, i piedi del vecchio strisciavano sul pavimento, le membra del suo
corpo parevano abbandonati e cadenti.
“Vi
avevo pregato di trattarlo con deferenza” sentenziò l’Oscuro Signore fulminando
i due Mangiamorte con lo sguardo.
“Noi
non abbiamo fatto nulla” si affrettarono a discolparsi “E’ rimasto chiuso nelle
prigioni ma non gli è stato torto nemmeno un capello. Se n’è rimasto quieto
tutto il tempo, cosa strana, mentre il suo compagno di cella, Rufus Scrimgeour,
si agitava come un leone in gabbia.”
Il corpo del professore venne abbandonato ai
piedi di Lord Voldemort come una grande massa informe di carne priva di
volontà. L’Oscuro Signore sogghignò compiaciuto.
“Dov’è
finito il suo orgoglio, professore? Le pare il caso di lasciarsi andare così,
non abbiamo ancora fatto nulla.”
Il
massiccio corpo dell’uomo ebbe un terribile fremito che lo fece tremolare tutto
come una gelatina instabile.
“Ma
non tema, professore. Dopotutto lei mi ha dato l’immortalità, in un certo
senso. Le pare che io sia un ingrato? No, le sono così debitore: grazie a lei
sono potuto diventare ciò che oggi sono; sopravvivere, diventare immortale…”
Lord
Voldemort era perfettamente conscio del turbine di rimorso e terrore che
avevano inghiottito Horace Lumacorno: la colpa e il rimpianto si mescolavano
negli occhi tremanti dell’uomo, specchi cristallini che l’Oscuro Signore
trapassò con una sola occhiata: grazie alle sue eccezionali abilità di Legimens
e allo stato di agitazione e di privazione di autocontrollo del vecchio, che lo
rendevano un pessimo Oclumante, catturò le sensazioni di Lumacorno, le manipolò
per volgerle a suo favore.
“Ora
mi segua, professore” accennò Lord Voldemort con falsa gentilezza.
Lumacorno
rimase immobile e tremante.
“Che
cosa le prende. Non si fida più del suo pupillo Tom Riddle?” Lord Voldemort non
tentò neanche di celare il marcato disgusto che calcò sulle ultime due parole:
le sue reminescenze babbane all’orfanotrofio, qualcosa per cui aveva
ardentemente desiderato una nuova identità, più gloriosa, rispettabile, nobile:
Lord Voldemort.
Lumacorno
levò lo sguardo e se ne pentì all’istante quando incontrò gli occhi rossi e
serpentini dell’Oscuro Signore. Un’ondata di terrore lo investì in pieno.
“Si
muova, professore” disse lievemente l’Oscuro Signore, sottintendendo
chiaramente un comando ineluttabile.
Uscì
dalla stanza accompagnato da Severus Piton. Non ritenne necessario voltarsi ed
incoraggiare nuovamente il professore, sapeva che la paura lo aveva spinto ad ubbidire
al suo comando come un servizievole cagnolino. Puntando sul suo timore avrebbe
ottenuto qualunque cosa e, se il rimorso si sarebbe rifatto vivo nella sua
coscienza da codardo, avrebbe ripiegato su intimidazioni più concrete: Vita o
Morte.
Camminarono
in assoluto silenzio per breve tempo, inoltrandosi sempre di più nei
sotterranei del Covo. Lumacorno guizzava gli occhi per il buio corridoio con
circospezione: dove si trovava? Cosa avrebbe dovuto affrontare? Quell’uomo… il
Signore Oscuro… Lord Voldemort… tutto fuorché Tom… lo avrebbe ucciso? Sapeva
che nessuna speranza riusciva ad oltrepassare il covo segreto dell’Oscuro
Signore, sapeva di stare per morire, il punto era: come doveva andarsene?
Sarebbe ricordato nella storia come colui che rese Lord Voldemort immortale?
No, aveva deciso. Anche se gli sarebbe costato la tortura avrebbe resistito,
non avrebbe ricommesso lo stesso tragico errore, non avrebbe più aiutato Lord
Voldemort nella sua scalata al potere.
Infine
giunsero in un seminterrato debolmente illuminato da qualche lanterna. Molti
scaffali carichi di ingredienti in bottigliette e contenitori ricoprivano le
pareti, ad eccezione di una, sgombra per lasciare posto ad un enorme calderone.
Lumacorno
sobbalzò quando udì la voce sibilante di Voldemort: dunque era il suo talento
in Pozioni che desideravano.
“Non
c’è bisogno che le spieghi niente professore, è abbastanza sveglio per capirlo
da solo: necessitiamo della sua preziosa arte nelle pozioni, Severus le darà
una mano, ma lei indubbiamente conosce alla perfezione la formula che ci
occorre per distillare un particolarissimo infuso.”
Lumacorno
lo ascoltò, fremendo ad ogni parola. D’improvviso gli occhi gli saettarono in
un angolo tetro della stanza. Sul duro pavimento di pietra quattro vampiri
succhiavano avidamente il sangue dalle carcasse ancora calde di due unicorni. I
lunghi canini affilati fendevano i candidi mantelli, giungendo sino all’aorta
da cui estrapolavano il sangue, lucente e fluido come argento fuso, che
riversavano poi in piccole boccette ammassate ai loro piedi.
“Questa
è…” singhiozzò Lumacorno “… sangue di unicorno e bava di vampiro… il Luparina…
il più potente anti-veleno del mondo.”
“Precisamente.
A quanto mi ha detto Severus serve a controbilanciare gli sporadici effetti dei
più temibili veleni senza però togliere in potenzialità a questi; in pratica
permette di sopravviverepur avendo il
corpo saturo di veleno mortale, ma solo con l’assunzione ripetuta del Luparina,
mi corregga se sbaglio, professore.”
Voldemort
fu volutamente provocante, ma ciò non scosse Lumacorno troppo impegnato a
trovare una valida spiegazione che giustificasse il suo ruolo nei piani segreti
dell’Oscuro Signore.
“Questi
sono i suoi utensili e gli ingredienti, professore.”
Con
un gesto elegante della mano indicò un lungo tavolo su cui erano poggiati
ordinatamente vari strumenti da taglio, cucchiai di tutte le forme, dimensioni
e materiale, assi di legno, piccoli calderoni, fiale e una provetta che
Lumacorno riconobbe all’istante: il Veleno di Acramantula. La fiala giaceva al
fianco di un uovo nero striato di rosso, inconfondibilmente un uovo di
Basilisco; circa una dozzina di potentissimi veleni era sparsa lungo il tavolo.
Una
lista proibita, ricercata nei libri più nefandi di pozioni, balenò nella mente
dell’uomo:
Veleno di Acramantula
Tuorlo di Uovo di
Basilisco
Estratto di veleno
dello Scorpione Maculato
Veleno…
Per assicurare al
designato la facoltà di comunicare le sue visioni all’interlocutore, si
consiglia un’abbondante e ripetitiva dose di Luparina.
… Pozione Rituale dello
PseudoProfeta…
“Esattamente,
professore, sono lieto che lei conosca la formula.”
Gli
occhi Legimens di Lord Voldemort avevano violato i suoi pensieri senza
eccessiva difficoltà. Ora l’Oscuro Signore sapeva di poter ottenere da lui la
formula maledetta di quella pozione proibita.
“Non
esiti, professore, le do la possibilità di andarsene incolume da questo posto
se lei accetta. Altrimenti morirà nel più orribile dei modi.”
Il
viso di Lumacorno si era fatto rosso e gonfiato, il sudore scendeva copioso.
“Avanti,
professore, in fondo è solo una pozione. Le permetto anche di andare a
spifferare tutto al Ministero quando l’avrò lasciata andare, perché io la
liberò vivo, professore. A meno che lei decida di fare la parte dell’insensato
martire. Prima o poi riuscirò a trovare un altro mezzo per raggiungere il mio
obiettivo e quindi il suo eventuale sacrificio sarebbe del tutto inutile.
Allora che cosa mi dice?”
“Stima
davvero così poco la sua vita? Se non considera neanche la propria, come può
curarsi di quella degli altri? Dovrebbe ritenersi onorato, è la prima volta che
prego qualcuno, professore, di solito preferisco ricorrere immediatamente ad
una buona dose di Maledizione Senza Perdono. Ripensandoci, potrei anche usare
l’Imperius, giusto? Ma in fondo lei è sempre stato il mio insegnante
preferito.”
Un’ondata
di orgoglio colse Lumacorno. Lui sapeva che avrebbe dovuto sentirsi disgustato,
oltraggiato da quella sensazione, eppure non era così. Tom Ridlle era diventato
il Grande Signore Oscuro, malvagio, crudele, ma pur sempre Grande.
Per
Voldemort non fu difficile avvertire quel minuto senso di orgoglio; le labbra
bianche si piegarono in un sorriso.
“Vita
o Morte, caro professore?”
“Scelgo…
- le mani si chiusero a pugni, rosse, tremanti – scelgo… - la voce si
incrinava, strideva, trascinata da due emozioni diverse – scelgo la vita!”
L’Oscuro Signore ghignò.
“Forse
è il caso che indossi la mascherina e i guanti, professore, anche solo i fumi
potrebbero ucciderla.”
Voldemort
si stava ritirando “Mandate a chiamare il nostro Profeta.”
Avrebbe
avuto ancora la possibilità di cambiare decisione, ma non lo fece.
*^*^*^*^*^*
Lo PseudoProfeta
[Promessa di Vittoria Oscura – Le
parole della Fine]
Lo PseudoProfeta… un
rituale capace di estorcere dalle viscere della tua anima una verità futura:
ogni anima contiene in sé il proprio destino che si lega a sua volta col
destino del mondo e di altri. Un qualsiasi essere umano può così diventare un
infallibile profeta a cui poter porgere la propria domanda. La letale mistura
dei più tremendi veleni esistenti sulla faccia della terra causa un trapasso
violento della mente, già inevitabilmente proiettata verso la morte prossima;
così si è in grado di sbirciare la propria anima e, quindi, il futuro.
Il Profeta designato venne spintonato nella
stanza, il suo orgoglio da combattente fremeva contro gli sforzi immani dei due
Mangiamorte che tentavano di trascinarlo nella stanza.
Lord
Voldemort si ergeva nel centro del locale in tutta la sua oscura autorità.
Severus
Piton e Horace Lumacorno, il primo glorioso nel compimento della sua missione,
l’altro miseramente schiacciato dal rimorso ma desideroso di abbandonare quel
luogo tenebroso incolume. Il Mangiamorte diletto dell’Oscuro Signore porse a
questi la fiala schiumante contenente il micidiale composto finale, risultato
della combinazione di tredici veleni letali.
“E’
sufficiente una sola goccia, mio Signore.”
Il
Profeta, l’orgoglioso Rufus Scrimgeour, venne fatto piegare infine dopo
numerosi colpi di bacchetta.
Lord
Voldemort lo torreggiò, reggendo la fiala tra le bianche dita sottili. La
sollevo, mormorando incantesimi e formule dalla risonanza antica e oscura.
Scrimgeour
fu trapassato da un’occhiata penetrante quanto l’acciaio: due occhi serpenti e
rossi, incandescenti di desiderio di conoscere, di svelare il proprio destino.
“Imperius”
Mormorò
l’Oscuro Signore a fior di labbra.
Scrimgeour
fu scosso da una forza magistralmente potente: il suo orgoglio scalpitante si
affievolì sotto il sibilo tetro e imperioso che Lord Voldemort proferiva nel
profondo della sua mente.
“Alzati
e bevi.”
La
volontà di colui che era stato acclamato come l’inarrestabile Ministro della
Magia, capo degli Auror, fondatore e comandante dell’ordine degli Eclitti e
Preside di Hogwarts, si spezzò come un ramoscello secco: incapace di
protestare, di reagire o di fermare il proprio corpo che si protendeva per
assaggiare quell’intruglio micidiale.
La
lingua sfiorò appena il liquido salmastro e viscosamente nero pece: un tremito
scintillante, pari quasi al Cruciatus, lo scosse lungo tutto il corpo. Strinse
gli occhi, fiammeggianti di tenacia:
Fermati, fermati,
fermati…
“Bevi”
ripeté la voce nella sua testa; le labbra dell’Oscuro Signore si mossero in
contemporanea, tornando poi sogghignanti e soddisfatte.
La
fiala si inclinò verso l’alto, il liquido scese pigro lungo la superficie di
vetro e una minuta parte scomparve nella gola dell’uomo: Scrimgeour ingerì la
prima goccia di pozione.
Il
suo cuore, la vista e tutto il suo corpo creparono, squarciati da quella
singola goccia: l’ombra diventava luce, tutto il freddo e il sudore
scomparivano per dar passo al tepore del sonno eterno.
“Ingoia
questo”
Ancora
quella voce insinuante e diabolica.
Sentì
appena il sapore di una seconda pozione e di colpo, il sudore e il freddo
tornarono, così anche la percezione del proprio corpo e della paura: ma tutto
era ancora bianco.
“Dimmi,
cosa ne sarà del Potente Signore Oscuro? Chi vincerà la battaglia?”
Quella
voce gli ordinava di trovare una risposta, di ubbidire e di adempiere alla sua
volontà. Il suo corpo non poteva reagire, ma la sua mente volò via per un
istante in cerca di quello che doveva essere il futuro.
“Dimmelo!
Voglio sapere! Vincerò io? E Potter, che fine farà quel ragazzo?”
Harry
Potter… Lui lo ricordava bene. Il suo fulmineo ricordo lo portò ad immergersi
in quel bianco che sembrava velargli gli occhi: eccolo Harry Potter, lo poteva
vedere, ora e nel futuro: percepiva tutta la sua esistenza non con i deboli
sensi del corpo ma con il forte supporto della sua stessa anima.
Nessuna
reazione o emozione poté cogliere Scrimgeour quando questi contemplò il destino
di Harry Potter, il suo corpo era insensibile allo stupore e al dolore che
forse avrebbe potuto provare.
“Che
ne sarà del Potente Signore Oscuro?”
Sentiva
che dell’altra pozione gli veniva versata in gola, e il bianco perse un po’
della sua nitidezza.
Lord
Voldemort… Lui lo conosce di fama, la sua famigerata fama. Il bianco si tinse
di nuovo, Scrimgeour affondò in quell’infinito pallore e lo percepì: smania di
potere e pura solitudine, ciò che era l’Oscuro Signore. Vide il suo futuro, il
suo destino segnato da una maledizione, intrecciata e indissolubile da quella
che marchiava Harry Potter.
“Chi
vincerà?”
Altra
pozione gli venne fatta trangugiare: ora avvertiva la lingua e il palato, un
sapore orripilante gli invadeva la bocca, ma il resto del corpo era ancora
assopito, il bianco diventava più insistente.
“Quando…
- la voce di Scrimegour, percepì la propria voce fuori dal luogo candido in cui
si trovava - … Harry Potter… non avrà… vita… tu… esisterai… ancora…”
L’assoluto
trionfo dell’Oscuro Signore gli giunse anche in quel luogo. Ebbene sì: quando
la morte sopraggiungerà su Harry Potter, l’Oscuro Signore avrà ancora vita.
Il
corpo ormai trapassato del vecchio leone morente venne abbandonato al suo
inevitabile destino. Nel buio della Camera delle Torture, immobile
nell’oscurità, allucinante dal veleno, Rufus Scrimgeour pronunciò la più grande
delle Profezie.
“…
ma… così… rompi il corso del… destino… la maledizione… crei un’anomalia… e ce
ne sarà un’altra… dopo di te… quella… quella… distruggerà il mondo…”
Le
ultime e apocalittiche parole dello PseudoProfeta, quelle che davvero avrebbero
dovuto pesare sul destino di tutti, si persero nel vuoto: Scrimegour venne
inghiottito dal bianco.
~ [ End of Chapter 12 ] ~
=*=*=*=*=
Eccoci qui! XD
Come
sempre un ritardo increscioso ma, sembrerà strano, le vacanze estive sono più
impegnative della scuola.
Ah,
che bel capitolo, diciamo che l’amore delle autrici per i personaggi da loro
creati è aumentato a dismisura e continuerà fino al culmine della seconda e
terza parte [spoiler… possiamo darne? XD].
Ma
la parte sicuramente più bella è stato il triangolo amoroso
Samantha/Draco/Pansy. Finalmente Samantha comincia a mostrarsi veramente per
quello che è, sembrava dolce e carina, vero? XD Ragazzi, è solo la metà di quel
che sembra (se non niente… Kaho ci ha messo secoli per capire il vero ‘io’ di
Samantha XD nd Samy Umhp… ndKaho).
News scottanti:
mancano quattro capitoli! Esatto! I capitoli arrivano fino al 15! Poi
HP7 termina… finirà nel sangue (*_*) Ma… finalmente (^_^ °_° ndSamy&Kaho)
inizia: P a s t L e g ac y Part II!!!
Intrallazzi
amorosi e nascite… (Kaho non vede l’ora)… ma Samy non vede l’ora di scrivere la
3^ Parte con i bocha cresciuti dei nostri eroi. Auspichiamo di finire la 1^
parte prima dell’uscita del 7° libro ufficiale (sogna, sogna ndKaho Ma poi se
il finale del libro non mi piace andrò in crisi mistica ndSamy >.<).
Rimaneteci fedeli perché (si spera) non vi deluderemo.
Indizietti (Spoiler):
abbiamo notato ke nella 3^parte ci sono un pacco di persone colte da improvvise
crisi mentali (non troppe). Uno dei figli di genitori misteriosi (ma già
conosciuti XD) è proprio un gran bel **** (Samy e Kaho sbavano per l’emozione…
è così bello creare personaggi tremendamente fascinosi!!).
~Risposte ai Lettori~
Apple:Te non hai idea delle
soddisfazioni che ci dai *___* Innanzitutto, la soddisfazione a Samy che si
impegna ad incasinare le cose e vede che tu le noti (es. le tue attente
osservazioni su Jolly), e poi la soddisfazione di vedere che ti stai
appassionando alla Samantha/Draco. *____* Lo sappiamo, Marshall crea una specie
di rapporto amore/odio (anche se ormai Kaho lo adora! XD)ma poverino, ha avuto i suoi traumi *Kaho e
Samy ammiccano verso la tua recensione tossicchiando per non dare spoiler agli
altri lettori*. Oh sì, Sirius. Traumatico, eh? Ma adesso è tutto svelato,
volevamo lasciarvi con l’ansia di un nuovo capitolo… i metodi scorretti per
tenersi stretti i lettori! XD Presto arriveranno momenti Harry/Ginny più
sostanziosi, intanto Kaho si gode la tua raccolta. ^^ Grazie per le recensioni,
we love you! *-* Un bacio, Kaho&Samy
Saty:
Oh, ma nostra veterana recensitrice *___* Grazie per la precisazione su Seamus,
in effetti ci pareva che c’era qualcosa anche sui libri della mamma Row, ma non
ne eravamo sicure perchè abbiamo postato senza controllare… avere la tua
‘accertazione’ ci fa stare più tranquille. E per i microfoni che funzionano
*ehm* diciamo che sono magici. In effetti, un Sonorus era più semplice. Oh beh, ormai ciò che è scritto è
scritto! xD Oh, sì, approfondiremo meglio Harry/Ginny, non ti preoccupare.
Siamo contente di essere riuscite a mantenere il climax per tutto il capitolo e
di averti incuriosito con Sirius. Ma davvero non ti piace? *Kaho spalanca gli
occhi, il suo tesorino non piace!*
Oh, beh, gustibus non disputandum est,
giusto? XD Però siamo riuscite a farti piacere Draco/Samantha. *Samy felice* A
presto! ^.^ Un bacio Kaho&Samy
EDVIGE86:
Carissima hai visto che stavolta siamo state più veloci? ^^ Ci fai sempre
arrossire con i tuoi complimenti, grazie.
*-* Il pezzo con Krum-il-Tricheco *Kaho e Samy scoppiano a ridere per il
soprannome* ti è piaciuto?Tch, Ron è
così prevedibile… è diventato verde di gelosia! XD Anche a Kaho non piacciono i
serpenti, ma c’è Samy che li adora. Questione
di gusti. Bellatrix è pazza, sì, povero Rodoulphus, a noi fa così pena
quell’uomo! Ç__ç Un bacio, facci arrossire anche con questo capitolo! XD
Kaho&Samy
amy:
Benvenuta, benvenuta, siamo sempre felici di avere nuovi recensori! *___* Oh,
sei riuscita a leggere la storia nel giro di un giorno? Noi molto colpite, è un
malloppone! *___* Meglio per noi! XD Piaciuta l’entrata di sopracciglio Krum?
Ah, per gli spoiler che abbiamo dato (e la morte di uno del trio) non possiamo
dire niente… solo continua a seguirci! XD Grazie! Un bacio, Kaho&Samy
HarryEly:
Benvenuta! *abbraccio* Addirittura la più bella che hai letto?? Oddio, non
esageriamo… (ma dai ce lo meritiamo! ndSamy SAMY!! ndKahoScandalizzata) Grazie
per i complimenti, diciamo che per la somiglianza con la mamma Row abbiamo
rubato in anteprima il suo manoscritto e lo abbiamo tradotto (scherzo! XD).
Davvero grazie per i complimenti, ti aspettiamo anche per questo capitolo! ^^
Un bacio, Kaho&Samy
Oddio,
oggi siamo commosse da questi recensori, sìsì. Un saluto alle fedelissime Saty
e Edvige, alla ritrovata Apple, e alle nuove arrivate amy e HarryEly.
Vi
adoriamo, senza le recensioni la storia non andrebbe avanti per carenza di
affetto… Quindi, dovete proprio lasciarci una recensione, ragazze! XD
Un
bacio e a presto *___*
Kaho&Samy
P.S
= Kaho ha scritto una drabble su Draco, non collegata alla storia, per il
compleanno di Samy. Se a qualcuno andasse di leggerla, la troverete sul profilo
dell’autrice, con il titolo “Regret”. Semplice introspezione di un personaggio,
il suo punto di vista. Recensioni sempre benvenute! ;)
“Sentiamo, allora”
disse Harry con un vago tono ironico.
“Ora ti dirò dove
trovare un Horcrux.”
*
Fuori dalla Tana
[Al Cospetto dell’Arazzo di Famiglia]
Harry
lo osservava rigirarsi la bacchetta tra le dita. Infine Regulus
serrò le labbra e si levò deciso.
“E’
tempo di distruggere un Horcrux… o forse anche due.”
“Perché
mi vuoi aiutare?” chiese il giovane Potter marcando nella voce la sua
diffidenza.
“Non
è te che aiuto, caro Harry” rispose quieto Regulus lanciando
un’occhiata vuota per la stanza altrettanto cupa e deserta “In questa tana, per
me, ora, non c’è niente. E poi prima della mia presunta morte mi dedicai anima
e corpo alla ricerca degli Horcrux e ora intendo
finire il lavoro… o almeno portarlo avanti… perché qualunque cosa io faccia so
che non potrò mai assistere alla fine dell’Oscuro Signore… prima dovrò perire io.”
Quella
confessione accese l’interesse del ragazzo, ma Harry trattenne un singulto e la
domanda imminente che desiderava porgli. Si limitò a seguirlo, mentre l’uomo
avanzava per la stanza e oltre la parete magicamente camuffata e ondeggiante
con movimenti rigidi ed esitanti.
Lo
seguì fiducioso. Forse perché il suo aspetto rispecchiava la figura autoritaria
e permeata di fiducia del suo amato padrino.
Giunsero
entrambi alla soglia della casa, davanti a loro la sconfinata e deserta
cittadina di Raven Corner. Regulus
fissò contemplativo l’ambiente esterno, un’ombra calò sui suoi occhi scuri.
“Non
appena varcherò questa soglia la Maledizione mi sarà addosso.”
“Perché
vuoi venire anche tu, allora?” gli domandò Harry ancora una volta.
Regulus
alzò le spalle e disse con voce annoiata: “Non ho davvero niente di meglio da
fare.”
“E
la Maledizione?”
Regulus
attese un ampio istante di riflessione prima di sospirare “Sono stufo. La paura
è terribilmente stancante e noiosa. Non ho avuto altro che paura per quindici
anni. Non sono mai stato coraggioso, non come lui… ecco perché mi hanno smistato a Serpeverde…
ero proprio un codardo e lo sono ancora.”
Harry
lo fissava di sottecchi: il volto dell’uomo era ritornato serio e quasi
sognante, come durante quei momenti malinconici in cui menzionava quel ‘lui’ che, lo capiva bene, era una figura
nostalgica e triste.
Possibile che quel lui
sia… Sirius?
Ma
non poteva esserlo. Regulus paventava e prevedeva un
incontro con quel ‘lui’ e Sirius era morto.
“Però
mi consola sapere che lo rivedrò” aggiunse Regulus
con un’occhiata melanconica “Su, Harry, andiamo a casa. Mi serve il tuo aiuto.”
Il
Black fece apparire con un rapido movimento di
bacchetta una scopa dall’aria vecchia e malandata. Un attimo dopo sorvolava a
mezz’aria sopra lo sguardo confuso di Harry.
“Seguimi” gli intimò “Torniamo a casa.”
Harry
montò a cavalcioni della sua Firebolt e prese il volo
affiancando Regulus.
Per
Harry il viaggio fu nebuloso quanto il cielo attraverso cui sfrecciarono, colmo
di nebbia fitta e massiccia.
Dov’è casa sua?
Pensò
Harry, stando alle calcagna di Regulus per evitare di
perderlo di vista.
Il
viaggio continuò per diversi minuti, forse ore. Harry non capì come Regulus riuscisse ad orientarsi nel mezzo di tutta quella
nebbia, ma, d’un tratto, il manico della sua scopa virò bruscamente, puntando
verso il basso. Harry lo accompagnò in una discesa vertiginosa finché le luci
artificiali di una Londra notturna apparvero ai loro occhi.
Ecco dov’è casa sua.
Rifletté
Harry mentre entrambi si avvicinavano ad un quartiere dall’aspetto conosciuto.
GrimmauldPlace
numero dodici.
Atterrarono
alla tenue luce di un lampione intermittente.
“Evanesco”
borbottò Regulus, facendo sparire la sua scopa.
Un
istante dopo, Harry lo seguiva lungo l’ispido selciato che fiancheggiava le
case dalle facciate sudice e poco accoglienti di GrimmauldPlace.
Regulus
si parò tra il numero undici e il tredici, dove un’ampia e sozza parete si
estendeva, completamente sgombra.
Il
Black chiuse gli occhi, concentrandosi sull’antica
formula che da generazioni la famiglia si tramandava come una reliquia: la
parola d’ordine che permetteva l’accesso ad uno dei più sfarzosi possedimenti
della Nobile e Antichissima Casata dei Black, parola
d’ordine che solo i prescelti dal loro sangue ‘Toujours Pur’ potevano conoscere.
*SiriusBlack*, nome del Capostipite della
Casata…
Che ironia…
Esattamente
come due anni prima, una casa si gonfiò tra i numeri undici e tredici,
rivelando la vecchia porta d’ingresso al sommo di una scalinata.
Harry
salì i gradini di pietra, ma si dovette arrestare quando comprese che Regulus aveva fatto altrettanto.
“Ora
è casa tua” gli disse Regulus con voce risentita e
triste “Sei tu il padrone di casa: apri la porta.”
Harry
lo superò esitante e afferrò il pesante batacchio dalla forma di serpente
intrecciato. Lo sbatté un paio di volte contro il legno consumato della porta.
Una voce gracchiante e sofferente si levò dall’interno della casa. Un attimo
dopo l’ingresso si mostrò agli occhi di Harry con un cigolio metallico.
Harry
varcò la soglia e venne investito dal famigliare puzzo di muffa, umido e marcio
e dalle proteste gracchianti dell’Elfo Domestico steso ai suoi piedi.
“Ora
il nuovo padrone entra nella nobile casa dell’illustre famiglia Black, il nuovo padrone che è un Mezzosangue! Se la mia
antica padrona lo venisse a sapere non reggerebbe dalla vergogna. Il nuovo
padrone ora si crederà proprietario di questa nobile casa, ma non è così!”
affermò deciso il vecchio Elfo con il lungo naso ancora schiacciato contro il
pavimento in un disperato tentativo di inchino.
“Non
l’ho voluto io, Kreacher!” sbraitò Harry, fremendo di
rabbia “Non volevo affatto tornare in questa casa.”
“L’ho
voluto io” disse Regulus alle spalle di Harry.
Avanzò
di qualche passo e fissò con uno strano sorriso il vecchio Elfo appiattito sul
pavimento.
“Ciao,
Kreacher.”
Le
lunghe orecchie della creatura si rizzarono, fremendo e sventolando. Kreacher staccò immediatamente il naso da terra, gli
immensi occhi lucidi si allargarono come a voler esplodere dalla testa.
“Padroncino
Regulus… padroncino Regulus”
bofonchiò stridendo, preso da un’esaltazione isterica “Il padroncino, il vero e
nobile padroncino, il figlio prediletto dalla padrona… è tornato!”
Kreacher
strisciò come un fulmine fino ad aggrapparsi all’orlo del mantello di Regulus e lì prese a liberare versi che parevano un misto
di grida di gioioso pianto disperato e urli di trionfo indescrivibile.
“Ora
basta, Kreacher” gli comandò Regulus
con tono secco.
I
versi del vecchio Elfo cessarono all’istante, e questi levò lo sguardo colmo di
ammirazione verso il volto impenetrabile di Regulus.
“Kreacher si scusa, padroncino. Ma Kreacher
è davvero felice, padroncino: la Nobile e Antichissima Casata dei Black vive ancora!”
Il
volto di Regulus si incupì “Non per molto” sibilò
piano.
Avanzò
lungo il cupo e lungo corridoio. Un candelabro infestato da ragnatele si accese
al suo passaggio, rivelando un ambiente logoro e decadente: vecchi quadri
consumati dagli anni, tappezzeria e mobili consunti.
Regulus
osservò con occhi stanchi il fantasma sfinito della sua antica e nobile casa,
un tempo sfarzosa e maestosa nel suo arredo e nell’orgoglio e la superbia di
famiglia.
Kreacher
gli stava alle calcagna, inchinandosi ogni tanto per mostrare la sua più totale
fedeltà e venerazione:
“Ora
che il padroncino è tornato Kreacher non dovrà più
servire quello stupido ragazzino figlio di una Mezzosangue.”
Harry
proseguì dietro di loro, fremendo ad ogni parola dell’Elfo Domestico, finché Regulus si arrestò in un’ampia sala col pavimento ingombro
di polvere.
“Kreacher pulisce immediatamente” attaccò subito la creatura
“Kreacher prima non voleva pulire perché credeva che
la casa sarebbe stata di quello – lanciò un’occhiata in tralice a Harry,
lasciando apparire i suoi sommessi occhi da elfo incredibilmente altezzosi –
Vostra Madre, padroncino, avrebbe preferito vedere questa casa distrutta invece
che nelle mani di Mezzosangue e di traditori del loro sangue.”
Regulus
ignorò i commenti del vecchio elfo, lo sguardo era catturato dall’ampio arazzo
che occupava tutta una parete.
Il
volto grottesco di Kreacher si illuminò: “Kreacher ha protetto l’arazzo di famiglia. Kreacher l’ha fatto! Kreacher
sapeva che è il tesoro più grande della famiglia!”
Regulus
si avvicinò all’arazzo, analizzandolo con un’aria cupa e nostalgica: il bordo
era sbiadito e consumato, solo il filo d’oro con cui era ricamato era
sopravvissuto intatto a sette secoli di storia… eccolo ritrovato, l’albero
genealogico della Nobile e Antichissima Casata dei Black.
Regulus
abbassò lo sguardo fino a scorgere le estremità dei lunghissimi rami che si
diramavano dal capostipite della sua potente famiglia. Alla base dell’albero
era ricamato il suo nome, ‘RegulusBlack’, accompagnato dalla data di nascita a cui non
seguiva più niente.
Harry
gli venne di fianco sotto le vive proteste di Kreacher
che non desiderava che l’amato padroncino venisse insozzato dalla presenza del
figlio della Mezzosangue.
Il
giovane Potter osservò il vuoto dove solo due anni prima era incisa la data di
morte di RegulusBlack.
“L’arazzo
è magico” gli spiegò Regulus “Diciassette anni fa
registrò la mia morte perché così tutti credevano e perché persi la mia
identità per guadagnare quella di LyonsKaus e mi nascosi: sparii completamente. Ma ora ho
rinunciato alla mia copertura e ho abbandonato il mio rifugio. E tu, Harry, hai
scoperto la mia vera identità, sai che RegulusBlack è ancora vivo… e così la mia morte è svanita”
sussurrò indicando il vuoto dopo la sua data di nascita “e la Maledizione è
ricomparsa.”
“Perché
hai voluto rischiare tanto?” gli chiese Harry, nuovamente.
Il
volto di Regulus tornò indecifrabile “Voglio solo
ritrovare un volto amato.”
Regulus
abbandonò l’arazzo di famiglia e si inginocchiò di fronte a Kreacher,
che lo osservò ammaliato. Il Black si levò la pesante
sciarpa di lana che portava avvolta al collo e la porse al vecchio elfo. Gli
occhi della creatura tremarono e lanciò un urlo immondo e permeato di
disperazione.
“Padroncino,
Kreacher la supplica! Kreahcer
non vuole abbandonare la famiglia Black! Kreacher non vuole essere liberato! Kreacher
preferisce morire! Kreacher servirà la Nobile e
Antichissima Casata dei Black fino alla morte!”
“Non
ci sarà più una Nobile e Antichissima Casata dei Black,
Kreacher” confessò Regulus
con la voce poco più alta di un sussurro.
“Il
Padroncino non deve dire così! Ora che il Padroncino è tornato la Casata
rivive!” sbraitò Kreacher, attaccandosi alla sua
veste e scostando bruscamente la sciarpa che il mago gli offriva.
“No!”
strillò Kreacher, tirandosi le lunghe orecchie “No! Kreacher aspetterà il vostro ritorno, Padroncino.”
“Non
tornerò più, Kreacher. La Nobile e Antichissima
Casata dei Black si spegnerà questa notte, ma no si
spegnerà con me.”
“No,
no, no! Kreacher non capisce! Il Padroncino è la sola
speranza della Casata e lui tornerà per riportare la sua nobile famiglia
all’antico splendore!”
“Non
tornerò più in questa casa, Kreacher” sussurrò Regulus “Guarda l’arazzo, guarda il mio nome… continua a
guardarlo dopo che me ne sarà andato, poi, ad un certo punto, capirai che non
potrò più tornare.”
“Kreacher non capisce! Kreacher
non capisce!” continuava a ripetere il vecchio elfo, urlando dalla disperazione.
Regulus
ignorò nuovamente i suoi strilli e rinnovò l’invito ad afferrare la sciarpa
“Tieni, Kreacher, prendi questa sciarpa. Se vuoi
essere libero, accettala.”
Ma
l’elfo si strapazzava le orecchie, negando vigorosamente con la testolina e strillando
a voce ancora più alta.
Allora
Regulus abbandonò la sciarpa ai suoi piedi tremanti e
si alzò per andarsene “So che vuoi servire la famiglia Black,
Kreacher, ma tra non molto non esisterà più alcun Black, quindi sentiti libero di abbandonare questa casa se
non desideri servire più Harry Potter.”
Kreacher
vide il padroncino allontanarsi; fissò la sua schiena che se ne andava con
un’espressione di puro orrore: afferrò l’orlo del mantello di Regulus, che svolazzava alle sue spalle.
“No,
Padroncino! Non Andatevene! Siete l’ultimo Black!”
Regulus
lo fissò con gli occhi che scintillavano di una strana emozione “No, Kreacher, non sarò io
l’ultimo dei Black.”
Siliberò della sua stretta e varcò per l’ultima
volta la soglia di GrimmauldPlace
numero dodici.
*^*^*^*^*
[Home Sweet
Home…
“Scusa, puoi ripetere?!”]
Tonks
aveva imparato ad apprezzare i diversi aspetti del carattere di Remus J. Lupin, anche quelli che solitamente non mostrava a
nessuno, ma che solo a lei aveva rivelato nel corso di questo ultimo anno,
soprattutto da quando aveva accettato la sua presenza: era diventata la sua
compagna.
Per
molti versi, Remus era sorprendente: alle volte
malinconico e serio, ed altre sottile e sarcastico, con uno humour decisamente piccante che non si
sarebbe mai aspettata da lui; ma proprio per questo Remus
le piaceva.
Tonks
ammetteva che non era tanto l’aspetto fisico, quando l’essenza di Remus ad averla colpita. Era una continua scoperta, la
faceva ridere, si sentiva bene con lui molto più che con qualsiasi altro
ragazzo con cui fosse mai stata – e lei, di ragazzi, ne aveva avuti parecchi, a
dire il vero, e tutti diversi da lui… tutti sbagliati in confronto a lui.
Se
qualcuno le avesse chiesto se si pentisse di stare con Remus,
lei avrebbe alzato le spalle e confessato candidamente che non vedeva l’ora di
sposarlo. Naturalmente, questo suo desiderio Remus
non lo sospettava ma lei non glielo avrebbe mai confessato: conoscendo il suo
lato “riservato e solitario” che aveva così tanto faticato ad abbattere per far
sì che uscissero insieme, Remus l’avrebbe guardata
sbigottito e cominciato a brontolare che lei meritava di più o che non avrebbe
avuto una vita facile con un Lupo Mannaro come marito, eccetera eccettera.
Quindi,
per il momento, avrebbe cercato di tenere la bocca cucita (e chissà per quanto
ce l’avrebbe fatta).
Tonks
era seduta svogliatamente sulla poltrona dell’Ordine, gli occhi chiusi e le
braccia che penzolavano mollemente.
Sentiva
i muscoli rilassarsi piano piano e cominciare a
dolere. Non appena tornata a casa, si sarebbe buttata sotto la doccia e distesa
sul suo materasso, i muscoli ancor più stanchi e la testa leggera.
Dall’attacco
di Hogwarts l’Ordine si era mosso in fretta e così
lei si era trovata impegnata tra missioni Auror e
quelle clandestine dell’Ordine per arginare i danni causati da Voldemort, un’impresa tutt’altro che facile. Con i numerosi
attacchi (e l’evidente incremento dei Mangiamorte)
era difficile trovare un attimo per il riposo: tutta la nazione, magica e babbana, era occupata a contare i feriti e i morti, a
risanare le difese e a pensare febbrilmente un piano d’attacco, mentre
bisognava anche rassicurare (con scarsi risultati) i cittadini.
Si
lasciò scivolare ancora di più nel morbido tessuto, muovendo appena il collo per
rilassarsi e pensare un po’, qualcosa che non riguardasse la guerra.
Naturalmente, i suoi pensieri andarono su Remus
Lupin.
Dire
che si erano visti ultimamente era un eufemismo. Erano esattamente cinque
giorni e qualche ora dall’ultima volta in cui era riuscita a rivolgergli una
parola e una carezza prima di essere scaraventata in mezzo ad attacchi dei
nemici e nella caotica società magica.
Le
mancava. Terribilmente.
Chissà
se anche lui provava una specie di nostalgia, nel pensarla… A lei capitava spesso,
quando non erano insieme. Una sensazione di inadeguatezza, la voglia di
sfiorare con la punta delle dita i suoi capelli grigi e sorridere contro la sua
guancia, adagiata sotto le coperte dell’appartamento di lui con addosso una
camicia da notte antichissima che le ricordava sua madre – e tutto perché Remus Lupin era un uomo d’onore e, anche dopo aver fatto
l’amore, insisteva sempre perché lei si sentisse a suo agio, quindi coperta.
Tonks
ridacchiò al pensiero. Come se lei si sentisse a disagio nuda.
Ma
le piaceva il modo in cui le riservava attenzioni, l’aveva sempre colpita quel
suo lato. Remus era protettivo, dolce ma non per
questo ingenuo, anzi intelligente e astuto, quando serviva.
Infine,
a dirla tutta, le piaceva la camicia da notte che le aveva dato, recuperata da
non si sa quale cassetto (Tonks non voleva nemmeno
sapere cosa ci facesse una camicia da notte nel suo baule); le strusciava sulla
pelle, dandole la sensazione di essere morbida, e ogni qual volta sentiva il
fruscio del vestito contro il corpo di Remus – ecco,
la sensazione la stordiva piacevolmente, la infiammava di passione e amore.
Le
labbra sottili e rosee di Tonks si strinsero in un
sorrisetto malizioso mentre da queste usciva un mugolio soddisfatto.
“Spero
che tu non stia pensando a GilderoyAllock per sospirare così.”
Tonks
sobbalzò spaventata e nel farlo sbilanciò la poltrona che cadde con lei dentro,
facendole pestare la testa.
“Ouch.”
La
risata di Remus le riempì le orecchie. “Colta sul
fatto?” ironizzò il suo ‘fidanzato’, allungandole una mano con un sorrisino,
gli occhi ancora che la deridevano.
Tonks
alzò le sopracciglia. “Non sei geloso?” domandò ghignando appena e accettando
la mano che lui le stava offrendo.
Remus
la rimise in piedi e sembrò soppesare la cosa. “Un po’,” ammise tranquillo,
avvolgendola con le sue braccia. “Ma non credo che avrai mai la possibilità di
conoscerlo, quindi…” le disse, baciandola dolcemente sulle labbra.
Tonks
rise, gli passò le braccia intorno al collo e prese a giocherellare con i suoi
capelli. “Siamo in vena di coccole?”
“Mi
sei mancata.”
Tonks
trattenne il fiato, a questa ammissione.
“Davvero?”
“Mhmh…” annuì lui, annusando il
profumo del suo shampoo. “E io? Ti sono mancato?”
Lei
ridacchiò. “Posso mentire?”
“Non
credo proprio, signorina…” fu la risposta divertita, che la fece ridere ancor
di più. Ecco, la sensazione nostalgica spariva: le braccia di Remus erano un rifugio confortevole, che la rilassava e la
facevano sentire a casa.
“Allora
devo rispondere che, sì, mi sei mancato…” gli bisbigliò all’orecchio, facendolo
rabbrividire. “Che ne dici di andare a casa tua? Io sono libera…”
“Shh.” L’indice di Remus le coprì la
bocca. “Ti devo portare in un posto.”
Gli
occhi scuri di Tonks scintillarono, curiosi e vivaci.
“Dove?”
Remus
le sorrise malandrino. “E’ una sorpresa, devi solo fidarti di me, ok?”
Lei
annuì e rise quando Remus bisbigliò un incantesimo
che le bendò gli occhi e le coprì le orecchie. “Ha un non che di sadomaso,
sai?” commentò tranquilla e – pur non potendo sentire nulla con l’udito –
percepì il petto di lui vibrare in una silenziosa risata.
Tonks
avvertì la sensazione di viaggiare e un po’ di polvere che la fece starnutire e
pensare alla Metropolvere. Una certa curiosità
l’animava e si chiedeva dove mai Remus la volesse
portare: Merlino, quanto amava le sorprese… e lui si stava dimostrando,
nuovamente, una scoperta ogni volta. Stavano così bene insieme…
“Remus? Mi puoi liberare?”
La
richiesta fu ignorata, ma le mani di lui si intrecciarono con le sue,
guidandola in quel luogo senza nome né immagine.
“Remus?” chiamò ancora, ridacchiando.
Inciampò
in qualcosa di non identificato, ma un paio di braccia l’afferrarono giusto
prima di cadere. I suoi occhi furono liberati, come pure le sue orecchie.
Tonks
sbatté le palpebre per riabituarsi alla luce e incontrò lo sguardo di Remus.
“Potrei
baciarti se mi guardi così dolcemente, sai?” gli confessò candidamente lei,
continuando a sbattere le ciglia. Lui ghignò.
“Prima
dai un’occhiata intorno e poi mi baci, ok?”
Tonks
inarcò un sopracciglio e si guardò intorno. Subito sbatté le palpebre,
stordita. “Ma dove…? Di chi è questa casa, Remus?”
Lui
le sorrise. “Dai, perché non facciamo un giretto nella nostra nuova casa?”
Tonks
si girò verso di lui con gli occhioni scuri sgranati.
“Che?? Hai detto proprio ‘nostra’?”
Il
sorriso di Remus si fece (quasi) intenerito.
“Aha. Nostra.”
Enfatizzò, mentre sul volto di Tonks si allargava un
sorriso deliziosamente genuino.
La
ragazza fece un piccolo gridolino e si lanciò alla scoperta di quella piccola,
ma graziosa casa, con due piccoli bagni, due camere, cucina e salotto non
ancora del tutto arredati e un po’ impolverata.
“Ma
quando l’hai presa?” gli domandò febbrilmente, portandosi dietro come un
cagnolino Remus, artigliato da lei ad un braccio.
“Alcuni
mesi fa… sai, mi ci è voluto un po’ di lavoro extra ma – ” Le labbra di Tonks sulle sue lo zittirono e lo stordirono piacevolmente.
Che bel grazie!
Tonks
si staccò da lui sorridendo. “Perché non me lo hai detto? Avrei contribuito con
i pagamenti…”
Lui
le accarezzò la guancia assorto. “Beh, volevo farti una sorpresa e poi non
cantare vittoria! Abbiamo solo un paio di comodini, un lavabo, un letto ad una
piazza, un armadio e una poltrona, bisogna prendere tutti il resto e sistemare
impianto elettrico e gas. Per non parlare di quello idrico.”
Tonks
alzò le spalle. “Non c’è problema: papà ti può aiutare. È stato anche
elettricista, sai?”
“Davvero?”
Tonks annuì. “Bene, dovrai informarlo che
prossimamente verrai ad abitare qui, se tutto va bene. L’ho intestato a te.”
Tonks
fece un mezzo sorriso. “Ti amo.” E lo baciò, pensando che aveva detto quel che
veramente pensava e sentiva, e che non era mai stata così felice in tanto
tempo.
Lui
la rendeva felice.
“Anche
io… Nimphadora.”
Lei
gli diede una piccola botta. “Odio quel nome.” La voce le uscì flebile, a causa
della vicinanza di Remus, che la faceva letteralmente
sciogliere.
“A
me piace” le rispose invece Remus “Ha un non so che
di fatato…”
“E’
proprio per quello che lo odio!” ribatté Tonks,
mentre lui le accarezzava la schiena, piano, sfiorandole le labbra con il
respiro.
“Remus…?” lo chiamò dopo un po’.
“Uh?”
fu la risposta intontita.
“Mi
sposi?”
Gli
occhi di Remus si allargarono di colpo. “Scusa, puoi
ripetere?!”
Tonks
sbuffò, soffiando nel contempo via una ciocca rosa cicca un po’ troppo lunga
che le ricadeva sugli occhi. “Mi vuoi sposare?” domandò nuovamente, con una
voce ovvia.
Le
sopracciglia di Remus si inarcarono lievemente. “Non
puoi dire sul serio.”
“Perché
no?” ribatté Nimphadora, serafica.
“E
anche se fosse, dovrei essere io a proporlo.”
Tonks
alzò le sopracciglia. “Scusa, ti stai impuntando solo perché io ti ho fatto la proposta per prima?
Non ti facevo così sessista.”
Remus
sospirò, appoggiando una mano alla fronte, esasperato. “Non va bene.”
Adesso,
cominciava ad essere un po’ irata. Non voleva sposarla, per caso?!
“Non
vado abbastanza bene per te Remus o sono ancora quei
tuoi insulsi e insensati discorsi sul tuo essere Lupo Mannaro?!” le uscì acido.
“Non
sono insulsi né insensati, solo ragionevoli” corresse placidamente Remus, scuotendo poi la testa e fissandola dritta con i
suoi stanchi e brillanti occhi ambrati. “E poi tu sei l’unica per me, Tonks. Lo sai che ti amo.”
“E
allora!” esplose lei, contrita. “Che problema c’è?!”
Remus
sospirò. “Un problema c’è: hai rovinato tutto.”
Prima
che potesse replicare, Tonks guardò scioccata il suo
fidanzato inginocchiarsi a terra e tirare fuori dalla tasca del logoro
giubbotto una piccola scatolina di velluto e aprirla davanti ai suoi occhi: una
semplice fede d’oro le brillò davanti agli occhi.
“Remus… ma…?” balbettò, il cuore che le batteva in gola per
l’emozione e gli occhi fastidiosamente lucidi.
Remus
sorrideva dolcemente. “NimphadoraTonks:
mi vuoi sposare?”
Lei
rise e si gettò in ginocchio, stringendolo forte a sé. “Sì, sì, SI! Ti sposo, Remus J. Lupin.”
Lui
ricambiò l’abbraccio con passione. “Allora, lascia che ti metta l’anello al
dito, ok? So che non è nulla di speciale ma…”
“Oh
no!” lo interruppe lei, mentre Remus le metteva il
gioiello all’anulare. “E’ perfetto. Semplicemente perfetto.” Commentò
rigirandoselo davanti agli occhi ormai lucidi.
Lui
sorrise dolcemente, l’espressione più soffice. “Ti amo.”
Lei
lo baciò. “Anche io.” Borbottò piano sulle sue labbra, scioccandogli un ultimo
bacio.
“Sai
cosa manca Remus?”
“Cosa?”
domandò lui.
Tonks
sogghignò. “Una cena dai miei. Non puoi più rimandare la cucina di mia madre!”
Remus
deglutì allargando gli occhi. “Nimphadora, ti prego…”
Lei
ignorò il tono supplichevole. “Uhuh, tesoro, mamma e
papà devono per forza vedere una seconda volta il mio prossimo marito, non ti pare?”
domandò retorica, lanciandogli un sorrisetto soddisfatto.
Remus
sospirò, ma sorrideva. “Cosa devo fare per averti, cara Tonks…”
*^*^*^*
Nei Cieli di Londra
[Verso il Cimitero]
Harry
rimase nell’ombra di Regulus quando richiuse la porta
di GrimmauldPlace.
I
lamenti di Kreacher andavano affievolendosi mentre i
due maghi terminavano la discesa lungo gli accidentati gradini di pietra. Harry
osservò alle sue spalle la Nobile e Antichissima dimora dei Black
svanire tra il numero undici e tredici.
Regulus
fece riapparire la sua vecchia scopa. Harry lo seguì, decollando dalla
silenziosa Londra notturna, oppressa da una fitta nebbia da palude.
“Dove
andiamo?” domandò Harry con voce fievole.
Regulus,
al suo fianco, si limitò a sbuffare “Te l’ho già detto. Distruggeremo un Horcrux.”
“E
sai dove trovarne uno? Credevo che conoscessi solo la posizione della coppa
delle Fondatrici” gli fece notare Harry.
“Infatti,
è proprio quella che andiamo a scovare. Prima della mia presunta morte indagai
a lungo sui metodi di preservazione che l’Oscuro Signore adoperava nei riguardi
dei suoi Horcrux. Se un oggetto viene riconosciuto
come tale si adoperava un immediato trasferimento del pezzo di anima in una
dimora più sicura: una persona. Ricordi cosa ti dissi in merito agli Horcrux viventi, giusto?”
Harry
accennò col capo, sgranando gli occhi: “Quindi ora l’Horcrux
è indistruttibile?”
“Solo
più difficile da espugnare, ma ce la faremo.”
“Sai
già chi è questa persona, suppongo.”
“Esatto”
disse Regulus “Anche se mi risulta difficile
chiamarla un Horcruxvivente, dato che già da più di mille anni è morta.”
“Morta?
Quindi è una strega?”
“Perspicace,
Harry” ribatté Regulus con il consueto sarcasmo “E
dovresti capire chi è dagli indizi che ti ho fornito. Da mille anni giace
sottoterra… e tieni presente che, essendo un Horcrux
del Signore Oscuro, è legato alla fama e alla gloria di Hogwarts,
nonché ai suoi Fondatori.”
“Tassorosso o Corvonero?” propose
Harry “Ma come fai ad esserne così sicuro?”
“L’attacco
ad Hogwarts” disse Regulus,
sbirciando con la coda dell’occhio la reazione di Harry “Le grandi battaglie
sollevano dei grandi polveroni. Hogwarts, in fondo,
non rappresentava più un reale ostacolo, forse il Signore Oscuro ha lasciato
intendere questo ai Mangiamorte che l’hanno rasa al
suolo, ma io sono più propenso nel pensare che si trattasse di un puro
diversivo… per distogliere lo sguardo da un’operazione più importante: la
sostituzione di un Horcrux.”
“Tu
mi stai dicendo” cominciò Harry, fremendo di rabbia “Che Voldemort
ha distrutto Hogwarts e stroncato centinaia di vite
solo per… creare un diversivo?”
“E’
fatto così” rispose Regulus con non curanza ed
un’alzata di spalle.
Harry
tremava dalla collera da capo a piedi, persino la sua scopa si agitava con lui,
ma il ragazzo si impose di calmarsi. Fissò Regulus di
sottecchi e gli chiese: “Perché proprio Corvonero?”
“Criterio
dell’esclusione” rispose Regulus “Grifondoro
è l’eterno nemico di Serpeverde quindi io non credo
che l’Oscuro Signore intendesse legare un pezzo della sua anima all’epica
nemesi del suo illustre antenato. Lo stesso Serpeverde
non può essere perché l’Oscuro Signore non avrebbe mai osato profanare la tomba
del proprio avo. Infine restano Tassorosso e Corvonero: tra le due, come ogni buon Serpeverde,
ho scelto Corvonero, che tra le Case di Hogwarts è quella più vicina agli ideali di Serpeverde, anche se non troppo.”
“Stiamo
andando al cimitero di Hogwarts” borbottò Harry,
pensoso.
“Infatti.
Perché tanta inquietudine?”
“Ci
sono già stato una volta” confessò Harry con espressione cupa “Me ne sono
andato subito: c’era qualcosa nell’aria che non mi piaceva.”
“Perché
ci saresti andato” domandò Regulus con disinteresse
“Una capatina alla tomba del trapassato Albus
Silente?”
“No.
C’era stata una curiosa serie di eventi che mi hanno portato lì.”
“Potrei
sapere di cosa si tratta?” gli chiese Regulus,
leggermente incuriosito.
“Niente
di importante. La Mangiamorte che ha portato via la
coppa delle Fondatrici assieme a Malfoy e suo padre,
prima di andarsene mi ha gridato una strana frase, che poi Hermione
ha scoperto essere incisa all’entrata del Cimitero di Hogwarts.”
“E
a te questo non sembra importante?” sbraitò Regulus con
un movimento improvviso, facendo quasi cozzare la sua scopa contro quella di
Harry “Vuoi spiegarmi quali sarebbero le tue priorità d’importanza? Sentiamo…
vorrei farmi proprio un paio di risate.”
Harry
si imbronciò: si era quasi scordato dell’effetto umiliante e avvilente che R.A.B., o meglio Regulus, aveva
su di lui.
“Quindi,
secondo te, quella Mangiamorte l’ha fatto apposta”
disse Harry “Credi che volessero tendermi una trappola?”
“Dubito
fortemente che per quanto l’Oscuro Signore ti desideri morto utilizzi un Horcrux come esca… non rischierebbe mai tanto” poi aggiunse
Regulus con aria pensierosa “E’più probabile un
tradimento.”
“Tradimento?”
Regulus
accennò distrattamente, ritornando pensoso “Chiunque sia quella Mangiamorte, probabilmente non condivide gli stessi
interessi dell’Oscuro Signore… in un bizzarro modo ha tentato di avvertirti. Però
non mi è chiaro come facesse a conoscere un segreto di così rilevante
importanza… questo è decisamente sospetto. Ma di una cosa sono certo: abbiamo
scovato una ribelle tra i suoi servitori.”
*^*^*^*^*
MalfoyManor
[Ambigua – Cocco di Mamma]
Il
piano era semplice e conciso: recuperare Narcissa a MalfoyManor e condurla al Covo
Oscuro senza farsi scoprire dall’Ordine della Fenice o dagli inviati del
Ministero. Ma il piano aveva una falla…
Samantha
diede un piccolo colpo di tosse per attirare l’attenzione di Draco, intento a rimuginare sull’operazione di salvataggio…
o forse stava pensando a sua madre.
“E’
probabile che non avremo problemi a condurre tua madre al Covo Oscuro” attaccò
la Mangiamorte “I veri problemi si presenteranno lì:
l’Oscuro Signore ha espresso chiaramente il suo dissenso in una simile
operazione, quindi, anche se compissimo la missione senza la minima sbavatura
ci aspetterebbe una dura punizione per avergli disobbedito. Sei pronto a
correre questo pericolo per salvare tua madre?”
Draco
si limitò a lanciarle un bieco sguardo di sfida.
Samantha
gli rivolse un ampio sorriso “Sapevo che non eri cattivo: una persona malvagia
non è capace di sacrificarsi per gli altri; l’esistenza di un vero cattivo è
votata solo per difendere la propria vita e le proprie ambizioni a tutti i
costi.”
Draco
sbuffò come suo solito “Allora anche tu non sei poi così cattiva: se ti
importasse solo di te stessa, non mi aiuteresti disobbedendo ad un ordine del
Signore Oscuro, mettendo a repentaglio la tua vita e la tua brillante carriera
da Mangiamorte.”
“E’
un favore che si fa tra colleghi. E poi te l’ho già detto: se ti aiuto, in
cambio, dovrai dimenticare che ho ucciso a sangue freddo il tuo amico a Hogwarts” mugugnò infine Samantha, senza far trasparire,
però, il minimo rincrescimento.
“Non
credevo che ti importasse così tanto la mia approvazione” disse Draco con un tono di voce misterioso.
“E’
della tua compagnia che ho bisogno” ribatté Samantha “Ma ora basta di
rimuginare su certe cose; voglio solo che tu capisca a cosa andiamo incontro,
io già lo so: essere pronti a fronteggiare l’Oscuro Signore.”
“Parli
come una traditrice” borbottò Draco, lanciando
un’occhiata alla Mangiamorte per osservare la sua
reazione.
Samantha
si schiarì la voce, leggermente imbarazzata “Con ‘fronteggiare’, intendevo dire
‘accogliere con coraggio e accettazione la punizione che ci darà.”
Draco
la scrutò attentamente. Samantha trattenne il fiato, ma il suo volto appariva
totalmente rilassato.
“Stai
provando a fare il Legimens” gli chiese con tono
beffeggiatore “Non è tanto carino invadere la privacy di una signorina.”
Draco
rimase ostinato nella sua imperturbabile analisi, gli occhi grigi e freddi
fissi in quelli bicolore di Samantha “Te lo chiederò solo una volta, solo
questa volta: fai il doppiogioco?”
Draco
si sarebbe aspettato un lungo silenzio immobile e carico di tensione, ma
Samantha non attese neanche un battito di ciglia per rispondere:
“No”
disse con un sorriso gaio, troppo rilassato “Hai ancora dei dubbi sulla mia
fedeltà? Mi hai visto uccidere a sangue freddo con una Maledizione Senza
Perdono… credi che se fossi una spia mandata dalla schiera del ‘Bene’ ad
infiltrarmi nella schiera del ‘Male’ avrei usato un AvadaKedavra per stroncare la vita di un ragazzo?”
Draco
trattenne una smorfia infastidita: parla
di Goyle “Ovviamente ti trovi molto a tuo agio
nella schiera del ‘Male’, molto meglio di me… ma, quello che voglio sapere, è
se l’associazione che ti ha promosso Mangiamorte, l’I.M.M.U.N.D.O., è più vicina al Male di quanto lo siano i Mangiamorte.”
Questa
volta, Samantha si concesse un attimo di silenzio, per ribatter poi in tono
fermo: “L’I.M.M.U.N.D.O. è una sorta di associazione
che recluta servitori per l’Oscuro Signore all’estero tramite il progetto D.I.O. (Diffusione Internazionale Oscura), quindi è
un’affiliata dei Mangiamorte e, di conseguenza, la
loro malvagità è alla pari e perfettamente in sintonia con quella dell’Oscuro
Signore… Ma non volevi andare a salvare tua madre? Si sta facendo tardi.”
Draco
la fissò, sbalordito dal suo repentino cambiamento: ebbe la forte sensazione
che Samantha si trovasse molto a disagio nel parlare della sua associazione
madre: l’I.M.M.U.N.D.O.
“D’accordo,
andiamo a MalfoyManor.”
Samantha
accennò col capo, rivolgendogli uno sguardo complice “Deve essere molto
piacevole per te tornare a casa dopo un’assenza così lunga.”
“Abbastanza”
mugugnò Draco prima di Smaterializzarsi.
*
Il
Wiltshire era una distesa di campagna zeppa di antica
e nobile magia: il mistero si poteva respirare nell’aria, ora gravida della
medesima nebbia che opprimeva tutta l’Inghilterra.
Draco
e Samantha stavano accucciati accanto ad un alto ed antichissimo albero,
magnificamente nascosti dalla fitta nebbia.
La
Mangiamorte terminò di mormorare l’ennesimo
incantesimo di rivelazione e la bacchetta le restituì, ancora una volta, un
segnale negativo.
