Strane cose quelle di cui parlano questi innamorati

di Voglioungufo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo. ***
Capitolo 2: *** ''Dovresti metterti meno profumo'' ***
Capitolo 3: *** Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore ***
Capitolo 4: *** Invitata da uno sconosciuto. ***
Capitolo 5: *** I criceti alla riscossa! ***
Capitolo 6: *** Sicura di non essere una Weasley? ***
Capitolo 7: *** Il Clan Weasley-Potter e amici. ***
Capitolo 8: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 9: *** Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare ***
Capitolo 10: *** Solo come amica. ***
Capitolo 11: *** L'Alcool fa male, ma tu di più. ***
Capitolo 12: *** G.U.F.O., ovvero come prendo E in Divinazione. ***
Capitolo 13: *** Ho un baule figo. Problemi? ***
Capitolo 14: *** Il coltello, l'arancia e la sterlina. ***
Capitolo 15: *** Un motivo in più per amare le biblioteche. ***
Capitolo 16: *** Dove mi alleo con un criceto ***
Capitolo 17: *** Non può essere vero. ***
Capitolo 18: *** La foresta proibita. ***
Capitolo 19: *** Delirium. ***
Capitolo 20: *** Il teatrino dell'infermeria. ***
Capitolo 21: *** Il libro delle risposte ***
Capitolo 22: *** Quando l'amore incontra una Veela ***
Capitolo 23: *** Io e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori programma ***
Capitolo 24: *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte I) ***
Capitolo 25: *** La vera storia di Godric Grifondoro (parte II) ***
Capitolo 26: *** Dove un fantasma mi fa da baby-sister, il degrado totale insomma. ***
Capitolo 27: *** Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio. ***
Capitolo 28: *** asdfghjkl ***
Capitolo 29: *** Dove mi auto-convinco di essere matura e responsabile. ***
Capitolo 30: *** Questione di nomi ***
Capitolo 31: *** Regina di cuori o di picche? ***
Capitolo 32: *** Semen in anno licet insaniret. ***
Capitolo 33: *** La piccola principessa dagli occhi color tempesta ***
Capitolo 34: *** Delle semplici mosse per...non conquistare proprio nessuno ***
Capitolo 35: *** Tutta la verità (parte I) ***
Capitolo 36: *** Tutta la verità (parte II) ***
Capitolo 37: *** Chi ha detto che la verità fa male ha capito tutto ***
Capitolo 38: *** Veritaserum ***
Capitolo 39: *** Ursula canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con Giorgia. ***
Capitolo 40: *** Ciao, ho la sindrome di Superman. ***
Capitolo 41: *** Battaglia di polpette ***
Capitolo 42: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Quel giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo. ***


Cap. 1
Quel giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo.

**

Tutti trovano una sola parola per descrivere se stessi; con un po' di difficoltà, magari, ma si trova. Ora, io vorrei dire che la mia parola descrittiva è 'stupenda' o 'solare' o 'intelligente' come fanno i comuni mortali. Peccato che io non sia una comune mortale.

Ok, anche io sono una mortale destinata a morire, ma di comune non ho neppure le mutande (vi sembra normale che vostro padre vi regali delle mutande con il testo della sua canzone preferita?!). Ma, sorpresa-sorpresona, la mia parola non è neppure 'strana'. Ormai essere strani è una moda e io non lo sono di certo per questo.
Frullato.
La mia parola è frullato.
Cos'è il frullato?

«I frullati sono una categoria di bevande ottenute frullando diversi alimenti».

Ecco, io sono un miscuglio di caratteri, emozioni che si fanno vedere anche nel mio aspetto fisico.
Sono Giorgia Helen Flox, una strega che ha passato più tempo a rispondere alla domanda ''ma ti fai la tinta?'', che alla domanda ''come ti chiami?''.

Tutta colpa dei miei capelli rosso accesso, perennemente spettinati e sparati in aria. E quando dico rosso non intendo il solito rosso carota inglese, intendo il rosso del semaforo. Così sembra che io abbia del fuoco in testa, oppure che sia uno di quei bastoncini per la segnalazione se qualcuno si perde in montagna.

Ho un sacco di lentiggini, sulle guance e sul naso, occhi cioccolata. Sono bassetta (tutta colpa di mio padre!) e negli ultimi anni non sono stati rilevati movimenti tettonici di grande rilievo nella zona petto.
In poche parole, ho già ricevuto tre proposte per entrare in un circo. (sì, sto scherzando. Ne ho ricevuto solo una).
Mi piace la musica: sono ufficialmente sposata con il mio lettore mp3, amo ascoltare le canzoni dei Paramore, sorseggiando un frullato per le vie di Londra.

Londra, sì. La mia città, la mia caotica città, così viva e bella.
Ho un problema nel restare ferma e composta, sono sempre in movimento e ciò manda in bestia la mia insegnante di teatro.

«Devi congelarti nella scena, se ti muovi mandi tutto a monte»

Ma che ci posso fare? Non sono una persona calma, forse me ne sto troppo per i fatti miei, ma il fatto è che la maggior parte del tempo mi sento una bomba che rischia di esplodere. Papà riesce a capirlo perché ha il mio stesso carattere anche se dice che fisicamente sono uguale alla mamma; io non lo so, se è vero, perché non l'ho mai conosciuta e in casa non abbiamo nemmeno una sua fotografia.

Può sembrare strano (e lo è), ma nella mia vita ci sono parecchie cose strane.

Ad esempio papà dovrebbe avere tipo quarant'anni ma il suo aspetto è quello di un ventenne da quando sono nata e... ah! Cosa più importante, sono una strega.



**



Quella mattina stavo camminando nelle strade affollate di Londra cantando “Playing God”.

Una cosa che amo di Londra è che la gente non ti giudica. Potresti anche andare in giro vestita da sub e nessuno se ne accorgerebbe.

In ogni caso, era una comunissima mattina di metà Luglio e come ogni mattina mi ero svegliata alle 11:00 ed ero appena stata nella gelateria ''Oh, Bell'Italia'' per fare colazione. Con un frullato, naturalmente. L'anziana signora che ci lavorava ormai mi conosceva e mi trattava come una nonna premurosa che si impegna a far ingrassare la propria nipotina.
Mi fermai davanti ad una vetrina sorseggiando il mio frullato alla menta mentre aspettavo che il semaforo diventasse verde. Il telefono squillò.
«Pronto?»
«Ciao, frullato a... che gusto oggi?» riconobbi la voce. Mio padre, Federico Flox, l'eterno giovane, la persona più importante della mia vita, mio fratello, il mio migliore amico.
«Menta» risposi con un sorriso.
«Oh, io speravo in uno al caffè» disse deluso «Comunque, puoi venire un attimo in negozio?» mio padre lavorava in un negozio di scherzi, a un isolato da cosa nostra.

Anche lui era un mago, ed era questo che rendeva il suo negozio così entusiasmante. Erano scherzi sia per babbani sia per magici e quindi attirava più clienti dei normali negozi (magici o babbani, che fossero).
Il semaforo cambiò colore così mi affrettai a raggiungere mio padre.

Quando arrivai il negozio era, come al solito, pieno e ci misi un sacco di tempo a trovare mio padre. Era nel reparto babbano e stava cercando di convincere una giovane ragazza a comprare un profumo (magico, per la cronaca, con il poter di far attirare i ragazzi). Rimasi un attimo in disparte, fino a quando la ragazza convinta si allontanò con il profumo in mano.
«Eccomi»
«Era ora! Senti, la tua insegnate di teatro ha detto che le prove sono spostate tra una settimana. Quindi mi chiedevo se ti andava di studiare un po' di magia insieme quando chiudo il negozio»
Annuii, felice.

A differenza di molti maghi e streghe, io non studiavo nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ma a casa con mio padre. Il motivo di questa scelta non lo sapevo, ma a me andava bene così: studiare con mio padre era molto divertente.

Federico aveva i capelli rossi, anche se non accesi come i miei e due occhi blu, limpidi come quelli dei bambini; sorrideva sempre, ma non un sorriso finto, il suo sorriso era reale.

Sì, se dovessi trovare una parola con cui descrivere papà, quella parola sarebbe proprio 'sorriso'. Metteva entusiasmo in tutto quello che faceva ed era il papà migliore del mondo. E il più bello, ci teneva sempre a specificarlo, con un sorriso orgoglioso visto che la metà delle mie professoresse e delle mamme dei miei compagni di classe era sempre gentile e premurosa verso i suoi confronti.
Passai il resto della mattinata e del pomeriggio nel negozio.

Mi piaceva quel posto. Mi piaceva la confusione, mi faceva sentire viva.
«Ehi!» persa nei miei pensieri ero sbattuta contro un ragazzo con un ammasso di capelli neri e talmente spettinati da fare concorrenza ai miei.
«Sì?» chiesi tirando fuori uno dei miei migliori sorrisi da brava ragazza che lasciò il ragazzo di fronte a me totalmente perplesso. Allargai ancor di più il mio sorriso e lo osservai. Era alto (per modo di dire) come me e dimostrava la mia età. I suoi occhi erano di un bel verde intenso, come lo smeraldo. Più lo fissavo più avevo come l'impressione di averlo visto in una fotografia.
Ci stavamo ancora fissando quando arrivò mio padre.
«Ehi, tutto apposto?»
Il ragazzo di fronte a me sbiancò improvvisamente aprendo la bocca. Mio padre lo fissò stranito prima di spalancare gli occhi.
Allo stesso tempo si avvicinò un altro ragazzo con i capelli più rossi dei miei – fu un duro colpo per la mi autostima.
«Al, tutto bene?» vedendo che non rispondeva seguì il suo sguardo e quando vide me e mio padre disse confuso:
«Che hai fatto al viso?» mentre cercavo di capire cose stesse succedendo Federico arretrò di un passo boccheggiando.
«Fred, Al! Muovetevi dobbiamo andare a casa» e a completare il quadretto arrivò un altro signore con i capelli carota.

Questa volta, fui io a spalancare la bocca. Il tizio che si avvicinava era la copia di papà invecchiata. I due ragazzi si girarono di colpo e mio padre ne approfittò per battere in ritirata trascinandomi dietro un mucchio di cappelli magici.
«Papà..» cominciai «perché quell'omino è...è uguale a te?» balbettai fissandolo. Il signore in questione stava guardando i due ragazzi con aria interrogativa. La stessa espressione che usava mio padre quando tentavo di spiegargli matematica.

I suoi occhi azzurri (come quelli di papà!) saettarono verso la nostra direzione senza vederci e passò una mano nei capelli rossi (come i miei e quelli di papà!) prima di girarsi.
«Hai sentito come ha chiamato il ragazzo con i capelli rossi?» sussurrò mio padre.
«Eh?» risposi troppo impegnata a guardare il trio andarsene.
«Fred» si rispose. Mi girai a guardarlo. Stava sorridendo, ma una lacrima gli scendeva dagli occhi «Lo ha chiamato Fred
In quel momento capii che mio padre era completamente matto e che non ero l'unica ragazza ad avere i capelli più rossi del mondo.
Fu un durissimo colpo per la mi autostima.


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Capitolo 2
*** ''Dovresti metterti meno profumo'' ***


cap. 2
''Dovresti metterti meno profumo''

 

Secondo mio padre una persona senza passioni è una persona senza anima.

Da piccola credevo fosse uno dei suoi tanti discorsi insensati, ma ora che sono cresciuta credo di capire cosa significa.

Voi l'avete una passione? Io sì, assolutamente e non solo una. Tantissime.

Sono cose che mi danno un immensa soddisfazione e mi fanno stare bene. Io adoro fare teatro, stare in un palco a recitare, davanti a tantissime persone, emozionarle; cercare di trasmettere dei sentimenti, e riuscirci, sono fra le cose che più mi rendono orgogliosa.

E vogliamo parlare di quando mando a 'fanculo la professoressa di algebra? Sopratutto quando cerca di mettermi impreparato.

È una soddisfazione che bisogna prendere almeno una volta nella vita. Fidatevi, fatelo e vi sentirete più leggere.

E i frullati? Dove li mettiamo i frullati? A mio modesto, ma importante, parere bisognerebbe trucidare tutti quelli che odiano i frullati – della serie Voldie due, la vendetta, sì.

Ma una cosa che mi sono sempre chieste è se una persona possa essere considerata una passione.

O almeno, il suo profumo e i suoi occhi. E' possibile?

Mio padre dice di sì e poi piange. E io piango con lui.

Siamo più simili di quanto sembri; anche se io sono più brava in Trasfigurazione. 
**


«Elena, perché ti giri? Perché ti nascondi? Così fai tremar di dolore il mio cuore, amore mio, guardami!»

«No, non il tuo amore sono e il mio amore avrai!» urlai nel teatro.

Giorno della prima, Iliade, Elena e tremila persone che ti guardano vi dice niente?

Ve lo avevo già detto che faccio teatro, vero?

«I miei occhi t'hanno visto, tu scappavi, tu sei codardo nel cuore e nell'anima. Lasciami stare, è solo colpa mia se tutto questo accade» mi mossi facendo due piroette e chiudendo i pugni. Inutile dire di quanto mi sentissi ridicola.

«Elena, è il Fato che decide. Noi siam solo pedine nelle mani degli dei. Noi dovevamo amarci!»

No, in realtà è stata la tua voglia di scopare che ha combinato 'sto casino. Dico, non potevi scegliere il dono di Era? Achille sarebbe ancora vivo e felicemente sposato con la sottoscritta.

«NO! Viscido codardo, il mio non è amore. Io son costretta ad amare voi, un codardo senza onore. Dove il vostro coraggio?! Siete scappato senza ritegno, come un coniglio della fauci di un lupo. Voi siete la vergogna di Troia! Non mi toccate, voi mi disgustate.» Urlai al pubblico in modo tragico.

«Sììì, vai! Vai! Fagliela vedere Gio'! Abbasso Paride, viva mia figlia! Non farti mettere i piedi in testa da nessuno! VAI ELENA!!» ok, spiegatemi chi ha invitato mio padre a vedere la rappresentazione teatrale.

Io NO, di sicuro. Probabilmente la cassiera, ogni volta gli fa gli occhi dolci e lo guarda malizioso... devo fare un bel discorsetto a quella tipa.

«Vi prego Elena, non sono stato io a scappare! Afrodite mi ha portato in salvo da voi, perché noi ci dobbiamo amare» Tutte scuse, sei solo un degno abitante di Troia!

«Ahimè, il mio cuore batte ancora alle tue alate parole. Noi ci dobbiamo amare e io non posso andare contro gli Dei.» e mi lasciai cadere tra le sue braccia, lui mi prese e fece per baciarmi.

Provaci e sputerai sangue per un mese!

Ma in mio soccorso arrivò il coro con due ballerine per cambiare scena. Mi alzai in piedi proclamando: «Nell'Ade continuo a bruciare, tanto vale farlo con stile!» Poi le ballerine mi avvolsero e io andai a rifugiarmi dietro le quinte. Lanciai un'ultima occhiata al palcoscenico; le ballerine si stavano allontanando dal centro per far entrare in scena il narratore.

Una mano mi strattonò la tunica. Mi girai sperando non fosse Paride-hey-stavo-cercando-di-baciarti. Invece, era il ragazzo con gli occhi verdi che avevo 'conosciuto' la settimana prima nel negozio di mio padre.

 

«Tu?» dissi sorpresa.

«Sono felice di vedere che mi riconosci» mi sorrise.

«Cosa vuoi?» chiesi piuttosto sospettosa.

«Niente. Conoscerti» e scrollò le spalle.

«Che ci fai qui?»

«Mia sorella ha un'amica che sta recitando»

«Come mi hai riconosciuta?»

«E che cazzo, mi sono rotto!» poi mi lanciò uno sguardo «I tuoi capelli troppo strani. Per caso ti fai la tinta?»

Coooosa vi avevo detto? Il tipo non si è nemmeno premurato di sapere chi sono che già indaga sui miei capelli. Ormai la gente comincia ad essere noiosa.

«No, non mi faccio la tinta.» e alzai gli occhi al cielo.

«Oh, strano.. comunque io sono Al, Albus Potter.» E mi fu chiaro tutto.

Ecco perché avevo già visto la sua faccia da qualche parte! Nel libro di Storia della Magia! Cioè, non era la sua faccia, ma quella di suo padre, il Salvatore Del Mondo Magico.

«Siete proprio uguali!» dissi senza rendermene conto. In realtà lo avevo pensato, ma non credevo di averlo detto ad alta voce.

«Come?» mi chiese confuso.

«Sei uguale a tuo padre... perché tu sei il figlio di Harry Potter, vero?»

«Uhmm... sì..» sembrava un po' a disagio.

«Piacere, io sono Giorgia, Giorgia Helen Flox.» sorrisi con entusiasmo.

«Qui..quindi tu sei...sei una strega...» indagò.

«No, sono un Elfo di Babbo Natale.»

«Piacere Elfo di Babbo Natale» mi sorrise Albus «Come mai non ti ho mai visto ad Hogwarts?»

«Studio con mio padre, a casa. Sai, dobbiamo fare i pacchi regalo per tuuutti i bambini buoni.» spiegai.

«C'è anche un regalo per me?» mi chiese con una strana luce negli occhi.

«No.» risposi secca. Sembrò restarci un attimo male, prima di scoppiare a ridere.

«Comunque, scusa se nel nostro primo incontro sono stato un po'...uhmm...»

«Imbambolato?» gli andai in aiuto.

«Esatto! È perché quello che è arrivato dopo di te -al negozio intendo- assomigliava a una persona...» cercò di spiegarsi.

«Tranquillo, una ragazza un giorno lo ha scambiato per non so quale attore famoso. Ah, è mio padre»

«Era molto giovane, però» costatò, sconcertato.

«Sai com'è...» rimasi vaga.

In quel momento arrivò il mio insegnante di Teatro.

«MA CRISTODDIO, TI SEMBRA IL MOMENTO DI CHIACCHIERARE?! DEVI ENTRARE IN SCENA, S-U-B-I-T-O-! E TU!» disse poi rivolto ad Albus. «CHE COSA CI FAI QUI?!?! SPARISCI, ADESSO, NOW!»

Occhei, il mio insegnante non è molto sano, ma dopo sette anni ti abitui. Naturalmente, io no, non mi sono abituata.

«Sissignore!» dissi scattando all'attenti.«Ci vediamo in giro» dissi facendo l'occhiolino ad Albus.

«Sì, assolutamente» e mi abbracciò.

Il mio cuore perse un battito.

Il suo profumo.

Quel profumo.

Per un attimo non mi sembrò più di essere nel vecchio teatro, ma in un giardino soleggiato. E non stavo abbracciando Albus, ma un ragazzo dai capelli ricci e biondi.

Mi staccai, spaventata

«Albus...» lo chiamai, gli occhi mi bruciavano leggermente «Dovresti metterti meno profumo» e poi sparii sul palco, prima di essere sopraffatta da altri ricordi.

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Capitolo 3
*** Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore ***


cap. 3
Il marmo non ha odore, il marmo non è un fiore.

***

A scuola sono sempre stata considerata una delle persone più stravaganti e simpatiche dell'istituto. Non popolare come quelle ragazze perfette dei film americani, visto che io di perfetto non ho un cazzo. Eppure tutti facevano a gara per essere miei amici: mi aspettavano fuori dall'aula, mi ronzavano attorno, mi riempivano la testa di chiacchiere davanti al bar e spesso avevo assistito a lotte fino all'ultimo sangue solo per sedersi vicino a me durante la lezione.

Era una cosa che avrebbe gonfiato l'autostima di chiunque, ma non la mia.

No.

Quelle rare volte che avevo dimostrato vera e pura simpatia per qualcuno questo se ne andava con un'espressione della serie ''Ehi-ho-appena-vinto-alla-lotteria-invidiatemi'' e si vantava con i suoi amici. Perché io ero un premio, che solo i migliori si guadagnavano.

Un oggetto.

Un trofeo.

Non una persona.

Non un'amica.

Forse per questo solo quattro persone sono riuscite ad avere la mia vera amicizia.

Mio padre, l'anziana coppia che mi vendeva i frullati e lui.

Il mio migliore amico. O meglio, ex-migliore amico.

Morì di Cancro a tredici anni.

***

Uscimmo dal teatro dopo sei ore di rappresentazione.

Ero stanca, ma felice. Gli applausi finali mi avevano fatto andare al settimo cielo.

Quegli applausi erano per me.

Naturalmente mio padre non perse occasione per mettersi in mostra e vantarsi con tutti: «E' MIA FIGLIA! LA VEDETE?» o «Naturalmente è anche merito del padre se è venuta così bene» e ancora «Se la rappresentazione è stata un successo è solo per merito di Giorgia. È stata la migliore in assoluto!»

Certo papà, vuoi un consiglio? Cambia spacciatore.

Però il profumo di Albus mi aveva accompagnato per tutto il secondo tempo. Ero shoccata: non mi sarei mai – e ripeto il mai – immaginata di risentire quell'odore.

Era stata una sensazione talmente strana che mi aveva lasciata stralunata. Ma ero stata presa anche dalla malinconia e dalla determinazione.

Io e Federico stavamo camminando verso casa quando gli dissi: «Voglio andare a salutarlo»

Lui si girò verso di me: «Sei sicura?» mi chiese. Aveva capito a chi mi riferivo e sembrava piuttosto sorpreso da questa mia uscita.

Annuii piano, determinata più che mai.

«Per quale motivo?»

Tentennai un attimo prima di dire: «Durante una pausa in cui non ero in scena ho incontrato il figlio di Harry Potter»

«Chi...?» si fermò in mezzo alla strada con un espressione un po' spaventata.

«Hai capito. Be', abbiamo parlato un attimo e...» non sapevo come spiegarlo, non sapevo come spiegare quella strana sensazione che mi aveva assalito «Papà, devo andare» conclusi sicura, guardandolo negli occhi.

Lui sospirò, mi prese la mano e riprendemmo il cammino.

«Hai gli occhi di tua madre» borbottò, poi.

***

Quando fui davanti al cimitero, però, tutta la mia sicurezza vacillò. Ero andata a trovarlo solo tre volte; in tutte e tre ero corsa via piangendo. Ma stavolta non lo avrei fatto. Glielo dovevo.

Camminai tra le lapidi in religioso silenzio cercando di non far rumore (impresa assai ardua dal momento che ho la grazia di un elefante).

Quando trovai la tomba fui presa dalla voglia di fuggire.

Non mi sarei mai abituata, era una cosa che sapevo fin troppo bene. Non mi sarei mai abituata alla sua morte.

Mi sedetti affondando il mento nelle ginocchia e fissai la lapide.

Gabriele McHowell, colui che sognava di volare”.

Ecco cosa c'era scritto. Sentii gli occhi bruciare, ma non lasciai scendere nessuna lacrima.

Lui non avrebbe voluto.

Respirai l'aria. No, no. Non c'era più il suo odore, il suo profumo dell'Abercrombie. Nessun odore, niente. Il marmo non aveva odore. Sospirai chiudendo gli occhi.

Gabriele era stato il mio migliore amico e forse qualcosa di più da quando avevo cinque anni. Con lui avevo passato così tanto tempo e così tante avventure che servivano più di cento mani per contarle.

Mi aveva sorretta, fatta ridere, aiutata e insultata come un fratello.

E ora non c'era più.

Affondai la faccia nelle gambe mentre mi veniva alla mente quella stanza bianca d'ospedale, lui disteso in quel letto.


«Ti prego, non morire»

«Io cerco di non morire, ma non ci posso fare niente»

«Ti prego, non lasciarmi sola»

«Non ti lascerò sola»

«Giuro che se non morirai ti sposerò»

«Cosa?»

«Se vivi ti sposerò, avremo tanti bambini biondi e saremo felici. Ma tu non morire.»

«Ci proverò»

Invece, un mese dopo mi ero ritrovata a piangere mentre lo seppellivano.

Non ci sarebbe stato nessuno da sposare.

Nessun bambino con i capelli biondi.

Nessuno con cui essere felice.

Sarei stata sola.

Mi alzai di scatto e appoggiai una mano nelle lapide. Un fiore cominciò a germogliare. Il fiore del suo cognome. Il fiore Flox.

«Lo sai cosa significa Flox?» sussurrai. «Significa le nostre anime sono unite. Anche se non ci sei più tu sei ancora con me, vero?» mi allontanai di qualche passo. «Mi manchi.»

Qualcuno appoggiò una mano sulla mia spalla.

Papà.

«Credimi, so quanto fa male» e mi abbracciò.


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Capitolo 4
*** Invitata da uno sconosciuto. ***


Cap. 4

Invitata da uno sconosciuto

***

La mia è una famiglia originale, vediamola da questa prospettiva.

Ci sono io, pazza isterica, drogata di frullati; la prima cosa che faccio la mattina è mettere le canzoni dei Paramore o dei Rolling Stones; poi c'è mio papà e non è che lui sia tanto normale, ma, tra l'altro, sembra più un fratello che un papà.

E basta.

Mia mamma è morta dieci giorni dopo la mia nascita, i miei nonni materni se ne stanno in America e per quel che mi risulta mio padre potrebbe essere anche nato davvero con la cicogna.

Però a me va bene così. Siamo io e lui e questa è, per me, la famiglia perfetta. Un po' buffa, con la casa in perenne disordine, con papà che prova a cucinare ma poi chiama sempre il cinese o una pizza d'asporto. Con i miei libri di incantesimi al posto dei bicchieri, oggetti all'apparenza innocui che si rivelavano essere prototipi per il negozio che ogni tanto mi mandano al San Mungo e la vasca da bagno piena di vestiti.

Poi, però, conosci qualcuno come Albus e la sua famiglia abnorme.

***

 

Stavo cazzeggiando nel negozio dell'Hard Rock Caffè chiedendomi chi fosse migliore tra i Queen e gli AC/DC. Insomma, una scelta molto difficile. Impossibile.

Optai per comprare entrambi i CD.

Così mi diressi verso la cassa per pagarlo. La coda era lunghissima e per di più in negozio c'era un caldo da far paura.

Ho bisogno di un frullato! Pensai mentre mi facevo aria con un pezzo di carta. Amavo quel negozio, anche se i prezzi erano molto cari. Adoravo i vestiti che facevano, ammiravo le chitarre e i bassi appesi alle pareti e sbavavo sulle foto dei gruppi rock appesi alla parete – letteralmente.

Mi piaceva la musica a tutto volume con la batteria e gli assoli di chitarra elettrica che rischiavano di farti diventare sordo. Anche se a volte era un po' troppo alta.

Come in quel momento: il caldo e la musica frastornante mi facevano sentire la testa pesante e cominciai a vedere a pallini neri e bianchi. Poi la musica sparì di colpo, le persone cominciarono a muoversi a rallentatore e mi venne un senso di nausea. Le ginocchia mi cedettero di colpo e mi sentii cadere giù.

Alzai lo sguardo verso l'alto per vedere un lampadario di cristallo che lanciava riflessi arcobaleni. L'udito tornò di colpo e i miei timpani furono attraversati dal pianto di un neonato. Il lampadario si ruppe di colpo e le schegge si trasformarono in tantissimi occhi. Occhi gialli.

Via! Voglio andare via!

E mi svegliai. Ero distesa sul pavimento del negozio, con un campanello di curiosi intorno a me.

Oh, sono svenuta. Pensai sollevata.

«Si sente bene?» mi chiese una signorina affianco a me.

«Sono solo un po' scossa.» risposi alzandomi e mostrando un sorriso, più o meno convincente «È solo il caldo. Adesso esco per prendere una boccata d'aria» dissi decisa. La commessa annuì e io mi diressi verso l'uscita.

Aria, aria, aria, dolce aria!

Il mio respiro si calmò pian piano e cominciai a sentirmi la testa meno pesante.

Devo comprarmi un frullato, decisi, stizzita, mentre mi avviavo verso la mia gelateria.

Ero abituata ai miei svenimenti (succedevano molto spesso), ma non mi piaceva quando accadevano in pubblico. Specialmente se a farmi compagnia c'era una visione. Visioni che significavano spesso qualcosa, visioni che – mannaggia a Zeus – non riuscivo mai a capire e mi lasciavano un velo di inquietudine. E solo i frullati mi calmavano.

Motivo in più per fare merenda.

***

Nella gelateria trovai l'ultima persona che mi sarei immaginata di incontrare. E sembrava stesse aspettando proprio me, visto che quando fui a portata d'occhi mi lancio un sorriso.  Siamo sicuri che non sia uno stalker?

«Che ci fai qui?» chiesi saltando il 'ciao'.

«Ciao, sto bene. Grazie per avermelo chiesto.» rispose, infatti.

Ha. Ha. Ha.

Aspetta che... no, non fa ridere.

Vedendomi dirigere verso il balcone senza degnarlo di uno sguardo oltre a sentirsi offeso per lo scarso interesse capì che non avevo una brutta giornata.

«Ciao, un frullato al mango, per favore» dissi all'anziana signora ignorando l'Albus dietro di me tutto impegnato ad attirare la mi attenzione.

Solo quando ricevetti il frappè andai a sedermi nel tavolino vicino a lui.

«Non hai risposto alla mia domanda» gli feci notare bevendo il frullato. Ah, quale meraviglia per il mio palato!

«Essere il figlio del Salvatore del mondo magico ha i suoi vantaggi.» mi disse sorridendo e vedendo il mio sguardo continuò «Ho chiesto ai dipendenti dell'Ufficio Censimento di cercare il tuo nome nell'elenco dei maghi e delle streghe che abitano la Gran Bretagna e darmi la relativa scheda. Così sono venuto in possesso del tuo indirizzo»

«E che ci fai qui?» chiesi.

«Quando ho suonato al campanello di casa tua ha risposto tuo padre e mi ha detto che ti avrei trovata qui e se non c'ero di aspettare» mi lanciò uno sguardo molto strano «Ha anche aggiunto di usare i profilattici.»

Cosa?!

No. Stop, fermi tutti. Adesso ditemi quale padre è così coglione da pensare una cazzata del genere?! Maledetta cicogna che lo ha portato.

«Inutili, scommetto che non ci sono aggeggi dove infilarlo» dissi cattivamente. Ehi, dovevo pure vendicarmi!

«Il vero problema è che non ci entrerebbero. L' ''Aggeggio'' è troppo grosso» mi rispose con un sorriso malizioso.

Accidenti! Riuscì a tapparmi la bocca, cosa più unica che rara.

Assaggerai la mia vendetta, oh sì! Preparati, sciocco mortale!

«E di grazia, potrei sapere il motivo di questa tua gradita visita?» chiesi calcando la parola ''gradita''. Stavo cercando di fare la distaccata, ma dovevo ammettere che quella sorpresa mi piaceva. In fondo Al era anche un bel ragaz...

NO, STOOP!

Non lo avevo pensato.

Lui scrollò le spalle e non rispose. Antipatico.

«Volevo solo chiederti una cosa.» disse semplicemente passando una mano tra i capelli e spettinandoli ancor di più.

«Cosa?» chiesi imitando il suo gesto, solo per poter vantare dei capelli più arruffati.

«Fra qualche giorno c'è il compleanno di mio papà e lui mi permette di invitare qualche amico a casa. Ci verresti?»

«Non ti conosco neanche.» gli feci notare.

«Potremo utilizzare questo evento per conoscerci» mi disse tranquillo.

Ero leggermente combattuta. Andare a casa sua, di gente che nemmeno conoscevo non mi sembrava una buona cosa. Ma Albus mi affascinava, aveva un non so che di strano ed era il primo mago con cui avevo rapporti (oltre mio papà).

«Va bene» dissi scrollando le spalle e finendo il mio frullato.

«Perfetto! Allora questo è il mio numero di telefono. Chiamami o manda un messaggio quando vuoi. La festa è il 31 luglio.» e mi elargì un sorriso. Poi si alzò lasciandomi con un pezzo di carta in mano, la bocca aperta per dire qualcosa e il mio frullato in mano.

Bah, era un tipo veramente strano.

Ma io sono più strana!, pensai con una punta d'orgoglio pensando alle mutande con il testo di ''She's a Rainbow''.

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Capitolo 5
*** I criceti alla riscossa! ***


Cap. 5

I criceti alla riscossa!

**

Dicono che il mondo è bello perché è vario; su questo mi trovo d'accordo solo in parte.

Ci sono delle persone che andrebbero Cruciate e Avadakadevrizzate e poi fucilate. E iloro corpi andrebbero utilizzati per fare un kebab.

Sono quelle persone che proprio ti stanno sullo stomaco, che non riesci a mandar giù, che proprio ti fanno vomitare.

Che...insomma, da far risorgere zio Voldie solo per ammazzarle. Non è per essere cattiva, ma è vero!

Ora, voi non frequentate teatro con me e non potete conoscere La Regina Starnazzante Delle Anatre Prostitute (il nome ha il copyright di mio papà, quanto lovvo quell'uomo). Il nomignolo vi dice già tanto sul..ehm.. splendido carattere di questa meravigliosa ragazza.

Faccia da criceto provvista di guance enormi porta-cibo. Occhiali enormi, brufoli sparsi per tutta la faccia, apparecchio e... vestiti firmati, scolli provocanti e comportamento da puttana pettegola.

Odiavo passare tutta le lezioni di teatro vedendo quella provarci con tutti i ragazzi (specialmente se erano figli di gente famosa), che spettegolava su tutto e di più, che parlava di cose frivole ed inutili e, sopra ogni cosa, che mi odiava.

Ma tranquilla, la cosa è reciproca.

Mi odia sin dalla prima lezione di teatro – svolta in quarta elementare in compagnia del mio vecchio amico Gabriele.

Che dire di lui? Lui era bellissimo e faceva colpo su chiunque. E l'Oca non poteva sopportare che stesse sempre insieme a me, visto che ci provava sempre con lui (eh già, sin dalla tenera età si era allenata per raggiungere il massimo in prostituzione starnazzante) e non riceveva molta attenzione.

Poi, quando il mio amico morì (E vaffanculo, vita!) osò dire che ''aveva preferito morire che stare con una sfigata come me''. La dovettero portare all'ospedale.

Insomma, ci sono quelle persone (nel mio caso, la sopracitata) che odi con tutto il cuore per ovvi motivi.

Ma è scoprendo certe cose che il tuo odio raggiunge le stelle.

**

 

––Albus: Da quanto tempo fai teatro?

––Giorgia: Dalla terza elementare, più o meno.

––Albus: Eri molto brava :)

––Giorgia: Secondo i miei insegnanti non so entrare nella psicologia dei personaggi.

––Albus: Eh? xD

––Giorgia: Se mi tocca un personaggio cattivo io non riesco ad essere abbastanza cattiva.

––Albus: Ah... ma dov'è che lo pratichi?

Erano le due di notte ed era più o meno tre ore che messaggiavo con Albus; la noia e la mancanza di sonno mi avevano portato a fare le cose più assurde.

(Avevo anche provato a fare algebra, ma avevo rinunciato ancor prima di aprire il quaderno. Sono un caso disperato.)

Rimasi sorpresa da quella domanda, ma poi risposi dandogli il nome del teatro.

––Albus: Chissà, magari verrò a vederti mentre fai le prove hehehe.. ;)

––Giorgia: Hahahaha, non ci provare *sguardo assassino*

––A: Perché no?

––G: E saranno affari miei!

––A: Accidenti, che permalosa! Tutte uguali vuoi donne e.e

––G: E vaffanculo, allora!

––A: :P

––G: -.-

––A: Allora per il compleanno di mia papà puoi?

––G: Mah, sì, così avrò anche l'occasione di conoscere George Weasly.

––A: È mio zio, come mai ti interessa.

––G: Mio padre è un suo grande fan xD

Ha preso l'esempio per il negozio di scherzi dai Tiri Vispi :)

––A: Sarà per quello che gli assomiglia molto, allora xD

––G: Sul serio? Non ho mai notato...

––A: In che senso?

––G: Abbiamo alcune sue foto a casa (o meglio, mio papà le ha) prese da ritagli di giornale. E non mi sembrano così tanto uguali, oltre agli occhi e ai capelli u.u

––A: Mah, a me pareva di sì. Pazienza. Cosa fai domani?

––G: Studio un po' di magia e poi vado a teatro.

––A: Per che ora?

––G: Alle due e mezza. Ma perché ti interessa?

––A: Mi sarebbe piaciuto fare un giro con te :P

––G: Ma non ci conosciamo neanche!

––A: Però stai messaggiando con me e la prossima settimana vieni a casa mia.

––G: Hai ragione, forse è meglio che cancelli tutto.

––A: Maddai! Stavo scherzando D:

––G: Anche io stavo scherzando.

––A: Hahaha, io adesso vado che James mi sta minacciando di una morte dolorosa se non spengo la luce del cellulare xD notte.

––G: notte :)

Restai sveglia un'altra manciata di minuti, prima di chiudere gli occhi e addormentarmi.

**

Quando la notte prima Albus mi aveva detto che sarebbe venuto a trovarmi durante le prove di teatro credevo stesse scherzando.

Speranza vana!

Quando arrivai, in ritardo, come sempre, lui era già lì, il suo sorriso strafottente e un copione in mano.

«Cosa ci fa lui, qui?» chiesi a Patrizia, una dei due insegnanti, leggermente inorridita.

«Si è appena iscritto» disse lei senza alzare gli occhi da un foglio con tutti gli schemi per la lezione. Lo fissai inorridita mentre lui allargava il suo sorriso e mi faceva segno di avvicinarmi.

«Sorpresa!» fece quando gli fui vicino.

«Mettitela in culo la tua sorpresa» ringhiai incazzata.

«Siamo di buon umore, questa mattina» disse inarcando un sopracciglio, ma senza perdere il suo sorriso.

Mi chiesi come mai avesse tutta questa pazienza con me. So di non essere una facile e che di rispondere sempre male. All'inizio posso anche risultare antipatica. Molto antipatica. È una cosa che faccio da...da quando lui è...insomma avete capito! Era questo a farmi stare sempre sulla difensiva.

Ma lui non faceva caso alle mie battutine, anzi, se la rideva.

«Come fai?» chiesi dando, senza volere, voce a un mio pensiero.

Lui alzò lo sguardo su di me incuriosito: «A fare cosa?»

«A ridere sempre» e mi sedetti accanto a lui. Al prese la mia mano e ci giocherellò un attimo prima di aprire la bocca per rispondere ma fu interrotto da un urlo da oca raffreddata: «AAAAAAAALBUS!» per essere poi sotterrato da un criceto con gli occhiali e vestiti di Gucci.

Quando ne riemerse aveva la stessa espressione che avrebbe avuto la mia professoressa di Algebra davanti a un mio compito tutto giusto (cosa assolutamente impossibile).

«Anna...?» chiese.

«Sì, sono io! Cosa ci fai qui? No.. non dirmelo! Cominci a fare a anche tu teatro?! Ooooh, che bello, potrei vederti più spe...» la sua voce si spense lentamente dando fine al suo monologo mentre il suo sguardo si posava la mia mano e quella di Albus.

«Oh, vi conoscete?» chiese con una voce acuta, lanciandomi uno sguardo assassino.

«Scherzi?» disse Albus riprendendosi dallo shock e abbracciandomi «È talmente antipatica che si potrebbe anche amare.»

Per un attimo fui indecisa se tirargli un pugno o ringraziarlo. Nel dubbio ricambiai la stretta e borbottai qualcosa, probabilmente un suono monosillabico e privo di significato che fece ridere Albus.

L'espressione di Anna (per chi non lo avesse capito è lei la Somma Oca Prostituta) fu una delle cose che mi soddisfò di più in assoluto. Era tra l'inorridito, lo schifato, l'incazzato e... ma che ne so! So solo che se non faceva subito qualcosa, le avrei riso in faccia.

Dovette leggermelo nello sguardo perché si ricompose guardandomi come avrebbe guardato una caccola.

«OH, sono così felice di rivederti! Quest'estate non ti sei proprio fatto sentire! Bravo, eh! È così che tratti la tua migliore amica» e mi lanciò uno sguardo per vedere la mia reazione. Ricambiai lo sguardo; che si aspettava? Che mi mettessi uno scolapasta in testa, che prendessi in mano un mattarello e che cominciassi a urlare come una beduina dei cartoni giapponesi?

Ma sotterrati, che fai più bella figura.

Evidentemente la mia espressione neutra non piacque a Anna-Oca che ripartì alla carica risommergendo Albus con la sua sesta di seno.

Un altro motivo per ammazzarti.

«Oh, che bello vederti anche qui e non solo a Hogwarts!» Se non la smetteva con tutti quegli 'Oh' e risolini vomitevoli le avrei fracassato la mas... Hogwarts?!

«Sei una strega?!» balbettai terrorizzata.

Oddio, adesso non ho più nessun buon motivo per far risorgere Voldemort e ricominciare la sua campagna ammazza-babbani per eliminarla.

«Come fai a saperlo?» chiese sbarrando i suoi occhioni azzurri.

«Sai com'è... sono una strega anche io...» dissi scoraggiata.

Magari è una mezzosangue, pregai tra me e me.

«Davvero? Be', hai davanti a te la discendente di una delle casata purosangue più pure della Gran Bretagna»

E vaffanculo, allora!

Mi dispiace zio Voldie, niente resurrezione per far fuori il criceto malefico.

«Interessante...» dissi ironica. Cioè, la guerra era finita da più di vent'anni e questa andava ancora a vantarsi di essere purosangue?! Da ricovero...

«Molto...» mi seguì Albus con una voce da automa.

«Senti, se proprio sei una strega com'è che non ti ho mai visto ad Hogwarts?»

«sStudio a casa.»

«Ma davvero? Evidentemente frequentare Hogwarts deve essere essere troppo costoso per te e la tua famiglia.»

«O, forse, io sono troppo intelligente per quella scuola.» era quello che mi diceva mio padre: “tu non puoi frequentare quella scuola perché ti andrebbe stretta.”

«Certo, hai proprio ragione.» e si sedette accanto ad Albus abbracciandolo e cominciando con la sua orribile parlantina.

Lo stomaco mi si contrasse un attimo vedendo come parlava ad Albus come amici di vecchia data.

Ma che ti prende? Mi chiesi stizzita.

Sospirai trattenendo la voglia di tapparle la bocca con lo scotch. Non smise mai di parlare, nemmeno mentre la maestra spiegava i movimenti da fare e cose che ci potevano essere utili nel palcoscenico.

«Povaci tu, Giorgia» mi chiamò. Mi alzai andando nel palco; quando cominciai sentii un risolino da criceto che mi fece infastidire e naturalmente sbagliai il ritmo dei gesti.

«Più lenti, devi dare la sensazione di paura!» annuii impercettibilmente cercando di ignorare le battute acide di Anna.

Ci riuscii abbastanza bene, ma quando sentii anche la risata di Albus con battuta allegata persi la pazienza muovendomi talmente veloce che l'insegnante fu costretta a riprendermi più volte. La mia pazienza stava finendo e con essa anche il mio auto -controllo, così mi ritrovai a sbagliare tutto.

«MA CHE TI PRENDE GIORGIA! CRISTODDIO, CERCA DI DARTI UNA CALMATA, COSI' NON VA PER NIENTE BENE!» stavolta a urlarmi fu l'altro insegnante, quello che aveva interrotto me e Albus al nostro secondo incontro; quello che ti urlava solo in due occasioni: durante la prima e se facevi schifo totale durante le prove.

Annuii ancora arrabbiata mentre ritornavo al mio posto. Quando mi sedetti Anna sussurrò:

«Mi stupisco davvero che Gabriele passasse il suo tempo con un inetta come lei. Probabilmente non le voleva neanche bene veramente o era anche lui uno stupido senza cerv...»

SBAM!

La tenda nel palcoscenico si stracciò e una finestra si ruppe lanciando ovunque schegge taglienti. Anna mi fissava spaventata, una mano nella guancia paffuta dove si vedeva l'impronta di una schiaffa.

«Non ti azzardare mai più a parlare in questo modo di lui. Troia. Tu di lui non sai niente. Niente!» La mia voce tremava dalla rabbia e un vento invisibile mi stava arricciando i capelli.La lasciai a fissarmi sbigottita, mentre mi giravo e lasciavo il teatro con passo fermo e nella maniera più dignitosa possibile.

 

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Capitolo 6
*** Sicura di non essere una Weasley? ***


Cap. 6

Sicura di non essere una Weasley?

**

C'è chi dice che il caso non esiste, c'è chi dice che ogni cosa avviene per mano di qualcosa di più grande di noi. C'è chi dice che se scivoli su una buccia di banana è perché dovevi cadere davanti alla tua anima gemella, che se incontri per sbaglio una persona nel negozio di due padre e questa ti assilla per il resto dell'estate è perché siete destinate ad essere amici.

C'è chi dice che siamo parte di un disegno.

Io dico che chi ha fatto il disegno della mia vita doveva essere un drogato alcolista.

**

 

Appena uscita dal teatro mi sedetti nel marciapiede fissando le automobili passare. Aveva gli occhi leggermente arrossati dal tentativo di trattenere le lacrime.

«Tutto bene?» mi chiese una voce e qualcuno si sedette accanto a me.

Ecco, ma perché non si fa un po' di cazzi suoi?

«Perché mi segui sempre?» mi lamentai. Lui non rispose, limitandosi ad alzare le spalle.

«Mi dispiace, per quello che ha detto Anna, anche se non so cosa ha detto esattamente» cominciò. Cercai di ignorarlo il più possibile concentrandomi su un sassolino azzurro.«A volte dice le cose senza pensare e a prima vista può sembrare antipatica. Ma non lo è, fidati. La conosco da un sacco di tempo. Devi solo lasciarla perdere.»

Per un momento sentii gli occhi lucidi; cazzo, era lo stesso discorso che mi faceva lui ogni volta che professavo il mio odio verso l'Oca.

«Piangi?»

«Non essere ridicolo! Un piccione prima ha tentato di cavarmi gli occhi con il becco.» dissi profondamente offesa affrettandomi a cancellare un minuscola lacrima fuggita al mio controllo.

Lui soffocò una risata poi restammo un attimo in silenzio. Gli lanciai uno sguardo di nascosto; era bello, molto. Stava fissando le macchine passare con un bellissimo sorriso spiaccicato nel volto, i capelli neri come ali di un corvo spettinati dal vento e gli occhi socchiusi dalla luce del sole accecante erano verde smeraldo, compatto.

Senza rendermene conto cominciai a paragonarlo a Gabriele. Avevano lo stesso modo di fare, anche se Gabriele era più dolce, il sorriso era diverso: il sorriso di Gabriele era rassicurante, caldo e gentile. Quello di Albus sembrava di più a un ghigno, era canzonatorio, divertito e strafottente. Ma la risata era la stessa, lo stesso tono squillante, lo stesso modo di stendere le labbra, la stessa forma della bocca...

«So di essere bellissimo, ma se continui a fissarmi così mi sciupi! Non vorrai mica che una delle sette meraviglie del mondo si rovini?»

Gabriele era più modesto, però.

**

Erano passati un po' di giorni da quella lezione di teatro e non era successo niente di entusiasmante. Gli insegnanti di teatro mi avevano sgridato per il mio comportamento, Albus continuò a frequentare le lezioni e mi ritrovai a legare molto con lui. Anna continuò a spargere maldicenze sul mio conto ma riuscii a ignorarla abbastanza bene.

Poi, senza preavviso arrivò il 31 luglio e la festa a casa di Albus. E, dal momento che sono nata donna e le donne hanno sempre lo stesso problema, andai in crisi aprendo l'armadio strapieno tre ore prima della festa senza trovare niente da mettermi con urlo allegato.

Non andò così.

Semplicemente, quello era stato una giornata di quelle che ti senti più una cellula monocellulare che un essere umano. Mi ero svegliata all'una senza sapere chi ero, dov'ero, cosa facevo, che giorno era, perché lo facevo, come mi trovavo lì ecc..ecc... durante la giornata alcune delle domande ebbero risposta, tranne alla domanda 'che giorno è?' naturalmente.

Così passai tranquillamente il mio pomeriggio stravaccata nel divano a fare fuori barattoli di Nutella e frullati in reggiseno e i pantaloni del pigiama. Il momento più emozionante era avvenuto alle due quando mio papà mi mandò a comprare non-mi-ricordo-cosa e io, inebetita com'ero, andai in strada con la giacca aperta con sotto il reggiseno, in ciabatte e pantaloni del pigiama.

Per il resto, non successe niente. O almeno, fino a quando Federico tornò dal lavoro e vedendomi ancora in stato vegetativo disse:

«Ma non dovevo accompagnarti ad un compleanno?»

L'urlo, effettivamente, ci fu. Solo che la causa fu l'ora: avrei dovuto essere lì tra un minuto ed ero ancora in uno strato pietoso (e non sto esagerando).

Così, quando mio padre mi materializzò alla Tana (il luogo dove Albus mi aveva detto di andare) ero in ritardo di mezz'ora con addosso i primi vestiti che avevo trovato sparsi per casa. Sapevo solo che avevo i leggins e una maglia larga, e basta.

Mio papà mi accompagnò fin dentro il giardino guardandosi in torno con un mezzo sorriso. Lui aveva sempre sognato vivere in una casa di campagna così e se devo essere sincera, la Tana sembrava essere uscita dalla testa di mio padre.

Vicino all'entrata c'era un grande tavolata con tantissime persone. Federico s'irrigidì e si fermò; lo fissai stranita chiedendomi che cosa gli prendesse: era pallido e deglutiva.

«Giorgia...» disse e si abbassò alla mia altezza «comportati bene. Queste sono persone fantastiche.» annuii un po' turbata da quelle parole. Lui era famoso per i discorsi del tipo 'e se non hai fatto almeno un malanno ti disconosco'.

Papà continuò a fissarmi negli occhi e sentii una spiacevole sensazione scivolarmi s tutto il corpo, qualcosa di freddo.

«Bene ora va» mi disse poi.

«Non mi accompagni?!» No, non abbandonarmi, ti prego! Gli lanciai uno sguardo da 'puzzola abbandonata nel ciglio della strada' al quale non sapeva mai dire di no. Infatti sospirò e proseguì accanto a me. Gli strinsi la mano con fare rassicurante.

Ma perché, poi? Lui non era mai stato un tipo timido. Per me non sa neanche cosa sia la timidezza.

E il suo comportamento era molto strano.

Troppo strano.

 

Decisamente strano.

Quando fummo abbastanza vicini un'anziana signora un po' tarchiata si avvicinò a noi con un enorme sorriso materno stampato in faccia.

«Buonasera! Cosa posso fare per voi?» rimasi a fissarla leggermente shoccata e mio padre non venne di certo in mio aiuto visto che fissava la signora un po' spaventato e confuso. Così cercai di mostrare uno dei miei migliori sorrisi e dissi: «Salve, sono un'amica di Albus che qualche giorno fa mi ha invitato a venire... al compleanno di suo padre... Sono Giorgia Helen Flox» dissi cercando di essere sicura e non idiota.

«Oh sì!» disse la donna «Al ci ha parlato così tanto di te! Vado chiamarlo» e lo disse con un fare così dolce e materno che mi venne un groppo in gola. Quella donna da capelli bianchi doveva essere sua nonna.

Appena si allontanò mio padre si rilassò.

«Tutto bene, fin'ora!» disse felice.

Papà, quante volte ti ho detto che la droga fa male?

«Ohh, altri Weasley!» e arrivò un altro anziano signore stempiato e un sorriso un po' svampito sulla faccia. «Saltiamo fuori come funghi!» continuò allegro.

«Eh?» che cosa intelligente da dire, congratulazioni signorina Flox!

«Uh» fu invece la risposta di mio padre che aveva perso il poco colore riacquistato.

«Veramente siamo i Flox» balbettai.

«Non ti sembra troppo grande per te questo giovanotto» continuò l'uomo.

«Veramente è mio padre»

«Certo, certo. Magari è un vampiro, no?» be', in quel momento papà era così pallido da poter essere scambiato per un vampiro. Ma sorvoliamo.

«No, è mio papà!» dissi orgogliosa.

«Oh, Arthur, tesoro, lasciali stare. È l'amica di Albus » disse tornando la (credo) nonna di Albus.«Io sono Molly Weasley e questo è mio marito Arthur Weasley. Albus sta arrivando. Se volete qualc..»

«Molly, non ne posso più! Fred e George hanno appena trasfigurato le posate in serpenti!» il tizio che interruppe la signora Weasley sembrava piuttosto incazzato con il viso rosso esattamente come i capelli e gli occhiali cerchiati di corno storti.

Mio padre diventò talmente rigido da sembrare un palo e mi frantumò la mano quando il tizio con gli occhiali disse 'Fred e George'.

«Dai Perce, non dirmi che non trovi affascinanti i serpenti?» e arrivò niente popò di meno che il Grande George Weasley con quello che credo fosse suo figlio e stavolta il gemito di mio padre fu giusticato: aveva davanti a se il suo idolo.

«Lei è Gerorge Weasley?» chiesi sorridendo.

Il signore con il serpente in mano mi sorrise e facendo uno scherzoso inchino proclamò:

«in carne e ossa!» poi mi si girò di lato per mostrarmi un buco dove ci sarebbe dovuto essere un orecchio «Senza un orecchio, purtroppo.»

«Figo!» dissi.

«Molto Romano» rispose invece, mio padre. George scoppiò a ridere

«Romano?» chiesi storcendo il naso.

«Sì, come il foro...» iniziò mio padre.

«...il foro Romano. Un foro» continuò George. I due si guardarono prima di scoppiare a ridere.

Scossi la testa. «C'è un mondo di battute legate agli orecchi e voi scegliete 'Romani'. Ma chi vi da la droga?» questo sembrò far ridere ancora di più i due drogati sopracitati. I coniugi Weasley ci fissarono, invece, shoccati.

«Siete sicuri di non essere nostri parenti? Sembrate dei Weasley e sono sicuro di averla già vista da qualche parte...» cominciò il signor Weasley.

«No, mi dispiace signore» cercai di dire educatamente.

«Ma cosa ci facciamo qui? Su, venite! Ho fatto un dolce alla fragola che aspetta solo di essere mangiato» disse la signora Weasley. A quest'affermazione l'ilarità sparì dal volto di mio padre che balbettò un no e un saluto distinto prima di smaterializzarsi e abbandonandomi da quei matti.

Dov'è Albus quando serve?!

 

 

 

Angolo dell'autrice:

e anche questo è fatto :) La battuta sull'orecchio di George la ho messa volutamente, capirete presto perché hehehehe.

Anzi, credo che dovrete aspettare o Natale o Pasqua, devo ancora decidere xD, per saperlo uu 

Be', recensite che mi fate felice e buona serata/giornata.

Au revoir, al capitolo sette c:

/V. 

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Capitolo 7
*** Il Clan Weasley-Potter e amici. ***


Cap. 7

Il Clan Weasley-Potter con amici.

**

So di essere strana, che molte volte quando cammino per strada cantando la gente mi fissa.

Ma lo so di esserlo e mi sono messa cuore e anima in pace. Suvvia, cosa vuoi che sia essere strana? Anzi, io ne sono anche orgogliosa. Giorgia Helen Flox, quella strana. Non suona benissimo?

Eppoi, diciamocela, con il papà che mi ritrovo posso anche vincere il titolo 'famiglia più strana del mondo'.

Prima di conoscere i Weasley.

**

 

«Bella maglia» mi disse una voce beffarda dietro di me. Ero seduta in una delle tante sedie di una lunga tavolata in mezzo a gente sconosciuta con i capelli rossi.

«Albus!» disse abbracciandolo sollevata rischiando di farlo cadere. Lui ridacchiò divertito. «Sei così felice di vedermi?»

«Ti prego portami via da questi matti!» dissi ignorandolo completamente.

«E comunque io non sono felice di vederti» gli dissi una volta lontano da quel raduno di matti «Volevo solo qualcuno che mi portasse via da lì» lui rimase interdetto un attimo poi si mise a ridacchiare; mi prese la mano e mi portò dentro la casa. Solo in quel momento feci caso alla sua struttura: era altissima, contorta e sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro. Mi chiesi se fosse la magia a tenerla in piedi.

Dentro era...accogliente. I colori dei pavimenti, dei muri e dei mobili mi ispiravano allegria, era calda e disordinata. Era bellissima.

Mi portò nel salotto dove diversi ragazzi era distesi nei divani, nelle poltrone o nei tappeti.

Albus andò a sedersi su una poltrona verde vicino a un ragazzo biondo platino e tutti i presenti si girarono a fissarmi.

«Cazzo guardate?» mi uscì. Albus sorrise e scosse la testa effettivamente divertito da questa mi uscita.

«Non possiamo guardarti?» chiese divertito il ragazzo con i capelli biondo platino «però! Albus aveva ragione: sei proprio bel..Ouch!» Albus e una ragazza dai capelli rossi gli aveva lanciato contemporaneamente una gomitata interrompendo la sua frase.

Al ha detto che sono bella?

«Lascialo perdere» mi disse la ragazza che aveva lanciato una gomitata al biondino «Non sa quello che dice. In ogni caso, io sono Rose Weasley.» si presentò «Questo, invece, è Scorpius Malfoy il mio ragazzo, quindi non metterti in testa strani pensieri.»

«Piacere Giorgia Flox» dissi ricambiando.

E cominciarono le presentazioni. Come ben presto scoprii erano quasi tutti Weasley (ovvero tutti quelli con i capelli rossi)

Rose era la figlia di Ron e Hermione Weasley; i suoi capelli erano rossi e cespugliosi, lentiggini sparse nel volto e occhi azzurri con qualche pagliuzza di un blu più scuro. Il suo ragazzo invece, aveva capelli biondo pallido come la pelle e occhi verde chiaro, sul viso aveva un perenne sorriso amichevole.

Vicino a loro c'era il fratello di Albus: James Potter. Come il fratello aveva i capelli neri, ma i suoi occhi erano nocciola, portava gli occhiali ed era alto e ben piazzato.

Notai anche il ragazzo che insieme ad Al avevo visto al negozio, Fred jr Weasley con i suoi capelli rossi, gli occhi azzurri con pagliuzze gialle e la sua pelle abbronzata.

Quel ragazzo mi ispirava simpatia.

Affianco a lui si trovava Roxanne Weasley, sua sorella. Era incredibile quanto fosse diversa dal fratello: I suoi capelli erano marrone scuro leggermente ricci e gli occhi ambrati. Era alta e flessuosa, con la pelle scura.

Poi c'era la più piccola dei Potter, Lily, distesa su un intero divano con i capelli rossi e gli occhi sveglie e intelligenti nocciola.

Hugo era il fratello di Rose ed era l'unico a stare seduto (oltre a Lily) nel divano arancione. I suoi capelli erano ramati con riflessi ora rossi ora castani e suoi occhi erano castano chiaro.

Molly e Lucy invece erano due sorelle con i capelli rossi tagliati rispettivamente a caschetto e corti come quelli di Albus. I loro occhi variavano da un nocciola a un verde bosco.

Luis era il secondo biondo presente nella stanza, anche se il suo era più un biondo cenere. Gli occhi erano un azzurro pallido, come alla mattina presto ed era di una bellezza incredibile.

Seduto in un angolo c'era Franck Paciok, con un sorriso imbarazzato in faccia e due occhi nocciola come quelli dei cerbiatti e i capelli castani.

Due ragazzi totalmente identici stavano con la testa nella pancia dell'altro distesi nel tappeto si presentarono come i gemelli Scamandro, Lorcan e Lysander. Non riuscii mai a capire chi fosse l'uno ci fosse l'altro visto che entrembi erano castani chiaro con occhi azzurro pallido un po' sporgenti.

Ma fu conoscendo Dominique Weasley che la mia autostima fu messa definitivamente k.o. Alta, magra e di una bellezza statuaria. Aveva i capelli rosso chiaro con lisci e morbidi boccoli, aveva due labbra carnose distese in un rilassato sorriso che illuminava pure i suoi occhi di un blu intenso. Sembrava, nonostante la maglia sbiadita con la bandiera dell'Inghilterra e i jeans, una principessa del rinascimento.

E fu così che la mia autostima comprò un biglietto di solo andata per le Bahamas.

**

Nel complesso erano tutti ragazzi molto simpatici, anche Dominuque. La prima impressione che avevo avuto su di lei ere quella da tipica contessina snob. Invece, era un vero maschiaccio e non sembrava molto interessata alla moda e simili.

Infatti fu l'unica a non accorgersi che la maglia che indossavo era messa al rovescio e macchiata di Nutella.

Solo io posso essere così scema.

Dovevo aver per forza impietosito Rose, perché una volta accorti della mia totale stupidità mi aveva accompagnato nella sua camera per farmi indossare una delle sue magliette.

«Non importa. Mi tengo anche questa, non è un problema» dissi mentre Rose cercava nel suo armadio.

«No, figurati. Nessun disturbo.»

«La sporcherò. Quando mangio sembro sempre un animale»

«Non potrai mai essere peggio di mio papà o di mio fratello» e scrollò le spalle.

Così mi fece indossare una maglia con la stampa della torre Eifell che mi stava molto larga (perché ho così poche tette?!)

Mi fece anche una treccia per domare i miei terribili capelli e mi permise di usare i suoi trucchi.

Rose, sei ufficialmente stata elevata al grado di salvatrice di povere sceme dalla memoria a breve termine che passano il pomeriggio in stato vegetativo quando alle sette e mezza dovrebbero avere un compleanno.

La cene fu...movimentata.

James e Fred lanciavano incantesimi a tutto andare facendo esplodere le posate, i bicchieri e simili.

Dominique e Lily mi hanno intrappolato in una conversazione costringendomi a parlare un po' di me.

Franck mi fissa. Scorpius fissa Rose sognante. Albus mi prende in giro e ride alle mie risposte. Rose fissa me e Albus.

Hugo, Luis e Roxanne parlano di Quidditch, Luy e Molly litigano allegramente e i gemelli Scamandro parlavano di Norgulli-o-come-cavolo-si-dice.

Gli adulti parlavano del lavoro mentre il signor George (che come scoprii presto non rientrava nella categoria ''adulti'') ci passava sottobanco prodotti dei Tiri Vispi Weasley.

Insomma, una cene molto interessante. Specialmente quando qualcuno fece levitare la torta del Signor Harry Potter per farla finire in testa al signore Percy Weasley. Un noioso adulto che mi tartagliò per tutta la serata su cosa pensavo di fare del mio futuro visto che non avevo la licenza dei G.U.F.O. Non sono mai stata una tipa paziente, se perdo la mia poca pazienza posso diventare una bestia; per questo lo interruppi chiedendo educatamente:

«Ma, mi scusi, non può farsi un enorme borsa di cazzi suoi e lasciarmi finire di mangiare questa bistecca? Grazie.»

E la tavolata scoppiò a ridere, la signora Weasley si scandalizzò, Fred e James mi applaudirono mentre, con mia somma gioia, George mi batté il cinque congratulandomi con me chiedendomi di diventare sua figlia.

Percy, invece, non mi rivolse più la parola per tutta la serata. Meglio così.

Albus mi presentò anche a suo padre che lo trovai molto simpatico anche se non era bellissimo come lo descrivevano certe riviste.

«Come mai non frequenti Hogwarts?» mi aveva chiesto Harry. Io avevo scrollato le spalle spiegando che mio padre preferiva tenermi vicino e a me andava bene così. Quello fu l'inizio di una lunga conversazione.

Durante la cena conobbi anche Ron Weasley e sua moglie Hermione. Erano una strana coppia, facevano tutto un battibeccare ma nono riuscivano a non rivolgersi la parola per massimo tre secondi.

Feci la conoscenza di Ted Lupin, un metamorfomagus con i capelli blu, e della sua ragazza Victoria Weasley, sorella di Dominique, altrettanto perfetta ma con i capelli biondi e vestiti più eleganti. Scoprii che la bellezza delle due sorelle era causata dalla madre che era per metà un Veela. I due passarono tutta la cena a scambiarsi efusione amorose.

Della serie: come bloccare la crescita a una povera ragazza innocente che si chiama Giorgia.

La signora Weasley mi considerò la nipote ideale visto che mangiavo qualsiasi cosa mi dava. Quella donna cicciotella mi ispirava molto come nonna.

Il signor Weasley mi tediò, invece, su tutti gli aggeggi babbani. Specialmente volle sapere come funzionava la valatrice; ci misi molto tempo a capire che intendeva la lavatrice.

Durante la cena realizzai che il Clan Weasley-Potter era la famiglia più strana del mondo.

Ma mi piaceva. Per me, che amo il casino e la confusione, questa era la famiglia perfetta.

E mi sentii inspiegabilmente a casa.

 

Angolo Voglioungufo:

Ciao! Questo capitolo non mi convince tanto ma non sapevo come strutturarlo e alla fine è saltata fuori 'sta roba D:

Boh, recensite per vedere che cosa è saltato fuori xD

 

p.s. Vi amo, grazie per le recensioni e grazie alle 21 persone che hanno messo la storia tra le seguite *^^*

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Capitolo 8
*** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***


A Claudia e Jlenia

con le quali sono stata buttata fuori dalla porta.

A Chiara,

che dopo nove anni siamo ancora qui.

Alla Bullo,

che legge questa storia senza sapere un acca di HP..

Alla Cavaletto

che mi fa ridere in una maniere incredibile.

Questa storia è per voi

che ci siete

sempre, che mi fate

ridere e vivere.

Cosa farei senza di voi?

Ciao, Dugonghe ♥

E naturalmente a Voldy che mi ama.

 

 

 

 

Cap. 8

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

**

L'uomo ha questa strana emozione che si chiama fiducia. Cos'è la fiducia? È quando la mattina ti svegli e scendi dal letto con il sorriso anche quando hai passato tutta la notte a piangere, la fiducia è quando ti abbandoni completamente ad una persona. La fiducia significa cadere, rialzarsi con il sorriso, cadere ancora ma non perdersi d'animo perché continui a fidarti.

La fiducia è la cosa più importante del mondo e chi si pulisce il culo con la fiducia di qualcuno meriterebbe di finire all'inferno.

Capito, Dante? Hai dimenticato di inserire il girone di 'quelli che si puliscono il culo con la fiducia', quindi spera per te che con me non succeda mai!

**

La cena era finita da un pezzo e io, Rose, Scorpius e Dominique stavamo vagando da più di un'ora nell'immenso giardino della Tana. Stavamo giocando a nascondino e noi quattro ci stavamo nascondendo da Molly.

Dominique proseguiva sicura davanti a me mentre Rose e Scorpius facevano tutto un litigare dietro di me.

«Se non chiudete quella boccaccia giuro che ve la riempio di merda» wow, che finezza la nostra Dominique.

«E' tutta colpa sua!» sbottarono loro contemporaneamente. Ridacchiai divertita.

Domi ci condusse fin dentro una vecchia casetta in legno che cadeva letteralmente a pezzi.

«Siamo sicuri che sia sicura?» chiesi titubante. Rose non rispose limitandosi a dire: «Molly è troppo perfettina, non verrebbe mai a guardare qui» e mi spinse dentro.

L'interno era anche peggio dell'esterno. Vecchie assi di legno penzolavano dal soffitto, da una finestra rotta veniva un po' di luce lunare che illuminò la fuga di qualche topolino.

Scorpius cercò di appoggiarsi a una colonna di legno ma questa cadde pesantemente con una tonfo seguito dal rimprovero di Rose.

«Smettetela subito!» li richiamò Dominique sedendosi su un secchio rovesciato «Non siamo di certo qui per litigare!»

Rose annuì gravemente e si posizionò di fronte a me. Una scintilla di comprensione balenò negli occhi di Scorpius che lanciò uno sguardo esasperato al soffitto.

«mi spiegate?» chiesi un po' a disagio.

«Giorgia...» cominciò Dominique «Dobbiamo parlarti. Di te e Albus»

li fissai per qualche minuto prima di scoppiare a ridere.

«Tranquilli, tra noi due non c'è niente» dissi tra le lacrime.

«E deve continuare così» disse Rose impassibile. Smisi di ridere nel sentire il suono grave della sua voce e lanciai uno sguardo spaesato ai presenti.

«Giorgia, dobbiamo metterti in guardia su di lui» spiegò Dominique.

«Perché?» cominciavo ad essere un tantino spaventata.

«Perché lui è solo un brutto troione» sbottò Rose. Domi le lanciò uno sguardo che significava ''trattieniti''.

«Sì, diciamo che possiamo definirlo così» fece Scorpius e, davanti al mio sguardo sorpreso continuò. «Mettiti comoda, credo che Dominique ti voglia raccontare tutta la storia» e la citata annuì.

Sospirai sedendomi nel pavimento.

«Ditemi.»

 

**

Rose, Albus e Dominique era stato migliori amici per lungo tempo e molti li chiamavano il ''nuovo trio dei miracoli''. Si conoscevano tutti e tre da quando erano nati e tra di loro si trattavano come dei fratelli.

Come me e Gabriele.

A Hogwarts avevano conosciuto Scorpius, il figlio del peggior nemico dei padri di Albus e Rose e, con grande sorpresa di tutti, erano diventati amici e lui si era aggiunto al trio. Fino al quarto anno erano stati amici per la pelle e indivisibili. Tutti a scuola li prendevano come esempio.

Ogni tanto alle loro marachelle si aggiungeva Franck Paciock, che era il migliore amico (insieme a Scorpius) di Albus.

Questo fino al quarto anno, quando il quartetto cominciò a crescere e a scoprire i maledetti ormoni.

Mi dissero che sia Albus e Scorpius erano ambiti da tre quarti della popolazione femminile di Hogwarts. Scorpius non ci faceva tanto caso perché fu proprio in quel periodo in cui cominciò a innamorarsi di Rose, mentre Albus cominciò...come dire?... a montarsi la testa.

«E senza controllare il libretto delle istruzioni.» commentò Rose.

Come ogni normale scuola inglese, anche Hogwarts era divisa in ''caste sociali'': Quelli Fighi, quelli normali, i sfigati. Loro quattro inizialmente rientravano nella 'casta' Fighi solo a causa dei loro genitori o per la loro bellezza. Ma una volta scoperto il loro carattere tutti quanti li misero nella classe 'Normali'.

Tranne Albus che cominciò a snobbarli per stare con i 'Fighi'. Inizialmente la situazioni restò in stallo, ma poi degenerò fino al punto di farli litigare: avevano scoperto che Albus sparlava di loro alle spalle.

Per tutto il terzo anno non si degnarono di uno sguardo. Poi, verso le vacanze estive Al si era presentato a Scorpius chiedendo scusa e che gli dispiaceva come aveva trattato lui, Rose e Dominique e Franck. Le scuse furono accettate e Albus ritornò a far parte del gruppo.

L'estate passò felicemente e loro erano ritornati uniti e compatti e la litigata fu un ricordo lontano rimpiazzato da una delle estate più belle di tutte. Fu l'estate in cui Rose e Scorpius si fidanzarono, Franck si innamorò e Dominique scoprì il suo talento come cercatrice nel Quidditch.

Poi, arrivò settembre, la scuola e gli amici che avevano portato Albus ella cattiva strada. All'inizio non successe niente, anzi, Franck riuscì a fidanzarsi con la ragazza che si era innamorato durante l'estate. Il gruppo piano piano si sciolse, ognuno per stare con i propri ragazzi ma nonostante tutto le cose andavano meglio e rimasero uniti pronti a sostenersi nel momento del bisogno.

Fino a quando Franck scoprì che la sua ragazza lo tradiva. E quando scoprii con chi mi dovetti sedere; perché la ragazza di cui era follemente innamorato lo tradiva con Albus Severus Potter. Quando tutto si venne a sapere successe una tragedia degna di quel nome. Per la Sala Grande di Hogwarts volarono insulti e incantesimi tra i due; Frack e Albus misero fine alla loro amicizia e quando Albus chiamò il resto del gruppo 'Stupidi sfigati' o 'Persone con cui stare quando non c'erano i suoi veri amici' uscì completamente dalla compagnia.

Rose era talmente incazzata che distrusse l'intera Sala Comune di Grifondoro.

Albus non se ne curò e continuò ad andare in giro con quelli che definiva veri amici e cominciò ad andare dietro a tutte le ragazze cambiandole una alla settimana. Ora quell'estate stava cercando di migliorare i rapporti «solo per riabbandonarci una volta tornati a Hogwarts» mi spiegò Scorpius. Tra loro due le cose si erano aggiustate anche se non era più come prima. Rose e Dominique, però, non erano disposte a perdonarlo nemmeno se questo strisciasse ai loro piedi chiedendo perdono.

«Ecco, questo è Albus Severus Potter. Un ragazzo che a prima vista ti sembra il ragazzo più dolce e simpatico della terra, ma che poi si rivela essere il re dei puttanieri» terminò teatralmente Dominique.

**

Il racconto dei tre mi aveva scosso molto e rimasi alcuni istanti a fissarli inebetita.

«Mi dispiace, ma questo cosa centra con me?» chiesi quando ebbi assimilato tutto. Rose sospirò prima di spiegarmi:

«Ti stiamo dicendo di non affezionarti troppo a lui, perché potrebbe fare un voltafaccia come ha fatto con noi. E nessuno merita di stare male per uno come lui»

«Tranquilli, sono di marmo. È impossibile uccidermi» dissi facendo l'occhio.

«Talvolta essere di marmi on basta. Lo sai che il marmo quando cade da un altezza molto alta si spacca a metà?» mi chiese Scorpius.

«Lo so, ma l'altezza da cui io dovrei cadere non sarà molto alta.» loro mi guardarono per niente convinti. «Sentite, sono felice che vi preoccupiate per me ma, ehi sul serio, non corro nessun rischio» e sfoggiai un sorriso a trentadue denti. I tre si rilassarono.

«Be', andiamo» disse poi Scorpius. «credo che la piccola Molly si sia stancata di cercare»

«Perché l'hai chiamata piccola?» chiese inquisitoria Rose.«Non è che tra di voi c'è qualcosa?! Ho visto come ti guardava prima, confessa!»

«Va bene, confesso tutto» disse lui alzando le mani in segno di resa «Molly è un'antipatica so tutto io perfettina. Invece, la persona qui davanti a me, è la ragazza che amo follemente alla faccia dei pregiudizi.» e senza preavviso la baciò velocemente.

Dominique fece finta di vomitare mentre io mi limitai a dire: «niente smancerie! Con voi vengono le carie anche a una zolletta di zucchero» i due risero fortemente mentre uscivano.

Forse fu proprio questo che ci fece scoprirci e a permettere a Molly di fare punto.

Evidentemente non si era stancata di cercare.

**

Al secondo giro di nascondino finii in gruppo con Fred e James. Be', che dire di loro? Io in confronto ho il passo elegante e leggero di una graziosa libellula (ora tutte le persone che mi conoscono staranno ridendo come cretine).

Però era divertenti. Passai tutto il tempo a ridere alle loro battute stupide.

«Agamennone chiede a Ulisse: ''Chi ha fatto la cacca?'' e lui ''Nessuno!'' »

«Una coccinella va in una farmacia e chiede: ''Avete qualcosa per i punti neri?'' HAHAHAHAHA»

«Come si chiama il bambino giappoese più brutto del mondo? Èuscitouacagata.»

«Che differenza c'è tra un Gorilla e James? Nessuna, entrambi sono stupidi HAHAHAHAH.» Uscì dal nulla Albus. Jemes fece una smorfia davanti a quella stupida battuta(non che le altre fossero meglio, anzi)

«Che ci fai qui?» chiese al fratello.

«Con il casino che fate vi si trova anche se indossate il mantello dell'invisibilità.»

«Vaffanculo, Albie

«Non mi chiamare così» disse Albie tetro.

«Perché hai qualche problema, Albiuccio

E Albus saltò addosso a James e i duo rotolarono nell'erba menando pugni e calci urlando insulti a destra e manca.

Aaah, l'amore tra fratelli.

Fred mi tirò per una manica trascinandomi via. Quando fummo abbastanza lontani scoppiammo entrambi a ridere.

«ma fanno sempre così?» chiesi rotolandomi per terra.

«Solo un giorno sì e l'altro pure»

Quando ci riprendemmo mi portò all'interno della casa.

«Vieni, voglio mostrarti una cosa» disse Fred ridacchiando mentre attraversavamo il soggiorno. Ma la mia attenzione fu attirata da una foto... una foto che ritraeva...

«Papà?!» esclamai avvicinandomi alla figura. Fred mi seguì curioso ma quando vide l'immagine disse:

«No, lui è il mio omonimo, il gemello di mio papà. Mio zio.»

Fissai la persona nella fotografia. Ero certa che fosse mio padre. Stessi capelli rossi, stesso sguardo sbarazzino, stesso sorriso.

«Tuo zio è mio papà?» chiesi shoccata. Il suo volto si scurì e disse con tono funebre:

«Non lo ho mai conosciuto. È morto durante la battaglia di Hogwarts»

Sbattei un paio di volte le palpebre: la foto si stava offuscando e i non riuscivo più a distinguere le figure. Quando la misi a fuoco mi accorsi che stavo fissando una persona uguale al signor George. Una persona diversa da mio papà.

Indietreggiai confusa. Oddio, il mio cervello mi sta lasciando!

«Io...io.. mi dispiace» balbettai. Fred scrollò le spalle prima di portarmi su in camera sua «vieni, ti devo mostrare una cosa» quando arrivammo mi fece sedere nel suo letto mentre lui tirava fuori una chitarra e mi intimava di ascoltare e fare silenzio.

Appena sfiorò le corde lo strumento musicale cominciò a produrre una melodia a me familiare. Era bella, dolce.

«The only exception» lui interruppe la musica e mi chiese:

«la conosci?»

«Certo! È stata la prima canzone dei Paramore che ho ascoltato!»

«Conosci i Paramore?!» sgranò gli occhi.

«TU conosci i Paramore?!» avevo un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.

Un minuto dopo eravamo là che cantavamo a squarciagola e che ballavamo stupidamente usando delle spazzole come microfoni saltellando nei letti.

Fu così che ci trovò mio padre quando venne a prendermi per portarmi a casa.

Quando uscimmo Fred mi prese i braccio e mi disse: «Guarda che adesso noi siamo amici stretti, eh!»

Albus ci guardò un po' male, ma non me ne curai. Fred era un ragazzo fantastico.

 

 

Angolo Voglioungufo:

Occhei, andiamo per punti:

punto namber uan: di sicuro non avete capito un cazzo sulla storia di Albus. Per ogni evenienza contattatemi.

Punto namber ciù: le barzellette hanno il copyright perché sono quelle che ci raccontiamo io e le mie amiche durante greco (per la precisione quelle a cui ho dedicato il capitolo)

punto namber tri: avevo pensato di fare una mini-long su come Rose e Scorpius si sono innamorati. Ma penso che la comincerò quando sarò a metà di questa.

Punto namber for: ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra preferiti/ricordate/seguite e sopratutto ringrazio tutti quelli che recensiscono. Vi lovvo(?!)

punto namber faiv: boh, ho finito. Ci vediamo con il prossimo capitolo.

/Voglioungufo. 

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Capitolo 9
*** Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare ***


 

Cap. 9

Di incantesimi, attacchi e battaglie per il cellulare.

**

 

Papà mi ha sempre ripetuto che io sono una persona speciale, diversa dagli altri. Inizialmente credevo che questo essere diversa non fosse male. Almeno ero unica e non una copia come tante altre.

Ma alla fine, sono veramente così diversa?

Sono diversa dalla altre ragazze?

No, anche io ho un stupido cervello che fa pensieri contorti. Anche io mi lascio ferire. Anche io credo, specialmente quando ho bisogno di credere a qualcosa. Anche io dopo resto fottuta.

Come tutte le ragazze della terra.

**

La mattina dopo, quando mi svegliai era mezzogiorno passato e avevo un feroce mal di testa. Rimasi a contemplare il soffitto assorta, chiedendomi come si possono accoppiare le cellule monocellulari prima di decidermi a scendere.

Papà era in cucina che trafficava con le pentole e la bacchetta.

«Ben svegliata!» disse quando si accorse della mia presenza. Sbadigliai in risposta.

«Allora, ti sei divertita ieri sera?» mi chiese prima che io cominciassi a raccontargli tutto.

Di quanto fosse strano il Clan Weasley-Potter.

Di Albus, Rose, Dominique, Scorpius e Franck.

Della stupidità e della simpatia di Fred e James.

Lui mi stette ad ascoltare in silenzio, mangiando un piatto di spaghetti. Quando finii di raccontare e di mangiare lui si alzò per pulire i piatti. Io andai nel divano per leggere la Gazzetta del Profeta. In prima pagina, in caratteri cubitali, c'era scritto:

ATTACCO AD UNA SCUOLA BABBANA

I nuovi Mangiamorte?

 

Ieri pomeriggio è stata attaccata la scuola Babbana di Charles Saint Smith da un manipolo di Maghi Oscuri. La scuola quel pomeriggio era aperta per i corsi di recupero per il sesto anno. Fortunatamente gli Auror sono intervenuti in tempo e i danni sono stati limitati e non è morto nessuno. Alcuni insegnanti sono stati feriti mentre tentavano di portare in salvo gli alunni e molte aule sono esplose.

In seguito all'evento i babbani sono stati obliviati e ora no ricordano nulla, altro che una persona mentalmente instabile ha fatto irruzione ferendo i presenti con una Stopila, una specie di bacchetta di metallo.

«Quel che è avvenuto ha dell'incredibile!» dichiara Harry Potter, il capo del Dipartimento Auror. «Erano anni che non accadeva una cosa del genere»

Esattamente dall'attacco del 2000 di alcuni Mangiamorte ancora a piede libero che attaccarono alcuni babbani e la domanda tra la popolazione magica sorge spontanea: sono i nuovi Mangiamorte?

Ad alimentare questa idea è la frase pronunciata da quello che si crede sia il capo: ''La troveremo! Noi non ci arrendiamo, la troveremo e Lui risorgerà'' prima di smaterializzarsi.

Il Ministro della Magia invita la popolazione alla calma e di segnalare ogni movimento sospetto.

Per maggiori informazione andare a pagina 7, per l'intervista agli Auror pagina 13.

 

Rilessi un paio di volte l'articolo, incapace di pensare.

«Papà...» chiamai.

«Sì?» mi chiese tornando dalla cucina.

«Hai letto la Gazzetta?» chiesi con un filo di voce.

«No, perché?» gliela passai. Lui cominciò a leggere l'articolo con curiosità ma più andava avanti più colore perdeva. Quando finì mi guardò spaventato.

«Papà» chiesi «sai dove dovevo andare ieri prima del compleanno del papà di Albus e invece mi sono dimenticata?» lui scosse la testa. «Dovevo andare a scuola per fare il recupero di matematica» una luce di consapevolezza invase gli occhi di Federico «sai che scuola hanno attaccato?» non rispose.

«Papà, perché hanno attaccato la mia scuola?»

Scosse la testa.

**

Ero in camera mia a fissare il soffitto, il Profeta aperto sul letto. Alla fine ero arrivata alla conclusione che quello fosse solo un caso. Insomma, dei maghi travestiti non potevano aver attaccato una scuola per me! L'idea che fossero lì apposta per me era assolutamente ridicola.

Stavo scribacchiando una lettera di scusa per non essermi presentata al recupero di Algebra da spedire alla scuola.

Ma cosa ho in testa, ultimamente?

La risposta, a dir la verità, era estremamente semplice. In quelle due settimane erano successe molte cose e per la prima volta dopo tanto tempo avevo trovato altre persone con cui andare d'accordo. E quelle persone erano come me.

Mentre stavo pensando a tutte queste cose papà entrò nella camera.

«Che ne dici di esercitarci un po' con la magia?» mi chiese.

Saltai giù dalla sedia con un sorriso enorme stampato in faccia annuendo. Adoravo le lezioni di magia, mi facevano ricordare che io ero speciale.

«Oggi ti insegnerò come cambiare il proprio aspetto senza che nessun altro se ne accorga» disse facendo spazio nella tavola della cucina.

«eh?» chiesi inarcando un sopracciglio.

«Occhei, facciamo un esempio pratico» disse allora lui. Lo fissai sempre più stranita mentre prendeva una sua foto e mi fissava egli occhi concentrato. Poi mi mostrò la sua foto. O meglio, la foto di un ragazzo con i capelli rossi che non era papà.

«Allora, cosa vedi nella foto?» mi chiese prendendomi la fotografia.

«Un tizio sconosciuto» grugnii. Odiavo non capire cosa succedeva!

«Bene!»

Ma bene un cazzo!

Federico mi fissò ancora negli occhi e poi mi ripassò la fotografia. La fissai per niente convinta prima di accorgermi che la foto ritraeva papà. Dalla sorpresa la feci cadere.

«Cos'è? Uno scherzo?» balbettai.

«No, è magia illusoria» rispose pacato.

«A cosa serve?»

«A confondere le idee delle persone, ti mostra ciò che non è reale. Ma fa anche diventare la finzione realtà. Ti permette di cambiare aspetto restando sempre te stesso: nessuno ti riconoscerà comunque. Sono magie complesse che non insegnano nelle scuole ma tu puoi impararle adesso. Vuoi imparare la magia illusoria?»

«Sì, insegnamela» dissi decisa. Lui sorrise.

**

Quando papà mi aveva fatto la dimostrazione pratica la magia illusoria mi era sembrata la cosa più facile del mondo. Invece, dovetti sudare per quattro ore prima di riuscire a ''modificare'' una mia foto. Ma nonostante tutto, un buon osservatore avrebbe capito che la ragazza nella foto era la stessa che stava spaparanzata sul divano tutta sudata.

«Per essere la prima volta è andata bene» disse Federico per incoraggiarmi. Lo fissai con lo sguardo da cucciolo bastonate.

«Per ora ci alleneremo fino alla fine dell'estate. Il difficile è l'inizio, ma dopo diventa tutto semplice e naturale.» continuò. Ero talmente stanca che non risposi «Quando si diventa bravi si può anche creare l'illusione di essere in un altro luogo. Guarda.» chiuse gli occhi e aprì le braccia. Successe tutto in un attimo: non ero più nel salotto di casa mia ma nel deserto del Texas. Rimasi spiazzata e sorpresa; sembrava tutto così reale! Anche la temperatura era aumentata.

Poi, così come era iniziato era finito, ritornai nel divano di casa. Papà era seduto a terra, anche lui sudato.

«Cavolo, CHE FIGO! Me lo insegni?» chiesi saltando come una molla. Davanti a quella illusione tutta la stanchezza era svanita.

Lui scosse la testa. «No, sono stanco... fare cose del genere richiede molta energia...» si appoggiò al comodino sorridendo. Ricambiai il sorriso dolcemente e andai in cucina a prendergli un bicchiere d'acqua; lui lo bevve avidamente e mi ringraziò. Presi il libro di magia e lo riportai in camera mia. Mentre lo mettevo nello scaffale notai la lettere per la scuola.

Sbuffai mentre la prendevo e la portavo in salotto.

«Papà» lo chiamai.

«Dimmi»

«Ho fatto la lettera... sai, quella per la scuola...che non mi sono presentata al recupero...Devi firmarla!»

«Non serve!»

«C-COME?! Lo sai che se non mi scuso e non mi fanno fare il recupero non posso proseguire gli studi?!»

«Ma tu il prossimo anno non andrai alla Charles.»

«N-No?»

«No. Ho intenzione di iscriverti al sesto anno di Hogwarts»

**

Stavo saltellando per casa dalla gioia quando andai a sbattere contro il comodino e rotolai a terra bestemmiando in greco antico. Così ribattei la testa con il comodino e il cellulare mi precipitò nella pancia, il mio punto debole.

«QUELLA CAGNA MAIALA DI CIRCE SOTT'ACETO AFFANCULO VAI STUPIDO ESSERE DI CACCA DI QUEI MORTI DI ADE IN CULO A PERSEFONE CHE SI FA MERLINOOOO!»

«Tesoro, tutto bene?» mi chiese Federico.

«Sì, sì. Ho solo dimostrato ancora una volta la mia mancanza di equilibrio» ringhiai in risposta. Lui soffocò una risata. Sbuffando tolsi il cellulare dalla pancia e feci il primo numero che mi venne in mente.

«Pronto?»

«Albus?!» chiesi scattando in piedi.

«Sì, sono io.»

«Tu non ci crederai MAI! E se dico MAI è MAI!»

«Dacci un taglio e dicci!» disse spiccia una voce femminile.

«R-Rose?» chiesi.

«Sì, siamo in viva voce» spiegò Scorpius.

«Queste due coglione mi hanno costretto» sbottò Albus. Si sentì vari suoni poi: «L'emerito coglione in questa stanza sei tu! Ma non ti vergogni, vaffanculo, vai stronzo» Dominique e la sua finezza.

«State zitti!» Urlò Scorpius. Eh sì, anche perché la sottoscritta no sta capendo un acca (come tutti poveri lettori, probabilmente).

«Allora, la notizia?» chiese Al.

«Vengo a Hogwarts!» urlai saltellando e stando ben attenta a non colpire nessun comodino.

Sentii un tonfo dall'altra parte del telefono e varie imprecazioni del tipo «Albus, sei un scemunito!»

«Tutto bene?» chiesi.

«Giorgia, ci sei?» mi chiese Rose

«Sì, sono ancora qui»

«Oddio, io penso di amarti! Forse Albus è crepato!»

«C-come?»

«Sta guardando il muro davanti a noi ripetendo ''merda, cazzo, merda, cazzo''»

«Ah, vedo che è molto felice di vedermi anche in inverno» sbottai.

«Lascialo perdere, è solo un coglione» continuò lei.

«Guarda che ti sento!» sentii urlare il sopracitato coglione. Altri rumori indistinti.

«Giorgia, non crederle. Sono felicissimo. È la notizia più bella del mondo» Disse Al. altri rumori di sottofondo «Non so cosa ti hanno raccontato quelle due cretine, ma io ti voglio bene veramente. E sono felicissimo! Ci potremo vedere più spesso e pensa mag..» la sua voce fu interrotta di colpo e sentii rumori indecifrabili e urli della serie 'QUESTA E' SPARTAAAAAA'. Rimasi parecchi minuti là immobile prima di sentire Scorpius parlarmi chiaramente.

«Scusa, ci sono Albus e Rose che lottano come forsennati e Dominique non migliora di certo. Vogliono il cellulare per parlare con te» wow, mi sento una vera celebrità.«L'ho preso io e adesso stanno cercando di riprenderselo»

«DAMMI QUEL TELEFONO!» li sentii infatti urlare.

«QUEL TELEFONO E' MIO!»

«NON ME NE FREGA UN CAZZO!»

«Forse è meglio se metto giù.» deglutii.

«Sì, meglio» rispose Scorpius. «Chiama quando vuoi, ciaoo» e mi mise giù.

Cazzo, ma allora sono tutti i maghi ad avere qualche rotella fuori posto. E io che pensavo di essere l'unica strega cretina della storia!

**

Erano le due di notte e io, ancora eccitata per la notizia, non riuscivo a chiudere occhio. Stavo leggendo il libro di latino per addormentarmi quando sentii il telefono vibrare.

 

Al–– Scusa l'ora, ma volevo avere fuori dai piedi Rose e company.

Io–– Uhh, va bene. Come mai?

Al–– Loro pensano che io mi stia approfittando di te.

Oh, ma davvero? Pensai sarcasticamente.

Io–– Come mai?

Al–– Non fare la finta tonta, so che quelle due vipere ti hanno raccontato tutto!! Farebbero di tutto pur di sputtanarmi!

Io–– Non hanno tutti i torti!

Al–– lo so, mi sono comportato da stronzo. Ma loro non erano mica dei santarellini!

Io–– Cosa intendi dire?

Al–– Adesso è tardi, se ti va ti spiego domani. Vengo a casa tua per le 4.10 va bene? *^*

Io–– Va bene... allora a domani.

Al–– Ti prego, non giudicarmi. Buonanotte.

 

Ti prego, non giudicarmi. Rimasi a fissare quel messaggio fino a quando non mi si chiusero gli occhi da soli. Improvvisamente tutta la stanchezza era tornata.

 

 

Angolo autrice:

Taddadaaam! Cosa deve dirle Albus? Lo scoprirete restando in linea! Al prossimo capitolo uu 

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Capitolo 10
*** Solo come amica. ***


10.

Solo come amica.

**

Giudicare le persone è molto facile e non ti fa male. Giudicare una persona dal colore della pelle o dalla sua provenienza non è una cosa giusta, ma in molti lo fanno perché spesso guardare oltre l'apparenza risulta talmente difficile da lasciar perdere.

Io non sono una che guarda solo l'apparenza o il suo carattere. Io faccio fifty-fifty.

Ovvero, io conto di come mi si presenta una persona, di come si veste o di come si comporta ma cerco anche di capire perché è così, cerco di mescolare entrambe le cose, solo così riesco a capire com'è veramente una persona.

**

Erano le quattro meno cinque e io mi stavo asciugando i capelli cantando in modo che almeno tre isolati sapessero cosa stavo cantando.

Be', che c'è? C'è gente che canta sotto la doccia e gente che canta mentre si asciuga i capelli.

Io faccio parte di entrambe le categorie.

Comunque, stavo dicendo, mi stavo asciugando i capelli aspettando le 4:10 per incontrare Al e me la stavo prendendo abbastanza comoda visto che mancava un quarto d'ora.

Anche se riconobbi subito la risata alle mie spalle. Interruppi di colpo la canzone che stavo cantando e spensi il phon. Quando mi girai avevo davanti, signori e signore, Albus Severus Potter che si stava soffocando dalle risate.

«Cosa ci fai qui?» ringhiai cercando di coprirmi con l'asciugamano, visto che indossavo solo il reggiseno e un paio di mutande.

«Ammiravo il tuo culo e la tua voce soave» rise lui calcando la parola soave. Sperai con tutta me stessa di non essere arrossita ma avevo le guance talmente calde che si potevano usare come forno. Sì, insomma, so che sono stonata ma lui non poteva rinfacciarmelo così. Motivo in più per tirargli addosso la mia spazzola (rosa, di Hello Kitty, vi prego non commentate)

Lui si defilò ridendo come un matto. Incazzata nera indossai un paio di shorts e un canottiera prima di andare in soggiorno a prendermela con mio papà:

«Perché lo hai fatto entrare?!»

«Ha detto che avevate un appuntamento» sghignazzò Federico.

«Ma tu non dovevi farlo entrare in bagno! Specialmente quando sono mezza nuda» sbottai arrossendo sempre di più.

«Tanto, se ti vede adesso o dopo nuda non credo faccia differenza» disse angelicamente.

No, occhei, se qualcuno non lo fa tacere presto sarò orfana.

Al era seduto sul mio divano con le sue scarpacce appoggiate al mio tavolino e se la rideva sotto i baffi. Gli mandai un trentina di maledizioni mentalmente e tra queste la più innocua era il 'sectusempra'.

Tornai indietro borbottando parole indistinte a casaccio per finire di sistemarmi. Il moro mi seguì divertito e rimase a fissarmi tutto il tempo.

«Sei snervante, sai?!» sbottai ad un certo punto. Si limitò a scrollare le spalle.

Quando fu ora di uscire mio papà che era anche più divertito di Al gli sussurrò qualcosa all'orecchio e poi risero insieme.

Maschi, maschi, maledetti maschi!

«E' forte tuo padre» mi disse il ragazzo una volta usciti di casa. Non gli risposi, ancora arrabbiata. Lui mi mise un braccio intorno alle spalle «non ti sarai mica offesa!» vedendo che non continuavo a rispondere mi sussurrò all'orecchio «Hai un bel culo»

La temperatura delle mie guance raggiunse quelle del deserto del Sahara e balbettai cercando di allontanarlo «M-maniaco, vai via!»

«Non dovevamo parlare, noi due?» mi chiese accigliandosi.

«No...sì, cioè..non di queste cose!» sbottai.

«Va bene, va bene.» disse lui facendo un segno scocciato con la mano e mi portò all'interno di una gelateria.

«Cosa posso fare per te?» chiese una commessa con più o meno la nostra età ignorandomi totalmente e sbattendo le ciglia piene di mascara verso Albus.

«Vorrei un frullato, grazie» dissi, infastidita «un frullato al cioccomenta» la commessa mi lanciò un occhiataccia, ma poi si rivolese ad Al con uno sguardo mieloso «E per te?»

«Sì, prendo anche io un frullato alla cioccomenta» disse annoiato guardandolo con sufficienza. La ragazzo sembrò restarci un attimo mal e quando si girò Al mi fece l'occhiolino.

«Ecco a voi. Se avete bisogno di qualcosa non esitate» l'ultima frase sembrava essere rivolta specialmente ad Albus.

Certo, se mai avremo bisogno di una puttana sappiamo chi contattare.

Una volta pagato e fatto tutto andammo a sederci in uno dei tavolini fuori.

«Allora?» chiesi.

«Buono» disse Al, sorpreso.

«Cosa?»

«Il frullato.»

«Non ne avevi mai assaggiato uno?»

«no.»

«E perché lo hai preso?»

«perché lo hai preso tu»

Rimasi spiazzata dalla risposta e lo fissai con la bocca aperta, così mi limitai a dire «Ah...»

Rimanemmo in silenzio alcuni minuti, poi lui lo interruppe dicendo:

«Franck aveva fatto il doppio gioco»

«Eh?»

«Cosa ti hanno detto Rose e Dominique?»

«Che tu... che tu avevi fregato la ragazza a Franck e che...e che ci provavi con tutte, che eri in una cattiva compagnia» dissi un po' incerta.

Lui arricciò le labbra in sorriso u po' inquietante «Invece, guarda un po', è stato Franck a rubarmi la ragazza»

Rimasi totalmente spiazzata.

**

Albus era innamorato di quella ragazza dalla fine del quarto anno e l'unico che lo sapeva era Franck il quale aveva giurato di aiutare l'amico a conquistarla. Per coprirlo, Franck aveva detto a tutti di essere innamorato di lei; così, per tutta l'estate Franck raccoglieva informazioni su quella ragazza per poi passarle ad Al, ma con il passare del tempo Franck cominciò a sentirsi con la ragazza e se ne innamorò. Naturalmente non disse niente ad Albus, non gli disse che loro due andavano talmente d'accordo da diventare fidanzati. Al lo seppe solo all'inizio del quinto anno e, come ci si può immaginare, ci rimase di merda.

Non riusciva a credere che uno dei suoi migliori amici lo avesse tradito in quel modo, ma non lo accusò e non disse niente per paura di rovinare la loro amicizia che già l'anno passato aveva rischiato di rovinare.

Ma poi, una sera, Albus trovò la ragazza di cui, nonostante tutto, era ancora innamorato.

Parlarono a lungo, i due, e lei gli rivelò che le cose con Franck non andavano tanto bene, che la considerava poco e che non lo amava più.

«Non so cosa mi era preso» mi disse «semplicemente eravamo lì, io e lei e la ho... baciata. Per un sacco di tempo portammo avanti la nostra relazione clandestina, ci trovavamo di notte per stare insieme e non essere visti»

Ma poi Franck lo venne a sapere e, be', la storia la sapevo. I due litigarono, la ragazza disse a Franck che Albus l'aveva costretta salvandosi il culo. Al cercò di spiegare tutto all'inizio ma nessuno gli credette e così vide i suoi amici abbandonarlo.

«All'inizio non era bello, ma poi ho capito che forse non eravamo più come una volta e che se mi avessero voluto bene mi avrebbero creduto. Così mi sono messo cuore e anima in pace» Finì.

La testa mi ronzava leggermente e cercavo di capire se era sincero o meno. Ma quando lo guardai negli occhi, i suoi occhi verde smeraldo, capii che quella era la verità.

E lo abbracciai.

Quel gesto stupì Al quanto me: erano anni che non abbracciavo qualcuno che non fosse papà e fu... strano.

«Uhm.. sì.» dissi staccandomi rossa in viso. Lui ridacchiò.

«Comunque, io non ci provo con tutte. E non ci sto provando con te.» disse guardandomi.«io ti voglio solo come amica»

Solo come amica.

Il mio stomacò brontolò e non penso che fosse per la fame.

Solo come amica.

La testa cominciò a girarmi leggermente.

Solo come amica.

«Giorgia, tutto bene? Sei pallida»

Solo come amica.

Cominciai a vedere a puntini e non sentii più niente.

Solo come amica.

Mi sentii cadere nel buio.

Solo come amica.

 

«Harry no, ti prego, prendi me, non lui» una donna gridava

«Spostati sciocca» una voce serpentina, crudele.

«no, ti prego, prendi me. Harry no»

Una risata, una luce verde e poi un silenzio tombale. Ero rimasta solo io, nelle macerie di una casa, un lampadario rotto ai miei piedi, un spada davanti a me «non puoi ferire chi è protetto dal sacrificio» sussurravo, le guance sporche di terra e lacrime. Sul grembo tenevo qualcuno, disteso e freddo, ma non riuscivo a capire chi era. Non volevo saperlo...

 

«Giorgia, Giorgia, Giorgia» sentivo qualcuno che mi chiamava fiocamente. Qualcosa mi sfiorò la fronte e aprii gli occhi sobbalzando.

Ero distesa sul marciapiede a sopra di me Albus si aprì in un bel sorriso.

«Tutto bene?»

«Frullato» borbottai.

«Eh?»

«Ho bisogno di una frullato» dissi alzandomi. Lui corse in mio aiuto e mi fece sedere sulla sedia prima di correre a prendermi la mia salvezza: il frullato al caffè!

Appoggiai una mano sulla fronte. Ero svenuta, ancora e ancora avevo avuto quella strana visione. Era da qualche giorno che mi tormentava e non avevo ancora capito il suo significato.

«Tieni» mi disse Al dandomi il frullato.«Sei svenuta» disse poi, mentre bevevo dalla cannuccia.

Ma davvero?! Pensai sarcastica.

«lo so» dissi.

«Stavi... stavi dicendo il nome di mio padre» disse un po' incerto «e qualcosa riguardo un sacrificio»

«Davvero?» chiesi innocentemente.

«Sì» disse lui fissandomi curioso.

Odiavo quando al gente mi fissava così dissi «bella giornata vero? Ci sono le nuvole ma non piove, siamo proprio fortunati visto che viviamo in Inghilterra. Spero proprio che non piova, non ho l'ombrello e non vorrei bagnarmi i capelli appena lavati»

Lui rimase sorpreso dal mio cambiamento ma non disse niente e cominciammo a parlare del più e del meno.

«Sai, è strano» dissi ad un certo punto.

«Cosa è strano?» si accigliò.

«Che per sedici anni io non ti ho mai incontrato o visto e poi di colpo ci troviamo sempre e diventiamo... amici» e arrossii. Ma cosa mi stava prendendo?

«E chi ti dice?» sorrise con aria furba. Lo guardai senza capire così Al continuò: «Quando ero piccolo Ted lavorava a un chiosco del gelati come part-time e a volte mi portava con sé. Era davanti a un parco e io stavo sempre là, da solo. Da piccolo ero molto timido.» e le sue guance si chiazzarono di rosso «Ti ho... ''incontrato'' lì per la prima volta. Ci andavi ogni giorno con tuo amico, eravate sempre insieme»

Gabriele, pensai tristemente.

«Giocavate, ridevate...eravate... non lo so. Vi fissavo tutti i giorni da lontano mentre giocavate cercando il coraggio per unirmi con voi. Ma tu mi intimorivi un po'» continuò Albus «Anche quando sono cresciuto andavo ogni giorno per guardarvi giocare sperando di trovare il coraggio. Poi, una volta, ti ho visto da sola e stavi... piangendo. Tiravi calci e pugni a tutto quello che trovavi e urlavi tantissimo, fino a quando sei caduta sull'erba e sei rimasta là a singhiozzare. Ho pensato che tu e il tuo amico avevate litigato e... e me ne sono andato incapace di restare. Da quel giorno non ti ho più rivista.»

Rimasi in silenzio. Mi ricordavo quel giorno, i dottori avevano appena detto che Gabriele non c'è l'avrebbe fatta.

«Ti sbagli» dissi, lottando contro le lacrime che volevano uscire «Non abbiamo litigato. Lui è... lui è morto»

Albus rimase spiazzato e rimase in silenzio.«mi dispiace» balbettò.

«E' morto di cancro a tredici anni.» spiegai. «io lo avevo implorato di restare, gli avevo chiesto di non abbandonarmi» un lacrima mi rigò la guancia «gli avevo promesso che lo avrei sposato. Ho provato a usare la magia, ma non funzionava. Lui se ne andava, ogni giorno. Non poteva più correre, non potevamo più andare al parco giochi. » scesero altre lacrime che strofinai con il palmo della mano «Gli ho chiesto di restare, ho pregato perché non se ne andasse, mettevo ogni giorno una candela in chiesa, per lui. Ma poi lo ha fatto, mi ha abbandonato. Mi ha smesso di sorridere» mi morsi l'interno di una guancia per non singhiozzare, non riuscivo più a trattenere le lacrime. Era troppo... troppo doloroso ricordare, ma mi sembrava giusto dirglielo, non so perché, ma non riuscivo più a smettere di parlare.

Sentii le sue braccia stringermi forte e il profumo dell'Abercrombie che usava anche Gabriele. Chiusi gli occhi e per un attimo sperai che Gabriele fosse ancora lì e che era lui ad abbracciarmi.

Al mi strinse più forte e io mi calmai un poco, ma mi sentivo comunque il cuore vuoto.

**

«Sai cosa?» chiesi ad Albus interrompendomi dai miei pensieri.

Dopo che mi ero sfogata Al, da bravo cavaliere, mi portò in giro per Londra. In quel momento mi stava accompagnando a casa con un sorrisetto trionfante.

«Cosa?»

«Be', visto che tu mi hai invitato a casa mia, uno di questi giorni potresti venire tu da me» cominciai.

«Certo!»

«Però, ecco, vorrei che venissero anche Fred, Rose, Dominique e Scorpius»

Il suo voltò si scurì un attimo ma poi riprese a sorridere e facendomi l'occhiolino mi disse:

«naturalmente»

Gli sorrisi grata abbassando lo sguardo.

«Be', ci sentiamo domani?» mi chiese arrivati davanti al portone.

«No, domani dobbiamo andare a parlare con la preside di Hogwarts... sai, per la mia iscrizione...» dissentii.

«I cellulari esistono pur per qualcosa» mi fece ancora l'occhiolino «fammi sapere come va» e mi fece battere il cinque. Sorrisi ancora e lui se ne approfittò per abbracciarmi; mi tenne stretta per qualche minuto prima di staccarsi e andarsene senza una parola.

Rimasi a fissarlo andare via con un sorriso ebete in faccia e il cuore che batteva forte.

...Ti piace?

Non dire sciocchezza! Lo ho appena conosciuto!

Suonai il campanello ripetendo la risposta. 

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Capitolo 11
*** L'Alcool fa male, ma tu di più. ***


Cap. 11

L'Alcool fa male, ma tu di più.

**

Se facciamo un sondaggio sugli alcolizzati scopriremo che metà di essi beve solo per moda, mentre l'altra metà dirà per ammazzare i sentimenti.

Vedo già orde di moralisti arrivare urlando ''Solo i deboli affondano i loro sentimenti nell'alcool per dimenticare''.

Io non credo che l'alcool faccia dimenticare, anzi nel momento in cui sei ubriaco i tuoi sentimenti sono amplificati e ti sembrano cento volte peggiori di quel che sono.

E non sempre una volta finita la sbronza dimentichi tutto. Spesso ricordi le cose ancora più chiaramente.

 

**

La mattina dopo mi toccò svegliarmi presto e vestirmi decentemente. Sì, la cosa è un po' strana visto che io ho l'abitudine di prendere le prime cose che trovo nella scrivania (Ebbe'? Io metto i vestiti nella scrivania, non nell'armadio perché così posso visualizzarli meglio). Il mi look abituale era leggins o shorts con maglie lunghe. Invece quella mattina indossai una gonna con una camicia e le calze. Dovete sapere che io e le calze viviamo in due mondi completamente opposti e non riusciremo mai ad andare d'accordo (non che io faccia qualche sforzo).

Ecco, era questo il motivo dei miei urli beduini contro mio papà che mi inseguiva con il paio di calze.

«NON LE METTERO' MAI!»

«SU GIORGIA, TESORO, NON FARE LA BAMBINA»

«SMETTILAAAA»

«Lo sai che i Paramore hanno fatto il nuovo disco?»

«sì, quindi?» chiesi sospettosa.

«Se le indossi te lo compro.»

Ricattatore!

Ma la proposta era talmente allettante che accettai e riluttante le indossai. Ma erano talmente scomode che dopo la materializzazione a Hogsmeade saltellavo come un canguro cercando di sistemarle.

«Odio le calze» piagnucolai.

«Pensa che dopo avrai il tuo amato cd» mi suggerì papà.

«Perché non ci siamo materializzati direttamente dentro il castello?»

«Perché non si può»

«Che schifo!»

Federico ridacchiò.

Dopo una mezz'ora di cammino ci ritrovammo davanti l'imponente figura di Hogwarts. Ne rimasi estasiata e per il resto del cammino fantasticai sull'anno che avrei affrontato da lì a un mese. Papà e Al ne avevano parlato tantissimo dei suoi passaggi segreti, delle porte nascoste dietro gli arazzi, dei fantasmi, dei ritratti che parlavano, delle sale comune e della cosa più importante: i banchetti!

Presa dai miei pensieri andai a sbattere contro una statua di pietra che rappresentava un mostriciattolo; ero talmente immersa nella mia fantasiosa cena di inizio anno che non avevo fatto caso a quello che succedeva intorno a me e così ero finita nello studio della preside senza rendermene conto.

«Buongiorno professori» disse mio padre educatamente. Ancora mezza frastornata dalla botta cercai di trovare i tizi a cui si rivolgeva, ma nella stanza c'eravamo solo noi, a meno che non contiamo tutti gli oggettini strani d'argento e i quadri.

«Ciao, Fred» disse un tizio che avrà avuto circa centocinquantacinque anni; fin qui tutto normale, ma il tizio era dentro un quadro.

«Preferisco Federico» disse papà irrigidendosi.

Il quadro gli lanciò un occhiata attraverso gli occhiali a mezzaluna.

«Federico?»

Papà sembrava altamente imbarazzato, così venni in sua difesa spiegando un po' aspramente.

«Sì. Mamma lo chiamava Fred come soprannome!»

«E questo cosa dovrebbe interessarci?» chiese un altro quadro vicino al centocinquantacinquenne, con i capelli neri unti peggio della mia prof di Greco e Latino.

«Mia madre è morta, signor quadro, e solo lei aveva il diritto di chiamarlo Fred, quindi si pulisca la tela e stia zitto. Grazie» dissi, infiammandosi.

«Giorgia...» mi ripresa papà.

«Non è colpa mia! Sono queste calze che mi danno un fastidio enorme» sbottai grattandomi le gambe.

Tutti i quadri nella stanza si misero a ridere. Sì, ridete pure delle mie disgrazie.

Socchiusi gli occhi e lessi le targhe alla base dei due quadri con i quali avevo parlato.

«Albus Silente; Severus Piton» lessi. La mia bocca si aprì in una O perfetta e li fissai inebetita.«wow!»

Federico alzò gli occhi al cielo mentre Silente ridacchiò.

La porta alle nostre spalle si aprì e entrò un signora anziani con lo sguardo austero dietro a delle lenti quadrate e i capelli grigi legati in una severa crocchia, portava una veste verde smeraldo.

«Buongiorno» disse sbrigativa.

«Buongiorno...» balbettai mentre il mio cervello la catalogava nella sezione 'persone alle quale non bisogna disubbidire'.

«Allora, se non sbaglio siamo qui per la signorina Flox» disse sedendosi dietro la scrivania che occupava una parte della stanza. Annuimmo.

«La cosa è molto semplice,» cominciò «lei non ha frequentato Hogwarts per cinque anni e adesso vorrebbe iscriversi. Visto che parteciperà al sesto anno credo che la cosa migliore da fare sia che uno di questi giorni le venga qui ad affrontare i G.U.F.O » annuii, cercando di non perdermi e lasciar perdere il prurito causato dalle calze «naturalmente, ci dovrà dire che materie ha studiato nel corso di questi cinque anni. In ogni caso, attraverso i G.U.F.O sapremo quanto è preparata in determinate materie e quindi quali corsi potrà seguire in quest'anno scolastico in base alla sua preparazione e non avrà problemi rispetto ai suoi compagni... mi sta ascoltando?»

«Uh? Ah, sì.» dissi imbarazzata. In realtà mi ero persa quando aveva detto G.U.F.O. per la seconda volta perché mi ero ricordata di dover pulire la gabbia di Fragola, il mio gufo. La preside (che mio papà disse chiamarsi McGranitt) andò avanti blaterando di altre cose tipo la casa in cui io sarò smistata, il regolamento scolastico, delle lezioni... mi persi circa tre quarti del discorso e così mi affidai alla buona vecchia tattica di 'sorridi e annuisci'. L'unico ad esserne accorto era il quadro di Albus Silente che ogni tanto mi lanciava uno sguardo divertito.

Ma quando la smettono questi due?...

«Signorina Flox? Sta ascoltando?» chiese la voce seccata della preside.

Misi sul volto l'aria più intelligente e seria del mio repertorio e dissi con voce sicura «Certo, signora, non si preoccupi, vada pure avanti.»

Federico smascherò la risata che gli stava per venire con un colpo di tosse.

La McGranitt ci guardò malissimo ma riprese a parlare e ben presto ripersi il filo del discorso.

Dopo tre ore di chiacchiere interrotte sulla mia istruzione io e mio padre uscimmo dal castello. Avevano deciso che avrei fatto i G.U.F.O. due settimane prima della scuola, quindi il 15 Agosto.

Il lato positivo di tutta la faccenda fu che durante il monologo della professoressa McGranitt avevo recuperato tutte le ore di sonno.

**

Durante il resto del giorno papà mi allenò con la magia illusoria; Federico aveva ragione quando diceva che dopo le prime difficoltà tutto diventava più facile. Sparse sul pavimento c'erano fotografia che ritraevano una ragazza dai capelli rossi che non ero io e sulla mia mano una fiamma color indaco sfavillava senza bruciare. Chiusi la mano a pugno e la fiamma sparì.

«Complimenti» mi disse mio padre mentre mi buttavo a terra esausta. Mi sentivo come se quella magie mi avessero tolto ogni briciola di magia dentro di me.

«Sono un po' stanca» biascicai. Federico annuì e si diresse in cucina per prendermi un bicchiere d'acqua mentre io mi sistemai meglio nel divano.

Quando lui tornò gli ricordai:

«Lo sai che domani vengono ospiti?»

«Sì» disse un po' infastidito.

«e cosa pensi di fare per... l'ordine della nostra casa?» chiesi ironica.

«domani puliamo.»

COSA? NO, STOP, FERMI TUTTI!

Non poteva dire sul serio, non poteva!

«E se dopo faccio esplodere la cucina per sbaglio come l'ultima volta?» chiesi spaventata.

Lui alzò gli occhi al cielo prima di andarsene e lasciarmi lì, sola soletta.

Così presi il cellulare e cominciai a messaggiare con Al.

**

Il giorno dopo a casa ci fu molto fermento da parte di mio padre e me. Immaginatevi una casa in cui ci sono mucchi di magliette, piatti sporchi da lavare, pianticelle morte, libri sparsi ovunque, i miei pupazzi nella lavastoviglie e nel bagno...no, lasciamo stare, lo dico per il vostro bene. Ecco, ora ora immaginatevi io che come un elefante inseguito da un topo corro per casa tentando di fare ordine, papà nascosto da montagne di vestiti o altre cose non ben identificate e il mio gufo Fragola che ci fissava da sopra l'armadio.

«Se solo provi a cagarmi in testa io ti cago nel muso!» gli urlai, quando aveva esposto il suo didietro verso un pavimento appena lavato dalla sottoscritta. Fragola mi guardò male prima di volare dalla finestra.

Ma nonostante tutti gli sforzi la casa rimaneva comunque disordinata e ben presto cominciammo ad utilizzare la cara e vecchia tecnica del ''butta tutto dentro cassetti, armadi, lavatrici e lavastoviglie''. Era talmente caldo che rimasi in culotte e reggiseno per tutto il tempo.

Utilizzammo entrambi la magia per allargare la casa e, alleluia a Dio, alle sette finimmo.

«Abbiamo fatto tutto?» chiesi esausta facendomi aria con un foglio.

«Credo di sì, la casa adesso è pres..» e sbiancò di colpo.

«Papà, che succede?» mi alzai preoccupata.

«Non abbiamo preparato la cena» disse con un filo di voce. Sbiancai di colpo.

«A che ora hai detto che vengono?»

«alle 7:30.»

«che ore sono?»

«sono le... Oh merda... le 6:53»

Ci guardammo negli occhi sibilando «Ma porco Salazar!»

Ora, immaginatevi due beduini psicopatici che corrono a destra e manca alla ricerca del cellulare per chiamare la pizza d'asporto visto che nessuno dei due si ricordava dove lo aveva messo.

Non vi narrerò dell'impossibile imprese, di quando misi la testa dentro la lavatrice, di come rischiai di cadere dal balcone o quando aprendo le ante di un armadietto in cucina mi si rovesciarono in faccia tutti i piatti (e qui furono bestemmie); nonostante tutto, dopo venti minuti Federico stava chiamando la pizzeria e io mi stavo curando tutte le botte ricevute coprendole con il fondotinta.

Dopo altri dieci minuti la porta suonò e arrivarono le pizze. Feci una smorfia quando mi venne in mente la cena lussuosa della Tana e confrontai le splendide portate con quelle fette di pizza mezze marce.

Perché cavolo mi è venuto in mente di invitarli? Sarà un disastro!

Eppure, riuscii a scacciare questo pensiero quando, aprendo la porta, mi ritrovai davanti il sorriso contagioso di Fred.

«Buonasera!» disse battendomi il cinque prima che Rose mi abbracciasse salutandomi.

«Mh» disse mio papà, infastidito dal fatto che nessuno lo calcolasse. Risi divertita.

«Ragazzi» dissi «questo è mio padre, Federico» presentai.

«Ehilà, deve essere merito suo se è uscita questa meraviglia» disse Fred avvicinandosi e stringendogli la mano.

«Fred!» lo rimproverò Dominique sistemandosi la canottiera e poi presentandosi. Poi toccò a Scorpius e Rose e Franck.

Al invece mi si avvicinò sussurrandomi «ma ti piace così tanto stare in reggiseno davanti a me?»

Oh.No.Mi.Sono.Dimenticata.Di.Vestirmi.Porco.Zeus.!

**

Tralasciando quel piccolo incidente di percorso al quale rimediai subito andando a prendermi una canottiera (e rischiando di essere investita da una montagna di vestiti quando aprii l'armadio), la serata procedette bene.

