Strane cose quelle di cui parlano questi innamorati di Voglioungufo (/viewuser.php?uid=371823)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo. ***
Capitolo 2: *** ''Dovresti metterti meno profumo'' ***
Capitolo 3: *** Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore ***
Capitolo 4: *** Invitata da uno sconosciuto. ***
Capitolo 5: *** I criceti alla riscossa! ***
Capitolo 6: *** Sicura di non essere una Weasley? ***
Capitolo 7: *** Il Clan Weasley-Potter e amici. ***
Capitolo 8: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 9: *** Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare ***
Capitolo 10: *** Solo come amica. ***
Capitolo 11: *** L'Alcool fa male, ma tu di più. ***
Capitolo 12: *** G.U.F.O., ovvero come prendo E in Divinazione. ***
Capitolo 13: *** Ho un baule figo. Problemi? ***
Capitolo 14: *** Il coltello, l'arancia e la sterlina. ***
Capitolo 15: *** Un motivo in più per amare le biblioteche. ***
Capitolo 16: *** Dove mi alleo con un criceto ***
Capitolo 17: *** Non può essere vero. ***
Capitolo 18: *** La foresta proibita. ***
Capitolo 19: *** Delirium. ***
Capitolo 20: *** Il teatrino dell'infermeria. ***
Capitolo 21: *** Il libro delle risposte ***
Capitolo 22: *** Quando l'amore incontra una Veela ***
Capitolo 23: *** Io e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori programma ***
Capitolo 24: *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte I) ***
Capitolo 25: *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte II) ***
Capitolo 26: *** Dove un fantasma mi fa da baby-sister, il degrado totale insomma. ***
Capitolo 27: *** Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio. ***
Capitolo 28: *** asdfghjkl ***
Capitolo 29: *** Dove mi auto-convinco di essere matura e responsabile. ***
Capitolo 30: *** Questione di nomi ***
Capitolo 31: *** Regina di cuori o di picche? ***
Capitolo 32: *** Semen in anno licet insaniret. ***
Capitolo 33: *** La piccola principessa dagli occhi color tempesta ***
Capitolo 34: *** Delle semplici mosse per...non conquistare proprio nessuno ***
Capitolo 35: *** Tutta la verità (parte I) ***
Capitolo 36: *** Tutta la verità (parte II) ***
Capitolo 37: *** Chi ha detto che la verità fa male ha capito tutto ***
Capitolo 38: *** Veritaserum ***
Capitolo 39: *** Ursula canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con Giorgia. ***
Capitolo 40: *** Ciao, ho la sindrome di Superman. ***
Capitolo 41: *** Battaglia di polpette ***
Capitolo 42: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Quel giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo. ***
Cap.
1
Quel
giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo.
**
Tutti
trovano una sola parola per descrivere se stessi; con un po' di
difficoltà, magari, ma si trova. Ora, io vorrei dire che la
mia parola descrittiva è 'stupenda' o 'solare' o
'intelligente' come fanno i comuni mortali. Peccato che io non sia una
comune mortale.
Ok,
anche io sono una mortale destinata a morire, ma di comune non ho
neppure le mutande (vi sembra normale che vostro padre vi regali delle
mutande con il testo della sua canzone preferita?!). Ma,
sorpresa-sorpresona, la mia parola non è neppure 'strana'.
Ormai essere strani è una moda e io non lo sono di certo per
questo.
Frullato.
La mia parola è frullato.
Cos'è il frullato?
«I
frullati sono una categoria di bevande ottenute frullando diversi
alimenti».
Ecco,
io sono un miscuglio di caratteri, emozioni che si fanno vedere anche
nel mio aspetto fisico.
Sono Giorgia Helen Flox, una strega che ha passato più tempo
a rispondere alla domanda ''ma ti fai la tinta?'', che alla domanda
''come ti chiami?''.
Tutta
colpa dei miei capelli rosso accesso, perennemente spettinati e sparati
in aria. E quando dico rosso non intendo il solito rosso carota
inglese, intendo il rosso del semaforo. Così sembra che io
abbia del fuoco in testa, oppure che sia uno di quei bastoncini per la
segnalazione se qualcuno si perde in montagna.
Ho
un sacco di lentiggini, sulle guance e sul naso, occhi cioccolata. Sono
bassetta (tutta colpa di mio padre!) e negli ultimi anni non sono stati
rilevati movimenti tettonici di grande rilievo nella zona petto.
In poche parole, ho già ricevuto tre proposte per entrare in
un circo. (sì, sto scherzando. Ne ho ricevuto solo una).
Mi piace la musica: sono ufficialmente sposata con il mio lettore mp3,
amo ascoltare le canzoni dei Paramore, sorseggiando un frullato per le
vie di Londra.
Londra,
sì. La mia città, la mia caotica
città, così viva e bella.
Ho un problema nel restare ferma e composta, sono sempre in movimento e
ciò manda in bestia la mia insegnante di teatro.
«Devi
congelarti nella scena, se ti muovi mandi tutto a monte»
Ma
che ci posso fare? Non sono una persona calma, forse me ne sto troppo
per i fatti miei, ma il fatto è che la maggior parte del
tempo mi sento una bomba che rischia di esplodere. Papà
riesce a capirlo perché ha il mio stesso carattere anche se
dice che fisicamente sono uguale alla mamma; io non lo so, se
è vero, perché non l'ho mai conosciuta e in casa
non abbiamo nemmeno una sua fotografia.
Può
sembrare strano (e lo è), ma nella mia vita ci sono
parecchie cose strane.
Ad
esempio papà dovrebbe avere tipo quarant'anni ma il suo
aspetto è quello di un ventenne da quando sono nata e... ah!
Cosa più importante, sono una strega.
**
Quella mattina stavo camminando nelle
strade affollate di Londra cantando “Playing God”.
Una cosa che amo di Londra è
che la gente non ti giudica. Potresti anche andare in giro vestita da
sub e nessuno se ne accorgerebbe.
In ogni caso, era una comunissima
mattina di metà Luglio e come ogni mattina mi ero svegliata
alle 11:00 ed ero appena stata nella gelateria ''Oh, Bell'Italia'' per
fare colazione. Con un frullato, naturalmente. L'anziana signora che ci
lavorava ormai mi conosceva e mi trattava come una nonna premurosa che
si impegna a far ingrassare la propria nipotina.
Mi fermai davanti ad una vetrina sorseggiando il mio frullato alla
menta mentre aspettavo che il semaforo diventasse verde. Il telefono
squillò.
«Pronto?»
«Ciao, frullato a... che gusto oggi?»
riconobbi la voce. Mio padre, Federico Flox, l'eterno giovane, la
persona più importante della mia vita, mio fratello, il mio
migliore amico.
«Menta» risposi con un sorriso.
«Oh, io speravo in uno al caffè» disse
deluso «Comunque, puoi venire un attimo in
negozio?» mio padre lavorava in un negozio di scherzi, a un
isolato da cosa nostra.
Anche lui era un mago, ed era questo che
rendeva il suo negozio così entusiasmante. Erano scherzi sia
per babbani sia per magici e quindi attirava più clienti dei
normali negozi (magici o babbani, che fossero).
Il semaforo cambiò colore così mi affrettai a
raggiungere mio padre.
Quando arrivai il negozio era, come al
solito, pieno e ci misi un sacco di tempo a trovare mio padre. Era nel
reparto babbano e stava cercando di convincere una giovane ragazza a
comprare un profumo (magico, per la cronaca, con il
poter di far attirare i ragazzi). Rimasi un attimo in disparte, fino a
quando la ragazza convinta si allontanò con il profumo in
mano.
«Eccomi»
«Era ora! Senti, la tua insegnate di teatro ha detto che le
prove sono spostate tra una settimana. Quindi mi chiedevo se ti andava
di studiare un po' di magia insieme quando chiudo il negozio»
Annuii, felice.
A differenza di molti maghi e streghe,
io non studiavo nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ma a
casa con mio padre. Il motivo di questa scelta non lo sapevo, ma a me
andava bene così: studiare con mio padre era molto
divertente.
Federico aveva i capelli rossi, anche se
non accesi come i miei e due occhi blu, limpidi come quelli dei
bambini; sorrideva sempre, ma non un sorriso finto, il suo sorriso era reale.
Sì, se dovessi trovare una
parola con cui descrivere papà, quella parola sarebbe
proprio 'sorriso'. Metteva entusiasmo in tutto quello che faceva ed era
il papà migliore del mondo. E il più
bello, ci teneva sempre a specificarlo, con un sorriso
orgoglioso visto che la metà delle mie professoresse e delle
mamme dei miei compagni di classe era sempre gentile e premurosa verso
i suoi confronti.
Passai il resto della mattinata e del pomeriggio nel negozio.
Mi piaceva quel posto. Mi piaceva la
confusione, mi faceva sentire viva.
«Ehi!» persa nei miei pensieri ero sbattuta contro
un ragazzo con un ammasso di capelli neri e talmente spettinati da fare
concorrenza ai miei.
«Sì?» chiesi tirando fuori uno dei miei
migliori sorrisi da brava ragazza che lasciò il ragazzo di
fronte a me totalmente perplesso. Allargai ancor di più il
mio sorriso e lo osservai. Era alto (per modo di dire) come me e
dimostrava la mia età. I suoi occhi erano di un bel verde
intenso, come lo smeraldo. Più lo fissavo più
avevo come l'impressione di averlo visto in una fotografia.
Ci stavamo ancora fissando quando arrivò mio padre.
«Ehi, tutto apposto?»
Il ragazzo di fronte a me sbiancò improvvisamente aprendo la
bocca. Mio padre lo fissò stranito prima di spalancare gli
occhi.
Allo stesso tempo si avvicinò un altro ragazzo con i capelli
più rossi dei miei – fu un duro colpo per la mi
autostima.
«Al, tutto bene?» vedendo che non rispondeva
seguì il suo sguardo e quando vide me e mio padre disse
confuso:
«Che hai fatto al viso?» mentre cercavo di capire
cose stesse succedendo Federico arretrò di un passo
boccheggiando.
«Fred, Al! Muovetevi dobbiamo andare a casa» e a
completare il quadretto arrivò un altro signore con i
capelli carota.
Questa volta, fui io a spalancare la
bocca. Il tizio che si avvicinava era la copia di papà
invecchiata. I due ragazzi si girarono di colpo e mio padre ne
approfittò per battere in ritirata trascinandomi dietro un
mucchio di cappelli magici.
«Papà..» cominciai
«perché quell'omino è...è
uguale a te?» balbettai fissandolo. Il signore in
questione stava guardando i due ragazzi con aria interrogativa. La
stessa espressione che usava mio padre quando tentavo di spiegargli
matematica.
I suoi occhi azzurri (come quelli di
papà!) saettarono verso la nostra direzione senza vederci e
passò una mano nei capelli rossi (come i miei e quelli di
papà!) prima di girarsi.
«Hai sentito come ha chiamato il ragazzo con i capelli
rossi?» sussurrò mio padre.
«Eh?» risposi troppo impegnata a
guardare il trio andarsene.
«Fred» si rispose. Mi girai a guardarlo. Stava
sorridendo, ma una lacrima gli scendeva dagli occhi «Lo ha
chiamato Fred.»
In quel momento capii che mio padre era completamente matto e che non
ero l'unica ragazza ad avere i capelli più rossi del mondo.
Fu un durissimo colpo per la mi autostima.
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Capitolo 2 *** ''Dovresti metterti meno profumo'' ***
cap.
2
''Dovresti metterti meno profumo''
Secondo
mio padre una persona senza passioni è una persona senza
anima.
Da
piccola credevo fosse uno dei suoi tanti discorsi insensati, ma ora che
sono cresciuta credo di capire cosa significa.
Voi
l'avete una passione? Io sì, assolutamente e non solo una.
Tantissime.
Sono
cose che mi danno un immensa soddisfazione e mi fanno stare bene. Io
adoro fare teatro, stare in un palco a recitare, davanti a tantissime
persone, emozionarle; cercare di trasmettere dei sentimenti, e
riuscirci, sono fra le cose che più mi rendono orgogliosa.
E
vogliamo parlare di quando mando a 'fanculo la professoressa di algebra?
Sopratutto quando cerca di mettermi impreparato.
È
una soddisfazione che bisogna prendere almeno una volta nella vita.
Fidatevi, fatelo e vi sentirete più leggere.
E
i frullati? Dove li mettiamo i frullati? A mio modesto, ma
importante, parere bisognerebbe trucidare tutti quelli che odiano i
frullati – della serie Voldie due, la vendetta,
sì.
Ma
una cosa che mi sono sempre chieste è se una persona possa
essere considerata una passione.
O
almeno, il suo profumo e i suoi occhi. E' possibile?
Mio
padre dice di sì e poi piange. E io piango con lui.
Siamo
più simili di quanto sembri; anche se io sono
più brava in Trasfigurazione.
**
«Elena,
perché ti giri? Perché ti nascondi?
Così fai tremar di dolore il mio cuore, amore mio,
guardami!»
«No,
non il tuo amore sono e il mio amore avrai!» urlai nel
teatro.
Giorno
della prima, Iliade, Elena e tremila persone che ti guardano vi dice
niente?
Ve
lo avevo già detto che faccio teatro, vero?
«I
miei occhi t'hanno visto, tu scappavi, tu sei codardo nel cuore e
nell'anima. Lasciami stare, è solo colpa mia se tutto questo
accade» mi mossi facendo due piroette e chiudendo i pugni.
Inutile dire di quanto mi sentissi ridicola.
«Elena,
è il Fato che decide. Noi siam solo pedine nelle mani degli
dei. Noi dovevamo amarci!»
No,
in realtà è stata la tua voglia di scopare che ha
combinato 'sto casino. Dico, non potevi scegliere il dono di
Era? Achille sarebbe ancora vivo e felicemente sposato con la
sottoscritta.
«NO!
Viscido codardo, il mio non è amore. Io son costretta ad
amare voi, un codardo senza onore. Dove il vostro coraggio?! Siete
scappato senza ritegno, come un coniglio della fauci di un lupo. Voi
siete la vergogna di Troia! Non mi toccate, voi mi
disgustate.» Urlai al pubblico in modo tragico.
«Sììì,
vai! Vai! Fagliela vedere Gio'! Abbasso Paride,
viva mia figlia! Non farti mettere i piedi in testa da nessuno! VAI
ELENA!!» ok, spiegatemi chi ha invitato mio padre a
vedere la rappresentazione teatrale.
Io
NO, di sicuro. Probabilmente la cassiera, ogni volta
gli fa gli occhi dolci e lo guarda malizioso... devo fare un bel
discorsetto a quella tipa.
«Vi
prego Elena, non sono stato io a scappare! Afrodite mi ha portato in
salvo da voi, perché noi ci dobbiamo amare» Tutte
scuse, sei solo un degno abitante di Troia!
«Ahimè,
il mio cuore batte ancora alle tue alate parole. Noi ci dobbiamo amare
e io non posso andare contro gli Dei.» e mi lasciai cadere
tra le sue braccia, lui mi prese e fece per baciarmi.
Provaci
e sputerai sangue per un mese!
Ma
in mio soccorso arrivò il coro con due ballerine per
cambiare scena. Mi alzai in piedi proclamando: «Nell'Ade
continuo a bruciare, tanto vale farlo con stile!» Poi le
ballerine mi avvolsero e io andai a rifugiarmi dietro le quinte.
Lanciai un'ultima occhiata al palcoscenico; le ballerine si stavano
allontanando dal centro per far entrare in scena il narratore.
Una
mano mi strattonò la tunica. Mi girai sperando non fosse
Paride-hey-stavo-cercando-di-baciarti. Invece, era il
ragazzo con gli occhi verdi che avevo 'conosciuto' la settimana prima
nel negozio di mio padre.
«Tu?»
dissi sorpresa.
«Sono
felice di vedere che mi riconosci» mi sorrise.
«Cosa
vuoi?» chiesi piuttosto sospettosa.
«Niente.
Conoscerti» e scrollò le spalle.
«Che
ci fai qui?»
«Mia
sorella ha un'amica che sta recitando»
«Come
mi hai riconosciuta?»
«E
che cazzo, mi sono rotto!» poi mi lanciò uno
sguardo «I tuoi capelli troppo strani. Per caso ti fai la
tinta?»
Coooosa
vi avevo detto? Il tipo non si è nemmeno
premurato di sapere chi sono che già indaga sui miei
capelli. Ormai la gente comincia ad essere noiosa.
«No,
non mi faccio la tinta.» e alzai gli occhi al cielo.
«Oh,
strano.. comunque io sono Al, Albus Potter.» E mi fu chiaro
tutto.
Ecco
perché avevo già visto la sua faccia da qualche
parte! Nel libro di Storia della Magia! Cioè, non era la sua
faccia, ma quella di suo padre, il Salvatore Del Mondo Magico.
«Siete
proprio uguali!» dissi senza rendermene conto. In
realtà lo avevo pensato, ma non credevo di averlo detto ad
alta voce.
«Come?»
mi chiese confuso.
«Sei
uguale a tuo padre... perché tu sei il figlio di Harry
Potter, vero?»
«Uhmm...
sì..» sembrava un po' a disagio.
«Piacere,
io sono Giorgia, Giorgia Helen Flox.» sorrisi con entusiasmo.
«Qui..quindi
tu sei...sei una strega...» indagò.
«No,
sono un Elfo di Babbo Natale.»
«Piacere
Elfo di Babbo Natale» mi sorrise Albus «Come mai
non ti ho mai visto ad Hogwarts?»
«Studio
con mio padre, a casa. Sai, dobbiamo fare i pacchi regalo per tuuutti
i bambini buoni.» spiegai.
«C'è
anche un regalo per me?» mi chiese con una strana luce negli
occhi.
«No.»
risposi secca. Sembrò restarci un attimo male, prima di
scoppiare a ridere.
«Comunque,
scusa se nel nostro primo incontro sono stato un
po'...uhmm...»
«Imbambolato?»
gli andai in aiuto.
«Esatto!
È perché quello che è arrivato dopo di
te -al negozio intendo- assomigliava a una persona...»
cercò di spiegarsi.
«Tranquillo,
una ragazza un giorno lo ha scambiato per non so quale attore famoso.
Ah, è mio padre»
«Era
molto giovane, però» costatò,
sconcertato.
«Sai
com'è...» rimasi vaga.
In
quel momento arrivò il mio insegnante di Teatro.
«MA
CRISTODDIO, TI SEMBRA IL MOMENTO DI CHIACCHIERARE?!
DEVI ENTRARE IN SCENA, S-U-B-I-T-O-! E TU!» disse poi rivolto
ad Albus. «CHE COSA CI FAI QUI?!?! SPARISCI, ADESSO, NOW!»
Occhei,
il mio insegnante non è molto sano, ma dopo sette anni ti
abitui. Naturalmente, io no, non mi sono abituata.
«Sissignore!»
dissi scattando all'attenti.«Ci vediamo in giro»
dissi facendo l'occhiolino ad Albus.
«Sì,
assolutamente» e mi abbracciò.
Il
mio cuore perse un battito.
Il
suo profumo.
Quel
profumo.
Per
un attimo non mi sembrò più di essere nel vecchio
teatro, ma in un giardino soleggiato. E non stavo abbracciando Albus,
ma un ragazzo dai capelli ricci e biondi.
Mi
staccai, spaventata
«Albus...»
lo chiamai, gli occhi mi bruciavano leggermente «Dovresti
metterti meno profumo» e poi sparii sul palco,
prima di essere sopraffatta da altri ricordi.
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Capitolo 3 *** Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore ***
cap.
3
Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore.
***
A
scuola sono sempre stata considerata una delle persone più
stravaganti e simpatiche dell'istituto. Non popolare come quelle
ragazze perfette dei film americani, visto che io di perfetto non ho un
cazzo. Eppure tutti facevano a gara per essere miei amici: mi
aspettavano fuori dall'aula, mi ronzavano attorno, mi riempivano la
testa di chiacchiere davanti al bar e spesso avevo assistito a lotte
fino all'ultimo sangue solo per sedersi vicino a me durante la lezione.
Era
una cosa che avrebbe gonfiato l'autostima di chiunque, ma non la mia.
No.
Quelle
rare volte che avevo dimostrato vera e pura simpatia per qualcuno
questo se ne andava con un'espressione della serie ''Ehi-ho-appena-vinto-alla-lotteria-invidiatemi''
e si vantava con i suoi amici. Perché io ero un premio, che
solo i migliori si guadagnavano.
Un
oggetto.
Un
trofeo.
Non
una persona.
Non
un'amica.
Forse
per questo solo quattro persone sono riuscite ad avere la mia vera
amicizia.
Mio
padre, l'anziana coppia che mi vendeva i frullati e lui.
Il
mio migliore amico. O meglio, ex-migliore amico.
Morì
di Cancro a tredici anni.
***
Uscimmo
dal teatro dopo sei ore di rappresentazione.
Ero
stanca, ma felice. Gli applausi finali mi avevano fatto andare al
settimo cielo.
Quegli
applausi erano per me.
Naturalmente
mio padre non perse occasione per mettersi in mostra e vantarsi con
tutti: «E' MIA FIGLIA! LA
VEDETE?» o «Naturalmente è anche merito
del padre se è venuta così bene» e
ancora «Se la rappresentazione è stata un successo
è solo per merito di Giorgia.
È stata la migliore in assoluto!»
Certo
papà, vuoi un consiglio? Cambia spacciatore.
Però
il profumo di Albus mi aveva accompagnato per tutto il secondo tempo.
Ero shoccata: non mi sarei mai – e ripeto
il mai – immaginata di risentire quell'odore.
Era
stata una sensazione talmente strana che mi aveva lasciata stralunata.
Ma ero stata presa anche dalla malinconia e dalla determinazione.
Io
e Federico stavamo camminando verso casa quando gli dissi:
«Voglio andare a salutarlo»
Lui
si girò verso di me: «Sei sicura?» mi
chiese. Aveva capito a chi mi riferivo e sembrava piuttosto sorpreso da
questa mia uscita.
Annuii
piano, determinata più che mai.
«Per
quale motivo?»
Tentennai
un attimo prima di dire: «Durante una pausa in cui non ero in
scena ho incontrato il figlio di Harry Potter»
«Chi...?»
si fermò in mezzo alla strada con un espressione un po'
spaventata.
«Hai
capito. Be', abbiamo parlato un attimo e...» non sapevo come
spiegarlo, non sapevo come spiegare quella strana sensazione che mi
aveva assalito «Papà, devo andare»
conclusi sicura, guardandolo negli occhi.
Lui
sospirò, mi prese la mano e riprendemmo il cammino.
«Hai
gli occhi di tua madre» borbottò, poi.
***
Quando
fui davanti al cimitero, però, tutta la mia sicurezza
vacillò. Ero andata a trovarlo solo tre
volte; in tutte e tre ero corsa via piangendo. Ma stavolta non lo avrei
fatto. Glielo dovevo.
Camminai
tra le lapidi in religioso silenzio cercando di non far rumore (impresa
assai ardua dal momento che ho la grazia di un elefante).
Quando
trovai la tomba fui presa dalla voglia di fuggire.
Non
mi sarei mai abituata, era una cosa che sapevo fin troppo bene. Non mi
sarei mai abituata alla sua morte.
Mi
sedetti affondando il mento nelle ginocchia e fissai la lapide.
“Gabriele
McHowell, colui che sognava di volare”.
Ecco
cosa c'era scritto. Sentii gli occhi bruciare, ma non lasciai scendere
nessuna lacrima.
Lui
non avrebbe voluto.
Respirai
l'aria. No, no. Non c'era più il suo odore, il suo profumo
dell'Abercrombie. Nessun odore, niente. Il marmo non aveva
odore. Sospirai chiudendo gli occhi.
Gabriele
era stato il mio migliore amico e forse qualcosa di più da
quando avevo cinque anni. Con lui avevo passato così tanto
tempo e così tante avventure che servivano più di
cento mani per contarle.
Mi
aveva sorretta, fatta ridere, aiutata e insultata come un fratello.
E
ora non c'era più.
Affondai
la faccia nelle gambe mentre mi veniva alla mente quella stanza bianca
d'ospedale, lui disteso in quel letto.
«Ti
prego, non morire»
«Io
cerco di non morire, ma non ci posso fare niente»
«Ti
prego, non lasciarmi sola»
«Non
ti lascerò sola»
«Giuro
che se non morirai ti sposerò»
«Cosa?»
«Se
vivi ti sposerò, avremo tanti bambini biondi e saremo
felici. Ma tu non morire.»
«Ci
proverò»
Invece,
un mese dopo mi ero ritrovata a piangere mentre lo seppellivano.
Non
ci sarebbe stato nessuno da sposare.
Nessun
bambino con i capelli biondi.
Nessuno
con cui essere felice.
Sarei
stata sola.
Mi
alzai di scatto e appoggiai una mano nelle lapide. Un fiore
cominciò a germogliare. Il fiore del suo cognome. Il fiore
Flox.
«Lo
sai cosa significa Flox?» sussurrai. «Significa le
nostre anime sono unite. Anche se non ci sei più
tu sei ancora con me, vero?» mi allontanai di qualche passo.
«Mi manchi.»
Qualcuno
appoggiò una mano sulla mia spalla.
Papà.
«Credimi,
so quanto fa male» e mi abbracciò.
|
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Capitolo 4 *** Invitata da uno sconosciuto. ***
Cap. 4
Invitata
da uno sconosciuto
***
La mia è
una famiglia originale, vediamola da questa prospettiva.
Ci sono io, pazza
isterica, drogata di frullati; la prima cosa che faccio la mattina
è mettere le canzoni dei Paramore
o dei Rolling Stones; poi
c'è mio papà e non è che lui sia tanto
normale, ma, tra l'altro, sembra più un fratello che un
papà.
E basta.
Mia mamma
è morta dieci giorni dopo la mia nascita, i miei nonni
materni se ne stanno in America e per quel che mi risulta mio padre
potrebbe essere anche nato davvero con la cicogna.
Però a
me va bene così. Siamo io e lui e questa è, per
me, la famiglia perfetta. Un po' buffa, con la casa
in perenne disordine, con papà che prova a cucinare ma poi
chiama sempre il cinese o una pizza d'asporto. Con i miei libri di
incantesimi al posto dei bicchieri, oggetti all'apparenza innocui che
si rivelavano essere prototipi per il negozio che ogni tanto mi mandano
al San Mungo e la vasca da bagno piena di vestiti.
Poi,
però, conosci qualcuno come Albus e la sua famiglia abnorme.
***
Stavo cazzeggiando
nel negozio dell'Hard Rock Caffè chiedendomi chi fosse
migliore tra i Queen e gli
AC/DC. Insomma, una scelta
molto difficile. Impossibile.
Optai per comprare
entrambi i CD.
Così mi
diressi verso la cassa per pagarlo. La coda era lunghissima e per di
più in negozio c'era un caldo da far paura.
Ho bisogno
di un frullato! Pensai
mentre mi facevo aria con un pezzo di carta. Amavo quel negozio, anche
se i prezzi erano molto cari. Adoravo i vestiti che facevano, ammiravo
le chitarre e i bassi appesi alle pareti e sbavavo sulle foto dei
gruppi rock appesi alla parete – letteralmente.
Mi piaceva la musica a tutto
volume con la batteria e gli assoli di chitarra elettrica che
rischiavano di farti diventare sordo. Anche se a volte era un po'
troppo alta.
Come in quel
momento: il caldo e la musica frastornante mi facevano sentire la testa
pesante e cominciai a vedere a pallini neri e bianchi. Poi la musica
sparì di colpo, le persone cominciarono a muoversi a
rallentatore e mi venne un senso di nausea. Le ginocchia mi cedettero
di colpo e mi sentii cadere giù.
Alzai lo sguardo
verso l'alto per vedere un lampadario di cristallo che lanciava
riflessi arcobaleni. L'udito tornò di colpo e i miei timpani
furono attraversati dal pianto di un neonato. Il lampadario si ruppe di
colpo e le schegge si trasformarono in tantissimi occhi. Occhi gialli.
Via!
Voglio andare via!
E mi svegliai. Ero
distesa sul pavimento del negozio, con un campanello di curiosi intorno
a me.
Oh, sono
svenuta. Pensai
sollevata.
«Si sente
bene?» mi chiese una signorina affianco a me.
«Sono
solo un po' scossa.» risposi alzandomi e mostrando un
sorriso, più o meno convincente «È solo
il caldo. Adesso esco per prendere una boccata d'aria» dissi
decisa. La commessa annuì e io mi diressi verso l'uscita.
Aria,
aria, aria, dolce aria!
Il mio respiro si
calmò pian piano e cominciai a sentirmi la testa meno
pesante.
Devo
comprarmi un frullato, decisi,
stizzita, mentre mi avviavo verso la mia gelateria.
Ero abituata ai miei svenimenti
(succedevano molto spesso), ma non mi piaceva quando accadevano in
pubblico. Specialmente se a farmi compagnia c'era una visione. Visioni
che significavano spesso qualcosa, visioni che – mannaggia a
Zeus – non riuscivo mai a capire e mi lasciavano un velo di
inquietudine. E solo i frullati mi calmavano.
Motivo in
più per fare merenda.
***
Nella gelateria
trovai l'ultima persona che mi sarei immaginata di incontrare. E
sembrava stesse aspettando proprio me, visto che quando fui a portata
d'occhi mi lancio un sorriso. Siamo sicuri che non
sia uno stalker?
«Che ci
fai qui?» chiesi saltando il 'ciao'.
«Ciao,
sto bene. Grazie per avermelo chiesto.» rispose, infatti.
Ha. Ha.
Ha.
Aspetta
che... no, non fa ridere.
Vedendomi dirigere
verso il balcone senza degnarlo di uno sguardo oltre a sentirsi offeso
per lo scarso interesse capì che non avevo una brutta
giornata.
«Ciao, un
frullato al mango, per favore» dissi all'anziana signora
ignorando l'Albus dietro di me tutto impegnato ad attirare la mi
attenzione.
Solo quando
ricevetti il frappè andai a sedermi nel tavolino vicino a
lui.
«Non hai
risposto alla mia domanda» gli feci notare bevendo il
frullato. Ah, quale meraviglia per il mio palato!
«Essere
il figlio del Salvatore del mondo magico ha i suoi vantaggi.»
mi disse sorridendo e vedendo il mio sguardo continuò
«Ho chiesto ai dipendenti dell'Ufficio Censimento di cercare
il tuo nome nell'elenco dei maghi e delle streghe che abitano la Gran
Bretagna e darmi la relativa scheda. Così sono venuto in
possesso del tuo indirizzo»
«E che ci
fai qui?» chiesi.
«Quando
ho suonato al campanello di casa tua ha risposto tuo padre e mi ha
detto che ti avrei trovata qui e se non c'ero di aspettare»
mi lanciò uno sguardo molto strano «Ha anche
aggiunto di usare i profilattici.»
Cosa?!
No. Stop, fermi
tutti. Adesso ditemi quale padre è così coglione
da pensare una cazzata del genere?! Maledetta cicogna che lo ha portato.
«Inutili,
scommetto che non ci sono aggeggi dove infilarlo» dissi
cattivamente. Ehi, dovevo pure vendicarmi!
«Il vero
problema è che non ci entrerebbero. L' ''Aggeggio''
è troppo grosso» mi rispose con un sorriso
malizioso.
Accidenti!
Riuscì a tapparmi la bocca, cosa più unica che
rara.
Assaggerai
la mia vendetta, oh sì! Preparati, sciocco mortale!
«E di grazia, potrei
sapere il motivo di questa tua gradita
visita?»
chiesi calcando la parola ''gradita''. Stavo cercando di fare la
distaccata, ma dovevo ammettere che quella sorpresa mi piaceva. In
fondo Al era anche un bel ragaz...
NO, STOOP!
Non
lo avevo pensato.
Lui
scrollò le spalle e non rispose. Antipatico.
«Volevo
solo chiederti una cosa.» disse semplicemente passando una
mano tra i capelli e spettinandoli ancor di più.
«Cosa?»
chiesi imitando il suo gesto, solo per poter vantare dei capelli
più arruffati.
«Fra
qualche giorno c'è il compleanno di mio papà e
lui mi permette di invitare qualche amico a casa. Ci
verresti?»
«Non ti
conosco neanche.» gli feci notare.
«Potremo
utilizzare questo evento per conoscerci» mi disse tranquillo.
Ero leggermente
combattuta. Andare a casa sua, di gente che nemmeno conoscevo non mi
sembrava una buona cosa. Ma Albus mi affascinava, aveva un non so che
di strano ed era il primo mago con cui avevo rapporti (oltre mio
papà).
«Va
bene» dissi scrollando le spalle e finendo il mio frullato.
«Perfetto!
Allora questo è il mio numero di telefono. Chiamami o manda
un messaggio quando vuoi. La festa è il 31
luglio.» e mi elargì un sorriso. Poi si
alzò lasciandomi con un pezzo di carta in mano, la bocca
aperta per dire qualcosa e il mio frullato in mano.
Bah, era un tipo
veramente strano.
Ma io sono
più strana!,
pensai con una punta d'orgoglio pensando alle mutande con il testo di ''She's
a Rainbow''.
|
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Capitolo 5 *** I criceti alla riscossa! ***
Cap.
5
I
criceti alla riscossa!
**
Dicono
che il mondo è bello perché è vario;
su questo mi trovo d'accordo solo in parte.
Ci
sono delle persone che andrebbero Cruciate e Avadakadevrizzate e poi
fucilate. E iloro corpi andrebbero utilizzati per fare un kebab.
Sono
quelle persone che proprio ti stanno sullo stomaco, che non riesci a
mandar giù, che proprio ti fanno vomitare.
Che...insomma,
da far risorgere zio Voldie solo per ammazzarle. Non è per
essere cattiva, ma è vero!
Ora, voi non frequentate
teatro con me e non potete conoscere La Regina
Starnazzante Delle Anatre Prostitute (il nome ha il copyright di
mio papà, quanto lovvo quell'uomo). Il nomignolo vi
dice già tanto sul..ehm.. splendido carattere
di questa meravigliosa
ragazza.
Faccia
da criceto provvista di guance enormi porta-cibo. Occhiali enormi,
brufoli sparsi per tutta la faccia, apparecchio e... vestiti firmati,
scolli provocanti e comportamento da puttana pettegola.
Odiavo
passare tutta le lezioni di teatro vedendo quella provarci con tutti i
ragazzi (specialmente se erano figli di gente famosa), che spettegolava
su tutto e di più, che parlava di cose frivole ed inutili e,
sopra ogni cosa, che mi odiava.
Ma
tranquilla, la cosa è reciproca.
Mi
odia sin dalla prima lezione di teatro – svolta in quarta
elementare in compagnia del mio vecchio amico Gabriele.
Che
dire di lui? Lui era bellissimo e faceva colpo su chiunque.
E l'Oca non poteva sopportare che stesse sempre insieme a me, visto che
ci provava sempre con lui (eh già, sin dalla tenera
età si era allenata per raggiungere il massimo in
prostituzione starnazzante) e non riceveva molta attenzione.
Poi,
quando il mio amico morì (E vaffanculo, vita!)
osò dire che ''aveva preferito morire che stare
con una sfigata come me''. La dovettero portare all'ospedale.
Insomma,
ci sono quelle persone (nel mio caso, la sopracitata) che odi con tutto
il cuore per ovvi motivi.
Ma
è scoprendo certe cose che il tuo odio raggiunge le stelle.
**
––Albus: Da
quanto tempo fai teatro?
––Giorgia:
Dalla
terza elementare, più o meno.
––Albus: Eri
molto brava :)
––Giorgia: Secondo
i miei insegnanti non so entrare nella psicologia dei personaggi.
––Albus: Eh?
xD
––Giorgia: Se
mi tocca un personaggio cattivo io non riesco ad essere abbastanza
cattiva.
––Albus: Ah...
ma dov'è che lo pratichi?
Erano
le due di notte ed era più o meno tre ore che messaggiavo
con Albus; la noia e la mancanza di sonno mi avevano portato a fare le
cose più assurde.
(Avevo
anche provato a fare algebra, ma avevo rinunciato ancor prima di aprire
il quaderno. Sono un caso disperato.)
Rimasi
sorpresa da quella domanda, ma poi risposi dandogli il nome del teatro.
––Albus: Chissà,
magari verrò a vederti mentre fai le prove hehehe.. ;)
––Giorgia: Hahahaha,
non ci provare *sguardo assassino*
––A: Perché
no?
––G: E
saranno affari miei!
––A: Accidenti,
che permalosa! Tutte uguali vuoi donne e.e
––G: E
vaffanculo, allora!
––A: :P
––G: -.-
––A: Allora
per il compleanno di mia papà puoi?
––G: Mah,
sì, così avrò anche l'occasione di
conoscere George Weasly.
––A: È mio zio, come mai ti
interessa.
––G: Mio padre è un suo grande
fan xD
Ha preso l'esempio per il negozio di
scherzi dai Tiri Vispi :)
––A: Sarà per quello che gli
assomiglia molto, allora xD
––G: Sul serio? Non ho mai notato...
––A: In che senso?
––G: Abbiamo alcune sue foto a casa (o
meglio, mio papà le ha) prese da ritagli di giornale. E non
mi sembrano così tanto uguali, oltre agli occhi e ai capelli
u.u
––A: Mah, a me pareva di sì.
Pazienza. Cosa fai domani?
––G: Studio un po' di magia e poi vado a
teatro.
––A: Per che ora?
––G: Alle due e mezza. Ma perché
ti interessa?
––A: Mi sarebbe piaciuto fare un giro con
te :P
––G: Ma non ci conosciamo neanche!
––A: Però stai messaggiando con
me e la prossima settimana vieni a casa mia.
––G: Hai ragione, forse è meglio
che cancelli tutto.
––A: Maddai! Stavo scherzando D:
––G: Anche io stavo scherzando.
––A: Hahaha, io adesso vado che James mi
sta minacciando di una morte dolorosa se non spengo la luce del
cellulare xD notte.
––G: notte :)
Restai
sveglia un'altra manciata di minuti, prima di chiudere gli occhi e
addormentarmi.
**
Quando
la notte prima Albus mi aveva detto che sarebbe venuto a trovarmi
durante le prove di teatro credevo stesse scherzando.
Speranza
vana!
Quando
arrivai, in ritardo, come sempre, lui era già lì,
il suo sorriso strafottente e un copione in mano.
«Cosa
ci fa lui, qui?» chiesi a Patrizia, una dei due insegnanti,
leggermente inorridita.
«Si
è appena iscritto» disse lei senza alzare gli
occhi da un foglio con tutti gli schemi per la lezione. Lo fissai
inorridita mentre lui allargava il suo sorriso e mi faceva segno di
avvicinarmi.
«Sorpresa!»
fece quando gli fui vicino.
«Mettitela
in culo la tua sorpresa» ringhiai incazzata.
«Siamo
di buon umore, questa mattina» disse inarcando un
sopracciglio, ma senza perdere il suo sorriso.
Mi
chiesi come mai avesse tutta questa pazienza con me. So di non essere
una facile e che di rispondere sempre male. All'inizio posso anche
risultare antipatica. Molto antipatica. È una
cosa che faccio da...da quando lui è...insomma avete capito! Era questo a farmi stare sempre
sulla difensiva.
Ma
lui non faceva caso alle mie battutine, anzi, se la rideva.
«Come
fai?» chiesi dando, senza volere, voce a un mio pensiero.
Lui
alzò lo sguardo su di me incuriosito: «A fare
cosa?»
«A
ridere sempre» e mi sedetti accanto a lui. Al prese la mia
mano e ci giocherellò un attimo prima di aprire la bocca per
rispondere ma fu interrotto da un urlo da oca raffreddata: «AAAAAAAALBUS!»
per essere poi sotterrato da un criceto con gli occhiali e vestiti di
Gucci.
Quando
ne riemerse aveva la stessa espressione che avrebbe avuto la mia
professoressa di Algebra davanti a un mio compito tutto giusto (cosa
assolutamente impossibile).
«Anna...?»
chiese.
«Sì,
sono io! Cosa ci fai qui? No.. non dirmelo! Cominci a fare a anche tu
teatro?! Ooooh, che bello, potrei vederti
più spe...» la sua voce si spense lentamente dando
fine al suo monologo mentre il suo sguardo si posava la mia mano e
quella di Albus.
«Oh,
vi conoscete?» chiese con una voce acuta, lanciandomi uno
sguardo assassino.
«Scherzi?»
disse Albus riprendendosi dallo shock e abbracciandomi
«È talmente antipatica che si potrebbe anche
amare.»
Per
un attimo fui indecisa se tirargli un pugno o ringraziarlo. Nel dubbio
ricambiai la stretta e borbottai qualcosa, probabilmente un suono
monosillabico e privo di significato che fece ridere Albus.
L'espressione
di Anna (per chi non lo avesse capito è lei la Somma Oca
Prostituta) fu una delle cose che mi soddisfò di
più in assoluto. Era tra l'inorridito, lo schifato,
l'incazzato e... ma che ne so! So solo che se non
faceva subito qualcosa, le avrei riso in faccia.
Dovette
leggermelo nello sguardo perché si ricompose guardandomi
come avrebbe guardato una caccola.
«OH,
sono così felice di rivederti! Quest'estate non ti sei
proprio fatto sentire! Bravo, eh! È
così che tratti la tua migliore amica» e mi
lanciò uno sguardo per vedere la mia reazione. Ricambiai lo
sguardo; che si aspettava? Che mi mettessi uno scolapasta in testa, che
prendessi in mano un mattarello e che cominciassi a urlare come una
beduina dei cartoni giapponesi?
Ma
sotterrati, che fai più bella figura.
Evidentemente
la mia espressione neutra non piacque a Anna-Oca che ripartì
alla carica risommergendo Albus con la sua sesta di seno.
Un
altro motivo per ammazzarti.
«Oh,
che bello vederti anche qui e non solo a Hogwarts!» Se non la
smetteva con tutti quegli 'Oh' e risolini vomitevoli le avrei
fracassato la mas... Hogwarts?!
«Sei
una strega?!» balbettai terrorizzata.
Oddio,
adesso non ho più nessun buon motivo per far risorgere
Voldemort e ricominciare la sua campagna ammazza-babbani per
eliminarla.
«Come
fai a saperlo?» chiese sbarrando i suoi occhioni azzurri.
«Sai
com'è... sono una strega anche io...» dissi
scoraggiata.
Magari è
una mezzosangue, pregai tra me e me.
«Davvero?
Be', hai davanti a te la discendente di una delle casata purosangue
più pure della Gran Bretagna»
…
E
vaffanculo, allora!
Mi
dispiace zio Voldie, niente resurrezione per far fuori il criceto
malefico.
«Interessante...»
dissi ironica. Cioè, la guerra era finita da più
di vent'anni e questa andava ancora a vantarsi di essere purosangue?!
Da ricovero...
«Molto...»
mi seguì Albus con una voce da automa.
«Senti,
se proprio sei una strega com'è che non ti ho mai visto ad
Hogwarts?»
«sStudio
a casa.»
«Ma
davvero? Evidentemente frequentare Hogwarts deve essere essere troppo
costoso per te e la tua famiglia.»
«O,
forse, io sono troppo intelligente per quella scuola.» era
quello che mi diceva mio padre: “tu non puoi
frequentare quella scuola perché ti andrebbe
stretta.”
«Certo,
hai proprio ragione.» e si sedette accanto ad Albus
abbracciandolo e cominciando con la sua orribile parlantina.
Lo
stomaco mi si contrasse un attimo vedendo come parlava ad Albus come
amici di vecchia data.
Ma che ti prende? Mi chiesi stizzita.
Sospirai
trattenendo la voglia di tapparle la bocca con lo scotch. Non smise mai
di parlare, nemmeno mentre la maestra spiegava i movimenti da fare e
cose che ci potevano essere utili nel palcoscenico.
«Povaci
tu, Giorgia» mi chiamò. Mi alzai andando nel
palco; quando cominciai sentii un risolino da criceto che mi fece
infastidire e naturalmente sbagliai il ritmo dei gesti.
«Più lenti,
devi dare la sensazione di paura!» annuii impercettibilmente
cercando di ignorare le battute acide di Anna.
Ci riuscii abbastanza bene, ma
quando sentii anche la risata di Albus con battuta allegata persi la
pazienza muovendomi talmente veloce che l'insegnante fu costretta a
riprendermi più volte. La mia pazienza stava finendo e con
essa anche il mio auto -controllo, così mi ritrovai a
sbagliare tutto.
«MA
CHE TI PRENDE GIORGIA! CRISTODDIO, CERCA DI DARTI UNA CALMATA, COSI'
NON VA PER NIENTE BENE!» stavolta a urlarmi fu l'altro
insegnante, quello che aveva interrotto me e Albus al nostro secondo
incontro; quello che ti urlava solo in due occasioni: durante la prima
e se facevi schifo
totale durante
le prove.
Annuii
ancora arrabbiata mentre ritornavo al mio posto. Quando mi sedetti Anna
sussurrò:
«Mi
stupisco davvero che Gabriele passasse il suo tempo con un inetta come
lei. Probabilmente non le voleva neanche bene veramente o era anche lui
uno stupido senza cerv...»
SBAM!
La
tenda nel palcoscenico si stracciò e una finestra si ruppe
lanciando ovunque schegge taglienti. Anna mi fissava spaventata, una
mano nella guancia paffuta dove si vedeva l'impronta di una schiaffa.
«Non
ti azzardare mai più a parlare in questo modo di lui. Troia.
Tu di lui non sai niente. Niente!» La mia
voce tremava dalla rabbia e un vento invisibile mi stava arricciando i
capelli.La lasciai a fissarmi sbigottita, mentre mi giravo e lasciavo
il teatro con passo fermo e nella maniera più dignitosa
possibile.
|
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Capitolo 6 *** Sicura di non essere una Weasley? ***
Cap. 6
Sicura di non essere una Weasley?
**
C'è chi dice che il caso non esiste, c'è chi dice che ogni cosa avviene per mano di qualcosa di più grande di noi. C'è chi dice che se scivoli su una buccia di banana è perché dovevi cadere davanti alla tua anima gemella, che se incontri per sbaglio una persona nel negozio di due padre e questa ti assilla per il resto dell'estate è perché siete destinate ad essere amici.
C'è chi dice che siamo parte di un disegno.
Io dico che chi ha fatto il disegno della mia vita doveva essere un drogato alcolista.
**
Appena uscita dal teatro mi sedetti nel marciapiede fissando le automobili passare. Aveva gli occhi leggermente arrossati dal tentativo di trattenere le lacrime.
«Tutto bene?» mi chiese una voce e qualcuno si sedette accanto a me.
Ecco, ma perché non si fa un po' di cazzi suoi?
«Perché mi segui sempre?» mi lamentai. Lui non rispose, limitandosi ad alzare le spalle.
«Mi dispiace, per quello che ha detto Anna, anche se non so cosa ha detto esattamente» cominciò. Cercai di ignorarlo il più possibile concentrandomi su un sassolino azzurro.«A volte dice le cose senza pensare e a prima vista può sembrare antipatica. Ma non lo è, fidati. La conosco da un sacco di tempo. Devi solo lasciarla perdere.»
Per un momento sentii gli occhi lucidi; cazzo, era lo stesso discorso che mi faceva lui ogni volta che professavo il mio odio verso l'Oca.
«Piangi?»
«Non essere ridicolo! Un piccione prima ha tentato di cavarmi gli occhi con il becco.» dissi profondamente offesa affrettandomi a cancellare un minuscola lacrima fuggita al mio controllo.
Lui soffocò una risata poi restammo un attimo in silenzio. Gli lanciai uno sguardo di nascosto; era bello, molto. Stava fissando le macchine passare con un bellissimo sorriso spiaccicato nel volto, i capelli neri come ali di un corvo spettinati dal vento e gli occhi socchiusi dalla luce del sole accecante erano verde smeraldo, compatto.
Senza rendermene conto cominciai a paragonarlo a Gabriele. Avevano lo stesso modo di fare, anche se Gabriele era più dolce, il sorriso era diverso: il sorriso di Gabriele era rassicurante, caldo e gentile. Quello di Albus sembrava di più a un ghigno, era canzonatorio, divertito e strafottente. Ma la risata era la stessa, lo stesso tono squillante, lo stesso modo di stendere le labbra, la stessa forma della bocca...
«So di essere bellissimo, ma se continui a fissarmi così mi sciupi! Non vorrai mica che una delle sette meraviglie del mondo si rovini?»
Gabriele era più modesto, però.
**
Erano passati un po' di giorni da quella lezione di teatro e non era successo niente di entusiasmante. Gli insegnanti di teatro mi avevano sgridato per il mio comportamento, Albus continuò a frequentare le lezioni e mi ritrovai a legare molto con lui. Anna continuò a spargere maldicenze sul mio conto ma riuscii a ignorarla abbastanza bene.
Poi, senza preavviso arrivò il 31 luglio e la festa a casa di Albus. E, dal momento che sono nata donna e le donne hanno sempre lo stesso problema, andai in crisi aprendo l'armadio strapieno tre ore prima della festa senza trovare niente da mettermi con urlo allegato.
Non andò così.
Semplicemente, quello era stato una giornata di quelle che ti senti più una cellula monocellulare che un essere umano. Mi ero svegliata all'una senza sapere chi ero, dov'ero, cosa facevo, che giorno era, perché lo facevo, come mi trovavo lì ecc..ecc... durante la giornata alcune delle domande ebbero risposta, tranne alla domanda 'che giorno è?' naturalmente.
Così passai tranquillamente il mio pomeriggio stravaccata nel divano a fare fuori barattoli di Nutella e frullati in reggiseno e i pantaloni del pigiama. Il momento più emozionante era avvenuto alle due quando mio papà mi mandò a comprare non-mi-ricordo-cosa e io, inebetita com'ero, andai in strada con la giacca aperta con sotto il reggiseno, in ciabatte e pantaloni del pigiama.
Per il resto, non successe niente. O almeno, fino a quando Federico tornò dal lavoro e vedendomi ancora in stato vegetativo disse:
«Ma non dovevo accompagnarti ad un compleanno?»
L'urlo, effettivamente, ci fu. Solo che la causa fu l'ora: avrei dovuto essere lì tra un minuto ed ero ancora in uno strato pietoso (e non sto esagerando).
Così, quando mio padre mi materializzò alla Tana (il luogo dove Albus mi aveva detto di andare) ero in ritardo di mezz'ora con addosso i primi vestiti che avevo trovato sparsi per casa. Sapevo solo che avevo i leggins e una maglia larga, e basta.
Mio papà mi accompagnò fin dentro il giardino guardandosi in torno con un mezzo sorriso. Lui aveva sempre sognato vivere in una casa di campagna così e se devo essere sincera, la Tana sembrava essere uscita dalla testa di mio padre.
Vicino all'entrata c'era un grande tavolata con tantissime persone. Federico s'irrigidì e si fermò; lo fissai stranita chiedendomi che cosa gli prendesse: era pallido e deglutiva.
«Giorgia...» disse e si abbassò alla mia altezza «comportati bene. Queste sono persone fantastiche.» annuii un po' turbata da quelle parole. Lui era famoso per i discorsi del tipo 'e se non hai fatto almeno un malanno ti disconosco'.
Papà continuò a fissarmi negli occhi e sentii una spiacevole sensazione scivolarmi s tutto il corpo, qualcosa di freddo.
«Bene ora va» mi disse poi.
«Non mi accompagni?!» No, non abbandonarmi, ti prego! Gli lanciai uno sguardo da 'puzzola abbandonata nel ciglio della strada' al quale non sapeva mai dire di no. Infatti sospirò e proseguì accanto a me. Gli strinsi la mano con fare rassicurante.
Ma perché, poi? Lui non era mai stato un tipo timido. Per me non sa neanche cosa sia la timidezza.
E il suo comportamento era molto strano.
Troppo strano.
Decisamente strano.
Quando fummo abbastanza vicini un'anziana signora un po' tarchiata si avvicinò a noi con un enorme sorriso materno stampato in faccia.
«Buonasera! Cosa posso fare per voi?» rimasi a fissarla leggermente shoccata e mio padre non venne di certo in mio aiuto visto che fissava la signora un po' spaventato e confuso. Così cercai di mostrare uno dei miei migliori sorrisi e dissi: «Salve, sono un'amica di Albus che qualche giorno fa mi ha invitato a venire... al compleanno di suo padre... Sono Giorgia Helen Flox» dissi cercando di essere sicura e non idiota.
«Oh sì!» disse la donna «Al ci ha parlato così tanto di te! Vado chiamarlo» e lo disse con un fare così dolce e materno che mi venne un groppo in gola. Quella donna da capelli bianchi doveva essere sua nonna.
Appena si allontanò mio padre si rilassò.
«Tutto bene, fin'ora!» disse felice.
Papà, quante volte ti ho detto che la droga fa male?
«Ohh, altri Weasley!» e arrivò un altro anziano signore stempiato e un sorriso un po' svampito sulla faccia. «Saltiamo fuori come funghi!» continuò allegro.
«Eh?» che cosa intelligente da dire, congratulazioni signorina Flox!
«Uh» fu invece la risposta di mio padre che aveva perso il poco colore riacquistato.
«Veramente siamo i Flox» balbettai.
«Non ti sembra troppo grande per te questo giovanotto» continuò l'uomo.
«Veramente è mio padre»
«Certo, certo. Magari è un vampiro, no?» be', in quel momento papà era così pallido da poter essere scambiato per un vampiro. Ma sorvoliamo.
«No, è mio papà!» dissi orgogliosa.
«Oh, Arthur, tesoro, lasciali stare. È l'amica di Albus » disse tornando la (credo) nonna di Albus.«Io sono Molly Weasley e questo è mio marito Arthur Weasley. Albus sta arrivando. Se volete qualc..»
«Molly, non ne posso più! Fred e George hanno appena trasfigurato le posate in serpenti!» il tizio che interruppe la signora Weasley sembrava piuttosto incazzato con il viso rosso esattamente come i capelli e gli occhiali cerchiati di corno storti.
Mio padre diventò talmente rigido da sembrare un palo e mi frantumò la mano quando il tizio con gli occhiali disse 'Fred e George'.
«Dai Perce, non dirmi che non trovi affascinanti i serpenti?» e arrivò niente popò di meno che il Grande George Weasley con quello che credo fosse suo figlio e stavolta il gemito di mio padre fu giusticato: aveva davanti a se il suo idolo.
«Lei è Gerorge Weasley?» chiesi sorridendo.
Il signore con il serpente in mano mi sorrise e facendo uno scherzoso inchino proclamò:
«in carne e ossa!» poi mi si girò di lato per mostrarmi un buco dove ci sarebbe dovuto essere un orecchio «Senza un orecchio, purtroppo.»
«Figo!» dissi.
«Molto Romano» rispose invece, mio padre. George scoppiò a ridere
«Romano?» chiesi storcendo il naso.
«Sì, come il foro...» iniziò mio padre.
«...il foro Romano. Un foro» continuò George. I due si guardarono prima di scoppiare a ridere.
Scossi la testa. «C'è un mondo di battute legate agli orecchi e voi scegliete 'Romani'. Ma chi vi da la droga?» questo sembrò far ridere ancora di più i due drogati sopracitati. I coniugi Weasley ci fissarono, invece, shoccati.
«Siete sicuri di non essere nostri parenti? Sembrate dei Weasley e sono sicuro di averla già vista da qualche parte...» cominciò il signor Weasley.
«No, mi dispiace signore» cercai di dire educatamente.
«Ma cosa ci facciamo qui? Su, venite! Ho fatto un dolce alla fragola che aspetta solo di essere mangiato» disse la signora Weasley. A quest'affermazione l'ilarità sparì dal volto di mio padre che balbettò un no e un saluto distinto prima di smaterializzarsi e abbandonandomi da quei matti.
Dov'è Albus quando serve?!
Angolo dell'autrice:
e anche questo è fatto :) La battuta sull'orecchio di George la ho messa volutamente, capirete presto perché hehehehe.
Anzi, credo che dovrete aspettare o Natale o Pasqua, devo ancora decidere xD, per saperlo uu
Be', recensite che mi fate felice e buona serata/giornata.
Au revoir, al capitolo sette c:
/V.
|
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Capitolo 7 *** Il Clan Weasley-Potter e amici. ***
Cap. 7
Il Clan Weasley-Potter con amici.
**
So di essere strana, che molte volte quando cammino per strada cantando la gente mi fissa.
Ma lo so di esserlo e mi sono messa cuore e anima in pace. Suvvia, cosa vuoi che sia essere strana? Anzi, io ne sono anche orgogliosa. Giorgia Helen Flox, quella strana. Non suona benissimo?
Eppoi, diciamocela, con il papà che mi ritrovo posso anche vincere il titolo 'famiglia più strana del mondo'.
Prima di conoscere i Weasley.
**
«Bella maglia» mi disse una voce beffarda dietro di me. Ero seduta in una delle tante sedie di una lunga tavolata in mezzo a gente sconosciuta con i capelli rossi.
«Albus!» disse abbracciandolo sollevata rischiando di farlo cadere. Lui ridacchiò divertito. «Sei così felice di vedermi?»
«Ti prego portami via da questi matti!» dissi ignorandolo completamente.
«E comunque io non sono felice di vederti» gli dissi una volta lontano da quel raduno di matti «Volevo solo qualcuno che mi portasse via da lì» lui rimase interdetto un attimo poi si mise a ridacchiare; mi prese la mano e mi portò dentro la casa. Solo in quel momento feci caso alla sua struttura: era altissima, contorta e sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro. Mi chiesi se fosse la magia a tenerla in piedi.
Dentro era...accogliente. I colori dei pavimenti, dei muri e dei mobili mi ispiravano allegria, era calda e disordinata. Era bellissima.
Mi portò nel salotto dove diversi ragazzi era distesi nei divani, nelle poltrone o nei tappeti.
Albus andò a sedersi su una poltrona verde vicino a un ragazzo biondo platino e tutti i presenti si girarono a fissarmi.
«Cazzo guardate?» mi uscì. Albus sorrise e scosse la testa effettivamente divertito da questa mi uscita.
«Non possiamo guardarti?» chiese divertito il ragazzo con i capelli biondo platino «però! Albus aveva ragione: sei proprio bel..Ouch!» Albus e una ragazza dai capelli rossi gli aveva lanciato contemporaneamente una gomitata interrompendo la sua frase.
Al ha detto che sono bella?
«Lascialo perdere» mi disse la ragazza che aveva lanciato una gomitata al biondino «Non sa quello che dice. In ogni caso, io sono Rose Weasley.» si presentò «Questo, invece, è Scorpius Malfoy il mio ragazzo, quindi non metterti in testa strani pensieri.»
«Piacere Giorgia Flox» dissi ricambiando.
E cominciarono le presentazioni. Come ben presto scoprii erano quasi tutti Weasley (ovvero tutti quelli con i capelli rossi)
Rose era la figlia di Ron e Hermione Weasley; i suoi capelli erano rossi e cespugliosi, lentiggini sparse nel volto e occhi azzurri con qualche pagliuzza di un blu più scuro. Il suo ragazzo invece, aveva capelli biondo pallido come la pelle e occhi verde chiaro, sul viso aveva un perenne sorriso amichevole.
Vicino a loro c'era il fratello di Albus: James Potter. Come il fratello aveva i capelli neri, ma i suoi occhi erano nocciola, portava gli occhiali ed era alto e ben piazzato.
Notai anche il ragazzo che insieme ad Al avevo visto al negozio, Fred jr Weasley con i suoi capelli rossi, gli occhi azzurri con pagliuzze gialle e la sua pelle abbronzata.
Quel ragazzo mi ispirava simpatia.
Affianco a lui si trovava Roxanne Weasley, sua sorella. Era incredibile quanto fosse diversa dal fratello: I suoi capelli erano marrone scuro leggermente ricci e gli occhi ambrati. Era alta e flessuosa, con la pelle scura.
Poi c'era la più piccola dei Potter, Lily, distesa su un intero divano con i capelli rossi e gli occhi sveglie e intelligenti nocciola.
Hugo era il fratello di Rose ed era l'unico a stare seduto (oltre a Lily) nel divano arancione. I suoi capelli erano ramati con riflessi ora rossi ora castani e suoi occhi erano castano chiaro.
Molly e Lucy invece erano due sorelle con i capelli rossi tagliati rispettivamente a caschetto e corti come quelli di Albus. I loro occhi variavano da un nocciola a un verde bosco.
Luis era il secondo biondo presente nella stanza, anche se il suo era più un biondo cenere. Gli occhi erano un azzurro pallido, come alla mattina presto ed era di una bellezza incredibile.
Seduto in un angolo c'era Franck Paciok, con un sorriso imbarazzato in faccia e due occhi nocciola come quelli dei cerbiatti e i capelli castani.
Due ragazzi totalmente identici stavano con la testa nella pancia dell'altro distesi nel tappeto si presentarono come i gemelli Scamandro, Lorcan e Lysander. Non riuscii mai a capire chi fosse l'uno ci fosse l'altro visto che entrembi erano castani chiaro con occhi azzurro pallido un po' sporgenti.
Ma fu conoscendo Dominique Weasley che la mia autostima fu messa definitivamente k.o. Alta, magra e di una bellezza statuaria. Aveva i capelli rosso chiaro con lisci e morbidi boccoli, aveva due labbra carnose distese in un rilassato sorriso che illuminava pure i suoi occhi di un blu intenso. Sembrava, nonostante la maglia sbiadita con la bandiera dell'Inghilterra e i jeans, una principessa del rinascimento.
E fu così che la mia autostima comprò un biglietto di solo andata per le Bahamas.
**
Nel complesso erano tutti ragazzi molto simpatici, anche Dominuque. La prima impressione che avevo avuto su di lei ere quella da tipica contessina snob. Invece, era un vero maschiaccio e non sembrava molto interessata alla moda e simili.
Infatti fu l'unica a non accorgersi che la maglia che indossavo era messa al rovescio e macchiata di Nutella.
Solo io posso essere così scema.
Dovevo aver per forza impietosito Rose, perché una volta accorti della mia totale stupidità mi aveva accompagnato nella sua camera per farmi indossare una delle sue magliette.
«Non importa. Mi tengo anche questa, non è un problema» dissi mentre Rose cercava nel suo armadio.
«No, figurati. Nessun disturbo.»
«La sporcherò. Quando mangio sembro sempre un animale»
«Non potrai mai essere peggio di mio papà o di mio fratello» e scrollò le spalle.
Così mi fece indossare una maglia con la stampa della torre Eifell che mi stava molto larga (perché ho così poche tette?!)
Mi fece anche una treccia per domare i miei terribili capelli e mi permise di usare i suoi trucchi.
Rose, sei ufficialmente stata elevata al grado di salvatrice di povere sceme dalla memoria a breve termine che passano il pomeriggio in stato vegetativo quando alle sette e mezza dovrebbero avere un compleanno.
La cene fu...movimentata.
James e Fred lanciavano incantesimi a tutto andare facendo esplodere le posate, i bicchieri e simili.
Dominique e Lily mi hanno intrappolato in una conversazione costringendomi a parlare un po' di me.
Franck mi fissa. Scorpius fissa Rose sognante. Albus mi prende in giro e ride alle mie risposte. Rose fissa me e Albus.
Hugo, Luis e Roxanne parlano di Quidditch, Luy e Molly litigano allegramente e i gemelli Scamandro parlavano di Norgulli-o-come-cavolo-si-dice.
Gli adulti parlavano del lavoro mentre il signor George (che come scoprii presto non rientrava nella categoria ''adulti'') ci passava sottobanco prodotti dei Tiri Vispi Weasley.
Insomma, una cene molto interessante. Specialmente quando qualcuno fece levitare la torta del Signor Harry Potter per farla finire in testa al signore Percy Weasley. Un noioso adulto che mi tartagliò per tutta la serata su cosa pensavo di fare del mio futuro visto che non avevo la licenza dei G.U.F.O. Non sono mai stata una tipa paziente, se perdo la mia poca pazienza posso diventare una bestia; per questo lo interruppi chiedendo educatamente:
«Ma, mi scusi, non può farsi un enorme borsa di cazzi suoi e lasciarmi finire di mangiare questa bistecca? Grazie.»
E la tavolata scoppiò a ridere, la signora Weasley si scandalizzò, Fred e James mi applaudirono mentre, con mia somma gioia, George mi batté il cinque congratulandomi con me chiedendomi di diventare sua figlia.
Percy, invece, non mi rivolse più la parola per tutta la serata. Meglio così.
Albus mi presentò anche a suo padre che lo trovai molto simpatico anche se non era bellissimo come lo descrivevano certe riviste.
«Come mai non frequenti Hogwarts?» mi aveva chiesto Harry. Io avevo scrollato le spalle spiegando che mio padre preferiva tenermi vicino e a me andava bene così. Quello fu l'inizio di una lunga conversazione.
Durante la cena conobbi anche Ron Weasley e sua moglie Hermione. Erano una strana coppia, facevano tutto un battibeccare ma nono riuscivano a non rivolgersi la parola per massimo tre secondi.
Feci la conoscenza di Ted Lupin, un metamorfomagus con i capelli blu, e della sua ragazza Victoria Weasley, sorella di Dominique, altrettanto perfetta ma con i capelli biondi e vestiti più eleganti. Scoprii che la bellezza delle due sorelle era causata dalla madre che era per metà un Veela. I due passarono tutta la cena a scambiarsi efusione amorose.
Della serie: come bloccare la crescita a una povera ragazza innocente che si chiama Giorgia.
La signora Weasley mi considerò la nipote ideale visto che mangiavo qualsiasi cosa mi dava. Quella donna cicciotella mi ispirava molto come nonna.
Il signor Weasley mi tediò, invece, su tutti gli aggeggi babbani. Specialmente volle sapere come funzionava la valatrice; ci misi molto tempo a capire che intendeva la lavatrice.
Durante la cena realizzai che il Clan Weasley-Potter era la famiglia più strana del mondo.
Ma mi piaceva. Per me, che amo il casino e la confusione, questa era la famiglia perfetta.
E mi sentii inspiegabilmente a casa.
Angolo Voglioungufo:
Ciao! Questo capitolo non mi convince tanto ma non sapevo come strutturarlo e alla fine è saltata fuori 'sta roba D:
Boh, recensite per vedere che cosa è saltato fuori xD
p.s. Vi amo, grazie per le recensioni e grazie alle 21 persone che hanno messo la storia tra le seguite *^^*
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Capitolo 8 *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
A Claudia e Jlenia
con le quali sono stata buttata fuori dalla porta.
A Chiara,
che dopo nove anni siamo ancora qui.
Alla Bullo,
che legge questa storia senza sapere un acca di HP..
Alla Cavaletto
che mi fa ridere in una maniere incredibile.
Questa storia è per voi
che ci siete
sempre, che mi fate
ridere e vivere.
Cosa farei senza di voi?
Ciao, Dugonghe ♥
E naturalmente a Voldy che mi ama.
Cap. 8
Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
**
L'uomo ha questa strana emozione che si chiama fiducia. Cos'è la fiducia? È quando la mattina ti svegli e scendi dal letto con il sorriso anche quando hai passato tutta la notte a piangere, la fiducia è quando ti abbandoni completamente ad una persona. La fiducia significa cadere, rialzarsi con il sorriso, cadere ancora ma non perdersi d'animo perché continui a fidarti.
La fiducia è la cosa più importante del mondo e chi si pulisce il culo con la fiducia di qualcuno meriterebbe di finire all'inferno.
Capito, Dante? Hai dimenticato di inserire il girone di 'quelli che si puliscono il culo con la fiducia', quindi spera per te che con me non succeda mai!
**
La cena era finita da un pezzo e io, Rose, Scorpius e Dominique stavamo vagando da più di un'ora nell'immenso giardino della Tana. Stavamo giocando a nascondino e noi quattro ci stavamo nascondendo da Molly.
Dominique proseguiva sicura davanti a me mentre Rose e Scorpius facevano tutto un litigare dietro di me.
«Se non chiudete quella boccaccia giuro che ve la riempio di merda» wow, che finezza la nostra Dominique.
«E' tutta colpa sua!» sbottarono loro contemporaneamente. Ridacchiai divertita.
Domi ci condusse fin dentro una vecchia casetta in legno che cadeva letteralmente a pezzi.
«Siamo sicuri che sia sicura?» chiesi titubante. Rose non rispose limitandosi a dire: «Molly è troppo perfettina, non verrebbe mai a guardare qui» e mi spinse dentro.
L'interno era anche peggio dell'esterno. Vecchie assi di legno penzolavano dal soffitto, da una finestra rotta veniva un po' di luce lunare che illuminò la fuga di qualche topolino.
Scorpius cercò di appoggiarsi a una colonna di legno ma questa cadde pesantemente con una tonfo seguito dal rimprovero di Rose.
«Smettetela subito!» li richiamò Dominique sedendosi su un secchio rovesciato «Non siamo di certo qui per litigare!»
Rose annuì gravemente e si posizionò di fronte a me. Una scintilla di comprensione balenò negli occhi di Scorpius che lanciò uno sguardo esasperato al soffitto.
«mi spiegate?» chiesi un po' a disagio.
«Giorgia...» cominciò Dominique «Dobbiamo parlarti. Di te e Albus»
li fissai per qualche minuto prima di scoppiare a ridere.
«Tranquilli, tra noi due non c'è niente» dissi tra le lacrime.
«E deve continuare così» disse Rose impassibile. Smisi di ridere nel sentire il suono grave della sua voce e lanciai uno sguardo spaesato ai presenti.
«Giorgia, dobbiamo metterti in guardia su di lui» spiegò Dominique.
«Perché?» cominciavo ad essere un tantino spaventata.
«Perché lui è solo un brutto troione» sbottò Rose. Domi le lanciò uno sguardo che significava ''trattieniti''.
«Sì, diciamo che possiamo definirlo così» fece Scorpius e, davanti al mio sguardo sorpreso continuò. «Mettiti comoda, credo che Dominique ti voglia raccontare tutta la storia» e la citata annuì.
Sospirai sedendomi nel pavimento.
«Ditemi.»
**
Rose, Albus e Dominique era stato migliori amici per lungo tempo e molti li chiamavano il ''nuovo trio dei miracoli''. Si conoscevano tutti e tre da quando erano nati e tra di loro si trattavano come dei fratelli.
Come me e Gabriele.
A Hogwarts avevano conosciuto Scorpius, il figlio del peggior nemico dei padri di Albus e Rose e, con grande sorpresa di tutti, erano diventati amici e lui si era aggiunto al trio. Fino al quarto anno erano stati amici per la pelle e indivisibili. Tutti a scuola li prendevano come esempio.
Ogni tanto alle loro marachelle si aggiungeva Franck Paciock, che era il migliore amico (insieme a Scorpius) di Albus.
Questo fino al quarto anno, quando il quartetto cominciò a crescere e a scoprire i maledetti ormoni.
Mi dissero che sia Albus e Scorpius erano ambiti da tre quarti della popolazione femminile di Hogwarts. Scorpius non ci faceva tanto caso perché fu proprio in quel periodo in cui cominciò a innamorarsi di Rose, mentre Albus cominciò...come dire?... a montarsi la testa.
«E senza controllare il libretto delle istruzioni.» commentò Rose.
Come ogni normale scuola inglese, anche Hogwarts era divisa in ''caste sociali'': Quelli Fighi, quelli normali, i sfigati. Loro quattro inizialmente rientravano nella 'casta' Fighi solo a causa dei loro genitori o per la loro bellezza. Ma una volta scoperto il loro carattere tutti quanti li misero nella classe 'Normali'.
Tranne Albus che cominciò a snobbarli per stare con i 'Fighi'. Inizialmente la situazioni restò in stallo, ma poi degenerò fino al punto di farli litigare: avevano scoperto che Albus sparlava di loro alle spalle.
Per tutto il terzo anno non si degnarono di uno sguardo. Poi, verso le vacanze estive Al si era presentato a Scorpius chiedendo scusa e che gli dispiaceva come aveva trattato lui, Rose e Dominique e Franck. Le scuse furono accettate e Albus ritornò a far parte del gruppo.
L'estate passò felicemente e loro erano ritornati uniti e compatti e la litigata fu un ricordo lontano rimpiazzato da una delle estate più belle di tutte. Fu l'estate in cui Rose e Scorpius si fidanzarono, Franck si innamorò e Dominique scoprì il suo talento come cercatrice nel Quidditch.
Poi, arrivò settembre, la scuola e gli amici che avevano portato Albus ella cattiva strada. All'inizio non successe niente, anzi, Franck riuscì a fidanzarsi con la ragazza che si era innamorato durante l'estate. Il gruppo piano piano si sciolse, ognuno per stare con i propri ragazzi ma nonostante tutto le cose andavano meglio e rimasero uniti pronti a sostenersi nel momento del bisogno.
Fino a quando Franck scoprì che la sua ragazza lo tradiva. E quando scoprii con chi mi dovetti sedere; perché la ragazza di cui era follemente innamorato lo tradiva con Albus Severus Potter. Quando tutto si venne a sapere successe una tragedia degna di quel nome. Per la Sala Grande di Hogwarts volarono insulti e incantesimi tra i due; Frack e Albus misero fine alla loro amicizia e quando Albus chiamò il resto del gruppo 'Stupidi sfigati' o 'Persone con cui stare quando non c'erano i suoi veri amici' uscì completamente dalla compagnia.
Rose era talmente incazzata che distrusse l'intera Sala Comune di Grifondoro.
Albus non se ne curò e continuò ad andare in giro con quelli che definiva veri amici e cominciò ad andare dietro a tutte le ragazze cambiandole una alla settimana. Ora quell'estate stava cercando di migliorare i rapporti «solo per riabbandonarci una volta tornati a Hogwarts» mi spiegò Scorpius. Tra loro due le cose si erano aggiustate anche se non era più come prima. Rose e Dominique, però, non erano disposte a perdonarlo nemmeno se questo strisciasse ai loro piedi chiedendo perdono.
«Ecco, questo è Albus Severus Potter. Un ragazzo che a prima vista ti sembra il ragazzo più dolce e simpatico della terra, ma che poi si rivela essere il re dei puttanieri» terminò teatralmente Dominique.
**
Il racconto dei tre mi aveva scosso molto e rimasi alcuni istanti a fissarli inebetita.
«Mi dispiace, ma questo cosa centra con me?» chiesi quando ebbi assimilato tutto. Rose sospirò prima di spiegarmi:
«Ti stiamo dicendo di non affezionarti troppo a lui, perché potrebbe fare un voltafaccia come ha fatto con noi. E nessuno merita di stare male per uno come lui»
«Tranquilli, sono di marmo. È impossibile uccidermi» dissi facendo l'occhio.
«Talvolta essere di marmi on basta. Lo sai che il marmo quando cade da un altezza molto alta si spacca a metà?» mi chiese Scorpius.
«Lo so, ma l'altezza da cui io dovrei cadere non sarà molto alta.» loro mi guardarono per niente convinti. «Sentite, sono felice che vi preoccupiate per me ma, ehi sul serio, non corro nessun rischio» e sfoggiai un sorriso a trentadue denti. I tre si rilassarono.
«Be', andiamo» disse poi Scorpius. «credo che la piccola Molly si sia stancata di cercare»
«Perché l'hai chiamata piccola?» chiese inquisitoria Rose.«Non è che tra di voi c'è qualcosa?! Ho visto come ti guardava prima, confessa!»
«Va bene, confesso tutto» disse lui alzando le mani in segno di resa «Molly è un'antipatica so tutto io perfettina. Invece, la persona qui davanti a me, è la ragazza che amo follemente alla faccia dei pregiudizi.» e senza preavviso la baciò velocemente.
Dominique fece finta di vomitare mentre io mi limitai a dire: «niente smancerie! Con voi vengono le carie anche a una zolletta di zucchero» i due risero fortemente mentre uscivano.
Forse fu proprio questo che ci fece scoprirci e a permettere a Molly di fare punto.
Evidentemente non si era stancata di cercare.
**
Al secondo giro di nascondino finii in gruppo con Fred e James. Be', che dire di loro? Io in confronto ho il passo elegante e leggero di una graziosa libellula (ora tutte le persone che mi conoscono staranno ridendo come cretine).
Però era divertenti. Passai tutto il tempo a ridere alle loro battute stupide.
«Agamennone chiede a Ulisse: ''Chi ha fatto la cacca?'' e lui ''Nessuno!'' »
«Una coccinella va in una farmacia e chiede: ''Avete qualcosa per i punti neri?'' HAHAHAHAHA»
«Come si chiama il bambino giappoese più brutto del mondo? Èuscitouacagata.»
«Che differenza c'è tra un Gorilla e James? Nessuna, entrambi sono stupidi HAHAHAHAH.» Uscì dal nulla Albus. Jemes fece una smorfia davanti a quella stupida battuta(non che le altre fossero meglio, anzi)
«Che ci fai qui?» chiese al fratello.
«Con il casino che fate vi si trova anche se indossate il mantello dell'invisibilità.»
«Vaffanculo, Albie!»
«Non mi chiamare così» disse Albie tetro.
«Perché hai qualche problema, Albiuccio?»
E Albus saltò addosso a James e i duo rotolarono nell'erba menando pugni e calci urlando insulti a destra e manca.
Aaah, l'amore tra fratelli.
Fred mi tirò per una manica trascinandomi via. Quando fummo abbastanza lontani scoppiammo entrambi a ridere.
«ma fanno sempre così?» chiesi rotolandomi per terra.
«Solo un giorno sì e l'altro pure»
Quando ci riprendemmo mi portò all'interno della casa.
«Vieni, voglio mostrarti una cosa» disse Fred ridacchiando mentre attraversavamo il soggiorno. Ma la mia attenzione fu attirata da una foto... una foto che ritraeva...
«Papà?!» esclamai avvicinandomi alla figura. Fred mi seguì curioso ma quando vide l'immagine disse:
«No, lui è il mio omonimo, il gemello di mio papà. Mio zio.»
Fissai la persona nella fotografia. Ero certa che fosse mio padre. Stessi capelli rossi, stesso sguardo sbarazzino, stesso sorriso.
«Tuo zio è mio papà?» chiesi shoccata. Il suo volto si scurì e disse con tono funebre:
«Non lo ho mai conosciuto. È morto durante la battaglia di Hogwarts»
Sbattei un paio di volte le palpebre: la foto si stava offuscando e i non riuscivo più a distinguere le figure. Quando la misi a fuoco mi accorsi che stavo fissando una persona uguale al signor George. Una persona diversa da mio papà.
Indietreggiai confusa. Oddio, il mio cervello mi sta lasciando!
«Io...io.. mi dispiace» balbettai. Fred scrollò le spalle prima di portarmi su in camera sua «vieni, ti devo mostrare una cosa» quando arrivammo mi fece sedere nel suo letto mentre lui tirava fuori una chitarra e mi intimava di ascoltare e fare silenzio.
Appena sfiorò le corde lo strumento musicale cominciò a produrre una melodia a me familiare. Era bella, dolce.
«The only exception» lui interruppe la musica e mi chiese:
«la conosci?»
«Certo! È stata la prima canzone dei Paramore che ho ascoltato!»
«Conosci i Paramore?!» sgranò gli occhi.
«TU conosci i Paramore?!» avevo un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.
Un minuto dopo eravamo là che cantavamo a squarciagola e che ballavamo stupidamente usando delle spazzole come microfoni saltellando nei letti.
Fu così che ci trovò mio padre quando venne a prendermi per portarmi a casa.
Quando uscimmo Fred mi prese i braccio e mi disse: «Guarda che adesso noi siamo amici stretti, eh!»
Albus ci guardò un po' male, ma non me ne curai. Fred era un ragazzo fantastico.
Angolo Voglioungufo:
Occhei, andiamo per punti:
punto namber uan: di sicuro non avete capito un cazzo sulla storia di Albus. Per ogni evenienza contattatemi.
Punto namber ciù: le barzellette hanno il copyright perché sono quelle che ci raccontiamo io e le mie amiche durante greco (per la precisione quelle a cui ho dedicato il capitolo)
punto namber tri: avevo pensato di fare una mini-long su come Rose e Scorpius si sono innamorati. Ma penso che la comincerò quando sarò a metà di questa.
Punto namber for: ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra preferiti/ricordate/seguite e sopratutto ringrazio tutti quelli che recensiscono. Vi lovvo(?!)
punto namber faiv: boh, ho finito. Ci vediamo con il prossimo capitolo.
/Voglioungufo.
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Capitolo 9 *** Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare ***
Cap. 9
Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare.
**
Papà mi ha sempre ripetuto che io sono una persona speciale, diversa dagli altri. Inizialmente credevo che questo essere diversa non fosse male. Almeno ero unica e non una copia come tante altre.
Ma alla fine, sono veramente così diversa?
Sono diversa dalla altre ragazze?
No, anche io ho un stupido cervello che fa pensieri contorti. Anche io mi lascio ferire. Anche io credo, specialmente quando ho bisogno di credere a qualcosa. Anche io dopo resto fottuta.
Come tutte le ragazze della terra.
**
La mattina dopo, quando mi svegliai era mezzogiorno passato e avevo un feroce mal di testa. Rimasi a contemplare il soffitto assorta, chiedendomi come si possono accoppiare le cellule monocellulari prima di decidermi a scendere.
Papà era in cucina che trafficava con le pentole e la bacchetta.
«Ben svegliata!» disse quando si accorse della mia presenza. Sbadigliai in risposta.
«Allora, ti sei divertita ieri sera?» mi chiese prima che io cominciassi a raccontargli tutto.
Di quanto fosse strano il Clan Weasley-Potter.
Di Albus, Rose, Dominique, Scorpius e Franck.
Della stupidità e della simpatia di Fred e James.
Lui mi stette ad ascoltare in silenzio, mangiando un piatto di spaghetti. Quando finii di raccontare e di mangiare lui si alzò per pulire i piatti. Io andai nel divano per leggere la Gazzetta del Profeta. In prima pagina, in caratteri cubitali, c'era scritto:
ATTACCO AD UNA SCUOLA BABBANA
I nuovi Mangiamorte?
Ieri pomeriggio è stata attaccata la scuola Babbana di Charles Saint Smith da un manipolo di Maghi Oscuri. La scuola quel pomeriggio era aperta per i corsi di recupero per il sesto anno. Fortunatamente gli Auror sono intervenuti in tempo e i danni sono stati limitati e non è morto nessuno. Alcuni insegnanti sono stati feriti mentre tentavano di portare in salvo gli alunni e molte aule sono esplose.
In seguito all'evento i babbani sono stati obliviati e ora no ricordano nulla, altro che una persona mentalmente instabile ha fatto irruzione ferendo i presenti con una Stopila, una specie di bacchetta di metallo.
«Quel che è avvenuto ha dell'incredibile!» dichiara Harry Potter, il capo del Dipartimento Auror. «Erano anni che non accadeva una cosa del genere»
Esattamente dall'attacco del 2000 di alcuni Mangiamorte ancora a piede libero che attaccarono alcuni babbani e la domanda tra la popolazione magica sorge spontanea: sono i nuovi Mangiamorte?
Ad alimentare questa idea è la frase pronunciata da quello che si crede sia il capo: ''La troveremo! Noi non ci arrendiamo, la troveremo e Lui risorgerà'' prima di smaterializzarsi.
Il Ministro della Magia invita la popolazione alla calma e di segnalare ogni movimento sospetto.
Per maggiori informazione andare a pagina 7, per l'intervista agli Auror pagina 13.
Rilessi un paio di volte l'articolo, incapace di pensare.
«Papà...» chiamai.
«Sì?» mi chiese tornando dalla cucina.
«Hai letto la Gazzetta?» chiesi con un filo di voce.
«No, perché?» gliela passai. Lui cominciò a leggere l'articolo con curiosità ma più andava avanti più colore perdeva. Quando finì mi guardò spaventato.
«Papà» chiesi «sai dove dovevo andare ieri prima del compleanno del papà di Albus e invece mi sono dimenticata?» lui scosse la testa. «Dovevo andare a scuola per fare il recupero di matematica» una luce di consapevolezza invase gli occhi di Federico «sai che scuola hanno attaccato?» non rispose.
«Papà, perché hanno attaccato la mia scuola?»
Scosse la testa.
**
Ero in camera mia a fissare il soffitto, il Profeta aperto sul letto. Alla fine ero arrivata alla conclusione che quello fosse solo un caso. Insomma, dei maghi travestiti non potevano aver attaccato una scuola per me! L'idea che fossero lì apposta per me era assolutamente ridicola.
Stavo scribacchiando una lettera di scusa per non essermi presentata al recupero di Algebra da spedire alla scuola.
Ma cosa ho in testa, ultimamente?
La risposta, a dir la verità, era estremamente semplice. In quelle due settimane erano successe molte cose e per la prima volta dopo tanto tempo avevo trovato altre persone con cui andare d'accordo. E quelle persone erano come me.
Mentre stavo pensando a tutte queste cose papà entrò nella camera.
«Che ne dici di esercitarci un po' con la magia?» mi chiese.
Saltai giù dalla sedia con un sorriso enorme stampato in faccia annuendo. Adoravo le lezioni di magia, mi facevano ricordare che io ero speciale.
«Oggi ti insegnerò come cambiare il proprio aspetto senza che nessun altro se ne accorga» disse facendo spazio nella tavola della cucina.
«eh?» chiesi inarcando un sopracciglio.
«Occhei, facciamo un esempio pratico» disse allora lui. Lo fissai sempre più stranita mentre prendeva una sua foto e mi fissava egli occhi concentrato. Poi mi mostrò la sua foto. O meglio, la foto di un ragazzo con i capelli rossi che non era papà.
«Allora, cosa vedi nella foto?» mi chiese prendendomi la fotografia.
«Un tizio sconosciuto» grugnii. Odiavo non capire cosa succedeva!
«Bene!»
Ma bene un cazzo!
Federico mi fissò ancora negli occhi e poi mi ripassò la fotografia. La fissai per niente convinta prima di accorgermi che la foto ritraeva papà. Dalla sorpresa la feci cadere.
«Cos'è? Uno scherzo?» balbettai.
«No, è magia illusoria» rispose pacato.
«A cosa serve?»
«A confondere le idee delle persone, ti mostra ciò che non è reale. Ma fa anche diventare la finzione realtà. Ti permette di cambiare aspetto restando sempre te stesso: nessuno ti riconoscerà comunque. Sono magie complesse che non insegnano nelle scuole ma tu puoi impararle adesso. Vuoi imparare la magia illusoria?»
«Sì, insegnamela» dissi decisa. Lui sorrise.
**
Quando papà mi aveva fatto la dimostrazione pratica la magia illusoria mi era sembrata la cosa più facile del mondo. Invece, dovetti sudare per quattro ore prima di riuscire a ''modificare'' una mia foto. Ma nonostante tutto, un buon osservatore avrebbe capito che la ragazza nella foto era la stessa che stava spaparanzata sul divano tutta sudata.
«Per essere la prima volta è andata bene» disse Federico per incoraggiarmi. Lo fissai con lo sguardo da cucciolo bastonate.
«Per ora ci alleneremo fino alla fine dell'estate. Il difficile è l'inizio, ma dopo diventa tutto semplice e naturale.» continuò. Ero talmente stanca che non risposi «Quando si diventa bravi si può anche creare l'illusione di essere in un altro luogo. Guarda.» chiuse gli occhi e aprì le braccia. Successe tutto in un attimo: non ero più nel salotto di casa mia ma nel deserto del Texas. Rimasi spiazzata e sorpresa; sembrava tutto così reale! Anche la temperatura era aumentata.
Poi, così come era iniziato era finito, ritornai nel divano di casa. Papà era seduto a terra, anche lui sudato.
«Cavolo, CHE FIGO! Me lo insegni?» chiesi saltando come una molla. Davanti a quella illusione tutta la stanchezza era svanita.
Lui scosse la testa. «No, sono stanco... fare cose del genere richiede molta energia...» si appoggiò al comodino sorridendo. Ricambiai il sorriso dolcemente e andai in cucina a prendergli un bicchiere d'acqua; lui lo bevve avidamente e mi ringraziò. Presi il libro di magia e lo riportai in camera mia. Mentre lo mettevo nello scaffale notai la lettere per la scuola.
Sbuffai mentre la prendevo e la portavo in salotto.
«Papà» lo chiamai.
«Dimmi»
«Ho fatto la lettera... sai, quella per la scuola...che non mi sono presentata al recupero...Devi firmarla!»
«Non serve!»
«C-COME?! Lo sai che se non mi scuso e non mi fanno fare il recupero non posso proseguire gli studi?!»
«Ma tu il prossimo anno non andrai alla Charles.»
«N-No?»
«No. Ho intenzione di iscriverti al sesto anno di Hogwarts»
**
Stavo saltellando per casa dalla gioia quando andai a sbattere contro il comodino e rotolai a terra bestemmiando in greco antico. Così ribattei la testa con il comodino e il cellulare mi precipitò nella pancia, il mio punto debole.
«QUELLA CAGNA MAIALA DI CIRCE SOTT'ACETO AFFANCULO VAI STUPIDO ESSERE DI CACCA DI QUEI MORTI DI ADE IN CULO A PERSEFONE CHE SI FA MERLINOOOO!»
«Tesoro, tutto bene?» mi chiese Federico.
«Sì, sì. Ho solo dimostrato ancora una volta la mia mancanza di equilibrio» ringhiai in risposta. Lui soffocò una risata. Sbuffando tolsi il cellulare dalla pancia e feci il primo numero che mi venne in mente.
«Pronto?»
«Albus?!» chiesi scattando in piedi.
«Sì, sono io.»
«Tu non ci crederai MAI! E se dico MAI è MAI!»
«Dacci un taglio e dicci!» disse spiccia una voce femminile.
«R-Rose?» chiesi.
«Sì, siamo in viva voce» spiegò Scorpius.
«Queste due coglione mi hanno costretto» sbottò Albus. Si sentì vari suoni poi: «L'emerito coglione in questa stanza sei tu! Ma non ti vergogni, vaffanculo, vai stronzo» Dominique e la sua finezza.
«State zitti!» Urlò Scorpius. Eh sì, anche perché la sottoscritta no sta capendo un acca (come tutti poveri lettori, probabilmente).
«Allora, la notizia?» chiese Al.
«Vengo a Hogwarts!» urlai saltellando e stando ben attenta a non colpire nessun comodino.
Sentii un tonfo dall'altra parte del telefono e varie imprecazioni del tipo «Albus, sei un scemunito!»
«Tutto bene?» chiesi.
«Giorgia, ci sei?» mi chiese Rose
«Sì, sono ancora qui»
«Oddio, io penso di amarti! Forse Albus è crepato!»
«C-come?»
«Sta guardando il muro davanti a noi ripetendo ''merda, cazzo, merda, cazzo''»
«Ah, vedo che è molto felice di vedermi anche in inverno» sbottai.
«Lascialo perdere, è solo un coglione» continuò lei.
«Guarda che ti sento!» sentii urlare il sopracitato coglione. Altri rumori indistinti.
«Giorgia, non crederle. Sono felicissimo. È la notizia più bella del mondo» Disse Al. altri rumori di sottofondo «Non so cosa ti hanno raccontato quelle due cretine, ma io ti voglio bene veramente. E sono felicissimo! Ci potremo vedere più spesso e pensa mag..» la sua voce fu interrotta di colpo e sentii rumori indecifrabili e urli della serie 'QUESTA E' SPARTAAAAAA'. Rimasi parecchi minuti là immobile prima di sentire Scorpius parlarmi chiaramente.
«Scusa, ci sono Albus e Rose che lottano come forsennati e Dominique non migliora di certo. Vogliono il cellulare per parlare con te» wow, mi sento una vera celebrità.«L'ho preso io e adesso stanno cercando di riprenderselo»
«DAMMI QUEL TELEFONO!» li sentii infatti urlare.
«QUEL TELEFONO E' MIO!»
«NON ME NE FREGA UN CAZZO!»
«Forse è meglio se metto giù.» deglutii.
«Sì, meglio» rispose Scorpius. «Chiama quando vuoi, ciaoo» e mi mise giù.
Cazzo, ma allora sono tutti i maghi ad avere qualche rotella fuori posto. E io che pensavo di essere l'unica strega cretina della storia!
**
Erano le due di notte e io, ancora eccitata per la notizia, non riuscivo a chiudere occhio. Stavo leggendo il libro di latino per addormentarmi quando sentii il telefono vibrare.
Al–– Scusa l'ora, ma volevo avere fuori dai piedi Rose e company.
Io–– Uhh, va bene. Come mai?
Al–– Loro pensano che io mi stia approfittando di te.
Oh, ma davvero? Pensai sarcasticamente.
Io–– Come mai?
Al–– Non fare la finta tonta, so che quelle due vipere ti hanno raccontato tutto!! Farebbero di tutto pur di sputtanarmi!
Io–– Non hanno tutti i torti!
Al–– lo so, mi sono comportato da stronzo. Ma loro non erano mica dei santarellini!
Io–– Cosa intendi dire?
Al–– Adesso è tardi, se ti va ti spiego domani. Vengo a casa tua per le 4.10 va bene? *^*
Io–– Va bene... allora a domani.
Al–– Ti prego, non giudicarmi. Buonanotte.
Ti prego, non giudicarmi. Rimasi a fissare quel messaggio fino a quando non mi si chiusero gli occhi da soli. Improvvisamente tutta la stanchezza era tornata.
Angolo autrice:
Taddadaaam! Cosa deve dirle Albus? Lo scoprirete restando in linea! Al prossimo capitolo uu
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Capitolo 10 *** Solo come amica. ***
10.
Solo come amica.
**
Giudicare le persone è molto facile e non ti fa male. Giudicare una persona dal colore della pelle o dalla sua provenienza non è una cosa giusta, ma in molti lo fanno perché spesso guardare oltre l'apparenza risulta talmente difficile da lasciar perdere.
Io non sono una che guarda solo l'apparenza o il suo carattere. Io faccio fifty-fifty.
Ovvero, io conto di come mi si presenta una persona, di come si veste o di come si comporta ma cerco anche di capire perché è così, cerco di mescolare entrambe le cose, solo così riesco a capire com'è veramente una persona.
**
Erano le quattro meno cinque e io mi stavo asciugando i capelli cantando in modo che almeno tre isolati sapessero cosa stavo cantando.
Be', che c'è? C'è gente che canta sotto la doccia e gente che canta mentre si asciuga i capelli.
Io faccio parte di entrambe le categorie.
Comunque, stavo dicendo, mi stavo asciugando i capelli aspettando le 4:10 per incontrare Al e me la stavo prendendo abbastanza comoda visto che mancava un quarto d'ora.
Anche se riconobbi subito la risata alle mie spalle. Interruppi di colpo la canzone che stavo cantando e spensi il phon. Quando mi girai avevo davanti, signori e signore, Albus Severus Potter che si stava soffocando dalle risate.
«Cosa ci fai qui?» ringhiai cercando di coprirmi con l'asciugamano, visto che indossavo solo il reggiseno e un paio di mutande.
«Ammiravo il tuo culo e la tua voce soave» rise lui calcando la parola soave. Sperai con tutta me stessa di non essere arrossita ma avevo le guance talmente calde che si potevano usare come forno. Sì, insomma, so che sono stonata ma lui non poteva rinfacciarmelo così. Motivo in più per tirargli addosso la mia spazzola (rosa, di Hello Kitty, vi prego non commentate)
Lui si defilò ridendo come un matto. Incazzata nera indossai un paio di shorts e un canottiera prima di andare in soggiorno a prendermela con mio papà:
«Perché lo hai fatto entrare?!»
«Ha detto che avevate un appuntamento» sghignazzò Federico.
«Ma tu non dovevi farlo entrare in bagno! Specialmente quando sono mezza nuda» sbottai arrossendo sempre di più.
«Tanto, se ti vede adesso o dopo nuda non credo faccia differenza» disse angelicamente.
No, occhei, se qualcuno non lo fa tacere presto sarò orfana.
Al era seduto sul mio divano con le sue scarpacce appoggiate al mio tavolino e se la rideva sotto i baffi. Gli mandai un trentina di maledizioni mentalmente e tra queste la più innocua era il 'sectusempra'.
Tornai indietro borbottando parole indistinte a casaccio per finire di sistemarmi. Il moro mi seguì divertito e rimase a fissarmi tutto il tempo.
«Sei snervante, sai?!» sbottai ad un certo punto. Si limitò a scrollare le spalle.
Quando fu ora di uscire mio papà che era anche più divertito di Al gli sussurrò qualcosa all'orecchio e poi risero insieme.
Maschi, maschi, maledetti maschi!
«E' forte tuo padre» mi disse il ragazzo una volta usciti di casa. Non gli risposi, ancora arrabbiata. Lui mi mise un braccio intorno alle spalle «non ti sarai mica offesa!» vedendo che non continuavo a rispondere mi sussurrò all'orecchio «Hai un bel culo»
La temperatura delle mie guance raggiunse quelle del deserto del Sahara e balbettai cercando di allontanarlo «M-maniaco, vai via!»
«Non dovevamo parlare, noi due?» mi chiese accigliandosi.
«No...sì, cioè..non di queste cose!» sbottai.
«Va bene, va bene.» disse lui facendo un segno scocciato con la mano e mi portò all'interno di una gelateria.
«Cosa posso fare per te?» chiese una commessa con più o meno la nostra età ignorandomi totalmente e sbattendo le ciglia piene di mascara verso Albus.
«Vorrei un frullato, grazie» dissi, infastidita «un frullato al cioccomenta» la commessa mi lanciò un occhiataccia, ma poi si rivolese ad Al con uno sguardo mieloso «E per te?»
«Sì, prendo anche io un frullato alla cioccomenta» disse annoiato guardandolo con sufficienza. La ragazzo sembrò restarci un attimo mal e quando si girò Al mi fece l'occhiolino.
«Ecco a voi. Se avete bisogno di qualcosa non esitate» l'ultima frase sembrava essere rivolta specialmente ad Albus.
Certo, se mai avremo bisogno di una puttana sappiamo chi contattare.
Una volta pagato e fatto tutto andammo a sederci in uno dei tavolini fuori.
«Allora?» chiesi.
«Buono» disse Al, sorpreso.
«Cosa?»
«Il frullato.»
«Non ne avevi mai assaggiato uno?»
«no.»
«E perché lo hai preso?»
«perché lo hai preso tu»
Rimasi spiazzata dalla risposta e lo fissai con la bocca aperta, così mi limitai a dire «Ah...»
Rimanemmo in silenzio alcuni minuti, poi lui lo interruppe dicendo:
«Franck aveva fatto il doppio gioco»
«Eh?»
«Cosa ti hanno detto Rose e Dominique?»
«Che tu... che tu avevi fregato la ragazza a Franck e che...e che ci provavi con tutte, che eri in una cattiva compagnia» dissi un po' incerta.
Lui arricciò le labbra in sorriso u po' inquietante «Invece, guarda un po', è stato Franck a rubarmi la ragazza»
Rimasi totalmente spiazzata.
**
Albus era innamorato di quella ragazza dalla fine del quarto anno e l'unico che lo sapeva era Franck il quale aveva giurato di aiutare l'amico a conquistarla. Per coprirlo, Franck aveva detto a tutti di essere innamorato di lei; così, per tutta l'estate Franck raccoglieva informazioni su quella ragazza per poi passarle ad Al, ma con il passare del tempo Franck cominciò a sentirsi con la ragazza e se ne innamorò. Naturalmente non disse niente ad Albus, non gli disse che loro due andavano talmente d'accordo da diventare fidanzati. Al lo seppe solo all'inizio del quinto anno e, come ci si può immaginare, ci rimase di merda.
Non riusciva a credere che uno dei suoi migliori amici lo avesse tradito in quel modo, ma non lo accusò e non disse niente per paura di rovinare la loro amicizia che già l'anno passato aveva rischiato di rovinare.
Ma poi, una sera, Albus trovò la ragazza di cui, nonostante tutto, era ancora innamorato.
Parlarono a lungo, i due, e lei gli rivelò che le cose con Franck non andavano tanto bene, che la considerava poco e che non lo amava più.
«Non so cosa mi era preso» mi disse «semplicemente eravamo lì, io e lei e la ho... baciata. Per un sacco di tempo portammo avanti la nostra relazione clandestina, ci trovavamo di notte per stare insieme e non essere visti»
Ma poi Franck lo venne a sapere e, be', la storia la sapevo. I due litigarono, la ragazza disse a Franck che Albus l'aveva costretta salvandosi il culo. Al cercò di spiegare tutto all'inizio ma nessuno gli credette e così vide i suoi amici abbandonarlo.
«All'inizio non era bello, ma poi ho capito che forse non eravamo più come una volta e che se mi avessero voluto bene mi avrebbero creduto. Così mi sono messo cuore e anima in pace» Finì.
La testa mi ronzava leggermente e cercavo di capire se era sincero o meno. Ma quando lo guardai negli occhi, i suoi occhi verde smeraldo, capii che quella era la verità.
E lo abbracciai.
Quel gesto stupì Al quanto me: erano anni che non abbracciavo qualcuno che non fosse papà e fu... strano.
«Uhm.. sì.» dissi staccandomi rossa in viso. Lui ridacchiò.
«Comunque, io non ci provo con tutte. E non ci sto provando con te.» disse guardandomi.«io ti voglio solo come amica»
Solo come amica.
Il mio stomacò brontolò e non penso che fosse per la fame.
Solo come amica.
La testa cominciò a girarmi leggermente.
Solo come amica.
«Giorgia, tutto bene? Sei pallida»
Solo come amica.
Cominciai a vedere a puntini e non sentii più niente.
Solo come amica.
Mi sentii cadere nel buio.
Solo come amica.
«Harry no, ti prego, prendi me, non lui» una donna gridava
«Spostati sciocca» una voce serpentina, crudele.
«no, ti prego, prendi me. Harry no»
Una risata, una luce verde e poi un silenzio tombale. Ero rimasta solo io, nelle macerie di una casa, un lampadario rotto ai miei piedi, un spada davanti a me «non puoi ferire chi è protetto dal sacrificio» sussurravo, le guance sporche di terra e lacrime. Sul grembo tenevo qualcuno, disteso e freddo, ma non riuscivo a capire chi era. Non volevo saperlo...
«Giorgia, Giorgia, Giorgia» sentivo qualcuno che mi chiamava fiocamente. Qualcosa mi sfiorò la fronte e aprii gli occhi sobbalzando.
Ero distesa sul marciapiede a sopra di me Albus si aprì in un bel sorriso.
«Tutto bene?»
«Frullato» borbottai.
«Eh?»
«Ho bisogno di una frullato» dissi alzandomi. Lui corse in mio aiuto e mi fece sedere sulla sedia prima di correre a prendermi la mia salvezza: il frullato al caffè!
Appoggiai una mano sulla fronte. Ero svenuta, ancora e ancora avevo avuto quella strana visione. Era da qualche giorno che mi tormentava e non avevo ancora capito il suo significato.
«Tieni» mi disse Al dandomi il frullato.«Sei svenuta» disse poi, mentre bevevo dalla cannuccia.
Ma davvero?! Pensai sarcastica.
«lo so» dissi.
«Stavi... stavi dicendo il nome di mio padre» disse un po' incerto «e qualcosa riguardo un sacrificio»
«Davvero?» chiesi innocentemente.
«Sì» disse lui fissandomi curioso.
Odiavo quando al gente mi fissava così dissi «bella giornata vero? Ci sono le nuvole ma non piove, siamo proprio fortunati visto che viviamo in Inghilterra. Spero proprio che non piova, non ho l'ombrello e non vorrei bagnarmi i capelli appena lavati»
Lui rimase sorpreso dal mio cambiamento ma non disse niente e cominciammo a parlare del più e del meno.
«Sai, è strano» dissi ad un certo punto.
«Cosa è strano?» si accigliò.
«Che per sedici anni io non ti ho mai incontrato o visto e poi di colpo ci troviamo sempre e diventiamo... amici» e arrossii. Ma cosa mi stava prendendo?
«E chi ti dice?» sorrise con aria furba. Lo guardai senza capire così Al continuò: «Quando ero piccolo Ted lavorava a un chiosco del gelati come part-time e a volte mi portava con sé. Era davanti a un parco e io stavo sempre là, da solo. Da piccolo ero molto timido.» e le sue guance si chiazzarono di rosso «Ti ho... ''incontrato'' lì per la prima volta. Ci andavi ogni giorno con tuo amico, eravate sempre insieme»
Gabriele, pensai tristemente.
«Giocavate, ridevate...eravate... non lo so. Vi fissavo tutti i giorni da lontano mentre giocavate cercando il coraggio per unirmi con voi. Ma tu mi intimorivi un po'» continuò Albus «Anche quando sono cresciuto andavo ogni giorno per guardarvi giocare sperando di trovare il coraggio. Poi, una volta, ti ho visto da sola e stavi... piangendo. Tiravi calci e pugni a tutto quello che trovavi e urlavi tantissimo, fino a quando sei caduta sull'erba e sei rimasta là a singhiozzare. Ho pensato che tu e il tuo amico avevate litigato e... e me ne sono andato incapace di restare. Da quel giorno non ti ho più rivista.»
Rimasi in silenzio. Mi ricordavo quel giorno, i dottori avevano appena detto che Gabriele non c'è l'avrebbe fatta.
«Ti sbagli» dissi, lottando contro le lacrime che volevano uscire «Non abbiamo litigato. Lui è... lui è morto»
Albus rimase spiazzato e rimase in silenzio.«mi dispiace» balbettò.
«E' morto di cancro a tredici anni.» spiegai. «io lo avevo implorato di restare, gli avevo chiesto di non abbandonarmi» un lacrima mi rigò la guancia «gli avevo promesso che lo avrei sposato. Ho provato a usare la magia, ma non funzionava. Lui se ne andava, ogni giorno. Non poteva più correre, non potevamo più andare al parco giochi. » scesero altre lacrime che strofinai con il palmo della mano «Gli ho chiesto di restare, ho pregato perché non se ne andasse, mettevo ogni giorno una candela in chiesa, per lui. Ma poi lo ha fatto, mi ha abbandonato. Mi ha smesso di sorridere» mi morsi l'interno di una guancia per non singhiozzare, non riuscivo più a trattenere le lacrime. Era troppo... troppo doloroso ricordare, ma mi sembrava giusto dirglielo, non so perché, ma non riuscivo più a smettere di parlare.
Sentii le sue braccia stringermi forte e il profumo dell'Abercrombie che usava anche Gabriele. Chiusi gli occhi e per un attimo sperai che Gabriele fosse ancora lì e che era lui ad abbracciarmi.
Al mi strinse più forte e io mi calmai un poco, ma mi sentivo comunque il cuore vuoto.
**
«Sai cosa?» chiesi ad Albus interrompendomi dai miei pensieri.
Dopo che mi ero sfogata Al, da bravo cavaliere, mi portò in giro per Londra. In quel momento mi stava accompagnando a casa con un sorrisetto trionfante.
«Cosa?»
«Be', visto che tu mi hai invitato a casa mia, uno di questi giorni potresti venire tu da me» cominciai.
«Certo!»
«Però, ecco, vorrei che venissero anche Fred, Rose, Dominique e Scorpius»
Il suo voltò si scurì un attimo ma poi riprese a sorridere e facendomi l'occhiolino mi disse:
«naturalmente»
Gli sorrisi grata abbassando lo sguardo.
«Be', ci sentiamo domani?» mi chiese arrivati davanti al portone.
«No, domani dobbiamo andare a parlare con la preside di Hogwarts... sai, per la mia iscrizione...» dissentii.
«I cellulari esistono pur per qualcosa» mi fece ancora l'occhiolino «fammi sapere come va» e mi fece battere il cinque. Sorrisi ancora e lui se ne approfittò per abbracciarmi; mi tenne stretta per qualche minuto prima di staccarsi e andarsene senza una parola.
Rimasi a fissarlo andare via con un sorriso ebete in faccia e il cuore che batteva forte.
...Ti piace?
Non dire sciocchezza! Lo ho appena conosciuto!
Suonai il campanello ripetendo la risposta.
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Capitolo 11 *** L'Alcool fa male, ma tu di più. ***
Cap. 11
L'Alcool fa male, ma tu di più.
**
Se facciamo un sondaggio sugli alcolizzati scopriremo che metà di essi beve solo per moda, mentre l'altra metà dirà per ammazzare i sentimenti.
Vedo già orde di moralisti arrivare urlando ''Solo i deboli affondano i loro sentimenti nell'alcool per dimenticare''.
Io non credo che l'alcool faccia dimenticare, anzi nel momento in cui sei ubriaco i tuoi sentimenti sono amplificati e ti sembrano cento volte peggiori di quel che sono.
E non sempre una volta finita la sbronza dimentichi tutto. Spesso ricordi le cose ancora più chiaramente.
**
La mattina dopo mi toccò svegliarmi presto e vestirmi decentemente. Sì, la cosa è un po' strana visto che io ho l'abitudine di prendere le prime cose che trovo nella scrivania (Ebbe'? Io metto i vestiti nella scrivania, non nell'armadio perché così posso visualizzarli meglio). Il mi look abituale era leggins o shorts con maglie lunghe. Invece quella mattina indossai una gonna con una camicia e le calze. Dovete sapere che io e le calze viviamo in due mondi completamente opposti e non riusciremo mai ad andare d'accordo (non che io faccia qualche sforzo).
Ecco, era questo il motivo dei miei urli beduini contro mio papà che mi inseguiva con il paio di calze.
«NON LE METTERO' MAI!»
«SU GIORGIA, TESORO, NON FARE LA BAMBINA»
«SMETTILAAAA»
«Lo sai che i Paramore hanno fatto il nuovo disco?»
«sì, quindi?» chiesi sospettosa.
«Se le indossi te lo compro.»
…
Ricattatore!
Ma la proposta era talmente allettante che accettai e riluttante le indossai. Ma erano talmente scomode che dopo la materializzazione a Hogsmeade saltellavo come un canguro cercando di sistemarle.
«Odio le calze» piagnucolai.
«Pensa che dopo avrai il tuo amato cd» mi suggerì papà.
«Perché non ci siamo materializzati direttamente dentro il castello?»
«Perché non si può»
«Che schifo!»
Federico ridacchiò.
Dopo una mezz'ora di cammino ci ritrovammo davanti l'imponente figura di Hogwarts. Ne rimasi estasiata e per il resto del cammino fantasticai sull'anno che avrei affrontato da lì a un mese. Papà e Al ne avevano parlato tantissimo dei suoi passaggi segreti, delle porte nascoste dietro gli arazzi, dei fantasmi, dei ritratti che parlavano, delle sale comune e della cosa più importante: i banchetti!
Presa dai miei pensieri andai a sbattere contro una statua di pietra che rappresentava un mostriciattolo; ero talmente immersa nella mia fantasiosa cena di inizio anno che non avevo fatto caso a quello che succedeva intorno a me e così ero finita nello studio della preside senza rendermene conto.
«Buongiorno professori» disse mio padre educatamente. Ancora mezza frastornata dalla botta cercai di trovare i tizi a cui si rivolgeva, ma nella stanza c'eravamo solo noi, a meno che non contiamo tutti gli oggettini strani d'argento e i quadri.
«Ciao, Fred» disse un tizio che avrà avuto circa centocinquantacinque anni; fin qui tutto normale, ma il tizio era dentro un quadro.
«Preferisco Federico» disse papà irrigidendosi.
Il quadro gli lanciò un occhiata attraverso gli occhiali a mezzaluna.
«Federico?»
Papà sembrava altamente imbarazzato, così venni in sua difesa spiegando un po' aspramente.
«Sì. Mamma lo chiamava Fred come soprannome!»
«E questo cosa dovrebbe interessarci?» chiese un altro quadro vicino al centocinquantacinquenne, con i capelli neri unti peggio della mia prof di Greco e Latino.
«Mia madre è morta, signor quadro, e solo lei aveva il diritto di chiamarlo Fred, quindi si pulisca la tela e stia zitto. Grazie» dissi, infiammandosi.
«Giorgia...» mi ripresa papà.
«Non è colpa mia! Sono queste calze che mi danno un fastidio enorme» sbottai grattandomi le gambe.
Tutti i quadri nella stanza si misero a ridere. Sì, ridete pure delle mie disgrazie.
Socchiusi gli occhi e lessi le targhe alla base dei due quadri con i quali avevo parlato.
«Albus Silente; Severus Piton» lessi. La mia bocca si aprì in una O perfetta e li fissai inebetita.«wow!»
Federico alzò gli occhi al cielo mentre Silente ridacchiò.
La porta alle nostre spalle si aprì e entrò un signora anziani con lo sguardo austero dietro a delle lenti quadrate e i capelli grigi legati in una severa crocchia, portava una veste verde smeraldo.
«Buongiorno» disse sbrigativa.
«Buongiorno...» balbettai mentre il mio cervello la catalogava nella sezione 'persone alle quale non bisogna disubbidire'.
«Allora, se non sbaglio siamo qui per la signorina Flox» disse sedendosi dietro la scrivania che occupava una parte della stanza. Annuimmo.
«La cosa è molto semplice,» cominciò «lei non ha frequentato Hogwarts per cinque anni e adesso vorrebbe iscriversi. Visto che parteciperà al sesto anno credo che la cosa migliore da fare sia che uno di questi giorni le venga qui ad affrontare i G.U.F.O » annuii, cercando di non perdermi e lasciar perdere il prurito causato dalle calze «naturalmente, ci dovrà dire che materie ha studiato nel corso di questi cinque anni. In ogni caso, attraverso i G.U.F.O sapremo quanto è preparata in determinate materie e quindi quali corsi potrà seguire in quest'anno scolastico in base alla sua preparazione e non avrà problemi rispetto ai suoi compagni... mi sta ascoltando?»
«Uh? Ah, sì.» dissi imbarazzata. In realtà mi ero persa quando aveva detto G.U.F.O. per la seconda volta perché mi ero ricordata di dover pulire la gabbia di Fragola, il mio gufo. La preside (che mio papà disse chiamarsi McGranitt) andò avanti blaterando di altre cose tipo la casa in cui io sarò smistata, il regolamento scolastico, delle lezioni... mi persi circa tre quarti del discorso e così mi affidai alla buona vecchia tattica di 'sorridi e annuisci'. L'unico ad esserne accorto era il quadro di Albus Silente che ogni tanto mi lanciava uno sguardo divertito.
Ma quando la smettono questi due?...
«Signorina Flox? Sta ascoltando?» chiese la voce seccata della preside.
Misi sul volto l'aria più intelligente e seria del mio repertorio e dissi con voce sicura «Certo, signora, non si preoccupi, vada pure avanti.»
Federico smascherò la risata che gli stava per venire con un colpo di tosse.
La McGranitt ci guardò malissimo ma riprese a parlare e ben presto ripersi il filo del discorso.
Dopo tre ore di chiacchiere interrotte sulla mia istruzione io e mio padre uscimmo dal castello. Avevano deciso che avrei fatto i G.U.F.O. due settimane prima della scuola, quindi il 15 Agosto.
Il lato positivo di tutta la faccenda fu che durante il monologo della professoressa McGranitt avevo recuperato tutte le ore di sonno.
**
Durante il resto del giorno papà mi allenò con la magia illusoria; Federico aveva ragione quando diceva che dopo le prime difficoltà tutto diventava più facile. Sparse sul pavimento c'erano fotografia che ritraevano una ragazza dai capelli rossi che non ero io e sulla mia mano una fiamma color indaco sfavillava senza bruciare. Chiusi la mano a pugno e la fiamma sparì.
«Complimenti» mi disse mio padre mentre mi buttavo a terra esausta. Mi sentivo come se quella magie mi avessero tolto ogni briciola di magia dentro di me.
«Sono un po' stanca» biascicai. Federico annuì e si diresse in cucina per prendermi un bicchiere d'acqua mentre io mi sistemai meglio nel divano.
Quando lui tornò gli ricordai:
«Lo sai che domani vengono ospiti?»
«Sì» disse un po' infastidito.
«e cosa pensi di fare per... l'ordine della nostra casa?» chiesi ironica.
«domani puliamo.»
COSA? NO, STOP, FERMI TUTTI!
Non poteva dire sul serio, non poteva!
«E se dopo faccio esplodere la cucina per sbaglio come l'ultima volta?» chiesi spaventata.
Lui alzò gli occhi al cielo prima di andarsene e lasciarmi lì, sola soletta.
Così presi il cellulare e cominciai a messaggiare con Al.
**
Il giorno dopo a casa ci fu molto fermento da parte di mio padre e me. Immaginatevi una casa in cui ci sono mucchi di magliette, piatti sporchi da lavare, pianticelle morte, libri sparsi ovunque, i miei pupazzi nella lavastoviglie e nel bagno...no, lasciamo stare, lo dico per il vostro bene. Ecco, ora ora immaginatevi io che come un elefante inseguito da un topo corro per casa tentando di fare ordine, papà nascosto da montagne di vestiti o altre cose non ben identificate e il mio gufo Fragola che ci fissava da sopra l'armadio.
«Se solo provi a cagarmi in testa io ti cago nel muso!» gli urlai, quando aveva esposto il suo didietro verso un pavimento appena lavato dalla sottoscritta. Fragola mi guardò male prima di volare dalla finestra.
Ma nonostante tutti gli sforzi la casa rimaneva comunque disordinata e ben presto cominciammo ad utilizzare la cara e vecchia tecnica del ''butta tutto dentro cassetti, armadi, lavatrici e lavastoviglie''. Era talmente caldo che rimasi in culotte e reggiseno per tutto il tempo.
Utilizzammo entrambi la magia per allargare la casa e, alleluia a Dio, alle sette finimmo.
«Abbiamo fatto tutto?» chiesi esausta facendomi aria con un foglio.
«Credo di sì, la casa adesso è pres..» e sbiancò di colpo.
«Papà, che succede?» mi alzai preoccupata.
«Non abbiamo preparato la cena» disse con un filo di voce. Sbiancai di colpo.
«A che ora hai detto che vengono?»
«alle 7:30.»
«che ore sono?»
«sono le... Oh merda... le 6:53»
Ci guardammo negli occhi sibilando «Ma porco Salazar!»
Ora, immaginatevi due beduini psicopatici che corrono a destra e manca alla ricerca del cellulare per chiamare la pizza d'asporto visto che nessuno dei due si ricordava dove lo aveva messo.
Non vi narrerò dell'impossibile imprese, di quando misi la testa dentro la lavatrice, di come rischiai di cadere dal balcone o quando aprendo le ante di un armadietto in cucina mi si rovesciarono in faccia tutti i piatti (e qui furono bestemmie); nonostante tutto, dopo venti minuti Federico stava chiamando la pizzeria e io mi stavo curando tutte le botte ricevute coprendole con il fondotinta.
Dopo altri dieci minuti la porta suonò e arrivarono le pizze. Feci una smorfia quando mi venne in mente la cena lussuosa della Tana e confrontai le splendide portate con quelle fette di pizza mezze marce.
Perché cavolo mi è venuto in mente di invitarli? Sarà un disastro!
Eppure, riuscii a scacciare questo pensiero quando, aprendo la porta, mi ritrovai davanti il sorriso contagioso di Fred.
«Buonasera!» disse battendomi il cinque prima che Rose mi abbracciasse salutandomi.
«Mh» disse mio papà, infastidito dal fatto che nessuno lo calcolasse. Risi divertita.
«Ragazzi» dissi «questo è mio padre, Federico» presentai.
«Ehilà, deve essere merito suo se è uscita questa meraviglia» disse Fred avvicinandosi e stringendogli la mano.
«Fred!» lo rimproverò Dominique sistemandosi la canottiera e poi presentandosi. Poi toccò a Scorpius e Rose e Franck.
Al invece mi si avvicinò sussurrandomi «ma ti piace così tanto stare in reggiseno davanti a me?»
…
Oh.No.Mi.Sono.Dimenticata.Di.Vestirmi.Porco.Zeus.!
**
Tralasciando quel piccolo incidente di percorso al quale rimediai subito andando a prendermi una canottiera (e rischiando di essere investita da una montagna di vestiti quando aprii l'armadio), la serata procedette bene.
Nessuno criticò la pizza o la casa. Tutti si comportarono cordialmente, anche se Albus e Rose finirono comunque con il litigare.
L'argomento principale della serata fu la professoressa McGranitt e di quanto fosse noiosa la sua parlata e tutti si misero a ridere quando mio papà raccontò loro del mio...ehm..problema con le calze.
«C'erano due quadri che portavano il tuo nome, Albus» dissi prontamente, cercando di cambiare discorso.
«Oh, lo so.» disse lui «sono stati i presidi di Hogwarts durante la Grande Guerra Magica. Mio papà ha voluto che portassi i loro nomi» e gonfiò il petto orgoglioso.
«Come mai?»
«Be', Albus Silente è stata la guida di mio padre mentre cercava di distruggere Voldemort e si è sacrificato per il bene della popolazione magica; ha sempre saputo rimediare dai suoi errori.
Invece, Severus Piton era sempre stato innamorato della mia nonna anche quando sposò mio nonno e quando morirono fece il doppio gioco con Voldemort, passava le informazioni dei Magiamorte all'Ordine della Fenice, per proteggere mio papà. È il mio idolo perché mi ha insegnato cosa vuol dire amare veramente e sono fiero di portare il suo nome!»
«Peccato che di loro due tu non abbia niente» disse gelida Rose.
«Sei solo gelosa perché io ho un nome importante!» la rimbeccò Al.
«Per tua informazione il mio nome significa Rosa!»
«e quindi?»
«Perché...perché la prima volta dei miei genitori era stata vicino a un roseto» disse chiazzandosi di rosso «e papà volle che io ricordassi loro la felicità...»
«Che storia dolce» dissi sospirando, mentre Al mi guardava male: con la sua storia non avevo avuto quella reazione.
«Mai nome fu più azzeccato!» sussurrò Scorpius avvicinandosi a Rose «Sei bella come una rosa e tu sei la mia felicità» e le posò un leggere bacio sulle labbra.
Federico scoppiò a ridere rovinando quella dolcissima scena.
«Un...Malfoy e...e una We..Weasley..i-io questa...q-questa è bell-bellissima» disse tra le risate. I due lo ignorarono.
«Be', Ius, anche il tuo nome è azzeccato. Scorpius, come lo scorpione, il tuo segno, e Hyperion come una stella. La mia stella» ricambiò Rose diventando ancora più rossa.
«Il mio nome resta il migliore di tutti, in ogni caso» liquidò tutti Franck portandosi le mani dietro la testa. «il nome di mio nonno che sacrificò la sua sanità mentale per non rivelare importanti informazioni ai Mangiamorte»
«evidentemente questo sacrificio deve essere costato anche la tua sanità mentale» disse velenoso Al.
