Alya, la serva del Signore Oscuro di Dark_soul (/viewuser.php?uid=35028)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vendetta. ***
Capitolo 2: *** L'incubo ***
Capitolo 3: *** L'ombra di un sorriso ***
Capitolo 4: *** La Coppa del Mondo di Quidditch ***
Capitolo 5: *** Il quarto anno ad Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Il ricatto ***
Capitolo 7: *** Beauxbatons e Durmstrang ***
Capitolo 8: *** Il quarto campione ***
Capitolo 9: *** La prima prova ***
Capitolo 10: *** Un appuntamento con il passato ***
Capitolo 11: *** L'agguato ***
Capitolo 12: *** Nella Foresta Proibita ***
Capitolo 13: *** Una lettera da Seginus ***
Capitolo 14: *** Inganno ***
Capitolo 15: *** Tutto perduto. ***
Capitolo 16: *** E adesso? ***
Capitolo 17: *** Sulle rive del Lago Nero ***
Capitolo 1 *** Vendetta. ***
Lei aspetta.
Era notte.
Era una delle tante fredde notti, così fredda da
far gelare il cuore. In una cella una donna attendeva.
Nulla decorava
le pareti spoglie di quella prigione se non una piccola immagine in
bianco e nero su cui tante volte la maga posava lo sguardo.
Quell’immagine era il suo obiettivo ed era ciò che
non permetteva alla sua mente di venire risucchiata nel baratro della
disperazione.
Certo, era dura.
In quello spazio angusto, dove ogni
ricordo felice, dove ogni emozione veniva strappata via con forza e
gettata lontano, spesso, nei momenti più difficili era
caduta nel delirio sperando di trovarne conforto.
Ma era sempre tornata, sempre salvata da quella foto appesa alla
parete.
In realtà quell’immagine non rappresentava altro
che una bambina paffuta di circa 5 anni, con i capelli raccolti, avente
gli occhi così profondi e vivi da cui si può
scorgere un’estrema determinazione che li fa brillare di luce
propria.
Sua figlia.
Lei era la cosa più importante rimastale in questo mondo.
Non perché avessero un particolare legame affettivo, sia
chiaro, ma perché lei era il simbolo della sua vendetta.
L’aveva appositamente affidata a mani esperte quando
l’avevano rinchiusa ad Azkaban, per educarla nelle Arti
Oscure. Perché quella bambina era speciale,
perché lei stessa l’aveva offerta al Oscuro
Signore al momento della nascita e lui l’aveva marchiata con
il Marchio Nero, così da consacrarla al Lato Oscuro.
Seduta sul letto la maga fissava quella fotografia. Oramai era solo la
patetica ombra della donna bellissima che era stata; solo gli occhi,
scuri, sempre accesi dal fervore e dall'ossessione, rimanevano, come
una sorta di traccia della vita perduta.
Strinse i pugni. Era cambiata ogni cosa da quando Voldemort era caduto,
la cattura, la prigionia. Tutto, per colpa di uno stupido neonato:
“Colui- che- è- sopravvissuto”, Harry
Potter.
Lui, lui aveva rovinato tutto, tutto quello che avevano costruito in
tanti anni di fatica, tutto quello in cui credevano, tutto quello in
cui lei credeva, ciecamente.
Ma avrebbe pagato. Non ora, non subito, ma
presto.
Sorrise. C'era tempo.
Bellatrix Lestrange sapeva
aspettare.
Ciao! E' da un po' che stavo pensando a questa storia, ma mai avrei pensato di
metterla per iscritto, figuriamoci poi per pubblicarla. E di questo vorrei
ringraziare le mie compagne che mi hanno aiutato a porre le basi per cominciare
una nuona fanfiction. Alya qui non viene ancora presentata, ma credo che abbiate
ormai capito chi sia. Il prossimo capitolo vi schiarirà le idee, per adesso vi
lascio il beneficio del dubbio! Ho appena cominciato! Alla prossima!
Dark Soul
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Capitolo 2 *** L'incubo ***
L'incubo
Ansimava.
Pesantemente.
In ginocchio, non riusciva nemmeno a trovare la
forza per alzarsi in piedi, o sollevare almeno la testa, tanto il
fisico era provato. Era già da un po’ che le
braccia le tremavano e continui spasmi si percuotevano lungo il corpo.
Alcune ciocche di capelli castano chiaro scappati
dall’elastico le s’incollavano sul viso, bagnato di
sudore e lacrime.
Si trovava in una stanza orrendamente familiare. Pareti spoglie e
sudice la opprimevano da ogni parte e solo la porta alle sue spalle
rappresentava la via di salvezza. Il soffitto sembrava volersi chiudere
su di lei e schiacciarla contro il pavimento freddo e coperto di
macchie di sangue.
Ma non aveva paura. Non più ormai. Tante e troppe volte si
era esercitata in quella stanza ed altrettante volte si era ritrovata
per terra, esanime.
Non riusciva a respirare, lo sforzo di resistergli ancora una volta
l’aveva prosciugata d’ogni forza fisica e mentale.
“Alzati, buona a nulla. Non te lo ripeterò una
seconda volta.” disse una voce gelida e tagliente.
Sapeva che doveva ubbidire, lo sapeva per esperienza, e chiese al suo
corpo un’ultima briciola di energia per eseguire
l’ordine. Si sollevò sulle gambe e, penosamente,
disperatamente cercò l’equilibrio, aggrappandosi
furiosamente ad esso per non cadere, inutilmente.
L’uomo, il suo maestro, parlò ancora:
“Devi metterci più impegno. Sembri una mezzosangue
qualsiasi. Non esiste che tu sia così debole. Forse non ti
è bastata la lezione dell’altra volta,
rimedierò subito.” La ragazzina
spalancò gli occhi.
“Crucio!”
Alya si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno
e vide solo un buio angosciante, e lottò furiosamente per
liberarsi dalle coperte e dalle tende del letto a baldacchino.
Finalmente riuscì a districarsi e si ritrovò
carponi sul pavimento della stanza del dormitorio femminile della casa
di Serpeverde.
Fece un respiro profondo.
Un altro incubo.
Le ragazze che condividevano con lei la camera stavano dormendo
beatamente nei loro letti.
Bene. Non le aveva svegliate.
Sospirando si
alzò, tornò al suo letto e vi si sedette,
appoggiando i gomiti sulle gambe e portando il viso sulle mani.
C’era abituata ormai. Non avrebbe ripreso sonno facilmente.
Ripensò al sogno, alla sua infanzia, lontana dalla madre,
affidata ad uno sconosciuto, l’addestramento per diventare
Mangiamorte, i primi 2 anni a Hogwars. E…
Scrollò la testa. Non aveva voglia di stare a rimuginare
troppo sul compito che le avevano imposto. Non era affar suo.
A dire la
verità non credeva sul serio alla supremazia dei purosangue
sui mezzosangue, perché non vedeva la differenza.
L’importante era tenersi lontano dai guai, non le importava
granché di quell’Harry Potter, né se
ciò che doveva fare era giusto o sbagliato. Lei eseguiva gli
ordini, perché le conveniva di più e le costava
meno.
Semplice economia.
Aveva imparato nel modo più duro a
non mettere in discussione i comandi imposti.
In tutta sincerità il suo compito non era troppo complesso,
anzi, bastava semplicemente tenere d’occhio il ragazzino,
“Colui - che - è - sopravvissuto”, e
scoprire tutto di lui, le sue paure, i suoi segreti, e… alla
fine… eliminarlo, al momento più opportuno.
Lentamente Alya alzò la testa e si passò un dito
sull’avambraccio sinistro. Il Marchio era sparito con la
caduta di Lord Voldemort lasciando solo pelle bianca e morbida.
Spontaneamente gli occhi cominciarono ad inumidirsi; aveva una gran
voglia di piangere, senza alcun motivo, solo per sfogarsi, per lasciare
andare tutta la rabbia che covava dentro, per liberarsi dalla terribile
oppressione che le attanagliava l’anima, e finalmente
sentirsi libera, almeno per poco.
Non poteva. Non doveva mostrarsi debole.
Così con uno sforzo
ricacciò le lacrime indietro, verso il suo cuore.
Con rabbia si buttò nel letto e cacciò una mano
sotto di esso, estraendo un libro voluminoso che stava leggendo.
Così, immergendosi nella lettura, il suo volto si
rilassò, rasserenandosi, e le acque che si agitavano dentro
di lei si acquietarono, evolvendosi in una distesa calma e piatta,
mentre la sua mente si rifugiava già in un mondo nuovo senza
catene né Marchi.
Ciao! Ecco un nuovo capitolo! Finalmente vi presento Alya, almeno
psicologicalmente! Un avvertimento: la mia protagonista, come avrete
notato, ha avuto una infanzia non proprio piacevole, ma non dovete
essere tratti in inganno. Non è decisamente uno di quegli orsacchiotti coccolosi tanto teneri e carini. Lo scoprirete presto.
Ladymarie : scusami. La protagonista non è Bellatrix Lestrange, è che, essendo la mia prima ff ho sbagliato a selezionare. -.-" Spero che ti piaccia lo stesso!
Grazie per quei 5 minuti che avete dedicato per leggere il mio
racconto, spero che non ve ne siate pentiti!
A domenica prossima!
Dark Soul
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Capitolo 3 *** L'ombra di un sorriso ***
Un'ombra di un sorriso
Era mattina e Alya camminava spedita per la lezione di Pozioni.
I
lunghi capelli raccolti ondeggiavano e riflettevano la luce che entrava
dalle grandi finestre laterali, mandando riflessi dorati.
I raggi
solari si posavano sul suo viso, mettendo in risalto la bocca sottile,
gli occhi, marrone scuro,
e il naso, leggermente più grande del normale.
Quando sorrideva, raramente, comparivano nel suo volto delle piccole
fossette, che la facevano sembrare più giovane di quanto
già non fosse. Una pesante borsa a tracolla oscillava al suo
fianco, piena zeppa di pergamene di libri, penne e calamai.
Non si poteva certo definire la ragazza più bella della scuola,
infatti c’era qualcosa nel suo sguardo ferreo che metteva a
disagio chi la guardava, costringendo a distogliere lo sguardo;
però, quando era assorta nei suoi pensieri e il suo sguardo si
perdeva nell'infinità dell'orizzonte, qualcosa in lei cambiava e
ad un tratto i suoi occhi perdevano tutta la freddezza, sciogliendosi e
rendendo il suo viso quasi dolce.
Entrò sicura nel sotterraneo e si sedette accanto ad un
calderone; fintanto che lei predisponeva gli ingredienti, giunsero gli
studenti più ritardatari.
Dato che oltre al terzo anno di
Serpeverde, vi era anche il corrispondente di Grifondoro, alle ore di
Pozioni, c'era un interessante scambio di battute tra le due fazioni.
Quando però, entrava il professor Piton, calava repentinamente
un silenzio di tomba. Nessuno mai osava fare chiasso alle sue lezioni,
altrimenti la pena era esemplare, specie per i Grifondoro.
Così,
anche stavolta, dopo l’appello, sovrastando un religioso
silenzio, il professore si mise a spiegare la pozione da preparare quel
giorno, a dire la verità piuttosto complessa.
La classe cominciò subito a fare la pozione, mentre il
professore passeggiava tra i calderoni. All’improvviso,
esclamò: “Potter, mi stupisco ogni giorno di più
della tua crescente inettitudine. Mi pare di aver spiegato che il succo
di sanguisuga doveva essere aggiunto prima del Grinzafico. Mi sbaglio
forse?”
Si levò un brusio di risatine dai Serpeverde.
“Su, Potter, rispondi.”
“No, signore, non sbaglia” rispose Harry, secco.
“E allora spiegami perché tu non l’hai fatto.” Altre risate.
“Forse –continuò- è meglio se separo il
terzetto dei Miracoli, non ti pare? Magari così riusciresti a
combinare qualcosa di accettabile.”
Detto ciò indicò al Grifondoro, livido di rabbia, il posto accanto ad Alya.
“Spero che qui ti applicherai di più alla mia materia, Potter, non vorrei essere costretto a bocciarti.”
Piton fece un sorriso compiaciuto, e continuò la sua ispezione per la classe.
Intanto Harry borbottava a denti stretti, sistemando il suo calderone e regolando la fiamma.
Alya lo guardava di soppiatto, osservando la sua espressione furente.
Era molto buffo osservarlo mentre imprecava tra sé, rosso in
viso e le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Harry invece non se la stava proprio spassando; senza i consigli di
Hermione non sarebbe mai riuscito a preparare una pozione degna di
questo nome, questo lo sapeva. Il suo intruglio, che a quello stadio
doveva essere di un azzurro cielo, era un arancione acceso. Decisamente
qualcosa non quadrava. Colto da un senso di panico, si accorse che
Piton stata tornando.
“Hei, Potter! –si sentì chiamare- aggiungi subito la
radice di asfodelo e mescola 3 volte in senso antiorario e 5 in senso
orario”. Si voltò, era la ragazza di Serpeverde che gli
stava affianco, mai notata prima. Annuì. Tanto, peggio di
così. Si affrettò ad eseguire il consiglio e la sua
pozione cambiò radicalmente colore, diventando di un azzurro
intenso.
Quando giunse il professore, non trovando niente da dire, passò oltre, visibilmente contrariato.
Harry, raggiante, si volse alla ragazza e le bisbigliò: “Grazie”
Alya non dette segno di aver sentito e continuò a trafficare con
la sua pozione, come se niente fosse. In realtà lei stessa era
molto sorpresa di quello che aveva appena fatto.
Aiutare Potter.
Doveva
essere impazzita.
Lei aveva smesso di fare queste sciocchezze. Non
doveva più ripetersi. Aiutare gli altri? Mai più.
Passarono i giorni e finalmente arrivò il primo fine settimana a
Hogsmeade. Tutti gli studenti del terzo anno erano eccitati dalla
novità e non vedevano l’ora di visitare il villaggio, dal
negozio di dolci di Mielandia alla Stamberga Strillante.
Harry, non
potendo unirsi ai suoi compagni, mancandogli l’autorizzazione, si
pregustava già il pomeriggio nella noia più totale.
“Tranquilla, –ripeteva ad una preoccupata Hermione-
non ti preoccupare, ho già qualcosa da fare. Penso che mi
porterò avanti con i compiti. Divertitevi tu e Ron!”.
Detto ciò li guardò uscire dal cancello diretti a
Hogsmeade. Era una bugia bella e buona, non aveva per niente voglia di
mettersi sui libri mentre immaginava gli altri a divertirsi come matti.
Decise perciò di tornare alla Sala comune; almeno lì
avrebbe trovato qualcosa con cui distrarsi.
Mentre stava attraversando l’Ingresso Principale, notò che
nella Sala Grande c’era qualcuno. Si sporse per vedere meglio, e
vide che era quella ragazza che qualche giorno prima l’aveva
aiutato.
Era china su un libro, che stava avidamente leggendo, davanti
a lei coppa dimenticata di succo di zucca. Incuriosito si
avvicinò.
“Hei, chi si vede!” esclamò allegramente.
La Serpeverde alzò la testa e lo guardò, ma non rispose al saluto.
“Non sono riuscito a ringraziarti abbastanza per l’altro
giorno, ti sono debitore. Non mi pare che ci siamo presentati, io sono
Harry Potter.” Allungò la mano.
“Alya Johnson, tanto piacere.” Rispose fredda, rimettendosi
subito a leggere, lasciando la mano di Harry sospesa nel vuoto.
“Come mai non sei a Hogsmeade? Tu sei del terzo anno, no? Potresti andare.”
“Non mi interessa.” Rispose, senza alzare gli occhi dal libro.
“Come mai?”
“Non mi piace stare in mezzo alla confusione”, disse, e girò pagina.
“Bene, ehm, stai leggendo qualcosa di interessante?”
Alya sospirò, posò il libro e sollevò lo sguardo verso quello di Harry:
“Senti, parliamoci chiaramente. Solo perché in una
determinata occasione ho pensato di risparmiarti la figuraccia che
meritavi, adesso non vuol dire che diventeremo amici per la
pelle.” E, detto questo, ripose di nuovo tutta la concentrazione
sul libro.
“Ok, scusami tanto se ti ho disturbato!” Il ragazzo si allontanò, irritato.
La ragazza ascoltò il rumore dei suoi passi allontanarsi,
inquieta. Era stata troppo severa? In fondo quel povero Grifondoro
voleva solo parlare un po’, conoscersi.
Si scosse. Ma no. Lei
voleva solo essere lasciata in pace. Era forse chiedere troppo?
Tornò al suo libro, chiudendo la riflessione.
Quella sera stessa, a cena Harry era di cattivo umore e quasi non
rivolgeva parola a Ron e a Hermione. L’amica era preoccupata, ma
sembrava essere l’unica, poiché l’altro Grifondoro
era ben concentrato sulle sue costicine.
“Harry, cosa hai? Mi sembri distratto..” esordì, titubante.
“Cosa? No, niente.” Rispose il compagno, non proprio convinto.
“Se c’è qualcosa che ci vuoi dire siamo qui, non so,
se per caso ti ha dato fastidio che oggi ti abbiamo lasciato da solo,
diccelo così..”
Harry sorrise.
“No, stai tranquilla Hermione. E’ solo una sciocchezza.”
“Sicuro?” l’amica lo guardò con occhio critico.
“Beh, siccome tu sei una ragazza, potresti aiutarmi a capire,
perché io proprio non ci riesco. Questo pomeriggio, quando voi
eravate via..” e si mise a raccontare quello che era accaduto con
Alya, esprimendo la sua irritazione.
“Perché mi ha trattato così? Non le ho fatto niente
e..” si interruppe guardando l’espressione divertita di
Hermione.
“Dai Harry, non capisci? Insomma, guarda Alya al tavolo di Serpeverde e dimmi cosa vedi.”
“Beh, sta mangiando delle patate fritte e..”
La ragazza scosse la testa.
“No, Harry. Vedi che non parla con nessuno? Mangia da sola,
nonostante sia circondata da gente della sua stessa casa. Sembra che
non abbia amici.”
“E’ normale! Con quel carattere che si ritrova! Sfido chiunque a riuscire a sopportarla!”
“Chi?” esclamò Ron a bocca piena, sollevando appena la testa dal piatto.
Hermione lo ignorò.
“Harry, è così semplice! Ha creato una barriera
attorno di sé, e non permette a nessuno di oltrepassarla. Non so
il motivo preciso, ma penso che quella ragazza abbia sofferto molto.
Questo comportamento è un tipico meccanismo di difesa.” E
riprese a mangiare.
Il compagno la guardava a bocca aperta.
“E perché allora a Pozioni mi ha aiutato?”
“Penso che sia un riflesso della personalità che nasconde.
Magari è simpatica e disponibile, in fondo. E’ che non lo
lascia trasparire.”
Harry abbassò la testa e pensieroso si mise a mangiare in silenzio.
Arrivò ancora una volta il lunedì, e con esso
un’altra dura settimana di scuola. Nella mattinata, gli alunni
del terzo anno di Serpeverde e di Grifondoro avevano il loro ritrovo
nella doppia ora di Pozioni.
Quando Alya entrò nel sotterraneo, si sedette e cominciò
a prepararsi per la lezione, sorda alle conversazioni dei suoi
compagni.
Improvvisamente, notò un movimento accanto di lei e,
alzando la testa, si trovò seduto a fianco Harry Potter, che
come lei, sistemava i suoi ingredienti.
“E tu cosa ci fai qui?” esclamò sorpresa.
“Pozioni” rispose tranquillo il Grifondoro, senza degnarla di uno sguardo.
“No, intendevo in questo posto.” Disse la ragazza, inarcando un sopracciglio.
“Non mi pareva che fosse occupato.”
“Infatti, ma tu dovresti stare con i tuoi compagni, di certo non
qui. Credi forse che io ti aiuti ancora come ho fatto la volta scorsa?
Perché se così fosse, ti stai sbagliando di
grosso.” Gli scoccò uno sguardo compassionevole.
Harry sospirò, indifferente.
“Non sono qui di certo per farmi aiutare. Sono del parere che il
tuo gesto dell’altra volta dimostri che ci sia qualcosa sotto
quella faccia imbronciata, una ragazza completamente diversa, forse
perfino educata. Sono curioso di vedere se ho ragione.”
“Ah, si? E cosa vorresti fare? Diventare il mio amico del cuore?” rispose l’altra, infiammandosi.
“No di certo. Ma mi inventerò qualcosa. Per adesso mi basta stare qui.”
“Ma… tu non puoi!” ripetè incredula, sgranando gli occhi.
In quel momento entrò il professore.
“Mi pare di averlo già fatto.” Rispose Harry, chiudendo il discorso.
Furiosa e irritata, Alya procedé con la pozione, maledicendo
lui, se stessa e quel giorno. Proprio non capiva perché quel
ragazzo si ostinasse tanto.
Più tardi, alla fine della lezione, la Serpeverde gettò
alla rinfusa il libro e gli ingredienti nella borsa e sparì
dalla porta. Harry sorrise. Questo era solo l’inizio.
Passarono i mesi, e ad ogni lezione di Pozioni, Alya si trovava accanto
il ragazzo di Grifondoro. Dalla irritante novità che era stata,
era passata a una costante prova di resistenza, il primo che cedeva o
parlava era dichiarato perdente.
La ragazza, dopo la prima discussione,
teneva un silenzio rigoroso, ed era attenta a non rivolgere allo
scomodo compagno neanche il più piccolo accenno
d’attenzione.
Dall’altra parte Harry era assai divertito
dalla situazione. Nonostante i silenzi tesi che persistevano tra loro
due, riusciva a intravedere un’incrinatura nel muro della
ragazza, e tutto quello che doveva fare era attendere.
Alya non sapeva più come comportarsi. Di certo,
all’inizio, non sopportava l’idea che quel ragazzo le
stesse accanto. Lei non aveva amici, e non li aveva mai voluti. Eppure,
col passare del tempo, nel suo profondo, era diventata quasi felice di
quello che stava accadendo, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Per lei era una questione d’orgoglio, e in questo ambito, non
c’era nessuno che poteva eguagliarla.
Arrivò il giorno del ritorno a casa per le vacanze estive.
Harry, Ron ed Hermione erano nel loro scompartimento e stavano leggendo
una lettera arrivata via gufo.
Per caso, Alya passò davanti al
loro scompartimento, e, proprio nel momento in cui il Grifondoro alzava
gli occhi dalla lettera, e i loro sguardi s’incrociarono.
Alya si voltò, indifferente, e Harry la osservò mentre
spariva dalla sua visuale.
Che strano.
Gli era sembrato quasi che tra
le labbra della compagna, aleggiasse come un’ombra, di quello che
si poteva definire, un sorriso.
Ciao ragazzi!! Ecco una nuova puntata di questa long fic. Sono
più o meno riuscita a fare incontrare Alya e Harry, e a farli
conoscere, anche se mi ci è voluto un po' e parecchi tentativi a
vuoto per riuscire a fare una storia plausibile, e non è detto
che ci sia riuscita! In questo brano ho puntato sopratutto alla "mania"
di Harry di fare l'eroe, di voler aiutare tutti, come fa con Neville al
primo anno (con la ricordella), con Ginny al secondo, e potrei citare
tanti altri esempi.
Naturalmente devo ringraziare Fairy e Shia per l'aiuto,
perchè senza di loro avrei cambiato completamente la
caratterizzazione di Harry, rendendolo più simile a suo padre, e
hanno fatto in modo che questo capitolo facesse un po' meno pena
(diciamo pure che non è uno dei più riusciti). Vi ho
presentato il personaggio fisicamente e caratterialmente, così
ora posso cominciare a narrare la vera storia. Sono sicura che vi
sorprenderò con il prossimo capitolo. Grazie a tutti!! A domenica prossima!
Dark Soul
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Capitolo 4 *** La Coppa del Mondo di Quidditch ***
La COppa del Mondo di Quidditch
C’era stato gran subbuglio quel giorno. Già
all’alba, orde di maghi di tutte le nazionalità si
erano accampati al di fuori dello stadio per la Coppa del Mondo di
Quidditch. Era l’evento dell’anno, e questa
edizione si teneva in Inghilterra. Non si potevano contare le persone
venute da ogni angolo del globo, né tutti i colori che il
campo mostrava. Lo stadio era colmo, e circondato da ogni parte da
fitti accampamenti, quasi posti uno sull’altro.
Ora che mancava poco all’inizio dello spettacolo, tutto
sembrava pieno di vita e tutto era in movimento. Si prospettava una
grande partita: Bulgaria contro Irlanda, senza esclusione di colpi.
Grande era l’eccitazione e ormai era solo questione di tempo.
Su una piccola altura, poco distante, Alya era intenta ad osservare
l’enormità della scena. Era difficile non rimanere
impressionati dalla quantità di maghi e della
grandiosità del campo sportivo.
Accanto a lei, c’era un uomo, con un lungo mantello scuro e lunghi
capelli argentei, e l’aspetto glaciale.
“Ancora non capisco perché siamo qui, maestro,
–disse la ragazza- non sapevo che le piacessero le occasioni
mondane.”
“Infatti non è così, mia cara.
–rispose il mago in tono affabile- vedi, da ciò
che ho appreso dalla mie fonti questa sera ci sarà un grande
spettacolo. Penso che per la tua istruzione sia
l’ideale.”
Alya corrugò la fronte, incredula.
“La coppa del Mondo? Mi scusi, ma non riesco a trovare il
nesso.”
“Ogni cosa a suo tempo, bambina mia. Capirai quando
sarà il momento”
Detto ciò, si incamminò per il campo, seguito
dalla ragazza.
Harry non aveva mai visto nulla di simile, tanti maghi assieme con
un’unica passione. Era davvero spettacolare. Per non parlare
del Quidditch, lo sport più entusiasmante del mondo. Da
quando la partita era cominciata non riuscita a credere alla
mostruosità della bravura di quei campioni.
Per lui era come
ricevere una scarica ogni volta che andava a segno un tiro, o anche
semplicemente ogni volta che passavano accanto a lui. Era talmente
assorto dallo spettacolo, che non si accorse dello scorrere del tempo,
e dopo 2 ore di una intensa lotta il Cercatore dei Bulgari prese il
boccino d’oro, determinando la fine della partita, ma non la
loro vittoria. Infatti la Coppa venne vinta dalla squadra
dell’Irlanda, per il maggior punteggio, anche se, in quella
partita, tutti erano campioni, solamente per il fatto di aver giocato,
e aver fatto scorrere l’adrenalina in ognuno degli spettatori.
Harry tornò alla tenda, insieme al signor Weasley e a 4 dei
suoi figli più giovani e a Hermione, commentando a
più non posso lo spettacolo appena assistito. Appena dentro,
Fred e George si misero a contare le monete d’oro guadagnare
ad una scommessa e Ron ed Harry analizzarono ogni fase della partita,
mentre Hermione assistita da Ginny cominciava a preparare il
thè.
La festa era appena iniziata e ogni parte del campo era
invasa dalla musica e dalle danze.
Si sentivano ancora tutti eccitati e rimasero alzati fino a tarda
notte. Stavano ancora parlando della magnifica presa del boccino
d’oro, quando il signor Weasley fece una faccia preoccupata.
“Zitti tutti per favore, voi non sentite niente?”
Gli altri si guardarono esterrefatti: “Cosa
c’è papà?” esclamò
George.
“Silenzio! Sto cercando di ascoltare.”
Calò il silenzio nella tenda e giunsero fino a loro le urla
di festa del campo. Ma erano diverse da quelle sentite prima,
sembravano più acute, come se fossero spaventate, e la
musica era stata spenta. Harry non riusciva a capire cosa ci fosse di
terribile nel Quidditch, e il perché di questo cambiamento
di umore, quando giunse proprio accanto a loro una voce nitida:
“I Mangiamorte!”
Il signor Weasley scattò immediatamente in piedi e
sfoderò la bacchetta.
“Vado a vedere cosa succede. Voi ragazzi, andate via subito
da qui e rifugiatevi nel bosco qui vicino. Io vi verrò a
prendere là. Mi raccomando state uniti! Fred, George, badate
a vostra sorella.” detto questo uscì di scatto
dalla tenda.
Spaventati i ragazzi corsero fuori e vennero travolti dalle persone che
scappavano. La scena si presentava drammatica. Gente che correva da
ogni parte, cercando di mettersi in salvo, grida, e la paura che
dilagava.
Fred riuscì a malapena ad afferrare Ginny, e
insieme al suo gemello scomparirono tra la folla, mentre Harry Ron ed
Hermione rimasero indietro. Harry non riusciva a capire
perché ci fosse il panico, e chi fossero questi Mangiamorte.
Ad un certo punto però inciampò in uno stendardo
e cadde sopra una tenda, distaccandosi dai suoi compagni. Ron ed
Hermione cercarono in ogni modo di raggiungere il ragazzo per terra, ma
non poterono nulla contro una folla presa dal panico e vennero
trascinati avanti.
Harry nella caduta aveva perso gli occhiali e non appena lì
senti sotto le dita, se li inforcò con forza.
Provò ad alzarsi in piedi, ma scoprì di avere la
caviglia dolorante.
Improvvisamente sentì in mezzo alle urla e
al rumore, qualcosa di estraneo, una musica strana, eterea, come una
litania. Non riusciva a capirne la provenienza, fino a quando non
comparvero dal nulla delle figure incappucciate con un lungo mantello
nero e una maschera bianca sul volto. Camminavano spediti e appiccavano
il fuoco con le bacchette ad ogni cosa che incrociavano nel loro
cammino. Sembravano divertirsi a distruggere tutto e ad intonare quella
strana sequela.
La folla era passata e ora era completamente allo scoperto, si
guardò intorno disperatamente per trovare un riparo, ma
all’improvviso apparve una figura che gli venne incontro. Il
ragazzo prese uno spavento, ma subito la riconobbe.
“Alya!”
“Potter, tu cosa diavolo ci fai qui? Perché non
sei scappato?” disse la ragazza, brusca, chinandosi su lui.
“Ci ho provato ma sono inciampato, penso di avere una
caviglia slogat… AH!”
Alya toccò la giuntura dolorante e veloce estrasse da sotto
il mantello una strana stoffa, che Harry riconobbe come un mantello
dell’invisibilità. La ragazza lo
gettò addosso a sé e al compagno, ma purtroppo il
mantello era stato creato per una sola persona ed entrambi dovettero
restare vicini il più possibile.
Harry, si sporse un po’ per vedere il campo devastato. I
maghi incappucciati, che credeva fossero i Mangiamorte, sembravano non
essersi accorti della loro presenza e continuavano la loro opera di
distruzione. Si voltò verso la compagna e vide il suo volto
illuminato dalle fiamme contrarsi in una smorfia di disgusto.
Ad un
tratto una tenda esplose accanto a loro, colpita da una palla di fuoco
e dei frammenti volarono in ogni direzione.