Nessuno criticò la pizza o la casa. Tutti si comportarono cordialmente, anche se Albus e Rose finirono comunque con il litigare.

L'argomento principale della serata fu la professoressa McGranitt e di quanto fosse noiosa la sua parlata e tutti si misero a ridere quando mio papà raccontò loro del mio...ehm..problema con le calze.

«C'erano due quadri che portavano il tuo nome, Albus» dissi prontamente, cercando di cambiare discorso.

«Oh, lo so.» disse lui «sono stati i presidi di Hogwarts durante la Grande Guerra Magica. Mio papà ha voluto che portassi i loro nomi» e gonfiò il petto orgoglioso.

«Come mai?»

«Be', Albus Silente è stata la guida di mio padre mentre cercava di distruggere Voldemort e si è sacrificato per il bene della popolazione magica; ha sempre saputo rimediare dai suoi errori.

Invece, Severus Piton era sempre stato innamorato della mia nonna anche quando sposò mio nonno e quando morirono fece il doppio gioco con Voldemort, passava le informazioni dei Magiamorte all'Ordine della Fenice, per proteggere mio papà. È il mio idolo perché mi ha insegnato cosa vuol dire amare veramente e sono fiero di portare il suo nome!»

«Peccato che di loro due tu non abbia niente» disse gelida Rose.

«Sei solo gelosa perché io ho un nome importante!» la rimbeccò Al.

«Per tua informazione il mio nome significa Rosa!»

«e quindi?»

«Perché...perché la prima volta dei miei genitori era stata vicino a un roseto» disse chiazzandosi di rosso «e papà volle che io ricordassi loro la felicità...»

«Che storia dolce» dissi sospirando, mentre Al mi guardava male: con la sua storia non avevo avuto quella reazione.

«Mai nome fu più azzeccato!» sussurrò Scorpius avvicinandosi a Rose «Sei bella come una rosa e tu sei la mia felicità» e le posò un leggere bacio sulle labbra.

Federico scoppiò a ridere rovinando quella dolcissima scena.

«Un...Malfoy e...e una We..Weasley..i-io questa...q-questa è bell-bellissima» disse tra le risate. I due lo ignorarono.

«Be', Ius, anche il tuo nome è azzeccato. Scorpius, come lo scorpione, il tuo segno, e Hyperion come una stella. La mia stella» ricambiò Rose diventando ancora più rossa.

«Il mio nome resta il migliore di tutti, in ogni caso» liquidò tutti Franck portandosi le mani dietro la testa. «il nome di mio nonno che sacrificò la sua sanità mentale per non rivelare importanti informazioni ai Mangiamorte»

«evidentemente questo sacrificio deve essere costato anche la tua sanità mentale» disse velenoso Al.

«Taci, stupido ess...» cominciò Franck.

«E tu, Fred?» chiesi a voce alta per interromperlo «come mai ti chiami così?»

Fred fece un segno stizzito con la mano «io porto il nome di un morto, sai che bello» c'era un velo di ironia e rabbia nella sua voce.

«Cosa intendi dire?» chiese papà, cauto.

«Io porto il nome del gemello di mio padre che è morto» continuò freddamente.

«e non sei..ehm...felice?» azzardai, mentre lo sguardo di mio padre diventava strano.

«No» Fred scosse la testa «è orribile. All'inizio, ogni volta che mio papà mi guardava scoppiava a piangere e io non potevo fare niente, peggioravo solo la situazione. Tutti si aspettavano che io fossi come Fred senior, che facessi esattamente come lui, che fossi la sua reincarnazione. Ma io sono solo io!» l'ultima frase la urlò.

Gli strinsi la mano sotto il tavolo, mentre mio papà fece una cosa molto strana: si alzò dal tavolo e lo abbracciò.

Rimanemmo tutti piuttosto basiti, specialmente Fred che dallo shock ricambiò la stretta.

«Uhm..sì...» disse Dominique per spezzare il silenzio che si era creato «Evidentemente io in questa stanza solo l'unica con un nome che non ha un bel significato»

«e io?» chiesi a papà, che si era seduto al suo posto «anche il mio nome ha un significato»

«Tu porti il nome delle persone più importanti della mia vita» disse sorridendo.

«Ah sì?» chiesi stupidamente.

«Helen era il nome di tua madre, mentre Giorgia è il femminile del...del mio fratello preferito»

«Hai un fratello?! No...aspetta... del mio fratello preferito...significa che ne hai altri!» dissi illuminandomi «Posso conoscerli?»

«No» rispose secco.

«Perché non posso? Sono morti?» chiesi timidamente.

«in un certo senso» sospirò.

«Oh...» dissi imbarazzata.

Nella sala tornò il silenzio. Nessuno sapeva più che cosa dire.

«Il mio nome resta comunque il più bello di tutti» sentenziò Albus.

Dopo quella frase l'ilarità tornò al tavolo e tutti scoppiarono a ridere.

 

Dopo cena papà ci permise di fare un giro per Londra, così andai in camera per prendermi qualcosa di più pesante.

«Sai cosa?» mi chiese Al mentre si sedeva nel mio letto.

«Cosa?» chiesi cercando la mia felpa nera dell'Hard Rock Caffè.

«Stavo pensando... il maschile del tuo nome è Giorgio, quindi George, come mio zio... non ne è che tuo padre sia il suo gemello?»

lo fissai prima di scoppiare a ridere come una matta.

«Hai sentito Fred, il gemello di George è morto. Morto! E hai sentito papà, no? I suoi fratelli sono morti. Morti!

E poi non si assomigliano neanche un po'! Hanno i tratti somatici completamente diversi»

«Era solo un idea»

«Un idea stupida»

lui fece spallucce e uscì dalla stanza. Così rimasi sola mentre scavavo dentro l'armadio alla ricerca della fantomatica giacca. Ecco, questo è uno dei motivi per cui non faccio mai ordine: non trovo più le cose!

«Serve aiuto?» mi chiese una voce e quando mi girai mi trovai davanti agli occhi castani di Franck.

«No.. sto solo cercando una felpa, ma non importa, ne metto un altra» dissi prendendo la prima che mi capitava.

«Ah ok» disse sorridendo. Notai che aveva una fila di denti bianchissimi come la madreperla. Ricambiai il sorriso mentre uscivo anche io dalla stanza.

«Papà, noi andiamo!» urlai.

«Perfetto! Vedi di tornare sobria, per favore» ricambiò l'urlo. Risi, scuotendo la testa mentre uscivo.

«Allora, dove andiamo?» chiese Dominique scendendo le scale.

Fred si girò, con una luce malandrina negli occhi blu «mi sembra ovvio, a divertirci»

Dalle nostre bocche uscì un urlo di esultanza che risuonò per le vie buie di Londra.

**

«Ehilà, guarda chi si vede!» disse un James un po' brillo e mostrandomi un bicchiere con una sostanza alcolica continuò «Ne vuoi un po', pupa?»

Dopo aver vagato un po' per le vie del centro Londinese Fred ci aveva trascinato a quella festa. Inizialmente non capivo quali fossero le sue intenzioni visto che ci aveva portato davanti a una casa abbandonata in una via periferica. Poi, Fred aveva bussato, detto una parola d'ordine e davanti a noi si era presentata una stanza immensa con musica a tutto volume e luci da discoteca.

«Questa è una festa!» aveva sentenziato una volta entrati. Fred doveva andare lì quella sera, invece era venuto da me per trascinarmi lì.

Appena entrati James ci aveva accolti, anche se parlò con un cespuglio per più di un'ora convinto che fosse Dominique.

Be', dopo ci sperdemmo o per ballare o per bere o (nel caso di Scorpius e Rose) per baciarsi.

Fred mi presentò a tutti i suoi amici mettendomi ogni volta un bicchiere con qualcosa di non ben identificato; inizialmente tentai di ignorare la sostanza colorata, ma poi le risate e tutte quelle chiacchiere mi stordirono al tal punto che cominciai a bere senza rendermene conto.

Quando conobbi quasi tutti i presenti alla festa andai a sedermi in alcuni divanetti neri dove molte persone chiacchieravano tra di loro.

Ero placidamente seduta, la testa leggera e il mio bicchiere in mano quando vidi Albus.

Fin qui tutto normale, ma mi fece male vedere come parlava con una sono-bionda-e-perfetta. Era seduto mollemente sul divano con la bionda seduta sulle ginocchia e le sue tette in bocca. Stavano parlando e scherzando amichevolmente, molto amichevolmente, troppo amichevolmente. Rimasi a fissarli basita fino a quando si alzarono, la Bionda strusciò contro Albus in modo provocante e si allontanò verso il banco degli alcolici. Albus le fissò il culo prima di accorgersi di me. Venne a sedersi accanto a me, effettivamente soddisfatto.

«Allora, come va?» chiese ridendo.

«Bene, immagino» risposi mentre prendevo da un cameriere che passava un altro bicchiere alcolico.«Quando l'hai conosciuta?» chiesi, indicando con un cenno la bionda. O almeno sperai, visto che le cose cominciavano a girare davanti a me. Lui evidentemente capì a chi mi riferivo perché disse tranquillamente «Oh, lei. La ho appena conosciuta. Mi sembra che si Chiami Sara.. o Samanta?»

«Oh» borbottai, prendendo un altro bicchiere. Forse era meglio smettere, cominciavo a sentirmi male sul serio.

Ma forse non è l'alcool.

Albus si passò una mano tra i capelli senza notare il mio sguardo vacuo; quando una ragazza mora, in minigonna e tacco sedici si mise davanti al divanetto Al scattò in piedi sistemandosi il colletto della polo e facendo un baciamano galante la portò a ballare.

Presi un altro bicchiere.

I due stavano ballando in maniera molto provocante, specialmente la ragazza ma Al sembrava anche divertito. Erano molto vicini.

Presi un altro bicchiere.

Nel tempo che avevo impiegato a mandare giù il liquido alcolico Albus aveva già cambiato danzatrice e se ne stava con una riccia alta e magra e le posava un bacio nel naso.

Presi un altro bicchiere.

Quanto alcool avevo bevuto fin ora? Tanto, ma perché non sentivo quello stato di euforia che dovrebbe arrivare dopo essere ubriachi? Perché, invece mi sentivo se possibile ancora peggio? Con il cuore ancora più dilaniato? Perché mi sentivo così arrabbiata?

Mi ha mentito.

Aveva detto che non ci provava con tutte, invece adesso si stava già baciando con un altra ragazza diversa da quella prima. Mi aveva mentito, mi aveva fatto credere di essere un bravo ragazzo!

L'alcool fece aumentare la rabbia, sentivo la testa ribollire. Il bicchiere che tenevo in mano si frantumò e con esso altri bicchieri in mano ad altre persone.

Sentivo una sensazione di vomito e mi mancava l'aria. Mi alzai tremante, per andare verso l'uscita.

Mentre lo facevo presi senza rendermene conto un altro alcolico.

Sono ubriaca marcia. Pensai, ma lo bevvi comunque tutto in un sorso. Mi cedettero le gambe e caddi in un angolo.

Poi successe una cosa molto strana. La mia testa mi girava talmente tanto, sentivo il mio sangue scorrere come un fiume in piena, il mio respiro accelerato ma le immagini davanti a me sparivano e ricomparivano per lasciare spazio a una casa distrutta, un lampadario rotto ai miei piedi. Poi ritornava la gente che ballava, rideva e tutti quei colori. Mi sentivo sballottata tra due correnti marine e mi sentivo sempre peggio. Lentamente mi alzai per uscire. Presi un altro bicchiere senza rendermene conto. E un altro quando lo finii, e un altro quando fui fuori.

Stavo per berlo quando una mano fermò il mio movimento e due occhi castani mi fissarono accigliati.

«Non dovresti bere.» mi disse Franck «L'Alcool fa male»

Ma lui di più.

Odiavo il fatto che mi avesse mentito. E io gli avevo anche creduto! La sua storia poteva essere stata anche vera, ma non poteva comportarsi così.

Franck mi stava ancora fissando preoccupato e accigliato così lasciai cadere il bicchiere.

Mi veniva da vomitare.

Mi sedetti per terra, cercando di controllare almeno il respiro. Cosa mi stava succedendo? Perché mi sentivo così male?

Fanck si sedette accanto a me sul marciapiede guardandomi preoccupato.

Cercai di ritrovare la voce per gridargli di andarsene, decisa a materializzarmi. So che non potevo, so che era strano che lo sapessi fare, sapevo che se mi avessero beccata sarebbero stati guai, ma io non avevo la Traccia e potevo usare la magia quando mi pareva. E papà mi diceva sempre che per le emergenze potevo farlo.

Questa era un emergenza. Mi sentivo troppo male, troppo stanca.

Stavo per articolare il suono quando la porta si aprì di nuovo e ne uscì l'individuo a braccetto con due ragazze.

La voce mi morì in gola mentre Al ci passava davanti senza degnarci di uno sguardo. Dal cielo provenne un rombo anche se era una notte stellata. Forse Franck capì tutto perché urlò ad Albus:

«Quando la smetterai di far male alle persone?»

Lui si girò e con voce sprezzante rispose:

«Quando la smetterai di farti i cazzi degli altri?»

Un altro, fulmine, il vento si alzò, un giornale volò per il veicolo e si girò.

Volevo dell'alcool da bere, avevo la gola che bruciava. Volevo Gabriele al mio fianco, volevo che mi abbracciasse e per poi nascondersi. Come quando giocavamo a nascondino. Chiusi gli occhi mentre la testa mi si riempiva di luce.

«che ne dici? Giochiamo a nascondino?»

«sì!»

«cerco io! Ma se perdo ti faccio il solletico e ti faccio volare!» disse il bimbo dai capelli biondi aprendosi in un bellissimo sorriso.

«Va bene.» la bambina dai capelli rossi ricambiò il sorriso e avvicinandosi al suo orecchio «mi trovi dentro la casa sull'albero»

Gabriele rise prima di dire «Volerai così in alto che toccherai le stelle.»

Senza rendermene conto scoppiai a piangere, lentamente, senza singhiozzare, senza urlare. Semplicemente le lacrime scesero.

Qualcuno mi prese la mano e me la strinse forte. Franck, di sicuro.

Rimasi ferma una decina di minuti, poi vomitai.

Franck mi tenne dietro i capelli mentre vomitavo l'alcool e l'anima.

Vomitai lacrime, dolore e rabbia.

 

«Tu sei stato cattivo!» sbottai ud un certo punto a Franck quando avevo finito di vomitare ed ero distesa nel marciapide.

«Cosa?» mi chiese sorpreso.

«Hai fregato la ragazza ad Albus» dissi. Non so perché parlavo, forse era tutta colpa dell'alcool.

«Oh» disse debolmente «se solo me lo avesse detto io non lo avrei ma fatto»

«Cosa intendi dire?» chiesi, tentando di alzarmi senza successo, mi sembrava che il terreno sotto di me girasse.

«La sai la storia?» mi chiese «che passavo informazioni ad Albus sulla ragazza»

Non risposi, sperando che prendesse il silenzio per un sì: se aprivo la bocca vomitavo ancora di più.

«Quando mi sono accorto di essermi innamorato io avevo detto ad Al che era meglio che non facessi più la spia per lui. Non volevo che succedesse un disastro, non dopo quello che era successo l'inverno prima» fece una pausa «lui mi disse che non faceva niente, che non era veramente innamorato e che era solo per passare il tempo. Che potevo tenermela.» sorrise leggermente «Non potevo immaginare che mi stesse mentendo, non potevo immaginare che alla festa di compleanno di Roxanne l'avrebbe costretta a baciarlo portandomela via via. Io ero veramente innamorato di lei»

«Alla festa di Roxanne?» chiesi cadendo in strada mentre cercavo di tirarmi su «Al mi ha detto che l'ha baciata un sera in corridoi e che non l'ha costretta»

«Lei mi ha detto che era andata così» disse Franck inarcando una sopracciglia.

«Al mi ha detto che quella ragazza ti aveva detto così solo per pararsi il culo» non ero sicura di aver detto una frase molto sensata, ma al momento non me ne curai più di tanto visto quanto ero ubriaca.

«Anche sotto Veritaserum?» mi chiese ironicamente. La conoscevo quella pozione: se la bevevi ti faceva dire la verità. La sorpresa fu tale che vomitai ancora in mezzo alla strada.

«Veritaserum?» chiesi senza fiato.

«Quando Al ci ha detto la sua versione Rose ha voluto vedere se era vera, così l'abbiamo fatta bere alla mia ex-fidanzata che ha rivelato tutto: Albus l'aveva minacciata: se non si metteva con lui e la baciava avrebbe pubblicato nella bacheca della sala comune di Grifondoro una sua foto nuda. Quando l'ho sentito sono rimasto sotto shock. Ero convinto che Al mi avesse detto la verità. È molto bravo a mentire.» mi spiegò.

Non sai neanche quanto è bravo, pensai, mente mi piegavo per vomitare per l'ultima volta.

 

 

Angolo Voglioungufo:

Et voilà! Ecco a voi quella che dovrebbe essere una batosta per tutti quelli convinti che Al fosse innamorato di Giorgia.

Una batosta per chi credeva che Franck fosse quello cattivo.

Ehhh, questo Albus è 'un pezzo di merda' se vogliamo usare le parole di Dominique (Domi saluta facendo crollare l'autostima di tutti).

Anyway, aspetto una vostra recensione per sentire i vostri pareri :)

Mi scuso anche per il ritardo nel postarlo ma mercoledì ho fatto la recita di teatro (nfhroqwhq è stato bellissimo *^^*) e non potevo metterlo xD spero di essere perdonata xD

Al prossimo capitolo.

Voglioungufo.

 

p.s. Scusatemi se ho sbagliato alcuni verbi D: e magari se notate degli errori fatemeli notare così li posso sistemare cwc

 

p.p.s mentre facevo il capitolo ascoltavo 'sta canzone e credo che ci calzi a pennello per il ritmo http://www.youtube.com/watch?NR=1&feature=endscreen&v=jukv9Q1eR2g  

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Capitolo 12
*** G.U.F.O., ovvero come prendo E in Divinazione. ***


A Claudia, Jlenia e Giacomo,

che mercoledì hanno sopportato i miei scleri

pre-rappresentazione sulla fine promessa e

l'emblema di quell'orrore;

grazie.

 

 

Cap. 12

G.U.F.O., ovvero come faccio a prendere E in Divinazione,

**

Da piccola ero molto brava a controllare le mie emozioni e a rimanere fredda e distaccata e non lasciarmi sopraffare dalle emozioni. Poi, crescendo questa mia capacità era sparita un poco alla volta: era come se tutti i sentimenti che avevo trattenuto per tutti quegli anni fossero scoppiati.

Il vero problema è che il mio umore se non trattenuto crea sempre qualcosa. Se facciamo un esempio se sono triste comincia a piovere che Dio la manda, se sono normale c'è il sole, se sono felice c'è il sole e fa caldo, se sto male ci sono le nuvole e un caldo afoso, se sono confusa arriva la nebbia e se sono arrabbiata sale il vento.

Per questo la mattina dopo la sbornia accendendo la televisione e guardando il tg fui l'unica a non sorprendersi della tromba d'aria che aveva investito la città causando molti danni.

E non è colpa mia, ma di quell'individuo che mi aveva mentito!

**

Ignorai le chiamate dell'individuo (Albus) per tutta la mattina dopo, per tutto il pomeriggio, per tutta la sera e per tutti i giorni che seguirono. Anche se non mi chiusi in casa, no. Quella sera avevo dato il mio numero a Rose, Dominique e Fred.

Caro il caro Fred.

Lo chiamai almeno cento volte al giorno per fare pazze crisi isteriche e senza preavviso diventò il mio migliore amico. Ogni tanto mi accompagnava in giro o stavamo nella filiale principale dei Tiri Vispi Weasley dove lavorava George. James, essendo il migliore amico di Fred, era quasi sempre con noi. James era stupido, ma un modo buono di essere stupidi, non farebbe male ad una mosca ma non ha un cervello molto acuto. Mi sembrava così strano che lui fosse il fratello dell'individuo.

A proposito dell'individuo, ogni tanto veniva a suonarmi a casa ma io avevo costretto papà a non aprirgli, altre volte andava al negozio e io scappavo via aiutata da Fred e James (anche se quest'ultimo non aveva mai capito il vero motivo).

Era strano che me la prendessi così tanto con lui in quel modo e se ci penso adesso che so come andarono poi le cose mi viene da ridere. Se paragonato a tutto quello che successe dopo tutto questo era una stupidata. Però ero veramente arrabbiata (e il vento lo dimostrava). Non sopportavo il fatto che mi avesse mentito così facilmente, io gli avevo dato fiducia e lui l'aveva presa in giro. Io gli avevo creduto perché speravo che non fosse solo nero come lo descrivevano Rose, Dominique, Scorpius e Fanck.

Ma alla fine era così, non era il ragazzo premuroso che si era presentato quel giorno a casa mia e mi aveva consolato quando gli avevo raccontato di Gabriele.

E questo faceva male, anche se era un dolore un po' sordo, non acuto. Ma faceva male comunque.

E io non sono una ragazza molto coraggiosa, quando ho paura di qualcosa scappo, scappo via correndo come un ossessa. E io avevo paura della mia reazione

Anche se una sfilza di maledizioni senza perdono non è così male, pensavo i giorno prima del mio primo G.U.F.O.

Io e papà avevamo deciso di trasferirci per tutta la durata dei G.U.F.O a Hogmeade, il paesino vicino Hogwarts. Avrei avuto la mattina due prove scritte, mentre il pomeriggio due prove pratiche.

Grazie al cielo papà aveva deciso di non farmi studiare Astronomia e quindi non avevo la prova notturna.

Io di notte dormo, non guardo mica le stelle. No, l'unico esame che mi preoccupava era quello di Antiche Rune e Storia della Magia. Per questo stavo ripassando a bassa voce mentre preparavo la borsa con le mie cose da portare ai Tre Manici di Scopa, la locanda dove avrei alloggiato di Hogsmead quando il telefono squillò. Prima di rispondere controllai di chi fosse: Rose <3. Pigiai il tasto verde dicendo:

«Ehi Rose! Dimmi pure»

«Perché non hai risposto alle chiamate?» il sangue mi si gelò nelle vene. Era l'individuo!

«Cosa ci fai con il cellulare di Rose?» sbottai gelidamente.

«Volevo sentirti!»

«Fottiti.» guardai fuori dalla finestra e vidi gli alberi piegati dal vento. Sì, ero incazzata.

«Cos'ho fatto?»

«Mi hai mentito!»

«Cos..ahn..» ed ebbe la decenza di tacere. In quel momento avrei voluto insultarlo a dovere ma la voce mi morì in gola e gli buttai giù.

Verso le due del pomeriggio oltre al vento ci fu anche la pioggia.

**

La mattina del 15 Agosto passò tutto sommato bene, il test di Trasfigurazione fu abbastanza complicato ma ero sicura di essere stata esauriente nelle spiegazioni, mentre quello di Incantesimi fu una grande cazzata. Peccato non poter dire lo stesso della prova pratica: uno degli esaminatori aveva un neo enorme e peloso nella tempia e rischiai di scoppiare a ridergli in faccia e per trattenere le risate sbagliai qualche incantesimo. Nella Pratica di trasfigurazione andai talmente bene che un'esaminatrice si congratulò con me.

La mattina dopo Erbologia e Difesa contro le Arti Oscure. Non so come andai nello scritto, ma nella pratica in Erbologia me la cavai molto bene, nell'altra un po' meno.

I giorni passavano così, mentre i studiavo per i G.U.F.O., Albus, o meglio l'individuo che tentava di chiamarmi, Fred che mi venne a trovare e il negozio di caramelle 'Mielandia'.

Quando arrivò a Rune Antiche lo scritto mi andò egregiamente, peccato non poter dire lo stesso per l'orale che invece andò da cani.

Storia della magia la ebbi l'ultimo giorno e fu un disastro totale: risposi solo alle domande della seconda Guerra Magica e basta. Tanto valeva dire che non l'avevo studiata a questo punto!

Insieme a Storia della Magia ebbi anche Divinazione. Il questionario fu molto complicato ma grazie a Dio mote cose le sapevo bene. Ma fu durante la prova pratica che successe una cosa molto strana.

Quando arrivai nella saletta adibita all'esame davanti a me c'era una sfera di cristallo e una sola esaminatrice.

«Benvenuta» mi disse. Aveva i capelli bianchi e corti, ma sembrava molto giovane con i suoi occhi neri come pozzi senza fondo. «Io sono Shereen e se supererai questo esame sarò la tua professoressa per il prossimo anno.» aveva una voce...normale. Non so, me ne immaginavo una mistica o profonda. Invece era una voce normale, come quella del vicino di casa.

«Siediti» continuò «guarda dentro la sfera di cristallo e dimmi ciò che vedi»

Mi sedetti nervosamente davanti a una tavolo rotondo con un tovaglia azzurra e una sfera di cristallo.

Una volta comoda rimasi a fissarla sperando di vedere qualcosa che non fosse stupida nebbia. Ero brava a farlo, ma solo se restavo concentrata; peccato che in quel momento fossi tutto fuorché concentrata. Per quanto negassi il contrario Alb...ehm, l'individuo mi mancava molto ma non ero intenzionata a cedere per così poco. In fondo, ero pur sempre una Flox: orgogliosa fino al midollo.

Dopo mezz'ora che non avevo visto niente mi chiesi se era il caso di inventare qualcosa ma quando posai per un nanosecondo gli occhi in quelli della professoressa Shereen capii che non mi avrebbe portato da nessuna parte. E io volevo studiare divinazione per il prossimo anno!

Cercai di svuotare la mente e di concentrarmi su il rumore ritmico dell'acqua che cade.

Plic, plic, plic, plic.

Ero talmente incantata a sentirlo che tutti gli altri rumori svanirono. C'eravamo solo io e quello gocce immaginarie che scendevano ritmiche.

Plic, plic, plic, plic.

I contorni della stanza si sfumarono come in un sogno, diventato tutto bianco. Il mio sguardo era incantato in quelle nuvolette .

Plic, plic, plic, plic.

Sentii una sensazione forte allo stomaco, come una mano che si muovesse al suo interno. La gola mi si seccò di colpo.

Plic, plic, plic, plic.

Successe.

 

Era la stessa stanza di sempre, ampia, distrutta con il lampadario a terra in schegge di vetro lucenti.

Ero nella stessa posa, con le stesse guance sporche di lacrime e terriccio, i vestiti strappati e sangue, tanto sangue.

Ero sola, sola con una persona in braccio ma non capivo chi. Volevo sapere a chi era ma qualcosa mi fermava.

Alzai lo sguardo e mi accorsi che mi trovavo in un palco, che la casa era solo una costruzione scenica. Statue di ghiaccio mi fissavano fredde e gelide mentre io annaspavo incapace di ricordare la mia battuta. Due persone si avvicinarono alle mie spalle: Rose e Scorpius.

«è questa la fine promessa?»

«o l'emblema di quell'orrore?»

Capii di che spettacolo si trattasse: Re Lear, il primo che avevo fatto; capii anche quale scena fosse, quella della morte di Cordelia.

Il silenzio continuò mentre respiravo velocemente cercando di ricordare la battuta. Poi, mio padre si materializzò davanti a me, sporco di sangue e terra con un berretto da Buffone in testa, si avvicinava molto lentamente.

«Il mio buffone» sussurrai «hanno impiccato il mio povero buffone»

Papà era sempre più vicino, lentamente si tolse il berretto e lo gettò a terra.

Pum.

Federico mi diede le spalle prima di cadere a terra. Il corpo tra i miei bracci si mosse lentamente.

 

Per un attimo credetti di essere cieca: vedevo solo bianco, bianco ovunque. Poi le figure cominciarono a riformarsi in tutta quella nebbia senza colore. Fu come essere risucchiata in un buco. Davanti a me la professoressa Shereen mi fissava con sguardo stralunato, da folle e i suoi occhi neri erano spalancati. Faceva paura.

«io...io...» balbettai, chiedendomi se era il caso di raccontare alla professoressa della visione.

«So tutto» disse afferrandomi un polso con delle dita lunghe e pallide come quelle di ragni «Sono entrata nella tua visione e ho visto. Ho visto la tua profezia.»

«Ah...»

«Tu, ora non capisci. Ma presto ti sarà tutto chiaro, il tuo destino, non lasciarti accecare dall'orgoglio! Hai due strade, puoi sceglierne solo una. E cambierà tutto, ma in entrambi i casi perderai la persona più cara che hai.» mi stava spaventando a morte, faceva paura con i suoi occhi spalancati e i capelli bianchi spettinati «I fantasmi tornano, i vivi non sono più vivi e morti escono dalla tomba. Non essere tentata dal ritorno, sarebbe sciagura e rovina!» No, aiuto, questa è da manicomio! «Colui che morì perché salvato ti dirà la verità; colui che ha portato dolore ha commesso lo sbaglio. Pericoloso. Non si può uccidere colui che è protetto dal sacrificio. L'amore che scorre nelle tue vene ti proteggerà, ma lui te lo sta spezzando.» indietreggiai, sempre più spaventata «Tutto sarà chiaro a tempo debito. Ma ormai il pericolo sarà troppo alto e non sarai sola!»

La porta, pensai, devo andarmene da questa pazza isterica!

Così scattai e corsi, uscii fuori dalla stanza, dal castello ma non prima di sentirla urlare:

«La maledizione è stata ripresa, la morte non sarà più tranquilla!»

 

Rifiutai di raccontare a Federico quello che era successo, cercando di essere normale (c'è, normale in senso come al solito). Papà parve credermi e non fece domande.

La verità era che ero turbata e che avevo paura. Paura di quello che aveva detto la professoressa, paura di quella visione.

Per questo quella notte feci di tutto per non dormire e rimasi a fissare il soffitto.

Grazie al cielo quando mi addormentai ero talmente stanca che non sognai nulla.

**

Era passata una settimana dall'ultimo G.U.F.O. E io ero a casa mia che mi esercitavo con la mia illusoria facendo prendere fuoco al mio armadio. Facevo apparire e sparire le fiamme violacei per controllare che l'armadio rimanesse intatto.

«GIORGIA, GIORGIA, GIORGIA!» papà entrò di colpo nella stanza facendomi perdere dieci anni di vita.

«Ma che cazz...?!» sussultai cadendo dal letto.

«SONO ARRIVATI I RISULTATI DEI G.U.F.O.!» urlò emozionato. Mi alzai di colpo notando solo in quel momento la lettera che teneva tra le dita. Mi alzai in punta dei piedi mentre con la mano tremante la prendevo.

Il mio cuore batteva impazzito nel petto dall'emozione della paura e dell'aspettativa.

Sulla lettera, scritto con lettere ordinate, c'era scritto:

 

GIUDIZIO UNICO PER FATTUCCHIERI ORDINARI.

 

Voti di promozione: Eccezionale (E)

Oltre Ogni Previsione (O)

Accettabile (A)

 

Voti di bocciatura: Scadente (S)

Desolante (D)

Troll (T)

 

GIORGIA HELEN FLOX HA CONSEGUITO:

Antiche Rune: O

Cura delle Creature Magiche: S

Incantesimi: O

Difesa contro le Arti Oscure: O

Divinazione: E

Erbologia: O

Storia della Magia: D.

Pozioni: O

Trasfigurazione: E.

 

«Bocciata solo due materie?!» chiese papà sorpreso «ma siamo sicuri di essere padre e figlia?»

Non risposi, shoccata, fissando quel pezzo di carta come se fosse oro liquido. Poi scoppiai a ridere. Una risata isterica, felice e sollevata. Mi sedetti sul pavimento mentre continuavo a ridere.

Eccezionale in Trasfigurazione e Divinazione. Andiamo, sono un mito!

E al Diavolo Cura delle Creature Magiche e Storia della Magia, quella materie non servivano a niente ed erano pure brutte!

Ero così felice che tutte le preoccupazioni mi scivolarono via dalla pelle lasciando posto a un'euforia che mi lasciò stordita.

Senza rendermene conto aprii la finestra e urlai a squarciagola «VADO A HOGWARTSSSSSSSSSSSSSS!»

**

«Non riesco a crederci!» dissi per l'ennesima volta a Fred dall'altro capo del telefono.

Inizialmente quando aveva scoperto i miei voti mi aveva messo giù senza dire una parola. Indispettita lo avevo poi chiamato per chiedere cosa gli prendesse e lui mi aveva risposto con : «Ho un'amica veggente e non lo sapevo! E non puoi prendere E in trasfigurazione, non puoi!» io avevo riso a quell'affermazione. Con Fred mi veniva naturale ridere e stare bene, come respirare. Era una cosa che facevo senza penarci. E mi andava bene.

«Senti,» mi disse «Fra quattro giorni comincia la scuola e noi dopodomani andiamo a Diagon Alley per comprare le cose per scuola. Vieni con noi?» e fece una vocina dolce dolce.

«C'è anche l'Individuo?» chiesi.

«Certo, ma a lui ci pensiamo io e James se solo prova ad avvicinarti.» disse angelicamente «allora, vieni?»

«Certo» dissi allora. Fred era incredibile.

«Perfetto, ti vengo a prendere per le quattro, tanto io sono maggiorenne e posso materializzarmi quindi è apposto.»

«Tranquillo, anche io mi so materializzare» dissi inconsciamente.

«COSA?!» urlò sorpreso «ma se hai sedici anni?»

«Lo so, ma...ecco, vedi» cominciai, pentendomi della mia affermazione precedente «So farlo, sono brava... l'ho fatto per la prima volta a dieci anni per sbaglio.... e poi non ho la Traccia, anche se faccio le magie il Ministero non se ne accorge» spiegai tutto in un soffio.

Silenzio dall'altro lato.

Dio, fa che l'abbia presa bene, ti prego.

«Questa una delle cose più fiche che ho sentito in tutta la mia vita» lo sentii esultare.

Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo e gratitudine.

«Alle quattro, allora?»

«Alle quattro. Ti suono e poi ci materializziamo al Paiolo Magico. A dopo, Milkshake» finì, con quel stupido nomignolo che mi aveva dato quando aveva scoperto la mia passione per i frullati.

Rimasi con il telefono attaccato all'orecchio anche quando mise giù ascoltando i tuu tuu tuu tuuu.

 

Quando io e Fred entrammo a Diagon Alley il sole scaldava Londra per la prima volta dopo tanto tempo.

A Diagon Alley ero stata poche volte insieme a papà perché preferivo stare nella Londra babbana.

Non lo so, forse perché il chiasso che c'era in quel posto non era lo stesso della via dove vivevo.

Londra era una metropoli, Diagon Alley un paesino medioevale e probabilmente era questo il motivo della mia preferenza.

Ma quel giorno quella zona magica mi sembrò perfetta.

«Il resto ci aspetta al Giringoro, andiamo» mi strattonò Fred quando mi incantai davanti a un negozio di caramelle.

Mio malgrado spostai lo sguardo da un enorme cupcake e mi girai per inseguire Fred nel negozio di fronte.

Ora, io non so voi ma amo leggere, reputo la lettura la mia religione. Per questo motivo quando entrai in quel negozio stracolmo di libri mi chiesi se fosse tutto un sogno.

 

**

«Cosa ci fai qui?»

Mi irrigidii di colpo interrompendo la lettura del libro che avevo in mano.

Appena ero entrata in quell'enorme libreria avevo perso di vista Fred troppo impegnata a sfogliare tutti i libri che mi capitavano sotto mano. Là dentro c'erano libri di ogni genere, di ogni taglia e di ogni spessore. Poi, mentre vagavo come una beduina in un oasi dove aver passato un mese nel deserto mi ritrovai nella sezione ''Divinazione''.

Libri sui segreti del cielo, sul significato dei sogni, cosa fosse la divinazione e tutte quelle cose così. Insomma, c'erano dei libri che molto probabilmente mi avrebbero potuto rivelare il significato di quel sogno fin troppo rincorrente. Così, quando avevo trovato un libro dall'aria molto antica con scritto La verità dei sogni quando quella voce mi aveva interrotta.

«Cosa ci fai qui?» richiese.

Alzai lentamente lo sguardo cercando di farlo più sprezzante possibile. L'individuo era davanti a me, con i suoi occhi verde smeraldo che mi scrutavano attenti e i soliti capelli neri spettinati in tutte le direzioni.

«Leggo» risposi semplicemente ritornando al libro.

«Cosa ci fai qui a Diagon Alley» specificò, per niente intenzionato ad andarsene.

Non alzai la testa ma con gli occhi fissai le sue mani.

«Ci sono venuta con Fred» dissi.

Le mani dell'individuo si chiusero a pugno. «Ah! Perché con lui?»

«E' il mio migliore amico» sembrò rimanerci molto male da questa affermazione.

Riposai lo sguardo nella pagina per niente concentrata su quello che leggevo; lui non accettava ad andarsene, cosa che mi dava i nervi: era lì davanti a me, impalato ed ero sicura che se avessi alzato lo sguardo avrei incontrato i suoi occhi, cosa che non volevo assolutamente.

Avrei pazientato che si stufasse e se ne andasse.

Ho già detto che sono una tipa poco paziente?

Alzai lo sguardo e quello che vidi mi spiazzò per un secondo. I suoi occhi erano così tristi che per poco lo perdonai salvo poi riprendermi e rimangiarmi tutte le parole che avevo pensato.

«Albus» dissi scandendo il suo nome con calma «vattene»

Si mosse e sollevata pensai che se ne andasse, invece si sedette accanto a me sfilandomi il libro dalle mani e rimettendolo nello scaffale molto lentamente.

«No» e mi guardò dritto negli occhi.

Chiusi gli occhi, cercando dal controllarmi dal saltargli addosso e mettere in pratica quello che avevo imparato in un anno di Karate.

«Cosa vuoi?»

Aprì la bocca per rispondere, la richiuse, prese un respiro e distolse lo sguardo.

«Cosa vuoi?» ripetei, con la voce che tremava scandendo ogni lettera.

Si fissava le mani, indeciso a rispondere.

«Non lo so.» rispose, infine.

«Perché mi hai mentito?»

«Per non perderti.»

Risi «Non puoi perdere qualcuno che non hai mai avuto».

Albus s'irrigidì serrando la mascella. Feci per alzarmi ma lui mi prese la mano trattenendomi. Mi girai pronta a esplodere.

«Tu non puoi odiarmi. Non puoi» mi disse.

«Sì che posso.»

«Ti prego»

«Ti prego al cazzo, Albus Severus Potter! Io mi sono fidata di te, invece Rose avevo ragione.» mi allontanai «sei uno stronzo.»

«Non è vero! Forse lo sono stato, ma adesso sono cambiato»

«Sei ridicolo. Alla festa hai cambiato... quante? Dieci? Venti? Trenta ragazze?

Mi fai schifo.» dissi con disprezzo.

«No.» .

Chiusi gli occhi, aprendo e chiudendo i pugni nel tentativo di calmarmi. Quando li riaprii notai di quanto si fosse avvicinato. Troppo, per i miei gusti.

Indietreggiai per allontanarmi ma toccai il muro con le spalle.

«Perché non...?» cominciò, lasciando la domanda sospesa.

Avevo il suo respiro sul collo e il cervello in formato budino.

Sfiorò le mie labbra con le sue.

Un bacio veloce e leggero, come il battito d'ali di una farfalla.

Avevo i suoi occhi fissi sui miei, così vicini che le nostre ciglia si sfioravano e le nostre labbra si toccavano.

Poi, si stacco e se ne andò.

 

«Quando darai il tuo primo bacio, Giorgia?»

«Non lo so... al momento giusto»

«E quando sarà il momento giusto?»

«Gabriele, come mai mi fai queste domande?»

Scosse la testa, sorridendo timidamente «Mi chiedevo se potevo darti un bacio.»

«Perché?»

«Perché voglio che te lo darà una persona che ci tiene veramente a te»

Scontro di nasi, un appena sfiorarsi le labbra allontanandosi ridendo imbarazzati.

«Vieni, ti insegno ad andare nell'altalena!» occhi azzurri che ti fissano, una mano e un sorriso.

 

Avevo sei anni quando diedi un bacio per la prima volta.

 

«Giorgia?» Fred mi toccò un spalla ma non mi girai.«Giorgia?» mi richiamò.

Tenevo in mano un libro che bruciava in mezzo a delle fiammelle rosse e arancioni. Fissavo il fuoco ipnotizzata con gli occhi secchi.

«Giorgia?»

«Perché lo ha fatto?» la mia voce era secca.

«Cos'è successo?» mi chiese girandomi verso di lui. Le fiamme si interruppero e il libro cadde a terra mezzo bruciacchiato.

«Mi ha baciata»

«Chi?»

«L'Individuo.»

«Sempre in mez...Cosa?» spalancò gli occhi.

Gli spiegai quel breve incontro sforzandomi di restare impassibile. Avevo una voglia di urlare pazzesca. Gli parlai anche del mio esame di Divinazione e della crisi che mi aveva fatto la professoressa.

«Oh» disse, quando terminai il racconto.«Be', la Shereen è sempre stata un po' fuori di testa. Quando sono andato alla sua prima lezione mi disse che ero l'unico che poteva trattenere il Chaos, che avrei potuto condizionare le sue scelte e altre diavolerie simili. Lasciala perdere, è tutta matta. Forse la tua visione può significare qualcosa, ma tu non devi preoccuparti. Ci sono io con te.» mi abbracciò e io sentii il suo buon profumo.

Non sapeva di vaniglia, cacao, cannella, frutti di bosco o quelle diavolerie simili. Sapeva di Fred, ed era uno degli odori più buoni del mondo.

«E per l'Individuo...» continuò «non preoccuparti, lo facciamo fuori io e James»

Mi uscì una risata, un po' bagnata da una lacrima che era scesa, ma pur sempre una risata.

Fred...come fai?

**

Per tirarmi su di morale Fred mi portò a fare compere. A me lo shopping non mi era mai interessato e si vedeva lontano un miglio che Freddie la considerava la cosa più noiosa al mondo; probabilmente lo aveva fatto per tirarmi su di morale pensando che come tutte le donne bastassero un vestito e dei saldi per farmi saltare di gioia. Apprezzai lo sforzo, anche perché facemmo di tutto fuorché comprare vestiti. Infatti, al centro commerciale c'era un tizio che vendeva macchinette elettriche per bambini. Vedere Fred che cercava di pagarle con i galeoni fu una delle scene più esilaranti della mia vita. Alla fine, riuscii a fargli capire che doveva usare i foglietti verdi, se vogliamo usare le sue parole.

Be', una volta comprate due macchinine andammo in giro per il commerciale con quelle gridando cose del tipo ''SIAMO DEI PICCOLI PESCI PALLAAAA'' oppure ''ATTENZIONE, SONO VALENTINO ROSSIII'' o ''GENTAGLIERIA, SPOTATEVI CHE DEVO BACIARE VOLDEMORT!''

Fino a quando perdemmo il controllo e finimmo dentro una fontana facendo un bagno fuori programma. Prima che qualcuno potesse acchiapparci per urlarci dietro corremmo via in 'groppa' ai nostri veicoli per Londra rischiando più di qualche volta di sfracellarci la testa.

All'ora di cena non tornai a casa, ma andai in un ristorante cinese per comprare delle alette di pollo che mangiai con Fred distesa su uno dei tanti prati di Londra ridendo come matti e salutando tutti i vecchietti che passavano.

Probabilmente bloccammo la crescita anche ad un bambino che ci passò vicino, ma pazienza.

Vagammo per le strade di Londra intrufolandoci in tutti i locali possibili (anche se io rimasi lontana dall'Alcool). Quando fummo stanchissimi ci buttammo in un altro prato vicino al Ponte di Londra a dormire.

Fred si addormentò subito, io invece rimasi sveglia per un po' a fissare la volta celeste e a pensare, per la prima volta, al bacio.

Che poi non era stato nemmeno un bacio e vero proprio, solo uno sfioramento di labbra. Niente di speciale, quindi mi stavo preoccupando per niente.

Fred aveva ragione: potevo sempre trasfigurarlo in un porcospino.

 

 

Nda:

Ciao bella gente, visto che brava? Ho già aggiornato. Va be', a dir la verità dovete ringraziare Chiara che mi ha fatto un po' di pressione xD

Allora. Che ne dite? Vi piace? Recensite!

 

PS: volevo ringraziare Giacomo che si è preso la briga di leggere la mia storia e che (insieme a Jlenia) ha sorbito la mia crisi pre-rappresentazione.

 

PS2: La visione sul Re Lear è stato il pezzo finale della rappresentazione che ho fatto mercoledì e quelle erano le mie battute preferite, anche se il significato per questa storia è completamente diverso.

 

PS3: Volevo ringraziare Papof87 che ha recensito quasi tutti i capitoli e tutti gli altri che hanno speso un minuto del loro prezioso tempo per aumentare la mia autostima. Un ringraziamento anche a Fleur Dolohov che mi ha mandato un messaggio dicendo 'questa è la fanfiction più bella di tutta efp'. Ringrazio anche Chiara Telandro (fa ciao con la manina) che mi ha sopportato per nove anni, mi da consigli fondamentali sulla storia e che ha gradito il capitolo precedente a questo.

 

XBOX: Salute anche tutte le altre Dugonghe che leggeranno la storia. Tanto love per voi.

Tanto love anche per tutti voi che seguite la storia, mamma mia, vi sposerei tutti quanti *^* non siete contro la poligamia, vero? HAHAHAHAHAHA xD

.

Voglioungufo. 

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Capitolo 13
*** Ho un baule figo. Problemi? ***


Nda:

Ciao, le faccio qui sopra per spiegarvi un po' la struttura del capitolo.

L'introduzione è un Flashback di Giorgia che ricorda Gabriele; finisce con Giorgia che visita la tomba dell'amico.

A metà, quando Giorgia va a vedere la rappresentazione teatrale le parole in corsivo sono sprazzi di visone e sono collegate a quello che dicono gli attori sul palco.

Un ultima cosa, ma questa non centra con il capitolo: ho deciso che sarà una seria di tre storie lunghe e qualche missingmoment. Titolo ancora da decidere xD

Au revoir!

 

 

 

 

 

A Chiara,

perché sei tu e basta.

Cap. 13

Sì, ho un baule figo. Problemi?

**

«Ehi, Giorgia!» l'urlo di Gabriele che corre verso di te.

«Gabri!» un abbraccio impacciato.

«Stai bene?»

«Non tanto...»

«Che c'è?»

«Perché mamma non c'è? Forse sono così orribile che ha voluto abbandonarmi» occhi pieni di lacrime.

«Tu non sei orribile, sei la mia amica, la bambina più bella del mondo» un abbraccio sincero un sorriso e un «ti voglio bene» sussurrato ma urlato con il cuore.

 

«Ti voglio bene!» urlato con le lacrime agli occhi davanti a una tomba fredda e grigia.

**

La mattina dopo quando mi svegliai non riuscivo a capire perché mi trovassi in un prato tutta infreddolita con la felpa sporca di rugiada; mi girai e vedendo Fred ancora nel mondo dei sogni accanto me ricordai tutto.

Con un colpo di reni mi alzai tutta indolenzita, poi appoggiai la bocca all'orecchio di Fred e urlai «I MAGIAMORTE CI STANNO ATTACCANDO!»

Fred sobbalzò prendendo la bacchetta puntandomela contro urlando gridi beduini. Quando vide che era tutto tranquillo mandò una di quelle bestemmie che restò nella storia per sempre. Mi buttai a terra rotolando e ridendo come una matta. Fred mi raggiunse subito dopo.

Continuammo così facendoci il solletico o a 'picchiarci' fino a quando il mio stomaco brontolò così tanto da far tremare l'intera Londra. Così andammo in un bar a fare colazione (io con un frullato, naturalmente).

«Domani è il grande giorno» mi disse lui mentre masticava la sua focaccia.

Annuii, emozionata.

«Ti metterai nel scompartimento Weasley-Potter??» mi propose. Feci per aprire bocca ma mi precedette «L'Individuo non ti darà fastidio, ce ne occupiamo io e James»

«Hai detto così anche ieri» storsi il naso.

«Questa volta sarà diverso» e mi fece l'occhiolino. Sorrisi timidamente mentre finii il mio frullato.

«Meglio che vado a casa» dissi «papà sarà in pensiero»

«Oh merda!» e si batté una mano nella fronte «mamma m'ammazza! Vado, prima che chiami gli Auror, ciao!» e si materializzò.

Sorrisi e mi incamminai verso casa.

 

Feci scattare lentamente la serratura e aprii la porta sperando che non cigolasse. Erano le sei e mezza del mattino e papà stava di sicuro dormendo ancora. In punta di piedi, senza far rumore, andai in camera mia e mi stesi nel letto vestita per riaddormentarmi poco dopo.

 

Quando mi risvegliai era mezzogiorno passato e papà mi stava scuotendo delicatamente la spalla.

«Dove sei stata questa notte?» mi chiese, quando mi alzai sbadigliando e mi misi seduta.

«Ho dormito fuori con Fred...E non stare a pensare male!» sbottai, quando papà spalancò gli occhi e io diventai tutta rossa.

«va bene, va bene» disse alzando le mani in segno di resa. Ridacchiai scendendo dal letto.

Mentre pranzavamo lanciavo delle occhiate e Federico, chiedendomi se era il caso di dirgli cosa era successo il giorno prima; alla fine rinunciai visto che non sapevo come spiegargli il tutto.

«Allora, facciamo i bagagli?» mi propose, ricordandomi la mia partenza.

Mi sedetti a terra penando O Mio Dio!; vedete, io a fare i bagagli non sono brava, fosse per me porterei via tutto quello che ho -compresi i mobili.

Per questo è una vera impresa convincermi che a Hogwarts non mi servirà a nulla la mia collezione di conchiglie o la mia lampada o il telescopio per bambini o i costumi da spiaggia o i giochi di società come Cluedo.

Quindi, non dovete sorprendervi se feci un incantesimo al baule in modo che contenesse tutto o che finimmo alle sei di preparare tutto.

Uscendo dalla stanza fissai le cose che avevo lasciato là e mi salì un groppo in gola che mi misi a piangere e papà fu costretto a metterle nel baule -impiegandoci un'altra ora-.

Dopo mandai papà a non-mi-ricordo-dove per comprare non-mi-ricordo-cosa per comprare le due cose più importanti -e vergognose- di quel viaggio.

Quatta quatta corsi verso il supermercato più vicino per comprare...pacchi di assorbenti e pillole per i dolori mestruali. La cosa che mi diede più fastidio fu l'occhiata di sorpresa che la commessa lanciò ai trenta pacchi di assorbenti alla cassa.

Indi, tornai di corsa a casa per ficcarli alla malo modo nel baule.

«Ehi, Giorgia! Eccomi. Scusa se ci ho messo un po' ma non lo trovavo» sentii papà urlare dall'entrata.

Appena in tempo!

Il resto di quel giorno lo passammo camminando per Londra facendo fuori frullati e gelato. Ma papà mi fece una sorpresa: mi portò a teatro.

Ora, indovinate il nome dello spettacolo. Sì, avete visto giusto; mi portò a vedere Re Lear.

Per tutto lo spettacolo rimasi zitta e rigida, fissando le scene cercando di cogliere ogni più piccolo particolare che mi potesse aiutare a risolvere l'enigma della mia visione.

 

«Mio signore, il mio amore è più grande di quanto le parole possono esprimere. Più caro della vista, dello spazio e della stessa libertà, al di là di ciò che si valuta ricco o prezioso»

«Tu mi ami?» occhi che mi guardano attenti e tristi.

«Sì» una bugia.

«Niente»

«Niente? Aggiusta un po' il tuo discorso se non vuoi guastare le tue fortune»

«Infelice come sono non riesco a sollevare il cuore fino alla bocca. Amo vostra maestà secondo il vincolo filiale, ne più ne meno.»

«Lasciami andare, ti Odio!» urlo disperato di chi vuole dire il contrario ma è costretto a mentire.

«Sai dirmi, ragazzo mio, la differenza tra un buffone amaro e uno dolce?»

«No, birbante. Insegnamela tu.»

«Mi hai mentito per sedici anni!»

«Era l'unico modo per tenerti al sicuro»

«Il buffone variopinto qui e l'altro eccolo lì»

«Mi dai del buffone, ragazzo?»

«Tutti gli altri titoli li hai già dati via. Ma con quello, invece, ci sei nato»

«Due scelte?»

«Sì, e in entrambi i casi perderai chi ami»

«Credete che io stia per piangere? No, non lo farò»

«Io ti sto ancora aspettando»

«Allora smettila di farlo. Io non tornerò. Devi combattere»

«So che non mi amate. Se non sbaglio le vostre sorelle mi hanno trattato male, voi ne avevate motivo, loro invece no.»

«Nessun motivo, nessuno»

«Sono bagnate le tue lacrime? Vi prego, non piangete.»

«Tu mi odi, me lo hai detto»

«No, non ti odio. Era solo per proteggervi.»

«Non te ne andare via di nuovo, ti prego»

«E tu, come sei venuto a conoscenza delle sventure di tuo padre?»

«Dando lor sollievo»

«Non puoi ferire chi è protetto dal sacrificio.»

«E' questa la fine promessa?»

«O l'emblema di quell'orrore?»

Un corpo tra le mie braccia, un corpo morto.

«Il mio buffone, hanno impiccato il mio povero buffone»

Papà fece cadere un berretto a sonagli vicino a me.

Pum.

Poi mi diede le spalle e cadde.

 

Gli applausi risuonarono nel teatro mentre delle lacrime silenziose mi scendevano dagli occhi. Vedere quello spettacolo mi faceva sempre quell'effetto. Mi ricordava quando dietro alle quinte mi facevo prendere dal panico totale e Gabriele che cercava di calmarmi.

Mi alzai in piedi battendo le mani più forte che potevo sorridendo come un ebete.

Non sapevo perché mentre gli attori parlavano avevo avuto quelle mini-visioni, ma non mi interessava.

Non mi interessava che era tardi e alle undici sarebbe partito il treno.

Non mi interessava se in quel treno avrei rivisto l'individuo.

Non mi interessava niente. Volevo solo battere le mani e piangere fino allo sfinimento.

E non mi interessava neanche sapere perché.

Quando tornai a casa mi sentivo leggere come una piuma e nessun sogno turbò la mia spensieratezza per la tutta la notte.

 

**

«Mannaggia a Tosca! Siamo in ritardo» ecco cosa urlavamo io e papà mentre attraversavamo la stazione slittando con il carrello fino a sfracellarci neri muretti.

«Quanto manca?» urlai.

«due minuti»

«OHPORCAMERDA!»

Attraversammo la barriera tra il binario dieci e nove sempre correndo come psicopatici e una volta dall'altra parte investimmo un signore con i capelli biondi, leggermente stempiato e tratti affilati.

«Ma cosa cavolo..?!» sbraitò quando si rialzò.

«Scusi, siamo in ritardo con il treno» dissi cercando di rialzarmi dal groviglio formato da me, da papà, dal baule e da Fragola che tubava indignata.

«Giorgia?» disse una voce familiare. Alzai lo sguardo per vedere Scorpius che se la rideva sotto i baffi.

«Aiutami invece di ridere» dissi divincolandomi con il solo risultato di incastrarmi di più.

«Ahi, Giorgia fa piano ci son..ahia!»

«Scorpius tu conosci questi tizi?» chiese quello immaginai essere suo padre.

«Sì» disse lui ridendo tirandomi per una mano. Una volta libera dissi:

«Piacere, Giorgia Helen Flox e questo è mio padre Federico Flox. » e tesi una mano.

Il signor Malfoy mi guardò come se fossi una foca che ballava il tango.

«Oh, eccovi qui!» e arrivò una signora con capelli castani ricci e due occhi verde chiaro come quelli di Scorpius «Il treno parte tra un minuto e voi siete ancora qui? Oh, voi chi siete? Amici di Scorpius? Piacere, io sono Astoria Malfoy, sua madre» ci investì lasciandomi un po' shoccata.

«Mamma» cominciò Scorpius arrossendo «Questa è Giorgia con suo padre, il signor Flox»

«Piacere! Ma come fa a sembrare così giovane? La cosmetica in questo secolo fa magie. Ma che ci facciamo ancora qui?! Il treno sta partendo e voi non vorrete mica restare qui, vero? Su, su andate»

E senza sapere come mi ritrovai dentro il treno. Feci ciao con la manina a papà che aveva l'espressione di chi si è perso qualche passaggio.

Il treno fischiò e cominciò a muoversi sempre più velocemente.

«Scorpius?» chiamai.

«mh?»

«ma che droghe assume tua mamma?»

Scoppiò a ridere «Nessuna, è sempre così.»

«Stai scherzando?»

«No, ma dopo un po' ti fai l'abitudine» e scrollò le spalle. Annuii poco convinta prima di seguirlo verso lo scompartimento dedicato al Clan. Naturalmente non ci stavano tutti e infatti molto spesso se ne stavano in giro per il treno ma quello era lo scompartimento di riferimento.

Quando entrai dentro c'era... be', dentro c'era il finimondo. Ora ditemi chi può essere così intelligente da far esplodere un'intera cassa di fuochi d'artificio marca Tiri Vispi?

Fred e James, naturalmente.

«Questi sono tutti matti!» disse una terrorizzata Molly che correva fuori dallo scompartimento.

Io e Scorpius la fissammo sbalorditi. Ma come darle torto? Dentro c'era la nebbia e si vedeva ogni tanto la scintilla di qualche esplosione con urli e risate allegate.

«Fred, sei un coglione» ahhh, il linguaggio forbito di Dominique.

Poi la nebbia sparì rivelando Rose in mezzo alla stanza con la bacchetta in mano.

«Oh, ciao amore» disse angelicamente, poi aggiunse vedendo James prendere una cosa non meglio identificata «Io non ci proverei se fossi in te! Pietrificus Totalus

James si bloccò in una posizione innaturale e dallo scompartimento si sentì un respiro di sollievo collettivo.

«Non so proprio come facciamo a vivere con questi due» scosse la testa Franck.

«Forse perché siamo due fighi assurdi?» insinuò Fred. Mi andai a sedermi vicino a lui sorridendo e salutando tutti, tranne l'individuo che guardava cocciutamente fuori dal finestrino.

«Scusate, cerco James Potter... avevamo un appuntamento» disse una ragazza mora entrando nello scompartimento. Rose sospirò e spezzò l'incantesimo in modo che James seguisse la ragazza.

«un appuntamento?!» chiese isterica Dominique quando i due uscirono.

Scorpius si sedette vicino a Rose mentre Lily si alzava stizzita e ordinava a Hugo e Luis di seguirla fuori. Lucy andò alla ricerca di Molly mentre i gemelli Scamandro corsero a rintracciare qualche loro amico e Roxanne uscì con una sua amica.

Nello scompartimento restammo solo io, Fred, Rose, Scorpius, Dominique, Franck e l'Individuo.

«in che casa ti aspetti di essere smistata?» chiese Franck per spezzare il silenzio che si era creato.

«Non lo so, papà ha detto che lui era un Grifondoro... voi in che case siete?»

«Grifondoro» risposero Dominique, Fred e Rose.

«Corvonero» risposero Scorpis e Franck.

«mh.. allora spero in una di queste due» sorrisi.

«No no, a Grifondoro!» decise Fred.

«Vedremo» dissi sorridendo timidamente.

Domi fece una critica sui G.U.F.O e partì l'intera conversazione. Alb..no, l'individuo, rimase sempre muto fissando fuori.

Quando passò il carrello dei dolci il mio stomaco brontolava talmente tanto che si sentiva per tutto il treno. Mangiai tutti i tipi di caramelle, assaggiai anche tutti i pacchetti di Gelatine Tutti Gusti+1.

Dopo che nello scompartimento rimasero solo cartacce Rose Scorpius andarono ad appartarsi da qualche parte, Fred corse a cercare James, Dominique andò in bagno e Franck raggiunse un compagno di casa.

E nello scompartimento rimanemmo solo io e l'Individuo. Per niente interessata a fare conversazione mi alzai prendendo il mio bagaglio nella reticella per prendere un libro e leggere.

Evidentemente, qualcuno su nel cielo ce l'aveva con me visto che il treno frenò bruscamente e io persi il mio poco equilibrio finendo addosso all'Individuo (se vi state chiedendo quando comincerò a chiamarlo con il nome di battesimo sappiate che la risposta è mai).

«Uh.. eh.. ah» bofonchiai arrossendo e tentando di rialzarmi. Ma lui mi fermò facendomi avvampare ancora di più.

Non, non ci fissammo negli occhi come nei romanzetti rosa che vendono nell'edicola sotto casa mia. Anzi, tentai di aggrapparmi ai suoi difetti.

Il naso era troppo largo, aveva un brufolo nella guancia e le sue labbra erano un po' screpolate.

«Vuoi mollarmi?» gli soffiai. Lui fece no con la testa.

«Stupido bambino» lo insultai. Aveva la sua mano nel mio fianco e improvvisamente mi sentii la pancia vuota.

Aiutatemi, pensai disperatamente.

Era troppo vicino e non volevo un altro pseudo-bacio; ormai il mio cervello mi stava lasciando completamente dallo sforzo di trovare una via di fuga che mi lasciò andare.

La cosa mi lasciò totalmente spiazzata che rimasi ferma in quella posizione anche se non ero più costretta.

Lentamente, molto lentamente, mi alzai e tornai a sedermi al mio posto per leggere il libro. Proprio in quel momento la porta dello scompartimento si aprì ed entrò Anna, il malefico criceto.

«Albus, finalmente ti ho trovato! Ti stavo cercando per tutto il treno esultò» e corse a sedersi vicino a lui ignorandomi completamente.

«Ciao» sorrise amichevole.

«sì, ciao» dissi acida: odiavo profondamente essere ignorata e no, non sono egocentrica!

«Ah, sei tu» disse Anna, fissandomi come se fossi uno scarafaggio.

«No, sono un puffo» risposi a tono.

«La tua ironia fa morire.» si girò di nuovo verso l'individuo e continuò «e se andiamo in un altro scompartimento? Sai, devo dirti una cosa importantissima»

L'individuo sorrise e annuì seguendola fuori. Così rimasi sola, nello scompartimento insieme al mio libro.

**

Dopo il viaggio in treno mi toccò andare con i primini per il lago. Fu molto divertente rischiare di caderci dentro per quattro volte e alla terza venire salvati dalla piovra.

«Per tutti i Draghi, cerca di calmarti» mi riprese Hagrid, il mezzo-gigante che ci accompagnava mentre salutavo freneticamente la piova gigante e cadendo in acqua per la quarta volta.

Nonostante tutto io provai una profonda stima per quella piovra che la considerai (insieme a Fragola) il mio nuovo animaletto domestico e la ribattezzai Lizzy.

In ogni caso, quando arrivai nella sala grande ero bagnata fradicia e facevo tutto un tremare. Mentre passavo trai tavoli di Corvonero e Tassorosso Franck e Scorpis mi fecero Ok con i pollici.

«Un attimo di attenzione, prego» disse il vice preside, un signore corpulento con un paio di baffi alla francese. «Ora chiamerò i vostri nomi in ordine alfabetico e quando sarete chiamati verrete qui ad indossare questo» e indicò un vecchio cappello nero con una cucitura storta alla base. Il famoso Cappello Parlante.

Il vice preside srotolò una lunga pergamena e con voce monotona cominciò a elencare i nomi dei vari bambini vicino a me.

Li vidi uno dopo l'altro salire tremanti come una foglia anche mentre il Cappello Parlante urlava la casa all'intera casa.

''SERPEVERDE!''

''TASSOROSSO!''

''GRIFONDORO!''

''CORVONERO!''

Dopo la prima manciata di nomi la mia poca pazienza era andata a farsi fottere e senza farmi notare avevo intavolato una conversazione con Scorpius e Franck scommettendo la casa in cui sarei finita.

«Io dico Corvonero come noi» disse Scorpius «Hai una mente molto perspicacie e da quel poco che so sei brava con le magie. Inoltre non studiavi Greco e Latino?»

«Sì, ma cosa centra?»

«Centra che hai una mente allenata»

«Ma anche Rose è intelligente» si intromise Franck «eppure è finita a Corvonero»

«sì sì» disse noncurante Scorpius «il cervello buono lo ha, il problema è che non lo usa» tutti e tre ridacchiammo.

«No, io dico Grifondoro. Punto due galeoni» disse serio Franck.

«Due galeoni? E due galeoni siano!» Scorpius prese la mano che l'altro gli offriva.

«Mh» dissi «non lo so, a me piacciono tanto i colori della casa di Corvonero...».

«brava! Batti il cinque!» disse Scorpius.

«Flox Giorgia!»

«Non so, il rosso e l'oro dei Grifondoro sono troppo accecanti..» dissi battendogli il cinque.

«Signorina Flox Giorgia!»

«Hai perfettamente ragione, anche se devo ammettere che il verde dei Serpeverde non mi dispiace» pensò Scorpius.

«Flox Helen Giorgia!»

«Sì, ma è troppo smorto. Magari più intenso e chiaro... però sta bene con l'argento...»

«No, dopo stonerebbe troppo.»

«Flox Helen Giorgia!»

«Dici? Mh, probabilmente hai ragione.»

«Giorgia» mi chiamò Franck sussurrando.

«Io ho sempre ragione» lo ignorò Scorpius.

«SIGNORINA FLOX!»

«Oh, ma che volete da me?!» sbottai girandomi notando che la Sala Grande era silenziosa e tutti gli sguardi erano puntati su di me.

«Noi» cominciò il vice preside molto lentamente «vorremmo che lei» e sottolineò il lei «indossi questo cappello» e con l'indice indicò il Cappello Parlante.

«Oh...ah, sì. Giusto» balbettai avvampando mentre Scorpius e Franck sghignazzavano alle mie spalle. Cercando di non inciampare sui miei stessi piedi andai a posizionarmi sullo sgabello.

«Lei» disse l'uomo indicandomi «è Giorgia Flox e frequenterà il sesto anno.» dopodiché fece calare il cappello nella mia testa.

Oh, oh, cosa abbiamo qui?” Disse una vocina nella mia testa.

Una persona che ha appena fatto una figura di cacca davanti a tutta la Sala. Risposi.

Hai un grande potere dentro di te”.

Quello delle figure di merda? Lo so, mi viene naturale.

La voce ridacchiò. “No, io sto parlando della magia dentro di te. Ma dove ti posso mettere? Hai l'ambizione dei Serpeverde, ma sei leale come un Tassorosso. E c'è molta intelligenza in questa testolina rossa come in una vera Corvonero. Ma ti vedo pronta a rischiare, vedo che hai il coraggio e la nobiltà... quindi penso che sia meglio..”

«GRIFONDORO!»

Dal tavolo con il colori rosso e oro partì un boato di applausi e sentii chiaramente urlare:

«VAI GIORGIA, VAIIIII! SPACCA TUTTO!»

Ridendo corsi verso quel tavolo proprio mentre la preside si alzava e diceva:

«Un attimo di attenzione, prego» la sala piombò nel silenzio «siamo arrivati all'inizio di questo nuovo anno scolastico e spero» e guardò Fred e James «che quest'anno sia tranquillo e sereno, senza intoppi o bagni che saltano in aria» la Sala scoppiò in una risatina «Per conoscere meglio le regole scolastiche rivolegrsi a Mastro Gazza. Non ho altro da dire se no BUON BANCHETTO»

E davanti ai miei occhi si aprì il paradiso. Cibo a volontà!

Mi ci gettai a capofitto ignorando Rose e Dominique che cercavano di fare conversazione con me.

Quello fu un vero banchetto.

Probabilmente pensarono che fossi una morta di fame visto la voracità con cui divorai ogni coscia di pollo.

Ma sapete una cosa?

Al diavolo quello che pensavano, il cibo era ottimo!

**

Ci stavamo per alzare quando la professoressa McGranitt mi raggiunse dicendo:

«Signorina Flox, abbiamo un problema con il vostro bagaglio» e dovetti seguirla all'entrata dove un uomo con i capelli spelacchiati e la fronte corrucciata se ne stava insieme una gatta e alcuni Elfi Domestici. Questi al nostro passaggio s'inchinarono facendosi da parte.

«Cos'ha il mio baule che non va?» chiesi.

«Ha un contenuto molto bizzarro» disse la professoressa.

«Bizzarro?» richiesi, senza capire.

«S', molto bizzarro.» e aprì il baule. Quando fu aperto ci mise dentro tutta il braccio e mi chiese:

«Per quale motivo ha usato un incantesimo per allargarlo?»

«Be', perché non mi stavano le cose» risposi con fare ovvio.

«E mi dica.. a cosa servono quattro barattoli di Nutella?» e li tirò fuori.

«Cinque, i barattoli sono cinque» la corressi «accidenti, l'altro si deve essere spostato!»

«E cosa se ne fa di un dizionario di Greco?»

«Non potevo lasciarlo a casa tutto solo!»

«Certo, capisco... ma per quale motivo dovrebbe aver bisogno di questo aggeggio babbano?»

«ehi!» replicai offesa «quell'aggeggio babbano serve a fare i Frullati!»

«E cosa sono questi libri?» continuò tirando fuori due mattoni.

«La Divina Commedia e l'Odissea. Sa, quando ho voglia di leggere qualcosa...»

«Quando si dice una lettura leggera..» li fissò la professoressa «comunque, mi sfugge il motivo di portarsi dietro un mappamondo»

«L'ho comprato quando sono stata a Milano, non potevo lasciarlo a casa!»

«E di questo pupazzo?» e fissò il mio cane peluche mezzo andato.

«Mi tiene compagnia da quando ho tre anni! E si chiama Macchia» replicai offesa.

«Anche questo cuscino blu?»

«Quello... quello me lo ha regalato un mio amico» dissi prendendolo e stringendolo forte. Quello era il cuscino preferito di Gabriele, non poteva toccarlo!

«Questo vecchio quaderno è per gli appunti?»

«Questo vecchio quaderno» la scimmiottai «contiene tutta la storia della letteratura italiana!»

«Molto utile. Aspetti... perché si è portata dietro uno specchio?!» e lo tirò fuori a fatica, visto che era grande come me.

«Quello specchio mi fa vedere bella» risposi tranquilla.

«Fondamentale... E a cosa servono questi dischi?»

«Sono i cd di tutte le mie recite di teatro!»

«E dentro questa cassa cosa c'è?»

«Quale? Intende quella blu con il servizio di porcellana, quella verde con le mie conchiglie o quella gialla?»

«Quella gialla.»

«Ah, là dentro ci sono tutti gli scherzi del negozio di mio padre»

«Capisco» la tirò fuori e continuò «Tenga, Mastro Gazza, credo che sia meglio tenerla sotto la sua protezione» la fissai allibita.

«E quei pacchi colorati in fondo cosa sono?» chiese.

«Oh» dissi mentre un ghigno sadico mi spuntava sulle labbra «probabilmente quelli sono i miei assorbenti.»

Il sognor Gazza divenne rosso mentre la professoressa McGranitt aprì la bocca senza poter controbattere nulla. Poi sospirò.

«Dilly» un Elfo Domestico si fece avanti quando la preside parlò «porti la signorina Flox al suo dormitorio. Qui abbiamo finito»

L'Elfa fece un inchino prima di trascinarmi squittendo «per di qui, signorina, Dilly l'accompagna subito, signorina. Lei sarà stanca signorina»

Solo in quel momento mi accorsi di tutta la stanchezza che avevo e fu per questo che non seppi mai come finii tra le lenzuola del mio letto a baldacchino con un sorriseto soddisfatto.

Ma prima di addormentarmi mi accorsi che nel comodino c'era un biglietto con scritto: Mi perdonerai mai? Al.

 

 

2nda:

Ciao mondo,

piccolo sondaggio: Volete che Giorgia perdoni Al o continui a fare l'arrabbiata?

A voi la scelta c;

 

Al prossimo capitolo *^*


 

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Capitolo 14
*** Il coltello, l'arancia e la sterlina. ***


Cap. 14

Il coltello, l'aranciae la sterlina.

**

La stupidità è una cosa che mi lascia sempre perplessa e sorpresa. Ci sono persone, come James Sirius Potter, che devono avere per forza l'intelligenza degli uomini Erectus. Spesso fissandolo mentre cerca di convincere la minestra a diventare blu mi chiedo se lui e Albus sono realmente fratelli. Intendiamoci, uno non può essere un parente dell'uomo di Neandhertal e l'altro avere una mente così evoluta e contorta e più di una volta mi sono chiesta se la signora Potter non abbia mentito sul padre di James.

Oltre alle persone stupide ci sono anche le cose stupide.

Come i cuscini o i materassi duri. Spiegatemi il loro senso! Questi oggetti dovrebbero tenere le teste e corpi comodi e quindi servono morbidi, non così duri che ti danno la sensazione di essere distesi sul pavimento.

Oltre alle persone e alle cose stupide ci sono anche le idee stupide.

Come il razzismo, quella sì che è un'idea stupida. Come se una persona fosse buona e cattiva dal colore della sua pelle. Quindi, se io adesso mi dipingo la faccia fuxia significa che sono una pazza? Mh, sì. Ma questo è un dettaglio. Un'altra idea stupida, per fare un esempio, era l'idea che io e Fred fossimo fidanzati. Quando l'ho scoperto ho rischiato di soffocarmi con la mia stessa saliva.

Andando avanti con la lista vediamo che oltre le persone, le cose e le idee stupide esistono anche le barzellette stupide.

E, per quelle, ho una dote naturale.

**

La mattina dopo quando mi svegliai avevo un terribile mal di schiena. Il motivo era il materasso troppo duro sul quale avevo dormito.

La cosa mi lasciò totalmente spiazzata, visto che i materassi a casa mia sono tutti soffici. Un'altra cosa che mi lasciò spiazzata fu il fatto che c'era una sveglia che suonava.

Una sveglia in camera mia?! E da quando?!

La sorpresa più grande fu l'ora: 6:50

«MA PORCA DI QUELLA GATTA IN CALORE! PAPAAAAA', PERCHE' CAVOLO HAI MESSO LA SVEGLIA?!?!?!» sbraitai.

«Giorgia? Tutto bene?» mi chiese titubante Rose alzandosi dal letto vicino al mio.

«uh?» sbuffai guardandola stralunata. Poi, tutti i ricordi mi tornarono alla mente e mi aprii in un sorriso enorme:

«mai stata meglio!» e scattai in piedi.

«sicura?» mi chiese per niente convinta.

«Certo! Sono a Hogwarts! Come dovrei sentirmi, male?!»

«Sì, ma calmati prima di svegliare tutta la torre»

«oh, ma che se ne importa!» saltellavo come una molla e più di una volta rischiai di inciampare. Rose mi agguantò per un braccio prima che distruggessi l'intero dormitorio e m'intimò di calmarmi.

Quando fummo pronte scendemmo in Sala Grande per fare colazione insieme a Dominique.

Quando entrammo tutti i ragazzi nella sala si girarono a guardare quest'ultima bramosi.

«Allora, gentaglia!» disse Rose sedendosi «come avete dormito?»

«E chi ha dormito?» chiese beffardo Fred.

«Cosa avete combinato?!» chiese subito preoccupata e minacciosa.

«mhh, niente di speciale...» disse vago James sorridendo.

«Se per colpa vostra perdiamo ancora la coppa delle case giuro che vi uccido!» sbraitò «Non ho nessuna intenzione di vedere Scorpius con quel sorrisetto»

«Tranquilla, tranquilla» fece Fred «nemmeno noi vogliamo perderla»

Mentre parlavano la mia voglia vitale era tornata la solita che avevo la mattina alle 7:30 e stavo mangiucchiando un toast con la nutella (visto che serviva?) quando una ragazzina vicino a me trattenne il respiro e sussurrò all'amica vicino:

«ma quanto è figo?»

Alzai la testa seguendo il suo sguardo fino alla porta d'entrata e vidi...

Albus?!

La cosa mi lasciò spiazzata, anche perché altre ragazze avevano avuto la stessa reazione di quella seduta vicino a me e lo guardavano con occhi da pesce lesso.

Mandò sorrisi a tutte e più di una volta fece l'occhiolino alle ragazze prima di sedersi davanti a me e Rose.

«'Giorno» disse prendendo una scodella di cereali.

Non rispondemmo guardandolo entrambe malissimo.

Ero ancora indecisa se perdonarlo o no quindi lo avrei continuato a guardare male fino alla Decisione.

La ragazza accanto a me lo fissava adorante. Non era molta grande, minuta e probabilmente era del secondo anno, terzo al massimo.

«Hanno già consegnato gli orari?» chiese Dominique.

«No, Neville deve ancora passare.» sbadigliò Fred.

«Pofessor Paciock,» lo corresse un signore alto, con i capelli marrone scuro e gli stessi occhi di Franck.

«Certo, certo zio» continuò James ridacchiando.

«Solo perché sono il tuo padrino non significa che a scuola non mi dovete chiamare professore» aveva una voce bonaria e mi ispirava simpatia.

«Allora» continuò sfogliando una plica di fogli «Fred. James questo è il vostro orario» e porse due foglie ai sopracitati.

«Mhh. Prima ora Incantesimi» costatò.

«Allora, Rose... tu sei al sesto anno quindi dobbiamo decidere le materie che seguirai» disse rivolto alla mia amica «vorrei ben sperare che tu continua Erbologia.»

«Certamente. E vorrei anche continuare Pozioni, Incantesimi, Difesa Contro le Arti Oscure e Trasfigurazione»

«Allora eccoti l'orario...Oh, Dominique! Tu cosa intendi fare, invece?» chiese.

«Come Rose, ma invece di Pozioni faccio Astronomia»

«Mh.. sarà un po' complicata la faccenda... aspetta che sistemo...» fece un gesto con la bacchetta in un foglio bianco che si riempì con una colonna di materie e orari.

«Ecco, adesso è sistemata. Albus, tocca a te» continuò con la consegna. «Vediamo... vediamo...oh, ecco qui. Bene, immagino che seguirai Erbologia, Difesa Contro le Arti Oscure e Incantesimi»

«Anche Trasfigurazione» corresse lui.

«Mh, sì. Ah, il professor Lumacorno si congratula per l' Oltre Ogni Previsione per pozioni e chiede se sei interessato a continuare» poi si avvicinò con fare cospiratorio «sembrava molto spaventato da questa aspettativa.»

«Non lo so, prof. Ci penso un attimo» L'Individuo rise facendo sospirare la tipa vicino a me.

«Tu devi essere la signorina Flox» disse il professore avvicinandosi «incantato!» e fece il baciamano.

«G-grazie» balbettai.

«Allora, ottimo G.U.F.O, davvero. Cosa intende studiare quest'anno?»

«Abbastanza materie» risposi.

«Dica pure»

«Inanzi tutto Divinazione, Trasfigurazione e Antiche Rune... poi pensavo a Difesa Contro le Arti Oscure, Erbologia e Pozioni» snocciolai.

«Niente incantesimi?»

«No» risposi semplicemente.

«Perfetto. Eccoti l'orario. Uhm, avete subito Difesa, buona fortuna!»

«Neville?» chiese Alb..No, l'Individuo.

«Professore, professore» lo corresse bonario «hai deciso?»

«Sì» e mi fissò «continuo con pozioni»

«oh oh, sono sicuro che il professor Lumacorno farà i salti dalla gioia» era una mia impressione o era ironico? «Be', ci vediamo fanciulli!» e andò a distribuire gli orari al resto del tavolo.

Fissai il mio foglio «Mhh, prima ora Difesa Contro le Arti Oscure, poi divinazione, dopo pranzo pozioni...»

«Albus, tu sei pazzo!» disse James ringhiandogli dietro. «come ti è saltato in mente di fare pozioni?! Tu sei negato! Riempirai i sotterranei di quella sostanza appicciocosa verde malato ancora una volta!»

Il sopracitato pazzo fece la spalle e sorrise alla ragazzina vicino a me.

«Come ti chiami?» le chiese

La ragazzina sbiancò, si guardò in torno per vedere se si riferiva a lei poi sussurrò «Giada...»

«Bel nome!» e gli occhi della ragazzina s'illuminarono «Ti posso accompagnare alla lezione?»

La ragazza era in procinto o di svenire o di vomitare arcobaleni e si limitò a un sì con gli occhi a forma di cuore come nei cartoni giapponesi.

«Pedofilo» borbottò Rose.

**

A Difesa contro le Arti Oscure le cose andarono abbastanza bene. Le insegnava un scozzese di cognome McJell con i capelli rossi e ricci. Appena lo vidi rischiai di rompermi un paio di costole dal trattenere le risate: indossava il kilt.

Aveva una 'erre' molto pronunciata e ogni volta che parlava sembrava che facesse le fusa.

Ci fece fare una prova pratica sulla difesa contro tutti gli incantesimi che avevamo imparato nel corso degli anni mettendoci in gruppi da due.

Appena lo disse quasi tutto il sesso maschile presente nella stanza corse da Dominique ma lei li snobbò mettendosi in coppia con una Corvonero dall'aria molto innocua.

Saggia scelta, saggia scelta Domi.

Io feci coppia con Franck e passammo tutta l'ora a ridere per via del professore o della mia mimica facciale.

«Hai mai visto Twilight?» mi chiese mentre creava un incantesimo scudo.

«Sì, perché?»

«E sai l'attrice che fa Bella Swan?» e mi lanciò un Stupeficium.

«sì, ho presente. Ma che centra?» chiesi evitandolo.

«Ogni volta che passa il professore hai la stessa faccia!» e si mise a ridere. Questa volta lo centrai in pieno.

Ah, e così io ho l'espressività di un bradipo? Peccato per lui che non ho anche la mira dei bradipi!

«Brrrava, signorrrina Flox! Cinque punti a Grrrifondorrro» Disse passando il professore con il suo buffo accento.

Dovetti trattenermi dal ridergli in faccia e rotolare per terra.

A Divinazione fu meno divertente.

Decisamente meno divertente.

Del gruppetto di cui facevo parte ero l'unica ad averla scelta così mi misi vicino a un gruppo di superstiziose Tassorosso.

«OOOH, guardate! Le foglie da te dicono che incontrerò un ragazzo moro e affascinante» trillò una.

Curiosa lanciai uno sguardo al fondo della sua tazzina e la corressi: «veramente ti dice di stare lontana dai mori»

«Non dire sciocchezze!» disse lei, imputandosi.

«Potrei guardare?» chiese la professoressa Shereen avvicinandosi e prendendole la tazza dalle mani «Mi dispiace, signorina Jhons, ma la signorina Flox ha ragione. Si riguardi dai ragazzi mori»

Ridacchiai soddisfatta.

«Vediamo cosa c'è nella tua di tazzina, Flox!» mi rimbeccò la Tassorosso offesa.

Sbirciai all'interno della mia.

«C'è un gufo... quindi un messaggio» scossi la tazzina, il fondo marroncino di divise a metà come a indicare due strada che si dividono «e questo messaggio mi porterà ad una scelta» scossi ancora una volta la tazzina «adesso c'è... c'è...una lapide spaccata a metà.» balbettai. La professoressa annuì.

«Sì, la tua scelta stravolgerà la morte»

Alcune ragazza mi fissarono spaventate, altre sbuffarono o scossero la testa.

Quando la campanella suonò una ragazzina di Corvonero mi si avvicinò dicendo:

«Ciao, sono Celine»

«Ciao, Giorgia» mi presentai.

«Senti, non preoccupati su quello che dice la professoressa» mi disse dolcemente «se dovrai fare una scelta... be', forse sarà il vestito da indossare ad una festa.»

«Cosa intendi dire?»

«Niente, che spesso le cose non sono quel che sembrano. E la professoressa ama predire cose mistiche» aggiunse in tono confidenziale.

«Ah..»

«Be', ci vediamo in giro»

«Occhei. Ciao» mi girai, ma poi ripensandoci mi voltai chiamandola.«Celine!»

Ma era sparita.

**

Dopo pranzo io, Rose, Dominique, Scorpius e Franck ci dirigemmo verso i soterranei per fare pozioni.

Dentro i paioli le pozioni ribollivano facendo apparire tutto un po' opaco a causa della nebbia.

«Buongiorno ragazzi!» disse un signore anziano entrando. Mi scappò un sorriso, quell'ometto mi ricordava un tricheco con i baffi bianchi e la pancia.

«Pronti per i M.A.G.O?» chiese piazzandosi dietro la cattedra.

«Buongiorno professore» Albus arrivò tutto trafelato, la cravatta al contrario e il fiatone.

«Buongiorno, signor Potter» e lo fissò come se fosse un porta scalogna. E da quel che mi avevano detto gli altri, probabilmente era veramente così.

Albus andò a sedersi dietro al banco che dividevo con Dominique e Franck.

Pur di non salutarlo mi misi a trafficare con il paiolo facendo più casino io che una banda di rinoceronti inferociti.

Forse fu per questo che il professore di Pozioni mi notò e sorridendo disse:

«Oh, lei deve essere la signorina Flox, il nostro nuovo acquisto! Su venga qui!» disse facendo segno di avvicinarmi alla cattedra. Titubante mi alzai e andai.

«Allora, che le pare di Hogwarts per ora?»

«è figa» dissi subito. Il vecchio professore ridacchiò.

«Che ne dice di dire qualcosa ai suoi nuovi compagni? Su, su. Dica qualcosa»

.

Eh?!

Questo è matto!

«Mh...» cominciai mordendomi l'interno di una guancia. Cosa devo dire? Cosa devo fare? Respira Giorgia. Cosa farebbe papà in questo momento?

Tenterebbe di far ridere.

Occhei, proviamo a far ridere questi qui.

«Allora... Facciamo che siete da soli, in un deserto con solo un'arancia, un coltello e una sterlina a vostra disposizione e con questi mezzo riuscite a tornare a casa, come fate?»

«Uhm.. non lo so. Ce lo dica lei, signorina Flox» disse Lumacorno divertito.

«Con il coltello tagliate l'arancia. Dentro l'arancia ci sono le vitamine. Togliete vita e tenete mina: ora fate esplodere la mina che crea un bel trambusto. Togli busto, tieni il tram e con la sterlina prendi il tram che ti porta a casa» dissi.

La classe mi fissò un attimo sconcentrata, poi scoppiò a ridere.

«Complimenti!» disse Lumacorno battendo le mani «Non ci sarei mai arrivato. Bene, vada pure al posto» poi, ritornando serio «La pozione che oggi mi dovrete fare si trova a pagina 13 del vostro libro di pozioni»

«Professore?»

«Mi dica, Potter»

«Non ho il libro... pensavo di non fare pozioni»

«Lo speravo anch'io» lo sentii sussurrare debolmente «Non è un problema, sono sicuro che la signorina Flox sarà felice di mettersi in banco con lei.» disse a voce più alta.

Poveretta, pensai mentre cominciai a leggere le istruzioni.

Aspetta...

Signorina Flox?!

Sconsolata presi le mie cose e andai a posizionarmi al suo fianco, sotto lo sguardo omicida di Franck che andava dall'Individuo al professore.

Ci fissammo in silenzio indecisi sul da farsi. Quel silenzio era talmente insopportabile che pur di spezzarlo cominciai a trafficare di nuovo con il paiolo e cominciando a fare la pozione nel modo più rumoroso possibile.

«Forse è meglio se non ti do una mano...» lo sentii dire. «sono una frana in pozioni» spiegò poi.

«Sì, l'ho sentito dire» risposi monocorde.

«Immagino di non essere ancora stato perdonato» costatò lui.

«Esatto» dissi mentre cercavo di tagliuzzare delle radici in maniera perfetta.

«Cosa posso fare?» sospirò.

«Quello che vuoi»

«Non puoi fidarti e basta?»

«No» vai così, secca e decisa con la voce un po' annoiata per far capire che alla fine non ti importa tanto.

«Ferma, faccio io» disse prendendomi un occhio di coccodrillo che tentavo in vano di schiacciare. «Ecco» e cominciò a spappolarlo.

«Non così tanto?» lo fermai prendendolo per il polso.

«Perché?» mi chiese sorpreso con la vocina da bambino. Be', la parte gli riusciva molto bene visto che i suoi occhi erano così grandi e verdi da suscitare tenerezza e il suo cervello doveva avere un quoziente intellettivo di un bambino di tre anni.

«Perché così il succo esce ma l'occhio è rotto. E a noi serve l'occhio senza il succo per scioglierlo» spiegai pazientemente.

«Ah...» poi mi sorrise «Hai detto 'noi'.»

«Be', stiamo facendo un lavoro a coppia.»

«Quindi sono perdonato?» mi chiese supplicante.

«Forse» Sospirò rumorosamente.

«Allora aspetto»

«Aspetta»

«e spero.»

«Esatto.»

«E magari mi prendo una sterlina, un'arancia e coltello.»

«Cosa? E perché?»

«Perché taglio l'arancia, dentro l'arancia c'è la vitamina. Tolgo vita e tengo mina, la faccio esplodere e crea un bel trambusto. Tolgo busto e prendo con la sterlina il tram per venire da te.»

Lo fissai prima di scoppiare a ridere.

«Albus, sei un coglione!»

«Divertente, però»

«E antipatico!»

«ma divertente»

«E brutto»

«ma divert...Brutto elefante con il tutù! Coglione e antipatico ci possono anche stare, ma brutto proprio no!»

«Invece sei bruttissimo, sembri una scimmia!»

«Non è vero!»

«Sì, invece!»

«Ti dico di no!»

«Ragazzi..»

«Ma io sono una donna e le donne hanno sempre ragione!»

«Ragazzi...»

«Mi offendo»

«E offenditi»

«Ragazzi!»

«T'importa così poco ti me?»

«SIGNOR POTTERE E SIGNORINA FLOX!»

Ci girammo fissando preoccupati il professor Lumacorno.

«Ci ha chiamati, professore?» chiesi angelicamente.

«Sì, volevo avvisarvi che la vostra pozione sta emettendo scintille preoccupanti.»

La fissai e rossa di vergogna dissi «s-sì.. adesso rimedio subito» e mi misi ad armeggiare con gli ingredienti.

Ragionai che quella poltiglia fucsia era da D, ma con un po' di fortuna e attenzione potevo trasformarla in un A.

«Ok» dissi cominciando a lavorare.

«Serve una mano?» mi chiese timidamente.

«NO!» dissi velocemente «stai in un angolo, buono, non parlare e non respirare» e ripresi il lavoro.

Evidentemente l'unico motivo per cui era di quel colore e lanciava scintille era che avevamo saltato il passaggio in cui si mescolava. L'unica era mettere un po' di tritonina grattugiata. Quella pianticella mescolata con il crine di Unicorno avrebbe risolto questa piccola distrazione.

Cominciai a lavorare, mettendoci più attenzione possibile: volevo fare bella figura!

«E se provi con questo..?» mi chiese Al.

«No! Non toccare niente, lascia fare a me» lo liquidai.

Speravo che questo bastasse a tenerlo fermo ma quando mi girai per controllare le istruzioni Al mise un erba che non centrava niente con la pozione.

«Al...cosa hai fatto?!»

«Ho messo la Verbana come dicono le istruzioni»

«La Verbana...» balbettai sotto shock prima di buttarmi sotto il banco.

3...

«Giorgia?»

2...

«Signorina Flox, che ci fa sotto il banco?»

1...

«Tutto bene?»

.

SBAAAAAAAAAAAAAAAAHM!

Il calderone esplose ricoprendo tutti di melma-tranne la sottoscritta che fu abbastanza furba a fiutare il pericolo.

«Ma cosa Diavolo...?» chiese il professore confuso.

Incazzata nera saltai addosso ad Al picchiandolo ferocemente.

«Brutto coglione, guarda cosa hai fatto!»

«Giorgia...Ahia! Ferma»

«Cosa ti è saltato in mente! IO TI UCCIDOOOO!»

«scusa, io ho messo solo la Verb..Ahia!»

«Quella non era la Verbana, era la sua gemella Erat!»

«E che differenza fa? no..no..fermaaaaaahia!»

«La Erat a contatto con il crine di unicorno esplodeee! STUPIDOOOO!!»

«...»

«TU.HAI.FINITO.DI.VIVERE.!»

«adesso basta!» Lumacorno ci divise.

«Punizione per Potter e Flox. E venti punti in meno a Grifondoro!»

Ringhiai verso Albus che spaventato da me si ritrasse il più possibile.

Appena suonò la campanella scappò lontano dai miei sguardi assassini.

**

 

2 settembre.

Caro papà,

Come stai?io bene, la scuola è una figata pazzesca!

Sono finita a Grifondoro e la professoressa di Trasfigurazione mi adora.

Nonostante io sia qui da solo un giorno oggi sono riuscita a farmi mettere in castigo. Però non è colpa mia! Ma di quello stupido di Albus Severus Potter!

Ha osato rovinare la mia pozione, la MIA pozione! Ma non sopravviverà ancora a lungo. Per colpa sua Sabato devo sistemare non-ho-capito-cosa senza magia con l'Individuo (il coglione che ha fatto esplodere la pozione). Ma si può essere cosi idioti? Confondere la Verbana con la Erat? Va bene che l'aspetto è praticamente uguale ma non hanno lo stesso odore! E la Erat esplode a contatto con il crine di unicorno, questo lo sanno anche i primini! Per colpa sua ho perso un 'O' assicurato: io la sapevo fare quella pozione!

Stupido, stupido. Adesso lo uccido!

*il suo stomaco brontola*

Occhei, lo uccido dopo cena che sto morendo letteralmente di fame!

Ciaoo!

Giorgia.

 

p.s. Potresti spedirmi un altro barattolo di nutella? Io e Rose ne abbiamo finito uno D:

 

 

 

3 settembre.

Cara Giorgia,

Ti sei fatta mettere in punizione il primo giorno di scuola?!

Sono fiero di te! Complimenti, non ci sono mai riuscito pure io! Forse una volta, ma non centra!

In ogni caso sono felice che tu stai bene. Qui a casa si sente la tua mancanza: non trovo più barattoli di frullato sparsi per terra e la casa ha un aspetto più ordinato!

Ti ho allegato la nutella. Cerca di non mangiarne troppa!

Scrivimi presto, voglio sapere ogni cosa della tua nuova scuola.

Federico.

 

p.s. Cos'è l'Erat?

p.p.s. Se capita sappi che nel baule ti ho messo dei profilattici ^^

 

 

Nda:

Ehilà, gente :D

Giorgia e il suo primo giorno a Hogwarts xD Non ne sono soddisfatta quanto gli altri, ma la roba dell'arancia dovevo metterla in onore delle mie compagne di classe *^^*

Tanto amore per voiii.

Anche per:

-Vale Write.

-Papof87(?)

-Solisoli(?)

-FleurDolohov.

Che hanno recensito:')

i (?) è perché non sono sicura di avere scritto giusto i nomi D: hahahaha.

Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 15
*** Un motivo in più per amare le biblioteche. ***


Cap. 15.

Un motivo in più per amare le biblioteche.

**

Vi dirò, se volete ferire qualcuno non odiatelo. Restate indifferenti, ignoratelo. Non fate come se non esistesse, dovete fingere che sia una cosa talmente poco importante da non meritare la vostra attenzione. Rivolgetegli la parola solo quando siete costretti e fatelo come se fosse una cosa di poco contro, come quando chiedere al cameriere il conto.

Nascondete quello che provate, non date soddisfazione. È questo che fa stare male le persone.

Specialmente le donne. Vedete, noi donne abbiamo questa strana voglia di essere oggetto di un sentimento, che sia odio o amore per noi è differente. Ma quando non contiamo per nessuno, quando è come che non esistessimo che cominciamo a sentirci male.

Vi dirò, ci vuole l'indifferenza per capire l'importanza di una persona.

**

La prima settimana scolastica proseguì tranquilla. Potter (Sì, adesso per me non è né Al né Individuo) ebbe il coraggio di stare da solo in mia compagnia per più di dieci minuti.

E faceva bene! Il mio autocontrollo non poteva resistere più a lungo. Sì, ce l'avevo ancora con lui per la storia della pozione.

Le lezioni proseguivano bene anche se trovai da subito difficoltà in Antiche Rune. Io e la professoressa non andavamo molto d'amore e d'accordo.

Non lo so perché, anche se ne sospetto il motivo.

L'avevo alla prima ora del mercoledì e quel giorno mi ero svegliata in un ritardo allucinante.

«Perché non mi hai svegliato?!» urlai a una Rose ancora addormentata.

«Ma abbiamo la prima ora buca» borbottò con la voce impastata dal sonno.

Oh..giusto. Lei non seguiva Antiche Rune.

Così, ero corsa giù per le scale per cercare l'aula. Ecco un altro problema: Hogwarts è talmente enorme che rischi di perderti.

Diciamo che il mio senso dell'orientamento fa schifo e che la mattina presto il mio cervello è incapace di intendere e di volere. Motivo per cui bussai alla porta dell'aula solo dopo aver girovagato per mezz'ora.

«Scusi, posso entrare?» chiesi trafelata.

«Signorina Flox, le sembra questo il modo di arrivare?» aveva chiesto la professoressa. Appena l'avevo sentita parlare avevo deciso che non saremmo andate d'accordo. Aveva la voce metallica dei robot e un naso da far invidia a pinocchio.

«Mi dispiace» balbettai «mi sono persa per il castello e non trovavo l'aula e...»

«Questo non giustifica suo abbigliamento!» solo in quel momento mi accorsi che sotto la gonna invece di portare i leggins color carne avevo i pantaloni del pigiamo.

«Oh» avevo risposto.

«Be', se vuole entrare dovrà chiedere un permesso alla preside. Un permesso scritto.» e con la bacchetta mi aveva chiuso la porta in faccia.

In un primo momento avevo cercato l'ufficio della preside, ma essendo dotata di una scarsissima pazienza avevo rinunciato subito e mi ero diretta nella sala comune per cambiarmi.

«Ehi, milkshake» sentii chiamarmi.

«Fred!» dissi correndogli incontro.

«Come mai non sei a lezione?»

«La professoressa mi ha buttato fuori» dissi con sguardo fintamente ferito.

«Poverina, dopo io e James ti vendichiamo» e mi fece l'occhiolino.

«Fred?» chiese una ragazza del suo stesso anno avvicinandosi. «noi due avevamo un appuntamento.»

«Oh» disse lui sorpreso «Davvero?»

La ragazza lo guardò malissimo.

«Senti» continuò Freddie «che ne dici se ci incontriamo più tardi? Vorrei passare un po' di tempo con lei» e mi indicò.

«Certamente!» sputò fuori, guardandomi con odio prima di girare i tacchi e uscire dal buco del ritratto.

«Allora, scoiattolo, cosa mi dici di questi giorni di scuola?»

«niente... oltre a Potter che ha fatto esplodere la mia pozione.»

«Lo sappiamo» sbuffò lui fintamente irritato «non fai altro che lamentarti»

«Avrei preso 'O'!» e gli lanciai un cuscino in faccia. Lui ridacchiò prima di colpirmi anche lui.

Continuammo la lotta con i cuscini fino a quando mi alzai stremata e dissi

«Pace!» e mi tolsi qualche piuma dai capelli. Lui rise gettandosi stancamente nella poltrona.

«Ho un sonno...» biascicò.

«Come mai?» gli chiesi.

«faccio dei sogni strani»

«anche tu?»

«sogno un leopardo che corre.»

«E poi?»

«E poi basta»

«eh?»

«C'è questo leopardo che corre e io lo fisso e basta. Mi gira intorno e mi fa sentire in trappola.» capii subito. Fred era claustrofobico e odiava non sentirsi libero di muoversi. Vedersi bloccato da un leopardo non doveva essere una buona sensazione per lui.

«Tu, invece?» mi chiese «che sogno hai fatto?»

«Niente di speciale» replicai «Dovevo solo buttarmi con il paracadute ma non avevo il coraggio di farlo.»

«Vertigini?» ridacchiò Fred.

«Esatto.»

Restammo per alcuni minuti in silenzio. Poi la campanella suonò decretando la fine della prima ora.

«Meglio che mi muovo» dissi «adesso ho Erbologia»

mi girai verso Fred ma mi accorsi che si era addormentato. Scossi la testa dolcemnte prima di sistemargli un cuscino sotto la guancia.

 

**

«E' vero?» sentii.

Ero seduta nel prato della scuola che mi crogiolavo al sole durante a un'ora buca.

Davanti a me c'era Potter che mi fissava con un espressione strana.

«Cosa? Che ti voglio uccidere?» ringhiai. Occhei, forse stavo un filino esagerando, ma dovevo pur fare un po' di scena!

«Che tu e Fred state assieme» disse tutto d'un fiato.

«Se anche fosse?» chiesi nascondendo lo shok di questa sua uscita «a te non dovrebbe interessare» e ripresi il libro.

«Ah, è così!»

«Ribadisco: non sono affari che ti riguardano»

«Va bene!»

«bene»

Potter girò i tacchi andandosene.

La domanda che mi aveva fatto era alquanto strana. Sì, è vero che io e Fred passavamo un sacco di tempo insieme ma non lo aveva mai guardato come un ragazzo di cui innamorarsi.

Era solo Fred, niente di più niente di meno.

Stupita tornai ad abbronzarmi.

 

«Giorgia» mi sentii chiamare.

«Dimmi Dominique» disse alzando il viso dal mio libro di Divinazione.

«Come mai Tresh va a dire a tutti che tu e Fred siete fidanzati?» e mi scrutò con i suoi occhi color mare.

«Chi è Tresh?» chiese aggrottando i sopraccigli.

«Una ragazza dello stesso anno di Fred» continuò Domi.

«Non ho presente» dissi concentrandomi.

«Non importa» fece un gesto di noncuranza con la mano e si sedette vicino a me «So che tu e Fred non state insieme. Vero?» mi chiese poi cercando conferma.

Annuii.

«Be', Tresh ha detto che oggi lei aveva un appuntamento con Fred ma lui ha preferito stare con te»

«Ah. È lei!» dissi ricordandomi improvvisamente della mora «Ma noi due non siamo fidanzati!» dissi un po' isterica. Non volevo essere al centro di nessun pettegolezzo.

«Tranquillizzati,» mi fece lei calma «non è la prima volta che dicono cose del genere. Per farti degli esempi famosi è come quando dicevano che Lily Evans andava dietro a Remus Lupin o che zio Harry e zia Hermione avessero una tresca... o quando siamo arrivati a Hogwarts tutti credevano che io e Scorpius ci saremmo fidanzati» mi spiegò. «Quindi, stai tranquilla. Se non è vero dopo un po' si stuferanno di parlarne» e mi batté una mano nella gamba.

«Hai ragione» e le sorrisi.

«Su, è ora di cena. Andiamo, Rose e gli altri ci staranno aspettando»

**

Sabato arrivò talmente veloce da non rendermene nemmeno contro. La vita a Hogwarts mi era entrata subito dentro e mi sembrava di aver vissuto da sempre in quel castello.

Quando la signora Wood, la professoressa di Antiche Rune, venne a sapere che invece di cercare la preside avevo fatto un giro mi diede due pagine di traduzione. Ma evidentemente non doveva essere molto intelligente perché Fred mi passò la traduzione.

Potter non mi parlava e a me andava bene così, gli studenti avevano capito che io e Fred non stavamo insieme quando beccarono quest'ultimo a baciarsi con una Tassorosso.

La mattina di sabato la passai dormendo e sedendomi davanti a lago cercando di attirare l'attenzione di Lizzy.

Invece di mangiare nella Sala Grande andai nelle cucine dove feci fuori un sacco di fragole e spiegai agli Elfi Domestici come si facevano i frullati.

Nel tardi pomeriggio mi diressi verso la biblioteca per scontare la punizione. Quando arrivai Potter era già lì che parlava con una ragazza.

La cosa mi innervosì molto. Ogni volta che lo incontravo ero con una ragazza diversa.

Ma amici maschi li ha?!, pensai stizzita.

«Buonasera, ragazzi» disse Madama Prince, la bibliotecaria, avvicinandosi e liquidando con un'occhiataccia la ragazza.

«la vostra punizione consiste nell'ordinare un reparto della biblioteca» ci spiegò conducendoci all'interno «In pratica avete dei libri da mettere in ordine alfabetico negli scaffali. Questa è la lista» e mi porse un foglio. «Se non terminate il lavoro continuerete dopo cena. Arrivederci» e se ne andò lasciandoci davanti a una matassa di libri.

Sbiancai di colpo: saranno stati minimo cento libri.

«Credo» cominciai «che la cosa migliore da fare sia dividerci il lavoro a metà. Quante lettere ci sono nell'alfabeto?» chiesi poi.

Potter grugnì la risposta che non capii.

«va be', tu fai dalla A alla N, io dalla O alla Z. va bene?»

Grugnì ancora e lo presi come una risposta affermativa. Tagliai a metà il foglio porgendogli la sua parte e in silenzio cominciammo a lavorare.

In completo silenzio. Un silenzio snervante, di quelli che ti tengono sulle spine. Quelli dell'attesa. Quando ogni respiro o sospiro sembrano un tentativo di parlare. Quando siete vicini e fai di tutto per non guardarvi negli occhi ma non ti riesci a trattenere e allora lanci piccole occhiate di sfuggita.

Odio i silenzio così.

A dir la verità odio il silenzio in generale. Il silenzio... il silenzio è qualcosa come l'arresa. Preferisco vedere due persone che si urlano dietro, che gridano fino a consumare la voce piuttosto di un silenzio carico di chiarimenti non fatti.

«Uhu-u» ecco, perché non parlava? Perché non diceva una cosa stupida, qualsiasi cosa pur di cominciare una conversazione?

Aprii la bocca per dire qualcosa riguardo i libri ma nessun suono raggiunse la mia gola. Sembrava che avessi perso la voce.

Forse era così.

Forse avevo davvero perso la voce.

Mi concentrai il più possibile alla lista.

LETTERA P:

PRATICA PER LA TRASFORMAZIONE DELLA REALTA': L'ILLUSIONE.

Fissai il libro e cominciai a sfogliarlo distrattamente. Era pieno di immagini che spiegavano passo per passo i passaggi per distorcere la realtà.

Questa è un antica tecnica usata dagli De Immortales nei secoli antichi, quando ancora popolavano il pianeta. La leggenda dice che solo essi ne hanno la potenzialità magica poiché la loro abilità magica è più sviluppata rispetto ai comuni maghi. Per questo motivo nel corso dei secoli i maghi cacciarono i De Immortales dalle comunità fino a estinguerlo. Ormai nel mondo ne esiste solo una decina che si mimetizza al resto della popolazione magica grazie questa antica magia. Non si rivelarono mai e per questo la magia dell'Illusione fu perduta e dimenticata.

Ma ora, grazie alla storica della magia Cassandra Rosvelt possiamo conoscerla e apprenderla.

Nb: questa magia non è adatta a tutti i maghi, ma solo a quelli con una potenzialità magica pari al 98%.

 

Finii di leggere la traduzione un po' frastornata. Io la magia Illusoria la sapevo fare.

Cosa significava?

Ero una di quella poche decine dei De Immortales? O la mia potenzialità magica era pari al 98%? E cosa sono i De Immortales?

Chiusi il libro mettendolo nello scaffale. Lo avrei chiesto a papà, lui lo sapeva di sicuro e mi avrebbe risposto.

Presi il prossimo libro e feci per riporlo.

PUHM.

Il libro mi cadde dalle mani. Per un attimo, mentre lo sistemavo, ci eravamo sfiorati. E non lo so, avevo mollato la presa lasciando cadere il libro a terra. E il tonfo che seguì sembrò mille volte peggiore poiché amplificato dal silenzio.

«Perché non parli?» gli chiesi alla fine.

«Cosa dovrei dire?» mi rispose continuando il suo lavoro.

«Non lo so» ammisi. «ma prima parlavamo tanto.»

«Per prima intendi prima che tu ti seri arrabbiata con me»

«Esatto. Intendo quando tu hai fatto lo stronzo alla festa che ci aveva portato Fred»

«Ero ubriaco!»

«Lo ero anch'io eppure non ho fatto gli occhi dolci a tutti i ragazzi» dissi alzando la voce.

«A Franck sì!» anche lui alzò la voce.

«Cosa centra adesso?! Mi stava solo aiutando»

«Spifferandoti tutto!»

«Spifferandomi la verità. Sai, quella cosa che tu mi hai tenuta nascosta.»

«Dimmi, se non lo avessi fatto tu avresti continuato ad uscire con me?»

«Sì» dissi sicura «tanto per te sarei stata solo un'amica» sputai.

«Quanto...Quanto sei stupida» e si mise a ridere.

«Sì, sono stata stupida a fidarmi di te!»

Lui continuò a ridere, scuotendo la testa. Sentii la rabbia salire e molti libri caddero dagli scaffali.

«Davvero non capisci?» smise di ridere e si avvicinò.

«Cosa dovrei capire?» Era troppo vicino.

«Questo» e mi baciò. Ma questa volta fu un bacio vero. Non come quello al negozio; questo fu un bacio da brivido.

Avete presente le giostre dei Luna Park? Quelle in cui puoi andare solo se sei grande e i bambini i mettono sulle punte per poterci andare? Quelle moderne, come Raptor a Gardaland o L'Airspeed a Mirabilandia?

Quella sensazione che vi prende, tra il senso e lo stomaco, di vuoto e panico. Quella strana eccitazione che vi fa percepire ogni cosa con chiarezza. Quella paura, quel panico che ti lasciano senza fiato mentre ti chiedi 'cosa sto facendo, cosa sto facendo?'; e poi la giostra parte e non c'è più spazio per aver paura e non puoi cambiare idea? In quel momento che ti sembra di volare e non capisci più niente ma solo quella totale libertà nel petto. Quella sensazione di precipitare e non raggiungere mai il fondo, che ti lascia felice e spaventata. Poi quando scendi e vorresti riprovarla, risentire quella sensazione di libertà.

Le avete presente?

Ecco, in quel momento fu esattamente così. Come quando sei in una giostra che ti snebbia il cervello con i brividi nel corpo.

Nella mia testa ripetevo 'Adesso si stacca, adesso si stacca, adesso si stacca' e temevo quel momento. Temevo il momento in cui si sarebbe allontanato e mi avrebbe lasciato il petto vuoto e nella bocca il suo sapore.

Non farlo, non farlo ti prego.

Ma io soffro di vertigini e quello era un cadere in piena regola.

Sarò il tuo paracadute, mia aveva detto una volta Gabriele.

Strinsi una mano tra i suoi capelli.

Sarai il mio paracadute. 

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Capitolo 16
*** Dove mi alleo con un criceto ***


Cap. 16.

Dove mi alleo con un criceto.

**

«Il primo bacio non viene baciato dalle labbra bensì dagli occhi»

Avete presente l'amore platonico? Io fino a qualche mese fa no. Non avevo idea di come due persone si possano amare senza avere contatti fisici.

Per carità, non intendo chissà cosa, io per contatto fisico intendo un abbraccio. Be', d'altronde io non avevo esperienza sull'amore in generale. Ho avuto le mie cotte adolescenziali, ma la più lunga di esse è durata due mesi. E non ho la più pallida idea se considerare Gabriele come amore. Forse sì, forse di lui ero veramente innamorata. Però non lo so e non ho più modo per saperlo.

Comunque, stavo dicendo dell'amore platonico. Be', ho imparato cos'è proprio nei primi mesi di Hogwarts e non immaginavo fosse così.

**

«I Patrrroni sono, quindi, la nostrra unica arrma contrro i Dissennatorri. Come si evoca un Pattrono?»

Franck accanto a me alzò la mano.

«Sì, signorr Paciock?» chiese il professore.

«Si utilizza l'incantesimo Expecto Patronus» rispose rizzando la schiena.

«Esatto! Dieci punti perr Corrvonerro» Scorpius si girò verso di noi facendo segno di vittoria a Franck e Rose lo colpì con il libro.

Dominique era seduta vicino a loro e sembrava in tutta un'altra dimensione. Be', non che io fossi più attenta.

Non avevo badato ad una sola parola del professore disegnando distrattamente senza rendermene conto.

Lanciai di nascosto uno sguardo di nascosto ad Al a due fila di distanza da me per poi ripuntarlo sul foglio davanti a me. Era passata una settimana da quel giorno e non c'erano stati altri baci. A dir la verità ci parlavamo sempre meno e quelle rare volte che succedeva ci parlavamo con voce controllata come se fossimo dei lontani conoscenti.

Ma c'era una sottospecie di legame tra noi. Ogni volta che entravo da qualche parte lanciavo sguardi alla ricerca dei suoi occhi verdi, altre volte quando mi giravo mi ritrovavo incatenata nel suo sguardo e arrossivo. E durante le lezioni ci lanciavamo occhiate di soppiatto e ogni qualvolta che gli occhi si incontravano distoglievamo lo sguardo io arrossendo e lui ridacchiando.

«Perché Potter ti fissa?» mi chiese Franck guardandolo.

Alzai lo sguardo con noncuranza dal foglio guardando nella direzione di Al.

«Non lo so. Forse spera ancora che io lo perdoni?» risposi con voce un po' assente e annoiata come se la cosa non mi interessasse assolutamente niente.

«Signorrina Flox?» sentii chiamarmi dal professore «Orra che ho illustrrato come si crrea un Patrronus potrrebbe venirre a farre una dimostrrazione ai suoi compagni?»

«Certamente» dissi alzandomi e dirigendomi davanti alla classe.

Una volta lì pensai a un ricordo felice. Inizialmente il mio cervello focalizzò Gabriele e io in quel parco a Londra che giocavamo.

Quel parco dove ci ha visto giocare Albus.

Al, che una settimana prima mi aveva baciata.

«Expecto Patronus»

Dalla mia bacchetta uscì un filo di fumo bianco e argento che cominciò a prendere una forma animale. Io mi aspettavo di vedere il mio solito Leopardo maculato e gli occhi nocciola, invece ne uscì un lupo dal pelo lungo e candido e due occhi blu lapislazzuli. Il lupo fece il giro della classe mi prima di sparire.

«Che bello» disse Rose, fissando il punto dove era sparito il patronus. Io rimasi imbambolata a fissare davanti a me.

Un lupo? E da quando il mio patronus è un lupo? Che fine ha fatto il leopardo?!

«Complimenti! Dirrei che questo patrronum erra perrfetto! Trrenta punti a Grrifondorro!» fece soddisfatto il professore dandomi una pacca sulla spalla che mi fece quasi cadere.

La campanella suonò proprio in quel momento.

«Allorra rragazzi. Perr lunedì voglio sulla scrrivania un rrotolo di perrgamena sui patrronus e una descrrizione del vostrro. E vi consiglio di allenarrvi!»

Uscita mi diressi con Franck verso Antiche Rune.

Stavamo voltando un angolo quando un foglio mi cadde dalla borsa. Franck, con molta galanteria lo prese e me lo porse. Mormorai un grazie e fissai il foglio.

Era il disegno che stavo facendo durante Difesa contro le Arti Oscure.

Rappresentava un lupo.

 

**

Caro papà,

lo so, sarai sorpreso visto che non sono passate nemmeno due settimane e ti sto già scrivendo. In realtà volevo chiederti alcune cose, quindi meglio procedere con ordine.

Oggi il professore di Difesa mi ha fatto evocare un patronus. Tu lo sai che il mio patronus è un leopardo, no? Bene, io vorrei sapere perché oggi ha deciso di diventare un lupo! Per carità, era bellissimo ma io preferivo il leopardo (non per niente è il mio animale preferito!) E volevo sapere se è normale che un patronus cambi così di punto in bianco.

Dopo, Sabato ho scontato la mia punizione insieme ad Al e mi è capitato un libro tra le mani che parlava della magia illusoria. Il libro sosteneva che solo poche persone possono evocare questa magia e devono avere il potere magico superiore al 98%. oppure, bisogna essere De Immortales. Ecco, io volevo sapere chi erano o cos'erano insomma, l'argomento mi ha interessato. Anche perché io sono in grado di praticare l'illusione! Potresti illuminarmi su questa faccenda?

Grazie.

Ah, pretendo dei nuovi barattoli di nutella. Li ho finiti tutti :D

Con amore,

Giorgia.

**

Due mattine dopo che avevo spedito la lettera mi apparve in sala grande Lamberto, il gufo di papà, e Fragola.

Lamberto di mise subito a mangiare il pane mentre Fragola mi consegnò una lettera.

Cara Giorgia,

non preoccuparti se il tuo patronus ha improvvisamente cambiato aspetto. Sono cose che capitano. Forse il tuo ricordo felice è cambiato e con esso anche la natura del tuo patronus.

Comunque, per rispondere alla tua domanda degli De Immortale, be' mi dispiace, ma non li ho mai sentiti nominare così ho fatto una ricerca e ho trovato questo libro (che porta Lamberto). L'ho sfogliato e mi sembrava adatto perché spiega anche l'illusione e suoi principi :) buona lettura!

E divertiti a scuola

Federico.

 

p.s. Come mai siamo passati da 'è uno stupido coglione' ad 'Al'?

 

Scossi la testa sorridendo per il p.s. Presi il libro da Lamberto prima che se la squagliasse.

De Immortales, la verità.

Era della stessa autrice che aveva scritto il libro trovato in biblioteca. Lo misi nella borsa dei libri intenzionata a leggerlo più tardi. Nonostante avessi le ore buche ero molto impegnata con i compiti, specie di Antiche Rune.

Inoltre, con la mia stupidità continuavo a tradurre qualcosina di greco o latino. Mi mancava studiarle.

La mattinata passò tranquilla tra Trasfigurazione e le altre materie. Io e Franck frequentavamo più o meno le stesse materie e ci mettevamo vicini di banco e quindi avevamo legato e io mi ero affezionata molto; aveva modi gentili e manie da cavaliere e per questo più di una volta mi chiedevo cosa ci facesse a Corvonero che a Grifondoro.

Finite le lezioni andai a sedermi vicino a lago nero e presi il libro che mi aveva mandato papà.

 

Introduzione.

Questa è stato forse una dei libri più impegnativi di tutta la mia carriera da scrivere. Per crearlo sono stata costretta a viaggiare negli angoli dimenticati dalla terra e nei regni degli inizi.

Ho dovuto lottare per poter prendere antichi scritti e più di una volta mi sono imbattuta nei Deliranti rischiando la mia memoria.

Ma ora, dopo tre anni di ricerche, posso dire di aver fatto un libro completo sugli De Immortalis e posso aver svelato (quasi) tutti i loro segreti.

Vi auguro una buona lettura.

 

 

Capitolo 1.

Secondo alcune leggende sono dei maghi con il potere dell'immortalità, capaci di magie impossibili a noi comuni maghi. Sempre secondo queste leggende erano esseri spietati e assetati di sangue; il loro divertimento era uccidere i bambini o le spose infedeli.