«Taci, stupido ess...» cominciò Franck.
«E tu, Fred?» chiesi a voce alta per interromperlo «come mai ti chiami così?»
Fred fece un segno stizzito con la mano «io porto il nome di un morto, sai che bello» c'era un velo di ironia e rabbia nella sua voce.
«Cosa intendi dire?» chiese papà, cauto.
«Io porto il nome del gemello di mio padre che è morto» continuò freddamente.
«e non sei..ehm...felice?» azzardai, mentre lo sguardo di mio padre diventava strano.
«No» Fred scosse la testa «è orribile. All'inizio, ogni volta che mio papà mi guardava scoppiava a piangere e io non potevo fare niente, peggioravo solo la situazione. Tutti si aspettavano che io fossi come Fred senior, che facessi esattamente come lui, che fossi la sua reincarnazione. Ma io sono solo io!» l'ultima frase la urlò.
Gli strinsi la mano sotto il tavolo, mentre mio papà fece una cosa molto strana: si alzò dal tavolo e lo abbracciò.
Rimanemmo tutti piuttosto basiti, specialmente Fred che dallo shock ricambiò la stretta.
«Uhm..sì...» disse Dominique per spezzare il silenzio che si era creato «Evidentemente io in questa stanza solo l'unica con un nome che non ha un bel significato»
«e io?» chiesi a papà, che si era seduto al suo posto «anche il mio nome ha un significato»
«Tu porti il nome delle persone più importanti della mia vita» disse sorridendo.
«Ah sì?» chiesi stupidamente.
«Helen era il nome di tua madre, mentre Giorgia è il femminile del...del mio fratello preferito»
«Hai un fratello?! No...aspetta... del mio fratello preferito...significa che ne hai altri!» dissi illuminandomi «Posso conoscerli?»
«No» rispose secco.
«Perché non posso? Sono morti?» chiesi timidamente.
«in un certo senso» sospirò.
«Oh...» dissi imbarazzata.
Nella sala tornò il silenzio. Nessuno sapeva più che cosa dire.
«Il mio nome resta comunque il più bello di tutti» sentenziò Albus.
Dopo quella frase l'ilarità tornò al tavolo e tutti scoppiarono a ridere.
Dopo cena papà ci permise di fare un giro per Londra, così andai in camera per prendermi qualcosa di più pesante.
«Sai cosa?» mi chiese Al mentre si sedeva nel mio letto.
«Cosa?» chiesi cercando la mia felpa nera dell'Hard Rock Caffè.
«Stavo pensando... il maschile del tuo nome è Giorgio, quindi George, come mio zio... non ne è che tuo padre sia il suo gemello?»
lo fissai prima di scoppiare a ridere come una matta.
«Hai sentito Fred, il gemello di George è morto. Morto! E hai sentito papà, no? I suoi fratelli sono morti. Morti!
E poi non si assomigliano neanche un po'! Hanno i tratti somatici completamente diversi»
«Era solo un idea»
«Un idea stupida»
lui fece spallucce e uscì dalla stanza. Così rimasi sola mentre scavavo dentro l'armadio alla ricerca della fantomatica giacca. Ecco, questo è uno dei motivi per cui non faccio mai ordine: non trovo più le cose!
«Serve aiuto?» mi chiese una voce e quando mi girai mi trovai davanti agli occhi castani di Franck.
«No.. sto solo cercando una felpa, ma non importa, ne metto un altra» dissi prendendo la prima che mi capitava.
«Ah ok» disse sorridendo. Notai che aveva una fila di denti bianchissimi come la madreperla. Ricambiai il sorriso mentre uscivo anche io dalla stanza.
«Papà, noi andiamo!» urlai.
«Perfetto! Vedi di tornare sobria, per favore» ricambiò l'urlo. Risi, scuotendo la testa mentre uscivo.
«Allora, dove andiamo?» chiese Dominique scendendo le scale.
Fred si girò, con una luce malandrina negli occhi blu «mi sembra ovvio, a divertirci»
Dalle nostre bocche uscì un urlo di esultanza che risuonò per le vie buie di Londra.
**
«Ehilà, guarda chi si vede!» disse un James un po' brillo e mostrandomi un bicchiere con una sostanza alcolica continuò «Ne vuoi un po', pupa?»
Dopo aver vagato un po' per le vie del centro Londinese Fred ci aveva trascinato a quella festa. Inizialmente non capivo quali fossero le sue intenzioni visto che ci aveva portato davanti a una casa abbandonata in una via periferica. Poi, Fred aveva bussato, detto una parola d'ordine e davanti a noi si era presentata una stanza immensa con musica a tutto volume e luci da discoteca.
«Questa è una festa!» aveva sentenziato una volta entrati. Fred doveva andare lì quella sera, invece era venuto da me per trascinarmi lì.
Appena entrati James ci aveva accolti, anche se parlò con un cespuglio per più di un'ora convinto che fosse Dominique.
Be', dopo ci sperdemmo o per ballare o per bere o (nel caso di Scorpius e Rose) per baciarsi.
Fred mi presentò a tutti i suoi amici mettendomi ogni volta un bicchiere con qualcosa di non ben identificato; inizialmente tentai di ignorare la sostanza colorata, ma poi le risate e tutte quelle chiacchiere mi stordirono al tal punto che cominciai a bere senza rendermene conto.
Quando conobbi quasi tutti i presenti alla festa andai a sedermi in alcuni divanetti neri dove molte persone chiacchieravano tra di loro.
Ero placidamente seduta, la testa leggera e il mio bicchiere in mano quando vidi Albus.
Fin qui tutto normale, ma mi fece male vedere come parlava con una sono-bionda-e-perfetta. Era seduto mollemente sul divano con la bionda seduta sulle ginocchia e le sue tette in bocca. Stavano parlando e scherzando amichevolmente, molto amichevolmente, troppo amichevolmente. Rimasi a fissarli basita fino a quando si alzarono, la Bionda strusciò contro Albus in modo provocante e si allontanò verso il banco degli alcolici. Albus le fissò il culo prima di accorgersi di me. Venne a sedersi accanto a me, effettivamente soddisfatto.
«Allora, come va?» chiese ridendo.
«Bene, immagino» risposi mentre prendevo da un cameriere che passava un altro bicchiere alcolico.«Quando l'hai conosciuta?» chiesi, indicando con un cenno la bionda. O almeno sperai, visto che le cose cominciavano a girare davanti a me. Lui evidentemente capì a chi mi riferivo perché disse tranquillamente «Oh, lei. La ho appena conosciuta. Mi sembra che si Chiami Sara.. o Samanta?»
«Oh» borbottai, prendendo un altro bicchiere. Forse era meglio smettere, cominciavo a sentirmi male sul serio.
Ma forse non è l'alcool.
Albus si passò una mano tra i capelli senza notare il mio sguardo vacuo; quando una ragazza mora, in minigonna e tacco sedici si mise davanti al divanetto Al scattò in piedi sistemandosi il colletto della polo e facendo un baciamano galante la portò a ballare.
Presi un altro bicchiere.
I due stavano ballando in maniera molto provocante, specialmente la ragazza ma Al sembrava anche divertito. Erano molto vicini.
Presi un altro bicchiere.
Nel tempo che avevo impiegato a mandare giù il liquido alcolico Albus aveva già cambiato danzatrice e se ne stava con una riccia alta e magra e le posava un bacio nel naso.
Presi un altro bicchiere.
Quanto alcool avevo bevuto fin ora? Tanto, ma perché non sentivo quello stato di euforia che dovrebbe arrivare dopo essere ubriachi? Perché, invece mi sentivo se possibile ancora peggio? Con il cuore ancora più dilaniato? Perché mi sentivo così arrabbiata?
Mi ha mentito.
Aveva detto che non ci provava con tutte, invece adesso si stava già baciando con un altra ragazza diversa da quella prima. Mi aveva mentito, mi aveva fatto credere di essere un bravo ragazzo!
L'alcool fece aumentare la rabbia, sentivo la testa ribollire. Il bicchiere che tenevo in mano si frantumò e con esso altri bicchieri in mano ad altre persone.
Sentivo una sensazione di vomito e mi mancava l'aria. Mi alzai tremante, per andare verso l'uscita.
Mentre lo facevo presi senza rendermene conto un altro alcolico.
Sono ubriaca marcia. Pensai, ma lo bevvi comunque tutto in un sorso. Mi cedettero le gambe e caddi in un angolo.
Poi successe una cosa molto strana. La mia testa mi girava talmente tanto, sentivo il mio sangue scorrere come un fiume in piena, il mio respiro accelerato ma le immagini davanti a me sparivano e ricomparivano per lasciare spazio a una casa distrutta, un lampadario rotto ai miei piedi. Poi ritornava la gente che ballava, rideva e tutti quei colori. Mi sentivo sballottata tra due correnti marine e mi sentivo sempre peggio. Lentamente mi alzai per uscire. Presi un altro bicchiere senza rendermene conto. E un altro quando lo finii, e un altro quando fui fuori.
Stavo per berlo quando una mano fermò il mio movimento e due occhi castani mi fissarono accigliati.
«Non dovresti bere.» mi disse Franck «L'Alcool fa male»
Ma lui di più.
Odiavo il fatto che mi avesse mentito. E io gli avevo anche creduto! La sua storia poteva essere stata anche vera, ma non poteva comportarsi così.
Franck mi stava ancora fissando preoccupato e accigliato così lasciai cadere il bicchiere.
Mi veniva da vomitare.
Mi sedetti per terra, cercando di controllare almeno il respiro. Cosa mi stava succedendo? Perché mi sentivo così male?
Fanck si sedette accanto a me sul marciapiede guardandomi preoccupato.
Cercai di ritrovare la voce per gridargli di andarsene, decisa a materializzarmi. So che non potevo, so che era strano che lo sapessi fare, sapevo che se mi avessero beccata sarebbero stati guai, ma io non avevo la Traccia e potevo usare la magia quando mi pareva. E papà mi diceva sempre che per le emergenze potevo farlo.
Questa era un emergenza. Mi sentivo troppo male, troppo stanca.
Stavo per articolare il suono quando la porta si aprì di nuovo e ne uscì l'individuo a braccetto con due ragazze.
La voce mi morì in gola mentre Al ci passava davanti senza degnarci di uno sguardo. Dal cielo provenne un rombo anche se era una notte stellata. Forse Franck capì tutto perché urlò ad Albus:
«Quando la smetterai di far male alle persone?»
Lui si girò e con voce sprezzante rispose:
«Quando la smetterai di farti i cazzi degli altri?»
Un altro, fulmine, il vento si alzò, un giornale volò per il veicolo e si girò.
Volevo dell'alcool da bere, avevo la gola che bruciava. Volevo Gabriele al mio fianco, volevo che mi abbracciasse e per poi nascondersi. Come quando giocavamo a nascondino. Chiusi gli occhi mentre la testa mi si riempiva di luce.
«che ne dici? Giochiamo a nascondino?»
«sì!»
«cerco io! Ma se perdo ti faccio il solletico e ti faccio volare!» disse il bimbo dai capelli biondi aprendosi in un bellissimo sorriso.
«Va bene.» la bambina dai capelli rossi ricambiò il sorriso e avvicinandosi al suo orecchio «mi trovi dentro la casa sull'albero»
Gabriele rise prima di dire «Volerai così in alto che toccherai le stelle.»
Senza rendermene conto scoppiai a piangere, lentamente, senza singhiozzare, senza urlare. Semplicemente le lacrime scesero.
Qualcuno mi prese la mano e me la strinse forte. Franck, di sicuro.
Rimasi ferma una decina di minuti, poi vomitai.
Franck mi tenne dietro i capelli mentre vomitavo l'alcool e l'anima.
Vomitai lacrime, dolore e rabbia.
«Tu sei stato cattivo!» sbottai ud un certo punto a Franck quando avevo finito di vomitare ed ero distesa nel marciapide.
«Cosa?» mi chiese sorpreso.
«Hai fregato la ragazza ad Albus» dissi. Non so perché parlavo, forse era tutta colpa dell'alcool.
«Oh» disse debolmente «se solo me lo avesse detto io non lo avrei ma fatto»
«Cosa intendi dire?» chiesi, tentando di alzarmi senza successo, mi sembrava che il terreno sotto di me girasse.
«La sai la storia?» mi chiese «che passavo informazioni ad Albus sulla ragazza»
Non risposi, sperando che prendesse il silenzio per un sì: se aprivo la bocca vomitavo ancora di più.
«Quando mi sono accorto di essermi innamorato io avevo detto ad Al che era meglio che non facessi più la spia per lui. Non volevo che succedesse un disastro, non dopo quello che era successo l'inverno prima» fece una pausa «lui mi disse che non faceva niente, che non era veramente innamorato e che era solo per passare il tempo. Che potevo tenermela.» sorrise leggermente «Non potevo immaginare che mi stesse mentendo, non potevo immaginare che alla festa di compleanno di Roxanne l'avrebbe costretta a baciarlo portandomela via via. Io ero veramente innamorato di lei»
«Alla festa di Roxanne?» chiesi cadendo in strada mentre cercavo di tirarmi su «Al mi ha detto che l'ha baciata un sera in corridoi e che non l'ha costretta»
«Lei mi ha detto che era andata così» disse Franck inarcando una sopracciglia.
«Al mi ha detto che quella ragazza ti aveva detto così solo per pararsi il culo» non ero sicura di aver detto una frase molto sensata, ma al momento non me ne curai più di tanto visto quanto ero ubriaca.
«Anche sotto Veritaserum?» mi chiese ironicamente. La conoscevo quella pozione: se la bevevi ti faceva dire la verità. La sorpresa fu tale che vomitai ancora in mezzo alla strada.
«Veritaserum?» chiesi senza fiato.
«Quando Al ci ha detto la sua versione Rose ha voluto vedere se era vera, così l'abbiamo fatta bere alla mia ex-fidanzata che ha rivelato tutto: Albus l'aveva minacciata: se non si metteva con lui e la baciava avrebbe pubblicato nella bacheca della sala comune di Grifondoro una sua foto nuda. Quando l'ho sentito sono rimasto sotto shock. Ero convinto che Al mi avesse detto la verità. È molto bravo a mentire.» mi spiegò.
Non sai neanche quanto è bravo, pensai, mente mi piegavo per vomitare per l'ultima volta.
Angolo Voglioungufo:
Et voilà! Ecco a voi quella che dovrebbe essere una batosta per tutti quelli convinti che Al fosse innamorato di Giorgia.
Una batosta per chi credeva che Franck fosse quello cattivo.
Ehhh, questo Albus è 'un pezzo di merda' se vogliamo usare le parole di Dominique (Domi saluta facendo crollare l'autostima di tutti).
Anyway, aspetto una vostra recensione per sentire i vostri pareri :)
Mi scuso anche per il ritardo nel postarlo ma mercoledì ho fatto la recita di teatro (nfhroqwhq è stato bellissimo *^^*) e non potevo metterlo xD spero di essere perdonata xD
Al prossimo capitolo.
Voglioungufo.
p.s. Scusatemi se ho sbagliato alcuni verbi D: e magari se notate degli errori fatemeli notare così li posso sistemare cwc
p.p.s mentre facevo il capitolo ascoltavo 'sta canzone e credo che ci calzi a pennello per il ritmo http://www.youtube.com/watch?NR=1&feature=endscreen&v=jukv9Q1eR2g
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Capitolo 12 *** G.U.F.O., ovvero come prendo E in Divinazione. ***
A Claudia, Jlenia e Giacomo,
che mercoledì hanno sopportato i miei scleri
pre-rappresentazione sulla fine promessa e
l'emblema di quell'orrore;
grazie.
Cap. 12
G.U.F.O., ovvero come faccio a prendere E in Divinazione,
**
Da piccola ero molto brava a controllare le mie emozioni e a rimanere fredda e distaccata e non lasciarmi sopraffare dalle emozioni. Poi, crescendo questa mia capacità era sparita un poco alla volta: era come se tutti i sentimenti che avevo trattenuto per tutti quegli anni fossero scoppiati.
Il vero problema è che il mio umore se non trattenuto crea sempre qualcosa. Se facciamo un esempio se sono triste comincia a piovere che Dio la manda, se sono normale c'è il sole, se sono felice c'è il sole e fa caldo, se sto male ci sono le nuvole e un caldo afoso, se sono confusa arriva la nebbia e se sono arrabbiata sale il vento.
Per questo la mattina dopo la sbornia accendendo la televisione e guardando il tg fui l'unica a non sorprendersi della tromba d'aria che aveva investito la città causando molti danni.
E non è colpa mia, ma di quell'individuo che mi aveva mentito!
**
Ignorai le chiamate dell'individuo (Albus) per tutta la mattina dopo, per tutto il pomeriggio, per tutta la sera e per tutti i giorni che seguirono. Anche se non mi chiusi in casa, no. Quella sera avevo dato il mio numero a Rose, Dominique e Fred.
Caro il caro Fred.
Lo chiamai almeno cento volte al giorno per fare pazze crisi isteriche e senza preavviso diventò il mio migliore amico. Ogni tanto mi accompagnava in giro o stavamo nella filiale principale dei Tiri Vispi Weasley dove lavorava George. James, essendo il migliore amico di Fred, era quasi sempre con noi. James era stupido, ma un modo buono di essere stupidi, non farebbe male ad una mosca ma non ha un cervello molto acuto. Mi sembrava così strano che lui fosse il fratello dell'individuo.
A proposito dell'individuo, ogni tanto veniva a suonarmi a casa ma io avevo costretto papà a non aprirgli, altre volte andava al negozio e io scappavo via aiutata da Fred e James (anche se quest'ultimo non aveva mai capito il vero motivo).
Era strano che me la prendessi così tanto con lui in quel modo e se ci penso adesso che so come andarono poi le cose mi viene da ridere. Se paragonato a tutto quello che successe dopo tutto questo era una stupidata. Però ero veramente arrabbiata (e il vento lo dimostrava). Non sopportavo il fatto che mi avesse mentito così facilmente, io gli avevo dato fiducia e lui l'aveva presa in giro. Io gli avevo creduto perché speravo che non fosse solo nero come lo descrivevano Rose, Dominique, Scorpius e Fanck.
Ma alla fine era così, non era il ragazzo premuroso che si era presentato quel giorno a casa mia e mi aveva consolato quando gli avevo raccontato di Gabriele.
E questo faceva male, anche se era un dolore un po' sordo, non acuto. Ma faceva male comunque.
E io non sono una ragazza molto coraggiosa, quando ho paura di qualcosa scappo, scappo via correndo come un ossessa. E io avevo paura della mia reazione
Anche se una sfilza di maledizioni senza perdono non è così male, pensavo i giorno prima del mio primo G.U.F.O.
Io e papà avevamo deciso di trasferirci per tutta la durata dei G.U.F.O a Hogmeade, il paesino vicino Hogwarts. Avrei avuto la mattina due prove scritte, mentre il pomeriggio due prove pratiche.
Grazie al cielo papà aveva deciso di non farmi studiare Astronomia e quindi non avevo la prova notturna.
Io di notte dormo, non guardo mica le stelle. No, l'unico esame che mi preoccupava era quello di Antiche Rune e Storia della Magia. Per questo stavo ripassando a bassa voce mentre preparavo la borsa con le mie cose da portare ai Tre Manici di Scopa, la locanda dove avrei alloggiato di Hogsmead quando il telefono squillò. Prima di rispondere controllai di chi fosse: Rose <3. Pigiai il tasto verde dicendo:
«Ehi Rose! Dimmi pure»
«Perché non hai risposto alle chiamate?» il sangue mi si gelò nelle vene. Era l'individuo!
«Cosa ci fai con il cellulare di Rose?» sbottai gelidamente.
«Volevo sentirti!»
«Fottiti.» guardai fuori dalla finestra e vidi gli alberi piegati dal vento. Sì, ero incazzata.
«Cos'ho fatto?»
«Mi hai mentito!»
«Cos..ahn..» ed ebbe la decenza di tacere. In quel momento avrei voluto insultarlo a dovere ma la voce mi morì in gola e gli buttai giù.
Verso le due del pomeriggio oltre al vento ci fu anche la pioggia.
**
La mattina del 15 Agosto passò tutto sommato bene, il test di Trasfigurazione fu abbastanza complicato ma ero sicura di essere stata esauriente nelle spiegazioni, mentre quello di Incantesimi fu una grande cazzata. Peccato non poter dire lo stesso della prova pratica: uno degli esaminatori aveva un neo enorme e peloso nella tempia e rischiai di scoppiare a ridergli in faccia e per trattenere le risate sbagliai qualche incantesimo. Nella Pratica di trasfigurazione andai talmente bene che un'esaminatrice si congratulò con me.
La mattina dopo Erbologia e Difesa contro le Arti Oscure. Non so come andai nello scritto, ma nella pratica in Erbologia me la cavai molto bene, nell'altra un po' meno.
I giorni passavano così, mentre i studiavo per i G.U.F.O., Albus, o meglio l'individuo che tentava di chiamarmi, Fred che mi venne a trovare e il negozio di caramelle 'Mielandia'.
Quando arrivò a Rune Antiche lo scritto mi andò egregiamente, peccato non poter dire lo stesso per l'orale che invece andò da cani.
Storia della magia la ebbi l'ultimo giorno e fu un disastro totale: risposi solo alle domande della seconda Guerra Magica e basta. Tanto valeva dire che non l'avevo studiata a questo punto!
Insieme a Storia della Magia ebbi anche Divinazione. Il questionario fu molto complicato ma grazie a Dio mote cose le sapevo bene. Ma fu durante la prova pratica che successe una cosa molto strana.
Quando arrivai nella saletta adibita all'esame davanti a me c'era una sfera di cristallo e una sola esaminatrice.
«Benvenuta» mi disse. Aveva i capelli bianchi e corti, ma sembrava molto giovane con i suoi occhi neri come pozzi senza fondo. «Io sono Shereen e se supererai questo esame sarò la tua professoressa per il prossimo anno.» aveva una voce...normale. Non so, me ne immaginavo una mistica o profonda. Invece era una voce normale, come quella del vicino di casa.
«Siediti» continuò «guarda dentro la sfera di cristallo e dimmi ciò che vedi»
Mi sedetti nervosamente davanti a una tavolo rotondo con un tovaglia azzurra e una sfera di cristallo.
Una volta comoda rimasi a fissarla sperando di vedere qualcosa che non fosse stupida nebbia. Ero brava a farlo, ma solo se restavo concentrata; peccato che in quel momento fossi tutto fuorché concentrata. Per quanto negassi il contrario Alb...ehm, l'individuo mi mancava molto ma non ero intenzionata a cedere per così poco. In fondo, ero pur sempre una Flox: orgogliosa fino al midollo.
Dopo mezz'ora che non avevo visto niente mi chiesi se era il caso di inventare qualcosa ma quando posai per un nanosecondo gli occhi in quelli della professoressa Shereen capii che non mi avrebbe portato da nessuna parte. E io volevo studiare divinazione per il prossimo anno!
Cercai di svuotare la mente e di concentrarmi su il rumore ritmico dell'acqua che cade.
Plic, plic, plic, plic.
Ero talmente incantata a sentirlo che tutti gli altri rumori svanirono. C'eravamo solo io e quello gocce immaginarie che scendevano ritmiche.
Plic, plic, plic, plic.
I contorni della stanza si sfumarono come in un sogno, diventato tutto bianco. Il mio sguardo era incantato in quelle nuvolette .
Plic, plic, plic, plic.
Sentii una sensazione forte allo stomaco, come una mano che si muovesse al suo interno. La gola mi si seccò di colpo.
Plic, plic, plic, plic.
Successe.
Era la stessa stanza di sempre, ampia, distrutta con il lampadario a terra in schegge di vetro lucenti.
Ero nella stessa posa, con le stesse guance sporche di lacrime e terriccio, i vestiti strappati e sangue, tanto sangue.
Ero sola, sola con una persona in braccio ma non capivo chi. Volevo sapere a chi era ma qualcosa mi fermava.
Alzai lo sguardo e mi accorsi che mi trovavo in un palco, che la casa era solo una costruzione scenica. Statue di ghiaccio mi fissavano fredde e gelide mentre io annaspavo incapace di ricordare la mia battuta. Due persone si avvicinarono alle mie spalle: Rose e Scorpius.
«è questa la fine promessa?»
«o l'emblema di quell'orrore?»
Capii di che spettacolo si trattasse: Re Lear, il primo che avevo fatto; capii anche quale scena fosse, quella della morte di Cordelia.
Il silenzio continuò mentre respiravo velocemente cercando di ricordare la battuta. Poi, mio padre si materializzò davanti a me, sporco di sangue e terra con un berretto da Buffone in testa, si avvicinava molto lentamente.
«Il mio buffone» sussurrai «hanno impiccato il mio povero buffone»
Papà era sempre più vicino, lentamente si tolse il berretto e lo gettò a terra.
Pum.
Federico mi diede le spalle prima di cadere a terra. Il corpo tra i miei bracci si mosse lentamente.
Per un attimo credetti di essere cieca: vedevo solo bianco, bianco ovunque. Poi le figure cominciarono a riformarsi in tutta quella nebbia senza colore. Fu come essere risucchiata in un buco. Davanti a me la professoressa Shereen mi fissava con sguardo stralunato, da folle e i suoi occhi neri erano spalancati. Faceva paura.
«io...io...» balbettai, chiedendomi se era il caso di raccontare alla professoressa della visione.
«So tutto» disse afferrandomi un polso con delle dita lunghe e pallide come quelle di ragni «Sono entrata nella tua visione e ho visto. Ho visto la tua profezia.»
«Ah...»
«Tu, ora non capisci. Ma presto ti sarà tutto chiaro, il tuo destino, non lasciarti accecare dall'orgoglio! Hai due strade, puoi sceglierne solo una. E cambierà tutto, ma in entrambi i casi perderai la persona più cara che hai.» mi stava spaventando a morte, faceva paura con i suoi occhi spalancati e i capelli bianchi spettinati «I fantasmi tornano, i vivi non sono più vivi e morti escono dalla tomba. Non essere tentata dal ritorno, sarebbe sciagura e rovina!» No, aiuto, questa è da manicomio! «Colui che morì perché salvato ti dirà la verità; colui che ha portato dolore ha commesso lo sbaglio. Pericoloso. Non si può uccidere colui che è protetto dal sacrificio. L'amore che scorre nelle tue vene ti proteggerà, ma lui te lo sta spezzando.» indietreggiai, sempre più spaventata «Tutto sarà chiaro a tempo debito. Ma ormai il pericolo sarà troppo alto e non sarai sola!»
La porta, pensai, devo andarmene da questa pazza isterica!
Così scattai e corsi, uscii fuori dalla stanza, dal castello ma non prima di sentirla urlare:
«La maledizione è stata ripresa, la morte non sarà più tranquilla!»
Rifiutai di raccontare a Federico quello che era successo, cercando di essere normale (c'è, normale in senso come al solito). Papà parve credermi e non fece domande.
La verità era che ero turbata e che avevo paura. Paura di quello che aveva detto la professoressa, paura di quella visione.
Per questo quella notte feci di tutto per non dormire e rimasi a fissare il soffitto.
Grazie al cielo quando mi addormentai ero talmente stanca che non sognai nulla.
**
Era passata una settimana dall'ultimo G.U.F.O. E io ero a casa mia che mi esercitavo con la mia illusoria facendo prendere fuoco al mio armadio. Facevo apparire e sparire le fiamme violacei per controllare che l'armadio rimanesse intatto.
«GIORGIA, GIORGIA, GIORGIA!» papà entrò di colpo nella stanza facendomi perdere dieci anni di vita.
«Ma che cazz...?!» sussultai cadendo dal letto.
«SONO ARRIVATI I RISULTATI DEI G.U.F.O.!» urlò emozionato. Mi alzai di colpo notando solo in quel momento la lettera che teneva tra le dita. Mi alzai in punta dei piedi mentre con la mano tremante la prendevo.
Il mio cuore batteva impazzito nel petto dall'emozione della paura e dell'aspettativa.
Sulla lettera, scritto con lettere ordinate, c'era scritto:
GIUDIZIO UNICO PER FATTUCCHIERI ORDINARI.
Voti di promozione: Eccezionale (E)
Oltre Ogni Previsione (O)
Accettabile (A)
Voti di bocciatura: Scadente (S)
Desolante (D)
Troll (T)
GIORGIA HELEN FLOX HA CONSEGUITO:
Antiche Rune: O
Cura delle Creature Magiche: S
Incantesimi: O
Difesa contro le Arti Oscure: O
Divinazione: E
Erbologia: O
Storia della Magia: D.
Pozioni: O
Trasfigurazione: E.
«Bocciata solo due materie?!» chiese papà sorpreso «ma siamo sicuri di essere padre e figlia?»
Non risposi, shoccata, fissando quel pezzo di carta come se fosse oro liquido. Poi scoppiai a ridere. Una risata isterica, felice e sollevata. Mi sedetti sul pavimento mentre continuavo a ridere.
Eccezionale in Trasfigurazione e Divinazione. Andiamo, sono un mito!
E al Diavolo Cura delle Creature Magiche e Storia della Magia, quella materie non servivano a niente ed erano pure brutte!
Ero così felice che tutte le preoccupazioni mi scivolarono via dalla pelle lasciando posto a un'euforia che mi lasciò stordita.
Senza rendermene conto aprii la finestra e urlai a squarciagola «VADO A HOGWARTSSSSSSSSSSSSSS!»
**
«Non riesco a crederci!» dissi per l'ennesima volta a Fred dall'altro capo del telefono.
Inizialmente quando aveva scoperto i miei voti mi aveva messo giù senza dire una parola. Indispettita lo avevo poi chiamato per chiedere cosa gli prendesse e lui mi aveva risposto con : «Ho un'amica veggente e non lo sapevo! E non puoi prendere E in trasfigurazione, non puoi!» io avevo riso a quell'affermazione. Con Fred mi veniva naturale ridere e stare bene, come respirare. Era una cosa che facevo senza penarci. E mi andava bene.
«Senti,» mi disse «Fra quattro giorni comincia la scuola e noi dopodomani andiamo a Diagon Alley per comprare le cose per scuola. Vieni con noi?» e fece una vocina dolce dolce.
«C'è anche l'Individuo?» chiesi.
«Certo, ma a lui ci pensiamo io e James se solo prova ad avvicinarti.» disse angelicamente «allora, vieni?»
«Certo» dissi allora. Fred era incredibile.
«Perfetto, ti vengo a prendere per le quattro, tanto io sono maggiorenne e posso materializzarmi quindi è apposto.»
«Tranquillo, anche io mi so materializzare» dissi inconsciamente.
«COSA?!» urlò sorpreso «ma se hai sedici anni?»
«Lo so, ma...ecco, vedi» cominciai, pentendomi della mia affermazione precedente «So farlo, sono brava... l'ho fatto per la prima volta a dieci anni per sbaglio.... e poi non ho la Traccia, anche se faccio le magie il Ministero non se ne accorge» spiegai tutto in un soffio.
Silenzio dall'altro lato.
Dio, fa che l'abbia presa bene, ti prego.
«Questa una delle cose più fiche che ho sentito in tutta la mia vita» lo sentii esultare.
Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo e gratitudine.
«Alle quattro, allora?»
«Alle quattro. Ti suono e poi ci materializziamo al Paiolo Magico. A dopo, Milkshake» finì, con quel stupido nomignolo che mi aveva dato quando aveva scoperto la mia passione per i frullati.
Rimasi con il telefono attaccato all'orecchio anche quando mise giù ascoltando i tuu tuu tuu tuuu.
Quando io e Fred entrammo a Diagon Alley il sole scaldava Londra per la prima volta dopo tanto tempo.
A Diagon Alley ero stata poche volte insieme a papà perché preferivo stare nella Londra babbana.
Non lo so, forse perché il chiasso che c'era in quel posto non era lo stesso della via dove vivevo.
Londra era una metropoli, Diagon Alley un paesino medioevale e probabilmente era questo il motivo della mia preferenza.
Ma quel giorno quella zona magica mi sembrò perfetta.
«Il resto ci aspetta al Giringoro, andiamo» mi strattonò Fred quando mi incantai davanti a un negozio di caramelle.
Mio malgrado spostai lo sguardo da un enorme cupcake e mi girai per inseguire Fred nel negozio di fronte.
Ora, io non so voi ma amo leggere, reputo la lettura la mia religione. Per questo motivo quando entrai in quel negozio stracolmo di libri mi chiesi se fosse tutto un sogno.
**
«Cosa ci fai qui?»
Mi irrigidii di colpo interrompendo la lettura del libro che avevo in mano.
Appena ero entrata in quell'enorme libreria avevo perso di vista Fred troppo impegnata a sfogliare tutti i libri che mi capitavano sotto mano. Là dentro c'erano libri di ogni genere, di ogni taglia e di ogni spessore. Poi, mentre vagavo come una beduina in un oasi dove aver passato un mese nel deserto mi ritrovai nella sezione ''Divinazione''.
Libri sui segreti del cielo, sul significato dei sogni, cosa fosse la divinazione e tutte quelle cose così. Insomma, c'erano dei libri che molto probabilmente mi avrebbero potuto rivelare il significato di quel sogno fin troppo rincorrente. Così, quando avevo trovato un libro dall'aria molto antica con scritto La verità dei sogni quando quella voce mi aveva interrotta.
«Cosa ci fai qui?» richiese.
Alzai lentamente lo sguardo cercando di farlo più sprezzante possibile. L'individuo era davanti a me, con i suoi occhi verde smeraldo che mi scrutavano attenti e i soliti capelli neri spettinati in tutte le direzioni.
«Leggo» risposi semplicemente ritornando al libro.
«Cosa ci fai qui a Diagon Alley» specificò, per niente intenzionato ad andarsene.
Non alzai la testa ma con gli occhi fissai le sue mani.
«Ci sono venuta con Fred» dissi.
Le mani dell'individuo si chiusero a pugno. «Ah! Perché con lui?»
«E' il mio migliore amico» sembrò rimanerci molto male da questa affermazione.
Riposai lo sguardo nella pagina per niente concentrata su quello che leggevo; lui non accettava ad andarsene, cosa che mi dava i nervi: era lì davanti a me, impalato ed ero sicura che se avessi alzato lo sguardo avrei incontrato i suoi occhi, cosa che non volevo assolutamente.
Avrei pazientato che si stufasse e se ne andasse.
…
Ho già detto che sono una tipa poco paziente?
Alzai lo sguardo e quello che vidi mi spiazzò per un secondo. I suoi occhi erano così tristi che per poco lo perdonai salvo poi riprendermi e rimangiarmi tutte le parole che avevo pensato.
«Albus» dissi scandendo il suo nome con calma «vattene»
Si mosse e sollevata pensai che se ne andasse, invece si sedette accanto a me sfilandomi il libro dalle mani e rimettendolo nello scaffale molto lentamente.
«No» e mi guardò dritto negli occhi.
Chiusi gli occhi, cercando dal controllarmi dal saltargli addosso e mettere in pratica quello che avevo imparato in un anno di Karate.
«Cosa vuoi?»
Aprì la bocca per rispondere, la richiuse, prese un respiro e distolse lo sguardo.
«Cosa vuoi?» ripetei, con la voce che tremava scandendo ogni lettera.
Si fissava le mani, indeciso a rispondere.
«Non lo so.» rispose, infine.
«Perché mi hai mentito?»
«Per non perderti.»
Risi «Non puoi perdere qualcuno che non hai mai avuto».
Albus s'irrigidì serrando la mascella. Feci per alzarmi ma lui mi prese la mano trattenendomi. Mi girai pronta a esplodere.
«Tu non puoi odiarmi. Non puoi» mi disse.
«Sì che posso.»
«Ti prego»
«Ti prego al cazzo, Albus Severus Potter! Io mi sono fidata di te, invece Rose avevo ragione.» mi allontanai «sei uno stronzo.»
«Non è vero! Forse lo sono stato, ma adesso sono cambiato»
«Sei ridicolo. Alla festa hai cambiato... quante? Dieci? Venti? Trenta ragazze?
Mi fai schifo.» dissi con disprezzo.
«No.» .
Chiusi gli occhi, aprendo e chiudendo i pugni nel tentativo di calmarmi. Quando li riaprii notai di quanto si fosse avvicinato. Troppo, per i miei gusti.
Indietreggiai per allontanarmi ma toccai il muro con le spalle.
«Perché non...?» cominciò, lasciando la domanda sospesa.
Avevo il suo respiro sul collo e il cervello in formato budino.
Sfiorò le mie labbra con le sue.
Un bacio veloce e leggero, come il battito d'ali di una farfalla.
Avevo i suoi occhi fissi sui miei, così vicini che le nostre ciglia si sfioravano e le nostre labbra si toccavano.
Poi, si stacco e se ne andò.
«Quando darai il tuo primo bacio, Giorgia?»
«Non lo so... al momento giusto»
«E quando sarà il momento giusto?»
«Gabriele, come mai mi fai queste domande?»
Scosse la testa, sorridendo timidamente «Mi chiedevo se potevo darti un bacio.»
«Perché?»
«Perché voglio che te lo darà una persona che ci tiene veramente a te»
Scontro di nasi, un appena sfiorarsi le labbra allontanandosi ridendo imbarazzati.
«Vieni, ti insegno ad andare nell'altalena!» occhi azzurri che ti fissano, una mano e un sorriso.
Avevo sei anni quando diedi un bacio per la prima volta.
«Giorgia?» Fred mi toccò un spalla ma non mi girai.«Giorgia?» mi richiamò.
Tenevo in mano un libro che bruciava in mezzo a delle fiammelle rosse e arancioni. Fissavo il fuoco ipnotizzata con gli occhi secchi.
«Giorgia?»
«Perché lo ha fatto?» la mia voce era secca.
«Cos'è successo?» mi chiese girandomi verso di lui. Le fiamme si interruppero e il libro cadde a terra mezzo bruciacchiato.
«Mi ha baciata»
«Chi?»
«L'Individuo.»
«Sempre in mez...Cosa?» spalancò gli occhi.
Gli spiegai quel breve incontro sforzandomi di restare impassibile. Avevo una voglia di urlare pazzesca. Gli parlai anche del mio esame di Divinazione e della crisi che mi aveva fatto la professoressa.
«Oh» disse, quando terminai il racconto.«Be', la Shereen è sempre stata un po' fuori di testa. Quando sono andato alla sua prima lezione mi disse che ero l'unico che poteva trattenere il Chaos, che avrei potuto condizionare le sue scelte e altre diavolerie simili. Lasciala perdere, è tutta matta. Forse la tua visione può significare qualcosa, ma tu non devi preoccuparti. Ci sono io con te.» mi abbracciò e io sentii il suo buon profumo.
Non sapeva di vaniglia, cacao, cannella, frutti di bosco o quelle diavolerie simili. Sapeva di Fred, ed era uno degli odori più buoni del mondo.
«E per l'Individuo...» continuò «non preoccuparti, lo facciamo fuori io e James»
Mi uscì una risata, un po' bagnata da una lacrima che era scesa, ma pur sempre una risata.
Fred...come fai?
**
Per tirarmi su di morale Fred mi portò a fare compere. A me lo shopping non mi era mai interessato e si vedeva lontano un miglio che Freddie la considerava la cosa più noiosa al mondo; probabilmente lo aveva fatto per tirarmi su di morale pensando che come tutte le donne bastassero un vestito e dei saldi per farmi saltare di gioia. Apprezzai lo sforzo, anche perché facemmo di tutto fuorché comprare vestiti. Infatti, al centro commerciale c'era un tizio che vendeva macchinette elettriche per bambini. Vedere Fred che cercava di pagarle con i galeoni fu una delle scene più esilaranti della mia vita. Alla fine, riuscii a fargli capire che doveva usare i foglietti verdi, se vogliamo usare le sue parole.
Be', una volta comprate due macchinine andammo in giro per il commerciale con quelle gridando cose del tipo ''SIAMO DEI PICCOLI PESCI PALLAAAA'' oppure ''ATTENZIONE, SONO VALENTINO ROSSIII'' o ''GENTAGLIERIA, SPOTATEVI CHE DEVO BACIARE VOLDEMORT!''
Fino a quando perdemmo il controllo e finimmo dentro una fontana facendo un bagno fuori programma. Prima che qualcuno potesse acchiapparci per urlarci dietro corremmo via in 'groppa' ai nostri veicoli per Londra rischiando più di qualche volta di sfracellarci la testa.
All'ora di cena non tornai a casa, ma andai in un ristorante cinese per comprare delle alette di pollo che mangiai con Fred distesa su uno dei tanti prati di Londra ridendo come matti e salutando tutti i vecchietti che passavano.
Probabilmente bloccammo la crescita anche ad un bambino che ci passò vicino, ma pazienza.
Vagammo per le strade di Londra intrufolandoci in tutti i locali possibili (anche se io rimasi lontana dall'Alcool). Quando fummo stanchissimi ci buttammo in un altro prato vicino al Ponte di Londra a dormire.
Fred si addormentò subito, io invece rimasi sveglia per un po' a fissare la volta celeste e a pensare, per la prima volta, al bacio.
Che poi non era stato nemmeno un bacio e vero proprio, solo uno sfioramento di labbra. Niente di speciale, quindi mi stavo preoccupando per niente.
Fred aveva ragione: potevo sempre trasfigurarlo in un porcospino.
Nda:
Ciao bella gente, visto che brava? Ho già aggiornato. Va be', a dir la verità dovete ringraziare Chiara che mi ha fatto un po' di pressione xD
Allora. Che ne dite? Vi piace? Recensite!
PS: volevo ringraziare Giacomo che si è preso la briga di leggere la mia storia e che (insieme a Jlenia) ha sorbito la mia crisi pre-rappresentazione.
PS2: La visione sul Re Lear è stato il pezzo finale della rappresentazione che ho fatto mercoledì e quelle erano le mie battute preferite, anche se il significato per questa storia è completamente diverso.
PS3: Volevo ringraziare Papof87 che ha recensito quasi tutti i capitoli e tutti gli altri che hanno speso un minuto del loro prezioso tempo per aumentare la mia autostima. Un ringraziamento anche a Fleur Dolohov che mi ha mandato un messaggio dicendo 'questa è la fanfiction più bella di tutta efp'. Ringrazio anche Chiara Telandro (fa ciao con la manina) che mi ha sopportato per nove anni, mi da consigli fondamentali sulla storia e che ha gradito il capitolo precedente a questo.
XBOX: Salute anche tutte le altre Dugonghe che leggeranno la storia. Tanto love per voi.
Tanto love anche per tutti voi che seguite la storia, mamma mia, vi sposerei tutti quanti *^* non siete contro la poligamia, vero? HAHAHAHAHAHA xD
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Voglioungufo.
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Capitolo 13 *** Ho un baule figo. Problemi? ***
Nda:
Ciao, le faccio qui sopra per spiegarvi un po' la struttura del capitolo.
L'introduzione è un Flashback di Giorgia che ricorda Gabriele; finisce con Giorgia che visita la tomba dell'amico.
A metà, quando Giorgia va a vedere la rappresentazione teatrale le parole in corsivo sono sprazzi di visone e sono collegate a quello che dicono gli attori sul palco.
Un ultima cosa, ma questa non centra con il capitolo: ho deciso che sarà una seria di tre storie lunghe e qualche missingmoment. Titolo ancora da decidere xD
Au revoir!
A Chiara,
perché sei tu e basta.
Cap. 13
Sì, ho un baule figo. Problemi?
**
«Ehi, Giorgia!» l'urlo di Gabriele che corre verso di te.
«Gabri!» un abbraccio impacciato.
«Stai bene?»
«Non tanto...»
«Che c'è?»
«Perché mamma non c'è? Forse sono così orribile che ha voluto abbandonarmi» occhi pieni di lacrime.
«Tu non sei orribile, sei la mia amica, la bambina più bella del mondo» un abbraccio sincero un sorriso e un «ti voglio bene» sussurrato ma urlato con il cuore.
«Ti voglio bene!» urlato con le lacrime agli occhi davanti a una tomba fredda e grigia.
**
La mattina dopo quando mi svegliai non riuscivo a capire perché mi trovassi in un prato tutta infreddolita con la felpa sporca di rugiada; mi girai e vedendo Fred ancora nel mondo dei sogni accanto me ricordai tutto.
Con un colpo di reni mi alzai tutta indolenzita, poi appoggiai la bocca all'orecchio di Fred e urlai «I MAGIAMORTE CI STANNO ATTACCANDO!»
Fred sobbalzò prendendo la bacchetta puntandomela contro urlando gridi beduini. Quando vide che era tutto tranquillo mandò una di quelle bestemmie che restò nella storia per sempre. Mi buttai a terra rotolando e ridendo come una matta. Fred mi raggiunse subito dopo.
Continuammo così facendoci il solletico o a 'picchiarci' fino a quando il mio stomaco brontolò così tanto da far tremare l'intera Londra. Così andammo in un bar a fare colazione (io con un frullato, naturalmente).
«Domani è il grande giorno» mi disse lui mentre masticava la sua focaccia.
Annuii, emozionata.
«Ti metterai nel scompartimento Weasley-Potter??» mi propose. Feci per aprire bocca ma mi precedette «L'Individuo non ti darà fastidio, ce ne occupiamo io e James»
«Hai detto così anche ieri» storsi il naso.
«Questa volta sarà diverso» e mi fece l'occhiolino. Sorrisi timidamente mentre finii il mio frullato.
«Meglio che vado a casa» dissi «papà sarà in pensiero»
«Oh merda!» e si batté una mano nella fronte «mamma m'ammazza! Vado, prima che chiami gli Auror, ciao!» e si materializzò.
Sorrisi e mi incamminai verso casa.
Feci scattare lentamente la serratura e aprii la porta sperando che non cigolasse. Erano le sei e mezza del mattino e papà stava di sicuro dormendo ancora. In punta di piedi, senza far rumore, andai in camera mia e mi stesi nel letto vestita per riaddormentarmi poco dopo.
Quando mi risvegliai era mezzogiorno passato e papà mi stava scuotendo delicatamente la spalla.
«Dove sei stata questa notte?» mi chiese, quando mi alzai sbadigliando e mi misi seduta.
«Ho dormito fuori con Fred...E non stare a pensare male!» sbottai, quando papà spalancò gli occhi e io diventai tutta rossa.
«va bene, va bene» disse alzando le mani in segno di resa. Ridacchiai scendendo dal letto.
Mentre pranzavamo lanciavo delle occhiate e Federico, chiedendomi se era il caso di dirgli cosa era successo il giorno prima; alla fine rinunciai visto che non sapevo come spiegargli il tutto.
«Allora, facciamo i bagagli?» mi propose, ricordandomi la mia partenza.
Mi sedetti a terra penando O Mio Dio!; vedete, io a fare i bagagli non sono brava, fosse per me porterei via tutto quello che ho -compresi i mobili.
Per questo è una vera impresa convincermi che a Hogwarts non mi servirà a nulla la mia collezione di conchiglie o la mia lampada o il telescopio per bambini o i costumi da spiaggia o i giochi di società come Cluedo.
Quindi, non dovete sorprendervi se feci un incantesimo al baule in modo che contenesse tutto o che finimmo alle sei di preparare tutto.
Uscendo dalla stanza fissai le cose che avevo lasciato là e mi salì un groppo in gola che mi misi a piangere e papà fu costretto a metterle nel baule -impiegandoci un'altra ora-.
Dopo mandai papà a non-mi-ricordo-dove per comprare non-mi-ricordo-cosa per comprare le due cose più importanti -e vergognose- di quel viaggio.
Quatta quatta corsi verso il supermercato più vicino per comprare...pacchi di assorbenti e pillole per i dolori mestruali. La cosa che mi diede più fastidio fu l'occhiata di sorpresa che la commessa lanciò ai trenta pacchi di assorbenti alla cassa.
Indi, tornai di corsa a casa per ficcarli alla malo modo nel baule.
«Ehi, Giorgia! Eccomi. Scusa se ci ho messo un po' ma non lo trovavo» sentii papà urlare dall'entrata.
Appena in tempo!
Il resto di quel giorno lo passammo camminando per Londra facendo fuori frullati e gelato. Ma papà mi fece una sorpresa: mi portò a teatro.
Ora, indovinate il nome dello spettacolo. Sì, avete visto giusto; mi portò a vedere Re Lear.
Per tutto lo spettacolo rimasi zitta e rigida, fissando le scene cercando di cogliere ogni più piccolo particolare che mi potesse aiutare a risolvere l'enigma della mia visione.
«Mio signore, il mio amore è più grande di quanto le parole possono esprimere. Più caro della vista, dello spazio e della stessa libertà, al di là di ciò che si valuta ricco o prezioso»
«Tu mi ami?» occhi che mi guardano attenti e tristi.
«Sì» una bugia.
«Niente»
«Niente? Aggiusta un po' il tuo discorso se non vuoi guastare le tue fortune»
«Infelice come sono non riesco a sollevare il cuore fino alla bocca. Amo vostra maestà secondo il vincolo filiale, ne più ne meno.»
«Lasciami andare, ti Odio!» urlo disperato di chi vuole dire il contrario ma è costretto a mentire.
«Sai dirmi, ragazzo mio, la differenza tra un buffone amaro e uno dolce?»
«No, birbante. Insegnamela tu.»
«Mi hai mentito per sedici anni!»
«Era l'unico modo per tenerti al sicuro»
«Il buffone variopinto qui e l'altro eccolo lì»
«Mi dai del buffone, ragazzo?»
«Tutti gli altri titoli li hai già dati via. Ma con quello, invece, ci sei nato»
«Due scelte?»
«Sì, e in entrambi i casi perderai chi ami»
«Credete che io stia per piangere? No, non lo farò»
«Io ti sto ancora aspettando»
«Allora smettila di farlo. Io non tornerò. Devi combattere»
«So che non mi amate. Se non sbaglio le vostre sorelle mi hanno trattato male, voi ne avevate motivo, loro invece no.»
«Nessun motivo, nessuno»
«Sono bagnate le tue lacrime? Vi prego, non piangete.»
«Tu mi odi, me lo hai detto»
«No, non ti odio. Era solo per proteggervi.»
«Non te ne andare via di nuovo, ti prego»
«E tu, come sei venuto a conoscenza delle sventure di tuo padre?»
«Dando lor sollievo»
«Non puoi ferire chi è protetto dal sacrificio.»
«E' questa la fine promessa?»
«O l'emblema di quell'orrore?»
Un corpo tra le mie braccia, un corpo morto.
«Il mio buffone, hanno impiccato il mio povero buffone»
Papà fece cadere un berretto a sonagli vicino a me.
Pum.
Poi mi diede le spalle e cadde.
Gli applausi risuonarono nel teatro mentre delle lacrime silenziose mi scendevano dagli occhi. Vedere quello spettacolo mi faceva sempre quell'effetto. Mi ricordava quando dietro alle quinte mi facevo prendere dal panico totale e Gabriele che cercava di calmarmi.
Mi alzai in piedi battendo le mani più forte che potevo sorridendo come un ebete.
Non sapevo perché mentre gli attori parlavano avevo avuto quelle mini-visioni, ma non mi interessava.
Non mi interessava che era tardi e alle undici sarebbe partito il treno.
Non mi interessava se in quel treno avrei rivisto l'individuo.
Non mi interessava niente. Volevo solo battere le mani e piangere fino allo sfinimento.
E non mi interessava neanche sapere perché.
Quando tornai a casa mi sentivo leggere come una piuma e nessun sogno turbò la mia spensieratezza per la tutta la notte.
**
«Mannaggia a Tosca! Siamo in ritardo» ecco cosa urlavamo io e papà mentre attraversavamo la stazione slittando con il carrello fino a sfracellarci neri muretti.
«Quanto manca?» urlai.
«due minuti»
«OHPORCAMERDA!»
Attraversammo la barriera tra il binario dieci e nove sempre correndo come psicopatici e una volta dall'altra parte investimmo un signore con i capelli biondi, leggermente stempiato e tratti affilati.
«Ma cosa cavolo..?!» sbraitò quando si rialzò.
«Scusi, siamo in ritardo con il treno» dissi cercando di rialzarmi dal groviglio formato da me, da papà, dal baule e da Fragola che tubava indignata.
«Giorgia?» disse una voce familiare. Alzai lo sguardo per vedere Scorpius che se la rideva sotto i baffi.
«Aiutami invece di ridere» dissi divincolandomi con il solo risultato di incastrarmi di più.
«Ahi, Giorgia fa piano ci son..ahia!»
«Scorpius tu conosci questi tizi?» chiese quello immaginai essere suo padre.
«Sì» disse lui ridendo tirandomi per una mano. Una volta libera dissi:
«Piacere, Giorgia Helen Flox e questo è mio padre Federico Flox. » e tesi una mano.
Il signor Malfoy mi guardò come se fossi una foca che ballava il tango.
«Oh, eccovi qui!» e arrivò una signora con capelli castani ricci e due occhi verde chiaro come quelli di Scorpius «Il treno parte tra un minuto e voi siete ancora qui? Oh, voi chi siete? Amici di Scorpius? Piacere, io sono Astoria Malfoy, sua madre» ci investì lasciandomi un po' shoccata.
«Mamma» cominciò Scorpius arrossendo «Questa è Giorgia con suo padre, il signor Flox»
«Piacere! Ma come fa a sembrare così giovane? La cosmetica in questo secolo fa magie. Ma che ci facciamo ancora qui?! Il treno sta partendo e voi non vorrete mica restare qui, vero? Su, su andate»
E senza sapere come mi ritrovai dentro il treno. Feci ciao con la manina a papà che aveva l'espressione di chi si è perso qualche passaggio.
Il treno fischiò e cominciò a muoversi sempre più velocemente.
«Scorpius?» chiamai.
«mh?»
«ma che droghe assume tua mamma?»
Scoppiò a ridere «Nessuna, è sempre così.»
«Stai scherzando?»
«No, ma dopo un po' ti fai l'abitudine» e scrollò le spalle. Annuii poco convinta prima di seguirlo verso lo scompartimento dedicato al Clan. Naturalmente non ci stavano tutti e infatti molto spesso se ne stavano in giro per il treno ma quello era lo scompartimento di riferimento.
Quando entrai dentro c'era... be', dentro c'era il finimondo. Ora ditemi chi può essere così intelligente da far esplodere un'intera cassa di fuochi d'artificio marca Tiri Vispi?
Fred e James, naturalmente.
«Questi sono tutti matti!» disse una terrorizzata Molly che correva fuori dallo scompartimento.
Io e Scorpius la fissammo sbalorditi. Ma come darle torto? Dentro c'era la nebbia e si vedeva ogni tanto la scintilla di qualche esplosione con urli e risate allegate.
«Fred, sei un coglione» ahhh, il linguaggio forbito di Dominique.
Poi la nebbia sparì rivelando Rose in mezzo alla stanza con la bacchetta in mano.
«Oh, ciao amore» disse angelicamente, poi aggiunse vedendo James prendere una cosa non meglio identificata «Io non ci proverei se fossi in te! Pietrificus Totalus!»
James si bloccò in una posizione innaturale e dallo scompartimento si sentì un respiro di sollievo collettivo.
«Non so proprio come facciamo a vivere con questi due» scosse la testa Franck.
«Forse perché siamo due fighi assurdi?» insinuò Fred. Mi andai a sedermi vicino a lui sorridendo e salutando tutti, tranne l'individuo che guardava cocciutamente fuori dal finestrino.
«Scusate, cerco James Potter... avevamo un appuntamento» disse una ragazza mora entrando nello scompartimento. Rose sospirò e spezzò l'incantesimo in modo che James seguisse la ragazza.
«un appuntamento?!» chiese isterica Dominique quando i due uscirono.
Scorpius si sedette vicino a Rose mentre Lily si alzava stizzita e ordinava a Hugo e Luis di seguirla fuori. Lucy andò alla ricerca di Molly mentre i gemelli Scamandro corsero a rintracciare qualche loro amico e Roxanne uscì con una sua amica.
Nello scompartimento restammo solo io, Fred, Rose, Scorpius, Dominique, Franck e l'Individuo.
«in che casa ti aspetti di essere smistata?» chiese Franck per spezzare il silenzio che si era creato.
«Non lo so, papà ha detto che lui era un Grifondoro... voi in che case siete?»
«Grifondoro» risposero Dominique, Fred e Rose.
«Corvonero» risposero Scorpis e Franck.
«mh.. allora spero in una di queste due» sorrisi.
«No no, a Grifondoro!» decise Fred.
«Vedremo» dissi sorridendo timidamente.
Domi fece una critica sui G.U.F.O e partì l'intera conversazione. Alb..no, l'individuo, rimase sempre muto fissando fuori.
Quando passò il carrello dei dolci il mio stomaco brontolava talmente tanto che si sentiva per tutto il treno. Mangiai tutti i tipi di caramelle, assaggiai anche tutti i pacchetti di Gelatine Tutti Gusti+1.
Dopo che nello scompartimento rimasero solo cartacce Rose Scorpius andarono ad appartarsi da qualche parte, Fred corse a cercare James, Dominique andò in bagno e Franck raggiunse un compagno di casa.
E nello scompartimento rimanemmo solo io e l'Individuo. Per niente interessata a fare conversazione mi alzai prendendo il mio bagaglio nella reticella per prendere un libro e leggere.
Evidentemente, qualcuno su nel cielo ce l'aveva con me visto che il treno frenò bruscamente e io persi il mio poco equilibrio finendo addosso all'Individuo (se vi state chiedendo quando comincerò a chiamarlo con il nome di battesimo sappiate che la risposta è mai).
«Uh.. eh.. ah» bofonchiai arrossendo e tentando di rialzarmi. Ma lui mi fermò facendomi avvampare ancora di più.
Non, non ci fissammo negli occhi come nei romanzetti rosa che vendono nell'edicola sotto casa mia. Anzi, tentai di aggrapparmi ai suoi difetti.
Il naso era troppo largo, aveva un brufolo nella guancia e le sue labbra erano un po' screpolate.
«Vuoi mollarmi?» gli soffiai. Lui fece no con la testa.
«Stupido bambino» lo insultai. Aveva la sua mano nel mio fianco e improvvisamente mi sentii la pancia vuota.
Aiutatemi, pensai disperatamente.
Era troppo vicino e non volevo un altro pseudo-bacio; ormai il mio cervello mi stava lasciando completamente dallo sforzo di trovare una via di fuga che mi lasciò andare.
La cosa mi lasciò totalmente spiazzata che rimasi ferma in quella posizione anche se non ero più costretta.
Lentamente, molto lentamente, mi alzai e tornai a sedermi al mio posto per leggere il libro. Proprio in quel momento la porta dello scompartimento si aprì ed entrò Anna, il malefico criceto.
«Albus, finalmente ti ho trovato! Ti stavo cercando per tutto il treno esultò» e corse a sedersi vicino a lui ignorandomi completamente.
«Ciao» sorrise amichevole.
«sì, ciao» dissi acida: odiavo profondamente essere ignorata e no, non sono egocentrica!
«Ah, sei tu» disse Anna, fissandomi come se fossi uno scarafaggio.
«No, sono un puffo» risposi a tono.
«La tua ironia fa morire.» si girò di nuovo verso l'individuo e continuò «e se andiamo in un altro scompartimento? Sai, devo dirti una cosa importantissima»
L'individuo sorrise e annuì seguendola fuori. Così rimasi sola, nello scompartimento insieme al mio libro.
**
Dopo il viaggio in treno mi toccò andare con i primini per il lago. Fu molto divertente rischiare di caderci dentro per quattro volte e alla terza venire salvati dalla piovra.
«Per tutti i Draghi, cerca di calmarti» mi riprese Hagrid, il mezzo-gigante che ci accompagnava mentre salutavo freneticamente la piova gigante e cadendo in acqua per la quarta volta.
Nonostante tutto io provai una profonda stima per quella piovra che la considerai (insieme a Fragola) il mio nuovo animaletto domestico e la ribattezzai Lizzy.
In ogni caso, quando arrivai nella sala grande ero bagnata fradicia e facevo tutto un tremare. Mentre passavo trai tavoli di Corvonero e Tassorosso Franck e Scorpis mi fecero Ok con i pollici.
«Un attimo di attenzione, prego» disse il vice preside, un signore corpulento con un paio di baffi alla francese. «Ora chiamerò i vostri nomi in ordine alfabetico e quando sarete chiamati verrete qui ad indossare questo» e indicò un vecchio cappello nero con una cucitura storta alla base. Il famoso Cappello Parlante.
Il vice preside srotolò una lunga pergamena e con voce monotona cominciò a elencare i nomi dei vari bambini vicino a me.
Li vidi uno dopo l'altro salire tremanti come una foglia anche mentre il Cappello Parlante urlava la casa all'intera casa.
''SERPEVERDE!''
''TASSOROSSO!''
''GRIFONDORO!''
''CORVONERO!''
Dopo la prima manciata di nomi la mia poca pazienza era andata a farsi fottere e senza farmi notare avevo intavolato una conversazione con Scorpius e Franck scommettendo la casa in cui sarei finita.
«Io dico Corvonero come noi» disse Scorpius «Hai una mente molto perspicacie e da quel poco che so sei brava con le magie. Inoltre non studiavi Greco e Latino?»
«Sì, ma cosa centra?»
«Centra che hai una mente allenata»
«Ma anche Rose è intelligente» si intromise Franck «eppure è finita a Corvonero»
«sì sì» disse noncurante Scorpius «il cervello buono lo ha, il problema è che non lo usa» tutti e tre ridacchiammo.
«No, io dico Grifondoro. Punto due galeoni» disse serio Franck.
«Due galeoni? E due galeoni siano!» Scorpius prese la mano che l'altro gli offriva.
«Mh» dissi «non lo so, a me piacciono tanto i colori della casa di Corvonero...».
«brava! Batti il cinque!» disse Scorpius.
«Flox Giorgia!»
«Non so, il rosso e l'oro dei Grifondoro sono troppo accecanti..» dissi battendogli il cinque.
«Signorina Flox Giorgia!»
«Hai perfettamente ragione, anche se devo ammettere che il verde dei Serpeverde non mi dispiace» pensò Scorpius.
«Flox Helen Giorgia!»
«Sì, ma è troppo smorto. Magari più intenso e chiaro... però sta bene con l'argento...»
«No, dopo stonerebbe troppo.»
«Flox Helen Giorgia!»
«Dici? Mh, probabilmente hai ragione.»
«Giorgia» mi chiamò Franck sussurrando.
«Io ho sempre ragione» lo ignorò Scorpius.
«SIGNORINA FLOX!»
«Oh, ma che volete da me?!» sbottai girandomi notando che la Sala Grande era silenziosa e tutti gli sguardi erano puntati su di me.
«Noi» cominciò il vice preside molto lentamente «vorremmo che lei» e sottolineò il lei «indossi questo cappello» e con l'indice indicò il Cappello Parlante.
«Oh...ah, sì. Giusto» balbettai avvampando mentre Scorpius e Franck sghignazzavano alle mie spalle. Cercando di non inciampare sui miei stessi piedi andai a posizionarmi sullo sgabello.
«Lei» disse l'uomo indicandomi «è Giorgia Flox e frequenterà il sesto anno.» dopodiché fece calare il cappello nella mia testa.
“Oh, oh, cosa abbiamo qui?” Disse una vocina nella mia testa.
Una persona che ha appena fatto una figura di cacca davanti a tutta la Sala. Risposi.
“Hai un grande potere dentro di te”.
Quello delle figure di merda? Lo so, mi viene naturale.
La voce ridacchiò. “No, io sto parlando della magia dentro di te. Ma dove ti posso mettere? Hai l'ambizione dei Serpeverde, ma sei leale come un Tassorosso. E c'è molta intelligenza in questa testolina rossa come in una vera Corvonero. Ma ti vedo pronta a rischiare, vedo che hai il coraggio e la nobiltà... quindi penso che sia meglio..”
«GRIFONDORO!»
Dal tavolo con il colori rosso e oro partì un boato di applausi e sentii chiaramente urlare:
«VAI GIORGIA, VAIIIII! SPACCA TUTTO!»
Ridendo corsi verso quel tavolo proprio mentre la preside si alzava e diceva:
«Un attimo di attenzione, prego» la sala piombò nel silenzio «siamo arrivati all'inizio di questo nuovo anno scolastico e spero» e guardò Fred e James «che quest'anno sia tranquillo e sereno, senza intoppi o bagni che saltano in aria» la Sala scoppiò in una risatina «Per conoscere meglio le regole scolastiche rivolegrsi a Mastro Gazza. Non ho altro da dire se no BUON BANCHETTO»
E davanti ai miei occhi si aprì il paradiso. Cibo a volontà!
Mi ci gettai a capofitto ignorando Rose e Dominique che cercavano di fare conversazione con me.
Quello fu un vero banchetto.
Probabilmente pensarono che fossi una morta di fame visto la voracità con cui divorai ogni coscia di pollo.
Ma sapete una cosa?
Al diavolo quello che pensavano, il cibo era ottimo!
**
Ci stavamo per alzare quando la professoressa McGranitt mi raggiunse dicendo:
«Signorina Flox, abbiamo un problema con il vostro bagaglio» e dovetti seguirla all'entrata dove un uomo con i capelli spelacchiati e la fronte corrucciata se ne stava insieme una gatta e alcuni Elfi Domestici. Questi al nostro passaggio s'inchinarono facendosi da parte.
«Cos'ha il mio baule che non va?» chiesi.
«Ha un contenuto molto bizzarro» disse la professoressa.
«Bizzarro?» richiesi, senza capire.
«S', molto bizzarro.» e aprì il baule. Quando fu aperto ci mise dentro tutta il braccio e mi chiese:
«Per quale motivo ha usato un incantesimo per allargarlo?»
«Be', perché non mi stavano le cose» risposi con fare ovvio.
«E mi dica.. a cosa servono quattro barattoli di Nutella?» e li tirò fuori.
«Cinque, i barattoli sono cinque» la corressi «accidenti, l'altro si deve essere spostato!»
«E cosa se ne fa di un dizionario di Greco?»
«Non potevo lasciarlo a casa tutto solo!»
«Certo, capisco... ma per quale motivo dovrebbe aver bisogno di questo aggeggio babbano?»
«ehi!» replicai offesa «quell'aggeggio babbano serve a fare i Frullati!»
«E cosa sono questi libri?» continuò tirando fuori due mattoni.
«La Divina Commedia e l'Odissea. Sa, quando ho voglia di leggere qualcosa...»
«Quando si dice una lettura leggera..» li fissò la professoressa «comunque, mi sfugge il motivo di portarsi dietro un mappamondo»
«L'ho comprato quando sono stata a Milano, non potevo lasciarlo a casa!»
«E di questo pupazzo?» e fissò il mio cane peluche mezzo andato.
«Mi tiene compagnia da quando ho tre anni! E si chiama Macchia» replicai offesa.
«Anche questo cuscino blu?»
«Quello... quello me lo ha regalato un mio amico» dissi prendendolo e stringendolo forte. Quello era il cuscino preferito di Gabriele, non poteva toccarlo!
«Questo vecchio quaderno è per gli appunti?»
«Questo vecchio quaderno» la scimmiottai «contiene tutta la storia della letteratura italiana!»
«Molto utile. Aspetti... perché si è portata dietro uno specchio?!» e lo tirò fuori a fatica, visto che era grande come me.
«Quello specchio mi fa vedere bella» risposi tranquilla.
«Fondamentale... E a cosa servono questi dischi?»
«Sono i cd di tutte le mie recite di teatro!»
«E dentro questa cassa cosa c'è?»
«Quale? Intende quella blu con il servizio di porcellana, quella verde con le mie conchiglie o quella gialla?»
«Quella gialla.»
«Ah, là dentro ci sono tutti gli scherzi del negozio di mio padre»
«Capisco» la tirò fuori e continuò «Tenga, Mastro Gazza, credo che sia meglio tenerla sotto la sua protezione» la fissai allibita.
«E quei pacchi colorati in fondo cosa sono?» chiese.
«Oh» dissi mentre un ghigno sadico mi spuntava sulle labbra «probabilmente quelli sono i miei assorbenti.»
Il sognor Gazza divenne rosso mentre la professoressa McGranitt aprì la bocca senza poter controbattere nulla. Poi sospirò.
«Dilly» un Elfo Domestico si fece avanti quando la preside parlò «porti la signorina Flox al suo dormitorio. Qui abbiamo finito»
L'Elfa fece un inchino prima di trascinarmi squittendo «per di qui, signorina, Dilly l'accompagna subito, signorina. Lei sarà stanca signorina»
Solo in quel momento mi accorsi di tutta la stanchezza che avevo e fu per questo che non seppi mai come finii tra le lenzuola del mio letto a baldacchino con un sorriseto soddisfatto.
Ma prima di addormentarmi mi accorsi che nel comodino c'era un biglietto con scritto: Mi perdonerai mai? Al.
2nda:
Ciao mondo,
piccolo sondaggio: Volete che Giorgia perdoni Al o continui a fare l'arrabbiata?
A voi la scelta c;
Al prossimo capitolo *^*
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Capitolo 14 *** Il coltello, l'arancia e la sterlina. ***
Cap. 14
Il coltello, l'aranciae la sterlina.
**
La stupidità è una cosa che mi lascia sempre perplessa e sorpresa. Ci sono persone, come James Sirius Potter, che devono avere per forza l'intelligenza degli uomini Erectus. Spesso fissandolo mentre cerca di convincere la minestra a diventare blu mi chiedo se lui e Albus sono realmente fratelli. Intendiamoci, uno non può essere un parente dell'uomo di Neandhertal e l'altro avere una mente così evoluta e contorta e più di una volta mi sono chiesta se la signora Potter non abbia mentito sul padre di James.
Oltre alle persone stupide ci sono anche le cose stupide.
Come i cuscini o i materassi duri. Spiegatemi il loro senso! Questi oggetti dovrebbero tenere le teste e corpi comodi e quindi servono morbidi, non così duri che ti danno la sensazione di essere distesi sul pavimento.
Oltre alle persone e alle cose stupide ci sono anche le idee stupide.
Come il razzismo, quella sì che è un'idea stupida. Come se una persona fosse buona e cattiva dal colore della sua pelle. Quindi, se io adesso mi dipingo la faccia fuxia significa che sono una pazza? Mh, sì. Ma questo è un dettaglio. Un'altra idea stupida, per fare un esempio, era l'idea che io e Fred fossimo fidanzati. Quando l'ho scoperto ho rischiato di soffocarmi con la mia stessa saliva.
Andando avanti con la lista vediamo che oltre le persone, le cose e le idee stupide esistono anche le barzellette stupide.
E, per quelle, ho una dote naturale.
**
La mattina dopo quando mi svegliai avevo un terribile mal di schiena. Il motivo era il materasso troppo duro sul quale avevo dormito.
La cosa mi lasciò totalmente spiazzata, visto che i materassi a casa mia sono tutti soffici. Un'altra cosa che mi lasciò spiazzata fu il fatto che c'era una sveglia che suonava.
Una sveglia in camera mia?! E da quando?!
La sorpresa più grande fu l'ora: 6:50
«MA PORCA DI QUELLA GATTA IN CALORE! PAPAAAAA', PERCHE' CAVOLO HAI MESSO LA SVEGLIA?!?!?!» sbraitai.
«Giorgia? Tutto bene?» mi chiese titubante Rose alzandosi dal letto vicino al mio.
«uh?» sbuffai guardandola stralunata. Poi, tutti i ricordi mi tornarono alla mente e mi aprii in un sorriso enorme:
«mai stata meglio!» e scattai in piedi.
«sicura?» mi chiese per niente convinta.
«Certo! Sono a Hogwarts! Come dovrei sentirmi, male?!»
«Sì, ma calmati prima di svegliare tutta la torre»
«oh, ma che se ne importa!» saltellavo come una molla e più di una volta rischiai di inciampare. Rose mi agguantò per un braccio prima che distruggessi l'intero dormitorio e m'intimò di calmarmi.
Quando fummo pronte scendemmo in Sala Grande per fare colazione insieme a Dominique.
Quando entrammo tutti i ragazzi nella sala si girarono a guardare quest'ultima bramosi.
«Allora, gentaglia!» disse Rose sedendosi «come avete dormito?»
«E chi ha dormito?» chiese beffardo Fred.
«Cosa avete combinato?!» chiese subito preoccupata e minacciosa.
«mhh, niente di speciale...» disse vago James sorridendo.
«Se per colpa vostra perdiamo ancora la coppa delle case giuro che vi uccido!» sbraitò «Non ho nessuna intenzione di vedere Scorpius con quel sorrisetto»
«Tranquilla, tranquilla» fece Fred «nemmeno noi vogliamo perderla»
Mentre parlavano la mia voglia vitale era tornata la solita che avevo la mattina alle 7:30 e stavo mangiucchiando un toast con la nutella (visto che serviva?) quando una ragazzina vicino a me trattenne il respiro e sussurrò all'amica vicino:
«ma quanto è figo?»
Alzai la testa seguendo il suo sguardo fino alla porta d'entrata e vidi...
Albus?!
La cosa mi lasciò spiazzata, anche perché altre ragazze avevano avuto la stessa reazione di quella seduta vicino a me e lo guardavano con occhi da pesce lesso.
Mandò sorrisi a tutte e più di una volta fece l'occhiolino alle ragazze prima di sedersi davanti a me e Rose.
«'Giorno» disse prendendo una scodella di cereali.
Non rispondemmo guardandolo entrambe malissimo.
Ero ancora indecisa se perdonarlo o no quindi lo avrei continuato a guardare male fino alla Decisione.
La ragazza accanto a me lo fissava adorante. Non era molta grande, minuta e probabilmente era del secondo anno, terzo al massimo.
«Hanno già consegnato gli orari?» chiese Dominique.
«No, Neville deve ancora passare.» sbadigliò Fred.
«Pofessor Paciock,» lo corresse un signore alto, con i capelli marrone scuro e gli stessi occhi di Franck.
«Certo, certo zio» continuò James ridacchiando.
«Solo perché sono il tuo padrino non significa che a scuola non mi dovete chiamare professore» aveva una voce bonaria e mi ispirava simpatia.
«Allora» continuò sfogliando una plica di fogli «Fred. James questo è il vostro orario» e porse due foglie ai sopracitati.
«Mhh. Prima ora Incantesimi» costatò.
«Allora, Rose... tu sei al sesto anno quindi dobbiamo decidere le materie che seguirai» disse rivolto alla mia amica «vorrei ben sperare che tu continua Erbologia.»
«Certamente. E vorrei anche continuare Pozioni, Incantesimi, Difesa Contro le Arti Oscure e Trasfigurazione»
«Allora eccoti l'orario...Oh, Dominique! Tu cosa intendi fare, invece?» chiese.
«Come Rose, ma invece di Pozioni faccio Astronomia»
«Mh.. sarà un po' complicata la faccenda... aspetta che sistemo...» fece un gesto con la bacchetta in un foglio bianco che si riempì con una colonna di materie e orari.
«Ecco, adesso è sistemata. Albus, tocca a te» continuò con la consegna. «Vediamo... vediamo...oh, ecco qui. Bene, immagino che seguirai Erbologia, Difesa Contro le Arti Oscure e Incantesimi»
«Anche Trasfigurazione» corresse lui.
«Mh, sì. Ah, il professor Lumacorno si congratula per l' Oltre Ogni Previsione per pozioni e chiede se sei interessato a continuare» poi si avvicinò con fare cospiratorio «sembrava molto spaventato da questa aspettativa.»
«Non lo so, prof. Ci penso un attimo» L'Individuo rise facendo sospirare la tipa vicino a me.
«Tu devi essere la signorina Flox» disse il professore avvicinandosi «incantato!» e fece il baciamano.
«G-grazie» balbettai.
«Allora, ottimo G.U.F.O, davvero. Cosa intende studiare quest'anno?»
«Abbastanza materie» risposi.
«Dica pure»
«Inanzi tutto Divinazione, Trasfigurazione e Antiche Rune... poi pensavo a Difesa Contro le Arti Oscure, Erbologia e Pozioni» snocciolai.
«Niente incantesimi?»
«No» risposi semplicemente.
«Perfetto. Eccoti l'orario. Uhm, avete subito Difesa, buona fortuna!»
«Neville?» chiese Alb..No, l'Individuo.
«Professore, professore» lo corresse bonario «hai deciso?»
«Sì» e mi fissò «continuo con pozioni»
«oh oh, sono sicuro che il professor Lumacorno farà i salti dalla gioia» era una mia impressione o era ironico? «Be', ci vediamo fanciulli!» e andò a distribuire gli orari al resto del tavolo.
Fissai il mio foglio «Mhh, prima ora Difesa Contro le Arti Oscure, poi divinazione, dopo pranzo pozioni...»
«Albus, tu sei pazzo!» disse James ringhiandogli dietro. «come ti è saltato in mente di fare pozioni?! Tu sei negato! Riempirai i sotterranei di quella sostanza appicciocosa verde malato ancora una volta!»
Il sopracitato pazzo fece la spalle e sorrise alla ragazzina vicino a me.
«Come ti chiami?» le chiese
La ragazzina sbiancò, si guardò in torno per vedere se si riferiva a lei poi sussurrò «Giada...»
«Bel nome!» e gli occhi della ragazzina s'illuminarono «Ti posso accompagnare alla lezione?»
La ragazza era in procinto o di svenire o di vomitare arcobaleni e si limitò a un sì con gli occhi a forma di cuore come nei cartoni giapponesi.
«Pedofilo» borbottò Rose.
**
A Difesa contro le Arti Oscure le cose andarono abbastanza bene. Le insegnava un scozzese di cognome McJell con i capelli rossi e ricci. Appena lo vidi rischiai di rompermi un paio di costole dal trattenere le risate: indossava il kilt.
Aveva una 'erre' molto pronunciata e ogni volta che parlava sembrava che facesse le fusa.
Ci fece fare una prova pratica sulla difesa contro tutti gli incantesimi che avevamo imparato nel corso degli anni mettendoci in gruppi da due.
Appena lo disse quasi tutto il sesso maschile presente nella stanza corse da Dominique ma lei li snobbò mettendosi in coppia con una Corvonero dall'aria molto innocua.
Saggia scelta, saggia scelta Domi.
Io feci coppia con Franck e passammo tutta l'ora a ridere per via del professore o della mia mimica facciale.
«Hai mai visto Twilight?» mi chiese mentre creava un incantesimo scudo.
«Sì, perché?»
«E sai l'attrice che fa Bella Swan?» e mi lanciò un Stupeficium.
«sì, ho presente. Ma che centra?» chiesi evitandolo.
«Ogni volta che passa il professore hai la stessa faccia!» e si mise a ridere. Questa volta lo centrai in pieno.
Ah, e così io ho l'espressività di un bradipo? Peccato per lui che non ho anche la mira dei bradipi!
«Brrrava, signorrrina Flox! Cinque punti a Grrrifondorrro» Disse passando il professore con il suo buffo accento.
Dovetti trattenermi dal ridergli in faccia e rotolare per terra.
A Divinazione fu meno divertente.
Decisamente meno divertente.
Del gruppetto di cui facevo parte ero l'unica ad averla scelta così mi misi vicino a un gruppo di superstiziose Tassorosso.
«OOOH, guardate! Le foglie da te dicono che incontrerò un ragazzo moro e affascinante» trillò una.
Curiosa lanciai uno sguardo al fondo della sua tazzina e la corressi: «veramente ti dice di stare lontana dai mori»
«Non dire sciocchezze!» disse lei, imputandosi.
«Potrei guardare?» chiese la professoressa Shereen avvicinandosi e prendendole la tazza dalle mani «Mi dispiace, signorina Jhons, ma la signorina Flox ha ragione. Si riguardi dai ragazzi mori»
Ridacchiai soddisfatta.
«Vediamo cosa c'è nella tua di tazzina, Flox!» mi rimbeccò la Tassorosso offesa.
Sbirciai all'interno della mia.
«C'è un gufo... quindi un messaggio» scossi la tazzina, il fondo marroncino di divise a metà come a indicare due strada che si dividono «e questo messaggio mi porterà ad una scelta» scossi ancora una volta la tazzina «adesso c'è... c'è...una lapide spaccata a metà.» balbettai. La professoressa annuì.
«Sì, la tua scelta stravolgerà la morte»
Alcune ragazza mi fissarono spaventate, altre sbuffarono o scossero la testa.
Quando la campanella suonò una ragazzina di Corvonero mi si avvicinò dicendo:
«Ciao, sono Celine»
«Ciao, Giorgia» mi presentai.
«Senti, non preoccupati su quello che dice la professoressa» mi disse dolcemente «se dovrai fare una scelta... be', forse sarà il vestito da indossare ad una festa.»
«Cosa intendi dire?»
«Niente, che spesso le cose non sono quel che sembrano. E la professoressa ama predire cose mistiche» aggiunse in tono confidenziale.
«Ah..»
«Be', ci vediamo in giro»
«Occhei. Ciao» mi girai, ma poi ripensandoci mi voltai chiamandola.«Celine!»
Ma era sparita.
**
Dopo pranzo io, Rose, Dominique, Scorpius e Franck ci dirigemmo verso i soterranei per fare pozioni.
Dentro i paioli le pozioni ribollivano facendo apparire tutto un po' opaco a causa della nebbia.
«Buongiorno ragazzi!» disse un signore anziano entrando. Mi scappò un sorriso, quell'ometto mi ricordava un tricheco con i baffi bianchi e la pancia.
«Pronti per i M.A.G.O?» chiese piazzandosi dietro la cattedra.
«Buongiorno professore» Albus arrivò tutto trafelato, la cravatta al contrario e il fiatone.
«Buongiorno, signor Potter» e lo fissò come se fosse un porta scalogna. E da quel che mi avevano detto gli altri, probabilmente era veramente così.
Albus andò a sedersi dietro al banco che dividevo con Dominique e Franck.
Pur di non salutarlo mi misi a trafficare con il paiolo facendo più casino io che una banda di rinoceronti inferociti.
Forse fu per questo che il professore di Pozioni mi notò e sorridendo disse:
«Oh, lei deve essere la signorina Flox, il nostro nuovo acquisto! Su venga qui!» disse facendo segno di avvicinarmi alla cattedra. Titubante mi alzai e andai.
«Allora, che le pare di Hogwarts per ora?»
«è figa» dissi subito. Il vecchio professore ridacchiò.
«Che ne dice di dire qualcosa ai suoi nuovi compagni? Su, su. Dica qualcosa»
….
Eh?!
Questo è matto!
«Mh...» cominciai mordendomi l'interno di una guancia. Cosa devo dire? Cosa devo fare? Respira Giorgia. Cosa farebbe papà in questo momento?
Tenterebbe di far ridere.
Occhei, proviamo a far ridere questi qui.
«Allora... Facciamo che siete da soli, in un deserto con solo un'arancia, un coltello e una sterlina a vostra disposizione e con questi mezzo riuscite a tornare a casa, come fate?»
«Uhm.. non lo so. Ce lo dica lei, signorina Flox» disse Lumacorno divertito.
«Con il coltello tagliate l'arancia. Dentro l'arancia ci sono le vitamine. Togliete vita e tenete mina: ora fate esplodere la mina che crea un bel trambusto. Togli busto, tieni il tram e con la sterlina prendi il tram che ti porta a casa» dissi.
La classe mi fissò un attimo sconcentrata, poi scoppiò a ridere.
«Complimenti!» disse Lumacorno battendo le mani «Non ci sarei mai arrivato. Bene, vada pure al posto» poi, ritornando serio «La pozione che oggi mi dovrete fare si trova a pagina 13 del vostro libro di pozioni»
«Professore?»
«Mi dica, Potter»
«Non ho il libro... pensavo di non fare pozioni»
«Lo speravo anch'io» lo sentii sussurrare debolmente «Non è un problema, sono sicuro che la signorina Flox sarà felice di mettersi in banco con lei.» disse a voce più alta.
Poveretta, pensai mentre cominciai a leggere le istruzioni.
Aspetta...
Signorina Flox?!
Sconsolata presi le mie cose e andai a posizionarmi al suo fianco, sotto lo sguardo omicida di Franck che andava dall'Individuo al professore.
Ci fissammo in silenzio indecisi sul da farsi. Quel silenzio era talmente insopportabile che pur di spezzarlo cominciai a trafficare di nuovo con il paiolo e cominciando a fare la pozione nel modo più rumoroso possibile.
«Forse è meglio se non ti do una mano...» lo sentii dire. «sono una frana in pozioni» spiegò poi.
«Sì, l'ho sentito dire» risposi monocorde.
«Immagino di non essere ancora stato perdonato» costatò lui.
«Esatto» dissi mentre cercavo di tagliuzzare delle radici in maniera perfetta.
«Cosa posso fare?» sospirò.
«Quello che vuoi»
«Non puoi fidarti e basta?»
«No» vai così, secca e decisa con la voce un po' annoiata per far capire che alla fine non ti importa tanto.
«Ferma, faccio io» disse prendendomi un occhio di coccodrillo che tentavo in vano di schiacciare. «Ecco» e cominciò a spappolarlo.
«Non così tanto?» lo fermai prendendolo per il polso.
«Perché?» mi chiese sorpreso con la vocina da bambino. Be', la parte gli riusciva molto bene visto che i suoi occhi erano così grandi e verdi da suscitare tenerezza e il suo cervello doveva avere un quoziente intellettivo di un bambino di tre anni.
«Perché così il succo esce ma l'occhio è rotto. E a noi serve l'occhio senza il succo per scioglierlo» spiegai pazientemente.
«Ah...» poi mi sorrise «Hai detto 'noi'.»
«Be', stiamo facendo un lavoro a coppia.»
«Quindi sono perdonato?» mi chiese supplicante.
«Forse» Sospirò rumorosamente.
«Allora aspetto»
«Aspetta»
«e spero.»
«Esatto.»
«E magari mi prendo una sterlina, un'arancia e coltello.»
«Cosa? E perché?»
«Perché taglio l'arancia, dentro l'arancia c'è la vitamina. Tolgo vita e tengo mina, la faccio esplodere e crea un bel trambusto. Tolgo busto e prendo con la sterlina il tram per venire da te.»
Lo fissai prima di scoppiare a ridere.
«Albus, sei un coglione!»
«Divertente, però»
«E antipatico!»
«ma divertente»
«E brutto»
«ma divert...Brutto elefante con il tutù! Coglione e antipatico ci possono anche stare, ma brutto proprio no!»
«Invece sei bruttissimo, sembri una scimmia!»
«Non è vero!»
«Sì, invece!»
«Ti dico di no!»
«Ragazzi..»
«Ma io sono una donna e le donne hanno sempre ragione!»
«Ragazzi...»
«Mi offendo»
«E offenditi»
«Ragazzi!»
«T'importa così poco ti me?»
«SIGNOR POTTERE E SIGNORINA FLOX!»
Ci girammo fissando preoccupati il professor Lumacorno.
«Ci ha chiamati, professore?» chiesi angelicamente.
«Sì, volevo avvisarvi che la vostra pozione sta emettendo scintille preoccupanti.»
La fissai e rossa di vergogna dissi «s-sì.. adesso rimedio subito» e mi misi ad armeggiare con gli ingredienti.
Ragionai che quella poltiglia fucsia era da D, ma con un po' di fortuna e attenzione potevo trasformarla in un A.
«Ok» dissi cominciando a lavorare.
«Serve una mano?» mi chiese timidamente.
«NO!» dissi velocemente «stai in un angolo, buono, non parlare e non respirare» e ripresi il lavoro.
Evidentemente l'unico motivo per cui era di quel colore e lanciava scintille era che avevamo saltato il passaggio in cui si mescolava. L'unica era mettere un po' di tritonina grattugiata. Quella pianticella mescolata con il crine di Unicorno avrebbe risolto questa piccola distrazione.
Cominciai a lavorare, mettendoci più attenzione possibile: volevo fare bella figura!
«E se provi con questo..?» mi chiese Al.
«No! Non toccare niente, lascia fare a me» lo liquidai.
Speravo che questo bastasse a tenerlo fermo ma quando mi girai per controllare le istruzioni Al mise un erba che non centrava niente con la pozione.
«Al...cosa hai fatto?!»
«Ho messo la Verbana come dicono le istruzioni»
«La Verbana...» balbettai sotto shock prima di buttarmi sotto il banco.
3...
«Giorgia?»
2...
«Signorina Flox, che ci fa sotto il banco?»
1...
«Tutto bene?»
….
SBAAAAAAAAAAAAAAAAHM!
Il calderone esplose ricoprendo tutti di melma-tranne la sottoscritta che fu abbastanza furba a fiutare il pericolo.
«Ma cosa Diavolo...?» chiese il professore confuso.
Incazzata nera saltai addosso ad Al picchiandolo ferocemente.
«Brutto coglione, guarda cosa hai fatto!»
«Giorgia...Ahia! Ferma»
«Cosa ti è saltato in mente! IO TI UCCIDOOOO!»
«scusa, io ho messo solo la Verb..Ahia!»
«Quella non era la Verbana, era la sua gemella Erat!»
«E che differenza fa? no..no..fermaaaaaahia!»
«La Erat a contatto con il crine di unicorno esplodeee! STUPIDOOOO!!»
«...»
«TU.HAI.FINITO.DI.VIVERE.!»
«adesso basta!» Lumacorno ci divise.
«Punizione per Potter e Flox. E venti punti in meno a Grifondoro!»
Ringhiai verso Albus che spaventato da me si ritrasse il più possibile.
Appena suonò la campanella scappò lontano dai miei sguardi assassini.
**
2 settembre.
Caro papà,
Come stai?io bene, la scuola è una figata pazzesca!
Sono finita a Grifondoro e la professoressa di Trasfigurazione mi adora.
Nonostante io sia qui da solo un giorno oggi sono riuscita a farmi mettere in castigo. Però non è colpa mia! Ma di quello stupido di Albus Severus Potter!
Ha osato rovinare la mia pozione, la MIA pozione! Ma non sopravviverà ancora a lungo. Per colpa sua Sabato devo sistemare non-ho-capito-cosa senza magia con l'Individuo (il coglione che ha fatto esplodere la pozione). Ma si può essere cosi idioti? Confondere la Verbana con la Erat? Va bene che l'aspetto è praticamente uguale ma non hanno lo stesso odore! E la Erat esplode a contatto con il crine di unicorno, questo lo sanno anche i primini! Per colpa sua ho perso un 'O' assicurato: io la sapevo fare quella pozione!
Stupido, stupido. Adesso lo uccido!
*il suo stomaco brontola*
Occhei, lo uccido dopo cena che sto morendo letteralmente di fame!
Ciaoo!
Giorgia.
p.s. Potresti spedirmi un altro barattolo di nutella? Io e Rose ne abbiamo finito uno D:
3 settembre.
Cara Giorgia,
Ti sei fatta mettere in punizione il primo giorno di scuola?!
Sono fiero di te! Complimenti, non ci sono mai riuscito pure io! Forse una volta, ma non centra!
In ogni caso sono felice che tu stai bene. Qui a casa si sente la tua mancanza: non trovo più barattoli di frullato sparsi per terra e la casa ha un aspetto più ordinato!
Ti ho allegato la nutella. Cerca di non mangiarne troppa!
Scrivimi presto, voglio sapere ogni cosa della tua nuova scuola.
Federico.
p.s. Cos'è l'Erat?
p.p.s. Se capita sappi che nel baule ti ho messo dei profilattici ^^
Nda:
Ehilà, gente :D
Giorgia e il suo primo giorno a Hogwarts xD Non ne sono soddisfatta quanto gli altri, ma la roba dell'arancia dovevo metterla in onore delle mie compagne di classe *^^*
Tanto amore per voiii.
Anche per:
-Vale Write.
-Papof87(?)
-Solisoli(?)
-FleurDolohov.
Che hanno recensito:')
i (?) è perché non sono sicura di avere scritto giusto i nomi D: hahahaha.
Al prossimo capitolo!
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Capitolo 15 *** Un motivo in più per amare le biblioteche. ***
Cap. 15.
Un motivo in più per amare le biblioteche.
**
Vi dirò, se volete ferire qualcuno non odiatelo. Restate indifferenti, ignoratelo. Non fate come se non esistesse, dovete fingere che sia una cosa talmente poco importante da non meritare la vostra attenzione. Rivolgetegli la parola solo quando siete costretti e fatelo come se fosse una cosa di poco contro, come quando chiedere al cameriere il conto.
Nascondete quello che provate, non date soddisfazione. È questo che fa stare male le persone.
Specialmente le donne. Vedete, noi donne abbiamo questa strana voglia di essere oggetto di un sentimento, che sia odio o amore per noi è differente. Ma quando non contiamo per nessuno, quando è come che non esistessimo che cominciamo a sentirci male.
Vi dirò, ci vuole l'indifferenza per capire l'importanza di una persona.
**
La prima settimana scolastica proseguì tranquilla. Potter (Sì, adesso per me non è né Al né Individuo) ebbe il coraggio di stare da solo in mia compagnia per più di dieci minuti.
E faceva bene! Il mio autocontrollo non poteva resistere più a lungo. Sì, ce l'avevo ancora con lui per la storia della pozione.
Le lezioni proseguivano bene anche se trovai da subito difficoltà in Antiche Rune. Io e la professoressa non andavamo molto d'amore e d'accordo.
Non lo so perché, anche se ne sospetto il motivo.
L'avevo alla prima ora del mercoledì e quel giorno mi ero svegliata in un ritardo allucinante.
«Perché non mi hai svegliato?!» urlai a una Rose ancora addormentata.
«Ma abbiamo la prima ora buca» borbottò con la voce impastata dal sonno.
Oh..giusto. Lei non seguiva Antiche Rune.
Così, ero corsa giù per le scale per cercare l'aula. Ecco un altro problema: Hogwarts è talmente enorme che rischi di perderti.
Diciamo che il mio senso dell'orientamento fa schifo e che la mattina presto il mio cervello è incapace di intendere e di volere. Motivo per cui bussai alla porta dell'aula solo dopo aver girovagato per mezz'ora.
«Scusi, posso entrare?» chiesi trafelata.
«Signorina Flox, le sembra questo il modo di arrivare?» aveva chiesto la professoressa. Appena l'avevo sentita parlare avevo deciso che non saremmo andate d'accordo. Aveva la voce metallica dei robot e un naso da far invidia a pinocchio.
«Mi dispiace» balbettai «mi sono persa per il castello e non trovavo l'aula e...»
«Questo non giustifica suo abbigliamento!» solo in quel momento mi accorsi che sotto la gonna invece di portare i leggins color carne avevo i pantaloni del pigiamo.
«Oh» avevo risposto.
«Be', se vuole entrare dovrà chiedere un permesso alla preside. Un permesso scritto.» e con la bacchetta mi aveva chiuso la porta in faccia.
In un primo momento avevo cercato l'ufficio della preside, ma essendo dotata di una scarsissima pazienza avevo rinunciato subito e mi ero diretta nella sala comune per cambiarmi.
«Ehi, milkshake» sentii chiamarmi.
«Fred!» dissi correndogli incontro.
«Come mai non sei a lezione?»
«La professoressa mi ha buttato fuori» dissi con sguardo fintamente ferito.
«Poverina, dopo io e James ti vendichiamo» e mi fece l'occhiolino.
«Fred?» chiese una ragazza del suo stesso anno avvicinandosi. «noi due avevamo un appuntamento.»
«Oh» disse lui sorpreso «Davvero?»
La ragazza lo guardò malissimo.
«Senti» continuò Freddie «che ne dici se ci incontriamo più tardi? Vorrei passare un po' di tempo con lei» e mi indicò.
«Certamente!» sputò fuori, guardandomi con odio prima di girare i tacchi e uscire dal buco del ritratto.
«Allora, scoiattolo, cosa mi dici di questi giorni di scuola?»
«niente... oltre a Potter che ha fatto esplodere la mia pozione.»
«Lo sappiamo» sbuffò lui fintamente irritato «non fai altro che lamentarti»
«Avrei preso 'O'!» e gli lanciai un cuscino in faccia. Lui ridacchiò prima di colpirmi anche lui.
Continuammo la lotta con i cuscini fino a quando mi alzai stremata e dissi
«Pace!» e mi tolsi qualche piuma dai capelli. Lui rise gettandosi stancamente nella poltrona.
«Ho un sonno...» biascicò.
«Come mai?» gli chiesi.
«faccio dei sogni strani»
«anche tu?»
«sogno un leopardo che corre.»
«E poi?»
«E poi basta»
«eh?»
«C'è questo leopardo che corre e io lo fisso e basta. Mi gira intorno e mi fa sentire in trappola.» capii subito. Fred era claustrofobico e odiava non sentirsi libero di muoversi. Vedersi bloccato da un leopardo non doveva essere una buona sensazione per lui.
«Tu, invece?» mi chiese «che sogno hai fatto?»
«Niente di speciale» replicai «Dovevo solo buttarmi con il paracadute ma non avevo il coraggio di farlo.»
«Vertigini?» ridacchiò Fred.
«Esatto.»
Restammo per alcuni minuti in silenzio. Poi la campanella suonò decretando la fine della prima ora.
«Meglio che mi muovo» dissi «adesso ho Erbologia»
mi girai verso Fred ma mi accorsi che si era addormentato. Scossi la testa dolcemnte prima di sistemargli un cuscino sotto la guancia.
**
«E' vero?» sentii.
Ero seduta nel prato della scuola che mi crogiolavo al sole durante a un'ora buca.
Davanti a me c'era Potter che mi fissava con un espressione strana.
«Cosa? Che ti voglio uccidere?» ringhiai. Occhei, forse stavo un filino esagerando, ma dovevo pur fare un po' di scena!
«Che tu e Fred state assieme» disse tutto d'un fiato.
«Se anche fosse?» chiesi nascondendo lo shok di questa sua uscita «a te non dovrebbe interessare» e ripresi il libro.
«Ah, è così!»
«Ribadisco: non sono affari che ti riguardano»
«Va bene!»
«bene»
Potter girò i tacchi andandosene.
La domanda che mi aveva fatto era alquanto strana. Sì, è vero che io e Fred passavamo un sacco di tempo insieme ma non lo aveva mai guardato come un ragazzo di cui innamorarsi.
Era solo Fred, niente di più niente di meno.
Stupita tornai ad abbronzarmi.
«Giorgia» mi sentii chiamare.
«Dimmi Dominique» disse alzando il viso dal mio libro di Divinazione.
«Come mai Tresh va a dire a tutti che tu e Fred siete fidanzati?» e mi scrutò con i suoi occhi color mare.
«Chi è Tresh?» chiese aggrottando i sopraccigli.
«Una ragazza dello stesso anno di Fred» continuò Domi.
«Non ho presente» dissi concentrandomi.
«Non importa» fece un gesto di noncuranza con la mano e si sedette vicino a me «So che tu e Fred non state insieme. Vero?» mi chiese poi cercando conferma.
Annuii.
«Be', Tresh ha detto che oggi lei aveva un appuntamento con Fred ma lui ha preferito stare con te»
«Ah. È lei!» dissi ricordandomi improvvisamente della mora «Ma noi due non siamo fidanzati!» dissi un po' isterica. Non volevo essere al centro di nessun pettegolezzo.
«Tranquillizzati,» mi fece lei calma «non è la prima volta che dicono cose del genere. Per farti degli esempi famosi è come quando dicevano che Lily Evans andava dietro a Remus Lupin o che zio Harry e zia Hermione avessero una tresca... o quando siamo arrivati a Hogwarts tutti credevano che io e Scorpius ci saremmo fidanzati» mi spiegò. «Quindi, stai tranquilla. Se non è vero dopo un po' si stuferanno di parlarne» e mi batté una mano nella gamba.
«Hai ragione» e le sorrisi.
«Su, è ora di cena. Andiamo, Rose e gli altri ci staranno aspettando»
**
Sabato arrivò talmente veloce da non rendermene nemmeno contro. La vita a Hogwarts mi era entrata subito dentro e mi sembrava di aver vissuto da sempre in quel castello.
Quando la signora Wood, la professoressa di Antiche Rune, venne a sapere che invece di cercare la preside avevo fatto un giro mi diede due pagine di traduzione. Ma evidentemente non doveva essere molto intelligente perché Fred mi passò la traduzione.
Potter non mi parlava e a me andava bene così, gli studenti avevano capito che io e Fred non stavamo insieme quando beccarono quest'ultimo a baciarsi con una Tassorosso.
La mattina di sabato la passai dormendo e sedendomi davanti a lago cercando di attirare l'attenzione di Lizzy.
Invece di mangiare nella Sala Grande andai nelle cucine dove feci fuori un sacco di fragole e spiegai agli Elfi Domestici come si facevano i frullati.
Nel tardi pomeriggio mi diressi verso la biblioteca per scontare la punizione. Quando arrivai Potter era già lì che parlava con una ragazza.
La cosa mi innervosì molto. Ogni volta che lo incontravo ero con una ragazza diversa.
Ma amici maschi li ha?!, pensai stizzita.
«Buonasera, ragazzi» disse Madama Prince, la bibliotecaria, avvicinandosi e liquidando con un'occhiataccia la ragazza.
«la vostra punizione consiste nell'ordinare un reparto della biblioteca» ci spiegò conducendoci all'interno «In pratica avete dei libri da mettere in ordine alfabetico negli scaffali. Questa è la lista» e mi porse un foglio. «Se non terminate il lavoro continuerete dopo cena. Arrivederci» e se ne andò lasciandoci davanti a una matassa di libri.
Sbiancai di colpo: saranno stati minimo cento libri.
«Credo» cominciai «che la cosa migliore da fare sia dividerci il lavoro a metà. Quante lettere ci sono nell'alfabeto?» chiesi poi.
Potter grugnì la risposta che non capii.
«va be', tu fai dalla A alla N, io dalla O alla Z. va bene?»
Grugnì ancora e lo presi come una risposta affermativa. Tagliai a metà il foglio porgendogli la sua parte e in silenzio cominciammo a lavorare.
In completo silenzio. Un silenzio snervante, di quelli che ti tengono sulle spine. Quelli dell'attesa. Quando ogni respiro o sospiro sembrano un tentativo di parlare. Quando siete vicini e fai di tutto per non guardarvi negli occhi ma non ti riesci a trattenere e allora lanci piccole occhiate di sfuggita.
Odio i silenzio così.
A dir la verità odio il silenzio in generale. Il silenzio... il silenzio è qualcosa come l'arresa. Preferisco vedere due persone che si urlano dietro, che gridano fino a consumare la voce piuttosto di un silenzio carico di chiarimenti non fatti.
«Uhu-u» ecco, perché non parlava? Perché non diceva una cosa stupida, qualsiasi cosa pur di cominciare una conversazione?
Aprii la bocca per dire qualcosa riguardo i libri ma nessun suono raggiunse la mia gola. Sembrava che avessi perso la voce.
Forse era così.
Forse avevo davvero perso la voce.
Mi concentrai il più possibile alla lista.
LETTERA P:
PRATICA PER LA TRASFORMAZIONE DELLA REALTA': L'ILLUSIONE.
Fissai il libro e cominciai a sfogliarlo distrattamente. Era pieno di immagini che spiegavano passo per passo i passaggi per distorcere la realtà.
Questa è un antica tecnica usata dagli De Immortales nei secoli antichi, quando ancora popolavano il pianeta. La leggenda dice che solo essi ne hanno la potenzialità magica poiché la loro abilità magica è più sviluppata rispetto ai comuni maghi. Per questo motivo nel corso dei secoli i maghi cacciarono i De Immortales dalle comunità fino a estinguerlo. Ormai nel mondo ne esiste solo una decina che si mimetizza al resto della popolazione magica grazie questa antica magia. Non si rivelarono mai e per questo la magia dell'Illusione fu perduta e dimenticata.
Ma ora, grazie alla storica della magia Cassandra Rosvelt possiamo conoscerla e apprenderla.
Nb: questa magia non è adatta a tutti i maghi, ma solo a quelli con una potenzialità magica pari al 98%.
Finii di leggere la traduzione un po' frastornata. Io la magia Illusoria la sapevo fare.
Cosa significava?
Ero una di quella poche decine dei De Immortales? O la mia potenzialità magica era pari al 98%? E cosa sono i De Immortales?
Chiusi il libro mettendolo nello scaffale. Lo avrei chiesto a papà, lui lo sapeva di sicuro e mi avrebbe risposto.
Presi il prossimo libro e feci per riporlo.
PUHM.
Il libro mi cadde dalle mani. Per un attimo, mentre lo sistemavo, ci eravamo sfiorati. E non lo so, avevo mollato la presa lasciando cadere il libro a terra. E il tonfo che seguì sembrò mille volte peggiore poiché amplificato dal silenzio.
«Perché non parli?» gli chiesi alla fine.
«Cosa dovrei dire?» mi rispose continuando il suo lavoro.
«Non lo so» ammisi. «ma prima parlavamo tanto.»
«Per prima intendi prima che tu ti seri arrabbiata con me»
«Esatto. Intendo quando tu hai fatto lo stronzo alla festa che ci aveva portato Fred»
«Ero ubriaco!»
«Lo ero anch'io eppure non ho fatto gli occhi dolci a tutti i ragazzi» dissi alzando la voce.
«A Franck sì!» anche lui alzò la voce.
«Cosa centra adesso?! Mi stava solo aiutando»
«Spifferandoti tutto!»
«Spifferandomi la verità. Sai, quella cosa che tu mi hai tenuta nascosta.»
«Dimmi, se non lo avessi fatto tu avresti continuato ad uscire con me?»
«Sì» dissi sicura «tanto per te sarei stata solo un'amica» sputai.
«Quanto...Quanto sei stupida» e si mise a ridere.
«Sì, sono stata stupida a fidarmi di te!»
Lui continuò a ridere, scuotendo la testa. Sentii la rabbia salire e molti libri caddero dagli scaffali.
«Davvero non capisci?» smise di ridere e si avvicinò.
«Cosa dovrei capire?» Era troppo vicino.
«Questo» e mi baciò. Ma questa volta fu un bacio vero. Non come quello al negozio; questo fu un bacio da brivido.
Avete presente le giostre dei Luna Park? Quelle in cui puoi andare solo se sei grande e i bambini i mettono sulle punte per poterci andare? Quelle moderne, come Raptor a Gardaland o L'Airspeed a Mirabilandia?
Quella sensazione che vi prende, tra il senso e lo stomaco, di vuoto e panico. Quella strana eccitazione che vi fa percepire ogni cosa con chiarezza. Quella paura, quel panico che ti lasciano senza fiato mentre ti chiedi 'cosa sto facendo, cosa sto facendo?'; e poi la giostra parte e non c'è più spazio per aver paura e non puoi cambiare idea? In quel momento che ti sembra di volare e non capisci più niente ma solo quella totale libertà nel petto. Quella sensazione di precipitare e non raggiungere mai il fondo, che ti lascia felice e spaventata. Poi quando scendi e vorresti riprovarla, risentire quella sensazione di libertà.
Le avete presente?
Ecco, in quel momento fu esattamente così. Come quando sei in una giostra che ti snebbia il cervello con i brividi nel corpo.
Nella mia testa ripetevo 'Adesso si stacca, adesso si stacca, adesso si stacca' e temevo quel momento. Temevo il momento in cui si sarebbe allontanato e mi avrebbe lasciato il petto vuoto e nella bocca il suo sapore.
Non farlo, non farlo ti prego.
Ma io soffro di vertigini e quello era un cadere in piena regola.
Sarò il tuo paracadute, mia aveva detto una volta Gabriele.
Strinsi una mano tra i suoi capelli.
Sarai il mio paracadute.
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Capitolo 16 *** Dove mi alleo con un criceto ***
Cap. 16.
Dove mi alleo con un criceto.
**
«Il primo bacio non viene baciato dalle labbra bensì dagli occhi»
Avete presente l'amore platonico? Io fino a qualche mese fa no. Non avevo idea di come due persone si possano amare senza avere contatti fisici.
Per carità, non intendo chissà cosa, io per contatto fisico intendo un abbraccio. Be', d'altronde io non avevo esperienza sull'amore in generale. Ho avuto le mie cotte adolescenziali, ma la più lunga di esse è durata due mesi. E non ho la più pallida idea se considerare Gabriele come amore. Forse sì, forse di lui ero veramente innamorata. Però non lo so e non ho più modo per saperlo.
Comunque, stavo dicendo dell'amore platonico. Be', ho imparato cos'è proprio nei primi mesi di Hogwarts e non immaginavo fosse così.
**
«I Patrrroni sono, quindi, la nostrra unica arrma contrro i Dissennatorri. Come si evoca un Pattrono?»
Franck accanto a me alzò la mano.
«Sì, signorr Paciock?» chiese il professore.
«Si utilizza l'incantesimo Expecto Patronus» rispose rizzando la schiena.
«Esatto! Dieci punti perr Corrvonerro» Scorpius si girò verso di noi facendo segno di vittoria a Franck e Rose lo colpì con il libro.
Dominique era seduta vicino a loro e sembrava in tutta un'altra dimensione. Be', non che io fossi più attenta.
Non avevo badato ad una sola parola del professore disegnando distrattamente senza rendermene conto.
Lanciai di nascosto uno sguardo di nascosto ad Al a due fila di distanza da me per poi ripuntarlo sul foglio davanti a me. Era passata una settimana da quel giorno e non c'erano stati altri baci. A dir la verità ci parlavamo sempre meno e quelle rare volte che succedeva ci parlavamo con voce controllata come se fossimo dei lontani conoscenti.
Ma c'era una sottospecie di legame tra noi. Ogni volta che entravo da qualche parte lanciavo sguardi alla ricerca dei suoi occhi verdi, altre volte quando mi giravo mi ritrovavo incatenata nel suo sguardo e arrossivo. E durante le lezioni ci lanciavamo occhiate di soppiatto e ogni qualvolta che gli occhi si incontravano distoglievamo lo sguardo io arrossendo e lui ridacchiando.
«Perché Potter ti fissa?» mi chiese Franck guardandolo.
Alzai lo sguardo con noncuranza dal foglio guardando nella direzione di Al.
«Non lo so. Forse spera ancora che io lo perdoni?» risposi con voce un po' assente e annoiata come se la cosa non mi interessasse assolutamente niente.
«Signorrina Flox?» sentii chiamarmi dal professore «Orra che ho illustrrato come si crrea un Patrronus potrrebbe venirre a farre una dimostrrazione ai suoi compagni?»
«Certamente» dissi alzandomi e dirigendomi davanti alla classe.
Una volta lì pensai a un ricordo felice. Inizialmente il mio cervello focalizzò Gabriele e io in quel parco a Londra che giocavamo.
Quel parco dove ci ha visto giocare Albus.
Al, che una settimana prima mi aveva baciata.
«Expecto Patronus»
Dalla mia bacchetta uscì un filo di fumo bianco e argento che cominciò a prendere una forma animale. Io mi aspettavo di vedere il mio solito Leopardo maculato e gli occhi nocciola, invece ne uscì un lupo dal pelo lungo e candido e due occhi blu lapislazzuli. Il lupo fece il giro della classe mi prima di sparire.
«Che bello» disse Rose, fissando il punto dove era sparito il patronus. Io rimasi imbambolata a fissare davanti a me.
Un lupo? E da quando il mio patronus è un lupo? Che fine ha fatto il leopardo?!
«Complimenti! Dirrei che questo patrronum erra perrfetto! Trrenta punti a Grrifondorro!» fece soddisfatto il professore dandomi una pacca sulla spalla che mi fece quasi cadere.
La campanella suonò proprio in quel momento.
«Allorra rragazzi. Perr lunedì voglio sulla scrrivania un rrotolo di perrgamena sui patrronus e una descrrizione del vostrro. E vi consiglio di allenarrvi!»
Uscita mi diressi con Franck verso Antiche Rune.
Stavamo voltando un angolo quando un foglio mi cadde dalla borsa. Franck, con molta galanteria lo prese e me lo porse. Mormorai un grazie e fissai il foglio.
Era il disegno che stavo facendo durante Difesa contro le Arti Oscure.
Rappresentava un lupo.
**
Caro papà,
lo so, sarai sorpreso visto che non sono passate nemmeno due settimane e ti sto già scrivendo. In realtà volevo chiederti alcune cose, quindi meglio procedere con ordine.
Oggi il professore di Difesa mi ha fatto evocare un patronus. Tu lo sai che il mio patronus è un leopardo, no? Bene, io vorrei sapere perché oggi ha deciso di diventare un lupo! Per carità, era bellissimo ma io preferivo il leopardo (non per niente è il mio animale preferito!) E volevo sapere se è normale che un patronus cambi così di punto in bianco.
Dopo, Sabato ho scontato la mia punizione insieme ad Al e mi è capitato un libro tra le mani che parlava della magia illusoria. Il libro sosteneva che solo poche persone possono evocare questa magia e devono avere il potere magico superiore al 98%. oppure, bisogna essere De Immortales. Ecco, io volevo sapere chi erano o cos'erano insomma, l'argomento mi ha interessato. Anche perché io sono in grado di praticare l'illusione! Potresti illuminarmi su questa faccenda?
Grazie.
Ah, pretendo dei nuovi barattoli di nutella. Li ho finiti tutti :D
Con amore,
Giorgia.
**
Due mattine dopo che avevo spedito la lettera mi apparve in sala grande Lamberto, il gufo di papà, e Fragola.
Lamberto di mise subito a mangiare il pane mentre Fragola mi consegnò una lettera.
Cara Giorgia,
non preoccuparti se il tuo patronus ha improvvisamente cambiato aspetto. Sono cose che capitano. Forse il tuo ricordo felice è cambiato e con esso anche la natura del tuo patronus.
Comunque, per rispondere alla tua domanda degli De Immortale, be' mi dispiace, ma non li ho mai sentiti nominare così ho fatto una ricerca e ho trovato questo libro (che porta Lamberto). L'ho sfogliato e mi sembrava adatto perché spiega anche l'illusione e suoi principi :) buona lettura!
E divertiti a scuola
Federico.
p.s. Come mai siamo passati da 'è uno stupido coglione' ad 'Al'?
Scossi la testa sorridendo per il p.s. Presi il libro da Lamberto prima che se la squagliasse.
De Immortales, la verità.
Era della stessa autrice che aveva scritto il libro trovato in biblioteca. Lo misi nella borsa dei libri intenzionata a leggerlo più tardi. Nonostante avessi le ore buche ero molto impegnata con i compiti, specie di Antiche Rune.
Inoltre, con la mia stupidità continuavo a tradurre qualcosina di greco o latino. Mi mancava studiarle.
La mattinata passò tranquilla tra Trasfigurazione e le altre materie. Io e Franck frequentavamo più o meno le stesse materie e ci mettevamo vicini di banco e quindi avevamo legato e io mi ero affezionata molto; aveva modi gentili e manie da cavaliere e per questo più di una volta mi chiedevo cosa ci facesse a Corvonero che a Grifondoro.
Finite le lezioni andai a sedermi vicino a lago nero e presi il libro che mi aveva mandato papà.
Introduzione.
Questa è stato forse una dei libri più impegnativi di tutta la mia carriera da scrivere. Per crearlo sono stata costretta a viaggiare negli angoli dimenticati dalla terra e nei regni degli inizi.
Ho dovuto lottare per poter prendere antichi scritti e più di una volta mi sono imbattuta nei Deliranti rischiando la mia memoria.
Ma ora, dopo tre anni di ricerche, posso dire di aver fatto un libro completo sugli De Immortalis e posso aver svelato (quasi) tutti i loro segreti.
Vi auguro una buona lettura.
Capitolo 1.
Secondo alcune leggende sono dei maghi con il potere dell'immortalità, capaci di magie impossibili a noi comuni maghi. Sempre secondo queste leggende erano esseri spietati e assetati di sangue; il loro divertimento era uccidere i bambini o le spose infedeli.
Naturalmente, queste erano solo miti o racconti per tenere buoni i bambini. Fonti certe dicono che i De Immortalis nascono da maghi normali per poi svelare a una certa età la loro natura. In realtà, questi bambini non nascono con capacità diverse dalle altre e non lo diventano grazie a una particolarità nel DNA. Per diventare De Immortalis bastava salvare una delle Guardiane¹. Essi, ricevendo la loro eterna gratitudine, acquisiscono poteri superiori e l'immortalità. Per questo può accadere a tutte le età e può essere chiunque.
Il testo continuava con la descrizioni di alcuni resti di questa antica popolazione trovati in tutto il mondo. Curiosa andai a cercare la noticina sulle Guardiane e lessi:
Le Guardiane sono le ninfe più potenti esistenti al mondo poiché controllano i quattro elementi: Terra, aria, fuoco e acqua.
Le quattro ninfe sono a loro volta circondate da cinque ancelle ciascuna, anch'esse considerata Guardiane sebbene i loro poteri siano minori. Ogni volte che una ninfa muore una delle ancelle prende il suo posto e un De Immortales diventa un ancella. Sono difficili da trovare e quando capita si vedono sotto forma di belle ragazze o ragazzi.
La mia lettura fu interrotta da una persona che si sedette accanto a me.
«Ciao»
«Ciao, Franck.» gli sorrisi alzando lo sguardo dal libro.
«De Immortales, la verità.» lesse socchiudendo gli occhi castani «la scopriremo? O resterà per sempre un segreto?»
Risi rispondendo «Lo scoprirete dopo la pubblicità. Restate in linea su Miiiissssteroooo!»
«Mistero?» chiese confuso.
«E' un programma in cui parlano di alieni, fantasmi e magia. Perfetto se vuoi finire in paranoia o farti una bella risata»
«Capisco» e si distese sul prato mettendo le mani dietro la testa. «C'è una nuvola che sembra una tartaruga» sospirò.
«Una volta ne avevo una» dissi.
«Oh, adesso non l'hai più?»
«No, si è suicidata» dissi tra il divertito e il malinconico. Ci ero rimasta così male quando l'avevo vista infilarsi nella lavatrice.
«La trattavi così male?»
«Certo che NO!» protestai. Insomma, forse più di una volta mi ero dimenticata di darle da mangiare o di pulirle la vasca e mio papà aveva rischiato di schiacciarla ma tutto sommato aveva una bella vita!
«Sarà» ridacchiò. Mi distesi anch'io nel prato a fissare le nuvole.
«Quella sembra un cavallo» sospirai.
«Quella, invece, un lupo» mi sorrise «come il tuo patronus»
«In realtà sarebbe un leopardo» dissi rabbuiandomi «non lo so perché è cambiato»
«probabilmente è successo qualcosa che ti ha cambiata» mi sorrise incoraggiante.
«mh, già... il tuo cos'è?»
«Niente di speciale, è solo un orso obeso»
«Adoro gli animali obesi»
«Giorgia» la nostra conversazione fu interrotta da Al.
«Dimmi, Potter» dissi chiamandolo per cognome e mettendomi a sedere.
«Mio fratello mi ha detto di avvertirti che la prossima settimana cominciano i provini di Quidditch e se ti andava di partecipare. Ci serve una cacciatrice» la sua voce era distaccata e un po' infastidita, come se gli desse fastidio dover fare il gufo.
«Penso che parteciperò» risposi neutra.
Lui annuì e mi lanciò per un secondo uno sguardo carico di significato al quale risposi con un occhiata eloquente e un cenno negativo con la testa. Lui annuì e se ne andò.
«Sarete senza speranze comunque» mi disse Franck quando fu allontanato.
«cosa intendi dire?»
«Che vinceremo noi!»
«Maddai! Te la faremo vedere»
**
I giorni successivi li passai leggendo il libro o in compagnia di Fred e Franck. A scuola mi ambientavo sempre bene e avevo avuto un enorme soddisfazione in Antiche Rune: correggere la professoressa. E' stato uno dei momenti più belli della mia vita!
Un giorno, mentre ero in biblioteca a studiare, mi si presentò davanti l'ultima persona con la quale volessi stare.
Anna.
Il Malefico Criceto!
«Ciao» mi disse con quella sua voce fastidiosa.
«Cosa vuoi?!» chiesi acida. Lei alzò gli occhi al cielo.
«Vorrei parlare civilmente, per una volta.»
«Fa pure»
«So di te e Albus» sbottò.
Rischiai di far cadere la penna e dissi sprezzante «Cosa vuoi? Minacciarmi? Non vuoi che io tocchi il tuo Albuccio?»
«Ma quando la smetterai di comportarti come una bambina?» sembrava veramente esasperata «Senti, tu e Al potete fare quel cazzo che volete a me non interessa niente. E' il mio migliore amico e basta. Quindi, sei sulla strada sbagliata.»
«E allora cosa vuoi?»
«Aiutarvi.»
«C-come?» chiesi sorpresa.
«Sai, non è bello sorbirsi tutte le paranoie di Al su di te e che non state mai insieme.»
Feci per rispondere ma mi bloccò «e visto che se ammettete pubblicamente di stare insieme scatta fuori il putiferio, la cosa migliore da fare sarebbe fingere che noi due siamo amiche e così potresti passare del tempo con lui.»
«Ma se non riusciamo nemmeno a sopportarci per due minuti?»
«Forse...forse siamo partite con il piede sbagliato e io non ho fatto di certo nulla per migliorare la situazione... non so, Al parla così tanto e bene di te e mi piacerebbe ricominciare tutto da capo. Almeno provare» e si strinse nella spalle. La osservai scettica per alcuni secondi prima di sospirare e dire:
«va bene, ricominciamo da zero.»
**
I De Immortales cominciarono a estinguersi con agli inizi del 500 a.C., quando alcuni maghi fecero irruzione in una delle loro città e radendola al suolo, questo fu solamente grazie al fattore sorpresa che non permise agli De Immortales a rispondere all'offesa.
I maghi si concentrarono specialmente sui nuovi De Immortales, poiché inizialmente il cambio di potere e DNA rende i maghi instabili e confusi. I De Immortales rimasti si nascosero nelle viscere della terra dove vivono tutt'ora. Con il tempo le ninfe non si sono più fatte vedere rendendo la creazione di nuovi De Immortales sempre più rara. Nel mondo esterno sono pochissimi e si mimetizzando grazia alla sottile arte dell'illusione.
«Una cosa molto allegra» commentò Fred.
«Mhh» risposi. Il libro mi stava prendendo molto e ogni volta scoprivo qualcosa di nuovo.
«Ma perché lo stai leggendo, poi?» Freddie era evidentemente annoiato e mi fissava con gli occhi supplici. Era da più di un'ora che mi chiedeva di andare nel parco ed era da più di un'ora che io rispondevo 'finito il capitolo'.