“Ecco
fatto” dichiarò soddisfatta “Via libera, non c’è nessuno oltre a noi due nelle
vicinanze di MalfoyManor.”
La
nebbia fu subito squarciata da una zona magicamente incantata perché risultasse
sgombra da qualsiasi intemperie climatiche. MalfoyManor e il largo possedimento alberato che la circondava
erano una piccola oasi luminosa e accogliente, ma, soprattutto, maestosa.
Man
mano che si avvicinava all’edificio Samantha rimase stupita delle sue
proporzioni: era quasi un piccolo castello, ma, a differenza di Hogwarts, MalfoyManor era elegante in ogni minimo particolare, a partire
dalla porta d’accesso principale, sigillata dall’enorme blasone della famiglia,
sino alle cornici ghirlandate delle finestre, ampie e
dalle vetrate finemente intarsiate.
Draco
salì i gradini che conducevano al portone d’accesso con un vago senso di
estraneità: quante volte aveva varcato quella porta senza badarci troppo, e
ora, quell’enorme maniero non gli sembrava nemmeno la sua casa, sebbene non
avesse perso nulla dell’antico splendore.
Mormorò
l’incantesimo che spalancava le porte alla nobile residenza dei Malfoy; la Mangiamorte lo seguì
con curiosità.
Samantha
stentò a trattenere la sua ammirazione: in America non c’era nulla del genere.
Quella casa era il trionfo della maestosità, elegante e posata. Il Maniero era
antico, tuttavia sgargiante e vitale nel suo ricco arredamento; un incantesimo teneva
illuminato tutto l’edificio con quelle che sembravano candele dagli aromi e
dall’aspetto indiscutibilmente pregiato; tutto era lucido, ottonato, dorato,
argentato e luccicante di nobiltà e gloria antica. Non c’erano dubbi, MalfoyManor era la casa più
maestosa, sfarzosa e imponente che Samantha avesse mai visto.
A
rompere quell’incanto di meraviglia giunse la voce strascicata di Draco:
“Chiudi
la bocca, non è buona educazione spalancarla così.”
Samantha
si rese fastidiosamente conto che non era riuscita a trattenersi dallo
spalancare la bocca davanti ad una simile meraviglia di casa; ma, senza lasciar
trasparire la propria irritazione, rivolse a Draco un
gran sorriso:
“E
tu vivi in un castello del genere?” enfatizzò, forse con una leggera gelosia.
“E’
un maniero, non un castello” ribatté Draco,
pacatamente.
Samantha
sussultò, ma come sempre si trattenne dal darlo a vedere.
Sapeva
che Draco avrebbe dovuto essere felice e soddisfatto
nel ritornare alla casa che gli era stato proibito di visitare; eppure era
melanconico.
“Hai
paura che il Ministero abbia già catturato tua madre”
Draco
strinse brevemente gli occhi, riaprendoli bruscamente, come a voler cacciare
quell’orribile pensiero “Sbrighiamoci a trovarla.”
Samantha
accennò col capo “Bene, ma non mi pare il caso di urlare a squarciagola il nome
di tua madre, è troppo rischioso e scoprirebbe la nostra posizione, invece la
nostra presenza deve restare inosservata: dobbiamo ispezionare questo posto da
cima a fondo per trovare tua madre. Forse è il caso che ci dividiamo: questo
castello… perdon…
questo maniero è bello grande e se procediamo uniti impiegheremo troppo tempo,
rischiando di incappare negli inviati del Ministero. Il primo che la trova
manderà un segnale tramite il Marchio Nero, d’accordo?”
“Sei
un’ottima stratega” le rispose Draco con un accenno
di sorriso e con quello che sembrava un tono di voce rincuorato “Cerca almeno
di non perderti e di non incappare in qualche tranello.”
“Figurati”
ribatté Samantha con un’espressione emozionata “E’ sempre stato il mio sogno
esplorare una casa antica come questa piena di tranelli e camere nascoste.”
Draco
le rivolse un sorriso più marcato e si incamminò nella direzione opposta alla
sua.
Man
mano che avanzava attraverso le sale maestose e i corridoi addobbati da dipinti
magnifici e soprammobili pregiati, Samantha rinnovava la sua ammirazione verso MalfoyManor: era stato il suo
sogno d’infanzia vivere in un castello – o maniero
– incantato, antico e nobile come quello.
Scacciò
con fastidio quel pensiero: doveva concentrarsi su quella missione per non
rischiare di incorrere in un pericolo con la sua distrazione ma, cosa più
importante, perché il buon risultato del salvataggio avrebbe reso felice Draco.
E’ probabile che sia Draco a trovarla per primo,
rifletté Samantha, imboccando un altro corridoio, Ha molta più famigliarità lui con questa casa di quanta ne abbia io…
beh, d’altronde, lui ci viveva.
Quasi
convinta di non poter trovare nessuno e, attendendo un segnale da Draco, Samantha svoltò l’angolo e incrociò una figura di
donna: era una strega davvero bella, bionda e con la medesima pelle diafana di Draco.
Samantha
lanciò il segnale al compagno tramite il Marchio Nero e attese, nascosta dietro
lo stipite della porta. Scrutò attentamente quella che ormai era certa essere
la signora Malfoy, indecisa se palesare la sua
presenza o attendere l’arrivo di Draco.
Decise
di aspettare, dando un’occhiata in più alla madre del compagno Mangiamorte. La donna era intenta nel guardare con
trasporto un libro ben conservato e prezioso che aveva tutta l’aria di essere
un Album di Ricordi.
Sul
tavolino di fronte a lei, anche quello rigorosamente intagliato dal legno più
raffinato e costoso, stava poggiata una copia della Gazzetta del Profeta e, se
la vista non la ingannava, Samantha riuscì a leggere il titolo della prima
pagina, che riportava la politica della nuova e radicale offensiva del
Ministero contro i Mangiamorte dopo l’attacco ad Hogwarts.
Quindi
la signora Malfoy conosceva benissimo la sorte che gli
sarebbe spettata se avesse deciso di rimanere a MalfoyManor; eppure era seduta, tranquilla e rilassata,
sullo splendido divano del proprio salotto, vestita finemente e con abiti non
certo adatti al combattimento in caso di incursione del Ministero.
Rischiava
la morte in una simile situazione: il Ministero aveva giurato che ai parenti di
Mangiamorte accertati sarebbe toccata la pena
capitale per aperta collaborazione con le forze oscure di Lord Voldemort. E, di quei tempi, Malfoy
era diventato sinonimo di Mangiamorte; quella sarebbe
stata la prima casa a cui i dipendenti del Ministero avrebbero fatto visita.
Allora perché la signora Malfoy si ostinava a
rimanere in casa, sfogliando pacificamente un Album di Ricordi?
Samantha
si rese conto con stupore che la donna era pronta ad accettare la morte,
accasciata contro un morbido divano, fissando con occhi lucidi le foto e i
ricordi di un passato felice ed irraggiungibile.
Il
forte senso di determinazione di Samantha le impose di interrompere quella
melanconica rassegnazione alla morte: uscì dal suo nascondiglio e mosse qualche
passo veloce nell’immenso salone, forse troppo impetuosa.
NarcissaMalfoy venne violentemente scossa da quella repentina
intrusione, infrangendo di colpo un piacevole sogno di memorie di visi
sorridenti. La bacchetta stava poggiata sul tavolino di fronte a sé, con una
rapida mossa avrebbe potuto afferrarla, ma non fece nulla per difendersi. Forse
aveva identificato Samantha come Mangiamorte e,
quindi, come una salvatrice che era venuta a recuperarla prima che il Minsitero facesse incursione a MalfoyManor.
Tuttavia
i suoi occhi ed il suo viso continuarono a rimanere cupi e spenti: nessuna
traccia di sollievo odi conforto.
Samantha
decise di prendere l’iniziativa, dato che la donna sembrava ostinata nel suo
silenzio imperturbabile.
“Salve,
signora Malfoy” attaccò con voce pacata e
controllata, cercando di apparire il meno nemica possibile “Sono venuta qui per
condurla al Covo Oscuro…”
Stava
per aggiungere… per ordine dell’Oscuro Signore…
ma le sembrò un azzardo farlo; con quella missione di salvataggio sia lei che Draco stavano infrangendo apertamente un ordine di Lord Voldemort.
Il
volto di Narcissa restò impassibile e anche il corpo
non accennò a muoversi.
Samantha
si sentì a disagio, cosa che non le capitava spesso se non in presenza di Draco quando faceva il ficcanaso, e di suo padre Lucius quando la fulminava col suo sguardo glaciale.
Probabilmente aveva qualche incompatibilità con la famiglia Malfoy.
Ma
era singolare che la signora Malfoy stesse così
impassibile, quasi allerta, in presenza di un Mangiamorte;
forse aveva un conflitto con l’Oscuro Signore? Forse temeva anche lui quanto il
Ministero?
“Se
mi vuole seguire…” disse Samantha con un tono che giudicò essere troppo
impacciato.
“E’
desiderio dell’Oscuro Signore che ti segua?” domandò secca ed impassibile Narcissa.
Ecco
la fatidica domanda; probabilmente la signora Malfoy
era riluttante nel seguirla sino al Covo Oscuro, questo le era parso ovvio dato
il suo attaccamento all’Albun e la sua espressione
trita quando l’aveva riconosciuta come Mangiamorte.
Quindi, voleva andarsene da quella casa solo nel caso peggiore: un ordine
diretto del Signore Oscuro.
Samantha
rifletté un attimo, senza però lasciare trascorrere troppo tempo; sarebbe stato
difficile infrangere un altro immobile e teso silenzio.
La
Mangiamorte si levò la manica della tunica rivelando
il Marchio Nero “La prego, signora Malfoy, mi segua.”
Samantha
si morse la lingua: forse il suo era sembrato più un ordine tassativo che una
richiesta gentile, ma, in effetti, non si sarebbe dovuto aspettare altro la
signora Malfoy data l’inflessibile rigidità dei Mangiamorte.
Samantha
ebbe la sgradevole sensazione di aver cominciato col piede sbagliato la
relazione tra lei e NarcissaMalfoy.
Già col marito Lucius era iniziata davvero tenebrosa
e ostile, e Samantha, per qualche strano motivo, ci teneva a far colpo su
almeno uno dei genitori di Draco.
A
proposito del compagno Mangiamorte… Samantha si
augurò che intervenisse presto per interrompere quella tensione e quel silenzio
che la Mangiamorte non sopportava.
Nel
frattempo, Narcissa continuava a restare ostile. Ma
nei suoi occhi si era acceso un lampo di terrore alla vista del Marchio Nero.
Samantha
sentì dei passi pacati provenire dal corridoio che si immetteva direttamente
nel salone: ringraziò il cielo! Non avrebbe retto ancora per molto quel
silenzio snervante; sicuramente si trattava di Draco,
l’amato figlio della donna, che, sicuramente, avrebbe appianato qualunque
ostilità e fraintendimento.
Anche
Narcissa sembrò cogliere il movimento dei passi,
perché aguzzò la vista verso il corridoio: ora gli occhi mandavano fiamme
ostili.
Samantha
sospirò interiormente, quasi sogghignando: Narcissa sarebbe
stata davvero piacevolmente sorpresa nel riconoscere in suo figlio quello che
invece credeva essere un altro Mangiamorte da
fronteggiare… in fondo era felice per lei. Le dava l’impressione di una signora
composta, di una madre premurosa, e con quell’Albun
di Ricordi gelosamente custodito anche di una donna sensibile e gradevole.
Samantha
si guardò alle spalle ed incontrò la muta domanda di Draco:
‘l’hai trovata?’
La
Mangiamorte accennò con il capo, facendo un gran
sorriso: ‘sì, e sta anche molto bene.’
Sul
volto di Draco si accese il sollievo e un sorriso di
pura emozione che Samantha fu molto felice di vedere.
Draco
si parò al fianco di Samantha, in piena vista; sua madre lo osservò,
boccheggiando, l’espressione del viso totalmente mutata.
Tra
i due vi fu un intenso scambio di sguardidal quale Samantha si sentiva esclusa e d’impiccio. Gli occhi ghiaccio
di Draco si erano addolciti considerevolmente, e,
quelli azzurri e chiari della madre erano tornati limpidi e luminosi. Le
emozioni che si combattevano tra quegli sguardi erano molteplici, ma in
entrambi c’era sorpresa e un forte sentimento affettivo che la loro nobiltà gli
imponeva di trattenere.
Samantha
indietreggiò impercettibilmente. Mentre il suo sentore di terza incomoda si
acuiva, Narcissa marciò dritta verso il figlio e,
senza troppe cerimonie, lo abbracciò.
Draco
era più alto della donna, il suo mento era reclinato sui morbidi capelli biondi
della madre. Il volto di Narcissa era nascosto agli
occhi di Samantha, eppure la ragazza giurò di sentirla lievemente singhiozzare,
sicuramente tentando di trattenere un liberatorio pianto di gioia. Ancora una
volta si sentì d’intralcio e osservò Draco ricambiare
con più contegno l’abbraccio della madre; la stretta di Narcissa
sembrò approfondirsi.
Samantha
osservò distrattamente entrambi e, con un vago senso di ruota di scorta, si
rese conto che Draco era un vero cocco di mamma.
*^*^*^*^*
Cimitero di Hogwarts
[I Profanatori di Tombe – Il Cuore di Corvonero]
“E’
solo una vecchia reliquia del passato. Non può dare più fastidio a nessuno.”
Harry
ascoltò distrattamente il commento di Regulus. Black se ne stava parato di fronte all’imponente statua
dall’aspetto grottesco di un drago con fattezze umane, la stessa statua che
aveva ridestato l’antico e acuto dolore nella cicatrice del giovane Potter.
Il
cuore e gli occhi di Harry erano fissi e concentrati sulle macerie ancora
fumanti di quella che un tempo era stata Hogwarts.
L’incendio
non aveva risparmiato nulla, persino una parte di foresta era irrimediabilmente
distrutta; niente sarebbe più cresciuto da quel terreno oscuro e carico di
cenere.
Gli
Auror e gli Eclitti avevano
da tempo sgombrato i superstiti e quanti era ancora possibile sperare che si
salvassero dalle rovine abbrustolite della scuola: un cumulo di enormi massi
color carbone ingombrava lo spazio una volta esclusivamente riservato al
profilo imponente di Hogwarts.
Harry
distolse immediatamente lo sguardo quando Regulus lo
invitò a seguire i suoi passi.
“Fa
esattamente ciò che faccio io. Non c’è bisogno che ti dica che l’eterno letto
di riposo dei Fondatori è protetto da straordinari incantesimi di difesa.”
Harry
rimase in silenzio. Lanciò un’occhiata di sfuggita all’incisione su dura pietra
che sorreggeva la statua: *Stai attento a non
risvegliare la sua ira. Le tue ossa giaceranno sotto terra per sempre*
Un
istantaneo brivido lo colse, un misto tra paura ed eccitazione: forse avrebbe
distrutto un Horcrux, ma… a quale prezzo? Silente, un
tempo il mago più potente del mondo, aveva sacrificato la propria vita per il
recupero di un oggetto che non era neppure l’originale; quale sarebbe stato il
pedaggio per l’Horcrux nascosto nelle catacombe del
cimitero di Hogwarts?
Il
giovane Potter strinse il primo dei suoi preziosi amuleti: il falso Horcrux, il falso medaglione di Serpeverde,
a cui era legata la promessa stretta con Silente. La mano gli volò sull’altro
prezioso oggetto: lo specchio di Sirius, dal quale
aveva sempre continuato a sperare di scorgere il volto dell’amato padrino,
l’amuleto che portava tutte le speranze di un futuro esorcizzato dalle Potenze
Oscure.
Regulus
si piantò al cospetto della tomba dei Fondatori, onorata in superficie con una
magnifica statua dei quattro, uniti mentre puntavano le bacchette nella
medesima direzione.
Il
Black agitò la bacchetta, mormorando una sorta di
cantilena: un pannello laboriosamente inciso con scene di importanza storica
nella fondazione di Hogwarts si aprì, rivelando un
antro oscuro e dei rovinosi scalini di pietra che scendevano.
Harry
continuò a stringere lo specchio quando si immersero nella tenebrosa apertura.
Entrambi attivarono l’incantesimo Lumos e
proseguirono nella loro veloce discesa: Harry, alle spalle di Regulus, lo seguiva con un forte senso di pericolo e di
inquietudine, tuttavia il cuore gli martellava dall’emozione: dopo tante
ricerche sarebbe giunto a distruggere un Horcrux.
La
discesa sembrò interminabile, immerso in una quasi totale oscurità in uno
stretto corridoio ripido che puzzava di umidità e putrefazione.
Infine,
Regulus arrestò la sua discesa. Harry puntò la
bacchetta davanti a sé e scorse i resti di quella che avrebbe potuto essere un
pesante portone di pietra.
“Ecco
l’accesso alla nobile catacomba, dove sono conservati i resti dei Fondatori”
annunciò Regulus in tono solenne.
Harry
si portò a suo pari, bacchetta sempre alla mano con un forte senso di trionfo
in gola.
“Questa
via è già stata battuta” constatò Regulus,
analizzando i resti del portone d’accesso con un grande compiacimento “Avevo
ragione: l’attacco di Howgarts è stato un diversivo.
Mentre i Mangiamorte dell’Oscuro Signore attiravano
l’attenzione con un indegno massacro, il più fedele dei suoi servitori
provvedeva a penetrare nella tomba e a rimpiazzare un Horcrux:
ottima iniziativa. Dopo un disastro tale, la disfatta di Hogwarts,
nessuno mai, almeno nei prossimi anni, si azzarderà a calpestare i confini
della scuola: così l’Oscuro Signore era convinto di preservare il suo Horcrux ancora per molto.”
Regulus
oltrepassò la soglia un tempo protetta dal portone di pietra e puntò la
bacchetta illuminata davanti a sé; un ghigno gli contorse le labbra: “Pare che
d’ora in poi avremo la strada spianata. Suppongo che i trabocchetti siano già
stati annichiliti dal Mangiamorte che ci ha
preceduto, comunque procediamo con cautela.”
Harry
annuì silenziosamente, riprendendo l’avanzata al fianco di Regulus.
Come aveva previsto il Black non incontrarono intoppi
di alcun generi, solo resti di quelli che parevano trappole magiche o fisiche
sventate e distrutte.
I
corridoi proseguivano in fila con il medesimo aspetto: stretti, grondanti di umidità
e di puzzo.
Ma
ad una svolta l’ambiente cambiò bruscamente, come entro i confini di una zona
magicamente incantata perché risultasse onorevole e pulita: un ampio salone
circolare con le pareti di pietra lucida e levigata accoglieva la versione in miniatura
della statua eretta in superficie in onore dei Fondatori.
In
questa versione però, notò Harry, le bacchette erano puntate in quattro
direzioni diverse, esattamente perpendicolari, tutte rivolte verso un punto,
lungo la parete, che formava una lieve rientranza addobba dello stemma della
Casa corrispondente.
“I quattro Fondatori riposano qui”
mormorò Regulus incantato e rapito dall’effige al
centro della stanza “Quattro come gli elementi della tradizione: fuoco per Grifondoro, terra per Tassorosso,
aria per Corvonero e acqua per Serpeverde…
secondo tale concezione sono anche disposte le segrete Sali Comuni. Io conosco
quella di Serpeverde, nei sotterranei, sotto il
livello del lago che è pura acqua. Quattro come i punti cardinali… potrei
andare avanti all’infinito” si interruppe e lanciò un’occhiata ad Harry “ma
sono certo che tu non apprezzeresti col dovuto rispetto la mia lezione, Harry.”
“Vorrei solo trovare e distruggere l’Horcrux” dichiarò Harry con voce ferma e decisa “In
fretta.”
“Così impaziente” mormorò Regulus mentre puntava il dito verso la statua che
raffigurava Cosetta Corvonero “Osserva la sua
bacchetta e comprenderai il nascondiglio dell’Horcrux.”
“C’ero arrivato da solo, grazie” ribatté
Harry, d’improvviso spazientito.
Il giovane Potter marciò verso la
rientranza indicata dalla bacchetta di Corvonero e
tastò con ammirazione il bassorilievo della Casa della Fondatrice.
“Qual è l’incantesimo per aprire la
tomba?” gli domandò Harry con impazienza.
“Innanzitutto” cominciò Regulus con voce melensa “Quello è un sarcofago. La tomba è
l’ambiente generale in cui sono custoditi i sarcofagi e qualsiasi altro
accessorio adeguato a riservare onore ai quattro Fondatori.”
Harry lo fulminò con lo sguardo “Vuoi
rispondermi?”
In principio Regulus
non rispose, socchiuse gli occhi e lanciò una rapida occhiata nel salone.
“E’ sbagliato” affermò, voltandosi verso
le statue dei quattro.
“Cosa?” chiese Harry, tornando a fianco
di Regulus.
“La disposizione dei Fondatori” ribatté
il Black, compiendo un giro indagatore attorno alle
effigi dei Fondatori “Come ti ho detto prima ad ogni Fondatore corrisponde un
punto cardinale e queste statue sono rivolte dalla parte sbagliata.”
“Forse dobbiamo spostare le statue
finché saranno rivolte dalla parte giusta” propose Harry fremendo
dall’emozione: erano sulla strada giusta…
“Arguto, Harry” disse Regulus con un sogghigno beffardo “Il problema è scoprire
quale incantesimo sia in grado di invogliare le statue a spostarsi: sembra che
la sequenza sia corretta, quindi, tutto ciò che dobbiamo fare, è farle ruotare…
direi che il giro più corto è quello verso sinistra: due colpi ed è fatta.”
Regulus
marciò verso la statua di Serpeverde e si accovacciò
ai suoi piedi “Qui forse ci sono le istruzioni.”
Harry osservò delle incisioni anche alla
base delle statue degli altri Fondatori “Anche qui c’è scritto qualcosa.”
“Non ha importanza” disse Regulus “Ho la forte sensazione che uno di noi dovrà
superare un test per poter muovere le statue. In tal caso sono io il mago più
potente e preparato tra i due, Harry… senza l’ombra d’alcun dubbio. Quindi
scelgo la prova che mi prospetta Serpeverde.”
Riversa
la tua anima sulla connotazione di sé stessa.
Solo
superato il controllo della sua incorruttibile limpidezza
sarai
ammesso alla visione dei resti dei tre
e
delle nobili reliquie del più Puro.
“Chiaro, non è poi così enigmatico:
esige una goccia del mio sangue per verificare la purezza di esso, e desidera
che io la versi sulla parola incisa: ‘anima’. Non ci saranno problemi: il
sangue dei Black è nobile e antichissimo.”
Harry sgranò gli occhi “Come può fare
una cosa del genere? Voglio dire… giudicare la purezza del sangue?”
“Serpeverde
creò molti incantesimi oscuri, potenti e misteriosi a suo tempo che, però,
decise di tramandare esclusivamente agli eredi puri del suo sangue; non escludo
che tra questi potenti incantesimi ne esistesse uno che fosse in grado di
valutare la purezza del sangue di un mago” spiegò Regulus
mentre, con un controllato incantesimo Diffindo si recideva il polpastrello dell’indice destro.
Lasciò che la goccia scendesse pigramente
sulla parola anima, incisa su una targa obliqua ai piedi del Salazar Serpeverde in pietra. Il sangue si propagò, quasi guidato
magicamente, e riempì i solchi delle lettere: la parola anima risplendette del
sangue rosso di RegulusBlack,
illuminandosi di dorato e poi d’argento.
Il bagliore si attenuò e un ingranaggio
si accese. Lo scatto del marchingegno fu seguito da uno strusciare di pietra su
pietra: infine tutto l’apparato si arrestò e le statue trovarono la loro
rispettiva posizione.
Anche gli stemmi sulle rientranze della
parete avevano cambiato posizione, come trasfigurate.
Sia Regulus
che Harry si accostarono a quello di Corvonero.
“Possibile sia così semplice” bisbigliò Regulus analizzando con circospezione il corvo rampante
inciso sulla pietra “Alohomora.”
Il pannello si mosse e rivelò l’antro
che celava il sarcofago di Cosetta Corvonero.
“Pare che qualcuno l’abbia già aperto,
come immaginavo. I cardini e le serrature magiche sono distrutti: bene, ci ha
risparmiato un po’ di lavoro. Accio sarcofago”
pronunciò Regulus, attirando verso di sé la bara di
pietra che recava l’effige della Fondatrice.
Il sarcofago sembrò fluttuare a
mezz’aria, esattamente a livello delle loro mani. Ora Harry poteva vedere le
serrature ridotte a resti carbonizzati.
“Preparati, Harry” gli disse Regulus con un’occhiata seria “Anche se credo che il tuo
stomaco sia allenato alla vista di cadaveri in putrefazione, data le tue
numerose e mirabolanti avventure tra gli Inferi. Ma, ti devo avvertire, questo
cadavere ha più di mille anni di storia.”
Regulus
scoprì il sarcofago con un incantesimo; anche il coperchio slittò sulla bara in
pietra per fluttuare a mezz’aria.
Harry osservò i resti di Cosetta Corvonero che venivano lentamente rivelati mentre il
coperchio scivolava sul sarcofago: era una donna di immane bellezza, ancora
fresca e pulita come in attesa che qualcuno la risvegliasse da un placido
sonno. Aveva pelle diafane e lunghissimi capelli lisci e corvini, dai riflessi
che li facevano scintillare come zaffiri, le labbra piene e rosse, le mani
esili e delicate incrociate sul petto.
“Sembra intatta” disse Harry, fissando,
ancora ammirato, quello che avrebbe dovuto essere un cadavere che aveva più di
mille anni.
“Come sempre le tue deduzioni mi
lasciano interdetto, Harry” sogghignò Regulus “Ma ciò
non significa nulla: anzi, un’apparenza incorrotta e genuina è proprio ciò di
cui ha bisogno un Horcrux per non destare sospetti,
per non mostrare apertamente la sua natura oscura.”
“Quindi, questo sarebbe un Horcrux.”
“Non esattamente” ribatté Regulus “Suppongo che il corpo di Corvonero
sia solo l’involucro che lo protegge. Sono abbastanza convinto che il vero Horcrux si trovi all’interno di esso; probabilmente uno
degli organi… il cuore.”
Harry sussultò “Il cuore? Come puoi
dirlo con tanta precisione?”
“Ci fu una leggenda secondo cui la bella
Corvonero rimase ammaliata dalla mente acuta e
ambiziosa di Salazar Serpeverde, ma, come ben sai, il
grande Fondatore non era un soggetto facile da conquistare così convinto delle
proprie doti e del proprio talento: in effetti, non vi è mai stato niente e
nessuno in grado di conquistare un Serpeverde… sono
loro che conquistano. Così Serpeverde rubò il cuore
di Corvonero e pare che ne rimase in possesso senza
badarvi molto finché la donna morì… giovane come puoi vedere, forse stroncata
dall’amore respinto.
Ora, il nostro obiettivo è recuperare il
cuore di Corvonero che, anche dopo la morte, rimane sottoil giogo di Serpeverde,
posseduto dall’anima di un suo discendente.”
“Vuoi dire che dobbiamo…?” chiese Harry,
esitante: anche se si trattava del recupero di un Horcrux
non era certo di poter adoperarsi ad un’autopsia di uno dei Fondatori di Hogwarts.
Regulus
gli rivolse una smorfia schifata “Non ti sto chiedendo di scuoiare un corpo
morto con la finezza tecnica dei Babbani… abbiamo la
magia? Allora: usiamola? Si tratta di un incantesimo che utilizzano in
prevalenza i Guaritori per operare su organi interni danneggiati.”
Il Black
cominciò un incantesimo, molto simile ad una cantilena, più decadente e
complicata di quella che aveva utilizzato per aprire la tomba dei Fondatori in
superficie. Harry riuscì a cogliere sprazzi di altri incantesimi: “Accio… Eripto… Diffindo…”
Infine,
Regulus alzò le braccia sopra la testa, unendo le
mani e stringendo la bacchetta tra di esse. Harry osservò stupito e disgustato
l’organo di carne quasi pulsante e attorniato da una specie di alone luminoso e
verde uscire dal petto di Cosetta Corvonero come se
questa fosse stata una bolla d’acqua.
Regulus
fece fluttuare il cuore di fronte a sé. Allungò una mano scontrandosi contro la
barriera luminosa: il contatto fu istantaneo e liberò un lampo di luce verde
che somigliava spaventosamente al getto di luce dell’AvadaKedavra.
Il
bagliore verde fu accecante ed Harry fu costretto a distogliere lo sguardo.
Sentì la vibrazione e il sentore di morte della più micidiale delle Maledizioni
Senza Perdono: per un attimo, fu certo di voltarsi ed incontrare il volto
storto dallo spaventoso stupore del cadavere di RegulusBlack. Si stupì molto nel provare soddisfazione e
niente rimpianto all’idea della morte dell’uomo.
Ma
quando si voltò, trovò Regulus vivo, anch’egli
circondato da una barriera che sembrava liquida, intento ad afferrare il cuore
di Corvonero oltre l’alone luminoso. Allungò le dita
che superarono l’ostacolo: parve che la barriera di Regulus
avesse la meglio su quella dell’Horcrux. Strinse le
dita intorno al cuore pulsante e, a mani nude, distrusse l’Horcrux.
Harry
distolse lo sguardo mentre il sangue viscoso schizzato dall’organo colava dalle
dita di Regulus sul corpo magnificamente preservato
di Cosetta Corvonero, sporcandolo di vermiglio e
liquido nero e denso.
Il
Black lanciò il cuore lontano dal sarcofago e questo
si spiaccicò sul pavimento di pietra, strisciando e lasciandosi dietro
un’appiccicosa scia di sangue.
Quindi,
Regulus si rivolse al giovane Potter “Andava fatto,
Harry, o sbaglio?”
Harry
rimase muto: la soddisfazione di aver distrutto un Horcrux
offuscata da un basso senso di scorrettezza e inumanità. Aveva raggiunto il suo
obiettivo, ma non era stato in grado di farlo personalmente, e colui che aveva
adempito alla promessa fatta a Silente, era l’autore di un macello.
“Non
è stato poi così difficile, almeno per uno come me” aggiunse poi Regulus “La barriera che hai visto circondare l’Horcrux aveva lo stesso effetto di un AvadaKedavra.”
Ad
Harry non venne neanche la voglia di chiedere a Regulus
come avesse fatto a sopravvivere alla barriera, ma ci pensò il Black ad intervenire per primo:
“Silenzioso,
mhh? Strano. Comunque non ho avuto problemi perché
sapevo di non poter morire in quel modo: la Maledizione dei Black,
già… in un certo senso è utile, sapendo di dover morire per mano della persona
che più ami non temi nessun’altro tipo di morte: è una specie di assicurazione.”
Harry
fu colto da un’ondata di indignazione e di rabbia “E ti sei gettato così? Solo
perché c’era la Maledizione dei Black?”
Il
volto di Regulus diventò di colpo serio e tenebroso: “Non
solo per quello. Dopo capirai.”
Regulus
mosse qualche passo verso l’uscita della sala, non premurandosi nemmeno di
richiudere il sarcofago.
Harry
rimase indietro e con un incantesimo ‘Gratte e Netta’
riuscì a ripulire in parte il macello che aveva fatto il Black:
rimise a suo posto il coperchio del sarcofago e la bara di pietra stessa nel
suo antro oltre l’effige di Corvonero. Non appena il
pannello si abbassò, richiudendo l’antro, le statue ruotarono nuovamente,
ritornando nella posizione iniziale.
Harry
riattraversò la sala, stando ben attento a non calpestare i resti sanguinolenti
sul pavimento. Dovette usare l’Evanesco per far
sparire il cuore di Corvonero.
Uscì
dalla sala, totalmente sdegnato, in cerca di Regulus.
Lo trovò facilmente seguendo il bagliore della sua bacchetta: parato di fronte
ad un arco con un velo svolazzante e dall’aria spettrale, in una muta e
ammaliata contemplazione.
“Vieni,
Harry” bisbigliò Regulus al ragazzo senza voltarsi
“Attraversiamo il velo: questo è speciale, non ci accadrà nulla… se volessimo,
potremmo anche tornare indietro… ma solo tu lo farai, io resterò là dietro, con
lui. Oltrepassiamo l’arco insieme,
così, entrambi, potremo rivedere lui.”
*^*^*^*
[Il Militare e la Francesina
“Voulez-vous couchez avec moi?”]
Giulie
non sapeva perché aveva seguito sua cugina in quel caotico, inglese edificio
che chiamavano Ministero. Di certo non l’aveva fatto per aiutarla – come faceva
tutta la sua idiota famiglia da quando era nata, ma ancor più adesso da quando
era giunta labonne
nouvelle del marmocchio in arrivo – né perché glielo avevano ordinato; solo
per curiosità.
L’edificio
non era così interessante come si era aspettata: un normale palazzo con uffici,
e naturalmente, la magia. Ma quella era una parte così banale nella sua vita
che non provava nessun piacere nel vedere cabine telefoniche che funzionavano
come ascensori babbani o buste che svolazzavano da
tutte le parti.
Inoltre,
esteticamente, il Ministero faceva proprio schifo.
Grigio compatto e bianco, con qualche sprizzo di verde e giallo per i
serramenti. Quasi, quasi era meglio quello francese, il che era tutto dire per
lei.
Fleur
aveva cercato di intavolare una conversazione con lei sul suo matrimonio e su
suo marito, con scarsi risultati: Giulie si era
rinchiusa in un ostinato silenzio che non aveva voglia di rompere, così aveva
lasciato la cugina nel suo monologo per elogiare Bill Weasley
– se aveva capito bene.
La
seguì sperando di trovare qualche inglese interessante da abbordare o almeno
con cui divertirsi: mentre passava per i corridoi, Giulie
lanciò qualche occhiata ammiccante e occhiolini a destra e a manca, lasciando i
funzionari del Ministero a bocca aperta – ma con suo sommo dispiacere, nessuno
aveva avuto il coraggio di parlarle.
Uffi,
qui si prospettava una vacanza noiosa, tra la sua famiglia e gli inglesi
timidi.
Un
gridolino di Fleur le fece alzare gli occhi,
pesantemente coperti da eyeliner e da un ombretto
viola scuro: la cugina si era gettata tra le braccia di un giovane alto, con i
capelli lunghi rossi legati in un codino, metà viso sfigurato da una cicatrice
e un paio di vispi occhi chiari che scintillavano d’intelligenza.
Giulie
si chiese perché mai un tipo così promettente come Bill Weasley
avesse scelto come compagna quella piattola di FleurDelacour.
Insomma,
Giulie doveva ammettere che il Weasley
era assai interessante, con cicatrice e la giacca di pelle di drago: aveva
l’aria del ribelle che le piaceva immensamente e un sorriso un po’ malizioso
che completava quel quadretto.Non
sembrava proprio il tipo noioso che i suoi genitori e quelli di Fleur volevano come parente, eppure… Bill era il marito di Fleur.
Per
una volta, Giulie dovette convenire che la cugina
aveva buon gusto.
“E
lei chi è? Non me la presenti?” chiese il Weasley,
indicandola con un cenno di capo.
Fleur
le indirizzò uno sguardo possessivo a cui lei rispose con un sogghigno e disse:
“Bill, questa è la mia cugina GiulieDelacour. È francaise, come moi, ma ha vissuto per en
peu in Inghiltera.”
Bill
le sorrise e allungò una mano, stringendo la sua. “Piacere, chiamami Bill.”
Lei
rispose al sorriso con una punta di malizia. “Il piacere è tutto mio, Bill.”
Sussurrò socchiudendo appena le palpebre e massaggiando con il pollice la mano
dell’inglese.
Questi
inarcò un sopracciglio e si staccò dalla presa, sospettoso. Gli dava fastidio
che ci provasse con lui? Teneva davvero a Fleur?
La
cugina era arrossita per la rabbia. Oh
beh, pensò Giulie ridendo silenziosamente, almeno questo è divertente.
“Hai
davvero un ottimo accento.” Disse pacato Bill, cercando di allontanarsi.
Giulie
alzò le spalle. “Quando hai passato l’infanzia in un college inglese, non ti
scordi più come si parla.” Spiegò sinteticamente, spiando le reazioni dei due:
Bill era accanto a Fleur e lei gli stritolava il
braccio. Troppo uniti.
Maledizione,
la cugina aveva trovato un marito fedele! Non rispondeva ai suoi sguardi… e
tentare in tutti i modi di portarselo a letto si prospettava difficile e
faticoso, non ne aveva la ben che minima voglia.
Così
si dileguò con la scusa del bagno, cercando qualche nuovo soggetto con cui
giocare.
Aveva
provato ad approcciare un paio di impiegati, anche piuttosto carini, ma le
erano sembrati tutti così scialbi.
Uhm, forse era vera la voce secondo cui gli inglesi erano dei finocchi.
Uffa… che noia.
“Ehi
francesina!”
Una
voce forte le tuonò nelle orecchie, fermandola.
Con
una piroetta elegante si voltò sfoderando uno dei suoi sogghigni maliziosi e
trovandosi davanti un uomo vestito in uniforme militare che gli dava una certa
aura affascinante, questo Giulie doveva ammetterlo.
Inoltre,
avendolo già fronteggiato, sapeva benissimo che quell’uomo era divertente.
“Ehi
militare… ti sono mancata?” bisbigliò
con voce appena arrochita sbattendo le ciglia lunghe e bionde verso di lui.
Marshall
alzò un sopracciglio come se il suo tono non l’avesse scalfito.
“Francesina,
sono venuto solo per darti un consiglio: non provocarmi mai più.”
Giulie
sbuffò, giocosa, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi scalati e
appoggiando l’altra sul fianco. “Che peccato… e io che speravo di poterti
rivedere ancora, militare!”
Gli
occhi di Marshall si assottigliarono, dandogli un’aria pericolosa che le
piacque.
Com’è
che si dice? Ah, già: non si gioca col
fuoco.
Giulie
adorava disobbedire ai cari vecchi proverbi.
“Ci
stai provando con me, francesina?” le domandò divertito, sogghignando e
abbassandosi fino all’altezza degli occhi cristallini di Giulie.
Credeva
forse di intimorirla con la vicinanza? Per chi l’aveva presa?! Lei non era mica
una signorina casta e timida.
Senza
imbarazzo, Giulie allungò il collo fino a toccare con
il proprio naso la punta di quello di Marshall, sempre sorridendo. “Probabile.”
Rispose sfacciatamente, incrinando appena la testa con un’espressione
divertita. “Mi piacciono gli uomini in divisa…” confessò serafica,
giocherellando con le medaglie appese al pettorale di Marshall.
L’uomo
corrugò la fronte, spiazzato da tale comportamento. Da quando le francesi erano
così sgualdrine?!
Marshall
si sistemò la divisa, calcolando rapidamente come comportarsi per mettere a
disagio quella francese impudente. Non aveva ben digerito come l’avesse
provocato davanti a tutti – in special modo davanti
al trio di imbecilli che lo aveva divertito ad Hogwarts
– e non digeriva il suo sguardo lussurioso e quei movimenti artificiosi
studiati appositamente per far cadere gli uomini nelle grinfie di quella
strega.
Doveva
ammettere però che era bella, la francese. Molto più bella di Janet, sua moglie,
anche se erano tutte e due bionde e mediamente alte. Rimaneva però una puttana,
mentre Janet era stata posata, educata e con un sorriso gentile dipinto
perennemente sulle labbra.
“Che
c’è?” gli occhi chiari della francese lo stavano apertamente deridendo. “Ti
faccio paura, militare? Proprio a te
che dovresti essere quello rispettato e temuto?”
Giulie
rise forte, buttando indietro la cascata di folti capelli biondi.
E
Marshall non ragionò più.
Con
uno scatto fulmineo, che Giulie non ebbe il tempo di
registrare, le prese il polso e, aperta di scatto una porta, la buttò dentro ad
un ufficio buio polveroso. Giulie non ebbe il tempo
di capacitarsi di quello che era successo, che Marshall tirò fuori la bacchetta
e, mormorato un “Colloportus”
verso l’uscio, sigillandolo, e la schiacciò con il proprio corpo contro il muro
freddo e umido.
Giulie
sorrise obliquamente anche in quella situazione, il cuore che batteva furioso
ed eccitato e l’amata e ricercata adrenalina che pompava nelle vene dandole una
sensazione di impagabile piacevolezza.
“Dovrei
mettermi ad urlare?” lo provocò a bassa voce, ridendo.
Sentì
i potenti muscoli di Marshall avvicinarsi ancor di più al suo corpo ormai
schiacciato e la barba corta e ispida di lui – avrebbe dovuto riuscire a convincerlo
a tagliarla, si annotò mentalmente – che le raschiava la pelle delicata della
guancia.
“Francesina…
potrei farti di tutto qui, da soli, basta solo che mormori un Incantesimo
Silenziatore e tu saresti in mia balia…” le sussurrò pericolosamente all’orecchio,
le mani che le imprigionavano i polsi contro il muro.
Giulie
trattenne un gemito misto tra dolore – la presa sui polsi era così
maledettamente ferrea – e di eccitazione.
“Chi
ti dice che non voglia proprio questo,
militare? Ricordi? Ci stavo provando con te… e ci sto provando ancora.”
Rispose rocamente, inarcando appena la schiena fino a fregare il giubbotto di
pelle contro la divisa calda del Capitano.
Questi
gemette rocamente, il fiato leggermente accelerato.
“Cazzo…”
annaspò Marshall chiudendo gli occhi nel tentativo di dominare l’istinto di
infilare una mano sotto la minigonna che indossava la francese e tastare la
pelle muda sotto le calze a rete portate impudentemente anche in inverno.
Giulie
sorrise all’esclamazione. “Aha… cazzo.” Ripetè con voce controllata e
calma, mentre la sua lingua scivolava lenta sulla guancia ruvida di Marshall,
mozzandogli il respiro.
L’Eclitto non riuscì a contenersi: le lasciò i polsi e,
mentre una mano giocherellava con una coscia sapientemente piegata verso di
lui, l’altra afferrò Giulie dietro il collo, guidando
le sue labbra verso la bocca di lui che le chiuse con un bacio.
Il
respiro di Giulie si fece affrettato mentre una mano
di Marshall risaliva lenta lungo la coscia e le labbra di lui giocavano con le
sue, prima di invadere con la lingua la sua bocca.
Le
sembrava di avere un formicolio particolarmente piacevole per tutto il corpo,
ovunque questo venisse a contatto con la stoffa del vestito del militare,
facendola fremere di frustrazione: sentiva il bisogno di adrenalina, e aveva
come l’impressione che Marshall era la risposta ai noiosi pomeriggi inglesi che
le si prospettavano.
Forse,
almeno le notti sarebbero state divertenti, pensò coerentemente prima di
miagolare nella bocca di lui non appena la sua mano si chiuse con decisione sul
suo fondoschiena, sorprendendola piacevolmente.
“Adesso
non parli più, eh, francesina?” le domandò arrogante Marshall staccandosi dalle
sue labbra per lambirle di baci la mandibola.
Istintivamente
Giulie tirò indietro il collo.
“Militare…
questo era il mio –” si interruppe strozzandosi con un gemito “– scopo.” Finì,
ansimante, accarezzandogli i capelli e la schiena con le lunghe dita curate.
Marshall
rise. “Almeno quando ti tocco parli come piace a me.” La prese in giro,
fissandola con occhi appannati di lussuria.
Giulie
ricambiò lo sguardo intensamente. “Anche a me piace come mi tocchi.” Sorrise
maliziosa. “Ma mi piacerà di più quando io
ti sentirò gemere quando ti tocco.” E detto questo lasciò scorrere la mano
verso il basso, sotto gli occhi sgranati e sorpresi del militare.
Marshall
sogghignò. “Vedremo, francese.”
“Come
vuole, militare.”
Giulei
fece per riavvicinare le labbra a quelle dell’uomo, quando la radio attaccata
alla cintura di Marshall vibrò.
L’uomo
con disappunto si staccò da lei e guardò l’apparecchio. Infine, rilasciò un
grugnito di disappunto.
“Devi
andare, immagino.” Commentò secca Giulie,
sistemandosi capelli e gonna e massaggiandosi i polsi.
Marshall
annuì. “Di nuovo il concilio, quel cumulo di vecchi… non sanno cosa fare senza
di me.” Borbottò scocciato di essere stato interrotto.
Alzò
lo sguardo verso di lei, indugiando sulle calze – che aveva rotto – e sulle
labbra gonfie.
Certo
che la francese era divertente, e anche disponibile. Da quanto non toccava la
pelle di una donna con così tanta energia? Da quanto non si divertiva in quel
modo?
Marshall
sogghignò compiaciuto. “Ehi, francese.”
“Uh?”
Giulie lo fissò con aria innocente. “Che c’è, militare?”
Marshall
ampliò il ghigno. “Ti devo ancora dare una lezione per la tua arroganza.” Le
disse, implicando tutt’altro e lo sapevano ambedue.
Giulie
alzò un angolo della bocca. “Quello arrogante sei tu, militare. Ti posso
benissimo tenere a bada… dimmi quando vorresti darmi una lezione.”
“C’è
un albergo magico famoso detto ‘Il Paiolo Magico’, non farai fatica a trovarlo
se chiedi a qualcuno. Io sarò lì stanotte verso le dieci.”
Giulie
ammiccò. “Bene, ci sarò.”
Con
un “FinitemIncantatem”
la porta si aprì e i due partirono per diverse direzioni, come se non si
conoscessero affatto, ma in verità, sia Marshall che Giulie
non facevano altro che ripensare a quell’appuntamento che sembrava cancellare
un po’ di noia dalle loro vite, anche se in modo diverso: per Giulie era una corsa sul filo del rasoio, il gusto del
proibito di disobbedire ai criteri da casta che la sua famiglia aveva cercato
di affibbiarle, per Marshall un passatempo dopo aver esercitato la sua
influenza sul concilio.
*^*^*^*
Oltre il Velo
[L’altro Horcrux
– i Fratelli Black]
Harry
varcò la soglia che delimitava l’antico e poderoso arco: il velo gli scivolò
sul viso e lo lasciò delicatamente entrare in uno spazio fluttuante e luminoso.
Harry trattenne il fiato; la paura venne surclassata dallo stupore: un
illimitato corridoio costeggiato da arcate simili a quello che aveva appena
varcato, i veli spettrali fluttuavano placidi come sospinti da un lieve soffio
di vento…
Era
forse un collegamento con il velo dell’Uffico Misteri
che aveva così indegnamente risucchiato la vita di Sirius.
Una debole speranza cominciò a farsi largo nel cuore di Harry:
“Perché
siamo qui?”
“Ora
aspetto il mio destino: la Maledizione dei Black si
compirà qui” declamò Regulus con un’ombra oscura
negli occhi.
“Che
significa?”
Regulus
gli rivolse un’occhiata vuota:
“Una
volta mi chiedesti perché mi ribellai all’Oscuro Signore, perché tentai e
riuscii a scovare il segreto degli Horcruxes… Non
avevo realizzato quanto fosse brutale e impietosa la sua scalata al potere e
l’Oscuro Signore mi chiese la conferma, esigendo la mia più totale fedeltà:
volle che torturassi e, infine, uccidessi mio fratello. Probabilmente aveva
scoperto che Sirius era il Custode originale della
dimora nascosta dei Potter, ma poi le carte in tavola si ribaltarono e fu Peter
Minus a svelargli il loro nascondiglio e a decretarne
la morte. Ma io non potevo dimenticare ciò che mi aveva chiesto e ciò che
ancora richiedeva, anche se mio fratello non costituiva più una fonte di
informazione rilevante… l’Oscuro Signore desiderava che io uccidessi Sirius… ma io non
volevo.”
“E
ora, lui verrà qui e finalmente potrò rivedere il suo viso e la Maledizione dei
Black si compirà.”
Harry
trattenne il fiato, scostando finalmente lo sguardo dall’infinito corridoio di
setosi veli svolazzanti. Mosse i suoi occhi smeraldo su Regulus
e gli si mozzò il fiato: un’ombra oscura, come dei tentacoli bui, si agitava
sul corpo dell’uomo.
La
cicatrice di Harry cominciò a pulsare e il ragazzo si ritrovò accasciato a
terra dal dolore.
“Co-cos’è?” riuscì a mugugnare tra le fitte che scuotevano
il suo corpo.
“Lo
sai, Harry: oltre il velo è visibile l’anima di un individuo. Perché credi che
io, tenuto fuori dal mondo per più di diciassette anni, conoscessi i profondi
segreti dell’Oscuro Signore, i piani oscuri che aveva in mente dopo la sua
rinascita; eppure te lo dissi una volta: non sei il solo ad avere un contatto
con l’Oscuro Signore… tu hai la cicatrice e io ho un pezzo della sua anima.”
Harry
spalancò gli occhi, il fiato gli morì in gola.
“Sì,
Harry. Ecco perché non temevo la morte quando ruppi l’incantesimo che
proteggeva la tomba di Corvonere, certo, c’era la
Maledizione dei Black, ma, in più, o forse proprio in
combutta col destino della mia famiglia, il pezzo di anima del Signore Oscuro
mi fornisce una potente protezione: io sono difficile da uccidere, come Horcrux umano.”
“Ecco
perché” sibilò Harry, stringendo la bacchetta “Hai detto che, qualunque cosa tu
possa fare, non potrai mai vedere la morte di Voldemort
e perché, tu, prima devi morire.”
“Bravo,
Harry, perspicace. Quando tentai di distruggere il medaglione di Serpeverde con l’aiuto di LyonsKaus tutto quello che riuscimmo a fare fu liberare il pezzo
di anima, ma non distruggerla… fui io a bere la pozione per arrivare all’Horcrux e, vagamente, conoscevo il destino che mi sarebbe
spettato: morire avvelenato entro poco tempo… per questo scrissi quel
messaggio, firmato R.A.B. (RegulusArcturusBlack). Al tempo
non sapevo della Maledizione dei Black… forse fu
proprio quella ad impedirmi di morire così, avvelenato dalla pozione… perché io
dovevo morire ucciso dalla persona che più amassi.
E’
qui che la Maledizione della mia famiglia diventò provvidenziale, forse,
proprio per il mio destino, non mi fu permesso di morire a quel modo,
avvelenato, e così l’anima vagante che avevamo liberato dal medaglione trovò
ristoro nel mio corpo, ovviamente contro la mia volontà: ma, grazie a quella,
fui salvato perché diventai un Horcrux vivente,
immune a qualsiasi tipo di veleno, una fortezza umana per preservare l’anima
del Signore Oscuro.
Inoltre,
in quella pozione, lasciai la mia memoria liquida – simile alla sostanza
evanescente e fluida del Pensatoio – Quando la bevvi allucinai dal dolore:
rividi gli attimi più sofferenti degli ultimi mesi, la richiesta che mi fece
l’Oscuro Signore… me lo disse LyonsKaus, io non rammentai nulla di quei momenti sotto
l’effetto allucinante della pozione. Là, in quel liquido che stava a guardia
del falso medaglione di Serpeverde riversai
involontariamente i miei più biechi timori.
Nessuno
conosceva questo mio segreto, né LyonsKaus, né l’Oscuro Signore… soltanto Piton.”
“Perché,
Piton?” domandò Harry a denti stretti, gli occhi e la
bacchetta puntati sui tentacoli oscuri che attanagliavano il corpo di Regulus: poteva distruggere un altro Horcrux
“Perché l’hai detto a Piton?”
“Perché
anche lui è in una situazione simile” confessò Regulus
“Anche lui è legato indissolubilmente alla vita dell’Oscuro Signore… solo che
lui ne fornisce il sostentamento, già te lo spiegai una volta, ma pare che tu
non abbia compreso la portata di quella rivelazione.”
“Me
l’hai già detto” disse Harry spazientito “Piton è
quello che alla creazione del primo Horcrux ha
permesso a Voldemort di condividere la sua anima per
evitare che la propria si destabilizzasse.”
“Bravo,
Harry, hai studiato” sogghignò Regulus “Ma continui a
non renderti conto della portata di questo fatto… ma pazienza. Solo sappi che,
forse, Piton non è poi così cattivo come sembra.”
“Ha
ucciso Silente!” esplose Harry “L’ha ucciso e lui gli aveva dato protezione e
fiducia: per me questo basta per giudicarlo: è uno schifoso traditore e
doppiogiochista, merita solo la morte!”
“E
dunque quella si guadagnerà” sentenziò Regulus con
una bizzarra voce profetica “Ma rifletti bene sulla profezia, sulle sue parole.”
Regulus
mosse qualche passo deciso verso Harry. Il giovane Potter levò la bacchetta più
alta e non accennò ad indietreggiare.
“Perché
i tuoi genitori hanno sfidato l’Oscuro Signore per tre volte? Cos’hanno fatto?”
“Non
lo so” disse Harry con un soffio, la bacchetta ancora fermamente puntata contro
l’ombra oscura sulla pelle dell’altro.
“Cerca
di scoprirlo” disse Regulus “E’ l’ultimo consiglio
che ti do. Dopo questa notte non sarò più disponibile per svelarti i misteri
della vita e degli Horcruxes. Dovrai imparare a
cavartela da solo, senza l’aiuto di un protettore.”
“Me
la caverò da solo! Lo faccio già da molto” ringhiò Harry contro l’uomo.
Regulus
gli rivolse un sorriso ironico al quale Harry rispose sventolando
minacciosamente la bacchetta, come sul punto di scagliare una robusta fattura.
“Non
ho paura. Non sarai tu ad uccidermi, Harry… non sei tu la persona più cara per
me.”
“Lo
vedremo” borbottò Harry, un’ondata di risoluzione lo invase, più potente di
quella che lo aveva spinto a cercare Piton per
ucciderlo “Ho giurato a Silente che avrei distrutto tutti gli Horcruxes e poi Voldemort: e tu
sei un Horcrux!”
Harry
si scagliò contro Regulus, ma prima che potesse
avvicinarsi venne respinto da un violente schiantesimo
che lo fece strisciare lungo un buon tratto di corridoio.
Il
giovane Potter si rialzò a fatica e un lampo rosso subito lo accecò,
sollevandolo da terra e scaraventandolo ancora più lontano.
“La
differenza tra di noi è incolmabile, Harry” gli urlò Regulus
con un sogghigno “Io, dopotutto, ero un abile Mangiamorte
e devo dire che il frammento di anima dell’Oscuro Signore ha accresciuto
enormemente il mio potere: non hai speranze contro di me.”
Harry
tentò nuovamente di alzarsi per combattere, ma uno scintillio poco distante
attirò la sua attenzione: uno specchio dal vetro incrinato giaceva sul duro
pavimento di pietra. Forse, durante la caduta gli era scivolato dal mantello,
andando ad infrangersi al suolo.
Il
giovane Potter lo raccolse con disperazione, abbandonando persino la bacchetta:
lo specchio di Sirius era rotto. Lo stesso specchio
in cui aveva creduto di scorgere l’amato volto del padrino… neanche
quell’oggetto, suo prezioso ricordo, era stato in grado di proteggere.
“Sirius” quasi singultò, reggendo
tra le mani tremanti lo specchio infranto.
Il
giovane Potter udì l’eco della sua supplica e attese un vuoto silenzio.
Ma
una calda voce famigliare gli rispose: “Harry.”
Il
respiro fu violentemente trattenuto mentre levava lo sguardo per incontrare due
occhi scuri e famigliari, ma evanescenti. Il fantasma di Sirius
fluttuava a pochi centimetri da lui.
Harry
si alzò di scatto, travolto da un’ondata di incredula felicità: i lunghi
capelli scuri e spettinati, il breve accenno di barba incolta, gli occhi scuri
e i lineamenti che celavano una passata e grande bellezza.
“Aspetta!”
lo ammonì Sirius, indietreggiando a velocità
sorprendente “Non toccarmi, sono pericoloso sotto questa forma.”
“Ma,
Sirius, tu…?” biascicò Harry ancora dominato da un
irrefrenabile impulso di avvicinarsi all’uomo.
“Non
sono un fantasma” ribatté Sirius “Credo di non
esserlo, almeno – si fissò le mani trasparenti e luminescenti – da quando ho
varcato quel velo sono rimasto qui, non mi è stata data la possibilità di
andarmene, quindi, forse, io sono…”
“Sei
comunque morto” mugugnò sordidamente una voce alle spalle di Harry.
Il
giovane Potter si voltò appena in tempo per evitare una robusta fattura
scagliatagli da Regulus.
“Hai
ragione” proseguì Regulus “Non sei un fantasma: i
fantasmi sono impronte di anima, mentre tu sei anima pura. Se solo dovessi
avvicinarti ad un essere vivente il tuo solo tocco basterebbe a scindere
l’anima dal corpo e, dietro questo velo, ciò equivarrebbe alla morte. Anche per
un Horcrux vivente come me sei davvero pericoloso,
caro fratello Inutile.”
Sirius
fremette da capo a piedi, il che fu impressionante dato che il corpo era
totalmente inconsistente:
“Stupido
fratello, non osare più chiamarmi così” ringhiò a voce poco più alta di un
sussurro “E’ da quando ho scoperto che sei ancora vivo che voglio ucciderti… dopo
tutto quello che hai fatto a Harry.”
Regulus
scrutò lo sguardo mortifero del fratello e un’ombra di tristezza gli attraversò
gli occhi “Come fai a saperlo?”
“Lo
specchio, attraverso quello potevo vedere quello che accadeva nel mondo… è ho
visto quello che hai fatto ad Harry.” rispose Sirius
con voce velenosa.
“Sono
diventato il suo mentore” ribatté Regulus con voce
più calma e pacata.
“Sbagliato!”
strepitò Sirius “Lo hai preso in giro, lo hai
ingannato, lo hai persino tradito con Mocciosus e
stavi per mandarlo a morire al Ministero… sapevi di Hogwarts,
ma non hai fatto nulla.”
“Per
tutto quello che hai fatto meriti di morire e non mi importa nulla se sei mio
fratello” urlò Sirius quasi sputando.
Il
volto di Regulus si fece d’improvviso più sereno e
luminoso “E sarai tu a donarmi la morte… proprio come vuole la Maledizione
della nostra famiglia.”
In
un istante, Harry comprese il drammatico significato della Maledizione dei Black: Sirius sarebbe stato il
carnefice di Regulus; il minore che guardava al
maggiore con una segreta ammirazione e con affetto represso sarebbe stato
vittima dell’amato fratello.
Sirius
si gettò su Regulus come un lampo, con la velocità
spettrale e fluttuante che solo un essere non umano può avere.
La
bacchetta di Regulus restò mollemente rivolta a
terra, l’uomo non fece nulla per contrastare l’avanzata di Sirius,
non oppose resistenza.
Ad
Harry sembrò di vederlo abbandonare la bacchetta: questa scivolò dalle sue dita
e sbatté sul pavimento di pietra con un rimbombo legnoso.
Le
mani di Sirius furono sul suo collo in un attimo: gli
arti evanescenti del fratello maggiore si strinsero e tirarono; l’anima di Regulus cominciò a scindersi dal corpo.
“Ti
ucciderò!” sbraitò Sirius in facci al fratello
“Morirai qui!”
“L’ho
sempre pensato” bisbigliò Regulus con un filo di voce
“Sei tu l’ultimo dei Black. Sei sempre stato l’ultimo
in tutto… Inutile.”
Sirius
affondò la presa e Regulus sussultò più forte.
“Ma”
continuò il più giovane dei Black “Non ti puoi
sottrarre al tuo destino.”
Con
il fievole sprizzo di forza che gli restava in corpo, Regulus
afferrò il braccio destro di Sirius, artigliando le
dita nella sua pelle.
“Ora…
spetta a te… portare questo fardello” sussurrò con la voce che si indeboliva
sempre di più.
Sirius
non ebbe il tempo di ringhiare contro il fratello: l’ombra che macchiava la
pelle candida di Regulus stava allungando i suoi
tentacoli verso di lui. Lentamente, quel frangente di anima oscura scivolò
sulle braccia di Sirius e gli invase tutto il corpo.
“Cosa…
cosa hai fatto!?” strillò Sirius col volto deformato
dalla rabbia.
Il
fratello maggiore strinse la morsa e Regulus trasalì,
al limite delle proprie forze “Ora sei tu… il… nuovo… Horcrux.”
“Maledetto!
Maledetto! Non potevi morire e basta? Perché?”
Regulus
gli sorrise lievemente di rimando “Perché… devi… devi provare… la Maledizione…
dei Black.”
“No!”
strepitò Sirius “Io non appartengo a quella stupida
famiglia! L’ho abbandonata tanto tempo fa!”
“Questo
non importa!” gridò Sirius “Io me ne sono andato da
quell’orribile famiglia. Il mio nome, la mia esistenza è stata cancellata
dall’arazzo di famiglia. Per me la Maledizione non esiste perché nessuno della
Nobile e Antichissima Casata dei Black – sibilò Sirius con sprezzo – mi ha riconosciuto come un pari: voi
vi siete dimenticati di me, sono sparito dalle vostre menti, non sono mai
esistito per voi… ma così, meglio per me! Per me non c’è nessuna Maledizione
perché nessuno di voi si è ricordato di me!” esclamò, infine, trionfante.
