Breaking point.

di Readme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And I'll never be the same ***
Capitolo 2: *** Like ever. ***
Capitolo 3: *** I'm Taylor. ***
Capitolo 4: *** @taylorswift13: @harry_styles i love you too ***
Capitolo 5: *** Perfect. ***
Capitolo 6: *** Don't look me. ***
Capitolo 7: *** Loving him was red. ***
Capitolo 8: *** you must return together. ***
Capitolo 9: *** Stay. Stay. Stay. ***
Capitolo 10: *** I fake a smile so he won’t see. ***
Capitolo 11: *** Cause he never did. ***
Capitolo 12: *** Back for you. ***
Capitolo 13: *** 04.00 am. ***
Capitolo 14: *** Losing me. ***
Capitolo 15: *** Un solo momento. ***



Capitolo 1
*** And I'll never be the same ***


 

Breaking point.



Primo capitolo.








Adrenalina. Ricordo questa sensazione. Pensavo che ormai facesse parte di me. Che dopo la prima volta sarebbe sparita, assieme al nervosismo, assieme alla mancanza di ossigeno e alle mani che diventavano rosse per coordinarsi alle mie guance. Ho anche creduto che alla fine quelle sensazioni non le avrei mai più dovuta sentire, era quello il prezzo da pagare per la mia libertà.

 

Quando hai otto anni e strimpelli la tua prima chitarra davanti agli occhi lucidi dei tuoi genitori, pensi che lo facciano perché sei semplicemente loro figlia. Quando poi tuo fratello invece di prenderti per stupida, applaude silenzioso, pensi che abbia sbattuto la testa da qualche parte. Quando uno sconosciuto però, schiude la bocca e comincia ad imitare tuo fratello, credi davvero di essere speciale, credi di valere qualcosa, di dover essere qualcos'altro di più importante che una semplice bambina dai capelli ricci e biondi. A dieci anni, quando finisci di scrivere la tua prima strofa pensando al bambino che oggi ha voluto scherzare suoi tuoi capelli assieme a tutta la classe, credi di non volere di nuovo niente. Una stupida bambina riccia. Eppure continui a strimpellare, pensando che forse un giorno, qualcuno vedrà in te qualcos'altro. Quando ad undici anni cominci a crederci, pensi che diventerai una cantante, una di quelle importanti, una di quelle che stringono tra le mani un premio e ringraziano la propria famiglia e i propri fans per il supporto. Già ti ci vedi, in una casa, tra delle tendine gialle, vicino al tuo gatto, pensando a dove posare il nuovo premio ottenuto. A dodici anni, quando finisci la tua prima vera canzone, quando la canti a tua madre, quando per la festa del nove luglio decidi di mostrarla a tutta la tua famiglia, credi davvero di essere una cantante, una vera, con il tuo primo pubblico. Quando decidi di esibirti in un concorso, pensi che nessuno ti noterà, ma nel profondo ci speri davvero. Ed accade. E continui a scrivere canzoni, ci credi ed attendi trepidante di avere i tuoi premi, di essere davanti a qualcuno che canta le tue parole con te. A quattordici anni, invece di piangere sui tuoi sogni, invece di bruciare le foto che ti raffigurano assieme al tuo primo amore, decidi di scriverlo, decidi che quella ferita deve bruciare tra le tue stesse note, deve bruciare sulle bocche di tutti e sul suo cuore, per aver spezzato il tuo. A sedici anni, quando finisci di registrare la tua ultima canzone del tuo primo album, pensi che Abigail uscirà dal nulla per dirti che è tutta una farsa. Ma lei sta lì, dall'altra parte del vetro a sorridere, goffa com'è, a stringere tutti i produttori che trova lì accanto. Quando una bambina per strada chiama il tuo nome, lo chiama forte, tirando la gonna della sua mamma verso di me, pensi di avercela fatta. Ma a otto anni, nessuno ti dirà che cantare è solo un bel sogno. A dieci anni, nessuno ti dirà che ovunque andrai, nulla in te andrà bene. A dodici anni, non ti confesseranno che nessuno crederà nella tua musica, perché a nessuno interesserà davvero quella. A nessuno interesserà il tuo nome, perché tu sarai solo la fidanzata di qualcuno, la puttana di turno. A quattordici anni, nessuno ti racconterà che il mondo della musica non è fatto di musica, ma di odio, invidia, cattiveria. A sedici anni, quando quella bambina ti riconoscerà per strada, non penserai che forse quando crescerà ti odierà, ti odierà per essere uscita con il suo idolo. E nessuno, ti chiederà mai ad otto anni, se ne varrà mai la pena.

 

Ho dovuto chiedermelo. Ho risposto che non ne valeva la pena. A mentire ci si abitua, i sorrisi falsi nelle interviste - quelli veri li conservi per i tuoi fans -, il viso abbastanza truccato per non far trasparire il rossore delle guance dovuta alla vergogna di aver mentito, le parole omesse, il fatto di dover essere casta, perfetta, apatica. Perché almeno quello, almeno quello lo puoi mostrare. Ma non ne varrà la pena. Sarai troppo apatica, sarai poco perfetta. Nulla in te sarà giusto, solo le parole con cui sarà associato il tuo nome. Ne vale la pena?

 

-“Taylor, tra tre minuti tocca a te, fatti trovare pronta” - Grida qualcuno abbastanza forte da farmi smettere di pensare. Un bene, visto che dopo quasi due anni di riflessioni la risposta ancora non so darla. Ne vale la pena? Davvero? Sento dal camerino le urla soffocanti del pubblico. Mi batte forte il cuore. Ansia. Ossigeno. Adrenalina. Ne sento quasi l'odore. Gridano per te, ti vogliono. E se invece stessero solo fischiando? Stringo i pugni. - “Tay, ti stavo cercando, tutto bene?” -. Giro la sedia rossa verso la porta semiaperta, la faccia di Louis e metà del suo corpo sono dentro il camerino. Mi guarda accigliato e con un velo di preoccupazione. Sorrido e mi alzo sistemando lo strascico rosso e dorato abbottonato al dietro dei pantaloncini neri. Passo le mani sulla giacca piena di lustrini, mi calza a pennello, è comoda, corta davanti e un po' più lunga sulla schiena. Manca solo il capello. Mi giro nuovamente verso lo specchio e me lo infilo, poi sistemo il rossetto rosso e riguardo Louis. - “Come sto? Immatura? Grassa? Troppo magra?” - Louis non mi da il tempo di finire la frase e mi prende per le spalle scuotendomi. - “Alison, sei perfetta, spacca il culo a tutti là fuori” - Sorride mentre io metto il broncio. Odio che mi chiami con il mio secondo nome. - “Li senti? Aspettano te da più di un anno Swift, aspettano solo te” -.“Non è che stanno solo fischiando per me?” - Chiedo abbassando lo sguardo e torcendomi le mani già madide di sudore.

 

-“Taylor, nemmeno ti dirò quanto tu sia importante per me, perché lo sai. Ma da quando è uscito quella clip sul tuo ritorno, mostrando le tue gambe sul palco di MTV, senza far vedere il tuo volto, il mondo non ha fatto che eccitarsi pensando ad un tuo probabile ritorno in scena” -. Sorrido sincera alle sue parole, facendo aumentare il rossore sulle mie gote. Aveva ragione, lo sapevo. Avevo rilasciato un video di pochi secondi dove annunciavo il mio ritorno in scena, lì sul palco degli MTV Music Awards. Li avrei aperti io, con il mio nuovo singolo dopo un anno e mezzo di silenzio. Lasciare le scene era stata una scelta presa senza davvero pensarci. Ma sapevo che prima o poi avrei toccato il fondo arrivando al mio punto di rottura. Lui, lui era stata solo l'ultima goccia. Lui sarebbe stato lì tra il pubblico e forse nemmeno sarà meravigliato dalla mia presenza o scosso. E non l'ho mai visto arrivare. Annuii distrattamente a Louis, lisciai nuovamente lo strascico e stringendogli semplicemente la mano, uscii dal mio camerino consapevole che alla mia entrata in scena mancava una manciata di secondi.

 

-“Allora Taylor, ricapitoliamo, ora canti l'intro davanti al telo, sullo schermo trasmetteremo il video del tuo ritorno a ripetizione, poi finisci, scendi dal parco ed entri dall'entrata posteriore, ti fai il corridoio e arrivi nuovamente sul palco, d'accordo?”- Annuii. Conoscevo bene le mosse che dovevo fare, ci avevo lavorato con Abigail. Volevo fare una grande entrata. Presi il microfono, ancora agitata. Le mani mi tremavano, accanto a me vidi l'assistente di prima ravvivarsi le labbra con un rossetto rosso. Con un semplice 'scusa' glielo rubai e aprendolo, scrissi sulla mia mano il numero tredici. Mi sentii immediatamente come prima. Non era cambiato nulla, solo il mio spirito. Ora ero più forte. Non mi ero mai messa davvero alla prova, dopo lo scandalo che mi ha portato alla deriva, non ero riuscita a leggere nessuna notizia che riguardasse il mio nome. Adesso ero lì. Restituii il rossetto alla ragazza di prima e mi posizionai davanti al telo rosso scuro. Le luci si spensero e vidi Grant strimpellare i primi accordi della base acustica.

 

I'm walking fast through the traffic lights. Busy streets and busy lives. And all we know is touch and go” . Cantai la prima strofa e cercai di non tremare o entrare in una crisi di panico, quando le urla del pubblico incitavano il mio nome o una semplice frase come 'Fatti vedere Taylor'.

Continuai con la base acustica fino al primo verso dove cantavo “This is the golden age of something good and right and real”-, all'ultima parola, girai la testa per far notare al pubblico che i miei capelli da sotto il capello erano completamente stirati. Come immaginavo, il pubblico cominciò a gridare più forte anche se ancora nascosta dall'enorme telo. All'ultimo accordo, le luci dell'intero palco si spensero, ed io corsi via per togliermi il capello, aggiustare i capelli e attraversare i corridoi in tempo per arrivare all'entrata posteriore ed entrare da lì, nel corridoio principale che poi riportava al palco, dove era diviso l'intero pubblico.

 

Arrivai in tempo per sentire la batteria iniziare a suonare. Sospirai pesantemente, vedendo i ballerini entrare prima di me per passare tra i posti dei candidati ai premi della serata e poi con strane capriole giungere sul palco come saette. Poi toccò a me. Entrai in scena. Alzai la mano libera dal microfono al cielo, intonando la prima strofa. Qualche ballerino mi seguiva da dietro imitando i miei movimenti, dettati da una precedente coreografia. Quando anche loro andarono via, cominciai a guardare il pubblico, erano in migliaia, per poco pensai che non avrei avuto la forza di cantare. Al distacco tra la prima e seconda strofa, corsi per tutto il corridoio principale girando come una stupida su me stessa e respirando le loro urla. Alla seconda strofa salii sul palco e ricominciai a ballare assieme ai ballerini. Credo di non sapere realmente come avevo fatto a stare lontano da loro per così tante tempo. Non riuscivo a tenere le mani giù, volevo alzarle per stringere ognuno di loro. Mi avvicinai alla fine del palco per stringere la mano a tutti, vidi che molti avevano notato il tredici sulla mia mano. Penso che il momento più bello è stato quando hanno stretto la mia mano. Ho sentito le farfalle nel mio stomaco. Ed ho trattenuto per quei pochi minuti le lacrime. Non volevo che fossi ricordata per questo. Questa era una serata speciale. Perché ero tornata, tornata per restare. Alla fine dello spettacolo, non riuscii più a trattenermi e mentre l'ultimo colpo di batteria veniva dato, strinsi forte il microfono e cominciai a urlare la parola 'Grazie' ad ogni lato del palco, che arrivasse a tutti, anche a chi mi odiava, anche a chi aveva festeggiato per la mia pausa. Poi, quando la voce mi finì, cominciai a ridere e lì giunse il presentatore di quella nuova edizione degli MTV Music Awards.

 

-“Taylor, eri, sei e sarai sempre uno schianto. Non credete?” - Chiese al pubblico rubandomi il microfono. Una lacrima fuggi dal mio occhio sinistro e l'asciugai velocemente, ma non abbastanza per non essere notata. Mi ero dimenticata come, ogni tuo gesto, fosse messo al centro dell'attenzione. - “Taylor, adesso piango anche io” -. Lo guardai balbettando qualcosa di incomprensibile, poi lo abbracciai forte, avevo bisogno di stringere qualcuno a me. - “Taylor, non hai nient'altro da dire?” - Rise, ed io risi con lui. Afferrai il microfono. - “Taylor è tornata!” - mentalmente aggiunsi il 'Bitch' di Britney, ero eccitata fino ad un certo punto. Il corpo di ballo stava rientrando ed io dovevo fare lo stesso, diedi la schiena a quello spettacolo. E sentii il mio cuore battere più di prima per la paura che come quella notte allo Speak Now Tour fosse l'ultima volta. Conscia che stessero presentando i candidati al primo premio della serata, corsi indietro, accolta dallo stupore del presentatore e del pubblico. Corsi per tutto il confine del palco e toccai tutte le loro mani. Poi inchinandomi davanti a loro, corsi dietro le quinte. Grant era lì, pronto ad abbracciarmi assieme all'intera band. Gridammo tutti insieme per la soddisfazione. Ed io risi. Risi come mai avevo fatto in quei anni.

 

-“La fottuta perfezione signori e signore” - La voce di Louis arrivò stordendomi, corsi ad abbracciarlo, ma mi fermai non appena vidi l'intera band degli One Direction assieme a lui. Louis al contrario non si fece intimorire e mi abbracciò, mi staccai da lui velocemente e sorrisi. - “Taylor, sei stata meravigliosa, non sai da quanto aspettavo un tuo ritorno in scena!” - Niall si fece spazio tra me e Louis e cercò di abbracciarmi, ma mi rifiutai. - “Ti ringrazio, ma sono tutta sudata” -. Ridacchiai nervosa e lui sorrise. Niall, era sempre stato gentile con me. Anche Zayn e Liam mi fecero i complimenti e giuro, avrei fatto di tutto per non assistere a quella scena. Avere un'altra me per queste occasioni. - “Ragazzi, siete fantastici, ma devo andare a cambiarmi, Selena mi aspetta” -, stoppai il loro chiacchiericcio e mi voltai, cercando il mio camerino, non volevo assistere ai suoi falsi ringraziamenti. Arrivata, sospirai sollevata. Mi cambiai, rinfrescandomi in bagno. Appoggiato sulla sedia rossa di prima, c'era il mio vestito. Lo avevo scelto assieme ad Austin. Lui diceva che era troppo per me. Credo che lo abbia scelto proprio per questo. Cosa si aspettava il mondo da Taylor Swift? Capelli ricci, colori pastello e gonne lunghe. Bene. Io ho fatto il contrario. Il vestito era lungo. Aveva uno stupendo scollo a cuore e lasciava le spalle scoperte ed anche la schiena, senza essere volgare. Era nero, faceva contrasto con la mia pelle chiara. La parte speciale era il sotto. Trasparente nei punti giusti, faceva intravedere le mie gambe e le scarpe alte e dorate che coordinava con il finale della gonna, che dal forte nero, andava sul dorato. Rifinii il rossetto rosso e l'eyeliner nero. Sistemai i capelli e fui pronta per uscire. Selena mi aspettava davvero.

 

Il fatto è che non me lo aspettavo appoggiato sul muro accanto alla porta del mio camerino. Era lì, con gli occhi chiusi, qualche riccio che copriva volontariamente le sue palpebre ed ancora il mio cuore, freddo, tra le sue mani. 


















Angolo dell'autrice :

Salve (?) Ho questa storia in mente da molto. Avevo 'paura' di metterla per iscritta. Ci ho messo due ore a farlo.
Sarà, ovviamente, una storia Haylor. Le date saranno un po' capovolte. Secondo la mia storia Taylor ed Harry si sono sconosciuti alla fine dello Speak Now Tour.
Red non è mai uscito, poi spiegherò meglio con i nuovi capitoli. Vi prego, se non vi piace la coppia, non commentate insultando. Questa storia non parlerà della coppia Haylor come è stata vista nella realtà, ma come la immagino io. Sarà una storia MOLTO OCC, andrà fuori dai caratteri che sembrano avere i personaggi nella realtà.
Cosa posso dire? Spero di non fare fiasco. Scialla :)

Oh, su twitter sono @onesposide

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Capitolo 2
*** Like ever. ***







 

Secondo capitolo.











Mi si fermò il cuore. L'adrenalina dello spettacolo era niente in confronto al mio stato in quel momento. Si accorse di me in poco tempo e mi guardò. Credo stesse per dirmi qualcosa, poi, spostò lo sguardo dal mio viso verso il basso, per guardare il modo in cui ero vestita. Chiuse la bocca e spostò gli occhi, ancora una volta, per guardare il numero tredici del mio camerino, sorrise. Trattenni una smorfia, non fu difficile farlo, sentivo il peso di tutto quel tempo passato su un letto, dentro la mia asfissiante camera, pesare sulle mie spalle nude. Mi ressi alla porta appena chiusa del camerino, inumidii le mie labbra un secondo, maledicendo subito dopo il mio nome mentalmente, per aver rovinato il rossetto. - “Cosa ci fai qui” -, volevo essere diplomatica, davvero, avevo immaginato questa conversazione ogni giorno. Ho cercato di riprodurla in una canzone. A volte usciva la rabbia, nei miei sogni o tra le note della chitarra, la mia mano lo avrebbe schiaffeggiato. Altre volte, mi immaginavo piangere, mentre rideva della mia autocommiserazione. A volte, semplicemente facevo quella calma, mentre gli giravo le spalle lasciandolo senza parole. Ma ora era lì, l'aria era satura della sua colonia, la stessa di sempre. Era cresciuto. Ricordo di aver sempre pensato fosse un bambino, la sua risata, ed ora era un uomo, almeno di fatto. La mascella più spigolosa e gli occhi più spenti a stento mi facevano ricordare l'immagine che mi era rimasta di lui. L'ultimo bacio. - “Sei andata via, non ho a.. avuto tem.. tempo di dirti quanto sei stata grande là fuori” - finì incerto la frase, dopo qualche pausa che aveva mandato il cuore su per la mia gola. Avevo la nausea. Non pensavo, non immaginavo di, di provare ancora tanto nei suoi confronti. Ma lui era lì, con una giacca blu sopra la semplice maglia bianca, e lì, sullo scollo una collana con un crocifisso. La collana.




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Flashback.

 

-“Devo andare, ormai è orario” -, spostai il mio viso dalla sua spalla, eravamo rimasti così, mentre Love Actually ricominciava per la terza volta sullo schermo della televisione. Era passato così troppo tempo dall'ultima volta che lo avevo visto, toccato, baciato. In tutta quella storia, pensavo di star impazzendo. Eppure era tornato lì, si era presentato davanti la porta del mio Hotel, con Meredith che miagolava contro la sua gamba. Pensavo davvero di essere impazzita. Quando gli occhi hanno cominciato ad appannarsi, l'ho visto muoversi, ed era proprio lui, lui e i suoi maledetti occhi. Ricordo le sue mani sui miei fianchi, l'urgenza, il bisogno di toccarci, di sapere che era vero. E le sue labbra, lì, sulle mie. Non avevamo fatto niente di diverso quella sera, non eravamo riusciti a dividere le nostre labbra o le nostre mani. L'una riempiva gli spazi vuoti dell'altra. Eravamo sdraiati sul divano quando lui parlò. Sospirai, cercando di non dar voce alla disperazione dovuta ad un'altra addio. - “Già. Vuoi che ti prepari qualcosa? Non hai mangiato” -, sorrisi nascondendo le guance rosse con le mani e poi infilai una mano tra i miei capelli per aggiustarli, le sue mani raggiunsero nuovamente le mie, strinse i miei capelli e poi, pizzicando le mie guance, mi schioccò un bacio. Doveva essere un bacio veloce, lo sapevo, ma non persi l'opportunità di farlo durare ancora di più. Dopo qualche secondo ci dividemmo e posò la sua fronte contro la mia. - “No, non preoccuparti” -, per un attimo parvi confusa dalle sue parole, poi ricordai la domanda di prima.

 

Era già pronto, pronto per partire, con la sacca in mano. Diceva che era sufficiente ciò che teneva lì dentro, il resto lo aveva lasciato a Londra. L'inizio del tour e la promozione del loro primo album, aveva detratto molto tempo alla nostra relazione. Ero orgogliosa di lui, della band interamente, non mi dispiaceva la distanza, era il suo lavoro, il nostro sogno in comune. Il difficile era sopportare il vociare inarrestabile dei giornalisti, ogni giorno era un nuovo litigio tra me e lui per la stampa, foto scattate prima dell'inizio della nostra relazione, in cui veniva ritratto Harry con altre donne, tappezzavano tutti i giornali ed i blog. Internet era un inferno. Giravano interviste di noi due singolarmente che non avevamo mai rilasciato, insulti che uscivano dalla mia bocca verso di lui ogni qual volta che si sussurrava di una rottura. Era difficile. Quei pochi momenti in cui stavamo insieme, dovevamo spenderli in pubblico, per cancellare ogni falsa notizia ed avere pace sul nostro rapporto, almeno per un'altro giorno. Poi il tutto ricominciava. Abigail era lontana e non potevo chiamare Selena ogni volta che mi sentivo male, aveva il diritto di stare con il suo ragazzo. Cercai di assaporare tutti i secondi in cui lo vedevo lì, davanti a me, con i suoi normali gesti. Si mordeva le labbra e scompigliava i capelli, avendo sicuramente paura di trovare qualche fotografo sotto l'hotel. Era una cosa ovvia. Chissà cosa avrebbero scritto. Harry Styles passa la notte con Taylor Swift. E sapevo già cosa avrebbero immaginato. Girai gli occhi, cercando di trattenere le lacrime. Non era facile sopportare gli insulti ed i messaggi pieni di minacce da parte del suo fandom. Non avevo mai immaginato che delle parole potessero fare così male. Avevo raggiunto il culmine quando dissero che non sapevo cantare, ma un intero fandom... non riuscivo a sopportarlo, a volte avevo paura di essere me stessa, perché era quello che odiavano, me. Ho cercato di farmi vedere meno, di non essere troppo appiccicosa ad Harry quando uscivamo pubblicamente, di mettermi da parte quando lo fermavano i suoi fans. Ci provo ogni giorno, ma non è mai abbastanza. - “Tay, stai bene?” -, Aprii gli occhi e vidi i suoi offuscati dalla poca luce nella stanza. Le sue dita tastavano le mie guance alla ricerca di lacrime da asciugare. Il fatto è che non avevo la forza di piangere. Tour, insulti, distanza. Ero così stanca. - “Va tutto bene” - dissi con poca convinzione, lui in cambio mostrò le sue fossette, gliele toccai e lui allargò il suo sorriso. - “Devi andare” -, sfiorai le sue guance con un bacio e poi lo spinsi verso la porta sorridendo. Mi appoggiai nuovamente sul divano, volevo vederlo andare via, per poi ripensare al momento in cui sarebbe tornato. Quando sentii lo schiocco della porta aprirsi però, sentii qualcosa nel mio stomaco e le lacrime rigarono lentamente il mio viso, fino a bagnare il colletto della mia maglia. - “Harry” - sussurrai il suo nome, ma era già uscito. Mi alzai disperata e uscii dalla stanza, lo vidi un po' più lontano, camminava lento. - “Harry!” - cercai di trattenere il mio grido disperato, e asciugai con una manica della maglia le mie lacrime. Harry si girò immediatamente e corse verso di me. - “Taylor, cosa succede, cosa, cosa posso fare?” -, teneva il mio viso tra le sue mani, cosa poteva fare?

 

-“Non andare via” - sussurrai - “Non ce la faccio, non ce la faccio più. Mi odiano, mi odiano tutti, ho solo bisogno, di qualcuno che mi... ho bisogno di te” - non dissi la parola 'amore', non volevo che me le dicesse per compassione. Appoggiò la fronte sulla mia come prima in camera, poi si abbassò e prese dalla sacca un ciondolo, una collana. Sganciò il gancio che la teneva unita, si avvicinò al mio collo e lo richiuse. Il ciondolo scese perfetto sul mio petto, una aeroplano di carta. - “Ogni volta che ti mancherò, ogni volta che penserai che il mondo intero ti odia, guarda questa collana, tienila stretta, perché è una promessa Taylor. Io tornerò sempre da te” -, annuii, distratta dalla bellezza di quel pegno e poi mi baciò, con dolcezza, facendo combaciare il mio corpo con il suo, sentii la collana premere sul suo petto e poi lo strinsi a me.



Fine Flashback.


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Fu l'ultima volta che ci vedemmo, l'ultimo bacio. Ricordo così dannatamente tutto, tutto così bene. E mi aveva mentito. E lui non era tornato. - “Smettila con queste stupidaggini, cosa diavolo vuoi Harry? Perché non puoi avermi seguito fino al mio camerino per, per dirmi solo questo!” - Strinsi i denti e chiusi le mani a pugno. Non avevo gli occhi lucidi, nulla lasciava trasparire in me rabbia o dolore, solo irritazione, perché ero dannatamente irritata dalla sua presenza. - “Hai ragione. Volevo chiederti, volevo sapere se tu sei tornata Taylor, tornata per non andare più via” -. Fui schiaffeggiata dalle sue parole. - “Non sono mai andata via Harry, ero sempre nello stesso posto, con i miei soliti jeans e la mia solita chitarra, nel mio solito mondo. Eri tu quello andato via” - Dissi, mentre il mio cuore batteva ancora più forte, sentivo formicolare le mie gambe, non mi reggevo più in piedi. Così mi girai, dandogli le spalle, come in uno di quei tanti sogni, in una di quelle tante canzoni. Poi mi rigirai, vedendo il suo sguardo confuso, quello stesso sguardo che mi aveva fatto innamorare. Gli mandai un sorriso, non doveva pensare che di lui mi importasse ancora qualcosa.

 

Raggiunsi Selena all'entrata del pubblico, il mio posto era il numero '13', lo aveva occupato la borsa di Selena e il suo primo premio della serata. Quando mi vide mi abbracciò forte e quando mi lasciò andare, cominciò a battere le mani come una bambina. - “Oddio, è stato così eccitante Taylor, era magnifico. Sono gelosa che Abigail sapesse già tutto” - si era impuntata molto su questa cosa, avevo deciso di tenere tutti alla larga dal mio progetto, Red era come un bambino per me, avevo aspettato di essere sopraffatta dal dolore, non avevo capito che invece volevo maturarlo e renderlo qualcosa di forte. Red era questo. - “Andiamo Sel, smettila” - risi e poi l'acclamare del pubblico ci riportò alla realtà, assieme all'assolo di una chitarra. La voce di Liam echeggiò in tutta la sala, assieme al gridare soffocante delle sue fans. Imprecai silenziosamente, tenendomi alla spalla di Selena.

Sel, mi guardò con gli occhi sbarrati e mi strinse la mano. In molti dei miei fans, aspettavano che io prendessi posto, sarebbe stato il coronamento della serata, ma, entrare mentre l'uomo che ha spezzato il mio cuore canta la canzone che ci ha fatto conoscere? Cominciavo a sudare freddo, però poi pensai. Maturare il dolore. Fearless. Lasciai la mano di Selena, guardai il vestito sperando che fosse tutto al posto giusto ed entrai, proprio mentre Harry prendeva il microfono in mano e cantava la sua parte. Molti erano concentrati sull'esibizione, ma altrettanta gente si accorse di me, il mio vestito era... Non era per me. I guanti aggiunti da Selena, partivano dal gomito, qualche strass lo avevo aggiunto anche lì e la spilla al lato del mio viso, era un tocco perfetto. Sorrisi e salutai con la mano, intanto la canzone stava per terminare e all'ultima parte solista di Harry, i nostri occhi si incontrarono. Distolsi immediatamente lo sguardo, chissà quanto tempo ero rimasta a guardarlo, chissà se qualcuno ci aveva visto. Mi guardai attorno e vidi che non era così. Tutti ballavano e ricordando i vecchi tempi, decisi di fare uno speciale replay di me stessa, muovendo la gonna cominciai a ballare con Selena e a cantare, stonando in qualche punto.

 

Non so se qualcuno ne rimase sorpreso o cominciò a confabulare un nuovo scandalo su di me. Non importava. Forse il giorno dopo i giornali non avrebbero ricordato la mia esibizione, ma solo quel muoversi così eccentrico e non da Taylor Swift. Ma si trattava di Harry Styles. Dannazione.