Istintivamente, si avvicinarono ancora di più e il ragazzo
poté sentire il profumo lieve della compagna. Alya
alzò la testa e si trovò a pochi centimetri dagli
occhiali di Harry. Si guardarono negli occhi, incerti,
finché la ragazza distolse lo sguardo e si mise ad ascoltare.
“Ok, se ne sono andati.” E detto ciò si
tolse il mantello e lo ripose. Poi si fece passare un braccio di Harry
attorno le spalle e lo rimise in piedi.
“Potter, adesso noi dobbiamo allontanarci il più
possibile da qui. Cerca di camminare più veloce che
puoi.”
E detto questo si incamminarono per il sentiero. Harry era silenzioso e
sudato dallo sforzo di camminare, mentre Alya continuava a stringere la
bacchetta nella mano destra e guardarsi intorno. Ad un certo punto il
ragazzo alzò la testa e osservò la compagna.
“Alya, posso farti una domanda?” disse Harry.
“Se proprio devi.” Rispose con la solita
indifferenza la ragazza, guardandosi attorno.
“Come mai tutti sono scappati? Chi sono questi
Mangiamorte?”
“Mi stai prendendo in giro, per caso?” incredula,
si voltò verso il compagno.
“No, perché?” rispose il ragazzo,
sincero.
“Davvero mi sorprende che tu non lo sappia. I Mangiamorte
sono i seguaci del Signore Oscuro. Al tempo della sua massima potenza
loro eseguivano i suoi comandi e diffondevano il terrore tra la
popolazione, devastazione, morte. Ora capisci perché tutta
questa gente sia fuggita? E’ bastato anche solo il ricordo
dell’antica paura a seminare il panico.”
Harry stette ancora in silenzio, e si rese effettivamente conto di cosa
fosse successo se lo avessero trovato.
“Ti ringrazio, davvero, senza di te chissà cosa
sarebbe successo.” Disse, con un sorriso tirato e la voce
carica di sofferenza.
Alya sbuffò, ed evitò accuratamente di incrociare
lo sguardo di Harry.
Avevano appena percorso pochi metri che ad un tratto Alya si
fermò di colpo e Harry per poco non cadde un’altra
volta.
“Che cos…” sbottò, irritato.
Guardò più avanti e si sentì
ghiacciare il sangue.
Davanti a loro si stagliava un’alta figura incappucciata, con
la bacchetta puntata verso di loro. Aveva un lungo mantello, e
l’oscurità lo avvolgeva.
Improvvisamente alzò la bacchetta verso l’alto ed
esclamò “MORSMORDRE!”
Dalla punta partì qualcosa di enorme, verde e lucente che si
stagliò nel cielo illuminato dai fuochi del campo. Era un
teschio colossale, che sembrava occupare tutta la volta celeste, con un
serpente che gli usciva dalla bocca, come fosse una lingua.
Sentì Alya irrigidirsi al suo fianco e borbottare:
“Il Marchio Nero, il simbolo del Signore Oscuro.”
Capendo improvvisamente il significato di ciò che stava
accadendo, Harry tornò a guardare la figura che aveva
pronunciato l’incantesimo e scoprì che era
sparita.
“Dove…?” cominciò ma non
riuscì a finire che apparsero maghi del Ministero intorno,
ognuno con la bacchetta puntata verso di loro.
“GIU!” urlò e trascinò Alya
per terra, esterrefatta.
Esplosero incantesimi ovunque e Harry sentì alzarsi i
cappelli della nuca.
“Fermi! Fermi! Sono dei ragazzi!”
esclamò una voce familiare.
Era il signor Weasley che avvicinandosi riconobbe una figura stesa a
terra.
“Harry! Sei tu! Finalmente ti ho trovato!” disse e
sollevò in piedi il ragazzo, barcollante. E sarebbe caduto
per terra ancora una volta se la mano pronta del signor Weasley non
l’avesse sostenuto.
“Arthur, tu sai chi sono?” Disse una voce asciutta.
Si avvicinarono gli altri maghi, per vedere meglio, facendo cerchio su
di loro.
“Si, si, Barty, uno è Harry Potter, e
l’altra è…”
“Il mio nome è Alya Johnson.” Rispose la
ragazza alzatasi in piedi, rispondendo ad un’occhiata
interrogativa del signor Weasley.
“Alya, cosa ci fai qui?” all’improvviso
un alto mago dai capelli argentei fece un passo avanti.
“Non ora Johnson, devo chiarire un paio di cose. Chi di voi
è stato?” riprese il mago chiamato Barty.
“Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?” indicando
in alto.
“Noi non abbiamo fatto niente, signore.” Disse
Harry, convinto.
“Non mentite, eravate qui al momento del fatto, e siete gli
unici che abbiamo trovato sul luogo del delitto.”
Una donna ossuta si fece avanti.
“Andiamo Crouch, stiamo parlando di Harry Potter. Come puoi
fare una simile accusa?”
Barty Crouch fece un passo indietro.
“Si, forse hai ragione. Ma come la mettiamo con la
ragazza?”
“Su, su, stiamo parlando di mia figlia, -riprese Seginus
Johnson - posso assicurarti che la mia bambina non oserebbe mai fare
una cosa del genere. Ci scommetto il buon nome della mia
famiglia.”
L’altro mago strabuzzò gli occhi.
“Lei non ha fatto niente, signore, era con me.”
Rispose Harry, scambiandosi uno sguardo con Alya.
“L’incantesimo l’ha pronunciato un mago
apparso da quella parte. Noi ci stavamo mettendo al riparo dai
Mangiamorte quando l’abbiamo incontrato. Dopo che ha lanciato
il Marchio si è Smaterializzato.”
E detto questo, ognuno si voltò verso il punto indicato,
senza ovviamente trovare nulla.
“D’accordo allora” convenne
“Arthur, accompagna Harry via da qui, potrebbe essere
pericoloso. Seginus, portati via tua figlia.” E detto
ciò si voltò, allontanandosi a passi decisi.
Alya intercettò lo sguardo del tutore, che le disse.
“Devo seguire le cose come vanno, sei capace di ritornare al
campo da sola?”
Alya annuì.
Il signor Weasley rispose: “Non ti preoccupare, Seginus, ci
penso io. Devo andare nella stessa direzione.”
“D’accordo, Arthur, ti devo un favore.” E
detto questo si allontanò, raggiungendo Barty Crouch.
“Su, andiamo ragazzi.” Disse il signor Weasley,
passando una mano sulla vita di Harry e dicendogli sotto voce
“Gli altri sono tutti molto preoccupati per te.”
Si incamminarono per la strada, in silenzio. Ognuno rimuginava su
ciò che era successo, e il ragazzo gettava continue occhiate
alla compagna per cercare di intuire le sue emozioni.
Ad un bivio, Alya si voltò verso il signor Weasley e disse
sicura:
“La ringrazio molto per avermi accompagnato fino a qui, ma io
ora devo proseguire per questa strada. Mi scuso per la confusione che
si è venuta a creare.”
Il signor Weasley annuì.
La ragazza continuò: “Potter, noi ci rivedremo a
scuola. A presto.” E detto ciò si
incamminò, senza dare il tempo al compagno di rispondere.
Mentre Harry la guardava allontanarsi, un po’ dispiaciuto,
Alya si fermò come se avesse dimenticato qualcosa e si
voltò, esclamando “Comunque, bei
riflessi!” e detto ciò riprese il cammino.
Il ragazzo, rallegrandosi, si fece guidare dal signor Weasley fino da
Hermione e gli altri Weasley, che lo asserragliarono di domande, felici
di rivederlo.
Intanto Alya percorreva un sentiero della collina, immersa nei suoi
pensieri. Arrivata in cima si fermò e disse:
“Maestro, ho capito.”
Dall’oscurità apparve il suo protettore.
“Questo lo deciderò io. Cosa avesti
inteso?”
“Ho visto i servi infedeli che si divertono e scorazzano
liberi, mentre mia madre è rinchiusa ad Azkaban per la loro
codardia. Come osano portare ancora le vesti del Mangiamorte, quando
loro stessi hanno rinnegato ciò che esse
significano?” Rispose la ragazza, con la voce carica di
risentimento.
“Avranno ciò che si meritano al ritorno del
Signore Oscuro, di questo non hai da preoccuparti.-disse l'uomo, affabile- Ora
toglimi una curiosità. Per quale ragione hai aiutato quel
Mezzosangue?” e la sua voce si indurì.
Alya si irrigidì e affrettò a chinare la testa.
“Io… Non volevo che gli infedeli lo scoprissero.
E’ il mio obiettivo e loro non devono averci niente a che
fare.” Rispose servile con la voce che vibrava di paura.
Il mago la osservò un momento, poi sorrise, rimanendo freddo.
“Hai agito bene. Sono rincuorato dal fatto che non cedi
più alla tua debolezza di aiutare gli altri. Sono fiero di
te.”
“La ringrazio” rispose la ragazza, sollevata.
“Molto bene. Ora torniamocene a casa.” E detto
ciò si voltò.
“Un momento, maestro. Lei sa chi ha evocato il Marchio Nero?
Non aveva maschera, ma non l’ho riconosciuto.”
Il mago si girò e la guardò freddamente, facendo
abbassare istantaneamente lo sguardo di Alya, spaventata
dall’effetto che poteva aver causato la sua domanda
impertinente.
Inaspettatamente Seginus rispose, asciutto: “No, purtroppo.
Sono certo però che questo sia un segno da parte
dell’Oscuro Signore. Per ora l’importante
è mantenere la copertura, e continuare a cercare. Al
ministero mi giungeranno certamente notizie.”
Sorrise, e la ragazza, che egli aveva adottato come una figlia, lo
guardò di soppiatto, notando come quel sorriso non si
espandesse agli occhi.
Seginus Johnson era molto contento di come stavano procedendo le cose. Il
suo lavoro al Ministero era un’ottima fonte
d’informazioni, e se ci fossero state novità
nell’indagine, sarebbe venuto a saperlo molto prima del
Ministro in persona. Era convinto che se Voldemort stesse tornando
veramente, quello era solo un avvertimento.
Il bello doveva ancora arrivare.
Ciao! Eccovi un altro capitolo! Qui ho introdotto un altro personaggio
importante per la storia: il tutore di Alya. Vi voglio far notare che
non è il padre biologico della ragazza, che ha i genitori in
carcere, ma le ha solo prestato il nome. Sarebbe stato un po' troppo
sospetto il cognome Lestrange, non trovate?
Come penso si noti, ho deciso che la mia storia doveva seguire
più o meno i libri originali. Naturalemente ci metto del
mio, ma preferisco non stravolgere troppo il racconto originale, anche
se mi riesce difficile. Qui, come in "Harry Potter e il Calice di
Fuoco", Harry non sa chi siano i Mangiamorte, e per questioni tecniche
ho deciso di non cambiare questo fatto nella mia storia.
Vi ringrazio per aver letto questa ff, e vorrei dei vostri consigli per
migliorarla, perchè ci tengo molto avere dei vostri giudizi.
Grazie, a domenica prossima!
Dark Soul.
Fairydreams: grazie per le lodi che mi ha tessuto ^^, ma non credo di
meritarle tutte.
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Capitolo 5 *** Il quarto anno ad Hogwarts ***
Il quarto anno a Hogwarts
A Settembre iniziò la scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts. Molte cose quell’anno si scoprirono cambiate.
Innanzi tutto, la Coppa di Quidditch era stata annullata, per lasciare
posto ad un evento che non si teneva da più di un secolo: il
Torneo Tremaghi.
Anticamente questo avvenimento consisteva in una competizione
amichevole tra tre scuole di Magia: Hogwarts, Beauxbatons, Durmstrang.
Ogni istituto sceglieva il suo campione e questi gareggiavano in tre
prove.
Al termine di tale manifestazione era data in premio la Coppa Tremaghi
alla scuola cui alunno aveva superato egregiamente tutti gli ostacoli
imposti, o quello che perlomeno era riuscito a sopravvivere.
Ora le prove erano protette da ogni misura di sicurezza che permetteva
anche allo studente più imbranato di uscirne, se non illeso,
vivo; ed era in vigore la ragionevole restrizione agli studenti al di
sotto del diciassettesimo anno di età di non poter
partecipare. In conclusione potevano candidarsi solo gli alunni che
frequentavano il sesto o il settimo anno.
Un ulteriore mutamento avvenne nell’insegnamento della
materia Difesa contro le Arti Oscure. La cattedra era stata affidata ad
un ex Auror, Alastor (Malocchio) Moody. Questo strano personaggio aveva
lavorato al Ministero come cacciatore di Maghi Oscuri proprio nel
periodo di massimo potere di Voldemort, ed era riuscito a catturare
parecchi Mangiamorte. Per questo motivo viveva sempre in costante
all’erta, sempre pronto a ritorsioni, e vedeva in ogni
piccolo gesto una minaccia alla propria incolumità. Era un
uomo basso, sfregiato da centinaia di cicatrici, con una folta chioma
grigio scuro, ma ciò che colpita più di lui erano
gli occhi. Uno doveva essere naturale, piccolo, scuro e lucente,
l’altro invece era grande, tondo, di un blu elettrico e
sembrava avere la sconcertante abilità di vedere attraverso
le cose.
Ma fu Alya ad osservare il cambiamento più sconvolgente e
terrificante.
All’alba del secondo giorno in cui si trovava ad Hogwarts, la
ragazza era in bagno, dopo una doccia calda e rilassante. Si
avvicinò allo specchio appannato e lo toccò con
la bacchetta, per asciugarlo e vedere il proprio riflesso. Aveva
avvolto attorno al suo corpo un asciugamano che la copriva dal seno
fino a metà coscia. La sua pelle bianca risplendeva al
contrasto con i capelli bagnati, lasciati sciolti sulle spalle. Si era
resa conto che erano cresciuti parecchio durante l’estate, e
non solo quelli; le curve si erano fatte più accentuate e si
era alzata di qualche centimetro. Il suo viso si stava affusolando,
perdendo così ogni carattere infantile.
Era diventata una bella ragazza, come sua madre prima di lei.
Mentre contemplava la sua immagine allo specchio e decideva a quale
lunghezza tagliare i capelli, si grattò distrattamente
l’avambraccio sinistro.
Afferrò la bacchetta, prese una ciocca di capelli con la
mano, e si preparò a formulare l’incantesimo,
quando vide un alone rossastro sul vetro dello specchio. Si
chinò per vedere meglio e si accorse che non era una macchia
sulla superficie, ma su ciò che essa rifletteva.
Terrificata, si prese il polso sinistro e, all’interno
dell’avambraccio, vide con orrore un segno indistinto, che si
poteva facilmente scambiare per un livido.
Il Marchio Nero.
Sconvolta,
rimase parecchi minuti a fissarlo.
Non poteva essere. Come poteva? Il Signore Oscuro era caduto.
Eppure, come a sfidarla a ribadire il contrario, il segno era
lì, inconfutabile, ed era la prova che si sbagliava. Stava
sorgendo. Stava riacquistando i propri poteri.
Barcollante si vestì ed uscì dal bagno. Nella sua
camera le ragazze stavano già tornando dalle braccia di
Orfeo, e cominciavano a muoversi nei propri letti.
Stralunata, prese le scale e si diresse verso l’uscita. Era
presa da uno sconforto che le serrava la gola. Ma d’altronde
doveva aspettarselo. Come aveva sempre predetto il suo maestro, quel
momento sarebbe giunto, presto o tardi. E la sua vita sarebbe mutata.
Incapace di reagire e di assimilare l’idea, non si rese conto
dell’ora e della sua meta, vagava da sola, con i suoi
pensieri, per cercare, per trovare un’altra spiegazione. Ci
doveva essere.
Eppure, quando arrivò a lezione, qualche ora più
tardi, nulla era cambiato.
O forse, era già cambiato tutto.
Quella mattina la classe di Grigondoro del terzo anno aveva la sua
prima lezione con il professor Moody insieme al corrispettivo anno di
Serpeverde.
Alya entrò nell’aula e si sedette in un posto
qualsiasi. Era ancora scossa, ma faceva di tutto per non darlo a
vedere. Avrebbe preferito di gran lunga rinchiudersi nel sotterraneo di
Serpeverde e non uscire mai più, ma non era nel suo
carattere nascondersi.
Aveva ancora la testa alta, e quello che si sarebbe presentato
l’avrebbe affrontato, in un modo o nell’altro.
Era ancora immersa nei propri pensieri, quando notò entrare
Harry Potter e i suoi amici, e sedersi poco più avanti di
lei. Si rese improvvisamente conto che lui non sapeva del ritorno
dell’Oscuro Signore. Forse doveva sapere. In un certo senso
riguardava anche lui. Poi realizzò: non poteva certo
parlargliene lei. Che idea sciocca, si doveva arrangiare; e poi magari
così viveva meglio il poco tempo che gli restava, in fondo
gli faceva un favore.
Entrò il professore e fece l’appello,
soffermandosi a scrutare i volti man mano che rispondevano. Quando
pronunciò il nome di Alya, alzò lentamente la
testa e la fissò intensamente. La ragazza sostenne lo
sguardo, ma percepì un’inspiegabile sensazione di
disagio, che scomparve inspiegabilmente non appena il mago
passò oltre. La Serpeverde pensò di esserselo
immaginato.
Terminate le presentazioni, Moody fece un breve discorso introduttivo
sulle Arti Oscure, e sulla vigilanza costante:
“… le tre Maledizioni Senza Perdono, Imperius,
Crucius e Avada Kedavra, venivano usate largamente dai Mangiamorte, e
il loro uso comportava (e comporta) la condanna a vita ad Azkaban. Non
esiste alcuna contromaledizione che le possa contrastare, ma solo una
vigilanza costante vi permetterà di sopravvivere.
La classe pendeva dalle sue labbra ed erano affascinati da ogni sua
parola, certamente non del tutto consci del significato che portavano,
ma esterrefatti dalla sua conoscenza.
Il mago continuò.
“Ora, vorrei provare a testare su di voi la Maledizione
Imperius. Non ci sarà pericolo, non vi preoccupate. Io vi
scaglierò la maledizione e voi dovrete cercare di
contrastarla con la sola forza della mente. Non
c’è niente pericolo. Meglio imparare adesso che a
vostre spese in futuro.”
All’improvviso i volti dei ragazzi si fecero più
ansiosi. Si guardavano tra loro, cercando la conferma che quello fosse
soltanto uno scherzo. Insomma, come avrebbe potuto parlare sul serio?
Alya osservava divertita le loro reazioni. Naturalmente lei era
già stata addestrata per non cadere vittima della
Maledizione Imperius, ma, per amore della discrezione, aveva
già deciso di non opporre resistenza ai comandi del
professore, per quanto sottomettersi le era difficile. Avrebbe attirato
un po’ troppo l’attenzione se l’avesse
sconfitta al primo tentativo, no?
Moody, proruppe: “D’accordo allora, visto che non
ci sono volontari, scelgo io.” Forse notando
l’espressione sicura della ragazza o forse per caso, disse:
“Signorina Johnson, vuole essere la prima?”
Alya si alzò, lentamente. Il professore, con un colpo di
bacchetta, spostò alcuni banchi rimasti vuoti, proprio
davanti alla cattedra, ed entrambi si posizionarono nello spazio
libero, l’uno di fronte all’altro. I compagni li
guardavano con accurata attenzione, senza sapere cosa aspettarsi.
Harry osservò con cura la ragazza, da lontano, e
notò la sua determinazione. Non riusciva a percepire i
pensieri che vagavano nella sua mente, e ammirò la sua
capacità di controllo. Di certo non si aspettava che la
Serpeverde in realtà si stesse divertendo come non mai nel
vedere le facce sconvolte dei compagni.
Il mago alzò la bacchetta e disse, con un sorriso che forse
doveva essere rassicurante: “Pronta?”
Alya fece un cenno d’assenso con il capo, “Certo,
signore.”
“Bene, IMPERIO” e un raggio d’oro
colpì la ragazza, che indietreggiò per la potenza
del colpo.
Alya riconobbe all’istante quella sensazione straordinaria,
di galleggiare, senza più problemi, senza più
pensieri, e sentirsi quasi felice, senza motivo. Si rilassò
e attese il comando.
Una voce distante le disse: “Fai il giro della stanza
camminando sulle mani.”
“D’accordo.” Rispose accondiscendente la
ragazza e ubbidì, ritornando poi di fronte al professore ed
alzandosi in piedi.
“Molto bene, –continuò la voce
lontana– ora io ti porrò delle domande e tu dovrai
rispondere con sincerità, un semplice si o no. Hai capito?
”
“Si.” Rispose ad alta voce Alya, in modo che tutta
la classe sentisse, anche se loro non avevano udito la domanda.
“Brava. Il tuo vero nome è Alya
Johnson?”
La ragazza ebbe un tuffo al cuore, ma mantenne la calma.
“Si.”
La risposta fu così secca da far vibrare la bacchetta del
professore puntata su di lei.
“Mi hai risposto sinceramente?”
“Si.” Ad Alya questo gioco non stava piacendo.
“Arrotolati la manica del braccio sinistro.”
La ragazza rimase immobile.
“ORA!” La voce risuonò secca, potente
nella mente della ragazza.
La Serpeverde, messa alle strette, si oppose, ma scoprì che
il mago non cedeva e dovette ricorrere a tutta la sua forza, nonostante
il piano stabilito.
“NO!” urlò improvvisamente, con foga.
All’improvviso comparve una piaga sulla mano del professore,
quella che stringeva la bacchetta, e Alya riebbe il controllo di
sé. Moody la guardava attentamente, proruppe:
“Davvero molto bene, signorina Johnson. E’ riuscita
a contrastare la mia maledizione. Ora può pure ritornare al
suo posto.”
Proprio in quell’istante suonò la campanella, ma
gli studenti allibiti, rimasero ai loro posti. Non riuscivano a capire
cosa fosse successo, ma a giudicare delle espressioni dei loro volti di
certo era qualcosa di sconvolgente.
Alya, lanciò uno sguardo cupo al professore, poi si
voltò, prese la sua borsa e uscì velocemente,
senza voltarsi indietro. Si mise a correre per il corridoio, tra la
gente che usciva dalle classi.
Se prima era sconvolta, ora era terrorizzata. LUI come poteva SAPERE?
Conoscevano la sua esistenza solamente il Signore Oscuro, i suoi
genitori, e pochi altri Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban. Non poteva
essere! E se qualcuno avesse parlato? No, era un’ipotesi da
escludere, altrimenti lo sarebbero venuti a sapere anche gli uomini del
Ministero, e di conseguenza il suo maestro. No, ci doveva essere
un’altra spiegazione. Quale?
Trovò la porta del bagno femminile, e vi si chiuse dentro.
Andò al lavandino, aprì il rubinetto e con le
mani tremanti si portò l’acqua fredda al viso, per
rinfrescarsi le idee.
Alzò la testa e guardò il proprio riflesso sullo
specchio, il volto era segnato da una preoccupazione profonda. Fece un
respiro profondo e si impose la calma.
Una spiegazione plausibile ci doveva essere. I Mangiamorte alla Coppa
del Mondo, il Marchio Nero, l’ex Auror. Stavano succedendo
troppe cose nello stesso tempo, tutte troppo simili tra loro per essere
slegate. Ma qual era il nesso?
Certamente se il professore conosceva la sua vera identità,
lo doveva sapere anche Silente, era naturale. Ma perché
allora quest’ultimo non aveva mai fatto niente contro di lei?
E perché Moody aveva deciso di agire ora? Doveva sapere che
sarebbe stata in grado di resistere alla Maledizione Imperius.
Alya si chinò sul rubinetto lasciato aperto e bevve.
Troppe domande, troppo pochi indizi. Decise che d’ora in poi
doveva essere molto più vigile, e non lasciare nulla al
caso, o il suo piano andava in fumo. Doveva uccidere Potter, questo era
lo scopo che le era stato dato. Dopo tutto, la sua riuscita era
più che mai importante ora che il Signore Oscuro stava per
risorgere.
Chiuse l’acqua corrente, prese la borsa e si
guardò un’altra volta nello specchio. Una ragazza
mora dagli occhi determinati rispose al suo sguardo, e
nessun’emozione era svelata.
Ciao! Eccomi qui con un'altra puntata. Cosa ne pensate? Questo
è uno dei miei capitoli preferiti, anche se a dire il vero
non è che ne abbia scritti poi molti fino ad adesso ^^.
Spero che vi sia piaciuto. Se lasciate un commento mi farete veramente
felice! A domenica prossima!
Dark Soul
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Capitolo 6 *** Il ricatto ***
Il ricatto
Alya era in Sala Comune di Serpeverde, intenta a leggere per
l’ennesima volta una lettera appena giunta, scritta con una
calligrafia familiare, spigolosa e stretta.
Il prossimo week end. Niente domande.
Sapeva che questo breve messaggio proveniva dal suo maestro. Lo aveva
capito non solo dalla calligrafia, ma anche dal marchio che era stato
usato per sigillare la busta: la figura di una bacchetta impressa su
cera nera.
Naturalmente chiunque avesse letto quelle poche parole, non avrebbe
capito e sarebbe risultato un messaggio alquanto strano e
incomprensibile. Invece esso corrispondeva ad un codice precedentemente
accordato tra Alya e Seginus: esso avvertiva la ragazza che quello
stesso sabato, alle 17 in punto, nel bosco di Hogsmeade, al centro di
una piccola radura, il suo tutore sarebbe stato ad aspettarla.
Certamente dovevano essere notizie importanti per far esporre
così il mago e farlo viaggiare fino ad Hogwarts,
informazioni che non potevano essere scritte per lettera.
Alya gettò la pergamena nel fuoco del camino e la
guardò scomparire tra le fiamme.
Non ne afferrava bene il motivo, ma un vago senso di inquietudine le
artigliò lo stomaco, come se quello che stesse per accadere
non le sarebbe piaciuto.
Harry entrò nell’aula di Pozioni, affranto. Quella
era la prima lezione dell’anno con il suo professore meno
amato: Piton, non si poteva certo chiamare contento.
Spaziò la stanza con lo sguardo, finché non vide
una figura familiare china su un libro. Si avvicinò e le si
sedette accanto.
“Potter, speravo che l’estate ti avrebbe schiarito
le idee.” Proruppe Alya, voltantosi verso il compagno.
Harry rispose, enigmatico: “Purtroppo no, almeno
finché non dimostrerò che ho ragione.”
“Ancora con questa storia?” e gli scoccò
uno sguardo compassionevole.
“Già.” Rispose con un mezzo sorriso il
ragazzo. Non aveva ancora dimenticato cosa lei aveva fatto alla Coppa
del Mondo.
Stizzita Alya riprese la sua lettura; meno dava retta a quello scomodo
compagno, prima si sarebbe stancato e l’avrebbe lasciata in
pace, almeno così sperava.
Intanto, qualche fila più indietro, Draco Malfoy osservava
la scena.
Arrivò così il primo fine settimana ad Hogsmeade.
Era ormai autunno inoltrato e un vento freddo sferzava il viso dei
ragazzi che spuntava dal mantello.
Le vie dei negozi erano affollate da studenti allegri, che si volevano
rilassare dopo il primo mese di scuola.
L’argomento preferito nelle locande era l’imminente
arrivo della delegazione delle scuole straniere Beauxbatons e
Durmstrang. Un’aria di aspettativa aleggiava tra gli
studenti, che non contenevano più l’eccitazione.
Alya camminava spedita per una delle vie laterali, più
discosta e meno rumorosa. Ogni tanto la si intravedeva dalla via
principale, mentre camminava veloce nella stradina buia, e il suo viso
veniva illuminato dal riflesso delle luci. Si riusciva a scorgere la
sua espressione, più malinconica, triste, ma allo stesso
tempo dura e determinata, come sempre.
Era ben diversa
l’atmosfera scherzosa e allegra che regnava tra gli studenti,
e il vortice di cupo presentimento che persisteva nella mente della
ragazza.
Procedeva in fretta, mancava poco all’orario stabilito e
doveva affrettarsi, se non voleva rischiare di essere punita per il
ritardo.
Raggiunse la foresta oltre il villaggio e vi si addentrò
tenendo la bacchetta a portata di mano, seguendo un sentiero ormai in
disuso, che si snodava tra gli alberi. I suoi passi venivano attutiti
dalle foglie cadute, e, dalla confusione del villaggio, si
passò a un silenzio teso, attento.
Dopo aver camminato per un po’, il percorso si
allargò in una piccola radura.
Alya si fermò, cercando di riprendere un respiro normale, ma
non ripose la bacchetta e aguzzò tutti i sensi,
nell’attesa di percepire l’arrivo del suo maestro.
Ad un tratto sentì un forte schiocco e apparve innanzi a lei
una figura, avvolta in un lungo mantello scuro e i lunghi capelli
sciolti danzavano al vento.
Si affrettò subito ad inchinarsi, assumendo un atteggiamento
servile, che si addiceva assai poco al suo temperamento.
“Porto notizie.” esordì Seginus Johnson.
“Buone o cattive?” rispose Alya, alzando appena il
capo.
“Hai notato anche tu il Marchio Nero che sta apparendo sul
braccio?” e prese a camminare attorno alla ragazza.
Come potrei non averlo visto? Si disse la ragazza, ma rispose:
“Si, signore.”
“Bene. Come certo avrai capito il Signore Oscuro sta
risorgendo, e l’ho trovato.”
Il cuore di Alya mancò un battito, e lei cominciò
a tremare impercettibilmente, anche se forse era solo una sua
impressione.
“Davvero? Dove? Come?”Alzò la testa e
osservò il volto del suo tutore, che continuava a camminare
nervosamente. Sembrava preoccupato, ma per quale motivo?
“Si. Ho fatto le mie indagini, e l’ho trovato. Non
è stato facile, ma alla fine ce l’ho
fatta.” Una nota di orgoglio vibrava tra quelle parole.
“Ma c’è un problema.
–continuò – Ora è
imprigionato in una forma che a stento si può riconoscere
come umana, e ha bisogno di Potter per riavere tutti i suoi poteri.
Vivo.”
Alya corrugò al fronte. “Quindi? Vuole che noi
glielo portiamo?” Non capiva il motivo per cui il suo
protettore appariva così insoddisfatto.
“No. Ha già un piano, ma non vuole renderci
partecipi. Ci ordina di rimanere in disparte: non si fida di
noi.”
La ragazza sospirò, ma colse l’irritazione
profonda nella voce del mago e si ritrasse.
“Quindi dobbiamo solo aspettare.” esordì
piano.
“No! Sciocca ragazza!” disse Seginus, assai
irritato. “Non capisci? Non possiamo tornare
dall’Oscuro Signore a mani vuote! Dobbiamo provare la nostra
fedeltà! O tutti gli anni che ho passato per addestrarti,
saranno stati inutili! TU DIVENTERAI INUTILE! E COSA MI SERVIRAI
ALLORA, SE NON MI PROCURERAI NESSUNA RICOMPENSA?”
Il mago scagliò un incantesimo ad un tronco spoglio
lì accanto, e quello prese subito fuoco.
La ragazza capiva che doveva placare subito l’ira del tutore,
o la prossima sarebbe stata lei.