“Ti…
ti… sbagli” esalò Regulus, le palpebre che
cominciavano a calare sugli occhi stanchi e vuoti “Per… te… c’è… la Maled… - il volto si riversò su un lato e diede in un
potente colpo di tosse, ma gli occhi quasi serrati tornarono sul volto del
fratello - … già… tu sei… un… Black… ma è… colpa… mia… io… io…”
… non ti ho mai
dimenticato. Sei sempre stato mio fratello.
Bisbigliò,
o forse pensò. I suoi occhi profondi e scuri si spensero guardando il volto
cupo di Sirius. Non seppe mai se suo fratello
l’avesse sentito.
Sirius
abbandonò il corpo morto di Regulus, osservando
l’ombra scura che tingeva la sua pelle: un brivido istantaneo lo colse.
“Maledetto
Regulus” sibilò a denti stretti.
“Sirius” bisbigliò Harry alle sue spalle; il volto del
padrino era adombrato da un’intensa oscurità.
Sirius
si voltò verso il nipote e gli rivolse un sorriso amaro “A quanto pare il mio
fratellino avrà presto compagnia nella tomba. Oggi finisce l’ultimo dei Black.”
Harry
trattenne il fiato e poi esplose “No! Ora che ti ho ritrovato non penserai
davvero di andartene, di morire?”
“Sono
già morto, Harry” disse Sirius con rassegnata calma
“Ma questo velo non mi permette di andarmene, mi ha bloccato in questa specie
di limbo: ero legato sia al mondo dei morti che a quello dei vivi. Ovunque tu
andassi, sentivo la tua presenza, ero vicino a te… lo specchio che hai
custodito con tanta gelosia, Harry… quello era il nostro legame.”
Il
giovane Potter osservò il vetro infranto dello specchio e agitò violentemente
la testa “No! Se sei qui vuol dire che puoi tornare! Basta che riattraversi il
velo… con me! Combatteremo Voldemort e lo sconfiggeremo… insieme!”
Un
lieve sorriso si formò sulle labbra di Sirius.
“E’
la stessa cosa che mi disse James quando ci unimmo all’Ordine e continuava
sempre a ripeterlo… insieme… anch’io
lo volevo, Harry. Ma adesso basta rimuginare sul passato, sono sempre rimasto
attaccato al passato, a quei ricordi felici perché era l’unica cosa che mi
permetteva di sopravvivere ad Azkaban. Ma ora ne sono
uscito” continuò Sirius con più energia e decisione,
il volto stanco si faceva più superbo “Sono pronto a ricevere quello che mi
spetta, sono pronto ad andarmene… non dimenticherò mai tuo padre, Harry, ma
quei ricordi mi stanno accecando.”
Harry
lo fissava sbalordito con una sgradevole sensazione di bassezza nelle viscere:
non voleva che si separassero, non voleva lasciarlo andare… di nuovo.
“E’
tutta colpa mia” borbottò Sirius “Aveva ragione la
vecchia signora Weasley… tu sei James, per me almeno.
Ti ho sempre visto come la copia di James, il mio caro vecchio amico fuori di
testa. Siete identici, e io volevo che fossi identico a lui in tutto e per
tutto, che fossi un mio pari, l’unico alla mia altezza… e non mi sono curato
delle conseguenze. Ora spetta a te finirmi, Harry.”
“S-sirius?” bofonchiò Harry, esterrefatto.
“Basta
un semplice colpo di bacchetta, un incantesimo che quello stupido di mio
fratello ti ha insegnato… così la mia anima potrà andarsene e non diventerò un
fantasma.”
“Perché
no!?” esclamò Harry disperato “Perché non potresti diventare un fantasma? Così
potremo parlare comunque anche se tu… sei
morto!”
“No,
Harry” ribatté Sirius con dolcezza “Coloro che
diventano dei fantasmi restano legati al mondo terreno, ma non perché sentono
il bisogno di stare vicino ai propri cari… hanno un debito, c’è qualcosa che
nella loro vita non hanno concluso, che è rimasta incompiuta. E io il mio
debito lo saldo con te: libera la mia anima.”
“Perché?”
eruppe Harry “Perché dovrei fare una cosa del genere?”
“Perché
sono un Horcrux.”
Le
parole di Sirius investirono Harry in tutta la loro
sconvolgente rivelazione; gli occhi smeraldo del ragazzo saettarono ai
tentacoli oscuri che adombravano la figura evanescente del padrino: una parte
dell’anima di Lord Voldemort.
“Mio
fratello ha pensato bene di farmi un regalino prima di andarsene” sogghignò Sirius, tuttavia privo di rancore “Devi liberare la mia
anima perché questo è il destino dei Black.”
“Quando
mai!” esplose Harry “Quando mai ti sei piegato al destino dei Black, Sirius!?”
“Mai!”
ribatté Sirius con decisione “Sono sempre stato un
cane sciolto, selvatico e ribelle, sempre scostante, sempre in bilico in
qualunque situazione… il nome dei Black mi ha sempre
perseguitato e io l’ho sempre scacciato via come la peste… ma adesso,
Maledizione o no, per quanto io desideri rimanere con te… devo morire.”
“Se
desideri davvero restare con me, allora rimani! Perché dovresti voler morire?”
“Harry”
disse Sirius lievemente “Sono un Horcrux.
E se non mi aiuti ad oltrepassare definitivamente il velo, se non liberi la mia
anima, Lord Voldemort continuerà ad esistere… in
eterno.”
“Ti
libererò da quelle macchie oscure. Troveremo un modo!” sbraitò Harry.
Sirius
scosse la testa “No. Cerca di capire: io non farò come Regulus,
lui ha chinato il capo e si è lasciato morire perché la Maledizione dei Black lo ha conquistato… io decido di morire perché Lord Voldemort,
un giorno, possa sparire… e sarai tu, Harry, a farlo, non è vero?”
Un
muto rantolo di orrore uscì dalle labbra di Harry, una fastidiosa sensazione cominciava
a pungergli gli occhi: come poteva chiedergli di diventare il suo carnefice?
Possibile che scegliesse la morte e non la vita?
Ma
Sirius gli sorrise con quel modo complice e paterno.
“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci,
ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black…
entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il
nostro destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello
predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di
seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il
nostro destino. E il mio destino è di morire e voglio che sia la persona che
più amo al mondo ad aiutarmi ad oltrepassare il velo: sei tu, Harry… e il fatto
che io ti scelga perché sei il mio amato nipote non significa che io mi stia
piegando alla Maledizione dei Black, al contrario, io
scegliendo, la domino.”
La
bacchetta tremava ancora tra le dita di Harry, lacrime calde minacciavano di
cadere dai suoi occhi: due parole gli uscirono dalla gola: “Ho capito.”
Sirius
gli rivolse un ampio accenno con orgoglio, gli occhi ancora luminosi e dolci.
“Ti
va di diventare il mio gufo?” gli domandò con un sorriso incoraggiante “Ho dei
messaggi da affidarti.”
Harry
accennò vigorosamente con il capo “Certamente.”
Sirius
gli sorrise di rimando e cominciò: “A tutto l’Ordine della Fenice: sono stati
dei grandi compagni, tranne Malocchio Moody quando si
ubriacava.”
Harry
si lasciò sfuggire una risata che, tuttavia, sembrò incredibilmente priva di
allegria: gli occhi ancora fissi sul volto evanescente del padrino.
“Ringrazia
tutti i tuoi amici: Ron, Hermione e naturalmente Ginny” aggiunse Sirius con
un’amicata che aveva del complice.
Lo
sguardo di Sirius si fece più deciso e risoluto “Queste
sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort,
Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”
“E’
quello che voglio anch’io e ti giuro che se avrò un figlio maschio…”
“Non
ti azzardare a chiamare il primo dei tuoi figli maschi Sirius,
è un nome sfortunato” lo interruppe il padrino con un sogghigno.
“D’accordo”
disse Harry con una smorfia contrita, ma che si sforzò di far apparire allegra.
“Salutami
Tonks e dille di darci dentro con Remus,
ne ha proprio bisogno quel ragazzone.”
Harry
rise con lui.
“E
dì a Remus di tenere alto il nome dei Malandrini.
Ricordagli di non lasciarsi seppellire dai sensi di colpa, anche se lo
ricorderò sempre come il perno morale del gruppo” aggiunse piano con una
smorfia ironica che fece sorridere Harry.
“E
magari” borbottò Sirius col volto improvvisamente
grave “Magari incontrerò Regulus, quello stupido… non
sono riuscito a dirgli che è uno stupido, il mio fratellino stupido.”
Harry
pensò di vedere un lampo di affetto negli occhi scuri dell’ultimo dei Black.
Sirius
allentò l’espressione seria del viso in un sorriso di trionfo, tutto rivolto ad
Harry.
“Addio,
Harry. Se riuscirò a trovarlo, ti saluterò James… sai, lui è sempre stato un
vero mago nell’arte della mimesi.”
Sirius
gli fece cenno: il giovane Potter agitò la bacchetta, bisbigliando
l’incantesimo.
Harry
contemplò l’ultima speranza della Nobile e Antichissima Casata dei Black scomparire lentamente davanti a lui con un lieve
sorriso.
*^*^*^*
[Indovina chi viene a cena?
La famiglia Tonks]
Remus
tentò di deglutire, sentendo la gola arida, ma il gesto fu quasi inutile:
sembrava che l’agitazione gli impedisse anche la salivazione. Merlino.
Si
era rasato barba e sistemato i capelli, aveva indossato la giacca con meno
toppe che aveva trovato nell’armadio, una camicia bianca semplice, aveva
rinunciata alla cravatta (troppo rovinata), e un paio di pantaloni marroni
abbinati con la giacca, anche se un po’ lisi sulle ginocchia.
Poi
con un sospiro aveva raggiunto la semplice e modesta casa dei Tonks con la propria scopa, per non sporcarsi il vestito
con la Metropolvere.
Aveva
le mani sudate, costatò mentre aspettava che qualcuno venisse ad aprirgli la
porta, ed era nervoso: aveva già conosciuto i genitori di Tonks
– Andromeda era all’ultimo anno quando lui era entrato ad Hogwarts
– e Ted era un simpatico uomo con sui aveva parlato piacevolmente in qualche
occasionale cena organizzata dalla sua deliziosa fidanzata.
Ma
non si era mai dovuto presentare come sposo.
E se i genitori di Nimphadora non volevano che la
figlia sposasse un Licantropo? Non li avrebbe biasimati. Lui era più vecchio di
Tonks di almeno una decina d’anni buoni (non voleva
ricordarsi il numero esatti o sarebbe andato di matto) e oltretutto non era
ricco, per non parlare del ‘piccolo problema peloso’, come lo definivano James
e Sirius ai tempi della scuola.
Aveva
imparato ed era grato a Tonks per averlo accettato,
per amarlo così com’era ma… alle volte non riusciva a non sentirsi in qualche
modo sbagliato per lei. In fondo, si
era sentito sbagliato per una vita intera, e solo poche persone come i suoi
amici (ormai morti), Harry, Silente, la famiglia Weasley,
Hermione, l’Ordine e Tonks
non erano scappati via da lui.
I
suoi pensieri furono interrotti da un cigolio di porta e dalla testolina rosa
acceso di Tonks che spuntava dalla porta socchiusa e
gli sorrideva.
“Pronto?”
scherzò lei, vedendolo teso come una corda di violino.
Remus
prese un bel respiro e annuì. Tonks sorrise
divertita, aprendogli la porta. “Allora entra.”
Lupin
impiegò qualche secondo per registrare le sue parole, paralizzato dall’abito
semplice ma ad effetto indossato dalla sua promessa: il violetto le donava,
decise, lasciando i suoi occhi indugiare sulla scollatura semplice ma
incantevole dell’abito.
“Sei…
uno splendore.”
Tonks
arrossì. “G-grazie.” Balbettò, spostandosi di lato.
“Dai, entra.” Ridacchiò per togliersi un po’ dall’imbarazzo che le era nato
sotto l’esame approfondito di Remus.
Lui
entrò timidamente, togliendosi il cappotto. “Dove lo posso appoggiare?” le
domandò cortese.
Tonks
gli rubò l’indumento dalle mani e chiuse dietro di sé l’uscio. “Ci penso io, tu
entra in salotto ad aspettare: mamma sta finendo il brasato.”
Remus
sobbalzò e l’espressione di Tonks si fece dubbiosa.
“Non ti piaceil brasato? E per la
cucina di mamma non ti preoccupare, l’ho aiutata io!” esclamò allegra,
sistemandosi sul braccio il cappotto color grigio topo di Lupin.
“Allora
si che mi preoccupo…” ironizzò, guadagnandosi un’occhiataccia. “E’ che… devo
parlare con tuo padre da solo? Non potresti venire con me?”
Tonks
sbarrò gli occhi, divertita. “Oh cielo, hai paura?” gli chiese incredula,
facendolo grugnire.
La
ragazza rise e gli posò un bacio sulla guancia. “Dai, torno subito, e poi papà
non mangia. Ce la puoi fare, mio eroe.” Ridacchiò, rilassandolo un poco.
Remus
annuì. “Allora vado.”
Nimphadora
sorrise con dolcezza. “Vai.”
Remus
entrò nel salotto con un lieve “Permesso” e la gola ancora terribilmente secca.
Doveva calmarsi, prendere un respiro, diamine!
Ted
Tonks alzò gli occhi dal quotidiano per fissarlo
intensamente. “Lupin… benvenuto. Sono felice che tu sia qui.” Il tono del
signor Tonks era diverso dal solito scherzoso e
burlone, più calmo e… serio.
Remus
annuì. “Grazie. Sono sempre grato della vostra ospitalità.”
“Ma
ti prego, posso darti del tu vero?” Remus annuì
nuovamente, torturandosi il lembo del vestito. “Vieni a sederti accanto a me, Remus.”
“Certamente,
signor Tonks.” Rispose cordialmente Lupin, sedendosi
come indicato su una poltrona accanto al suo prossimo ‘suocero’ (se fosse
riuscito a fargli una buona impressione, naturalmente).
“Chiamami
Ted.” Gli disse Tonks senior, facendolo nuovamente
annuire. Si sentiva un alunno, rifletté vagamente Remus.
“Allora,
Remus…” Ecco,
qui comincia l’interrogatorio, pensò Lupin terrorizzato. “Ami mia figlia?”
Remus
dovette sbattere gli occhi, intontito da un approccio così diretto, ben diverso
da quello a cui si era preparato. “Scusi?”
Ted
non mutò espressione. “Ami mia figlia?”
“Sì.”
Rispose d’impulso Remus. “Con tutto il mio cuore.”
I
piccoli occhi svegli di Ted Tonks lo studiarono per
qualche secondo, poi le sue labbra si tirarono in un sorriso. “Bene, allora
puoi sposarla.”
Remus
era senza parole. “Eh? Ma non mi pone nessuna domanda? Non ha obiezioni?”
Ted
rise forte, una risata gioiosa e vigorosa molto simile a quella della figlia.
“Andiamo Remus, ci conosciamo da un po’ ormai, so che
sei una brava persona e so che mia figlia ti ama e la rendi felice. Questo ti
basta per accaparrarti il diritto di sposarla, non credi?” esclamò giulivo,
facendogli l’occhiolino.
Remus
riuscì finalmente a deglutire e sorridere spontaneamente. “Grazie… Ted.
Davvero.”
L’uomo
rise ancora e gli diede qualche pacca sulla schiena.
“Ehi
è pronto.”
Gli
occhi di Remus si spostarono su Tonks,
appoggiata con una spalla sullo stipite di casa con un grande sorriso stampato
in faccia e gli occhi che brillavano.
“Andiamo
Remus!” esclamò Ted, passando accanto alla figlia e
dandole un tenero bacio sulla guancia prima di raggiungere la moglie con un:
“Chissà se ti è venuto bene stavolta, Andromeda!”
“TED!”
Remus
raggiunse Tonks ancora sorridente. “Scusali, fanno
sempre così.”
Lupin
scosse la testa, accarezzandole la guancia. “Sono fantastici, come la figlia.”
Lei ridacchiò e gli diede un bacio a stampo sulle labbra.
“Muoviamoci.”
La
serata volò in un clima di allegria e giocosità. Il brasato era uscito
commestibile, benché un po’ insipido, e Andromeda non aveva fatto altro che
piagnucolare accompagnata dalle risate del marito, dagli sbuffi imbarazzati di Tonks e il sorriso genuino di Remus,
che aveva trovato il coraggio dopo il primo dialogo con Ted e ora discuteva e
scherzava con la famiglia di lei.
Niente
senso di disagio: i Tonks l’avevano accolto come
parte della famiglia.
*^*^*^*
GrimmauldPlace numero 12
[La Fine dei Black]
Fu
come un sogno: riattraversare il velo fluttuante, combattendo il desiderio di
restare in quel luogo incantato e bianco, uscire dalla tomba, immergersi nella
nebbia, volare via dai resti fumanti di Hogwarts.
Fu
la Firebolt a guidare Harry attraverso i cieli
nebulosi d’Inghilterra… voleva tornare a casa, ma dov’era? Non più la Tana,
messa al rogo come la stessa Hogwarts, non il rifugio
di macerie a Godric’sHollow,
non il nascondiglio di Regulus…
La
Firebolt atterrò in uno spiazzo debolmente illuminato
da un lampione; era arrivato, forse quella poteva essere una casa… una volta
aveva sentito qualcuno chiamarla casa: GrimmaulPlace numero dodici.
Varcò
la sogli magicamente apparsa: tutto immobile, vecchio e smorto, nessun segno di
vita, nemmeno il gracchiare di Kreacher. Dov’era quel
dannato Elfo Domestico?
“Kreacher” lo chiamò Harry con voce strozzata e roca.
Aspettò
invano il famigliare schiocco che preannunciava l’apparizione dell’elfo.
Doveva
vederlo, per annunciargli che la sua preziosa famiglia si era spenta, che non
restava più nessuno che avrebbe portato avanti il nome dei Black.
Vagò
a lungo per la casa deserta come uno spettro, chiamando occasionalmente il nome
dell’elfo; il silenzio era immobile e inquietante.
Giunse,
infine, nella stanza del grande arazzo di famiglia; una figura scomposta
giaceva a terra al tenue lume di candela.
Harry
si avvicinò, inginocchiandosi al suo fianco: ecco dov’era finito Kreacher. Non poteva certo rispondergli in quelle
condizioni, Harry non l’avrebbe rimproverato: l’elfo si era suicidato,
strozzandosi con la sciarpa che Regulus gli aveva
regalato prima della partenza.
Harry
levò gli occhi, scrutando l’arazzo. Ecco perché Kreacher
l’aveva fatto: a fianco della data di nascita di RegulusBlack era comparso, nero e marcato, il giorno della
sua morte… quella notte la famiglia Black era stata
annientata.
Si
accasciò, strisciando contro l’arazzo. Pianse a lungo… per Sirius,
per Regulus, per Kreacher,
per la Maledizione dei Black.
~ [ Fine
Capitolo 12] ~
=*=*=*=*=
E
anche questo capitolo è concluso! xD
Kya, manca poco
all’uscita del vero HP7! *___*
Samy
è già febbricitante, mentre Kaho è un (bel) po’ più
rilassata… se caso la fine del settimo non ci piace, ci consoleremo con la
nostra versione! XD
*Kukuku* Ormai, manca poco. *___* Meno tre capitoli e via
con la seconda parte! Yay! Almeno Kaho
ci mette più di impegno nello scrivere! XD (Ehm… ndKahoUmhf…! ndSamyLievementeAdirata).
Per
ora ci siamo guardate il quinto film con accanto un collega di stage di Samy che faceva il tifo per Piton
(orrore! Nonostante abbia fatto delle considerazioni sul personaggio parecchio
intriganti…) e LuciusMalfoy!
Le risate che non abbiamo fatto… XD
Certo
in alcuni punti si stacca completamente dal libro, ma tutto sommato questo film
non ha deluso Kaho come il terzo. Forse perché le
avevano detto che faceva schifo… mah…
Inoltre,
c’è stato un accenno di Harry/Ginny, o forse è solo
la nostra fantasia ad avercelo fatto vedere, non diciamo in che punto per non spoilerare. XD
Tra
parentesi, è certificato che chi vede i film si mette a tifare per la Harry/Hermione. Mah, dannata Emma Watson! >:(
Ci
consoliamo con la nostra fic, dove ci sono coppie canon e quelle nuove che si preannunciano molto divertente
(esempio: Giulie/Marshall – in questo capitolo Kaho si è divertita un casino con quei due X3)… poi è
tornato Sirius anche solo per un po’. *____*
Samy
fa i suoi più vivi complimenti a Kaho che ha saputo
realizzare magistralmente la scena Remus/Tonks, un po’ fluff (si scrive così?) ma adattissima per
quei due… sono così pucciosi! Invece Giulie/Marshall è davvero molto piccante… ottimo lavoro Kaho!!!
~
[ Prossimamente… PastLegacy
II - III ] ~
Nouvelles - Seconda Parte:
-
Tonks e Remus avranno una
bella sorpresina in una notte di Luna Piena;
-
(forse già annunciato) la nostra etica di *happy ending*
per i buoni ci impedisce di uccidere i beniamini eroi, quindi ci sarà tutto il
Magico Trio;
-
Ron dovrà vedersela ancora con Marshall;
-
vi immaginate un mago Purosangue alle prese con aggeggi babbani
di alta tecnologia?
-
un genio di quoziente intellettivo 210 può dedicare la sua vita al gioco
d’azzardo?
Nouvelles - Terza Parte:
-
ci sarà qualche triangolo-love, più di uno intrecciato… ovviamente tra i figli
dei nostri characters, anche quelli originali;
-
ci saranno dei gemelli;
-
ci sarà un personaggio che, a parere delle autrici, ha la morale *se ce l’ha*
di un ferocissimo e fedelissimo cane da guardia (è uno dei personaggi preferiti
di Samy^_^);
-
i geni sono sempre infelici e soli?
[Prox.
Chap. 13]: Ad Harry verrà il
dubbio di essere l’Erede di Grifondoro (ma vah!! ndSamy&Kaho); si
scoprirà il mistero che circonda Petunia Dursley (è
davvero una Magonò?), cosa ha visto Dudley durante
l’attacco del Dissennatore nel quinto libro, il
perché il colore verde degli occhi di Harry è così importante… E, non può
mancare, un’intensa Hermione/Ron che in questo
capitolo non c’è… poi un ending sorprendente tra Ginny/Harry… forse ci vedremo tra una settima e qualche
giorno… forse (dipende tutto dalla *velocità* di KahondSamy; ^_^ ndKaho)
Grazie
per le recensioni, vi adoriamo, lo sapete, nevvero? *___*
Sono
queste che ci fanno andare avanti! <3 E, ora, rispondiamo!
~
[ Angolo delle Recensioni ] ~
Saty:Cirius?
*risata scrosciante di Samy in sottofondo, faccina
basita di Kaho* Oh beh, questione di gusti. Però è
tornato, per tua disgrazia (più o meno)! X3 Certo, qualche personaggio che sta
sulle palle ci deve essere in ogni storia che si rispetti, altrimenti ci si
annoia se è tutto bello e perfetto, no? X3 Per tutte le trame e gli intrighi,
bisogna ringraziare Samy. Lei sì che le pensa di
notte e le scrive di giorno, Kaho da solo una mano, è
Samy che bisogna elogiare, in pratica questa storia
viene su grazie a lei! Kaho… beh, Kaho
ascolta (con pazienza) tutti gli intrighi e i collegamenti, inoltre lei pensa
alle cose demenziali, una partemoooltoimportante XD *ironia*.
Già, Samantha è intrigante e poi… cattiva, suvvia… se hai letto bene questo
capitolo avrai capito che non è proprio tutto quel come sembra! X3 *risatine
sataniche* Ron è Ron, e sì, lui è rimane un Weasley
geloso! XD Chissà se anche il nuovo Weasleyno sarà
come lui o sarà più simile ad un Delacour… *attimi di
terrore* Giulie, sì, lei viene dal Reparto
Psichiatrico del San Mungo! XD Speriamo che ti sia piaciuto anche questo
capitolo… ci fanno sempre tanto piacere le tue recensioni, lunghe e così entusiasmanti! *____* E’ un piacere
rileggerle, danno la carica! X3 Un bacio, e un grazie davvero gigante! K&S
EDVIGE86:In
realtà ci divertiamo ad usare Marshall come bastardo della situazione, magari è
il nostro spirito sadico che ci invita a trattare male i personaggi… comunque,
credici, c’è mancato poco e anche Ginny gli sputava
in un occhio! XD Per quanto riguarda Bellatrix,
sostanzialmente non la amiamo, tranne in qualche fic.
Di certo, con Rodulphus almeno, affascina, non
sappiamo perché! X3 Anche a te è piaciuto il pezzo con Krum?
Eppure non è stato il pezzo migliore del capitolo… uhm… Grazie dei complimenti
e delle parole dolcissime! Un bacio, K&S
Nana92:
Graziegraziegrazie, troppo buona! X3 Siamo felici di
averti appassionato, e speriamo che continuerai a leggere e recensire, guarda
che ci contiamo, eh? XD Addirittura nei preferiti?? Noi molto, molto contente! *__* facci sapere di
questo capitolo, mi raccomando! X3 Bacio, K&S
Apple:
Tesoro! *____* Ma noi andiamo in adorazione non appena leggiamo la tua
recensione, riesci davvero a farci contente con tutte le tue congetture perché,
accidenti!, sei acuta, hai osservato un sacco di cose che sono vere… certo, non
diciamo quali! :P Oh sì, Harry lo figuriamo sempre come il solito egocentrico
che non sa ascoltare Regulus, perchè
così lo dipinge anche la Rowling: per fortuna di solito c’è Hermione
ad aiutarlo, altrimenti… oddio, non vogliamo nemmeno pensarci!XD La maledizione dei Black
ritornerà, e sì, è molto, molto intrigante, anche perché molto crudele. Che
triste destino! I complimenti a Samantha? *Samantha ringrazia e ammicca verso Draco, che tenta di fare l’indifferente* Oh sì, Samantha è
una forza! XD E’ riuscita a far staccare Pansy da Draco, è un’impresa quasi epica! XD E Giulie…
Giulie è Giulie.
Interessante a modo suo, come ogni personaggio, d’altronde. X3 Speriamo di
ritrovarti anche in questo capitolo con una bella recensione! *___* Grazie
ancora! Tu non hai idea delle soddisfazioni che ci dai, davvero! X3 Un bacio, K&SP.S = Grazie anche per il
commentino a Regret! *Kahogiveyou a bear hug*
Grimmauld
Place numero 12 era calma e tranquilla. Harry stava accovacciato sotto l’arazzo
della Nobile e Antichissima Casata dei Black da molto tempo, troppo per poterlo
esprimere con certezza. L’Elfo Domestico, Kreacher, giaceva poco lontano da
lui, immobile e rigido con la morbida sciarpa di Regulus stretta attorno al
collo vecchio e rugoso. Da qualche parte nella casa il ritratto della vecchia
signora Black strillava invano in cerca del suo servo.
Il
tempo del cordoglio e del lutto era passato: la famiglia Black si era estinta
in ogni sua misera briciola. O forse no…
Harry
diede una rapida occhiata alle estremità dei lunghi rami dell’arazzo che
partivano, gloriosi, dal capostipite della famiglia: Alphard Sirius Black. I
figli di Orion Black erano stati annientati, prima Sirius, diseredato e
bruciato dall’arazzo, poi Regulus, presunto morto; infine, nella stessa notte,
entrambi i fratelli si erano spenti definitivamente.
Ma,
su un altro ramo c’era ancora speranza di crescita, anche se il nome ‘Black’ era
stato irrimediabilmente perduto: tre donne discendevano da Cygnus Black,
fratello maggiore di Orion. Una delle sorelle era stata annientata, allo stesso
modo di Sirius, cancellata dall’arazzo; ma il suo ramo bruciato, Harry lo
sapeva, sarebbe andato avanti a fianco di Remus J. Lupin.
Un
altro ramo concludeva con Bellatrix Black, la più pazza delle sorelle, la cui
follia non era un ricordo di Azkaban ma un’eredità di famiglia materna derivata
da incroci con i propri consanguinei. Quel ramo si intersecava con Rodolphus
Lestrange, il cui nome si stava già sbiadendo, ma da quella branca non sarebbe
mai germogliato nulla, non sarebbe mai nato nessuno.
Infine,
l’unico che avesse speranza di continuare, l’unico ramo riconosciuto che poteva
portare nel sangue l’impronta della famiglia Black: Narcissa Black unita a
Lucius Malfoy. E il loro discendente Draco poteva allungare quel ramo,
capeggiando il nome dei Malfoy e portando nel sangue il nome dei Black.
Portando nel sangue il
nome dei Black…
Si
sarebbe portato appresso anche la Maledizione dei Black o il suo cognome,
Malfoy, lo avrebbe salvato?
Malgrado
quel pensiero, Harry spostò di nuovo lo sguardo sul ramo infruttuoso di
Bellatix Lestrange, un ghigno sulle labbra: lei, l’assassina di Sirius, la
torturatrice dei Paciock, non poteva scampare al suo destino.
Harry
poggiò di nuovo la testa contro la parete. Rifletteva sulle ultime parole di
Regulus:
“Perché i tuoi genitori
hanno sfidato l’Oscuro Signore per tre volte? Cos’hanno fatto?”
“E’ l’ultimo consiglio che ti do.”
Doveva
riprendere la caccia agli Horcrux. Quella notte, assieme ai Black, erano
scomparsi due Horcruxes.
Harry
si massaggiò la cicatrice: Lord Voldemort non sapeva nulla, non avvertiva
quella mancanza; ormai aveva imparato a conoscere il loro legame: la cicatrice
pulsava e bruciava intensamente ogni qual volta il Signore Oscuro perdeva il
controllo, sormontato dalla rabbia, dall’ira o da un piacere immenso.
Nulla
lo aveva scosso durante quella notte. Non sapeva di aver perduto due frammenti
della propria anima e questo poteva giocare a favore di Harry perché se davvero
Lord Voldemort non sospettava nulla della sua personale ricerca agli Horcruxes
o della promessa che aveva stretto con Silente, allora aveva ancora la
possibilità di non essere intralciato.
Harry
era certo che Regulus avesse voluto aiutarlo; sapeva che quelli dietro il velo
sarebbero stati gli ultimi istanti della sua vita, sormontato dalla Maledizione
dei Black. Anche lui, come Silente, gli aveva lasciato un testamento, una
missione da compiere, quella che non erano riusciti a portare a termine:
distruggere Lord Voldemort.
Harry
si alzò ed abbandonò la casa dei Black; Kreacher era ancora steso sul
pavimento, ma lui non osava muoverlo. Si guardò alle spalle quando richiuse la
porta: forse quello sarebbe potuto diventare il suo rifugio.
Dopo
la caduta di Hogwarts e del Ministero niente era più sicuro e protetto, omicidi
e persecuzioni di Babbani e Mezzosangue si moltiplicavano a macchia d’olio per
tutto il paese. Ormai quell’ondata di follia e malignità aveva sormontato i
confini dell’Inghilterra, ormai stava contaminando anche l’Europa.
Harry
montò sulla Firebolt e riprese quota nella nebbia: l’avanzata dei Dissennatori
era inarrestabile. Ecco un altro problema da risolvere. Pareva che in quel
paese vi fosse un’infinità di cose da sistemare e tutte assillavano la
coscienza di Harry, ma, in fondo, lui era il Prescelto, il suo primo scopo era
distruggere Lord Voldemort, poi avrebbe pensato al resto.
La
ricerca degli Horcruxes continuava e la prossima tappa era Privet Drvie numero
4: Harry avrebbe infine scoperto il segreto di sua zia Petunia di cui già la
signora Figg gli aveva accennato.
Perché
i suoi genitori avevano sfidato Lord Voldemort per tre volte? L’Ordine non glielo
avrebbe mai rivelato, quindi rimaneva un’unica opzione. L’unico legame con i
suoi genitori, con sua madre era quel poco di famiglia che era rimasto: i
Dursley.
*
Privet Drive
[Il Quartiere della Morte]
Harry atterrò a Privet
Drive. La
nebbia avvolgeva completamente il quartiere ed Harry si lanciò in una ricerca
del numero 4, una delle tante abitazioni a schiera che per diciassette anni
aveva dovuto chiamare casa.
Mentre
avanzava percepì un vago settore di bruciato, la nebbia cominciava a scurirsi,
mischiata a del fumo denso e nero. Il cuore di Harry salì in gola; ormai doveva
essere molto vicino alla casa dei suoi zii e forse era proprio quella ad
emanare quell’odore di bruciato, così dannatamente simile all’atmosfera cupa
che aveva circondato Hogwarts dopo il rogo.
Riconobbe
il giardino e la macchina degli zii, ma in parte era distrutta. La nebbia era
meno intensa in quel punto, ancora consumata dalle fiamme che rade ma intense
spiravano dalla zona diroccata dell’abitazione.
La
cucina, lo scantinato e parte del giardino erano distrutti, ammassati in un
cumolo di pietre e detriti che riflettevano una luce verde e spettrale. Harry
levò il capo: al numero quattro di Privet Drive era stato lasciato il simbolo
del Signore Oscuro, il Marchio Nero brillava intensamente sopra la sua testa.
Possibile
che Voldemort l’avesse preceduto? Possibile che avesse intuito i suoi pensieri?
Ma da quanto tempo si trovavano là quelle macerie?
Harry
montò a cavalcioni sulla Firebolt e riprese subito quota, nascondendosi nella
nebbia. Avrebbe dovuto immaginare che il primo luogo in cui i Mangiamorte
l’avrebbero cercato sarebbe stata la dimora che un tempo aveva fornito la sua
massima protezione.
Ora
dove sarebbe andato? Doveva chiedere informazioni a qualcuno. Ma la signora
Figg, l’unica che conoscesse il suo segreto da quelle parti era morta, ormai.
Delle
sirene lo distolsero dai suoi pensieri. La nebbia si illuminava a tratti,
alternando riflessi rossi e blu, in lontananza, in progressivo avvicinamento,
si udiva lo strimpellare di uno squadrone di polizia, forse ambulanze, forse
pompieri che giungevano per estinguere l’incendio.
Harry
abbassò la Firebolt fino a trovarsi quasi a rasoterra. Si gettò il Mantello
dell’Invisibilità addosso e attese l’arrivo della misteriosa pattuglia. Come
aveva previsto era un gruppo di volanti della polizia. Le ruote delle cinque
auto sgommarono sull’asfalto in una brusca frenata, quattro poliziotti per
macchina scesero dalle volanti, accendendo torce e disponendosi strategicamente
per quella parte di quartiere.
Alcuni
bussarono alle porte dei numeri sette e nove, mentre altri fecero irruzione
nella casa di fronte al numero quattro, quella della signora Figg. Harry ebbe
uno scatto di indignazione: possibile che avessero scoperto solo sei mesi dopo
l’omicidio che la signora Figg era scomparsa?
I
poliziotti uscirono dall’abitazione, chiamando a raccolta tutti i restanti
agenti vicini alle auto. Si udì un urlo, uno dei poliziotti aveva lanciato un
grido d’allarme all’interno del numero sette, dopo avervi fatto irruzione;
anche dal numero nove giunse lo stesso richiamo.
I
poliziotti uscirono e si precipitarono alle volanti. Harry li vide azionare la
radio di comunicazione agganciata al cruscotto, probabilmente richiedendo un
intervento di forze maggiori.
Cos’era
successo? Harry scese dalla scopa, sistemandola in un cespuglio. Fece per
avvicinarsi alle auto, il Mantello dell’Invisibilità ancora sulla testa. Ci fu
uno scoppio, come di una bomba, almeno così dovettero pensare gli agenti, ma
Harry aveva colto il raggio di luce rossa che aveva preceduto lo schianto.
Volse gli occhi al cielo: da un solido banco di nebbia stavano scendendo in
picchiata almeno una decina di Mangiamorte a cavallo di scope velocissime; non
un incantesimo di invisibilità li nascondeva, erano perfettamente visibili agli
occhi dei Babbani.
Alcuni
agenti estrassero le armi dalle fondine, altri rimasero pietrificati sul posto
ad osservare quel turbinio di mantelli neri e quei raggi verdi che
scintillavano in tutte le direzioni.
Harry
ebbe un fremito: una tempesta di Maledizioni Senza Perdono si abbatté sugli
agenti, ancora troppo scossi per comprendere la situazione. Si levò una grande
nube di fuliggine scintillante che investì Harry in pieno, probabilmente il
contraccolpo delle fatture.
Quando
il fumo si diradò, portando via anche la nebbia, lasciò libero uno spiazzo
circolare punteggiato dai cadaveri degli agenti, alcune volanti cappottate e
fumanti.
Harry
resistette all’impulso di estrarre la bacchetta e lanciare qualche robusta
fattura all’indirizzo dei Mangiamorte: sarebbero stati dieci contro uno; non ce
l’avrebbe mai fatta. Rimase sotto il Mantello dell’Invisibilità col cuore in
gola e la stessa sensazione di codardia ed impotenza che lo aveva colto sulla
Torre di Hogwarts, quando aveva dovuto assistere alla morte di Silente senza
poter muovere un dito.
I
Mangiamorte atterrarono ed alcuni si levarono la maschera, rinfoderando la
bacchetta.
“Buco
nell’acqua” disse uno con la faccia costellata di cicatrici e ustioni “Harry
Potter non c’è.”
“Ovvio
che non c’è, altrimenti non avremmo mai dovuto usare l’Avada Kedavra” contestò
un altro che Harry riconobbe essere Doholov dal suo volto aguzzo e duro “Sai
che solo l’Oscuro Signore deve avere il privilegio di ucciderlo con la propria
bacchetta.”
“Anche
se sembra avere dei problemi con quella che ha” bisbigliò un altro Mangiamorte
con un mezzo ghigno.
“Fai
silenzio! Le tue parole possono essere fraintese, sai?” ringhiò Doholov
puntando il dito contro un Mangiamorte dall’aria piuttosto giovane.
“Scusami,
devo ancora abituarmi a quest’atmosfera di assoluto asservimento” ribatté
l’altro non smettendo di ghignare.
“Ora
mi ricordo” disse Doholov con un soffio mortifero “Tu sei uno dei nuovi
acquisti, uno di quelli che la Mangiamorte americana ha portato nel nostro
gruppo.”
L’altro
fece un vigoroso accenno col capo, apparendo molto orgoglioso “Esatto. Lascia
che mi presenti: il mio nome è Davisson Luke, nato e cresciuto nella Carolina
del Sud.”
“Così
il potere dell’Oscuro Signore ha raggiunto anche il nuovo mondo?” sibilò
un'altra figura ammantata col volto ancora celato dalla maschera.
“Precisamente”
affermò Davisson “E dovreste ringraziare Merlino per questo. Non avete idea di
quanto siano potenti le armi a nostra disposizione.”
Doholov
storse la bocca, come schifato “A che ti riferisci? Bacchette meglio costruite.
Lo sanno tutti che il migliore fabbricante di bacchette del mondo è Olivander.”
“Chissà
dov’è questo famoso Olivander?” si domandò Davisson con un tocco di ironia “Voi
ne sapete qualcosa colleghi Mangiamorte?”
“Noi
non l’abbiamo toccato, dev’essere fuggito da solo, quel coniglio…” borbottò
Doholov quasi sputando “Appena ha annusato il sentore di Magia Oscura se l’è
data a gambe… un vero peccato… l’Oscuro Signore aveva davvero voglia di vederlo
per usufruire dei suoi servigi e delle sue conoscenze…”
“Per
la bacchetta, intendi dire” aggiunse Davisson “So tutto dei problemi che la
bacchetta dell’Oscuro Signore gli ha causato durante il primo scontro diretto
col ragazzo Potter: Prior Incantatio.
Gran brutta grana… Le bacchette, avendo il nucleo composto dalla piuma della
medesima fenice, si possono definire gemelle e, messa l’una contro l’altra,
sono decisamente infruttuose, come calamite di poli uguali che si respingono e
i cui incantesimi non arrivano mai a destinazione.”
“Solo
per questo Potter si è salvato” borbottò Doholov “La superiorità magica
dell’Oscuro Signore è indiscutibile… se non fosse stato per la faccenda delle
bacchette avrebbe vinto lui… L’unica minaccia che può venire da Potter è la sua
bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta… Ma l’Oscuro Signore ha
rimediato anche a questo.”
“Lo
PseduoProfeta?” sussurrò Davisson con una nota di stupore.
“Esatto.
Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura! Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo.”
“Ma
dovrà essere l’Oscuro Signore a finirlo, giusto?”
“Infatti,
ma l’Oscuro Signore è certo che sarà Potter ha giungere da lui.”
“Allora
perché siamo fermi qui in vedetta, attendendo che arrivi Potter per un agguato
alle spalle?”
“Volere
dell’Oscuro Signore. E poi così ci divertiremo con i Babbani che provano ad
entrare in questo quartiere.”
“Già…
ormai Privet Drive è un quartiere maledetto: chi vi entra trova la morte”
sogghignò Davisson.
“Io
so altro” intervenne un Mangiamorte emaciato, ancora avvolto dalla maschera e
dal mantello nero “So che l’Oscuro Signore ci vuole qui per fare la guardia a
qualcosa – lanciò un’occhiata di sfuggita alle macerie del numero quattro –
qualcosa in quella casa.”
“Ormai
non c’è più nulla là dentro” sghignazzò Doholov “Peccato che i parenti Babbani
di Potter siano stati salvati dall’Ordine della Fenice – sempre in mezzo ai
piedi, quelli – mi sarei davvero divertito a torturarli.”
“C’eri
anche tu, dunque, in quella spedizione?” domandò Davisson.
“Oh,
sì. Il giorno fatidico: il 31 luglio, quando finalmente l’incantesimo di
protezione svaniva dalla casa di quei Babbani. Potter sarebbe davvero stata
un’ottima preda… peccato che se ne fosse già andato. Comunque l’Oscuro Signore
non contava molto su quell’attacco… è sempre più convinto che, ormai, Potter
non rappresenti più una minaccia.”
“Ma
c’è stato un periodo in cui lo credeva” insinuò Davisson con un sogghigno.
“Questo
è stato molto tempo fa… prima dello PseudoProfeta… molto prima…”
Il
volto di Davisson si contorse in un profondo ghigno “Ho sentito dire che
l’Oscuro Signore temeva un intralcio da parte di Potter… temeva che conoscesse
un suo segreto… il segreto della sua immortalità e del suo ritorno.”
“Hai
parlato troppo, Davisson” ringhiò Doholov “E comunque Potter non potrebbe mai
conoscere quel segreto quando nemmeno noi Mangiamorte ne siamo a conoscenza…
solo Piton lo conosce.”
Davisson
sembrò cogliere la nota di invidia nella voce del compare “Deve essere una
specie di garante di quel segreto, il nostro caro Piton… una specie di
Custode…”
“Zitto,
ho detto!” sbraitò Doholov “Forza, andiamocene!”
L’ammucchiata
di Mangiamorte si staccò da terra, ritornando a celarsi nella fitta nebbia.
Quando
fu certo che fossero abbastanza lontani per non avvertire la sua presenza,
Harry cominciò a respirare più regolarmente, liberando il fiato a grandi
boccate.
Si
liberò del Mantello dell’Invisibilità. La bacchetta saldamente premuta contro
il petto.
“L’unica minaccia che
può venire da Potter è la sua bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta.”
“Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!”
Un
brivido gli corse lungo la schiena. Ma prima che avesse il tempo di elaborare
quelle sconcertanti novità, una mano si serrò sulla sua spalla.
Harry
trattenne a stento un urlo di sorpresa. La preziosa bacchetta roteò verso lo
sconosciuto aggressore.
Un
attimo dopo Ted Tonks si ritrovò con la punta della bacchetta di Harry Potter a
pochi, fatali millimetri dal suo occhio sinistro.
“Calmo
e tranquillo” sospirò l’uomo “Sono venuto qui per portarti al sicuro; sono Ted
Tonks.”
La
rigidità di Harry non cedette “Come posso esserne sicuro? Non ho mai incontrato
Ted Tonks, non so che faccia abbia… potresti anche essere un Mangiamorte.”
“D’accordo”
sospirò l’uomo con un’espressione infantilmente scocciata “Sono sposato con
Andromeda Black, rinnegata dalla sua famiglia per essersi maritata con un
Mezzosangue, cioè il sottoscritto. Ho una figlia, Ninfadora Tonks, che però
detesta il suo nome e preferisce farsi chiamare ‘Tonks’, ma io mi ostino a
chiamarla ‘Dora’. E’ una Metamorfamagus parziale, il colore dei suoi capelli
cambia a seconda del suo umore, ma delle volte riesce a mutarlo
consapevolmente. Sembra aver sviluppato una particolare ostilità contro il
nuovo comandante dell’Ordine, Albatros. Da sei mesi frequenta Remus J. Lupin e
ultimamente hanno deciso di dividere casa. Ma, cosa più importante, come il
sottoscritto, fa parte dell’Ordine della Fenice, l’ultimo sprizzo di maghi
buoni dotati di ragione… ovviamente il Ministero non conta in questa
categoria.”
Harry
abbassò la bacchetta, mormorando delle scuse.
“Su,
su” disse il signor Tonks sbrigativo, mentre materializzava una scopa e ci
montava sopra “Andiamo via prima che i Mangiamorte tornino. Ti porterò a casa
mia, lì sarai al sicuro, c’è un incantesimo di protezione.”
Harry
annuì in silenzio ed inforcò la Firebolt. Lanciò un’occhiata ai cadaveri stesi
sulla via principale di Privet Drive.
“Non
è la prima volta che succede” disse Ted Tonks, cogliendo il suo sguardo “E’ dal
tuo diciassettesimo compleanno che i Mangiamorte si aggirano per questo
quartiere, facendo strage di tutti i Babbani che incontrano… la prima è stata
la signora Figg… poi è toccato a tutti gli altri.”
“Cosa?”
boccheggiò Harry “Tutti i Babbani di questo quartiere sono morti?”
“Sì”
rispose il signor Tonks con un breve sospiro “Le autorità babbane sono
intervenute diverse volte per verificare le condizioni in questo quartiere, ma
i Mangiamorte hanno sempre… beh, hai visto, no? Così Privet Drive è una specie
di quartiere maledetto.”
Harry
sobbalzò “Maledetto? I Babbani sospettano forse che ci sia dietro qualcosa di
soprannaturale… di magico?”
“Oh,
no. Quello è solo un detto babbano. Il Primo Ministro si è assicurato di
imbastire una storia su un serial killer, o qualcosa del genere. Ma i Babbani
non sembrano molto convinti. Ha anche dichiarato tutta questa zona ‘Scena del
Crimine’, vietandone l’accesso. Astuto, no? Così non rischia di causare altre
vittime. Ma i Babbani si lamentano perché non è stato fatto niente per
risolvere i casi di omicidio e trovare un colpevole. Quello di Privet Drive è
un caso molto scottante, che può mettere a repentaglio la sicurezza magica, ma,
ovviamente, il Ministero se ne frega… loro hanno cose più importanti a cui
pensare… così tocca a me e ad Andromeda vegliare sul quartiere, stando attenti
a che nessun Babbano vi entri. Ma questa sera mi è sfuggito quel gruppo di
Babbani… credo che cercassero vendetta o forse giustizia; dato che lo Stato
babbano non sta facendo niente per indagare sulle morti di Privet Drive
volevano fare giustizia da soli.”
Fare giustizia da soli…
Quelle
parole suonavano fastidiosamente famigliari a Harry.
“Ecco
casa mia” eruppe Ted Tonks “Forza, scendiamo.”
Harry
puntò la Firebolt verso il basso ed atterrò in quello che aveva tutta l’aria di
essere un giardinetto incolto. Ted Tonks fece cenno verso una casa in mattoni
rossi e tetto spiovente.
“Questa
è la mia umile dimora e la fortezza che ospiterà il Prescelto finché la
situazione si sarà calmata.”
Harry
fece un cenno con la testa, poco convinto. Avrebbe lasciato casa Tonks appena
ne avrebbe avuto l’opportunità: doveva cercare gli Horcruxes. Ma gli servivano
informazioni.
Il
signor Tonks lo fece accomodare nella piccola cucina del bilocale, appostamento
provvisorio.
“Andromeda,
vieni a servire del the di prima qualità, abbiamo un ospite ragguardevole.”
Harry
vide comparire quella che, per un disperato momento, parve Bellatrix Lestrange.
Ovviamente era preparato alla somiglianza tra le due, dato che Andromeda Tonks
un tempo era stata sua sorella.
Andromeda
aveva un sorriso sincero, che contrastava nettamente con il ghigno folle che
accompagnava sempre la sadica Mangiamorte, i capelli più fluidi, chiari e meno
crespi. Tuttavia, anche se conservava un viso dai lineamenti aggraziati,
Andromeda sembrava possedere una bellezza meno appariscente di Bellatrix, aveva
invece un’apparenza più genuina e semplice.
La
signora Tonks posò due tazze sul tavolo a cui era accomodato Harry,
rivolgendogli un sorriso.
“Sono
felice di vedere che stai bene, Harry Potter. Ted era giusto uscito di casa per
controllare la situazione a Privet Drive quando quei Mangiamorte hanno
attaccato.”
“Ma
Harry non ha avuto problemi con la mimesi, tutto merito del suo Mantello
dell’Invisibilità” affermò Ted con un gran sorriso.
Andromeda
sorrise a sua volta “Sirius me ne aveva parlato. Quando la piccola Ninfadora
era appena nata mi venne a fare visita di nascosto. Mi raccontò ogni singola
avventura dei Malandrini…”
La
signora Tonks si interruppe, la voce lievemente piegata dalla tristezza. Ted
rimase immobile al suo fianco, evidentemente poco a suo agio in quell’atmosfera
luttuosa. Harry serrò ermeticamente le labbra: non doveva dire nulla di Sirius,
né di Regulus, avrebbe causato solo altra sofferenza.
“Ho
sentito di sfuggita il mio orribile nome!” eruppe una voce gaia da qualche
parte nella casa “Sai che non mi piace, mamma!”
Ted
si alzò di scatto dalla sedia, accogliendo la figlia con franca contentezza
“Oh, Dora. Siediti e guarda un po’ chi abbiamo come ospite.”
Ninfadora
Tonks fece la sua comparsa nella stanza, il suo spirito esuberante e gioioso si
rifletteva nei colori scintillanti dei suoi capelli, ora di un’ammagliante
dorato che le donava molto.
“Harry”
fece con evidente sorpresa “Ma dove sei stato? Tutto l’Ordine della Fenice era
in allerta dopo l’attacco ad Hogwarts e tu scompari! I tuoi amici sono
preoccupatissimi, per non parlare di Ginny Weasley…”
Harry
sobbalzò, ma la sua espressione si incupì un poco.
“…
ma ora potranno mettersi tutti l’anima in pace. Scommetto che non vedi l’ora di
incontrarli.”
“Sì”
ribatté Harry con uno sbuffo flebile, distogliendo lo sguardo da Tonks
“Piuttosto, tuo padre mi ha detto che tu e Remus avete deciso di dividere casa,
è vero?”
Tonks
sembrò fremere tutta dall’emozione “Ohh, puoi scommetterci! E, contrariamente
al senso comune, è stato Remus a chiedermelo, da non credere!”
“Sono
felice per voi” confessò Harry con un sorriso che però aveva un’aria
melanconica.
Per ora conta la
felicità degli altri…
Ted
sembrò fiutare un sentore di tristezza e subito si prodigò per esprimere la sua
esuberanza:
“All’inizio
non volevo crederci neanche io. Remus mi aveva dato l’impressione del soggetto
calmo e solitario, ma da quando è entrato in casa mia giusto ieri – beh, non
proprio con l’aria dello spavaldo – e mi ha chiesto il permesso di sposare
Dora… dico davvero, l’ho rivalutato da capo a piedi: l’uomo degno e valoroso
che starà accanto alla mia figliola.”
I
capelli di Tonks virarono dal dorato ad un rosso acceso “Ehm, comunque sia è
piacevole condividere la casa con Remus. Era da tanti anni che non vivevo in un
simile ordine: organizzazione perfetta. Anche se dai suoi vestiti non sembra,
Remus è un tipo molto preciso e pulito. E poi è più massaia lui di me.”
La
signora Tonks la squadrò con uno sguardo lievemente indignato: “Non lo
costringerai a fare i mestieri di casa, vero Ninfadora?”
Tonks
premette lievemente alla nomina del suo odiato nome di battesimo, assumendo
un’aria ostinata “E’ lui quello che insiste a cucinare e a lavare i piatti.
Inoltre mi ha offesa: dice che non ho alcun talento culinario.”
Ted
annuì grave e compiaciuto “Uomo saggio, bravo Remus.”
“Papà!”
esclamò Tonks indispettita “Non è il caso che ti metti a criticare perché fra
te e la mamma non so proprio chi scegliere per criticare ‘raccapriccianti
capacità culinarie’.”
“Io
sono un uomo” spiegò Ted con un ampio sorriso di trionfo.
“Non
ricominciare, Ted” intervenne Andromeda con voce dosata “Il tuo maschilismo
sfacciato non è una giustificazione sufficiente. In più oltre che essere un
pessimo cuoco, tu hai anche la più cattiva percezione dei gusti di tutta la
famiglia: spaghetti con la maionese e il peperoncino, tesoro?”
Le
due Tonks presero a ridere, la figlia più sguaiata, la madre più contenuta,
mentre l’uomo di famiglia si rannicchiava sulla sua sedia con un’espressione
contrita: le donne si prendono gioco di
me.
Harry
osservò quel gioioso quadretto famigliare con compiacenza e un sottile velo di
invidia e ingiustizia che lo fece sentire un ingrato.
“Scusatemi”
cominciò Harry, scoprendosi affranto quando interruppe le risate delle due
donne “Ho bisogno di sapere una cosa ed è davvero molto importante.”
Harry
prese un’ampia boccata d’aria, avvertendo gli occhi dei presenti come aghi
sulla pelle “Vorrei sapere dove si trovano i miei zii e mio cugino Dudley.”
Ted
fece un movimento improvviso e la sua espressione incoraggiante mutò in una
scettica “Beh, in effetti questo lo sappiamo ma…”
“Papà!”
lo interruppe di botto Tonks “Non essere avventato. Prima di dirgli alcunché
dobbiamo scoprire le intenzioni di Harry – puntò lo sguardo sul ragazzo che
ancora aveva il capo chino – tu non vuoi andare a cercare i tuoi zii, non è
vero, Harry? Non vuoi andartene ora con quei Mangiamorte che pattugliano il
cielo, vero? La sola cosa che vuoi è ritornare dai tuoi amici e dalla tua
ragazza per stare vicino a loro, per confortarli, giusto?”
“No”
fu la risposta secca e decisa di Harry.
Tonks
rimase muta e interdetta.
“Prima
di tutto non sono nell’umore di confortare qualcuno” riprese Harry “E poi ho
delle cose più importanti da fare.”
“Cosa
potrebbe essere più importante dello stare accanto a degli amici che sono in
pensiero per te e che ti rivogliono al loro fianco?” chiese Tonks, indignata.
“Uccidere
Lord Voldemort.”
Calò
un’atmosfera tetra nella quale Ted Tonks sapeva destreggiarsi poco.
“D’accordo”
accennò l’uomo “Capiamo che tu sia il Prescelto e quindi questa è la tua
missione, ma…”
“No!”
sbottò Tonks “Non è vero che Harry è il Prescelto. Questo ridicolo mito è stato
creato dalla Gazzetta del Profeta sotto ordine del Ministero, è stato creato
solo per sollevare il morale della gente; è assolutamente impensabile riversare
tutto il destino della comunità magica sulle spalle di un ragazzo.”
Harry
scosse il capo “Dal mio diciassettesimo compleanno non sono più un ragazzo…
forse non lo sono da molto più tempo, comunque, per una volta la Gazzetta del
Profeta ha azzeccato: io sono il Prescelto. Tre persone mi hanno designato come
Prescelto: Lord Voldemort, Albus Silente e…”
Regulus Black.
“E’
ridicolo, Harry” continuò Tonks “Non puoi assumerti una simile responsabilità da solo. Da solo non puoi fare nulla, ti
serve sostegno.”
“Fino
a questa notte ho avuto sostegno; ho sempre avuto sostegno: non ho mai fatto
nulla da solo. Dipendevo sempre da
qualcuno, ma ora ho capito: chi mi aiuta finisce col morire.”
La
bocca di Tonks si contorse in una smorfia “Questo è un ragionamento stupido,
Harry! Non posso credere che tu lo stia dicendo! Chi ti aiuta muore? Cos’è, una
maledizione?”
Una
voce si accese nella testa di Harry: ‘Anche
tu sei avviluppato da una Maledizione, Harry’. “Sì, è la mia Maledizione.
Quindi andrò avanti da solo d’ora in poi. Ma non vuol dire che mi dimenticherò
deimiei amici e di quelli che hanno
tentato di aiutarmi, anzi: loro mi possono dare forza ma solo come ricordi, non
voglio che stiano al mio fianco in carne ed ossa quando affronto il pericolo…
so che il pericolo mi circonda e non voglio trascinarci dentro anche i miei
amici. Capisci, lo faccio per la loro incolumità.”
“No
che non capisco!” esplose Tonks “Credevo che avessi superato la morte di
Silente, credevo che avessi capito che la morte delle persone a cui tieni non
dipende da te, la morte precoce può dipendere solo da un assassino, da un uomo
malvagio, nel tuo caso da… Lord Voldemort.”
Andromeda
Tonks fremette alle parole della figlia, ma non staccò gli occhi dal viso cupo
di Harry.
“E
da Severus Piton” sibilò Harry “Ma la morte può dipendere anche da una
Maledizione e io so di possedere una terribile Maledizione…”
‘Sarai ucciso dalla
persona che più ami’ questa era per voi, Black… e invece la mia: ‘Vedrai uccise
le persone che più ami, Harry Potter’. Perché no? Così la mia vita comincerebbe
ad avere un senso: i miei genitori, Sirius, Silente… perché no, anche Regulus…
Tonks
prese ad agitarsi, scrutando il giovane Potter con sguardo fortemente
contrariato “Harry, ma non ha senso quello che dici… sei sconvolto, sei stato
sconvolto da qualcosa, dimmi da cosa, possiamo aiutarti.”
Già. Tutti mi vogliono
aiutare perché faccio tanta pena: orfano, braccato dal più grande Mago Oscuro
di tutti i tempi. Ma quello che rischiano è la morte, ma proprio non vogliono
capire che io lo sto facendo per loro?
“Non
ce n’é bisogno” tagliò corto Harry “Se proprio mi vuoi aiutare, allora dimmi
dove sono i miei zii… per favore, è
importante.”
Tonks
chiuse ermeticamente la bocca, voltandosi di scatto dalla parte opposta. Ted
contemplava la scena con un’aria di scomodità. Andromeda pareva l’unica che
avesse il pieno possesso della sua calma.
“Harry”
cominciò la signora Tonks con voce delicata “Te lo dirò io.”
“Grazie”
mugugnò Harry, ma la sua voce venne ampiamente surclassata dallo strillo di
Tonks: “Mamma!”
“Calmati,
Ninfadora” disse alla figlia con uno sguardo severo che evidentemente era poco
frequente sul volto della donna perché sia il marito che la figlia rimasero
sorpresi ed interdetti.
“Credo
di aver compreso la situazione di Harry: ciò che lui sta dicendo gli costa
fatica, ma è pronto a sobbarcarsi questa grande responsabilità.”
Harry
si attese il consueto ‘non si può, è solo
un ragazzo’, ma non venne proferita parola. Tutta la famiglia era in muta
accettazione del parere della signora Tonks.
Andromeda
scribacchiò qualcosa su un foglio di pergamena con mano agile e decisa. Poi
porse il biglietto a Harry con sguardo serio.
“Harry,
i tuoi zii si trovano a questo indirizzo. Sono stati scortati dall’Ordine della
Fenice e per accedervi è indispensabile la parola d’ordine riportata sul fondo
del biglietto.”
“La
ringrazio, signora Tonks” mormorò Harry. Tutta quella collaborazione era ben
accetta, tuttavia quasi inquietante.
“Immagino
che tu voglia partire subito.”
“E’
così, signora Tonks.”
“Ti
accompagno alla porta, allora.”
Tonks
si protese di scatto verso la porta d’uscita “Vengo anch’i…”
“Non
occorre, Ninfadora” la interruppe Andromeda con una grazia sorprendente.
Tonks
si accomodò al tavolo accanto a suo padre, entrambi i loro volti erano un
trionfo di stupore.