«Te l'ho detto» risposi alla sua domanda «voglio sapere chi sono i De Immortales visto che so fare pure io la magia dell'illusione»
«Ma non potresti essere una di quelle streghe con capacità magiche elevate?»
«Sì, in ogni caso è un argomento molto interessante» risposi cocciuta.
Qualche secondo di silenzio, poi Fred che sbuffa:
«Ti prego, c'è il sole! Andiamo al parco»
«Finisco il capitolo»
«Ma quanto dura questo capitolo?!»
«Perché non ci vai con James?» sbuffai.
«Punizione»
«Da solo?! Come mai non sei con lui?» Fred e James vivevano praticamente in simbiosi, dove c'era l'uno c'era l'altro, la punizione che prendeva uno la prendeva anche l'altro.
«In punizione, sai che noia? E comunque non è solo» rispose con un gesto della mano.
«Pensavo che tu amassi le punizioni»
«No, mia cara Giorgietta. Io amo mandare le persone in punizione.» mi contraddisse «infatti con lui c'è la sua futura moglie» e ridacchiò. Aprii la bocca per rispondere ma una matassa di capelli rossi e crespi ci piombò davanti.
«COSA FATE ANCORA QUI SENZA FARE NIENTE?! DOMANI ABBIAMO COMPITOO!» Rose sembrava veramente sconvolta, i capelli rossi erano più crespi del solito, gli occhi blu erano sgranati e le guance rosse peperone.
«Rosie, calmati» disse Fred.
«E tu?! E tu che ci fai qui?! Devo forse ricordarti che quest'anno hai i M.A.G.O.?!» gli urlò quella in preda a una crisi di nervi.
«Rose» disse gentilmente mettendole una mano nelle spalla «ho già studiato. Rilassati»
«NO! NO! NO! NO! NO!» si muoveva in circolo e io cominciai a preoccuparmi seriamente.
«Ehi, Rose! Amore!» sì, arriva la cavalleria. Scorpius sgusciò con difficoltà dal buco del ritratto raggiungendo Rose e facendola sedere. «Calmati, tesoro, calmati. Non è successo niente. Prenderai una 'O' o una 'E'. non devi preoccuparti»
«Cosa le è successo?» chiesi a Scorpius.
«Niente, eravamo nelle rive del lago a... be'» arrossì un poco «avete capito. Poi è arrivata una del nostro anno per chiederle un consiglio sul compito e lei si è trasformata in Hermione Granger due.»
«Oh...» con il tempo avevo scoperto che Rose possedeva dentro di sé due personalità: quella della madre e quella del padre.
Due personalità opposte.
Capitava, a volte, che studiasse come una disperata per poi buttare tutto all'aria ed andare ad infrangere la prima regola che le saltasse sotto gli occhi. Così gironzolava nel castello di notte o faceva scherzi ai professori. Fino a quando la voce della sua coscienza, molto simile a quella di sua madre diceva: “Oh Rose! Cosa stai facendo?! Domani hai un compito e tu sei qui a non fare niente? Dovresti vergognarti, non sei di certo alla mia altezza!” così ritornava indietro e studiava disperata terrorizzata dall'idea di deludere sua madre, ma poi la voce della sua coscienza diventava suo padre che le sussurrava “Ma Rose, cosa stai a studiare! Con il cervello che ti ritrovi prenderai comunque 'O' in tutte le materie. Tranquillizzati e vai fuori a prendere il sole, studiare è una cosa noiosa!”
A volte avevo l'impressione di vederli parlare tra di loro e litigare come la vera coppia. Per Rose doveva essere terribile.
Fred mi fissava in cerca d'aiuto mentre Scorpius cercava di far ragionare la sua ragazza. Così decisi a un piano alternativo molto Grifondoro: la fuga.
Con un cenno del capo io e Fred ci alzammo contemporaneamente per correre fuori.
Il libro rimase lì, dimenticato. E quando tornai indietro a prenderlo era sparito.
Nda:
anche questo capitolo è un po' corto, ma il prossimo sarà molto più lungo e ne succederanno di tutti i colori :3 quindi, aspettatevi di tutto xD
Anyway, ringrazio tutti quelli che hanno recensito e continuano a seguire la storia. Tanto bene <3
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Capitolo 17 *** Non può essere vero. ***
Mh, vi scrivo qua le note per lasciarvi: o.o
Allora, mi scuso, il capitolo fa cagare ed è corto, ma nonostante l'ho scritto tre volte è venuta fuori sta cagata. Mi dispiace,
Ringrazio le sette (SETTE*^^*) persone che hanno recensito, vi amo <3
Be', buona lettura c:
Alla compagnia Bula Bula.
Cap.17.
Non può essere vero.
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«E tu, Gabriele, cosa vorrei fare da grande?» chiese la maestra, con gentilezza al bambino biondo seduto al primo banco.
«Io volerò!»
«Oh, che bello! E invece che cosa farà da grande Giorgia?»
I due bambini si guardano ridendo, il sorriso innocente di chi chiede ancora un bacio prima di dormire e che prende la vita come un gioco.
«Volerò anch'io, insieme a Gabriele»
Volare era bello, sarebbe stato bello. Ma l'uomo non sa volare, può solo precipitare, giù dal cielo, dalle nuvole, dalla gioia. Saltare significa poi cadere.
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«Ehi, Giorgia» mi chiamò Franck quando uscii dall'aula «cosa fai dopo le lezioni?»
«aiuto Anna con Pozioni» risposi.
«oh, caso mai dopo faccio un salto per salutarti!» urlò, ormai la calca di studenti ci stava separando.
«non so se ti conviene!»
«perché?»
«forse viene anche Potter!» lo vidi aprire la bocca per rispondere ma ormai la folla ci aveva completamente divisi e lo persi di vista. Mi girai, andando a sbattere contro Fred.
«Perché dire forse?» mi chiese aggiustandomi il ciuffo «lo sai che viene di sicuro»
sbuffai: «devo farla comunque, un po' di scena»
Alzò gli occhi al cielo.
Lui era l'unico a sapere della mia alleanza con il criceto e, mi duole ammetterlo, Anna è davvero...simpatica.
Lo so, è incredibile!
Pochi giorni dopo il nostro incontro in biblioteca, Anna si era seduta di banco vicino a me durante Difesa urlano in modo che lo sapessero tutti che non aveva capito niente dell'argomento e quindi voleva essere aiutata da me. Io avevo fatto un po' di scena, guardandola schifata ma poi avevo accettato. Durante quella lezione, secondo la versione della scuola, abbiamo fatto amicizia. In verità, ci eravamo preparate gli argomenti su cui discutere per non restare in silenzio e conoscevamo la nostra parte a memoria. Sempre secondo la versione della scuola, io avevo cominciato a darle ripetizioni su alcune materie e in questo modo eravamo diventate amiche. Inizialmente stare in sua compagnia mi dava un fastidio immenso e le prime volte eravamo sempre sul chi va là mentre cercavamo di non fare commenti acidi. Poi, avevamo cominciato ad abituarci e a scioglierci, cominciando a parlare senza rendersene conto. In breve, eravamo diventate veramente amiche.
Quando le cose tra noi due si erano stabilizzate, Al si era aggiunto a noi. Come da copione il primo giorno avevo fatto una crisi, dicendo che il distruttore di pozioni non lo volevo e cose del genere; sempre da copione mi ero rassegnata e dovuto sopportare tutte le volte lanciandogli sguardi assassini.
Così avevamo potuto condurre la nostra relazione clandestina.
E non avevano la più pallida idea di quello che succedeva. Ci baciavamo, in continuazione. Forse un po' troppo, ma ogni volta che provavo a fare conversazione quello mi incollava le labbra addosso. Sembrava una sanguisuga, e io ho paura della sanguisughe. Tutto questo mentre Anna ci fissava e rideva sotto i baffi come se la cosa fosse estremamente divertente.
Forse lo era sul serio.
«Fred» chiesi una volta «secondo te...cosa sono due persone che si amano ma non stanno insieme?»
mi aveva fissato a lungo prima di proferire solennemente «due coglioni»
La verità era che non avevo il coraggio, da brava Grifondoro non trovavo il coraggio per chiedergli cosa fosse.
Non stavamo insieme, non ufficialmente, e lui non aveva mai detto niente in proposito.
Ma forse la mia non era paura, ma solo orgoglio. Forse volevo che fosse lui a fare il primo passo, ma nonostante fosse metà Ottobre lui non aveva fatto niente e io non sembravo intenzionata a chiarire la cosa.
Probabilmente Fred aveva ragione, eravamo due grandi coglioni.
Nonostante tutto, continuavo ad andare a quei ''appuntamenti'' (possiamo chiamarli così?) sperando in qualcosina che potesse cambiare tutto. Vedermi in quel modo non mi piaceva.
Punto uno: ero costretta a mentire ai miei amici. E odiavo mentire a delle persone che di me si fidavano.
Punto due: mi sentivo in trappola, sempre a controllare che nessuno ci vedesse.
Punto tre: Anna poteva essere anche simpatica -e lo era- ma volevo un po' privacy, grazie.
«Al...» feci un giorno, tra un bacio e l'altro.
«...mh?» e riprese a baciarmi. Lo allontanai sbuffando.
«puoi smetterla per un attimo?!»
«no» disse con la voce da bambino dispettoso.
«e invece sì» proclamai mentre mi divincolavo dal suo abbraccio.
«ma cosa c'è?» adesso anche lui sembrava infastidito.
«Ecco...» cominciai «non potremmo... ecco, smetterla di baciarci sempre e per una volta parlare?»
«e adesso cosa stiamo facendo?!»
«non è questo che intendo» sbottai «ogni volta mi baci, baci, baci, baci e baci. Sempre e solo baci!»
«ma...»
«Vorrei solo sapere se è questo se vuoi: baciarmi e basta. Insomma, dimmi cos'è questo per te» continuai ignorandolo.
«e per te, questo cos'è?» mi ritorse la domanda. Restai paralizzata rendendomi conto che non avevo una risposta. È vero, cos'era tutto quello per me?
«io...» ma lui non mi lasciò finire perché se ne andò.
**
«MALEDIZIONE ROSE! RIPORTA LA TUA TESOLINA ROSSA QUI E SMETTILA DI PENSARE A QUEL BIONDO OSSIGENATO!» urlò James con tutto il fiato che aveva in gola.
Rose ricambiò con un gestaccio. Era il mio primo allenamento di Quidditch dopo le selezioni. Giocavo come cacciatrice e mi trovavo bene e James era abbastanza soddisfatto di me.
A dir la verità, la cacciatrice era l'unica cosa adatta a me.
Papà, inizialmente, aveva cercato di farmi diventare una battitrice ma la mia paura dei bolidi lo aveva fatto desistere. Invece di ricacciarli indietro con la mazza scappavo via cercando o li evitavo.
Non potevo nemmeno essere un portiere, sempre per lo stesso motivo. Invece di parare la pluffa (la palla da gioco) scappavo via dai tre anelli che fungevano da porta. Insomma, dovete capirmi: se vedo gente che mi lancia palle -hahahaha, sì pensate pure male- a tutto andare scappo dalla paura.
Inoltre la mia scarsa pazienza non mi avrebbe mai resa una brava cercatrice. Come avrei potuto cercare il minuscolo boccino d'oro che saettava da una parte all'altra del campo se dopo dieci minuti ci rinunciavo o, nei peggiori dei casi, cominciavo a sclerare mandando incantesimi da tutte le parti?
L'unica soluzione per me era stata la cacciatrice: con la mia capacità di evitare i bolidi sono un bersaglio molto difficile, inoltre faccio tiri molto potenti e lunghi-specialmente quando perdo la pazienza, quindi sempre-. Peccato che la mia mira non fosse molto buona. Ma comunque fui l'unica a fare più punti di tutti i candidati. La maggior parte erano ragazzine presenti solo per vedere Al.
A farmi compagnia come cacciatrici c'erano James e Roxanne. I due battitori erano, invece, Dominique e Fred, mentre in porta c'era Rose.
Eravamo una bella squadra anche se James, il capitano, nel campo perdeva tutta la sua stupidità per diventare un tiranno.
«MALEDIZIONE ROXANNEE! HAI MANCATO LA PORTA DI BEN TRENTA CENTIMETRI! NON PENSARE AL MOROSO, A NOVEMBRE ABBIAMO LA PRIMA PARTITA»
«MA PER L'AMOR DEL CIELO, GIORGIA, FAI QUALCOSA PER MIGLIORARE LA TUA MIRA! NON PUOI CONTINUARE COSI'!»
«DOMINIQUE! NON PENSARE ALLE UNGHIE E TIRA PIU' FORTE QUEL CAZZO DI BOLIDE! VEDI COME FA FRED!»
«MA PORCOSALAZAR! QUANTO CI METTI A TROVARE QUEL BOCCINO, MUOVI IL CULO ALBUSS!»
In realtà rischiai di cadere un paio di volte dalla scopa per non ridergli in faccia.
«James!» lo chiamò Domi «sta cominciando a piovere!»
«NON MI INTERESSA! NOI FINIREMO L'ALLENAMENTO SOLO QUANDO ALBIE PRENDERA' PER LA TERZA VOLTA IL BOCCINO...»
«NON CHIAMARMI ALBIE!» Urlò quello.
«E QUANDO AVREMO FATTO MILLE PUNTI E ROSE NE AVRA' PARATI MINIMO CINQUECENTO!»
Feci un rapido conto e arrivai alla conclusione che saremmo rimasti sotto il temporale per almeno quattro ore.
…
«MUOVIAMO IL CULO!!» Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, segnando il mio primo punto della giornata.
Alla fine il temporale si era rivelato uno di quelli che durano poco per poco tempo. Con le mie previsioni ero stata troppo pessimista, solo dopo due ore ero nello spogliatoio femminile a farmi la doccia.
Ora, dovete sapere che io sono la persona più lenta del mondo a farmi la doccia ( e Rose può anche confermare, e anche la porta del bagno del dormitorio può confermare. Poveretta, chissà quanti calci e pugni ha preso per colpa mia). In ogni caso, quando uscii ero rimasta sola e avevo tutto lo spogliatoio per me. Cominciai a vestirmi lentamente prima di asciugarmi i capelli. Cercai con tutta me stessa di trattenermi dal cantare senza successo, ovviamente, poiché mi ritrovai a urlare:
«JUST GIVE ME A REASON, JUST LITTLE BIT ENOUGH. JUST A SECOND WE'RE NOT BROKEN, JUST BENT AAAAAND.... »
«....CAN WE LEARN TO LOVE AGAAAAIN?»
Mi girai sorpresa.
«Al, cosa ci fai qui?! Questo è lo spogliatoio femminile!» sbottai.
«ti stavo aspettando fuori, ma non uscivi mai» scosse la testa.
«Ah...»
Ero felice di vederlo, era da quell'ultima conversazione che non lo vedevo. Avevamo fatto di tutto per evitarci e ogni volta che mi vedevo con Anna lui non c'era.
«Volevo chiederti scusa» mi disse.
«Per cosa?» chiesi.
«Forse hai ragione tu. Non ho mai pensato all'altro aspetto del nostro rapporto e quando me lo hai fatto presente sono scappato via» fece un sorriso triste «forse James per una volta aveva ragione, sarei dovuto finire a Serpeverde, no a Grifondoro»
Rimasi zitta visto che non sapevo cosa dire.
«quindi... be'...» tra noi due cadde un silenzio imbarazzato. Mi fissai la punta dei piedi sperando in qualcosa che spezzasse il ghiaccio.
Poi sentii il suo profumo avvolgermi da tutte le parti e le sue braccia forti stringermi.
«Vieni» mi disse «andiamo al castello.»
annuii strusciando il mento tra il suo collo e la spalla.
**
Le cose tra noi due migliorarono nettamente. Ora non ci vedevamo solo con la copertura di Anna, spesso Al si sedeva vicino a me durante le lezioni e io ero felicissima.
Sì, felicissima.
Mi ero fatta mettere in punizione un paio di volte con Fred e James per innocui scherzetti fatti ai professori e papà era fiero di me.
La mia media viaggiava nell'Oltre Ogni Previsione in tutte le materie tranne in Antiche Rune che avevo un Accettabile e in trasfigurazione e divinazione nelle quali avevo E.
Avevo cercato il libro degli De Immortales senza successo ma ormai ero talmente presa da Al e dai miei amici che non me ne importava più poi così tanto.
Rose impazziva ogni giorno a causa della quantità dei compiti e l'unico che si poteva avvicinare illeso era Scorpius.
Conobbi il guardiacaccia Hagrid, il quale mi aiutò a mettermi in contatto con Lizzy, la mia piovra gigante del lago nero. Ormai avevo fatto fuori anche la seconda scorta di nutella e avevo pregato gli Elfi Domestici delle cucine di prepararla per la colazione. Inizialmente si rifiutarono (con tanto di inchini) ma quando svenni durante una lezione per carenza di nutella si decisero a prepararla.
E al Diavolo i brufoli, la nutella vince!
A metà Ottobre il professore di Difesa lasciò perdere i patroni per fare un ripasso sui mollicci.
«Dopo le due prrecedenti lezioni di teorria crredo giustamente che sia arrivato il momento farre una lezione prratica» mentre diceva questo l'armadio dietro di lui tremò sinistramente. «mettetevi in una fila orrdinata e aspettate il vostrro turrno mentrre aprro l'arrmadio»
Le parole furono seguite da un spintonarsi per prendere posizione.
«Prronti? Viaa!» l'armadio fu aperto e ne uscì una manticora. Il ragazzo davanti rimase paralizzato prima di urlare:
«RIDIKULUSS!» Una tizia mi si mise davanti impedendomi di guardare per un bel po', poi finalmente riuscii a spostarla con uno spintone e vidi che era il turno di Rose. Il molliccio si trasformò nei suoi genitori.
«Rose!» disse il molliccio-Hermione «come hai potuto prendere un voto così basso in pozioni? Come hai potuto farlo? Devi essere perfetta. Perfetta!»
«Credevamo che tu avessi tenuto alto il nome di famiglia» rincarò il molliccio-Ron «invece, guarda a cosa ti sei ridotta! Stai con un Malfoy, come hai potuto tradire la tua famiglia in questo modo? Devi solo vergognarti!»
«Nessuno vorrebbe una figlia come te!»
«Avremmo dovuto abbandonarti quando eri piccola»
La bacchetta di Rose tremò ma Scorpius la raggiunse stringendole la mano sinistra in modo rassicurante.
«Ri-RIDIKULUSS!»L'Hermione-molliccio inciampò a terra rivelando dei mutandoni rosa mentre Ron cominciò a saltellare urlando cose del tipo ''Viva i Cannoni!!''
La scena era così ridicola che scoppiai a ridere insieme a tutti. Tranne Rose che si girò e scappò fuori dall'aula. Scorpius la seguì senza che nessuno se ne accorgesse.
Dopo poco fu il mio turno.
Mi piazzai davanti all'armadio ma successe una cosa molto strana: il molliccio cambiò tante forme contemporaneamente prima di diventare un buco vuoto davanti a me.
«Buttati!» mi urlava Gabriele.
«No...» sussurrai.
Lui rise prima di buttarsi in quel vuoto. Cadeva giù, giù, giù senza fermarsi e io non potevo fare nulla. Ero paralizzata.
Il molliccio cambiò ancora e diventò un dottore «è morto, morto, morto, morto» mi diceva.
Indietreggiai di un passo. Cambiò ancora e questa volta era un corpo morto, pieno di sangue. Tanto sangue, troppo sangue. Abbassai lo sguardo e notai che anche le mie mani erano sporche di rosso.
Mi sentii la testa girare e le orecchie mi fischiarono sempre più forte.
«RIDIKULUSS!» non ero stata io a urlare l'incantesimo, ma Franck che mi guardava preoccupato. Il labbro inferiore mi tremò e lasciai pure io la sala.
Le mie mani erano ancora sporche di sangue.
«Giorgia» qualcuno mi chiamava sussurrando il mio nome. Non risposi, restando in silenzio.
Ero chiusa in un armadio, al buio. Era una cosa strana, la gente quando è triste cerca la luce o le cose luminose. Io cercavo il buio, lo trovavo protettivo perché oscurava tutto distorcendo la realtà come nei sogni, mentre la luce mostra tutta la verità in quel modo terribile. La luce è troppo luminosa e ferisce gli occhi, esattamente come la verità o la realtà. La cerchiamo anche quando ci fa male. Il buio, invece, ti protegge e ti tiene al caldo avvolgendoti.
«Giorgia, so che sei qui!» continuai a restare zitta e mi morsi l'interno della guancia.
«Giorgia...»
«vattene!»
Le ante dell'armadio si aprirono mostrandomi il volto accigliato di Franck. Avevo il viso secco e lo sguardo spento, le labbra screpolate.
«Vai via» perché c'era così poca convinzione nella mia voce?
Lui si sedette vicino a me nell'armadio e chiuse le ante. Affondai la testa tra le ginocchia serrando le palpebre così forte che cominciai a vedere esplosioni di luci.
«papà mi ha sempre detto che le paure vanno affrontate, anche se sembra impossibile» disse spezzando il silenzio.
Ma non ci riesco, ma non ci riesco, non ci riesco.
«tutti possono»
«c'era così tanto sangue» avevo la voce rotta « e lui è morto, è caduto giù. Lui voleva imparare a volare, ma non ha mai potuto farlo. Anche se alla fine lo ha fatto, è volato via da me. Mi ha lasciata sola, capisci? Se ne andato, per sempre! Non tornerà, non tornerà. E c'era tanto sangue! Avevo le mani sporche di sangue..»
«Calmati» mi disse prendendo le mani «calmati. Va tutto bene, va tutto bene»
No, non va tutto bene, non va per niente bene.
Ma non volevo contraddirlo, volevo che andasse davvero tutto bene, per questo annuii.
Va tutto bene, anche se non è vero.
**
Quando Fred venne a sapere di quello che era successo durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure fece esplodere l'armadio che conteneva il molliccio distruggendo anche buona parte della classe.
Per questo fu messo in castigo e dovette scappare via da un'incazzatissima Rose.
«Per colpa tua abbiamo perso trenta punti!» urlava brandendo la scopa da Quidditch.
«Su, Rosie, calmati... cosa vuoi che siano trenta punti!»
«ROARW!»
«Oh, Morgana, aiutami!!»
La scena era così esilarante che tutta la Sala Comune rise per una settimana. Almeno Fred era riuscito nel suo intento: farmi stare meglio.
Cominciai anche a sentirmi in colpa per essere scappata in quell'armadio. Odiavo mostrarmi debole, odiavo con tutta me stessa essere debole. Mi ripromisi che non lo avrei fatto mai più, che sarei rimasta forte e con il sorriso.
In un batter d'occhio Ottobre giunse alla fine accompagnata da Halloween e la prima gita a Hogsmeade.
Avevo deciso di andarci con Albus, me lo aveva chiesto un giorno in corridoio:
«Vieni a Hogsmeade con me?» mi aveva chiesto.
«Certamente. Che ne dici di trovarci alle tre?»
«Anche alle tre di mattina»
«Cosa?» avevo chiesto ridendo.
«Niente»
«Probabilmente arriverò in ritardo» lo informai «mi aspetterai vero?»
«Certo» e aveva sorriso.
Invece, arrivai puntuale e fui io ad aspettarlo.
Mi sedetti nei gradini di pietra stringendomi nella mia felpa. Il freddo cominciava a farsi sentire. Molti ragazzi sfilarono davanti a me, alcuni a manina e io mi sentii un po' stupida.
«Ehi, Giorgia!» mi girai sperando che fosse Al, ma invece era Anna.
«Ciao Anna» dissi.
«Cosa ci fai qui?» mi chiese sedendosi vicino a me.
«Aspetto Al, dobbiamo andare a Hogsmeade insieme» sorrisi.
«Cosa? Non ti ha avvertito?» mi chiese sgranando gli occhi confusa-
«Di cosa doveva avvertirmi?»
«Vedi, alcuni giorni fa Al mi ha chiesto se potevo venire con lui nel paese, ma io avevo un impegno così ho rifiutato. Dopo però mi sono liberata e gli ho detto che potevo e ci siamo dati appuntamento»
«Ma...» balbettai.
«non lo so» si strinse nella spalle «credevo che ti avesse avvisato»
«no...» sentii lo stomaco spaccarsi «Allora è inutile che io stia qui. Ciao» e mi alzai senza aspettare una risposta.
Mi sentii una seconda scelta dimenticata, una sensazione orribile.
Presa dai miei pensieri andai a sbattere contro qualcuno.
«Ouch» dissi «scusami ero sovrappensiero»
«non importa» disse Franck tendendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi «non dovevi andare a Hogsmeade con Potter?»
«sì, ma mi ha dato buca»
«Mhh... senti, che ne dici di venire con me?» mi sorrise aprendo le braccia «sono anche io senza accompagnatrice»
«Direi che è un ottima idea!» accettai entusiasta.
«Allora andiamo» e mi porse il braccio. Io lo presi ridendo e insieme uscimmo dal castello.
La gita si rivelò piacevole insieme a Franck e quando tornai al castello ero stanca morta ma mi aspettava ancora il banchetto di Halloweem
Yum, pancia mia fatti capanna!
Ero già immersa in un banchetto immaginario quando Fred mi prese per un braccio.
«che ne dici di fare un giretto?» non mi lasciò nemmeno il tempo per protestare che già mi stava trascinando via per i corridoi.
Poco dopo James ci raggiunse e insieme combinammo i nostri soliti scherzi.
La mia pancia brontolava come una mandria di bufali inferociti ma io la ignorai senza pietà.
Solo quando rischiò di farci scoprire da Gazza, il custode, Fred e James mi portarono alle cucine dove gli Elfi Domestici ci riempirono di cibo.
Usciti continuammo a scorrazzare per i corridoi.
«Aspettate» ci bloccò Fred facendoci nascondere dietro a una statua.
«Ma che cazz...?»
«Shht, guarda» mi disse.
Seguii il suo sguardo e...
«ma che ci fa là, mio fratello?» sbraitò sottovoce James. Io fissai il punto sorpresa.
«Non lo so, ma sembra che stia aspettando qualcuno» sussurrò Fred.
Aspettando qualcuno? O qualcuna? Lo sapevo, mi tradisce! Pensai scoraggiata.
«Sempre detto, non c'è da fidarsi di quello» borbottò James.
«Shht, vediamo chi sta aspettando» lo riprese Fred. Rimanemmo in silenzio a fissarlo. Camminava avanti e indietro a un grosso arazzo viola, spesso si fermava e guardava dalla parte opposta de corridoio; poi scuoteva la testa a e riprendeva a camminare.
Non so per quanto tempo restammo fermi in quella posizione scomoda a fissarlo.
«Andiamo via» piagnucolò James.
Fred scosse la testa con decisione. Passarono altri minuti, forse una manciata o forse più, prima che una voce dicesse.
«Guarda, guarda. Ciao, Potter» Al si girò e qualcosa nel suo sguardo ci fece capire che non era lui la persona che aspettava.
«Cosa vuoi, Zabini?» gli chiese. Il ragazzo, che aveva capelli mori, ricci e lunghi che cadevano una divisa verde e argento lo ignorò.
«Strano posto per un appuntamento, solitamente non ci passa nessuno» continuò, con la sua voce melliflua.
«E con questo?»
«Sai, girano voci secondo le quali il grande Albus Potter, il casanova di questa generazione, si sia innamorato. Ma non di una persona qualsiasi, di quella nuova» in quel momento mi chiesi se fosse una cattiva idea mettermi a ballare il tango.
Al rise «Io, innamorato? Ti sei forse bevuto il cervello, Zabini?» la voglia di ballare il tango andò a seppellirsi sotto terra.
«Sarà, eppure posso giurare di avervi visto in modo...come dire?...Compromettente?»
«L'avrai confusa per un'altra»
«Certo, certo» gli girò intorno «incredibile, sul serio. Le tue ammiratrici ci resteranno davvero male»
«Te lo ripeto: non sono innamorato!»
«Te lo ripeto: non ti credo»
«Forse, Zabini, dovresti fare il contrario» e dall'altra parte del corridoio comparvero Anna e uno dei fratelli Scamandro.
«Finalmente!» disse Al «è un'ora che vi aspetto»
«Abbiano avuto problemi» disse Scamandro. «comunque, faresti meglio a credere ad Albus»
Zabini strinse gli occhi, fissandolo male mentre Scamandro frugava dentro le tasche.
«Tieni Al, i tuoi cinque galeoni» e gli lanciò al volo un sacchetto tintinnante.
«Cosa significa tutta questa pagliacciata?!» Zabini sembrava davvero seccato.
«Sta solo vincendo una scommessa» spiegò annoiata Anna.
«Su che cosa si volgeva?» continuò Zabini.
Al e Anna si guardarono con un ghigno beffardo sulle labbra.
«Dovevo conquistare il cuore di Giorgia»
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Capitolo 18 *** La foresta proibita. ***
Cap.18
La foresta proibita.
**
Ho sempre odiato il maschilismo, è una cosa che proprio non sopporto. Non capisco, per quale motivo le donne dovrebbero essere inferiori ai maschi?
Con tutto il rispetto, noi donne siamo molto più forti. Portiamo dentro di noi per nove mesi una creaturina che vive. E non andiamo via, ma nascondiamo il dolore che scivola, anche se lo sentiremo dopo.
Abbiamo tanta fantasia, troppo, che ci fa creare un sacco di inutili castelli in aria. Vediamo cuoricini quando ci sono prese per il culo e ci restiamo male.
Ma siamo sempre pronte per ricominciare, anche nelle nostre notti peggiori diremo ancora un altro sì per ricominciare.
**
«Dovevo conquistare il cuore di Giorgia»
Non mi sentii più il pavimento sotto i piedi e caddi in ginocchio provocando un gran fracasso.
Il gruppetto dall'altra parte s'ammutolì di colpo e Fred sussurrò un'imprecazione. Sentii uno strano senso di vuoto proprio sotto il seno e la sensazione di vomito e delusione farsi strada dentro di me.
Mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo.
Fred e James mi tirarono su e insieme sgattaiolammo lontano.
«Cos'era stato?» sentii Scamandro chiedere.
«Niente, probabilmente un topo» rispose Albus.
Avevo le mani sudate e i capogiri mi impedivano di camminare. Solo quando rischiai di cadere per l'ennesima volta ci fermammo.
«Mhh...» disse James grattandosi la schiena. «Quindi mio fratello sta con una certa Giorgia e la sta prendendo per il culo. Dobbiamo avvertirla?»
Aprii la bocca ma non trovai le parole davanti a tutta quella scemenza.
«Jamie» disse pazientemente Fred «quante Giorgie conosci?»
James contrasse la faccia concentrato prima di strabuzzare gli occhi.
«Cavolo, quindi io e te siamo stati parenti per un breve periodo?!» mi chiese.
Mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo...
Colpii la parete con il pugno e cominciai a tempestarla di calci.
«S..t..u...p..i...d...a..e..io..che...gli...ho...anche..CREDUTO!»
«Giorgia, calmati!» disse Fred prendendomi per le spalle.
Mi divincolai, continuando a pestare la parete fino a quando mi lasciai andare e Fred mi abbracciò.
Come ero potuta essere così stupida?! Come aveva potuto farlo?!
«Ehm...» James era in evidente stato di imbarazzo. Rimanemmo alcuni minuti a fissarci, io che ansimavo e lottavo per non urlare, Fred che mi teneva abbracciata cercando di rassicurarmi e James che aveva la stessa espressione di uno che ha appena scoperto di stare in questo mondo.
Poteva andare peggio di così?
«Ehi, che ci fate qui?»
….
Sì, poteva andare peggio di così.
Al si avvicinò guardandoci sorpreso.
«è successo qualcosa?» cavolo, meritava un Oscar come miglior attore stronzo del secolo!
«No, sono solo caduta» però anch'io mi meritavo un Oscar.
«Caduta? Ti sei fatta tanto male?»
Morgana, sopprimetelo! Fate questo grande favore al mondo!
«Albus» sibilò Fred quando provò ad avvicinarsi.
«Cosa c'è?» e si girò verso il fratello. James lo fissò alcuni secondi, poi prese la bacchetta e urlò:
«STUPEFICIUM!» L'incantesimo colpì Al in mezzo al petto e questo fece un volo prima di sbattere contro per poi accasciarsi a terra. Jamie rifoderò la bacchetta nella tasca dei jeans normalmente, come se non avesse schiantato suo fratello minore ma solo eliminato un ragnetto.
«Che ne dite se andiamo ai dormitori? Ho un po' di sonno» disse tranquillamente.
**
«Merlino, Giorgia!» mi rimproverò Dominique quando entrai nel dormitorio femminile del sesto anno «Dov'eri finita? Hai visto che ore sono?»
Ignorai le sue domande andando a sedermi nel mio letto.
«Come mai non eri al banchetto?» le diede corda Rose.
Serrai le mani a pugno.
Al banchetto di Halloween, ecco dove avrei dovuto essere quella sera invece di gironzolare a fare guai insieme a Fred e James. Al banchetto di Halloween, dove non avrei mai scoperto della falsità di Potter. Se fossi andata al banchetto quello stupido essere avrebbe continuato a prendermi per il culo e poi, una volta stancato, mi avrebbe lasciata senza una spiegazione; e io ci sarei rimasta male, eccome che ci sarei rimasta male!
Digrignai i denti strapazzando il copriletto.
Quello stupido, infimo, bastardo, troione...
«Giorgia...?»
Dominique si era accorta che qualcosa non andava e si era avvicinata sedendosi vicino a me.
Rimasi muta, certa che se avessi aperto la bocca avrei urlato.
«E' successo qualcosa?»
No, ho solo scoperto di essere stata usata per una stupida scommessa, niente di importante.
«Non è successo niente»
«E allora perché questa faccia?» la voce di Rose era gentile e rassicurante.
Perché non le avevo dato ascolto? Perché avevo voluto fare di testa mia ignorando i loro consigli?
Sentii di odiarmi, di odiare me e la mia testardaggine, di odiare lui e la sua voce gentile.
Maledetto, maledetto.
Lo odiavo, perché mi ero fidata di lui per la prima, aprendo il guscio e lasciandolo entrare, lo odio per quanto mi ha fatto male e io che mi sono fidata un'altra volta, ancora senza difese e mostrandomi per quel che ero.
Lo odiavo ma non potevo fare a meno di sentirmi delusa, perché ci avevo creduto, perché forse la scommessa l'aveva vinta veramente.
Lo odiavo ma non potevo fare a meno di piangere, quelle lacrime che scendevano lente per le guance, si curvano per poi precipitare nella pancia come le perle di rugiada dopo la notte, in quell'attimo in cui tutto si ferma e sembra che il sole non riuscirà mai a sorgere perché la notte è troppo potente e terribile.
Aprii la bocca e sentii un gusto amaro e salato sulle labbra, nella lingua e nella gola. Bruciava, il sapore della delusione bruciava come fuoco. Mi mancava l'aria e ormai ero tutta bagnata, il mascara che avevo messo con tanta cura la mattina si sciogliva e colava giù nelle guance, come la cera di una candela.
Le donne hanno dentro il mare. A volte è calmo e scintilla al sole di quel bellissimo azzurro trasparente, altre volte è un blu così puro e immenso da lasciarti con il respiro bloccato e gli occhi pieni di meraviglie, oppure il mare che ci portiamo dentro è come in quel momento: in tempesta. Con le onde altissime che s'infrangono nella sabbia come il respiro troppo veloce che ti provoca dolori dove delle costole, le lacrime brillanti come la spuma, quella cosa bianca, fragile e delicata come le ali di una farfalla, quella cose bellissima in balia della tempesta. In quel momento ti senti esattamente come la spuma di mare: fragile e in balia delle onde, senza ancora a cui aggrapparsi, senza un appiglio o senza una meta da raggiungere.
Avevo stomaco e labbra spaccate, una sensazione di vomito tra il seno e l'ombelico, una fitta dolorosa.
Vomitai parole, parole sconnesse e vere, vomitai ogni singola paralo taciuta, la verità che Al mi aveva ammonito di non dire.
«Perché non lo diciamo a tutti e siamo apposto?»
«Già, sarebbe meno complicato.»
«E allora perché non lo facciamo?»
«Come reagirebbero Dominique e Rose? Di sicuro non faranno salti mortali, anzi... ti considereranno una stupida, una che ci salta sempre. E ti guarderanno male, penderanno che ti sei lasciata ingannare...Ma io non ti sto ingannando!»
Bugiardo, mille volte bugiardo lui e le sue parole.
Quando anche l'ultima parola fu uscita dalle mie labbra secche e la mia gola smise di produrre suoni e si limitò a bruciare mi preparai ai loro “Te lo avevamo detto!”. Invece, mi abbracciarono e mi incatenarono tra le lenzuola e il cuscino sussurrando:
«Andrà tutto bene...»
**
La mattina dopo, davanti allo specchio del bagno mi preparai per entrare in scena. Avevo le guance secche e sporche di mascara e sul viso pallido e tirato facevano mostra di se due occhiaie versione 'sono un panda'. Misi un po' di fondotinta e cominciai ad applicarlo lentamente e minuziosamente.
Durante la notte avevo avuto incubi su incubi e avevo faticato a prendere il sonno. Ma in quel momento avevo un idea fissa e decisa in mente:
la pagherai Albus Severus Potter. La pagherai molto cara!
Mi fissai allo specchio provando tutto il mio repertorio di facce, da quella annoiata a quella intimidatoria, da quella felice a quella rammaricata.
Quando entrai in sala comunque Fred mi si avvicinò subito ma lo sistemai con un occhiata rassicurante.
La persone che volevo vedere non tardò ad arrivare.
«Andiamo?» mi chiese elargendomi un sorriso.
«Certo, Al.» cinguettai controllandomi dal tirargli un pugno in faccia. Lui fece il disinvolto per tutto il tragitto e io stetti al gioco chiacchierando del più e del meno anche durante la prima parte della colazione.
Carini e coccolosi.
Quando la sala fu abbastanza piena mi alzai in piedi al centro del tavolo di Grifondoro.
«Un attimo di attenzione, prego!» tutta la Sala ammutolì e si girò a fissarmi. Quando fui sicura di avere l'attenzione di tutti dissi:
«Sapete, in questi mesi ho conosciuto un ragazzo... un ragazzo meraviglioso -“e terribilmente bastardo”- con il quale ho passato momenti -“e prese per il culo”- indimenticabili! Insomma, avete capito. Stiamo insieme da inizio Ottobre e penso sia giunto il momento della Grande Rivelazione -“Noto anche come La Mia Grande Vendetta”- Ecco a voi Albus Potter!» Tutta la Sala Grande applaudì e Al con un sorrisetto divertito salì sul tavolo accanto a me.
«Credo» continuai cercando di trattenere un sorrisetto sadico «che io debba dirti una cosa» feci una pausa studiata prima di proclamare.
«Sei il più gran figlio di puttana visto in quest'epoca. Ci ho pensato su, fai veramente schifo, hai un carattere di merda e.. sì, baci da vomito. Ora capisco perché sei stato con così tante persone: non è per il tuo essere puttaniere, ma perché baci talmente male che le ragazze scappano via terrorizzate. Senza contare che hai la stessa intelligenza di un criceto.» feci una pausa fintamente pensosa «Sì, in conclusione penso che la nostra storia finisce qua. Ti lascio, buona giornata» e cercai di scendere nella maniera più dignitosa possibile.
«Ah, dimenticavo» mi girai verso Al che era ancora in piedi sul tavolo con una faccia... be', era una cosa stupenda «SCATTA L'ORA X! BULA BULAA!»
La sala tornò nel silenzio più totale, poi dalla porta uscì una lucina colorata che sparava scintille da tutte le parti e zigzagando andò davanti ad Albus; rimase fermo a mezz'aria per un altro secondo prima di esplodere in un bellissimo fuoco d'artificio. A questo ne seguirono altri, i primi erano i più semplici come quelli babbani, ma poi cominciarono a creare disegni nell'aria e intere scritte del tipo 'Albus? Ma chi lo vuole!'. La Sala Grande era ormai piena di colori, esplosioni e luci quando Fred e James a cavallo di due scope entrarono lanciando altre luci. E, chissà perché, la maggior parte dei fuochi d'artificio scoppiavano in faccia ad Al e ad Anna.
«BASTA COSÌ!» l'urlo della preside McGranitt fece tremare i muri e con un colpo do bacchetta tutti i fuochi d'artificio si spensero. Fred e James andarono ad appollaiarsi su un candelabro mentre la professore continuava con:
«Signor Pottter, signor Weasley e signorina Flox! In punizione!»
Be', almeno ne era valsa la pena.
**
Alla Mcgranitt non era bastato farci pulire i sotterranei senza magia, aveva anche spedito una lettera ai genitori.
Mentre li aspettavamo nell'ufficio della preside cercai di immaginarmi la faccia che avrebbe fatto Federico, di sicuro si sarebbe congratulato; poi pensai alla faccia che avrebbe fatto la McGranitt davanti alla reazione di mio padre e mi venne la ridarella.
«Avrà ben poco da ridere, signorina Flox, quando arriverà suo padre» mi riprese la professoressa. Oh, povera illusa.
Le fiamme del caminetto si illuminarono di smeraldo e ne uscì la famiglia Potter e la famiglia Weasley.
«Buonasera, professoressa McGranitt» salutò cordialmente George.
«Buonasera, cosa hanno combinato questa volte?» chiese Ginny rassegnata.
«Buonasera,» e che cavolo! È il terzo 'buonasera' che sento in trenta secondi! «Vorrei aspettare il padre della signorina prima di iniziare»
«Non si preoccupi» dissi «è in ritardo. Cominci pure» l'occhiata che mi lanciò mi convinse a chiudere la bocca.
Le fiammelle del camino ritornarono verdi e ne uscì papà.
«Ciao!» disse salutando «Scusatemi per il ritardo, ma non trovavo il cibo!»
«Il c-cibo?!» farfugliò la McGranitt.
«Grande, pa'! Hai portato anche i frullati?»
«Certo tesoro. C'è anche la nutella»
«Sei un grande!»
«modestamente, lo so. Sono un grande figo»
«hahahaha, modesto il tipo»
Gli altri adulti guardarono il nostro scambio di battute stralunati mentre Fred, James e George (l'ho già detto che non rientra nella categoria adulti, no?) cercavano di trattenere le risate senza successo.
«Ehm-ehm» ci richiamò la preside. «Vostra figlia e questi due hanno fatto esplodere un'intera scatola di fuochi d'artificio in sala comune!»
«Davvero?!» chiese papà sorpreso «Grandi, battete il cinque!»
«Signor Flox!» la pelle della professoressa si colorò di rosso «è una faccenda seria! Avrebbero potuto ferire qualcuno!»
«Uhm, sì» fece papà mettendo su una faccia da funerale che fece imbestialire ancor di più la McGranitt.
«Ma non capite proprio la gravità di quel gesto?» e partì una predica che come minimo durò tre ore e fece addormentare tutti.
«Capite adesso?!»
«Uh, oh? Certamente, vedrà che la cosa non si ripeterà più» disse Harry.
«Bene» e con queste parole ci congedò.
Quando tornai al dormitorio trovai un gelato nel mio letto con un biglietto:
La vendetta è dolce e va servita fredda. Quindi la vendetta è un gelato!
Risi, scartando il gelato.
**
Il modo plateale con cui avevo mollato Albus fu oggetto di pettegolezzi fino a metà Novembre dove Albus continuò ad essere oggetto di pettegolezzo ma per tutt'altro motivo.
Quel bastardo si era fidanzato con Anna.
La cosa che mi stupì più di tutto fu che la notizia non mi faceva né caldo né freddo. Meglio così.
«Sentite qui!» disse Franck piazzandoci davanti una pagina della Gazzetta del Profeta «c'è stato un nuovo attacco! Nel negozio che fa angolo con Trafalga Square»
«Gli aggressori hanno distrutto l'intero negozio prima di dileguarsi, nessun morto ma molti feriti» lesse Rose «Merlino, ma cosa sta succedendo?!»
«Che strano...» dissi.
«Cosa?»
«Prima attaccano la mia scuola, adesso in negozio vicino a dove faccio teatro...»
«Coincidenze?» chiese ironicamente Scorpius.
«Nel mondo magico none esistono coincidenze» scosse la testa Dominique.
«Ma allora...?»
«Sì, sta succedendo qualcosa» dichiarò infine Rose.
Tutti quanti si voltarono a fissarmi.
«Credete...credete che io centri qualcosa?» chiesi titubante.
«Non lo so, Giorgia» Fred scosse la testa «Non hai detto di saper fare quella magia strana...»
«sì, l'Illusione» gli venni in aiuto.
«Esatto, e solo i De Montagnes...molises..»
«De Immortales»
«Sì, quelli, sapevano farla esattamente come te. Lo hai ancora il libro?»
«Che libro?» s'incuriosì Dominique.
«Quello su 'sti cosi..»
«Ecco...» mi mordicchiai il labbro inferiore «Io lo ho... perso»
Restammo in silenzio per alcuni secondi, poi Scorpius lo interruppe:
«Non resta che cercarlo allora»
«Ma cosa sono i De Immortales?» sbottò Rose.
«Sono un antico popolo magico molto potente. Al giorno d'oggi ne esiste soltanto una decina sparsa in tutto il mondo. Per diventarlo bisogno salvare una Guardiana, ovvero la protettrice di uno dei quattro elementi. Dopo diventi immortale e potentissimo»
«Quindi tu potresti essere una De Immortales...»
«Ma è impossibile! Non ho salvato nessuna Guardiana!»
«Tu forse no, ma tuo padre potrebbe» costatò Dominique.
«Hai ragione» le diede corda Franck «hai detto che sono immortali, no? Be', tuo padre dimostra diciannove anni ma se così fosse dovrebbe averti avuto all'età di tre anni»
«Dobbiamo scoprirlo!» decisi.
«E Dobbiamo trovare quel libro» concordò Rose.
Uno stomaco brontolò.
«Io dico di cercarlo dopo la cena, che ne dite?» propose Fred.
**
Nonostante i nostri tentativi il libro era introvabile. Avevamo anche chiesto in biblioteca ma appena la bibliotecaria aveva scoperto il titolo del libro ci aveva cacciato in malo modo dicendo:
«Quello non è un libro per bambini!»
Chiesi a papà di inviarmene un altro ma mi rispose che c'era solo quello. Cominciai ad avere crisi di nervi come quelle di Rose visto che gli attacchi continuavano e sempre in posti che conducevano a me stessa.
Ero preoccupata, preoccupata in una maniera incredibile.
«Riusciremo mai a trovarlo?» mi chiesi un giorno, sconfortata.
«Stai tranquilla» mi sussurrò Franck «lo troveremo!»
Novembre stava finendo e nel parco della scuola era scesa la nebbia e io passavo le mie giornata in sua compagnia tra i libri di scuola o i dolci che papà mi spediva.
Ad Al non pensavo più, se lo incontravo non mi degnavo nemmeno di salutarlo.
Anche se ogni volta che trovavo lui e Anna avviluppati come due salamandre in calore sentivo un po' di fastidio dove dello stomaco. Solitamente lo ignoravo e passavo avanti.
Altre volte mi veniva voglia di tirargli un calcio nel sedere. Franck approvava la seconda opzione ma io preferivo seguire la prima: era una cosa molto più dignitosa.
A proposito di dignità, la persi del tutto quando la professoressa di Antiche Rune mi fece un interrogazione a sorpresa nella quale presi un T.
«Non ti preoccupare, tutti hanno preso una T con quella. Perfino Rose!» tentò di consolarmi Dominique.
«Non ricordarmelo!» brontolò Rose amareggiata.
«Oh, andiamo! Io prendevo solo T» sbuffò Scorpius.
«Questo perché sei un ignorantone!»
«Ma brutta bertuccia! Te la faccio vedere io!» e le si gettò addosso iniziando una battaglia di solletico.
Sorrisi e mi allontanai per dirigermi in biblioteca con Franck. In realtà ci scontrammo mentre raggiungevo la biblioteca in un corridoio vuoto del secondo piano.
«Scusami» risi «non ti avevo visto!»
«A quanto pere noi due non facciamo altro che scontrarci» rise pure lui.
«Già» tirai su la borsa e presi i libri che mi erano caduti. Stavo per prendere il dizionario di Rune quando questi si sollevò da terra e si allontanò.
«Ehi!» dissi indispettita «Torna subito qua!» e cominciai a rincorrerlo saltellando come una cretina.
«Giorgia!» mi chiamò Franck prima di seguirmi.
«Torna giù, stupido manuale!» inseguendolo ero finita dentro un bagno e solo allora il libro si degnò di scendere
«Ma cos'è successo?!» mi chiese Franck una volta che mi raggiunse.
«Non lo so, il libro...»
«Posso spiegarvelo io, se volete» disse una voce maschile. Alzai la testa di scatto e vidi che il mio riflesso in uno specchio parlava.
«Ma che diavolo..?» mi allontanai.
«So che state cercando il libro per avere notizie sui De Immortales»
«Chi sei?» chiese Franck.
«Ogni cosa a suo tempo. Diciamo che io sono l'altra faccia della medaglia» e sorrise sadicamente.
«L'altra facc...? insomma, cosa vuoi?!» sbottai irritata.
«Aiutarvi. Il libro che state cercando lo ho io» continuò
«Allora dammelo!»
«Certo che no, se lo vuoi dovrai venire a prenderlo. Questa notte, nella foresta Proibita»
«E se io non volessi?»
«Non vuoi scoprire la verità? Non vuoi sapere il perché dei tuoi sogni, il tuo potere illimitato e le altre stranezze? Vuoi continuare a vivere nella menzogna?»
Strinsi le mani a pugno e la figura allo specchio sparì e io e Franck ci ritrovammo in mezzo al corridoio.
«Non avrai intenzione di andarci, spero» disse Franck.
«Invece sì!»
«Ma sei impazzita? È vietato!»
«Non mi interessa!» sbottai «Io voglio sapere»
detto ciò girai i tacchi.
**
«Verremo con te!» proclamò Fred quando raccontai alla truppa quel strano incontro.
«Ma non possiamo andarci tutti, daremo nell'occhio» costatò Dominique.
«E potrebbe essere pericoloso, ci serve un piano» le diede man forte Scorpius.
«Andremo contro a un centinai di regole» ci fece notare Franck.
«Non m'importa» dissi decisa.
«Allora spremiamoci le meningi» disse Rose «Questa sera andremo nella foresta Proibita.»
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Capitolo 19 *** Delirium. ***
Cap.
19
Delirium.
**
La
ragazza aveva
le orbite vuote e scavate, dalle quale scendeva ancora sangue.
Camminava cadendo e rialzandosi, la sua bocca si muoveva ritmicamente
alla ricerca di aria o di parole. Con le mani incurvate ad artiglio
graffiava la superficie del terreno, le unghie spezzate.
«E'
questa la fine promessa?»
«O
l'emblema di quell'orrore»
La
ragazza continuò a camminare, i capelli strapazzati, senza
sguardo e
le labbra spaccate. Era ricoperta da una sostanza nera e lucente:
sangue?
Cadde
in ginocchio e questa volta non si rialzò più.
Davanti a lei un
corpo fluettava in un vento leggero. Una corda lo legava a un ramo.
Morto
impiccato.
«Il
mio buffone... hanno impiccato il mio povero buffone»
Cadde
un berretto a sonagli dal cielo e l'impiccato aprì gli
occhi, verde
smeraldo.
«Giorgia..»
sussurrò Rose «Si entra in azione»
**
«Il
piano è molto semplice» ci illustrò
Domi quando tutti fummo
riuniti «James ci creerà il diversivo facendo
esplodere qualcosa di
pericolo all'altro lato del castello»
James
grugnì, infastidito per la sveglia in piena notte.
«Io,
Rose e Scorpius controlleremo che la via sia libera sia per l'andata
sia per il ritorno che per l'andata. Comunicheremo grazie a questi
falsi galeoni» e ci consegnò l'obolo.
«E'
un trucco che usarono anche i nostro genitori al quinto anno»
spiegò
Rose «Quando dobbiamo informarvi di qualcosa il galeone
diventa
caldo e compare una scritta: il messaggio.» e ci
mostrò come si
faceva, dopodiché continuò «Franck,
Giorgia e Fred voi andrete
nella foresta proibita. Usate il mantello dell'invisibilità
e la
Mappa del Malandrino»
«Ehi!»
grugnì James «Quelli sono miei!»
Lo
ignorammo mentre passavamo alla mia parte preferita del piano: la
pratica.
**
Siamo
fuori.
La
scritta comparve sul galeone e la risposta non tardò ad
arrivare.
Qui
è tutto apposto, nessuno si è accorto di niente.
Fate veloce.
«Come
facciamo a trovare il libro?» chiese Franck «la
foresta è immensa»
«Non
lo so...» sussurrai girando intorno agli alberi. Appoggiai
una mano
nella corteccia di una sequoia.
Qual'è
la strada giusta?
Appena
finii di formulare la domanda nella mia mente, gli alberi
cominciarono a spostarsi.
Ma
nel senso letterale della parole. Gli alberi alzarono le radici e
cominciarono a camminare lasciando una via scoperta, come se fosse
una strada.
«Ma
che diavolo?!» sbraitò Fred quando una radici lo
colpì facendolo
ruzzolare a terra.
«Ci
stanno mostrando la strada» sussurrai, piena di meraviglia
«Ci
stanno mostrando la strada!» e mi gettai a capofitto in
quella via.
Sentii
Fred e Franck chiamarmi ma io non mi fermai e corsi a perdifiato fino
a quando qualcosa mi prese la gamba e rotolai a terra.
«Maledizione,
Giorgia!» sbuffò Fred mollandomi
«potrebbe essere pericolo, ci
vuole prudenza!»
Mi
alzai traballante e ripresi a respirare lentamente.
«Scusami,
non so cosa mi è successo» lui annuì.
«Vado
avanti io» disse Franck sfoderando la bacchetta.
Seguimmo
il sentiero con i sensi all'erta, attenti a tutti i rumori. Ma quella
sera la foresta era silenziosa. Troppo silenziosa.
«C'è
qualcosa che non va» dissi fermandomi.
«Cosa
intendi dire?» disse Fred sbattendo sulla mia schiena.
«Il
silenzio. Non si sente nemmeno il fruscio delle foglie o qualsiasi
altra cosa normale nelle foreste.»
«Lo
stavo notando anche io» mi diede man forte Franck
«Qualcosa turba
la foresta.»
Rimanemmo
ad ascoltare alla ricerca del più minimo rumore.
Spff,
spff, spff.
Sgranai
gli occhi.
Spff,
spff, spff.
«Lo
avete sentito?» sussurrai.
«Cosa?»
«Questo!»
e tornammo ad ascoltare.
Spff,
spff, spff.
«Non
lo sentite?»
«Non
c'è niente Giorgia» mi disse Franck «Non
c'è nessun rumore»
«Ma...»
frustata corsi. Corsi verso il rumore, in mezzo alla foresta. Era una
cosa strana ma sentivo l'urgenza di correre verso quel rumore. Corsi
inciampando sulle radici sporcandomi di fango e tagliandomi braccia
e gambe.
Sentivo
Fred e Franck correre dietro di me, ma c'era questa sensazione
strisciante dove dello stomaco che mi impediva di correre e
rispondere alle loro chiamate. Stavo correndo più forte che
potevo
quando mi mancò il terreno sotto i piedi.
E
precipitai. L'aria mi sferzava il e i capelli volavano intorno a me
come una fiamma di fuoco rosso. Sentii la sensazione di vuoto dove
dello stomaco, la stessa che avevo sentito quando io e Al ci eravamo
baciati. Non erano fantasmi, mostri, dinosauri o altre diavolerie
simili, quello era vuoto; proprio sotto il cuore, tra il seno lo
stomaco. Era un vuoto che risucchiava e lasciava altro vuoto
così
profondo che non si poteva riempire, in nessun modo.
Cadevo,
cadevo e basta. Sembrava che niente potesse fermarmi, sarei caduta in
eterno. La testa mi girava e gli occhi mi bruciavano, qualche lacrima
cominciò a scendere ma non faceva in tempo a posarsi sulla
guancia
che l'aria la faceva salire. Come un stella.
Sentii
i piedi toccare tessa e mi ritrovai con la faccia nel terreno sporco.
Sentivo il petto bruciare.
«Giorgia!»
disse Fred correndomi incontro «Stai bene?» aveva
gli occhi
spalancati dalla paura.
Franck
accanto a me mise a pancia in su e poi mi aiutò a sedermi.
Alzai lo
sguardo e rimasi sorpresa: lo strapiombo era alto pochi metri, tre al
massimo, ma a me la caduto era sembrata infinita.
«Com'è
possibile?» sussurrai a tutti e a nessuno.
«Hai
fatto una cosa stranissima» sussurrò Fred
«hai spiccato un balzo e
sei rimasta ferma a mezz'aria e si è formato una piccola
tromba
d'aria e tu te ne stavi al centro.»
«è
stato orribile» lo precedette Franck «Avevi la
bocca spalancata e
tuoi
occhi...
facevano paura» e scosse la testa.
«Io..»
tentai di giustificarmi, ma una luce attirò la mia
attenzione. Per
la prima volta feci caso al luogo dove mi trovavo: era una radura
circondata da un labirinto di specchi.
Era
uno spettacolo così meraviglioso ma così
inquietante che la bocca
mi si aprì per formare un ovale.
«Cos'è
questo posto?» chiesi avvicinandomi.
«Posso
spiegartelo io, se vuoi» mi girai verso la voce femminile e
nel giro
di due secondi mi ritrovai con la bocca spalancata.
Il
mio primo pensiero fu che stessi guardando il riflesso nello specchio
ma mi resi subito conto di sbagliarmi: come può un riflesso
muoversi
a proprio piacimento?
La
ragazza davanti a me era... uguale a me.
La
forma del viso, la statura, la corporatura, gli zigomi, il naso, la
forma degli occhi e delle labbra, i capelli ribelli e le
lentiggini... sembrava di guardarmi allo specchio.
Ma
io suoi capelli non erano rosso fuoco come i miei, erano di non
azzurro elettrico con sfumature grigie e anche i suoi occhi non erano
marrone caldo (o color cacca, a prescindere) erano freddi e di color
argento e brillavano di una luce strana, quasi pazza. Indossava una
canottiera aderente e stropicciata blu scuro e dei shorts grigi, a
piedi nudi, aveva un orecchino con il teschio pendente mentre al
collo portava una fiala contenente un liquido argentato.
Arretrai
impaurita e sorpresa. Fred alla mia destra s'irrigidì mentre
Franck
ebbe la mia stessa reazione shoccata.
«c-chi
sei?» balbettai.
«Io
sono una parte di te, l'altra faccia della medaglia, il buffone
amaro..» sghignazzò «Non ho un nome, non
me lo ha dato nessuno. Ma
io sono il Delirium, quindi sì, chiamami Delirium»
e fece un
inchino ridendo. Ma non era una risata di gioia, era la risata di un
pazzo che prevede la distruzione.
Ero
ipnotizzata, non riuscivo a levarle gli occhi di dosso anche se
sentivo il panico montarmi dentro. Non capivo cosa intendeva, cosa
voleva dire.
«C-cosa
vuoi?» chiesi.
«Da
te? Assolutamente nulla» spense la risata e mi guardo con gli
occhi
che brillavano «Se non sbaglio sei venuta perché
cerchi un
libro...» buttò lì.
Il
libro, giusto. Me ne ero dimenticata!
«Allora
dammelo!» sbottai.
«Quanta
fretta» e alzò gli occhi al cielo «Ti
darò il libro, ma prima
voglio divertirmi un po'»
«Cos...?»
ma prima che io potessi terminare un forte boato provenne alle nostre
spalle. Mi girai e vidi che il burrone dal quale ero caduta franava.
Grossi massi neri rotolavano distruggendo tutto quello che trovavano.
La sorpresa mi paralizzò e non sentii più le
gambe. Franck mi prese
per un braccio e sentii che mi trascinava via. Mi riscossi e presi a
correre pure io e andammo a nasconderci dentro il labirinto.
«Cosa
facciamo adesso?» urlai mentre svoltavamo nelle curve del
labirinto.
«Non
lo so, ma continua a correre» mi urlò Fred.
Continuammo a correre
fino a quando non sentimmo più il boato della frana. Caddi
sulle
ginocchia senza fiato, il cuore mi batteva impazzito. Chiusi gli
occhi cercando di riprendermi. Quando li riaprii ero rimasta sola.
«Fred?»
chiamai «Franck?» silenzio. Ero rimasta sola, erano
spariti.
«FRED!
FRANCK!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola mentre
sentivo
il panico salire nello stomaco. Mi alzai e cominciai a correre
cercandoli spaventata.
«E'
inutile che li cerchi» la mia copia mi
materializzò davanti
bloccandomi il passaggio.
«Dove
sono?! Dove li hai portati?!» sentivo la rabbia salire.
«Il
labirinto vi ha divisi. È questa la sua magia.»
disse con noncuranza cominciando a girarmi intorno.
«Continuo
a non capire, si può sapere chi sei?!» strinsi le
mani a pugno.
«Non
lo hai ancora capito?» si prese gioco di me «sono
tante le cose che
non sai...»
«Rispondimi
invece di sparare cazzate!»
«Vuoi
sapere chi sono?» assottigliò gli occhi e sentii
un brivido
scendermi lungo la schiena. Con uno scatto fulmineo mi colpì
lo
stomaco con un pugno fortissimo. Lo scontro mi fece sollevare da
terra e riprovai quell'orribile sensazione di vuoto allo stomaco.
Quando toccai terra Delirium sussurrò:
«Lo
hai sentito? Hai sentito il vuoto, quel buco nero dentro di te? Lo
hai sentito, vero?» e partì in una risata folle.
Mi alzai tremante
sulle gambe e la fissai cercando di capire dove volesse andare a
parare.
«Io
sono quel vuoto, quel risucchio. Sono quella parte mancante che
c'è
dentro di te!» e riprese a ridere «Io sono il tuo
Delirium e tu sei
il mio Chaos. Insieme ci completiamo» e allargò le
braccia.
«Io..tu...non
capisco, cosa vuoi da me?!»
«Da
te assolutamente nulla, te l'ho detto. Anzi, voglio saggiare la tua
forza» aprì il palmo della mano destra e sentii il
vento salire
anche se aravamo protette dai grandi specchi. Davanti a me si
formò
una tromba d'aria e mi si schiantò contro. Rotolai di lato
mentre
l'aria mi sferzava i capelli e mi faceva lacrimare gli occhi. Sbattei
con la testa su uno specchio e sentii come se il cranio si fosse
spaccato. Tesi le mani davanti a me come per fermare la tromba d'aria
quando da esse partì uno scudo che mi riperò dal
vento. Quando
tutto finì mi fissai le mani con gli occhi spalancati.
«Come...?»
Delirium
rise più forte e cominciò a lasciarmi addosso
fiammelle infuocate.
Cercai di schivarle, ma una mi colpì il braccio sinistro
ustionandomi. Il dolore mi fece vedere a puntini e caddi a terra.
«Tutto
qui?» mi chiese sprezzante. Pregai che non facesse un'altra
delle
sue magie. Ero stanca, le cadute mi avevano procurato parecchie botte
e il braccio mi bruciava in una maniera insopportabile. Sentii
montare il panico quando si avvicinò e mi sembrò
di essere in
trappola, che le pareti lisce lucide fossero troppo strette e mi
soffocassero.
«Che
debole, non conosci nemmeno un quarto dei tuoi poteri.» mi
sillabò
sprezzante.
Ecco,
il mio problema è che sono una tipa orgogliosa, molto
orgogliosa, e
sentirmi presa in giro in quel modo fu...non lo so ma mi diede la
forza di rialzarmi.
Ah,
sono debole? Te lo faccio vedere io quanto sono debole!
«STUPEFICIUM!»
gridai puntando la bacchetta. Un raggio rosso partì contro
di le mai
s'infranse contro la sua mano.
«Non
dirmi che usi ancora questi incantesimi da quattro soldi»
«PIETRIFICUS
TOTALUS!» ma parò anche tendendo solamente una
mano.
«Non
te ne rendi proprio conto, vero? Non funzionano con me e non possono
funzionare nemmeno con te»
La
fissai arrabbiata, cercando di capire. Il mio pensiero andò
all'anno
prima quando papà mi aveva insegnato a controllare i
sentimenti.
«Cosa?»
avevo chiesto senza capire e lui mi aveva risposto «Se
controlli i
tuoi sentimenti puoi controllare anche gli elementi»
Forse
quello era l'unico modo per ferirla. Cercai di concentrare tutta la
rabbia tra le mie mani, cominciò a vorticare dell'aria e con
tutte
le mie forze la schiantai contro la mia avversaria ma
l'assorbì nel
suo petto sorridendo.
«Già
meglio» ridacchiò «ma
puoi fare di più» e tese le braccia verso me con i
palmi delle mani
rivolte verso l'alto. Non so cosa successe ma mi ritrovai a terra
mentre un coltre di buio mi tratteneva e mi soffocava. Presa dal
panico più totale chiusi gli occhi e dietro le mie palpebre
scoppiarono luci colorate e sentii il cuore farsi sempre più
pesante. Aprii la bocca come per urlare poi sentii un formicolio che
partiva dalla punta delle dita. Aprii gli occhi di scatto e vidi le
mie mani andare a fuoco, ma non stavano bruciando. Anzi, non facevano
nemmeno male, sentivo solo un po' di fastidio. Il fuoco diventava
sempre più potente poi s'illuminarono di una luce
abbagliante che
scacciò il buio.
Fu
una sensazione meravigliosa, ripresi a respirare regolarmente e il
cuore riprese a battere. Alzai lo sguardo verso Delirium. I suoi
occhi mostrarono sorpresa ma la scacciò subito con un ghigno
divertito.
«Vedo
che cominci a capire...»
Sì,
cominciavo a capire. O meglio, il mio
istinto
cominciava a
capire.
Piantai
le mani nel terreno e cominciarono a crescere delle piante a una
velocità sorprendente. Un edera rampicante mobilizzo la mia
avversaria, questa si dimenò ma poi la sfiorò con
un dito
incenerendola. Mi concentrai il più possibile mentre altre
radici
cominciarono a intrappolarla.
Potevo
farcela, ce la stavo facendo. La stavo bloccando. Cominciai ad essere
fiduciosa e a sperare in una vittoria. Speranza vana perché
lei
cominciò a illuminarsi di una luce verde, accecante. Anche
l'aria
s'illuminò e fui costretta a chiudere gli occhi. Faceva
caldo e
provai dolore in tutto il corpo. Mi gettai a terra lasciando che il
mio istinto lavorasse per me e ben presto la luce sparì.
Quando
alzai lo sguardo scoprii di essermi rintanata in una specie di igloo
di ghiaccio. Lo spezzai con la mano e mi ritrovai davanti a Delirium
che rideva sguaiatamente. Continuò a colpirmi ripetutamente,
con
ogni genere di incantesimi. Resistetti solo a un quarto di essi,
più
di una volta crollai a terra distrutta davanti al suo sguardo
sprezzante.
«vediamo...»
sussurrò più a se stessa che a me prima di
schioccare le dita.
La
temperatura intorno a me scese almeno sotto le zero mentre sentii
l'angoscia invadermi. Alzai lo sguardo e vidi un Dissennatore che
avanzava verso di me con i suoi lenti e pesanti respiri. E io ero
così stanca...
Davanti
ai miei occhi passò una tomba bianca e un vuoto devastante.
Presi la
bacchetta e cercai di scacciare quelle immaginai. Pensai invece allo
scherzo fatto ad Al, a quando Fred mi aveva mostrato tutti i
nascondigli di Hogwarts, le giornate con Franck...
«EXPECTO
PATRONUS!» dalla mia bacchetta uscì uno sbuffo di
fumo azzurro e
argento e con mia grande felicità diventò un
leopardo maculato con
gli enormi occhi nocciola. Andò contro il Dissennatore
lacerandogli
la veste con gli artigli.
Stava
per farlo sparire del tutto quando comparve un altro patronus.
Delirium di fronte a me tendeva le braccia verso il Dissennatore e
dal suo petto uscivano dei fili di fumo d'argento che andarono a
formarsi in un lupo. Lo stesso lupo che avevo creato durante l'ora di
Difesa.
«Non
è possibile..»
«Possibilissimo,
invece» ghignò.
«Il
mio...il tuo...» sussurrai cercando di far ordine. Lei
ridacchiò
prima di sparire via.
E
rimasi sola, in mezzo a quelli specchi che riflettevano il mio
sguardo smarrito.
**
Alla
fine avevo deciso di camminare sperando di ritrovare gli altri. Il
tempo era strano, non riuscivo a capirlo e potevano essere passati
mesi come pochi minuti. Avevo sete e i piedi mi dolevano, volevo
sedermi ma sapevo di non doverlo fare. Avevo paura, paura che se mi
fosse svegliata sarei crollata.
Inciampai
in un sasso e caddi a terra, tagliandomi uno zigomo e gemendo.
Durante la battaglia con quella mia gemella cattiva avevo subito
molte ferite e avevo i vestiti lacerati.
Improvvisamente
trovare il libro, scoprire la verità non mi parve
così importante e
desiderai tornarmene a casa, nel mio letto a baldacchino con Rose e
Dominique a mangiare i rimasugli di nutella. Alzai lo sguardo al
cielo; era nuvoloso e grigio, non si vedeva nemmeno una stella.
Provai
ad alzarmi, ma le gambe non mi rispondevano, la gola bruciava e
chiusi gli occhi.
Solo
per un secondo, li riapro subito.
Anche
nel sogno camminavo,lentamente come se non volessi continuare.
Davanti a me si materializzò una porta. Restai ferma,
davanti a
legno, indecisa se aprire o no. Sentivo delle voci sibilanti intorno
a me, dentro la testa. Cercai di scacciarle, ma più ci
provavo più
loro ripetevano le stesse identiche parole come il ritornello di una
canzone, una terribile canzone.
«Ora
ti odia»
«Il
tuo nemico»
«Il
tuo destino»
«Il
suo sangue»
«Lo
vuoi.»
Esasperata
aprii la porta e mi ritrovai davanti a un Fred tremante.
«Giorgia...»
mi chiamò, la voce piena di paura
«fallo...»
i
suoi capelli rossi stavano diventando neri come la pece e i suoi
occhi grigi spento con una luce crudele.
«Giorgia...»
sussurrò per l'ultima volta. Presi il pugnale e lo conficcai
con
tutta la forza che avevo nella carne, nel petto, dove del cuore.
Cominciò a sgorgare sangue rosso, rosso come i suoi vecchi
capelli.
Premetti più a fondo mentre i sussurri diventavano
più esigenti.
«Uccidilo.»
Mi
sveglia urlando, sentendo ancora il sangue tra le mani e vedendo i
suoi occhi grigio spento fissarmi maligni.
Ero
ancora nel labirinto, ero sala, non avevo ucciso nessuno, non avevo
ucciso Fred.
Mi
calmai un poco mentre mi rialzavo traballante. Mi appoggiai a uno
specchio mentre le immagini dell'incubo continuavano a susseguirsi
nella mia mente.
Ripresi
a camminare, sperando di dimenticarle.
C'era
così tanto sangue, era così rosso e... sentii che
ero prossima alle
lacrime e mi impiantai le unghie nei palmi della mani.
No,
non dovevo piangere. Dovevo uscire e salvare i miei amici.
La
consapevolezza mi trafisse il cuore: era colpa mia se eravamo
bloccati, era colpa mia.
Una
lacrima silenziosa mi rigò la guancia.
**
«Giorgia!»
mi girai di colpo, mentre il mio cuore perse molti battiti dalla
sorpresa e dalla speranza
«Franck!»
urlai verso il ragazzo che mi stava correndo incontro. Corsi anch'io
cercando di raggiungerlo.
Eravamo
a un palmo di distanza quando uno specchio si materializzò
bloccando
la strada. Ci sbattei contro incredula, dall'altro lato anche Franck
mi fissava incredulo e furioso.
No,
quella maledetta non poteva divertirsi in quel modo.
Cominciai
a tempestare la parete di pugni calci sempre più arrabbiata
mentre
dalle mie labbra uscivano ringhi animaleschi. Avevo le mani
elettriche e lanciavano scintille sullo specchio. Mi gettai contro
con tutto il mio peso, gli lanciai ogni genere di incantesimi in mio
possesso.
Ero
arrabbiata, frustata e la mente così confusa che cominciai
ad avere
le allucinazioni. Colpii ancora una volta lo specchio con il pugno.
Una
crepa.
Si
formò una crepa. Rimasi immobile mentre il mio pugno
rilasciava una
luce leggera che s'infilava nella crepa.
Poi,
scoppiò.
Lo
specchio si ruppe in mille pezzi.
Sentii
le schegge ferirmi il braccio, il corpo e le gambe. Mi morsi il
labbro cercando di non urlare dal dolore. Avevo la vista a puntini e
a sprazzi cadevo nelle tenebre totali. Le gambe cedettero e rischiai
di cadere a terra ma sentii le braccia forti di Franck stringermi.
«Non
lasciarmi» cercai di sussurrare prima di perdere del tutto
conoscenza.
Quando
mi risvegliai ero distesa a terra, con il capo appoggiato a una gamba
di Franck.
«Stai
bene?» mi sussurrò appena si accorse che ero
sveglia.
Annuii
piano, mi faceva male tutto.
«Ti
sei...eri luminosa.» sussurrò, sfiorandomi un
taglio sopra
l'occhio.
«Luminosa?»
chiesi, la gola secca e la voce che mancava.
«Eri
avvolta da una luce arancione, come le lucciole»
spiegò. «Eri...
bellissima» Distolsi gli occhi da quelle iridi castane, quasi
bionde.
«Ce
la fai a camminare?» mi chiese con dolcezza.
Annuii,
anche se non ne ero molto sicura. Ma odiavo sentirmi così
debole, lo
odiavo.
Mi
aiutò ad alzarmi e mi fece muovere qualche passo ma le gambe
non mi
ressero e gli crollai adosso.
«Sto
bene, ce la faccio» sussurrai, più a me stessa che
a lui. Mentre mi
concentravo per stare in piedi sentii una forte pressione sotto le
cosce e mi sentii sollevare da terra.
«Franck..?!
cosa stai facendo? Mettimi giù, ce la faccio»
protestai , mentre mi
prendeva in braccio.
«Non
dire cazzate» mi rimbeccò «Ti porto io,
non pesi tanto.
Tranquilla...» e cominciò a camminare.
E
io rimasi come un ebete a fissare il suo profilo.
Odio
fare la parte della principessina che viene salvata. Fin da piccola
volevo combattere i 'mostri' di prima persona.
Ma
devo ammettere che la cosa non mi dispiaceva, si stava così
bene tra
le sue braccia, mi dava la sensazione di essere protetta.
Stavamo
camminando da un po' di minuti ( o forse più. Ribadisco,
lì il
tempo era impossibile da decifrare) quando sentimmo uno schianto.
Franck
s'immobilizzò mentre io aprii la bocca per chiedere cosa
fosse
stato. Il resto successe tutto troppo velocemente e questo non
è un
film, niente rallentatore. Ma mi ricordo ancora le cose con una
chiarezza incredibile.
Gli
specchi davanti a noi che si sgretolavano in piccole schegge lucenti,
Franck che si gettava a terra, il suo corpo sopra di me mentre mi
proteggeva dalle schegge... le ricordo così bene che se
chiudo gli
occhi sembra che la stia vivendo ancora una volta.
Durò
tutto un attimo, le schegge caddero a terra e nessuna mi
colpì
grazie alla protezione del corpo di Franck.
Quando
tutto finì lui rotolò di lato con un gemito.
«Franck!
Stai bene?!» urlai preoccupata. Alzai lo sguardo e vidi Fred,
illeso
e in ginocchio mentre tendeva le mani verso Delirium per
allontanarla. La scena era come congelata poi sparirono in una coltre
di tenebre.
«Cos'è
successo?» chiese Franck, alzandosi a fatica. Quando lo vidi
gli
occhi mi si riempirono di lacrime.
«Sei
ferito!» e sfiorai alcuni tagli sanguinanti. Sul suo viso
comparve
una smorfia di dolore.
«Lo
so, ma non è importante. Fred...» e raggiungemmo
la nebbia.
Cosa
potevo fare?
Mi
sentivo impotente, inutile. Cercai di immergere una mano ma provai
una sensazione di puro terrore e la tolsi. Ma non potevo
abbandonarlo!
Presi
un grosso respiro e mi inoltrai nell'oscurità.
Fu
orribile, mi sentivo gelare e il terrore mi invadeva da capo a piede.
Non riuscivo a muovermi.
Fred...
Sentii
che il mio petto si gonfiava e le mani prudermi.
Nell'oscurità si
accede una luce.
Erano
le mie mani.
Quella
luce mi invase, la sentii che scioglieva il ghiaccio che si era
impossessato del mio corpo e la luce scacciò le tenebre.
E
ritornammo nella radura, ai piedi del labirinto distrutto.
Fred
era davanti a me, svenuto con un taglio sanguinante nella testa.
Delirium si era seduta su un masso, in mano teneva un libricino di
cuoio.
Me
lo lanciò. Non lo presi, e mi inginocchiai davanti a Fred.
La mia
strana gemella fece una smorfia.
«Dentro
quel libricino c'è la verità che cerchi, devi
solo chiedere e
fidarti»
«Io
non mi fido di te» sputai con rabbia.
Un
ululato infranse il silenzio.
Oh
no, che altro c'è ancora?! Mi
ritrovai a pensare.
Dalla
parte opposta della radura comparve un lupo.
Alzai
lo sguardo nel cielo. Le nuvole erano scomparse e lasciavano una
fetta di cielo scoperta.
C'era
la luna piena.
Franck
corse verso di noi e mi aiutò a prendere Fred caricandolo in
spalla.
Troppo
tardi, il lupo mannaro ci aveva visto e stava correndo verso di noi.
«SCAPPA!»
mi gridò Franck «SCAPPA» e i
spintonò via. Per un folle momento
presi in seria considerazione di scappare e lo stavo per fare, invece
mi ritrovai a fare la cosa opposta. Mi gettai in mezzo ai due ragazzi
e al lupo gridando
«FERMO!»
e
si fermò. Rimase a fissarmi con i suoi occhi intelligenti, i
suoi
occhi umani.
Si accucciò a terra come un cucciolo di pastore tedesco
fissandomi
tranquillo...
Lo
fissai sorpresa.
«Dovresti,
invece» sussurrò Delirium. Era una mia impressione
o aveva lo
sguardo ferito. Il mannaro sentendo la sua voce si alzò e
camminò
verso di lei lasciandosi accarezzare.
«Io
non sono un tuo nemico» aveva la voce più triste
del mondo «Io non
sono un tuo nemico» ripeté.
Ero
shoccata , la fissavo imbambolata quando Fred aprì gli occhi.
«Ci
sono riuscito?» chiese. «Ho distrutto lo
specchio?»
«Sì»,
sussurrai anche se ne non sapevo a cosa si riferisse. Lui sorrise
soddisfatto prima di chiudere gli occhi.
«Giorgia...»
mi chiamò Franck. Mi girai, chiedendogli cose c'era con lo
sguardo.
«Il
galeone » sussurrò passando la moneta.
Era
il galeone stregato da Rose e sulla superficie lisci erano incise
poche parole.
Hogwarts
è stata attaccata.
|
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Capitolo 20 *** Il teatrino dell'infermeria. ***
20.
Il
teatrino dell'infermeria.
**
Gente, sono qui per darvi una grande
notizia che,
probabilmente, traumatizzerà molti di voi: Cupido non
esiste!
Insomma, andiamo. Credete davvero che se un essere armato di frecce
con tanto di ali che fa innamorare tizia di tizio fosse esistito
qualcuno non lo avrebbe fatto fuori? Certo, questo dipenderebbe se
fosse stato astuto e bastardo...
….ok, mettiamo che fosse sia
astuto che bastardo e che
quindi esiste. Ora io mi chiedo: Perché? Perché
certe cose si
vengono a sapere in momenti fin troppo imbarazzanti? Ad esempio
quando lui ha rischiato la morte e tu hai appena fatto una scoperta
un po' traumatizzante; e sì, sto parlando per esperienza.
**
Era
il galeone
stregato da Rose e sulla superficie liscia erano incise poche parole.
Hogwarts
è stata
attaccata
Aprii
la bocca
sentendomi il sangue gelare nelle vene.
Hogwarts
è stata attaccata.
Non
riuscivo a
credere a quello che c'era scritto.
Hogwarts
è stata attaccata.
No,
impossibile...
«Giorgia...»
Franck mi prese per le spalle fissandomi dritto negli occhi
«Calmati,
va tutto bene» solo in quel momento mi accorsi di avere il
respiro
accelerato
«Dobbiamo
correre, dobbiamo aiutarli!» dissi in preda all'ansia.
«Calmati!»
mi ripeté «Fred è svenuto, non possiamo
andare da nessuna parte»
Frustata mi divincolai e cominciai a scalciare intorno a me.
«Se
volete...io posso aiutarvi» disse Delirium dietro di noi. Mi
girai
di scatto guardandola male mentre il lupo Mannaro si
avvicinò
docilmente a noi. Franck si ritrasse d'istinto spaventato da quel
chiostro di denti. Io, ormai, qualcosa l'avevo capita e gli feci un
grattino tra le orecchie distrattamente chiedendo:
«ci
porteresti fino a Hogwarts?»
In
risposta rizzò le orecchie, ululò e poi si
rincorse la coda; infine
si accucciò davanti a me in attesa.
Franck
lo guardò titubante ma poi si arrese e mi aiutò a
caricare Fred nel
dorso del lupo. Poi salimmo pure noi.
«Aspetta»
mi richiamò Delirium «Dimentichi questo»
e mi passò il libricino
con la copertina di cuoi rovinato. Lo presi sistemandolo in una tasca
della felpa. Io e Delirium ci fissammo poi lei sussurrò:
«Ci
rivedremo» e sparì.
Turbata
da quel saluto spronai il lupo e mi ritrovai con gli alberi che
saettavano intorno a me. Ma in mente avevo solo un pensiero:
Ti
prego, fa che non sia troppo tardi.
**
E'
strano come la
nostra mente rendi tutto confuso a causa dell'ansia. Non ho ricordi
precisi della cavalcata o dell'entrata a Hogwarts, E' come se il mio
cervello si fosse improvvisamente spento per riaccendersi dopo.
«NO!»
urlai con
tutto il fiato che avevo in gola. Ero nella Sala d'Ingresso, davanti
a me un manipolo di personaggi vestiti in blu e in nero combattevano
con gli abitanti di Hogwarts. Ma non era stato quello a spaventarmi,
tutt'altro. A ripensarci adesso, mi reputo una grande stupida visto
tutti i casini che sono saltati fuori dopo, era meglio lasciarlo
crepare. Ma in quel momento mi era sembrata la cosa giusta da fare.
Un
tizio con il
cappuccio nero sovrastava un ragazzo dai capelli corvini con un
pigiama con gli ippopotami obesi: Albus.
Mi
lanciai verso
quella direzione mentre Franck stendeva Fred in un posto sicuro. Mi
aggrappai con forza alla schiena dell'omino vestito di nero
cominciando a tempestarlo di pugni. Lui mi scrollò come
fossi una
mosca continuando a combattere con Albus.
Sì,
va bene, forse
soffro un tantino di egocentrismo ma essere ignorata in quel modo mi
mandò totalmente in bestia, soprattutto perché il
mio doveva essere
un atto di salvataggio.
Incazzate
nera
decisi di usare la magia alla Delirium (come avevo iniziato a
chiamarla) e dal pavimento cominciarono a uscire delle radici che si
avvolsero intorno all'uomo nero scagliandolo lontano. Solo in quel
momento Albus si accorse di me.
«G-Giorgia?»
balbettò «Come hai fatto?!»
«Fottiti»
risposi
ricordandomi improvvisamente chi era e cosa aveva fatto, ma
nonostante tutto lo portai al riparo – continuando a
insultarlo
ovviamente.
«ma
posso sapere
che cazzo ti ho fatto?!» sbottò. Stavo per
rispondere quando Franck
ci raggiunse.
«Bel
pigiama»
disse lugubre ad Albus mentre creava un incantesimo scudo intorno a
noi.
«Lo
so» ringhiò
lui di rimando «e com'è che voi due non lo
avete?!»
Sentii
che le guance
mi si tingevano di rosso ma l'imbarazzo di rispondere ci fu tolto da
un incantesimo che infranse la barriera creata da Franck.
Per
la prima volta
da quando ero entrata mi accorsi della situazione intorno a noi. Alla
fine Hogwarts non era messa poi così male; le figure
ammantate di
nero combattevano con gli studenti più grandi e in lato vidi
il
professor Hagrid lottare contro due di essi mentre la professoressa
di Antiche Rune scagliava incantesimi a tutto andare.
«Attenti!»
Franck
mi spostò un secondo prima che un incantesimo si schiantasse
nel
muro alle mie spalle.
«G-grazie»
balbettai rialzandomi. Lui scrollò le spalle e ci spostammo
sempre
con le bacchette sguainate aiutando di tanto in tanto chi era in
difficoltà.
«Ma
chi sono
chiesi?» evitando un fiotto di luce rossa. Al scosse la testa
«Non
lo so, secondo qualcuno potrebbero essere Mangiamorte» fissai
la mia
bacchetta mentre tutti gli articoli di giornale in cui si parlava di
aggressioni in luoghi a me familiari mi passavano davanti agli occhi.
E
così, alla fine mi hanno trovato e io non so ancore niente,
pensai amaramente.
«STUPEFICIUM!»
urlai con tutto il fiato che avevo in gola verso un'incappucciato. Il
tizio si spostò appena in tempo, ma nel farlo il cappuccio
scivolò
rivelando dei tratta femminili e due occhi rossi come il sangue. La
ragazza, che sembrava poco più grande di m, rise sprezzante
prima di
cominciare a lanciare incantesimi mortali verso me e i miei amici.
Cercammo di evitarli o di pararli il meglio possibile ma uno
colpì
in pieno la mia bacchetta, disarmandomi.
La
ragazza rise, una
risata agghiacciante. Evitai un incantesimo per un pelo rotolando a
terra procurandomi un altro graffio sulle gambe. Mi alzai di colpo
cercando di sprigionare un po' di quella energia che aveva usato
Delirium contro di me. Tra le mie mani sfrigolò un globo
rossastro
che gettai contro l'avversaria. Sfortunatamente la mia mira pessima
le acconsentì di evitarlo. Rimase immobile a fissarmi, un
sorriso
vittorioso stampato in faccia. Cercai di approfittarmene della sua
momentanea distrazione per circondarla in un anello di fuoco. Ok, non
era veramente fuoco, era solo un illusione ma è sempre
meglio di
niente! Ma, evidentemente, la mia avversaria doveva saperlo
perché
lo attraversò senza battere ciglio, alzò la
bacchetta puntandola
davanti a me. Un fiotto di luce blu elettrica attraversò lo
spazio
che ci separava.
Era
troppo tardi per
fare qualcosa.
Sentii
qualcosa
tirarmi per il braccio destro e mi ritrovai con il viso premuto sul
marmo della sala. Franck sopra di me assorbiva l'urto
dell'incantesimo. Quando la luce sparì lo sentii lasciare la
presa e
fui libera di alzarmi.
Gridai
il suo nome
con tutto il fiato che aveva in gola, ma lui rimase a terra svenuto.
«NOOOOOOO!»
Ma
questa volta non ero stata io ad urlare. Davanti a me si era
materializzata Delirium e sembrava spaventata a morte, molto
più di
me. Alzò lo sguardo verso la strega davanti a noi che
sembrava
piuttosto spaventata.
«Uscite
da
questo posto, non toccate più nessuno che ha a che fare con
la
maledizione!» aveva la voce tonante di chi sta per
dare un
ordine. Sentii dentro di me accendersi una rabbia folle e il terreno
intorno a noi cominciò a tremare. Sentivo quella strana
forza
prosciugarmi totalmente e ormai non riuscivo più a
controllarla. In
un ultimo barlume di lucidità vidi Delirium sparire, poi fu
il buio
totale.
**
«Una
cosa
incredibile... in tutta la mia vita non ho mai visto niente di
simile»
«Si
tranquillizzi,
professoressa, faremo tutto il possibile per trovare il
colpevoli.»
«Me
lo auguro,
Harry, quello che è successo è
incredibile»
«Ci
sono stati
altri feriti?»
«No,
almeno non
gravi come loro. Il signor Paciock era in pericolo di vita, per non
parlare di Weasley...»
Quel
brusio, quei
nomi... nel buio mi si accese una luce e aprii di colpo gli occhi.
Rimasi per un attimo cieca per la troppa luce, poi lentamente misi
tutto a fuoco. Ero in infermeria, in un letto caldo e morbido, poco
lontano da me Fred stava disteso verso di me ad occhi aperti
ascoltando la conversazione. Aprii la bocca per chiamarlo ma lui
m'intimò di stare in silenzio posandosi un dito sulle labbra.
«E
il prigioniero?»
stava chiedendo la preside.
«Una
pattuglia di
Auror lo sta interrogando, fra un po' sapremo qualcosa» la
voce di
Harry sembrava molto stanca.
«Hogwarts,
attaccata...erano anni che...»
«No,
signor
Potter!» la McGranitt fu interrotta dall'urlo di Madama
Chips, lo
sbattere delle porte e dei passi frettolosi.
«Papà!»
la voce
di Albus sembrava molto arrabbiata e spaventata.
«Al!»
suo padre
rispose con voce sorpresa.
«Mi
dispiace, ho
tentato di fermarlo ma è riuscito a passare
comunque» disse la voce
dell'assistente della Chips.
«Non
dovresti
essere qui» disse Harry stancamente.
«E'...è
vero?»
sussurrò Al. Passò un attimo di silenzio che fu
interrotto da un
fragoroso rumore, poi ritornò un silenzio grave.
«Giorgia...»
sussurrò. Sentendomi presa in causa arrischiai un occhiata
verso la
loro direzione. Albus era seduto in una sedia, la testa tra le mani
mentre gli adulti lo fissavano neutri.
Poco
più in là
stava Franck svenuto e pallido. Mi si strinse il cuore. Quella sera
mi aveva salvato la vita due volte. Al si alzò cominciando a
camminare avanti e indietro.
«Signor
Potter!»
sbraitò Madama Chips «Sveglierà i
ragazzi»
«Stia
tranquilla,
Madama» disse Fred tirandosi a sedere «Siamo
già svegli» tentai
di imitarlo ma l'infermiera mi fu addosso in un battibaleno
ributtandomi giù sibilando «Non vi azzardate a
scendere! Siete
ancora piuttosto deboli.» il suo sguardo era talmente
minaccioso che
decisi di ubbidire e rimasi tranquilla a differenza di Fred che non
sembrava affatto intenzionato a rimanere nel letto.
«Cos'è
successo?»
«Durante
il breve
combattimento a Hogwarts qualcuno ti ha colpito e sei
svenuto»
spiegò spiccia la preside con una ruga di preoccupazione
nella
fronte.
«Combattimento?!
A
Hogwarts?!» chiese Fred un po' sorpreso e sollevato.
«Certo,
non si
ricorda niente signor Weasley?»
«No»
la fissò con
sguardo vacuo mordendosi il labbro in una maniera che avrebbe
convinto anche me che sapevo come era svenuto in realtà.
La
porta
dell'infermeria si aprì di nuovo e entrò il
professor Paciock
seguito da George e Angelina.
Il
professore di
Erbologia si diresse bianco come un cencio verso il capezzale del
figlio mentre George si diresse verso Fred
«Stai
bene?!»
chiese preoccupato.
«Oh,
insomma! I
pazienti sono deboli, meno chiasso!» sbraitò la
Chips che venne
ignorata da tutti. La porta si spalancò ancora una volta e
mio padre
entrò rumorosamente bianco e spaventato.
«GIORGIA!
Stai
bene?» mi prese le mani fissandomi attentamente
«Sì,
sto bene»
balbettai «Sono solo un po' scossa» Papà
sembrava veramente
terrorizzato.
«Signor
Flox, la
preghiamo di contenersi» ringhiò l'infermiera.
Federico la ignorò
completamente e continuò:
«Mi
hai fatto
prendere uno spavento folle»
«Vedo...»
sussurrai.
«Ma
cos'è successo
esattamente?» chiese Angelina vicino al figlio.
«Non
lo sappiamo
con certezza» iniziò la preside McGranitt
«Questo gruppo di maghi
è penetrato nel castello creando un baccano che ha svegliato
noi
insegnanti e i studenti. I più piccoli sono stati presi dal
panico
mentre gli studenti più grandi hanno combattuto insieme a
noi» fece
una pausa «Ad un certo punto la terra ha iniziato a tremare e
c'è
stata una luce abbagliante, in quel momento i nostri avversari sono
scappati terrorizzati. Alla fine abbiamo trovato loro tre svenuti e
il signor Potter illeso vicino a loro»
«Sei
stato tu, Al?»
chiese suo padre con voce controllata «a far tremare la
terra,
intendo?»
«No»
sussurrò il
sopracitato «è stata...è
stata...» le parole gli morirono in
gola.
«è
stata la
signorina Flox» terminò gravemente la McGranitt.
Papà si girò a
guardarmi ancora una volta muovendo le labbra ma senza far uscire
nessun suono.
«Qualcuno...qualcuno
si è fatto male?» chiesi timorosa.
«No,
solo voi tre»
disse la Chips ancora arrabbiata.
«Oh...»
«Vicino
a te è
stato trovato questo libricino» continuò la
preside rivolta a me
«Sai che libro è?» e lo
mostrò.
Feci
segno di no con
la testa mentendo solo su una parte: il libro che aveva tra le mai
era quello che mi aveva dato la mia gemella cattiva, ma non sapevo
quale fosse esattamente.
«Questo»
iniziò
la McGranitt «è il Libro delle Risposte»
Inarcai
un
sopracciglio «E sarebbe?»
«Tu
scrivi una
domanda, una domanda qualunque, e lui ti scrive la risposta»
spiegò
Harry.
«Come
fai ad averne
una copia? Al mondo ne esistono solo quattro»
Aprii
la bocca senza
sapere in realtà cosa dire, al momento non mi veniva nessuna
balla
possibile.
«Lo
aveva la strega
contro la quale combattevamo» mi girai verso Albus con la
bocca a
forma di 'o' sorpresa che mi affrettai a far tornare al suo posto.
«Durante il combattimento le è caduto e Giorgia lo
ha raccolto»
finì lui. Mi chiesi perché stesse mentendo a suo
padre e agli
insegnanti.
«Confermi?»
mi
chiese la Mc. Annuii, cercando di non avere l'aria di chi ha scoperto
l'esistenza di un nuovo continente.
«In
ogni caso
questi libri sono pericolosi» fece papà
«la verità spesso fa
male»
La
preside annuì
«Sì, credo che metteremo il libro nel reparto
proibito della
biblioteca»
Sentii
il mio cuore
indurirsi.
COSA?!
Non
potevano farlo,
non dopo tutto quello che avevamo fatto io, Fred e Franck per
prenderlo. Perché papà aveva fatto
così? A lui le cose pericolose
erano sempre piaciute, perché ora consigliava di nascondere
il
libro?
Sbuffai
impotente e
stavo per aprire la bocca per protestare quando le porte
dell'infermeria si aprirono ancora una volta e, a completare il
quadro delle disgrazie, entrò la professoressa di
Divinazione, i
capelli stravolti e gli occhi neri spalancati che sembravano
inghiottire tutto ciò che guardavano. Si mise le mani nei
capelli
prima di professare con una voce... strana:
«Il
ritorno
Quello
che tutti
stavano aspettando è giunto.
Oh,
natura, una
moneta con due facce
divisa
dalla
maledizione di un padre
unita
dal sangue
e con il sangue
Morte
e Vita,
Gioia o Luce!
La
scelta, la
scelta per i buffoni è vicina.
Chi
ami di più?
La domanda dovete risolvere
Per
chi vale
morire, chi vale la pena di perdere?
No!
Lo specchio,
il ragazzo rosso sarà blu se l'odio crescerà
E
lui, l'ultima
decisione di chi scampò la morte una volta
se
tornare ai
suoi passi alla tomba.
Scegli,
ragazza,
scegli»
Il
suo sguardo mi
metteva i brividi e mi si paralizzò il respiro quando mi si
avvicinò
traballante e fece scorrere un dito sul mio collo seguendo una ferita
ancora aperta che mi aveva inflitto da Delirium.
«Guardati
nello
specchio.
Dimmi,
che cosa
vedi?
La
ferita del
delirio a te inflitta
crea
il Chaos!»
E
scivolò a terra,
ai piedi del mio letto mentre l'ultimo verso rimbombava nelle pareti
ripetuto da altre mille voci sussurranti.
Tutti
quanti nella
stanza erano pietrificati e sembrava che il tempo si fosse fermato.
Potevo vederlo, fluttuava davanti a me in spire pigre. Solo una
persona presente nella sala si mosse.
Mio
padre.
Scavalcò
il corpo
esanime della Shereen e mi prese per le spalle. Fui attraversata da
una paura folle, avevo visto solo una volta arrabbiato in quel modo,
ovvero quando mi ero materializzata per sbaglio nelle coste della
Cornovaglia sparendo per tutta la mattinata.
Il
suo bel viso
giovane era deformato dalla rabbia e gli occhi azzurri lanciavano
saette, aveva un che di spaventoso: l'aria intorno alla sua sagoma
era distorta e di un colore giallo e grigio. Mi strattonò
per le
spalle sibilando:
«Cosa
diavolo
vuol dire 'la ferita del delirio'?!»
«N-non
lo so»
balbettai mentre sentivo la pelle bruciare «mollami, mi fai
male»
«Dove
hai preso il
libro?!»
«Te
lo ha detto...
l'ho raccolto dall...»
«Non
mentirmi, so
riconoscere una bugia quando la vedo»
«Già»
dissi con
una risata amara « tu mi hai sempre mentito a quanto
pare»
Mi
scagliò a terra
e mi incastrai in mezzo alle coperte.
«Cos'hai
scoperto?»
ruggì. Tentai di liberarmi dalle lenzuola bianche, ma
più mi
dimenavo più mi incastravo e mi arrabbiavo. Sentii le mani
prendere
fuoco e con esse la coperta; la bruciai e riuscii a liberarmi. Spensi
il fuoco sulle mani chiudendo i pugni e sibilando:
«Tu
sei un De
Immortales, vero?» papà non
negò e rimase a fissarmi
ringhiando:
«Meno
sai meglio è»
«perché?!»
sbottai «perché?! Voglio sapere perché
riesco a fare tutte queste
magie, guarda!» i miei polpastrelli s'illuminarono e
cominciarono a
scendere dei filamenti di luce, come le stelle «Cosa
significa tutto
questo?! Io voglio saperlo e se tu non me lo vuoi dire lo
scoprirò
da sola»
Papà
crollò su una
sedia là vicino prendendosi il volto fra le mani e richiese:
«Dove
hai preso
quel libro?» tremava tutti e sembrava veramente terrorizzato.
«Me
lo ha dato
Delirium...» sussurrai. Al nome 'Delirium' alzò la
testa di scatto
fissandomi con sguardo tra il sorpreso e l'arrabbiato.
«Chi
te l'ha
dato?!»
«D-Delirium...»
balbettai facendo un passo indietro e pentendomi della mia risposta.
«DOVE
L'HAI
INCONTRATA?» papà aveva ripreso a urlare.
«Nella
foresta
proibita... papà, ma lei chi è?!»
chiesi sbuffando esasperata.
«Non
è il momento»
«Quando
allora?
Quando? Questa sera ci ho combattuto e mi ha quasi ammazzata!»
«Come
sarebbe a
dire che ci hai combattuto?!» sbraitò.
«Sarebbe
a dire che
se io, Franck e Fred siamo messi così male lo dobbiamo a
quella
pazza psicopatica»
«Voi...
tu...»
scosse la testa «non avete idea di quale pericolo avete
corso»
«Lo
so, fidati»
sussurrai. Sentii che la stanchezza prendeva il mio corpo ma mi
ritrovai a resiste.
«Non
dovevate
incontrarvi, non doveva ferirti...» continuò
ignorandomi.
Posai
un dito nella
ferita sul collo e recitai «La ferita del delirio a te
inflitta...»
«Sei
in pericolo»
«Lo
so, quei maghi
cercavano me»
«Ti
prego, Giorgia,
sii prudente, non posso perdere anche te»
«Anche...anche
la
mamma era una.. come te, insomma» mi arrischiai a dire
«No»
scosse la
testa «lei era umana» ci fu un silenzio
imbarazzante fra noi due
nel quale mi limitai a fissare la punta delle scarpe. Dopo un po'
alzai lo sguardo verso di lui. Le efelidi spiccavano nel viso
pallido, era sudato come se stesse facendo un grande sforzo.
«Torna
nel letto»
mi ordinò. Non trovai la forza di ribattere così
andai a
distendermi, lasciando le coperte bruciacchiate a terra.
Il
tempo riprese a
scorrere.
«Una
profezia?»
chiese Fred alzandosi di colpo.
«Joyell!
Cos'è
successo?! Oddio è svenuta»
«Manteniamo
la
calma!»
«Giorgia...»
chiese Al titubante «perché hai le coperte
bruciate?»
«Dev'essere
successo qualcosa qui»
«Ma
insomma! Mi
sembra di essere a teatro!» sbraitò Madama Chips.
«“Ti
prego,
zietto, assumi qualcuno che mi insegni a mentire.
Mi
piacerebbe tanto
imparare a mentire”, “Se menti, caro mio, ti faremo
frustare”
“Non capisco che razza di famiglie siete tu e le tue figlie!
Loro
mi frustano perché dico la verità, tu
perché mento, a volte perché
me no sto tranquillo. A volte, vorrei essere tutto eccetto che un
Buffone; ma non vorrei essere te. Zietto!”» dissi
distrattamente.
Tutti
si girarono a
guardarmi con un enorme punto di domanda stampato in viso.
«Embé?
Visto che
sembra un teatro ho recitato» risposi con ovvietà.
Fred
scoppiò a
ridere e la risata contagiò un po' tutti. A interromperla fu
il
cigolio della porta che si apriva di nuovo. Entrò Ron
Weasley, il
viso stanco tirato.
«Harry»
chiamò
«Lo
avete
interrogato?»
«Sì..»
«E..?»
«Dovresti
venire a
sentire anche tu.»
Harry
annuì e dopo
aver congedato tutti i presenti lo seguì fuori.
L'ultima
cosa che mi
ricordo fu Madama Chips che mi porgeva una tazza con un infuso verde
e fumante; poi mi addormentai.
**
Il
ritorno
Quello
che tutti
stavano aspettando è giunto.
Camminavo
a passo
fermo e sicuro in mezzo a una grande folla.
Oh,
natura, una
moneta con due facce
Mi
si fece incontro
Delirium, lo sguardo folle in viso.
divisa
dalla
maledizione di un padre
Papà
stava in mezzo
a noi, a separarci. I pugni serrati ai fianchi.
unita
dal sangue
e con il sangue
Morte
e Vita,
Gioia o Luce!
«Papà,
lasciami passare»
«NO!
Tu non puoi farlo, è troppo pericoloso.»
«Mi
dispiace, non ho altra scelta...»
La
scelta, la
scelta per i buffoni è vicina.
Chi
ami di più?
La domanda dovete risolvere
La
scena cambiò,
tra le mani avevo un pugnale decorato e affilato, davanti a me due
cuori pulsanti.
Per
chi vale
morire, chi vale la pena di perdere?
«Non
posso, non voglio...» singhiozzai.
No!
Lo specchio,
il ragazzo rosso sarà blu se l'odio crescerà
il
cuore a sinistra si colorò di un blu scuro e sentii la mano
tendersi
verso di esso. La vista era offuscata e vedevo colori accesi e
confusi.
E
lui, l'ultima
decisione di chi scampò la morte una volta
se
tornare ai
suoi passi alla tomba.
«Non
è vero, c'è un altro modo»
«papà...no!»
Scegli,
ragazza,
scegli
Guardati
nello
specchio.
Dimmi,
che cosa
vedi?
I
miei capelli, i
miei capelli rossi erano castano scuro, non erano più accesi
e
brillanti.
La
ferita del
delirio a te inflitta
crea
il Chaos!
«Io
sono il delirio, la fine. Ma è sempre la fine a creare un
inizio»
il
sorriso agghiacciante di Delirium mi svegliò grondante di
sudore nel
mio letto mentre le parole della profezia mi rimbombavano nella
mente.
Mi
alzai di soppiatto dal letto, camminando sulle punte. Feci il giro
della sala prima di fermarmi nel letto dove stava Franck. Gli strinsi
la mano con forza mentre mi sedevo in una sedia vicino.
«Ehi...»
sussurrai quando aprì i suoi occhi castani «come
stai?»
«Sono
stato meglio» disse in un sussurro.
«Mi
dispiace...»
«perché?»
«è
colpa mia se tu stai così male, mi hai salvato la vita... ti
sei
beccato l'incantesimo al posto mio, mi dispiace»
Lui
ricambiò la stretta sorridendomi «l'ho fatto di
mia iniziativa, di
mia volontà»
«Perché?»
gli chiesi.
Per
un attimo temetti che non mi avrebbe risposto. Contemplava il buio
davanti a lui con sguardo pensoso come a chiedersi “Già,
perché ho rischiato la vita per una pazzoide
simile?”.
Ma, poi, si mise a sedere a fatica sul letto, appoggiando la schiena
nel cuscino e girò la testa verso di me. Rimanemmo
così a fissarci
cercando di respirare senza far rumore per un po', poi lui
inclinò
la testa verso di me, cercando di sfiorare le mie labbra.
Il
mio cuore fece una capriola all'indietro mentre pensieri confusi si
facevano strada nel mio cervello. Rimasi a fissarlo che si avvicinava
centimetro dopo centimetro chiedendomi cosa fare. Una parte di me
voleva quel bacio, l'altra mi urlava di scappare in Thailandia.
Era
a una passo dal baciarmi quando voltai la testa e sentii le sue
labbra sfiorarmi la guancia.
«Credo
di essere innamorato di te, ecco perché» mi
sussurrò.
«Oh...»
dissi. Il mio cervello era azzerato e non mi venne una risposta
migliore. Pregai il criceto nella mia scatola cranica di girare
più
velocemente nella ruota.
«Pesaci,
ti do tutto il tempo che vuoi.»
Corri
criceto, corri. Cosa devo dire?
«Io
ti aspetto» terminò prima di distendersi di nuovo.
Il
giorno dopo mi ritrovarono ancora su quella sedia ancora intenta a
metabolizzare la situazione.
**
Madama
Chips mi permise di lasciare l'infermeria dopo quattro giorni.
Inizialmente avevo tentato la fuga ma quell'avvoltoio in camicia
bianca mi aveva riacciuffato.
Fred
era stato abbastanza convincente da poter essere lasciato andare,
anche se a volte aveva ancora i giramenti di testa. Franck fu meno
fortunato e rimase in infermeria un'altra settimana.
James
era intrattabile per i seguenti motivi:
-
io e Fred avevamo saltato due
allenamenti.
-
Non avevo ancora centrato gli
anelli con la pluffa.
-
Non mi ricordavo dove avevo
cacciato la Mappa del Malandrino, ovvero non eravamo più
protetti nelle nostre scorribande notturne.
Per
questo quando un tassorosso brufoloso bussò alla porta di
Erbologia
dicendo che la preside voleva vedermi temette che avesse capito che
eravamo stati io e Fred ad allagare la sala insegnanti.
Stranamente
quando entrai nel suo ufficio ero sola, o almeno, credevo di essere
sola.
«Oh,
ecco qua la nostra cara studente speciale»
disse una voce unticcia dalla parete. Era il quadro si Severus Piton.
«Ehm...»
«Su,
Severus, io e Giorgia dobbiamo parlare di questioni serie» lo
rimbeccò il quadro di Albus Silente.
«Che
vanno contro le regole» sbottò l'altro.
«Contro
le regole?» chiesi illuminandomi.
«Uguale
al padre, non mi stupisco che la sua casa sia terzultima alla gara
delle coppe»
«Severus,
non pensi di diventare troppo ripetitivo con la storia del
padre?»
«Sto
solo facendo notare il suo mancato rispetto delle regole»
«Talvolta,
le regole sono fatte per essere infrante» disse saggiamente
l'omino
con la barba bianca zittendo l'altro.
«Ehm...
» ripetei.
«Se
non sbaglio, ti serve un libro» disse Silente.
«Uhm..
sì» dissi incerta senza capire quello che
succedeva.
«Un
libro speciale.»
Piton
sbuffò «Speciale...proibito
io direi» ma fu bellamente ignorato.
«Sì,
mi serve il Libro delle Risposte» dissi a mezza voce.
Infondo, erano
solo quadri.
«E
non sai come prenderlo.»
«Già.»
«Anche
ignorante come il padre» disse Piton.
«Severus,
suo padre è stato un eroe come te» e questo lo
zittì
definitivamente.
«Mio
padre è un eroe?» chiesi.
«Sì,
ma non è di questo che stiamo parlando» la voce di
Silente non
emetteva repliche «Devi sapere che il libro che cerchi ormai
ti
appartiene»
«Come
sarebbe a dire?»
«Per
averlo dovrai sicuramente aver dovuto superare delle prove»
«Be'...
sì» ammisi.
«Quindi
è tuo»
«Ma
non cambia, me lo hanno requisito»
«ma tu sei una
strega»
«una
strega» ripetei
«E conosci
l'icantesimo per riprenderlo»
«E
come?»
«Chiamandolo!»
«chiama...Ehi!»
finalmente capii.
«Accio Libro
delle Risposte!» dissi solennemente nella maniera
più
chiara possibile; rimasi immobile con la bacchetta davanti a me poi
dalla finestra aperta il libro volò sulla scrivania, in
attesa di essere usato. Lo fissai felice come una Pasqua, lo presi
e prima di andarmene dissi.
«Grazie.»
Poi
corsi verso il dormitorio non vedendo l'ora di interrogarlo.
Nda.
Scusate
il ritardo, odiatemi ma perdonatemi T_T ecco, ho fatto il capitolo
cercando di mettere più indizi possibile per farmi perdonare.
Sono
perdonata?
Comunque,
sondaggio al quale DOVETE rispondere: Volete che Giorgia e Franck si
mettano assieme?
A
voi la scelta uu. Tanto la trama non cambia tanto xD è solo
per
aggiungere un po' di gossip :>
Il
prossimo aggiornamento sarà più veloce, promesso
:*
|
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Capitolo 21 *** Il libro delle risposte ***
Nda:
Sono in ritardo, i know. Ma questo capitolo
mi soddisfa,
quindi spero di essere perdonata :*
Cap.
21
Il
Libro delle Risposte
**
Vi do un consiglio: se avete una partita
importante
cercate di dormire di notte. E soprattutto di non farvi distrarre da
visioni, libri parlanti o da intenzioni omicide. Ve lo dico
seriamente. Dormite, magari sorseggiate una camomilla o ascoltate
della musica classica. Ma riposatevi. Non fate il mio stesso errore
con la conseguenza di precipitare da 10 metri d'altezza.
Meno male che Albus ha preso il boccino, altrimenti non
sarei qui a raccontarvi queste cose. James Sirius Potter è
un
tiranno, il caso è chiuso.
**
Appena entrai nella Sala Comune di
Grifondoro andai a
sbattere contro un James in abiti da Quidditch.
«Oddio,
scusami»
dissi nascondendo il libro sotto la maglietta.
«proprio te
cercavo!» e dal tono della voce capii che davanti a me non
avevo
James sono-uno-stupido Sirius Potter, ma James
se-quest'anno-non-vinciamo-il-campionato-vi-ammazzo-tutti Sirius
Potter.
«Ah, davvero?»
chiesi cercando vie di fuga.
«Sai che giorno è
oggi?»
«Ehm... il 5 Dicembre?» chiesi titubante.
«Esatto. E cosa
succede domani?»
«Domani è sabato
quindi non ci sono lezioni?» chiesi.
«E...?» non
risposi, allora lui continuò «Domani succede
qualcosa di
importante... come centrare degli anelli con la pluffa per vincere
contro Corvonero» terminò ringhiando.
Oh, la partita... è
vero.
«Sì, lo sapevo»
bofonchiai.
«E lo sai che fra
tre minuti inizia l'allenamento?»
«Sì» mentii.
«ALLORA PERCHE' NON
INDOSSI QUELLA FOTTUTA TUTA?! MUOVI IL CULO!»
Squittii un 'sì'
prima di correre verso il dormitorio. Quando mi rinchiusi la porta
alle spalle borbottai insulti a mezza voce contro quell'essere che
passava tre quarti del suo tempo a fare l'uomo Erectus per poi
diventare un tiranno. Sentii il Libro delle Risposte pesare sotto la
divisa e mentre lo tiravo fuori mi chiesi se saltare l'allenamento e
cominciare subito a chiedere. Un ruggito di James proveniente dalla
Sala mi fece cambiare idea e riluttante presi la scopa e il resto per
raggiungere i miei compagni nel campo da Quidditch.
**
Piovve.
Piovve forte
e tornai bagnata fradicia. Odio il tempo della Gran Bretagna! Mi
venne in mente il periodo in cui avevo vissuto con papà in
Spagna
pensando al sole e alla spiaggia dorata. Ma questi pensieri non mi
impedirono di chiamare in causa tutti gli Olimpici e i maghi della
storia in maniera piuttosto colorata.
«Perché Zeus fa
piovere quando non deve piovere?!» ringhiai nello spogliatoio
femminile. Dominique alzò gli occhi al cielo:
«Si può sapere chi
cazzo è questo Zeus?!»
«Come fai a non
conosci il grande e onnipotente Zeus, protettore dei cielo, padre di
tutti gli dei e...»
«Sì, sì. Tu non
ci sei con la testa, lo abbiamo capito.»
Gonfiai il petto per
risponderle male ma Rose uscì dalla doccia borbottando
qualcosa
sulla stupidità del Quiddich.
«Guardala» disse
dolcemente Domi «è entrata nel periodo
'Hermione'»
ridacchiai «Jamie
avrà pane per i suoi denti»
«Voi due! Per i
bermuda di Merlino, volete darvi una mossa?!» ci
apostrofò.
Scattammo
sull'attenti dicendo un sincronizzato «Sissignora!»
e la seguimmo
fuori dallo spogliatoio ridacchiando.
Una volta arrivati
nella Sala Grande mi fiondai nel cibo senza ritegno.
«Ehi, amore!»
Scorpius abbracciò Rose da dietro mentre tentava di mangiare
una
coscia di pollo e facendola quasi soffocare.
«Scorpis Hyperion
Malfoy! Cosa ti frulla in quel cervello da ritardato?» gli
urlò di
rimando tossendo. Lui la guardò esterrefatto
«ma..ma...» balbettò.
Fiondai la testa nel
succo di zucca trattenendomi dal ridere, ma qualcuno vicino a
Scorpius si lasciò andare ad una risata. Alzai lo sguardo
quel tanto
per riconoscerlo.
Franck.
Rimasi a fissarlo di
nascosto ma quando i suoi occhi dardeggiarono verso di me squitti
terrorizzata e feci cadere una posata. Ringraziando la Divina
Provvidenza mi fiondai sotto il tavolo con l'intenzione di restarci
per tutto il tempo.
Accucciata con la
forchetta in mano tesi le orecchie per sentire se i due ragazzi
tornavano al loro tavolo.
«Tutto bene?»
per la sorpresa
sbattei la testa sul tavolo di legno.
«A-Albus!» sibilai
«non farlo mai più!»
«Oh, finalmente mi
riprendi a chiamare con il mio nome» disse lui.
«No, cioè..volevo
dire... Potter» dissi indignata.
«Sì, sì. Qualche
problema con Paciock?»
Sentii di arrossire
sulla zona orecchie «N-no. Mi è solo caduta la
forchetta» e gliela
sventolai davanti al viso. Lui si scostò divertito.
«Tu» gli puntai il
dito contro «che ci fai sotto il tavolo?!»
«Sto scappando da
Scamandro, ho perso una scommessa con lui» disse seccato.
Ah, immaginai subito
a quale scommessa alludesse e la cosa mi fece infuriare il doppio.
«Sei uno stronzo»
«Io non ti capisco!
Un minuto prima sei la solita di sempre, poi diventi improvvisamente
acida. Come se ti avessi fatto qualcosa!»
«Fare il finto
tonto non servirà a nulla.» e offesa ritornai
sulla panca stando
ben attenta a tirargli un calcio.
La Divina
Provvidenza, evidentemente, aveva perso ogni simpatia verso la
sottoscritta perché tornando su scoprii che Franck era
ancora lì.
E adesso che
faccio?
Pensai
terrorizzata Fa
che non
mi noti, fa che non mi noti.
«Ehi, Giorgia!»
…
Che ho fatto di
male?!
«Ehi,
ciao!» dissi
con il tono più amichevole che potessi trovare «ti
hanno dimesso
dall'Oltretomba?»
Lui rise al
soprannome che avevo dato all'infermeria «Sì, la
vecchia avvoltoio
mi ha lasciato andare intimandomi di non farmi vedere mai
più»
sorrisi anch'io e mi stupii di come mi venisse naturale.
«Era l'unica, visto
che domani ho la partita» si strinse nelle spalle.
«Oh, giochi anche
tu?» chiesi meravigliata.
«Certo, hai davanti
a te il cacciatoree più bravo di Hogwarts»
«Jamie avrebbe
qualcosa da ridire in proposito» scherzai.
«pff, dettagli.
Be', vado a pappare, ciao»
«Ciao» lo salutai
con la mano continuando a sorridere.
Be', magari un
pensierino lo potevo fare...
**
Quando
tornai in
dormitorio tutti i Grifondoro diedero pacche sulla schiena a me e ai
miei compagni di squadra in vista della partita.
«Allora» James si
mise al centro della Sala per fare l'ultimo discorso
«Quest'anno
abbiamo una buona squadra e degli ottimi giocatori. Quest'anno la
Coppa sarà nostra! Ora andate a dormire e riposatevi, ne
avete
bisogno» e con questo ci congedò tornando il
solito James stupido
di sempre.
Mi trascinai su per
le scale verso il dormitorio fantasticando sul mio letto.
Io e le mie amiche
ci spogliammo lentamente, cercando di trattenere l'emozione che ci
saliva nel petto.
«Buonanotte» disse
Rose, sistemando i riccioli rossi sopra il cuscino.
«'Notte»
rispondemmo. Mi girai in un lato sbadigliando cercando una posizione
comoda. Dal mio letto riuscivo a vedere le gocce di pioggia che
sbattevano contro il vetro della finestra e il cielo gonfio di
nuvole. Mi piaceva la pioggia, mi piaceva il suo profumo soprattutto.
Fu così che mi
addormentai, pensando alla pioggia che scendeva come lacrime fuori.
Erano le tre della
notte quando mi sveglia senza un motivo. Non avevo sognato e non
avevo avuto un risveglio brusco. Semplicemente avevo aperto gli
occhi. Mi girai nell'altro lato e i miei occhi si posarono sul
comodino vicino a me.
Un oggetto brillava
di una strana luce verde.
Era il Libro
delle Risposte.
Tesi una mano
prendendolo; mi misi a sedere sul letto ben attenta a non farlo
cigolare e aprii il libro davanti a me.
Sulle pagine gialle
e fragile comparvero delle scritte come se qualcuno stesse scrivendo
le parole in quell'istante.
Poni la tua
domanda.
Fissai le pagine
bianche mentre un prurito mi prendeva le punte delle dita.
Sembrò
che la stanza si congelasse e vidi il mio alito condensarsi in
nuvolette di brina. Spostai un dito nel foglio e scrissi con il
polpastrello a chiare lettere:
Chi sono?
**
Federico
camminava
in un buio veicolo in una città sconosciuta. Nessuno lo
avrebbe
riconosciuto, di questo era sicuro. Passò una mano nei
capelli rossi
mentre i suoi occhi azzurri brillavano di preoccupazione.
Preoccupazione per
Giorgia, l'ultima cosa che gli era rimasta. Tutti gli altri lo avevo
persi, i suoi genitori, i fratelli, il
fratello e lei...
Spesso desiderava
essere morto sul serio che dover vivere quella sottospecie di vita.
Quanti paesi avevano cambiato, lui e Giorgia? Si ricordava i primi
tempi negli U.S.A, poi l'Italia, la Spagna e l'Olanda. Poi si era
deciso a tornare in Inghilterra.
Pensava di essere al
sicuro nelle Londra Babbana invece li avevano trovati. Non era la
prima volta, si ricordavo ancora dell'attentato che avevano avuto
quando Giorgia aveva tredici anni e l'avevano scampata per un soffio.
E adesso Delirium
ricompariva dopo tutto quel tempo e Giorgia rischiava di essere
rapita.
Doveva trovare una
soluzione, non si trattava solo della salvezza di Giorgia, ma anche
dell'Ordine delle Cose.
Devi fidarti
della profezia.
Si bloccò
di colpo
digrignando i denti. Odiava quando si infilava nella sua mente quando
non doveva.
Vattene,
Celine.
Smettila di fare
il bambino, tu non puoi fare niente.
Sono suo padre!
La cosa non
cambia. Lo sapevi che prima o poi lo sarebbe venuto a sapere, non
pensi che sia arrivato il momento della verità?
Non posso, non
posso. È troppo piccola.
Tu alla sua età
mi hai salvato.
Avevo
diciott'anni, non sedici.
La cosa non
cambia.
Federico si
accasciò. Celine era la protettrice del fuoco, la Guardiana
che
aveva salvato guadagnandosi l'immortalità. Ma da quando era
nata
Giorgia tra loro due aveva preso l'abitudine di intrufolarsi nella
sua mente per dispensare pensieri.
Ma Celine non capiva
l'angoscia di Federico. Lui sapeva il significato dei sogni di
Giorgia, sapeva cosa sarebbe successo qualsiasi fosse stata la sua
scelta.
Federico era uno
degli De
Immortales
più potenti al mondo, l'unico in grado di controllare il
tempo e
insieme a pochi a conoscere il futuro.
Celine,
riprese, Giorgia
è in
pericolo. Devo fare qualcosa.
La Guardiano non
rispose e Federico riprese a camminare, anche se con il cuore
più
pesante.
Quando arrivò alla
fine della via entrò in una casetta dalle pietre grigie e
sporche,
la porta di legno nero scheggiato. Una volta dentro rinchiuse la
porta alle spalle cercando di abituare i suoi occhi al buio della
stanza.