 

La serata andò alla grande, Louis rubò due volte il posto a Selena, cercando di avere una conversazione con me. Amavo Louis, ma non volevo lasciare Sel con gli altri ragazzi, eravamo venute insieme. - “Abbiamo vinto cinque nomination, sono così eccitato” - disse guardandomi e poi sistemandosi i capelli un po' umidi con la mano. - “Io lo sono per te” - sorrisi davvero felice. Era il mio migliore amico. Non c'entrava Abigail, nemmeno Selena, lui sapeva tutto. Quando io ed Harry... Prima della mia pausa, parlavamo, ma raramente. Quando sparii dalla circolazione, fu il primo a cercarmi a Nashville, lì in una di quelle case che avrei voluto abitare da grande quando ero piccola. Io stavo piantando qualche fiore, ero rimasta in camera, a piangere sul letto e sulle sue foto. Quel giorno avevo deciso di uscire, è lì che a mezzogiorno lo vidi arrivare. Non so cosa mi spinse ad accettare il suo invito a pranzo. Forse speravo che mi dicesse quanto Harry fosse disperato per me, quanto il mondo mi amasse, quanto fosse tutta una bugia. In quel bar nessuno ci riconobbe, lui disse che era perché ero dimagrita, non sembravo io. Fui felice per quelle parole, non volevo essere me stessa. Venne a trovarmi ogni giorno o quando poteva. Ricordo che fu lui a darmi la forza di riprendere la chitarra tra le mani. Ricordo che era un mercoledì, quel giorno è speciale, perché ricominciai a vivere.

 

Al ritorno di Selena, eravamo giunti all'ultimo premio degli MTV Music Awards, doveva essere premiato il fandom del cantante più acclamato. Quando presentarono i nominati, mi morsi le labbra. In lista c'erano le Lovatics, le Beliebers, le Directioner e le Swiftie. Mi ero completamente dimenticata della nomination e una lacrima scese sulla mia guancia, non mi ero fatta vedere per così tanto tempo e loro erano rimasti con me. Selena mi strinse immediatamente la mano. Carly era stata invitata a presentare quel premio, così lasciò il microfono, per prendere la busta dove vi era scritto il vincitore. - “Ha vinto il fandom di Taylor Swift!” -.

 

Ero famosa in molte cose. Oltre i miei fidanzati, di me erano conosciute le facce che mostravo ogni qual volta che vincevo qualcosa. Questa volta, mentre sentivo Selena gridare eccitata per me, io rimasi seduta, guardando gli applausi della folla e delle celebrità accanto a me. Non so cosa mi fece riprendere, ma schiusi la bocca e sentii male alle guance per lo sforzo, non sorridevo in quel modo da... da sempre. Strinsi le mani a Selena, l'abbracciai forte e poi ridendo istericamente saltellammo insieme come due bambine. Strinsi la mano ed abbracciai le persone che sedeva alla mia fila, attraversai il corridoio principale, sperando di non inciampare, quando mi avvicinai alla fila dei One direction, vidi Louis sporgersi, rubare il posto a Zayn ed aspettare il mio arrivo, sorrisi con gli occhi lucidi, mentre affrettai il passo. Giunto affianco a lui, ci toccammo le mani per poi scambiarci con queste il nostro rituale dell'amicizia. I pugni chiusi che si toccavano e poi il cuore che formavamo con le nostre mani unite. Era spettacolare. Lo lasciai andare e salii in fretta i gradini che mi portavano al palco, abbracciai Carly e alcune persone che l'accompagnavano, mi diede il premio e mi avvicinai al microfono. Lo sistemai più in alto. Poi guardai il pubblico. Non mi odiavano, non ero una puttana per loro o la ex ragazza di qualcuno. Alcune lacrime sfuggirono dai miei occhi, e altre urla mi raggiunsero. Il mio nome veniva esclamato dalla folla. - “Sono diventata più alta. Stupidi tacchi” - sorrisi ironica e ricominciai a parlare. - “So che molti artisti dicono 'Non me l'aspettavo', perciò perdonate il fatto che dirò anche io questa stessa frase, perché non me l'aspettavo. Quest'ultimo periodo della mia vita è stato orribile. Sapete c'è quel periodo in cui pensi che lottare per i propri sogni sia fantastico. E' come quando hai quindici anni, credi in tutto, non aspetti niente, te lo guadagni, ma quando raggiungi il tuo sogno, quando lo realizzi, vivi quel momento perfetto. Ma come ho detto è un momento” -, abbassai la testa e mi inumidii le labbra, rialzai gli occhi e strinsi ancora più forte il premio tra le mie mani. - “Poi tutto cade a pezzi, vedi scivolare tutto davanti ai tuoi occhi e la cosa che più fa male è che non puoi farci niente. Devi solo vivere, continuare a lottare o lasciarsi abbattere. Non mi merito questo premio. MTV avrebbe dovuto crearne uno per ognuno di voi.” -, fui immediatamente interrotta dal pubblico e da qualche applauso. - “Non lo dico per sembrare, per sembrare umile, dico semplicemente la verità. Ho cercato di trasmettere con le mie canzoni che, favola o no, sei una principessa, che odio o amore, tu ce la puoi fare, perchè non devi avere paura. Perchè non avere paura è avere paura, ma non lasciarsi uccidere da questa. Io mi sono lasciata uccidere, ho toccato il fondo, vi ho tradito e mi chiedo come abbiate potuto supportarmi anche dopo l'orrore che rappresento. Perciò, grazie, grazie ragazzi, siete... Ho pensato che il mondo mi odiasse. Dovreste odiarmi ora voi per questo. Ci siete sempre stati per me, siete stati il mio bellissimo ed incredibile miracolo, solo non l'ho saputo vedere” - Asciugai con una mano qualche lacrima e lasciai il microfono, Carly mi indicò la strada giusta per uscire ed ora che avevo i loro occhi sulla mia schiena, che sentivo le urla, che avevo visto qualcuno commuoversi con me, sapevo che non sarebbe stata l'ultima volta, sapevo che non avrei lasciato tutto questo mai più. Like ever.

 

Sentivo i suoi occhi verdi marchiarmi la schiena. Un'altro suo segno nella mia vita oltre alla calda impronta lasciata sul mio cuore.






















Angolo dell'autrice:

Salve! Ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo e so che è MOLTO lungo - tre pagine di word - ma non volevo tagliare, cioè, no.
Ho fatto fiasco (?) Non ha recensito nessuno, forse perchè tratto della storia Haylor - ammetto che non ha avuto molto successo - ma ho letto molte storie su questa coppia, storie di inglesi, molto, molto, molto belle. Voelvo provarci anche io. Cioè, ci provo.
Ringrazio chi mi ha messo nelle seguite, ho postato giusto perchè ho visto che qualcuno mi seguiva davvero e mi sono gasata lol

Spero in una qualciasi critica positiva o no, alla prossima (:

 

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Capitolo 3
*** I'm Taylor. ***



Terzo capitolo











Non ero riuscita a dormire quella notte, mi ero sbagliata un'altra volta, l'adrenalina non andava via, mi riempiva le vene e faceva battere forte il mio cuore. Mi ripetevo che era l'eccitazione per il ritorno in scena, quella scena che mi aveva disgustato e reclusa nella depressione. Eppure sentivo ancora la sua voce nelle orecchie. Ripensavo alla nostra piccola conversazione, su quei piccoli sguardi condivisi fin dall'inizio, fin dal nostro primo incontro. Sembrava che il ciclo stesse ricominciando e questo mi dava terrore. Non volevo innamorarmi di Harry, non volevo restare sveglia la notte pensandolo, guardare il cellulare ed incrociare le dita per una sua chiamata, sperare che il giorno dopo non escano foto in cui bacia un'altra e pregare che i suoi fans si sveglino abbastanza felici da non infangare ancora il mio nome. Non volevo toccare il fondo di nuovo e avrei dato qualunque cosa per non amare mai più. Avevo sempre avuto paura di rimanere sola, una cantante sola e con i suoi Grammy a farle compagnia. Forse mi meritavo questo e forse l'amore non era tutto. Era importante. Ma poteva essere il significato della mia vita? Si. Ma avevo così paura di dirlo ad alta voce. Fissai l'orologio sul comò, erano le due del mattino, sollevai il piumone poggiato sul mio corpo e fuoriuscii dal letto, cercando di far abituare gli occhi al buio. Trovai immediatamente la mia chitarra, lasciata all'angolo della camera come qualche ora prima quando dopo l'ennesima canzone, ero riuscita ad addormentarmi. L'appoggiai sulle mie gambe e strimpellai qualche nota.

 

-I used to think that we were forever, ever and I used to say never say never...” -. Ricordai immediatamente che il giorno dopo, che era ormai ovviamente era arrivato, sarei dovuta partire. Dovevo ritornare a Nashville per girare il videoclip del mio primo singolo. Sospirai sugli accordi del ritornello e cominciai a riflettere su quanto fosse stato giusto scegliere “We Are Never Ever Getting Back Together” come primo singolo. Non avevo fatto ascoltare a nessuno le mie nuove canzoni, ne avevo scritte molte, più di quaranta ed avrei voluto metterle tutte nel disco per far intendere al pubblico quanto fossi maturata scrivendo ogni singola strofa. Purtroppo ne ho dovuto scegliere solo sedici più altre tre per la versione deluxe dell'album. Avevo unito molti sound, cercando di rimanere me stessa e di ritrovarmi. Non sapevo più di essere una cantante Country, non sapevo chi ero. Non so chi sono. Il mio album è confuso. E' ironico, è delusione, è dolore, è divertimento, è allusivo, è rosso. Mettendolo a confronto con il mio ultimo album, l'ho trovato molto più, più mio. Anche se Speak Now l'ho interamente scritto io, ho sentito come se Red mi appartenesse molto di più, come ai tempi del mio primo CD e di Fearless, quando cercavo con delle canzoni di presentarmi al mondo.

 

Avevo fatto ascoltare a mia madre una introduzione di 'Begin again', era così eccitata. Ricordo che veniva ogni giorno a trovarmi. Io non parlavo, non mangiavo. Lei mi raccontava la sua giornata, riempendo l'argomento con delle battute squallide su cui io avrei certamente riso se ne avessi avuto la forza. Il primo mese avevo deciso di riempire la dispensa della mia nuova casa, la svuotai in pochi giorni mentre leggevo i nuovi articoli e insulti sul mio conto. Taylor Swit, tradita dall'idolo delle ragazzine, Harry Styles, si rifugia lontano dal mondo. A presto il suo nuovo album. Chissa se scriverà finalmente una canzone sul fatto che lei sia un problema. All'inizio, volevo solo fermarmi ed allontanarmi dalle telecamere, quell'articolo invece mi fece cambiare totalmente direzione. Che ironia. Non scrivevano più accanto al mio nome 'Cantante country', ero solo la ex di qualcuno che avrebbe fatto ridere con una nuova canzone basata sui suoi sentimenti. Così smisi di leggere i tabloid, chiusi con Twitter, chiusi con il mondo reale. Smisi di mangiare regolarmente e mamma se ne accorse immediatamente, come Louis dopo che mi aveva incitato a mangiare tutto il cornetto quel mercoledì. Non riuscivo a tenere il cibo dentro. Ricordavo tutto così terribilmente quando mangiavo.

 

Dovevo svuotare il mio cuore, non il mio stomaco, l'unico modo che conoscevo era la musica. Eppure era questa che mi aveva messo il mondo contro. Ero davvero io il problema. Ci provai, provai a vomitare il mio dolore, la repulsione che provavo nei miei confronti, non ne uscì niente. Non sapevo più scrivere. Ricordo che mia madre arrivò in quel momento, ricordo che mi trovò mentre ridevo istericamente e piangevo di felicità. Ero felice di non saper fare più quello che la gente odiava di me. Ero felice di tenere tutto dentro. Pensai che forse avrebbero smesso, ma sapevo che mentivo solo a me stessa, parlavano di me più di prima.

 

-“But we are never ever ever ever... getting back together” - sussurrai alla chitarra, mentre la luce dell'alba cominciava a farsi spazio nel buio della notte già passata. Mamma batteva forte le mani, mentre strimpellavo le uniche parole che avevo partorito dopo mesi di astinenza. E mamma piangeva, mentre papà l'abbracciava dalla vita. Austin era lì, lo stesso sguardo confuso e meravigliato di quando cantai a loro la mia prima canzone. Non avevo più otto anni, per quanto quella canzone fosse forse infantile, non ero io il problema e non mi dissero che sarebbe stato difficile riaffrontare tutto, eppure decisi di andare avanti. Così mi addormentai, con la chitarra ancora tra le mie mani.

 

Mi svegliai qualche ora dopo, con il cellulare che intonava il nuovo singolo di Selena. Imprecai silenziosamente e buttando la testa sul cuscino, schiacciai la chitarra che cadde a terra. Mi ripresi immediatamente e constatai che era ancora intatta. Sospirai sollevata e afferrai il cellulare rispondendo in seguito alla chiamata. - “Chi sei tu?” - dissi scandendo le parole e cercando di non far trasparire l'irritazione nelle mie parole. - “Sono il tuo migliore amico, come va il viaggio?” - lo sentii ridere e prima di rispondere, cominciai a riflettere sulle sue parole. - “Io devo partire” - dissi più a me stessa che a lui. - “Non sei all'aeroporto?” -

 

-“NO ! Oddio, devo andare, scusa Louis” - non aspettai una risposta e chiusi la chiamata. Scesi dal letto e guardai l'orologio. Tra meno di trenta minuti sarei dovuta essere su un aereo. La sera prima mi era rimasta un po' di materia grigia, avevo quindi tutte le valigie pronte, dovevo solo rinfrescarmi e mettere la chitarra nella sua custodia. Dieci minuti dopo ero almeno decente da guardare, afferrai le valigie e lasciai la camera sperando di non aver dimenticato nulla. Di sotto mi aspettava un Taxi, pensai me l'avesse messo a disposizione l'Hotel, ma l'uomo che stava alla guida mi disse che lo aveva mandato Harry Styles. Mi caddero le braccia e il mal di testa che ieri sera avevo fatto passare con una tazza di camomilla, ricominciò a darmi fastidio. Che senso aveva mandarmi una macchina? Come aveva saputo del mio ritardo? - “Louis Tomlinson” - dissi stringendo i denti. Perlomeno cinque minuti dopo ero all'aeroporto, l'uomo mi aiutò a prendere tutte le valigie e mi accompagnò fino all'interno. Cercai di pagarlo, ma inutilmente, era stata già pagato dallo stesso Harry. Mi morsi la guancia dall'interno della bocca e ringraziandolo, mi incamminai verso il mio posto. Ero irritata. Fottuto mal di testa, fottuto Harry Styles. Cosa voleva? Che lo chiamassi per dirgli grazie? Cosa pensa? E' impazzito. Cioè, Louis è morto, col cavolo 'Begin again' è dedicata a lui, col cavolo che glielo dico. Si è fottuto da solo anche lui. Non potevano essere gay? Larry. Sarebbe perfetto, almeno saprei di non essere io il problema. Stupidi pensieri, marcite nella mia testa. Anzi, non nascete proprio. Posso essere così stupida? Due anni e mi fa sentirei ancora così. Borbottai tra me e me, finché qualcuno non gridò il mio nome. Mi girai, pensando fosse qualche fan, ed in effetti era così. Una ragazzina correva verso di me con il naso rosso per lo sforzo e la guance pallide. - “Ciao” - le sorrisi e per un attimo dimenticai il volo. Potevo partire anche tra un'ora, avevo tempo per qualcuno che mi aveva rincorso solo per salutarmi. - “Ti prego, non andare via” - disse prendendo fiato ad ogni parola. Io storsi le labbra, non capivo la sua frase. - “Cosa stai dicendo? Calmati, come ti chiami?” - cominciai seriamente a preoccuparmi, forse semplicemente si era persa e mi stava chiedendo qualche informazione. - “Taylor, ti prego, io ti voglio bene, tante persone ti amano, sei fantastica, sei il mio modello, non andare via ancora” - disse prendendomi con la forza le mani. Un agente di servizio si avvicinò a noi, avevo avvisato del mio arrivo perciò erano pronti a prendere delle precauzioni per allontanarmi da dei possibili fan troppo scatenati. - “Qualche problema?” - io accennai un 'No' con le labbra, ma la ragazzina mi strinse ancora di più fino a farmi piegare per raggiungere la sua altezza. L'agente così si avvicinò ma io lo fermai immediatamente. - “Non mi sta dando fastidio, è una mia amica, può andare” -, l'uomo non sembrava convinto, ma io cercai di mentire al meglio possibile e così si allontanò.

 

-“And I don't know why, but with you I'd dance in a storm in my best dress, fearless” - la ragazzina canticchiò sospirando la strofa ed io rimasi lì interdetta. - “Io, io non vado via” - dissi quasi balbettando e cercando di non mostrare i miei occhi gonfi di lacrime. - “Tutti dicono che cantavi solo quella canzone ieri e poi andavi via di nuovo e tu stai qui, tu voli via” - non era una domanda, ma lo sembrava. - “Oh, no, io... è per lavorare sul mio nuovo CD, come potrei abbandonarvi? Ho sempre pensato a voi” - ricambiai la stretta della sua mano e l'abbracciai piano, poi accanto al suo orecchio cominciai a cantare - “So don’t you worry your pretty little mind, people throw rocks at thingsthat shine and life makes love look hard” - lei sorrise e ricambiò l'abbraccio incredula, come se si fosse accorta solo ora di star parlando con me. Io al contrario ero ancora più emozionata, avere un contatto fisico, quasi fraterno con un fan è il paradiso. Loro non sono fan, non sono un fandom, sono i miei migliori amici. - “Non credere a ciò che dice la gente” - si staccò da me e annuì con la testa. - “Crederò sempre in te Taylor”- io arrossii come risposta e le chiesi se avesse un cellulare con lei. Lo tirò fuori ed io glielo presi, scattai con quello una foto di noi due insieme e poi glielo restituii. Infine, prima di lasciarla andare ed essere chiamata per andare sull'aereo, presi il mio telefono e aprii l'applicazione che mi permetteva di girare un video, le chiesi se mi potesse registrare e lei accettò.

 

-”Ciao, sono Taylor, non so se sappiate chi io sia, ma se lo sapete prestate un attimo ascolto alle mie parole. Sono all'aeroporto di Los Angels, sto per andare a Nashville. Non sono più una che controlla i tabloid ed in realtà e la prima volta che tocco Twitter dopo tutto questo tempo, perciò si sono orgogliosa di me stessa. Ho incontrato qui una mia fan” - risi leggermente mentre lei girò il telefono dalla sua parte per farsi vedere, poi tornò a registrarmi - “Mi ha detto che tutti pensavano che io dopo aver cantato ieri quella nuova canzone a distanza di anni dal mio ultimo album, stessi sparendo di nuovo. Non sono un giocattolo, né una palla. Non faccio avanti ed indietro, per quello che può importare ieri è stata una giornata faticosa per me, ho dovuto affrontare tutte le mie paura in una volta. Ma non cerco comprensione, solo un po' di sana intelligenza da parte dei giornalisti e da parte di persone stupide e senza una morale che dominano internet. No, non vado via, parto per registrare il primo videoclip del primo singolo di questo nuovo album. Un nuovo album critici, preparatevi per recensirlo, mi raccomando. Non abbiate paura ragazzi, chiunque mi supporti la fuori, io lo amo. Non ho mai smesso di amarvi.” - salutai con la mano e Rachel – mi aveva detto il suo nome – spense la videocamera. L'abbracciai un'ultima volta ed infine dovetti andare, era orario di volo. Mentre facevo gli ultimi minuti di fila, condivisi il video su Twitter. Non twittavo dall'ultima notte allo Speak Now Tour. L'adrenalina non cessava di farsi spazio nel mio corpo.

























Angolo dell'autrice:

Ciao ragazzi, come state? Ho ricevuto tre recensioni ed in più in tre seguono questa storia, per non parlare delle visualizzazioni.
Oddio, a volte mi chiedo se apriate la finestra della storia e poi vedendo quanto faccia schifo e richiudete lol
Quindi, eccomi qua. Qualcuno ha pensato fossi una Directioner o una Swiftie, meglio chiarire.
Sono totalmente ed incondizionatamente innamorata della musica di Taylor, Harry invece non mi fa nè caldo nè freddo, cioè è un bravo cantante, immagina un duetto con taylor - sto morendo -, non seguo la band se so molte cose di loro e perchè la maggior parte delle persone su twitter parlano di loro. Non so perchè o come o quando, ma sono ossessionata da Haylor, cioè, sono una di quelle fangirl che shippando la propria OTP, vede collegamenti tra due persone anche quando non ci sono. prima o poi farò un twtlonger con tutti i collegamenti Haylor, ci sto lavorando, sono già a sei pagine. Non ammetterò mai che Harry e Taylor si sono lasciati, lasciatemi vivere nalla mia bolla. tanto loro stanno insieme. Già.


Buona lettura, aspetto pazientemente una vostra recensione, alla prossima :)

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Capitolo 4
*** @taylorswift13: @harry_styles i love you too ***









 


Quarto capitolo.









Flashback.


 

Harry.


 

Fissavo il pavimento, i miei occhi non si erano al buio della stanza. Voglio solo sapere se le foto sono vere Harry. La ricordo la telefonata, la testa che girava e il cuore pesante che batteva forte. Posso spiegare. Non aveva risposto ai miei messaggi, alle mie telefonate. Le avevo inviato un messaggio su Twitter, in pubblico. @taylorswift13 I love you. Le avevo scritto. Lei non ha risposto. Inutile dire la reazione dei media. Inutile quantificare quanto quelle tre semplici parole avessero dato solo una motivazione in più per farle ricevere altro odio. Non mi aveva dato il tempo di spiegare, aveva riattaccato, eppure la speranza era rimasta appesa a quei trentacinque secondi di silenzio, quei trentacinque secondi in cui la sentivo combattere, forte, indistruttibile vicino alla cornetta, pronta a dirmi un'altro 'Si', pronta a dimenticare ed andare avanti. Non aveva mai detto di amarmi, ma lo sapevo. Lei sapeva che io l'amavo invece? Credo di si, ma ha sempre fatto parere il contrario. Tenevo ancora il telefono tra le mani, era appena arrivata la sera. Chissà che ora era da lei, chissà se stava maledicendo il mio nome. Cosa avrei dato per sentire ancora il mio nome fuoriuscire dalle sue labbra. Harry. Era così che Taylor Swift chiudeva con i suoi fidanzati? Il tono freddo, distaccato ma carico di un implicito dolore e di una esplicita delusione. Mi ricordo come strinsi forte il telefono mentre la richiamavo. Questa è la segreteria telefonica di Taylor Swift, vuol dire che non ci sono, lasciami un messaggio e ti richiamerò. Saluta Meredith. Il miagolare del gatto fu l'ultimo suono che sentii prima del normale 'bip'. Rimasi lì in silenzio, fino a che non sentii la cornetta essere aperta e poi riappesa. Taylor mi sentiva, Taylor era ancora lì. Richiamai con un barlume di felicità negli occhi. Questa è la segreteria telefonica di Taylor Swift, vuol dire che non ci sono, lasciami un messaggio e ti richiamerò. Saluta Meredith. - “Taylor, sono Harry. So che sei lì, lo so. Posso quasi immaginare il tuo respiro. Non voglio immaginarti per il resto della mia vita, dammi una possibilità, sarà l'ultima Taylor, lasciami spiegare, non voglio essere una canzone, non voglio essere un tuo maledetto Grammy, non voglio essere la tua fonte di denaro..” - mi fermai di colpo, quando sentii veramente il suo respiro dall'altro lato. Avevo alzato la voce, stavo tremando. - “E' finita. E' finita. E' finita. E' finita. E' finita.” - ripeteva istericamente, mantenendo il tono di voce calmo. Non riuscivo a capire, a pensare come potesse essere così fredda. - “Non mi hai mai amato” - dissi fermando il flusso di parole. Altri secondi di silenzio. - “Per questo hai preferito lei invece di tornare da me?” - citò la promessa che le avevo fatto, sentii la sua voce rompersi in silenziosi sospiri. Piangeva, lo sapevo. Ecco perché era calma, aveva già pianto prima, ora semplicemente proseguiva. - “Si” - dissi e per l'ultima volta, mise il telefono giù. Dovevo lasciarla andare. Pensavo sarebbe stata la cosa giusta, ci credevo, ci speravo. Subito dopo, andai sul mio profilo di Twitter, volevo rivedere il messaggio che le avevo inviato, volevo far capire a me stesso che era meglio così. Il mio sguardo però, cadde sulla 'Home', un nuovo messaggio era inciso digitalmente sullo schermo e sul mio cuore. Lanciai il telefono contro il muro, questo si aprì e cadde a pezzi sul pavimento. Mi chiesi se tra quei pezzi, ci fosse anche il cuore di Taylor. Sicuramente il mio, giaceva ancora sul pavimento di casa sua.


 

Fine Flashback.



 

-“Taylor?” - Qualcuno gridò il mio nome. Non riuscivo ad identificare la voce e da dove provenisse. Ero distrutta, era la quinta volta che giravamo di nuovo il videoclip. I primi tre giorni, li avevamo passati ad imparare il tutto e a rendere i movimenti il più veloce possibile per poi sincronizzarli. Non parliamo dei costumi. Non riuscivamo a trovare un pigiama giallo con i gatti, così al secondo giorno di ritardo, mi accontentai e ne indossai uno con degli scoiattoli colorati. Meredith mi guardava continuamente male. Credo ne fosse offesa, le ho anche chiesto scusa, non è colpa mia. Poggiai la fronte contro il muro, il mal di testa non voleva lasciarmi andare, gli occhiali indossati per tre ore consecutive non mi aiutavano. Dovevo ammettere però che se tutto sarebbe andato per il meglio, il videoclip sarebbe stato molto bello. Qualcosa di cui essere orgogliosa, senza dubbi. - “Taylor? Devi fare l'intervista” - sospirai, annuii e sorrisi a Steve, collaborava con il regista per farmi impazzire. Mi tolsi gli occhiali e notai il rosso che accerchiava il mio naso. Aveva preso la forma delle bacchette degli occhiali. Feci una smorfia e l'indossai nuovamente. Sciolsi i miei capelli. Seppur lisci, dopo essere stati tenuti alzati da un codino per ore, erano impossibili da sistemare. Districai qualche nodo con le mani e mi avviai verso gli studi centrali. - “Eccomi, dove devo mettermi?” - Grant da lontano mi sorrise, mentre veniva struccato da una ragazza. Risi ricordando le foto ufficiali per il singolo 'Speak now'. Ricordo Liz, conciata in quell'orrendo modo per tre minuti di foto. Per punizione, rubò il mio arriccia capelli, tenni i ricci crespi e gonfi per tre giorni prima che me lo ridasse indietro. Mi mancava Liz. Mi mancavano anche i miei ricci. Steve mi indicò una sedia con accanto una telecamera, mi diedi uno schiaffo in fronte. Era ovvio che avrei dovuto sedermi lì. Mi avvicinai, prendendo posto sulla sedia. Presi una grande boccata d'aria e cercai di rilassarmi.

 

L'intervistatore mi guardò sorridendo, ci salutammo scambiando i nostri nomi e dopo qualche minuto, presentò la sua prima domanda. - “Racconta com'è stato realizzato il video per il tuo nuovo singolo” - In realtà non era una domanda e ciò mi rilassò. Era una cosa molto in generale.

-“Il video 'We are never ever getting back together' è un'idea a cui mai e ripeto mai – tanto per citare la canzone – avrei mai pensato. Una telecamera, nessun montaggio, una sola ripresa. Tutti si muovevano così velocemente per far succedere le cose in diretta, perché la telecamera doveva seguire e filmare tutto. Questo video è diretto da Declan Whitebloom che ha anche diretto 'Mean' e 'Ours'. E' stato uno sballo, abbiamo girato più di cinque volte, tutt'ora stiamo girando per vedere qual è l'angolazione giusta, per far si che le cose funzionino. E' un continuo 'Ricominciamo dall'inizio!', una sola cosa fatta male, troppo lentamente o troppo velocemente, ci costringe a rifare tutto. I cambi di costume, le scenografie a dir poco meravigliose, gli attori e la band travestita e truccata. Credo che questa non se la lasceranno dietro alle spalle, me la faranno pagare. - Presi un'altro respiro e soffocai una risata - “E' un video pazzesco, divertente ma molto frenetico. Non si nota il lavoro, si pensa che dietro ogni scena ci sia abbastanza tempo per dire 'Stop, continuiamo da qua'. Credo che questo modo di fare che ho deciso di adottare per questa canzone, sia ispirato dalla mia vita. Ho passato mesi avendo paura di scrivere qualunque cosa, anche una semplice frase, figuriamoci una canzone. E' stata una fase della mia vita che ho dovuto affrontare per poter riprendere la chitarra tra le mani e scrivere di un qualcosa che mi ha deluso così tanto in modo così ironico ed infantile. Avrei voluto dire 'Stop Taylor, adesso non sentirai più niente, sarai felice, ricominciamo da qua'. Non riuscivo a ricominciare, era quello il punto.” - Accavallai le gambe giusto per muovermi e non rimanere immobile.