“Vieni,
Harry.”
Il
giovane Potter seguì l’invito della signora Tonks fino al giardinetto incolto
di fronte alla modesta abitazione.
“Vai”
sospirò Andromeda mentre si voltava per rientrare in casa.
“Signora
Tonks” la fermò Harry “Perché l’ha fatto?”
Andromeda
gli rivolse un sorriso triste e distante “Perché so cosa significa portare un
grande peso sulle spalle: delle pressanti aspettative. So cosa significa
deludere queste grandi aspettative e… so cosa è successo questa notte.”
A
Harry si mozzò il fiato in gola “Come…?”
“Prima
di andarmene di casa con Ted rubai un arazzo della famiglia Black, non certo
maestoso quanto quello di Grimmauld Place, ma sempre magico: volevo un ricordo
di quel covo di serpi che era stata la mia famiglia. E oggi ho visto la mia famiglia che si spegneva.”
“Mi
dispiace” borbottò Harry, sentendosi di colpo impacciato e fuori luogo.
“Si
sono uccisi a vicenda, vero?”
Andromeda
gli dava le spalle, forse per celargli qualcosa, qualcosa che lei reputava
indegno per quei ricordi: lacrime.
“Da
piccoli bisticciavano sempre: io stavo dalla parte di Sirius, le mie sorelle
dalla parte di Regulus. Chi l’avrebbe mai detto che quelle bisticciate
infantili sarebbero diventate azioni così consapevoli e malvagie: fratricidio”
Andromeda trattenne un singhiozzo “E quei due schieramenti che facevamo per
gioco ora sono: Mangiamorte e Ordine della Fenice, già, perché ora so che per
me andrà a finire come tra Sirius e Regulus: io e le mie sorelle, io… per
quanto le detesti… non potrei mai… ma so che loro possono… Narcissa forse… ma
Bellatrix… lei… so che lei mi ucciderà… lo so.”
“No,
signora Tonks, lei non deve…”
“Lo
so che c’è qualcosa che non va nella famiglia Black.”
La
voce di Harry si mozzò: non era il caso di consolarla, sapeva che qualsiasi
cosa avrebbe detto non sarebbe servito a nulla.
Harry
afferrò la Firebolt che aveva nascosto in un cespuglio del giardino e prese
quota. Avvertì i passi delicati di Andromeda che si allontanava e si sentì in
dovere di dire qualcosa prima di andarsene.
“Se
sua sorella Bellatrix non è la persona che più ama, allora non ha motivo di
temere la sua morte, signora Tonks.”
Sentì
il vento che gli schiaffava la faccia mentre si allontanava a tutta velocità…
sentì anche la voce di Andromeda Tonks, lontana: “E’ questo il destino dei
Black?”
*^*^*^*^*
Tired of living like a blind man [Stanco di vivere come un cieco]
I'm sick of sight without a sense of feeling [Sono nauseato dagli sguardi senza
emozioni]
This is how you remind me[Ed è così che mi ricordi]
(…) Of what I really am [Di chi sono veramente]
How You Remind Me,
Nickelback
[Family
Portrait
Reminiscenza o mera illusione?]
Il
cappuccio da Mangiamorte copriva perfettamente i lunghi capelli biondi di
Narcissa Malfoy; la maschera nascondeva le lunghe ciglia chiare dagli sguardi
curiosi e ruffiani dei servitori del Signore Oscuro, giù, fino al Covo.
Le
lacrime di gioia di una madre che aveva infine ritrovato il figlio erano
sparite ed ora avanzava composta lungo i corridoi bui, senza vacillare.
Samantha
la osservava incedere con un’eleganza naturale e una rigidezza austera che le
conferivano un aspetto regale nonostante i segni della guerra lasciati sul
volto smunto e pallido.
Mi chiedo che tipo di
donna sia. Si trovò a riflettere Samantha, conscia del
profondo cambiamento della donna. Può una
madre affettuosa essere anche una temibile Mangiamorte? Forse sarà preoccupata per
il marito… non avrà una bella sorpresa… però qualcosa mi dice che riuscirà a
superarla…
Samantha
colse il brillio di determinazione e fierezza che balenava negli occhi azzurri
di Narcissa.
… è una donna molto
forte, molto. Ha più tenacia e resistenza di Draco… e forse anche del marito…
anzi, sicuramente… d’altronde le donne hanno una marcia in più.
Samantha
si mise a ridere sotto i baffi, finché la figura di Darcy Donovan si stagliò
contro l’interminabile corridoio laterale del Covo Oscuro.
Si
scambiarono uno sguardo pieno di significato. Gli occhi bicolore di Samantha
contrastarono quelli viola cupo di Donovan.
Lo so, Doppio Dolore…
niente coinvolgimenti emotivi.
Sentì
Dracomugugnare al suo fianco e anche
Darcy sembrò cogliere quell’accenno di protesta.
“Non
preoccuparti, signor Malfoy” attaccò
Doppio Dolore col consueto sogghigno “Non ho visto nulla. Nessuno meglio di me
sa tenere dei segreti.”
Questa
volta lo sguardo di sfida a Samantha fu esplicito. La Mangiamorte resse alla
sfida con altrettanta determinazione.
Sì, sì, lo so Doppio
Dolore: terrò il segreto, qualsiasi cosa dovesse accadere.
“A
dopo allora, Samantha, signor Malfoy”
bisbigliò Donovan più sordidamente “Signora
Malfoy.”
Narcissa
ignorò completamente Doppio Dolore con un rigido contegno che però aveva del
dosato, non l’austerità fredda del marito e del figlio. Samantha ammirò questa
sua padronanza e cominciò persino ad ammirare Narcissa.
Sarei proprio curiosa
di vedere la reazione di Malfoy Senior.
Immaginare
Lucius Malfoy nei panni del marito affettuoso presentava del difficoltoso, e
anche la fervida immaginazione di Samantha aveva delle lacune su un ipotetico
incontro tra i due.
La
Mangiamorte avrebbe tanto voluto soddisfare la sua curiosità, ma Draco non
desiderava che i genitori si incontrassero. A suo parere la madre avrebbe
sofferto troppo del vedere l’uomo sdegnoso e gelido che era diventato suo
padre. Samantha si era trattenuta dal sogghignare.
Figuriamoci, Draco, qui
sei tu l’unico col cuore spezzato. Sono certa che tua madre sarebbe in grado di
far fronte al ‘problema’ di Lucius con più spirito di impresa di quanto ne
abbia tu.
Samantha
sospirò ancora: e sì, quel biondo Mangiamorte inglese aveva dei punti a suo
favore per l’inarrivabile carattere acido, malizioso e, chissà perché, anche
fascinoso. Ma i difetti abbondavano: non aveva spirito di intraprendenza,
coraggio neanche a parlarne, affrontare le situazioni pericolose non era certo
il suo cavallo di battaglia e, soprattutto, aveva paura di farsi male.
Qualsiasi cosa che, anche solo in lontana teoria gli avrebbe potuto causare del
dolore, lo allontanava.
Tutto tipico del
viziato figlio unico. Draco non è perfetto… ma ogni lasciata è persa,
pensò Samantha mentre si avvicinava impercettibilmente a Draco.
“Hai
portato la Pozione Polisucco?”
Draco
alzò un sopracciglio vagamente ironico. “Certo, è nella tasca. Ma lo useremo
solo in caso di emergenza” le bisbigliò con un accenno di preoccupazione,
lanciando un’occhiata verso la madre, calma e quieta.
Samantha
annuì: aveva rubato qualche sorsata di pozione dall’infermeria del Covo con
capelli di sconosciuto Mangiamorte accuratamente raccolti e infilati nella
pozione. Narcissa avrebbe dovuto ingerirla per nascondersi da occhi indiscreti,
almeno finché la situazione non si fosse chiarita ‘pacificamente’ col Signore
Oscuro. Un piano semplice, ma efficace, che però aveva un’unica pecca: l’uomo
che stava venendo loro contro.
Si preannuncia una
tragedia di famiglia. Ma perché la comparsa di quest’uomo è sempre così
inopportuna?
Lucius
Malfoy stava avanzando nella loro direzione, il viso scoperto dal cappuccio e
l’espressione di ghiaccio. Samantha inarcò le sopracciglia, crucciata
dall’imprevisto, Draco, vicino a lei, sussultò e si voltò all’indietro. Troppo tardi.
Narcissa
aveva appena sfiorato la spalla di Samantha e l’aveva superata quasi trafelata,
andando proprio davanti a Lucius, il capo scoperto. Il Mangiamorte si era
fermato bruscamente, fissando la donna bionda ed elegante di fronte a lui,
appena scosso dalla sua apparizione.
“Lucius” sussurrò Narcissa con calore e un piccolo sorriso sul volto. “Stai
bene, per fortuna.”
Lucius
tentennò. “Noi… noi ci conosciamo?” domandò titubante, scosso da quella donna
dal profilo fine e appuntito… e vagamente famigliare… l’aveva già visto prima,
oltre la nebbia di pazzia di Azkaban?
Narcissa
bloccò il braccio sinistro, proteso verso Lucius. Le sembrò di sentire della
fine sabbia che scorreva o uno specchio che si rompeva: le sue tenue speranza
ridotte in polvere, spezzate: una famiglia felice.
C’era
solo suo marito, il padre del loro figlio, che la guardava incerto, come se
fosse stata la prima volta che la fissava negli occhi.
[La
mente è spenta, gli occhi fuggono al cuore
Non
può essere vero., ti ripeti.
Stolta.]
“Lucius…
sono Narcissa.” la voce di Narcissa era ferma, nonostante avesse un fastidioso
pizzicore negli occhi.
Lucius
socchiuse appena gli occhi, come se tentasse di metterla a fuoco, ma sempre
senza alcun interesse “Io… non ti conosco.”
Narcissa
si sentì spiazzata, e tradita. Ma c’era qualcosa di più grave: suo figlio era
alle sue spalle e stava osservando tutto e Narcissa non poteva immaginare il
suo dolore: la cosa più orribile, sentire suo figlio che soffriva.
Lucius? E’ solo Azkaban
che ti ha offuscato la mente, io questo lo so, ma Draco… Non voglio che tu lo
faccia soffrire.
Narcissa
si resse fieramente, il mento alzato e orgoglioso e gli occhi lucidi.
“Anche
io non ti riconosco. Sei cambiato, Lucius.”
[
“Non voglio che tu ti unisca al Signore Oscuro!”
“Narcissa,
è la scelta giusta da fare. Diventeremo potenti.”
“Lo
siamo già!”
“Estirperò
i mezzosangue.”
“E
questo? Non ti preoccupi per me e il nostro bambino, Lucius?”
Gli
occhi di ghiaccio dell’uomo si posarono sul grembo gonfio della moglie, e un
piccolo accenno di sorriso gli sfiorò le labbra.
“Lo
faccio anche per voi. Vedrai, grazie al Signore Oscuro farò in modo che i
Malfoy abbiamo un futuro prospero e sicuro.”
La
donna l’aveva inchiodato con uno sguardo orgoglioso.
“Non
ti riconosco più, Lucius.” ]
Lucius
scosse la testa, intorpidito e sbigottito dalle strane immagini che gli
ronzavano per la testa. Quella donna… quello sguardo… che gli stavano facendo?
Lo stavano indebolendo. Lei era una debolezza. Da evitare, eliminare.
Sbatté
le palpebre e schioccò la lingua, infastidito.
“Devi
prestarmi più rispetto, donna: io sono Lucius Malfoy.”
Narcissa
aveva passivamente abbassato le palpebre, lasciando che un sospiro le morisse
sulle labbra, mentre Lucius la sorpassava, con freddezza e indifferenza.
“Già…
non sei più l’uomo che ho sposato.” Mormorò a sé stessa. Poi si voltò, il volto
impassibile e il cappuccio nuovamente sul capo.
Si
voltò verso Draco e il dolore del rifiuto di Lucius non resse il confronto: suo
figlio stava ovviamente soffrendo; neanche il gelido controllo dei Malfoy aveva
impedito alla tristezza di intaccare il suo volto.
Narcissa
chiuse violentemente gli occhi, più furiosa che addolorata.
Questo non lo posso
tollerare…
“Andiamo
Draco… vorrei parlarti appena giunti in un luogo più sicuro.”
Draco
si incupì, ma annuì. “D’accordo.”
*^*^*^*^*
Il Segreto di Petunia
[Dovrai
distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile]
Harry
indossò il mantello dell’Invisibilità per mantenere una perfetta copertura contro
i Mangiamorte e i Dissennatori che sicuramente pattugliavano i cieli sopra
Privet Drive. Riuscì ad evitare agguati fino ai confini del Surrey e a quel
punto diede un’occhiata all’indirizzo riportato sul foglietto mentre la voce di
Andromeda Tonks gli urlava nella testa:
“E’ questo il destino
dei Black?”
Quindi
si accavallarono altre grida formando un coro urlante a dir poco tormentoso.
‘Anche tu sei avviluppato da una Maledizione,
Harry’
“L’unica minaccia che
può venire da Potter è la sua bacchetta e quella Profezia perduta ed incompleta.”
“Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!”
Strinse
la bacchetta a sé mentre planava nel piccolo ed insignificante quartiere
divenuto la segreta residenza dei Dursley. Nascose diligentemente la Firebolt e
si parò al cospetto dell’invisibile porta tra i numeri 22 e 23, esattamente
come indicato nel biglietto. Pronunciò la parola magica e l’entrata si rivelò
così come Grimmauld Place numero 12.
Uno
spiacevole senso di dejà-vu colse Harry mentre si apprestava ad aprire il
pesante portone d’ingresso. Si guardò alle spalle: forse qualche Mangiamorte lo
aveva seguito? Avrebbe rischiato la vita dei Dursley per ottenere l’indizio che
tanto voleva?
Sono i miei zii, ma…
Entrò
nell’appartamento con un forte senso di determinazione e quella che avrebbe
potuto essere spietatezza.
Richiuse
la porta con un cigolio e quel rumore bastò per far rizzare all’erta gli
abitanti della casa: Vernon Dursley sorseggiava un bicchierino di quello che
pareva Whiskey e, a giudicare dal rossore delle sue guancie e dalla lucidità
dei suoi occhi non doveva essere il primo della serata; al suo fianco,
solitamente diligente ed impeccabile stava invece una Petunia assolutamente
affannata, spettinata che sembrava aver interrotto di botto un’accesa
discussione col marito. Dudley era accucciato su un divano, raggomitolato e
strabordante di grasso mentre addentava un generoso boccone di un sandwich
formato extra-large.
Tutti
i presenti strabuzzarono gli occhi al suo indirizzo: sorpresa e stupore, tranne
in Petunia che, invece, celava un sottile velo di paura.
“Che
ci fai tu qui?” sbottò zio Vernon picchiando il bicchiere su una mensola e
marciando deciso verso Harry con tutta la sua imponente mole “Dannato ragazzo!
Hai idea di quello che abbiamo dovuto passare per colpa dei tuoi amici strambi?
Eh, per colpa tua siamo quasi stati ammazzati da dei fanatici incappucciati!
Sai come faccio a sapere che è colpa tua? Perché gli ho sentiti! ‘Parenti bab… qualcosa di Harry Potter vi
cattureremo e vi tortureremo finché vostro nipote verrà a salvarvi e a buttarsi
tra le braccia della morte!’ Degli autentici fanatici! Mai visto della
gente tanto svitata! E quella luce verde… brr, per poco a Dudley non veniva un
colpo…!”
D’istinto
come collaudato in tanti anni di tirannia, zio Vernon afferrò il colletto del
mantello di Harry. Ma questa volta fu costretto a strattonare verso il basso:
Harry era più alto di lui di una buona spanna.
“Allora!
Ci volevi fare ammazzare?”
Harry
si liberò senza troppa fatica dalla stretta dello zio “Non era mia intenzione…”
Così come non
desideravo che le persone a cui più tenevo morissero tutte.
Harry
si morse la lingua e fissò zio Vernon con astio. Il signor Dursley rimase
gelato sul posto, fulminato dall’indifferente alterigia che mai avrebbe
immaginato vedere sul volto del servizievole e rammollito nipote.
“Ho
qualcosa da chiedervi… e sarà anche l’ultima volta che vi darò fastidio… già…”
“Dopo
quello che ci hai fatto passare hai anche il coraggio di venire a chiederci
aiuto? E poi cosa vuoi che ci interessi il mondo di voi strambi!” ululò zio
Vernon, ripresosi dalla paralisi.
Harry
non si scompose minimamente, sorprendendosi lui stesso del suo inflessibile e
glaciale controllo delle emozioni “Come ho detto prima, non era mia intenzione
disturbarvi. Ma come ben sapete il più grande mago Oscuro di tutti i tempi mi è
alle costole, mi sta braccando perché vuole uccidermi. Anche se ora pare
essersi rassegnato…”
Le
parole distanti di un Mangiamorte gli si accesero nella memoria: …l’Oscuro Signore è certo che sarà Potter ha
giungere da lui…
“Non
ti vuole più uccidere?” domandò zio Vernon con una nota di inquietudine e
stupore.
“Certo
che sì. Ma ora è convinto che sarò io a presentarmi al suo cospetto.”
“Per
farti uccidere?” sghignazzò zio Vernon.
“Per
ucciderlo” ribatté Harry con espressione atona.
Vernon
fremette nell’osservare il volto di Harry “E tu credi… di poter uccidere?”
Harry
pensò di cogliere un secondo fine nella domanda: se non ti aiutiamo, potresti ucciderci?
“Certo
che credo di poterlo fare… l’ho già fatto.”
L’immagine
del volto di Sirius che svaniva al movimento della propria bacchetta gli balenò
alla mente… sì, lui aveva ucciso Sirius Black.
Vernon
ingoiò saliva e ritornò al fianco della moglie, come in atteggiamento
protettivo. Dudley fissava la scena esattamente con i medesimi occhi che aveva
mostrato dopo l’attacco del Dissennatore due anni prima.
“Cosa
vuoi?” venne la voce di Petunia Dursley ad infrangere il silenzio, ma non la
tensione che si stava infittendo nell’aria.
Harry
la fissò, concentrato su un particolare ricordo: ora sentiva alla perfezione le
parole di Arabella Figg… tua zia è una
Magonò.
Era
l’anomalia che doveva comprendere per giungere al segreto di Petunia Dursley e
forse anche alla scoperta di un nuovo Horcrux.
“Sei
una Magonò?”
Petunia
sobbalzò e l’espressione di paura si tramutò in rabbia: “Mago…? Io non sono
strana… io sono normale!”
Harry
scosse la testa “Qualcuno mi ha detto il contrario.”
“Eh”
giunse il mugugno di zio Vernon “Petunia una strega… questa si che è bella.”
Inaspettatamente
Petunia fulminò il marito con lo sguardo. Harry riconobbe in quell’occhiata
rancore e invidia.
“Certo
che non posso essere una strega, Harry!” strillò lei ancora più rancorosa “Mi
hai mai visto fare qualcosa di strano?”
“Una
Magonò è una strega che solo in potenzialità possiede la magia, ma non è in
grado di usarla” spiegò Harry concentrato nell’analizzare le reazioni della
zia: stranamente non pareva sorpresa della sua spiegazione.
“Lo
so che cos’è una Magonò!” sbottò Petunia ed evidentemente quelle parole le
erano uscite di getto perché un’espressione di rammarico si impadronì del suo
volto.
Harry
la scrutò ancora più attentamente “Come fai a saperlo? Già qualcuno aveva
accennato a questa possibilità, vero?”
Petunia
tremò come sull’orlo di una crisi “Certo” biascicò a bassa voce “Lily era
speciale e qualcuno, forse per pietà di me, disse che anch’io ero speciale ma
non lo davo a vedere.”
Vernon
la fissava con sconcerto e ora anche gli occhi vuoti di Dudley sembravano
accesi da una sordida curiosità.
Harry
era sorpreso solo di un dettaglio: da quando sua zia definiva l’essere mago
‘speciale’ in luogo di ‘strambo’?
“E
quel vecchio con la barba… Sipiente forse… lui mi disse che ero una Magonò, mi
disse che lo sospettava e che voleva una conferma” proseguì Petunia con la voce
che le tremava a tratti “Così mi fece consultare quel fattucchiere… oh! Che
cosa ridicola, pensavo io! Un oracolo, uno di quei cialtroni con le carte e la
sfera di cristallo… solo che a guardarlo negli occhi sembrava tutto tranne che
un cialtrone… Lui mi disse che avevo magia dentro di me. All’epoca i miei
genitori erano morti e la famiglia Evans non era così rilevante da tenere un
albero genealogico così nessuno ebbe mai la conferma: quel giorno mi dissero
che entrambi i miei genitori erano Magonò e che era una vera fortuna che mia
sorella Lily avesse simili capacità magiche… ecco perché i miei genitori la
trattavano come una prediletta! Da quel momento ho odiato la magia, oh sì…
anche quando quel vecchio mi disse che la mia vera identità poteva sconvolgere
una predizione, o qualcosa del genere, e volle che io mi rivelassi per amore di
mia sorella… oh, sì… amore… io non lo feci… e non me ne pento.”
L’unico
che sembrava in grado di proferir parole era Harry che però era turbato quanto
i Dursley, la sua facciata impassibile era crollata di fronte a quella
rivelazione.
“Zia
Petunia” biasciò Harry “Tu e Albus Silente vi tenevate in contatto? E lui ti ha
mostrato ad un Oracolo? – subito gli balenò alla mente il ricordo di quella
figura maestosa catturata dai Mangiamorte al Ministero – Quindi tu sei una
Magonò… ma come può questo sconvolgere…?”
Si
interruppe di botto.
La Profezia: e il
Signore Oscuro lo designerà come un suo eguale. Voldemort ha scelto me invece
di Neville perché lui era un Purosangue e io no, perché ero un Mezzosangue come
lui… ed ero un Mezzosangue perché mia madre lo era, figlia di due Babbani… ma
se davvero erano entrambi Magonò, allora erano maghi e questo avrebbe fatto di mia
madre una Purosangue e quindi il parallelismo che legava Voldemort a me sarebbe
svanito… Voldemort non avrebbe più visto in me un suo pari… Voldemort non
avrebbe assassinato i miei genitori, non avrebbe scelto me!
Volse
gli occhi su Petunia Dursley.
Se solo questa donna
avesse ammesso di essere una Magonò. Solo per la sua stupidità, per la sua
stupida vanità, i miei genitori sono…
Senza
rendersene conto Harry aveva proteso un braccio decisamente minaccioso verso la
zia. Petunia indietreggiò con uno scatto fulmineo, aggrappandosi al braccio di
Vernon.
“Ma
non è così” mugugnò Petunia “Io… non sono una Magonò.”
L’alterigia
apparente di Harry non resse “Ah, è così che pensi! Continui ad insistere e a
negare solo perché non vuoi essere stramba?! E solo per questo hai lasciato che
i miei genitori morissero!”
“Tu
non hai capito niente” strillò Petunia d’un tratto infuriata quanto Harry.
Abbandonò
il braccio di Vernon e si riavvicinò a Harry con passo incalzante e quasi
disperato “Io non lo sono davvero… magari! Magari! Avrei voluto anch’io essere
speciale come mia sorella! Almeno un po’! Ma lui mi disse che era impossibile!
Perché non avevo nulla… niente magia! Ero schifosamente normale!”
Harry
non ebbe tempo di indugiare sull’espressione sconvolta dello zio “Lui! Lui
chi?”
“Quello
che ti vuole uccidere!” gracchiò Petunia in faccia ad Harry.
“Voldemort?”
bisbigliò Harry “Tu sei andata da Voldemort?”
“Il
ragazzo che stava sempre dietro a tua madre… me lo disse lui” continuò Petunia
con voce più controllata “Non tuo padre… un altro… anche lui era un mago… ma
aveva un aspetto miserabile, anche lui viveva in un quartiere di gente normale,
senza magia, ancora più malconcio del nostro.”
“Un
Mezzosangue che stava dietro a mia madre?”
A
Harry venne in mente Lupin ma scacciò all’istante quel pensiero. Per nessun
motivo al mondo Remus avrebbe avuto il motivo di condurre sua zia a Lord
Voldemort… doveva essere un Mangiamorte questo famoso Mezzosangue che conosceva
Lily Evans.
“Era
Peter Minus?” propose Harry.
Petunia
scosse la testa con sguardo cupo “Non conosco il suo nome.”
“Era
basso, grasso, con la faccia da topo…?”
“Era
alto, olivastro, naso adunco e capelli neri e sudici” ribatté Petunia con
un’ombra di disgusto.
Per
un attimo, Harry sentì la gola contrarsi nel collo “Piton? Severus Piton?
Perché Piton avrebbe dovuto stare vicino a mia madre… li ho visti nel
Pensatoio: si detestavano!”
“Il
ragazzo era strano” disse Petunia “D’un tratto era gentile con Lily e l’attimo
dopo austero e scontroso… una volta la chiamò Mezzosangue… e Lily lo odiò per
quello e non si parlarono più. Ma quel ragazzino era così ostinato e voleva
trovare il modo di ritornare…amici? Mah, la loro è sempre stata una relazione
controversa… poi tuo padre, quel Potter, lui detestava quel ragazzino.”
Tutti
i dubbi di Harry svanirono in un attimo sostituiti da una profonda sensazione
di bassezza “Così Piton conosceva mia madre. E tu l’hai incontrato quando…
quando è venuto a fare visita a mia madre?”
“Già…
ma fu un momento sbagliato per lui… perché c’era anche Potter. Allora scoppiò
un autentico combattimento… io ero terrorizzata. Me lo ricordo bene… era il
giorno seguente al consulto con quell’oracolo… ero convinta di essere una
strega anch’io ma mi sentivo così impotente in quel putiferio. Poi tutto finì e
quel Potter e tua madre se ne andarono. Quel ragazzino era steso per terra,
tutto mal concio. Non so perché ma io glielo chiesi, gli chiesi: ‘cos’è una
Magonò?’ Lui volle sapere le mie motivazioni. Io gli dissi che ero una Magonò,
che quel vecchio me l’aveva detto. Appena lo seppe quel ragazzino mi propose
qualcosa, mi disse che se volevo potevo diventare una strega a tutti gli
effetti e mi condusse da lui, quella
persona che ora vuole ucciderti.”
Prese
una grande boccata d’aria, tremando visibilmente.
“E’
stato lui, quella stessa notte, la notte della tragedia… Quel ragazzo, Piton,
mi disse di andare a casa di mia sorella Lily, io non avevo idea di dove si
trovasse perché credo che lei e quel Potter si fossero nascosti… ma ci pensò lui a condurmi lì… e per tutto il tempo
fu cortese e mi propose di donarmi le facoltà di una strega perfetta perché lui, con i suoi poteri oscuri, poteva
far diventare una Magonò una strega completa… dovevo solo dirgli dove trovare
un oggetto. Io non avevo idea di quale oggetto parlasse… mi disse una parola
che mi gelò il sangue nelle vene… mi ripeté che se volevo il potere dovevo
dirgli dove trovare quell’oggetto, aggiunse che non potevo mentire con lui
perché riusciva a leggermi nel pensiero… sapeva che conoscevo l’esatta
ubicazione di quell’oggetto ma che non poteva leggere ulteriormente nei miei
pensieri su quella cosa perché lui
stesso aveva imposto come protezione l’impossibilità per un
mago-che-legge-la-mente di trovarlo con l’indagine della memoria.”
Harry
fremette: un Horcrux.
“Io
non sapevo cosa fare: riuscivo a capire che quell’oggetto era molto importante
per lui, sapevo anche che se gli avessi detto quello che voleva avrei tradito
mia sorella nei peggiori dei modi, sapevo che se non l’avessi fatto mi avrebbe
uccisa… così scelsi la strada più facile…”
“Gliel’hai
detto” sibilò Harry “E lui ha recuperato l’Horcrux e ha ucciso i miei
genitori.”
Petunia
ebbe quasi un mancamento alla nomina dell’Horcrux.
“Dimmi!”
gridò Harry “Dimmi, Voldemort ha recuperato l’Horcrux?”
“C’era
quasi” mormorò Petunia “Ma poi tu… tu, in qualche modo, lo hai…”
“Non
l’ha preso allora, non l’ha preso!” esultò Harry tra l’emozionato e il
febbricitante “Dov’è adesso? Tu c’eri, vero? Hai visto tutto! Hai visto la
morte dei miei genitori! L’hai detto tu: la notte
della tragedia. Dimmi all’ora dov’è!”
Petunia
non si mosse molto, fece solo volteggiare la mano su una mensola vicina e ne
trasse una cornice. La porse ad Harry.
“Qui
c’era la foto del matrimonio dei tuoi genitori. Appena lui se n’è andato, anche
quell’esserone sulla moto volante e quell’uomo coi capelli scuri che urlava,
quando tutti se n’erano andati e la casa era bruciata… io ho ritrovato la
cornice… e l’ho presa.”
“E
hai buttato via la foto, lasciandola tra le macerie di Godric’s Hollow?”
Certo che l’hai fatto,
zia Petunia. Ora non stai mentendo, lo so: la foto che abbiamo trovato a
Godric’s Hollow, quella strana sensazione prima della partenza… è tutto vero…
ho trovato un altro Horcrux! Ma perché era custodito dai miei genitori… forse
il loro lavoro all’Ordine della Fenice…?
“Ascolta
attentamente, zia Petunia: come sapevi dell’Horcrux? Cosa facevano i miei
genitori?”
Petunia
si riprese dall’imbarazzo e squadrò Harry “Una volta ho sentito mia sorella e
quel Potter parlare: parlavano della loro missione e degli ‘Horcrux’. Lily voleva che tuo padre la
smettesse perché aveva fallito col tentativo di distruggere quell’oggetto già
tre volte e rischiava di morire…”
Harry
sobbalzò: coloro che hanno sfidato il
Signore Oscuro per tre volte… perché aveva fallito col tentativo di distruggere
quell’oggetto già tre volte…
“Poi
Lily ha preso tra le mani questa” proseguì zia Petunia premendo le unghie
contro la cornice “E ha detto che vedeva un’ombra sulla cornice… un’ombra oscura.”
Dudley
si agitò sul divano. Petunia abbandonò immediatamente la cornice, poggiandola
su un tavolino con noncuranza e si diresse verso il figlio.
“Diddy,
mi dispiace tanto” sussurrò la donna mentre abbracciava il figlio.
“No,
mamma!” strillò Dudley “L’ho visto quella volta… quando quella cosa ha
attaccato me e Harry… l’ho vista anch’io quell’ombra…”
“Quando
il Dissennatore ti ha attaccato hai rivissuto i momenti più agghiaccianti della
tua vita” spiegò Harry “Che cosa hai visto Dudley?”
Dudley
fissò il cugino protendendo le braccione per scostare la madre. Petunia
boccheggiava, assolutamente sconvolta, implorando il figlio con dei sommessi
‘no, no, no…’
“L’ombra
era sulla mamma!” gridò Dudley disperato mentre si infossava nel divano.
Harry
fissò la zia con un’inquietudine crescente, sentendo rivivere dentro di sé la
notte in cui entrambi i Black avevano perso la vita, avvinghiati da
quell’ombra, perché loro erano…: no, lei
è…?
“Non
l’ho detto a nessuno, nemmeno al vecchio con la barba” confessò zia Petunia con
una risata isterica “Era il mio segreto… almeno così anch’io avevo della magia
dentro il mio corpo.”
Harry
protese il braccio verso la cornice, stringendo le dita sul metallo freddo:
niente. La cicatrice era immobile nel suo dolore. Fece scorrere il dito sulla
superficie, delineando il blasone che torreggiava sulla cornice: Godric
Grifondoro. Harry fissò gli occhi metallici del leone rampante e, ancora, i
sussurri lontani di una persona gli si accesero nella mente.
“I tuoi dubbi,
ragazzo…ti domandi chi sei? Dentro di te giace l’eredità di sangue
tramandata per secoli da uno dei mitici quattro che fondò la rocca incantata…
la tua tra tutte è l’eredità più preziosa perché perpetuerà eternamente…
I
suoi genitori possedevano un oggetto di Godric Grifondoro. La Profezia della
Cooman forse era la conferma del suo sospetto: poteva davvero osare tanto?
Poteva sperare di essere l’Erede di Grifondoro e quindi il degno avversario di
Lord Voldemort, Erede di Serpeverde?
Le
parole aspre di Petunia lo riportarono alla realtà.
“Quella
cornice ormai non vale più niente” disse la zia mentre amicava con disgusto
verso l’oggetto.
Petunia
volse i suoi occhi su Harry con uno sguardo folle “Vuoi sapere come so con
certezza di non essere una Magonò… cosa successe quella sera? Ora te lo
racconto.”
[La
Notte della Tragedia]
Petunia Evans da poco maritata con Vernon Dursley e madre del piccino
disubbidiente ed ingordo Dudley venne condotta da un uomo oscuro verso il
nascondiglio della sorella Lily Potter. Molte emozioni le passarono davanti
agli occhi, ma una sola predominava in quel momento, alimentata dal sordido
bisbiglio dell’Oscuro Signore: non sei
gelosa di tua sorella? Non vuoi ottenere i suoi stessi poteri?
“Sì”
mugugnò Petunia ricacciando nella mente il terribile dubbio che la assillava: sto per consegnare mia sorella nelle mani di
questo essere, la sto per condannare a morte?
No,
già qualcuno aveva tradito la fiducia dei Potter: Peter Minus. Ma questo
Petunia non poteva saperlo, convinta così com’era di barattare i poteri che da
sempre aveva sperato di ottenere con la vita della sorella.
Giunsero
infine a Godric’s Hollow e Petunia venne sospinta nell’oscurità di un vicolo.
“Stai
lì” eruppe Lord Voldemort “Finché non sentirai più alcun rumore… oltre la mia
risata di trionfo.”
Petunia
sussultò. No, non vuole uccidere mia
sorella… non può! Non sto per consegnare mia sorella a questo essere!
Voldemort
sogghignò appena, i perfetti denti bianchi gli luccicarono sotto il cappuccio
ripiegato sul capo. Il viso, seppure ancora quello di un uomo affascinante, era
segnato da un olezzo di morte e putrefazione, appena indistinguibili sulla sua
pelle glabra, ma predominanti sulla sua figura oscura: i segni di un’anima
devastata, il prezzo di sei Horcrux.
Petunia
indietreggiò nel vicolo, con la sensazione di occhi serpentini che le
scrutavano nella mente: mi legge il
pensiero, lo so!
Lord
Voldemort chinò il capo in una muta conferma dei dubbi della donna “Dopo che
avrai ottenuto il potere di una strega potrai sopravvivere anche al rimorso…
anzi, ad un tratto il ricordo di azioni infide e crudeli svanirà completamente,
imparerai a conviverci.”
Entrò
nella casa e la percezione di Petunia si fermò: non era lì in quel vicolo
oscuro e non aveva nemmeno consegnato sua sorella alla morte… no, era da
un’altra parte, un posto bianco e fluttuante dove non era concesso ai pensieri
di entrare: era tutta leggerezza.
Ma
Petunia non riuscì ad evitare di sentire il grido di un uomo: quel Potter. Era
l’urlo di un animale in trappola, mortalmente ferito, pronto a morire.
Poi
giunse la voce di Lily, ma non era dentro quella casa, no, era nella sua testa.
So, Petunia, che reputi
James una persona strana… come me. Ma credimi, è un mago e se anche non lo
fosse io lo amerei alla stessa maniera.
Al
termine del ricordo Petunia era sulla soglia spalancata del nascondiglio di sua
sorella: quel Potter agitava la bacchetta contro l’uomo dall’aura oscura, ma, anche agli occhi inesperti di magia di
una Babbana come lei, parve evidente che era prossimo alla morte.
“Almeno
prima di andarmene” rantolò James schivando di striscio un anatema viola
intenso “Voglio proteggere Lily e Harry… voglio terminare il mio lavoro…”
Petunia
osservò quel Potter che si lanciava con un incredibile slancio verso un baule
cacciato nell’angolo più remoto della stanza. James batté contro un tavolo nel
disperato tentativo di evitare un altro incantesimo, per un attimo vide tutto
bianco, ma anche in quel breve istante di incoscienza le sue mani arrancavano
per cercare il sigillo del baule.
“C’è
qualcosa di prezioso là dentro?” sibilò Lord Voldemort approssimandosi a James
con un’espressione di folle soddisfazione.
“No!”
Era
il grido di Petunia: non lo aveva progettato e già se ne stava pentendo… quegli
occhi serpentini si posarono su di lei mentre James annaspava in cerca di aria
e contemporaneamente agitava la bacchetta malferma per aprire il sigillo.
“Ti
ho detto di rimanere fuori” disse Lord Voldemort con tono duro ed inflessibile
“Ormai non mi servi più… è qui, lo sento: il mio Horcrux! Potrei anche
ucciderti ora… quindi, vattene!”
“I
miei poteri da strega!” strillò Petunia disperatamente.
Certo: penso a me. Devo
pensare solo a me stessa… non devo pensare a Lily e a quel Potter, non devo
pensare a quello che li sto facendo.
“Non
li avrai mai” sogghignò Lord Voldemort con un sussulto basso e mortifero “Una
Babbana non potrà mai diventare una strega… una Magonò forse sì con l’ausilio
dei miei grandi poteri: ma tu sei una Babbana, non hai nulla di magico. Il vecchio
Silente si è sbagliato: tu sei solo una lurida Babbana!”
Avrebbe
voluto protestare ma il sogghigno impietoso e quegli occhi tremendamente
profondi che sapevano penetrare l’anima di chiunque erano spietatamente
sinceri: già, non è altro che una Babbana…
Sono normale…
schifosamente normale e… sto lasciando che mia sorella muoia per niente… sto
per distruggere la sua famiglia per niente.
La
bacchetta di Lord Voldemort era puntata contro di lei, un debole bagliore verde
cominciò ad accendersi sulla punta trascinandosi dietro il monito di una sicura
morte.
E ora tocca a me… poi a
mia sorella… non voglio morire! E’ tutta colpa loro, tutta colpa della magia!
I
suoi occhi già riflettevano l’impietoso raggio verde e il ghigno spietato di
Lord Voldemort, ma qualcosa bloccò entrambi. I suoi occhi mortiferi saettarono,
Petuina li vide perdere il loro bagliore di vita per un attimo e in
quell’attimo James Potter affondò la sua bacchetta contro un insignificante
oggetto, una cornice forse.
Petunia
osservò con stupore e ribrezzo la bacchetta di quel Potter che andava in
frantumi, sgretolata contro l’improvviso bagliore che generò la collisione: un
lampo di luce, uno schiocco e il grido di furia omicida di Lord Voldemort.
Petunia
non conobbe mai la vendetta dell’Oscuro Signore e il sapore di quel misterioso
bagliore verde. Lord Voldemort la dimenticò, obliò tutto di lei e si concentrò
solo su quella misera e moribonda figura che aveva osato sfidarlo e aveva
vinto: l’Horcrux era distrutto; un pezzo della sua anima svanito.
Voldemort
si chinò su James con una lentezza esasperante agli occhi di Petunia, la
bacchetta calò come un pugnale acuto, fendendo l’aria con il suo grido
disperato:
“Ora
ripagherai con la vita il tuo oltraggio!”
E
Petunia conobbe l’effetto di quel misterioso bagliore verde quando le pareti di
casa Potter si tinsero per un istante di verde e quando l’istante dopo il corpo
rovinò a terra privato della sua anima.
Uno
strillo di orrore eruppe dietro una porta sigillata: il pianto di dolore di Lily
e i singulti del neonato.
Lord
Voldemort si chinò sul corpo di James e Petunia ebbe l’onore di osservare con i
proprio occhi la creazione di un Horcrux e, in pochi istanti, di provare
l’invasione dell’anima dell’Oscuro Signore dentro il suo medesimo corpo.
Voldemort
terminò la cantilena e marciò verso Petunia con la bacchetta che gli tremava in
mano: la mano dell’Oscuro Signore era ferma ma la bacchetta tremava come se
avesse vita, e una vita la conteneva, quella di James Potter.
“E’
una vera profanazione… donare la mia anima ad una babbana… tsk; ma ora non ho
scelta, devo ricreare un Horcrux per sostituire quello che mi è stato appena
sottratto. Sarai il temporaneo contenitore dell’anima dell’Oscuro Signore,
dovresti ritenerti onorata, babbana. Ora apri gli occhi!”
Petunia
non avrebbe potuto chiuderli neanche volendo, spalancati da un terrore
sconquassante. Lord Voldemort agitò la bacchetta e quella smise di tremare: un
ago attraversò gli occhi di Petunia con il grido di James Potter e una puntura
dolorosissima… qualcosa di estraneo ed oscuro era entrato dentro di lei.
“Resta
qui. Torno subito a riprendere la mia anima… dovrò scegliere un Horcrux
migliore di te, babbana.”
Petunia
rimase lì, mentre attendeva il ritorno dell’Oscuro Signore, mentre lo vedeva
varcare quella soglia sigillata, mentre sentiva la vita di suo sorella che
scivolava fuori da quella casa, mentre vide uno scoppio, mentre sentì un urlo,
mentre percepì lo spettro informe di Lord Voldemort che sgusciava via da
Godric’s Hollow, mentre suo nipote Harry strillava.
Si
mosse solo quando udì un altro urlo: troppo disperato; lo stesso urlo che aveva
represso quando era stata certa della sorte della sorella. Era l’urlo di Sirius
Black che gridava il dolore per la perdita del migliore amico James, quasi un
fratello, e per la distruzione della famiglia Potter.
Petunia
non gridò ma scappò ma una parte di lei attese a Godric’s Hollow il ritorno
dell’Oscuro Signore per la riscossione del suo tributo. Attese su quella soglia
che la liberasse da quell’ombra oscura e da quei ricordi strazianti. E rimase
così, posseduta da quell’anima oscura, per oltre diciassette anni.
[+*+*+*+*+*]
E
ora la sua attesa era terminata. Harry era giunto a riscuotere l’anima
dell’Oscuro Signore e lei gliel’avrebbe data con estrema collaborazione,
assieme ai ricordi di quella notte, assieme alla sua vita.
“Hai
lasciato morire i miei genitori?”
Petunia
fremette, ma non seppe se di paura o esaltazione: il ringhio che Harry celò era
in tutto simile alla nota mortifera del sibilo di Lord Voldemort.
“E’
così.”
Petunia
sperò che con quelle semplici parole e l’espressione di indifferenza che
portava sul viso avrebbe fatto accendere il lato oscuro di Harry, che lo
avrebbe spinto a privarla dell’ombra oscura… ad ucciderla.
E
infatti…
“Io…
io ho promesso a Silente, a Regulus, anche a Sirius e a tutti quelli che sono
morti che avrei distrutto gli Horcrux… e tu, zia Petunia, sei un Horcrux!”
Petunia
non si sorprese nel sentirsi vittima di un incantesimo. Sbatté contro una parete
e rovinò cozzando contro qualcosa, ma non sentì molto male, non aveva mai
provato vero male fisico da quella notte: l’ombra oscura era come un angelo
custode, ma infinitamente nero.
Harry
si vide scorrere davanti lo scontro contro Regulus, la vera morte di Sirius.
Stava per riaccadere quella notte, lui l’avrebbe fatto riaccadere con la
propria bacchetta, con la propria forza, distruggendo un Horcrux… distruggendo
sua zia? Possibile che avrebbe dovuto ucciderla? No… c’era qualcosa, un
incantesimo buono che poteva esorcizzare Petunia. Il libro che aveva raccolto
Hermione ne riportava la formula e le distanti parole di un R.A.B. ignoto ne
davano una conferma:
“… un Horcrux creato
con un uomo, un essere vivente... si può spezzare questo legame… si può anche…”
“Cosa
fai, Harry? Stai esitando come tuo padre quella notte.”
“Basta
così, babbana.”
Harry
si lanciò contro la zia, il dolore alla cicatrice era talmente acuto che si era
fuso col suo corpo, il potere dell’Oscuro Signore si era fuso col suo corpo e
stava avanzando portando la mano di Harry a puntare la bacchetta contro Petunia
e a mormorare quelle parole dal sapore famigliare…
“Avada
Kedavra!”
Entrambi
vennero inghiottiti nel bagliore verde. Petunia finalmente scoprì il segreto di
quell’anatema.
Sto fluttuando nel
vuoto… sono morta?
Harry
riconobbe il vuoto, la stessa sensazione che lo aveva colto dietro il Velo.
Ma certo, sono morto
anch’io. Esattamente come quella volta, l’Avada Kedavra mi è rimbalzato contro…
ho fatto lo stesso errore, di nuovo…
Lo
spettro del corpo di Harry galleggiò contro quello di Petunia. Entrambi si
fissarono ed entrambi videro nell’altro un’ombra oscura.
“Anche tu, Harry?”
“Anch’io, babbana.”
“Non sei Harry.”
“Questo a te sembra
perché non conosci il vero Harry. Sono io.”
“Sei il Signore
Oscuro.”
“Sì, sono Harry.”
Il
braccio di Harry si allungò per stringersi contro il collo di Petunia.
“Ora non hai difese,
babbana. Non hai più la protezione dell’Horcrux, ora posso distruggerti con l’anima
di Voldemort… siamo soli…”
“No, Harry, ci sono
anch’io, mi vedi, proprio accanto a tua zia.”
Gli
occhi serpentini di Harry si levarono dal collo della zia e videro il sorriso
scaltro di James Potter che gli amicava dall’alto, il sorriso di un Malandrino
ancora vent’enne, prima di quella notte.
Le
iridi rosse di Harry si strinsero su quella figura: lo riconobbe.
“Anche tu! Anche tu che
mi hai sfidato per tre volte e hai distrutto il mio Horcrux meriti di morire!”
“Chi stai facendo
parlare, Harry?”
I
denti affilati di Harry digrignarono e dalle labbra bianche sfuggì il sibilo
dell’Oscuro Signore.
“Zitto, Potter!”
Il
sorriso di James perso un po’ del suo vigore ma continuò con la sua
persuasione: qualcosa si frantumò all’intero del corpo di Harry.
“No!”
I
brillanti occhi verdi di Harry si strinsero nel dolore.
“No, non ce la faccio:
è più forte lui!”
James
rafforzò il suo sorriso, quello di un vero Malandrino, quello che era riuscito
a consolare Remus dopo la più terribile delle notti di luna piena, quello che
aveva dato coraggio a Sirius dopo il ripudio di casa Black… quello che alla
fine era riuscito a far innamorare Lily Potter e aveva fatto sorridere il
piccolo Harry nella culla.
“No, sei molto più
forte di lui: sei mio figlio. Non farai del male a Petunia perché era l’amata
sorella di Lily e tu somigli molto a tua madre.”
Gli
occhi di Harry cominciarono a lacrimare: la cicatrice si stava squarciando,
qualcosa voleva uscire, doveva
uscire.
“Dimmi addio, Harry.
Ora devo andare e porterò via anche questo scortese ospite. Terminerò il mio
lavoro: salverò te e anche Lily.”
Harry
aprì gli occhi.
“Sai, Harry, avete gli
stessi identici occhi… quel verde incredibile! Gli ho visti, sai? Anche oltre
l’anima oscura di Lord Voldemort ho visto i tuoi incredibili occhi verdi che
brillavano, come quelli di Lily. Mi hanno condotto fino a te.”
La
cicatrice smise di pulsare.
“Papà, posso farti
rimanere?”
Un
ricordo: ora vedeva febbricitante il volto di Lyons Kaus: “Un Horcrux umano… quanto potere ha! Può persino ridare la vita
all’anima sacrificata per la sua creazione; ma bisogna pagare un prezzo: la
vita, tutto lo spirito e l’anima dell’Horcrux umano in cambio della sola anima
dell’uomo sacrificato… e sarà ancora pervaso dall’ombra oscura… ma così potrai
ridargli vita.”
Il
dolore ricominciò, più lancinante di prima, ma Harry trovò le parole e i
ricordi anche attraverso quella coltre di sofferenza.
“Posso farti restare.
Me l’ha detto Regulus Black. Mi ha detto che posso far restare la tua anima!”
“Certo che potresti,
Harry. Ma puoi? Anch’io faccio parte di quest’Horcrux, rimarrei con l’anima di
Voldemort e dovresti sacrificare la vita di tua zia.”
“E’ questa la scelta?
Dovrei scegliere tra la vita di una zia che mi ha sempre disprezzato e la vita
di mio padre che mi ha amato? La scelta è molto facile…”
“Certo che è molto
facile, Harry. Ma è giusta? Devi distinguere ciò che è giusto da ciò che è
facile.”
Anche
Silente sorrideva ora, accanto a James.
“Dovrei condannarti a
morte per salvare zia Petunia… no! Non ce la faccio, non possono scegliere lei…
forse sarebbe giusto ma non ho il coraggio di scegliere lei!”
“Ma certo che ce l’hai,
Harry. Sai, quella cornice? Godric Grifondoro… i Potter sono Purosangue ma non
discendo da Grifondoro, questo no. Ma noi Potter siamo comunque Grifondoro,
abbiamo la stessa qualità che l’ha reso uno dei più grandi maghi del suo
tempo.”
“No, il Cappello
Parlante! Ha detto che sarei stato meglio a Serpeverde!”
“Ma tu hai scelto
Grifondoro e hai impugnato la sua spada. Questa è la dote di ogni Grifondoro,
Harry: ti sei opposto al destino, hai rifiutato quello che ti imponevano di
fare perché sapevi che non era giusto: coraggio! Ecco, Harry: tu hai coraggio!”
“Come può essere?
Voldemort è ancora nella mia testa!”
“Ma ora sei tu che
parli, tu l’hai mandato via: sei un vero Grifondoro!”
L’anatema
si spezzò e Harry prese la sua scelta.
*^*^*^*^*
Cioccorana Fusa
[Squisita]
Draco
era sdraiato svogliatamente sul divano, il capo chino sul cuscino, voltato da
parte, una gamba piegata e l’altra mollemente penzolante.
Samantha
si avvicinò, in mano una tazza di cioccolata calda.
“Bevi.”
Gli disse, decisa e alquanto imperiosa, poggiando la tazza sul tavolino
accanto.
Draco
alzò un sopracciglio, perplesso. “Che diamine è?”
Samantha
sospirò divertita, come sempre durante gli attacchi di isteria del ragazzo
“Cioccorana fusa, il miglior rimedio che conosco contro la cupezza.”
Draco
non si mosse per prendere la bevanda. “Cosa ti fa credere che io ne abbia
bisogno?”
“Non
so” Samantha fece una significativa pausa e proseguì con tono ironico e
abbastanza spietato dato il contesto “Come è andato il colloquio con tua madre?
Se il soggetto era la psicosi di tuo padre immagino che non sia stato tutto
rosa e fiori.”
Draco
la gelò con lo sguardo, borbottando decisamente ostile “Non sono affari tuoi.”
“Oh
sì,” replicò invece Samantha, sedendosi sul bracciolo del divano, invadendo
così lo spazio personale di Draco che rispose all’intrusione con un altro
mugugno.
“Lo
è ogni cosa che ti riguarda dato che io
ho rischiato la mia vita svariate
volte per te, oh piccolo ingrato.” Gli disse, con un sorrisone di scherno sulle
labbra rosate.
Draco
sbuffò, molto innervosito.
Che bisogno ha la Drake
di trattarmi come un moccioso ribelle?
E
Samantha continuava a fissarlo col tipo sguardo di ‘vecchio saggio della
montagna’ che deve spendere il suo prezioso tempo per risolvere gli impicci di
un giovane e imbranato discepolo.
Però, forse le devo un
favore… dopotutto mia madre ora è al sicuro…
E
lui può tornare a respirare.
“Come
vanno le cose in famiglia?” gli chiese Samantha, vagamente seria.
Draco
sospirò ancora, questa volta fortemente irritato: sembrava quasi che la Drake
facesse apposta a fargli sentire il peso del debito che aveva nei suoi
confronti. E, perché no, forse si divertiva anche a rigirare il coltello (tuo padre è pazzo) nella piaga (non si ricorda né di te né di tua madre).
In fin dei conti era una Mangiamorte.
Draco
lanciò un’occhiata sbieca a Samantha mentre gli sorrideva con un sogghigno
enigmatico.
Speravo almeno che le
donne Mangiamorte fossero meno spietate e più comprensive… escludendo zia
Bellatrix, ovviamente… ma questa Drake è molto più rude di me… La sua bellezza
non compensa le sue maniere da scaricatrice di porto.
In
effetti Draco venne riportato alla realtà da un leggero colpo al capo, beh, non
troppo leggero.
“Drake,
vuoi smetterla di picchiarmi?”
Samantha
allontanò la mano che aveva usato per ‘fustigare’ Draco, non prima di avergli
arruffato i capelli “Suvvia, quanto sei deboluccio (a differenza di tua madre). E come sta Narcissa?”
“Come
vuoi che stia?” ghignò Draco in risposta, il tono carico di sarcasmo.
“Forse
è molto più forte di quanto credi” commentò serenamente Samantha, mentre
osservava Draco che tentava di aggiustarsi la pettinatura come meglio riusciva.
Draco
smise di pettinarsi e la fissò molto serio “Forse mia madre è orgogliosa, come
d’altronde tutti i Black, ma non credo che sia forte.”
Gli
occhi bicolore di Samantha lo perforarono “Tsk, ma se è molto più forte di te…
non che ci voglia molto, tu, DracoMalfoy, sei una femminuccia.”
“E
tu sei una rozza” ribatté Draco con un broncio che aveva molto dell’infantile.
Samantha
scoppiò in una risata tonante che non tentò minimamente di contenere “Che
bamboccio!”
Le
guance di Draco assunsero una delicata tonalità rosata “Finiscila!” le sbraitò
contro “Trovi che sia così divertente torturarmi?”
“Torturarti?”
ripeté Samantha con un’altra risata “Ma se ti ho solo punzecchiato, sei una
vera prima donna, Draco. Piuttosto dovresti ringraziarmi, piccolo ingrato.”
“Se
ti da così fastidio aiutarmi, mi vuoi spiegare perché lo fai, Drake?”
“Perché
tu hai l’aria del ragazzino smarrito, mi fai molta pena” rispose Samantha con
cruda sincerità “In più è estremamente divertente stuzzicarti! Neanche le mie
amiche più suscettibili sono permalose quanto te, Draco!”
“Sono
contento che tu ti diverta, Drake” sibilò Draco con un’occhiataccia a Samantha
“Non sia mai che anche tu debba essere privata della felicità… sai, non è molto
piacevole.”
Samantha
smise di ridere e osservò Draco con un vago rimorso “E ora fai la parte della
vittima?”
Draco
le rivolse un’occhiata penetrante “E tu invece, Drake? Tu non fai per caso la
parte dell’assassina?”
“E’
così che si sopravvive in guerra.”
Draco
socchiuse gli occhi, il volto improvvisamente cupo“Bel modo di sopravvivere.”
“…e
tu? Stai imparando a sopravvivere, Draco?”
Il
giovane sussultò, colto sul vivo.
Sopravvivere.
Una necessità. Lo si impara. Ma lo si può sopportare stoicamente?
“Bevi.”
Il
ragazzo si sorprese nell’udire la voce più gentile della ragazza. Draco la
fissò, incerto, e allungò le dita verso la tazza, intrecciandole intorno al
manico ricurvo. Annusò la bevanda, percependo un sentore dolciastro e pesante.
Socchiuse
gli occhi, sospettoso.
“Ma
è buona? Dato che ti diverti così tanto a complicarmi la vita, non escluderei
che tu ci possa aver ficcato dentro qualche strano ingrediente.”
“Non
ti fidi?! Vuoi per caso insinuare che io mi diverto a torturarti?!” sbraitò
Samantha, le mani sui fianchi e le gambe accavallate.
“Finiscila
di prendermi in gir-”
“Bevi!”
Draco
roteò gli occhi. “Solo se la finisci di urlare come una pescivendola.”
Le
labbra pallide del ragazzo si accostarono al bordo della tazza. Veloce e indolore. Il liquido caldo gli
scivolò viscoso in gola, addolcendo il palato e scaldando lo stomaco.
Squisita.
“Allora?”
chiese spazientita Samantha.
Draco alzò le spalle, rimanendo vago. “Non c’è male…” e se ne bevve un altro
bel sorso.
Samantha
sogghignò, soddisfatta, e poggiò il viso su di una mano per guardalo meglio.
Certo
che Draco era un bel ragazzo… ovviamente escludendo qualche dettaglio…
… e ha un non so che di
angelico e fanciullesco con le labbra sporche di cioccolata e quell’aria
curiosa da bambino.
E
a quel punto le venne spontaneo un commento.
“Sembri
un poppante che beve dal biberon.”
Draco
le lanciò un’occhiataccia, che la fece ridere di gusto.
“Aspetta.”
Draco
si fermò e fissò Samantha alzarsi dal divano.
“Che
c’è?”
Samantha
gli sorrise. “Sei tutto sporco.”
Si
chinò su di lui e gli succhiò il labbro inferiore. E proprio quando Draco
cominciava a percepire meglio la situazione, Samantha si era già staccata e
sghignazzava.
“Così
va meglio” disse la ragazza, soffiandogli sulle sue labbra e sorridendogli
ammiccante.
Draco
la fissò dubbioso e riprese a sorseggiare la sua cioccolata come se nulla fosse
stato, ma vagamente più frettoloso e teso, finché l’ebbe finita.
Samantha
gli strappò la tazza dalle mani senza troppa gentilezza “Per fortuna ho fatto
altra cioccolata. Mi diverto a vedertela sulle labbra!” esclamò gioviale e se
ne tornò in cucina, ridendo.
“Tsk.”
Borbottò Draco, mentre la osservava allontanarsi.
Però è stata squisita…
la cioccolata, intendo.
*^*^*^*^*
Oh, no, gotta learn this someday[Oh, no, lo imparerò un giorno] Why, I, gotta learn the hard way[Perchè, io, lo imparerò nella dura maniera]
Nickelback, Learn The Hard Way
[Old
Fairytales
Needs –
Where’s our happy ending?]
“Smettila,
Ron.”
“Ma…
Hermione…”
“Per
favore Ron. Dopo.”
Il
volto di Ron scattò velocemente dalla parte opposta, Hermione alle spalle, una
smorfia annoiata e imbronciata sul volto.
Hermione
sospirò. “Ti prego, non fare così…”
“E
come dovrei reagire?!” aveva borbottato lui, serrando le palpebre
ostinatamente. “Preferisci quella palla di pelo a me!” aveva poi aggiunto in
tono teatrale, voltando appena il viso solo per fissare di sottecchi e con aria
omicida – o, meglio, gatticida –
Grattastinchi placidamente appollaiato sulle gambe della sua fidanzata.
Il
gorgoglio di piacere emesso dal gatto al tocco leggero della mano di Hermione
sul suo pelo rosso, fu l’ultima goccia di sopportazione a far traboccare il
vaso.
“Perché
solo a lui le coccole?”
Hermione
scosse la testa, esasperata. “Addirittura geloso del mio gatto! Ron, sei
impossibile!”
Lui
non negò nulla e si fece più vicino alle due creature, studiando l’avversario,
il quale ricambiava con lo stesso sguardo giallo carico di astio e sfida.
“Il
tuo gatto mi vuole separare da te, Hermione.”
La
ragazza trattenne l’impulso di lanciare Grattastinchi per aria e affondare un
pugno sulla testa dura di Ron.
“Vuole
solo un po’ di attenzioni, Ron. D’altronde, ho avuto poco tempo per lui in
questi mesi…” spiegò, facendo un dolcissimo sorriso intenerito in direzione del
gatto, che strofinava il muso schiacciato contro il suo palmo.
Ron
raddrizzò la schiena, sempre squadrando diffidente il grande gatto arancione.
“Credo
che sia geloso.” Concluse dopo qualche minuto di meditazione. Hermione alzò gli
occhi al cielo. “Ron, è un gatto.”
“E
io un maschio come lui. So riconoscerle certe cose.” Affermò convinto il
Weasley.
“Merlino,
questo è ridicolo!” esclamò Hermione, la bocca spalancata in una perfetta ‘O’.
Ron
non sembrava ascoltarla; seguitava, invece, a sfidare Grattastinchi in una gara
di sguardi. Davvero molto stupido,
pensò Hermione alzando le sopracciglia. Ma proprio mentre accarezzava con
tranquillità il suo gatto, Ron si era mosso improvvisamente e aveva gettato il
palmo della mano in avanti, verso Grattastinchi.
“Miaooo!”
“AHI!
Stupido gatto!!”
“RON!
Razza di Troll che non sei altro!”
L’azione
si era svolta così in fretta che Hermione non aveva avuto il tempo di
registrarla bene. Tutto ciò che sapeva era che Ron si era avventato sul suo
gatto, Grattastinchi aveva rizzato il pelo e conficcato le sue unghiette
affilate nei jeans e poi sulla guancia di Ron, ora sfregiata da tre graffi
rossi.