Naturalmente, queste erano solo miti o racconti per tenere buoni i bambini. Fonti certe dicono che i De Immortalis nascono da maghi normali per poi svelare a una certa età la loro natura. In realtà, questi bambini non nascono con capacità diverse dalle altre e non lo diventano grazie a una particolarità nel DNA. Per diventare De Immortalis bastava salvare una delle Guardiane¹. Essi, ricevendo la loro eterna gratitudine, acquisiscono poteri superiori e l'immortalità. Per questo può accadere a tutte le età e può essere chiunque.

Il testo continuava con la descrizioni di alcuni resti di questa antica popolazione trovati in tutto il mondo. Curiosa andai a cercare la noticina sulle Guardiane e lessi:

Le Guardiane sono le ninfe più potenti esistenti al mondo poiché controllano i quattro elementi: Terra, aria, fuoco e acqua.

Le quattro ninfe sono a loro volta circondate da cinque ancelle ciascuna, anch'esse considerata Guardiane sebbene i loro poteri siano minori. Ogni volte che una ninfa muore una delle ancelle prende il suo posto e un De Immortales diventa un ancella. Sono difficili da trovare e quando capita si vedono sotto forma di belle ragazze o ragazzi.

La mia lettura fu interrotta da una persona che si sedette accanto a me.

«Ciao»

«Ciao, Franck.» gli sorrisi alzando lo sguardo dal libro.

«De Immortales, la verità.» lesse socchiudendo gli occhi castani «la scopriremo? O resterà per sempre un segreto?»

Risi rispondendo «Lo scoprirete dopo la pubblicità. Restate in linea su Miiiissssteroooo!»

«Mistero?» chiese confuso.

«E' un programma in cui parlano di alieni, fantasmi e magia. Perfetto se vuoi finire in paranoia o farti una bella risata»

«Capisco» e si distese sul prato mettendo le mani dietro la testa. «C'è una nuvola che sembra una tartaruga» sospirò.

«Una volta ne avevo una» dissi.

«Oh, adesso non l'hai più?»

«No, si è suicidata» dissi tra il divertito e il malinconico. Ci ero rimasta così male quando l'avevo vista infilarsi nella lavatrice.

«La trattavi così male?»

«Certo che NO!» protestai. Insomma, forse più di una volta mi ero dimenticata di darle da mangiare o di pulirle la vasca e mio papà aveva rischiato di schiacciarla ma tutto sommato aveva una bella vita!

«Sarà» ridacchiò. Mi distesi anch'io nel prato a fissare le nuvole.

«Quella sembra un cavallo» sospirai.

«Quella, invece, un lupo» mi sorrise «come il tuo patronus»

«In realtà sarebbe un leopardo» dissi rabbuiandomi «non lo so perché è cambiato»

«probabilmente è successo qualcosa che ti ha cambiata» mi sorrise incoraggiante.

«mh, già... il tuo cos'è?»

«Niente di speciale, è solo un orso obeso»

«Adoro gli animali obesi»

«Giorgia» la nostra conversazione fu interrotta da Al.

«Dimmi, Potter» dissi chiamandolo per cognome e mettendomi a sedere.

«Mio fratello mi ha detto di avvertirti che la prossima settimana cominciano i provini di Quidditch e se ti andava di partecipare. Ci serve una cacciatrice» la sua voce era distaccata e un po' infastidita, come se gli desse fastidio dover fare il gufo.

«Penso che parteciperò» risposi neutra.

Lui annuì e mi lanciò per un secondo uno sguardo carico di significato al quale risposi con un occhiata eloquente e un cenno negativo con la testa. Lui annuì e se ne andò.

«Sarete senza speranze comunque» mi disse Franck quando fu allontanato.

«cosa intendi dire?»

«Che vinceremo noi!»

«Maddai! Te la faremo vedere»

**

I giorni successivi li passai leggendo il libro o in compagnia di Fred e Franck. A scuola mi ambientavo sempre bene e avevo avuto un enorme soddisfazione in Antiche Rune: correggere la professoressa. E' stato uno dei momenti più belli della mia vita!

Un giorno, mentre ero in biblioteca a studiare, mi si presentò davanti l'ultima persona con la quale volessi stare.

Anna.

Il Malefico Criceto!

«Ciao» mi disse con quella sua voce fastidiosa.

«Cosa vuoi?!» chiesi acida. Lei alzò gli occhi al cielo.

«Vorrei parlare civilmente, per una volta.»

«Fa pure»

«So di te e Albus» sbottò.

Rischiai di far cadere la penna e dissi sprezzante «Cosa vuoi? Minacciarmi? Non vuoi che io tocchi il tuo Albuccio?»

«Ma quando la smetterai di comportarti come una bambina?» sembrava veramente esasperata «Senti, tu e Al potete fare quel cazzo che volete a me non interessa niente. E' il mio migliore amico e basta. Quindi, sei sulla strada sbagliata.»

«E allora cosa vuoi?»

«Aiutarvi.»

«C-come?» chiesi sorpresa.

«Sai, non è bello sorbirsi tutte le paranoie di Al su di te e che non state mai insieme.»

Feci per rispondere ma mi bloccò «e visto che se ammettete pubblicamente di stare insieme scatta fuori il putiferio, la cosa migliore da fare sarebbe fingere che noi due siamo amiche e così potresti passare del tempo con lui.»

«Ma se non riusciamo nemmeno a sopportarci per due minuti?»

«Forse...forse siamo partite con il piede sbagliato e io non ho fatto di certo nulla per migliorare la situazione... non so, Al parla così tanto e bene di te e mi piacerebbe ricominciare tutto da capo. Almeno provare» e si strinse nella spalle. La osservai scettica per alcuni secondi prima di sospirare e dire:

«va bene, ricominciamo da zero.»

 

**

I De Immortales cominciarono a estinguersi con agli inizi del 500 a.C., quando alcuni maghi fecero irruzione in una delle loro città e radendola al suolo, questo fu solamente grazie al fattore sorpresa che non permise agli De Immortales a rispondere all'offesa.

I maghi si concentrarono specialmente sui nuovi De Immortales, poiché inizialmente il cambio di potere e DNA rende i maghi instabili e confusi. I De Immortales rimasti si nascosero nelle viscere della terra dove vivono tutt'ora. Con il tempo le ninfe non si sono più fatte vedere rendendo la creazione di nuovi De Immortales sempre più rara. Nel mondo esterno sono pochissimi e si mimetizzando grazia alla sottile arte dell'illusione.

 

«Una cosa molto allegra» commentò Fred.

«Mhh» risposi. Il libro mi stava prendendo molto e ogni volta scoprivo qualcosa di nuovo.

«Ma perché lo stai leggendo, poi?» Freddie era evidentemente annoiato e mi fissava con gli occhi supplici. Era da più di un'ora che mi chiedeva di andare nel parco ed era da più di un'ora che io rispondevo 'finito il capitolo'.

«Te l'ho detto» risposi alla sua domanda «voglio sapere chi sono i De Immortales visto che so fare pure io la magia dell'illusione»

«Ma non potresti essere una di quelle streghe con capacità magiche elevate?»

«Sì, in ogni caso è un argomento molto interessante» risposi cocciuta.

Qualche secondo di silenzio, poi Fred che sbuffa:

«Ti prego, c'è il sole! Andiamo al parco»

«Finisco il capitolo»

«Ma quanto dura questo capitolo?!»

«Perché non ci vai con James?» sbuffai.

«Punizione»

«Da solo?! Come mai non sei con lui?» Fred e James vivevano praticamente in simbiosi, dove c'era l'uno c'era l'altro, la punizione che prendeva uno la prendeva anche l'altro.

«In punizione, sai che noia? E comunque non è solo» rispose con un gesto della mano.

«Pensavo che tu amassi le punizioni»

«No, mia cara Giorgietta. Io amo mandare le persone in punizione.» mi contraddisse «infatti con lui c'è la sua futura moglie» e ridacchiò. Aprii la bocca per rispondere ma una matassa di capelli rossi e crespi ci piombò davanti.

«COSA FATE ANCORA QUI SENZA FARE NIENTE?! DOMANI ABBIAMO COMPITOO!» Rose sembrava veramente sconvolta, i capelli rossi erano più crespi del solito, gli occhi blu erano sgranati e le guance rosse peperone.

«Rosie, calmati» disse Fred.

«E tu?! E tu che ci fai qui?! Devo forse ricordarti che quest'anno hai i M.A.G.O.?!» gli urlò quella in preda a una crisi di nervi.

«Rose» disse gentilmente mettendole una mano nelle spalla «ho già studiato. Rilassati»

«NO! NO! NO! NO! NO!» si muoveva in circolo e io cominciai a preoccuparmi seriamente.

«Ehi, Rose! Amore!» sì, arriva la cavalleria. Scorpius sgusciò con difficoltà dal buco del ritratto raggiungendo Rose e facendola sedere. «Calmati, tesoro, calmati. Non è successo niente. Prenderai una 'O' o una 'E'. non devi preoccuparti»

«Cosa le è successo?» chiesi a Scorpius.

«Niente, eravamo nelle rive del lago a... be'» arrossì un poco «avete capito. Poi è arrivata una del nostro anno per chiederle un consiglio sul compito e lei si è trasformata in Hermione Granger due.»

«Oh...» con il tempo avevo scoperto che Rose possedeva dentro di sé due personalità: quella della madre e quella del padre.

Due personalità opposte.

Capitava, a volte, che studiasse come una disperata per poi buttare tutto all'aria ed andare ad infrangere la prima regola che le saltasse sotto gli occhi. Così gironzolava nel castello di notte o faceva scherzi ai professori. Fino a quando la voce della sua coscienza, molto simile a quella di sua madre diceva: “Oh Rose! Cosa stai facendo?! Domani hai un compito e tu sei qui a non fare niente? Dovresti vergognarti, non sei di certo alla mia altezza!” così ritornava indietro e studiava disperata terrorizzata dall'idea di deludere sua madre, ma poi la voce della sua coscienza diventava suo padre che le sussurrava “Ma Rose, cosa stai a studiare! Con il cervello che ti ritrovi prenderai comunque 'O' in tutte le materie. Tranquillizzati e vai fuori a prendere il sole, studiare è una cosa noiosa!”

A volte avevo l'impressione di vederli parlare tra di loro e litigare come la vera coppia. Per Rose doveva essere terribile.

Fred mi fissava in cerca d'aiuto mentre Scorpius cercava di far ragionare la sua ragazza. Così decisi a un piano alternativo molto Grifondoro: la fuga.

Con un cenno del capo io e Fred ci alzammo contemporaneamente per correre fuori.

Il libro rimase lì, dimenticato. E quando tornai indietro a prenderlo era sparito.

 

 

Nda:

anche questo capitolo è un po' corto, ma il prossimo sarà molto più lungo e ne succederanno di tutti i colori :3 quindi, aspettatevi di tutto xD

Anyway, ringrazio tutti quelli che hanno recensito e continuano a seguire la storia. Tanto bene <3 

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Capitolo 17
*** Non può essere vero. ***


Mh, vi scrivo qua le note per lasciarvi: o.o

Allora, mi scuso, il capitolo fa cagare ed è corto, ma nonostante l'ho scritto tre volte è venuta fuori sta cagata. Mi dispiace,

Ringrazio le sette (SETTE*^^*) persone che hanno recensito, vi amo <3

Be', buona lettura c:

 

 

Alla compagnia Bula Bula.

 

Cap.17.

Non può essere vero.

**

«E tu, Gabriele, cosa vorrei fare da grande?» chiese la maestra, con gentilezza al bambino biondo seduto al primo banco.

«Io volerò!»

«Oh, che bello! E invece che cosa farà da grande Giorgia?»

I due bambini si guardano ridendo, il sorriso innocente di chi chiede ancora un bacio prima di dormire e che prende la vita come un gioco.

«Volerò anch'io, insieme a Gabriele»

Volare era bello, sarebbe stato bello. Ma l'uomo non sa volare, può solo precipitare, giù dal cielo, dalle nuvole, dalla gioia. Saltare significa poi cadere.

**

«Ehi, Giorgia» mi chiamò Franck quando uscii dall'aula «cosa fai dopo le lezioni?»

«aiuto Anna con Pozioni» risposi.

«oh, caso mai dopo faccio un salto per salutarti!» urlò, ormai la calca di studenti ci stava separando.

«non so se ti conviene!»

«perché?»

«forse viene anche Potter!» lo vidi aprire la bocca per rispondere ma ormai la folla ci aveva completamente divisi e lo persi di vista. Mi girai, andando a sbattere contro Fred.

«Perché dire forse?» mi chiese aggiustandomi il ciuffo «lo sai che viene di sicuro»

sbuffai: «devo farla comunque, un po' di scena»

Alzò gli occhi al cielo.

Lui era l'unico a sapere della mia alleanza con il criceto e, mi duole ammetterlo, Anna è davvero...simpatica.

Lo so, è incredibile!

Pochi giorni dopo il nostro incontro in biblioteca, Anna si era seduta di banco vicino a me durante Difesa urlano in modo che lo sapessero tutti che non aveva capito niente dell'argomento e quindi voleva essere aiutata da me. Io avevo fatto un po' di scena, guardandola schifata ma poi avevo accettato. Durante quella lezione, secondo la versione della scuola, abbiamo fatto amicizia. In verità, ci eravamo preparate gli argomenti su cui discutere per non restare in silenzio e conoscevamo la nostra parte a memoria. Sempre secondo la versione della scuola, io avevo cominciato a darle ripetizioni su alcune materie e in questo modo eravamo diventate amiche. Inizialmente stare in sua compagnia mi dava un fastidio immenso e le prime volte eravamo sempre sul chi va là mentre cercavamo di non fare commenti acidi. Poi, avevamo cominciato ad abituarci e a scioglierci, cominciando a parlare senza rendersene conto. In breve, eravamo diventate veramente amiche.

Quando le cose tra noi due si erano stabilizzate, Al si era aggiunto a noi. Come da copione il primo giorno avevo fatto una crisi, dicendo che il distruttore di pozioni non lo volevo e cose del genere; sempre da copione mi ero rassegnata e dovuto sopportare tutte le volte lanciandogli sguardi assassini.

Così avevamo potuto condurre la nostra relazione clandestina.

E non avevano la più pallida idea di quello che succedeva. Ci baciavamo, in continuazione. Forse un po' troppo, ma ogni volta che provavo a fare conversazione quello mi incollava le labbra addosso. Sembrava una sanguisuga, e io ho paura della sanguisughe. Tutto questo mentre Anna ci fissava e rideva sotto i baffi come se la cosa fosse estremamente divertente.

Forse lo era sul serio.

«Fred» chiesi una volta «secondo te...cosa sono due persone che si amano ma non stanno insieme?»

mi aveva fissato a lungo prima di proferire solennemente «due coglioni»

La verità era che non avevo il coraggio, da brava Grifondoro non trovavo il coraggio per chiedergli cosa fosse.

Non stavamo insieme, non ufficialmente, e lui non aveva mai detto niente in proposito.

Ma forse la mia non era paura, ma solo orgoglio. Forse volevo che fosse lui a fare il primo passo, ma nonostante fosse metà Ottobre lui non aveva fatto niente e io non sembravo intenzionata a chiarire la cosa.

Probabilmente Fred aveva ragione, eravamo due grandi coglioni.

Nonostante tutto, continuavo ad andare a quei ''appuntamenti'' (possiamo chiamarli così?) sperando in qualcosina che potesse cambiare tutto. Vedermi in quel modo non mi piaceva.

Punto uno: ero costretta a mentire ai miei amici. E odiavo mentire a delle persone che di me si fidavano.

Punto due: mi sentivo in trappola, sempre a controllare che nessuno ci vedesse.

Punto tre: Anna poteva essere anche simpatica -e lo era- ma volevo un po' privacy, grazie.

«Al...» feci un giorno, tra un bacio e l'altro.

«...mh?» e riprese a baciarmi. Lo allontanai sbuffando.

«puoi smetterla per un attimo?!»

«no» disse con la voce da bambino dispettoso.

«e invece sì» proclamai mentre mi divincolavo dal suo abbraccio.

«ma cosa c'è?» adesso anche lui sembrava infastidito.

«Ecco...» cominciai «non potremmo... ecco, smetterla di baciarci sempre e per una volta parlare?»

«e adesso cosa stiamo facendo?!»

«non è questo che intendo» sbottai «ogni volta mi baci, baci, baci, baci e baci. Sempre e solo baci!»

«ma...»

«Vorrei solo sapere se è questo se vuoi: baciarmi e basta. Insomma, dimmi cos'è questo per te» continuai ignorandolo.

«e per te, questo cos'è?» mi ritorse la domanda. Restai paralizzata rendendomi conto che non avevo una risposta. È vero, cos'era tutto quello per me?

«io...» ma lui non mi lasciò finire perché se ne andò.

**

 

«MALEDIZIONE ROSE! RIPORTA LA TUA TESOLINA ROSSA QUI E SMETTILA DI PENSARE A QUEL BIONDO OSSIGENATO!» urlò James con tutto il fiato che aveva in gola.

Rose ricambiò con un gestaccio. Era il mio primo allenamento di Quidditch dopo le selezioni. Giocavo come cacciatrice e mi trovavo bene e James era abbastanza soddisfatto di me.

A dir la verità, la cacciatrice era l'unica cosa adatta a me.

Papà, inizialmente, aveva cercato di farmi diventare una battitrice ma la mia paura dei bolidi lo aveva fatto desistere. Invece di ricacciarli indietro con la mazza scappavo via cercando o li evitavo.

Non potevo nemmeno essere un portiere, sempre per lo stesso motivo. Invece di parare la pluffa (la palla da gioco) scappavo via dai tre anelli che fungevano da porta. Insomma, dovete capirmi: se vedo gente che mi lancia palle -hahahaha, sì pensate pure male- a tutto andare scappo dalla paura.

Inoltre la mia scarsa pazienza non mi avrebbe mai resa una brava cercatrice. Come avrei potuto cercare il minuscolo boccino d'oro che saettava da una parte all'altra del campo se dopo dieci minuti ci rinunciavo o, nei peggiori dei casi, cominciavo a sclerare mandando incantesimi da tutte le parti?

L'unica soluzione per me era stata la cacciatrice: con la mia capacità di evitare i bolidi sono un bersaglio molto difficile, inoltre faccio tiri molto potenti e lunghi-specialmente quando perdo la pazienza, quindi sempre-. Peccato che la mia mira non fosse molto buona. Ma comunque fui l'unica a fare più punti di tutti i candidati. La maggior parte erano ragazzine presenti solo per vedere Al.

A farmi compagnia come cacciatrici c'erano James e Roxanne. I due battitori erano, invece, Dominique e Fred, mentre in porta c'era Rose.

Eravamo una bella squadra anche se James, il capitano, nel campo perdeva tutta la sua stupidità per diventare un tiranno.

«MALEDIZIONE ROXANNEE! HAI MANCATO LA PORTA DI BEN TRENTA CENTIMETRI! NON PENSARE AL MOROSO, A NOVEMBRE ABBIAMO LA PRIMA PARTITA»

«MA PER L'AMOR DEL CIELO, GIORGIA, FAI QUALCOSA PER MIGLIORARE LA TUA MIRA! NON PUOI CONTINUARE COSI'!»

«DOMINIQUE! NON PENSARE ALLE UNGHIE E TIRA PIU' FORTE QUEL CAZZO DI BOLIDE! VEDI COME FA FRED!»

«MA PORCOSALAZAR! QUANTO CI METTI A TROVARE QUEL BOCCINO, MUOVI IL CULO ALBUSS!»

In realtà rischiai di cadere un paio di volte dalla scopa per non ridergli in faccia.

«James!» lo chiamò Domi «sta cominciando a piovere!»

«NON MI INTERESSA! NOI FINIREMO L'ALLENAMENTO SOLO QUANDO ALBIE PRENDERA' PER LA TERZA VOLTA IL BOCCINO...»

«NON CHIAMARMI ALBIE!» Urlò quello.

«E QUANDO AVREMO FATTO MILLE PUNTI E ROSE NE AVRA' PARATI MINIMO CINQUECENTO!»

Feci un rapido conto e arrivai alla conclusione che saremmo rimasti sotto il temporale per almeno quattro ore.

«MUOVIAMO IL CULO!!» Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, segnando il mio primo punto della giornata.

 

Alla fine il temporale si era rivelato uno di quelli che durano poco per poco tempo. Con le mie previsioni ero stata troppo pessimista, solo dopo due ore ero nello spogliatoio femminile a farmi la doccia.

Ora, dovete sapere che io sono la persona più lenta del mondo a farmi la doccia ( e Rose può anche confermare, e anche la porta del bagno del dormitorio può confermare. Poveretta, chissà quanti calci e pugni ha preso per colpa mia). In ogni caso, quando uscii ero rimasta sola e avevo tutto lo spogliatoio per me. Cominciai a vestirmi lentamente prima di asciugarmi i capelli. Cercai con tutta me stessa di trattenermi dal cantare senza successo, ovviamente, poiché mi ritrovai a urlare:

«JUST GIVE ME A REASON, JUST LITTLE BIT ENOUGH. JUST A SECOND WE'RE NOT BROKEN, JUST BENT AAAAAND.... »

«....CAN WE LEARN TO LOVE AGAAAAIN?»

Mi girai sorpresa.

«Al, cosa ci fai qui?! Questo è lo spogliatoio femminile!» sbottai.

«ti stavo aspettando fuori, ma non uscivi mai» scosse la testa.

«Ah...»

Ero felice di vederlo, era da quell'ultima conversazione che non lo vedevo. Avevamo fatto di tutto per evitarci e ogni volta che mi vedevo con Anna lui non c'era.

«Volevo chiederti scusa» mi disse.

«Per cosa?» chiesi.

«Forse hai ragione tu. Non ho mai pensato all'altro aspetto del nostro rapporto e quando me lo hai fatto presente sono scappato via» fece un sorriso triste «forse James per una volta aveva ragione, sarei dovuto finire a Serpeverde, no a Grifondoro»

Rimasi zitta visto che non sapevo cosa dire.

«quindi... be'...» tra noi due cadde un silenzio imbarazzato. Mi fissai la punta dei piedi sperando in qualcosa che spezzasse il ghiaccio.

Poi sentii il suo profumo avvolgermi da tutte le parti e le sue braccia forti stringermi.

«Vieni» mi disse «andiamo al castello.»

annuii strusciando il mento tra il suo collo e la spalla.

**

Le cose tra noi due migliorarono nettamente. Ora non ci vedevamo solo con la copertura di Anna, spesso Al si sedeva vicino a me durante le lezioni e io ero felicissima.

Sì, felicissima.

Mi ero fatta mettere in punizione un paio di volte con Fred e James per innocui scherzetti fatti ai professori e papà era fiero di me.

La mia media viaggiava nell'Oltre Ogni Previsione in tutte le materie tranne in Antiche Rune che avevo un Accettabile e in trasfigurazione e divinazione nelle quali avevo E.

Avevo cercato il libro degli De Immortales senza successo ma ormai ero talmente presa da Al e dai miei amici che non me ne importava più poi così tanto.

Rose impazziva ogni giorno a causa della quantità dei compiti e l'unico che si poteva avvicinare illeso era Scorpius.

Conobbi il guardiacaccia Hagrid, il quale mi aiutò a mettermi in contatto con Lizzy, la mia piovra gigante del lago nero. Ormai avevo fatto fuori anche la seconda scorta di nutella e avevo pregato gli Elfi Domestici delle cucine di prepararla per la colazione. Inizialmente si rifiutarono (con tanto di inchini) ma quando svenni durante una lezione per carenza di nutella si decisero a prepararla.

E al Diavolo i brufoli, la nutella vince!

A metà Ottobre il professore di Difesa lasciò perdere i patroni per fare un ripasso sui mollicci.

«Dopo le due prrecedenti lezioni di teorria crredo giustamente che sia arrivato il momento farre una lezione prratica» mentre diceva questo l'armadio dietro di lui tremò sinistramente. «mettetevi in una fila orrdinata e aspettate il vostrro turrno mentrre aprro l'arrmadio»

Le parole furono seguite da un spintonarsi per prendere posizione.

«Prronti? Viaa!» l'armadio fu aperto e ne uscì una manticora. Il ragazzo davanti rimase paralizzato prima di urlare:

«RIDIKULUSS!» Una tizia mi si mise davanti impedendomi di guardare per un bel po', poi finalmente riuscii a spostarla con uno spintone e vidi che era il turno di Rose. Il molliccio si trasformò nei suoi genitori.

«Rose!» disse il molliccio-Hermione «come hai potuto prendere un voto così basso in pozioni? Come hai potuto farlo? Devi essere perfetta. Perfetta!»

«Credevamo che tu avessi tenuto alto il nome di famiglia» rincarò il molliccio-Ron «invece, guarda a cosa ti sei ridotta! Stai con un Malfoy, come hai potuto tradire la tua famiglia in questo modo? Devi solo vergognarti!»

«Nessuno vorrebbe una figlia come te!»

«Avremmo dovuto abbandonarti quando eri piccola»

La bacchetta di Rose tremò ma Scorpius la raggiunse stringendole la mano sinistra in modo rassicurante.

«Ri-RIDIKULUSS!»L'Hermione-molliccio inciampò a terra rivelando dei mutandoni rosa mentre Ron cominciò a saltellare urlando cose del tipo ''Viva i Cannoni!!''

La scena era così ridicola che scoppiai a ridere insieme a tutti. Tranne Rose che si girò e scappò fuori dall'aula. Scorpius la seguì senza che nessuno se ne accorgesse.

Dopo poco fu il mio turno.

Mi piazzai davanti all'armadio ma successe una cosa molto strana: il molliccio cambiò tante forme contemporaneamente prima di diventare un buco vuoto davanti a me.

«Buttati!» mi urlava Gabriele.

«No...» sussurrai.

Lui rise prima di buttarsi in quel vuoto. Cadeva giù, giù, giù senza fermarsi e io non potevo fare nulla. Ero paralizzata.

Il molliccio cambiò ancora e diventò un dottore «è morto, morto, morto, morto» mi diceva.

Indietreggiai di un passo. Cambiò ancora e questa volta era un corpo morto, pieno di sangue. Tanto sangue, troppo sangue. Abbassai lo sguardo e notai che anche le mie mani erano sporche di rosso.

Mi sentii la testa girare e le orecchie mi fischiarono sempre più forte.

«RIDIKULUSS!» non ero stata io a urlare l'incantesimo, ma Franck che mi guardava preoccupato. Il labbro inferiore mi tremò e lasciai pure io la sala.

Le mie mani erano ancora sporche di sangue.

 

«Giorgia» qualcuno mi chiamava sussurrando il mio nome. Non risposi, restando in silenzio.

Ero chiusa in un armadio, al buio. Era una cosa strana, la gente quando è triste cerca la luce o le cose luminose. Io cercavo il buio, lo trovavo protettivo perché oscurava tutto distorcendo la realtà come nei sogni, mentre la luce mostra tutta la verità in quel modo terribile. La luce è troppo luminosa e ferisce gli occhi, esattamente come la verità o la realtà. La cerchiamo anche quando ci fa male. Il buio, invece, ti protegge e ti tiene al caldo avvolgendoti.

«Giorgia, so che sei qui!» continuai a restare zitta e mi morsi l'interno della guancia.

«Giorgia...»

«vattene!»

Le ante dell'armadio si aprirono mostrandomi il volto accigliato di Franck. Avevo il viso secco e lo sguardo spento, le labbra screpolate.

«Vai via» perché c'era così poca convinzione nella mia voce?

Lui si sedette vicino a me nell'armadio e chiuse le ante. Affondai la testa tra le ginocchia serrando le palpebre così forte che cominciai a vedere esplosioni di luci.

«papà mi ha sempre detto che le paure vanno affrontate, anche se sembra impossibile» disse spezzando il silenzio.

Ma non ci riesco, ma non ci riesco, non ci riesco.

«tutti possono»

«c'era così tanto sangue» avevo la voce rotta « e lui è morto, è caduto giù. Lui voleva imparare a volare, ma non ha mai potuto farlo. Anche se alla fine lo ha fatto, è volato via da me. Mi ha lasciata sola, capisci? Se ne andato, per sempre! Non tornerà, non tornerà. E c'era tanto sangue! Avevo le mani sporche di sangue..»

«Calmati» mi disse prendendo le mani «calmati. Va tutto bene, va tutto bene»

No, non va tutto bene, non va per niente bene.

Ma non volevo contraddirlo, volevo che andasse davvero tutto bene, per questo annuii.

Va tutto bene, anche se non è vero.

**

Quando Fred venne a sapere di quello che era successo durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure fece esplodere l'armadio che conteneva il molliccio distruggendo anche buona parte della classe.

Per questo fu messo in castigo e dovette scappare via da un'incazzatissima Rose.

«Per colpa tua abbiamo perso trenta punti!» urlava brandendo la scopa da Quidditch.

«Su, Rosie, calmati... cosa vuoi che siano trenta punti!»

«ROARW!»

«Oh, Morgana, aiutami!!»

La scena era così esilarante che tutta la Sala Comune rise per una settimana. Almeno Fred era riuscito nel suo intento: farmi stare meglio.

Cominciai anche a sentirmi in colpa per essere scappata in quell'armadio. Odiavo mostrarmi debole, odiavo con tutta me stessa essere debole. Mi ripromisi che non lo avrei fatto mai più, che sarei rimasta forte e con il sorriso.

In un batter d'occhio Ottobre giunse alla fine accompagnata da Halloween e la prima gita a Hogsmeade.

Avevo deciso di andarci con Albus, me lo aveva chiesto un giorno in corridoio:

«Vieni a Hogsmeade con me?» mi aveva chiesto.

«Certamente. Che ne dici di trovarci alle tre?»

«Anche alle tre di mattina»

«Cosa?» avevo chiesto ridendo.

«Niente»

«Probabilmente arriverò in ritardo» lo informai «mi aspetterai vero?»

«Certo» e aveva sorriso.

Invece, arrivai puntuale e fui io ad aspettarlo.

Mi sedetti nei gradini di pietra stringendomi nella mia felpa. Il freddo cominciava a farsi sentire. Molti ragazzi sfilarono davanti a me, alcuni a manina e io mi sentii un po' stupida.

«Ehi, Giorgia!» mi girai sperando che fosse Al, ma invece era Anna.

«Ciao Anna» dissi.

«Cosa ci fai qui?» mi chiese sedendosi vicino a me.

«Aspetto Al, dobbiamo andare a Hogsmeade insieme» sorrisi.

«Cosa? Non ti ha avvertito?» mi chiese sgranando gli occhi confusa-

«Di cosa doveva avvertirmi?»

«Vedi, alcuni giorni fa Al mi ha chiesto se potevo venire con lui nel paese, ma io avevo un impegno così ho rifiutato. Dopo però mi sono liberata e gli ho detto che potevo e ci siamo dati appuntamento»

«Ma...» balbettai.

«non lo so» si strinse nella spalle «credevo che ti avesse avvisato»

«no...» sentii lo stomaco spaccarsi «Allora è inutile che io stia qui. Ciao» e mi alzai senza aspettare una risposta.

Mi sentii una seconda scelta dimenticata, una sensazione orribile.

Presa dai miei pensieri andai a sbattere contro qualcuno.

«Ouch» dissi «scusami ero sovrappensiero»

«non importa» disse Franck tendendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi «non dovevi andare a Hogsmeade con Potter?»

«sì, ma mi ha dato buca»

«Mhh... senti, che ne dici di venire con me?» mi sorrise aprendo le braccia «sono anche io senza accompagnatrice»

«Direi che è un ottima idea!» accettai entusiasta.

«Allora andiamo» e mi porse il braccio. Io lo presi ridendo e insieme uscimmo dal castello.

 

La gita si rivelò piacevole insieme a Franck e quando tornai al castello ero stanca morta ma mi aspettava ancora il banchetto di Halloweem

Yum, pancia mia fatti capanna!

Ero già immersa in un banchetto immaginario quando Fred mi prese per un braccio.

«che ne dici di fare un giretto?» non mi lasciò nemmeno il tempo per protestare che già mi stava trascinando via per i corridoi.

Poco dopo James ci raggiunse e insieme combinammo i nostri soliti scherzi.

La mia pancia brontolava come una mandria di bufali inferociti ma io la ignorai senza pietà.

Solo quando rischiò di farci scoprire da Gazza, il custode, Fred e James mi portarono alle cucine dove gli Elfi Domestici ci riempirono di cibo.

Usciti continuammo a scorrazzare per i corridoi.

«Aspettate» ci bloccò Fred facendoci nascondere dietro a una statua.

«Ma che cazz...?»

«Shht, guarda» mi disse.

Seguii il suo sguardo e...

«ma che ci fa là, mio fratello?» sbraitò sottovoce James. Io fissai il punto sorpresa.

«Non lo so, ma sembra che stia aspettando qualcuno» sussurrò Fred.

Aspettando qualcuno? O qualcuna? Lo sapevo, mi tradisce! Pensai scoraggiata.

«Sempre detto, non c'è da fidarsi di quello» borbottò James.

«Shht, vediamo chi sta aspettando» lo riprese Fred. Rimanemmo in silenzio a fissarlo. Camminava avanti e indietro a un grosso arazzo viola, spesso si fermava e guardava dalla parte opposta de corridoio; poi scuoteva la testa a e riprendeva a camminare.

Non so per quanto tempo restammo fermi in quella posizione scomoda a fissarlo.

«Andiamo via» piagnucolò James.

Fred scosse la testa con decisione. Passarono altri minuti, forse una manciata o forse più, prima che una voce dicesse.

«Guarda, guarda. Ciao, Potter» Al si girò e qualcosa nel suo sguardo ci fece capire che non era lui la persona che aspettava.

«Cosa vuoi, Zabini?» gli chiese. Il ragazzo, che aveva capelli mori, ricci e lunghi che cadevano una divisa verde e argento lo ignorò.

«Strano posto per un appuntamento, solitamente non ci passa nessuno» continuò, con la sua voce melliflua.

«E con questo?»

«Sai, girano voci secondo le quali il grande Albus Potter, il casanova di questa generazione, si sia innamorato. Ma non di una persona qualsiasi, di quella nuova» in quel momento mi chiesi se fosse una cattiva idea mettermi a ballare il tango.

Al rise «Io, innamorato? Ti sei forse bevuto il cervello, Zabini?» la voglia di ballare il tango andò a seppellirsi sotto terra.

«Sarà, eppure posso giurare di avervi visto in modo...come dire?...Compromettente

«L'avrai confusa per un'altra»

«Certo, certo» gli girò intorno «incredibile, sul serio. Le tue ammiratrici ci resteranno davvero male»

«Te lo ripeto: non sono innamorato

«Te lo ripeto: non ti credo»

«Forse, Zabini, dovresti fare il contrario» e dall'altra parte del corridoio comparvero Anna e uno dei fratelli Scamandro.

«Finalmente!» disse Al «è un'ora che vi aspetto»

«Abbiano avuto problemi» disse Scamandro. «comunque, faresti meglio a credere ad Albus»

Zabini strinse gli occhi, fissandolo male mentre Scamandro frugava dentro le tasche.

«Tieni Al, i tuoi cinque galeoni» e gli lanciò al volo un sacchetto tintinnante.

«Cosa significa tutta questa pagliacciata?!» Zabini sembrava davvero seccato.

«Sta solo vincendo una scommessa» spiegò annoiata Anna.

«Su che cosa si volgeva?» continuò Zabini.

Al e Anna si guardarono con un ghigno beffardo sulle labbra.

«Dovevo conquistare il cuore di Giorgia»
 

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Capitolo 18
*** La foresta proibita. ***


Cap.18

La foresta proibita.

**

Ho sempre odiato il maschilismo, è una cosa che proprio non sopporto. Non capisco, per quale motivo le donne dovrebbero essere inferiori ai maschi?

Con tutto il rispetto, noi donne siamo molto più forti. Portiamo dentro di noi per nove mesi una creaturina che vive. E non andiamo via, ma nascondiamo il dolore che scivola, anche se lo sentiremo dopo.

Abbiamo tanta fantasia, troppo, che ci fa creare un sacco di inutili castelli in aria. Vediamo cuoricini quando ci sono prese per il culo e ci restiamo male.

Ma siamo sempre pronte per ricominciare, anche nelle nostre notti peggiori diremo ancora un altro sì per ricominciare.

**

«Dovevo conquistare il cuore di Giorgia»

Non mi sentii più il pavimento sotto i piedi e caddi in ginocchio provocando un gran fracasso.

Il gruppetto dall'altra parte s'ammutolì di colpo e Fred sussurrò un'imprecazione. Sentii uno strano senso di vuoto proprio sotto il seno e la sensazione di vomito e delusione farsi strada dentro di me.

Mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo.

Fred e James mi tirarono su e insieme sgattaiolammo lontano.

«Cos'era stato?» sentii Scamandro chiedere.

«Niente, probabilmente un topo» rispose Albus.

Avevo le mani sudate e i capogiri mi impedivano di camminare. Solo quando rischiai di cadere per l'ennesima volta ci fermammo.

«Mhh...» disse James grattandosi la schiena. «Quindi mio fratello sta con una certa Giorgia e la sta prendendo per il culo. Dobbiamo avvertirla?»

Aprii la bocca ma non trovai le parole davanti a tutta quella scemenza.

«Jamie» disse pazientemente Fred «quante Giorgie conosci?»

James contrasse la faccia concentrato prima di strabuzzare gli occhi.

«Cavolo, quindi io e te siamo stati parenti per un breve periodo?!» mi chiese.

Mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo, mi ha presa per il culo...

Colpii la parete con il pugno e cominciai a tempestarla di calci.

«S..t..u...p..i...d...a..e..io..che...gli...ho...anche..CREDUTO!»

«Giorgia, calmati!» disse Fred prendendomi per le spalle.

Mi divincolai, continuando a pestare la parete fino a quando mi lasciai andare e Fred mi abbracciò.

Come ero potuta essere così stupida?! Come aveva potuto farlo?!

«Ehm...» James era in evidente stato di imbarazzo. Rimanemmo alcuni minuti a fissarci, io che ansimavo e lottavo per non urlare, Fred che mi teneva abbracciata cercando di rassicurarmi e James che aveva la stessa espressione di uno che ha appena scoperto di stare in questo mondo.

Poteva andare peggio di così?

«Ehi, che ci fate qui?»

.

Sì, poteva andare peggio di così.

Al si avvicinò guardandoci sorpreso.

«è successo qualcosa?» cavolo, meritava un Oscar come miglior attore stronzo del secolo!

«No, sono solo caduta» però anch'io mi meritavo un Oscar.

«Caduta? Ti sei fatta tanto male?»

Morgana, sopprimetelo! Fate questo grande favore al mondo!

«Albus» sibilò Fred quando provò ad avvicinarsi.

«Cosa c'è?» e si girò verso il fratello. James lo fissò alcuni secondi, poi prese la bacchetta e urlò:

«STUPEFICIUM!» L'incantesimo colpì Al in mezzo al petto e questo fece un volo prima di sbattere contro per poi accasciarsi a terra. Jamie rifoderò la bacchetta nella tasca dei jeans normalmente, come se non avesse schiantato suo fratello minore ma solo eliminato un ragnetto.

«Che ne dite se andiamo ai dormitori? Ho un po' di sonno» disse tranquillamente.

**

«Merlino, Giorgia!» mi rimproverò Dominique quando entrai nel dormitorio femminile del sesto anno «Dov'eri finita? Hai visto che ore sono?»

Ignorai le sue domande andando a sedermi nel mio letto.

«Come mai non eri al banchetto?» le diede corda Rose.

Serrai le mani a pugno.

Al banchetto di Halloween, ecco dove avrei dovuto essere quella sera invece di gironzolare a fare guai insieme a Fred e James. Al banchetto di Halloween, dove non avrei mai scoperto della falsità di Potter. Se fossi andata al banchetto quello stupido essere avrebbe continuato a prendermi per il culo e poi, una volta stancato, mi avrebbe lasciata senza una spiegazione; e io ci sarei rimasta male, eccome che ci sarei rimasta male!

Digrignai i denti strapazzando il copriletto.

Quello stupido, infimo, bastardo, troione...

«Giorgia...?»

Dominique si era accorta che qualcosa non andava e si era avvicinata sedendosi vicino a me.

Rimasi muta, certa che se avessi aperto la bocca avrei urlato.

«E' successo qualcosa?»

No, ho solo scoperto di essere stata usata per una stupida scommessa, niente di importante.

«Non è successo niente»

«E allora perché questa faccia?» la voce di Rose era gentile e rassicurante.

Perché non le avevo dato ascolto? Perché avevo voluto fare di testa mia ignorando i loro consigli?

Sentii di odiarmi, di odiare me e la mia testardaggine, di odiare lui e la sua voce gentile.

Maledetto, maledetto.

Lo odiavo, perché mi ero fidata di lui per la prima, aprendo il guscio e lasciandolo entrare, lo odio per quanto mi ha fatto male e io che mi sono fidata un'altra volta, ancora senza difese e mostrandomi per quel che ero.

Lo odiavo ma non potevo fare a meno di sentirmi delusa, perché ci avevo creduto, perché forse la scommessa l'aveva vinta veramente.

Lo odiavo ma non potevo fare a meno di piangere, quelle lacrime che scendevano lente per le guance, si curvano per poi precipitare nella pancia come le perle di rugiada dopo la notte, in quell'attimo in cui tutto si ferma e sembra che il sole non riuscirà mai a sorgere perché la notte è troppo potente e terribile.

Aprii la bocca e sentii un gusto amaro e salato sulle labbra, nella lingua e nella gola. Bruciava, il sapore della delusione bruciava come fuoco. Mi mancava l'aria e ormai ero tutta bagnata, il mascara che avevo messo con tanta cura la mattina si sciogliva e colava giù nelle guance, come la cera di una candela.

Le donne hanno dentro il mare. A volte è calmo e scintilla al sole di quel bellissimo azzurro trasparente, altre volte è un blu così puro e immenso da lasciarti con il respiro bloccato e gli occhi pieni di meraviglie, oppure il mare che ci portiamo dentro è come in quel momento: in tempesta. Con le onde altissime che s'infrangono nella sabbia come il respiro troppo veloce che ti provoca dolori dove delle costole, le lacrime brillanti come la spuma, quella cosa bianca, fragile e delicata come le ali di una farfalla, quella cose bellissima in balia della tempesta. In quel momento ti senti esattamente come la spuma di mare: fragile e in balia delle onde, senza ancora a cui aggrapparsi, senza un appiglio o senza una meta da raggiungere.

Avevo stomaco e labbra spaccate, una sensazione di vomito tra il seno e l'ombelico, una fitta dolorosa.

Vomitai parole, parole sconnesse e vere, vomitai ogni singola paralo taciuta, la verità che Al mi aveva ammonito di non dire.

«Perché non lo diciamo a tutti e siamo apposto?»

«Già, sarebbe meno complicato.»

«E allora perché non lo facciamo?»

«Come reagirebbero Dominique e Rose? Di sicuro non faranno salti mortali, anzi... ti considereranno una stupida, una che ci salta sempre. E ti guarderanno male, penderanno che ti sei lasciata ingannare...Ma io non ti sto ingannando!»

Bugiardo, mille volte bugiardo lui e le sue parole.

Quando anche l'ultima parola fu uscita dalle mie labbra secche e la mia gola smise di produrre suoni e si limitò a bruciare mi preparai ai loro “Te lo avevamo detto!”. Invece, mi abbracciarono e mi incatenarono tra le lenzuola e il cuscino sussurrando:

«Andrà tutto bene...»

**

La mattina dopo, davanti allo specchio del bagno mi preparai per entrare in scena. Avevo le guance secche e sporche di mascara e sul viso pallido e tirato facevano mostra di se due occhiaie versione 'sono un panda'. Misi un po' di fondotinta e cominciai ad applicarlo lentamente e minuziosamente.

Durante la notte avevo avuto incubi su incubi e avevo faticato a prendere il sonno. Ma in quel momento avevo un idea fissa e decisa in mente:

la pagherai Albus Severus Potter. La pagherai molto cara!

Mi fissai allo specchio provando tutto il mio repertorio di facce, da quella annoiata a quella intimidatoria, da quella felice a quella rammaricata.

Quando entrai in sala comunque Fred mi si avvicinò subito ma lo sistemai con un occhiata rassicurante.

La persone che volevo vedere non tardò ad arrivare.

«Andiamo?» mi chiese elargendomi un sorriso.

«Certo, Al.» cinguettai controllandomi dal tirargli un pugno in faccia. Lui fece il disinvolto per tutto il tragitto e io stetti al gioco chiacchierando del più e del meno anche durante la prima parte della colazione.

Carini e coccolosi.

Quando la sala fu abbastanza piena mi alzai in piedi al centro del tavolo di Grifondoro.

«Un attimo di attenzione, prego!» tutta la Sala ammutolì e si girò a fissarmi. Quando fui sicura di avere l'attenzione di tutti dissi:

«Sapete, in questi mesi ho conosciuto un ragazzo... un ragazzo meraviglioso -“e terribilmente bastardo”- con il quale ho passato momenti -“e prese per il culo”- indimenticabili! Insomma, avete capito. Stiamo insieme da inizio Ottobre e penso sia giunto il momento della Grande Rivelazione -“Noto anche come La Mia Grande Vendetta”- Ecco a voi Albus Potter!» Tutta la Sala Grande applaudì e Al con un sorrisetto divertito salì sul tavolo accanto a me.

«Credo» continuai cercando di trattenere un sorrisetto sadico «che io debba dirti una cosa» feci una pausa studiata prima di proclamare.

«Sei il più gran figlio di puttana visto in quest'epoca. Ci ho pensato su, fai veramente schifo, hai un carattere di merda e.. sì, baci da vomito. Ora capisco perché sei stato con così tante persone: non è per il tuo essere puttaniere, ma perché baci talmente male che le ragazze scappano via terrorizzate. Senza contare che hai la stessa intelligenza di un criceto.» feci una pausa fintamente pensosa «Sì, in conclusione penso che la nostra storia finisce qua. Ti lascio, buona giornata» e cercai di scendere nella maniera più dignitosa possibile.

«Ah, dimenticavo» mi girai verso Al che era ancora in piedi sul tavolo con una faccia... be', era una cosa stupenda «SCATTA L'ORA X! BULA BULAA!»

La sala tornò nel silenzio più totale, poi dalla porta uscì una lucina colorata che sparava scintille da tutte le parti e zigzagando andò davanti ad Albus; rimase fermo a mezz'aria per un altro secondo prima di esplodere in un bellissimo fuoco d'artificio. A questo ne seguirono altri, i primi erano i più semplici come quelli babbani, ma poi cominciarono a creare disegni nell'aria e intere scritte del tipo 'Albus? Ma chi lo vuole!'. La Sala Grande era ormai piena di colori, esplosioni e luci quando Fred e James a cavallo di due scope entrarono lanciando altre luci. E, chissà perché, la maggior parte dei fuochi d'artificio scoppiavano in faccia ad Al e ad Anna.

«BASTA COSÌ!» l'urlo della preside McGranitt fece tremare i muri e con un colpo do bacchetta tutti i fuochi d'artificio si spensero. Fred e James andarono ad appollaiarsi su un candelabro mentre la professore continuava con:

«Signor Pottter, signor Weasley e signorina Flox! In punizione!»

Be', almeno ne era valsa la pena.

**

Alla Mcgranitt non era bastato farci pulire i sotterranei senza magia, aveva anche spedito una lettera ai genitori.

Mentre li aspettavamo nell'ufficio della preside cercai di immaginarmi la faccia che avrebbe fatto Federico, di sicuro si sarebbe congratulato; poi pensai alla faccia che avrebbe fatto la McGranitt davanti alla reazione di mio padre e mi venne la ridarella.

«Avrà ben poco da ridere, signorina Flox, quando arriverà suo padre» mi riprese la professoressa. Oh, povera illusa.

Le fiamme del caminetto si illuminarono di smeraldo e ne uscì la famiglia Potter e la famiglia Weasley.

«Buonasera, professoressa McGranitt» salutò cordialmente George.

«Buonasera, cosa hanno combinato questa volte?» chiese Ginny rassegnata.

«Buonasera,» e che cavolo! È il terzo 'buonasera' che sento in trenta secondi! «Vorrei aspettare il padre della signorina prima di iniziare»

«Non si preoccupi» dissi «è in ritardo. Cominci pure» l'occhiata che mi lanciò mi convinse a chiudere la bocca.

Le fiammelle del camino ritornarono verdi e ne uscì papà.

«Ciao!» disse salutando «Scusatemi per il ritardo, ma non trovavo il cibo!»

«Il c-cibo?!» farfugliò la McGranitt.

«Grande, pa'! Hai portato anche i frullati?»

«Certo tesoro. C'è anche la nutella»

«Sei un grande!»

«modestamente, lo so. Sono un grande figo»

«hahahaha, modesto il tipo»

Gli altri adulti guardarono il nostro scambio di battute stralunati mentre Fred, James e George (l'ho già detto che non rientra nella categoria adulti, no?) cercavano di trattenere le risate senza successo.

«Ehm-ehm» ci richiamò la preside. «Vostra figlia e questi due hanno fatto esplodere un'intera scatola di fuochi d'artificio in sala comune!»

«Davvero?!» chiese papà sorpreso «Grandi, battete il cinque!»

«Signor Flox!» la pelle della professoressa si colorò di rosso «è una faccenda seria! Avrebbero potuto ferire qualcuno!»

«Uhm, sì» fece papà mettendo su una faccia da funerale che fece imbestialire ancor di più la McGranitt.

«Ma non capite proprio la gravità di quel gesto?» e partì una predica che come minimo durò tre ore e fece addormentare tutti.

«Capite adesso?!»

«Uh, oh? Certamente, vedrà che la cosa non si ripeterà più» disse Harry.

«Bene» e con queste parole ci congedò.

 

Quando tornai al dormitorio trovai un gelato nel mio letto con un biglietto:

La vendetta è dolce e va servita fredda. Quindi la vendetta è un gelato!

Risi, scartando il gelato.

 

**

Il modo plateale con cui avevo mollato Albus fu oggetto di pettegolezzi fino a metà Novembre dove Albus continuò ad essere oggetto di pettegolezzo ma per tutt'altro motivo.

Quel bastardo si era fidanzato con Anna.

La cosa che mi stupì più di tutto fu che la notizia non mi faceva né caldo né freddo. Meglio così.

«Sentite qui!» disse Franck piazzandoci davanti una pagina della Gazzetta del Profeta «c'è stato un nuovo attacco! Nel negozio che fa angolo con Trafalga Square»

«Gli aggressori hanno distrutto l'intero negozio prima di dileguarsi, nessun morto ma molti feriti» lesse Rose «Merlino, ma cosa sta succedendo?!»

«Che strano...» dissi.

«Cosa?»

«Prima attaccano la mia scuola, adesso in negozio vicino a dove faccio teatro...»

«Coincidenze?» chiese ironicamente Scorpius.

«Nel mondo magico none esistono coincidenze» scosse la testa Dominique.

«Ma allora...?»

«Sì, sta succedendo qualcosa» dichiarò infine Rose.

Tutti quanti si voltarono a fissarmi.

«Credete...credete che io centri qualcosa?» chiesi titubante.

«Non lo so, Giorgia» Fred scosse la testa «Non hai detto di saper fare quella magia strana...»

«sì, l'Illusione» gli venni in aiuto.

«Esatto, e solo i De Montagnes...molises.

«De Immortales»

«Sì, quelli, sapevano farla esattamente come te. Lo hai ancora il libro?»

«Che libro?» s'incuriosì Dominique.

«Quello su 'sti cosi..»

«Ecco...» mi mordicchiai il labbro inferiore «Io lo ho... perso»

Restammo in silenzio per alcuni secondi, poi Scorpius lo interruppe:

«Non resta che cercarlo allora»

«Ma cosa sono i De Immortales?» sbottò Rose.

«Sono un antico popolo magico molto potente. Al giorno d'oggi ne esiste soltanto una decina sparsa in tutto il mondo. Per diventarlo bisogno salvare una Guardiana, ovvero la protettrice di uno dei quattro elementi. Dopo diventi immortale e potentissimo»

«Quindi tu potresti essere una De Immortales...»

«Ma è impossibile! Non ho salvato nessuna Guardiana!»

«Tu forse no, ma tuo padre potrebbe» costatò Dominique.

«Hai ragione» le diede corda Franck «hai detto che sono immortali, no? Be', tuo padre dimostra diciannove anni ma se così fosse dovrebbe averti avuto all'età di tre anni»

«Dobbiamo scoprirlo!» decisi.

«E Dobbiamo trovare quel libro» concordò Rose.

Uno stomaco brontolò.

«Io dico di cercarlo dopo la cena, che ne dite?» propose Fred.

**

Nonostante i nostri tentativi il libro era introvabile. Avevamo anche chiesto in biblioteca ma appena la bibliotecaria aveva scoperto il titolo del libro ci aveva cacciato in malo modo dicendo:

«Quello non è un libro per bambini!»

Chiesi a papà di inviarmene un altro ma mi rispose che c'era solo quello. Cominciai ad avere crisi di nervi come quelle di Rose visto che gli attacchi continuavano e sempre in posti che conducevano a me stessa.

Ero preoccupata, preoccupata in una maniera incredibile.

«Riusciremo mai a trovarlo?» mi chiesi un giorno, sconfortata.

«Stai tranquilla» mi sussurrò Franck «lo troveremo!»

Novembre stava finendo e nel parco della scuola era scesa la nebbia e io passavo le mie giornata in sua compagnia tra i libri di scuola o i dolci che papà mi spediva.

Ad Al non pensavo più, se lo incontravo non mi degnavo nemmeno di salutarlo.

Anche se ogni volta che trovavo lui e Anna avviluppati come due salamandre in calore sentivo un po' di fastidio dove dello stomaco. Solitamente lo ignoravo e passavo avanti.

Altre volte mi veniva voglia di tirargli un calcio nel sedere. Franck approvava la seconda opzione ma io preferivo seguire la prima: era una cosa molto più dignitosa.

A proposito di dignità, la persi del tutto quando la professoressa di Antiche Rune mi fece un interrogazione a sorpresa nella quale presi un T.

«Non ti preoccupare, tutti hanno preso una T con quella. Perfino Rose!» tentò di consolarmi Dominique.

«Non ricordarmelo!» brontolò Rose amareggiata.

«Oh, andiamo! Io prendevo solo T» sbuffò Scorpius.

«Questo perché sei un ignorantone!»

«Ma brutta bertuccia! Te la faccio vedere io!» e le si gettò addosso iniziando una battaglia di solletico.

Sorrisi e mi allontanai per dirigermi in biblioteca con Franck. In realtà ci scontrammo mentre raggiungevo la biblioteca in un corridoio vuoto del secondo piano.

«Scusami» risi «non ti avevo visto!»

«A quanto pere noi due non facciamo altro che scontrarci» rise pure lui.

«Già» tirai su la borsa e presi i libri che mi erano caduti. Stavo per prendere il dizionario di Rune quando questi si sollevò da terra e si allontanò.

«Ehi!» dissi indispettita «Torna subito qua!» e cominciai a rincorrerlo saltellando come una cretina.

«Giorgia!» mi chiamò Franck prima di seguirmi.

«Torna giù, stupido manuale!» inseguendolo ero finita dentro un bagno e solo allora il libro si degnò di scendere

«Ma cos'è successo?!» mi chiese Franck una volta che mi raggiunse.

«Non lo so, il libro...»

«Posso spiegarvelo io, se volete» disse una voce maschile. Alzai la testa di scatto e vidi che il mio riflesso in uno specchio parlava.

«Ma che diavolo..?» mi allontanai.

«So che state cercando il libro per avere notizie sui De Immortales»

«Chi sei?» chiese Franck.

«Ogni cosa a suo tempo. Diciamo che io sono l'altra faccia della medaglia» e sorrise sadicamente.

«L'altra facc...? insomma, cosa vuoi?!» sbottai irritata.

«Aiutarvi. Il libro che state cercando lo ho io» continuò

«Allora dammelo!»

«Certo che no, se lo vuoi dovrai venire a prenderlo. Questa notte, nella foresta Proibita»

«E se io non volessi?»

«Non vuoi scoprire la verità? Non vuoi sapere il perché dei tuoi sogni, il tuo potere illimitato e le altre stranezze? Vuoi continuare a vivere nella menzogna?»

Strinsi le mani a pugno e la figura allo specchio sparì e io e Franck ci ritrovammo in mezzo al corridoio.

«Non avrai intenzione di andarci, spero» disse Franck.

«Invece sì!»

«Ma sei impazzita? È vietato!»

«Non mi interessa!» sbottai «Io voglio sapere»

detto ciò girai i tacchi.

 

**

«Verremo con te!» proclamò Fred quando raccontai alla truppa quel strano incontro.

«Ma non possiamo andarci tutti, daremo nell'occhio» costatò Dominique.

«E potrebbe essere pericoloso, ci serve un piano» le diede man forte Scorpius.

«Andremo contro a un centinai di regole» ci fece notare Franck.

«Non m'importa» dissi decisa.

«Allora spremiamoci le meningi» disse Rose «Questa sera andremo nella foresta Proibita.» 

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Capitolo 19
*** Delirium. ***


Cap. 19
Delirium.
**

La ragazza aveva le orbite vuote e scavate, dalle quale scendeva ancora sangue. Camminava cadendo e rialzandosi, la sua bocca si muoveva ritmicamente alla ricerca di aria o di parole. Con le mani incurvate ad artiglio graffiava la superficie del terreno, le unghie spezzate.

«E' questa la fine promessa?»

«O l'emblema di quell'orrore»

La ragazza continuò a camminare, i capelli strapazzati, senza sguardo e le labbra spaccate. Era ricoperta da una sostanza nera e lucente: sangue?

Cadde in ginocchio e questa volta non si rialzò più. Davanti a lei un corpo fluettava in un vento leggero. Una corda lo legava a un ramo.

Morto impiccato.

«Il mio buffone... hanno impiccato il mio povero buffone»

Cadde un berretto a sonagli dal cielo e l'impiccato aprì gli occhi, verde smeraldo.

«Giorgia..» sussurrò Rose «Si entra in azione»

**

«Il piano è molto semplice» ci illustrò Domi quando tutti fummo riuniti «James ci creerà il diversivo facendo esplodere qualcosa di pericolo all'altro lato del castello»

James grugnì, infastidito per la sveglia in piena notte.

«Io, Rose e Scorpius controlleremo che la via sia libera sia per l'andata sia per il ritorno che per l'andata. Comunicheremo grazie a questi falsi galeoni» e ci consegnò l'obolo.

«E' un trucco che usarono anche i nostro genitori al quinto anno» spiegò Rose «Quando dobbiamo informarvi di qualcosa il galeone diventa caldo e compare una scritta: il messaggio.» e ci mostrò come si faceva, dopodiché continuò «Franck, Giorgia e Fred voi andrete nella foresta proibita. Usate il mantello dell'invisibilità e la Mappa del Malandrino»

«Ehi!» grugnì James «Quelli sono miei!»

Lo ignorammo mentre passavamo alla mia parte preferita del piano: la pratica.

**

Siamo fuori.

La scritta comparve sul galeone e la risposta non tardò ad arrivare.

Qui è tutto apposto, nessuno si è accorto di niente. Fate veloce.

«Come facciamo a trovare il libro?» chiese Franck «la foresta è immensa»

«Non lo so...» sussurrai girando intorno agli alberi. Appoggiai una mano nella corteccia di una sequoia.

Qual'è la strada giusta?

Appena finii di formulare la domanda nella mia mente, gli alberi cominciarono a spostarsi.

Ma nel senso letterale della parole. Gli alberi alzarono le radici e cominciarono a camminare lasciando una via scoperta, come se fosse una strada.

«Ma che diavolo?!» sbraitò Fred quando una radici lo colpì facendolo ruzzolare a terra.

«Ci stanno mostrando la strada» sussurrai, piena di meraviglia «Ci stanno mostrando la strada!» e mi gettai a capofitto in quella via.

Sentii Fred e Franck chiamarmi ma io non mi fermai e corsi a perdifiato fino a quando qualcosa mi prese la gamba e rotolai a terra.

«Maledizione, Giorgia!» sbuffò Fred mollandomi «potrebbe essere pericolo, ci vuole prudenza!»

Mi alzai traballante e ripresi a respirare lentamente.

«Scusami, non so cosa mi è successo» lui annuì.

«Vado avanti io» disse Franck sfoderando la bacchetta.

Seguimmo il sentiero con i sensi all'erta, attenti a tutti i rumori. Ma quella sera la foresta era silenziosa. Troppo silenziosa.

«C'è qualcosa che non va» dissi fermandomi.

«Cosa intendi dire?» disse Fred sbattendo sulla mia schiena.

«Il silenzio. Non si sente nemmeno il fruscio delle foglie o qualsiasi altra cosa normale nelle foreste.»

«Lo stavo notando anche io» mi diede man forte Franck «Qualcosa turba la foresta.»

Rimanemmo ad ascoltare alla ricerca del più minimo rumore.

Spff, spff, spff.

Sgranai gli occhi.

Spff, spff, spff.

«Lo avete sentito?» sussurrai.

«Cosa?»

«Questo!» e tornammo ad ascoltare.

Spff, spff, spff.

«Non lo sentite?»

«Non c'è niente Giorgia» mi disse Franck «Non c'è nessun rumore»

«Ma...» frustata corsi. Corsi verso il rumore, in mezzo alla foresta. Era una cosa strana ma sentivo l'urgenza di correre verso quel rumore. Corsi inciampando sulle radici sporcandomi di fango e tagliandomi braccia e gambe.

Sentivo Fred e Franck correre dietro di me, ma c'era questa sensazione strisciante dove dello stomaco che mi impediva di correre e rispondere alle loro chiamate. Stavo correndo più forte che potevo quando mi mancò il terreno sotto i piedi.

E precipitai. L'aria mi sferzava il e i capelli volavano intorno a me come una fiamma di fuoco rosso. Sentii la sensazione di vuoto dove dello stomaco, la stessa che avevo sentito quando io e Al ci eravamo baciati. Non erano fantasmi, mostri, dinosauri o altre diavolerie simili, quello era vuoto; proprio sotto il cuore, tra il seno lo stomaco. Era un vuoto che risucchiava e lasciava altro vuoto così profondo che non si poteva riempire, in nessun modo.

Cadevo, cadevo e basta. Sembrava che niente potesse fermarmi, sarei caduta in eterno. La testa mi girava e gli occhi mi bruciavano, qualche lacrima cominciò a scendere ma non faceva in tempo a posarsi sulla guancia che l'aria la faceva salire. Come un stella.

Sentii i piedi toccare tessa e mi ritrovai con la faccia nel terreno sporco. Sentivo il petto bruciare.

«Giorgia!» disse Fred correndomi incontro «Stai bene?» aveva gli occhi spalancati dalla paura.

Franck accanto a me mise a pancia in su e poi mi aiutò a sedermi. Alzai lo sguardo e rimasi sorpresa: lo strapiombo era alto pochi metri, tre al massimo, ma a me la caduto era sembrata infinita.

«Com'è possibile?» sussurrai a tutti e a nessuno.

«Hai fatto una cosa stranissima» sussurrò Fred «hai spiccato un balzo e sei rimasta ferma a mezz'aria e si è formato una piccola tromba d'aria e tu te ne stavi al centro.»

«è stato orribile» lo precedette Franck «Avevi la bocca spalancata e tuoi occhi... facevano paura» e scosse la testa.

«Io..» tentai di giustificarmi, ma una luce attirò la mia attenzione. Per la prima volta feci caso al luogo dove mi trovavo: era una radura circondata da un labirinto di specchi.

Era uno spettacolo così meraviglioso ma così inquietante che la bocca mi si aprì per formare un ovale.

«Cos'è questo posto?» chiesi avvicinandomi.

«Posso spiegartelo io, se vuoi» mi girai verso la voce femminile e nel giro di due secondi mi ritrovai con la bocca spalancata.

Il mio primo pensiero fu che stessi guardando il riflesso nello specchio ma mi resi subito conto di sbagliarmi: come può un riflesso muoversi a proprio piacimento?

La ragazza davanti a me era... uguale a me.

La forma del viso, la statura, la corporatura, gli zigomi, il naso, la forma degli occhi e delle labbra, i capelli ribelli e le lentiggini... sembrava di guardarmi allo specchio.

Ma io suoi capelli non erano rosso fuoco come i miei, erano di non azzurro elettrico con sfumature grigie e anche i suoi occhi non erano marrone caldo (o color cacca, a prescindere) erano freddi e di color argento e brillavano di una luce strana, quasi pazza. Indossava una canottiera aderente e stropicciata blu scuro e dei shorts grigi, a piedi nudi, aveva un orecchino con il teschio pendente mentre al collo portava una fiala contenente un liquido argentato.

Arretrai impaurita e sorpresa. Fred alla mia destra s'irrigidì mentre Franck ebbe la mia stessa reazione shoccata.

«c-chi sei?» balbettai.

«Io sono una parte di te, l'altra faccia della medaglia, il buffone amaro..» sghignazzò «Non ho un nome, non me lo ha dato nessuno. Ma io sono il Delirium, quindi sì, chiamami Delirium» e fece un inchino ridendo. Ma non era una risata di gioia, era la risata di un pazzo che prevede la distruzione.

Ero ipnotizzata, non riuscivo a levarle gli occhi di dosso anche se sentivo il panico montarmi dentro. Non capivo cosa intendeva, cosa voleva dire.

«C-cosa vuoi?» chiesi.

«Da te? Assolutamente nulla» spense la risata e mi guardo con gli occhi che brillavano «Se non sbaglio sei venuta perché cerchi un libro...» buttò lì.

Il libro, giusto. Me ne ero dimenticata!

«Allora dammelo!» sbottai.

«Quanta fretta» e alzò gli occhi al cielo «Ti darò il libro, ma prima voglio divertirmi un po'»

«Cos...?» ma prima che io potessi terminare un forte boato provenne alle nostre spalle. Mi girai e vidi che il burrone dal quale ero caduta franava. Grossi massi neri rotolavano distruggendo tutto quello che trovavano. La sorpresa mi paralizzò e non sentii più le gambe. Franck mi prese per un braccio e sentii che mi trascinava via. Mi riscossi e presi a correre pure io e andammo a nasconderci dentro il labirinto.

«Cosa facciamo adesso?» urlai mentre svoltavamo nelle curve del labirinto.

«Non lo so, ma continua a correre» mi urlò Fred. Continuammo a correre fino a quando non sentimmo più il boato della frana. Caddi sulle ginocchia senza fiato, il cuore mi batteva impazzito. Chiusi gli occhi cercando di riprendermi. Quando li riaprii ero rimasta sola.

«Fred?» chiamai «Franck?» silenzio. Ero rimasta sola, erano spariti.

«FRED! FRANCK!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola mentre sentivo il panico salire nello stomaco. Mi alzai e cominciai a correre cercandoli spaventata.

«E' inutile che li cerchi» la mia copia mi materializzò davanti bloccandomi il passaggio.

«Dove sono?! Dove li hai portati?!» sentivo la rabbia salire.

«Il labirinto vi ha divisi. È questa la sua magia.» disse con noncuranza cominciando a girarmi intorno.

«Continuo a non capire, si può sapere chi sei?!» strinsi le mani a pugno.

«Non lo hai ancora capito?» si prese gioco di me «sono tante le cose che non sai...»

«Rispondimi invece di sparare cazzate!»

«Vuoi sapere chi sono?» assottigliò gli occhi e sentii un brivido scendermi lungo la schiena. Con uno scatto fulmineo mi colpì lo stomaco con un pugno fortissimo. Lo scontro mi fece sollevare da terra e riprovai quell'orribile sensazione di vuoto allo stomaco. Quando toccai terra Delirium sussurrò:

«Lo hai sentito? Hai sentito il vuoto, quel buco nero dentro di te? Lo hai sentito, vero?» e partì in una risata folle. Mi alzai tremante sulle gambe e la fissai cercando di capire dove volesse andare a parare.

«Io sono quel vuoto, quel risucchio. Sono quella parte mancante che c'è dentro di te!» e riprese a ridere «Io sono il tuo Delirium e tu sei il mio Chaos. Insieme ci completiamo» e allargò le braccia.

«Io..tu...non capisco, cosa vuoi da me?!»

«Da te assolutamente nulla, te l'ho detto. Anzi, voglio saggiare la tua forza» aprì il palmo della mano destra e sentii il vento salire anche se aravamo protette dai grandi specchi. Davanti a me si formò una tromba d'aria e mi si schiantò contro. Rotolai di lato mentre l'aria mi sferzava i capelli e mi faceva lacrimare gli occhi. Sbattei con la testa su uno specchio e sentii come se il cranio si fosse spaccato. Tesi le mani davanti a me come per fermare la tromba d'aria quando da esse partì uno scudo che mi riperò dal vento. Quando tutto finì mi fissai le mani con gli occhi spalancati.

«Come...?»

Delirium rise più forte e cominciò a lasciarmi addosso fiammelle infuocate. Cercai di schivarle, ma una mi colpì il braccio sinistro ustionandomi. Il dolore mi fece vedere a puntini e caddi a terra.

«Tutto qui?» mi chiese sprezzante. Pregai che non facesse un'altra delle sue magie. Ero stanca, le cadute mi avevano procurato parecchie botte e il braccio mi bruciava in una maniera insopportabile. Sentii montare il panico quando si avvicinò e mi sembrò di essere in trappola, che le pareti lisce lucide fossero troppo strette e mi soffocassero.

«Che debole, non conosci nemmeno un quarto dei tuoi poteri.» mi sillabò sprezzante.

Ecco, il mio problema è che sono una tipa orgogliosa, molto orgogliosa, e sentirmi presa in giro in quel modo fu...non lo so ma mi diede la forza di rialzarmi.

Ah, sono debole? Te lo faccio vedere io quanto sono debole!

«STUPEFICIUM!» gridai puntando la bacchetta. Un raggio rosso partì contro di le mai s'infranse contro la sua mano.

«Non dirmi che usi ancora questi incantesimi da quattro soldi»

«PIETRIFICUS TOTALUS!» ma parò anche tendendo solamente una mano.

«Non te ne rendi proprio conto, vero? Non funzionano con me e non possono funzionare nemmeno con te»

La fissai arrabbiata, cercando di capire. Il mio pensiero andò all'anno prima quando papà mi aveva insegnato a controllare i sentimenti.

«Cosa?» avevo chiesto senza capire e lui mi aveva risposto «Se controlli i tuoi sentimenti puoi controllare anche gli elementi»

Forse quello era l'unico modo per ferirla. Cercai di concentrare tutta la rabbia tra le mie mani, cominciò a vorticare dell'aria e con tutte le mie forze la schiantai contro la mia avversaria ma l'assorbì nel suo petto sorridendo.

«Già meglio» ridacchiò «ma puoi fare di più» e tese le braccia verso me con i palmi delle mani rivolte verso l'alto. Non so cosa successe ma mi ritrovai a terra mentre un coltre di buio mi tratteneva e mi soffocava. Presa dal panico più totale chiusi gli occhi e dietro le mie palpebre scoppiarono luci colorate e sentii il cuore farsi sempre più pesante. Aprii la bocca come per urlare poi sentii un formicolio che partiva dalla punta delle dita. Aprii gli occhi di scatto e vidi le mie mani andare a fuoco, ma non stavano bruciando. Anzi, non facevano nemmeno male, sentivo solo un po' di fastidio. Il fuoco diventava sempre più potente poi s'illuminarono di una luce abbagliante che scacciò il buio.

Fu una sensazione meravigliosa, ripresi a respirare regolarmente e il cuore riprese a battere. Alzai lo sguardo verso Delirium. I suoi occhi mostrarono sorpresa ma la scacciò subito con un ghigno divertito.

«Vedo che cominci a capire...»

Sì, cominciavo a capire. O meglio, il mio istinto cominciava a capire.

Piantai le mani nel terreno e cominciarono a crescere delle piante a una velocità sorprendente. Un edera rampicante mobilizzo la mia avversaria, questa si dimenò ma poi la sfiorò con un dito incenerendola. Mi concentrai il più possibile mentre altre radici cominciarono a intrappolarla.

Potevo farcela, ce la stavo facendo. La stavo bloccando. Cominciai ad essere fiduciosa e a sperare in una vittoria. Speranza vana perché lei cominciò a illuminarsi di una luce verde, accecante. Anche l'aria s'illuminò e fui costretta a chiudere gli occhi. Faceva caldo e provai dolore in tutto il corpo. Mi gettai a terra lasciando che il mio istinto lavorasse per me e ben presto la luce sparì. Quando alzai lo sguardo scoprii di essermi rintanata in una specie di igloo di ghiaccio. Lo spezzai con la mano e mi ritrovai davanti a Delirium che rideva sguaiatamente. Continuò a colpirmi ripetutamente, con ogni genere di incantesimi. Resistetti solo a un quarto di essi, più di una volta crollai a terra distrutta davanti al suo sguardo sprezzante.

«vediamo...» sussurrò più a se stessa che a me prima di schioccare le dita.

La temperatura intorno a me scese almeno sotto le zero mentre sentii l'angoscia invadermi. Alzai lo sguardo e vidi un Dissennatore che avanzava verso di me con i suoi lenti e pesanti respiri. E io ero così stanca...

Davanti ai miei occhi passò una tomba bianca e un vuoto devastante. Presi la bacchetta e cercai di scacciare quelle immaginai. Pensai invece allo scherzo fatto ad Al, a quando Fred mi aveva mostrato tutti i nascondigli di Hogwarts, le giornate con Franck...

«EXPECTO PATRONUS!» dalla mia bacchetta uscì uno sbuffo di fumo azzurro e argento e con mia grande felicità diventò un leopardo maculato con gli enormi occhi nocciola. Andò contro il Dissennatore lacerandogli la veste con gli artigli.

Stava per farlo sparire del tutto quando comparve un altro patronus. Delirium di fronte a me tendeva le braccia verso il Dissennatore e dal suo petto uscivano dei fili di fumo d'argento che andarono a formarsi in un lupo. Lo stesso lupo che avevo creato durante l'ora di Difesa.

«Non è possibile..»

«Possibilissimo, invece» ghignò.

«Il mio...il tuo...» sussurrai cercando di far ordine. Lei ridacchiò prima di sparire via.

E rimasi sola, in mezzo a quelli specchi che riflettevano il mio sguardo smarrito.

**

Alla fine avevo deciso di camminare sperando di ritrovare gli altri. Il tempo era strano, non riuscivo a capirlo e potevano essere passati mesi come pochi minuti. Avevo sete e i piedi mi dolevano, volevo sedermi ma sapevo di non doverlo fare. Avevo paura, paura che se mi fosse svegliata sarei crollata.

Inciampai in un sasso e caddi a terra, tagliandomi uno zigomo e gemendo. Durante la battaglia con quella mia gemella cattiva avevo subito molte ferite e avevo i vestiti lacerati.

Improvvisamente trovare il libro, scoprire la verità non mi parve così importante e desiderai tornarmene a casa, nel mio letto a baldacchino con Rose e Dominique a mangiare i rimasugli di nutella. Alzai lo sguardo al cielo; era nuvoloso e grigio, non si vedeva nemmeno una stella.

Provai ad alzarmi, ma le gambe non mi rispondevano, la gola bruciava e chiusi gli occhi.

Solo per un secondo, li riapro subito.


Anche nel sogno camminavo,lentamente come se non volessi continuare. Davanti a me si materializzò una porta. Restai ferma, davanti a legno, indecisa se aprire o no. Sentivo delle voci sibilanti intorno a me, dentro la testa. Cercai di scacciarle, ma più ci provavo più loro ripetevano le stesse identiche parole come il ritornello di una canzone, una terribile canzone.

«Ora ti odia»

«Il tuo nemico»

«Il tuo destino»

«Il suo sangue»

«Lo vuoi.»

Esasperata aprii la porta e mi ritrovai davanti a un Fred tremante.

«Giorgia...» mi chiamò, la voce piena di paura «fallo...»

i suoi capelli rossi stavano diventando neri come la pece e i suoi occhi grigi spento con una luce crudele.

«Giorgia...» sussurrò per l'ultima volta. Presi il pugnale e lo conficcai con tutta la forza che avevo nella carne, nel petto, dove del cuore. Cominciò a sgorgare sangue rosso, rosso come i suoi vecchi capelli. Premetti più a fondo mentre i sussurri diventavano più esigenti.

«Uccidilo.»


Mi sveglia urlando, sentendo ancora il sangue tra le mani e vedendo i suoi occhi grigio spento fissarmi maligni.

Ero ancora nel labirinto, ero sala, non avevo ucciso nessuno, non avevo ucciso Fred.

Mi calmai un poco mentre mi rialzavo traballante. Mi appoggiai a uno specchio mentre le immagini dell'incubo continuavano a susseguirsi nella mia mente.

Ripresi a camminare, sperando di dimenticarle.

C'era così tanto sangue, era così rosso e... sentii che ero prossima alle lacrime e mi impiantai le unghie nei palmi della mani.

No, non dovevo piangere. Dovevo uscire e salvare i miei amici.

La consapevolezza mi trafisse il cuore: era colpa mia se eravamo bloccati, era colpa mia.

Una lacrima silenziosa mi rigò la guancia.

**

«Giorgia!» mi girai di colpo, mentre il mio cuore perse molti battiti dalla sorpresa e dalla speranza

«Franck!» urlai verso il ragazzo che mi stava correndo incontro. Corsi anch'io cercando di raggiungerlo.

Eravamo a un palmo di distanza quando uno specchio si materializzò bloccando la strada. Ci sbattei contro incredula, dall'altro lato anche Franck mi fissava incredulo e furioso.

No, quella maledetta non poteva divertirsi in quel modo.

Cominciai a tempestare la parete di pugni calci sempre più arrabbiata mentre dalle mie labbra uscivano ringhi animaleschi. Avevo le mani elettriche e lanciavano scintille sullo specchio. Mi gettai contro con tutto il mio peso, gli lanciai ogni genere di incantesimi in mio possesso.

Ero arrabbiata, frustata e la mente così confusa che cominciai ad avere le allucinazioni. Colpii ancora una volta lo specchio con il pugno.

Una crepa.

Si formò una crepa. Rimasi immobile mentre il mio pugno rilasciava una luce leggera che s'infilava nella crepa.

Poi, scoppiò.

Lo specchio si ruppe in mille pezzi.

Sentii le schegge ferirmi il braccio, il corpo e le gambe. Mi morsi il labbro cercando di non urlare dal dolore. Avevo la vista a puntini e a sprazzi cadevo nelle tenebre totali. Le gambe cedettero e rischiai di cadere a terra ma sentii le braccia forti di Franck stringermi.

«Non lasciarmi» cercai di sussurrare prima di perdere del tutto conoscenza.


Quando mi risvegliai ero distesa a terra, con il capo appoggiato a una gamba di Franck.

«Stai bene?» mi sussurrò appena si accorse che ero sveglia.

Annuii piano, mi faceva male tutto.

«Ti sei...eri luminosa.» sussurrò, sfiorandomi un taglio sopra l'occhio.

«Luminosa?» chiesi, la gola secca e la voce che mancava.

«Eri avvolta da una luce arancione, come le lucciole» spiegò. «Eri... bellissima» Distolsi gli occhi da quelle iridi castane, quasi bionde.

«Ce la fai a camminare?» mi chiese con dolcezza.

Annuii, anche se non ne ero molto sicura. Ma odiavo sentirmi così debole, lo odiavo.

Mi aiutò ad alzarmi e mi fece muovere qualche passo ma le gambe non mi ressero e gli crollai adosso.

«Sto bene, ce la faccio» sussurrai, più a me stessa che a lui. Mentre mi concentravo per stare in piedi sentii una forte pressione sotto le cosce e mi sentii sollevare da terra.

«Franck..?! cosa stai facendo? Mettimi giù, ce la faccio» protestai , mentre mi prendeva in braccio.

«Non dire cazzate» mi rimbeccò «Ti porto io, non pesi tanto. Tranquilla...» e cominciò a camminare.

E io rimasi come un ebete a fissare il suo profilo.

Odio fare la parte della principessina che viene salvata. Fin da piccola volevo combattere i 'mostri' di prima persona.

Ma devo ammettere che la cosa non mi dispiaceva, si stava così bene tra le sue braccia, mi dava la sensazione di essere protetta.

Stavamo camminando da un po' di minuti ( o forse più. Ribadisco, lì il tempo era impossibile da decifrare) quando sentimmo uno schianto.

Franck s'immobilizzò mentre io aprii la bocca per chiedere cosa fosse stato. Il resto successe tutto troppo velocemente e questo non è un film, niente rallentatore. Ma mi ricordo ancora le cose con una chiarezza incredibile.

Gli specchi davanti a noi che si sgretolavano in piccole schegge lucenti, Franck che si gettava a terra, il suo corpo sopra di me mentre mi proteggeva dalle schegge... le ricordo così bene che se chiudo gli occhi sembra che la stia vivendo ancora una volta.

Durò tutto un attimo, le schegge caddero a terra e nessuna mi colpì grazie alla protezione del corpo di Franck.

Quando tutto finì lui rotolò di lato con un gemito.

«Franck! Stai bene?!» urlai preoccupata. Alzai lo sguardo e vidi Fred, illeso e in ginocchio mentre tendeva le mani verso Delirium per allontanarla. La scena era come congelata poi sparirono in una coltre di tenebre.

«Cos'è successo?» chiese Franck, alzandosi a fatica. Quando lo vidi gli occhi mi si riempirono di lacrime.

«Sei ferito!» e sfiorai alcuni tagli sanguinanti. Sul suo viso comparve una smorfia di dolore.

«Lo so, ma non è importante. Fred...» e raggiungemmo la nebbia.

Cosa potevo fare?

Mi sentivo impotente, inutile. Cercai di immergere una mano ma provai una sensazione di puro terrore e la tolsi. Ma non potevo abbandonarlo!

Presi un grosso respiro e mi inoltrai nell'oscurità.

Fu orribile, mi sentivo gelare e il terrore mi invadeva da capo a piede. Non riuscivo a muovermi.

Fred...

Sentii che il mio petto si gonfiava e le mani prudermi. Nell'oscurità si accede una luce.

Erano le mie mani.

Quella luce mi invase, la sentii che scioglieva il ghiaccio che si era impossessato del mio corpo e la luce scacciò le tenebre.

E ritornammo nella radura, ai piedi del labirinto distrutto.

Fred era davanti a me, svenuto con un taglio sanguinante nella testa. Delirium si era seduta su un masso, in mano teneva un libricino di cuoio.

Me lo lanciò. Non lo presi, e mi inginocchiai davanti a Fred. La mia strana gemella fece una smorfia.

«Dentro quel libricino c'è la verità che cerchi, devi solo chiedere e fidarti»

«Io non mi fido di te» sputai con rabbia.

Un ululato infranse il silenzio.

Oh no, che altro c'è ancora?! Mi ritrovai a pensare.

Dalla parte opposta della radura comparve un lupo.

Alzai lo sguardo nel cielo. Le nuvole erano scomparse e lasciavano una fetta di cielo scoperta.

C'era la luna piena.

Franck corse verso di noi e mi aiutò a prendere Fred caricandolo in spalla.

Troppo tardi, il lupo mannaro ci aveva visto e stava correndo verso di noi.

«SCAPPA!» mi gridò Franck «SCAPPA» e i spintonò via. Per un folle momento presi in seria considerazione di scappare e lo stavo per fare, invece mi ritrovai a fare la cosa opposta. Mi gettai in mezzo ai due ragazzi e al lupo gridando

«FERMO!»

e si fermò. Rimase a fissarmi con i suoi occhi intelligenti, i suoi occhi umani. Si accucciò a terra come un cucciolo di pastore tedesco fissandomi tranquillo...

Lo fissai sorpresa.

«Dovresti, invece» sussurrò Delirium. Era una mia impressione o aveva lo sguardo ferito. Il mannaro sentendo la sua voce si alzò e camminò verso di lei lasciandosi accarezzare.

«Io non sono un tuo nemico» aveva la voce più triste del mondo «Io non sono un tuo nemico» ripeté.

Ero shoccata , la fissavo imbambolata quando Fred aprì gli occhi.

«Ci sono riuscito?» chiese. «Ho distrutto lo specchio?»

«Sì», sussurrai anche se ne non sapevo a cosa si riferisse. Lui sorrise soddisfatto prima di chiudere gli occhi.

«Giorgia...» mi chiamò Franck. Mi girai, chiedendogli cose c'era con lo sguardo.

«Il galeone » sussurrò passando la moneta.

Era il galeone stregato da Rose e sulla superficie lisci erano incise poche parole.

Hogwarts è stata attaccata.

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Capitolo 20
*** Il teatrino dell'infermeria. ***


20.

Il teatrino dell'infermeria.

**

Gente, sono qui per darvi una grande notizia che, probabilmente, traumatizzerà molti di voi: Cupido non esiste! Insomma, andiamo. Credete davvero che se un essere armato di frecce con tanto di ali che fa innamorare tizia di tizio fosse esistito qualcuno non lo avrebbe fatto fuori? Certo, questo dipenderebbe se fosse stato astuto e bastardo...

.ok, mettiamo che fosse sia astuto che bastardo e che quindi esiste. Ora io mi chiedo: Perché? Perché certe cose si vengono a sapere in momenti fin troppo imbarazzanti? Ad esempio quando lui ha rischiato la morte e tu hai appena fatto una scoperta un po' traumatizzante; e sì, sto parlando per esperienza.

**

Era il galeone stregato da Rose e sulla superficie liscia erano incise poche parole.

Hogwarts è stata attaccata

Aprii la bocca sentendomi il sangue gelare nelle vene.

Hogwarts è stata attaccata.

Non riuscivo a credere a quello che c'era scritto.

Hogwarts è stata attaccata.

No, impossibile...

«Giorgia...» Franck mi prese per le spalle fissandomi dritto negli occhi «Calmati, va tutto bene» solo in quel momento mi accorsi di avere il respiro accelerato

«Dobbiamo correre, dobbiamo aiutarli!» dissi in preda all'ansia.

«Calmati!» mi ripeté «Fred è svenuto, non possiamo andare da nessuna parte» Frustata mi divincolai e cominciai a scalciare intorno a me.

«Se volete...io posso aiutarvi» disse Delirium dietro di noi. Mi girai di scatto guardandola male mentre il lupo Mannaro si avvicinò docilmente a noi. Franck si ritrasse d'istinto spaventato da quel chiostro di denti. Io, ormai, qualcosa l'avevo capita e gli feci un grattino tra le orecchie distrattamente chiedendo:

«ci porteresti fino a Hogwarts?»

In risposta rizzò le orecchie, ululò e poi si rincorse la coda; infine si accucciò davanti a me in attesa.

Franck lo guardò titubante ma poi si arrese e mi aiutò a caricare Fred nel dorso del lupo. Poi salimmo pure noi.

«Aspetta» mi richiamò Delirium «Dimentichi questo» e mi passò il libricino con la copertina di cuoi rovinato. Lo presi sistemandolo in una tasca della felpa. Io e Delirium ci fissammo poi lei sussurrò:

«Ci rivedremo» e sparì.

Turbata da quel saluto spronai il lupo e mi ritrovai con gli alberi che saettavano intorno a me. Ma in mente avevo solo un pensiero:

Ti prego, fa che non sia troppo tardi.

**

E' strano come la nostra mente rendi tutto confuso a causa dell'ansia. Non ho ricordi precisi della cavalcata o dell'entrata a Hogwarts, E' come se il mio cervello si fosse improvvisamente spento per riaccendersi dopo.

«NO!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Ero nella Sala d'Ingresso, davanti a me un manipolo di personaggi vestiti in blu e in nero combattevano con gli abitanti di Hogwarts. Ma non era stato quello a spaventarmi, tutt'altro. A ripensarci adesso, mi reputo una grande stupida visto tutti i casini che sono saltati fuori dopo, era meglio lasciarlo crepare. Ma in quel momento mi era sembrata la cosa giusta da fare.

Un tizio con il cappuccio nero sovrastava un ragazzo dai capelli corvini con un pigiama con gli ippopotami obesi: Albus.

Mi lanciai verso quella direzione mentre Franck stendeva Fred in un posto sicuro. Mi aggrappai con forza alla schiena dell'omino vestito di nero cominciando a tempestarlo di pugni. Lui mi scrollò come fossi una mosca continuando a combattere con Albus.

Sì, va bene, forse soffro un tantino di egocentrismo ma essere ignorata in quel modo mi mandò totalmente in bestia, soprattutto perché il mio doveva essere un atto di salvataggio.

Incazzate nera decisi di usare la magia alla Delirium (come avevo iniziato a chiamarla) e dal pavimento cominciarono a uscire delle radici che si avvolsero intorno all'uomo nero scagliandolo lontano. Solo in quel momento Albus si accorse di me.

«G-Giorgia?» balbettò «Come hai fatto?!»

«Fottiti» risposi ricordandomi improvvisamente chi era e cosa aveva fatto, ma nonostante tutto lo portai al riparo – continuando a insultarlo ovviamente.

«ma posso sapere che cazzo ti ho fatto?!» sbottò. Stavo per rispondere quando Franck ci raggiunse.

«Bel pigiama» disse lugubre ad Albus mentre creava un incantesimo scudo intorno a noi.

«Lo so» ringhiò lui di rimando «e com'è che voi due non lo avete?!»

Sentii che le guance mi si tingevano di rosso ma l'imbarazzo di rispondere ci fu tolto da un incantesimo che infranse la barriera creata da Franck.

Per la prima volta da quando ero entrata mi accorsi della situazione intorno a noi. Alla fine Hogwarts non era messa poi così male; le figure ammantate di nero combattevano con gli studenti più grandi e in lato vidi il professor Hagrid lottare contro due di essi mentre la professoressa di Antiche Rune scagliava incantesimi a tutto andare.

«Attenti!» Franck mi spostò un secondo prima che un incantesimo si schiantasse nel muro alle mie spalle.

«G-grazie» balbettai rialzandomi. Lui scrollò le spalle e ci spostammo sempre con le bacchette sguainate aiutando di tanto in tanto chi era in difficoltà.

«Ma chi sono chiesi?» evitando un fiotto di luce rossa. Al scosse la testa «Non lo so, secondo qualcuno potrebbero essere Mangiamorte» fissai la mia bacchetta mentre tutti gli articoli di giornale in cui si parlava di aggressioni in luoghi a me familiari mi passavano davanti agli occhi.

E così, alla fine mi hanno trovato e io non so ancore niente, pensai amaramente.

«STUPEFICIUM!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola verso un'incappucciato. Il tizio si spostò appena in tempo, ma nel farlo il cappuccio scivolò rivelando dei tratta femminili e due occhi rossi come il sangue. La ragazza, che sembrava poco più grande di m, rise sprezzante prima di cominciare a lanciare incantesimi mortali verso me e i miei amici. Cercammo di evitarli o di pararli il meglio possibile ma uno colpì in pieno la mia bacchetta, disarmandomi.

La ragazza rise, una risata agghiacciante. Evitai un incantesimo per un pelo rotolando a terra procurandomi un altro graffio sulle gambe. Mi alzai di colpo cercando di sprigionare un po' di quella energia che aveva usato Delirium contro di me. Tra le mie mani sfrigolò un globo rossastro che gettai contro l'avversaria. Sfortunatamente la mia mira pessima le acconsentì di evitarlo. Rimase immobile a fissarmi, un sorriso vittorioso stampato in faccia. Cercai di approfittarmene della sua momentanea distrazione per circondarla in un anello di fuoco. Ok, non era veramente fuoco, era solo un illusione ma è sempre meglio di niente! Ma, evidentemente, la mia avversaria doveva saperlo perché lo attraversò senza battere ciglio, alzò la bacchetta puntandola davanti a me. Un fiotto di luce blu elettrica attraversò lo spazio che ci separava.

Era troppo tardi per fare qualcosa.

Sentii qualcosa tirarmi per il braccio destro e mi ritrovai con il viso premuto sul marmo della sala. Franck sopra di me assorbiva l'urto dell'incantesimo. Quando la luce sparì lo sentii lasciare la presa e fui libera di alzarmi.

Gridai il suo nome con tutto il fiato che aveva in gola, ma lui rimase a terra svenuto.

«NOOOOOOO!» Ma questa volta non ero stata io ad urlare. Davanti a me si era materializzata Delirium e sembrava spaventata a morte, molto più di me. Alzò lo sguardo verso la strega davanti a noi che sembrava piuttosto spaventata.

«Uscite da questo posto, non toccate più nessuno che ha a che fare con la maledizione!» aveva la voce tonante di chi sta per dare un ordine. Sentii dentro di me accendersi una rabbia folle e il terreno intorno a noi cominciò a tremare. Sentivo quella strana forza prosciugarmi totalmente e ormai non riuscivo più a controllarla. In un ultimo barlume di lucidità vidi Delirium sparire, poi fu il buio totale.


**

«Una cosa incredibile... in tutta la mia vita non ho mai visto niente di simile»

«Si tranquillizzi, professoressa, faremo tutto il possibile per trovare il colpevoli.»

«Me lo auguro, Harry, quello che è successo è incredibile»

«Ci sono stati altri feriti?»

«No, almeno non gravi come loro. Il signor Paciock era in pericolo di vita, per non parlare di Weasley...»

Quel brusio, quei nomi... nel buio mi si accese una luce e aprii di colpo gli occhi. Rimasi per un attimo cieca per la troppa luce, poi lentamente misi tutto a fuoco. Ero in infermeria, in un letto caldo e morbido, poco lontano da me Fred stava disteso verso di me ad occhi aperti ascoltando la conversazione. Aprii la bocca per chiamarlo ma lui m'intimò di stare in silenzio posandosi un dito sulle labbra.

«E il prigioniero?» stava chiedendo la preside.

«Una pattuglia di Auror lo sta interrogando, fra un po' sapremo qualcosa» la voce di Harry sembrava molto stanca.

«Hogwarts, attaccata...erano anni che...»

«No, signor Potter!» la McGranitt fu interrotta dall'urlo di Madama Chips, lo sbattere delle porte e dei passi frettolosi.

«Papà!» la voce di Albus sembrava molto arrabbiata e spaventata.

«Al!» suo padre rispose con voce sorpresa.

«Mi dispiace, ho tentato di fermarlo ma è riuscito a passare comunque» disse la voce dell'assistente della Chips.

«Non dovresti essere qui» disse Harry stancamente.

«E'...è vero?» sussurrò Al. Passò un attimo di silenzio che fu interrotto da un fragoroso rumore, poi ritornò un silenzio grave.

«Giorgia...» sussurrò. Sentendomi presa in causa arrischiai un occhiata verso la loro direzione. Albus era seduto in una sedia, la testa tra le mani mentre gli adulti lo fissavano neutri.

Poco più in là stava Franck svenuto e pallido. Mi si strinse il cuore. Quella sera mi aveva salvato la vita due volte. Al si alzò cominciando a camminare avanti e indietro.

«Signor Potter!» sbraitò Madama Chips «Sveglierà i ragazzi»

«Stia tranquilla, Madama» disse Fred tirandosi a sedere «Siamo già svegli» tentai di imitarlo ma l'infermiera mi fu addosso in un battibaleno ributtandomi giù sibilando «Non vi azzardate a scendere! Siete ancora piuttosto deboli.» il suo sguardo era talmente minaccioso che decisi di ubbidire e rimasi tranquilla a differenza di Fred che non sembrava affatto intenzionato a rimanere nel letto.

«Cos'è successo?»

«Durante il breve combattimento a Hogwarts qualcuno ti ha colpito e sei svenuto» spiegò spiccia la preside con una ruga di preoccupazione nella fronte.

«Combattimento?! A Hogwarts?!» chiese Fred un po' sorpreso e sollevato.

«Certo, non si ricorda niente signor Weasley?»

«No» la fissò con sguardo vacuo mordendosi il labbro in una maniera che avrebbe convinto anche me che sapevo come era svenuto in realtà.

La porta dell'infermeria si aprì di nuovo e entrò il professor Paciock seguito da George e Angelina.

Il professore di Erbologia si diresse bianco come un cencio verso il capezzale del figlio mentre George si diresse verso Fred

«Stai bene?!» chiese preoccupato.

«Oh, insomma! I pazienti sono deboli, meno chiasso!» sbraitò la Chips che venne ignorata da tutti. La porta si spalancò ancora una volta e mio padre entrò rumorosamente bianco e spaventato.

«GIORGIA! Stai bene?» mi prese le mani fissandomi attentamente

«Sì, sto bene» balbettai «Sono solo un po' scossa» Papà sembrava veramente terrorizzato.

«Signor Flox, la preghiamo di contenersi» ringhiò l'infermiera. Federico la ignorò completamente e continuò:

«Mi hai fatto prendere uno spavento folle»

«Vedo...» sussurrai.

«Ma cos'è successo esattamente?» chiese Angelina vicino al figlio.

«Non lo sappiamo con certezza» iniziò la preside McGranitt «Questo gruppo di maghi è penetrato nel castello creando un baccano che ha svegliato noi insegnanti e i studenti. I più piccoli sono stati presi dal panico mentre gli studenti più grandi hanno combattuto insieme a noi» fece una pausa «Ad un certo punto la terra ha iniziato a tremare e c'è stata una luce abbagliante, in quel momento i nostri avversari sono scappati terrorizzati. Alla fine abbiamo trovato loro tre svenuti e il signor Potter illeso vicino a loro»

«Sei stato tu, Al?» chiese suo padre con voce controllata «a far tremare la terra, intendo?»

«No» sussurrò il sopracitato «è stata...è stata...» le parole gli morirono in gola.

«è stata la signorina Flox» terminò gravemente la McGranitt. Papà si girò a guardarmi ancora una volta muovendo le labbra ma senza far uscire nessun suono.

«Qualcuno...qualcuno si è fatto male?» chiesi timorosa.

«No, solo voi tre» disse la Chips ancora arrabbiata.

«Oh...»

«Vicino a te è stato trovato questo libricino» continuò la preside rivolta a me «Sai che libro è?» e lo mostrò.

Feci segno di no con la testa mentendo solo su una parte: il libro che aveva tra le mai era quello che mi aveva dato la mia gemella cattiva, ma non sapevo quale fosse esattamente.

«Questo» iniziò la McGranitt «è il Libro delle Risposte»

Inarcai un sopracciglio «E sarebbe?»

«Tu scrivi una domanda, una domanda qualunque, e lui ti scrive la risposta» spiegò Harry.

«Come fai ad averne una copia? Al mondo ne esistono solo quattro»

Aprii la bocca senza sapere in realtà cosa dire, al momento non mi veniva nessuna balla possibile.

«Lo aveva la strega contro la quale combattevamo» mi girai verso Albus con la bocca a forma di 'o' sorpresa che mi affrettai a far tornare al suo posto. «Durante il combattimento le è caduto e Giorgia lo ha raccolto» finì lui. Mi chiesi perché stesse mentendo a suo padre e agli insegnanti.

«Confermi?» mi chiese la Mc. Annuii, cercando di non avere l'aria di chi ha scoperto l'esistenza di un nuovo continente.

«In ogni caso questi libri sono pericolosi» fece papà «la verità spesso fa male»

La preside annuì «Sì, credo che metteremo il libro nel reparto proibito della biblioteca»

Sentii il mio cuore indurirsi.

COSA?!

Non potevano farlo, non dopo tutto quello che avevamo fatto io, Fred e Franck per prenderlo. Perché papà aveva fatto così? A lui le cose pericolose erano sempre piaciute, perché ora consigliava di nascondere il libro?

Sbuffai impotente e stavo per aprire la bocca per protestare quando le porte dell'infermeria si aprirono ancora una volta e, a completare il quadro delle disgrazie, entrò la professoressa di Divinazione, i capelli stravolti e gli occhi neri spalancati che sembravano inghiottire tutto ciò che guardavano. Si mise le mani nei capelli prima di professare con una voce... strana:

«Il ritorno

Quello che tutti stavano aspettando è giunto.

Oh, natura, una moneta con due facce

divisa dalla maledizione di un padre

unita dal sangue e con il sangue

Morte e Vita, Gioia o Luce!

La scelta, la scelta per i buffoni è vicina.

Chi ami di più? La domanda dovete risolvere

Per chi vale morire, chi vale la pena di perdere?

No! Lo specchio, il ragazzo rosso sarà blu se l'odio crescerà

E lui, l'ultima decisione di chi scampò la morte una volta

se tornare ai suoi passi alla tomba.

Scegli, ragazza, scegli»

Il suo sguardo mi metteva i brividi e mi si paralizzò il respiro quando mi si avvicinò traballante e fece scorrere un dito sul mio collo seguendo una ferita ancora aperta che mi aveva inflitto da Delirium.

«Guardati nello specchio.

Dimmi, che cosa vedi?

La ferita del delirio a te inflitta

crea il Chaos!»

E scivolò a terra, ai piedi del mio letto mentre l'ultimo verso rimbombava nelle pareti ripetuto da altre mille voci sussurranti.

Tutti quanti nella stanza erano pietrificati e sembrava che il tempo si fosse fermato. Potevo vederlo, fluttuava davanti a me in spire pigre. Solo una persona presente nella sala si mosse.

Mio padre.

Scavalcò il corpo esanime della Shereen e mi prese per le spalle. Fui attraversata da una paura folle, avevo visto solo una volta arrabbiato in quel modo, ovvero quando mi ero materializzata per sbaglio nelle coste della Cornovaglia sparendo per tutta la mattinata.

Il suo bel viso giovane era deformato dalla rabbia e gli occhi azzurri lanciavano saette, aveva un che di spaventoso: l'aria intorno alla sua sagoma era distorta e di un colore giallo e grigio. Mi strattonò per le spalle sibilando:

«Cosa diavolo vuol dire 'la ferita del delirio'?!»

«N-non lo so» balbettai mentre sentivo la pelle bruciare «mollami, mi fai male»

«Dove hai preso il libro?!»

«Te lo ha detto... l'ho raccolto dall...»

«Non mentirmi, so riconoscere una bugia quando la vedo»

«Già» dissi con una risata amara « tu mi hai sempre mentito a quanto pare»

Mi scagliò a terra e mi incastrai in mezzo alle coperte.

«Cos'hai scoperto?» ruggì. Tentai di liberarmi dalle lenzuola bianche, ma più mi dimenavo più mi incastravo e mi arrabbiavo. Sentii le mani prendere fuoco e con esse la coperta; la bruciai e riuscii a liberarmi. Spensi il fuoco sulle mani chiudendo i pugni e sibilando:

«Tu sei un De Immortales, vero?» papà non negò e rimase a fissarmi ringhiando:

«Meno sai meglio è»

«perché?!» sbottai «perché?! Voglio sapere perché riesco a fare tutte queste magie, guarda!» i miei polpastrelli s'illuminarono e cominciarono a scendere dei filamenti di luce, come le stelle «Cosa significa tutto questo?! Io voglio saperlo e se tu non me lo vuoi dire lo scoprirò da sola»

Papà crollò su una sedia là vicino prendendosi il volto fra le mani e richiese:

«Dove hai preso quel libro?» tremava tutti e sembrava veramente terrorizzato.

«Me lo ha dato Delirium...» sussurrai. Al nome 'Delirium' alzò la testa di scatto fissandomi con sguardo tra il sorpreso e l'arrabbiato.

«Chi te l'ha dato?!»

«D-Delirium...» balbettai facendo un passo indietro e pentendomi della mia risposta.

«DOVE L'HAI INCONTRATA?» papà aveva ripreso a urlare.

«Nella foresta proibita... papà, ma lei chi è?!» chiesi sbuffando esasperata.

«Non è il momento»

«Quando allora? Quando? Questa sera ci ho combattuto e mi ha quasi ammazzata!»

«Come sarebbe a dire che ci hai combattuto?!» sbraitò.

«Sarebbe a dire che se io, Franck e Fred siamo messi così male lo dobbiamo a quella pazza psicopatica»

«Voi... tu...» scosse la testa «non avete idea di quale pericolo avete corso»

«Lo so, fidati» sussurrai. Sentii che la stanchezza prendeva il mio corpo ma mi ritrovai a resiste.

«Non dovevate incontrarvi, non doveva ferirti...» continuò ignorandomi.

Posai un dito nella ferita sul collo e recitai «La ferita del delirio a te inflitta...»

«Sei in pericolo»

«Lo so, quei maghi cercavano me»

«Ti prego, Giorgia, sii prudente, non posso perdere anche te»

«Anche...anche la mamma era una.. come te, insomma» mi arrischiai a dire

«No» scosse la testa «lei era umana» ci fu un silenzio imbarazzante fra noi due nel quale mi limitai a fissare la punta delle scarpe. Dopo un po' alzai lo sguardo verso di lui. Le efelidi spiccavano nel viso pallido, era sudato come se stesse facendo un grande sforzo.

«Torna nel letto» mi ordinò. Non trovai la forza di ribattere così andai a distendermi, lasciando le coperte bruciacchiate a terra.

Il tempo riprese a scorrere.

«Una profezia?» chiese Fred alzandosi di colpo.

«Joyell! Cos'è successo?! Oddio è svenuta»

«Manteniamo la calma!»

«Giorgia...» chiese Al titubante «perché hai le coperte bruciate?»

«Dev'essere successo qualcosa qui»

«Ma insomma! Mi sembra di essere a teatro!» sbraitò Madama Chips.

«“Ti prego, zietto, assumi qualcuno che mi insegni a mentire.

Mi piacerebbe tanto imparare a mentire”, “Se menti, caro mio, ti faremo frustare” “Non capisco che razza di famiglie siete tu e le tue figlie! Loro mi frustano perché dico la verità, tu perché mento, a volte perché me no sto tranquillo. A volte, vorrei essere tutto eccetto che un Buffone; ma non vorrei essere te. Zietto!”» dissi distrattamente.

Tutti si girarono a guardarmi con un enorme punto di domanda stampato in viso.

«Embé? Visto che sembra un teatro ho recitato» risposi con ovvietà.

Fred scoppiò a ridere e la risata contagiò un po' tutti. A interromperla fu il cigolio della porta che si apriva di nuovo. Entrò Ron Weasley, il viso stanco tirato.

«Harry» chiamò

«Lo avete interrogato?»

«Sì..»

«E..?»

«Dovresti venire a sentire anche tu.»

Harry annuì e dopo aver congedato tutti i presenti lo seguì fuori.

L'ultima cosa che mi ricordo fu Madama Chips che mi porgeva una tazza con un infuso verde e fumante; poi mi addormentai.

**

Il ritorno

Quello che tutti stavano aspettando è giunto.

Camminavo a passo fermo e sicuro in mezzo a una grande folla.

Oh, natura, una moneta con due facce

Mi si fece incontro Delirium, lo sguardo folle in viso.

divisa dalla maledizione di un padre

Papà stava in mezzo a noi, a separarci. I pugni serrati ai fianchi.

unita dal sangue e con il sangue

Morte e Vita, Gioia o Luce!

«Papà, lasciami passare»

«NO! Tu non puoi farlo, è troppo pericoloso.»

«Mi dispiace, non ho altra scelta...»

La scelta, la scelta per i buffoni è vicina.

Chi ami di più? La domanda dovete risolvere

La scena cambiò, tra le mani avevo un pugnale decorato e affilato, davanti a me due cuori pulsanti.

Per chi vale morire, chi vale la pena di perdere?

«Non posso, non voglio...» singhiozzai.

No! Lo specchio, il ragazzo rosso sarà blu se l'odio crescerà

il cuore a sinistra si colorò di un blu scuro e sentii la mano tendersi verso di esso. La vista era offuscata e vedevo colori accesi e confusi.

E lui, l'ultima decisione di chi scampò la morte una volta

se tornare ai suoi passi alla tomba.

«Non è vero, c'è un altro modo»

«papà...no!»

Scegli, ragazza, scegli

Guardati nello specchio.

Dimmi, che cosa vedi?

I miei capelli, i miei capelli rossi erano castano scuro, non erano più accesi e brillanti.

La ferita del delirio a te inflitta

crea il Chaos!

«Io sono il delirio, la fine. Ma è sempre la fine a creare un inizio»

il sorriso agghiacciante di Delirium mi svegliò grondante di sudore nel mio letto mentre le parole della profezia mi rimbombavano nella mente.


Mi alzai di soppiatto dal letto, camminando sulle punte. Feci il giro della sala prima di fermarmi nel letto dove stava Franck. Gli strinsi la mano con forza mentre mi sedevo in una sedia vicino.

«Ehi...» sussurrai quando aprì i suoi occhi castani «come stai?»

«Sono stato meglio» disse in un sussurro.

«Mi dispiace...»

«perché?»

«è colpa mia se tu stai così male, mi hai salvato la vita... ti sei beccato l'incantesimo al posto mio, mi dispiace»

Lui ricambiò la stretta sorridendomi «l'ho fatto di mia iniziativa, di mia volontà»

«Perché?» gli chiesi.

Per un attimo temetti che non mi avrebbe risposto. Contemplava il buio davanti a lui con sguardo pensoso come a chiedersi “Già, perché ho rischiato la vita per una pazzoide simile?”. Ma, poi, si mise a sedere a fatica sul letto, appoggiando la schiena nel cuscino e girò la testa verso di me. Rimanemmo così a fissarci cercando di respirare senza far rumore per un po', poi lui inclinò la testa verso di me, cercando di sfiorare le mie labbra.

Il mio cuore fece una capriola all'indietro mentre pensieri confusi si facevano strada nel mio cervello. Rimasi a fissarlo che si avvicinava centimetro dopo centimetro chiedendomi cosa fare. Una parte di me voleva quel bacio, l'altra mi urlava di scappare in Thailandia.

Era a una passo dal baciarmi quando voltai la testa e sentii le sue labbra sfiorarmi la guancia.

«Credo di essere innamorato di te, ecco perché» mi sussurrò.

«Oh...» dissi. Il mio cervello era azzerato e non mi venne una risposta migliore. Pregai il criceto nella mia scatola cranica di girare più velocemente nella ruota.

«Pesaci, ti do tutto il tempo che vuoi.»

Corri criceto, corri. Cosa devo dire?

«Io ti aspetto» terminò prima di distendersi di nuovo.

Il giorno dopo mi ritrovarono ancora su quella sedia ancora intenta a metabolizzare la situazione.

**

Madama Chips mi permise di lasciare l'infermeria dopo quattro giorni. Inizialmente avevo tentato la fuga ma quell'avvoltoio in camicia bianca mi aveva riacciuffato.

Fred era stato abbastanza convincente da poter essere lasciato andare, anche se a volte aveva ancora i giramenti di testa. Franck fu meno fortunato e rimase in infermeria un'altra settimana.

James era intrattabile per i seguenti motivi:

  1. io e Fred avevamo saltato due allenamenti.

  2. Non avevo ancora centrato gli anelli con la pluffa.

  3. Non mi ricordavo dove avevo cacciato la Mappa del Malandrino, ovvero non eravamo più protetti nelle nostre scorribande notturne.

Per questo quando un tassorosso brufoloso bussò alla porta di Erbologia dicendo che la preside voleva vedermi temette che avesse capito che eravamo stati io e Fred ad allagare la sala insegnanti.

Stranamente quando entrai nel suo ufficio ero sola, o almeno, credevo di essere sola.

«Oh, ecco qua la nostra cara studente speciale» disse una voce unticcia dalla parete. Era il quadro si Severus Piton.

«Ehm...»

«Su, Severus, io e Giorgia dobbiamo parlare di questioni serie» lo rimbeccò il quadro di Albus Silente.

«Che vanno contro le regole» sbottò l'altro.

«Contro le regole?» chiesi illuminandomi.

«Uguale al padre, non mi stupisco che la sua casa sia terzultima alla gara delle coppe»

«Severus, non pensi di diventare troppo ripetitivo con la storia del padre?»

«Sto solo facendo notare il suo mancato rispetto delle regole»

«Talvolta, le regole sono fatte per essere infrante» disse saggiamente l'omino con la barba bianca zittendo l'altro.

«Ehm... » ripetei.

«Se non sbaglio, ti serve un libro» disse Silente.

«Uhm.. sì» dissi incerta senza capire quello che succedeva.

«Un libro speciale.»

Piton sbuffò «Speciale...proibito io direi» ma fu bellamente ignorato.

«Sì, mi serve il Libro delle Risposte» dissi a mezza voce. Infondo, erano solo quadri.

«E non sai come prenderlo.»

«Già.»

«Anche ignorante come il padre» disse Piton.

«Severus, suo padre è stato un eroe come te» e questo lo zittì definitivamente.

«Mio padre è un eroe?» chiesi.

«Sì, ma non è di questo che stiamo parlando» la voce di Silente non emetteva repliche «Devi sapere che il libro che cerchi ormai ti appartiene»

«Come sarebbe a dire?»

«Per averlo dovrai sicuramente aver dovuto superare delle prove»

«Be'... sì» ammisi.

«Quindi è tuo»

«Ma non cambia, me lo hanno requisito»

«ma tu sei una strega»

«una strega» ripetei

«E conosci l'icantesimo per riprenderlo»

«E come?»

«Chiamandolo!»

«chiama...Ehi!» finalmente capii.

«Accio Libro delle Risposte!» dissi solennemente nella maniera più chiara possibile; rimasi immobile con la bacchetta davanti a me poi dalla finestra aperta il libro volò sulla scrivania, in attesa di essere usato. Lo fissai felice come una Pasqua, lo presi e prima di andarmene dissi.

«Grazie.»

Poi corsi verso il dormitorio non vedendo l'ora di interrogarlo.

Nda.
Scusate il ritardo, odiatemi ma perdonatemi T_T ecco, ho fatto il capitolo cercando di mettere più indizi possibile per farmi perdonare.
Sono perdonata?
Comunque, sondaggio al quale DOVETE rispondere: Volete che Giorgia e Franck si mettano assieme?
A voi la scelta uu. Tanto la trama non cambia tanto xD è solo per aggiungere un po' di gossip :>
Il prossimo aggiornamento sarà più veloce, promesso :*

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Capitolo 21
*** Il libro delle risposte ***


Nda:

Sono in ritardo, i know. Ma questo capitolo mi soddisfa, quindi spero di essere perdonata :*



Cap. 21
Il Libro delle Risposte

**

Vi do un consiglio: se avete una partita importante cercate di dormire di notte. E soprattutto di non farvi distrarre da visioni, libri parlanti o da intenzioni omicide. Ve lo dico seriamente. Dormite, magari sorseggiate una camomilla o ascoltate della musica classica. Ma riposatevi. Non fate il mio stesso errore con la conseguenza di precipitare da 10 metri d'altezza.
Meno male che Albus ha preso il boccino, altrimenti non sarei qui a raccontarvi queste cose. James Sirius Potter è un tiranno, il caso è chiuso.

**

Appena entrai nella Sala Comune di Grifondoro andai a sbattere contro un James in abiti da Quidditch.
«Oddio, scusami» dissi nascondendo il libro sotto la maglietta.
«proprio te cercavo!» e dal tono della voce capii che davanti a me non avevo James sono-uno-stupido Sirius Potter, ma James se-quest'anno-non-vinciamo-il-campionato-vi-ammazzo-tutti Sirius Potter.
«Ah, davvero?» chiesi cercando vie di fuga.
«Sai che giorno è oggi?»
«Ehm... il 5 Dicembre?» chiesi titubante.
«Esatto. E cosa succede domani?»
«Domani è sabato quindi non ci sono lezioni?» chiesi.
«E...?» non risposi, allora lui continuò «Domani succede qualcosa di importante... come centrare degli anelli con la pluffa per vincere contro Corvonero» terminò ringhiando.
Oh, la partita... è vero.
«Sì, lo sapevo» bofonchiai.
«E lo sai che fra tre minuti inizia l'allenamento?»
«Sì» mentii.
«ALLORA PERCHE' NON INDOSSI QUELLA FOTTUTA TUTA?! MUOVI IL CULO!»
Squittii un 'sì' prima di correre verso il dormitorio. Quando mi rinchiusi la porta alle spalle borbottai insulti a mezza voce contro quell'essere che passava tre quarti del suo tempo a fare l'uomo Erectus per poi diventare un tiranno. Sentii il Libro delle Risposte pesare sotto la divisa e mentre lo tiravo fuori mi chiesi se saltare l'allenamento e cominciare subito a chiedere. Un ruggito di James proveniente dalla Sala mi fece cambiare idea e riluttante presi la scopa e il resto per raggiungere i miei compagni nel campo da Quidditch.


**

Piovve. Piovve forte e tornai bagnata fradicia. Odio il tempo della Gran Bretagna! Mi venne in mente il periodo in cui avevo vissuto con papà in Spagna pensando al sole e alla spiaggia dorata. Ma questi pensieri non mi impedirono di chiamare in causa tutti gli Olimpici e i maghi della storia in maniera piuttosto colorata.
«Perché Zeus fa piovere quando non deve piovere?!» ringhiai nello spogliatoio femminile. Dominique alzò gli occhi al cielo:
«Si può sapere chi cazzo è questo Zeus?!»
«Come fai a non conosci il grande e onnipotente Zeus, protettore dei cielo, padre di tutti gli dei e...»
«Sì, sì. Tu non ci sei con la testa, lo abbiamo capito.»
Gonfiai il petto per risponderle male ma Rose uscì dalla doccia borbottando qualcosa sulla stupidità del Quiddich.
«Guardala» disse dolcemente Domi «è entrata nel periodo 'Hermione'»
ridacchiai «Jamie avrà pane per i suoi denti»
«Voi due! Per i bermuda di Merlino, volete darvi una mossa?!» ci apostrofò.
Scattammo sull'attenti dicendo un sincronizzato «Sissignora!» e la seguimmo fuori dallo spogliatoio ridacchiando.
Una volta arrivati nella Sala Grande mi fiondai nel cibo senza ritegno.
«Ehi, amore!» Scorpius abbracciò Rose da dietro mentre tentava di mangiare una coscia di pollo e facendola quasi soffocare.
«Scorpis Hyperion Malfoy! Cosa ti frulla in quel cervello da ritardato?» gli urlò di rimando tossendo. Lui la guardò esterrefatto «ma..ma...» balbettò.
Fiondai la testa nel succo di zucca trattenendomi dal ridere, ma qualcuno vicino a Scorpius si lasciò andare ad una risata. Alzai lo sguardo quel tanto per riconoscerlo.
Franck.
Rimasi a fissarlo di nascosto ma quando i suoi occhi dardeggiarono verso di me squitti terrorizzata e feci cadere una posata. Ringraziando la Divina Provvidenza mi fiondai sotto il tavolo con l'intenzione di restarci per tutto il tempo.
Accucciata con la forchetta in mano tesi le orecchie per sentire se i due ragazzi tornavano al loro tavolo.
«Tutto bene?»
per la sorpresa sbattei la testa sul tavolo di legno.
«A-Albus!» sibilai «non farlo mai più!»
«Oh, finalmente mi riprendi a chiamare con il mio nome» disse lui.
«No, cioè..volevo dire... Potter» dissi indignata.
«Sì, sì. Qualche problema con Paciock?»
Sentii di arrossire sulla zona orecchie «N-no. Mi è solo caduta la forchetta» e gliela sventolai davanti al viso. Lui si scostò divertito.
«Tu» gli puntai il dito contro «che ci fai sotto il tavolo?!»
«Sto scappando da Scamandro, ho perso una scommessa con lui» disse seccato.
Ah, immaginai subito a quale scommessa alludesse e la cosa mi fece infuriare il doppio.
«Sei uno stronzo»
«Io non ti capisco! Un minuto prima sei la solita di sempre, poi diventi improvvisamente acida. Come se ti avessi fatto qualcosa!»
«Fare il finto tonto non servirà a nulla.» e offesa ritornai sulla panca stando ben attenta a tirargli un calcio.
La Divina Provvidenza, evidentemente, aveva perso ogni simpatia verso la sottoscritta perché tornando su scoprii che Franck era ancora lì.
E adesso che faccio?
Pensai terrorizzata Fa che non mi noti, fa che non mi noti.
«Ehi, Giorgia!»