“Ma, non resteremo di certo con le mani in mano. Troveremo la
soluzione.”
Seginus riprese a camminare avanti ed indietro, in un silenzio
rabbioso.
Alya rimase zitta, perché capiva benissimo che se avesse
distratto il mago in questo momento, non se la sarebbe cavata con poco.
Non le dispiaceva affatto non dover più uccidere Potter, le
evitava così un sacco di seccature.
Intanto il tronco d’albero continuava a bruciare.
Ad un tratto l’uomo si fermò.
“Potter è del tuo stesso anno, non è
vero?”
La Serpeverde si affrettò a fare un cenno di assenso.
“Si, signore.”
“Bene. Il Signore Oscuro vuole Potter vivo, quindi
avrà già un piano per la sua rinascita. Tu dovrai
scoprire in cosa consiste questo piano, dovrai prendere più
informazioni possibili su ciò che gli accade intorno, dovrai
prendere tutte le informazioni che lo riguardino. Voglio che tu sappia
perfino quando va in bagno.”
La ragazza sospirò. “Lo sto già
facendo, signore. Lo osservo sempre.”
Seginus sorrise. “No, mia cara ragazza. Le informazioni che
raccogli sono inutili, ora. Riguardano solo il suo modo di comportarsi,
in apparenza. Ma tu dovrai fare in modo che lui ti dica tutto, che lui
ti confidi ogni suo desiderio, paura, sogno, delusione. Tutto. Ogni
singolo elemento che potrebbe valere come oro per
l’Oscuro Signore. Dovrai essere sua amica.”
Scese il silenzio, interrotto soltanto dagli schiocchi del legno che
stava bruciando, poco discosto.
Era assurdo.
Totalmente assurdo.
Cosa poteva servire all’Oscuro Signore sapere i pensieri di
un ragazzino di quindici anni?
Cercò di farlo notare al suo maestro nel modo più
gentile e meno pericoloso possibile.
“Ma, signore…”
Seginus scoccò uno sguardo rabbioso alla ragazza, intuendone
i pensieri:
“Stolta. Se il piano del nostro Signore dovesse fallire,
avrà bisogno di qualcuno che sia molto vicino a Potter, per
riuscire nella sua impresa. Noi gli offriremo il suo nemico su un
piatto d’argento, e allora mi accoglierà con
grandi onori.”
Nei suoi occhi passò un lampo di gioia folle.
Alya si ritrasse. “Ma, sarò comunque al castello.
Posso fare qualunque cosa anche senza diventare la confidente di quel
babbanofilo.”
Il mago estrasse la bacchetta.
“Crucio.”
La ragazza cadde e venne trafitta in ogni centimetro del suo corpo da
migliaia di pugnali invisibili, e un dolore inimmaginabile prese a
scorrerle nelle vene. Un urlo di profonda sofferenza si
elevò dalla foresta, finché Seginus non
alzò la bacchetta, e riprese a parlare con la sua voce
glaciale.
“Pensavo di averti tolto il vizio di discutere gli ordini.
Ogni singola informazione in più che riuscirai ad estrarre
da quel bamboccio, potrà rivelarsi utile per la nostra
causa. Una spia vicino a Potter, una spia insospettabile, tu. Mi sono
spiegato abbastanza chiaramente?”
Alya si rialzò a fatica in ginocchio, ansimante, e rispose
in modo soffocato senza alzare la testa. “Si,
signore.”
“Bene. Sai già cosa ti aspetta se
fallirai.” E detto ciò scomparve con un sonore
crac, lasciando la ragazza a carponi per terra con poche braci accanto,
i resti di un albero bruciato.
Alya camminava lentamente nella strada principale di Hogsmeade.
Camminava lenta, pensierosa, e molte persone dovevano scansarsi per non
urtarla. Era ancora leggermente scossa dagli strascichi della
Maledizione Cruciatus, ma la sua mente era altrove.
Il Signore Oscuro voleva Potter vivo. Bene, così si
evitavano un sacco di problemi. Il suo maestro però voleva
che diventasse una spia, per poter offrire qualunque informazione sul
nemico.
I piani erano cambiati, e lei doveva essere amica di Potter.
Male. Quest’idea non le piaceva per niente. Quel ragazzo era
un essere petulante e lagnoso, almeno dal suo punto di vista. Sarebbe
stato molto più semplice ucciderlo che provare simpatica per lui.
Ma non aveva scelta. Sapeva cosa sarebbe accaduto se avesse fallito, come
le aveva ricordato il suo tutore.
Sospirò. Forse qualcosa da bere le avrebbe schiarito le
idee, ed entrò nella locanda “Tre Manici di
scopa”.
Lì l’atmosfera era calda e rilassata, tutti i
tavoli erano occupati e un piacevole tepore le scaldava le mani gelide.
Andò al bancone ed ordinò una burrobirra, immersa
nei suoi pensieri.
Harry, Ron ed Hermione erano seduti ad un tavolo e stavano parlando
animatamente del Torneo Tremaghi, quando Hermione notò
entrare la Serpeverde che aveva le guance rosse dal vento freddo e i
capelli raccolti in una coda di cavallo.
“Harry, – disse incerta – quella ragazza
non è la stessa con cui ti siedi a Pozioni?”
Il ragazzo si voltò e la notò.
“Si, certo. E’ la stessa che mi ha aiutato alla
Coppa del Mondo. L’anno scorso mi ha detto che non le piaceva
venire ad Hogmeade, però.”
Ron la guardò e rispose. “Beh, a quanto pare ha
cambiato idea.”
“Harry – riprese Hermione – vai a
chiederle se vuole unirsi a noi.”
Ron la guardò offeso. “Ma… Hermione!
E’ una Serpeverde!”
La ragazza gli scoccò uno sguardo irritato.
“Certo! Ma ha aiutato Harry! Mi pare il minimo!”
“Ma l’ha già ringraziata! Che cosa vuoi
fare di più? Iscriverla al CREPA?”
La Grifondoro aprì la bocca per ribattere quando Harry la
interruppe.
“D’accordo. Adesso vado a parlarle.” Con
aria rassegnata lasciò i due che si battibeccavano.
Raggiunse il bancone e affiancò ad Alya.
“Ciao! Non sapevo che saresti mai venuta ad
Hogsmeade.”
La ragazza si voltò e gli scoccò uno sguardo
penetrante.
“Potter, ci incontriamo dappertutto. Cosa vuoi?” e
bevve un sorso di burrobirra.
“Beh, mi chiedevo se ti andrebbe di venire al nostro tavolo,
invece che stare qui da sola.”
Alya lo guardò attentamente, riflettendo. Se doveva
diventare sua amica, tanto valeva cominciare da adesso. Almeno le era
stata risparmiata l’umiliazione di fare il primo passo.
“D’accordo.” Rispose tranquillamente.
“Davvero? Tu vuoi venire con me al mio tavolo?”
disse Harry, sorpreso. Non aveva mai pensato che la Serpeverde avrebbe
accettato.
“Si, certo! Te lo devo ripetere un’altra
volta?” e detto ciò seguì il ragazzo da
Ron ed Hermione, che stavano ancora litigando.
Harry, fece qualche colpetto di tosse, per riuscire ad attirare la loro
attenzione e presentare la ragazza ai due, ma essi non sembravano
accorgersi di niente.
“Ehm, ragazzi…?”
Ron finalmente alzò la testa e incontrò lo
sguardo dell’amico, notando finalmente la ragazza e
interrompendo Hermione.
Alya guardava la scena leggermente sconvolta. Avrebbe dovuto passare il
resto dell’anno con una compagnia del genere?
Harry riprese: “Ron, Hermione questa è Alya, la
ragazza che mi ha aiutato alla Coppa del Mondo. Alya, questi sono Ron
ed Hermione, i miei amici.”
La Serpeverde fece un sorriso di circostanza, e si impose di sedere,
nonostante l’impulso di andarsene fosse forte.
Cadde il silenzio.
“Allora, Alya, - cominciò Harry, consapevole dello
sguardo men che lieto del suo amico rivolto alla ragazza –
suppongo che ti piaccia il Quidditch, visto che c’eri anche
tu alla Coppa del Mondo.”
pensò fra sé la Serpeverde.
“Beh, diciamo che non ne vado matta.” Rispose
indifferente.
“Capisco. Neanche a me piace molto. – disse
Hermione – E’ solo uno sport in fondo, non capisco
cosa…”, ma venne interrotta da Ron.
“Hemione, tu non capisci niente di Quidditch, lascia che te
lo dica. Non è normale preferire di stare in Sala comune a
leggere “Storia di Hogwarts” o qualcosa di
simile…, invece che andare a vedere una bella partita di
Quidditch.”
“Beh, non ha tutti i torti, – rispose Alya
– vedere una dozzina di maghi a cavallo di manici di scopa
che si azzuffano per una palla, non mi pare il massimo del
divertimento. A me sembra uno sport piuttosto
insignificante.” Ad Hermione si illuminarono gli occhi.
Ron la guardò a bocca aperta, sconvolto.
“Forse perché non lo capisci… In
effetti voi ragazze non capite niente di sport” disse,
scuotendo la testa.
“Sapessi invece quante cose i ragazzi non
capiscono…” Rispose Alya, guardandolo con un
sorriso ironico.
Quando Harry vide che Ron stava per ribattere qualcosa che sarebbe
stato meglio non sentire, decise che era meglio fuorviare il discorso.
“Ed invece cosa ne pensi del Torneo Tremaghi?”
disse frettolosamente.
La Serpeverde rimase un attimo a guardare il viso del rosso, prima di
rispondere.
“Beh, sicuramente sarà molto interessante.
Dopotutto, si tratta di un evento che non avviene da secoli. In
più ci saranno anche membri delle altre scuole. Potrebbe
essere molto divertente.”
Hermione rispose: “Già. E’ anche
un’ottima occasione per conoscere culture diverse dalla
nostra. Infatti Beauxbatons, è francese, mentre Durmstrang
penso che sia molto più a Nord…”
“Come fai a dirlo…?” Disse Harry,
incuriosito.
“Sul “Comprendio delle scuole
d’Europa” – rispose Alya – si
vede chiaramente che la divisa degli studenti di Durmstrang comprende
una pelliccia. Perciò dovrebbe fare molto freddo alla loro
scuola.”
“Esatto! – disse Hermione, raggiante –
hai letto anche tu quel libro?”
“Si, mi sono documentata in biblioteca dopo
l’annuncio di Silente.” Disse indifferente la
Serpeverde.
Ron fece una faccia preoccupata, rivolgendo uno sguardo terrificato ad
Harry, che invece sorrideva.
All’improvviso proprio dietro al rosso apparve una figura
molto familiare al trio: Draco Malfoy, accompagnato dagli onnipresenti
Tiger e Goyle, più imponenti che mai.
“Hei Wesleyuccio. Scommetto che ti piacerebbe iscrivere al
Torneo, il premio in denaro potrebbe farti comodo. Forse riusciresti
perfino a comprare qualche abito nuovo.”
Si avvicinò al tavolo con un sorriso, mentre Harry
cercava di trattenere Ron dallo saltare addosso al Serpeverde.
“Certo, penso che tu Potter lo farai sicuramente, visto che
non perdi mai occasione di metterti in mostra.”
Continuò il ragazzo.
Hermione scattò in piedi.
“Malfoy, se sei venuto fin qui per rompere le scatole,
potresti anche tornartene indietro.”
Draco rivolse uno sguardo sprezzante alla ragazza.
“Non sarai certo tu a dirmi quello che devo o non devo fare,
sporca Mezzosangue.”
La ragazza fece un passo indietro, come colpita da uno schiaffo.
Alya intanto osservava la scena, incerta sul da farsi. Stranamente si
sentiva come dispiaciuta per Hermione, e questo le era strano. Cosa
doveva fare, mettersi in mezzo e farla pagare a Malfoy, o rimanere in
disparte e vedere cosa succedeva? In fondo a lei non aveva fatto niente
quel ragazzo.
Draco intanto aveva rivolto il suo sguardo gelido alla Serpeverde:
“Toh, guarda chi si vede. Non pensavo che potessi cadere
così in basso, unendoti a questi…”
Ma Alya non gli fece finire la frase. Si alzò in piedi, e,
sfoderando la bacchetta, lanciò un’incantesimo
così veloce che Harry non fece in tempo a vederlo.
Draco,
colpito in pieno, cominciò a roteare su sè
stesso, con il mantello tirato sulla testa. L’intera sala
scoppiò a ridere, finché la ragazza non
alzò la bacchetta e il Serpeverde finì a terra,
stordito. Tiger e Goyle, non potendo picchiare una ragazza, per di
più armata di bacchetta, presero il rampollo di Casa Malfoy
per le braccia e lo strascinarono fuori dalla sala, tra le risate
generali.
La Serpeverde si sedette composta, con un sorriso ironico stampato
sulla faccia.
Mentre le risate piano piano si spegnevano, Ron, con le lacrime agli
occhi, si rivolse alla ragazza:
“Alya, sarai anche una Serpeverde, ma non smetterò
mai di ringraziarti per lo spettacolo che hai appena fatto. Ho un nuovo
sogno adesso: Malfoy, la trottola.”
La ragazza, intercettò uno sguardo di gratitudine di
Hermione, e per la prima volta in vita sua si sentì in
imbarazzo.
“Io proporrei un brindisi per Alya!” disse Harry,
con un sorriso e una bottiglia di burrobirra in mano.
La Serpeverde alzò lo sguardo, incontrando quello limpido
verde del ragazzo.
“Ad Alya!” disse Ron e si scolò
l’intera bottiglia.
Il resto del pomeriggio passò molto più in fretta
di quanto la ragazza si aspettasse. Quando uscirono dal locale, era
buio ormai. Alya salutò il trio e si allontanò
verso il castello.
Aveva bisogno di stare da sola e riflettere.
Alya doveva ammettere di aver passato bene il tempo, e stare in
compagnia di quei tre, così diversi tra loro. Aveva
afferrato il carattere principale di ognuno: Hermione era la saccente
del gruppo, eppure non era mai pesante, sapeva ridere e inoltre (questo
non lo avrebbe mai detto) aveva molte cose in comune con la Serpeverde,
soprattutto per quanto riguardava la lettura.
Ron invece, non era così stupido come sembrava: aveva un
umorismo vivace, e spesso la ragazza si era ritrovata a sorridere ad
alcune sue battute, nonostante avesse la leggerezza di un elefante.
E doveva ammettere che doveva ricredersi anche su Harry, non era poi
così petulante e lagnoso.
Certo, aveva ancora un certo numero di riserve sul loro conto, e
avrebbe ancora preferito di gran lunga rimanere in disparte, ma non
credeva più che la sua fosse una missione impossibile. Forse
si sarebbe pure divertita.
Stava salendo la scalinata che portava al castello quando
notò una figura poco più avanti di lei, ferma.
Alzò lo sguardo e vide che era Draco Malfoy.
Sospirò e continuò a camminare, come se niente
fosse, intanto la mano già correva tra le pieghe del
mantello, in cerca della bacchetta.
Quando arrivò proprio innanzi a lui, fece per scansarsi e
passare, ma Draco si parò davanti e le disse: “Non
pensavo che tua madre ti permettesse di stare con i Mezzosangue e
Babbanofili.”
Alya immediatamente alzò gli occhi e li fissò su
quelli freddi del compagno, mentre il cuore mancava un battito.
“Mia madre è morta. Cosa vuoi saperne tu di quello
che avrebbe voluto oppure no.” E detto ciò si
spostò per passare.
Draco la bloccò di nuovo. “Oh, no. A me non puoi
mentire. Dopotutto, mia madre conosce bene la tua, Bellatrix Lestrange: è sua sorella. Non lo sapevi?”
“E’ ridicolo…” e spinse Draco
di lato e cominciò a risalire le scale.
Il ragazzo però le prese un polso e la tirò
indietro.
“Non ti conviene avermi come nemico. Posso essere pericoloso,
magari rivelare ai tuoi nuovi amichetti la tua vera
identità…”
Alya ebbe un tuffo al cuore. Se Harry avesse scoperto la
verità, il suo piano sarebbe andato in fumo, e non osava
nemmeno immaginare la reazione del suo maestro, se lo fosse venuto a
sapere.
Ma d’altronde non poteva certo rivelare i suoi piani a
Draco, o lui li avrebbe spiattellati ai suoi genitori, cosa che avrebbe
fatto infuriare il suo tutore in ugual modo. Non si poteva ancora
sapere da che parte si sarebbero schierati i Malfoy alla rinascita
dell’Oscuro Signore. Doveva cavarsela da sola.
“Tu non puoi ricattare me.” Sibilò, e una scarica elettrica passò alla mano di Draco, che la ritrasse
subito.
Nonostante il ragazzo si fosse spaventato un po’ nel sentire
la scossa, riprese subito il controllo e sorrise sarcastico.
“Oh, si che posso. Ho io il coltello dalla parte del manico,
mi dispiace.”
La Serpeverde lo fissò con odio negli occhi, ma doveva
ammettere che non aveva tutti i torti. Era nei guai.
“Che cosa vuoi, Malfoy?” rispose rabbiosamente la
ragazza.
“Niente. Stai tranquilla. Solo qualche piccolo
favore...”
“Ah! Se credi che io diventi la tua schiavetta, ti
sbagli di grosso.” Disse, sprezzante.
“Hai qualche scelta?” rispose Draco, allargando il
suo sorriso.
Alya trattenne il respiro. No, non aveva proprio scelta.
“E chi mi assicura che non rivelerai mai a nessuno la mia
identità?” domandò, rabbiosa.
“Se tu farai ciò che io ti chiederò,
non vedo il motivo per cui dovrei rinunciare alla mia arma di
ricatto.”Rispose il ragazzo, tranquillamente.
Alya sfoderò la bacchetta, gliela puntò alla gola
e sibilò.
“Dammi una buona ragione per cui non potrei ucciderti ora,
all’istante, trasfigurare il tuo corpo e nasconderlo in mezzo
alla foresta, senza lasciare traccia. Mi costerebbe molto
meno.”
Il Serpeverde sprezzante: “Perché Tiger e Goyle ti
hanno visto arrivare, prima che li mandassi via. Gli ho detto che
dovevo parlare con te, e che mi fosse successo qualcosa sarebbero
dovuti andare dal professor Piton a riferire.”
Alya scrutò gli occhi del ragazzo, per cercare la menzogna,
poi ritrasse lentamente la bacchetta, e fece un passo indietro.
“Che genere di favore vorresti?” disse, instillando
in ogni parola, tutto il suo disprezzo.
Draco sorrise compiaciuto, salì di qualche scalino e si
chinò sull’orecchio di Alya.
“Lo scoprirai presto.” Sussurrò, e si
voltò per risalire al castello, ridendo sonoramente.
Alya entrò arrabbiata nel dormitorio femminile e
sbattè la porta alle spalle. Era semplicemente furiosa. Le
sue compagne di stanza erano ancora a cena, e nella camera regnava il
silenzio.
Prese a girare avanti ed indietro per cercare di calmarsi.
Odiava sentirsi così, in trappola, incapace di scegliere il
proprio futuro. Prima il suo tutore, poi Malfoy. Tutti e due pensavano
che fosse una schiava, una bambola, di cui si poteva fare qualunque
cosa e gettarla da ogni parte e decidere cosa doveva fare e cosa no.
Perché diavolo tutti credevano di poter fare di lei ogni
cosa? Perché non potevano lasciarla in pace, invece che
incatenarla al proprio volere?
Si sentiva debole e incapace, e non le piaceva.
Urlò di rabbia e scagliò un pugno contro la porta
del bagno, poi un secondo, e un terzo, finché il dolore alle
mani alleviò un poco il senso di oppressione e la rabbia che
covava dentro di sé.
Allora si fermò, ansimando e
lentamente andò a sedersi sul proprio letto.
Guardò tristemente le proprie mani insanguinate, e
improvvisamente si sentì sola, terribilmente sola.
Si sdraiò con uno sguardo spento, quando un pensiero le
trapassò la sua mente.
Loro
l’avevano accettata così com’era,
avevano parlato, scherzato, riso insieme, e non le avevano imposto
nessuna costrizione, nessuna regola in cambio di quel senso di
benessere che le avevano fatto provare.
Incredibilmente si sentiva meglio con quelli che dovevano essere suoi
“nemici”, piuttosto che con i suoi
“alleati”.
Si mise a ridere istericamente, per l’ironia di quella
situazione. Una risata vuota, senza allegria, molto più
triste di qualsiasi pianto.
Si girò sul fianco e, ridendo, cadde dal letto. Rimase
lì, per terra, finché quella risata non si
trasformò in un singhiozzo, e una sola lacrima amara scese
dagli occhi.
Salve a tutti! Ecco a voi un altro capitolo. Mi scuso per il ritardo,
dovevo postare la settimana scorsa, ma il raccondo era ancora in fase
di costruzione e ho avuto un po' di problemi. Comunque finalmente ce
l'ho fatta, e spero che vi piaccia. A me personalemente piace molto la
parte finale, anche se a dire il vero questo è capitolo
pieno di suspance. Volevo fare notare, nella scena in cui Alya sta andando alla foresta, la contrapposizione tra le luci e la vitalià del villaggio, con la malinconia di Alya.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di Seginus e Malfoy!! A domenica
prossima!!
Dark Soul
Chicca: sono contenta che ti piaccia
^^, e cosa ne pensi di Alya?
Kadma32a: non ti preoccupare! Anzi!
Sono contenta che tu abbia trovato il tempo di tornare a leggere!
(comunque, cosa vuol dire besos? perdona la mia ignoranza)
Fairydreams: per questa volta ti
perdono... Scherzo! Sai che mi fa veramente piacere se mi recensisci,
sopratutto quando mi lodi ^^
|
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Capitolo 7 *** Beauxbatons e Durmstrang ***
ff6
Era un lunedì speciale per gli studenti di Hogwarts. Tutta
la
scuola era stata preparata e addobbata, ogni angolo del castello
pulito, ogni armatura oliata, per accogliere finalmente le delegazioni
di Beauxbatons e Durmstrang.
Gli alunni erano in agitazione già dalla mattina a
colazione, e
un intenso brusio accolse Alya quando entrò in Sala Grande.
Aveva un forte mal di testa, il suo pessimo umore persisteva dal giorno
prima. Quando si sedette seccata al tavolo di Serpeverde,
cominciò ad imburrarsi con impazienza una fetta di pane
tostato,
lanciando occhiate perforanti a chiunque si avvicinasse.
Aveva trovato il modo per liberarsi di Malfoy in un vecchio libro di
pozioni della biblioteca, ma il problema persisteva: come avrebbe fatto
a somministrare il liquido al ragazzo? Non era certamente uno
sprovveduto.
Non aveva ancora addentato il pane, quando un ragazzo le si sedette
accanto.
Si voltò irritata, pronta ad scagliare epiteti contro il
malcapitato, quando vide che era Draco. Si rabbuiò e stette
in
silenzio.
Il Serpeverde sorrise: “Non fai più la sbruffona,
ora che so il tuo piccolo segreto.”
Alya mantenne la calma, rigida sulla panca, e non rispose.
Draco le rivolse un sorriso mellifluo e prese a chiacchierare con
Blaise Zabini.
Intanto la mente della ragazza lavorava in gran fretta: se solo avesse
saputo cosa Malfoy voleva da lei, di sicuro avrebbe saputo come
comportarsi. Questa situazione di bilico la irritava, e decise di agire.
Distrattamente, prese la caraffa con il succo di zucca e si
versò la bevanda nel suo bicchiere, poi, con altrettanta
scioltezza, ne versò anche nel bicchiere di Draco, che stava
parlando con il suo compagno. Ripose la caraffa e aspettò.
Il ragazzo ignorò il suo bicchiere fino a quando Blaise se
ne
andò, poi lo prese in mano e ne versò il
contenuto in
quello di Alya: “Non sono stupido, certo non mi puoi
ingannare
così.”
La Serpeverde rivolse uno sguardo sprezzante al compagno. “E
io
che pensavo il contrario.” Ironica, prese il proprio calice e
ne
bevve un sorso.
Draco rimase un momento interdetto sul da farsi, poi
continuò:
“Suppongo che tu sia curiosa di ciò che io voglio
da
te.” E riprese il suo sorriso sicuro.
Alya rispose,
beffarda: “No, semplicemente perchè tu non puoi tenere sotto controllo una situazione del genere, Draco. Non sei
abbastanza, ehm, sveglio.”
Il ragazzo parve gonfiarsi dall’indignazione: “Ti
ricordo
che io ho potere su di te! Dovresti strisciare ai miei piedi!”
La Serpeverde sorrise: “Ma se non hai nemmeno il coraggio di darmi ordini, e sei terrorizzato
perfino dal bere dal tuo bicchiere. E’ logico che non sai come
comportarti.”
Draco rispose con foga: “Ah, si? Bene, ti dico io quello che
devi
fare…”, venne interrotto però da
Blaise, che era
ritornato con la propria borsa e quella del compagno in mano. Il
ragazzo scoccò uno sguardo irritato alla compagna e si
alzò, andando a lezione.
Alya lo guardò allontanarsi, rivolgendogli un sorriso
ironico,
ma dentro di se era frustata: ancora per poco e Malfoy avrebbe rivelato
esattamente quello che lei desiderava…
La ragazza rimase a lungo a rimuginare, traboccante d’ira.
Arrivò presto la sera, il momento in cui tutti gli studenti
dovettero uscire dal castello e mettersi in ordine per accogliere gli
studenti stranieri.
Gli insegnanti passavano tra le file e sgridavano i ragazzi
più acidamente del solito.
Alya era avvolta stretta nel suo mantello, ed era impaziente. Voleva
che questi stranieri si sbrigassero ad arrivare, così
finalmente
sarebbe potuta tornare nella sua stanza e rimanere per conto suo. Aveva
la pozione da fare, se voleva liberarsi di Malfoy al più
presto.
Inspirò a fondo, chiudendo le palpebre e l’aria
fredda che
entrò nei polmoni sembrò rinfrescarla,
alleggerirla.
Aprì gli occhi e li puntò verso il cielo scuro,
riflettendo.
C’era mancato così poco quella mattina a
colazione, ed il
pensiero ancora la irritava. Sembrava quasi che Malfoy godesse nel
farla rimanere nell’incertezza, e senza dubbio la sua tattica
funzionava. Voleva farle capire chi era il capo, ma lei, orgogliosa
com’era, non l’avrebbe mai ammesso.
Una volta basta e avanza. Pensò
Tornò con la mente alla pozione che doveva preparare e una
nuova fitta d’impazienza si fece sentire.
Ad un tratto vide un piccolo puntino tra le nuvole che si stava
avvicinando, ma non riuscì a capire cosa fosse.
L’oggetto
volante fu presto notato anche dagli altri studenti, che si misero ad
indicarlo eccitati.
Alya rimase a fissarlo ancora un po’ incuriosita, mentre si
ingrandiva a mano a mano che si avvicinava, poi capì.
Una grossa carrozza blu, grande quanto una casa, avanzava fluttuando
trainata da una dozzina di cavalli alati, grandi come elefanti.
Atterrò pesantemente di fronte alla Foresta Proibita, mentre
i cavalli d’oro frenavano la loro corsa.
Subito si aprì la porta della carrozza e ne scese una donna,
la
donna più grande che avesse mai visto. Doveva essere alta
più di due metri ed era vestita di santin nero.
Dietro di lei uscirono alcuni studenti, maschi e femmine, tra i
diciassette e i diciotto anni.
Silente cominciò ad applaudire e subito tutta la scuola lo
imitò, quindi andò ad accogliere la preside di
Beauxbatons.
“Madame Maxime – disse – benvenuta ad
Hogwarts”
“Mon cher, Silonte” rispose quella, con voce
profonda.
“Suppongo che vogliate scaldarvi, vi invito ad accomodarvi
nella Sala Grande”.
“Oui, merchi” e detto ciò
passò tra la folla
di studenti di Hogwarts seguita dai suoi alunni ed entrò nel
castello.
All’improvviso si sentì un ribollio, e tutti
volsero lo
sguardo verso il centro del lago, sulla cui superficie si
aprì
un vortice.
Un grande palo nero cominciò ad affiorare e rapidamente
apparve un grande vascello.
Aveva un’aria trascurata, e vele stracciate pendevano dal
sartiame. Velocemente raggiunse la riva, e venne calata una passerella.
I passeggeri sbarcarono sotto la luce lunare, che li rese simili a
fantasmi nella notte. Quando raggiunsero il castello, e la luce li
illuminò, si poté notare come gli studenti
portassero
grandi pellicce ispide, mentre un uomo innanzi a loro ne aveva una
liscia ed argentea, come i suoi capelli.
Mentre Silente accoglieva anche il preside di Durmstrang, Karkaroff, e
tutta la scuola applaudiva nuovamente, Alya venne attratta da una
figura non del
tutto illuminata dalla luce, che le sembrava familiare. Rimase ad
osservarla finché gli studenti stranieri non cominciarono ad
entrare, e, quando la luce si posò sul suo volto,
il suo stomaco fece un balzo
all’indietro.
Era un viso non vedeva da anni ormai, pparteneva ad un ragazzo
alto e ben
proporzionato,
con capelli marroni e folte sopraciglia. Alya sapeva che sotto quella
spessa pelliccia il suo corpo doveva essere snello e forte, leggermente
muscoloso, come un tempo. Egli incrociò lo sguardo
sbalordito di
Alya, e i suoi occhi scuri si indurirono improvvisamente,
riconoscendola. Il viso divenne una maschera di odio, e alla ragazza
mancò il respiro.
Sargas era tornato.
Salve a tutti!! Un altro capitolo pronto per voi! Scommetto che questa
non ve l'aspettavate... Un nuovo personaggio! Già,
e che
personaggio aggiungo io!! Vi sorprenderà!! Comunque,
partendo
dall'inizio: la mossa astuta di Alya per ingannare
Malfoy, in cui cerca di puntare sulla sua arroganza per ottenere
l'informazione che le manca, è uno dei tanti insegnamenti
dell'addestramento del Mangiamorte, e nei prossimi capitoli ne vedrete
degli altri, più pratici diciamo.
Successivamente c'è la descrizione dell'arrivo delle scuole,
in cui mi sono affidata quasi interamente al quarto libro di Harry
Potter, riprendendo certi aggettivi, per essere più vicina
possibile al libro.
Nel finale presento invece un nuovo personaggio molto importante per
Alya (anche per me a dire il vero), e nel prossimo capitolo vi
spegherò la sua storia. Volevo aggiungerla in questo, ma
siccome il Natale non mi fa effetto, ho deciso di essere cattiva e
lasciarvi con il fiato in sospeso.
Vedrete... Bwahahahahahah! (Anche se sono curiosa di sapere le vostre
congetture sull'argomento).
Colgo comunque l'occasione per augurarvi un Buon Natale, e vi
dò appuntamente per domenica prossima. Ciao!!