Preoccupata,
Hermione fece cadere Grattastinchi a terra, e si accucciò accanto a Ron che, in
ginocchio a terra, si strofinava la guancia con espressione sofferente.
“Ahiahiahiahi!”
si lamentò vivacemente il rosso, tenendosi la guancia con una mano. Hermione
gliela spostò delicatamente. “Fa vedere.”
Ron
non si ribellò, lasciando che le dita di Hermione gli sfiorassero la pelle
arrossata attorno ai tagli con gli occhi scuri ben vigili. Fissandola, Ron
provò l’intensa voglia di fermare quella mano sulla sua guancia; era
incantevole.
Si
chinò su di lei e le baciò le labbra, serrate per la concentrazione e, quando
riaprì gli occhi, si tuffò nel caldo colore dello sguardo di lei.
“Non…
non è niente di grave.” Balbettò imbarazzata Hermione, staccandosi da Ron che
le sorrideva, malandrino e compiaciuto.
“Anche
se mi fossi fatto male, ne sarebbe valsa la pena. Sono felice di essere
riuscito a distrarti da quel gattaccio!”
“Ron!
Che stupido! Tre unghiate sulla guancia solo perché sei geloso del mio gatto?!”
aveva gridato Hermione, irritata. Ron aveva sorriso stupidamente e palesemente
soddisfatto.
“E
per un bacio, tesoro.” Aveva aggiunto, anzi, senza diminuire quel sorriso che
sembrava sempre più vispo.
Hermione
si morse la lingua, le guance rosse di imbarazzo e ancora un po’ rancorosa.
“Quanto
sei stupido.”
“Lo
siamo tutti.”
Ron
e Hermione si girarono contemporaneamente e fissarono un Harry dai vestiti
sporchi che li guardava da dietro le lenti rotte degli occhiali.
“Oh,
Harry! Come è andata? Stai bene?” cominciò a domandare Hermione, allontanandosi
da Ron per andare incontro al suo migliore amico.
“Già,
racconta, non ti sei fatto più sentire…” soggiunse Ronald, seguendo docilmente
Hermione. Si accigliò un po’, vedendo il compare non rispondere al sorriso: lo
sguardo spento e vitreo degli occhi smeraldini di Harry gli trasmise una brutta
sensazione.
“Ehi,
amico…” disse “…è successo qualcosa?”
Harry
annuì gravemente. “Ho distrutto due Horcrux. Li ho distrutti… ho scelto di distruggerli…
(“Sono un Horcrux.”… “Ti
libererò da quelle macchie oscure. Troveremo un modo!”… “Ho capito… Addio
Sirius”… “Papà, posso farti rimanere?”… “Addio, papà.”)
…
di distruggerli con le mie mani. Due Horcrux.”
“Davvero?”
Harry assentì ancora. “Fantastico, Harry!” esclamò Hermione, sinceramente
contenta. “In questo modo siamo a metà strada dal nostro obiettivo!”
“Già…”
concordò tiepidamente Harry, passandosi una mano tra i capelli. Hermione parve
accorgersi dello stato inspiegabilmente spento del suo migliore amico.
“Harry?”
“E’
morto Regulus – R.A.B. – e anche Sirius. Perfino Kreacher… e...”
(Addio, papà.)
…
no, niente.”
Sia
Ron che Hermione spalancarono gli occhi, increduli.
“Come?
Sirius? Ma lui… lui era già…”
“No.”
Harry scosse la testa, affranto. “Non era morto nel vero senso del termine. Il
suo spirito era imprigionato. Ma non ho tempo per spiegarvi, sono passato solo
per dirvi arrivederci.”
Ron
inarcò un sopracciglio. “Scusa?”
“Proprio
come ho detto Ron,” Harry gli lanciò un’intensa occhiata carica di decisione (e
tristezza?). “Arrivederci.”
“Ma…
dove andrai? Non puoi andartene da solo, è troppo pericoloso!” era intervenuta
una – ora più che mai – spaventata Hermione. “I Mangiamorte ti cercano
dappertutto e gli apparati del Ministero sono sempre più corrotti! Dove ti
rifugerai? E perché questa decisione così all’improvviso?... Ma non dovrei
neanche discutere… è assolutamente impensabile una cosa del genere, Harry!”
Harry
sospirò pesantemente, abbassando gli occhi.
“Non
sono stati facili per me questi mesi, Hermione, ma qualcosa…
(Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)
…
mi ha fatto riflettere: questi mesi sono stati fin troppo facili per me. Sono stato aiutato, mi hanno sorretto molte volte,
così tante che se non fosse stato per l’appoggio degli altri io sarei
sicuramente...
(… finirà sicuramente
per ammazzarsi da solo…)
…
morto. L’allenamento di Regulus serviva solo per allenare la mia magia… non il
mio spirito. Devo diventare più forte…
(No, non ce la faccio: è più forte lui!)
…
devo allenarmi, da solo; lontano da
tutti quelli che mi posso proteggere.”
“Questo
è stupido!” era intervenuta Hermione, inorridita.
“Non
lo è. Come farò a crescere se mi appoggio ad altri, Hermione? Ho bisogno di
imparare a sopravvivere, a combattere da solo... so che ho delle qualità…
(Ecco, Harry: tu hai
coraggio!)
…
ma devo migliorarle.”
“Harry,
noi verremo…!”
“No,
Hermione.” L’aveva subito fermata Harry. Gli occhi verdi erano fermi e
irremovibili, sembrava che tutta la muscolatura facciale si fosse fatta di
pietra mentre la fulminava. “Non verrete, né tu né Ron.”
“Ma…!”
“Tu
capisci, vero, Ron?”
Hermione
si voltò verso il suo fidanzato, il cui viso era abbassato e lo sguardo
nascosto dalla frangia dei capelli.
Ron
rimase immobili qualche secondo, poi sospirò e disse: “Capisco, Harry.”
Lo
scambio d’intesa tra i due faceva sentire Hermione piuttosto fuori luogo,
l’unico barlume di ragione in una sconfinata insensatezza. Ma prima che potesse
dire qualcosa – qualsiasi cosa – per fermare quella che le sembrava l’idiozia
del secolo, una voce dura echeggiò per la stanza, agghiacciando sia lei che Ron,
ma soprattutto Harry.
“E
così te ne vai di nuovo, Harry.”
Hermione
allargò gli occhi e sobbalzò udendo la voce atona e fredda di Ginny. Con la
coda dell’occhio vide Harry non mostrare alcuna sorpresa all’apparizione di
Ginnydopo l’iniziale stupore; il volto era immobile.
“Non
ti avevo promesso un happy ending,” Harry torse il collo e incrociò uno sguardo
vacuo. “Ginny.” La suddetta non disse
niente, limitandosi a guardarlo di rimando.
Hermione
sentì calare un’atmosfera troppo intima. Un silenzio denso di tensione e parole
mute dominava nella stanza tramite lo scambio di sguardi di Harry e Ginny,
troppo intimo.
Ron
la fissò, muto e con il viso indurito, tentando di comunicarle qualcosa che non
seppe registrare.
Dopo
alcuni minuti Ginny chiuse gli occhi, prendendo un grande respiro. “Ma io avevo
detto che non ti avrei lasciato andare un’altra volta. E tu mi dicesti che non
era egoistico per me volerti accanto.” Ricordò con decisione, avanzando di
qualche passo fino a trovarsi ad una distanza esigua da Harry.
“Perché
mi dici queste cose?”
Ginny
alzò le spalle. “Forse perché so come ti comporti, Harry. Lo so. Ma, ti prego, non farlo.”
Hermione
trattenne il fiato, stringendosi in un gesto protettivo: Ginny piangeva. Piano, quasi silenziosamente,
ma piangeva. Invece Harry rimaneva
fermo e composto, le spalle un po’ troppo rigide e le braccia attaccate al
busto. Eppure, dietro il riflesso degli occhiali, gli occhi verdi palpitavano
di un’emozione che Hermione non seppe decifrare ma che le trasmise un senso di
infinita tristezza.
“Ginny.”
Bisbigliò Harry, e la sua voce era dolce e soffice. “Ginny.”
Ginny
scosse il capo più volte, le mani strette a pugno e le lacrime che le rigavano
le guance pallide e lentigginose.
“Non
parlare Harry, non parlare!” strillò istericamente, cercando (invano) di
asciugarsi le guance, con dei gesti simili a quelli di una bambina. Così fragile.
“Ron.”
Le uscì soffocato e il ragazzo le fu accanto stringendole le spalle,
stranamente silenzioso, ad attendere cosa sarebbe successo. Sembrava quasi di
partecipare ad una messa in scena teatrale, ma la verità della scena faceva
sentire Hermione come un’intrusa, e non una spettatrice.
Harry
si tolse gli occhiali e si inginocchiò a terra, prendendo le mani di Ginny, che
sussultò vistosamente, gli occhi spalancati e atterriti – supplicanti.
“Harry…
ti prego… non escludermi…” balbettava incoerentemente, continuando a piangere
adesso così forte da riempire la stanza dei suoi singulti.
Harry
non parlò, si limitò ad accarezzare piano le nocche di Ginny, pensieroso,
immerso in un mondo distante dal loro.
“Lascia
che ti aspetti!... H-Harry…”
“Io
non posso chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.”
La voce di Harry era fredda, distante, non sembrava neppure la sua. Il
polpastrello del pollice continuava a strofinare gentilmente il palmo di Ginny
in grotteschi cerchi invisibili. “Parto e non voglio che tu mi aspetti. Voglio
– invece – che tu riesca a vivere anche senza di me. Mi hai già dedicato
abbastanza. E, credimi, quello che mi hai dato è talmente prezioso che mi
mantiene in vita. Ma non posso appoggiarmi sempre agli altri, non posso gravare
su di te, capisci? Prima credevo anch’io si potesse conciliare questa guerra
con l’affetto… ma è troppo infantile
e ingenuo… non posso combattere con
l’amicizia e l’amore alle spalle; l’ho capito oggi, che il sacrificio è
bastato: non voglio più che mi stai vicino, né te né Ron o Hermione!”
Ginny
scosse violentemente la testa, lasciandosi cadere in ginocchio. Strappò le mani
dalla presa debole di Harry e gliele portò al viso, in modo da incontrare i
suoi occhi non nascosti dalle lenti.
“No,
no! Io non capisco Harry, non voglio capire, voglio che tu mi abbracci, voglio
che mi chieda di aspettarti e di amarti e starti vicino… io… Harry! Ti prego…” …non distruggermi ancora.
Harry
rimase inespressivo.
“Ginny…
aspetteresti per niente… forse non tornerò… forse…”
(…finirà sicuramente
per ammazzarsi da solo…Anche tu sei
avviluppato da una Maledizione, Harry…)
“Devo
allenarmi da solo e combattere da solo. Così, forse potrò vincere… forse…”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Abbassò
il collo, prese nuovamente le mani di Ginny tra le sue e vi strofinò la
guancia, le baciò gentilmente, e le lasciò ricadere, inermi, lungo i fianchi di
una affaticata e invecchiata Ginny, ormai rassegnata.
“Ti
prego…” mormorò piano, come ultima risorsa, Ginny.
Harry
si rimise gli occhiali, sistemandoseli bene sul naso, si alzò, aggiustò il
mantello e si voltò senza aggiungere una parola.
Hermione
non poteva respirare senza provare un odioso masso sul petto. Lo stesso masso
sembrava gravare sulle spalle ricurve di Ginny e sul suo ansimare (folle).
Passando
accanto a lei e Ron, Harry aggiunse una sola cosa. “Ron, pensaci tu.”
Ronald
non disse assolutamente niente, limitandosi a fissare fermo un punto
imprecisato della parete. Hermione prese a piangere, e allungò le mani nel vano
tentativo di fermare Harry, di riaggiustare le cose, di rendere meno triste e
meno doloroso quell’addio così straziante che la stava consumando. Harry,
tuttavia, la ignorò e continuò per la sua strada senza voltarsi, nemmeno mentre
lei gridava e Ginny piangeva forte, come un neonato.
Ron,
mentre Hermione scalpitava tra le sue braccia, la teneva ferma, in uno strano
silenzio, non preoccupandosi di Ginny, troppo distrutta per muovere anche solo
un passo.
“È
il suo destino e la sua scelta. Ce l’ha spiegato Hermione. Noi non possiamo
fare niente per fermalo.”
Hermione
si accasciò finalmente udendo le parole di Ron.
“Che schifo di scelte.” Fu il solo commento con cui se ne uscì Ginny, i
singhiozzi un po’ placati.
Hermione
non ebbe il coraggio di aggiungere niente.
^=^=^=^=^=^
Meow!
*___*
Kaho
finalmente è riuscita a mettere i suoi adorati Nickelback in questa storia!
Yay!
*Couff
couff*
Sì,
le vacanze impegnano e la pigrizia di Kaho è sempre un fattore determinante dei
ritardi! XD …
…
Però è una cosa allucinante, un paradosso! Ultime settimane di vacanza e una
brava ragazza pensa che sia tutto rosa e fiori e invece… brr… libri di
matematica e filosofia che si sono accumulato per tutte le vacanze *_*! E così
ha inizio l’idilliaca secchiata dell’ultima settimana!
In
realtà le autrici sono delle studentesse coscienziose, o almeno una delle due
lo è (Kaho e Samy all’unisono: sei tu!)… Ora passiamo a cose più serie.
Mancano
solo due capitoli e durante questi Harry avrà un bouleversement di carattere, perché davvero, in questa storia fa la
figura dell’allocco (ma no, era solo R.A.B. che lo trattava come un grazioso
allocco ndSamy però anche Draco in questo capitolo fa la figura del moccioso
incompetente ndKaho-spietata -_- ndSamy). Ma vedrete che la solitudine lo
maturerà, sìsì! ù__ù
Preparatevi
al ritorno di un Harry Potter reduce da un lungo ramingaggio (il vagare di un
eroe ^_^)… E’ un poco stile Aragorn, ma le autrici sono certe che farà un
figurone nella battaglia finale che avrà inizio… proprio nel prossimo
capitolo!!!!
Un
grazie a Saty (Dio, ti adoriamo, ci
fai sempre fare quattro risate! XDDD), Apple
(^_^ Siamo felici noi di averti appassionato! X3), EDVIGE86 (Grazie mille! *.*), HarryEly
(Merci! ^^) e Nana92 (aggiornato
presto eh? ^^;).
I
prossimi, faremo ciò che possiamo. Non vediamo l’ora di chiudere questa storia
e cominciare con la seconda parte (di cui Samy ha già abbozzato qualcosa a
computer. Stupenda! *__*)
Ah,
per chi ama la Harry/Ginny venga nel forum della carissima Apple: http://harryginnyfanscommunity.forumfree.net/;
più siamo meglio è! ^_^
Ronald
Weasley contemplò per l’ennesima volta l’enorme orologio a pendolo di casa
Granger mentre scandiva il quarto rintocco del pomeriggio.
E con questo fanno due
ore. Merlino! Possibile che questo tipo non abbia niente di meglio da fare che
importunare le ragazze già impegnate!
Ron
mugugnò inacidito, fissando l’indesiderato ospite che chiacchierava amabilmente
con quelli che forse, in un futuro che lui vedeva ancora molto lontano (ma non
troppo), sarebbero diventati una piacevole coppia di suoceri.
I
Granger, e specialmente la madre, erano a dir poco gentili e cortesi; e
naturalmente, senza bisogno di stupirsi, anche estremamente dotti. Dentisti
esperti e affermati, che però avevano registrato un notevole calo di visite da
cinque mesi a quella parte; anche i normali abitudinari scarseggiavano.
Ron
storse il naso ripensando all’articolo della Gazzetta del Profeta di qualche
mese prima:
I
Babbani sfollano. Nuova avanzata Oscura.
Il
Primo Ministro Babbano, in accordo col provvisorio capo del dipartimento di
Contrasto della Magia Oscura, Albert, ha sancito un istantaneo decreto che
prevede lo sfollamento del più possibile numero di Babbani residenti a Londra e
nelle vicinanze, centro focale degli attacchi dei Mangiamorte. Il Primo
Minsitro Babbano, la cui carica è rimasta traballante ed incerta dall’attentato
al Parlamento di un anno fa, giustifica questa ritirata di massa come una
precauzionale misura di sicurezza contro ‘attentati terroristici’. La comunità
babbana, ovviamente tenuta all’oscuro della vera realtà dei fatti, ribatte a
questo decreto con un’orda di proteste e la richiesta di dimissioni dello
stesso Primo Ministro…
Ma
nonostante le proteste, la popolazione babbana inglese era in muta ritirata.
Troppe vittime, troppe morti misteriose. Anche i Babbani meno arguti avevano
intuito che dietro quell’apparente velo di copertura ‘attentati terroristici’
si celava qualcosa di ben più grave, forse innominabile, forse impensabile.
La
nebbia opprimente, tutti quei bizzarri avvistamenti nel cielo, l’irrazionalità
di alcuni eventi stavano per condurre la comunità magica alla più terribile
delle disgrazie: la rivelazione al mondo babbano. L’Inghilterra, ormai già
messa in ginocchio dalla Guerra Oscura contro Lord Voldemort, non avrebbe retto
ad una probabile controffensiva babbana: sarebbe stato un autentico disastro,
l’apocalisse del mondo dei maghi.
Erano
ormai tre mesi che la comunità magica inglese tirava avanti in quel clima di
precarietà, non sapendo se temere di più l’attacco di un Mangiamorte o di un
Babbano armato di fucile e fiaccola anti-strega.
L’unico
modo per andare avanti senza crollare dalla disperazione era godere di quei
brevi momenti di felicità tra una battaglia e l’altra.
E io me li godrei
questi bei momenti con i genitori della mia ragazza se solo non ci fosse quel…
“Hai
migliorato molto la tua pronuncia, Victor.”
Come sempre la mamma di
Hermione è gentile con tutti… con cani e porci…
“Grazie,
signora. Ma devo ezzere brafo a pavlare ingleze se voglio
reztare cva.”
A me non pare così
dotato. A stento è capace di finire una frase senza sputare.
Ron
grugnì appena, ma fu abbastanza perché la sua vicina di divano se ne accorgesse
con dissenso.
“Smettila,
Ron.”
Ron
si voltò verso l’ormai ufficiale fidanzata “Non ho fatto nulla, Hermione” con
una smorfia osservò gli immani sforzi grammaticali di Victor Krum “E mi sono
anche trattenuto, dovresti almeno ringraziarmi.”
Hermione
strinse gli occhi con aria critica “Anche se non hai aperto bocca,
l’espressione del tuo viso la dice lunga, Ron.”
Ron
si specchiò nel pavimento lucido del salotto di casa Granger.
In effetti ho uno
strano grugno sul viso… bah, tutta colpa del bulgaro.
Ron
rialzò il viso esibendo un sorriso chiaramente forzato.
“Smettila,
Ron.”
“Oh,
andiamo, Hermione… mi sto impegnando!”
“No,
vuoi solo metterti in mostra perché c’è Victor.”
Ron
sussultò, sentendosi vagamente colpito nell’orgoglio “Di certo non voglio fare
spettacolo solo perché c’è Krum nei paraggi. Oramai sono un diciottenne,
Hermione, un vero uomo anche dal punto di vista dei Babbani. Dovresti esserti
resa conto dell’enorme evoluzione che ha compiuto la mia maturità.”
Hermione
sbuffò quasi come se tentasse di smorzare una risata “Avanti Ron, noi stiamo
insieme da molto ma… sinceramente… la più matura della coppia sono io.”
“Hermione!”
esclamò Ron forse troppo forte. Victor Krum si voltò con aria interrogativa che
fece prudere il palmo delle mani al rosso Weasley.
“D’accordo,
Hermione. Ti concedo l’intelligenza e l’arguzia, ma la maturità è mia. Come
potresti sostenere il contrario?”
“Ah
non lo so” sentenziò Hermione, ironica “Forse dal fatto che stai giocando con
Victor a ‘chi abbassa lo sguardo per primo’.”
Ron
interruppe lo scambio di fiammate e scariche elettriche che intercorrevano tra
i suoi occhi e quelli di Victor “Questa non è immaturità. E’ semplicemente
rottura di… oh, ma Merlino, Hermione! Sono il tuo ragazzo, vengo in visita per
conoscere i tuoi genitori e inviti il tuo ex?”
Hermione
diede un leggero colpetto di tosse “Primo: Victor e io non avevamo un rapporto
tanto stretto da potersi definire ‘impegnativo’, quindi lui non è il mio ex…
secondo: non avevo idea che oggi lui venisse a visitare casa mia…. Terzo: è
stata volontà di mia madre perché voleva ringraziarlo dell’aiuto di sette mesi
fa.”
“Mh?”
Ron assunse un’aria di colpo più seria “Oh, dopo la distruzione di Hogwarts,
quando i Mangiamorte hanno attaccato tutti quelle cittadine babbane nei
dintorni di Londra.”
“Già”
assentì Hermione “Victor ha salvato i miei genitori, portandoli con le proprie
forze al San Mungo… per questo non posso declinare una sua visita… e
soprattutto non posso farlo perché il mio ragazzo è geloso!”
“Geloso?”
Sì, sono geloso, e
immagino che questo sia abbastanza evidente. Ma doverlo ammettere davanti a lei
è così svilente!
“Emioni!”
Oh, per la miseriaccia!…
come non poter riconoscere questa flemma così grammaticalmente corretta?
“Emioni,
tu che sei una vagazza movto cavina e amica di tutti”
Uhh, ma che galantuomo!
“Hai
notizie di Fleuv?”
“E’
una donna sposata” aggiunse prontamente Ron.
“Lo
so cvesto” ribatté Krum con vigore
“Lei mi ha mandato una cartolina pev
il matrimonio. Si è spozata con Bill
Weazley.”
“Lo
so che si è sposata con Bill Weasley”
disse Ron con una voce improvvisamente acida “Bill Weasley è mio fratello.”
“Non
sapevo” borbottò Krum sorpreso, mentre squadrava Ron “Voi Weazley ziete
fovtunati! Avete sempve le ragazze più cavine!”
Ron
stava quasi per accoglierlo come un complimento quando…
Un momento? … vagazze
più cavine?... Hermione! Questo recipiente di salsa bulgara scaduta ha anche il
coraggio di fare i complimenti alla mia ragazza sotto il mio naso?
Ron
si alzò dal divano invitando Hermione a seguirlo, cingendole la vita con le
braccia. Krum trattenne un grugnito, ma schioccò la lingua con dispetto mentre
il rosso Weasley si accomodava su una sedia e faceva accomodare a sua volta
Hermione sulle proprie gambe.
“Forse
non è il caso che resti, Krum”
mormorò Ron “Avrai un sacco di partite di Quidditch… molti Boccini da
acchiappare.”
Victor
recepì il messaggio. “Ti sfido. Pvova a fare questo: pavave una Pvuffa.”
Ron
alzò le sopracciglia, poi socchiuse gli occhi all’indirizzo di Krum “Prova a
dire questo: ‘sono seduto su una sedia con una ragazza carina’… senza sputarmi in faccia, per favore.”
Hermione
sbatté i palmi aperti delle mani sulle proprie gambe e si alzò con uno scatto
“Questo è ridicolo.”
“Emioni!”
“Hermione!”
Le
giunsero due richieste distinte e si trovò come imprigionata in una sorta di
scelta.
“Ron,
puoi venire un momento.”
Il
rosso Weasley balzò dalla sedia, facendo segno di vittoria a Krum.
Hermione
sbuffò, cogliendo lo sfogo infantile di Ron. “Torniamo subito, scusa Victor.”
Krum
le rivolse un lungo sguardo d’intesa “Niente. Io capivso cveste coze, Emioni.”
Ron
oltrepassò Hermione sibilando un: “Secondo me quello non capisce niente.”
Hermione
si richiuse la porta di casa alle spalle, sfoderando la bacchetta. Al suo
fianco, Ron fece lo stesso. I due erano freschi d’allenamento e di consigli
d’allerta di Malocchio Moody: la nebbia era, se possibile, ancora più fitta
rispetto a sette mesi prima; ora persino con l’incantesimo Lumus Maximus era
difficile orientarsi nei banchi di foschia.
“Allora,
Ron, mi vuoi spiegare questo comportamento?”
“Hermione,
lo sai… è solo la vista di Krum che mi fa imbestialire… insomma… lui è stato il
primo a… ad averti.”
Hermione
esplose, prima di vergogna, poi di indignazione “Lui non mi ha avuta, Ron!
Nessuna mi ha avuta fino ad ora! Solo tu eri sulla buona strada, Ron, ma dopo
la scenata che hai fatto…”
“Dai,
Hermione, sai che per me è normale, credevo che ormai non ci facessi più caso”
si giustificò Ron “E poi anche tu hai le tue colpe… perché lo tratti così
bene?”
Hermione
alzò un sopracciglio “Forse perché è un essere umano e ha salvato i miei
genitori?”
“Sulla
prima non ci giurerei.”
“Ron!”
“Ma
hai sentito come parla? Si direbbe più un cinghiale che un uomo.”
“E’
l’accento delle sue parti.”
“Visto,
tu lo difendi sempre.”
“Ma
perché è ingiusto quel che dici, per principio. E poi tu lo sai parlare il
bulgaro?”
“Esiste
una lingua bulgara?”
“Ron!”
“Siete
i soliti.”
Quella
voce famigliare e che ormai apparteneva a ricordi vecchi di sette mesi squarciò
l’atmosfera litigiosa.
Il
motto di Moody ‘Vigilanza Costante’ non sfiorò nemmeno i pensieri di Ron e
Hermione mentre si lanciavano verso il loro amico ritrovato.
I
tre si strinsero in un abbraccio di gruppo che pareva così irreale, così
speculare ad un sogno troppo fantasioso: il ritorno del Magico Trio.
Appena
Harry si staccò, si vide assalito da un fiume di domande di Hermione… “Stai
bene” “Abbastanza per essere il Prescelto braccato dalle Forze Oscure”; “Quando
sei tornato?” “Solo oggi”; “Come ci hai trovato?” “E’ bastato seguire le urla
di indignazione di Hermione”… l’unica a cui non riuscì a rispondere
racchiudeva, in effetti, il mistero di quei sette mesi utopici.
“Dove
sei stato?”
Harry
si schiarì la gola, sospirando pesantemente “Qua e là…”
… da nessuna parte.
Ron
poggiò una mano salda sulla spalla della ragazza con un savoir-faire teatralmente solenne “Su, dai, Hermione, smettila di
tormentarlo… Lascia campo libero al miglior amico, ora. Vuoi che ti
aggiorniamo, Harry? Ne sono successe di cose – belle – dalla tua partenza.”
Harry
si sentì di colpo escluso o estraneo a quel gruppo di colleghi e amici che un
tempo aveva salutato affettuosamente come compagni di vita e famiglia.
Forse comincio a
perdere quel legame. Forse sono riuscito a perderlo. Forse così potrò
scongiurare una brutta fine.
(Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)
Harry
scosse la testa, tentando di scacciare quel ricordo vivido che lo aveva
costantemente tormentato per quei lunghi, irreali sette mesi. “Come stanno
Remus e Tonks?”
Ron
sghignazzò. “Oh, questo ti sorprenderà: Tonks è incinta!”
Harry
rimase colpito dalla felicità di quella notizia, mischiato a qualcos’altro di
non altrettanto piacevole:
… Tonks è incinta… sta
per nascere il figlio di Remus e per me è tutto nuovo… quanto tempo sono stato
via?
“Come
va l’allenamento con l’Ordine?”
“Bene,
Malocchio Moody ci fa sudare come delle bestie, vero Hermione?”
“Sì,
Ron, ma sei tu l’unico che suda. Sai Harry, non immagini la fatica di Ron per
imparare a maneggiare una spada.”
“Non
è facile destreggiarsi con grazia con un pezzo di metallo da venti chili da
trascinarsi dietro, Hermione. E poi mi sembra insensato imparare a usare una
spada, non ci basta solo la bacchetta?”
“Serve
per migliorare la nostra forza e resistenza. Ma queste cose le aveva già
spiegate Moody mentre ci allenava… dimmi, Ron, hai mai veramente prestato
interesse alle sue spiegazioni?”
“Sei
tu l’unica che gli dà retta, Hermione; quell’uomo è fuori di testa.”
“Non
ricominciare. E’ solo originale… e comunque il suo motto ci è stato più volte
utile: vigilanza costante!”
Un
sogghigno da parte di Ron “Con quella voce e quella posa sembri proprio Moody,
Hermione.”
“Cosa?
Ron ma…! … oh, scusaci, Harry… non lo facciamo apposta, sono cose che
capitano.”
“Non
fa niente, Hermione. Sono felice che le cose non siano cambiate: sono sempre il
terzo incomodo nel bel mezzo di un fuoco incrociato.”
Harry
trasse un lungo respiro, distogliendo lo sguardo dai suoi amici e creando un
silenzio incomodo che era inusuale per il Magico Trio.
“Vuoi
sapere qualcos’altro?” domandò Hermione, socchiudendo gli occhi, lanciando un
muto sollecito a Harry.
Harry
sperò solo che la domanda non risultasse troppo impegnata e cruciale. Ma il suo
proposito fallì quando l’atmosfera mutò di colpo: imbarazzo palpabile e
irrequietezza.
“Lei…
sta bene” borbottò Ron con una mancanza di sincerità che non sfuggì a Harry.
“Che
le è successo?” chiese assolutamente preoccupato “Un attacco di Mangiamorte o
un…?”
“Ha
un nuovo ragazzo.”
Ron
si voltò di scatto verso Hermione, lanciandole un chiaro messaggio: ma sei pazza, così di botto e
all’improvviso?
Gli
occhi nocciola di Hermione scintillarono di convinzione, attenuando l’impeto di
Ron.
E’ ora che Harry
affronti le conseguenze delle sue scelte.
Harry
socchiuse le labbra con un inspiegabile sforzo “Capisco” mugugnò con una voce
che fece raggelare l’ambiente.
Hermione
sospirò: non c’era niente da aggiungere. Ron diede qualche colpettino di tosse,
come per smorzare quell’atmosfera tesa e spiacevole, prima di rivolgersi
all’amico.
“Harry,
vuoi andare a trovare…?”
“No”
lo fermò Harry all’istante “Starà meglio senza vedermi.”
*^*^*^*^*
Colloquio con il Sostituto
[L’Eroe che non torna]
Era
assopita contro la finestra di una casa sconosciuta (la casa di Han Joshuel) da
più di un quarto d’ora. Ginny sbirciò fuori, al di là del vetro: ovviamente
nebbia. Anche i suoi occhi, un tempo azzurri e sgargianti, cominciavano a
sfumare come la foschia cupa dei Dissennatori.
Qualcuno
bussò alla porta e chiamò il suo nome.
“Ginny,
tua madre e tuo padre sono arrivati.”
“Arrivo.”
Rispose
lei con la versione smunta di quella che un tempo era stata un’energica e
tonante voce. Osservò il suo viso riflesso nel vetro della finestra: non
sorrideva. Non sorrideva da molto; da molto non incrociava allo specchio lo
sguardo vispo e il sorriso energico dell’allegra e autentica Ginevra Weasley.
E’ tutto desolante e
cupo. Tutto triste.
E
per merito di quella cupezza molti valorosi combattenti si erano ritirati dallo
scontro contro Lord Voldemort mugugnando un ‘tanto è una battaglia persa’.
E
tra quegli eroi che si ritiravano c’era anche…
Ginny
scacciò quel pensiero dalla testa, facendo mulinare i capelli rosso spento.
Quel ricordo era autodistruttivo, altamente scoraggiante.
Ginny
si staccò dalla finestra con enorme fatica, sentendosi addosso una strana
pesantezza. Prima di aprire la porta e scendere le scale, raccattò da una
mensola il foglio che aveva conservato gelosamente come un talismano, nella
speranza che avrebbe segnato la ripresa e la vittoria dei buoni.
Per
tutto il paese, dopo l’attentato al Ministero, erano stati dispensati avvisi di
Reclutamento per ingigantire e rafforzare l’esercito che avrebbe dovuto tener
testa ai Mangiamorte di Lord Voldemort. Forse la strategia sarebbe stata buona,
ma poi era sopraggiunta la distruzione di Hogwarts che si era trascinata nelle
ceneri, oltre che incommensurabili vite innocenti, anche l’ottimismo e la
speranza di vittoria.
“Unitevi
alla battaglia contro l’Oscuro Signore. Uniti (Babbani, Maghi, Creature
Magiche) lo sconfiggeremo, di sicuro.”
L’uomo
che aveva aiutato alla distribuzione dei volantini, quello che ne aveva fatto
delle coppie e anche i restanti collaboratori erano stati trovati uccisi,
squartati come solo un Inferus poteva fare.
E
ora quell’avviso di Reclutamento, quella vena di coraggio che aveva osato far
fronte all’oscurità era solo carta straccia.
Un
ragazzo aprì la porta a Ginny e la affiancò nella discesa verso il salotto. La
ragazza intravide i suoi genitori in attesa ai piedi delle scale, scortati dal
sempre all’erta Malocchio Moody.
Ginny
ripensò alle parole del più rigoroso membro dell’Ordine della Fenice, due mesi
prima, cinque mesi dopo la scomparsa di Harry.
(“Questi codardi menefreghisti. Abbandonano il
proprio paese quando ne ha più bisogno. Ma non scoraggiamoci, ragazzi, l’Ordine
della Fenici e i suoi validissimi membri possono compensare le perdite, la
mancanza di uomini, dobbiamo solo credere nella vittoria e agire in modo tale
che vi sia il nostro trionfo.”)
Moody
era molto bravo a parlare ma si capiva subito quando non era convinto di quello
che diceva; esitava sempre. E, quel giorno, Alastor aveva esitato, e molto
anche. Esattamente come quando gli era stata comunicata la scomparsa di Harry.
“Ciao,
Ginny cara” la salutò sua madre con un bacio alla guancia e un’espressione che
la figlia giudicò preoccupata.
Suo
padre si limitò ad accennare un saluto impacciato, fissando con sospetto il
ragazzo al suo fianco, Han Joshuel.
Han
salutò entrambi con cortesia e li invitò ad accomodarsi sul divano del suo
salotto. Subito venne servito un servizio da the indiscutibilmente pregiato.
Molly
fissò le fini decorazioni della ceramica e i manici intarsiati della tazzina
“Oh, che onore” disse con un filo di voce, sollevando il the fumante per
prendere un assaggio.
Han
le sorrise cordiale “E’ il minimo che possa fare per i genitori della mia…”
Ginny
smise di ascoltare e morsicò un biscottino alle mandorle. Ingoiò tutto ma la
dolcezza della galletta non le arrivò alla lingua, sembrò solo amaro e
difficile da inghiottire.
Percepì
un sospiro da suo padre, quasi un sibilo “Capisco, Han. E così questa è la tua
casa.”
“Sì,
signore. Ho ereditato tutto dai miei genitori. I Joshuel sono una rispettabile
famiglia aristocratica nel mondo dei Babbani… chiamate così le persone normali,
vero?”
Arthur
sbatté la testa in avanti in un gesto di assenso che sperò non essere troppo
scortese. Ginny vide Moody agitarsi scomodamente sul divano. Evidentemente era
rimasto turbato, se non offeso, da quel ‘persone normali’.
Ma
Ginny ignorò quel commento, come sempre.
Arthur
scrollò le spalle “Così la tua famiglia è di stirpe?” disse con una voce
critica.
“Esatto,
signore” rispose Han con accortezza “Una delle migliori, ma ciò non significa
che siamo privi di umiltà” concluse con un vago tono insinuante.
Arthur
si schiarì la voce, tra l’imbarazzato e l’oltraggiato “Non volevo certo
offendere nessuno.”
“Non
si preoccupi, signore, non ha offeso nessuno.”
Molly
osservò il marito che continuava a cambiare posizione sul divano con un forte
alone di irrequietezza. A Moody mancava poco per sputare sul pavimento mentre
contemplava il muto litigio tra Arthur e Han scuotendo la testa con una
smorfia.
Ginny
arraffò un’altra galletta dal vassoio d’argento e la ingoiò a fatica.
“Davvero
buoni questi biscotti.”
Han
le rivolse un gran sorriso compiaciuto poi tornò a dialogare con Arthur con il
medesimo compiacimento.
“Anche
nel vostro mondo ci sono famiglie aristocratiche? Sa, Ginny non mi parla molto
del suo mondo, non certo perché non abbiamo un buon feeling, al contrario, è
solo che quando siamo soli impieghiamo il tempo in altro modo.”
La
mano destra di Arthur ebbe un’evidente convulsione mentre si serrava a pugno.
Anche Han la notò, ma non accennò ad alcun tipo di reazione, continuando a
sorridere educatamente.
“Beh”
attaccò Arthur con evidente ostilità “sono proprio le famiglie nobili del nostro mondo che hanno scatenato questa
guerra.”
Han
distolse lo sguardo da quello che ormai amava considerare il suo futuro suocero
buffone. Una pesante nebbia densa opprimeva le ampie finestre decorate del
salone.
Han
socchiuse le labbra parlando con tono calmo e dosato come se l’argomento non lo
coinvolgesse più di tanto “Quindi questa sarebbe la guerra? E’ per merito
vostro se l’Inghilterra si sta lentamente svuotando?”
Arthur
fremette ma, scorgendo la figlia che, mite rosicchiava un biscottino, si impose
la calma, invocando a viva voce le ultime gocce della sua pazienza. “Beh…”
“Ora
basta!”
Han
si girò con contegno verso Moody che aveva appena sonoramente sbattuto il
fedele bastone sul pavimento di marmo.
“Arthur,
Molly, mi avete chiesto di farvi da guardia del corpo, ma non spererete davvero
che rimanga zitto e calmo mentre quel bamboccio babbano ci insulta?”
Arthur
gli rivolse un’occhiata di pura gratificazione, ma Molly gliene lanciò una
d’avvertimento, spostando poi lo sguardo preoccupato sulla figlia.
“Alastor,
ti prego. Non è il caso che ti esprimi a questo modo con un Babbano, potresti
essere malinteso…”
“Oh,
suvvia Molly!” grugnì Moody puntando il bastone verso Han “Questo è proprio
l’ideale comune dell’Ordine: Babbani e Maghi sono alla pari. E tutti noi
sappiamo che tra i maghi ci sono degli autentici bastardi – e qui Molly
sobbalzò d’indignazione – e quindi, allo stesso modo, dovremo considerare
l’eventualità che anche tra i Babbani si annidino delle serpi, come ad
esempio…”
E
lasciò sfumare la voce, puntando entrambi gli occhi, compreso quello mobile che
roteava convulsamente, all’indirizzo di Han.
Han
adagiò la schiena contro il divano e il suo bracciò si allungò verso Ginny.
Arthur
ebbe una fulminea reazione (istinto paterno), ma Molly gli trattenne il polso,
mitigandolo con pochi sospiri: “Stai calmo, Arthur, non permettere che la
situazione degeneri.”
Ma
quando tornò a fissare il divano accanto, la sua creatura era già stata presa.
“Sono
sinceramente dispiaciuto, non intendevo davvero
risultare così antipatico” disse Han, mentre il suo braccio destro cingeva
lievemente le spalle di Ginny, tuttavia con una sinistra possessività “Non
vorrei di certo inimicarmi i genitori della mia…”
Ginny
bevve tutto d’un fiato il the bollente, bruciandosi la gola. Riemerse dalla
tazza fumante e vuota, sorridendo con un vago impaccio ad Han.
Anche questo non è
tanto salutare per me… ma è sempre meglio di attendere un eroe scomparso.
“E’
davvero molto buono questo the, Han.”
“Grazie,
Ginny tesoro, è alle fave. Te ne verso un’altra tazza.”
E
mentre il liquido fumante e ambrato colava nella tazza di Ginny si creò un
tetro silenzio, amplificato dallo scrosciare del the.
“Forse
è tutta colpa di questa nebbia” aggiunse Han quando ebbe terminato di versare il
the “Tende a creare una smisurata dose di depressione.”
Ginny
chiuse gli occhi prendendo un sorso di the. Già: la depressione, ma c’era
dell’altro.
Per
ingigantire la grande depressione, era sopraggiunto quell’imprevisto, il colpo
di grazia, che ormai Ginny cominciava a recepire come un puro fatto di cronaca,
come se non vi avesse direttamente preso parte, come se non avesse visto
quell’eroe che se ne andava coi propri occhi lacrimanti: il Prescelto era
scomparso. Esattamente come Lord Voldemort la notte della morte dei Potter; non
ve n’era più traccia, silenzio assoluto.
Harry Potter è morto,
questa era l’opinione comune; ma non era l’opinione di Ginny. L’oscurità non
l’aveva ancora preso, anche se, in innumerevoli notti di tormento, Ginny aveva
rivissuto quello straziante addio, quell’addio pietoso e umiliante per Ginny:
(“Lascia che ti
aspetti!... H-Harry…”)
(“Io non posso
chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.”)
Tanto
anche se ci fossero state non le avrebbe capite quelle ragioni: totalmente
insensate e campate per aria, come lo stesso Harry che si fiondava in un
allenamento solitario scaricando il peso della speranza, lasciandolo affondare
e svanire.
Molte
volte gli avevano detto che non doveva sforzarsi troppo nel suo ruolo di
Prescelto, ma anche quei consigli erano fasulli: il mondo aveva bisogno del suo
Prescelto per sconfiggere le forze oscure. Ma il Prescelto se n’era andato;
alcuni l’avevano subito scordato tra imprecazioni e tristezza, ma altri ancora
lo attendevano:
(“Ginny… aspetteresti
per niente… forse non tornerò… forse…”)
… aspetteresti per
niente…
Nascosta
dietro a quell’attesa vana c’era nascosto un consenso, un permesso,
un’autorizzazione. Ginny aveva adempito alle aspettative di Harry.
“Arrivederci,
mia adorabile fidanzata.”
Han
le cinse le spalle dandole un prolungato bacio di accomiato. Arthur dovette
necessariamente distogliere lo sguardo, mentre il sangue gli pompava nelle
vene, salendogli al cervello. Molly si intrecciò le dita, agitandole
irrequieta. Moody sbuffò senza troppa discrezione, battendo il bastone a ritmo
di un orologio impaziente.
Quando
le sue labbra si staccarono da Han, lui le rivolse un sorriso dolce e Ginny
ricambiò, quasi per impulso, quasi come uno specchio che tende a riflettere
quello che riceve.
Si
salutarono con qualche parolina d’amore sussurrata, mentre i signori Weasley
sospinti da Malocchio uscivano di casa.
“Figuriamoci
se mi devo sorbire anche le frasi da piccioncini!” sbraitò Moody appena fuori
dal portico di villa Joshuel, non prima di aver verificato l’assenza di
trappole e nemici “Quel tipo… per Merlino! Mago o Babbano che sia non importa…
dì, Arthur, ma come hai potuto permetterlo?”
“Non
riesco a vigilare mia figlia ventiquattro ore al giorno” si giustificò lui,
tuttavia sentendosi oppresso dal rimorso “E’ successo così e non so nemmeno
quando si siano conosciuti.”
“E’
stato una settimana dopo la scomparsa di Harry” soggiunse Molly con cupezza.
“Ma
allora è ovvio” annunciò Moody con un sospiro di comprensione “La ragazza l’ha
fatto per compensare la scomparsa di Potter, ma non avrà certo intenzioni
serie.”
Arthur
sobbalzò di colpo “Merlino, spero di no! Ho sempre adorato i Babbani, di più,
ne ero affascinato… ma questo qui… ah, oltre che avermi strappato la figlia mi
ha anche portato via il rispetto per i Babbani.”
“Smettila,
Arthur” intervenne Molly con stizza “E non urlare, Ginny potrebbe sentirti.”
“E
che mi senta. Tanto non ci sono problemi: dal colloquio che abbiamo avuto oggi
persino Arabella Figg si sarebbe resa conto della tensione che girava
nell’aria.”
Arthur
si interruppe di colpo, mortificato dallo sguardo della moglie.
“Ti
avverto, Arthur, non spergiurare sui morti, soprattutto su Arabella.”
Arthur
mugugnò le sue scuse.
Arabella
Figg. Faceva male ricordare quel nome e non solo per il dolore e il cordoglio,
ma soprattutto per ciò che rappresentava: la prima vittima di Privet Drive. E
Privet Drive era divenuto il simbolo della desolazione che si stava diffondendo
a macchia d’olio per il paese. Una desolazione che non sembrava avere rimedio…
se non il ritorno di un certo eroe…
E
a quel punto Arthur riuscì a formulare un unico, disperato pensiero:
Per Merlino… Harry,
dove sei?
*^*^*^*^*
Il Rituale della Cioccorana Fusa
[Niente Dolcezza]
“Ecco
a te la Cioccorana fusa, Devon!”
Draco
la vide avvicinarsi con una tazza fumante tra le mani e l’inquietante aria di
una mogliettina premurosa.
“E
non chiamarmi Devon!”
Samantha
gli rivolse un sorriso più dispettoso che allegro.
“E’
indispensabile, Devon. Perché ho il
sospetto che la padrona di casa cominci a ficcare troppo il naso. Si
insospettirebbe se mi sentisse chiamarti Draco… penserebbe subito a qualcosa di
losco, d’altronde il tuo stesso nome denuncia un velo di oscurità.”
Draco
sbuffò ancora, prendendo una generosa sorsata.
“Comunque
sia” mormorò Samantha mentre si accomodava mollemente sul divano “Io preferisco
Devon, perché il Draco Mangiamorte non beve mai la Cioccorana.”
Una
mano si avviò serpeggiando tra i fini capelli biondi del ragazzo.
Draco
riemerse dalla tazza con le labbra sporche di cioccolata e piegate in un
sorriso malizioso. “E a te piace quando bevo la Cioccorana?”
“Abbastanza”
confessò Samantha intrecciando le dita tra i capelli biondi del ragazzo “La Cioccorana
mi piace e anche parecchio.”
Un
bacio profondo e al sapore di Cioccorana fusa che sapeva conciliare gradevolezza
e passione.
Draco
chiuse gli occhi. Ormai non era inusuale. Due, tre, quattro mesi… era
impossibile stabilire con precisione la data fatidica dell’inizio. Il colpo di
fulmine era escluso per Draco e forse anche per Samantha… la sua, al principio,
era solo stata la curiosità maliziosa per il rampollo di una famiglia in
decadenza.
Era
chiaro ormai da qualche mese prima dell’inizio concreto; entrambi erano
interessati al compagno per motivi che, nel profondo, non erano poi tanto
romantici: ne avevano bisogno.
Avevano
bisogno che qualcuno li distraesse dalla guerra, che li facesse sentire non
solo servi dell’Oscuro Signore, ma esseri meritevoli di lusinghe e coccole.
Forse
era iniziato tutto (o almeno la parte più concreta) il giorno del recupero di
sua madre, quando lei gli aveva portato la prima tazza di Cioccorana. Quella
tazza fumante alle due del pomeriggio era diventato il loro rituale privato,
dopo le tenebre del Covo Oscuro.
Così posso scaricare la
tensione.
Quello
che si scambiavano in quei momenti era passione priva di profondo sentimento, saliva
mista a Cioccorana fusa e nervosismo sfogato con un pizzico di eccitazione.
Le
lingue si sciolsero e il bacio si concluse. Come sempre a Draco restò un respiro
leggermente affannoso; non era mai stato abile a trattenere il fiato per troppo
a lungo.
Samantha
si accomodò sulle sue ginocchia, intrecciandogli le braccia al collo.”Devo
eseguire un Anapneo? E’ proprio così spossante?”
Draco
reclinò la testa contro il petto della ragazza, strofinando leggermente. “Più
che spossante è scocciante.”
Le
dita di Samantha salirono intrecciate tra i fini capelli biondi e Draco
fremette come un gatto accarezzato in contropelo.
“Che
dici, Devon? Ti va di cercare la mia bacchetta?”
“Trovatela
da sola” la liquidò Draco, affondando il viso nella scollatura della tunica
nera.
“Ma
tu non sai stare al gioco” sogghignò Samantha “Deve essere da qualche parte
sotto la tunica.”
Draco
storse il naso, parlando con voce pigra. “Ti devo spogliare per trovarla?”
“Mi
dispiace, ma non siamo ancora così intimi” bisbigliò Samantha al suo orecchio
di seguito ad una fulminea leccata. “Ma puoi usare le mani per trovarla.”
Le
labbra di Draco si piegarono, scaltre. “Allora potrei fare uno sforzo.”
Le
dita lunghe e pallide di Draco si avviarono sul suo corpo, mentre lei sospirava
all’orecchio del biondo.
“Vedi
di trovarla, Devon. La bacchetta è crucialmente importante per una strega.”
“Rilassati,
tu” ribatté Draco con un’occhiata rapace “Sono un mago anch’io, no? Sarò pur
capace di tirare fuori una bacchetta nascosta.”
Mani
vivaci continuarono con ispezioni pretenziose e disinibite sotto la tunica nera
della Mangiamorte finché un sospiro ansante e rauco li raggiunse entrambi.
“Maghi?
Voi due siete…”
La
padrona di casa era inchiodata nell’atrio. Un occhio tremolante sbirciava oltre
lo spicchio aperto della porta.
“Tutte
quelle sparizioni… omicidi… misteri…. Io ho… io… nella mia casa…”
La
porta si spalancò con un tremendo boato, spinta dall’ingresso repentino della
padrona di casa. Il volto della donna era completamente distorto, la pelle
tirata in una pura espressione di terrore.
“Siete
dei demoni!”
I
suoi urli e i suoi movimenti divennero scoordinati. Braccia, gambe e
imprecazioni mulinavano per tutta la stanza.
“Chiamerò
la polizia… un… un esorcista… e vi ammazzeremo!”
Le
labbra di Samantha si piegarono in un sorriso sinistro; la bacchetta che aveva
occupato le ricerche di Draco venne estratta prontamente dalla Mangiamorte. “Ammazzare?”
Draco
abbassò lo sguardo mentre la bacchetta di Samantha si levava sulla donna.
Sapeva già cosa stava per accadere.
La
Mangiamorte proseguì con un sospiro quasi sibilante. “Buona idea.”
Due
parole mugugnate, un lampo verde, uno schianto, un tonfo e Draco poté riaprire
gli occhi.
“Dovresti
almeno tentare di guardare.”
Le
dita di Draco si strinsero sul manico della tazza semivuota. “Avrei vomitato
tutta questa Cioccorana.”
Samantha
levò un sopracciglio. “A beh, in tal caso ti giustifico. Sarebbe stato uno
spreco.”
La
Mangiamorte fissò con occhi impassibili il viso contorto della donna. “Era da
molto che volevo farlo.”
Draco
prese un altro sorso dalla tazza: pura amarezza, niente dolcezza, solo un vago
retrogusto acido. “Era proprio necessario?”
“Certo,
siamo Mangiamorte” ribatté Samantha “Uccidere è il nostro destino… non
condividi?”
Draco
stette a fissare l’ondeggiante riflesso nella Cioccorana, investito dal tiepido
e dolce vapore che emanava il liquido caldo. “Prima o poi ci riuscirò”
borbottò, poggiando la tazza sul tavolino “Ma per ora non posso negare che…” i
suoi occhi volarono al cadavere scomposto sul pavimento, mentre assaporava il
retrogusto aspro della Cioccorana “… mi faccia tanto schifo.”
*^*^*^*^*
L’Eroe che Riparte
[L’Ultimo Addio]
“Harri,
ben tovnato. Molti dicefano che eri scappato, ma io non ho mai
credufo cozì. Io lo sapefo che
saresti tovnato.”
Harry
prese un altro sorso di the verde, offertogli dalla signora Granger. “Grazie,
Krum.”
“Beh,
Krum…” cominciò Ron, ammansito poi da un’occhiata di Hermione “… cioè Victor,
anche noi sapevamo fin dall’inizio che in realtà Harry si stava allenando per
sconfiggere colui-che-non-deve-essere-nominato, quindi…”
“Ron”
lo interruppe Harry di colpo con voce cupa “Perché non lo chiami Voldemort?
Credevo che ormai avessi superato questo intoppo dal quinto anno.”
Ron
ammutolì, mugugnando qualche giustifica che Harry faticò a comprendere. La
signora Granger si aggrappò inconsciamente al marito e Krum sembrò
destreggiarsi in un qualche scongiuro bulgaro.
“Vedi,
Harry” cominciò Hermione un poco impacciata “E’ cominciato circa quattro mesi
fa… la paura per quel nome è tornata. Forse è solo superstizione, ma si ha
quasi la certezza che chiunque si azzardi a pronunciare quel nome, prima o poi,
verrà colpito dalla Magia Oscura.”
Harry
riavvicinò la tazza alle labbra, quasi tentando di nascondere un sogghigno
ironico. “Allora per me non ci sono problemi. Il fatto che Voldemort mi bracchi
è un’assoluta certezza, quindi non fa differenza se dico Vold…”
“Ti
prego, basta” intervenne a sorpresa la signora Granger con voce educata ma
chiaramente ansiosa.
Harry
posò la tazza. “Mi scusi, non vi disturberò più.”
Il
giovane Potter si alzò velocemente con la ferma intenzione di lasciare la casa.
“Ma,
Harry!” esclamò Hermione, tentando di trattenerlo per la manica della tunica
smunta “Dove credi di andare? Sei appena tornato. E poi devi ancora spiegarci
cosa ti è successo in questi mesi.”
“Giusto, amico” concordò Ron, parandosi di
fronte a Harry “Che hai combinato? Sembra che ci sia qualcosa di strano in te.”
Harry
si risedette con calma. “Scusate, è solo che gli ultimi sette mesi sono un
mistero anche per me.”
Hermione
gli si affiancò con una calda voce rassicurante. “Ti va di spiegarci?”
Harry
fissò oltre le lenti appannate degli occhiali il volto avido di curiosità di
Krum e quelli preoccupati dei Granger.
“Forse
un’altra volta, adesso devo andare.”
“Impensabile!”
eruppe Hermione “Questa ormai è diventata la tua filosofia di vita: ‘devo
andare’? Non vuoi aspettare neanche Ginny, non vuoi salutarla prima di andare a
fare… non so cosa?”
Harry
abbassò il capo con un singulto. “Sarebbe un altro addio straziante.”
Hermione
sbarrò gli occhi. “Addio?”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“Quello
finale” concluse Harry con un soffio di voce.
Hermione
strinse il braccio dell’amico, scuotendolo leggermente. “Harry… tu, non vorrai
per caso….”
Ron
estrasse la bacchetta dalla veste e fece un cenno di assenso all’amico. “Harry,
so cosa hai in mente di fare e sono d’accordo. E’ ora di mettere fine a tutta
questa guerra. Veniamo anche noi!”
(Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)
“No.”
Anche
Krum si era levato dal comodo divano per correre incontro a Harry.
E’ inutile, la mia
decisione l’ho già presa da molto tempo. O forse, è solo destino.
E
per la prima volta Harry Potter levò la bacchetta contro i suoi amici. Un
raggio di luce argentata, un magnifico cervo che galoppava, uno schianto, scuse
sussurrate e il Prescelto partì verso il suo Destino Oscuro.
*^*^*^*^*
L’Eroe che Non si Trova
[Un Attimo di Indugio]
“Donovan,
saresti così gentile da riferire al tuo Signore il resoconto delle ricerche dei
suoi fedeli ma inutili Mangiamorte.”
“Sono
desolato, mio Signore, ma Harry Potter non si trova. Si direbbe scomparso.”
Anche
dall’altro lato del campo di battaglia si attendeva il ritorno di Harry Potter,
del Prescelto, perché compisse il suo Destino Oscuro: essere sconfitto da Lord
Voldemort.
“Scomparso,
Donovan… morto, forse?”
“Non
posso affermarlo con sicurezza, mio Signore” replicò Doppio Dolore con voce
fredda ma sogghignante “Ma non dovrebbe dispiacerle se lo trovassimo morto,
vero?”
“Chiudi
quella bocca, Darcy!”
Doppio
Dolore contemplò con divertimento il bel volto folle contorto di rabbia e
indignazione.
“Non
volevo mancare di rispetto al Nostro Signore, Bellatrix.”
Bellatrix
sibilò delle parole indubbiamente malevole, trapassando la figura di Darcy con
i suoi oscuri occhi blu.
Voldemort
fece turbinare il suo mantello, la voce sibilante e quasi monotona celava una
minaccia. “Bella ha ragione, Donovan. Sei troppo insubordinato; non vorrai che
sia la bacchetta del tuo Signore a rimetterti in riga, vero?”
“Non
sia mai, Mio Signore” affermò Doppio Dolore con un profondo inchino.
Voldemort
strinse gli occhi rossi e serpentini. “Forse questo è il tuo modo di fare,
Donovan, ma sappi che se insisterai con quella tua voce sogghignante Lord
Voldemort sarà costretto a punirti severamente.”
Per
fortuna di Darcy il risvolto del mantello nascose il suo sadico sogghigno.
“Comprendo, Mio Signore.”
“E
comunque, Donovan, io desidero che il nostro caro Harry sia ancora vivo. Così
che io possa infine distruggerlo con le mie mani” il sibilo di Voldemort si
abbassò in un verso rauco e tenebroso, mentre serrava le scheletriche dita a
pugno e i denti in una morsa aguzza e velenosa.
L’esaltazione
di assoluta vittoria dell’Oscuro Signore sembrò trascinare Bellatrix in uno
stato di totale e folle euforia. “E ce la farà, Mio Signore, senza alcun
dubbio.”
“Senza
alcun dubbio.”
Fece
eco il circolo di figure incappucciato, inchinate di fronte al loro Singore. Tra
il cerchio di Mangiamorte prostrati Voldemort distinse il suo servo più fidato…
… forse non lo è.
Lord
Voldemort fiancheggiò Severus Piton, invitandolo ad alzarsi. Alcuni Mangiamorte
sospirarono, indignati e stupefatti.
Mai
il Signore Oscuro aveva permesso a un suo servo di tenere la testa alta in sua
presenza.
Voldemort
scrutò gli occhi pece di Piton, con il profondo acume di un grande Legimens.
Posso davvero fidarmi
di Severus Piton?
“Severus”
sibilò “Quando sarà giunto il tempo porta Harry Potter da me per la battaglia
finale.”
Piton
ebbe un attimo di indugio; solo un istante, ma fu abbastanza perché gli occhi
da Legimens di Lord Voldemort se ne accorgessero.
“Sì,
Mio Signore.”
*^*^*^*^*
Alla Riscossa dell’Eroe
[Due Tipi di Bene]
“Harry!”
L’urlo
di Hermione si disperse nella scia argentata del Patronus. Il cervo galoppò per
la stanza e si infranse contro la parete opposta. La signora Granger si lasciò
scappare un urlo e un gemito di paura. Hermione abbandonò subito la bacchetta a
terra e si precipitò al fianco della madre tremante, sorretta da suo padre e da
un Krum sconvolto e preoccupato.
Ron
gridava ancora, tra l’infuriato e l’indignato, agitando le braccia per
disperdere la nebbiolina argentata del Patronus, ancora alla disperata ricerca
dell’amico.
“Harry!
Che cavolo hai combinato?! Non sperare di andartene via con un’uscita del
genere! Harry!”
Silenzio
e vuoto.
“E’
andato.”
Ron
lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un grugnito. “Brutto stupido. E
cosa credeva di fare? Cosa crede di fare adesso? Solo?”
“Ha
agito in virtù del nostro bene, così pensa Harry in questo momento.”
Hermione
aveva aiutato la madre ad alzarsi, pregando Krum e il padre di accompagnarla
nella stanza accanto per farla riposare.
“Per
Harry agire correttamente significa escluderci dalla battaglia, dalla sua
battaglia personale. Lo fa per il nostro bene, per non coinvolgerci.”
“Ma
tu non credi veramente a quello che stai dicendo, Hermione?” sbraitò Ron.
“Certo
che non lo credo, Ron!” ribatté Hermione a sua volta con uno strillo disperato
“Ma Harry lo crede, è convinto che questo sia bene: escluderci dalla guerra.”
“Fesserie”
biascicò Ron da un angolo della bocca.
“Non
lo sono per Harry.”
Ron
strabuzzò gli occhi, un’espressione determinata e bellicosa sul volto.
“Hermione, non lo lasceremo andare da solo, non lasceremo che si comporti come
un idiota. Gli faremo capire noi cosa veramente è bene!”
Gli
occhi nocciola di Hermione tremarono. “Ron?”
“Andremo
a riprenderlo! Questo è bene: sconfiggere Voldemort
tutti uniti!”
Hermione
fremette un istante alla nomina di quella parola oscura.
Cosa sto facendo, non
ha senso avere paura di un nome… E sia, Ron, sono con te.
“D’accordo,
Ron, andremo a riprendere Harry!”
“Perfetto!”
esclamò Ron “Solo che… hai idea di dove possa essere andato?”
Hermione
fece un sorrisino con una profonda aria saccente. “Ne ho una vaga idea, ma
dovremmo andare dall’Ordine come prima cosa: ci serve il loro aiuto.”