«Finalmente» disse
una voce nell'oscurità. Federico non cercò
nemmeno la fonte, sapeva
già a chi apparteneva.
«hai un gusto in
fatto di case che fa veramente schifo» disse controllando il
nervosismo.
«E
tu hai una mente
così cocciuta quando si tratta di tua figlia...» e
rise.
Federico
digrignò i
denti vide delle
luci colorate esplodere davanti ai suoi occhi e la rabbia
attraversargli le viscere.
«Voi non le
torcerete un capello!»
«E allora, cosa ci
fai qui?» chiese una voce diversa, una voce da donna.
Dall'ombra
uscì una donna avvolta in un mantello nero dal quale
risaltavano dei
capelli ricci biondo miele, le labbra e gli occhi rosso sangue.
«Strano che non
l'abbiate capito» rispose lui mentre un ghigno si faceva
strada nel
suo volto e spostò la mano sotto l'impermeabile grigio che
indossava.
«Non sei di certo
così stupido...» la donna socchiuse gli occhi
mentre altre persone
le si avvicinavano alle spalle.
«Forse» sussurrò
Federico mentre tirava fuori una spada che brillava di un azzurro
elettrico.
«La spada del
Delirio» sussurrò l'uomo accanto alla donna dagli
occhi rossi. Fu
l'ultima cosa che disse perché poi la spada lo
decapitò.
**
I
polpastrelli mi
bruciavano mentre li spostavo nella carta ruvida, ma mi accorsi che
al mio passaggio lasciava lettere di un inchiostro arancione corallo.
Socchiusi le labbra
mentre sotto la domanda il libro dava la sua risposta.
“Il Chaos.”
Chiusi gli occhi e
ripresi a scrivere le domande mentre il libro rispondeva.
“Non capisco,
puoi spiegarti meglio?”
“Il Chaos è
l'inizio, il nulla che c'era prima di tutto. Il Chaos ha generato la
luce e il buio, il destino e le scelte, l'amore e l'odio. Il Chaos
è
la domanda senza soluzioni, la magia pura. Lui ordina
l'universo”
“E cos'è il
Delirium?”
“La pazzia, la
felicità e la tristezza, i sentimenti che provano i mortali,
il
continuare a lottare quando tutto è perso, l'amare e non
essere
amati, il vuoto al posto del cuore, la magia Oscura, la distruzione,
la morte, la perdita e il dolore. Il Delirium crea il disordine.
Senza di esso non esisterebbe il libero arbitrio”
“E io sarei il
Chaos?”
“Sì”
“Continuo a non
capire. Se sono il Chaos perché sono un essere
umano?”
“Tu non sei un
essere umano”
Mi
si seccò la gola di colpo, le pupille mi si dilatarono e
smisi di
respirare.
Io non sono
un
essere umano.
**
La
spada roteava da tutte le parti provocando fontane di sangue e corpi
morti. Ma Federico non aveva intenzione di fermarsi. Nonostante le
ferite da cui continuava a uscire sangue, nonostante la stanchezza e
l'energia che perdeva senza poter far niente.
Continuò,
uccise senza pietà quegli esseri che non erano neppure umani.
Quegli
esseri come lui.
Ma
la donna, il suo vero obbiettivo continuava a scappare.
«Codarda!» ruggì
mentre tagliava in due il braccio di un nemico. La donna
continuò a
fissarlo impenetrabile da dietro i suoi combattenti.
Federico cominciava
ad essere stanco, questo era vero, ma dentro di sé aveva
ancora un
grande potere. Strinse con più forza l'elsa della spada e
chiuse gli
occhi mentre dalle sue labbra usciva una nenia in latino.
Intorno a lui si
creò un campo di forza che si allargava man mano che
pronunciava
l'antico incantesimo. Poi una luce accecante invase la stanza, una
luce talmente bianca che rese tutti ciechi.
Quando Federico aprì
gli occhi davanti a sé aveva i corpi polverizzati di
metà dei suoi
avversari.
Sentì i
sopravvissuti dire «Ritirata!» e scappare,
materializzandosi. Con
uno scatto fulmineo Federico mosse la spada verso la donna
tagliandole i ricci. Questa si girò mentre i capelli le
ricrescevano
nelle spalle.
«Tu non sai chi
sono» sibilò.
«Sì, lo so» disse
lui, con le gambe che a stento lo reggevano «In guardia, Tosca!»
E si scontrarono.
**
Come sarebbe a
dire che io non sono un essere umano?!
Annaspai in cerca di
aria mentre un sacco di pensieri e domande mi si accavallavano nella
mente. Le mani mi tremavano ma riuscii comunque a scrivere.
“Spiegati
meglio”
“Un essere
umano non potrebbe contenere la magia pura esattamente come te.
Infatti tutti hanno una parte di Chaos e una parte di Delirium che
fanno quadrare tutto, come una bilancia. Ma tu sei solo Chaos”
“E allora cosa
sarei?!”
“Non hai nome.
Nessuno ha mai scelto il Chaos.”
“Come sarebbe a
dire?”
“Spesso si fa
più peso sulle cose brutte che su quelle belle. Basta poco
per
riempirsi il cuore di dolore e di rabbia”
“Parla, cioè,
scrivi chiaramente. Io continuo a non capire.”
“Nel corso dei
millenni esseri nati da De Immortales e umani hanno portato dentro di
sé il potere del Chaos e del Delirium, ma solo uno poteva
coesistere
nello stesso corpo”
“Ma io sono
solo Chaos e non ho mai fatto una scelta del genere”
“Perché forse
tu sei l'ultima speranza”
“Speranza di
ché?!”
“Non posso
rispondere”
Sbuffai frustata
prendendomi la testa tra le mani. E così io non ero un
essere umano,
ero una non-ho-ancora-capito-cosa e questo libro non voleva
rispondere.
Al diavolo, ma chi
cazzo ti ha dato il nome 'Libro delle Risposte'?!
Troppo presa nei
miei pensieri non mi ero accorta che il Libro aveva scritto altre
parole.
“Ma ti posso
mostrare una cosa. Accetti?”*
Lanciai uno sguardo
titubante verso i letti di Dominique, Rose e l'altra ragazza in
dormitorio con noi prima di scrivere un veloce.
“Accetto”
Davanti a me
esplosero mille luci, mentre mi sentivo lo stomaco rigirarsi e tutto
intorno a me vorticare. Chiusi gli occhi cercando di non urlare.
**
Federico
e Tosca
stavano combattendo da parecchio e entrambi erano senza fiato.
Federico, provato
dal combattimento contro gli altri, portava numerose ferite e aveva
un colore pallido.
La sua avversaria
era messa meglio e mostrava solo qualche taglietto che si rimarginava
in fretta.
«Non hai speranze!
Io sono più antica di te» disse mentre evitava un
affondo e partiva
alla carica. In mano aveva un pugnale dalla lama grigia.
Federico non rispose
ma si limitò ad abbassarsi facendo leva sul piede destro e
rotolando
dietro un mobile. Quando la sentì abbastanza vicina fece un
scatto
trafiggendole con la lama il polpaccio con la lama della spada. Tosca
zoppicò all'indietro portandosi una mano alla ferita che in
poco
tempo diventò una semplice striscia rossa.
Il padre di Giorgia
respirò a fondo mentre riprendevano a girarsi in tordo come
due lupi
affamati. La prima ad attaccare fu Tosca, in una velocità
talmente
potente che colse Federico di sorpresa. Si scansò in tempo
per
evitare un affondo mortale, ma la lama trafisse comunque il fianco
sinistro.
La donna iniziò a
ridere di una risata malvagia e fredda. Lui indietreggiò
portandosi
una mano alla ferita. Usciva molto sangue.
«Arrenditi, non
puoi niente contro me.»
Rimase zitto,
digrignando i denti dal dolore e dalla rabbia. Provò a
chiamare un
po' del suo potere ma era troppo esausto.
«Sei stato uno
sciocco a credermi di battermi. Io, io che ho combattuto affianco del
potente Godric Grifondoro, io che lo farò tornare, io che
sarò la
sua regina!»
«Sei una pazza!»
«Taci, sciocco.
Uccideremo tua figlia, vedrai. La uccideremo nella maniera
più lenta
e dolorosa possibile»
fu questo a farlo
scattare, fu il pensiero di Giorgia. Lei dolce, indifesa con i suoi
modi stravaganti, lei che doveva proteggere a tutti i costi.
Tese la lama davanti
a se mentre colpiva Tosca dritta alla spalla. Le indietrggiò
con gli
occhi sbarrati. Lui ricaricò, questa volta mirando al cuore.
Ma qualcosa bloccò
la lama.
«TU!»
A dividerlo dalla
sua avversaria c'era Delirium, una mano tesa verso la spada.
«Io» lo apostrofò.
«Spostati»
«Io non prendo
ordini da te» nei suoi occhi grigi brillava una luce
minacciosa.
«Melody...»
«Non chiamarmi con
quel nome!» una saetta argento balenò nella
stanza. Tosca fissava
Federico con sguardo raggiante «Io sono Delirium»
continuò gelida.
L'uomo la guardò
supplice, ma la donna appoggiò una mano nella spalla della
ragazza
«coraggio» le sussurrò
«finiscilo»
Per la prima volta
una luce di indecisione brillò nello sguardo di Delirium.
«Melody, tu non sei
una di loro» continuò Federico arrischiando un
passo. Questo sembrò
far arrabbiare ancora di più la ragazza.
«Ci rivedremo»
promise. Tosca aprì la bocca per protestare, ma la rinchiuse
subito
quando Delirium, voltandogli le spalle, continuò «papà»
nella sua voce c'era così tanto odio e rancore da trafiggere
il
cuore di Federico.
In quel momento la
stanchezza prese il sopravvento e si accasciò a terra, privo
di
sensi.
**
Quando
mi sembrò di
poggiare su un terreno stabile e fermi mi arrischiai ad aprire gli
occhi. Ero nel corridoio di una casa. Nel corridoio di una casa con
un uomo ce marciava avanti e indietro. Un uomo che indossava vestiti
bizzarri, vestiti del medioevo.
Mi guardai intorno e
diagnosticai che, sì, mi trovavo nel medioevo, probabilmente
nel
periodo in cui era stata costruita Hogwarts.
Da una porta uscì
quello che immaginai fosse un dottore e una donna. Lo sguardo
dell'uomo s'illuminò per un secondo ma poi tornò
spento davanti al
cipiglio desolato del dottore. L'uomo si schiarì la voce e
disse
«lei...lei è...?»
Il dottore annuì
con aria grave mandando nello sconforto totale l'uomo. L'anziana
signora si schiarì la voce per dire «Ci dispiace,
signor
Grifondoro... abbiamo tentato il possibile senza risultati... ma il
bambino è nato forte e sano; è un
maschietto»
Mi chiesi se fosse
quel
Grifondoro ma non mi risultava che avesse un figlio. Lo osservai
meglio: i suoi capelli erano lunghi e ribelli fino alla spalla, di un
marrone rossiccio, mentre i suoi occhi erano castani come quelli di
Franck. Portava dei baffia che evidentemente erano la moda di quel
secolo, esattamente come i vestiti con la stoffa verde. Era giovane,
non più di vent'anni, ventidue al massimo. Ma nel suo
sguardo c'era
tutta la stanchezza e il dolore del mondo.
«posso entrare?»
chiese Grifondoro. Il dottore e la donna si fecero da parte
lasciandolo entrare. Lo segui, cercando di capire cosa centrasse
tutta quella faccenda con me.
La stanza era
arredata in maniera spartana, con un tappeto rovinato e una piccola
scrivania dove della finestra. Il letto non aveva l'aria di essere
molto comodo, nonostante le tante coperte. In mezzo a quelle coperte
stava una donna dal colorito pallido e gli occhi vitrei rivolti verso
l'alto, di un verde brillante. Accanto al letto una nutrice cullavo
un fagotto da dove provenivano enormi strilli.
Il bambino, pensai.
Con un cenno della
mano Grifondoro scacciò la nutrice, senza aver prima preso
suo
figlio tra le braccia.
«Come lo
chiamerete?» chiese la donna sulla porta. L'uomo rimase
pensieroso
un attimo prima di dire:
«Godric, come il
padre di mia moglie.» lo sollevò e disse
chiaramente «Godric
Grifondoro»
La nutrice annuì e
uscendo disse «vado a chiamare un prete per battezzarl e
per....» e lanciò uno sguardo eloquente alla
moglie. Invece io, presa dalla
curiosità e dall'eccitazione, mi avvicinai per osservare
meglio il
fondatore della mia Casa.
Aveva dei ciuffi
biondo cenere, molto scuri e la palle lattea. Minuto e con quel
sorriso dolce in viso mentre si addormentava tra le braccia del padre
mi riempì il cuore di tenerezza e mi prese un'improvvisa
voglia di
riempirlo di baci.
La portasi chiuse
alle nostre spalle e il padre si diresse verso il capezzale della
moglie trattenendo le lacrime dentro gli occhi. Posò una
delle sue
manone grandi in una di quelle piccole della moglie. Quando
sentì
quanto era fredda lasciò uscire alcune lacrime.
«Sapevi che sarebbe
successo» mi girai spaventata, mentre nella sala si
materializzava
la donna più bella che avessi visto, più bella di
Dominique, più
bella di qualsiasi modella. La pelle era luminosa, i capelli dorati
si muovevano davanti al suo viso come spinti da una brezza
invisibile. Le labbra rosee come boccioli di un fiore incorniciavano
delle perle lisci e lucenti. Alta e aggraziata, indossava una sottile
tunica greca bianca che lasciava una spalla scoperta. Ma la cosa
più
magnetica erano i suoi occhi.
Verdi.
Ma non verdi come
quelli di Albus, nemmeno verde chiaro come quelli di Scorpius. Era il
verde dell'erba in primavera, delle foglie degli alberi o della
speranza.
Grifondoro
s'inginocchiò sussurrando:
«Gea, Guardiana
della terra, protettrice della natura e della bellezza, i miei
omaggi»
«Alzati, figlio
mio» la voce era come quella di una regina, distaccata ma
piena di
calore.
Una strana
consapevolezza si fece strada dentro di me. Il padre era un De
Immortales e quella donna bellissima era la Guardiana che aveva
salvato. Mi si paralizzò il respiro. E se la donna morta era
una
Babbana come mia madre, allora Godric era come me... il cuore
cominciò a battermi più velocemente e sentii un
calore partirmi dai
piedi e raggiungere la testa.
«Lo sai chi tieni
tra le braccia?» continuò la Guardiana. Godric
piegò le spalle
sconfortato.
«Cosa devo fare?»
chiese.
«Niente, ormai è
troppo tardi. Il ragazzo farà la sua scelta. Dobbiamo solo
pregare
che sia quella giusta» e la donna chinò il capo in
una muta
preghiera.
L'uomo accarezzò il
figlio con uno sguardo pieno d'amore.
La donna si girò
verso di me e fui presa dalla paura. Mi aveva vista, com'era
possibile?! Io ero dentro un ricordo.
«Ricorda» disse,
la sua voce era più distante ma la sentivo chiaramente nella
mia
testa «Spesso c'è sempre una soluzione, basta solo
trovarla» ma
poi il mondo riprese a girare e sentii la nausea farsi strada nel mio
petto. Chiusi gli occhi cercando di mantenere l'equilibrio.
**
La
mattina dopo,
come potete immaginare, ero uno straccio. Pallida e stanca, con lo
stomaco chiuso che mi impediva di mangiare.
Ero agitata per la
partita e spaventata per quello che avevo scoperto. Non ne avevo
fatto parola con Fred e gli altri, il solo pensiero mi faceva venire
una crisi isterica, figurarsi parlarne ad alta voce.
E cosa potevo dire,
poi?
Mi immaginai noi sei
intorno a una tavola rosa stile 'Casetta-per-le-bambole' e io che
dicevo: «su prendete un pasticcino. Vuoi del tè,
Rose cara? Su,
sono alla crema, veramente deliziosi. Comunque volevo dirvi che io
non sono un essere umano. No, sono un non-ho-ben-capito-cosa e
rischio di fare una scelta sbagliata. Ma niente di che, non
preoccupatevi.»
La scena nella mia
testa era talmente ridicola che fui sopraffatta da una ridarella
isterica.
«Ma cos'ha oggi? È
più strana del solito» chiese Roxanne, la sorella
di Fred.
«Mah, sarà agitata
per la partita» le rispose Rose.
Risi più forte. Ah,
la partita.. James mi avrebbe uccisa. Mi alzai per uscire prima di
diventare una pazza schizzo-frenica ed essere mandata al San Mungo. O
allo zoo, a prescindere.
Mi immaginai una
guida che portava una scolaresca davanti alla mia gabbia
raccomandandosi. «ora buoni bambini, adesso vedrete un
esemplare di
essere schizzo-frenico estremamente raro. Cercate di non aizzarlo,
potrebbe essere pericoloso»
un altro attacco di
ridarella mi impedì di continuare la mia fuga.
«Giorgia... tutto
bene?» alzai lo sguardo e incontrai gli occhi castani di
Franck.
Castani come quelli del padre di Godric Grifondoro.
Ripresi a ridere.
«s-sto
b-b-eheheh-nehehe» non ero molto convincente, lo sapevo ma
continua
«s-so-ono so-l-o-o hoho ahahaha-aha-git-ahahaht-ahhah p-per
lahah
p-hahhha-rti-titahaha»
Mi misi una mano
nella bocca intimandomi di smettere.
Franck mi diede una
sonora pacca nella spalla.
«Fai un bel respiro
e vedrai che andrà tutto bene.»
Annuii, provando a
respirare senza ridere. Mai impresa fu così ardua. Lui mi
abbracciò
cercando di tranquillizzarmi. Un altro pensiero si fece strada nella
mia testa.
Io gli
piaccio!
…
Cosa devo fare?
Devo ricambiare
l'abbraccio? O devo scostarlo?
Cosa faccio? Cosa
cazzo faccio?
Nel dubbio rimasi
immobile tra le sue braccia.
Con la cosa
nell'occhio vidi Anna che correva incontro ad Albus gettandogli le
braccia al collo e baciandolo. Vidi lui che rispose al bacio in
maniera... insomma, mi diede fastidio.
Sembrava che si
stessero aspirando l'aria come due aspirapolvere.
Oh, al
Diavolo!
Presa da nuove
tendenze omicide ricambiai l'abbraccio di Franck.
**
«...il
tempo non è
dei migliori, lo so, ma abbiamo molte possibilità di
vittoria. Voi
comportatevi esattamente come agli allenamenti. Anzi, meglio e...
»
James sapeva essere
veramente noioso quando voleva. Era rintanata in fondo allo
spoglotoio maschile. Non capivo perché ci aveva fatte
entrare. Noi
avevamo il nostro spogliatoio, noi il nostro e non mi interessava
niente del Gran Discorso Finale e blablabla.
Finalmente si
decisero a entrare in campo. Sì, il tempo non era decisamente
dei migliori dal momento che grossi nuvoloni neri minacciavano
pioggia e c'era un po' di vento.
Forse non era stato
un bene arrabbiarsi quella mattina e impazzire di colpo. No, non era
stata una buona idea.
Al fischio di Madama
Bumb presi quota sentendo il vento fischiare nelle orecchie.
«EEEE, SI PARTE!»
sentii la voce amplificata di uno dei fratelli Scamandro incaricato
di fare la radio-cronaca «LA PLUFFA E' UN POSSESSO DEI
CORVONERO CHE
PARTONO A PUNTA VERSO GLI ANELLI DEL GRIFONDORO. UN MOMENTO, FRED
WEASLEY LANCIA UN BOLIDE CONTRO MIOFRATELLO. CAVOLO, FRED! FA
ATTENZIONE! LA PLUFFA CADE DI PARECCHI METRI E FINISCE IN MANO DI
GIORGIA FLOX. PERCHE' STA LI' IMPALATA?!»
prese troppo dalla
radio-cronaca non avevo fatto caso alla palla rossa che mi era
caduta in mano e la fissavo chiedendomi cosa dovessi fare ma quando
vidi tutti i cacciatori di Corvonero più un bolide venirmi
in contro
mi diedi alla fuga e a tutta velocità corsi verso gli anelli
dei
Corvi. Passai la palla a James più sotto di me e volai verso
l'alto
lasciandogli il via libera.
«E GRIFONDORO
SEGNA!» dalla parte rosso e oro esplosero grida di gioia che
si
sovrapposero alla radio-cronaca. Quando la folla fu sedata smisi di
girare intorno in cerca della palla e prestai attenzione.
«FRANK PACIOCK IN
POSSESSO DELLA PALLA, LA PASSA A LYSANDER SCAMANDRO CHE EVITA UN
BOLIDE SI TROVA DAVANTI ALLA PORTA TIRA E... ROSE WEASLEY PARA. MA
ATTENZIONE SCORPIUS MALFOY PRENDE LA PLUFFA E TIRA E...CORVONERO
SEGNA!»
«SCORPIUS HYPERION
MALFOY! COME OSI?!» l'urlo indignato di Rose si
sentì appena sotto
le grida di gioia dei Corvonero. Mi abbassai di quota iniziando a
giocare. Mi limitavo più che altro a prendere la palla e
passare,
non me la sentivo di provare a segnare. Non ero abbastanza
concentrata e la mia mira faceva schifo anche quando ero riposata,
quindi era meglio non rischiare.
«I BOCCINI NON SI
VEDONO E LA PARTITA PROSEGUE CON CORVONERO IN VANTAGGIO DI DIECI
PUNTI»
Non andava bene,
James era furioso e impartiva ordini a destra e manca. Corsi a
prendere la Pluffa quando vidi un bolide mirare verso di me.
Accelerai appiattendomi sul manico e lo evitai per un soffio, poi mi
buttai in picchiata per afferrare la pluffa prima degli avversari.
Tesi una mano e portai la palla al sicuro dole del petto reggendomi
con una mano sola alla scopa. Girai gli occhi velocemente alla
ricerca di un compagno ma erano tutti troppi lontano. Nel frattempo
metà squadra avversaria correva contro di me. La strada per
gli
anelli di Corvonero era libera, tranne per il cercatore. Serrai la
stretta sulla palla prima di gettarmi a tutta velocità verso
gli
anelli. Mancavano pochissimo quando sentii uno spostamento d'aria e
un bolide mi colpì in pieno. Sentii la pluffa scivolarmi via.
No!
Con un gesto
disperato feci leva con il braccio all'indietro per poi gettarlo a
tutta velocità davanti a me mentre le mani lasciavano la
presa sulla
pluffa e sulla scopa. Il bolide ricarico colpendomi il braccio teso e
sentii il muscolo contrarsi da dolore. Mille lucette colorate mi
esplosero davanti agli occhi. Sentii la scopa scivolarmi via dalle
mani e dalle gambe, poi la familiare sensazione di vuoto allo stomaco
e precipitai. Davanti a me il cielo cominciò a vorticare
aprii la
bocca per urlare, ma non uscì nessun suono.
L'ultima cosa che
sentii fu: «ALBUS POTTER PRENDE IL BOCCINO»
poi il buio.
*Molto
simile a
Harry
Potter e la
camera dei segreti, i
know. Ma non mi veniva in mente niente di meglio... quindi possiamo
vederla in questo modo: Voldy conosceva il Libro delle Risposte e ha
fatto il diario Horcrux sulla base di esso, no? No, è
pessima. Va
be', vedetela come volete xD
|
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Capitolo 22 *** Quando l'amore incontra una Veela ***
Cap.
22
Quando l'amore
incontra una Veela.
**
Ho
sempre guardato
le persone innamorate cotte un po' male. Insomma, a volte danno
proprio fastidio.
Non fanno altro che
parlare dell'amore della loro vita.
Sono zuccherose e
vedono cuori rossi, fiori e torte nuziali ovunque.
Cambiano umore in
dieci secondi, come le donne incinte.
Si fanno fin troppi
filmini mentali.
Cominciano a
comportarsi in maniera strana.
Però ti abitui,
insomma, alla fine non sono così male. Ma è un
vero trauma vedere
Dominique in questo stato.
**
Quando mi svegliai
mi trovavo in un letto morbido e delle sagome tremolanti stavano
sopra di me.
«Si sta svegliando»
sentii questa voce rimbombare nella testa provocandomi una fitta.
Sbattei un paio di
volte le palpebre cercando di mettere a fuoco e abituarmi alla luce.
Percepii un dolore sordo in una gamba che saliva fino al fianco.
«Ahia» rantolai.
Rose, con ancora con
la divisa mi chiese «Come stai?»
«Avete preso il
numero di targa?» mugugnai.
«Numero di targa?»
chiese senza capire.
«Sì, il camion che
mi ha investito...» spiegai «mi sembra di essere
stata investita da
un camion» il mio tentativo di battuta fu spazzato via dalle
loro
facce serie.
«Non scherzare,
avresti potuto farti male sul serio» disse Scorpius.
«Perché non si è
fatta male, vero?! Certo che no, in fondo si è solo rotta
una
gamba...» sbuffò Franck.
«Però
gliela
stanno riaggiustando»
«L'Ossofast
è
dolorosissimo. Ho
passato una notte in bianco per colpa sua» disse con voce da
saputella Rose.
«E
poi Madama Chips
deve ancora darglielo. Voleva aspettare che fosse ancora
sveglia»
rincarò Dominique.
«Ehm...» cercai di
farmi notare.
«Però è stata
brava. Anche se non ha segnato mancava pochissimo.» questo
era Fred.
«Meno male che Al
ha preso il boccino»
«Eh, a proposito.
Qualcuno sa dov'è?»
«Sarà di sicuro a
vantarsi con i suoi amichetti»
«poteva almeno
venire a sapere come stava Giorgia, però!»
«Ehi, io sono qui»
perché non mi cagavano?
«E secondo te anche
gli interessa?»
«Aspettate un
secondo... dov'è Jamie?»
«è andato ad
avvertire Madama Chips che si è svegliata»
Mi misi più comoda
nel letto, conscia che non mi avrebbero mai cagato. Rimasero a
borbottare fin quando non arrivò Madama Chips intimando ai
presenti
di 'spostare i loro sudici piedi in un altro posto e di non
azzardarsi a posare anche una minima macchia di fango nel pavimento'.
Rimasta sola Madama
Chips mi fece bere un intruglio che rischiai di sputare alla prima
sorsata: aveva lo stesso gusto dei cavolini di Bruxells e
sì, so che
gusto hanno anche se non li ho mai assaggiati.
«Ora bevi questo»
e mi porse una tazza. Questo aveva un sapore più
buono, sembrava menta.
Quando posai la testa sul cuscino sentii un improvvisa stanchezza
intorpidirmi le membra mentre i miei occhi cominciarono a chiudersi da
soli.
«Dormi» mi ordinò
la Chips.
Mai ordine fu più
semplice.
**
Mi
svegliai in preda
a un terribile dolore che partiva dalla punta del mignolo fino al
fianco. La pozione in cui mi trovavo risultava scomoda così
spostai
il peso rovesciandomi di lato e appoggiai la guancia sul cuscino
soddisfatta. Sul comodino vicino al letto notai un oggetto che prima
non c'era: un libro.
Allungai un braccio
mentre una parte di me cominciava a temere di cosa si trattasse.
Ancora lui.
Il Libro.
Il mio braccio si
paralizzò appena sfiorai con le dita la copertina. Una
scossa di
magia mi attraversò. Lo fissai per alcuni instanti incapace
di
pensare. Avevo paura, paura di scoprire altre cose terribili, ma una
parte di me voleva sapere.
Scoprimi.
Sembrava dirmi il libro. Scoprimi. Aprimi, leggimi. Saprai
tutto.
Arrischiai uno
sguardo verso l'ufficio di Madama Chips. Buio, non si era accorta
della luce tremolante proveniente dal libro.
Mi decisi chiudendo
le dita più strettamente nella copertina e lo portai verso
di me. Mi
appoggiai nella pancia mentre la mia gamba protestava in preda al
dolore. La ignorai meglio che potei e mi puntellai nei gomiti. A
fatica misi la coperta sopra la mia testa, cercando di fare una tenda
fatta male. Il libro era appoggiato davanti a me, ancora chiuso.
Presi un bel respiro, poi lo aprii.
Le pagine erano
talmente bianche da fare una luce accecante. Socchiusi gli occhi
mentre sentivo le viscere rovesciarsi e qualcosa afferrarmi e
portarmi lontano.
**
Inizialmente,
non
vidi niente. Solo bianco, un bianco sfavillante. Poi, in quella tela
immacolata andarono a delinearsi dei contorni. Un prato soleggiato,
margherite e denti di leone, gli alberi a determinarne il confine
tutto intorno.
L'erba alta mi
sollecitava il mento mentre sbattevo le palpebre. Una farfalla si
posò in un fiore accanto a me e un'ape mi ronzò
vicino all'orecchio
sinistro. Il dolore alla gamba era svanito.
«FORZA GODRIC,
CORRI LUMACA» girai la testa di lato e vidi un bambino
sbucare dagli
alberi e correre in mezzo alla radura. Si girò verso il
boschetto
ridendo parando davanti a sé una lunga bacchetta di legno.
Il cuore
mi si bloccò in gola.
Fred!
Durò un attimo
quella strana sensazione prima di accorgermi del mio errore. No, non
era Fred, non ci assomigliava nemmeno un po' a Fred. Aveva dei
capelli neri,tagliati male e nessuna lentiggine nel viso. Il sorriso
era diverso, beffardo sì, ma come quello dei serpenti e i
suoi occhi
enormi erano un verde-grigio inquietante a causa dei lineamenti
affilati, ma risplendeva di quella luce giocosa e spensierata che
hanno solo i bambini a dodici anni. Si sistemò meglio la sua
casacca
verde un momento prima che un altro bambino sbucasse ridendo dagli
alberi. I due cominciarono un duello colpendosi con le bacchette e
ogni tanto sparavano qualche scintilla dorata o azzurra.
Squadrai il nuovo
bambino. Lo aveva chiamato Godric, quindi doveva essere passato
qualche anno dalla visione della sera precedente. I suoi capelli
erano biondo cenere, lunghi e arricciati sulle punte, aveva delle
guance arrossate e quando sorridevano comparivano due fossette ai
lati delle labbra. Mi resi conto con un sussulto che i suoi occhi
erano di due colori diversi: uno era grigio tempesta, mentre l'altro
aveva i1 mio stesso nocciola caldo.
Godric atterrò
l'altro bambino e gli mise scherzosamente un piede sulla pancia.
«Sarai anche più
veloce di me a correre» gli disse «ma io resto il
più bravo nel
duello, Salazar» quando sentii il nome del bambino dai
capelli neri
mi scappò un verso di sorpresa. No, era impossibile, dovevo
aver
capito male. Negli sguardi dei due bambini c'era una luce di sincera
amicizia e ridevano tra di loro come fratelli.
Com'era possibile
che fossero amici e allo stesso tempo i futuri fondatori di due casa
rivali?!
Li studiai mentre
cacciavano le farfalle o gli altri insetti nella radura spensierati.
«Salazar! Guarda
cos'ho trovato» lo chiamò Godric vicino alle
radici di un albero
più grosso degli altri. Il bambino si avvicinò
curioso e lo stesso
feci io, alzandosi dal mio posto.
Tra le radici
strisciava un serpentello con le squame di un verde bosco spento.
Fece scattare la lingue biforcuta. Mi allontanai di scatto anche se
sapevo che niente poteva ferirmi. Anche Godric se ne stava a debita
distanza, anche se i suoi occhi luccicavano. Salazar si
avvicinò di
più all'animale mentre dalle sue labbra schiuse provenivano
sibili e
il serpente si arrotolava nel palmo della sua mano tesa.
Rimasi un attimo
sbalordita prima di ricordarmi che il fondatore dei Serpeverde era un
rettilofono. Il serpente dondolava la testa a destra e a sinistra,
destra e sinistra; i suoi occhi luccicavano di un giallo acceso, le
pupille verticali.
Godric si guardò
in torno:
«Sicuro che non
ci sia nessuno?»
«Certo, nessuno
viene fin qua»
«Se vengono a
sapere cosa sei in grado di fare...» lasciò la
frase in sospeso.
«Se vengono a
sapere cose sei tu...» lo rimbeccò Salazar.
«Mi
ucciderebbero» terminò la frase «e non
hanno tutti i torti»
Il terreno sotto
i miei piedi cominciò a mancare e caddi sulle ginocchia. La
radura
cominciò a ruotare e sentii in bocca il sapore del vomito,
gli occhi
bruciavano. Sentii, però, con chiarezza ciò che
disse Godric.
«Io sono un
mostro.»
Se
nella visione
erano passati pochi minuti, quando mi risvegliai sotto le coperte la
sveglia segnava le sei del mattino. Con attenzione feci scivolare il
libro sotto il cuscino e chiusi gli occhi, sperando di addormentarmi.
**
Quando
Madama Chips
mi svegliò mi sentivo uno straccio, anche se il dolore alla
gamba
era passato del tutto. Ma mi sembrava di essere immersa nell'acqua e
ogni movimento mi costava una certa fatica. Questo lo notò
anche
l'occhio critico di Madama Chips che mi firmò una
giustificazione
per saltare le lezioni.
Così passai la
giornata in infermeria cercando di riposare ma il libro mi attirava e
ogni volta ci cascavo ancora. Lo aprivo anche se una parte di me
gridava di non farlo, ma ormai era troppo tardi ed ero già
immersa
nel passato.
I
due ragazzi
erano cresciuti e entrambi dimostravano quattordici anni. Salazar si
era allungato di molti centimetri, Godric di poco. Erano a un mercato
animato con enormi bancherelle che vendevano di tutto, si sentiva il
verso di molti animali e il contrattare delle donne. I due
procedevano con sicurezza tra le bancarelle addentando una mela.
«Adoro il
mercato!» disse Godric respirando l'aria a pieni polmoni. E
anche io
cominciavo ad adorarlo, anche se era la prima volta che ci venivo.
Tutto quel vociare confuso, le galline che scorrazzavano e i bambini
che le inseguivano, il colore dei vestiti delle donne, gli odori
delle spezie, il tessuto ruvido che mi facevo scivolare tra le dita e
le risate degli uomini creavano un trambusto, un disordine che hanno
tutte le cose che sanno di casa, che sono ordinate anche se tutto
è
buttato all'aria.
«Sarà la tua
parte rossa» scherzò Salazar. Godric
tentò di ribattere ma una
voce soffocò le sue proteste.
«Godric!» una
ragazzina poco più piccola di loro gli corse incontro
ridendo mentre
evitava delle galline.
«Ehilà Tosca!»
la salutò lui.
E così eravamo a
quota tre fondatori, mi chiesi se avrei incontrato anche Priscilla
Corvonero. La ragazzina aveva dei riccioli castani spettinati e
tagliati corti che le ricadevano sugli occhi castani. Per un attimo
riconobbi nel suo sguardo quello di Franck, ma durò la
frazione di
un minuto. Tosca gettò le esili braccia intorno al collo di
Godric
e lui la sollevò senza problemi ruotando.
«Sei riuscito a
venire!» sorrise lei.
«Uh-uhm. Grazie
della tua considerazione» tossicchiò Salazar
sorridendo «Comunque
sì, messer Grifondoro ci teneva tanto a venire» e
a udire queste
parole gli occhi di Tosca si illuminarono.
«Cosa intendi,
messer Serpeverde?» stette al gioco il ragazzo dagli occhi
bicolore.
«Niente...»
fece lui con finta aria innocente. L'amico gli lanciò una
manata
sulla nuca prima di scoppiare a ridere
«Allora, dove
andiamo?» li richiamò alla realtà Tosca.
«Al banchetto
delle Erbe» disse risoluto Godric.
«Ancora?!»
sbuffò lei «ci andiamo tutte le volte»
«Non è colpa
mia» si difese lui «compro dei medicinali per...per
mio padre»
«Ah, capisco.
Probabilmente sono quelle erbe a farlo sembrare così
giovane»
Salazar represse
un sorriso. Lui doveva sapere che il padre dell'amico era un De
Immortales, ma la ragazza evidentemente non lo
sapeva.
Il trio
s'incamminò verso il banchetto e io li seguii. Li osservai
chiedendomi se quei tre ragazzi sapevano che erano destinati a
diventare i fondatori di una delle scuole di magia più
prestigiose
del mondo.
E io mi chiesi
cosa avevo a che fare con loro.
Be', da quel che
avevo capito Godric era figlio di una babbana e di un De
Immortales, esattamente come me ed era pericoloso.
Il banchetto si
trovava in fondo alla via ed era uno dei più affollati. A
servire
erano tre persone, un uomo baffuto, una donna e una ragazza
dell'età
dei fondatori.
Mi chiesi se
fosse Priscilla e la studiai meglio. Era magra e alta, con dei lunghi
capelli neri, il viso affilato e gli occhi azzurro cielo. Senza
nessun motivo mi ricordò Al e mi diedi della stupida. Va
bene che
cominciavo ad avere dubbi sulla sua direzione sessuale (come cavolo
faceva a stare con il criceto? IL CRICETO?!), ma a prenderlo per una
donna ci voleva. Però quella sensazione non se ne andava e
più
fissavo la ragazza più vedevo Al.
Basta,
svegliati! Mi imposi.
«Candida, servi
tu i ragazzi là» disse l'uomo baffuto indicando
Godric, Salazar e
Tosca. Quindi la ragazzina non era Priscilla Corvonero.
«Certo, padre»
sorrise Candida, poi ai ragazzi «Immagino che siate qui per
il
solito sacchetto di sale, erba viola, menta e pietra lunare»
«Certo» disse
Salazar con un sorrisetto mentre Godric sorrideva entusiasta e Tosca
guardava la scena annoiata.
«La prendo
subito.» e si voltò a cercare tra sacchetti e
boccette poi riemerse
ma il sacchetto le sfuggì dalle dita cadendo a terra. Sia
Candida
che Godric si accucciarono per prenderlo. Probabilmente vidi solo io
ciò che successe. I due protetti alla vista dal tavolino si
sfiorarono le labbra in un bacio fugace. Quando si rialzarono Godric
pagò e se ne andò come se niente fosse. E allo
stesso modo si
comportò Candida.
Feci un passo per
seguire il gruppetto ma i piedi mi s'incollarono a terra. Tutti e
quattro i ragazzi si girarono a guardarmi.
Il mondo girò
più velocemente.
Il cielo crollo.
Non c'era più
Salazar, c'era Fred.
Non c'era più
Tosca, c'era Franck.
Non c'era più
Candida, c'era Albus.
Non c'era più
Godric, c'ero solo io.
Ed ero sola.
Poi mi svegliai.
**
«Le
trasfigurazioni
umane sono tra le più complicate da fare, oltre quelle in
animali.»
ci spiegava il professore.
Ero rintanata
nell'ultimo banco a sonnecchiare. Ultimamente stavo molto male ed ero
più pallida del solito. La notte sognavo tanto, ma al
risveglio non
mi ricordavo mai il sogno e ogni volta prendevo il libro per scoprire
la storia di Grifondoro. Era una settimana ormai che la sera
sbirciavo nel suo passato.
Avevo scoperto che
Tosca era innamorata do Godric, ma lui era innamorato di Candida, la
bella babbana del villaggio vicino.
Salazar era diverso
dalla descrizione che i libri davano di lui. Non era spietato, non
attaccava briga con nessuno, non si sentiva superiore agli altri.
Passava tutto il suo tempo con Godric cercando di passare inosservato
anche se la sua bellezza non glielo consentiva. Aveva perso suo padre
e la madre pensava solo a sé stessa e considerava Grifondoro
la sua
famiglia. A volte gli abitanti del villaggio lo additavano
perché
stano ma lui non mostrava tendenze assassine come uccidere tutti con
un Basilisco. Al massimo aveva lanciato addosso a Tosca del basilico,
ma per scherzo.
Cominciavo ad
affezionarmi a loro, ma non capivo perché il libro volesse
mostrarmi
tutto quello. D'accordo, Godric era come me ma la sua vita quotidiana
e i suoi problemi amorosi non mi erano di alcun aiuto.
Ma quella sera,
quando mi svegliai e aprii il libro come consuetudine, assistetti a
un episodio particolare...
«A
morte il
figlio del Diavolo!» urlò una donna grassoccia e
spaventata. Così
dicendo lanciò un ortaggio al centro di un cerchio di
uomini. Là
stava Salazar, sporco di pomodoro e traballante sulle gambe. La
casacca verde scuro era sgualcita in alcuni punti, i capelli sporchi
di polvere e terra.
«Sì! Al rogo!»
gridarono altri uomini lanciando pietre o frutta. Tutta quella
confusione era orribile, sembravano un branco di animali spaventati
braccati dai predatori. Salazar si reggeva a malapena mentre la folla
urlava insultandolo. Lui non si lamentava mentre i sassi gli
procuravano lividi, mentre con dei bastoni lunghi lo picchiavano a
distanza.
Che codardi!
Pensai. Hanno
paura di un
ragazzino di tredici anni, nessuno ha il coraggio di farsi avanti!
Salazar alzò gli
occhi e li posò su una donna vestita di azzurro, i capelli
verde-grigio impassibili.
«Madre!» la
chiamò lui in una richiesta di aiuto. Sua madre non rispose
e si
limitò a fissarlo impassibile. Lui gemette.
La folla
continuava e io mi sentivo sempre più impotente, non potevo
fare
niente. Provavo a fermare le persone ma li attraversavo come se
fossero fantasmi.
«l'ho sentito!»
gridava una donna dallo sguardo folle «Stava parlando la
lingue del
Demonio!» qualcuno si fece il segno della croce, mentre altri
gridarono.
«FERMI!» Godric
si buttò in mezzo al cerchio facendo scudo con il proprio
corpo
all'amico.«FERMI! Cosa state facendo?» strillava
prendendosi i
colpi al posto di Salazar. Quest'ultimo cercò di spingerlo
via
«Godric, cosa stai facendo? Vai via»
sussurrò debolmente.
«No, io vado
dove vai tu» lo rimbeccò lui aiutando a rialzarsi.
Intanto la folla
continuava ruggendo.
«BASTA COSÌ!»
una voce imperiosa fece tacere la folla che si aprì a ala,
facendo
passare un uomo di circa trent'anni. Uguale alla mia primi visione,
il padre di Godric rimproverava tutti con in suoi occhi castani. I
paesani lo fissavano con timore e rispetto.
«Non vedete cosa
state facendo?» continuò lui «state
picchiando un ragazzino»
«Stava parlando
con un serpente, io l'ho visto» disse la donna di prima
facendosi
coraggio. Le teste dei presenti annuirono.
«Ah, per questa
sciocchezza?» li derise il signor Grifondoro «lo
stavate per
bruciare per un gioco?»
«Non era un
gioco, parlava la lingua del Diavolo!»
«Certo, e io
sono il Re d'Inghilterra. Aprite gli occhi, che se ne fa Satana di un
bambino?»
La folla rimase
zitta e lui continuò «Vi state lasciando accecare
dalla paura,
dall'odio e non riuscite più a distinguere il giusto dal
sbagliato.
Vi sembra giusto cercare di uccidere un bambino innocente?»
detto
ciò si diresse verso i due ragazzi aiutandoli ad alzarsi.
Tosca uscì
spintonando dalla folla raggiungendoli.
Il gruppetto si
fermò un attimo davanti alla madre di Salazar.
«Avrebbe dovuto
aiutarlo, è vostro figlio» sibilò
l'uomo. La donna lo guardò
impassibile.
«Lui non è mio
figlio»
La scena sfumò e
mi sentii trascinare via, sempre più lontano.
**
«Tu
sei ammalata,
te lo dico sinceramente» Rose mi mise davanti al viso il suo
cucchiaio sporco di miele per rafforzare il concetto che se lei
diceva una cosa quella cosa doveva essere necessariamente vera.
«Te l'ho già
detto» dissi tentando di reprimere uno sbadiglio
«ho solo un po' di
sonno.
Rose mi lanciò
un'occhiata scettica «Solo un po'?»
Non risposi e
borbottai qualcosa sui materassi duri soppesando il mio yogurt alla
fragola.
«E mangi anche
poco!» tornò alla carica Rose
«Solitamente mangiavi almeno tre
fette di pane con la nutella, lo yogurt, i cereali e a volte anche
delle uova mentre adesso ti limiti a un solo yogurt»
«dieta» borbottai,
anche se non era vera. In realtà non sapevo nemmeno io
spiegare il
mio calo di appetito.
«Certo» sbuffò
«come se tu ne avessi bisogno, sei magrissima!»
Tentai di
rispondere che no, non ero affatto magra ma lei non me ne diede
l'occasione poiché partì alla carica.
«Te lo ripeto, sei
ammalata. Sei pallida, perdi peso velocemente e non sei mai
concentrata»
«Eh?»
«Visto?!» disse
soddisfatta.
«Senza offesa,
Rosie» s'intromise Fred «ma non l'ho mai vista
concentrata, nemmeno
quando fa i compiti»
«Sì, ma...» e si
bloccò guardando dietro di me, la bocca un perfetto ovale.
Mi girai,
chiedendomi chi o che cosa avesse interrotto Rose dalla sua
ramanzina.
Dominique.
O meglio, Dominique
travestita da modella.
In contemporanea
anche la mia bocca e quella di Fred si aprirono a o, come quelle di
tutta la popolazione maschile nella Sala Grande.
«Per Godric, ma mia
cugina è sempre stata così figa?!»
sussurrò Fred.
Probabilmente sì,
ma non lo aveva mai dimostrato.
Aveva accorciato la
gonna dell'uniforme scolastica di un paio di centimetri, la camicia
era più stretta e aperta sui primi due bottoni. Il golfino
nero con
lo stemma era legato sulle spalle a mo' di mantello.
I riccioli ramati
solitamente legati in un comodo chignon
erano
lasciati sciolti sulle spalle a incorniciarle il volto senza
imperfezioni.
Ma la cosa più
strana fu un'altra: Dominique era truccata. Solitamente solo io e
qualche volta Rose ci truccavamo, mentre lei restava sempre acqua e
sapone. Ma non quel giorno. Aveva messo il rossetto ciliegia e le
labbra sembravano più morbide del solito, aveva un po' di
fard ad
arrossarle le guance, gli occhi truccati con del mascara e l'ombretto
viola messo in un modo che io sarei assomigliata a un panda ma che a
lei faceva riflettere i suoi occhi blu di una leggere luce ametista.
In conclusione, non
mi stupii che i ragazzi avessero un filo di bava che usciva dalla
bocca.
«Allora» disse
Domi, sedendosi come niente fosse vicino a Rose «fra un po'
c'è la
prossima uscita a Hogsmeade» e sorrise civettuola.
Ancora sotto shock
io e Fred non rispondemmo.
«Ehm.. Domi?»
chiese Rose incerta «Ti è cresciuto il
seno?»
«Uh, ehm...no. A
dir la verità mi sono fatta imprestare il reggiseno push-up
da Rox
e...»
«Cosa?!» la
interruppe Fred riscuotendosi «mia sorella
ha un reggiseno
push-up?!»
«Ma per quale
motivo ti saresti fatta imprestare un reggiAHIA!» protestai
quando
Rose da sotto la tavola mi lanciò un calcio.
«Capisco» disse
ignorandomi e sorridendo a Domi.
«'Giorno» James si
unì a noi al tavolo dei Grifondoro. Si grattò la
testa prima di
prendere la prima cosa che gli capitasse sotto tiro e iniziare a
divorarla.
Rose mi lanciò uno
sguardo come a dire ''ecco, è così che si fa''
che mi premurai di
ignorare.
Al contrario
continuai a fissare Dominique. Sorrideva a tutti, lanciando sguardi
pieni di meraviglia a tutto, come se lo vedesse per la prima volta.
Canticchiava, perfino, il motivetto della Sirenetta con una voce da
far invidia a quest'ultima.
«E' una raccolta
preziosa, lo so. Sembrerà che io sia...una che ha tutto
ormai»
«Domi?»
«Che ricchezze! Chi
mai al mondo ne ha quanto a me? Se guardi intorno dirai..»
«Nick?»
«Oh.. che
meravigliee»
«Dominique?!»
«Dimmi, Giò.» e
mi sorrise spensierata. Quel semplice ''Dimmi Giò'' mi
spiazzò
totalmente. La normale Dominique mi avrebbe risposto '”che
cazzo
vuoi?!”. Cominciai ad avere paura. Domi continuò a
cantare.
«Ho le cose più
strane e curiose, non ho nulla da desiderar...» per sbaglio
spostò
con il gomito il braccio di James dal tavolo e quest'ultimo colto di
sorpresa rovesciò il piatto con la colazione. Domi non ci
fece
nemmeno caso, troppo presa a canticchiare. Ma James rimase un secondo
spiazzato e a fissare la sua ormai ex-colazione, la stuzzicò
con la
forchetta e quando costatò che non si poteva più
riutilizzare si
girò con sguardo da cucciolo bastonato verso Domi. Questa si
girò e
vedendo lo sguardo ferito di Jaames chiese:
«Cosa c'è Jamie?»
lui aprì la bocca
per rispondere ma si bloccò a metà e
strabuzzò gli occhi, come se
notasse per la prima volta Dominique. Dopo averla guardata bene si
arrischiò a chiedere preoccupato:
«Ma, Domi, hai
fatto a botte con qualcuno?»
La domanda colse di
sorpresa Domi quanto noi e rispose:
«No, perché?»
«Be'...» indicò
il viso di Domi «Hai due occhi neri.... sembra che qualcuno
ti abbia
picchiato. Sai... dato un pugno nell'occhio...»
tentò di spiegare.
Bene, dovete sapere
che Domi è per un ottavo Veela e vederne una arrabbiata non
è una
bella cosa. I capelli rossi si gonfiarono con aria minacciosa.
«Ah» disse con
voce controllata ma un po' stridula «ah, capisco.»
e si alzò
«evidentemente non sono abbastanza brava. Anzi, non sono
proprio
abbastanza. Be', di sicuro ho più cervello di te»
e se ne andò,
lasciandoci tutti di stucco e un James con la faccia di chi si
è
perso qualche passaggio.
«Ma che le è
preso?» chiese Fred.
«Chi è lei? Che ne
hanno fatto della vera Dominique Weasley?!» ero atterrita.
«Ma non è ovvio?»
sospirò Rose. Ci girammo a fissarla con uno sguardo del tipo
“No,
non è affatto ovvio!”. La sopracitata
sbuffò e disse:
«Ma andiamo, non lo
capite?»
Inarcai un
sopracciglio e Fred scosse la testa.
«Dominique si è
innamorata!»
«Ah.» poi capii
cosa intendeva «come?! E di chi?»
«Non lo so, ma lo
scoprirò» e lasciò spazio a un sorriso
sadico.
«Non invidio quel
poveretto» borbottò James «ha un
caratteraccio»
«E' solo impulsiva»
la giustificò Rose.
«Sì, ma io non ho
fatto niente»
«L'hai offesa,
credo.» pensai a voce alta.
Rose annuì:
«probabile.»
«Ehilà» Scorpius
si sedette nella panca «andiamo, non vorrete perdervi prima
ora di
trasfigurazione?»
«Susu, non vorrete
arrivare tardi?» rincarò Franck.
«Cos'è tutta
questa allegria?» sbadigliai.
«Albus è in un
punizione» canticchiò Franck. Alzai gli occhi al
cielo ma mi alzai
ubbidiente e presi la borsa dei libri. Non me la ricordavo
così
pesante e la lasciai cadere sorpresa.
«Lascia stare, la
prendo io» disse Franck tirandola su come se niente fosse.
«Grazie» dissi
reprimendo uno sbadiglio.
«Non è tanto
pesante...» costatò e mi fissò
attentamente «sicura di star bene»
sbuffai «sì, sto
bene» mi massaggiai la fronte «sono solo un po'
stanca» e sorrisi.
Lui ricambiò il
sorriso.
**
La
sera andai a
rintanarmi nel dormitorio intenzionata a fare lì i compiti.
Ero
rimasta in sala comune fino a quando non mi era venuta la nausea a
causa di Albus e Anna che si baciavano.
E che diavolo,
non possono farlo in privato?! Sembrano due polipi. Pensai
stizzita. Una volta lì, però, non feci il
compito. Pensai a Godric
e i suoi amici.
Dopo che Salazar era
stato quasi ammazzato dalla folla inferocita lui, i Grifondori e
Tosca avevano cambiato paese. Mi ricordavo bene l'angoscia che aveva
provato Godric quando si era dovuto separare da Candida.
Nel nuovo paese i
tre avevano conosciuto Priscilla. Assomigliava a Rose in una maniera
incredibile, se non fosse che la Corvonero aveva i capelli neri e
zero lentiggini. Con lei i fondatori erano riuniti e avevano imparato
l'arte della magia e del combattimento.
Nell'ultima visione
che avevo avuto Salazar e Godric avevano sedici anni, Tosca
quattordici e Priscilla diciannove.
Fin'ora non c'era
stata nessuna intenzione di aprire una scuola di magia, quindi molto
probabilmente quelle che avevo io erano informazione private in mano
solo agli storici.
Anzi, probabilmente
ero l'unica a sapere cos'erano Godric o suo padre.
A dir la verità
non ho ancora capito cos'è Godric.
Fu questo pensiero a
farmi dimenticare i compiti e a prendere il libro. Dovevo scoprirlo.
Godric
era
appoggiato al tronco di un albero e mangiava una mela guardando con
sguardo perso il lago davanti a lui. Scommettei che stesse pensando a
Candida. Solo quando pensava a lei il suo sguardo si riempiva di
malinconia.
Qualcosa cadde in
testa a Godric e questo si alzò di scatto brandendo un
pugnale che
si fermò a pochi centimetri dal petto del suo migliore amico.
Salazar alzò
entrambi le mani in segno di resa «Ave, o Godric, vengo in
pace»
«Ed occorreva
lanciarmi una pigna in testa per venire in pace?!» e mentre
diceva
ciò si massaggiò la cute.
«No, ma non
sarebbe stato divertente» ammise sedendosi sulla riva del
lago con
un sorriso birichino.
«Sei un...»
iniziò Godric per insultarlo, ma Salazar lo interruppe.
«Posso essere
qualsiasi cosa, ma tanto non sono un depresso come te. Quando ti
deciderai a dimenticarla?» lo sguardo di Serpeverde si fece
serio.
«Non posso. Non
ci riesco» mormorò il mio fondatore.
«Certo che ci
riesci. Ci puoi riuscire benissimo! Metà delle ragazze del
paese
hanno una cotta per te. Il resto è ammaliato da me,
ovviamente»
aggiunse passandosi una mano tra i capelli. Godric lo
spintonò
«Sei uno
sbruffone» ma poi tornò serio «non mi
interessano quelle ragazzine
che non fanno altro che tessere o ridere come oche»
«Hai proprio
un'alta considerazione di Tosca» disse l'altro alzando gli
occhi al
cielo.
«Cosa centra
Tosca adesso?»
«Ma dico, sei
cieco?» sbuffò «si vede lontano un
miglio che è cotta di te»
«cotta di me?» ripeté lui.
«Per chi credi
che abbia abbandonato la sua famiglia per seguirci?»
«perché è
nostra amica?» tentò.
«Godric, amico
mio, sarai pure un maestro di magia e combattimento, ma di questioni
amorose non ne sai niente»
«Ehi!»
«Godric, devi
dimenticarla. Lei non tornerà. Tu non tornerai. Lei
è una babbana.»
«E quindi?»
«Non è una
maga»
«nemmeno io sono
un mago»
«non intendevo
questo»
«ma lo hai
detto»
Salazar sbuffò
«quello che intendevo è che Tosca sarebbe perfetta
per te.»
Godric non
rispose.
«Pensaci,
perfavore, sono stufo di vederti così triste» e se
ne andò.
Quando fu
abbastanza lontano, Godric si girò verso un gruppo di casa.
Anche a
quella distanza si vedeva chiaramente Priscilla che insegnava a Tosca
della magia.
«non sei ancora
pronta, questa è magia avanzata» stava dicendo
Priscilla davanti ai
continui fallimenti di Tosca,
«non m'importa.
Devo solo fare un po' di allenamento» e si mise in posizione
con la
bacchetta davanti e ricominciò.
Godric sorrise.
**
La
mattina dopo,
quando mi svegliai, mi sentii più stanca della sera
precedente
nonostante avessi dormito per tutta la notte. Davanti ai miei occhi
danzavano le scene del sogno che avevo fatto quella notte ma
più mi
concentravo più queste sfuggivano e ben presto sparirono del
tutto.
Solo una scena mi rimase impressa: una mano che stringeva una corda.
Sbadigliai
decidendomi a lasciar perdere. Mi concentrai su di me. Rose aveva
ragione, sembravo veramente ammalata. Sotto gli occhi aveva delle
borse orrendi, la pelle era troppo pallida e gli occhi erano
arrossati. Ed ero dimagrita, molto, avevo le guance scavate. Presi un
respiro prima di prendere la busta dei trucchi e iniziare a
sistemarmi.
La maggior parte
della gente quando mi vede pensa che io sia la tipica ragazza pazza
acqua e sapone, ma si sbagliano. Mi piace truccarmi, e esco sempre
con almeno il mascara addosso. Può sembrare stupido,
perché per
truccarsi ci vuole pazienza e io non la ho, però in quel
caso la
trovavo. Ma quella mattina che ne avevo proprio bisogno non ne avevo
né la forza né la voglia.
Rose entrò nel
bagno mentre mi pettinavo i capelli. La sera prima non aveva dormito
con noi, ma nel dormitorio di Scorpius.
«Ehilà!
Com'è andata?» chiesi cercando di mostrarmi
allegra.
«Bene,
abbiamo dormito abbracciati» disse con gli occhi che le
luccicavano.
«Avete
solo dormito?» feci una faccia scettica
«chissà che avete fatto in
realtà...»
La
reazione di Rose fu immediata: arrossì fino alla radice dei
capelli
e borbottò qualche “maniaca”,
“ma cosa vai a pensare?!”,
“sempre a pensare male” e “non si
può più dormire in pace?”.
Ridacchiai
soddisfatta e uscii dal bagno prima che notasse il mio terribile
aspetto. A fatica misi i libri dentro la borsa. Il dizionario di
Antiche Rune sembrava pesare un quintale e mi dovetti sedere a
riprendere fiato.
Che
mi sta succedendo? Mi
chiesi stizzita.
Domi
era già in Sala Grande a fare colazione. Stava stuzzicando
il suo
uovo con la forchetta e il viso mogio mogio. Anche quel giorno era
truccata in maniera divina.
Quando
mi sedetti vicino a lei le si illuminarono gli occhi.
«Ciao
Giò!» cinguettò.
«Ciaoh»
sbadigliai e iniziai a riempirmi il piatto di cose. Ero intenzionata
a riprendere i chili che avevo perso, non volevo sembrare uno
scheletro. E poi così Rose avrebbe smesso di tormentarmi.
Rose
ci raggiunse insieme a Roxanna e Fred. I due fratelli avevano una
discussione e quando arrivarono al tavolo Rox si mise il più
lontano
possibile da Fred.
«Brava!»
L'esclamazione di Rose mi fece fare un salto e per poco rovesciai il
piatto. L'urlatrice non ci fece assolutamente caso e disse felice
«Adesso ti riconosco» e indicò la mia
colazione.
Abbassai
lo sguardo sul piatto. Uova, bacon, cioccolata, latte, frutta,
yogurt, cereali, pane... sentii le viscere contrarsi e mi
salì la
nausea. E io volevo mangiare tutta quella roba?! Di nascosto buttai
il cibo nel piatto di James. Questo ogni volta che lo facevo non se
ne accorgeva ma quando posava lo sguardo nel piatto e notava che il
cibo non diminuiva e che invece cresceva si grattava la testa
cercando di capire questo grande mistero.
Rose
non si accorse di niente e per tutta la giornata non si
lamentò
della mia salute, anche perché era troppo felice a stare a
mano con
Scorpius.
Dominique
era chissà dove con la testa mentre io mi sentivo la testa
girare.
Durante la lezione tentai di concentrarmi o di non vomitare. Mi
sentivo prosciugata, totalmente.
«Signorina
Flox» mi chiamò l'insegnante «venga qui
a provare l'incantesimo,
giusto per vedere se ha ascoltato o, come immagino, dormito tutto il
tempo»
Come
in un sogno mi alzai dal banco e camminai verso la cattedra. Mi
sentivo una funambola che camminava su un filo invisibile e che stava
perdendo l'equilibrio. Il mondo davanti a me ondeggiava e tutto i
rumori mi venivano come se fossero infinitamente distanti e non
riuscivo a distinguerli. Le facce volteggiavano davanti a me e
cominciai a non distinguere più nulla. Vidi un mare mosso da
un
vento impetuoso, una scogliera piena di gabbiani, una pioggia fitta,
una barca alla deriva, una
mano che stringeva una corda
come unica salvezza, vidi un'onda più alta delle altre
davanti a me,
poi fu solo nero.
«Bevi»
mi intimò Madama Chips quando mi svegliai in infermeria.
L'odore
dolciastro minacciò di farmi vomitare ma non ebbi il
coraggio di
contraddire l'infermiera e feci finta di bere qualche sorso.
«Non
è niente di che, solo uno sfinimento»
spiegò poi a Rose vicino a
me «ha mangiato oggi a colazione?»
No.
«Sì,
e tanto anche» rispose invece Rose.
«Allora
potrebbe anche essere lo stress, la cosa migliore è che oggi
non si
presenti alle lezioni e stia a riposare»
Annuii,
poi mentre entrambe erano girate rovesciai il liquidi in una pianta
vicino. Proprio non riuscivo a berlo.
**
Una
volta nel bagno del dormitorio notai che alla base del collo avevo un
taglio sanguinante.
Ma
non usciva sangue. Usciva una sostanza d'oro.
Per
tutto il giorno non riuscii a fare magie.
|
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Capitolo 23 *** Io e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori programma ***
Alla
Gilé, che finalmente è
tornata.
Sei
mancata tanto.
Cap.
14
Io
e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori
programma
**
“E' impossibile condividere certe
avventure senza
finire col fare amicizia, e mettere ko un mostro di montagna altro
quattro metri è tra quelle” disse una saggia donna
che scrisse la
storia della Grande Guerra Magica.
Io dico: “E' impossibile
condividere certe avventure
senza finire con il fare pace, e salvarsi da un imboscata di pazzoidi
sclerotici è tra quella”.
Al Diavolo, potevamo morire!
**
Rose venne a svegliarmi qualche ora dopo
per darmi una
strana medicina che le aveva dato Madame Chips. Sembrava compiaciuta
dall'aver capito per prima che io ero ammalata.
Bevvi l'intruglio senza esitazione, ancora
spaventata
dalla mia improvvisa perdita dei poteri, poi mi riaddormentai.
Sognai.
Ero intrappolata in un giardino di
rose. Al primo
impatto il loro odore era buonissimo e respirai a pieni polmoni, ma
poi cominciò a diventare dolciastro e nauseante. Troppo
dolce,
mozzava il respiro. Per un attimo mi ricordò l'odore del
sangue. Mi
tenni lo stomaco con le mani mentre i petali cominciavano a cadere.
Petali bianchi come fiocchi di neve che scomparivano ancor prima di
toccare il suolo e lasciavano dietro di sé dei steli verde
scuro,
quasi neri, con spine fin troppo lunghe. Lo spazio cominciò
ad
essere fin troppo stretto e le spine delle rose cominciarono a
ferirmi. Mi salì un ricordo di quando avevo sei anni e
papà mi
aveva portato in un roseto; aveva raccolto una rosa rossa bellissima,
con i petali lisci come velluto. Poi, di scatto e senza preavviso,
l'aveva gettata.
«Perché
lo hai
fatto, babbo?» avevo chiesto un po' risentita.
«mi
aveva punto»
era stata la sua pacata risposta.
«e
tu hai
gettato la rosa più bella perché ti ha
punto?» non capivo, lo
trovavo totalmente stupido.
«Vedi»
allora
aveva iniziato «le cose belle posso nascondere cose che
feriscono,
ed è meglio stare lontano dal dolore, anche se ci tieni
tantissimo a
quella cosa»
non
so perché
ebbi quel flashback mentre le spine mi trafiggevano ogni lembo di
pelle, ma le parole mi risuonavano nella testa all'infinito.
Voglio
andarmene!
Mi
alzai tremante
mentre sentivo le guance inumidirsi da lacrime di dolore silenziose.
Cominciai a muovermi, a camminare, ma ogni passo era un dolore
straziante e mi sembrava impossibile poter continuare. Io mi muovevo,
ma restavo sempre ferma nello stesso posto.
Poi
scorsi la
fine del roseto, una stradina di terra che portava oltre una duna di
erba e sabbia. Lo presi senza voltarmi indietro, gli steli mi
sembravano terribili artigli pronti a riafferrarmi a portarmi in
quell'orrore.
Attraversai
la
duna e la brezza marina mi schiaffeggiò la faccia. Davanti a
me
stava una striscia di sabbia e poi una distesa di un mare nero come
l'inchiostro e calmo.
Sul
bagnasciuga
c'era un ragazzo. Mi avvicinai e riconobbi Albus.
«La
conosci la
storia della ragazza innamorata del mare?» chiese. Scossi la
testa,
ma una voce femminile vicino a me disse: «no»
Mi girai e riconobbi Dominique,
con gli occhi rossi e
grandi.
«C'era
una volta
una ragazza stupenda con un sorriso da far invidia a chiunque. Tutti
la volevano, perfino il cielo, ma lei voleva stare solo con il
mare»
«E
cosa fece?»
«prese
una
barca» mi ritrovai nel bel mezzo dell'oceano in una nave che
stava a
galla sì e no.
«e
il vento
soffiava, le onde si agitavano» mi ritrovai nel bel mezzo di
una
tempesta, con gocce d'acqua salata che mi bagnavano il viso.
«Il
vento era
fortissimo, talmente forte che la sollevò da terra e si
ritrovò a
volare» il vento mi prese e mi tirò su in aria e
volavo in un
vortice mortale, ogni secondo rischiavo di cadere.
«E
poi? Cos'è
successo?»
«Il
vento smise
di soffiare e lei cadde»
«Ed
è...»
«E
morì»
Precipitai
dal
cielo come una stella cadente, poi lo schianto con l'acqua mi
fermò
il respiro in gola in furono solo bolle che salivano mentre io
scendevo, continuavo a scendere senza possibilità di
risalita.
No!
Io non sono
la ragazza innamorata del mare!
Io
sono Giorgia!
Le
mie dita
sfiorarono la superficie dell'acqua e mi ritrovai di nuovo libera di
respirare. Il mare non soffiava più e ed ero in una vasca da
bagno.
Mi alzai e vidi davanti a me Fred che si fissava con uno sguardo
carico di dolore allo specchio.
«F-Fred?»
chiamai.
Non
si
girò,continuò a darmi le spalle. Poi si
girò di colpo e mi puntò
una pistola.
Il
rumore dello
sparo mi frantumò i timpani e il mio cuore non smise di
battere all'impazzita nemmeno quando mi svegliai tremante al sicuro nel
mio
letto.
**
Quando
le mani
smisero di tremarmi mi decisi ad alzarmi. Appoggiai il piede nudo sul
pavimento freddo con l'intenzione di dirigermi nella Sala Comunque.
Di
sicuro sarà
deserta.
Pesai
scendendo le scale con il mio bellissimo pigiama dei my little pony.
Quando
arrivai nella
Sala mi accorsi che in realtà non era deserta. Un ragazzo
dormiva
sogni agitati in una delle poltrone davanti al fuoco.
Fred.
Rimasi
immobile al
mio posto ricordando il suono assordante che aveva provocato la
pistola. Diretta contro me.
Calma,
Giorgia, era
solo un sogno. Solo un stupido sogno.
Presi
un bel respiro
e camminai a piedi scalzi verso la sua poltrona e mi accovacciai nel
tappeto rosso appoggiando la testa in uno dei braccioli della
poltrona.
«No...'attene....'on
ti 'oglio» borbottava nel sonno mentre si rigirava nella
poltrona.
Sembrava così indifeso e dolce e tenero.
«TI
HO DETTO DI
ANDARTENE! NON CEDO, NON E' VERO!» gridò prima di
svegliarsi di
scatto. I suoi occhi azzurri incontrarono subito i miei e per la
prima volta da quando lo conoscevo lo vidi arrossire.
«Oh...ciao»
disse
imbarazzato «che ci fai qui?»
«insonnia»
risposi, decisa a non rivelare a nessuno il mio sogno «tu
invece hai
problemi con incubi.»
«Incubi?»
chiese
facendo il finto tonto.
«Parlavi
nel sonno»
gli feci notare.
«E
cosa...e cosa
dicevo esattamente?» si schiarì la gola.
«Dicevi
a qualcuno
di andarsene, che non cedevi o qualcosa del genere. Che stavi
sognando, Fred?» lui girò la testa e capii che non
aveva intenzione
di rispondermi. Fissai le fiamme del camino che andavano spegnendosi
mentre valutavo se fosse il caso di svuotare il sacco e raccontargli
del libro.
No.
Non ora.
Mi dissi.
Solo
in quel momento
notai un particolare che mi era fuggito: alcuni ciuffi dei capelli di
Fred non erano rossi, ma azzurri.
«Fred...?»
lo
chiamai «I tuoi capelli...»
lui
capì subito a
cosa mi riferivo e scrollò le spalle «a volte mi
capita»
«Ah...»
«Ti
è mai capitato
di... di voler scappare, andartene lontano e non tornare mai
più? Di
dire addio a tutti e di ricominciare da zero?» mi chiese d'un
tratto Fred.
Mi
venne in mente il
periodo dopo la morte di Gabriele e annuii mentre una tristezza
infinita mi prendeva il cuore come ogni volta che pensavo a lui.
Non
parlò più.
Non
parlai nemmeno
io.
Restammo
in silenzio
a fissare il fuoco persi nei proprio pensieri finché un
Caposcuola
ancora assonnata scese dai dormitori e imprecando ci rispedì
a
letto.
**
La
mattina dopo allo
specchio controllai la ferita dove del collo. Era perfettamente
rimarginata e riuscivo a fare ancora incantesimi.
Una
parte di me
temeva che fosse stato il Libro a farmi cadere in quello stato e mi
ripromisi di non aprirlo più.
Madama
Chips
continuò a darmi l'intruglio e dovevo berlo la mattina e la
sera. Le
lezioni procedevano normali, i miei voti si stabilizzarono di nuovo e
la stanchezza svanì.
Con
Franck le cose
miglioravano e mi sentivo sempre più convinta nel rispondere
a
quella domanda che mi aveva posto in infermeria con un
“sì”, ma
c'era sempre qualcosa che mi frenava.
Un
giorno, mentre
stavo tranquillamente 'studiando' con Fred Rose si diresse verso da
noi con stampata in faccia un aria folle.
«Riunione,
fra
dieci minuti nella stanza delle necessità. NON SI
DISCUTE!» io e
Freddie rimanemmo un attimo interdetti prima di decidere che non era
il caso di discutere.
Così,
dieci minuti
dopo, ci trovammo entrambi davanti alla stanza con Scorpius, James,
Lily, Albus e Franck che si guardavano in cagnesco, Luis, gli
Scamandro, Dominique, Due Perfetti Serpeverdi, una Caposcuola
Corvonero e tre Tassorosso.
Rose
arrivò per
ultima e, sempre con quello strano sguardo folle, ci fece entrare
nella stanza.
«Si
può sapere
perché chi hai convocato, mezzosangue?» disse uno
dei due
Serpeverde infastidito, anche se disse la parola
“mezzosangue”
come se fosse un simpatico nomignolo. Rose lo ignorò e si
sedette
dietro una cattedra che la stanza aveva fatto comparire al centro di
una stanza circondata da dei divanetti e poltroncine.
«'Sta
mattina ho
avuto un idea geniale e ho bisogno del vostro aiuto per
realizzarla»
iniziò accomodandosi meglio.
«fra
poco più di
due settimane ci sarà Capodanno e io mi dicevo
“Ehi, Rose, sarebbe
molto carino fare una festa”»
«Una
festa?!»
sbottò un Tassorosso.
«Spero
che tu ne
abbia già discusso con la preside» fece la
Corvonero.
«A
dir la verità
no, e spero che non lo venga mai a sapere» Rose
arrossì leggermente
ma non si scompose.
«Una
festa
illegale, dunque? Mi piace!» ovviamente Fred approvava.
«Sì,
non è male.
In fondo sono anni che non si fanno feste ad Hogwarts» gli
diede man
forte Franck.
«Si
potrebbe fare»
ci pensò il Serpeverde di prima.
«Ma
è ovvio che
NON si può fare!» disse invece il Tassorosso
«è illegale e se ci
scoprono rischiamo di essere espulsi»
«E'
un rischio che
si può correre» sbadiglio Scorpius «La
mia ragazza a volte ha
delle idea geniali!»
Rose
sorrise
compiaciuta.
«Mi
rifiuto!»
continuò il Tassorosso.
«Taci
Dan» lo
rimbeccarono i suoi due amici di casata «è una
splendida idea»
«E
poi ci meritiamo
un po' di distrazione dopo tutto questo studiare»
«E
poi è
Capodanno, qualcosa bisognerò pur fare»
«Va
bene, avete
vinto»
«Resta
solo un
problema» disse l'altro Serpeverde «noi che cosa
centriamo qui?»
«Ma
non è ovvio?»
rispose Rose. Quando capì che non lo trovavamo affatto ovvio
spiegò:
«Dobbiamo
pur
organizzare questa festa senza che gli insegnanti lo scoprano. E qui
entrate in gioco voi» così dicendo
indicò la Corvonero, uno dei
Tassorosso, Scorpius e i Serpeverde «Ho bisogno dell'aiuto
dei
Prefetti e dei Caposcuola per far passare la cosa inosservata.
Inoltre Fred, James, Giorgia, Louis e gli Scamandro possono
procurarci qualcosa come alcolici e cose varie»
«ma
siamo
minorenni! Non possiamo bere» Dan sembrava scandalizzato.
«Chiudi
il becco
Dan» lo rimbeccammo in coro.
«Io
sono
maggiorenne!» protestò Fred «e pure
James» tutti fissarono
l'ultimo citato intento a fissare a sua volta una macchia nel
divanetto con grande interesse.
«Scorpius
è il mio
ragazzo e quindi partecipa, Franck è raccomandato visto che
suo
padre è professore...»
«Ehi!»
protestò
offeso.
«...E
Lily e Domi
possono occuparsi dell'estetica» terminò la rossa
ignorandolo.
Nella
sala calò il
silenzio.
«Il
ragionamento
non fa una piega» disse Al «ma io che
centro?»
«Tu,
caro mio»
iniziò Rose con un falso sorriso angelico «dal
momento che sei il
più grande coglione che mise piede in questa
scuola...»
«gentile
come
sempre»
«...
e sei il re
delle feste visto che in ogni cazzo santa festa che c'è tu
sei
sempre in mezzo sai tutto su quest'argomento. Pertanto, anche se mi
duole ammetterlo, abbiamo bisogno del tuo aiuto. E farai tutto quello
che dirò se non vuoi che zio Harry sappia cosa facevi al
quinto anno
con la figlia degli Zabini»
Albus
sbiancò e
Rose sorrise soddisfatta.
«Obiezioni?»
Dan
alzò ancora una
volta la mano «Dove organizzeremo la festa?»
«nella
Stanza della
Necessità, mi sembra ovvio»
E
con questo la
seduta fu sciolta, anche se mi rimase un dubbio.
Cosa
cazzo faceva
Albus al quinto anno con la figlia degli Zabini?!
**
A
mia difesa dico
che ho una mente debole.
Debolissima,
quindi
abbiate pietà di me.
Avevo
riaperto il
Libro, perché la curiosità bruciava e
perché volevo ficcare il
naso nella vita sentimentale di Godric, ecco.
Così,
due sere
dopo, aprii il libro.
E
al diavolo la
promessa.
Tosca
si stava
esercitando con la ma mormorando a mezza voce incantesimi con la
bacchetta tesa davanti a sé.
«Cosa
stai
facendo?» Godric le comparve alla spalle e per la sorpresa
lei fece
cadere la bacchetta.
«Godric!
Non
farlo mai più!» lo rimbeccò.
«Altrimenti?»
«Altrimenti
ti
mangio»
«ma
tu sei una
nanerottola»
«Buffone»
e si
girò per andarsene fintamente offesa.
«Sì,
hai
ragione. Scusa» Godric le afferrò una mano per
fermarla e lei
arrossì leggermente.
«Vuoi che ti
aiuto con
l'incantesimo?»
rincarò il ragazzo.
«Va
bene»
acconsentì lei.
Godric
si
posizionò dietro di lei, stringendo la mano della ragazza
che
impugnava la bacchetta.
«Prima
sbagliavi il movimento della mano, devi fare così»
le spiegò
facendo fare un cerchietto e un colpo con la mano. L'incantesimo
riuscì «vedi?
È facile»
Tosca
riprovò e anche questa volta l'incantesimo
riuscì. Si girò per
ringraziare Godric con un sorriso di gioia.
Il
ragazzo posò una mano sulla guancia della ragazza e poi
l'attirò a
sé baciandola.
La
visione si interruppe così, con loro due che si baciavano e
mi
ritrovai nel mio letto con un sorriso ebete stampato in faccia.
**
«Ehi,
Giorgia!»
gridò Franck sopra il frastuono della Sala Grande.
«Dimmi
Franck!»
«Sabato,
a
Hogmeade, ci vieni con me?»
«Va
bene!»
«Alle
tre nella
sala d'entrata allora»
«Va
bene!»
**
«Godric!
Godric!» Salazar correva impazzito cercando di raggiungere
Godric,
poco più distante che scappava.
«MA
VUOI FERMARTI?!»
«VATTTENE,
SALAZAR!»
«SOLO
SE TI FERMI E NE PARLIAMO» Godric si fermò a
Salazar quasi lo
investì.
«Ne
parliamo?!» sibilò Godric girandosi per la prima
volta e ciò che
vidi mi fece rabbrividire. I suoi occhi erano quasi del tutto grigi e
molti ciuffi dei suoi capelli biondi erano azzurri e grigi.
«Non c'è
niente da dire» continuò con una calma glaciale
«loro hanno ucciso
mio padre, e io ucciderò loro!»
Rimasi
spiazzata.
Hanno
ucciso il padre di Godric Grifondoro?!
«Lo
sai che i Folletti sono così! Hanno capito il vostro
segreto»
«NON
MI INTERESSA! LO HANNO UCCISO! UCCISO!» urlò in
preda al dolore e
ricominciò a corre.
«GODRIC!»
lo chiamò il Serpeverde ma non seppi cosa successe dopo,
perché la
visione si infranse come mille schegge di vetro.
**
Tremavo.
Avevo gli
occhi spalancati. Non riuscivo a respirare, l'aria non arrivava ai
polmoni.
Papà...
Non
so perché, ma
sapere che il papà di Godric era morto mi aveva fatto temere
della
sorte del mio.
Dov'era?
Stava bene?
O lo...?
non
volevo nemmeno
pensarci.
Presi
un foglio e
una piuma e scrissi una lettera di tre parole da dare al mio gufo:
Papà,
dove sei?
Non
ricevetti
risposta.
**
La
lettera di
risposta non arrivava e io cominciavo a temere per mio padre. Avevo
la sensazione che non fosse al sicuro, che fosse ferito. E non avevo
risposte e la cosa mi mandava in bestia. Ogni mattina guardavo tutti
i gufi alla ricerca del mio, di una pergamena con scritto “A
casa a
non fare niente” o un “mi sto divertendo alle
Bahamas”. Ma
niente.
Per
questo mi venne
un idea; era una cosa folle e totalmente da stupidi, ma l'ansia
cresceva ogni giorno e non m'importava se rischiavo l'espulsione.
Disdissi
l'appuntamento con Franck fingendo un malanno e di nascosto mi
diressi da sola verso Hogsmeade.
Camminai
per vie
laterali nascondendomi fino ad arrivare al limitare del villaggio.
Stavo per cercare un posto nascosto per potermi materializzate quando
qualcuno mi chiamò:
«Giorgia,
che ci
fai qui?»
Mi
girai e trovai
Albus.
«Non
sono affari
tuoi, Potter!» dissi tornando sui miei passi.
«Cos'hai
intenzione
di fare?»
«Niente»
dissi
ignorandolo. Lui prese a seguirmi silenziosamente. Mi ero
completamente dimenticata di lui troppo presa dalla mia missione fino
a quando, trovato un posto dove smaterializzarmi sentii la sua mano
stringersi sul mio braccio.
«AL,
MOLLAMI!»
Ma
ormai era troppo
tardi e le scena davanti a me stava sfumando.
Quando
arrivammo mi
mollai un calcio ben assestato ad Al.
«Cosa.diavolo.ti.è.venuto.in.mente.?!»
«Cosa
diavolo viene
a te in mente! Ti sei materializzata, a sedici anni! Non puoi, il
ministro lo sa»
«No
che non lo sa,
idiota!»
«Cosa?!
Ma che
blateri, tu hai la traccia»
«No,
non c'è l'ho
la traccia emerito idiota!»
«Come
sarebbe a
dire?!»
«lascia
stare. E
torna a Hogwarts»
«Sai,
io la traccia
la ho e non so materializzarmi»
Solo
in quel momento
capii la gravità della situazione.
OHMERDA!
**
«ma
si può sapere
dove stiamo andando?»
«Ti
ho detto:
niente domande!»
«Per
me tu stai
andando dallo spacciatore» sbuffò.
«Ho
Fred per
quello»
«Ma
va a cagare!»
«Non
c'è un bagno»
«Ah.
Ah. Ah» feci
ironica «Stai zitto, devo fare una cosa importante,
ecco»
Rimase
in silenzio
per alcuni minuti, ma poi continuò.
«Questa
è la
strada che porta a casa tua!»
La
sorpresa fu tale
che mi fermai in mezzo alla strada e lui sbatté contro la
mia
schiena.
«Ti
ricordi dove
abito?»
«Precisamente»
Mi
affrettai a richiudere la bocca conscia di avere un aria ridicola e
mormorai un 'okey' a mezza voce.
Ora
il silenzio che
avevo prima tanto agognato mi sembrava imbarazzante e pregai che
parlasse e facesse una domanda, giusto per rispondergli male.
Ma
non lo fece e
camminammo in silenzio.
Per
non essere
riconosciuta da nessuno del quartiere feci un illusione su me stessa.
«Giorgia?»
Al si
fermò a guardarmi dubbioso.
«Oh,
vero, tu mi devi riconoscere» non avevo nessuna intenzione di
perderlo per Londra e rischiare l'espulsione per causa sua,
così con
una strizzata d'occhi mi resi riconoscibile solo a lui. Quest'ultimo
inciampò all'indietro fissandomi come se fosse l'anticristo.
«ma..ma...»
balbetto.
«ma
se non ti muovi ti tiro un pugno nel naso» lo rimbeccai
cercando le
chiavi di casa arrivando davanti al condominio.
«Sei
ingiusta!» piagnucolò seguendomi per le scale.
«Sono
affari tuoi se mi hai seguito, quindi adesso fai quel cazzo che ti
dico»
«Devo
ancora capire cosa ci facciamo qui»
«Sono
affari miei, questi»
«Ma
dal momento che ti ho seguito sono anche affari miei» disse
perentorio. Mi fermai davanti all'uscio e gli lanciai un'occhiataccia
da far invidia alla McGranitt, poi aprii la porta e quello che vidi
mi gelò il sangue nelle vene.
Caos.
Disordine.
Non
come quando vivevo io a casa
in cui c'era il disordine di chi vive. Il tavolino di vetro era
distrutto ai piedi del divano, anch'esso completamente distrutto. Il
tavolo si reggeva obliquo su due gambe mentre le sedie erano cadute e
distrutte tutte intorno. L'intonaco era crollato e i vestiti, le
cianfrusaglie e i libri erano sparsi per terra.
«Papà»
sussurrai andando a cercare in tutte le stanze. In ogni stanza vedevo
solo distruzione. L'unica cosa ancora in piedi erano alcuni mobili di
camera mia, compreso l'armadio. Lo aprii e trovai tutti i miei
vestiti intatti.
«Papà»
e caddi a terra spaventata come non mai.
«Giorgia»
Al si avvicinò e si sedette vicino a me
«Cos'è successo?»
«Non
lo so» secca, piatta, vuota. Ecco come mi sentivo. Secca,
piatta,
vuota.
«Forse
sono stati dei ladri a farlo» provò a dire
«probabilmente tuo
padre è andato a fare la spesa e...»
«Sì.»
dissi «Sì» ripetei con forza
«Solitamente a quest'ora lavora,
probabilmente tra un po' arriverà. Dobbiamo solo
aspettarlo...»
«Certo»
Al annuì e fissò pensieroso il mio armadio
«Hai già pensato a
come vestirti per la festa?» mi prese di sorpresa.
«Festa?»
chiesi prima di connettere «Oh... non lo so, non mi sono
portata
vestiti ad Hogwarts...» spiegai.
«Be',
siamo a casa tua, il tuo armadio è particolarmente
intatto...
sceglilo adesso il vestito finché aspettiamo tuo
papà. Ti dico io
quale va bene e quale no.»
«Ma
non so... non credo...io...» balbettai, ma lui mi spinse
talmente
forte che finii praticamente dentro l'armadio.
«Giuro
che mi giro e non ti guardo» e per dimostrare la
veracità delle sue
parole si girò e si mise e mani davanti agli occhi.
Con
un sospiro entrai nell'armadio e chiusi un anta per avere almeno un
po' di riparo e scelsi un vestito. Non ve avevo tanti dal momento che
io e le calze viviamo in due universi diversi, per questo la maggior
parte erano regali.
Scartai
subito un vestito rosso che mi avevano regalato delle mie compagne di
scuola molto osceno e passai le mani tra la stoffa di un vestito
verde-acqua a top. Lo infilai facendo ben attenzione che Al non
sbirciasse, poi uscii in attesa del verdetto di “Sua
Santità il Re dei Critici Senza Speranze”
come fu soprannominato da quel momento.
Lui
mi fissò con aria scettica «Non mi piace,
provatene un altro»
Ne
scelsi uno beige a vita alta con la gonna lunga ma fu anche questo
scartato.
«Guarda,
ti dico io quale provare» disse quando scartò il
terzo vestito
(largo, stretto in vita da un cinturino). Rovistò tra
l'armadio
borbottando, poi uscì reggendo un vestito blu elettrico.
«Questo
sembra carino» e me lo mostrò.
«No,
non posso metterlo» dissi, mentre la voce mi s'incrinava.
«E
perché no?! Ti starebbe bene» e me lo mise tra le
mani.
«Non
posso» ripetei.
«Perché?»
«Perché
me lo aveva regalato Gabriele» borbottai un po' rossa dalla
vergogna
e un po' malinconica al ricordo.
«E
tu non vuoi mettertelo per questo?» mi chiese scettico
alzando un
sopracciglio.
«Io..non
posso... non dopo... non dopo quello che è successo... mi
ricorda...»
Lui
si avvicinò e mise una mano sopra la stoffa interrompendomi
«Indossalo, così lo collegherai ad altri
ricordi»
**
«Allora?
Come sto?» chiesi aprendo le braccia. Lui mi si
limitò a fissarmi e
cominciai a sentirmi in imbarazzo. Il vestito era a una sola manica a
canottiera e mi stava aderente fino alla vita dove si allargava in
una gonna corta fino a metà coscia. Mi sentii fin troppo
scoperta,
specialmente quando i suoi occhi indugiarono un po' troppo tempo
nelle gambe. Spostai una gamba dietro in evidente imbarazzo. Lui lo
capì e disse:
«Sei
bellissima» e riprese a fissarmi.
«Smettila»
lo ripresi.
«Di
fare che?»
«Di
guardarmi»
«Ma
sei bellissima!»
«Ma
tu sei fidanzato»
«Ma
noi due stavamo insieme»
«Appunto,
stavamo,
smettila di fissarmi in quel
modo»
«Dettagli,
e io continuo a fissarti come voglio»
La
temperatura delle mie guance raggiunse i 100° e mi chiese se
potevo
cuocerci la pasta, ma mi limitai a borbottare un “va a
cagare” e
mi chiusi nell'armadio cambiandomi e dopo essermi messa i vestiti
infilai il vestito nella tasca del giubotto che avevo appositamente
ingrandito con un'incantesimo.
«Ecco
fatto» borbottai cercando di uscire ma all'ultimo momento
inciampai sbattendo la testa sul fondo dell'armadio e aprendo le ante
con le
gambe.
«Giorgia,
tutto bene?»
«Sì,
sì» dissi massaggiandomi il bernoccolo che stava
per spuntare.
Alzai la testa ma questa andò a sbattere contro...un'anta
di uno scompartimento nascosto.
Fissai
lo scompartimento un po' sorpresa e Albus, non vedendomi tornare, si
fece spazio nell'armadio.
«E
questo cos'è?» chiese notandolo pure lui.
«Non
lo so» e allungai una mano all'interno. Le mie dita
incontrarono un
sacchetto di stoffa. Lo presi e una volta uscita dall'armadio
esaminai il contenuto. Era solo un semplice braccialetto d'oro, con
lo simbolo dello ying e dello yang. Le luci, le ombre che quel
bracciale creava mi ipnotizzarono e non mi accorsi di averlo
indossato fin quando non lo sentii al polso.
Fu
in quel momento che la porta d'entrata cigolò.
Con
il cuore in gola andai a vedere pregando Zeus, Ade, Poseidone e
compagnia affinché fosse papà.
Ma
non era papà. No. Era un tizio sconosciuto ammantato di nero.
«Chi
sei?» balbettai mentre Al mi affiancava e restava sorpreso.
«Sei
Chaos?» chiese invece lui.
Bastarono
quelle parole a farmi raggelare.
Lui
sa...
«Non
hai risposto alla mia domanda» cercai di mostrarmi
più coraggiosa
di quel che fossi in realtà.
«Si,
è lei» rispose un'altra voce maschile e un'altra
figura nera
comparve sull'uscio «indossa il bracciale»
Istintivamente
portai il polso dietro la schiena ma ormai era tardi. Altre persone
si stavano aggiungendo alle prime.
Al
si mosse a disagio.
«Ehi,
si può sapere chi siete e che diavolo volete?»
chiese.
Il
primo che aveva parlato brandì la bacchetta e mi
indicò.
«Noi
siamo i Deliranti e vogliamo lei» una luce uscì
dalla bacchetta e
la evitammo per un pelo buttandoci a terra.
«Cosa
cazzo volete da me?!» sbottai.
«La
tua morte»
Bastarono
quelle parole a farmi salire il cuore in gola e a protendere una mano
dentro di me lanciando un incantesimo di cui ignoravo completamente
l'esistenza.
I
Deliranti si accasciarono alle pareti tenendosi la testa come in
preda a una feroce emicrania e noi approfittammo di quell'attimo per
fiondarci giù per le scale.
«Prendeteli!»
li sentimmo gridare.
Lanciai
un barriera tra me e la rampa che ci divideva dai nostri nemici e
uscimmo correndo.
«Ma
non ho capito! Chi sono?» urlò Al.
«Ne
so quanto te, adesso corri e basta!»
Ci
fermammo davanti a un Kebab abbandonato per riprendere fiato. Sentivo
il cuore martellare ovunque, all'impazzita e la paura nelle viscere.
«Li
abbiamo seminati?» chiese lui.
«Non
lo so»
«Dobbiamo
tornare al Castello»
«Ma
papà..»
«Quello
lo andrai a trovare un'altra volta, adesso pensiamo a scappare prima
che ci ra...» mi si bloccò a metà
parola fissando qualcosa dietro
di me.
O
meglio, qualcuno.
I
Deliranti ci avevano raggiunto e ben presto ci circondarono.
«Finalmente
hai fatto un passo falso» dal cerchio uscì una
figura più snella
delle altre e la voce era femminile e mi pareva di conoscerla.
Indietreggiammo
e io creai del fuoco che ci circondò.
«Ma
non lo hai ancora capito che con me le tue illusioni non
funzionano?»
disse stancamente la donna passando tra le fiamme con nonchance
«Tu
e tuo padre siete proprio uguali, convinti di poter vincere anche
contro di me»
«Ma
che volete da me?!»
«Certo
che non assomigli affatto a Godric» disse ignorandomi. Mi
irrigidii.
«Cosa?»
«Su,
scommetto che non sei così ignorante come il tuo paparino
vuole far
credere. Sono sicura che non sei nemmeno stupida» dei
filamenti neri
avvolsero Albus per le caviglie salendo fino alla pancia. Lui si
divincolò ma i suoi sforzi non servirono a niente.
«Sono
anche sicura» continuò la donna «che non
vorrai che al tuo
amichetto capiti qualcosa di brutto»
La
fissai carica d'odio. Dove voleva andare a parare quella stronza?!
«Su,
avanti tesoro, vieni qui» e mi tese una mano smaltata di
rosso. La
fissai incerta, poi fissai Albus.
Tesi
la mano per raggiungere quella della mia avversaria alla quale
comparve un ghigno di vittoria.
Ma
all'ultimo momento le scagliai un calcio nella pancia gettandola a
terra.
«Tu...»
sibilò, ma non ci feci caso al seguito. Raggiunsi Albus e
afferrandolo mi materializzai al sicuro, a Hogwarts.
**
Il
piano era stato geniale, se non fosse che appena
“atterrammo” tra
le vie di Hogsmeade anche i nostri inseguitori apparirono.
«Voi
non mi fuggirete!» gridò la donna apparendomi di
lato. Io Albus
scattammo verso la piazza principale, diretti al pub “Tre
Manici di
Scopa” ma io andai a sbattere contro qualcosa di invisibile.
«Ahia!»
«Giorgia!»
Al che mi aveva superato tornò indietro ma sbatté
anche lui.
«Fantastico»
ci mancava solo il campo di forza dividere me e il resto del mondo.
Una luce azzurra mi sfiorò la guancia. Rotolai al lato
opposto.
Fantastico,
il campo di forza divide me e il resto del mondo, ma non divide me e
quella pazza!
Durante
la rotolata avevo perso la bacchetta e mi ritrovai disarmata. Evitai
tutti gli incantesimi prima di ricordarmi che io sapevo fare magie
anche senza bacchetta.
Piantai
le mani sul terreno e delle piante cominciarono a crescere impedendo
alla Delirante di muoversi.
Ne
approfittai per lanciare una luce dorata contro la mia avversaria
che, mannaggia a lei e a tutti gli olimpionici, evitò. Ma il
movimento le fece cadere il cappuccio e io vidi il suo volto.
Mi
bloccai al mio posto, incapace di intendere e di volere.
Davanti
a me stava Tosca Tassorosso.
Era
lei, doveva essere per forza lei, nonostante gli occhi rossi e il
ghigno malvagio, ma era lei, la stessa ragazza delle visioni.
«Tu?»
balbettai.
«Oh,
ma allora mi conosci» lanciò un incantesimo che
evitai per un
soffio «E' stato Sally, vero? Quello là non ha mai
saputa farsi gli
affari suoi»
Ma
di chi cavolaccio sta parlando?!
«Ma
tu...» balbettai incredula «Tu eri...»
Ma
uno schianto alle mie spalle mi interruppe.
Harry
Potter, il ragazzo che è sopravvissuto, l'uomo che mi ha
salvato da
una morte certa, aveva distrutto il campo di forza e decine di Auror
costringevano alla fuga i Deliranti.
Fu
più o meno a quel punto che crollai. L'ultima cosa che vidi
fu Albus
che mi correva incontro per non farmi sbattere la testa nel cemento.
**
Mi
sveglia in infermeria.
Ancora.
Ormai
passavo più tempo tra quei letti che nel dormitorio. Vicino
a me
stava Albus.
E
poi, quando Madama Chips capì che non eravamo in punto di
morte e
potemmo ricevere visite, lascio entrare Harry Potter, Ron Weasley, la
Preside e un altro Auror.
«Si
può sapere perché voi due eravate inseguita da un
orda di maghi
oscuri?» disse a mo' di saluto Harry.
Non
risposi, non sapendo cosa dire. Fu Al a parlare.
«Ecco...
noi due ci eravamo dati appuntamento per... per chiarire una cosa...
ecco, stavamo parlando quando sono spuntati quei tizi» era
una balla
bella e buona, ma suo padre ci credette.
«State
bene?» chiese.
Annuimmo.
«Siete
stati fortunati che io e la mia pattuglia fossimo a
Hogsmeade.»
«Grazie,
papà» disse Al.
«Ora
riposate» e uscì.
**
«GIORGIA
HELEN FLOX! SI PUO' SAPERE CHE CI FACEVI A HOGSMEADE QUANDO HAI DETTO
A FRANCK CHE STAVI MALE?! PER DI PIU' CON QUESTO?!?!?» mi
urlò
dietro Rose, quando verso le due di notte io e Albus tornammo in sala
comune.
«“Questo”
ha un nome!» la rimbeccò lui.
«Stai
zitto tu» gli disse.
«Io..io...
vi spiego domani...» dissi, decidendo di dire la
verità «ho
scoperto delle cose nuove»
«Oh,
sul serio? E come hai fatto?» il viso di Rose si fece curioso.
«Domani»
dissi stancamente.
«EHI!»
Al richiamò la nostra attenzione «si
può sapere di cosa diavolo
state parlando?!»
Rose
mi guardò e io guardai Al. In fondo oggi era quasi morto per
causa
mia e non potevo continuare a rimanere arrabbiata con lui in eterno.
E sentivo che c'entrava nella faccenda...
«Bene,
domani vieni anche tu» sospirai.
«Ma
Giorgia...» provò a protestare Rose.
«Sentite,
devo fare una cosa. E sono stanca. Domani»
E
salii in dormitorio.
Ma
non mi distesi nel letto.
Presi
il libro e scrissi:
“Perché
Tosca Tassorosso vuole uccidermi?”
|
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Capitolo 24 *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte I) ***
Cap.
24
La
vera storia di Godric Grifondoro (parte 1)
**
Storia
come materia mi è sempre piaciuta. Fin da piccola adoravo
conoscere
le cose passate, motivo per cui ogni volta che mi presentavo a casa
con un nuovo libro storico papà correva urlando:
«SPAAAARISCIIII!!
TU NON SEI MIA FIGLIAAAA!» Insomma, lui non riusciva a capire
per
quale motivo mi piacesse leggere “Quella
robaccia noiosa”
«non
serve a niente!» sosteneva «sono tutti
morti!»
Sì,
ma io sono del parere che bisogna conoscere il passato per non fare
gli stessi errori dei nostri predecessori.
Cosa
che ho imparato a mie spese.
**
“Perché
Tosca Tassorosso vuole uccidermi?”
“L'hai
incontrata?”
“Qui
le domande le faccio io, limitati a rispondere; almeno dai un senso
al titolo che ti ritrovi in copertina. Allora?”
“Mi
dispiace non sei ancora pronta a saperlo”
“E
quando sarò pronta? Non di certo quando mi
ritroverò sottoterra
comodamente distesa in una bara!”
“Non
conosci tutta la storia, sei solo a metà di tutto”
“E
allora fammela conoscere”
“Ci
vorrebbe troppo tempo, con il ritmo in cui mi apri”
“Stringi,
spiegamela tu in poche righe”
“Non
basteranno due righe, e nemmeno duecento o duemila”
“Ma
io devo sapere!”
“Lo
so”
“Allora
aiutami; ci sarà un'altra soluzione.”
“Sì...”
“E
sarebbe?”
“E'
pericoloso, per te e la tua energia vitale. Potrebbe lasciarti
svenuta per due giorni interi”
“Cosa
intendi dire?”
“Ogni
volta che ti mostro una visione uso la tua forza magica/vitale e
questo ti rende più debole”
“Ma
allora avevo ragione, eri tu a farmi stare male!”
“Esatto.”
Mi
guardai intorno spaesata. Starmene svenuta per due giorni... sarebbe
stato sospetto. Uscii dal mio rifugio e svegliai Rose e Dominique.
«Ehii,
svegliatevi» le scuotei finché Domi non mi
mandò a cagare e Rose
dandomi una sberla si svegliò.
«Si
può sapere cosa vuoi?» borbottò con gli
occhi che scivolavano
verso il sonno.
«Lunedì
non vengo a lezioni» dissi tutto d'un fiato.
«Sì,
va bene» e fece per tornare a dormire. Glielo impedii.
«Ehi,
Rose! Hai capito cosa voglio fare? S-a-l-t-o l-e
l-e-z-i-o-n-i-!»
«COSA?!»
finalmente aveva capito «Perché? Cosa cazzo ti
salta in mente?!»
«Vi
dirò tutto alla riunione di martedì. Ci dovete
essere tutti, anche
Albus!»
«Ma
Giorgia...»
«Ti
prego, Rose. Devi solo fidarti. Mi coprirai
lunedì?»
La
mia amica sospirò poi disse:«Va bene, mi
inventerò qualcosa. Ma
adesso lasciami dormire...»
“Va
bene, corro il rischio di stare svenuta per due giorni ma tu mostrami
tutto!” scrissi
cinque minuti dopo.
“Se
ne sei proprio sicura io non posso farci niente”
“Allora
inizia subito. Ma prima, un'ultima domanda”
“Chiedi
pure”
“Chi
sei tu veramente?”
La
pagina rimase a lungo immacolata prima che comparisse la risposta in
lettere verdi.
“Io
sono Salazar Serpeverde”
La
luce abbagliante che mi investì non mi diede il tempo di
urlare
dalla sorpresa.
**
Mi
trovavo a casa di Priscilla Corvonero e con lei c'era un uomo dai
capelli biondo cenere e i lineamenti affilati. Era Charles, un
ragazzo che avevo sposato qualche visione prima che io smettessi.
«Sono
in ritardo» borbottò l'uomo.
«Godric
ha detto che deve dirci una cosa importante, non azzardarti ad
andartene per i fatti tuoi» lo rimbeccò Priscilla.
Il
marito borbottò qualcosa ma fu interrotto dalla porta che si
apriva
e nella stanza entrò Salazar.
«Salazar!»
Charles fece cadere la sedia «Allora? Tu sai di cosa vuole
parlarci
Godrci»
«Sì»
e chinò la testa «Non è ancora
arrivato?»
«No,
quando ci ha dato l'annuncio era con Tosca» fece Priscilla
facendo
capire ai presenti cosa intendeva.
«Fantastico!»
sospirò Charles «in cantina ho un po' di vino,
potremmo bere quello
mentre aspettiamo che quel scavezzacollo arrivi»
«Non
ci credo» disse un'altra voce e Godric fece la sua comparsa
all'entrata a mano con Tosca «Voi volete brindare senza di
me?! Ma
che razza di amici siete» fece con un tono fintamente offeso.
«Tu!
Brutto idiota! È tutto il pomeriggio che ti
aspettiamo!» sbraitò
Charles.
«Scusami,
ma avevo delle faccende da fare...»
«Sì,
lo sappiamo che faccende»
Tosca
dietro di lui arrossì e fissò il pavimento
imbarazzata.
«Non
è di questo che voglio parlare» disse Godric.
«Spero
bene! Nell'altra stanza c'è mia figlia e potrebbe
svegliarsi» lo
rimbeccò Charles. Cavolo, mi stava proprio simpatico.
«Va
bene...» adesso a Godric era sparita tutta la sua baldanza e
guardava Salazar in cerca d'aiuto.
«Eh
no,» fece il suo migliore amico incrociando le braccia al
petto «Tu
hai voluto aspettare e adesso tu dici tutto»
«Cosa
deve dirci, esattamente?» chiese Priscilla.
Il
mio fondatore sospirò, poi lentamente iniziò a
raccontare chi era
veramente, di suo padre, spiegò cos'era il Chaos e cos'era
il
Delirium e che doveva sceglierne solo uno.
«Aspetta,
vuoi dire che tuo padre aveva cento novant'anni?!»
sbottò Charles.
«E
che tu non sei umano?! E che ci sono queste tizie qui,
le...sì,
quelle, che vanno in giro dare l'immortalità?!»
«Godric...ma
questa cosa della scelta...non la ho capita bene» Priscilla
interruppe il marito.
«Be',
ecco...Allora. Le persone hanno tutte dentro di sé una parte
di
Chaos e una di Delirium. Sono queste due forze a governare il mondo,
diciamo. Dopo ogni tot di anni nasce un.... essere come me che non ha
nessuna delle due dentro di sé, perché
può averne solo una: o il
Chaos o il Delirium»
«Fin
qui c'ero arrivata. Insomma, tu scegli uno e finisce la
storia.»
«Esatto,
tutti vogliono che io scelga il Chaos»
«Per
quale motivo?»
«Nessuno
dei miei predecessori lo ha mai scelto. E dicono che a causa del
Delirium ci siano stati grandi disastri, come la caduta dell'Impero
Romano»
«E
tu non puoi dire “Io scelgo il Chaos!” e finirla
lì?»
«No,
sarebbe troppo facile. Dobbiamo “Trovare la risposta dentro
di noi,
poi un giorno il Chaos prevalerà sul Delirium o
viceversa” io non
posso fare niente»
«Oh...»
fece Tosca «Oh...»
«Perché
non lo hai detto prima?»
«Io...»
Godric incassò la testa fra le spalle.
«Lui
era convinto che voi lo avreste abbandonato. Figuratevi che ho dovuto
scoprire da solo il suo segreto»sbottò Salazar.
«Taci
tu!»
Salazar
rise e si nascose dietro il tavolo quando Godric gli lanciò
un
bicchiere.
«EHI!
Quello era cristallo proveniente dalla beozia»
sbottò Charles.
«Su,
non fate i bambini» li richiamò Priscilla.
«Comunque,
anche io volevo parlarvi di qualcosa...» disse Tosca
facendosi
avanti. «Potremmo aprire una scuola, per maghi
ovviamente»
Tutti
i presenti la guardarono sorpresi.
«Una
scuola di magia?» chiese Salazar sconcentrato.
«Una
scuola implica mocciosi. Io odio i bambini»
borbottò Charles.
«Ah,
e così tu odi Helena?»
«Ma
no, amore, Priscilla. Helena è l'unica bambina che
sopporto...»
«Già,
sopporti...»
«Ma
perché vuoi aprire una scuola?» chiese Godric.
«Be',
noi siamo stati fortunati. Intendo, abbiamo avuto qualcuno che ci
insegnasse la magia. Io sono stata fortunata avendo dei genitori
babbani a conoscere voi.» spiegò Tosca
«Ma gli altri? Quelli che
si sono ritrovati con poteri magici e non sanno come usarli? Quelli
che rischiano di venire uccisi nei roghi? Meritano di saper usare la
magia e noi potremmo fare qualcosa»
«E
con questo ''qualcosa '' intendi una scuola» fece Priscilla.
«Esatto.
Che ne dite?»
Ci
fu un attimo di silenzio.
«Io
ci sto» proclamò infine Godric.
«Ma
costruire una scuola costa»
«Per
quello io ne sono pieno.»
«Avrete
bisogno di insegnanti»
«Noi»
Tosca incrociò le braccia sul petto.
«Io
non so niente di magia» protestò Charles.
«Non
è vero! Conosci le rune. Priscilla è un genio in
tutti gli
incantesimi, Godric nella trasfigurazione, Salazar in pozioni, io me
la cavo con le Rune.»
«E
le altre materie?»
«Non
siamo gli unici maghi della Gran Bretagna. »
Costatò Salazar.
«La
cosa si può fare»
«Va
bene...» concesse Charles.
«E
come la chiamiamo?»
«Hogwarts?»
propose Godric.
«Hogwarts...
mi piace»
«Hogwarts,
scuola di magia e stregoneria»
«Io
propongo: Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts»
«Quando
cominciamo?»
«Adesso,
no?»
**
«Allora,
come viene la scuola?»
«Bene,
signor Grifondoro. Fra qualche mese potrete iniziare a insegnare,
anche se non sarà del tutto completata»
«Ti
ringrazio. Se ci sarà mai qualcosa che io possa fare per
lei, la
farò»
«Una
cosa ci sarebbe. Vorrei che i miei due figli la
frequentassero»
«Sarà
fatto»
Godric
continuò il giro nella zona e raggiunse Priscilla intenta a
incantare un manoscritto.
«Che
fai?»
«Magie»
«Questo
lo noto anche io, ma che tipo di magie?»
«Faccio
in modo che in questo libro appaiano i nomi di tutti i maghi e di
tutte le streghe della Gran Bretagna fin dalla loro nascita»
«Sembra
complicato»
«Lo
è»
«Allora
ti lascio fare»
«GODRIC!»
«Salazar!
Cosa succede?»
«Sono
arrivati i gufi da alcuni maghi che chiedono di essere assunti come
insegnanti o che richiedono l'iscrizione dei loro figli»
«Benissimo!
L'idea di Tosca sta andando alla grande»
«Hogwarts
sarà bellissima»
**
I
Quattro Fondatori al completo stavano dietro una scrivania e
fissavano dubbiosi la porta davanti a loro.
«Allora
che faccio? Dico a Charles di farli entrare?» chiese
Priscilla.
«E
se sono tutti degli incapaci? E se non sono adatti a
insegnare?» si
tormentò Tosca.
«L'idea
è stata tua, quindi non azzardarti a farti questi
problemi» la
rimbeccò Salazar.
«Falli
entrare» li ignorò Godric.
E
la porta si aprì. Entrò per prima un uomo con dei
baffoni
arricciati e due occhietti minuscoli.
«Salve,
come si chiama?» chiese cordialmente Priscilla.
«Ruf
James de Corwall» di presentò con aria pomposa.
«Piacere.
Che materia vorrebbe insegnare nella nostra scuola?»
«Storia
della magia. Sono assolutamente convinto che i giovani devono
conoscere il passato per affrontare il presente»
«siamo
d'accordo. La vostra preparazione?»
«Oh,
io potrei parlarvi delle guerre persiane in cui il Re Serse
usò i
maghi e blablabla» inutile dire che a quel punto io mi
addormentai
conscia di aver davanti a me l'attuale professore di Storia della
Magia.
«Allora,
potrei essere assunto?» si interruppe all'improvviso
svegliando il
Fondatori.
«Oh
certamente» rispose prontamente Priscilla «Ora
può andare»
Quando
uscì Salazar sbadigliò «Quello ci fa
addormentare gli studenti»
«Ma
è molto preparato» disse Tosca.
«Troppo
preparato» puntualizzò Grifondoro.
Passai
il resto del tempo seduta in un angolo mentre vedevo maghi e streghe
illustrare materie e fare dimostrazioni pratiche.
Poi,
arrivò l'ultima persona che mi sarei mai aspettata di vedere.
Candida.
Era
cresciuta, ma era lei. Il viso era diventato più affilato e
portava
i lunghi capelli neri raccolti in una treccia e i suoi occhi azzurri
avevano sfumature viola e lillà. Era bellissima.
Godric
si immobilizzò alla sua vista.
«Salve,
può dirci il suo nome?» chiese per la millesima
volta Priscilla,
quasi con aria annoiata, senza accorgersi dello shock di Godric,
dello sguardo spaventato di Salazar e del sorriso congelato sulle
labbra di Tosca.
«Mi
chiamo Candida Lilian Drew» fece lei con voce gentile
ignorando le
reazione dei tre citati prima.
Inutile
dire che io mi stavo già preparando a tutto lo scoppio che
sarebbe
venuto una volta che tutti si fossero ripresi.
«Allora,
che materia insegna?»
«Erbologia»
«Tu
sei una strega?» chiese Tosca sorpresa.
«Sì,
una nata babbana per la precisione»
«Sei
una sanguesporco?» Balbettò Salazar. Godric gli
tirò un calcio da
dietro la scrivania.
«Preferirei
nata babbana.»
«Che
ci fai qui?» Godric si era ripreso e la guardava con uno
sguardo
della serie “Oh Mio Dio, è arrivato il momento in
cui le nostre
anime vengono trasportate in paradiso”
«Sto
cercando un lavoro, come tutti quelli là fuori del
resto»
«Ma
tu non puoi...» iniziò Salazar.
«Perché
non dovrebbe?» Priscilla lo fissò male, poi
tornò a rivolgersi a
Candida dicendo «Lo perdoni, non ha una mente molto acuta. Ci
mostri
la sua preparazione in Erbologia»
Salazar
aprì la bocca per protestare ma la Corvonero fu desta a
pestargli un
piede.
Candida
iniziò a illustrare alcune piante e le loro funzioni,
mostrò alcune
pozioni che si possono ricavare da essa senza notare che l'unica a
seguirla era Priscilla.
Salazar
la guardava male ogni tanto scuoteva impercettibilmente la testa con
fare sconfortato.
Godric
le fissava gli occhi, le labbra, le mani che gesticolavano e i
capelli che le scivolavano da uno spartano cerchietto come se fosse
oro colato.
Tosca
fissava scura in volto Godric evidentemente frustata dallo sguardo
che lanciava a Candida.
**
«EHI!»
Godric camminava inciampando nei suoi stessi passi cercando di
raggiungere Candida.
«Mi
dica, Signor Grifondoro» fece lei impassibile.
Godric
sbuffò «Perché usi tutta questa
formalità?! Ci conosciamo da
quando siamo piccoli, noi eravamo...» si bloccò
lasciando la parola
in sospeso.
«Già,
eravamo, non siamo»
tagliò corto lei «Cosa vuoi?»
«Il
posto è tuo»
«Il
tuo amico non mi sembrava tanto d'accordo» le fece notare lei.
«A
lui ci penso io.»
«E
sei corso fin qui solo per dirmi questo?»
Godric
aprì la bocca ma poi la richiuse. Già, per quale
motivo era corso
fin là? Non lo sapeva nemmeno lui.
«Io...Volevo
vederti»
Candida
abbassò lo sguardo e sospirò.
«Godric...
io...io... sono ufficialmente fidanzata» confessò
tutto d'un fiato
«e se sapevo che uno dei presidi eri tu non mi presentavo
nemmeno e
poi mi sembra che anche tu sei fidanzato quella ragazza mi fissava
male e...»
«Lo
so» disse Godric interrompendola «Lo so, ma tu sei
qui e del resto
non m'importa niente»
e
la baciò di sorpresa intrappolandola tra le braccia. Candida
sembrò
voler respingerlo, ma poi si abbandonò pure lei in quel
bacio.
E
io seppi con certezza che quell'azione non avrebbe portato niente di
buono.
**
«Come
sarebbe a dire che non vuoi i nati babbani?!»
sbraitò Priscilla
contro Salazar. Erano nell'attuale Sala Insegnanti a compilare
migliaia di lettere. Carles li fissava seduto in una sedia con uno
sguardo esasperato.
«Sono
babbani» ringhiò lui.
«No,
non sono babbani.»
«Ma
non hanno genitori o parenti maghi, quindi sono babbani»
«No,
sono maghi nati da famiglie babbane con poteri magici, quindi sono
maghi»
«Al
massimo sanguesporco»
«Oh,
ma è ridicolo! Come si può avere il sangue
sporco?!»
«Il
sangue dei babbani è sporco e loro lo hanno»
«Salazar,
ma ti senti? Stai dicendo cose che non esistono né in cielo
né in
terra»
«Buoni,
buoni» Godric entrò nella stanza a mano con Tosca.
Evidentemente
lei non sapeva niente e Godric non ne aveva parlato. Mi fece
profondamente schifo.
«Ma
è possibile che non possa lasciarvi soli nemmeno per due
secondi e
voi fate i bambini?» continuò.
«Ha
iniziato lui!» Priscilla puntò il dito contro
Serpeverde «Non
vuole i nati babbani!»
«E
perché?» chiese Tosca sorpresa.
«Perché
non sono degni di imparare la magia. Non sono veri maghi!»
«Grazie,
potrei prenderlo sul personale» ringhiò Godric
«definisci ''veri
maghi''»
«Veri
maghi sono coloro che hanno dei genitori maghi!»
«Ti
ricordo che mia madre era una babbana e mio padre un De
immortales nato
babbano, quindi non un ''vero'' mago»
«Non
intendevo questo...» protestò Salazar
«volevo dire che...»
«No,
basta! Sono stufo di voi due, passate tutto il giorno a litigare su
questo argomento. Abbiamo bisogno di una soluzione»
«Io
ne avrei in mente una...» fece Charles.
«Oh...
ne abbiamo già parlato caro. Non mi sembra una buona
cosa...»
puntualizzò sua moglie.
«Dimmi.
Qualsiasi cosa è migliore di loro due che litigano per tutto
il
castello»
«Visto
che siete in quattro potreste fare quattro Case.»
iniziò a spiegare
Charles.
«Cosa
intendi?»
«Sarebbe
bello che gli studenti vengano divisi in quattro ''gruppi'' ognuno
guidato da uno di voi in base al loro carattere. Sarebbe un disastro
se tante persone con caratteri totalmente diversi vivessero troppo a
contatto.»
«Quindi
tu proponi di dividerli? Ma avremo bisogno di più insegnanti
e le
spese sarebbero eccessive!»
«Certo
che no. I ragazzi di questi gruppi avrebbero di diverso solo il
tavolo da mensa e il dormitorio ma nelle lezioni saranno mischiati
con un altro gruppo»
«E
dove sarebbero i vantaggi?»
«Inanzi
tutto Salazar potrebbe avere solo i purosangue con buona pace delle
nostre orecchie, le aule sarebbero meno affollate e sarebbe
più
facile raccoglierli in caso di attacco»
«Potrebbe
anche essere divertente!» rise Tosca «mettiamo una
Coppa a fine
anno e dei punti. Se gli studenti si comportano bene avranno punti,
se trasgrediscono qualche regole verranno sottratti. Chi ha
più
punti vince la Coppa.»
«Mi
piace!» approvò Salazar «Io voto per le
Case.»
«Anche
a me piace l'idea. Così non avrete troppi studenti che
trasgrediscono le regole e mia moglie non sarà perennemente
nervosa»
soppesò Charles evitando uno schiaffo dalla moglie.
«Io
dico no! Creerebbe troppo competitività» Priscilla
incrociò le
braccia al petto.
«Eddai,
non essere rigida! È un'idea stupenda!» disse
Godric.
«Be',
cara Corvonero, siamo in maggioranza quindi le Case si fanno»
la
canzonò Salazar.
«Va
bene! Ma non tenete conto di una cosa! Come fate a dividere in
maniera giusta e coerente gli studenti?» la domanda
lasciò tutti
pensierosi ma poi Godric disse:
«Non
vi preoccupata giovani donzelle, il vostro cavaliere ha la
soluzione»
«Sì,
Godric, ma io non sono una donzella» puntualizzò
Salazar.
**
«Ecco
qua!» fece Godric orgoglioso mettendo, due giorni dopo
nell'ufficio
del preside, un vecchio cappelle al centro della scrivania.
«E
questo che sarebbe? Di' un po', un ippogrifo di ha mangiato un
cervello?»
«Sally,
Sally, quanto sei scettico»
«Vedrai
cosa sarai tu sei mi chiami ancora Sally!»
«Ma
la volete piantare? Sembrate dei bambini!» li
richiamò Prisilla
sopra la risata di Tosca.
«Comunque
non vedo a cosa ci possa servire questo vecchio cappello»
«Questo
vecchio cappello» lo scimmiottò Godric
«è un lettore di
personalità»
«Sarebbe
a dire?»
«Tu
indossi questo cappello sulla testa e lui leggerà il tuo
carattere.
Adesso noi lo indossiamo in modo da far capire al Cappello quali sono
le Case e di quali personalità hanno bisogno.
Così appena vedrà un
ragazzino con lo stesso carattere di Tosca saprà dove
metterlo!»
«L'idea
è geniale» annuì Tosca felice.
«Manca
solo una cosa»
«Cosa?»
«Dobbiamo
scegliere i nomi della Case»
Un
attimo di silenzio, poi Priscilla disse:
«Usiamo
i nostri cognomi, è il modo più
semplice»
«Perfetto.
Cominciamo?»
**
Candida
aspettava vicino alla foresta proibita e si guardava continuamente
intorno con fare nervoso. Si capiva lontano un miglio che aspettavo
qualcuno.
«Candida»
lei
sobbalzò ma quando vide Godric alle sue spalle
sbraitò:
«Tu!
Accidenti, mi hai fatto prendere un colpo»
«Mi
dispiace»
«Non
importa. Allora, dove vuoi portarmi oggi?» sorrise.
«Sarà
una sorpresa, vieni» e entrarono nella foresta.
«E'
da fidarsi?» chiese Candida titubante.
«Tranquilla,
ci sono io con te» le sussurrò.
Camminarono
per mezz'ora, lanciandosi sorrisi complici e dolci. Una parte di me
non poteva non provare dolcezza a vederli insieme, ma un'altra
pensava a Tosca che non ne sapeva niente mi veniva voglia di
prenderlo a botte.
La
boscaglia sparì per lasciar spazio a una radura in cui
brucavano
degli unicorni.
«Oh
mio Dio!» disse Candida fissando gli animali con ammirazione
«sono
bellissimi»
«Se
vuoi puoi avvicinarti»
Candida
gettò le braccia al collo di Godric e lo baciò.
«Grazie
per avermeli mostrati» sussurrò quando si
staccarono.
**
«Godric...»
Salazar chiamò l'amico interrompendolo dal scrivere una
lettera.
«Cosa
c'è?» chiese sbuffando.
«Quando
la smetterai di comportarti così?»
«Così
come?» chiese con noncuranza.
«Cosa
vuoi fare con Candida?!»
Godric
sobbalzò.
«Eh?»
«Lo
so che voi due vi incontrate tutte le sere»
«Non
tutte» ci tenne a precisare.
«Godric!
Ma ti rendi conto di cosa stai facendo?! Di cosa stai facendo a
Tosca?»
«Io....
io ho tutto sotto controllo»
«Certo,
come no. Incontrarsi di nascosto con una donna fidanzata sperando che
la propria fidanzata ufficiale non si accorga di niente. Sì,
hai
decisamente la cosa sotto controllo» rise ironicamente.
«Ok,
lo ammetto. Non ho idea di cosa sto facendo non posso
smettere!»
«Perché
no?»
«Non
saprei come lasciare Tosca.»
«Non
è poi così diff... fermo là! Tu vuoi
scambiare una strega
purasangue per una sanguesporco?!»
«Ma
la smetti di chiamarla così?!?!» si
alterò Grifondoro.
«Va
bene, va bene. Come non detto!» e portò le mani
davanti «dico solo
che non dovresti mollare Tosca dopo cinque anni che state insieme.
Tutti si aspettano il vostro matrimonio!»
«Ma
io non amo Tosca, io amo Candida»
«Allora
spiegami per quale motivo hai voluto fidanzarti con Tosca se non la
ami»
«Perché....»