 

-“Perchè definisci questa canzone infantile ed ironica?” - Chiese con un pizzico di vera curiosità.

-“Credo avessi bisogno di ridere. C'è quel momento in cui pensi che tutto stia andando male. Non so nemmeno come spiegarlo. Avevo passato mesi a deprimermi. Non riuscivo a focalizzare il dolore. Perciò ho deciso di riderci sopra. Insomma, non è risaputo che i più grandi poeti del tempo hanno spesso metaforizzato il dolore?” - Gesticolai nervosa con le mani e ripresi a parlare - “Un sorriso amaro. Ecco cosa doveva essere questa canzone. E' una enorme metafora. L'amore, il senso della vita anche, gli insulti, le critiche. Noi non torneremo mai più insieme. Ho cercato di racchiudere in un mondo non mio, per potermi vedere da lontano. Ed ho visto miseria. Così ho scritto una canzone su me stessa. Ho riso di me stessa in questa canzone. Dovrebbe essere, tipo, deprimente” - corrugai la fronte e girai gli occhi. - “No, non lo è. Credo che il coraggio stesso di una persona si veda quando decide di affrontare il tutto lasciandolo infine andare. Con questa stupida, monotona e forse anche 'commerciale' canzone, questo genere folk che non mi appartiene, non è dedicata a nessuno. E' ispirata a chiunque abbia pensato 'Taylor Swift? Ew', a chiunque mi abbia odiato, a chiunque abbia cercato di distruggermi. Loro ridevano di me. Io piangevo. Con le lacrime ho scritto come mi sarebbe piaciuto ridere, tutto in questi pochi minuti.” - Conclusi, sperando di essere stata obbiettiva, senza essermi lasciata trasportare dalle emozioni. L'intervistatore accennò un sorriso, appuntò qualcosa e mi fece l'ultima domanda.

 

-“Come mai hai scelto questa canzone come tuo primo singolo?”-

 

-“Credo, credo sia stato per il genere. Volevo incantare le persone. Ammetto che questa non è una canzone, una canzone che faccia riflettere. E' fatta per essere ascoltata, è fatta per lasciarsi trasportare dal ritmo inconsueto e dall'ironia della mia bassa voce. Eppure, quando la cantai ai miei amici ed ai miei genitori, ricordo che cucinavano, passeggiavano, pensavano, cantando sottovoce questa canzone, parola per parola. Era un ritornello che non voleva uscire dalla loro testa. E' quello che sento ogni volta che ho un'idea per una nuova canzone. Volevo che le persone, a distanza di giorni, anche dopo avermi ascoltato per sbaglio o avessero disgustato la mia canzone, se la sarebbero comunque ricordata. Sarei stata lì, nella loro testa. L'ho comunque scelta, anche perché, come ho ripetuto tante volte, quest'album si spinge verso nuovi orizzonti parlando sia della lirica che dei suoni. All'inizio, avevo accordato per una base più lenta, che si avvicinasse al country, invece come risultato mi sono orientata verso il folk. Non l'ho deciso, la mia chitarra ha fatto tutto. So che questo avrebbe incuriosito sia i miei fan che persone sconosciute alla mia musica. La maggior parte della gente che mi ascolterà, non penserà che io sia Taylor Swift e la mia famiglia – i miei fan – invece capiranno quanto la mia musica sia maturata ed io con lei. Poi, tutti penseranno 'Ed il resto dell'album come sarà?', amo tenere le persone sulle spine” - risi e lasciai in sospeso il discorso per far capire che avevo finito. L'uomo mi salutò, io ricambiai e indirizzai un cuore fatto con le mie mani verso la telecamera, per salutare chiunque fosse in ascolto.

 

Ero stanca. Avevo parlato per soli dieci minuti, ma dire ad alta voce tutto ciò che sentivo dentro era stressante. Non immaginavo come sarebbe stato cantare ogni mia singola emozione. Ancora una volta. Per sempre. Mi stiracchiai e dalla tasta, sentii il vibrare costante del mio cellulare. Era un messaggio di Abigail. Non mi aveva potuto raggiungere, ma stava arrivando per liberarmi da quel dannato posto o semplicemente per tenermi compagnia. Le risposi immediatamente ringraziandola ed infine, tanto per svagarmi un po', mi collegai su Twitter.

 

La risposta al mio ultimo tweet – che era il primo dopo la mia pausa – era stata istantanea. Chi scriveva che non poteva credere alla mia presenza online, chi semplicemente retwittava, chi ironizzava pesantemente su di me ed infine loro. I miei swiftie scrivevano delle loro lacrime, descrivevano la loro felicità nel rivedermi così felice, nel rivedermi sana e presente.

 

@taylorswift13 : Ciao ragazzi, sto leggendo i vostri meravigliosi tweet, mi credete se vi dico che mi state facendo commuovere? @edsheeran dice che ho un'anima bellissima. Se fosse vero, ce l'avrei solo grazie a voi.”

 

Inviai il tweet e i messaggi di risposta che mi arrivarono mi fecero avvampare. Mi ero dimentica la carica che solo loro potevano darmi. A volte mi chiedevo se avessi fatto bene a prendermi una pausa. E se fossi rimasta? Forse loro mi avrebbero guarita, mi avrebbero fatto sentire bene.

Andai sulla 'Home' e vidi un tweet di risposta da Ed, stavo decisamente per rispondere con qualche frase intelligente, quando vidi un mio tweet sulla Home. Un tweet vecchio, di quasi due anni fa. Qualcuno lo aveva retwittato.

 

@taylorswift13: @harry_styles i love you too <13”

 

Gli occhi mi si inumidirono. Ricordo di averglielo scritto poco dopo aver scoperto che mi tradiva, due giorni dopo che lui lo aveva scritto a me, sempre lì, su Twitter. Lo avevo fatto, perché sapevo, che in un modo o nell'altro, lo amavo. Doveva saperlo che lo amavo. Doveva sentire il rumore del mio cuore che si spezzava, il dolore della ferita che bruciava.

 

Retwittato da Harry Styles.

 

-“Taylor, ti sei riposata? Dobbiamo girare un'ultima volta, andiamo” - Steve mi richiamò. Posai il cellulare sulla sedia e lo raggiunsi. Avevo appena unfollowato Harry. Sapevo già come il mondo avrebbe reagito.

 

You are a bitch Taylor.























Angolo della scrittrice:


Oddio. Tre recensioni. Sei mi seguono. Un preferito. Non sono eccitata per la mia storia ma per il fatto che forse qualcuno shippa Haylor. Sono estremamente soddisfatta.
Scusate il ritardo (?) Per il capitolo ci ho messo tre giorni. Cioè. Ho rivisto l'intervista di Taylor sul videoclip. Ho rileborato il tutto, l'ho basata sulla mia storia e sul differente carattere di questa Taylor e dal nulla mi è venuta l'idea di Twitter. Farò molti riferimenti reali e Twitter è uno di quelli, Taylor è vittima di Twitter e mi ispiro molto ad una sua dichiarazione del 2010 in cui disse "Non cerco più il mio nome su Internet da dopo l'esibizione ai Garmmy 2010", perchè quella notte stonò e fu criticata duramente. Col cazzo, ha vinto due grammy con una canzone contro le loro stesse critiche. Scialla.

Si, mi sto dilungando.

Ho fatto il mio Twitlonger Haylor. Nah, non l'ha letto nessuno, se volete sapere i motivi per cui io credo in loro, ecco qua : http://t.co/Yv9yKMjsVR

Account Twitter : @onesposide

Account Ask - per qualunque dubbio o altro - : http://ask.fm/EspositoItaly

Ditemi cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione, se potete, garzie mille ragazzi dskfd (?)

Pace, amore ed Haylor.

 

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Capitolo 5
*** Perfect. ***


 

















 

Quinto capitolo.

















-“Per favore” - dissi per la seconda volta alla cornetta del telefono sperando di convincere il mio interlocutore. - “TayTay, non posso, andiamo lasciami deprimere in solitudine” - sbuffai scocciata e cercai con tutte le forze di non spezzarmi l'ennesima unghia. Al diavolo, avevo rovinato tutta la manicure già da un po'. - “Non parlarmi di solitudine. Sarai barricato in casa con quattro ragazzi il doppio più pazzi di te. Di quale 'solitudine' parli?” - Gracchiai con la gola secca per l'aria consumata che aleggiava nell'abitacolo dell'auto. Lo sentii sospirare in risposta. - “Louis, mi dispiace per Eleonor, ma non devi stare così, la prossima volta andrà meglio e riuscirete a vedervi” - mi morsi il labbro inferiore, forse dovevo semplicemente farlo sfogare. - “Lo so. E' che, sai quante cose si inventeranno adesso? Ero così stupidamente eccitato per la sua visita che ne ho parlato anche in pubblico. Sai questo che vuol dire? Tutti penseranno che lo abbia fatto per chissà quale motivo, penseranno che io abbia mentito, butteranno giù per l'ennesima volta la mia relazione” - Sentii il rumore del suo corpo buttarsi su qualcosa, sicuramente il suo letto. - “Lo so Louis, ma Eleonor è forte, vorrei aver avuto io la sua forza. Lei ti ama, non lascerà che altre voci possano distanziarvi” - Poggiai la schiena sul sedile nero in pelle e sperai vivamente che Louis si riprendesse in fretta. Questa era una giornata memorabile. - “Hai ragione. Oddio Tay, scusami, non dovrei trascinarti giù con me” - ridacchiai sbigottita e immaginai il suo sguardo corrucciato, un'altro giro di risate fuoriuscì dalle mie labbra. - “Ridi di me Swift? Ne sono seriamente offeso” - quasi sentivo il suono delle sue labbra formare il broncio e soffocai l'ennesima risata per rispondergli - “Calma Lulù, immaginavo semplicemente il tuo viso in questo momento. Scommetto che hai la fronte aggrottato e il broncio..” - lasciai la frase in sospeso mentre ammiravo dai finestrini gli enormi edifici di New York. L'ultima volta che ero stata qui, io ed Harry stavamo insieme, io ed Harry eravamo felice. Com'era possibile che tutto si fosse sgretolato così in fretta? Che il cielo perennemente sereno fosse crollato sulle nostre spalle riportandomi nella realtà, lontana da lui e da tutto il resto. - “... che sia così? Alison?” - Balbettai qualche vocale e poi prendendo un enorme boccata d'aria ricominciai a parlare - “Scusa, ammiravo New York..” - stavo cercando di cambiare argomento, ma Louis mi bloccò parlando sopra la mia voce - “Dici a me di Eleonor, ma lui è ancora nella tua testa” - cacciai via quella vocina che urlava quanto avesse ragione, sentii il sangue ribollire e il rossore sulle guance - “Devo andare Swift, anche io ho un'esibizione stasera” - con questa frase riattaccò. Sapeva che non avevo la più pallida idea di cosa dirgli, sapeva che aveva toccato un tasto che solo la mia chitarra aveva saputo premere.

 

Mi chiedo perchè dovessi per forza farmi spezzare il cuore da persone famose. Era così dannatamente ovvio che la sua faccia mi avrebbe perseguitato, che la sua presenza costante mi avrebbe fatto impazzire fino a non riuscire a dimenticarlo. Ma Harry era qualcosa di più presente e non solo perchè faceva parte di una delle Boyband più famose nel mondo, ma semplicemente perchè ovunque passasse, qualunque cosa facesse, il mondo aveva i suoi occhi sempre puntati su di lui. Era un'ombra che mi seguiva, erano occhi che – speravo – mi seguissero. La notte precedente l'avevo sognato. Mi ero svegliata boccheggiando, con la fronte madida e il cuore che batteva forte. Era lì che aveva risuonato nella mia testa un verso di 'Sad, beautiful, tragic' ed in effetti la stessa canzone era stata ispirata da un ennesimo sogno molto simile, solo che l'unica differenza era netta. Nel primo, lui mi stava cercando disperatamente, nel secondo lui scappava da me. Eppure le luci erano le stesse, i vestiti, i capelli bagnati. Se solo avessi potuto capire cosa significassero, forse era solo un'idea per una nuova canzone, ma più mi sforzavo, più non riuscivo a scrivere niente di male su di lui, la perfezione che lo circondava davanti ai miei occhi innamorati, lo circonda tutt'ora. Era possibile che dietro un angelo potesse nascondersi il diavolo? Forse esageravo, forse sono stata io a chiedere troppo.

 

Mi destai dai miei pensieri quando l'auto si fermò davanti agli studi dove si sarebbero tenuti i 'Teen Choice awards'. Sapevo di starmi perdendo molte candidature, ma mi piaceva pensare che alla fine non si trattava di vincere un premio, ma di vincere me stessa e ritrovarmi. Mi sarei esibita qui, presentando il mio nuovo singolo e quindi il videoclip di 'We are never ever getting back together'. Ero follemente preoccupata della reazione dei miei fan o di chiunque avesse ascoltato. Perlopiù dei miei fan. L'intervista del backstage fuoriuscita due giorni fa, aveva messo in agitazione il mio fandom, facendo schizzare alle stelle la mia preoccupazione. E se fossi sembrata troppo diversa? Se avessero capito quanto mi fossi persa nella strada per dimenticare il mio dolore? Si trattava di questo alla fine. Un cambiamento così sottile da essere troppo visibile. Un punto nero su un foglio bianco.

 

Scivolai fuori dall'auto, recuperai qualche mio bagaglio ed immediatamente il flash delle telecamere mi circondò. Quando ero più giovane, avevo sempre amato questo momento. Era l'inizio di un sogno, mi sentivo una stella, mi sentivo speciale. Ora sentivo solo fastidio e un pizzico di disprezzo per la feccia dell'America: i paparazzi. Sorrisi salutando con la mano, mentre tra la folla che mi circondava, fuoriusciva qualche ragazza che cercava di salutarmi e farsi firmare qualcosa. Chiesi a Paul di aiutarmi ed i fotografi furono immediatamente allontanati fino a darmi abbastanza spazio per respirare ed abbracciare qualche fan. C'erano così tante parole, frasi, regali. Incontrare Rachel era stato bellissimo, ma lì tutti insieme, guardare i loro volti oppressi dalla preoccupazione di non riuscire a vedermi e dalla felicità per avercela fatta, mi fece stringere il cuore più forte della prima volta in cui accadde. Forse sotto sotto, la vera me esisteva ancora o forse dovevo accettare che certe cose ti cambiano.

 

Abbracciai persone e scattai foto con tutti, non volevo rendere infelice nessuno. - “Ho salutato tutti? Non dimenticherò mai questo momento, stasera canterò pensando ad ognuno di voi, grazie mille per il supporto!” - urlai cercando di farmi sentire ed anche sperando di non rovinare la mia gola prima dell'imminente spettacolo. La folla urlava ed io li lasciai lì, salutandoli con un cuore fatto ovviamente dalle mie mani.





 





 

-“Taylor, credi che Justin mi lascerà prima o poi?” - soffocai alle sue parole, tossii pesantemente, stavo bevendo un bicchiere d'acqua ed alle parole di Selena, mi ero decisamente affogata. - “Cosa te lo fa pensare?” - chiesi ancora tossendo mentre lei sia alzava, sorrideva divertita e mi massaggiava la schiena - “Non so, è tutto così perfetto”- tralasciò la frase e io la guardai con la cosa dell'occhio - “Scusa, l'ultima volta che ho letto un dizionario, la parola 'perfetto' era un aggettivo positivo. Ora dovrò cambiare qualche verso delle mie canzoni” - alzai un sopracciglio e sorrisi. - “Anche tu ed Har... cioè, anche tu hai avuto delle relazioni che sembravano perfette” - abbassai lo sguardo sapendo che in realtà prima stava per pronunciare il nome di Harry. - “A volte le cose che sembrano vere, non lo sono” - dissi dura. - “Ma tu e Justin siete differenti, voi non sembrate, voi siete perfetti!” - dissi sorridendo e lei mi abbracciò.

 

-“Credo dovremmo uscire fuori, sai, tra poco dobbiamo farci le foto all'entrata” - annuii sulla sua spalla, mi sciolsi dal suo abbraccio ed uscii dal mio camerino assieme a lei. Il mio vestito era bianco, mi fasciava tutto il decoltè e le braccia fino al gomito; lo scollo si trovava sulla schiena. Dalla punta in giù era svasato e un po' voluminoso, giusto per dare l'impressione di essere uno di quei abiti vintage, ma comunque attuale. Il tessuto era diviso in due strati, da sotto, era bianco, mentre da sopra era trasparente con righe nere che contrastava il bianco. Le decoltè nere ed alte rifinivano l'outfit. Avevo legato i capelli in una crocchia elegante e la frangia l'avevo arricciata per fars si che incorniciasse il mio viso, una semplice riga di eyeliner e l'onnipresente rossetto rosso completavano il look. Selena invece indossava dei pantaloncini in pizzo alti ed un top a fascia del medesimo colore. Le scarpe alte rosa cipria, accompagnavano la giacca che copriva le sue spalle. Era incantevole.

 

Ci avviammo verso i corridoi che portavano alla sala principale, dove si sarebbe tenuto tutto lo spettacolo. Era enorme quel posto. Ci raggiunse immediatamente l'accento irlandese di Niall che parlava a gran voce di quanto fosse bella la sala. Aveva letteralmente letto la mia mente. - “Hei, ci sono Sel e Taylor” - vidi il ciuffo biondo di Niall avvicinarsi e dietro di loro il resto della band, assieme ad un Louis eccentrico.

 

-“Hei Swift, scusa per oggi, non avrei dovuto, sai... stavo male, non dovevo prendermela con te” - si era nascosto dietro la schiena di Zayn. Mi ero completamente dimenticata della nostra conversazioni, così presi la palla al piede, incrociai le braccia e lo guardai furiosa. - “Oh TayTay” - mi fece il broncio. - “Lulù, smettila di chiamarmi TayTay” - risi al suo soprannome, quello affibbiatoli un mese dopo che era venuto a trovarmi a Nashville. - “Lulù?” - chiese Liam scioccato e tutta la band cominciò a ridere, tranne ovviamente Louis. - Smettetela. E' una cosa che si fa tra migliori amici, vero Haz?” - Harry smise di ridere, si asciugò una finta lacrima e annuì, mentre i suoi occhi verdi dicevano il contrario. Si grattò il mento e poi fece finta di nulla. Lo conoscevo. Era decisamente irritato. - “Non sei il mio migliore amico” - dissi fissando però Harry. - “Mi spezzi il cuore, dovrò scrivere una canzone su di te” - rispose Louis poggiando teatralmente le mani sul suo cuore. Mi concentrai di nuovo su di lui - “Fai pure, avrò sempre ragione io in una mia canzone” - sapevo di starmi canzonando autonomamente, ma con Louis era così semplice. - “Scriverai una canzone su di me allora? Menti Swift, so che lo hai già fatto!” - alzai gli occhi scocciata. - “Ah! Non hai detto di no, perciò ho ragione!” - disse eccitato mentre mi puntava il dito contro. - “Se fosse vero, mi sta vendendo il desiderio di toglierla dall'album” - dissi seria.

 

- “Hai davvero scritto una canzone per Louis?” - Niall chiese con gli occhi che brillavano. Dovevo assolutamente cambiare argomento. - “Harry, grazie per aver chiamato un Taxi per me la settimana scorsa, ero davvero in ritardo, senza non avrei saputo come fare” - gli sorrisi. Alla fine dovevo mantenere un rapporto diplomatico con lui, era il migliore amico del mio migliore amico. Lui al contrario, mi guardò corrucciato, con la stessa se non maggiore irritazione di prima - “Non sono stato io, Louis ha usato il mio telefono perchè il suo era scarico” - il suo tono di voce era freddo, anzi quasi potevo sentire una nota di disprezzo, come se anche il solo aver pensato che mi avesse potuto aiutato, fosse stata una blasfemia. - “Oddio, che stupida. Come ho potuto pensare che un ragazzino avrebbe potuto aiutarmi?” - imitai il suo stesso tono di voce e poti sentire una risata soffocata da parte di Selena. I miei occhi erano fissi nei suoi, la sua mascella si fece tesa. - “Wow TayTay, ti piaceva il ragazzino però” - Vidi una mano di Louis poggiarsi su una sua spalla ed il cuore stringersi, stretto, stretto, stretto. - “Ed oggi, ora, mi chiedo ancora come sia potuta succedere una cosa del genere” -  







































Angolo dell'autrice :

Macciao. Scusate il riatrdo, quasi una settimana che non aggiorno, ma oltre alla semplice 'fantasia' mi mancava proprio il desiderio di scrivere.
Ma oggi, cosa succede? Succede che esce un video che spezza il mio cuore malato. AMMIRATE ' 
http://ohsoswiftly.tumblr.com/post/49917515570/emblem-3-briefly-talks-about-harry-and-taylor-when ' cioè, in questo video viene chiesto a Emblem, se avesse visto Harry e Taylor agli studi x - Factor (Quando furono avvistati per la prima volta insieme #piango) e lui dice di si. Cioè, dice di averli visti e che ha anche visto Harry prenderla per mano e portarsela fuori dagli studi. IL MIO FOTTUTO CUORE.

ERANO COSI' PERFETTI. Basta Simona. Basta. Fanculo la storia 'Era pubblicità'.

Ochei, la smetto. Ora, ditem icosa ne pensate di questo capitolo. Lalalala. 

Me su twitter @onesposide ; me su ask @espositoitaly scialla :)

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Capitolo 6
*** Don't look me. ***


 

 



Sesto capitolo.














Mi guarda, lo so che mi guarda. Ho sempre amato i Red Carpet, il mettersi in posa mentre il flash delle telecamere ti avvolge, ti fa sentire una stella. Che stelle traditrici, ti promettono il mondo per qualche secondo e poi il giorno dopo ti distruggono con chissà quale articolo. Tengo lo sguardo alzato e sorrido a qualche fan che cerca di farsi notare sventolando qualche cartellone. “Taylor is our inspiration” e sorrido, sorrido perché so che seppur quella frase sia così falsa, loro ci credono davvero, sono i miei eroi. 'I love you', sussurro con le labbra toccandomi il cuore mentre fisso le stesse ragazze di prima assieme a quel cartellone. Loro capiscono ed eccitate si muovono ed alzano la voce di un'ottava. Faccio ciao con la mano e percorro il tappeto. Mi guarda, lo so che mi guarda. E potrei non sentire niente, non sentire il rossore costante sulle mie gote, il battito forte del mio cuore, lo stomaco che si attorciglia. Sento le farfalle. Potrei dire che i suoi occhi sono cambiati. In quei secondo in cui l'ho guardato negli occhi, mentre ci scambiavamo quelle battute che nascondevano tanto dramma sepolto, ho visto il verde incendiarmi dentro. Non è il verde di una volta, forse era il nero del suo abito a spegnerlo, qualche linea dorata o castana screziava eppure l'effetto finale era quello di sempre.

 

Lui era rimasto in silenzio. Io non avevo avuto voglia di dire altro. Perché non era semplice dimenticare, fare finta di niente? Avevo sperato che dopo quasi due anni dalla nostra rottura, mi avrebbe lasciato in pace. Invece mi derideva, invece mi umiliava, mi faceva sentire così piccola nel mio metro e ottanta coordinato ai miei tacchi dodici. Louis aveva tossito, stretto goffamente la spalla di Harry e sorriso parlando immediatamente del mio nuovo videoclip per poter cambiare argomento. Accennai qualcosa e mi tranquillizzai, Selena mi ricordò delle foto e salutando gentilmente uscii fuori dalla sala ed anche da quella situazione straziante. Non piangevo da mesi. Non piangevo da quando avevo scritto 'All too well', l'ultima canzone del mio disco. Non piangevo perché volevo essere abbastanza forte da tramutare quelle lacrime in nuove note. Non piangevo perché forse non ne trovavo giusto il motivo, se non avrei dato a me stessa il sintomo di una ricaduta, forse avrei potuto semplicemente fatto finta di niente, come se non sentissi niente. Cacciai nel retro della mia mente quel abnorme flusso di pensieri e m'incamminai con qualche sorriso incerto all'interno dell'edificio, sperando di vedere sopraggiungere qualcuno che conoscevo.

 

La mia vita era un libro aperto. Posto vicino a Justin e Selena, difronte il palco per potermi riprendere mentre ballavo goffamente, la fila 'M' – tredicesima lettera dell'alfabeto –, sbuffai spazientita, perché alla fine nessuno sapeva cosa ci fosse oltre ai ricci e ad un numero a due cifre. Nemmeno volevo che lo sapessero. Mi avviai per il mio camerino – essendocene pochi – ero stata 'assegnata' al numero '01', sorrisi fino a sentire male alle guance. Uno. Mi ricordava qualcosa quel numero. Entrai e vidi che i miei cambi d'abito erano presenti ed ordinati. Crollai sul divanetto e infilai disperata la mano nei miei capelli. Fino a poco tempo prima, i ricci mi avrebbero causato molti problemi; si sarebbero intrecciati alle mie dita, gonfiati ed infine spettinati nel cercare di liberarmi. Ci avrei perso pure qualche capello nel mio miserabile tentativo. Adesso invece, passavo minuti a passare le dita tra i capelli, scendevano senza intoppi, come se stessi toccando l'aria; ogni sera li pettino, li guardo uno ad uno e poi fisso le mie vecchie foto e cerco di rivedermi in loro. I miei occhi non sono quasi più blu. Li sento spenti come quelli di Harry. Eppure nessun giornalista parlerà di come siano i miei occhi ora, ma dei miei capelli. Gli occhi non sono importanti eppure da questi riesci a vedere un mondo intero. Ricordo quando il mio mondo era Harry. - “Non piangere, non piangere..” - dissi ad alta voce a me stessa, mentre gli occhi si iniettavano di lacrime. Piegai la testa all'insù, per far si che le lacrime rimanessero all'interno dell'occhio e non toccassero le ciglia.

 

-“Taylor, hanno cominciato, dopo la presentazione tocca a noi” - la voce di Amos mi raggiunse ed io sorrisi. Risposi da dietro alla porta che ero quasi pronta e cominciai a cambiarmi. Mi sfilai il vestito e dopo averlo sistemato sull'appendiabiti mi infilai la maglietta a righe rosse e bianche ed il pantaloncini nero di cotone da sopra. Mi tolsi i tacchi alti cambiandoli con comode scarpe basse e rosse. Sciolsi la crocchia che legava i miei capelli e con un elastico legai i capelli in un semplice codino alto. Passai davanti allo specchio ritoccando il rossetto rosso per renderlo più appariscente, sorrisi al mio riflesso ed uscii dal camerino. Mentre raggiungevo la band, pensavo che quella sarebbe stata la mia serata, una delle tante serate che mi sarebbero appartenute. Pensavo a come in quei cinque minuti di esibizione, non mi sarei più potuta tirare indietro. Niente pause, privacy, autostima. Dovevo solo imparare a gestirla meglio. Fino ad ora me l'ero cavata, ma dovevo affrontare il mondo per poter dire a me stessa di avercela fatta.

 

Grant mi sorrise e le coriste mi abbracciarono. Potevo sentire i nostri cuore battere insieme. Qualcuno mi porse il microfono rosso e cominciai a sentire l'adrenalina. Quella che cambiava ad ogni esibizione, la frenesia che il mio momento stesse arrivando e che quel momento non potesse finire mai. Quando sarei andata in scena, il pubblico ascolterà per la prima volta il mio primo singolo di 'Red' con il videoclip inedito sullo sfondo; chi invece non potrà usufruire del 'Live', potrà guardare il videoclip sul mio canale youtube. In effetti è un'idea strana, perché nel momento in cui inizierò la mia esibizione, sul mio canale youtube verrà caricato il videoclip. Volevo fare qualcosa di strambo per lanciarlo, chissà, forse vedranno – proprio per questo – più il mio video che i TCA. Sarebbe un'onore. - “Taylor, tocca a noi” - strinsi forte la mano di Grant e tutti i componenti della band si accerchiarono, mettemmo le mani al centro e dopo pochi secondi le alzammo urlando, poi uscirono fuori e sentii il calore della folla agitarmi.