*
“Il
Parlamento, Babbano?”
“Esatto,
Ron.”
“Ma
come fai a dirlo, Hermione? Trascurando il fatto che tu sai sempre tutto…”
“E’
solo ragionamento, Ron... ora ti spiego, ma prima atterriamo.”
Sia
la scopa di Ron che quella di Hermione vennero rimpicciolite e riposte sotto il
mantello dopo l’atterraggio a Grimmauld Place.
“Beh,
complimenti, Hermione. Dopo le mie lezioni
di volo sei perfetta… magnifica sulla scopa” disse Ron con una punta di
malizia.
Hermione
arrossì lievemente. “Ti ringrazio, Ron, ma non è questo il momento. Dobbiamo
pensare a Harry.”
“Ah,
Harry” sbuffò Ron con aria mesta “E’ peggiorato, credevo che dopo il suo
speciale addestramento sarebbe migliorato… e invece quasi ci ammazza con il suo
Patronus!”
“Non
fare il tragico, Ron” lo rimbeccò Hermione “Il Patronus era controllato perché
ci fermasse solo, senza farci del male.”
“Senza
farci del male!” inveì Ron con astio “Come se vederlo puntarci la bacchetta
contro non fosse un male!”
“Senti,
Ron, se non te la senti o vuoi tirarti indietro, basta solo che…”
“No,
no, figurati” soggiunse Ron sventolando una mano con nonchalance “Perché
dovrebbe disturbarmi? Si tratta di salvare un amico, per quanto irragionevole
sia… E poi appena l’avremo ripreso da Colui-che-non-deve-essere-nominato…”
“Ron…”
mormorò Hermione, spaventata dal suo improvviso silenzio.
“Lui
è andato da Tu-sai-chi, vero?” mugugnò Ron con voce roca “E questa è un’altra
prova della sua pazzia… dici che sto ragionando come un codardo, Hermione?
Voglio dire, affrontare Tu-sai-chi per noi ora è una pazzia, ma molto tempo
fa…”
Hermione
chinò il capo. “Lo so, Ron. Tanto tempo fa… e in realtà non è passato neanche
un anno, ma dopo quello che abbiamo visto… Harry è stato fortunato, non ha
vissuto il periodo peggiore; Remus ha detto che questi ultimi mesi sono stati
più terrificanti persino dell’ultima epoca oscura, quando Tu-sai-chi era al suo
massimo. Ora è molto peggio. Sembra che non abbia fine, questa guerra. Giorno
dopo giorno è sempre più insopportabile, tutto ciò a cui riusciamo a pensare
ormai, è una preghiera: vogliamo che finisca; ma non facciamo niente perché finisca,
non ne abbiamo più la forza. L’oscurità di questa guerra ci sta consumando lo
spirito, la forza di volontà. Harry, molto tempo fa, è fuggito e così si è
salvato: è in lui che rimane l’ultima scintilla di coraggio e di forza di
volontà…”
“Sai,
Hermione… io ho incolpato Harry di questa guerra…” confessò Ron con un sospiro
“In fondo tutto è nato perché Tu-sai-chi lo voleva affrontare, si voleva
vendicare… E poi lui è scappato, ci ha lasciato e soprattutto ha lasciato
Ginny… non hai idea di quante ne ha passate quella ragazza…”
“Certo
che lo so, Ron!” esclamò Hermione visibilmente offesa “Io sono la sua migliore
amica e lei mi ha detto quello che…”
“Già!”
sbraitò Ron “Ma io sono suo fratello maggiore e… per Merlino… non sono riuscito
a fare niente per consolarla! L’unico che poteva consolarla era Harry e
quell’idiota era sparito chissà dove… Quanto senso di colpa poi, perché infondo
Harry è il Prescelto e deve impegnarsi per proteggerci… però, Hermione… quanto
lo ho odiato!”
Appena
l’urlo di Ron si dissolse con la nebbia di Grimmauld Place, Hermione posò una
mano gentile sulla spalla del fidanzato.
“Sai,
Ron, esistono due tipi di bene: il bene personale e il bene superiore. Harry ha
puntato tutto sul bene superiore.”
Ron
si voltò di scatto verso la ragazza, urlandole quasi in faccia. “E così ha
trascurato il bene personale?! Ha trascurato i suoi amici, la sua ragazza…”
“Anche
lui però!” protestò Hermione con uno strillo disperato che fece ammutolire Ron
“Il bene personale è quello dei suoi amici ma è anche il suo. Ma dico, Ron, non
l’hai visto? Ti è sembrato felice? Ti sembra felice di essere il Prescelto e di
dover trascurare i suoi amici e la sua ragazza per il bene superiore?... Si sta
sforzando come un pazzo, lui non la vuole questa missione! Sono gli altri che
vogliono un Prescelto. Harry è coraggioso e altruista, quindi non li può
deludere. Harry è combattuto, Ron, in un modo o nell’altro sapeva di dover
deludere qualcuno: o il mondo magico o i suoi cari. Ha scelto di deludere noi e
sono sicura che ne ha rimorso ogni secondo della giornata. E’ questo il nostro
Harry! Vuole sempre accontentare tutti, non sopporta che le persone soffrono e
così soffre lui al posto loro… quindi non mi sembra giusto odiarlo…”
La
voce di Hermione si afflosciò di colpo, mentre lei, costretta a deviare lo
sguardo dal viso martoriato di Ron, puntava lo sguardo sull’uscio del numero 12
che si aprì con un cigolio.
“Per
Merlino!” esclamò Malocchio Moody dallo spicchio della porta aperta “Siete voi
due che latrate come dei cani a luna piena? Venite dentro, volete farci
scoprire!”
Sia
Hermione che Ron seguirono le istruzione del capitano senza proferire parola.
Moody
richiuse la porta con un potente incantesimo collante, dando un’annusata al
cielo grigio di Londra. “Qui tira aria di tempesta.”
*
“Harry…
cosa?”
Qualcosa
si accese tra i presenti alla nomina del Prescelto scomparso, poi tornato,
infine scomparso di nuovo: era un misto di speranza, frustrazione, rabbia e
preoccupazione… e molta nostalgia.
“Ha
deciso di andare da Tu-sai-chi” borbottò Hermione dopo un acceso resoconto a
Moody.
Ron,
al suo fianco, restava impassibile, deciso a non aprire bocca sull’argomento.
Molly
si intrecciò le dita al colletto della veste. “… quel ragazzo… non riesce a
trovare pace…”
“Finalmente”
affermò Arthur con stizza quasi glaciale. Ron non era stato l’unico a soffrire
per Ginny. “Era ora che si decidesse a tornare e a mettere le cose a posto.”
“Arthur!” inveì Molly, lanciando
un’occhiata disperata alla figlia.
Anche
Ginny era caduta in uno stato di completa apatia. Rigirava tra le dita un
biscottino alle mandorle, dono di Han.
“Ma
sì!” gridò Moody alzandosi di colpo e ribaltando quasi la tavola su cui sbatté
i pugni serrati. “Questa è l’occasione, finalmente! Andremo da Harry, non per
recuperarlo, ma per combattere al suo fianco!”
Molly
emise un gemito disperato all’indirizzo di Moody. “Malocchio, ti prego…”
“Non
mi devi pregare, Molly. Se ti è rimasta un po’ di grinta combatti con l’Ordine,
a fianco di quel coraggioso ragazzo” ribatté Moody, irrefrenabile.
Dopo
quei duri mesi oscuri la tempra di Malocchio Moody si era irrigidita,
diventando quasi la freddezza di un guerriero inflessibile.
Molly
si avvicinò alla figlia come a volerla proteggere dall’avidità di Moody. ‘No, Malocchio, mia figlia non andrà a
combattere, a farsi uccidere.’
“Bene,
allora, andiamo da Harry.”
Il
sospiro proveniva da Remus Lupin, in piedi vicino all’arazzo dei Black, con una
mano sulla spalla della moglie incinta.
“Anche
tu, Remus?” mugugnò Molly con risentimento.
“Andiamo
al Parlamento Babbano, è là che si trova Harry” spiegò Hermione con un sol
fiato “Lui vuole affrontare Voi-sapete-chi e probabilmente sarà giunto alla mia
stessa conclusione: il suo Covo Oscuro è lì, protetto da una barriera magica.
Così solo si spiega l’attentato di un anno fa ad opera di quel drago e
l’intervento di Piton per risolvere la cosa, si spiega anche quella barriera
che il drago non riusciva a perforare, si spiega anche perché tutti i politici
che risiedono al Parlamento ultimamente hanno preso delle allarmanti decisione
a favore degli attacchi dei Mangiamorte.”
Le
labbra di Molly tremarono. “Hermione…?”
“Ma
dobbiamo evacuare Londra” aggiunse Remus “Se davvero intendiamo combattere i
Mangiamorte al Parlamento Babbano, l’intera città si trasformerà in un campo di
battaglia.”
Un
gemito sfuggì a Molly. “Evacuare Londra? Ma si può fare in così poco tempo?”
“Si
potrebbe” intervenne Hermione con decisione “Se informiamo sia il Ministero
Babbano che quello Magico.”
“Bene!
Ora organizziamoci!” dichiarò Moody, facendo roteare l’occhio magico
all’impazzata “Shackebolt al Ministero Babbano informerà il Primo Ministro che
farà sgomberare Londra. Ma per la comunità magica londinese ci dovrà pensare il
nostro di Ministero, ahimé!”
L’occhio
magico roteò verso Ron. “Tu, giovane Weasley. Mi sei sembrato in gamba, sei
migliorato molto dopo il mio addestramento. Devi accompagnarmi al Ministero
della Magia e parlare col capo dell’esercito, perché io quello proprio non lo
sopporto e se ci dovessi parlare… beh, vieni?”
Ron
si rizzò dal divano come spinto da una molla. “Certo, signore.”
Moody
emise un grugnito compiaciuto. “Bene, allora muoviamoci. Tutti!”
Tonks
strinse la mano del marito con un’ansia infinita. “Fa attenzione, ti prego… so
che è un’affermazione scontata ma… non voglio che nostro figlio cresca senza un
padre!”
Remus
le sussurrò all’orecchio “Non ti preoccupare.”
Ma
appena Ninfadora distolse gli occhi lacrimanti, lo sguardo di Remus volò
all’arazzo della famiglia Black, soffermandosi su un nome in particolare.
“Sirius, è possibile
che ci rincontreremo dopo questa battaglia. Tu, io e James come una volta…però –e il suo sguardo tornò sul ventre gonfio di
Ninfadora – vorrei aspettare ancora un
po’…”
Arthur
e Molly si scambiarono una bacio a fior di labbra. Molly ancora tremava,
fissando il figlio con una tremenda disperazione. “Torna.”
Ron
le fece un cenno d’assenso, grintoso ma aveva anche qualcosa di poco convinto.
Poi strinse la mano incerta di Hermione, intrecciando le dita con le sue ed
entrambi si rilassarono.
Calma… la calma prima
della tempesta.
Remus,
Arthur, Ron, Hermione e Moody impugnarono la bacchetta e uscirono dalla calma
confortevole di Grimmauld Place numero 12; ex e nuova base dell’Ordine della
Fenice, l’unico dono lasciato da Harry dopo la sua partenza.
La
porta si richiuse alle spalle degli eroi che partivano.
Ginny
addentò il biscottino alle mandorle. Era insipido.
“Vengo
anch’io.”
Molly
quasi strillò dalla disperazione. “No, Ginny!”
Ginny
si voltò all’improvviso, cingendo la madre con due braccia incredibilmente
deboli, sospirando poche parole.
“Ciao,
mamma.”
Molly
rimase pietrificata sul posto; quell’abbraccio le aveva tolto tutta la forza.
Tonks le arrivò alle spalle, reggendosi il ventre gonfio con una mano
protettrice.
“Lo
so, Molly… ma vedrai che tornerà…”
“Tu
vai dai tuoi genitori, Ninfadora” singhiozzò Molly con un tono più deciso “La
voglio vedere con i miei occhi… la voglio proteggere con le mie mani… andrò
anch’io, Ninfadora.”
*
“Coraggio,
ragazzo, mi serve il tuo aiuto per parlare con quell’uomo.”
“Capitano
Moody, ma è sicuro?”
“Ron,
non devi diffidare delle tue capacità.”
“Io
non diffido, Hermione, però…”
Un
solido banco di nebbia costrinse Ron ad interrompersi. Riemerse dalla nuvola
grigia sterzando appena con la scopa.
“Volevo
solo dire che forse sei più adatta tu in questo genere di cose.”
“Non
sono d’accordo, Ron” ribatté Hermione “Devi solo fare da intermediario tra il
capitano Moody e questo soldato del Ministero… solo un po’ di oratoria, niente
di più.”
“Appunto”
confermò Ron “Questo genere di cose persuasive si addicono più a te, Hermione…
Ehi, capitano Moody? Ma è proprio indispensabile?”
“Certo,
giovane Weasley!” strepitò Malocchio col suo ferro tono imperioso “Come ho
detto prima io quell’uomo non lo reggo; mi potrebbero scappare delle parole non
troppo gentili e a quel punto i nostri rapporti pacifici col Ministero
salterebbero… beh, in effetti sono già saltati da un pezzo, ma non è il caso di
aggravare la situazione con la mia poca professionalità. E poi un vero soldato
non retrocede nei momenti di bisogno.”
Ron
sbuffò col preciso scopo di avvertire Moody della sua ostilità. “Se devo
proprio… spero solo che sia un uomo non troppo odioso.”
“Su
questo non ci giurerei” borbottò Moody “Ma tu seguimi. Siamo quasi arrivati al
Ministero.”
Hermione
li attese fuori con la bacchetta levata, lanciando un’ultima occhiata di
avvertimento a Ron. “Mantieni il sangue freddo.”
Ron
seguì Moody lungo il passaggio segreto che conduceva all’ufficio del colonnello
Eclitto e non poté fare a meno di notare quanto ciò che lo circondava fosse
solo lo spettro semi distrutto di quello che un tempo era l’orgoglioso e fiero
Ministero della Magia.
“Dobbiamo
tentare di riunire il Bene: Ordine della Fenice e dipendenti del Ministero
devono combattere uniti. Ricordati, Weasley, sii professionale, impassibile a
qualsiasi cosa lui dica, a qualsiasi cosa gli esca dalla bocca… ti avverto, non
è facile tollerare quell’uomo, ma sono certo che tu resisterai…Ricordati,
Weasley: un caposaldo di freddezza!”
Ron
assentì, vagamente curioso di conoscere quest’uomo famigerato per la sua
insopportabilità. In effetti avrebbe dovuto intuirlo dal dipinto che ne aveva
fatto Moody: dipendente di alto grado del Ministero, con saldi contatti nelle
alte sfere, strafottente, insopportabile…
Ma
Ron preferì sperare per un breve momento o comunque non attirarsi addosso il
malaugurio pensando proprio a quella particolare persona…
Moody
giunse al terzo piano, padiglione provvisorio del nuovo esercito insediato.
Anche lì tutto era crepato e rovinato; persino la porta che Moody si apprestava
ad aprire, sede ufficiale dell’illustre colonnello insopportabile, era
danneggiato in vari punti.
Moody
poggiò la mano sulla maniglia con infinita lentezza; Ron, al suo fianco, fece
scorrere gli occhi sul legno solcato da lunghi graffi fino alla targhetta… Poi
levò immediatamente lo sguardo.
Preferisco la sorpresa.
Gli
era sembrato di cogliere di sfuggita una J puntata e una M che la seguiva.
Un caposaldo di
freddezza… un pilastro di impassibilità… oh Merlino, fa che non sia proprio
lui!
Ron
seguì Moody nell’ufficio del misterioso colonnello Eclitto e non poté evitare
un sobbalzo, riconosciuta la voce di leggera flemma francese della cugina di
Fleur, Julie.
“Oh,
John, le mani lì… no!”
Malocchio
Moody di ispirazione sessuale ascetica grugnì con ostilità all’indirizzo di
Marshall e di quell’altra donna bionda praticamente stesa sulla scrivania con
il colonnello che tentava di intrufolarle una mano sotto la gonna decisamente
corta. Distolse lo sguardo con un altro ringhio spazientito, ma il suo occhio
magico ruotò verso la scollatura di Julie.
“Giovane
Weasley, forse avremmo fatto meglio a bussare.”
Ron
non poteva essere più d’accordo col suo comandante impalato lì come un assurdo
pilastro di indifferenza, mentre tentava di mettere in ordine i pensieri…
D’accordo… se la cugina
di Fleur è solo la… puttana di Marshall allora le cose potrebbero anche
restarmi indifferenti… certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!... Ma
se per caso Marshall ha delle intenzioni serie? E se per caso quella rimane
incinta e Marshall è costretto a sposarla e lei tiene i contatti con Fleur, che
è la moglie di Bill, che è mio fratello, che viene regolarmente a trovare i
miei genitori, che verrà a trovare anche me? Esiste la remota possibilità che
io e Marshall diventeremo parenti?... Certo, comandante Moody: un pilastro di
freddezza!...
Marshall
riemerse dalla scollatura di Julie come se nulla fosse, ma le sue mani
restarono ancora saldamente insinuate sotto la sua gonna. “Oh… il pazzo Moody…
e anche il rosso Weasley!”
Ron
colse il sogghigno nella voce del colonnello e fremette.
Un pilastro di
freddezza…
“Siamo
venuti qui a chiederle un favore, colonnello Marshall.”
Sono stato proprio io a
parlare con quella voce fredda e calcolatrice? Aveva ragione Hermione! Ho un
perfetto controllo sulle mie emozioni… quando voglio…
Moody
osservò il ragazzo con aria compiaciuta e anche una sorta di ammirazione.
Ron
si morse il labbro inferiore mentre vedeva il sogghigno di Marshall che si
ampliava.
Ok, fino ad adesso sono
stato proprio bravo… ma lui non mi ha ancora risposto. Merlino! Fa che risponda
in un modo umano o mi verrà la tentazione di strozzarlo a mani nude!
La
risata sordida di Marshall gli arrivò alle orecchie come lo stridio screziato
di qualcosa di insopportabile. “Piccoli mocciosi crescono! Che orgoglio! E
pensare che un tempo eri il più rammollito dei miei studenti…”
Non
lasciò a Ron nemmeno il tempo di riprendersi dall’insulto ed abbandonare la
posizione di pilastro di freddezza perché si chinò subito su Julie attaccandole
il collo con morsi leggeri e occasionali leccate.
“Sai
bella, un tempo questo moccioso rosso è stato mio allievo, e ora si atteggia a
uomo; non è proprio il massimo, ma comunque ci si avvicina… Indovina di chi è
il merito? Dovrebbe proprio ringraziarmi… del resto è un dovere dei grandi
uomini tentare almeno di raddrizzare i piccoli mocciosi…”
“Oh
sì… ho visto quanto sei grande come uomo” sospirò Julie sotto di lui,
completamente a suo agio.
Ron
si rese conto di tremare di rabbia e collera.
Calmati! Ricordati di
Moody: pilastro di freddezza… Merlino! Lo odio. Quanto vorrei sputargli in
faccia, buttarlo giù dalla finestra, schiacciarlo con l’ultimo modello di gip
incantata, prenderlo a botte, a mani nude, con una mazza di ferro arrugginito…
e poi ci starebbe bene anche un Cruciatus!
Ron
tossicchiò appena. “Vorremmo far sgomberare Londra. Stiamo per andare in
guerra.”
Il
capo di Marshall restò chino sul collo di Julie. “Che paroloni in bocca ad un
moccioso: guerra! Sai che cos’è la guerra? Io credo di no… ma pazienza… Carina
l’idea di evacuare Londra: una fantasia che solo uno stupido marmocchio poteva
proporre.”
Ron
si conficcò le unghie nel palmo della mano serrata a pugno. “Dobbiamo sforzarci
o finiremo per fare una vera strage durante la battaglia.”
“Battaglia?”
ghignò Marshall contro il petto di Julie.
Gli
occhi di Ron divennero quasi neri dal rancore. “Contro i Mangiamorte.”
Questa
volta la bocca di Marshall si staccò dal collo di Julie. “Contro i
Mangiamorte?”
“Sì”
confermò Ron “L’Ordine della Fenice vuole battersi contro i Mangiamorte.”
“Non
vedevo l’ora” sibilò Marshall levandosi bruscamente da sopra Julie, che
sussultò per l’improvviso movimento “Non credevo che sarebbe stato l’Ordine
della Fenice a proporre un’azione simile… già, però si può fare… anzi, si deve
fare! Mi sono proprio rotto di tutta questi attacchi e di quei molluschi
spauriti che incolpano il Ministero di tutto lo schifo che succede in questo
paese.”
Marshall
sogghignò ancora, ora vagamente lascivo. “Faremo evacuare Londra. E’ una
promessa.”
Ron
e Malocchio uscirono senza scambiarsi né saluti né inutili ed ipocriti auguri
di salvezza.
Moody
fece roteare l’occhio verso Ron con un mugugno scettico. “Ottimo lavoro,
giovane Weasley, ma forse è il caso di fare un salto al San Mugno prima di gettarci
in battaglia. Hai tutta l’aria di essere sull’orlo di una crisi di nervi.”
In
effetti la testa di Ron non aveva smesso un secondo di pulsare.
Non ho mai augurato la
morte a nessuno, ma, Marshall, che un Mangiamorte in gamba ti trovi!
*^*^*^*^*
Nella Tana del Nemico
[Challenge]
Donovan
aveva due atteggiamenti diversi. In battaglia era freddo come il ghiaccio,
calcolatore, crudele – normalmente, come Mangiamorte, era sì crudele, ma più
mellifluo, sogghignante e sadico. Per questo amava il compito di torturatore,
ed era piuttosto bravo, nel campo.
Conosceva
diverse Maledizioni e incantesimi oscuri con cui si divertiva a seviziare i
prigionieri, talvolta i suoi stessi subordinati quando compivano una
sciocchezza.
Su
questo fattore, era molto vicino a Lord Voldemort.
Quel
pomeriggio, Donovan era di buon umore. E perfino un misero, stupido nano
avrebbe perfettamente capito perché.
“Buongiorno
signor Potter.” Il tono di Darcy non nascondeva il divertimento.
Harry
Potter. Che squisita conquista, che squisita occasione. Il Prescelto in una
cella, sotto controllo, il suo
controllo. Uh, decisamente soddisfacente.
Il
ragazzo aveva la schiena appoggiata alla parete, i polsi incatenati insieme da
manette, al collo e ai piedi due pesanti catene.
Alzò
appena gli occhi, incrociando brevemente il suo sguardo, tornando poi a fissare
la parete umida della cella, impassibile.
“Allora,
come si trova da noi? La stanza è di suo gradimento?” incalzò perfido Donovan,
facendo cenno al Mangiamorte di guardia di andarsene.
Harry
strinse appena le labbra. “E’ l’unico posto in cui vorrei essere in questo
momento.”
“Uh,
sembra che qualcuno sia diventato impertinente, vero?” rise il Mangiamorte,
avvicinandosi al Prescelto, la bacchetta in mano puntata su di lui.
Harry
preferì il silenzio, piuttosto che rispondere alla sua provocazione. Purtroppo.
Donovan
sospirò teatralmente, appoggiandosi una mano sulla fronte, con espressione
addolorata.
“Signor
Potter, questa sua misera condizione mi intristisce.”
Si
chinò sul suo prigioniero, esaminandone il viso. Un filo di barba cominciava a
scurirgli le guance, gli occhi verdi erano scuri, cupi, persino tetri e la
mascella serrata dava al giovane Potter un aspetto più maturo della sua
effettiva età, per di più sottolineato dal pallido colorito della pelle.
“Ascoltami,
Potter, non ho voglia di torturarti… lanciarti un Cruciatus sarebbe troppo
semplice.”
“C’è
bisogno di torturarmi? Voldemort non viene a combattermi?” replicò con stizza
Harry, lanciando a Donovan uno sguardo astioso.
Il
Mangiamorte sorrise mellifluamente. “Ah, persino più astuto sei diventato,
oltre che più serio in viso.” Diede vita ai suoi pensieri Donovan, divertito.
“Questo sarebbe stato l’espediente perfetto per farmi parlare del Signore
Oscuro, non è vero?” Ridacchiò, rialzandosi in piedi. Harry seguì i suoi
movimenti, vigile.
“Ma
sai che ti dico? Ti dirò quel che vuoi, Potter. In questo momento Lord
Voldemort non si trova nel suo Covo, temo dovrai aspettare prima di compiere la
tua eroica impresa.”
Harry
non batté ciglio, limitandosi ad un viso senza emozioni.
Cosa
era successo ad Harry Potter? Il ragazzo lo stava seriamente divertendo. Chissà
come si era allenato per prepararsi alla sfida con il Signore Oscuro. Era un
peccato che solo lui potesse sfiorarlo. Insomma, sì, Donovan avrebbe potuto
lanciargli qualche Cruciatus… ma sarebbe stato banale, scontato. Uno spreco.
“Potter
ti sfido.” Proclamò trionfante infine, slacciandosi il mantello e facendolo
cadere in un angolo della cella.
Il
ragazzo aggrottò le sopracciglia, interdetto dall’uomo che si trovava di
fronte. Che diavolo di Mangiamorte gli avevano appioppato per tenerlo d’occhio?
Un sadico, sleale componente della parte di Lord Voldemort?
Non
che gli interessasse molto saperlo. L’importante era una sola cosa: essere
riuscito ad arrivare nel Covo del nemico, con anche la fortuna di avere un po’
di tempo per liberarsi da quella cella e prepararsi alla sfida a cui era stato
predisposto da quando era entrato ad Hogwarts: lui e Voldemort.
Da
soli.
Con
due bacchette la cui anima era la stessa, ma i cui destini erano differenti.
Serpeverde
contro Grifodoro.
Signore
Oscuro contro Prescelto.
Orfano
per scelta della madre contro orfano per colpa di un altro orfano.
[Fino a che ne
rimarrà uno soltanto.]
“A
cosa vorresti giocare?” soffiò incolore Harry, muovendo appena i polsi e
provocando il tintinnio meccanico delle catene.
Doppio
Dolore mosse la bacchetta. In un attimo, Harry fu senza catene, rinchiuso in
una cella ora cementata. Il ragazzo era convinto che quello fosse un
incantesimo temporaneo, di poca durata. Troppe energie per tenerlo a lungo.
Darcy
inarcò un sopracciglio, contrariato. “Allora, giovanotto? Ti dai una mossa?
Carica un pugno!”
Harry
rimase un po’ spiazzato. “Eh?” gorgogliò pateticamente, provocando uno
sbadiglio contrariato da parte del suo carceriere.
“E’
una sfida, Potter. Tu contro di me, tu senza magia, io con la mia bacchetta e
la mia forza. Vediamo se sarai un degno avversario per il Signore Oscuro.”
Harry
strinse i pugni e si mise in posizione di attacco. Aveva ancora le braccia e le
gambe indolenzite dalla posizione scomoda in cui si era coricato nella cella e
i polsi arrossati, ma non aveva altra scelta che combattere.
Naturalmente,
la maggior parte dell’energia voleva utilizzarla per Voldemort: avrebbe dovuto
andarci cauto con questo suo subordinato. Sulle sue spalle, pesava un’intera
guerra.
[Il gigante
Atlante che tiene il peso del Mondo.]
“Non
attacchi?” Domandò candidamente Donovan. “Allora vengo io, se non ti spiace…”
Il
pugno colpì Harry senza preavviso. Il ragazzo lo aveva schivato appena, le
nocche bianche di Doppio Dolore lo avevano centrato sul fianco destro. Harry
approfittò della posizione ottimale per alzare le ginocchia e tentare di
colpire il suo avversario che si scansò con grazia, scivolando sulla parete
della cella.
“Uh,uh,
bravo, bravo.”
Harry
tornò vigile, i muscoli tesi e il dolore ad una costola – probabilmente un
livido – che pulsava ancora fresca.
Donovan
percorreva con passo felpato il perimetro della prigione, osservando con i suoi
magnetici occhi viola, intensi e assassini. Un predatore, nelle movenze, nei
gesti.
Ma
Harry non aveva la ben che minima voglia di essere mangiato.
[La preda
diventa il predatore.]
Potter
scattò in avanti, e si portò alla destra di Donovan, il gomito rialzato e
parato dal braccio destro dell’uomo. Ma anche il calcio di Donovan fu parato, e
questi si trovò in un angolo, dove non poté evitare il pugno di Harry che lo
colpì al viso, spaccandogli un labbro.
Harry
si allontanò appena, con un poco di fiatone, osservando l’avversario pulirsi il
sangue con il candido fazzoletto tirato fuori da una tasca.
“Sei
bravo.” Gli concesse l’uomo, gli occhi ametista nuovamente su di lui,
brillanti.
“Ma
non hai considerato che io ho la bacchetta. Crucio!”
Il
raggio rosso colpì Harry in pieno, e il ragazzo riprovò il vomitevole dolore
della Maledizione. Tenendosi stretta la cicatrice, Harry digrignò i denti,
combattendo contro la voglia di urlare, scalciare, rotolarsi a terra.
Rosso. Rosso.
Rosso.
Ginny. Ginny. Ginny.
Ron. Ron. Ron.
Hermione. Hermione.
Hermione.
Mantra
che aveva imparato a bisbigliare per distrarsi dal dolore, per ricordare il
perché combatteva. E ripeteva in sequenza i nomi di chi amava, dopo il colore
rosso dell’Incantesimo, il primo pensiero corrente che riusciva a formulare
all’inizio della maledizione.
Mamma. Mamma.
Mamma.
Papa. Papà. Papà.
Sirius. Sirius. Sirius.
Remus. Remus. Remus.
Silente. Silente.
Silente.
D’un
tratto l’Incantesimo si spezzò, ma Donovan approfittò subito della sua
debolezza: l’aveva colpito allo stomaco, forte, preciso, piegandolo in due
laddove il Cruciatus non era riuscito.
“Figlio
di puttana.” Aveva sussurrato con disprezzo nel suo orecchio. “Resistere. Al. Mio. Cruciatus.” Una ginocchiata
costrinse Harry a sdraiarsi per terra, stringendosi l’addome.
Gli
occhi ametista erano superbi, mentre lo guardavano dall’alto al basso, freddi.
Il ghigno era sparito dal volto di Donovan, sostituito da un’espressione
incolore.
“Tu
saresti il Prescelto? Lasciatelo dire: i buoni non capiscono niente.”
Sputò
accanto ad Harry, schifato.
“Guardati.
Sei già a terra e non ho nemmeno cominciato. Cosa faresti se ti rompessi due
costole, eh Potter? Cosa faresti se ti rompessi una gamba? Quante possibilità
avresti contro il Signore Oscuro?”
Harry
deglutì a fatica.
Lo
sguardo di Donovan rimase di pietra. “Patetico.”
La
bacchetta si mosse e Harry si ritrovò contro il muro, braccia e piedi legati,
sottoposto al giudizio di Darcy Donovan, alias Doppio Dolore.
Era
come trovarsi in una cella di follia, il volto freddo del torturatore che ti
analizza, ti fa a pezzettini, prima fisicamente e poi psicologicamente.
Ma
Harry doveva resistere. Combattere. Vincere.
Per
questo non [poteva] assolutamente [perdere] anche se era [ma non doveva] essere impaurito.
“Il
Signore Oscuro ti vuole intero. Che peccato.” Il tono di Darcy era nuovamente
sarcastico, ma più tagliente. “Avrei voluto farti vedere cosa so fare, con
frusta e tenaglie. E credimi, non sono giochi a sfondo erotico.”
A
questa, Harry non poté che inorridire. Donovan se ne accorse, e ne rise,
raccattando il mantello nero provvisto di cappuccio.
“Arrivederci,
è stato divertente Potter. Ma la prossima volta, stringi di più quelle mani.
Sei debole.”
Donovan
fece così la sua uscita plateale, lasciando finalmente Harry solo, la cui mente
vorticava non sulla sconfitta subita, ma verso prossima sfida che l’avrebbe
visto sul filo della morte.
[Atlante si stava per ribellare a Zeus. Nell’Olimpo,
il dio aveva vinto.
Adesso, Harry avrebbe trionfato su quello che tutti
credevano una divinità.
Ne aveva la certezza. Perché doveva crederci.]
Anche se…
[Il Destino:
una sicura vittoria oscura!]
*^*^*^*^*
Visitatore
[Il
Destino Oscuro]
Harry aveva
rinunciato già da molto tempo al sonno tormentato dalle catene troppo strette
che gli laceravano i polsi e dal riscoperto dolore alla cicatrice. L’unica cosa
che poteva fare era riflettere e non arrendersi, sperare di avere abbastanza
forze da resistere ai Mangiamorte prima dell’arrivo dell’Oscuro Signore.
Doveva (l’unico verbo che si addiceva al Prescelto)
affrontare Lord Voldemort e sconfiggerlo, anche se avrebbe dovuto farlo ridotto
in fin di vita, tremante dalla paura del futuro…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Devo distrarmi dal
dolore se non voglio che mi consumi la concentrazione.
Inghiottendo
a forza le lancinanti fitte postume del Cruciatus, passò interminabili attimi a
rimuginare su piani di vittoria che sembrava quasi irraggiungibile, anzi, era
irraggiungibile…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
La
porta del sotterraneo si aprì cigolando e nella scarna cella di pietra eruppe
la voce canzonante di Draco Malfoy:
“Guarda
un po’: Potter!”
“Malfoy”
mugugnò Harry, sorprendendosi molto della spossatezza della sua voce.
Nel
buio, Harry non riuscì a scorgere Malfoy, mimetizzato perfettamente con la
tunica nera da Mangiamorte. Al tenue bagliore delle lanterne il Marchio Nero
era visibile sul suo braccio sinistro, scuro e minaccioso come il Padrone.
Harry
strinse gli occhi, ingoiando un’altra fitta di dolore: quello che aveva davanti
non era lo studentello arrogante e viziato che amava tanto spadroneggiare e
dargli fastidio, ora era un servo del Signore Oscuro e come tale non più un
semplice acerrimo nemico di scuola ma parte della sua nemesi.
“Come
ci si sente ad essere il Prescelto? Allora? Voglio sentire, Potter” sogghignò Draco.
Harry
riconobbe a stento la voce strascicata di Malfoy: ora si era fatta più grave,
se possibile aveva perso molto della sua naturale sfacciataggine; sembrava
molto stanco a vedersi.
“Niente
di speciale, Malfoy, come tutti i giorni della mia vita.”
Draco
smise improvvisamente di sogghignare: “Tu morirai, Potter, lo sai?”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“Sì.”
Malfoy
parve sbigottito, colto alla sprovvista dalla fredda e schietta consapevolezza
di Harry.“Bene, ero venuto solo per dirtelo.”
“Te
l’ha ordinato Voldemort?”
Gli
occhi grigi di Draco tremarono come le lingue di fiamma delle lanterne.
“Hai
ancora paura di lui, Malfoy?”
Draco
lo fulminò con lo sguardo. “Come si fa a smettere di avere paura di lui? Oh, ma
certo: tu sei il Prescelto! E allora, Potter,
goditi il tuo bel destino di Prescelto!”
“E
tu goditi il tuo bel destino da Mangiamorte.”
Draco
si bloccò di colpo, fermato da una spiacevole consapevolezza. “Avresti dovuto
darmi retta, Potter” borbottò tra l’infuriato e il risentito “Avresti dovuto
stringermi la mano sull’Espresso di Hogwarts… e magari tutta questa… guerra non sarebbe mai scoppiata!”
Harry
socchiuse gli occhi con uno sbuffo che aveva del divertito. “Quindi è tutta
colpa mia, Malfoy?... La distruzione di Hogwarts, è anche quella colpa mia?”
Draco
strabuzzò gli occhi colmi di un’ombra oscura e fastidiosa: colpa. “Ho finito.
Non ho più niente da dirti, Potter. Tra un paio d’ore sarai morto.”
Harry
osservò Draco richiudersi alle spalle l’enorme portone con uno stridente
cigolio.
“A
differenza di te, Malfoy, io preferirei morire piuttosto che sottomettermi a un
essere come Voldemort… sarebbe andata a finire così in ogni caso…”
L’ultimo
sospiro di Harry si perse nel vuoto della cella, accompagnato solo da un
ricordo.
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“… Era destino.”
*^*^*^*^*
Schizzi
dell’Ultima Battaglia
[In front of our
deepest fears and our best hopes]
Cosa
passa per la mente di un combattente, prima della battaglia?
I
propri sogni, ideali, paure… forse semplicemente, tutti pensano alla propria
vita, quella che si mette in gioco, che si rischia sul campo.
Si
ripensa a quella perché – in fondo – il nostro viaggio, benché effimero – è la
cosa più preziosa che abbiamo e quella per cui combattiamo.
Si
tratta di questo, no? Di vivere.
E
non bisogna guardare solo alle delusioni e hai fallimenti. Agli errori e ai
rimorsi. Alle prepotenze, le ingiustizie e il dolore. Ma anche ad una sola cosa che per un solo attimo ci ha fatto sentire un po’
meno soli, un po’ più realizzati, un po’ più
vivi.
Quando
si è davanti alla morte, si rimembra la vita perché, infondo, non siamo altro
che anime i cui ricordi permettono di vivere.
*
Albert
Gray era chino a terra. I polpastrelli della sulla mano tastarono l’asfalto
duro e sporco delle strade di Londra, mentre lo sguardo tracciava la mappa già
tatuata nella sua mente del Parlamento inglese babbano.
Infidi bastardi,
pensò astioso, in attesa che i suoi uomini gli dicessero di aver evacuato i
parlamentari. Non c’era stato nemmeno bisogno di inscenare la frenetica vita
nel centro di Londra, ormai svuotato da mesi.
Mesi,
mesi, mesi con quella terribile nebbia Succhia-Felicità e suo figlio non aveva
potuto sposarsi. Questo gli faceva uscire il fumo dalle orecchie.
Ma
ora… ora aveva la possibilità di cambiare le cose.
Albert
aveva sempre, sempre creduto nel suo
lavoro. Aveva combattuto nella Prima Guerra Magica come volontario, aveva fatto
l’Auror di turno, arresti, scortato persone, testimoniato contro delinquenti.
Aveva anche ucciso, sì, aveva le mani sporche e magari qualche Mangiamorte le
aveva più pulite delle sue. Ma Albert aveva superato il trauma anni prima, al
suo primo omicidio – Merlino, lo ricordava come allora. La sensazione del
sangue, viscido, tra le unghie e gli occhi sbarrati del Mangiamorte la cui
maschera era scivolata a terra con un tonfo. Nella sua mente, quell’immagine di
una manciata di secondi sembrava eterna, rivissuta al rallentatore. Il tonfo
della maschera. Il sangue tra le unghie. Gli occhi sbarrati. I muscoli del viso
tesi nel dolore. Il coltello affondato nel petto. Il suo cuore che batteva
impazzito contro il petto, scandendo un ritmo tutto suo. E poi era tornata la
confusione della battaglia intorno a lui, aveva estratto in un colpo il
coltello e raccolto da terra la bacchetta.
Uccidi per non essere
ucciso. Logica barbarica, ma che aveva provato sulla sua
pelle.
Aveva
visto parecchi colleghi non riprendersi da tutto questo. C’era chi era
diventato sordo in battaglia, chi aveva perso le gambe, le braccia, le
famiglie, e che dichiarava quanto fossero stati fortunati quelli che erano
morti prima di vedere i cadaveri dei figli e delle mogli.
Albert
aveva due cicatrici che gli rammentavano della sua prima guerra. E aveva la sua
dolcissima moglie, che gliele curava a letto, accarezzandole piano con i
polpastrelli. Per questo l’amava, perché era riuscita a farlo sopravvivere, su
quella barella, solo con il suo sorriso. A quel tempo non erano sposati e lei
era solo una semplice infermiera, e lui un volontario ferito. Gli aveva curato
i tagli e colmato il vuoto. Fu lei a ricordargli il perché valesse la pena di vivere. Fu lei a ricordargli che per
vivere c’era bisogno della pace, perché amarsi in un contesto del genere era
troppo rischioso. Harry Potter uccise Lord Voldemort, e finalmente Albert la
sposò ed ebbe un figlio. E fu felice.
Ma
la nuova Guerra minacciava di minare questa sua felicità. Questa era la
battaglia finale – sentiva distintamente la tensione nell’aria, la paura, il
nervosismo.
Albert
non aveva paura della morte, temeva di più un mondo ristretto, chiuso,
sottomesso alla politica dell’uno e non dei tanti. Questo era il motivo per cui
combatteva, rischiando la vita. Non aveva intenzione di morire tanto
facilmente, ma aveva la convinzione di poter dare la stessa felicità che gli
era stata concessa a suo figlio e alla sua sposa, in un tempo di pace.
Non
aveva fatto nessun discorso ai suoi uomini, si era limitato a spiegare
l’assetto iniziale della battaglia. Erano cento Auror all’incirca e Albert
sapeva che erano tutti ugualmente motivati, per essere in quel momento nascosti
dietro le mura di Londra, ascoltando il Tamigi scorrere placidamente, sporco
soltanto di terra e rifiuti. Come anche quelle strade asfaltate, non ancora
ricoperte di sangue.
La
ricetrasmittente gracchiò al suo fianco. “Siamo pronti.” Uscì una voce
meccanica.
Albert
chiuse gli occhi, impugnò salda la bacchetta, controllò la divisa munita di
armi babbane e un paio di Pozioni in piccole ampollette e si alzò dal dura
strada asfaltata.
Afferrò
la ricetrasmittente e la portò la moneta stregata alle labbra strette. “Signori
e signore, è un onore combattere con qualcuno che ha le palle per credere in
qualcosa. Si comincia.”
Con
un cenno di mano, cominciò a portare il suo plotone più vicino alla struttura,
strisciando a terra, mimetizzandosi con l’ambiente.
“Squadra
Volante. Ora potete buttare sul Parlamento gli esplosivi.” Ordinò alla moneta.
Nel
cielo nuvoloso di Londra, apparvero una cinquantina di maghi su scope volanti
che lasciarono andare pacchi che, quando toccarono l’edificio neo-gotico,
esplosero.
In
pochi minuti, un’onda enorme di uomini incappucciati si riempì il perimetro del
Parlamento, bacchette alzate. Erano solo le prime avanguardie – Albert lo
sapeva – e già così eguagliavano il loro numero.
“ANDIAMO!”
urlò, buttandosi in avanti e cominciando a lanciare qualche Schiantesimo ai
Mangiamorte più vicini. Dietro di lui, il Tamigi. Ai perimetri i suoi uomini,
l’Ordine della Fenice e nessun altro.
Eroi sono quelli che
rimangono alla fine, diceva sempre Ed con un sorriso.
Accanto
a lui, il rumore della battaglia, urla, scalpitio di stivali, gomiti che si
incrociavano, bacchette che saltavano.
Il
caos, puro e semplice. Ma un caos a cui era abituato. Che gli era famigliare.
In cui avrebbe aggiunto il proprio grido, i propri passi, il proprio ardore.
Lui
era un combattente. Lui era un credente. Lui era colui che aspirava al silenzio
dopo questo maledettissimo e odioso cozzare di corpi.
*
Meanwhile…
[Midnight Whispers]
“Stai comodo?”
Silenzio.
“Tanto
è inutile fare il taciturno. So che sei sveglio, il tuo respiro è irregolare,
in più stai tremando: hai paura?”
Ancora
silenzio.
“Beh,
è normale. Nemmeno io l’avevo mai fatto prima d’ora. Le cose nuove spaventano
sempre.”
Un
lieve bisbiglio.
“Non
è per quello.”
“Oh,
finalmente hai parlato: è il tuo ego maschile che si è risvegliato?”
“E’
il Marchio Nero che mi ha svegliato; mi sta bruciando la pelle.”
“Mh,
anche il mio tatuaggio è infiammato; non me n’ero accorta.”
“Come
fai a non accorgerti di un dolore simile?”
“Beh,
tu sei una bella distrazione.”
Ancora
silenzio, questa volta più imbarazzato; poi un lieve strascicare di seta e
lenzuola.
“Potresti
spostarti un po’, Draco. Anche se sei magro avere tutto il tuo corpo spianato
addosso non è molto piacevole.”
“Non
lo è?”
“D’accordo,
lo è.”
“Come
fai a fare così? Non sei neanche un po’ preoccupata?”
“Di
cosa?”
“Ma
come di cosa? Della punizione. Il Signore Oscuro ci sta chiamando e noi
restiamo qui: questo è tradimento.”
“Adesso
stai tremando di brutto. Fammi controllare una cosa…”
Un
delicato bacio sulla fronte.
“Sembrerebbe
un inizio di influenza… ma non è grave.”
“Tutto
è grave. Finiremo uccisi.”
“Perché
dici così?”
Strascicare
di lenzuola più veloce e frenetico.
“Perché?
Ma come perché? Invece di combattere la battaglia più cruciale di questa guerra
siamo stati qui a fare…”
Nuovamente
silenzio imbarazzato.
“Quanto
sei dolce, Draco.”
Un
sorriso lievemente ironico da parte di lei.
Uno
sbuffo scocciato da parte di lui.
“Sei
pentito, Draco?”
“Non
lo so. Ora come ora non andrei mai a combattere quella dannata battaglia… ma il
Marchio… e i miei genitori… forse sono morti e io sono qui a… spassarmela.”
“Allora
ti è piaciuto?”
Un
mugugno indignato da parte di lui.
“A
me sì, Draco. Che mi dici di te; ti è piaciuto? Ti piaccio io?”
“Stai
confondendo le cose.”
“Rispondi
alle domande.”
“Sì.”
“A
quale delle due?”
“Non
lo so.”
“Quanto
sei enigmatico…”
Ancora
silenzio, più riflessivo.
“Rispondi
alla seconda domanda, Draco.”
“Smettila.
Ho per la testa altre cose adesso.”
“La
tua sopravvivenza? L’incolumità tua e dei tuoi genitori?”
“Esatto.”
“Allora
rispondi alla domanda.”
“Perché?”
“Perché
devo sapere se sei degno.”
“Degno
di cosa?”
“Di
sopravvivere a questa guerra.”
Nuovamente
silenzio. Un sogghigno ombroso da parte di lui.
“Tu
non puoi fare la differenza tra vita e morte per me, Samantha.”
“Chi
te lo assicura? Hai intuito qualcosa di me, dell’organizzazione che ho alle
spalle?”
“Non
credo che nessuno possa competere con l’Oscuro Signore, quindi questa
conversazione è inutile.”
“D’accordo.
Sei tu che hai deciso.”
Silenzio
da parte di lui. Lei copre entrambi con un lenzuolo.
“Rimettiamoci
a dormire, Draco. Puoi restare sopra di me se ti senti comodo.”
“Magari
ci resto. Per ora è il posto più sicuro che ho.”
*
Più
in là dalla sua postazione la battaglia era cominciata.
E
un ululato lo avvertì che adesso la battaglia cominciava anche per lui.
Remus
Lupin era coperto di peli, aveva la mascella più forte e il volto allungato:
era nella sua forma lupesca, come dettato dalla luna che la sera prima dietro
le nubi aveva riso, la faccia piena.
Hermione
aveva incentivato l’Antidoto che gli permetteva di rimanere lucido durante le
notti di luna piena ed ora era lì, affiancato da Moody e dalla squadra che si
sarebbe preoccupata di un’importante compito: costituire l’offensiva contro il
branco di Lupi Mannari di Greyback.
Con
suo grande sollievo Ninfadora era nella loro casa fuori Londra, evacuata
insieme alla maggior parte della popolazione in compagnia di Ted e Andromeda
Tonks. I suoi suoceri.
Aveva
un bel suono, suocero, ma soprattutto lo aveva moglie. Papà.
(“Remus!” la risata di
Tonks gli solleticò l’orecchio, adagiato sulla sua pancia un poco gonfia. “È
ancora piccolo perché tu senta i suoi calci!”
“Ma quanto dovremo
aspettare?” si lamentò lui, accarezzandole l’addome. “Dai, piccino, fammi
sentire la forza della tua mamma…”
Tonks continuò a
ridacchiare, accarezzandogli i lunghi capelli castani.
“Sarai un ottimo padre,
Remus.” Lui si irrigidì. Ninfadora sbatté le palpebre, impensierita. “Remus…
cosa…?”
“Credo che non manchi
molto allo scontro finale, Dora.”
Lei spalancò gli occhi,
irrequieta e spaventata. “Harry… è tornato?”
“No,” la rassicurò
Remus, accarezzandole con dolcezza un braccio. “Ma Lord Voldemort si muove in
fretta e non so se l’Ordine lo aspetterà… e quando dovrò combattere, Ninfadora,
io lo farò.”
Tonks si morse le
labbra, reprimendo la voglia di piangere. “E io? Me ne dovrei star qui a far
niente?!” strillò isterica, obbligando Remus ad alzarsi a sedere.
“Ninfadora, ne abbiamo
già parlato. Sei incinta e non voglio –”
“Voglio combattere
anch’io, al tuo fianco!”
Remus scosse la testa,
e la sua grande mano coprì la guancia arrossata e leggermente umida di Ninfadora.
“Pensa al nostro bambino. Devi dargli la possibilità di nascere, Dora. Io vi
amo entrambi e non sopporterei di perdervi. Ho perso troppe, troppe persone a
me care… ti prego di rinunciare per una volta ad una battaglia.”
Per quanto odiasse che
lui la vedesse piangere, Tonks non riuscì a trattenere un singhiozzo.
“Stare senza di te sarà la battaglia più grande.”
Remus le sorrise con
tenerezza. “Ma è per questo che mi sono innamorato di te, di un’amazzone.”
Dalle labbra di Tonks
uscì qualcosa a metà tra un singhiozzo e una risatina. Remus l’abbracciò
stretta, lasciando che si calmasse, accarezzandole i capelli d’uno scialbo
grigio topo.
“Mi prometteresti una
cosa?” Lei annuì sulla sua spalla. “Non chiamare mio figlio con il mio nome. È
terribile.” Finalmente, le strappò una risata.)
Eccoli,
sulla scena, il branco di Greyback. Avanzavano, digrignando i denti e sbavando,
colpendo con le grandi zanne qualsiasi uomo capitasse loro per mano, impazziti
a causa della luna piena. E Greyback ululava alla luna, ridendo della ferocia
non umana dei suoi uomini.
L’istinto
omicida nel vedere il lupo che l’aveva reso un Licantropo si risvegliò e Remus
partì d’impulso verso il suo simile, un ringhio feroce tra i denti.
Greyback,
stupito, si ritrovò a terra, uno dei suoi uomini sul petto con le zanne che
affondavano nella sua carne.
“Che diamine stai facendo tu?!” gli urlò addosso, cercando di liberarsi e di
strapparsi dal petto le lunghe zanne gialle.
Gli
occhi ambrati di Remus divennero quasi rossi. “Ti uccido.” Gli ruggì contro, il massimo che poteva fare in qual
frangente, la pozione troppo debole per permettergli altro.
La
parte razionale stava cedendo al bisogno del sangue. Del sangue di un suo
compagno – perché da qualche parte, il Remus più vendicativo stava venendo
fuori.
Greyback
spalancò gli occhi. Era impossibile che qualcuno dei suoi possedesse in luna
piena la facoltà di grugnire qualcosa, e che attaccasse il suo branco… a meno
che… questi non ne facesse parte…
Fu
la volta di Greyback di digrignare le fauci.
“Traditore!”
ringhiò e lo morse al collo, costringendo Remus a guaire e allontanarsi
dall’avversario.
Greyback
gli fu addosso subito, artigliandolo al viso, ma Remus si scostò e rispose con
un morso che andò sfortunatamente a vuoto.
Entrambi
i Licantropi erano a quattro zampe, studiandosi silenziosamente in cerchio, la
bava alla bocca e la pulsante voglia di sangue nelle vene.
E la luna, rubiconda,
sorrideva dietro le nubi.
Luna rossa.[…ed è solo l’inizio della fine…]
*
“Harry Potter è
prigioniero di Lord Voldemort.”
Questo,
le avevano detto, e Ginny – se non ci fosse stato anche Han – avrebbe risposto
secca a suo padre con un “Non è da sempre legato a lui?”. Ma in fondo, ora, non
importava più, no? Aveva Han.
Stranamente
quelle parole, invece, continuavano a martellarle in testa, persino mentre combatteva.
“Accio roccia!”
La
roccia colpì un nemico che cadde a terra svenuto. Ma Ginny non ebbe il tempo di
verificare le condizioni del Mangiamorte, imbottigliata da un poderoso
Schiantesimo da destra e da un terribile raggio verde alla sua sinistra.
Accucciandosi
a terra evitò entrambi gli incantesimi, che si scontrarono a mezz’aria,
provocando una terribile esplosione. I detriti volarono tutt’intorno, causando
qualche livido e taglio.
Non
aveva nemmeno il tempo di respirare; nel caos della battaglia vedeva davanti a
sé solo pericoli, raggi colorati, maschere d’argento e nero mischiati ai
mantelli verdi o blu degli Auror.
Le
sembrava di impazzire; le urla di battaglia, di dolore e la polvere che si
insinuava contro la pelle scoperta e si incrostava sui tagli superficiali che
aveva in volto, e quella frase che le martellava in testa. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è
prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.
“Ginny!”
la voce di sua madre la riportò alla realtà – che aveva perso per qualche
istante – e con uno scatto diede una gomitata ad un Mangiamorte che le dava le
spalle, poi un calcio e uno Schiantesimo, facendosi così spazio per raggiungere
sua madre.
Molly
Weasley stava combattendo contro un omaccione grande e grosso, che la teneva
bloccata per i polsi con una mano e con l’altra le dava un pugno.
“MAMMA!”
urlò Ginny, disperata, cercando di liberarsi dai nemici che le sbarravano la
strada.
“MAMMA!”
Questa
volta Ginny non era stata l’unica voce a gridare.
Bill
Weasley si era scaraventato feroce contro il Mangiamorte, con un gancio destro
che aveva fatto perdere la presa su sua madre e aveva urlato “STUPEFACIUM!”
sullo stomaco dell’uomo, che aveva sputato sangue, la maschera ormai caduta, e
il viso smorto, svenuto.
“BILL!
GINNY! Oddio…” aveva mormorato incoerentemente Molly appena Ginny le era stata
abbastanza vicina da sentire.
“Mamma,
per favore, capisco che essere ancora così attraente dopo una certa età ti
abbia un po’ sbalordito, ma riprenditi!” rise Bill, con la parte del viso non
mutilata meno tesa.
“Tesoro,
per favore!” esclamò sua madre disgustata, facendo sì che Ginny sorridesse
appena, mentre l’aiutava ad alzarsi, lanciando incantesimi di qua e di là di tanto
in tanto, attenta a mirare solo gli avversari.
Bill
rise ancora atterrando un altro nemico.
“Arthur?
I gemelli?”
“Più
in là. Fred si è tagliato l’avambraccio, ma sono tutti in piedi.” La rassicurò
il secondogenito.
Ginny
avvertì la madre sospirare. “Bene. …Ginny, scostati!” la ragazza si piegò e
Molly fece scattare la bacchetta in avanti. “Flama!”
La
pelle del Mangiamorte prese a bruciare, facendolo gridare dal dolore.
Spalle
contro spalle, figlia e madre si rimisero nella mischia, guardandosi vicendevolmente
le spalle in un modo molto strategico. Appena una vedeva l’altra in pericolo
interveniva.
“Hai
visto che pugno tuo fratello, Ginny?” esclamò ad un certo punto orgogliosa
Molly e Ginny trattenne una risata, però c’era qualcosa d’isterico in quella
felicità.
“Sì,
mamma!” gridò di rimando, lanciando un ‘Expelliarmus’ contro un uomo
incappucciato. “Merito di Greyback, si pentirà dopo questo di aver sfregiato
mio fratello!” asserì convinta Ginny, scatenando nuova ilarità nervosa in sua
madre, che duellava con un Mangiamorte poco lontano.
Finalmente Ginny si è
ripresa! La mia bambina è tornata! Fiera e combattiva come una vera Weasley!
Stavano
sdrammatizzando; non si poteva fare altro. C’erano troppi Mangiamorte, non si vedeva altro. Molly venne inghiottita da
un’orda nera di combattenti e Ginny la persa di vista.
Alla
sua destra sentì una voce esasperata gridare: “ARRIVA LA SECONDA ONDATA DI
MANGIAMORTE!”
Ginny
rabbrividì, i nervi a fior di pelle e il cuore che pompava innaturalmente
adrenalina in tutto il corpo.
Ancora
nuovi nemici. Non ce l’avrebbero mai fatta, era una missione suicida!
E
Harry… Harry sarebbe rimasto da solo contro tutti… chissà se stava già
combattendo Voldemort… chissà se aveva pensato a lei…
D’un
tratto la terra tremò. Ginny si sforzò di rimanere in piedi, ma cadde alla
seconda scossa.
Ci mancava il
terremoto!
Stava
per imprecare ad alta voce, quando i palazzi vicino a lei vennero rasi al suolo
da un piede gigantesco e tutta la piazza cadde in ombra.
Gli
occhi di Ginny si allargarono sbalorditi e anche un po’ impauriti.
Un
gruppo di cinque o sei giganti fissavano la folla, e il polverone da poco
causato le solleticava le narici rendendole difficile respirare.
“BUONI
BUONI! GROP DIGLI DI UCCIDERE SOLO QUELLI IN NERO! NERO, GROP!”
La
voce di Hagrid la colmò di speranza, mentre vedeva la sua figura sulla spalla
del più piccolo dei giganti, che annuiva alle sue parole.
Ogni
genere di creature combatteva per e contro Lord Voldemort. Era una battaglia
alla pari; solo un’unica sfida poteva fare la differenza tra vittoria e
sconfitta.
*
Ron
e Hermione scivolavano agilmente tra la folla, Ron con la spada sul fianco,
muovendola con forza e decimando i nemici che stavano sul lato destro, mentre
Hermione gli faceva da scudo sul destro, bacchetta in mano e capelli ribelli
che danzavano sul suo volto nonostante l’elastico che doveva domarli.
“Ron”
gli urlò la ragazza, fissandolo con preoccupazione. “Ti fa male il braccio? Usa
la bacchetta, non dei sforzarti troppo o non reggerai all’attacco finale.”
Ron
estrasse la spada dal fianco di un nemico che si struggeva per il dolore e la
ripose nell’elsa dietro la schiena, annuendo, sudato e ansimante per il grande
sforzo compiuto.
Il
Mangiamorte cadde a terra con una mano macchiata del suo stesso sangue ed era
stato Ron a far sgorgare quel sangue.
Ce la devo fare… anche
se dovessi uccidere… devo proteggere le persone che amo… anche se il mio corpo
dovesse cedere.
“H-hai
ragione.” Il Weasley sussurrò debolmente uno Schiantesimo, mentre prendeva
fiato.
Hermione
lo fissò con ansia e irritazione. “Accidenti, Ron, sta un attimo fermo! Ci
penso io qui, tu riposa! Riposo,
comprendi?”
“Certo,”
rispose Ron seccato. “Lo dovrei fare in battaglia e farmi salvare dalla mia
ragazza!? Non ci penso affatto!”
Lo
Schiantesimo di Hermione gli passò sopra la testa e colpì un nemico in modo
piuttosto violento. A Ron vennero i capelli bianchi e per l’incantesimo e per
lo sguardo fatto di scintille di Hermione.
“Non
essere sessista, Ron. Altrimenti sarò costretta a regolare i conti!” sbraitò la
ragazza, facendo inciampare con un incantesimo un Mangiamorte che Ron gettò
duramente a terra.
“Agli
ordini!”
Ron
si lasciò sfuggire una risata, ma tremendamente isterica.
Siamo in mezzo ad una
battaglia… stiamo combattendo davvero!
Hermione
si gettò su un altro nemico e lo schiantò con abilità.
Merlino,
stava per morire e tutto ciò che riusciva a pensare era quanto gli piaceva
Hermione sporca e graffiata…
L’intero
campo di battaglia si riempì di un polverone terribile che lo fece tossire.
“Hermione,
ma cos’è questa polvere?!” urlò portandosi vicino a lei per non perderla di
vista nel caos.
Lei
scosse la testa, stupita. “Non ne ho idea! Viene dal lato Est! E quest’ombra…
oh Merlino!” prese a strillare, anche lei tremendamente euforica e isterica.
“Ron, Ron! Guarda! Quello è Grop, è Grop!”
Ron
seguì la direzione del dito che Hermione aveva puntato in cielo e, appena la
polvere si dissolse nella nebbia riuscì a scorgere il profilo del loro immenso
salvatore.
“Perfetto!
Hagrid che l’ha fatta!” urlò felice.
“DIETRO
DI TE!”