«Perché
non c'era Candida»
«Aah,
quindi tu l'hai fatto solo per tenere la mente occupata.
Nobiltà
d'animo? Cavalleria? Credo proprio che quel cappello fosse
rotto»
«Come
osi insultarmi?»
«Non
ti sto insultando, ti sto dicendo solo la verità. Ti
conviene
sistemare questo pasticcio e nel modo giusto.»
E
se ne andò.
**
I
quattro fondatori fissavano la Sala Grande del tavolo degli
insegnanti visibilmenti emozionati.
Ragazzi
dai undici ai quattordici anni li fissavo con tanto di occhi, poi
Charles srotolò una pergamena e iniziò a chiamare
gli alunni.
«Arsel
Jane»
«Tassorosso»
«Aumest
Tobias»
«Grifondoro»
E
così via. Io rimasi nel mio angolino a fissare lo
smistamento con un
sorrisetto nelle labbra.
«Elena
Corvonero!»
Una
ragazza bellissima, dai capelli neri e lucenti e gli occhi ametista
andò a sedersi sullo sgabello.
Qualcosa
nel suo sguardo mi faceva pensare a Dominique.
«Corvonero!»
gridò il cappello parlante.
«James
Cott»
trattenni
il respiro perché vidi James -il Jamie che conoscevo io-
indossare
il cappello.
«Serpeverde!»
Lo
fissai per il tutto il tempo.
**
Candida
e Godric camminavano per i corridoi bui di Hogwarts.
«Credi
che sia saggio?» chiese lei.
«Cosa?»
«Incontrarci
così, di notte. Qualche studente potrebbe vederci»
«Gli
studenti hanno il coprifuoco e non possono uscire. E poi» si
fermò
a guardarla negli occhi «noi non stiamo facendo niente di
male.
Stiamo facendo la Ronda»
«Sì,
la ronda» sorrise dolcemente lei poi si alzò sulle
punte per
sfiorare le labbra di Godric.
Solo
io notai dei capelli biondi sparire dietro un angolo.
Tosca
li aveva visti.
*****
NdA:
Eccomi
con il nuovo capitolo :> sono stata veloce vero?
Bene, adesso io voglio fare un'altro sondaggio... Secondo voi cosa
dovrebbe fare Godric? Voglio sentire le vostre teorie :33
E voglio sapere anche che ne pensate di Sally -cuori-, Priscilla e
Charles -cuori-.
Daidai, recensite che vi regalo le caramelle:')
-Voglioungufo.
|
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Capitolo 25 *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte II) ***
Cap.
25
La
vera storia di Godric Grifondoro (parte 2)
**
Gli
uomini sottovalutano noi donne. In senso, non capiscono il pericolo,
non capiscono quanto siamo pericolose.
Già,
perché una donna innamorata è pericolosa, una
donna innamorata e
non ricambiata un nemico, ma una donna gelosa la propria condanna.
**
«Finito!»
Godric lasciò cadere la penna su un plico di fogli: i
compiti di
trasfigurazione dati ai suoi alunni.
«Beato
te!» Salazar si mise una mano tra i capelli «I
Tassorosso non
capiscono niente di Pozioni!»
«Ehi!»
protestò offesa Tosca.
«Non
è colpa mia se sono imbranati»
«Mi
dispiace dover dire lo stesso sui Serpeverde in Incantesimi»
lo
rimbeccò Priscilla.
«Be',
ma voi Corvonero siete incapaci in...» e sfogliò
tutti i plichi di
compiti dei Corvi, compresi quelli degli altri insegnanti, ma li
trovò tutti perfetti.
«Già,
in niente» finì per lui la frase Priscilla con un
sorriso
soddisfatto.
«Al
diavolo...» borbottò lui.
Godric
si alzò spostando rumorosamente la sedia.
«Dove
vai?» gli chiese Tosca.
«Faccio
un giro» rispose vago.
«Sì...
un giro» lo canzonò Salazar rabbiosamente.
«Divertiti»
sussurrò invece Tosca abbassando lo sguardo lasciando che
che i
riccioli biondi le coprissero il viso.
«Ciao
amore» la salutò quel (parola vietata ai minori di
90)
accarezzandole i capelli, poi uscì dalla porta.
Salazar
sbuffò rumorosamente e tornò a correggere i
compiti.
Tosca
fissò il nulla assorta prima di alzarsi e dire
«Vado in bagno» con
voce tremante, e uscì senza dar tempo agli altri di
rispondere.
La
rincorsi per il corridoio e lei sbirciò fuori da una
finestra.
Godric stava camminando verso la foresta.
Lo
sguardo di Tosca era impenetrabile, ma potevo scorgere in fondo ai
suoi occhi delle lacrime.
Senza
preavviso si voltò e iniziò a camminare verso
l'uscita e seguì
l'uomo di nascosto.
Io
accelerai il passo e cominciai a insultare Godric in tutte le lingue
possibili e immaginabili.
«Ma
cosa ti frulla in quella zucca vuota?! Non vedi come sta la tua
ragazza? Già, perché, guarda un po', tu stai con
Tosca, non con
Candida! Oh, non lo avevi notato? Bene adesso lo sai, quindi sposta
le tue chiappe verso il castello vai da Tosca e dille tutto. Ma mi
stai ascoltando?»
No
che non lo stava facendo ovvio, ma ero così arrabbiata
che....WHAAAA, avrei potuto uccidere.
Tornai
indietro, cercando di distrare Tosca e fare in modo che non lo
seguisse.
Ma
non servì a niente e vidi l'appuntamento confermando tutti i
suoi
dubbi.
**
Quando
mi materializzai nei dormitori maschili di Serpeverde rimasi
sorpresa, scandalizzata quando scoprii essere quelli maschili.
James
(il James Serpeverde non il nostro James) se ne stava disteso nel
letto a fissare il soffitto con aria assorta.
Lo
studiai bene. Aveva i stessi capelli scuri di Jamie, ma i suoi occhi
avevano pagliuzze dorate tra il nocciola. Il naso era più
proporzionato e lo sguardo più acuto.
Con
uno scatto si alzò e uscì dal dormitorio, dalla
sala comune di
Serpeverde e camminò per i corridoi.
Lo
seguii chiedendomi cosa centrasse quel ragazzo con tutta la storia.
James
si fermò dietro l'angolo di un corridoio e
sbirciò cautamente. Là
stava la ragazza che assomigliava a Dominique intenta leggere.
«Corvonero»
si fece avanti lui dopo un attimo di esitazione.
«Cott»
disse lei alzando appena gli occhi dal libro.
«Come
mai qui?»
«Ci
dovrebbe essere silenzio, sai, sto leggendo»
«Perché
leggi?»
«Perché
lo fa mia madre»
«E
con questo?»
«Tutti
si aspettano che lo faccia anche io»
«Ma
tu non sei tua madre»
«Dovrei
esserlo. E comunque, per quale motivo siamo passati a questa
conversazione? Le chiedo gentilmente di andarsene»
«Usiamo
il lei? Fece inarcando un sopracciglio.
«Non
la conosco, cosa dovrei usare?»
«Ci
potremmo conoscere e iniziare a dare del tu» La
superò e andando
avanti per il corridoio disse «Domani mattina troviamoci
prima delle
lezioni»
Helena
strinse il libro al petto poi annuì e il Serpeverde si
allontanò
soddisfatto.
**
«Ho
sentito che ti frequenti con quel Serpeverde» Helena era
nello
studiolo di sua madre, Priscilla, che la fissava seduta su una sedia.
«Non
abbiamo fatto niente di ché» sbuffò la
figlia.
«Non
mi piace quel ragazzo. La sua famiglia gli ha inculcato idee
sbagliate»
«Idea
che però piacciono a Salazar»
«Questo
non centra nulla. Devi smetterla di uscire con quel ragazzo; tu ti
sposerai un uomo rispettabili e intelligente»
terminò.
«Ma
ti prego, non farmi ridere. Lo dici proprio tu? Tu che sei sempre
stata dalla parte delle scelte autonome? Ma certo, adesso si tratta
di tua figlia quindi mandi all'inferno tutti i tuoi ideali»
«Non
parlarmi così!»
«Io
parlo come mi pare e faccio quello che mi pare» detto questo
girò i
tacchi uscendo dalla stanza.
**
«Allora,
quando risolverai il problema. L'anno scolastico è quasi
finito»
«Ci
sto lavorando...» sussurrò Godric.
«Allora
lavoraci più in fretta» Salazar girò i
tacchi e sparì.
**
Tosca
fissava le stelle dalla sua stanza. Era la notte si San Lorenzo e
sperava di veder cadere una stella cadente.
Se
vuoi ti posso aiutare...
Mi
girai, prima di rendermi conto che la voce proveniva dentro la mia
testa, dentro la testa di Tosca.
Lei
scosse la testa.
«Mi
fido di lui» sussurrò, anche se gli occhi le si
riempirono di
lacrime.
**
Godric
aspettava nello studio del Preside. Si passava una mano nei capelli
con fare nervoso.
Quando
la porta di aprì scattò in piedi ma subito sul
suo viso si dipinse
di delusione che si affrettò a mascherare con la sorpresa.
«Priscilla?»
«No,
tua zia» lo rimbeccò lei furente.
«A
cosa devo tutta questa acidità, di grazia?»
Priscilla
per tutta risposta si sedette sulla sua scrivania e ordinò:
«Portami
un te', con poco zucchero»
«Alzarti
o appellarlo è troppo complicato?»
«Ma
tu non sei quello della cavalleria?» borbottò lei.
«Salazar
a volte ha ragione. Voi donne avete troppo libertà»
«Ti
prego, non diventare anche tu come lui!»
Godric
sbuffò «E posso sapere per quale motivo sei qui a
occupare il mio
ufficio?»
«Mia
figlia è un disastro!» esclamò lei.
«Sai
come, a certe età si da sempre di matto...»
«Ma
non mia figlia!»
«Priscilla,
è un essere umano»
«Che
frequenta un purosangue babbanofobo»
«Babbanofobo...?»
«Sì,
Babbanofobo»
«Ma
esiste questo termine?» chiese cauto.
Priscilla
lo trucidò con lo sguardo, dopodiché
appellò un dizionario e sotto
la B scrisse il termine.
«Adesso
sì» rispose compiaciuta.
«Priscilla»
Godric alzò gli occhi «Sono ragazzi... non
può essere niente di
serio...»
«E'
dal primo anno! E guarda un po', fra qualche mese finiranno il
settimo. SETTE ANNI! Sai cosa significano sette anni? Matrimonio! E
matrimonio significa imparentarmi con dei meschini
Babbanofobi»
«Ma
se si amano....»
«Se
si amano un corno! Non possono stare insieme punto. Lei è
mia
figlia, decido io cosa sia giusto per lei»
«Non
eri tu a parlare di “indipendenza
femminile”»
Priscilla
ringhiò.
Proprio
in quell'istante la porta si riaprì e Candida fece la sua
comparsa
nella stanza.
Sì...Candida
sto cazzo.
Appena
vide Priscilla però si bloccò.
«Oh!
Finalmente» fece Godric «Ehm, sì. Io e
lei dobbiamo discutere su
alcune piante...sì, piante rare se è il caso di
metterle nel corso»
mentì al momento.
«E
perché noi non se siamo stati informati? Non sarebbe meglio
discuterne assieme»
«Oh
suvvia» fece Godric facendola alzare e spingendola verso la
porta
«per quale motivo farvi perdere tempo? Posso sistemare tutto
da
solo. Sono sicuro ce avete cose più importanti da fare tu
Charlses...che ne so, procreare qualche creatura che non si innamori
di Babbalofo..Babbanif...sì di quelli. Arrivederci, la tua
visita mi
ha fatto molto piacere» e le chiuse la porta in faccia.
«E
lei cosa voleva?» Chiese Candida.
«Oh,
niente. Solo rendermi partecipe dei suoi problemi familiare»
disse
vago «ma noi non dovremmo discutere di piante?»
aggiunse con tono
malizioso.
«E
di quali piante?» chiese lei avvicinandosi.
«Oh...
non so, scegli tu» e la baciò.
**
Helena
era rintanata in un angolo a piangere di nascosto.
Era
frustata.
Perché
sua madre non capiva?
Lei
amava James, lo amava sul serio.
Non
era arrogante come sembrava, era vero.
E
poi non capiva perché tutti la paragonassero a sua madre.
Tutti si
aspettavano solo voti alti e comportamenti seri.
James
era l'unico a guardare oltre, ad amare i suoi difetti.
Perché
non potevano farlo anche gli altri?
Perché
non potevano stare insieme?
Ed
era frustata perché lei quelle risposte non le aveva,
perché lei
non era realmente abbastanza.
**
«Helena
è scappata!» Salazar quasi spanse tutte le boccete
d'inchiostro.
«Cosa?»
sbottò Tosca.
«Helena
è scappata» ribadì Priscilla
«Con il diadema»
Charles
quasi rischiò il soffocamento.
«Mia
figlia è scappata con il nostro regalo di nozze?!»
«Con
il nostro regalo di nozze!» precisarono Godric e Salazar
«Ma dico,
sapete quanto ci è costato?»
«Mia
figlia è scappata e voi discutete su un stupido
diadema?!»
Priscilla sfiorava l'isteria.
«Calmati,
vedrai che si sistemerà tutto» Charles l'abbraccio
«Manderemo
qualcuno a cercarla»
«La
mia bambina... la mia bambina...» singhiozzò.
**
Ero
nella foresta proibita e Tosca camminava traballante vicino a me
piangendo.
Se
vuoi ti posso aiutare....
Ancora
quella voce. Tosca si accasciò a terra singhiozzando.
«Chi
sei? Cosa vuoi da me?»
Dal
nulla comparve un uomo.
No,
non era un uomo; era un ombra, un fantasma. Qualcosa che emanava
magia da tutti i pori.
«La
gente mi chiama Demon e voglio solo aiutarla»
Tosca
scattò.
«Lei
è la Magia Oscura!»
«Sì,
mi definiscono così»
«C-cosa
vuoi?»
«Lo
sappiamo entrambi che il Destinato, Godric, non ti ama
più»
«No...»
ma le sue parole furono soffocate da un gemito.
«Almeno
finché c'è l'altra»
«Cosa
vuole?!» ripeté la ragazza.
«Avrei
bisogno di un favore...»
«Da
me?»
«Da
te» confermò.
Ci
fu un attimo d silenzio, poi Demon continuò.
«Devi
uccidere Candida»
Tosca
spalancò gli occhi e indietreggiò.
«io
cosa?»
«Non
mi sembra complicato da capire»
«Io
non sono un assassina»
«Lo
diventerai»
«io...
no! Non posso fare una cosa del genere» scosse la testa.
«No?»
Damon sollevò un sopracciglo prima di trasformarsi in un
serpente e
strisciare tra le gambe di Tosca «Ma se tu la uccidi, il
Destinato
guarderà solo te...»
«Perché
vuoi che io la uccida?» chiese tremando.
«Vedi...
se lei muore il Destinato diventerà Delirium»
«Perché
lo chiami Destinato?»
Il
serpente sorrise in maniera raccapricciante.
«Ogni
cosa a suo tempo» e si allontanò per riprendere la
forma umanoide.
«Allora,
accetti?»
Tosca non rispose.
«Avanti...
vuoi continuare ad essere la piccola e inutile ragazzina innamorata
del Grande Godric Grifondoro tradita e abbandonata?»
Qualcosa
cambiò nell'espressione di Tosca.
«Accetto»
Urlare
fu del tutto inutile.
**
Pochi
giorni dopo fu ritrovato il cadavere di Candida coperto di sangue
nella foresta proibita.
Godric
ne fu distrutto.
Tosca
aveva raggiunto il suo obbiettivo: riaveva Godric tutto per
sé.
I
capelli di Godric diventarono blu.
Gli
cocchi castani di Tosca rossi.
Priscilla
pregava ogni giorno la figlia di ritornare.
James
aspettò Helena.
Helena
rimase in Albania.
Solo
Salazar capì che il Delirium li stava prendendo tutti.
**
«BASTA!»
urlò il capo dei Serpeverde furioso verso Godric.
«Basta
a cosa?» rispose questi senza guadarlo.
«Non
fare il finto tonto, sai cosa ti sta succedendo»
«E
allora?»
«E
allora sta succedendo quello che non deve succedere!»
«Io
non vedo il problema»
«Per
Dio! E' del Delirium che stiamo parlando!»
«Perché
parlate del Delirium come se fosse una cosa brutta?!»
«Perché
è una cosa brutta! Tu devi diventare Chaos»
«E
se fosse il Chaos la cosa brutta? Ci sarà pur un motivo se
tutti i
miei predecessori hanno scelto il Delirium!»
«Perché
è più facile lasciarsi logorare dai sentimenti,
dall'odio»
«Parli
tu! Tu che odi tutti gli “sporchi
mezzosangue”»
«Non
è la stessa cosa!»
«La
scelta è mia e io scelgo quello che voglio»
«Ma
stai sbagliando»
«Non
sei tu che giudichi»
«E
cosa devo fare?»
«Startene
zitto»
«E
vedere il mondo crollare? Nemmeno per sogno»
«TI
HO DETTO DI TACERE»
«TU
NON MI DICI COSA DEVO O NON DEVO FARE!»
«TU
NON CAPISCI!»
«SEI
UNO STUPIDO EGOISTA! NON PUOI PENSARE SOLO PER TE STESSO»
«NON
MI INTERESSA NIENTE DEL RESTO DEL MONDO! LEI E' MORTA»
«LO
VEDI?!»
Godric
lo lanciò dall'altra parte della stanza con un ruggito.
Salazar
rispose sfoderando la bacchetta.
E
iniziò un duello.
Incapace
di muovermi chiusi gli occhi.
«Cosa
sta succedendo qui?!» Charles aprì la porta e si
ritrovò davanti
agli occhi il combattimento.
Salazar
era dietro una cattedra, la bacchetta stretta in pugno mentre Godric
era...era terribile.
Sembrava
più alto e grosso del normale, la sua pelle aveva preso una
sfumatura grigia e i gli occhi erano blu, blu come...non lo so! Un
blu del genere non lo ho mai visto e facevano paura.
Aveva
i palmi aperti verso l'alto e sembrava emanare pure energia.
Lui
era la magia.
«Smettetela
subito!»
«Spostati!»
ringhiò Godric.
«Solo
se abbassate le bacchette» rispose deciso.
«Ma
Dio, ti sei rincretinito?! Lui non ha bisogno di una
bacchetta» urlò
Salazar e si rituffò dietro la scrivania per schivare un
incantesimo.
«PROTEGO!»
Charles creò un campo di forza per dividerli, ma ebbe vita
breve
davanti agli incantesimi dei due.
Poi
successe una cosa molto strana.
Dal
nulla sbucò James che con un balzo placò Godric
da dietro. Questo,
sorpreso, perse l'equilibrio e cadde. Charles accorse subito
bloccandolo a terra con degli incantesimi.
«Slegami»
«Solo
se ti calmi»
Nel
frattempo James si alzò da terra con tranquillamente,
scrollandosi
di dosso la polvere.
Salazar
si avvicinò e guardò Godric.
«Me
ne vado» disse poi.
«Cosa?!»
«Me
ne vado» ripeté.
«E
perché?»
«Perché
non posso vedere il mio mondo cadere a pezzi»
**
Salazar
se ne andò.
**
Non
c'era la luna nel cielo.
Ed
era buio.
Tremendamente
buio e freddo.
Tremavo.
Tremavo
fortemente e camminai. Camminai per un sentiero mentre sentivo
l'angoscia strisciare nelle viscere.
Cosa
sta succedendo?
Fu
in quel momento che lo vidi.
Godric
se ne stava appoggiato a un albero. I capelli blu, la pelle
grigiastra e gli occhi di un azzurro elettrico troppo intenso, troppo
forte.
Si
era trasformato.
Era
il Deliurium.
Guardarlo
mi faceva male, mi sentivo spinta verso di lui ma allo stesso tempo
allontanata da una forza invisibile.
Come
le calamite, no? Avete presente le calamite?
Ecco,
adesso eravamo uno stesso numero, solo che io ero il segno
più e lui
il segno meno. Ci annullavamo a vicenda.
Era
forte, lo percepivo, vedevo la sua aura di magia irradiarsi intorno a
lui.
Lo
fissavo e basta ed ero terrorizzata alla sola idea di non farlo.
E
se combina qualcosa mentre non guardo?
Un
rumore di rami spezzati. Nel mio campo visivo comparve un'altra
figura.
Salazar.
I
due si fissarono.
«...»
«...»
«...»
«...»
«Perché
non lo fai e finiamo con questa pagliacciata?» Godric
spezzò il
silenzio «lo
so perché sei qui»
Salazar
s'irrigidì «Non ho altra scelta»
«Nemmeno
io l'avevo»
«Forse
ho una soluzione»
«Non
mi interessa. Non mi interessa. Ormai è troppo
tardi» e gli volse
le spalle.
Solo
in quel momento notai una lama argentea tra le pieghe del mantello di
Salazar.
Lo
vuole uccidere...
Era
un pensiero così agghiacciante che mi bloccò il
respiro e
improvvisamente sentii freddo in tutto il corpo. La faccenda
diventava troppo sanguinosa per i miei gusti.
«Hai
ragione» Salazar sfoderò la lama e anche se la sua
voce era ferma e
chiara scorsi una lacrima rigargli il volto «Ormai e troppo
tardi»
Non
volevo vedere. Non volevo farlo.
Iniziai
a correre dalla parte opposta ma ero sempre bloccata nello stesso
identico posto, per quanto corressi ero sempre lì; alle mie
spalle
il rumore della battaglia.
Quando
sentii l'urlo agghiacciante di Godric caddi a terra incapace di
muovermi e piansi.
E
non ero l'unica a farlo.
Dietro
di mie, i singhiozzi di Salazar si confusero con i miei.
**
Quando
mi risvegliai pensai che tutto quell'incubo fosse finito.
Improvvisamente non m'importava più di sapere la
verità.
Volevo
vivere nell'ignoranza, la cosa più comoda dopo il letto
della mia
cameretta a casa.
Mi
ritrovai a rimpiangere di essere venuta a Hogworts. Papà
conosceva
questa storia, per questo mi aveva tenuta vicino a lui.
E
lui dov'era in questo momento? Per quanto ne sapevo poteva anche
essere morto.
No!
mi dissi con forza.
No!
Ripetei.
Lui
non può morire.
Mi
rialzai e con un gemito mi accorsi di essere ancora intrappolata
nelle visioni.
Finirà
mai questo incubo?
Era
in una foresta. Ancora.
Ma
ero tornata nella foresta della scuola. Tosca singhiozzava poco
lontano e Damon la guardava annoiato confondendosi con
l'oscurità.
«Sai»
iniziò questo «La prima volta che ci siamo
incontrati mi hai
chiesto perché chiamavo il tuo amichetto il
“Destinato”...»
«Non
ha più importanza» rispose la voce soffocata di
Tosca «Lui è
morto! Morto!»
«Lo
chiamavo il “Destinato”»
proseguì lui «Perché sarebbe stato
colui in grado di Governare la Morte»
Tosca
non rispose e continuò a piangere.
«Il
prossimo che sarà sottoposto alla Scelta dovrà
diventare il
Delirium e grazie al suo potere potremo farlo risorgere...»
Tosca
alzò la testa, uno sguardo di speranza le passò
negli occhi rossi.
«Cosa?»
sussurrò.
«Potrò
riportarlo in vita, ma avrò bisogno del tuo aiuto»
«Parla
chiaro»
«Il
prossimo Destinato dovrà passare a sua volta al Delirium e
con il
suo potere faremo uno scambio. Faremo cambiare il contenitore. Godric
ritornerà, ma il nuovo Destinato be'...ormai non
servirà più.
Tanto uno vale l'altro» continuò in maniera
pratica.
«Stai
mentendo. Potranno passare secoli prima che una cosa del genere si
ripeti. E per allora io sarò morta»
«Non
se ti rendo immortale» Damon allargò il suo
sorriso.
«Immortale...»
Tosca soppesò la parola con voce sognante «e lo
farai tornare?»
«Per
te questo e altro» poi, con voce più solenne disse
tendendo una
mano «Accetti di diventare il mio generale e seguire ogni mio
ordine»
Sempre
con lo stesso sguardo sognante Tosca strinse la mano delle Tenebre e
disse:
«Accetto»
**
Poi
fu
il
nulla
e
mi
svegliai.
SONO
TORNATA!
Lo
so, dovreste odiarmi. Ma voi non potete capire... la scuola...
è uno
stress, mi sta letteralmente uccidendo Q_Q
Se
va avanti così mi suicido, poco ma sicuro.
Comunque
sia, ho una notizia STUPENDA!
Avete
presente “Re Lear”? La rappresentazione di cui vi
ho rotto
ampiamente le palle con i primi capitoli?
Ecco,
la nostra prof la inviata a un concorso Nazionale e siamo arrivati
tra i primi Cinque! Non so a che posto però xD anyway,
adesso
dovremo andare (in primavera) a Cesena per sfidare gli altri quattro
spettacoli per il primo posto.
Sono
tutta ahjrgfhqiwhg. Cioè!
Bene,
torniamo alla storia.
Ecco,
e con questa finisce la storia di Grifondoro.
Nei
prossimi capitoli saprete perché ho voluto parlare di James
anche se
nelle visioni non si capisce il suo ruolo. Ma sono sicura che molti
di voi hanno fatto 2+2 e hanno capito chi sia James al giorno d'oggi.
Le
recensioni sono sempre gradite e non mordono, ve lo assicuro.
Indi,
byee
GIURO
SOLENNEMENTE CHE NON VI FARO' ASPETTARE MAI PIU' COSI' TANTO TEMPO!
Baci,
Voglioungufo.
|
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Capitolo 26 *** Dove un fantasma mi fa da baby-sister, il degrado totale insomma. ***
Cap.
26
Dove
un fantasma mi fa da baby-sister,
il degrado totale insomma.
**
Federico
aprì gli occhi.
Aveva
male ovunque, un dolore sordo che risaliva per tutta la spina dorsale
e gli immobilizzava la testa.
Dove
sono?
Poi
i ricordi cominciarono a sovraffollarsi davanti ai suoi occhi e ogni
cosa gli fu chiara.
Giorgia...!
Doveva
salvarla, doleva avvertirla, doveva dirle tutta la verità!
Ma
era così stanco, avrebbe così tanto voluto
chiudere gli occhi e
addormentarsi per sempre. Esattamente quello che sarebbe dovuto
succedere molti anni fa. Però non poteva, doveva lottare.
Doveva
resistere.
Prese
un lungo respiro prima di provare ad alzarsi. Il suo corpo non
ubbidiva e nonostante si sforzasse rimase con la guancia incollata al
pavimento.
Mosse
una mano, poi lentamente fece presa sul braccio e provò a
fare leva
sul pavimento. Gli mancavano le forze ma riuscì a mettersi
seduto.
Il cuore batteva impazzito per quel piccolo sforzo.
Era
troppo debole per materializzarsi così provò a
vedere se le gambe
lo reggevano.
Cedettero
e ricadde a terra.
Ci
riprovò con gli stessi risultati per sei volte, ma alla
settima
rimase in piedi anche se tremava violentemente. Azzardò un
passo,
poi un altro e un altro ancora.
Cammino
lentamente, ogni passo gli procurava una fitta in tutto il corpo ma
la ignorò.
C'era
solo un minuscolo problema.
Non
sapeva dove fosse, né quanto tempo fosse passato e appena se
ne
accorse si paralizzò incapace di continuare.
E
se fosse già troppo tardi?
Non
doveva pensarci.
Non
doveva.
Continua
a camminare. Si
disse. Continua
a camminare.
E
continuò a camminare.
**
Quando
mi svegliai il sole era alto nel cielo e mi sentivo totalmente
intorpidita. Rimasi raggomitolata sotto le coperte.
Tornata
alla realtà l'unica cosa che ero riuscita a fare era stata
andare
sotto le coperte prima che ogni forza mi abbandonasse e crollassi in
un sonno senza sogni.
Il
risveglio fu traumatico.
Cioè,
peggio di qualsiasi altro risveglio.
Innanzitutto
erano due giorni e mezzo che non mangiavo e il mio stomaco urlava a
gran voce il suo disappunto.
Punto
due: il mondo girava.
Punto
tre: un fantasma mi fissava malevole.
Sbattei
le palpebre più volte prima di focalizzarlo e lanciare un
urlo.
«AAAAAAAAAAAAAAAHAAAAAAAA!»
con uno scatto afferrai il cuscino usandolo come scudo ma nel mentre
persi l'equilibrio rovinando a terra con il sedere.
«E
tu dovresti essere la nostra unica speranza?» fece scettico
il
fantasma.
Dolorante
mi risedetti nel letto cercando di mettere a fuoco la figura
tremolante del fantasma.
«...»
«...»
«ma
lei non è il fantasma dei Serpeverde? Il Barone
Sanguinolente o cose
simili?»
«Barone
Sanguinario, prego» rispose pacato.
«Sì,
quello. Che ci fa qua? Non dovrebbe essere a sventolare catene nei
sotterranei?»
Il
Barone a questo punto emise uno sbuffo spazientito «io sono
qui per
tenerti d'occhio al posto del Grande Salazar Serpeverde»
«Serpeverde»
borbottai, poi collegai il tutto «Perché mi deve
tenere d'occhio?!»
«Per
fare in modo che non combini catastrofi come sir Grifondoro»
«...»
«...»
«Cioè,
lei sa chi –cosa– sono?»
«Precisamente»
«Ma
lei chi è?»
«James
Cott» disse con orgoglio gonfiando il petto.
A
quel punto cadere di nuovo dal letto mi sembrò un'azione del
tutto
legittima.
«Intendi
sopravvivere ai Deliranti cadendo in continuazione?» mi
chiese
ironico.
«No,
aspetta. Tu mi stai dicendo che hai vissuto all'epoca dei fondatori e
che sei il fidanzato di Helena Corvonero?» chiese
massaggiando la
testa «Ehi, aspetta. Ma alla fine cos'è successo
tra voi due? È
tornata?» chiesi.
Il
fantasma si afflosciò.
«In
punto di morte sua madre mi mandò a cercarla nel bosco in
cui si era
nascosta per poterla vedere per l'ultima volta. Helena non volle
darmi ascolto e preso da un attacco d'ira la pugnalai. Quando scoprii
cosa avevo effettivamente fatto mi uccisi per poterla raggiungere.
Attualmente lei è conosciuta come la Dama Grigia, il
Fantasma di
Corvonero»
«Che
cosa triste...» dissi.
«Molto.»
mi studiò «Ora devo solo capire cosa fare con
te»
«Quindi...quindi
tu mi farai da baby-sister come se fossi una bambina di tre
anni?»
«Considerando
il tuo stato celebrale...sì, precisamente»
«'Fanculo»
sbottai prima di affondare di nuovo tra le coperte.
**
Saltai
le lezioni per andare a fare un controllo in infermeria. M'inventai
che avevo avuto continui giramenti di testa e sensazioni di vomito.
La palla funzionò, essendo ancora un po' provata dalle
lunghe
visioni. In questo modo riuscii a scampare la punizione per aver
saltato scuola.
«Sì,
sì. Hai la pressione bassissima. Devi assolutamente
mangiare, il
metabolismo estremamente veloce. Forse è meglio che anche
oggi lei
salti le lezioni, potrà riprenderle domani. Ecco, le firmo
una
giustificazione. Ma la prossima volta venga prima,
sprovveduta!»
Pochi
passa fuori dall'infermeria saltellai mostrando il pugno in aria.
Passai
il tempo restante alla fine delle lezioni nelle cucine a riempirmi lo
stomaco.
Il
Barone Sanguinario non mi mollò mai e mi fissò
sempre torvo.
«ma
perché salti fuori solo adesso?» gli chiesi con la
bocca piena di
toast.
«Hai
terminato solo adesso la tua conoscenza, prima avrei causato
confusione inutile.»
Annuii
in accordo, anche adesso la cosa mi dava leggermente alla testa.
Quando
terminarono le lezioni placcai Rose in un corridoio
«Dormitorio
maschile del settimo anno, Grifondoro, fra mezz'ora, tutti. Ho
risposte, avverti gli altri» dissi spiccia.
Lei
annuì «E Albus? Devo avvertire anche
lui?»
«Sì»
risposi dopo una piccola esitazione.
Sbuffò
«spero che tu abbia preso la decisione giusta.»
«Già,
meno persone sanno di questa storia meglio è» mi
rimbeccò il
Barone quando Rose si allontanò.
«Ha
rischiato la vita, per colpa mia. Certo, non gli ho mica detto io di
seguirmi, ma sento che centra qualcosa.»
Il
fantasma sbuffò spazientito e tornò invisibile.
Trenta
minuti dopo ero seduta nel letto di Fred. Alla comparsa del Barone
aveva iniziato a inveire cose del tipo “Vade retro,
Satana!”
“Porti la concorrenza, sarà qui di certo per
estorcerci
informazioni” “Desisti, tanto vinceremo noi la
Coppa delle Case”.
James, da parte sua si limitava a gettare oggetti contro il fantasma
incantato dal fatto che lo attraversassero senza problemi.
«E
questa sarebbe la nuova generazione?» sbuffò
spazientito.
«Diciamo
che la...mente.... deve ancora arrivare» borbottai pensando a
Rose,Frank, Scorpius e Dominique.
Proprio
in quel momento i quattro entrarono e capii subito che, forse,
bisognava togliere Dominique dalla sezione “menti”.
Aveva
lo sguardo vacuo e sognante e sorrideva come se avessero iniziato a
distribuire frullati all'ananas gratis. Sorriso che sparì
appena
James la centrò con le sue munizioni dirette al Barone.
«Rose
ha detto che verrà anche mini Potter» disse Frank.
«sì,
è vero.»
«E
che sei andata a Hogsmeade con lui che con me?»
«Ecco,
qui devo precisare una cosa...» iniziai «ma
preferirei aspettare
anche Al»
«E
che ci fa il fantasma di Serpeverde qui?!» sbottò
Scorpius.
«Anche
a questo ci sarà una spiegazione» sospirai.
«A
quanto pare sono molte le cose che devi dirci» e
inarcò un
sopracciglio. Fantastico, l'avevo beccata in un giorno
“Hermione”.
«Perché
Albus deve essere messo all'occorrente?» chiese Frank non del
tutto
convinto.
«Perché
è quasi morto ammazzato per colpa mia»
«Mannaggia,
perché non è proprio morto?!»
«FRANK!»
lo rimbeccò Rose «Non è bello augurare
la morte a qualcuno»
Franck
fece spallucce per niente imbarazzato.
Fred
continuò a fissare male il fantasma e per un po' gli unici
rumori
furono gli oggetti lanciati da James.
Poi,
la porta cigolò di nuovo ed entrò Al.
Aveva
le guance arrossate e i capelli più spettinati del solito.
«Ehilà»
fece. Tutti lo fissarono male. Sotto lo sguardo omicida di Frank
evitò una boccetta d'inchiostro e si sedette sul letto di
Fred
vicino a me.
Pessima
mozza.
L'occhiata
che gli lanciò Frank avrebbe fatto spaventare anche Lord
Voldemort.
Ma Al non è un Mago Oscuro e continuò a sorridere
in maniera idiota
davanti al suo futuro uccisore.
«Allora..sì...
hum-hum» ruppi il silenzio «immagino che tu voglia
sapere che cosa
facciamo tutti noi, qua»
«ma
come? Non siete una setta segreta?» chiese ironico Al.
«Certo
che sì!» mi precedette Fred «invochiamo
gli spiriti dei più
grandi Maghi Oscuri del passato sacrificando sangue di persone
vergini. Volevamo sacrificarti»
«Esatto,
solo che deve ancora capire che con Vergine non intendiamo il segno
zodiacale» sogghignò Scorpius.
«E
con questo che intendi?» chiese offeso Al.
«Va
bene, basta così!» li interruppi prima che il
discorso prendesse
una piega troppo...ehm...imbarazzante.
E
che Diavolo, non ci interessano le vostre attività sessuali!
«Giorgia,
ha ragione» mi diede man forte Rose «l'argomento
è serio»
«Grazie
Rose» poi le lanciai uno sguardo supplicante che significava
“puoi
parlarne tu?”. Lei sospirò, ma prese la parola:
«Ti
ricordi degli attacchi di quest'estate?» chiese ad Al.
Lui
annuii «centrano con quei pazzi Deliranti che ci hanno
attaccato?
Perché sono gli stessi che hanno attaccato la scuola, ho
riconosciuto la donna»
Mi
passò davanti un flash di quella sera e mi accorsi che la
donna che
aveva quasi ucciso Frank era Tosca Tassorosso.
Se
solo me ne fossi accorta allora...
Rose
continuò «sì. All'inizio nessuno sapeva
quale fosse il loro scopo,
ma poi ci siamo accorti che gli attacchi avvenivano in luoghi
frequentati regolarmente da Giorgia»
«Centri
con gli attacchi?» la interruppe chiedendomelo direttamente.
«Sì,
e adesso ne ho la conferma più che mai»
«ma
perché?» mi chiese lui.
Fred
intervenne «hai mai sentito parlare degli
De Immortales?»
Albus
scosse la testa.
«Sono
maghi immortali e potenti» riassunse brevemente
«vengono scelti
dalle ninfe che controllano gli elementi o una cosa simile. Giorgia
aveva un libro in cui li descrivevano molto bene»
«il
libro che avevi sempre in borsa...» ricordò lui e
io m'imbarazzai a
sapere che se ne ricordava. Albus si riscosse «sei una De
Immortales?»
«Certo
che no» risposi «ma lo è mio
padre»
Al
quasi cadde dal letto.
«In
realtà lo pensiamo» mi corresse Frank.
«No,
lo so.» e raccontai loro ciò che mi aveva detto
papà in infermeria
la sera dell'attacco.
«Vuoi
dire che ha fermato il tempo?» chiese Scorpius sbalordito.
«Accidenti,
deve essere veramente potente!» rincarò Rose.
«Questo
spiegherebbe per quale motivo improvvisamente eri fuori dal letto con
le coperte bruciate» ragionò Fred.
«A
proposito dell'attacco! Voi eravate gli unici a non essere in pigiama
ed è impossibile che voi abbiate avuto il tempo di cambiarvi
oppure
di farvi tutti quei danni. L'attacco non è stato poi
così
disastroso.» Al prese fiato e terminò
«voi eravate da un'altra
parte, dove avete preso il Libro delle Risposte»
Annuii
e gli spiegai di come avevo perso il libro su i De Immortalis fino a
raccontargli della gita nella Foresta Proibita e del mio spettacolino
in infermeria. Ovviamente, tacei ciò che mi disse Frank.
«Tu
hai una gemella malvagia?» mi chiese sconcentrato Al quando
terminai.
«Sì
e si chiama Delirium» intervenne Frank con una smorfia.
«No,
è il Delirium» corressi. Ma nessuno mi
badò.
«Se
solo la McGranitt non ti avesse portato via il libro! Ora sapremmo
tutto» sbottò Scorpius.
«A
dir la verità... lo ho io» e con sguardo colpevole
lo tirai fuori
dalla borsa.
Scattò
il putiferio e fui sommersa da domande.
«SILENZIO!»
in quel momento fui felice che Rose fosse in un momento
“Hermione”
«Come hai fatto a prendere il libro?» chiese quando
si fu
ristabilito il silenzio
«l'ho
appellato....»
«Da
quanto tempo lo hai?»
«Da
una settimana dopo l'attacco....»
«COSA?!»
Fred ruppe il silenzio. «E non me ne hai parlato?!»
«Perché
non ci hai detto niente?» fece Rose ponendo la domanda con
più
calma.
«Che
importa?» mi bloccò sul nascere Scorpius
«possiamo usarlo adesso.»
si alzò e si protese verso il libro cercando di prenderlo.
«Ma
ti rimbecillito?!» lo riprese Roso afferrandolo per la giacca
e
buttandolo a sedere «ma lo sai quanto sono pericolosi i
questo
Libri?!»
«Ehm...»
«Ti
succhiano via la magia ogni volta che li utilizzi. Sono
pericolosissimi e letali»
«lo
so» dissi mestamente «la mia salute lo
può confermare»
«Lo
hai usato?» chiese Frank spalancando gli occhi.
«ma
certo...!» disse invece Rose «ecco
perché stavi così male, la tua
perdita di appetito, gli svenimenti... ecco perché hai
saltato le
lezioni!»
«Ma
se hai detto che ti succhia via la magia lei adesso è una
babbana?»
indagò Al.
«No,
dipende quanto lo usi. Una volta sola non fa danni irreperibili, cose
che con un buon riposo può sistemare anche se si sta
parecchi giorni
senza usare la magia»
Il
mio stomaco fece una capriola «io lo ho usato per tutti e due
i
mesi»
Rose
saltò in piedi «è impossibile! Dovresti
essere morta»
Scossi
la testa «Rose, non può succhiarmi la magia... io
sono la magia»
improvvisamente tutto mi parve chiaro. Quel liquido denso e dorato
era la mia magia, come l'icore,
il sangue degli immortali per i Greci. Ma su di me il libro non aveva
lo stesso effetto che sugli altri.
«Cosa?»
chiese Dominique, improvvisamente risvegliata, con un sorriso
incredulo sulle labbra.
«La
ragazza ha ragione» tutti sobbalzarono quando il Barone
Sanguinario
si rese ancora visibile.
«E
lui che ci fa qui?!» chiese Scorpius.
«Lui
è il...uhm...mio...ehm... baby-sister...»
«eh?»
«Aspetta,
ma volete dire che non voi non lo vedevate?» James
parlò per la
prima volta nell'assemblea.
«Certo
che non mi potevano vedere, mi sono reso invisibile»
spiegò il
fantasma con sguardo sprezzante.
«ma
io ti vedevo!» protestò Jamie.
«No...Fermi!
Non ci capisco niente! Giorgia, puoi spiegarci cosa cazzo hai
scoperto? Sto per avere un emicrania» stoppò tutti
Scorpius.
Presi
un respiro e raccontai ogni cosa che il libro mi aveva detto.
«E'
impossibile» disse Al alla fine «tu sei
umana»
«Che
stronzo Godric...»
«mi
sta venendo mal di testa!»
«Non
capisco una cosa, però» fece Rose
«Godric aveva dentro di sé sia
il Chaos che il Delirium, ma tu sei solo Chaos e la tua gemella solo
Delirium»
«non
so nemmeno io perché, ma una cosa è certa. Tosca
vuole il Delirium
e per averlo deve...» mi mancò la voce.
«ucciderti,
strapazzarti, maciullarti, mandarti al creatore, ammazzarti,
distruggerti, spiaccicarti sotto la scarpa, avadakedavrizzarti....
»
«Grazie
Scorpius»
«Di
niente»
«Ma...»
Fred, rimasto zitto fino a quel punto prese la parola «ma non
potrebbero esserci due Chaos e due Delirium?»
«Certo
che no, giovanotto» rispose il Barone.
«Ma
mettiamo che succeda...»
«Non
è mai accaduto, perché dovrebbe accadere? Il
Destino segue sempre
lo stesso schema ogni volta»
Fred
strinse le labbra e fece spallucce «era solo per sapere,
insomma,
nel caso...»
«Non
serve a nulla fare ipotesi su cose inutili, smettila di
insistere»
lo tacitò il fantasma.
«Quindi...
quindi noi dobbiamo uccidere il Delirium» riassunse Frank
«per
salvare Giorgia»
«Non
mi va di uccidere qualcuno» borbottò Al.
«hai
ucciso molte persone spezzando loro il cuore» lo
rimbeccò senza
pietà Frank.
Al
fece finta di niente ma arrossì un poco sulle guance.
Per
un attimo lo trovai adorabile ma poi mi riscossi ricordandomi che io
facevo parte di quelle persone che aveva ammazzato.
Ma
vaffanculo, oh.
«Be',
abbiamo un sacco di materiale su cui riflettere»
«Sinceramente»
dissi «di questa storia non me ne frega niente, voglio solo
sapere
dov'è papà e come sta» solo al pensiero
mi sentii lo stomaco
pesante.
«Lo
troveremo» promise Rose.
«Siamo
solo adolescenti» le ricordai.
«i
nostri genitori alla nostra età hanno combattuto Lord
Voldemort» mi
ricordò Frank.
«Ma
noi non siamo i nostri genitori, loro erano eroi... noi non abbiamo
niente di speciale»
«Stai
scherzando?!» fece Albus indignato «tu sei la
magia, io sono uno
strafigo, Rose è un genio, Dominique può far
cadere ai suoi piedi
chiunque, Scorpius è un leggiments, James è
stupido... abbiamo
tutti qualcosa di speciale»
«uhh...
grazie» le sue parole misero tutti i citati in imbarazzo.
«forse
è meglio andare» bofonchiai.
«Sì,
abbiamo i compiti e tu hai due giorni da recuperare»
scattai
in piedi come un soldato «va bene, mamma orso!»
Lei
mi incenerì con lo sguardo
«Dominqie,
vieni?» chiese.
«No...
io resto qui un altro po'»
«perché?»
chiese Rose.
«Fred
ha un mio libro» fece con disinvoltura.
«Ehi,
io no...AHIA!»
«scusa,
non volevo pestarti il piedi. Errore mio»
«Brutta
serpe»
Il
resto della conversazione non la sentii perché chiusi la
porta.
«Dominique
è strana in questi giorni»
«Te
l'ho detto, è innamorata»
«ma
di chi?»
«non
lo so, non lo capisco» scosse la testa Rose desolata
«tu piuttosto,
con Frank»
mi
strozzai con la saliva «c-cosa?»
«Eddai,
non dirmi che non te ne sei accorta! Si vede una casino che
è cotto
di te»
«uhhh»
disse senza saper cosa dire effettivamente.
«Pfff,
dai. Di sicuro ci hai fatto un pensierino, siete tanto dolci
insieme...»
«Anche
Fred è strambo in questi giorni, dall'attacco»
dissi per cambiare
argomento,
Rose
alzò gli occhi al cielo «lui è sempre
strano»
«Dico
più del solito»
«Ti
sei presa un abbaglio»
«Ti
dico che è così! Lo conosco»
Rose
alzò un sopracciglio ma non commentò.
Nda:
Ciaao!
Anche 'sta volta sono in ritardo, la verità è che
mi hanno
requisito il pc e ho potuto riaverlo da pochi giorni e in
più ero
impegnata con un altro progetto/storia.
Il
capitolo fa un po' schifo, insomma è di passaggio quindi non
succede
chissà cosa ma dei lettori astuti e attenti di sicuro
avranno notato
delle stranezze... Vedrò sulle vostre recensioni ;)
Ah,
qui abbiamo Federico. Tranquille, sta bene! Mi serve ancora vivo
ehehehehehe.
Comunque
nel prossimo capitolo avremo un salto temporale e saremo subito alle
vacanze di natale ^^
Baci.
V.
|
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Capitolo 27 *** Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio. ***
Cap. 27
Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio.
La notte del 31 Dicembre è una notte strana. È l'ultimo giorno dell'anno tutti si sentono in dovere di fare qualcosa di stupido, molto stupido.
Siamo tutti convinti che quello che succederà gli ultimi dieci minuti dell'anno vecchio non avrà ripercussioni su quello nuovo.
Illusi.
Non esiste nessuna legge universale che cancellerà ogni cosa e tutto riprenderà tranquillamente. No, non cambia nulla. Non c'è nessun atto divino, nessuna magia che ti cancellerà i problemi. Resterai quel che sei, cambia solo la data.
Ma no! Tutti devono fare una cazzata il 31 Dicembre.
E io ho fatto una cazzata, una grossissima cazzata.
**
Le vacanze di Natale!
Il paradiso degli studenti. Seriamente, chiunque le abbia inventate merita una medaglia e una statua. Devo solo contattarlo per sapere se la statua la gradisce in marmo o in bronzo.
Comunque, si diceva delle vacanze di Natale. Be', quell'anno buona parte della popolazione di Hogwarts dal quinto anno in su rimase a scuola.
Eh, chissà perché.
Diciamo che se voi passaste in questo preciso momento per un qualsiasi corridoio sentireste solo discorsi su che vestito indossare per la festa di Capodanno e chi invitare o da chi farsi invitare, cosa bere, come comportarsi...
Rose era estremamente soddisfatta e approvò il mio vestito blu, dopodiché trascinò me, Dominique in giro per Hogsmeade alla ricerca del vestito perfetto.
Fred disse che sarebbe venuto in pigiama e in cuor mio volevo pure io, ma Rose mi disse che non ci avrebbe fatto entrare.
Tutto sommato fu divertente, anche perché Rose aveva messo come tema “Festa in maschera” e io adoro questo genere di feste anche se sono un po' banali e scontate.
Il Barone Sanguinario non approvava tutto questo, diceva che mi distraeva da i miei compiti. Già, perché cominciò a diventare una vera seccatura. La sera mi portava in una stanza nascosta (non ho ancora capito dove ma è vicino a una statua di uno stregone con la bacchetta rotta) ad allenarmi in incantesimi.
Ah, dimenticavo un particolare.
Incantesimi senza la bacchetta.
«I maghi comuni usano la bacchetta per incanalare la magia che possiedono. Senza di essa la magia avverrebbe in maniera incostante e i incontrollabile. Ma tu sei la magia– almeno una metà di essa –e puoi controllarla senza bisogno di incanalarla, anche se naturalmente non sarà la stessa cosa.
Inoltre non hai bisogno di incantesimi e tu controlli gli elementi della natura, specialmente l'elemento protetto dalla Guardiana che tuo padre salvò»
Il fuoco era l'elemento che controllavo meglio, ma me la cavavo alla grande anche con il resto.
Inizialmente ero un disastro, ma poi il Barone scoprì che se mi incazzavo gli incantesimi mi riuscivano meglio; è incredibile la varietà di insulti che conosce un fantasma, credevo che nel medioevo il massimo fosse “Testa di pigna”. Be', mi sbagliavo.
L'allenamento per un certo verso aiutava perché tornavo nel dormitorio talmente stanca da cadere in un sonno senza sogni.
L'arrivo delle vacanze di Natale fu una benedizione, ma l'arrivo del Natale stesso fu stupendo.
Il mio primo Natale a Hogwarts.
Il banchetto fu ottimo, rimasi a riempirmi la pancia finché Scorpius non venne ad avvisarmi che Albus pretendeva la mia presenza nella Sala Musica. Inizialmente volevo ignorare l'invito e restarmene a ingozzarmi ma poi la curiosità prese il sopravvento e, anche se un po' riluttante ad abbandonare tutto quel ben di Dio, uscii dalla Sala e presi le scale.
La Sala della Musica, per quanto ne so, è molto recente e non c'era all'epoca della Seconda Guerra Magica; la costruì da un'aula in disuso il professor Vitius che dirigeva anche il coro oltre il corso di incantesimi. Era molto grande anche se non sembrava a causa di pareti divisorie di plastica create per non disturbare gli altri con la musica che si ascolta.
Quando entrai la stanza era vuota e individuai subito Al nel primo scompartimento. Indossava senza motivo le cuffie, aveva gli occhi socchiusi e muoveva la testa a ritmo, una matita in mano appoggiata a una lista.
Gli sfilai le cuffie e lui aprì gli occhioni verdi evidentemente infastidito. Inarcai un sopracciglio e precedetti il suo sbuffo con un «Embe'? Mi hai chiamata tu»
«Già, già» borbotto rimettendosi le cuffie. Rimasi minimo un quarto d'ora a fissarlo prima di perdere la pazienza e staccargli le cuffie dal lettore musicale lasciando che la melodia investisse la stanza.
Con mio stupore mi colpì molto e l'apprezzai subito «chi sono?» chiesi.
«The Script, Hall of Fame»
«E' molto bella»
«una delle mie canzoni preferite e la band è la mia preferita»
«Mh... comunque, per quale oscuro motivo mi hai chiesto di venire? Spero che sia un motivo importante visto il pranzo che ho dovuto lasciare a metà!»
«Pranzo?» strabuzzò gli occhi «ma sono le quattro»
«E quindi?»
Scosse la testa rassegnato «va be', ti volevo perché dobbiamo scegliere la musica da mettere alla festa»
«ma non l'avevano già scelta?» chiesi.
«Sì, ma a meno che tu non voglia ascoltare Justin Bibier o gli One cosi è meglio cambiare»
Rabbrividii. Intendiamoci, niente contro di loro, fanno solo canzoni che chi vuole può anche apprezzare ma, be', non è il mio genere. Il brivido è causato al ricordo dell'incontro con una loro fan.
“I Paramore? Avranno di sicuro copiato i ragazzi”
“Tesoro, vaccagare”
Però va be', la musica è musica qualunque essa sia, mi basta che non facciate commenti del genere.
«Pensavo di lasciarne una, due giusto per farli contenti ma il resto cambiarle. Insomma, fare un po' vario» continuò a spiegarmi Albus.
«Perché non hai chiesto aiuto a Fred? È lui l'esperto di musica» gli feci notare.
«Fred al momento è irreperibile, così ho pensato a te»
«Ne sono onorata» ribattei sarcastica.
«Meno ironia, Flox, questo è un lavoro serio» ribatté lui con finta aria professionale.
«Come vuole, signore» dissi stando al gioco.
Al non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere e lo seguii a ruota.
«No, dai, dobbiamo fare un buon lavoro. Dobbiamo trovare delle belle canzoni»
«Stay The Night, Hayley Williams feat Zedd.» parto subito. Al digitò i nomi nel lettore e subito la voce della mia cantante preferita invase la stanza. Al approvò e scrisse il nome sulla lista «Ne hai un'altra?»
«Tutte quelle che vuoi!» e partii in quarta.
«Calma, calma. Fammele ascoltare. Ripeti dall'inizio, e comunque sono troppe. Taglia»
«Airplanes, Hayley Williams feat B.O.B.»
«Mh.. sì, mi sta bene»
«Every tear drop is a waterfall, Coldplay.»
«Già in lista»
«Ignorance, Paramore»
«Accetto»
«Save the World (Tonight)»
«Ok»
«Still into you, Paramore»
«Hello Cold World, Paramore»
E proseguii nella lista.
«Bene, abbiamo abbastanza titoli»
«E tu che canzoni hai messo»
«Vuoi ascoltarle?» mi chiese, e i suoi occhi si illuminarono. Lanciai un occhiata all'ora.
«Mi va bene, tanto non devo fare chissà cosa»
«Ok, questa si intitola “If you could see me now”. È sempre dei The Script»
La musica partì e decidi che, sì, Al aveva ottimi gusti musicali.
«Dopo c'è questa, Kaleidoscope.»
Rimanemmo nell'aula della musica a scambiarci canzoni finché arrivò il professore che, dall'alto (o meglio, basso) del suo metro e venti, ci cacciò fuori dalla classe.
«Bene, credo che per il trentuno sia tutto pronto» scrollò le spalle lui.
«sì, lo credo anche io»
«Sai che ore sono, per caso?» mi chiese.
«Sì» risposi.
«...»
«...»
«Allora, visto che sai l'ora puoi dirmela?» fece ironico.
«Oh, certo!» cercai con scarso risultato di trattenere il sorriso sadico che andava a formarsi sulle mie labbra «Sono le 6.45»
Al sbiancò «Oh Merda!» imprecò «alle mezza dovevo trovarmi con Anna, mi ammazzerà!»
«Corri allora, non vorrai morire per mano di un criceto» dissi con un po' di fastidio.
«Cosa? Come l'hai chiamata?» si bloccò di colpo.
«Criceto, perché?» chiesi con nonchalance e mi guardai le unghie.
Inaspettatamente, lui scoppiò a ridere come un matto «Sei un genio» mi disse prima di lasciarmi sola e farmi un cenno con la mano.
Be', modestamente, lo sapevo già di essere un genio.
**
E, senza che me ne rendessi conto, l'ultimo giorno dell'anno arrivò e la sanità mentale di Rose ci minacciò di abbandonarla del tutto.
Non fece altro che esternare paranoie di ogni genere.
«E se i professori scoprono tutto?»
«E se la musica si inceppa?»
Tutto questo mentre cercava di domare la sua criniera rossiccia, Dominique squadrava il suo vestito con aria schifata.
«Devo mettermi questa cosa?»
«Ma lo hai detto tu» fece Rose «ti avrebbe fatta notare da quel tipo carino, ma al momento mi sfugge il nome...»
«Che ne dici di rinfrescarci la memoria?» rincarai anche io.
Erano giorni ormai che io e Rose ci inventavamo un modo per scoprire l'oggetto del desiderio di Dominique. Questa ci ignorò ma indossò il vestito con decisione dopo le parole di Rose.
Ahh, l'amore.
Da parte mia, fissavo la scacchiera di ombretti riluttante. Vi rivelo un segreto: non so mettere l'ombretto, mi fa sembrare un panda. Adocchiai l'ombretto blu e decisi di provarci, sarebbe stato in tinta con il vestito. Mi posizionai davanti allo specchio con aria battagliera.
«Oh, sì, ti conviene proprio renderti carina» fece maliziosa Rose.
«Già, e se non sbaglio per una certa persona» rincarò Dominique.
Il mio pensiero andò ad Albus.
Ma che cazzo...? ci siamo lasciati secoli fa e adesso siamo in cordiali rapporti, stop.
«Che inizia per F e finisce per Rank»
Oh.
….
Imbarazzata continuai a fissarmi allo specchio e a mettermi l'ombretto, qualsiasi cosa pur di non guardarle negli occhi e arrossire come una stupida.
«E' inutile che fai la sostenuta» mi stuzzicarono.
«Siete perfetti insieme»
«Così dolci, devi averci fatto un pensierino»
«Avete passato così tanto tempo insieme»
«Lui è cotto di te, si vede lontano un miglio»
i miei occhi nel frattempo erano diventati preoccupanti, un puffo sarebbe stato meno azzurro di me ma non accennai a smettere di truccarmi.
«Susu, ammettilo» con un gomito Dominique mi stuzzicò facendomi sbavare.
Disastro, Apocalisse!
Mi chiesi se fosse il caso di ucciderle.
«Non fare la trattenuta, dai dai»
Ma dai dai cosa?
«E poi oggi è l'ultimo dell'anno»
Accidenti, ho gli occhi troppo blu.
«E lui aveva accennato di chiederti qualcosa»
Rischiai di piantarmi l'applicatore dell'ombretto a causa della sorpresa ma continuai a imbrattarmi le palpebre cercando di sembrare tranquilla, e lo ero quanto quaranta gradi sopra lo zero in Antartide.
Merda!
«Merlino, Giorgia, non fare così?»
«io?» tentai di dire ma mi uscì un pigolio così ripetei più forte «io? Ma se non sto nemmeno parlando»
«la tua faccia parla per te»
A quel punto ignorai il trucco e mi voltai ad affrontarle.
Mossa sbagliata.
Appena vidi le loro occhiate maliziose le mie guance raggiunsero la temperatura del deserto del Texas e mi passarono davanti agli occhi scene che avrei fatto anche a meno di vedere, scene come me e Frank appartati in un angolo, lui che tentava goffamente di baciarmi, lui che mi metteva le mani addosso.
Santa Perversione, ci sarà un modo per evitarlo!
Cercai di incenerirle con lo sguardo ma ebbe la stessa reazione che avrebbe ricevuto un cane in bicicletta.
Oh, all'Ade!
Mi rigirai continuando il lavoro di maquillage, lavoro inutile visto che ogni millimetro di palpebra era ricoperto da strati e strati di ombretto; sembrava che qualcuno mi avesse preso a botte.
Finalmente, dopo un po' e quando finii la confezione di ombretto blu, le due se ne andarono.
Lanciai frustata il tubetto vuoto nel letto e mi misi le mani tra i capelli. Mi guardai allo specchio. Fantastico! Un panda sarebbe sembrato smacchiato vicino a me.
Forse questo avrebbe tenuto lontano Frank...
Sospirai e decisi di affrontare la festa così, a viso scoperto e a palpebre coperte.
Dieci minuti dopo, quando finii tutte le bestemmie in lingue moderne e morte, mi decisi a scendere.
Tra i denti continuavo a imprecare contro Cupido e soci.
Fred, seduto su una poltrona, alzò un sopracciglio.
«I tuoi occhi...?»
«Sì? Ho sedici anni, posso truccarmi quanto voglio. Non trovi?»
«Ok...» ma non sembrò per niente convinto.
**
La festa fu uno schifo. Be', sì, carina. Tutti si stavano divertendo un mondo e ballavano sulla pista o si ubriacavano.
Io ero troppo terrorizzata da quello che mi avevano detto Rose e Dominique.
Ci avevo pensato, ok? Io volevo Frank solo come amico, era un buon amico e non volevo rovinare questo rapporto.
Motivo per cui me ne stavo rintanata nei meandri più misteriosi e oscuri della stanza delle Necessità.
Grifondoro, aveva detto il cappello parlante.
Serpeverde, diceva il mio stato d'animo in quel momento.
Mi appoggiai al muro tentando di ignorare una coppietta vicino a me intenta a esplorarsi vicendevolmente la bocca.
«Ehi, Giò, non balli?» mi chiese Rose avvicinandosi a me. I capelli stavano cominciando a ritornare i soliti e negli occhi aveva uno sguardo quasi febbricitante.
Scossi la testa.
«Come no? Non puoi non ballare» mi tirò per un braccio facendomi far un passo avanti per mantenere l'equilibrio.
«Sul serio Rose, non mi va» piagnucolai.
«Daai, si stanno divertendo tutti, non restare in quell'angolino» e mi spinse al centro della pista da ballo.
Dannate amiche ficcanaso!
In evidente imbarazzo rimasi in mezzo alla pista a fissare tutti maltrattando l'orlo della gonna.
«Cos'è? Hai intenzione di fare il palo tutta la sera?» rise Rose e mi prese le mani cominciando a muovermi come se fossi una bambolina a ritmo di “Die Young”. I suoi occhi scintillavano sotto la maschera dorata mentre mi faceva ondeggiare.
Tanto morirete tutti comunque.
La musica finì e Rose mi lanciò un'ulteriore spinta che mi fece finire ancora di più all'interno della pista da ballo. Tentai di sgusciare fuori ma tutti quei corpi ammassati tra di loro mi impedivano ogni via di fuga.
«Ehi, bellissima, vuoi ballare?» una mano sudaticcia mi afferrò e mi voltai a fronteggiare il nuovo arrivato; doveva essere per forza ubriaco, si vedeva benissimo dalla maschera sbilenca di un verde molto...lucente.
Senza aspettare una risposta mi prese le mani e mi ritrovai a ballare con uno perfetto sconosciuto.
Bene, morirai anche tu.
Ma quando ebbi finito di formulare la frase mi accorsi del macigno di pietra nello stomaco. E che Diavolo, era l'ultimo giorno dell'anno, l'ultimo, e tutti si stavano comportando in maniera gentile, e la musica era proprio bella ed energetica, ti faceva venire sul serio voglia di ballare, non aveva senso comportarsi così, fare l'asociale. In fondo era una festa ed è questo che si fa alle feste, non potevo starmene in un angolino, Rose aveva ragione, mi sarei solo annoiata e avrebbe alimentato la mia voglia omicida verso tutti.
E poi era l'ultimo giorno dell'anno, che se ne importava del Chaos, del Delirium e tutto il resto, restavo pur sempre una sedicenne e in quel momento volevo comportarmi da sedicenne.
Con rinnovato vigore cominciai a ballare a ritmo di musica e il tipo davanti a me ghignò evidentemente contento che finalmente mostrassi un po' di entusiasmo. Ballammo due canzoni prima che un tizio saltasse fuori dal nulla e si mettesse a ballare proprio in mezzo a noi due in maniera molto oscena. La folla fece il resto e mi allontanai del tutto dal ragazzo con la maschera verde.
Sudata, tirai su la mia maschera veneziana e mi diresse verso il banco per bere qualcosa.
«Una coca-cola» chiesi, ignorando gli sguardi che mi lanciarono i miei vicini. Il ragazzo al bancone mi lanciò uno sguardo interrogativo che sostenetti cercando di non arrossire. Be', forse arrossii ma il rossore poteva essere perfettamente scambiato per la stanchezza e con le luci psichedeliche non si vedeva molto bene. Mi passò la mia coca-cola e mi allontanai bevendola.
Cercai Fred tra la folla ma con tutte quelle maschera era difficile capire chi fosse chi. Fece mente locale, di che colore era la maschera di Fred?
Nera? No, mi ricordo però che copriva solo metà faccia fino al collo, del genere veneziano. Ma il colore al momento mi sfuggiva proprio. Vagai tra la folla un po' ballando un po' camminando. Mi ero tirata su la maschera per avere maggiore visibilità.
Intravidi James e mi diressi verso di lui sapendo ce dove c'era James c'era anche Fred visto che i due vivono praticamente in simbiosi.
Infatti, Fred era seduto sul divanetto, la camicia mezza aperta,la maschera abbandonata a terra, i capelli sconvolti e lo sguardo stravolto.
Guardai l'ora. Fantastico, erano appena le undici e Fred ci aveva già abbandonato. Mi sedetti accanto a lui.
«Allora, come va?» urlai cercando di sovrastare la musica. Fred si girò a guardarmi interrogativo e così aprii la bocca per ripeterlo più forte. Ma le parole non raggiunsero mai le corde vocali perché qualcosa mi fece volare giù dal divano. Rimasi un attimo a terra stordita prima di collegare il dolore alla spalla e per quale motivo Fred fosse in piedi e il pugno chiuso e uno sguardo furente.
Il mio migliore amico mi aveva tirato un pugno.
«F-Fred?» balbettai tirandomi su.
Lui mi lanciò un altro pugno che prontamente riuscii ad evitare. Peccato che non riuscii ad evitarne un secondo e mi ritrovai a terra, un dolore alla pancia incredibile e le orecchie che fischiavano.
Fred mi sovrastava e urlava qualcosa che non riuscivo a capire. Lentamente mi tirai a sedere ma lui si gettò addosso a me ributtandomi a terra. Con il ginocchio premuto sul petto mi impediva qualsiasi tentativo di rialzarmi.
«...SEI UN MOSTRO! SMETTILA, LASCIAMI STARE, TI HO DETTO DI NO!» l'udito mi tornò di colpo e le sue parole mi investirono come un getto d'acqua fredda. Lo guardai negli occhi, erano rossi e grandi e pieni di lacrime.
«PERCHE'?! TU NON SEI REALE, TU NON SEI REALE, IO NON SONO COME TE» Gridava frasi sconnesse e la pressione sul mio petto si faceva sempre più dolorosa.
«Fred...» sussurrai cercando di spostarlo «cosa stai dicendo?»
«STAI ZITTA! STAI ZITTA! STAI ZITTA!» piangeva come un disperato, gli occhi sempre più gonfi e rossi «IO NON SONO COME TE, TI SBAGLI, TI SBAGLI!»
tentò goffamente di tirarmi un pugno ma finalmente James capì che qualcosa non andava e gli afferrò le braccia tentando di fermarlo.
«LASCIAMI, LASCIAMI! DEVO UCCIDERLA, DEVO FERMARLA! E' LEI IL MOSTRO, DEVO FERMARLA PRIMA CHE FACCIA DEL MALE A QUALCUNO! DEVO SALVARE....! LASCIAMI!»
Sotto di lui sobbalzai e sentii gli occhi riempirmi di lacrime.
Sono io il mostro? È vero?
Fred era così disperato mentre lo urlava, gli occhi iniettati si sangue i capelli sconvolti, sparati in tutte le direzioni metà rossi e metà blu elettrici a causa delle luci.
«Calmati, Fred, così l'ammazzi sul serio!» sentii una voce gentile e finalmente i colpi sopra di me si fermarono e qualcuno mi tirò fuori dalla sua presa.
Alzai lo sguardo e incontrai gli occhi verde chiaro di Scorpius. Fred si dimenava bloccato da James.
«LASCIAMI, LASCIAMI!»
«Calmati Weasley!» lo ammonì Scorpius portandomi lontano dal sul raggio d'azione.
«che volevi fare?! Ucciderla?!»
«E' UN MOSTRO, DOVEVO FARLO! NON MI LASCIA DORMIRE, lei...» la voce gli si ruppe e crollò a terra scosso dai singhiozzi.
Sembrava così debole e triste e solo e abbandonato che dimenticai i pugni e feci per avvicinarmi a lui per stringerlo e consolarlo. La presa sul mio braccio si rafforzò e Scorpius mi trascinò via.
«Era ubriaco, probabilmente non sapeva quello che diceva, di sicuro non sapeva quello che diceva» balbettai mentre mi trascinava via.
Lui si bloccò e mi guardò.
«Lo stai giustificando? Dopo che ti ha preso a pugni lo stai giustificando?» sembrava incredulo.
Abbassai lo sguardo.
«Non so se sopravviverò fino alla fine della festa! Prima Rose che schizza da una parte all'altra e rischia un crollo nervoso, dopo Dominique che non voleva saperne di staccarsi da un tipo non molto per bene, dopo Frank che ha bevuto come solo Dio sa cosa e adesso ci si mette anche Fred a dare di matto!» si mise le mani tra i capelli biondi «Datemi la forza di compiere un omicidio, vi supplico»
Ridacchiai mentre mi faceva sedere su un divanetto «vedi di non combinare guai anche tu» e sparì nella pista da ballo.
Dopo un po' mi stufai di starmene seduta e mi alzai intenzionata a ballare ma intravidi Albus e Anna in disparte che litigavano.
«IO NON TI CAPISCO PROPRIO!» stava sbottando Anna.
Mi intrufolai in mezzo a dei ragazzi che giocavano a Poker cercando di ascoltare.
No, non sono una ficcanaso, che andate a pensare...
«E allora non capirmi»
«Invece voglio capirti, sono la tua ragazza»
«E se io non volessi?»
«Sei proprio uno stronzo...»
«Ti ho detto di lasciarmi in pace!»
«Che c'è?! È perché non ti piaccio vero?!»
«Cosa? NO, cioè, tu mi piaci veramente molto, sei stata la mia migliore amica, una delle persone che mi ha sempre supportata e....»
Non sentii il resto perché si bloccò improvvisamente. Lanciai uno sguardo alle mie spalle e vidi una scena che avrei fatto volentieri a meno di vedere.
Albus era spiccicato contro il muro, le braccia di Anna intorno al collo e si stavano letteralmente mangiando la faccia.
Mi alzai di colpo e feci per andare là e...E cosa?
Staccarli? Perché? Il mio cervello mi stava per abbandonare del tutto. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro costringendomi a ragionare.
Mi sentivo così giù per quello che era successo con Fred e vedere Al con il Criceto non aveva fatto che peggiorare il mio stato d'animo.
Camminai facendomi spazio tra la folla fino al banco.
Quando mi sedetti su una sedia il ragazzo al banco sollevo le labbra «un'altra coca-cola?»
In fondo era l'ultimo dell'anno, in fondo era una festa e alle feste ci si deve divertire.
«No, dammi la prima cosa che hai sottomano»
Il tipo mi prese alla lettera e bevvi qualcosa di alcolico, mi costrinse a inghiottirlo tutto anche se gli occhi mi bruciarono e me ne faccio passare un altro.
Vado avanti così fino a quando non mi sembra di stare seduta in un vortice che in un divanetto.
Tento di alzarmi ma cado dopo tre secondi.
Eddai, non sono così ubriaca. Non sono così ubriaca da vedere un my little pony attraversare la stanza sputando coriandoli. Non sono così ubriaca da cominciare a parlare con un tavolino accanto a me dei professori e del tempo.
«E avremo onde alte sulla Manica» disse un ragazzo sedendosi vicino a me.
«Sulla manica?» chiese prendendo la manica della sua camicia «Io non vedo onde!»
Il ragazzo buffò e rise «Merlino, Giorgia, ci sei o ci fai?»
Lo guardai «Ci conosciamo?» aveva una maschera che gli copriva totalmente il viso che continuava a doppiarsi davanti ai miei occhi
«Ma...» lui mi guardò meglio «Giorgia! Ma sei ubriaca»
«Non è vero, ho solo bevuto un pochino» disse guardando la sua spalla. Gli si era appollaiato un pokémon «Di che tipo è?» chiesi indicandolo.
Si fissò la spalla «cosa?»
«Il pokémon, per me sputa fuoco» e annuii esageratamente.
Il ragazzo sospirò «Dai, vieni, ti accompagno fuori»
«Perché andiamo fuori?» chiesi seguendolo docilmente «Aspetta, ma io non ti conosco»
«Certo che mi conosci, idiota»
Avrei voluto chiedere chi fosse allora, ma rischiai di inciampare a faccia avanti però lo sconosciuto mi aiutò mi prese al volo e mi aiutò a camminare.
Aveva delle braccia forti.
Mi accompagnò fuori e mi scortò fino alla Sala Comune di Grifondoro e al mio dormitorio.
Non so come fece a salire le scale incantate, ma sotto l'influenza dell'alcool lo vidi con dei piedi a ventosa.
Una volta arrivato nel mio dormitorio mi fece sedere nel mio letto.
«Credevo che tu fossi contro l'ubriacarsi» mi fece e si tolse la maschera.
Questo non aiutò, anzi peggiorò la situazione. I suoi occhi e i suoi capelli cambiavano continuamente colore, prima blu, poi verde, poi gialli, poi neri...
Mi fecero girare ancora di più la testa e non lo riconobbi nemmeno grazie ai tratti del viso che vedevo sfuocato.
«Ehm, sì, ma è l'ultimo dell'anno» borbottai.
«Ah, capisco, bisogna fare qualcosa di sensazionale» si leccò le labbra e vidi una lingua di serpente.
Ma che è? Un mutante?
Annuii rischiando di staccarmi la testa.
«E hai propositi per l'anno nuovo?»'
«Uhm...» lo fissai. Ora aveva i capelli rosso sangue proprio come gli occhi «Penso far chiarezza in testa, insomma, ultimamente non capisco più nulla nella sezione sentimenti»
«Stiamo parlando di qualche ragazzo?»
«Sì, cioè, no, potrebbe essere» Accidenti, perché era tutto così complicato? Se solo la testa smettesse di far così male.
«Ha un nome questo ragazzo?» mi chiese mettendomi una mano sulle spalle.
Che domanda stupida, certo che ha un nome, si chiama....
«Oddio, non me lo ricordo!» sbottai.
Gli occhi del ragazzo diventarono dello stesso colore dell'oro e mi sorrise «Magari questo ragazzo ha un nome tipo Frank?»
Il nome Frank non mi era nuovo e poi aveva un bel suono nella mia testa.
«Potrebbe essere... non lo so, non mi ricordo» e presi la testa fra le mani.
«Come non ricordi?» il volto del ragazzo si fece sbigottito e i suoi capelli si fecero viola, poi blu e poi neri.
«Sei un ragazzo Arcobaleno» dissi fissandolo.
«Cosa?» mi fissò sorpreso.
«Era un complimento nella mia testa» mi affrettai a spiegare.
«Tu sei tutta fuori» fece il ragazzo iniziando a ridere.
«E tu, hai prosg..prosghe...projs...propositi per l'anno nuovo?» tentai di dire.
«Oh, sì. Diventare più sincero inanzi tutto.»
«Sei un bugiardo?»
«Immagino che questo non sia un complimento nemmeno nella tua testa»
Girai la testa e fissai il suo profilo, i capello rilucevano di luce azzurra e gli occhi erano uno verde scuro l'altro verde chiaro. Spostai lo sguardo alla finestra e vidi un areo passare.
«Possiamo fingere che gli aerei nel cielo notturno siano stelle cadenti?»
«Cosa? Perché?» sembrava sbigottito dal cambio di argomento, che buffo.
«Così potremmo esprimere un desiderio» spiegai con fare ovvio.
«Ah...e avresti un desiderio particolare al momento?»
Ritornai a concentrarmi su di lui, al momento una macchia nera con occhi viola ametista; mi accorsi che era troppo vicino.
«Ehm.. tu?»
I suoi occhi brillarono «Certo che avrei un desiderio da esprimere».
Lentamente mi fece distendere sul letto e io non feci nessuna resistenza, con una mano mi accarezzò i capelli spostandomeli dal viso.
«Lo sai? Sei la ragazza più bella del mondo...»
Mi ritrovai i suoi occhi arcobaleno che in quel momento verdi e uniformi diventavano neri talmente vicini che mi sentii completamente risucchiata e immersa in quelle iridi.
La sveglia segno le 00:00.
Qualcosa sfiorò le mie labbra.
NDA
Eccomi, bellezze. Vi voglio avvisare che il bancone Scommesse è ufficialmente aperto! Chi è il misterioso ragazzo arcobaleno? Forza, non siate timidi, commentate:)
Al prossimo capitolo ^^
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Capitolo 28 *** asdfghjkl ***
Cap.
28
(esclamazioni
vietate ai minori di novant'anni)
**
E
niente, il giorno dopo non mi ricordai più nulla, a meno che
le
allucinazioni di ragazzi arcobaleno, pokémon vaganti,
arcobaleni che
vomitano unicorni e cespugli parlanti non contino qualcosa.
Ne
dubito seriamente.
Dubitavo
della maggior parte delle cose che ricordavo troppo brillanti.
Di
poche cose ne ero certa: primo Fred era impazzito, due mi ero
ubriacata e terzo, il più importante e imbarazzante di
tutti, ero
andata a letto con qualcuno e non avevo la più pallida idea
di chi
fosse quel qualcuno.
Merda!
Certo,
non c'erano testimoni, nessuno sapeva niente di niente e preferii che
il gran casino che avevo combinato l'ultimo dell'anno restasse un
segreto e rimasi a crogiolarmi nella vergogna da sola finché
decisi
che se avessi finto che non fosse successo nulla alla fine sarebbe
stato come se non fosse successo nulla.
Forte
di quelle convinzioni la mattina dopo mi alzai decisa a lasciarmi
dietro quell'evento insieme all'anno nuovo.
**
Il
primo dell'anno decisi di svegliarmi presto e di scendere in Sala
Comune. Oddio, non era mica tanto presto tenendo conto che erano le
dieci di mattina, ma tutti erano ancora a letto a smaltire la sbornia
o la notte insonne quindi avevo comunque campo libero.
Rimasi
a crogiolarmi davanti al fuoco leggendo “Hunger Games, la
ragazza
di fuoco” sperando di scomparire letteralmente in quelle
pagine.
Divorai
il libro e non staccai gli occhi dalle pagine e,troppo presa
dall'immaginarmi Finnik con solo una rete a coprirlo, non notai di
avere compagnia.
Mi
sentii le dita formicolare e la testa bucata da qualcosa; alzai lo
sguardo e mi ritrovai a fissare gli occhi blu di Fred. In quel
momento mi resi conto che il Finnik della mia immaginazione era
uguale a Fred.
Fred
che in questo momento mi guardava con uno sguardo serio, lui che non
era mai serio mi guardava indecifrabile. Cercai di fare un sorriso.
Lui si limitò ad avvicinarmi e a sfiorarmi con un dito la
mia
guancia. Appena l'indice la sfiorò sentii un dolore acuto e
mi
tornarono in mente i pugni della notte precedente.
Doveva
essere venuto fuori il livido. Le dita di Fred accarezzarono
lievemente la mia guancia prima di cadere inanimate. Abbassò
la
testa, apatico, e mi superò senza una parola.
«Fred»
lo chiamai alzandomi.
Lui
si fermò e si girò verso di me con lo sguardo
sempre fisso a terra.
«mi
dispiace» sussurrò. Sembrava così
indifeso e bisognoso di affetto
che capii che non sarei mai potuto essere arrabbiata con lui.
«Non
è colpa tua» dissi facendolo sedere vicino a me.
«No,
sul serio. Mi dispiace, sono io il mostro» e finalmente
alzò lo
sguardo. Le sue pupille erano talmente dilatate che coprivano quasi
tutta l'iride lasciando un sottilissimo anello blu elettrico; ci
lessi tutta la paura e la confusione che in quel momento provava.
«Tu
non sei un mostro, Fred» dissi gentilmente.
Lui
si prese la testa fra le mani «certo che lo sono! Non dovevo
colpirti, scusami, ma con tutte quelle luci non capivo nulla e io
credevo che fossi...ti ho scambiato..» si bloccò,
sembrava
sull'orlo delle lacrime.
«Per
chi mi hai scambiato?» chiesi, sempre con un tono gentile.
Non
rispose, continuò a fissarsi le mani.
«Fred»
lo richiama dolcemente.
«Delirium...»
sussurrò.
«Cosa?»
«Delirium...ti
ho scambiata per Delirium» rimasi sbigottita. Certo,
scambiarmi per
lei era del tutto normale visto che era la mia copia sputata e
probabilmente le luci avranno dato l'illusione che io avessi i
capelli blu – del resto anche nei miei ricordi Fred ieri sera
aveva i capelli blu – e poi era anche ubriaco ed è
ovvio che la
realtà gli apparisse distorta – in fondo io ho
parlato(e fatto altro, merda) con un ragazzo arcobaleno. In sostanza,
aveva tutto il diritto di potermi aver scambiato per la mia gemella
malvagia, l'unica cosa che mi lasciava sorpresa era il modo in cui
aveva reagito. Ovviamente, i pugni ci stavano perfettamente, ma le
cose che mi aveva urlato contro non tanto.
«Fred,
va tutto bene?» chiesi titubante.
Senza
preavviso si alzò e cominciò a camminare avanti e
indietro, avanti
e indietro. Allacciò le mani dietro alla schiena.
«Non
sono pazzo!» disse, o meglio urlò. Mi astenni dal
dire che non
avevo proprio idea di come chiamare uno che si arrampicava su
lampadari, nascondeva dolcetti stregati nelle colazioni dei
professori o che allagava i dormitori di Serpeverde se non pazzo, non
c'era un altro epiteto.
«non
sono pazzo» ripeté «è
solo questo schifo di situazione e voi due, cazzo, se vi
assomigliate! E io non posso permettere che capiti qualcosa a
qualcuno, non per colpa mia»
«Fred!»
lo afferrai per le braccia e lo costrinsi a guardarmi negli occhi, in
quel momento il suo era proprio lo sguardo di un pazzo «Fred,
ascoltami bene. Non capiterà nulla a nessuno e se anche
succedesse
tu non ne sarei il responsabile, capito?»
Ricambiò
la stretta sulle mie braccia «Promettilo»
«Promesso»
«E
nel caso facessi male a qualcuno tu mi fermerai, in qualsiasi
modo»
riprese.
«Per
quale motivo tu dovresti..»
«Promettimelo!»
«Va
bene, te lo prometto»
Lui
mollò la presa e finalmente accennò un sorriso.
«Fred»
balbettai «tu mi devi dire qualcosa, vero?»
«No,
non è nulla. Sto bene» sorrise più
convincente.
Chissà
perché ma non gli credetti.
**
Il
ritorno a scuola fu traumatico, mi ero abituata troppo bene a
svegliarmi alle undici. I professori per la prima settimana furono
clementi ma poi ricominciò il girone delle interrogazione e
delle
verifiche, il girone mancante all'inferno di Dante.
Gennaio
volò via in un battito di ciglia, troppo presa da mille cose
– come cercare papà, mantenere un contatto
d'amicizia con Frank,
capire cosa frullasse nel cervello di Fred, allenarmi e scoprire il
più possibile sui i mie poteri – lo scorrere del
tempo era del
tutto relativo e così mi ritrovai ai dieci di febbraio senza
rendermene conto.
«E'
un disastro» proclamava Rose tagliuzzando la sua bistecca
quella
sera «fra meno di quattro giorni è San Valentino e
non ho ancora
preso un regalo per Scorpius!»
«Fra
tre giorni abbiamo una gita a Hogsmeade, potresti prendere qualcosa
lì» le dissi addentando un pezzo di bistecca.
«Sì,
hai ragione. Sempre che i compiti ce lo permettano»
«Ce
lo permetteranno, vedrai» sorrisi.
«Chissà,
a San Valentino potrebbero succedere molte cose...» mi
stuzzicò
Rose.
Involontariamente
arrossii e fissai Frank nell'altro tavolo. Le cose erano andate
normali e nessuna infausta previsione delle mie amiche si era
avverata. Frank restava il solito ragazzo timido, dolce e impacciato.
Nella
mia visuale entrò Dominique e sembrava molto preoccupata.
«Ehm...
dovrei chiedervi un favore...» disse, diventando leggermente
rossa.
Mi chiesi perché usasse un tono così basso
«Dicci
pure» fece Rose continuando a mangiare.
«Ecco...
mi sono venute e... sono rimasta senza assorbenti» si
fissò le mani
«non è che potreste imprestarmeli?»
«Sicuro»
annuii «ho una scorta che potrebbe durare per un'intera
guerra
mondiale»
Il
viso di Dominique si riempì di sollievo «Grazie!
Appena andremo a
Hogsmeade ne comprerò un pacco, promesso!»
«Stai
tranquilla» dissi alzandomi dal tavolo e dirigendomi fuori
dalla
Sala «al momento non mi servono, ho saltato il mese di
Gennaio e
sono in ritardo»
«Sei
irregolare?» mi chiese Rose.
«A
volte, mi sto preparando ai dolori che verranno. Probabilmente
sarò
costretta a letto» feci con una faccia da funerale.
«Ti
fanno così male?» mi chiese Dominique.
«Solo
quando salto o sono in ritardo» spiegai.
«A
me no, anche se saltano non sento male» fece Dominique.
«Io
non salto proprio, beate voi che ogni tanto non avete questa
seccatura»
Ehi,
che c'è di male? Siamo donne, parliamo di queste cose!
Una
volta arrivate in dormitorio pescai quasi tutte le confezioni di
assorbenti dal baule.
Rose
fischiò «cavolo, hai proprio una bella
scorta»
«Sai
com'è, ho il terrore di restarne senza» feci un
gesto vago con la
mano.
«Grazie,
grazie, grazie, Giorgia! Ti ho appena elevato a grado di salvatrice
di ragazze mestruate senza assorbenti»
Scoppiamo
a ridere.
«Comunque...»
Rose si fece seria «Prima ho incontrato Fred e James e mi
hanno
detto di aver ricevuto da zio George una nuova invenzione e che
vogliono mostrarcela»
«Oh,
chissà cos'è» mi chiesi.
«Non
lo so, spero solo che Gazza non li becca un'altra volta.»
sospirò
«credo proprio che anche quest'anno vincerà
Corvonero la coppa
delle case»
«Su,
l'importante è passare un buon anno» le fece pat
pat sulla spalla
Dominique.
**
Cinque
minuti dopo eravamo appollaiati nei letti dei ragazzi del settimo
anno.
Fred
e James stavano posizionando con cura una scatola di cartone sopra il
letto di Jarvis, il loro compagno di stanza, compagno che al momento
fissava la scena sbuffando.
«Ed
ora, signori e signore» fece Fred con l'aria da venditore
esperto
«vi voglio presentare l'invenzione che occuperà la
vita di ogni
mago e strega presente nella Gran Bretagna. Ecco a voi laaa –
rullo
di tamburi, prego – MAGIVISIONE!»
E
dalla scatola tirò fuori una televisione degli anni ottanta.
Inarcai
un sopracciglio.
«ma
lo sai che i babbani l'hanno già inventata decenni fa e che
in molte
case magiche c'è già?» gli feci notare.
«Taci,
ignorantona, questa non è una banale terevisione,
questa è molto di più» e
tirò fuori la bacchetta. Non mi presi
nemmeno la briga di correggere il suo errore. Con un incantesimo
accese la televisione e sullo schermo comparve la scena di un film,
poi sussurrò altre parole e ci ritrovammo dentro il film.
Una
musichetta a pianoforte triste riempiva l'aria e già da
lì sentii
la sensazione amara delle lacrime risalirmi agli occhi.
Davanti
a me c'era un bambino dai capelli biondi che fissava un uomo sulla
quarantina, entrambi avevano uno sguardo molto triste.
«Sai»
fece il piccolo, aveva un voce dolce e rotta come se stesse per
piangere «possiamo fingere che domani ci vedremo lo stesso,
possiamo
farlo»
L'uomo
fissò il bambino, gli occhi lucidi «va bene, ci
vediamo domani»
E
scoppiai a piangere.
Così,
senza ritegno e senza sapere di cosa stesse parlando quel film
iniziai a piangermi.
Ci
fu un lampo di luce e ritornammo nella stanza di Fred e James, tutti
i presenti si erano girati a fissarmi stralunati.
Dal
canto mio, io continuavo a piangere disperata.
«Su,
su» mi fece Dominique abbracciandomi «Cosa
c'è? Perché piangi?»
«Non
è g-giusto» singhiozzai «dom-a-ani non
si in-incontreranno,
f-fi-fingeranno di incontrarsi, m-ma no-non
suc-succederà»
«Sì,
è una cosa molto triste, ma non mi sembra il caso di
piangere» mi
fece notare,
«M-ma
il bambino, stava m-ma-male»
«Eddai,
Giò» fece Fred «E' solo un film, non
è reale.»
Mi
ripresi subito e lo incenerii con lo sguardo «E' SOLO UN
FILM?
MAGARI E' BASATO SU UNA STORIA VERA, TU CHE NE SAI? NON E' REALE,
POTREBBE ESSERLO. SEI SENZA CUORE, FRED! NON SI INCONTRERANNO, STANNO
SOLO FINGENDO» gli urlai dietro. Una parte di me mi
sussurrò che
forse potevo sembrare un po' isterica, ma la ignorai. Perché
non
capivano che quelle erano una scena tristissima?!
Fred
indietreggiò spaventato: «uhm...sì, hai
ragione» fece per non
farmi scoppiare di nuovo «che ne dici di andare a bere una
tisana,
un te' calmante...»
Rischiò
seriamente la morte ma Dominique e Rose lo salvarono portandomi fuori
dalla stanza.
«Accidenti,
Giorgia, sei proprio lunatica in questi giorni»
ridacchiò Rose.
«Forse
è meglio che queste mestruazioni si sbrigano ad arrivare,
hai gli
ormoni parecchio sballati» le diede corda Dominique.
«Non
sono così lunatica» feci punta sull'orgoglio.
«Scusa,
vogliamo parlare di quando ti stavi per mettere a piangere
perché
Scorpius aveva strappato un fiore per me...»
«...o
quando ti sei messa a ridere durante trasfigurazione perché
la
professoressa ha detto “pertanto”...»
«...della
crisi isterica che hai fatto a un bimbo del primo anno
perché ti
aveva sfiorato..»
«Pertanto»
e qui scoppiai a ridere di nuovo (che ci posso fare se quella parola
è stra-ridicola?) «sei peggio di mia madre quando
era incinta di
Luis»
«Già,
non è che ci nascondi qualcosa» fece scherzando
Rose e io rischiai
seriamente di soffocare con la mia stessa saliva «non
è che tu e
Frank...»
«NO!»
risposi velocemente «io e Frank...no, no!» era una
mezza verità,
in fondo. Con Frank non era successo veramente niente.
«Certo,
fai la santarellina» Dominique e Rose stavano evidentemente
scherzando ma mi sudarono comunque le mani «Dai, ammettilo
che hai
una relazione segreta con Frank e che non ti vengono perché
sei
incinta»
Qui
rischiai seriamente di avere un attacco di panico. Mi fermai a
metà
scalinata, le mani sudatissime e il respiro che andava e veniva.
«Io,
incinta? Ma nooo, perché pensi una cosa del
genere?» feci con voce
alta di qualche ottava più del normale. No,
non può essere vero...
«Giorgia?
Calmati, stiamo solo scherzando, non occorre fare
così» fece
Dominique perplessa. Rose invece fece una faccia sorpresa.
«Oh
mio Dio, non sarai andata veramente a letto con Frank! Oh mio Dio,
è
per questo che diventi rossa ogni volta che lo nominiamo?»
«No,
no! Non sono andata a letto con Frank!» rischiai seriamente
di
soffocarmi.
«Ok,
calmati. Solo che sembri...»
«no,
non sembro niente» dissi in fretta «Forse Fred ha
ragione, ho
proprio bisogno di una tisana» e scappai via, fuori dalla
scale e
dalla Sala Comune diretta verso il bagno.
Scivolai
lungo la parete fredda mentre pensieri confusi mi turbinavano nella
mente, il cuore che batteva a mille.
«Calmati»
mi dissi «Calmati»
Presi
un bel respiro e cominciai a pensare lucidamente.
Solo
perché ho saltato un mese e adesso sono in ritardo non
significa che
io sia incinta, in fondo sono sempre stata un tantino irregolare,
è
una cosa normale... e il mio umore strano può perfettamente
essere
causato dallo stress scolastico... non ho nessuna prova
consistente...
Ok,
è vero che l'ho fatto e che molto probabilmente non ho usato
nessun
metodo contraccettivo (E cazzo, ero ubriaca!) ma non può
esserlo per
forza, non posso essere così sfigata!
Stiamo
calmi, calmi.
Va
bene, sabato comprerò a Hogmseade i test per la gravidanza,
tanto
saranno tutti negativi...
Sospirai,
dovevano essere negativi!
**
Per
comprare i cosi
senza che Rose e Dominique lo sapessero idea un piano. Quella mattina
mi ero svegliata con un senso di nausea incredibile (cosa che mi fece
crepar di paura), così convinsi le mie amiche che sarei
rimasta a
letto nel castello.
Aspettai
un'oretta scarsa poi mi diressi verso Hogsmeade con un incantesimo
d'illusione addosso così nessuno mi riconobbe.
Una
volta nella farmacia del paese comprai quanti più cosi
possibili. La commessa mi guardò con una faccia tra il
sorpreso e
l'inorridito. Cercai di non arrossire o abbassare lo sguardo. Tanto
non ero incinta, facevo i test solo per darmi maggior sicurezza.
Rifeci
la strada al contrario, materializzandomi fino davanti al cancello e
una volta entrata a scuola mi diressi in un bagno.
Provai
su tre test e rimasi in attesa, con il cuore che batteva a mille.
Tentai con ogni mia molecola di scacciare il pensiero che forse ero
veramente incinta.
Peccato
che il simbolo positivo che comparve in tutti e tre i test
scacciò
ogni dubbio.
Merda!
|
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Capitolo 29 *** Dove mi auto-convinco di essere matura e responsabile. ***
Cap.
29
Dove
mi auto-convinco di essere matura e responsabile.
**
Giorgia
Helen Flox è una
streghetta di sedici anni.
Ho
solo sedici anni!
Ed
è una ragazza matura e
responsabile per la sua età.
Ho
fatto la cazzata più
grande della mia vita!
La ragazza
in questione ha
appena scoperto di essere incinta.
No,
merda santissima, no!
Sta
già prendendo la cosa
seriamente ed è pronta ad affrontare il mondo.
Non
uscirò mai più da
questo bagno!
Ha
già un piano per sistemare
la situazione.
Mi
nutrirò di sapone e
dentifricio per il resto della mia vita!
Sa
già a chi fare riferimento
per controllare la situazione.
Mirtilla
Malcontenta mi
insegnerà a viaggiare per il tubo dello scarico!
Si sta
già dando un contegno
per rivelare il tutto ai suoi amici...
Ucciderò
tutti così nessuno
verrà mai a sapere nulla!
E
soprattutto è pronta ad
intraprendere una conversazione civile con il futuro padre.
Lo
ucciderò con le mie
stesse mani!
Sì,
Giorgia Helen Flox è una
ragazza responsabile.
Ma
va a cagare!
**
Al
contrario delle mie decisioni
all'ora di sera uscii dal bagno per andare a cibarmi, infatti avevo
scoperto che quel bagno non era provvisto di sapone e che il
dentifricio –per quanto fosse buono il gusto menta–
non riempiva
affatto la pancia.
Mi tenevo
la pancia premuta con
le mani nella stupida convinzione che cominciasse già a
diventare
rotonda.
Questa
volta l'ho combinata
grossa.
Sentii la
disperazione farsi
largo dentro di me, io non sapevo nulla di bambini e pannolini, tutto
quello che so lo devo ad una psicologa pazza e maniaca che mi venne
in classe a quattordici anni a spiegarci che non è la
cicogna a
portare i bambini (ma tanto avevo passato il tempo dormendo quel
giorno quindi continuavo a non sapere nulla).
C'era una
sola persona che
potesse aiutarmi in tutta Hogwarts e la sola idea di parlarne a
qualcuno mi faceva venir voglio di pigliarmi a pugni.
E adesso
come spiego a Madama
Chips che durante una festa illegale sono rimasta incinta da non so
nemmeno chi?!
D'altronde,
questa era l'unica
soluzione e potevo solo fare affidamento sul segreto e la discrezione
professionale.
A passo
lento mi diressi verso
l'infermeria cercando di prepararmi un discorso, non potevo andare
lì
e dire “Sorpresa, sono incinta!”, la poveretta
avrebbe fatto un
colpo.
Purtroppo
non mi venivano in
mente altri modi per dare la notizia e il mio tempo a disposizione si
era esaurito poiché mi ritrovai davanti alla porta
dell'infermeria.
Madama
Chips non si accorse
subito del mio arrivo e questo mi lasciò qualche altro
minuto per
pensare. Era sola e questo era un bene, non avevo nessuna intenzione
di avere spettatori. Sfortunatamente, con la grazia da elefante che
mi ritrovo, rischiai di inciampare provocando un gran fracasso.
La donnina
si girò a mi guardò
sorpresa:
«Oh,
signorina Flox! Mi stavo chiedendo quando l'avrei rivista!»
Già,
sono stata così tante volte in infermeria che potrei avere
un letto
con il mio nome e la carta fedeltà.
«Comunque
non deve essere molto grave se questa volta non c'è nessuna
a
portarla svenuta. Ma mi dica, il signor Weasley ne ha combinato una
delle sue? Ahh, quel disgraziato centrava sempre»
Oh,
Zeus, Era, Poseidone, Ade, Afrodite, Atena, Artemide, Apollo,
Demetra, Crono, Dionisio, Efesto, Ermes, Godric, Salazar, Tosca,
Priscilla, Silente, Gesù, Giuseppe e Maria, Sant'Antonio e
compagnia, vi chiedo perdono per l'omicidio che sto per fare, non
è
mie intenzione!
«Ecco...in
realtà... è molto grave, le chiederei la massima
discrezione
perché..sì, insomma... sono incinta»
boccheggiai.
Le
parole rimasero un attimo sospese nell'aria prima che Madama Chips
capisse cosa intendevo e la sua faccia diventasse di cinquanta
sfumature diverse; aprì la bocca e la rinchiuse,
alzò l'indice,
riaprì la bocca e...BAHM! Iniziò a sbraitare
contro di me e il
creatore. Mi insultò in maniera colorata senza curarsi che
qualcuno
potesse udirci e le scappò addirittura qualche parolaccia
come
“Emerita deficiente” o
“Rincoglionita”, dopodiché
passò al
fatto che ai suoi tempi noi ragazzi non eravamo così
precoci, che
era ovvio che il paese andava a rotoli se noi adolescenti non
sappiamo dove mettere la testa, che la gioventù è
bruciata e bla
bla bla .
Restai
in silenzio lasciandola sfogare sentendomi sempre più in
colpa ogni
minuto che passava.
Quando
finalmente si zittì del tutto dissi con una vocina fina:
«papà non
lo sa, non lo sa nessuno oltre a me e non ho la più pallida
idea di
cosa fare»
La
Chips mandò un'altra imprecazione prima di sparire nel suo
ufficio a
cercare qualche carta e lasciarmi sola a fissarmi la punta delle
scarpe. Tornò poco dopo con le mani impegnate a reggere
volantini e
schede.
Mi
passò venti fogli «queste sono tutto
ciò che ti serve per sapere
cosa fare i primi cinque mesi di gravidanza»
Mi
passò altri fogli «questi dai cinque mesi in
poi»
Altri
foglianti andarono a posizionarsi sopra i primi «questi danno
consigli su come prepararsi psicologicamente a diventar madre. E
questi» ulteriori volantini presero il suo posto
«danno consigli su
come affrontare l'argomento con i propri genitori. Invece questi
l'aiuteranno ad affrontare i mesi dopo il parto. Gli ultimi sono
delle autorizzazioni da completare in modo che io possa seguirla
nelle gravidanza»
Rischiai
di soffocare sotto a tutte quelle scartoffie.
«Ah,
sa già di quante settimane è la
gravidanza?» il tono freddo e
distaccato mi spaventava un po'.
«Non
lo so, credo sei, sette o forse otto settimane» cercai di
fare un
rapido calcolo.
«Allora
avrà bisogno di un appuntamento per la prima ecografia per
accertarsi che il bambino sia sano e anche per sapere se dovremmo
prepararci ad accogliere più di un bambino»
Cosa?
Sentii
i fogli cadermi dalle mani.
«Più
di un bambino?» rischiai di soffocarmi con la mia stessa
saliva.
«Certo,
potrebbero essere gemelli» spiega la Chips.
Fu
più o meno a quel punto che ebbi la crisi di panico.
«NO!
Non so nemmeno badare a me stessa, figuriamoci a un bimbo e se sono
due...no, non sono due. Ho sedici anni, porcamerda, no no no
è tutto
uno scherzo. E adesso cosa faccio? Cosa faccio? Non so nemmeno come
è
fatto un pannolino!»
«A
questo doveva pensarci prima» fece inflessibile.
A
quel punto rischiai seriamente di scoppiare a piangere seriamente.
«Se
domani pomeriggio non ha nulla da fare fisserò un
appuntamento»
annuii
cercando di sbloccare il groppo in gola.
«Stia
tranquilla, signorina Flox» il tono dell'infermiera si
addolcì «lei
non è la prima alla quale capita una cosa simile e non
sarà nemmeno
l'ultima e si ricordi che non è sola» fece una
pausa nella quale mi
guardò con fare materno «ne parli con i suoi
amici, il signor
Weasley per quanto senza senso si autoconservazione saprà
supportarla, lei ha bisogno dei suoi amici in questo momento.»
Mi
congedò con la mano «ora vada a cena, d'ora in
avanti dovrà
nutrirsi per due persone»
Annuii,
la ringraziai.
Uscii
e la ringraziai ancora.
**
Il
giorno dopo avevo deciso che sì, Madama Chips aveva ragione.
Motivo
per cui mi trovavo davanti la porta del dormitorio del settimo anno
ad aspettare Fred. Ero seduta sull'ultimo gradino e mi chiedevo come
dargli la notizia ma più che altro mi chiedevo la sua
reazione.
Miseriaccia,
un bambino, aspettavo un bambino...
«Ehi,
Giorgia, che ci fai qui?» alzo la testa alla voce di Fred
«Senti,
se è per quella storia del film, mi dispiace, sul serio, non
ti
facevo così sensibile...» iniziò
previdente. Quasi scoppiai a
ridere.
«No,
tranquillo. Devo parlarti d'altro...ecco ho scoperto una
cosa...»
inizio. Ma sì diciamo subito tutto, come dicono i babbani,
via il
dente e via il dolore.
Solo
che alle mie parole Fred sbiancò di colpo e
iniziò a balbettare «ti
posso spiegare...!»
Aggrottai
la fronte dubbiosa, poi sospirai. Di sicuro pensava che avessi
scoperto qualcuno delle sue malefatte «Sta tranquillo, non
centri
tu, centro io» mi guardai intorno, improvvisamente l'idea di
rivelare la cosa nella rampa di scale non mi sembrava più
tanto
buona «che ne dici di accompagnarmi nelle cucine?»
Lui
annuì, «volentieri, ho una certa fame!»
e fece dietro front e
precipitò giù dalle scale.
Arrivati
alle cucine una mandria di Elfi Domestici ci accolse riempendo la
sala con le loro buffe vocine e ben presto mi trovai sommersa da ogni
ben di Dio.
«Allora,
cosa dovevi dirmi?» mi chiese Fred mentre ripuliva una
vaschetta di
gelato.
«Oh..»
rimasi un attimo in silenzio, indecisa su come partire. Decisi di
prenderla da lontano «Ti ricordi alla festa di
capodanno?»
Il
suo viso si oscurò e annuì.
«Ecco,
dopo che tu, sai..sì, hai capito...be', mi sono
ubriacata»
«E
sei qui per fare ammissione di colpa?» mi chiese ironico lui
«Dai,
so che avevi promesso di restare astemia, ma è una festa e
può
capitare di ubriacarsi»
«Sì,
ma io sono andata a letto con qualcuno e adesso sono
incinta!»
buttai fuori disperata. Ecco, quello che dovevo dire l'avevo detto.
Fred
rimase in silenzio, mi fissò, socchiuse gli occhi,
guardò a terra,
mi fissò ancora, guardò a destra e a sinistra e
mi guardò ancora,
socchiuse gli occhi.
«Ok,
adesso dimmi dove sono le telecamere»
«Le...le
telecamere?»
«Certo,
è uno scherzo, no? E di sicuro mi stavate riprendendo,
perché è
uno scherzo, no...?» la sua voce si affievolì
davanti alla mia
occhiata disperata.
«No.»
terminò con un verso strozzato.
Rimase
in silenzio parecchi minuti prima di alzarsi di scatto come una molla
e dirigersi verso la porta urlando «DIMMI CHI E' QUEL FIGLIO
DI
PUTTANA CHE LO ACCOPO!»
Gli
Elfi Domestici squittirono spaventati e iniziarono a girare in tondo.
«Eh,
se lo sapessi lo avrei già sistemato io» borbottai.
Fred
si bloccò «Cosa?»
«Fred,
non lo so, non mi ricordo nulla. Non so chi è stato, non so
con chi
sono andata. Mi ricordo solo un omino arcobaleno con i capelli prima
blu, poi verdi, poi rossi, poi neri, poi d'oro... e aveva una lingua
da serpente e gli occh sembravano un kaleidoscopio...» stavo
tremando.
«Quindi
non sai chi è il padre del bambino?»
Scossi
la testa.
«Be',
posso sempre ammazzare tutti quelli con i capelli blu, verdi, rossi,
neri, d'oro...» scrollò le spalle.
«Fred»
un sorriso mi comparve in volto «dovrai compiere anche un
suicidio,
tu hai i capelli rossi»
Fred
spalancò la bocca e diventò pallido. Poi
cominciò a girare in
tondo.
«...
STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO
STATO IO STATO IO...» Lo sentii urlare.
«Fred,
Fred, Fred! Calmati!» dissi placcandolo e buttandolo per terra
«Giorgia,
sono stato io» mi fece lui disperato «Ho i capelli
rossi e non mi
ricordo quasi niente di quello che è successo quella sera!
Ti prego,
perdonami!» E si gettò in ginocchio.
«No,
non sei stato tu.» dissi sotto shock «tu sei stato
tutto il tempo
con James e Scorpius»
«Sicura?»
«Be'»
sforzai i ricordi «Da quello che ho capito da Scorpius lui
è dovuto
restarti appiccicato tutta la serata per impedirti di combinare
guai»
Fred
si gettò a peso morto sul pavimento «Ah, grazie
Dio, non sono
pronto a diventare padre!»
«Sì,
grazie per il supporto» feci ironica.
Mi
mise a fuoco e sospirò «non so cosa dirti, sul
serio. Fa strano,
Giorgia incinta. Strano sul serio»
Sì,
era strano pensarlo, strano saperlo. Io, una ragazza totalmente
immatura e irresponsabile che aveva più volte rischiato di
farsi la
doccia in lavatrice, incinta.
Certo,
da queste estate ero maturata, mi sentivo un po' diversa. Un po'
più
insicura, ma allo stesso tempo quella insicurezza mi rendeva
più
calma e pensante, non avevo più la filosofia
“buttiamoci, mal che
vada ci saranno delle conseguenze”, no, adesso guardavo
l'insieme e
controllavo i rischi.
Peccato
che a Capodanno avessi dimostrato che, in fondo, non sono cambiata
affatto, che ancora una volta mi sono buttata prendendo le
conseguenze sotto gamba.
E
adesso ero lì, una ragazza di sedici anni incinta.
«Hai
parlato con Madama Chips?» mi chiese Fred.
«Sì,
mi ha dato dei moduli e mi ha dato la data per
l'ecografia...» lo
guardai di sottecchi «mi accompagni? Cioè, vuoi
venire con me....»
«Mi
sembra ovvio!» mi interruppe «Tu sei come mia
sorella, anzi, ti
preferisco mille volte a mia sorella»
«Già,
sei il fratello che non ho mai avuto» dissi sorridendo, un
sorriso
un po' timido.
Fred
Mi abbracciò «Vedrai, puoi farcela,
sarà persino divertente.»
«Divertente?»
feci ironica «non credo proprio»
«Sarai
una madre fantastica, vedrai» e mi strinse più
forte.
«Grazie»
gli sussurrai.
NdA
Sì,
chiudo così il capitolo perché oggi sono assai
dolciosa asdfghjkl
Comunque,
d'ora in poi i capitoli saranno più brevi (quindi
aggiornerò
presto) perché come mi ha fatto notare una ragazza in una
recensione
le cose stanno avvenendo troppo velocemente, quindi sì, ha
ragione e
cercherò di dare un po' più di stacco ai vari
capitoli (ce ne
saranno altri due prima della rivelazione finale, così ho
deciso).
E
nulla.
Comunque,
se vi interessa:
Questa
è una storiella che ho pubblicato, se vi va passate:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2425632&i=1
Questo
è il mio ask, se volete fare domande sulla storia o
stolkerarmi
nella vita privata: http://ask.fm/compratemiungufo
Infine,
questo è il mio tumblr: http://voglioungufo.tumblr.com/
|
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Capitolo 30 *** Questione di nomi ***
Cap. 30
Questione di nomi.
**
A prescindere odio ogni genere di nome femminile, li detesto tutto dal primo all'ultimo.
Al contrario amo tutti i nomi maschili, non c'è ne uno che non mi piaccia e per questo non so sceglierli.
Dicono che la parte più difficile è il parto. Baggianate, anche scegliere il nome non è uno scherzo...
**
Lasciai Fred in Sala Comune e mi diressi nel mio dormitorio.
«Ho un altro test» gli spiegai a bassa voce «voglio essere sicura al cento per cento, magari erano falsi positivi» fa a me o la mia voce aveva una nota speranzosa?
Anche lo sguardo di Fred era speranzoso mentre diceva «sì sì, controlla!»
Rimase ad aspettarmi nella Sala e io corsi su per le scale fino alla porta della stanza delle ragazze del sesto anno.
Fortunatamente dentro non c'era nessuno e potei prendere indisturbata il test e andare in bagno.
Attesi la risposta del test con il cuore che batteva a mille e nonostante sapessi già la risposta il segno positivo mi svuotò comunque tutta l'aria dai polmoni.
Appoggiai il test nel lavandino e mi fissai allo specchio.
Era ufficiale, sarei stata madre. Mi aggrappai con forza al bordo finché le nocche mi si sbiancarono e la vista rischiò di offuscarsi per le lacrime che minacciavano di uscire. Sbattei le palpebre più volte cercando di darmi con contegno. Piangermi addosso non avrebbe portato da nessuna parte.
Sapevo che se solo avessi voluto avrei potuto abortire ma non presi nemmeno in considerazione l'idea. Era colpa mia, non del bambino, io dovevo pagare, non lui. Ripetermi quella frase mi fece venire un moto di determinazione e drizzai le spalle.
Uscii dal bagno e mi ritrovai a faccia a faccia con Rose.
«Oh, ciao Giorgia! Ti senti meglio?» mi chiese sorridendomi.
«Ehm sì...»
«Bene, hai finito in bagno? La mia vescica sta per scoppiare»
«Cer...» mi bloccai inorridita: il test era ancora sul lavandino e Rose entrando lo avrebbe visto di sicuro.
«Bene, allora fammi passare» continuò lei ignara dei miei pensieri.
«NO! TU NON PUOI PASSARE!» gridai.
Rose si accigliò «Giorgia, hai sbagliato saga. Siamo in Harry Potter, non nel Signore degli Anelli»
La battuta mi lasciò totalmente sorpresa, quini anche il mondo magico era a conoscenza dei romanzi storici – fantasy per i babbani –. Rose approfittò della mia distrazione per scansarmi di lato e ad entrare nel bagno. Nel millesimo di secondo che Rose ci mise a notare il test mi passò in mente che forse avrei potuto appellarlo prima. Purtroppo, ormai era troppo tardi e Rose fissava sgomentata il test.
Rimanemmo in questa posizione, lei davanti al lavandino con la bocca spalancata sotto shock e io sulla porta indecisa se prendere la bacchetta e obliviarla o fare ammissione di colpa, per parecchi secondi che a me parsero ore intere. Non osavo nemmeno respirare rumorosamente per paura di spezzare quello stato di immobilità, qualsiasi cosa pur di non dare spiegazioni.
Ma i miei piani furono bruscamente distrutti da un tornando dai capelli rossi e lucenti che entrò nel dormitorio con un sorriso enorme.
«Allora? Che fate qui impalate? Buon San Valentino!» gridò Dominique sgranando gli occhi contenta.
Merlino, mancava solo che Chloe Nordisque, l'altra compagna di classe, entrasse per completare il tutto.
Dominique vedendo che nessuna delle due rispondeva fece un passo titubante verso Rose con stampato in faccia la sua domanda.
Ma siete diventate sceme che state immobili?
Il primo segno di vita lo diede Rose che indicò il test con la mano tremante e la bocca aperta in un espressione inorridita.
«Dimmi che è di Chloe, ti prego» disse in tono di supplica.
«E' di Chloe» dissi meccanicamente.
Dominique fissò prima me poi Rose curiosa in cerca di spiegazioni, infine si avvicinò a Rose per vedere l'oggetto causante di questo nostro strano comportamento.
Sulle prime lo fissò senza capire, poi nel suo viso si videro i vari gradi della comprensione. Prima aggrottò la fronte, poi la rilassò, aprì la bocca, storse il labbro inferiore, indietreggiò sollevando un bracciò, poi lanciò un grido:
«LO SAPEVO CHE TU E FRANK NON ME LA RACCONTAVATE GIUSTA!»
Lì per lì la mia prima reazione fu l'irritazione: Merlino, per quale motivo dovevano pensare che tra me e Frank ci fosse veramente qualcosa?
«Giorgia...» Rose era ancora in stato di shock «ma che cosa hai fatto?»
Cercai di darmi un contegno e cercai di assumere l'aria più matura e responsabile possibile e iniziai decisa:
«Io...»
Io sono incinta a sedici anni.
E scoppiai a piangere, e al Diavolo l'essere forte e responsabile!
Sussultai quando sentii le mani di Dominique guidarmi verso il mio letto e farmi sedere.
«Calmati, tesoro, non è la fine del mondo...»
«NON E' LA FINE DEL MONDO?» gridai isterica «HAI RAGIONE, E' PEGGIO!»
Rose era ancora bloccata in bagno incapace di intendere e volere. La mia parte rimasta stabile si stupì che fosse stata proprio Dominique a riprendersi dallo shock.
«Se affronti la situazione da questa prospettiva ti risulterà già impossibile» mi accarezzò i capelli cercando di consolarmi.
Rimasi un bel po' di tempo con la faccia nel maglione di Dominique tentando di smettere di singhiozzare come una stupida.
Quando mi ripresi e sollevai lo sguardo notai che Rose si era ripresa dallo shock e si era seduta vicino a me.
«Ok. Che cosa strana» borbottò «Giorgia, chi è il padre»
Il mio labbro tremò «non lo so» e raccontai loro tutta la storia.
«Alla fine quella festa è stata un disastro» sospirò Rose «ha dato un sacco di guai. Ora capisco perché ne fanno così poche»
«Quindi sei già a un mese di gravidanza» fece un rapido conto Dominique «chi lo sa oltre a noi?»
«Solo Fred. E la Chips ovviamente» dissi cercando di scacciare con il palmo della mano.
«Hai avvertito prima Fred di noi? Grazie tante, eh!» Rose fece la finta offesa cercando di ritirarmi su il morale. Non ci riuscì molto ma apprezzai il gesto.
«Dopo devo andare in infermeria per fare la prima ecografia, vi va di accompagnarmi...?» ma nel momento stesso in cui formulai la frase avrei voluto rimangiarmela. Rose vaccillò:
«Devo prima avvertire Scorpius di rimandare l'appuntamento...»
Era San Valentino, Rose aveva il diritto di stare con il suo ragazzo e Dominique di tentar di far colpo sul suo misterioso ragazzo. Non che al momento mi andasse di fare molto l'altruista, anzi, ma avevo pur sempre Fred.
«Non preoccupatevi come non detto» dissi cercando di sorridere «Andate pure, vi mostrerò l'ecografia questa sera»
«Sicura?» mi chiese Rose.
«Scorpius ha programmato questo appuntamento da Gennaio, non dargli buca» le dissi.
«Sì, ha ragione» mi diede man forte Dominique «vai tranquilla, ci sarò io a vegliare su di lei.»
Rose rimase incerta un altro minuto prima di capitolare.
«D'accordo... be', vado a fare quella dannata pipì» questo mi fece ridere. Povera lei e la sua vescica!
Scortata da Dominique e Fred varcai l'infermeria. Madama stava sistemando alcuni apparecchi quando ci vide:
«Alla buon ora! Siete in ritardo di due minuti» poi fissò Fred «E così sei tu il padre! Brutto farabutto, ma dove hai la testa?! Incosciente!»
Fred sorrise a mo' di scusa «Non sono molto bravo nei metodi contraccettivi»
Rischiai di soffocarmi con la mia stessa saliva, ma che cazzo stava dicendo?! Non era lui il padre!
«Che vi sia da monito! Con certe cose non si scherza!» dopodiché mi fece distendere su un lettino e mi puntò la bacchetta alla pancia. Sul muro davanti a noi comparve un immagine totalmente incomprensibile, evidentemente l'interno della mia pancia.
Socchiusi gli occhi cercando di capirci qualcosa. La Chips stava indicando due cosette.
«Ecco, e questi saranno i vostri figli, sono sani e non presentano nulla di strano...»
MAWTF?!
Per la seconda volta rischiai il soffocamento prima di pigolare «perché il plurale?»
Madama Chips si girò a guardarmi con fare ovvio ma al contempo grave.
«Mia cara, lei è incinta di due gemelli monozigoti»
**
«Assurdo!»
Ore dopo e cinquemilasettecento “assurdo” sparati da Fred dopo avevo ancora la sensazione di essermi immersa in un lago in Alaska ed essere poi stata investita da un camion.
«Assurdo!»
Sono due, due! Non dovrò badare ad un bimbo, ma a due. E saranno uguali e io non saprò nemmeno riconoscerli, perché, perché, perché, perché...
«Assurdo!»
Dominique e Rose mi guardavano con fare apprensivo. Eravamo in Sala Comunque, ormai deserta davanti al caminetto. Mi sembrava tutto così irreale, così...
«Assurdo!»
Appunto.
«Fred, smettila! Mi urti» lo apostrofò Dominique quando questo aprì la bocca per ripetere...
«Assurdo!» questa volta fui a sbottarlo.
Tutti si girarono a fissarmi stralunati mentre parlavo dopo ore di mutismo.
«Sono due e io non so nemmeno che nome dare! E se sono due femmine? No, Merlino, no, come faccio a spiegare il ciclo? E dovrò fare anche il discorso su Api e Fiori.» mi presi la testa fra le mani «Non so nemmeno che nome dare!»
Silenzio.
«Assurdo!» ripeté Fred.
Già, assurdo sul serio. Ero incinta e al momento il mio problema era che cazzo di nome do ai bimbi?!
«Se sono maschi uno si chiama Gabriele» continuai, parlando da sola «Assolutamente Gabriele, l'altro potrei chiamarlo...boh, mi piace il nome Diomede»
«Diomede?!» Fred mi guardò stralunato «ma che nome è?»
«E' un nome greco» si intromise Rose «Diomede è l'eroe dell'Iliade che ferì il dio della guerra»
Annuii «E' assai figo» tirai su con il naso «e poi mettete la soddisfazione di dire “Sì, si chiama Diomede, Dio per gli amici”»
Scoppiammo a ridere.
«E se sono femmine?» mi chiese Dominique.
«Uff, ci penserò. C'è ancora tempo...» sospirai.
Fred mi cinse in un abbraccio fraterno.
«Grazie per aver detto di essere il padre» gli dissi «almeno se si scopre qualcosa non salta fuori lo scandalo»
Fred fece una smorfia «spero di no, non ho nessuna intenzione di fidanzarmi con te...senza offesa, eh!»
Scrollai le spalle.
«Dovremo avvertire la famiglia prima o poi» mi fece notare Rose.
«Già, non puoi partorire senza che tuo padre sappia niente.»
«Mio papà è disperso» ricordai cercando di trattenere la disperazione.
«Ci sono i nostri genitori, sono sicura che ti aiuteranno. Ormai fai parte della famiglia»
«A pasqua, credo che glielo dirò a Pasqua» pensai tra me e me.
Loro annuirono.
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Capitolo 31 *** Regina di cuori o di picche? ***
Buongiorno (o
buonasera, solo che adesso è giorno quindi dico buongiorno)
Sono qui per
presentarvi un capitolo speciale, ma veramente veramente speciale!
Perché non sarà letto come al solito dal punto di
vista di Giorgia
ma da.....*rullo di tamburi* DOMINIQUE!
Sì,
è
giunto il momento di conoscere la sua misteriosa cotta...
Cap.
31
Regina
di cuori o di Picche?
**
Dominique
Weasley, capelli
biondi quasi bianchi come sabbia dei Caraibi, occhi azzurri e limpidi
come il mare dei Caraibi.
Dominique
Weasley, alta e
aggraziata, dolce, graziosa, fine e sensuale.
Dominique
Weasley, tremendamente
dolce, Veela e Delacour.
Questo
è il giusto modo per
presentare Dominique, cioè non so se questo è
veramente il modo
giusta ma per sua madre sì, sì questo
è il modo giusto in cui la
gente debba conoscere Dominique Weasley.
Ma lei non
è così.
Dominique
aveva i capelli rosso
fuoco, l'unica Veela della sua famiglia ad avere i capelli come
fiamme; Dominique aveva occhi blu tendenti al violetto per nulla
limpidi.
Dominique
aveva un'altezza nella
media, aggraziata forse sì ma chiunque lo sarebbe con
Giorgia Flox
vicino; dolce non lo era e nemmeno fine, lei se doveva ti mandava a
fanculo senza problemi, lei non aveva paura di usare le parole; non
aveva nemmeno la sensualità tipica delle Veele e di sua
sorella
Victoire, non aveva gusto per la moda, i vestiti li sceglieva a caso
nell'armadio ed erano sempre qualche taglia più grande.