 

Mi posizionai su un punto preciso, lasciai il microfono rosso più in là, lo avrei preso in seguito, presi le cuffie che mi servivano per l'esibizione ed aspettai che si aprisse davanti a me il palcoscenico. Alla mia vista, le persone cominciarono a gridare ed io trattenni un sorriso, guardavo ammaliata il pubblico. Infine sentii i copiosi accordi della canzone, allo stesso momento il videoclip cominciò a girare dietro di me, sugli schermi.

 

-“I remember when we broke up the first time, saying this is it I’ve had enough. We haven’t seen each other in a month. When you, said you, needed space, what?” - Feci una faccia strana alzando le sopracciglia e la folla acclamò il mio nome. - “Then you come around again and say 'Baby, I miss you and I swear I’m gonna change'. Trust me, remember how that lasted for a day. I say, I hate you, we break up, you call me, I love you” - Ad ogni parola dell'ultimo verso mi mossi per enfatizzarne il significato ed all'ultima mi abbassai piegandomi sulle gambe. Allo spezzare tra una strofa e l'altra, lasciai le cuffie, spostarono il microfono difronte e mi passarono quello rosso.

 

-“Oooh we called it off again last night. But Oooh, this time I’m telling you, I’m telling you!” - alzai la voce e camminando alzai le braccia al cielo e ripresi a cantare - “We are never ever ever ever getting back together. We are never ever ever ever getting back together” - i ballerini mi seguivano mentre la coreografia ironica ed allo stesso tempo stupenda andava avanti al ritmo della mia voce.

-“
I used to think, that we, were forever, ever, ever.” - sospirai malinconica, guardai il pubblico e li indicai con un dito. - “And I used to say never say never” feci segno di no con il dito e ricominciai a cantare il ritornello. - “But we are never ever ever ever getting back together, not getting back together, we.. Oh, getting back together” - finii la canzone sospirando e buttandomi sopra un divano scenografico, tanto per imitare la fine dello stesso videoclip.

 

Pensai avrebbero odiato il videoclip da dodicenne, pensai avrebbero odiato il mio sarcasmo, pensai avrebbero odiato tutto. Eppure cosa sentivo? Applausi, sorridi, mani in alto. Ancora, ancora, ancora; gridava la folla. Ricorderò questo momento, nel retro della mia mente. Salutai con la mano, mi rialzai inchinandomi davanti al pubblico e presentando la band e le coriste. Dopo l'ennesimo applauso rientrammo. Era il ventisei maggio. Questa sera avrei fatto una 'Live chat' ricantando il nuovo singolo, chiedendo ai miei fan cosa ne avessero pensato del videoclip – cavolo il videoclip, volevo solo correre a vedere se l'avevano visto – e ad annunciare che il tredici giugno duemiladodici, avrei pubblicato il mio nuovo CD e che la mattina stessa, a Madison Square, avrei fatto alle 00.00 di quel giorno, il primo concerto dell'era Red, per presentare al mondo le mie nuove canzoni ed anche – in seguito – per firmare il CD a chi l'avrebbe comprato agli Store presenti al concerto.


Si, era stata una grande giornata. Mi avviai verso il camerino per rinfrescarmi e rinfilarmi il vestito precedente. Fissai il numero '01' e sorrisi di nuovo. Cosa diavolo mi ricordava quel numero?

 

01/02/1994

 

Il compleanno di Harry.














Angolo dell'autrice:


Hei, ciao (?) C'è un calo di recensioni, ciò mi deprime un po'. Amo scrivere e mi piace sapere cosa ne pensa la gente. So che il fattore 'Haylor' disgusta - come fa a disgustarvi (?) - molta gente e lo accetto, ma mi sarebbe piaciuto ricevere recensioni su una storia di questo tipo. Siete delle coppiste. Invece che 'razziste', siete 'coppiste'. Oddio, lasciatemi stare, sto sclerata.

Ochei. Era un capitolo di passaggio, perchè vedrò la storia da un angolazione reale. I concerti e tutto. Anche perchè penso che Taylor faccia la stessa cosa, cioè: da importanza ad ogni spettacolo. Ed ogni spettacolo - seppur con la medesima canzone - ha un significato diverso. Sono una stupida perchè non sto facendo affrontare la questione Taylor/Harry, capirete il motivo. Succederà più in là, tra almeno quattro capitoli massimo.

Ochei, se lasciate una recensione fate me molto felice, giusto per sapere se faccio schifo nello scrivere.

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http://ask.fm/EspositoItaly (Ammirate l'icon, ammiratela. E' solo un manip, ma è il mio preferito. Mi fa piangere)


Bene, ciao! :)

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Capitolo 7
*** Loving him was red. ***






 

Settimo capitolo.











Flashback.

 

Guardai l'orologio, non era ancora ora. Tenevo la tazza ripiena di camomilla tra le mie mani, mi inumidii le labbra con la lingua, avvicinai la tazza alle labbra e sorseggiai il liquido. Era freddo, ma non diedi nessun segno di meraviglia, ero seduta su quella sedia da ore forse, non ricordo bene. Mi ero presa una pausa di qualche giorno dalla prossima tappa dello Speak now tour. Ero a Parigi, Harry si era esibito a Barcellona. Avevo deciso di raggiungerlo, sentivo la sua mancanza e più cercavo di sorridere durante le nostre video-chiamate più lui mi guardava intristito, quasi riflettesse le mie emozioni. Forse avevo tradotto male i suoi gesti. Intanto lui non era in albergo. Non c'era. Taylor Swift non è il mio tipo. La tazza mi sfuggì dalle mani, ma riuscii a non farla cadere. Sentivo la gola ardere ed i polmoni mi facevano male. Emma era venuta a trovarmi quella stessa mattina, la notizia su ogni sito internet girava incontrastata. Non ero il tipo di Harry Styles.

 

Avevamo deciso di avere una relazione privata – odiavo dire segreta -, mentire ai miei fan non mi piaceva, era come se stessi omettendo qualcosa alla mia famiglia, era inconcepibile. Sul palco parlavo di onestà, parlavo del nostro legame, lunga vita a noi e poi? Doveva valerne la pena. Emma mi aveva fatto sorridere, stava andando tutto bene. Harry nemmeno aveva provato a chiamarmi. Forse nemmeno pensava che fosse successo qualcosa di grave tra di noi. Era solo una frase. Una frase che mi aveva spezzato in un battito di ciglia. Mi aveva promesso che lo avremmo annunciato il mese scorso. Poi il tour. La settimana prossima. Le nuove date sold out. Tra pochi giorni. Io sviavo le domande su una mia improbabile relazione, lui ottimo attore, diceva che tra noi era una cosa impossibile. In questi giorni dovevamo annunciare il tutto. Credo che questo tutto sia giunto al suo termine. So che tutto finisce, ormai l'ho imparato, è troppo giovane ed io sono troppo vecchia per aspettare che cresca provando a rompere ogni giorno il mio cuore. Avrei voluto parlargli quella mattina, ero riuscita a schivare qualunque telecamera, per il mondo Taylor Swift era ancora a Parigi. Ma lui non si era fatto trovare, ed i giornali che tappezzavano le vie di Barcellona parlava solo di lui, la band, il tour e me. Me. Risi isterica pensando che in quel momento avevo creduto che avesse rivelato a tutti il nostro amore. Lo aveva solo negato, ancora una volta.

 

Qualcuno bussa alla porta della mia stanza. Forse è Emma, forse Selena, forse sto solo sognando. Dopo pochi minuti sento una voce dall'altro lato della porta e il suono copioso di qualcuno che bussa. Mi alzo e faccio una smorfia a sentire tutto il mio corpo intorpidito ed esausto, il giorno dopo mi sarei dovuta esibire. Appoggio la tazza nel lavandino della cucina e mi avvio verso la porta. Sbircio dall'occhiello ed incontro gli occhi verdi di qualcuno. Prendo una boccata d'aria. Poggio una mano sul cuore che batte forte, dalla mia gola esce un gemito. Chiudo l'occhiello, ma so che lui mi ha visto, sentita. - “Tay, apri” - la sua voce trapassa il legno della porta, sento la sua fronte poggiarsi su di essa e le sue dita ticchettare nervosi sul legno. Trattengo il fiato, non riesco a ragionare. Sapevo che sarebbe venuto. Fissavo l'orologio da ore aspettando che arrivasse, come sempre, con il suo sguardo malinconico e la sua aria da dannato. - “Tay, apri, ti prego, ho bisogno di spiegarti tutto, non riesco a dormire senza la sicurezza di averti al mio fianco” - il cuore cede, singhiozza, ma l'orgoglio non mi fa parlare, non respiro, forse penserà che non ci sia, lascerà stare. - “Taylor, so che mi odi in questo momento, ma aprimi, lasciami spiegare, sarà l'ultima volta” - l'ultima volta. - “Lo giuri? Me lo prometti Harry?” - poggio la guancia bagnata dalle lacrime sulla porta, mentre scivolo contro di essa. Mi ritrovo per terra in pochi secondi, mentre i singhiozzi mi perforano la gola.

-“Te lo giuro, te lo prometto. Non sbaglierò più” - sorrido felice tra le lacrime e gli credo, pendo dalle sue labbra. - “Apri Tay, aprimi, voglio asciugare le tue lacrime, andiamo..” - la sua voce non è insistente come prima. E' solo un'altra scusa Taylor. Sa che lo farai entrare, come tutte le altre volte. Ho paura, paura di perderlo. Mi lascerei spezzare il cuore mille ed altre volte solo per farlo rientrare nella mia vita e vederlo riuscire. - “Questa è l’ultima volta che te lo chiedo, poni il mio nome in cima alla tua lista” - sussurro contro la porta. Lo sento vicino, quasi stesse già lì con me. - “Sbagli a pensare che tu non sia in cima alla mia lista” - dice.


-“Questa è l'ultima volta in cui mi dici che sto sbagliando” - dico con più coraggio, sperando che non vada via, controllando ogni mio gesto. - “Non ti ferirò più” - ammette. Ed io continuo a credere ad ogni sua parola. - “Non lasciarmi più alla tua porta Taylor” - aggiunge sentendo il mio silenzio. Mi rialzo lentamente, ma agitata, perché so che le sue braccia mi avvolgeranno tra pochi secondi e le sue labbra saranno mie. Io sarò sempre sua. Apro la porta. Si era già rialzato, i capelli appena tagliati incorniciavano perfetti il suo viso. Nessuna lacrima bagnava le sue fossette. Io ero un fottuto pasticcio. - “Sei stato tu, da sempre” - rispondo ai suoi occhi che si chiedono ostinati perché,  perché lo faccio sempre rientrare nella mia vita? E mi bacia. Mi tiene stretta, perché sa che sto sfuggendo al suo controllo, scivolo via in balia delle sue parole. - “Non spezzare il mio cuore, ti prego Harry, non spezzarlo”-

 

Lui non fiata. Lui mi bacia, mi tocca i capelli, tocca il mio corpo avvolto da un pigiama orribile. Lui mi ama.

 

Questa è l'ultima volta, dico a me stessa. L'ultima volta Harry.



 

Fine Flashback.




 

Fissavo la scaletta, ero arrivata all'ormai ottava canzone. Ed litigava con Grant per la scelta del duetto. Quale scegliere? 'Everything has changed' o 'The last time'? Ero indecisa. Gary si era reso disponibile, ma avevo aggiunto troppe canzoni. The last time mi avrebbe uccisa sul palco. Ero codarda, avevo anche eliminato 'All too well', era troppo personale, non so nemmeno se piacerà una canzone del genere. - “Io dico 'The last time” è bellissima, in più dopo 'Tracherous' è perfetta. E' come se dessi l'inizio di una storia e poi la fine” - Ed continuava a ripetere quella frase ed io mi trovavo maledettamente d'accordo, mentre Grant sottolineava il suo desiderio di suonare il duetto tra me e Ed. - “Everything has changed, punto, non voglio deprimere troppo il mio pubblico” - chiudo il quadernetto, poggio la penna sul divano e mi stendo su di esso. - “Dovrai cantarla al 'Red Tour' però, almeno questa, è bellissima” - annuii arrossendo verso Ed. Mentivo. Ormai era facile farlo. Non avrei mai cantato 'The last time', era così triste, non è 'Sad beautiful tragic', non è solo musica triste, ma è dolore e consapevolezza che tutto sta per finire e lo sapevo, dannazione, lo sapevo! Però era stata davvero l'ultima volta. Il giorno dopo annunciammo la nostra relazione in pubblico. Il giorno dopo cominciò l'incubo da parte delle Directioners e pochi mesi dopo tutto terminò in un silenzio fatto di Tweet e messaggi pieni di odio nei miei confronti.

 

-“Eccitata?” - Ed mi sorrideva e mi diede una pacca sulla schiena. Io risi e ricambiai il suo gesto goffamente. - “Ovviamente, sarà fantastico” - e lo sarebbe stato davvero. Avevo fatto sold out in meno di sessanta secondi. Avevo tenuto alcuni biglietti da parte per Selena, Abigail – che mi avrebbe raggiunto in serata -, ovviamente per la mia famiglia e Louis. Emma purtroppo era troppo lontana, ma Selena ha promesso di chiamarla per farle sentire qualche parte del concerto. Ero felice, la mia famiglia sarebbe stata lì, i miei fans, avrei donato il mio cuore a loro. E questa volta sarebbe stato per sempre.

 

-“E' pronto il videoclip 'Begin Again'?” - chiese pensieroso Ed. Io aprii gli occhi scioccata. Mi era completamente passato di mente. - “Lo stanno montando, domani lo vedrò e poi lo pubblicherò” - Begin again sarebbe stato il secondo singolo di 'Red' ed in più, il primo dopo l'uscita dell'album, lo pubblicherò alle 13 pm. Ho pensato di scegliere quello per raccontare tutto il tempo che ci ho messo per ricominciare, per ringraziare Louis ovviamente ed infine per ritrovare stabilità. 'Begin again' è lenta, ma decisa, è country, ma semplice. Dopo il primo singolo ed il concerto che oggi sorprenderà tutti con i miei nuovi sound, credo che chiunque mi conosca abbia bisogno di un secondo per dire 'E' sempre la stessa Taylor', anche se non lo sono più. - “Perfetto. Taylor, sarò onorato di cantare con te stasera” -

-“Anche io Ed, davvero, sono così felice, come mai da tanto tempo” - mi si inumidirono velocemente gli occhi, ma non lasciai libera nessuna lacrima. - “Lo so. Ricordo quando mi arrivò la tua proposta, ero sconcertato. Eri una delle mie cantautrici preferite, eri sparita e mi succede questo. E' stato un onore scrivere sul nostro primo incontro” - sorrisi e presa dal momento lo abbracciai stretta a me. Mi sentivo una bambina con lui. Avevamo entrami l'età di due persone adulte, ma eravamo bambini. Ricordo che il giorno in cui ci incontrammo per scrivere, parlammo di me, di lui, del mondo, dei nostri sogni. Non scrivemmo niente, diceva che dovevamo conoscerci per scrivere. Ed io lo avevo conosciuto ed avevo deciso di scrivere su questo. Io e lui. Perché tutto è cambiato.

 


 




 

Piangevo. Isterica. Respira. Piango. Respira Taylor. C'erano così tante persone, troppe persone da deludere. L'accappatoio avvolgeva il mio corpo e faceva da secondo strato al vestito che avevo indossato in precedenza. Avevo deciso di non vedere nessuno, né Sel, né Abigail che era arrivata così presto solo per darmi il buona fortuna. Mia madre mi conosceva, aspettava fuori dalla porta del camerino, mentre Austin tratteneva papà sotto gli spalti. Avevo paura. Ancora una volta. Paura. Delle mani toccarono le mie spalle, una testa si appoggiò sull'incavo del mio collo. Ero davanti allo specchio, la testa china, con i capelli ricci appena finiti che coprivano il mio viso scuro per il trucco sciolto. Avevo deciso di presentarmi come la Taylor del SNT, per poi ricomparire cantando la canzone 'Red' con i capelli completamente stirati. - “Non ce la faccio, non sono pronta. Come mi è saltato in mente? Un'esibizione. Un concerto. Un CD. Era finita, avevo chiuso con tutto, poi arrivi tu e stravolgi la mia vita, mi fai credere in me stessa!”- urlo esasperata mentre con una mano mi asciugo gli occhi e con l'altra cerco di allontanarlo. - “Taylor, perché non capisci che non è merito mio? Sei fantastica, hai talento, scrivi di ciò che senti, ce l'avresti fatta da sola, io sono stato solo il pretesto per fare il grande passo Taylor. L'ho sempre saputo, sempre. Io credo in te. Là fuori ci sono più di mille persone a credere in te” - Mi prende per le spalle e mi fa girare. Incontro i suoi occhi. - “Canta per me Taylor, canta per il tuo pubblico, per la tua famiglia, ma soprattutto canta per te” - nascondo il mio viso sotto i capelli, cerco di asciugare qualche lacrime, poi lui mi stringe a sé, mi abbraccia forte. - “Grazie Louis” - sussurro mentre i singhiozzi si calmano. Lui non dice niente.

 

Mi lascia andare, ed io riguardo lo specchio. Louis prende un fazzoletto, lo bagna e pulisce il mio viso. Niente trucco, i capelli sono uno schifo, le mie labbra sono gonfie, gli occhi rossi e pesti. Non lascio andare l'accappatoio, canterò così. Faccio un respiro profondo, si torna in scena Taylor. - “Gridano il mio nome?” - chiedo quasi senza voce. - “Si” - lui risponde semplicemente ed il mio cuore si colma di gioia. M'incammino verso la porta, ma Louis mi ferma, mi prende la mano, me la bacia e dice la sua ultima battuta - “Canta anche per Harry” - sono indecisa tra il prenderlo a schiaffi o ricominciare a piangere. Ci avrei scommesso che Louis avrebbe portato Harry lì, sicuramente aveva usato la scusa di essere accompagnato da tutti i ragazzi della band. Annuisco, sorprendendo me stessa. Ed esco, corro, veloce verso la mia band che non accenna nemmeno al mio momento di crisi. Ci mettiamo in cerchio, come l'ultima volta, l'ultima volta che ripeteremo sempre. Mani al centro, sorriso sulle labbra, capelli al vento. - “RED ERA!” -

 

Poi la band esce, il boato del pubblico è incredibile, ed infine, senza un minimo di teatralità, entro io, camminando, con l'accappatoio viola che mi avvolge, i capelli annodati. E la gente urla. Ed il Madison Square è pieno. E le lacrime mi avvolgono e stavolta sono di felicità. - “I say remember this moment. In the back of my mind.” - canto Long live, per dire addio all'era di Speak now, per dire addio a tutto e ciao, un lungo ed infinito ciao a noi due, insieme.

 

Loving him was red.

 

Loving him is red.























Angolo dell'autrice:

Ciao! scusate nuvoamente il ritardo, troppi compiti, troppe ultime interrogazioni. Grazie a Dio questa settimana sta già a metà. Sabato parto, perciò credo continuerò Martedì la storia. 
Forse per voi i capitolo in cui Harry non c'è, non sono importanti, in realtà sono decisivi. Taylor riflette e racconta di come si sente, di cosa è successo. Ogni suo gesto ha un significato. Volevo descrivere tutto il concerto ma sinceramente sarebbe stato troppo lungo. Dal capitolo che viene dovrebbero esserci parti 'Haylor', ma amo i 'Flashback' perciò potrei semplicemente scrivere un cosa del genere.

Spero vi piaccia, mi piacerebe sapere con una recensione cosa pensate della mia storia (?)

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Capitolo 8
*** you must return together. ***











 

Ottovo capitolo.





















"Non era mai stato semplice parlare per me. Credo che durante la mia adolescenza, non fossi popolare proprio per questo. Davo la colpa al mio corpo, ai miei capelli, alla mia altezza. Queste piccole cose sono diventate la mia forza e solo pochi anni fa ho compreso che il mio modo nel relazionarmi con gli altri fosse orrendo, sbagliato. Credo che Harry mi abbia fatto capire molte cose. Il suo rifiuto, il suo tradimento, la sua apatia difronte all'odio che ricevevo, il menefreghismo nei suoi occhi come se fosse stato facile leggerlo, come se fosse stato solo un bambino. Sono caduta, distrutta dalle mie stesse fantasie. Ed ho dato la colpa ai suoi occhi, alla sua mascella, al suo sorriso immacolato ed ai suoi ricci. Aveva – ha – lasciato una impronta indelebile dentro ogni cellula del mio corpo. Ho dato la colpa ai miei genitori, ai miei amici, ai suoi fans. Ho dato la colpa a me stessa, alla fine. Mi sono ritrovata come a scuola, nei panni di una quindicenne che canta silenziosa nella sua camera, che canta di quel Drew che non l'amerà mai. Forse erano i miei capelli? Il biondo mi stava male? I ricci mi facevano sembrare troppo piccola? Forse i miei occhi? O il mio corpo? Le cosce grasse, il punto vita inesistente, la piccola taglia di seno. E mi sono stirata i capelli. E sono dimagrita, sono dimagrita così tanto. Indosso vestiti più seri, il rossetto rosso è la mia nuova firma, gli occhiali che tu indossavi sempre durante l'estate passata insieme a Nashville adesso sono i miei preferiti. Non te ne sei mai accorto di quanto li amassi. Sono cambiata così tanto, hai sradicato il mio cuore Harry, te lo sei portato via, forse hai pure dimenticato di averlo. Ora sono secca, vuota. Ricordo ancora l'appartamento nel quale avremmo dovuto passare le vacanze di Natale, il mio compleanno. Il tuo forse. Dovevamo ancora deciderlo. Ricordo che ogni giorno, mentre camminavo per le strade di Barcellona o di New York, capitavo sempre in un qualche negozio di immobili e compravo qualcosa. Anche una sedia. Giusto per lasciarla dentro quell'appartamento. Quando hai deciso che io non sarei stata il tuo futuro, sono andata lì, ci sono rimasta per giorni interi senza riuscire nemmeno a dormire. Ho buttato tutto e messo in uno scatolone le nostre cose, quelle che ancora avevano il tuo profumo. Avevo deciso che sarei stata me stessa, che l'avrei superata. Lì ho capito che non sapevo più chi io fossi. Ho capito di essermi persa. Mi sono chiesta se mi avessi mai pensato, almeno una volta Harry. Mi sono chiesta come avrei potuto rendere le cose migliori. Ed avrei voluto cantare qualcosa per te, cantare di noi due, di quanto fossimo speciali. Non mi hai dato il tempo di realizzare quanto ti amassi che sei andato via, che mi hai cacciato dalla tua vita. Non hai mai pensato che la mia vita fossi tu? Dovrebbero arrestarti, processarti e condannarti. Dovrebbe essere un reato quello che mi hai fatto. Non batte più niente qui dentro. Ed è bello sentire qualcosa, anche per poco, anche per solo la durata di una canzone, di un concerto, di un abbraccio o di un tweet da parte dei miei fans. Sto ricominciando a sentire qualcosa Harry, volevo solo dirtelo. Ma non lo saprai mai. Sto cercando di non amarti, sembra ancora una cosa impossibile, ma ci sto lavorando Harry, giuro che ci sto lavorando."

 

Appoggiai la penna sul foglio di carta e mi morsi le labbra. Sospirai sul foglio che si muoveva al cambio d'aria ed infine appoggiai il mento sulla superficie di noce. Credo che Noah si sentisse così mentre scriveva ad Allie aspettando paziente una sua risposta. Ho cominciato a scrivere queste lettere da metà Agosto 2011, mentre Louis per distrarmi dal troppo lavoro per il nuovo CD, aveva deciso di mostrarmi un'altro modo per staccare ed entrare in una nuova realtà. Mi piace leggere, ma la musica è sempre stata la mia priorità, così quando mi regalò “Le pagine della nostra vita”, fui diffidente. Lo lasciai invecchiare sulla mia scrivania, finché un giorno, un giorno guardai la copertina, il colore rosso regnava e ne fui ipnotizzata. Non so cosa fosse passato nella mente di Louis per regalarmi un libro sull'amore, ma fu l'ennesima cosa a cui gli sono grata. Da allora cominciai a scrivere una lettera per giorno ad Harry, da queste sono nate molte canzoni, la più confusa è 'All too well', fino a 'Sad beautiful tragic'. In un attimo di lucidità, ho pensato a lui in maniera positiva. Un attimo ovviamente. Mai chiedere troppo. Risi per la confusione dei miei pensieri e toccai i capelli con le mani. Mi erano mancati i ricci, così avevo deciso di arricciare le punte dei capelli. Una cosa molto elegante, innocente, ma per me era un enorme traguardo. - “Forse sto ritrovando me stessa” - dissi alla mia immagine riflessa sullo specchio. Sorrisi senza davvero averne motivo, in seguito mi alzai, aggiustai il retro del vestito ed uscii dall'ennesimo camerino. Oggi avevo accettato di essere intervistata da Ellen, amavo quella donna, era un modello da seguire. Sarebbe la mia donna ideale se solo fossi stata un uomo o perlomeno lesbica.

 

Arrivai dietro le quinte, mentre qualche impiegato mi faceva cenno di avvicinarmi, sentii la voce di Ellen. Sicuramente mi stava introducendo.

 

-“E dopo anni dalla sua assenza dal mio palcoscenico e dal mondo intero, con un debutto del suo primo singolo e del suo secondo singolo 'Begin again' che supera il record di 'Psy' ed ovviamente con la vendita di più di due milioni di album in meno di una settimana dalla sua uscita, Taylor Swift” - arrossii per l'elenco dei più conosciuti record riguardanti 'Red' ed entrai con il mio abito giallo mentre salutavo con la mano il pubblico che mi acclamava. Ellen mi sorride e mi fa accomodare sulla stessa poltrona rossa del 2008. - “Cosa ne pensi?” - Ellen ammicca verso la platea ed io non ho bisogno di domandarle nulla. - “Wow” - dico sincera mentre comincio a ridere. - “L'unica cosa che riesci a dire è 'wow'? Mi deludi” - lo dice seriamente mentre fa cenno di no con la testa. - “Ho scritto troppe canzoni, nel mio prossimo album avrai la risposta pronta!” - lei alza le sopracciglia ed io sorrido. - “Com'è tornare da questa parte? Non essere più perennemente dietro le quinte?” - accavalla le gambe goffamente ed io trattengo una risata. Ci penso un secondo e poi rispondo. - “E' orribile.” - dico sincera con l'ovvia delusione del pubblico, ma io riprendo a parlare imperturbabile. - “Non, non sento più questo mondo mio. Credo che questo sia dovuto alla delusione che ho sentito quando il mio sogno mi ha voltato le spalle. Vedo ancora le nuvole al mio orizzonte ed ho il terrore di non essere mai abbastanza. Sono sempre io e non sono io. Ho ancora il terrore di cercare il mio nome su internet, la paura di fare un respiro di troppo e quindi dare un pretesto alla gente per criticarmi. Non potevo più vivere così, io non credo possa farlo tuttora, ma ci sto provando, per i miei amici, per la mia famiglia, per il mio pubblico, per tutte quelle persone che hanno bisogno di una mia canzone anche solo per addormentarsi. Adesso ho capito che lo sto facendo per me stessa, una cosa molto egoista, ma vera. Non ho mai pensato di abbandonare tutto questo, dopo anni passati a supplicare qualsiasi casa discografica per anche solo ascoltare un mio demo, non avrei mai potuto rinunciare. Invece l'ho fatto e sapevo a cosa andavo incontro, eppure l'ho fatto ed ho rinunciato. Adesso dovreste cacciarmi e dirmi che è troppo tardi, invece, grazie, perchè mi state rendendo così orgogliosa. Felice sarebbe riduttivo” - concludo calma, con la gioia della platea alle mie spalle. - “Saresti pronta a leggere almeno due critiche? Ti premetto che una sarà positiva e l'altra negativa” - Ellen tiene due buste tra le mani. Potrei pure dire di no, ma non ce la faccio, non voglio deludere me stessa. - “Si”-

 

-“All Music Guide scrive : Ha costruito qualcosa di così preciso che il suo successo sembra quasi programmato, ma sotto sotto, Taylor è ancora nervosa e questo rende Red non solo accattivante, ma avvincente. Cosa ne pensi Taylor?” - Ellen mi guarda seriamente incuriosita ed io comincio a battere le mani freneticamente per poi scoppiare in una sonora risata e abbassare la testa, facendo muovere i miei capelli. - “Penso sia fantastico, ha centrato quello che volevo trasmettere. Volevo sembrare io, ma insicura nel quale io si pensi che io sia. Oddio, uso troppi 'io'. Sono insicura, ma non sulle mie canzoni, ma sulla mia stessa vita che racconto attraverso queste. Sono felice di averlo trasmesso e di essere 'accattivante' ed 'avvincente'” - concludo sorridendo.