Che ho fatto di male?!
«Ehi, ciao!» dissi con il tono più amichevole che potessi trovare «ti hanno dimesso dall'Oltretomba?»
Lui rise al soprannome che avevo dato all'infermeria «Sì, la vecchia avvoltoio mi ha lasciato andare intimandomi di non farmi vedere mai più» sorrisi anch'io e mi stupii di come mi venisse naturale.
«Era l'unica, visto che domani ho la partita» si strinse nelle spalle.
«Oh, giochi anche tu?» chiesi meravigliata.
«Certo, hai davanti a te il cacciatoree più bravo di Hogwarts»
«Jamie avrebbe qualcosa da ridire in proposito» scherzai.
«pff, dettagli. Be', vado a pappare, ciao»
«Ciao» lo salutai con la mano continuando a sorridere.
Be', magari un pensierino lo potevo fare...

**

Quando tornai in dormitorio tutti i Grifondoro diedero pacche sulla schiena a me e ai miei compagni di squadra in vista della partita.
«Allora» James si mise al centro della Sala per fare l'ultimo discorso «Quest'anno abbiamo una buona squadra e degli ottimi giocatori. Quest'anno la Coppa sarà nostra! Ora andate a dormire e riposatevi, ne avete bisogno» e con questo ci congedò tornando il solito James stupido di sempre.
Mi trascinai su per le scale verso il dormitorio fantasticando sul mio letto.
Io e le mie amiche ci spogliammo lentamente, cercando di trattenere l'emozione che ci saliva nel petto.
«Buonanotte» disse Rose, sistemando i riccioli rossi sopra il cuscino.
«'Notte» rispondemmo. Mi girai in un lato sbadigliando cercando una posizione comoda. Dal mio letto riuscivo a vedere le gocce di pioggia che sbattevano contro il vetro della finestra e il cielo gonfio di nuvole. Mi piaceva la pioggia, mi piaceva il suo profumo soprattutto.
Fu così che mi addormentai, pensando alla pioggia che scendeva come lacrime fuori.
Erano le tre della notte quando mi sveglia senza un motivo. Non avevo sognato e non avevo avuto un risveglio brusco. Semplicemente avevo aperto gli occhi. Mi girai nell'altro lato e i miei occhi si posarono sul comodino vicino a me.
Un oggetto brillava di una strana luce verde.
Era il
Libro delle Risposte.
Tesi una mano prendendolo; mi misi a sedere sul letto ben attenta a non farlo cigolare e aprii il libro davanti a me.
Sulle pagine gialle e fragile comparvero delle scritte come se qualcuno stesse scrivendo le parole in quell'istante.
Poni la tua domanda
.
Fissai le pagine bianche mentre un prurito mi prendeva le punte delle dita. Sembrò che la stanza si congelasse e vidi il mio alito condensarsi in nuvolette di brina. Spostai un dito nel foglio e scrissi con il polpastrello a chiare lettere:

Chi sono?

**

Federico camminava in un buio veicolo in una città sconosciuta. Nessuno lo avrebbe riconosciuto, di questo era sicuro. Passò una mano nei capelli rossi mentre i suoi occhi azzurri brillavano di preoccupazione.
Preoccupazione per Giorgia, l'ultima cosa che gli era rimasta. Tutti gli altri lo avevo persi, i suoi genitori, i fratelli,
il fratello e lei...
Spesso desiderava essere morto sul serio che dover vivere quella sottospecie di vita. Quanti paesi avevano cambiato, lui e Giorgia? Si ricordava i primi tempi negli U.S.A, poi l'Italia, la Spagna e l'Olanda. Poi si era deciso a tornare in Inghilterra.
Pensava di essere al sicuro nelle Londra Babbana invece li avevano trovati. Non era la prima volta, si ricordavo ancora dell'attentato che avevano avuto quando Giorgia aveva tredici anni e l'avevano scampata per un soffio.
E adesso Delirium ricompariva dopo tutto quel tempo e Giorgia rischiava di essere rapita.
Doveva trovare una soluzione, non si trattava solo della salvezza di Giorgia, ma anche dell'Ordine delle Cose.

Devi fidarti della profezia.
Si bloccò di colpo digrignando i denti. Odiava quando si infilava nella sua mente quando non doveva.
Vattene, Celine.
Smettila di fare il bambino, tu non puoi fare niente.
Sono suo padre!
La cosa non cambia. Lo sapevi che prima o poi lo sarebbe venuto a sapere, non pensi che sia arrivato il momento della verità?
Non posso, non posso. È troppo piccola.
Tu alla sua età mi hai salvato.
Avevo diciott'anni, non sedici.
La cosa non cambia.

Federico si accasciò. Celine era la protettrice del fuoco, la Guardiana che aveva salvato guadagnandosi l'immortalità. Ma da quando era nata Giorgia tra loro due aveva preso l'abitudine di intrufolarsi nella sua mente per dispensare pensieri.
Ma Celine non capiva l'angoscia di Federico. Lui sapeva il significato dei sogni di Giorgia, sapeva cosa sarebbe successo qualsiasi fosse stata la sua scelta.
Federico era uno degli
De Immortales più potenti al mondo, l'unico in grado di controllare il tempo e insieme a pochi a conoscere il futuro.
Celine
, riprese, Giorgia è in pericolo. Devo fare qualcosa.
La Guardiano non rispose e Federico riprese a camminare, anche se con il cuore più pesante.
Quando arrivò alla fine della via entrò in una casetta dalle pietre grigie e sporche, la porta di legno nero scheggiato. Una volta dentro rinchiuse la porta alle spalle cercando di abituare i suoi occhi al buio della stanza.
«Finalmente» disse una voce nell'oscurità. Federico non cercò nemmeno la fonte, sapeva già a chi apparteneva.
«hai un gusto in fatto di case che fa veramente schifo» disse controllando il nervosismo.

«E tu hai una mente così cocciuta quando si tratta di tua figlia...» e rise.
Federico digrignò i denti vide delle luci colorate esplodere davanti ai suoi occhi e la rabbia attraversargli le viscere.
«Voi non le torcerete un capello!»
«E allora, cosa ci fai qui?» chiese una voce diversa, una voce da donna. Dall'ombra uscì una donna avvolta in un mantello nero dal quale risaltavano dei capelli ricci biondo miele, le labbra e gli occhi rosso sangue.
«Strano che non l'abbiate capito» rispose lui mentre un ghigno si faceva strada nel suo volto e spostò la mano sotto l'impermeabile grigio che indossava.
«Non sei di certo così stupido...» la donna socchiuse gli occhi mentre altre persone le si avvicinavano alle spalle.
«Forse» sussurrò Federico mentre tirava fuori una spada che brillava di un azzurro elettrico.
«La spada del Delirio» sussurrò l'uomo accanto alla donna dagli occhi rossi. Fu l'ultima cosa che disse perché poi la spada lo decapitò.

**

I polpastrelli mi bruciavano mentre li spostavo nella carta ruvida, ma mi accorsi che al mio passaggio lasciava lettere di un inchiostro arancione corallo.
Socchiusi le labbra mentre sotto la domanda il libro dava la sua risposta.

Il Chaos.”
Chiusi gli occhi e ripresi a scrivere le domande mentre il libro rispondeva.

Non capisco, puoi spiegarti meglio?”
Il Chaos è l'inizio, il nulla che c'era prima di tutto. Il Chaos ha generato la luce e il buio, il destino e le scelte, l'amore e l'odio. Il Chaos è la domanda senza soluzioni, la magia pura. Lui ordina l'universo”
E cos'è il Delirium?”
La pazzia, la felicità e la tristezza, i sentimenti che provano i mortali, il continuare a lottare quando tutto è perso, l'amare e non essere amati, il vuoto al posto del cuore, la magia Oscura, la distruzione, la morte, la perdita e il dolore. Il Delirium crea il disordine. Senza di esso non esisterebbe il libero arbitrio”
E io sarei il Chaos?”
Sì”
Continuo a non capire. Se sono il Chaos perché sono un essere umano?”
Tu non sei un essere umano”
Mi si seccò la gola di colpo, le pupille mi si dilatarono e smisi di respirare.
Io non sono un essere umano.

**

La spada roteava da tutte le parti provocando fontane di sangue e corpi morti. Ma Federico non aveva intenzione di fermarsi. Nonostante le ferite da cui continuava a uscire sangue, nonostante la stanchezza e l'energia che perdeva senza poter far niente.
Continuò, uccise senza pietà quegli esseri che non erano neppure umani.
Quegli esseri come
lui.
Ma la donna, il suo vero obbiettivo continuava a scappare.
«Codarda!» ruggì mentre tagliava in due il braccio di un nemico. La donna continuò a fissarlo impenetrabile da dietro i suoi combattenti.
Federico cominciava ad essere stanco, questo era vero, ma dentro di sé aveva ancora un grande potere. Strinse con più forza l'elsa della spada e chiuse gli occhi mentre dalle sue labbra usciva una nenia in latino.
Intorno a lui si creò un campo di forza che si allargava man mano che pronunciava l'antico incantesimo. Poi una luce accecante invase la stanza, una luce talmente bianca che rese tutti ciechi.
Quando Federico aprì gli occhi davanti a sé aveva i corpi polverizzati di metà dei suoi avversari.
Sentì i sopravvissuti dire «Ritirata!» e scappare, materializzandosi. Con uno scatto fulmineo Federico mosse la spada verso la donna tagliandole i ricci. Questa si girò mentre i capelli le ricrescevano nelle spalle.
«Tu non sai chi sono» sibilò.
«Sì, lo so» disse lui, con le gambe che a stento lo reggevano «In guardia,
Tosca
E si scontrarono.

**

Come sarebbe a dire che io non sono un essere umano?!
Annaspai in cerca di aria mentre un sacco di pensieri e domande mi si accavallavano nella mente. Le mani mi tremavano ma riuscii comunque a scrivere.

Spiegati meglio”
Un essere umano non potrebbe contenere la magia pura esattamente come te. Infatti tutti hanno una parte di Chaos e una parte di Delirium che fanno quadrare tutto, come una bilancia. Ma tu sei solo Chaos”
E allora cosa sarei?!”
Non hai nome. Nessuno ha mai scelto il Chaos.”
Come sarebbe a dire?”
Spesso si fa più peso sulle cose brutte che su quelle belle. Basta poco per riempirsi il cuore di dolore e di rabbia”
Parla, cioè, scrivi chiaramente. Io continuo a non capire.”
Nel corso dei millenni esseri nati da De Immortales e umani hanno portato dentro di sé il potere del Chaos e del Delirium, ma solo uno poteva coesistere nello stesso corpo”
Ma io sono solo Chaos e non ho mai fatto una scelta del genere”
Perché forse tu sei l'ultima speranza”
Speranza di ché?!”
Non posso rispondere”
Sbuffai frustata prendendomi la testa tra le mani. E così io non ero un essere umano, ero una non-ho-ancora-capito-cosa e questo libro non voleva rispondere.
Al diavolo, ma chi cazzo ti ha dato il nome 'Libro delle Risposte'?!
Troppo presa nei miei pensieri non mi ero accorta che il Libro aveva scritto altre parole.

Ma ti posso mostrare una cosa. Accetti?”*
Lanciai uno sguardo titubante verso i letti di Dominique, Rose e l'altra ragazza in dormitorio con noi prima di scrivere un veloce.

Accetto”
Davanti a me esplosero mille luci, mentre mi sentivo lo stomaco rigirarsi e tutto intorno a me vorticare. Chiusi gli occhi cercando di non urlare.

**

Federico e Tosca stavano combattendo da parecchio e entrambi erano senza fiato.
Federico, provato dal combattimento contro gli altri, portava numerose ferite e aveva un colore pallido.
La sua avversaria era messa meglio e mostrava solo qualche taglietto che si rimarginava in fretta.
«Non hai speranze! Io sono più antica di te» disse mentre evitava un affondo e partiva alla carica. In mano aveva un pugnale dalla lama grigia.
Federico non rispose ma si limitò ad abbassarsi facendo leva sul piede destro e rotolando dietro un mobile. Quando la sentì abbastanza vicina fece un scatto trafiggendole con la lama il polpaccio con la lama della spada. Tosca zoppicò all'indietro portandosi una mano alla ferita che in poco tempo diventò una semplice striscia rossa.
Il padre di Giorgia respirò a fondo mentre riprendevano a girarsi in tordo come due lupi affamati. La prima ad attaccare fu Tosca, in una velocità talmente potente che colse Federico di sorpresa. Si scansò in tempo per evitare un affondo mortale, ma la lama trafisse comunque il fianco sinistro.
La donna iniziò a ridere di una risata malvagia e fredda. Lui indietreggiò portandosi una mano alla ferita. Usciva molto sangue.
«Arrenditi, non puoi niente contro me.»
Rimase zitto, digrignando i denti dal dolore e dalla rabbia. Provò a chiamare un po' del suo potere ma era troppo esausto.
«Sei stato uno sciocco a credermi di battermi. Io, io che ho combattuto affianco del potente Godric Grifondoro, io che lo farò tornare, io che sarò la sua regina!»
«Sei una pazza!»
«Taci, sciocco. Uccideremo tua figlia, vedrai. La uccideremo nella maniera più lenta e dolorosa possibile»
fu questo a farlo scattare, fu il pensiero di Giorgia. Lei dolce, indifesa con i suoi modi stravaganti, lei che doveva proteggere a tutti i costi.
Tese la lama davanti a se mentre colpiva Tosca dritta alla spalla. Le indietrggiò con gli occhi sbarrati. Lui ricaricò, questa volta mirando al cuore.
Ma qualcosa bloccò la lama.
«TU!»

A dividerlo dalla sua avversaria c'era Delirium, una mano tesa verso la spada.
«Io» lo apostrofò.
«Spostati»
«Io non prendo ordini da te» nei suoi occhi grigi brillava una luce minacciosa.
«Melody...»
«Non chiamarmi con quel nome!» una saetta argento balenò nella stanza. Tosca fissava Federico con sguardo raggiante «Io sono Delirium» continuò gelida.
L'uomo la guardò supplice, ma la donna appoggiò una mano nella spalla della ragazza «coraggio» le sussurrò «finiscilo»
Per la prima volta una luce di indecisione brillò nello sguardo di Delirium.
«Melody, tu non sei una di loro» continuò Federico arrischiando un passo. Questo sembrò far arrabbiare ancora di più la ragazza.
«Ci rivedremo» promise. Tosca aprì la bocca per protestare, ma la rinchiuse subito quando Delirium, voltandogli le spalle, continuò «
papà» nella sua voce c'era così tanto odio e rancore da trafiggere il cuore di Federico.
In quel momento la stanchezza prese il sopravvento e si accasciò a terra, privo di sensi.

**

Quando mi sembrò di poggiare su un terreno stabile e fermi mi arrischiai ad aprire gli occhi. Ero nel corridoio di una casa. Nel corridoio di una casa con un uomo ce marciava avanti e indietro. Un uomo che indossava vestiti bizzarri, vestiti del medioevo.
Mi guardai intorno e diagnosticai che, sì, mi trovavo nel medioevo, probabilmente nel periodo in cui era stata costruita Hogwarts.
Da una porta uscì quello che immaginai fosse un dottore e una donna. Lo sguardo dell'uomo s'illuminò per un secondo ma poi tornò spento davanti al cipiglio desolato del dottore. L'uomo si schiarì la voce e disse
«lei...lei è...?»
Il dottore annuì con aria grave mandando nello sconforto totale l'uomo. L'anziana signora si schiarì la voce per dire «Ci dispiace, signor Grifondoro... abbiamo tentato il possibile senza risultati... ma il bambino è nato forte e sano; è un maschietto»
Mi chiesi se fosse
quel Grifondoro ma non mi risultava che avesse un figlio. Lo osservai meglio: i suoi capelli erano lunghi e ribelli fino alla spalla, di un marrone rossiccio, mentre i suoi occhi erano castani come quelli di Franck. Portava dei baffia che evidentemente erano la moda di quel secolo, esattamente come i vestiti con la stoffa verde. Era giovane, non più di vent'anni, ventidue al massimo. Ma nel suo sguardo c'era tutta la stanchezza e il dolore del mondo.
«posso entrare?» chiese Grifondoro. Il dottore e la donna si fecero da parte lasciandolo entrare. Lo segui, cercando di capire cosa centrasse tutta quella faccenda con me.
La stanza era arredata in maniera spartana, con un tappeto rovinato e una piccola scrivania dove della finestra. Il letto non aveva l'aria di essere molto comodo, nonostante le tante coperte. In mezzo a quelle coperte stava una donna dal colorito pallido e gli occhi vitrei rivolti verso l'alto, di un verde brillante. Accanto al letto una nutrice cullavo un fagotto da dove provenivano enormi strilli.
Il bambino, pensai.
Con un cenno della mano Grifondoro scacciò la nutrice, senza aver prima preso suo figlio tra le braccia.
«Come lo chiamerete?» chiese la donna sulla porta. L'uomo rimase pensieroso un attimo prima di dire:
«Godric, come il padre di mia moglie.» lo sollevò e disse chiaramente «Godric Grifondoro»
La nutrice annuì e uscendo disse «vado a chiamare un prete per battezzarl e per....» e lanciò uno sguardo eloquente alla moglie. Invece io, presa dalla curiosità e dall'eccitazione, mi avvicinai per osservare meglio il fondatore della mia Casa.
Aveva dei ciuffi biondo cenere, molto scuri e la palle lattea. Minuto e con quel sorriso dolce in viso mentre si addormentava tra le braccia del padre mi riempì il cuore di tenerezza e mi prese un'improvvisa voglia di riempirlo di baci.
La portasi chiuse alle nostre spalle e il padre si diresse verso il capezzale della moglie trattenendo le lacrime dentro gli occhi. Posò una delle sue manone grandi in una di quelle piccole della moglie. Quando sentì quanto era fredda lasciò uscire alcune lacrime.
«Sapevi che sarebbe successo» mi girai spaventata, mentre nella sala si materializzava la donna più bella che avessi visto, più bella di Dominique, più bella di qualsiasi modella. La pelle era luminosa, i capelli dorati si muovevano davanti al suo viso come spinti da una brezza invisibile. Le labbra rosee come boccioli di un fiore incorniciavano delle perle lisci e lucenti. Alta e aggraziata, indossava una sottile tunica greca bianca che lasciava una spalla scoperta. Ma la cosa più magnetica erano i suoi occhi.
Verdi.
Ma non verdi come quelli di Albus, nemmeno verde chiaro come quelli di Scorpius. Era il verde dell'erba in primavera, delle foglie degli alberi o della speranza.
Grifondoro s'inginocchiò sussurrando:
«Gea, Guardiana della terra, protettrice della natura e della bellezza, i miei omaggi»
«Alzati, figlio mio» la voce era come quella di una regina, distaccata ma piena di calore.
Una strana consapevolezza si fece strada dentro di me. Il padre era un De Immortales e quella donna bellissima era la Guardiana che aveva salvato. Mi si paralizzò il respiro. E se la donna morta era una Babbana come mia madre, allora Godric era come me... il cuore cominciò a battermi più velocemente e sentii un calore partirmi dai piedi e raggiungere la testa.
«Lo sai chi tieni tra le braccia?» continuò la Guardiana. Godric piegò le spalle sconfortato.
«Cosa devo fare?» chiese.
«Niente, ormai è troppo tardi. Il ragazzo farà la sua scelta. Dobbiamo solo pregare che sia quella giusta» e la donna chinò il capo in una muta preghiera.
L'uomo accarezzò il figlio con uno sguardo pieno d'amore.
La donna si girò verso di me e fui presa dalla paura. Mi aveva vista, com'era possibile?! Io ero dentro un ricordo.
«Ricorda» disse, la sua voce era più distante ma la sentivo chiaramente nella mia testa «Spesso c'è sempre una soluzione, basta solo trovarla» ma poi il mondo riprese a girare e sentii la nausea farsi strada nel mio petto. Chiusi gli occhi cercando di mantenere l'equilibrio.

**

La mattina dopo, come potete immaginare, ero uno straccio. Pallida e stanca, con lo stomaco chiuso che mi impediva di mangiare.
Ero agitata per la partita e spaventata per quello che avevo scoperto. Non ne avevo fatto parola con Fred e gli altri, il solo pensiero mi faceva venire una crisi isterica, figurarsi parlarne ad alta voce.
E cosa potevo dire, poi?
Mi immaginai noi sei intorno a una tavola rosa stile 'Casetta-per-le-bambole' e io che dicevo: «su prendete un pasticcino. Vuoi del tè, Rose cara? Su, sono alla crema, veramente deliziosi. Comunque volevo dirvi che io non sono un essere umano. No, sono un non-ho-ben-capito-cosa e rischio di fare una scelta sbagliata. Ma niente di che, non preoccupatevi.»
La scena nella mia testa era talmente ridicola che fui sopraffatta da una ridarella isterica.
«Ma cos'ha oggi? È più strana del solito» chiese Roxanne, la sorella di Fred.
«Mah, sarà agitata per la partita» le rispose Rose.
Risi più forte. Ah, la partita.. James mi avrebbe uccisa. Mi alzai per uscire prima di diventare una pazza schizzo-frenica ed essere mandata al San Mungo. O allo zoo, a prescindere.
Mi immaginai una guida che portava una scolaresca davanti alla mia gabbia raccomandandosi. «ora buoni bambini, adesso vedrete un esemplare di essere schizzo-frenico estremamente raro. Cercate di non aizzarlo, potrebbe essere pericoloso»
un altro attacco di ridarella mi impedì di continuare la mia fuga.
«Giorgia... tutto bene?» alzai lo sguardo e incontrai gli occhi castani di Franck. Castani come quelli del padre di Godric Grifondoro.
Ripresi a ridere.
«s-sto b-b-eheheh-nehehe» non ero molto convincente, lo sapevo ma continua «s-so-ono so-l-o-o hoho ahahaha-aha-git-ahahaht-ahhah p-per lahah p-hahhha-rti-titahaha»
Mi misi una mano nella bocca intimandomi di smettere.
Franck mi diede una sonora pacca nella spalla.
«Fai un bel respiro e vedrai che andrà tutto bene.»
Annuii, provando a respirare senza ridere. Mai impresa fu così ardua. Lui mi abbracciò cercando di tranquillizzarmi. Un altro pensiero si fece strada nella mia testa.

Io gli piaccio!


Cosa devo fare?
Devo ricambiare l'abbraccio? O devo scostarlo?
Cosa faccio? Cosa cazzo faccio?

Nel dubbio rimasi immobile tra le sue braccia.
Con la cosa nell'occhio vidi Anna che correva incontro ad Albus gettandogli le braccia al collo e baciandolo. Vidi lui che rispose al bacio in maniera... insomma, mi diede fastidio.
Sembrava che si stessero aspirando l'aria come due aspirapolvere.

Oh, al Diavolo!
Presa da nuove tendenze omicide ricambiai l'abbraccio di Franck.

**

«...il tempo non è dei migliori, lo so, ma abbiamo molte possibilità di vittoria. Voi comportatevi esattamente come agli allenamenti. Anzi, meglio e... »
James sapeva essere veramente noioso quando voleva. Era rintanata in fondo allo spoglotoio maschile. Non capivo perché ci aveva fatte entrare. Noi avevamo il nostro spogliatoio, noi il nostro e non mi interessava niente del Gran Discorso Finale e
blablabla.
Finalmente si decisero a entrare in campo. Sì, il tempo non era
decisamente dei migliori dal momento che grossi nuvoloni neri minacciavano pioggia e c'era un po' di vento.
Forse non era stato un bene arrabbiarsi quella mattina e impazzire di colpo. No, non era stata una buona idea.
Al fischio di Madama Bumb presi quota sentendo il vento fischiare nelle orecchie.
«EEEE, SI PARTE!» sentii la voce amplificata di uno dei fratelli Scamandro incaricato di fare la radio-cronaca «LA PLUFFA E' UN POSSESSO DEI CORVONERO CHE PARTONO A PUNTA VERSO GLI ANELLI DEL GRIFONDORO. UN MOMENTO, FRED WEASLEY LANCIA UN BOLIDE CONTRO MIOFRATELLO. CAVOLO, FRED! FA ATTENZIONE! LA PLUFFA CADE DI PARECCHI METRI E FINISCE IN MANO DI GIORGIA FLOX. PERCHE' STA LI' IMPALATA?!»
prese troppo dalla radio-cronaca non avevo fatto caso alla palla rossa che mi era caduta in mano e la fissavo chiedendomi cosa dovessi fare ma quando vidi tutti i cacciatori di Corvonero più un bolide venirmi in contro mi diedi alla fuga e a tutta velocità corsi verso gli anelli dei Corvi. Passai la palla a James più sotto di me e volai verso l'alto lasciandogli il via libera.
«E GRIFONDORO SEGNA!» dalla parte rosso e oro esplosero grida di gioia che si sovrapposero alla radio-cronaca. Quando la folla fu sedata smisi di girare intorno in cerca della palla e prestai attenzione.
«FRANK PACIOCK IN POSSESSO DELLA PALLA, LA PASSA A LYSANDER SCAMANDRO CHE EVITA UN BOLIDE SI TROVA DAVANTI ALLA PORTA TIRA E... ROSE WEASLEY PARA. MA ATTENZIONE SCORPIUS MALFOY PRENDE LA PLUFFA E TIRA E...CORVONERO SEGNA!»
«SCORPIUS HYPERION MALFOY! COME OSI?!» l'urlo indignato di Rose si sentì appena sotto le grida di gioia dei Corvonero. Mi abbassai di quota iniziando a giocare. Mi limitavo più che altro a prendere la palla e passare, non me la sentivo di provare a segnare. Non ero abbastanza concentrata e la mia mira faceva schifo anche quando ero riposata, quindi era meglio non rischiare.
«I BOCCINI NON SI VEDONO E LA PARTITA PROSEGUE CON CORVONERO IN VANTAGGIO DI DIECI PUNTI»
Non andava bene, James era furioso e impartiva ordini a destra e manca. Corsi a prendere la Pluffa quando vidi un bolide mirare verso di me. Accelerai appiattendomi sul manico e lo evitai per un soffio, poi mi buttai in picchiata per afferrare la pluffa prima degli avversari. Tesi una mano e portai la palla al sicuro dole del petto reggendomi con una mano sola alla scopa. Girai gli occhi velocemente alla ricerca di un compagno ma erano tutti troppi lontano. Nel frattempo metà squadra avversaria correva contro di me. La strada per gli anelli di Corvonero era libera, tranne per il cercatore. Serrai la stretta sulla palla prima di gettarmi a tutta velocità verso gli anelli. Mancavano pochissimo quando sentii uno spostamento d'aria e un bolide mi colpì in pieno. Sentii la pluffa scivolarmi via.
No!
Con un gesto disperato feci leva con il braccio all'indietro per poi gettarlo a tutta velocità davanti a me mentre le mani lasciavano la presa sulla pluffa e sulla scopa. Il bolide ricarico colpendomi il braccio teso e sentii il muscolo contrarsi da dolore. Mille lucette colorate mi esplosero davanti agli occhi. Sentii la scopa scivolarmi via dalle mani e dalle gambe, poi la familiare sensazione di vuoto allo stomaco e precipitai. Davanti a me il cielo cominciò a vorticare aprii la bocca per urlare, ma non uscì nessun suono.
L'ultima cosa che sentii fu: «ALBUS POTTER PRENDE IL BOCCINO»
poi il buio.



*Molto simile a Harry Potter e la camera dei segreti, i know. Ma non mi veniva in mente niente di meglio... quindi possiamo vederla in questo modo: Voldy conosceva il Libro delle Risposte e ha fatto il diario Horcrux sulla base di esso, no? No, è pessima. Va be', vedetela come volete xD

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Capitolo 22
*** Quando l'amore incontra una Veela ***


Cap. 22
Quando l'amore incontra una Veela.
**

Ho sempre guardato le persone innamorate cotte un po' male. Insomma, a volte danno proprio fastidio.
Non fanno altro che parlare dell'amore della loro vita.
Sono zuccherose e vedono cuori rossi, fiori e torte nuziali ovunque.
Cambiano umore in dieci secondi, come le donne incinte.
Si fanno fin troppi filmini mentali.
Cominciano a comportarsi in maniera strana.
Però ti abitui, insomma, alla fine non sono così male. Ma è un vero trauma vedere Dominique in questo stato.

**

Quando mi svegliai mi trovavo in un letto morbido e delle sagome tremolanti stavano sopra di me.
«Si sta svegliando» sentii questa voce rimbombare nella testa provocandomi una fitta.
Sbattei un paio di volte le palpebre cercando di mettere a fuoco e abituarmi alla luce. Percepii un dolore sordo in una gamba che saliva fino al fianco.
«Ahia» rantolai.
Rose, con ancora con la divisa mi chiese «Come stai?»
«Avete preso il numero di targa?» mugugnai.
«Numero di targa?» chiese senza capire.
«Sì, il camion che mi ha investito...» spiegai «mi sembra di essere stata investita da un camion» il mio tentativo di battuta fu spazzato via dalle loro facce serie.
«Non scherzare, avresti potuto farti male sul serio» disse Scorpius.
«Perché non si è fatta male, vero?! Certo che no, in fondo si è solo rotta una gamba...» sbuffò Franck.

«Però gliela stanno riaggiustando»
«L'Ossofast è dolorosissimo. Ho passato una notte in bianco per colpa sua» disse con voce da saputella Rose.
«E poi Madama Chips deve ancora darglielo. Voleva aspettare che fosse ancora sveglia» rincarò Dominique.
«Ehm...» cercai di farmi notare.
«Però è stata brava. Anche se non ha segnato mancava pochissimo.» questo era Fred.
«Meno male che Al ha preso il boccino»
«Eh, a proposito. Qualcuno sa dov'è?»
«Sarà di sicuro a vantarsi con i suoi amichetti»
«poteva almeno venire a sapere come stava Giorgia, però!»
«Ehi, io sono qui» perché non mi cagavano?
«E secondo te anche gli interessa?»
«Aspettate un secondo... dov'è Jamie?»
«è andato ad avvertire Madama Chips che si è svegliata»
Mi misi più comoda nel letto, conscia che non mi avrebbero mai cagato. Rimasero a borbottare fin quando non arrivò Madama Chips intimando ai presenti di 'spostare i loro sudici piedi in un altro posto e di non azzardarsi a posare anche una minima macchia di fango nel pavimento'.
Rimasta sola Madama Chips mi fece bere un intruglio che rischiai di sputare alla prima sorsata: aveva lo stesso gusto dei cavolini di Bruxells e sì, so che gusto hanno anche se non li ho mai assaggiati.
«Ora bevi questo» e mi porse una tazza. Questo aveva un sapore più buono, sembrava menta. Quando posai la testa sul cuscino sentii un improvvisa stanchezza intorpidirmi le membra mentre i miei occhi cominciarono a chiudersi da soli.
«Dormi» mi ordinò la Chips.
Mai ordine fu più semplice.

**

Mi svegliai in preda a un terribile dolore che partiva dalla punta del mignolo fino al fianco. La pozione in cui mi trovavo risultava scomoda così spostai il peso rovesciandomi di lato e appoggiai la guancia sul cuscino soddisfatta. Sul comodino vicino al letto notai un oggetto che prima non c'era: un libro.
Allungai un braccio mentre una parte di me cominciava a temere di cosa si trattasse.
Ancora lui.
Il Libro.
Il mio braccio si paralizzò appena sfiorai con le dita la copertina. Una scossa di magia mi attraversò. Lo fissai per alcuni instanti incapace di pensare. Avevo paura, paura di scoprire altre cose terribili, ma una parte di me voleva sapere.
Scoprimi. Sembrava dirmi il libro. Scoprimi. Aprimi, leggimi. Saprai tutto.
Arrischiai uno sguardo verso l'ufficio di Madama Chips. Buio, non si era accorta della luce tremolante proveniente dal libro.
Mi decisi chiudendo le dita più strettamente nella copertina e lo portai verso di me. Mi appoggiai nella pancia mentre la mia gamba protestava in preda al dolore. La ignorai meglio che potei e mi puntellai nei gomiti. A fatica misi la coperta sopra la mia testa, cercando di fare una tenda fatta male. Il libro era appoggiato davanti a me, ancora chiuso. Presi un bel respiro, poi lo aprii.
Le pagine erano talmente bianche da fare una luce accecante. Socchiusi gli occhi mentre sentivo le viscere rovesciarsi e qualcosa afferrarmi e portarmi lontano.

**

Inizialmente, non vidi niente. Solo bianco, un bianco sfavillante. Poi, in quella tela immacolata andarono a delinearsi dei contorni. Un prato soleggiato, margherite e denti di leone, gli alberi a determinarne il confine tutto intorno.
L'erba alta mi sollecitava il mento mentre sbattevo le palpebre. Una farfalla si posò in un fiore accanto a me e un'ape mi ronzò vicino all'orecchio sinistro. Il dolore alla gamba era svanito.
«FORZA GODRIC, CORRI LUMACA» girai la testa di lato e vidi un bambino sbucare dagli alberi e correre in mezzo alla radura. Si girò verso il boschetto ridendo parando davanti a sé una lunga bacchetta di legno. Il cuore mi si bloccò in gola.
Fred!
Durò un attimo quella strana sensazione prima di accorgermi del mio errore. No, non era Fred, non ci assomigliava nemmeno un po' a Fred. Aveva dei capelli neri,tagliati male e nessuna lentiggine nel viso. Il sorriso era diverso, beffardo sì, ma come quello dei serpenti e i suoi occhi enormi erano un verde-grigio inquietante a causa dei lineamenti affilati, ma risplendeva di quella luce giocosa e spensierata che hanno solo i bambini a dodici anni. Si sistemò meglio la sua casacca verde un momento prima che un altro bambino sbucasse ridendo dagli alberi. I due cominciarono un duello colpendosi con le bacchette e ogni tanto sparavano qualche scintilla dorata o azzurra.
Squadrai il nuovo bambino. Lo aveva chiamato Godric, quindi doveva essere passato qualche anno dalla visione della sera precedente. I suoi capelli erano biondo cenere, lunghi e arricciati sulle punte, aveva delle guance arrossate e quando sorridevano comparivano due fossette ai lati delle labbra. Mi resi conto con un sussulto che i suoi occhi erano di due colori diversi: uno era grigio tempesta, mentre l'altro aveva i1 mio stesso nocciola caldo.
Godric atterrò l'altro bambino e gli mise scherzosamente un piede sulla pancia.
«Sarai anche più veloce di me a correre» gli disse «ma io resto il più bravo nel duello, Salazar» quando sentii il nome del bambino dai capelli neri mi scappò un verso di sorpresa. No, era impossibile, dovevo aver capito male. Negli sguardi dei due bambini c'era una luce di sincera amicizia e ridevano tra di loro come fratelli.
Com'era possibile che fossero amici e allo stesso tempo i futuri fondatori di due casa rivali?!
Li studiai mentre cacciavano le farfalle o gli altri insetti nella radura spensierati.
«Salazar! Guarda cos'ho trovato» lo chiamò Godric vicino alle radici di un albero più grosso degli altri. Il bambino si avvicinò curioso e lo stesso feci io, alzandosi dal mio posto.
Tra le radici strisciava un serpentello con le squame di un verde bosco spento. Fece scattare la lingue biforcuta. Mi allontanai di scatto anche se sapevo che niente poteva ferirmi. Anche Godric se ne stava a debita distanza, anche se i suoi occhi luccicavano. Salazar si avvicinò di più all'animale mentre dalle sue labbra schiuse provenivano sibili e il serpente si arrotolava nel palmo della sua mano tesa.
Rimasi un attimo sbalordita prima di ricordarmi che il fondatore dei Serpeverde era un rettilofono. Il serpente dondolava la testa a destra e a sinistra, destra e sinistra; i suoi occhi luccicavano di un giallo acceso, le pupille verticali.
Godric si guardò in torno:
«Sicuro che non ci sia nessuno?»
«Certo, nessuno viene fin qua»
«Se vengono a sapere cosa sei in grado di fare...» lasciò la frase in sospeso.
«Se vengono a sapere cose sei tu...» lo rimbeccò Salazar.
«Mi ucciderebbero» terminò la frase «e non hanno tutti i torti»
Il terreno sotto i miei piedi cominciò a mancare e caddi sulle ginocchia. La radura cominciò a ruotare e sentii in bocca il sapore del vomito, gli occhi bruciavano. Sentii, però, con chiarezza ciò che disse Godric.
«Io sono un mostro.»

Se nella visione erano passati pochi minuti, quando mi risvegliai sotto le coperte la sveglia segnava le sei del mattino. Con attenzione feci scivolare il libro sotto il cuscino e chiusi gli occhi, sperando di addormentarmi.

**

Quando Madama Chips mi svegliò mi sentivo uno straccio, anche se il dolore alla gamba era passato del tutto. Ma mi sembrava di essere immersa nell'acqua e ogni movimento mi costava una certa fatica. Questo lo notò anche l'occhio critico di Madama Chips che mi firmò una giustificazione per saltare le lezioni.
Così passai la giornata in infermeria cercando di riposare ma il libro mi attirava e ogni volta ci cascavo ancora. Lo aprivo anche se una parte di me gridava di non farlo, ma ormai era troppo tardi ed ero già immersa nel passato.

I due ragazzi erano cresciuti e entrambi dimostravano quattordici anni. Salazar si era allungato di molti centimetri, Godric di poco. Erano a un mercato animato con enormi bancherelle che vendevano di tutto, si sentiva il verso di molti animali e il contrattare delle donne. I due procedevano con sicurezza tra le bancarelle addentando una mela.
«Adoro il mercato!» disse Godric respirando l'aria a pieni polmoni. E anche io cominciavo ad adorarlo, anche se era la prima volta che ci venivo. Tutto quel vociare confuso, le galline che scorrazzavano e i bambini che le inseguivano, il colore dei vestiti delle donne, gli odori delle spezie, il tessuto ruvido che mi facevo scivolare tra le dita e le risate degli uomini creavano un trambusto, un disordine che hanno tutte le cose che sanno di casa, che sono ordinate anche se tutto è buttato all'aria.
«Sarà la tua parte rossa» scherzò Salazar. Godric tentò di ribattere ma una voce soffocò le sue proteste.
«Godric!» una ragazzina poco più piccola di loro gli corse incontro ridendo mentre evitava delle galline.
«Ehilà Tosca!» la salutò lui.
E così eravamo a quota tre fondatori, mi chiesi se avrei incontrato anche Priscilla Corvonero. La ragazzina aveva dei riccioli castani spettinati e tagliati corti che le ricadevano sugli occhi castani. Per un attimo riconobbi nel suo sguardo quello di Franck, ma durò la frazione di un minuto. Tosca gettò le esili braccia intorno al collo di Godric e lui la sollevò senza problemi ruotando.
«Sei riuscito a venire!» sorrise lei.
«Uh-uhm. Grazie della tua considerazione» tossicchiò Salazar sorridendo «Comunque sì, messer Grifondoro ci teneva tanto a venire» e a udire queste parole gli occhi di Tosca si illuminarono.
«Cosa intendi, messer Serpeverde?» stette al gioco il ragazzo dagli occhi bicolore.
«Niente...» fece lui con finta aria innocente. L'amico gli lanciò una manata sulla nuca prima di scoppiare a ridere
«Allora, dove andiamo?» li richiamò alla realtà Tosca.
«Al banchetto delle Erbe» disse risoluto Godric.
«Ancora?!» sbuffò lei «ci andiamo tutte le volte»
«Non è colpa mia» si difese lui «compro dei medicinali per...per mio padre»
«Ah, capisco. Probabilmente sono quelle erbe a farlo sembrare così giovane»
Salazar represse un sorriso. Lui doveva sapere che il padre dell'amico era un
De Immortales, ma la ragazza evidentemente non lo sapeva.
Il trio s'incamminò verso il banchetto e io li seguii. Li osservai chiedendomi se quei tre ragazzi sapevano che erano destinati a diventare i fondatori di una delle scuole di magia più prestigiose del mondo.
E io mi chiesi cosa avevo a che fare con loro.
Be', da quel che avevo capito Godric era figlio di una babbana e di un
De Immortales, esattamente come me ed era pericoloso.
Il banchetto si trovava in fondo alla via ed era uno dei più affollati. A servire erano tre persone, un uomo baffuto, una donna e una ragazza dell'età dei fondatori.
Mi chiesi se fosse Priscilla e la studiai meglio. Era magra e alta, con dei lunghi capelli neri, il viso affilato e gli occhi azzurro cielo. Senza nessun motivo mi ricordò Al e mi diedi della stupida. Va bene che cominciavo ad avere dubbi sulla sua direzione sessuale (come cavolo faceva a stare con il criceto? IL CRICETO?!), ma a prenderlo per una donna ci voleva. Però quella sensazione non se ne andava e più fissavo la ragazza più vedevo Al.

Basta, svegliati! Mi imposi.
«Candida, servi tu i ragazzi là» disse l'uomo baffuto indicando Godric, Salazar e Tosca. Quindi la ragazzina non era Priscilla Corvonero.
«Certo, padre» sorrise Candida, poi ai ragazzi «Immagino che siate qui per il solito sacchetto di sale, erba viola, menta e pietra lunare»
«Certo» disse Salazar con un sorrisetto mentre Godric sorrideva entusiasta e Tosca guardava la scena annoiata.
«La prendo subito.» e si voltò a cercare tra sacchetti e boccette poi riemerse ma il sacchetto le sfuggì dalle dita cadendo a terra. Sia Candida che Godric si accucciarono per prenderlo. Probabilmente vidi solo io ciò che successe. I due protetti alla vista dal tavolino si sfiorarono le labbra in un bacio fugace. Quando si rialzarono Godric pagò e se ne andò come se niente fosse. E allo stesso modo si comportò Candida.
Feci un passo per seguire il gruppetto ma i piedi mi s'incollarono a terra. Tutti e quattro i ragazzi si girarono a guardarmi.
Il mondo girò più velocemente.
Il cielo crollo.
Non c'era più Salazar, c'era Fred.
Non c'era più Tosca, c'era Franck.
Non c'era più Candida, c'era Albus.
Non c'era più Godric, c'ero solo io.
Ed ero sola.
Poi mi svegliai.

**

«Le trasfigurazioni umane sono tra le più complicate da fare, oltre quelle in animali.» ci spiegava il professore.
Ero rintanata nell'ultimo banco a sonnecchiare. Ultimamente stavo molto male ed ero più pallida del solito. La notte sognavo tanto, ma al risveglio non mi ricordavo mai il sogno e ogni volta prendevo il libro per scoprire la storia di Grifondoro. Era una settimana ormai che la sera sbirciavo nel suo passato.
Avevo scoperto che Tosca era innamorata do Godric, ma lui era innamorato di Candida, la bella babbana del villaggio vicino.
Salazar era diverso dalla descrizione che i libri davano di lui. Non era spietato, non attaccava briga con nessuno, non si sentiva superiore agli altri. Passava tutto il suo tempo con Godric cercando di passare inosservato anche se la sua bellezza non glielo consentiva. Aveva perso suo padre e la madre pensava solo a sé stessa e considerava Grifondoro la sua famiglia. A volte gli abitanti del villaggio lo additavano perché stano ma lui non mostrava tendenze assassine come uccidere tutti con un Basilisco. Al massimo aveva lanciato addosso a Tosca del basilico, ma per scherzo.
Cominciavo ad affezionarmi a loro, ma non capivo perché il libro volesse mostrarmi tutto quello. D'accordo, Godric era come me ma la sua vita quotidiana e i suoi problemi amorosi non mi erano di alcun aiuto.
Ma quella sera, quando mi svegliai e aprii il libro come consuetudine, assistetti a un episodio particolare...


«A morte il figlio del Diavolo!» urlò una donna grassoccia e spaventata. Così dicendo lanciò un ortaggio al centro di un cerchio di uomini. Là stava Salazar, sporco di pomodoro e traballante sulle gambe. La casacca verde scuro era sgualcita in alcuni punti, i capelli sporchi di polvere e terra.
«Sì! Al rogo!» gridarono altri uomini lanciando pietre o frutta. Tutta quella confusione era orribile, sembravano un branco di animali spaventati braccati dai predatori. Salazar si reggeva a malapena mentre la folla urlava insultandolo. Lui non si lamentava mentre i sassi gli procuravano lividi, mentre con dei bastoni lunghi lo picchiavano a distanza.
Che codardi! Pensai.
Hanno paura di un ragazzino di tredici anni, nessuno ha il coraggio di farsi avanti!
Salazar alzò gli occhi e li posò su una donna vestita di azzurro, i capelli verde-grigio impassibili.
«Madre!» la chiamò lui in una richiesta di aiuto. Sua madre non rispose e si limitò a fissarlo impassibile. Lui gemette.
La folla continuava e io mi sentivo sempre più impotente, non potevo fare niente. Provavo a fermare le persone ma li attraversavo come se fossero fantasmi.
«l'ho sentito!» gridava una donna dallo sguardo folle «Stava parlando la lingue del Demonio!» qualcuno si fece il segno della croce, mentre altri gridarono.
«FERMI!» Godric si buttò in mezzo al cerchio facendo scudo con il proprio corpo all'amico.«FERMI! Cosa state facendo?» strillava prendendosi i colpi al posto di Salazar. Quest'ultimo cercò di spingerlo via «Godric, cosa stai facendo? Vai via» sussurrò debolmente.
«No, io vado dove vai tu» lo rimbeccò lui aiutando a rialzarsi. Intanto la folla continuava ruggendo.
«BASTA COSÌ!» una voce imperiosa fece tacere la folla che si aprì a ala, facendo passare un uomo di circa trent'anni. Uguale alla mia primi visione, il padre di Godric rimproverava tutti con in suoi occhi castani. I paesani lo fissavano con timore e rispetto.
«Non vedete cosa state facendo?» continuò lui «state picchiando un ragazzino»
«Stava parlando con un serpente, io l'ho visto» disse la donna di prima facendosi coraggio. Le teste dei presenti annuirono.
«Ah, per questa sciocchezza?» li derise il signor Grifondoro «lo stavate per bruciare per un gioco?»
«Non era un gioco, parlava la lingua del Diavolo!»
«Certo, e io sono il Re d'Inghilterra. Aprite gli occhi, che se ne fa Satana di un bambino?»
La folla rimase zitta e lui continuò «Vi state lasciando accecare dalla paura, dall'odio e non riuscite più a distinguere il giusto dal sbagliato. Vi sembra giusto cercare di uccidere un bambino innocente?» detto ciò si diresse verso i due ragazzi aiutandoli ad alzarsi. Tosca uscì spintonando dalla folla raggiungendoli.
Il gruppetto si fermò un attimo davanti alla madre di Salazar.
«Avrebbe dovuto aiutarlo, è vostro figlio» sibilò l'uomo. La donna lo guardò impassibile.
«Lui non è mio figlio»
La scena sfumò e mi sentii trascinare via, sempre più lontano.

**

«Tu sei ammalata, te lo dico sinceramente» Rose mi mise davanti al viso il suo cucchiaio sporco di miele per rafforzare il concetto che se lei diceva una cosa quella cosa doveva essere necessariamente vera.
«Te l'ho già detto» dissi tentando di reprimere uno sbadiglio «ho solo un po' di sonno.
Rose mi lanciò un'occhiata scettica «Solo un po'?»
Non risposi e borbottai qualcosa sui materassi duri soppesando il mio yogurt alla fragola.
«E mangi anche poco!» tornò alla carica Rose «Solitamente mangiavi almeno tre fette di pane con la nutella, lo yogurt, i cereali e a volte anche delle uova mentre adesso ti limiti a un solo yogurt»
«dieta» borbottai, anche se non era vera. In realtà non sapevo nemmeno io spiegare il mio calo di appetito.
«Certo» sbuffò «come se tu ne avessi bisogno, sei magrissima!» Tentai di rispondere che no, non ero affatto magra ma lei non me ne diede l'occasione poiché partì alla carica.
«Te lo ripeto, sei ammalata. Sei pallida, perdi peso velocemente e non sei mai concentrata»
«Eh?»
«Visto?!» disse soddisfatta.
«Senza offesa, Rosie» s'intromise Fred «ma non l'ho mai vista concentrata, nemmeno quando fa i compiti»
«Sì, ma...» e si bloccò guardando dietro di me, la bocca un perfetto ovale.
Mi girai, chiedendomi chi o che cosa avesse interrotto Rose dalla sua ramanzina.
Dominique.
O meglio, Dominique travestita da modella.
In contemporanea anche la mia bocca e quella di Fred si aprirono a o, come quelle di tutta la popolazione maschile nella Sala Grande.
«Per Godric, ma mia cugina è sempre stata così figa?!» sussurrò Fred.
Probabilmente sì, ma non lo aveva mai dimostrato.
Aveva accorciato la gonna dell'uniforme scolastica di un paio di centimetri, la camicia era più stretta e aperta sui primi due bottoni. Il golfino nero con lo stemma era legato sulle spalle a mo' di mantello.
I riccioli ramati solitamente legati in un comodo chignon erano lasciati sciolti sulle spalle a incorniciarle il volto senza imperfezioni.
Ma la cosa più strana fu un'altra: Dominique era truccata. Solitamente solo io e qualche volta Rose ci truccavamo, mentre lei restava sempre acqua e sapone. Ma non quel giorno. Aveva messo il rossetto ciliegia e le labbra sembravano più morbide del solito, aveva un po' di fard ad arrossarle le guance, gli occhi truccati con del mascara e l'ombretto viola messo in un modo che io sarei assomigliata a un panda ma che a lei faceva riflettere i suoi occhi blu di una leggere luce ametista.
In conclusione, non mi stupii che i ragazzi avessero un filo di bava che usciva dalla bocca.
«Allora» disse Domi, sedendosi come niente fosse vicino a Rose «fra un po' c'è la prossima uscita a Hogsmeade» e sorrise civettuola.
Ancora sotto shock io e Fred non rispondemmo.
«Ehm.. Domi?» chiese Rose incerta «Ti è cresciuto il seno?»
«Uh, ehm...no. A dir la verità mi sono fatta imprestare il reggiseno push-up da Rox e...»
«Cosa?!» la interruppe Fred riscuotendosi «mia sorella ha un reggiseno push-up?!»
«Ma per quale motivo ti saresti fatta imprestare un reggiAHIA!» protestai quando Rose da sotto la tavola mi lanciò un calcio.
«Capisco» disse ignorandomi e sorridendo a Domi.
«'Giorno» James si unì a noi al tavolo dei Grifondoro. Si grattò la testa prima di prendere la prima cosa che gli capitasse sotto tiro e iniziare a divorarla.
Rose mi lanciò uno sguardo come a dire ''ecco, è così che si fa'' che mi premurai di ignorare.
Al contrario continuai a fissare Dominique. Sorrideva a tutti, lanciando sguardi pieni di meraviglia a tutto, come se lo vedesse per la prima volta. Canticchiava, perfino, il motivetto della Sirenetta con una voce da far invidia a quest'ultima.
«E' una raccolta preziosa, lo so. Sembrerà che io sia...una che ha tutto ormai»
«Domi?»
«Che ricchezze! Chi mai al mondo ne ha quanto a me? Se guardi intorno dirai..»
«Nick?»
«Oh.. che meravigliee»
«Dominique?!»
«Dimmi, Giò.» e mi sorrise spensierata. Quel semplice ''Dimmi Giò'' mi spiazzò totalmente. La normale Dominique mi avrebbe risposto '”che cazzo vuoi?!”. Cominciai ad avere paura. Domi continuò a cantare.
«Ho le cose più strane e curiose, non ho nulla da desiderar...» per sbaglio spostò con il gomito il braccio di James dal tavolo e quest'ultimo colto di sorpresa rovesciò il piatto con la colazione. Domi non ci fece nemmeno caso, troppo presa a canticchiare. Ma James rimase un secondo spiazzato e a fissare la sua ormai ex-colazione, la stuzzicò con la forchetta e quando costatò che non si poteva più riutilizzare si girò con sguardo da cucciolo bastonato verso Domi. Questa si girò e vedendo lo sguardo ferito di Jaames chiese:
«Cosa c'è Jamie?»
lui aprì la bocca per rispondere ma si bloccò a metà e strabuzzò gli occhi, come se notasse per la prima volta Dominique. Dopo averla guardata bene si arrischiò a chiedere preoccupato:
«Ma, Domi, hai fatto a botte con qualcuno?»
La domanda colse di sorpresa Domi quanto noi e rispose:
«No, perché?»
«Be'...» indicò il viso di Domi «Hai due occhi neri.... sembra che qualcuno ti abbia picchiato. Sai... dato un pugno nell'occhio...» tentò di spiegare.
Bene, dovete sapere che Domi è per un ottavo Veela e vederne una arrabbiata non è una bella cosa. I capelli rossi si gonfiarono con aria minacciosa.
«Ah» disse con voce controllata ma un po' stridula «ah, capisco.» e si alzò «evidentemente non sono abbastanza brava. Anzi, non sono proprio abbastanza. Be', di sicuro ho più cervello di te» e se ne andò, lasciandoci tutti di stucco e un James con la faccia di chi si è perso qualche passaggio.
«Ma che le è preso?» chiese Fred.
«Chi è lei? Che ne hanno fatto della vera Dominique Weasley?!» ero atterrita.
«Ma non è ovvio?» sospirò Rose. Ci girammo a fissarla con uno sguardo del tipo “No, non è affatto ovvio!”. La sopracitata sbuffò e disse:
«Ma andiamo, non lo capite?»
Inarcai un sopracciglio e Fred scosse la testa.
«Dominique si è innamorata!»
«Ah.» poi capii cosa intendeva «come?! E di chi?»
«Non lo so, ma lo scoprirò» e lasciò spazio a un sorriso sadico.
«Non invidio quel poveretto» borbottò James «ha un caratteraccio»
«E' solo impulsiva» la giustificò Rose.
«Sì, ma io non ho fatto niente»
«L'hai offesa, credo.» pensai a voce alta.
Rose annuì: «probabile.»
«Ehilà» Scorpius si sedette nella panca «andiamo, non vorrete perdervi prima ora di trasfigurazione?»
«Susu, non vorrete arrivare tardi?» rincarò Franck.
«Cos'è tutta questa allegria?» sbadigliai.
«Albus è in un punizione» canticchiò Franck. Alzai gli occhi al cielo ma mi alzai ubbidiente e presi la borsa dei libri. Non me la ricordavo così pesante e la lasciai cadere sorpresa.
«Lascia stare, la prendo io» disse Franck tirandola su come se niente fosse.
«Grazie» dissi reprimendo uno sbadiglio.
«Non è tanto pesante...» costatò e mi fissò attentamente «sicura di star bene»
sbuffai «sì, sto bene» mi massaggiai la fronte «sono solo un po' stanca» e sorrisi.
Lui ricambiò il sorriso.

**

La sera andai a rintanarmi nel dormitorio intenzionata a fare lì i compiti. Ero rimasta in sala comune fino a quando non mi era venuta la nausea a causa di Albus e Anna che si baciavano.
E che diavolo, non possono farlo in privato?! Sembrano due polipi. Pensai stizzita. Una volta lì, però, non feci il compito. Pensai a Godric e i suoi amici.
Dopo che Salazar era stato quasi ammazzato dalla folla inferocita lui, i Grifondori e Tosca avevano cambiato paese. Mi ricordavo bene l'angoscia che aveva provato Godric quando si era dovuto separare da Candida.
Nel nuovo paese i tre avevano conosciuto Priscilla. Assomigliava a Rose in una maniera incredibile, se non fosse che la Corvonero aveva i capelli neri e zero lentiggini. Con lei i fondatori erano riuniti e avevano imparato l'arte della magia e del combattimento.
Nell'ultima visione che avevo avuto Salazar e Godric avevano sedici anni, Tosca quattordici e Priscilla diciannove.
Fin'ora non c'era stata nessuna intenzione di aprire una scuola di magia, quindi molto probabilmente quelle che avevo io erano informazione private in mano solo agli storici.
Anzi, probabilmente ero l'unica a sapere cos'erano Godric o suo padre.
A dir la verità non ho ancora capito cos'è Godric.
Fu questo pensiero a farmi dimenticare i compiti e a prendere il libro. Dovevo scoprirlo.


Godric era appoggiato al tronco di un albero e mangiava una mela guardando con sguardo perso il lago davanti a lui. Scommettei che stesse pensando a Candida. Solo quando pensava a lei il suo sguardo si riempiva di malinconia.
Qualcosa cadde in testa a Godric e questo si alzò di scatto brandendo un pugnale che si fermò a pochi centimetri dal petto del suo migliore amico.
Salazar alzò entrambi le mani in segno di resa «Ave, o Godric, vengo in pace»
«Ed occorreva lanciarmi una pigna in testa per venire in pace?!» e mentre diceva ciò si massaggiò la cute.
«No, ma non sarebbe stato divertente» ammise sedendosi sulla riva del lago con un sorriso birichino.
«Sei un...» iniziò Godric per insultarlo, ma Salazar lo interruppe.
«Posso essere qualsiasi cosa, ma tanto non sono un depresso come te. Quando ti deciderai a dimenticarla?» lo sguardo di Serpeverde si fece serio.
«Non posso. Non ci riesco» mormorò il mio fondatore.
«Certo che ci riesci. Ci puoi riuscire benissimo! Metà delle ragazze del paese hanno una cotta per te. Il resto è ammaliato da me, ovviamente» aggiunse passandosi una mano tra i capelli. Godric lo spintonò
«Sei uno sbruffone» ma poi tornò serio «non mi interessano quelle ragazzine che non fanno altro che tessere o ridere come oche»
«Hai proprio un'alta considerazione di Tosca» disse l'altro alzando gli occhi al cielo.
«Cosa centra Tosca adesso?»
«Ma dico, sei cieco?» sbuffò «si vede lontano un miglio che è cotta di te»
«cotta di me?» ripeté lui.
«Per chi credi che abbia abbandonato la sua famiglia per seguirci?»
«perché è nostra amica?» tentò.
«Godric, amico mio, sarai pure un maestro di magia e combattimento, ma di questioni amorose non ne sai niente»
«Ehi!»
«Godric, devi dimenticarla. Lei non tornerà. Tu non tornerai. Lei è una babbana.»
«E quindi?»
«Non è una maga»
«nemmeno io sono un mago»
«non intendevo questo»
«ma lo hai detto»
Salazar sbuffò «quello che intendevo è che Tosca sarebbe perfetta per te.»
Godric non rispose.
«Pensaci, perfavore, sono stufo di vederti così triste» e se ne andò.
Quando fu abbastanza lontano, Godric si girò verso un gruppo di casa. Anche a quella distanza si vedeva chiaramente Priscilla che insegnava a Tosca della magia.
«non sei ancora pronta, questa è magia avanzata» stava dicendo Priscilla davanti ai continui fallimenti di Tosca,
«non m'importa. Devo solo fare un po' di allenamento» e si mise in posizione con la bacchetta davanti e ricominciò.
Godric sorrise.


**

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi sentii più stanca della sera precedente nonostante avessi dormito per tutta la notte. Davanti ai miei occhi danzavano le scene del sogno che avevo fatto quella notte ma più mi concentravo più queste sfuggivano e ben presto sparirono del tutto. Solo una scena mi rimase impressa: una mano che stringeva una corda.
Sbadigliai decidendomi a lasciar perdere. Mi concentrai su di me. Rose aveva ragione, sembravo veramente ammalata. Sotto gli occhi aveva delle borse orrendi, la pelle era troppo pallida e gli occhi erano arrossati. Ed ero dimagrita, molto, avevo le guance scavate. Presi un respiro prima di prendere la busta dei trucchi e iniziare a sistemarmi.
La maggior parte della gente quando mi vede pensa che io sia la tipica ragazza pazza acqua e sapone, ma si sbagliano. Mi piace truccarmi, e esco sempre con almeno il mascara addosso. Può sembrare stupido, perché per truccarsi ci vuole pazienza e io non la ho, però in quel caso la trovavo. Ma quella mattina che ne avevo proprio bisogno non ne avevo né la forza né la voglia.
Rose entrò nel bagno mentre mi pettinavo i capelli. La sera prima non aveva dormito con noi, ma nel dormitorio di Scorpius.
«Ehilà! Com'è andata?» chiesi cercando di mostrarmi allegra.
«Bene, abbiamo dormito abbracciati» disse con gli occhi che le luccicavano.
«Avete solo dormito?» feci una faccia scettica «chissà che avete fatto in realtà...»
La reazione di Rose fu immediata: arrossì fino alla radice dei capelli e borbottò qualche “maniaca”, “ma cosa vai a pensare?!”, “sempre a pensare male” e “non si può più dormire in pace?”.
Ridacchiai soddisfatta e uscii dal bagno prima che notasse il mio terribile aspetto. A fatica misi i libri dentro la borsa. Il dizionario di Antiche Rune sembrava pesare un quintale e mi dovetti sedere a riprendere fiato.
Che mi sta succedendo?
Mi chiesi stizzita.
Domi era già in Sala Grande a fare colazione. Stava stuzzicando il suo uovo con la forchetta e il viso mogio mogio. Anche quel giorno era truccata in maniera divina.
Quando mi sedetti vicino a lei le si illuminarono gli occhi.
«Ciao Giò!» cinguettò.
«Ciaoh» sbadigliai e iniziai a riempirmi il piatto di cose. Ero intenzionata a riprendere i chili che avevo perso, non volevo sembrare uno scheletro. E poi così Rose avrebbe smesso di tormentarmi.
Rose ci raggiunse insieme a Roxanna e Fred. I due fratelli avevano una discussione e quando arrivarono al tavolo Rox si mise il più lontano possibile da Fred.
«Brava!» L'esclamazione di Rose mi fece fare un salto e per poco rovesciai il piatto. L'urlatrice non ci fece assolutamente caso e disse felice «Adesso ti riconosco» e indicò la mia colazione.
Abbassai lo sguardo sul piatto. Uova, bacon, cioccolata, latte, frutta, yogurt, cereali, pane... sentii le viscere contrarsi e mi salì la nausea. E io volevo mangiare tutta quella roba?! Di nascosto buttai il cibo nel piatto di James. Questo ogni volta che lo facevo non se ne accorgeva ma quando posava lo sguardo nel piatto e notava che il cibo non diminuiva e che invece cresceva si grattava la testa cercando di capire questo grande mistero.
Rose non si accorse di niente e per tutta la giornata non si lamentò della mia salute, anche perché era troppo felice a stare a mano con Scorpius.
Dominique era chissà dove con la testa mentre io mi sentivo la testa girare. Durante la lezione tentai di concentrarmi o di non vomitare. Mi sentivo prosciugata, totalmente.
«Signorina Flox» mi chiamò l'insegnante «venga qui a provare l'incantesimo, giusto per vedere se ha ascoltato o, come immagino, dormito tutto il tempo»
Come in un sogno mi alzai dal banco e camminai verso la cattedra. Mi sentivo una funambola che camminava su un filo invisibile e che stava perdendo l'equilibrio. Il mondo davanti a me ondeggiava e tutto i rumori mi venivano come se fossero infinitamente distanti e non riuscivo a distinguerli. Le facce volteggiavano davanti a me e cominciai a non distinguere più nulla. Vidi un mare mosso da un vento impetuoso, una scogliera piena di gabbiani, una pioggia fitta, una barca alla deriva,
una mano che stringeva una corda come unica salvezza, vidi un'onda più alta delle altre davanti a me, poi fu solo nero.

«Bevi» mi intimò Madama Chips quando mi svegliai in infermeria. L'odore dolciastro minacciò di farmi vomitare ma non ebbi il coraggio di contraddire l'infermiera e feci finta di bere qualche sorso.
«Non è niente di che, solo uno sfinimento» spiegò poi a Rose vicino a me «ha mangiato oggi a colazione?»
No.
«Sì, e tanto anche» rispose invece Rose.
«Allora potrebbe anche essere lo stress, la cosa migliore è che oggi non si presenti alle lezioni e stia a riposare»
Annuii, poi mentre entrambe erano girate rovesciai il liquidi in una pianta vicino. Proprio non riuscivo a berlo.

**

Una volta nel bagno del dormitorio notai che alla base del collo avevo un taglio sanguinante.
Ma non usciva sangue. Usciva una sostanza d'oro.
Per tutto il giorno non riuscii a fare magie.


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Capitolo 23
*** Io e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori programma ***


Alla Gilé, che finalmente è tornata.

Sei mancata tanto.


Cap. 14

Io e il mio (ex)nemico rischiamo di essere ammazzati in una gita fuori programma

**

E' impossibile condividere certe avventure senza finire col fare amicizia, e mettere ko un mostro di montagna altro quattro metri è tra quelle” disse una saggia donna che scrisse la storia della Grande Guerra Magica.

Io dico: “E' impossibile condividere certe avventure senza finire con il fare pace, e salvarsi da un imboscata di pazzoidi sclerotici è tra quella”.

Al Diavolo, potevamo morire!


**

Rose venne a svegliarmi qualche ora dopo per darmi una strana medicina che le aveva dato Madame Chips. Sembrava compiaciuta dall'aver capito per prima che io ero ammalata.

Bevvi l'intruglio senza esitazione, ancora spaventata dalla mia improvvisa perdita dei poteri, poi mi riaddormentai.

Sognai.


Ero intrappolata in un giardino di rose. Al primo impatto il loro odore era buonissimo e respirai a pieni polmoni, ma poi cominciò a diventare dolciastro e nauseante. Troppo dolce, mozzava il respiro. Per un attimo mi ricordò l'odore del sangue. Mi tenni lo stomaco con le mani mentre i petali cominciavano a cadere. Petali bianchi come fiocchi di neve che scomparivano ancor prima di toccare il suolo e lasciavano dietro di sé dei steli verde scuro, quasi neri, con spine fin troppo lunghe. Lo spazio cominciò ad essere fin troppo stretto e le spine delle rose cominciarono a ferirmi. Mi salì un ricordo di quando avevo sei anni e papà mi aveva portato in un roseto; aveva raccolto una rosa rossa bellissima, con i petali lisci come velluto. Poi, di scatto e senza preavviso, l'aveva gettata.

«Perché lo hai fatto, babbo?» avevo chiesto un po' risentita.

«mi aveva punto» era stata la sua pacata risposta.

«e tu hai gettato la rosa più bella perché ti ha punto?» non capivo, lo trovavo totalmente stupido.

«Vedi» allora aveva iniziato «le cose belle posso nascondere cose che feriscono, ed è meglio stare lontano dal dolore, anche se ci tieni tantissimo a quella cosa»

non so perché ebbi quel flashback mentre le spine mi trafiggevano ogni lembo di pelle, ma le parole mi risuonavano nella testa all'infinito.

Voglio andarmene!

Mi alzai tremante mentre sentivo le guance inumidirsi da lacrime di dolore silenziose. Cominciai a muovermi, a camminare, ma ogni passo era un dolore straziante e mi sembrava impossibile poter continuare. Io mi muovevo, ma restavo sempre ferma nello stesso posto.

Poi scorsi la fine del roseto, una stradina di terra che portava oltre una duna di erba e sabbia. Lo presi senza voltarmi indietro, gli steli mi sembravano terribili artigli pronti a riafferrarmi a portarmi in quell'orrore.

Attraversai la duna e la brezza marina mi schiaffeggiò la faccia. Davanti a me stava una striscia di sabbia e poi una distesa di un mare nero come l'inchiostro e calmo.

Sul bagnasciuga c'era un ragazzo. Mi avvicinai e riconobbi Albus.

«La conosci la storia della ragazza innamorata del mare?» chiese. Scossi la testa, ma una voce femminile vicino a me disse: «no»

Mi girai e riconobbi Dominique, con gli occhi rossi e grandi.

«C'era una volta una ragazza stupenda con un sorriso da far invidia a chiunque. Tutti la volevano, perfino il cielo, ma lei voleva stare solo con il mare»

«E cosa fece?»

«prese una barca» mi ritrovai nel bel mezzo dell'oceano in una nave che stava a galla sì e no.

«e il vento soffiava, le onde si agitavano» mi ritrovai nel bel mezzo di una tempesta, con gocce d'acqua salata che mi bagnavano il viso.

«Il vento era fortissimo, talmente forte che la sollevò da terra e si ritrovò a volare» il vento mi prese e mi tirò su in aria e volavo in un vortice mortale, ogni secondo rischiavo di cadere.

«E poi? Cos'è successo?»

«Il vento smise di soffiare e lei cadde»

«Ed è...»

«E morì»

Precipitai dal cielo come una stella cadente, poi lo schianto con l'acqua mi fermò il respiro in gola in furono solo bolle che salivano mentre io scendevo, continuavo a scendere senza possibilità di risalita.

No! Io non sono la ragazza innamorata del mare!

Io sono Giorgia!

Le mie dita sfiorarono la superficie dell'acqua e mi ritrovai di nuovo libera di respirare. Il mare non soffiava più e ed ero in una vasca da bagno. Mi alzai e vidi davanti a me Fred che si fissava con uno sguardo carico di dolore allo specchio.

«F-Fred?» chiamai.

Non si girò,continuò a darmi le spalle. Poi si girò di colpo e mi puntò una pistola.

Il rumore dello sparo mi frantumò i timpani e il mio cuore non smise di battere all'impazzita nemmeno quando mi svegliai tremante al sicuro nel mio letto.

**

Quando le mani smisero di tremarmi mi decisi ad alzarmi. Appoggiai il piede nudo sul pavimento freddo con l'intenzione di dirigermi nella Sala Comunque.

Di sicuro sarà deserta. Pesai scendendo le scale con il mio bellissimo pigiama dei my little pony.

Quando arrivai nella Sala mi accorsi che in realtà non era deserta. Un ragazzo dormiva sogni agitati in una delle poltrone davanti al fuoco.

Fred.

Rimasi immobile al mio posto ricordando il suono assordante che aveva provocato la pistola. Diretta contro me.

Calma, Giorgia, era solo un sogno. Solo un stupido sogno.

Presi un bel respiro e camminai a piedi scalzi verso la sua poltrona e mi accovacciai nel tappeto rosso appoggiando la testa in uno dei braccioli della poltrona.

«No...'attene....'on ti 'oglio» borbottava nel sonno mentre si rigirava nella poltrona. Sembrava così indifeso e dolce e tenero.

«TI HO DETTO DI ANDARTENE! NON CEDO, NON E' VERO!» gridò prima di svegliarsi di scatto. I suoi occhi azzurri incontrarono subito i miei e per la prima volta da quando lo conoscevo lo vidi arrossire.

«Oh...ciao» disse imbarazzato «che ci fai qui?»

«insonnia» risposi, decisa a non rivelare a nessuno il mio sogno «tu invece hai problemi con incubi.»

«Incubi?» chiese facendo il finto tonto.

«Parlavi nel sonno» gli feci notare.

«E cosa...e cosa dicevo esattamente?» si schiarì la gola.

«Dicevi a qualcuno di andarsene, che non cedevi o qualcosa del genere. Che stavi sognando, Fred?» lui girò la testa e capii che non aveva intenzione di rispondermi. Fissai le fiamme del camino che andavano spegnendosi mentre valutavo se fosse il caso di svuotare il sacco e raccontargli del libro.

No. Non ora. Mi dissi.

Solo in quel momento notai un particolare che mi era fuggito: alcuni ciuffi dei capelli di Fred non erano rossi, ma azzurri.

«Fred...?» lo chiamai «I tuoi capelli...»

lui capì subito a cosa mi riferivo e scrollò le spalle «a volte mi capita»

«Ah...»

«Ti è mai capitato di... di voler scappare, andartene lontano e non tornare mai più? Di dire addio a tutti e di ricominciare da zero?» mi chiese d'un tratto Fred.

Mi venne in mente il periodo dopo la morte di Gabriele e annuii mentre una tristezza infinita mi prendeva il cuore come ogni volta che pensavo a lui.

Non parlò più.

Non parlai nemmeno io.

Restammo in silenzio a fissare il fuoco persi nei proprio pensieri finché un Caposcuola ancora assonnata scese dai dormitori e imprecando ci rispedì a letto.

**

La mattina dopo allo specchio controllai la ferita dove del collo. Era perfettamente rimarginata e riuscivo a fare ancora incantesimi.

Una parte di me temeva che fosse stato il Libro a farmi cadere in quello stato e mi ripromisi di non aprirlo più.

Madama Chips continuò a darmi l'intruglio e dovevo berlo la mattina e la sera. Le lezioni procedevano normali, i miei voti si stabilizzarono di nuovo e la stanchezza svanì.

Con Franck le cose miglioravano e mi sentivo sempre più convinta nel rispondere a quella domanda che mi aveva posto in infermeria con un “sì”, ma c'era sempre qualcosa che mi frenava.

Un giorno, mentre stavo tranquillamente 'studiando' con Fred Rose si diresse verso da noi con stampata in faccia un aria folle.

«Riunione, fra dieci minuti nella stanza delle necessità. NON SI DISCUTE!» io e Freddie rimanemmo un attimo interdetti prima di decidere che non era il caso di discutere.

Così, dieci minuti dopo, ci trovammo entrambi davanti alla stanza con Scorpius, James, Lily, Albus e Franck che si guardavano in cagnesco, Luis, gli Scamandro, Dominique, Due Perfetti Serpeverdi, una Caposcuola Corvonero e tre Tassorosso.

Rose arrivò per ultima e, sempre con quello strano sguardo folle, ci fece entrare nella stanza.

«Si può sapere perché chi hai convocato, mezzosangue?» disse uno dei due Serpeverde infastidito, anche se disse la parola “mezzosangue” come se fosse un simpatico nomignolo. Rose lo ignorò e si sedette dietro una cattedra che la stanza aveva fatto comparire al centro di una stanza circondata da dei divanetti e poltroncine.

«'Sta mattina ho avuto un idea geniale e ho bisogno del vostro aiuto per realizzarla» iniziò accomodandosi meglio.

«fra poco più di due settimane ci sarà Capodanno e io mi dicevo “Ehi, Rose, sarebbe molto carino fare una festa”»

«Una festa?!» sbottò un Tassorosso.

«Spero che tu ne abbia già discusso con la preside» fece la Corvonero.

«A dir la verità no, e spero che non lo venga mai a sapere» Rose arrossì leggermente ma non si scompose.

«Una festa illegale, dunque? Mi piace!» ovviamente Fred approvava.

«Sì, non è male. In fondo sono anni che non si fanno feste ad Hogwarts» gli diede man forte Franck.

«Si potrebbe fare» ci pensò il Serpeverde di prima.

«Ma è ovvio che NON si può fare!» disse invece il Tassorosso «è illegale e se ci scoprono rischiamo di essere espulsi»

«E' un rischio che si può correre» sbadiglio Scorpius «La mia ragazza a volte ha delle idea geniali!»

Rose sorrise compiaciuta.

«Mi rifiuto!» continuò il Tassorosso.

«Taci Dan» lo rimbeccarono i suoi due amici di casata «è una splendida idea»

«E poi ci meritiamo un po' di distrazione dopo tutto questo studiare»

«E poi è Capodanno, qualcosa bisognerò pur fare»

«Va bene, avete vinto»

«Resta solo un problema» disse l'altro Serpeverde «noi che cosa centriamo qui?»

«Ma non è ovvio?» rispose Rose. Quando capì che non lo trovavamo affatto ovvio spiegò:

«Dobbiamo pur organizzare questa festa senza che gli insegnanti lo scoprano. E qui entrate in gioco voi» così dicendo indicò la Corvonero, uno dei Tassorosso, Scorpius e i Serpeverde «Ho bisogno dell'aiuto dei Prefetti e dei Caposcuola per far passare la cosa inosservata. Inoltre Fred, James, Giorgia, Louis e gli Scamandro possono procurarci qualcosa come alcolici e cose varie»

«ma siamo minorenni! Non possiamo bere» Dan sembrava scandalizzato.

«Chiudi il becco Dan» lo rimbeccammo in coro.

«Io sono maggiorenne!» protestò Fred «e pure James» tutti fissarono l'ultimo citato intento a fissare a sua volta una macchia nel divanetto con grande interesse.

«Scorpius è il mio ragazzo e quindi partecipa, Franck è raccomandato visto che suo padre è professore...»

«Ehi!» protestò offeso.

«...E Lily e Domi possono occuparsi dell'estetica» terminò la rossa ignorandolo.

Nella sala calò il silenzio.

«Il ragionamento non fa una piega» disse Al «ma io che centro?»

«Tu, caro mio» iniziò Rose con un falso sorriso angelico «dal momento che sei il più grande coglione che mise piede in questa scuola...»

«gentile come sempre»

«... e sei il re delle feste visto che in ogni cazzo santa festa che c'è tu sei sempre in mezzo sai tutto su quest'argomento. Pertanto, anche se mi duole ammetterlo, abbiamo bisogno del tuo aiuto. E farai tutto quello che dirò se non vuoi che zio Harry sappia cosa facevi al quinto anno con la figlia degli Zabini»

Albus sbiancò e Rose sorrise soddisfatta.

«Obiezioni?»

Dan alzò ancora una volta la mano «Dove organizzeremo la festa?»

«nella Stanza della Necessità, mi sembra ovvio»

E con questo la seduta fu sciolta, anche se mi rimase un dubbio.

Cosa cazzo faceva Albus al quinto anno con la figlia degli Zabini?!

**

A mia difesa dico che ho una mente debole.

Debolissima, quindi abbiate pietà di me.

Avevo riaperto il Libro, perché la curiosità bruciava e perché volevo ficcare il naso nella vita sentimentale di Godric, ecco.

Così, due sere dopo, aprii il libro.

E al diavolo la promessa.


Tosca si stava esercitando con la ma mormorando a mezza voce incantesimi con la bacchetta tesa davanti a sé.

«Cosa stai facendo?» Godric le comparve alla spalle e per la sorpresa lei fece cadere la bacchetta.

«Godric! Non farlo mai più!» lo rimbeccò.

«Altrimenti?»

«Altrimenti ti mangio»

«ma tu sei una nanerottola»

«Buffone» e si girò per andarsene fintamente offesa.

«Sì, hai ragione. Scusa» Godric le afferrò una mano per fermarla e lei arrossì leggermente.

«Vuoi che ti aiuto con l'incantesimo?» rincarò il ragazzo.

«Va bene» acconsentì lei.

Godric si posizionò dietro di lei, stringendo la mano della ragazza che impugnava la bacchetta.

«Prima sbagliavi il movimento della mano, devi fare così» le spiegò facendo fare un cerchietto e un colpo con la mano. L'incantesimo riuscì «vedi? È facile»

Tosca riprovò e anche questa volta l'incantesimo riuscì. Si girò per ringraziare Godric con un sorriso di gioia.

Il ragazzo posò una mano sulla guancia della ragazza e poi l'attirò a sé baciandola.

La visione si interruppe così, con loro due che si baciavano e mi ritrovai nel mio letto con un sorriso ebete stampato in faccia.

**

«Ehi, Giorgia!» gridò Franck sopra il frastuono della Sala Grande.

«Dimmi Franck!»

«Sabato, a Hogmeade, ci vieni con me?»

«Va bene!»

«Alle tre nella sala d'entrata allora»

«Va bene!»

**

«Godric! Godric!» Salazar correva impazzito cercando di raggiungere Godric, poco più distante che scappava.

«MA VUOI FERMARTI?!»

«VATTTENE, SALAZAR!»

«SOLO SE TI FERMI E NE PARLIAMO» Godric si fermò a Salazar quasi lo investì.

«Ne parliamo?!» sibilò Godric girandosi per la prima volta e ciò che vidi mi fece rabbrividire. I suoi occhi erano quasi del tutto grigi e molti ciuffi dei suoi capelli biondi erano azzurri e grigi. «Non c'è niente da dire» continuò con una calma glaciale «loro hanno ucciso mio padre, e io ucciderò loro!»

Rimasi spiazzata.

Hanno ucciso il padre di Godric Grifondoro?!

«Lo sai che i Folletti sono così! Hanno capito il vostro segreto»

«NON MI INTERESSA! LO HANNO UCCISO! UCCISO!» urlò in preda al dolore e ricominciò a corre.

«GODRIC!» lo chiamò il Serpeverde ma non seppi cosa successe dopo, perché la visione si infranse come mille schegge di vetro.

**

Tremavo. Avevo gli occhi spalancati. Non riuscivo a respirare, l'aria non arrivava ai polmoni.

Papà...

Non so perché, ma sapere che il papà di Godric era morto mi aveva fatto temere della sorte del mio.

Dov'era? Stava bene? O lo...?

non volevo nemmeno pensarci.

Presi un foglio e una piuma e scrissi una lettera di tre parole da dare al mio gufo:

Papà, dove sei?

Non ricevetti risposta.

**

La lettera di risposta non arrivava e io cominciavo a temere per mio padre. Avevo la sensazione che non fosse al sicuro, che fosse ferito. E non avevo risposte e la cosa mi mandava in bestia. Ogni mattina guardavo tutti i gufi alla ricerca del mio, di una pergamena con scritto “A casa a non fare niente” o un “mi sto divertendo alle Bahamas”. Ma niente.

Per questo mi venne un idea; era una cosa folle e totalmente da stupidi, ma l'ansia cresceva ogni giorno e non m'importava se rischiavo l'espulsione.

Disdissi l'appuntamento con Franck fingendo un malanno e di nascosto mi diressi da sola verso Hogsmeade.

Camminai per vie laterali nascondendomi fino ad arrivare al limitare del villaggio. Stavo per cercare un posto nascosto per potermi materializzate quando qualcuno mi chiamò:

«Giorgia, che ci fai qui?»

Mi girai e trovai Albus.

«Non sono affari tuoi, Potter!» dissi tornando sui miei passi.

«Cos'hai intenzione di fare?»

«Niente» dissi ignorandolo. Lui prese a seguirmi silenziosamente. Mi ero completamente dimenticata di lui troppo presa dalla mia missione fino a quando, trovato un posto dove smaterializzarmi sentii la sua mano stringersi sul mio braccio.

«AL, MOLLAMI!»

Ma ormai era troppo tardi e le scena davanti a me stava sfumando.


Quando arrivammo mi mollai un calcio ben assestato ad Al.

«Cosa.diavolo.ti.è.venuto.in.mente.?!»

«Cosa diavolo viene a te in mente! Ti sei materializzata, a sedici anni! Non puoi, il ministro lo sa»

«No che non lo sa, idiota!»

«Cosa?! Ma che blateri, tu hai la traccia»

«No, non c'è l'ho la traccia emerito idiota!»

«Come sarebbe a dire?!»

«lascia stare. E torna a Hogwarts»

«Sai, io la traccia la ho e non so materializzarmi»

Solo in quel momento capii la gravità della situazione.

OHMERDA!


**

«ma si può sapere dove stiamo andando?»

«Ti ho detto: niente domande!»

«Per me tu stai andando dallo spacciatore» sbuffò.

«Ho Fred per quello»

«Ma va a cagare!»

«Non c'è un bagno»

«Ah. Ah. Ah» feci ironica «Stai zitto, devo fare una cosa importante, ecco»

Rimase in silenzio per alcuni minuti, ma poi continuò.

«Questa è la strada che porta a casa tua!»

La sorpresa fu tale che mi fermai in mezzo alla strada e lui sbatté contro la mia schiena.

«Ti ricordi dove abito?»

«Precisamente»

Mi affrettai a richiudere la bocca conscia di avere un aria ridicola e mormorai un 'okey' a mezza voce.

Ora il silenzio che avevo prima tanto agognato mi sembrava imbarazzante e pregai che parlasse e facesse una domanda, giusto per rispondergli male.

Ma non lo fece e camminammo in silenzio.

Per non essere riconosciuta da nessuno del quartiere feci un illusione su me stessa.

«Giorgia?» Al si fermò a guardarmi dubbioso.

«Oh, vero, tu mi devi riconoscere» non avevo nessuna intenzione di perderlo per Londra e rischiare l'espulsione per causa sua, così con una strizzata d'occhi mi resi riconoscibile solo a lui. Quest'ultimo inciampò all'indietro fissandomi come se fosse l'anticristo.

«ma..ma...» balbetto.

«ma se non ti muovi ti tiro un pugno nel naso» lo rimbeccai cercando le chiavi di casa arrivando davanti al condominio.

«Sei ingiusta!» piagnucolò seguendomi per le scale.

«Sono affari tuoi se mi hai seguito, quindi adesso fai quel cazzo che ti dico»

«Devo ancora capire cosa ci facciamo qui»

«Sono affari miei, questi»

«Ma dal momento che ti ho seguito sono anche affari miei» disse perentorio. Mi fermai davanti all'uscio e gli lanciai un'occhiataccia da far invidia alla McGranitt, poi aprii la porta e quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene.

Caos. Disordine.

Non come quando vivevo io a casa in cui c'era il disordine di chi vive. Il tavolino di vetro era distrutto ai piedi del divano, anch'esso completamente distrutto. Il tavolo si reggeva obliquo su due gambe mentre le sedie erano cadute e distrutte tutte intorno. L'intonaco era crollato e i vestiti, le cianfrusaglie e i libri erano sparsi per terra.

«Papà» sussurrai andando a cercare in tutte le stanze. In ogni stanza vedevo solo distruzione. L'unica cosa ancora in piedi erano alcuni mobili di camera mia, compreso l'armadio. Lo aprii e trovai tutti i miei vestiti intatti.

«Papà» e caddi a terra spaventata come non mai.

«Giorgia» Al si avvicinò e si sedette vicino a me «Cos'è successo?»

«Non lo so» secca, piatta, vuota. Ecco come mi sentivo. Secca, piatta, vuota.

«Forse sono stati dei ladri a farlo» provò a dire «probabilmente tuo padre è andato a fare la spesa e...»

«Sì.» dissi «Sì» ripetei con forza «Solitamente a quest'ora lavora, probabilmente tra un po' arriverà. Dobbiamo solo aspettarlo...»

«Certo» Al annuì e fissò pensieroso il mio armadio «Hai già pensato a come vestirti per la festa?» mi prese di sorpresa.

«Festa?» chiesi prima di connettere «Oh... non lo so, non mi sono portata vestiti ad Hogwarts...» spiegai.

«Be', siamo a casa tua, il tuo armadio è particolarmente intatto... sceglilo adesso il vestito finché aspettiamo tuo papà. Ti dico io quale va bene e quale no.»

«Ma non so... non credo...io...» balbettai, ma lui mi spinse talmente forte che finii praticamente dentro l'armadio.

«Giuro che mi giro e non ti guardo» e per dimostrare la veracità delle sue parole si girò e si mise e mani davanti agli occhi.

Con un sospiro entrai nell'armadio e chiusi un anta per avere almeno un po' di riparo e scelsi un vestito. Non ve avevo tanti dal momento che io e le calze viviamo in due universi diversi, per questo la maggior parte erano regali.

Scartai subito un vestito rosso che mi avevano regalato delle mie compagne di scuola molto osceno e passai le mani tra la stoffa di un vestito verde-acqua a top. Lo infilai facendo ben attenzione che Al non sbirciasse, poi uscii in attesa del verdetto di “Sua Santità il Re dei Critici Senza Speranze” come fu soprannominato da quel momento.

Lui mi fissò con aria scettica «Non mi piace, provatene un altro»

Ne scelsi uno beige a vita alta con la gonna lunga ma fu anche questo scartato.

«Guarda, ti dico io quale provare» disse quando scartò il terzo vestito (largo, stretto in vita da un cinturino). Rovistò tra l'armadio borbottando, poi uscì reggendo un vestito blu elettrico.

«Questo sembra carino» e me lo mostrò.

«No, non posso metterlo» dissi, mentre la voce mi s'incrinava.

«E perché no?! Ti starebbe bene» e me lo mise tra le mani.

«Non posso» ripetei.

«Perché?»

«Perché me lo aveva regalato Gabriele» borbottai un po' rossa dalla vergogna e un po' malinconica al ricordo.

«E tu non vuoi mettertelo per questo?» mi chiese scettico alzando un sopracciglio.

«Io..non posso... non dopo... non dopo quello che è successo... mi ricorda...»

Lui si avvicinò e mise una mano sopra la stoffa interrompendomi «Indossalo, così lo collegherai ad altri ricordi»

**

«Allora? Come sto?» chiesi aprendo le braccia. Lui mi si limitò a fissarmi e cominciai a sentirmi in imbarazzo. Il vestito era a una sola manica a canottiera e mi stava aderente fino alla vita dove si allargava in una gonna corta fino a metà coscia. Mi sentii fin troppo scoperta, specialmente quando i suoi occhi indugiarono un po' troppo tempo nelle gambe. Spostai una gamba dietro in evidente imbarazzo. Lui lo capì e disse:

«Sei bellissima» e riprese a fissarmi.

«Smettila» lo ripresi.

«Di fare che?»

«Di guardarmi»

«Ma sei bellissima!»

«Ma tu sei fidanzato»

«Ma noi due stavamo insieme»

«Appunto, stavamo, smettila di fissarmi in quel modo»

«Dettagli, e io continuo a fissarti come voglio»

La temperatura delle mie guance raggiunse i 100° e mi chiese se potevo cuocerci la pasta, ma mi limitai a borbottare un “va a cagare” e mi chiusi nell'armadio cambiandomi e dopo essermi messa i vestiti infilai il vestito nella tasca del giubotto che avevo appositamente ingrandito con un'incantesimo.

«Ecco fatto» borbottai cercando di uscire ma all'ultimo momento inciampai sbattendo la testa sul fondo dell'armadio e aprendo le ante con le gambe.

«Giorgia, tutto bene?»

«Sì, sì» dissi massaggiandomi il bernoccolo che stava per spuntare. Alzai la testa ma questa andò a sbattere contro...un'anta di uno scompartimento nascosto.

Fissai lo scompartimento un po' sorpresa e Albus, non vedendomi tornare, si fece spazio nell'armadio.

«E questo cos'è?» chiese notandolo pure lui.

«Non lo so» e allungai una mano all'interno. Le mie dita incontrarono un sacchetto di stoffa. Lo presi e una volta uscita dall'armadio esaminai il contenuto. Era solo un semplice braccialetto d'oro, con lo simbolo dello ying e dello yang. Le luci, le ombre che quel bracciale creava mi ipnotizzarono e non mi accorsi di averlo indossato fin quando non lo sentii al polso.

Fu in quel momento che la porta d'entrata cigolò.

Con il cuore in gola andai a vedere pregando Zeus, Ade, Poseidone e compagnia affinché fosse papà.

Ma non era papà. No. Era un tizio sconosciuto ammantato di nero.

«Chi sei?» balbettai mentre Al mi affiancava e restava sorpreso.

«Sei Chaos?» chiese invece lui.

Bastarono quelle parole a farmi raggelare.

Lui sa...

«Non hai risposto alla mia domanda» cercai di mostrarmi più coraggiosa di quel che fossi in realtà.

«Si, è lei» rispose un'altra voce maschile e un'altra figura nera comparve sull'uscio «indossa il bracciale»

Istintivamente portai il polso dietro la schiena ma ormai era tardi. Altre persone si stavano aggiungendo alle prime.

Al si mosse a disagio.

«Ehi, si può sapere chi siete e che diavolo volete?» chiese.

Il primo che aveva parlato brandì la bacchetta e mi indicò.

«Noi siamo i Deliranti e vogliamo lei» una luce uscì dalla bacchetta e la evitammo per un pelo buttandoci a terra.

«Cosa cazzo volete da me?!» sbottai.

«La tua morte»

Bastarono quelle parole a farmi salire il cuore in gola e a protendere una mano dentro di me lanciando un incantesimo di cui ignoravo completamente l'esistenza.

I Deliranti si accasciarono alle pareti tenendosi la testa come in preda a una feroce emicrania e noi approfittammo di quell'attimo per fiondarci giù per le scale.

«Prendeteli!» li sentimmo gridare.

Lanciai un barriera tra me e la rampa che ci divideva dai nostri nemici e uscimmo correndo.

«Ma non ho capito! Chi sono?» urlò Al.

«Ne so quanto te, adesso corri e basta!»

Ci fermammo davanti a un Kebab abbandonato per riprendere fiato. Sentivo il cuore martellare ovunque, all'impazzita e la paura nelle viscere.

«Li abbiamo seminati?» chiese lui.

«Non lo so»

«Dobbiamo tornare al Castello»

«Ma papà..»

«Quello lo andrai a trovare un'altra volta, adesso pensiamo a scappare prima che ci ra...» mi si bloccò a metà parola fissando qualcosa dietro di me.

O meglio, qualcuno.

I Deliranti ci avevano raggiunto e ben presto ci circondarono.

«Finalmente hai fatto un passo falso» dal cerchio uscì una figura più snella delle altre e la voce era femminile e mi pareva di conoscerla.

Indietreggiammo e io creai del fuoco che ci circondò.

«Ma non lo hai ancora capito che con me le tue illusioni non funzionano?» disse stancamente la donna passando tra le fiamme con nonchance «Tu e tuo padre siete proprio uguali, convinti di poter vincere anche contro di me»

«Ma che volete da me?!»

«Certo che non assomigli affatto a Godric» disse ignorandomi. Mi irrigidii.

«Cosa?»

«Su, scommetto che non sei così ignorante come il tuo paparino vuole far credere. Sono sicura che non sei nemmeno stupida» dei filamenti neri avvolsero Albus per le caviglie salendo fino alla pancia. Lui si divincolò ma i suoi sforzi non servirono a niente.

«Sono anche sicura» continuò la donna «che non vorrai che al tuo amichetto capiti qualcosa di brutto»

La fissai carica d'odio. Dove voleva andare a parare quella stronza?!

«Su, avanti tesoro, vieni qui» e mi tese una mano smaltata di rosso. La fissai incerta, poi fissai Albus.

Tesi la mano per raggiungere quella della mia avversaria alla quale comparve un ghigno di vittoria.

Ma all'ultimo momento le scagliai un calcio nella pancia gettandola a terra.

«Tu...» sibilò, ma non ci feci caso al seguito. Raggiunsi Albus e afferrandolo mi materializzai al sicuro, a Hogwarts.

**

Il piano era stato geniale, se non fosse che appena “atterrammo” tra le vie di Hogsmeade anche i nostri inseguitori apparirono.

«Voi non mi fuggirete!» gridò la donna apparendomi di lato. Io Albus scattammo verso la piazza principale, diretti al pub “Tre Manici di Scopa” ma io andai a sbattere contro qualcosa di invisibile.

«Ahia!»

«Giorgia!» Al che mi aveva superato tornò indietro ma sbatté anche lui.

«Fantastico» ci mancava solo il campo di forza dividere me e il resto del mondo. Una luce azzurra mi sfiorò la guancia. Rotolai al lato opposto.

Fantastico, il campo di forza divide me e il resto del mondo, ma non divide me e quella pazza!

Durante la rotolata avevo perso la bacchetta e mi ritrovai disarmata. Evitai tutti gli incantesimi prima di ricordarmi che io sapevo fare magie anche senza bacchetta.

Piantai le mani sul terreno e delle piante cominciarono a crescere impedendo alla Delirante di muoversi.

Ne approfittai per lanciare una luce dorata contro la mia avversaria che, mannaggia a lei e a tutti gli olimpionici, evitò. Ma il movimento le fece cadere il cappuccio e io vidi il suo volto.

Mi bloccai al mio posto, incapace di intendere e di volere.

Davanti a me stava Tosca Tassorosso.

Era lei, doveva essere per forza lei, nonostante gli occhi rossi e il ghigno malvagio, ma era lei, la stessa ragazza delle visioni.

«Tu?» balbettai.

«Oh, ma allora mi conosci» lanciò un incantesimo che evitai per un soffio «E' stato Sally, vero? Quello là non ha mai saputa farsi gli affari suoi»

Ma di chi cavolaccio sta parlando?!

«Ma tu...» balbettai incredula «Tu eri...»

Ma uno schianto alle mie spalle mi interruppe.

Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto, l'uomo che mi ha salvato da una morte certa, aveva distrutto il campo di forza e decine di Auror costringevano alla fuga i Deliranti.

Fu più o meno a quel punto che crollai. L'ultima cosa che vidi fu Albus che mi correva incontro per non farmi sbattere la testa nel cemento.

**

Mi sveglia in infermeria.

Ancora.

Ormai passavo più tempo tra quei letti che nel dormitorio. Vicino a me stava Albus.

E poi, quando Madama Chips capì che non eravamo in punto di morte e potemmo ricevere visite, lascio entrare Harry Potter, Ron Weasley, la Preside e un altro Auror.

«Si può sapere perché voi due eravate inseguita da un orda di maghi oscuri?» disse a mo' di saluto Harry.

Non risposi, non sapendo cosa dire. Fu Al a parlare.

«Ecco... noi due ci eravamo dati appuntamento per... per chiarire una cosa... ecco, stavamo parlando quando sono spuntati quei tizi» era una balla bella e buona, ma suo padre ci credette.

«State bene?» chiese.

Annuimmo.

«Siete stati fortunati che io e la mia pattuglia fossimo a Hogsmeade.»

«Grazie, papà» disse Al.

«Ora riposate» e uscì.

**

«GIORGIA HELEN FLOX! SI PUO' SAPERE CHE CI FACEVI A HOGSMEADE QUANDO HAI DETTO A FRANCK CHE STAVI MALE?! PER DI PIU' CON QUESTO?!?!?» mi urlò dietro Rose, quando verso le due di notte io e Albus tornammo in sala comune.

«“Questo” ha un nome!» la rimbeccò lui.

«Stai zitto tu» gli disse.

«Io..io... vi spiego domani...» dissi, decidendo di dire la verità «ho scoperto delle cose nuove»

«Oh, sul serio? E come hai fatto?» il viso di Rose si fece curioso.

«Domani» dissi stancamente.

«EHI!» Al richiamò la nostra attenzione «si può sapere di cosa diavolo state parlando?!»

Rose mi guardò e io guardai Al. In fondo oggi era quasi morto per causa mia e non potevo continuare a rimanere arrabbiata con lui in eterno. E sentivo che c'entrava nella faccenda...

«Bene, domani vieni anche tu» sospirai.

«Ma Giorgia...» provò a protestare Rose.

«Sentite, devo fare una cosa. E sono stanca. Domani»

E salii in dormitorio.

Ma non mi distesi nel letto.

Presi il libro e scrissi:

Perché Tosca Tassorosso vuole uccidermi?”



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Capitolo 24
*** La vera storia di Godric Grifondoro (parte I) ***



Cap. 24

La vera storia di Godric Grifondoro (parte 1)

**

Storia come materia mi è sempre piaciuta. Fin da piccola adoravo conoscere le cose passate, motivo per cui ogni volta che mi presentavo a casa con un nuovo libro storico papà correva urlando: «SPAAAARISCIIII!! TU NON SEI MIA FIGLIAAAA!» Insomma, lui non riusciva a capire per quale motivo mi piacesse leggere “Quella robaccia noiosa

«non serve a niente!» sosteneva «sono tutti morti!»

Sì, ma io sono del parere che bisogna conoscere il passato per non fare gli stessi errori dei nostri predecessori.

Cosa che ho imparato a mie spese.

**

Perché Tosca Tassorosso vuole uccidermi?”

L'hai incontrata?”

Qui le domande le faccio io, limitati a rispondere; almeno dai un senso al titolo che ti ritrovi in copertina. Allora?”

Mi dispiace non sei ancora pronta a saperlo”

E quando sarò pronta? Non di certo quando mi ritroverò sottoterra comodamente distesa in una bara!”

Non conosci tutta la storia, sei solo a metà di tutto”

E allora fammela conoscere”

Ci vorrebbe troppo tempo, con il ritmo in cui mi apri”

Stringi, spiegamela tu in poche righe”

Non basteranno due righe, e nemmeno duecento o duemila”

Ma io devo sapere!”

Lo so”

Allora aiutami; ci sarà un'altra soluzione.”

Sì...”

E sarebbe?”

E' pericoloso, per te e la tua energia vitale. Potrebbe lasciarti svenuta per due giorni interi”

Cosa intendi dire?”

Ogni volta che ti mostro una visione uso la tua forza magica/vitale e questo ti rende più debole”

Ma allora avevo ragione, eri tu a farmi stare male!”

Esatto.”

Mi guardai intorno spaesata. Starmene svenuta per due giorni... sarebbe stato sospetto. Uscii dal mio rifugio e svegliai Rose e Dominique.

«Ehii, svegliatevi» le scuotei finché Domi non mi mandò a cagare e Rose dandomi una sberla si svegliò.

«Si può sapere cosa vuoi?» borbottò con gli occhi che scivolavano verso il sonno.

«Lunedì non vengo a lezioni» dissi tutto d'un fiato.

«Sì, va bene» e fece per tornare a dormire. Glielo impedii.

«Ehi, Rose! Hai capito cosa voglio fare? S-a-l-t-o l-e l-e-z-i-o-n-i-!»

«COSA?!» finalmente aveva capito «Perché? Cosa cazzo ti salta in mente?!»

«Vi dirò tutto alla riunione di martedì. Ci dovete essere tutti, anche Albus!»

«Ma Giorgia...»

«Ti prego, Rose. Devi solo fidarti. Mi coprirai lunedì?»

La mia amica sospirò poi disse:«Va bene, mi inventerò qualcosa. Ma adesso lasciami dormire...»


Va bene, corro il rischio di stare svenuta per due giorni ma tu mostrami tutto!” scrissi cinque minuti dopo.

Se ne sei proprio sicura io non posso farci niente”

Allora inizia subito. Ma prima, un'ultima domanda”

Chiedi pure”

Chi sei tu veramente?”

La pagina rimase a lungo immacolata prima che comparisse la risposta in lettere verdi.

Io sono Salazar Serpeverde”

La luce abbagliante che mi investì non mi diede il tempo di urlare dalla sorpresa.

**


Mi trovavo a casa di Priscilla Corvonero e con lei c'era un uomo dai capelli biondo cenere e i lineamenti affilati. Era Charles, un ragazzo che avevo sposato qualche visione prima che io smettessi.

«Sono in ritardo» borbottò l'uomo.

«Godric ha detto che deve dirci una cosa importante, non azzardarti ad andartene per i fatti tuoi» lo rimbeccò Priscilla.

Il marito borbottò qualcosa ma fu interrotto dalla porta che si apriva e nella stanza entrò Salazar.

«Salazar!» Charles fece cadere la sedia «Allora? Tu sai di cosa vuole parlarci Godrci»

«Sì» e chinò la testa «Non è ancora arrivato?»

«No, quando ci ha dato l'annuncio era con Tosca» fece Priscilla facendo capire ai presenti cosa intendeva.

«Fantastico!» sospirò Charles «in cantina ho un po' di vino, potremmo bere quello mentre aspettiamo che quel scavezzacollo arrivi»

«Non ci credo» disse un'altra voce e Godric fece la sua comparsa all'entrata a mano con Tosca «Voi volete brindare senza di me?! Ma che razza di amici siete» fece con un tono fintamente offeso.

«Tu! Brutto idiota! È tutto il pomeriggio che ti aspettiamo!» sbraitò Charles.

«Scusami, ma avevo delle faccende da fare...»

«Sì, lo sappiamo che faccende»

Tosca dietro di lui arrossì e fissò il pavimento imbarazzata.

«Non è di questo che voglio parlare» disse Godric.

«Spero bene! Nell'altra stanza c'è mia figlia e potrebbe svegliarsi» lo rimbeccò Charles. Cavolo, mi stava proprio simpatico.

«Va bene...» adesso a Godric era sparita tutta la sua baldanza e guardava Salazar in cerca d'aiuto.

«Eh no,» fece il suo migliore amico incrociando le braccia al petto «Tu hai voluto aspettare e adesso tu dici tutto»

«Cosa deve dirci, esattamente?» chiese Priscilla.

Il mio fondatore sospirò, poi lentamente iniziò a raccontare chi era veramente, di suo padre, spiegò cos'era il Chaos e cos'era il Delirium e che doveva sceglierne solo uno.

«Aspetta, vuoi dire che tuo padre aveva cento novant'anni?!» sbottò Charles.

«E che tu non sei umano?! E che ci sono queste tizie qui, le...sì, quelle, che vanno in giro dare l'immortalità?!»

«Godric...ma questa cosa della scelta...non la ho capita bene» Priscilla interruppe il marito.

«Be', ecco...Allora. Le persone hanno tutte dentro di sé una parte di Chaos e una di Delirium. Sono queste due forze a governare il mondo, diciamo. Dopo ogni tot di anni nasce un.... essere come me che non ha nessuna delle due dentro di sé, perché può averne solo una: o il Chaos o il Delirium»

«Fin qui c'ero arrivata. Insomma, tu scegli uno e finisce la storia.»

«Esatto, tutti vogliono che io scelga il Chaos»

«Per quale motivo?»

«Nessuno dei miei predecessori lo ha mai scelto. E dicono che a causa del Delirium ci siano stati grandi disastri, come la caduta dell'Impero Romano»

«E tu non puoi dire “Io scelgo il Chaos!” e finirla lì?»

«No, sarebbe troppo facile. Dobbiamo “Trovare la risposta dentro di noi, poi un giorno il Chaos prevalerà sul Delirium o viceversa” io non posso fare niente»

«Oh...» fece Tosca «Oh...»

«Perché non lo hai detto prima?»

«Io...» Godric incassò la testa fra le spalle.

«Lui era convinto che voi lo avreste abbandonato. Figuratevi che ho dovuto scoprire da solo il suo segreto»sbottò Salazar.

«Taci tu!»

Salazar rise e si nascose dietro il tavolo quando Godric gli lanciò un bicchiere.

«EHI! Quello era cristallo proveniente dalla beozia» sbottò Charles.

«Su, non fate i bambini» li richiamò Priscilla.

«Comunque, anche io volevo parlarvi di qualcosa...» disse Tosca facendosi avanti. «Potremmo aprire una scuola, per maghi ovviamente»

Tutti i presenti la guardarono sorpresi.

«Una scuola di magia?» chiese Salazar sconcentrato.

«Una scuola implica mocciosi. Io odio i bambini» borbottò Charles.

«Ah, e così tu odi Helena?»

«Ma no, amore, Priscilla. Helena è l'unica bambina che sopporto...»

«Già, sopporti...»

«Ma perché vuoi aprire una scuola?» chiese Godric.

«Be', noi siamo stati fortunati. Intendo, abbiamo avuto qualcuno che ci insegnasse la magia. Io sono stata fortunata avendo dei genitori babbani a conoscere voi.» spiegò Tosca «Ma gli altri? Quelli che si sono ritrovati con poteri magici e non sanno come usarli? Quelli che rischiano di venire uccisi nei roghi? Meritano di saper usare la magia e noi potremmo fare qualcosa»

«E con questo ''qualcosa '' intendi una scuola» fece Priscilla.

«Esatto. Che ne dite?»

Ci fu un attimo di silenzio.

«Io ci sto» proclamò infine Godric.

«Ma costruire una scuola costa»

«Per quello io ne sono pieno.»

«Avrete bisogno di insegnanti»

«Noi» Tosca incrociò le braccia sul petto.

«Io non so niente di magia» protestò Charles.

«Non è vero! Conosci le rune. Priscilla è un genio in tutti gli incantesimi, Godric nella trasfigurazione, Salazar in pozioni, io me la cavo con le Rune.»

«E le altre materie?»

«Non siamo gli unici maghi della Gran Bretagna. » Costatò Salazar.

«La cosa si può fare»

«Va bene...» concesse Charles.

«E come la chiamiamo?»

«Hogwarts?» propose Godric.

«Hogwarts... mi piace»

«Hogwarts, scuola di magia e stregoneria»

«Io propongo: Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts»

«Quando cominciamo?»

«Adesso, no?»

**


«Allora, come viene la scuola?»

«Bene, signor Grifondoro. Fra qualche mese potrete iniziare a insegnare, anche se non sarà del tutto completata»

«Ti ringrazio. Se ci sarà mai qualcosa che io possa fare per lei, la farò»

«Una cosa ci sarebbe. Vorrei che i miei due figli la frequentassero»

«Sarà fatto»

Godric continuò il giro nella zona e raggiunse Priscilla intenta a incantare un manoscritto.

«Che fai?»

«Magie»

«Questo lo noto anche io, ma che tipo di magie?»

«Faccio in modo che in questo libro appaiano i nomi di tutti i maghi e di tutte le streghe della Gran Bretagna fin dalla loro nascita»

«Sembra complicato»

«Lo è»

«Allora ti lascio fare»

«GODRIC!»

«Salazar! Cosa succede?»

«Sono arrivati i gufi da alcuni maghi che chiedono di essere assunti come insegnanti o che richiedono l'iscrizione dei loro figli»

«Benissimo! L'idea di Tosca sta andando alla grande»

«Hogwarts sarà bellissima»

**

I Quattro Fondatori al completo stavano dietro una scrivania e fissavano dubbiosi la porta davanti a loro.

«Allora che faccio? Dico a Charles di farli entrare?» chiese Priscilla.

«E se sono tutti degli incapaci? E se non sono adatti a insegnare?» si tormentò Tosca.

«L'idea è stata tua, quindi non azzardarti a farti questi problemi» la rimbeccò Salazar.

«Falli entrare» li ignorò Godric.

E la porta si aprì. Entrò per prima un uomo con dei baffoni arricciati e due occhietti minuscoli.

«Salve, come si chiama?» chiese cordialmente Priscilla.

«Ruf James de Corwall» di presentò con aria pomposa.

«Piacere. Che materia vorrebbe insegnare nella nostra scuola?»

«Storia della magia. Sono assolutamente convinto che i giovani devono conoscere il passato per affrontare il presente»

«siamo d'accordo. La vostra preparazione?»

«Oh, io potrei parlarvi delle guerre persiane in cui il Re Serse usò i maghi e blablabla» inutile dire che a quel punto io mi addormentai conscia di aver davanti a me l'attuale professore di Storia della Magia.

«Allora, potrei essere assunto?» si interruppe all'improvviso svegliando il Fondatori.

«Oh certamente» rispose prontamente Priscilla «Ora può andare»

Quando uscì Salazar sbadigliò «Quello ci fa addormentare gli studenti»

«Ma è molto preparato» disse Tosca.

«Troppo preparato» puntualizzò Grifondoro.

Passai il resto del tempo seduta in un angolo mentre vedevo maghi e streghe illustrare materie e fare dimostrazioni pratiche.

Poi, arrivò l'ultima persona che mi sarei mai aspettata di vedere.

Candida.

Era cresciuta, ma era lei. Il viso era diventato più affilato e portava i lunghi capelli neri raccolti in una treccia e i suoi occhi azzurri avevano sfumature viola e lillà. Era bellissima.

Godric si immobilizzò alla sua vista.

«Salve, può dirci il suo nome?» chiese per la millesima volta Priscilla, quasi con aria annoiata, senza accorgersi dello shock di Godric, dello sguardo spaventato di Salazar e del sorriso congelato sulle labbra di Tosca.

«Mi chiamo Candida Lilian Drew» fece lei con voce gentile ignorando le reazione dei tre citati prima.

Inutile dire che io mi stavo già preparando a tutto lo scoppio che sarebbe venuto una volta che tutti si fossero ripresi.

«Allora, che materia insegna?»

«Erbologia»

«Tu sei una strega?» chiese Tosca sorpresa.

«Sì, una nata babbana per la precisione»

«Sei una sanguesporco?» Balbettò Salazar. Godric gli tirò un calcio da dietro la scrivania.

«Preferirei nata babbana.»

«Che ci fai qui?» Godric si era ripreso e la guardava con uno sguardo della serie “Oh Mio Dio, è arrivato il momento in cui le nostre anime vengono trasportate in paradiso”

«Sto cercando un lavoro, come tutti quelli là fuori del resto»

«Ma tu non puoi...» iniziò Salazar.

«Perché non dovrebbe?» Priscilla lo fissò male, poi tornò a rivolgersi a Candida dicendo «Lo perdoni, non ha una mente molto acuta. Ci mostri la sua preparazione in Erbologia»

Salazar aprì la bocca per protestare ma la Corvonero fu desta a pestargli un piede.

Candida iniziò a illustrare alcune piante e le loro funzioni, mostrò alcune pozioni che si possono ricavare da essa senza notare che l'unica a seguirla era Priscilla.

Salazar la guardava male ogni tanto scuoteva impercettibilmente la testa con fare sconfortato.

Godric le fissava gli occhi, le labbra, le mani che gesticolavano e i capelli che le scivolavano da uno spartano cerchietto come se fosse oro colato.

Tosca fissava scura in volto Godric evidentemente frustata dallo sguardo che lanciava a Candida.

**

«EHI!» Godric camminava inciampando nei suoi stessi passi cercando di raggiungere Candida.

«Mi dica, Signor Grifondoro» fece lei impassibile.

Godric sbuffò «Perché usi tutta questa formalità?! Ci conosciamo da quando siamo piccoli, noi eravamo...» si bloccò lasciando la parola in sospeso.

«Già, eravamo, non siamo» tagliò corto lei «Cosa vuoi?»

«Il posto è tuo»

«Il tuo amico non mi sembrava tanto d'accordo» le fece notare lei.

«A lui ci penso io.»

«E sei corso fin qui solo per dirmi questo?»

Godric aprì la bocca ma poi la richiuse. Già, per quale motivo era corso fin là? Non lo sapeva nemmeno lui.

«Io...Volevo vederti»

Candida abbassò lo sguardo e sospirò.

«Godric... io...io... sono ufficialmente fidanzata» confessò tutto d'un fiato «e se sapevo che uno dei presidi eri tu non mi presentavo nemmeno e poi mi sembra che anche tu sei fidanzato quella ragazza mi fissava male e...»

«Lo so» disse Godric interrompendola «Lo so, ma tu sei qui e del resto non m'importa niente»

e la baciò di sorpresa intrappolandola tra le braccia. Candida sembrò voler respingerlo, ma poi si abbandonò pure lei in quel bacio.

E io seppi con certezza che quell'azione non avrebbe portato niente di buono.

**

«Come sarebbe a dire che non vuoi i nati babbani?!» sbraitò Priscilla contro Salazar. Erano nell'attuale Sala Insegnanti a compilare migliaia di lettere. Carles li fissava seduto in una sedia con uno sguardo esasperato.

«Sono babbani» ringhiò lui.

«No, non sono babbani.»

«Ma non hanno genitori o parenti maghi, quindi sono babbani»

«No, sono maghi nati da famiglie babbane con poteri magici, quindi sono maghi»

«Al massimo sanguesporco»

«Oh, ma è ridicolo! Come si può avere il sangue sporco?!»

«Il sangue dei babbani è sporco e loro lo hanno»

«Salazar, ma ti senti? Stai dicendo cose che non esistono né in cielo né in terra»

«Buoni, buoni» Godric entrò nella stanza a mano con Tosca. Evidentemente lei non sapeva niente e Godric non ne aveva parlato. Mi fece profondamente schifo.

«Ma è possibile che non possa lasciarvi soli nemmeno per due secondi e voi fate i bambini?» continuò.

«Ha iniziato lui!» Priscilla puntò il dito contro Serpeverde «Non vuole i nati babbani!»

«E perché?» chiese Tosca sorpresa.

«Perché non sono degni di imparare la magia. Non sono veri maghi!»

«Grazie, potrei prenderlo sul personale» ringhiò Godric «definisci ''veri maghi''»

«Veri maghi sono coloro che hanno dei genitori maghi!»

«Ti ricordo che mia madre era una babbana e mio padre un De immortales nato babbano, quindi non un ''vero'' mago»

«Non intendevo questo...» protestò Salazar «volevo dire che...»

«No, basta! Sono stufo di voi due, passate tutto il giorno a litigare su questo argomento. Abbiamo bisogno di una soluzione»

«Io ne avrei in mente una...» fece Charles.

«Oh... ne abbiamo già parlato caro. Non mi sembra una buona cosa...» puntualizzò sua moglie.

«Dimmi. Qualsiasi cosa è migliore di loro due che litigano per tutto il castello»

«Visto che siete in quattro potreste fare quattro Case.» iniziò a spiegare Charles.

«Cosa intendi?»

«Sarebbe bello che gli studenti vengano divisi in quattro ''gruppi'' ognuno guidato da uno di voi in base al loro carattere. Sarebbe un disastro se tante persone con caratteri totalmente diversi vivessero troppo a contatto.»

«Quindi tu proponi di dividerli? Ma avremo bisogno di più insegnanti e le spese sarebbero eccessive!»

«Certo che no. I ragazzi di questi gruppi avrebbero di diverso solo il tavolo da mensa e il dormitorio ma nelle lezioni saranno mischiati con un altro gruppo»

«E dove sarebbero i vantaggi?»

«Inanzi tutto Salazar potrebbe avere solo i purosangue con buona pace delle nostre orecchie, le aule sarebbero meno affollate e sarebbe più facile raccoglierli in caso di attacco»

«Potrebbe anche essere divertente!» rise Tosca «mettiamo una Coppa a fine anno e dei punti. Se gli studenti si comportano bene avranno punti, se trasgrediscono qualche regole verranno sottratti. Chi ha più punti vince la Coppa.»