Dominique
era la delusione di
sua madre, fin da quando da piccola rubava i vestiti dei cugini
maschi e sporcava o rompeva gonne, calze e vestiti. Sempre a giocare
in mezzo al fango, incapace a pronunciare una parola in francese.
Stare
ferma, seduta e composta?
Impossibile.
Dominique
Weasley aveva vita
dentro di sé e non riusciva a contenerla.
Odiava la
Francia, la moda e la
lavanda.
Amava
Londra, il mare d'inverno
e il caffè.
D'estate
passava la maggior
parte del tempo nella Londra Babbana a bere caffè, il suo
taccuino
in mano a scrivere dei posti che le sarebbe piaciuto visitare.
Ascoltava i clacson, la gente che parlava e il vento leggero.
Dominique
Weasley era casinista,
per niente tranquilla.
Dominique
Wealey, tremendamente
viva, inglese e Weasley.
**
Dominique
aveva da tempo
abbandonato i vestiti per far colpo sul Ragazzo, era tornata ad
indossare la camicia di suo padre e ai capelli legati in una coda
pratica.
Come
facevano Rose e Giorgia ad
avere la pazienza di sistemarsi decentemente ogni mattina lei proprio
non lo sapeva.
Certo, quel
giorno Giorgia era
stata distesa nel letto a contemplare il soffitto il più
possibile e
ora se ne stava seduta in disparte con Fred a consolarla.
Domi
sospirò dispiaciuta per
l'amica e sentendosi profondamente egoista, per settimane aveva
ignorato le sue amiche troppo presa a seguire un ragazzo fuori dalla
sua portata, troppo presa da ciò non aveva visto Giorgia
cadere
risucchiata da un libro maledetto, non aveva visto Rose farsi in
quattro per mantenere la sua media impeccabile e non deludere sua
madre, si era ritrovata tutto sbattuto in faccia con una furia tale
da lasciarla stordita.
Aveva
trovato una lettera di
Hermione per Rose in cui dava voce al suo disappunto per lo scarso
rendimento scolastico della figlia con la richiesta di lasciar
perdere Malfoy convinta che la causa di tutto fosse il ragazzo, aveva
trovato Giorgia incinta da non si sa chi e ora si sentiva una
perfetta egoista.
Tutta colpa
di quel ragazzo
dagli occhi nocciola scuro che le aveva rubato cuore, mente e anima.
Proprio in
quel momento il
suddetto ragazzo entrò nella Sala Grande con l'aria spaesata
dal
sonno e si sedette proprio vicino a loro.
«'Giorno»
bofonchiò rovesciando un bicchiere di succo di zucca.
Dominique
cominciò ad agitarsi e sentì le sue guance
scaldarsi. Lasciò che
alcuni ciuffi le coprissero il viso ma lo spiò da dietro di
essi
ammirando il mascella (forse un po' troppo pronunciata) del ragazzo
il quale sentendosi osservato alzò lo sguardo su di lei
rovesciando
nel mentre un altro bicchiere. Domi arrossì violentemente e
si alzò
come una molla «vado a lezione, sono in ritardo, vado a
lezione»
disse precipitosamente e scappò fuori dalla sala con grande
stupore
dei presenti.
una
volta girato l'angolo e lontana da sguardi curiosi si
appoggiò al
muro lasciandosi scivolare a terra sussurrando «mi ha
guardata»
Già,
James Sirius Potter l'aveva guardata.
**
Dominique
era un po' un
controsenso, odiava la scuola ma le piacevano le lezioni; non le dava
fastidio svegliarsi ogni mattina e dirigersi nelle stesse aule a
seguire le stesse lezioni, anzi lo trovava confortante come se
qualcosa restasse sempre uguale in quell'uragano che era diventata la
sua vita. Le piaceva pensare che qualsiasi cosa succedesse alla fine
la scuola continuasse sempre nello stesso modo schematico:
svegliarsi, andare a lezione, prendere appunti, mangiare il meno
possibile a pranzo, ascoltare i professori parlare con voce monotona,
fare i compiti in biblioteca e, sì, anche le verifiche a
sorpresa
potevano stare bene.
Da qualche
settimana la scuola
la rassicurava e le dava sicurezza molto più dei suoi rari
amici. A
dirla tutta le davano maggior tranquillità dei suoi stati
d'animo e
dei suoi pensieri.
Le persone,
le emozioni venivano
e andavano a loro piacimento lasciandoti una sensazione in pancia
confusa come dopo un enorme salto senza paracadute da altezze enormi.
Erano imprevedibile e non avevi il tempo di capirle che se ne erano
già andate, oppure tornavano e tu ti adattavi, ti abituavi a
quella
nuova cosa e poi puf, sparite di nuovo e via in un altro vortice di
pensieri che la distraevano dal sonno.
Invece lo
studio poteva
controllarlo, era per colpa sua se prendeva una insufficienza, era
lei che decideva di non studiare non un altro. La esaltava sentirsi
più forte delle materia complicate, poter vedere un voto
alto
stampato nell'ultimo compito. Era lei che controllava la sua carriera
scolastica, non viceversa.
Tutto il
contrario con James.
Con lui non aveva certezze, non aveva orari, poteva capitarle davanti
in qualsiasi momento e lei avrebbe potuto reagire in qualsiasi modo.
Merlino,
quanto avrebbe voluto
che qualcuno si accorgesse dei suoi sbalzi d'umore, della cena
lasciata sempre a metà, del suo cambio d'umore quando c'era
James
nei paraggi. Quanto avrebbe voluto che qualcuno le accarezzasse i
capelli dicendole che era perfetta così com'era, con i
capelli rossi
e le felpe troppo larghe.
Si
picchiettò la piuma sulla
fronte chiedendosi da quando avesse cominciato a piangersi addosso
come una mocciosa.
Le
delusioni d'amore sono
sempre esistite, non ho nessun esclusiva.
Forse
solo noi adolescenti
l'abbiamo.¹
La
campanella suonò decretando la fine della lezione e tutta la
classe
smise di dare ascolto al professore per sistemare le borse.
Domi
cercò di alzare la borsa senza dimostrare la fatica che le
prese le
braccia e di diresse fuori l'alula sotto quel peso.
A
pranzo come al solito non mangiò nulla e come al solito
nessuno se
ne accorse.
Avrebbe
tanto voluto parlarne con Rose e Giorgia ma non se la sentiva,
avevano già tanti problemi senza aggiungere i suoi.
Tra scontri
con entità magiche,
adolescenti incinte, padri sopranaturali e scomparsi, morti che
resuscitano le sue pene d'amore erano ridicole.
Perché
proprio di tutti gli
esseri umani era andata innamorarsi di James, suo cugino?
Non lo
sapeva e non voleva
saperlo.
**
Il
pomeriggio quando prese in
mano gli appunti di incantesimi si accorse che, troppo presa da seghe
mentali e paranoie, la sua scrittura era indecifrabile e senza senso.
Dal momento che prossimamente ci sarebbe stato un compito decise di
andare dal professore a farsi rispiegare l'argomento.
Solo quando
si trovò davanti
all'ufficio del preside si rese conto di quanto il suo comportamento
ultimamente dovesse apparire strano davanti agli altri.
Certo,
se solo se ne
accorgessero... pensò amaramente.
Bussò
con decisione ed entrò
quando il professore la invitò ad entrare.
Il
professor Brown aveva uno
degli uffici più grandi ereditato dall'ex professore di
incantesimi
con un bel caminetto a riscaldare l'ambiente.
«Oh,
signorina Weasley, a cosa devo la sua visita?» chiese il
professore
che a dispetto del cognome aveva occhi verdi cerchiati da profonde
rughe e capelli bianchi.
«Buonasera
professore» disse cercando di essere educata
«vorrei chiederle di
rispiegarmi la lezione di oggi...» il professore fece una
faccia
sorpresa e a Dominique morirono le parole in gola; abbassò
lo
sguardo studiandosi le mani.
«Ma
certo, signorina, la cosa non può farmi che piacere! Si
accomodi
pure»
Dominique
sorride riconoscente e fece un passo verso la scrivania prima di
bloccarsi notando un ragazzo seduto in disparte a scrivere
freneticamente su una pergamena.
Aveva
i capelli neri, certo, ma questo non significava davvero nulla, non
poteva essere davvero...
Il
ragazzo alzò la testa e ogni dubbio fu scacciato dalla testa
di
Dominique lasciandole solo delle allegre farfalle nello stomaco.
«Oh,
non si preoccupi per il signor Potter» disse Brown con un
cenno
della mano «sta solo scontando una punizione per avere
trasformato
lo zaino di una sua compagna di banco in una ranocchia»
James
aveva stampato in faccia quella adorabile espressione colpevole che
non riusciva mai a smascherare quando ne combinava una delle sue.
Domi
cercò di ignorare il cuore e si sedette davanti al
professore che
iniziò a illustrarle la lezione della mattinata.
Perse
il filo quasi subito nonostante tentasse con tutta sé stessa
di
ascoltare. Nella sua visuale vedeva le mani di James stringere la
penna e scrivere in una grafia disordinata parole indecifrabili.
Erano
callose a causa degli allenamenti di Quidditch, le dita corte e tozze
con le unghie tagliate in maniera irregolare, abbronzate con qualche
cicatrice più chiara. Stringeva la penna con una delicatezza
sorprendente per via della sua mani grandi.
Non
osava girare la testa quel poco che bastava per fissare i suoi
capelli neri, arruffati e tagliati male. Sapeva che se solo lo avesse
fatto lui avrebbe alzato lo sguardo mostrando le sue iridi nocciola
con qualche pagliuzza dorata e sorridenti e spensierate, poi avrebbe
distolto lo sguardo imbarazzato ma poi avrebbe ricominciato a
scrivere sulla pergamena con sguardo fiducioso.
Rimase
per ore, o almeno le sembrò, in quello studiolo ad ascoltare
di più
il grattare sulla carta della piuma di James che la voce del
professore ma quando l'orologio segno sette battiti Brown
sobbalzò e
disse «accidenti, è passato il tempo! Be', spero
che le cose le
siano più chiare e che ora si senta più sicura
sull'argomento»
A
dir la verità no, ma Dominique sperò che quel
poco che aveva capito
l'aiutasse a studiare per conto suo.
«Sono
molto soddisfatto di lei» continuò il professore
mentre Dominique
metteva via le sue cose «finalmente ha iniziato a prendere
seriamente la scuola e noi professori ne siamo assai felici di
ciò,
la pregiamo vivamente di continuare in questo modo e non come questo
furfante!» e indicò James «vada anche
lei, continueremo la
prossima volta. Buona serata» li congedò.
Quando
si rinchiusero la porta alle spalle Dominique sentì gli
occhi
bruciarle: senza volere il professore le aveva detto che lui e gli
insegnanti erano felici del brutto periodo che stava passando solo
perché soffocava i suoi pensieri nello studio.
James
accanto a lei si stiracchiò e lei non poté fare a
meno di odiarlo,
era lui la causa di tutto.
Ormai
le lacrime minacciavano di uscire così accelerò
il passo per poter
trovare un posto dove potersi sfogare tutta sola.
«Ma...ehi,
Dom!» la chiamò James vedendola allontanarsi. Lei
non lo ascoltò e
al contrario cominciò a correre sempre più forte
finché non si
fermò in un angolo a piangere. Si sedette per terra e
affondò la
testa rosso nelle ginocchia cercando di trattenere i singhiozzi.
Si
sentiva stupida a piangere, stupidissima a piangere per quella
sciocchezza.
Ma
davvero, lei non ce la faceva più.
«Ma
perché corri così veloce?»
sussultò quando sentì la voce di
James ansimante sopra di lei. Alzò la testa e vide il
ragazzo
appoggiato al muro con una mano al fianco mentre tentava di
riprendere fiato.
«Ma
perché hai gli occhi rossi?» le chiese notando il
rossore nelle
iridi «Non stai piangendo, vero?»
continuò spaventato.
«No,
non sto piangendo» gli rispose con voce soffocata.
«Ah,
meno male!» sospirò.
Dominique
sentì di odiarlo e di amarlo ancor di più per
questo. Perché era
così ingenuo e dolce? Se fosse stato stronzo almeno avrebbe
avuto un
motivo concreto per odiarlo.
Il
ragazzo la fissò meglio «Ma non è vero!
Stai piangendo!» la
rimbeccò offeso.
«James...
Merlino...» ma un singhiozzo lasciò la frase a
metà.
Ci
fu silenzio.
«Perché
stai piangendo? E perché non sei a cena? Guarda che stai
mangiando
troppo poco, lasci sempre il cibo nel piatto!»
Dominique
sussultò, ma allora qualcuno se n'era accorto...
Non
rispose e rimase raggomitolata nel suo angolino.
James
impacciato come al solito spostava il peso da un piede all'altro
tirando su con il naso. «Senti volevo dirti...una
cosa...» sembrava
veramente imbarazzato «ultimamente ho notato che sei
veramente
triste...e mi chiedevo se ci fosse qualcosa...insomma...Fred dice che
è per....»
E
Fred cosa ne sapeva di lei?
«Sì,
Fred dice che è per...per colpa mia»
Aveva
le ciglia talmente lunghe da celare in maniera dannata i suoi
bellissimi occhi innocenti. Continuò con il suo discorso
«Quindi
volevo dirti che per qualsiasi cosa...mi dispiace... insomma se hai
bisogno di me...»
Rimasero
in silenzio.
«Però
non è giusto» fece in poi «non devi
piangere»
«e
perché no?» lo sfidò lei.
«Perché...perché...»
James sembrava cercare una risposta senza trovarla.
Inaspettatamente
Dominique sentì una sensazione calda in fondo allo stomaco.
Speranza.
No,
non farlo, non sperare, non sperare, non sperare...
«Perché?»
lo sollecitò.
Non
sperare, non sperare, non sperare, non sperare...
«Perché
ti voglio bene!» rispose infine lui con fare ovvio.
Oh.
«Sicuro
di volermi solo bene?» chiese continuando a ripetersi quella
mantra
nella testa.
Non
sperare, non sperare, non sperare, non sperare, non sperare....
«Certo»
aggrottò la fronte confuso «sei mia cugina, ti
devo volere bene per
forza anche se a volte sei veramente stronza...»
Dominique
sentì ogni più piccola scheggia del suo cuore
rompersi e cadere in
un rumore assordante.
«Bene»
esordì con voce stridula mentre le lacrime le rigavano ancor
di più
il viso «bene» si alzò.
James
la guardò confuso.
«Be',
sappi che io, invece, sono innamorata di te!»
E
appena lo disse si sentì lo stomaco chiudersi e la testa
girare: si
era appena dichiarata.
James
aprì la bocca «Oh...» la guardo e
cercò le parole giuste.
Non
sperare, non sperare, non sperare, non sperare, non sperare...
«ma
che schifo, siamo cugini»
E
le parve di cadere a pezzi, che ogni suo muscolo si lacerasse, che le
sue ossa si frantumassero, che il suo cuore smettesse di battere per
sempre.
«lo
so, James, lo so. Vaffanculo»
E
scappò di nuovo e questa volta lui non la seguì.
|
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Capitolo 32 *** Semen in anno licet insaniret. ***
NB: Questo
è il capitolo
precedente (almeno l'inizio) visto dal punto di vista di Giorgia
Cap.
32
Semen
in anno licet insaniret.
**
Secondo gli
antichi Romani è
assolutamente lecito impazzire una volta all'anno, ma una volta sola!
Già, gli antichi Romani festeggiavano il Carnevale.
In quella
festa tutto si
capovolgeva e tutto impazziva, non c'era più la dura legge
dell'ordine della Res Pubblica.
Quindi non
è poi così strano
da capire se io e James decidiamo di prendere il sole distesi
nel tetto del castello. Peccato che i professori non fossero dello
stesso parere...
**
La mattina
dopo quando mi
sveglia non riuscii a rialzarmi dal letto, evidentemente la forza di
gravità doveva essere aumentata e per questo mi sentivo
pesante come
piombo e non riuscivo nemmeno a sollevare la testa.
Le travi
del mio letto
erano....sì, interessanti. Cioè, sono di legno e
uno pensa che il
legno sia solo marrone ma invece no, il legno ha delle venature che
rendono tutto più complicato perché non
è marrone e basta. Le cose
più semplici sono in realtà le più
complicate. Ad esempio alzarsi
dal letto e iniziare a prepararsi sembra una cosa semplice ma non lo
è se improvvisamente la forza di gravità
è aumentata.
Ma allora
perché questa strana
gravità funzionava solo con me e non con Rose e Dominique
che si
stavano vestendo?
«Forza
Giorgia, non puoi saltare la colazione nelle tue condizioni»
La
colazione, mhhh, la colazione...no,
non si può assolutamente
saltare....
Nelle
tue condizioni...già,
nelle mie cond...
Ebbi
uno spasmo e mi rifugiai ancor di più sotto le coperte
facendo
scivolare le mani sotto il cuscino. Le dita si strinsero intorno a
qualcosa di liscio e piatto. Sempre con gli occhi chiusi portai
l'ecografia al petto e mi acciambellai come un gatto tenendo stretto
il foglio lucido vicino al cuore.
I
miei bambini...
Quel
pensiero mi sorprese ma suonava davvero bene nella mia testa e rimasi
a ripetermelo tra me e me finché Rose non
strattonò la coperta
lasciandomi sola al freddo della stanza.
Mugugnai
qualcosa chiudendo di più gli occhi per l'improvvisa luce.
«Ohh,
ma che carina!» mi canzonò Dominique
«hai dormito abbracciata ai
tuoi bimbi» e aprì la finestra inondando di ancor
più luce la
stanza. Hai capito, la stronza...
«Su,
su, ragazza madre! Non vorrai far morire di fame i tuoi
bimbi»
Continuò Rose punzecchiandomi con le dita con una voce
sorprendente simile a sua madre.
Un
altro mugugno che potrebbe essere scambiato benissimo per un
“va al
Diavolo” o “altri cinque minuti”
«Non
li hai cinque minuti» evidentemente Rose ha escluso a priori
la
parte in cui la mando all'inferno a suon di calci. Peccato, sarebbe
una prospettiva allettante...
Comunque
mi alzai decisa ad essere una madre paziente ed educata. Mi alzai per
ricadere a faccia avanti sul materasso con un sonoro sbadiglio.
Rose
sbuffò e Dominique rise, l'altra compagna di classe
tornò dal bagno
con sguardo confuso:
«Che
ha la Flox? E perché parlavate di bimbi?»
Rischiai
di soffocare, un po' per le coperte un po' per il fatto che avesse
origliato.
«Forse
una mia cugina da parte di mia madre è incinta» la
liquidò Rose «e
vogliono chiamare la bambina Gertrude»
«Oddio,
mi dispiace per quella povera bimba» continuò Cloe
ignara della
vera verità. Decisi che “vera
verità” aveva un suono
meraviglioso e alzandomi dal letto lo borbottai tra me e me. Magari,
se nascevano femmina potevo chiamate una Vera e l'altra
Verità. Mh,
il mio cervello aveva bisogno di cibo, non funzionava bene...
Sbadigliai
ancora e mi alzai del tutto. Rose era già vestita nella sua
impeccabile divisa, Dominique si era infilata la camicia del padre e
legato i capelli in una coda disordinata.
Repressi
un sorriso, la Domi vestita di tutto punto e truccata aveva
cominciato a spaventarmi, la preferivo di gran lunga nelle felpe tre
volte più grandi di lei.
Malamente
mi infilai la prima cosa che mi capitò a tiro.
«Giorgia...
hai messo la camicia sotto il golfino» mi fece notare Rose.
«Lancerò
una nuova moda» fu la mia pacata risposta.
**
Cercai di
abbondare con la
colazione ma dovetti lasciarla a metà per una forte
sensazione di
nausea.
«fa
niente, mangio io» mi fece Fred già con la bocca
piena della mia ex
colazione.
«Ingordo»
lo insultai.
«Ingordo
e bellissimo» mi corresse.
«Ingordo
e presuntuoso» rincarai.
Del
succo di zucca mi bagnò l'uniforme facendomi sobbalzare.
Acclamate,
James aveva fatto la sua entrata trionfale. Lo fissai male mentre
rovesciava un altro bicchiere, Dominique invece schizzò su
come una
molla, borbotto qualcosa e scappò via. Doveva aver capito
che era il
caso di darsela a gambe per non ritrovarsi la colazione sui vestiti.
«Domani
c'è allenamento» disse James sputacchiando bacon.
«Allenamento?»
chiesi. Perché quella parola suonava come un campanello di
allarme
nella mia testa?
«Dobbiamo
vincere quella coppa, idiota»
Ah,
James che mi da dell'idiota...devo segnarmela da qualche parte...
Pensai, prima di comprendere di cosa diavolo stesse parlando. Quindi,
secondo la sua logica io dovevo cavalcare una scopa, volare ad
altezze vertiginose, trasportare una palla che pesava il triplo di me
ed evitare bolidi assatanati incinta di due gemelli?
Mi
misi a ridere istericamente lasciando James ancora più
perplesso.
«Ehm...
gli ormoni» tentò di spiegare Fred.
«Certo
che voi donne siete piuttosto incasinate ed isteriche...»
il
budino che si trovò spiaccicato in faccia fu più
che legittimo.
**
Maledizione
agli uomini e alle loro fissazioni per lo sport. E non sto facendo la
vittima, ma i giorni a venire furono un vero trauma.
James,
per qualche oscuro motivo a me ignoto aveva deciso di allenarci ogni
santissimo e benedettissimo giorno, ovviamente il tempo non aiutava e
i temporali servirono solo a farmi venire ancora più mal di
testa.
Dove
cazzo era finito il mio super poter? Quello che controllava il tempo
atmosferico, intendo. Anzi, mi sarebbe tanto piaciuto avere un super
potere in grado di ammazzare in maniera lenta e dolorosa James Sirius
Potter, il quale stava sbandierando i suoi sproloqui in Sala Grande,
sputando pezzi di pranzo ovviamente.
«Non
siamo messi bene, siete troppo stanchi» andava dicendo mentre
il mio
piatto si riempiva di pezzi di pollo smangiucchiati. «Ci
dobbiamo
allenare sei giorni a settima. O meglio dieci volte? Il campo alle
cinque di mattina è sempre vuoto...» nel dire
queste minacce alla
mia salute gesticolava in maniera forsennata spandendo ogni cosa alla
sua portata. Prese una forchetta e sembrava sul punto di mangiare
seriamente ma si bloccò a metà, colto da un'idea
geniale «Severus
potrebbe allenarsi anche durante le lezioni! Zio Neville
sarà
disposto a fargli saltare la sua ora se significa vincere la
coppa....» Era troppo impegnato in quei deliri –
perché non
saprei come altro chiamarli se non deliri – per accorgersi
che gli
gnocchi stavano per scivolargli dentro il bicchiere.
«Non
per smontarti» disse Rose spostandogli il bicchiere e
salvando il
suo succo «Ma è da quando è nata che
non perde un boccino...»
«E
DEVE CONTINUARE COSI'!» disse sbattendo il pugno sul tavolo e
rovesciando i bicchiere mandando in fumo i tentativi di salvezza di
Rose. Dall'altro lato del tavolo Albus sollevò una mano a
mo' di
saluto e fece un sorriso sarcastico cosa del tutto plausibile visto
che James aveva urlato talmente forte che pure in Albania avranno
sentito le sue soavi parole.
«Sev
è un idiota...» stava borbottando Jamie
«gli basta avere una
ragazza per andare fuori di testa» si ficcò in
bocca i gnocchi e
sputacchiando disse «se non prende il boccino giuro che lo
castro»
«magari
potremmo avvelenare la ragazza» proposi speranzosa.
Almeno
avrebbe smesso di portarsi in giro Albus come un trofeo, guardarmi
dall'alto al basso come dire “Vedi, con me le cose funzionano
veramente mentre con te giocava e basta”. Il restare
indifferente
o/e rovinarle l'acconciatura con qualche incantesimo nascosto non
erano abbastanza per farla tacere e per di più cominciavo ad
essere
stufa di quei due che si mangiavano la faccia, mi dava un fastidio
enorme.
Oh
sì, dovremmo proprio avvelenarla.
James
non mi prese in considerazione e continuò con i suoi
sproloqui
aggiungendo di tanto in tanto «i Serpeverdi sono
minchioni»,
«Severus è un idiota» o «Noi
vinceremo questa partita» tra una
frase e l'altro.
Stava
appunto rimarcando con cura e passione quanto Albus fosse una testa
di cazzo, di come avrebbe sbattuto la vittoria in faccia ai
Serpeverde e dello schema ad albero di natale che diventa a schema V
e poi, confondere i nemici, diventa lineare che Dominique fece la sua
comparso in sala. Si sedette di fronte a noi e tentò un
timido
saluto e «come va?» cercando di sembrare il
più naturale
possibile.
Aprii
la bocca per rispondere ma James fu più veloce di me. Lascio
cadere
la forchetta dalla mano buttandola per terra, la bocca una o perfetta
e la sua faccia diventò di ogni tipo di rosso creato in
natura o
artificialmente.
«Benissimo»
rispose con un voce fin troppo stridula «alla
grande» si alzò e
nel farlo trascinò con sé la tovaglia che
trascinò il suo pranzo,
il mio adorato pranzo, il pranzo di Rose e di Fred. Si passò
una
mano dietro la nuca e nel farlo fece cadere un altro piatto e, quando
si accorse che tutta la Sala Grande lo stava fissando si diede alla
fuga.
In
tutto questo io rimasi con la bocca aperta e con uno sguardo sorpreso
davanti a quella scia di distruzione, non sarei mai riuscita ad
eguagliarlo nemmeno impegnandomi.
«Certo
che James è proprio un fissato» sbottò
Rose.
«Eh?»
«E'
ovvio che se l'è presa con Dominique...» (La
citata alzò lo
sguardo terrorizzata) «perché continua a saltare
gli allenamenti»
la guardò male «sta pensando che tu sia una
traditrice» spiegò
meglio.
«Non
ho tanta voglia di allenarmi» rispose lei con un'alzata di
spalle.
«Non
hai voglia di vivere» mi uscì senza rendermene
conto. Il che era
vero, negli ultimi giorni Dominique era peggiorata, non sorrideva
più
e molto spesso la vedevo con gli occhi rossi, ma la cosa peggiore era
non conoscere il male, sentirsi rispondere alla domanda
“Cos'hai?” un “niente di
importante”.
«Non
è niente» rispose infatti, alzandosi subito anche
se non aveva
toccato cibo «Non è niente di importante, sul
serio» e forzò un
sorriso prima di allontanarsi a lezione.
«Quel
ragazzo la sta facendo penare, se solo scopro chi è io giuro
che lo
ammazzo» borbottò Rose.
Adocchiai
un ragazzo che la fissava come se Dominique fosse la cosa
più bella
del mondo e mi chiesi come mai andiamo tutti a ossessionarci di
ragazzi che non potremo mai avere quando potremmo avere il mondo ai
nostri piedi.
Senza
volere spostai lo sguardo su Albus.
**
«Credi
che James metterà mai in atto tutti questi schemi, durante
la
partita?» mi chiese Rose qualche giorno dopo.
«Nahh,
è di Jamie che stiamo parlando» risposi
«Alla fine utilizzerà la
cara e veccia tattica del 'buttiamo
tutti giù dalle scope'»
«Già,
è di James che stiamo parlando»
**
«Giorgia?
Tutto bene?» mi chiese Fred dall'altra parte della porta.
«Sì»
rantolai piegata sulla tazza del cesso «è solo
questa maledetta
nausea»
**
«DOMINIQUE
E' STATA AVVISTATA CON UN RAGAZZO!» Franck ci venne incontro
urlando
queste parole.
«Cosa?
Davvero?» chiesi sorpresa.
«Sì,
erano vicini in Sala Grande, sono stati a parlare un po', dopo lui le
ha chiesto di uscire e Domi ha detto di sì»
confermò Scorpius.
«Sapete
chi era?» chiesi sempre più curiosa.
«Non
conosciamo il nome e cognome» rispose Franck «ma
sappiamo che è un
Tassorosso»
«Tassorosso?»
pensai ai Tassi che conoscevo e poi chiesi a Rose «Che sia il
misterioso ragazzo?»
«Potrebbe
essere lui» ammise pensierosa. Fred commentò con
un grugnito.
Ovviamente
la notizia fu di dominio pubblico in poco tempo.
«Finalmente
Dominique Weasley si è trovata il ragazzo!»
commentavano alcuni, le
ragazze gelose «quella troia cambia ragazzi come
mutande» e i
maschi «quando si molleranno lei verrà da
me»
Io
e Rose ci limitammo a tendere un agguato a Dominique in dormitorio.
«Guarda
questa brutta Veela che non ci dice mai niente!»
l'apostrofò Rose
quando la Veela in questione entrò.
Lei
si limitò a sorridere, forse un sorriso strano, ma che fu
pur sempre
un sorriso.
«Be'...adesso
lo sapete» disse semplicemente.
«Sì,
ma vogliamo tutti i dettagli» dissi trascinandola per un
braccio sul
mio letto e facendola accomodare «allora, dicci. Come si
chiama?»
«Austin
Devis, ed è il cercatore di Tassorosso» ci
spiegò sempre con quel
strano sorriso.
«Cercatore?»
chiesi «perfetto! Può farti fornire tutte le
informazioni sui loro
schemi di Quidditch!»
«Già»
rise Rose «così magari James non ce
l'avrà più con te per aver
saltato gli allenamenti»
Il
viso di Dominique si oscurò e borbottò qualcosa
sull'idiozia di
James prima di aggiungere a voce più alta:
«comunque non userò mai
Austin per una stupidissima competizioni»
«Brava!»
disse Rose battendogli una mano sulla schiena «questo
è l'amore»
«Già...l'amore»
ripeté Domi con voce assente.
«Ma
quindi siamo tutte sistemate» rincarò Rose
«manchi solo tu,
Giorgia! Quando ti farai avanti con Frank?»
«Mai»
risposi meccanicamente lasciandole di stucco.
«Ma
come...?»
«Non
mi piace Frank» dissi «è solo un
amico...e ultimamente non ci
sentiamo tanto, non come prima almeno...»
«Ma
allora chi ti piace?» chiese Rose.
«Non
mi deve piacere per forza qualcuno» risposi andando, senza
capirne
il motivo, sulla difensiva,
«Certo,
come no!» mi rimproverò Dominique
«allora per quale motivo ogni
volta t'incanti a fissare il nulla con un sorriso ebete?»
«Io
non m'incanto a….»
«Ma
a chi vuoi darla a bere! Forza, mascalzona, svuota il sacco»
ricevetti una fortissima pacca sulla schiena da parte di Rose e per
poco rischiai di cadere giù dal letto.
«Saprò
se mi piace o non mi piace qualcuno!» sbottai riacquistando
equilibrio «smettetela di rompere»
«ma
che brontolona» mi apostrofò Dominique.
Sbuffando
tirai le tende del mio letto richiudendomi dentro, le chiusi con un
incantesimo e mi accoccolai sul letto raccogliendo le gambe al mento
e appoggiai il mento sulle ginocchia. La posizione non era molto
comoda (la pancia, anche se a rilento, stava cominciando a mostrarsi)
ma rimasi così per un po', ascoltando le altre bisbigliare
sul nuovo
ragazzo di Dominique.
Oh,
pardon,
con il ragazzo con cui si sentiva Dominique, visto che la suddetta
ragazza lo precisava ogni volta.
Ero
felice per Domi e forse la mia reazione a quelle domande era stata un
po' spropositata, ma proprio non riuscivo a sopportare le persone che
chiedevano della mia vita sentimentale, a parlare di queste cose non
ero affatto brava e ogni volta arrossivo o balbettavo come una
demente. Forse demente lo ero davvero visto che il motivo principale
per cui mi ero intanata nel mio baldacchino consisteva nel togliersi
dalla testa l'immagine di Al che sbaciucchiava il Criceto, cavolo
poteva essere una scena molto traumatica ai minori di novant'anni! Mi
dondolai un po' cercando di scacciare quella scena, ma prima di
riuscirci incominciai a immaginare, a ricordare quando avevo
incontrato Albus, di quanto io fossi stata normale, forse un po'
stravagante, ma i miei pensieri erano sempre quelli di una qualunque
adolescente. Pensai a quanto mi divertissi con Albus, mi ritrovai
perfino a ricordare il sapore della labbra di Albus, di quel bacio in
biblioteca e di quanto adorassi passare la mano tra i suoi capelli
neri e questo era stupido, ricordare queste cose serviva solo a
confondermi ancor di più e al momento dovevo essere lucida.
Insomma,
non avevo solo la preoccupazione di allevare in futuro due gemelli,
ma dovevo anche salvarmi la pelle dai Deliranti o come diavolo si
facevano chiamare e come se non bastasse avrei dovuto uccidere anche
Delirium e per quanto mi risultasse difficile considerarla un essere
umano l'idea mi terrorizzava.
Ero
solo una ragazza, dopotutto, una ragazza che si stava ritrovando a
crescere un po' troppo velocemente e ricordava i momenti passati
conscia che probabilmente non sarebbero più capitati.
Per
questo pensavo ad Albus, era ovvio, era stata l'unico ragazzo che
avessi mai avuto.
La
posizione ormai veramente fastidiosa mi costrinse a a distendermi sul
letto e mi misi un braccio davanti agli occhi e la mano sospesa in
aria e mi ritrovai a pensare che io le mani le lascio sempre un po' a
caso, non so mai dove metterle, le incastro tra i capelli, dentro le
tasche dell'uniforme, chiuse a pugno ma comunque non hanno mai un
posto loro anche se sono piccole – forse un po' troppo per
una
ragazza della mia età – e forse è per
questo che perdono tutto ,
gomme, piume, forcine e persone; un po' come le mie labbra, che
perdono parola e pensieri, i discorsi iniziati ma mai finiti, lasciai
sospesi per paura di una parola di troppo, e la mia testa come se
perde le cose, i momenti, le date e le voci, non riesco a ricordare
tutte le regole delle Rune e gli accenti che butto sempre a caso e
quanti abbracci ho perso?
Ma
qui mi bloccai e mi chiesi quanti in effetti fossero gli abbracci
persi e mi resi conto che in realtà erano solo abbracci
mancati e
che io in realtà abbraccio veramente poco. E fa strano, io
che sono
una ragazza estroversa, io che sono un frullato ho abbracciato
pochissimo, sono sempre stati gli altri ad abbracciarmi. Fred, Albus,
Gabriele, Rose, Dominique e perfino mio padre. Ho sempre concesso
pochi abbracci, molto spesso per la paura di non essere all'altezza.
Ecco, forse la verità era proprio questa: io non so
abbracciare. Non
so come si fa a incastrare i corpi, troppi spigoli, non sono mai
riuscita a combaciare con il corpo di altri. Stringevo a caso, oppure
non lo facevo affatto. Ma ho abbracciato anche io, ho abbracciato
Gabriele quando tornai dall'Olanda dopo un anno di lontananza,
spintonando la folla di Trafalga Square gettandogli le braccia al
collo e urlando il suo collo; ho abbracciato papà quando
vidi
l'ultimo spettacolo teatrale, l'ultimo abbraccio che gli abbia mai
dato; ho abbracciato Fred quando lo incontrai e ora che ci penso non
trovai spigoli, forse era destino, che vi devo dire, eravamo fatti
per essere migliori amici; ho abbracciato Albus una volta sola,
accarezzandogli i capelli e ascoltando il suo respiro, non so quando,
ma me lo ricordo e mi ricordo che stavo bene.
Mi
salì la malinconia contando gli abbracci dati sul serio
degli ultimi
cinque anni, si contavano sulle dita delle mani e lo trovai un
difetto.
Un
difetto orribile.
Poi
mi addormentai, con le scarpe ancora addosso e la camicia
dell'uniforme ma poi mi addormentai e sognai Albus che...e va be',
questo lo tengo per me perché certe cose non vale la pena
dire e
nemmeno scrivere ma solo tenersele per sé.
Poi
mi addormentai e sognai Albus e quando ritrovai l'ecografia sotto il
cuscino non mi parve più un difetto. Di tempo per
abbracciare ne
avrei avuto ancora e 'sta volta l'avrei fatto meglio e più
forte,
forse in questo modo non se ne sarebbero andate.
**
Stavo
camminando tranquillamente con Fred per i corridoi e il mio amico era
stranamente silenzioso, aveva detto solo poche parole prima di
sprofondare in quel deprimente silenzio che durò tutta la
mattinata.
A
pranzo la sua faccia era sempre la stessa, così mi avvicinai
a
Justin Boul, un suo compagno di stanza e chiesi cosa fosse successo.
«Lui
e Potter hanno litigato» rispose lui, lasciandomi spiazzata.
«Litigato?»
loro? Impossibile, vivono praticamente in simbiosi.
«Sì,
Fred ha detto a James qualcosa riguardo una ragazza e che se l'era
cercata...non ci ho capito molto, ma non è stata una
litigata epica,
hanno solo urlato un po', si riprenderanno subito...»
«Ah»
dissi solo chiedendomi se quello fosse il reale motivo del cattivo
umore di Fred. Il quale alzò la testa sconfortato quando
vide
Dominique entrare con Austin, forse sperava che fosse James venuta a
chiedergli scusa.
James
era fatto così, ti mandava a fanculo ma dopo veniva subito a
chiedere scusa.
Insomma,
James se si arrabbiava non si arrabbiava mai sul serio e di stranezze
ne aveva fatte a bizzeffe, ma vedere Lily corrermi incontro dicendo:
«James è salito sul tetto e non vuole
scendere!» quasi piangendo
ma lasciò del tutto sbigottita.
Che
diavolo ci fa James sul tetto?!
«Ti
prego, ti prego» mi urlava Lily strattonandomi per la manica
mentre
mi portava nel luogo del delitto «fai qualcosa, se i
professori lo
beccano sono guai seri!»
«Va
bene, va bene» sbuffai, mentre lasciavo cadere la borsa e mi
accingevo ad arrampicarmi «vedo se riesco a fare
qualcosa»
L'arrampicata
fu un disastro ma riuscii a raggiungere indenne il tetto. Mi ricordai
comunque di ricordare a Lily che non sarei andata mai più a
riprendere James sul tetto solo perché un allenamento di
Quidditch
era andato male. Solo quando lo vidi mi accorsi che molto, ma molto
probabilmente il Quidditch non centrava nulla e che, anzi, la
faccenda era veramente seria.
«Jamie?»
lo chiamai.
Il
suo evidentemente avrebbe dovuto essere un grugnito infastidito del
tipo “che cazzo vuoi?!” ma assomigliò
terribilmente a un
singhiozzo soffocato.
«James?»
Cazzo, ho sempre fatto schifo a consolare le persone.
Lui
non rispose, serrando le labbra in un taglio.
«James?»
Non
avevo mai visto James in quello stato, mai. E stava anche per
piangere, lui che non piangeva mai. Nemmeno quando era precipitato
dalla scopa rompendosi un braccio aveva pianto, lui non piangeva mai
veramente. Lui, il migliore idiota della scuola che non conosceva
nemmeno il verbo piangere, che ti dava sempre un sorriso, stava
piangendo.
«James?»
lo richiamai.
«Vaffanculo!»
rispose.
Be',
anche io avrei risposto così se qualcuno mi avesse chiamato
per
cento volte.
«Cosa
ci fai sul tetto?» gli chiesi.
Tirò
su con le spalle «Prendo il sole»
«James,
non c'è il sole...» gli feci notare.
«Lo
aspetterò» certo, come no. Hai meno pazienza di me.
«Siamo
in Scozia, in Scozia non c'è mai il sole. Ci vorrebbe un
miracolo...»
«Allora
aspetto un miracolo»
Aveva
le lacrime incastrata nelle ciglia, ma non scendevano e a me andava
bene così. L'idea che si mettesse a piangere sul serio mi
terrorizzava più di qualunque altra cosa.
«Posso
aspettarlo con te?» gli chiesi.
Lui
si fece più in là, come a dire “fai
pure, il posto c'è” e io
mi sedetti più comodamente fissando il cielo grigio.
«va
tutto bene?» gli chiesi.
«Sì»
rimase un po' in silenzio «è solo
che...» si morse il labbro.
Che?
«E'
normale che una ragazza ti faccia una dichiarazione e quando gli
rispondi no lei se ne va con un altro?»
la
domanda mi lasciò un po' spiazzata «dipende,
magari ha capito che
non ha possibilità e allora guarda i suoi
orizzonti...»
«ma
se questo mi facesse stare male?» continuò.
«Allora
non le avresti detto no. Per quale motivo l'avresti fatto?»
«Per
vederla felice, forse» disse, pensandoci.
Guardai
la punta delle scarpe, pensandoci su «e tu non l'avresti resa
felice?»
Lui
mi guardò in attesa di un intervento divino che rispondesse
alla mia
domanda ma quando si rese conto che ciò non sarebbe avvenuto
disse
«non credo»
«Perché
no? Se ti piace...»
«ma
è complicato...»
«l'amore
è sempre complicato» dissi filosoficamente
pensando a un ragazzo
con i capelli neri e gli occhi verdi.
«Le
ragazze di più e lei è molto
complicata» con una mano scacciò
rabbiosamente una lacrima uscita dal suo controllo.
«Domi
ha rotto il cazzo» sbottò alla fine.
E
adesso cosa centra Domi?!
«Mi
critica sempre, e una volta che faccio io una critica se la prende a
morte... e non ha nemmeno accettato le mie scuse!»
Lo
fissai male, Domi sapeva quanto me che uno dei pochi modi per ferire
James era non accettare le sue scuse, perché lo avrebbe mai
dovuto
fare?
«Tu
cosa faresti» interruppe i miei pensieri «se una
persona importante
ti trattasse male?»
Pensai
ad Albus e pensai a me, a fare compagnia a James aspettando il sole.
«Andrei
in un tetto a prendere il sole» risposi.
«non
c'è mai il sole in Scozia» mi fece notare.
«Allora
aspetterei in un miracolo»
Nda
ciao,
sono arrivata. Ho visto che il capitolo dal POV di Dominique non
è
dispiaciuto, così mi chiedevo se vi sarebbe piaciuta avere
un altro
capitolo con il POV di un altro personaggio ( a vostra scelta, basta
che non sia di Fred, Anna e Albus).
Ah,
so che gli ultimi capitoli hanno fatto veramente cagare e mi
dispiace, ma ho avuto un blocco e spero di essere riuscita a fare
questo capito abbastanza bene...
Vi
chiedo di recensire per sapere come fare con i POV visto che a me non
cambierebbe nulla.
Ringrazio
le meravigliose personcine che hanno recensito, vi aspetta il
paradiso!
Voglioungufo
|
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Capitolo 33 *** La piccola principessa dagli occhi color tempesta ***
Cap.
33
La
piccola principessa con gli occhi di tempesta
**
Non
sapevo dov'ero. Non
riuscivo a respirare, l'aria non arrivava ai polmoni. Soffocavo, ero
troppo pesante. Il cuore era troppo pesante.
Era rosso, era sangue,
scivolava sui miei occhi e non vedevo.
Non capivo.
Cosa ci facevo lì?
«la
piccola principessina,
la
piccola bambina,
si
è persa nel boschetto.
Arriva
il lupo, che farà?
Aiuto!
Aiuto!»
Arrivò
un ragazzo, l'unica cosa che vedevo in quel buio di sangue.
Arrivò
un ragazzo con i capelli neri, gli occhi tempesta e il sorriso folle.
«arriva
il lupo, che farà?
Aiuto!
Aiuto!»
**
Alla
fine, anche se ero andata sul tetto per convincere James a scendere,
rimasi a guardare le nuvole tingersi di rosso fino a quando un
incazzato professore di Aritmazia non ci trovò sbraitando in
tutte
le lingue e in tutti i modi a lui conosciuti.
«CHE
CI FACEVATE SUL TETTO?»
«Semen
in anno licet insaneret» avevo risposto. Il professore o non
aveva
capito o non condivideva il mio pensiero e questa sua chiusura
mentale ci trascinò dritti dritti dalla preside a beccarci
una
punizione. Questa, scoprendo che eravamo noi i presunti colpevoli, si
lasciò andare in un sospiro esasperato.
«Cosa
devo fare con voi? Cosa?» ci aveva guardato dalle lenti degli
occhiali in una maniera tale che anche il più coraggioso
degli
spartani sarebbe corso al riparo. Ovviamente, né io
né James
eravamo spartani e il nostro istinto di conservazione era molto basso
quindi restammo in silenzio mentre la preside si sfiorava.
«Ci
saranno provvedimenti, manderò una lettera ai vostri
genitori
affinché vengano domani in riunione e ci sarete anche voi,
naturalmente»
A
questa prospettiva James si era finalmente spaventato ma io ero
troppo intontita dalle lunghe riflessioni che avevo fatto sul tetto e
quindi le sue parole mi parvero prive di senso.
Senso
che presero poi il giorno dopo, sempre in quell'ufficio, seduti su
una sedia ad aspettare l'arrivo dei nostri genitori.
O
meglio, dei genitori di James.
Non
sapevo nemmeno dove fosse papà, ma una parte di me sperava
che
avesse ricevuto la lettera e che sarebbe arrivato a scuola per
prendere atto del mio comportamento e della mia punizione.
In
effetti ho passato la maggior parte del mio tempo a Hogwarts o in
infermeria o in punizione...
Arrivarono
i Potter ma non arrivò mio padre e la McGranitt attese per
mezz'ora pazientemente prima di sbottare:
«Signorina
Flox, conosce la ragione del ritardo di vostro padre?»
«Sì»
avevo risposto stupendo me stessa in primis «non
verrà»
«Come
sarebbe a dire? La lettera era chiara...»
«Non
ha ricevuto nessuna lettera» la interruppi, sentivo le
lacrime
pizzicarmi gli occhi per uscire ma coraggiosamente le scacciai tutte
«Non ha più ricevuto lettere, papà
è chissà dove e io non lo so,
papà non c'è più» soffocai
un singhiozzo sull'ultima parola
creando un verso soffocato.
La
stanza pareva congelata, tutti i presenti, perfino i quadri, mi
fissavano sconvolti.
«Cos'è?!
Uno scherzo?» chiese la McGranitt con una voce gelida.
Magari
lo fosse, magari...
Dissentii
con la testa fissando il pavimento in marmo.
«Da
quanto tempo non risponde alle tue lettere?» chiese Harry
Potter
lasciando la divisa da papà venuto a fare una lavata di capo
al
figlio maggiore per indossare quella del Capo del Dipartimento Auror.
«Da
inizio Dicembre...»
«Sono
quasi tre mesi» mi fece notare, con voce calma
«perché non hai
avvertito nessuno?»
«Ho
avvertito qualcuno» mi premurai di dire ma appena le parole
uscirono
dalle mie labbra desiderai non averle mai detto e mi morsi il labbro
inferiore con aria colpevole.
«E
a chi lo hai detto?» inarcò un sopracciglio.
Ecco
«A Rose, Dominique, Fred, Frank, Scorpius, James e
Albus...» in
effetti la lista era anche lunga se non fosse stato per un piccolo
particolare...
«Avete
sedici, diciassette anni. Cosa contavate di fare?»
Appunto.
«Tu
alla mia età hai combattuto Voldemort» beato James
che a volte
accende il cervello.
«Era
diverso, Jamie, le cose sono cambiate. Eravamo in guerra...»
«Ma
c'è comunque una matta psicopatica chempfff...»
con un sussurro
lanciai un incantesimo a James e la sua lingua gli si
incollò al
palato.
«E
questo cosa sarebbe?» chiese la McGrannitt.
«Niente,
niente. E' solo James che salta fuori con le cose da James»
mi
affrettai a spiegare guadagnandomi un occhiata incacchiata di
quest'ultimo.
Harry
Potter fece una faccia molto perplessa ma la cancellò subito
con un
colpo di tosse e riprendendo l'aria professionale mi
assicurò:
«vedrò
di aprire un'inchiesta per ritrovare tuo padre ma avremo bisogno
anche del tuo aiuto. Dobbiamo sapere tutto su di lui»
Dovete
sapere anche se è un De Immortalis?
Pensai fissandolo riconoscente.
«Stai
tranquilla, da qualche parte dovrà pur essere e noi lo
troveremo»
mi sorrise.
Morale
della favola visto dalla prospettiva di James due ore dopo: io e
James avevamo saltato una punizione e lavata di capo, che grande
botta di culo!
**
L'interrogatorio
non fu terribile, mi chiesero solo di amici, parenti, del lavoro di
papà, dei miei anni in mezzo ai babbani. Rimasero molto
sorpresi
quando scoprirono che oltre a papà non conoscevo nessun
altro mio
familiare e dei miei numerosi viaggi prima di stabilirmi a Londra.
Glissai sui particolari che non erano particolari, tipo il fatto che
papà fosse un De
Immortalis
e che una
pazza scatenata schizofrenica mi desse la caccia per farmi fuori
(sempre parole di James) e che molto probabilmente il destino del
mondo era sulle mie braccia.
E
quando Rose me lo fece notare quasi rischiai di avere un attacco di
panico in mezzo al corridoi.
Il
destino del mondo dovevo reggerlo io? Arrivo a malapena al metro e
sessanta, dove l'avrei la forza? Nei piedi? Non prendiamoci in giro,
io non sono mai stata abbastanza forte per reggere la mia vita
seriamente figuriamoci tutto il mondo.
«Calmati,
calmati» mi aveva detto appoggiandomi una mano nella spalla
mentre
il mio respiro accelerava sempre di più a tal punto che
cominciò a
girarmi la testa «non sei sola, ci siamo noi con te. Stai
calma!»
Aveva
continuato a ripetermelo fino a quando non mi ero calmata ma entrambe
arrivammo tardi alla lezione. Fortunatamente i professori dovevano
essere stati avvisati della scomparsa di mio padre e si limitavano a
riprenderci e a toglierci pochi punti senza aggiungere punizioni.
Il
problema maggiore consisteva nella pancia che cresceva a vista
d'occhio con mia grande preoccupazione.
«Ma
è normale?» chiedevo guardandomi di profilo
davanti allo specchio.
«Ma
certo, sei incinta di due bambini, non di uno.»
In
ogni caso fui costretta a dare la mie dimissioni come giocatrice di
Quidditch a James e oltre alle gocce di pioggia che scendevano
inesorabili da più di una settimana piovvero anche gli
insulti
rivolti alla sottoscritta. Un altro problema causato da questa scelta
furono le numerose domande che mi porsero i miei compagni di squadra
e non per il mio ritiro, fu veramente difficile rispondere a Frank e
non riuscii mai a guardarlo negli occhi per tutto
“l'interrogatorio”.
Non volevo dirglielo e magari ero pure egoista a non farlo, magari
lui meritava di saperlo ma non ci riuscivo; come l'avrebbe presa?
Come l'avrei presa io? No, no, rimasi zitta e inventai una bugia.
Tanto a Pasqua lo avrebbe scoperto comunque, poteva aspettarlo, non
faceva male aspettare un po'. Forse.
E
i giorni passavano così velocemente che l'orologio sembrava
impazzito, Febbraio finiva e Marzo si presentava con i primi timidi
raggi di sole facendomi sentire un po' più fiduciosa su di
me, sul
mondo, su tutto. Il sole a volte a questa strana capacità di
darti
fiducia.
Stavo
cominciando a mettere pian piano a posto i tasselli delle mie
scoperte ed ero riuscita a dare a quasi tutte le persone coinvolte il
loro rispettivo personaggio del passato.
Io,
ovviamente, ero Godric, Fred Salazar Serpeverde, Rose Priscilla
Corvonero, Scorpius Charles e Albus, per quanto mi provocasse fitte
al cuore, Candida.
Alcuni
personaggi restavo un mistero e non capivo a chi assegnarli, ma
facevo progressi e questo mi rendeva molto orgogliosa di me.
Andavo
molto frequentemente da Madama Chips con la storia dei gemelli,
evidentemente avevo bisogno di più visite del normale.
Frank
si comportava da Frank, mi stava vicino e mi portava la borsa,
riempiva i silenzi con le sue chiacchiere sulla scuola e altre cose
che al momento mi sembravano così poco importanti. Non mi
chiese mai
nulla sul fatto che gli piacevo, nessuna risposta, evidentemente
aspettava paziente e nel frattempo si comportava come suo solito, con
la sua gentilezza e il suo carattere solare. E io mentre ero con lui
mi lasciavo trascinare in un mondo dove ero una normale adolescente,
in un mondo dove la vicinanza di Al non mi provoca brividi ovunque.
Una cosa strana, perché la sera mi sentivo peggio e mi
sentivo una
candela: la fiamma illuminava il buio ma lentamente consumava anche
me fino quando non ci sarebbe stato più nulla, solo un vuoto
e
anche la luce si sarebbe spenta, solo il buio.
Il
tempo passava, il sole tramontava e la luna sorgeva, la mia pancia
cresceva e arrivò il giorno prima delle vacanze Pasquale
così
improvvisamente che mi bloccai nel letto, terrorizzata all'idea di
preparare il baule.
Era
arrivato il momento della verità.
**
Non
ricordo per quale motivo mi trovassi là, fatto sta che
camminavo per
un corridoi con la mente persa chissà dove. Ero troppa
impegnata a
seguire i miei pensieri che non mi accorsi che l'aria intorno a me
era cambiata, una fitta nebbia aveva occupato il corridoio. La cosa
mi lascio molto sbigottita, ero in un luogo chiuso, come aveva fatto
ad entrare? In più non riuscivo più a capire dove
fossi e cominciai
a sentire una strana inquietudine infiltrarsi nel mio cuore.
Davanti
a me vidi l'immagine tremolante di una persona. Socchiusi gli occhi e
affrettai il passo verso la figura urlando un 'ehi' per attirare la
sua attenzione. Ma quando fui abbastanza vicina per riconoscerla
desiderai con tutta me stessa tornare indietro e scappare via.
«ciao»
mi sorrise Delirium.
Il
mio corpo scattò senza un ordine preciso e parando le mani
davanti a
me lanciai una barriera luminosa tra me lei.
Non
ci riuscirà mai ad uccidermi,
pensai e mentre quelle parole prendevano forma nella mia testa sentii
un brivido percorrermi la schiena. Era di
sicuro
lì per per
uccidermi.
Quando
Delirium si scontrò con la mia barriera fece un
saltò all'indietro
e ringhiò «cosa stai facendo?!»
«Stammi
lontana!» le gridai in tutta risposta.
«Dammi
un buon motivo per farlo!»
«mi
vuoi uccidere!» risposi facendo alzare ancor di
più la mia barriera
pronta a un suo incantesimo. Non mi spaventava, ora conoscevo la mia
magia e sapevo controllarla.
Non
perfettamente, ma questo è un dettaglio del tutto
insignificante...
Delirium
rimase a fissarmi immobile, presa di contropiede.
«Tu
credi che io sia qui per questo?» chiese scandendo ogni
parola «Per
uccidere mia
sorella?»
sembrava esterrefatta.
«Sono
il Chaos, solo una di noi due può vivere» sbottai
aspra «e tu non
sei mia sorella»
«Già,
in realtà sarei la tua gemella»
arricciò le labbra come se stesse
ringhiando «ora smettila di fare la stupida, ti devo
parlare!»
«Come
posso fidarmi?» non ero intenzionata a cedere così
facilmente
nonostante la curiosità si stesse intrufolando nel mio
cervello.
«Perché
è importante!» sembrava esasperata e fissava la
mia barriera in
maniera angosciata.
«Non
mi hai ancora convinta!» dissi quando la vidi fare un passo
verso di
me, la mia barriera mandò una scintilla.
«Si
tratta di papà!» si risolse a dire e quando quelle
parole presero
senso nel mio cervello mi sentii come dopo una lunga doccia fredda.
La sorpresa fu tale che la barriera sparì e lasciai a
dividermi da
lei solo l'aria.
«Cosa
gli hai fatto...?» sussurrai mentre sentivo la rabbia tornare
a
ribollire nel sangue.
«Io
niente!» si difese «è lui ad essere un
maledetto testardo, ha
fatto tutto da solo» sembrava quasi indignata dalla mia
accusa.
«Cosa
gli hai fatto?!» decisi di ignorarla «Dove l'hai
mandato?»
«Non
sono stata io!» si mise le mani sopra le orecchie
«non sono stata
io! Smettetela!»
...smettetela?
Mi
trattenni dal farle notare che c'ero solo io e che solo io le stavo
parlando.
Già,
perché lo sto facendo? Perché non posso
schiantarla e rimandarla al
Creatore?
“Perché
tu non sei un assassina”
mi suggerì una voce nella mia testa.
Odiavo
le vocine, specialmente quelle con la voce da saputella e che avevano
dannatamente ragione.
«Tu
sai dov'è?» mi rivolse aspra alla mia gemella
malvagia.
«No»
«Sai
come sta?»
«No»
«E
allora minchia vuoi?» sbottai. Mi sembrava del tutto
legittimo
perdere le staffe.
«So
come puoi trovarlo» si morse il labbro inferiore
«so come tu puoi
farlo tornare da te» si corresse.
Ok,
la questione era semplice. Mi trovavo in un corridoi nebbioso con una
ragazza che saltava fuori essere il Delirium, nonché la mia
sorella
– no, pardon, gemella –, nonché quella
che dovevo fare fuori e
questa tizia mi veniva a parlare in un modo da fare sembrare La Pizia
di Delfi una novellina a confronto.
Benissimo,
posso schiantarla adesso?
Ovviamente
no, visto che la sopracitata aveva iniziato a parlare a ruota.
«Tu
hai un braccialetto lo so perché è grazia a quel
braccialetto che
ti hanno trovata quando sei andata a casa in realtà
è un
localizzatore per individuare la tua posizione se lo
indossi...»
«Frena,
frena, frena» la stoppai «hanno inventate le
virgole, usiamole» la
fissai sospettosa mentre respirava affannosamente. Evidentemente
dovevo essere molto minacciosa...buon per me e peggio per lei.
«Tu
hai un braccialetto» ripeté.
«E
grazie al cazzo, ne ho tantissimi» commentai acida.
«E'
quello che hai trovato a casa di papà» si
affrettò a spiegare.
...uh?
Mi
sentivo molto James, non capivo proprio di cosa stesse parlando. Un
braccialetto che ho trovato a casa di papà? Che braccialetto?
«Quando
sei andata e hai incontrato i Deliranti» continuò
indovinando
evidentemente i miei pensieri.
Costrinsi
il criceto che faceva girare la ruota per dare energia al mio
cervello per capire di cosa stesse parlando. Me lo ricordavo quel
giorno, mi ricordavo di come quel coglione di Al mi avesse seguito e
ricordavo altrettanto bene come mi aveva guardata quando avevo
indossato il vestito.
Insomma...
era adorabile.
Trattenni
a stento l'impulso di sbattere la testa contro il muro, dovevo
pensare seriamente e non mettermi a pensare a quell'imbecille.
Un
braccialetto, un braccialetto, un braccialetto.
Stranamente
fu proprio l'idea di sbattere la testa contro il muro che mi fece
venire in mente quando ero inciampata nell'armadio e avevo sbattuto
la testa contro la parete del guardaroba rivelando uno scompartimento
segreto.
«Ah»
dissi strizzando gli occhi.
Bah,
mi sembra ovvio che con tutto quello che sia successo dopo me sia
dimenticata...in effetti il braccialetto devo averlo buttato da
qualche parte nel baule. Spero.
«hai
capito cosa intendo?» mi chiese speranzosa.
«S-sì.»
dissi.
«Ecco,
quel braccialetto rivela la tua posizione»
Oh
sì, grazie, adesso è tutto chiaro...
Delirium
ignorò il mio sguardo omicida e continuò
«Se lo indossi papà ti
troverà e ti raggiungerà ovunque tu sia»
«Subito?»
chiesi, cercando di trattenere la speranza nella mia voce.
«No,
non credo almeno...ha perso molta magia nello scontro...» la
voce le
morì in gola quando si accorse di aver rivelato troppo.
«Cosa?»
mi sentii molto Ade, il cattivo del cartone della Disney Hercules,
che quando si incazzava diventava una fiammella umana.
Delirium
dovette fiutare il pericolo per la propria incolumità
perché fece
qualche passo indietro «è vivo» si
affrettò a spiegare.
«Te
lo auguro!» sbottai sempre più arrabbiata
«e non ho ancora deciso
se crederti o no»
«Ma
devi» disse mentre un sorriso malato le compariva nelle
labbra
facendola ritornare la ragazza del nostro primo incontro «la
mia è
l'unica pista che hai.»
Odia
dover ammettere che aveva ragione, lei era l'unica ad aver presentato
un modo concreto per trovare papà.
«Io..io
ti..» iniziai con tutto il disprezzo che avevo nella voce.
«No,
non dirlo. Le parole sono molto potenti. Specialmente per quelli come
noi» mi intimò.
Improvvisamente
mi sentii stanca, prosciugata da tutte le energie
«perché lo stai
facendo?» chiesi sfinita.
«Perché
non sono tua nemica» e lo disse in una maniera
così risoluta e
triste allo stesso tempo che mi ritrovai mio malgrado a crederle.
«ok...
non siamo nemiche» acconsentii.
Quella
conversazione diventava sempre più strana, battuta dopo
battuta e
non sapevo più dove mettere la testa. Cosa pensare.
Non
siamo nemiche, e allora cosa? Cosa? Avevo sempre odiato non trovar un
nome a qualcosa, a un rapporto, era frustante.
«Gli
vuoi tanto bene?» mi chiese a bruciapelo «a
papà, intendo»
Strizzai
gli occhi «Certo, è mio
papà...» ho già detto che questa
conversazione ha del surreale?
«Sì,
ma intendo... insomma, gli vuoi bene solo perché
è tuo papà?»
Ma
che cazzo? Quella domanda aveva un che di inquietante, mi ricordava
troppo la conversazione de Re Lear quando il padre chiese alle figlie
quanto gli volessero bene e in base al loro affetto distribuire il
suo regno a loro, come eredi.
Le
due figlie più vecchie, entrambe malvagie, avevano risposto
lodandolo e usando parole sproporzionate per ricevere una grossa
fetta del regno.
La
figlia minore, che amava sul serio il padre, rimase sorpresa da
quella domanda e rispose semplicemente “Ami vostra
maestà secondo
il vincolo filiale, né più né
meno”.
Ora
capivo come aveva dovuto sentirsi la giovane figlia e pensai che non
se la sarebbe presa se avrei riciclato la sua battuta, ma quando
aprii la bocca un'altra voce risuonò nel corridoio.
«Che
cazzo?»
Fred?
Poi
successero molte cose contemporaneamente. Fred iniziò a
tremare
violentemente, le vene ben visibili nel collo, lo sguardo furioso e i
denti digrignati; io venni sbalzata indietro da una barriera
azzurrina, dietro la quale Delirium si era accucciata e si tappava le
orecchie con le mani, il viso deformato.
«Andate...via...»
ansimò «s...u...bi...to..»
«Cosa
diavolo sta succedendo?» avevo pieno diritto di fare quella
domanda.
La
barriera si spezzò e Delirium divenne...terrificante.
Solo
in quel momento mi accorsi che portava un grazioso vestitino da
principessa grigio che contrastava in maniera oscena con i suoi occhi
orribili, azzurro tempesta. Il suo sguardo da pazza mi
congelò al
mio posto.
Perché,
ma dico perché non capisco mai nulla di quello che succede?
Cominciai
a tremare violentemente, ma allo stesso tempo la mia pelle
iniziò a
bruciare. Sentivo caldo ma non riuscivo a muovermi come paralizzata
daun incantesimo, e tutto sembrava troppo luminoso. E la pancia, mi
faceva male la pancia...
«Fred...»
dissi a fatica e mi girai per vederlo. Era rannicchiato a terra e
gridava qualcosa contro Delirium, lei rideva e lo guardava con un
luccichio negli occhi di tempesta da far paura anche al buio.
Poi
ci fu una luce così accecante che tutto divenne bianco e il
corridoio ritornò deserto.
Ero
distesa a terra e Fred poco lontano da me aveva i capelli che da neri
ritornavano rossi.
Nda:
Sbadabum!
Ecco a voi. Ora amatemi perché vi lascio anche troppi indizi
quando
avevo promesso che su questo avrei taciuto... però volevo
mettere un
capitolo sbadabum così eccolo qui.
Nel
prossimo capitolo si va alla Tana e beh, vi prometto che ci
sarà da
ridere e tornerà finalmente un vecchio amico.
Adesso
vado, prima di rivelare troppo.
Ah,
comunque se andate sul mio ask e mi chiedete posso postarvi la foto
di un disegno che ho fatto di Giorgia e Delirium (ask:
http://ask.fm/compratemiungufo)
Ok,
adieu a tutti! Mi raccomando recensite xD
|
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Capitolo 34 *** Delle semplici mosse per...non conquistare proprio nessuno ***
Cap.
34
Delle
semplici mosse per...
non
conquistare proprio nessuno
**
Credo
che quando tutta questa storia sarà finita
scriverò un libro, un
libro che salverà la vita a milioni di persone. Credo che lo
intitolerò “Delle semplici mosse per non
conquistare
proprio nessuno!” Nella mia modesta, ma importantissima,
opinione
questo libro diventerà per molti la Nuova Bibbia e fonte di
ispirazione per non ricevere facce schifate dalla persona corteggiata
(come nel caso di James) o tremendi attacchi di depressione acuto
(come nel mio caso).
Diventerà
un best-seller internazionale. E io sarà
ricca, ricchissima.
**
So
che probabilmente avrei dovuto preoccuparmi del cambio di colore di
capelli di Fred, so che probabilmente avrei dovuto chiedermi cosa
fosse successo, dove fosse finita Delirium e che avrei dovuto
avvertire gli insegnanti ma l'unica cosa che feci fu schizzare via da
quel corridoio correndo come una disperata.
Il
mio cervello aveva un sovraccarico di immagini e pensieri confusi, a
malapena vedevo le pareti dei corridoio, tutto era focalizzato in
ciò
che mi stava davanti, dovevo proseguire e il mio cervello mi mandava
semplici ordini da eseguire.
Trova
il braccialetto.
Dov'è
il braccialetto?
Nel
baule.
Dov'è
il baule?
Ma
sei idiota! Il baule è in camera tua! La mia
vocina interiore
era odiosamente fastidiosa ma al momento non me ne curai molto e come
un fulmine mi diressi su per le scale di Grifondoro, attraversai il
buco del ritratto, investii qualche primino nel tentativo di
raggiungere il mio dormitorio, aprii la porta mi fiondai nel mio
letto e....scoprii che il mio baule non c'era più.
Disparata
rovistai in tutta la stanza, non poteva essere sparito, non poteva;
mi misi a pancia in giù a controllare contro sotto il letto
ma
trovai solo un paio di calzini spaiati e qualche gomitolo di polvere.
«Flox?
Cosa stai facendo?»
la
voce della Nordisque quasi mi fece sbattere la testa sulla tastiera
del letto.
«Nord!
Nord mia! Mia adorata stella polare» l'acclamai scrollando la
polvere dai capelli e prendendola per le spalle.
«Chiamami
ancora Nord e ti incollo alla porta del bagno!» mi
minacciò,
tentando di tenere lontani i suoi riccioli neri dalla polvere che mi
scrollavo dai miei capelli.
«Tu
sai dove sono finiti i bauli? Ti prego, ti prego, ti prego!»
ora ce
ci penso dovevo assomigliare proprio a una disperata e probabilmente
lo ero davvero.
«I
bauli?» mi chiese sembrando davvero sorpresa
«Saranno di sicuro
nell'Espresso»
«Espresso?
Il caffè?»
La
mia compagna di stanza a quel punto sbuffò spazientita
«Ma quale
caffè, il treno, ritardata!»
Il
treno.
Il
mio cervello si mise in moto e in poco tempo ricevetti una serie di
immagini con sottotitoli che mi spiegò la situazione.
Fra
due ore partirò per la casa di Fred.
Fra
due ore prenderò un treno.
Hanno
portato il baule nel treno perché devo portare il baule a
casa di
Fred.
«Il
treno...» biascicai e senza una parola la mollai
là per percorrere
il percorso inverso.
Ora
lascerò perdere la parte in cui rischiai di spiaccicarmi sul
muro di
un corridoio o quando rischiai di cadere nel Lago Nero e
sorvolerò
anche il fatto che nella mia fuga abbia investito qualche studente ma
fatto sta che arrivai ai cancelli della scuola dove un Masto Gazza
piuttosto arcigno controllava e sistemava in bauli nelle carrozze.
«No!
Fermo! Non faccia un altro gesto!» urlai come una forsennata.
Il
Custode vedendomi arrivare come un tornado a fissarmi imbambolato e
questo mi diede il tempo di fiondarmi in mezzo ai bauli alla ricerca
del mio. Lo avevo appena trovato e stavo per aprirlo quando mi sentii
afferrare per la collottola della tunica scolastica. Gazza
sbraitò
qualcosa sulle punizioni corporali e altre diavolerie simili prima
che riuscissi ad aprire il mio baule con la conseguenza di spargere
tutto il suo contenuto per la stradicciola. Il viso del custode
divenne di ogni sorta di rosso esistente in natura e non, poi
iniziò
ad urlare come un ossesso; non che non mi interessasse, sia chiaro,
ma non ascoltai una singola parola e mi limitai e scavare tra i
vestiti e la biancheria intima alla ricerca del braccialetto. Sorrisi
soddisfatta quando le mie dita si strinsero a qualcosa si freddo che
ricordava la forma di un bracciale, con un sorriso trionfale lo tirai
fuori mostrandolo al cielo assomigliando vagamente a un cercatore che
ha appena afferrato il Boccino d'Oro. Sempre ignorando Gazza mi
alzai, infilai il bracciale nel polso sinistro e con un gesto della
mano rimisi tutti i miei vestiti nel baule e lo chiusi,
dopodiché mi
girai e fischiettando mi allontanai lasciando dietro di me un Mastro
Gazza molto esterrefatto.
Solo
più tardi mi venne in mente che forse avrei potuto usare la
magia
anche per appellare il bracciale...
**
«E'
questa la fine promessa?»
Sentii
la voce di Scorpius dietro di me ma non gli risposi, troppo impegnata
a trattenere le lacrime.
Non
si può uccidere chi è protetto dal sacrificio.
Dal
sacrificio di chi? Perché?
«O
l'emblema di quell'orrore?»
È
solo un incubo, è solo un incubo, è solo un
incubo...
Alzai
lo sguardo e vidi papà avvicinarsi con passo lento e un
espressione
indecifrabile nel volto.
«Il
mio buffone» sussurrai «hanno impiccato il mio
povere buffone...»
Papà
mi lanciò un ultimi impenetrabile sguardo poi cadde.
E
con lui anche la villa e i ritrovai sommersa dalle tenebre.
Soffocavo.
Mi
alzai di scatto facendo scivolare le coperte dal letto con un urlo.
L'oscurità della stanza degli ospiti mi rispose calma e
rassicurante.
Da
quando ero partita da Hogwarts e avevo indossato il braccialetto
quell'incubo mi perseguitava ogni volta che mi addormentavo e non
trovavo mai un modo per sfuggirgli.
Il
braccialetto brillò nell'oscurità. Mi trovavo a
casa di Fred tra
giorni ormai e quel bracciale non si era ancora deciso a funzionare,
certo Delirium aveva detto che ci sarebbe voluto tempo solo che stava
passando troppo tempo
e io non ero sicura di poter resistere ancora a lungo a quegli
incubi, ogni volta che mi svegliavo mi trovavo più stanca di
prima.
L'orologio
del paese segnò cinque rintocchi e rinunciai a
riaddormentarmi, fra
un ora saremmo partiti per la Tana per restarci per altri tre giorni
per il Pranzo Pasquale e per festeggiare il compleanno del signor
George.
Lisciai
le coperte mentre osservavo lo specchio coperto da un telo di fianco
al letto.
Era
strana la casa dei Weasley-Johnson, tutti gli specchi che si
trovavano nel reparto notte erano stati coperti da coperti da tende,
veli e coperte; Angelina, la madre di Fred, mi aveva detto che era
proprio per via del mio migliore amico, a quanto pare soffriva una
strana fobia per gli specchi.
«ma
non tutti!» mi aveva detto «solo alcuni, quelli che
si trovano da
questa casa da secoli, quelli attaccati con un incantesimo»
poi
aveva sorriso «il che è molto strano visto che da
piccolo fingeva
che dentro ci fosse una ragazza, ti ricordi come la chiamava
George?»
«Melody,
come la sirenetta II» aveva risposta al suo posto Roxanne.
«Già!»
esclamò soddisfatta «Deve aver litigato con lei se
adesso odia gli
specchi di casa»
«Ero
piccolo!» tentò di giustificarsi Fred. A me aveva
fatto una
profondo tenerezza e gli avevo spettinato i capelli con la mano.
Oltre
quel piccolo particolare la casa era molto carina piena di colori
accesi e ritagli di giornale di vittorie di Quidditch attaccate alla
parete, Angelina manteneva l'ordine in casa e aveva una mano ferma
nel controllare i figli e il marito, soprattutto il marito. Era una
bella famiglia compatta unita, a pranzo non accendevano nemmeno la tv
e non perché George non sapesse usarla ma perché
c'era sempre
qualcosa da dire e non si poteva ascoltare anche la televisione; la
sera organizzavano partite di sparachioccio o gobbiglie dalle quali
Roxanne ne usciva sempre vincitrice, barando a mio parere.
Non
lo so, ma ho la sensazione che se mia mamma non fosse morta e
papà
non avesse insistito nel trasferirci ogni anno la mia famiglia
sarebbe stata esattamente così: piccola, accogliente e viva.
**
Quando
arrivammo alla Tana molti Weasley erano già lì ad
aiutare Nonno
Arthur a montare una tenda enorme.
«Cosa
stanno facendo?» chiesi scuotendo la testa davanti ai goffi
tentativi degli adulti nel montare la tenda.
Roxanne
ridacchiò «Stanno tentando di sistemare una tenda
senza magia.
Vogliono darci il buon esempio»
«Il
buon esempio? Ovvero?» chiesi inarcando un sopracciglio
quando Ron
Weasley venne colpito da un paletto impiantato male da Harry Potter.
«A
loro parere dovremmo imparare a cavarcela anche senza la
magia»
Scoppiamo
a ridere e li fissammo mentre Arthur tentava di appendere un lembo di
tenda al ramo di un albero con il solo risultato di seppellire Percy
(ma poi lo ritrovai) Weasley sotto la tenda.
Li
avrei aiutati volentieri ma nemmeno io sapevo come montare una tenda
così scossi la testa e ripresi a camminare con Roxanne verso
una
panchina.
«E
perché starebbero montando una tenda?» chiesi
mostrano il viso al
sole.
«Siamo
in troppi tra zii, cugini e amici. La tenda serve per ospitare noi
bimbi» fece una smorfia «in realtà le
tende sono due, una per i
maschi e una per le femmine»
«apposto
siamo. Le tende saranno pronte per la Pasqua del
duemilacredici»
«duemila
cosa?» e scoppiò a ridere e io la seguii a ruota.
Nel
frattempo al gruppo dei “montatori di tenda” si
avvicinò Bill
Weasley che, dopo aver visto i fratelli contorcersi e dannarsi come
disperati, prese la bacchetta e con un gesto rovinò lo
spettacolo
sistemano le due tende in un batter d'occhio.
«Peccato»
commentò qualcuno. Mi girai e trovai Albus a sorridere
ironico con
gli occhi verdi illuminati dal sole «era
divertente» e diede un
morso alla mela che teneva in mano. Essere incinte è
veramente
brutto perché oltre al resto hai anche uno sviluppo
eccessivo di
ormoni, ormoni che mi andarono in delirio provocando un black-out nel
mio cervello già bacato di suo. Solo a me Al in quella posa
disinteressata e baciata dal sole sembrava un modello?
Perché,
insomma, diciamocela, Albus è bello oggettivamente che poi
lo sia
soggettivamente è tutto un altro paio di maniche.
Specialmente se il
soggetto in questione sono io. Mi trattenni dal sbattere
ripetutamente la testa nel schienale della panchina solo
perché
sapevo di aver già un espressione demente in volto e non
volevo
sembrare ancora più demente facendo qualcosa di demente.
Merlino
mi aiuti...
«Noi
femmine vogliamo la tenda più grande» stava
dicendo intanto
Roxanne.
«E
per quale motivo, di grazia?» Albus inarcò un
sopracciglio in
maniera perfetta.
...cazzo,
sembro una bambina di tredici anni in piena crisi ormonale.
Che
poi cos'era questo improvviso interesse per i sopraccigli di Al?
Cosa? Uno scherzo?
Va
bene che è il primo di Aprile ma diamoci una calmata rossa,
mi impose la mia vocina interiore che assomigliava in maniera
inquietante a quella di Rose. Inizia a contare i fili d'erba per
pensare ad altro ma appena mi accorsi che erano verdi proprio come
gli occhi di Al spostai lo sguardo sul legno della panchina.
L'ho
già detto che il legno è interessante?
«Allora
venite?»
«Eh?»
no, una domanda a tradimento! Dove devo andare, dove? Perché
sono
così ritardata 'sta mattina?!
«Non
hai ascoltato nulla vero?» perspicace il ragazzo. Cercai di
guardare
Al con uno sguardo truce.
«Dicevo
che dopo noi andiamo al paese e volevo sapere se venite anche
voi»
spiegò il moro paziente.
«Io
ci sto» disse Roxanne annuendo e guardandomi piena di
aspettativa.
«Chi
viene esattamente?» chiesi.
«Oh,
tranquilla, c'è anche Frank» ghignò
Albus guardandomi pieno di
sottintesi e facendomi attraversare tutta la faccia cromatica
facendolo ridere ancor di più.
«Ma
chiudi quella bocca» borbottai.
«Andiamo,
lo sanno tutti che ti piace» c'era
davvero amarezza nella voce? Non si sentiva nemmeno, ma c'era? Me la
ero immaginata? Posso piacergli? Lo sapevo, gli piaccio!
Esatto,
ecco perché ti ha preso per il culo e adesso sta con il
Criceto, mi
rimproverò la voce. Fantastico, stavo iniziando ad odiarla
seriamente. Albus intanto mi guardava e sentii esplodere di nuovo la
speranza dentro di me.
Forse
vuole solo una risposta, imbecille.
….
«Sì,
vengo anche io» lui sorrise e smise di fissarmi. Odio quando
la mia
vocina interiore ha ragione.
Rimasi
a fissarlo atona mentre chiacchierava allegramente con Roxanne quando
uno schianto mi fece sussultare dal mio posto e fece ammutolire i
miei vicini.
«Cos'è
stato?» chiese Roxanne lievemente preoccupata.
«JAMES
SIRIUS POTTER!»
«mio
fratello» intuì Albus.
«ma
non mi dire» borbottò Roxanne.
«SI
PUÒ SAPERE COSA TI FRULLA IN QUELLA TESTA DEL CAZZO?!
»
«quella
invece era la voce di Dominique» precisai.
«Dovremmo
andare a controllare?» chiese Roxanne.
«Naaah»
rispose Albus ma io non ero del suo parere così mi alzai mi
diressi
verso la voce di Dominique.
La
trovai poco distante da una distesa di spighe, con il suo ragazzo il
quale sembravo un pochino tramortito mentre James se ne stava a pochi
passi con un espressione colpevole dipinta in volto.
Albus
si fermò accanto a me e fissò la scena con la
fronte corrugata.
«Tu
non volevi rimanere sulla panchina?» gli chiesi ironica.
Fece
spallucce e la sua risposta fu soffocata da un'altra imprecazione di
Dominique.
«SEI
UN EMERITO IDIOTA! UN DEFICENTE!»
«Mi
dispiace...non volevo...» balbettò il poveretto.
«MI
SEMBRA ANCHE NORMALE!» Lo interruppe facendogli fare un salto
all'indietro.
Fu
a quel punto che decisi di intervenire prima che la situazione
precipitasse, sapevi bene cosa poteva diventare una Dominique
incazzata.
«Calma,
calma» dissi mettendomi in mezzo ai due «Domi, cosa
c'è?»
La
sopracitata ragazza rivolse uno sguardo truce prima di darmi una
spiegazione «Stavo camminando con Austin quando qualcuno
– e
sottolineò il qualcuno fissando James con odio –
gli ha tirato in
testa uno gnomo» a queste parole l'espressione colpevole di
Jamie si
fece ancora più evidente e spostò gli angoli
della bocca verso il
basso sporgendo un poco il labbro inferiore.
Serio?
Cioè, Dominique stava facendo quella scenata per quello? Mi
sembrava
un po' esagerato, lo sapeva che James era stupido ed era ovvio che
non lo aveva fatto apposta e che al momento fosse veramente
dispiaciuto.
«Scusami»
disse infatti il colpevole abbassando il capo con una vocina fine.
«mi
pulisco il culo con le tue scuse»
James
alzò il viso sorpreso e ferito mentre rischiai di far
toccare alla
mia mandibola il prato da quanto aprii la bocca.
«Ma...»
anche Albus sembrava sorpreso da quella piega da come
mormorò
quell'opposizione.
«Ma
un corno. Deve crescere, sono stufa di lui!» e dicendo questo
prese
il suo ragazzo per mano e lo strattonò via verso la casa.
Quando
fu abbastanza lontana e tutti e tre ci riprendemmo dallo shock James
fece una smorfia e tirò un calcio a un sassolino facendolo
volare
dall'altra parte della recinzione nel campo di spighe; sembrava
veramente abbattuto.
«James...»
sussurrai sfiorandogli con una mano la spalla. Lui si girò e
strizzò
gli occhi un paio di volte prima di borbottare «mi accompagni
sul
tetto?»
Gli
sorrisi dolcemente passandogli un braccio sulla spalla cosa assai
difficile visto che era molte spanne più alto di me.
Albus
con un evidente slancio di simpatia fraterna disse: «che ne
dici di
venire invece con noi? Andiamo al paese»
James
sembrava molto contrariato alla cosa ma io lo agguantai per il
braccio e dissi al suo posto «certo!» togliendogli
ogni possibilità
di negare.
Peccato
che venne anche Dominique con Austin Davies.
**
La
sera all'enorme tavolata ero distrutta. Psicologicamente e non.
Fortunatamente Lily era accorsa in mio aiuto anche se
involontariamente: vederla circondata da ragazzi doveva aver
risvegliato in James l'istinto di fratello maggiore cosa che trovai
giusto visto che la suddetta ragazza attirava ragazzi nel raggio di
dieci chilometri.
Certo,
la causa della mia stanchezza non era solo James, anche Roxanne e
Rose avevano contribuito portando il gruppetto a negozi e usando
Scorpius come giudice sui loro acquisti.
Il
quale se l'era cavata egregiamente con Rose dicendo «ma
Rosellina,
amore mio, tu stai bene con tutto»
«ma
smettila, stupido» aveva risposto imbarazzata ma
evidentemente
compiaciuta. Inoltre eravamo stati invitati tutti quanti a una festa
che si sarebbe tenuta la sera dopo in piazza e questo aveva portato a
un sacco di chiacchiere. Chiacchiere che al momento mi riempivano la
testa già dolorante di suo.
C'era
così tanta gente in una sala così piccola che mi
sentivo
leggermente soffocata così decisi di alzarmi per andare a
bagnarmi
la faccia.
«Giorgia
cara, dove vai? Devo ancora finire il tuo pollo?» Nonna Molly
mi
bloccò la strada con un mestolone di legno in mano e mi
venne fin
troppo naturale temere per la mia incolumità dal modo in cui
lo
brandiva.
«In
bagno...» spiegai titubante.
La
donnina annuì «ma torna subito. E se magari trovi
George digli di
sbrigarsi perché fra un po' arriva la torta per il suo
compleanno»
Annuii
e velocemente mi diressi fuori dalla stanza; peccato che ci trovai
Austin intenta a ripassarsi per bene la cavità orale
Dominique la
quale quando mi notò si staccò con la decenza di
apparire per lo
meno un tantino imbarazzata. Mi limitai a esibire una faccia neutra
prima di prendere le scale verso il piano superiore. Ce l'avevo un
po' con Dominique per come aveva tratto James perché la sua
reazione
era stata esagerata ed era stata veramente stupida a non accettare le
sue scuse visto che quello è l'unico modo per ferire Jamie
come
tutti sanno. Mentre percorrevo il corridoio mi ritrovai a pensare che
era un bel po' che Domi si comportava da stronza con James, sembrava
quasi che volesse fargliela pagare per qualcosa.
Immersa
nei miei pensieri superai la porta del bagno e per sbaglio aprii la
porta di un'altra stanza. Dentro c'era un enorme specchio con due
letti uguali e qualche brandina. Seduto su un letto c'era George che
fissava lo specchio dandomi le spalle, in mano reggeva un piattino di
plastica gialla con una fettina di torta sopra. Vicino a lui, sul
copriletto, c'era un altro piattino di plastica gialla con una
fettina di torta sopra. L'uomo, mentre mangiava, sussurrò:
«buon
compleanno Fred»
Rimasi
bloccata nell'uscio cercando di capire.
Fred?
Ma Fred non compie gli anni a Giunio?
Pensai in un primo momento. Poi mi ricordai che il nome del mio
migliore amico era quello del gemello morto di suo padre. Ed essendo
suo gemello era nato lo stesso giorno di George.
Sentii
il cuore stringersi in una mostra di dolcezza e un magone prendermi
la gola.
George
mangiava due fette di torta davanti alla specchio, una per
sé una
per suo fratello; davanti allo specchio perché in quel
riflesso
vedeva sé stesso e nella sua immagine vedeva Fred, il suo
gemello.
Rimasi
sull'uscio indecisa sul da farsi finché non sentii la voce
di Nonna
Molly ulrare “LA TORTAAA” e mi decisi a dare un
colpetto di
tosse. Le spalle di George sobbalzarono e lui si girò a
fissarmi con
lo stesso sguardo di un bambino beccato con le mani nella marmellata;
decisi di ignorare i suoi occhi leggermente rossi e distesi le labbra
in un timido sorriso.
«La
nonna – si, ero stata costretta a chiamarla così
– ha detto che
la torta è pronta. La torta per voi»
quando dissi “voi” gli occhi di George si fece
umidi ma ricambiò
il mio sorriso e sussurrò «grazie» poi
si mise davanti a me e mi
fissò bene.
«Sai»
disse con la voce che si incrinava «assomigli tanto a
Fred»
E
io, non sapendo cosa dire, uscii con la risposta più idiota
della
storia: «papà dice che ho preso tutto da
mamma»
Lui
sorprendentemente rise e, quando l'urlo di Nonna Molly fece tremare
la casa, disse «meglio andare giù»
**
Me
ne stavo mollemente seduta su uno dei tanti divani della tana a
digerire la torta quando James ebbe la brillante idea di afferrarmi
per il braccio e portarmi senza tante cerimonie.
«Ma
che cazz...?»
«Ti
prego, ho bisogno di supporto morale» mi disse mostrandomi la
sua
faccia da puzzola abbandonata sul ciglio della strada.
«Dobbiamo
andare sul tetto?» sospirai.
«No»
mi disse portandomi dentro una stanza nella quale c'erano anche i
suoi genitori e Fred. Fissai i presenti con un bel punto
interrogativo stampato in fronte ma ricevetti lo stesso sguardo.
James nel frattempo si era seduto in un letto e si torceva le mani
mordendosi il labbro inferiore in procinto di dire qualcosa.
«Ehi,
tesoro» venne in aiuto Ginny Potter «cosa devi
dirci di così
importante?»
«Devo
farvi una domanda...» borbottò.
«Uhm...
ok, dicci pure» fece Harry Potter già in evidente
imbarazzo.
«ma
è tanto... brutto.... se a uno... piace... sua.... sua
cugina?»
chiese inciampando sulle parole lasciandoci tutti (tranne Fred)
sbalorditi.
«Perché
questa domanda?» chiese sua madre al che James
diventò di dieci
rossi diversi.
«Ecco...»
borbottò qualcosa di indistinguibile.
«Perché
si è accorto di essere innamorato di Dominique»
disse al posto suo
Fred facendomi soffocare con la mia stessa saliva.
…è
uno scherzo?
«Non
sono innamorato» ci tenne a precisare Jamie.
«Oh,
ma falla finita» sbottò Fred.
«E'
tua cugina...» dissi.
Ginny
parve la più confusa di tutti «e dove sta il
problema?»
«E'
sua cugina....» ripetei.
«E
quindi?» perché quella donna non capiva?!
«E'
sua cugina...»
«Questo
l'abbiamo capito e fidati lo so» sbottò quella
spazientita «ma non
vedo il problema»
Feci
per ripetere la frase ma Harry Potter mi precedette spiegando
«i
babbani non tollerano l'amore tra parenti a differenza di noi
maghi»
fece un sorriso amaro «evidentemente con la babbanizzazione
del
nostro mondo avete preso anche voi questa idea»
…mi
pigliano per il culo?
James
fissava i genitori a bocca aperta come se fossero un'illuminazione
divina e solo fissandolo le sue parole presero veramente senso.
James
era innamorato
di Dominique.
James
e Dominique.
Il
pensiero mi fece girare la testa.
«sul
serio?» chiese James incredulo.
«I
purosangue si sono sposati per generazioni tra cugini e tutte le
famiglie magiche sono imparentate tra loro. Pensa che persino il
nonno e la nonna sono cugini»
Non
ci credevo, non ci volevo credere.
«Quindi
io potrei stare con Dominique?» non avevo mai visto James
così
felice.
«Ehm...
certo. Solo che...sarebbe meglio che questa sia una cosa
seria»
spiegò Ginny.
«fidati
zia» si intromise Fred «lo è. Lo
è sul serio»
«Bene»
Ginny parve un tantino più rilassata «allora se
abbiamo finito
possiamo andare, vero caro?»
Harry
sembrava di tutt'altra idea ma non obbiettò e
seguì la moglie fuori
dalla stanza lasciandoci soli.
«Oh..
e così....» borbottai in imbarazzo.
«Ma
andiamo» mi canzonò Fred «non dirmi con
l'avevi capito»
Arrossii
e fissai terra mentre James faceva tutto un muoversi euforico e mi
sentii veramente stronza quando precisai un particolare, ma dovevo
farlo:
«Dominique
al momento è impegnata con il Tassorosso»
L'entusiasmo
di James si sgonfiò come un palloncino.
«Si
possono sempre mollare» tentai.
«Devi
conquistarla» rincarò Fred.
«E
come faccio?» sembrava molto disperato.
«Prova
a spiegarle i tuoi sentimenti... come ti senti quando la
vedi?»
Il
viso di James si illuminò «quando sorride
è bellissima e mi
riempie lo stomaco di farfalle...che ammazza quando mi
insulta»
terminò sconsolato.
«Ehm...prova
a farglielo capire» consigliai.
«Farglielo
capire...sì, devo farglielo capire!» mi
fissò illuminato «grazie!»
e come un tornado uscì dalla stanza.
Da
quel momento iniziarono i guai.
**
Rimasi
sveglia fino a mezzanotte davanti a ciò che restava della
torta
guardando le lancette muoversi nel quadrante. La famiglia Weasley
aveva due orologi, uno normale e uno strano dove al posto delle
lancette c'erano i componenti della famiglia Weasley e al posto delle
ore luoghi. Sette lancette erano su casa, due (quelle dei gemelli) su
perduto e trovai la cosa inquietante ma allo stesso tempo
tristissima. I dodici rintocchi di mezzanotte mi scossero dai miei
pensieri facendomi tornare alla realtà. Presi un coltello e
tagliai
una fetta di torta, la misi sul piattino e lo posizionai davanti a
me.
Era
il due aprile.
«Auguri
papà, ovunque tu sia» sussurrai.
Era
una storia strana, festeggiavamo sempre il compleanno di
papà nei
primi minuti del due aprile, dopo la mezzanotte; non mi ero mai posta
il perché.
George
entrò nella cucina e mi fece un sorriso storto
«l'ultima fetta di
torta?»
«No»
risposi «è il compleanno di
papà» la mia sincerità mi
colpì e
fui sicura che George si trovò nella stessa situazione in
cui mi ero
ritrovata io quando lo avevo beccato davanti allo specchio. Lui
rimase zitto, poi fece una cosa che mi colpì profondamente:
si
avvicinò e mi accarezzò i capelli con una mano e
io in quella
carezza ci rividi quelle di mio padre.
«grazie»
dissi senza un perché preciso.
Lui
fece un altro dei suoi sorrisi storti prima di dire
«è tardi, è
ora di andare a letto»
ubbidiente
scostai la sedia dal tavolo e mi alzai seguendolo in soggiorno.
Là
tutti quanti si stavano salutando per tornare nelle rispettive
stanza. C'era chi come l'amico di George Jordan che si materializzava
a casa dal camino, chi come Frank si faceva passare un borsone con
pigiama e altre cose per dormire alla Tana, chi come il piccolo
fratellino di Frank Cedric si era addormentato in braccio alla madre
che salutava con un bacio sulla guancia la padrona di casa.
Davies
aveva stretto Domi in un abbraccio sussurrandole qualche parola ma la
ragazza sembrava infastidita, evidentemente il tipo non sapeva che
Dominique non era un di quelle che ha bisogno di baci e abbracci ogni
secondo. Infatti la sopracitata ragazza si scostò dal suo
abbraccio
e dopo aver guadagnato una certa distanza di sicurezza si protese a
schioccargli un bacio sulla guancia. James fissava la scena seduto
sul divano con uno sguardo talmente ferito che si sarebbe notato meno
se delle insegne luminose si fossero messe sopra di lui con tanto di
scritta “ragazzo dal
cuore spezzato”.
Sperai
che non comparisse anche sopra la mia testa una freccia con la
medesima scritta quando Anna si avviluppò intorno ad Al
facendogli
quasi perdere l'equilibrio, fortunatamente la presenza dei parenti li
scoraggiò dal lasciarsi andare in un bacio; quando i due si
lasciarono dall'abbraccio il criceto tornò a casa prendendo
la
metropolvere promettendo che sarebbe tornata il giorno dopo per la
festa con tanto di occhi lacrimosi e voce da eroina pronta al
martirio.
Ma
tranquilla, nessuna disgrazia colpirà il tuo ragazzo per le
prossime
dodici ore, evita pure queste scenate,
pensai stizzita.
Quando
tutti se ne furono andati gli adulti residenti della Tana sistemarono
la casa mentre noi ragazzi ci preparammo per la notte occupando tutti
i bagni, poi tutti belli puliti e profumati andammo verso le tende.
Alla fine noi femmine eravamo riuscite a prendere in possesso la
tenda più grande di un bel colore blu notte, mentre ai
ragazzi toccò
la tenda più piccola rosa
e ciò fu la causa delle varie discussioni che presero vita
durante
il breve tragitto.
«Abbiamo
vinto a 'pari e dispari' senza contare che siamo molto di
più di
voi. Ci aspetta per diritto!»
«Avete
barato!»
«non
la voglio la tenda rosa»
«attaccatevi
al cazzo, la tenda grande è nostra»
«ma
noi siamo i maschi, a noi aspetta la tende blu»
«maschi?
Davvero? E da quando?»
L'ultima
battuta da parte di Lily scatenò molte risate e proteste che
continuarono anche una volta raggiunto le rispettive tende. Stavo per
entrare quando un urlo, oltre a perforarmi i timpani,
svegliò ogni
essere vivente nel raggio di cento metri e fece tremare la terra.
A
urlare era stata Dominique.
Preoccupati
accorremmo tutti quanti, anche i ragazzo (alcuni già in
pigiama)
verso Domi la quale se ne stava a debita distanza dal suo letto con
le mani sopra la bocca in una posa di terrore. Ciò era
causato da un
gruppo di api che giacevano morte sul mio letto.
«Che
schifo» fece Roxanne mentre Lucy, la figlia di Percy (ma poi
lo
ritrovai), corse in cerchio riempiendo la tenda con i suoi strilli
acuti.
«Chi...chi
è stato?!» Dominique sembrava sul punto di
esplodere «ho quasi
fatto un infarto!»
«Ma
sono solo due api...» disse incautamente Frank.
«Sono
cinque api, cinque api morte sul mio letto dove mi stavo per
distendere» fece una faccia schifata. Nel frattempo Lucy
continuava
a correre e a rallegrarci l'anima con i suoi acuti.
Lanciai
un occhiata a James che aveva scritto in chiare lettere sulla sua
faccia la colpevolezza ma che Dominique non notò affatto
(fortunatamente). Roxanne nel frattempo era giunta con un sacchetto
dove stava depositando gli insetti morti «e comunque non sono
api»
ci tenne a precisare «ma mosconi» al che Lucy smise
di correre e
urlare come una matta dicendo un “ah!” tranquillo.
«Si
può sapere chi diavolo stava urlando in quel
modo?» dalla porta
della tenda uscì la testa di Teddy Lupid seguito a ruota
dalla
fidanzata Victoire. Roxanna in tutta risposta sventolò sotto
il naso
di questo il sacchetto con i mosconi dicendo «qualcuno si
è
divertito alle spalle di Domi mettendole sul letto degli insetti
morti» Victorie si allontanò dal sacchetto con una
faccia schifata.
Dominique invece strinse i pugni e sbottò «adesso
voglio sapere chi
è stato»
Tutti
rimasero in silenzio mentre l'espressione colpevole sul volto di
James si accentuava sempre di più ma Teddy spezzò
il silenzio:
«Ormai
non importa trovare il colpevole, pensate piuttosto ad andare a letto
e a dormire, è molto tardi!»
«Certo
professorino» sbuffò Fred.
Nella
confusione generale che si creò afferrai James per un
braccio e lo
portai in un posto appartato.
«Che
cazzo ti è saltato in mente?» sibilai scandendo
ogni sillaba.
Sgranò
gli occhi piegando in giù i labbri della bocca nella sua
tipica
espressione colpevole e cercando di controllare il rossore
spiegò
con un borbottio:
«mi
hai detto di fare capire a Dominique il discorso delle farfalle...
così sono andato in giardino a cercare delle farfalle solo
che non
le go trovate così ho pensato di poter usare altri
insetti...» Cominciai a capire e sbuffai.
«Insomma,
tu volevi spiegare a Dominique i tuoi sentimenti mettendo delle
farfalle morte
sul suo letto. Certo, chiaro! Tu sì che sai proprio come
conquistare
una persona»
Lui
evidentemente punto in viso fece una faccia offesa prima di
borbottare «come se fossi io quello che sbava dietro a mio
fratello
come una mucca»
«Le
mucche non sbavano» dissi prima di registrare il senso della
frase.
Cosa?!
Come ha fatto a capirlo? Non l'ho detto a nessuno!
...nemmeno
a te stessa se è per questo, puntualizzò la mia
vocina interiore.
«Io
non sbavo dietro a tuo fratello» balbettai mentre il rossore
mi
prendeva le guance.
«Dai,
si vede lontano un miglio che ti piace» sbuffò
lui.
Non
ne dubito visto che lo hai capito proprio tu, il re degli scemi...
«E
se anche fosse?» chiesi mostrando baldanza.
«Be'»
non ne sembrava più così sicuro «io ti
proporrei un patto»
«un
patto?» indagai.
«Sì,
tu aiuti me e io aiuto te. Infondo Albie è mio fratello e tu
sei
amica con Dominique...»
Lo
soppesai per un attimo rivalutando il IQ poi sospirai.
«Cos'ho
da perdere?» chiesi retoricamente «nulla, va bene.
Accetto la tua
offerta»
Il
viso di James si illuminò e sorrise come un bambino davanti
alle
carammele e mi stritolò in un abbraccio.
«Ehi,
Giorgia!» Lily mi richiamò dal suo letto
«cos'è? Ci provi con mio
fratello adesso?» evidentemente voleva vendicarsi con James
per la
sua iperprotettività di quel pomeriggio.
Lui
si allontanò rosso in viso mentre tutte le altre ridevano,
tranne
Dominique che mi lanciò un occhiata astiosa.
Sarà
un buon segno? Mi chiesi, sperando che lo fosse. Non avevo la
più
pallida idea di cosa fare.
**
La
mattina dopo mi svegliai alle undici e passai tutto il tempo fino
alle tre nel grande giardino della Tana istruendo James su Dominique
e con mia grande sorpresa scoprii che lui conosceva già
molto cose
sul carattere di Domi.
Be',
sono cugini....
«Potresti
provare a darle dei fiori» gli proposi fissando un dente di
leone
davanti a me «Ce ne sono così tanti qui,
raccogline un po'»
James
si alzò di scatto mettendosi a correre sul prato fermandosi
di tanto
in tanto a raccogliere qualche fiore; io raggiunsi Dominique che se
ne stava spaparanzata al sole con il suo ragazzo, Scorpius e Rose.
«Ciao»
dissi sedendomi accanto a loro. Tutti ricambiarono il saluto con
allegria, tranne Domi che lo accompagnò con occhiata fredda;
era da
quella mattina che mi trattava freddamente, sperai che fosse un buon
segno, magari era gelosa perché James mi aveva abbracciata...
Il
sopracitato ragazzo comparve proprio in quel momento tutto trafelato,
le guance leggermente arrossate e un mazzolino di fiori selvatici in
mano.
«Ehi,
per chi sono quei fiori Potter Grande?» chiese Scorpius
prendendolo
in giro mettendosi una mano davanti agli occhi per pararli dal sole.
Potter Grande non rispose e rigido come una statua allungò
il
braccio mettendo i fiori davanti al viso di Domi e borbottò
«Per
te».
La
ragazza strabuzzò gli occhi e, sotto lo sguardo geloso del
suo
ragazzo, li prese in mano avvicinandoli al viso.
Starnutì.
Starnutì ancora. Continuò a starnutire riempiendo
gli occhi di
lacrime e facendo cadere i fiori. Rose li studiò da vicino
prima di
sbottare:
«ma
sei stupido o cosa? Dominique e allergica alla Salvia!» e
aiutò
Dominique che le erano venuti gli occhi rossi ad alzarsi e insieme
si diressero verso la casa seguite a ruota dai rispettivi fidanzati
lasciando me e James da soli sulla panchina. Questo si
grattò la
testa sconfortato.
«Sono
un idiota»
«Lo
sei» confermai «tra tutti i fiori che potevi
prendere proprio la
Salvia hai scelto?»
Lui
si strinse nelle spalle mostrando l'espressione colpevole.
Sospirai
«ci daremo da fare in altri modi»
Quando
Nonna Molly ci chiamò per il pranzo e noi accorremmo per
cibarci al
tavolo suggerii a James di fare il galantuomo scostando la sedia a
Dominique per aiutarla a sedersi.
Lui
gli scostò la sedia, Dominique non se ne accorse, lui non la
risistemò e la ragazza cadde.
E
caddero anche insulti rivolti all'idiota che avevo promesso di
aiutare.
Il
pomeriggio ritornammo al paese in attesa della festa che si sarebbe
tenuta quella sera.
«Che
ne dici di comprare dei cioccolatini da regalare alla tua
bella?»
sussurrai a James adocchiando una pasticceria, lui sembrò
entusiasta
della mia idea ma ora che ci penso lui era entusiasta a qualsiasi mia
idea; corse subito verso il negozio e ordinò una scatola di
cioccolatini decorata ma non troppo vistosa, con i cioccolatini fatti
a regola d'arte e una bella ciocca lilla a chiuderla.
Al
momento di pagarla, però, James consegnò le
monete magiche con
grande perplessità della commessa e velocemente cercai di
correggere
l'errore e zittire il compratore di cioccolatini che non faceva altro
che chiedermi per quale motivo stessi pagando con della carta.
Comunque riuscimmo a uscire e a scappare dalle domande della commessa
e una volta fuori diedi una spinta a James per farlo camminare verso
Dominique. Lui rimase per mezz'ora fermo in mezzo alla strada, poi
deglutì e infine si diresse con passo malfermo verso la mia
amica
mentre io osservavo la scena da lontano.
«Ehi,
Domi...» James la chiamò. Lei era appoggiata al
pozzo al centro
della piazza e al sentire il suo nome si girò verso di lui.
«Mi
dica»
«Io...io...»
James sembrava non ricordare più le parole e stavo
già per
strapparmi i capelli quando ricominciò «io ho
comprato dei
cioccolatini per te» e mise la scatola tra le mani di
Dominique. Lei
guardò la confezione sgranando gli occhi sorpresa, poi
soppesò
James con uno sguardo (e scommetto che lui nel frattempo si stesse
cagando addosso) poi disse:
«mi
dispiace, ma non posso accettarli»
James
spalancò la bocca «Perché?»
«Sono
a dieta. Dovresti saperlo» calcò per bene quel
“dovresti saperlo”
come a farglielo ricordare, come se dovesse saperlo per forza.
Ma
che cavolo! Nemmeno io lo so!
Pensai disperata mentre vedevo la mia terza idea cadere.
«Oh»
fu l'unico commento di Jamie che abbassò la testa
«scusa»
«Già,
ma dovresti saperlo» ripeté.
Dovetti
usare tutta la mia concentrazione dal trattenermi e ficcarle ogni
cioccolatino in bocca. Si poteva sapere che cazzo le prendeva?!
«Ehi,
se non giocate spostate il vostro culo»
Dopo
aver passeggiato per le vie andammo a sederci in un campo da basket a
riposarci. Eravamo là seduti a parlare quando
arrivò una banda di
ragazzi babbani sui sedici anni e il ragazzo che aveva parlato teneva
un pallone sotto il braccio.
«Mhhh.
Giocate a Basket?» chiese Fred adocchiando il pallone.
Il
ragazzo inarcò il sopracciglio «e se anche fosse,
rosso?»
«Io
gioco» disse alzandosi e scrollandosi pantaloni con le mani,
poi
guardandoci «qualcuno mi segue?»
«Certo»
il ragazzo lo interruppe sprezzante «e con che
pallone?»
«Con
il vostro naturalmente» continuò Fred mostrando
calma e quando vide
l'altro inarcare ancor di più la sopracciglia aggiunse
«che ne dite
di una sfida? Voi contro...»
«tu
contro tutti?» lo bloccò ancora.
«No»
dissi d'istinto «gioca anche James» e mollai una
pacca sulla spalla
al citato.
Lui
mi guardo spaventato e sussurrò «sei
impazzita?»
«Se
giochi e vinci potresti fare colpo su Domi»
Lui
a queste parole parve rianimarsi e si mise al centro del campo vicino
a Fred.
«Due
contro sette?» l'avversario sembrava veramente scettico.
«Tre
contro sette» lo corresse Al alzandosi con disinteresse
«gioco
anche io»
«Volete
proprio perdere» ghignò il ragazzo.
E
invece vinsero.
Ok,
non fu del tutto merito loro visto che mi misi in mezzo io con la
magia (ad esempio mettere un campo di forza intorno al nostro
canestro, dirigere la palla dove voglio io, correggere i tiri di
James facendo in modo che non sbagli neanche un canestro...) ma
l'importante è vincere, no?
Quando
la partita finì 25 a 5 per noi (sì, li avevano
stracciati) dissi a
James di andare da Dominique. Lui eseguì l'ordine e cercando
di fare
un sorriso smagliante e sexy disse:
«Allora?
Come sono andato?» e aprì le braccia.
«Merlino,
James. Sei tutto sudato, puzzi» fu l'unica risposta che
ottenne con
annesso labbro arricciato dallo schifo.
Sul
serio, non so cosa mi trattenne dal gettarmi in ginocchio insultando
tutte le Divinità presenti al mondo.
**
Alla
festa c'ero andata con una gonna scozzese di Rose e una maglietta a
maniche corte bianca di Roxanne, maglietta ormai tutta stropicciata
visto che avevo passato tutto il tempo a maltrattarla con le mani.
Perché?
Perché
sto aspettando una cosa impossibile, ovvero che quell'idiota di Al mi
inviti a ballare.
Cosa
che non aveva ancora fatto troppo impegnato a rallegrare la sua dama.
Lanciai
l'ennesimo sospiro, cazzo stavo cominciando ad assomigliare a una di
quelle donnine innamorate perse dei romanzi rosa che vendevano
all'edicola sotto casa, potevo essere più ridicola?
Non
che James fosse messo meglio di me.
Una
volta arrivati alla festa avevo lasciato passare qualche canzone
prima di dire barra ordinare a James di invitare Dominique a ballare.
«Ma
io non so ballare»
«dettagli»
«E'
incollata al suo ragazzo»
«Bene,
scollala»
Inizialmente
credevo che la cosa avesse anche funzionato, lui era andato
là,
inciampando un po' sulle parole le aveva chiesto il ballo, il
fidanzatino si era allontanato prendendo un'altra dama («solo
per un
ballo» aveva detto) e i due si erano messi a ballare.
Poi
James aveva pestato i piedi a Dominique e questa aveva fatto una
scenata cosmica insultando in modo colorato dandogli dello zuccone,
idiota, insensibile, mongoloide, deficiente, stupido, troglodita,
insensibile, scemo, incapace, imbranato, insensibile, scimmia,
babbuino e altri centro tipi di scimmie, troll, ingenuo, insensibile
e dopo non mi ricordo.
«Dominique,
ma si può sapere che ti prende? Ti ha solo pestato i
piedi» ero
accorsa in suo soccorso.
«Solo?
Solo?! E poi tu devi stare solo zitta! Prima ci provi come Fred, poi
te la fai con Al, poi illudi il povero Frank, poi fai cose sconce con
sconosciuti e adesso sei tutto uno a stare con James. Si può
sapere
che ti prende a te!» poi mi aveva guardato sprezzante
«evidentemente
tu e Albus eravate la coppia perfetta, peccato che lui ti abbia solo
presa per il culo»
Ammutolita,
sorpresa e ferita.
Ecco
come mi ero sentita quando Domi aveva girato i tacchi facendo
ondeggiare la sua chioma rossiccia.
Ammutolita,
sorpresa e ferita.
«Non
è andata bene, vero?» aveva detto James.
«A
quanto pare» avevo sussurrato.
«E'
tutta colpa mia»
«non
è colpa mia»
«sì
che lo è» ed era andato via. Non so dove, il fatto
è che mi
sentivo talmente male per ciò che mi aveva detto Domi che
non mi
sembrava più di far parte di quella festa, ma di esserne
completamente estranea.
E
ora mi trovavo seduta in una sedia fuori dalla stanza, con la
maglietta stropicciata e in stato di depressione acuta.
Il
cielo era nuvolo e non si vedeva nemmeno una stella, nemmeno la luna,
ma faceva caldo, troppo caldo per essere solo una giornata di Aprile.
La
porta della sala della festa si aprì e per un attimo sentii
l'eco
della musica e delle risate, poi si richiuse e tornò il
silenzio.
Rumore
di passi.
Delle
scarpe un po' trasandate si fermarono sulla mia visuale.
«Brutta
serata?» mi chiese Albus.
«Abbandonato
la tua dama?» chiesi in contemporanea.
Rimasi
con la testa bassa a fissare le sue scarpe tentando di trattenere un
sorriso.
Le
scarpe si mossero e lui si sedette vicino a me sulla panca.
«E'
andata a prendere da bere e ho preferito scappare» alzai lo
sguardo
e lo fissai. Aveva un che di strano nello sguardo.
O
forse sono io ad essere rincitrullita del tutto...
«Scappare?»
chiesi. Stavamo avendo una conversazione da soli, da soli e non avevo
nessuna intenzione di farla finire come le precedenti.
«Sì,
a volte Anna è un po' troppo....appiccicosa» mi
spiegò
socchiudendo gli occhi.
«Non
dovresti pensare questo della tua ragazza» gli feci notare.
«Ma
è la verità»
«E
allora perché stai con lei?» avevo il cuore in
gola che batteva
furiosamente.
Lui
rimase zitto qualche secondo a pensarci, poi rispose
«perché lei sa
come farmi tornare sempre indietro, diciamo che mi tieni in
pugno»
«Non
è una bella cosa, credo»
«Già,
ma almeno così sono felice»
Al
che sentii un forte crampo allo stomaco che mi fece piegare in due.
Con lei era felice, con me non lo era.
«Tu,
invece» mi apostrofò stiracchiandosi
«hai deciso di ripiegarti su
mio fratello?»
Ci
misi qualche secondo a capire cosa intendesse e quando lo capii
sbottai:
«Non
mi piace James. Non mi piace Fred. E non mi piace Frank. Smettetela
di rompere le ovaie!»
Lui
mi guardò con gli enormi occhi verdi sgranati, poi
ghignò
«certo,
allora sentiamo chi è che ti piace?»
Tu.
«Nessuno»
Intrecciò
le mani e io mi incantai a fissarle. Mi piacevano, erano belle ma non
perché erano affusolate, lisce o chissà cosa.
Erano le sue mani.
Quando
rialzai gli occhi Al mi fissava sorridendo, poi si alzò e
con un
buffo inchino mi chiese:
«Milady,
vorrebbe offrirmi l'onore di questo ballo» e senza aspettare
risposta mi prese le mani portandomi in un ballo lento e molto
impacciato, più di una volta ci pestammo i piedi.
Non
mi sembra vero.
Sto
sognando?
Ma
chissenefrega!
Alla
fine mi aveva invitata a ballare e sentii tutto il peso del mondo
sollevarsi dalle mie spalle e sparire in un sbuffo, fu come quando
andavo al mare e nuotavo nel fondo, sempre più
giù, con la
pressione sempre più forte, sempre più
giù ma poi il bisogno di
ossigeno diventava impossibile da gestire e tornavo su, i polmoni
urlavano dal dolore, mi sentivo pesante e avevo la sensazione di non
muovermi di un millimetro con il terrore di restare bloccata nel
fondo del mare, poi colpivo la superficie e l'aria fredda mi invadeva
i polmoni con la sensazione di respirare per la prima volta.
Ecco,
quel ballo fu proprio così, mi sembrò per
respirare per la prima
volta.
Fu
un attimo, i nostri occhi si incontrarono, la mia presa sulla sua
mano si fece più salda, i nostri visi erano a pochi
millimetri di
distanza e lui si staccò.
Con
uno scatto mollò la mia mano indietreggiando velocemente
lasciandomi
immobile, impalata e sorpresa al mio posto.
«Scusami,
devo andare a cercare Anna» bofonchiò prima di
scappare di nuovo
dentro la sala lasciando uscire la musica.
Le
note della canzone erano quelle di “Stay the Night”.
Abbandonai
le mani lungo i fianchi.
Infondo
lui era felice con Anna, cosa mi aspettavo? Un bacio?
Povera
illusa.
**
Il
giorno dopo mi svegliarono le campane della chiesa per la messa
Pasquale e una forte nausea che mi fece vomitare nel bagno della
tenda tra gli urletti schifati di Lucy.
Stavo
cominciando a non sopportarla.
La
nausea era continuata tutto il giorno ed era aumentata alla vista dei
piatti di nonna Molly durante il pranzo; ma fosse stato solo questo
il male peggiore lo avrei sopportato tranquillamente.
Dominique
continuava a guardarmi male.
Albus
mi ignorava.
James
era la tristezza fatta persona.
Fred
non sembrava nemmeno lui, non solo per i capelli che si erano
notevolmente scuriti, ma aveva anche uno sguardo folle e
febbricitante. Nonna Molly aveva passato tutta la mattinata a
tastargli la fronte per controllare se avesse la febbre con grande
fastidio di questo.
Stavo
cercando di evitare l'ennesimo piatto di pasticcio scaricandolo nel
piatto di Hugo quando un forte crack fece ammutolire i presenti nella
sala da pranzo. Più di venti teste si girarono verso la
porta dove
un uomo sulla ventina stava si aggrappava alla maniglia della porta
sul punto di svenire, aveva i capelli rossi e due occhi azzurri
limpidi, un viso familiare.
Mi
alzai.
«Papa?»
«Forge?»
si sovrappose a me George.
Mio
papà, Federico Flox alias Fred Weasley, si girò
verso il gemello
sussurrando.
«Ehilà,
Gred»
Poi
svenne.
|
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Capitolo 35 *** Tutta la verità (parte I) ***
Cap.
35
Tutta
la verità (parte I )
**
No
I’m never gonna leave you darling
No
I’m never gonna go regardless
Everything
inside of me is living in your heartbeat
Even
when all the lights are fading
Even
then if your hope was shaking
I’m
here holding on
**
Era
sera ed era molto tardi, sapevo solo questo.
Appena
papà era svenuto nella sala era scoppiato il finimondo ma io
ero
troppo frastornata per capire cosa diavolo stesse succedendo. Poi
Audrey, la moglie di Percy (non mi va di fare la battuta), si era
alzata lanciando un “SILENZIOO” talmente forte che
mi aveva
risvegliato dal mio stato vegetativo.
«ora
voi vi sedete» aveva poi detto una volta che la sala si
silenziò «e
lasciate lavorare me, la medimaga, e guai a voi se mi
disturberete»
e con uno sguardo truce si era avvicinata a papà, aveva
controllato
un po' di cose poi se lo era portato su in una della tante camere per
visitarlo e medicarlo. Verso le cinque era arrivato anche un gufo con
pozioni e altre cose simili.
Ovviamente
il Clan non aveva ripreso a mangiare come nulla fosse, ma si era
trasferito in salotto a fare possibili ipotesi sulla nuova faccenda,
ipotesi una peggio dell'altra. Solo i miei amici erano rimasti in
silenzio, loro probabilmente avevano capito la situazione e mi
lanciavano spesso sguardi di sottecchi per controllare la mia
reazione.
Io
non feci avvicinare nessuno a me, non volevo nemmeno essere sfiorata,
pretendevo una distanza di sicurezza di un metro almeno. Frank aveva
provato più volte ad avvicinarsi o ad abbracciarmi ma io ero
sempre
schizzata via come un animale braccato e ferito e per scappare da
loro andai al piano di sopra per posizionarmi come una sentinella
davanti alla porta ma una volta su trovai già George seduto
sul
corridoio con la schiena appoggiata al muro a fissare la porta
incantato. Io mi ero seduta accanto a lui, spalla contro spalla, a
fare la medesima cosa senza una parola. Anche lui rimase zitto.
Era
evidente che solo lui poteva capire come mi sentissi, forse lui stava
anche peggio di me.
Verso
l'ora di cena (lo so perché il mio stomaco brontolava)
Audrey uscì
dicendo che lei aveva fatto tutto ciò che doveva fare e che
papà
doveva solo riposare «azzardatevi a disturbarlo e vi
farò pentire
di essere nati» ci aveva minacciato alla fine. Provai uno
slancio di
simpatia per quella donna con gli enormi occhiali quadrati e fu
l'unica alla quale sorrisi per tutto quel tempo.
Ma
la cosa più strana era che il ritorno di papà era
durato dieci
secondi al massimo, era successo tutto troppo veloce in modo troppo
irreale; io mi ero immaginata il suo ritorno in maniera più
lunga e
con più dettagli. Ma tutto quello che ricordavo era lui,
aggrappato
alla maniglia della porta, le sue ferite, il suo viso stanco e quel
sussurro “ehi Gred”.
Però
non seppi mai a cosa stesse pensando George, aveva un'espressione
indecifrabile e di sicuro doveva essere anche la mia.
Era
sera ed era molto tardi, sapevo solo questo, quando la porta davanti
a me si aprì cigolando e papà si
appoggiò allo stipite con la
testa fasciata, un pigiama troppo corto e il braccio fasciato alla
spalla.
Sia
io che George dicemmo la stessa cosa:
«Voglio
sapere la verità. Tutta la verità.»
Lui
annuì e non fece nemmeno in tempo a parlare che il resto del
Clan si
presentò all'entrata del corridoio con Audrey a guidarli.
«Vi
avevo detto di non disturbarlo!»
«Ma
tu...» nonna Weasley (Oh zeus, è veramente mia
nonna) stava
piangendo incredula «tu sei vivo...»
«Com'è
possibile?»
Altri
voci si aggiunsero ma Harry uscì dal gruppo con la bacchetta
puntata
davanti a sé e disse:
«Dimostra
di essere veramente Fred Weasley»
Papà
rimase in silenzio, lo sguardo vitreo ma poi disse «sei stato
tu a
finanziare il nostro negozio di scherzi. Sono stato io a trasformare
l'orsacchiotto di Ron in un ragno...» e si lanciò
a elencare una
lista di cose che aveva fatto, di scherzi, di parole e altri piccoli
momenti di vita. Quando finì Harry abbassò la
bacchetta e disse
sempre con tono professionale:
«hai
molte cose da spiegarci» poi, tornando con il solito tono
«Bentornato a casa»
**
«Tu
dovresti essere morto, perché non lo sei?»
La
prima domanda la fece Percy, «tu sei morto per colpa
mia» aggiunse
poi.
«Non
è stata colpa tua» disse subito «e io
non posso morire» socchiuse
le labbra e attesi che sganciasse la bomba «io sono
immortale»
La
frase fece il suo effetto e la calma sparì in un lampo e la
stanza
si riempì di nuovo di urla.
«STATE
ZITTI!» questa volta fu Hermione a urlare «Usiamo
il fiato solo per
fare domande e il cervello per capire.» poi rivolgendosi a
papà
«Immortale? Sei un vampiro?»
«No,
non sono un vampiro» fece una pausa «il nome
corretto sarebbe De
Immortalis e sono, siamo, una razza molto antica, potente e a rischio
di estinzione. Non nasciamo immortali lo diventiamo solo salvando uno
dei quattro spiriti più potenti che ti donano la
libertà per il
gesto»
«E
tu ne hai salvato uno» indovinò Hermione.
Papà
annuì «Celine, lei rappresenta il fuoco
e...»
Mi
lanciò uno sguardo poi sospirò «Mi
dispiace, ma non so come farvi
capire, devo farvi entrare nella mia testa, ma non ho ancora
abbastanza energia per farlo...»
«Prendi
la mia» dissi d'istinto alzandomi dal mio posto. Tutti i
presenti in
sala si girarono a fissarmi e cercando di mantenere salda la voce
aggiunsi «so come si fa, posso prestartela»
«Ma
perderesti la magia...» mi fece notare qualcuno, non capii
chi e non
cercai di capire.
«No,
non la perderò» guardai papà negli
occhi «so cosa sono»
Fece
un sorriso amaro «hai trovato lo stesso un modo per
interrogare il
libro» sospirò «almeno sarà
più facile da capire»
Gli
presi la mano per donargli una parte delle mie energia e sussurrai
una delle parole che il fantasma di Serpeverde mi aveva insegnato;
nella mia mente c'era solo la mia mano a contatto con quella di
papà,
la sua era fredda anche se sudata e io ero lì a stringere la
sua
mano, la sua, erano sue quelle dita, quei palmi, era lui, proprio
lui, davanti a me. Era vivo, stava bene.
Era
lì con me.