Dark Soul
Chicca: grazie per la recensione, e si, in effetti
Alya è fragile in fondo, ma molto in fondo. Lei trova sempre
la forza per alzarsi e combattere, e non si fa mettere sotto da
nessuno. E' vero che dentro di sè soffre di ciò
che deve sopportare, ma lo fa sempre con la testa alta, e nel prossimo
capitolo capirai il perchè. =)
Chiby_elyon: ti ringrazio infinitamente per la tua
recensione, che mi ha fatto saltare di gioia per una mezz'oretta.
Peccato che sia stata cancellata... Comunque si, ho lavorato molto per
dare una struttura logica alla mia storia, anche se la maggior parte
del lavoro è stato fatto dai miei frequenti colpi di genio
che mi colgono quando meno me lo aspetto (le mie amiche ormai sono
abituate a sentirmi urlare IDEA!! nei momenti meno oppurtuni, per poi
mettermi a ridere
istericamente)... Spero vivamente di non deluderti con i prossimi
capitoli.
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Capitolo 8 *** Il quarto campione ***
Il quarto campione
Mancava poco all’alba, e Alya era sulla torre di astronomia,
avvolta in una spessa coperta. Quella notte non era andata a dormire,
sapeva che sarebbe stato inutile, ma si era rifugiata nel luogo
più alto del castello, per osservare le stelle, e riflettere.
Non avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe rivisto Sargas. Lui era
il figlio legittimo del tutore di Alya, e aveva quattro anni
più della ragazza. Erano cresciuti insieme, avevano
combattuto insieme, si erano addestrati insieme, ed erano stati amici
di infanzia.
Un velo cupo calò sulla ragazza, mentre ricordava
l’espressione dura che Sargas le aveva rivolto. Non poteva
biasimarlo. L’aveva deluso, e ora ne pagava le conseguenze.
Alzò lo sguardo al cielo scuro, trovando la stella da cui
prendeva il nome, e ricordi creduti dimenticati riaffiorarono alla
memoria.
Era una fresca notte d’estate, e due figure curve correvano
impacciate sotto il peso degli zaini attraverso un campo di granoturco.
Una era un ragazzino di non più di quindici anni, mentre
l’altra era una bambina di appena undici. Ansimavano forte
per la corsa, ma non si fermarono. Il ragazzo teneva stretta la mano
della bambina e la tirava in avanti, mentre gocce di sudore gli
colavano dal viso.
All’improvviso si fermò innanzi
a un bosco, ed alzò la bacchetta, illuminando attorno. Si
voltò verso la ragazzina, che aveva il volto segnato dalla
paura, ma conservava ancora uno scintillio di determinazione negli
occhi, e le disse:
“Sei pronta? Qui dobbiamo separarci, o mio padre ci
troverà subito. Ti ricordi dove dobbiamo
incontrarci?”
“Si, Sargas – rispose la bambina –
tranquillo: so badare a me stessa.”
Il ragazzo sorrise. “Non ne dubito.”
E si lasciarono, prendendo due direzioni opposte.
Alya si addentrò tra gli alberi, con il cuore che martellava
dall’eccitazione. Stavano fuggendo finalmente, stavano
scappando da quella vita di prigionia e oscurità, e lo
stavano facendo insieme. Sapeva che non sarebbe stato facile, lui,
Seginus, li avrebbe cercati ovunque, ma non aveva paura
perché, finché era con Sargas, si sarebbe sempre
sentita protetta. Avrebbero vissuto felici finalmente, non
più tormentati da un destino imposto su di loro.
Aveva appena passato un fitto cespuglio di rovi, quando si
fermò di colpo. Una figura bloccava il sentiero, una sagoma
conosciuta e terribile.
Spaventata fece un passo indietro, e aprì la bocca per
gridare, ma nonne uscì nessun suono;
alzò la bacchetta, ma venne bloccata da un incantesimo che
gliela fece volare lontano.
Scappare era inutile lo sapeva, così rimase ferma, immobile
davanti al suo maestro. Una risata di ghiaccio si elevò
nelle foresta.
“Credevi forse che vi avrei lasciato scappare così
facilmente? – disse Seginus, divertito – Non
credevo che foste così ingenui.”
Un’altra risata.
“Noi non vogliamo diventare Mangiamorte, non vogliamo avere
come unico scopo servire un pazzo. Non saremo mai schiavi.”
Rispose Alya, con più coraggio di quanto in
realtà non avesse.
La risata si interruppe.
“Tu non hai scelta. Sei nata per questo scopo, e con questo
dovrai vivere. Credi forse di poter decidere? Il tuo destino
è già stato tracciato, e a dimostrarlo
è il Marchio che hai impresso sul braccio. Non si vede, ma
questo non significa che non ci sia. Tu sei segnata, e non ti
lascerò mai fuggire. Mai.” Seginus fece un passo
in avanti.
“Ora inchinati, e forse deciderò di essere
clemente con la tua punizione.”
Alya tenne alto lo sguardo, e rispose: “Non mi sono mai
inchinata prima, e non lo farò di certo adesso.”
“Tu ti inchinerai ogni volta che io te lo
ordinerò!” E detto ciò alzò
la bacchetta, e un macigno invisibile pesò sulle spalle
della ragazza, che barcollò in avanti, finché le
ginocchia non si piegarono.
Ma nei suoi occhi brillava ancora il fuoco della ribellione.
“D’accordo. – disse Seginus –
ora che tu hai preso il tuo posto, parliamo un po’ di Sargas.
Lui non ha il marchio sai?”
Il cuore di Alya prese a battere più forte.
“E con questo?”, ed alzò lo sguardo.
Il mago alzò la bacchetta, e repentinamente la bambina si
rimise in piedi, scrutando negli occhi del suo tutore.
“E con questo, lui non è obbligato a seguire
l’addestramento. Lui potrebbe andarsene da solo, se
volesse.”
Alya rispose con un sussusso. “Ma non lo farebbe mai, non
senza di me.”
“Infatti, l’unica cosa che lo lega ancora alla mia
casa sei tu.”
La ragazza si sentì una terribile stretta al cuore, ma
rispose “Perché mi stai dicendo questo?”
“Perché mia cara ragazza – disse in tono
mellifluo, facendo un passo in avanti – io ti prometto che se
lui se ne andasse da casa, io non lo cercherei e lo lascerei fare la
vita che vuole. Non mi interessa avere come figlio un mago che rinnega
il suo stesso sangue. In cambio ovviamente pretendo qualcosa da parte
tua.”
“E sarebbe?” bisbigliò.
“La tua completa ubbidienza.”
Alya si sentì come se una mano le stringesse il petto e non
le permettesse si respirare.
“Allora? Cosa ne pensi?” disse l’uomo,
con un sorriso sicuro stampato in faccia.
La ragazza sollevò lo sguardo, e vide davanti a
sé un destino buio, in catene.
“Accetto.” E si chinò lentamente davanti
a Seginus.
Pioveva forte e Sargas aveva appena raggiunto una vecchia catapecchia
di legno. Era scoppiato un violento acquazzone, e nonostante fosse
bagnato fradicio, era felice. Finalmente era scappato, e si sentiva
libero, una sensazione che non aveva mai provato prima d’ora.
Posò lo zaino contro una parete e si avvicinò al
focolare per accendere un fuoco ed asciugarsi. Tra poco sarebbe
arrivata anche Alya e finalmente avrebbero vissuto alle loro regole,
senza sottostare a nessuno.
Prese un po’ di legna, e anche se umida, non ebbe
difficoltà ad accendere un fuocherello schioppettate.
Proprio in quel mentre, sentì la porta aprirsi e vide la
ragazzina grondante di pioggia entrare.
Sargas sorrise e si avvicinò per accoglierla quando
notò l’espressione del suo volto.
“Cosa è successo? – disse spaventato
– sei ferita?”
Alya scosse la testa, con gli occhi fissi sul pavimento, cercando la
voce per parlare. “No. Ci ho pensato su, e ho deciso di
restare”
Improvvisamente tutta la gioia nel cuore di Sargas scomparve, come se
non fosse mai esistita.
“Perché?” sussurrò.
“Perché mi sono resa conto che conviene di
più. Qui potrò imparare incantesimi potenti, e
conoscere ogni cosa della magia. E quando risorgerà il
Signore Oscuro potrò allearmi con lui.”
Rispose l’altra, con voce atona.
“No, non è vero. Tu non sei così. Tu
non credi in queste sciocchezze. E’ stato Seginus vero? Cosa
ti ha detto? COSA TI HA FATTO?”
Alya ricacciò con uno sforzo le lacrime indietro, e rispose.
“No, ho riflettuto. Io voglio il potere, e se vengo via con
te non lo potrò mai avere”
Sargas si avvicinò alla ragazza e la scrollò con
forza.
“NO! NON E’ VERO! GUARDAMI NEGLI OCCHI E DIMMI LA
VERITA’!”
Cercando disperatamente di non piangere, Alya alzò lo
sguardo e incontrò quello del ragazzo, sentendo il proprio
coraggio vacillare.
“E’ vero.” Bisbigliò.
Cadde il silenzio, mentre i due si guardavano negli occhi, e il volto
di Sargas, stravolto dalla tristezza, si mutò in uno
d’odio.
“Vattene – disse con ribrezzo, lasciandola andare
come se fosse velenosa – non ti voglio vedere mai
più.” E si voltò.
Alya fece un passo indietro e, sentendo le lacrime scorrerle sul viso,
si voltò e uscì dalla stanza, prima che lui
potesse vederle. Corse a perdifiato nella foresta, si
graffiò le mani e le braccia con i rami più
bassi, ma non si fermò mai, fino a che non
inciampò su un sasso e cadde per terra, sporcandosi di fango
il viso. Rimase lì, piangente, e le lacrime si univano alla
pioggia, mentre il cuore dentro di lei si rinchiuse dietro sbarre
d’acciaio, per non soffrire più.
Il cielo si era fatto rossastro, e il sole appena nato, disperse le
ultime tenebre del cielo, illuminò delicatamente il volto
della ragazza, che si alzò rassegnata. Lanciò un
ultimo sguardo all’alba che spuntava tra le montagne, e se
andò.
A cena quella stessa sera, tutta la scuola si ritrovò nella
Sala Grande per assistere alla scelta dei campioni. Infatti il giorno
prima Silente aveva posto un calice fiammeggiante su un piedistallo,
predisponendo che tutti gli studenti che avessero voluto partecipare al
Torneo Tremaghi scrivessero su di un pezzo di pergamena il proprio nome
e quello della scuola per poi inserirlo nel calice. Per assicurarsi che
nessun studente al di sotto del limite di età
s’iscrivesse, il professore aveva tracciato una Linea
d’età attorno al calice.
E ora era giunto il momento di sapere il nome dei campioni.
I piatti furono puliti, e le luci scesero, lasciando la Sala nella
penombra, mentre le fiamme blu e biancastre splendevano nel Calice.
Ad un tratto si sprigionarono scintille e le fiamme diventarono rosse,
mentre una lingua di fuoco dardeggiò nell’aria e
un foglietto di carta volò fuori, e una mano pronta di
Silente l’afferrò.
“Il campione di Durmstrang – disse, con voce forte
e chiara mentre tutta la sala tratteneva il respiro–
è Viktor Krum.”.
Un boato si levò dalla Sala, mentre dal tavolo di Serpeverde
il prescelto si alzava e raggiungeva il professore, che lo
indirizzò in una stanza accanto.
Alya batté educatamente le mani, rivelando assai poco
interessamento all’evento.
Qualche istante dopo il Calice tornò rosso e il silenzio
calò repentinamente sulla sala.
Un secondo foglietto venne catturato dalle dita del professore che
lesse: “Il campione di Beauxbatons è Fleur
Delacour”.
Una ragazza dai lunghi capelli argentei si alzò dal tavolo
di Corvonero, soddisfatta e raggiunse anche lei la stanza assegnata.
Una terza volta le fiamme si tinsero di rosso, e ancora un altro
frammento schizzò fuori, preso al volo da Silente.
La Sala venne percorsa da un fremito.
“E il campione di Hogwarts è Cedric
Diggory”.
Il tavolo di Tassorosso esplose in urla di festa, mentre il terzo
campione sfilava tra i tavoli e raggiungeva Fleur e Viktor.
Silente prese la parola: “Bene! Ora che abbiamo concluso la
cerimonia…” ma si interruppe, notando con sorpresa
che il Calice di Fuoco si era fatto scarlatto un’ennesima
volta, sputando un altro foglietto.
Meccanicamente il mago lo prese, e leggendolo, rimase impietrito,
mentre l’intera Sala aspettava.
“Harry Potter” lesse, alzando gli occhi verso il
tavolo di Grifondoro.
Alya rimase di stucco, mentre tutti gli studenti cominciarono a
bisbigliare tra loro ed ad occhieggiare il ragazzo. Questo era un fatto
insolito. Lui non aveva diciassette anni, e non avrebbe potuto mettere
il proprio nome nel Calice. Harry intanto si era alzato, e lentamente
percorreva la distanza che lo separava da Silente.
Alya escluse
immediatamente l’eventualità in cui il ragazzo
avesse messo di sua spontanea volontà il proprio nome, non
era abbastanza esperto nelle arti magiche per oltrepassare la linea
d’età. A meno che non avesse chiesto ad un altro
di mettere il proprio nome, ma allora sarebbe stato scelto al posto di
Cedric Diggory, e non ci sarebbe stato un secondo campione per
Hogwarts. Non aveva senso.
Lo guardò sparire dietro la porta, e si chiese se la sua
nomina non avesse a che fare con il piano di Voldemort, ma non ne
vedeva il nesso. Era ancora un ragazzino, e le prove da affrontare
erano pericolose, c’era perfino la remota
eventualità di morte. E allora, perché?
Silente intanto congedò gli studenti, e un forte rumore di
panche spostate riportò Alya dai suoi pensieri. Mentre si
alzava, notò con un tuffo al cuore Sargas poco
più indietro di lei, ma decise di distogliere lo sguardo.
Doveva occuparsi di Harry, come le aveva ordinato il suo tutore, e
lasciar perdere inutili rimpianti.
Appena fuori, nell’Ingresso si mise in disparte e
lasciò passare la calca di studenti che si affollavano per
tornare nei propri alloggi. Scorse però Draco Malfoy che
discuteva con i suoi compagni poco più discosto e si
chinò in fretta per evitare di essere vista: non voleva
seccatori, non ora almeno. Passò in quel momento Sargas, che
la vide mentre si nascondeva dietro una ragazza alquanto robusta del
sesto anno. Alya, sollevò lo sguardo e lo
incrociò con quello del ragazzo, sorpreso. La Serpeverde
imprecò piano con se stessa, e fissò questi occhi
con superiorità e orgoglio, raddrizzandosi.
Sargas, dopo un momento di sconcerto, riprese la sua espressione
velenosa, e passò avanti.
Alya lo guardò allontanarsi, mentre il flusso di studenti
piano piano diminuiva.
Harry, confuso e ancora intontido dalla novità,
uscì dalla stanza che fino a poco prima aveva condiviso con
gli altri campioni e dove il professore aveva confermato la sua
presenza al torneo, illustrando poi le caratteristiche della prima
prova. Non riusciva ancora a credere di essere stato scelto come
secondo campione di Hogwarts, e di certo non se lo era aspettato.
Stava percorrendo la Sala grande, quando riconobbe una figura
appoggiata allo stipite della porta, che lo guardava con un sorriso
ironico stampato in faccia.
“Devo cominciare a credere a Malfoy –
parlò Alya – quando dice che hai manie di
protagonismo”
Harry scattò nervosamente. “Non l’ho
messo io il nome nel Calice”. Disse, passando oltre.
“Oh, certo. Questo lo so, ma pensavo che tu avessi una
spiegazione plausibile.” E detto ciò si
affiancò al ragazzo, salendo per le scale.
Il Grifondoro scosse la testa, amareggiato. “No purtroppo.
Forse per ridicolizzarmi?”
Alya soppesò quella risposta. “No, per quello ci
pensi da solo senza tanti incentivi. ”
Harry si voltò, irritato. “Ah, grazie, sai. Oltre
al danno, la beffa!”
La Serpeverde sbuffò. “Siamo parecchio
suscettibili stasera, eh? No, davvero. Non hai proprio idea di chi
possa aver messo il tuo nome nel Calice? Qualcuno che ce
l’abbia con te?”
Il ragazzo ci pensò su. “A parte
Malfoy… No, non credo… Mica vorrai sospettare di
Malfoy!”
Alya scosse la testa. “Ma certo che no! Ti odia è
vero, ma non avrebbe mai potuto oltrepassare quella linea, e poi che
motivo avrebbe? No, non è sicuramente stato lui.”
Intanto i due ragazzi giunsero al ritratto della Signora Grassa.
“Bene Harry – disse Alya – pensaci e se
hai novità sappimi dire.”
“Certo – rispose il Grifondoro – ma come
mai questo improvviso interessamento?”
La ragazza intanto scese qualche gradino. “Diciamo che mi
sembrava strana la tua candidatura, e speravo di capirci qualcosa di
più parlando con te. Buona notte.” E detto
ciò, si voltò mentre il ragazzo la osservava non
del tutto convinto.
Harry pensò Alya se sapessi il vero motivo…
Ciao! Dopo mille peripezzie, sono riuscita a postare un altro capitolo. Finalmente vi ho narrato la storia di Sargas, almeno la
parte che conosce Alya. A me personalmente piace molto questo
personaggio, e sto cercando di caratterizzarlo al meglio. Vi do qualche
dritta: Sargas ha tramutato tutto l'affetto che prova per Alya in odio,
tanto la sua sofferenza è stata grande. Ma nonostante tutto,
è ancora dispiaciuto per la scelta che ha fatto la sua
compagna e tra qualche capitolo questo fatto darà i suoi
frutti.
In questo capitolo ho fatto Alya un po' più disponibile
verso Harry, sopratutto per la missione di Seginus ma anche
perchè piano piano sta cambiando idea sul ragazzo.
Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo domenica prossima anche se sarà un po' difficile visto che andrò in montagna, intanto però auguro a tutti un felice anno nuovo! Ciao!
Dark Soul
Chibi-elyon: grazie mille per la tua recensione!! Sono sempre
contentissima di leggere ciò che mi scrivi... Comunque, per
rispondere alla tua domanda: Sargas è una stella della
costellazione dello Scorpione, infatti per trovare tutti i nomi per i
personaggi che invento, li cerco su un elenco delle stelle
più luminose e li scelgo a seconda del suono e della loro
costellazione. Per esempio Seginus è della costellazione del
Bootes, il Bifolco, mentre Alya è di quella del Serpente.
Arianna e Fairydreams: grazie mille per la vostra recensione, davvero!
E non dovete preoccuparvi se vi sembra "inferiore", perchè
non è vero! Per me è una specie di simbolo del
vostro gradimento per la mia storia, e poi sono sempre contenta di ricevere complimenti!! :)
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Capitolo 9 *** La prima prova ***
Tu fai quello che ti dico io
Tutta la scuola gremiva gli spalti ed urlava a squarciagola, animata
dallo spettacolo. Un ragazzo mingherlino su un manico di scopa
fronteggiava un drago rosso e aggressivo, e scartava in aria evitando
agilmente le lingue di fuoco del drago.
La folla era in delirio e acclamava a gran voce il suo campione.
Alya era seduta sulle tribune ed osservata attenta Harry destreggiarsi
nell’aria, con gli occhi puntati sul volto concentrato del
ragazzo, e ripensava a tutto quello che era accaduto nel corso delle
ultime settimane.
Dopo la nomina di Harry a campione di Hogwarts, Seginus si era fatto
più nervoso, certo che questo fatto facesse parte del piano
del Signore Oscuro, e le aveva intimato di stare vicino al ragazzo il
più possibile.
Non devi fallire. Il tuo futuro dipende dalla riuscita del piano.
Alya non si era spaventata dalle parole del Maestro, sapeva che il suo
scopo era sempre stato servire l’Oscuro Signore, e che se non
si fosse dimostrata all’altezza, la morte sarebbe stata
inevitabile.
“Non ha alcun’utilità un servo incapace
di svolgere il proprio lavoro. – ripeteva spesso Seginus
– Anzi, rallenta il lavoro degli altri servi più
esperti e capaci. La morte del servo incapace è necessaria e
alleggerisce gli altri di un’ulteriore
responsabilità.”
Così aveva ingoiato il suo orgoglio e aveva offerto il
proprio aiuto al ragazzo; nelle ultime settimane non avevano fatto
altro che andare in biblioteca ed esercitarsi
nell’incantesimo di Appello. Aveva passato molto tempo con
Hermione ed Harry, a volte in un silenzio concentrato, a volte
discutendo del Torneo, mentre altre parlando semplicemente degli eventi
quotidiani, e tutto le era riuscito così facile da
sorprenderla.
Era da tanto tempo che non aveva un rapporto sereno con una persona. Da
Sargas…
Un boato la risvegliò dai suoi pensieri, e vide Harry che
esultava in aria facendo acrobazie spericolate con l’uovo
d’oro stretto a sé.
Con un mezzo sorriso si alzò in piedi e si fece spazio tra
la folla in festa, per uscire dalle tribune e finalmente riprendere
fiato dopo la calca. Non le era mai piaciuto stare in mezzo alla
confusione, e ritrovare la libertà dei movimenti dopo tanto
tempo stretta e pigiata negli spalti, era come la manna dal cielo.
Lanciò un ultimo sguardo ad Harry ormai sceso a terra, e si
diresse al lago.
Di solito le sue sponde erano piene di coppiette in cerca di
intimità, ma Alya supponeva che fossero tutti ad assistere
la prima prova, e la sua teoria si rivelò esatta.
La foresta era silenziosa, e il lago calmo, e permeava
un’atmosfera di grande tranquillità.
L’aria di novembre era fresca, e la aiutava a scrollarsi di
dosso tutte le preoccupazioni, almeno per un poco.
Cominciò ad incamminarsi per il sentiero che costeggiava il
lago, e una sua vecchia amica fece ritorno: la solitudine. Ma era
diversa, il suo sapore amaro sostituito da uno quasi dolce, e aveva una
leggerezza lenitiva, così diversa da prima.
Era strano come tutto fosse cambiato così velocemente, e il
solo passare del tempo con delle persone cambiasse ogni prospettiva;
come, nonostante il suo mantenersi distaccata, avesse intaccato una
parte di lei.
Si fermò vicino ad una sponda del lago, e respirando
profondamente, chiuse gli occhi, e la calma la pervase. Tutto divenne
etereo, irreale, e Alya si abbandonò al flusso dei suoi
sensi.
All’improvviso sentì un fruscio dietro di
sé, e rapidamente estrasse la bacchetta per puntarla nel
folto degli alberi. Qualsiasi cosa fosse non la rassicurava, e molto
probabilmente era umana. Non aveva sentito zoccoli, né il
suono delle foglie smosse da un animale, ma solo un lieve fruscio assai
simile a quello di un mantello. Era un mago.
Attenta scrutò nelle ombre del sottobosco, ma era inutile.
La poca luce che filtrava dagli alberi non bastava per illuminare tutte
le zone d’ombra, e la luce riflessa dal lago non
l’aiutava certo.
Si era fatta prendere allo scoperto, mentre il mago poteva giocare tra
i nascondigli degli arbusti.
Mentre cercava di prendere una decisione, un nuovo scricchiolo di
rametti spezzati arrivò da un lato e si voltò
velocemente in quella direzione, per vedere finalmente davanti a
sé Draco Malfoy.
Alya si ricompose subito, ma non ripose la bacchetta nel mantello.
“Che ci fai qui?” chiese brusca.
Malfoy rispose ghignando: “Ti dovevo parlare. Come mai tutto
questo nervosismo?” e la raggiunse tranquillamente vicino
alla riva.
Alya lo fissò per un istante, poi si voltò verso
il lago. “Cosa vuoi?”
Il ragazzo si sedette su un tronco caduto e riprese, sorridendo:
“La sera di Natale ci sarà una grande festa al
castello: il Ballo del Ceppo. Hai presente?”
La ragazza sospirò, appoggiandosi distrattamente ad un
albero accanto. “Se questo è un invito ad andarci
con te, declino volentieri. Preferisco di gran lunga rimanere nei
sotterranei di Serpeverde, da sola. Che c’è? Sei
rimasto senza accompagnatrici?” sorrise sarcastica.
“Non ti preoccupare, ho già la mia compagna. Tu
invece dovrai venirci per forza, ho un lavoro da farti fare. Ricordi?
Devi ripagare il mio silenzio, come d’accordo.”
Alya cercò di nascondere un fremito, che Draco
però notò. “Non è curiosa la
faccenda? La figlia di Bellatrix che esegue qualsiasi cosa io le dica
di fare…”
“Malfoy dacci un taglio, dimmi cosa hai in mente e sbrigati. Non ho tutto il giorno da
dedicarti.” Lo interruppe Alya, con falsa noncuranza.
Il ragazzo rimase leggermente contrariato, ma prese ad illustrarle i
dettagli.
“Mi raccomando – disse, alzandosi – hai
capito cosa devi fare?”
Alya annuì, irritata. “Certo. Hai altro da
dirmi?”
Il ragazzo scosse la testa e fece per andarsene. “Anzi, un
ultima cosa. Non credere che io sia uno sprovveduto: quel giorno dovrai
consegnarmi la bacchetta, solo per precauzione.”
La Serpeverde fece un passo in avanti, riscaldandosi. “Non
dirai sul serio! Io non intendo…”
Malfoy non si scompose. “Tu fai quello che ti dico
io.”
La ragazza non demorse. “Non ci penso nemmeno!
Io…”
“Tu? Tu cosa? Cosa pensi di fare,
sentiamo…” rispose beffardo.
I due ragazzi si scambiarono sguardi di fuoco, ma alla fine fu Alya a
dover distogliere il proprio, imprecando piano con se stessa.
“Bene. – riprese il ragazzo – Per quello
che dovrai fare la bacchetta non ti servirà. Cerca solo di
trovare qualcosa di decente da metterti, – la
squadrò dall’alto in basso, con un lieve disgusto
– non vorrei che il piano andasse in fumo solo
perché tu non sai comportarti da ragazza.”
Alya fece un passo indietro, e sibilò furibonda.
“Certamente. Ora te ne vuoi andare?”
Il ragazzo le lanciò uno sguardo compiaciuto e si
allontanò ridendo.
Alya lo fissò con odio finché non
scomparì tra il fogliame, poi si avvicinò irata
all’acqua del lago. Non avrebbe dovuto perdere la calma in
quel modo, specie con lui. Le emozioni erano un lusso che non poteva
concedersi.
Respirò profondamente, e si abbandonò ai propri
pensieri, ricercando la tranquillità.
Il momento più propizio per eliminare il problema del
ricatto era il Ballo del Ceppo; e per quel giorno la pozione sarebbe
stata pronta. La mancanza della bacchetta complicava le cose, ma
bastava aver un po’ di fortuna, sperando nell’unica
incognita che ancora le rimaneva: Harry. Il piano era deciso, era
giunto il momento di togliere di mezzo Malfoy.
Cercò di sciogliere un po’ i muscoli dalla
tensione accumulata, ma non ci riuscì, aveva
un’inspiegabile sensazione di disagio, forse attribuita alla
visita inaspettata.
Scocciata si voltò e riprese la via del ritorno, mentre una
figura acquattata nel sottobosco la guardò allontanarsi.
Ciao! Chiedo perdono per non aver aggiornato prima, ma è
stato un periodo pieno di impegni. Spero che vi piaccia, ma il pezzo
forte deve ancora arrivare. Il Ballo del Ceppo sarà pieno di
sorprese! Un ultima cosa, vi sfido ad indovinare la figura tra gli
alberi, anche se non credo che sia poi così difficile. Alla
prossima domenica se riesco! Un bacio.
Lolly94: ti ringrazio molto per i complimenti e sono felice che ti
piaccia! Ci vediamo nel forum ^^!
Arianna: per rispondere alla tua domanda: Sargas non è stato
marchiato perchè lui non è figlio
dell'oscurità. Mi spiego meglio: Alya è stata
donata alle tenebre ancora in fasce, un dono puro e innocente,
contaminato sin dal momento in cui è stato generato. Ha un
valore simpbolico altissimo, per questo Seginus non lascierà
mai andare Alya, è un'arma micidiale. Per Sargas invece la
storia è diversa, è nato sì da un Mangiamorte, ma
Seginus ha preferito comportarsi in un modo diverso rispetto a
Bellatrix. Ricordati che lui non ha la stessa devozione all'Oscuro
Signore, infatti non è andato ad Azkaban. (e questo
è uno dei motivi per cui deve fare in modo che Alya riesca
nel suo intento, è il suo riscatto). Spero di aver risposto
alla tua domanda ^^.
Chibi: grazie mille per la tua recensione, ma non voglio costringerti
a recensirmi ogni volta se non te la senti o non hai tempo ^^ (Fay e
Ari, per voi questo discorso non vale ovviamente...). E non ti
preoccupare, non scriverò mai in rosa sparaflescio, in primo
luogo perchè non si adatta bene all'atmosfera della storia,
secondo perchè non ci tengo proprio ad accecarti, e terzo
perchè non lo riesco a vedere neppure io ^^. Sono veramente
contenta che Sargas ti piaccia (anche perchè io lo
adoro...), ma sono sicura che con il prossimo capitolo ti
piacerà ancora di più.
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Capitolo 10 *** Un appuntamento con il passato ***
Alya si trovava nei sotterranei di Serpeverde e dalla
Sala Grande, sebbene attutita dallo spessore delle mura, giungeva una musica
brillante e vivace. La festa era già iniziata da un pezzo, ma alla ragazza non
importava un granché. Voleva trovare la concentrazione prima di unirsi ai
festeggiamenti.
Un’ora prima aveva consegnato a Malfoy la sua bacchetta, e
aveva assistito impotente mentre se la infilava in una tasca e spariva
attraverso il ritratto a braccetto con Pansy Parkinson, diretti al ballo. Mai
prima d’ora si era sentita così vulnerabile, e questo pensiero la faceva
impazzire. Era rimasta fino a quel momento rinchiusa nel suo dormitorio,
preparandosi con estrema lentezza, cercando di reprimere la rabbia e raffreddare
i suoi istinti. Quella sera aveva bisogno di restare lucida.
Dopo una doccia
ristoratrice, si era raccolta i capelli con un asciugamano e aveva indossato il
suo vestito da sera. L’abito era nero con dei riflessi blu scuro, piuttosto
semplice ma elegante. Senza spalline, le lasciava le spalle scoperte, e le
segnava la vita stretta. La gonna lunga le scendeva morbida fino alle caviglie e
lasciava intravedere le scarpe con i tacchi da qualche centimetro.
Non
l’entusiasmava l’idea di indossare un vestito da sera, che era poco pratico e le
limitava i movimenti, ma, sfruttando l’ampiezza della gonna, era riuscita a
fissare una fascia al ginocchio, nascosta ma comoda alla portata, dove aveva
riposto la fiala della pozione. Neppure i tacchi le davano molta
sicurezza, ma non erano molto alti e le lasciavano un certo margine di
stabilità.