 

-“Jason Kane, un critico musicale inglese, dice testuali parole: l'album della Swift è ridicolo. Vuole essere una cantante country? Una cantante pop? Non si è capito. Il suo odio nei confronti dell'amore la rende ipocrita. Il suo ritorno in scena assurdo con la canzone 'The lucky one'. Non ho capito quali siano le intenzioni della cantante. Ha voluto forse allontanarsi dalle scene solo per ritornare come Demi lovato? E' così che al giorno d'oggi si riescono a vendere gli album. Qual è la scusante della Swift? Troppe critiche? Troppi fidanzati? Patetico.” - Ellen mi guarda abbozzando una smorfia contrariata ed il pubblico la ricambia. - “Cosa ne pensi Taylor?” -

 

-“Penso che questo non sia un insulto nei miei confronti, ma un insulto a Demi ed alla musica in generale. Non deve interessare a nessuno cosa sia successo a me o a Demi stessa, dovreste interessarvi solo della musica di un artista, non ho nient'altro da dire. Siamo nella fascia oraria sbagliata” - Ellena apre la bocca impressionata e alza le mani divertita. Io rimango impassibile, fisso le mie scarpe nere e poi sorrido. - “Basta critici Swift. Ora diamo inizi ai sondaggi.” - non ho il tempo di sussurrare 'o mio Dio', che l'immagine di Joe Jonas compare sullo schermo alle mie spalle. - “Ti va di vedere un video Taylor?” -

 

-“Non c'era un sondaggio?” - indico lo schermo con la fronte corrugata. - “Oh, si, certo. Guardiamo il video. Poi lo commenti” - Lo schermo cambia immagine, e da inizio ad un video. Stringo le labbra. Joe è seduto, alcuni giornalisti lo circondano, ha in mano il nuovo album dei Jonas Brothers. - “Joe, hai saputo del ritorno in scena di Taylor Swift? Si vocifera di una vostra collaborazione, potrebbe accadere?” - Vedo Joe sorridere cauto e rispondere. - “Si, ho saputo! E' una notizia eccezionale, Taylor ha molto talento, il mondo della musica non poteva perderla. Sulla collaborazione posso dirti 'never say never', Taylor ed io abbiamo collaborato insieme ai suoi esordi ed è stupido pensare che due ex non possano rimanere amici. Può esserci una collaborazione tra di noi? Certo, ne sarei entusiasta!” - il video finisce e la schermata ritorna alla foto originaria di Joe.

 

Ellen mi fissa. - “Sono meravigliata. Meravigliata dal fatto che tra tante stupidaggini possa esserci una cosa vera” - sorrido mentre vedo Ellen chiedere al pubblico di applaudire più forte. - “E' vero che due ex potranno rimanere amici, non so se questo sia il nostro caso, ormai siamo cresciuti, ma una collaborazione tra di noi è impossibile. Sia nel presente che nel futuro” - annuisco alle mie parole. - “Come mai? Avete già duettato insieme ed hai detto che non sarebbe un problema essere amici tra ex” -

 

- “L'ho detto ed è vero. Ma quando duettai con Joe, ero una bambina. Vedevo tutto con gli occhi dell'amore. L'amore rende stupidi, ciechi ed anche sordi. Pensavo che io Joe fossimo perfetti insieme, in ogni settore. Beh, non avevo torto solo riguardo alla perfezione della nostra unione, ma anche nel campo sonore. Le nostre voci insieme non possono esistere. Non mi piace, la sua voce è diversa dalla mia. Joe ha talento, ammetto che la sua voce è stata una delle prime cose che mi ha fatta innamorare di lui, ma assieme alla mia è orribile. Mi dispiace. Però per esempio, aspetto da anni la chiamata di Nick! Posso pure scriverla tutta io o tutta lui la canzone, non mi importerebbe, sarei onorata di lavorare singolarmente con lui” - alzo le spalle con noncuranza. Lo schermo cambia immediatamente immagine e John Mayer compare in tutta la sua bellezza. - “Con lui ci potrebbe essere una collaborazione?” - Ellen mi guarda sadica. - “Oddio, si! Amo John. Non nel senso di 'fidanzato', ma come 'artista'! Ho anche comprato il suo ultimo album, credo sia stato uno dei suoi migliori lavori assieme al secondo, lo adoro. C'è stato un periodo in cui ho pensato di chiamarlo per il mio nuovo CD, ma era impegnato con il Tour ed odio disturbare le persone in Tour. Così, John, se sei in ascolto, chiamami, sarebbe un sogno lavorare nuovamente con te” - indico la telecamera e faccio il segno del telefono con le mani, sussurrando chiaramente un 'chiamami'. Poi comincio a ridere assieme ad Ellen che annuncia l'ultima immagine.

- “Purtroppo non è un cantante solista, dovrei duettare con altre quattro persone, le loro voci insieme mi piacciono, ma cinque ragazzi e me no, non sarebbe il caso” - fisso annebbiata l'immagine di Harry. Non accenno ad un sorriso, le mie labbra sono dritte, nemmeno il rossetto rosso che le definisce sembra scaldare la mia espressione. - “Dovete tornare insieme. Siete la mia OTP” - Ellen mi guarda seria, sistemata quasi tutta sul divanetto. Schiudo la bocca sorpresa e comincio a boccheggiare. Le fa finta di cadere e si avvicina davanti a me per poi mettersi in ginocchio. - “Ho programmato il vostro matrimonio, il vostro primo figlio si chiamerà Ellen Junior ed io sarò la sua madrina!” - Io sbarro gli occhi. - “Stai scherzando?” - non volevo sembrare acida, ma quelle parole sfuggirono dalle mie labbra velocemente. - “No! Non sai quanto ho sclerato quando ho visto che Harry ha retwittato il tuo vecchio post in cui dicevi di amarlo! E poi tu l'hai unfollowato! Perchè!?” - Fa finta di piangere mentre mi abbraccia ed io alzo le mani al cielo perchè non so come comportarmi. - “Dimmi la verità Taylor! Sei innamorata di Louis, vero?” - la mia espressione cambia e comincio a ridere come una pazza. Ellen mi lascia andare e mi fissa spaventata. - “Louis?” - chiedo e ricomincio a ridere. - “Louis è solo il mio migliore amico, mi chiedo come Eleonor faccia a sopportarlo!” - ricomincio a ridere, ringraziando mentalmente Louis per avermi salvato 
incoscientemente da questa situazione.
























Angolo dell'autrice :

Salve! Più di una settimana di ritardo. Buono. Fantastico! Sono entrata tra le storie più popolari di questa sezione solo per i preferiti, perciò vi ringrazio lettori silenziosi, sono felice di piacervi! Parlando del capitolo, era ovvio che avrei dovuto fare qualcosa con Ellen! Stavo girovagando su Tumblr, quando vedo una gif. di Ellen in cui dice 'Dovete tornare insieme' e mi ha ispirato. Taylor sta cercando di trovare se stessa e il prossimo capitolo sarà decisivo, già. 

Spero solo di ricevere più recensioni, vorrei solo piacervi (?) O perlomeno vorrei sapere cosa pensate del mio modo di scrivere, mi accontento di poco. 

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Ciao, alla prossima! :)

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Capitolo 9
*** Stay. Stay. Stay. ***




 



Nono capitolo.











-“Arriveremo in ritardo” - sospirai silenziosamente mentre Abigail ripeteva la stessa frase per l'ennesima volta. Tenevo il viso abbassato, gli occhi puntati sulla schermata del telefono che rifletteva i milioni di messaggi che mi arrivavano ogni secondo. Eravamo bloccati nel traffico da almeno cinque minuti, dopo aver riflettuto, invece di impazzire e distruggere il vestito di Jenny Packham che indossavo, avevo deciso di leggere qualche tweet. Abigail non smetteva di rovinarsi la ricostruzione – inutile, tanto per aggiungere – fatta alle sue unghie. - “Non ne sei preoccupata? E' la tua serata, ricordi?” - annuii indifferente, in realtà non l'avevvo ascoltata. Leggevo e non mi capacitavo di quanto dolci e pazzi potessero essere i miei fans. Spuntò un sorriso sincero sulle mie labbra dopo la lettura di un tweet ed Abigail si avvicinò curiosa per leggere. - “Letto? Dice “Taylor è ovviamente in ritardo, non si è ancora vista arrivare. Non capiscono che la Regina non arriva mai tardi e che sono loro quelli arrivati troppo presto?” - lessi ad alta voce e cominciai a ridere. Mossi i miei piedi avvolti da delle Jimmy Choo e girai la testa, solo per guardare una furiosa Abigail. - “Perché sono io quella nervosa?” - chiese sinceramente frustata. - “Perché dopo sette anni non sei ancora abituata a questo mondo. Non preoccuparti, non lo sono nemmeno io, ecco perché ti volevo assolutamente con me” - sorrisi ed abbracciai Abigail, che ricambiò in ritardo. - “Sai che ci sarò per sempre Tay” - Mi scocciava quel nomignolo, ormai qualunque cosa mi ricollegasse ad Harry – lui mi chiamava sempre in quel modo – mi irritava. Mi faceva ricordare. Feci una smorfia e poi mi allontanai da Abigail - “Non vorrei rovinare il tuo vestito” - dissi. Abigail ricambiò il mio ultimo sorriso e cominciò a battere le mani. - “Sto per andare sul Red Carpet” - arrossì esuberante e cominciò a giocare con le applicazioni rosse cucite sul mio vestito. Uscii da Twitter e cominciai ad essere nervosa. Abigail aveva ragione, troppo ritardo sarebbe stato ineducato.

 

-“Mrs. Swift, siamo arrivati” - Jake girò la testa dal suo posto e mi sorrise. - “Scusi il ritardo” - disse umile. - “Non preoccuparti Jake, non è colpa tua. Ormai mi accompagni ovunque, comincia a chiamarmi Taylor” - Abbassò il capello in segno di saluto e scese dall'auto. Vidi la mia guardia del corpo avvicinarsi dalla mia parte per aprire l'auto ed aiutarmi ad uscire. Quando aprì la portiera, uscii lentamente, sapevo che i flash dei paparazzi mi avrebbero accecata e portando un tacco molto alto, sarei potuta cadere. Appena uscita, l'inevitabile accadde, i flash mi accecarono, cercai la mano di Abigail per aiutarla ad uscire. Il suo abito verde smeraldo brillava. Era bellissima. Salutai con la mano, mentre Abigail restava timida dietro di me. - “Abi, non sarai timida proprio ora?” - chiesi sfidandola. Lei sorrise e stringendo la mia mano destra, cominciò a farsi fotografare. Abigail, essendo solo la mia accompagnatrice, fu scortata dalla mia guardia del corpo, all'interno della sala. Io invece, proseguii per tutto il tappeto rosso, salutando e firmando qualche autografo. Cercai di accontentare tutti, rubai qualche cellulare da delle mie fans per aiutarle a farle scattare qualche foto insieme. Scattai altre foto ufficiali, sperando che al ritorno avrei tenuto qualcosa tra le mani ed infine entrai all'interno della sala, salutando un'ultima volta con la mano.

 

L'interno era bellissimo. Le luci bianche e rosa chiaro davano al luogo un'atmosfera fantastica. - “Taylor?” - la voce di Abigail mi raggiunse e la vidi accanto a Carrie Underwood che mi salutava sorridendo. Le raggiunsi velocemente. Carrie mi abbracciò prima di parlare. - “Taylor sei meravigliosa, ogni giorno più bella” - sorrisi ed arrossii allo stesso tempo. - “Grazie, sei sempre così gentile. Ho ascoltato il tuo ultimo album, mi ha ispirato molto, è fantastico” - le strinsi le mani seriamente riconoscente. Il sound country di Carrie mi aveva ispirato ad osare in 'The last time'. - “Davvero? Ne sono onorata Taylor! Ora devo andare, sarò una delle prime ad esibirmi, ma conto di parlare ancora con te, Tim vuole assolutamente parlarti” - acconsentii alle sue parole e poi la vidi andare verso la parte posteriore. - “Sei una superstar” - Abigail mi puntò l'indice contro. - “Ricordo quando dicevi che non ce l'avresti mai fatta” - vidi che i suoi occhi diventavano lucidi ed io dopo aver sorriso malinconica, l'abbracciai forte. - “Sta zitta rossa, noi rimarremo per sempre le 'outside'” - lei rise sonoramente e poi ci accomodammo nei nostri posti.

 

Dalla borsa di abigail, arrivò un suono stridulo. Il cellulare di Abigail suonava la mia canzone 'Begin again'. La guardai con le sopracciglia alzate e lei mordendosi le labbra, aprì la borsa e prese il telefono. - “Numero sconosciuto. Chissà chi è” - disse silenziosa, per poi rispondere. La guardai curiosa, finché non mi passò il telefono e cercò di dirmi con le labbra chi fosse l'interlocutore. - “TayTay, sono il tuo migliore amico” - sbuffai - “Come hai fatto ad avere il numero di Abigail?” - chiesi curiosa - “Oh, faccio parte o no di una delle boy-band più famose nel mondo?” - feci finta di non aver ascoltato l'ultima frase - “Cosa c'è Louis? Sono ai CMA, lo sapevi che ero impegnata stasera, centra Eleonor?” - chiesi ansiosa. In effetti Louis mi avrebbe potuto chiamare anche per delle stupidaggini, ma mi metteva sempre ansia. - “Calma tesoro e girati” - stavo per rispondere spaesata, ma mi girai e vidi Louis con il cellulare in mano. - “Come fai?” - chiesi sinceramente sorpresa. - “Ad essere così bello?” - si aggiustò teatralmente i capelli. - “Ad essere in ogni dove” - dissi. - “Oh, quello. Magia! - sorrise.

-“Come stai tesoro? Tutto bene qui?” - chiese un'attimo dopo aver salutato Abigail. - “Sto bene. Credo che a momenti mi chiameranno per andarmi a cambiare. Sono la seconda esibizione della serata” - poggiai la testa sullo schienale della sedia . - “Sarai fantastica” - alzai le sopracciglia e annuii convinta. Vidi una ragazza raggiungerci, era un'impiegata, doveva accompagnarmi dietro le quinte, così salutai Abigail, ma volle seguirmi assieme a Louis. Sbuffai impaziente. Prima di una qualunque esibizione, mi metteva ansia avere i miei amici accanto.

 

Mi cambiai velocemente. Dovevo solo indossare un'altro vestito rosso a pois, le scarpe basse color crema erano perfette. Decisi di fermare i capelli da una parte e disporli tutti sulla spalla destra. Il rossetto rosso e l'eyeliner non dovevano essere ritoccati. Quando uscii, trovai ancora Abigail e Louis insieme. Era tutto normale, finché vidi la chioma di Zayn avvicinarsi a noi. “C'è tutta la band qui?” - chiesi acida a Louis. - “Si, era l'unica scusa che potevo trovare per venire a vederti” -


-“Sta scherzando? Non capisci quanto vederlo tra la folla mi agiti?” - chiesi storcendo la bocca. Lui sospirò. - “Devi fartene una ragione prima o poi, è meglio che ti abitui” - posò una mano sulla mia spalla. Sapevo che lo faceva per il mio bene e forse aveva anche ragione. Cosa sarebbe successo quando avrei cantato 'All too well' e lui sarebbe stato lì? Non ce l'avrei fatta. Sorrisi sconsolata e scostai le tende che dividevano il palco dai camerini, per vedere cosa succedeva fuori. Abigail le richiuse immediatamente e cominciò a balbettare. - “Non puoi vedere, è meglio che tu possa vedere dopo il pubblico, no? E' più eccitante! - era euforica. Nervosa. Aggrottai la fronte e capii che c'era qualcosa fuori, ma cosa? Spostai Abigail nervosamente e riaprii le tende.
 

Era tutto normale, una voce che ora non riconoscevo stava cantando, si stava esibendo in una canzone lenta. Molto bella, dovevo scaricarla e metterla nel mio ipod. Mi concentrai sulla folla e si muoveva a ritmo, qualche coppia si teneva la mano teneramente. Qualcuno si baciava. Harry baciava una. Harry. Harry. Baciava? Lo vedevo chiaramente. Quasi riuscivo anche a vedere la sua lingua ficcarsi nella gola di quella donna. Era bionda, magra, non riuscivo a vederla bene. Tutto quello che sapevo era che non ero io. Richiusi la tenda e fissai Abigail che cercò di raggiungere la mia mano per stringerla. Mi allontanai di scatto e guardai Louis che aveva un'espressione strana. Feci qualche passo indietro finché non colpii Zayn che stava appena dietro di me. Lo guardai negli occhi, quasi implorando aiuto, non riuscivo a respirare. Corsi via.

 

Ero arrivata nel corridoio dove stava il mio camerino, finché qualcuno non mi prese per il polso. - “Lasciami Louis!” - cercai di non urlare, nessuno doveva sentirmi. - “Taylor, doveva succedere prima o poi, non mandare tutto a puttane” - dissi digrignando i denti. Mi fermai. Lo fissai negli occhi. Doveva succedere prima o poi. - “Da quando i One Direction erano stati invitati ai CMA?” - chiesi sussurrando, ma già sapendo la risposta. - “Tay..” - cercò di contrattare. - “Dimmelo!” - alzai la voce. - “Da un mese” - rispose. - “Non sei venuto per vedermi, vero?” - Lui non acconsentì, né disse altro. I miei occhi si riempirono di lacrime. La nausea mi faceva sentire lo stomaco in gola. - “Te lo chiederò solo una volta, lo sapevi? Sapevi che stava con lei?” - Fui calma.

 

-“Si” - mi staccai dalla sua presa e feci disorientata qualche passo indietro. - “Taylor, è il mio migliore amico, non te l'ho detto solo per questo. Ma dovevi anche capire, fartene una ragione..” - cercò di spiegare gesticolando. Io continuavo a fare qualche passo indietro. - “Mi hai mentito” - dissi. - “No Taylor, ho solo omesso qualcosa” - gesticolò ancora. Si avvicinò a me e cercò di riprendermi. - “NON TOCCARMI!” - urlai. Vidi Abigail arrivare a passi lenti, dietro di lei vidi Zayn confuso. - “Taylor...” - richiamò il mio nome. - “Sparisci dalla mia vita. Mi avete rovinato la vita. Mi avete svuotata, mentito, usato. Ti sei divertito? Ho sperato, creduto che tu fossi...” - le mie mani ora stringevano la mia bocca, non sapevo più cosa dire. - “Taylor, sono sempre io, puoi credermi!” - cominciò a ripetere questa frase. - “Non sei diverso da lui. Ti odio. Ti odio Louis, ti odio, lasciami stare” - più indietreggiavo, più cercava di prendere la mia mano. - “Smettila di fare la bambina!” - disse liberatorio.
 

Una lacrima scivolò sul mio viso, come quella sera prima del concerto. Perché da consolatore ora era diventato il mio carnefice? Perché ce l'avevano tutti con il mio cuore? Perché sempre io? Cos'ho che non va? La nausea mi strinse lo stomaco. - “Una bambina? Ho smesso di sognare da un po'” - risposi franca e risi per qualche secondo prima di girarmi di spalle e raggiungere il mio camerino. - “Andiamo Taylor, non volevo dire questo” - sapevo che mi stava seguendo, così mi girai. - “Non seguirmi più, è finita, qualunque cosa ci fosse tra di noi, è finita” -

 

Entrai nel mio camerino. Mi appoggiai sul muro e scivolai lentamente per terra, mentre cercavo di piangere, di far straripare tutta la mia delusione dai miei occhi. Non so cosa mi facesse più male. Aver perso Louis o aver capito di aver perso da sempre Harry. La porta si aprì e Louis mi guardò dall'alto. - “Se ora mi dici che devo andarmene, me ne andrò per sempre, non ci sarò mai più per te Taylor, mai più. Sarai sola.” - Quelle parole mi trafissero e sapevo che erano vere, sarebbe finita. Mi alzai decisa. Resta. Resta. Resta. Mi appoggiai sul comò marrone appoggiato nell'angolo della stanza. Un bicchiere di vetro vuoto rifletteva la mia immagine distrutta. Distrutta ancora una volta. Ancora. Ero stanca di rimanere ferma. Resta. Resta. Resta. Afferrai il bicchiere di vetro e mi girai verso Louis. Mi guardava dura, quasi sprezzante. E fu un attimo.

 

Lanciai il bicchiere sul muro, proprio accanto a lui, lo schivai di poco. Lui indietreggiò spaventato e fissò i cocci per terra. Abigail urlò dal corridoio se fosse tutto apposto. Louis non disse nulla ed uscì. Richiusi la porta a chiave. Lo sentii ritornare indietro. Bussò furente un paio di volte. Si fermò. - “E' FINITA TAYLOR” - urlò. Poi il silenzio pervase la mia testa. L'unica persona che riempiva il mio cuore e lo faceva battere ancora era andato via. - “Io non sono il problema” - cominciai a ripetere a me stessa. Non lo ero.





















Angolo della scrittrice :


Sono tra le più popolari. Aw, vi ringrazio! Grazie a chiunque recensisce o mi segue ed altro. Siete fantastici! Questo è il capitolo 'Pilot', da qui succederà di tutto. E questo capitolo non è nemmeno finito, è solo una prima parte. Ho pianto scrivendolo. Bugia. Ma è drammatico. 

Comunque, grazie ancora ed aspetto una vostra recensione, per sapere cosa ne pensate ed altro, GRAZIE ANCORA! :)

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Capitolo 10
*** I fake a smile so he won’t see. ***

















 



Decimo Capitolo.











Continuare a piangere non mi aiutava, eppure strizzavo gli occhi in continuazione, sperando che uscissero altre lacrime, che queste potessero prosciugarmi dall'interno e portare fuori dal mio corpo ogni singola emozione. Mi sento bruciare, Austin chiama questa sensazione 'Burn-out', qualcosa sulla psicologia che ora non ricordo. Cercavo di pensare. La mia mente doveva girovagare alla ricerca di un qualsiasi pensiero che non si collegasse a Louis. Fissavo il muro avorio dall'altra parte della piccola stanza. Muro. Duro. Freddo. Neve. Dicembre. Compleanno. Cupcakes. Regalo. Borsa. Harry. Red. Begin Again. Louis. Cominciai a sbattere i piedi e a dimenarmi, digrignavo i denti e cercavo di scacciare dalla mia mente l'immagine di Louis. - “Ricominciamo” - dissi a me stessa e mi morsi le labbra con forza. L'unica parola che ero riuscita a pronunciare, riportava alla mia mente Louis. - “Twitter” - dissi scioccata. Twitter.

 

Twitter. Messaggi. Tweet. Tendenze. Haylor. Sentimenti. Odio. Rottura. Fermai la mia mente. Ogni volta che pensavo al periodo in cui io ed Harry ci eravamo lasciati, Louis era l'unica persona che mi veniva in mente. Era inutile pensare a una vera cronologia di quel periodo. Il mio calendario andava da Harry a Louis. Erano dei punti importanti, dei pilastri che reggevano il prima ed il dopo nella mia vita. Rottura. Casa. Nashville. Tennessee. Mondo. Universo. Alieni. Verde. Occhi. Harry. Poggiai la testa contro il muro e pensai di essere impazzita completamente. - “Musica” - accennai ad un sorriso e ricominciai a pensare. Musica. Chitarra. Base. Canzone. Studio. Libri. Scuola. Abigail. Rosso. Rossetto. Bacio. Amore. - “Dopo l'amore cosa viene?” - chiesi disperata a me stessa. Avevo conosciuto le piccole gioie dell'amore, ma erano durate così poco. Appuntamento. Ritardo. Scuse. Parole. Canzone. Musica. - “Va tutto bene” - Sto bene. Mi rendeva felice la mia ultima linea di pensieri. Ero ritornata alla parola 'Musica' senza ferirmi. La stessa che aveva fatto traboccare il vaso della mia autocommiserazione.

 

-“Va tutto bene?” - Presi una boccata d'aria spaventata quando vidi il viso di Abigail al mio lato. - “Da quando sei qui?” - chiesi. La mia voce mi sembrava orribile, gracchiavo, quasi mi fece venire i brividi. - “Abbastanza” - mi guardò e non aggiunse altro. Girammo entrambe lo sguardo verso il muro avorio di prima. - “Tanto tempo fa, avevo quindici anni – rise pochi secondi ed io mi unii con un semplice sorriso – mia madre diceva che a scuola sarebbe andata tutto bene, che avrei incontrato dei nuovi amici, che mi sarei divertita. Non ci contavo, ma io annuivo, le davo ragione e ampliavo i suoi orizzonti con la mia euforia, ma non andava tutto bene. - sospirò e continuò a guardare il muro – ricordo che quando ero per i corridoi alla ricerca del mio armadietto, urtai un ragazzo, era bellissimo, mi sorrise un secondo e pensai che mamma avesse ragione. L'attimo dopo mi fece cadere i libri. Ricordo che avevo a prima ora biologia, la materia che più detestavo. Mi ero presa un posto all'angolo, accanto a una finestra, così avrei potuto guardare fuori e pensare che quest'incubo sarebbe presto finito. Ricordo che quando la campanella stava per suonare, entrò una ragazza in classe, anzi, di lei vidi solo i ricci. Andavano da una parte all'altra, erano dei bellissimi ricci biondi, gli occhi celesti mi colpirono all'istante. Pensai fosse in chissà quale gruppo, forse una cheerleader, pensai che l'avrei odiata.” - sorrise ed io restai ad ascoltarla. Mi aveva raccontato molte volte quella storia, ma non come questa - “Ricordo che si sedette al penultimo banco centrale, molto vicina a me. Le ultime alunne che entrarono, erano bellissime, due bionde ed una castana. Il trio fissò con disgusto quella ragazza e parlarono ad alta voce di quanto fossero ridicoli i suoi capelli..” - stava per continuare quando io la fermai. - “Quando io diventerò una famosa cantante country, farai di tutto per avere i miei capelli” - anticipai. Abigail sorrise e continuò - “Quelle ragazze stavano per controbattere, quando io cominciai a ridere e la riccia mi guardò, fece finta che quelle ragazze non le stessero più prestando attenzione e si presentò. Ricordo che pensai che mamma aveva avuto ragione, quella ragazza sarebbe stata la mia migliore amica.” -

 

Mi accorsi che le lacrime si erano ormai fermate ed il cuore batteva normalmente. - “Sai, quella ragazza è diventata una delle più brave cantanti nel mondo. Quella ragazza è ancora la mia migliore amica. Ed invidio ancora la sua forza, la sua spensieratezza. Vorrei solo che non si perdesse e se mai questo un giorno possa succedere, io sarò lì a tenerle le mani, ad indicarle la sua strada” - mi girai di scatto e l'abbracciai forte, come non avevo mai fatto. Abigail gemette e cercò di districarsi dall'abbraccio, quando la lasciai andare preso una boccata d'aria e cominciò a ridere, io l'assecondai. - “Devo cantare 'Begin again', non posso più cambiare la scaletta” - aggrottai la fronte, mentre nuove lacrime si infilavano tra le mie ciglia. - “Allora canterai 'Begin again' e su quel palco sarai solo tu e la tua voce.” - mi prese per la spalle. - “La musica è la voce della mia anima..” - dissi riflettendo sulle mie stesse parole. Il mio diario segreto. Lui deve sapere quanto mi ha ferita. - “Canterò un'altra canzone” - dissi seria. Abigail strabuzzò gli occhi - “Hai detto che non puoi” - storse la testa confusa. - “Non ho detto che non canterò 'Begin again', ma che canterò un'altra canzone” - sorrisi, mi rialzai e diedi una mano ad Abigail per far rialzare anche lei. Mi struccai ed Abi mi aiutò a rifare il trucco, sembrava che non mi fosse successo niente, le ferite giacevano in profondità, sul mio cuore.

 

Appena fui pronta, mi chiamarono per il mio turno. Nessun membro della band era presente dietro le quinte e ne fui lieta. La scenografia era pronta. Sembrava di essere a Parigi. I tavoli del bar, le persone, i costumi, la porta di legno da cui sarei entrata, la torre Eiffel sullo sfondo e il libro di giardinaggio posto sul mio tavolino, lo stesso libro che tenevo in mano quando Louis mi invitò ad andare insieme in quel bar. I musicisti cominciarono a suonare la classica musica francese, finché la base di 'Begin again' non mi diede il via. Entrai con una faccia curiosa all'interno della scenografia.