Fu
come se si fosse rotto un incantesimo e con uno slancio lo abbracciai
stretto iniziando a piangere dal sollievo mentre la magia continuava
a fluire verso di lui. Lo stavo stringendo, stava ricambiando il mio
abbraccio, eravamo ancora insieme e improvvisamente non mi
interessò
più nulla. Che se ne importava se in realtà era
Fred Weasley? Che
se ne importa? Lui era là, era vivo, era con me e al momento
questa
era la cosa più importante.
Quando
scostai la testa per guardarlo in viso notai che il suo sguardo era
più lucido e sveglio e la pelle più rosea
– l'incantesimo aveva
funzionato – ma anche lui stava piangendo piccole lacrime
silenziose.
«Papà,
io devo sapere» sussurrai e lo dissi perché era
davvero un dovere.
Mi
prese le mani e mi fece sedere vicino a lui «sei
pronta?»
Annuii.
Poi
la stanza scomparì e mi ritrovai immersa nel passato.
**
Aprile
1997.
La
Tana, ovvero il nuovo Quartier Generale dell'Ordine della Fenice.
«Fred,
George?» Molly Weasley bussò alla porta dei
gemelli e quando l'aprì
del fumo azzurro uscì insieme ad imprecazioni e scoppi di
genere non
identificato.
«Fred
e George Weasley! Cosa diavolo state facendo?!» dall'uscio
uscì
Fred con tutta la camicia a quadri spiegazzata, i capelli sparati in
aria in tutte le direzioni e il viso sporco di fuliggine.
«Ehi,
ma'» disse allegro «stiamo solo...»
«...facendo
un esperimento per il negozio» gli completò la
frase.
La
signora Weasley sembrò sul punto di fare una delle sue
ramanzine ma
poi lasciò perdere e sospirando disse:
«sistemate
la camera e datevi una ripulita, Alastor vi vuole vedere»
«Agli
ordini!» fecero i gemelli.
«E...ragazzi!»
li richiamò «non fate altri esperimenti
finché state qui, non
voglio vedere la mia casa saltare in aria»
«D'accordo
donna»
«lo
faremo di nascosto» E così dicendo chiusero la
porta in faccia alla
madre.
Quando
furono pronti uscirono dalla stanza con le camice chiuse nei bottoni
giusti e la camera ancora in disordine e andarono nel soggiorno dove
un uomo che il viso sfigurato e un occhio blu elettrico al posto di
quello di destro* li aspettava seduto in uno dei divani sorseggiando
il the con Molly.
«Oh,
finalmente» borbottò l'uomo con il viso sfigurato,
gli mancava metà
naso «Molly, lasciaci pure soli» si rivolse alla
donna la quale
storse le labbra, fece per ubbidire ma una volta sull'uscio disse
«Alastor, vorrei ricordarti che hanno appena compiuto
diciannove
anni»
«sono
maggiorenni» ribatté pacato «e possono
rifiutare»
«Qualche
missione per l'Ordine?» chiese George.
«Ovvio
che accettiamo» fece Fred.
«Sarà
pericoloso?» continuò George.
«Molly»
disse Alastor lanciandole un'occhiata significativa e finalmente lei
uscì. Quando rimasero soli l'uomo si alzò e con
la bacchetta
perquisì tutta la casa.
Fred
fece una smorfia «vigilanza costante, eh,
Malocchio?»
«E'
il motivo per cui sono ancora vivo» fece un sorriso
agghiacciante.
«Comunque»
fece una volta appurato che la casa fosse sicure «ho una
missione da
affidarvi»
«Spara»
L'uomo
puntò l'occhio blu sul viso di Fred «prendete le
cose con troppa
leggerezza»
«Ci
vuole un po' di umorismo in questi tempi deprimenti»
«In
ogni caso» Malocchio alzò la voce e
iniziò a spiegare «abbiamo
individuato un manipolo di Mangiamorte in un edificio isolato a est
di Londra e stanno sorvegliando qualcosa, qualcosa di molto
potente»
li guardò.
«Dobbiamo
recuperarlo» indovinò Fred.
«Esatto,
andrai tu con due auror appartenenti all'Ordine e...»
«Come,
lui e io intendi» lo interruppe George.
«Ho
detto esattamente quello che intendevo» lo
rimbeccò «Fred sarà
scortato da due auror che lo aiuteranno a superare le difese e a
tenere i Mangiamorti occupati mentre lui recupererà
l'arma»
«E
io?! Non puoi dividerci» protestò George.
«Esatto!
Dove va lui vado anche io» Fred incrociò le
braccia al petto.
Malocchio
ringhiò: «i Mangiamorte lo sanno che noi tre siamo
gli unici agenti
disponibili. Ci tengono d'occhio giorno e notte» li
fissò bene
«Abbiamo bisogno di un diversivo per tenerli impegnati.
Mentre Fred
recupererà l'arma io e te assaliremo un edifico dalla parte
opposta
della città dove è rifugiata Bellatrix e un altro
paio di pezzi
grossi. Ora la missione che mi interessa veramente è quella
di Fred
ma se nel frattempo mettiamo a segno qualche altro obiettivo ben
venga terminò.»
«Continuo
a pensare che non sia una buona idea» George era irremovibile.
«Perché
non puoi andare tu a prendere l'arma mentre noi
guidiamo il diversivo?»
«Perché
io ho un aurea magica più potente e visibile della vostra,
mi
riconoscerebbero subito. Inoltre nel diversivo, George, sarai
accompagnato da un manichino animato che rappresenti Fred per non
destare nessun sospetto»
«Ma...»
«niente
ma, questi sono gli ordini e noi dobbiamo rispettarli.»
I
due gemelli si guardarono.
«Dopo
ci rivedremo, vero?» chiese George.
«Ovvio,
nessuno ci può dividere» lo rassicurò
Fred.
Edificio
a est di Londra.
Fred
si chiese se Malocchio non gli avesse mentito sulla storia
dell'importanza della sua missione non fosse una bufala.
Sì,
insomma, non può avermi dato degli incapaci del genere.
«Ehi,
Bobby, che ne dici di spegnere la fiaccola?»
Fred
di costrinse a non attaccarlo «Fred. Mi chiamo Fred, non
Bobby. E
questi sono i miei capelli»
idiota.
L'idiota
in questione, un certo Andrew Blondweist soffocò una risata
di
scherno. Cercando di evitare lui e il suo compare prese lo
specchietto comunicante che gli aveva dato Malocchio e
chiamò il suo
gemello. Quando comparve la sua immagine disse:
«Stiamo
per entrare, ho messo i Mangiamorte di guardia a k.o. Voi come siete
messi?»
«qui
è tutto apposto. Proseguite piuttosto»
«ricevuto»
Fred
fece un'altra smorfia quando sentì l'idiota uno cadere e
l'idiota
due ridere ma non commentò ed entrò
nell'edificio.
Stava
procedendo tutto liscio quando l'idiota due ebbe la brillante idea di
inciampare e provocare un fracasso tale che anche nell'edificio dove
c'era sua gemello di sicuro lo sentirono.
Da
una porta laterale uscì un manipolo di Mangiamorte che
subito
iniziarono a sparare incantesimi.
E
addio all'effetto sorpresa... pensò Fred mentre schivava una
Maledizione e lanciava uno scudo in difesa di sé e degli
idioti che
si trovava per compagni. La situazione rimase in stallo per un po'
fino a quando il rosso trovò un punto debole tra le difese
degli
avversari e mandò in frantumi la loro barriera.
«A
qui ci pensiamo noi, Bobby» disse l'idiota uno «va
pure a cercare
l'arma»
Fred
non ci pensò nemmeno e corse via sbottando «Fred,
idiota, Fred!»
poi sparì dietro a una porta cercando di far fuori
più avversari
possibili. Nella sua fuga si ritrovò in una stanzetta con
tre
Mangiamorte e si nascose dietro una cassa di legno e spiarli. Il trio
strattonava una figura incatenata e incappucciata cercando di
portarla via ma quella faceva resistenza.
Hanno
un ostaggio...
«Muoviti
Travers!» sbottò uno «siamo stati
attaccati»
«Non
vuole collaborare» disse il secondo cercando di trascinarla.
«Basta
così!» il terzo colpì la figura
violentemente facendola cadere in
ginocchio, il cappuccio le scivolò dal viso rivelando una
ragazzina
esile e dai capelli rosso scuro.
Fred
sentì dentro di sé montare la rabbia e con uno
scattò saltò fuori
dal nascondiglio colpendo i due Mangiamorte che la strattonavano
lasciando il terzo completamente basito.
«Le
donne» disse il rosso preparandosi a colpirlo «non
si devono
sfiorare nemmeno con un fiore» dopodiché gli
lanciò uno
schiantesimo in pieno petto. Quando l'uomo cadde a terra svenuto si
avvicino alla ragazza e tentò di liberarla con la magia.
«Non
funziona» disse la ragazza «ci ho già
provato, queste catene
respingono qualsiasi tipo di magia» Fred si
incantò a fissarle gli
occhi, neri e accesi come braci ardenti e con la gola secca disse:
«prendo le chiavi, allora»
ispezionò
gli uomini fino a quando non trovò la chiava e
liberò la fanciulla.
Lei si liberò massaggiandosi i polsi e un espressione
sorpresa le si
dipinse in viso:
«tu
mi hai salvato»
«Mi
sembra il minimo che possa fare» Fred sentì una
strana inquietudine
salire lungo la spina dorsale.
«E
non chiedi nulla in cambio» lo ignorò la ragazza.
Fred
si appoggiò a un fianco mentre sentiva l'adrenalina scemare
e le
lanciò uno sguardo divertito
«Eri
in pericolo, eri prigioniera, ho fatto solo il mio dovere, nulla di
eccezionale anche se sono veramente forte» aggiunse facendole
comparire un sorriso nella labbra fine «Però le
chiedo il suo nome»
«Celine»
rispose «E io ho un grosso debito con te»
Fred
scrollò le spalle «tutti hanno debiti con
me»
La
ragazza rise, una risata cristallina «avrò modo di
ripagare il mio
debito, allora»
«Non
lo sto chiedendo»
«Ma
tu lo meriti» lo fissò a lungo nel silenzio
«ricordati il mio
nome, ricordati di me.» e voltò le spalle
iniziando a camminare
fuori dalla stanza.
«Ehi,
ehi» la richiamò «Celine! Non puoi
andare via, è pericoloso»
«Posso
e lo farò. Ho un altro debito da risarcire» si
girò a guardarlo
«Ti conviene uscire molto velocemente da questo edificio,
Fred, oggi
non sarò magnanime» il ragazzo fu raggelato
dall'occhiata che
ricevette, i suoi occhi erano di fuoco puro. Poi la ragazza
sparì e
contemporaneamente la stanza prese fuoco. E tutto l'edificio.
Fred
non seppe mai come fece a scappare da quell'inferno e a ritrovare i
due idioti, seppe solo poche cose: uno, non aveva trovato l'arma;
due, Celine aveva pronunciato il suo nome senza che lui glielo
dicesse; tre, qualsiasi fosse l'oggetto che cercava a quell'ora era
già ridotto in cenere e, quattro, era successo qualcosa e
lui si era
perso qualche passaggio.
Maggio
1998.
Qualche
luogo nei sogni di Fred.
Quando
Fred aprì gli occhi vide solo buio e scoprì di
galleggiare nel
buio.
Cosa
ci faccio qui? Come sono arrivato qui?
Per
quanto si sforzasse di ricordare non gli veniva in mente niente,
ricordava la battaglia ad Hogwarts, i Mangiamorte, Percy che tornava
indietro e...
Un
muro che ti franava addosso uccidendoti.
Sentì
la paura attraversargli lo stomaco e il vomito risalire le viscere.
Sono
morto? Probabile.
Il
buio fu squarciato da un lampo e per un attimo tutto fu bianco poi il
buio ritornò e con esso una ragazza dai capelli rossi come
fuoco,
lunghi e lisci agitati da un vento inesistente e due occhi neri come
carbone ardente.
«C-Celine?»
Fred si stupì di poter parlare, di ricordare quel nome e di
ritrovarsi quella ragazza davanti.
«Bene,
vedo che ti ricordi di me» disse inclinando la testa di lato
«che
ne dici di camminare? Dobbiamo parlare di tante cose...»
Fred
si guardò intorno chiedendosi dove potessero camminare in
quel nulla
e Celine, quasi a indovinare i suoi pensieri, con un gesto della mano
fece apparire intorno a loro un parco soleggiato con alti alberi.
Iniziarono
a camminare ma Fred non riuscì a staccare gli occhi di dosso
a quela
ragazza e non riuscì a trattenersi:
«Chi
sei? Dove siamo? Perché sono qui? Come..?»
La
ragazza sospirò rumorosamente interrompendolo e disse
«Fred,
devo farti un discorso lungo e ti chiedo di non interrompermi mai,
ascoltami e capisci perché ciò che
dirò è importantissimo»
Fece
una pausa e iniziò a parlare delle Guardiane, dei De
Immortalis, di
quel popolo misterioso, dei poteri, del Chaos e del Delirium, di
Godric e tutto il resto. Quando finì Fred fissò
davanti a sé con
la mascella contratta.
«Quindi
io sono immortale»
«sì»
«sarei
dovuto morire»
«sì»
«ma
io ti ho salvato e tu mi hai donato l'immortalità»
«sì»
«e
non posso tornare dai miei familiari, dal mio gemello, non posso
riavere la mia vita indietro, non posso innamorarmi perché
rischierei di generare un mostro, non posso vivere apertamente
perché
la gente avrebbe paura di me, devo scappare da una setta di
psicopatici, non potrò vivere con il mio gemello,
dovrò stare
lontano da lui per sempre oppure vederlo di nascosto invecchiare e
poi morire senza me. Dovrò cambiare nome, vita, tutto, non
sarò più
io» la guardò «ma allora a che serve
vivere?»
«Ti
ho donato una seconda possibilità» disse la donna
e lui faticò a
credere che fosse la stessa ragazzina che aveva salvato nemmeno un
anno fa «puoi rifiutarla se vuoi e morire»
Voglio
morire?
Quella
domanda gli procurò un'immensa voragine al posto dello
stomaco e si
ritrovò a scoprire quanto desiderasse vivere.
Abbassò
lo sguardo sconfitto, perché la pura della morte
è così forte?
«tranquillizzati»
Celine appoggiò una mano sulla sua spalla
«esistono altre persone
come te e potrai ricominciare con loro»
«Non voglio vivere
rinchiuso sotto terra, voglio essere libero. Io stavo
combattendo per questo quando sono morto» si sentì
in dovere di
spiegare.
«Spiegami
quella cosa del Chaos e del Delirium»
La
donna sospirò «I De Immortalis che derivano da
magici sono i più
pericolosi perché dentro di sé hanno la
mescolanza del sangue della
natura, della magia e dell'immortalità; molto spesso tra i
babbani
nascono uomini o donne speciali, non magici, ma speciali che hanno
qualcosa di pericoloso e meraviglioso allo stesso tempo, se un De
Immortales si innamorasse di uno di questi essere umani il sangue di
tutte le razze entrerebbe a contatto creandone una nuova che
è la
magia, la natura, il mondo e l'universo stesso. Da quella creatura
dipenderebbe il nostro mondo e se sbagliasse la sua
scelta...»
Celine si mordicchiò il labbro «e se sbagliasse la
sua scelta
saremmo tutti condannati»
Fred
pensava, ci doveva essere una soluzione.
«ma
non tutte le babbane sono così, e io potrei innamorarmi
anche di una
strega»
Sorrise,
lei, indulgente «avresti il coraggio di legarti a una persona
anche
se la vedrai invecchiare, morire quando in te non cambierà
nulla?»
Fred
a quel punto avrebbe voluto mandare tutto a fare in culo, ma disse:
«Nella
vita ci vuole coraggio»
Anche
per morire ci vuole coraggio,
gli ricordò una vocina fastidiosa.
Celine
sospirò poi disse: «ora sai tutto e posso
riportarti nel mondo
reale» con uno svolazzo della mano si ritrovò nel
cimitero del suo
paese natale, davanti alla sua tomba.
Tu
per il mondo sei morto.
«Ricorda
ciò che ho detto» lo richiamò Celine
«ricordatelo, perché è
molto importante»
Silenzio.
«Hai
un nuovo conto in una banca estera, hai l'assicurazione sanitaria
Americana, passaporti e carte d'identità, soldi e altre cose
in modo
che tu abbia dei mezzi per ricominciare.»
Ricominciare,
era questo che fece paura a Fred.
Capodanno
2000.
Qualche
luogo in Spagna.
Fred
fissò i fuochi d'artificio illuminare il cielo notturno.
Aveva
passato quei tre anni in fuga, scoprendo da solo i proprio poteri,
imparando a sfruttarli da solo.
Vivendo
solo.
Molto
spesso si chiedeva se non avesse fatto meglio a scegliere di morire
che vivere ma ogni volta quella paura tornava prepotente
costringendolo a scappare via.
Aveva
scoperto che poteva materializzarsi ovunque, anche tra continenti
senza che il ministero locale lo scoprisse, aveva scoperto che poteva
cambiare il proprio aspetto restando sé stesso, aveva
scoperto
tanto.
Però
pensava ancora a George, ogni volta, sempre, e sentiva il cuore
cadere a pezzi, si sentiva come se gli mancasse una parte di
sé. Si
sentiva incompleto, fatto male, sbagliato, non c'era nessuno disposto
a completare le sue battute.
Stava
camminando cercando di scacciare via la tristezza quando una ragazza
dai capelli ricci e gli occhi rossi gli si avvicinò dicendo:
«Buon 2000»
«Anche
a te» ricambiò atono.
La
ragazza si posizionò di fronte a lui e proclamò
«so chi sei,
Fredrick Weasley, so cosa sei»
«io
non so chi sei tu» Fred rimase calmo ma pronto a scappare o a
combattere.
«io
sono Tosca Tassorosso»
«Ah»
Fred ricordò quello che gli aveva detto la sua guardiana sui
Fondatori di Hogwarts «cosa vuoi, quindi?»
Tosca
lo fissò prima di irrompere in una risata fredda
«certo che gli
assomigli tantissimo»
«A
chi?» i muscoli di Fred s'irrigidirono quando lei lo
sfiorò.
«A
Godric» gli occhi della ragazza brillavano folli e il ragazzo
si
scansò.
«tu
vaneggi» e fece per andarsene ma lei lo bloccò per
un braccio.
«io
conosco il tuo destino!» sibilò «tu sei
un gemello, tua figlia
sarà una gemella e i tuoi nipoti saranno gemelli, tu sei
l'inizio,
tu avrai il Chaos e il Delirium e tu potrai contenere solo uno di
essi, Godric Grifondoro» disse l'ultimo nome con una voce
diversa e
Fred non riuscì più a muoversi come se il suo
corpo rispondesse ad
un antico richiamo.
«Quando
il Delirium vincerà fluirà dentro di te e
finalmente Godric
rinascerà»
«Non
sono io il nuovo mostro» sibilò Fred riuscendo
finalmente a
muoversi.
«No»
«E
allora cosa stai farneticando?»
«Godric
quando tornerà userà il tuo corpo.»
«Non
tornerà, è morto»
«Sì,
invece» scattò «solo perché
le tue sciocche Guardiane dicono
questo non significa che sia necessariamente la verità. Lui
tornerà,
unisciti a me!»
«Vattene»
disse Fred con tono imperioso «vattene»
E
prima che la ragazza potesse ribattere lui si smaterializzò.
Marzo
2002.
America,
New York.
Una
ragazza con folti capelli castani fotografava il mare quando le si
presentò davanti un ragazzo ferito e svenuto con i vestiti a
brandelli. Lanciò un urlo e velocemente accorse per vedere
se fosse
vivo; lo era, respirava ancora anche se debolmente. Con mano tremante
prese il telefono e chiamò un ambulanza.
Quando
il ragazzo si svegliò erano in una sala d'ospedale. Helen,
era
questo il nome della ragazza, era rimasta per tutto il tempo accanto
a lui; lei trovava che quel viso avesse qualcosa di ipnotizzante e
non aveva fatto altro che fissarlo ed era sicura che avrebbe potuto
disegnarlo ad occhi chiusi.
Be',
lo sapeva perché era quello che aveva fatto per tutto quel
tempo.
Quando
il ragazzo aprì gli occhi Helen si avvicinò ancor
di più e con un
gesto incondizionato gli prese la mano. Il ragazzo ebbe uno scatto e
si alzò a sedere come pronto alla fuga e Helen si
trovò a fissare
dei meravigliosi occhi azzurro cielo.
«va
tutto bene, va tutto bene» lo rassicurò
«scusami» aggiunse poi
abbassando lo sguardo arrossendo un pochino.
Il
ragazzo rimase a fissarla in silenzio e lei sentì crescere
dentro di
sé l'imbarazzo così chiese:
«come
ti chiami?»
Silenzio.
Poi: «Fred, Fredrick Weasley»
«Io
sono Helen Flox» e gli tese la mano, il ragazzo la
guardò dubbiosa
prima di stringerla.
«Vado
a chiamare i dottori, li avverto che ti sei svegliato» la
ragazza si
alzò e uscì dalla stanza lasciando un quadernetto
sulla sedia. Fred
aggrottò le sopracciglia e lo prese iniziando a sfogliarlo,
conteneva dei disegni meravigliosi e si stupì che nelle
ultime
pagine ci fosse proprio lo schizzo del suo volto. La porta si
aprì
ed entrarono due dottori seguiti da Helen che avvampò appena
notò
che Fred stringeva tra le mani il suo quadernino. Lui fece un sorriso
timido e lo rimise al suo posto mentre i dottori si affaccendavo
intorno a lui e la ragazza rimase in disparte in un angolino.
Fred
la fissò e si accorse che era carina, aveva dei folti
capelli
castano scuro che gli ricordavano quelli di Hermione, una lunga
frangia spettinata le copriva la fronte mentre gli occhi cioccolato
brillavano di curiosità, non era magra ma non la trovava
nemmeno
grassa, equilibrata insomma, anche se era un po' bassina.
I
dottori gli fecero qualche domanda distraendolo dalla sua analisi e
gli chiesero di identificare la sua assicurazione sanitaria e altre
diavolerie simili.
«Non
avete nulla, anche se quando siete arrivati stavamo già
pensando a
un trauma cranico ma adesso siete sano come un pesce, i tagli non
erano poi così profondi. Siete stato aggredito, per
caso?»
«Sì»
rispose Fred «stavo passeggiando sul porto quando un gruppo
di
uomini mi ha assalito di sorpresa»
«Siete
stato fortunato, poteva finire peggio. Lei viene dall'Inghilterra,
giusto?»
Annuì.
«Potete
fare una richiesta di risarcimento se vi hanno derubato di cose di
valore e dovrete fare una copia del passaporto e della carta
d'identità»
Passò
un altra ora fino a quando poterono dimettere Fred e uscire
dall'ospedale. Helen lo seguì di nascosto, cercando di non
essere
vista.
Erano
a un incrocio quando Fred guardando una vetrina disse:
«Comunque
sei molto brava a disegnare, Helen»
la
ragazza, colta in fragranza, uscì da dietro l'angolo con
sguardo
colpevole e rosso di vergogna.
«Segui
tutti quelli che salvi, principessa?» continuò
divertito
proseguendo fino a un bancomat per prelevare un po' di soldi dal
conto creato da Celine.
«N-no»
balbettò lei andandogli dietro.
«Comunque»
fece lui premendo i tasti per il codice «sei molto brava.
Quanti
anni hai?»
«Diciassette»
rispose.
«Io
diciotto» aveva deciso di dire meno anni di quanto avesse
quando era
'morto' per una maggiore copertura, poi si accucciò a
prendere i
soldi che erano usciti dal bancomat. Una volta compiuta l'operazione
si girò verso Helen e le chiese «Ti andrebbe di
prendere un caffè
con me?»
Lei
accettò.
«E
così sei un artista» concluse Fred.
Erano
in uno Starbucks da più di due ore e il suo muffin era
ancora a
metà.
Inizialmente
Helen era stata timida e tenere in piedi una conversazione era stato
più difficile che combattere contro dei Mangiamorte ma dopo
alcune
domande e molti sorrisi si era rilassata e aveva iniziato a parlare
in maniera più sciolta e non a monosillabi. Aveva anche
iniziato a
sorridere e Fred trovava il suo sorriso bello perché non si
limitava
alle labbra, raggiungeva anche gli occhi facendoli brillare in una
maniera dolce e contagiosa, gesticolava molto ed era anche un po'
pasticciona per questo fatto, infatti spanse molti bicchieri.
Frequentava
il liceo Artistico, nel pomeriggio dopo i compiti aiutava i suoi
genitori a gestire un bar tradizionale poco fuori dal centro e nel
tempo libero dipingeva, fotografava, scriveva e faceva un sacco di
altre attività simili.
«E
così sei un artista»
Helen
arrossì e si nascose dietro la sua tazza di caffè
borbottando:
«le
mie compagne di corso dicono che non lo sono»
Fred
alzò un sopracciglio e lei spiegò meglio
«dicono che non saranno
quattro strisci di pennello a fare di me un artista»
«Te
lo dico io» fece Fred guardandola attentamente
«cosa non fa una
persona un'artista. Non lo sei se indossi abiti alla moda e scomodi,
non lo sei se ascolti musica che nessuno conosce solo per fare
l'alternativo, non lo sei se guardi film stranieri indiani e nemmeno
se passi la vita a fumare o a bere solo caffè. Tu sei un
artista
quando fai arte» le prese il quadernino e mostrandole il
ritratto
che gli aveva fatto quando dormiva continuò «e se
questa non è
arte io sono rosso tinto»
Lei
rise alla battuta imbarazzata da quel complimento, poi si
schiarì la
voce e cercando di farsi coraggio gli disse:
«Tu
adesso sai tutto di me, ma io non so niente di te»
«Nemmeno
io so niente di me»
«Come
no?»
«Diciamo
che mi sto reinventando, ricominciando da zero e non mi piace
ricordare quello che ero»
«Bello
e simpatico in fuga dal suo passato»
«Esatto,
ma io direi bellissimo»
Entrambi
risero e Helen spostò una ciocca di capelli dietro
l'orecchio.
«Quindi
cos'hai intenzione di fare?»
«Trovare
un posto dove stare e un lavoro poco impegnativo prima di
tutto»
«Be',
se vuoi posso aiutarti»
Lo
sguardo di Fred si fece interessante e lei continuò
«i miei
genitori stanno cercando qualcuno che li posso aiutare a tempo pieno
nel bar potresti proporti e per la casa c'è un monolocale in
affitto
a due vie di distanza» disse tutto d'un fiato.
«Ehi»
disse alzando una mano «respira» poi ci
pensò su «Sì, penso che
per il monolocale vada bene se il costo non è eccessivo e
per il
lavoro...be', anche quello mi va bene se significa vederti
più
spesso»
Il
viso di Helen si illuminò e si lasciò andare in
un timido sorriso.
«Forse...forse
è meglio andare» anche Fred si ritrovò
improvvisamente impacciato
«sono quasi le sette, non vorrei averti fatto perdere troppo
tempo»
«ma
figurati!» disse Helen troppo velocemente
«cioè, sono stata molto
bene»
«Anche
io» la rassicurò Fred andando a pagare il conto.
«Al
momento dove alloggi?»
«In
un Hotel, credo che si chiami “il centro di
Nettuno” o una cosa
del genere»
«Ti
va se ci vediamo anche domani pomeriggio? Per mostrarti il bar e
vedere se ti va lavorare lì, insomma...»
«molto
volentieri» sorrise. «Ci vediamo al porto domani
alle tre?»
Bastò
il sorriso di Helen come rispondere.
Quando
Fred tornò all'Hotel si ritrovò a pensare che
quello era il primo
rapporto sociale che aveva con una persona dopo quattro anni.
Be',
non ti sei affatto arrugginito...
Poi
le parole di Celine tornarono nella sua mente e con uno sbuffo
bestemmio.
Quando
ci vuole, ci vuole.
Nda:
Amatemi,
amatemi. L'ho scritto in un giorno! E non perché volevo
pubblicarlo,
ma perché è dall'inizio della long che aspettavo
di pubblicarlo xD
Comunque
finalmente si inizia a scoprire la verità e sono convinta
che ci
voglia una fan fiction solo per raccontare la storia di Fred ed
Helen, non ce la farò mai un due capitoli T_T
Va
be', ditemi che ne pensate e grazie per le recenzioni!
|
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Capitolo 36 *** Tutta la verità (parte II) ***
Cap.
Tutta
la verità (parte II)
**
I
will always be yours for ever and and more
For
the push and the pull
I
still drown in your love
And
drink till I’m drunk
And
all that I’ve done, is it ever enough
**
Novembre
2002.
America,
New York.
Il
signor Flox sapeva bene che per il buon funzionamento di un bar
occorrevano bravi e sociali baristi, per questo quando la figlia gli
aveva presentato un tale Weasley con il viso scavato e gli occhi
spenti aveva inarcato un sopracciglio affatto convinto. Comunque la
figlia era riuscita lo stesso a convincerlo e il vecchio signore lo
aveva messo in prova. E non se ne pentiva per niente di averlo
assunto. Ammettere di essersi sbagliato sul carattere del ragazzo era
stato, però, un colpo difficile da digerire visto che si era
sempre
vantato di avere quella capacità di riuscire a capire le
persone con
una solo occhiata e quel ragazzo sembravo a prima vista chiuso in
sé
stesso e incapace di qualsiasi interazione umana, che si sbagliasse
era piuttosto evidente visto che i clienti lo adoravano e ben presto
il suo bar divenne molto conosciuto.
Fred
Weasley, d'altronde, sorrideva sempre e aveva un ironia molto
particolare e riusciva a mettere a proprio agio chiunque, anche la
persona più timida.
Come
mia figlia.
Che
Helen si fosse presa una cotta per l'inglese ormai era ovvio visto
che lo guardava sempre con adorazione e passava molto tempo con lui,
ma dei sentimenti del ragazzo non si sapeva nulla dal momento che la
trattava con gentilezza senza sbilanciarsi troppo.
Per
quanto gli riguardava, al signor Flox la cosa andava bene, gli affari
andavano a gonfie vele, la figlia sembrava finalmente aver trovato un
buon amico e il suddetto amico teneva le mani a posto. Sì,
poteva
reputarsi soddisfatto dell'ultimo periodo.
Fred
rischiava di avere una crisi di nervi.
Cioè,
era ancora convinto che accettare quell'offerta di lavoro fosse stato
vantaggioso e si trovava bene con i clienti, insomma doveva solo fare
quello per cui era nato: ridere. Quindi sì, da questo punto
di vista
avere una crisi di nervi era assolutamente ridicolo ma il problema
era che ormai si trovava troppo tempo nello stesso luogo, quasi otto
mesi, un record per lui senza contare una certa ragazza con una
palese cotta per lui che lo lasciava stordito e confuso.
Helen
gli piaceva, era una brava e bella ragazza sognatrice ma il problema
stava comunque.
E'
babbana, è mortale.
E
su questo Celine era stata molto chiara e lui aveva ricevuto il
messaggio.
Non
provarci con lei, chiaro e cristallino come l'acqua.
Sporca,
visto che ormai Fred cercava sempre una scappatoia, non gli sembrava
giusto non attaccare una corte con una ragazza carina e simpatica
quando sapeva esattamente cosa fare con lei.
Vecchio
mio, con tutti i filmini mentali che ti sei fatto in questo ultimo
periodo la tua testa è diventata un multisala e molti di
quei
filmini meritano anche l'Oscar.
«Non
battiamo la fiacca, giovanotto» il signor Flox lo fece
tornare alla
realtà e quando alzò lo sguardo smarrito
indicò il bicchiere che
stava lucidando da un'ora. Fred sorrise e appoggiò il
suddetto
bicchiere dirigendosi alla cassa dove una ragazza attendeva il suo
arrivo.
«Prego»
disse posizionandosi al balcone invitandola e ordinare.
«Caffè
macchiato e Muffin» ordinò spiccia, poi gli
lanciò un occhiata
complessiva e sorride accattivante «si può
ordinare anche il
barista?»
Ecco,
Fred non capiva proprio perché tutto il genere femminile gli
si
incollava appresso quando non poteva avere rapporti sentimentali
quando mentre era a Hogworts nessuna ragazza lo calcolasse. O forse
era lui troppo impegnato a fare scorribande per dare attenzioni
all'altro sesso, in fondo un figo come lui non poteva di certo essere
passato inosservato... Comunque il problema persisteva così
fece un
sorriso di scuse alla ragazza e si limitò a dire:
«Il
sottoscritto non compare nel menù»
La
ragazza capito l'antifona smascherò una smorfia delusa e si
limitò
a pagare il suo caffè e il suo muffin.
La
campanella alla porta tintinnò e Helen fece la sua entrata
nella
caffetteria e Fred si ritrovò a sorridergli senza un motivo
preciso.
Idiota.
«Tesoro»
la chiamò suo padre «com'è andata oggi
a scuola?»
«Il
solito» sbuffò la ragazza dirigendosi dietro il
balcone e prendendo
il proprio grembiule.
«Lo
Scoiattolo ci ha affibbiato un compito a sorpresa»
Fred
si sentì gongolare dentro, visto che Scoiattolo era il
soprannome
che aveva dato lui al professore d'Italiano della ragazza e vedere
che lo usava anche la ragazza lo fece sentire importante.
...mi
sono già dato dell'idiota?
Per
prudenza se lo ripeté nella testa altre cinque volte, giusto
per
ricordarselo meglio ma nonostante tutto ciò
guardò comunque Helen
servire i clienti. No, non guardò, controllò
Helen servire i
clienti, infondo la ragazza era un disastro ambulante e avrebbe
potuto rovesciare qualche tazza.
Tanto
per metterlo ancora più in difficoltà Helen gli
si affiancò e lo
guardò con un sorriso timido e gli chiese:
«Sei
stato bravo con i clienti?»
Aw,
ma com'è carina?
Ripigliati,
coglione, rispondi.
«Così
mi offendo» ammiccò «lo sai che mi
adorano, d'altronde sono
favoloso»
«Oggi
siamo più modesti del solito, eh?» lo prese in
giro lei.
Fred
si ritenne soddisfatto. Quando l'aveva conosciuta era una timida
ragazza chiuse in sé stessa incapace di qualsiasi
interazione umana,
ma grazie alla sua guida stava diventando una ragazza estroversa.
«Solo
per te» continuò anche lui sullo stesso tono.
«Allora
senti, mistero Modestia» Helen mise sul bancone due biglietti
dorati
«una mia compagna sabato dà una festa e sono stata
invitata»
«Una
tua compagna di classe ti ha inviata a una sua festa?» non
riuscì
trattenersi dal chiedere visto che sapeva bene che Helen e le sue
compagne non andavano esattamente d'accordo.
Diciamo
pure che la trattano come un emarginata sociale.
Lei
lo guardò punto in viso prima di sbottare un tantino
irritata:
«Sai
com'è, ho provato a mettere in pratica i tuoi insegnamenti
per
trovarmi qualche amica»
«Allora
sono veramente colpito, impari presto eh!» avrebbe voluto
arruffarle
i capelli ma si trattenne e si limitò a fissare i biglietti
«Perché
sono due?»
Lei
arrossì un pochino e bofonchiò:
«Ha
detto che posso portare un amico, così mi chiedevo se tu
volessi
venire con me. In veste di amico, ovviamente» ci tenne a
precisare.
Una
festa? Era da quando era resuscitato che non ne faceva una come si
deve e l'idea non era poi così malvagia.
«Questo
sabato sera?»
La
ragazza annuì rischiando di staccarsi la testa dal collo.
«Massì,
si può fare» e appena finì la frase si
ritrovò schiacciato alla
parete con le braccia di Helen al suo collo in un abbraccio goffo e
quando si staccarono la ragazza si mostrò imbarazzata e dopo
un
veloce “grazie” scappò via alle sue
faccende con un cliente.
**
«Una
festa? Davvero?»
Fred
quando aprì la porta del suo minuscolo monolocale ebbe la
forte
tentazione di sbattere ripetutamente la testa contro il muro.
«Buonasera
anche a te, Celine» sbottò invece senza curarsi
del tono.
Si
tolse le scarpe e la giacca e il resto continuando a dare la spalle
al letto dove era sicuro stesse seduta la Guardiana.
Dopo
che ebbe sistemato tutto con un'esagerata lentezza si girò a
fronteggiare la donna che gli occupava la casa.
«Visiti
tutti i De
Immortalis
del fuoco o lo ho solo io questo piacere?»
Celine
ignorò l'ironia e la domanda guardandolo con i suoi occhi
neri come
carboni ardenti con un accusa scritta sopra e lui si sentì
in dovere
di difendersi:
«Sì,
vado a una festa con un amica e non ho nessuna intenzione di fare
chissà ché oltre che a divertirmi»
«Sicuri
che ci andiamo solo con un'amica?»
Fred
odiò il fatto che usasse il plurale così
ribadì: «Sì, ci vado
solo con un'amica»
«Non
sei credibile, lo sai?»
«Sembri
una vecchia mogliettina gelosa, lo sai?» la
scimmiottò lui e quando
la Guardiana sbuffò si sentì soddisfatto, adorava
infastidirla,
forse così imparava a piombare ogni santissima
e benedettissima volta
nel suo monolocale senza invito.
«Perché
devi fare sempre così?»
«Forse
perché l'amico nei piani bassi mi si è
arrugginito?» alla sua
faccia esasperata continuò «Per quel che so potrei
anche essere
tornato vergine!»
«Come
la fai grande» alzò gli occhi al cielo
«e se il problema è solo
questo puoi sempre chiamare qualche prostituta
Magonò»
Fred
fece una faccia schifata, non gli piacevano quelle cose e che le
Magonò venissero utilizzate in quel modo come giocattoli.
Piuttosto
mi faccio castrare.
...ok,
adesso sto esagerando.
«Una
soluzione alternativa?»
«Ne
abbiamo già parlato. Se venissi nelle nostre
città....»
«sottoterra»
ci tenne a precisare Fred.
«....Potresti
innamorarti senza problemi e procreare quanto vuoi»
«Altre
soluzioni alternative?»
«Non
ce ne sono» lo zittì con fare imperioso
«e tu stai già rischiando
troppo, dovresti darmi retta e venire da noi»
«Sottoterra?
Mai!» Fred su questo fatto era decisissimo, non avrebbe
passato
l'eternità senza vedere il cielo come se fosse in una
prigione.
Celine
sospirò e per un attimo Fred si sentì un po' in
colpa, infondo lei
faceva la bacchettona perché voleva aiutarlo.
«Comunque
non sono venuta qui solo per farti la predica»
«Ah»
«Dobbiamo
finire l'addestramento»
«Sarò
ripetitivo: ti premuri della formazione di tutti i tuoi De Immortalis
o sono io ad essere speciale?»
La
donna si alzò dal letto mettendosi davanti a lui
«sei tu ad essere
speciale»
«Oh.
E posso sapere perché?»
«No,
non puoi. Prendi la bacchetta»
«Che
cosa equivoca, quale bacchetta?»
«Quella
che usi per fare le magie»
«Faccio
con entrambe delle magie niente male...» ghignò
Fred prima di
ritrovarsi a terra con un forte dolore allo stomaco e Celine che lo
guardava impassibile.
«Allora,
ancora voglia di scherzare? In piedi»
«Sissignora»
sbuffò. Sul serio, a volte poteva proprio odiarla.
**
Helen
si ricontrollò allo specchio per l'ennesima volta.
Si
sentiva del tutto legittima di stare in ansia considerando che quella
era la sua prima festa e che ad accompagnarla sarebbe stato il
ragazzo che le piaceva. La cosa aveva un po' dell'ovvio e sarebbe
stata un ottimo spunto per un romanzo, lei ragazza asociale incontra
un meraviglioso forestiero svenuto e lo salva portandolo al pronto
soccorso facendo nascere in questo modo un'amicizia che diventa
amore. Ok, adesso stava correndo troppo visto che erano ancora in
fase amicizia e aveva anche una buona probabilità di
restarci.
Perché lei non era di certo ceca e stupida e le vedeva le
mille
ragazze che ogni volta ci provavano con lui al bar, l'unica
consolazione era che rifiutava sempre quelle corti. Inizialmente
aveva temuto che fosse gay e forse lo era davvero nonostante non
avesse gli atteggiamenti.
Comunque,
nel caso fosse veramente etero sapeva che prima o poi si sarebbe
lasciato andare a una di quelle ragazze perfette, la cosa era
inevitabile, non avrebbe mai potuto guardarla.
Certo,
di giorno lei ci scherzava con lui, faceva auto-ironia, rideva e
faceva finta di nulla, ma la sera chi li faceva i conti con lo
specchio? I chili di troppo, i fianchi, le tette e tutto resto?
Sapeva di essere fatta male e se per un periodo era riuscita a venire
a patto con questa cosa ora non riusciva a vedersi bella abbastanza
per Fred e la cosa era orribile.
Anche
adesso con il vestito nuovo si sentiva un salmone.
Sì,
un salmone, non chiedetemi perché ma oggi mi vedo un salmone.
Un
orribile salmone infilato in un vestito troppo stretto, mannaggia a
quella commessa convincente.
Il
campanello della casa suonò e lei sentì montare
il panico, lui era
lì e lei aveva ancora l'aspetto di un salmone.
«Sì,
sì, Helen è quasi pronta, adesso sua madre la
chiama» sentì suo
padre «mi raccomando giovanotto, trattala bene»
«La
cosa mi sembra ovvia» sentire la voce di Fred le venne un po'
di
coraggio e mise la testa fuori dalla porta.
Sua
madre che era sulle scale la invitò a uscire con un cenno e
un
sorriso incoraggiante e una volta fuori la scrutò da cima in
fondo:
«Sei
adorabile» proclamò.
Sono
un salmone adorabile, yuppie.
Cercando
di non inciampare in quegli aggeggi infernali che chiamano tacchi e
al contempo di avere uno sguardo dignitoso. Rischiò
seriamente di
inciampare e rotolare giù per le scale quando i due uomini
all'entrata si accorsero di lei e la fissarono. Aspettò
qualche
commento ironico di Fred su quanto assomigliasse ad un salmone.
Mhh,
potrei chiedere a mamma se domani può preparare la pasta al
salmone
visto
che sono così
fissata, in ricordo delle splendide figure di merda che farò
'sta
sera...
Galantemente
Fred le tese il braccio che lei afferrò precipitosamente per
non
cadere.
«Quella
gonna è troppo corta» borbottò suo
padre e lei si trovò del tutto
d'accordo, metteva troppo in mostra le sue cosce abnormi da salmone.
Aspetta,
i salmoni non hanno le cosce....
«Per
me sei bellissima» disse semplicemente Fred facendole
l'occhiolino e
lei sentì la temperatura corporea aumentare ed ebbe la
certezza di
arrossire.
Che
bello, un salmone alla brace...
Si
impose di smettere di pensare a salmoni e affini e si diresse con
Fred verso la macchina noleggiata di quest'ultimo.
Fred
capì appena vide Helen bellissima come una dea scendere
dalle scale
di aver fatto male ad accettare l'invito.
E
poi 'fanculo le scale, sono un cliché troppo usato, che
razza di
potere sconosciuto hanno su noi uomini?!
Comunque
Helen era nervosa, questo si capiva benissimo da come gli artigliava
il braccio dimostrando inoltre che la suddetta ragazza non sapeva
camminare con i tacchi e questo lo trovò un pregio. Odiava i
tacchi,
le donne con i tacchi in mano erano pericolose, mamma Molly lo aveva
inseguito fin troppo volte minacciandolo con quell'aggeggio
infernale; il fatto che Helen non sapesse usare i tacchi significava
che non avrebbe mai potuto minacciarlo con quell'arma in futuro.
Si
diede del cretino appena formulò la cosa.
Nel
prossimo futuro sei in un altro continente lontano miglia e miglia da
lei, ricordatelo, emerito idiota.
Ti
voglio bene anch'io, vocina interiore.
Siccome
odiava il silenzio e non aveva la più pallida idea di come
funzionassero le radio disse la prima cosa che gli venne in mente
quando salirono in macchina:
«Sei
mai andata a pescare salmoni?»
Lei
lo guardò sbalordita e oltraggiata.
Ok,
ho fatto una domanda scema ma adesso non guardarmi con quello sguardo
omicida/suicida.
«Ehm...»
tentò di rimediare «Come si chiama la ragazza
della festa?»
«Clary
Mork»
«Ed
è...ehm... carina?»
Lei
lo riguardò sbalordita e oltraggiata.
Ok,
oggi non è serata di chiacchiere.
Ma
non sapeva cosa dire, ma la verità è che vedere
tutta la pelle
scoperta di una certa ragazza aveva risvegliato l'inquilino dei piani
bassi, e sì, era un maniaco, ma lei era troppo bellissima e
troppo
proibita.
Ugh,
la mia vita sta diventando un unico merdoso Cliché.
Decise
di concentrarsi sulla festa. Gli piacevano le feste, si
ricordò che
in una al sesto anno ubriaco fradicio aveva girato per la stanza con
delle mutande rosso e oro in testa urlando “lunva gita a
Gofric
Gridondoro”, sperò di non finire con le mutande in
testa anche
stavolta, anche perché erano verdi e gli ricordavano i
Lepricani e
lui odiava quegli esserini da quando un bell'imbusto del Ministero
aveva rifilato a lui e a suo fratello dei Galeoni falsi.
Pensare
a George lo fece quasi uscire dalla carreggiata.
«Comunque
sei bello anche tu» sentire la voce di Helen, debole dalla
timidezza, lo fece ritornare in sé e sentì il
cuore meno vuoto.
«Eh,
lo so che sono il più figo di tutti»
scherzò, perché scherzare
era la cosa che gli veniva meglio.
«Comunque
non sono mai andata a pescare salmoni»
Cos..ah,
la domanda idiota di prima.
«Nemmeno
io» disse alzando le spalle «Se vuoi ci andiamo
insieme un giorno»
La
sua uscita fece tranquillizzare le sua amica e di riflesso si
tranquillizzò anche lui, così disse:
«una
volta papà mi portò a pescare con i miei fratelli
nel fiume vicino
al paese. Fu un disastro. Perce finì a mollo con le mutande
e io e
George finimmo in punizione. Devo ancora capire perché per
mamma
ogni qual volta succeda qualcosa la colpa diventi automaticamente mia
e di George. E quella volta eravamo anche innocenti visto che era
stato Bill, noi due eravamo troppo impegnati a prendere un pesce con
le mani, le canne da pesca sono troppo complicate...»
Helen
rimase in silenzio ad ascoltarlo incredula.
Era
la prima volta che il ragazzo parlava del suo passato e inizialmente
era rimasta anche un po' incredula nel sentirlo parlare di mamma e
papà ma poi si era data dell'idiota, era ovvio che Fred
avesse dei
genitori, non poteva essere stata sul serio la cicogna a portarlo.
Sentirlo
parlare di quelle cose fu comunque strano, anche perché
continuava
imperterrito, come se stesse parlando più a sé
stesso che a lei, ma
andava bene perché immaginarsi un piccolo Fred che
rincorreva i
pesci era una cosa molto dolce e tenere.
Helen
lo fissava incantata perché mentre lui parlava sorrideva e
non era
il suo tipico sorriso, era un sorriso triste.
Aveva
un sorriso triste che non aveva visto mai a nessuno.
Quando
arrivarono al parcheggio lui però si zittì e
tenne la bocca chiusa
per tutto il tempo che parcheggiò.
«Come
mai sei venuto in America?» si risolse infine a dire.
Lui
parve sorpreso dalla domanda da come strinse il volante, ma fece
spallucce e rispose:
«Perché
è l'America»
Non
era una risposta, ma se la fece bastare, era evidente che da questo
punto di vista il rosso fosse molto chiuso.
Parcheggiarono
e lui scese dalla macchina per aprire la sua portiera e in un gesto
scherzoso le porse il braccio dicendo con una finta aria da Lord
holapuzzasottoilnaso Inglese.
«Milady»
Lei
rise e gli afferrò il braccio ringraziando tutti i santi del
paradiso.
Gesù,
se questi tacchi sono alti....
Sempre
aggrappata al braccio di Fred come se fosse uno scoglio in mezzo a un
mare in tempesta e lei una povera naufraga.
Sono
una poetessa mancata, lo so.
Quando
entrarono alla festa, però, il suo fragile equilibrio fu
attentato
dalla sua compagna di banco che con un tripudio di squittii l'aveva
afferrata e soffocata in un abbraccio spacca costole. Nonostante
ciò
si ritrovò a ricambiare l'abbraccio –
più per restar aggrappata a
qualcosa di solido per non cadere che per altro.
«Alla
fine sei venuta!» squittì Clary e Helen si
ritrovò a pensare a
quanto l'amica assomigliasse a un topolino di campagna con tutti quei
squittii.\
«Ciao
Clary» la salutò sentendosi molto stupida e molto
imbarazzata.
Fred
che odiava essere ignorato, ovviamente, tossì un paio di
volte per
attirare la loro attenzione e Clary si girò di scatto
facendo
ondeggiare le balzi verdi del suo vestito e si ritrovò
davanti Fred
in tutta la sua bellezza, tant'è che arrossì.
Eh
no, bella mia, giù le mani. È mio.
«Ehm...Clary»
Helen pregò di non arrossire «Ti presento Fred
Weasley, un mio
amico»
L'amica
lanciò un'altra occhiata apprezzativa al ragazzo, il quale
se la
gustò con un sorriso compiaciuto, prima di sorridere
civettuola
«Clary Morck, piacere.» poi si girò
verso Helen «amico, eh? Solo
amico?»
Helen
si ritrovò in quella scomoda posizione di voler picchiare
l'amica e
al contempo specificare che il suddetto ragazzo non andava toccato
perché era suo. Peccato che non poté fare nessuna
delle due cose e
disse fra i denti:
«sì,
solo amico»
«Splendido!»
squittì lei e fece per avventarsi su Fred che, capito cosa
stava
realmente succedendo, sfoggiò una faccia di adorabile
spavento
«quello è il tavolo del rinfresco, lì
trovi le altre. Su, andiamo
a fare conoscenza» si rivolse poi a Fred trascinandolo via.
Ed
Helen rimase lì impantanata, incredula che quella fosse
riuscita a
trascinarlo via così velocemente.
Certo,
non che lui abbia fatto molta resistenza.
Suo
malgrado sapeva bene che Clary era molto più bella e magra
di di
lei, anche se i capelli a volte prendevano una sfumatura grigio-topo,
ma in compenso aveva dei bellissimi occhi cerulei.
Helen
decise di seguire il 'consiglio' dell'altra ragazza e si diresse
verso il rinfresco con l'impressione di essere nel posto meno adatto
per lei.
«Ma
guarda chi è venuta» Helen fece cadere i
gamberetti che stava
prendendo dal rinfresco quando Angela Zaldev le sbucò alle
spalle
guardandola con un sorriso che la fece sentire del tutto inadatta
alla situazione.
Diavolo,
io sono un salmone e lei sembra una diva del cinema...!
«Ciao,
Zaldev» la salutò con più naturalezza
possibile.
«Ma
come» l'altra fece una faccia imbronciata «parliamo
per cognomi
adesso?»
Be',
sai com'è, hai passato due anni a dire che sono la ragazza
più
ridicola della terra...
«Comunque»
continuò Zaldev senza darle il tempo di ribattere
«non ti facevo
un'animale da party»
Alzò
le spalle non sapendo cosa dire, le sembrava così strano che
proprio
Angela Zaldev le stesse parlando in maniera così gentile ed
educata
come se fossero grandi amiche.
Be',
alle elementari lo eravamo....
Ovviamente
prima che mi desse della grassona.
«Comunque
devi provare proprio questo drink, è una bomba!» e
le mise in mano
senza tante cerimonie un bicchiere con un liquido azzurro
spandendoglielo quasi addosso, poi la guardò piena di
aspettative e
solo in quel momento Helen realizzò che la ragazza era
ubriaca e
questo spiegava per quale motivo le stesse parlando senza mandarle le
solite frecciatine come suo solito. Helen assaggiò il drink
titubante preparandosi a sentire il sapore orribile dell'alcool ma
con sua grande sorpresa le piacque e senza rendersene conto lo bevve
tutto.
«Buono,
che cos'è?» chiese a Zaldev.
Quella
ridacchiò: «Non è ho idea, ma di
là ce ne sono altri. E di tutti
i colori! Anche verdi, andiamo»
Helen
la seguì docilmente pensando che forse, finché le
altre erano
ubriache, la festa non sarebbe stato un disastro.
Fred
decise che i Babbani non avevano la più pallida idea di che
cose
fosse una festa.
E
che diavolo, nessuno si è ancora messo le mutande in testa...
Poteva
sembrare strano, ma la cosa gli scocciava molto, le avrebbe messe lui
stesso se non fosse stato così disgustosamente sobrio, ma
era
l'unica cosa da fare se voleva restare sobrio e non fare cose che poi
se ne sarebbe pentito in futuro. Anche per il fatto che qualche
ragazza ci aveva provato con lui, in primis quella sanguisuga che le
ricordava vagamente un incrocio da un topo e una piovra per via dei
suoi continui squittii e il fatto che continuasse a seguirlo ovunque
andasse con quella sua orribile parlantina; e la cosa peggiore era
che non aveva ancora trovato Helen nonostante la stesse cercando da
parecchio.
Diciamo
pure da quando il topo-piovra aveva smesso di strascinarlo come una
valigia, quindi da subito e non l'aveva ancora trovata.
«Ehm....Claudia?»
provò, non aveva ancora imparato il nome di quello strano
mutante.
«Clary,
Clary» lo riprese lei un po' infastidita, evidentemente
doveva
essersi accorta anche lei che non era interessato, ma nonostante
ciò
continuò imperterrita «Cosa c'è,
tesoro?»
...tesoro?
Ough, voglio morire.
«Sai
per caso dov'è Helen?» chiese usando un sorriso
che nascondeva
perfettamente l'istinto omicida verso quell'essere.
Scocciata
dalla domanda, il suddetto essere in questione rispose: «Boh,
sarà
con qualcun altro a divertirsi»
Senza
sapere perché si sentì terribilmente male e
arrabbiato e frustato
quando disse “con qualcun altro a divertirsi”, anzi
sapeva di
essere geloso ma la cosa non aveva assolutamente senso visto che non
aveva nessun diritto di essere geloso, lo si può essere
verso una
persona che non si ha mai avuto? No, quindi si decise a stare buono e
a tenere a distanza di sicurezza quella...cosa.
Provò
a scrollarsela di dosso altre venti volte, prima con gentilezza dopo
con vere e proprie fughe ma quella non ne voleva proprio sapere.
Adesso
uso uno dei miei super-poteri da immortale e la faccio fuori.
Ed
era davvero sul punto di farlo quando sbatté contro proprio
la
ragazza che aveva cercato per tutta la sera, Helen.
«Oh,
eccoti qua» disse senza non potersi sentire sollevato quando
vide
che era in compagnia solo con altre ragazze.
«Fred!»
disse la ragazza abbracciandolo di slancio e facendolo quasi cadere
dalla sorpresa, Helen non era mai stata tipa da “io
amo gli abbracci, o il contatto fisico in generale, abbracciami”.
«Va
tutto bene?» chiese staccandola e quando vide la sua
espressione
delusa non poté non darsi dell'idiota, perché
sì, lui era un
grandissimo emerito idiota.
Lo
ha detto anche la Granger, accidenti, aveva ragione!
«Ma
certo che va tutto bene» disse malferma sui suoi piedi, le
guance
rosse e lo sguardo folle.
E
capì.
Ah.
«Helen...
sei ubriaca?»
«Nooo,
solo un...pochino» e a dimostrazione del fatto non lo fosse
solo un
pochino scivolò a terra ridacchiando.
Ci
mise tre secondi a decidere il da farsi.
«Grazie
per la serata, Claudia...»
«Clary!»
«...ma
noi andiamo, è tardi»
«Ma
sono solo le undici e mezza»
«Da
qualche parte nel mondo sono le tre di notte» si
accucciò aiutando
Helen a rialzarsi e quando fu stabile tra le sue braccia (Celine
mi ucciderà) guardò
la mutante e con una gentilezza fredda disse
«arrivederci» e se ne
andarono.
**
Il
fatto che non si fosse completamente dimenticato la strada per la
casa di Helen poteva essere una scusa che spiegasse per quale motivo
avesse portato la ragazza nel suo monolocale. Oppure perché
aveva
vomitato così tanto in macchina che le era venuto naturale
portarla
nel primo posto che gli venne in mente, ovvero il suo monolocale.
Quindi,
adesso Fred se ne stava sull'uscio della porta rendendosi conto del
grande sbaglio che aveva commesso mentre Helen girava con aria alla
Lovegood per la stanza prima di cadere nel letto ridacchiando.
Alla
fine si decise a chiudere la porta e ad entrare, non prima di mandare
un messaggio ai genitori di Helen con il cellulare della ragazza
dicendo ce dormiva a casa di una sua amica.
E
con questo merito il premio di più grande idiota dell'anno.
Helen
continuava a rotolarsi sul suo letto come una bambina e lui non
poté
non trovarla bellissima e dolcissima, sul serio come si faceva a non
amare una ragazza del genere?
Ho
detto davvero amare? Ok, sono nella merda.
«se
vuoi puoi usare il bagno» la ragazza non diede nemmeno segno
di
averlo sentito e lui si sentì sempre più
disperato, non aveva la
più pallida idea di come comportarsi così si
sedette distrutto sul
bordo del letto ma non fece nemmeno in tempo a decidere il da farsi
che qualcosa lo prese alle spalle gettandolo a terra e si
ritrovò i
capelli di Helen solleticarli la faccia e la sua risata sulle
orecchie. Preso allo sprovvista schizzò fuori dal letto
dimentico di
quanto la stanza fosse piccola finendo quasi dentro l'armadio
lasciando la ragazza sorpresa sul letto; rimasero alcuni secondi a
fissarsi prima che sul viso di Helen passasse un espressione di
rabbia e iniziasse a sbottare:
«Sei
un emerito idiota»
Lo
so.
«Io
le sto provando tutte, possibile che proprio non ci arrivi? Sono
diventata anche una persona sociale, ho iniziato a indossare vestiti
che mi fanno diventare un salmone e tu, emerito idiota, continui a
non capirci un tubo. Oppure lo capisci e fai finta di niente, ma
porcamiseria non vedi che io sto impazzendo nel fartelo capire? Sono
innamorata di te, brutto deficente!»
A
quel punto Fred desiderò gettarsi davvero giù
dalla finestra ma
rimase comunque immobile al suo posto mentre nella sua testa
ronzavano solo quelle quattro parole. “sono innamorata di te,
sono
innamorata di te, sono innamorata di te, sono innamorata di
te...”.
Lo sapeva già, ovviamente, ma sentirselo dire in faccia in
quel modo
era... be', era paralizzante, come potevano pensare delle stupide
fatine che adesso lui non avrebbe fatto nulla?
Helen
che di sicuro a quel punto lo aveva preso per ritardato si
alzò dal
letto senza cambiare l'espressione battagliera che, cavolo, la faceva
così sexy.
E
poi non assomiglia a un salmone...
Si
trovarono a pochi centimetri di distanza e Fred decise in poco tempo
cosa.
Sì,
la mia vita è diventato un unico e merdoso
cliché, quindi uno in
meno o uno in più non fa differenza...
E
così la baciò.
Complice
il poco spazio e il fatto che nessuno dei due ce la faceva veramente
più, scivolare sul letto fu del tutto naturale.
**
Settembre
2005.
America,
New York.
Fred
sapeva di aver un culo enorme, forse perfino più grande di
Harry
Potter. Erano passati tre anni in cui non succedesse niente di
apocalittico e lui stava felicemente con Helen.
Alla
faccia di Celine!
Certo,
la Guardiana si era subito fatta viva per insultarlo, dargli
dell'irresponsabile, ripetendo più volte che lei lo sapeva
che
sarebbe finita così, che ora tutti erano nei guai per colpa
sua, che
era un maniaco, altri insulti, minacce di morte e quant'altro che
finì quando Fred esasperato disse: «ma fatti i
cazzi tuoi» e
questo aveva zittito Celine per il semplice fatto che mentre lo
diceva era totalmente serio e raramente Fred era serio, lei lo sapeva
bene. Ovviamente dopo poco aveva ripreso il suo monologo che aveva
dovuto sorbire, ma tutto sommato non gli era andato male, poteva
essere incenerito o impacchettato per l'Antartide o per il Mondo di
Sotto insieme a quelli della sua specie invece era rimasto
lì, aveva
potuto stare con Helen.
E
non è ancora successo nulla, toh.
Dopo
aver affrontato la sua Guardiana affrontare i genitori di Helen fu
una passeggiata, anche perché dopo un perplesso silenzio la
signora
Flox aveva organizzato un pranzo di famiglia e il signor Flox aveva
solo scosso la testa intimando a Fred di non essere carente a lavoro
e di non far soffrire la sua piccola. E Fred non ci teneva a fare
nessuna delle due cose.
Così,
dopo tre anni, lui era ancora lì anche se non era
invecchiato di un
secondo, mentre Helen, nel fiore dei suoi diciannove anni, era
diventata ancora più meravigliosa di prima.
Cioè,
intendiamoci.
Fred
era contento mentre quel giorno lavorava normalmente alla caffetteria
e quando il padre lo mandò al magazzino nel retro lui ci
andò
fischiettando quindi non poteva assolutamente sapere cosa gli si
sarebbe presentato davanti. O meglio chi gli si presentò
davanti.
«Bene,
bene. Guadate il fidanzatino»
Fred
non riconobbe subito la voce, in fondo l'aveva sentita una sera sola,
per questo quando si girò per capire a chi appartenesse
rischiò
l'infarto.
«Allora,
non mi saluti?» Tosca Tassorosso aprì le braccia
in un chiaro
invito che lui ovviamente non colse rimanendo immobile al suo posto.
Merda.
Riuscì solo a pensare mentre altri Deliranti si piazzavano
davanti
alle vie di fuga.
«Peccato»
disse Tassorosso abbandonando le braccia e passando a un'espressione
più malvagia.
«Allora,
divertito in questi anni in America? Ammetto che è stato
proprio
difficile trovarti»
«Cosa
vuoi?» sibilò Fred.
«Andiamo
subito al punto? Va bene, anche se il punto lo conosci
già»
«E
quale sarebbe, questo punto?» Fred adocchiò con la
coda nell'occhio
due tipi dall'aria pericolosa che si stavano avvicinando.
«Oh,
non te l'hanno proprio detto allora» costatò
l'altra divertita.
«Che
cosa non mi hanno detto?!»
Un
sorriso sornione si fece strada sulle labbra della donna «Che
tu sei
l'unica persona in gradi di contenere lo spirito di Godric
Grifondoro»
«Ancora
con questa storia» sbuffò senza perdere di vista
gli altri «io non
sarò Godric Grifondoro, lui non
risorgerà»
«Invece
sì» aveva un espressione esaltata, terribilmente
esaltata e folle
«lui tornerà, lo so, e sarà con il tuo
corpo»
«Ma
perché proprio con me devi avere queste orride
fantasia?» chiese
cercando di mantenere un po' di umorismo anche se il nervosismo
stava per regnare sovrano.
«Perché
solo tu puoi, perché così è stato
scritto! Unisciti a noi»
«No»
disse arretrando ma mantenendo un espressione sicura
«mai»
«Invece
lo farai»
«Come
credi di convincermi?»
«Se
non ti unisci a noi una certe ragazza potrebbe...ecco... farsi
male»
Tosca
si gustò tutta l'espressione inorridita di Fred quando
capì di chi
stesse parlando.
«Non
t'azzardare a torcerle un capelli» ringhiò mentre
le sue mani
prendevano fuoco.
«Se
no tu che fai?» si prese gioco di lei.
Senza
rendersene conto Fred l'assalì alla babbana.
Massì,
una sana rissa fa sempre bene.
Ovviamente
non volarono solo pugni ma anche incantesimi, erano dieci contro uno
sapeva di non avere chanche, ma che ne importava. Anzi stava andando
anche molto bene finché Tosca non tirò fuori una
spada
puntandogliela alla gola ma senza colpirlo.
«Fermo»
gli intimò.
Non
che lui avesse intenzione di muoversi, lo sapeva bene che una spada
maledetta era l'unico modo per uccidere uno come lui e la spada in
questione era la Spada
del Delirio,
quella
maledetta per eccellenza.
«Ora»
continuò sorniona Tassorosso «farai quello che ti
dico io se non
vuoi che alla tua dolce fidanzatina accada qualcosa»
Fu
più o meno a quel punto che, senza sapere come, il tempo si
fermò.
Perplesso scivolò dalla presa di un Delirante immobile e si
allontanò dalla spada.
Così
so fermare il tempo, figo.
Celine
poteva anche dirglielo che aveva quel super-potere ma non ci rimase
molto a mugugnarci sopra, l'incantesimo poteva finire da un momento
all'altro così velocemente tolse la Spada dalla presa di
Tosca
deciso a tenersela. Appena in tempo perché con uno spasmo
involontario del suo braccio il tempo riprese e lui fu lesto nel
puntare la Spada alla gola di Tosca fermando tutti in una posa
sbigottita e difensiva.
«Non
ho nessuna intenzione di fare quello che dici tu»
ringhiò Fred
avvicinando sempre di più la spada al collo della donna.
La
sorpresa sparì immediatamente dalle iridi rosso sangue di
Tosca per
lasciare posto alla rabbia.
«Come
hai fatto, bastar...»
«Andatevene»
la interruppe Fred «Andatevene prima che decida di
ammazzarti»
Tosca
gli lanciò un'occhiata piena di rancore prima di sibilare
«adesso
hai vinto tu, ma ricordati che la guerra deve ancora finire. Ci
rivedremo e non sarà un incontro piacevole» detto
ciò sparì con
tutta la sua banda.
Quando
rimase solo Fred non penso nemmeno a riprendersi,
rimpicciolì la
spada e corse a casa.
Helen
era davvero perplessa quando entrando al Caffé aveva appreso
dal
padre che il suo ragazzo dopo era stato nel magazzino era scappato a
casa con la faccia di chi aveva visto un fantasma. Così
decise di
andare a vedere a cosa fosse preso a quel ritardato andandolo a
chiamare a casa sua.
Non
era la prima volta che dava di matto, dopo tre anni aveva imparato a
conoscerlo, ma non in quel modo e la cosa era molto preoccupante.
Una
volta davanti alla porta del suo monolocale – non capiva
proprio
perché volesse stare in quel buco – prese le
chiavi nascoste sotto
lo zerbino e stava per aprire una porta quando lo sentì
urlare.
«Porca
miseria, quando aspettavi di dirmelo?!»
«Una
volta pronto!» urlò in risposta una voce femminile
facendole quasi
cadere le chiavi di mano.
«E
sarebbe? Una volta prigioniero di quei psicopatici?! Dovevi
dirmelo!»
«Non
è colpa mia se sei un immaturo!»
«Per
il floscio sinistro di Merlino!»
«Non
essere volgare»
Aprì
la porta decisa a far chiarezza su quel mistero e una volta dentro
vide una donna dai capelli rosso fuoco con un espressione
così
arrabbiata che non la fece quasi fare dietro front ma una valigia
aperta sul letto e Fred con parecchie mutande in mano la congelarono
al suo posto.
«Te
ne stai andando...» sussurrò spaventata.
«Te
ne stai andando...»
Fred
avrebbe voluto davvero mettere la testa dentro al cesso e tirare
l'acqua.
Una
volta a casa ci aveva già trovato dentro Celine con la sua
valigia
in mano e la frase «adesso partiamo»
Insomma,
aveva dato di matto, i due si erano urlati dietro, lui si era ripreso
la valigia e stava risistemando le sue mutande nell'armadio quando
la porta si era aperta mostrando Helen.
E
vaffanculo a tutto.
«Non
me ne sto andando» rispose in automatico.
«Sì
che te ne stai andando» lo corresse Celine.
«Non
è vero!»
«Non
puoi stare ancora qui!»
«Per
colpa tua!»
«Sei
tu l'irresponsabile qui!»
«Sei
tu che non mi hai detto che sono il bersaglio di quei
psicopatici!»
«ovvio
che lo sei, sei andato a letto con una babbana!»
«E
sono il futuro Godric Grifondoro!»
«Anche!»
«E
tu osi dire che è colpa mia?!»
«Non
usare questo tono con me!»
«Si
può sapere cosa sta succedendo?!»
Fred
e Celine si girarono a guardare Helen, ancora sulla porta e la sua
espressione battagliera che la rendeva terribilmente sexy. Fred
sapeva che non era il momento, ma non ci riusciva proprio a non
guardarla in quel modo.
«Ehm...
entra e chiudi la porta» si risolse a dire.
Inutile
dire che si sentisse terribilmente in imbarazzo e non sapesse cosa
dire, cosa inventarsi, per questo guardò Celine in cerca
d'aiuto.
«Dille
la verità» lo sfidò e lui accolse la
sfida.
«La
verità?» chiese Helen impallidendo
«Fred... cosa...?»
«Occhei,
in fondo meriti di saperlo»
Così
Fred raccontò la verità a Helen.
Da
dove venissi, cosa e chi fosse, perché, del suo girovagare,
di
Grifondoro, di tutto.
Alla
fine Helen rimase in silenzio a fissare il vuoto, prima di dire con
voce spaventata:
«Non
te ne andare»
«Non
vado da nessuna parte senza te» e lo disse con tono di sfida,
che ci
provasse pure Celine a portarlo via, non ci sarebbe mai riuscita.
«Ma
è troppo pericoloso! Non sei solo tu ad essere in pericolo,
ma anche
la tua famiglia»
Helen
si morse le labbra, Fred la capiva visto che questo era un problema
terribile.
«Non
voglio» disse solo.
Ed
erano tante le cose che non voleva lui: non voleva lasciarla, non
voleva metterla in pericolo, non voleva mettere in pericolo nessuno,
non voleva fare l'immaturo, non voleva far preoccupare Celine, non
voleva essere catturato dai Deliranti, non voleva andare nel Mondo di
Sotto, non voleva vivere così.
Voglio
George.
E
quella consapevolezza gli fece male, perché nonostante in
quegli
anni fosse riuscito a mettere da parte quel vuoto riempito un po' da
Helen ora gli crollava tutto addosso e sentiva quanto gli mancasse
ancora il gemello e la sua vecchia vita.
Fred
prese un respiro prima di dire a Celine: «anche se me ne
andassi le
farebbero del male, voglio restare almeno riuscirò a
proteggerli,
infondo adesso ho la spada e posso batterli»
«Ma
loro sono molto potenti e Tosca...lei ha La Magia Oscura.»
«Celine,
so cosa faccio. Io resto» era deciso, era inutile, non
avrebbe
abbandonato anche Helen.
La
quale gli prese la mano stringendola.
La
Guardiana sbuffò:
«Siate
prudenti, usate le protezioni, e se vi succede qualcosa
io...»
sembrava veramente disperata e Fred si ritrovò a pensare a
come si
comportasse come una mamma con lui, per questo si alzò e
l'abbracciò
nonostante lei fosse un essere divino e lui...lui era Fred dopotutto
quindi l'abbraccio fu ricambiato.
**
Ottobre
2005.
America,
New York.
Helen
era andata al supermercato per comprare qualcosa che serviva a casa
quando urtò contro una signora facendole cadere le cose che
teneva
in mano.
«mi
scusi» disse cortesemente accucciandosi per aiutarla.
La
signora sorrise e le posò una mano sulla guancia
provocandole
brividi su tutto il corpo quando notò che gli occhi dietro
gli
occhiali da sole aveva iridi rosso sangue.
«Sei
così gentile, ragazza» disse la signora
cantilendando «è se
qualcosa di nero ti entrasse nel cuore?»
Dalle
sue dita uscì del fumo nero «su»
continuò la signora «entra
nel suo cuore»
Dopodiché
Helen svenne.
**
Febbraio
2005.
America,
New York.
Che
il ragazzo dai capelli rossi fosse preoccupato era ovvio.
O
almeno così la pensava il dottore che lo ricevette dove
averlo visto
osservare la sua paziente per tutte le ventiquattro ore di fila
rifiutandosi di andarsene all'ora della fine del tempo concesso per
le visite.
«come
ti chiami?» gli chiese facendolo accomodare.
«Fred»
il dottore registro una voce meccanica, quel giovanotto era veramente
in ansia.
«Sei
suo fratello?»
«Sono
il suo ragazzo»
«Ah»
dare certe notizie ai familiare è orribile, lo sapeva bene,
ma darle
alla dolce metà è sempre stato peggio.
Perché
non capiscono, pensano solo alla cosa pratica.
Che
non ci sarà più.
Quasi
ad indovinare i suoi pensieri il ragazzo strinse con più
forza i
braccioli della sedia e chiese:
«Cos'ha?»
Cos'ha?
Bella domanda.
«Non
lo so»
Lo
sguardo del rosso era così pieno di angoscia, paura e rabbia
che si
sentì in dovere di spiegare di più:
«Sembra
che qualche virus si sia infilato nell'apparato cardio-vascolare
impedendo al cuore di battere nel modo giusto. È difficile
da
spiegare, in tutta la mia carriera non ho mai visto niente del
genere.»
«Ma...guarirà,
vero?»
Il
Dottore sospirò stancamente mentre si preparava a dare lo
Scacco
Matto:
«No»
Silenzio.
«Non
sappiamo quando, ma di sicuro non guarirà e questo le
provocherà
morte. Potrebbe avvenire tra un mese esattamente come tra un
anno»
Ancora
silenzio.
«Un'altra
cosa.» con una mano si aggiustò gli occhiali sul
naso «è incinta
di una settimana»
Il
silenzio continuò.
«Ovviamente
noi consiglieremmo di abortire, ma temiamo che questo posso portare
in pericolo la ragazza e...»
«Grazie,
dottore» lo interruppe. Serrò le labbra di buon
grado, era un
congedo, il ragazzo voleva andarsene.
E
come dargli torto?
«Arrivederci»
continuò il ragazzo uscendo. Il dottore ricambiò
il saluto.
Appena
fu fuori dalla stanza, Fred iniziò a correre. E non si
fermò più.
Corse
fuori dall'ospedale, in centro, in periferia, lungo i fiumi e sulla
baia ma non si fermò mai. Non smise né di correre
né di piangere.
Se solo si fosse fermato avrebbe rischiato si far esplodere qualsiasi
cosa.
Esploda
il mondo.
Esploda
il sole.
Le
stelle.
Dove
sono le stelle? La mia stella?
Cosa
succede quando una stella esplode?
Super-nova.
E genere un buco nero.
Buco
nero dentro di me.
Buco
nero, porta via il mio cuore.
E
io resto niente.
Distrutto
e morto.
Niente.
Senza
te, senza te.
Sono
niente.¹
**
Helen
aveva ricevuto la notizia.
Helen
si era già sfogata.
Helen
aveva paura.
Helen
non voleva.
Helen
non ci credeva.
Helen
morirà.
Helen
non riusciva più a pensare, non osava nemmeno sapere cosa
sarebbe
successo, in futuro, lei non lo aveva più un futuro.
Helen
non voleva lasciare Fred.
Helen
non voleva lasciare la sua famiglia.
Helen
non voleva lasciare la sua America.
Non
poteva, aveva così tante cose da fare. Fred doveva
insegnarle a
suonare la chitarra, dovevano andare a Las Vegas, doveva diventare un
pittrice. Aveva così tante cose da fotografare ancora,
voleva
imparare il Giapponese, non poteva finire tutto così.
Non
Può.
Qualcuno
bussò alla porta e lei sussultò; la porta si
aprì e lei vide il
suo ragazzo, doveva aver scoperto che l'ospedale l'aveva rimandata a
casa, loro non potevano fare niente.
Piangeva,
il suo Fred, piangeva.
«Non
andartene»
Pianse
anche lei.
«Voglio
scappare»
Erano
distesi sul letto di Helen. La sua dolce Helen, la sua imbranata
Helen. Che non sarebbe stata mai più.
Fred
tentò di scacciare quel pensiero e la guardò. Era
distesa con i
capelli sparsi sul cuscino, lo sguardo perso nel vuoto.
«Voglio
scappare» ripeté.
«Scappiamo»
Lei
si alzò puntellandosi sul gomito e fissandolo intensamente.
«Davvero,
voglio scappare»
Fred
rimase incantato a fissare le sue labbra, il suo naso, i suoi occhi.
Non ottenendo risposta Helen proseguì:
«Morirò,
succederà, non si sa quando, ma morirò.
Morirò» ripeté, cercando
di ricacciare indietro le lacrime «Non posso stare qui.
Voglio
andarmene.»
«Quando
vuoi» anche Fred si alzò guardandola intensamente.
Quando
vuoi. Era una promessa.
«Domani»
«Va
bene»
«Andiamo
nel Texas. A Las Vegas»
«E
sposiamoci»
«Sì.»
«Porto
la chitarra»
«Io
la macchina fotografica»
«Domani»
«Domani»
«Ti
aspetto alle cinque, ti suono, preparati»
Lei
aveva diciannove anni e sarebbe morta, lui era immortale e avrebbe
vissuto tutta un eternità senza di lei.
Scapparono.
**
America,
Texas.
Fred
fermò la macchina e guardò Helen pieno d'attesa.
Lei
giocava con un fermaglio.
«Sei
pronta?»
«Sì»
uscirono
dalla macchina e mentre lui faceva benzina Helen si diresse verso al
telefono vicino. La vide inserire qualche monetina e comporre il suo
numero di casa.
«Mamma?»
Fred
non ascoltò la conversazione, tentò di ignorare
la ragazza che
parlava al telefono e fece benzina.
Quando
finì si appoggiò alla macchina e la
fissò.
«Mamma,
no...»
«Mamma,
non torno indietro, no»
«Mamma.
Per favore, ne ho bisogno»
«Grazie»
«Ti
voglio bene anche io, dillo anche a papà»
«Anche
voi»
E
mise giù la cornetta. Si girò a guardarlo e lui
vide i suoi occhi
leggermente lucidi, poi sorrise e si mise il cappuccio della felpa
lasciando che la frangetta le coprisse gli occhi. Fred rimase in
silenzio, si limitò a passarle un braccio sulle spalle e a
portarla
gentilmente verso la macchina.
Guidarono
in silenzio, lasciando che la radio riempisse il silenzio con la
musica, ma poi Fred si sentì fissato e si girò
rivolgendo uno
sguardo interrogativo alla sua ragazza. Helen gli sorrise e gli prese
la mano.
«Insieme»
«Sempre»
rispose.
Viaggiarono
per tutto il Texas, nel deserto. Lui cantava, lei fotografava i
tramonti. E se ce n'erano di tramonti, uno diverso dall'altro ma non
per questo meno belli, anzi. Il rullino non bastava mai. Ma erano
così terribili, portavano con se un giorno di vita di Helen
e prima
o poi quei tramonti sarebbero finiti, tutti; ma poi persero il conto,
e non ci pensarono più, il tempo non sarebbe mai bastato,
non
sarebbe mai stato abbastanza, nemmeno un minuto, nemmeno una vita
intera.
Stare
lì in quel luogo magico era facile dimenticarsi di tutto,
era facile
dimenticare del bambino che cresceva dentro la pancia di Helen, un
bambino che avrebbe potuto salvare il mondo o distruggerlo. Ma a Fred
non importava, sapeva solo che sarebbe stato bellissimo, che amava
Helen e che era bellissimo, tutto, tanto il suo mondo si sarebbe
distrutto lo stesso, e quindi del futuro proprio non gli interessava
e del suo destino se ne fregava.
A
volte Helen piangeva, qualche lacrima di nascosto, le mancava casa.
Allora abbassava il finestrino e appoggiava la testa nel bordo
lasciando che il vento del deserto le scompigliasse i capelli
portando via tutti i brutti pensieri.
Un
giorno urlò a Fred di fermarsi e aprì la portiera
uscendo dalla
macchina, scappò nel paesaggio lasciandosi la macchina alle
spalle.
Fred l'aveva chiamata e poi rincorsa, lasciandosi la macchina alle
spalle sul ciglio della strada.
L'aveva
trovata dietro una dunetta, con le ginocchia raccolte sotto il mento
a guardare il nulla. Non aveva fatto niente, si era seduto vicino a
lei e l'aveva abbracciata e basta. Non servivano parole.
La
sera o montavano una tenda e si scaldavano con un focolare ma la
maggior parte delle volte di fermavano in piccoli Bed and Breackfast
per stare più comodi e scaldarsi dalle gelidi notti del
deserto
Americano. Ogni sera Fred dava una medicina a Helen per la malattia,
anche se non migliorava per nulla.
Ma,
come si dice, la speranza è l'ultima a morire.
Un
giorno andarono anche a Las Vegas e si sposarono.
Fred
comprò un semplicissimo vestito bianco ad Helen e poi la
portò
nella “Little Chapeal of Love”, una chiesetta in
miniatura. Si
erano presentati davanti all'altare dove un pseudo-prete ubriaco
vestito con una vistosa cravatta fuxia e un look alla Presley li fece
maritare. Sbagliò tutto il rito, ma la cosa fu divertente.
Una
volta usciti vagarono per Las Vegas, danzando al centro della piazza,
senza un perché, senza un domani.
**
Novembre
2005.
America,
Texas.
Quella
mattina quando si era svegliato gli era sembrato di essere dentro un
incubo.
A
Helen si erano rotte le acque.
Non
ricordava, sul serio, non ricordava cosa fosse successo dopo, sapeva
solo di essere finito in un paesino con uno pseudo-dottore e una
pseudo-lavatrice. E con lui c'era Celine.
Erano
ore che aspettava in quel stanzino con la donna preoccupata.
Non
per Helen, lo sapeva, per il Mondo.
Sperava
che quel bambino fosse normale, che non fosse...
La
porta si aprì.
Fred
guardò la donna, teneva fra le braccia un fagotto che
piangeva e
strillava.
Un
fagotto molto grande.
«Complimenti,
ragazzo» disse la donna «sei appena diventato padre
di due
splendide gemelle»
Gemelle.
Meccanicamente
prese in braccio le due neonate.
Erano
uguali, per Dio, erano uguali. Come diavolo poteva essere successo?
Solo uno poteva essere il Prescelto, non due.
La
risposte gli venne così improvvisa che per poco non fece
cadere le
due bimbe.
Non
lo sono, non lo sono.
Fissò
meglio le due bimbe e le trovò perfette, bellissime.
Come
la mamma.
Continuò
a fissarle estasiato, incredulo. Erano così belle. Avevano i
lineamenti infantile ed entrambi gli occhi grigi di neonati, ma
riusciva a scorgere lo stesso nasino di Helen e la sua fossetta.
Delle cose così belle dovevano essere illegali, avrebbero
mandato
fuori di testa qualsiasi persona.
Sciò,
sciò, sono mie.
«La
madre come sta?» chiese Celice riportandolo con i piedi per
terra.
Helen.
La
donna sospirò e lo sguardo di Fred si riempì di
terrore, cos'era
successo?
«E'
molto provata al momento, la situazione è molto
critica...» esitò
davanti allo sguardo del rosso «il dottore è di
là a visitarla,
fra un po' potrete incontrarla»
«Starà
bene» gli disse Celine fiduciosa, nonostante il suo sguardo
fosse
colmo di preoccupazione.
Entrarono
dopo due ore, il dottore era ancora lì.
«Salve»
li salutò, ma Fred non ricambiò andando subito a
sedersi vicino ad
Helen. Le due bambine stavano dormendo su un lettino poco distante.
«Lei
deve essere il padre» continuò il dottore e ancora
una volta non
ottenne risposta e così continuò «Ho
fatto tutto ciò che potevo,
ma non è molto. Abbiamo appena chiamato all'Ospedale di Las
Vegas, a
giorni, forse domani, dovrebbe arrivare un dottore. Sia fiducioso e
guardi il lato positivo, ha due splendide bambine»
dopodiché,
vedendo l'asocialità di Fred, si congedò uscendo.
«Ehi»
lo salutò Helen con un debole sorriso.
«Come
stai?» le chiese subito prendendole le mani.
«Sono
stata meglio» e fece una smorfia.
Celine,
intanto, stava guardando le sue bambine pensierosa.
«Avete
già deciso il nome?» li sorprese ad un certo punto.
«Veramente
no» rispose Fred, pensandoci per la prima volta.
«Non
le conosciamo ancora bene» sorrise Helen «sono
bellissime»
«Giorgia»
disse meccanicamente Fred «Una la chiamiamo Giorgia
Helen»
«E
l'altra Melody» ribatté allegramente Helen
« Melody Molly»
«Chi
fa chi?» chiese Fred mantenendo lo stesso tono della sua
ragazza.
«Ah,
sono uguali, non è che cambia molto»
«Non
saranno uguali» li interruppe bruscamente Celine.
«Come
no?» Helen sembrava molto sbigottita «il dottore ha
detto che sono
monozigote»
«Il
Chaos e il Delirium, per quanto simili, non saranno mai
uguali»
ribatté prontamente, poi le indicò con l'indice.
Subito, del fumo
uscì dal loro corpicino, un fumo rispettivamente argenteo e
dorato;
il primo prese la forma di un lupo, il secondo di un leopardo.
A
Fred si seccò la lingua.
«E'
impossibile»
«Non
lo è» Celine era impassibile «Il Chaos e
il Delirium sono stati
separati»
E
Fred capì subito cosa significava: una
dovrà uccidere l'altra per sopravvivere.
«No...no!»
anche Helen ci era arrivata e la sua reazione fu inattesa
«No!»
ripeté mentre...leggerete, sentirete o vedrete ma non
capirete cosa
successe. La stanza si oscurò, ma poi arrivarono le stelle,
puntini
luminosi intorno a loro che galleggiavano nel nulla.
E
Fred capì quale fosse il potere di Helen, quello che aveva
portato
alla nascita della magia.
Fred
sapeva che Helen non era l'unica al mondo ma che lei dentro lo aveva
un mondo. E lo stava gettando fuori.
Celine
velocemente chiamò il potere del fuoco e per un po' tutto fu
bianco,
c'erano queste due forze naturali che si stavano scontrando, capite?
E ora immaginate Fred, quel poveretto, in mezzo a quell'uragano,
incapace di agire in maniera intelligente, cosa fece? Aprì
la porta.
Semplice.
Ma
quello che non fu semplice fu come tutta quella magia venne
risucchiata dalla porta e portata nella realtà.
Helen
era nel letto, con il fiatone e singhiozzava, come se non avesse
fatto... già, chissà cosa aveva fatto, come gli
aveva detto Celice
quello era un mistero.
Velocemente
andò verso Helen, ma non riuscì ad afferrarla in
tempo e lei
svenne.
Non
arrivò nessun dottore specializzato, non ce n'era
più bisogno.
Il
giorno dopo, a mezzogiorno, Helen morì.
**
Fuoco.
Cielo.
Terra.
Acqua.
Non
erano niente.
Più
Niente
Lui
era
Il
Niente.
**
«Cos'hai
intenzione di fare?»
Fred
era scappato via. Non riusciva, non voleva, non ci credeva.
Sapeva
solo che non poteva essere vero, che da qualche parte lei era
là ad
aspettarlo. Da qualche parte, doveva solo trovarla.
«Trovarla»
rispose senza capire.
Celine
appoggiò una mano alla sua spalla e sospirò con
uno sguardo triste.
«Dobbiamo
dividere le bambine»
Helen.
George.
«Insieme
sono pericolose»
Helen.
George.
«Pensa
un loro litigio cosa potrebbe scatenare»
Helen.
George.
«Potrebbero
uccidersi solo per un capriccio»
Helen.
George.
«Fred,
mi stai ascoltando?»
«No»
Rimasero
in silenzio, poi lei fece una cosa del tutto inaspettata. Lo
abbracciò e lui sentì l'odore della Tana, di sua
madre. Quando alzò
gli occhi il volto rugoso di Molly Weasley gli ricambiò lo
stesso
sguardo sofferente.
Celine,
con le sembianze di sua madre, gli disse «Dormi, oggi
sarò tua
mamma, ne hai bisogno»
Fred
non se lo fece ripetere due volte, chiuse gli occhi e si
addormentò.
**
Inghilterra,
la Tana.
Presente.
Giorgia
si risvegliò come in un sonno.
Stava
piangendo.
Suo
padre stava piangendo.
Sua
madre era morta per colpa sua. Per colpa di quella merda di polvere
dorata che aveva, a quanto pare.
E
vaffanculo.
nda:
Eccomi
con 24 pagine di Word. Be', considerando tutte le cose che ho tolto
è
anche poco T_T volevo un intero paragrafo per il matrimonio e il
prete, invece ho dovuto tagliare.
E
ho dovuto ragliare anche una parte con Delì, ma quella la
riprendiamo nella seconda parte della storia.
Doooopo, dovete guardare
questo video https://www.youtube.com/watch?v=8Yu7gUyHfok
perché è la storia di Helen e Fred e la
canzone è la colonna sonora.
Ok,
terminato questo ho un annuncio: voglio cambiare il titolo in
“Strane
cose di dicono questi innamorati”
o “Signori, come sono pazzi questi mortali”, ma
opto di più per
il primo visto che questa prima parte la storia è
più una commedia
con i vari innamorati, le varie coppie. Ma non sono sicura, dite
lascio quello che c'è adesso o lo cambio?
Invece
il titolo della seconda parte sarà : “Amanti, a
letto. È l'ora
delle fate”, frase presa da Un Sogno di una notte di
Mezz'estate
che farà quest'anno a teatro, ja.
La
terza e ultima parte sarà “Il Buffone Dolce e
quello Amaro” dove
finalmente ci sarà la scelta, zan zan.
Ora
vado, adios ( ogni recensione vale un biscotto, sappiatelo)
¹.
Sì, in teoria dovrebbe essere una poesia che ho scritto io
tempo fa.
In teoria, ovviamente. Non mi piace nemmeno ma la trovavo perfetta
per il momento. Ricordate, in teoria è
una poesia, in
teoria.
|
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Capitolo 37 *** Chi ha detto che la verità fa male ha capito tutto ***
Cap.
37
Chi
ha detto che la verità fa male ha capito tutto
**
Ormai le
mie stranezze sono di
dominio pubblico, ma la mia reazione sorprese tutti, me in primis.
Be', dopo aver scoperto che suo padre è un essere morto e
resuscitato parente del ragazzo per cui hai una cotta e di tutti i
tuoi amici e che servirà da contenitore per contenere
l'anima di un
mago del passato che ritornerà per mano di una strega
innamorata
altamente pericolosa (sempre immortale pure quella) a meno che la
poveretta in questione non uccida la sua sorella gemella che non ha
mai saputo di avere immagino che una ragazza normale tenti il
suicidio o per lo meno faccia una crisi pubblica, ma io sono fatta
strana, ormai è risaputo, quindi tutto ciò che
dissi fu:
«Posso
andare in bagno?»
Gli
altri dovettero sembrare veramente sbigottiti perché non
dissero
niente.
Be',
chi tace acconsente.
**
Sbattei
ripetutamente la testa sul muro del bagno lasciando che il rubinetto
facesse scorrere l'acqua. Lo shock doveva aver messo in moto i miei
neuroni e ora ogni cosa mi sembrava terribilmente chiara e mi diedi
della stupida per non esserci arrivata da sola.
Avrei
dovuto sospettare qualcosa del genere da quando incontrai Al nel
negozio di papà, quando avevo visto la foto di Fred e
George, dalla
strana assomiglianza tra me e i Weasley, il nonno ci era anche
arrivato chiedendomi per un'intera serata se ero sicura di non essere
Weasley.
E
dopo, sapevo già di dover uccidere Delirium, o Melody se
vogliamo
usare il suo nome di battesimo, ma dovevo arrivarci che dovevo aver
per forza qualche legame di sangue con lei.
Non
è bello ritrovarsi tutte queste risposte sbattute in faccia.
Non
è bello ritrovarsi tutte queste risposte di merda.
Sarebbe
stato molto meglio restare la ragazzina ignorante di quest'estate,
sì, assolutamente, con l'unica preoccupazione di Algebra e
la
professoressa.
Mi
presi la testa tra le mani e respirai più volte, non era il
caso di
dare di matto, la notizia doveva di sicuro aver scosso tutti, non
potevo rintanarmi in un angolino a piangere come una bambina e
nemmeno starsene chiusa in bagno porterà da qualche parte.
Ma
se esco cosa faccio?
Mi
coprii il viso con le mani cercando di trovare conforto nel buio, la
luce cominciava a infastidirmi. Fuori da quel bagno c'era tutta la
mia famiglia, quella famiglia che avevo sognato per anni era
lì
fuori; non ero pronta, assolutamente. E poi, c'era un altro paio di
intoppi, ovvero spiegare delle creaturine che si stavano sviluppando
nella mia pancia.
Sarò
la guerriera ragazza-madre più sexy della storia,
cercai di pensare ironicamente mentre sentivo tornare il panico nello
stomaco e la gola bloccarsi. Improvvisamente l'aria non mi
bastò più
e senza pensarci due volte andai ad aprire la finestra; l'aria fresca
fu un vero toccasana, senza rendermene conto avevo iniziato a sudare.
Un
angolino del mio cervello mi comunicò che forse era meglio
uscire da
quel bagno prima che mi dessero per morta ma nonostante ciò
rimasi
davanti alla finestra a guardare il cielo nero, non c'era la luna e
così si vedevano benissimo le stelle.
Qualcuno
bussò alla porta e quando aprii la prima cosa che registrai
furono
degli occhi blu elettrico.
Anche
la mia gemella li ha di questo colore, pensai mentre dei brividi mi
scesero giù dalla schiena e mettevo a fuoco il viso di Fred,
il mio
amico.
«Come
stai?» mi chiese spiandomi dietro i ciuffi rossi della
frangetta
troppo lunga.
«Potrei
vomitare» risposi onestamente.
«Allora
non scambiarmi per la tazza del cesso, quella è dell'altra
parte»
disse con la sua solita delicatezza. La cosa mi confortò
perché
nonostante tutte le mie certezze fossero crollate in pochi secondi
lui restava il solito Fred indelicato in fatto di sentimenti, io ero
la solita ragazza che davanti alle difficoltà di nascondeva
in un
bagno, giù c'erano i miei amici e c'era Albus.
E
poi papà era lì, poteva anche essere Lord
Voldemort in persona, ma
restava comunque mio papà, quella persona che mi aveva
cullato e
protetto dagli incubi.
«Scendiamo?»
si arrischiò a chiedere Freddy.
«Ok»
«Chiudi
il lavandino, però, altrimenti la nonna dopo diventa
nera» poi fece
un sorriso ironico «adesso sei anche tu sua nipote e
può trattarti
come cavolo le pare»
«E'
una cosa positiva o negativa?»
Scrollò
le spalle: «Dipende dai punti di vista»
**
Appena
scendemmo ed entrammo nel salotto tutti si zittirono e mi guardarono,
alcuni con uno sguardo solidale.
«Tutto
apposto?» mi chiese Harry con un sorriso tirato.
Annuii
cercando di essere il più convinta possibile e questo
bastò al
bambino-che-è-sopravvissuto perché si
rilassò un poco.
«Stavamo
facendo delle domande a Fred»
«Ma
se ero sopra con lei»
«Non
tu, Freddy, sto parlando di tuo zio» fece l'uomo.
«E
mi sembra sbagliato, è stanco e dovrebbe solo
riposarsi» rimbeccò
tutti Nonna Weasley con disapprovazione.
«Va
tutto bene, ma'» si schermì papà. Stava
fissando con insistenza il
gemello il quale non aveva ancora dato segno di vita, si limitava a
fissare il nulla davanti a sé.
«Ehm...Georgi?»
lo chiamò papà, era evidente che il suo silenzio
lo stava mettendo
a disagio.
Non
rispose.
«George?»
Non
rispose.
«George?»
«Vaffanculo»
Strinsi le lebbra e pensai che come minimo papà quella
risposta
doveva aspettarsela e che era inutile fare quella faccia da cane
ferito. Io avrei detto anche peggio.
«Vaffanculo»
ripeté George come se il concetto non fosse abbastanza
chiaro, per
papà e gli altri forse non lo era visto le loro facce, ma io
credevo
di capire.
«Cioè,
tu non puoi venire qui come se nulla fosse dopo tutto il tempo in cui
io... in cui io credevo che tu fossi... che tu fossi...»
Morto.
Non
lo disse, ma era come che lo avesse fatto.
«Tu
non hai idea di come siamo stati tutti, di come sono stato io! Tu non
ne hai idea di quanto stessi male al pensiero che non ci fosse
più
nessuno a completare le mie frasi, tu non puoi...tu non puoi venire
qui come se niente fosse!»
«Infatti
non lo sto facendo» ci tenne a precisare lui
«E
vaffanculo»
«Sì,
mi sei mancato anche tu»
«Brutto
deficiente» dopo di che George si alzò dalla sua
poltrona correndo
incontro al gemello e lo abbracciò forte, in maniera quasi
disperata.
«Sei
qui, sei vivo, sei vero...» lo sentii sussurrare.
«Certo
che sono vero» disse papà punto sul viso
«E sono anche più bello
di te»
«Solo
perché non sei invecchiato di una virgola, ma resto comunque
io il
più bello»
Nonna
Molly scoppiò a piangere e traballante abbracciò
i due gemelli
sussurrando:
«I
miei ragazzi, i miei bambini» e a lei si aggiunse il resto
della
famiglia con i lucciconi agli occhi per il ritorno di Fred Senior.
Quando
l'abbraccio di gruppo si fu sciolto, papà mi tese una mano
avvicinandomi a lui chiedendomi:
«Mi
perdoni? Mi perdoni l'enorme cazzata che ho fatto?»
«Solo
se tu perdoni la mia di enorme cazzata» sentii le mie labbra
formula
la frase ancor prima che io potessi fare qualsiasi cosa per fermarle.
Lo
sguardo interrogativo che mi rivolse papà fece evaporare
tutto il
minuscolo coraggio che mi era saltato fuori così rimasi come
una
stupida a fissare tutti che mi guardavano a loro volta confusi.
Vidi
con la coda nell'occhio Fred muoversi nervosamente, deglutii a
disagio cercando di ritrovare il dono della parola.
«Ahuu..
ehaa...» mi uscì quando tentai la prima volta
ricevendo occhiate
ancora più confuse.
«Di
che enorme cazzata stai parlando?» mi soccorse
papà cercando di
togliermi le parole di bocca.
«Quella
che hai fatto più o meno anche tu» dissi tenendomi
sul vago, per lo
meno riuscivo ancora a parlare.
Papà
aggrottò la fronte «anche tu hai tenuto la
verità nascosta a
qualcuno?»
«Ehm...l'altra
cazzata...»
«...ne
ho fatte tante di cazzate»
«Sì,
ma una molto grande. Ehm...per colpa di quella cazzata il mondo
è in
pericola..»
Altro
sguardo vacuo, ma in mio aiuto venne Hermione che con un gridolino
si mise le mani davanti alla bocca «Oh mio Dio, Gorgia! Non
dirmi
che stai aspettando un bambino!»
«No»
dissi e lei parve più tranquillizzata e mi sentii in colpa
quando
continuai «in realtà ne aspetto due»
Il
silenzio totale cade nella stanza. E questo è un brutto
segno, ho
ben imparato che per quella (cioè, voglio dire 'la mia')
famiglia è
impossibile stare in silenzio, persino dopo che papà
è comparso
tutti parlavano, urlavano ma non stavano zitti.
Merlino,
non posso averli sconvolti più di papà....
«Ehm...
è uno scherzo vero?» si decide a dire poi
papà con un tono tra il
nervoso e lo speranzoso. Per un momento sono tentata di allargare le
braccia e urlare “Pesce d'Aprile in ritardo!” ma
sopprimo subito
questo istinto. Dovevono saperlo, era arrivato il momento di parlare.
E
di dire la verità. Tutta la verità.
Un
taglio netto, rapido e indolore. Così, respirai e poi buttai
fuori:
«No,
è vero»
Le
reazione furono immediate. Mio padre si alzò e si risedette
in
continuazione, preso da uno strano tic, incapace di capire. I nonni
tentarono di portare fuori dalla stanza i più piccoli. Frank
mi
guardava con la bocca spalancata e lo sguardo terreo, estremamente
pallido. Rose si era alzata e attraversava la stanza con rapidi
falcate. Fred tentava di sorreggermi. James si guardò
intorno e poi
iniziò a ridere in maniera isterica. Ginny ed Hermione mi
rimproverarono, ma quando videro il mio sguardo disperato mi dissero
che ormai il guaio era stato fatto e che dovevo pensare ai bambini
tentando di consolarmi. Ron ed Harry sembravano sul punto di
afferrare i loro distinti Auror per fare fuori qualcuno. Fleur
commentava con sua figlia Victoire la mia irresponsabilità.
George
sembrava troppo sorpreso per fare qualcosa, troppe rivelazioni in una
sola giornata evidentemente. Solo Angelina fece la domanda
più
sensata e quella che più temevo:
«Com'è
successo?»
«E'
complicato» risponde Rose al mio posto che nel frattempo mi
ha
raggiunto e mi ha messo un braccio intorno alle mie spalle
«Vi va di
vedere l'ecografia?» chiede un po' tentennante
«Dai, Giò,
mostrala»
Con
mani tremanti apro la mia felpa e tiro fuori la busta che porto
sempre con me e la passo a Rose, lei poi la passa al resto della
stanza.
Se
la passano tutti e sembra distendere l'animo delle persone in stanza,
qualcuno fa anche un sorriso intenerito mentre Rose cerca di spiegare
quali siano i due miei figli.
Nonostante
ciò Angelina non molla l'osso e continua imperterrita:
«Ma
com'è successo?»
Deglutisco.
E deglutisco ancora. Improvvisamente la mia gola si è fatta
terribilmente secca e non riesco a parlare. Ancora una volta Rose
prende la parola al mio posto.
Rose,
amore mio, ti costruirò una statua...
«A
Capodanno abbiamo fatto una festa a scuola...»
«Non
lo sapevo che la McGranitt avesse organizzato una festa» la
interruppe subito Ted perplesso e, sotto lo sguardo assassino di
Rose, indietreggiò un poco.
«No,
la McGranitt non ha organizzato nessuna festa»
ringhiò la mia amica
tra i denti.
«Ma
quindi...» Hermione spalancò gli occhi
«avete organizzato una
festa clandestina?! Ma Rose!» sembrò sul punto di
iniziare una
ramanzina ma suo marito la interruppe facendoci segno di continuare.
«Dunque
dicevo...sì, la festa. Bene abbiamo avuto questa festa e
qualcuno ci
ha dato dentro con l'alcool...»
«Ma
siete minorenni!»
«Grazie
Teddy, lo so!» sbottò Rose, odiava essere
interrotta «comunque
qualcuno ci ha dato dentro con l'alcool perdendo il lume della
ragione...»
«Tipo
te» tossì pianissimo Scorpius ricevendo un
occhiata assassina dalla
propria ragazza.
«...così
il giorno dopo ci si è ritrovati con un sacco di
problemi» terminò.
«Ti
sei ubriacata?» mi chiese Ginny inarcando un sopracciglio.
Annuisco
sentendo le guance andare a fuoco.
Papà
prende un grosso respiro prima di dire con voce tremante:
«Chi
è il padre?»
Feci
per rispondere ma ancora una volta Rose mi precedette:
«Non
lo sappiamo»
Tutti
si girano a guardarla e questa volta fuFrank a prendere la parola:
«Come
non lo sapete? Non sa chi è quel bastardo che le ha messo le
mani
addosso?»
«Ok,
cancelliamo Frank dalla lista dei sospettati» rispose
meccanicamente
Fred facendomi quasi scappare un mezzo sorriso.
«Perché?
Io ero un sospettato? Mi credete così meschino da mettere le
mani
addosso a una donna che non è nel pieno delle sue
facoltà mentali?»
sembravo molto offeso.
Fred
fece spallucce.
«Comunque
no, Frank, non lo sa. Era troppo ubriaca per ricordare» disse
dolcemente Rose.
Non
è vero, io ricordo. Vorrei urlarlo, ma ancora una
volta la voce
mi resta impigliata in gola e vorrei anche prendermi a botte per non
esserci arrivata prima, di non essermi sempre concentrata sul quel
dettaglio insignificante.
La
sua voce.
La
sua voce era rimasta inalterata.
Rose
intanto stava spiegando come si era svolta la faccenda, di come lo
avessi incontrato e di come cambiasse continuamente aspetto e di
tutto il resto.
«Insomma,
non lo sa» concluse.
Volevo
davvero riprendere l'uso della parola.
«Oh,
piccola» Ginny mi strinse con un stretta leggera
«Non ti
preoccupare, ti aiuteremo noi con i bambini e con tutto il resto, non
sei sola»
«Lo
so» riuscii finalmente a dire.
Ginny
mi lanciò un altro sorriso e mi resi conto che aveva
frainteso
completamente la mia risposta. Il mio “lo so” non
era riferito al
fatto che non ero sola, ma al fatto che sapevo chi fosse il padre.
«No»
dissi, cercando di non avere una voce stridula «So chi
è il padre»
Silenzio.
«Ma
allora! Lo sai o non lo sai?! Mi sono rotto i coglioni»
«Hugo,
modera il linguaggio»
«Di'
questo nome così che io possa farlo fuori» lo
sguardo omicida di
Frank mi spaventò, soprattutto perché sapevo che
ne sarebbe stato
perfettamente capace.
Mi
schiarii la voce, ora toccava a me parlare, Rose non poteva
più fare
niente.
«A
dir la verità avevo capito chi fosse anche quella sera, me
lo sono
dimenticato durante la notte e... e adesso mi è tornato in
mente»
«Giorgia,
ma perché ti sei fidata di quel ragazzo?»
Finalmente Ted fece una
domanda intelligente.
«Perché
lo conoscevo molto bene...» sussurrai.
Adesso
tutti gli sguardi si rivolsero verso Fred facendolo arrossire.
«No,
no, no» disse velocemente «ovvio che no!»
«Insomma,
il nome!»
Aprii
la bocca ma ancora una volta fui interrotta.
«Sono
io»
Tutti
si voltarono verso il ragazzo con gli occhi verdi colpevoli e i
capelli neri che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
E
sì, la voce era la stessa.
NDA:
SONO
VIVA! Tranquilli, ho pubblicato anche se non mi convince per niente
questo capitolo, anzi mi fa schifo.
Comunque,
scusatemi sul serio per il ritardo T_T
Al
prossimo capitolo e recensite, mi raccomando :D
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio,
può copia-incollarlo dove meglio crede)
© elyxyz
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Capitolo 38 *** Veritaserum ***
Cap.
38
Veritaserum.
**
«E'
questa la fine promessa?»
Non
riuscivo a capire dove fossi finita, sentivo solo delle voci
sussurrare parole orribili e sconnesse.
«Uccidilo»
«E'
un tuo nemico»
«Il
suo sangue purificherà questo luogo»
«Salvami»
Sotto
di me il pavimento cominciò a incresparsi finché
non affondai in un
liquido nero, mi entrava in bocca, su per la naso e nelle orecchie,
gli occhi erano completamente coperti.
Senti
qualcuno afferrarmi per la gola e la voce questa volta si fece
vicinissima e chiarissima.
«SALVAMI»
**
Mi
svegliai urlando e in un bagno di sudore mentre il mio cuore
martellava impazzito e respiravo rumorosamente, come per controllare
se quella poltiglia nera se ne fosse andata del tutto. Sentii nel
buio della tenda qualcuno brontolare nel sonno e io mi lascia
ricadere con la testa sul cuscino, sollevata.
Poi
mi ritornò alla mente gli eventi di quella giornata e
rischiai di
soffocare sul serio, mio padre era lì e al sicuro, ora
conoscevo la
sua storia e, sorprendentemente, mi sentivo pronta a spaccare i culi
a quel branco di decerebrati, potevo farlo anche il quel momento.
Ma
prima dovevo andare in bagno.
Cercando
di non far cigolare il letto spostai le coperte da un lato e buttai
fuori le gambe mettendomi a sedere, ma la solita sensazione di nausee
mi prese lo stomaco.
Decisamente,
quello non era il momento adatto per spaccare il culo a qualcuno.
Senza
più preoccuparmi di far rumore raggiunsi il bagno e arrivai
appena
in tempo pensando che decisamente
proprio no,
non era affatto il momento.
Mi
lavai la faccia e sciacquai la bocca maledendo quel piccolo
problema alla pancia.
Ecco
come lo aveva battezzato James, quel coglione.
Un
“piccolo
problema alla pancia”.
Forse
perché a creare quel “piccolo problema alla pancia”
era stato quell'altro idiota di nome Albus Severus Potter che non
è
altri che suo fratello e quello che mi piace.
Non
vi dispiace, bambini, se vi rendo orfani di padre ancor prima di
nascere?
Sul
serio, mi chiedevo come cavolo avevo fatto a non arrivarci prima, la
risposta l'avevo sempre saputa e io non l'avevo mai presa nemmeno in
considerazione. E lui, ancora più idiota di me, a starsene
zitto.
Certo,
alla fine aveva sputato la verità, aveva ammesso tutto di
sua
spontanea volontà ma solo perché era
già fottuto e smascherato.
“Sono
io”.
Be',
vedere Ginny diventare una belva era stato piuttosto divertente; dopo
quel secondo di shock che aveva invaso la sala aveva urlato a pieni
polmoni il nome intero del ragazzo con varie minacce annesse. Persino
il marito si era allontanato un poco, evidentemente essere scampato
alla furia di Voldemort non garantiva di riuscire a scappare alla
furia di Ginny Weasley in Potter. C'era d'ammettere, però,
che il
ragazzo aveva dimostrato molto coraggio nel rimanere fermo al suo
posto ad affrontare la furia materna senza battere ciglio. In
realtà
le sue guance si erano arrossate ancor di più facendomelo
sembrare
tanto carino, questo prima di ricordarmi la sua colpa, ovviamente,
dopo ero tornata a guardarlo con uno sguardo shoccato.
Perché?
Perché lo aveva fatto?
Era
la stessa domanda che faceva anche Ginny, solo che lei gliela urlava
in faccia.
«Perché
ti sei comportato in questo modo così immaturo?!»
Al
aveva abbassato lo sguardo, aveva aperto la bocca come per borbottare
qualcosa ma alla fine l'aveva richiuso lasciando morire in bocca
quello che voleva dire.
Alla
fine Harry si era fatto coraggio e si era avvicinato alla moglie
cercando di calmarla e al contempo rimproverare Al.
«Ci
hai veramente deluso»
Papà
si era alzato, probabilmente pronto a fare un'azione omicida della
quale si sarebbe pentito subito dopo ma fortunatamente si era
ricordato che il ragazzo in questione era suo nipote e che no, non
poteva provocare una strage familiare.
Di
diverso parere sembrò Frank che fu solo grazie ai riflessi
pronti di
Scorpius che non si avventò contro Al.
Del
resto avevo solo un ricordo confuso, se non la faccia del Criceto che
in un'altra circostanza mi sarei goduta, le sopracciglia inarcate di
Dominique, le parole di Rose e la stretta si Fred sulle braccia
mentre tentava di portarmi fuori dalla stanza.
James
ci aveva raggiunto subito dopo, mi aveva guardata e poi con tutta la
tranquillità del mondo aveva detto:
«Quindi
adesso siamo doppi parenti»
Non
so per quale motivo scoppiai a ridere, evidentemente quella sera era
stata troppo, troppo e basta e finalmente i primi sintomi
dell'isteria si stavano facendo strada nella mia mente. Risi in
maniera isterica e tra una risata e l'altra dicevo qualche parola
incomprensibile anche alle mie stesse orecchie e quando smisi ero
distesa sull'erba indecisa se tornare al salotto per spaccare i denti
ad Al o per baciarlo.
Fu
Rose a scegliere per me, tendendomi una mano mi aiutò ad
alzarmi e
mi portò alle tenda per riposare.
Ovviamente
non avevo avuto un sonno tranquillo o riposante, ma un incubo.
Ovviamente. Be', almeno non era il solito e aveva cambiato tema,
anche se restava inquietante uguale.
Al
solo pensiero mi sentii soffocare e senza pensarci due volte uscii
dalla tenda per respirare un po' d'aria pulita. La sensazione
dell'erba sotto i piedi nudi fu un toccasana e finalmente capii
perché gli Hippy camminavano scalzi, ti faceva sentire in
pace con
il mondo.
Camminai
così, un po' a caso, fissando di tanto in tanto le stelle e
le poche
nuvole, il cielo era meraviglioso quella notte. Canticchiai tra me e
me la prima canzone dei Paramore che mi venne in mente ma smisi
subito, mi dispiaceva rovinare quel meraviglioso silenzio con la mia
voce stonata. Mi chiesi se papà stesse dormendo tranquillo o
fosse
anche lui sveglio a girare per la sua vecchia casa ammirato e pieno
di ricordi. Doveva essere strano per lui ricongiungersi con la sua
famiglia dopo tutto quel tempo. Ero talmente presa ad ammirare la
casa che stava in piedi per magia che non sentii la sua presenza
finché non mi sfiorò la schiena.
Colta
di sorpresa scattai subito allontanandomi e preparandomi a prendere
qualcuno a pugni ma gli occhi verdi di Al furono come un faro
abbagliante e io mi ritrovai ferma al mio posto incapace di reagire.
«Ciao»
disse, debolmente.
Sentii
ancora quella sensazione tra il volergli spaccare i denti e il
gettargli le bracci al collo ma mi limitai a incrociare le braccia
al petto ricordandomi in quel momento che lui era bellissimo anche
con i capelli sparati in tutte le direzione, gli occhi tristi e il
pigiama mentre io dovevo assomigliare a uno spaventapasseri con un
pigiama rosa dei My Little Pony.
Non
ricambia il saluto, non mi fidavo della bocca, avrei potuto dire
qualsiasi cosa.
Sei
un'idiota.
Sei
un'idiota, mi piaci.
Sei
un'idiota, ti amo.
No,
sicuramente l'ultima frase non dovevo assolutamente dirla, era fuori
questione, già troppi casini, non era il caso di complicarsi
ancor
di più la vita. E poi il “ti
amo”
è potente, è una di quelle promesse che devi
mantenere per forza,
senza se e senza ma, quando fai una promessa del genere giuri sulla
vita. Sarebbe come dare un biscotto a un bambino e poi toglierglielo
dalle mani. Sarebbe come far cadere un quadro, come prendere un treno
e abbandonare tutti. Una cosa meschina, insomma.
Quindi
nulla, rimasi in silenzio. E lui mi fissava e basta. Doveva essere
una scena buffa, due ragazzi in piedi uno di fronte, lei con il
pigiama dei My Little Pony e lui con il pigiama con le pecorelle, in
silenzio e lei stelle come sfondo.
Non
sopportavo quel silenzio, così mi decisi a fare una delle
mie uscite
cretine quando lui mi afferrò con uno scatto il braccio
portandomi
ancora più vicino a lui.
«Scusami,
ti prego, ti devo parlare» la sua voce era perfettamente
controllata, ma i suoi occhi erano così disperati e belli
che lo
avrei zittito all'istante e poi baciato, baciato, baciato...
No,
così non va bene! Rossa, svegliati, ricordati che per colpa
sua sei
nella merda! Gentile
la mia vocina interiore a ricordarmelo.
Annuii
e lui senza lasciarmi il braccio mi portò dentro il
capannone degli
attrezzi del nonno e accese un interruttore facendo sfrigolare una
sola lampadina. Al fece una smorfia che significava chiaramente
“Ci
dovremo arrangiare”.
Rimanemmo
in silenzio ancora per un po' prima di decidere di sedermi nel
pavimento impolverato, tanto il pigiama era già orribile per
conto
suo; lui mi imitò e si sedette vicino a me e io sentii il
suo odore
e le uniche parole che mi vennero in mente furono
“felicità” e
“Autunno”.
«Perché
non me lo hai detto?» dicemmo in coro. Lui abbassò
lo sguardo e mi
resi conto che era la prima volta che lo vedevo così
indifeso e
imbarazzato.
«Cosa
dovevo fare? Poteva essere anche un allucinazione dovuta
all'alcool»
sussurrò «E se lo avessi fatto, cosa sarebbe
successo? Finalmente
ero riuscito a tornare in...“buoni” rapporti con
te, non volevo
rovinare tutto. Non di nuovo»
In
effetti qualunque ragazza avrebbe ammazzato un ragazzo che se ne era
approfittato di lei in un momento di debolezza, me in primis, quindi
potevo capire il fatto che non me lo avesse detto ma questo non
significava che lo accettassi.
«Dovevi
dirmelo» ribattei sicura.
«Tu
lo hai detto a qualcuno?» mi chiese lui.
«Be',
certo» risposi sorpresa.
«Intendo,
lo hai detto a qualcuno prima di scoprire di essere incinta?»
Tacqui
pensando che no, non lo avevo detto a nessuno e che, anzi, il mio
piano d'azione era consistito nell'ignorare la faccenda.
Però io non
sapevo chi fosse il ragazzo arcobaleno, lui invece ricordava. Quindi
avevo ragione io.
«Comunque
non sapevo che fossi il padre, almeno non prima di 'sta sera. La
possibilità che potessi essere tu non mi era nemmeno venuta
in
mente»
«Ma
potevi dirmelo di essere incinta, non ti sei fidata di me»
borbottò.
«Al,
ci parliamo a malapena» dirlo ad alta voce fu come ricevere
un pugno
nello stomaco «Vedi? Non avresti rovinato niente»
continuai
amareggiata.
Lui
aggrottò le sopracciglia «Non voglio rovinare quel
poco che ho di
te»
Cercando
di ignorare il significato ambiguo della frase, dissi cercando di
essere più seria possibile «Al, non avresti
rovinato niente.
Certo, sul momento ti avrei fatto una crisi enorme, e forse non ti
avrei parlato per qualche giorno, ma poi me la sarei messa da parte.
Ok, saresti dovuto strisciare ai miei piedi per chiedere umilmente
perdono, ma.... ti avrei perdonato e sarebbe tornato tutto
normale»
«“Normale”
è una parola grossa» mi ricordò lui.
«Allora
sarebbe stata anormalmente normale» entrambi accennammo un
sorriso.
«E
poi» continuai «sei tu, ormai ho capito come sei
fatto.
Probabilmente eri talmente ubriaco che avresti potuto scoparti anche
un asino; cioè, sei tu, posso capire»
«Non
ero così
ubriaco» ci tenne a precisare «non così
tanto da andare a letto
con una caso» ritrattò dopo un attimo di pausa.
«Al,
lo hai fatto»
«Non
sono andato a letto con una a caso»
«Sei
andato a letto con me, però»
Gli
lanciai uno sguardo di soppiatto, stava fissando il nulla davanti a
sé e si torturava le mani come se stesse decidendo sul da
farsi.
Aprì la bocca, ma poi scosse la testa e la richiuse
mordendosi le
labbra.
Gli
scoccia così tanto ammetterlo di essere un troione?
«Esatto»
disse, incerto, piano «sono andato a letto con te»
Quindi
ho ragione.
Si
girò a guardarmi, con la bocca socchiusa e le mani
appoggiate a
terra come se stesse per schizzare via, ma restò immobile a
fissarmi
mentre cercava le parole per dirmi qualcosa. Il mio cuore
iniziò a
battere più velocemente e lo sentii schizzare in gola.
«Cioè...»
abbassò lo sguardo, poi lo rialzò come se stesse
attendendo una
risposta dal cielo in un gesto che ricordava molto suo fratello.
Quando capì che il cielo non gli avrebbe mandato nessuna
illuminazione si decise a riguardarmi negli occhi, ma sembrò
pentirsene subito perché arrossì e
sembrò sul serio pronto a
scappare.
Non
avevo mai, e poi mai, visto Al così imbarazzato. Quella fu
la prima
volta che lo vidi incerto a prendere una decisione, solitamente era
un tipo deciso e sicuro di sé. Faceva quasi paura. E tanta
tenerezza, dovetti impiantarmi le unghie sui palmi della mano per non
afferrarlo e stringerlo forte come l'orsacchiotto con cui dormivo da
piccola.
«Non
so come spiegarmi» buttò in un soffio.
«Cerca
di essere il più diretto possibile» risposi con lo
stesso tono;
perché sì, se doveva dire quello che stavo
pensando non volevo
affatto giri di parole, il mio cuore era troppo impegnato a fare un
mini-infarto per conto suo, non aveva bisogno di più
suspense per
lasciarmi del tutto.
Rimase
in silenzio per raccogliere i pensieri, poi iniziò:
«Non
sarei andato a letto con qualcun'altra, non ero così
ubriaco,
riuscivo a controllarmi...»
«Ti
ho detto di essere diretto» lo interruppi subito mentre
sentivo ogni
parte di me distruggersi dall'ansia.
Orribile,
odiosa ansia.
«Sto
cercando di esserlo il più possibile»
«Comunque
mi sembrava ovvio che ti controllavi, stai con Anna»
«Anna
mi ha appena lasciato»
«E
ha fatto bene»
«Comunque
mi sta bene, perché non...»
«Cioè,
anche io avrei lasciato il mio ragazzo dopo un tiro del
genere»
«Non
è di lei che sono innamorato»
Ah.
Questo bastò a chiudermi la bocca. Ancora una volta mi resi
conto di
quanto fosse vicino e di quanto fosse buono il suo profumo.
Evidentemente era naturale, il suo profumo dico.
E
non frega a nessuno.
«Quindi...»
cercai qualcosa di intelligente da dire ma non mi venne in mente
nulla.
«Io
amo te»
buttò fuori velocemente e abbassò di tutta fretta
lo sguardo mentre
diventava ancor più rosso.
Io
amo te.
«Non
ho voluto dirtelo perché avrei dovuto spiegarti questa cosa
e avrei
mandato tutto a puttane...»
Bene,
allora è il momento di mandare tutto a puttane.
«Non
avresti rovinato niente» Presi fiato «non avresti
rovinato niente
perché...»
«Giorgia»
«Perché
sono innamorata di te!»
con uno scatto mi tirai indietro i capelli e guardai verso l'alto.
«Non ho mai smesso di essere innamorata di te»
«Gio...»
«Sono
sempre stata innamorata di te, brutto idiota. Ed è
spaventoso perché
non riesco a controllarmi, non riesco a tenere la situazione sotto
controllo e non riesco a smettere. Perfino quando mi hai preso in
giro, perfino quando ti ho odiato ero innamorata di te, persino
quando tu, brutto idiota, te ne sei trovata subito un'altra. Anche
quando avrei voluto avvelenarti ero innamorata di te! Sempre, te ne
rendi conto. Sempre»
Al
non mi rispose e la sua aria stupita mi fece salire la collera,
improvvisamente mi sentivo arrabbiata con tutto l'universo.