Ron
tentò di girarsi, ma sapeva che qualsiasi cosa avrebbe tentare di fare, sarebbe
stato troppo lento a parare il colpo. Il polso di Hermione fu più veloce e
riuscì a schiantare il Mangiamorte che aveva cercato di aggredire Ron.
Lui
le sorrise.
“Grazie.”
Anche lei sorrise.
Ma
d’un tratto l’atmosfera si gelò, e il sorriso morì dalla bocca di entrambi.
“Non
è possibile…” sussurrò Ron, voltando gli occhi al cielo.
La
nebbia si stava alzando sul campo di battaglia e le pozze di pioggia scrosciata
della notte prima si stavano ghiacciando.
Un
mare di esseri fluttuanti emerse dal cielo grigio: i Dissennatori avanzavano,
avvicinandosi in grande massa al campo di battaglia, richiamati dal potere
oscuro di Lord Voldemort.
Ron
prese Hermione per un braccio e l’abbracciò.
Con te… i miei momenti
più felici!
“Expecto
Patronus!”
La
sua marmotta zampettò goffamente verso il sempre più vicino squadrone di
Dissennatori, e insieme alla sua almeno una trentina di Patronus tra cui la
Lontra di Hermione.
Ma
non erano abbastanza! Pochi guardiani argentati, troppo pochi per contrastare
tutti quei Dissennatori…
Le
nere figure svolazzanti scesero in picchiata. Ron interruppe l’incantesimo e
trascinò via Hermione.
Così non ce la faremo
mai.
Ma
un boato e uno stridio gli giunsero alle spalle.
Ron
si voltò in tempo per vedere la bacchetta di Hermione alzata e un sorridente
Nick-Quasi-Senza-Testa che gli fluttuava accanto.
“Nick!
Che ci fai qui?” esclamò repentina Hermione.
Il
fantasma sorrise, arricciando i baffi evanescenti.
“Vado
a combattere anche io, signorina. Non potrò toccare coloro che vivono, questo è
vero” la voce di Nick era diventata più profonda e seria, mentre i suoi occhi
grigi si alzavano verso la massa di Dissennatori. “Ma c’è chi in questa guerra
è come un morto. Questi sono i Dissenatori, signorina Granger, e noi fantasmi
di Hogwarts siamo stati tutti d’accordo. Li combatteremo noi, signorina.” La
rassicurò, sorridendo e guardandoli con tenerezza.
Nick
rise ancora. “Bene, buona battaglia!” e volò verso i Dissennatori, che ormai
avevano raggiunto il Tamigi.
Hermione
sorrise a Ron, raggiante.
“Ogni
genere di creatura dalla nostra parte… contro Colui-che… contro Voldemort!”
esclamò esaltata.
Ron
le sorrise “Sono sicuro che Nick si conquisterà la fiducia di tutti in
battaglia.” L’espressione si rifece seria. “Forza, Hermione. Dobbiamo aiutare
Harry!”
La
ragazza annuì, decisa, stringendo la bacchetta.
“La
vera battaglia – e anche l’ultima – sarà quella tra Harry e Voldemort.”
*^*^*^*^*
Il Destino
[Rassegnazione]
Iridi
rosse e maligne puntante contro di lui… L’imponente massa oscura e tenebrosa
contro la piccola figura tremante del suo pavido avversario, il Prescelto… lui.
Io contro Voldemort.
Harry
era pietrificato al fianco di Piton. Ma nessun incantesimo lo tratteneva, solo
un ricordo…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Bellatrix
Lestrange era prostata ai piedi di Lord Voldemort, la lunga e oscura chioma
scarmigliata le cascava sul viso come una coltre impenetrabile.
“Mio
Signore, sono ai suoi ordini.”
Gli
occhi da serpente di Voldemort la squadrarono, sibilando l’ordine con uno
stridio. “Vai al fronte, Bella, e tieni occupato l’Ordine.”
Bellatrix
si alzò con le pupille che tremavano e la voce ansante e maniacale. “Subito.
Farò una strage per lei, Mio Signore.”
La
Lestrange oltrepassò la barriera ormai semidistrutta; l’arco dell’entrata era
crollato sul lato più meridionale, abbattuto da un potente colpo del gallese
verde di Charlie Weasley.
Al
fianco del Signore Oscuro restò solo una smunta figura cupa dagli occhi e
capelli nero pece.
“Severus,
prego…”
Le
dita ossute e albine di Voldemort sventolarono con padronanza all’indirizzo
della crepa nell’arco portante.
Piton
fece un breve inchino e oltrepassò il suo signore con il massimo contegno e
rispetto. Piantò la bacchetta a terra, mormorando un incantesimo sconosciuto
che pareva una cantilena.
Harry
sobbalzò col terreno scosso da potenti vibrazioni. Un muro colossale si stava
levando dal terreno, sgretolato dalla sua emersione. Un’infinità di altre
pareti massicce seguirono la prima, affiancandosi in modo casuale, formando una
muraglia invalicabile e un labirinto inarrivabile.
La
risata rauca e stridente di Voldemort raggiunse Harry come un sibilo pungente.
“Con questo di mezzo l’Ordine non arriverà tanto facilmente a noi, Harry. E
poi…”
Harry
intuì un monito d’avvertimento, da qualche parte nella sua testa qualcuno gli
stava gridando di scappare o di estrarre la bacchetta, ma rimase paralizzato,
irremovibile, catturato in quel ricordo…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Voldemort
sfoderò la sua bacchetta, la gemella di quella di Harry. Con la mano libera
invitò Piton ad avvicinarsi e, subito, i tre vennero racchiusi in un cerchio
luminescente, delimitato da simboli di alta magia che Harry stentava a
riconoscere.
I
segni sul pavimento si unirono in una doppia linea circolare e da loro si levò
un’ondata di luce e scintille d’incantesimo, chiudendosi in un guscio simile al
Prior Incantatio.
Quando
parlò, la voce stridente di Voldemort rimbombò contro le pareti luminescenti
del guscio, come un eco onnipotente.
“E
con questo, caro Harry, nessuno potrà interferire. Anche se l’Ordine riuscirà a
trovare la giusta via in quel labirinto intricatissimo, non potrà mai
distruggere questa barriera: è magia antichissima, massima protezione… proprio
come quella che la tua amata madre Mezzosangue ha dato a te.”
Il
sibilo di Voldemort si perse in una risata aspra e Harry fremette ancora.
“E
ora morirai, Harry Potter!”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Il
respiro di Harry si fece ansante, mentre Lord Voldemort levava la bacchetta su
di lui con una lentezza esasperante.
Possibile che debba
morire per forza? Possibile che il mio destino sia già scritto? Sto per morire
e non c’è scampo… proprio come la Maledizione dei Black… il Destino Oscuro di
Harry Potter…
~ [ Fine Capitolo 14] ~
=*=*=*=*=*=*=*=
…
p-penultimo c-capitolo…. *Samy e Kaho sospirano e lanciano un urlo,
abbracciandosi e salterellando* YAY! Questo significa la seconda parte… e poi…
la terza! *__* La più interessante! La più emozionante! La più… ok, basta, ci
tappiamo la bocca altrimenti ci escono degli spoiler pazzeschi! XD
Tutto
molto epico, uh? (Forse fin troppo… ndSamy ^^; ndKaho)
La
battaglia finale deve ancora iniziare, cari lettori, il vero climax sarà il
prossimo capitolo… questo è solo l’inizio della fine… *risata satanica*
Allora,
che ne dite? Non è troppo antipatico Han? INSOPPORTABILE! Sborone del cavolo!
>.< E Ginny… oh, dei, è così maledettamente ‘numb’… (Dai, cantami la mia canzone LechuBox! *___* ndSamy -__- Ok,
ok, ma solo perché piace anche a me! ù_ù I
become so numb, I find you there... ndKahoCheCantaLaCanzonePreferitaDiSamy).
Sigh,
capitolo triste/epico/teso (persino il post-momento-hot tra Draco e Samantha
XD). Pensate al prossimo dove cominceremo a fare male per davvero ai
protagonisti! XDDD Fisicamente e psicologicamente (sì, ragazzi angst! *muahaha*).
Ma
rispondiamo alle recensioni che è meglio! ^^;
Jerada:
Sì, Harry finalmente si è svegliato dal lungo letargo! XD Anche se il suo
fardello gli pesa ancora, insomma, non è uno stoico che ha raggiunto l’apatia. XD Scusaci l’excursus
filosofico, ma l’argomento ci aveva molto appassionato (più o meno)! =P Grazie
dei complimenti, fa sempre piacere e gratifica il nostro lavoro riceverne. ^^
Speriamo che continuerai a seguirci! J
Apple: Anche Samy ama le Cioccorane
fuse! XD Però non ti sei sciolta vero?! O_O Altrimenti ti avremo sulla
coscienza! XD L’addio è molto triste, ma crediamo che ti abbia ugualmente
rattristato questo nuovo ‘status’ tra Harry e Ginny. *Kaho piange disperata e
Samy cerca di consolarla* Sigh… speriamo di trovarti nelle recensioni anche
dopo questo capitolo… non sciolta però! XD Baci!
Nana92: Speriamo che la lettura del
capitolo non ti abbia rovinato il sonno dato che hai recensito a quell’ora!
Insomma, noi ci teniamo ai nostri lettori! XD Capitolo atteso? Bello? Speriamo
che lo sia anche questo! Grazie mille per il commento, fa davvero piacere
ricevere complimenti! *___* Bye!
Ginny89Potter: Sì era un po’ triste…
ma questo lo è di più, soprattutto se sei una fan Ginny/Harry! XD Comunque,
grazie! *_* Bye!
HarryEly:
Scateniamo queste reazioni ai nostri aggiornamenti?! XDDD (LOL) Affascinata da
Godric? Ma noi amiamo i fondatori, altrimenti perché sarebbe intitolata “Harry
Potter e gli Eredi dei Fondatori” questa storia? XD Errori di pronomi? O.O Acc,
e pensare che Samy rilegge tutto prima di pubblicare… ops, qualcosa ci sfugge!
XD Perdono… felici di appassionarti, magari ti rendiamo anche drogata della
saga, se riusciamo! -__^ Grazie! *-* Baci!
Saty:
Saty, Saty, Saty, tu ci fai morire ogni volta che leggiamo una tua recensione,
sei troppo forte, sul serio! Roba da rotolarsi sul pavimento tenendosi la
pancia (come capitiamo sempre)!! XDDDD Però Saty, Kaho ti avverte: se cominci a
scrivere che adori Samantha e Draco rendi Samy praticamente impossibile da
controllare, una fontana di energia! XD Però fai fai, che è divertente vederla
e a lei dà una soddisfazione enorme, soprattutto ora che (finalmente) abbiamo
ben capito il carattere di Samantha! -__^ Cirius mi sa che lo sentirai solo nei
ricordi dolorosi di Harry con tua grande gioia! XD E se ti ha sconvolto la
scena finale dello scorso capitolo, questo ti avrà fatto disperare! XD Cioè, a
Hermione e Ron non succede ancora niente ma tutta questa atmosfera dark fa
male! Parola di prossimi-pionieri! ù.ù Stacci tu bene, che ci regali così tante
risate e soddisfazioni insieme! Baci! *__*
EDVIGE86: Grazie, grazie ci fai
arrossire per l’orgoglio super-gonfiato! *__* Ron ed Hermione alla fine…
uhuhuh… non possiamo svelarlo, ma ti giuriamo che hanno una parte molto, molto importante! *__* Bye!
Gin&Pokter:
Grazie mille dei complimenti! *_* Bye!
ninny:
Grazie mille! *__* Speriamo di trovarti anche nel prossimo capitolo! ;)
Si
fece scorrere addosso l’ampio mantello nero da Mangiamorte
e in un attimo fu rivestito e pronto per la battaglia che infuriava oltre quel
debole nido.
Sbirciò
oltre la finestra. Aveva una perfetta visuale del centro storico di Londra,
martoriato da fiammate di draghi, colpi di Troll e Giganti. Il cielo era
grigio, completamente immerso nella nebbia e infestato dai Dissennatori.
Il grande fiume Tamigi era ghiacciato sotto l’influsso di quei mostri e dei
corpi straziati e galleggiati erano rimasti intrappolati nella spessa crosta di
ghiaccio macchiato dal sangue.
Draco
impose ai suoi occhi di non guardare oltre, ma si abbassarono sulle strade per
soddisfare una curiosità macabra.
Si
allontanò dalla finestra con un mugugno schifato e un forte impulso nelle
viscere.
Come
aveva immaginato: le strade erano dei cimiteri profanati, corpi di chiunque,
qualsiasi cosa, riversi scomposti sull’asfalto bagnato.
“La
mia proposta è ancora valida.”
Draco
si voltò piano verso la voce, ribattendo con un sibilo.
“Assolutamente
no; non voglio tradire l’Oscuro Signore… so cosa fanno ai traditori.”
Samantha
si levò dalla penombra della stanza con un sogghigno. “Se hai veramente così
tanta paura non vedo perché tu debba andare a combattere. Scappa.”
Draco
sobbalzò, combattuto da quella pressante tentazione. “Mi piacerebbe tanto, ma…”
il suo sibilo si spense in un lieve mormorio “… i miei genitori…”
“Bene,
allora torniamo a combattere” borbottò Samantha “Il Marchio Nero ci chiama.”
Draco
si afferrò il braccio sinistro, premendo il tessuto ruvido della tunica contro
il tatuaggio che pulsava di sangue nero.
“So
che ci sta chiamando e… sembra arrabbiato.”
Samantha
piegò il capo di lato con un sospiro. “Se torniamo ora avremo comunque un
castigo, un tremendo castigo, ma non moriremo.”
Draco
strinse gli occhi. “Va bene, allora. Non dobbiamo morire.”
“Sarà
un dolore atroce…” sbuffò Samantha “Sai quanto sono tremende le torture
dell’Oscuro Signore?”
“Ora
è impegnato ad uccidere Potter” ribatté Draco con una forte urgenza nella voce.
“Ma
prima o poi Potter cederà e si sfogherà su di noi. A meno che Potter vinca…”
‘Quanto
vorrei che vincesse Potter!’ Draco sibilò a denti
stretti, sentendosi terribilmente vile e codardo per quel desiderio.
“Ma
Potter non può vincere contro l’Oscuro Signore!”
Samantha
fece spallucce. “Forse con un piccolo aiuto…”
“Smettila!”
le gridò addosso “Perché fai così? Non ti rendi conto che stiamo per morire?
Perché prima o poi moriremo.”
“Non
è un mio problema” ribatté Samantha con uno sguardo molto serio “E anche per te
non sarebbe un problema, se solo…”
“Ho
detto di no!” strillò Draco.
Un
lampo di delusione passò sul viso di Samantha. “D’accordo, come vuoi tu, Draco.
Ma ti avverto” la sua voce si fece più bassa e fatale di un sussurro “Per
proteggere questo segreto sono disposta ad uccidere chiunque.”
Draco
la fissò negli occhi con un guizzo di sorpresa e angoscia. “Fai come meglio
credi. Ma adesso andiamo.”
“Ti
seguo.”
I
due si smaterializzarono nel cuore del Covo Oscuro ora silenzioso e tombale,
svuotato dei suoi uomini per l’ultima e cruciale battaglia.
Draco
mosse qualche passo, seguendo i tremendi rumori dello scontro.
“Eccoli
i codardi!”
Il
grido acuto di Cortess che gli giunse alle spalle
valse quasi un infarto al giovane Mangiamorte. Rimase
voltato dalla parte opposta e sentì la voce stizzosa di Samantha replicare.
“Che
cosa ci fai anche tu qui? Codardo al pari nostro?”
Una
risata perfida di Cortess. “Oh no, Drake, codardo
come voi è ben difficile. Ma non temere per la mia integrità di Mangiamorte, sono qui per volere dell’Oscuro Signore: mi
manda a punire i traditori!”
Draco
si morse violentemente il labbro inferiore. L’aveva voluto lui; lui aveva
convinto Samantha a tornare per affrontare la punizione. Eppure tremava dalla
paura, tremava al sibilo delle promesse che scorrevano dalla lingua velenosa di
Cortess.
I
suoi occhi grigi scorsero la mano che si agitava senza controllo.
‘Non
tremare, maledizione… ho paura di farmi male, ho paura del dolore… ma ho più
paura di morire.’
Un
altro ghigno estasiato dalla macabra prospettiva della tortura. “E ora
seguitemi, Draco e Samantha, se non volete che vi uccida sul posto o che ci
pensi l’Oscuro Signore in persona.”
Draco
marciò all’istante verso il suo futuro torturatore, o chissà, boia. Scorse
Samantha che gli lanciava un’occhiata esasperata.
Draco
negò con fermezza, serrando ancora le mani contro la tunica nera.
‘Mi
dispiace, ma anche se dovessi venire ucciso, io non tradirò mai i miei
genitori.’
*^*^*^*^*
[Il
Valore di una Profezia]
Il magico guscio
luminescente fremette al sibilo tetro di Lord Voldemort.
“Così non c’è gusto.”
Harry rimase immobile;
solo il respiro affannato e il latito del suo cuore accompagnavano la voce
crudele di quel ricordo:
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
La bacchetta di Harry
era stretta in un pugno floscio, completamente vile di fronte al suo destino.
La sua gemella era brandita con fermezza, senza pietà, contro il più grande
nemico del padrone.
Il sogghigno serpentino
di Voldemort si piegò, avvertendo la pacata resa
dell’avversario.
“Vuoi combattere, Harry
Potter!?”
Un altro respiro e quel
ricordo, ma nient’altro giunse dal Prescelto.
La smorfia scocciata
dell’Oscuro Signore si era tramutata in un ghigno di pura rabbia.
“Allora morirai
subito!”
Harry sbarrò gli occhi,
colpito in pieno da quelle parole, da quella profezia.
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
Voldemort
agitò la bacchetta, la punta rivolta contro di lui, minacciosa come il grugno
di un drago.
“Ora morirai, Harry
Potter.”
La pelle prese a
formicolargli; l’aria era tremendamente pungente. Il fiato gli venne meno.
La gemella della sua
bacchetta si accese di verde come gli occhi mortiferi di un basilisco. Il
taglio sbilenco sul viso di Voldemort si piegò in una
smorfia di gioia.
“Ho vinto io!”
“Una
sicura vittoria oscura!”
Harry lasciò andare il
fiato. Le lenti dei suoi occhiali catturarono il bagliore verde che gli fulminò
contro.
Voldemort
lasciò andare il capo all’indietro, scosso da una tonante risata, mentre ancora
stringeva la bacchetta illuminata di verde. “E’ la fine del Prescelto! Così
vuole la profezia!”
Harry chiuse gli occhi.
Così
vuole la profezia…
…
Una sicura vittoria oscura…
‘Così
potrò ritrovare…’
…
Professor Silente…
(“Sai,
Harry, una profezia ha valore solo se si decide di darle del valore. Voldemort ha deciso di riporre tutta la sua vita in quella
Profezia e hai visto dove questa scelta l’ha condotto. Tu puoi scegliere, e
allora scegli, Harry.” )
…
Sirius…
(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno… capisci,
ora? Tu hai la tua Profezia e io la Maledizione dei Black…
entrambi potremmo voltare le spalle a quello che è stato predetto essere il nostro
destino e, se davvero lo facessimo, forse non accadrebbe nulla di quello
predetto… ma noi lo affrontiamo il nostro destino, perché scegliamo di
seguirlo, perché sappiamo che è il cammino giusto: così noi ci costruiremo il
nostro destino.”)
…
Papà…
(“Lo
so che ora tutto è molto difficile, ma devi imparare a distinguere ciò che è
giusto da ciò che è facile. Provaci, Harry, e impegnati.”)
…
Tutti…
(“Prima
di dirmi addio, Harry, promettimi che ti impegnerai per sconfiggerlo.”)
(“Queste
sono le mie ultime volontà: sconfiggi Voldemort,
Harry, ma sopravvivi, sposati e cresci dei figli.”)
Harry
socchiuse gli occhi; il lampo verde a millimetri dal suo viso.
‘Quella
Profezia…
(Lui
gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)
…
in confronto ai desideri dei miei amici, di Silente, di Sirius,
di mio padre… di tutti…
Le
dita si serrarono con decisione sulla bacchetta che fremeva per combattere.
…
non vale niente!’
La
gemella della bacchetta malvagia si levò contro l’Anatema della Morte e lo fermò.
Harry
sentì la mano tremare sotto il contraccolpo dell’AvadaKedavra, ma la sua stretta tornò salda in un attimo.
Avvertì
un grugno di sorpresa e rabbia provenire dall’avversario; levò il capo fiero e
urlò contro Voldemort.
“Ora,
dato che ci tieni molto, combatterò! E ti assicuro che vincerò io!”
L’Oscuro
Signore sembrò solo infinitamente divertito. Gli occhi rossi e serpentini si
strinsero mentre dalle sue labbra erompeva una risata macabra.
“Tu
non puoi sconfiggermi, Harry Potter! Sono molto più forte di te. Non puoi
ferirmi.”
Harry
abbassò il capo e Voldemort gli sorrise di rimando.
Anche le labbra di Harry assunsero il profilo di una smorfia.
“Hai
ragione, Voldemort” mugugnò Harry “Sei molto più
forte tu e io non ti posso ferire…”
Un
fulmineo ricordo gli balenò davanti agli occhi. Una profonda emozione gli
strinse le viscere.
(“Non
ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha
permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza
Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)
“E
dato che non ti posso ferire, allora…”
Gli
occhi di Harry saettarono su Piton, ancora chinato
nel tentativo di stabilizzare i flussi del guscio luminescente.
Voldemort
seguì il suo sguardo deviato e gli sfuggì un solo gemito inorridito, prima che
la sua bacchetta si protendesse contro Harry; ma era troppo tardi. Il Prescelto
aveva già scagliato un Sectusempra contro l’ignaro SeverusPiton.
Harry
affondò la bacchetta nell’aria, spingendo il raggio ferreo come una lama
affilata contro il bersaglio.
‘Per
te, Principe Mezzosangue, grazie per avermi insegnato questo anatema.’
Piton
levò il capo, cogliendo di sfuggita il bagliore ferreo dell’incantesimo e Voldemort gridò dal profondo del suo corpo:
“NOOH!”
*^*^*^*^*
[Il
Dissennatore]
I
Dissennatori cadevano dal cielo come una pioggia
fittissima e nerissima.
Hermione
e Ron stavano uniti, schiena contro schiena, riparati dai loro Patronus argentati che cominciavano a perdere la luce
protettrice. Al loro fianco già giacevano i primi sconfitti, assiderati nel
gelido alito dei Dissennatori, svuotati della loro
anima e dei loro bei ricordi.
“Ron…
Ron” gemette Hermione, mentre tentava di rafforzare
la presa sulla bacchetta traballante “Non resisto più. Un altro colpo e…”
Un
lampo di ferro ed Hermione cacciò un urlo
tremendamente acuto. La sua bacchetta rimbalzò sonoramente contro l’asfalto
sudicio della strada e finì oltre il parapetto del Tamigi.
La
piccola lontra sparì inghiottita in un flusso argentato dalla bocca del Dissennatore.
Hermione
trattene uno strillo cercando appoggio dalla vicinanza di Ron.
“Ron!
No, non può essere…”
Ron
cercò la mano esasperata di Hermione e la strinse
forte, mentre con l’altra tentava di forzare il suo Patronus
contro un Dissennatore particolarmente resistente.
“Calma,
Hermione, adesso ci penso io!”
Hermione
boccheggiò senza riuscire a trovare le parole per comunicare la sua angoscia.
La mano libera ancora raspava in giro, cercando disperatamente la sua bacchetta
o un arma con cui difendersi.
Il
Dissennatore che stava calando su di lei con le fauci
aperte era ben diverso dagli altri: più piccolo, ma infinitamente più fulmineo
nei movimenti fluidi e quasi irreali, e, soprattutto, era stato capace di
inghiottire la pura luce di un Patronus, bagliore che
invece avrebbe dovuto esorcizzarne la vicinanza.
Il
mostro calò ed Hermione ebbe l’impressione di
scorgere due occhi umani dietro le pieghe sgualcite del cappuccio: occhi
scintillanti e rosso sangue che riflettevano il suo viso pallido di terrore.
Hermione
chiuse gli occhi, quasi certa della tremenda fine che la attendeva. Avvertì il
calore della mano di Ron che stringeva la sua ed ebbe un tuffo al cuore, già la
nostalgia di averlo perso, di essere sparita e di averlo lasciato solo a
combattere in quella battaglia furiosa.
Riaprì
gli occhi per affrontare quella terribile visione, per tentare di combattere.
Ma il Dissennatore si era già bloccato, paralizzato
da una figura fluttuante che Hermione riconobbe come Nicl-quasi-senza-testa. Sentì una calda lacrima di
consolazione che le scendeva sulla guancia fredda, investita dal gelido fiato
del Dissennatore.
Ron
si voltò, richiamando il fedele Patronus e si lasciò
sfuggire un gemito strozzato: Hermione era accasciata
ai suoi piedi col volto spettrale e le guance incredibilmente rosse, gli occhi
sbarrati e la bocca piegata in una smorfia sotto la nube ghiacciata che gettavano
le fauci del Dissennatore. Sfoderò la bacchetta e la
puntò immediatamente contro il mostro.
“ExpectoPatronum!”
Il
cagnolino robusto e fedele puntò contro la creatura. Ci fu uno schianto e un
lampo argentato. Ron riconobbe l’urlo di Nick e sperò davvero di non averlo
danneggiato. Il Patronus retrocedette con un guaito
dalla nube di scintille argentate e da lì schizzò in aria il piccolo Dissennatore, gettandosi a capofitto nell’imponente banco
di nebbia in cielo.
Ron
prese una considerevole boccata d’aria respirabile ora che il gelo polare era
scomparso col mostro fluttuante. Sentì immediatamente le dita intrappolate
nella morsa disperata di Hermione, mentre ancora
fissava sbalordita la figura trasparente di Nick che si riprendeva
dall’attacco.
“Cos’era?”
mugugnò Hermione con un filo sottilissimo di voce.
Ron
ebbe un tuffo al cuore, la medesima sgradevole sensazione di impotenza che
l’aveva colto quando non era stato capace di proteggere la sorellina dalle
grinfie di quell’odioso Babbano. “Hermione,
calma… era solo un Dissennatore.”
Infine
Hermione parve rendersi conto della presenza di Ron e
sembrò così incredibilmente grata che rinsaldò la presa sulle dita agonizzanti
del ragazzo. Ron gemette piano per non preoccupare la ragazza e portò l’altra
mano a proteggere quella piccola e morbida di Hermione
che ancora tremava per il freddo e la paura.
Nick
fluttuò sopra i due e disse con un tono gravido di preoccupazione. “Oh no,
giovane Weasley; quello non era un Dissennatore qualsiasi.”
Hermione
si strinse nelle spalle e Ron la cinse con entrambe le braccia mentre fissava
Nick di stucco. “Come scusa? Non mi dire che esistono tante razze di Dissennatori?”
La
figura trasparente di Nick sembrò tremare tutta. “Oh no! Ma questo era
particolare. Te lo posso dire con sicurezza. Appena gli sono andato contro per
proteggere Hermione è riuscito a toccarmi.”
Ron
tentò di emulare una reazione di sorpresa, anche se in realtà non conosceva
molto bene i normali parametri di comportamento di un Dissennatore.
“Bene, capisco… l’hai toccato? Beh, ed è strano per un Dissennatore?”
Nick
esibì un sorrisetto stiracchiato, un misto di sorpresa e rimprovero. “Oh, Ron,
caro signor Weasley, non l’hai ancora imparato? Un Dissennatore è solo un corpo senza anima, solo uno spirito
tremendamente impuro che vaga sulla terra tormentando i bei ricordi delle
persone, ma resta pur sempre qualcosa di concreto e un essere del genere non
dovrebbe mai, in nessun caso, poter
toccare un’anima pura, cioè io: un fantasma. E invece quello di prima mi ha
toccato e sono persino riuscito a sentire il suo alito gelido. Riesci a
crederlo? Io ho sentito! Io che sono un fantasma e non dovrei sentire più nulla. Ma
è persino riuscito a farmi provare terrore, persino paura di morire, una brutta
sensazione che ormai non sperimentavo da secoli e secoli.”
“Quindi…
cos’era quello di prima?” domandò Ron.
“E’
quello che vorrei sapere anch’io, Ron.”
Ron
sospirò consolato, percepita la voce più vigorosa di Hermione.
Era riuscita a tirarsi in piedi, aggrappata alla spalla del ragazzo, ma il
fiato era ancora ansante e disperdeva nuvolette di aria fredda.
“E’
stato terribile, Ron, e pensare che non si è nemmeno avvicinato tanto.”
Le
braccia di Ron la cinsero ancora, più teneramente, tentando di trasmetterle del
calore. “Niente paura, Hermione, ci sono i nostri Patronus e anche Nick e i suoi fantasmi, quel Dissennatore non si avvicinerà più a te… poi ci sono anche
io e non sono poi così male, vero?”
“Già”
ammise Hermione con un singhiozzo “Io sono molto
brava nelle prove pratiche, qualsiasi prova ci assegnasse Moody
la portavo a termine alla perfezione… ma erano solo prove. Sul vero campo di
battaglia sei tu il migliore, Ron.”
Ron
sentì un grande orgoglio, impareggiabile ai complimenti dell’austero Moody o persino agli applausi e alle urla fanatiche dei
suoi acclamatori sugli spalti di un campo da Quidditch:
il complimento di Hermione era qualcosa di più.
“Oh
beh, grazie Hermione! Ma è il dovere di qualsiasi
bravo ragazzo.”
Hermione
accennò un sorriso tenero; non voleva lasciarsi trasportare da quella tiepida
emozione perché sapeva che poi non sarebbe più riuscita a staccarsi da Ron e
dal suo caldo abbraccio. Doveva, invece, tornare nel gelido pungente del campo
di battaglia, con l’ansia alla gola, temendo per la sua vita e per quella del
ragazzo.
Ma
doveva rischiare anche se mai avrebbe permesso che qualcosa di spiacevole
capitasse a Ron: si sarebbero protetti a vicenda, la loro vicinanza, lo
stimolante che li avrebbe spinti a dare il massimo, il loro amore, lo scudo che
si sarebbe trasfigurato in un fedele Patronus
argentato…
…
Poi lo doveva a Harry e alla sua ostinazione: combattere per i propri cari.
*^*^*^*^*
[Il Valore di un Segreto]
Draco
si riprese solo quando una mano salda e decisa gli strattonò il mantello. Alzò
gli occhi e venne colpito in pieno da quella vista: tracce di lacrime sul viso
impassibile di Samantha.
“Muoviti,
adesso andiamo.”
Samantha
si morse il labbro inferiore mentre con un incantesimo riparava la tunica da Mangiamorte ridotta a brandelli.
“Forza,
Draco, alzati.”
Lo
disse con una voce rigida e forte, ma lei non lo era per niente. Come poteva
esserlo? Quando solo un istante prima l’aveva sentita strillare e urlare
disperatamente perché la salvasse dalle grinfie di Cortess.
E
lui l’aveva fatto… finalmente… Si era sbloccato ed era riuscito a fare proprio…
I
suoi occhi grigi scivolarono sul volto contorto di Cortess.
Gli salì un conato fino alla gola.
L’aveva
ucciso. E allora dov’era tutta l’eccitante soddisfazione che i Mangiamorte gli avevano promesso?
‘Sì,
fidati, giovane Malfoy, la prima volta che uccidi è
così incredibilmente eccitante! Ti senti ribollire di sangue e di lussuria, lo
vorresti rifare all’infinito!’… Allora forse sono io quello strano perché tutto
quello che sento – anche se ho ucciso per difendermi, anche se ho ucciso un
uomo che odiavo – è solo schifo.
Draco
scrutò la fossa in cui erano stati gettati come bestie in attesa del macello.
Catene arrugginite che penzolavano dalle pareti, sbarre di ferro fissate alle
piccole finestre e… il cadavere del torturatore steso accanto a lui, proprio
vicino alla porta.
Lo
fissò per un attimo in quegli occhi vacui e sorpresi che ti dona l’Anatema
della Morte. Poi strinse la bacchetta contro il petto e mugugnò quel tremendo
incantesimo a fior di labbra.
Non
successe nulla. Allora fu pronto a seguire Samantha verso la morte sicura.
Almeno per lui.
Lei
gli stava sempre di fianco, più preoccupata e nervosa che apprensiva;
continuava a mormorargli qualcosa su quel ‘segreto’.
“Non
dirlo, capito? Neanche all’Oscuro Signore, tenta di celargli i tuoi ricordi o
morirai subito.”
Draco
storse il naso, mentre ormai cominciavano a fuoriuscire dal Covo Oscuro. Quando
si parlava di morte solo lui poteva esserne il soggetto. Lei era intoccabile. E
infatti due Mangiamorte – ma in realtà non lo erano –
marciavano dietro di loro come irriducibili guardie del corpo.
Finalmente
scorsero l’uscita e una cupola luminosa oltre quella.
“Cos’è?”
sfuggì a Samantha, mentre accelerava il passo.
Draco
la seguì e percepì i due Mangiamorte avanzare al loro
medesimo passo. Poi la vide, la scena che aveva figurato infinite volte con la
speranza di un reciproco annientamento: l’Oscuro Signore contro San Potter.
Ma
l’obiettivo di Potter non era Lord Voldemort.
“Quello
è Piton!” gridò Samantha mentre si gettava più veloce
verso la sfera dei duellanti.
‘Potter
vuole uccidere SeverusPiton?
Quello è lo stesso incantesimo che mi ha quasi ucciso al sesto anno.’
Draco
strinse più forte la bacchetta, mirando contro il Prescelto oltre la barriera.
E l’odio verso Harry crebbe nella sua stretta. Gridò qualche incantesimo ma il
guscio luminoso lo respinse come nulla.
Nessuno
parve curarsi del suo gesto azzardato, tranne Samantha che si era arrestata
bruscamente a pochi passi dalla barriera visto il totale effetto protettore che
aveva respinto l’anatema di Draco.
E
ci pensò l’Oscuro Signore a proteggere la vita del suo pupillo. Draco non
credeva di essergli mai stato più grato che in quel momento: mentre Voldemort sollevava fulmineo la bacchetta ed erigeva uno
scudo di luce verde ai piedi di SeverusPiton.
Draco
scoprì di esultare di soddisfazione quando vide il Sectusempra
di Potter rimbalzare prima contro il guscio verde e poi smembrarsi contro la
sfera luminescente. Ma l’attacco di Potter aveva contratto dei danni all’ex
professore di Pozioni.
Lo
scoppio del Scetusempre contro il temporaneo scudo
eretto da Lord Voldemort aveva investito in pieno Piton e la presa sulla sua bacchetta era venuta meno: la
barriera cominciò a traballare.
Draco
desiderò di avventarsi contro Potter. Si spinse contro la barriera, più in là
di quanto avrebbe dovuto osare. Samantha gli strinse una spalla per
costringerlo a fermarsi, ma lui la trascinò dietro e i due Mangiamorte
le gridarono di lasciarlo andare a morire contro la barriera.
Draco
gemette di stupore, incapace di frenare la sua avanzata, il limite del guscio
luminescente, delimitato da segni di magia arcaica, era sempre più vicino.
‘Se
ci finisco contro è la fine.’
La
barriera cedette all’improvviso e sia Draco che Samantha si ritrovarono oltre
il perimetro della barriera, buttati a terra. I due Mangiamorte
tentarono di raggiungere Samantha ma il guscio luminescente ricomparve tanto
repentinamente così com’era scomparso.
Harry
digrignò i denti mentre vide Piton rialzarsi e
recuperare la sua bacchetta; poi udì un tonfo, ancora esasperato dal mancato
colpo diretto verso Piton. Si voltò solo un attimo – Malfoy e una Mangiamorte erano
accasciati a terra – ma quell’istante bastò come distrazione. La bacchetta gli
volò via dalle mani, richiamata dalla sua gemella.
Ritornò
a fissare Voldemort: stringeva la sua bacchetta con
un ghigno sadico.
“Ti
ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
Gli
occhi rossi guizzarono verso Draco e Samantha.
“Ho
intenzione di sistemare un paio di traditori.”
*
“Di
qui!”
Hermione
si affrettò a stare dietro a Ron. Avevano percorso un lato del labirinto che
magicamente era apparso dietro a quello che rimaneva del centro di Londra – era
davvero una gigantesca struttura, frutto di magia antichissima.
Ron
svoltò l’angolo e Hermione lo seguì, fermandosi, e
appoggiando i palmi sulle ginocchia piegate, ansimando forte. Anche Ron di
fianco a lei aveva il fiatone, ma sembrava meno provato.
“Quanti…
metri… circa?”
Hermione
prese un gran respiro per poter rispondere. “Ricopre… un bel po’… del
perimetro… del parlamento… direi… almeno… un kilometro…”
Ron
si accigliò. “Questa è il lato più lungo, vero Hermione?”
Hermione
rimase molto colpita: Ron dimostrava dei nervi saldi che mai si sarebbe
aspettata da lui. “Sì, a occhio sembra così, il lato corto è circa un terzo di quello
lungo.” Disse Hermione, fissando la folta siepe
davanti a sé.
Ron
alzò lo sguardo deciso. “Entriamo, allora.”
“No!
Ron ti prego abbi la pazienza di aspettare qualche minuto!”
Il
ragazzo si voltò accigliato verso Hermione,
assottigliando gli occhi irritato dal comportamento tentennante di lei. “Non è
il caso di essere prudenti adesso, Hermione! Qui
siamo in guerra!”
Lei
gli rimandò l’occhiata truce con una ancora più scottante. “Lo so, Ron, per
Merlino! Ci sono passata anch’io in mezzo a tutti quei corpi!”
Ron
si irrigidì e la stessa Hermione sentì i muscoli
tendersi mentre ricordava il caotico scontro in mezzo alla folla ‘bestiale’ in
cui bastava un solo attimo di esitazione per rischiare la morte, che si esibiva
in una danza macabra ai loro piedi e davanti ai loro occhi.
“Hermione… dobbiamo salvare Harry.” Ron spezzò la tensione,
ed Hermione si ritrovò stancamente ad annuire.
“Ok,
andiamo. Ma lasciami soltanto verificare una cosa…”
Hermione
allungò un braccio verso una stretta apertura del labirinto, tra del folto
fogliame intricato. Una bacchetta spuntò dalla fessura e le si conficcò tra le
costole.
Sentì
Ron gemere di sorpresa quando una robusta fattura lo scaraventò lontano da lei.
Il
fogliame si disperse e le fu visibile il volto folle di BellatrixLestrange.
“Bene,
ecco la Mezzosangue amica di Potter, pronta per morire?”
La
spinse a terra con un colpo violentissimo e le punto la bacchetta alla fronte.
Gli
occhi nocciola di Hermione si dilatarono.
‘Sono
morta?’
*
La
bacchetta di Voldemort si levò verso i due Mangiamorte. “Prima questi traditori, poi tu, Harry.”
A
Draco sfuggì un grido disperato: “Aspetti!”
Voldemort
sghignazzò, più divertito che oltraggiato. “Sì, Draco?”
Draco
sperò solo che la sua voce non tremasse. “Io… io ho un’informazione.” I suoi
occhi grigi scivolarono fulminei verso Samantha, ma in un attimo tornarono a
fissare, titubanti, la figura di Lord Voldemort
“Un’informazione davvero importante: ci sono dei traditori, molti traditori tra
i Mangiamorte.”
Samantha
fece un movimento improvviso, ma così lieve che probabilmente solo Draco se ne
accorse.
Le
labbra di Voldemort si piegarono in una smorfia, ma
la sua bacchetta non attaccò. “Non prenderti gioco di me, Draco; posso fare
qualcosa di peggio che ucciderti.”
“Mio
Signore!” strillò Draco atterrito, i suoi occhi tremavano tanto da impedirgli
di mettere a fuoco. “Davvero, è la verità! E’ una specie di complotto, sono in
molti che complottano alle sue spalle!”
Questa
volta l’Oscuro Signore non si scompose. A Draco sembrò che stesse allentando la
presa sulla bacchetta. Lo sperò infinitamente: non voleva morire; a qualunque
costo sarebbe rimasto in vita, anche se…
Samantha
al suo fianco lo squadrava con occhi di fiamma, gli stessi che aveva prima di
infliggere il colpo di grazia alle sue vittime. Si mordeva il labbro inferiore,
tentando di trattenere parole urgenti e velenose. E fissandola a sua volta,
Draco fu quasi certo di cogliere i suoi pensieri…
Non
lo fare, non osare… altrimenti io…
L’attenzione
di Draco fu catturata dal sibilo dell’Oscuro Signore, quasi imbarazzato ma
anche tremendamente iroso.
“E
allora, Draco, avresti delle prove?”
Draco
ricominciò a tremare e il singulto d’avvertimento di Samantha non lo aiutò a
regolarizzare il respiro. “No, ma… glielo posso assicurare… posso dirle i
nomi…”
Draco
sentì uno schiocco, come di legno spezzato. Era stata Samantha, tra le sue mani
riposavano i resti della sua bacchetta.
Draco
frugò sotto il mantello ma non riuscì a trovare la sua bacchetta. Tornò a
fissare Samantha.
‘Mi
ha disarmato, non ho più una bacchetta… non vorrà forse…?’
Samantha
lasciò scivolare a terra i resti della bacchetta di Draco. E lei prese a
fissarlo con due occhi incredibilmente mortiferi.
“Sta
farneticando” disse lei con incredibile calma “Inoltre” aggiunse con tono
fatale e un sogghigno sulle labbra “… è lui il traditore: ha ucciso il Mangiamorte Hernan Cortess.”
Draco
sobbalzò ancora. Il suo sguardo atterrito si indurì in un’espressione di
rabbia.
‘L’ho
fatto per te, dannata ingrata, dannata ingrata…’
Voldemort
fissò attentamente Samantha fronteggiare senza timore il suo sguardo
serpentino. Si espose completamente al più grande Legilimens
del mondo, ma per lei non era un problema perché, come sapeva bene Draco, gli Occlumanti avevano degli occhi davvero speciali.
L’Oscuro
Signore non perse tempo a leggerle la mente: se un Mangiamorte
aveva l’ardire di esporsi spontaneamente al giudizio dei suoi occhi di Legilimens, allora meritava piena fiducia.
“Ti
credo, Samantha. Quindi dovrò giustiziare un solo traditore” i suoi occhi si
strinsero su Draco “Ma non sperare di scampare alla punizione, Samantha, potrai
conservare la vita ma subirai il mio Cruciatus per
esserti rifiutata di partecipare a questa cruciale battaglia.”
Samantha
si inchinò profondamente. “Lo comprendo, mio Signore.”
Draco
prese un’altra boccata d’aria, socchiudendo gli occhi, appesantiti da una
sinistra sensazione di torpore: resa?
‘Non
è possibile, non è possibile… non voglio morire, non voglio morire…’
“E’
lei! E’ Samantha la traditrice!”
Draco
disperse il poco fiato che aveva in gola in un urlo miserabile e folle. Di
nuovo il paesaggio divenne traballante mentre i suoi occhi di ghiaccio di
riempivano di lacrime di rabbia.
‘Non
voglio morire, dannazione!’
Voldemort
rimase impassibile. Levò la bacchetta verso Draco.
“Mio
Signore!” gridò Samantha con una strana voce. Draco si voltò verso di lei e
vide che gli puntava contro la bacchetta.
Samantha
ricambiò lo sguardo e Draco vide un guizzo, era flebile ma riuscì a capire cosa
fosse: vuoi uccidermi tu?
‘Anche
se stavo per denunciarti, non puoi farlo, non puoi. Perché sono sicuro che tu
mi ami.’
“Mio
Signore!” seguitò Samantha con una voce talmente euforica e squilibrata da
ricordargli quella di zia Bellatrix. “Farò questo per dimostrarle tutta la mia
fedeltà!”
Draco
storse la bocca: forse tentava di fare un sogghigno divertito o forse una
smorfia amareggiata.
‘Cosa
sarebbe ‘questo’, Samantha? Ne saresti davvero capace? Arriveresti a tanto per
proteggere il tuo segreto?... No, tu non puoi, perché io ti ho appena salvato
la vita.’
Samantha
levò la bacchetta, puntandola al petto di Draco.
Lui
sobbalzò e rimase immobile.
‘Ne
avrai il coraggio?’
Quei
suoi incredibili occhi bicolore lo fissavano: erano pietosi e malinconici
quando gli mormorò piano: “Mi dispiace, Draco.”
‘Certo
che sì: tu sei una vera Mangiamorte.’
Per
Draco non fu una sorpresa, attendeva da tempo quel momento; però sentì comunque
uno strappo al cuore quando vide la bacchetta della Mangiamorte
accendersi di verde.
*
Narcissa
riconobbe in un urlo screziato e folle la voce della sorella.
“Bellatrix!” strillò volteggiando la bacchetta e abbattendo
un altro nemico, un Auror.
“Bellatrix…” un singhiozzo riuscì a sfuggirle dal groppo che
aveva in gola. “Sorella, dov’è mio figlio?”
Bellatrix
continuava a strillare verso i due fuggiaschi, l’amico di Potter e la
Mezzosangue, i suoi occhi nero pece da vera Black
iniettati di truce vendetta non avevano altro obiettivo che la morte. Non aveva
tempo per le suppliche della sorella minore.
Narcissa
smise di ascoltare la battaglia, la mano le cadde inerme lungo un fianco,
completamente indifesa e vulnerabile ad un qualsiasi attacco.
“Mio…
mio figlio?”
Avvertì
dei passi alle spalle che le puntavano contro, ma non le importava nulla, stava
ancora attendendo la risposta. Poi sentì un tonfo e un corpo morte che piombava
al suolo.
Si
voltò ed incontrò gli occhi impietosi del marito, il cadavere di un giovane Eclitto era steso ai suoi piedi come il trofeo di una
spietata caccia.
“Stupida
donna” le sibilò “Se non presti attenzione alla battaglia finirai per farti
uccidere.”
Narcissa
socchiuse gli occhi: aveva forse percepito un filo di preoccupazione? Ma anche
questo non le importava; tutto quello che contava davvero in quel momento era…
“Lucius, dov’è?” quasi lo implorò con voce miserevole “Dov’è
Draco? Dov’è nostro figlio!?”
Una
luce violacea si accese alle sue spalle. Il cuore le salì in gola.
Era
la bacchetta di sua sorella: si era illuminata a mezz’aria, quasi calata sul
corpo prostrato della Mezzosangue. Bellatrix era
immobile e fissava a bocca aperta la bacchetta che le tremava in mano. Un
raggio nero partì, tagliando la nebbia e insinuandosi nel labirinto.
Narcissa
gridò con tutte le sue forze, disperata mentre si lasciava cadere a terra con
un singhiozzo atroce e le unghie conficcate nei capelli.
Lucius
sospirò al suo fianco. ‘Che siginifica?’
“Quello
è il raggio mortale di un Voto Infranto.”
E
tra l’orrore di quella rivelazione, Narcissa udì lo
strillo di sua sorella. “Piton ha infranto il voto!”
[Forse
posso… aiutare Draco.]
[Severus… oh, Severus… lo
aiuterai? Lo proteggerai, lo difenderai?]
[Posso
provare.]
*
Moddy
raggiunse una delle estremità aperte del labirinto con uno sbuffo di
stanchezza. Affannarsi nel gelo opprimente di quella nottata di fuoco era
incredibilmente spossante, anche per un veterano combattente come lui.
Poggiò
il bastone per sostenersi su un fianco; la gamba destra penzolava, parzialmente
rotta. Prima di morire per mano sua un Mangiamorte
gli aveva fatto la cortesia di schiantargli la gamba ancora buona. Ora tutto il
suo peso si reggeva sulla protesi di ferro, anche quella ridotta allo stremo
dalle intemperie climatiche e dagli eccessivi sforzi.
Moody
strinse l’occhio ancora umano. ‘Ora i
miei movimenti sono molto limitati. Devo stare attento; se qualcuno mi coglie
impreparato sarà la fine per me: vigilanza costante!’
“AvadaKedavra!”
Moody
sbarrò gli occhi mentre la nebbia di quel settore si illuminava di verde. Il
corpo morto di un Auror venne scaraventato oltre i
confini del labirinto, rispedito fuori.
Moody
sbatté il bastone a terra creando una cortina evanescente per camuffarsi nella
nebbia.
‘A
quanto pare non sono l’unico che ha tentato di oltrepassare il labirinto.
Riposa in pace, soldato.’
Moody
chinò il capo verso il cadavere del giovane Auror e
scorse oltre il primo muro del labirinto, ringhiando contro l’assassino.
Un
robusto Mangiamorte dagli occhi incredibilmente viola
uscì dal perimetro incantato seguito da un compagno più vecchio e allampanato e
dall’aria servile. Si accostò al corpo dell’Auror e
lo spintonò con un piede.
“Morto.
Peccato, sarebbe stato più divertente farlo soffrire col Cruciatus.
Sai, Nott, la mia specialità è la tortura.”
“Lo
so Doppio Dolore, signore” ribatté il
Mangiamorte più vecchio con un sibilo ostile “Il suo
talento nella tortura le ha valso senza dubbio la nomina a comandante.”
“Non
leccare con quelle false adulazioni, Nott” sogghignò
Doppio Dolore “So perfettamente ciò che hai in testa.”
“Io,
invece, non ho la minima idea di quello che avete in testa, Doppio Dolore”
attaccò Nott con un tono minaccioso.
Dalla
sua posizione Moody lo vide rilassare le spalle e
prendere una profonda boccata d’aria con un’inequivocabile espressione sul
volto scarno e anziano: stava per ricattare l’altro Mangiamorte,
quello dagli occhi viola e strafottenti che si faceva chiamare Doppio Dolore.
“Sono
un amico di vecchia data del Signore Oscuro; abbiamo sostenuto la Casata di Serpeverde durante gli stessi anni di scuola. Ma fu una
cosa ad avvicinarsi: il nostro comune ed eccezionale talento nella
Legilimanzia. Il mio era un vero talento, ma l’Oscuro Signore eccelleva in
tutto ed oltre ad essere uno dei più esperti Legilimens
del mondo magico era anche un combattente, un pozionista
e un mago di prima categoria.”
L’occhio
incantato di Moody si spostò su Doppio Dolore. Il
veterano dell’Ordine era bravo a percepire variazioni e repentini turbamenti
d’animo grazie alla sua vista speciale: il Mangiamorte
dagli occhi viola era in preda ad un chiaro momento di difficoltà; le parole
del vecchio compagno l’avevano scosso.
“Quindi,
mi chiedo” proseguì Nott con un sogghigno, scorgendo
l’espressione preoccupata sul volto di Doppio Dolore “Per quale motivo non
riesco a leggerti nella mente? Anche ora che sei completamente vulnerabile e mi
fissi negli occhi; come posso non riuscirci? Io che sono uno dei più abili Legilimens, quasi alla pari del nostro Signore?”
La
voce di Nott sfumò nel silenzio. Doppio Dolore teneva
le labbra serrate, non riuscendo a formulare alcuna replica, ma il suo volto
era tornato superbo ed impassibile; Moody pensò di
scorgervi un guizzo omicida.
“La
spiegazione è una sola, Doppio Dolore: sei un Occlumante,
un vero Occlumante” dichiarò Nott
con tono fatale e volutamente calcato, aspettando avidamente una reazione
sconquassata e implorante dal collega più giovane e superbo. “Allora, Doppio
Dolore, comandante dei Mangiamorte, cosa ne dite
della mia teoria? E’ abbastanza valida da essere esposta al nostro Potente
Signore?”
Moody
vide le dita di Nott afferrare la bacchetta dietro la
schiena. Evidentemente sapeva che ricattando un uomo che aveva la fama di
spietato torturatore, avrebbe rischiato di venire aggredito, se non ucciso.
Anche
Doppio Dolore afferrò la sua bacchetta. Moody percepì
sentore di morte e ora fu certo del guizzo omicida negli occhi viola di Darcy Donovan.
“Astuto,
Nott, per essere un vecchio” sibilò lui “Ma non ti
pare che la tua argomentazione sia un po’ debole?”
“Perché
dovrebbe?” borbottò Nott “Ho tutte le prove che mi
occorrono, prima fra tutte i tuoi occhi: quel colore incredibile, viola
intenso. La prima indicazione per riconoscere un Occlumante
è il colore incredibile degli occhi.”
Doppio
Dolore sogghignò mentre le sue dita si intrecciavano saldamente lungo la
bacchetta nascosta agli occhi di Nott. “Grazie del complimento.”
Nott
mugugnò qualcosa, ovviamente indignato; anche la sua presa sulla bacchetta si
fece più insistente. “L’Oscuro Signore sarà proprio felice, Doppio Dolore: un Occlumante tra i suoi servitori. Sembra quasi fatto
apposta, non credi? Voglio dire, l’Oscuro Signore è notoriamente il più abile
dei Legilimes ed è strano che tra i suoi servitori ve
ne sia uno capace di scongiurare totalmente il suo potere più tremendo: leggere
nella mente… magari per scovarvi qualche segreto… e il fatto che sia tu poi, un uomo dalle origini
misteriose, arruolato all’improvviso, senza alcuna vocazione di servitù, senza
rispetto nei confronti del nostro Potente Signore… sai, si potrebbe pensare che
tu sia un traditore… o una spia!”
Moody
era quasi certo che le ultime parole di Nott furono
quelle: o una spia! La sua aperta
condanna si era persa in un rantolo di dolore struggente quando l’improvviso
incantesimo di Doppio Dolore lo aveva raggiunto e gli aveva aperto il petto in
due.
Moody
strinse forte il bastone mentre analizzava col suo occhio magico i risultati di
quel tremendo anatema: il vecchio Mangiamorte era
così lacerato da sembrare più una poltiglia di carne da macello che i resti di
un essere umano.
Poi
giunse il sogghigno infido di Doppio Dolore. “Ecco la fine che meriti. Nessuno
può osare dare della spia a dei validi mercenari come noi. Comunque ti faccio i
miei complimenti, eri quasi giunto a svelare il Nostro Segreto. Per proteggere
quel Segreto noi siamo disposti a tutto e ora devo fare piazza pulita… anche
tu, vecchio nascosto.”
Moody
lo vide girarsi esattamente nella sua direzione. I suoi mortiferi occhi viola
erano puntati alla perfezione contro di lui e così la sua bacchetta. Fu più
rapido di un fulmine; di questo Moody gliene diede
atto. Forse anche se non avesse avuto una gamba fuori uso e i riflessi
rallentati dalla poca visuale che gli dava la nebbia, non sarebbe riuscito ad
evitare quel colpo micidiale.
Si
sentì ribaltare indietro con la forza doppia di un normale schiantesimo.
Ma la sensazione peggiore fu il sentirsi svuotato delle sue stesse viscere.
L’occhio magico guizzò disperatamente verso il suolo dove era riversata una
quantità incredibile di sangue, del suo sangue. Seppe di essere spacciato
ancora prima di toccare il duro asfalto e perdere completamente i sensi.
Il
corpo era quasi del tutto insensibile, ma l’occhio magico riuscì a catturare il
suo ultimo ricordo. Vide solo la bacchetta di BellatrixLestrange che si accendeva di nero e saettava un
anatema viola; la giovane HermioneGrangere era stesa ai suoi piedi. Moody
pregò con le sue ultime forze che quella cara ragazza si salvasse.
Doppio
Dolore riversò il corpo macerato di Malocchio Moody
con un gran ghigno. “Lo dicevo anche a Nott: per
preservare il Nostro Segreto noi dell’I.M.M.U.N.D.O.
siamo pronti a fare qualsiasi cosa, anche uccidere il nostro più fedele
compagno.”
*^*^*^*^*
[Severus, vuoi tu
vegliare su mio figlio Draco…
…
vuoi tu, al massimo delle tue capacità, proteggerlo da ogni pericolo?]
[Lo
voglio.]
[Voto
Infranto]
Era
caduto a terra. Il lampo verde si stava estinguendo. La sua vita si era
estinta.
Samantha
si chinò su di lui e gli chiuse gli occhi: freddi e grigi, più gelidi del
solito, agghiacciati dalla morte.
Severus
lo vide, il suo preferito, il suo superbo studente che amava tormentare Potter
quasi quanto lui… morto.
Le
lacrime sul volto della madre di Draco furono il suo primo pensiero. Non
avrebbe mai sopportato la vista del suo adorato figlio così, rigido e freddo in
una morte violenta. Sarebbe impazzita come la sorella Bellatrix.
Lui,
Narcissa e Bellatrix… Gli
rievocarono un altro ricordo: un Voto solenne, Infrangibile… ormai era a pezzi.
La felicità di Narcissa, la vita di Draco erano state
riposte tra le sue mani e l’ultima gli era sfuggita per un accidenti, per colpa
di un imprevisto, un’assassina che Severus mai
avrebbe creduto diventasse l’assassina di Draco.
E
con la vita di Draco se ne andava la felicità di Narcissa…
e anche la sua vita, la vita di Severus: il Voto era
Infranto e la pena era la morte.
Severus
chiuse gli occhi nero pece, ma prima si soffermò sul viso di Potter… forse
anche la vita del Prescelto sarebbe stata sacrificata quel giorno… ma non gli
importava… gli bastavano i suoi occhi: occhi verde vivo, occhi di un amore
lontano.
Harry
sfuggì quello sguardo insistente e malinconico e ritornò sul corpo immobile di Malfoy. Sette anni di acerrima inimicizia era tutto ciò che
li legava, che li aveva legati. Ma la pietà era concessa per lui ed Harry
sapeva il perché: un destino di morte infelice, la Maledizione dei Black.
Da
NarcissaBlack era arrivata
fino a lui, l’ultimo discendente di sangue puro di quella Nobilissima e
Antichissima Casata. Lui, come Sirius e Regulus: ucciso dalla persona che più amava. Era plausibile
allora che quella Mangiamorte dagli occhi bicolore
gli avesse tolto la vita come voleva la Maledizione dei Black.
La
persona che più amava…
Samantha
si staccò dal corpo di Draco, in mano ancora la bacchetta, calda per
l’assassinio. La nascose tra le pieghe del mantello da Mangiamorte,
stringendosi le vesti con forza: voleva proteggere la bacchetta, almeno la
bacchetta la voleva proteggere.
E
mentre Lord Voldemort ghignava la sua soddisfazione, SeverusPiton attendeva la morte.
Ed Harry attendeva la vittoria.
*
Il
raggio nero oltrepassò il labirinto, insinuandosi tra i complicati corridoi,
lasciandosi alle spalle una striscia violacea che marchiava la nebbia.
Esattamente un minuto dopo la morte di Draco, dopo che il Voto fu infranto,
colpì l’infame traditore: SeverusPiton.
L’incantesimo
perforò persino la barriera indistruttibile perché era implacabile nella sua
punizione; neanche l’incanto di protezione di Lord Voldemort
riuscì a fermarlo. Severus lo attese a braccia aperte
e crollò al suolo, trascinando con sé l’immortalità dell’Oscuro Signore.
L’eco
della caduta di SeverusPiton
si esaurì e gli occhi di Voldemort riconobbero
l’incantesimo.
“NO!
Maledetto Severus! Non potevi stringere un Voto Infrangibile
senza il mio permesso!”
Mentre
ancora gridava scongiuri contro il recente morto si accasciò a terra e tremò,
sudando sangue.
Harry
osservò con occhi avidi il sangue viscoso di Voldemort
che colava: è la fine?
Piton
giaceva morto tra i resti luminescenti della barriera magica.
(“Non
ti sei mai chiesto perché Voldemort tenga tanto a Piton? Perché lui è il suo Suggello, colui che gli ha
permesso la stabile creazione dei suoi Horcrux. Senza
Piton l’anima e il suo corpo farebbero di Voldemort il più ributtante dei Dissennatori.”)
La
più grande debolezza di Lord Voldemort è SeverusPiton, l’unico legame che
ha con il regno dei mortali.
La
morte di SeverusPiton è la
morte di Lord Voldemort.
‘E’
la fine?’
Harry
cominciò a tremare quasi quanto Voldemort, ma lui era
infervorato da quella vittoria quasi fulminea, così fantastica da non sembrare
plausibile.
Non
aveva inferto lui il colpo di grazia a Voldemort,
ancora non aveva provato il senso di soddisfazione nello sporcarsi le mani del
suo sangue. Ma ora quel sangue lo vedeva colare dal suo stesso corpo e ne era
felice. Mai avrebbe creduto di rimanere così talmente affascinato da uno
spettacolo misero quanto la lenta morte di un essere vivente. Ma quella era la
guerra.
I
suoi occhi erano ancora catturati dal viso sofferente di Voldemort.
Ma l’Oscuro Signore riuscì a sorridere e il sangue di Harry si gelò.