Si era sciolta i capelli dall’asciugamano e se li pettinò,
asciugandoseli con un colpo di bacchetta. Decise di raccoglierli, come sempre,
per non intralciarle la vista. Ora, terminati i preparativi, si presentò
davanti allo specchio, per controllare che la fascia al ginocchio non si
scoprisse, e il livido rossastro sul suo avambraccio sinistro catturò la sua
attenzione.
Il Marchio Nero rimaneva ancora sbiadito, ma andava lentamente
prendendo forma, risaltato dalla carnagione bianca della ragazza. Ogni volta che
lo vedeva, Alya rimaneva sempre incantata ad osservarlo, come una terribile
promessa del destino che l’attendeva. Quella sera ebbe una fitta di
angoscia, ma si infilò velocemente i guanti neri e sottili che le coprivano il
braccio fino gomito, controllando che aderissero perfettamente.
Lanciò
un’occhiata distratta allo specchio e, prendendo con sé una giacca nera, uscì
dal ritratto di Serpeverde. Appena fuori, la musica si alzò di volume e un ritmo
martellante vibrava tra le pareti del castello. Alya salì le scale che la
portarono all’Ingresso Principale, dove il chiasso della festa la aggredì. Per
lei che aveva dovuto sviluppare un udito fine, la musica era a dir poco
assordante, ma aveva un compito da svolgere e non poteva tirarsi indietro.
Si diresse verso la Sala Grande e non appena entrò le parve subito di
soffocare. La maggior parte degli studenti era in pista da ballo, e formavano
una massa compatta che si muoveva ad un ritmo comune, mentre i pochi altri
occupavano i tavoli. Si addentrò tra la folla, sicura, ma la sensazione di
oppressione aumentò: aveva sempre mal sopportato la ressa, soprattutto perché
non poteva tenere sotto controllo la situazione intorno a sé. Nonostante tutto,
riuscì ad individuare Harry e Ron seduti ad un tavolo, del tutto alieni
all’atmosfera della festa, e fece un sospiro di sollievo: se fossero stati sulla
pista, non li avrebbe mai trovati.
Prima di riuscire a raggiungerli si trovò
davanti un ragazzo del sesto anno, che non aveva mai visto prima, che le
sorrideva. Alya fece per spostarsi, ma il ragazzo la fermò e, per farsi
sentire, urlò: “Vuoi ballare con me?”
“No” urlò Alya in risposta, e lo spostò
di lato per passare. Ma il ragazzo non demorse e l’afferrò per un braccio,
facendole perdere l’equilibrio, già precario a causa dei tacchi. Sorpresa e
del tutto impreparata, Alya si ritrovò addosso allo sconosciuto, che già
approfittava del momento in modi poco opportuni. Allora lei, arrabbiandosi, con
un pugno ben assestato lo fece piegare in due, e gli sussurrò piano ad un
orecchio: “Se provi a toccarmi un’altra volta, il dolore che sentirai sarà
decuplicato rispetto a quello che senti ora.”
E si girò, lasciandolo
afflosciarsi su se stesso, e nascondendo tra le pieghe della giacca quello che
doveva essere la sua bacchetta. Con un sorriso soddisfatto raggiunse Harry e
Ron, che rimasero di stucco nel vederla alla festa, specie in un abito da sera.
“E tu che ci fai qui?” urlò Ron, per farsi sentire. “Ho pensato di fare
un salto” rispose con non curanza la ragazza, sedendosi al loro tavolo e approfittando per infilare la bacchetta alla fascia del ginocchio. Harry
la guardò con un sorriso scettico. “Tu?” “Si, io. Perché? Pensavo ci si
divertisse, ma dalla faccia che avete non sembra proprio.” E lanciò uno sguardo
verso la pista dove Hermione e Cho ballavano con i loro partner.
I due
Grifondoro di incupirono improvvisamente, e non risposero. “Sentite, - disse
Alya - qui non si può parlare, che ne dite di fare un giro fuori? Per prendere
una boccata l’aria, magari.” Entrambi mugugnarono qualcosa di indefinito,
però si alzarono e si avviarono verso la porta. Alya li seguì e mentre
attraversava la sala, con la coda dell’occhio vide il ragazzo a cui aveva
sottratto la bacchetta cercare di nascondersi dietro una coppia che ballava.
Sorridendo soddisfatta, uscì e si incamminò insieme ad Harry e Ron per i
viottoli del parco di Hogwarts.
Sargas aspettava impaziente nell’Ingresso Principale,
dove poco prima aveva visto passare Alya. Ogni volta che la vedeva, i momenti
passati da una’intera vita gli ritornavano in mente, e un dolore sordo gli
invadeva il cuore. Gli mancava, ma aveva perso da tempo la speranza di un suo
ritorno.
Era notte, e nevicava. Era fuggito dall’Inghilterra
e si era rifugiato più a nord, in un piccolo villaggio sconosciuto. L’aveva
abbandonata, e il suo ricordo era più doloroso a mano a mano che il tempo
passava. Era stato stupido a lasciarla così, sicuramente lei non avrebbe mai
accettato di diventare una Mangiamorte di sua spontanea volontà. Non poteva
essere altrimenti. Eppure sembrava così decisa… Ad un tratto bussarono alla
porta, e si alzò andando ad aprire. Davanti a lui si presentò una figura esile,
con lunghi capelli neri e occhi scuri, che lo guardava. “Alya!” gridò e la
abbracciò forte, non potendo credere ai proprio occhi. “Ehm, mi faresti
entrare?” rispose lei, soffocata da quel gesto improvviso. Subito Sargas si
fece da parte e la accompagnò dentro. “Giusto. Ti prendo qualcosa di caldo, fa
freddo fuori.” Andò al fornello e prese una tazza, riempiendola di thè dalla
teiera. “Sono così felice di rivederti. – continuò – Sapevo che in
realtà…” “Aspetta. Non sono venuta qui per quello che tu credi…” riprese
Alya, con voce atona e fredda. Sargas si voltò verso di lei, e la guardò
incredulo. “Cosa…?” “Sono venuta qui per ucciderti.” Riprese, e sfoderò la
bacchetta. La tazza cadde sul pavimento e un rumore di porcellana infranta
echeggiò nella stanza.
Una voce eccitata lo riportò alla realtà, e lo fece
sobbalzare. “Eccomi Sargas, scusami ma avevo visto una bella ragazza e non
potevo perdere l’occasione, sai.” “Si si, Poliakoff, come al solito. –
rispose Sargas, infastidito – allora? E’ andato tutto bene?” “Certo! E’
filato liscio come l’olio e ha preso la bacchetta.” “Non ti ha riconosciuto?”
“No, però per precauzione quando è passata per uscire mi sono nascosto. Non
volevo che mi vedesse mentre venivo da te. Devo ammettere però che ha un
bel caratterino oltre che a…” “Quando vorrò sentire i tuoi commenti lascivi,
te ne farò richiesta. Ora scusami, ma non ho tempo.” Sargas si avviò verso
l’esterno. “Dove vai?” gli gridò in rimando l’amico. “Ho un appuntamento, con il passato.” Sussurrò Sargas,
piano.
Salve a tutti!! Mi scuso per il ritardo con cui ho
aggiornato, ma il mio computer si è fuso e ho dovuto aspettare quello nuovo ^^.
Comunque ora sono qui, e questo è solo l'inizio! Ho dovuto spezzare il capitolo
del Ballo del Ceppo in tre parti, purtroppo, o veniva troppo lungo e il
risultato non era lo stesso. Questa è la prima parte, e spero che sia piaciuta!
A domenica prossima!
Kadma32: ti ringrazio per la tua
recensione! Sono contenta che Draco sia risultato IC, visto i miei maldestri
tentativi nelle bozze. Ti ringrazio sopratutto per la fiducia e spero di esserne
all'altezza!
Tokio_girl: Non ti posso svelare niente
per ora, e spero che questo capitolo ti piaccia, visto che non hai avuto
l'occasione di leggerlo in anteprima!
Chibi_elyon: Purtroppo non si sono
avverate tutte le anticipazioni che ti avevo promesso via
msn, ma non ti preoccupare, arriveranno!
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Capitolo 11 *** L'agguato ***
Alya stava passeggiando tranquillamente per
il parco di Hogwarts, in compagnia di Harry e Ron. Dal castello provenivano gli
echi del Ballo ancora in corso, ma nessuno di loro voleva ritornarci.
Parlavano tranquillamente del più e del meno, in un’atmosfera rilassata e
cordiale. “Allora Harry, - disse Alya – hai già provato ad aprire
l’uovo?”
Il Grifondoro arrossì leggermente, ma nella penombra delle lanterne
non si notò. “Ehm.. diciamo che si sto lavorando.” “Quando l’abbiamo aperto
nella Sala Comune – continuò Ron – si è sentito solo un strillo acuto, spacca
timpani. Ma che razza di indizio è?” E scosse la testa. “Mmm… Non saprei.
Potrebbe essere il verso di qualche animale… Sei sicuro che non fosse umano?”
domandò Alya, dubbiosa. “No, a meno che non fosse Percy sotto la doccia.”
Rispose Ron, serio.
I tre ridacchiarono divertiti, e continuarono a
camminare. Le stelle brillavano sulla volta celeste, e nonostante il freddo
pungente, c’erano molte altre coppie nascoste per il parco, in luoghi mai
pensati. Dopo l’ennesimo cespuglio da cui provenivano suoni più o meno
indistinti, Ron si fermò di colpo e si mise ad osservare due figure che
passeggiavano poco più in là nella direzione opposta alla loro. La ragazza aveva
capelli lisci e fluenti, mentre il ragazzo era molto alto con una grossa
pelliccia, e si tenevano per mano.
Socchiudendo gli occhi, Ron sbottò
“Scusate, vi raggiungo dopo.” E si diresse rapidamente verso la giovane
coppia. “Ron , che fai!?” sibilò Harry, cercando di trattenere l’amico, ma
afferrando solo aria.
“Non ti preoccupare – disse Alya – non è Hermione.” E
riprese a camminare. “E tu come fai a saperlo?” domandò Harry,
sarcastico. “Il vestito di Hermione era chiaro, mentre da come riflette la
luce, quello di quella ragazza è scuro. E poi il suo “amico” dovrebbe essere
almeno un metro e 90, troppo per Victor Krum.” Rispose seriamente la
ragazza. “Ah. Hai spirito di osservazione.” Disse Harry, affiancandosi
all’amica. “Si, diciamo di sì.”
Camminarono per un po’, in silenzio,
seguendo un sentiero che costeggiava la Foresta Proibita, quando all’improvviso
Alya mise un piede in fallo e ruzzolò imprecando per terra. Harry le fu
subito accanto. “Ti sei fatta male?” e con un braccio la aiutò ad
alzarsi.
“No, non ti preoccupare. Maledetti tacchi, io non so proprio come
riescano le ragazze a camminare con questi cosi.” Disse irritata e si riassettò
la gonna. Harry ridacchiò “Ah beh, se non lo sai tu…”
All’improvviso da
una svolta del viottolo fece la sua comparsa Draco Malfoy con la bacchetta
sfoderata e un ghigno malvagio. “Ma che bella coppia! Johnson e Potter! Curioso
incontrarvi così per caso…” “Malfoy, vattene e lasciaci passare. Non voglio
rovinarmi la serata per colpa tua.” Rispose Harry, facendo un passo in avanti e
frapponendosi fra lui ed Alya.
“Oh, non ti preoccupare Potterino. Alla mia
cara Serpeverde non torcerò un capello. Piuttosto non ti senti un po’…
svantaggiato?” E dietro di loro comparvero Tiger e Goyle a sbarrare la
strada.
“Malfoy, cosa vuoi?” disse Harry, cercando a tentoni la bacchetta nel
suo mantello. “E’ inutile che cerchi Potter, la tua bacchetta ora ce l’ha
qualcun altro. O forse dovrei dire qualcun’altra.” Harry si voltò verso Alya,
incredulo, ma lei a testa bassa si avviò verso Draco, che teneva la mano aperta.
“Ecco, e ora questa faccenda è finita.” Sibilò la ragazza, consegnando la
bacchetta di Harry al Serpeverde. “Oh, per ora sì.” Alya non si voltò ma
si spostò dietro Draco, a occhi bassi. Harry stentava a credere ai propri
occhi. “La mia cara compagna ti ha preso la bacchetta mentre tu, con un gesto
di cavalleria, la aiutavi a alzarsi. Dovresti vedere la tua faccia in questo
momento Potter! E’ così patetica!” e Malfoy scoppiò in una risata, seguito a
ruota da Tiger e Goyle.
Harry strinse i pugni, ma non ribattè, tenendo fissi
gli occhi sulla ragazza, che non alzava lo sguardo. “Bene – riprese Draco,
divertito – ora che abbiamo chiarito bene i ruoli, si può cominciare…”
“Tarantella!” Un getto di luce colpì in pieno Goyle, che barcollò e
cadde per terra, incapace di reggersi in piedi. Tutti si voltarono verso
quell’improvvisa apparizione, che si rivelò essere Ron a bacchetta sfoderata.
Tiger fece un passo in avanti, ma Harry estrasse la bacchetta dal mantello e
lo colpì con una fattura in pieno volto. Esterrefatto Draco si voltò verso
Alya che sorrideva ironicamente e gli teneva puntato la bacchetta appena
estratta da sotto la gonna. “Ma… ce l’ho io… Com’è possibile?”
“Malfoy, ti
avevo avvertito: tu, non mi puoi ricattare. Stupeficium!” Draco cadde
con un tonfo, e Alya ne approfittò per perquisirlo e prendere sia la sua
bacchetta, che quella del ragazzo. “Grande idea quella di trasfigurare un
legnetto e di farlo assomigliare alla bacchetta di Harry, complimenti!” disse
Ron , raggiungendo la ragazza e sfilando dalla mano del Serpeverde la bacchetta
finta. “Io non ci avrei mai pensato.”
“Già – sorrise Harry, raggiungendoli –
sei stata fenomenale. Insomma se non ci fossi stata tu…” “Beh, – rispose
Alya, alzandosi in piedi e dando una pacca con il piede al corpo di Draco – non
ci sarebbe stato neanche Malfoy ad aspettarvi. Insomma, il mio compito era
quello di portarvi qui, possibilmente disarmando te. E comunque non è che mi sia
riuscita molto la trasfigurazione. Per fortuna è scuro e non si vedono i
particolari.”
“Ma perché? Come è riuscito a convincerti a farlo?” domandò
Harry, con la fronte corrucciata. “Gli dovevo un favore, e non ho potuto
tirarmi indietro. – disse Alya, frettolosamente – dovete togliere Tiger e Goyle
dalla strada, se qualcuno passa di qui adesso potremmo trovarci in guai seri. A
Malfoy ci penso io.”
Harry e Ron si affrettarono a nascondere i due
Serpeverde dietro ad un cespuglio, sudando sette camicie per riuscire a
spostarli. Quando anche l’ultima scarpa sparì dalla vista, affannato Ron si
rivolse ad Alya: “Beh, grazie comunque Alya, noi…”, ma si interruppe nel
veder avvicinarsi da lontano una figura imponente. “Quello non è Hagrid?”
sorpreso, aguzzò la vista.
“Non è solo… Madame Maxime?” esclamò Harry,
stupito. “Meglio non farsi vedere qui, nemmeno da Hagrid – disse Alya,
guardandosi attorno – nascondiamoci dietro quella statua, presto!”
I due
Grifondoro corsero veloci nel luogo indicato, ma non appena furono al sicuro
nell’ombra della statua si accorsero che l’amica non li aveva seguiti. “Ma
dove si sarà cacciata?” preoccupato Harry, si guardò in giro. “Zitto! Stanno
arrivando. Dopo la ritroveremo. “ sussurò Ron, sbirciando il sentiero.
“L’ho
capito dal primo momento che ti ho vista” stava dicendo Hagrid, con voce
curiosamente roca. I due ragazzi rimasero impietriti, immobili. Non era certo
il genere di discussione che volevano origliare.
“Perfetto – penso Alya,
nascosta poco più lontano – questo li terrà occupati per un po’. Non noteranno
neanche la mia assenza.” Silenziosa, scivolò dove poco prima aveva sistemato
Draco, privo di conoscenza. “Ora noi due facciamo un giretto…” sussurrò la
ragazza, e con un leggero colpo di bacchetta lo sollevò a pochi centimetri da
terra, e senza farsi notare si rifugiò tra i primi alberi della foresta
proibita.
“Qui potremo parlare tranquillamente.” Sorrise, addentrandosi
all’interno.
Salve a tutti! Con un po' di ritardo sono
riuscita ad aggiornare ^^.Questa è il secondo dei tre capitoli che trattano il
Ballo del Ceppo, inutile dire che il prossimo sarà quello più sconvolgente. Ve
l'aspettavate il colpo di scena della bacchetta? Beh, all'inizio nemmeno io, ma
poi piano piano l'idea è andata formandosi, spero solo che non sembri troppo
azzardata. Pensavo magari di usare una bacchetta finta dei fratelli Weasley, ma
non potevo rischiare che si trasformasse in pollo nel bel mezzo della scena di
suspance. Sarebbe stato troppo ^^. *Televenditrice MODE ON* Cosa farà Alya
con Malfoy? Cosa succederà nella Foresta Proibita? Se volete saperne di più,
leggete anche il prossimo capitolo! *Televenditrice MODE OFF" Alla prossima!
Dark Soul
Arya26: ti ringrazio molto
per il tuo complimento. Spero che ti piaceranno anche i prossimi capitoli!
Arianna: cambi nick ogni
volta così ho deciso di chiamarti per nome. Sono davvero contenta della
assiduità con cui recensisci, e visto che non avevi ancora letto in anteprima il
capitolo (come questo in effetti) sono stata ancora più soddisfatta della tua
reazione. Proprio quella che volevo suscitare nei lettori: mi hai dato la
conferma di aver centrato il bersaglio che mi ero preposta. Grazie ^^. Comunque
il "porco maniaco" tecnicamente non è amico di Sargas, diciamo che a lui serviva
qualcuno che facesse il lavoro sporco. Il motivo ti sarà chiaro nel prossimo
aggiornamento.
Fairydreams: Grazie tesora. Significa molto per me...
|
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Capitolo 12 *** Nella Foresta Proibita ***
Alya procedeva tranquilla nel folto della Foresta
Proibita, tenendo sollevato a mezz’aria il corpo privo di conoscenza di Draco
Malfoy. Tutt’intorno si udivano rumori sinistri, il vento leggero creava
strani fruscii, e la fantasia accentuava le sagome contorte degli alberi.
La delicata luce lunare filtrava a malapena dall’intrico dei rami e solo il
flebile chiarore della bacchetta illuminava a stento il cammino che percorreva,
ma la ragazza si sentiva sicura. Ora che aveva ancora una volta la propria
bacchetta in mano sapeva difendersi senza problemi, e nonostante la vista fosse
assai penalizzata, la compensava l’udito fine sviluppato in tanti anni di
addestramento. Tuttavia per non imbattersi in animali selvatici notturni, decise
di non addentrarsi troppo all’interno della Foresta, tenendosi comunque
abbastanza lontano dal parco di Hogwarts per evitare che dei seccatori la
disturbassero mentre interrogava Draco. Anche se dubitava fortemente che
qualcuno decidesse di passeggiare nella Foresta proibita, specie in una serata
così movimentata.
Giunta in un piccolo spiazzo, da cui la luna si
vedeva più chiaramente, si fermò e appoggiò Draco contro un tronco d’albero.
Fece un respiro profondo, in apparenza per trovare la concentrazione, e si
preparò a lanciare la Maledizione. Odiava doverne fare ricorso, l’odiava
soprattutto perché faceva parte del suo essere Mangiamorte, ma non poteva farne
a meno. Non aveva più scelta, perché era già stata presa molti anni
prima. “Imperio”
Il corpo di Draco si irrigidì e scattò in piedi, la
testa diritta, e nonostante gli occhi chiusi, pronto ai suoi ordini. La
mente del ragazzo era scivolata in un nuovo torpore leggero, cullato
dolcemente in una vaga felicità. “Draco – sussurrò una voce lontana, dolce e
ammaliante – ora parliamo un po’. Ti farò qualche domanda ma tu dovrai essere
sincero”. Sincero. Sì, perché no? Mentire era impossibile in quella pace
sconfinata. “Bene. Tu hai cercato di ricattare Alya Johnson. Anzi Lestrange.
Come hai scoperto la sua vera identità?” Sussurrò piano quella voce soave. E’
stato fin troppo semplice.
In una notte di 4 anni fa, pioveva forte e i
tuoni rimbombavano per la casa. Non riuscivo a dormire, così mi sono alzato e
sono uscito dalla mia stanza. Volevo andare nelle cucine a bermi una cioccolata
calda, ma uno spiraglio di luce mi fermò, e notai che proveniva dalla porta
dello studio semichiusa. All’interno un caldo fuoco bruciava nel camino e
sulle comode poltrone di velluto sedevano i miei genitori. Riconobbi subito la
voce vellutata di ma madre. “… Hanno cercato di scappare un’altra volta. A
quanto pare suo figlio ce l’ha fatta, ma Alya è stata presa, per fortuna.”
“Infatti. – le rispose mio padre – Anche se non capisco tutto questo zelo
per l’educazione di quella ragazzina. Il Signore Oscuro è morto e Bellatrix
ormai dovrebbe farsene una ragione. A che scopo continuare? “Tu non capisci.
Mia sorella crede fermamente nella Sua Rinascita, e ha posto in sua figlia Alya
tutte le sue speranze e la sua vendetta. Per lei è l’unico modo per sopravvivere
ad Azkaban. “Se non sbaglio la bambina ha la stessa età di Draco. Sarà
iscritta a Hogwarts?” “Si, naturalmente come figlia di Seginus: Alya
Johnson. A quanto pare quest’anno farà la sua comparsa anche Harry Potter, e
questa credo sia l’unica ragione per cui …” Un forte tuono mi fece
sobbalzare, e caddi in avanti spalancando la porta. I miei genitori si alzarono
di scatto, sorpresi, e mio padre mi si avvicinò, alzandomi per la
collottola. “Non si origlia alla porta. Non te l’ho mai insegnato?” Io
non sapevo cosa dire, e non riuscivo ancora a capacitarmi di avere una cugina
mai incontrata. Per fortuna mia madre si avvicinò e pose la sua mando delicata
sulla spalla di suo marito. “Non importa, Lucius. Lascialo andare. Draco,
tesoro mio, cosa hai sentito?” “Tutto, che ho una cugina, la figlia di
Bellatrix , però ora ha un altro cognome, Johnson mi pare.” Risposi
velocemente, mangiandomi qualche parola. “Ho capito. Devi sapere che questo
è uno dei più importanti segreti della nostra famiglia, e noi vogliamo che non
si sappia in giro. Sei capace di tenere un segreto Draco?” “Certo!” dissi,
con orgoglio. “Bene. Non dovrai dirlo a nessuno, neppure al nostro elfo
domestico. E d’ora in avanti non ne parleremo più. Sarà come se fosse
dimenticato, hai capito?”
“E tu hai mantenuto la promessa?” Si.
Non l’ho mai rivelato a nessuno, nemmeno a Tiger e Goyle. “L’hai scritto da
qualche parte?” No. “Bene. Ma perché allora hai deciso di
ricattarla?” “Perché un giorno alla locanda
“Tre manici di scopa” mi ha umiliato davanti a tutta Hogsmeade. E’ stato un
affronto che non ho potuto dimenticare. Naturalmente non avrei mai rivelato a
nessuno quel segreto, meno che meno a Potter, ma godevo del fatto di tenere in
pugno quella ragazza che si era presa gioco di me.”
Alya uscì dalla sua mente, e lasciò che il corpo di
Draco si afflosciasse contro l’albero. Era incredibile come tutto quello che era
successo, dipendesse solo dal suo stesso orgoglio ferito. “Che bella
famiglia mi ritrovo.” Si ritrovò a pensare la ragazza, con disgusto. Gli si
avvicinò ed estrasse la fiala dalla fascia, svuotandone piano piano il contenuto
nella bocca semiaperta del ragazzo, massaggiandogli la gola per farlo scendere.
Il suo corpo si irrigidì una seconda volta, e spalancò gli occhi, tremando
visibilmente. Alya gli prese la testa fra le mani e avvicinò il viso a quello
del ragazzo. “Tu dimenticherai quello che è successo quella notte di 4 anni
fa. – sussurrò con voce lenta e sicura – per te Alya Johnson è e rimarrà solo
una compagna di Serpeverde. Niente vi accomuna. Niente altro. Tu dimenticherai
il resto. “ “S- ss- i.” rispose il ragazzo, e svenne.
“Forse ho aggiunto troppa rosa canina.” Pensò
Alya, ma noncurante lo sollevò in piedi e gli sussurrò ad un orecchio: “Ora vai,
segui la strada per il ritorno. E quando sarai uscito dalla Foresta Proibita ti
risveglierai e non ricorderai niente di quello che è successo qui
stanotte. Il corpo di Draco si mosse, rigido e si avviò verso il castello. La
ragazza lo seguì fino a che non raggiunse il limitare del bosco, per assicurarsi
che non gli accadesse nulla di grave. Appena uscito, Alya ritornò ella piccola
radura e cancellò le tracce. Ora che aveva terminato il suo compito, avrebbe
dovuto sentirsi più allegra, ma si sentiva sempre più nervosa. Non ne capiva il
motivo, ma quella sensazione di malessere non si placava. Improvvisamente si
rese conto finalmente di cosa non andava. Sembrava che la foresta, in cui poco
prima si udivano rumori e bisbiglii di ogni sorta, si fosse improvvisamente
spenta in un silenzio teso. Non era un buon segno.
Rimase immobile, a occhi chiusi e cercò di aguzzare
il più possibile l’udito. Niente. Neppure il più piccolo fruscio. Spense la luce
della bacchetta per evitare di attirare l’attenzione con il suo chiarore, ma
probabilmente era tardi. Rimase diritta, pronta a captare qualsiasi movimento
nella notte, e finalmente sentì dietro di lei un fruscio, che si spense subito.
Bene, aveva capito la sua posizione. Delicatamente fece scivolare il piede fuori
dalla scarpa, e lo appoggiò sul terreno, seguito a ruota dal secondo. Non
sarebbe mai riuscita a correre con i tacchi. Strinse forte la bacchetta, pronta
allo scatto.
All’improvviso si voltò e lanciò un incantesimo un in
cespuglio. Una figura nera saltò fuori, e correndo si immerse nella boscaglia.
Era un mago. La ragazza si gettò veloce dietro di lui, ma l’oscurità era fitta,
e il sentiero tutt’altro che agevole, con arbusti e rami che si impigliavano
nella gonna, e lo perdette di vista, nelle ombre della foresta. Alya rallentò il
passo, e si mosse attenta per il fogliame. Cercava un qualche indizio sulla
direzione che aveva preso lo sconosciuto, quando un getto di luce rossa sprizzò
da un lato, cogliendola di sorpresa.
Fece appena in tempo a chinarsi e schivarlo. Si
slanciò dietro un albero e corse via, zigzagando per la foresta. Trovava spesso
rami di rovi ad intralciarle la strada, ma con un colpo di bacchetta li
allontanava e correva più veloce di prima. Lanciava dietro di sé incantesimi di
ostacolo, ma non sentiva nessuno dietro di sé. Non sapeva dove stesse correndo,
ma cercava di non addentrarsi troppo nel bosco, o il suo inseguitore non sarebbe
stato il suo unico problema. Ad un tratto vide davanti di sé uno stretto
passaggio tra due tronchi d’albero e ci passò in mezzo, fissando un incantesimo
di inciampo. Subito si nascose dietro un masso e cercò di ridurre il fiatone.
Fissò lo sguardo su un albero spoglio ricoperto di edera selvatica davanti a sé,
e si tese ad ascoltare. Niente rompeva la quiete della foresta, e il silenzio
faceva da padrone. Alya si sporse cauta dal suo nascondiglio, e un altro getto
di luce colpì la roccia poco sotto il suo viso.
Veloce scappò ancora tra gli alberi, cambiando spesso
direzione. Rami si impigliavano alla sua gonna, e i suoi piedi scalzi avevano
molteplici ferite. Si nascose più volte in luoghi sempre diversi, ma lo
sconosciuto la scovava sempre, costringendola a fuggire. Cercava di
mantenere i nervi saldi e il senso dell’orientamento, ma era un’impresa
disperata. Per la prima volta da tanto tempo, era in difficoltà. Senza
fiato, si infilò in un cespuglio e cercò di prevedere da dove sarebbe arrivato,
ma le sembrava inutile. Era come se sapesse esattamente dove fosse, e trovasse
il modo di forzare la sua guardia costringendola di nuovo a scappare in un
circolo vizioso. Cercò di riflettere lucidamente, e chiuse gli occhi per
concentrarsi. In quella calma apparente sentiva il sangue pulsare sulle lievi
ferite procurate nella fuga.
All’improvviso si rese conto di un calore estraneo
al ginocchio destro, in corrispondenza della fascia.
La scoprì e
notò che proveniva dalla bacchetta rubata al ragazzo del ballo. La mente
di Alya cominciò lavorare velocemente. E se …
Un lieve fruscio giunse da una
parte, nell’oscurità. Silenzio. Un altro movimento leggero , poco più spostato,
e di nuovo più nulla. Ad un tratto la figura venne allo scoperto, tenendo sul
palmo aperto della mano la propria bacchetta che indicava il punto in cui Alya
si era nascosta poco prima. Si avvicinò quatto e smosse un poco le foglie
secche, scoprendo una bacchetta. Non fece a tempo ad alzarsi che Alya da dietro
un albero lanciò incantesimo, colpendo il nemico alla schiena e facendolo cadere
oltre al cespuglio che poco prima l’aveva ospitata.
Cautamente la ragazza si avvicinò un passo alla
volta, tenendo gli occhi e le orecchie bene aperte, ma non appena fu sul posto
scoprì che non c’era nessuno steso a terra. Troppo tardi si rese conto del
pericolo, e improvvisamente un incantesimo la colpì alla mano destra, facendole
cadere la bacchetta. Fece appena in tempo a voltarsi, che una sagoma
spuntò fra le ombre e la bloccò contro un albero, con una mano stretta attorno
al suo collo e la bacchetta premuta sotto il mento. Rimasero immobili,
qualsiasi movimento avrebbe significato un rischio, una possibilità per l’altro
di reagire. Alcuni raggi lunari filtravano tra i rami contorti della foresta ed
Alya sgranò gli occhi nel riconoscere la figura che la sovrastava. Sargas le
sorrideva ironicamente, sicuro di sé, con gli occhi scuri puntati su quelli
della ragazza.