«Mi piace!» approvò Salazar «Io voto per le Case.»

«Anche a me piace l'idea. Così non avrete troppi studenti che trasgrediscono le regole e mia moglie non sarà perennemente nervosa» soppesò Charles evitando uno schiaffo dalla moglie.

«Io dico no! Creerebbe troppo competitività» Priscilla incrociò le braccia al petto.

«Eddai, non essere rigida! È un'idea stupenda!» disse Godric.

«Be', cara Corvonero, siamo in maggioranza quindi le Case si fanno» la canzonò Salazar.

«Va bene! Ma non tenete conto di una cosa! Come fate a dividere in maniera giusta e coerente gli studenti?» la domanda lasciò tutti pensierosi ma poi Godric disse:

«Non vi preoccupata giovani donzelle, il vostro cavaliere ha la soluzione»

«Sì, Godric, ma io non sono una donzella» puntualizzò Salazar.

**

«Ecco qua!» fece Godric orgoglioso mettendo, due giorni dopo nell'ufficio del preside, un vecchio cappelle al centro della scrivania.

«E questo che sarebbe? Di' un po', un ippogrifo di ha mangiato un cervello?»

«Sally, Sally, quanto sei scettico»

«Vedrai cosa sarai tu sei mi chiami ancora Sally!»

«Ma la volete piantare? Sembrate dei bambini!» li richiamò Prisilla sopra la risata di Tosca.

«Comunque non vedo a cosa ci possa servire questo vecchio cappello»

«Questo vecchio cappello» lo scimmiottò Godric «è un lettore di personalità»

«Sarebbe a dire?»

«Tu indossi questo cappello sulla testa e lui leggerà il tuo carattere. Adesso noi lo indossiamo in modo da far capire al Cappello quali sono le Case e di quali personalità hanno bisogno. Così appena vedrà un ragazzino con lo stesso carattere di Tosca saprà dove metterlo!»

«L'idea è geniale» annuì Tosca felice.

«Manca solo una cosa»

«Cosa?»

«Dobbiamo scegliere i nomi della Case»

Un attimo di silenzio, poi Priscilla disse:

«Usiamo i nostri cognomi, è il modo più semplice»

«Perfetto. Cominciamo?»

**

Candida aspettava vicino alla foresta proibita e si guardava continuamente intorno con fare nervoso. Si capiva lontano un miglio che aspettavo qualcuno.

«Candida»

lei sobbalzò ma quando vide Godric alle sue spalle sbraitò:

«Tu! Accidenti, mi hai fatto prendere un colpo»

«Mi dispiace»

«Non importa. Allora, dove vuoi portarmi oggi?» sorrise.

«Sarà una sorpresa, vieni» e entrarono nella foresta.

«E' da fidarsi?» chiese Candida titubante.

«Tranquilla, ci sono io con te» le sussurrò.

Camminarono per mezz'ora, lanciandosi sorrisi complici e dolci. Una parte di me non poteva non provare dolcezza a vederli insieme, ma un'altra pensava a Tosca che non ne sapeva niente mi veniva voglia di prenderlo a botte.

La boscaglia sparì per lasciar spazio a una radura in cui brucavano degli unicorni.

«Oh mio Dio!» disse Candida fissando gli animali con ammirazione «sono bellissimi»

«Se vuoi puoi avvicinarti»

Candida gettò le braccia al collo di Godric e lo baciò.

«Grazie per avermeli mostrati» sussurrò quando si staccarono.

**


«Godric...» Salazar chiamò l'amico interrompendolo dal scrivere una lettera.

«Cosa c'è?» chiese sbuffando.

«Quando la smetterai di comportarti così?»

«Così come?» chiese con noncuranza.

«Cosa vuoi fare con Candida?!»

Godric sobbalzò.

«Eh?»

«Lo so che voi due vi incontrate tutte le sere»

«Non tutte» ci tenne a precisare.

«Godric! Ma ti rendi conto di cosa stai facendo?! Di cosa stai facendo a Tosca?»

«Io.... io ho tutto sotto controllo»

«Certo, come no. Incontrarsi di nascosto con una donna fidanzata sperando che la propria fidanzata ufficiale non si accorga di niente. Sì, hai decisamente la cosa sotto controllo» rise ironicamente.

«Ok, lo ammetto. Non ho idea di cosa sto facendo non posso smettere!»

«Perché no?»

«Non saprei come lasciare Tosca.»

«Non è poi così diff... fermo là! Tu vuoi scambiare una strega purasangue per una sanguesporco?!»

«Ma la smetti di chiamarla così?!?!» si alterò Grifondoro.

«Va bene, va bene. Come non detto!» e portò le mani davanti «dico solo che non dovresti mollare Tosca dopo cinque anni che state insieme. Tutti si aspettano il vostro matrimonio!»

«Ma io non amo Tosca, io amo Candida»

«Allora spiegami per quale motivo hai voluto fidanzarti con Tosca se non la ami»

«Perché....»

«Perché non c'era Candida»

«Aah, quindi tu l'hai fatto solo per tenere la mente occupata. Nobiltà d'animo? Cavalleria? Credo proprio che quel cappello fosse rotto»

«Come osi insultarmi?»

«Non ti sto insultando, ti sto dicendo solo la verità. Ti conviene sistemare questo pasticcio e nel modo giusto.»

E se ne andò.

**

I quattro fondatori fissavano la Sala Grande del tavolo degli insegnanti visibilmenti emozionati.

Ragazzi dai undici ai quattordici anni li fissavo con tanto di occhi, poi Charles srotolò una pergamena e iniziò a chiamare gli alunni.

«Arsel Jane»

«Tassorosso»

«Aumest Tobias»

«Grifondoro»

E così via. Io rimasi nel mio angolino a fissare lo smistamento con un sorrisetto nelle labbra.

«Elena Corvonero!»

Una ragazza bellissima, dai capelli neri e lucenti e gli occhi ametista andò a sedersi sullo sgabello.

Qualcosa nel suo sguardo mi faceva pensare a Dominique.

«Corvonero!» gridò il cappello parlante.

«James Cott»

trattenni il respiro perché vidi James -il Jamie che conoscevo io- indossare il cappello.

«Serpeverde!»

Lo fissai per il tutto il tempo.

**

Candida e Godric camminavano per i corridoi bui di Hogwarts.

«Credi che sia saggio?» chiese lei.

«Cosa?»

«Incontrarci così, di notte. Qualche studente potrebbe vederci»

«Gli studenti hanno il coprifuoco e non possono uscire. E poi» si fermò a guardarla negli occhi «noi non stiamo facendo niente di male. Stiamo facendo la Ronda»

«Sì, la ronda» sorrise dolcemente lei poi si alzò sulle punte per sfiorare le labbra di Godric.

Solo io notai dei capelli biondi sparire dietro un angolo.

Tosca li aveva visti.


*****
NdA:
 
Eccomi con il nuovo capitolo :> sono stata veloce vero?
Bene, adesso io voglio fare un'altro sondaggio... Secondo voi cosa dovrebbe fare Godric? Voglio sentire le vostre teorie :33
E voglio sapere anche che ne pensate di Sally -cuori-, Priscilla e Charles -cuori-.
Daidai, recensite che vi regalo le caramelle:')

-Voglioungufo.
 

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Capitolo 25
*** La vera storia di Godric Grifondoro (parte II) ***


Cap. 25

La vera storia di Godric Grifondoro (parte 2)

**

Gli uomini sottovalutano noi donne. In senso, non capiscono il pericolo, non capiscono quanto siamo pericolose.

Già, perché una donna innamorata è pericolosa, una donna innamorata e non ricambiata un nemico, ma una donna gelosa la propria condanna.

**

«Finito!» Godric lasciò cadere la penna su un plico di fogli: i compiti di trasfigurazione dati ai suoi alunni.

«Beato te!» Salazar si mise una mano tra i capelli «I Tassorosso non capiscono niente di Pozioni!»

«Ehi!» protestò offesa Tosca.

«Non è colpa mia se sono imbranati»

«Mi dispiace dover dire lo stesso sui Serpeverde in Incantesimi» lo rimbeccò Priscilla.

«Be', ma voi Corvonero siete incapaci in...» e sfogliò tutti i plichi di compiti dei Corvi, compresi quelli degli altri insegnanti, ma li trovò tutti perfetti.

«Già, in niente» finì per lui la frase Priscilla con un sorriso soddisfatto.

«Al diavolo...» borbottò lui.

Godric si alzò spostando rumorosamente la sedia.

«Dove vai?» gli chiese Tosca.

«Faccio un giro» rispose vago.

«Sì... un giro» lo canzonò Salazar rabbiosamente.

«Divertiti» sussurrò invece Tosca abbassando lo sguardo lasciando che che i riccioli biondi le coprissero il viso.

«Ciao amore» la salutò quel (parola vietata ai minori di 90) accarezzandole i capelli, poi uscì dalla porta.

Salazar sbuffò rumorosamente e tornò a correggere i compiti.

Tosca fissò il nulla assorta prima di alzarsi e dire «Vado in bagno» con voce tremante, e uscì senza dar tempo agli altri di rispondere.

La rincorsi per il corridoio e lei sbirciò fuori da una finestra. Godric stava camminando verso la foresta.

Lo sguardo di Tosca era impenetrabile, ma potevo scorgere in fondo ai suoi occhi delle lacrime.

Senza preavviso si voltò e iniziò a camminare verso l'uscita e seguì l'uomo di nascosto.

Io accelerai il passo e cominciai a insultare Godric in tutte le lingue possibili e immaginabili.

«Ma cosa ti frulla in quella zucca vuota?! Non vedi come sta la tua ragazza? Già, perché, guarda un po', tu stai con Tosca, non con Candida! Oh, non lo avevi notato? Bene adesso lo sai, quindi sposta le tue chiappe verso il castello vai da Tosca e dille tutto. Ma mi stai ascoltando?»

No che non lo stava facendo ovvio, ma ero così arrabbiata che....WHAAAA, avrei potuto uccidere.

Tornai indietro, cercando di distrare Tosca e fare in modo che non lo seguisse.

Ma non servì a niente e vidi l'appuntamento confermando tutti i suoi dubbi.

**

Quando mi materializzai nei dormitori maschili di Serpeverde rimasi sorpresa, scandalizzata quando scoprii essere quelli maschili.

James (il James Serpeverde non il nostro James) se ne stava disteso nel letto a fissare il soffitto con aria assorta.

Lo studiai bene. Aveva i stessi capelli scuri di Jamie, ma i suoi occhi avevano pagliuzze dorate tra il nocciola. Il naso era più proporzionato e lo sguardo più acuto.

Con uno scatto si alzò e uscì dal dormitorio, dalla sala comune di Serpeverde e camminò per i corridoi.

Lo seguii chiedendomi cosa centrasse quel ragazzo con tutta la storia.

James si fermò dietro l'angolo di un corridoio e sbirciò cautamente. Là stava la ragazza che assomigliava a Dominique intenta leggere.

«Corvonero» si fece avanti lui dopo un attimo di esitazione.

«Cott» disse lei alzando appena gli occhi dal libro.

«Come mai qui?»

«Ci dovrebbe essere silenzio, sai, sto leggendo»

«Perché leggi?»

«Perché lo fa mia madre»

«E con questo?»

«Tutti si aspettano che lo faccia anche io»

«Ma tu non sei tua madre»

«Dovrei esserlo. E comunque, per quale motivo siamo passati a questa conversazione? Le chiedo gentilmente di andarsene»

«Usiamo il lei? Fece inarcando un sopracciglio.

«Non la conosco, cosa dovrei usare?»

«Ci potremmo conoscere e iniziare a dare del tu» La superò e andando avanti per il corridoio disse «Domani mattina troviamoci prima delle lezioni»

Helena strinse il libro al petto poi annuì e il Serpeverde si allontanò soddisfatto.

**

«Ho sentito che ti frequenti con quel Serpeverde» Helena era nello studiolo di sua madre, Priscilla, che la fissava seduta su una sedia.

«Non abbiamo fatto niente di ché» sbuffò la figlia.

«Non mi piace quel ragazzo. La sua famiglia gli ha inculcato idee sbagliate»

«Idea che però piacciono a Salazar»

«Questo non centra nulla. Devi smetterla di uscire con quel ragazzo; tu ti sposerai un uomo rispettabili e intelligente» terminò.

«Ma ti prego, non farmi ridere. Lo dici proprio tu? Tu che sei sempre stata dalla parte delle scelte autonome? Ma certo, adesso si tratta di tua figlia quindi mandi all'inferno tutti i tuoi ideali»

«Non parlarmi così!»

«Io parlo come mi pare e faccio quello che mi pare» detto questo girò i tacchi uscendo dalla stanza.


**

«Allora, quando risolverai il problema. L'anno scolastico è quasi finito»

«Ci sto lavorando...» sussurrò Godric.

«Allora lavoraci più in fretta» Salazar girò i tacchi e sparì.

**

Tosca fissava le stelle dalla sua stanza. Era la notte si San Lorenzo e sperava di veder cadere una stella cadente.

Se vuoi ti posso aiutare...

Mi girai, prima di rendermi conto che la voce proveniva dentro la mia testa, dentro la testa di Tosca.

Lei scosse la testa.

«Mi fido di lui» sussurrò, anche se gli occhi le si riempirono di lacrime.

**

Godric aspettava nello studio del Preside. Si passava una mano nei capelli con fare nervoso.

Quando la porta di aprì scattò in piedi ma subito sul suo viso si dipinse di delusione che si affrettò a mascherare con la sorpresa.

«Priscilla?»

«No, tua zia» lo rimbeccò lei furente.

«A cosa devo tutta questa acidità, di grazia?»

Priscilla per tutta risposta si sedette sulla sua scrivania e ordinò:

«Portami un te', con poco zucchero»

«Alzarti o appellarlo è troppo complicato?»

«Ma tu non sei quello della cavalleria?» borbottò lei.

«Salazar a volte ha ragione. Voi donne avete troppo libertà»

«Ti prego, non diventare anche tu come lui!»

Godric sbuffò «E posso sapere per quale motivo sei qui a occupare il mio ufficio?»

«Mia figlia è un disastro!» esclamò lei.

«Sai come, a certe età si da sempre di matto...»

«Ma non mia figlia!»

«Priscilla, è un essere umano»

«Che frequenta un purosangue babbanofobo»

«Babbanofobo...?»

«Sì, Babbanofobo»

«Ma esiste questo termine?» chiese cauto.

Priscilla lo trucidò con lo sguardo, dopodiché appellò un dizionario e sotto la B scrisse il termine.

«Adesso sì» rispose compiaciuta.

«Priscilla» Godric alzò gli occhi «Sono ragazzi... non può essere niente di serio...»

«E' dal primo anno! E guarda un po', fra qualche mese finiranno il settimo. SETTE ANNI! Sai cosa significano sette anni? Matrimonio! E matrimonio significa imparentarmi con dei meschini Babbanofobi»

«Ma se si amano....»

«Se si amano un corno! Non possono stare insieme punto. Lei è mia figlia, decido io cosa sia giusto per lei»

«Non eri tu a parlare di “indipendenza femminile”»

Priscilla ringhiò.

Proprio in quell'istante la porta si riaprì e Candida fece la sua comparsa nella stanza.

Sì...Candida sto cazzo.

Appena vide Priscilla però si bloccò.

«Oh! Finalmente» fece Godric «Ehm, sì. Io e lei dobbiamo discutere su alcune piante...sì, piante rare se è il caso di metterle nel corso» mentì al momento.

«E perché noi non se siamo stati informati? Non sarebbe meglio discuterne assieme»

«Oh suvvia» fece Godric facendola alzare e spingendola verso la porta «per quale motivo farvi perdere tempo? Posso sistemare tutto da solo. Sono sicuro ce avete cose più importanti da fare tu Charlses...che ne so, procreare qualche creatura che non si innamori di Babbalofo..Babbanif...sì di quelli. Arrivederci, la tua visita mi ha fatto molto piacere» e le chiuse la porta in faccia.

«E lei cosa voleva?» Chiese Candida.

«Oh, niente. Solo rendermi partecipe dei suoi problemi familiare» disse vago «ma noi non dovremmo discutere di piante?» aggiunse con tono malizioso.

«E di quali piante?» chiese lei avvicinandosi.

«Oh... non so, scegli tu» e la baciò.


**

Helena era rintanata in un angolo a piangere di nascosto.

Era frustata.

Perché sua madre non capiva?

Lei amava James, lo amava sul serio.

Non era arrogante come sembrava, era vero.

E poi non capiva perché tutti la paragonassero a sua madre. Tutti si aspettavano solo voti alti e comportamenti seri.

James era l'unico a guardare oltre, ad amare i suoi difetti.

Perché non potevano farlo anche gli altri?

Perché non potevano stare insieme?

Ed era frustata perché lei quelle risposte non le aveva, perché lei non era realmente abbastanza.


**

«Helena è scappata!» Salazar quasi spanse tutte le boccete d'inchiostro.

«Cosa?» sbottò Tosca.

«Helena è scappata» ribadì Priscilla «Con il diadema»

Charles quasi rischiò il soffocamento.

«Mia figlia è scappata con il nostro regalo di nozze?!»

«Con il nostro regalo di nozze!» precisarono Godric e Salazar «Ma dico, sapete quanto ci è costato?»

«Mia figlia è scappata e voi discutete su un stupido diadema?!» Priscilla sfiorava l'isteria.

«Calmati, vedrai che si sistemerà tutto» Charles l'abbraccio «Manderemo qualcuno a cercarla»

«La mia bambina... la mia bambina...» singhiozzò.


**

Ero nella foresta proibita e Tosca camminava traballante vicino a me piangendo.

Se vuoi ti posso aiutare....

Ancora quella voce. Tosca si accasciò a terra singhiozzando.

«Chi sei? Cosa vuoi da me?»

Dal nulla comparve un uomo.

No, non era un uomo; era un ombra, un fantasma. Qualcosa che emanava magia da tutti i pori.

«La gente mi chiama Demon e voglio solo aiutarla»

Tosca scattò.

«Lei è la Magia Oscura!»

«Sì, mi definiscono così»

«C-cosa vuoi?»

«Lo sappiamo entrambi che il Destinato, Godric, non ti ama più»

«No...» ma le sue parole furono soffocate da un gemito.

«Almeno finché c'è l'altra»

«Cosa vuole?!» ripeté la ragazza.

«Avrei bisogno di un favore...»

«Da me?»

«Da te» confermò.

Ci fu un attimo d silenzio, poi Demon continuò.

«Devi uccidere Candida»

Tosca spalancò gli occhi e indietreggiò.

«io cosa?»

«Non mi sembra complicato da capire»

«Io non sono un assassina»

«Lo diventerai»

«io... no! Non posso fare una cosa del genere» scosse la testa.

«No?» Damon sollevò un sopracciglo prima di trasformarsi in un serpente e strisciare tra le gambe di Tosca «Ma se tu la uccidi, il Destinato guarderà solo te...»

«Perché vuoi che io la uccida?» chiese tremando.

«Vedi... se lei muore il Destinato diventerà Delirium»

«Perché lo chiami Destinato?»

Il serpente sorrise in maniera raccapricciante.

«Ogni cosa a suo tempo» e si allontanò per riprendere la forma umanoide.

«Allora, accetti?»

Tosca non rispose.

«Avanti... vuoi continuare ad essere la piccola e inutile ragazzina innamorata del Grande Godric Grifondoro tradita e abbandonata?»

Qualcosa cambiò nell'espressione di Tosca.

«Accetto»

Urlare fu del tutto inutile.

**

Pochi giorni dopo fu ritrovato il cadavere di Candida coperto di sangue nella foresta proibita.

Godric ne fu distrutto.

Tosca aveva raggiunto il suo obbiettivo: riaveva Godric tutto per sé.

I capelli di Godric diventarono blu.

Gli cocchi castani di Tosca rossi.

Priscilla pregava ogni giorno la figlia di ritornare.

James aspettò Helena.

Helena rimase in Albania.

Solo Salazar capì che il Delirium li stava prendendo tutti.

**

«BASTA!» urlò il capo dei Serpeverde furioso verso Godric.

«Basta a cosa?» rispose questi senza guadarlo.

«Non fare il finto tonto, sai cosa ti sta succedendo»

«E allora?»

«E allora sta succedendo quello che non deve succedere!»

«Io non vedo il problema»

«Per Dio! E' del Delirium che stiamo parlando!»

«Perché parlate del Delirium come se fosse una cosa brutta?!»

«Perché è una cosa brutta! Tu devi diventare Chaos»

«E se fosse il Chaos la cosa brutta? Ci sarà pur un motivo se tutti i miei predecessori hanno scelto il Delirium!»

«Perché è più facile lasciarsi logorare dai sentimenti, dall'odio»

«Parli tu! Tu che odi tutti gli “sporchi mezzosangue”»

«Non è la stessa cosa!»

«La scelta è mia e io scelgo quello che voglio»

«Ma stai sbagliando»

«Non sei tu che giudichi»

«E cosa devo fare?»

«Startene zitto»

«E vedere il mondo crollare? Nemmeno per sogno»

«TI HO DETTO DI TACERE»

«TU NON MI DICI COSA DEVO O NON DEVO FARE!»

«TU NON CAPISCI!»

«SEI UNO STUPIDO EGOISTA! NON PUOI PENSARE SOLO PER TE STESSO»

«NON MI INTERESSA NIENTE DEL RESTO DEL MONDO! LEI E' MORTA»

«LO VEDI?!»

Godric lo lanciò dall'altra parte della stanza con un ruggito.

Salazar rispose sfoderando la bacchetta.

E iniziò un duello.

Incapace di muovermi chiusi gli occhi.

«Cosa sta succedendo qui?!» Charles aprì la porta e si ritrovò davanti agli occhi il combattimento.

Salazar era dietro una cattedra, la bacchetta stretta in pugno mentre Godric era...era terribile.

Sembrava più alto e grosso del normale, la sua pelle aveva preso una sfumatura grigia e i gli occhi erano blu, blu come...non lo so! Un blu del genere non lo ho mai visto e facevano paura.

Aveva i palmi aperti verso l'alto e sembrava emanare pure energia.

Lui era la magia.

«Smettetela subito!»

«Spostati!» ringhiò Godric.

«Solo se abbassate le bacchette» rispose deciso.

«Ma Dio, ti sei rincretinito?! Lui non ha bisogno di una bacchetta» urlò Salazar e si rituffò dietro la scrivania per schivare un incantesimo.

«PROTEGO!» Charles creò un campo di forza per dividerli, ma ebbe vita breve davanti agli incantesimi dei due.

Poi successe una cosa molto strana.

Dal nulla sbucò James che con un balzo placò Godric da dietro. Questo, sorpreso, perse l'equilibrio e cadde. Charles accorse subito bloccandolo a terra con degli incantesimi.

«Slegami»

«Solo se ti calmi»

Nel frattempo James si alzò da terra con tranquillamente, scrollandosi di dosso la polvere.

Salazar si avvicinò e guardò Godric.

«Me ne vado» disse poi.

«Cosa?!»

«Me ne vado» ripeté.

«E perché?»

«Perché non posso vedere il mio mondo cadere a pezzi»

**

Salazar se ne andò.

**

Non c'era la luna nel cielo.

Ed era buio.

Tremendamente buio e freddo.

Tremavo.

Tremavo fortemente e camminai. Camminai per un sentiero mentre sentivo l'angoscia strisciare nelle viscere.

Cosa sta succedendo?

Fu in quel momento che lo vidi.

Godric se ne stava appoggiato a un albero. I capelli blu, la pelle grigiastra e gli occhi di un azzurro elettrico troppo intenso, troppo forte.

Si era trasformato.

Era il Deliurium.

Guardarlo mi faceva male, mi sentivo spinta verso di lui ma allo stesso tempo allontanata da una forza invisibile.

Come le calamite, no? Avete presente le calamite?

Ecco, adesso eravamo uno stesso numero, solo che io ero il segno più e lui il segno meno. Ci annullavamo a vicenda.

Era forte, lo percepivo, vedevo la sua aura di magia irradiarsi intorno a lui.

Lo fissavo e basta ed ero terrorizzata alla sola idea di non farlo.

E se combina qualcosa mentre non guardo?

Un rumore di rami spezzati. Nel mio campo visivo comparve un'altra figura.

Salazar.

I due si fissarono.

«...»

«...»

«...»

«...»

«Perché non lo fai e finiamo con questa pagliacciata?» Godric spezzò il silenzio «lo so perché sei qui»

Salazar s'irrigidì «Non ho altra scelta»

«Nemmeno io l'avevo»

«Forse ho una soluzione»

«Non mi interessa. Non mi interessa. Ormai è troppo tardi» e gli volse le spalle.

Solo in quel momento notai una lama argentea tra le pieghe del mantello di Salazar.

Lo vuole uccidere...

Era un pensiero così agghiacciante che mi bloccò il respiro e improvvisamente sentii freddo in tutto il corpo. La faccenda diventava troppo sanguinosa per i miei gusti.

«Hai ragione» Salazar sfoderò la lama e anche se la sua voce era ferma e chiara scorsi una lacrima rigargli il volto «Ormai e troppo tardi»

Non volevo vedere. Non volevo farlo.

Iniziai a correre dalla parte opposta ma ero sempre bloccata nello stesso identico posto, per quanto corressi ero sempre lì; alle mie spalle il rumore della battaglia.

Quando sentii l'urlo agghiacciante di Godric caddi a terra incapace di muovermi e piansi.

E non ero l'unica a farlo.

Dietro di mie, i singhiozzi di Salazar si confusero con i miei.

**


Quando mi risvegliai pensai che tutto quell'incubo fosse finito. Improvvisamente non m'importava più di sapere la verità.

Volevo vivere nell'ignoranza, la cosa più comoda dopo il letto della mia cameretta a casa.

Mi ritrovai a rimpiangere di essere venuta a Hogworts. Papà conosceva questa storia, per questo mi aveva tenuta vicino a lui.

E lui dov'era in questo momento? Per quanto ne sapevo poteva anche essere morto.

No! mi dissi con forza.

No! Ripetei.

Lui non può morire.

Mi rialzai e con un gemito mi accorsi di essere ancora intrappolata nelle visioni.

Finirà mai questo incubo?

Era in una foresta. Ancora.

Ma ero tornata nella foresta della scuola. Tosca singhiozzava poco lontano e Damon la guardava annoiato confondendosi con l'oscurità.

«Sai» iniziò questo «La prima volta che ci siamo incontrati mi hai chiesto perché chiamavo il tuo amichetto il “Destinato”...»

«Non ha più importanza» rispose la voce soffocata di Tosca «Lui è morto! Morto!»

«Lo chiamavo il “Destinato”» proseguì lui «Perché sarebbe stato colui in grado di Governare la Morte»

Tosca non rispose e continuò a piangere.

«Il prossimo che sarà sottoposto alla Scelta dovrà diventare il Delirium e grazie al suo potere potremo farlo risorgere...»

Tosca alzò la testa, uno sguardo di speranza le passò negli occhi rossi.

«Cosa?» sussurrò.

«Potrò riportarlo in vita, ma avrò bisogno del tuo aiuto»

«Parla chiaro»

«Il prossimo Destinato dovrà passare a sua volta al Delirium e con il suo potere faremo uno scambio. Faremo cambiare il contenitore. Godric ritornerà, ma il nuovo Destinato be'...ormai non servirà più. Tanto uno vale l'altro» continuò in maniera pratica.

«Stai mentendo. Potranno passare secoli prima che una cosa del genere si ripeti. E per allora io sarò morta»

«Non se ti rendo immortale» Damon allargò il suo sorriso.

«Immortale...» Tosca soppesò la parola con voce sognante «e lo farai tornare?»

«Per te questo e altro» poi, con voce più solenne disse tendendo una mano «Accetti di diventare il mio generale e seguire ogni mio ordine»

Sempre con lo stesso sguardo sognante Tosca strinse la mano delle Tenebre e disse:

«Accetto»

**

Poi

fu

il

nulla

e

mi

svegliai.



SONO TORNATA!

Lo so, dovreste odiarmi. Ma voi non potete capire... la scuola... è uno stress, mi sta letteralmente uccidendo Q_Q

Se va avanti così mi suicido, poco ma sicuro.

Comunque sia, ho una notizia STUPENDA!

Avete presente “Re Lear”? La rappresentazione di cui vi ho rotto ampiamente le palle con i primi capitoli?

Ecco, la nostra prof la inviata a un concorso Nazionale e siamo arrivati tra i primi Cinque! Non so a che posto però xD anyway, adesso dovremo andare (in primavera) a Cesena per sfidare gli altri quattro spettacoli per il primo posto.

Sono tutta ahjrgfhqiwhg. Cioè!


Bene, torniamo alla storia.

Ecco, e con questa finisce la storia di Grifondoro.

Nei prossimi capitoli saprete perché ho voluto parlare di James anche se nelle visioni non si capisce il suo ruolo. Ma sono sicura che molti di voi hanno fatto 2+2 e hanno capito chi sia James al giorno d'oggi.

Le recensioni sono sempre gradite e non mordono, ve lo assicuro.

Indi, byee

GIURO SOLENNEMENTE CHE NON VI FARO' ASPETTARE MAI PIU' COSI' TANTO TEMPO!

Baci,
Voglioungufo.

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Capitolo 26
*** Dove un fantasma mi fa da baby-sister, il degrado totale insomma. ***


Cap. 26

Dove un fantasma mi fa da baby-sister, il degrado totale insomma.

**

Federico aprì gli occhi.

Aveva male ovunque, un dolore sordo che risaliva per tutta la spina dorsale e gli immobilizzava la testa.

Dove sono?

Poi i ricordi cominciarono a sovraffollarsi davanti ai suoi occhi e ogni cosa gli fu chiara.

Giorgia...!

Doveva salvarla, doleva avvertirla, doveva dirle tutta la verità!

Ma era così stanco, avrebbe così tanto voluto chiudere gli occhi e addormentarsi per sempre. Esattamente quello che sarebbe dovuto succedere molti anni fa. Però non poteva, doveva lottare.

Doveva resistere.

Prese un lungo respiro prima di provare ad alzarsi. Il suo corpo non ubbidiva e nonostante si sforzasse rimase con la guancia incollata al pavimento.

Mosse una mano, poi lentamente fece presa sul braccio e provò a fare leva sul pavimento. Gli mancavano le forze ma riuscì a mettersi seduto. Il cuore batteva impazzito per quel piccolo sforzo.

Era troppo debole per materializzarsi così provò a vedere se le gambe lo reggevano.

Cedettero e ricadde a terra.

Ci riprovò con gli stessi risultati per sei volte, ma alla settima rimase in piedi anche se tremava violentemente. Azzardò un passo, poi un altro e un altro ancora.

Cammino lentamente, ogni passo gli procurava una fitta in tutto il corpo ma la ignorò.

C'era solo un minuscolo problema.

Non sapeva dove fosse, né quanto tempo fosse passato e appena se ne accorse si paralizzò incapace di continuare.

E se fosse già troppo tardi?

Non doveva pensarci.

Non doveva.

Continua a camminare. Si disse. Continua a camminare.

E continuò a camminare.

**

Quando mi svegliai il sole era alto nel cielo e mi sentivo totalmente intorpidita. Rimasi raggomitolata sotto le coperte.

Tornata alla realtà l'unica cosa che ero riuscita a fare era stata andare sotto le coperte prima che ogni forza mi abbandonasse e crollassi in un sonno senza sogni.

Il risveglio fu traumatico.

Cioè, peggio di qualsiasi altro risveglio.

Innanzitutto erano due giorni e mezzo che non mangiavo e il mio stomaco urlava a gran voce il suo disappunto.

Punto due: il mondo girava.

Punto tre: un fantasma mi fissava malevole.

Sbattei le palpebre più volte prima di focalizzarlo e lanciare un urlo.

«AAAAAAAAAAAAAAAHAAAAAAAA!» con uno scatto afferrai il cuscino usandolo come scudo ma nel mentre persi l'equilibrio rovinando a terra con il sedere.

«E tu dovresti essere la nostra unica speranza?» fece scettico il fantasma.

Dolorante mi risedetti nel letto cercando di mettere a fuoco la figura tremolante del fantasma.

«...»

«...»

«ma lei non è il fantasma dei Serpeverde? Il Barone Sanguinolente o cose simili?»

«Barone Sanguinario, prego» rispose pacato.

«Sì, quello. Che ci fa qua? Non dovrebbe essere a sventolare catene nei sotterranei?»

Il Barone a questo punto emise uno sbuffo spazientito «io sono qui per tenerti d'occhio al posto del Grande Salazar Serpeverde»

«Serpeverde» borbottai, poi collegai il tutto «Perché mi deve tenere d'occhio?!»

«Per fare in modo che non combini catastrofi come sir Grifondoro»

«...»

«...»

«Cioè, lei sa chi –cosa– sono?»

«Precisamente»

«Ma lei chi è?»

«James Cott» disse con orgoglio gonfiando il petto.

A quel punto cadere di nuovo dal letto mi sembrò un'azione del tutto legittima.

«Intendi sopravvivere ai Deliranti cadendo in continuazione?» mi chiese ironico.

«No, aspetta. Tu mi stai dicendo che hai vissuto all'epoca dei fondatori e che sei il fidanzato di Helena Corvonero?» chiese massaggiando la testa «Ehi, aspetta. Ma alla fine cos'è successo tra voi due? È tornata?» chiesi.

Il fantasma si afflosciò.

«In punto di morte sua madre mi mandò a cercarla nel bosco in cui si era nascosta per poterla vedere per l'ultima volta. Helena non volle darmi ascolto e preso da un attacco d'ira la pugnalai. Quando scoprii cosa avevo effettivamente fatto mi uccisi per poterla raggiungere. Attualmente lei è conosciuta come la Dama Grigia, il Fantasma di Corvonero»

«Che cosa triste...» dissi.

«Molto.» mi studiò «Ora devo solo capire cosa fare con te»

«Quindi...quindi tu mi farai da baby-sister come se fossi una bambina di tre anni?»

«Considerando il tuo stato celebrale...sì, precisamente»

«'Fanculo» sbottai prima di affondare di nuovo tra le coperte.

**

Saltai le lezioni per andare a fare un controllo in infermeria. M'inventai che avevo avuto continui giramenti di testa e sensazioni di vomito. La palla funzionò, essendo ancora un po' provata dalle lunghe visioni. In questo modo riuscii a scampare la punizione per aver saltato scuola.

«Sì, sì. Hai la pressione bassissima. Devi assolutamente mangiare, il metabolismo estremamente veloce. Forse è meglio che anche oggi lei salti le lezioni, potrà riprenderle domani. Ecco, le firmo una giustificazione. Ma la prossima volta venga prima, sprovveduta!»

Pochi passa fuori dall'infermeria saltellai mostrando il pugno in aria.

Passai il tempo restante alla fine delle lezioni nelle cucine a riempirmi lo stomaco.

Il Barone Sanguinario non mi mollò mai e mi fissò sempre torvo.

«ma perché salti fuori solo adesso?» gli chiesi con la bocca piena di toast.

«Hai terminato solo adesso la tua conoscenza, prima avrei causato confusione inutile.»

Annuii in accordo, anche adesso la cosa mi dava leggermente alla testa.

Quando terminarono le lezioni placcai Rose in un corridoio

«Dormitorio maschile del settimo anno, Grifondoro, fra mezz'ora, tutti. Ho risposte, avverti gli altri» dissi spiccia.

Lei annuì «E Albus? Devo avvertire anche lui?»

«Sì» risposi dopo una piccola esitazione.

Sbuffò «spero che tu abbia preso la decisione giusta.»

«Già, meno persone sanno di questa storia meglio è» mi rimbeccò il Barone quando Rose si allontanò.

«Ha rischiato la vita, per colpa mia. Certo, non gli ho mica detto io di seguirmi, ma sento che centra qualcosa.»

Il fantasma sbuffò spazientito e tornò invisibile.

Trenta minuti dopo ero seduta nel letto di Fred. Alla comparsa del Barone aveva iniziato a inveire cose del tipo “Vade retro, Satana!” “Porti la concorrenza, sarà qui di certo per estorcerci informazioni” “Desisti, tanto vinceremo noi la Coppa delle Case”. James, da parte sua si limitava a gettare oggetti contro il fantasma incantato dal fatto che lo attraversassero senza problemi.

«E questa sarebbe la nuova generazione?» sbuffò spazientito.

«Diciamo che la...mente.... deve ancora arrivare» borbottai pensando a Rose,Frank, Scorpius e Dominique.

Proprio in quel momento i quattro entrarono e capii subito che, forse, bisognava togliere Dominique dalla sezione “menti”.

Aveva lo sguardo vacuo e sognante e sorrideva come se avessero iniziato a distribuire frullati all'ananas gratis. Sorriso che sparì appena James la centrò con le sue munizioni dirette al Barone.

«Rose ha detto che verrà anche mini Potter» disse Frank.

«sì, è vero.»

«E che sei andata a Hogsmeade con lui che con me?»

«Ecco, qui devo precisare una cosa...» iniziai «ma preferirei aspettare anche Al»

«E che ci fa il fantasma di Serpeverde qui?!» sbottò Scorpius.

«Anche a questo ci sarà una spiegazione» sospirai.

«A quanto pare sono molte le cose che devi dirci» e inarcò un sopracciglio. Fantastico, l'avevo beccata in un giorno “Hermione”.

«Perché Albus deve essere messo all'occorrente?» chiese Frank non del tutto convinto.

«Perché è quasi morto ammazzato per colpa mia»

«Mannaggia, perché non è proprio morto?!»

«FRANK!» lo rimbeccò Rose «Non è bello augurare la morte a qualcuno»

Franck fece spallucce per niente imbarazzato.

Fred continuò a fissare male il fantasma e per un po' gli unici rumori furono gli oggetti lanciati da James.

Poi, la porta cigolò di nuovo ed entrò Al.

Aveva le guance arrossate e i capelli più spettinati del solito.

«Ehilà» fece. Tutti lo fissarono male. Sotto lo sguardo omicida di Frank evitò una boccetta d'inchiostro e si sedette sul letto di Fred vicino a me.

Pessima mozza.

L'occhiata che gli lanciò Frank avrebbe fatto spaventare anche Lord Voldemort. Ma Al non è un Mago Oscuro e continuò a sorridere in maniera idiota davanti al suo futuro uccisore.

«Allora..sì... hum-hum» ruppi il silenzio «immagino che tu voglia sapere che cosa facciamo tutti noi, qua»

«ma come? Non siete una setta segreta?» chiese ironico Al.

«Certo che sì!» mi precedette Fred «invochiamo gli spiriti dei più grandi Maghi Oscuri del passato sacrificando sangue di persone vergini. Volevamo sacrificarti»

«Esatto, solo che deve ancora capire che con Vergine non intendiamo il segno zodiacale» sogghignò Scorpius.

«E con questo che intendi?» chiese offeso Al.

«Va bene, basta così!» li interruppi prima che il discorso prendesse una piega troppo...ehm...imbarazzante.

E che Diavolo, non ci interessano le vostre attività sessuali!

«Giorgia, ha ragione» mi diede man forte Rose «l'argomento è serio»

«Grazie Rose» poi le lanciai uno sguardo supplicante che significava “puoi parlarne tu?”. Lei sospirò, ma prese la parola:

«Ti ricordi degli attacchi di quest'estate?» chiese ad Al.

Lui annuii «centrano con quei pazzi Deliranti che ci hanno attaccato? Perché sono gli stessi che hanno attaccato la scuola, ho riconosciuto la donna»

Mi passò davanti un flash di quella sera e mi accorsi che la donna che aveva quasi ucciso Frank era Tosca Tassorosso.

Se solo me ne fossi accorta allora...

Rose continuò «sì. All'inizio nessuno sapeva quale fosse il loro scopo, ma poi ci siamo accorti che gli attacchi avvenivano in luoghi frequentati regolarmente da Giorgia»

«Centri con gli attacchi?» la interruppe chiedendomelo direttamente.

«Sì, e adesso ne ho la conferma più che mai»

«ma perché?» mi chiese lui.

Fred intervenne «hai mai sentito parlare degli De Immortales

Albus scosse la testa.

«Sono maghi immortali e potenti» riassunse brevemente «vengono scelti dalle ninfe che controllano gli elementi o una cosa simile. Giorgia aveva un libro in cui li descrivevano molto bene»

«il libro che avevi sempre in borsa...» ricordò lui e io m'imbarazzai a sapere che se ne ricordava. Albus si riscosse «sei una De Immortales

«Certo che no» risposi «ma lo è mio padre»

Al quasi cadde dal letto.

«In realtà lo pensiamo» mi corresse Frank.

«No, lo so.» e raccontai loro ciò che mi aveva detto papà in infermeria la sera dell'attacco.

«Vuoi dire che ha fermato il tempo?» chiese Scorpius sbalordito.

«Accidenti, deve essere veramente potente!» rincarò Rose.

«Questo spiegherebbe per quale motivo improvvisamente eri fuori dal letto con le coperte bruciate» ragionò Fred.

«A proposito dell'attacco! Voi eravate gli unici a non essere in pigiama ed è impossibile che voi abbiate avuto il tempo di cambiarvi oppure di farvi tutti quei danni. L'attacco non è stato poi così disastroso.» Al prese fiato e terminò «voi eravate da un'altra parte, dove avete preso il Libro delle Risposte»

Annuii e gli spiegai di come avevo perso il libro su i De Immortalis fino a raccontargli della gita nella Foresta Proibita e del mio spettacolino in infermeria. Ovviamente, tacei ciò che mi disse Frank.

«Tu hai una gemella malvagia?» mi chiese sconcentrato Al quando terminai.

«Sì e si chiama Delirium» intervenne Frank con una smorfia.

«No, è il Delirium» corressi. Ma nessuno mi badò.

«Se solo la McGranitt non ti avesse portato via il libro! Ora sapremmo tutto» sbottò Scorpius.

«A dir la verità... lo ho io» e con sguardo colpevole lo tirai fuori dalla borsa.

Scattò il putiferio e fui sommersa da domande.

«SILENZIO!» in quel momento fui felice che Rose fosse in un momento “Hermione” «Come hai fatto a prendere il libro?» chiese quando si fu ristabilito il silenzio

«l'ho appellato....»

«Da quanto tempo lo hai?»

«Da una settimana dopo l'attacco....»

«COSA?!» Fred ruppe il silenzio. «E non me ne hai parlato?!»

«Perché non ci hai detto niente?» fece Rose ponendo la domanda con più calma.

«Che importa?» mi bloccò sul nascere Scorpius «possiamo usarlo adesso.» si alzò e si protese verso il libro cercando di prenderlo.

«Ma ti rimbecillito?!» lo riprese Roso afferrandolo per la giacca e buttandolo a sedere «ma lo sai quanto sono pericolosi i questo Libri?!»

«Ehm...»

«Ti succhiano via la magia ogni volta che li utilizzi. Sono pericolosissimi e letali»

«lo so» dissi mestamente «la mia salute lo può confermare»

«Lo hai usato?» chiese Frank spalancando gli occhi.

«ma certo...!» disse invece Rose «ecco perché stavi così male, la tua perdita di appetito, gli svenimenti... ecco perché hai saltato le lezioni!»

«Ma se hai detto che ti succhia via la magia lei adesso è una babbana?» indagò Al.

«No, dipende quanto lo usi. Una volta sola non fa danni irreperibili, cose che con un buon riposo può sistemare anche se si sta parecchi giorni senza usare la magia»

Il mio stomaco fece una capriola «io lo ho usato per tutti e due i mesi»

Rose saltò in piedi «è impossibile! Dovresti essere morta»

Scossi la testa «Rose, non può succhiarmi la magia... io sono la magia» improvvisamente tutto mi parve chiaro. Quel liquido denso e dorato era la mia magia, come l'icore, il sangue degli immortali per i Greci. Ma su di me il libro non aveva lo stesso effetto che sugli altri.

«Cosa?» chiese Dominique, improvvisamente risvegliata, con un sorriso incredulo sulle labbra.

«La ragazza ha ragione» tutti sobbalzarono quando il Barone Sanguinario si rese ancora visibile.

«E lui che ci fa qui?!» chiese Scorpius.

«Lui è il...uhm...mio...ehm... baby-sister...»

«eh?»

«Aspetta, ma volete dire che non voi non lo vedevate?» James parlò per la prima volta nell'assemblea.

«Certo che non mi potevano vedere, mi sono reso invisibile» spiegò il fantasma con sguardo sprezzante.

«ma io ti vedevo!» protestò Jamie.

«No...Fermi! Non ci capisco niente! Giorgia, puoi spiegarci cosa cazzo hai scoperto? Sto per avere un emicrania» stoppò tutti Scorpius.

Presi un respiro e raccontai ogni cosa che il libro mi aveva detto.

«E' impossibile» disse Al alla fine «tu sei umana»

«Che stronzo Godric...»

«mi sta venendo mal di testa!»

«Non capisco una cosa, però» fece Rose «Godric aveva dentro di sé sia il Chaos che il Delirium, ma tu sei solo Chaos e la tua gemella solo Delirium»

«non so nemmeno io perché, ma una cosa è certa. Tosca vuole il Delirium e per averlo deve...» mi mancò la voce.

«ucciderti, strapazzarti, maciullarti, mandarti al creatore, ammazzarti, distruggerti, spiaccicarti sotto la scarpa, avadakedavrizzarti.... »

«Grazie Scorpius»

«Di niente»

«Ma...» Fred, rimasto zitto fino a quel punto prese la parola «ma non potrebbero esserci due Chaos e due Delirium?»

«Certo che no, giovanotto» rispose il Barone.

«Ma mettiamo che succeda...»

«Non è mai accaduto, perché dovrebbe accadere? Il Destino segue sempre lo stesso schema ogni volta»

Fred strinse le labbra e fece spallucce «era solo per sapere, insomma, nel caso...»

«Non serve a nulla fare ipotesi su cose inutili, smettila di insistere» lo tacitò il fantasma.

«Quindi... quindi noi dobbiamo uccidere il Delirium» riassunse Frank «per salvare Giorgia»

«Non mi va di uccidere qualcuno» borbottò Al.

«hai ucciso molte persone spezzando loro il cuore» lo rimbeccò senza pietà Frank.

Al fece finta di niente ma arrossì un poco sulle guance.

Per un attimo lo trovai adorabile ma poi mi riscossi ricordandomi che io facevo parte di quelle persone che aveva ammazzato.

Ma vaffanculo, oh.

«Be', abbiamo un sacco di materiale su cui riflettere»

«Sinceramente» dissi «di questa storia non me ne frega niente, voglio solo sapere dov'è papà e come sta» solo al pensiero mi sentii lo stomaco pesante.

«Lo troveremo» promise Rose.

«Siamo solo adolescenti» le ricordai.

«i nostri genitori alla nostra età hanno combattuto Lord Voldemort» mi ricordò Frank.

«Ma noi non siamo i nostri genitori, loro erano eroi... noi non abbiamo niente di speciale»

«Stai scherzando?!» fece Albus indignato «tu sei la magia, io sono uno strafigo, Rose è un genio, Dominique può far cadere ai suoi piedi chiunque, Scorpius è un leggiments, James è stupido... abbiamo tutti qualcosa di speciale»

«uhh... grazie» le sue parole misero tutti i citati in imbarazzo.

«forse è meglio andare» bofonchiai.

«Sì, abbiamo i compiti e tu hai due giorni da recuperare»

scattai in piedi come un soldato «va bene, mamma orso!»

Lei mi incenerì con lo sguardo

«Dominqie, vieni?» chiese.

«No... io resto qui un altro po'»

«perché?» chiese Rose.

«Fred ha un mio libro» fece con disinvoltura.

«Ehi, io no...AHIA!»

«scusa, non volevo pestarti il piedi. Errore mio»

«Brutta serpe»

Il resto della conversazione non la sentii perché chiusi la porta.

«Dominique è strana in questi giorni»

«Te l'ho detto, è innamorata»

«ma di chi?»

«non lo so, non lo capisco» scosse la testa Rose desolata «tu piuttosto, con Frank»

mi strozzai con la saliva «c-cosa?»

«Eddai, non dirmi che non te ne sei accorta! Si vede una casino che è cotto di te»

«uhhh» disse senza saper cosa dire effettivamente.

«Pfff, dai. Di sicuro ci hai fatto un pensierino, siete tanto dolci insieme...»

«Anche Fred è strambo in questi giorni, dall'attacco» dissi per cambiare argomento,

Rose alzò gli occhi al cielo «lui è sempre strano»

«Dico più del solito»

«Ti sei presa un abbaglio»

«Ti dico che è così! Lo conosco»

Rose alzò un sopracciglio ma non commentò.




Nda:

Ciaao! Anche 'sta volta sono in ritardo, la verità è che mi hanno requisito il pc e ho potuto riaverlo da pochi giorni e in più ero impegnata con un altro progetto/storia.

Il capitolo fa un po' schifo, insomma è di passaggio quindi non succede chissà cosa ma dei lettori astuti e attenti di sicuro avranno notato delle stranezze... Vedrò sulle vostre recensioni ;)

Ah, qui abbiamo Federico. Tranquille, sta bene! Mi serve ancora vivo ehehehehehe.


Comunque nel prossimo capitolo avremo un salto temporale e saremo subito alle vacanze di natale ^^


Baci. V.

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Capitolo 27
*** Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio. ***


Cap. 27

Possiamo fingere che gli arei nel cielo notturno siano stelle cadenti? Così potremmo esprimere un desiderio.

 

La notte del 31 Dicembre è una notte strana. È l'ultimo giorno dell'anno tutti si sentono in dovere di fare qualcosa di stupido, molto stupido.

Siamo tutti convinti che quello che succederà gli ultimi dieci minuti dell'anno vecchio non avrà ripercussioni su quello nuovo.

Illusi.

Non esiste nessuna legge universale che cancellerà ogni cosa e tutto riprenderà tranquillamente. No, non cambia nulla. Non c'è nessun atto divino, nessuna magia che ti cancellerà i problemi. Resterai quel che sei, cambia solo la data.

Ma no! Tutti devono fare una cazzata il 31 Dicembre.

E io ho fatto una cazzata, una grossissima cazzata.

**

Le vacanze di Natale!

Il paradiso degli studenti. Seriamente, chiunque le abbia inventate merita una medaglia e una statua. Devo solo contattarlo per sapere se la statua la gradisce in marmo o in bronzo.

Comunque, si diceva delle vacanze di Natale. Be', quell'anno buona parte della popolazione di Hogwarts dal quinto anno in su rimase a scuola.

Eh, chissà perché.

Diciamo che se voi passaste in questo preciso momento per un qualsiasi corridoio sentireste solo discorsi su che vestito indossare per la festa di Capodanno e chi invitare o da chi farsi invitare, cosa bere, come comportarsi...

Rose era estremamente soddisfatta e approvò il mio vestito blu, dopodiché trascinò me, Dominique in giro per Hogsmeade alla ricerca del vestito perfetto.

Fred disse che sarebbe venuto in pigiama e in cuor mio volevo pure io, ma Rose mi disse che non ci avrebbe fatto entrare.

Tutto sommato fu divertente, anche perché Rose aveva messo come tema “Festa in maschera” e io adoro questo genere di feste anche se sono un po' banali e scontate.

Il Barone Sanguinario non approvava tutto questo, diceva che mi distraeva da i miei compiti. Già, perché cominciò a diventare una vera seccatura. La sera mi portava in una stanza nascosta (non ho ancora capito dove ma è vicino a una statua di uno stregone con la bacchetta rotta) ad allenarmi in incantesimi.

Ah, dimenticavo un particolare.

Incantesimi senza la bacchetta.

«I maghi comuni usano la bacchetta per incanalare la magia che possiedono. Senza di essa la magia avverrebbe in maniera incostante e i incontrollabile. Ma tu sei la magia– almeno una metà di essa –e puoi controllarla senza bisogno di incanalarla, anche se naturalmente non sarà la stessa cosa.

Inoltre non hai bisogno di incantesimi e tu controlli gli elementi della natura, specialmente l'elemento protetto dalla Guardiana che tuo padre salvò»

Il fuoco era l'elemento che controllavo meglio, ma me la cavavo alla grande anche con il resto.

Inizialmente ero un disastro, ma poi il Barone scoprì che se mi incazzavo gli incantesimi mi riuscivano meglio; è incredibile la varietà di insulti che conosce un fantasma, credevo che nel medioevo il massimo fosse “Testa di pigna”. Be', mi sbagliavo.

L'allenamento per un certo verso aiutava perché tornavo nel dormitorio talmente stanca da cadere in un sonno senza sogni.

L'arrivo delle vacanze di Natale fu una benedizione, ma l'arrivo del Natale stesso fu stupendo.

Il mio primo Natale a Hogwarts.

Il banchetto fu ottimo, rimasi a riempirmi la pancia finché Scorpius non venne ad avvisarmi che Albus pretendeva la mia presenza nella Sala Musica. Inizialmente volevo ignorare l'invito e restarmene a ingozzarmi ma poi la curiosità prese il sopravvento e, anche se un po' riluttante ad abbandonare tutto quel ben di Dio, uscii dalla Sala e presi le scale.

La Sala della Musica, per quanto ne so, è molto recente e non c'era all'epoca della Seconda Guerra Magica; la costruì da un'aula in disuso il professor Vitius che dirigeva anche il coro oltre il corso di incantesimi. Era molto grande anche se non sembrava a causa di pareti divisorie di plastica create per non disturbare gli altri con la musica che si ascolta.

Quando entrai la stanza era vuota e individuai subito Al nel primo scompartimento. Indossava senza motivo le cuffie, aveva gli occhi socchiusi e muoveva la testa a ritmo, una matita in mano appoggiata a una lista.

Gli sfilai le cuffie e lui aprì gli occhioni verdi evidentemente infastidito. Inarcai un sopracciglio e precedetti il suo sbuffo con un «Embe'? Mi hai chiamata tu»

«Già, già» borbotto rimettendosi le cuffie. Rimasi minimo un quarto d'ora a fissarlo prima di perdere la pazienza e staccargli le cuffie dal lettore musicale lasciando che la melodia investisse la stanza.

Con mio stupore mi colpì molto e l'apprezzai subito «chi sono?» chiesi.

«The Script, Hall of Fame»

«E' molto bella»

«una delle mie canzoni preferite e la band è la mia preferita»

«Mh... comunque, per quale oscuro motivo mi hai chiesto di venire? Spero che sia un motivo importante visto il pranzo che ho dovuto lasciare a metà!»

«Pranzo?» strabuzzò gli occhi «ma sono le quattro»

«E quindi?»

Scosse la testa rassegnato «va be', ti volevo perché dobbiamo scegliere la musica da mettere alla festa»

«ma non l'avevano già scelta?» chiesi.

«Sì, ma a meno che tu non voglia ascoltare Justin Bibier o gli One cosi è meglio cambiare»

Rabbrividii. Intendiamoci, niente contro di loro, fanno solo canzoni che chi vuole può anche apprezzare ma, be', non è il mio genere. Il brivido è causato al ricordo dell'incontro con una loro fan.

“I Paramore? Avranno di sicuro copiato i ragazzi”

“Tesoro, vaccagare”

Però va be', la musica è musica qualunque essa sia, mi basta che non facciate commenti del genere.

«Pensavo di lasciarne una, due giusto per farli contenti ma il resto cambiarle. Insomma, fare un po' vario» continuò a spiegarmi Albus.

«Perché non hai chiesto aiuto a Fred? È lui l'esperto di musica» gli feci notare.

«Fred al momento è irreperibile, così ho pensato a te»

«Ne sono onorata» ribattei sarcastica.

«Meno ironia, Flox, questo è un lavoro serio» ribatté lui con finta aria professionale.

«Come vuole, signore» dissi stando al gioco.

Al non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere e lo seguii a ruota.

«No, dai, dobbiamo fare un buon lavoro. Dobbiamo trovare delle belle canzoni»

«Stay The Night, Hayley Williams feat Zedd.» parto subito. Al digitò i nomi nel lettore e subito la voce della mia cantante preferita invase la stanza. Al approvò e scrisse il nome sulla lista «Ne hai un'altra?»

«Tutte quelle che vuoi!» e partii in quarta.

«Calma, calma. Fammele ascoltare. Ripeti dall'inizio, e comunque sono troppe. Taglia»

«Airplanes, Hayley Williams feat B.O.B.»

«Mh.. sì, mi sta bene»

«Every tear drop is a waterfall, Coldplay.»

«Già in lista»

«Ignorance, Paramore»

«Accetto»

«Save the World (Tonight)»

«Ok»

«Still into you, Paramore»

«Hello Cold World, Paramore»

E proseguii nella lista.

«Bene, abbiamo abbastanza titoli»

«E tu che canzoni hai messo»

«Vuoi ascoltarle?» mi chiese, e i suoi occhi si illuminarono. Lanciai un occhiata all'ora.

«Mi va bene, tanto non devo fare chissà cosa»

«Ok, questa si intitola “If you could see me now”. È sempre dei The Script»

La musica partì e decidi che, sì, Al aveva ottimi gusti musicali.

«Dopo c'è questa, Kaleidoscope.»

Rimanemmo nell'aula della musica a scambiarci canzoni finché arrivò il professore che, dall'alto (o meglio, basso) del suo metro e venti, ci cacciò fuori dalla classe.

«Bene, credo che per il trentuno sia tutto pronto» scrollò le spalle lui.

«sì, lo credo anche io»

«Sai che ore sono, per caso?» mi chiese.

«Sì» risposi.

«...»

«...»

«Allora, visto che sai l'ora puoi dirmela?» fece ironico.

«Oh, certo!» cercai con scarso risultato di trattenere il sorriso sadico che andava a formarsi sulle mie labbra «Sono le 6.45»

Al sbiancò «Oh Merda!» imprecò «alle mezza dovevo trovarmi con Anna, mi ammazzerà!»

«Corri allora, non vorrai morire per mano di un criceto» dissi con un po' di fastidio.

«Cosa? Come l'hai chiamata?» si bloccò di colpo.

«Criceto, perché?» chiesi con nonchalance e mi guardai le unghie.

Inaspettatamente, lui scoppiò a ridere come un matto «Sei un genio» mi disse prima di lasciarmi sola e farmi un cenno con la mano.

Be', modestamente, lo sapevo già di essere un genio.

**

E, senza che me ne rendessi conto, l'ultimo giorno dell'anno arrivò e la sanità mentale di Rose ci minacciò di abbandonarla del tutto.

Non fece altro che esternare paranoie di ogni genere.

«E se i professori scoprono tutto?»

«E se la musica si inceppa?»

Tutto questo mentre cercava di domare la sua criniera rossiccia, Dominique squadrava il suo vestito con aria schifata.

«Devo mettermi questa cosa

«Ma lo hai detto tu» fece Rose «ti avrebbe fatta notare da quel tipo carino, ma al momento mi sfugge il nome...»

«Che ne dici di rinfrescarci la memoria?» rincarai anche io.

Erano giorni ormai che io e Rose ci inventavamo un modo per scoprire l'oggetto del desiderio di Dominique. Questa ci ignorò ma indossò il vestito con decisione dopo le parole di Rose.

Ahh, l'amore.

Da parte mia, fissavo la scacchiera di ombretti riluttante. Vi rivelo un segreto: non so mettere l'ombretto, mi fa sembrare un panda. Adocchiai l'ombretto blu e decisi di provarci, sarebbe stato in tinta con il vestito. Mi posizionai davanti allo specchio con aria battagliera.

«Oh, sì, ti conviene proprio renderti carina» fece maliziosa Rose.

«Già, e se non sbaglio per una certa persona» rincarò Dominique.

Il mio pensiero andò ad Albus.

Ma che cazzo...? ci siamo lasciati secoli fa e adesso siamo in cordiali rapporti, stop.

«Che inizia per F e finisce per Rank»

Oh.

….

Imbarazzata continuai a fissarmi allo specchio e a mettermi l'ombretto, qualsiasi cosa pur di non guardarle negli occhi e arrossire come una stupida.

«E' inutile che fai la sostenuta» mi stuzzicarono.

«Siete perfetti insieme»

«Così dolci, devi averci fatto un pensierino»

«Avete passato così tanto tempo insieme»

«Lui è cotto di te, si vede lontano un miglio»

i miei occhi nel frattempo erano diventati preoccupanti, un puffo sarebbe stato meno azzurro di me ma non accennai a smettere di truccarmi.

«Susu, ammettilo» con un gomito Dominique mi stuzzicò facendomi sbavare.

Disastro, Apocalisse!

Mi chiesi se fosse il caso di ucciderle.

«Non fare la trattenuta, dai dai»

Ma dai dai cosa?

«E poi oggi è l'ultimo dell'anno»

Accidenti, ho gli occhi troppo blu.

«E lui aveva accennato di chiederti qualcosa»

Rischiai di piantarmi l'applicatore dell'ombretto a causa della sorpresa ma continuai a imbrattarmi le palpebre cercando di sembrare tranquilla, e lo ero quanto quaranta gradi sopra lo zero in Antartide.

Merda!

«Merlino, Giorgia, non fare così?»

«io?» tentai di dire ma mi uscì un pigolio così ripetei più forte «io? Ma se non sto nemmeno parlando»

«la tua faccia parla per te»

A quel punto ignorai il trucco e mi voltai ad affrontarle.

Mossa sbagliata.

Appena vidi le loro occhiate maliziose le mie guance raggiunsero la temperatura del deserto del Texas e mi passarono davanti agli occhi scene che avrei fatto anche a meno di vedere, scene come me e Frank appartati in un angolo, lui che tentava goffamente di baciarmi, lui che mi metteva le mani addosso.

Santa Perversione, ci sarà un modo per evitarlo!

Cercai di incenerirle con lo sguardo ma ebbe la stessa reazione che avrebbe ricevuto un cane in bicicletta.

Oh, all'Ade!

Mi rigirai continuando il lavoro di maquillage, lavoro inutile visto che ogni millimetro di palpebra era ricoperto da strati e strati di ombretto; sembrava che qualcuno mi avesse preso a botte.

Finalmente, dopo un po' e quando finii la confezione di ombretto blu, le due se ne andarono.

Lanciai frustata il tubetto vuoto nel letto e mi misi le mani tra i capelli. Mi guardai allo specchio. Fantastico! Un panda sarebbe sembrato smacchiato vicino a me.

Forse questo avrebbe tenuto lontano Frank...

Sospirai e decisi di affrontare la festa così, a viso scoperto e a palpebre coperte.

Dieci minuti dopo, quando finii tutte le bestemmie in lingue moderne e morte, mi decisi a scendere.

Tra i denti continuavo a imprecare contro Cupido e soci.

Fred, seduto su una poltrona, alzò un sopracciglio.

«I tuoi occhi...?»

«Sì? Ho sedici anni, posso truccarmi quanto voglio. Non trovi?»

«Ok...» ma non sembrò per niente convinto.

 

**

La festa fu uno schifo. Be', sì, carina. Tutti si stavano divertendo un mondo e ballavano sulla pista o si ubriacavano.

Io ero troppo terrorizzata da quello che mi avevano detto Rose e Dominique.

Ci avevo pensato, ok? Io volevo Frank solo come amico, era un buon amico e non volevo rovinare questo rapporto.

Motivo per cui me ne stavo rintanata nei meandri più misteriosi e oscuri della stanza delle Necessità.

Grifondoro, aveva detto il cappello parlante.

Serpeverde, diceva il mio stato d'animo in quel momento.

Mi appoggiai al muro tentando di ignorare una coppietta vicino a me intenta a esplorarsi vicendevolmente la bocca.

«Ehi, Giò, non balli?» mi chiese Rose avvicinandosi a me. I capelli stavano cominciando a ritornare i soliti e negli occhi aveva uno sguardo quasi febbricitante.

Scossi la testa.

«Come no? Non puoi non ballare» mi tirò per un braccio facendomi far un passo avanti per mantenere l'equilibrio.

«Sul serio Rose, non mi va» piagnucolai.

«Daai, si stanno divertendo tutti, non restare in quell'angolino» e mi spinse al centro della pista da ballo.

Dannate amiche ficcanaso!

In evidente imbarazzo rimasi in mezzo alla pista a fissare tutti maltrattando l'orlo della gonna.

«Cos'è? Hai intenzione di fare il palo tutta la sera?» rise Rose e mi prese le mani cominciando a muovermi come se fossi una bambolina a ritmo di “Die Young”. I suoi occhi scintillavano sotto la maschera dorata mentre mi faceva ondeggiare.

Tanto morirete tutti comunque.

La musica finì e Rose mi lanciò un'ulteriore spinta che mi fece finire ancora di più all'interno della pista da ballo. Tentai di sgusciare fuori ma tutti quei corpi ammassati tra di loro mi impedivano ogni via di fuga.

«Ehi, bellissima, vuoi ballare?» una mano sudaticcia mi afferrò e mi voltai a fronteggiare il nuovo arrivato; doveva essere per forza ubriaco, si vedeva benissimo dalla maschera sbilenca di un verde molto...lucente.

Senza aspettare una risposta mi prese le mani e mi ritrovai a ballare con uno perfetto sconosciuto.

Bene, morirai anche tu.

Ma quando ebbi finito di formulare la frase mi accorsi del macigno di pietra nello stomaco. E che Diavolo, era l'ultimo giorno dell'anno, l'ultimo, e tutti si stavano comportando in maniera gentile, e la musica era proprio bella ed energetica, ti faceva venire sul serio voglia di ballare, non aveva senso comportarsi così, fare l'asociale. In fondo era una festa ed è questo che si fa alle feste, non potevo starmene in un angolino, Rose aveva ragione, mi sarei solo annoiata e avrebbe alimentato la mia voglia omicida verso tutti.

E poi era l'ultimo giorno dell'anno, che se ne importava del Chaos, del Delirium e tutto il resto, restavo pur sempre una sedicenne e in quel momento volevo comportarmi da sedicenne.

Con rinnovato vigore cominciai a ballare a ritmo di musica e il tipo davanti a me ghignò evidentemente contento che finalmente mostrassi un po' di entusiasmo. Ballammo due canzoni prima che un tizio saltasse fuori dal nulla e si mettesse a ballare proprio in mezzo a noi due in maniera molto oscena. La folla fece il resto e mi allontanai del tutto dal ragazzo con la maschera verde.

Sudata, tirai su la mia maschera veneziana e mi diresse verso il banco per bere qualcosa.

«Una coca-cola» chiesi, ignorando gli sguardi che mi lanciarono i miei vicini. Il ragazzo al bancone mi lanciò uno sguardo interrogativo che sostenetti cercando di non arrossire. Be', forse arrossii ma il rossore poteva essere perfettamente scambiato per la stanchezza e con le luci psichedeliche non si vedeva molto bene. Mi passò la mia coca-cola e mi allontanai bevendola.

Cercai Fred tra la folla ma con tutte quelle maschera era difficile capire chi fosse chi. Fece mente locale, di che colore era la maschera di Fred?

Nera? No, mi ricordo però che copriva solo metà faccia fino al collo, del genere veneziano. Ma il colore al momento mi sfuggiva proprio. Vagai tra la folla un po' ballando un po' camminando. Mi ero tirata su la maschera per avere maggiore visibilità.

Intravidi James e mi diressi verso di lui sapendo ce dove c'era James c'era anche Fred visto che i due vivono praticamente in simbiosi.

Infatti, Fred era seduto sul divanetto, la camicia mezza aperta,la maschera abbandonata a terra, i capelli sconvolti e lo sguardo stravolto.

Guardai l'ora. Fantastico, erano appena le undici e Fred ci aveva già abbandonato. Mi sedetti accanto a lui.

«Allora, come va?» urlai cercando di sovrastare la musica. Fred si girò a guardarmi interrogativo e così aprii la bocca per ripeterlo più forte. Ma le parole non raggiunsero mai le corde vocali perché qualcosa mi fece volare giù dal divano. Rimasi un attimo a terra stordita prima di collegare il dolore alla spalla e per quale motivo Fred fosse in piedi e il pugno chiuso e uno sguardo furente.

Il mio migliore amico mi aveva tirato un pugno.

«F-Fred?» balbettai tirandomi su.

Lui mi lanciò un altro pugno che prontamente riuscii ad evitare. Peccato che non riuscii ad evitarne un secondo e mi ritrovai a terra, un dolore alla pancia incredibile e le orecchie che fischiavano.

Fred mi sovrastava e urlava qualcosa che non riuscivo a capire. Lentamente mi tirai a sedere ma lui si gettò addosso a me ributtandomi a terra. Con il ginocchio premuto sul petto mi impediva qualsiasi tentativo di rialzarmi.

«...SEI UN MOSTRO! SMETTILA, LASCIAMI STARE, TI HO DETTO DI NO!» l'udito mi tornò di colpo e le sue parole mi investirono come un getto d'acqua fredda. Lo guardai negli occhi, erano rossi e grandi e pieni di lacrime.

«PERCHE'?! TU NON SEI REALE, TU NON SEI REALE, IO NON SONO COME TE» Gridava frasi sconnesse e la pressione sul mio petto si faceva sempre più dolorosa.

«Fred...» sussurrai cercando di spostarlo «cosa stai dicendo?»

«STAI ZITTA! STAI ZITTA! STAI ZITTA!» piangeva come un disperato, gli occhi sempre più gonfi e rossi «IO NON SONO COME TE, TI SBAGLI, TI SBAGLI!»

tentò goffamente di tirarmi un pugno ma finalmente James capì che qualcosa non andava e gli afferrò le braccia tentando di fermarlo.

«LASCIAMI, LASCIAMI! DEVO UCCIDERLA, DEVO FERMARLA! E' LEI IL MOSTRO, DEVO FERMARLA PRIMA CHE FACCIA DEL MALE A QUALCUNO! DEVO SALVARE....! LASCIAMI!»

Sotto di lui sobbalzai e sentii gli occhi riempirmi di lacrime.

Sono io il mostro? È vero?

Fred era così disperato mentre lo urlava, gli occhi iniettati si sangue i capelli sconvolti, sparati in tutte le direzioni metà rossi e metà blu elettrici a causa delle luci.

«Calmati, Fred, così l'ammazzi sul serio!» sentii una voce gentile e finalmente i colpi sopra di me si fermarono e qualcuno mi tirò fuori dalla sua presa.

Alzai lo sguardo e incontrai gli occhi verde chiaro di Scorpius. Fred si dimenava bloccato da James.

«LASCIAMI, LASCIAMI!»

«Calmati Weasley!» lo ammonì Scorpius portandomi lontano dal sul raggio d'azione.

«che volevi fare?! Ucciderla?!»

«E' UN MOSTRO, DOVEVO FARLO! NON MI LASCIA DORMIRE, lei...» la voce gli si ruppe e crollò a terra scosso dai singhiozzi.

Sembrava così debole e triste e solo e abbandonato che dimenticai i pugni e feci per avvicinarmi a lui per stringerlo e consolarlo. La presa sul mio braccio si rafforzò e Scorpius mi trascinò via.

«Era ubriaco, probabilmente non sapeva quello che diceva, di sicuro non sapeva quello che diceva» balbettai mentre mi trascinava via.

Lui si bloccò e mi guardò.

«Lo stai giustificando? Dopo che ti ha preso a pugni lo stai giustificando?» sembrava incredulo.

Abbassai lo sguardo.

«Non so se sopravviverò fino alla fine della festa! Prima Rose che schizza da una parte all'altra e rischia un crollo nervoso, dopo Dominique che non voleva saperne di staccarsi da un tipo non molto per bene, dopo Frank che ha bevuto come solo Dio sa cosa e adesso ci si mette anche Fred a dare di matto!» si mise le mani tra i capelli biondi «Datemi la forza di compiere un omicidio, vi supplico»

Ridacchiai mentre mi faceva sedere su un divanetto «vedi di non combinare guai anche tu» e sparì nella pista da ballo.

Dopo un po' mi stufai di starmene seduta e mi alzai intenzionata a ballare ma intravidi Albus e Anna in disparte che litigavano.

«IO NON TI CAPISCO PROPRIO!» stava sbottando Anna.

Mi intrufolai in mezzo a dei ragazzi che giocavano a Poker cercando di ascoltare.

No, non sono una ficcanaso, che andate a pensare...

«E allora non capirmi»

«Invece voglio capirti, sono la tua ragazza»

«E se io non volessi?»

«Sei proprio uno stronzo...»

«Ti ho detto di lasciarmi in pace!»

«Che c'è?! È perché non ti piaccio vero?!»

«Cosa? NO, cioè, tu mi piaci veramente molto, sei stata la mia migliore amica, una delle persone che mi ha sempre supportata e....»

Non sentii il resto perché si bloccò improvvisamente. Lanciai uno sguardo alle mie spalle e vidi una scena che avrei fatto volentieri a meno di vedere.

Albus era spiccicato contro il muro, le braccia di Anna intorno al collo e si stavano letteralmente mangiando la faccia.

Mi alzai di colpo e feci per andare là e...E cosa?

Staccarli? Perché? Il mio cervello mi stava per abbandonare del tutto. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro costringendomi a ragionare.

Mi sentivo così giù per quello che era successo con Fred e vedere Al con il Criceto non aveva fatto che peggiorare il mio stato d'animo.

Camminai facendomi spazio tra la folla fino al banco.

Quando mi sedetti su una sedia il ragazzo al banco sollevo le labbra «un'altra coca-cola?»

In fondo era l'ultimo dell'anno, in fondo era una festa e alle feste ci si deve divertire.

«No, dammi la prima cosa che hai sottomano»

Il tipo mi prese alla lettera e bevvi qualcosa di alcolico, mi costrinse a inghiottirlo tutto anche se gli occhi mi bruciarono e me ne faccio passare un altro.

Vado avanti così fino a quando non mi sembra di stare seduta in un vortice che in un divanetto.

Tento di alzarmi ma cado dopo tre secondi.

Eddai, non sono così ubriaca. Non sono così ubriaca da vedere un my little pony attraversare la stanza sputando coriandoli. Non sono così ubriaca da cominciare a parlare con un tavolino accanto a me dei professori e del tempo.

«E avremo onde alte sulla Manica» disse un ragazzo sedendosi vicino a me.

«Sulla manica?» chiese prendendo la manica della sua camicia «Io non vedo onde!»

Il ragazzo buffò e rise «Merlino, Giorgia, ci sei o ci fai?»

Lo guardai «Ci conosciamo?» aveva una maschera che gli copriva totalmente il viso che continuava a doppiarsi davanti ai miei occhi

«Ma...» lui mi guardò meglio «Giorgia! Ma sei ubriaca»

«Non è vero, ho solo bevuto un pochino» disse guardando la sua spalla. Gli si era appollaiato un pokémon «Di che tipo è?» chiesi indicandolo.

Si fissò la spalla «cosa?»

«Il pokémon, per me sputa fuoco» e annuii esageratamente.

Il ragazzo sospirò «Dai, vieni, ti accompagno fuori»

«Perché andiamo fuori?» chiesi seguendolo docilmente «Aspetta, ma io non ti conosco»

«Certo che mi conosci, idiota»

Avrei voluto chiedere chi fosse allora, ma rischiai di inciampare a faccia avanti però lo sconosciuto mi aiutò mi prese al volo e mi aiutò a camminare.

Aveva delle braccia forti.

Mi accompagnò fuori e mi scortò fino alla Sala Comune di Grifondoro e al mio dormitorio.

Non so come fece a salire le scale incantate, ma sotto l'influenza dell'alcool lo vidi con dei piedi a ventosa.

Una volta arrivato nel mio dormitorio mi fece sedere nel mio letto.

«Credevo che tu fossi contro l'ubriacarsi» mi fece e si tolse la maschera.

Questo non aiutò, anzi peggiorò la situazione. I suoi occhi e i suoi capelli cambiavano continuamente colore, prima blu, poi verde, poi gialli, poi neri...

Mi fecero girare ancora di più la testa e non lo riconobbi nemmeno grazie ai tratti del viso che vedevo sfuocato.

«Ehm, sì, ma è l'ultimo dell'anno» borbottai.

«Ah, capisco, bisogna fare qualcosa di sensazionale» si leccò le labbra e vidi una lingua di serpente.

Ma che è? Un mutante?

Annuii rischiando di staccarmi la testa.

«E hai propositi per l'anno nuovo?»'

«Uhm...» lo fissai. Ora aveva i capelli rosso sangue proprio come gli occhi «Penso far chiarezza in testa, insomma, ultimamente non capisco più nulla nella sezione sentimenti»

«Stiamo parlando di qualche ragazzo?»

«Sì, cioè, no, potrebbe essere» Accidenti, perché era tutto così complicato? Se solo la testa smettesse di far così male.

«Ha un nome questo ragazzo?» mi chiese mettendomi una mano sulle spalle.

Che domanda stupida, certo che ha un nome, si chiama....

«Oddio, non me lo ricordo!» sbottai.

Gli occhi del ragazzo diventarono dello stesso colore dell'oro e mi sorrise «Magari questo ragazzo ha un nome tipo Frank?»

Il nome Frank non mi era nuovo e poi aveva un bel suono nella mia testa.

«Potrebbe essere... non lo so, non mi ricordo» e presi la testa fra le mani.

«Come non ricordi?» il volto del ragazzo si fece sbigottito e i suoi capelli si fecero viola, poi blu e poi neri.

«Sei un ragazzo Arcobaleno» dissi fissandolo.

«Cosa?» mi fissò sorpreso.

«Era un complimento nella mia testa» mi affrettai a spiegare.

«Tu sei tutta fuori» fece il ragazzo iniziando a ridere.

«E tu, hai prosg..prosghe...projs...propositi per l'anno nuovo?» tentai di dire.

«Oh, sì. Diventare più sincero inanzi tutto.»

«Sei un bugiardo?»

«Immagino che questo non sia un complimento nemmeno nella tua testa»

Girai la testa e fissai il suo profilo, i capello rilucevano di luce azzurra e gli occhi erano uno verde scuro l'altro verde chiaro. Spostai lo sguardo alla finestra e vidi un areo passare.

«Possiamo fingere che gli aerei nel cielo notturno siano stelle cadenti?»

«Cosa? Perché?» sembrava sbigottito dal cambio di argomento, che buffo.

«Così potremmo esprimere un desiderio» spiegai con fare ovvio.

«Ah...e avresti un desiderio particolare al momento?»

Ritornai a concentrarmi su di lui, al momento una macchia nera con occhi viola ametista; mi accorsi che era troppo vicino.

«Ehm.. tu?»

I suoi occhi brillarono «Certo che avrei un desiderio da esprimere».

Lentamente mi fece distendere sul letto e io non feci nessuna resistenza, con una mano mi accarezzò i capelli spostandomeli dal viso.

«Lo sai? Sei la ragazza più bella del mondo...»

Mi ritrovai i suoi occhi arcobaleno che in quel momento verdi e uniformi diventavano neri talmente vicini che mi sentii completamente risucchiata e immersa in quelle iridi.

La sveglia segno le 00:00.

Qualcosa sfiorò le mie labbra.

 

 

 

NDA

Eccomi, bellezze. Vi voglio avvisare che il bancone Scommesse è ufficialmente aperto! Chi è il misterioso ragazzo arcobaleno? Forza, non siate timidi, commentate:)

 

Al prossimo capitolo ^^

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Capitolo 28
*** asdfghjkl ***


Cap. 28

(esclamazioni vietate ai minori di novant'anni)

**

E niente, il giorno dopo non mi ricordai più nulla, a meno che le allucinazioni di ragazzi arcobaleno, pokémon vaganti, arcobaleni che vomitano unicorni e cespugli parlanti non contino qualcosa.

Ne dubito seriamente.

Dubitavo della maggior parte delle cose che ricordavo troppo brillanti.

Di poche cose ne ero certa: primo Fred era impazzito, due mi ero ubriacata e terzo, il più importante e imbarazzante di tutti, ero andata a letto con qualcuno e non avevo la più pallida idea di chi fosse quel qualcuno.

Merda!

Certo, non c'erano testimoni, nessuno sapeva niente di niente e preferii che il gran casino che avevo combinato l'ultimo dell'anno restasse un segreto e rimasi a crogiolarmi nella vergogna da sola finché decisi che se avessi finto che non fosse successo nulla alla fine sarebbe stato come se non fosse successo nulla.

Forte di quelle convinzioni la mattina dopo mi alzai decisa a lasciarmi dietro quell'evento insieme all'anno nuovo.

**

Il primo dell'anno decisi di svegliarmi presto e di scendere in Sala Comune. Oddio, non era mica tanto presto tenendo conto che erano le dieci di mattina, ma tutti erano ancora a letto a smaltire la sbornia o la notte insonne quindi avevo comunque campo libero.

Rimasi a crogiolarmi davanti al fuoco leggendo “Hunger Games, la ragazza di fuoco” sperando di scomparire letteralmente in quelle pagine.

Divorai il libro e non staccai gli occhi dalle pagine e,troppo presa dall'immaginarmi Finnik con solo una rete a coprirlo, non notai di avere compagnia.

Mi sentii le dita formicolare e la testa bucata da qualcosa; alzai lo sguardo e mi ritrovai a fissare gli occhi blu di Fred. In quel momento mi resi conto che il Finnik della mia immaginazione era uguale a Fred.

Fred che in questo momento mi guardava con uno sguardo serio, lui che non era mai serio mi guardava indecifrabile. Cercai di fare un sorriso. Lui si limitò ad avvicinarmi e a sfiorarmi con un dito la mia guancia. Appena l'indice la sfiorò sentii un dolore acuto e mi tornarono in mente i pugni della notte precedente.

Doveva essere venuto fuori il livido. Le dita di Fred accarezzarono lievemente la mia guancia prima di cadere inanimate. Abbassò la testa, apatico, e mi superò senza una parola.

«Fred» lo chiamai alzandomi.

Lui si fermò e si girò verso di me con lo sguardo sempre fisso a terra.

«mi dispiace» sussurrò. Sembrava così indifeso e bisognoso di affetto che capii che non sarei mai potuto essere arrabbiata con lui.

«Non è colpa tua» dissi facendolo sedere vicino a me.

«No, sul serio. Mi dispiace, sono io il mostro» e finalmente alzò lo sguardo. Le sue pupille erano talmente dilatate che coprivano quasi tutta l'iride lasciando un sottilissimo anello blu elettrico; ci lessi tutta la paura e la confusione che in quel momento provava.

«Tu non sei un mostro, Fred» dissi gentilmente.

Lui si prese la testa fra le mani «certo che lo sono! Non dovevo colpirti, scusami, ma con tutte quelle luci non capivo nulla e io credevo che fossi...ti ho scambiato..» si bloccò, sembrava sull'orlo delle lacrime.

«Per chi mi hai scambiato?» chiesi, sempre con un tono gentile.

Non rispose, continuò a fissarsi le mani.

«Fred» lo richiama dolcemente.

«Delirium...» sussurrò.

«Cosa?»

«Delirium...ti ho scambiata per Delirium» rimasi sbigottita. Certo, scambiarmi per lei era del tutto normale visto che era la mia copia sputata e probabilmente le luci avranno dato l'illusione che io avessi i capelli blu – del resto anche nei miei ricordi Fred ieri sera aveva i capelli blu – e poi era anche ubriaco ed è ovvio che la realtà gli apparisse distorta – in fondo io ho parlato(e fatto altro, merda) con un ragazzo arcobaleno. In sostanza, aveva tutto il diritto di potermi aver scambiato per la mia gemella malvagia, l'unica cosa che mi lasciava sorpresa era il modo in cui aveva reagito. Ovviamente, i pugni ci stavano perfettamente, ma le cose che mi aveva urlato contro non tanto.

«Fred, va tutto bene?» chiesi titubante.

Senza preavviso si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, avanti e indietro. Allacciò le mani dietro alla schiena.

«Non sono pazzo!» disse, o meglio urlò. Mi astenni dal dire che non avevo proprio idea di come chiamare uno che si arrampicava su lampadari, nascondeva dolcetti stregati nelle colazioni dei professori o che allagava i dormitori di Serpeverde se non pazzo, non c'era un altro epiteto.

«non sono pazzo» ripeté «è solo questo schifo di situazione e voi due, cazzo, se vi assomigliate! E io non posso permettere che capiti qualcosa a qualcuno, non per colpa mia»

«Fred!» lo afferrai per le braccia e lo costrinsi a guardarmi negli occhi, in quel momento il suo era proprio lo sguardo di un pazzo «Fred, ascoltami bene. Non capiterà nulla a nessuno e se anche succedesse tu non ne sarei il responsabile, capito?»

Ricambiò la stretta sulle mie braccia «Promettilo»

«Promesso»

«E nel caso facessi male a qualcuno tu mi fermerai, in qualsiasi modo» riprese.

«Per quale motivo tu dovresti..»

«Promettimelo!»

«Va bene, te lo prometto»

Lui mollò la presa e finalmente accennò un sorriso.

«Fred» balbettai «tu mi devi dire qualcosa, vero?»

«No, non è nulla. Sto bene» sorrise più convincente.

Chissà perché ma non gli credetti.

**

Il ritorno a scuola fu traumatico, mi ero abituata troppo bene a svegliarmi alle undici. I professori per la prima settimana furono clementi ma poi ricominciò il girone delle interrogazione e delle verifiche, il girone mancante all'inferno di Dante.

Gennaio volò via in un battito di ciglia, troppo presa da mille cose – come cercare papà, mantenere un contatto d'amicizia con Frank, capire cosa frullasse nel cervello di Fred, allenarmi e scoprire il più possibile sui i mie poteri – lo scorrere del tempo era del tutto relativo e così mi ritrovai ai dieci di febbraio senza rendermene conto.

«E' un disastro» proclamava Rose tagliuzzando la sua bistecca quella sera «fra meno di quattro giorni è San Valentino e non ho ancora preso un regalo per Scorpius!»

«Fra tre giorni abbiamo una gita a Hogsmeade, potresti prendere qualcosa lì» le dissi addentando un pezzo di bistecca.

«Sì, hai ragione. Sempre che i compiti ce lo permettano»

«Ce lo permetteranno, vedrai» sorrisi.

«Chissà, a San Valentino potrebbero succedere molte cose...» mi stuzzicò Rose.

Involontariamente arrossii e fissai Frank nell'altro tavolo. Le cose erano andate normali e nessuna infausta previsione delle mie amiche si era avverata. Frank restava il solito ragazzo timido, dolce e impacciato.

Nella mia visuale entrò Dominique e sembrava molto preoccupata.

«Ehm... dovrei chiedervi un favore...» disse, diventando leggermente rossa. Mi chiesi perché usasse un tono così basso

«Dicci pure» fece Rose continuando a mangiare.

«Ecco... mi sono venute e... sono rimasta senza assorbenti» si fissò le mani «non è che potreste imprestarmeli?»

«Sicuro» annuii «ho una scorta che potrebbe durare per un'intera guerra mondiale»

Il viso di Dominique si riempì di sollievo «Grazie! Appena andremo a Hogsmeade ne comprerò un pacco, promesso!»

«Stai tranquilla» dissi alzandomi dal tavolo e dirigendomi fuori dalla Sala «al momento non mi servono, ho saltato il mese di Gennaio e sono in ritardo»

«Sei irregolare?» mi chiese Rose.

«A volte, mi sto preparando ai dolori che verranno. Probabilmente sarò costretta a letto» feci con una faccia da funerale.

«Ti fanno così male?» mi chiese Dominique.

«Solo quando salto o sono in ritardo» spiegai.

«A me no, anche se saltano non sento male» fece Dominique.

«Io non salto proprio, beate voi che ogni tanto non avete questa seccatura»

Ehi, che c'è di male? Siamo donne, parliamo di queste cose!

Una volta arrivate in dormitorio pescai quasi tutte le confezioni di assorbenti dal baule.

Rose fischiò «cavolo, hai proprio una bella scorta»

«Sai com'è, ho il terrore di restarne senza» feci un gesto vago con la mano.

«Grazie, grazie, grazie, Giorgia! Ti ho appena elevato a grado di salvatrice di ragazze mestruate senza assorbenti»

Scoppiamo a ridere.

«Comunque...» Rose si fece seria «Prima ho incontrato Fred e James e mi hanno detto di aver ricevuto da zio George una nuova invenzione e che vogliono mostrarcela»

«Oh, chissà cos'è» mi chiesi.

«Non lo so, spero solo che Gazza non li becca un'altra volta.» sospirò «credo proprio che anche quest'anno vincerà Corvonero la coppa delle case»

«Su, l'importante è passare un buon anno» le fece pat pat sulla spalla Dominique.

**


Cinque minuti dopo eravamo appollaiati nei letti dei ragazzi del settimo anno.

Fred e James stavano posizionando con cura una scatola di cartone sopra il letto di Jarvis, il loro compagno di stanza, compagno che al momento fissava la scena sbuffando.

«Ed ora, signori e signore» fece Fred con l'aria da venditore esperto «vi voglio presentare l'invenzione che occuperà la vita di ogni mago e strega presente nella Gran Bretagna. Ecco a voi laaa – rullo di tamburi, prego – MAGIVISIONE!»

E dalla scatola tirò fuori una televisione degli anni ottanta. Inarcai un sopracciglio.

«ma lo sai che i babbani l'hanno già inventata decenni fa e che in molte case magiche c'è già?» gli feci notare.

«Taci, ignorantona, questa non è una banale terevisione, questa è molto di più» e tirò fuori la bacchetta. Non mi presi nemmeno la briga di correggere il suo errore. Con un incantesimo accese la televisione e sullo schermo comparve la scena di un film, poi sussurrò altre parole e ci ritrovammo dentro il film.

Una musichetta a pianoforte triste riempiva l'aria e già da lì sentii la sensazione amara delle lacrime risalirmi agli occhi.

Davanti a me c'era un bambino dai capelli biondi che fissava un uomo sulla quarantina, entrambi avevano uno sguardo molto triste.

«Sai» fece il piccolo, aveva un voce dolce e rotta come se stesse per piangere «possiamo fingere che domani ci vedremo lo stesso, possiamo farlo»

L'uomo fissò il bambino, gli occhi lucidi «va bene, ci vediamo domani»

E scoppiai a piangere.

Così, senza ritegno e senza sapere di cosa stesse parlando quel film iniziai a piangermi.

Ci fu un lampo di luce e ritornammo nella stanza di Fred e James, tutti i presenti si erano girati a fissarmi stralunati.

Dal canto mio, io continuavo a piangere disperata.

«Su, su» mi fece Dominique abbracciandomi «Cosa c'è? Perché piangi?»

«Non è g-giusto» singhiozzai «dom-a-ani non si in-incontreranno, f-fi-fingeranno di incontrarsi, m-ma no-non suc-succederà»

«Sì, è una cosa molto triste, ma non mi sembra il caso di piangere» mi fece notare,

«M-ma il bambino, stava m-ma-male»

«Eddai, Giò» fece Fred «E' solo un film, non è reale.»

Mi ripresi subito e lo incenerii con lo sguardo «E' SOLO UN FILM? MAGARI E' BASATO SU UNA STORIA VERA, TU CHE NE SAI? NON E' REALE, POTREBBE ESSERLO. SEI SENZA CUORE, FRED! NON SI INCONTRERANNO, STANNO SOLO FINGENDO» gli urlai dietro. Una parte di me mi sussurrò che forse potevo sembrare un po' isterica, ma la ignorai. Perché non capivano che quelle erano una scena tristissima?!

Fred indietreggiò spaventato: «uhm...sì, hai ragione» fece per non farmi scoppiare di nuovo «che ne dici di andare a bere una tisana, un te' calmante...»

Rischiò seriamente la morte ma Dominique e Rose lo salvarono portandomi fuori dalla stanza.

«Accidenti, Giorgia, sei proprio lunatica in questi giorni» ridacchiò Rose.

«Forse è meglio che queste mestruazioni si sbrigano ad arrivare, hai gli ormoni parecchio sballati» le diede corda Dominique.

«Non sono così lunatica» feci punta sull'orgoglio.

«Scusa, vogliamo parlare di quando ti stavi per mettere a piangere perché Scorpius aveva strappato un fiore per me...»

«...o quando ti sei messa a ridere durante trasfigurazione perché la professoressa ha detto “pertanto”...»

«...della crisi isterica che hai fatto a un bimbo del primo anno perché ti aveva sfiorato..»

«Pertanto» e qui scoppiai a ridere di nuovo (che ci posso fare se quella parola è stra-ridicola?) «sei peggio di mia madre quando era incinta di Luis»

«Già, non è che ci nascondi qualcosa» fece scherzando Rose e io rischiai seriamente di soffocare con la mia stessa saliva «non è che tu e Frank...»

«NO!» risposi velocemente «io e Frank...no, no!» era una mezza verità, in fondo. Con Frank non era successo veramente niente.

«Certo, fai la santarellina» Dominique e Rose stavano evidentemente scherzando ma mi sudarono comunque le mani «Dai, ammettilo che hai una relazione segreta con Frank e che non ti vengono perché sei incinta»

Qui rischiai seriamente di avere un attacco di panico. Mi fermai a metà scalinata, le mani sudatissime e il respiro che andava e veniva.

«Io, incinta? Ma nooo, perché pensi una cosa del genere?» feci con voce alta di qualche ottava più del normale. No, non può essere vero...

«Giorgia? Calmati, stiamo solo scherzando, non occorre fare così» fece Dominique perplessa. Rose invece fece una faccia sorpresa.

«Oh mio Dio, non sarai andata veramente a letto con Frank! Oh mio Dio, è per questo che diventi rossa ogni volta che lo nominiamo?»

«No, no! Non sono andata a letto con Frank!» rischiai seriamente di soffocarmi.

«Ok, calmati. Solo che sembri...»

«no, non sembro niente» dissi in fretta «Forse Fred ha ragione, ho proprio bisogno di una tisana» e scappai via, fuori dalla scale e dalla Sala Comune diretta verso il bagno.

Scivolai lungo la parete fredda mentre pensieri confusi mi turbinavano nella mente, il cuore che batteva a mille.

«Calmati» mi dissi «Calmati»

Presi un bel respiro e cominciai a pensare lucidamente.

Solo perché ho saltato un mese e adesso sono in ritardo non significa che io sia incinta, in fondo sono sempre stata un tantino irregolare, è una cosa normale... e il mio umore strano può perfettamente essere causato dallo stress scolastico... non ho nessuna prova consistente...

Ok, è vero che l'ho fatto e che molto probabilmente non ho usato nessun metodo contraccettivo (E cazzo, ero ubriaca!) ma non può esserlo per forza, non posso essere così sfigata!

Stiamo calmi, calmi.

Va bene, sabato comprerò a Hogmseade i test per la gravidanza, tanto saranno tutti negativi...

Sospirai, dovevano essere negativi!


**

Per comprare i cosi senza che Rose e Dominique lo sapessero idea un piano. Quella mattina mi ero svegliata con un senso di nausea incredibile (cosa che mi fece crepar di paura), così convinsi le mie amiche che sarei rimasta a letto nel castello.

Aspettai un'oretta scarsa poi mi diressi verso Hogsmeade con un incantesimo d'illusione addosso così nessuno mi riconobbe.

Una volta nella farmacia del paese comprai quanti più cosi possibili. La commessa mi guardò con una faccia tra il sorpreso e l'inorridito. Cercai di non arrossire o abbassare lo sguardo. Tanto non ero incinta, facevo i test solo per darmi maggior sicurezza.

Rifeci la strada al contrario, materializzandomi fino davanti al cancello e una volta entrata a scuola mi diressi in un bagno.

Provai su tre test e rimasi in attesa, con il cuore che batteva a mille. Tentai con ogni mia molecola di scacciare il pensiero che forse ero veramente incinta.

Peccato che il simbolo positivo che comparve in tutti e tre i test scacciò ogni dubbio.

Merda!

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Capitolo 29
*** Dove mi auto-convinco di essere matura e responsabile. ***


Cap. 29

Dove mi auto-convinco di essere matura e responsabile.

**

Giorgia Helen Flox è una streghetta di sedici anni.

Ho solo sedici anni!

Ed è una ragazza matura e responsabile per la sua età.

Ho fatto la cazzata più grande della mia vita!

La ragazza in questione ha appena scoperto di essere incinta.

No, merda santissima, no!

Sta già prendendo la cosa seriamente ed è pronta ad affrontare il mondo.

Non uscirò mai più da questo bagno!

Ha già un piano per sistemare la situazione.

Mi nutrirò di sapone e dentifricio per il resto della mia vita!

Sa già a chi fare riferimento per controllare la situazione.

Mirtilla Malcontenta mi insegnerà a viaggiare per il tubo dello scarico!

Si sta già dando un contegno per rivelare il tutto ai suoi amici...

Ucciderò tutti così nessuno verrà mai a sapere nulla!

E soprattutto è pronta ad intraprendere una conversazione civile con il futuro padre.

Lo ucciderò con le mie stesse mani!

Sì, Giorgia Helen Flox è una ragazza responsabile.

Ma va a cagare!

**

Al contrario delle mie decisioni all'ora di sera uscii dal bagno per andare a cibarmi, infatti avevo scoperto che quel bagno non era provvisto di sapone e che il dentifricio –per quanto fosse buono il gusto menta– non riempiva affatto la pancia.

Mi tenevo la pancia premuta con le mani nella stupida convinzione che cominciasse già a diventare rotonda.

Questa volta l'ho combinata grossa.

Sentii la disperazione farsi largo dentro di me, io non sapevo nulla di bambini e pannolini, tutto quello che so lo devo ad una psicologa pazza e maniaca che mi venne in classe a quattordici anni a spiegarci che non è la cicogna a portare i bambini (ma tanto avevo passato il tempo dormendo quel giorno quindi continuavo a non sapere nulla).

C'era una sola persona che potesse aiutarmi in tutta Hogwarts e la sola idea di parlarne a qualcuno mi faceva venir voglio di pigliarmi a pugni.

E adesso come spiego a Madama Chips che durante una festa illegale sono rimasta incinta da non so nemmeno chi?!

D'altronde, questa era l'unica soluzione e potevo solo fare affidamento sul segreto e la discrezione professionale.

A passo lento mi diressi verso l'infermeria cercando di prepararmi un discorso, non potevo andare lì e dire “Sorpresa, sono incinta!”, la poveretta avrebbe fatto un colpo.

Purtroppo non mi venivano in mente altri modi per dare la notizia e il mio tempo a disposizione si era esaurito poiché mi ritrovai davanti alla porta dell'infermeria.

Madama Chips non si accorse subito del mio arrivo e questo mi lasciò qualche altro minuto per pensare. Era sola e questo era un bene, non avevo nessuna intenzione di avere spettatori. Sfortunatamente, con la grazia da elefante che mi ritrovo, rischiai di inciampare provocando un gran fracasso.

La donnina si girò a mi guardò sorpresa:

«Oh, signorina Flox! Mi stavo chiedendo quando l'avrei rivista!»

Già, sono stata così tante volte in infermeria che potrei avere un letto con il mio nome e la carta fedeltà.

«Comunque non deve essere molto grave se questa volta non c'è nessuna a portarla svenuta. Ma mi dica, il signor Weasley ne ha combinato una delle sue? Ahh, quel disgraziato centrava sempre»

Oh, Zeus, Era, Poseidone, Ade, Afrodite, Atena, Artemide, Apollo, Demetra, Crono, Dionisio, Efesto, Ermes, Godric, Salazar, Tosca, Priscilla, Silente, Gesù, Giuseppe e Maria, Sant'Antonio e compagnia, vi chiedo perdono per l'omicidio che sto per fare, non è mie intenzione!

«Ecco...in realtà... è molto grave, le chiederei la massima discrezione perché..sì, insomma... sono incinta» boccheggiai.

Le parole rimasero un attimo sospese nell'aria prima che Madama Chips capisse cosa intendevo e la sua faccia diventasse di cinquanta sfumature diverse; aprì la bocca e la rinchiuse, alzò l'indice, riaprì la bocca e...BAHM! Iniziò a sbraitare contro di me e il creatore. Mi insultò in maniera colorata senza curarsi che qualcuno potesse udirci e le scappò addirittura qualche parolaccia come “Emerita deficiente” o “Rincoglionita”, dopodiché passò al fatto che ai suoi tempi noi ragazzi non eravamo così precoci, che era ovvio che il paese andava a rotoli se noi adolescenti non sappiamo dove mettere la testa, che la gioventù è bruciata e bla bla bla .

Restai in silenzio lasciandola sfogare sentendomi sempre più in colpa ogni minuto che passava.

Quando finalmente si zittì del tutto dissi con una vocina fina: «papà non lo sa, non lo sa nessuno oltre a me e non ho la più pallida idea di cosa fare»

La Chips mandò un'altra imprecazione prima di sparire nel suo ufficio a cercare qualche carta e lasciarmi sola a fissarmi la punta delle scarpe. Tornò poco dopo con le mani impegnate a reggere volantini e schede.

Mi passò venti fogli «queste sono tutto ciò che ti serve per sapere cosa fare i primi cinque mesi di gravidanza»

Mi passò altri fogli «questi dai cinque mesi in poi»

Altri foglianti andarono a posizionarsi sopra i primi «questi danno consigli su come prepararsi psicologicamente a diventar madre. E questi» ulteriori volantini presero il suo posto «danno consigli su come affrontare l'argomento con i propri genitori. Invece questi l'aiuteranno ad affrontare i mesi dopo il parto. Gli ultimi sono delle autorizzazioni da completare in modo che io possa seguirla nelle gravidanza»

Rischiai di soffocare sotto a tutte quelle scartoffie.

«Ah, sa già di quante settimane è la gravidanza?» il tono freddo e distaccato mi spaventava un po'.

«Non lo so, credo sei, sette o forse otto settimane» cercai di fare un rapido calcolo.

«Allora avrà bisogno di un appuntamento per la prima ecografia per accertarsi che il bambino sia sano e anche per sapere se dovremmo prepararci ad accogliere più di un bambino»

Cosa?

Sentii i fogli cadermi dalle mani.

«Più di un bambino?» rischiai di soffocarmi con la mia stessa saliva.

«Certo, potrebbero essere gemelli» spiega la Chips.

Fu più o meno a quel punto che ebbi la crisi di panico.

«NO! Non so nemmeno badare a me stessa, figuriamoci a un bimbo e se sono due...no, non sono due. Ho sedici anni, porcamerda, no no no è tutto uno scherzo. E adesso cosa faccio? Cosa faccio? Non so nemmeno come è fatto un pannolino!»

«A questo doveva pensarci prima» fece inflessibile.

A quel punto rischiai seriamente di scoppiare a piangere seriamente.

«Se domani pomeriggio non ha nulla da fare fisserò un appuntamento»

annuii cercando di sbloccare il groppo in gola.

«Stia tranquilla, signorina Flox» il tono dell'infermiera si addolcì «lei non è la prima alla quale capita una cosa simile e non sarà nemmeno l'ultima e si ricordi che non è sola» fece una pausa nella quale mi guardò con fare materno «ne parli con i suoi amici, il signor Weasley per quanto senza senso si autoconservazione saprà supportarla, lei ha bisogno dei suoi amici in questo momento.»

Mi congedò con la mano «ora vada a cena, d'ora in avanti dovrà nutrirsi per due persone»

Annuii, la ringraziai.

Uscii e la ringraziai ancora.


**

Il giorno dopo avevo deciso che sì, Madama Chips aveva ragione. Motivo per cui mi trovavo davanti la porta del dormitorio del settimo anno ad aspettare Fred. Ero seduta sull'ultimo gradino e mi chiedevo come dargli la notizia ma più che altro mi chiedevo la sua reazione.

Miseriaccia, un bambino, aspettavo un bambino...

«Ehi, Giorgia, che ci fai qui?» alzo la testa alla voce di Fred «Senti, se è per quella storia del film, mi dispiace, sul serio, non ti facevo così sensibile...» iniziò previdente. Quasi scoppiai a ridere.

«No, tranquillo. Devo parlarti d'altro...ecco ho scoperto una cosa...» inizio. Ma sì diciamo subito tutto, come dicono i babbani, via il dente e via il dolore.

Solo che alle mie parole Fred sbiancò di colpo e iniziò a balbettare «ti posso spiegare...!»

Aggrottai la fronte dubbiosa, poi sospirai. Di sicuro pensava che avessi scoperto qualcuno delle sue malefatte «Sta tranquillo, non centri tu, centro io» mi guardai intorno, improvvisamente l'idea di rivelare la cosa nella rampa di scale non mi sembrava più tanto buona «che ne dici di accompagnarmi nelle cucine?»

Lui annuì, «volentieri, ho una certa fame!» e fece dietro front e precipitò giù dalle scale.

Arrivati alle cucine una mandria di Elfi Domestici ci accolse riempendo la sala con le loro buffe vocine e ben presto mi trovai sommersa da ogni ben di Dio.

«Allora, cosa dovevi dirmi?» mi chiese Fred mentre ripuliva una vaschetta di gelato.

«Oh..» rimasi un attimo in silenzio, indecisa su come partire. Decisi di prenderla da lontano «Ti ricordi alla festa di capodanno?»

Il suo viso si oscurò e annuì.

«Ecco, dopo che tu, sai..sì, hai capito...be', mi sono ubriacata»

«E sei qui per fare ammissione di colpa?» mi chiese ironico lui «Dai, so che avevi promesso di restare astemia, ma è una festa e può capitare di ubriacarsi»

«Sì, ma io sono andata a letto con qualcuno e adesso sono incinta!» buttai fuori disperata. Ecco, quello che dovevo dire l'avevo detto.

Fred rimase in silenzio, mi fissò, socchiuse gli occhi, guardò a terra, mi fissò ancora, guardò a destra e a sinistra e mi guardò ancora, socchiuse gli occhi.

«Ok, adesso dimmi dove sono le telecamere»

«Le...le telecamere?»

«Certo, è uno scherzo, no? E di sicuro mi stavate riprendendo, perché è uno scherzo, no...?» la sua voce si affievolì davanti alla mia occhiata disperata.

«No.» terminò con un verso strozzato.

Rimase in silenzio parecchi minuti prima di alzarsi di scatto come una molla e dirigersi verso la porta urlando «DIMMI CHI E' QUEL FIGLIO DI PUTTANA CHE LO ACCOPO!»

Gli Elfi Domestici squittirono spaventati e iniziarono a girare in tondo.

«Eh, se lo sapessi lo avrei già sistemato io» borbottai.

Fred si bloccò «Cosa?»

«Fred, non lo so, non mi ricordo nulla. Non so chi è stato, non so con chi sono andata. Mi ricordo solo un omino arcobaleno con i capelli prima blu, poi verdi, poi rossi, poi neri, poi d'oro... e aveva una lingua da serpente e gli occh sembravano un kaleidoscopio...» stavo tremando.

«Quindi non sai chi è il padre del bambino?»

Scossi la testa.

«Be', posso sempre ammazzare tutti quelli con i capelli blu, verdi, rossi, neri, d'oro...» scrollò le spalle.

«Fred» un sorriso mi comparve in volto «dovrai compiere anche un suicidio, tu hai i capelli rossi»

Fred spalancò la bocca e diventò pallido. Poi cominciò a girare in tondo.

«... STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO SONO STATO IO STATO IO...» Lo sentii urlare.

«Fred, Fred, Fred! Calmati!» dissi placcandolo e buttandolo per terra

«Giorgia, sono stato io» mi fece lui disperato «Ho i capelli rossi e non mi ricordo quasi niente di quello che è successo quella sera! Ti prego, perdonami!» E si gettò in ginocchio.

«No, non sei stato tu.» dissi sotto shock «tu sei stato tutto il tempo con James e Scorpius»

«Sicura?»

«Be'» sforzai i ricordi «Da quello che ho capito da Scorpius lui è dovuto restarti appiccicato tutta la serata per impedirti di combinare guai»

Fred si gettò a peso morto sul pavimento «Ah, grazie Dio, non sono pronto a diventare padre!»

«Sì, grazie per il supporto» feci ironica.

Mi mise a fuoco e sospirò «non so cosa dirti, sul serio. Fa strano, Giorgia incinta. Strano sul serio»

Sì, era strano pensarlo, strano saperlo. Io, una ragazza totalmente immatura e irresponsabile che aveva più volte rischiato di farsi la doccia in lavatrice, incinta.

Certo, da queste estate ero maturata, mi sentivo un po' diversa. Un po' più insicura, ma allo stesso tempo quella insicurezza mi rendeva più calma e pensante, non avevo più la filosofia “buttiamoci, mal che vada ci saranno delle conseguenze”, no, adesso guardavo l'insieme e controllavo i rischi.

Peccato che a Capodanno avessi dimostrato che, in fondo, non sono cambiata affatto, che ancora una volta mi sono buttata prendendo le conseguenze sotto gamba.

E adesso ero lì, una ragazza di sedici anni incinta.

«Hai parlato con Madama Chips?» mi chiese Fred.

«Sì, mi ha dato dei moduli e mi ha dato la data per l'ecografia...» lo guardai di sottecchi «mi accompagni? Cioè, vuoi venire con me....»

«Mi sembra ovvio!» mi interruppe «Tu sei come mia sorella, anzi, ti preferisco mille volte a mia sorella»

«Già, sei il fratello che non ho mai avuto» dissi sorridendo, un sorriso un po' timido.

Fred Mi abbracciò «Vedrai, puoi farcela, sarà persino divertente.»

«Divertente?» feci ironica «non credo proprio»

«Sarai una madre fantastica, vedrai» e mi strinse più forte.

«Grazie» gli sussurrai.




NdA
Sì, chiudo così il capitolo perché oggi sono assai dolciosa asdfghjkl
Comunque, d'ora in poi i capitoli saranno più brevi (quindi aggiornerò presto) perché come mi ha fatto notare una ragazza in una recensione le cose stanno avvenendo troppo velocemente, quindi sì, ha ragione e cercherò di dare un po' più di stacco ai vari capitoli (ce ne saranno altri due prima della rivelazione finale, così ho deciso).
E nulla.
Comunque, se vi interessa:

Questa è una storiella che ho pubblicato, se vi va passate: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2425632&i=1

Questo è il mio ask, se volete fare domande sulla storia o stolkerarmi nella vita privata: http://ask.fm/compratemiungufo

Infine, questo è il mio tumblr: http://voglioungufo.tumblr.com/


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Capitolo 30
*** Questione di nomi ***


Cap. 30

Questione di nomi.

**

A prescindere odio ogni genere di nome femminile, li detesto tutto dal primo all'ultimo.

Al contrario amo tutti i nomi maschili, non c'è ne uno che non mi piaccia e per questo non so sceglierli.

Dicono che la parte più difficile è il parto. Baggianate, anche scegliere il nome non è uno scherzo...

**

Lasciai Fred in Sala Comune e mi diressi nel mio dormitorio.

«Ho un altro test» gli spiegai a bassa voce «voglio essere sicura al cento per cento, magari erano falsi positivi» fa a me o la mia voce aveva una nota speranzosa?

Anche lo sguardo di Fred era speranzoso mentre diceva «sì sì, controlla!»

Rimase ad aspettarmi nella Sala e io corsi su per le scale fino alla porta della stanza delle ragazze del sesto anno.

Fortunatamente dentro non c'era nessuno e potei prendere indisturbata il test e andare in bagno.

Attesi la risposta del test con il cuore che batteva a mille e nonostante sapessi già la risposta il segno positivo mi svuotò comunque tutta l'aria dai polmoni.

Appoggiai il test nel lavandino e mi fissai allo specchio.

Era ufficiale, sarei stata madre. Mi aggrappai con forza al bordo finché le nocche mi si sbiancarono e la vista rischiò di offuscarsi per le lacrime che minacciavano di uscire. Sbattei le palpebre più volte cercando di darmi con contegno. Piangermi addosso non avrebbe portato da nessuna parte.

Sapevo che se solo avessi voluto avrei potuto abortire ma non presi nemmeno in considerazione l'idea. Era colpa mia, non del bambino, io dovevo pagare, non lui. Ripetermi quella frase mi fece venire un moto di determinazione e drizzai le spalle.

Uscii dal bagno e mi ritrovai a faccia a faccia con Rose.

«Oh, ciao Giorgia! Ti senti meglio?» mi chiese sorridendomi.

«Ehm sì...»

«Bene, hai finito in bagno? La mia vescica sta per scoppiare»

«Cer...» mi bloccai inorridita: il test era ancora sul lavandino e Rose entrando lo avrebbe visto di sicuro.

«Bene, allora fammi passare» continuò lei ignara dei miei pensieri.

«NO! TU NON PUOI PASSARE!» gridai.

Rose si accigliò «Giorgia, hai sbagliato saga. Siamo in Harry Potter, non nel Signore degli Anelli»

La battuta mi lasciò totalmente sorpresa, quini anche il mondo magico era a conoscenza dei romanzi storici – fantasy per i babbani –. Rose approfittò della mia distrazione per scansarmi di lato e ad entrare nel bagno. Nel millesimo di secondo che Rose ci mise a notare il test mi passò in mente che forse avrei potuto appellarlo prima. Purtroppo, ormai era troppo tardi e Rose fissava sgomentata il test.

Rimanemmo in questa posizione, lei davanti al lavandino con la bocca spalancata sotto shock e io sulla porta indecisa se prendere la bacchetta e obliviarla o fare ammissione di colpa, per parecchi secondi che a me parsero ore intere. Non osavo nemmeno respirare rumorosamente per paura di spezzare quello stato di immobilità, qualsiasi cosa pur di non dare spiegazioni.

Ma i miei piani furono bruscamente distrutti da un tornando dai capelli rossi e lucenti che entrò nel dormitorio con un sorriso enorme.

«Allora? Che fate qui impalate? Buon San Valentino!» gridò Dominique sgranando gli occhi contenta.

Merlino, mancava solo che Chloe Nordisque, l'altra compagna di classe, entrasse per completare il tutto.

Dominique vedendo che nessuna delle due rispondeva fece un passo titubante verso Rose con stampato in faccia la sua domanda.

Ma siete diventate sceme che state immobili?

Il primo segno di vita lo diede Rose che indicò il test con la mano tremante e la bocca aperta in un espressione inorridita.

«Dimmi che è di Chloe, ti prego» disse in tono di supplica.

«E' di Chloe» dissi meccanicamente.

Dominique fissò prima me poi Rose curiosa in cerca di spiegazioni, infine si avvicinò a Rose per vedere l'oggetto causante di questo nostro strano comportamento.

Sulle prime lo fissò senza capire, poi nel suo viso si videro i vari gradi della comprensione. Prima aggrottò la fronte, poi la rilassò, aprì la bocca, storse il labbro inferiore, indietreggiò sollevando un bracciò, poi lanciò un grido:

«LO SAPEVO CHE TU E FRANK NON ME LA RACCONTAVATE GIUSTA!»

Lì per lì la mia prima reazione fu l'irritazione: Merlino, per quale motivo dovevano pensare che tra me e Frank ci fosse veramente qualcosa?

«Giorgia...» Rose era ancora in stato di shock «ma che cosa hai fatto?»

Cercai di darmi un contegno e cercai di assumere l'aria più matura e responsabile possibile e iniziai decisa:

«Io...»

Io sono incinta a sedici anni.

E scoppiai a piangere, e al Diavolo l'essere forte e responsabile!

Sussultai quando sentii le mani di Dominique guidarmi verso il mio letto e farmi sedere.

«Calmati, tesoro, non è la fine del mondo...»

«NON E' LA FINE DEL MONDO?» gridai isterica «HAI RAGIONE, E' PEGGIO!»

Rose era ancora bloccata in bagno incapace di intendere e volere. La mia parte rimasta stabile si stupì che fosse stata proprio Dominique a riprendersi dallo shock.

«Se affronti la situazione da questa prospettiva ti risulterà già impossibile» mi accarezzò i capelli cercando di consolarmi.

Rimasi un bel po' di tempo con la faccia nel maglione di Dominique tentando di smettere di singhiozzare come una stupida.

Quando mi ripresi e sollevai lo sguardo notai che Rose si era ripresa dallo shock e si era seduta vicino a me.

«Ok. Che cosa strana» borbottò «Giorgia, chi è il padre»

Il mio labbro tremò «non lo so» e raccontai loro tutta la storia.

«Alla fine quella festa è stata un disastro» sospirò Rose «ha dato un sacco di guai. Ora capisco perché ne fanno così poche»

«Quindi sei già a un mese di gravidanza» fece un rapido conto Dominique «chi lo sa oltre a noi?»

«Solo Fred. E la Chips ovviamente» dissi cercando di scacciare con il palmo della mano.

«Hai avvertito prima Fred di noi? Grazie tante, eh!» Rose fece la finta offesa cercando di ritirarmi su il morale. Non ci riuscì molto ma apprezzai il gesto.

«Dopo devo andare in infermeria per fare la prima ecografia, vi va di accompagnarmi...?» ma nel momento stesso in cui formulai la frase avrei voluto rimangiarmela. Rose vaccillò:

«Devo prima avvertire Scorpius di rimandare l'appuntamento...»

Era San Valentino, Rose aveva il diritto di stare con il suo ragazzo e Dominique di tentar di far colpo sul suo misterioso ragazzo. Non che al momento mi andasse di fare molto l'altruista, anzi, ma avevo pur sempre Fred.

«Non preoccupatevi come non detto» dissi cercando di sorridere «Andate pure, vi mostrerò l'ecografia questa sera»

«Sicura?» mi chiese Rose.

«Scorpius ha programmato questo appuntamento da Gennaio, non dargli buca» le dissi.

«Sì, ha ragione» mi diede man forte Dominique «vai tranquilla, ci sarò io a vegliare su di lei.»

Rose rimase incerta un altro minuto prima di capitolare.

«D'accordo... be', vado a fare quella dannata pipì» questo mi fece ridere. Povera lei e la sua vescica!

 

Scortata da Dominique e Fred varcai l'infermeria. Madama stava sistemando alcuni apparecchi quando ci vide:

«Alla buon ora! Siete in ritardo di due minuti» poi fissò Fred «E così sei tu il padre! Brutto farabutto, ma dove hai la testa?! Incosciente!»

Fred sorrise a mo' di scusa «Non sono molto bravo nei metodi contraccettivi»

Rischiai di soffocarmi con la mia stessa saliva, ma che cazzo stava dicendo?! Non era lui il padre!

«Che vi sia da monito! Con certe cose non si scherza!» dopodiché mi fece distendere su un lettino e mi puntò la bacchetta alla pancia. Sul muro davanti a noi comparve un immagine totalmente incomprensibile, evidentemente l'interno della mia pancia.

Socchiusi gli occhi cercando di capirci qualcosa. La Chips stava indicando due cosette.

«Ecco, e questi saranno i vostri figli, sono sani e non presentano nulla di strano...»