“Mi
dispiace, Harry, ma non mi puoi sconfiggere. E’ impossibile! Il mio destino è
la vittoria! Così diceva il Profeta: una
sicura vittoria oscura! Tu morirai prima di me, Harry Potter, così è
scritto nel futuro quindi…” si piegò in due, colto da una fitta di dolore e più
sangue trasudato prese a scorrergli sulla pelle biancastra “… ci vorrà del
tempo prima che il mio corpo cominci a marcire… e prima… prima che ciò accada
io… io ti ucciderò Harry Potter!”
La
mano di Harry annaspò tra le pieghe del mantello ma non trovò la bacchetta.
Giaceva ai piedi di Voldemort a pezzi: era disarmato.
Ma
l’Oscuro Signore stringeva la gemella della sua bacchetta distrutta.
Harry
strinse gli occhi.
‘Non
è vero, non posso morire adesso. Non mi arrendo alla profezia!’
“AvadaKedavra!”
Harry
udì l’urlo che si era aspettato e si buttò a capofitto da un lato. Ringraziò
suo padre e i fulminei riflessi che aveva ereditato da lui. Il raggio verde lo
aveva mancato: forse lui lo aveva schivato o forse Voldemort
stava per giungere al limite.
E
lui era ancora vivo. Poteva ancora sperare di sopravvivere alla guerra.
Voldemort
emise un ringhio, un misto di frustrazione e dolore: “Il prossimo colpo sarà
quello fatale, Harry Potter. Non mi sfuggirai: io te lo giuro!”
*^*^*^*^*
[Contro il Nero
La
Magia di BellatrixLestrange]
Seguivano
la scia dell’Anatema da un certo lazzo di tempo, ormai, ma non sembravano
ancora vicini al presunto luogo della battaglia – probabilmente già iniziata –
tra Harry e Voldemort.
Hermione
aveva ancora le tempie pulsanti dal terrore: la certezza assoluta di essere
morta con la bacchetta assassina della folle BellatrixLestrange puntata sulla fronte. Ma alla fine tutto si
era bloccato e il colpo si era trascinato nel labirinto, costringendo Bellatrix a cedere la presa su di lei e a permetterle di
fuggire nel labirinto con Ron.
La
stessa scia di quell’Anatema li avrebbe condotti da Harry.
Procedevano
correndo, e quando non ce la facevano più, a passo spedito.
Ron
tentava di non eccedere in velocità, preoccupato che Hermione
non potesse sostenere il suo ritmo, ma la ragazza sembrava stringere i denti e
molte volte era lei che andava davanti e gli faceva capire senza parlare che
avrebbe resistito; e Ron, ogni qualvolta lo faceva, reprimeva a stento un
sorrisetto.
Però
adesso Hermione ansimava un po’ troppo e si teneva la
mano sul costato, un chiaro segno di cedimento.
“Hermione… fermiamoci due minuti per riprendere fiato.”
“Ma…”
annaspò lei a malapena, strozzata dal suo stesso fiato.
Ron
alzò le sopracciglia. “Sei uno straccio, così non sei d’aiuto.” Costatò,
maledicendo se stesso quando vide un lampo di sofferenza negli occhi di Hermione. Stupido.
“Non
intendevo… Hermione, tu sei d’aiuto! Ma non in queste
condizioni!” si affrettò a spiegare. Hermione annuì
stancamente e si passò una mano sul viso.
“D’accordo.”
Dovette fare una pausa, ostacolata dal fiatone. “Mettiamoci… in quel… angolo.”
“Va
bene.”
Hermione
si lasciò finalmente andare addosso alla siepe, il collo disteso verso l’alto e
il fiato che si stava pian piano calmando.
Ron,
intanto, osservava intorno a sé la situazione, accertando l’assenza di Mangiamorte, sapendo bene che ve n’era qualcuno all’interno
del Labirinto, dato che ne avevano sconfitti già due.
“Non
hai la sensazione di girare a vuoto?” le chiese sospettoso. In effetti era da
parecchio tempo che correvano, ormai.
Hermione
scosse la testa, facendosi aria con una mano.
“L’incantesimo
non può non funzionare Ron. A meno
che…”
A
quel ‘a meno che’ Ron sussultò. “Cosa Hermione?!”
Lei
osservò la polvere azzurrina metri più in su. “Niente. Questa è la scia
dell’incantesimo involontario di BellatrixLestrange… credo sia l’Anatema finale di un Voto
Infrangibile… credo… ma se è davvero così, sapendo ciò che ci ha detto Harry
riguardo a Piton e al voto che ha stretto con la madre
di Malfoy…”
“Allora
è per Piton quell’Anatema? Ha infranto il Voto
Infrangibile” concluse Ron per lei.
“Esatto”
confermò Hermione con un sospiro “Questa scia ci
porterà da Piton, il servo più fedele di Vold… di Colui-che-non-deve-essere-nominato…
sarà al suo fianco e sarà là che troveremo Harry.”
“Lo
spero, anche se in realtà…” Si lasciò sfuggire Ron, passandosi una mano sul
viso, frustrato. Harry, il suo migliore amico, contro il più terribile mago di
tutti i tempi: sperava solo che fosse ancora vivo.
“E
ora?”
Hermione
analizzò in fretta. “Beh… credo sia meglio segnare ogni angolo con un
incantesimo, in modo da ricordarci dove siamo passati e dove no. E poi… e poi
bisogna seguire l’istinto, Ron.”
Lui
sospirò, afflitto. “Ok. Ti sei ripresa?”
Hermione
asserì annuendo. “Possiamo andare.”
“Bene.”
L’aiutò ad alzarsi e raggiunsero il primo bivio. Ron si grattò il mento. “Uhm,
destra o sinistra?” domandò a se stesso.
Ma
non gli giunse la risatina leggera di Hermione, né un
suo rimprovero, bensì una flessuosa e bassa voce di donna.
“Da
nessuna parte.Crucio!”
Prima
che potesse intendere quel che accadeva, un raggio rosso colpì Hermione facendola cadere a terra e contorcere
spasmodicamente.
“HERMIONE!”
Ron
alzò gli occhi infuocati contro l’aggressore e dovette sforzarsi di non aprire
la bocca. Aveva già visto quella donna a GrimmauldPlace, nell’arazzo di famiglia dei Black,
nelle foto della Gazzetta del Profeta e nella Sala Misteri: davanti a lui
sogghignava BellatrixLestrange,
alta e resa ancora più magra dal vestito nero stracciato in qualche punto e dai
capelli nero pece scomposti che le ricadevano sulle spalle, donandole un’aria
pericolosa.
“Prima
la Mezzosangue e poi il Traditore, o il contrario?” cinguettò come se fosse una
filastrocca, ridendo.
Hermione!
Ron
strinse gli occhi. “Non le farai del male.”
Bellatrix
sorrise sinistramente. “Crucio!” cantilenò e il raggio rosso colpì
ancora Hermione e il suo grido rimbombò nelle
orecchie di Ron, stringendogli il petto e mandandogli il sangue al cervello.
“TU!”
Pieno di rabbia, si avventò sulla Mangiamorte che
schivò il pugno teso.
Il
volto di Bellatrix rimase beffardo e canzonatorio.
“Il traditore vuole raggiungere la sua bella principessa? Il traditore pensa di
sconfiggermi senza bacchetta, alla babbana? Che
squallore! Crucio.”
Ron
sentì il colpo centrarlo in pieno e le viscere attorcigliarsi spiacevolmente.
Cercò invano di contenere un grido, ma era come se gli stessero infilando una
lama nella carne pulsante, tanta era la ferocia di quel Cruciatus,
niente che avesse mai sperimentato prima.
“Merlino…”
riuscì a emettere in un sussurro quando tutto fu finito, tenendosi il ventre
con un braccio, caduto a terra.
Bellatrix
continuava a ridere, girando su se stessa, come una baccante.
“Il
Signore Oscuro sarebbe così felice nel vedere quel che sto combinando agli
amichetti di Potter!” squittì deliziata, lanciandogli un altro Cruciatus. L’urlo di Ron riecheggiò nel labirinto come un
eco di dolore.
“Ma
non vi preoccupate” li rassicurò con voce zuccherina “Non vivrete abbastanza
per poter vedere la morte del vostro amico… vi ucciderò prima!” esalò,
avvelenata, alzando la bacchetta verso Ron.
“RON!”
La
risata stridula si interruppe quando la bacchetta di Bellatrix
le balzò via dalla mano, grazie ad un incantesimo di Hermione.
La
strega assottigliò gli occhi, come un felino che guardava il topo.
“Stupida Mezzosangue.” Sibilò con
disprezzo, e in un attimo si portò accanto ad Hermione
e la schiaffeggiò con ferocia, facendola cadere a terra con un gemito.
“HERMIONE!”
gridò Ron, disperato, alzando la bacchetta. “Stupefacium!”
“Protego.” Bellatrix
aveva preso la bacchetta di Hermione, e l’aveva usata
per difendersi.
“Cosa
volete fare, voi piccoli mocciosi? Non vedete che ormai è giunto il regno del
Signore Oscuro?! Non potete nulla contro di me.
Crucio.”
Ancora
quella lama tra le viscere!
Ron
credeva di impazzire per il dolore, e, quando cominciò a diminuire, sentì
qualcosa di appuntito perforargli il muscolo destro del braccio, causando un
nuovo grido addolorato.
Sentiva
i singhiozzi impotenti di Hermione e con la vista
annebbiata dalle lacrime, la vide sopra di sé tenuta per il polso da una Bellatrix che pareva tutto fuorché col senno.
I
suoi occhi si spostarono sul braccio, e questo movimento gli causò una fitta
che partiva dal muscolo lacerato: gli alti tacchi che portava la Mangiamorte gli stavano perforando il braccio.
Gli
occhi di Bellatrix brillavano.
“Oh,
ecco, grida traditore. È il regalo più nobile per il Signore Oscuro.”
Commentava
pazzamente Bellatrix, mentre Hermione
piangeva, tentando di liberarsi da lei. Scocciata, Bellatrix
le diede uno spintone, facendola cadere a terra, e sfilò con lentezza il tacco
dalla carne viva di Ron; tutto intorno alla ferita, vi era sangue, e il Weasley si ritrovò a gridare più forte che poteva,
tenendosi il braccio e rotolando per terra.
Hermione
singhiozzò il suo nome e fece per andare da lui, ma Bellatrix,
sorridendo con crudeltà, sibilò un Cruciatus che la
colpì talmente forte da farle perdere i sensi.
Dovette
però abbassare la bacchetta, accorgendosi che qualcosa non andava. Alzando gli
occhi, la nebbiolina magica che proteggeva il labirinto era scomparsa.
Ci
fu un urlo: il grido straziato di Lord Voldemort.
Gli
occhi di Bellatrix si dilatarono, spaventati.
“Il
Signore Oscuro! Ha bisogno di me!”
Infervorata,
corse via, lasciando in vita Hermione e Ron.
*^*^*^*^*
[La
corsa tormentata di Ginny
Harry
e Han]
Ginny
correva tra le alte siepi del labirinto, il viso graffiato e una spalla che le
pulsava per via di una colluttazione nella battaglia.
L’aria
che entrava nei polmoni le bruciava la gola, troppo a lungo tenuta aperta per
respirare più ossigeno possibile, e il fianco le doleva per il troppo correre.
Ma
non poteva fermarsi, ora che era riuscita per una fortunata coincidenza ad
entrare nel Labirinto: per una volta, i Mangiamorte
si erano rivelati utili per toglierla dall’impiccio di pensare lei ad un modo per entrare.
Sentiva
boati e qualche volta vedeva scintille in lontananza sopra le siepi. Voltando
l’angolo vide perfino un paio di cadaveri a terra e non poté reprimere un
brivido, nonostante ne avesse visti ormai tanti. Ma prima nel tumulto della
battaglia non aveva avuto il tempo di rimanere a fissarli e di metabolizzare la
cosa, mentre adesso, senza la pressione di qualcuno che la inseguiva per
ucciderla, tutto le pareva così reale.
Cercò
di non pensarci e riprese a correre, seguendo la luce della bacchetta che le
indicava la strada per giungere da Harry.
Harry,
sempre lui.
Dannazione,
non era riuscita a non pensarci, a non aver paura di incontrare in quel
labirinto il suo cadavere steso a terra, senza vita, accanto ad un sogghignante
Tom Riddle, non quello del diario, ma Voldemort, con piccoli occhi rossi e il viso ormai più
serpentino che umano.
E
Han, Ginny? A lui non pensi?
Ginny
trattenne un brivido, e il volto di Harry si sovrappose a quello di Han: uno
che abbozzava un sorriso impacciato, il secondo le sorrideva in quel modo
pacato e insieme perverso.
Han
non è cattivo, si disse Ginny.
È solo fatto a modo suo. Mi vuole bene e
mi piace.
Continuò
a ripetersi questo, anche se sapeva che stava correndo da Harry, come un
mantra, per ricordarle che dopo la guerra ci sarebbe stato solo Han, e non
Harry.
Solo Han. Niente Harry.
Solo Han.
Non
poté impedirsi di venire soffocata da quell’idea, mentre si rendeva vagamente
conto che il pensiero di Han le era entrato in testa e non riusciva più a
liberarsene.
Cominciava
già ad essere la sua bambola di porcellana.
*^*^*^*^*
Il
Grido di una Madre
Il
borbottio dei Mangiamorte
Il
Ringhio dell’Oscuro Signore
“Il
prossimo colpo sarà quello fatale, Harry Potter: sei morto!”
Un
tuffo al cuore e Ginny seppe di avere il coraggio di
affrontare il più Grande Mago Oscuro di tutti i tempi per lui.
“NOO!”
Gridò
con tutte le sue forze e una disperazione violenta che spinse il suo
incantesimo alla massima potenza contro Voldemort.
L’Oscuro
Signore si sollevò da terra, schiantato dalla forza di quell’anatema
inaspettato quanto l’urlo insolente della ragazzina Weasley
che un tempo aveva stregato col suo diario, che un tempo si era piegata al suo
controllo, che un tempo era debole… un tempo…
Voldemort
riuscì comunque a mantenere la stretta sulla propria bacchetta e, dissolvendosi
a mezz’aria in un turbine nero, frenò la sua caduta. Fluttuava, sorretto dalle
sue facoltà mentali, tuttavia fu costretto a ritornare al suolo da una violenta
fitta al braccio sinistro: il suo corpo cominciava a cedere.
Ringhiò
dal dolore e dall’umiliazione e per un attimo dimenticò Harry Potter e la sua
vittoria oscura: la bacchetta tremante di collera era puntata contro Ginny.
“Come
osi!”
Scagliò
una fitta serie di anatemi mortali. Ginny fu rapida
ed eresse degli scudi di protezione.
Il
ringhiò di Voldemort si levò nell’aria e la pioggia
incessante di maledizioni divenne più fitta e violenta. Lo scudo di Ginny si stava incrinando e il braccio che stringeva a
tutta forza la bacchetta stava per cedere.
Harry
si lasciò sfuggire un rantolo quando l’ennesimo raggio mortale sfiorò Ginny, minacciando di abbattere completamente le sue
difese. Affondò le mani disperatamente nella tunica, ma non riuscì a trovare la
bacchetta. I suoi occhi scivolarono sul suolo martoriato dai numerosi colpi
d’incantesimo: tra i fossi e i frammenti del guscio luminoso distrutto
riposavano i resti della sua bacchetta.
Gli
giunse un grido soffocato di Ginny che aveva appena
malamente subito il contraccolpo di un terribile AvadaKedavra. Il respiro gli si bloccò in gola.
‘Non
deve morire, non deve morire… non di nuovo, non di nuovo… per colpa mia!’
Harry
si guardò in torno con la frenesia di un ossesso, cercando disperatamente
un’arma o qualsiasi cosa avrebbe potuto fermare Voldemort;
se fosse stato necessario l’avrebbe anche fermato a mani nude.
Finalmente
i suoi occhi incontrarono la figura cupa della Mangiamorte
che aveva assassinato Malfoy. In un attimo le fu
contro, le dita artigliate alla sua tunica nera.
“Dammi
la tua bacchetta! Dammela subito!”
La
Mangiamorte sembrò solo infastidita dal grido disperato
di Harry. Distolse velocemente lo sguardo dal suo viso sconfortato e riprese a
fissare con aria tramortita il corpo inerte di Malfoy.
Harry
non si fermò continuando a strillare in faccia alla Mangiamorte,
esasperato dalla sua indifferenza, ma due braccia robuste lo staccarono a forza
e lo respinsero, buttandolo a terra con brutalità.
Si
riprese dal duro colpo e fissò i due Mangiamorte,
schierati davanti alla compagna come guardie del corpo; entrambi i loro sguardi
minacciosi puntati contro Harry erano un chiaro monito d’avvertenza: se ci
riprovi, sei morto.
Harry
si rialzò incespicando, mentre ancora gli schianti degli anatemi di Voldemort e i gemiti di Ginny gli
riempivano la testa. Diede una rapida occhiata alla situazione: lei ancora resisteva
ai suoi attacchi ma stava per giungere al limite.
Si
gettò a capofitto verso la sua ultima speranza. Si accasciò accanto al corpo di
Piton e gli afferrò il polso della mano che stringeva
la bacchetta: era ancora caldo. Harry sobbalzò, premendo due dita contro il
polso e udendo distintamente i flebili battiti di un cuore debole.
‘E’
ancora vivo. Non è possibile.’
Ma
un ennesimo strillo di Ginny gli fece dimenticare
tutto il resto. Aprì il pugno di Piton e gli sfilò la
bacchetta dalle dita. Strinse l’arma e si fiondò verso Voldemort
.
Ancora
si sentì venir meno dal terrore: lo scudo di Ginny
aveva ceduto e l’Oscuro Signore sghignazzava a pieni polmoni. I resti dello
scudo infranto vorticavano per l’aria come una fitta nebbiolina che gli
ostruiva la visuale.
‘Dimmi
che non è morta… non può, non può…’
Voldemort
ghignò ancora e fu abbastanza per risvegliare la furia latente di Harry.
“Basta!!!”
Un
potente schiantesimo colpì Voldemort
alle spalle e gli fece inghiottire il ghigno e sputare saliva. Un ginocchio
cedette, sbattendo contro il suolo; un altro tremito gli scosse il corpo mentre
dalla sua bocca cominciò a colare sangue misto ad una sostanza oleosa e scura.
Appena
vide Voldemort accasciarsi a terra, Harry rivolse
tutta la sua attenzione al punto in cui i resti dello scudo si stavano
dissolvendo. Ginny era ancora in piedi, malridotta e
spaventata, ma ancora viva.
Harry
provò l’impulso di correrle incontro, stringerla e proteggerla, ma gli sembrò
quasi di non averne più il diritto: l’aveva lasciata e lei aveva smesso di
aspettare il suo ritorno.
All’improvviso
Ginny alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry
con un’espressione dolorante.
“Harry!”
Gli
sembrò di sentirla gridare: tutta la sua mente era concentrata sul viso
sofferente di Ginny e gli parve, con uno strappo al
cuore, che parte di quella sofferenza fosse anche colpa sua.
“Harry!
Voldemort!”
Harry
riconobbe troppo tardi un grido d’avvisaglia nelle parole di Ginny. Si voltò ed incontrò la punta della bacchetta di Voldemort, incollerito più che mai.
Harry
si sentì completamente vulnerabile; stringeva ancora la bacchetta ma gli parve
che levarla contro l’adirato Signore Oscuro fosse solo una mossa disperata. Ma Voldemort non attaccò e lui non osò certo interrompere
quella snervante tregua.
“Mio
Signore!”
Harry
riconobbe lo strillo euforico di BellatrixLestrange e, infatti, la vide emergere dal labirinto,
nell’esatto punto in cui era comparsa Ginny, seguita
da un consistente plotone di Mangiamorte.
Harry
seppe di essere sconfitto.
Voldemort
ghignò ancora, mentre i suoi fedeli Mangiamorte
formavano una compatta schiera oscura ai suoi lati: “Sei morto, Harry Potter.”
Il
sogghigno dell’Oscuro Signore si fece ancora più minaccioso ma non colpì.
Sembrò quasi voler assaporare quel momento. “Tutto ciò che hai fatto è inutile,
Harry Potter. La sfida che mi hai lanciato non è altro che un’impresa senza
senso, perché la vittoria è mia in ogni caso e anche tu questo lo sapevi: una sicura vittoria oscura. Io ti
ucciderò e dopo di te – il suo sguardo maniacale si rivolse a Ginny, catturata da due Mangiamorte
– moriranno i tuoi amici; tutto ciò che ami io lo distruggerò!”
Harry
strinse la bacchetta e il suo viso acquistò più vigore. Senza saperlo, Voldemort aveva riacceso il suo spirito combattivo.
‘Ecco
perché non posso lasciare che vinca, ecco perché lo devo sconfiggere: per
proteggere le persone che amo.’
Scorse
Ginny, incastrata tra due possenti Mangiamorte che appariva così vile, disarmata e impotente.
‘Adesso
basta, Voldemort sparirà oggi.’
“Anche
la morte di Severus è stata inutile, Potter”
imperversò Voldemort con uno sguardo disgustato al
corpo del suo diletto Mangiamorte “Perché posso creare
un nuovo suggello per i miei Horcruxes e sceglierò
qualcuno molto più fedele di SeverusPiton.”
Si
voltò verso il manipolo di Mangiamorte che lo
spalleggiava. I suoi occhi serpentini scorrevano sulle bianche ed impassibili
maschere; ognuno fremeva al setaccio di quello sguardo vermiglio, ma già tutti
conoscevano l’obiettivo dello scandaglio.
“Tu,
Bella, sei tu la serva più devota.”
Bellatrix
sembrò sciogliersi di estasi sotto quel sibilo; abbandonò il viso in
un’espressione di pura gratificazione e magnificenza: “Mio Signore, mio
Signore, grazie!”
“Che
il rituale abbia inizio” sibilò l’Oscuro Signore facendo cenno a due corpulenti
Mangiamorte di imprigionare Potter.
Harry
scorse una disperata NarcissaMalfoy
che tentava di osservare la scena oltre le sue spalle. Diede un colpo d’occhio
al corpo immobile di Malfoy e alla Mangiamorte inginocchiata accanto a lui prima che due
figure incappucciate lo afferrassero per le braccia, costringendo Harry ad
allentare la presa sulla bacchetta di Piton.
Voldemort
sibilò qualcosa e Bellatrix protese le sue mani
tremanti dall’emozione; il viso lucido da lacrime di gioia.
L’Oscuro
Signore poggiò le sue lunghe dita su quelle lattee di Bellatrix
che fremette con un gemito estasiato. La cicatrice di Harry cominciò a
bruciare; soffocò un urlo di dolore, sorretto dai due Mangiamorte
che gli sigillavano le braccia.
Fu
costretto a tenere gli occhi completamente serrati dalla tremenda fitta che
minacciava di aprirgli la testa in due. Era tutto oscuro.
(Un
sicura vittoria oscura.)
Terminato
il rituale Voldemort avrebbe ripreso pieno controllo
sul suo corpo e così, con un intero battaglione di Mangiamorte
che lo spalleggiavano, senza bacchetta, lui, benché il Prescelto, non sarebbe
mai riuscito a sconfiggerlo.
La
cicatrice bruciava sempre di più e il rituale stava per concludersi: avvertì la
vittoria che gli scorreva via dalle dita e un disgustoso sapore amaro di
sconfitta, di resa e di sconforto… Ma la cosa più atroce fu il pensiero di Ginny intrappolata tra quei due Mangiamorte,
ancora prigioniera dell’oscurità.
Ma
uno strillo sconvolse tutto. Lo strillo di BellatrixLestrange.
Harry
riaprì di colpo gli occhi: il dolore era scomparso. Il corpo di Bellatrix era steso a terra, immobile quanto quello di Piton e Malfoy: morto.
Il
viso di Voldemort era una maschera di disperazione e
meraviglia.
Un
Mangiamorte della cerchia scattò all’improvviso ma
venne subito bloccato dal compagno; Harry pensò di riconoscervi RodolphusLestrange. NarcissaMalfoy era una statua con
gli occhi impassibili puntati sulla sorella che però, nel fondo, brillavano di
sconcerto.
Harry
seppe che era morta. Avvertì la Maledizione dei Black
che le strisciava addosso, appagata dalla sua morte per mano dell’Oscuro
Signore, l’essere che la donna, accecata e resa folle dalla prigionia aveva
amato con tutta se stessa.
Voldemort
si riscosse in un grido collerico: “Perché?! Non è possibile, una cosa del
genere sarebbe dovuta accadere solo se l’altro custode fosse ancora vivo, ma
nonpuò essere – gli occhi saettarono
sul corpo di Piton – Severus
ha spezzato un Voto Infrangibile; la pena di ciò è la morte, non può essere
sopravvissuto.!”
Harry
rammentò la pulsione di deboli battiti.
“No,
no, no!” recuperò Voldemort con più collera “Non può essere
vivo, ha infranto il Voto!”
Un’ombra
sfilò accanto a Lord Voldemort e persino lui si sentì
gelare per un istante. L’Oscuro Signore riconobbe con astio una tunica da Mangiamorte che svolazzava.
“NarcissaMalfoy, come osi?”
Mai
nessuno aveva osato passargli accanto a testa alta, senza un monito, senza
rispetto. Ed anche in quel momento, sembrò che le parole di veleno dell’Oscuro
Signore non l’avessero scalfita: tutto il suo essere era proteso verso il
pallido e immobile corpo della creatura che più aveva amato.
“Il
mio unico figlio… il mio unico figlio…”
Narcissa
si accovacciò sul corpo gelido del figlio, sconquassata dai singhiozzi.
Striduli e disumani singulti di disperazione scossero il suo piccolo corpo; i
capelli biondi e scarmigliati cascarono sul viso di marmo del suo bambino.
Le
sue lunghe dita bianche annasparono sul petto immobile di Draco, artigliando il
mantello, tentando di afferrare la sua vita, di farlo ritornare da lei.
“Il
mio unico figlio… il mio bambino… il mio…”
NarcissaMalfoy gridò per suo figlio e il suo grido scosse il
marito insensibile, anche l’Oscuro Signore ed anche la cicatrice di Harry
Potter: l’ultimo grido di Lily Potter si accavallò allo strillo disperato di Narcissa.
“Fai
silenzio, donna!” ringhiò Voldemort “O ucciderò anche
te?”
I
tremiti di Narcissa si bloccarono di colpo e dalle
sue labbra bianche si levò una voce tanto screziata da non sembrare umana:
“Anche? Anche?! – ripeté come un ossessa non riuscendo a staccare gli occhi dal
volto cereo del figlio “Non è stato Potter a uccidere mio figlio? E’ stato… è
stato… anche? Dite ‘anche’ mio Signore?”
Voldemort
sembrò in principio divertito da quella folle impudenza, ma le spalle tremanti
di Narcissa e la sua voce che si era caricata di una
sottile furia sconfinata gli fecero pronunciare parole velenose. “Dico ‘anche’,
Narcissa, perché tuo figlio era un traditore e ha
ricevuto ciò che gli spettava. E sarà il tuo stesso destino se non riuscirai a
contenere quella lingua.”
Narcissa
si staccò dal corpo del figlio, le unghie artigliate alla sua bacchetta. “… mia
sorella… mio figlio... il mio unico figlio! Per chi? Per chi questi
sacrifici!?” il suo strillo si perse nel silenzio di marmo dei Mangiamorte, sconvolti e meravigliati dall’audacia della
loro compagna.
Ginny
strinse gli occhi, provando una forte pietà. Anche sua madre aveva gridato
quando il fratello Percy se ne era andato di casa
ripudiando la famiglia; ma il grido di quella donna, benché Mangiamorte,
era più tremendo.
Narcissa
riprese con la voce che le grondava di una collera sordina e acuta. “Tutti
questi sacrifici… per chi? Guarda che lo so, lo so mio Signore. So che non siete altro che un lurido Mezzosangue.”
Molti
Mangiamorte sibilarono mentre il ringhio di Narcissa si perdeva nell’indignazione. Harry provò un moto
di gratitudine ma seppe anche che la signora Malfoy
era spacciata; poteva percepire la pungente furia di Lord Voldemort
dalla cicatrice.
Tuttavia,
prima che il grido dell’Oscuro Signore si levasse nell’aria, riuscì a cogliere
uno scambio di mugugni dai due Mangiamorte che lo
teneva stretto.
“Ma
che dice Narcissa?”
“L’Oscuro
Signore non può essere un Mezzosangue, discende direttamente da Salazar Serpeverde.”
“Ma
allora perché Narcissa l’avrà gridato?”
“E’
disperata per la morte del figlio, è chiaro, forse sta cercando una scusa per
aggredire l’Oscuro Signore.”
“E’
una pazza come la sorella. L’Oscuro Signore un Mezzosangue, poi… tsk… se fosse così perché condurre una guerra dei
Purosangue contro i Babbani?”
“Già,
è una folle.”
Una
scintilla di speranza disperata si accese nel cuore di Harry: forse non era
tutto perduto, forse avrebbe potuto riscuotere la sua vittoria contro Lord Voldemort, forse i Mangiamorte
sarebbero insorti al suo fianco se avessero scoperto le vere origini del loro
Signore.
“Te
la farò pagare, donna” mormorò Voldemort con dei
denti serpentini che gli brillavano nella bocca “Non avrai la fortuna di morire
subito come quel traditore di tuo figlio o Bellatrix.”
La
sua bacchetta scattò contro Narcissa ma si bloccò ad
un singulto.
“Bella.”
Tutti
gli occhi dei Mangiamorte si rivolsero a RodolphusLestrange; il suo
compagno dal volto indignato si mise da parte mentre l’Oscuro Signore si
volgeva verso di lui con un ringhio.
“Perché
Bella?” singhiozzò Rodolphus fissando Voldemort negli occhi senza alcun timore “Perché hai dovuto
uccidere Bella? Lei che era l’unica ad amarti…” abbandonò il capo al suolo.
Seguì
un concitato attimo di silenzio durante il quale nessun osò respirare. Gli
occhi dell’Oscuro Signore si iniettarono di sangue.
Rodolphus
singhiozzò ancora, per l’ultima volta, e levò il capo e la voce in un impeto di
pura collera: “Perché, dannato Mezzosangue!”
Un
raggio di luce verde partì e RodolphusLestrange ricadde a terra morto tra i gemiti degli altri Mangiamorte. Un gemito si levò più alto degli altri.
“Perché
anche mio fratello!?”
Era
RabastanLestrange ed aveva
estratto la bacchetta, puntandola contro Voldemort.
“Tu” sibilò Rabastan “Tu, lurido Mez…”
Ci
fu un altro scatto di furia e un ringhio da Lord Voldemort
e la dinastia dei Lestrange si estinse quando il
corpo di Rabastan scivolò, morto, accanto a quello
del fratello.
I
Mangiamorte si ritrassero dai due corpi, in preda ad
una collettiva ansia: temevano la morte per mano del proprio Signore.
Harry
capì che poteva ancora vincere, che poteva contare sull’aiuto più inaspettato:
i Mangiamorte. Bastava far capire loro quanto
rischiavano al servigio di quell’essere e quanto miserabili fossero alle
assolute dipendenze di Voldemort, che in realtà era
un Mezzosangue. Poteva far leva sul loro orgoglio e quella stessa superbia di
Purosangue che aveva scatenato la guerra poteva porvi fine.
Prese
ad agitarsi tra le braccia dei Mangiamorte,
mormorando ai due: “Vi ucciderà, vi ucciderà tutti. Lo sento dalla cicatrice,
vi ucciderà. Morirete per mano di un Mezzosangue, perché Voldemort
lo è, lui è un Mezzosangue, suo padre era un Babbano.”
Uno
dei Mangiamorte gli sferrò un colpo allo stomaco, con
un ringhio disgustato, ma il volto dell’altro era fisso su Harry, strabiliato
ed esterrefatto. Harry sogghignò sotto il duro colpo appena subito; sapeva di
essere riuscito ad insinuare il dubbio almeno in uno dei due.
Harry
cominciò ad agitarsi. Il Mangiamorte più titubante
provò a tenerlo fermo, ma senza metterci molto impegno. L’altro, quello più
irremovibile nelle sue convinzioni, si appellò all’Oscuro Signore per avvisarlo
delle blasfemie uscite dalle labbra indegne di Harry Potter.
“Mio
Signore, Harry Potter osa dire che…”
Harry
seppe già dal principio che quel fedele Mangiamorte
sarebbe stato ucciso dal suo stesso padrone. Avvertì la cicatrice che pulsava e
la rabbia di Voldemort che gli montava dentro: il suo
corpo sconquassato dalla mancanza di un suggello stava per cedere, e anche la
sua mente, martoriata dall’anima lacerata, non vedeva nulla di chiaro: Harry
sentì la paranoia infiammarsi nella mente dell’Oscuro Signore.
Il
Mangiamorte fedele tentò di avvertire il proprio
Signore con tutta la fiducia che si sente meritare un servo devoto, ma Voldemort lo zittì con un AvadaKedavra, temendo che anche lui pronunciasse parole di
ribellione.
Il
Mangiamorte rimasto che teneva fermo Harry, si
trascinò di lato col viso pallido di terrore mentre osservava il compagno
cadere a terra, morto.
Ci
fu un acceso brusio tra la schiera di Mangiamorte che
affiancava Lord Voldemort. Alcuni si ritrassero
spaventati dal loro Signore, altri borbottarono inorriditi, e altri ancora
retrocedettero, temendo una rappresaglia.
Voldemort
sentì un rumorio crescere alle sue spalle, i suoi Mangiamorte
che si lamentavano, che borbottavano, che tentavano di ribellarsi…
Agitò
la bacchetta con frenesia e abbatté tre Mangiamorte a
caso tra la schiera che gli stava alle spalle. Scatenò il panico tra i suoi
servitori.
Harry
sentì la cicatrici pulsargli e seppe che Voldemort
era pazzo e accecato dal timore del tradimento.
“Adesso
ucciderò chiunque apra la bocca!” ringhiò follemente l’Oscuro Signore “Chiunque
osi alzare la voce contro di me!”
Il
vociferare si interruppe all’istante e Voldemort
sembrò riacquistare un po’ di calma.
“Mio
figlio!”
La
cicatrice di Harry riprese a bruciare più intensamente di prima. Si voltò e
vide NarcissaMalfoy, ritta
davanti al corpo del figlio con l’espressione più collerica che avesse mai
visto rivolta all’Oscuro Signore.
Affondò
la bacchetta nella direzione della donna con occhi rossi e impregnati di
desiderio di vendetta. Narcissa rimase immobile, le
parve che il suo immenso dolore la rendesse impermeabile a qualsiasi altra
cosa.
“Mio
Signore.”
Venne
una voce remissiva e umile. Voldemort si bloccò e si
volse con un sibilo impaziente a LuciusMalfoy.
“Dimmi,
Lucius.”
“Mio
Signore” replicò LuciusMalfoy
con voce atona e la bacchetta che riposa mollemente al suo fianco “Mio signore…
mio… mio figlio.”
Harry
ricevette una terribile scossa di fuoco alla cicatrice e seppe che era il
momento giusto per tentare la fuga e liberare Ginny,
mentre Voldemort, accecato dalla rabbia, levava la
bacchetta contro LuciusMalfoy.
Diede
una gomitata al Mangiamorte che lo tratteneva
mollemente, incantato da quella scena, e si liberò senza troppa difficoltà.
Ginny
se ne accorse e si protese verso di lui, ancora imprigionata da un Mangiamorte robusto. Harry puntò contro di lei, ignorando
il ringhio di Voldemort, sperando che nella sua cieca
rabbia non lo notasse.
La
bacchetta dell’Oscuro Signore si accese, diretta verso Lucius,
ma il colpo venne deviato con un sibilo feroce: “Ti ucciderò, Harry Potter!”
Ginny
gemette disperata, intimando a Harry di spostarsi. Lui si buttò a terra senza
un secondo ripensamento. Strisciò al suolo, graffiandosi la faccia e scrutando
il raggio verde che aveva schivato per un soffio filare sopra la sua testa e
schiantarsi contro un Mangiamorte della cerchia.
I
Mangiamorte che stavano al suo fianco si ritirarono
irrequieti, sibilando d’indignazione: l’Oscuro Signore aveva appena ucciso Dolohov, uno dei suoi servi più fedeli e capaci.
“Ti
ucciderò, Harry Potter! Ucciderò prima te Harry, e poi tutti gli altri” ripeté Voldemort come un indemoniato “Chiunque osi contraddirmi,
rivolgermi la parola o mancarmi di rispetto!”
La
sua bacchetta tornò a LuciusMalfoy
che restava immobile con un volto gelido e impassibile, privo di terrore ma
anche di rispetto e riverenza.
Un'altra
voce lo costrinse a bloccare l’incantesimo ed Harry sentì la pazienza di Voldemort giungere al limite.
Era
Donovan Darcy. “Ma è vero, mio Signore? E’ vero che lei è un Mezzosangue?”
Voldemort
gridò ancora e affondò la bacchetta contro Doppio Dolore che, con un gesto
fulmineo, riuscì a proteggersi e a schivare la fine. Molti Mangiamorte
sibilarono d’indignazione, ma non fu chiaro se l’indignazione fosse rivolta a Darcy Donovan o al loro Padrone.
Harry
si rese conto che Voldemort gli dava le spalle. Puntò
la bacchetta; notò che un Mangiamorte aveva colto il
suo gesto di offesa contro l’Oscuro Signore ma questi non fece niente per
bloccarlo, tornando a fissare la disputa tra Lord Voldemort
e Darcy Donovan.
Doppio
Dolore mugugnò con una pomposa indignazione: “Mi perdoni, mio Signore. Non
credevo di scatenare la sua ira omicida con una semplice domanda, è solo che –
fu costretto a riformare uno scudo per proteggersi dall’ennesimo anatema di Voldemort – è solo che mi sembra così ingiusto” riprese con
una voce melanconica “Noi siamo suoi servi e le siamo fedeli e le pare questo
il modo di ricompensarci? E se davvero lei
è un Mezzosangue, allora per quale
motivo dovremmo prostrarci ai suoi piedi, noi,
che siamo Purosangue?”
Ci
fu un mormorio di assenso tra i Mangiamorte. Voldemort fremette dalla rabbia.
“Maledetti
voi, siete i miei servi! Non oserete mancarmi di rispetto!”
Harry
seppe che era il momento giusto: scagliò un AvadaKedavra contro Lord Voldemort,
l’Anatema della Morte e lui era riuscito a pronunciarlo e a scagliarlo perché
lo desiderava davvero, perché non desiderava altro che la morte di Voldemort.
Quella
era la guerra e non era solo questione di uccidere o venire uccisi: era il suo
destino, ma non quello scelto dalla Profezie, quello che aveva scelto di
costruirsi da solo.
(“Createlo da solo il tuo destino, Profezia o meno…)
Il
raggio mortale si abbatté contro Lord Voldemort. Ci
fu uno schianto e il cuore di Harry mancò di un battito.
La
bacchetta di Voldemort, la gemella della sua, cadde a
terra spezzata in due.
I
Mangiamorte si bloccarono in un religioso silenzio e
fissarono il loro Signore, disarmato, miserabile in un corpo che stava per
cedere, ma ancora vivo.
Gli
occhi serpentini di Voldemort strisciarono sulla sua
bacchetta troncata e un altro urlo gli sfuggì dalle labbra. Ad Harry sembrò
quasi di udire il proprio grido di vittoria dietro il ringhio frustrato
dell’Oscuro Signore.
*^*^*^*^*
[Istinto
animale e coscienza umana
FenrirGreyback
contro Remus Lupin]
I
Licantropi si erano fermati, mettendosi in cerchio intorno al duello che si
stavano consumando tra Lupin e Greyback.
D’istinto,
si comportavano come lupi obbedienti al maschio alfa, nel loro caso Greyback. Ma sapevano benissimo che in caso di sconfitta,
il branco sarebbe passato sotto il comando di colui che fosse riuscito ad
atterrare il capo, in questo caso Lupin.
Era
la legge naturale, e loro la seguivano, trepidanti nel sentire la carne umana,
ma mitigati da un preciso dovere di lealtà.
Li
guardavano scambiare zannate e saltarsi addosso come mostri inferociti,
sentendo i latrati addolorati di Remus e quelli
sghignazzanti di Greyback, che sembrava in vantaggio.
Si
studiavano attentamente, i due lupi, e poi attaccavano, allungando gli artigli
e cercando di colpire l’avversario alimentati uno da puro divertimento e sete
di sangue, l’altro dalla vendetta.
Entrambi
riuscivano a contenere il loro lato animale, almeno un po’, ma l’esperienza di Greyback era certamente più vasta. Remus
era in svantaggio, non abituato a muoversi con quel corpo e a comandarlo con
una mente pacata, meno grezza di quella del Licantropo.
Aveva
ferite superficiali sulla schiena e l’unica che lo preoccupava davvero era un
graffio lungo il collo che era riuscito ad assestargli proprio in quel momento.
Remus
era stanco.
Sentiva
le zampe tendersi, e un’unghia gli bruciava, troncata quando era ricaduto
sull’asfalto.
Greyback
rideva, invece, anche lui ferito.
Lo
stava divertendo quel gioco.
Voleva
far vedere a quella sua creatura la vera potenza dei Lupi Mannari.
Si
lasciò andare in un lungo ululato, e lo fissò con occhi grigi brillanti.
“Remus Lupin… tu oggi morirai.”
Lupin
spalancò gli occhi, sentendo il suo nome. Poi avvertì la rabbia scorrergli
prepotente nelle vene, mentre il ricordo del morso di Greyback
sulla spalla e gli anni di solitudine si accumulavano nella sua mente ora più
annebbiata e sempre più in balia dell’istinto animale.
“Maledizione…”
mormorò cercando di scacciare la voglia di sangue del lupo. “Non ora non ora
non ora…”
Sentiva
l’ululato nella testa, e il sangue pompare dalle arterie feroce, come l’odore
di sangue che lo stuzzicava a mordere. Mordere, mordere, mordere.
No,
maledizione, no!
Ripensò
a Ninfadora, all’ecografia del suo bambino, ai suoi
suoceri, a Harry e a Sirius e James.
E
finalmente sembrò che la nebbia si diradasse un poco dalla mente. Ma un’ombra
incombeva su di lui.
Accadde
in pochi secondi: Greyback era sopra di lui con le
fauci spalancate. Poi un raggio l’aveva colpito, facendolo cadere a terra con
un guaito.
La
voce di Ninfadora l’aveva raggiunto, preoccupata,
gridando il suo nome. “REMUS!”
Lui
aveva abbozzato un sorriso, così insolito ed inquietante sulle fauci di un Lupo
Mannaro. Lei aveva sorriso comunque, seduta su una scopa.
Poi
un raggio – blu, blu, blu si ripeteva Remus – la
colpì e Ninfadora fu sbalzata dalla scopa e cadde in
mezzo al Tamigi, ricoperto di ghiaccio. Ci fu solo un sonoro schianto, ma
niente urla.
Remus
guaì e fece due grandi balzi, per raggiungerla, ma Greyback
lo colpì a tradimento sulla schiena.
“Dove
vai, piccolino? Preoccupato per la tua bella?” sogghignò sadico Greyback, zampettandogli intorno. “Non ti preoccupare…
manderò qualcuno a prenderla.” Rise, e fece cenno ad uno dei Licantropi di
muoversi oltre la sponda del fiume di ghiaccio.
Gli
occhi di Remus si spalancarono spaventati, e fece per
andare contro quel Licantropo, ma la strada fu sbarrata da Greyback.
“No,
no.” Scosse la testa divertito. “L’unico modo per andare da lei è uccidermi,
Lupin.”
Gli
occhi di Remus si fecero rosso sangue.
*^*^*^*^*
La
Spada di Serpeverde
[L’Ultimo
Horcrux]
Voldemort
era disarmato e gridava. Nessuno dei Mangiamorte osò
muoversi, nessuno osò disperarsi con l’Oscuro Signore, nemmeno i più devoti e
fedeli.
Harry
cominciò a credere nella vittoria.
Ma
il grido di Voldemort si interruppe e ci fu solo
silenzio. Uno scorrere viscido si accese nell’immobilità. I Mangiamorte
si ritrassero, aprendo un varco per l’enorme serpente che strisciava verso il
suo Signore.
“Nagini” bisbigliò Voldemort con
gli occhi in fiamme per la gratitudine “Con te posso ancora vincere.”
Harry
strinse gli occhi sul serpente: l’ultimo Horcrux.
Nagini
scivolò fino ai piedi dell’Oscuro Signore che avevano ripreso a trasudare
sangue. Voldemort si chinò, afferrandole
l’attaccatura del capo. Mormorò una cantilena tra sibili e sogghigni.
Harry
avvertì di nuovo qualcosa che gli sfuggiva, ma non era la vittoria, era la sua
vita.
Il
sibilo di Nagini si perse in un lampo d’argento e
smeraldi. Voldemort sollevò la sua nuova arma: una
spada lunga e affilata, l’elsa riproduceva un serpente aggrovigliato tempestato
di smeraldi.
Harry
riconobbe nelle fattezze di quella lama la spada di Serpeverde.
‘Ha
trasfigurato il suo serpente nella spada di Serpeverde.
Se è pericolosa come quella di Grifondoro non
riuscirò a tenergli testa solo con la bacchetta di Piton.’
Ma,
contrariamente alle sue previsioni, Voldemort schivò
lo sguardo di Harry e puntò i suoi occhi rossi alle spalle del ragazzo.
“Tu
sei stata la prima ad osare mancarmi di rispetto” sibilò con ira “E sarai la
prima a morire così tra non molto potrai rivedere il tuo amato figlio.”
Voldemort
si perse in un sogghigno terribilmente osceno ma NarcissaMalfoy non mosse un muscolo: il volto impassibile sembrava
celare una tremenda rabbia che aspettava solo di esplodere. Ma Harry sapeva che
la sola rabbia, per quanto forte fosse, non bastava per sconfiggere Lord Voldemort.
Voldemort
sollevò la lama da terra, fendendo l’aria con un sibilo. Alle sue spalle LuciusMalfoy estrasse la
bacchetta diretta contro l’Oscuro Signore. I Mangiamorte
si ritirarono, bisbigliando al compagno deboli moniti d’avvertimento, ma la
maggioranza si limitò a lanciargli occhiate d’approvazione e appoggio. Tra i
più esultanti spiccava Darcy Donovan.
Voldemort
avanzò, puntando verso Narcissa. Harry si ritrasse dalla
sua traiettoria, lasciandolo sfrecciare al suo fianco. Puntò la bacchetta di Piton alle spalle di Voldemort,
cominciando a mormorare l’Anatema della Morte; dietro di lui, sentì LuciusMalfoy fare lo stesso.
Forse due AvadaKedavra
mirati e potenti avrebbero potuto abbattere l’Oscuro Signore.
Narcissa
restò immobile, non tentò neanche di alzare la bacchetta; le parve che le
bastasse l’ira e il dolore di una madre per annientare l’assassino del proprio figlio.
Ma il resto dei presenti sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.
“Sono
stata io!”
Ancora
un grido giunse ad interrompere l’avanzata dell’Oscuro Signore. Sia Narcissa che Voldemort si
voltarono verso la voce.
Samantha
Drake era in piedi, a pochi passi dal corpo di Draco, con un ampio sogghigno sul
viso. “Io ho ucciso tuo figlio. E’ vero, l’ho fatto per ordine dell’Oscuro
Signore, ma sono stata io a pronunciare l’Anatema della Morte.”
Per
un istante sembrò solo che il volto di Narcissa si
fosse congelato in un orribile stupore, poi si infiammò di collera ceca: ora
conosceva il suo obiettivo, lo scopo della sua vita dall’istante in cui aveva
abbracciato il corpo gelido del figlio era stata la vendetta, e ora poteva
sperare di uccidere l’assassina di Draco.
Si
dimenticò completamente di Lord Voldemort e della
battaglia, o del motivo per cui si trovasse lì a combattere quella guerra; si
lanciò contro Samantha desiderando solo la sua morte.
Voldemort
sogghignò, pronto a colpire Narcissa con la spada.
Harry
prese la mira e lanciò un AvadaKedavra.
La
lama della spada rifletté il lampo verde e permise a Voldemort
di respingere il colpo; puntò la spada di Serpeverde
contro l’anatema: l’incantesimo rimbalzò sulla lama, proiettandosi nel cielo.
Harry
fremette: la spada era in grado di respingere gli incantesimi; forse non ce
l’avrebbe fatta.
Sentì
corrergli accanto qualcuno e vide LuciusMalfoy che oltrepassava Lord Voldemort
senza timore. Dietro di lui Narcissa tentava
disperatamente di colpire Samantha, ma due Mangiamorte
bloccavano e respingeva tutti i suoi anatemi ma non facevano niente per
colpirla. Lucius fiancheggiò la moglie e presero a
combattere insieme, uniti da una furia tremenda, per vendicare la morte del
figlio.
Voldemort
lanciò un’occhiata disgustata ai Malfoy e si volse a
Harry che indietreggiò nella mischia di Mangiamorte.
In un attimo l’Oscuro Signore gli fu di fronte con la spada levata in aria. Un
gemito giunse dalla schiera oscura: i Mangiamorte
erano terrorizzati.
“Ascolta,
Voldemort” attaccò Harry in tono solenne “Forse non
sopravvivrò alla battaglia, ma vincerò comunque. La guerra è persa per te, così
come hai perso l’appoggio dei tuoi Mangiamorte, il
rispetto, il tuo corpo e la tua anima: non ti resta più niente.”
Voldemort
lanciò un ringhio e si riprese in un sorriso sprezzante. “Sei tu che devi
ascoltarmi, Harry. L’Oracolo ha previsto una
sicura vittoria oscura, e sarà quella che avrò.”
“Ti
sbagli” ribatté Harry “Hai sempre riposto troppa fiducia nelle Profezie; è per
una Profezia che hai deciso di rovinarmi la vita, ma… adesso mi va bene così,
perché è la tua stessa fiducia nelle Profezie che ti porterà alla morte.”
Voldemort
ghignò. “Provaci, allora.”
Harry
scattò in avanti. Voldemort roteò la spada sopra la
testa fino a farla diventare un vortice di luce verde.
“Questo
ha lo stesso effetto dell’AvadaKedavra”
ghignò Voldemort prima di calare la spada su Harry.
Ci
fu un lampo. A Harry sfuggì un urlo acuto. La spada lo aveva sfiorato ma anche
così la lama era riuscita a fendergli il braccio destro, lasciandogli una
profonda ferita verticale che percorreva tutto l’avambraccio. Dovette mollare
la presa sulla bacchetta di Piton.
Harry
si portò una mano alla ferita e la sentì inzupparsi subito di sangue, che a
terra stava già sgocciolando in una considerevole pozza vermiglio scuro. Si
rese conto di perdere troppo sangue, il braccio ferito gli tremava e la testa cominciò
a vorticare.
Voldemort
gli rivolse un sorriso calmo ma che celava una grande euforia di trionfo.
“Vedi, Harry, te l’avevo detto: una
sicura vittoria oscura. Non hai l’esperienza né tantomeno il talento per
riuscire a sconfiggermi. Ora non puoi più utilizzare il braccio destro, quello
con cui esegui gli incantesimi: sei morto, non puoi usare la magia.”
Harry
serrò i denti e vide Voldemort rialzare la spada: ora
non aveva più speranze.
Stava
per calare sul suo capo, il ghigno del Signore Oscuro non cedeva, era tirato al
limite, assolutamente soddisfatto. Ma ci fu uno strappo e il ghigno cedette:
dal mento di Voldemort prese a gocciolare una
disgustosa sostanza verde simile alla bile.
Harry
si chinò per raccogliere la bacchetta di Piton e
dovette mollare il tampone sulla ferita con un forte gemito di dolore. Le dita
della mano sinistra si chiusero sul liscio legno del bastoncino, pronte a
scattare in aria per colpire l’aggressore, ma fu troppo tardi. Voldemort si era ripreso, più incollerito di prima e la
spada stava scendendo.
Un
altro schianto ed Harry ne fu quasi certo: quello schianto era lo strappo del
suo collo mozzato. Ma la spada volò via sotto l’impeto di un violento schiantesimo.
Harry
si voltò e vide Ginny ansante, con la bacchetta
levata e pericolosa. I Mangiamorte l’avevano lasciata
libera.
Il
cuore di Harry grondò di gratitudine quando si rialzò traballante a causa della
ferita e scorse Voldemort disarmato e impotente. Ma
poteva ancora recuperare la sua arma.
Ginny
fu più svelta. Gridò disperatamente: “Accio spada!”
E
la spada di Serpeverde levitò sopra il capo fiacco
dell’Oscuro Signore fino a posarsi tra le mani di Ginny.
“Come
osi impugnare la spada del mio antenato!” ringhiò Voldemort
scattando contro Ginny.
Con
un enorme fatica e uno strappo al braccio Harry riuscì a voltarsi e a puntare
la bacchetta alle spalle di Voldemort. Un raggio
verde partì dalla sua bacchetta e questa volta Harry seppe di non aver fallito.
L’Oscuro
Signore venne colpito dall’AvadaKedavra
di Harry dritto in mezzo alle scapole. Si piegò all’indietro quasi come se il
corpo fosse stato troncato in due e rovinò a terra inerme.
I
Mangiamorte trattennero il fiato, attendendo che il
loro immortale Padrone si levasse di nuovo per affrontare e sconfiggere il
Prescelto; alcuni temevano il suo ritorno, alcuni bisbigliarono sottovoce ‘fa
che sia morto’.
Ma
dopo qualche attimo, presero a respirare liberamente. Il loro Signore non si
sarebbe più rialzato.
Harry
abbandonò la bacchetta di Piton al suolo e si gettò
verso Ginny, ignorando la fitta lancinante al
braccio. Si bloccò a pochi, fatali passi da lei che ancora stringeva la spada
di Serpeverde. Stava per protendersi e abbracciarla,
quando un ghigno gli giunse alle spalle.
Il
volto di Ginny impallidì ma mai quanto quello di
Harry già stremato dalla perdita di sangue.
Si
levò un borbottio dai Mangiamorte, gemiti di
delusione: l’Oscuro Signore era ancora vivo.
Era
ritto dove Harry l’aveva colpito con l’Anatema della Morte, ai suoi piedi una
pozza di sangue misto a sudore e ai liquidi di ciò che restava del suo corpo;
la pelle ormai era attaccata alle ossa, il suo intero essere stava diventando
uno scheletro. Ma Lord Voldemort riusciva ancora a
sogghignare: “Bel tentativo, Harry. Ma hai dimenticato che sono immortale? Non
mi puoi uccidere ferendo questo corpo che ormai sta già morendo… un ultimo Horcrux mi protegge.”
Ginny
sentì la spada di Serpeverde agitarsi tra le sue mani
e lanciò un’occhiata disperata a Harry.
Harry
era sgomento: Voldemort era ancora vivo e lui non
poteva più usare la magia, ma forse…
Strappò
la spada dalle mani di Ginny con il braccio ancora
illeso e la pregò con lo sguardo. “Ginny ti prego,
aiutami, ma, ti scongiuro, non
morire.”
Lo
sguardo di Ginny era acceso di determinazione. “Non
ti preoccupare, Harry, ti aiuterò ma non morirò.”
Harry
provò l’impulso di baciarla sulle labbra, ma si trattenne con un sorriso
incoraggiante. Sguainò la spada contro Voldemort.
L’Oscuro
Signore o ciò che ne restava sogghignò e fu solo il suo teschio a piegare
l’osso della mascella, ormai visibile. “Ardito, Harry, davvero molto. Ma non
funzionerà, solo io posso usare la spada di Serpeverde,
nelle tue mani è solo una vile spada babbana. Ma su…
coraggio, attaccami! In questo stato mi basta toccarti per ucciderti.”
Harry
sbarrò gli occhi e rammentò Sirius dietro il Velo. Regulus gli aveva detto che quando un essere perde il suo
corpo ma resta nel mondo degli uomini non come un fantasma, col solo tocco può
strappare l’anima ai corpi viventi.
Una
goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena. Aveva paura, ma timore per Ginny, non per se stesso. Ormai, con quella battaglia, era
giunto quasi ad accettare la propria morte come inevitabile; ma Ginny, i suoi amici, tutti loro dovevano sopravvivere.
Ma
Voldemort doveva morire e gli occorreva il sostegno e
la forza di Ginny. Le lanciò un’occhiata piena di
significato. “Non morire. Non ti farò morire.”
Partirono
entrambi all’attacco, Harry che brandiva la spada sorretto da Ginny che impugnava la propria bacchetta.
Voldemort
era immobile e ghignava: era certo di poter vincere, anche se aveva perso il
corpo e spezzato la sua anima perché la Profezia aveva annunciato una sicura vittoria oscura.
Allungò
le dita, ormai ridotte a ossi che grondavano pelle e sangue, verso il viso di
Harry, contratto dall’affanno e dalla risoluzione.
Harry
e Ginny levarono spada e bacchetta. Voldemort aprì la mano: artigli che al solo tocco portavano
la morte.
Ci
fu lo scontro e i Mangiamorte sibilarono.
Harry
vide il bagliore omicida negli occhi rossi di Voldemort
e desiderò solo una cosa: ‘Le persone che
amo devono salvarsi.’
*^*^*^*^*
La
Fine…
I
corpi di Ron ed Hermione giacevano svenuti ormai da
troppo tempo.
Il
tremendo Cruciatus subito da Hermione
l’aveva scaraventata a terra: la folta chioma nascondeva un grumo di sangue.
La
ferita aperta sul braccio di Ron non aveva smesso di sanguinare.
Nessuno
dell’Ordine arrivava. Solo una nebbia ghiacciata.
Ron
rabbrividì anche se svenuto: il braccio lacerato si contorse quando un fiato
gelido gli sbuffò contro.
Il
Dissennatore era tornato ed era pronto a succhiare
l’anima dei due.
*
Harry
sedeva in disparte, osservando la fine di quella battaglia. Ma non la fine
della guerra.
I
Mangiamorte tacevano in muta raccolta. L’Ordine li
aveva incatenati, pronti per un’infinita prigionia ad Azkaban.
NarcissaMalfoy fu costretta a staccarsi dal corpo del figlio,
trascinata col marito al medesimo destino degli altri Mangiamorte.
Ma Samantha restò china sul corpo di Draco e non venne sfiorata da nessuno,
così come i due Mangiamorte che l’avevano protetta e Darcy Donovan.
Per
loro, qualunque atrocità avessero commesso in guerra era perdonata.
Ginny
si stava ritirando, si stava allontanando da lui, affiancata da un guaritore e
da un Auror. Cercava la famiglia e cercava Han.
L’ultimo
Horcrux, la spada di Serpeverde
giaceva silenziosa, conficcata nelle reliquie di Lord Voldemort.
Ormai di lui non restavano altro che le ossa.
E
restava il ricordo. Lord Voldemortera morto ma era l’Oscuro Signore.
Per
questo, Harry lo sapeva, la guerra non era finita con la morte di Colui-che-non-deve-essere-nominato.
*=*=*=*=*=*=*=*
Al
solito, il ritardo è da attribuirsi a Kaho, che
ammette pienamente le sue colpe.
Signori,
questo è l’ultimo capitolo, ebbene sì, vi lasciamo a questo punto. Sadiche,
vero? *risate malefiche di sottofondo*
Dunque,
dunque, direi che dovete assolutamente leggere anche la seconda parte per poter
saziare la nostra curiosità, non credete? Vi aspettano la fine della Guerra e
il dopo-guerra, la parte più interessante! *__*
Speriamo
solo che non ci odiate per aver interrotto qui, è tutto programmato per
assetarvi di curiosità! XDDD
Risposte
veloci:
EDVIGE86:
Troppo buona troppo buona, se quello di prima ti aveva ucciso questo ti avrà
stroncato! XDDD Cerca di non morirci però eh! Che noi ci teniamo ai lettori!
*__* Grazie mille! Bye!
HarryEly:
Ciao! ^-^ Allora che ne dici di questo? Ti piace? Siamo troppo felici per i
commenti, mille grazie, troppo gentile! ^///^ Ci devi seguire anche nella
seconda parte, ci contiamo eh! XD Bye!
ninny:
Grazie! ^^
Nana92:
Bene, abbiamo visto il tuo entusiasmo per la nostra storia e ne siamo
orgogliose! XDDD Grazie mille per i complimenti, anche a Samy
è venuta voglia di Ciobar! *ç* Eh, sì, tra Marshall e
Ron saranno sempre guai temo! XDD A presto con la seconda parte! ^__-
Saty:
Tu meriteresti una risposta lunghissima, ma i tempi stringono e non possiamo
dilungarci, sappi solo una cosa, donna: ti adoriamo! *___* Samy
voleva aggiornare solo per leggere un tuo commento, pensa un po’ te! XDDD
Riesci a farci ridere e nel contempo comprendi i punti chiave, dando spazio a
tutti i momenti… sei un geniaccio, Saty! *___* Grazie
mille per tutto! ^^ Bye!