 

-“Took a deep breath in the mirror, he didn’t like it when I wore high heels, but I do” - intonai fissando le mie scarpe appena rialzate. Mi mossi lentamente sul palco, finché non raggiunsi il mio posto. Mi accomodai sulla sedia di legno. - “I’ve been spending the last 8 months thinking all love ever does, is break and burn and end”- mossi le mie mani, gesticolai su quelle parole che ora pungevano il mio cuore. L'amore è questo. - “But on a Wednesday in a cafe I watched it begin again” - alzai lo sguardo in alto, mentre le luci del palcoscenico mi fissavano a loro volta. Mi morsi le labbra e cantai la seconda strofa. Fui professionale, le mie labbra tremavano quando le parole descrivevano così bene quello che era fino a poche ore fa.

 

Cercai di pensare a tutto ciò che era successo, a quanto Louis fosse stato fondamentale. A quanto mi avesse reso felice. Tutto ha una fine. Me lo dovevo aspettare. Ho sabotato anche questo. Intonai l'ultimo verso. - “But on a Wednesday in a cafe I watched it begin again” - Molti cominciarono ad applaudire ed io trattenni un sorriso. La musica non si fermò ed alcuni ne restarono sbigottiti. La melodia di 'Begin again' stava cambiando. Avrei cantato un'altra canzone. - “He looks at me, I fake a smile so he won’t see. That I want and I’m needing everything that we should be”- la folla mi guarda con sguardi pieni di confusione, li ho sorpresi. Cancello il nome 'Drew' da quella canzone, vorrei mettere quello di 'Louis', ma un pronome basterà. Mi alzo dalla sedia, un attore inscena la sua parte, passa per il palco ed io lo urto. Lui mi guarda con disprezzo e non si degna di salutarmi. Può la storia ripetersi? Già a sedici anni provavo le stesse cose che provo oggi. - “So I drive home alone, as I turn out the light. I’ll put his picture down and maybe get some sleep tonight” - Intono un acuto più alto del normale testo della canzone e mi inginocchio sul palcoscenico, tendendo la mano verso il nulla.

 

-“He looks at me, I fake a smile so he won’t see”- mi inumidisco le labbra e le note della canzone finiscono. Vedo il pubblico alzarsi in piedi, uno ad uno, applaudiscono con forza. Forse penseranno che abbia voluto far vedere quanto sia maturata dal mio primo CD. Forse penseranno che potrei fare l'attrice, sembro proprio disperata. Non ho visto Louis tra la folla, ne ero grata, poi però lo vedo. Incontro i suoi occhi ormai freddi. Lui applaude senza nessuna emozione, lo fa solo per non essere visto di mal occhio. Harry lo asseconda, la band invece quasi fischia ed esulta per me. Amos mi da una mano per rialzarmi. Mi inchino leggermente davanti al pubblico, sussurro un 'Grazie' e vado via.

 

Non ho vinto nessun premio, non ne sono addolorata, chi ha vinto se lo è meritato. Sorrido ai fotografi che incontro, devo fare una piccola intervista post-awards, come al solito. Sembra che la mia esibizione sia stata la migliore. Non so se esserne felice. Ma ne sono orgogliosa. Incontro Tim, scambiamo due parole, lui mi elogia, io arrossisco. Più passano gli anni, più Tim continua a farmi lo stesso effetto. - “Ecco i One Direction!” - sento la folla trattenere le grida al loro passaggio, mi congedo con Tim e comincio ad ascoltare. - “Siete stati degli invitati speciali ai CMA, com'è stato?” - domande semplici. Niall risponde con carisma, Liam ci aggiunge una battuta. - “Louis, è vero che hai una migliore amica? - mi giro di scatto, ma mi nascondo dietro altre persone, lo vedo annuire, il cuore mi batte forte – E' Taylor Swift? Molti dicono che sei venuto anche per farle il tifo, come ti è sembrata l'esibizione?” - il microfono viene dato a Louis, lui ci riflette qualche istante, poi risponde. - “La mia migliore amica è la mia ragazza, Taylor è solo una collega” - Non cambio espressione. Cerco di riascoltare le sue parole all'interno della mia testa. Trattengo un singhiozzo, sento il cuore battere forte, la nausea stringe il mio stomaco. - “La sua esibizione è stata carina, ma le due canzoni non centravano niente l'una con l'altra, c'è stato di meglio” - la nostra canzone. Non conto più niente. E' davvero finita. Qualcuno mi guarda. Vedo Harry accorgersi di me, anche Zayn si è accorto della mia lontana presenza e comincia ad aggiungere elogi alle parole di Louis, ma non cambia nulla. Sorrido quasi isterica. Non conta più nulla. Faccio dei passi indietro, appena arrivo nel corridoio vuoto, comincio a correre verso il mio camerino. Ci entro e chiudo la porta.

 

Un messaggio di Abigail mi avverte che mi aspetta dall'altra parte, con la mia macchina privata. Spengo il telefono e appoggio la testa contro il muro. Non voglio piangere, sono stanca. I crampi allo stomaco continuano a farmi venire la nausea. Corro in bagno e sfilo l'anello d'argento che tenevo all'indice. Due dita in gola. Solo una volta, solo per potermi sentire leggera, per non dover sentire più nulla. Ma prima che io possa fare qualsiasi cosa, comincio a tossire ed il mio stomaco si riversa all'interno della toilette senza nessuno sforzo, naturalmente. Tossisco e comincio a respirare con la bocca. Sulla lingua sento l'amaro, il sapore ripugnante del mio dolore. Mi do della stupida mentalmente. Volevo invogliarmi a vomitare. Cosa mi era preso? - “Dimmi che non è quello che penso sia” - una voce roca mi raggiunge.

 

Mi giro di scatto e mi pulisco la bocca ancora sporca con il dorso della mano destra. Vado verso il lavandino e cerco di lavarmi la bocca e le mani. Quando mi asciugo, Harry mi prende per le spalle, mi porta fuori il bagno e mi fa andare contro il muro. Appoggia la fronte contro la mia. - “E' un problema grave Taylor, è una malattia, devi curarti” - non capisco le sue parole, finché poi non rifletto. - “Pensi che io sia bulimica?” - chiedo senza nessuna emozione.























Angolo dell'autrice :

Siamo al decimo capitolo ed io che pensavo che al secondo avrei smesso di scrivere. Grazie per il supporto avuto fino ad ora! L'ultimo capitolo ha avuto 'quattro' recensioni più una che era troppo corta, quindi cinque. Lasciatemi piangere. 

Questo capitolo, ho detto che sarebbe stato importante. In realtà doveva essere più lungo, ma erano già tre pagine, quindi ho pensato di spezzarlo in due. Il prossimo sarà incontrato su Haylor. Ho adorato l'idea dell'esibizione, voi no? Ho sempre sognato la scena. Poi i mushup li amo. 

Comunque, grazie ancora, ditemi con una recensione cosa ne pensate di questo nuovo capitolo e niente, grazie ancora, ciao :)

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Capitolo 11
*** Cause he never did. ***















 



Undicesimo capitolo.










Sbatte le palpebre due volte, i suoi occhi verdi mi fissano, li vedo così bene. Pensavo fossero cambiati, invece sono sempre loro, brillanti e con un tocco di luce che rispecchia la mia anima. Mi stanno guardando dentro. Ho sempre avuto paura dei suoi sguardi, anzi, ne ero intimorita. Ricordo che ogni volta che i suoi occhi sfioravano i miei, i muri che ci dividevano crollavano e mi ritrovavo tra le sue braccia, ancora una volta. Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma fu inutile, credo che il mio corpo non ascoltasse il mio cervello, riuscivo a sentirmi al sicuro lì. Finalmente. Il suo naso sfiorava il mio, la colonia che indossava da anni ormai, penetrava le mie narici, socchiusi gli occhi immaginando la stessa scena da un angolo più lontano. Avevo sognato di sentire il suo profumo sul mio cuscino, risvegliarmi con il suo odore sul mio corpo per poi abbracciarmi e non sentire la sua assenza finché non fosse tornato dal'ennesimo viaggio. - “Ti ho visto..” - sussurrò, i miei sensi erano ormai paralizzati. Non riuscivo a muovermi, avevo paura che mi avrebbe lasciato andare ancora una volta. - “Hai visto male.” - avrei dovuto continuare, spiegargli che mi ero semplicemente sentita male, ma la mia gola si era seccata improvvisamente. Continuavo a pensare che se non avesse avuto modo di credermi in pericolo, mi avrebbe lasciata. - “Taylor” - mi chiamò. Le sue labbra si erano mosse velocemente ed il mio nome risuonava nella mia testa. Trattenni il respiro. Da quando non mi chiamava per nome? - “Cosa ci fai qui?” - chiesi di punto in bianco. Non si aspettava una domanda del genere, si morse le labbra ed in seguito le inumidì con la sua lingua. Trattenni un sorriso, storcendo le mie labbra in una smorfia. Si allontanò da me di qualche centimetro e con le stesse mani con le quali avevo cercato di liberarmi qualche minuto prima, strinsi le maniche della sua giacca. Lui se ne accorse immediatamente e fissò le mie mani. Lo smalto trasparente, seppur invisibile, era stato rosicchiato quasi tutto dai miei denti, le unghie spezzate ne erano la prova. - “Sei sempre la stessa” - lo disse con sorpresa. Allentai la presa sulle sue maniche e cercai di non apparire mortificata o semplicemente disperata. Abbassai lo sguardo. Continuava a scavare dentro di me, ciò mi feriva. Si staccò definitivamente da me, mi diede le spalle e toccò indifferente la spalliera del divanetto ocra. - “Louis ha esagerato” - cominciò a dire sospirando, come se non ne fosse dispiaciuto. - “Cioè, sa come funzionano queste cose, non doveva...” - non terminò la frase, al contrario si girò nuovamente verso la mia direzione. - “Lui era importante” - non sembrava una domanda, ma una vera affermazione.

 

Io restavo come in trans, attaccata al muro, con la bocca che ancora dava alla mia lingua un retrogusto amaro, dovuto al vomito di prima. Mi mossi quasi silenziosa, per rientrare in bagno e sciacquarmi la bocca un'altra volta. Sentii i passi di Harry, ma rimaneva fuori. Mi seguiva perlopiù con i suoi occhi. Uscii dal bagno, mi avvicinai alla piccola valigia rosa posta in un angolo della stanza, mi madre era ossessionata da questi piccoli dettagli, dovevo sempre portarmi una valigia, ad ogni awards, per qualsiasi evenienza. Lì mi infilava vestiti di ricambio ed altre cose personali. Cercai per qualche minuto, finché non trovai la bustina con all'interno il mio spazzolino rosa da viaggio ed il dentifricio. Harry rimaneva lì, dietro di me, quasi potevo non sentire la sua presenza. Ritornai in bagno e mi lavai i denti con aggressività, quando finii, notai che dalle gengive era fuoriuscito un filo di sangue, sciacquai la bocca ma sentii comunque il sapore ferroso del sangue in bocca. Nascosi il disgusto e misi in valigia le mie cose. Chiamai Abigail, ricordatami solo ora del fatto che lei mi stava aspettando. - “Abi, scusa, ero bloccata in un'intervista, ora sono in camerino” - dissi cercando di concentrarmi e mantenere un tono di voce calmo. - “Mi stavi facendo preoccupare, allora, quando arrivi?” - Abigail non nascose la sua impazienza ed io non sapevo cosa rispondere. Harry mi fissava e voleva sicuramente continuare il discorso di prima. La domanda era, volevo io parlare con lui? Si dannazione, si. Harry fece qualche passo nella mia direzione, mi prese con la forza il telefono e parlò al mio posto. - “Ciao Abigail, si, sono Harry Styles, accompagno io a casa Taylor, non preoccuparti, ti faccio richiamare quando arriviamo” - non diede tempo ad Abigail di rispondere che attaccò la chiamata ed invece di restituirmi il telefono, se lo infilò in tasca. Dalla stessa tasca prese il suo telefono, inviò qualche messaggio ed infine si accomodò sul divanetto. - “Come ti sei permesso Harry? Abigail mi uccide!” - alzai il mio tono di voce, digrignai i denti e lo raggiunsi er poi cercare di infilare le mani nelle sue tasche e quindi riprendermi il telefono. Harry era più veloce di me, riusciva sempre a schivarmi, così mi buttai su di lui e per schivarmi ancora una volta rotolò per terra. Io mi strinsi a lui, presa un po' dalla troppa velocità della sua azione. Cademmo entrambi sul pavimento. Io mi ritrovai su di lui, mi reggevo sulle sue spalle, le gambe sui suoi fianchi. Arrossii alzando gli occhi al cielo. Harry sorrideva come un bambino, gli occhi verdi brillavano, anche le sue gote erano rosse, ma pensai che non fosse arrossito per l'imbarazzo, ma perché si stava divertendo, stava giocando con me. Aggrottai la fronte irritata e cominciai a cercare il telefono nelle sue tasche, lui mi fece fare, finché come se si fosse appena risvegliato, ritornò all'azione e mi bloccò afferrando il polso della mia mano sinistra e stringendo la mano destra. Gemetti silenziosa. Rimasi in silenzio assieme a lui. Guardai le nostre mani unite o perlomeno la sua mano unita la mia. Incoscientemente ricambiai la sua stretta e riempii i vuoti della sua mano con le mie dita. Mi stava completando. Harry libero lentamente il mio polso, troppo impegnato a fissare anche lui le nostre mani unite. Non so con quale coraggio distolsi lo sguardo e riuscii a non piangere. Era tutto così giusto, ma questo tutto è così sbagliato. Vidi il rigonfiamento sulla tasca sinistra, capii che lì c'era il mio cellulare, così, prendendolo di sorpresa, lo recuperai. Harry scattò immediatamente, ma fu troppo tardi, mi rialzai e aggiustai velocemente la gonna rialzata che faceva intravedere la mia biancheria. - “Ho vinto io” - dissi rompendo il ghiaccio, mentre Harry rimaneva per terra, con solo la schiena rialzata, reggendosi con le mani sul pavimento. Lui sorrise come un bambino ed io gli tesi la mano. Lui sembrò accettarla, finché, dopo avermela stretta, non mi tirò a sé e cademmo entrambi come prima.

 

Cominciai a ridere, mi ritrovai con la fronte sul suo petto, le nostre gambe erano quasi intrecciate ed entrambi non sapevamo come muoverci. Sentii che stava trattenendo le risate, posai il mio orecchio sul suo petto, quasi vicino a dove batteva il suo cuore. Ripresi a ridere istericamente ed a questo punto, anche lui non si trattenne. Boccheggiai per ritrovare l'aria ed infine, mi rigirai per potermi poggiare sul pavimento, accanto a lui. Guardavo il soffitto, riuscivo a vedere le crepe agli angoli ed il lampadario bianco. - “Credo che abbiamo perso entrambi” - disse Harry, mentre rideva tra una parola e l'altra. - “Ricordi? Mi sono ripresa il telefono” - specificai prendendo il telefono e mostrandoglielo. - “Sicura che sia il tuo?” - girò il viso verso di me. Fissai il telefono e notai che non era il mio. - “Ti sei presa il mio telefono, quindi, siamo pari” - concluse. Aprii la bocca sorpresa e poi ricominciai a ridere. Lui mi guardava sbigottito. Mi rialzai con la schiena e rimasi seduta sul pavimento. Giocherellai con il menù del suo cellulare, finché non arrivai nella sezione 'Messaggi', pensai ci sarebbe stata una password a fermarmi, ma non fu così. - “Quindi non ti dispiacerà se leggo alcuni messaggi, giusto?” - mi morsi le labbra. Harry si rialzò di scatto. - “Andiamo Taylor, non credo sia opportuno” - cercò di riprendersi il cellulare, mentre io gli davo le spalle. Lessi l'ultimo messaggio che aveva inviato, quello che aveva scritto dopo aver risposto ad Abigail.

 

Da : Cara

 

I love u too. Xx

 

I miei occhi si inumidirono, li rigirai e riuscii a trattenere le lacrime. Aveva scritto di amarla mentre era con me. Harry prese il telefono dalle mie mani. Non lo guardai, ma capii che avevo letto il messaggio quando sussurrò il mio nome malinconico. - “E' la ragazza con cui ti sei baciato oggi?” - chiesi con tenerezza, mentre strisciavo sul pavimento per poggiarmi al divano. - “Si chiama Cara” - confermò. Non so se un cuore potesse spezzarsi più volte. Quindi quando mi si mozzò il fiato fino a farmi venire mal di testa, pensai subito che i cocci del mio cuore si fossero rotti una terza volta. - “Bel nome, è italiana?” - chiesi trattenendo ogni emozione. - “Non lo so. Senti, Taylor, non cambiare discorso. Non devi mai più fare quello che hai fatto in bagno. Ti vedevo così magra ultimamente, ma pensavo che, che fosse il tuo nuovo look..” - lo fermai. - “Harry, non stavo bene di stomaco, per questo si vomita, è vero, sono dimagrita, ma non sono sottopeso, calmati” - notai una certa irritazione mista alla rabbia nel mio tono di voce. Non ce l'avevo con Harry, come potevo? Lui era venuto lì, per me. - “Non hai ancora risposto alla mia domanda, cosa ci facevi qui? Perché mi hai seguita?” -

 

-“Volevo vedere solo se stavi bene, per Louis” - disse perentorio. - “Vedere? Vuol dire che se non mi avessi sentito rimettere, non mi avresti parlato? Ti sei interessato a me solo perché ti facevo pena Harry? Ti importa solo ora di me? Bene. Non sono bulimica, non ho nessun problema, puoi andartene.” - dissi velocemente mentre mi rialzavo in piedi. Si rialzò anche lui. - “Taylor, cosa dici?” - chiese confuso ed anche lui alzò la voce. - “Dico che potevi avere la decenza di non aprire il tuo cuore a Cara davanti ai miei occhi!” - mi riferii esplicitamente al messaggio di prima e mi girai disperata per non dover guardare la sua reazione alle mie parole. - “Taylor, cosa ti interessa?” - chiese deluso. - “Non mi interessa, infatti, è una questione di decenza” - dissi rimanendo girata. - “Non ti interessa?” - chiese ancora. - “No” - risposi con lo stesso tono di prima. - “L'auto ci sta aspettando fuori, usciamo dall'altra parte, non ci sono i paparazzi.” -

 

Mi girai confusa e lo fissai. - “Ho promesso ad Abigail di riportarti a casa, giusto?” - annuii sconcertata, presi le mie cose, ma Harry mi tolse dalle mani la valigia rosa - “Ricordi? E' questione di decenza” - mi aprì la porta e continuò fino a fuori a non guardarmi. Evitò perennemente i miei occhi e ne fui felice. Se solo avesse voluto, ora, in quel momento stesso, sarei caduta tra le sue braccia. Tutto ciò con un solo sguardo. Mi fece accomodare dentro la vettura nera e capii che avrebbe guidato lui. Sistemò le mie cose nei sedili posteriori. Il silenzio era assordante. - “Posso accendere la radio?” - chiesi timida. Lui non mi guardò, fissava la strada con occhi gelidi. Annuì soltanto. Così accesi la radio e mi fermai su una stazione. Nemmeno il tempo di rilassarmi, che 'Begin again' cominciò a risuonare dalle casse. Pensai di cambiare stazione radio, ma ripensandoci, forse avrei fatto bene a riflettere sulla mia canzone e su Louis. Mi ero completamente scordata di lui. Il che poteva essere fantastico, se non fosse che a rimpiazzarlo fosse giunto Harry, mettendo più confusione nella mia testa. “I think it’s strange that you think I’m funny ’cause he never did”. Vidi la mascella di Harry irrigidirsi immediatamente. Avevo messo a confronto il mio ex fidanzato ed il suo migliore amico. Dalla sua espressione ebbi la conferma che lo aveva capito. Sospirai. Decisi di cambiare stazione radio, ma le mani di Harry furono più veloci e spense la radio. L'aria caldi di Maggio cominciava a farsi sentire, Giugno era ormai alle porte, sorrisi un secondo pensando che l'estate sarebbe giunta da lì a poco. L'anno dopo, forse sarei stata dietro le quinte del mio palcoscenico, a preparare la prossima tappa del Red Tour. Appoggiai la testa sul finestrino e cominciai a fantasticare mentre il mio sorriso si allargava.

 

Quando l'auto si era fermata, avevo ancora gli occhi chiusi, non mi ero addormentata, ma non ero di certo sveglia. -”Taylor?” - qualcuno mi chiamò e dopo qualche secondo, sentii l'aria fresca della notte sfiorarmi la faccia. Aprii gli occhi infastidita ed incontrai quelli di Harry, non verdi come al solito, né freddi come prima, ma docili. - “Perché mi guardi dentro?” - chiesi assonnata, Harry mi guardò spaesata ed aggrottò le sopracciglia, prima di stendere i suoi lineamenti e sorridere. - Devo trascinarti o portarti in braccio?” - cercai di rispondere sarcasticamente, ma la mia voce era ancora impastata dal sonno. Così mi aggrappai a lui. Allacciai le braccia dietro il suo collo e cercai di uscire dalla macchina senza inciampare. Mi strinsi a lui, gli diedi le chiavi della mia camera in albero e mi aiutò ad arrivarci.

 

-“Credo che siamo arrivati al nostro capolinea” - disse sarcastico, mentre cercava gentilmente di slegarsi dalla mia stretta ed io sorrisi. Cercai di infilare più volte la chiava all'interno della serratura, ma era inutile, non riuscivo a vedere nulla. Così, Harry, smise di ridere e mise una mano sopra la mia per mandarla nella giusta direzione. Infilata la chiave nella toppa, la girai finché la porta non si aprì. Entrata vidi che era tutto buio, riuscivo solo a vedere Aigail stesa sul divano ed addormentata, con la televisione accesa. Mi stava sicuramente aspettando. Ridacchiai isterica e prima di cadere mi aggrappai di nuovo ad Harry – Non lasciarmi andare” - dissi. Mi morsi la lingua. Vidi il suo sguardo confuso, forse imbarazzato, non riuscivo a leggerlo bene. Mi allontanai da lui e mi stiracchiai prima di sbattere gli occhi un centinaio di volte. Credo di essere lucida adesso. - “Mh, si, grazie per avermi accompagnata..” - lasciai la frase in sospeso, guardando la porta mezza aperta. - “Si, di niente, dovrei andare” - annuii e lo accompagnai verso la porta. Stavo per richiuderla, quando mi fermò. Lo guardai confusa. - “E' solo pubblicità, lei pensa il contrario, ma è solo pubblicità per la band.” - sorrise malinconico. Io lo fissavo incredula. - “So che non ti interessa, ma per decenza, dovevo dirtelo” - Rimasi spiazzata. Non dissi nulla e richiusi la porta.

 

Non sapevo cosa pensare. Corsi da Abigail e la strattonai forte, finché non si svegliò spaventata. - “oddio, Yay, mi hai spaventato!” - non la feci parlare. - “E' solo pubblicità, è solo pubblicità, lui non sta con lei!” - dissi quasi trattenendo le urla. Cominciai a saltellare sul divano, mentre Abigail mi guardava stralunata. - “Non puoi capire” - dissi ridendo. Afferrai il cellulare che mi aveva ridato durante il tragitto in macchina.

 

Da : Taylor

Per : Harry

Comunque, non mi interessa :)

 

Inviai il messaggio e pochi secondi dopo mi arrivò la risposta.

 

Da : Harry

Per : Taylor

Comunque, non sembrava :)

 

Socchiusi le labbra sorpresa dalla sua risposta. Due minuti dopo il mio cellulare squillò ancora.

 

Da : Harry

Per : Taylor

Facciamo colazione insieme domani? X

 

Sorrisi. Sorrisi davvero. E questo, questo non andava per niente bene.






















Angolo dell'autrice :

Sei recensione? State scherzando? Grazie, siete fantastici! Cosa avevo detto? Questo capitolo sarebbe stato 'Haylor'. Cioè, è molto confuso, non so nemmeno cosa dire. Ho dovuto riscriverlo due volte perchè mi si era spento il computer. Stavo morendo cc

Comunque. Mh, questo. Ditemi cosa ne pensate, ci vediamo alla prossima? :)

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Capitolo 12
*** Back for you. ***











 

Dodicesimo Capitolo.











Aspettare non era mai stata una mia virtù. Il pendolo dell'orologio era l'unico rumore che scandiva il tempo passato. Ricordo quando da bambina suonavo la chitarra e cercavo di andare a ritmo dell'orologio, la scala delle note risuonava per il piccolo giardino, mentre Britney beveva una limonata e canticchiava sulla musica. Ricordo così bene il passato, eppure guardavo sempre verso il futuro, il mio sguardo puntava un palcoscenico, un futuro pubblico, non riuscivo a vivere il presente, era una bestemmia vivere la propria infanzia. Volevo brillare. Strinsi il manico della borsa laccata, il verde bottiglia della borsa sembrava più pallido alla luce dell'ufficio. Sentii gli occhi della segretaria puntarmi da ormai un quarto d'ora. Mi girai per sorridere timida e non sembrare troppo scorbutica. - “Si, sono Taylor Swift” - dissi alla fine scocciata, la donna si girò di scatto, arrossì e prese un telefono vicino facendo finta di non avermi mai prestato attenzione. Poco dopo, mentre il telefono era ancora tra le mani della segretaria, l'apparecchiatura suonò realmente. Imbarazzata fece cadere il telefono per terra, lo riprese goffamente e rispose. - “Hm, si, la signorina Swift è ancora qui, la faccio entrare? Bene” - sussurrò. Chiuse la chiamata e mi guardò più agitata di prima, potevo vedere la fronte sudata da lontano. - “Mrs. Swift, può andare” - mi indicò la porta bianca, mi alzai ed il suono delle mie oxford che si poggiavano sul lineolum chiaro rimbombava nella piccola sala d'attesa. Poggiai la mano sulla manopola ed entrai. Richiusi la porta dietro le me spalle e presi un'utima boccata d'aria ansiosa.

 

-“Taylor, non pensavo di rivederti!” - l'esclamazione di Mariana mi prese alla sprovvista, tremai un'attimo e risposi, - “Nemmeno io, stanne certa” - trattenni una risata isterica. Mariana si aggiustò un ciuffo di capelli nascondendolo dietro l'orecchio. Tra le mani arrossate e piene di calli, reggeva una penna rosa ed il solito quaderno su cui avrebbe preso appunti. - “Siediti, mettiti a tuo agio” - la sua voce si era fatta fredda, professionale, ma il suo volto era comunque cordiale, amavo il distacco comunque non troppo evidente che si istaurava tra noi due. Avevo bisogno di un parere oggettivo, che quasi venisse dall'alto. Si girò solo per prendere un barattolo di caramelle di ogni genere e posarlo su un tavolino vicino alla sedia. - “Come stai?” - fui scioccata dalla sua domanda. In molti me la porgevano, in pochi ascoltavano la risposta, di questo ne ero grata. Abigail me la faceva di continuo, Selena ne era fissata, ma io non prendevo mai sul serio nessuna conversazione, non volevo essere consolata, né ascoltata, volevo solo stare in silenzio, non avevo fatto un album intero su ciò che provavo? Sul buco nello stomaco che le farfalle avevano fatto? Era tempo di tacere. - “Non lo so” - risposi sincera, o forse mentivo anche a me stessa. Era tanto illogico dover dire ogni mio pensiero? - “Non cambi mai, eh?” - chiese come se avesse letto ogni mia singola riflessione. - “Ho saputo che saresti stata a New York per una conferenza, non potevo non vederti” - dissi cambiando argomento. - “Sei bravissima a cambiare argomento. Ho accolto la tua richiesta nel vedermi solo per sapere dei tuoi progressi.” - ammise con una smorfia e trascrivendo qualcosa. - “Va tutto bene, mi sento bene” - dissi accennando un sorriso mentre continuavo a stringere la borsa con più forza. - “Allora puoi andare, giusto? Se volevi rivedermi e basta potevamo prenderci qualcosa in un Bar” - il suo tono era ingannevole. Cercava di tirarmi fuori qualcosa. - “Hai ragione” - mi alzai irritata. Cosa mi era venuto in mente? Venire da lei. Per cosa? Stavo bene. Andava tutto bene. Il mio album era platino in diverse nazioni. Avevo avuto un grande successo in Europa, avevo superato i record di Psy e Lady Gaga. I videoclip erano perfetti. Io ero perfetta.

 

Un perfetto disastro.

 

Arrivata alla porta, socchiusi gli occhi e cacciai indietro le lacrime. Mi girai per rivedere lo sguardo di Mariana, identico a quello di prima. - “Va tutto bene. Allora perchè io mi sento così?” - mi resi conto di star singhiozzando quando, dopo essermi riseduta, la bruna mi passò un fazzoletto. - “Perchè sei qui?” - chiede. - “Mi hanno nominata ai Grammy, in più di tre categorie” - sorrisi realmente, ne ero così felice. - “Pensi di non essere pronta ad affrontare un intera giuria?” - posò la penna sul tavolo e mi fissò. - “No” - dissi palesemente convinta, aggrottai la fronte. Non era questo il problema, allora qual era? - “Devo esibirmi. Mi hanno invitato per l'esibizione ed io ho accettao” - finii la frase con un tono più basso, quasi come se mi sentissi in colpa.