“Ho vinto” proruppe, con la sua voce calda, senza
accennare ad abbandonare la posizione. “Ne sei sicuro?” gli rispose Alya, con
una chiara nota d’orgoglio, alzando un sopracciglio e abbassando il proprio
sguardo sul petto del ragazzo. Sargas abbassò gli occhi e vide la bacchetta
che poco prima aveva lasciato sulle foglie di quel cespuglio stretta nel pugno
sinistro della ragazza, puntata sul cuore. Alzò la testa, e scosse lieve il
capo, allentando la presa sul collo della ragazza e facendo u passo indietro.
“Parità.” Aggiunse con una velo d’amarezza. Alya riconobbe la frase, e un
ricordo di tanti anni prima le riaffiorò in mente.
In una calda giornata di sole due ragazzini
giocavano nel prato. La bambina era stesa al terra, con la bacchetta puntata sul
petto del bambino più grande, che le era seduto sopra con una bacchetta puntata
sulla gola. Entrambi erano immobili ed ansanti, con la faccia seria e tesa per
lo sforzo. Ad un tratto il ragazzino scoppiò a ridere e si raddrizzò, alzandosi
in piedi. “Parità” le disse con un sorriso, porgendole la mano. “Se se, parità –
rispose la bambina allegramente, alzatasi – se sapessi usare l’Avada Kedavra ti
avrei già ucciso un milione di volte.”Entrambi risero spontaneamente,
spensierati. Il ragazzino con le lacrime agli occhi le pose una mano sulla
testa, e le spettinò i capelli, aggiungendo: “Sbruffona.”
“Ora conosci l’Avada Kedavra vero?” disse
Sargas, serio, così diverso dal bambino del ricordo. Alya non gli rispose, ma
andò a raccogliere la propria bacchetta senza alzare lo sguardo su quello del
ragazzo. Quel ricordo era così diverso dal presente, da sembrare quasi
buffo pensare che il gelo tra i due una volta era qualcosa di assai più profondo
e caldo. “Perché? – domandò Alya, con voce atona – Perché hai fatto in
modo che prendessi quella bacchetta rivelatrice dal tuo amico? Che cosa
vuoi?” “Sapevo che eri senza bacchetta.” le rispose Sargas, e in risposta ad
un sguardo dubbioso della ragazza aggiunse: “il giorno della prima prova, al
lago. Ero io tra i cespugli.” Alya
non rispose. Ora capiva l’inspiegabile sensazione di disagio, ed era seccata
della sua intromissione nelle sue faccende personali. “So cavarmela da
sola.”
“Volevo parlarti e ho colto l’occasione.” “Potevi
farlo comunque, senza attaccarmi e correre per la foresta.” “Hai ragione. Ma
ti ricordo che mi ha attaccato tu per prima. “ Alya fece un moto di stizza, e
non rispose. Lo guardò, e mai come ora lo sentiva lontano da sé, e mai come ora
le mancava. Così vicino, eppure così lontano. Per un attimo provò il folle
desiderio di rivelargli tutto, di parlargli del suo sacrificio, di buttare la
sua maschera. Ma fu questione di un attimo, e distolse lo sguardo. “Hai detto
che mi devi parlare. Ebbene ora solo qui.” Disse, con noncuranza.
“Sai – sorrise tristemente Sargas, incrociando le
braccia – in tutti questi anni mi sono fatto molte domande. Quasi tutte senza
risposta. Eppure ora che ti ho qui davanti adesso, mi sembrano
inutili.” “Povero piccolo Sargas. – ghignò Alya – non riuscivi a dormire la
notte, pensando alla cattiva Mangiamorte?” Il ragazzo fece un passo in
avanti, irato. “Io sono venuto qui, pensando di ritrovare qualcosa, di ritrovare
te. Speravo di poter capire …” “Capire che cosa? – gli rispose Alya,
arrabbiata – Non c’è niente da capire, niente è rimasto. Il passato è passato, e
mai più ritornerà.” Sargas fece un passo indietro, e si passò una mano tra i
capelli, abbattuto. “Hai ragione: sono stato proprio uno stupido a tornare. Non
so neanche io in cosa speravo, ma ormai è chiaro che la Alya che conoscevo io è
morta quello stesso giorno in cui ci siamo separati. Dovevo rendermene conto
molto tempo prima, soprattutto dopo quella sera in cui hai cercato di
uccidermi.” La ragazza, che poco prima lo stava guardando con sufficienza,
spalancò gli occhi. “Cosa?”
Sargas sorrise, triste. “Non dirmi che te lo sei
dimenticata. E’ stato così di poco conto per te? Allora facciamo che ti
rinfresco io la memoria. Poco dopo la nostra separazione, una notte, hai bussato
alla mia porta. Io ti ho accolto felice di rivederti, ma tu eri cambiata già
allora. I tuoi occhi non erano mai stati così freddi, la tua voce, gelida e
sprezzante. – il ragazzo fece una pausa, cercando di trovare le parole – E’
stato un miracolo che io mi sia salvato, se non mi avesse trovato Karkaroff sarei
morto di certo.”
Alya non si mosse, impietrita. Non riusciva a
crederci. Non riusciva a trovare una spiegazione. Smarrita continuò a fissare il
volto di Sargas. “Non avrei mai creduto che tu un giorno avresti cercato di
uccidermi, proprio tu. La mia unica amica, la mia famiglia. Hai la più vaga idea
di come mi sia sentito?”
La ragazza non reagì. Sembrava sprofondata
nell’incoscienza, immobile, gli occhi fissi a terra, con un solo pensiero in
mente, una sola spiegazione. Seginus. Aveva mancato la promessa. Una notte di
tanti anni fa, lo aveva visto tornare di nascosto a casa nel cuore della notte,
con una veste più piccola della sua in braccio e i capelli più lunghi del
normale. Non ci aveva fatto caso, ma ora le era tutto chiaro. Tutti quegli anni
passati, tutto il tempo sprecato con l’unica convinzione di averlo fatto per
LUI, di averlo aiutato. Tutto in fumo.
Sargas era furibondo, lei era distrutta. Sulle sue
guancie sentì qualcosa di caldo scenderle, una lacrima seguita da un’altra, e
un’altra ancora, finchè non divenne un flusso continuo. Tutto inutile, tutto per
niente. Fece un passo in avanti per andarsene, prima che lui la vedesse, prima
che vedesse le sue lacrime. Ma
Sargas la fermò e la costrinse ad alzare la testa. “Non hai più nemmeno il
coraggio per …” ma si interruppe nel vedere i suoi occhi, una reazione che mai si sarebbe aspettato. Alya lo guardava, sofferente, e sconvolta, senza
più un appiglio né un punto di riferimento. Cominciò a singhiozzare, cercando
uno sfogo per tutto quella sofferenza che sentiva dentro, che le faceva male il
cuore di un dolore insopportabile. Sargas la lasciò andare, stupito ed incredulo, ed inditerggiò.
Alya fece un passo indietro, si voltò, e comiciò
a correre verso il castello, lasciandolo indietro, solo nella foresta.
Salve!! Avevo promesso di aggiornare prima della mia
imminente partenza (Puglia, sto arrivanto!!) così eccomi qui, alla vigilia del
"grande viaggio" ^^. Prima di tutto devo chiedere scusa, ma io non sono proprio
brava a scrivere le scene di azione, così vi dovete accontentare di questa
caricatura delle scene di battaglia. Forse potrebbe essere considerato uno dei
miei aggiornamenti migliori, ma a me non piace molto la prima parte. L'ultima
si, ma la battaglia proprio no. Nelle mie anticipazioni avevo avvertito una
svolta, e in effetti scommetto che nessuno si aspettava un crollo così da parte
di una dura come Alya. Scommetto che sarete delusi per la reazione di Sargas, ma
dovete capire che è stato preso alla sprovvista, non sapeva cosa fare, e
sopratutto cosa pensare. Comunque tutto sarà spiegato nel prossimo
aggiornamento. Spero vi sia piaciuto il capitolo, nonostante la
suspance quasi assente nella foresta. Un bacio! (Recensite
please...)
Dark Soul
Fairydreams: mi dispiace averti
costretto a recensire, e mi rendo conto che è difficile farlo quando si sa già
tutti gli avvenimenti con capitoli in anticipo e si rischia di fare spoiler. Ti
ringrazio comunque per lo sforzo, e spero un giorno troverai il tempo per
rifarlo.
Nana style: carissima, ti ricordi quanto
mi sono arrabbiata quel giorno, quando hai detto quella cosa spiacevole su Alya
(solo perchè non avevi letto tutto il capitolo, me ne rendo conto, ma comunque
spiecevole)? Ebbene direi che con la recensione ti sei fatta perdonare. Sono
proprio curiosa di sapere cosa ne pensi di questo ^^.
Enifpegasus: ti ringrazio per i
complimenti, e sono veramente contenta che la mia storia ti abbia appassionato
al tal punto da leggerla tutta in una volta. spero di non deluderti mai!
Arya26: grazie! ho aggiornato abbastanza
presto?? :p
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Capitolo 13 *** Una lettera da Seginus ***
NOTE: Per motivi stilistici, ho cancellato il
precedente aggiornamento, ma per non perdere il capitolo l'ho aggiunto a
questo
. Ho diviso con una linea i due testi, così chi avesse già letto
il capitolo precedente non deve far altro che partire a leggere dalla linea
orrizontale.
Hogwats splendeva sotto i raggi lunari, e il suo riflesso
imponente specchiava sulle acque del lago. Il vento lieve ne increspava la
superficie, si insinuava tra le foglie della foresta e giocava tra le fessure
del castello. Non un rumore rompeva l’atmosfera tranquilla, solo il
sospiro del vento si aggirava in quella notte fredda. Alya sedeva immobile
sulla torre di Astronomia. Aveva avvolto attorno a sé una spessa coperta, che
proteggeva la testa, appoggiata al muro, dal freddo della pietra. Si vedevano i
suoi occhi, chiusi, mentre le stelle del cielo si riflettevano sull’ultima
lacrima ancora sulle sue gote. Il suo respiro lieve nemmeno si udiva, svelato
solo da un ritmico soffio delle sue narici, e le sue mani stringevano ancora i
lembi della coperta. Sargas la osservava attentamente, seduto appoggiato al
parapetto con ai suoi piedi la scopa di Victor Krum. Non era stato difficile
trovarla: avrebbe giurato che si sarebbe rifugiata nel punto più alto del
castello, dove le stelle si vedevano più chiaramente. Aveva sempre conservato un
affetto quasi religioso verso la stella da cui prendeva il nome, sin da quando
erano piccoli. Almeno questo non era cambiato. Passò lo sguardo sul suo
volto, familiare ma allo stesso tempo estraneo. Sorrise: sembrava una bambina,
piccola piccola in una coperta troppo grande. Poi vide quella lacrima sulle
sue guancie e il sorriso gli morì sulle labbra. Un'unica domanda gli
rimbombò nella testa: perché? Non riusciva a capirne il motivo. Lei era
sempre stata una ragazza forte, sicura, e mai, mai, avrebbe pensato che
piangesse, per lui? Era impossibile, eppure sembrava che non serbasse
ricordo di quella notte, ma l’aveva vista, o no? Che cosa aveva visto
in quegli occhi poche ore prima, tristezza? Lei? In una
mangiamorte? Troppe domande, troppi dubbi per lasciar correre. Già
una volta l’aveva persa, e se c’era anche una sola possibilità per riaverla
accanto a sè, non l’avrebbe sprecata. Non un’altra volta. Si alzò lentamente
e si avvicinò ad Alya silenzioso. Uno sguardo di malinconia si dipinse sul volto
di Sargas, e allungò la mano, asciugando l’ultima lacrima della sua amica,
mangiamorte.
Alya aprì di scatto gli occhi, e un vento freddo le
accarezzò il viso, facendola rabbrividire. Le era sembrato di sentire una
presenza accanto di sé, ma forse era solo il vento. Alzò gli occhi verso il
cielo e vide che le stelle erano già scomparse nel chiarore dell’alba, ormai
vicina. Si passò le mani sul viso umido e ripensò ai fatti della sera
precedente. Era stata così sciocca da lasciarsi andare proprio davanti a Sargas,
proprio da chi non doveva sapere niente. Era stato un gesto avventato e
adesso doveva trovare il modo di uscire fuori da questa situazione. Seginus
non aveva rispettato il patto, aveva mentito, ingannandola per ottenere i suoi
scopi. Si era offerta per salvare Sargas da un destino che non desiderava, ma il
suo sacrificio era stato inutile. Inutile. Alya sentì la rabbia montarle, e
tutto il disprezzo per quel mago si accrebbe. Non solo perché l’aveva ingannata,
ma perché aveva fatto del male al suo amico. Era chiaro che Seginus voleva
vedere suo figlio morto, e per punirlo ulteriormente per la sua insubordinazione
gli aveva portato una morte crudele sotto forma della sua migliore amica.
Ma aveva fallito. Era possibile però che Seginus non sapesse che
Sargas era ancora vivo, dato che il ragazzo aveva detto: “se non mi avesse
trovato Karkaroff sarei morto
”. Forse non era ancora tutto perduto. Se avrebbe tenuto duro,
poteva ancora fare qualcosa per Sargas: stare zitta. Se avesse spiegato al
ragazzo come erano andate le cose, lui certamente sarebbe rimasto o avrebbe
fatto chissà quale altra sciocchezza. L’avrebbe riavuto, ma per quanto? Fino a
che non sarebbe venuto Seginus a mettere le cose a posto. No. Lui poteva ancora
salvarsi. Per il suo bene, era meglio tacere e così nessuno avrebbe perso
qualcosa. O almeno, non qualcosa che aveva già perso in passato.
“Harry, per fortuna
avevi detto di aver già risolto l’indovinello dell’uovo.” Proruppe Hermione,
irritata. Lei, Ron, Harry e Alya si trovavano nella biblioteca in
cerca di un modo per respirare per un’ora sott’acqua. Harry infatti aprendo
l’uovo d’oro sott’acqua, aveva scoperto in cosa consisteva la prima prova:
immergersi nell’acqua gelata del lago e andare a riprendere ciò che le sirene
avevano rubato e che era più caro al ragazzo.
I quattro erano seduti su un tavolo
circolare, con al centro una grande quantità di libri che quasi non permetteva
loro di vedersi l’un l’altro. Avevano avuto una pesante giornata nelle lezioni,
ma tutto il tempo libero era stato speso in biblioteca per aiutare Harry. Ma
ormai era quasi ora di andare. “Hermione, è la trecento quindicesima volta
che lo ripeti. Direi che ha afferrato il messaggio.” Le rispose Ron, mentre
sfogliava di malavoglia un grosso libro nero. “Lo spero bene! Manca
solo una settimana alla prima prova e noi siamo ancora in alto mare!” sibilò la
Grifondoro, chiudendo di scatto il libro che aveva tra le mani, gettandolo nel
mucchio davanti a lei.
Harry non rispose, e cercò di concentrare tutta la sua
attenzione sul libro che stava leggendo. Una terribile morsa gli si strinse allo
stomaco. “Hermione, se fossi in te non userei metafore sull’acqua.” Le
sussurrò Ron, con aria cospiratoria. “E guardalo, mi pare che stia abbastanza
male senza che ti ci metta anche tu.” La ragazza si allungò sopra la montagna di libri,
e, vedendo l’aria afflitta di Harry, soggiunse ad alta voce: “beh, meglio tardi
che mai. Ora siamo qui, e sono sicura che troveremo qualcosa.” Ma nella sua voce
non c’era troppa sicurezza. “Oh, ci sarà qualcosa.”
Alya non
rispose, e continuò nel suo lavoro: inutile immischiarsi in futili battibecchi.
Harry pochi giorni prima le aveva chiesto se poteva dargli una mano nelle
ricerche, e lei, osservando la sua aria smunta e pallida, non poteva fare altro
che accettare. In verità era anche un’ottima scusa per evitare Sargas, che
ultimamente aveva cominciato ad aggirarsi per il castello. Ogni volta
accompagnato da una ragazza diversa. La ragazza chiuse di scatto il libro e
ne prese un altro, mentre Hermione la osservava di soppiatto. “Alya, conosci
per caso un certo Sargas? E’ un ragazzo di Durmstrang.” Chiese la Grifondoro,
con una certa curiosità. Alya non si mosse, e continuò a sfogliare il libro
indifferente. “Di vista. Perché?”
“Perché l’altro giorno sono uscita con
Victor …” ma venne interrotta da un tonfo. Ron strabuzzò gli occhi e disse: “Con
Viky? E come è andata con Viky? Hermione non lo degnò di uno sguardo e
continuò a parlare: “e c’era anche Sargas con un’altra ragazza (piuttosto
stupida a dire il vero). Abbiamo parlato del più e del meno, quando mi ha fatto
delle domande su di te: da quanto tempo ti frequento, la mia impressione, e
poche altre.” “Anche a te?” la interruppe Ron, cambiando espressione curioso,
cercando di vedere Alya oltre il mucchio di libri. “Una volta ha fermato me e
Harry appena fuori dalla Sala Grande, subito dopo pranzo …” “Sì, e ci ha fatto le
stesse domande: come ti comporti, cosa noi pensiamo di te, …” disse Harry,
annuendo.
“Curioso.” Commentò Alya, ironicamente. “Ma, c’è una
ragione in particolare? Vi frequentate?” disse Hermione, seria. Alya scosse
la testa, cercando di rimanere impassibile. “No. E’ un ragazzo che ci ha provato
con me al ballo, ma io l’ho respinto e ora cerca tutti i modi per avvicinarmi.
Patetico.” Ron, rimasto deluso dallo scoop mancato, si
afflosciò sulla sedia e continuò a girare le pagine svogliato, sotto gli occhi
severi di Hermione. Harry non commentò, e lanciando un’occhiata fuori dalla
finestra vide un allocco che raspava il vetro per entrare. Incuriosito, si alzò
ed andò ad aprire la finestra, facendolo entrare. L’animale si alzò in volo e
planò sopra Alya, lasciandole cadere una busta proprio innanzi.
Seginus.
Sbigottita, riconobbe
la scrittura e infilata velocemente la pergamena nella borsa, si alzò in piedi.
“Mi dispiace non potermi trattenere ancora, ma devo rispondere alla lettera di
mia zia. Non sta molto bene, e spero non ci siano cattive notizie.”
Velocemente uscì dalla biblioteca, senza lasciare il tempo
agli altri di rispondere. Svoltato l’angolo , si nascose dietro una statua e
aprì la busta. Dentro c’era un biglietto con la stessa scrittura fluida che
aveva tracciato l’indirizzo sulla busta, con poche parole scritte: “Ha un servo
fedele all’interno. TROVALO.”
Alya fece un sospiro di sollievo: Seginus non aveva
ancora scoperto di Sargas. Ma come avrebbe potuto? Perché preoccuparsi per
niente? Si stava creando problemi da sola, come se ne avesse pochi. Sbuffò, e si
concentrò sulla lettera appena ricevuta, dirigendosi verso i dormitori. Così Seginus era riuscito a scoprire
un dettaglio del piano dell’Oscuro Signore. Un servo fedele. Facile a dirsi.
C’erano centinaia di persone dentro la scuola e sicuramente si nascondeva sotto
un’altra identità, forse un alunno o addirittura un insegnante. Certo!
Un’insegnante poteva aver accesso a tutto il castello, esser vicini al preside e
prender parte ai retro scena di Hogwarts. Senza dubbio per una talpa doveva
essere la posizione migliore. Ma anche la più difficile. Silente non era uno
sprovveduto, e non si faceva abbindolare facilmente.
Bisogna anche considerare che
ogni insegnante godeva della più completa fiducia del preside, e viveva ad
Hogwarts da … Un momento! C’era solo un professore nuovo per quest’anno, ed era
quello di Difesa contro le Arti Oscure. Moody. Ma no. Era un ex auror: ha
combattuto per anni contro i Mangiamorte. Impossibile. Eppure, come poteva
sapere della vera identità di Alya? Quel giorno, con la maledizione Imperius,
sembrava sapesse esattamente cosa ci fosse sul suo avambraccio sinistro. Forse,
avendo avuto contatti con i Mangiamorte per anni potrebbe sapere molte più
cose di quanto non sappia il Ministero. E perché tenerlo nascosto allora?
Era strano, e anche se le
sembrava impossibile, decise di tenerlo d’occhio. Tuttavia un altro insegnante
le destava maggior sospetto: Piton. Era stato un Mangiamorte, lo sapeva, ma non
era chiaro il motivo per cui si diceva che fosse passato all’altra fazione
durante la guerra. Un Mangiamorte pentito? Ne aveva visti tanti, ma tutti
dopo la caduta del Signore Oscuro. Perché cambiare quando Voldemort era potente?
Non aveva senso ...
Mentre rifletteva, quasi non si accorse di essere arrivata
davanti al ritratto di Serpeverde, e, avendo pronunciato la parola d’ordine a
mezza voce, attraversò la Sala Comune così immersa nei propri pensieri che quasi
andò addosso a Pansy Parkinson. “Hei! Stai un po’ attenta, Babbanofila dei miei stivali.”
Sibilò Pansy, risentita. Aveva preso l’abitudine di chiamare Alya così da quanto
passava più tempo con Harry e gli altri.
“Pansy, non
è colpa mia se occupi la quasi totalità di spazio qui dentro." La ragazza
fece un’aria risentita, fece per allontanarsi altezzosa quando un pensiero le
passò in mente e si rivolse ad Alya, che stava già aprendo la porta per il
dormitorio. “Senti un po’ – disse, con il tono misteriosamente cambiato,
gentile forse – c’è un ragazzo di Durmstrang che fa domande su di te in giro …”
“E’ tutto tuo Pansy.” Le rispose Alya con sufficienza, nascondendo un mezzo
sorriso. Almeno così Sargas se ne sarebbe stato lontano dal castello per un po’
pur di non incontrare Pansy per i corridoi. “Beh, non ti lamentare se dopo starà con
me allora.” Le rispose l’altra con un ghigno. Alya scosse la testa alzando
gli occhi ed entrò nel dormitorio, mentre Pansy pensava già al metodo
migliore di abbordaggio.
Alya chiuse con forza la porta, e controllò che in
camera non ci fosse nessuno. Poi lanciò la borsa sopra il letto, e cominciò
a prendere a pugni il cuscino. Di tutte le persone del castello, proprio a Pansy
doveva andare a parlare quello stupido? Non si poteva fare gli affarracci suoi?
Sembrava che fosse venuto ad Hogwarts solo per scombinarle la vita. Prima
del suo arrivo non c'era nessuno che la scocciava, se ne stava pacificamente da
sola e stava bene così! Ora invece si ritrovava Pansy Parkinson fuori dalla
porta che studiava un piano di conquista del suo migliore amico che poche
settimane prima l'aveva vista piangere. Oh, ma gliel'avrebbe fatta pagare,
in un modo o nell'altro. Anche a costo di rimandarlo nella sua scuola a suon di
Cruciatus.
Alya con un sospiro si distese a letto, osservando il
soffitto in pietra. Cercò di accantonare il pensiero di Sargas, per concentrarsi
sulla missione che le aveva affidato Seginus, ma le riusciva sempre più difficile pensare con lucidità mentre
le venivano in mente scene del ragazzo abbracciato a Pansy. Con un brivido
di disgusto si rigirò nel letto e, vestita com'era, chiuse gli
occhi, rimandando ogni decisione al giorno dopo.
Ciao! Mi scuso con i lettori per il casotto che ho fatto
con il capitolo (sopratutto con nana_stile per aver dovuto cancellare la sua
recensione), ma quello precendete non mi piaceva proprio (e neanche a voi visto
il numero di letture) e ho deciso di agglomerarlo a questo nuovo. Mi scuso anche
se non aggiorno più con regolarità, ma trovo sempre più difficile trovare un
momento per scrivere e il risultato non è sempre ottimo. Comunque, parlando
della FF: ho cercato di adattare la prima reazione di Alya alla lettera di
Seginus con quella che potrebbe avere il lettore. Si, insomma, ho creduto che
dopo 5 capitoli incentrati solo su Sargas il lettore sia portato a pensare al
ragazzo, o no? Ditemi se sbaglio!
Ringrazio tutti per la lettura! Alla prossima!
Dark Soul
nana_style:scena d'amore!! scena
d'amore!! Non c'era nessuna scena d'amore... Anzi non mi apreva proprio che tra
i due ci fosse un sentimento benevolo. Non so tu dove l'hai visto l'amore =.=
Erika91:Ti ringrazio per avermi consolata, almeno così so che non
faceva proprio tanto schifo! xDD
chibi_elyion:Chibiiiiiiiiii! Mi
sei mancata T_____T Ogni giorno accendevo il computer con la speranza di una tua
possibile recensione, e alla fine sono stata soddisfatta. Grazie. Nella tua
recensione mi hai fatto una domanda e spero che questo capitolo ti abbia dato la
risposta. Alya è fragile, sì, ma non per questo si piange addosso. Mi pareva di
averlo già detto, ma lei trova sempre in un modo o nell'altro la forza per
riemergere. e in questo senso è molto più forte di tante altre persone che
conosco. Sarà anche fragile, ma ha anche una forza da leone.
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Capitolo 14 *** Inganno ***
"Harry, muoviti o sarai squalificato!"
Alya e Harry correvano a perdifiato in un corridoio, mentre
l'eco dei loro passi si disperdeva per il castello deserto. Ormai tutti erano
usciti per assistere alla seconda prova sulla riva del lago, mentre l'unico
che non poteva permettersi di mancare arrancava ancora nelle scale per raggiungere
l'uscita. Harry per l'appunto. La sera prima si era intrufolato di nascosto
nella biblioteca con il suo mantello dell'invisibilità insieme ad Alya, e
con lei si era addomermentato sui libri in cerca di una soluzione per la seconda
prova. La mattina dopo la ragazza era stata svegliata dal compagno, che aveva in
mano una strana sostanza gelatinosa che, a detta di Harry, sarebbe servita
proprio al loro scopo. Ma non c'era stato tempo per indagare: l'importante era
raggiungere il lago il più velocemente possibile. I due ragazzi uscirono nel
parco di corsa, e senza rallentare il passo raggiunsero la riva dove gli altri
campioni attendevano.
Harry si avvicinò a al gruppetto, e cercò di riprendere fiato appoggiandosi sulle
ginocchia. Era evidente dalle espressioni dei presidi delle scuole
straniere che pensavano che Harry non si sarebbe presentato, ma il ragazzo
non ebbe tempo per preoccuparsene: Ludo Bagman stava disponendo i campioni sulla
riva per l'imminente inizio della prova. Si voltò per scambiare uno sguardo
con Alya, ma non la vide dietro di sè. Spaziò con gli occhi gli spalti sulla
riva a fianco: ancora nulla. Scrollò lievemente la testa, e si mise in
pozione pronto per il tuffo: doveva trovare Ron.
Alya salì sulle gradinate appena in tempo per vedere il tuffo dei campioni al
suono della sirena. Aveva ancora il respiro irregolare, ma non si sedette,
osservando con cura gli spalti. Gli occhi di tutti erano puntati sul lago, ma
con la mancanza di azione cresceva il vociare degli studenti: alcuni alzatisi,
si spostavano tra le gradinate, altri stavano in gruppo e parlavano del più e
del meno. Non era semplice cercare una persona in quella folla, ma finalmente
riuscì ad individuarla. Sargas stava in piedi contro il parapetto con intorno
alcuni studenti di Durmstrang, ridendo e scherzando. Come se avesse sentito su
di sè lo sguardo di Alya, il ragazzo alzò lo sguardo e incontrò quello di lei.
Con un sorriso ironico alzò il braccio e le fece un saluto con la mano, mentre
ad Alya cresceva il desiderio di fargli provare una morte lenta e dolorosa.
Sargas mantenne il sorriso, nonostante lo sguardo non proprio benevolo della
ragazza, e le indicò con la stessa mano la foresta proibita, oltre il parapetto.
Alya fece un cenno d'assenso, e si voltò, scendendo le scale e avviandosi verso
la foresta. Imboccò un piccolo sentiero e lo seguì fino a raggiungere un piccolo
spiazzo libero dagli alberi, abbastanza lontano dalla riva per evitare
scocciatori e allo stesso tempo abbastanza vicino per sentire lo
svolgimento della seconda prova.
Si sedette su un tronco caduto, e aspettò l'arrivo del
ragazzo. La seconda prova era stata provvidenziale per lei: tutta la scuola era
occupata ad assistere allo spettacolo, così lei poteva parlara a faccia a faccia
con Sargas senza troppe scocciature, ma quello non era il motivo principale del
loro incontro: Alya aveva in tasca un seconda fiala della pozione per
Malfoy, e aveva l'intenzione cambiare la memoria del ragazzo, forse
perfino cancellare il ricordo che Sargas aveva di lei, ma sarebbe
stato molto più difficile riuscire a somministrarla rispetto a Draco. Sargas era
capace quanto Alya di contrastare la maledizione imperius, ed era veloce quanto
lei nel lanciare incantesimi, grazie all'addestramento. L'unico vantaggio per
lei era la sorpresa, a dire la verità piuttosto limitata: il ragazzo doveva aver
visto la pozione la sera del ballo e sicuramente si sarebbe aspettato un simile
trucco. Purtroppo non aveva avuto il tempo di ideare un piano migliore con
tutto il tempo perso per aiutare Harry, ma avrebbe tentato comunque. Con un
po' di fortuna ...
Un rumore di arbusti spostati la distolse dai propri pensieri, e vide Sargas
avanzare nella radura. Alya si alzò in piedi, commentando ironicamente: "Ce ne
hai messo di tempo. e dire che ho lasciato traccie piuttosto evidenti ..."
Il ragazzo sbuffò: "Sarei arrivato prima, se una piattola non mi avesse
scocciato appena fuori dalle gradinate. Sembrava non volesse più lasciarmi
andare, così ho dovuto confonderla un pochino per riuscire a scrollarmela di
dosso. Era della tua stessa casa mi pare..."
Alya non commentò, ma le sue labbra si curvarono in un sorrisetto ironico che
a Sargas non sfuggì. "Tu! Me l'hai mandata tu! Ma ..."
"Ma cosa? Io non ho fatto niente, sei tu che te ne vai in giro a fare domande
sul mio conto mentre te la spassi con una cinquantina ragazze diverse ..."
"E da quando in qua devo rendere conto a te su quante ragazze io esco, scusa?
Non sarai mica gelosa?" domandò Sargas, alzando un soppracciglio.
Alya arrossì un poco: "Tu puoi uscire con quante ragazze vuoi, anche con
Pansy Parkinson se ti garba, basta che la smetti di porre un questionario alla
gente su di me. Stai creando un sacco di problemi, quindi
se eviti di impicciarti in affari che non ti riguardano mi fai un
piacere."
Sargas incrociò le braccia e fece un sospirò di sollievo. La ragazza non capì
la reazione aggrottando la fronte, così Sargas vedendo la sua espressione
interrogativa disse: "Per fortuna che mi hai detto che posso uscire con Pansy,
perchè ho accettato il suo invito prima, fuori dalla foresta."