MAWTF?!

Per la seconda volta rischiai il soffocamento prima di pigolare «perché il plurale?»

Madama Chips si girò a guardarmi con fare ovvio ma al contempo grave.

«Mia cara, lei è incinta di due gemelli monozigoti»

**

«Assurdo!»

Ore dopo e cinquemilasettecento “assurdo” sparati da Fred dopo avevo ancora la sensazione di essermi immersa in un lago in Alaska ed essere poi stata investita da un camion.

«Assurdo!»

Sono due, due! Non dovrò badare ad un bimbo, ma a due. E saranno uguali e io non saprò nemmeno riconoscerli, perché, perché, perché, perché...

«Assurdo!»

Dominique e Rose mi guardavano con fare apprensivo. Eravamo in Sala Comunque, ormai deserta davanti al caminetto. Mi sembrava tutto così irreale, così...

«Assurdo!»

Appunto.

«Fred, smettila! Mi urti» lo apostrofò Dominique quando questo aprì la bocca per ripetere...

«Assurdo!» questa volta fui a sbottarlo.

Tutti si girarono a fissarmi stralunati mentre parlavo dopo ore di mutismo.

«Sono due e io non so nemmeno che nome dare! E se sono due femmine? No, Merlino, no, come faccio a spiegare il ciclo? E dovrò fare anche il discorso su Api e Fiori.» mi presi la testa fra le mani «Non so nemmeno che nome dare!»

Silenzio.

«Assurdo!» ripeté Fred.

Già, assurdo sul serio. Ero incinta e al momento il mio problema era che cazzo di nome do ai bimbi?!

«Se sono maschi uno si chiama Gabriele» continuai, parlando da sola «Assolutamente Gabriele, l'altro potrei chiamarlo...boh, mi piace il nome Diomede»

«Diomede?!» Fred mi guardò stralunato «ma che nome è?»

«E' un nome greco» si intromise Rose «Diomede è l'eroe dell'Iliade che ferì il dio della guerra»

Annuii «E' assai figo» tirai su con il naso «e poi mettete la soddisfazione di dire “Sì, si chiama Diomede, Dio per gli amici”»

Scoppiammo a ridere.

«E se sono femmine?» mi chiese Dominique.

«Uff, ci penserò. C'è ancora tempo...» sospirai.

Fred mi cinse in un abbraccio fraterno.

«Grazie per aver detto di essere il padre» gli dissi «almeno se si scopre qualcosa non salta fuori lo scandalo»

Fred fece una smorfia «spero di no, non ho nessuna intenzione di fidanzarmi con te...senza offesa, eh!»

Scrollai le spalle.

«Dovremo avvertire la famiglia prima o poi» mi fece notare Rose.

«Già, non puoi partorire senza che tuo padre sappia niente.»

«Mio papà è disperso» ricordai cercando di trattenere la disperazione.

«Ci sono i nostri genitori, sono sicura che ti aiuteranno. Ormai fai parte della famiglia»

«A pasqua, credo che glielo dirò a Pasqua» pensai tra me e me.

Loro annuirono.

 

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** Regina di cuori o di picche? ***


Buongiorno (o buonasera, solo che adesso è giorno quindi dico buongiorno)

Sono qui per presentarvi un capitolo speciale, ma veramente veramente speciale! Perché non sarà letto come al solito dal punto di vista di Giorgia ma da.....*rullo di tamburi* DOMINIQUE!

Sì, è giunto il momento di conoscere la sua misteriosa cotta...




Cap. 31

Regina di cuori o di Picche?

**

Dominique Weasley, capelli biondi quasi bianchi come sabbia dei Caraibi, occhi azzurri e limpidi come il mare dei Caraibi.

Dominique Weasley, alta e aggraziata, dolce, graziosa, fine e sensuale.

Dominique Weasley, tremendamente dolce, Veela e Delacour.

Questo è il giusto modo per presentare Dominique, cioè non so se questo è veramente il modo giusta ma per sua madre sì, sì questo è il modo giusto in cui la gente debba conoscere Dominique Weasley.

Ma lei non è così.

Dominique aveva i capelli rosso fuoco, l'unica Veela della sua famiglia ad avere i capelli come fiamme; Dominique aveva occhi blu tendenti al violetto per nulla limpidi.

Dominique aveva un'altezza nella media, aggraziata forse sì ma chiunque lo sarebbe con Giorgia Flox vicino; dolce non lo era e nemmeno fine, lei se doveva ti mandava a fanculo senza problemi, lei non aveva paura di usare le parole; non aveva nemmeno la sensualità tipica delle Veele e di sua sorella Victoire, non aveva gusto per la moda, i vestiti li sceglieva a caso nell'armadio ed erano sempre qualche taglia più grande.

Dominique era la delusione di sua madre, fin da quando da piccola rubava i vestiti dei cugini maschi e sporcava o rompeva gonne, calze e vestiti. Sempre a giocare in mezzo al fango, incapace a pronunciare una parola in francese.

Stare ferma, seduta e composta? Impossibile.

Dominique Weasley aveva vita dentro di sé e non riusciva a contenerla.

Odiava la Francia, la moda e la lavanda.

Amava Londra, il mare d'inverno e il caffè.

D'estate passava la maggior parte del tempo nella Londra Babbana a bere caffè, il suo taccuino in mano a scrivere dei posti che le sarebbe piaciuto visitare. Ascoltava i clacson, la gente che parlava e il vento leggero.

Dominique Weasley era casinista, per niente tranquilla.

Dominique Wealey, tremendamente viva, inglese e Weasley.

**


Dominique aveva da tempo abbandonato i vestiti per far colpo sul Ragazzo, era tornata ad indossare la camicia di suo padre e ai capelli legati in una coda pratica.

Come facevano Rose e Giorgia ad avere la pazienza di sistemarsi decentemente ogni mattina lei proprio non lo sapeva.

Certo, quel giorno Giorgia era stata distesa nel letto a contemplare il soffitto il più possibile e ora se ne stava seduta in disparte con Fred a consolarla.

Domi sospirò dispiaciuta per l'amica e sentendosi profondamente egoista, per settimane aveva ignorato le sue amiche troppo presa a seguire un ragazzo fuori dalla sua portata, troppo presa da ciò non aveva visto Giorgia cadere risucchiata da un libro maledetto, non aveva visto Rose farsi in quattro per mantenere la sua media impeccabile e non deludere sua madre, si era ritrovata tutto sbattuto in faccia con una furia tale da lasciarla stordita.

Aveva trovato una lettera di Hermione per Rose in cui dava voce al suo disappunto per lo scarso rendimento scolastico della figlia con la richiesta di lasciar perdere Malfoy convinta che la causa di tutto fosse il ragazzo, aveva trovato Giorgia incinta da non si sa chi e ora si sentiva una perfetta egoista.

Tutta colpa di quel ragazzo dagli occhi nocciola scuro che le aveva rubato cuore, mente e anima.

Proprio in quel momento il suddetto ragazzo entrò nella Sala Grande con l'aria spaesata dal sonno e si sedette proprio vicino a loro.

«'Giorno» bofonchiò rovesciando un bicchiere di succo di zucca.

Dominique cominciò ad agitarsi e sentì le sue guance scaldarsi. Lasciò che alcuni ciuffi le coprissero il viso ma lo spiò da dietro di essi ammirando il mascella (forse un po' troppo pronunciata) del ragazzo il quale sentendosi osservato alzò lo sguardo su di lei rovesciando nel mentre un altro bicchiere. Domi arrossì violentemente e si alzò come una molla «vado a lezione, sono in ritardo, vado a lezione» disse precipitosamente e scappò fuori dalla sala con grande stupore dei presenti.

una volta girato l'angolo e lontana da sguardi curiosi si appoggiò al muro lasciandosi scivolare a terra sussurrando «mi ha guardata»

Già, James Sirius Potter l'aveva guardata.

**


Dominique era un po' un controsenso, odiava la scuola ma le piacevano le lezioni; non le dava fastidio svegliarsi ogni mattina e dirigersi nelle stesse aule a seguire le stesse lezioni, anzi lo trovava confortante come se qualcosa restasse sempre uguale in quell'uragano che era diventata la sua vita. Le piaceva pensare che qualsiasi cosa succedesse alla fine la scuola continuasse sempre nello stesso modo schematico: svegliarsi, andare a lezione, prendere appunti, mangiare il meno possibile a pranzo, ascoltare i professori parlare con voce monotona, fare i compiti in biblioteca e, sì, anche le verifiche a sorpresa potevano stare bene.

Da qualche settimana la scuola la rassicurava e le dava sicurezza molto più dei suoi rari amici. A dirla tutta le davano maggior tranquillità dei suoi stati d'animo e dei suoi pensieri.

Le persone, le emozioni venivano e andavano a loro piacimento lasciandoti una sensazione in pancia confusa come dopo un enorme salto senza paracadute da altezze enormi. Erano imprevedibile e non avevi il tempo di capirle che se ne erano già andate, oppure tornavano e tu ti adattavi, ti abituavi a quella nuova cosa e poi puf, sparite di nuovo e via in un altro vortice di pensieri che la distraevano dal sonno.

Invece lo studio poteva controllarlo, era per colpa sua se prendeva una insufficienza, era lei che decideva di non studiare non un altro. La esaltava sentirsi più forte delle materia complicate, poter vedere un voto alto stampato nell'ultimo compito. Era lei che controllava la sua carriera scolastica, non viceversa.

Tutto il contrario con James. Con lui non aveva certezze, non aveva orari, poteva capitarle davanti in qualsiasi momento e lei avrebbe potuto reagire in qualsiasi modo.

Merlino, quanto avrebbe voluto che qualcuno si accorgesse dei suoi sbalzi d'umore, della cena lasciata sempre a metà, del suo cambio d'umore quando c'era James nei paraggi. Quanto avrebbe voluto che qualcuno le accarezzasse i capelli dicendole che era perfetta così com'era, con i capelli rossi e le felpe troppo larghe.

Si picchiettò la piuma sulla fronte chiedendosi da quando avesse cominciato a piangersi addosso come una mocciosa.

Le delusioni d'amore sono sempre esistite, non ho nessun esclusiva.

Forse solo noi adolescenti l'abbiamo

La campanella suonò decretando la fine della lezione e tutta la classe smise di dare ascolto al professore per sistemare le borse.

Domi cercò di alzare la borsa senza dimostrare la fatica che le prese le braccia e di diresse fuori l'alula sotto quel peso.

A pranzo come al solito non mangiò nulla e come al solito nessuno se ne accorse.

Avrebbe tanto voluto parlarne con Rose e Giorgia ma non se la sentiva, avevano già tanti problemi senza aggiungere i suoi.

Tra scontri con entità magiche, adolescenti incinte, padri sopranaturali e scomparsi, morti che resuscitano le sue pene d'amore erano ridicole.

Perché proprio di tutti gli esseri umani era andata innamorarsi di James, suo cugino?

Non lo sapeva e non voleva saperlo.

**

Il pomeriggio quando prese in mano gli appunti di incantesimi si accorse che, troppo presa da seghe mentali e paranoie, la sua scrittura era indecifrabile e senza senso. Dal momento che prossimamente ci sarebbe stato un compito decise di andare dal professore a farsi rispiegare l'argomento.

Solo quando si trovò davanti all'ufficio del preside si rese conto di quanto il suo comportamento ultimamente dovesse apparire strano davanti agli altri.

Certo, se solo se ne accorgessero... pensò amaramente.

Bussò con decisione ed entrò quando il professore la invitò ad entrare.

Il professor Brown aveva uno degli uffici più grandi ereditato dall'ex professore di incantesimi con un bel caminetto a riscaldare l'ambiente.

«Oh, signorina Weasley, a cosa devo la sua visita?» chiese il professore che a dispetto del cognome aveva occhi verdi cerchiati da profonde rughe e capelli bianchi.

«Buonasera professore» disse cercando di essere educata «vorrei chiederle di rispiegarmi la lezione di oggi...» il professore fece una faccia sorpresa e a Dominique morirono le parole in gola; abbassò lo sguardo studiandosi le mani.

«Ma certo, signorina, la cosa non può farmi che piacere! Si accomodi pure»

Dominique sorride riconoscente e fece un passo verso la scrivania prima di bloccarsi notando un ragazzo seduto in disparte a scrivere freneticamente su una pergamena.

Aveva i capelli neri, certo, ma questo non significava davvero nulla, non poteva essere davvero...

Il ragazzo alzò la testa e ogni dubbio fu scacciato dalla testa di Dominique lasciandole solo delle allegre farfalle nello stomaco.

«Oh, non si preoccupi per il signor Potter» disse Brown con un cenno della mano «sta solo scontando una punizione per avere trasformato lo zaino di una sua compagna di banco in una ranocchia»

James aveva stampato in faccia quella adorabile espressione colpevole che non riusciva mai a smascherare quando ne combinava una delle sue.

Domi cercò di ignorare il cuore e si sedette davanti al professore che iniziò a illustrarle la lezione della mattinata.

Perse il filo quasi subito nonostante tentasse con tutta sé stessa di ascoltare. Nella sua visuale vedeva le mani di James stringere la penna e scrivere in una grafia disordinata parole indecifrabili.

Erano callose a causa degli allenamenti di Quidditch, le dita corte e tozze con le unghie tagliate in maniera irregolare, abbronzate con qualche cicatrice più chiara. Stringeva la penna con una delicatezza sorprendente per via della sua mani grandi.

Non osava girare la testa quel poco che bastava per fissare i suoi capelli neri, arruffati e tagliati male. Sapeva che se solo lo avesse fatto lui avrebbe alzato lo sguardo mostrando le sue iridi nocciola con qualche pagliuzza dorata e sorridenti e spensierate, poi avrebbe distolto lo sguardo imbarazzato ma poi avrebbe ricominciato a scrivere sulla pergamena con sguardo fiducioso.

Rimase per ore, o almeno le sembrò, in quello studiolo ad ascoltare di più il grattare sulla carta della piuma di James che la voce del professore ma quando l'orologio segno sette battiti Brown sobbalzò e disse «accidenti, è passato il tempo! Be', spero che le cose le siano più chiare e che ora si senta più sicura sull'argomento»

A dir la verità no, ma Dominique sperò che quel poco che aveva capito l'aiutasse a studiare per conto suo.

«Sono molto soddisfatto di lei» continuò il professore mentre Dominique metteva via le sue cose «finalmente ha iniziato a prendere seriamente la scuola e noi professori ne siamo assai felici di ciò, la pregiamo vivamente di continuare in questo modo e non come questo furfante!» e indicò James «vada anche lei, continueremo la prossima volta. Buona serata» li congedò.

Quando si rinchiusero la porta alle spalle Dominique sentì gli occhi bruciarle: senza volere il professore le aveva detto che lui e gli insegnanti erano felici del brutto periodo che stava passando solo perché soffocava i suoi pensieri nello studio.

James accanto a lei si stiracchiò e lei non poté fare a meno di odiarlo, era lui la causa di tutto.

Ormai le lacrime minacciavano di uscire così accelerò il passo per poter trovare un posto dove potersi sfogare tutta sola.

«Ma...ehi, Dom!» la chiamò James vedendola allontanarsi. Lei non lo ascoltò e al contrario cominciò a correre sempre più forte finché non si fermò in un angolo a piangere. Si sedette per terra e affondò la testa rosso nelle ginocchia cercando di trattenere i singhiozzi.

Si sentiva stupida a piangere, stupidissima a piangere per quella sciocchezza.

Ma davvero, lei non ce la faceva più.

«Ma perché corri così veloce?» sussultò quando sentì la voce di James ansimante sopra di lei. Alzò la testa e vide il ragazzo appoggiato al muro con una mano al fianco mentre tentava di riprendere fiato.

«Ma perché hai gli occhi rossi?» le chiese notando il rossore nelle iridi «Non stai piangendo, vero?» continuò spaventato.

«No, non sto piangendo» gli rispose con voce soffocata.

«Ah, meno male!» sospirò.

Dominique sentì di odiarlo e di amarlo ancor di più per questo. Perché era così ingenuo e dolce? Se fosse stato stronzo almeno avrebbe avuto un motivo concreto per odiarlo.

Il ragazzo la fissò meglio «Ma non è vero! Stai piangendo!» la rimbeccò offeso.

«James... Merlino...» ma un singhiozzo lasciò la frase a metà.

Ci fu silenzio.

«Perché stai piangendo? E perché non sei a cena? Guarda che stai mangiando troppo poco, lasci sempre il cibo nel piatto!»

Dominique sussultò, ma allora qualcuno se n'era accorto...

Non rispose e rimase raggomitolata nel suo angolino.

James impacciato come al solito spostava il peso da un piede all'altro tirando su con il naso. «Senti volevo dirti...una cosa...» sembrava veramente imbarazzato «ultimamente ho notato che sei veramente triste...e mi chiedevo se ci fosse qualcosa...insomma...Fred dice che è per....»

E Fred cosa ne sapeva di lei?

«Sì, Fred dice che è per...per colpa mia»

Aveva le ciglia talmente lunghe da celare in maniera dannata i suoi bellissimi occhi innocenti. Continuò con il suo discorso «Quindi volevo dirti che per qualsiasi cosa...mi dispiace... insomma se hai bisogno di me...»

Rimasero in silenzio.

«Però non è giusto» fece in poi «non devi piangere»

«e perché no?» lo sfidò lei.

«Perché...perché...» James sembrava cercare una risposta senza trovarla.

Inaspettatamente Dominique sentì una sensazione calda in fondo allo stomaco.

Speranza.

No, non farlo, non sperare, non sperare, non sperare...

«Perché?» lo sollecitò.

Non sperare, non sperare, non sperare, non sperare...

«Perché ti voglio bene!» rispose infine lui con fare ovvio.

Oh.

«Sicuro di volermi solo bene?» chiese continuando a ripetersi quella mantra nella testa.

Non sperare, non sperare, non sperare, non sperare, non sperare....

«Certo» aggrottò la fronte confuso «sei mia cugina, ti devo volere bene per forza anche se a volte sei veramente stronza...»

Dominique sentì ogni più piccola scheggia del suo cuore rompersi e cadere in un rumore assordante.

«Bene» esordì con voce stridula mentre le lacrime le rigavano ancor di più il viso «bene» si alzò.

James la guardò confuso.

«Be', sappi che io, invece, sono innamorata di te!»

E appena lo disse si sentì lo stomaco chiudersi e la testa girare: si era appena dichiarata.

James aprì la bocca «Oh...» la guardo e cercò le parole giuste.

Non sperare, non sperare, non sperare, non sperare, non sperare...

«ma che schifo, siamo cugini»

E le parve di cadere a pezzi, che ogni suo muscolo si lacerasse, che le sue ossa si frantumassero, che il suo cuore smettesse di battere per sempre.

«lo so, James, lo so. Vaffanculo»

E scappò di nuovo e questa volta lui non la seguì.

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Capitolo 32
*** Semen in anno licet insaniret. ***


NB: Questo è il capitolo precedente (almeno l'inizio) visto dal punto di vista di Giorgia



Cap. 32

Semen in anno licet insaniret.

**

Secondo gli antichi Romani è assolutamente lecito impazzire una volta all'anno, ma una volta sola! Già, gli antichi Romani festeggiavano il Carnevale.

In quella festa tutto si capovolgeva e tutto impazziva, non c'era più la dura legge dell'ordine della Res Pubblica.

Quindi non è poi così strano da capire se io e James decidiamo di prendere il sole distesi nel tetto del castello. Peccato che i professori non fossero dello stesso parere...

**

La mattina dopo quando mi sveglia non riuscii a rialzarmi dal letto, evidentemente la forza di gravità doveva essere aumentata e per questo mi sentivo pesante come piombo e non riuscivo nemmeno a sollevare la testa.

Le travi del mio letto erano....sì, interessanti. Cioè, sono di legno e uno pensa che il legno sia solo marrone ma invece no, il legno ha delle venature che rendono tutto più complicato perché non è marrone e basta. Le cose più semplici sono in realtà le più complicate. Ad esempio alzarsi dal letto e iniziare a prepararsi sembra una cosa semplice ma non lo è se improvvisamente la forza di gravità è aumentata.

Ma allora perché questa strana gravità funzionava solo con me e non con Rose e Dominique che si stavano vestendo?

«Forza Giorgia, non puoi saltare la colazione nelle tue condizioni»

La colazione, mhhh, la colazione...no, non si può assolutamente saltare....

Nelle tue condizioni...già, nelle mie cond...

Ebbi uno spasmo e mi rifugiai ancor di più sotto le coperte facendo scivolare le mani sotto il cuscino. Le dita si strinsero intorno a qualcosa di liscio e piatto. Sempre con gli occhi chiusi portai l'ecografia al petto e mi acciambellai come un gatto tenendo stretto il foglio lucido vicino al cuore.

I miei bambini...

Quel pensiero mi sorprese ma suonava davvero bene nella mia testa e rimasi a ripetermelo tra me e me finché Rose non strattonò la coperta lasciandomi sola al freddo della stanza.

Mugugnai qualcosa chiudendo di più gli occhi per l'improvvisa luce.

«Ohh, ma che carina!» mi canzonò Dominique «hai dormito abbracciata ai tuoi bimbi» e aprì la finestra inondando di ancor più luce la stanza. Hai capito, la stronza...

«Su, su, ragazza madre! Non vorrai far morire di fame i tuoi bimbi» Continuò Rose punzecchiandomi con le dita con una voce sorprendente simile a sua madre.

Un altro mugugno che potrebbe essere scambiato benissimo per un “va al Diavolo” o “altri cinque minuti”

«Non li hai cinque minuti» evidentemente Rose ha escluso a priori la parte in cui la mando all'inferno a suon di calci. Peccato, sarebbe una prospettiva allettante...

Comunque mi alzai decisa ad essere una madre paziente ed educata. Mi alzai per ricadere a faccia avanti sul materasso con un sonoro sbadiglio.

Rose sbuffò e Dominique rise, l'altra compagna di classe tornò dal bagno con sguardo confuso:

«Che ha la Flox? E perché parlavate di bimbi?»

Rischiai di soffocare, un po' per le coperte un po' per il fatto che avesse origliato.

«Forse una mia cugina da parte di mia madre è incinta» la liquidò Rose «e vogliono chiamare la bambina Gertrude»

«Oddio, mi dispiace per quella povera bimba» continuò Cloe ignara della vera verità. Decisi che “vera verità” aveva un suono meraviglioso e alzandomi dal letto lo borbottai tra me e me. Magari, se nascevano femmina potevo chiamate una Vera e l'altra Verità. Mh, il mio cervello aveva bisogno di cibo, non funzionava bene...

Sbadigliai ancora e mi alzai del tutto. Rose era già vestita nella sua impeccabile divisa, Dominique si era infilata la camicia del padre e legato i capelli in una coda disordinata.

Repressi un sorriso, la Domi vestita di tutto punto e truccata aveva cominciato a spaventarmi, la preferivo di gran lunga nelle felpe tre volte più grandi di lei.

Malamente mi infilai la prima cosa che mi capitò a tiro.

«Giorgia... hai messo la camicia sotto il golfino» mi fece notare Rose.

«Lancerò una nuova moda» fu la mia pacata risposta.

**

Cercai di abbondare con la colazione ma dovetti lasciarla a metà per una forte sensazione di nausea.

«fa niente, mangio io» mi fece Fred già con la bocca piena della mia ex colazione.

«Ingordo» lo insultai.

«Ingordo e bellissimo» mi corresse.

«Ingordo e presuntuoso» rincarai.

Del succo di zucca mi bagnò l'uniforme facendomi sobbalzare. Acclamate, James aveva fatto la sua entrata trionfale. Lo fissai male mentre rovesciava un altro bicchiere, Dominique invece schizzò su come una molla, borbotto qualcosa e scappò via. Doveva aver capito che era il caso di darsela a gambe per non ritrovarsi la colazione sui vestiti.

«Domani c'è allenamento» disse James sputacchiando bacon.

«Allenamento?» chiesi. Perché quella parola suonava come un campanello di allarme nella mia testa?

«Dobbiamo vincere quella coppa, idiota»

Ah, James che mi da dell'idiota...devo segnarmela da qualche parte... Pensai, prima di comprendere di cosa diavolo stesse parlando. Quindi, secondo la sua logica io dovevo cavalcare una scopa, volare ad altezze vertiginose, trasportare una palla che pesava il triplo di me ed evitare bolidi assatanati incinta di due gemelli?

Mi misi a ridere istericamente lasciando James ancora più perplesso.

«Ehm... gli ormoni» tentò di spiegare Fred.

«Certo che voi donne siete piuttosto incasinate ed isteriche...»

il budino che si trovò spiaccicato in faccia fu più che legittimo.

**

Maledizione agli uomini e alle loro fissazioni per lo sport. E non sto facendo la vittima, ma i giorni a venire furono un vero trauma.

James, per qualche oscuro motivo a me ignoto aveva deciso di allenarci ogni santissimo e benedettissimo giorno, ovviamente il tempo non aiutava e i temporali servirono solo a farmi venire ancora più mal di testa.

Dove cazzo era finito il mio super poter? Quello che controllava il tempo atmosferico, intendo. Anzi, mi sarebbe tanto piaciuto avere un super potere in grado di ammazzare in maniera lenta e dolorosa James Sirius Potter, il quale stava sbandierando i suoi sproloqui in Sala Grande, sputando pezzi di pranzo ovviamente.

«Non siamo messi bene, siete troppo stanchi» andava dicendo mentre il mio piatto si riempiva di pezzi di pollo smangiucchiati. «Ci dobbiamo allenare sei giorni a settima. O meglio dieci volte? Il campo alle cinque di mattina è sempre vuoto...» nel dire queste minacce alla mia salute gesticolava in maniera forsennata spandendo ogni cosa alla sua portata. Prese una forchetta e sembrava sul punto di mangiare seriamente ma si bloccò a metà, colto da un'idea geniale «Severus potrebbe allenarsi anche durante le lezioni! Zio Neville sarà disposto a fargli saltare la sua ora se significa vincere la coppa....» Era troppo impegnato in quei deliri – perché non saprei come altro chiamarli se non deliri – per accorgersi che gli gnocchi stavano per scivolargli dentro il bicchiere.

«Non per smontarti» disse Rose spostandogli il bicchiere e salvando il suo succo «Ma è da quando è nata che non perde un boccino...»

«E DEVE CONTINUARE COSI'!» disse sbattendo il pugno sul tavolo e rovesciando i bicchiere mandando in fumo i tentativi di salvezza di Rose. Dall'altro lato del tavolo Albus sollevò una mano a mo' di saluto e fece un sorriso sarcastico cosa del tutto plausibile visto che James aveva urlato talmente forte che pure in Albania avranno sentito le sue soavi parole.

«Sev è un idiota...» stava borbottando Jamie «gli basta avere una ragazza per andare fuori di testa» si ficcò in bocca i gnocchi e sputacchiando disse «se non prende il boccino giuro che lo castro»

«magari potremmo avvelenare la ragazza» proposi speranzosa.

Almeno avrebbe smesso di portarsi in giro Albus come un trofeo, guardarmi dall'alto al basso come dire “Vedi, con me le cose funzionano veramente mentre con te giocava e basta”. Il restare indifferente o/e rovinarle l'acconciatura con qualche incantesimo nascosto non erano abbastanza per farla tacere e per di più cominciavo ad essere stufa di quei due che si mangiavano la faccia, mi dava un fastidio enorme.

Oh sì, dovremmo proprio avvelenarla.

James non mi prese in considerazione e continuò con i suoi sproloqui aggiungendo di tanto in tanto «i Serpeverdi sono minchioni», «Severus è un idiota» o «Noi vinceremo questa partita» tra una frase e l'altro.

Stava appunto rimarcando con cura e passione quanto Albus fosse una testa di cazzo, di come avrebbe sbattuto la vittoria in faccia ai Serpeverde e dello schema ad albero di natale che diventa a schema V e poi, confondere i nemici, diventa lineare che Dominique fece la sua comparso in sala. Si sedette di fronte a noi e tentò un timido saluto e «come va?» cercando di sembrare il più naturale possibile.

Aprii la bocca per rispondere ma James fu più veloce di me. Lascio cadere la forchetta dalla mano buttandola per terra, la bocca una o perfetta e la sua faccia diventò di ogni tipo di rosso creato in natura o artificialmente.

«Benissimo» rispose con un voce fin troppo stridula «alla grande» si alzò e nel farlo trascinò con sé la tovaglia che trascinò il suo pranzo, il mio adorato pranzo, il pranzo di Rose e di Fred. Si passò una mano dietro la nuca e nel farlo fece cadere un altro piatto e, quando si accorse che tutta la Sala Grande lo stava fissando si diede alla fuga.

In tutto questo io rimasi con la bocca aperta e con uno sguardo sorpreso davanti a quella scia di distruzione, non sarei mai riuscita ad eguagliarlo nemmeno impegnandomi.

«Certo che James è proprio un fissato» sbottò Rose.

«Eh?»

«E' ovvio che se l'è presa con Dominique...» (La citata alzò lo sguardo terrorizzata) «perché continua a saltare gli allenamenti» la guardò male «sta pensando che tu sia una traditrice» spiegò meglio.

«Non ho tanta voglia di allenarmi» rispose lei con un'alzata di spalle.

«Non hai voglia di vivere» mi uscì senza rendermene conto. Il che era vero, negli ultimi giorni Dominique era peggiorata, non sorrideva più e molto spesso la vedevo con gli occhi rossi, ma la cosa peggiore era non conoscere il male, sentirsi rispondere alla domanda “Cos'hai?” un “niente di importante”.

«Non è niente» rispose infatti, alzandosi subito anche se non aveva toccato cibo «Non è niente di importante, sul serio» e forzò un sorriso prima di allontanarsi a lezione.

«Quel ragazzo la sta facendo penare, se solo scopro chi è io giuro che lo ammazzo» borbottò Rose.

Adocchiai un ragazzo che la fissava come se Dominique fosse la cosa più bella del mondo e mi chiesi come mai andiamo tutti a ossessionarci di ragazzi che non potremo mai avere quando potremmo avere il mondo ai nostri piedi.

Senza volere spostai lo sguardo su Albus.

**

«Credi che James metterà mai in atto tutti questi schemi, durante la partita?» mi chiese Rose qualche giorno dopo.

«Nahh, è di Jamie che stiamo parlando» risposi «Alla fine utilizzerà la cara e veccia tattica del 'buttiamo tutti giù dalle scope'»

«Già, è di James che stiamo parlando»

**

«Giorgia? Tutto bene?» mi chiese Fred dall'altra parte della porta.

«Sì» rantolai piegata sulla tazza del cesso «è solo questa maledetta nausea»

**

«DOMINIQUE E' STATA AVVISTATA CON UN RAGAZZO!» Franck ci venne incontro urlando queste parole.

«Cosa? Davvero?» chiesi sorpresa.

«Sì, erano vicini in Sala Grande, sono stati a parlare un po', dopo lui le ha chiesto di uscire e Domi ha detto di sì» confermò Scorpius.

«Sapete chi era?» chiesi sempre più curiosa.

«Non conosciamo il nome e cognome» rispose Franck «ma sappiamo che è un Tassorosso»

«Tassorosso?» pensai ai Tassi che conoscevo e poi chiesi a Rose «Che sia il misterioso ragazzo?»

«Potrebbe essere lui» ammise pensierosa. Fred commentò con un grugnito.

Ovviamente la notizia fu di dominio pubblico in poco tempo.

«Finalmente Dominique Weasley si è trovata il ragazzo!» commentavano alcuni, le ragazze gelose «quella troia cambia ragazzi come mutande» e i maschi «quando si molleranno lei verrà da me»

Io e Rose ci limitammo a tendere un agguato a Dominique in dormitorio.

«Guarda questa brutta Veela che non ci dice mai niente!» l'apostrofò Rose quando la Veela in questione entrò.

Lei si limitò a sorridere, forse un sorriso strano, ma che fu pur sempre un sorriso.

«Be'...adesso lo sapete» disse semplicemente.

«Sì, ma vogliamo tutti i dettagli» dissi trascinandola per un braccio sul mio letto e facendola accomodare «allora, dicci. Come si chiama?»

«Austin Devis, ed è il cercatore di Tassorosso» ci spiegò sempre con quel strano sorriso.

«Cercatore?» chiesi «perfetto! Può farti fornire tutte le informazioni sui loro schemi di Quidditch!»

«Già» rise Rose «così magari James non ce l'avrà più con te per aver saltato gli allenamenti»

Il viso di Dominique si oscurò e borbottò qualcosa sull'idiozia di James prima di aggiungere a voce più alta: «comunque non userò mai Austin per una stupidissima competizioni»

«Brava!» disse Rose battendogli una mano sulla schiena «questo è l'amore»

«Già...l'amore» ripeté Domi con voce assente.

«Ma quindi siamo tutte sistemate» rincarò Rose «manchi solo tu, Giorgia! Quando ti farai avanti con Frank?»

«Mai» risposi meccanicamente lasciandole di stucco.

«Ma come...?»

«Non mi piace Frank» dissi «è solo un amico...e ultimamente non ci sentiamo tanto, non come prima almeno...»

«Ma allora chi ti piace?» chiese Rose.

«Non mi deve piacere per forza qualcuno» risposi andando, senza capirne il motivo, sulla difensiva,

«Certo, come no!» mi rimproverò Dominique «allora per quale motivo ogni volta t'incanti a fissare il nulla con un sorriso ebete?»

«Io non m'incanto a….»

«Ma a chi vuoi darla a bere! Forza, mascalzona, svuota il sacco» ricevetti una fortissima pacca sulla schiena da parte di Rose e per poco rischiai di cadere giù dal letto.

«Saprò se mi piace o non mi piace qualcuno!» sbottai riacquistando equilibrio «smettetela di rompere»

«ma che brontolona» mi apostrofò Dominique.

Sbuffando tirai le tende del mio letto richiudendomi dentro, le chiusi con un incantesimo e mi accoccolai sul letto raccogliendo le gambe al mento e appoggiai il mento sulle ginocchia. La posizione non era molto comoda (la pancia, anche se a rilento, stava cominciando a mostrarsi) ma rimasi così per un po', ascoltando le altre bisbigliare sul nuovo ragazzo di Dominique.

Oh, pardon, con il ragazzo con cui si sentiva Dominique, visto che la suddetta ragazza lo precisava ogni volta.

Ero felice per Domi e forse la mia reazione a quelle domande era stata un po' spropositata, ma proprio non riuscivo a sopportare le persone che chiedevano della mia vita sentimentale, a parlare di queste cose non ero affatto brava e ogni volta arrossivo o balbettavo come una demente. Forse demente lo ero davvero visto che il motivo principale per cui mi ero intanata nel mio baldacchino consisteva nel togliersi dalla testa l'immagine di Al che sbaciucchiava il Criceto, cavolo poteva essere una scena molto traumatica ai minori di novant'anni! Mi dondolai un po' cercando di scacciare quella scena, ma prima di riuscirci incominciai a immaginare, a ricordare quando avevo incontrato Albus, di quanto io fossi stata normale, forse un po' stravagante, ma i miei pensieri erano sempre quelli di una qualunque adolescente. Pensai a quanto mi divertissi con Albus, mi ritrovai perfino a ricordare il sapore della labbra di Albus, di quel bacio in biblioteca e di quanto adorassi passare la mano tra i suoi capelli neri e questo era stupido, ricordare queste cose serviva solo a confondermi ancor di più e al momento dovevo essere lucida. Insomma, non avevo solo la preoccupazione di allevare in futuro due gemelli, ma dovevo anche salvarmi la pelle dai Deliranti o come diavolo si facevano chiamare e come se non bastasse avrei dovuto uccidere anche Delirium e per quanto mi risultasse difficile considerarla un essere umano l'idea mi terrorizzava.

Ero solo una ragazza, dopotutto, una ragazza che si stava ritrovando a crescere un po' troppo velocemente e ricordava i momenti passati conscia che probabilmente non sarebbero più capitati.

Per questo pensavo ad Albus, era ovvio, era stata l'unico ragazzo che avessi mai avuto.

La posizione ormai veramente fastidiosa mi costrinse a a distendermi sul letto e mi misi un braccio davanti agli occhi e la mano sospesa in aria e mi ritrovai a pensare che io le mani le lascio sempre un po' a caso, non so mai dove metterle, le incastro tra i capelli, dentro le tasche dell'uniforme, chiuse a pugno ma comunque non hanno mai un posto loro anche se sono piccole – forse un po' troppo per una ragazza della mia età – e forse è per questo che perdono tutto , gomme, piume, forcine e persone; un po' come le mie labbra, che perdono parola e pensieri, i discorsi iniziati ma mai finiti, lasciai sospesi per paura di una parola di troppo, e la mia testa come se perde le cose, i momenti, le date e le voci, non riesco a ricordare tutte le regole delle Rune e gli accenti che butto sempre a caso e quanti abbracci ho perso?

Ma qui mi bloccai e mi chiesi quanti in effetti fossero gli abbracci persi e mi resi conto che in realtà erano solo abbracci mancati e che io in realtà abbraccio veramente poco. E fa strano, io che sono una ragazza estroversa, io che sono un frullato ho abbracciato pochissimo, sono sempre stati gli altri ad abbracciarmi. Fred, Albus, Gabriele, Rose, Dominique e perfino mio padre. Ho sempre concesso pochi abbracci, molto spesso per la paura di non essere all'altezza. Ecco, forse la verità era proprio questa: io non so abbracciare. Non so come si fa a incastrare i corpi, troppi spigoli, non sono mai riuscita a combaciare con il corpo di altri. Stringevo a caso, oppure non lo facevo affatto. Ma ho abbracciato anche io, ho abbracciato Gabriele quando tornai dall'Olanda dopo un anno di lontananza, spintonando la folla di Trafalga Square gettandogli le braccia al collo e urlando il suo collo; ho abbracciato papà quando vidi l'ultimo spettacolo teatrale, l'ultimo abbraccio che gli abbia mai dato; ho abbracciato Fred quando lo incontrai e ora che ci penso non trovai spigoli, forse era destino, che vi devo dire, eravamo fatti per essere migliori amici; ho abbracciato Albus una volta sola, accarezzandogli i capelli e ascoltando il suo respiro, non so quando, ma me lo ricordo e mi ricordo che stavo bene.

Mi salì la malinconia contando gli abbracci dati sul serio degli ultimi cinque anni, si contavano sulle dita delle mani e lo trovai un difetto.

Un difetto orribile.

Poi mi addormentai, con le scarpe ancora addosso e la camicia dell'uniforme ma poi mi addormentai e sognai Albus che...e va be', questo lo tengo per me perché certe cose non vale la pena dire e nemmeno scrivere ma solo tenersele per sé.

Poi mi addormentai e sognai Albus e quando ritrovai l'ecografia sotto il cuscino non mi parve più un difetto. Di tempo per abbracciare ne avrei avuto ancora e 'sta volta l'avrei fatto meglio e più forte, forse in questo modo non se ne sarebbero andate.

**

Stavo camminando tranquillamente con Fred per i corridoi e il mio amico era stranamente silenzioso, aveva detto solo poche parole prima di sprofondare in quel deprimente silenzio che durò tutta la mattinata.

A pranzo la sua faccia era sempre la stessa, così mi avvicinai a Justin Boul, un suo compagno di stanza e chiesi cosa fosse successo.

«Lui e Potter hanno litigato» rispose lui, lasciandomi spiazzata.

«Litigato?» loro? Impossibile, vivono praticamente in simbiosi.

«Sì, Fred ha detto a James qualcosa riguardo una ragazza e che se l'era cercata...non ci ho capito molto, ma non è stata una litigata epica, hanno solo urlato un po', si riprenderanno subito...»

«Ah» dissi solo chiedendomi se quello fosse il reale motivo del cattivo umore di Fred. Il quale alzò la testa sconfortato quando vide Dominique entrare con Austin, forse sperava che fosse James venuta a chiedergli scusa.

James era fatto così, ti mandava a fanculo ma dopo veniva subito a chiedere scusa.

Insomma, James se si arrabbiava non si arrabbiava mai sul serio e di stranezze ne aveva fatte a bizzeffe, ma vedere Lily corrermi incontro dicendo: «James è salito sul tetto e non vuole scendere!» quasi piangendo ma lasciò del tutto sbigottita.

Che diavolo ci fa James sul tetto?!

«Ti prego, ti prego» mi urlava Lily strattonandomi per la manica mentre mi portava nel luogo del delitto «fai qualcosa, se i professori lo beccano sono guai seri!»

«Va bene, va bene» sbuffai, mentre lasciavo cadere la borsa e mi accingevo ad arrampicarmi «vedo se riesco a fare qualcosa»

L'arrampicata fu un disastro ma riuscii a raggiungere indenne il tetto. Mi ricordai comunque di ricordare a Lily che non sarei andata mai più a riprendere James sul tetto solo perché un allenamento di Quidditch era andato male. Solo quando lo vidi mi accorsi che molto, ma molto probabilmente il Quidditch non centrava nulla e che, anzi, la faccenda era veramente seria.

«Jamie?» lo chiamai.

Il suo evidentemente avrebbe dovuto essere un grugnito infastidito del tipo “che cazzo vuoi?!” ma assomigliò terribilmente a un singhiozzo soffocato.

«James?» Cazzo, ho sempre fatto schifo a consolare le persone.

Lui non rispose, serrando le labbra in un taglio.

«James?»

Non avevo mai visto James in quello stato, mai. E stava anche per piangere, lui che non piangeva mai. Nemmeno quando era precipitato dalla scopa rompendosi un braccio aveva pianto, lui non piangeva mai veramente. Lui, il migliore idiota della scuola che non conosceva nemmeno il verbo piangere, che ti dava sempre un sorriso, stava piangendo.

«James?» lo richiamai.

«Vaffanculo!» rispose.

Be', anche io avrei risposto così se qualcuno mi avesse chiamato per cento volte.

«Cosa ci fai sul tetto?» gli chiesi.

Tirò su con le spalle «Prendo il sole»

«James, non c'è il sole...» gli feci notare.

«Lo aspetterò» certo, come no. Hai meno pazienza di me.

«Siamo in Scozia, in Scozia non c'è mai il sole. Ci vorrebbe un miracolo...»

«Allora aspetto un miracolo»

Aveva le lacrime incastrata nelle ciglia, ma non scendevano e a me andava bene così. L'idea che si mettesse a piangere sul serio mi terrorizzava più di qualunque altra cosa.

«Posso aspettarlo con te?» gli chiesi.

Lui si fece più in là, come a dire “fai pure, il posto c'è” e io mi sedetti più comodamente fissando il cielo grigio.

«va tutto bene?» gli chiesi.

«Sì» rimase un po' in silenzio «è solo che...» si morse il labbro.

Che?

«E' normale che una ragazza ti faccia una dichiarazione e quando gli rispondi no lei se ne va con un altro?»

la domanda mi lasciò un po' spiazzata «dipende, magari ha capito che non ha possibilità e allora guarda i suoi orizzonti...»

«ma se questo mi facesse stare male?» continuò.

«Allora non le avresti detto no. Per quale motivo l'avresti fatto?»

«Per vederla felice, forse» disse, pensandoci.

Guardai la punta delle scarpe, pensandoci su «e tu non l'avresti resa felice?»

Lui mi guardò in attesa di un intervento divino che rispondesse alla mia domanda ma quando si rese conto che ciò non sarebbe avvenuto disse «non credo»

«Perché no? Se ti piace...»

«ma è complicato...»

«l'amore è sempre complicato» dissi filosoficamente pensando a un ragazzo con i capelli neri e gli occhi verdi.

«Le ragazze di più e lei è molto complicata» con una mano scacciò rabbiosamente una lacrima uscita dal suo controllo.

«Domi ha rotto il cazzo» sbottò alla fine.

E adesso cosa centra Domi?!

«Mi critica sempre, e una volta che faccio io una critica se la prende a morte... e non ha nemmeno accettato le mie scuse!»

Lo fissai male, Domi sapeva quanto me che uno dei pochi modi per ferire James era non accettare le sue scuse, perché lo avrebbe mai dovuto fare?

«Tu cosa faresti» interruppe i miei pensieri «se una persona importante ti trattasse male?»

Pensai ad Albus e pensai a me, a fare compagnia a James aspettando il sole.

«Andrei in un tetto a prendere il sole» risposi.

«non c'è mai il sole in Scozia» mi fece notare.

«Allora aspetterei in un miracolo»





Nda

ciao, sono arrivata. Ho visto che il capitolo dal POV di Dominique non è dispiaciuto, così mi chiedevo se vi sarebbe piaciuta avere un altro capitolo con il POV di un altro personaggio ( a vostra scelta, basta che non sia di Fred, Anna e Albus).

Ah, so che gli ultimi capitoli hanno fatto veramente cagare e mi dispiace, ma ho avuto un blocco e spero di essere riuscita a fare questo capito abbastanza bene...

Vi chiedo di recensire per sapere come fare con i POV visto che a me non cambierebbe nulla.

Ringrazio le meravigliose personcine che hanno recensito, vi aspetta il paradiso!

Voglioungufo

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Capitolo 33
*** La piccola principessa dagli occhi color tempesta ***


Cap. 33

La piccola principessa con gli occhi di tempesta

**

Non sapevo dov'ero. Non riuscivo a respirare, l'aria non arrivava ai polmoni. Soffocavo, ero troppo pesante. Il cuore era troppo pesante.
Era rosso, era sangue, scivolava sui miei occhi e non vedevo.
Non capivo.
Cosa ci facevo lì?

«la piccola principessina,

la piccola bambina,

si è persa nel boschetto.

Arriva il lupo, che farà?

Aiuto! Aiuto!»

Arrivò un ragazzo, l'unica cosa che vedevo in quel buio di sangue. Arrivò un ragazzo con i capelli neri, gli occhi tempesta e il sorriso folle.

«arriva il lupo, che farà?

Aiuto! Aiuto!»

**

Alla fine, anche se ero andata sul tetto per convincere James a scendere, rimasi a guardare le nuvole tingersi di rosso fino a quando un incazzato professore di Aritmazia non ci trovò sbraitando in tutte le lingue e in tutti i modi a lui conosciuti.
«CHE CI FACEVATE SUL TETTO?»
«Semen in anno licet insaneret» avevo risposto. Il professore o non aveva capito o non condivideva il mio pensiero e questa sua chiusura mentale ci trascinò dritti dritti dalla preside a beccarci una punizione. Questa, scoprendo che eravamo noi i presunti colpevoli, si lasciò andare in un sospiro esasperato.

«Cosa devo fare con voi? Cosa?» ci aveva guardato dalle lenti degli occhiali in una maniera tale che anche il più coraggioso degli spartani sarebbe corso al riparo. Ovviamente, né io né James eravamo spartani e il nostro istinto di conservazione era molto basso quindi restammo in silenzio mentre la preside si sfiorava.

«Ci saranno provvedimenti, manderò una lettera ai vostri genitori affinché vengano domani in riunione e ci sarete anche voi, naturalmente»

A questa prospettiva James si era finalmente spaventato ma io ero troppo intontita dalle lunghe riflessioni che avevo fatto sul tetto e quindi le sue parole mi parvero prive di senso.

Senso che presero poi il giorno dopo, sempre in quell'ufficio, seduti su una sedia ad aspettare l'arrivo dei nostri genitori.

O meglio, dei genitori di James.

Non sapevo nemmeno dove fosse papà, ma una parte di me sperava che avesse ricevuto la lettera e che sarebbe arrivato a scuola per prendere atto del mio comportamento e della mia punizione.

In effetti ho passato la maggior parte del mio tempo a Hogwarts o in infermeria o in punizione...

Arrivarono i Potter ma non arrivò mio padre e la McGranitt attese per mezz'ora pazientemente prima di sbottare:

«Signorina Flox, conosce la ragione del ritardo di vostro padre?»

«Sì» avevo risposto stupendo me stessa in primis «non verrà»

«Come sarebbe a dire? La lettera era chiara...»

«Non ha ricevuto nessuna lettera» la interruppi, sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi per uscire ma coraggiosamente le scacciai tutte «Non ha più ricevuto lettere, papà è chissà dove e io non lo so, papà non c'è più» soffocai un singhiozzo sull'ultima parola creando un verso soffocato.

La stanza pareva congelata, tutti i presenti, perfino i quadri, mi fissavano sconvolti.

«Cos'è?! Uno scherzo?» chiese la McGranitt con una voce gelida.

Magari lo fosse, magari...

Dissentii con la testa fissando il pavimento in marmo.

«Da quanto tempo non risponde alle tue lettere?» chiese Harry Potter lasciando la divisa da papà venuto a fare una lavata di capo al figlio maggiore per indossare quella del Capo del Dipartimento Auror.

«Da inizio Dicembre...»

«Sono quasi tre mesi» mi fece notare, con voce calma «perché non hai avvertito nessuno?»

«Ho avvertito qualcuno» mi premurai di dire ma appena le parole uscirono dalle mie labbra desiderai non averle mai detto e mi morsi il labbro inferiore con aria colpevole.

«E a chi lo hai detto?» inarcò un sopracciglio.

Ecco «A Rose, Dominique, Fred, Frank, Scorpius, James e Albus...» in effetti la lista era anche lunga se non fosse stato per un piccolo particolare...

«Avete sedici, diciassette anni. Cosa contavate di fare?»

Appunto.

«Tu alla mia età hai combattuto Voldemort» beato James che a volte accende il cervello.

«Era diverso, Jamie, le cose sono cambiate. Eravamo in guerra...»

«Ma c'è comunque una matta psicopatica chempfff...» con un sussurro lanciai un incantesimo a James e la sua lingua gli si incollò al palato.

«E questo cosa sarebbe?» chiese la McGrannitt.

«Niente, niente. E' solo James che salta fuori con le cose da James» mi affrettai a spiegare guadagnandomi un occhiata incacchiata di quest'ultimo.

Harry Potter fece una faccia molto perplessa ma la cancellò subito con un colpo di tosse e riprendendo l'aria professionale mi assicurò:

«vedrò di aprire un'inchiesta per ritrovare tuo padre ma avremo bisogno anche del tuo aiuto. Dobbiamo sapere tutto su di lui»

Dovete sapere anche se è un De Immortalis? Pensai fissandolo riconoscente.

«Stai tranquilla, da qualche parte dovrà pur essere e noi lo troveremo» mi sorrise.

Morale della favola visto dalla prospettiva di James due ore dopo: io e James avevamo saltato una punizione e lavata di capo, che grande botta di culo!

**

L'interrogatorio non fu terribile, mi chiesero solo di amici, parenti, del lavoro di papà, dei miei anni in mezzo ai babbani. Rimasero molto sorpresi quando scoprirono che oltre a papà non conoscevo nessun altro mio familiare e dei miei numerosi viaggi prima di stabilirmi a Londra. Glissai sui particolari che non erano particolari, tipo il fatto che papà fosse un De Immortalis e che una pazza scatenata schizofrenica mi desse la caccia per farmi fuori (sempre parole di James) e che molto probabilmente il destino del mondo era sulle mie braccia.

E quando Rose me lo fece notare quasi rischiai di avere un attacco di panico in mezzo al corridoi.

Il destino del mondo dovevo reggerlo io? Arrivo a malapena al metro e sessanta, dove l'avrei la forza? Nei piedi? Non prendiamoci in giro, io non sono mai stata abbastanza forte per reggere la mia vita seriamente figuriamoci tutto il mondo.

«Calmati, calmati» mi aveva detto appoggiandomi una mano nella spalla mentre il mio respiro accelerava sempre di più a tal punto che cominciò a girarmi la testa «non sei sola, ci siamo noi con te. Stai calma!»

Aveva continuato a ripetermelo fino a quando non mi ero calmata ma entrambe arrivammo tardi alla lezione. Fortunatamente i professori dovevano essere stati avvisati della scomparsa di mio padre e si limitavano a riprenderci e a toglierci pochi punti senza aggiungere punizioni.

Il problema maggiore consisteva nella pancia che cresceva a vista d'occhio con mia grande preoccupazione.

«Ma è normale?» chiedevo guardandomi di profilo davanti allo specchio.

«Ma certo, sei incinta di due bambini, non di uno.»

In ogni caso fui costretta a dare la mie dimissioni come giocatrice di Quidditch a James e oltre alle gocce di pioggia che scendevano inesorabili da più di una settimana piovvero anche gli insulti rivolti alla sottoscritta. Un altro problema causato da questa scelta furono le numerose domande che mi porsero i miei compagni di squadra e non per il mio ritiro, fu veramente difficile rispondere a Frank e non riuscii mai a guardarlo negli occhi per tutto “l'interrogatorio”. Non volevo dirglielo e magari ero pure egoista a non farlo, magari lui meritava di saperlo ma non ci riuscivo; come l'avrebbe presa? Come l'avrei presa io? No, no, rimasi zitta e inventai una bugia. Tanto a Pasqua lo avrebbe scoperto comunque, poteva aspettarlo, non faceva male aspettare un po'. Forse.

E i giorni passavano così velocemente che l'orologio sembrava impazzito, Febbraio finiva e Marzo si presentava con i primi timidi raggi di sole facendomi sentire un po' più fiduciosa su di me, sul mondo, su tutto. Il sole a volte a questa strana capacità di darti fiducia.

Stavo cominciando a mettere pian piano a posto i tasselli delle mie scoperte ed ero riuscita a dare a quasi tutte le persone coinvolte il loro rispettivo personaggio del passato.

Io, ovviamente, ero Godric, Fred Salazar Serpeverde, Rose Priscilla Corvonero, Scorpius Charles e Albus, per quanto mi provocasse fitte al cuore, Candida.

Alcuni personaggi restavo un mistero e non capivo a chi assegnarli, ma facevo progressi e questo mi rendeva molto orgogliosa di me.

Andavo molto frequentemente da Madama Chips con la storia dei gemelli, evidentemente avevo bisogno di più visite del normale.

Frank si comportava da Frank, mi stava vicino e mi portava la borsa, riempiva i silenzi con le sue chiacchiere sulla scuola e altre cose che al momento mi sembravano così poco importanti. Non mi chiese mai nulla sul fatto che gli piacevo, nessuna risposta, evidentemente aspettava paziente e nel frattempo si comportava come suo solito, con la sua gentilezza e il suo carattere solare. E io mentre ero con lui mi lasciavo trascinare in un mondo dove ero una normale adolescente, in un mondo dove la vicinanza di Al non mi provoca brividi ovunque. Una cosa strana, perché la sera mi sentivo peggio e mi sentivo una candela: la fiamma illuminava il buio ma lentamente consumava anche me fino quando non ci sarebbe stato più nulla, solo un vuoto e anche la luce si sarebbe spenta, solo il buio.

Il tempo passava, il sole tramontava e la luna sorgeva, la mia pancia cresceva e arrivò il giorno prima delle vacanze Pasquale così improvvisamente che mi bloccai nel letto, terrorizzata all'idea di preparare il baule.

Era arrivato il momento della verità.

**

Non ricordo per quale motivo mi trovassi là, fatto sta che camminavo per un corridoi con la mente persa chissà dove. Ero troppa impegnata a seguire i miei pensieri che non mi accorsi che l'aria intorno a me era cambiata, una fitta nebbia aveva occupato il corridoio. La cosa mi lascio molto sbigottita, ero in un luogo chiuso, come aveva fatto ad entrare? In più non riuscivo più a capire dove fossi e cominciai a sentire una strana inquietudine infiltrarsi nel mio cuore.

Davanti a me vidi l'immagine tremolante di una persona. Socchiusi gli occhi e affrettai il passo verso la figura urlando un 'ehi' per attirare la sua attenzione. Ma quando fui abbastanza vicina per riconoscerla desiderai con tutta me stessa tornare indietro e scappare via.

«ciao» mi sorrise Delirium.

Il mio corpo scattò senza un ordine preciso e parando le mani davanti a me lanciai una barriera luminosa tra me lei.

Non ci riuscirà mai ad uccidermi, pensai e mentre quelle parole prendevano forma nella mia testa sentii un brivido percorrermi la schiena. Era di sicuro lì per per uccidermi.

Quando Delirium si scontrò con la mia barriera fece un saltò all'indietro e ringhiò «cosa stai facendo?!»

«Stammi lontana!» le gridai in tutta risposta.

«Dammi un buon motivo per farlo!»

«mi vuoi uccidere!» risposi facendo alzare ancor di più la mia barriera pronta a un suo incantesimo. Non mi spaventava, ora conoscevo la mia magia e sapevo controllarla.

Non perfettamente, ma questo è un dettaglio del tutto insignificante...

Delirium rimase a fissarmi immobile, presa di contropiede.

«Tu credi che io sia qui per questo?» chiese scandendo ogni parola «Per uccidere mia sorella?» sembrava esterrefatta.

«Sono il Chaos, solo una di noi due può vivere» sbottai aspra «e tu non sei mia sorella»

«Già, in realtà sarei la tua gemella» arricciò le labbra come se stesse ringhiando «ora smettila di fare la stupida, ti devo parlare!»

«Come posso fidarmi?» non ero intenzionata a cedere così facilmente nonostante la curiosità si stesse intrufolando nel mio cervello.

«Perché è importante!» sembrava esasperata e fissava la mia barriera in maniera angosciata.

«Non mi hai ancora convinta!» dissi quando la vidi fare un passo verso di me, la mia barriera mandò una scintilla.

«Si tratta di papà!» si risolse a dire e quando quelle parole presero senso nel mio cervello mi sentii come dopo una lunga doccia fredda. La sorpresa fu tale che la barriera sparì e lasciai a dividermi da lei solo l'aria.

«Cosa gli hai fatto...?» sussurrai mentre sentivo la rabbia tornare a ribollire nel sangue.

«Io niente!» si difese «è lui ad essere un maledetto testardo, ha fatto tutto da solo» sembrava quasi indignata dalla mia accusa.

«Cosa gli hai fatto?!» decisi di ignorarla «Dove l'hai mandato?»
«Non sono stata io!» si mise le mani sopra le orecchie «non sono stata io! Smettetela!»
...smettetela?

Mi trattenni dal farle notare che c'ero solo io e che solo io le stavo parlando.

Già, perché lo sto facendo? Perché non posso schiantarla e rimandarla al Creatore?

Perché tu non sei un assassina” mi suggerì una voce nella mia testa.
Odiavo le vocine, specialmente quelle con la voce da saputella e che avevano dannatamente ragione.
«Tu sai dov'è?» mi rivolse aspra alla mia gemella malvagia.
«No»
«Sai come sta?»
«No»
«E allora minchia vuoi?» sbottai. Mi sembrava del tutto legittimo perdere le staffe.
«So come puoi trovarlo» si morse il labbro inferiore «so come tu puoi farlo tornare da te» si corresse.
Ok, la questione era semplice. Mi trovavo in un corridoi nebbioso con una ragazza che saltava fuori essere il Delirium, nonché la mia sorella – no, pardon, gemella –, nonché quella che dovevo fare fuori e questa tizia mi veniva a parlare in un modo da fare sembrare La Pizia di Delfi una novellina a confronto.
Benissimo, posso schiantarla adesso?
Ovviamente no, visto che la sopracitata aveva iniziato a parlare a ruota.
«Tu hai un braccialetto lo so perché è grazia a quel braccialetto che ti hanno trovata quando sei andata a casa in realtà è un localizzatore per individuare la tua posizione se lo indossi...»
«Frena, frena, frena» la stoppai «hanno inventate le virgole, usiamole» la fissai sospettosa mentre respirava affannosamente. Evidentemente dovevo essere molto minacciosa...buon per me e peggio per lei.
«Tu hai un braccialetto» ripeté.
«E grazie al cazzo, ne ho tantissimi» commentai acida.
«E' quello che hai trovato a casa di papà» si affrettò a spiegare.

...uh?
Mi sentivo molto James, non capivo proprio di cosa stesse parlando. Un braccialetto che ho trovato a casa di papà? Che braccialetto?
«Quando sei andata e hai incontrato i Deliranti» continuò indovinando evidentemente i miei pensieri.
Costrinsi il criceto che faceva girare la ruota per dare energia al mio cervello per capire di cosa stesse parlando. Me lo ricordavo quel giorno, mi ricordavo di come quel coglione di Al mi avesse seguito e ricordavo altrettanto bene come mi aveva guardata quando avevo indossato il vestito.
Insomma... era adorabile
.
Trattenni a stento l'impulso di sbattere la testa contro il muro, dovevo pensare seriamente e non mettermi a pensare a quell'imbecille.
Un braccialetto, un braccialetto, un braccialetto.
Stranamente fu proprio l'idea di sbattere la testa contro il muro che mi fece venire in mente quando ero inciampata nell'armadio e avevo sbattuto la testa contro la parete del guardaroba rivelando uno scompartimento segreto.
«Ah» dissi strizzando gli occhi.
Bah, mi sembra ovvio che con tutto quello che sia successo dopo me sia dimenticata...in effetti il braccialetto devo averlo buttato da qualche parte nel baule. Spero.
«hai capito cosa intendo?» mi chiese speranzosa.
«S-sì.» dissi.
«Ecco, quel braccialetto rivela la tua posizione»

Oh sì, grazie, adesso è tutto chiaro...
Delirium ignorò il mio sguardo omicida e continuò «Se lo indossi papà ti troverà e ti raggiungerà ovunque tu sia»
«Subito?» chiesi, cercando di trattenere la speranza nella mia voce.
«No, non credo almeno...ha perso molta magia nello scontro...» la voce le morì in gola quando si accorse di aver rivelato troppo.
«Cosa?» mi sentii molto Ade, il cattivo del cartone della Disney Hercules, che quando si incazzava diventava una fiammella umana.
Delirium dovette fiutare il pericolo per la propria incolumità perché fece qualche passo indietro «è vivo» si affrettò a spiegare.
«Te lo auguro!» sbottai sempre più arrabbiata «e non ho ancora deciso se crederti o no»
«Ma devi» disse mentre un sorriso malato le compariva nelle labbra facendola ritornare la ragazza del nostro primo incontro «la mia è l'unica pista che hai.»
Odia dover ammettere che aveva ragione, lei era l'unica ad aver presentato un modo concreto per trovare papà.
«Io..io ti..» iniziai con tutto il disprezzo che avevo nella voce.
«No, non dirlo. Le parole sono molto potenti. Specialmente per quelli come noi» mi intimò.
Improvvisamente mi sentii stanca, prosciugata da tutte le energie «perché lo stai facendo?» chiesi sfinita.
«Perché non sono tua nemica» e lo disse in una maniera così risoluta e triste allo stesso tempo che mi ritrovai mio malgrado a crederle.
«ok... non siamo nemiche» acconsentii.
Quella conversazione diventava sempre più strana, battuta dopo battuta e non sapevo più dove mettere la testa. Cosa pensare.
Non siamo nemiche, e allora cosa? Cosa? Avevo sempre odiato non trovar un nome a qualcosa, a un rapporto, era frustante.
«Gli vuoi tanto bene?» mi chiese a bruciapelo «a papà, intendo»
Strizzai gli occhi «Certo, è mio papà...» ho già detto che questa conversazione ha del surreale?
«Sì, ma intendo... insomma, gli vuoi bene solo perché è tuo papà?»
Ma che cazzo? Quella domanda aveva un che di inquietante, mi ricordava troppo la conversazione de Re Lear quando il padre chiese alle figlie quanto gli volessero bene e in base al loro affetto distribuire il suo regno a loro, come eredi.
Le due figlie più vecchie, entrambe malvagie, avevano risposto lodandolo e usando parole sproporzionate per ricevere una grossa fetta del regno.
La figlia minore, che amava sul serio il padre, rimase sorpresa da quella domanda e rispose semplicemente “Ami vostra maestà secondo il vincolo filiale, né più né meno”.
Ora capivo come aveva dovuto sentirsi la giovane figlia e pensai che non se la sarebbe presa se avrei riciclato la sua battuta, ma quando aprii la bocca un'altra voce risuonò nel corridoio.
«Che cazzo?»
Fred?
Poi successero molte cose contemporaneamente. Fred iniziò a tremare violentemente, le vene ben visibili nel collo, lo sguardo furioso e i denti digrignati; io venni sbalzata indietro da una barriera azzurrina, dietro la quale Delirium si era accucciata e si tappava le orecchie con le mani, il viso deformato.
«Andate...via...» ansimò «s...u...bi...to..»
«Cosa diavolo sta succedendo?» avevo pieno diritto di fare quella domanda.
La barriera si spezzò e Delirium divenne...terrificante.
Solo in quel momento mi accorsi che portava un grazioso vestitino da principessa grigio che contrastava in maniera oscena con i suoi occhi orribili, azzurro tempesta. Il suo sguardo da pazza mi congelò al mio posto.
Perché, ma dico perché non capisco mai nulla di quello che succede?
Cominciai a tremare violentemente, ma allo stesso tempo la mia pelle iniziò a bruciare. Sentivo caldo ma non riuscivo a muovermi come paralizzata daun incantesimo, e tutto sembrava troppo luminoso. E la pancia, mi faceva male la pancia...
«Fred...» dissi a fatica e mi girai per vederlo. Era rannicchiato a terra e gridava qualcosa contro Delirium, lei rideva e lo guardava con un luccichio negli occhi di tempesta da far paura anche al buio.
Poi ci fu una luce così accecante che tutto divenne bianco e il corridoio ritornò deserto.
Ero distesa a terra e Fred poco lontano da me aveva i capelli che da neri ritornavano rossi.




Nda:

Sbadabum! Ecco a voi. Ora amatemi perché vi lascio anche troppi indizi quando avevo promesso che su questo avrei taciuto... però volevo mettere un capitolo sbadabum così eccolo qui.
Nel prossimo capitolo si va alla Tana e beh, vi prometto che ci sarà da ridere e tornerà finalmente un vecchio amico.
Adesso vado, prima di rivelare troppo.
Ah, comunque se andate sul mio ask e mi chiedete posso postarvi la foto di un disegno che ho fatto di Giorgia e Delirium (ask: http://ask.fm/compratemiungufo)
Ok, adieu a tutti! Mi raccomando recensite xD

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Capitolo 34
*** Delle semplici mosse per...non conquistare proprio nessuno ***


Cap. 34

Delle semplici mosse per...

non conquistare proprio nessuno

**

Credo che quando tutta questa storia sarà finita scriverò un libro, un libro che salverà la vita a milioni di persone. Credo che lo intitolerò “Delle semplici mosse per non conquistare proprio nessuno!” Nella mia modesta, ma importantissima, opinione questo libro diventerà per molti la Nuova Bibbia e fonte di ispirazione per non ricevere facce schifate dalla persona corteggiata (come nel caso di James) o tremendi attacchi di depressione acuto (come nel mio caso).

Diventerà un best-seller internazionale. E io sarà ricca, ricchissima.

**

So che probabilmente avrei dovuto preoccuparmi del cambio di colore di capelli di Fred, so che probabilmente avrei dovuto chiedermi cosa fosse successo, dove fosse finita Delirium e che avrei dovuto avvertire gli insegnanti ma l'unica cosa che feci fu schizzare via da quel corridoio correndo come una disperata.

Il mio cervello aveva un sovraccarico di immagini e pensieri confusi, a malapena vedevo le pareti dei corridoio, tutto era focalizzato in ciò che mi stava davanti, dovevo proseguire e il mio cervello mi mandava semplici ordini da eseguire.

Trova il braccialetto.

Dov'è il braccialetto?

Nel baule.

Dov'è il baule?

Ma sei idiota! Il baule è in camera tua! La mia vocina interiore era odiosamente fastidiosa ma al momento non me ne curai molto e come un fulmine mi diressi su per le scale di Grifondoro, attraversai il buco del ritratto, investii qualche primino nel tentativo di raggiungere il mio dormitorio, aprii la porta mi fiondai nel mio letto e....scoprii che il mio baule non c'era più.

Disparata rovistai in tutta la stanza, non poteva essere sparito, non poteva; mi misi a pancia in giù a controllare contro sotto il letto ma trovai solo un paio di calzini spaiati e qualche gomitolo di polvere.

«Flox? Cosa stai facendo?»

la voce della Nordisque quasi mi fece sbattere la testa sulla tastiera del letto.

«Nord! Nord mia! Mia adorata stella polare» l'acclamai scrollando la polvere dai capelli e prendendola per le spalle.

«Chiamami ancora Nord e ti incollo alla porta del bagno!» mi minacciò, tentando di tenere lontani i suoi riccioli neri dalla polvere che mi scrollavo dai miei capelli.

«Tu sai dove sono finiti i bauli? Ti prego, ti prego, ti prego!» ora ce ci penso dovevo assomigliare proprio a una disperata e probabilmente lo ero davvero.

«I bauli?» mi chiese sembrando davvero sorpresa «Saranno di sicuro nell'Espresso»

«Espresso? Il caffè?»

La mia compagna di stanza a quel punto sbuffò spazientita «Ma quale caffè, il treno, ritardata!»

Il treno.

Il mio cervello si mise in moto e in poco tempo ricevetti una serie di immagini con sottotitoli che mi spiegò la situazione.

Fra due ore partirò per la casa di Fred.

Fra due ore prenderò un treno.

Hanno portato il baule nel treno perché devo portare il baule a casa di Fred.

«Il treno...» biascicai e senza una parola la mollai là per percorrere il percorso inverso.

Ora lascerò perdere la parte in cui rischiai di spiaccicarmi sul muro di un corridoio o quando rischiai di cadere nel Lago Nero e sorvolerò anche il fatto che nella mia fuga abbia investito qualche studente ma fatto sta che arrivai ai cancelli della scuola dove un Masto Gazza piuttosto arcigno controllava e sistemava in bauli nelle carrozze.

«No! Fermo! Non faccia un altro gesto!» urlai come una forsennata. Il Custode vedendomi arrivare come un tornado a fissarmi imbambolato e questo mi diede il tempo di fiondarmi in mezzo ai bauli alla ricerca del mio. Lo avevo appena trovato e stavo per aprirlo quando mi sentii afferrare per la collottola della tunica scolastica. Gazza sbraitò qualcosa sulle punizioni corporali e altre diavolerie simili prima che riuscissi ad aprire il mio baule con la conseguenza di spargere tutto il suo contenuto per la stradicciola. Il viso del custode divenne di ogni sorta di rosso esistente in natura e non, poi iniziò ad urlare come un ossesso; non che non mi interessasse, sia chiaro, ma non ascoltai una singola parola e mi limitai e scavare tra i vestiti e la biancheria intima alla ricerca del braccialetto. Sorrisi soddisfatta quando le mie dita si strinsero a qualcosa si freddo che ricordava la forma di un bracciale, con un sorriso trionfale lo tirai fuori mostrandolo al cielo assomigliando vagamente a un cercatore che ha appena afferrato il Boccino d'Oro. Sempre ignorando Gazza mi alzai, infilai il bracciale nel polso sinistro e con un gesto della mano rimisi tutti i miei vestiti nel baule e lo chiusi, dopodiché mi girai e fischiettando mi allontanai lasciando dietro di me un Mastro Gazza molto esterrefatto.

Solo più tardi mi venne in mente che forse avrei potuto usare la magia anche per appellare il bracciale...

**

«E' questa la fine promessa?»

Sentii la voce di Scorpius dietro di me ma non gli risposi, troppo impegnata a trattenere le lacrime.

Non si può uccidere chi è protetto dal sacrificio.

Dal sacrificio di chi? Perché?

«O l'emblema di quell'orrore?»

È solo un incubo, è solo un incubo, è solo un incubo...

Alzai lo sguardo e vidi papà avvicinarsi con passo lento e un espressione indecifrabile nel volto.

«Il mio buffone» sussurrai «hanno impiccato il mio povere buffone...»

Papà mi lanciò un ultimi impenetrabile sguardo poi cadde.

E con lui anche la villa e i ritrovai sommersa dalle tenebre.

Soffocavo.


Mi alzai di scatto facendo scivolare le coperte dal letto con un urlo. L'oscurità della stanza degli ospiti mi rispose calma e rassicurante.

Da quando ero partita da Hogwarts e avevo indossato il braccialetto quell'incubo mi perseguitava ogni volta che mi addormentavo e non trovavo mai un modo per sfuggirgli.

Il braccialetto brillò nell'oscurità. Mi trovavo a casa di Fred tra giorni ormai e quel bracciale non si era ancora deciso a funzionare, certo Delirium aveva detto che ci sarebbe voluto tempo solo che stava passando troppo tempo e io non ero sicura di poter resistere ancora a lungo a quegli incubi, ogni volta che mi svegliavo mi trovavo più stanca di prima.

L'orologio del paese segnò cinque rintocchi e rinunciai a riaddormentarmi, fra un ora saremmo partiti per la Tana per restarci per altri tre giorni per il Pranzo Pasquale e per festeggiare il compleanno del signor George.

Lisciai le coperte mentre osservavo lo specchio coperto da un telo di fianco al letto.

Era strana la casa dei Weasley-Johnson, tutti gli specchi che si trovavano nel reparto notte erano stati coperti da coperti da tende, veli e coperte; Angelina, la madre di Fred, mi aveva detto che era proprio per via del mio migliore amico, a quanto pare soffriva una strana fobia per gli specchi.

«ma non tutti!» mi aveva detto «solo alcuni, quelli che si trovano da questa casa da secoli, quelli attaccati con un incantesimo» poi aveva sorriso «il che è molto strano visto che da piccolo fingeva che dentro ci fosse una ragazza, ti ricordi come la chiamava George?»

«Melody, come la sirenetta II» aveva risposta al suo posto Roxanne.

«Già!» esclamò soddisfatta «Deve aver litigato con lei se adesso odia gli specchi di casa»

«Ero piccolo!» tentò di giustificarsi Fred. A me aveva fatto una profondo tenerezza e gli avevo spettinato i capelli con la mano.

Oltre quel piccolo particolare la casa era molto carina piena di colori accesi e ritagli di giornale di vittorie di Quidditch attaccate alla parete, Angelina manteneva l'ordine in casa e aveva una mano ferma nel controllare i figli e il marito, soprattutto il marito. Era una bella famiglia compatta unita, a pranzo non accendevano nemmeno la tv e non perché George non sapesse usarla ma perché c'era sempre qualcosa da dire e non si poteva ascoltare anche la televisione; la sera organizzavano partite di sparachioccio o gobbiglie dalle quali Roxanne ne usciva sempre vincitrice, barando a mio parere.

Non lo so, ma ho la sensazione che se mia mamma non fosse morta e papà non avesse insistito nel trasferirci ogni anno la mia famiglia sarebbe stata esattamente così: piccola, accogliente e viva.

**

Quando arrivammo alla Tana molti Weasley erano già lì ad aiutare Nonno Arthur a montare una tenda enorme.

«Cosa stanno facendo?» chiesi scuotendo la testa davanti ai goffi tentativi degli adulti nel montare la tenda.

Roxanne ridacchiò «Stanno tentando di sistemare una tenda senza magia. Vogliono darci il buon esempio»

«Il buon esempio? Ovvero?» chiesi inarcando un sopracciglio quando Ron Weasley venne colpito da un paletto impiantato male da Harry Potter.

«A loro parere dovremmo imparare a cavarcela anche senza la magia»

Scoppiamo a ridere e li fissammo mentre Arthur tentava di appendere un lembo di tenda al ramo di un albero con il solo risultato di seppellire Percy (ma poi lo ritrovai) Weasley sotto la tenda.

Li avrei aiutati volentieri ma nemmeno io sapevo come montare una tenda così scossi la testa e ripresi a camminare con Roxanne verso una panchina.

«E perché starebbero montando una tenda?» chiesi mostrano il viso al sole.

«Siamo in troppi tra zii, cugini e amici. La tenda serve per ospitare noi bimbi» fece una smorfia «in realtà le tende sono due, una per i maschi e una per le femmine»

«apposto siamo. Le tende saranno pronte per la Pasqua del duemilacredici»

«duemila cosa?» e scoppiò a ridere e io la seguii a ruota.

Nel frattempo al gruppo dei “montatori di tenda” si avvicinò Bill Weasley che, dopo aver visto i fratelli contorcersi e dannarsi come disperati, prese la bacchetta e con un gesto rovinò lo spettacolo sistemano le due tende in un batter d'occhio.

«Peccato» commentò qualcuno. Mi girai e trovai Albus a sorridere ironico con gli occhi verdi illuminati dal sole «era divertente» e diede un morso alla mela che teneva in mano. Essere incinte è veramente brutto perché oltre al resto hai anche uno sviluppo eccessivo di ormoni, ormoni che mi andarono in delirio provocando un black-out nel mio cervello già bacato di suo. Solo a me Al in quella posa disinteressata e baciata dal sole sembrava un modello? Perché, insomma, diciamocela, Albus è bello oggettivamente che poi lo sia soggettivamente è tutto un altro paio di maniche. Specialmente se il soggetto in questione sono io. Mi trattenni dal sbattere ripetutamente la testa nel schienale della panchina solo perché sapevo di aver già un espressione demente in volto e non volevo sembrare ancora più demente facendo qualcosa di demente.

Merlino mi aiuti...

«Noi femmine vogliamo la tenda più grande» stava dicendo intanto Roxanne.

«E per quale motivo, di grazia?» Albus inarcò un sopracciglio in maniera perfetta.

...cazzo, sembro una bambina di tredici anni in piena crisi ormonale.

Che poi cos'era questo improvviso interesse per i sopraccigli di Al? Cosa? Uno scherzo?

Va bene che è il primo di Aprile ma diamoci una calmata rossa, mi impose la mia vocina interiore che assomigliava in maniera inquietante a quella di Rose. Inizia a contare i fili d'erba per pensare ad altro ma appena mi accorsi che erano verdi proprio come gli occhi di Al spostai lo sguardo sul legno della panchina.

L'ho già detto che il legno è interessante?

«Allora venite?»

«Eh?» no, una domanda a tradimento! Dove devo andare, dove? Perché sono così ritardata 'sta mattina?!

«Non hai ascoltato nulla vero?» perspicace il ragazzo. Cercai di guardare Al con uno sguardo truce.

«Dicevo che dopo noi andiamo al paese e volevo sapere se venite anche voi» spiegò il moro paziente.

«Io ci sto» disse Roxanne annuendo e guardandomi piena di aspettativa.

«Chi viene esattamente?» chiesi.

«Oh, tranquilla, c'è anche Frank» ghignò Albus guardandomi pieno di sottintesi e facendomi attraversare tutta la faccia cromatica facendolo ridere ancor di più.

«Ma chiudi quella bocca» borbottai.

«Andiamo, lo sanno tutti che ti piace» c'era davvero amarezza nella voce? Non si sentiva nemmeno, ma c'era? Me la ero immaginata? Posso piacergli? Lo sapevo, gli piaccio!

Esatto, ecco perché ti ha preso per il culo e adesso sta con il Criceto, mi rimproverò la voce. Fantastico, stavo iniziando ad odiarla seriamente. Albus intanto mi guardava e sentii esplodere di nuovo la speranza dentro di me.

Forse vuole solo una risposta, imbecille.

.

«Sì, vengo anche io» lui sorrise e smise di fissarmi. Odio quando la mia vocina interiore ha ragione.

Rimasi a fissarlo atona mentre chiacchierava allegramente con Roxanne quando uno schianto mi fece sussultare dal mio posto e fece ammutolire i miei vicini.

«Cos'è stato?» chiese Roxanne lievemente preoccupata.

«JAMES SIRIUS POTTER!»

«mio fratello» intuì Albus.

«ma non mi dire» borbottò Roxanne.

«SI PUÒ SAPERE COSA TI FRULLA IN QUELLA TESTA DEL CAZZO?! »

«quella invece era la voce di Dominique» precisai.

«Dovremmo andare a controllare?» chiese Roxanne.

«Naaah» rispose Albus ma io non ero del suo parere così mi alzai mi diressi verso la voce di Dominique.

La trovai poco distante da una distesa di spighe, con il suo ragazzo il quale sembravo un pochino tramortito mentre James se ne stava a pochi passi con un espressione colpevole dipinta in volto.

Albus si fermò accanto a me e fissò la scena con la fronte corrugata.

«Tu non volevi rimanere sulla panchina?» gli chiesi ironica.

Fece spallucce e la sua risposta fu soffocata da un'altra imprecazione di Dominique.

«SEI UN EMERITO IDIOTA! UN DEFICENTE!»

«Mi dispiace...non volevo...» balbettò il poveretto.

«MI SEMBRA ANCHE NORMALE!» Lo interruppe facendogli fare un salto all'indietro.

Fu a quel punto che decisi di intervenire prima che la situazione precipitasse, sapevi bene cosa poteva diventare una Dominique incazzata.

«Calma, calma» dissi mettendomi in mezzo ai due «Domi, cosa c'è?»

La sopracitata ragazza rivolse uno sguardo truce prima di darmi una spiegazione «Stavo camminando con Austin quando qualcuno – e sottolineò il qualcuno fissando James con odio – gli ha tirato in testa uno gnomo» a queste parole l'espressione colpevole di Jamie si fece ancora più evidente e spostò gli angoli della bocca verso il basso sporgendo un poco il labbro inferiore.

Serio? Cioè, Dominique stava facendo quella scenata per quello? Mi sembrava un po' esagerato, lo sapeva che James era stupido ed era ovvio che non lo aveva fatto apposta e che al momento fosse veramente dispiaciuto.

«Scusami» disse infatti il colpevole abbassando il capo con una vocina fine.

«mi pulisco il culo con le tue scuse»

James alzò il viso sorpreso e ferito mentre rischiai di far toccare alla mia mandibola il prato da quanto aprii la bocca.

«Ma...» anche Albus sembrava sorpreso da quella piega da come mormorò quell'opposizione.

«Ma un corno. Deve crescere, sono stufa di lui!» e dicendo questo prese il suo ragazzo per mano e lo strattonò via verso la casa.

Quando fu abbastanza lontana e tutti e tre ci riprendemmo dallo shock James fece una smorfia e tirò un calcio a un sassolino facendolo volare dall'altra parte della recinzione nel campo di spighe; sembrava veramente abbattuto.

«James...» sussurrai sfiorandogli con una mano la spalla. Lui si girò e strizzò gli occhi un paio di volte prima di borbottare «mi accompagni sul tetto?»

Gli sorrisi dolcemente passandogli un braccio sulla spalla cosa assai difficile visto che era molte spanne più alto di me.

Albus con un evidente slancio di simpatia fraterna disse: «che ne dici di venire invece con noi? Andiamo al paese»

James sembrava molto contrariato alla cosa ma io lo agguantai per il braccio e dissi al suo posto «certo!» togliendogli ogni possibilità di negare.

Peccato che venne anche Dominique con Austin Davies.

**

La sera all'enorme tavolata ero distrutta. Psicologicamente e non. Fortunatamente Lily era accorsa in mio aiuto anche se involontariamente: vederla circondata da ragazzi doveva aver risvegliato in James l'istinto di fratello maggiore cosa che trovai giusto visto che la suddetta ragazza attirava ragazzi nel raggio di dieci chilometri.

Certo, la causa della mia stanchezza non era solo James, anche Roxanne e Rose avevano contribuito portando il gruppetto a negozi e usando Scorpius come giudice sui loro acquisti.

Il quale se l'era cavata egregiamente con Rose dicendo «ma Rosellina, amore mio, tu stai bene con tutto»

«ma smettila, stupido» aveva risposto imbarazzata ma evidentemente compiaciuta. Inoltre eravamo stati invitati tutti quanti a una festa che si sarebbe tenuta la sera dopo in piazza e questo aveva portato a un sacco di chiacchiere. Chiacchiere che al momento mi riempivano la testa già dolorante di suo.

C'era così tanta gente in una sala così piccola che mi sentivo leggermente soffocata così decisi di alzarmi per andare a bagnarmi la faccia.

«Giorgia cara, dove vai? Devo ancora finire il tuo pollo?» Nonna Molly mi bloccò la strada con un mestolone di legno in mano e mi venne fin troppo naturale temere per la mia incolumità dal modo in cui lo brandiva.

«In bagno...» spiegai titubante.

La donnina annuì «ma torna subito. E se magari trovi George digli di sbrigarsi perché fra un po' arriva la torta per il suo compleanno»

Annuii e velocemente mi diressi fuori dalla stanza; peccato che ci trovai Austin intenta a ripassarsi per bene la cavità orale Dominique la quale quando mi notò si staccò con la decenza di apparire per lo meno un tantino imbarazzata. Mi limitai a esibire una faccia neutra prima di prendere le scale verso il piano superiore. Ce l'avevo un po' con Dominique per come aveva tratto James perché la sua reazione era stata esagerata ed era stata veramente stupida a non accettare le sue scuse visto che quello è l'unico modo per ferire Jamie come tutti sanno. Mentre percorrevo il corridoio mi ritrovai a pensare che era un bel po' che Domi si comportava da stronza con James, sembrava quasi che volesse fargliela pagare per qualcosa.

Immersa nei miei pensieri superai la porta del bagno e per sbaglio aprii la porta di un'altra stanza. Dentro c'era un enorme specchio con due letti uguali e qualche brandina. Seduto su un letto c'era George che fissava lo specchio dandomi le spalle, in mano reggeva un piattino di plastica gialla con una fettina di torta sopra. Vicino a lui, sul copriletto, c'era un altro piattino di plastica gialla con una fettina di torta sopra. L'uomo, mentre mangiava, sussurrò:

«buon compleanno Fred»

Rimasi bloccata nell'uscio cercando di capire.

Fred? Ma Fred non compie gli anni a Giunio? Pensai in un primo momento. Poi mi ricordai che il nome del mio migliore amico era quello del gemello morto di suo padre. Ed essendo suo gemello era nato lo stesso giorno di George.

Sentii il cuore stringersi in una mostra di dolcezza e un magone prendermi la gola.

George mangiava due fette di torta davanti alla specchio, una per sé una per suo fratello; davanti allo specchio perché in quel riflesso vedeva sé stesso e nella sua immagine vedeva Fred, il suo gemello.

Rimasi sull'uscio indecisa sul da farsi finché non sentii la voce di Nonna Molly ulrare “LA TORTAAA” e mi decisi a dare un colpetto di tosse. Le spalle di George sobbalzarono e lui si girò a fissarmi con lo stesso sguardo di un bambino beccato con le mani nella marmellata; decisi di ignorare i suoi occhi leggermente rossi e distesi le labbra in un timido sorriso.

«La nonna – si, ero stata costretta a chiamarla così – ha detto che la torta è pronta. La torta per voi» quando dissi “voi” gli occhi di George si fece umidi ma ricambiò il mio sorriso e sussurrò «grazie» poi si mise davanti a me e mi fissò bene.

«Sai» disse con la voce che si incrinava «assomigli tanto a Fred»

E io, non sapendo cosa dire, uscii con la risposta più idiota della storia: «papà dice che ho preso tutto da mamma»

Lui sorprendentemente rise e, quando l'urlo di Nonna Molly fece tremare la casa, disse «meglio andare giù»

**


Me ne stavo mollemente seduta su uno dei tanti divani della tana a digerire la torta quando James ebbe la brillante idea di afferrarmi per il braccio e portarmi senza tante cerimonie.

«Ma che cazz...?»

«Ti prego, ho bisogno di supporto morale» mi disse mostrandomi la sua faccia da puzzola abbandonata sul ciglio della strada.

«Dobbiamo andare sul tetto?» sospirai.

«No» mi disse portandomi dentro una stanza nella quale c'erano anche i suoi genitori e Fred. Fissai i presenti con un bel punto interrogativo stampato in fronte ma ricevetti lo stesso sguardo. James nel frattempo si era seduto in un letto e si torceva le mani mordendosi il labbro inferiore in procinto di dire qualcosa.

«Ehi, tesoro» venne in aiuto Ginny Potter «cosa devi dirci di così importante?»

«Devo farvi una domanda...» borbottò.

«Uhm... ok, dicci pure» fece Harry Potter già in evidente imbarazzo.

«ma è tanto... brutto.... se a uno... piace... sua.... sua cugina?» chiese inciampando sulle parole lasciandoci tutti (tranne Fred) sbalorditi.

«Perché questa domanda?» chiese sua madre al che James diventò di dieci rossi diversi.

«Ecco...» borbottò qualcosa di indistinguibile.

«Perché si è accorto di essere innamorato di Dominique» disse al posto suo Fred facendomi soffocare con la mia stessa saliva.

è uno scherzo?

«Non sono innamorato» ci tenne a precisare Jamie.

«Oh, ma falla finita» sbottò Fred.

«E' tua cugina...» dissi.

Ginny parve la più confusa di tutti «e dove sta il problema?»

«E' sua cugina....» ripetei.

«E quindi?» perché quella donna non capiva?!

«E' sua cugina...»

«Questo l'abbiamo capito e fidati lo so» sbottò quella spazientita «ma non vedo il problema»

Feci per ripetere la frase ma Harry Potter mi precedette spiegando «i babbani non tollerano l'amore tra parenti a differenza di noi maghi» fece un sorriso amaro «evidentemente con la babbanizzazione del nostro mondo avete preso anche voi questa idea»

mi pigliano per il culo?

James fissava i genitori a bocca aperta come se fossero un'illuminazione divina e solo fissandolo le sue parole presero veramente senso.

James era innamorato di Dominique.

James e Dominique.

Il pensiero mi fece girare la testa.

«sul serio?» chiese James incredulo.

«I purosangue si sono sposati per generazioni tra cugini e tutte le famiglie magiche sono imparentate tra loro. Pensa che persino il nonno e la nonna sono cugini»

Non ci credevo, non ci volevo credere.

«Quindi io potrei stare con Dominique?» non avevo mai visto James così felice.

«Ehm... certo. Solo che...sarebbe meglio che questa sia una cosa seria» spiegò Ginny.

«fidati zia» si intromise Fred «lo è. Lo è sul serio»

«Bene» Ginny parve un tantino più rilassata «allora se abbiamo finito possiamo andare, vero caro?»

Harry sembrava di tutt'altra idea ma non obbiettò e seguì la moglie fuori dalla stanza lasciandoci soli.

«Oh.. e così....» borbottai in imbarazzo.

«Ma andiamo» mi canzonò Fred «non dirmi con l'avevi capito»

Arrossii e fissai terra mentre James faceva tutto un muoversi euforico e mi sentii veramente stronza quando precisai un particolare, ma dovevo farlo:

«Dominique al momento è impegnata con il Tassorosso»

L'entusiasmo di James si sgonfiò come un palloncino.

«Si possono sempre mollare» tentai.

«Devi conquistarla» rincarò Fred.

«E come faccio?» sembrava molto disperato.

«Prova a spiegarle i tuoi sentimenti... come ti senti quando la vedi?»

Il viso di James si illuminò «quando sorride è bellissima e mi riempie lo stomaco di farfalle...che ammazza quando mi insulta» terminò sconsolato.

«Ehm...prova a farglielo capire» consigliai.

«Farglielo capire...sì, devo farglielo capire!» mi fissò illuminato «grazie!» e come un tornado uscì dalla stanza.

Da quel momento iniziarono i guai.

**

Rimasi sveglia fino a mezzanotte davanti a ciò che restava della torta guardando le lancette muoversi nel quadrante. La famiglia Weasley aveva due orologi, uno normale e uno strano dove al posto delle lancette c'erano i componenti della famiglia Weasley e al posto delle ore luoghi. Sette lancette erano su casa, due (quelle dei gemelli) su perduto e trovai la cosa inquietante ma allo stesso tempo tristissima. I dodici rintocchi di mezzanotte mi scossero dai miei pensieri facendomi tornare alla realtà. Presi un coltello e tagliai una fetta di torta, la misi sul piattino e lo posizionai davanti a me.

Era il due aprile.

«Auguri papà, ovunque tu sia» sussurrai.

Era una storia strana, festeggiavamo sempre il compleanno di papà nei primi minuti del due aprile, dopo la mezzanotte; non mi ero mai posta il perché.

George entrò nella cucina e mi fece un sorriso storto «l'ultima fetta di torta?»

«No» risposi «è il compleanno di papà» la mia sincerità mi colpì e fui sicura che George si trovò nella stessa situazione in cui mi ero ritrovata io quando lo avevo beccato davanti allo specchio. Lui rimase zitto, poi fece una cosa che mi colpì profondamente: si avvicinò e mi accarezzò i capelli con una mano e io in quella carezza ci rividi quelle di mio padre.

«grazie» dissi senza un perché preciso.

Lui fece un altro dei suoi sorrisi storti prima di dire «è tardi, è ora di andare a letto»

ubbidiente scostai la sedia dal tavolo e mi alzai seguendolo in soggiorno. Là tutti quanti si stavano salutando per tornare nelle rispettive stanza. C'era chi come l'amico di George Jordan che si materializzava a casa dal camino, chi come Frank si faceva passare un borsone con pigiama e altre cose per dormire alla Tana, chi come il piccolo fratellino di Frank Cedric si era addormentato in braccio alla madre che salutava con un bacio sulla guancia la padrona di casa.

Davies aveva stretto Domi in un abbraccio sussurrandole qualche parola ma la ragazza sembrava infastidita, evidentemente il tipo non sapeva che Dominique non era un di quelle che ha bisogno di baci e abbracci ogni secondo. Infatti la sopracitata ragazza si scostò dal suo abbraccio e dopo aver guadagnato una certa distanza di sicurezza si protese a schioccargli un bacio sulla guancia. James fissava la scena seduto sul divano con uno sguardo talmente ferito che si sarebbe notato meno se delle insegne luminose si fossero messe sopra di lui con tanto di scritta “ragazzo dal cuore spezzato”.

Sperai che non comparisse anche sopra la mia testa una freccia con la medesima scritta quando Anna si avviluppò intorno ad Al facendogli quasi perdere l'equilibrio, fortunatamente la presenza dei parenti li scoraggiò dal lasciarsi andare in un bacio; quando i due si lasciarono dall'abbraccio il criceto tornò a casa prendendo la metropolvere promettendo che sarebbe tornata il giorno dopo per la festa con tanto di occhi lacrimosi e voce da eroina pronta al martirio.

Ma tranquilla, nessuna disgrazia colpirà il tuo ragazzo per le prossime dodici ore, evita pure queste scenate, pensai stizzita.

Quando tutti se ne furono andati gli adulti residenti della Tana sistemarono la casa mentre noi ragazzi ci preparammo per la notte occupando tutti i bagni, poi tutti belli puliti e profumati andammo verso le tende. Alla fine noi femmine eravamo riuscite a prendere in possesso la tenda più grande di un bel colore blu notte, mentre ai ragazzi toccò la tenda più piccola rosa e ciò fu la causa delle varie discussioni che presero vita durante il breve tragitto.

«Abbiamo vinto a 'pari e dispari' senza contare che siamo molto di più di voi. Ci aspetta per diritto!»

«Avete barato!»

«non la voglio la tenda rosa»

«attaccatevi al cazzo, la tenda grande è nostra»

«ma noi siamo i maschi, a noi aspetta la tende blu»

«maschi? Davvero? E da quando?»

L'ultima battuta da parte di Lily scatenò molte risate e proteste che continuarono anche una volta raggiunto le rispettive tende. Stavo per entrare quando un urlo, oltre a perforarmi i timpani, svegliò ogni essere vivente nel raggio di cento metri e fece tremare la terra.

A urlare era stata Dominique.


Preoccupati accorremmo tutti quanti, anche i ragazzo (alcuni già in pigiama) verso Domi la quale se ne stava a debita distanza dal suo letto con le mani sopra la bocca in una posa di terrore. Ciò era causato da un gruppo di api che giacevano morte sul mio letto.

«Che schifo» fece Roxanne mentre Lucy, la figlia di Percy (ma poi lo ritrovai), corse in cerchio riempiendo la tenda con i suoi strilli acuti.

«Chi...chi è stato?!» Dominique sembrava sul punto di esplodere «ho quasi fatto un infarto!»

«Ma sono solo due api...» disse incautamente Frank.

«Sono cinque api, cinque api morte sul mio letto dove mi stavo per distendere» fece una faccia schifata. Nel frattempo Lucy continuava a correre e a rallegrarci l'anima con i suoi acuti.

Lanciai un occhiata a James che aveva scritto in chiare lettere sulla sua faccia la colpevolezza ma che Dominique non notò affatto (fortunatamente). Roxanne nel frattempo era giunta con un sacchetto dove stava depositando gli insetti morti «e comunque non sono api» ci tenne a precisare «ma mosconi» al che Lucy smise di correre e urlare come una matta dicendo un “ah!” tranquillo.

«Si può sapere chi diavolo stava urlando in quel modo?» dalla porta della tenda uscì la testa di Teddy Lupid seguito a ruota dalla fidanzata Victoire. Roxanna in tutta risposta sventolò sotto il naso di questo il sacchetto con i mosconi dicendo «qualcuno si è divertito alle spalle di Domi mettendole sul letto degli insetti morti» Victorie si allontanò dal sacchetto con una faccia schifata. Dominique invece strinse i pugni e sbottò «adesso voglio sapere chi è stato»

Tutti rimasero in silenzio mentre l'espressione colpevole sul volto di James si accentuava sempre di più ma Teddy spezzò il silenzio:

«Ormai non importa trovare il colpevole, pensate piuttosto ad andare a letto e a dormire, è molto tardi!»

«Certo professorino» sbuffò Fred.

Nella confusione generale che si creò afferrai James per un braccio e lo portai in un posto appartato.

«Che cazzo ti è saltato in mente?» sibilai scandendo ogni sillaba.

Sgranò gli occhi piegando in giù i labbri della bocca nella sua tipica espressione colpevole e cercando di controllare il rossore spiegò con un borbottio:

«mi hai detto di fare capire a Dominique il discorso delle farfalle... così sono andato in giardino a cercare delle farfalle solo che non le go trovate così ho pensato di poter usare altri insetti...» Cominciai a capire e sbuffai.

«Insomma, tu volevi spiegare a Dominique i tuoi sentimenti mettendo delle farfalle morte sul suo letto. Certo, chiaro! Tu sì che sai proprio come conquistare una persona»

Lui evidentemente punto in viso fece una faccia offesa prima di borbottare «come se fossi io quello che sbava dietro a mio fratello come una mucca»

«Le mucche non sbavano» dissi prima di registrare il senso della frase.

Cosa?! Come ha fatto a capirlo? Non l'ho detto a nessuno!

...nemmeno a te stessa se è per questo, puntualizzò la mia vocina interiore.

«Io non sbavo dietro a tuo fratello» balbettai mentre il rossore mi prendeva le guance.

«Dai, si vede lontano un miglio che ti piace» sbuffò lui.

Non ne dubito visto che lo hai capito proprio tu, il re degli scemi...

«E se anche fosse?» chiesi mostrando baldanza.

«Be'» non ne sembrava più così sicuro «io ti proporrei un patto»

«un patto?» indagai.

«Sì, tu aiuti me e io aiuto te. Infondo Albie è mio fratello e tu sei amica con Dominique...»

Lo soppesai per un attimo rivalutando il IQ poi sospirai.

«Cos'ho da perdere?» chiesi retoricamente «nulla, va bene. Accetto la tua offerta»

Il viso di James si illuminò e sorrise come un bambino davanti alle carammele e mi stritolò in un abbraccio.

«Ehi, Giorgia!» Lily mi richiamò dal suo letto «cos'è? Ci provi con mio fratello adesso?» evidentemente voleva vendicarsi con James per la sua iperprotettività di quel pomeriggio.

Lui si allontanò rosso in viso mentre tutte le altre ridevano, tranne Dominique che mi lanciò un occhiata astiosa.

Sarà un buon segno? Mi chiesi, sperando che lo fosse. Non avevo la più pallida idea di cosa fare.

**

La mattina dopo mi svegliai alle undici e passai tutto il tempo fino alle tre nel grande giardino della Tana istruendo James su Dominique e con mia grande sorpresa scoprii che lui conosceva già molto cose sul carattere di Domi.

Be', sono cugini....

«Potresti provare a darle dei fiori» gli proposi fissando un dente di leone davanti a me «Ce ne sono così tanti qui, raccogline un po'»

James si alzò di scatto mettendosi a correre sul prato fermandosi di tanto in tanto a raccogliere qualche fiore; io raggiunsi Dominique che se ne stava spaparanzata al sole con il suo ragazzo, Scorpius e Rose.

«Ciao» dissi sedendomi accanto a loro. Tutti ricambiarono il saluto con allegria, tranne Domi che lo accompagnò con occhiata fredda; era da quella mattina che mi trattava freddamente, sperai che fosse un buon segno, magari era gelosa perché James mi aveva abbracciata...

Il sopracitato ragazzo comparve proprio in quel momento tutto trafelato, le guance leggermente arrossate e un mazzolino di fiori selvatici in mano.

«Ehi, per chi sono quei fiori Potter Grande?» chiese Scorpius prendendolo in giro mettendosi una mano davanti agli occhi per pararli dal sole. Potter Grande non rispose e rigido come una statua allungò il braccio mettendo i fiori davanti al viso di Domi e borbottò «Per te».

La ragazza strabuzzò gli occhi e, sotto lo sguardo geloso del suo ragazzo, li prese in mano avvicinandoli al viso.

Starnutì. Starnutì ancora. Continuò a starnutire riempiendo gli occhi di lacrime e facendo cadere i fiori. Rose li studiò da vicino prima di sbottare:

«ma sei stupido o cosa? Dominique e allergica alla Salvia!» e aiutò Dominique che le erano venuti gli occhi rossi ad alzarsi e insieme si diressero verso la casa seguite a ruota dai rispettivi fidanzati lasciando me e James da soli sulla panchina. Questo si grattò la testa sconfortato.

«Sono un idiota»

«Lo sei» confermai «tra tutti i fiori che potevi prendere proprio la Salvia hai scelto?»

Lui si strinse nelle spalle mostrando l'espressione colpevole.

Sospirai «ci daremo da fare in altri modi»


Quando Nonna Molly ci chiamò per il pranzo e noi accorremmo per cibarci al tavolo suggerii a James di fare il galantuomo scostando la sedia a Dominique per aiutarla a sedersi.

Lui gli scostò la sedia, Dominique non se ne accorse, lui non la risistemò e la ragazza cadde.

E caddero anche insulti rivolti all'idiota che avevo promesso di aiutare.


Il pomeriggio ritornammo al paese in attesa della festa che si sarebbe tenuta quella sera.

«Che ne dici di comprare dei cioccolatini da regalare alla tua bella?» sussurrai a James adocchiando una pasticceria, lui sembrò entusiasta della mia idea ma ora che ci penso lui era entusiasta a qualsiasi mia idea; corse subito verso il negozio e ordinò una scatola di cioccolatini decorata ma non troppo vistosa, con i cioccolatini fatti a regola d'arte e una bella ciocca lilla a chiuderla.

Al momento di pagarla, però, James consegnò le monete magiche con grande perplessità della commessa e velocemente cercai di correggere l'errore e zittire il compratore di cioccolatini che non faceva altro che chiedermi per quale motivo stessi pagando con della carta. Comunque riuscimmo a uscire e a scappare dalle domande della commessa e una volta fuori diedi una spinta a James per farlo camminare verso Dominique. Lui rimase per mezz'ora fermo in mezzo alla strada, poi deglutì e infine si diresse con passo malfermo verso la mia amica mentre io osservavo la scena da lontano.

«Ehi, Domi...» James la chiamò. Lei era appoggiata al pozzo al centro della piazza e al sentire il suo nome si girò verso di lui.

«Mi dica»

«Io...io...» James sembrava non ricordare più le parole e stavo già per strapparmi i capelli quando ricominciò «io ho comprato dei cioccolatini per te» e mise la scatola tra le mani di Dominique. Lei guardò la confezione sgranando gli occhi sorpresa, poi soppesò James con uno sguardo (e scommetto che lui nel frattempo si stesse cagando addosso) poi disse:

«mi dispiace, ma non posso accettarli»

James spalancò la bocca «Perché?»

«Sono a dieta. Dovresti saperlo» calcò per bene quel “dovresti saperlo” come a farglielo ricordare, come se dovesse saperlo per forza.

Ma che cavolo! Nemmeno io lo so! Pensai disperata mentre vedevo la mia terza idea cadere.

«Oh» fu l'unico commento di Jamie che abbassò la testa «scusa»

«Già, ma dovresti saperlo» ripeté.

Dovetti usare tutta la mia concentrazione dal trattenermi e ficcarle ogni cioccolatino in bocca. Si poteva sapere che cazzo le prendeva?!


«Ehi, se non giocate spostate il vostro culo»

Dopo aver passeggiato per le vie andammo a sederci in un campo da basket a riposarci. Eravamo là seduti a parlare quando arrivò una banda di ragazzi babbani sui sedici anni e il ragazzo che aveva parlato teneva un pallone sotto il braccio.

«Mhhh. Giocate a Basket?» chiese Fred adocchiando il pallone.

Il ragazzo inarcò il sopracciglio «e se anche fosse, rosso?»

«Io gioco» disse alzandosi e scrollandosi pantaloni con le mani, poi guardandoci «qualcuno mi segue?»

«Certo» il ragazzo lo interruppe sprezzante «e con che pallone?»

«Con il vostro naturalmente» continuò Fred mostrando calma e quando vide l'altro inarcare ancor di più la sopracciglia aggiunse «che ne dite di una sfida? Voi contro...»

«tu contro tutti?» lo bloccò ancora.

«No» dissi d'istinto «gioca anche James» e mollai una pacca sulla spalla al citato.

Lui mi guardo spaventato e sussurrò «sei impazzita?»

«Se giochi e vinci potresti fare colpo su Domi»

Lui a queste parole parve rianimarsi e si mise al centro del campo vicino a Fred.

«Due contro sette?» l'avversario sembrava veramente scettico.

«Tre contro sette» lo corresse Al alzandosi con disinteresse «gioco anche io»

«Volete proprio perdere» ghignò il ragazzo.

E invece vinsero.

Ok, non fu del tutto merito loro visto che mi misi in mezzo io con la magia (ad esempio mettere un campo di forza intorno al nostro canestro, dirigere la palla dove voglio io, correggere i tiri di James facendo in modo che non sbagli neanche un canestro...) ma l'importante è vincere, no?

Quando la partita finì 25 a 5 per noi (sì, li avevano stracciati) dissi a James di andare da Dominique. Lui eseguì l'ordine e cercando di fare un sorriso smagliante e sexy disse:

«Allora? Come sono andato?» e aprì le braccia.

«Merlino, James. Sei tutto sudato, puzzi» fu l'unica risposta che ottenne con annesso labbro arricciato dallo schifo.

Sul serio, non so cosa mi trattenne dal gettarmi in ginocchio insultando tutte le Divinità presenti al mondo.

**


Alla festa c'ero andata con una gonna scozzese di Rose e una maglietta a maniche corte bianca di Roxanne, maglietta ormai tutta stropicciata visto che avevo passato tutto il tempo a maltrattarla con le mani. Perché?

Perché sto aspettando una cosa impossibile, ovvero che quell'idiota di Al mi inviti a ballare.

Cosa che non aveva ancora fatto troppo impegnato a rallegrare la sua dama.

Lanciai l'ennesimo sospiro, cazzo stavo cominciando ad assomigliare a una di quelle donnine innamorate perse dei romanzi rosa che vendevano all'edicola sotto casa, potevo essere più ridicola?

Non che James fosse messo meglio di me.

Una volta arrivati alla festa avevo lasciato passare qualche canzone prima di dire barra ordinare a James di invitare Dominique a ballare.

«Ma io non so ballare»

«dettagli»

«E' incollata al suo ragazzo»

«Bene, scollala»

Inizialmente credevo che la cosa avesse anche funzionato, lui era andato là, inciampando un po' sulle parole le aveva chiesto il ballo, il fidanzatino si era allontanato prendendo un'altra dama («solo per un ballo» aveva detto) e i due si erano messi a ballare.

Poi James aveva pestato i piedi a Dominique e questa aveva fatto una scenata cosmica insultando in modo colorato dandogli dello zuccone, idiota, insensibile, mongoloide, deficiente, stupido, troglodita, insensibile, scemo, incapace, imbranato, insensibile, scimmia, babbuino e altri centro tipi di scimmie, troll, ingenuo, insensibile e dopo non mi ricordo.

«Dominique, ma si può sapere che ti prende? Ti ha solo pestato i piedi» ero accorsa in suo soccorso.

«Solo? Solo?! E poi tu devi stare solo zitta! Prima ci provi come Fred, poi te la fai con Al, poi illudi il povero Frank, poi fai cose sconce con sconosciuti e adesso sei tutto uno a stare con James. Si può sapere che ti prende a te!» poi mi aveva guardato sprezzante «evidentemente tu e Albus eravate la coppia perfetta, peccato che lui ti abbia solo presa per il culo»

Ammutolita, sorpresa e ferita.

Ecco come mi ero sentita quando Domi aveva girato i tacchi facendo ondeggiare la sua chioma rossiccia.

Ammutolita, sorpresa e ferita.

«Non è andata bene, vero?» aveva detto James.

«A quanto pare» avevo sussurrato.

«E' tutta colpa mia»

«non è colpa mia»

«sì che lo è» ed era andato via. Non so dove, il fatto è che mi sentivo talmente male per ciò che mi aveva detto Domi che non mi sembrava più di far parte di quella festa, ma di esserne completamente estranea.

E ora mi trovavo seduta in una sedia fuori dalla stanza, con la maglietta stropicciata e in stato di depressione acuta.

Il cielo era nuvolo e non si vedeva nemmeno una stella, nemmeno la luna, ma faceva caldo, troppo caldo per essere solo una giornata di Aprile.

La porta della sala della festa si aprì e per un attimo sentii l'eco della musica e delle risate, poi si richiuse e tornò il silenzio.

Rumore di passi.

Delle scarpe un po' trasandate si fermarono sulla mia visuale.

«Brutta serata?» mi chiese Albus.

«Abbandonato la tua dama?» chiesi in contemporanea.

Rimasi con la testa bassa a fissare le sue scarpe tentando di trattenere un sorriso.

Le scarpe si mossero e lui si sedette vicino a me sulla panca.

«E' andata a prendere da bere e ho preferito scappare» alzai lo sguardo e lo fissai. Aveva un che di strano nello sguardo.

O forse sono io ad essere rincitrullita del tutto...

«Scappare?» chiesi. Stavamo avendo una conversazione da soli, da soli e non avevo nessuna intenzione di farla finire come le precedenti.

«Sì, a volte Anna è un po' troppo....appiccicosa» mi spiegò socchiudendo gli occhi.

«Non dovresti pensare questo della tua ragazza» gli feci notare.

«Ma è la verità»

«E allora perché stai con lei?» avevo il cuore in gola che batteva furiosamente.

Lui rimase zitto qualche secondo a pensarci, poi rispose «perché lei sa come farmi tornare sempre indietro, diciamo che mi tieni in pugno»

«Non è una bella cosa, credo»

«Già, ma almeno così sono felice»

Al che sentii un forte crampo allo stomaco che mi fece piegare in due. Con lei era felice, con me non lo era.

«Tu, invece» mi apostrofò stiracchiandosi «hai deciso di ripiegarti su mio fratello?»

Ci misi qualche secondo a capire cosa intendesse e quando lo capii sbottai:

«Non mi piace James. Non mi piace Fred. E non mi piace Frank. Smettetela di rompere le ovaie!»

Lui mi guardò con gli enormi occhi verdi sgranati, poi ghignò

«certo, allora sentiamo chi è che ti piace?»

Tu.

«Nessuno»

Intrecciò le mani e io mi incantai a fissarle. Mi piacevano, erano belle ma non perché erano affusolate, lisce o chissà cosa. Erano le sue mani.

Quando rialzai gli occhi Al mi fissava sorridendo, poi si alzò e con un buffo inchino mi chiese:

«Milady, vorrebbe offrirmi l'onore di questo ballo» e senza aspettare risposta mi prese le mani portandomi in un ballo lento e molto impacciato, più di una volta ci pestammo i piedi.

Non mi sembra vero.

Sto sognando?

Ma chissenefrega!

Alla fine mi aveva invitata a ballare e sentii tutto il peso del mondo sollevarsi dalle mie spalle e sparire in un sbuffo, fu come quando andavo al mare e nuotavo nel fondo, sempre più giù, con la pressione sempre più forte, sempre più giù ma poi il bisogno di ossigeno diventava impossibile da gestire e tornavo su, i polmoni urlavano dal dolore, mi sentivo pesante e avevo la sensazione di non muovermi di un millimetro con il terrore di restare bloccata nel fondo del mare, poi colpivo la superficie e l'aria fredda mi invadeva i polmoni con la sensazione di respirare per la prima volta.

Ecco, quel ballo fu proprio così, mi sembrò per respirare per la prima volta.

Fu un attimo, i nostri occhi si incontrarono, la mia presa sulla sua mano si fece più salda, i nostri visi erano a pochi millimetri di distanza e lui si staccò.

Con uno scatto mollò la mia mano indietreggiando velocemente lasciandomi immobile, impalata e sorpresa al mio posto.

«Scusami, devo andare a cercare Anna» bofonchiò prima di scappare di nuovo dentro la sala lasciando uscire la musica.

Le note della canzone erano quelle di “Stay the Night”.

Abbandonai le mani lungo i fianchi.

Infondo lui era felice con Anna, cosa mi aspettavo? Un bacio?

Povera illusa.

**

Il giorno dopo mi svegliarono le campane della chiesa per la messa Pasquale e una forte nausea che mi fece vomitare nel bagno della tenda tra gli urletti schifati di Lucy.

Stavo cominciando a non sopportarla.

La nausea era continuata tutto il giorno ed era aumentata alla vista dei piatti di nonna Molly durante il pranzo; ma fosse stato solo questo il male peggiore lo avrei sopportato tranquillamente.

Dominique continuava a guardarmi male.

Albus mi ignorava.

James era la tristezza fatta persona.

Fred non sembrava nemmeno lui, non solo per i capelli che si erano notevolmente scuriti, ma aveva anche uno sguardo folle e febbricitante. Nonna Molly aveva passato tutta la mattinata a tastargli la fronte per controllare se avesse la febbre con grande fastidio di questo.

Stavo cercando di evitare l'ennesimo piatto di pasticcio scaricandolo nel piatto di Hugo quando un forte crack fece ammutolire i presenti nella sala da pranzo. Più di venti teste si girarono verso la porta dove un uomo sulla ventina stava si aggrappava alla maniglia della porta sul punto di svenire, aveva i capelli rossi e due occhi azzurri limpidi, un viso familiare.

Mi alzai.

«Papa?»

«Forge?» si sovrappose a me George.

Mio papà, Federico Flox alias Fred Weasley, si girò verso il gemello sussurrando.

«Ehilà, Gred»

Poi svenne.

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Capitolo 35
*** Tutta la verità (parte I) ***


Cap. 35

Tutta la verità (parte I )

**

No I’m never gonna leave you darling
No I’m never gonna go regardless
Everything inside of me is living in your heartbeat
Even when all the lights are fading
Even then if your hope was shaking
I’m here holding on

**

Era sera ed era molto tardi, sapevo solo questo.

Appena papà era svenuto nella sala era scoppiato il finimondo ma io ero troppo frastornata per capire cosa diavolo stesse succedendo. Poi Audrey, la moglie di Percy (non mi va di fare la battuta), si era alzata lanciando un “SILENZIOO” talmente forte che mi aveva risvegliato dal mio stato vegetativo.

«ora voi vi sedete» aveva poi detto una volta che la sala si silenziò «e lasciate lavorare me, la medimaga, e guai a voi se mi disturberete» e con uno sguardo truce si era avvicinata a papà, aveva controllato un po' di cose poi se lo era portato su in una della tante camere per visitarlo e medicarlo. Verso le cinque era arrivato anche un gufo con pozioni e altre cose simili.

Ovviamente il Clan non aveva ripreso a mangiare come nulla fosse, ma si era trasferito in salotto a fare possibili ipotesi sulla nuova faccenda, ipotesi una peggio dell'altra. Solo i miei amici erano rimasti in silenzio, loro probabilmente avevano capito la situazione e mi lanciavano spesso sguardi di sottecchi per controllare la mia reazione.

Io non feci avvicinare nessuno a me, non volevo nemmeno essere sfiorata, pretendevo una distanza di sicurezza di un metro almeno. Frank aveva provato più volte ad avvicinarsi o ad abbracciarmi ma io ero sempre schizzata via come un animale braccato e ferito e per scappare da loro andai al piano di sopra per posizionarmi come una sentinella davanti alla porta ma una volta su trovai già George seduto sul corridoio con la schiena appoggiata al muro a fissare la porta incantato. Io mi ero seduta accanto a lui, spalla contro spalla, a fare la medesima cosa senza una parola. Anche lui rimase zitto.

Era evidente che solo lui poteva capire come mi sentissi, forse lui stava anche peggio di me.

Verso l'ora di cena (lo so perché il mio stomaco brontolava) Audrey uscì dicendo che lei aveva fatto tutto ciò che doveva fare e che papà doveva solo riposare «azzardatevi a disturbarlo e vi farò pentire di essere nati» ci aveva minacciato alla fine. Provai uno slancio di simpatia per quella donna con gli enormi occhiali quadrati e fu l'unica alla quale sorrisi per tutto quel tempo.

Ma la cosa più strana era che il ritorno di papà era durato dieci secondi al massimo, era successo tutto troppo veloce in modo troppo irreale; io mi ero immaginata il suo ritorno in maniera più lunga e con più dettagli. Ma tutto quello che ricordavo era lui, aggrappato alla maniglia della porta, le sue ferite, il suo viso stanco e quel sussurro “ehi Gred”.

Però non seppi mai a cosa stesse pensando George, aveva un'espressione indecifrabile e di sicuro doveva essere anche la mia.

Era sera ed era molto tardi, sapevo solo questo, quando la porta davanti a me si aprì cigolando e papà si appoggiò allo stipite con la testa fasciata, un pigiama troppo corto e il braccio fasciato alla spalla.

Sia io che George dicemmo la stessa cosa:

«Voglio sapere la verità. Tutta la verità.»

Lui annuì e non fece nemmeno in tempo a parlare che il resto del Clan si presentò all'entrata del corridoio con Audrey a guidarli.

«Vi avevo detto di non disturbarlo!»

«Ma tu...» nonna Weasley (Oh zeus, è veramente mia nonna) stava piangendo incredula «tu sei vivo...»

«Com'è possibile?»

Altri voci si aggiunsero ma Harry uscì dal gruppo con la bacchetta puntata davanti a sé e disse:

«Dimostra di essere veramente Fred Weasley»

Papà rimase in silenzio, lo sguardo vitreo ma poi disse «sei stato tu a finanziare il nostro negozio di scherzi. Sono stato io a trasformare l'orsacchiotto di Ron in un ragno...» e si lanciò a elencare una lista di cose che aveva fatto, di scherzi, di parole e altri piccoli momenti di vita. Quando finì Harry abbassò la bacchetta e disse sempre con tono professionale:

«hai molte cose da spiegarci» poi, tornando con il solito tono «Bentornato a casa»

**

«Tu dovresti essere morto, perché non lo sei?»