Afferrai il mio cellulare dalla borsa, mi collegai su Twitter e mostrai a Mariana il tweet che mi aveva portato fin là.

 

'@lovefortaytay: Canta All too well ai Grammy! Siamo TT! Lo vogliamo tutti! Per favore x13'.

 

-“Voglio solo renderli felici. Sono tutto quello che ho.” - dissi. Gli occhi umidi si riflettevano sullo schemro del telefono e quindi sul messaggio. Lo rimisi in borsa e cominciaia a fissare le punte delle mie oxford laccate. - “Cosa ti spaventa?” - questa era la domanda giusta. - “Non sono riuscita a cantare 'All too well' nemmeno alla presentazione del mio cd. Non ho intenzione di renderlo un 'singolo'. Ho tagliato molte parti di questa canzone. Non voglio che qualcuno capisca, non voglio che lui sappia, non voglio sembrare così distrutta. Non ce la farei, crollerei, non sono così... Cosa mi è saltando in mente? Non doveva esserci questa canzone in Red, non doveva esserci lui nella mia vita. NON DOVEVA ANDARSENE” - urlai. Mariana non disse nulla, annuì. Non prese nessun appunto ed io arruffai la mia frangia con le mani. Ero già distrutta. - “Hai mai pensato che tu sei abbastanza forte da pubblicare la tua vita? Da poter prendere il tuo dolore e farlo diventare poesia? Non hai mai pensato che 'All too well' sia stata la tua cura? Che una canzone ti ha dato la forza di ritrovare te stessa? Che tu non debba più cercare nulla Taylor, perchè questa sei tu? Hai solo bisogno di superare questo ostacolo.” - concluse parentoria. - “Quale ostacolo?” - chiesi con ormai le lacrime sulle ciglia. - “Devi credere in te stessa” - Mi asciugai una lacrima e mi inumidii le labbra. - “E se non avessi creduto in te stessa, non sarebbe esistito 'Red'. Devi solo capire questo.” - L'orologio cominciò a suonare. Era passata l'ora, i sessanta minuti. - “Devo andare” - dissi sorridendo. - “Fatti rivedere, chiamami se hai bisogno” - disse formale.

 

Mi avvicinai alla porta come avevo fatto già prima. - “Ma credo tu non ne abbia più bisogno” - disse sorridendo Mariana. Mi rigirai per sorriderle, ma lei continuò a parlare. - “Lo ami ancora?” - chiese a bruciapelo. Rimasi interdetta, strinsi forte la manopola della porta e mi morsi le labbra. - “No” - risposi senza esitazione. Fissò la mia borsa accennando un sorriso. - “Vieni la settimana prossima, dobbiamo ancora lavorare insieme” - socchiusi la bocca scioccata, non risposi ed uscii da quella stanza. Non salutai la segretaria, indossai degli occhiali scuri e mi incamminai fuori da quell'enorme edificio. Fuori mi aspettava Jake, con l'auto. Mi accomodai all'interno, appoggiai la testa sul sedile.. Guardai la borsa verde bottiglia accanto a me. La svuotai con rabbia. Chiesi a Jake di fermarsi in un angolo o vicino un cestino. Aprii il finestrino nero ed appena arrivati buttai la borsa nella spazzatura. Jake non disse nulla e mi riportò in hotel.

 

Come diavolo avevo potuto portarmi la borsa che Harry mi aveva regalato per il mio compleanno?




 



 

Arrivata nella mia stanza, mi tolsi la giacca per restare comoda. L'estate stava arrivando, ma il tempo a New York continuava ad essere freddo. Camminai più volte per la mia camera, riflettendo sulle parole di Mariana. Era stata la mia psicologa, quando – durante la mia pausa – avevo smesso di curare me stessa, quando mi ero lasciata andare. Depressione. Nulla di più, nulla di meno. Avevo saputo del suo arrivo a New York per degli studi e avevo voluto incontrarla. Ho quattro nominazioni ai Grammy. Quattro. Miglior album pop, Miglior singolo country, Miglior videoclip, Migliore canzone scritta per un film. Avevo esultata dasola, mia madre non aveva potuto seguirmi ed Abigail era dovuta ripartire per i suoi studi. Ricordo che non pensavo sarei stata nominata quest'anno, troppo tardi con l'album, ed invece... Louis me lo ripeteva, se saremmo stati nominati ai Grammy, avremmo passato la notte a festeggiare con le solite schifezze e qualche cupcake. Louis. Non l'ho più sentito, in più cercare notizie su di lui non mi avrebbe aiutato. Soprattutto se avessero riguardato il mio nome. - “Ti odio” - dissi ad alta voce, ma me ne pentii subito. Era impossibile odiare Louis. Il mio LouLou. Anche vederlo in fotografie con Eleanor mi spezzava il cuore. Lei aveva tutto quello di cui io avevo bisogno per vivere. Era così patetico rivedermi in una canzone che avevo scritto a sedici anni. Ma non ero innamorata di Louis, lo volevo solo accanto a me.

 

Il telefono che squillava mi fece sobbalzare, vidi che era Harry. Decisi di rifiutare la chiamata, non avevo tempo per lui. Non avevo tempo per dirgli 'Si, andiamo a prenderci un caffè', perchè lo volevo con tutto il cuore. Pochi minuti dopo il telefono squillò nuovamente, pensai fosse ancora Harry così ignorai la chiamata, ma era Abigail. Mi morsi le labbra ed aspettai che richiamasse, al nuovo squillo risposi senza esitare. - “Hei Abs, sono appena tornata. Scusa, pensavo fossi Harry e non ho risposto” - dissi sbuffando. Come risposta sentii una risata soffocata e pensai che Abigail avesse compagnia. - “Abs?” -

 

-“Perciò hai rifiutato la mia chiamata signorina Swift?” - sentii il mio respiro più pesante. Signorina Swift. Come la prima volta che ci eravamo conosciuti. - “Harry” - sussurrai il suo nome. - “Si, sono io. Vuoi provare a chiudere la chiamata?” - chiese e poti sentire nel suo tono, una nota ansiosa. - “No” - dissi ormai senza via d'uscita. - “Perfetto, perchè non accetterò un no. Andiamo a prenderci questo caffè?” - fissai il calendario appeso sul figro con una calamita rossa. - “Sbaglio o sei partito ieri?” - chiesi apoggiando la testa sul letto. - “Sbaglio o temporeggiavi proprio per questo? Così non avremmo potuto incontrarci” - affermò affascinato dalla mia astuzia. - “Sarà per la prossima volta” - allora confermai. - “Sei vestita?” - lo sentii più vicino ed io arrossii di colpo. - “Sei impazzito?” - chiesi isterica. - “Cosa vai a pensare? A me piace toccare le cose, non sentirle da un telefono. Per quello c'è youporn” - ridacchiò per niente imbarazzato mentre le mie guance si gonfiavano. - “Jeans. Jeans e maglietta” - dissi scocciata. - “Ti bastano dieci minuti per prepararti?” - chiese spensierato. - “Cosa? Non dirmi che stai qua sotto..” - lascia la frase in sospeso ed arrossii leggermente. Non era partito per potermi vedere? Sorrisi. - “Sbagliato ancora una volta. Sono atterrato da poche ore, ma ho il computer con me. Ti piacerebbe fare colazione insieme?” -

 

-“Certo Harry, prendo un aereo e ti raggiungo. Mi sa che sto da te per cena, dovremo rimandare la colazione” - dissi sarcastica e trattenendo una risata. - “Geniale, ora sei anche sarcastica. Potremmo fare colazione insieme vedendoci su Skype” - disse smorzando la mia risata. - “Cosa?” -

-“Webcam, tu vedi me, io vedo te. Tecnlogia, ricordi?” - disse lentamente come se fossi stupida. - “So cosa vuol dire” - dissi irritata ancora una volta. - “Allora preparati. Perlomeno non potrai evitarmi” - concluse calmo, per poi chiudere la chiamata. Mi aveva fregato. Ma potevo rifiutare la chiamata, non accendere il computer. Eppure... Guardai l'armadio accanto al letto. Andavo bene così. Non dovevo cambiarmi. Non dovevo rispondere affatto! Colazione poi, alle dieci del mattino passate. Sentii il mio stomaco brontolare per qualche secondo. Infine fissai nuovamente l'armadio e presa da nessun senso di colpa, cercai velocemente un vestito da indossare.

 

Forse potevo ricominciare di nuovo









Angolo dell'autrice :

Non aggiorno da due settimane. Oddio. Scusatemi. Ho avuto problemi a casa, in più non avevo ispirazione. In effetti il capitolo è corto cc
Non so che dire... Sono a corto di parole, scusatemi..

Ci sentiamo alla prossima?

Contattatemi, mi piacerebbe conoscervi! Sono @onesposide - su twitter - e su ask 
http://ask.fm/EspositoItaly

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Capitolo 13
*** 04.00 am. ***







Tredicesimo capitolo.






 



Riesci a crederci? Avere fede nelle cose. Ci riesci? E' il cliché della mia vita, delle mie canzoni, di questo momento. Riesco a crederci? Ho fede in me stessa? Credo in lui? Mi mordo le labbra pensando a quanto fosse semplice quel tempo in cui il pronome maschile non era un problema, in cui l'unica cosa che riuscivo a fare era strimpellare una chitarra e – non ci crederete mai – mi riusciva anche bene. Finsi una smorfia e spezzai con i denti l'ennesima unghia. Stavolta dovetti metterci più forza, la ricostruzione era molto resistente. Non ero mai stata fatta per queste cose, mi piaceva restare al naturale: io, il mio eyeliner ed il rossetto rosso. Vedrai che ci divertiamo. Questo ha detto Selena, come se io fossi una di quelle donne che spettegola della vita degli altri mentre una sconosciuta ti lima le dita. Si, ho pensato donna. Sono una donna. Sbuffai e cercai di concentrarmi su altro. I miei pensieri scappavano, prendevano qualsiasi strada, giusto per fuggire dal silenzioso rumore dell'orologio che segnava l'orario ancora sbagliato. - “Everything is wrong. It rains when you’re here and it rains when you’re gone. Cause I was there when you said forever and always” - canticchiai coordinando i miei pensieri a quella strofa e fissando stordita la finestra. Perchè – già – stava piovendo. Non credo di aver mai avuto un buon rapporto con la pioggia. Cade fredda, quando vuole non fa rumore, scivola nella notte o durante il giorno mentre tu rimani sotto le coperte, a volte riesce anche a farti compagnia, non ti fa sentire sola, riesci a credere che qualcosa là fuori esiste, esiste davvero. 'Kiss me in the pouring rain' canto più volte e riesco a credere alle mie parole perchè vorrei davvero smettere di aver paura, smettere di collegare la pioggia ad ogni ricordo straziante e ricordare solo il calore delle sue braccia, la sua bocca bagnata sulla mia, mentre il resto scompare e poter finalmente pensare che non importa se il mondo esiste oppure no, se la pioggia ha segnato metà della mia vita, ma ora brilla il sole.

 

04.00 am


Trattengo il respiro mentre l'orologio segna il passare di una nuova ora. Fisso il protagonista dei miei pensieri, il vero protagonista. I piccoli strass che Abigail ci ha attaccato sopra – rossi – quasi luccicano grazie ai brevi lampi che trapassano le tende della finestra. Non so da quando sto trattenendo il fiato, ma non riesco a respirare. Non suona. La musica non suona, l'unica cosa che ora mi farebbe respirare non c'è. Ed io non voglio la mia musica, o qualche accordo di chitarra, non voglio un pubblico, voglio solo... “I got this feeling on a summerday when you were gone.I crashed my car into the bridge, I watched I let it burn!” ascolto Icona Pop risuonare per la mia camera, senza paura che Abigail si possa svegliare, senza muovermi. Capisco di aver ripreso a respirare quando dei singhiozzi perforano il mio petto. Solo adesso mi accorgo del volume della musica e cerco perlomeno di soffocare il rumore che fa la mia gola ad ogni respiro. Quasi penso di tendere la mano, afferrare quel maledetto telefono e rispondere. Almeno stanotte. Ma rimango sempre così. Rispondi Swift, rispondi, ti prego. Cosa c'è che non va? Perchè no? Ti costa tanto pensare a te stessa, ti costa tanto stare bene? Perchè non riesci a rimanere felice per un po'? Un po', solo questo. Chiedo gli occhi, ma le lacrime non arrivano e sospiro quasi sollevata. La musica si stoppa sul ritornello. - “No, ti prego..” - sussurro non trattenendo un gemito, cado dalla sedia su cui ero seduta, cerco di prendere il telefono anche se so già che è troppo tardi, mi ritrovo con le mani sudate e faccio cadere il cellulare per terra, lo vedo aprirsi, far volare solo la cover di dietro, qualche strass per terra – ora non luccicano più, infossati nel buio – scivolo per terra e cerco velocemente di richiudere il telefono, al secondo tentativo butto la cover dall'altra parte della stanza e fisso la schermata nera del telefono. La illumino. Chiamata persa. - “Vaffanculo” - impreco a mezza voce. Poi vedo le lacrime giungere, l'udito mancare e le braccia di qualcuno stringermi per le spalle.


-“Hei Tay, è stato solo un brutto sogno, forse è la pioggia, ora chiudo le finestre ed andiamo a dormire” - I ricci di Abigail coprono una mia spalla, sono rossi, rossi come erano quei strass. Mi accarezza la fronte madida e cerca di pulire il mio viso dalle lacrime. Ma non era solo un brutto sogno.



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-“
You said, I remember how we felt sittin' by the water. And every time I look at you, it's like the first time. I fell in love with a careless man's careful daughter. She is the best thing that's ever been mine” - mentre l'ultimo accordo di Grant suonava, cercavo di mantenere l'acuto per almeno un paio di secondi in più, chiusi gli occhi concentrata e mi chinai con il microfono, come se fossi un ponte. Finito il fiato, con un gesto della mano, feci tacere gli strumenti. - “Grande Taylor, era perfetto, sei migliorata su questa parte” - Paul mi raggiunse con la chitarra appoggiata su una spalla per battermi un cinque. Io ricambiai eccitata dai complimenti, stasera doveva andare bene. - “Però non sforzarti, andrai comunque bene stasera” - la mano di una delle mie coriste raggiunse la mia spalla, io mi girai per stringergliela e poi abbracciarla. Erano molto importanti le sue parole, avevo bisogno di essere accompagnata passo dopo passo. Il correttore quasi sciolto, faceva intravedere le occhiaie dovute alla notte precedente, non era stato semplice coprire l'insonnia né evitare Abigail che chiacchierava misteriosamente con mia madre. Sapevo com'era fatta, un passo sbagliato e mi avrebbe fatto mandare a casa 'per stare meglio'. Ero l'unica a pensare che forse non sarei mai stata meglio? Che forse sarebbe andata bene comunque così?


-“Visto? Sapevo che quella voce era di Taylor” - stoppai i miei pensieri, mentre un isterico Niall Horan si avvicinava al palco. Mi tese la mano per un secondo ed io – seppur stremata – accennai un sorriso sincero. Gli tesi la mano a mia volta e lo aiutai a raggiungermi sul palco. - “Troppo complicate le scale?” - chiesi accennando alla scalinata vicino. Lo vidi arrossire e grattarsi la nuca imbarazzato. - “Hei, stavo scherzando, è solo che sono un po' sudata, avrei potuto farti cadere” - roteai gli occhi cercando di sembrare disinvolta. Con Niall non dovevi sforzarti, potevi stare giù quanto vuoi, ma la sua presenza era una scarica di positività. Lo vidi girarsi per accennare un saluto con la testa verso qualcuno. Seguii lo sguardo e – ovviamente – vidi il resto degli One Direction avvicinarsi. Liam si accasciò stanco su una delle poltrone poste nelle prime file e Zayn si appoggiò su un bracciolo della stessa poltrona. - “Non vorrei disturbarvi, ma devi ancora provare” - la voce di Abigail bussò alla mia testa carica di tensione, andai verso la sua direzione per risponderle. - “Abs, calmati...” - cominciai a dire, ma lei mi interruppe. - “Non chiamarmi Abs e non dirmi di calmarmi dopo ieri!” - la sua voce si alzò e vidi i membri della band ascoltare senza pudore. - “Abigail” - chiamai il suo nome disperatamente, ruotando gli occhi verso i ragazzi. Se avesse capito? - “Ti importa solo di questo” - dissi lei facendo una smorfia. Cercai di toccarla, ma lei si allontanò di qualche passo. - “Tu non stai bene” - vidi i suoi occhi inumidirsi e prima che lei piangesse al mio posto, andò silenziosa dietro le quinte.


Presi un lungo respiro, guardai Amos e gli accennai un 'Continuiamo', volevo solo terminare le prove. - “Non la segui?” - Niall che era rimasto vicino per tutto il dialogo mi rivolse stralunato quella domanda. - “No, la conosco, peggiorerei solo le cose” - non dissi altro ed il mio tono sfiorava l'irritazione. Niall mi guardò quasi deluso ed io aggrottai la fronte arrabbiata. Scese dal palco – con le scale stavolta – e si diresse verso i suoi amici. Mi avvicinai al microfono, ma prima di cominciare dissi un'ultima cosa. - “L'esibizione la vedrete stasera, potreste darmi un po' di privacy?” - cercai in tutti i modi di essere carina, ma non credo mi riuscì a molto. Liam e Zayn sbuffarono all'uniscono, Niall riprese a camminare mentre Louis lo seguiva con una espressione indecifrabile. Harry mi guardò negli occhi, ma distolsi lo sguardo velocemente. Comunque intravidi le sue labbra che venivano inumidite dalla sua lingua. Era nervoso. Infine si girò, seguì la chiamata di Zayn già arrivato all'uscita assieme agli altri.


-“Missing you like this is such sweet sorrow. Won't you come back to me?” - canticchiai mentre la maglia a strisce di Louis diventava sempre più piccola ed irriconosciile. Chiusi gli occhi e li riaprii all'istante. Lo giuro, giuro di averlo visto. Louis si era girato – e Dio, non scherzo – aveva sorriso verso la mia direzione.




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-“Respira” - dissi a me stessa mentre tenevo tra le mani la gonna del vestito bianco. Ero... Eccitata. E' quella sensazione che non hai quando stai per cantare davanti ad un pubblico immenso,o davanti ai tuoi cantanti preferiti. E' energia al suo stato primitivo ed è sapore di ferro sulla lingua. La sensazione che dopo stasera, sarà guerra. Perchè sta per succedere qualcosa, qualcosa che il mondo vedrà e capirà. E' la stessa sensazione che provai cantando per la prima volta – live – '
Forever and always' e forse non è stato nemmeno un caso l'averla avuta tra i pensieri tutta la notte, l'averla cantata aspettando una sua chiamata. E' tutto così sbagliato, eppure così giusto. Deve solo ascoltarmi. Ripercorsi con la mente i passi che dovevo fare, la musica, il ritmo. Non dovevo essere l'imbarazzante Taylor Swift, ma solo io, una donna. Una donna che canta – e tanto per aggiungere enfasi alla situazione – si vendica e flagella. - “Tay, andrà bene, lo sai?” - Abigail era appoggiata alla porta, un foglio in mano, i capelli legati da una crocchia disordinata, qualche riccio rosso davanti alla faccia umida ed il lucidalabbra ormai secco. - “Sei orribile” - dissi fingendo una smorfia. In pochi secondi la vidi raggiungermi ed io cominciai a ridere affrettando il passo. - “Taylor Alison Swift, giuro che..” - mi ritrovai incastrata tra il muro e la porta, Abigail cercò di mantenere la facciata arrabbiata ma alla fine si ruppe e cadde a pezzi. Fu quasi gratificante vedere delle emozioni da parte sua. Per tutto il tempo, aveva finto che andasse tutto bene, che era tutto come prima, quando avevamo solo sedici anni e sognavamo di essere invitate sui tappeti rossi con Justin Timberlake e Johnny Depp al nostro fianco. - “You are the best thing that's ever been mine” - sussurrò ed io l'abbracciai. - “Oddio, dovevo dirti che tocca a te, non fare effusioni” - io le colpii la schiena e lei fece finta di essere ferita. - “Grazie” - dissi e non doveva esserci un vero motivo per farlo, sapevo che senza Abs sarei stata finita.


-“Con il suo album entrato al primo posto della Uk Album Chart, si esibisce ai Brits Awards 2013, signori e signore, Taylor Swift” - il presentatore annunciò brevemente il mio ingresso ed io fui pronta per entrare. Le note di 'I knew you were trouble' si diffusero per l'intera sala e la porta da cui sarei entrata si aprì, rivelando me assieme al mio costume di scena. Bianco latte, le perline del medesimo colore sul copetto e lo sbuffo sui fianchi, mi rendevano la Taylor si sempre, la principessa piena di sogni. - “Once upon time, a few mistakes ago. I was in your sights, you got me alone. You found me, you found me, you found me” - I ballerini entrarono in scena ed i loro passi erano così giusti da sembrare parte della scenografia tetra, con io al centro, bianca. Una luce nell'oscurità. Ero in piedi su una scalinata bianca quando la neve finta cominciò a scendere lenta. Amavo quel tocco bianco, realistico, tanto per ricordare il mio compleanno, i miei sbagli, le relazioni andate perse in quel periodo invernale. Avrei preferito la pioggia stavolta, anche se Harry se ne era andato con il sole. Sulla seconda strofa, scesi la scalinata e gesticolai per enfatizzare i versi. Avvicinandomi al ritornello, la coreografia cominciava a complicarsi, il vestito lungo intralciava i miei passi, ed i ballerini che mi affiancavano erano molto veloci. Giunta al ritornello, alzai la voce allontanando comunque il microfono per poter mixare meglio la mia voce. Le luci si intensificarono e potevo vedere che tutta la sala era illuminata a tal punto che non riuscivo a concentrarmi sulle facce presenti, né a riconoscerle. 


-“Now i'm lying on the cold hard ground. Oh, oh, trouble, trouble, trouble. Oh, oh, trouble, trouble, trouble.” - Seguii la coreografia e solo iniziando la seconda strofa le cose diventavano più complicate, all'aggiunta dei passi e de gesti, l'ansia ed anche l'emozione nel fare ciò che avevo in mente mi stavano pressando. Arrivata all'ultimo verso della seconda strofa, due ballerini mi presero per portarmi al centro del palco. L'ultimo accordo di chitarra elettrica durò pochi secondi in più rispetto al brano normale, ciò per darmi il tempo di togliermi il vestito e fare il cambio costume. Appena finito, cominciò il ritornello ed i ballerini accanto a me si mossero all'indietro facendo finta di cadere. Al posto del vestito bianco latte da principessa, c'era un completo nero con qualche ricamo dorato. Era formato da pantaloncini corti e da un corpetto con una scollatura poco sobria. Gli stivali alti completavano l'outfit dark, assieme al trucco nude ma sottolineato dalla matita nera sul contorno degli occhi. Slegai facilmente i capelli ed abbassai la testa per muoverli con più facilità, infine ripresi cantare con più passione, rendendo la 'trasformazione' più netta anche in campo artistico. Alle fine del ritornello, scivolai sul pavimento fino a reggermi sulle ginocchia, per poi abbassare all'indietro la schiena e riproporre lo stesso gesto che faccio nel videoclip della medesima canzone. 


-“When your sadest fear comes creeping in. That you never loved me or her or anyone or anything... Yeah” - Mi rialzai lentamente ed aggrottai la fronte. Ora potevo vedere le facce delle persone nel pubblico, le luci erano completamente abbassate e focalizzate su di me. Intravidi il viso perfetto di Harry, contornato da occhi perplessi ma incantati, Louis invece era indifferente, duro. Gli occhi mi si inumidirono all'istante e pregai che nessuno lo notasse o perlomeno pensassero fosse fatto apposta. L'ultimo acuto durò più del previsto e completai la coreografia con qualche passo, fino a quando la batteria non mi diede segno di far 'cadere' il ballerino. Era tutto così realistico.


Rimasi al centro del palcoscenico, fredda, impassibile. Il pubblico era entusiasta dalla performance, i loro occhi trasudavano stupore, non si aspettavano una svolta del genere. Riuscivo a vederli tutti alzati, con la mani che battevano. Il mio cuore era gonfio e le mie orecchie tappate. Fu facile trattenere il mio solito sorriso post performance, era andato tutto perfettamente, eppure mancava qualcosa. Un accordo di chitarra mi diede il via ed io ricominciai a cantare, una sola frase, un solo significato, per una sola persona. - “You don't have to call anymore, I won't pick up the phone. This is the last straw don't want to hurt anymore. And you can tell me that you're sorry but I don't believe you baby like I did before.You're not sorry no no no no...” - Le note finirono velocemente ed io rientrai poco dopo. Ma lo avevo visto, mi aveva guardato stavolta.


-“Oddio, Taylor, è stato bellissimo! Il finale, mozzafiato” - Abigail mi venne incontro per abbracciarmi seppure fossi sudata. - “Grazie Abs, lo so, è stato perfetto anche grazie a te!” - Abigail mi aveva aiutato nell'organizzare tutto lo spettacolo, insieme sapevamo avere idee magnifiche. Mi accomodai su una sedia lì vicino per riprendere fiato, Abigail andò di corsa a prendermi qualcosa da bere ed io intanto giocavo con il cellulare che mi ero ripresa dal camerino. - “Bella esibizione” - quasi mi scivolò dalle mani il cellulare. Alzai lo sguardo ed incontrai gli occhi non azzurri, ma grigi, di Louis. - “Grazie” - dissi neutra e ritornai a guardare il cellulare. - “Perciò non mi parlerai? Mi dedichi una intera esibizione e non mi parli?” - chiese strafottente. Io alzai le sopracciglia irritata. - “Vattene Louis” -


-“Perchè? Perchè non mi dispiace? Perchè sono io il problema?” - mimò i titoli delle mie canzoni con le dita - “Non era qualcun'altro? Non era Harry? Oh, giusto, ora flirtate di nuovo” - disse toccandosi la mascella. Io scattai dalla sedia. - “Non sto uscendo con Harry. Louis va via” - indicai la porta d'uscita ma lui sembrò non volermi ascoltare. - “Hai ragione, vi vedete con Skype, vi scambiate messaggi. Lo usi solo per lui il telefono?” - dei brividi percorsero la mia schiena. Louis aveva fatto due passi verso di me ed ora respiravo la sua stessa aria. - “Non so di cosa tu stia parlando” - risposi vaga. - “Perchè non mi rispondi?” - Io aggrottai la fronte arrabbiata. - “Alle quattro del mattino? Dormo Louis. Se vuoi parlarmi, bene, puoi farlo ora. Ma non hai detto tu che non ci saremmo più dovuti parlare?” - sbottai. - “Certo, non sei sveglia la notte, ma Abigail dice il contrario ed anche le occhiaie di stamattina.” - sorrise amaro. - “Lo hai detto questo al tuo nuovo miglior amico? Almeno a differenza mia sarà riuscito ad arrivare in prima base” - E accadde in pochi secondi. La mia mano sudata per aver stretto il microfono e per l'ansia, ora era arrossata per aver colpito una guancia di Louis. Lui non se l'aspettava, aveva il viso totalmente girato. Non so chi dei due si fosse ferito, perchè per quanto sembrava, quella in lacrime ora ero io. Non gli diedi il tempo di ricomporsi che io scappai via. - “Taylor! Dannazione Louis” - sapevo di chi era la voce, ma ora non volevo avere nulla a che fare con nessuno. Sapevo mi avrebbe cercato nel mio camerino, così entrai in uno stanzino poco lontano da lì. All'interno era tutto buio, intravedevo comunque stracci, scope ed altri aggeggi che servivano per la pulizia del posto. Rilasciai tutte le lacrime trattenute e mi chiesi se Louis avesse battuto Harry. Era forse una gara nel farmi piangere di più? Sembravo una fottuta bambina. Non imparavo mai.