«Anche
quando Frank si è fatto avanti e io gli ho detto che ci
avrei
pensato ero innamorata di te. E smettila di fissarmi così,
come uno
stoccafisso!»
Feci
per spingerlo, per buttarlo a terra ma lui mi blocco le mani e mi
fissò corrucciato.
«Ma
se sei stata tu a lasciarmi»
«Ovvio!»
sentii le prima lacrime far capolino ma le scacciai con orgoglio
«non
sto con la gente per una stupida scommessa»
«Una
stupida scommessa...» ripeté, prima di realizzare
e il suo sguardo
s'indurì e sibilò con odio
«Anna»
«Non
è stato lei a dirmelo, vi ho sentiti quella sera con
Scamander...»
e raccontai di come ci fossimo nascosti ad origliare dietro il muro
ma Al non sembrava assolutamente intenzionato a darmi ascolto da come
mi ignorava ringhiando parole poco carine verso il Criceto.
«Lo
so che non può avertelo detto» ringhiò
quando finalmente decise a
darmi ascolto «non avrebbe potuto dirtelo, perché
non era vero»
Le
sue parole mi investirono come una doccia ghiacciata.
...Come?
«Non
mi sono mai messo con te per una scommessa, come avrei potuto farlo?
Non mi sono mai abbassato a tanto...»
«Ma...
lei ha detto...»
«Lei
lo ha detto perché “mi voleva parare il
sedere” a detta sua,
evidentemente si doveva essere accorta che ci stai spiando e ha
pensato di tirare questo tiro mancino»
«Mi
sembrano solo un sacco di scuse idiote»
Rimase
in silenzio e io sentii la mia piccola bolla di felicità
sgonfiarsi
come un palloncino, una parte di me sperava davvero che quelle non
fossero solo delle patetiche scuse.
«Giorgia...»
lo odiai, doveva per forza lasciare il mio nome sospeso in quel modo,
doveva proprio pronunciarlo in quel modo? Mi morsi l'interno della
guancia e annuii un paio di volte senza un vero motivo.
«Giorgia,
non sono patetiche scuse. Non so se dirti che ti amo dalla prima
volta che ti ho visto in quel parco giochi babbano perché
non lo so
nemmeno io, so solo che io ho continuato a pensarti per tutto questo
tempo, perché quando sorridevi e giocavi avevi qualcosa che
le altre
bambine non avevano. E non è per dirti che ho avuto solo te
in testa
perché non è vero, ma tu eri il mio segreto e mi
sembravi un
rifugio solo mio e spesso fantasticavo su di te. Senza conoscerti,
sta qui l'inghippo, non ti conoscevo e quindi la mia poteva essere la
cotta più platonica della storia. Ed è durata,
non hai mai smesso
di esserlo. Quando ti ho visto in quel negozio, quando ti ho vista
recitare ho deciso che non ti avrei lasciata scappare di nuovo. E mi
sono comportato da cretino, lo so, ho fatto le peggior cazzate e le
peggior cose, però io voglio te, la vera domanda
è...» corrugò la
fronte e si fissò le mani e io desiderai con tutta me stessa
ucciderlo seduta stante per quella pausa, come se non fossi
già
abbastanza in ansia. Poi mi resi conto che non andava avanti
perché
aveva paura.
«...tu
mi vuoi?»
si risolse infine a sussurrare con il tono pieno d'ansia.
Eravamo
due coglioni.
Stavo
parlando con il ragazzo che mi piaceva e lui mi aveva appena fatto
una splendida dichiarazione, era arrivato il momento di usare la
bocca in un altro modo.
Con
il cuore che batteva furioso mi avvicinai come una furia alle sue
labbra, solo che anche lui evidentemente ebbe lo stesso pensiero e il
nostro più che un bacio fu un cozzare di teste. Una testata,
insomma.
Lui
ridacchiò (ha
riso, quel bastardo!)
e con una mano mi prese il viso avvicinandomi questa volta per un
bacio più delicato, talmente dolce da sciogliere il cuore di
chiunque. Peccato però che Al non era affatto un ragazzo
dolce e
calmo, dietro la facciata di cortesia che usava a scuola come
perfetto Grifondoro c'era una serpe; si staccò leggermente
mordicchiandomi il labbro inferiore mentre con una mano mi resse la
schiena e lasciò scivolare l'altra lungo il profilo del mio
collo e
poi sotto il pigiama. Diventò un abbraccio, una seria di
baci in cui
respirare sembrava impossibile, tanto calore e mani che si spostavano
ovunque, tra i capelli, sul corpo.
«Giorgia...»
mormorò di nuovo con la bocca incollata sull'incavo della
mia spalla
e talmente tanto desiderio che mi sentii diventare un budino. Eravamo
un nodo unico di braccia, gambe e baci.
E
vaffanculo al resto.
«Ehm,
ehm»
Il
colpetto di tosse fu come una secchiata d'acqua gelata facendo
schizzare Al come una molla.
Ma
chi diavolo...?
«Scorpius!»
sibilò il moro e finalmente riuscii a mettere a fuoco la
figura del
mio amico idiota che se ne stava con le mani davanti gli occhi a
ridersela di nascosto visto come stringeva il labbro inferiore.
Velocemente mi diedi una sistemata cercando di ricoprire con il
pigiama tutta la pelle che Al aveva scoperto mentre il maniaco appena
citato chiedeva con voce di accusa:
«Cosa
diavolo ci fai qui?»
Scorpius
sbirciò dalle dita della mano per controllare e quando vide
che mi
ero rivestita si aprì in un ghigno sadico:
«Stavo
solo facendo un giro. Spero di non aver interrotto niente» e
al che
si dovette abbassare per evitare un oggetto che Al gli aveva tirato
contro. La cosa parve divertirlo ancor di più.
«Ingrato,
dopo che vengo a controllare se sei ancora in vita. Quando mi sono
svegliato ho visto sia il tuo letto che quello di Frank vuoto, e ho
pensato che fosse in corso un omicidio. E invece ti trovo qui ad
attentare alla virtù di questa ragazza»
Sentii
le guance raggiungere il punto di ebollizione ma per orgoglio non
abbassai lo sguardo e questo lo fece divertire ancor di più.
«Ma
se volete» continuò vedendo l'espressione di Al
«posso andare via
e far finta di niente così potete continuare da dove vi ho
interrotto»
Era
una buona idea, peccato che non fosse il caso. Probabilmente erano le
cinque di notte ed entrambi avevamo avuto una giornata ricca di
emozioni, specialmente la sottoscritta.
«Ehm...
Scorpius, tu...»
«io
non dirò niente di quello che ho visto»
recepì servizievole «Però
vi consiglio di sbrigarvi a dirlo al mondo, potrei usare la cosa come
ricatto...»
Scossi
la testa mentre il biondo usciva contenta che Scorpius fosse restato
il solito Scorpius, anzi a ben pensarci era stato l'unico a prendere
tutta la faccenda con una strana calma.
Malfoy,
che tu sia Benedetto.
Mi
concessi uno sguardo ad Al. Si stava sistemando il pigiama, anche se
aveva i capelli sparati in tutte le direzione, le guance arrossate e
i pantaloni calati e quando mi beccò a fissarlo disse
soddisfatto:
«Ti
piace lo spettacolo?»
Alzai
gli occhi al cielo anche se lo spettacolo sì, mi piaceva ma
non per
questo gli avrei reso la vita facile. Alla fine era divertente fare
la sostenuta o prendere in giro Al.
«Dai,
vieni qui» lo richiamai quando Al fallì
miseramente l'ennesimo
tentativo di sistemarsi i capelli. Lui ubbidì diligentemente
e si
lasciò districare i nodi.
Sobbalzai
quando appoggiò una mano sulla mia pancia e lo beccai a
fissarla
concentrato.
«E
così...» sussurrò «maschi o
femmine?»
Scrollai
le spalle «Non lo so, quando torniamo a scuola ho un'altra
ecografia
da fare...»
«Hai
in mente qualche nome?»
Invidiai
la calma con cui ne stava parlando, ogni volta che io pensavo
all'argomento “aspetto due figli” andavo in panico
e dovevo
ripetermi per ore “sono una persona seria e matura”.
Be',
lui non dovrà tenerseli in pancia per nove mesi e partorire,
ha già
fatto il lavoro...
«Non
ho la più pallida idea di come chiamarle nel caso siano
femmine, se
nascono maschi saranno Gabriele e Diomede»
«Diomcosa?»
si scandalizzò «Ti proibisco di chiamare mio
figlio così!»
«Ma
andiamo, è un nome stupendo» dissi con tutta la
mia convinzione ma
davanti alla sua faccia mi resi conto che l'idea non era condivisa
«Sentiamo, sapientone, come dovrei chiamarlo
allora?»
Ci
pensò su un secondo prima di scandire:
«Andrew»
Andrew.
Lo ripetei mentalmente per un po' prima di rendermi conto che aveva
un bel suono.
«Vedremo...»
concessi «E se nascono femmine hai qualche idea?»
«Cecilia,
sicuramente. E...» corrugò la fronte prima di dire
come illuminato
«Alice»
Scrollai
le spalle, tanto i nomi femminili mi erano tutti indifferenti.
Solo
io ho un nome figo.
«Andiamo?»
mi chiese mentre apriva la porta del capannone e mi tendeva una mano.
Non
la presi, ma gli arruffai i capelli. Era molto più bello con
i
capelli spettinati.
**
La
mattina dopo quando mi svegliai stavo già sorridendo. Per un
attimo
provai un incredibile voglia di correre a raccontare a Rose e gli
altri quello che era accaduto quella notte, ma poi mi accoccolai
ancora meglio sotto le coperte e decisi che me lo sarei tenuto ancora
un po' per me, potevano anche aspettare.
Dovevo
solo sperare che Scorpius tenesse la bocca chiusa.
«Buongiorno
ragazze!» la voce di Voctoire irruppe squillante nella tenda
e io
non la odiai mai come in quel momento «Su, la pappa
è pronta»
Roxanne
borbottò qualcosa che assomigliava vagamente a
“ficcatela su per
il culo la pappa” ma oltre a ciò nessuno diede
retta a Victoire.
Così
quella sottospecie di mangiamorte mancato fece un incantesimo che ci
strappò la via le coperte e tutte quante protestammo
rumorosamente,
tranne Lily, ovviamente, lei era talmente addormentata che non
s'accorse di nulla.
Una
dopo l'altra ci alzammo e andammo ad occupare il bagno, quando fummo
pronte per bene raggiungemmo gli altri alla Tana per sfamarci.
Dentro
trovai papà intento a scherzare con George, la cosa era un
po'
strana per me ma tutti gli altri si guardavano con sorrisi d'intesa.
Ovviamente nonna Molly aveva deciso che, poiché dovevo
sfamare anche
due persone, di aumentare la mia colazione e non mi lasciò
andare
finché mangiai tutto.
Al
si sedette vicino a me tranquillamente anche se Scorpius faceva tutto
un ridacchiare. Ok, avrebbe tenuto la bocca chiusa ma si vedeva
lontano un miglio che sapeva qualcosa e la cosa lo divertiva. A dir
la verità tutti trovarono strano che non avessi azzannato Al
quando
si sedette con me e mi rivolse la parola.
Ah,
poveri ragazzuoli ignari di tutto...
Non
avevo tenuto conto però di Frank che, quando finii la
colazione e
feci per uscire, mi bloccò sulla porta dicendomi che doveva
parlarmi. Con l'ansia nello stomaco avevo accettato pregando che non
gli piacesse più e che dovesse dirmi una frase di
circostanza.
Ovviamente
mi sbagliavo.
Una
volta fuori dalla Tana lui si appoggiò al muro.
«Come
stai?» mi chiese.
«Meravigliosamente»
risposi, era meglio essere il più sincera possibile.
Lui
sembrò stupito dalla mia risposta, evidentemente pensava che
al
momento fossi in preda a un istinto omicida primordiale ma in
realtà
mi sentivo in pace con il mondo e avrei voluto abbracciare tutti
urlando quando la vita fosse meravigliosa.
Andiamo,
ci vuole positività nella vita...
«Ecco...
riguardo al fatto che tu sei...che sei...» imbarazzato fece
un cenno
con la testa verso la mia pancia e così io completai per lui.
«Incinta»
“Sono
una persona matura e responsabile, sono una persona matura e
responsabile, sono una persona matura e responsabile...”
«Sì,
esatto» si passò una mano sui capelli
«volevo dirti che i miei...
i miei sentimenti verso di te non sono comunque cambiati... e che
vorrei aiutarti con i bambini...»
«Grazie,
ma hanno già il papà» dissi senza
riflettere.
Lui
fece una smorfia «lo so, ma quello che intendo è
un'altra cosa.
Sai, ti avevo detto di pensarci su e...»
«Frank,
non mi piaci» dissi brutalmente e mi pentii subito di averlo
fatto.
Quella era una notizia da dare con cautela e me ne resi subito dal
suo sguardo.
Aarrgh,
sono una stronza.
«Oh...
ci hai... ci hai pensato?» chiese, con un briciolo di
speranza.
Annuii,
mentre la saliva rischiava di soffocarmi.
Rimanemmo
in silenzio per qualche minuto, ma poi lui alzò lo sguardo e
ringhiò:
«Albus...»
Per
poco non mi soffocai sul serio «C-come?»
«Albus...
ecco dov'era ieri notte» senza preavviso si mise a camminare
e io
per un attimo temetti che stesse andando ad uccidere il mio idiota
preferito.
«Frank!
Cosa diavolo...?»
«Non
fare la finta sorpresa!» ora sembrava veramente arrabbiato e
io mi
preoccupai assai. Deglutii un paio di volte mentre lui tornava
indietro verso di me minaccioso.
«Non
credergli, Giorgia, non credergli! È un falso, è
bravissimo a
manipolare i sentimenti degli altri, non fidarti di lui!»
«Troppo
tardi» deglutii «io mi fido»
Trattenne
un urlo e cercò di calmarsi «Giorgia, lui
è uno stronzo, lui non
ha sentimenti! Il suo cuore è praticamente di
pietra»
«Non
sapevo che le pietre battessero così forte,
allora» ringhiai, stavo
cominciando a scaldarmi e lui lo notò perché
ritrattò e disse con
voce più accondiscendente:
«Giorgia...»
«Eh,
Giorgia 'sto cazzo» e mi voltai.
**
Investii
in pieno Rose con la mia furia.
«Giorgia»
mi chiamò «stai bene?»
«Sì,
egregiamente» ribattei sarcastica. Fanculo, mi aveva fottuto
la
giornata. E adesso stavo diventando anche volgare, 'sti
cazzi.
«Cos'è
successo?» mi chiese senza battere ciglio.
«Frank»
buttai fuori.
Lei
sospirò sconfortata «spiegati meglio»
E
così senza, volere gli spiegai tutto. Ovviamente saltai i
particolari, ma gli feci capire che io della parole di Al mi fidavo e
per quale motivo mi avesse infastidita Frank con i suoi pregiudizi.
«Ok,
calmati» mi disse quando finii «Prendi un bel
respiro e conta le
nuvole»
«Non
ci sono le nuvole» le feci notare. Lei alzò gli
occhi al cielo e
costatato che dicevo il vero riprese:
«Non
incazzarti troppo con Frank, magari ha ragione, dopo tutti i tiri
mancini che ci ha fatto ci risulta un po' difficile fidarci di
Al...»
«E
come facciamo a capire se dice la verità?» la
sfidai.
«Semplice»
disse per nulla turbata «usiamo il Veritaserum»
Quando
lo trovammo Al sembrò terrorizzato dall'espressione
battagliera di
Rose.
«Dobbiamo
parlare» disse lei «ti voglio sottoporre al
Veritaserum» al che Al
tirò un sospiro di sollievo.
«Ah,
pensavo mi volessi picchiare...»
«Sta
sicuro che lo farò se scoprirò anche una sola
bugia»
Lui
non batté ciglio e a me sembrò una prova che
dimostrava la sua
onestà, ma a Rose non bastò così ci
trascinò in camera sua dove
Al fu sottoposto all'interrogatorio.
Dove,
ovviamente, si scoprì che aveva detto la verità.
Rose
rimase in silenzio per un po' prima di ammettere:
«Forse
Scorpius aveva ragione. Siamo stati troppo duri con te»
«Avete
fatto bene visto che sono una grande testa di cazzo. Figo, ma testa
di cazzo» rispose Al ancora sotto l'effetto della pozione e
io non
potei non sbellicarmi dalle risate. Io e Rose ci lanciammo uno
sguardo d'intesa e cominciammo a fargli domande imbarazzanti alle
quali lui rispose con la massima onestà e quando l'effetto
finì e
scoprì cosa aveva combinato ci rincorse per tutta la stanza
armato
di cuscini.
Iniziò
così la guerra alla quale si aggiunsero anche il resto dei
cugini
attirati da tutto quel rumore.
«Oh,
ma siete perfetti insieme» sghignazzò Scorpius
quando vide me e Al
intenti in una battaglia di solletico. Purtroppo lo sentirono anche
tutti gli altri e ben presto tutti iniziarono a fare domande
sconveniente.
«Wow,
vedo come sai mantenere un segreto» borbottai ironica verso
il
biondo.
Rimanemmo
lì fino a sera tardi e mangiammo lì l'arrosto che
la nonna aveva
preparato. Come mia prima giornata da effettivo membro della famiglia
era danta molto bene.
Ci
addormentammo tutti lì, in posizione scomode e ognuno sopra
l'altro
ma nessun adulto venne a svegliarci.
Ma
ovviamente, durante la notte mi svegliai per i solito dolori notturni
alla pancia e fu per questo che notai Fred sveglio che usciva dalla
stanza. Curiosa mi districai dal braccio di Al e dalla gamba di Rose
per vedere cosa stesse facendo il mio migliore amico. Lo segui per il
corridoio e le scale e fu solo quando fummo fuori dalla casa che mi
arrischiai a chiamarlo; lui si girò di scatto spaventato e
quando
vide che ero io sussurrò:
«vattene
via»
«Fred,
stai bene?» gli chiese ignorandolo e avvicinandomi ancor di
più.
«Sì,
e tutto apposto, torna dentro» Sì, 'sti gran cazzi
che è tutto
apposto.
«No,
sul serio, che succede?»
«Vattene
via» ripeté e io feci il contrario e continuai
imperterrita.
«Si
può sapere che diavolo hai?»
Lui
arretrò quando gli fui tanto vicina e distolse lo sguardo.
Io gli
afferrai il braccio e strinsi più forte che potevo.
«Fred,
per favore, che hai?»
Capitolò
e abbassò le spalle «C'erano così tanti
specchi in quella
stanza...»
Sorrisi
dolcemente «E' per quella tua fobia? Ci vedi dentro la tua
amica,
Melody?»
Appena
pronunciai quel nome il mio cervello si mise in moto e sentii la
consapevolezza afferrarmi il cervello. Annaspai, in cerca d'aria.
«Fred...
è solo un caso, vero?»
Non
rispose, ma abbassò la testa.
«Fred...»
supplicai «è solo un caso che mia sorella e quella
ragazza nello
specchio abbiano lo stesso nome, vero?»
Il
suo silenzio bastò come risposta e lasciai il suo braccio
facendo
qualche passo di distanza mentre sentivo il cuore battermi impazzito
dalla paura. Pensai a tutti i sogni che avevo fatto in cui c'era lui.
Aveva sempre i capelli azzurri o neri.
Le
ciocche azzurre di capelli.
«Fred,
perché la vedi?»
«NON
LO SO!» lo gridò con tutta la forza che aveva in
gola. Senza volere
arretrai ancora.
«E'
LI' DA QUANDO HO TRE ANNI, LA VEDO DA UNA VITA, IO NON AVEVO
IDEA..»
continuò a urlare «ERA SIMPATICA, LEI MI CAPIVA,
DICEVA CHE ERAVAMO
SIMILI. MA POI...» prese fiato mentre cercava di calmarsi
«MA POI
HA INIZIATO A PARLARE DI COSE STRANE, IO LE HO DETTO CHE SBAGLIAVA MA
NON MI ASCOLTAVA»
Mi
guardò smarrito «Diceva che ero come lei»
Provai
ad avvicinarmi per rassicurarlo, lui non era malvagio, lui non era
come lei. Era una cazzata.
«Dopo
sei arrivata tu, e Dio se siete uguali. Dio solo lo sa quanta paura
mi facevi all'inizio. Lei se ne era andata da qualche mese, ma poi
è
tornata, ma non era dentro uno specchio. Era davanti a me
e...»
crollò a terra.
«Sto
diventando pazzo?» si chiese.
Finalmente
riuscii a sbloccarmi e lo abbracciai di getto accarezzandogli i
capelli. Lui appoggiò la testa sulla mia spalla e la sentii
umida,
aveva iniziato a piangere.
Perché?
Cosa significava?
«Dobbiamo
parlarne con papà, lui conoscerà la
risposta» gli sussurrai.
«No!»
si aggrappò disperata «No! Ti prego, non dirlo a
nessuno»
Lo
guardai nei suoi occhi blu elettrico.
Come
quelli di Delirium.
No,
no. Lui non è come lei, Fred è buono.
«Va
bene» sussurrai «ti va di rientrare?»
Lo
sentii annuire contro la mia spalla, così lo aiutai ad
alzarsi.
Nda:
*si
guarda intorno * MUAHAHAHAHAHAAHAHAHHHAHH.
Finalmente
si sono messi insieme, era da una vita che aspettavo questo momento
:DD
Sul
prossimo capitolo si ritorno ad Hogwarts e ci sarà anche un
bel
salto temporale. Ormai siamo agli sgoccioli, mancano quattro o cinque
capitoli.
Poi
inizierò la seconda parte ^^
Bye,
gente:)
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio,
può copia-incollarlo dove meglio crede)
© elyxyz
|
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Capitolo 39 *** Ursula canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con Giorgia. ***
Cap.
39
Ursula
canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con
Giorgia.
**
«Il
ritorno
Quello
che tutti stavano aspettando è giunto.
Oh,
natura, una moneta con due facce
divisa
dalla maledizione di un padre
unita
dal sangue e con il sangue
Morte
e Vita, Gioia o Luce!
La
scelta, la scelta per i buffoni è vicina.
Chi
ami di più? La domanda dovete risolvere
Per
chi vale morire, chi vale la pena di perdere?
No!
Lo specchio sarà infranto,
se
il ragazzo rosso sarà blu
se
quando gli amori infranti non saranno più infranti
l'ultimo
Immortale in pace sarà
e
tra fuoco e ghiaccio il mondo cadrà
quando
alla fine l'amore proteggerà
E
lui, l'ultima decisione di chi scampò la morte una volta
se
tornare ai suoi passi alla tomba.
Scegli,
ragazza, scegli.
Guardati
nello specchio.
Dimmi,
che cosa vedi?
La
ferita del delirio a te inflitta
crea
il Chaos!».
**
Pulii le
mani sopra il mio
quadernino dalle briciole del Muffin che mi ero appena mangiata;
sapete, mettere in moto il cervello fa venire fame. Oltre un
sostanzioso mal di testa.
Ma
cos'altro potevo fare?
Da
quando ero tornata a Hogwarts di cose ne erano successe. Prima di
tutto, grazie a quell'oca di Anna e i vari amici dei miei parenti
(come sempre mi fece un strano effetto pensarlo, non mi ci sarei mai
abituata) tutta la scuola sapeva del mio piccolo
problema
alla pancia.
Motivo per cui
preferivo rintanarmi nel dormitorio e fuggire dalle frecciatine
massacranti e noiose dei miei compagni di scuola. Fortunatamente
Harry aveva avuto la buona idea di cancellare la memoria a tutti sul
fatto che mio padre era Fred Weasley Senior oltre che un immortale e
blablabla così che
non ci fosse una fuga di notizie e panico e in pochi conoscevamo la
verità. Ron aveva proposto di cancellare la memoria anche a
Scorpius
ma Rose era intervenuta a favore del fidanzato in un modo talmente
battagliero da mettere in fuga intere legioni Romane. Comunque
potevano far anche dimenticare il fatto che io fossi incinta, giusto
per togliermi qualche grana.
In ogni
caso così non era
andata. La squadra Auror di zio Harry era alla ricerca dei Deliranti
aiutati da papà, la McGranitt era stata messa al corrente
dei fatti
e le misure di sicurezza della scuola erano state raddoppiate e tutti
stavamo impegnando il nostro tempo per risolvere quel guazzabuglio
intricato che non era altro che la mia misera vita.
Per
rendermi utile avevo
iniziato ad usare un quadernino in cui prendevo appunti di tutti i
miei sogni (o almeno quello che mi ricordavo) e avevo trascritto per
intero la profezia della professoressa Shereen.
Ero giunta
a parecchie ipotesi
che avevo confrontato con gli altri.
Una
moneta con due facce;
il Chaos e
il Delirium.
Divisa
dalla maledizione di un padre, unita dal sangue e con il sangue;
la cosa qui non era sicura, probabilmente parlava di papà
che dovrà
contenere l'anima di Godric e il fatto che il Chaos e il Delirium
sono separati. Rose pensava che si trattasse di questo, ma Scorpius
era di tutt'altro parere, diceva che era troppo scontato e via
dicendo; così era nato un bel litigio.
La
questione della scelta era
molto chiara.
Invece
la questione dello specchio era piuttosto oscura, nessuno di noi
riusciva a comprenderla. Temevo che il ragazzo di cui parlava la
profezia fosse Fred ma non avevo detto i miei dubbi, era bastato lo
sguardo spaventato del mio migliore amico a zittirmi, evidentemente
anche lui aveva lo stesso timore. Invece ero abbastanza sicura che
con gli amori infranti si riferisse a Godric e Tosca. Tutti erano
d'accordo con me, bisognava solo capire se si intendevano loro in
persona o la personificazione del presente. Perché, nel caso
si
intendesse la prima ipotesi, io ero già spacciata
perché avremmo
dovuto far tornare Godric e fare in modo che si rappacificasse con
Tosca e quindi io dovevo morire – e
no, grazie, voglio
vivere. Invece
la seconda
ipotesi era in ugual misura scomoda perché se io ero Godric
molto
probabilmente (a sentir il parere di Rose) Frank era Tosca e Candida
Albus. Quindi io avrei dovuto mollare Albus per stare con Frank
– e
no, grazie.
Dominique mi aveva
dato dell'egoista e io avevo risposto in maniera molto intelligente,
ovvero Godric si era comportato da stronzo con Tosca, in senso
l'aveva tradita senza dire niente mentre io no, avevo messo in chiaro
da subito con Frank che lo vedevo solo come amico... ok, magari non
subito, ma non gli avevo date false speranze e insomma, non l'ho mica
trattato come Godric aveva trattato Tosca.
Al e Fred
mi davano ragione e
Rose aveva dovuto ammettere che il mio ragionamento aveva senso.
In ogni
caso eravamo passati
avanti.
«L'ultimo
immortale in pace sarà e tra fuoco e ghiaccio il mondo
cadrà».
«Il
mondo che cade è una cosa brutta», fece notare Al.
«L'ultimo
immortale... e grazie, è come dire l'ultimo mago!»
Rose si mise le
mani tra i capelli «deve avere un altro significato, non
è che ci
sia una differenza tra De Immortale e Immortali? Magari sono due cose
differenti...»
«Provo
a chiedere a papà?»
Avevamo
chiesto e lui ci aveva risposto in questo modo:
«E'
ovvio che esistono tanti altri tipi di Immortali, solo che hanno nomi
diversi... Ci siamo noi, poi i Vampiri, le Divinità minori e
quelli
che hanno dato la propria anima all'Oscurità. Tipo
Voldemort, tipo
Tosca.»
In
pratica era come cercare un ago nel pagliaio. Passammo avanti.
Con
l'uomo che scampò la morte si aprirono altri dibattiti. Al
era
fermamente convinto che si trattasse di Harry visto che più
di una
volta era scampato allo morte combattendo contro Voldemort ma io ero
convintissima che si trattasse di papà. In fondo lui era
morto sul
serio ma poi resuscitato, no? Ovviamente entrambi preferivamo che non
si trattasse di nessuno dei due visto i versi successivi.
«Forse
intende veramente zio Fred.» aveva pensato Rose
«Cioè, nel caso
noi dovessimo fallire e lo spirito di Godric resuscitasse lo zio
potrebbe sempre uccidersi da solo e far in modo che l'anima di Godric
non abbia nessun...contenitore e quindi sarebbe inutile»
Era
un idea e aveva senso. Ma non mi piaceva comunque.
La
fine l'avevamo bellamente ignorata ma in quel momento mentre pulivo
il quadernino dalle briciole di Muffin mi chiesi cosa avrei dovuto
vedere nello specchio. Una volta avevo visto la mia immagine
rispondermi manipolata da Delirium e in un sogno era leggermente
diversa da me, meno accesa. Solo che non poteva avere un nesso con la
profezia.
...o
forse mi stava mostrando il momento della mia morte?
Poteva
essere, magari mentre morivo la mia
“luminosità” si perdeva per
diventare una ragazza comune e a quel punto morivo. Come le fate di
Peter Pan. In fondo, il rosso acceso dei miei capelli poteva
perfettamente essere causato dal potere del Chaos, esattamente come
Melody aveva i capelli blu per via del Delirium.
Se
le cose stavano così era la seconda volta che la profezia
alludeva
alla mia morte, ero dunque destinata a fallire?
Presi
lo specchio di Rose e mi specchiai. Una ragazza con i capelli
spettinati e vaporosi, rossi che più rossi non si
può, gli occhi
nocciola un po' stanchi ma comunque allegri e vispi con quello
scintillio un po' pazzo, le lentiggini su tutto il viso leggermente
affilato. La solita immagine, la solita ragazza; niente di diverso.
Passai un dito su tutto il viso ma non successe niente così
appoggiai lo specchio e lanciai uno sguardo alla sveglia.
Era
molto tardi, di sicuro in sala comune non c'era nessuno e io potevo
scendere liberamente a sgranchirmi le gambe. Rose era di ronda da
perfetta prefetto, Nordisque dormiva saporitamente e Dominique era
dal suo ragazzo Tassorosso. Questo avevo preferito non dirlo a James
che dopo la fase depressione era scattata la fase gelosia e io non
volevo stragi. Certo che anche Dominique poteva almeno sforzarsi di
trattarlo con gentilezza visto che ormai la cotta di Jamie era di
dominio pubblico. Scendendo le scale mi resi conto di quanto ci
fossimo allontanata io e Domi, nonostante mi aiutasse con le ricerche
e la profezia i contatti tra noi due erano rimasti freddi dopo quella
sera alla festa.
Insomma,
non mi ha ancora chiesto scusa.
La
sala era effettivamente deserta, fatta eccezione di uno del settimo
anno che russava profondamente con il naso tra i libri e gli appunti
di scuola. I MAGO si stavano avvicinando ma io non avevo ancora visto
James e Fred studiare. C'era anche da dire però che non li
avevo mai
visti studiare, chissà cosa avrebbero raccontato all'esame.
Feci un
leggero sorriso mentre mi immaginavo Fred intento a illustrare tutti
i trucchi per non farsi beccare da un insegnante durante una
trasgressione. Sempre con quell'immagine mi accoccolai sulla mia
poltrona preferita davanti al caminetto ormai spento; osservai gli
ultimi sbuffi di fumo prima di puntare un dito verso le ceneri e far
comparire un bel fuoco. Ero molto soddisfatta di me, le lezioni con
il Barone andavano alla grande.
«Incantevole»
quando sentii la voce dietro di me per poco caddi dalla poltrona.
«Oh,
scusami, non volevo spaventarti» Nick Quasi-senza-testa
fluttuò
verso di me posizionandosi al lato della poltrona.
«Non
mi hai spaventato», dissi. Lui sorrise alla mia bugia e
continua a
fluttuare tranquillamente.
«E'
incantevole come tu possa controllare la magia senza dover seguire
nessuna regola», spostò un tantino la testa
rischiando di perderla
ma con un colpetto la rimise a posto «E' incantevole il fatto
che tu
sia la magia»
Fantastico,
lo sanno pure i morti...
«Come...»
«Come
lo so?», la interruppe e fece una leggera risatina,
«ma mia cara,
tra noi fantasmi sei come una leggenda».
«Cosa?»
«Di
generazione in generazione noi fantasmi abbiamo custodito le storie e
le leggende in attesa del nuovo momento» il mio sguardo
storto lo
fece ridacchiare ancora «Certo, se solo lo avessi saputo
prima
avremmo potuto aiutarti»
«Aiutarmi?»,
Sì, sì! Avevo un disperato bisogno di aiuto.
«Certo»
il fantasma rizzò il capo «ma ormai avrai
già capito tutto della
profez...»
«No!»
lo interruppi così forte che per un momento temetti di aver
svegliato lo studente che si era addormentato studiando ma quello
continuava a russare saporitamente.
«No,
ho bisogno di aiuto» ripetei a bassa voce.
«Oh»,
Nick mi girò intorno «Allora conosco qualcuno che
potrebbe
aiutarti»
«Chi?»
«Non
posso rivelare il suo nome ma ti posso portare da lei...»
«A-ah,
una femmina! Comunque non posso venire, hanno aumentando le ronde e
si mi beccano nei corridoi faccio una brutta fine»
«Ma
tu puoi renderti invisibile».
«Non
credo di poter svegliare Jamie per il suo mantello...»
«No,
no. Tu puoi renderti invisibile».
«Io
posso... oh», capii e sentii una bolla di
invincibilità gonfiarsi
sul petto.
Caspita,
sarei una perfetta eroina della Marvel.
Mi
alzai sotto lo sguardo del fantasma chiedendomi cosa dovessi fare per
diventare invisibile. Magari serviva una formula, anche se la maggior
parte degli incantesimi che facevo funzionavano sull'istinto. Mi
chiesi se dovessi desiderare di diventare invisibile ma l'idea
suonava talmente sciocca alle mie stesse orecchie che non ci provai
nemmeno. Poi improvvisamente sentii un formicolii partire dalla punta
dei piedi e partire per tutto il copro. Non mi stupii nemmeno quando
abbassando lo sguardo notai che non mi si vedevano le gambe.
«...Sono?»
chiesi titubante.
«Sei»
confermò con un cenno del capo talmente forte che la testa
dondolò.
«Bene,
allora... andiamo da chi dobbiamo andare».
Lo
studente del settimo anno si svegliò urlando “No,
il valzer no!”
proprio quando chiusi il ritratto della Signora Grassa alle mie
spalle.
**
«E'
questo il posto?» chiesi dopo aver attraversato corridoi,
arazzi,
scale e porte. Mezzo
castello, in pratica.
Insomma,
ero arrivata dentro una stanza completamente buia e umida,
probabilmente mi trovavo nei sotterranei.
O
forse no, accidenti questo castello è un labirinto.
Non
ricevendo risposta mi girai ma il buio completo mi impedì di
vedere
il fantasma.
«Nick?»
lo chiamai. Non ottenni risposta «Ser Nicholas?»
Ancora silenzio.
Fantastico,
mi aveva appena abbandonata in qualche angolo sperduto della scuola e
io non avevo la più pallida idea di come tornare indietro.
Meraviglioso. Stavo appunto decidendo il da farsi quando una voce
femminile risuonò nella stanza.
«Un
ospite? Che bellezza!».
«...permesso?»
chiesi tentennando.
«Su,
non sia timida. Venga, ho appena fatto il tè!»
Il
tè alle tre di notte?
Ma non lo dissi ad alta voce e proseguii per la stanza pregando di
non finire contro un muro.
«Oh,
ma siamo timidi?» non feci nemmeno in tempo a registrare la
frase
che qualcuno mi tirò addosso una secchiata d'acqua.
«Per
tutte le Morgane troie» imprecai, era gelata. Notai di essere
tornata visibile.
«Che
linguaggio raffinato» continuò la voce.
«Dove
sei?» chiesi cominciando ad arrabbiarmi. Accesi dei globuli
di luce
davanti a me per controllare la strada. Davanti a me stava un arco a
volta in marmo e dopo un attimo di esitazione lo superai. Appena lo
attraversai mi trovai in una stanza circolare illuminata da piccole
torce; al centro stava un tavolino in cristallo con delle tazzine da
tè e dei biscotti, ai lati della stanza stava una libreria
piena di
libri. Arricciai il naso per il forte odore d'incenso.
«Oh,
eccoti qui cara» mi girai verso la voce, una donna con dei
capelli
vaporosi e bianchi, il viso affilato e una tunica grigia affiancava
un calderone con all'interno un liquido perlaceo.
«Proprio
in tempo per il tè» continuò a
ridacchiare soddisfatta.
Indietreggiai di qualche passo ma mi ritrovai con le spalle al muro.
Fantastico,
che fine ha fatto la porta?
«Su,
su. Vieni, cara» me la ritrovai di fianco e quasi urlai dallo
spavento. Mi mise un braccio scheletrico sulle spalle e mi
trascinò
verso il tavolo di cristallo.
«
E' da così tanto tempo che non ricevo delle
visite».
Sentii
un brivido scendermi lungo la schiena quando mi accorsi che la sua
pelle era talmente sottile da sembrar trasparente, vedevo il teschio
e le ossa. Deglutii ma mi accomodai comunque in una delle piccole
poltroncine che circondavano il tavolino. Mi guardai intorno spaesata
ma la donnina mi prese il mento e mi costrinse a guardarla in faccia.
Aveva gli occhi bicolore, uno giallo e uno azzurro.
«Oh,
ma abbiamo un ospite speciale qui» sorrise raggiante
«vorrà dire
che farà un po' più di tè».
La
guardai allontanarsi mentre la sua tunica grigia svolazzava intorno
a lei.
«Ma
lei... lei chi è?» balbettai.
«Oh,
io sarei Nemesi, ma puoi pure chiamarmi Kelly. Zucchero?» mi
rivolse
un sorriso che io trovai agghiacciante.
Kelly,
certo. Siam Lelly Kelly, le tue scarpine olé.
Nemesi?
Dov'è che l'ho già sentito?
«Lo
prendo per un sì. Chi tace acconsente, no?»
Si
sedette vicino a me mettendo sul tavolo un vassoio e mi
passò una
tazzina dove ci mise una generosa dose di zucchero.
«Allora,
zuccherino, come hai detto che ti chiami?»
«Non
l'ho detto, in realtà» mi sembrava di avere sabbia
in bocca.
«Oh,
che sciocca!» trillò allegra «Qual
è il tuo nome, allora?»
«Flox,
Giorgia»
«Incantevole,
come il fiore!» sorseggiò il suo tè.
Rimasi in
silenzio a fissare la
mia tazzina, era rosa con dei fiorellini viola ai lati e io odiavo il
rosa. Guardai Kelly di sottecchi indecisa se bere il tè o
gettarlo e
scappare via con un urlo beduino. Mi chiesi per quale motivo Nick
Quasi-Senza-Testa avesse volute portarmi lì, da quella pazza
che
versava il tè alle tre della notte in tazzine rosa e che
portava ai
piedi pantofole viola a coniglietto. Vista da quella prospettiva la
cosa sembrava ridicola ma pantofole a parte quella donna mi metteva
in agitazione; gli occhi bicolore, la pelle trasparente, il modo in
cui faceva ondeggiare la vestaglia mi facevano venire voglia di
darmela a gambe.
«E'
da così tanto tempo che non ricevo delle visite e cominciavo
a
sentirmi sola...»
«Oh...uhm...»
«Prendi
un biscottino, zuccherino» e mi piazzò davanti un
vassoio con tanti
dolcetti di cioccolata. Ne presi uno e lo assaggiai titubante. Per
essere buono era buono e pareva anche innocuo, così me lo
ficcai in
bocca rendendomi contro solo in quel momento che in effetti ero
parecchio affamata. Stavo masticando con gusto quando i miei denti
non colpirono qualcosa di duro e per poco non rischiai di soffocare.
Sputai.
«Oh,
sciocchina, devi fare attenzione al biglietto» mi riprese
Kelly
ridacchiando educatamente.
Diffidente
guardai cosa avevo sputato, un contenitore piccolissimo dal quale
usciva un foglietto di carta mezzo mangiucchiato. Lo presi ma le dita
della donnina mi bloccarono e mi tolse il foglietto di mano.
«Meglio
di no, non sei stanca di profezie?» e sorrise. Aveva i denti
appuntiti come gli squali.
«Sei
riuscita a decifrarla, a proposito?» continuò come
se nulla fosse
mentre gettava il foglietto tra le fiamme del camino.
«N-no»
balbettai.
«Ovvio,
a quella mezza-indovina piace complicare le cose»
commentò
continuando a sorseggiare il tè. Quando lo finì
guardò dentro la
tazzina.
«Oh,
storie d'amore. Le mie preferite».
«Mi
scusi», dissi facendomi coraggio «ma lei chi
è?»
«Kelly,
l'ho detto» continuò a scrutare il fondo del
tè.
«Sì,
ma io intendo...»
«Sì,
sì. Vedo che il cerchio riprende. E qualche vendetta
è in agguato.
Vendette» rise e mi si accapponò la pelle.
«Oh,
scusami. Dimmi pure, cara».
«Che
posto è questo qui? Cosa ci faccio io qui? Cosa vuole da
me?».
«Ma,
tesorino, la domanda giusta sarebbe: cosa vuoi tu da me?».
«Cosa
voglio da lei?».
«Ma
sì, tutti vogliono qualcosa dalla cara vecchia Kelly. A
Kelly piace
molto raccontare le storie».
«Cosa
può dirmi degli amori infranti?» sperai che quella
fosse la domanda
giusta.
«Oh,
la storia più romantica e triste di tutte» si
alzò dalla
poltroncina e si miese a camminare per la stanza, poi si
fermò di
colpo a fissarmi «Ecco, è una storia piuttosto
lunga. E che storia.
Una storia d'amore, passione, orgoglio e vendetta. Ci vuole la musica
giusta» allungò il braccio verso la libreria e con
un gesto della
mano una musichetta Jazz riempì l'aria, la luce si offusco e
dagli
angoli cominciarono a uscire degli....
Scheletri
ballerini?
Presa
da un attacco di panico salii sul tavolino di cristallo.
«Oh,
pasticcino, attenta alla caraffa.» Kelly rise e fece una
giravolta.
«Prestami
ascolto, piccola bambina. La conosci la storia di questa scuola, no?
Quattro giovanotti in cerca di avventura la costruirono, quante
storie hanno visto queste mura? Ma la loro forse è la
più bella di
tutte. Lei figlia di una delle fondatrici, bella e dolce come nuvole
di panna, intelligente ed educata, una fanciulla per bene. Lui,
figlio di un ricco possessore terriero, purosangue con pregiudizi,
bello come il sole. Si innamorarono, il loro era un amore puro che si
bruciava la notte, si promisero amore in eterno, si sarebbero
sposati. Ma...»
«Ma...?»
fecero gli scheletri e io per poco feci un salto di tre metri.
«Ma per i loro
genitori fu no. “Non sposerai un purosangue
Serpeverde”
“Non sposerai una mezzosangue libertina”. E allora
lei cosa fece?
Scappò via una notte, lo abbandonò. Cosa aveva in
mente nessuno lo
sa! Anni passarono e da soli restarono, lui in attesa, lei troppo
orgogliosa.»
Gli
scheletri intorno a me sospirarono. Erano agghiaccianti, peggio delle
pantofole.
«Anni
passarono e lui andò da lei. “Torna, ti prego, tua
madre sta male.
Torna, ti prego” le disse lui. Ma lei “No, non
tornerò, neanche
fosse per sposarti”».
«E
poi?» chiese uno scheletro sedendosi vicino a me. Lanciai un
urlo e
caddi dal tavolino.
«Lui
s'arrabbio».
«E
poi?» ero completamente circondata da quegli scheletri
ballerini.
«Lui
preso un pugnale».
«E
poi?»
«E
poi, dolcezza, tutto fu nero»
Un
urlo mi trafisse i timpani mentre tutta la stanza cadeva
nell'oscurità. Uno scheletro affianco a me accese un
fiammifero e me
lo ritrovai praticamente in braccio. Lo scrollai terrorizzata.
«Quando
si svegliò era morta da ore. Ai piedi di un albero, il suo
amato
piangeva e con la lama il petto si trafiggeva. Così davanti
ai corpi
morti la donna giurò che mai lo perdonerà e
maledetto sarà anche
chi dopo di loro ci sarà a meno che la vendetta
arriverà. Come
finisce già si sa e lei fu sposa in eterno
dell'aldil๻
Gli
scheletri mi passarono le loro...ossa tra le spalle trascinandomi in
un balletto ridicolo mentre Kelly rideva. Uno scheletro mi prese le
mani e mi fece girare, urlai con tutto il fiato che avevo in gola poi
lui staccò le mani e mi ritrovai a girare finché
caddi a terra. Il
soffitto ruotava.
«Ah,
ah, ah. Adoro quella storia» rise Kelly.
Mi
alzai cautamente, tutti gli scheletri erano scomparsi. Sentii un
conato di vomito farsi largo ma lo ricacciai indietro disgustata.
Oh.
Mio. Dio.
«Parlava
del Barone Sanguinario e della Dama Grigia, vero?» balbettai
mentre
il mondo intorno a me continuava a girare.
«Ma
è naturale, mia cara» mi rispose mentre si
guardava alla specchio.
«E
lei non lo ha mai perdonato? Nemmeno dopo tutto questo tempo?»
«Nah.
Perché perdonarlo? Meglio vendicarsi, no? E poi sono
così
orgogliosi, lei è così orgoglioso. L'orgoglio
è un vero problema,
nevvero?»
Non
avevo la più pallida idea di cosa parlasse.
«Ma
come può aiutarmi? La conoscevo già questa
storia».
«Oh,
ma vuoi in aiuto! Potevi dirlo prima!» e si diresse
volteggiando
verso il suo calderone; prese delle provette e iniziò a
maneggiare
sopra di questo con scoppi di colore allegati.
Nel
frattempo gli scheletri erano tornati e mi guardavano incuriositi.
Repressi un brivido di disgusto.
«Mi
aiuterà veramente?» chiesi scostandomi da tutti
quei morti.
«Ma
è naturale, mia cara piccina, è quello che so
fare meglio. Aiutare
le persone rimettendo un equilibrio. Poveri indifesi che non hanno
nessun altro a cui rivolgersi.» mi sorrise «Io la
gioia darò a chi
vorrà, la pozione giusta ho io. Tutti vengono da me,
“Kelly,
aiuto”» mi si avvicinò passandomi un
braccio sulle spalle e mi
avvicinò a l calderone.
«Allora,
zuccherino, io posso crearti qualcosa da usare nel momento in cui tu
avrai maggior bisogno».
«E
quando saprò che...»
«Ma
lo deciderai tu, sciocchina, sarai tu a capire il momento giusto per
usarla».
Sospirai
e annui. Evidentemente complicarmi le cose doveva essere divertente.
«Oh!»
disse di colpo mollandomi «Dobbiamo discutere di una cosetta,
non
abbiamo parlato del 'pagamento'».
La
fissai mentre mi girava intorno e mi soppesava «Ma... ma io
non ho
niente».
«Ma
quello non è un problema. Una volta una persona
pagò con la sua
voce»
Voce?
Ma chi è, Ursula?
Istintivamente
mi portai una mano al collo come per proteggere la mia.
«Ma
no, no tesorino. Non mi interessa la tua voce, per un aiuto a una
persona così importante ci vuole un compenso
più... grande».
«Più
grande della propria voce?» balbettai.
«Sì,
al momento non posso dirti altro» si controllò lo
sporco sotto le
unghie «allora, accetti?»
«Come
posso accettare senza sapere cosa vuoi in cambio?»
«Puoi,
puoi. Il mondo è pieno di scelte difficili, non te l'hanno
detto?»
mi sorrise mostrando tutti quei denti appuntiti. Mi allontanai in un
riflesso involontario.
«Allora,
accetti?» ripeté avvicinandosi di nuoco al
calderone «E' lo scotto
da pagare per avere ciò che vuoi, ora fai la tua scelta, io
chiedo
solo un compenso, fatti forza» un esplosione dal calderone
colorò
tutta la stanza di rosso sangue «su, firma questa
pergamena»
davanti a me parve un foglio scritto in Rune.
Come
faccio a sapere cosa c'è scritto?
«Forza,
il tempo scorre, non ho molto tempo a da dedicarti, tic toc»
guardai
Kelly alias Ursula, guardai gli scheletri intorno a me, il calderone,
presi la penna che mi porgeva e scrissi la mia firma
precipitosamente.
La
pergamena volò dritta tra le mani di Kelly, un sorriso
feroce le
distorceva la faccia. Pescò dal calderone una scatoline
d'ossidiana.
«Prendi,
aprila solo nel momento giusto, il pagamento verrà da
solo».
La
presi tra le mani tremanti, mi sembrava di avere la febbre.
«Comparirà
ogni volta in cui sarai disperata e non saprai cosa fare, decidi con
cura il momento giusto».
Il
sorriso di quella donna era agghiacciante, volevo scappare, gli
scheletri si avvicinavano sempre di più. Gli occhi di Kelly
si
ingrandivano sempre di più fino a ricoprire tutta la faccia,
la
scatolina tra le mie dita era bollente e rischiai di scottarmi.
Poi,
mi ritrovai fuori, nel corridoio al freddo. Senza ragionare mi misi a
correre il più velocemente possibile, terrorizzata a morte
all'idea
che quella strana donna potesse seguirmi.
Svoltai
un angolo ma qualcosa mi afferro per le spalle, aprii la bocca per
urlare ma una mano me la tappò e io fui trascinata
nell'ombra.
NDA
TADDADAAAM.
Questo capitolo è stato un parto, lo giuro T_T
Comunque
mi sorge una domanda, perché così poche
recensioni se i capitoli
hanno così tante visite, perché? Su, fate felice
questa povera
bambina malata e recensite faccia
da cucciolo
1.
Poco presa dalla Sposa Cadavere mi dicono. Eh be', ci stava benissimo
quella canzone con la donnina. Non vedo l'ora di finire nella seconda
parte per mettere tutti i cartoni in mezzo muahahahahaha (SSSPoiler)
|
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Capitolo 40 *** Ciao, ho la sindrome di Superman. ***
Cap.
40
Ciao,
ho la sindrome di Superman.
**
Opposti.
Fin da piccola sono nata con questa idea del bene e del male
guardando i cartoni. C'è il buono, e quando è
buono è proprio
buono, intendiamoci, non sbaglia nulla, canta divinamente e gli
animali corrono in suo aiuto. Ah, dimentichiamo che alla fine trova
sempre l'anima gemella e la riconosce dopo appena un giorno, ma
dettagli.
Poi
c'è il cattivo, spesso è un po' ridicolo con
questa sua idea di
conquistare il potere – Vedi Ade – ma resta
comunque inquietante
– vedi Malefica. Insomma, veste di nero, ha una risata
agghiacciante, ha poteri oscuri ed è... cattivo.
È cattivo perché
sì, punto.
Solo
che da quel che dicono tutti, la buona in questa storia sono io, ma
io non mi sento affatto una di quelle principesse. Atti di gentilezza
li ho fatti, ma ho provato spesso invidia, rancore e altri sentimenti
simili, mi sono comportata nella norma. E siamo sicuri che lei,
Melody, alla fine sia veramente la cattiva?
E
se fossimo solo due ragazze totalmente normali finite in un intrigo
più grande di noi?
Se
fossimo entrambe, almeno un po', sia buone che cattive?
Se
fossimo entrambe dei mostri?
**
Delle
mani mi afferrarono dall'oscurità tappandomi la bocca e io
fui
inghiottita dal buio.
O
meglio, finii in una stanza completamente buia e terrorizzata cercai
di accendere dei globuli di luce con il solo risultato che fui io a
illuminarmi, se non altro la presenza mi mollò e io fui
libera di
girarmi in uno scatto combattivo verso essa ma la sorpresa mi
bloccò
quando notai che a nascondermi in quell'affranto del castello non era
altro che lei.
Delirium,
la mia gemella.
«Tu!»
sbottai senza saper bene che sentimento provare.
Non
mi rispose subito, si limitò a fissarmi dalla testa ai piedi
prima
di dire come saluto: «Vedo che sei migliorata dall'ultima
volta che
ci siamo viste».
Mi
resi conto solo in quel momento di brillare ancora come una lucciola
e con uno scatto della mano destra tornai normale senza trattenermi
dal ringhiare:
«Intendi
quella volta in cui hai quasi ammazzato me, Frank e Fred?»
A
sentire il nome del rosso gli occhi azzurri di Delirium ebbero un
guizzo impercettibile ma che notai lo stesso.
«Non
volevo uccidervi» mi rispose.
«Ah,
davvero?» sbottai avvicinandomi ma pronta ad una sua
eventuale mossa
«A me è parso il contrario. Non rammenti la
tempesta di ghiaccio
che mi hai scagliato contro?».
«Stai
zitta».
«Oppure
il labirinto dove ci hai imprigionato per ore?».
«Zitta».
«E
la nuvola nera dove hai imprigionato Fred?».
«Stai
zitta».
«Ti
ricordi come era ridotto, Fred, sembrava morto!».
«Ti
ho detto di stare zitta!» questa urlò
accompagnando una folata di
vento che mi spinse conto alla parete. Senza rendermene conto accesi
del fuoco sui palmi delle mani pronta a combattere ma quel che vidi
li spense come se qualcuno ci avesse gettato dell'acqua. Delirium se
ne stava con le mani verso il cuore come se cercasse di proteggersi o
di... trattenere
qualcosa
ma la cosa più sorprendente era che stava piangendo.
«Io
non volevo» sussurrò.
«E
allora perché lo hai fatto?» chiese cercando di
scacciare l'empatia
che avevo improvvisamente provato verso quella ragazza che era
totalmente uguale a me.
Non
mi rispose, ma disse: «Non farei mai del male a
Fred».
Pensai
a quello che mi aveva detto Fred, del fatto che da bambino la vedeva
dentro gli specchi, di come continuasse a perseguitarlo.
«Cosa...
cosa c'entra Fred con questa storia?» chiesi cercando di
calmarmi.
«Non
lo so».
«Non
mentire».
«Non
lo so, davvero!» mi rispose, urlando questa volta.
Scivolò
appoggiandosi al muro finché non si sedette a gambe
incrociate
«vorrei saperlo anche io».
Appena
formulò la frase davanti a lei comparve la scatolina che mi
aveva
dato Kelly e io mi protesi per prenderla e metterla via ma lei fu
più
veloce e con uno scatto animale se la portò vicino al viso.
«Ma
questa...SEI IMPAZZITA O COSA?!» il cambio brusco del suo
stato
animo mi confuse al punto che risposi in maniera molto demente.
«Cosa».
«Sei
stata da Nemesi» mi accusò.
«Avevo
bisogno di aiuto» tentai di giustificarmi anche se non capivo
il
motivo di quello scoppio d'ira.
«E
lo hai cercato dalla dea sbagliata!»
...Dea?
Come
un lampo mi venne in mente il mio libricino di mitologia greca che da
piccola leggevo a scuola, più precisamente ricordai una
pagina che
illustrava una donna che teneva in mano una spada e una bilancia.
Nemesi,
la Dea della Vendetta.
«Ma
lei si fa chiamare Kelly...» uscii in maniera idiota.
La
mia gemella alzò gli occhi al cielo.
«Cosa
ti ha chiesto in cambio?».
«Qualcosa»
risposi vaga.
«E
cosa?»
«Non
lo so» ammisi dopo un attimo di esitazione.
«Idiota»
mi insultò, o meglio mi descrisse perché anche io
al suo posto
avrei dato dell'idiota. Se mi importasse qualcosa dell'altra persona
quindi per quale motivo lo stava facendo? Lei doveva uccidermi per
vivere, perché preoccuparsi se pago gli aiuti con cose che
mi
possono svantaggiare.
Perché
non è una tua nemica...
Me
l'aveva detto quando era scappata dalla Foresta Proibita verso
Hogwarts ma io lì per lì non le avevo creduto, ma
in quel momento
ci credetti. Lei non era una mia nemica.
«Come
mai conosci Fred?» mi risolsi alla fine a dire sedendomi
anche io.
Il gesto parve tranquillizzarla e rispose con un'alzata di spalle.
«Lo
vidi un giorno nello specchio al posto del mio riflesso».
«Così,
senza fare nulla? Cioè, non hai pronunciato uno di quei tuoi
strani
incantesimi?» chiesi corrucciandomi.
«No,
è apparso e basta», sembrava sincera, poi aggiunse
«è stato
l'unico amico che ho avuto, laggiù».
Ricordai
che nei ricordi di papà Celine lo aveva convinto a dividerci
lasciando la più pericolosa nel Mondo di Sotto, dove a
quanto pare
vivevano gli altri immortali.
«Tu
lo sapevi di essere...?» non riuscii a completare la frase.
«il
Delirium?» fece un sorriso amaro «no, Celine mi
disse che ero sua
figlia e per questo avevo degli strani poteri. Mi disse anche che
dovevo assolutamente tenerli nascosti, non mostrarli, comportarmi
come una ragazza comune».
«Quando
lo hai scoperto?» mi resi conto che quelle domande potevano
essere
scomode, ma avevo bisogni di sapere. Lei rimase zitta per un po' e
pensai che non mi avrebbe risposto, ma poi iniziò:
«Quando
era troppo tardi. I miei poteri mi terrorizzavano, avevo paura di
fare del male alle persone. Quando ero molto piccola avevo degli
amici, erano De
Immortales
adulti e centenari ma simpatici. Uno guardava sempre i cartoni della
Disney
e sapeva tutte le canzoni a memoria. Me le cantava sempre»
sorrise
al ricordo «Ma poi, una sera, stavo giocando con loro e stavo
usando
i miei poteri, con naturalezza... per sbaglio colpii uno di loro
rischiando di ucciderlo».
Vidi
delle lacrime intrappolarsi tra le ciglia ma come per magia non scese
nulla e lei continuò.
«Fu
a quel punto che Celine mi disse che ero sua figlia e che i miei
poteri erano pericolosi, che non dovevo mostrarli in giro e il resto.
Mi rinchiuse nei miei appartamenti da cui uscivo sempre di rado. La
paura di ferire qualcuno mi tormentava sempre e per questo preferivo
la solitudine. Spesso sognavo di scappare, di andare nel Mondo di
Sopra, di ricominciare da capo e vivere senza la paura di me
stessa...
Papà
venne a trovarmi in quel periodo, mi disse che quello era il mio
posto e che dovevo stare buona, dovevo controllarmi, fare quello che
diceva la 'mamma' – fece una smorfia – e altro. La
solita solfa.
Il fatto è che in quel periodo i miei poteri si
manifestavano sempre
di più e la notte sognavo sempre un uomo senza volto che mi
diceva
di scappare da lui. Probabilmente l'unica cosa che mi permise di
resistere fu Fred nello specchio, solo che dopo litigammo... non mi
ricordo neanche per cosa, ma smisi di vederlo e mi sentii sempre
più
sola. Poi due anni fa successe mentre mi allenavo con un istruttore
che...» la frase rimase sospesa e io non osai nemmeno
respirare.
«I
miei poteri presero il sopravvento, lo uccisi senza poterci fare
nulla.»
Piangeva
e io non seppi cosa dire, cosa fare.
«Finì
con un processo per capire se ero colpevole o meno e nel caso la mia
condanna. Fu lì che l'avvocato avversario rivelò
la mia natura,
l'aveva scoperta con ricerche nascoste e illegali, ma la
rivelò a
tutta la sala. E io scoprii di essere un mostro, di non essere umana.
Mi
fece tante domande, sembrava molto interessato all'uomo senza volto
dei miei sogni. Spiegai che molto spesso quei sogni di confondevano
con la realtà, lui mi chiese se mi sembrasse normale sognare
perché
solo gli esseri umani sognano e come mi ricordò io non ero
umana...
Fu
durante una di quelle sedute in cui il mio potere si rivelò
ancora
distruggendo tutto. Avevo paura, temevo di far del male alle persone,
come mi avevano detto io ero il Male..
Scappai,
fuggii qua nel mondo di sopra e ci rimasi per un anno. Inizialmente
ero felice, finalmente mi sentivo libera di poter essere me stessa.
Ma il mio potere... non riuscivo a controllarlo e faceva solo cose
brutte...
Fu
durante una di quelle crisi che Tosca mi trovò, mi disse che
poteva
aiutarmi, che mi avrebbe insegnato ad usarlo e rispettarlo. Mi
raccontò tutta la storia del Chaos e del Delirium, appresi
tutta la
libertà così andai con lei».
Respirai
e dissi: «Tosca è...».
«Non
è cattiva, è solo in cerca di vendetta»
prese fiato «lei mi ha
aiutato, solo che...».
«...che?».
«Mi
ha mentito. I miei poteri sono diventati più forti di me e
la
maggior parte del tempo non so nemmeno chi...cosa
sono. Mi ha detto che tu eri solo un mio doppio, che non eri un vero
e proprio essere umano, che eri solo Chaos e basta».
«Ma
che carina» dissi ironicamente senza potermi trattenere.
«Solo
che io ti ho osservato e tu...» sembrava veramente
interessata ad
osservare i suoi piedi nudi ma poi alzò gli occhi e
continuò «tu
sei come me...».
Siamo
uguali.
Rimasi
in silenzio a pensare a questa costatazione e mi chiesi come mi sarei
comportata io al suo posto, se fossi finita io al suo posto avrei
reagito di sicuro allo stesso modo. Istintivamente cercai un contatto
fisico ma appena sfiorai la sua mano con uno scatto lei
l'allontanò
così rinunciai e raccolsi semplicemente le ginocchia con le
braccia
e ci appoggiai il mento iniziando a dondolarmi lentamente.
«Ci
deve essere una soluzione alternativa» la scatola di Nemesi
si
materializzò ancora e ancora una volta Melody la
gettò lontana
dalla mia portata.
«Tu
conosci la profezia?» le chiesi impiantandomi le unghie nella
pelle
delle gambe per trattenermi dall'afferrarla.
«Ricorda
una stella non muore
a
meno che non decide di struggersi il cuore¹
Quando
il tempo sarà in catene
E
l'amore a cui non appartiene
L'ultima
maledizione dovrà patire
E
per mano di un ultimo respiro l'ultimo dovrà perire».
Recitò a memoria.
«Oh..
è diversa dalla mia» dissi, poi feci una smorfia
«almeno la tua è
in rima».
«Diversa?
Cosa dice la tua?».
«Non
la so a memoria...» ammisi mordendomi il labbro inferiore.
Lei si
trattenne dallo sbuffare e mi sussurrò:
«Ma
almeno l'avrai scritta da qualche parte».
Annuii
«Sì, ho un quadernino dove scrivo anche i miei
sogni e tutte le
ipotesi».
«Dobbiamo
rivederci, e tu devi portarlo almeno posso rendermi utile in qualche
modo».
«Be',
abbiamo già la tua di profezia da capire
adesso...».
«No»
mi interruppe «so già cosa intende, o almeno lo
credo».
«Come...?»
«Come
ho fatto?» fece una risata amara «Non sei l'unica
che ha incontrato
Nemesi per la sua strada».
Sentii
rizzarmi il pelo sulle gambe e braccia e solo in quel momento mi
ricordai ce dovevo farmi la ceretta, pensiero totalmente fuori luogo
ma il mio cervello funzionava così, per sopravvivere a
questa nuova
vita da romanzo d'avventura mi attaccavo ai pensieri banali di una
qualsiasi adolescente.
Comunque
la ceretta devo farmela sul serio se non voglio assomigliare ad una
scimmia.
«E
cosa dice?» chiesi schiarendomi la voce e sorvolando il fatto
che
avesse ricevuto le risposte da Nemesi.
Chissà
cosa le ha chiesto in cambio...
«Che
arriverà un giorno dove ci saranno sia le persone del
passato e sia
quelle del presente a fronteggiarsi. Si potrà evocare
chiunque.»
prese il respiro «quel giorno noi due ci scontreremo e solo
una di
noi due vivrà, ma non sarà grazie
all'omicidio».
«Ah
no?» avevo sentito l'impulso di fermarla, non volevo
più sapere
cosa significassero quelle parole in rima, ma lei continuò
imperterrita:
«Sarà
grazie al suicidio».
Le
sue parole rimasero sospese in aria e io non osai nemmeno respirare
ma più i secondi passavano più quelle parole
prendevano un
significato sempre più terribile.
Una
di noi due dovrà uccidersi da sola.
Pensai
a papà, ad Al, alla mia nuova famiglia, alla scuola, alla
neve e al
profumo della primavera, il rumore delle foglie sotto i piedi, al
calore di un camino e l'odore dell'inchiostro su una pergamena
completamente pulita. Pensai a Fred e a James, al mio sogno di aprire
una libreria, a tutti i miei sogni...
Non
volevo abbandonarli.
Non
voglio morire.
Sentii
un nodo in gola mentre la mia coscienza mi ricordava che
probabilmente anche Melody aveva qualcosa a cui non poteva dire
addio.
Come
potevano pretendere una cosa simile?
«Dopo
bisogna uccidere anche Salazar Serpeverde» Delirium
interruppe il
silenzio e quella rivelazione fu così shoccante che mi fece
dimenticare il resto.
«Cosa?
Ma non è morto?»
«No,
chi distrugge il Delirium riceve l'immortalità» la
sua voce era
tetra e mi sentii il cuore pesante come pietra. Non volevo ucciderli,
Salazar mi ricordava troppo Freddy e mi stava anche simpatico.
«Sei
sicura?» chiesi.
«Me
l'ha detto Nemesi».
«Magari
si sbaglia».
«Raramente
quella dea sbaglia, la Vendetta è sempre precisa»
sospirò.
«Perché
dobbiamo ucciderlo?»
«Forse
così chiudiamo il circolo, cioè, tutti e quattro
i fondatori sono
morti in questo modo».
«Chissà
dov'è finito quello» dissi guardandomi i piedi.
Avevo lasciato le
scarpe in dormitorio ed ero scalza.
Melody
alzò le spalle.
«Dobbiamo
rivederci. Domani notte nella stanza delle Necessità, e tu
devi
portare la tua profezia» mi disse.
Io
annuii, poi la guardai incerta «Posso portare anche gli
altri? Tanti
cervelli sono meglio di uno e mezzo» Il mezzo era il mio,
ovviamente.
Lei
fece una smorfia ma la costrinsi ad accettare.
«Domani
notte» confermai.
«Domani
notte» confermò.
Ed
uscii da quello stanzino e ovviamente fui beccata da un prefetto.
**
Ringraziando
il cielo quel prefetto non era altro che Rose Weasley, mia compagna
di stanza nonché migliore amica che al momento stava
sbraitando
davanti al camino della Sala Comune. Sinceramente non ascoltai
nemmeno una delle parole che mi disse mentre me ne stavo comodamente
distesa sulla poltrona a giocare con le fiammelle del focolare,
ovviamente stavo utilizzando la magia.
«Si
può sapere che diavolo ci facevi in giro?» mi
urlò contro e io mi
dimenticai di rispondere troppo presa a trasformare una fiammella in
un porcellino d'india.
«Eh?
Ah» mi misi ritta sulla poltrona «ho incontrato
Melody».
«Chi?!»
«Mel...
anzi, in realtà prima ho incontrato Nick Quasi-Senza-Testa
che mi ha
portata da Nemesi, solo che si faceva chiamare Kelly e io non avevo
collegato il nome, dopo degli scheletri si sono messi a ballare la
salsa...»
«No,
frena, stop!» si portò una mano alla radice del
naso «ti prego,
parla chiaramente. 'Sta notte è stata devastante».
«A
chi lo dici» dissi pensando al mio letto, al mio caro dolce e
stupendo letto.
«Senti,
che ne dici se vi racconto domani cos'è successo a tutti
quanti »
proposi.
«Domani
abbiamo lezione» mi fece notare «Troverò
un modo per far entrare
di nascosto Scorpius e Frank, qui nella sala Comune».
«...e
dopo dici parole a me se vado a sgranchirmi le gambe»
borbottai e mi
accucciai per evitare un manrovescio alla Weasley.
Ehi,
anche tu sei una Weasley, non Flox. Weasley.
Presa
da quel pensiero abbracciai di slancio Rose tenendola stretta.
«Lo
sai?» chiesi «Sono contenta di essere tua
cugina»
«Anche
io» ricambiò l'abbraccio «pure
io».
**
La
notte dopo Fred piazzò un esplosivo che puzzava in Sala
Comune così
tutti quanti andarono a rifugiarsi nei rispettivi dormitori. Tranne
un gruppo di coraggiosi ragazzi che al momento se ne stavano seduti
davanti al caminetto ad annusare quell'aria schifosa.
«Non
potevi usarne una meno puzzolente?» si lamentò
Dominique tappandosi
il naso.
Scorpius
al contrario respirò a pieni polmoni canticchiando:
«Sembra di
stare vicino ad una discarica».
«No,
le discariche non puzzano così tanto».
«Mamma
mia, la prossima volta fatevi venire voi un'idea di come svuotare
rapidamente la Sala» sbottò Fred punto sul vivo e
io non potei non
trattenermi dal ridacchiare.
«Comunque,
perché siamo qui a doverci subire questa puzza?»
borbottò Al
contro la mia spalla; il moro aveva sommerso il vico nell'incavo del
mio collo per scappare alla puzza e il suo respiro mi faceva andare
il cervello in pappa. Frank ci guardò male dall'altra parte
del
cerchio e io mi sentii orribile ma non allontanai Al, semplicemente
non ci riuscivo.
«Perché
questa stupida ieri notte è uscita di nascosto»
rispose al posto
mio Rose.
«Cosa?»
Fred e Jamie si rizzarono a guardarmi sbalorditi e oltraggiati
«Sei
uscita e non ci hai avvisati?».
«Be',
non che Nick mi abbia dato scelta di portarmi compagnia»
spiegai
ritraendomi un poco sotto le loro occhiate omicida.
«Nick?
Nick Quasi-Senza-Testa?» chiese Frank smettendo per un attimo
di
guardare Al come se gli volesse strappare la testa a morsi.
«Esattamente»
e raccontai di Nemesi e Delirium cercando di non dimenticare niente,
solo che quella nottata era stata talmente pazzesca che dovetti
correggermi più volte e rispiegare da capo, ma alla fine,
circa
mezzora dopo, ero riuscita ad aggiornare tutti.
«Non
fidarti di lei!» fu il commento velocissimo di Fred.
«Ti
sei dimenticata cosa ci ha fatto nella foresta?»
sibilò Frank «Io
non mi fiderei di lei».
«Sentite,
io mi fido di lei, siamo più simili di quanto
sembra» cercai di
spiegare.
«Resta
comunque il fatto, è un mostro!»
continuò Fred.
«Ma...
ma se eravate amici» sbottai, dimenticandomi di aver
occultato la
parte in cui Melody mi raccontava della sua amicizia con il rosso.
Infatti
l'intervento di Rose non tardò a venire e la ragazza
inarcò una
sopracciglia chiedendo: «Eravate amici? Di che diavolo sta
parlando,
Fred?».
Non
potei sottrarmi all'occhiata che mi lanciò Fred prima che
iniziasse
a spiegare la storia dello specchio glissando sul particolare dei
capelli blu che comparivano a scatti e io non feci nulla per farlo
notare, in fondo era un dettaglio irrilevante.
«Comunque
siano andate le cose non vedo come tu possa fidarti adesso che sta
dalla parte di Tassorosso».
«Lei
non sta...»
«Non
andare! Al, convincila tu!» se Dominique aveva interpellato
il mio
ragazzo significava che erano fermamente convinti della
malvagità di
Melody.
Albie
si alzò controvoglia dal suo rifugio e, costato che l'aria
aveva
raggiunto un odore accettabile, si schiarì la voce e mi
piantò i
suoi occhi verdi addosso:
«Io
non mi fido di Delirium...»
«Ecco,
vedi?»
«...ma
mi fido di te e del tuo giudizio. Se tu sei convinta fai strada e io
ti seguo»
«COSA?!»
sbottarono in coro Domi, Fred e Frank.
«Sei
impazzito o cosa? Se ci tenessi davvero a lei non le permetteresti di
andare» lo accusò Frank infiammandosi.
«Guarda,
avrei al tentazione di farlo, potrei legarla al letto e lasciarla al
sicuro, solo che non funzionerebbe. La conosco abbastanza per sapere
che farà qualsiasi cosa pur di rincontrarla e trovare un
modo per
salvare entrambe. Diciamo che lei soffre della sindrome di Superman,
è convinta di poter salvare tutto il mondo. Quindi, l'unica
cosa che
posso fare è starle vicino e sorreggerla» disse
serio e a me venne
la pelle d'oca perché lui aveva capito il mio fine ultimo
senza che
io ne parlassi.
Perché
sì, non era più mia intenzione portare a casa
solo la mia pelle, ma
anche quella della mia gemella. Volevo trovare un modo per salvare
entrambe.
Riconoscente
per aver dato voce ai miei pensieri lasciai che passasse una mano tra
i miei capelli.
«Occhi
Belli ha ragione» disse Scorpius che fino a quel momento era
stata
zitto se non per lamentarsi sul cattivo odore della stanza
«E'
inutile impuntarsi quando lei ha già deciso cosa fare,
meglio
andarle dietro e limitare i danni».
Rose
guardò il suo ragazzo evidentemente sorpresa che sapesse
dire cose
così intelligenti.
«Ci
sto anche io, sono curiosa di conoscerla. Quando vi dovete incontrare
adesso?»
«Oh,
domani notte» dissi, prima di rendermi conte che il domani
era
rispetto a ieri, quindi il domani era oggi. Questa rivelazione mi
fece scattare in piedi con grande scontento di Al che
rischiò di
cadere lungo disteso sul tappeto.
«Devo
trovarmi adesso» balbettai muovendomi in tondo prima che
James mi
placasse e mi chiedesse:
«Devo
prendere il mantello?»
«Il
mantello non può nasconderci tutti» fece notare
Fred.
«Ma
tu non sfavorevole?».
«Ero,
dove va Giorgia ci vado anche io».
«Io
resto della mia idea» borbottò Frank.
«Una
cosa alla volta, come facciamo a raggiungerla?»
«Non
credo che ci sia bisogno» la voce di Melody mi prese alla
sprovvista
e quando mi girai la trovai appollaiata sopra le scale del dormitorio
femminile del sesto anno.
«Ehi...»
dissi confusa mentre gli altri arretravano spaventati. Tranne Fred,
lui fece un passo in avanti e sembrava sul punto di colpirla.
Perché
la odi così tanto?
Avrei voluto chiederlo ma ingoiai la domanda per chiedere alla mia
gemella cosa ci facesse lì sopra.
«Non
arrivavi e sono venuta a controllare se fossi ancora viva».
«La
tua preoccupazione nei miei confronti mi fa commuovere» dissi
portando una mano al cuore nel tentativo di sciogliere la tensione.
Melody
scese le scale guardando Fred e a me venne in mente la scena che
avevo visto nella memoria di papà, quando la mamma aveva
fatto le
scale per andare a quella festa con papà.
Erano
molto simili.
«Ho
novità» disse e dal tono della sua voce capii
subito che non erano
belle novità.
Rimasi
in silenzio ad aspettare che si decidesse di parlare e una volta
scese le scale mi guardò mordendosi il labbro:
«Vogliono
attaccare Hogwarts»
Dovetti
aspettare qualche secondo prima che la frase facesse il suo effetto e
io capissi chi voleva attaccare Hogwarts.
Tosca...
«No,
aspetta, cosa?» Scorpius si fece avanti come portavoce della
confusione collettiva.
«I
Deliranti vogliono attaccare il castello per rapire Giorgia, lo
faranno fra due giorni a mezzogiorno» spiegò.
«Dobbiamo
avvisare i professori» balbettò Rose.
«E
anche gli Auror, dobbiamo dirlo a papà» fece eco
Al.
Io
non sapevo cosa dire, però dovevo aspettarmelo.
Cioè, per quanto
tempo ancora Tosca se ne starebbe stata con le mani in mano? Avevo
preso anche fin troppo tempo.
«Cosa
facciamo?» sussurrai con la gola secca.
«Io...io
avrei un piano» disse la mia gemella.
«Spara»
«Un
momento» Fred si fece avanti «chi ci dice che
possiamo fidarci di
te?»
Delirium
lo guardò sorpresa da quell'affermazione nascosta in una
domanda.
Non
mi fido di te.
«Io!»
dissi facendomi avanti e sporsi il mento «lo dico
io».
«Vediamo
il piano e dopo vedremo» intervenne Rose appoggiandomi una
mano
sulla spalla.
Melody
iniziò a parlare e alla fine fummo tutti d'accordo.
NDA
Hello
pipol!^^
Sono
un po' OMIODDIO perché mancano i due capitoli, il prossimo e
l'epilogo, dopo
inizia
la seconda parte D:
Dopooo,
volevo avvertirvi che avrei scritto una shot dei primi giorni di
scuola di Al, Rose, Domi, Scorpius e Frank. È stato
inquietante da
morire scrivere di Frank che vuole bene ad Al xD
Grazie
di mille per le sei recensioni, ma si può fare di meglio,
vero? In
fondo il capitolo scorso ha ricevuto 164 visite, quindi si
può.
Per
il prossimo vi avverto che dovrete aspettare perché
sarà lungo e un
poò difficile da scrivere.
No,
ok, vado. Sappiate che vi amo tutti. Da chi recensisce ai lettori
silenziosi.
1.
Preso da una pezzo della profezia del libro “La trilogia
delle
Gemme”, consiglio a tutti di leggerlo. Non è molto
impegnativo ma
abbastanza carino :)
|
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Capitolo 41 *** Battaglia di polpette ***
~Cap. 41
Battaglia di Polpette
**
Albus Severus Potter non sapeva amare.
O almeno questo era quello che dicevano tutti e quello che aveva sempre lasciato intendere.
Fin da piccolo era stato circondato da una famiglia enorme e rumorosa, con cibo e coccole a quantità, un migliore amico, cugini e gente sempre intorno. Era abituato alle carezze della mamma e ai gesti affettuosi del papà, per questo quell'undici settembre aveva avuto paura.
"Staresti bene a Serpeverde", Al non sarebbe mai riuscito a dimenticare quelle parole; quando il Cappello Parlante era stato calato sulla sua testa e aveva sussurrato quella frase facendolo aggrappare allo sgabello con tutte le sue forze Al aveva solo pensato alla sua famiglia e aveva visto tutte le persone che lo amavano sparire.
"La tua anima appartiene a Serpeverde". Era stato quello a farlo ribattere, a fargli pensare con tutto sé stesso che no, lui era un Grifondoro e se non lo era lo sarebbe diventato. Il Cappello aveva ridacchiato prima di urlare il nome della Casa rosso-oro all'intera sala. Si era sentito come se un grosso peso gli fosse stato tolto dallo stomaco e sollevato era corso vicino ai cugini.
"Ma allora non sei una piccola Serpe!" la pacca di Fred gli aveva quasi distrutto la spalla, ma non aveva non potuto pensare a quello che aveva detto il Cappello Parlante.
Quelle parole furono il suo dubbio per anni, nonostante avesse tentato di dimenticarle quelle tornavano quando meno se lo aspettava e senza rendersene conto il verde e l'argento iniziarono a ipnotizzarlo. Capitava fin troppo spesso che lui si incantasse a fissare il nulla pensando come sarebbe stato tutto se non avesse pregato il Cappello di dargli una possibilità.
Per questo il terzo anno fece il più grande errore della sua vita, accettò l'invito di uno dei Serpeverdi del sesto anno a passare del tempo con loro facendolo entrare in un circolo vizioso dal quale era impossibile uscire, dal quale non voleva uscire.
Il Grifondoro con l'animo di un Serpeverde.
Avevano iniziato a chiamarlo in quel modo; non si oppose mai al suo nomignolo, anzi piegava gli angoli della bocca all'insù in un ghigno che poco sapeva da Grifondoro ma che tutto aveva delle Serpi. Era lì che aveva incontrato Anna per la prima volta. Anna di origine Italiana, Anna che faceva tutto pur di compiacerlo, Anna che lo aveva portato in un punto di non ritorno, la sua migliore amica che aveva preso il posto di Rose. Non aveva trovato nessuno, però, a soppiantare Frank, era sicuro che nessuno sarebbe stato all'altezza del ragazzo con gli occhi gialli.
Chissà quando aveva iniziato a capire di essere caduto in una trappola che lo stava corrodendo dentro, che stava portando via brandelli di se stesso fino a mostrargli qualcosa che lui non voleva essere.
Si prometteva di risistemare, di uscire e tornare quello che era, ci avrebbe provato più tardi, lo avrebbe fatto prima o poi. Più poi che prima, probabilmente mai se non fosse arrivata Giorgia a prenderlo a calci in culo fino a farlo rinsavire.
E ora era il suo turno di prenderla a calci in culo fino a farle ritrovare il lume della ragione.
**
La mattina del giorno X (ovvero il giorno in cui Hogwarts sarebbe stata attaccata), Al pensò bene di saltare le lezioni. Tanto, nessuno le avrebbe seguite. Convincere la McGranitt a credere che la scuola rischiava la distruzione era stata difficile, tentare di non far capire che ci fosse lo zampino di Delirium un suicidio, ma alla fine erano riusciti a illustrare il piano della Gemella di Giorgia. Così, tutti gli studenti tranne qualche masochisti (Leggesi: Clan Weasley-Potter) erano stati fatti evacuare e ora le figure che si muovevano fra i corridoi cercando di raggiungere le aule erano solo delle pallide immitazioni fatte per non fare sospettare nulla agli avversari.
In ogni caso Al aveva deciso che ascoltare le lezioni poche ore prima della fine del mondo era totalmente inutile e che la cosa migliore era passare del tempo con la propria ragazza facendo qualcosa di utile. Utile ai suoi ormoni, si intende. Ma Giorgia sembrava essere sparita, non la trovò per tutta la mattina anche se cercò in ogni angolo del castello usando la Mappa del Malandrino.
La trovò solo quando mancava un quarto d'ora nel proprio dormitorio distase sul sio letto.
"Ehi", disse la ragazza con lo sguardo perso a fissar il soffitto.
Al non rispose, si limitò a inarcare il sopracciglio. Per Merlino, nella Mappa non era comparso il nome di Giorgia nella stanza del dormitorio maschile del sesto anno di Grifondoro.
"Dove sei stata?", le chiese sedendosi sul bordo vicino a lei.
"In giro", si mantenne sul vago. Al notò che aveva portatò con sé lo zaino e poteva scommettere tutti i galeoni del mondo che era stato incantato per contenere più roba possibile.
"Lo sai, vero", disse prendendole una mano e cercando un contatto visivo, "che non ti permetterò di abbandonarci? Affronteremo questa faccenda fino in fondo insieme".
Giorgia si divincolò dalla sua presa guardandolo insofferente, "Non me ne vado da nessuna parte".
"Bene", e a quel punto gli sembrò un diritto rubarle un bacio. Durò poco troppo per i suoi gusti, ma se lo fece bastare e, anzi, si sentì piuttosto idiota quando vide le iride cioccolato della sua ragazza piene di angoscia e tristezza.
"Ehi", le sussurrò, "Io sono qui, l'affronteremo insieme. Fra un po' finirà tutto, te lo prometto". Prese il suo mento fra le dita impedendole di girarsi o abbassare lo sguardo continuando a fissarla con i suoi occhi verdi con determinazione.
"Al... devo dirti una cosa", disse Giorgia dopo aver chiuso gli occhi e fattasi forza.
Solo che non seppe mai cose stesse per dire, perché proprio in quel momento il castello tremò.
La scossa di terremoto - o almeno Al sperava che si trattasse di questo - lo scaraventò sopra Giorgia, non che la cosa gli dispiacesse, ben inteso, ma questo significava solo una cosa. E da come Giorgia sgranò gli occhi stava a significare solo una cosa.
Sono arrivati.
**
(Giorgia)
Rimasi indecisa per tutto il tragitto dal dormitorio maschile fino alla Sala Grande se ringraziare o maledire gli Dei per quell'interruzione. Probabilmente un bene, ero certa che che se gli avessi rivelato che ero intenzionata a scappare mi avrebbe legata al letto, cose che dovevo assolutamente evitare.
I quadri alle pareti erano come impazziti, si spostavano di cornice in cornice pretendendo spiegazione in stato di shok. La causa della scossa, come scoprii una volta alla fine delle scale, era stata dovuta a un esplosione che aveva fatto saltare in aria la parete dell'entrata; pezzi di muro e calcinacci erano sparsi per tutta la Sala. Anche la porta della Sala Grande era andata distrutta e scardinata. Ci nascondemmo dietro un ammasso di muro e sbirciai cosa stesse succedendo maledendomi in arabo per non essere andata subito in Sala Grande che aspettare in camera di Al.
All'interno i cloni erano spariti, restavano solo i professori e i volontari masochisti imprigionati in quello che a occhio e croce sembrava la pallida copia del Tranello del Diavolo. Tosca camminava in mezzo ai tavoli sbraitando come una pazza, riuscivo perfettamente a sentire cosa stesse dicendo:
"Dov'è?! Dov'è quella piccola bastarda?", gli altri Deliranti si scostavano ogni volta che si avvicinava evidentemente terrorizzati di ricevere la furia della donna.
Fortunatamente per loro, Tosca si diresse verso i miei amici e, afferrato Fred per i capelli, gli sibilò puntandogli la bacchetta alla gola:
"Dov'è la tua amichetta?".
Fu forse questo il motivo per cui saltai fuori sfoderando la bacchetta e lanciandole addosso un expelliarmus, il primo incantesimo a cui avevo pensato.
Ma brava Giorgia, attacchiamo un essere immortale e oscuro con un incantesimo da manuale.
Tosca con uno scatto felino tese una mano davanti a sé bloccando l'incantesimo a pochi cinetimetri da lei, poi muovendo le dita lo diresse verso di me con un sorriso perfido.
Purtroppo io non ebbi la sua stessa destrezza e mi vidi la bacchetta strappata di mano.
"Ma dai, non dirmi che usi ancora quella!" mi derise mentre i suoi occhi si illuminavano come se lei fosse un predatore che si sta pregustando una preda. Metafora azzeccata e legittima del momento che mi sentivo una povera scoiattolina disarmata; che poi io potessi fare magie anche senza la bacchetta era inutile a prescindere, l'idea di ingaggiare un combattimento senza la mia fidata mi terrorizzava.
James, dimostrando che i Grifondori sono tutti degli idioti senza un minimo di amor proprio, riuscì a liberare un braccio dal Tranello e lanciare un piatto pieno di porridge verso Tosca. Sarebbe stato un ottimo piano se uno dei Deliranti non fosse il gemello malvagio di Quicksilver1 che in una velocità incredibile riuscì a intercettarlo e a distruggerlo. Questo mi fece venire in mente che Al poteva perfettamente intervenire, cosa diavolo stavo aspettando quel coso? Che morissi?
La situazione agghiacciante in cui mi trovavo non riuscì a non farmi sbuffare al pensiero del mio ragazzo che aveva fin troppo amor proprio per essere in Grifondoro, cosa Morgana aveva bevuto il Cappello Parlante?
"Alla fine il Giudizio finale è arrivato" la mia attenzione ritornò a Tosca che si stava avvicinando sguainando un pugnale.
Uh, oh. La cosa si sta mettendo male. Ma io sono immortale, giusto?
Giusto?!
"Non ti preoccupare, cercherò di essere il più veloce possibile. Mi accontento di lasciar vedere ai tuoi amici la tua morte. E poi, finalmente, dopo tutti questi secoli, Lui tornarà. Sarò la sua regine, combatteremo ancora una volta fianco a fianco e il mondo intero sarà nostro".
Mi ricordava vagamente Loki degli Avengers, quella aveva il cervello totalmente fuori fase, solo che non era sorella di Thor.
"Io sarei meno spavalda", dissi alzando il mento e cercando di non nascondere la mia tremarella alle gambe.
"I tuoi difensori sono in ginocchio, tu non hai abbastanza controllo per un cambattimento con me. Tu sei sola, non c'è nessuno a difenderti. Che dovrei temere?"
Alzando ancor di più il mento in maniera sfrontata proclamai: "Albus Severus Potter".
La mia uscita non lasciò perplessa solo Tosca ma l'intera Sala che si girò a guardarmi con tanto di occhi. Io i miei li alzai al verso il cielo spiegando:
"E' il mio ragazzo".
"Lo so, ho avuto modo di conoscerlo", affermò Tosca "Nel nostro ultimo incontro mi è sembrato alquanto inutile visto che è rimasto a guardare il tutto con un'aria idiota sul viso".
Sì, in effetti la mia non era stata un'uscita geniale.
"E' migliorato, adesso spacca interi eserciti, ci mette un po' a riscaldarsi"
"Smettila di parlare, tu non capisci. Io ho un'esercito fatto di mostri vomitati dalle fiamme dell'inferno!" urlò.
"E io ho i capelli rossi" dissi fiera.
Ancora una volta la Sala mi fissò sconcentrata e mi affrettai a spiegare:
"Lo sanno tutti che le rosse sono meglio delle bionde" e indicai con uno sguardo i capelli castani chiaro di Tosca.
"Mi hai stancato ragazzina!" i suoi occhi lanciavano scintille, evidentemente la storia dei capelli doveva averla fatta veramente incavolare. Il pugnale riluceva sinistramente sulla sua mano mentre si avvicinava, era a un soffio da me quando sussurrò:
"La tua fine è arrivata, preso il Delirium vi spazzerà tutti" e con una mossa velocissima del bracciò mi colpì con la punta del pugnale al cuore.
"Ahia", mi lamentai riprendendo l'equilibrio pochi secondi dopo. Dalla ferita continuava a uscire sangue ma non sembravo in punto di morte, anzi.
Ammirate la versione femminile di Wolverine!
"Com'è possibile?!" Gli occhi di Tosca erano sgranati dalla rabbia "Di solito funziona".
"Può capitare di fare cilecca, sai? Una volta su cinque, non è così raro2..."
Questo dovette suonare come una provocazione perché la donna attaccò ancora infilzandomi ancora una volta con la lama del pugnale.
Mi piegai su me stessa accusando il colpo "Però fa male", mi lamentai e approfittai della sua sconcentrazione per scappare sotto il tavolo di Tassorosso.
E che Diavolo, non mi andava di fare da puntaspilli.
"Prendetela!" strillò istericamente la mia avversaria mentre i suoi compari si prodigavano per acciuffarmi senza riuscirci. Notai in quel momento che Al non era scappato a gambe all'aria ma che, anzi, stava cercando di liberare i nostri amici senza essere visto.
Ero impegnata a rivalutare il mio fidanzato quando sentii un atroce dolore partire dalla radice dei capelli e mi sentii sollevare mentre una voce maschile urlava a pieni polmoni "L'ho acciuffata! L'ho acciuffata!"
Con mala grazia mi gettò ai piedi di Tosca, con le lacrime agli occhi cercai di scappare ma le mi pestò una mano facendomi gemere dal dolore.
"Non puoi sfuggirci, troverò il modo di ucciderti. Ci volessero mille anni, ma io ti ucciderò" mi ringhiò premendo con più forza il piede sulla mia mano. Cercai di prendere un bel respiro, sentivo un dolore unico e le ferite al petto un miglioravano anche perché continuavo a sanguinare lasciando una pozzanghera rosso scuro sotto di me.
Chiusi gli occhi pensando che aveva ragione, prima o poi avrebbe trovato un modo per aggirare la profezia. Perché opporsi, aveva senso patire tutto quel dolore?
Sentii dei passi calpestare il pavimento, io rimasi immobile al mio posto non sapendo cosa aspettarmi ancora.
"Giù le mani da mia figlia", la voce e il conseguente rumore da pugno mi fecero sollevare la testa e trovai Tosca a terra, mio padre accompagnato dagli altri adulti e le squadre Auror la sovrastava.
"Siete arrivati troppo tardi", sibilò. Papà mi aiutà ad alzarmi guardando con orrore la pozza di sangue.
"Sto bene", balbettai "Sto bene".
La squadra Auror intanto si stava prodigando a cerchiare i Deliranti ed aiutare quell'idiota del mio ragazzo.
"Giorgia, Giorgia" Fred, il mio amico, mi fu vicino immediatamente con gli occhi blu elettrico lucidi.
"Non sto per morire", lo bloccai prima che potesse dire qualcosa. Lui annuì, poi i suoi lineamenti si deformarono dalla rabbia e si girò verso con Tosca, ancora a terra.
"Tu" ringhiò "Sei stata tu!"
Fece per colpirla ma Tosca sparì in una voluta di cenere nero ridendo. Allo stesso tempo tutti gli altri Deliranti fecero la stessa cosa e nella stanza risuonò la fredda voce della donna.
"Venite a prenderci".
Una luce rossa illuminò la stanza e la battaglia iniziò.
**
"Forza! Corri!", non so come fosse successo, i ricordi dopo quel momento si fecero confusi e frammentari. Ricordo solo il dolore che non accennava a smettere. In qualche modo ero finita con Fred, Rose, Al e Scorpius a correre per i corridoi cercando di evitare gli incantesimi dei Deliranti.
"Forse restare al castello non è stata una grande idea" Fece notare Rose mentre inalzava un Protego.
"E perdersi tutto il divertimento? Stupeficium!" Chiese Scorpius "Ma anche no, la festa non può iniziare senza un Malfoy".
Vidi Rose alzare gli occhi al cielo e immaginii che stesse borbottando qualcosa tipo "Gli uomini, che idioti" ma non mi soffermai troppo e lancia una bolla di energia ai due Deliranti rimasti.
"Via libera, andiamo" fece Fred scattando in avanti.
"Dove stiamo adando esattamente?" chiese Al.
"Alle cucine", rispose Fred.
"Alle cucine?" chiesi annaspando.
Fred alzò le spalle e borbottò: "Ho fame, abbiamo saltato il pranzo".
"Il mio stomaco è d'accordo con lui", ci informò Scorpius.
"Idioti", ringhiò Rose fermandosi a guardare dietro un angolo "Vi sembra il momento di pensare alla pancia?"
Mi afflosciai al muro cercando di prendere fiato, Al mi fu vicino in un baleno e mi guardò con i suoi grandi occhi verdi; lo scostai di mala grazia ancora indecisa se perdonarlo o no per aver permesso a quella pazza di usarmi con puntaspilli.
La parete alla quale ci eravamo appoggiati esplose e fummo scaraventati dall'altro lato del corridoio.
"Maledizione!" imprecò Fred aggiungendo epiteti poco carini rivolti al fondatore di Serpeverde.
Ci ritirammo dietro un pezzo di muro abbastanza consistente per ripararci ai loro incantesimi.
"Attacchiamo" fece Rose pronta ad alzarsi per lanciare una fattura orcovolante.
"No, ferma!" la bloccai per un lembo di tessuto.
"Che c'è?" mi fece infastidita.
"Non possiamo attaccare e basta. Ci serve una una battuta ad effetto!"
Rose mi guardò come se stessi scherzando, Al sembrava deciso a mollarmi seduta istante, Scorpius mi guardava chiedendosi perché non era venuta a lui un'idea così geniale mentre Fred era troppo impegnato a insultare Merlino per fare caso a noi.
"Stai scherzando?" Fece Rose scrutandomi per cercare qualche commozione celebrale.
Ma il fatto è che, oh mio Dio dovevo essere pazza, in mezzo a quel caos, a tutto quel rumore e a quella distruzione mi sentivo come a una festa, mancavano solo i palloncini e i fuochi d'artificio. Nonostante il dolore e l'odore di sangue mi sentivo incredibilmente viva e piena di magia. Era come se mi fossi risvegliata. E' una cosa da pazzi, lo so, ma mi sentivo nel mio ambiente naturale.
"Ci sono!" dissi esaltandomi. Mi alzai e tesi le braccia verso le due figure e iniziai a intonare a gran voce:
"IF THESE FUTURE WE WANT IT NOO-O-OOW3!"
Gli uomini presero fuoco, letteralmente, sotto il mio sguardo trasognato e quello inorridito di Rose.
"Giorgia!" mi scrollò Al "Li stai uccidendo"
"Sì", confermai.
"Loro lo avrebbero fatto con noi", mi diede man forte Fred.
Al mi colpì forte alla faccia "Noi non uccidiamo! Riprenditi!"
"Va bene", borbottai facendo cessare le fiamme. I due corpi caddero a terra inermi.
"Possiamo andare alle cucine, la strada è libera!" sorrisi contenta.
Al non sembrava allo stesso modo contento, mi prese il viso fra le mani e mi guardo intensamente come se volesse guardarmi dentro. Io decisi di baciarlo.
"...ma che? Ti sembra il momento!" sbottò scostandosi e arrossendo.
Oh, era così bello quando le sue guance si riempivano di rossore.
"Ma io volevo solo baciarti" misi il broncio.
"Deve essere schizzofrenica, non c'è altro soluzione", decretò Scorpius. Ridacchiai, era tutto così fantastico e divertente.
"Non è schizzofrenia, è il suo potere che prende il soppravvento" tutti si girarono sbalorditi verso Fred.
"Il suo potere?" chiese Rose accigliandosi.
"Avete presente cos'era il Chaos per i Greci?" sbottò acido avvicinandosi e allontanandomi da Al che come Scorpius sembrava piuttosto confuso.
"Il grande vuoto primordiale dove tutto viene creato ma soprattutto distrutto" annuì invece Rose.
"Distrutto? Ma non dovrebbe essere il Delirium sinonimo del verbo distruggere?" disse Scorpius.
"Giorgia" mi chiamò Fred prendomi le spalle, mi sentivo così distante "Giorgia, tu sei più forte. Non lasciarti sopraffare. Puoi farlo, lo faccio da tutta la vita".
Sbattei più volte le palpebre cercando di allontanarmi da quella sensazione di euforia che capivo essere sbagliata. Presi un bel respiro cercando di scacciare quell'opressione al petto, poi annuii più volte.
Fred mollò la presa e imperiosamente disse di andare alle cucine, avevamo tutti quanti bisogno di mangiare qualcosa.
Sì, assulutamente, stavo impazzendo.
**
La porta delle cucine era completamente distrutta e davanti stavano degli Elfi domestici a difenderla. Quandi ci videro si misero a gridare di gioia.
"I padroncini!" dissero circondandoci e portandoci al sicuro "Pericoloso è la fuori. Triksy protegge padroni, Triksy lo fa!"
"Sì e non è che per caso avete anche qualche dolce?" chiese Fred, l'ingordo, mentre si sedeva al centro della stanza a gambe incrociate. In un battibaleno fummo sommersi di leccornie e ogni genere di cibo.
"Ah, ci voleva!" fece Scorpius prendendo un piatto di polpette.
La scena era molto buffa; gli Elfi Domestici avevano ammassato mobili e armamentari di cucina sulla porta e sul muro e una squadra li sorvegliava pronti ad attaccare, poi stavamo noi dietro a una trincea di mobili.
Presi uno scolapasta e me lo misi in testa, così era ancora tutto più realistico. Fred rise e mi imitò mettendosi una pentola con un lungo manico sporgente, prese un mattarello e lo tenne davanti a sé come se fosse una pericolosa spada.
"Questo non è un gioco", ci riprese subito Rose.
"Ma andiamo!" sbuffai e le mostrai il lungo coltello seghettato che tenevo in mano " con questo posso staccargli un braccio e mandarlo all'altro mondo".
"Cosa che bisogna evitare" fece Scorpius togliendomi prudentemente il coltello da salumiere dalle mani.
Se anche Scorpius si stava comportando così seriamente senza darci corda significa che io e Fred eravamo davvero messi male. Certo, al momento dovevo essere veramente pericola se tutti mi guardavano come se fossi una tigre. Io non capivo, sul serio, perché non vedevano quanto la cosa fosse divertente?
Che poi, avevo alla fine condizionato anche Fred che si divertiva quanto me ridendo di gusto e gli occhi gialli accesi d'entusiasmo.
...un momento.
Cercai di mettere a fuoco il viso del mio amico e mi accorsi che come per qualche strana magia le pagliuzze gialle che comparivana a seconda del tempo nelle iridi azzurre di Fred avevano preso il sopppravvento facendo sembrare gli occhi gialli con pagliuzze azzurre. La cosa era strana, ma poi decisi che doveva essere una giornata particolarmente soleggiata, quindi era inutile preoccuparsi. Anche perché proprio in quel momento il muro esplose facendo agitare gli Elfi Domestici come tante piccole formiche. Mi venne in mente la strega di Biancaneve che minacciava di schiacciare i sette nani come formiche. Quel ricordo mi fece provare una sorta di protezione verso quelle piccole creaturine che nonostante la battaglia ci avevano preparato il pranzo. Da dietro la nostra trincea mossi le mani alla ricerca di qualche arma e le mie dita si chiusero su una....
"Polpetta!" sussurrai colta da un'idea stupenda e folle. Il mio sguardo incontrò quello di Al che mi guardava perplesso con i suoi occhi verdi.
"Ehi, gente!" chiamai gli altri "A chi va una battaglia di polpette?" e per spiegare meglio cosa intendessi gettai la mia oltre la barriccata colpendo il viso di un dei cinque Deliranti. Alla fine gli allenamenti di James erano serviti a qualcosa.
Fred mi imitò immediatamente e, con sempre la pentola in testa, gettò una manciata di polpette verso gli altri. Ci abbassammo di nuovo e io sussurrai un incantesimo esplosivo sulla mia munizione prima di gettarla; quando lo feci mi abbassai tappandomi le orecchie in attesa del "KABOOHM". Rose sembrava preferire gli incantesimi tradizionali ma quando scoprì che non combinava nulla si accucciò iniziando a lanciare pomodori e altre verdure. Scorpius e Al vedendo che anche la mente del gruppo si lanciava in quella battaglia idiota la imitarono.
Della serie, come rendere divertente un combattimento mortale.
Quando mi trovai i capelli sporchi di uova capii che anche i nostri avversari erano passati alle maniere...ehm, nutrizionali.
"Non potremo resistere per sempre!" mi urlò Rose e mi accorsi che aveva perfettamente ragione, nonostante gli Elfi ci stessero aiutando io continuava a sanguinare e anche Scorpius e Al erano stati feriti.
"Sectusempra!" gridò un Delirante e ci affrettammo a scansarci.
"Ok, qual è il piano?" chiesi cercando di non essere colpita.
"Vado io, spacco tutto e voi scappate!" propose Fred e prima che potessimo urlargli che no, non poteva, mica era Hulk quel pazzoide di un Grifondoro si alzò e correndo verso gli avversari urlò:
"Ehi! Razza di bambocciosi babbuini sono qui!"
Non so come fece a farcela perché Al mi strattonò via uscendo dalle cucine mentre gli Elfi ci coprivano.
"Ottimo piano, vero?" Ci urlò qualche secondo dopo Fred precedendoci di corsa ferito ma sorridente.
"Fred!" lo richiamò Rose "Sanguini".
Sentii la testa girarmi e dei conati di vomito sopraffarmi, ma continuai a correre.
Fu in quel momento che tutto esplose.
**
Quando mi risveglia mi accorsi di essere incastrata tra le macerie di uno dei muri del Castello. Mi sentivo la testa pesante e respirare risultava terribilmente difficile, vedevo tutto sfuocato.
Battei più volte le palpebre identificando un dolore terribile alle gambe e al braccio destro, quello che usavo per fare le magie. Misi a fuoco la figura di Tosca al centro di tutta quella distruzione, poco lontano vedevo Rose svenuta completamente sepolta dalle macerie. Il mio cuore cominciò a battere terribilmente veloce e cominciò a mancarmi l'aria.
"Adesso basta scappare, Principessa", ringhiò Tosca "Il tuo viaggio finisce qui". Con mala grazia mi tirò su prendendomi per i capelli. Cercai di trattenere l'urlo che mi uscì dalle labbra senza successo, l'uomo aveva un limite di sopportazione del dolore e io il mio lo avevo superato da un pezzo, potevo tranquillamente svenire e una parte di me sperò che mi uccidesse, che mettesse fine a tutto quel dolore. Sembrava che fossi stata colpita da venti cruciatus. Mi mise in ginocchio ai suoi piedi, premendo dolorosamente la sua mano sulla mia nuca in modo che piantassi il mio sguardo ai suoi piedi.
"Supplicami", ringhiò "Supplicami".
Sebbene una parte di me stesse già supplicando di mettere fine a tutto tacqui cocciutamente. In realtà, fu più perché non riuscivò a muovere un muscolo senza piangere che per coraggio.
"Lasciala stare!" girai dolorosamente la testa verso Fred che in qualche modo era riuscito a liberarsi dalle macerie e si stava facendo avanti con passo malfermo. I suoi capelli erano insudiciati dal sangue e dai detriti, un lato del viso completamente sporco di rosso e i vestiti a brandelli.
"Lasciala stare!" ripeté.
"Altrimenti che farai? Mi sputerai addosso?" rise Tosca "Patetico". Vidi con orrore il braccio della mia nemica sollevarsi pronto a lanciare un incantesimo mortale verso il mio migliore amico. Sgranai gli occhi tentando di divincolarmi dalla stretta in cui mi teneva per fare qualcosa, ma era troppo debole anche per fare una fiammella, figuriamoci un Protego. Come a rallentatore vedi la palla verde infuocata scagliarsi contro Fred e fermarsi sopra di lui.
La sorpresa fu tanta per me ma tale per Tosca che mi mollò facendomi andare a faccia avanti sul pavimento, tremante alzai lo sguardo e vidi che il mio Fred, quello con gli occhi azzurri, con le mani protese sopra di sé la teneva sospesa. Dalle sue mani uscivano filamenti luminosi che l'avvolsero facendola sparire.
"Fred...", sussurrai, provando ad alzarmi. Lo sforzo per lui fu tale che appena la palla verde si polverizzò si gettò a terra avvolto ancora in quel bagliore luminoso.
"Interessante..." sibilò Tosca avvicinandosi al mio amico ignorandomi completamente.
Presi fiato per urlare: "Non lo toccare!", ma non fui io a dirlo. Dal nulla si era materializzata Delirium che con le braccia aperte si era messa tra Fred e Tosca in una posizione difensiva.
La donna parve sorpresa dalla sua comparsa prima di sorridere malvagiamente e dire:
"Ah è così? Sei stata tu a tradirci?"
Melody serrò le labbra e continuò a non dire nulla.
"Ma certo, vai con chi ti odia"
"Ti sbagli", sibilò.
"Delirium non sbaglia, Delirium non perdona" iniziò a dire con voce taglienta camminandole intorno, "Il cuore di Delirium è un po' in tempesta. Ma lei non sbaglia, lei va per la sua strada da padrona!"
"Smettila", fece Melody con la voce incrinata.
"Se rifletti se ci pensi, sempre sola. Non sarai mai accettata, vogliono solo distruggerti dentro. Corri da chi odia chi è diverso".
"Smettila".
"Ma Delirium non sbaglia, lei crede alle menzogne. Così vuoi andartene? Abbandonare noi, che siamo stati la tua casa? Chi ti ha salvato dal gelo dell'inverno?"
"Tu", deglutì la mia gemella. Provai a muovermi per fare qualcosa di coraggioso o stupido.
"Questa è la realta! L'unico modo per salvarsi è venire con noi, tu ci appartieni. Vuoi abbandonarci? Bene, vattene!"
"No, aspetta!"
Mi accorsi con orrore che il mio sangue da rosso stava diventando dorato. Era un buon segno, vero? Vero?
"Delirium non sbaglia, lei crede a chi la odia" continuò a canticchiare Tosca.
"Aiuto..." sussurrai, cominciavo a sentire freddo dentro e poi caldo, qualcosa che stava ruggendo per uscire. La presa delle mie braccia sul pavimento non resse e io caddi in posizione fatale, sentivo quel sangue dorato uscirmi dagli occhi, dal naso e dalla bocca, perfino dalle unghie.
"Aiuto..." avevo la voce troppo flebile e stavo soffocando. Il soffitto si stava facendo facendo terribilmente luminoso, tutto stava diventando giallo. Stavo perdendo la concezione della realtà in una maniera inarrestabile, mi sentivo attratta verso una baratro infinito.
"No!" qualcuno lo urlò, ma fu troppo tardi. La mia magia uscì prorompente da me senza che io potessi fare nulla.
**
(Albus)
Al, fin'ora rimasto bloccato dalle roccie senza possibilità di intervento, non riuscì mai a spiegarsi ciò che vide.
Giorgia aveva preso letteralmente fuoco e poi una grossa sfera dorata aveva iniziato a ingrandirsi dal suo petto e a crescere finché non prese quasi tutta la stanza. Fu a quel punto che Delirium si accorse di cosa stesse succedendo e gridasse "NO!".
Quello che successe poi fu talmente confuso che Al non riuscì mai a capirlo. Delirium iniziò a illuminarsi a cristallizzarsi come se fosse fatta di ghiaccio poi una sfera blu uguale a quella di Giorgia aveva iniziato a crearsi dove stava la sua gemella. I due globuli erano come entrati in contatto e... e il mondo era esploso. O almeno fu ciò che parve ad Al. Il soffitto crollò e lui riuscì a ripararsi per miracolo. Fred era rimasto fermo al suo posto e sembrava che si stesse come sdoppiando, sul serio. Al non capiva se fosse per via dei suoi occhi o cosa ma vedeva due Fred che oscillavano tra loro diventando uno e poi due. Nonostante questo l'unico pensiero coerente che Al riuscì a formulare fu per Giorgia.
Tremante sulle sue gambe si diresse verso il centro della sfera dorata, gli sembro che la carne si staccasse dal suo corpo attratta dalla figura umanoide distesa a terra. Si sentì come se stesse impazzendo, il cervello gli sembrava spaccato in due e il dolore, il dolore era ovunque. Senza accennare ad arrendersi continuò a camminare.
Un passo dopo l'altro.
Un passo dopo l'altro.
Sarebbe morto, Merlino, sarebbe morto ma non gli importava. Cadde in ginocchio posando le mani sul corpo bollente di Giorgia, si ustionò i palmi ma singhiozzando continuò a scuoterla, come se la stesse svegliando da un incubo.
Tutto era così confuso.
Soffocante, soffocava.
Perché non la baciava? Nei cartoni funzionava sempre. Ma quello, quello era terribilmente e orribilmente reale. Chiamò il suo nome con tutto il fiato che avesse in gola, si sentiva come se avesse mangiato fuoco. Come in un sogno Giorgia aprì gli occhi, occhi liquidi e lontani, dovevano tornare da lui. Passò un dito sul profilo della sua guancia, il suo dito era completamente infuocato.
"Torna da me", provò a sussurrare ma uscì solo fumo dalla sua bocca.
Poi tutto finì e lui si ritrovò i un corridoio distrutto, mezzo incenerito e ustionato a guardare il cielo azzurro che sadicamente feriva i suoi occhi.
**
Quando ebbe il coraggio di riaprire gli occhi pochi minuti dopo non vide più il cielo, ma gli occhi di suo padre che lo guardavano ansiosi e sgranati.
"Albie!" disse sollevato abbracciandolo di colpo.
"E' Al", disse in automatico tossendo. Si sentiva ancora in fiamme. Quando si staccò da sua padre alzò lo sguard su Giorgia, completamente illese ma spaventata. Delirium non si vedeva da nessuna parte e i corpi svenuti di Fred e Rose erano accanto a quelli di Hermione e Frank. Al notò che anche Giorgia stava guardando gli amici inermi con gli occhi pieni di lacrime, quando i loro sguardi si incontrarono sembrava che lei gli stesse urlando perdono.
Giorgia fece qualche passo indietro:
"Al... ti amo" disse, con la voce spezzata, guardò lo zio Fred "Mi dispiace, non voglio farvi del male" sembrava si stesse per spezzare.
Al capì cosa stesse succedendo un secondo troppo tardi, provò ad alzarsi ma Giorgia aveva già iniziato a correre lontano da loro, lontano da lui.
"GIORGIA!" zio Fred le corse dietro ma lei si era già smaterializzata.
Quella fu l'ultima volta che Al vide Giorgia.
**
Merito la fucilazione, lo so. Tre mesi senza farmi viva, potete lanciarmi tutte le maledizioni che volete. Me le le merito.
A mia difesa posso dire che sono stata senza computer per due mesi e con l'inizio della scuola sono stata incasinata. Ma merito comunque la morte, non poteva aspettare che finisse la prima parte per rompersi?! Almeno tre mesi di attesa avevo più senso!
Vi giurò che l'epilogo arriverà la prossima settima sempre di lunedì. Lo giuro!
Confusi con quello che è successo a Giorgia alla fine? Comprensibile, verrà spiegata nell'epilogo (che tra parentesi è proprio corto).
Se volete recensire mi farete felice, così scoprirò che ci sta ancora qualcuno qui.
E niente, Grazie per la pazienza.
/V.
1. Quicksilver: mutante dell'universo marvel la quale mutazione gli permette, appunto, di andar velocissimo.
2. Battuta presa dal film Avengers (tanti cuori).
3. Now, dei Paramore.
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Capitolo 42 *** Epilogo ***
Epilogo
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27 Luglio 2023
Ministero della Magia, Ufficio Capo Auror.
"Permesso?" Harry alzò la testa dalla pila di cartoffie che stava firmando, nonostante ci avesse perso due ore quelle sembravano aumentare anziché diminuire. Infatti, quando vide la propria segretaria entrare con un'altro plico di fogli il sorriso con cui l'aveva invitata ad entrare era sparito in un batter d'occhio. Era in momenti come quelli che odiava essere il Capo Auror. Certo, la cosa aveva i suoi vantaggi (ad esempio aumentare la durata della pausa pranzo) ma a volte si malediva per non aver scelto una carriera meno... dai ufficio.
"Queste vengono dall'ufficio sulla Cooperazione con i Babbani" disse la segretaria "Mi hanno fatto capire che deve guardarle subito, signore".
Harry sfogliò le pagine e da una di queste uscì un cd, lo prese guardandolo perplesso.
"Non so nulla, signore", rispose diligentemente la segretaria davanti al suo sguardo "mi hanno solo raccomandato che è una cosa con massima priorità".
"Okay, grazie mille" la congedò e quella si allontanò camminando su altissimi tacchi a spillo. Come le donne potessero camminare con quei trampoli proprio non riusciva a capirlo.
Cominciò a leggere le schede e man mano che leggeva e capiva il respiro accellerava.
Più di un mese fa una casa era stata bruciata facendo intervenire le forze dell'ordine babbane, tra le maceria era stato trovato quel cd completamente intatto e funzionante. Un infiltrato del Ministero dopo aver visto il contenuto era riuscito a farlo arrivare fino a lui.
Nel video una ragazza parlava di entità magiche e della fine del mondo e chiedeva esplicitamente che il video arrivasse nelle mani di Harry Potter.
Mentre il cuore gli batteva forte dall'ansia Harry mise il cd sul suo computer (sì, anche i magici cominciavano a usare la tecnologia babbana per ogni evenienza).
**
Apparve una ragazza dai capelli rosso acceso arruffati, l'espressione determinata anche se gli occhi nocciola sfuggivano spesso all'obiettivo. Il viso era magro e pallido, spiccavano sul corpo molte cicatrici. In particolare l'addome era completamente fasciato.
Giorgia. Quando Harry la riconobbe il suo cuore iniziò a fare le capriole, era il primo segno di vita che dava dopo la sua fuga.
"Mi chiamo Giorgia Helen Flox" iniziò con voce tremula "Sone le cinque e quarantadue del giorno due Giunio Duemilaventitré e sono in fuga da una settimana. Tu che stai guardando devi far avere questo cd al signor Harry Potter, Capo del Dipartimento Auror del Ministero della Magia a Londra. E' assolutamente importante che questo cd finisca nella sue mani il prima possibile. La prego.
Mi chiamo Giorgia Helen Flox o almeno questo è il nome con cui tutti mi hanno sempre conosciuta, poco tempo fa ho scoperto di essere il Chaos e questo è il mio vero nome e la mia vera essenza. Per chi non lo sapesse il Chaos, almeno secondo i Greci, è il Nulla cosmico primordiale dal quale tutto ha inizio e tutto ha fine. Questo Nulla risucchia e distrugge qualsiasi cosa incontri nel suo cammino e quando non ci sarà più niente da distruggere, quando ogni cosa sarà annientata vomiterà tutto quello che ha rissucchiato, farà iniziare tutto dal nulla. Ci sarà un nuovo Big Bang, un nuovo Universo, un nuovo tutto. Tutto ciò che conscete cesserà di esistere non appena l'unica cosa che lo tiene a bada cesserà di esistere. E questa cosa sono la Natura e le Emozioni Pure, comunemente note tra i Dotti come il Delirium.
C'è, però, l'altra faccia della medaglia. Se il Delirium tiene fermo il Chaos, questo tiene fermo il Delirium. Perché il Chaos è anche Ordine, il nostro mondo è fatto di Chaos, se cessa di esistere la Natura (e con questo intendo terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche) insieme alle Emozioni Pure (odio e amore) prenderà il soppravvento portando la Terra e tutti i suoi abitanti in cenere e nulla si rinascerà. Non ci sarà nessuna fenice.
Non so quale delle due opzioni sia peggio, la scelta sta a voi.
Premesso questo capirete il perché della mia urgenza nel "parlare" con Harry Potter.
Non so ancora bene come spiegare quello che è accaduto a Hogwarts, Tosca non è riuscita a uccidermi perché sono (in qualche modo a me sconosciuto) immortale, ma l'essere infilzata da un pugnale maledetto deve aver risvegliato qualcosa in me facendomi diventare l'incarnazione stessa del Chaos finché non ha preso totalmente il controllo su di me e ho creato un Nulla 'portatile' che avrebbe egugliato la distruzione di una Nova1. Non so come sia possibile e non voglio saperlo, ma Albus Potter è riuscito a farmi tornare in me rischiando la sua vita e sono riuscita a richiamare quell'immenso potere dentro di me.
Per questo ho deciso di ascoltare la mia gemella per seguirla dal Saggio (un uomo che a quanto pare ha la soluzione al nostro problema); sono scappata terminato lo scontro e materializzata nel primo posto che mi è venuto in mente: la casa abbandonata di un mio vecchio amico, Gabriele. Lì sono svenuta per lo sforzo e sono rimasta incosciente per due giorno. Mi ha trovato Celine, una delle Guardiane della Natura, che mi ha soccorso ripescandomi dall'oblio dov'ero caduta.
Ho scoperto solo a quel punto che le ferite provocatemi durante la battaglia hanno portato seri danni alla mia gravidanza e che stavo per compiere un'aborto spontaneo" Giorgia si bloccò, si morse il labbro ma poi sembrò farsi forza e continuò "In quel momento è comparso il cofanetto nero che mi diede Nemesi, la dea della Vendetta, e mi dispiace dirlo lo ho aperto e non me ne pento. Dovevo salvare i miei bambini, non voglio che delle vite (anche se devono ancora venire alla luce) si spengano per causa mia. Dentro c'erano due bottigliette. Una, con il liquido azzurro chiaro aveva un'etichetta con scitto 'per salvare', nell'altra con il liquido violaceo era riportato 'per uccidere'. Ho bevuto quella dal liquido azzurro e da quello che dicono Celine e le sue ancelle i bimbi sono salvi. Non conosco ancora il prezzo che mi ha chiesto Nemesi, ma ripeto che non mi pento di questa scelta, sono pronta ad affrontare qualsiasi pagamento, anche se esso è la mia vita.
Spero di non dover usare mai l'altra pozione, ma la tengo come me per ogni evenienza.
So che mi state cercando e io vi chiedo di smettere di farlo. Celine mi porterà con sé in modo che io possa ricevere un adeguato allenamento per avere il pieno controllo dei miei poteri. Spero di rivedervi presto quando tutta questa storia sarà finita, ma non so quanto tempo ci metterò. Vi chiedo di non uccidere Delirium, a differenza di me lei è mortale e se lo farete il Chaos sarà libero di ricreare un nuovo mondo.
Qui Giorgia Helen Flox, combinagui nel tempo libero e appassionata di frullati, potenziale distruttrice dell'Universo ma che farà qualsiasi cosa per salvarlo.
Passo e chiudo".
**
Il video si spense e Harry rimase a fissare lo schermo nero chiedendosi come l'avrebbe preso Al ma soprattutto se Giorgia era in grado del terribile compito che la sorte le aveva affibiato o se avrebbe distrutto tutto.
I dubbi furono affogati in una tazza di Wischy Incendiario.
NDA
E eccoci arrivati alla fine. Ho aggiornato subito perché come mi è stato fatto notare il capitolo precedente era molto confusionario e così ho messo subito le "spiegazioni" per non lasciarmi troppo perplessi.
Ed eccoci arrivati alla fine di una storia durata un anno e mezzo. Non è la fine, tranquilli, la seconda parte arriverà a Novembre e l'avventura inizierà seriamente!
Ringrazio con tutto il cuore quelle persone che hanno recensito, vorrei prendervi tutti e abbracciarvi fino a spezzarvi le ossa. I vostri complimenti e le vostre critiche mi hanno aiutato non soltanto a portare avanti questo lavoro ma anche a migliorare il mio modo di scrivere e per questo non finirò mai di ringraziarvi.
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare, chi nonostante i primi capitoli pieni di errori ha avuto il coraggio e la forza morali di arrivare fino qui. Ringrazio anche i lettori silenziosi (questo è l'ultima occasione che avete per dire la vostra!).
Ringrazio anche per esservi trattenuti dall'uccidere Al, sapete mi serve ancora hahahaha.
Eh be', vorrei spoilerarvi un sacco di cose ma mi trattengo. Vi dico solo: FRED JR WEASLEY SARA' UNO DEI PROTAGONISTI PRINCIPALI NELLA SECONDA PARTE, infatti Giorgia per un bel pezzo passerà di secondo piano. Devo approffondire alcuni personaggi (Frank, Delirium e Fred), alcuni rapporti (James/Dominique, Rose/Scorpius, Roxanne/Ted Lupin), parlare di alcuni che non ho citato molto (Lily, Roxanne, Louis e Hugo) e ci saranno anche alcuni personaggi nuovi (E una sorpresissima!).
Adesso vado che vi ho detto anche troppo, ma ho una voglia matta di spoilerare '-'
Vi amo, grazie di tutto!
Voglioungufo
1. Nova: quando una stella muore ed esplode dovrebbe formarsi un buco nero. In ogni caso il risultato è disastroso.
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