Alya rimase un momento immobile, a bocca aperta, alzò gli occhi e,
frustata perchè lui non aveva ascoltato niente di quello che aveva appena detto, fece per andarsene,
superando Sargas. Il ragazzo non la trattenne, ma disse: "Beh? Tutto qui?
Pensavo volessi aggredirmi o qualcosa del genere."
Alya rallentò fino a fermarsi, soppesando la risposta e sentendo su di sè lo sguardo del ragazzo, che continuò: "Dai, non
dirmi che tutto il lavoro che ho fatto è servito solo per parlarti una decina
minuti."
La Serpeverde si girò lentamente fissando il viso
sorridente dell'altro, confusa. Sargas scoppiò a ridere, e continuò: "Si, secondo te
qual è il motivo per cui ho fatto domande in giro su
di te? A parte una discreta quantità di informazioni intendo."
Alya rimase ancora confusa,
mordendosi il labbro inferiore, quando un pensiero le balenò in mente, e, alzando
piano la testa sibilò: "Vuoi dire che tu ... "
"Si - rispose con un sorriso
il ragazzo - Sapevo che avresti saputo che stavo facendo ricerche sul tuo conto,
e che avresti fatto di tutto per fermarmi. Non ti è mai
piaciuto attirare l'attenzione. Dopo la sera del ballo io volevo parlarti, ma
sapevo che tu avresti evitato. Così ho dovuto giocare d'astuzia..."
Alya chiuse le mani apungo, irritata, e fece per andarsene, ma il ragazzo
le si parò davanti bloccandola, così esclamò: "Sei veramente esasperante!"
Sargas le sorrise, ma l'amica
fece un passo indietro commentando: "Ma cosa ridi? Bene, ora sono qui.
Dimmi quello che mi devi dire che me ne vado."
Il ragazzo si fece serio, guardandola negli occhi. "Eri tu quella sera?."
Il cuore della ragazza mancò un battito: "Sii più preciso. Quella in cui ho scelto di
essere mangiamorte? Quella in cui ti ho quasi ammazzato? Specifica, ce ne sono
tante."
"Quella in cui mi hai quasi
ucciso."
"Certo che ero io! - esclamò
irritata - l'hai detto anche tu! Quante persone conosci con la mia stessa
faccia?"
" Sì, ho detto che ti avevo riconosciuta, ma solo come aspetto. Lo sappiamo tutti
e due che con una pozione Polisucco chiunque poteva aver preso le tue
sembianze."
Alya non rispose, e riflettè sul da farsi. "Ero io. Ma
più di dirtelo non so cosa fare per convincerti. Devo ucciderti qui e subito,
così finalmente mi crederai?" disse, estraendo la bacchetta.
"No - rispose Sargas, calmo, non facendo alcun accenno a prendere la
propria - basta solo che rispondi a qualche mia domanda."
"Ah. Mi dispiace, ma non ho tempo da perdere con i tuoi dubbi esistenziali."
e cercò di andarsene, ma Sargas non si spostò.
"Se risponderai alle mie domande e mi darai la prova che
eri veramente tu, giuro che ti lascierò in pace e non sentirai più parlare di
me. Potrai perfino darmi stessa pozione che hai somministrato al tuo amico nella foresta, così scorderò ogni
particolare della tua esistenza." disse Sargas, allargando le braccia.
La ragazza non si mosse, cercando una via d'uscita. Se avesse risposto no,
avrebbe automaticamente proclamato al sua innocenza, ma se avesse accettato
sarebbe stato palese che non era lei l'aggressore. A meno che ...
"Accetto. Avanti, fai queste domande e che sia finita." rispose Alya,
guardandolo fisso negli occhi.
"Bene - commentò il ragazzo, ricambiando lo sguardo - a che ora ti sei
presentata davanti alla mia porta?"
Alya rispose esattamente, sicura, senza distogliere gli occhi da quelli
di Sargas. E lui le pose un'altra domanda, e un'altra ancora, senza mai
cambiare espressione e ascoltando le risposte in cerca di qualche
imprecisazione. Le fece descrivere ogni dettaglio della tua tortura, ogni parola
e ogni gesto. La ragazza alla fine non aveva ancora sbagliato, ma aveva gli
occhi un poco lucidi. Sbattè con forza le palpebre e riprese a guardare Sargas
negli occhi, in attesa della domanda successiva.
"Molto bene, questa è l'ultima. Quando ti ho fatto entrare in casa, ti
ho offerto una tazza con qualcosa di caldo: cosa era?
Alya strabuzzò gli occhi per la banalità della frase, ma
rispose comunque sicura: "Caffè". Rimasero per um momento immobili, poi Sargas fece un passo in
avanti: "Alya, - disse terribilmente serio, mettendole una mano sulla spalla - sei
brava con la Legimanzia, ma in Occlumanzia lo sono di più io ."
La ragazza spalancò gli occhi, mentre un sorriso enorme
si apriva sulle labbra di Sargas. Frustata e arrabbiata, cercò di sciogliere la presa
sulla sua spalla per andarsene, ma lui felice come non mai, fece un altro
passo in avanti e la abbracciò, ignorando bellamente le sue proteste.
"Ma ... Come ... Cavolo ..." Rossa come non lo era mai stata, Alya agitò la bacchetta e con
un incantesimo scagliò Sargas per terra, che si mise a ridere a crepapelle.
Offesa ed indignata, nonostante il forte impulso di cancellare il sorriso
ebete che il ragazzo aveva stampato in faccia, si voltò e corse fuori dalla
foresta, ancora incapace di pensare con lucidità. Era successo tutto così
rapidamente da non averle lasciato il tempo di reagire.
Sbucò dal sentiero come una furia, mentre sentiva dietro
di sè le grida di richiamo di Sargas. Aumentò il passo e si avviò verso il
castello, ma tutti gli studenti stavano tornando per la stessa strada, dopo aver
assistito alla seconda prova. Si aggiunse alla massa, cercando di superare e
raggiungere il più velocemente possibile il dormitorio, o comunque un luogo dove
nessuno le avrebbe dato fastidio. Mentre stava cercando di superare una
studentessa del settimo anno particolarmente robusta, si sentì tirare il
mantello. Con una scarica di frustazione di voltò indietro, aprendo la bocca per
scagliare epiteti non proprio eleganti a quello che credeva fosse Sargas, invece
si trovò davanti Harry, raggiante e bagnato, con a fianco Ron nelle medesime
condizioni.
Alya cambiò repentiamente espressione, cercando di non sembrare troppo
sgarbata: "Ciao, non ho tempo. Ci vediamo a cena." e, senza lasciare gli
altri rispondere sgusciò agile fra due alunni, senza aggiungere altro.
Harry rimase un momento interdetto, mentre Ron aggiunse: "Le donne. Chi le
capisce è bravo."
Salve! Scusate per il ritardo ^^""" ma sono stata
impegnatissima tra scuola, corsi di teatro e fotografia, e pianoforte, e tennis,
e ... Insomma, mi sono presa un sacco di impegni, che mi hanno praticamente
sommerso. Ora sono qui con un capitolo che credo riveli il vero carattere di
Sargas. Il soprannome che gli ho dato è Coglione, con la C maiuscola, e direi
che gli calza a pennello. Diciamo pure che non è del tutto normale, sembra
stupido, ma non lo è! Ho avuto un sacco di problemi per la stesura di questo
aggiornamento, perchè Sargas mi sembrava sempre un ragazzo perfetto: bello,
aitante, intelligente, etc etc. insomma un Gary Stu. Non sapete quanto fastidio
mi ha dato pensare a Coglione come a un Gary Stu e ho cercato di fare di tutto
per cambiarlo. Sero di esserci riuscita ^^. Volevo far notare solo una cosa: è
incredibile come Alya risponda correttamente su particolari importanti come la
tortura di Sargas, e poi cada su un dettagli insignificante, come la tazza da
thè. E' un po' comico non vi sembra?
Ringrazio tutti i miei lettori, pochi, ma buoni. Ciao!
Un baciotto.
Dark Soul
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Capitolo 15 *** Tutto perduto. ***
Alya sedeva in biblioteca, e sfogliava concentrata il libro di fronte a sé,
uno dei tanti che aveva sparsi intorno al suo tavolo. Ogni tanto prendeva
appunti su un pezzo di pergamena che aveva accanto: date, avvenimenti, ma per lo
più nomi. Delle frecce partivano da ogni parola per collegarsi ad un’altra,
spesso senza alcun ordine apparente, ma la cosa più strana di quegli appunti
erano i segni accanto a ciascun nome, insignificanti a tutti fuorché a lei
stessa, naturalmente.
La ragazza chiuse con un sospiro il libro, e si
strofinò gli occhi stanchi. Ormai era già dalla mattina che si trovava in
biblioteca sul compito che le aveva affidato Seginus: trovare la spia. Aveva
approfittato del fatto che quel giorno era in programma una gita ad Hogsmeade, e
che anche il trio sarebbe andato. Una volta tanto né Harry né gli altri
l’avevano invitata ad unirsi a loro, cosa del tutto innaturale, e lei era stata
più che felice di rimanere al castello. Certo, le era venuto qualche sospetto
sull’improvvisa riservatezza della gita, e sulla quantità abnorme di cibo che
avevano trafugato dalla mensa quella mattina, ma del resto Alya doveva fare
qualche ricerca per conto proprio, e meno la importunavano meglio era.
Spostò di lato il tomo che aveva appena letto e ne prese un
altro: “Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato: i sospettati e i condannati.” Il
titolo sembrava senza dubbio il più promettente, e Alya si preparò con la piuma
già nel calamaio, pronta a scrivere ogni notizia interessante. Il volume si rivelò
essere una lunga catalogazione di dati sugli imputati nei processi durante tutta
la guerra, e gli anni successivi.
“Aaron
Mcknight” lesse Alya, il primo nome della lista: “arrestato per sospette
attività illecite.” La ragazza fece un mormorio di interesse, sollevando la
punta delle piuma. Poco più in basso però c’era scritto: “Rilasciato per
evidente impossibilità di compiere magie: Magonò.” La ragazza corrugò la fronte, e passò al secondo
nominativo.
“Aetatis Linch: arrestata per
essere stata sorpresa sul luogo dove è stato lanciato il Marchio Nero.” Scorse
la pagina con la piuma fino ad arrivare: “Condannata a pagare 20 galeoni di
multa, per sciacallaggio.” Alya
scosse la testa e girò pagina.
Quando arrivò a una buona metà del libro, era
piuttosto irritata: quasi tutti gli arrestati erano dei poveri disgraziati
capitati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, o gente che suscitava
malelingue e perciò accusata ingiustamente, o semplicemente qualcuno che poteva
servire come capro espiatorio. Non c’era da stupirsi se in quel periodo in tutta
l’Inghilterra regnava il caos: il Signore Oscuro aveva vita facile, almeno da
parte del Ministero.
Sospirò votando un’altra volta pagina, e si trovò
davanti la foto in movimento di Bellatrix Lestrange. Come unica reazione alzò un
sopracciglio e, dopo un attimo di incertezza, si mise a leggere:
“Bellatrix Lestrange, arrestata per il sequestro e la tortura di Frank e Alice
Paciock.” E di seguito tutti gli atti e le prove presentate. Dopo aver scorso i
dettagli dello stato mentale dei due coniugi, Alya si sentì invadere da un forte
disgusto per la madre, mentre pensava alle atrocità che avevano dovuto patire i
genitori di Neville Paciock. Riguardando ancora una volta l’immagine sulla
pagina, esclamò a bassa voce: “Chi non vorrebbe una madre così?” e passò
al nome seguente: “ Rodulphus Lestrange”.
“Ok, saltiamo anche questo.”
Commentò la ragazza e lesse un altro nome: “Bartimeius Crouch, arrestato per il
sequestro e la tortura di Frank e Alice Paciock.” “Questo potrebbe essere
interessante: se ha partecipato alla missione con i miei genitori voleva dire
che era un pezzo grosso.” E scorse la pagina trovando: “Condannato a vita nella
prigione di Azkaban. Deceduto dopo un anno di detenzione” Alya
sbuffò contrariata e continuò, trovando finalmente la persona che stava
cercando: “Severus Piton, indagato per gli omicidi di Rober e Renee Callagan, e
di Bernard Hugo, scagionato dalla deposizione di Albus Persival Wulfric
Silente.” “Tutto qui?” commentò ad alta voce la ragazza, girando la pagina più volte,
avanti e indietro, per cercare qualche informazione perduta. Aveva cercato in
ogni dannatissimo libro informazioni sul suo sospettato numero uno, il mago che
secondo lei aveva maggiori possibilità di essere la spia che stava cercando, e
tutto quello che aveva trovato erano due misere righe? “Non è possibile!”
borbottò.
“Cosa non è possibile?” Alya si rizzò a sedere sulla sedia,
presa alla sprovvista. Lentamente si voltò dietro di sé, per trovare appoggiato
ad uno scaffale Sargas, che la stava guardando sorridente. Con violenza chiuse
il libro – che emise un sibilo di disappunto – e lo ripose nella pila già alta
di tomi che aveva sopra il tavolo, senza degnare altra attenzione al nuovo
arrivato.
Sargas si avvicinò al tavolo e prese un libro tra i tanti sparsi
sul tavolo tra le mani: “La nascita e la caduta dell’impero del terrore.” E si
mise a sfogliarlo.
Alya glielo strappò con violenza dalle mani: “Che ci fai
qui?” sibilò con cattiveria, riponendo il volume dove si trovava prima, e
cercando allo stesso tempo di sistemare tutti i fogli di pergamena sparsi sul
tavolo.
“Avevo voglia di leggere un libro, e siccome nella nave l’unica
biblioteca si trova negli alloggi privati di Karkaroff, ho deciso di venire
qui.” Le rispose il ragazzo, gettando occhiate curiose sugli appunti nei fogli.
“Beh, allora prendilo e vattene!” disse Alya irritata, mettendo un grande
volume sopra i fogli, e appoggiandoci sopra i gomiti.
“D’accordo, d’accordo!”
sorrise Sargas e, dirigendosi verso uno scaffale, sparì dalla vista.
Alya
fece un sospiro di sollievo, si strofinò ancora una volta gli occhi e si guardò
intorno con aria sconfitta, decidendo che per quel giorno poteva anche fermarsi
lì. Spostò il libro e sistemò le pergamene nella borsa, avviandosi poi verso
l’uscita: con Sargas in giro per il castello il posto più sicuro dove rivedere
gli appunti era il dormitorio.
Stava per scendere il primo gradino delle
scale, quando vide uscire dalla biblioteca proprio la persona che stava cercando
di evitare. Contrariata cominciò a scendere le scale cercando di non guardarlo,
sperando con tutto il cuore che non la seguisse. Dopo la seconda prova qualche
giorno prima, non si erano mai visti né parlati e la cosa certo non le
dispiaceva. Ma perché oggi non se ne era andato a Hogsmeade con una delle tante
ochette che conosceva?
Stupita si rese conto che il rumore dei passi del
ragazzo si stava affievolendo, così si voltò per controllare e lo vide
continuare a passeggiare per il corridoio con un sorriso stampato in faccia,
come se avesse riconosciuto qualcuno. Una voce esclamò: “Sargas! Sei arrivato
finalmente!” e Alya sentì dei passi correre verso di lui. Era Pansy
Parkinson.
“Che faccia di …”
borbottò Alya, incerta se riferirsi a lui o a lei. Riprese a scendere le scale,
a dire la verità piuttosto irrigida, quando all’improvviso proruppe in farsetto:
“Volevo solo leggere un libro!” “Patetico.” disse tra sé a bassa voce.
Scese l’ultima
rampa e arrivò nell’Ingresso principale, ma, voltando lo sguardo sulla porta che
dava sui sotterranei, vide proprio Sargas che bloccava il passaggio, mentre
fissava apparentemente interessato l’immenso lampadario sopra di lui. Come fosse
arrivato all’Ingresso prima di Alya non se lo spiegava neppure lei, ma
osservandolo più attentamente la ragazza vide che l’amico aveva il fiato grosso,
e cercava di dissimularlo respirando con il naso.
Alya alzò un sopracciglio e un
sorriso ironico le spuntò sulle labbra, mentre si avvicinava al ragazzo. Sargas
dal canto suo sembrava non notare null’altro che le affascinanti candele
spente. “Scusa, potresti spostarti? Vorrei passare.” Proruppe la ragazza ad
alta voce, con falsa cortesia.
“Oh, Alya! – esclamò l’altro, facendo un
clamoroso balzo indietro – scusami, ma non ti avevo visto. Potresti aspettare
solo un secondo, da qui si ha un’ottima visuale della magnifica fattura di
questo lampadario.”
“Ehm, no. Avanti dai, dopo che mi avrai fatto passare
potrai guardarti quel coso tutto il tempo che vuoi.” Rispose Alya, con un
tono sbrigativo.
“Non credo sia possibile sai. Ho appena notato un
particolare che voglio imprimere bene nella mia memoria, e se ti facessi passare
ci metterei chissà quanto altro tempo per riuscire a ritrovarlo dopo.”
La
ragazza stava ormai raggiungendo il limite di sopportazione. “Sargas, spostami
immediatamente o ti sposto io con la forza.”
“Oh, per Merlino! - sconvolto
Sargas si portò una mano sulla bocca, guardando con finto stupore Alya – non ci
posso credere! Io non potrei niente contro le tue note abilità magiche: mi
chiedo come farò a sostenere un tuo attacco.”
“Avanti spostati.” Sibilò la
ragazza, ormai a corto di pazienza.
“No. Sto bene qui, grazie. Ma credevo
volessi spostarmi con la forza, o sbaglio?”
“Tu vuoi prenderle.” Disse a
bassa voce Alya, guardandolo in cagnesco.
Il ragazzo si raddrizzò, mentre un
sorriso sornione fece la sua comparsa sul suo volto. “Avanti, fammi vedere se
riesci a battere chi non sei mai riuscita a stendere.”
Alya punta sul suo orgoglio, estrasse con un solo movimento
fluido la bacchetta, ma non fece in tempo a pronunciare l’incantesimo che una
voce la fermò: “Johnson!” Un’imprecazione salì alla bocca della ragazza, ma la
trattenne, voltandosi verso Moody, che era appena entrato nell’Ingresso Principale
dall’esterno. “Signorina Johnson, come si permette di tentare di aggredire
un studente di una scuola ospite?” ringhiò il professore, con l’occhio normale
puntato sulla ragazza, e quello magico su Sargas. “Professore … ehm.. noi
veramente …” esordì Alya, ma venne bloccata da una mano di Sargas, che continuò:
“La signorina mi mostrava le meraviglie di questo castello, professore. Questa
che ha in mano in realtà è la mia bacchetta, che le avevo prestato per
sollevarmi per vedere meglio il lampadario.” Annuì con faccia convinta, mentre
con un movimento fulmineo sfilò di mano la bacchetta della ragazza e se la mise
in tasca. “Ora me la riprendo io.” Disse con un tono accodiscendente,
rivolgendosi ad Alya.
Moody lo guardò attentamente: “Qual è il tuo
nome, ragazzo?”
“Sargas Kofferhand.” Rispose prontamente.
“Benissimo,
per questa volta lascerò correre. Signor Kofferhand: se non vuole che la sollevi
da terra, e di certo non per vedere un lampadario, le consiglio di non
raccontarmi più frottole. Ora vi conviene andarvene, prima che cambi idea.”
Sargas
gli sorrise lieto, e prese per un braccio Alya, trascinandola fuori, nel parco
del castello. Appena oltre la visuale di Moody, la ragazza tirò il braccio e si
liberò dalla stretta, esclamando: “Tu sei un pazzo furioso. “Sollevarmi per
vedere meglio il lampadario.” Certo che potevi trovare una scusa
migliore.”
“Non lamentarti, se non fosse stato per me ora saresti in
punizione. Dopotutto, hai estratto tu la bacchetta, non io.”
“Si, ma sei tu
che mi hai provocato.”
“Io? Volevo solo vedere un lampadario.” Le sorrise
Sargas.
“Si va bene. Ora dammi la mia bacchetta che me ne torno al
castello.”
Il ragazzo riprese a camminare, rigirandosi la bacchetta della
ragazza tra le mani: “Quale? Questa intendi?”
Alya socchiuse piano gli occhi,
seguendolo: “Si, proprio quella.”
“Ah, ma non sono sicuro di volerla
restituire. Insomma, ne fai un uso davvero scorretto, mia cara Alya.”
“Quello che ci faccio con la MIA bacchetta solo affari miei. Avanti dai, non
fare lo scemo e ridammela.”
Sargas la guardò sconvolto una seconda volta,
camminando all’indietro: “Ora offendi pure? Non ti hanno mai detto che bisogna
essere gentili con le persone? Specie se si chiede un favore.”
“No, mi
dispiace. Sargas, dammela. Adesso.” Gli rispose Alya, irritata.
“Ah beh,
allora credo che sia ora che qualcuno ti insegni le buone maniere.” E detto
questo fece uno scatto e si mise a correre uscendo dal sentiero e dirigendosi
verso il lago.
“Ehi! Fermati immediatamente!” presa alla sprovvista, Alya si
lanciò all’inseguimento.
La ragazza corse quanto più velocemente ne era
capace, ma Sargas aveva un vantaggio di un paio di secondi e non aveva
l’impedimento di una borsa a tracolla. Così appena raggiunse il lago e i primi
alberi, si liberò dello zaino e questo aumentò considerevolmente la sua
velocità. Lui rideva come un matto, gridando provocazioni dietro di sé, mentre
lei gli rispondeva con epiteti non esattamente raffinati: si sentiva offesa e
arrabbiata, anche se forse, un pizzico si divertiva anche lei.
Sargas si
infilò tra gli alberi che costeggiavano il lago, e cominciò a zigzagare fra i
tronchi, mentre Alya lo seguiva appresso e cominciava ormai a recuperare
terreno. Quando ormai lei stava quasi per afferrarlo, lui si spostò a destra,
cogliendola di sorpresa e facendola quasi andare a sbattere contro un
faggio. Lo evitò per un soffio deviando a sinistra, così Sargas si girò
rallentando e le urlò: “Sbaglio, o durante tutti questi anni ti sei rammollita?”
“Rammollita a chi scusa?” gli gridò di rimandò Alya, facendo uno scatto e
ricominciando a correre.
Sargas sorrise di rimando, ma cercando di voltarsi e
scappare, prese con il piede una radice sporgente e rotolò a terra. Stupito, si
ritrovò a faccia in giù nella polvere, e, non appena alzò la testa,
tossicchiando per la polvere che aveva in bocca, cercò la ragazza, che lo
guardava con un misto di compatimento e soddisfazione mentre raccoglieva la
propria bacchetta atterrata lì accanto.
Alya, che fino a un attimo prima
aveva conservato un cipiglio severo e irritato, non appena vide il volto
dell’amico sporco e con una sincera espressione sorpresa, non ce la fece più a
trattenersi e scoppiò a ridere a crepapelle, tenendosi la pancia. “Oh, per
Morgana! Sembri uno spaventapasseri.”
“Ah si?” esclamò Sargas, mettendosi in ginocchio
e lanciandosi verso Alya, che venne buttata
a terra mentre ancora rideva, e ancora una volta la bacchetta scivolò di
mano.
“Non sei affatto un cavaliere!” esclamò Alya, mentre cercava di
spostare di lato Sargas.
“Chi ha mai detto di esserlo?” le rispose lui,
cercando di farle il solletico e di trattenerla giù.
Rotolarono per terra
ridendo e divertendosi, fino a quando Alya non venne bloccata definitivamente a
terra dal peso superiore del ragazzo. “Ok, basta – capitolò la ragazza, con il
fiatone – mi arrendo.”
“Di già?” le sorrise Sargas, ma aveva anche lui il
fiato pesante, anche se cercava di non farlo vedere.
Alya gli tirò un pugno
in pancia: “Non ti vergogni di battere una ragazza di quattro anni in meno di
te?”
Sargas le prese il braccio avvicinandosi al viso della ragazza, e le
disse: “A dire il vero, no.”
Alya spalancò gli occhi, rendendosi
improvvisamente conto di quello che stava accadendo, di aver spazzato via in
pochi minuti il lavoro di 4 anni, di aver sbagliato di nuovo tutto, e quando lui
le lasciò il braccio, si ribellò violentemente e con uno trattone spinse Sargas
di lato e si alzò in piedi, ansimante.
“Ehi, ma cosa …?” esclamò il ragazzo,
trovandosi per terra.
Sul volto di Alya si dipinse una rabbia improvvisa, un
dolore immenso, poi si guardò intorno e corse verso la sua bacchetta, ma non
fece in tempo a raccoglierla che due braccia forti la cinsero e la bloccarono.
“Lasciami – urlò la ragazza – lasciami, brutto idiota. Lasciami …” Sargas
non accennò a mollare la presa, incapace di capire il repentino cambiamento di
umore, ma si rendeva conto se se l’avesse lasciata andare adesso, non l’avrebbe
rivista mai più. Ben presto le proteste di Alya crebbero di intensità. “Perché?
Perché Sargas? Io non posso, NOI NON POSSIAMO! Non capisci niente, TU NON
CAPISCI NIENTE!” La ragazza si voltò verso l’amico furibonda e cominciò a
battergli pugni sul petto, per sfogare la rabbia improvvisa, un dolore che aveva
radici profonde.
“Tu sei arrivato qui, e pretendi di cambiare tutto. Ma non si può Sargas, NON
SI PUO’!!”
Il ragazzo non rispose, serio e impassibile, né accennò a reagire
o a lasciarla andare, cercando di dare un senso alle parole che Alya gli
lanciava addosso.
La ragazza lo guardò negli occhi, furiosa con sé stessa e
con lui, perché non capiva, perché non la lasciava andare; DOVEVA cercare di
fargli capire che doveva andarsene, che non poteva rimanere lì, DOVEVA
liberarsi, spiegargli? “Io volevo solo darti un'altra possibilità, un’altra
occasione. Se resti con me non avrai mai un futuro, perché non lo vuoi
capire?”
Sargas rispose al suo sguardo e le disse: “Il mio futuro l’ho scelto
accanto a te.”
Alya spalancò gli occhi, mentre Sargas si chinò sul suo
viso e accosto le labbra alle sue, in un bacio dolce che sapeva di dolore.
Ciao! Scusate ancora un'altra volta i tempi di aggiornamento, ma ho avuto un
po' di problemi, tra cui pulire la casa per l'imminente matrimonio in famiglia
evarie ed eventuali. Spero con tutti il cuore che questo capitolo vi piaccia, e
sopratutto perchè questo è uno degli ultimi, ce ne sarà ancora uno o due, al
massimo tre. Ok, lo so che non sarà una grande mancanza, ma ringrazio comunque
in anticipo tutti i lettori e rencensitori, mi auguro di avervi fatto divertire.
Ho avuto un po' di problemi con l'ambientazione, e mi rendo conto che con
questo capitolo ho lasciato parecchi punti in sospeso, ma appena riesco a
trovare il quarto libro di HP, mi metto subito all'opera ^^. Grazie ancora a
tutti. Un bacione.
Dark Soul
Nana_Style: questo capitolo è il massimo di morbidoso che
riesco a fare, mi dispiace. Spero che ti accontenterai ^^"".
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Capitolo 16 *** E adesso? ***
Il sole del tardo pomeriggio illuminava Hogwarts e
creava strani giochi di luce sulle increspature del lago. Gli studenti stavano
cominciando a ritornare dal villaggio di Hogsmeade alla spicciolata: ormai era
quasi ora di cena.
Nella foresta, Alya aveva perso ormai la cognizione del
tempo, mentre pensieri confusi le annebbiavano la mente. Sentiva solo un’unica
lacrima scivolarle piano sulle guancie, per arrivare sulle labbra, congiunte nel
bacio leggero ed insperato di Sargas. Le sue braccia forti erano strette
attorno alla vita, mentre si sentiva confortata, appagata, conscia solo del
contatto con lui. Mille domande, di cui non c’era alcuna risposta, e se ne
rimaneva lì immobile, incapace di reagire, cercando di dare un significato a
quello che stava accadendo.
Sargas si scostò, allontanandosi dal suo viso, e
allentò l’abbraccio, come se volesse darle una possibilità di scappare,
un’ultima occasione. Alya inizialmente non si mosse, completamente svuotata di
tutta la rabbia e la frustrazione che aveva dentro, sostituita quasi
immediatamente dalla paura, dal sentirsi perduti, come se con quel piccolo gesto
di allontanamento, Sargas se ne potesse andare. Le mani si chiusero a pugno
sul suo petto, le stesse mani che prima lo avevano picchiato, con la testa bassa
per non incontrare gli occhi di lui, come se fosse possibile, con le palpebre
chiuse. E adesso?
Sargas aspettava, non accennò a lasciarla, né a
parlare. Aspettava che fosse lei a decidere: doveva farlo lei, e nessun’altro.
E adesso?
Nella mente si Alya si susseguivano decine immagini: il Marchio
impresso sulla pelle, le lettere del Maestro, le torture in quella camera, e
alla fine, Seginus, il suo volto truce, la vendetta negli occhi. Serrò più
forte le palpebre. E adesso?
Alya accennò un passo indietro, incerta, e
sentì Sargas irrigidirsi. Non alzò lo sguardo al viso, non poteva vederne la
delusione e la tristezza. Le braccia del ragazzo divennero più deboli, non le
avrebbero impedito la fuga. Un’altra? Una nuova visione si fece spazio: una
notte piovosa, una bambina che piangeva per terra, infangata. Il ricordo della
perdita di quattro anni fa. Non aveva ancora smesso di scappare? Un pensiero
strano si insinuò nella sua coscienza: perché avrebbe dovuto farlo, andarsene?
Cosa le importava di fatti che stavano accadendo a centinaia di chilometri di
distanza, quando accanto a sé poteva avere Sargas, il suo calore e il suo
sorriso? Perché non cedere alla questa bellissima tentazione, lasciando fuori
dal mondo, anche solo per un poco, tutte le ingiustizie e l’oscurità? In
fondo, anche se non ha mai voluto ammetterlo, non poteva continuare a negare che
l’unica cosa che desiderava in quel momento era sentirsi abbracciata a lui,
protetta come tante volte tanti anni fa. Perché non smettere di mentire a se
stessa? Perché non concedersi il lusso dell’egoismo? Alya allentò
lentamente i pugni sul suo petto, e, vacillando un poco, si lasciò andare,
finalmente, appoggiando la testa vicino al suo cuore ed assaporando il suo
odore. Sargas non rispose subito all’abbraccio inaspettato, ma quando capì
che lei aveva finalmente deciso, sorrise teneramente e le circondò al schiena
con le braccia, nascondendo il suo viso tra i capelli di lei.
Le porte delle aule si aprirono al suono della
campanella e gli studenti uscirono finalmente nei corridoi, sgranchendosi le
gambe dopo due ore seduti a lezione. C’era chi si
fiondava immediatamente in bagno, chi aspettava qualcuno all’uscita di porte ancora chiuse, e
chi si aggregava ai campanelli di studenti che parlavano del più e del
meno, mentre si dirigevano in Sala Grande per il pranzo.