La prima domanda la fece Percy, «tu sei morto per colpa mia» aggiunse poi.

«Non è stata colpa tua» disse subito «e io non posso morire» socchiuse le labbra e attesi che sganciasse la bomba «io sono immortale»

La frase fece il suo effetto e la calma sparì in un lampo e la stanza si riempì di nuovo di urla.

«STATE ZITTI!» questa volta fu Hermione a urlare «Usiamo il fiato solo per fare domande e il cervello per capire.» poi rivolgendosi a papà «Immortale? Sei un vampiro?»

«No, non sono un vampiro» fece una pausa «il nome corretto sarebbe De Immortalis e sono, siamo, una razza molto antica, potente e a rischio di estinzione. Non nasciamo immortali lo diventiamo solo salvando uno dei quattro spiriti più potenti che ti donano la libertà per il gesto»

«E tu ne hai salvato uno» indovinò Hermione.

Papà annuì «Celine, lei rappresenta il fuoco e...»

Mi lanciò uno sguardo poi sospirò «Mi dispiace, ma non so come farvi capire, devo farvi entrare nella mia testa, ma non ho ancora abbastanza energia per farlo...»

«Prendi la mia» dissi d'istinto alzandomi dal mio posto. Tutti i presenti in sala si girarono a fissarmi e cercando di mantenere salda la voce aggiunsi «so come si fa, posso prestartela»

«Ma perderesti la magia...» mi fece notare qualcuno, non capii chi e non cercai di capire.

«No, non la perderò» guardai papà negli occhi «so cosa sono»

Fece un sorriso amaro «hai trovato lo stesso un modo per interrogare il libro» sospirò «almeno sarà più facile da capire»

Gli presi la mano per donargli una parte delle mie energia e sussurrai una delle parole che il fantasma di Serpeverde mi aveva insegnato; nella mia mente c'era solo la mia mano a contatto con quella di papà, la sua era fredda anche se sudata e io ero lì a stringere la sua mano, la sua, erano sue quelle dita, quei palmi, era lui, proprio lui, davanti a me. Era vivo, stava bene.

Era lì con me.

Fu come se si fosse rotto un incantesimo e con uno slancio lo abbracciai stretto iniziando a piangere dal sollievo mentre la magia continuava a fluire verso di lui. Lo stavo stringendo, stava ricambiando il mio abbraccio, eravamo ancora insieme e improvvisamente non mi interessò più nulla. Che se ne importava se in realtà era Fred Weasley? Che se ne importa? Lui era là, era vivo, era con me e al momento questa era la cosa più importante.

Quando scostai la testa per guardarlo in viso notai che il suo sguardo era più lucido e sveglio e la pelle più rosea – l'incantesimo aveva funzionato – ma anche lui stava piangendo piccole lacrime silenziose.

«Papà, io devo sapere» sussurrai e lo dissi perché era davvero un dovere.

Mi prese le mani e mi fece sedere vicino a lui «sei pronta?»

Annuii.

Poi la stanza scomparì e mi ritrovai immersa nel passato.

**

Aprile 1997.

La Tana, ovvero il nuovo Quartier Generale dell'Ordine della Fenice.

«Fred, George?» Molly Weasley bussò alla porta dei gemelli e quando l'aprì del fumo azzurro uscì insieme ad imprecazioni e scoppi di genere non identificato.

«Fred e George Weasley! Cosa diavolo state facendo?!» dall'uscio uscì Fred con tutta la camicia a quadri spiegazzata, i capelli sparati in aria in tutte le direzioni e il viso sporco di fuliggine.

«Ehi, ma'» disse allegro «stiamo solo...»

«...facendo un esperimento per il negozio» gli completò la frase.

La signora Weasley sembrò sul punto di fare una delle sue ramanzine ma poi lasciò perdere e sospirando disse:

«sistemate la camera e datevi una ripulita, Alastor vi vuole vedere»

«Agli ordini!» fecero i gemelli.

«E...ragazzi!» li richiamò «non fate altri esperimenti finché state qui, non voglio vedere la mia casa saltare in aria»

«D'accordo donna»

«lo faremo di nascosto» E così dicendo chiusero la porta in faccia alla madre.

Quando furono pronti uscirono dalla stanza con le camice chiuse nei bottoni giusti e la camera ancora in disordine e andarono nel soggiorno dove un uomo che il viso sfigurato e un occhio blu elettrico al posto di quello di destro* li aspettava seduto in uno dei divani sorseggiando il the con Molly.

«Oh, finalmente» borbottò l'uomo con il viso sfigurato, gli mancava metà naso «Molly, lasciaci pure soli» si rivolse alla donna la quale storse le labbra, fece per ubbidire ma una volta sull'uscio disse «Alastor, vorrei ricordarti che hanno appena compiuto diciannove anni»

«sono maggiorenni» ribatté pacato «e possono rifiutare»

«Qualche missione per l'Ordine?» chiese George.

«Ovvio che accettiamo» fece Fred.

«Sarà pericoloso?» continuò George.

«Molly» disse Alastor lanciandole un'occhiata significativa e finalmente lei uscì. Quando rimasero soli l'uomo si alzò e con la bacchetta perquisì tutta la casa.

Fred fece una smorfia «vigilanza costante, eh, Malocchio?»

«E' il motivo per cui sono ancora vivo» fece un sorriso agghiacciante.

«Comunque» fece una volta appurato che la casa fosse sicure «ho una missione da affidarvi»

«Spara»

L'uomo puntò l'occhio blu sul viso di Fred «prendete le cose con troppa leggerezza»

«Ci vuole un po' di umorismo in questi tempi deprimenti»

«In ogni caso» Malocchio alzò la voce e iniziò a spiegare «abbiamo individuato un manipolo di Mangiamorte in un edificio isolato a est di Londra e stanno sorvegliando qualcosa, qualcosa di molto potente» li guardò.

«Dobbiamo recuperarlo» indovinò Fred.

«Esatto, andrai tu con due auror appartenenti all'Ordine e...»

«Come, lui e io intendi» lo interruppe George.

«Ho detto esattamente quello che intendevo» lo rimbeccò «Fred sarà scortato da due auror che lo aiuteranno a superare le difese e a tenere i Mangiamorti occupati mentre lui recupererà l'arma»

«E io?! Non puoi dividerci» protestò George.

«Esatto! Dove va lui vado anche io» Fred incrociò le braccia al petto.

Malocchio ringhiò: «i Mangiamorte lo sanno che noi tre siamo gli unici agenti disponibili. Ci tengono d'occhio giorno e notte» li fissò bene «Abbiamo bisogno di un diversivo per tenerli impegnati. Mentre Fred recupererà l'arma io e te assaliremo un edifico dalla parte opposta della città dove è rifugiata Bellatrix e un altro paio di pezzi grossi. Ora la missione che mi interessa veramente è quella di Fred ma se nel frattempo mettiamo a segno qualche altro obiettivo ben venga terminò.»

«Continuo a pensare che non sia una buona idea» George era irremovibile.

«Perché non puoi andare tu a prendere l'arma mentre noi guidiamo il diversivo?»

«Perché io ho un aurea magica più potente e visibile della vostra, mi riconoscerebbero subito. Inoltre nel diversivo, George, sarai accompagnato da un manichino animato che rappresenti Fred per non destare nessun sospetto»

«Ma...»

«niente ma, questi sono gli ordini e noi dobbiamo rispettarli.»

I due gemelli si guardarono.

«Dopo ci rivedremo, vero?» chiese George.

«Ovvio, nessuno ci può dividere» lo rassicurò Fred.


Edificio a est di Londra.

Fred si chiese se Malocchio non gli avesse mentito sulla storia dell'importanza della sua missione non fosse una bufala.

Sì, insomma, non può avermi dato degli incapaci del genere.

«Ehi, Bobby, che ne dici di spegnere la fiaccola?»

Fred di costrinse a non attaccarlo «Fred. Mi chiamo Fred, non Bobby. E questi sono i miei capelli» idiota.

L'idiota in questione, un certo Andrew Blondweist soffocò una risata di scherno. Cercando di evitare lui e il suo compare prese lo specchietto comunicante che gli aveva dato Malocchio e chiamò il suo gemello. Quando comparve la sua immagine disse:

«Stiamo per entrare, ho messo i Mangiamorte di guardia a k.o. Voi come siete messi?»

«qui è tutto apposto. Proseguite piuttosto»

«ricevuto»

Fred fece un'altra smorfia quando sentì l'idiota uno cadere e l'idiota due ridere ma non commentò ed entrò nell'edificio.

Stava procedendo tutto liscio quando l'idiota due ebbe la brillante idea di inciampare e provocare un fracasso tale che anche nell'edificio dove c'era sua gemello di sicuro lo sentirono.

Da una porta laterale uscì un manipolo di Mangiamorte che subito iniziarono a sparare incantesimi.

E addio all'effetto sorpresa... pensò Fred mentre schivava una Maledizione e lanciava uno scudo in difesa di sé e degli idioti che si trovava per compagni. La situazione rimase in stallo per un po' fino a quando il rosso trovò un punto debole tra le difese degli avversari e mandò in frantumi la loro barriera.

«A qui ci pensiamo noi, Bobby» disse l'idiota uno «va pure a cercare l'arma»

Fred non ci pensò nemmeno e corse via sbottando «Fred, idiota, Fred!» poi sparì dietro a una porta cercando di far fuori più avversari possibili. Nella sua fuga si ritrovò in una stanzetta con tre Mangiamorte e si nascose dietro una cassa di legno e spiarli. Il trio strattonava una figura incatenata e incappucciata cercando di portarla via ma quella faceva resistenza.

Hanno un ostaggio...

«Muoviti Travers!» sbottò uno «siamo stati attaccati»

«Non vuole collaborare» disse il secondo cercando di trascinarla.

«Basta così!» il terzo colpì la figura violentemente facendola cadere in ginocchio, il cappuccio le scivolò dal viso rivelando una ragazzina esile e dai capelli rosso scuro.

Fred sentì dentro di sé montare la rabbia e con uno scattò saltò fuori dal nascondiglio colpendo i due Mangiamorte che la strattonavano lasciando il terzo completamente basito.

«Le donne» disse il rosso preparandosi a colpirlo «non si devono sfiorare nemmeno con un fiore» dopodiché gli lanciò uno schiantesimo in pieno petto. Quando l'uomo cadde a terra svenuto si avvicino alla ragazza e tentò di liberarla con la magia.

«Non funziona» disse la ragazza «ci ho già provato, queste catene respingono qualsiasi tipo di magia» Fred si incantò a fissarle gli occhi, neri e accesi come braci ardenti e con la gola secca disse: «prendo le chiavi, allora»

ispezionò gli uomini fino a quando non trovò la chiava e liberò la fanciulla. Lei si liberò massaggiandosi i polsi e un espressione sorpresa le si dipinse in viso:

«tu mi hai salvato»

«Mi sembra il minimo che possa fare» Fred sentì una strana inquietudine salire lungo la spina dorsale.

«E non chiedi nulla in cambio» lo ignorò la ragazza.

Fred si appoggiò a un fianco mentre sentiva l'adrenalina scemare e le lanciò uno sguardo divertito

«Eri in pericolo, eri prigioniera, ho fatto solo il mio dovere, nulla di eccezionale anche se sono veramente forte» aggiunse facendole comparire un sorriso nella labbra fine «Però le chiedo il suo nome»

«Celine» rispose «E io ho un grosso debito con te»

Fred scrollò le spalle «tutti hanno debiti con me»

La ragazza rise, una risata cristallina «avrò modo di ripagare il mio debito, allora»

«Non lo sto chiedendo»

«Ma tu lo meriti» lo fissò a lungo nel silenzio «ricordati il mio nome, ricordati di me.» e voltò le spalle iniziando a camminare fuori dalla stanza.

«Ehi, ehi» la richiamò «Celine! Non puoi andare via, è pericoloso»

«Posso e lo farò. Ho un altro debito da risarcire» si girò a guardarlo «Ti conviene uscire molto velocemente da questo edificio, Fred, oggi non sarò magnanime» il ragazzo fu raggelato dall'occhiata che ricevette, i suoi occhi erano di fuoco puro. Poi la ragazza sparì e contemporaneamente la stanza prese fuoco. E tutto l'edificio.

Fred non seppe mai come fece a scappare da quell'inferno e a ritrovare i due idioti, seppe solo poche cose: uno, non aveva trovato l'arma; due, Celine aveva pronunciato il suo nome senza che lui glielo dicesse; tre, qualsiasi fosse l'oggetto che cercava a quell'ora era già ridotto in cenere e, quattro, era successo qualcosa e lui si era perso qualche passaggio.



Maggio 1998.

Qualche luogo nei sogni di Fred.

Quando Fred aprì gli occhi vide solo buio e scoprì di galleggiare nel buio.

Cosa ci faccio qui? Come sono arrivato qui?

Per quanto si sforzasse di ricordare non gli veniva in mente niente, ricordava la battaglia ad Hogwarts, i Mangiamorte, Percy che tornava indietro e...

Un muro che ti franava addosso uccidendoti.

Sentì la paura attraversargli lo stomaco e il vomito risalire le viscere.

Sono morto? Probabile.

Il buio fu squarciato da un lampo e per un attimo tutto fu bianco poi il buio ritornò e con esso una ragazza dai capelli rossi come fuoco, lunghi e lisci agitati da un vento inesistente e due occhi neri come carbone ardente.

«C-Celine?» Fred si stupì di poter parlare, di ricordare quel nome e di ritrovarsi quella ragazza davanti.

«Bene, vedo che ti ricordi di me» disse inclinando la testa di lato «che ne dici di camminare? Dobbiamo parlare di tante cose...»

Fred si guardò intorno chiedendosi dove potessero camminare in quel nulla e Celine, quasi a indovinare i suoi pensieri, con un gesto della mano fece apparire intorno a loro un parco soleggiato con alti alberi.

Iniziarono a camminare ma Fred non riuscì a staccare gli occhi di dosso a quela ragazza e non riuscì a trattenersi:

«Chi sei? Dove siamo? Perché sono qui? Come..?»

La ragazza sospirò rumorosamente interrompendolo e disse

«Fred, devo farti un discorso lungo e ti chiedo di non interrompermi mai, ascoltami e capisci perché ciò che dirò è importantissimo»

Fece una pausa e iniziò a parlare delle Guardiane, dei De Immortalis, di quel popolo misterioso, dei poteri, del Chaos e del Delirium, di Godric e tutto il resto. Quando finì Fred fissò davanti a sé con la mascella contratta.

«Quindi io sono immortale»

«sì»

«sarei dovuto morire»

«sì»

«ma io ti ho salvato e tu mi hai donato l'immortalità»

«sì»

«e non posso tornare dai miei familiari, dal mio gemello, non posso riavere la mia vita indietro, non posso innamorarmi perché rischierei di generare un mostro, non posso vivere apertamente perché la gente avrebbe paura di me, devo scappare da una setta di psicopatici, non potrò vivere con il mio gemello, dovrò stare lontano da lui per sempre oppure vederlo di nascosto invecchiare e poi morire senza me. Dovrò cambiare nome, vita, tutto, non sarò più io» la guardò «ma allora a che serve vivere?»

«Ti ho donato una seconda possibilità» disse la donna e lui faticò a credere che fosse la stessa ragazzina che aveva salvato nemmeno un anno fa «puoi rifiutarla se vuoi e morire»

Voglio morire?

Quella domanda gli procurò un'immensa voragine al posto dello stomaco e si ritrovò a scoprire quanto desiderasse vivere.

Abbassò lo sguardo sconfitto, perché la pura della morte è così forte?

«tranquillizzati» Celine appoggiò una mano sulla sua spalla «esistono altre persone come te e potrai ricominciare con loro»

«Non voglio vivere rinchiuso sotto terra, voglio essere libero. Io stavo combattendo per questo quando sono morto» si sentì in dovere di spiegare.

«Spiegami quella cosa del Chaos e del Delirium»

La donna sospirò «I De Immortalis che derivano da magici sono i più pericolosi perché dentro di sé hanno la mescolanza del sangue della natura, della magia e dell'immortalità; molto spesso tra i babbani nascono uomini o donne speciali, non magici, ma speciali che hanno qualcosa di pericoloso e meraviglioso allo stesso tempo, se un De Immortales si innamorasse di uno di questi essere umani il sangue di tutte le razze entrerebbe a contatto creandone una nuova che è la magia, la natura, il mondo e l'universo stesso. Da quella creatura dipenderebbe il nostro mondo e se sbagliasse la sua scelta...» Celine si mordicchiò il labbro «e se sbagliasse la sua scelta saremmo tutti condannati»

Fred pensava, ci doveva essere una soluzione.

«ma non tutte le babbane sono così, e io potrei innamorarmi anche di una strega»

Sorrise, lei, indulgente «avresti il coraggio di legarti a una persona anche se la vedrai invecchiare, morire quando in te non cambierà nulla?»

Fred a quel punto avrebbe voluto mandare tutto a fare in culo, ma disse:

«Nella vita ci vuole coraggio»

Anche per morire ci vuole coraggio, gli ricordò una vocina fastidiosa.

Celine sospirò poi disse: «ora sai tutto e posso riportarti nel mondo reale» con uno svolazzo della mano si ritrovò nel cimitero del suo paese natale, davanti alla sua tomba.

Tu per il mondo sei morto.

«Ricorda ciò che ho detto» lo richiamò Celine «ricordatelo, perché è molto importante»

Silenzio.

«Hai un nuovo conto in una banca estera, hai l'assicurazione sanitaria Americana, passaporti e carte d'identità, soldi e altre cose in modo che tu abbia dei mezzi per ricominciare.»

Ricominciare, era questo che fece paura a Fred.



Capodanno 2000.

Qualche luogo in Spagna.

Fred fissò i fuochi d'artificio illuminare il cielo notturno.

Aveva passato quei tre anni in fuga, scoprendo da solo i proprio poteri, imparando a sfruttarli da solo.

Vivendo solo.

Molto spesso si chiedeva se non avesse fatto meglio a scegliere di morire che vivere ma ogni volta quella paura tornava prepotente costringendolo a scappare via.

Aveva scoperto che poteva materializzarsi ovunque, anche tra continenti senza che il ministero locale lo scoprisse, aveva scoperto che poteva cambiare il proprio aspetto restando sé stesso, aveva scoperto tanto.

Però pensava ancora a George, ogni volta, sempre, e sentiva il cuore cadere a pezzi, si sentiva come se gli mancasse una parte di sé. Si sentiva incompleto, fatto male, sbagliato, non c'era nessuno disposto a completare le sue battute.

Stava camminando cercando di scacciare via la tristezza quando una ragazza dai capelli ricci e gli occhi rossi gli si avvicinò dicendo:

«Buon 2000»

«Anche a te» ricambiò atono.

La ragazza si posizionò di fronte a lui e proclamò «so chi sei, Fredrick Weasley, so cosa sei»

«io non so chi sei tu» Fred rimase calmo ma pronto a scappare o a combattere.

«io sono Tosca Tassorosso»

«Ah» Fred ricordò quello che gli aveva detto la sua guardiana sui Fondatori di Hogwarts «cosa vuoi, quindi?»

Tosca lo fissò prima di irrompere in una risata fredda «certo che gli assomigli tantissimo»

«A chi?» i muscoli di Fred s'irrigidirono quando lei lo sfiorò.

«A Godric» gli occhi della ragazza brillavano folli e il ragazzo si scansò.

«tu vaneggi» e fece per andarsene ma lei lo bloccò per un braccio.

«io conosco il tuo destino!» sibilò «tu sei un gemello, tua figlia sarà una gemella e i tuoi nipoti saranno gemelli, tu sei l'inizio, tu avrai il Chaos e il Delirium e tu potrai contenere solo uno di essi, Godric Grifondoro» disse l'ultimo nome con una voce diversa e Fred non riuscì più a muoversi come se il suo corpo rispondesse ad un antico richiamo.

«Quando il Delirium vincerà fluirà dentro di te e finalmente Godric rinascerà»

«Non sono io il nuovo mostro» sibilò Fred riuscendo finalmente a muoversi.

«No»

«E allora cosa stai farneticando?»

«Godric quando tornerà userà il tuo corpo.»

«Non tornerà, è morto»

«Sì, invece» scattò «solo perché le tue sciocche Guardiane dicono questo non significa che sia necessariamente la verità. Lui tornerà, unisciti a me!»

«Vattene» disse Fred con tono imperioso «vattene»

E prima che la ragazza potesse ribattere lui si smaterializzò.


Marzo 2002.

America, New York.

Una ragazza con folti capelli castani fotografava il mare quando le si presentò davanti un ragazzo ferito e svenuto con i vestiti a brandelli. Lanciò un urlo e velocemente accorse per vedere se fosse vivo; lo era, respirava ancora anche se debolmente. Con mano tremante prese il telefono e chiamò un ambulanza.


Quando il ragazzo si svegliò erano in una sala d'ospedale. Helen, era questo il nome della ragazza, era rimasta per tutto il tempo accanto a lui; lei trovava che quel viso avesse qualcosa di ipnotizzante e non aveva fatto altro che fissarlo ed era sicura che avrebbe potuto disegnarlo ad occhi chiusi.

Be', lo sapeva perché era quello che aveva fatto per tutto quel tempo.

Quando il ragazzo aprì gli occhi Helen si avvicinò ancor di più e con un gesto incondizionato gli prese la mano. Il ragazzo ebbe uno scatto e si alzò a sedere come pronto alla fuga e Helen si trovò a fissare dei meravigliosi occhi azzurro cielo.

«va tutto bene, va tutto bene» lo rassicurò «scusami» aggiunse poi abbassando lo sguardo arrossendo un pochino.

Il ragazzo rimase a fissarla in silenzio e lei sentì crescere dentro di sé l'imbarazzo così chiese:

«come ti chiami?»

Silenzio. Poi: «Fred, Fredrick Weasley»

«Io sono Helen Flox» e gli tese la mano, il ragazzo la guardò dubbiosa prima di stringerla.

«Vado a chiamare i dottori, li avverto che ti sei svegliato» la ragazza si alzò e uscì dalla stanza lasciando un quadernetto sulla sedia. Fred aggrottò le sopracciglia e lo prese iniziando a sfogliarlo, conteneva dei disegni meravigliosi e si stupì che nelle ultime pagine ci fosse proprio lo schizzo del suo volto. La porta si aprì ed entrarono due dottori seguiti da Helen che avvampò appena notò che Fred stringeva tra le mani il suo quadernino. Lui fece un sorriso timido e lo rimise al suo posto mentre i dottori si affaccendavo intorno a lui e la ragazza rimase in disparte in un angolino.

Fred la fissò e si accorse che era carina, aveva dei folti capelli castano scuro che gli ricordavano quelli di Hermione, una lunga frangia spettinata le copriva la fronte mentre gli occhi cioccolato brillavano di curiosità, non era magra ma non la trovava nemmeno grassa, equilibrata insomma, anche se era un po' bassina.

I dottori gli fecero qualche domanda distraendolo dalla sua analisi e gli chiesero di identificare la sua assicurazione sanitaria e altre diavolerie simili.

«Non avete nulla, anche se quando siete arrivati stavamo già pensando a un trauma cranico ma adesso siete sano come un pesce, i tagli non erano poi così profondi. Siete stato aggredito, per caso?»

«Sì» rispose Fred «stavo passeggiando sul porto quando un gruppo di uomini mi ha assalito di sorpresa»

«Siete stato fortunato, poteva finire peggio. Lei viene dall'Inghilterra, giusto?»

Annuì.

«Potete fare una richiesta di risarcimento se vi hanno derubato di cose di valore e dovrete fare una copia del passaporto e della carta d'identità»

Passò un altra ora fino a quando poterono dimettere Fred e uscire dall'ospedale. Helen lo seguì di nascosto, cercando di non essere vista.

Erano a un incrocio quando Fred guardando una vetrina disse:

«Comunque sei molto brava a disegnare, Helen»

la ragazza, colta in fragranza, uscì da dietro l'angolo con sguardo colpevole e rosso di vergogna.

«Segui tutti quelli che salvi, principessa?» continuò divertito proseguendo fino a un bancomat per prelevare un po' di soldi dal conto creato da Celine.

«N-no» balbettò lei andandogli dietro.

«Comunque» fece lui premendo i tasti per il codice «sei molto brava. Quanti anni hai?»

«Diciassette» rispose.

«Io diciotto» aveva deciso di dire meno anni di quanto avesse quando era 'morto' per una maggiore copertura, poi si accucciò a prendere i soldi che erano usciti dal bancomat. Una volta compiuta l'operazione si girò verso Helen e le chiese «Ti andrebbe di prendere un caffè con me?»

Lei accettò.


«E così sei un artista» concluse Fred.

Erano in uno Starbucks da più di due ore e il suo muffin era ancora a metà.

Inizialmente Helen era stata timida e tenere in piedi una conversazione era stato più difficile che combattere contro dei Mangiamorte ma dopo alcune domande e molti sorrisi si era rilassata e aveva iniziato a parlare in maniera più sciolta e non a monosillabi. Aveva anche iniziato a sorridere e Fred trovava il suo sorriso bello perché non si limitava alle labbra, raggiungeva anche gli occhi facendoli brillare in una maniera dolce e contagiosa, gesticolava molto ed era anche un po' pasticciona per questo fatto, infatti spanse molti bicchieri.

Frequentava il liceo Artistico, nel pomeriggio dopo i compiti aiutava i suoi genitori a gestire un bar tradizionale poco fuori dal centro e nel tempo libero dipingeva, fotografava, scriveva e faceva un sacco di altre attività simili.

«E così sei un artista»

Helen arrossì e si nascose dietro la sua tazza di caffè borbottando:

«le mie compagne di corso dicono che non lo sono»

Fred alzò un sopracciglio e lei spiegò meglio «dicono che non saranno quattro strisci di pennello a fare di me un artista»

«Te lo dico io» fece Fred guardandola attentamente «cosa non fa una persona un'artista. Non lo sei se indossi abiti alla moda e scomodi, non lo sei se ascolti musica che nessuno conosce solo per fare l'alternativo, non lo sei se guardi film stranieri indiani e nemmeno se passi la vita a fumare o a bere solo caffè. Tu sei un artista quando fai arte» le prese il quadernino e mostrandole il ritratto che gli aveva fatto quando dormiva continuò «e se questa non è arte io sono rosso tinto»

Lei rise alla battuta imbarazzata da quel complimento, poi si schiarì la voce e cercando di farsi coraggio gli disse:

«Tu adesso sai tutto di me, ma io non so niente di te»

«Nemmeno io so niente di me»

«Come no?»

«Diciamo che mi sto reinventando, ricominciando da zero e non mi piace ricordare quello che ero»

«Bello e simpatico in fuga dal suo passato»

«Esatto, ma io direi bellissimo»

Entrambi risero e Helen spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Quindi cos'hai intenzione di fare?»

«Trovare un posto dove stare e un lavoro poco impegnativo prima di tutto»

«Be', se vuoi posso aiutarti»

Lo sguardo di Fred si fece interessante e lei continuò «i miei genitori stanno cercando qualcuno che li posso aiutare a tempo pieno nel bar potresti proporti e per la casa c'è un monolocale in affitto a due vie di distanza» disse tutto d'un fiato.

«Ehi» disse alzando una mano «respira» poi ci pensò su «Sì, penso che per il monolocale vada bene se il costo non è eccessivo e per il lavoro...be', anche quello mi va bene se significa vederti più spesso»

Il viso di Helen si illuminò e si lasciò andare in un timido sorriso.

«Forse...forse è meglio andare» anche Fred si ritrovò improvvisamente impacciato «sono quasi le sette, non vorrei averti fatto perdere troppo tempo»

«ma figurati!» disse Helen troppo velocemente «cioè, sono stata molto bene»

«Anche io» la rassicurò Fred andando a pagare il conto.

«Al momento dove alloggi?»

«In un Hotel, credo che si chiami “il centro di Nettuno” o una cosa del genere»

«Ti va se ci vediamo anche domani pomeriggio? Per mostrarti il bar e vedere se ti va lavorare lì, insomma...»

«molto volentieri» sorrise. «Ci vediamo al porto domani alle tre?»

Bastò il sorriso di Helen come rispondere.

Quando Fred tornò all'Hotel si ritrovò a pensare che quello era il primo rapporto sociale che aveva con una persona dopo quattro anni.

Be', non ti sei affatto arrugginito...

Poi le parole di Celine tornarono nella sua mente e con uno sbuffo bestemmio.

Quando ci vuole, ci vuole.




Nda:

Amatemi, amatemi. L'ho scritto in un giorno! E non perché volevo pubblicarlo, ma perché è dall'inizio della long che aspettavo di pubblicarlo xD

Comunque finalmente si inizia a scoprire la verità e sono convinta che ci voglia una fan fiction solo per raccontare la storia di Fred ed Helen, non ce la farò mai un due capitoli T_T

Va be', ditemi che ne pensate e grazie per le recenzioni!

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Capitolo 36
*** Tutta la verità (parte II) ***


Cap.

Tutta la verità (parte II)

**

I will always be yours for ever and and more
For the push and the pull
I still drown in your love
And drink till I’m drunk
And all that I’ve done, is it ever enough

**

Novembre 2002.

America, New York.

Il signor Flox sapeva bene che per il buon funzionamento di un bar occorrevano bravi e sociali baristi, per questo quando la figlia gli aveva presentato un tale Weasley con il viso scavato e gli occhi spenti aveva inarcato un sopracciglio affatto convinto. Comunque la figlia era riuscita lo stesso a convincerlo e il vecchio signore lo aveva messo in prova. E non se ne pentiva per niente di averlo assunto. Ammettere di essersi sbagliato sul carattere del ragazzo era stato, però, un colpo difficile da digerire visto che si era sempre vantato di avere quella capacità di riuscire a capire le persone con una solo occhiata e quel ragazzo sembravo a prima vista chiuso in sé stesso e incapace di qualsiasi interazione umana, che si sbagliasse era piuttosto evidente visto che i clienti lo adoravano e ben presto il suo bar divenne molto conosciuto.

Fred Weasley, d'altronde, sorrideva sempre e aveva un ironia molto particolare e riusciva a mettere a proprio agio chiunque, anche la persona più timida.

Come mia figlia.

Che Helen si fosse presa una cotta per l'inglese ormai era ovvio visto che lo guardava sempre con adorazione e passava molto tempo con lui, ma dei sentimenti del ragazzo non si sapeva nulla dal momento che la trattava con gentilezza senza sbilanciarsi troppo.

Per quanto gli riguardava, al signor Flox la cosa andava bene, gli affari andavano a gonfie vele, la figlia sembrava finalmente aver trovato un buon amico e il suddetto amico teneva le mani a posto. Sì, poteva reputarsi soddisfatto dell'ultimo periodo.


Fred rischiava di avere una crisi di nervi.

Cioè, era ancora convinto che accettare quell'offerta di lavoro fosse stato vantaggioso e si trovava bene con i clienti, insomma doveva solo fare quello per cui era nato: ridere. Quindi sì, da questo punto di vista avere una crisi di nervi era assolutamente ridicolo ma il problema era che ormai si trovava troppo tempo nello stesso luogo, quasi otto mesi, un record per lui senza contare una certa ragazza con una palese cotta per lui che lo lasciava stordito e confuso.

Helen gli piaceva, era una brava e bella ragazza sognatrice ma il problema stava comunque.

E' babbana, è mortale.

E su questo Celine era stata molto chiara e lui aveva ricevuto il messaggio.

Non provarci con lei, chiaro e cristallino come l'acqua.

Sporca, visto che ormai Fred cercava sempre una scappatoia, non gli sembrava giusto non attaccare una corte con una ragazza carina e simpatica quando sapeva esattamente cosa fare con lei.

Vecchio mio, con tutti i filmini mentali che ti sei fatto in questo ultimo periodo la tua testa è diventata un multisala e molti di quei filmini meritano anche l'Oscar.

«Non battiamo la fiacca, giovanotto» il signor Flox lo fece tornare alla realtà e quando alzò lo sguardo smarrito indicò il bicchiere che stava lucidando da un'ora. Fred sorrise e appoggiò il suddetto bicchiere dirigendosi alla cassa dove una ragazza attendeva il suo arrivo.

«Prego» disse posizionandosi al balcone invitandola e ordinare.

«Caffè macchiato e Muffin» ordinò spiccia, poi gli lanciò un occhiata complessiva e sorride accattivante «si può ordinare anche il barista?»

Ecco, Fred non capiva proprio perché tutto il genere femminile gli si incollava appresso quando non poteva avere rapporti sentimentali quando mentre era a Hogworts nessuna ragazza lo calcolasse. O forse era lui troppo impegnato a fare scorribande per dare attenzioni all'altro sesso, in fondo un figo come lui non poteva di certo essere passato inosservato... Comunque il problema persisteva così fece un sorriso di scuse alla ragazza e si limitò a dire:

«Il sottoscritto non compare nel menù»

La ragazza capito l'antifona smascherò una smorfia delusa e si limitò a pagare il suo caffè e il suo muffin.

La campanella alla porta tintinnò e Helen fece la sua entrata nella caffetteria e Fred si ritrovò a sorridergli senza un motivo preciso.

Idiota.

«Tesoro» la chiamò suo padre «com'è andata oggi a scuola?»

«Il solito» sbuffò la ragazza dirigendosi dietro il balcone e prendendo il proprio grembiule.

«Lo Scoiattolo ci ha affibbiato un compito a sorpresa»

Fred si sentì gongolare dentro, visto che Scoiattolo era il soprannome che aveva dato lui al professore d'Italiano della ragazza e vedere che lo usava anche la ragazza lo fece sentire importante.

...mi sono già dato dell'idiota?

Per prudenza se lo ripeté nella testa altre cinque volte, giusto per ricordarselo meglio ma nonostante tutto ciò guardò comunque Helen servire i clienti. No, non guardò, controllò Helen servire i clienti, infondo la ragazza era un disastro ambulante e avrebbe potuto rovesciare qualche tazza.

Tanto per metterlo ancora più in difficoltà Helen gli si affiancò e lo guardò con un sorriso timido e gli chiese:

«Sei stato bravo con i clienti?»

Aw, ma com'è carina?

Ripigliati, coglione, rispondi.

«Così mi offendo» ammiccò «lo sai che mi adorano, d'altronde sono favoloso»

«Oggi siamo più modesti del solito, eh?» lo prese in giro lei.

Fred si ritenne soddisfatto. Quando l'aveva conosciuta era una timida ragazza chiuse in sé stessa incapace di qualsiasi interazione umana, ma grazie alla sua guida stava diventando una ragazza estroversa.

«Solo per te» continuò anche lui sullo stesso tono.

«Allora senti, mistero Modestia» Helen mise sul bancone due biglietti dorati «una mia compagna sabato dà una festa e sono stata invitata»

«Una tua compagna di classe ti ha inviata a una sua festa?» non riuscì trattenersi dal chiedere visto che sapeva bene che Helen e le sue compagne non andavano esattamente d'accordo.

Diciamo pure che la trattano come un emarginata sociale.

Lei lo guardò punto in viso prima di sbottare un tantino irritata:

«Sai com'è, ho provato a mettere in pratica i tuoi insegnamenti per trovarmi qualche amica»

«Allora sono veramente colpito, impari presto eh!» avrebbe voluto arruffarle i capelli ma si trattenne e si limitò a fissare i biglietti «Perché sono due?»

Lei arrossì un pochino e bofonchiò:

«Ha detto che posso portare un amico, così mi chiedevo se tu volessi venire con me. In veste di amico, ovviamente» ci tenne a precisare.

Una festa? Era da quando era resuscitato che non ne faceva una come si deve e l'idea non era poi così malvagia.

«Questo sabato sera?»

La ragazza annuì rischiando di staccarsi la testa dal collo.

«Massì, si può fare» e appena finì la frase si ritrovò schiacciato alla parete con le braccia di Helen al suo collo in un abbraccio goffo e quando si staccarono la ragazza si mostrò imbarazzata e dopo un veloce “grazie” scappò via alle sue faccende con un cliente.

**

«Una festa? Davvero?»

Fred quando aprì la porta del suo minuscolo monolocale ebbe la forte tentazione di sbattere ripetutamente la testa contro il muro.

«Buonasera anche a te, Celine» sbottò invece senza curarsi del tono.

Si tolse le scarpe e la giacca e il resto continuando a dare la spalle al letto dove era sicuro stesse seduta la Guardiana.

Dopo che ebbe sistemato tutto con un'esagerata lentezza si girò a fronteggiare la donna che gli occupava la casa.

«Visiti tutti i De Immortalis del fuoco o lo ho solo io questo piacere?»

Celine ignorò l'ironia e la domanda guardandolo con i suoi occhi neri come carboni ardenti con un accusa scritta sopra e lui si sentì in dovere di difendersi:

«Sì, vado a una festa con un amica e non ho nessuna intenzione di fare chissà ché oltre che a divertirmi»

«Sicuri che ci andiamo solo con un'amica?»

Fred odiò il fatto che usasse il plurale così ribadì: «Sì, ci vado solo con un'amica»

«Non sei credibile, lo sai?»

«Sembri una vecchia mogliettina gelosa, lo sai?» la scimmiottò lui e quando la Guardiana sbuffò si sentì soddisfatto, adorava infastidirla, forse così imparava a piombare ogni santissima e benedettissima volta nel suo monolocale senza invito.

«Perché devi fare sempre così?»

«Forse perché l'amico nei piani bassi mi si è arrugginito?» alla sua faccia esasperata continuò «Per quel che so potrei anche essere tornato vergine!»

«Come la fai grande» alzò gli occhi al cielo «e se il problema è solo questo puoi sempre chiamare qualche prostituta Magonò»

Fred fece una faccia schifata, non gli piacevano quelle cose e che le Magonò venissero utilizzate in quel modo come giocattoli.

Piuttosto mi faccio castrare.

...ok, adesso sto esagerando.

«Una soluzione alternativa?»

«Ne abbiamo già parlato. Se venissi nelle nostre città....»

«sottoterra» ci tenne a precisare Fred.

«....Potresti innamorarti senza problemi e procreare quanto vuoi»

«Altre soluzioni alternative?»

«Non ce ne sono» lo zittì con fare imperioso «e tu stai già rischiando troppo, dovresti darmi retta e venire da noi»

«Sottoterra? Mai!» Fred su questo fatto era decisissimo, non avrebbe passato l'eternità senza vedere il cielo come se fosse in una prigione.

Celine sospirò e per un attimo Fred si sentì un po' in colpa, infondo lei faceva la bacchettona perché voleva aiutarlo.

«Comunque non sono venuta qui solo per farti la predica»

«Ah»

«Dobbiamo finire l'addestramento»

«Sarò ripetitivo: ti premuri della formazione di tutti i tuoi De Immortalis o sono io ad essere speciale?»

La donna si alzò dal letto mettendosi davanti a lui «sei tu ad essere speciale»

«Oh. E posso sapere perché?»

«No, non puoi. Prendi la bacchetta»

«Che cosa equivoca, quale bacchetta?»

«Quella che usi per fare le magie»

«Faccio con entrambe delle magie niente male...» ghignò Fred prima di ritrovarsi a terra con un forte dolore allo stomaco e Celine che lo guardava impassibile.

«Allora, ancora voglia di scherzare? In piedi»

«Sissignora» sbuffò. Sul serio, a volte poteva proprio odiarla.

**

Helen si ricontrollò allo specchio per l'ennesima volta.

Si sentiva del tutto legittima di stare in ansia considerando che quella era la sua prima festa e che ad accompagnarla sarebbe stato il ragazzo che le piaceva. La cosa aveva un po' dell'ovvio e sarebbe stata un ottimo spunto per un romanzo, lei ragazza asociale incontra un meraviglioso forestiero svenuto e lo salva portandolo al pronto soccorso facendo nascere in questo modo un'amicizia che diventa amore. Ok, adesso stava correndo troppo visto che erano ancora in fase amicizia e aveva anche una buona probabilità di restarci. Perché lei non era di certo ceca e stupida e le vedeva le mille ragazze che ogni volta ci provavano con lui al bar, l'unica consolazione era che rifiutava sempre quelle corti. Inizialmente aveva temuto che fosse gay e forse lo era davvero nonostante non avesse gli atteggiamenti.

Comunque, nel caso fosse veramente etero sapeva che prima o poi si sarebbe lasciato andare a una di quelle ragazze perfette, la cosa era inevitabile, non avrebbe mai potuto guardarla.

Certo, di giorno lei ci scherzava con lui, faceva auto-ironia, rideva e faceva finta di nulla, ma la sera chi li faceva i conti con lo specchio? I chili di troppo, i fianchi, le tette e tutto resto? Sapeva di essere fatta male e se per un periodo era riuscita a venire a patto con questa cosa ora non riusciva a vedersi bella abbastanza per Fred e la cosa era orribile.

Anche adesso con il vestito nuovo si sentiva un salmone.

Sì, un salmone, non chiedetemi perché ma oggi mi vedo un salmone.

Un orribile salmone infilato in un vestito troppo stretto, mannaggia a quella commessa convincente.

Il campanello della casa suonò e lei sentì montare il panico, lui era lì e lei aveva ancora l'aspetto di un salmone.

«Sì, sì, Helen è quasi pronta, adesso sua madre la chiama» sentì suo padre «mi raccomando giovanotto, trattala bene»

«La cosa mi sembra ovvia» sentire la voce di Fred le venne un po' di coraggio e mise la testa fuori dalla porta.

Sua madre che era sulle scale la invitò a uscire con un cenno e un sorriso incoraggiante e una volta fuori la scrutò da cima in fondo:

«Sei adorabile» proclamò.

Sono un salmone adorabile, yuppie.

Cercando di non inciampare in quegli aggeggi infernali che chiamano tacchi e al contempo di avere uno sguardo dignitoso. Rischiò seriamente di inciampare e rotolare giù per le scale quando i due uomini all'entrata si accorsero di lei e la fissarono. Aspettò qualche commento ironico di Fred su quanto assomigliasse ad un salmone.

Mhh, potrei chiedere a mamma se domani può preparare la pasta al salmone visto che sono così fissata, in ricordo delle splendide figure di merda che farò 'sta sera...

Galantemente Fred le tese il braccio che lei afferrò precipitosamente per non cadere.

«Quella gonna è troppo corta» borbottò suo padre e lei si trovò del tutto d'accordo, metteva troppo in mostra le sue cosce abnormi da salmone.

Aspetta, i salmoni non hanno le cosce....

«Per me sei bellissima» disse semplicemente Fred facendole l'occhiolino e lei sentì la temperatura corporea aumentare ed ebbe la certezza di arrossire.

Che bello, un salmone alla brace...

Si impose di smettere di pensare a salmoni e affini e si diresse con Fred verso la macchina noleggiata di quest'ultimo.


Fred capì appena vide Helen bellissima come una dea scendere dalle scale di aver fatto male ad accettare l'invito.

E poi 'fanculo le scale, sono un cliché troppo usato, che razza di potere sconosciuto hanno su noi uomini?!

Comunque Helen era nervosa, questo si capiva benissimo da come gli artigliava il braccio dimostrando inoltre che la suddetta ragazza non sapeva camminare con i tacchi e questo lo trovò un pregio. Odiava i tacchi, le donne con i tacchi in mano erano pericolose, mamma Molly lo aveva inseguito fin troppo volte minacciandolo con quell'aggeggio infernale; il fatto che Helen non sapesse usare i tacchi significava che non avrebbe mai potuto minacciarlo con quell'arma in futuro.

Si diede del cretino appena formulò la cosa.

Nel prossimo futuro sei in un altro continente lontano miglia e miglia da lei, ricordatelo, emerito idiota.

Ti voglio bene anch'io, vocina interiore.

Siccome odiava il silenzio e non aveva la più pallida idea di come funzionassero le radio disse la prima cosa che gli venne in mente quando salirono in macchina:

«Sei mai andata a pescare salmoni?»

Lei lo guardò sbalordita e oltraggiata.

Ok, ho fatto una domanda scema ma adesso non guardarmi con quello sguardo omicida/suicida.

«Ehm...» tentò di rimediare «Come si chiama la ragazza della festa?»

«Clary Mork»

«Ed è...ehm... carina?»

Lei lo riguardò sbalordita e oltraggiata.

Ok, oggi non è serata di chiacchiere.

Ma non sapeva cosa dire, ma la verità è che vedere tutta la pelle scoperta di una certa ragazza aveva risvegliato l'inquilino dei piani bassi, e sì, era un maniaco, ma lei era troppo bellissima e troppo proibita.

Ugh, la mia vita sta diventando un unico merdoso Cliché.

Decise di concentrarsi sulla festa. Gli piacevano le feste, si ricordò che in una al sesto anno ubriaco fradicio aveva girato per la stanza con delle mutande rosso e oro in testa urlando “lunva gita a Gofric Gridondoro”, sperò di non finire con le mutande in testa anche stavolta, anche perché erano verdi e gli ricordavano i Lepricani e lui odiava quegli esserini da quando un bell'imbusto del Ministero aveva rifilato a lui e a suo fratello dei Galeoni falsi.

Pensare a George lo fece quasi uscire dalla carreggiata.

«Comunque sei bello anche tu» sentire la voce di Helen, debole dalla timidezza, lo fece ritornare in sé e sentì il cuore meno vuoto.

«Eh, lo so che sono il più figo di tutti» scherzò, perché scherzare era la cosa che gli veniva meglio.

«Comunque non sono mai andata a pescare salmoni»

Cos..ah, la domanda idiota di prima.

«Nemmeno io» disse alzando le spalle «Se vuoi ci andiamo insieme un giorno»

La sua uscita fece tranquillizzare le sua amica e di riflesso si tranquillizzò anche lui, così disse:

«una volta papà mi portò a pescare con i miei fratelli nel fiume vicino al paese. Fu un disastro. Perce finì a mollo con le mutande e io e George finimmo in punizione. Devo ancora capire perché per mamma ogni qual volta succeda qualcosa la colpa diventi automaticamente mia e di George. E quella volta eravamo anche innocenti visto che era stato Bill, noi due eravamo troppo impegnati a prendere un pesce con le mani, le canne da pesca sono troppo complicate...»


Helen rimase in silenzio ad ascoltarlo incredula.

Era la prima volta che il ragazzo parlava del suo passato e inizialmente era rimasta anche un po' incredula nel sentirlo parlare di mamma e papà ma poi si era data dell'idiota, era ovvio che Fred avesse dei genitori, non poteva essere stata sul serio la cicogna a portarlo.

Sentirlo parlare di quelle cose fu comunque strano, anche perché continuava imperterrito, come se stesse parlando più a sé stesso che a lei, ma andava bene perché immaginarsi un piccolo Fred che rincorreva i pesci era una cosa molto dolce e tenere.

Helen lo fissava incantata perché mentre lui parlava sorrideva e non era il suo tipico sorriso, era un sorriso triste.

Aveva un sorriso triste che non aveva visto mai a nessuno.

Quando arrivarono al parcheggio lui però si zittì e tenne la bocca chiusa per tutto il tempo che parcheggiò.

«Come mai sei venuto in America?» si risolse infine a dire.

Lui parve sorpreso dalla domanda da come strinse il volante, ma fece spallucce e rispose:

«Perché è l'America»

Non era una risposta, ma se la fece bastare, era evidente che da questo punto di vista il rosso fosse molto chiuso.

Parcheggiarono e lui scese dalla macchina per aprire la sua portiera e in un gesto scherzoso le porse il braccio dicendo con una finta aria da Lord holapuzzasottoilnaso Inglese.

«Milady»

Lei rise e gli afferrò il braccio ringraziando tutti i santi del paradiso.

Gesù, se questi tacchi sono alti....

Sempre aggrappata al braccio di Fred come se fosse uno scoglio in mezzo a un mare in tempesta e lei una povera naufraga.

Sono una poetessa mancata, lo so.

Quando entrarono alla festa, però, il suo fragile equilibrio fu attentato dalla sua compagna di banco che con un tripudio di squittii l'aveva afferrata e soffocata in un abbraccio spacca costole. Nonostante ciò si ritrovò a ricambiare l'abbraccio – più per restar aggrappata a qualcosa di solido per non cadere che per altro.

«Alla fine sei venuta!» squittì Clary e Helen si ritrovò a pensare a quanto l'amica assomigliasse a un topolino di campagna con tutti quei squittii.\

«Ciao Clary» la salutò sentendosi molto stupida e molto imbarazzata.

Fred che odiava essere ignorato, ovviamente, tossì un paio di volte per attirare la loro attenzione e Clary si girò di scatto facendo ondeggiare le balzi verdi del suo vestito e si ritrovò davanti Fred in tutta la sua bellezza, tant'è che arrossì.

Eh no, bella mia, giù le mani. È mio.

«Ehm...Clary» Helen pregò di non arrossire «Ti presento Fred Weasley, un mio amico»

L'amica lanciò un'altra occhiata apprezzativa al ragazzo, il quale se la gustò con un sorriso compiaciuto, prima di sorridere civettuola «Clary Morck, piacere.» poi si girò verso Helen «amico, eh? Solo amico?»

Helen si ritrovò in quella scomoda posizione di voler picchiare l'amica e al contempo specificare che il suddetto ragazzo non andava toccato perché era suo. Peccato che non poté fare nessuna delle due cose e disse fra i denti:

«sì, solo amico»

«Splendido!» squittì lei e fece per avventarsi su Fred che, capito cosa stava realmente succedendo, sfoggiò una faccia di adorabile spavento «quello è il tavolo del rinfresco, lì trovi le altre. Su, andiamo a fare conoscenza» si rivolse poi a Fred trascinandolo via.

Ed Helen rimase lì impantanata, incredula che quella fosse riuscita a trascinarlo via così velocemente.

Certo, non che lui abbia fatto molta resistenza.

Suo malgrado sapeva bene che Clary era molto più bella e magra di di lei, anche se i capelli a volte prendevano una sfumatura grigio-topo, ma in compenso aveva dei bellissimi occhi cerulei.

Helen decise di seguire il 'consiglio' dell'altra ragazza e si diresse verso il rinfresco con l'impressione di essere nel posto meno adatto per lei.

«Ma guarda chi è venuta» Helen fece cadere i gamberetti che stava prendendo dal rinfresco quando Angela Zaldev le sbucò alle spalle guardandola con un sorriso che la fece sentire del tutto inadatta alla situazione.

Diavolo, io sono un salmone e lei sembra una diva del cinema...!

«Ciao, Zaldev» la salutò con più naturalezza possibile.

«Ma come» l'altra fece una faccia imbronciata «parliamo per cognomi adesso?»

Be', sai com'è, hai passato due anni a dire che sono la ragazza più ridicola della terra...

«Comunque» continuò Zaldev senza darle il tempo di ribattere «non ti facevo un'animale da party»

Alzò le spalle non sapendo cosa dire, le sembrava così strano che proprio Angela Zaldev le stesse parlando in maniera così gentile ed educata come se fossero grandi amiche.

Be', alle elementari lo eravamo....

Ovviamente prima che mi desse della grassona.

«Comunque devi provare proprio questo drink, è una bomba!» e le mise in mano senza tante cerimonie un bicchiere con un liquido azzurro spandendoglielo quasi addosso, poi la guardò piena di aspettative e solo in quel momento Helen realizzò che la ragazza era ubriaca e questo spiegava per quale motivo le stesse parlando senza mandarle le solite frecciatine come suo solito. Helen assaggiò il drink titubante preparandosi a sentire il sapore orribile dell'alcool ma con sua grande sorpresa le piacque e senza rendersene conto lo bevve tutto.

«Buono, che cos'è?» chiese a Zaldev.

Quella ridacchiò: «Non è ho idea, ma di là ce ne sono altri. E di tutti i colori! Anche verdi, andiamo»

Helen la seguì docilmente pensando che forse, finché le altre erano ubriache, la festa non sarebbe stato un disastro.


Fred decise che i Babbani non avevano la più pallida idea di che cose fosse una festa.

E che diavolo, nessuno si è ancora messo le mutande in testa...

Poteva sembrare strano, ma la cosa gli scocciava molto, le avrebbe messe lui stesso se non fosse stato così disgustosamente sobrio, ma era l'unica cosa da fare se voleva restare sobrio e non fare cose che poi se ne sarebbe pentito in futuro. Anche per il fatto che qualche ragazza ci aveva provato con lui, in primis quella sanguisuga che le ricordava vagamente un incrocio da un topo e una piovra per via dei suoi continui squittii e il fatto che continuasse a seguirlo ovunque andasse con quella sua orribile parlantina; e la cosa peggiore era che non aveva ancora trovato Helen nonostante la stesse cercando da parecchio.

Diciamo pure da quando il topo-piovra aveva smesso di strascinarlo come una valigia, quindi da subito e non l'aveva ancora trovata.

«Ehm....Claudia?» provò, non aveva ancora imparato il nome di quello strano mutante.

«Clary, Clary» lo riprese lei un po' infastidita, evidentemente doveva essersi accorta anche lei che non era interessato, ma nonostante ciò continuò imperterrita «Cosa c'è, tesoro?»

...tesoro? Ough, voglio morire.

«Sai per caso dov'è Helen?» chiese usando un sorriso che nascondeva perfettamente l'istinto omicida verso quell'essere.

Scocciata dalla domanda, il suddetto essere in questione rispose: «Boh, sarà con qualcun altro a divertirsi»

Senza sapere perché si sentì terribilmente male e arrabbiato e frustato quando disse “con qualcun altro a divertirsi”, anzi sapeva di essere geloso ma la cosa non aveva assolutamente senso visto che non aveva nessun diritto di essere geloso, lo si può essere verso una persona che non si ha mai avuto? No, quindi si decise a stare buono e a tenere a distanza di sicurezza quella...cosa.

Provò a scrollarsela di dosso altre venti volte, prima con gentilezza dopo con vere e proprie fughe ma quella non ne voleva proprio sapere.

Adesso uso uno dei miei super-poteri da immortale e la faccio fuori.

Ed era davvero sul punto di farlo quando sbatté contro proprio la ragazza che aveva cercato per tutta la sera, Helen.

«Oh, eccoti qua» disse senza non potersi sentire sollevato quando vide che era in compagnia solo con altre ragazze.

«Fred!» disse la ragazza abbracciandolo di slancio e facendolo quasi cadere dalla sorpresa, Helen non era mai stata tipa da “io amo gli abbracci, o il contatto fisico in generale, abbracciami”.

«Va tutto bene?» chiese staccandola e quando vide la sua espressione delusa non poté non darsi dell'idiota, perché sì, lui era un grandissimo emerito idiota.

Lo ha detto anche la Granger, accidenti, aveva ragione!

«Ma certo che va tutto bene» disse malferma sui suoi piedi, le guance rosse e lo sguardo folle.

E capì.

Ah.

«Helen... sei ubriaca?»

«Nooo, solo un...pochino» e a dimostrazione del fatto non lo fosse solo un pochino scivolò a terra ridacchiando.

Ci mise tre secondi a decidere il da farsi.

«Grazie per la serata, Claudia...»

«Clary!»

«...ma noi andiamo, è tardi»

«Ma sono solo le undici e mezza»

«Da qualche parte nel mondo sono le tre di notte» si accucciò aiutando Helen a rialzarsi e quando fu stabile tra le sue braccia (Celine mi ucciderà) guardò la mutante e con una gentilezza fredda disse «arrivederci» e se ne andarono.

**

Il fatto che non si fosse completamente dimenticato la strada per la casa di Helen poteva essere una scusa che spiegasse per quale motivo avesse portato la ragazza nel suo monolocale. Oppure perché aveva vomitato così tanto in macchina che le era venuto naturale portarla nel primo posto che gli venne in mente, ovvero il suo monolocale.

Quindi, adesso Fred se ne stava sull'uscio della porta rendendosi conto del grande sbaglio che aveva commesso mentre Helen girava con aria alla Lovegood per la stanza prima di cadere nel letto ridacchiando.

Alla fine si decise a chiudere la porta e ad entrare, non prima di mandare un messaggio ai genitori di Helen con il cellulare della ragazza dicendo ce dormiva a casa di una sua amica.

E con questo merito il premio di più grande idiota dell'anno.

Helen continuava a rotolarsi sul suo letto come una bambina e lui non poté non trovarla bellissima e dolcissima, sul serio come si faceva a non amare una ragazza del genere?

Ho detto davvero amare? Ok, sono nella merda.

«se vuoi puoi usare il bagno» la ragazza non diede nemmeno segno di averlo sentito e lui si sentì sempre più disperato, non aveva la più pallida idea di come comportarsi così si sedette distrutto sul bordo del letto ma non fece nemmeno in tempo a decidere il da farsi che qualcosa lo prese alle spalle gettandolo a terra e si ritrovò i capelli di Helen solleticarli la faccia e la sua risata sulle orecchie. Preso allo sprovvista schizzò fuori dal letto dimentico di quanto la stanza fosse piccola finendo quasi dentro l'armadio lasciando la ragazza sorpresa sul letto; rimasero alcuni secondi a fissarsi prima che sul viso di Helen passasse un espressione di rabbia e iniziasse a sbottare:

«Sei un emerito idiota»

Lo so.

«Io le sto provando tutte, possibile che proprio non ci arrivi? Sono diventata anche una persona sociale, ho iniziato a indossare vestiti che mi fanno diventare un salmone e tu, emerito idiota, continui a non capirci un tubo. Oppure lo capisci e fai finta di niente, ma porcamiseria non vedi che io sto impazzendo nel fartelo capire? Sono innamorata di te, brutto deficente!»

A quel punto Fred desiderò gettarsi davvero giù dalla finestra ma rimase comunque immobile al suo posto mentre nella sua testa ronzavano solo quelle quattro parole. “sono innamorata di te, sono innamorata di te, sono innamorata di te, sono innamorata di te...”. Lo sapeva già, ovviamente, ma sentirselo dire in faccia in quel modo era... be', era paralizzante, come potevano pensare delle stupide fatine che adesso lui non avrebbe fatto nulla?

Helen che di sicuro a quel punto lo aveva preso per ritardato si alzò dal letto senza cambiare l'espressione battagliera che, cavolo, la faceva così sexy.

E poi non assomiglia a un salmone...

Si trovarono a pochi centimetri di distanza e Fred decise in poco tempo cosa.

Sì, la mia vita è diventato un unico e merdoso cliché, quindi uno in meno o uno in più non fa differenza...

E così la baciò.

Complice il poco spazio e il fatto che nessuno dei due ce la faceva veramente più, scivolare sul letto fu del tutto naturale.

**

Settembre 2005.

America, New York.

Fred sapeva di aver un culo enorme, forse perfino più grande di Harry Potter. Erano passati tre anni in cui non succedesse niente di apocalittico e lui stava felicemente con Helen.

Alla faccia di Celine!

Certo, la Guardiana si era subito fatta viva per insultarlo, dargli dell'irresponsabile, ripetendo più volte che lei lo sapeva che sarebbe finita così, che ora tutti erano nei guai per colpa sua, che era un maniaco, altri insulti, minacce di morte e quant'altro che finì quando Fred esasperato disse: «ma fatti i cazzi tuoi» e questo aveva zittito Celine per il semplice fatto che mentre lo diceva era totalmente serio e raramente Fred era serio, lei lo sapeva bene. Ovviamente dopo poco aveva ripreso il suo monologo che aveva dovuto sorbire, ma tutto sommato non gli era andato male, poteva essere incenerito o impacchettato per l'Antartide o per il Mondo di Sotto insieme a quelli della sua specie invece era rimasto lì, aveva potuto stare con Helen.

E non è ancora successo nulla, toh.

Dopo aver affrontato la sua Guardiana affrontare i genitori di Helen fu una passeggiata, anche perché dopo un perplesso silenzio la signora Flox aveva organizzato un pranzo di famiglia e il signor Flox aveva solo scosso la testa intimando a Fred di non essere carente a lavoro e di non far soffrire la sua piccola. E Fred non ci teneva a fare nessuna delle due cose.

Così, dopo tre anni, lui era ancora lì anche se non era invecchiato di un secondo, mentre Helen, nel fiore dei suoi diciannove anni, era diventata ancora più meravigliosa di prima.

Cioè, intendiamoci.

Fred era contento mentre quel giorno lavorava normalmente alla caffetteria e quando il padre lo mandò al magazzino nel retro lui ci andò fischiettando quindi non poteva assolutamente sapere cosa gli si sarebbe presentato davanti. O meglio chi gli si presentò davanti.

«Bene, bene. Guadate il fidanzatino»

Fred non riconobbe subito la voce, in fondo l'aveva sentita una sera sola, per questo quando si girò per capire a chi appartenesse rischiò l'infarto.

«Allora, non mi saluti?» Tosca Tassorosso aprì le braccia in un chiaro invito che lui ovviamente non colse rimanendo immobile al suo posto.

Merda. Riuscì solo a pensare mentre altri Deliranti si piazzavano davanti alle vie di fuga.

«Peccato» disse Tassorosso abbandonando le braccia e passando a un'espressione più malvagia.

«Allora, divertito in questi anni in America? Ammetto che è stato proprio difficile trovarti»

«Cosa vuoi?» sibilò Fred.

«Andiamo subito al punto? Va bene, anche se il punto lo conosci già»

«E quale sarebbe, questo punto?» Fred adocchiò con la coda nell'occhio due tipi dall'aria pericolosa che si stavano avvicinando.

«Oh, non te l'hanno proprio detto allora» costatò l'altra divertita.

«Che cosa non mi hanno detto?!»

Un sorriso sornione si fece strada sulle labbra della donna «Che tu sei l'unica persona in gradi di contenere lo spirito di Godric Grifondoro»

«Ancora con questa storia» sbuffò senza perdere di vista gli altri «io non sarò Godric Grifondoro, lui non risorgerà»

«Invece sì» aveva un espressione esaltata, terribilmente esaltata e folle «lui tornerà, lo so, e sarà con il tuo corpo»

«Ma perché proprio con me devi avere queste orride fantasia?» chiese cercando di mantenere un po' di umorismo anche se il nervosismo stava per regnare sovrano.

«Perché solo tu puoi, perché così è stato scritto! Unisciti a noi»

«No» disse arretrando ma mantenendo un espressione sicura «mai»

«Invece lo farai»

«Come credi di convincermi?»

«Se non ti unisci a noi una certe ragazza potrebbe...ecco... farsi male»

Tosca si gustò tutta l'espressione inorridita di Fred quando capì di chi stesse parlando.

«Non t'azzardare a torcerle un capelli» ringhiò mentre le sue mani prendevano fuoco.

«Se no tu che fai?» si prese gioco di lei.

Senza rendersene conto Fred l'assalì alla babbana.

Massì, una sana rissa fa sempre bene.

Ovviamente non volarono solo pugni ma anche incantesimi, erano dieci contro uno sapeva di non avere chanche, ma che ne importava. Anzi stava andando anche molto bene finché Tosca non tirò fuori una spada puntandogliela alla gola ma senza colpirlo.

«Fermo» gli intimò.

Non che lui avesse intenzione di muoversi, lo sapeva bene che una spada maledetta era l'unico modo per uccidere uno come lui e la spada in questione era la Spada del Delirio, quella maledetta per eccellenza.

«Ora» continuò sorniona Tassorosso «farai quello che ti dico io se non vuoi che alla tua dolce fidanzatina accada qualcosa»

Fu più o meno a quel punto che, senza sapere come, il tempo si fermò. Perplesso scivolò dalla presa di un Delirante immobile e si allontanò dalla spada.

Così so fermare il tempo, figo.

Celine poteva anche dirglielo che aveva quel super-potere ma non ci rimase molto a mugugnarci sopra, l'incantesimo poteva finire da un momento all'altro così velocemente tolse la Spada dalla presa di Tosca deciso a tenersela. Appena in tempo perché con uno spasmo involontario del suo braccio il tempo riprese e lui fu lesto nel puntare la Spada alla gola di Tosca fermando tutti in una posa sbigottita e difensiva.

«Non ho nessuna intenzione di fare quello che dici tu» ringhiò Fred avvicinando sempre di più la spada al collo della donna.

La sorpresa sparì immediatamente dalle iridi rosso sangue di Tosca per lasciare posto alla rabbia.

«Come hai fatto, bastar...»

«Andatevene» la interruppe Fred «Andatevene prima che decida di ammazzarti»

Tosca gli lanciò un'occhiata piena di rancore prima di sibilare «adesso hai vinto tu, ma ricordati che la guerra deve ancora finire. Ci rivedremo e non sarà un incontro piacevole» detto ciò sparì con tutta la sua banda.

Quando rimase solo Fred non penso nemmeno a riprendersi, rimpicciolì la spada e corse a casa.


Helen era davvero perplessa quando entrando al Caffé aveva appreso dal padre che il suo ragazzo dopo era stato nel magazzino era scappato a casa con la faccia di chi aveva visto un fantasma. Così decise di andare a vedere a cosa fosse preso a quel ritardato andandolo a chiamare a casa sua.

Non era la prima volta che dava di matto, dopo tre anni aveva imparato a conoscerlo, ma non in quel modo e la cosa era molto preoccupante.

Una volta davanti alla porta del suo monolocale – non capiva proprio perché volesse stare in quel buco – prese le chiavi nascoste sotto lo zerbino e stava per aprire una porta quando lo sentì urlare.

«Porca miseria, quando aspettavi di dirmelo?!»

«Una volta pronto!» urlò in risposta una voce femminile facendole quasi cadere le chiavi di mano.

«E sarebbe? Una volta prigioniero di quei psicopatici?! Dovevi dirmelo!»

«Non è colpa mia se sei un immaturo!»

«Per il floscio sinistro di Merlino!»

«Non essere volgare»

Aprì la porta decisa a far chiarezza su quel mistero e una volta dentro vide una donna dai capelli rosso fuoco con un espressione così arrabbiata che non la fece quasi fare dietro front ma una valigia aperta sul letto e Fred con parecchie mutande in mano la congelarono al suo posto.

«Te ne stai andando...» sussurrò spaventata.


«Te ne stai andando...»

Fred avrebbe voluto davvero mettere la testa dentro al cesso e tirare l'acqua.

Una volta a casa ci aveva già trovato dentro Celine con la sua valigia in mano e la frase «adesso partiamo»

Insomma, aveva dato di matto, i due si erano urlati dietro, lui si era ripreso la valigia e stava risistemando le sue mutande nell'armadio quando la porta si era aperta mostrando Helen.

E vaffanculo a tutto.

«Non me ne sto andando» rispose in automatico.

«Sì che te ne stai andando» lo corresse Celine.

«Non è vero!»

«Non puoi stare ancora qui!»

«Per colpa tua!»

«Sei tu l'irresponsabile qui!»

«Sei tu che non mi hai detto che sono il bersaglio di quei psicopatici!»

«ovvio che lo sei, sei andato a letto con una babbana!»

«E sono il futuro Godric Grifondoro!»

«Anche!»

«E tu osi dire che è colpa mia?!»

«Non usare questo tono con me!»

«Si può sapere cosa sta succedendo?!»

Fred e Celine si girarono a guardare Helen, ancora sulla porta e la sua espressione battagliera che la rendeva terribilmente sexy. Fred sapeva che non era il momento, ma non ci riusciva proprio a non guardarla in quel modo.

«Ehm... entra e chiudi la porta» si risolse a dire.

Inutile dire che si sentisse terribilmente in imbarazzo e non sapesse cosa dire, cosa inventarsi, per questo guardò Celine in cerca d'aiuto.

«Dille la verità» lo sfidò e lui accolse la sfida.

«La verità?» chiese Helen impallidendo «Fred... cosa...?»

«Occhei, in fondo meriti di saperlo»

Così Fred raccontò la verità a Helen.

Da dove venissi, cosa e chi fosse, perché, del suo girovagare, di Grifondoro, di tutto.

Alla fine Helen rimase in silenzio a fissare il vuoto, prima di dire con voce spaventata:

«Non te ne andare»

«Non vado da nessuna parte senza te» e lo disse con tono di sfida, che ci provasse pure Celine a portarlo via, non ci sarebbe mai riuscita.

«Ma è troppo pericoloso! Non sei solo tu ad essere in pericolo, ma anche la tua famiglia»

Helen si morse le labbra, Fred la capiva visto che questo era un problema terribile.

«Non voglio» disse solo.

Ed erano tante le cose che non voleva lui: non voleva lasciarla, non voleva metterla in pericolo, non voleva mettere in pericolo nessuno, non voleva fare l'immaturo, non voleva far preoccupare Celine, non voleva essere catturato dai Deliranti, non voleva andare nel Mondo di Sotto, non voleva vivere così.

Voglio George.

E quella consapevolezza gli fece male, perché nonostante in quegli anni fosse riuscito a mettere da parte quel vuoto riempito un po' da Helen ora gli crollava tutto addosso e sentiva quanto gli mancasse ancora il gemello e la sua vecchia vita.

Fred prese un respiro prima di dire a Celine: «anche se me ne andassi le farebbero del male, voglio restare almeno riuscirò a proteggerli, infondo adesso ho la spada e posso batterli»

«Ma loro sono molto potenti e Tosca...lei ha La Magia Oscura.»

«Celine, so cosa faccio. Io resto» era deciso, era inutile, non avrebbe abbandonato anche Helen.

La quale gli prese la mano stringendola.

La Guardiana sbuffò:

«Siate prudenti, usate le protezioni, e se vi succede qualcosa io...» sembrava veramente disperata e Fred si ritrovò a pensare a come si comportasse come una mamma con lui, per questo si alzò e l'abbracciò nonostante lei fosse un essere divino e lui...lui era Fred dopotutto quindi l'abbraccio fu ricambiato.

**

Ottobre 2005.

America, New York.

Helen era andata al supermercato per comprare qualcosa che serviva a casa quando urtò contro una signora facendole cadere le cose che teneva in mano.

«mi scusi» disse cortesemente accucciandosi per aiutarla.

La signora sorrise e le posò una mano sulla guancia provocandole brividi su tutto il corpo quando notò che gli occhi dietro gli occhiali da sole aveva iridi rosso sangue.

«Sei così gentile, ragazza» disse la signora cantilendando «è se qualcosa di nero ti entrasse nel cuore?»

Dalle sue dita uscì del fumo nero «su» continuò la signora «entra nel suo cuore»

Dopodiché Helen svenne.

**

Febbraio 2005.

America, New York.

Che il ragazzo dai capelli rossi fosse preoccupato era ovvio.

O almeno così la pensava il dottore che lo ricevette dove averlo visto osservare la sua paziente per tutte le ventiquattro ore di fila rifiutandosi di andarsene all'ora della fine del tempo concesso per le visite.

«come ti chiami?» gli chiese facendolo accomodare.

«Fred» il dottore registro una voce meccanica, quel giovanotto era veramente in ansia.

«Sei suo fratello?»

«Sono il suo ragazzo»

«Ah» dare certe notizie ai familiare è orribile, lo sapeva bene, ma darle alla dolce metà è sempre stato peggio.

Perché non capiscono, pensano solo alla cosa pratica.

Che non ci sarà più.

Quasi ad indovinare i suoi pensieri il ragazzo strinse con più forza i braccioli della sedia e chiese:

«Cos'ha?»

Cos'ha? Bella domanda.

«Non lo so»

Lo sguardo del rosso era così pieno di angoscia, paura e rabbia che si sentì in dovere di spiegare di più:

«Sembra che qualche virus si sia infilato nell'apparato cardio-vascolare impedendo al cuore di battere nel modo giusto. È difficile da spiegare, in tutta la mia carriera non ho mai visto niente del genere.»

«Ma...guarirà, vero?»

Il Dottore sospirò stancamente mentre si preparava a dare lo Scacco Matto:

«No»

Silenzio.

«Non sappiamo quando, ma di sicuro non guarirà e questo le provocherà morte. Potrebbe avvenire tra un mese esattamente come tra un anno»

Ancora silenzio.

«Un'altra cosa.» con una mano si aggiustò gli occhiali sul naso «è incinta di una settimana»

Il silenzio continuò.

«Ovviamente noi consiglieremmo di abortire, ma temiamo che questo posso portare in pericolo la ragazza e...»

«Grazie, dottore» lo interruppe. Serrò le labbra di buon grado, era un congedo, il ragazzo voleva andarsene.

E come dargli torto?

«Arrivederci» continuò il ragazzo uscendo. Il dottore ricambiò il saluto.


Appena fu fuori dalla stanza, Fred iniziò a correre. E non si fermò più.

Corse fuori dall'ospedale, in centro, in periferia, lungo i fiumi e sulla baia ma non si fermò mai. Non smise né di correre né di piangere. Se solo si fosse fermato avrebbe rischiato si far esplodere qualsiasi cosa.

Esploda il mondo.

Esploda il sole.

Le stelle.

Dove sono le stelle? La mia stella?

Cosa succede quando una stella esplode?

Super-nova. E genere un buco nero.

Buco nero dentro di me.

Buco nero, porta via il mio cuore.

E io resto niente.

Distrutto e morto.

Niente.

Senza te, senza te.

Sono niente.¹

**

Helen aveva ricevuto la notizia.

Helen si era già sfogata.

Helen aveva paura.

Helen non voleva.

Helen non ci credeva.

Helen morirà.

Helen non riusciva più a pensare, non osava nemmeno sapere cosa sarebbe successo, in futuro, lei non lo aveva più un futuro.

Helen non voleva lasciare Fred.

Helen non voleva lasciare la sua famiglia.

Helen non voleva lasciare la sua America.

Non poteva, aveva così tante cose da fare. Fred doveva insegnarle a suonare la chitarra, dovevano andare a Las Vegas, doveva diventare un pittrice. Aveva così tante cose da fotografare ancora, voleva imparare il Giapponese, non poteva finire tutto così.

Non Può.

Qualcuno bussò alla porta e lei sussultò; la porta si aprì e lei vide il suo ragazzo, doveva aver scoperto che l'ospedale l'aveva rimandata a casa, loro non potevano fare niente.

Piangeva, il suo Fred, piangeva.

«Non andartene»

Pianse anche lei.


«Voglio scappare»

Erano distesi sul letto di Helen. La sua dolce Helen, la sua imbranata Helen. Che non sarebbe stata mai più.

Fred tentò di scacciare quel pensiero e la guardò. Era distesa con i capelli sparsi sul cuscino, lo sguardo perso nel vuoto.

«Voglio scappare» ripeté.

«Scappiamo»

Lei si alzò puntellandosi sul gomito e fissandolo intensamente.

«Davvero, voglio scappare»

Fred rimase incantato a fissare le sue labbra, il suo naso, i suoi occhi. Non ottenendo risposta Helen proseguì:

«Morirò, succederà, non si sa quando, ma morirò. Morirò» ripeté, cercando di ricacciare indietro le lacrime «Non posso stare qui. Voglio andarmene.»

«Quando vuoi» anche Fred si alzò guardandola intensamente.

Quando vuoi. Era una promessa.

«Domani»

«Va bene»

«Andiamo nel Texas. A Las Vegas»

«E sposiamoci»

«Sì.»

«Porto la chitarra»

«Io la macchina fotografica»

«Domani»

«Domani»

«Ti aspetto alle cinque, ti suono, preparati»

Lei aveva diciannove anni e sarebbe morta, lui era immortale e avrebbe vissuto tutta un eternità senza di lei.

Scapparono.

**

America, Texas.

Fred fermò la macchina e guardò Helen pieno d'attesa.

Lei giocava con un fermaglio.

«Sei pronta?»

«Sì»

uscirono dalla macchina e mentre lui faceva benzina Helen si diresse verso al telefono vicino. La vide inserire qualche monetina e comporre il suo numero di casa.

«Mamma?»

Fred non ascoltò la conversazione, tentò di ignorare la ragazza che parlava al telefono e fece benzina.

Quando finì si appoggiò alla macchina e la fissò.

«Mamma, no...»

«Mamma, non torno indietro, no»

«Mamma. Per favore, ne ho bisogno»

«Grazie»

«Ti voglio bene anche io, dillo anche a papà»

«Anche voi»

E mise giù la cornetta. Si girò a guardarlo e lui vide i suoi occhi leggermente lucidi, poi sorrise e si mise il cappuccio della felpa lasciando che la frangetta le coprisse gli occhi. Fred rimase in silenzio, si limitò a passarle un braccio sulle spalle e a portarla gentilmente verso la macchina.

Guidarono in silenzio, lasciando che la radio riempisse il silenzio con la musica, ma poi Fred si sentì fissato e si girò rivolgendo uno sguardo interrogativo alla sua ragazza. Helen gli sorrise e gli prese la mano.

«Insieme»

«Sempre» rispose.

Viaggiarono per tutto il Texas, nel deserto. Lui cantava, lei fotografava i tramonti. E se ce n'erano di tramonti, uno diverso dall'altro ma non per questo meno belli, anzi. Il rullino non bastava mai. Ma erano così terribili, portavano con se un giorno di vita di Helen e prima o poi quei tramonti sarebbero finiti, tutti; ma poi persero il conto, e non ci pensarono più, il tempo non sarebbe mai bastato, non sarebbe mai stato abbastanza, nemmeno un minuto, nemmeno una vita intera.

Stare lì in quel luogo magico era facile dimenticarsi di tutto, era facile dimenticare del bambino che cresceva dentro la pancia di Helen, un bambino che avrebbe potuto salvare il mondo o distruggerlo. Ma a Fred non importava, sapeva solo che sarebbe stato bellissimo, che amava Helen e che era bellissimo, tutto, tanto il suo mondo si sarebbe distrutto lo stesso, e quindi del futuro proprio non gli interessava e del suo destino se ne fregava.

A volte Helen piangeva, qualche lacrima di nascosto, le mancava casa. Allora abbassava il finestrino e appoggiava la testa nel bordo lasciando che il vento del deserto le scompigliasse i capelli portando via tutti i brutti pensieri.

Un giorno urlò a Fred di fermarsi e aprì la portiera uscendo dalla macchina, scappò nel paesaggio lasciandosi la macchina alle spalle. Fred l'aveva chiamata e poi rincorsa, lasciandosi la macchina alle spalle sul ciglio della strada.

L'aveva trovata dietro una dunetta, con le ginocchia raccolte sotto il mento a guardare il nulla. Non aveva fatto niente, si era seduto vicino a lei e l'aveva abbracciata e basta. Non servivano parole.

La sera o montavano una tenda e si scaldavano con un focolare ma la maggior parte delle volte di fermavano in piccoli Bed and Breackfast per stare più comodi e scaldarsi dalle gelidi notti del deserto Americano. Ogni sera Fred dava una medicina a Helen per la malattia, anche se non migliorava per nulla.

Ma, come si dice, la speranza è l'ultima a morire.

Un giorno andarono anche a Las Vegas e si sposarono.

Fred comprò un semplicissimo vestito bianco ad Helen e poi la portò nella “Little Chapeal of Love”, una chiesetta in miniatura. Si erano presentati davanti all'altare dove un pseudo-prete ubriaco vestito con una vistosa cravatta fuxia e un look alla Presley li fece maritare. Sbagliò tutto il rito, ma la cosa fu divertente.

Una volta usciti vagarono per Las Vegas, danzando al centro della piazza, senza un perché, senza un domani.

**

Novembre 2005.

America, Texas.

Quella mattina quando si era svegliato gli era sembrato di essere dentro un incubo.

A Helen si erano rotte le acque.

Non ricordava, sul serio, non ricordava cosa fosse successo dopo, sapeva solo di essere finito in un paesino con uno pseudo-dottore e una pseudo-lavatrice. E con lui c'era Celine.

Erano ore che aspettava in quel stanzino con la donna preoccupata.

Non per Helen, lo sapeva, per il Mondo.

Sperava che quel bambino fosse normale, che non fosse...

La porta si aprì.

Fred guardò la donna, teneva fra le braccia un fagotto che piangeva e strillava.

Un fagotto molto grande.

«Complimenti, ragazzo» disse la donna «sei appena diventato padre di due splendide gemelle»

Gemelle.

Meccanicamente prese in braccio le due neonate.

Erano uguali, per Dio, erano uguali. Come diavolo poteva essere successo? Solo uno poteva essere il Prescelto, non due.

La risposte gli venne così improvvisa che per poco non fece cadere le due bimbe.

Non lo sono, non lo sono.

Fissò meglio le due bimbe e le trovò perfette, bellissime.

Come la mamma.

Continuò a fissarle estasiato, incredulo. Erano così belle. Avevano i lineamenti infantile ed entrambi gli occhi grigi di neonati, ma riusciva a scorgere lo stesso nasino di Helen e la sua fossetta. Delle cose così belle dovevano essere illegali, avrebbero mandato fuori di testa qualsiasi persona.

Sciò, sciò, sono mie.

«La madre come sta?» chiese Celice riportandolo con i piedi per terra.

Helen.

La donna sospirò e lo sguardo di Fred si riempì di terrore, cos'era successo?

«E' molto provata al momento, la situazione è molto critica...» esitò davanti allo sguardo del rosso «il dottore è di là a visitarla, fra un po' potrete incontrarla»

«Starà bene» gli disse Celine fiduciosa, nonostante il suo sguardo fosse colmo di preoccupazione.


Entrarono dopo due ore, il dottore era ancora lì.

«Salve» li salutò, ma Fred non ricambiò andando subito a sedersi vicino ad Helen. Le due bambine stavano dormendo su un lettino poco distante.

«Lei deve essere il padre» continuò il dottore e ancora una volta non ottenne risposta e così continuò «Ho fatto tutto ciò che potevo, ma non è molto. Abbiamo appena chiamato all'Ospedale di Las Vegas, a giorni, forse domani, dovrebbe arrivare un dottore. Sia fiducioso e guardi il lato positivo, ha due splendide bambine» dopodiché, vedendo l'asocialità di Fred, si congedò uscendo.

«Ehi» lo salutò Helen con un debole sorriso.

«Come stai?» le chiese subito prendendole le mani.

«Sono stata meglio» e fece una smorfia.

Celine, intanto, stava guardando le sue bambine pensierosa.

«Avete già deciso il nome?» li sorprese ad un certo punto.

«Veramente no» rispose Fred, pensandoci per la prima volta.

«Non le conosciamo ancora bene» sorrise Helen «sono bellissime»

«Giorgia» disse meccanicamente Fred «Una la chiamiamo Giorgia Helen»

«E l'altra Melody» ribatté allegramente Helen « Melody Molly»

«Chi fa chi?» chiese Fred mantenendo lo stesso tono della sua ragazza.

«Ah, sono uguali, non è che cambia molto»

«Non saranno uguali» li interruppe bruscamente Celine.

«Come no?» Helen sembrava molto sbigottita «il dottore ha detto che sono monozigote»

«Il Chaos e il Delirium, per quanto simili, non saranno mai uguali» ribatté prontamente, poi le indicò con l'indice. Subito, del fumo uscì dal loro corpicino, un fumo rispettivamente argenteo e dorato; il primo prese la forma di un lupo, il secondo di un leopardo.

A Fred si seccò la lingua.

«E' impossibile»

«Non lo è» Celine era impassibile «Il Chaos e il Delirium sono stati separati»

E Fred capì subito cosa significava: una dovrà uccidere l'altra per sopravvivere.

«No...no!» anche Helen ci era arrivata e la sua reazione fu inattesa «No!» ripeté mentre...leggerete, sentirete o vedrete ma non capirete cosa successe. La stanza si oscurò, ma poi arrivarono le stelle, puntini luminosi intorno a loro che galleggiavano nel nulla.

E Fred capì quale fosse il potere di Helen, quello che aveva portato alla nascita della magia.

Fred sapeva che Helen non era l'unica al mondo ma che lei dentro lo aveva un mondo. E lo stava gettando fuori.

Celine velocemente chiamò il potere del fuoco e per un po' tutto fu bianco, c'erano queste due forze naturali che si stavano scontrando, capite? E ora immaginate Fred, quel poveretto, in mezzo a quell'uragano, incapace di agire in maniera intelligente, cosa fece? Aprì la porta.

Semplice.

Ma quello che non fu semplice fu come tutta quella magia venne risucchiata dalla porta e portata nella realtà.

Helen era nel letto, con il fiatone e singhiozzava, come se non avesse fatto... già, chissà cosa aveva fatto, come gli aveva detto Celice quello era un mistero.

Velocemente andò verso Helen, ma non riuscì ad afferrarla in tempo e lei svenne.

Non arrivò nessun dottore specializzato, non ce n'era più bisogno.

Il giorno dopo, a mezzogiorno, Helen morì.


**

Fuoco.

Cielo.

Terra.

Acqua.

Non erano niente.

Più

Niente

Lui

era

Il

Niente.

**

«Cos'hai intenzione di fare?»

Fred era scappato via. Non riusciva, non voleva, non ci credeva.

Sapeva solo che non poteva essere vero, che da qualche parte lei era là ad aspettarlo. Da qualche parte, doveva solo trovarla.

«Trovarla» rispose senza capire.

Celine appoggiò una mano alla sua spalla e sospirò con uno sguardo triste.

«Dobbiamo dividere le bambine»

Helen. George.

«Insieme sono pericolose»

Helen. George.

«Pensa un loro litigio cosa potrebbe scatenare»

Helen. George.

«Potrebbero uccidersi solo per un capriccio»

Helen. George.

«Fred, mi stai ascoltando?»

«No»

Rimasero in silenzio, poi lei fece una cosa del tutto inaspettata. Lo abbracciò e lui sentì l'odore della Tana, di sua madre. Quando alzò gli occhi il volto rugoso di Molly Weasley gli ricambiò lo stesso sguardo sofferente.

Celine, con le sembianze di sua madre, gli disse «Dormi, oggi sarò tua mamma, ne hai bisogno»

Fred non se lo fece ripetere due volte, chiuse gli occhi e si addormentò.

**

Inghilterra, la Tana.

Presente.

Giorgia si risvegliò come in un sonno.

Stava piangendo.

Suo padre stava piangendo.

Sua madre era morta per colpa sua. Per colpa di quella merda di polvere dorata che aveva, a quanto pare.

E vaffanculo.



nda:

Eccomi con 24 pagine di Word. Be', considerando tutte le cose che ho tolto è anche poco T_T volevo un intero paragrafo per il matrimonio e il prete, invece ho dovuto tagliare.

E ho dovuto ragliare anche una parte con Delì, ma quella la riprendiamo nella seconda parte della storia.

Doooopo, dovete guardare questo video https://www.youtube.com/watch?v=8Yu7gUyHfok  perché è la storia di Helen e Fred e la canzone è la colonna sonora.

Ok, terminato questo ho un annuncio: voglio cambiare il titolo in “Strane cose di dicono questi innamorati” o “Signori, come sono pazzi questi mortali”, ma opto di più per il primo visto che questa prima parte la storia è più una commedia con i vari innamorati, le varie coppie. Ma non sono sicura, dite lascio quello che c'è adesso o lo cambio?

Invece il titolo della seconda parte sarà : “Amanti, a letto. È l'ora delle fate”, frase presa da Un Sogno di una notte di Mezz'estate che farà quest'anno a teatro, ja.

La terza e ultima parte sarà “Il Buffone Dolce e quello Amaro” dove finalmente ci sarà la scelta, zan zan.

Ora vado, adios ( ogni recensione vale un biscotto, sappiatelo)

¹. Sì, in teoria dovrebbe essere una poesia che ho scritto io tempo fa. In teoria, ovviamente. Non mi piace nemmeno ma la trovavo perfetta per il momento. Ricordate, in teoria è una poesia, in teoria.



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Capitolo 37
*** Chi ha detto che la verità fa male ha capito tutto ***


Cap. 37

Chi ha detto che la verità fa male ha capito tutto

**

Ormai le mie stranezze sono di dominio pubblico, ma la mia reazione sorprese tutti, me in primis. Be', dopo aver scoperto che suo padre è un essere morto e resuscitato parente del ragazzo per cui hai una cotta e di tutti i tuoi amici e che servirà da contenitore per contenere l'anima di un mago del passato che ritornerà per mano di una strega innamorata altamente pericolosa (sempre immortale pure quella) a meno che la poveretta in questione non uccida la sua sorella gemella che non ha mai saputo di avere immagino che una ragazza normale tenti il suicidio o per lo meno faccia una crisi pubblica, ma io sono fatta strana, ormai è risaputo, quindi tutto ciò che dissi fu:

«Posso andare in bagno?»

Gli altri dovettero sembrare veramente sbigottiti perché non dissero niente.

Be', chi tace acconsente.

**

Sbattei ripetutamente la testa sul muro del bagno lasciando che il rubinetto facesse scorrere l'acqua. Lo shock doveva aver messo in moto i miei neuroni e ora ogni cosa mi sembrava terribilmente chiara e mi diedi della stupida per non esserci arrivata da sola.

Avrei dovuto sospettare qualcosa del genere da quando incontrai Al nel negozio di papà, quando avevo visto la foto di Fred e George, dalla strana assomiglianza tra me e i Weasley, il nonno ci era anche arrivato chiedendomi per un'intera serata se ero sicura di non essere Weasley.

E dopo, sapevo già di dover uccidere Delirium, o Melody se vogliamo usare il suo nome di battesimo, ma dovevo arrivarci che dovevo aver per forza qualche legame di sangue con lei.

Non è bello ritrovarsi tutte queste risposte sbattute in faccia.

Non è bello ritrovarsi tutte queste risposte di merda.

Sarebbe stato molto meglio restare la ragazzina ignorante di quest'estate, sì, assolutamente, con l'unica preoccupazione di Algebra e la professoressa.

Mi presi la testa tra le mani e respirai più volte, non era il caso di dare di matto, la notizia doveva di sicuro aver scosso tutti, non potevo rintanarmi in un angolino a piangere come una bambina e nemmeno starsene chiusa in bagno porterà da qualche parte.

Ma se esco cosa faccio?

Mi coprii il viso con le mani cercando di trovare conforto nel buio, la luce cominciava a infastidirmi. Fuori da quel bagno c'era tutta la mia famiglia, quella famiglia che avevo sognato per anni era lì fuori; non ero pronta, assolutamente. E poi, c'era un altro paio di intoppi, ovvero spiegare delle creaturine che si stavano sviluppando nella mia pancia.

Sarò la guerriera ragazza-madre più sexy della storia, cercai di pensare ironicamente mentre sentivo tornare il panico nello stomaco e la gola bloccarsi. Improvvisamente l'aria non mi bastò più e senza pensarci due volte andai ad aprire la finestra; l'aria fresca fu un vero toccasana, senza rendermene conto avevo iniziato a sudare.

Un angolino del mio cervello mi comunicò che forse era meglio uscire da quel bagno prima che mi dessero per morta ma nonostante ciò rimasi davanti alla finestra a guardare il cielo nero, non c'era la luna e così si vedevano benissimo le stelle.

Qualcuno bussò alla porta e quando aprii la prima cosa che registrai furono degli occhi blu elettrico.

Anche la mia gemella li ha di questo colore, pensai mentre dei brividi mi scesero giù dalla schiena e mettevo a fuoco il viso di Fred, il mio amico.

«Come stai?» mi chiese spiandomi dietro i ciuffi rossi della frangetta troppo lunga.

«Potrei vomitare» risposi onestamente.

«Allora non scambiarmi per la tazza del cesso, quella è dell'altra parte» disse con la sua solita delicatezza. La cosa mi confortò perché nonostante tutte le mie certezze fossero crollate in pochi secondi lui restava il solito Fred indelicato in fatto di sentimenti, io ero la solita ragazza che davanti alle difficoltà di nascondeva in un bagno, giù c'erano i miei amici e c'era Albus.

E poi papà era lì, poteva anche essere Lord Voldemort in persona, ma restava comunque mio papà, quella persona che mi aveva cullato e protetto dagli incubi.

«Scendiamo?» si arrischiò a chiedere Freddy.

«Ok»

«Chiudi il lavandino, però, altrimenti la nonna dopo diventa nera» poi fece un sorriso ironico «adesso sei anche tu sua nipote e può trattarti come cavolo le pare»

«E' una cosa positiva o negativa?»

Scrollò le spalle: «Dipende dai punti di vista»

**

Appena scendemmo ed entrammo nel salotto tutti si zittirono e mi guardarono, alcuni con uno sguardo solidale.

«Tutto apposto?» mi chiese Harry con un sorriso tirato.

Annuii cercando di essere il più convinta possibile e questo bastò al bambino-che-è-sopravvissuto perché si rilassò un poco.

«Stavamo facendo delle domande a Fred»

«Ma se ero sopra con lei»

«Non tu, Freddy, sto parlando di tuo zio» fece l'uomo.

«E mi sembra sbagliato, è stanco e dovrebbe solo riposarsi» rimbeccò tutti Nonna Weasley con disapprovazione.

«Va tutto bene, ma'» si schermì papà. Stava fissando con insistenza il gemello il quale non aveva ancora dato segno di vita, si limitava a fissare il nulla davanti a sé.

«Ehm...Georgi?» lo chiamò papà, era evidente che il suo silenzio lo stava mettendo a disagio.

Non rispose.

«George?»

Non rispose.

«George?»

«Vaffanculo» Strinsi le lebbra e pensai che come minimo papà quella risposta doveva aspettarsela e che era inutile fare quella faccia da cane ferito. Io avrei detto anche peggio.

«Vaffanculo» ripeté George come se il concetto non fosse abbastanza chiaro, per papà e gli altri forse non lo era visto le loro facce, ma io credevo di capire.

«Cioè, tu non puoi venire qui come se nulla fosse dopo tutto il tempo in cui io... in cui io credevo che tu fossi... che tu fossi...»

Morto.

Non lo disse, ma era come che lo avesse fatto.

«Tu non hai idea di come siamo stati tutti, di come sono stato io! Tu non ne hai idea di quanto stessi male al pensiero che non ci fosse più nessuno a completare le mie frasi, tu non puoi...tu non puoi venire qui come se niente fosse!»

«Infatti non lo sto facendo» ci tenne a precisare lui

«E vaffanculo»

«Sì, mi sei mancato anche tu»

«Brutto deficiente» dopo di che George si alzò dalla sua poltrona correndo incontro al gemello e lo abbracciò forte, in maniera quasi disperata.

«Sei qui, sei vivo, sei vero...» lo sentii sussurrare.

«Certo che sono vero» disse papà punto sul viso «E sono anche più bello di te»

«Solo perché non sei invecchiato di una virgola, ma resto comunque io il più bello»

Nonna Molly scoppiò a piangere e traballante abbracciò i due gemelli sussurrando:

«I miei ragazzi, i miei bambini» e a lei si aggiunse il resto della famiglia con i lucciconi agli occhi per il ritorno di Fred Senior.

Quando l'abbraccio di gruppo si fu sciolto, papà mi tese una mano avvicinandomi a lui chiedendomi:

«Mi perdoni? Mi perdoni l'enorme cazzata che ho fatto?»

«Solo se tu perdoni la mia di enorme cazzata» sentii le mie labbra formula la frase ancor prima che io potessi fare qualsiasi cosa per fermarle.

Lo sguardo interrogativo che mi rivolse papà fece evaporare tutto il minuscolo coraggio che mi era saltato fuori così rimasi come una stupida a fissare tutti che mi guardavano a loro volta confusi.

Vidi con la coda nell'occhio Fred muoversi nervosamente, deglutii a disagio cercando di ritrovare il dono della parola.

«Ahuu.. ehaa...» mi uscì quando tentai la prima volta ricevendo occhiate ancora più confuse.

«Di che enorme cazzata stai parlando?» mi soccorse papà cercando di togliermi le parole di bocca.

«Quella che hai fatto più o meno anche tu» dissi tenendomi sul vago, per lo meno riuscivo ancora a parlare.

Papà aggrottò la fronte «anche tu hai tenuto la verità nascosta a qualcuno?»

«Ehm...l'altra cazzata...»

«...ne ho fatte tante di cazzate»

«Sì, ma una molto grande. Ehm...per colpa di quella cazzata il mondo è in pericola..»

Altro sguardo vacuo, ma in mio aiuto venne Hermione che con un gridolino si mise le mani davanti alla bocca «Oh mio Dio, Gorgia! Non dirmi che stai aspettando un bambino!»

«No» dissi e lei parve più tranquillizzata e mi sentii in colpa quando continuai «in realtà ne aspetto due»

Il silenzio totale cade nella stanza. E questo è un brutto segno, ho ben imparato che per quella (cioè, voglio dire 'la mia') famiglia è impossibile stare in silenzio, persino dopo che papà è comparso tutti parlavano, urlavano ma non stavano zitti.

Merlino, non posso averli sconvolti più di papà....

«Ehm... è uno scherzo vero?» si decide a dire poi papà con un tono tra il nervoso e lo speranzoso. Per un momento sono tentata di allargare le braccia e urlare “Pesce d'Aprile in ritardo!” ma sopprimo subito questo istinto. Dovevono saperlo, era arrivato il momento di parlare.

E di dire la verità. Tutta la verità.

Un taglio netto, rapido e indolore. Così, respirai e poi buttai fuori:

«No, è vero»

Le reazione furono immediate. Mio padre si alzò e si risedette in continuazione, preso da uno strano tic, incapace di capire. I nonni tentarono di portare fuori dalla stanza i più piccoli. Frank mi guardava con la bocca spalancata e lo sguardo terreo, estremamente pallido. Rose si era alzata e attraversava la stanza con rapidi falcate. Fred tentava di sorreggermi. James si guardò intorno e poi iniziò a ridere in maniera isterica. Ginny ed Hermione mi rimproverarono, ma quando videro il mio sguardo disperato mi dissero che ormai il guaio era stato fatto e che dovevo pensare ai bambini tentando di consolarmi. Ron ed Harry sembravano sul punto di afferrare i loro distinti Auror per fare fuori qualcuno. Fleur commentava con sua figlia Victoire la mia irresponsabilità. George sembrava troppo sorpreso per fare qualcosa, troppe rivelazioni in una sola giornata evidentemente. Solo Angelina fece la domanda più sensata e quella che più temevo:

«Com'è successo?»

«E' complicato» risponde Rose al mio posto che nel frattempo mi ha raggiunto e mi ha messo un braccio intorno alle mie spalle «Vi va di vedere l'ecografia?» chiede un po' tentennante «Dai, Giò, mostrala»

Con mani tremanti apro la mia felpa e tiro fuori la busta che porto sempre con me e la passo a Rose, lei poi la passa al resto della stanza.

Se la passano tutti e sembra distendere l'animo delle persone in stanza, qualcuno fa anche un sorriso intenerito mentre Rose cerca di spiegare quali siano i due miei figli.

Nonostante ciò Angelina non molla l'osso e continua imperterrita:

«Ma com'è successo?»

Deglutisco. E deglutisco ancora. Improvvisamente la mia gola si è fatta terribilmente secca e non riesco a parlare. Ancora una volta Rose prende la parola al mio posto.

Rose, amore mio, ti costruirò una statua...

«A Capodanno abbiamo fatto una festa a scuola...»

«Non lo sapevo che la McGranitt avesse organizzato una festa» la interruppe subito Ted perplesso e, sotto lo sguardo assassino di Rose, indietreggiò un poco.

«No, la McGranitt non ha organizzato nessuna festa» ringhiò la mia amica tra i denti.

«Ma quindi...» Hermione spalancò gli occhi «avete organizzato una festa clandestina?! Ma Rose!» sembrò sul punto di iniziare una ramanzina ma suo marito la interruppe facendoci segno di continuare.

«Dunque dicevo...sì, la festa. Bene abbiamo avuto questa festa e qualcuno ci ha dato dentro con l'alcool...»

«Ma siete minorenni!»

«Grazie Teddy, lo so!» sbottò Rose, odiava essere interrotta «comunque qualcuno ci ha dato dentro con l'alcool perdendo il lume della ragione...»

«Tipo te» tossì pianissimo Scorpius ricevendo un occhiata assassina dalla propria ragazza.

«...così il giorno dopo ci si è ritrovati con un sacco di problemi» terminò.

«Ti sei ubriacata?» mi chiese Ginny inarcando un sopracciglio.

Annuisco sentendo le guance andare a fuoco.

Papà prende un grosso respiro prima di dire con voce tremante:

«Chi è il padre?»

Feci per rispondere ma ancora una volta Rose mi precedette:

«Non lo sappiamo»

Tutti si girano a guardarla e questa volta fuFrank a prendere la parola:

«Come non lo sapete? Non sa chi è quel bastardo che le ha messo le mani addosso?»

«Ok, cancelliamo Frank dalla lista dei sospettati» rispose meccanicamente Fred facendomi quasi scappare un mezzo sorriso.

«Perché? Io ero un sospettato? Mi credete così meschino da mettere le mani addosso a una donna che non è nel pieno delle sue facoltà mentali?» sembravo molto offeso.

Fred fece spallucce.

«Comunque no, Frank, non lo sa. Era troppo ubriaca per ricordare» disse dolcemente Rose.

Non è vero, io ricordo. Vorrei urlarlo, ma ancora una volta la voce mi resta impigliata in gola e vorrei anche prendermi a botte per non esserci arrivata prima, di non essermi sempre concentrata sul quel dettaglio insignificante.

La sua voce.

La sua voce era rimasta inalterata.

Rose intanto stava spiegando come si era svolta la faccenda, di come lo avessi incontrato e di come cambiasse continuamente aspetto e di tutto il resto.

«Insomma, non lo sa» concluse.

Volevo davvero riprendere l'uso della parola.

«Oh, piccola» Ginny mi strinse con un stretta leggera «Non ti preoccupare, ti aiuteremo noi con i bambini e con tutto il resto, non sei sola»

«Lo so» riuscii finalmente a dire.

Ginny mi lanciò un altro sorriso e mi resi conto che aveva frainteso completamente la mia risposta. Il mio “lo so” non era riferito al fatto che non ero sola, ma al fatto che sapevo chi fosse il padre.

«No» dissi, cercando di non avere una voce stridula «So chi è il padre»

Silenzio.

«Ma allora! Lo sai o non lo sai?! Mi sono rotto i coglioni»

«Hugo, modera il linguaggio»

«Di' questo nome così che io possa farlo fuori» lo sguardo omicida di Frank mi spaventò, soprattutto perché sapevo che ne sarebbe stato perfettamente capace.

Mi schiarii la voce, ora toccava a me parlare, Rose non poteva più fare niente.

«A dir la verità avevo capito chi fosse anche quella sera, me lo sono dimenticato durante la notte e... e adesso mi è tornato in mente»

«Giorgia, ma perché ti sei fidata di quel ragazzo?» Finalmente Ted fece una domanda intelligente.

«Perché lo conoscevo molto bene...» sussurrai.

Adesso tutti gli sguardi si rivolsero verso Fred facendolo arrossire.

«No, no, no» disse velocemente «ovvio che no!»

«Insomma, il nome!»

Aprii la bocca ma ancora una volta fui interrotta.

«Sono io»

Tutti si voltarono verso il ragazzo con gli occhi verdi colpevoli e i capelli neri che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

E sì, la voce era la stessa.



NDA:

SONO VIVA! Tranquilli, ho pubblicato anche se non mi convince per niente questo capitolo, anzi mi fa schifo.

Comunque, scusatemi sul serio per il ritardo T_T

Al prossimo capitolo e recensite, mi raccomando :D


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Capitolo 38
*** Veritaserum ***


Cap. 38

Veritaserum.

**

«E' questa la fine promessa?»

Non riuscivo a capire dove fossi finita, sentivo solo delle voci sussurrare parole orribili e sconnesse.

«Uccidilo»

«E' un tuo nemico»

«Il suo sangue purificherà questo luogo»

«Salvami»

Sotto di me il pavimento cominciò a incresparsi finché non affondai in un liquido nero, mi entrava in bocca, su per la naso e nelle orecchie, gli occhi erano completamente coperti.

Senti qualcuno afferrarmi per la gola e la voce questa volta si fece vicinissima e chiarissima.

«SALVAMI»

**

Mi svegliai urlando e in un bagno di sudore mentre il mio cuore martellava impazzito e respiravo rumorosamente, come per controllare se quella poltiglia nera se ne fosse andata del tutto. Sentii nel buio della tenda qualcuno brontolare nel sonno e io mi lascia ricadere con la testa sul cuscino, sollevata.

Poi mi ritornò alla mente gli eventi di quella giornata e rischiai di soffocare sul serio, mio padre era lì e al sicuro, ora conoscevo la sua storia e, sorprendentemente, mi sentivo pronta a spaccare i culi a quel branco di decerebrati, potevo farlo anche il quel momento.

Ma prima dovevo andare in bagno.

Cercando di non far cigolare il letto spostai le coperte da un lato e buttai fuori le gambe mettendomi a sedere, ma la solita sensazione di nausee mi prese lo stomaco.

Decisamente, quello non era il momento adatto per spaccare il culo a qualcuno.

Senza più preoccuparmi di far rumore raggiunsi il bagno e arrivai appena in tempo pensando che decisamente proprio no, non era affatto il momento.

Mi lavai la faccia e sciacquai la bocca maledendo quel piccolo problema alla pancia.

Ecco come lo aveva battezzato James, quel coglione.

Un “piccolo problema alla pancia”.

Forse perché a creare quel “piccolo problema alla pancia” era stato quell'altro idiota di nome Albus Severus Potter che non è altri che suo fratello e quello che mi piace.

Non vi dispiace, bambini, se vi rendo orfani di padre ancor prima di nascere?

Sul serio, mi chiedevo come cavolo avevo fatto a non arrivarci prima, la risposta l'avevo sempre saputa e io non l'avevo mai presa nemmeno in considerazione. E lui, ancora più idiota di me, a starsene zitto.

Certo, alla fine aveva sputato la verità, aveva ammesso tutto di sua spontanea volontà ma solo perché era già fottuto e smascherato.

Sono io”.

Be', vedere Ginny diventare una belva era stato piuttosto divertente; dopo quel secondo di shock che aveva invaso la sala aveva urlato a pieni polmoni il nome intero del ragazzo con varie minacce annesse. Persino il marito si era allontanato un poco, evidentemente essere scampato alla furia di Voldemort non garantiva di riuscire a scappare alla furia di Ginny Weasley in Potter. C'era d'ammettere, però, che il ragazzo aveva dimostrato molto coraggio nel rimanere fermo al suo posto ad affrontare la furia materna senza battere ciglio. In realtà le sue guance si erano arrossate ancor di più facendomelo sembrare tanto carino, questo prima di ricordarmi la sua colpa, ovviamente, dopo ero tornata a guardarlo con uno sguardo shoccato.

Perché? Perché lo aveva fatto?

Era la stessa domanda che faceva anche Ginny, solo che lei gliela urlava in faccia.

«Perché ti sei comportato in questo modo così immaturo?!»

Al aveva abbassato lo sguardo, aveva aperto la bocca come per borbottare qualcosa ma alla fine l'aveva richiuso lasciando morire in bocca quello che voleva dire.

Alla fine Harry si era fatto coraggio e si era avvicinato alla moglie cercando di calmarla e al contempo rimproverare Al.

«Ci hai veramente deluso»

Papà si era alzato, probabilmente pronto a fare un'azione omicida della quale si sarebbe pentito subito dopo ma fortunatamente si era ricordato che il ragazzo in questione era suo nipote e che no, non poteva provocare una strage familiare.

Di diverso parere sembrò Frank che fu solo grazie ai riflessi pronti di Scorpius che non si avventò contro Al.

Del resto avevo solo un ricordo confuso, se non la faccia del Criceto che in un'altra circostanza mi sarei goduta, le sopracciglia inarcate di Dominique, le parole di Rose e la stretta si Fred sulle braccia mentre tentava di portarmi fuori dalla stanza.

James ci aveva raggiunto subito dopo, mi aveva guardata e poi con tutta la tranquillità del mondo aveva detto:

«Quindi adesso siamo doppi parenti»

Non so per quale motivo scoppiai a ridere, evidentemente quella sera era stata troppo, troppo e basta e finalmente i primi sintomi dell'isteria si stavano facendo strada nella mia mente. Risi in maniera isterica e tra una risata e l'altra dicevo qualche parola incomprensibile anche alle mie stesse orecchie e quando smisi ero distesa sull'erba indecisa se tornare al salotto per spaccare i denti ad Al o per baciarlo.

Fu Rose a scegliere per me, tendendomi una mano mi aiutò ad alzarmi e mi portò alle tenda per riposare.

Ovviamente non avevo avuto un sonno tranquillo o riposante, ma un incubo. Ovviamente. Be', almeno non era il solito e aveva cambiato tema, anche se restava inquietante uguale.

Al solo pensiero mi sentii soffocare e senza pensarci due volte uscii dalla tenda per respirare un po' d'aria pulita. La sensazione dell'erba sotto i piedi nudi fu un toccasana e finalmente capii perché gli Hippy camminavano scalzi, ti faceva sentire in pace con il mondo.

Camminai così, un po' a caso, fissando di tanto in tanto le stelle e le poche nuvole, il cielo era meraviglioso quella notte. Canticchiai tra me e me la prima canzone dei Paramore che mi venne in mente ma smisi subito, mi dispiaceva rovinare quel meraviglioso silenzio con la mia voce stonata. Mi chiesi se papà stesse dormendo tranquillo o fosse anche lui sveglio a girare per la sua vecchia casa ammirato e pieno di ricordi. Doveva essere strano per lui ricongiungersi con la sua famiglia dopo tutto quel tempo. Ero talmente presa ad ammirare la casa che stava in piedi per magia che non sentii la sua presenza finché non mi sfiorò la schiena.

Colta di sorpresa scattai subito allontanandomi e preparandomi a prendere qualcuno a pugni ma gli occhi verdi di Al furono come un faro abbagliante e io mi ritrovai ferma al mio posto incapace di reagire.

«Ciao» disse, debolmente.

Sentii ancora quella sensazione tra il volergli spaccare i denti e il gettargli le bracci al collo ma mi limitai a incrociare le braccia al petto ricordandomi in quel momento che lui era bellissimo anche con i capelli sparati in tutte le direzione, gli occhi tristi e il pigiama mentre io dovevo assomigliare a uno spaventapasseri con un pigiama rosa dei My Little Pony.

Non ricambia il saluto, non mi fidavo della bocca, avrei potuto dire qualsiasi cosa.

Sei un'idiota.

Sei un'idiota, mi piaci.

Sei un'idiota, ti amo.

No, sicuramente l'ultima frase non dovevo assolutamente dirla, era fuori questione, già troppi casini, non era il caso di complicarsi ancor di più la vita. E poi il “ti amo” è potente, è una di quelle promesse che devi mantenere per forza, senza se e senza ma, quando fai una promessa del genere giuri sulla vita. Sarebbe come dare un biscotto a un bambino e poi toglierglielo dalle mani. Sarebbe come far cadere un quadro, come prendere un treno e abbandonare tutti. Una cosa meschina, insomma.

Quindi nulla, rimasi in silenzio. E lui mi fissava e basta. Doveva essere una scena buffa, due ragazzi in piedi uno di fronte, lei con il pigiama dei My Little Pony e lui con il pigiama con le pecorelle, in silenzio e lei stelle come sfondo.

Non sopportavo quel silenzio, così mi decisi a fare una delle mie uscite cretine quando lui mi afferrò con uno scatto il braccio portandomi ancora più vicino a lui.

«Scusami, ti prego, ti devo parlare» la sua voce era perfettamente controllata, ma i suoi occhi erano così disperati e belli che lo avrei zittito all'istante e poi baciato, baciato, baciato...

No, così non va bene! Rossa, svegliati, ricordati che per colpa sua sei nella merda! Gentile la mia vocina interiore a ricordarmelo.

Annuii e lui senza lasciarmi il braccio mi portò dentro il capannone degli attrezzi del nonno e accese un interruttore facendo sfrigolare una sola lampadina. Al fece una smorfia che significava chiaramente “Ci dovremo arrangiare”.

Rimanemmo in silenzio ancora per un po' prima di decidere di sedermi nel pavimento impolverato, tanto il pigiama era già orribile per conto suo; lui mi imitò e si sedette vicino a me e io sentii il suo odore e le uniche parole che mi vennero in mente furono “felicità” e “Autunno”.

«Perché non me lo hai detto?» dicemmo in coro. Lui abbassò lo sguardo e mi resi conto che era la prima volta che lo vedevo così indifeso e imbarazzato.

«Cosa dovevo fare? Poteva essere anche un allucinazione dovuta all'alcool» sussurrò «E se lo avessi fatto, cosa sarebbe successo? Finalmente ero riuscito a tornare in...“buoni” rapporti con te, non volevo rovinare tutto. Non di nuovo»

In effetti qualunque ragazza avrebbe ammazzato un ragazzo che se ne era approfittato di lei in un momento di debolezza, me in primis, quindi potevo capire il fatto che non me lo avesse detto ma questo non significava che lo accettassi.

«Dovevi dirmelo» ribattei sicura.

«Tu lo hai detto a qualcuno?» mi chiese lui.

«Be', certo» risposi sorpresa.

«Intendo, lo hai detto a qualcuno prima di scoprire di essere incinta?»

Tacqui pensando che no, non lo avevo detto a nessuno e che, anzi, il mio piano d'azione era consistito nell'ignorare la faccenda. Però io non sapevo chi fosse il ragazzo arcobaleno, lui invece ricordava. Quindi avevo ragione io.

«Comunque non sapevo che fossi il padre, almeno non prima di 'sta sera. La possibilità che potessi essere tu non mi era nemmeno venuta in mente»

«Ma potevi dirmelo di essere incinta, non ti sei fidata di me» borbottò.

«Al, ci parliamo a malapena» dirlo ad alta voce fu come ricevere un pugno nello stomaco «Vedi? Non avresti rovinato niente» continuai amareggiata.

Lui aggrottò le sopracciglia «Non voglio rovinare quel poco che ho di te»

Cercando di ignorare il significato ambiguo della frase, dissi cercando di essere più seria possibile «Al, non avresti rovinato niente. Certo, sul momento ti avrei fatto una crisi enorme, e forse non ti avrei parlato per qualche giorno, ma poi me la sarei messa da parte. Ok, saresti dovuto strisciare ai miei piedi per chiedere umilmente perdono, ma.... ti avrei perdonato e sarebbe tornato tutto normale»

«“Normale” è una parola grossa» mi ricordò lui.

«Allora sarebbe stata anormalmente normale» entrambi accennammo un sorriso.

«E poi» continuai «sei tu, ormai ho capito come sei fatto. Probabilmente eri talmente ubriaco che avresti potuto scoparti anche un asino; cioè, sei tu, posso capire»

«Non ero così ubriaco» ci tenne a precisare «non così tanto da andare a letto con una caso» ritrattò dopo un attimo di pausa.

«Al, lo hai fatto»

«Non sono andato a letto con una a caso»

«Sei andato a letto con me, però»

Gli lanciai uno sguardo di soppiatto, stava fissando il nulla davanti a sé e si torturava le mani come se stesse decidendo sul da farsi. Aprì la bocca, ma poi scosse la testa e la richiuse mordendosi le labbra.

Gli scoccia così tanto ammetterlo di essere un troione?

«Esatto» disse, incerto, piano «sono andato a letto con te»

Quindi ho ragione.

Si girò a guardarmi, con la bocca socchiusa e le mani appoggiate a terra come se stesse per schizzare via, ma restò immobile a fissarmi mentre cercava le parole per dirmi qualcosa. Il mio cuore iniziò a battere più velocemente e lo sentii schizzare in gola.

«Cioè...» abbassò lo sguardo, poi lo rialzò come se stesse attendendo una risposta dal cielo in un gesto che ricordava molto suo fratello. Quando capì che il cielo non gli avrebbe mandato nessuna illuminazione si decise a riguardarmi negli occhi, ma sembrò pentirsene subito perché arrossì e sembrò sul serio pronto a scappare.

Non avevo mai, e poi mai, visto Al così imbarazzato. Quella fu la prima volta che lo vidi incerto a prendere una decisione, solitamente era un tipo deciso e sicuro di sé. Faceva quasi paura. E tanta tenerezza, dovetti impiantarmi le unghie sui palmi della mano per non afferrarlo e stringerlo forte come l'orsacchiotto con cui dormivo da piccola.

«Non so come spiegarmi» buttò in un soffio.

«Cerca di essere il più diretto possibile» risposi con lo stesso tono; perché sì, se doveva dire quello che stavo pensando non volevo affatto giri di parole, il mio cuore era troppo impegnato a fare un mini-infarto per conto suo, non aveva bisogno di più suspense per lasciarmi del tutto.

Rimase in silenzio per raccogliere i pensieri, poi iniziò:

«Non sarei andato a letto con qualcun'altra, non ero così ubriaco, riuscivo a controllarmi...»

«Ti ho detto di essere diretto» lo interruppi subito mentre sentivo ogni parte di me distruggersi dall'ansia.

Orribile, odiosa ansia.

«Sto cercando di esserlo il più possibile»

«Comunque mi sembrava ovvio che ti controllavi, stai con Anna»

«Anna mi ha appena lasciato»

«E ha fatto bene»

«Comunque mi sta bene, perché non...»

«Cioè, anche io avrei lasciato il mio ragazzo dopo un tiro del genere»

«Non è di lei che sono innamorato»

Ah. Questo bastò a chiudermi la bocca. Ancora una volta mi resi conto di quanto fosse vicino e di quanto fosse buono il suo profumo. Evidentemente era naturale, il suo profumo dico.

E non frega a nessuno.

«Quindi...» cercai qualcosa di intelligente da dire ma non mi venne in mente nulla.

«Io amo te» buttò fuori velocemente e abbassò di tutta fretta lo sguardo mentre diventava ancor più rosso.

Io amo te.

«Non ho voluto dirtelo perché avrei dovuto spiegarti questa cosa e avrei mandato tutto a puttane...»

Bene, allora è il momento di mandare tutto a puttane.

«Non avresti rovinato niente» Presi fiato «non avresti rovinato niente perché...»

«Giorgia»

«Perché sono innamorata di te!» con uno scatto mi tirai indietro i capelli e guardai verso l'alto. «Non ho mai smesso di essere innamorata di te»

«Gio...»

«Sono sempre stata innamorata di te, brutto idiota. Ed è spaventoso perché non riesco a controllarmi, non riesco a tenere la situazione sotto controllo e non riesco a smettere. Perfino quando mi hai preso in giro, perfino quando ti ho odiato ero innamorata di te, persino quando tu, brutto idiota, te ne sei trovata subito un'altra. Anche quando avrei voluto avvelenarti ero innamorata di te! Sempre, te ne rendi conto. Sempre»

Al non mi rispose e la sua aria stupita mi fece salire la collera, improvvisamente mi sentivo arrabbiata con tutto l'universo.