Alya si mise in coda per uscire
dall’aula del professor Ruf dopo un trio di ragazze di Tassorosso, che a quanto
pare durante l’ora di Storia della Magia si erano messe lo smalto sulle unghie
delle mani, e ora le ammiravano con grande orgoglio. Impaziente sbuffò, ma
dovette aspettare con calma l’avanzamento della fila, così percorse mentalmente
il tragitto per arrivare nell’aula dove doveva incontrare il trio e
preparare Harry alla terza prova. Si divertiva
un mondo ad insegnare al ragazzo gli incantesimi più elementari per la difesa
e l’attacco, anche se doveva far attenzione a non lasciarsi prendere troppo la
mano. Meglio non far vedere che era piuttosto preparata nell’argomento.
Ma chi poteva insegnarli
meglio di lei? Certo, Hermione insisteva sempre nel leggere la teoria prima di
passare alla pratica, e senza dubbio era d’aiuto. Almeno ad Hermione
stessa. Ma quasi sempre serviva un esempio pratico, e in questo Alya era
maestra. Ovviamente il più delle volte sbagliava la mira apposta, oppure li
compiva il più debolmente possibile, così da procurare il minimo dei
danni: non poteva certo lanciare un incantesimo perfetto, o avrebbe
sicuramente destato sospetti. Ma certamente, si divertiva lo stesso. Quest’oggi
avevano in programma di imparare lo Schiantesimo, incantesimo piuttosto comune,
ma molto efficace. Finalmente uscì dall’aula, ma non fece a tempo di
avviarsi che notò subito una figura familiare appoggiata al muro opposto,
accanto a una finestra. Il suo cuore improvvisamente accelerò, ma fece finta di
niente e si incamminò verso le scale, e quasi subito venne affiancata da Sargas,
sorridente come sempre.
“Sai? Non mi piace quando hai quel sorriso: hai in
mente qualcosa.” Proruppe Alya guardandolo con aria scettica. “Io? Quando
mai? Tu sei troppo sospettosa, mia cara. Io sono venuto qui solo per salutare la
mia ragazza.” E detto ciò si sporse per abbracciare Alya e darle un bacio
sulla guancia. La
ragazza agilmente si sfilò dall’abbraccio ed evitò il contatto allontanandosi di
qualche passo da Sargas. Gli lanciò un’occhiata fulminante, si guardò attorno ed
entrò in una classe vuota,
chiudendo immediatamente la porta quando il ragazzo la seguì all’interno. Sargas si guardò
attorno, esclamando ironicamente : “Vuoi già imbucarti? Non è da te!”, ma girandosi
verso la ragazza, si zittì, osservando la sua espressione furiosa.
“Ah, no. Forse non hai capito bene. E’ da tre settimane che ti
ripeto che odio quando mi chiami “tua ragazza” o “fidanzata”, o qualsiasi altro
genere di appellativo più o meno simile.” Proruppe Alya, irritata. “Tesoro va bene?”
chiese soavemente il ragazzo. “No.” “E Amore?” La ragazza fece finta
di non aver sentito e continuò: “E non voglio dimostrazioni di affetto in
pubblico. Mi da fastidio. E’ già tanto che io ti lasci avvicinare per
parlare.” “Per merlino! Non ho mai sentito una ragazza fare richieste così
assurde.” Esclamò Sargas incrociando le braccia, assumendo un’aria di
compatimento. “Ah beh, l’hai voluto tu, eh …”
Sargas sopirò, afflitto: “In che guaio mi sono cacciato …”
Poi guardò Alya, che lo osservava con un sopracciglio alzato, e fece un
sorriso sornione. “Però qui siamo noi due da soli …”
Le guancie della ragazza improvvisamente si colorarono di rosso vivo,
mentre Alya si malediva per l’idea geniale di entrare in una classe vuota.
Cominciò ad arretrare verso la porta: “beh, c’è Harry che mi sta
aspettando per …” Sargas in due soli passi colmò la distanza tra sé e la
ragazza, e che ormai si vedeva preclusa ogni via d’uscita. “Harry, può
aspettare, non è vero?”
Alya, evitando accuratamente lo sguardo
di Sargas, sentì il cuore battere all’impazzata, e il proprio autocontrollo vacillare pericolosamente.
“Si … No!.. no, no, non si può, perché …”
Il ragazzo
sorrise davanti al suo imbarazzo, mise le mani sul muro e si chinò su di lei,
sussurrandole all’orecchio: “Questa sera dopo la mezzanotte alla torre di
astronomia, d’accordo?” e le baciò i capelli, lasciandola andare per poi uscire
dalla classe. Alya non si mosse finché non sentì la porta chiudersi dietro di
sé, cercando di ritrovare la calma e la lucidità nonostante il tumulto di
emozioni. Proruppe in un “Quanto sono stupida!!!” pestando un piede a terra.
Non si era mai sentita così in imbarazzo prima, oltretutto arrossire non era
certamente un fatto abituale per lei. Tutto perché “quell’altro” aveva fatto un
passo in avanti di troppo. “Ti odio.” Disse, volgendosi verso
la porta, come se lui fosse là. Ma subito un sorriso incurvò le
labbra della ragazza, che si sistemò la borsa e uscì in fretta dall’aula,
dirigendosi spedita verso la classe dove gli altri la aspettavano.
Arrivò di corsa e aprì la porta, trovando
però i tre che stava già sistemando i cuscini che avevano usato per attutire la
caduta mentre si esercitavano. Ron esclamò: “Eccoti qui. Dove ti eri
cacciata?” “Ho avuto un contrattempo. Avete già finito?” Hermione lanciò
un grosso cuscino ad Harry, che lo rispose sullo scaffale. “Si, mi dispiace – le
rispose la ragazza, guardando l’orologio – tra poco inizia le lezione di
Aritmanzia, e non voglio fare tardi.” Ron sbuffò e riprese “lei non vuole
saltare la lezione. Noi invece abbiamo Divinazione, sai che utilità.” Harry
annuì, e si rivolse ad Alya: “Tu invece che fai? Ti alleni insieme a noi? Se ci
sei tu possiamo anche continuare.” Alya ci pensò un attimo su,
incerta, ma poi intercettando lo sguardo di Hermione rispose: “Mi piacerebbe, ma non
sono poi così brava e rischieremmo solo di fare danni, specie se non
c’è Hermione a vigilare. E’ meglio se continuiamo più tardi.”
Entrambi i Grifondoro si
incupirono, pensando già alla sfilza di presagi di morte che avrebbero dovuto
subire nella prossima ora, mentre Hermione prese un’espressione da
l’avete-voluto-voi, ma non commentò. “Ok, – riprese Alya – oggi avete
imparato lo Schiantesimo giusto?” “Esatto – le rispose Hermione – la prossima
volta c’è in programma l’incantesimo di ostacolo.” “Perfetto, allora ci
vediamo quando?” I quattro ragazzi consultarono gli orari e si misero
d’accordo per quella stessa sera, subito dopo cena. “Avremo un’ora e mezza
prima del coprifuoco, penso potrebbe bastare.” Commentò Harry, guardando l’amica
Grifondoro. “E’ possibile, sempre se Alya non voglia provare anche lei lo
Schiantesimo …” gli rispose la ragazza, rivolgendosi alla Serpeverde. “Oh,
no, no, non ti preoccupare Hermione, l’importante è preparare Harry. Io
posso imparare anche in un’altra occasione.” Osservo Alya con noncuranza, mentre
proprio in quel momento suonò la campanella d’inizio delle lezioni. “Ok –
esclamò la Grifondoro, fiondandosi sulla porta – a più tardi!” e scomparve nel
corridoio. Harry e Ron mugugnarono un saluto e uscirono dalla classe insieme ad
Alya, salutandosi e dividendosi poi per andare alle rispettive aule.
Alya aprì la porta dei sotterranei, entrando
nell’Ingresso Principale, e si aggregò alla massa di studenti diretti alla Sala
Grande per la cena. Il suo stomaco protestava rumorosamente, complice anche il
fatto che aveva saltato il pranzo quel giorno. Quando si sedette al tavolo di
Serpeverde scrutò tutta la tavolata, ma non vide Sargas da nessuna parte, un po’
delusa si voltò verso il tavolo dei Grifondoro e non trovò Harry né Hermione né
Ron da nessuna parte. Dove si erano cacciati tutti?
Mangiò in fretta un po’
di patate e roasbeef, pensando che era possibile che i tre avessero già mangiato
e avessero già cominciato ad allenarsi, e, stava quasi per alzarsi quando sentì
un frammento di una discussione di due serpeverde del quarto anno lì affianco:
“… e ha urlato come un ossesso con una mano sulla cicatrice, cadendo a terra e
interrompendo la lezione. Dovevi vedere la Cooman, era praticamente impazzita:
era convinta che lui avesse avuto una premonizione o qualcosa di simile. Quando
Potter ha aperto gli occhi, ha cercato di farlo parlare su cosa avesse visto, ma
lui è scappato via subito, dicendo che voleva andare in infermeria a farsi
medicare. Te lo dico io, quello là ha finto tutto ….” “Si – gli rispose l’altro – quasi sicuramente l’ha fatto
per attirare l’attenzione: scusate, sono il povero ragazzo sopravvissuto, guardatemi! …”
Alya si
alzò uscendo dalla Sala Grande e salendo le scale per raggiungere l’aula dove si
erano dati appuntamento lei e i Grifondoro qualche ora prima. Così Harry era
svenuto durante la lezione di Divinazione; forse era per questo che il trio non
si era fatto vedere a cena. Si fermò di colpo nel corridoio, incerta: quasi
sicuramente non si sarebbero fatti vedere neppure all’allenamento. Aggrottò la fronte, incerta,
ma decise di entrare comunque nell’aula per aspettarli all’interno: doveva
assolutamente saperne di più sulla “visione”. Si sedette su un banco a
gambe incrociate e si perse nell’intrico dei propri pensieri.
Cosa poteva aver visto Harry? Riguardava il Signore Oscuro? Quasi
certamente si, dato che l’altro ragazzo aveva detto si stava toccando la
cicatrice quando era caduto a terra. Non poteva certo essere un caso
l’improvvisa visione e la rinascita di Voldemort. Magari poteva aver qualche
indizio sull’identità della spia ad Hogwarts senza nemmeno accorgersene. Una
cosa era certa, qualsiasi cosa avesse visto non era confortante, indicava
solo che l’Oscuro Signore stava riprendendo i suoi poteri. Distrattamente si
accorse di aver stretto la mano destra sull’avambraccio sinistro, e, con il
cuore in gola, sbottonò la manica della camicia e la sollevò, trovandosi a
fissare il Marchio Nero, quasi completamente formato. Non era decisamente un
buon auspicio. La mente volò immediatamente a Sargas, e sentì al coscienza
roderle: è giusto che corra dei pericoli solo per stare con me? Alya zittì
subito quella vocina maligna, anche se ormai, la punzecchiava da tempo.
La ragazza
si alzò in piedi, e guardò l’orologio: era passata ormai l’ora fissata per
l’incontro, era ovvio che non sarebbero venuti. Riabbottonò la manica sinistra e
si diresse verso l’uscita. Avrebbe aspettato nel dormitorio l’ora per andare
alla Torre.
Ciao! Chiedo umilmente perdono per il solito ritardo, ma
è stato veramente difficile riuscire a scrivere qualcosa di decente, sopratutto
per quanto riguarda la prima parte. La seconda era pronta da settimane ormai, ma
non andava sicuramente bene: dovevo spiegare la decisione di Alya di rimanere
con Sargas. Bene, ora finalmente ho ritrovato l'ispirazione, almeno per questo
capitolo xD. Comunque buona metà del prossimo è pronta, manca solo il finale.
Ringrazio di cuore una mia amica compaesana che mi ha prestato il libro di HP
che mi serviva, visto e considerato che il mio non lo trovo più... Questo
capitolo lo dedico a lei. Quando avrò un po' più di tempo provvederò a
rispondere alle recensioni. Auguro a tutti buone vacanze! :)
Dark Soul
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Capitolo 17 *** Sulle rive del Lago Nero ***
Alya aprì con un lieve cigolio la porta della torre di
Astronomia, guardandosi bene attorno prima di uscire dal riparo e chiudere piano
il battente. Era leggermente in anticipo, ma non ce la faceva più a rimanere nel
dormitorio. Venne accolta da un vento freddo che soffiava lieve sul terrazzo,
che la fece rabbrividire, ma di Sargas nemmeno l’ombra. Si sfilò il mantello
dell’invisibilità, e lo piegò con cura, per infilarlo poi in una tasca della
divisa.
La notte era buia e fredda, nonostante fosse ormai
giugno, e ombre cupe di delineavano in ogni angolo. Solo il vento muoveva le
cose, creando effetti spaventosi e maligni. Nel più perfetto silenzio, un gufo
tubò nella notte, e la fece sobbalzare. Alya incrociò le braccia, mentre si
guardava intorno. Da quando in qua aveva paura del buio? Vide l’ombra di un
uccello notturno volteggiare sopra la foresta, e un'altra immagine si affacciò
nella sua mente: un gufo che raspava alla finestra, una lettera che bruciava nel
camino. Si riscosse. Quello non era certo il momento di pensare a quelle
cose.
Il vento spazzò ancora il terrazzo, passando sul viso e
sul collo della ragazza, che rabbrividì per una seconda volta. Ricordando con
rammarico il suo mantello sull’attaccapanni nel dormitorio, Alya si appiattì al
muro, considerando l’idea di estrarre la mano dall’incavo del braccio e far
apparire una coperta.
All’improvviso sentì un live rumore sopra di sé, e,
alzando lo sguardo, vide un’ombra svolazzare in cerchio sopra di lei: una figura
nera, che la salutava con la mano, a cavalcioni su una scopa molto più grande e
grossa del normale. Inutile dire che poteva essere soltanto Sargas. Alya sentì
aumentare il battiti del cuore, ma mantenne comunque il sangue freddo,
incurvando appena le labbra in un mezzo sorriso, che tradiva però tutta la sua
gioia.
Sargas abbassò la scopa ad un metro dal pavimento e
scese con un sorriso stampato in faccia, lasciando il manico sospeso in aria, in
attesa. “Ciao! Da quanto tempo non ci vediamo!” esclamò Sargas avvicinandosi
a braccia aperte verso Alya, che si scansò, continuando ad osservare con una
certa apprensione mista a curiosità l’oggetto sospeso.
“Non ho mai visto scope come questa. Dove l’hai presa?”
chiese Alya, inarcando un sopracciglio. Sargas si grattò la
testa, in un tipico gesto teatrale: “Non so esattamente da dove provenga, me
la sono fatta prestare da un mio amico. Vuoi farci un giro?” chiese, con
un sorrisetto ironico.
“No, grazie. Non mi piacciono le scope, e sinceramente
sto bene qui, con i piedi a terra.” Rispose Alya, allontanandosi dalla scopa
come se improvvisamente potesse mordere. “E Dai. Non mi dire che soffri
ancora di vertigini?” Chiese Sargas, facendo un passo in avanti. Alya, di
tutta risposta arretrò: “Anche se fosse? Non sono affari tuoi. Non mi piace
volare e non ci tengo a salire su quel trabiccolo.” Sargas,non rispose, ma
fece un altro passo in avanti. Alya non riusciva a vedere il suo volto, per il
buio, ma era certa che lui stesse sorridendo. La ragazza fece un altro passo
indietro: “Sargas, no. No no no …” Sargas fece un balzo in avanti per
prenderla, ma Alya riuscì a sfuggirgli scappando di lato, mentre il ragazzo si
mise a rincorrerla.
Alya girò attorno alla scopa correndo sulla terrazza e
lanciando occhiate dietro di sè, e, nonostante Sargas provasse in mille modi ad
afferrarla, lei era comunque più piccola e agile e riusciva sempre in un modo o
nell’altro a svincolare. Alla fine Sargas si fermò, ansimante, guardando
Alya oltre la scopa che li divideva, ed alzò le braccia in segno di resa: “Ok
d’accordo. Niente giretto. Adesso però vieni qui, dai.” Alya fece un
sorrisetto ironico, portando la mano destra nell’incavo del gomito sinistro in
un tipico gesto provocatorio, e disse: “Tu pensi veramente che io mi faccia
fregare così?”
“E dai …” sorrise Sargas, aggirando la
scopa. Alya seguì i suoi movimenti, girando anche lei il manico
dall’altro lato. “Ahah! Provaci soltanto …” Sargas si fermò un momento, poi
con uno scatto riprese l’inseguimento, ma questa volta estraesse la bacchetta,
e, con un solo movimento fluido, lanciò un incantesimo poco più avanti di dove
aveva il piede Alya. “Hei!! – Esclamò la ragazza, vacillando – Non
vale!!”
Sargas ne approfittò e finalmente riuscì ad afferrarla
da dietro, bloccandole le braccia. “Certo che vale! A mali estremi …” Alya
cercò di divincolarsi, ma era impossibile riuscire a sciogliersi dall’abbraccio.
“Lasciami immediatamente, baro che non sei altro. Ho detto
lasciami!!” “Ahaha! No, con tutta la fatica che ho fatto!! ” e detto ciò le
diede un bacio sul collo, poi, trascinando anche Alya si diresse verso il manico
di scopa e vi salì, non senza una certa difficoltà, date le violente proteste
della ragazza.
"Sargas, mettimi giù!” Il ragazzo non le rispose, ma con
un lieve tocco la scopa si sollevò e, lasciata la terrazza, volarono nel
vuoto. Alya si morsicò forte il labbro per non urlare, ma la tentazione era
forte. Chiuse gli occhi e si aggrappò disperatamente a Sargas, che ovviamente
rideva, felice come una pasqua. “Sargas!! Tu sei un uomo morto, questa è una
promessa!” Il ragazzo rise ancora di più, e, ignorando le minacce che Alya
gli sibilava, accelerò, stringendo a sé la ragazza con affetto, e appoggiò una
guancia sulla sua testa, dandole poi un bacio sui capelli. “Non credere di
salvarti con questo – gli disse Alya, anche se era già notevolmente più calma –
quando atterreremo te la parò pagare.” Sargas ridacchiò. “Non vedo
l’ora.”
Alya sbuffò, ma in fondo non stava poi così male. Odiava
andare sulla scopa, e soffriva di vertigini, ma a dire il vero, in quel momento,
non poteva certo lamentarsi: stretta attorno a quel corpo caldo, a occhi chiusi
… “Ehm, – esordì Sargas, accarezzandole un braccio – non che mi dispiaccia
stare qui, ma siamo arrivati …”
Alya aprì immediatamente gli occhi, accorgendosi di
essere immobile ad un metro da terra, e arrossendo scese velocemente sull’erba,
allontanandosi dalla scopa il più velocemente possibile. Sargas ridacchiò mentre
appoggiava i piedi a terra, e automaticamente la scopa andò ad appoggiarsi ad un
albero lì vicino, in attesa come sempre. Alya si guardò intorno, sfruttando
la luce della luna, cercando un punto di riferimento che le indicasse dove si
trovasse esattamente. Erano su una sponda del lago, in un ansa da dove non si
poteva scorgere il castello, e a circondare il piccolo spiazzo dove erano
atterrati, una fitta ombra scura, quasi sicuramente degli alberi. Accanto a sé
c’era un grande masso e poco più lontano un tronco caduto. Ad Alya tutto questo
sembrava familiare, ma dove ..? “Siamo nel luogo dove ti ho seguito il giorno
della prima prova – proruppe Sargas, avvicinandosi con in mano una lanterna
appena accesa – il giorno in cui Malfoy ti ha avvicinato per stabilire per il
Ballo del Ceppo.” “Già, e tu mi stavi spiando.” Commentò la ragazza,
funerea.
Sargas sorrise, alzando la mano libera: “Ehi, volevo
tenerti d’occhio. Non sapevo ancora che non eri stata tu ad attaccarmi.” Alya
sbuffò, e con un cenno del capo indicò la lanterna: “Non è pericoloso accendere
una luce? Specie qui, di notte.” “Non ti preoccupare, solo noi possiamo
vedere la luce di questa lanterna, l’ho stregata apposta. E in più ho lanciato
degli incantesimi di protezione qua intorno, questo pomeriggio. Dovrebbe
bastare.” Le rispose il ragazzo, appoggiando al masso la luce. “Hai pensato
proprio a tutto.” “Tutto questo per il mio tesoruccio amoruccio adorato …”
Alya si rivolse un’occhiata fulminante: “Com’è che mi
hai chiamato?” Sargas incrociò le braccia, provocandola: “Cucciolotta?
Patatina? Goccia di rugiada?” “Brutto idiota!!” Alya reagì di istinto e gli
si avventò contro, cercando di prenderlo a calci: il ragazzo, ridendo, d’altro
canto non riusciva a arrestare la furia che si aveva aizzato contro (da solo) e
arretrava vistosamente, fino a quando non inciampò su un sasso e cadde a terra.
Alya sorridendo, gli piantò un piede sul petto, e alzò le braccia al cielo, in
segno di vittoria.
Sargas, che ovviamente non era molto d’accordo sul fatto
di avere un piede sopra di sé, afferrò con entrambe le mani la caviglia e tirò
verso l’alto, facendo perdere l’equilibrio alla ragazza, che ruzzolò a terra.
Alya non fece in tempo ad alzarsi in piedi che Sargas si girò e le bloccò
entrambe le gambe con il proprio peso. La ragazza si mise a sedere puntellandosi
con le braccia, e incrociò lo sguardo di Sargas, che non prometteva niente di
buono. Cercò allora di sfilare da quell’abbraccio indesiderato le proprie gambe,
tirando all’indietro, invano. “Grosso… Stupido… Ominide.” sbuffò la ragazza,
facendo altri tentativi, senza però riuscire a cambiare di una virgola la
situazione. “Lasciami!” Sargas venne scosso da una risatina maligna, mentre,
sempre tenendo ferme le gambe con le braccia, raccoglieva le proprie gambe sotto
si sé e si inginocchiava. “Non ti sei resa conto della situazione vero?”
“Cosa vai blaterando?” gli rispose malamente la ragazza,
continuando a tirare. “Tu e io. Soli in mezzo alla foresta. Chi mai potrebbe
sentirci?” Alya si irrigidì, rimanendo immobile. “Cosa vorresti
dire?” Un’altra risatina. “Quello che ho detto. Ti ho in pugno."
La ragazza spalancò gli occhi, facendo un altro debole
tentativo di liberarsi. “Tu stai scherzando vero?” Sargas alzò la testa,
guardandola diritto negli occhi. “ Ti sembra che io stia scherzando?” E detto
questo strattonò con forza le gambe di Alya verso di sé, facendola slittare in
avanti, e le montò a cavalcioni sopra, bloccandola a terra.
La ragazza fece un grido inarticolato, e subito la sua
mano corse verso la tasca dove teneva la bacchetta, ma venne bloccata dalla
morsa ferrea della mano di Sargas, che le strinse il polso a terra. Allora Alya
si portò l’altra mano sul viso, nascondendosi nell’incavo del gomito.
Strinse forte gli occhi, in attesa di qualcosa. Già, ma di cosa? Sentiva
vagamente l’altra mano di Sargas scorrerle tra i capelli, e sfilare
delicatamente l’elastico che li teneva raccolti. Poi più nulla. Il peso di
Sargas era sparito e poteva muoversi liberamente. Aprì gli occhi e cautamente si
mise a sedere, guardandosi intorno. Sargas stava saltellando da una parte
all’altra, con un ridicolo ciuffo di capelli tenuto irto sulla testa
dall’elastico appena sottratto.
Alya si portò una mano tra i capelli sciolti, incredula.
“Tutto qui?” Sargas smise di saltellare e la guardò stupito. “Come tutto qui?
Cosa pensavi?” La ragazza arrossì violentemente, voltandosi dall’altra parte.
“Niente.” Sargas, si avvicinò, con un sorriso malizioso stampato in faccia.
“Come niente? E perchè sei tutta rossa allora?” Alya sbuffò, cercando di
riprendere velocemente il controllo. “Non è vero. E ridammi il mio
elastico!” Il ragazzo scosse la testa, avvicinandosi ancora: “Non cambiare
argomento! Perché sei così imbarazzata?”
La ragazza scattò in piedi, con le braccia rigide lungo
i fianchi. “Ho detto che non ho niente! E non sono imbarazzata!” Sargas si
raddrizzò, portandosi una mano sul mento, facendo finta di pensare. “Uhm. Cosa
potrebbe mai essere?” Alya, se possibile, divenne ancora più rossa in viso,
ed esclamò: “Niente! E voglio il mio elastico!” E detto questo allungò le
braccia per sfilarglielo dai capelli. SArgas fece un passo indietro, e al
secondo tentativo di attacco le prese i polsi con le mani e l’attirò a sé,
abbracciandola e bloccandola contro il proprio corpo. “Vediamo... Lo sai che non
ho proprio idea?”
Alya intanto sbuffava cercando di spingere via il corpo
del ragazzo, ma come al solito, otteneva ben poco. “Ah! Aspetta! – esclamò
Sargas, fingendo di aver finalmente ricevuto l’illuminazione – forse ho
capito.” Mantenne la presa con una mano su fianco della ragazza, mentre
l’altra la fece passare sul collo di Alya, che si bloccò. Le alzò la testa,
guardandola negli occhi.
“Forse tu intendevi questo.” Si chinò su di lei e
congiunse le proprie labbra con quelle di Alya, in un bacio casto e dolce.
La ragazza rimase perfettamente immobile, pietrificata davanti quel
gesto. La mano di Sargas le accarezzava lievemente il collo, poi si infilò
tra i suoi capelli nella nuca e l’attirò più vicino, mentre schiudeva con la
lingua le labbra di Alya. La sua presa si fece più forte, mentre Alya rispondeva
al bacio con lo stesso trasporto. Dentro si sé, la ragazza aveva un
miscuglio di emozioni, e si sentiva totalmente persa tra le sue braccia, mentre
si lasciava trasportare dalla sua bocca. Pregava che quel momento non finisse
mai, e che quell’abbraccio non potesse mai sciogliersi.
Dopo poco, troppo poco per quello che sembrava ad Alya,
Sargas si staccò dalle sue labbra, e le baciò la fronte, raddrizzandosi. “Mi
sembra di aver azzeccato.” Disse sorridendo verso Alya, che lo guardava
stralunata. La ragazza cercò di darsi un contegno, abbassando la testa –per
non far vedere il sorriso– e divincolandosi dall’abbraccio. Sargas la
lasciò andare allargando le braccia, e la ragazza si allontanò, lanciando un
altro fugace sguardo al viso di Sargas. Vedendo che stava ancora sorridendo, si
voltò subito, e si diresse verso il lago. Giunta sulla riva, si sedette e si
portò le gambe al petto, nascondendovi il viso. Incredibile
–pensava – io che so molto più incantesimi di un mago del settimo anno, mi
faccio abbindolare da un … da un … da lui. C’è qualcosa di sbagliato in tutto
questo.
Ma interruppe qui le sue riflessioni, dato che sentì un
corpo caldo premuto contro la schiena e due braccia stringerle la pancia. Sargas
si era seduto dietro di lei a gambe aperte, mentre aveva appoggiato le sua testa
nell’incavo del suo collo, tra i suoi capelli sciolti. Alya sentiva il suo
respiro caldo sul collo, e, dopo un primo momento di tensione, chiuse gli occhi,
rilassando i muscoli tesi e abbandonandosi contro di lui.
Non ci fu una parola, entrambi godendo di quel contatto
semplice, fino a quando Sargas non alzò un braccio, e con la mano spostò
delicatamente i capelli dove si era appoggiato, e posando le sue labbra sulla
pella delicata della ragazza. Alya rabbrividì lievemente, e sentì Sargas
stringerla di più a sé, mormorando: “Hai freddo?” La ragazza sorrise,
scuotendo lievemente la testa. “Non ho freddo.”
Sargas sorrise anche lui, dando baci leggeri sul collo
di Alya, respirando avidamente il suo profumo.
La ragazza chiuse gli occhi, ma un cupo presentimento si fece strada dentro
di lei, impedendole di rilassarsi. Aprì le palpebre e guardò il cielo notturno,
trapuntato di stelle. Cosa c'era che non andava? All'improvviso notò un'ombra
volare verso la loro direzione, poco sopra gli alberi della foresta
dall'altra parte del lago. Socchiuse gli occhi e cercò di identificarla meglio.
Forse un uccello? Un gufo? Si
sporse un po' in avanti, facendo levare il capo a Sargas, che domandò: "Che
c'è?", e guardò nella stessa direzione.
"Non ne sono sicura" sussurrò Alya, in risposta, consapevole solo del fatto
che quella strana inquietudine strava crescendo.
"Ma è solo un gufo con la posta. Vedi? Ha una grossa lettera aggrappata alla
zampa. Cosa c'è di tanto interessante?"
"Niente..." Ma ad Alya non era chiaro. Chi spediva posta a quest'ora? Poi
improvvisamente un pensiero le balenò in mente, cancellando tutto il resto. Si
alzò immediatamente in piedi e si diresse verso la scopa, prendendola in mano.
Intanto Sargas l'aveva raggiunta, e le aveva messo le mani sulle spalle.
"Ma cosa c'è? Cosa vuoi fare?"
"Andiamocene." rispose Alya, voltandosi verso di lui e mettendogli la scopa
in mano. "Ora."
Lui la guardò stupito, proprio non capiva questo improvviso cambiamento
d'umore. Poco prima era tranquilla e serena, ora non la smetteva di lanciare
occhiate a quel gufo, e sembrava sul punto di ...
"Seginus" sussurrò piano Sargas, guardando la scopa come se la vedesse la
prima volta.
"No." disse Alya, aggrappandosi a lui, con la disperazione nella
voce "No, ti prego. Andiamocene."
"No." Rispose risoluto Sargas, lasciando cadere la scopa. "Io non scapperò
un'altra volta. Non ti lascerò un'altra volta!" E detto questo si voltò e andò
alla riva del lago, estraendo la bacchetta verso il gufo ormai vicino.
"No." mormorò Alya, sfoderando anche lei la bacchetta. "Mi dispiace." Sargas
si voltò verso di lei, e vide una lacrima scenderle dalla guancia.
Alya alzò la bacchetta, e un getto di luce colpì Sargas, che cadde a terra.
Salve! xD Lo so, scrivo con la retromarcia, ma che ci posso fare? xD Ok,
questo capitolo è un bel colpo di scena non trovate? xD Vabbè, vado a dormire
che è meglio... Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta chi mi legge
e chi mi recensisce, ricordando in particolare una mia cara amica che purtroppo
sta molto male e non la vedò da un po'. Non vedo l'ora che tu ritorni, Ari. ^^
Ora è veramente ora che io vado a dormire, o rischio di fare danno ancora una
volta xD ciao!
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