«Anche quando Frank si è fatto avanti e io gli ho detto che ci avrei pensato ero innamorata di te. E smettila di fissarmi così, come uno stoccafisso!»

Feci per spingerlo, per buttarlo a terra ma lui mi blocco le mani e mi fissò corrucciato.

«Ma se sei stata tu a lasciarmi»

«Ovvio!» sentii le prima lacrime far capolino ma le scacciai con orgoglio «non sto con la gente per una stupida scommessa»

«Una stupida scommessa...» ripeté, prima di realizzare e il suo sguardo s'indurì e sibilò con odio «Anna»

«Non è stato lei a dirmelo, vi ho sentiti quella sera con Scamander...» e raccontai di come ci fossimo nascosti ad origliare dietro il muro ma Al non sembrava assolutamente intenzionato a darmi ascolto da come mi ignorava ringhiando parole poco carine verso il Criceto.

«Lo so che non può avertelo detto» ringhiò quando finalmente decise a darmi ascolto «non avrebbe potuto dirtelo, perché non era vero»

Le sue parole mi investirono come una doccia ghiacciata.

...Come?

«Non mi sono mai messo con te per una scommessa, come avrei potuto farlo? Non mi sono mai abbassato a tanto...»

«Ma... lei ha detto...»

«Lei lo ha detto perché “mi voleva parare il sedere” a detta sua, evidentemente si doveva essere accorta che ci stai spiando e ha pensato di tirare questo tiro mancino»

«Mi sembrano solo un sacco di scuse idiote»

Rimase in silenzio e io sentii la mia piccola bolla di felicità sgonfiarsi come un palloncino, una parte di me sperava davvero che quelle non fossero solo delle patetiche scuse.

«Giorgia...» lo odiai, doveva per forza lasciare il mio nome sospeso in quel modo, doveva proprio pronunciarlo in quel modo? Mi morsi l'interno della guancia e annuii un paio di volte senza un vero motivo.

«Giorgia, non sono patetiche scuse. Non so se dirti che ti amo dalla prima volta che ti ho visto in quel parco giochi babbano perché non lo so nemmeno io, so solo che io ho continuato a pensarti per tutto questo tempo, perché quando sorridevi e giocavi avevi qualcosa che le altre bambine non avevano. E non è per dirti che ho avuto solo te in testa perché non è vero, ma tu eri il mio segreto e mi sembravi un rifugio solo mio e spesso fantasticavo su di te. Senza conoscerti, sta qui l'inghippo, non ti conoscevo e quindi la mia poteva essere la cotta più platonica della storia. Ed è durata, non hai mai smesso di esserlo. Quando ti ho visto in quel negozio, quando ti ho vista recitare ho deciso che non ti avrei lasciata scappare di nuovo. E mi sono comportato da cretino, lo so, ho fatto le peggior cazzate e le peggior cose, però io voglio te, la vera domanda è...» corrugò la fronte e si fissò le mani e io desiderai con tutta me stessa ucciderlo seduta stante per quella pausa, come se non fossi già abbastanza in ansia. Poi mi resi conto che non andava avanti perché aveva paura.

«...tu mi vuoi?» si risolse infine a sussurrare con il tono pieno d'ansia.

Eravamo due coglioni.

Stavo parlando con il ragazzo che mi piaceva e lui mi aveva appena fatto una splendida dichiarazione, era arrivato il momento di usare la bocca in un altro modo.

Con il cuore che batteva furioso mi avvicinai come una furia alle sue labbra, solo che anche lui evidentemente ebbe lo stesso pensiero e il nostro più che un bacio fu un cozzare di teste. Una testata, insomma.

Lui ridacchiò (ha riso, quel bastardo!) e con una mano mi prese il viso avvicinandomi questa volta per un bacio più delicato, talmente dolce da sciogliere il cuore di chiunque. Peccato però che Al non era affatto un ragazzo dolce e calmo, dietro la facciata di cortesia che usava a scuola come perfetto Grifondoro c'era una serpe; si staccò leggermente mordicchiandomi il labbro inferiore mentre con una mano mi resse la schiena e lasciò scivolare l'altra lungo il profilo del mio collo e poi sotto il pigiama. Diventò un abbraccio, una seria di baci in cui respirare sembrava impossibile, tanto calore e mani che si spostavano ovunque, tra i capelli, sul corpo.

«Giorgia...» mormorò di nuovo con la bocca incollata sull'incavo della mia spalla e talmente tanto desiderio che mi sentii diventare un budino. Eravamo un nodo unico di braccia, gambe e baci.

E vaffanculo al resto.


«Ehm, ehm»

Il colpetto di tosse fu come una secchiata d'acqua gelata facendo schizzare Al come una molla.

Ma chi diavolo...?

«Scorpius!» sibilò il moro e finalmente riuscii a mettere a fuoco la figura del mio amico idiota che se ne stava con le mani davanti gli occhi a ridersela di nascosto visto come stringeva il labbro inferiore. Velocemente mi diedi una sistemata cercando di ricoprire con il pigiama tutta la pelle che Al aveva scoperto mentre il maniaco appena citato chiedeva con voce di accusa:

«Cosa diavolo ci fai qui?»

Scorpius sbirciò dalle dita della mano per controllare e quando vide che mi ero rivestita si aprì in un ghigno sadico:

«Stavo solo facendo un giro. Spero di non aver interrotto niente» e al che si dovette abbassare per evitare un oggetto che Al gli aveva tirato contro. La cosa parve divertirlo ancor di più.

«Ingrato, dopo che vengo a controllare se sei ancora in vita. Quando mi sono svegliato ho visto sia il tuo letto che quello di Frank vuoto, e ho pensato che fosse in corso un omicidio. E invece ti trovo qui ad attentare alla virtù di questa ragazza»

Sentii le guance raggiungere il punto di ebollizione ma per orgoglio non abbassai lo sguardo e questo lo fece divertire ancor di più.

«Ma se volete» continuò vedendo l'espressione di Al «posso andare via e far finta di niente così potete continuare da dove vi ho interrotto»

Era una buona idea, peccato che non fosse il caso. Probabilmente erano le cinque di notte ed entrambi avevamo avuto una giornata ricca di emozioni, specialmente la sottoscritta.

«Ehm... Scorpius, tu...»

«io non dirò niente di quello che ho visto» recepì servizievole «Però vi consiglio di sbrigarvi a dirlo al mondo, potrei usare la cosa come ricatto...»

Scossi la testa mentre il biondo usciva contenta che Scorpius fosse restato il solito Scorpius, anzi a ben pensarci era stato l'unico a prendere tutta la faccenda con una strana calma.

Malfoy, che tu sia Benedetto.

Mi concessi uno sguardo ad Al. Si stava sistemando il pigiama, anche se aveva i capelli sparati in tutte le direzione, le guance arrossate e i pantaloni calati e quando mi beccò a fissarlo disse soddisfatto:

«Ti piace lo spettacolo?»

Alzai gli occhi al cielo anche se lo spettacolo sì, mi piaceva ma non per questo gli avrei reso la vita facile. Alla fine era divertente fare la sostenuta o prendere in giro Al.

«Dai, vieni qui» lo richiamai quando Al fallì miseramente l'ennesimo tentativo di sistemarsi i capelli. Lui ubbidì diligentemente e si lasciò districare i nodi.

Sobbalzai quando appoggiò una mano sulla mia pancia e lo beccai a fissarla concentrato.

«E così...» sussurrò «maschi o femmine?»

Scrollai le spalle «Non lo so, quando torniamo a scuola ho un'altra ecografia da fare...»

«Hai in mente qualche nome?»

Invidiai la calma con cui ne stava parlando, ogni volta che io pensavo all'argomento “aspetto due figli” andavo in panico e dovevo ripetermi per ore “sono una persona seria e matura”.

Be', lui non dovrà tenerseli in pancia per nove mesi e partorire, ha già fatto il lavoro...

«Non ho la più pallida idea di come chiamarle nel caso siano femmine, se nascono maschi saranno Gabriele e Diomede»

«Diomcosa?» si scandalizzò «Ti proibisco di chiamare mio figlio così!»

«Ma andiamo, è un nome stupendo» dissi con tutta la mia convinzione ma davanti alla sua faccia mi resi conto che l'idea non era condivisa «Sentiamo, sapientone, come dovrei chiamarlo allora?»

Ci pensò su un secondo prima di scandire: «Andrew»

Andrew. Lo ripetei mentalmente per un po' prima di rendermi conto che aveva un bel suono.

«Vedremo...» concessi «E se nascono femmine hai qualche idea?»

«Cecilia, sicuramente. E...» corrugò la fronte prima di dire come illuminato «Alice»

Scrollai le spalle, tanto i nomi femminili mi erano tutti indifferenti.

Solo io ho un nome figo.

«Andiamo?» mi chiese mentre apriva la porta del capannone e mi tendeva una mano.

Non la presi, ma gli arruffai i capelli. Era molto più bello con i capelli spettinati.

**

La mattina dopo quando mi svegliai stavo già sorridendo. Per un attimo provai un incredibile voglia di correre a raccontare a Rose e gli altri quello che era accaduto quella notte, ma poi mi accoccolai ancora meglio sotto le coperte e decisi che me lo sarei tenuto ancora un po' per me, potevano anche aspettare.

Dovevo solo sperare che Scorpius tenesse la bocca chiusa.

«Buongiorno ragazze!» la voce di Voctoire irruppe squillante nella tenda e io non la odiai mai come in quel momento «Su, la pappa è pronta»

Roxanne borbottò qualcosa che assomigliava vagamente a “ficcatela su per il culo la pappa” ma oltre a ciò nessuno diede retta a Victoire.

Così quella sottospecie di mangiamorte mancato fece un incantesimo che ci strappò la via le coperte e tutte quante protestammo rumorosamente, tranne Lily, ovviamente, lei era talmente addormentata che non s'accorse di nulla.

Una dopo l'altra ci alzammo e andammo ad occupare il bagno, quando fummo pronte per bene raggiungemmo gli altri alla Tana per sfamarci.

Dentro trovai papà intento a scherzare con George, la cosa era un po' strana per me ma tutti gli altri si guardavano con sorrisi d'intesa. Ovviamente nonna Molly aveva deciso che, poiché dovevo sfamare anche due persone, di aumentare la mia colazione e non mi lasciò andare finché mangiai tutto.

Al si sedette vicino a me tranquillamente anche se Scorpius faceva tutto un ridacchiare. Ok, avrebbe tenuto la bocca chiusa ma si vedeva lontano un miglio che sapeva qualcosa e la cosa lo divertiva. A dir la verità tutti trovarono strano che non avessi azzannato Al quando si sedette con me e mi rivolse la parola.

Ah, poveri ragazzuoli ignari di tutto...

Non avevo tenuto conto però di Frank che, quando finii la colazione e feci per uscire, mi bloccò sulla porta dicendomi che doveva parlarmi. Con l'ansia nello stomaco avevo accettato pregando che non gli piacesse più e che dovesse dirmi una frase di circostanza.

Ovviamente mi sbagliavo.

Una volta fuori dalla Tana lui si appoggiò al muro.

«Come stai?» mi chiese.

«Meravigliosamente» risposi, era meglio essere il più sincera possibile.

Lui sembrò stupito dalla mia risposta, evidentemente pensava che al momento fossi in preda a un istinto omicida primordiale ma in realtà mi sentivo in pace con il mondo e avrei voluto abbracciare tutti urlando quando la vita fosse meravigliosa.

Andiamo, ci vuole positività nella vita...

«Ecco... riguardo al fatto che tu sei...che sei...» imbarazzato fece un cenno con la testa verso la mia pancia e così io completai per lui.

«Incinta»

Sono una persona matura e responsabile, sono una persona matura e responsabile, sono una persona matura e responsabile...

«Sì, esatto» si passò una mano sui capelli «volevo dirti che i miei... i miei sentimenti verso di te non sono comunque cambiati... e che vorrei aiutarti con i bambini...»

«Grazie, ma hanno già il papà» dissi senza riflettere.

Lui fece una smorfia «lo so, ma quello che intendo è un'altra cosa. Sai, ti avevo detto di pensarci su e...»

«Frank, non mi piaci» dissi brutalmente e mi pentii subito di averlo fatto. Quella era una notizia da dare con cautela e me ne resi subito dal suo sguardo.

Aarrgh, sono una stronza.

«Oh... ci hai... ci hai pensato?» chiese, con un briciolo di speranza.

Annuii, mentre la saliva rischiava di soffocarmi.

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, ma poi lui alzò lo sguardo e ringhiò:

«Albus...»

Per poco non mi soffocai sul serio «C-come?»

«Albus... ecco dov'era ieri notte» senza preavviso si mise a camminare e io per un attimo temetti che stesse andando ad uccidere il mio idiota preferito.

«Frank! Cosa diavolo...?»

«Non fare la finta sorpresa!» ora sembrava veramente arrabbiato e io mi preoccupai assai. Deglutii un paio di volte mentre lui tornava indietro verso di me minaccioso.

«Non credergli, Giorgia, non credergli! È un falso, è bravissimo a manipolare i sentimenti degli altri, non fidarti di lui!»

«Troppo tardi» deglutii «io mi fido»

Trattenne un urlo e cercò di calmarsi «Giorgia, lui è uno stronzo, lui non ha sentimenti! Il suo cuore è praticamente di pietra»

«Non sapevo che le pietre battessero così forte, allora» ringhiai, stavo cominciando a scaldarmi e lui lo notò perché ritrattò e disse con voce più accondiscendente:

«Giorgia...»

«Eh, Giorgia 'sto cazzo» e mi voltai.

**

Investii in pieno Rose con la mia furia.

«Giorgia» mi chiamò «stai bene?»

«Sì, egregiamente» ribattei sarcastica. Fanculo, mi aveva fottuto la giornata. E adesso stavo diventando anche volgare, 'sti cazzi.

«Cos'è successo?» mi chiese senza battere ciglio.

«Frank» buttai fuori.

Lei sospirò sconfortata «spiegati meglio»

E così senza, volere gli spiegai tutto. Ovviamente saltai i particolari, ma gli feci capire che io della parole di Al mi fidavo e per quale motivo mi avesse infastidita Frank con i suoi pregiudizi.

«Ok, calmati» mi disse quando finii «Prendi un bel respiro e conta le nuvole»

«Non ci sono le nuvole» le feci notare. Lei alzò gli occhi al cielo e costatato che dicevo il vero riprese:

«Non incazzarti troppo con Frank, magari ha ragione, dopo tutti i tiri mancini che ci ha fatto ci risulta un po' difficile fidarci di Al...»

«E come facciamo a capire se dice la verità?» la sfidai.

«Semplice» disse per nulla turbata «usiamo il Veritaserum»


Quando lo trovammo Al sembrò terrorizzato dall'espressione battagliera di Rose.

«Dobbiamo parlare» disse lei «ti voglio sottoporre al Veritaserum» al che Al tirò un sospiro di sollievo.

«Ah, pensavo mi volessi picchiare...»

«Sta sicuro che lo farò se scoprirò anche una sola bugia»

Lui non batté ciglio e a me sembrò una prova che dimostrava la sua onestà, ma a Rose non bastò così ci trascinò in camera sua dove Al fu sottoposto all'interrogatorio.

Dove, ovviamente, si scoprì che aveva detto la verità.

Rose rimase in silenzio per un po' prima di ammettere:

«Forse Scorpius aveva ragione. Siamo stati troppo duri con te»

«Avete fatto bene visto che sono una grande testa di cazzo. Figo, ma testa di cazzo» rispose Al ancora sotto l'effetto della pozione e io non potei non sbellicarmi dalle risate. Io e Rose ci lanciammo uno sguardo d'intesa e cominciammo a fargli domande imbarazzanti alle quali lui rispose con la massima onestà e quando l'effetto finì e scoprì cosa aveva combinato ci rincorse per tutta la stanza armato di cuscini.

Iniziò così la guerra alla quale si aggiunsero anche il resto dei cugini attirati da tutto quel rumore.

«Oh, ma siete perfetti insieme» sghignazzò Scorpius quando vide me e Al intenti in una battaglia di solletico. Purtroppo lo sentirono anche tutti gli altri e ben presto tutti iniziarono a fare domande sconveniente.

«Wow, vedo come sai mantenere un segreto» borbottai ironica verso il biondo.

Rimanemmo lì fino a sera tardi e mangiammo lì l'arrosto che la nonna aveva preparato. Come mia prima giornata da effettivo membro della famiglia era danta molto bene.

Ci addormentammo tutti lì, in posizione scomode e ognuno sopra l'altro ma nessun adulto venne a svegliarci.

Ma ovviamente, durante la notte mi svegliai per i solito dolori notturni alla pancia e fu per questo che notai Fred sveglio che usciva dalla stanza. Curiosa mi districai dal braccio di Al e dalla gamba di Rose per vedere cosa stesse facendo il mio migliore amico. Lo segui per il corridoio e le scale e fu solo quando fummo fuori dalla casa che mi arrischiai a chiamarlo; lui si girò di scatto spaventato e quando vide che ero io sussurrò:

«vattene via»

«Fred, stai bene?» gli chiese ignorandolo e avvicinandomi ancor di più.

«Sì, e tutto apposto, torna dentro» Sì, 'sti gran cazzi che è tutto apposto.

«No, sul serio, che succede?»

«Vattene via» ripeté e io feci il contrario e continuai imperterrita.

«Si può sapere che diavolo hai?»

Lui arretrò quando gli fui tanto vicina e distolse lo sguardo. Io gli afferrai il braccio e strinsi più forte che potevo.

«Fred, per favore, che hai?»

Capitolò e abbassò le spalle «C'erano così tanti specchi in quella stanza...»

Sorrisi dolcemente «E' per quella tua fobia? Ci vedi dentro la tua amica, Melody?»

Appena pronunciai quel nome il mio cervello si mise in moto e sentii la consapevolezza afferrarmi il cervello. Annaspai, in cerca d'aria.

«Fred... è solo un caso, vero?»

Non rispose, ma abbassò la testa.

«Fred...» supplicai «è solo un caso che mia sorella e quella ragazza nello specchio abbiano lo stesso nome, vero?»

Il suo silenzio bastò come risposta e lasciai il suo braccio facendo qualche passo di distanza mentre sentivo il cuore battermi impazzito dalla paura. Pensai a tutti i sogni che avevo fatto in cui c'era lui. Aveva sempre i capelli azzurri o neri.

Le ciocche azzurre di capelli.

«Fred, perché la vedi?»

«NON LO SO!» lo gridò con tutta la forza che aveva in gola. Senza volere arretrai ancora.

«E' LI' DA QUANDO HO TRE ANNI, LA VEDO DA UNA VITA, IO NON AVEVO IDEA..» continuò a urlare «ERA SIMPATICA, LEI MI CAPIVA, DICEVA CHE ERAVAMO SIMILI. MA POI...» prese fiato mentre cercava di calmarsi «MA POI HA INIZIATO A PARLARE DI COSE STRANE, IO LE HO DETTO CHE SBAGLIAVA MA NON MI ASCOLTAVA»

Mi guardò smarrito «Diceva che ero come lei»

Provai ad avvicinarmi per rassicurarlo, lui non era malvagio, lui non era come lei. Era una cazzata.

«Dopo sei arrivata tu, e Dio se siete uguali. Dio solo lo sa quanta paura mi facevi all'inizio. Lei se ne era andata da qualche mese, ma poi è tornata, ma non era dentro uno specchio. Era davanti a me e...» crollò a terra.

«Sto diventando pazzo?» si chiese.

Finalmente riuscii a sbloccarmi e lo abbracciai di getto accarezzandogli i capelli. Lui appoggiò la testa sulla mia spalla e la sentii umida, aveva iniziato a piangere.

Perché? Cosa significava?

«Dobbiamo parlarne con papà, lui conoscerà la risposta» gli sussurrai.

«No!» si aggrappò disperata «No! Ti prego, non dirlo a nessuno»

Lo guardai nei suoi occhi blu elettrico.

Come quelli di Delirium.

No, no. Lui non è come lei, Fred è buono.

«Va bene» sussurrai «ti va di rientrare?»

Lo sentii annuire contro la mia spalla, così lo aiutai ad alzarsi.



Nda:

*si guarda intorno * MUAHAHAHAHAHAAHAHAHHHAHH.

Finalmente si sono messi insieme, era da una vita che aspettavo questo momento :DD

Sul prossimo capitolo si ritorno ad Hogwarts e ci sarà anche un bel salto temporale. Ormai siamo agli sgoccioli, mancano quattro o cinque capitoli.

Poi inizierò la seconda parte ^^

Bye, gente:)


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Capitolo 39
*** Ursula canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con Giorgia. ***


Cap. 39

Ursula canta il Jazz dell'Aldilà e degli scheletri flirtano con Giorgia.

**

«Il ritorno

Quello che tutti stavano aspettando è giunto.

Oh, natura, una moneta con due facce

divisa dalla maledizione di un padre

unita dal sangue e con il sangue

Morte e Vita, Gioia o Luce!

La scelta, la scelta per i buffoni è vicina.

Chi ami di più? La domanda dovete risolvere

Per chi vale morire, chi vale la pena di perdere?

No! Lo specchio sarà infranto,

se il ragazzo rosso sarà blu

se quando gli amori infranti non saranno più infranti

l'ultimo Immortale in pace sarà

e tra fuoco e ghiaccio il mondo cadrà

quando alla fine l'amore proteggerà

E lui, l'ultima decisione di chi scampò la morte una volta

se tornare ai suoi passi alla tomba.

Scegli, ragazza, scegli.

Guardati nello specchio.

Dimmi, che cosa vedi?

La ferita del delirio a te inflitta

crea il Chaos!».

**

Pulii le mani sopra il mio quadernino dalle briciole del Muffin che mi ero appena mangiata; sapete, mettere in moto il cervello fa venire fame. Oltre un sostanzioso mal di testa.

Ma cos'altro potevo fare?

Da quando ero tornata a Hogwarts di cose ne erano successe. Prima di tutto, grazie a quell'oca di Anna e i vari amici dei miei parenti (come sempre mi fece un strano effetto pensarlo, non mi ci sarei mai abituata) tutta la scuola sapeva del mio piccolo problema alla pancia. Motivo per cui preferivo rintanarmi nel dormitorio e fuggire dalle frecciatine massacranti e noiose dei miei compagni di scuola. Fortunatamente Harry aveva avuto la buona idea di cancellare la memoria a tutti sul fatto che mio padre era Fred Weasley Senior oltre che un immortale e blablabla così che non ci fosse una fuga di notizie e panico e in pochi conoscevamo la verità. Ron aveva proposto di cancellare la memoria anche a Scorpius ma Rose era intervenuta a favore del fidanzato in un modo talmente battagliero da mettere in fuga intere legioni Romane. Comunque potevano far anche dimenticare il fatto che io fossi incinta, giusto per togliermi qualche grana.

In ogni caso così non era andata. La squadra Auror di zio Harry era alla ricerca dei Deliranti aiutati da papà, la McGranitt era stata messa al corrente dei fatti e le misure di sicurezza della scuola erano state raddoppiate e tutti stavamo impegnando il nostro tempo per risolvere quel guazzabuglio intricato che non era altro che la mia misera vita.

Per rendermi utile avevo iniziato ad usare un quadernino in cui prendevo appunti di tutti i miei sogni (o almeno quello che mi ricordavo) e avevo trascritto per intero la profezia della professoressa Shereen.

Ero giunta a parecchie ipotesi che avevo confrontato con gli altri.

Una moneta con due facce; il Chaos e il Delirium.

Divisa dalla maledizione di un padre, unita dal sangue e con il sangue; la cosa qui non era sicura, probabilmente parlava di papà che dovrà contenere l'anima di Godric e il fatto che il Chaos e il Delirium sono separati. Rose pensava che si trattasse di questo, ma Scorpius era di tutt'altro parere, diceva che era troppo scontato e via dicendo; così era nato un bel litigio.

La questione della scelta era molto chiara.

Invece la questione dello specchio era piuttosto oscura, nessuno di noi riusciva a comprenderla. Temevo che il ragazzo di cui parlava la profezia fosse Fred ma non avevo detto i miei dubbi, era bastato lo sguardo spaventato del mio migliore amico a zittirmi, evidentemente anche lui aveva lo stesso timore. Invece ero abbastanza sicura che con gli amori infranti si riferisse a Godric e Tosca. Tutti erano d'accordo con me, bisognava solo capire se si intendevano loro in persona o la personificazione del presente. Perché, nel caso si intendesse la prima ipotesi, io ero già spacciata perché avremmo dovuto far tornare Godric e fare in modo che si rappacificasse con Tosca e quindi io dovevo morire – e no, grazie, voglio vivere. Invece la seconda ipotesi era in ugual misura scomoda perché se io ero Godric molto probabilmente (a sentir il parere di Rose) Frank era Tosca e Candida Albus. Quindi io avrei dovuto mollare Albus per stare con Frank – e no, grazie. Dominique mi aveva dato dell'egoista e io avevo risposto in maniera molto intelligente, ovvero Godric si era comportato da stronzo con Tosca, in senso l'aveva tradita senza dire niente mentre io no, avevo messo in chiaro da subito con Frank che lo vedevo solo come amico... ok, magari non subito, ma non gli avevo date false speranze e insomma, non l'ho mica trattato come Godric aveva trattato Tosca.

Al e Fred mi davano ragione e Rose aveva dovuto ammettere che il mio ragionamento aveva senso.

In ogni caso eravamo passati avanti.

«L'ultimo immortale in pace sarà e tra fuoco e ghiaccio il mondo cadrà».

«Il mondo che cade è una cosa brutta», fece notare Al.

«L'ultimo immortale... e grazie, è come dire l'ultimo mago!» Rose si mise le mani tra i capelli «deve avere un altro significato, non è che ci sia una differenza tra De Immortale e Immortali? Magari sono due cose differenti...»

«Provo a chiedere a papà?»

Avevamo chiesto e lui ci aveva risposto in questo modo:

«E' ovvio che esistono tanti altri tipi di Immortali, solo che hanno nomi diversi... Ci siamo noi, poi i Vampiri, le Divinità minori e quelli che hanno dato la propria anima all'Oscurità. Tipo Voldemort, tipo Tosca.»

In pratica era come cercare un ago nel pagliaio. Passammo avanti.

Con l'uomo che scampò la morte si aprirono altri dibattiti. Al era fermamente convinto che si trattasse di Harry visto che più di una volta era scampato allo morte combattendo contro Voldemort ma io ero convintissima che si trattasse di papà. In fondo lui era morto sul serio ma poi resuscitato, no? Ovviamente entrambi preferivamo che non si trattasse di nessuno dei due visto i versi successivi.

«Forse intende veramente zio Fred.» aveva pensato Rose «Cioè, nel caso noi dovessimo fallire e lo spirito di Godric resuscitasse lo zio potrebbe sempre uccidersi da solo e far in modo che l'anima di Godric non abbia nessun...contenitore e quindi sarebbe inutile»

Era un idea e aveva senso. Ma non mi piaceva comunque.

La fine l'avevamo bellamente ignorata ma in quel momento mentre pulivo il quadernino dalle briciole di Muffin mi chiesi cosa avrei dovuto vedere nello specchio. Una volta avevo visto la mia immagine rispondermi manipolata da Delirium e in un sogno era leggermente diversa da me, meno accesa. Solo che non poteva avere un nesso con la profezia.

...o forse mi stava mostrando il momento della mia morte?

Poteva essere, magari mentre morivo la mia “luminosità” si perdeva per diventare una ragazza comune e a quel punto morivo. Come le fate di Peter Pan. In fondo, il rosso acceso dei miei capelli poteva perfettamente essere causato dal potere del Chaos, esattamente come Melody aveva i capelli blu per via del Delirium.

Se le cose stavano così era la seconda volta che la profezia alludeva alla mia morte, ero dunque destinata a fallire?

Presi lo specchio di Rose e mi specchiai. Una ragazza con i capelli spettinati e vaporosi, rossi che più rossi non si può, gli occhi nocciola un po' stanchi ma comunque allegri e vispi con quello scintillio un po' pazzo, le lentiggini su tutto il viso leggermente affilato. La solita immagine, la solita ragazza; niente di diverso. Passai un dito su tutto il viso ma non successe niente così appoggiai lo specchio e lanciai uno sguardo alla sveglia.

Era molto tardi, di sicuro in sala comune non c'era nessuno e io potevo scendere liberamente a sgranchirmi le gambe. Rose era di ronda da perfetta prefetto, Nordisque dormiva saporitamente e Dominique era dal suo ragazzo Tassorosso. Questo avevo preferito non dirlo a James che dopo la fase depressione era scattata la fase gelosia e io non volevo stragi. Certo che anche Dominique poteva almeno sforzarsi di trattarlo con gentilezza visto che ormai la cotta di Jamie era di dominio pubblico. Scendendo le scale mi resi conto di quanto ci fossimo allontanata io e Domi, nonostante mi aiutasse con le ricerche e la profezia i contatti tra noi due erano rimasti freddi dopo quella sera alla festa.

Insomma, non mi ha ancora chiesto scusa.

La sala era effettivamente deserta, fatta eccezione di uno del settimo anno che russava profondamente con il naso tra i libri e gli appunti di scuola. I MAGO si stavano avvicinando ma io non avevo ancora visto James e Fred studiare. C'era anche da dire però che non li avevo mai visti studiare, chissà cosa avrebbero raccontato all'esame. Feci un leggero sorriso mentre mi immaginavo Fred intento a illustrare tutti i trucchi per non farsi beccare da un insegnante durante una trasgressione. Sempre con quell'immagine mi accoccolai sulla mia poltrona preferita davanti al caminetto ormai spento; osservai gli ultimi sbuffi di fumo prima di puntare un dito verso le ceneri e far comparire un bel fuoco. Ero molto soddisfatta di me, le lezioni con il Barone andavano alla grande.

«Incantevole» quando sentii la voce dietro di me per poco caddi dalla poltrona.

«Oh, scusami, non volevo spaventarti» Nick Quasi-senza-testa fluttuò verso di me posizionandosi al lato della poltrona.

«Non mi hai spaventato», dissi. Lui sorrise alla mia bugia e continua a fluttuare tranquillamente.

«E' incantevole come tu possa controllare la magia senza dover seguire nessuna regola», spostò un tantino la testa rischiando di perderla ma con un colpetto la rimise a posto «E' incantevole il fatto che tu sia la magia»

Fantastico, lo sanno pure i morti...

«Come...»

«Come lo so?», la interruppe e fece una leggera risatina, «ma mia cara, tra noi fantasmi sei come una leggenda».

«Cosa?»

«Di generazione in generazione noi fantasmi abbiamo custodito le storie e le leggende in attesa del nuovo momento» il mio sguardo storto lo fece ridacchiare ancora «Certo, se solo lo avessi saputo prima avremmo potuto aiutarti»

«Aiutarmi?», Sì, sì! Avevo un disperato bisogno di aiuto.

«Certo» il fantasma rizzò il capo «ma ormai avrai già capito tutto della profez...»

«No!» lo interruppi così forte che per un momento temetti di aver svegliato lo studente che si era addormentato studiando ma quello continuava a russare saporitamente.

«No, ho bisogno di aiuto» ripetei a bassa voce.

«Oh», Nick mi girò intorno «Allora conosco qualcuno che potrebbe aiutarti»

«Chi?»

«Non posso rivelare il suo nome ma ti posso portare da lei...»

«A-ah, una femmina! Comunque non posso venire, hanno aumentando le ronde e si mi beccano nei corridoi faccio una brutta fine»

«Ma tu puoi renderti invisibile».

«Non credo di poter svegliare Jamie per il suo mantello...»

«No, no. Tu puoi renderti invisibile».

«Io posso... oh», capii e sentii una bolla di invincibilità gonfiarsi sul petto.

Caspita, sarei una perfetta eroina della Marvel.

Mi alzai sotto lo sguardo del fantasma chiedendomi cosa dovessi fare per diventare invisibile. Magari serviva una formula, anche se la maggior parte degli incantesimi che facevo funzionavano sull'istinto. Mi chiesi se dovessi desiderare di diventare invisibile ma l'idea suonava talmente sciocca alle mie stesse orecchie che non ci provai nemmeno. Poi improvvisamente sentii un formicolii partire dalla punta dei piedi e partire per tutto il copro. Non mi stupii nemmeno quando abbassando lo sguardo notai che non mi si vedevano le gambe.

«...Sono?» chiesi titubante.

«Sei» confermò con un cenno del capo talmente forte che la testa dondolò.

«Bene, allora... andiamo da chi dobbiamo andare».

Lo studente del settimo anno si svegliò urlando “No, il valzer no!” proprio quando chiusi il ritratto della Signora Grassa alle mie spalle.

**

«E' questo il posto?» chiesi dopo aver attraversato corridoi, arazzi, scale e porte. Mezzo castello, in pratica.

Insomma, ero arrivata dentro una stanza completamente buia e umida, probabilmente mi trovavo nei sotterranei.

O forse no, accidenti questo castello è un labirinto.

Non ricevendo risposta mi girai ma il buio completo mi impedì di vedere il fantasma.

«Nick?» lo chiamai. Non ottenni risposta «Ser Nicholas?» Ancora silenzio.

Fantastico, mi aveva appena abbandonata in qualche angolo sperduto della scuola e io non avevo la più pallida idea di come tornare indietro. Meraviglioso. Stavo appunto decidendo il da farsi quando una voce femminile risuonò nella stanza.

«Un ospite? Che bellezza!».

«...permesso?» chiesi tentennando.

«Su, non sia timida. Venga, ho appena fatto il tè!»

Il tè alle tre di notte? Ma non lo dissi ad alta voce e proseguii per la stanza pregando di non finire contro un muro.

«Oh, ma siamo timidi?» non feci nemmeno in tempo a registrare la frase che qualcuno mi tirò addosso una secchiata d'acqua.

«Per tutte le Morgane troie» imprecai, era gelata. Notai di essere tornata visibile.

«Che linguaggio raffinato» continuò la voce.

«Dove sei?» chiesi cominciando ad arrabbiarmi. Accesi dei globuli di luce davanti a me per controllare la strada. Davanti a me stava un arco a volta in marmo e dopo un attimo di esitazione lo superai. Appena lo attraversai mi trovai in una stanza circolare illuminata da piccole torce; al centro stava un tavolino in cristallo con delle tazzine da tè e dei biscotti, ai lati della stanza stava una libreria piena di libri. Arricciai il naso per il forte odore d'incenso.

«Oh, eccoti qui cara» mi girai verso la voce, una donna con dei capelli vaporosi e bianchi, il viso affilato e una tunica grigia affiancava un calderone con all'interno un liquido perlaceo.

«Proprio in tempo per il tè» continuò a ridacchiare soddisfatta. Indietreggiai di qualche passo ma mi ritrovai con le spalle al muro.

Fantastico, che fine ha fatto la porta?

«Su, su. Vieni, cara» me la ritrovai di fianco e quasi urlai dallo spavento. Mi mise un braccio scheletrico sulle spalle e mi trascinò verso il tavolo di cristallo.

« E' da così tanto tempo che non ricevo delle visite».

Sentii un brivido scendermi lungo la schiena quando mi accorsi che la sua pelle era talmente sottile da sembrar trasparente, vedevo il teschio e le ossa. Deglutii ma mi accomodai comunque in una delle piccole poltroncine che circondavano il tavolino. Mi guardai intorno spaesata ma la donnina mi prese il mento e mi costrinse a guardarla in faccia. Aveva gli occhi bicolore, uno giallo e uno azzurro.

«Oh, ma abbiamo un ospite speciale qui» sorrise raggiante «vorrà dire che farà un po' più di tè».

La guardai allontanarsi mentre la sua tunica grigia svolazzava intorno a lei.

«Ma lei... lei chi è?» balbettai.

«Oh, io sarei Nemesi, ma puoi pure chiamarmi Kelly. Zucchero?» mi rivolse un sorriso che io trovai agghiacciante.

Kelly, certo. Siam Lelly Kelly, le tue scarpine olé.

Nemesi? Dov'è che l'ho già sentito?

«Lo prendo per un sì. Chi tace acconsente, no?»

Si sedette vicino a me mettendo sul tavolo un vassoio e mi passò una tazzina dove ci mise una generosa dose di zucchero.

«Allora, zuccherino, come hai detto che ti chiami?»

«Non l'ho detto, in realtà» mi sembrava di avere sabbia in bocca.

«Oh, che sciocca!» trillò allegra «Qual è il tuo nome, allora?»

«Flox, Giorgia»

«Incantevole, come il fiore!» sorseggiò il suo tè.

Rimasi in silenzio a fissare la mia tazzina, era rosa con dei fiorellini viola ai lati e io odiavo il rosa. Guardai Kelly di sottecchi indecisa se bere il tè o gettarlo e scappare via con un urlo beduino. Mi chiesi per quale motivo Nick Quasi-Senza-Testa avesse volute portarmi lì, da quella pazza che versava il tè alle tre della notte in tazzine rosa e che portava ai piedi pantofole viola a coniglietto. Vista da quella prospettiva la cosa sembrava ridicola ma pantofole a parte quella donna mi metteva in agitazione; gli occhi bicolore, la pelle trasparente, il modo in cui faceva ondeggiare la vestaglia mi facevano venire voglia di darmela a gambe.

«E' da così tanto tempo che non ricevo delle visite e cominciavo a sentirmi sola...»

«Oh...uhm...»

«Prendi un biscottino, zuccherino» e mi piazzò davanti un vassoio con tanti dolcetti di cioccolata. Ne presi uno e lo assaggiai titubante. Per essere buono era buono e pareva anche innocuo, così me lo ficcai in bocca rendendomi contro solo in quel momento che in effetti ero parecchio affamata. Stavo masticando con gusto quando i miei denti non colpirono qualcosa di duro e per poco non rischiai di soffocare. Sputai.

«Oh, sciocchina, devi fare attenzione al biglietto» mi riprese Kelly ridacchiando educatamente.

Diffidente guardai cosa avevo sputato, un contenitore piccolissimo dal quale usciva un foglietto di carta mezzo mangiucchiato. Lo presi ma le dita della donnina mi bloccarono e mi tolse il foglietto di mano.

«Meglio di no, non sei stanca di profezie?» e sorrise. Aveva i denti appuntiti come gli squali.

«Sei riuscita a decifrarla, a proposito?» continuò come se nulla fosse mentre gettava il foglietto tra le fiamme del camino.

«N-no» balbettai.

«Ovvio, a quella mezza-indovina piace complicare le cose» commentò continuando a sorseggiare il tè. Quando lo finì guardò dentro la tazzina.

«Oh, storie d'amore. Le mie preferite».

«Mi scusi», dissi facendomi coraggio «ma lei chi è?»

«Kelly, l'ho detto» continuò a scrutare il fondo del tè.

«Sì, ma io intendo...»

«Sì, sì. Vedo che il cerchio riprende. E qualche vendetta è in agguato. Vendette» rise e mi si accapponò la pelle.

«Oh, scusami. Dimmi pure, cara».

«Che posto è questo qui? Cosa ci faccio io qui? Cosa vuole da me?».

«Ma, tesorino, la domanda giusta sarebbe: cosa vuoi tu da me?».

«Cosa voglio da lei?».

«Ma sì, tutti vogliono qualcosa dalla cara vecchia Kelly. A Kelly piace molto raccontare le storie».

«Cosa può dirmi degli amori infranti?» sperai che quella fosse la domanda giusta.

«Oh, la storia più romantica e triste di tutte» si alzò dalla poltroncina e si miese a camminare per la stanza, poi si fermò di colpo a fissarmi «Ecco, è una storia piuttosto lunga. E che storia. Una storia d'amore, passione, orgoglio e vendetta. Ci vuole la musica giusta» allungò il braccio verso la libreria e con un gesto della mano una musichetta Jazz riempì l'aria, la luce si offusco e dagli angoli cominciarono a uscire degli....

Scheletri ballerini?

Presa da un attacco di panico salii sul tavolino di cristallo.

«Oh, pasticcino, attenta alla caraffa.» Kelly rise e fece una giravolta.

«Prestami ascolto, piccola bambina. La conosci la storia di questa scuola, no? Quattro giovanotti in cerca di avventura la costruirono, quante storie hanno visto queste mura? Ma la loro forse è la più bella di tutte. Lei figlia di una delle fondatrici, bella e dolce come nuvole di panna, intelligente ed educata, una fanciulla per bene. Lui, figlio di un ricco possessore terriero, purosangue con pregiudizi, bello come il sole. Si innamorarono, il loro era un amore puro che si bruciava la notte, si promisero amore in eterno, si sarebbero sposati. Ma...»

«Ma...?» fecero gli scheletri e io per poco feci un salto di tre metri.

«Ma per i loro genitori fu no. “Non sposerai un purosangue Serpeverde” “Non sposerai una mezzosangue libertina”. E allora lei cosa fece? Scappò via una notte, lo abbandonò. Cosa aveva in mente nessuno lo sa! Anni passarono e da soli restarono, lui in attesa, lei troppo orgogliosa.»

Gli scheletri intorno a me sospirarono. Erano agghiaccianti, peggio delle pantofole.

«Anni passarono e lui andò da lei. “Torna, ti prego, tua madre sta male. Torna, ti prego” le disse lui. Ma lei “No, non tornerò, neanche fosse per sposarti”».

«E poi?» chiese uno scheletro sedendosi vicino a me. Lanciai un urlo e caddi dal tavolino.

«Lui s'arrabbio».

«E poi?» ero completamente circondata da quegli scheletri ballerini.

«Lui preso un pugnale».

«E poi?»

«E poi, dolcezza, tutto fu nero»

Un urlo mi trafisse i timpani mentre tutta la stanza cadeva nell'oscurità. Uno scheletro affianco a me accese un fiammifero e me lo ritrovai praticamente in braccio. Lo scrollai terrorizzata.

«Quando si svegliò era morta da ore. Ai piedi di un albero, il suo amato piangeva e con la lama il petto si trafiggeva. Così davanti ai corpi morti la donna giurò che mai lo perdonerà e maledetto sarà anche chi dopo di loro ci sarà a meno che la vendetta arriverà. Come finisce già si sa e lei fu sposa in eterno dell'aldil๻

Gli scheletri mi passarono le loro...ossa tra le spalle trascinandomi in un balletto ridicolo mentre Kelly rideva. Uno scheletro mi prese le mani e mi fece girare, urlai con tutto il fiato che avevo in gola poi lui staccò le mani e mi ritrovai a girare finché caddi a terra. Il soffitto ruotava.

«Ah, ah, ah. Adoro quella storia» rise Kelly.

Mi alzai cautamente, tutti gli scheletri erano scomparsi. Sentii un conato di vomito farsi largo ma lo ricacciai indietro disgustata.

Oh. Mio. Dio.

«Parlava del Barone Sanguinario e della Dama Grigia, vero?» balbettai mentre il mondo intorno a me continuava a girare.

«Ma è naturale, mia cara» mi rispose mentre si guardava alla specchio.

«E lei non lo ha mai perdonato? Nemmeno dopo tutto questo tempo?»

«Nah. Perché perdonarlo? Meglio vendicarsi, no? E poi sono così orgogliosi, lei è così orgoglioso. L'orgoglio è un vero problema, nevvero?»

Non avevo la più pallida idea di cosa parlasse.

«Ma come può aiutarmi? La conoscevo già questa storia».

«Oh, ma vuoi in aiuto! Potevi dirlo prima!» e si diresse volteggiando verso il suo calderone; prese delle provette e iniziò a maneggiare sopra di questo con scoppi di colore allegati.

Nel frattempo gli scheletri erano tornati e mi guardavano incuriositi. Repressi un brivido di disgusto.

«Mi aiuterà veramente?» chiesi scostandomi da tutti quei morti.

«Ma è naturale, mia cara piccina, è quello che so fare meglio. Aiutare le persone rimettendo un equilibrio. Poveri indifesi che non hanno nessun altro a cui rivolgersi.» mi sorrise «Io la gioia darò a chi vorrà, la pozione giusta ho io. Tutti vengono da me, “Kelly, aiuto”» mi si avvicinò passandomi un braccio sulle spalle e mi avvicinò a l calderone.

«Allora, zuccherino, io posso crearti qualcosa da usare nel momento in cui tu avrai maggior bisogno».

«E quando saprò che...»

«Ma lo deciderai tu, sciocchina, sarai tu a capire il momento giusto per usarla».

Sospirai e annui. Evidentemente complicarmi le cose doveva essere divertente.

«Oh!» disse di colpo mollandomi «Dobbiamo discutere di una cosetta, non abbiamo parlato del 'pagamento'».

La fissai mentre mi girava intorno e mi soppesava «Ma... ma io non ho niente».

«Ma quello non è un problema. Una volta una persona pagò con la sua voce»

Voce? Ma chi è, Ursula?

Istintivamente mi portai una mano al collo come per proteggere la mia.

«Ma no, no tesorino. Non mi interessa la tua voce, per un aiuto a una persona così importante ci vuole un compenso più... grande».

«Più grande della propria voce?» balbettai.

«Sì, al momento non posso dirti altro» si controllò lo sporco sotto le unghie «allora, accetti?»

«Come posso accettare senza sapere cosa vuoi in cambio?»

«Puoi, puoi. Il mondo è pieno di scelte difficili, non te l'hanno detto?» mi sorrise mostrando tutti quei denti appuntiti. Mi allontanai in un riflesso involontario.

«Allora, accetti?» ripeté avvicinandosi di nuoco al calderone «E' lo scotto da pagare per avere ciò che vuoi, ora fai la tua scelta, io chiedo solo un compenso, fatti forza» un esplosione dal calderone colorò tutta la stanza di rosso sangue «su, firma questa pergamena» davanti a me parve un foglio scritto in Rune.

Come faccio a sapere cosa c'è scritto?

«Forza, il tempo scorre, non ho molto tempo a da dedicarti, tic toc» guardai Kelly alias Ursula, guardai gli scheletri intorno a me, il calderone, presi la penna che mi porgeva e scrissi la mia firma precipitosamente.

La pergamena volò dritta tra le mani di Kelly, un sorriso feroce le distorceva la faccia. Pescò dal calderone una scatoline d'ossidiana.

«Prendi, aprila solo nel momento giusto, il pagamento verrà da solo».

La presi tra le mani tremanti, mi sembrava di avere la febbre.

«Comparirà ogni volta in cui sarai disperata e non saprai cosa fare, decidi con cura il momento giusto».

Il sorriso di quella donna era agghiacciante, volevo scappare, gli scheletri si avvicinavano sempre di più. Gli occhi di Kelly si ingrandivano sempre di più fino a ricoprire tutta la faccia, la scatolina tra le mie dita era bollente e rischiai di scottarmi.

Poi, mi ritrovai fuori, nel corridoio al freddo. Senza ragionare mi misi a correre il più velocemente possibile, terrorizzata a morte all'idea che quella strana donna potesse seguirmi.

Svoltai un angolo ma qualcosa mi afferro per le spalle, aprii la bocca per urlare ma una mano me la tappò e io fui trascinata nell'ombra.




NDA

TADDADAAAM. Questo capitolo è stato un parto, lo giuro T_T

Comunque mi sorge una domanda, perché così poche recensioni se i capitoli hanno così tante visite, perché? Su, fate felice questa povera bambina malata e recensite faccia da cucciolo


1. Poco presa dalla Sposa Cadavere mi dicono. Eh be', ci stava benissimo quella canzone con la donnina. Non vedo l'ora di finire nella seconda parte per mettere tutti i cartoni in mezzo muahahahahaha (SSSPoiler)


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Capitolo 40
*** Ciao, ho la sindrome di Superman. ***


Cap. 40
Ciao, ho la sindrome di Superman.
**
Opposti. Fin da piccola sono nata con questa idea del bene e del male guardando i cartoni. C'è il buono, e quando è buono è proprio buono, intendiamoci, non sbaglia nulla, canta divinamente e gli animali corrono in suo aiuto. Ah, dimentichiamo che alla fine trova sempre l'anima gemella e la riconosce dopo appena un giorno, ma dettagli.
Poi c'è il cattivo, spesso è un po' ridicolo con questa sua idea di conquistare il potere – Vedi Ade – ma resta comunque inquietante – vedi Malefica. Insomma, veste di nero, ha una risata agghiacciante, ha poteri oscuri ed è... cattivo. È cattivo perché sì, punto.
Solo che da quel che dicono tutti, la buona in questa storia sono io, ma io non mi sento affatto una di quelle principesse. Atti di gentilezza li ho fatti, ma ho provato spesso invidia, rancore e altri sentimenti simili, mi sono comportata nella norma. E siamo sicuri che lei, Melody, alla fine sia veramente la cattiva?
E se fossimo solo due ragazze totalmente normali finite in un intrigo più grande di noi?
Se fossimo entrambe, almeno un po', sia buone che cattive?
Se fossimo entrambe dei mostri?
**
Delle mani mi afferrarono dall'oscurità tappandomi la bocca e io fui inghiottita dal buio.
O meglio, finii in una stanza completamente buia e terrorizzata cercai di accendere dei globuli di luce con il solo risultato che fui io a illuminarmi, se non altro la presenza mi mollò e io fui libera di girarmi in uno scatto combattivo verso essa ma la sorpresa mi bloccò quando notai che a nascondermi in quell'affranto del castello non era altro che lei.
Delirium, la mia gemella.
«Tu!» sbottai senza saper bene che sentimento provare.
Non mi rispose subito, si limitò a fissarmi dalla testa ai piedi prima di dire come saluto: «Vedo che sei migliorata dall'ultima volta che ci siamo viste».
Mi resi conto solo in quel momento di brillare ancora come una lucciola e con uno scatto della mano destra tornai normale senza trattenermi dal ringhiare:
«Intendi quella volta in cui hai quasi ammazzato me, Frank e Fred?»
A sentire il nome del rosso gli occhi azzurri di Delirium ebbero un guizzo impercettibile ma che notai lo stesso.
«Non volevo uccidervi» mi rispose.
«Ah, davvero?» sbottai avvicinandomi ma pronta ad una sua eventuale mossa «A me è parso il contrario. Non rammenti la tempesta di ghiaccio che mi hai scagliato contro?».
«Stai zitta».
«Oppure il labirinto dove ci hai imprigionato per ore?».
«Zitta».
«E la nuvola nera dove hai imprigionato Fred?».
«Stai zitta».
«Ti ricordi come era ridotto, Fred, sembrava morto!».
«Ti ho detto di stare zitta!» questa urlò accompagnando una folata di vento che mi spinse conto alla parete. Senza rendermene conto accesi del fuoco sui palmi delle mani pronta a combattere ma quel che vidi li spense come se qualcuno ci avesse gettato dell'acqua. Delirium se ne stava con le mani verso il cuore come se cercasse di proteggersi o di... trattenere qualcosa ma la cosa più sorprendente era che stava piangendo.
«Io non volevo» sussurrò.
«E allora perché lo hai fatto?» chiese cercando di scacciare l'empatia che avevo improvvisamente provato verso quella ragazza che era totalmente uguale a me.
Non mi rispose, ma disse: «Non farei mai del male a Fred».
Pensai a quello che mi aveva detto Fred, del fatto che da bambino la vedeva dentro gli specchi, di come continuasse a perseguitarlo.
«Cosa... cosa c'entra Fred con questa storia?» chiesi cercando di calmarmi.
«Non lo so».
«Non mentire».
«Non lo so, davvero!» mi rispose, urlando questa volta. Scivolò appoggiandosi al muro finché non si sedette a gambe incrociate «vorrei saperlo anche io».
Appena formulò la frase davanti a lei comparve la scatolina che mi aveva dato Kelly e io mi protesi per prenderla e metterla via ma lei fu più veloce e con uno scatto animale se la portò vicino al viso.
«Ma questa...SEI IMPAZZITA O COSA?!» il cambio brusco del suo stato animo mi confuse al punto che risposi in maniera molto demente.
«Cosa».
«Sei stata da Nemesi» mi accusò.
«Avevo bisogno di aiuto» tentai di giustificarmi anche se non capivo il motivo di quello scoppio d'ira.
«E lo hai cercato dalla dea sbagliata!»
...Dea?
Come un lampo mi venne in mente il mio libricino di mitologia greca che da piccola leggevo a scuola, più precisamente ricordai una pagina che illustrava una donna che teneva in mano una spada e una bilancia.
Nemesi, la Dea della Vendetta.
«Ma lei si fa chiamare Kelly...» uscii in maniera idiota.
La mia gemella alzò gli occhi al cielo.
«Cosa ti ha chiesto in cambio?».
«Qualcosa» risposi vaga.
«E cosa?»
«Non lo so» ammisi dopo un attimo di esitazione.
«Idiota» mi insultò, o meglio mi descrisse perché anche io al suo posto avrei dato dell'idiota. Se mi importasse qualcosa dell'altra persona quindi per quale motivo lo stava facendo? Lei doveva uccidermi per vivere, perché preoccuparsi se pago gli aiuti con cose che mi possono svantaggiare.
Perché non è una tua nemica...
Me l'aveva detto quando era scappata dalla Foresta Proibita verso Hogwarts ma io lì per lì non le avevo creduto, ma in quel momento ci credetti. Lei non era una mia nemica.
«Come mai conosci Fred?» mi risolsi alla fine a dire sedendomi anche io. Il gesto parve tranquillizzarla e rispose con un'alzata di spalle.
«Lo vidi un giorno nello specchio al posto del mio riflesso».
«Così, senza fare nulla? Cioè, non hai pronunciato uno di quei tuoi strani incantesimi?» chiesi corrucciandomi.
«No, è apparso e basta», sembrava sincera, poi aggiunse «è stato l'unico amico che ho avuto, laggiù».
Ricordai che nei ricordi di papà Celine lo aveva convinto a dividerci lasciando la più pericolosa nel Mondo di Sotto, dove a quanto pare vivevano gli altri immortali.
«Tu lo sapevi di essere...?» non riuscii a completare la frase.
«il Delirium?» fece un sorriso amaro «no, Celine mi disse che ero sua figlia e per questo avevo degli strani poteri. Mi disse anche che dovevo assolutamente tenerli nascosti, non mostrarli, comportarmi come una ragazza comune».
«Quando lo hai scoperto?» mi resi conto che quelle domande potevano essere scomode, ma avevo bisogni di sapere. Lei rimase zitta per un po' e pensai che non mi avrebbe risposto, ma poi iniziò:
«Quando era troppo tardi. I miei poteri mi terrorizzavano, avevo paura di fare del male alle persone. Quando ero molto piccola avevo degli amici, erano De Immortales adulti e centenari ma simpatici. Uno guardava sempre i cartoni della Disney e sapeva tutte le canzoni a memoria. Me le cantava sempre» sorrise al ricordo «Ma poi, una sera, stavo giocando con loro e stavo usando i miei poteri, con naturalezza... per sbaglio colpii uno di loro rischiando di ucciderlo».
Vidi delle lacrime intrappolarsi tra le ciglia ma come per magia non scese nulla e lei continuò.
«Fu a quel punto che Celine mi disse che ero sua figlia e che i miei poteri erano pericolosi, che non dovevo mostrarli in giro e il resto. Mi rinchiuse nei miei appartamenti da cui uscivo sempre di rado. La paura di ferire qualcuno mi tormentava sempre e per questo preferivo la solitudine. Spesso sognavo di scappare, di andare nel Mondo di Sopra, di ricominciare da capo e vivere senza la paura di me stessa...
Papà venne a trovarmi in quel periodo, mi disse che quello era il mio posto e che dovevo stare buona, dovevo controllarmi, fare quello che diceva la 'mamma' – fece una smorfia – e altro. La solita solfa. Il fatto è che in quel periodo i miei poteri si manifestavano sempre di più e la notte sognavo sempre un uomo senza volto che mi diceva di scappare da lui. Probabilmente l'unica cosa che mi permise di resistere fu Fred nello specchio, solo che dopo litigammo... non mi ricordo neanche per cosa, ma smisi di vederlo e mi sentii sempre più sola. Poi due anni fa successe mentre mi allenavo con un istruttore che...» la frase rimase sospesa e io non osai nemmeno respirare.
«I miei poteri presero il sopravvento, lo uccisi senza poterci fare nulla.»
Piangeva e io non seppi cosa dire, cosa fare.
«Finì con un processo per capire se ero colpevole o meno e nel caso la mia condanna. Fu lì che l'avvocato avversario rivelò la mia natura, l'aveva scoperta con ricerche nascoste e illegali, ma la rivelò a tutta la sala. E io scoprii di essere un mostro, di non essere umana.
Mi fece tante domande, sembrava molto interessato all'uomo senza volto dei miei sogni. Spiegai che molto spesso quei sogni di confondevano con la realtà, lui mi chiese se mi sembrasse normale sognare perché solo gli esseri umani sognano e come mi ricordò io non ero umana...
Fu durante una di quelle sedute in cui il mio potere si rivelò ancora distruggendo tutto. Avevo paura, temevo di far del male alle persone, come mi avevano detto io ero il Male..
Scappai, fuggii qua nel mondo di sopra e ci rimasi per un anno. Inizialmente ero felice, finalmente mi sentivo libera di poter essere me stessa. Ma il mio potere... non riuscivo a controllarlo e faceva solo cose brutte...
Fu durante una di quelle crisi che Tosca mi trovò, mi disse che poteva aiutarmi, che mi avrebbe insegnato ad usarlo e rispettarlo. Mi raccontò tutta la storia del Chaos e del Delirium, appresi tutta la libertà così andai con lei».
Respirai e dissi: «Tosca è...».
«Non è cattiva, è solo in cerca di vendetta» prese fiato «lei mi ha aiutato, solo che...».
«...che?».
«Mi ha mentito. I miei poteri sono diventati più forti di me e la maggior parte del tempo non so nemmeno chi...cosa sono. Mi ha detto che tu eri solo un mio doppio, che non eri un vero e proprio essere umano, che eri solo Chaos e basta».
«Ma che carina» dissi ironicamente senza potermi trattenere.
«Solo che io ti ho osservato e tu...» sembrava veramente interessata ad osservare i suoi piedi nudi ma poi alzò gli occhi e continuò «tu sei come me...».
Siamo uguali.
Rimasi in silenzio a pensare a questa costatazione e mi chiesi come mi sarei comportata io al suo posto, se fossi finita io al suo posto avrei reagito di sicuro allo stesso modo. Istintivamente cercai un contatto fisico ma appena sfiorai la sua mano con uno scatto lei l'allontanò così rinunciai e raccolsi semplicemente le ginocchia con le braccia e ci appoggiai il mento iniziando a dondolarmi lentamente.
«Ci deve essere una soluzione alternativa» la scatola di Nemesi si materializzò ancora e ancora una volta Melody la gettò lontana dalla mia portata.
«Tu conosci la profezia?» le chiesi impiantandomi le unghie nella pelle delle gambe per trattenermi dall'afferrarla.
«Ricorda una stella non muore
a meno che non decide di struggersi il cuore¹
Quando il tempo sarà in catene
E l'amore a cui non appartiene
L'ultima maledizione dovrà patire
E per mano di un ultimo respiro l'ultimo dovrà perire». Recitò a memoria.
«Oh.. è diversa dalla mia» dissi, poi feci una smorfia «almeno la tua è in rima».
«Diversa? Cosa dice la tua?».
«Non la so a memoria...» ammisi mordendomi il labbro inferiore. Lei si trattenne dallo sbuffare e mi sussurrò:
«Ma almeno l'avrai scritta da qualche parte».
Annuii «Sì, ho un quadernino dove scrivo anche i miei sogni e tutte le ipotesi».
«Dobbiamo rivederci, e tu devi portarlo almeno posso rendermi utile in qualche modo».
«Be', abbiamo già la tua di profezia da capire adesso...».
«No» mi interruppe «so già cosa intende, o almeno lo credo».
«Come...?»
«Come ho fatto?» fece una risata amara «Non sei l'unica che ha incontrato Nemesi per la sua strada».
Sentii rizzarmi il pelo sulle gambe e braccia e solo in quel momento mi ricordai ce dovevo farmi la ceretta, pensiero totalmente fuori luogo ma il mio cervello funzionava così, per sopravvivere a questa nuova vita da romanzo d'avventura mi attaccavo ai pensieri banali di una qualsiasi adolescente.
Comunque la ceretta devo farmela sul serio se non voglio assomigliare ad una scimmia.
«E cosa dice?» chiesi schiarendomi la voce e sorvolando il fatto che avesse ricevuto le risposte da Nemesi.
Chissà cosa le ha chiesto in cambio...
«Che arriverà un giorno dove ci saranno sia le persone del passato e sia quelle del presente a fronteggiarsi. Si potrà evocare chiunque.» prese il respiro «quel giorno noi due ci scontreremo e solo una di noi due vivrà, ma non sarà grazie all'omicidio».
«Ah no?» avevo sentito l'impulso di fermarla, non volevo più sapere cosa significassero quelle parole in rima, ma lei continuò imperterrita:
«Sarà grazie al suicidio».
Le sue parole rimasero sospese in aria e io non osai nemmeno respirare ma più i secondi passavano più quelle parole prendevano un significato sempre più terribile.
Una di noi due dovrà uccidersi da sola.
Pensai a papà, ad Al, alla mia nuova famiglia, alla scuola, alla neve e al profumo della primavera, il rumore delle foglie sotto i piedi, al calore di un camino e l'odore dell'inchiostro su una pergamena completamente pulita. Pensai a Fred e a James, al mio sogno di aprire una libreria, a tutti i miei sogni...
Non volevo abbandonarli.
Non voglio morire.
Sentii un nodo in gola mentre la mia coscienza mi ricordava che probabilmente anche Melody aveva qualcosa a cui non poteva dire addio.
Come potevano pretendere una cosa simile?
«Dopo bisogna uccidere anche Salazar Serpeverde» Delirium interruppe il silenzio e quella rivelazione fu così shoccante che mi fece dimenticare il resto.
«Cosa? Ma non è morto?»
«No, chi distrugge il Delirium riceve l'immortalità» la sua voce era tetra e mi sentii il cuore pesante come pietra. Non volevo ucciderli, Salazar mi ricordava troppo Freddy e mi stava anche simpatico.
«Sei sicura?» chiesi.
«Me l'ha detto Nemesi».
«Magari si sbaglia».
«Raramente quella dea sbaglia, la Vendetta è sempre precisa» sospirò.
«Perché dobbiamo ucciderlo?»
«Forse così chiudiamo il circolo, cioè, tutti e quattro i fondatori sono morti in questo modo».
«Chissà dov'è finito quello» dissi guardandomi i piedi. Avevo lasciato le scarpe in dormitorio ed ero scalza.
Melody alzò le spalle.
«Dobbiamo rivederci. Domani notte nella stanza delle Necessità, e tu devi portare la tua profezia» mi disse.
Io annuii, poi la guardai incerta «Posso portare anche gli altri? Tanti cervelli sono meglio di uno e mezzo» Il mezzo era il mio, ovviamente.
Lei fece una smorfia ma la costrinsi ad accettare.
«Domani notte» confermai.
«Domani notte» confermò.
Ed uscii da quello stanzino e ovviamente fui beccata da un prefetto.
**
Ringraziando il cielo quel prefetto non era altro che Rose Weasley, mia compagna di stanza nonché migliore amica che al momento stava sbraitando davanti al camino della Sala Comune. Sinceramente non ascoltai nemmeno una delle parole che mi disse mentre me ne stavo comodamente distesa sulla poltrona a giocare con le fiammelle del focolare, ovviamente stavo utilizzando la magia.
«Si può sapere che diavolo ci facevi in giro?» mi urlò contro e io mi dimenticai di rispondere troppo presa a trasformare una fiammella in un porcellino d'india.
«Eh? Ah» mi misi ritta sulla poltrona «ho incontrato Melody».
«Chi?!»
«Mel... anzi, in realtà prima ho incontrato Nick Quasi-Senza-Testa che mi ha portata da Nemesi, solo che si faceva chiamare Kelly e io non avevo collegato il nome, dopo degli scheletri si sono messi a ballare la salsa...»
«No, frena, stop!» si portò una mano alla radice del naso «ti prego, parla chiaramente. 'Sta notte è stata devastante».
«A chi lo dici» dissi pensando al mio letto, al mio caro dolce e stupendo letto.
«Senti, che ne dici se vi racconto domani cos'è successo a tutti quanti » proposi.
«Domani abbiamo lezione» mi fece notare «Troverò un modo per far entrare di nascosto Scorpius e Frank, qui nella sala Comune».
«...e dopo dici parole a me se vado a sgranchirmi le gambe» borbottai e mi accucciai per evitare un manrovescio alla Weasley.
Ehi, anche tu sei una Weasley, non Flox. Weasley.
Presa da quel pensiero abbracciai di slancio Rose tenendola stretta.
«Lo sai?» chiesi «Sono contenta di essere tua cugina»
«Anche io» ricambiò l'abbraccio «pure io».

**
La notte dopo Fred piazzò un esplosivo che puzzava in Sala Comune così tutti quanti andarono a rifugiarsi nei rispettivi dormitori. Tranne un gruppo di coraggiosi ragazzi che al momento se ne stavano seduti davanti al caminetto ad annusare quell'aria schifosa.
«Non potevi usarne una meno puzzolente?» si lamentò Dominique tappandosi il naso.
Scorpius al contrario respirò a pieni polmoni canticchiando: «Sembra di stare vicino ad una discarica».
«No, le discariche non puzzano così tanto».
«Mamma mia, la prossima volta fatevi venire voi un'idea di come svuotare rapidamente la Sala» sbottò Fred punto sul vivo e io non potei non trattenermi dal ridacchiare.
«Comunque, perché siamo qui a doverci subire questa puzza?» borbottò Al contro la mia spalla; il moro aveva sommerso il vico nell'incavo del mio collo per scappare alla puzza e il suo respiro mi faceva andare il cervello in pappa. Frank ci guardò male dall'altra parte del cerchio e io mi sentii orribile ma non allontanai Al, semplicemente non ci riuscivo.
«Perché questa stupida ieri notte è uscita di nascosto» rispose al posto mio Rose.
«Cosa?» Fred e Jamie si rizzarono a guardarmi sbalorditi e oltraggiati «Sei uscita e non ci hai avvisati?».
«Be', non che Nick mi abbia dato scelta di portarmi compagnia» spiegai ritraendomi un poco sotto le loro occhiate omicida.
«Nick? Nick Quasi-Senza-Testa?» chiese Frank smettendo per un attimo di guardare Al come se gli volesse strappare la testa a morsi.
«Esattamente» e raccontai di Nemesi e Delirium cercando di non dimenticare niente, solo che quella nottata era stata talmente pazzesca che dovetti correggermi più volte e rispiegare da capo, ma alla fine, circa mezzora dopo, ero riuscita ad aggiornare tutti.
«Non fidarti di lei!» fu il commento velocissimo di Fred.
«Ti sei dimenticata cosa ci ha fatto nella foresta?» sibilò Frank «Io non mi fiderei di lei».
«Sentite, io mi fido di lei, siamo più simili di quanto sembra» cercai di spiegare.
«Resta comunque il fatto, è un mostro!» continuò Fred.
«Ma... ma se eravate amici» sbottai, dimenticandomi di aver occultato la parte in cui Melody mi raccontava della sua amicizia con il rosso.
Infatti l'intervento di Rose non tardò a venire e la ragazza inarcò una sopracciglia chiedendo: «Eravate amici? Di che diavolo sta parlando, Fred?».
Non potei sottrarmi all'occhiata che mi lanciò Fred prima che iniziasse a spiegare la storia dello specchio glissando sul particolare dei capelli blu che comparivano a scatti e io non feci nulla per farlo notare, in fondo era un dettaglio irrilevante.
«Comunque siano andate le cose non vedo come tu possa fidarti adesso che sta dalla parte di Tassorosso».
«Lei non sta...»
«Non andare! Al, convincila tu!» se Dominique aveva interpellato il mio ragazzo significava che erano fermamente convinti della malvagità di Melody.
Albie si alzò controvoglia dal suo rifugio e, costato che l'aria aveva raggiunto un odore accettabile, si schiarì la voce e mi piantò i suoi occhi verdi addosso:
«Io non mi fido di Delirium...»
«Ecco, vedi?»
«...ma mi fido di te e del tuo giudizio. Se tu sei convinta fai strada e io ti seguo»
«COSA?!» sbottarono in coro Domi, Fred e Frank.
«Sei impazzito o cosa? Se ci tenessi davvero a lei non le permetteresti di andare» lo accusò Frank infiammandosi.
«Guarda, avrei al tentazione di farlo, potrei legarla al letto e lasciarla al sicuro, solo che non funzionerebbe. La conosco abbastanza per sapere che farà qualsiasi cosa pur di rincontrarla e trovare un modo per salvare entrambe. Diciamo che lei soffre della sindrome di Superman, è convinta di poter salvare tutto il mondo. Quindi, l'unica cosa che posso fare è starle vicino e sorreggerla» disse serio e a me venne la pelle d'oca perché lui aveva capito il mio fine ultimo senza che io ne parlassi.
Perché sì, non era più mia intenzione portare a casa solo la mia pelle, ma anche quella della mia gemella. Volevo trovare un modo per salvare entrambe.
Riconoscente per aver dato voce ai miei pensieri lasciai che passasse una mano tra i miei capelli.
«Occhi Belli ha ragione» disse Scorpius che fino a quel momento era stata zitto se non per lamentarsi sul cattivo odore della stanza «E' inutile impuntarsi quando lei ha già deciso cosa fare, meglio andarle dietro e limitare i danni».
Rose guardò il suo ragazzo evidentemente sorpresa che sapesse dire cose così intelligenti.
«Ci sto anche io, sono curiosa di conoscerla. Quando vi dovete incontrare adesso?»
«Oh, domani notte» dissi, prima di rendermi conte che il domani era rispetto a ieri, quindi il domani era oggi. Questa rivelazione mi fece scattare in piedi con grande scontento di Al che rischiò di cadere lungo disteso sul tappeto.
«Devo trovarmi adesso» balbettai muovendomi in tondo prima che James mi placasse e mi chiedesse:
«Devo prendere il mantello?»
«Il mantello non può nasconderci tutti» fece notare Fred.
«Ma tu non sfavorevole?».
«Ero, dove va Giorgia ci vado anche io».
«Io resto della mia idea» borbottò Frank.
«Una cosa alla volta, come facciamo a raggiungerla?»
«Non credo che ci sia bisogno» la voce di Melody mi prese alla sprovvista e quando mi girai la trovai appollaiata sopra le scale del dormitorio femminile del sesto anno.
«Ehi...» dissi confusa mentre gli altri arretravano spaventati. Tranne Fred, lui fece un passo in avanti e sembrava sul punto di colpirla.
Perché la odi così tanto? Avrei voluto chiederlo ma ingoiai la domanda per chiedere alla mia gemella cosa ci facesse lì sopra.
«Non arrivavi e sono venuta a controllare se fossi ancora viva».
«La tua preoccupazione nei miei confronti mi fa commuovere» dissi portando una mano al cuore nel tentativo di sciogliere la tensione.
Melody scese le scale guardando Fred e a me venne in mente la scena che avevo visto nella memoria di papà, quando la mamma aveva fatto le scale per andare a quella festa con papà.
Erano molto simili.
«Ho novità» disse e dal tono della sua voce capii subito che non erano belle novità.
Rimasi in silenzio ad aspettare che si decidesse di parlare e una volta scese le scale mi guardò mordendosi il labbro:
«Vogliono attaccare Hogwarts»

Dovetti aspettare qualche secondo prima che la frase facesse il suo effetto e io capissi chi voleva attaccare Hogwarts.
Tosca...
«No, aspetta, cosa?» Scorpius si fece avanti come portavoce della confusione collettiva.
«I Deliranti vogliono attaccare il castello per rapire Giorgia, lo faranno fra due giorni a mezzogiorno» spiegò.
«Dobbiamo avvisare i professori» balbettò Rose.
«E anche gli Auror, dobbiamo dirlo a papà» fece eco Al.
Io non sapevo cosa dire, però dovevo aspettarmelo. Cioè, per quanto tempo ancora Tosca se ne starebbe stata con le mani in mano? Avevo preso anche fin troppo tempo.
«Cosa facciamo?» sussurrai con la gola secca.
«Io...io avrei un piano» disse la mia gemella.
«Spara»
«Un momento» Fred si fece avanti «chi ci dice che possiamo fidarci di te?»
Delirium lo guardò sorpresa da quell'affermazione nascosta in una domanda.
Non mi fido di te.
«Io!» dissi facendomi avanti e sporsi il mento «lo dico io».
«Vediamo il piano e dopo vedremo» intervenne Rose appoggiandomi una mano sulla spalla.
Melody iniziò a parlare e alla fine fummo tutti d'accordo.


NDA
Hello pipol!^^
Sono un po' OMIODDIO perché mancano i due capitoli, il prossimo e l'epilogo, dopo inizia la seconda parte D:
Dopooo, volevo avvertirvi che avrei scritto una shot dei primi giorni di scuola di Al, Rose, Domi, Scorpius e Frank. È stato inquietante da morire scrivere di Frank che vuole bene ad Al xD
Grazie di mille per le sei recensioni, ma si può fare di meglio, vero? In fondo il capitolo scorso ha ricevuto 164 visite, quindi si può.
Per il prossimo vi avverto che dovrete aspettare perché sarà lungo e un poò difficile da scrivere.
No, ok, vado. Sappiate che vi amo tutti. Da chi recensisce ai lettori silenziosi.

1. Preso da una pezzo della profezia del libro “La trilogia delle Gemme”, consiglio a tutti di leggerlo. Non è molto impegnativo ma abbastanza carino :)

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Capitolo 41
*** Battaglia di polpette ***


~Cap. 41
Battaglia di Polpette
**

Albus Severus Potter non sapeva amare.
O almeno questo era quello che dicevano tutti e quello che aveva sempre lasciato intendere.
Fin da piccolo era stato circondato da una famiglia enorme e rumorosa, con cibo e coccole a quantità, un migliore amico, cugini e gente sempre intorno. Era abituato alle carezze della mamma e ai gesti affettuosi del papà, per questo quell'undici settembre aveva avuto paura.
"Staresti bene a Serpeverde", Al non sarebbe mai riuscito a dimenticare quelle parole; quando il Cappello Parlante era stato calato sulla sua testa e aveva sussurrato quella frase facendolo aggrappare allo sgabello con tutte le sue forze Al aveva solo pensato alla sua famiglia e aveva visto tutte le persone che lo amavano sparire.
"La tua anima appartiene a Serpeverde". Era stato quello a farlo ribattere, a fargli pensare con tutto sé stesso che no, lui era un Grifondoro e se non lo era lo sarebbe diventato. Il Cappello aveva ridacchiato prima di urlare il nome della Casa rosso-oro all'intera sala. Si era sentito come se un grosso peso gli fosse stato tolto dallo stomaco e sollevato era corso vicino ai cugini.
"Ma allora non sei una piccola Serpe!" la pacca di Fred gli aveva quasi distrutto la spalla, ma non aveva non potuto pensare a quello che aveva detto il Cappello Parlante.
Quelle parole furono il suo dubbio per anni, nonostante avesse tentato di dimenticarle quelle tornavano quando meno se lo aspettava e senza rendersene conto il verde e l'argento iniziarono a ipnotizzarlo. Capitava fin troppo spesso che lui si incantasse a fissare il nulla pensando come sarebbe stato tutto se non avesse pregato il Cappello di dargli una possibilità.
Per questo il terzo anno fece il più grande errore della sua vita, accettò l'invito di uno dei Serpeverdi del sesto anno a passare del tempo con loro facendolo entrare in un circolo vizioso dal quale era impossibile uscire, dal quale non voleva uscire.
Il Grifondoro con l'animo di un Serpeverde.
Avevano iniziato a chiamarlo in quel modo; non si oppose mai al suo nomignolo, anzi piegava gli angoli della bocca all'insù in un ghigno che poco sapeva da Grifondoro ma che tutto aveva delle Serpi.  Era lì che aveva incontrato Anna per la prima volta. Anna di origine Italiana, Anna che faceva tutto pur di compiacerlo, Anna che lo aveva portato in un punto di non ritorno, la sua migliore amica che aveva preso il posto di Rose. Non aveva trovato nessuno, però, a soppiantare Frank, era sicuro che nessuno sarebbe stato all'altezza del ragazzo con gli occhi gialli.
Chissà quando aveva iniziato a capire di essere caduto in una trappola che lo stava corrodendo dentro, che stava portando via brandelli di se stesso fino a mostrargli qualcosa che lui non voleva essere.
Si prometteva di risistemare, di uscire e tornare quello che era, ci avrebbe provato più tardi, lo avrebbe fatto prima o poi. Più poi che prima, probabilmente mai se non fosse arrivata Giorgia a prenderlo a calci in culo fino a farlo rinsavire.
E ora era il suo turno di prenderla a calci in culo fino a farle ritrovare il lume della ragione.

**

La mattina del giorno X (ovvero il giorno in cui Hogwarts sarebbe stata attaccata), Al pensò bene di saltare le lezioni. Tanto, nessuno le avrebbe seguite.  Convincere la McGranitt a credere che la scuola rischiava la distruzione era stata difficile, tentare di non far capire che ci fosse lo zampino di Delirium un suicidio, ma alla fine erano riusciti a illustrare il piano della Gemella di Giorgia. Così, tutti gli studenti tranne qualche masochisti (Leggesi: Clan Weasley-Potter) erano stati fatti evacuare e ora le figure che si muovevano fra i corridoi cercando di raggiungere le aule erano solo delle pallide immitazioni fatte per non fare sospettare nulla agli avversari.
In ogni caso Al aveva deciso che ascoltare le lezioni poche ore prima della fine del mondo era totalmente inutile e che la cosa migliore era passare del tempo con la propria ragazza facendo qualcosa di utile. Utile ai suoi ormoni, si intende. Ma Giorgia sembrava essere sparita, non la trovò per tutta la mattina anche se cercò in ogni angolo del castello usando la Mappa del Malandrino.
La trovò solo quando mancava un quarto d'ora nel proprio dormitorio distase sul sio letto.
"Ehi", disse la ragazza con lo sguardo perso a fissar il soffitto.
Al non rispose, si limitò a inarcare il sopracciglio. Per Merlino, nella Mappa non era comparso il nome di Giorgia nella stanza del dormitorio maschile del sesto anno di Grifondoro.
"Dove sei stata?", le chiese sedendosi sul bordo vicino a lei.
"In giro", si mantenne sul vago. Al notò che aveva portatò con sé lo zaino e poteva scommettere tutti i galeoni del mondo che era stato incantato per contenere più roba possibile.
"Lo sai, vero", disse prendendole una mano e cercando un contatto visivo, "che non ti permetterò di abbandonarci? Affronteremo questa faccenda fino in fondo insieme".
Giorgia si divincolò dalla sua presa guardandolo insofferente, "Non me ne vado da nessuna parte".
"Bene", e a quel punto gli sembrò un diritto rubarle un bacio. Durò poco troppo per i suoi gusti, ma se lo fece bastare e, anzi, si sentì piuttosto idiota quando vide le iride cioccolato della sua ragazza piene di angoscia e tristezza.
"Ehi", le sussurrò, "Io sono qui, l'affronteremo insieme. Fra un po' finirà tutto, te lo prometto". Prese il suo mento fra le dita impedendole di girarsi o abbassare lo sguardo continuando a fissarla con i suoi occhi verdi con determinazione.
"Al... devo dirti una cosa", disse Giorgia dopo aver chiuso gli occhi e fattasi forza.
Solo che non seppe mai cose stesse per dire, perché proprio in quel momento il castello tremò.
La scossa di terremoto - o almeno Al sperava che si trattasse di questo -  lo scaraventò sopra Giorgia, non che la cosa gli dispiacesse, ben inteso, ma questo significava solo una cosa. E da come Giorgia sgranò gli occhi stava a significare solo una cosa.
Sono arrivati.

**

(Giorgia)
Rimasi indecisa per tutto il tragitto dal dormitorio maschile fino alla Sala Grande se ringraziare o maledire gli Dei per quell'interruzione. Probabilmente un bene, ero certa che che se gli avessi rivelato che ero intenzionata a scappare mi avrebbe legata al letto, cose che dovevo assolutamente evitare.
I quadri alle pareti erano come impazziti, si spostavano di cornice in cornice pretendendo spiegazione in stato di shok. La causa della scossa, come scoprii una volta alla fine delle scale, era stata dovuta a un esplosione che aveva fatto saltare in aria la parete dell'entrata; pezzi di muro e calcinacci erano sparsi per tutta la Sala. Anche la porta della Sala Grande era andata distrutta e scardinata. Ci nascondemmo dietro un ammasso di muro e sbirciai cosa stesse succedendo maledendomi in arabo per non essere andata subito in Sala Grande che aspettare in camera di Al.
All'interno i cloni erano spariti, restavano solo i professori e i volontari masochisti imprigionati in quello che a occhio e croce sembrava la pallida copia del Tranello del Diavolo. Tosca camminava in mezzo ai tavoli sbraitando come una pazza, riuscivo perfettamente a sentire cosa stesse dicendo:
"Dov'è?! Dov'è quella piccola bastarda?", gli altri Deliranti si scostavano ogni volta che si avvicinava evidentemente terrorizzati di ricevere la furia della donna.
Fortunatamente per loro, Tosca si diresse verso i miei amici e, afferrato Fred per i capelli, gli sibilò puntandogli la bacchetta alla gola:
"Dov'è la tua amichetta?".
Fu forse questo il motivo per cui saltai fuori sfoderando la bacchetta e lanciandole addosso un expelliarmus, il primo incantesimo a cui avevo pensato.
Ma brava Giorgia, attacchiamo un essere immortale e oscuro con un incantesimo da manuale.
Tosca con uno scatto felino tese una mano davanti a sé bloccando l'incantesimo a pochi cinetimetri da lei, poi muovendo le dita lo diresse verso di me con un sorriso perfido.
Purtroppo io non ebbi la sua stessa destrezza e mi vidi la bacchetta strappata di mano.
"Ma dai, non dirmi che usi ancora quella!" mi derise mentre i suoi occhi si illuminavano come se lei fosse un predatore che si sta pregustando una preda. Metafora azzeccata e legittima del momento che mi sentivo una povera scoiattolina disarmata; che poi io potessi fare magie anche senza la bacchetta era inutile a prescindere, l'idea di ingaggiare un combattimento senza la mia fidata mi terrorizzava.
James, dimostrando che i Grifondori sono tutti degli idioti senza un minimo di amor proprio, riuscì a liberare un braccio dal Tranello e lanciare un piatto pieno di porridge verso Tosca. Sarebbe stato un ottimo piano se uno dei Deliranti non fosse il gemello malvagio di Quicksilver1 che in una velocità incredibile riuscì a intercettarlo e a distruggerlo. Questo mi fece venire in mente che Al poteva perfettamente intervenire, cosa diavolo stavo aspettando quel coso? Che morissi?
La situazione agghiacciante in cui mi trovavo non riuscì a non farmi sbuffare al pensiero del mio ragazzo che aveva fin troppo amor proprio per essere in Grifondoro, cosa Morgana aveva bevuto il Cappello Parlante?
"Alla fine il Giudizio finale è arrivato" la mia attenzione ritornò a Tosca che si stava avvicinando sguainando un pugnale.
Uh, oh. La cosa si sta mettendo male. Ma io sono immortale, giusto?
Giusto?!

"Non ti preoccupare, cercherò di essere il più veloce possibile. Mi accontento di lasciar vedere ai tuoi amici la tua morte. E poi, finalmente, dopo tutti questi secoli, Lui tornarà. Sarò la sua regine, combatteremo ancora una volta fianco a fianco e il mondo intero sarà nostro".
Mi ricordava vagamente Loki degli Avengers, quella aveva il cervello totalmente fuori fase, solo che non era sorella di Thor.
"Io sarei meno spavalda", dissi alzando il mento e cercando di non nascondere la mia tremarella alle gambe.
"I tuoi difensori sono in ginocchio, tu non hai abbastanza controllo per un cambattimento con me. Tu sei sola, non c'è nessuno a difenderti. Che dovrei temere?"
Alzando ancor di più il mento in maniera sfrontata proclamai: "Albus Severus Potter".
La mia uscita non lasciò perplessa solo Tosca ma l'intera Sala che si girò a guardarmi con tanto di occhi. Io i miei li alzai al verso il cielo spiegando:
"E' il mio ragazzo".
"Lo so, ho avuto modo di conoscerlo", affermò Tosca "Nel nostro ultimo incontro mi è sembrato alquanto inutile visto che è rimasto a guardare il tutto con un'aria idiota sul viso".
Sì, in effetti la mia non era stata un'uscita geniale.
"E' migliorato, adesso spacca interi eserciti, ci mette un po' a riscaldarsi"
"Smettila di parlare, tu non capisci. Io ho un'esercito fatto di mostri vomitati dalle fiamme dell'inferno!" urlò.
"E io ho i capelli rossi" dissi fiera.
Ancora una volta la Sala mi fissò sconcentrata e mi affrettai a spiegare:
"Lo sanno tutti che le rosse sono meglio delle bionde" e indicai con uno sguardo i capelli castani chiaro di Tosca.
"Mi hai stancato ragazzina!" i suoi occhi lanciavano scintille, evidentemente la storia dei capelli doveva averla fatta veramente incavolare. Il pugnale riluceva sinistramente sulla sua mano mentre si avvicinava, era a un soffio da me quando sussurrò:
"La tua fine è arrivata, preso il Delirium vi spazzerà tutti" e con una mossa velocissima del bracciò mi colpì con la punta del pugnale al cuore.

"Ahia", mi lamentai riprendendo l'equilibrio pochi secondi dopo. Dalla ferita continuava a uscire sangue ma non sembravo in punto di morte, anzi.
Ammirate la versione femminile di Wolverine!
"Com'è possibile?!" Gli occhi di Tosca erano sgranati dalla rabbia "Di solito funziona".
"Può capitare di fare cilecca, sai? Una volta su cinque, non è così raro2..."
Questo dovette suonare come una provocazione perché la donna attaccò ancora infilzandomi ancora una volta con la lama del pugnale.
Mi piegai su me stessa accusando il colpo "Però fa male", mi lamentai e approfittai della sua sconcentrazione per scappare sotto il tavolo di Tassorosso.
E che Diavolo, non mi andava di fare da puntaspilli.
"Prendetela!" strillò istericamente la mia avversaria mentre i suoi compari si prodigavano per acciuffarmi senza riuscirci. Notai in quel momento che Al non era scappato a gambe all'aria ma che, anzi, stava cercando di liberare i nostri amici senza essere visto.
Ero impegnata a rivalutare il mio fidanzato quando sentii un atroce dolore partire dalla radice dei capelli e mi sentii sollevare mentre una voce maschile urlava a pieni polmoni "L'ho acciuffata! L'ho acciuffata!"
Con mala grazia mi gettò ai piedi di Tosca, con le lacrime agli occhi cercai di scappare ma le mi pestò una mano facendomi gemere dal dolore.
"Non puoi sfuggirci, troverò il modo di ucciderti. Ci volessero mille anni, ma io ti ucciderò" mi ringhiò premendo con più forza il piede sulla mia mano. Cercai di prendere un bel respiro, sentivo un dolore unico e le ferite al petto un miglioravano anche perché continuavo a sanguinare lasciando una pozzanghera rosso scuro sotto di me.
Chiusi gli occhi pensando che aveva ragione, prima o poi avrebbe trovato un modo per aggirare la profezia. Perché opporsi, aveva senso patire tutto quel dolore?
Sentii dei passi calpestare il pavimento, io rimasi immobile al mio posto non sapendo cosa aspettarmi ancora.
"Giù le mani da mia figlia", la voce e il conseguente rumore da pugno mi fecero sollevare la testa e trovai Tosca a terra, mio padre accompagnato dagli altri adulti e le squadre Auror la sovrastava.
"Siete arrivati troppo tardi", sibilò. Papà mi aiutà ad alzarmi guardando con orrore la pozza di sangue.
"Sto bene", balbettai "Sto bene".
La squadra Auror intanto si stava prodigando a cerchiare i Deliranti ed aiutare quell'idiota del mio ragazzo.
"Giorgia, Giorgia" Fred, il mio amico, mi fu vicino immediatamente con gli occhi blu elettrico lucidi.
"Non sto per morire", lo bloccai prima che potesse dire qualcosa. Lui annuì, poi i suoi lineamenti si deformarono dalla rabbia e si girò verso con Tosca, ancora a terra.
"Tu" ringhiò "Sei stata tu!"
Fece per colpirla ma Tosca sparì in una voluta di cenere nero ridendo. Allo stesso tempo tutti gli altri Deliranti fecero la stessa cosa e nella stanza risuonò la fredda voce della donna.
"Venite a prenderci".
Una luce rossa illuminò la stanza e la battaglia iniziò.

**

"Forza! Corri!", non so come fosse successo, i ricordi dopo quel momento si fecero confusi e frammentari. Ricordo solo il dolore che non accennava a smettere. In qualche modo ero finita con Fred, Rose, Al e Scorpius a correre per i corridoi cercando di evitare gli incantesimi dei Deliranti.
"Forse restare al castello non è stata una grande idea" Fece notare Rose mentre inalzava un Protego.
"E perdersi tutto il divertimento? Stupeficium!" Chiese Scorpius "Ma anche no, la festa non può iniziare senza un Malfoy".
Vidi Rose alzare gli occhi al cielo e immaginii che stesse borbottando qualcosa tipo "Gli uomini, che idioti" ma non mi soffermai troppo e lancia una bolla di energia ai due Deliranti rimasti.
"Via libera, andiamo" fece Fred scattando in avanti.
"Dove stiamo adando esattamente?" chiese Al.
"Alle cucine", rispose Fred.
"Alle cucine?" chiesi annaspando.
Fred alzò le spalle e borbottò: "Ho fame, abbiamo saltato il pranzo".
"Il mio stomaco è d'accordo con lui", ci informò Scorpius.
"Idioti", ringhiò Rose fermandosi a guardare dietro un angolo "Vi sembra il momento di pensare alla pancia?"
Mi afflosciai al muro cercando di prendere fiato, Al mi fu vicino in un baleno e mi guardò con i suoi grandi occhi verdi; lo scostai di mala grazia ancora indecisa se perdonarlo o no per aver permesso a quella pazza di usarmi con puntaspilli.
La parete alla quale ci eravamo appoggiati esplose e fummo scaraventati dall'altro lato del corridoio.
"Maledizione!" imprecò Fred aggiungendo epiteti poco carini rivolti al fondatore di Serpeverde.
Ci ritirammo dietro un pezzo di muro abbastanza consistente per ripararci ai loro incantesimi.
"Attacchiamo" fece Rose pronta ad alzarsi per lanciare una fattura orcovolante.
"No, ferma!" la bloccai per un lembo di tessuto.
"Che c'è?" mi fece infastidita.
"Non possiamo attaccare e basta. Ci serve una una battuta ad effetto!"
Rose mi guardò come se stessi scherzando, Al sembrava deciso a mollarmi seduta istante, Scorpius mi guardava chiedendosi perché non era venuta a lui un'idea così geniale mentre Fred era troppo impegnato a insultare Merlino per fare caso a noi.
"Stai scherzando?" Fece Rose scrutandomi per cercare qualche commozione celebrale.
Ma il fatto è che, oh mio Dio dovevo essere pazza, in mezzo a quel caos, a tutto quel rumore e a quella distruzione mi sentivo come a una festa, mancavano solo i palloncini e i fuochi d'artificio. Nonostante il dolore e l'odore di sangue mi sentivo incredibilmente viva e piena di magia. Era come se mi fossi risvegliata. E' una cosa da pazzi, lo so, ma mi sentivo nel mio ambiente naturale.
"Ci sono!" dissi esaltandomi. Mi alzai e tesi le braccia verso le due  figure e iniziai a intonare a gran voce:
"IF THESE FUTURE WE WANT IT NOO-O-OOW3!"
Gli uomini presero fuoco, letteralmente, sotto il mio sguardo trasognato e quello inorridito di Rose.
"Giorgia!" mi scrollò Al "Li stai uccidendo"
"Sì", confermai.
"Loro lo avrebbero fatto con noi", mi diede man forte Fred.
Al mi colpì forte alla faccia "Noi non uccidiamo! Riprenditi!"
"Va bene", borbottai facendo cessare le fiamme. I due corpi caddero a terra inermi.
"Possiamo andare alle cucine, la strada è libera!" sorrisi contenta.
Al non sembrava allo stesso modo contento, mi prese il viso fra le mani e mi guardo intensamente come se volesse guardarmi dentro. Io decisi di baciarlo.
"...ma che? Ti sembra il momento!" sbottò scostandosi e arrossendo.
Oh, era così bello quando le sue guance si riempivano di rossore.
"Ma io volevo solo baciarti" misi il broncio.
"Deve essere schizzofrenica, non c'è altro soluzione", decretò Scorpius. Ridacchiai, era tutto così fantastico e divertente.
"Non è schizzofrenia, è il suo potere che prende il soppravvento" tutti si girarono sbalorditi verso Fred.
"Il suo potere?" chiese Rose accigliandosi.
"Avete presente cos'era il Chaos per i Greci?" sbottò acido avvicinandosi e allontanandomi da Al che come Scorpius sembrava piuttosto confuso.
"Il grande vuoto primordiale dove tutto viene creato ma soprattutto distrutto" annuì invece Rose.
"Distrutto? Ma non dovrebbe essere il Delirium sinonimo del verbo distruggere?" disse Scorpius.
"Giorgia" mi chiamò Fred prendomi le spalle, mi sentivo così distante "Giorgia, tu sei più forte. Non lasciarti sopraffare. Puoi farlo, lo faccio da tutta la vita".
Sbattei più volte le palpebre cercando di allontanarmi da quella sensazione di euforia che capivo essere sbagliata. Presi un bel respiro cercando di scacciare quell'opressione al petto, poi annuii più volte.
Fred mollò la presa e imperiosamente disse di andare alle cucine, avevamo tutti quanti bisogno di mangiare qualcosa.
Sì, assulutamente, stavo impazzendo.

**

La porta delle cucine era completamente distrutta e davanti stavano degli Elfi domestici a difenderla. Quandi ci videro si misero a gridare di gioia.
"I padroncini!" dissero circondandoci e portandoci al sicuro "Pericoloso è la fuori. Triksy protegge padroni, Triksy lo fa!"
"Sì e non è che per caso avete anche qualche dolce?" chiese Fred, l'ingordo, mentre si sedeva al centro della stanza a gambe incrociate. In un battibaleno fummo sommersi di leccornie e ogni genere di cibo.
"Ah, ci voleva!" fece Scorpius prendendo un piatto di polpette.
La scena era molto buffa; gli Elfi Domestici avevano ammassato mobili e armamentari di cucina sulla porta e sul muro e una squadra li sorvegliava pronti ad attaccare, poi stavamo noi dietro a una trincea di mobili.
Presi uno scolapasta e me lo misi in testa, così era ancora tutto più realistico. Fred rise e mi imitò mettendosi una pentola con un lungo manico sporgente, prese un mattarello e lo tenne davanti a sé come se fosse una pericolosa spada.
"Questo non è un gioco", ci riprese subito Rose.
"Ma andiamo!" sbuffai  e le mostrai il lungo coltello seghettato che tenevo in mano " con questo posso staccargli un braccio e mandarlo all'altro mondo".
"Cosa che bisogna evitare" fece Scorpius togliendomi prudentemente il coltello da salumiere dalle mani.
Se anche Scorpius si stava comportando così seriamente senza darci corda significa che io e Fred eravamo davvero messi male. Certo, al momento dovevo essere veramente pericola se tutti mi guardavano come se fossi una tigre. Io non capivo, sul serio, perché non vedevano quanto la cosa fosse divertente?
Che poi, avevo alla fine condizionato anche Fred che si divertiva quanto me ridendo di gusto e gli occhi gialli accesi d'entusiasmo.
...un momento.
Cercai di mettere a fuoco il viso del mio amico e mi accorsi che come per qualche strana magia le pagliuzze gialle che comparivana a seconda del tempo nelle iridi azzurre di Fred avevano preso il sopppravvento facendo sembrare gli occhi gialli con pagliuzze azzurre. La cosa era strana, ma poi decisi che doveva essere una giornata particolarmente soleggiata, quindi era inutile preoccuparsi. Anche perché proprio in quel momento il muro esplose facendo agitare gli Elfi Domestici come tante piccole formiche. Mi venne in mente la strega di Biancaneve che minacciava di schiacciare i sette nani come formiche. Quel ricordo mi fece provare una sorta di protezione verso quelle piccole creaturine che nonostante la battaglia ci avevano preparato il pranzo. Da dietro la nostra trincea mossi le mani alla ricerca di qualche arma e le mie dita si chiusero su una....
"Polpetta!" sussurrai colta da un'idea stupenda e folle. Il mio sguardo incontrò quello di Al che mi guardava perplesso con i suoi occhi verdi.
"Ehi, gente!" chiamai gli altri "A chi va una battaglia di polpette?" e per spiegare meglio cosa intendessi gettai la mia oltre la barriccata colpendo il viso di un dei cinque Deliranti. Alla fine gli allenamenti di James erano serviti a qualcosa.
Fred mi imitò immediatamente e, con sempre la pentola in testa, gettò una manciata di polpette verso gli altri. Ci abbassammo di nuovo e io sussurrai un incantesimo esplosivo sulla mia munizione prima di gettarla; quando lo feci mi abbassai tappandomi le orecchie in attesa del "KABOOHM". Rose sembrava preferire gli incantesimi tradizionali ma quando scoprì che non combinava nulla si accucciò iniziando a lanciare pomodori e altre verdure. Scorpius e Al vedendo che anche la mente del gruppo si lanciava in quella battaglia idiota la imitarono.
Della serie, come rendere divertente un combattimento mortale.
Quando mi trovai i capelli sporchi di uova capii che anche i nostri avversari erano passati alle maniere...ehm, nutrizionali.
"Non potremo resistere per sempre!" mi urlò Rose e mi accorsi che aveva perfettamente ragione, nonostante gli Elfi ci stessero aiutando io continuava a sanguinare e anche Scorpius e Al erano stati feriti.
"Sectusempra!" gridò un Delirante e ci affrettammo a scansarci.
"Ok, qual è il piano?" chiesi cercando di non essere colpita.
"Vado io, spacco tutto e voi scappate!" propose Fred e prima che potessimo urlargli che no, non poteva, mica era Hulk quel pazzoide di un Grifondoro si alzò e correndo verso gli avversari urlò:
"Ehi! Razza di bambocciosi babbuini sono qui!"
Non so come fece a farcela perché Al mi strattonò via uscendo dalle cucine mentre gli Elfi ci coprivano.
"Ottimo piano, vero?" Ci urlò qualche secondo dopo Fred precedendoci di corsa ferito ma sorridente.
"Fred!" lo richiamò Rose "Sanguini".
Sentii la testa girarmi e dei conati di vomito sopraffarmi, ma continuai a correre.
Fu in quel momento che tutto esplose.

**

Quando mi risveglia mi accorsi di essere incastrata tra le macerie di uno dei muri del Castello. Mi sentivo la testa pesante e respirare risultava terribilmente difficile, vedevo tutto sfuocato.
Battei più volte le palpebre identificando un dolore terribile alle gambe e al braccio destro, quello che usavo per fare le magie. Misi a fuoco la figura di Tosca al centro di tutta quella distruzione, poco lontano vedevo Rose svenuta completamente sepolta dalle macerie. Il mio cuore cominciò a battere terribilmente veloce e cominciò a mancarmi l'aria.
"Adesso basta scappare, Principessa", ringhiò Tosca "Il tuo viaggio finisce qui". Con mala grazia mi tirò su prendendomi per i capelli. Cercai di trattenere l'urlo che mi uscì dalle labbra senza successo, l'uomo aveva un limite di sopportazione del dolore e io il mio lo avevo superato da un pezzo, potevo tranquillamente svenire e una parte di me sperò che mi uccidesse, che mettesse fine a tutto quel dolore. Sembrava che fossi stata colpita da venti cruciatus. Mi mise in ginocchio ai suoi piedi, premendo dolorosamente la sua mano sulla mia nuca in modo che piantassi il mio sguardo ai suoi piedi.
"Supplicami", ringhiò "Supplicami".
Sebbene una parte di me stesse già supplicando di mettere fine a tutto tacqui cocciutamente. In realtà, fu più perché non riuscivò a muovere un muscolo senza piangere che per coraggio.
"Lasciala stare!" girai dolorosamente la testa verso Fred che in qualche modo era riuscito a liberarsi dalle macerie e si stava facendo avanti con passo malfermo. I suoi capelli erano insudiciati dal sangue e dai detriti, un lato del viso completamente sporco di rosso e i vestiti a brandelli.
"Lasciala stare!" ripeté.
"Altrimenti che farai? Mi sputerai addosso?" rise Tosca "Patetico". Vidi con orrore il braccio della mia nemica sollevarsi pronto a lanciare un incantesimo mortale verso il mio migliore amico. Sgranai gli occhi tentando di divincolarmi dalla stretta in cui mi teneva per fare qualcosa, ma era troppo debole anche per fare una fiammella, figuriamoci un Protego. Come a rallentatore vedi la palla verde infuocata scagliarsi contro Fred e fermarsi sopra di lui.
La sorpresa fu tanta per me ma tale per Tosca che mi mollò facendomi andare a faccia avanti sul pavimento, tremante alzai lo sguardo e vidi che il mio Fred, quello con gli occhi azzurri, con le mani protese sopra di sé la teneva sospesa. Dalle sue mani uscivano filamenti luminosi che l'avvolsero facendola sparire.
"Fred...", sussurrai, provando ad alzarmi. Lo sforzo per lui fu tale che appena la palla verde si polverizzò si gettò a terra avvolto ancora in quel bagliore luminoso.
"Interessante..." sibilò Tosca avvicinandosi al mio amico ignorandomi completamente.
Presi fiato per urlare: "Non lo toccare!", ma non fui io a dirlo. Dal nulla si era materializzata Delirium che con le braccia aperte si era messa tra Fred e Tosca in una posizione difensiva.
La donna parve sorpresa dalla sua comparsa prima di sorridere malvagiamente e dire:
"Ah è così? Sei stata tu a tradirci?"
Melody serrò le labbra e continuò a non dire nulla.
"Ma certo, vai con chi ti odia"
"Ti sbagli", sibilò.
"Delirium non sbaglia, Delirium non perdona" iniziò a dire con voce taglienta camminandole intorno, "Il cuore di Delirium è un po' in tempesta. Ma lei non sbaglia, lei va per la sua strada da padrona!"
"Smettila", fece Melody con la voce incrinata.
"Se rifletti se ci pensi, sempre sola. Non sarai mai accettata, vogliono solo distruggerti dentro. Corri da chi odia chi è diverso".
"Smettila".
"Ma Delirium non sbaglia, lei crede alle menzogne. Così vuoi andartene? Abbandonare noi, che siamo stati la tua casa? Chi ti ha salvato dal gelo dell'inverno?"
"Tu", deglutì la mia gemella. Provai a muovermi per fare qualcosa di coraggioso o stupido.
"Questa è la realta! L'unico modo per salvarsi è venire con noi, tu ci appartieni. Vuoi abbandonarci? Bene, vattene!"
"No, aspetta!"
Mi accorsi con orrore che il mio sangue da rosso stava diventando dorato. Era un buon segno, vero? Vero?
"Delirium non sbaglia, lei crede a chi la odia" continuò a canticchiare Tosca.
"Aiuto..." sussurrai, cominciavo a sentire freddo dentro e poi caldo, qualcosa che stava ruggendo per uscire. La presa delle mie braccia sul pavimento non resse e io caddi in posizione fatale, sentivo quel sangue dorato uscirmi dagli occhi, dal naso e dalla bocca, perfino dalle unghie.
"Aiuto..." avevo la voce troppo flebile e stavo soffocando. Il soffitto si stava facendo facendo terribilmente luminoso, tutto stava diventando giallo. Stavo perdendo la concezione della realtà in una maniera inarrestabile, mi sentivo attratta verso una baratro infinito.
"No!" qualcuno lo urlò, ma fu troppo tardi. La mia magia uscì prorompente da me senza che io potessi fare nulla.

**

(Albus)
Al, fin'ora rimasto bloccato dalle roccie senza possibilità di intervento, non riuscì mai a spiegarsi ciò che vide.
Giorgia aveva preso letteralmente fuoco e poi una grossa sfera dorata aveva iniziato a ingrandirsi dal suo petto e a crescere finché non prese quasi tutta la stanza. Fu a quel punto che Delirium si accorse di cosa stesse succedendo e gridasse "NO!".
Quello che successe poi fu talmente confuso che Al non riuscì mai a capirlo. Delirium iniziò a illuminarsi a cristallizzarsi come se fosse fatta di ghiaccio poi una sfera blu uguale a quella di Giorgia aveva iniziato a crearsi dove stava la sua gemella. I due globuli erano come entrati in contatto e... e il mondo era esploso. O almeno fu ciò che parve ad Al. Il soffitto crollò e lui riuscì a ripararsi per miracolo. Fred era rimasto fermo al suo posto e sembrava che si stesse come sdoppiando, sul serio. Al non capiva se fosse per via dei suoi occhi o cosa ma vedeva due Fred che oscillavano tra loro diventando uno e poi due. Nonostante questo l'unico pensiero coerente che Al riuscì a formulare fu per Giorgia.
Tremante sulle sue gambe si diresse verso il centro della sfera dorata, gli sembro che la carne si staccasse dal suo corpo attratta dalla figura umanoide distesa a terra. Si sentì come se stesse impazzendo, il cervello gli sembrava spaccato in due e il dolore, il dolore era ovunque. Senza accennare ad arrendersi continuò a camminare.
Un passo dopo l'altro.
Un passo dopo l'altro.
Sarebbe morto, Merlino, sarebbe morto ma non gli importava. Cadde in ginocchio posando le mani sul corpo bollente di Giorgia, si ustionò i palmi ma singhiozzando continuò a scuoterla, come se la stesse svegliando da un incubo.
Tutto era così confuso.
Soffocante, soffocava.
Perché non la baciava? Nei cartoni funzionava sempre. Ma quello, quello era terribilmente e orribilmente reale. Chiamò il suo nome con tutto il fiato che avesse in gola, si sentiva come se avesse mangiato fuoco. Come in un sogno Giorgia aprì gli occhi, occhi liquidi e lontani, dovevano tornare da lui. Passò un dito sul profilo della sua guancia, il suo dito era completamente infuocato.
"Torna da me", provò a sussurrare ma uscì solo fumo dalla sua bocca.
Poi tutto finì e lui si ritrovò i un corridoio distrutto, mezzo incenerito e ustionato a guardare il cielo azzurro che sadicamente feriva i suoi occhi.

**

Quando ebbe il coraggio di riaprire gli occhi pochi minuti dopo non vide più il cielo, ma gli occhi di suo padre che lo guardavano ansiosi e sgranati.
"Albie!" disse sollevato abbracciandolo di colpo.
"E' Al", disse in automatico tossendo. Si sentiva ancora in fiamme. Quando si staccò da sua padre alzò lo sguard su Giorgia, completamente illese ma spaventata. Delirium non si vedeva da nessuna parte e i corpi svenuti di Fred e Rose erano accanto a quelli di Hermione e Frank. Al notò che anche Giorgia stava guardando gli amici inermi con gli occhi pieni di lacrime, quando i loro sguardi si incontrarono sembrava che lei gli stesse urlando perdono.
Giorgia fece qualche passo indietro:
"Al... ti amo" disse, con la voce spezzata, guardò lo zio Fred "Mi dispiace, non voglio farvi del male" sembrava si stesse per spezzare.
Al capì cosa stesse succedendo un secondo troppo tardi, provò ad alzarsi ma Giorgia aveva già iniziato a correre lontano da loro, lontano da lui.
"GIORGIA!" zio Fred le corse dietro ma lei si era già smaterializzata.
Quella fu l'ultima volta che Al vide Giorgia.

**

 

Merito la fucilazione, lo so. Tre mesi senza farmi viva, potete lanciarmi tutte le maledizioni che volete. Me le le merito.
A mia difesa posso dire che sono stata senza computer per due mesi e con l'inizio della scuola sono stata incasinata. Ma merito comunque la morte, non poteva aspettare che finisse la prima parte per rompersi?! Almeno tre mesi di attesa avevo più senso!
Vi giurò che l'epilogo arriverà la prossima settima sempre di lunedì. Lo giuro!

Confusi con quello che è successo a Giorgia alla fine? Comprensibile, verrà spiegata nell'epilogo (che tra parentesi è proprio corto).
Se volete recensire mi farete felice, così scoprirò che ci sta ancora qualcuno qui.
E niente, Grazie per la pazienza.
/V.

 

1. Quicksilver: mutante dell'universo marvel la quale mutazione gli permette, appunto, di andar velocissimo.
2. Battuta presa dal film Avengers (tanti cuori).
3. Now, dei Paramore.

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Capitolo 42
*** Epilogo ***


Epilogo
**

27 Luglio 2023
Ministero della Magia, Ufficio Capo Auror.

"Permesso?" Harry alzò la testa dalla pila di cartoffie che stava firmando, nonostante ci avesse perso due ore quelle sembravano aumentare anziché diminuire. Infatti, quando vide la propria segretaria entrare con un'altro plico di fogli il sorriso con cui l'aveva invitata ad entrare era sparito in un batter d'occhio. Era in momenti come quelli che odiava essere il Capo Auror. Certo, la cosa aveva i suoi vantaggi (ad esempio aumentare la durata della pausa pranzo) ma a volte si malediva per non aver scelto una carriera meno... dai ufficio.
"Queste vengono dall'ufficio sulla Cooperazione con i Babbani" disse la segretaria "Mi hanno fatto capire che deve guardarle subito, signore".
Harry sfogliò le pagine e da una di queste uscì un cd, lo prese guardandolo perplesso.
"Non so nulla, signore", rispose diligentemente la segretaria davanti al suo sguardo "mi hanno solo raccomandato che è una cosa con massima priorità".
"Okay, grazie mille" la congedò e quella si allontanò camminando su altissimi tacchi a spillo. Come le donne potessero camminare con quei trampoli proprio non riusciva a capirlo.
Cominciò a leggere le schede e man mano che leggeva e capiva il respiro accellerava.
Più di un mese fa una casa era stata bruciata facendo intervenire le forze dell'ordine babbane, tra le maceria era stato trovato quel cd completamente intatto e funzionante. Un infiltrato del Ministero dopo aver visto il contenuto era riuscito a farlo arrivare fino a lui.
Nel video una ragazza parlava di entità magiche e della fine del  mondo e chiedeva esplicitamente che il video arrivasse nelle mani di Harry Potter.
Mentre il cuore gli batteva forte dall'ansia Harry mise il cd sul suo computer (sì, anche i magici cominciavano a usare la tecnologia babbana per ogni evenienza).

**

Apparve una ragazza dai capelli rosso acceso arruffati, l'espressione determinata anche se gli occhi nocciola sfuggivano spesso all'obiettivo. Il viso era magro e pallido, spiccavano sul corpo molte cicatrici. In particolare l'addome era completamente fasciato.
Giorgia. Quando Harry la riconobbe il suo cuore iniziò a fare le capriole, era il primo segno di vita che dava dopo la sua fuga.
"Mi chiamo Giorgia Helen Flox" iniziò con voce tremula "Sone le cinque e quarantadue del giorno due Giunio Duemilaventitré e sono in fuga da una settimana. Tu che stai guardando devi far avere questo cd al signor Harry Potter, Capo del Dipartimento Auror del Ministero della Magia a Londra. E' assolutamente importante che questo cd finisca nella sue mani il prima possibile. La prego.
Mi chiamo Giorgia Helen Flox o almeno questo è il nome con cui tutti mi hanno sempre conosciuta, poco tempo fa ho scoperto di essere il Chaos e questo è il mio vero nome e la mia vera essenza. Per chi non lo sapesse il Chaos, almeno secondo i Greci, è il Nulla cosmico primordiale dal quale tutto ha inizio e tutto ha fine. Questo Nulla risucchia e distrugge qualsiasi cosa incontri nel suo cammino e quando non ci sarà più niente da distruggere, quando ogni cosa sarà annientata vomiterà tutto quello che ha rissucchiato, farà iniziare tutto dal nulla. Ci sarà un nuovo Big Bang, un nuovo Universo, un nuovo tutto. Tutto ciò che conscete cesserà di esistere non appena l'unica cosa che lo tiene a bada cesserà di esistere. E questa cosa sono la Natura e le Emozioni Pure, comunemente note tra i Dotti come il Delirium.
C'è, però, l'altra faccia della medaglia. Se il Delirium tiene fermo il Chaos, questo tiene fermo il Delirium. Perché il Chaos è anche Ordine, il nostro mondo è fatto di Chaos, se cessa di esistere la Natura (e con questo intendo terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche) insieme alle Emozioni Pure (odio e amore) prenderà il soppravvento portando la Terra e tutti i suoi abitanti in cenere e nulla si rinascerà. Non ci sarà nessuna fenice.
Non so quale delle due opzioni sia peggio, la scelta sta a voi.

Premesso questo capirete il perché della mia urgenza nel "parlare" con Harry Potter.
Non so ancora bene come spiegare quello che è accaduto a Hogwarts, Tosca non è riuscita a uccidermi perché sono (in qualche modo a me sconosciuto) immortale, ma l'essere infilzata da un pugnale maledetto deve aver risvegliato qualcosa in me facendomi diventare l'incarnazione stessa del Chaos finché non ha preso totalmente il controllo su di me e ho creato un Nulla 'portatile' che avrebbe egugliato la distruzione di una Nova1. Non so come sia possibile e non voglio saperlo, ma Albus Potter è riuscito a farmi tornare in me rischiando la sua vita e sono riuscita a richiamare quell'immenso potere dentro di me.
Per questo ho deciso di ascoltare la mia gemella per seguirla dal Saggio (un uomo che a quanto pare ha la soluzione al nostro problema); sono scappata terminato lo scontro e materializzata nel primo posto che mi è venuto in mente: la casa abbandonata di un mio vecchio amico, Gabriele. Lì sono svenuta per lo sforzo e sono rimasta incosciente per due giorno. Mi ha trovato Celine, una delle Guardiane della Natura, che mi ha soccorso ripescandomi dall'oblio dov'ero caduta.
Ho scoperto solo a quel punto che le ferite provocatemi durante la battaglia hanno portato seri danni alla mia gravidanza e che stavo per compiere un'aborto spontaneo
" Giorgia si bloccò, si morse il labbro ma poi sembrò farsi forza e continuò "In quel momento è comparso il cofanetto nero che mi diede Nemesi, la dea della Vendetta, e mi dispiace dirlo lo ho aperto e non me ne pento. Dovevo salvare i miei bambini, non voglio che delle vite (anche se devono ancora venire alla luce) si spengano per causa mia. Dentro c'erano due bottigliette. Una, con il liquido azzurro chiaro aveva un'etichetta con scitto 'per salvare', nell'altra con il liquido violaceo era riportato 'per uccidere'. Ho bevuto quella dal liquido azzurro e da quello che dicono Celine e le sue ancelle i bimbi sono salvi. Non conosco ancora il prezzo che mi ha chiesto Nemesi, ma ripeto che non mi pento di questa scelta, sono pronta ad affrontare qualsiasi pagamento, anche se esso è la mia vita.
Spero di non dover usare mai l'altra pozione, ma la tengo come me per ogni evenienza.

So che mi state cercando e io vi chiedo di smettere di farlo. Celine mi porterà con sé in modo che io possa ricevere un adeguato allenamento per avere il pieno controllo dei miei poteri. Spero di rivedervi presto quando tutta questa storia sarà finita, ma non so quanto tempo ci metterò. Vi chiedo di non uccidere Delirium, a differenza di me lei è mortale e se lo farete il Chaos sarà libero di ricreare un nuovo mondo.
Qui Giorgia Helen Flox, combinagui nel tempo libero e appassionata di frullati, potenziale distruttrice dell'Universo ma che farà qualsiasi cosa per salvarlo.
Passo e chiudo
".

**

Il video si spense e Harry rimase a fissare lo schermo nero chiedendosi come l'avrebbe preso Al ma soprattutto se Giorgia era in grado del terribile compito che la sorte le aveva affibiato o se avrebbe distrutto tutto.
I dubbi furono affogati in una tazza di Wischy Incendiario.

 


NDA
E eccoci arrivati alla fine. Ho aggiornato subito perché come mi è stato fatto notare il capitolo precedente era molto confusionario e così ho messo subito le "spiegazioni" per non lasciarmi troppo perplessi.

Ed eccoci arrivati alla fine di una storia durata un anno e mezzo. Non è la fine, tranquilli, la seconda parte arriverà a Novembre e l'avventura inizierà seriamente!
Ringrazio con tutto il cuore quelle persone che hanno recensito, vorrei prendervi tutti e abbracciarvi fino a spezzarvi le ossa. I vostri complimenti e le vostre critiche mi hanno aiutato non soltanto a portare avanti questo lavoro ma anche a migliorare il mio modo di scrivere e per questo non finirò mai di ringraziarvi.
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare, chi nonostante i primi capitoli pieni di errori ha avuto il coraggio e la forza morali di arrivare fino qui. Ringrazio anche i lettori silenziosi (questo è l'ultima occasione che avete per dire la vostra!).
Ringrazio anche per esservi trattenuti dall'uccidere Al, sapete mi serve ancora hahahaha.
Eh be', vorrei spoilerarvi un sacco di cose ma mi trattengo. Vi dico solo: FRED JR WEASLEY SARA' UNO DEI PROTAGONISTI PRINCIPALI NELLA SECONDA PARTE, infatti Giorgia per un bel pezzo passerà di secondo piano. Devo approffondire alcuni personaggi (Frank, Delirium e Fred), alcuni rapporti (James/Dominique, Rose/Scorpius, Roxanne/Ted Lupin), parlare di alcuni che non ho citato molto (Lily, Roxanne, Louis e Hugo) e ci saranno anche alcuni personaggi nuovi (E una sorpresissima!).
Adesso vado che vi ho detto anche troppo, ma ho una voglia matta di spoilerare '-'
Vi amo, grazie di tutto!
Voglioungufo

1. Nova: quando una stella muore ed esplode dovrebbe formarsi un buco nero. In ogni caso il risultato è disastroso.

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