Qualcuno aprì la porta ed io sbandai spaventata. Gli occhi verdi di Harry mi raggiunsero immediatamente ed allo stesso tempo mi raggiunse per poi chiudere le sue braccia intorno al mio corpo. Harry mi stava abbracciando. Harry Styles, l'uomo che mi ha tradito mi sta abbracciando. L'uomo che mi ha strappato il cuore, che mi ha uccisa, mi sta abbracciando. L'uomo che amo mi sta abbracciando. Un minuto dopo ricambiai l'abbraccio e solo allora mi resi vulnerabile ancora una volta. Piansi sulla sua spalla ed assaporai il suo profumo, assaporai quel momento e mi chiesi se fosse stata la prima volta da quando ero ritornata in scena, la prima volta in cui mi rendevo vulnerabile davanti ad Harry. Non toccarlo, non sentire il suo profumo, non parlargli, stai almeno qualche metro lontano da lui, mai confonderlo come tuo amico, mai abbracciarlo. Ed avevo infranto ogni regola una ad una. Non me ne pentivo. Mi sciolsi dal suo abbraccio poco dopo, Harry mi prese il viso con le mani per poi togliere dal mio viso le lacrime che – meno di prima – continuavano comunque a scendere. - “Non piangere amore, non piangere” - feci finta di non aver sentito, ma il mio cuore sentì bene e cominciò a battere più forte. Avvicinò le sue labbra al mio viso e pensai che si, sarei stata sua, non mi importava più di nulla. Ma fraintesi, infatti invece di baciare le mia labbra, cominciò a sfiorare con la bocca le mie gote rosse per le lacrime. Accarezzò il mio viso con le mani e posò piccoli baci sulla mia mascella fino a bagnare le sue stesse labbra con le mie lacrime.


Poi, solo dopo che le lacrime si erano fermate, solo dopo che avevo chiuso gli occhi come per acconsentire, solo allora sentii le sue labbra sfiorare le mie.






















Angolo dell'autrice:

Sono tredici giorni che non aggiorno e questo è il tredicesimo capitolo della storia. Odio ammetterlo, ma stiamo giungendo alla fine, pochio capitoli e 'goodbye'. Ma don't worry, ho intenzione di scrivere una nuova long su Haylor. 

L'ultimo capitolo è stato recensito solo da una persona, ciò - lo ammetto - mi ha intristito ahahah, quindi spero di non avervi deluso e che mi direte cosa ne pensate su questo capitolo. Ci ho messo molto a scriverlo, sono quattro pagine e mezzo di word, in più mentre finivo il computer si è spento ed ho dovuto riscriverlo metà cc

FANGIRLIAMO SUL BACIO HAYLOR.

Beh, alla prossima (?)

Ciao e grazie se recensirete o leggerete e basta :)

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Capitolo 14
*** Losing me. ***


 


Quattordicesimo capitolo.







 

I think— I think when it’s all over, it just comes back in flashes, you know?
It’s like a kaleidoscope of memories, but it just all comes back.

But he never does. I think part of me knew the second I saw him that this would happen.
It’s not really anything he said, or anything he did. It was the feeling that came along with it.
And.. crazy thing is, I don’t know
if I’m ever gonna feel that way again. But I don’t know if I should.
I knew his world moved
too fast and burned too bright.
But I just thought, how can the devil be pulling you towards someone who looks. so much like an angel when he smiles at you?
Maybe
he knew that, when he saw me. I guess I just lost my balance.

- I knew you were trouble - Monologue. 

 


Non ricordavo bene come fosse successo, un sorriso riaffora spontaneo sulle labbra, ma è impossibile vederlo. Troppo impegnate ad affogare in labbra altrui che ne orientano i movimenti, troppo impegnate a lasciarsi andare. Ma mentre la pelle freme, le rotelle della testa ruotano a velocità assurde. Gli uomini sono corpi accesi da una fiamma, scatole vuote colme di un qualcosa che impartisce loro vita – li puoi osservare mentre si muovono, ridono,, mentre sono vivi. Ma è solo un inganno. Una semplice illusione dettata da un organo così sottovalutato e al quale si danno significati e forme diverse. Gli uomini funzionano come macchine. Tocca, apri, prendi e colma. Sospiri rubati e ripresi con la forza, senza domandarsene il motivo. Un istinto che esplode nel petto e ravviva ogni capillare fino a ricucire quei due corpi divisi per puro egoismo dallo stesso Zeus. 

Alla ricerca di un'anima gemella descritta solo in leggende di cui si sono perse anche le ovvie origini. Buio che illumina il mistero ed avvolge il desiderio di comprendere, o meglio, di avere stringere ciò che si desidera, a qualsiasi costo.

Gli uomini sono corpi accesi da una fiamma, la stessa con la quale si bruciano ogni volta. Non imparano – imparo – mai.


 

-“Non posso crederci Selena, è una cosa che mi riempie di gratificazione. Sono così lusingata!” - Mi aggiusto la gonna bianca mentre guardo Selena sorridere e imitare la mia risata. - “Lo sai che te lo meriti!” - ed a volte non davo per scontato che avesse ragione, ma quel premio di certo poteva benissimo potuto riceverlo altre persone. - “Non abbastanza?” - mi suggerisce la voce di Selena, dando voce ai miei pensieri. Ma la conversazione è interrotta dal vociare interrotto di più persone contemporaneamente. Sia io che Selena ci voltammo per dare attenzione a ci stava facendo tutto quel baccano, finché Selena non indicò qualcuno per poi sorridere nell'averlo riconosciuto. - “Ma è Zayn! Il tizio che fa parte degli... One Direction, ecco, non ricordavo bene il nome” - si morse le labbra e cominciò a ridere. Io la seguii a ruota, ma mi ricomposi immediatamente. Conoscevo gli One Direction. O meglio, avevo sentito parlare di loro e sicuramente li avevo adocchiati durante un episodio di x-Factor, senza però dar loro una determinata importanza. Coordinati dalla testa i piedi, i cinque ragazzi si presentavano come dei bambini che facevano i primi passi in un nuovo mondo. In effetti, era proprio così. Ricordavo dei miei sedici anni, del lavoro sempre più faticoso ed infine della realizzazione del mio primo album con la sorpresa di tutti, me compresa. Questo è un mondo che accoglie tutti, non fa differenza, ma riesce anche ad abbagliarti, finché non riesci a perdere la retta vita. - “Taylor Swift!” - esclamò qualcuno, seguito a ruota dal nome di Selena. Tesi il braccio per stringere la mano al ragazzo, ma quest'ultimo non mi notò, troppo impegnato a fissare un suo compagno per poi cominciare a ridere. Fissai il protagonista che si era meritato gli sguardi del resto della band. I ricci incorniciavano un viso dai tratti decisi ma ancora in via di sviluppo. Il viso rivolgeva lo sguardo verso il basso; gli occhi – verdi? - erano coperti da lunge ciglia e le guance, quasi scarlatte mentre tratteneva con le labbra sottili un sorriso. Compresi immediatamente che era un mio fan, perciò gli tesi la mano. Lui mi fissò di rimando e me la strinse - “Sono Harry Styles! E' un piacere conoscerti Taylor” - le fossette spuntarono immediatamente accanto al sorriso del ragazzo e non poti non ricambiarlo.


 

Sento di starmi scottando, ma fingo di non pensare, di lasciare ogni dubbio al dopo. Pensare non era legittimo, non poteva esserlo, non in quel momento. Avevo bisogno solo di trattenermi a lui, solo per questa volta, non sarebbe potuto capitare una seconda volta. Riesco a sentire ogni singola sensazione, la pelle che soffre per il contatto con il muro freddo, i capelli che si infilano tra le loro bocche in quei pochi secondi in cui si separano per poter respirare e poi si riappacificano, come a duellare per cause conosciute solo da loro. Se solo potessi cacciare via dal mio petto ogni fiotto di aria che minaccia di soffocarmi. Un desiderio sbagliato, un fine che non era stato programmato, voluto, aspettato. Ma ora che l'uno colmava l'altro, come potevo continuare a girare le spalle a me stessa? Lo voglio. Avrei potuto rimpiangere così tante e troppe cose ma sapevo per certo, che se avessi potuto ricominciare dall'inizio, lo avrei rifatto. Ancora.


 

Mi fermo un secondo, assaporando l'aria a pieni polmoni. Il fiato corto e le labbra secche, la voce che ormai fuoriesce senza alcun ritegno e scambio uno sguardo con Selena, aspettando che ricominci. Vedo Harry avvicinarsi al pubblico, la base più lenta e gli occhi impegnati a incastrarsi con quelli di chiunque, anche con i miei. So che guarda nella mia direzione, ma nascondo lo sconforto nel riconoscere la presenza di milioni di altre ragazze accanto e dietro di me. - “Baby you light up my world like nobody else, the way that you flip your hair gets me overwhelmed. But when you smile at the ground it ain't hard to tell. You don't know... You don't know you're beautiful!” - le luci riprendono a vibrare in spazi diversi, mancano poci secondi alla fine della canzone. Muovo l gambe, le mani impigliate nella gonna bianca per farla muovere. Le guance rosse. I capelli ormai fuoriusciti dalla coda. Assurdo come potessi essere indispettita per il suo comportamento. Era un cantante, era un performer eccellente ed era ovvio che con una canzone così lusinghiera, puntasse all'attenzione delle donne. Il fatto è che non mi aspetto di dargli la mia attenzione.


 

Mani che tremano, tese sui fianchi, uno coperto solo dal tessuto nero, l'altro avvolto in una sua mano. Le sue gambe che separano le mie e la dolcezza con la quale accarezza il mio volto. Accelera e ritorna nella mia mente ogni sua occhiata, ogni bacio, sempre fresco e nuovo. L'iniziazione che avevo superato già tante volte prima di ricadere nel baratro.


 

Aspetto Justin e Selena, impacciata, sola e con accanto due tavole da surf arancioni. In realtà la solitudine dovrebbe essere un gratificante premio, ma per quanto possa detestare essere morbosamente seguita dai paparazzi, non mi piace rimanere sola. Troppo tempo dato ai propri pensieri e se a volte ciò portava alla creazione di una nuova canzone, ora portava solo confusione nella mia testa. Sospirai entusiasta nell'udire voci avvicinarsi, pronta a scherzare sul tempo impiegato da Selena e Justin nel raggiungermi. - “Taylor” - ma non era certo la voce che volevo sentire. Rabbrividii un secondo, un leggero vento soffiava sulla schiena nuda, una scusa affidabile. Mi voltai sicura di risultare antipatica agli occhi di Harry, ma il sorriso spuntò genuino nel vederlo correre affannato nella mia direzione, solo. Ora avrei preferito essere sola, non sola con lui. - “Speravo di trovarti!” - tossì un secondo, poi riprese fiato mentre io arrossii davanti alle sue fossette. - “Non lo so come funziona” - aveva borbottato. Poi con mia enorme sorpresa, aveva preso una penna da un taschino della giacca. Si avvicinò a una delle tavole da surf, mi aiutò a reggerne una e ci scrisse sopra qualcosa. - “Sai, se hai troppi pensieri per la testa e non sai cosa fare. Non lo so. Se ti annoi o vuoi semplicemente ridere o anche se hai bisogno di silenzio, di essere ascoltata” - baciò con dolcezza e ingenuità una mia guancia per poi tornare indietro con passo accelerato. Lo fissai finché non si voltò da lontano, quando sembrava alto la metà di me. Non fece nulla, mi fissò. Lo stesso sguardo che aveva fatto prima in direzione del pubblico. Nella mia direzione. Lo ricambiai, poi guardai la tavola, il suo numero di telefono era visibile nero su arancione con dei baci vicini. Ora dovevo capire se stava solo interpretando una parte.


 

I sensi che avvolgono ogni piccolo spiraglio di lucidità e il consapevole desiderio che il mio corpo aveva nel rimanere lì, in balia di quel sentimento, vulnerabile a nessuno, se non a lui. Finalmente ricambio con la sua stessa forza, muovo le braccia fino ad allora rigide. Lo faccio indietreggiare. Mani pallide che scorrono sui bottoni di una camicia bianca, singhiozzi sussurrati da parte di entrambi, ma sembra che nessuno li stia ascoltando. Un 'prendimi' intrappolato nella testa un 'non lasciarmi' che il mio cuore dichiara al vuoto.


 

-“Non mi hai mai amato” - dice fermando il flusso delle mie parole. Altri secondi di silenzio. Troppo impegnata a capire come abbia potuto distruggere tutto, come abbia potuto lasciare che lui mi distruggesse. Pareti di una vita che non mi appartiene più (forse non mi è mai appartenuta) che cadono ed io sotto le macerie. - “Per questo hai preferito lei invece di tornare da me?” - cito la promessa che mi aveva fatto, trattenni le lacrime che avevano taciuto per tutto quel tempo, rendendo irreale quella situazione. - “Si” -. Attaccai il telefono ed urlai per poi spingere un pugno dentro la bocca e soffocare. Sono rimasta sola, brava Taylor, non riesci mai a tenerti nulla. - “Hai finto per tutto questo tempo!” - grugnii alla cornetta del telefono ormai spento. Mille lacrime salate. Troppi battiti ogni secondo. Trenta sospiri. Tredici unghie spezzate. Cinque minuti alla mezzanotte. Un cuore infranto.

 


-“No” - sussurrai ma pensai in realtà di non averlo fatto. Le bocca impastata e la vista offuscata mi rendevano il compito difficile. - “No” - ricalcai la sillaba mentre allontanavo le mani dalla camicia metà sbottonata. Non sapevo se stesse fingendo di non sentirmi o ancora, era la mia testa a parlare. Quando la sua mano si infilò nuovamente vicino al mio viso, lo scansai. Il contatto bruciò, ma rimasi scottata dalla sensazione di privazione che stavo provando. Avevo troppi pochi vestiti a coprire la mia pelle, le sue mani non mi coprivano più e l'assenza era asfissiante. Lo stanzino cominciava a mostrarsi piccolo come lo era sempre stato e la claustrofobia fu l'unica cosa a riportarmi a terra. - “NO” - Uscii via da quella stanza, in una qualsiasi direzione, mentre il silenzio accordato dall'assenza della sua voce, si mescolava al suono dei tacchi e sospiri che mascheravano le nuove lacrime.

 

 

I think that the worst part of it all wasn’t losing him, it was losing me

I don’t know if you know who you are until you lose who you are.

- I knew you were trouble - Monologue -


















 



Angolo dell'autrice.

Sono in ritardo di quasi otto mesi o sbaglio? Ahahaha. In realtà avrei dovuto cancellarla, ma mi dispiaceva. Comunque, oggi sono presa da un attacco di pura filosofia, troppo studio. Spero questo capitolo vi piaccia. Si contrappongono alla scena del bacio, vecchi ricordi del passato tra Taylor ed Harry - il primo incontro e il giorno della rottura -. Chissà se ci sarà ancora qualcuno (!!!)
Alla fine, manca un capitolo e l'epilogo. Soffritemi.
Comunque, alla prossima e spero di aggiornare in tempo minore rispetto all'ultima volta ahahah.

 

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Capitolo 15
*** Un solo momento. ***









Un solo momento.







 

Un ritornello risuonava in quello spazio angusto, s'intensificava come una scossa ogni volta che le sue labbra ritornavo a muoversi lì, nel posto al quale erano sempre appartenute. Sulle mie labbra. I sussurri che erano taciuti dopo che i dubbi e le paranoie si erano nascoste dietro i desideri del mio cuore, avevano dato spazio a quella colonna sonora che fuoriusciva dalle nostre gole, desolate di non poter ricevere aria a sufficienza. I polmoni bruciavano ed annaspavano, non reggevano il palpitare del mio cuore, vivo come non mai ancor più vicino alla sua fine. Le cicatrici che un tempo avevo nascosto con riguardo e lasciato sanguinare senza poter intervenire, perchè bruciavano – Oh, come bruciavano, mi facevano torcere nel sonno e provavano a riscaldare quel corpo così freddo al suo interno senza di lui – orano avevano smesso di martoriare quell'organo, ma erano pronte a riaprirsi non appena il dubbio avesse macchiato quel momento. Un momento. Un solo momento. Nient'altro.
 

Quando mi accorsi di sentire caldo, riaprii gli occhi e l'inferno che avevo dimenticato per un momento (un solo momento), ritornò a lambirmi con le sue fiamme. Ironico, perchè stavolta ero stata io ad allontanarmi da lui (o ancora, non mi ero io allontanata da lui? Non era troppo per me ? - pressione, pressione, pressione – ed il diamante invece di farsi più lucido e splendente, era diventato così fragile ed inutile per chiunque – tranne che per lui, lui, lui). Lo avevo gettato nell'inferno nel quale io mi ero fiondata, per vendetta, per poter essere l'ultima a ridere – a piangere, piangere, piangere (un solo momento) -, ma non ero ancora riuscita a capire che lui era – cosa? - tutto (per un solo momento lo era stato) e poi ero scappata. Perchè tutto non poteva andare bene (ma solo per un momento) ed allora me lo meritavo. Un altro passo in avanti e avrei richiesto un secondo giro di sola andata per l'inferno, perchè il mondo così freddo, senza di lui, non poteva essere affrontato. Ma avevo il disperato bisogno di farcela senza di lui, perchè prima o poi avrebbe visto e capito che non si merita questo. E che io non mi merito lui (un solo momento).

 

-“Taylor?” -

 

La sua voce reclamava il mio nome ed il segno che aveva inciso su ogni giorno della mia vita (non su un solo maledetto momento). Ma io potevo dargli solo questo. Per lui era sufficiente. Per me no. Perciò non mi mossi, ascoltai quel ritornello spezzarsi e perdersi, un po' come quest'amore si era perso per poi ritornare dalla sua stessa morte a perseguitarmi. Ma non se ne era mai andato (neanche per un momento). Bisognava lasciarlo andare, ma se poi sarebbe tornato? Cosa avrei potuto fare? Chiudere gli occhi e urlare finchè quelle note non avrebbero smesso di avere un senso per me.

 

-“Taylor?” -

 

Ma io non volevo un giro di sola andata per il paradiso, perchè ero già dannata.

Tesi la mia mano.

E lui non c'era più.

(L'ho mancato per un solo momento)


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[Lunedì 10]

 

Soffocai la testa nel cuscino e per rendere i miei gemiti più silenziosi, provai a trattenere la bocca con le mani. La frangia incollata alla fronte madida di sudore, interferiva con la vista. Sommersa da una pile di coperte in piena primavera, un'ondata di confusione colpì la mia mente e sommerse ogni ricordo, fino a formare nelle orecchie bolle d'acqua che interferivano con i miei sensi.

 

-”Taylor?” -

 

Scattai immediatamente verso la direzione della voce che richiamava il mio nome. - “Sei tu, mi hai spaventato” -, un broncio si dipinse sulle mie labbra, quando gli occhi verdi di Ed iniziarono a fissarmi esplicitamente. Da quando ero lì? Quasi una settimana ormai, no, due giorni. Una notte. Non ricordo. So solo che quando sono ritornata al mio tavolo dopo la mia esibizione ai Brits, ero impassibile. (“Taylor, stai bene? Sembri... Sembri in uno stato catatonico” rideva con un tono preoccupato Ed). Ero riuscita a sopportare quell'ultima mezz'ora, a sorridere dopo la perdita della categoria alla quale ero nominata ed a applaudire. Non sentivo nulla. Un formicolio fastidioso intorpidiva ogni mio arto, mentre il cuore rallentava – rallentava -, sperando di far rallentare il dolore e l'odio ceco che provavo verso me stessa. Mi ero sentita così forte, matura, cresciuta. Mi ero detta che avevo superato quel periodo, che non ero la debole Taylor di un tempo. No, non lo ero. In realtà ero una bugiarda - stupida, stupida, stupida -. Perciò quando me lo richiese in un luogo più appartato (“Taylor”) non gli diedi modo di finire la sua frase, che i singhiozzi lacerarono il mio petto, le mani si aggrapparono alla sua giacca (“Taylor, non me la vorrai rovinare, è l'unica che ho” una sottile ironia che non era accompagnata da nessun sorriso) e le dita pungevano per il desiderio di potermi strappare quel vestito dal mio corpo, di poter togliermi di dosso ogni traccia della sua presenza – ed assenza -. Via, via via (“Via, via via, portami via, via via” ripetevo per tutta la strada verso casa). Ed ora ero lì, lo stesso relitto di due anni fa, lo stesso corpo stanco, privo di fuoco ed essenza. La stessa delusione che graffiava ed ammoniva ogni pensiero positivo.
 

Cosa fai quando smetti di credere in te stessa? Quando ti senti così piccola in confronto al mondo? Così insignificante, sostituibile, dimenticabile. Priva di abbastanza forza per poter farcela. Perciò Ed non parla più, mi accarezza i capelli annodati, mi accenna un sorriso e inizia a parlare di qualcosa. Qualcosa che ora non mi riguarda. E se anche fosse, meglio non ascoltare, perchè potrei infettarla con la mia codardia. E il problema non era mai stato lui, o l'altra, o i media. Ero solo io. Io, io io. Era meglio sottrarmi a quell'equazione che metteva in equilibrio la mia vita e provare a sostituire lui con me stessa. Dovevo farlo. E prima che potessi ancora farmi del male con quella rete di pensieri, le palpebre coprirono il mio mare e la voce di Ed si fece un sospiro.

 

[Giovedì 13]

 

L'acqua scorre fredda – la temperatura è calda, ma io non riesco a percepirne la differenza -, la maglia dei “The 1975” di Ed è del tutto bagnata, si aggrappa al mio corpo sottile e calca il perimetro delle mie ossa. Un conato mi fa storcere la bocca, provo a trattenermi, riesco solo a sentire lo scorrere dell'acqua – scorre, scorre, scorre -, senza riuscire a capire la differenza tra il salato delle mie lacrime e l'acqua del rubinetto. Infilo la testa tra le gambe piegate, le abbraccio con le braccia e non do vita a nessun rumore. Voglio urlare, urlare, urlare. Questa non sono io. Il bello che non so chi io sia. Chi sono io? Una volpe che scappa, scappa, scappa – fugge e perde la sua furbizia -.

Ho mentito, ancora. Qualcosa la sento, oltre il freddo che proviene dall'interno. Sento le parole di Ed martellare e fischiare nelle mie orecchie. Sento le sue mani che mi prendono con la forza dal letto, mi coricano sulla sua schiena e mi rinchiude qui.

(“Taylor, non m'interessa cosa Harry ti abbia fatto. Non so neanche se lui centri qualcosa, ma no, non lo puoi rifare. Non ti permetterò di distruggere ancora una volta la tua famiglia. Non ti permetterò di distruggere te stessa, dannazione. Dove sei finita Taylor? Mi hai mentito per tutto questo tempo? Sei questo tipo di persona? Davvero? Allora sei solo un riflesso Taylor, un fantasma. Non sei nessuno. Non voglio perdere tempo con il nulla. Perciò alza il culo, togliti i miei vestiti, vai fuori di casa mia e continua Taylor, continua. Congratulazioni, mi hai tradito. E non come Harry ha tradito te, perchè si Taylor, ti ha tradito, sono cose che succedono, cose che accadono, cose che possono essere riparate. Quello che tu stai facendo ad ognuno di noi è peggiore. Stai affondando Taylor, hai raggiunto il fondo e vuoi trascinarci giù con te. Ma io no, io mi tiro indietro e taglio la corda che ci unisce. Io non andrò all'inferno con te. Lo avrei fatto per te. Ma non con te”)

Tutto ciò che riesco a pensare, è che andrei all'inferno per Harry. Ma anche con lui. E mi odio, mi odio, mi odio. Perchè non posso più farlo. Non per gli altri, ma per me.

 

[Lunedì 17]

 

(“Sto bene mamma. Sto bene, sto bene, si, bene”) La mia non è del tutto una bugia, ma non ricordo cosa voglia dire bene senza nasconderci dietro qualcosa. Perciò improvviso. Non mi sento troppo in colpa. Guardo Ed che mi prepara il mio caffè (“Due zollette di zucchero, un goccio di latte”) e so che va bene. Non vuol dire che stia benissimo, ma non sto neanche morendo, non più. Va bene. So che prima o poi mi costringerà ad uscire ed a prendere quel caffè in un bar. Ma va bene. (Non solo per un momento). Chiudo la telefonata, l'odore di caffè si è diffuso per tutta la cucina, il telefono inizia a squillare di nuovo. (“Mamma, sto ancora bene!”)

Ma non è la mamma. E sento che non va bene. Non va bene. Non va bene. (Andava bene per un momento).

 

[Martedì 18]

 

Quando mi sveglio, sento che c'è un rumore strano in casa. Non è la caffettiera, non è il cellulare – il cellulare non suona più da ieri sera, staccato, rimosso, buttato -, ma sono più forte e i miei sensi si sono affilati. Mi alzo, mi avvicino allo specchio e il riflesso mi rimanda indietro un viso più roseo, le labbra più piene e uno sguardo assonnato. Indosso ancora i vestiti Ed, solo per andare a dormire. Mi rassicurano e non mi fanno sentire sola. Fa caldo, perciò una sua maglia mi scende come un pigiama lungo e sembro una ragazzina di Nashville durante l'estate. Forse sto ritrovando la persona che ero, senza però doverla imitare, ma superandola.

(“Ed, la vuole solo vedere”).

C'è qualcosa che non va – sento che c'è un rumore strano in casa -, mi avvio a piedi nudi in cucina e le voci si ammassano, incurvandosi in sussurri troppo impliciti. (“Era la sua voce al telefono, non siamo così stupidi Ed”) e poi ricordo di non essere una volpe, perchè manco di furbizia. Sono troppo lenta, perciò manco anche di velocità, non riesco a scappare. Harry mi prende per il polso e infilo ciò che sento nelle tasche dei miei sogni, capienti di roba che lo riguarda e vuoti di finali felici. Mi fermo, non cedo, ma non mi muovo. Lui allenta la presa, mi lascia andare. - “Ho voglia di un caffè da Starbucks” - esordisco, afferro la mia giacca, un lungo cappotto che avevo indossato la sera dei Brits. E' nero, ma se noti bene sulle maniche, macchie di mascara lo marchiano. Louis prova a fermarmi, ma è troppo debole (“Mi dispiace”) e non riesco a sentire il suo dispiacere. Harry mi guarda, il braccio ancora nella stessa posizione di quando mi ha afferrato il polso. Le labbra secche, il cuore muto e le azioni vuote.

- “Eri tutto ciò che desideravo” - (“Ma non così” concludo io)

 

[Mercoledì 10]

 

Lungi dal credersi, ero riuscita a ritornare in pista. Pronta a esibirmi nella prima tappa del Red Tour nella prossima settimana, mi accingevo a prepararmi. I capelli un po' più corti, il vestito celeste (mai verde) e il rossetto rosso. Affrontare un'intervista in diretta, era l'ultimo ostacolo da superare prima di iniziare a fare ciò per cui ho lottato fin da bambina.

- “Vincitrice di sette Grammys, con il suo ultimo successo mondiale “Red”, ecco con noi, Taylor Swift!” -, qualcuno mi da il via ed entro nello studio del GMA entusiasta, le labbra aperte in un sorriso sincero e la mano pronta a salutare più persone possibili. Mi accomodo in un salottino ed il presentatore mi bacia la guancia in segno di saluto. - “Siamo così entusiasti di averti qui con noi Taylor!” -

-“Anche io” - esclamo e dopo un forte applauso, le domande iniziano, alternate da battute sarcastiche. - “Taylor, dimmi, lo scorso mese hai partecipato per la tua prima volta ai Brits Awards, giusto?” - annuisco con un certo distacco e provo a non farmi trascinare dai ricordi. - “Pur non avendo vinto nulla, la tua esibizione ha lasciato il segno. Dicci Taylor, come mai a questa canzone hai accompagnato questa esibizione?” - la domanda mi lascia perplessa, nessuno mi aveva mai chiesto certe cose. - “Hm, questa canzone per me, è la più importante di quest'album. Descrive, sia dal punto di vista musicale che del testo, cosa provavo in quella determinata situazione. L'esibizione doveva calcare la differenza tra l'ingenuità che in un primo momento mi aveva colpito e la raccapricciante scoperta che avevo fatto. Mi sentivo tradita, inutile. E' una canzone molto dolorosa per me, anche se so che in troppi la reputano fatta a tavolino e per vendere. Cantarla ogni sera in questo tour darà prova della mia indole masochista. Ma lo faccio per ricordarmi di non ricaderci. Ne ero intossicata” - aggiungo confessandomi fin troppo. Il presentatore sta per continuare, quando viene interrotto da qualcuno da dietro le quinte - “Hm, c'è qui qualcuno che ha assolutamente bisogno di Miss Swift” - aggrotto la fronte confusa, non credo sia un fan, non interromperebbero mai un programma in diretta per questo. Quando il mio intervistatore da la pubblicità, capisco che non è uno scherzo architettato dal GMA e ne rimango ancor più confusa. Seguo la donna che ci ha avvisato di questa interruzione e ritorno dietro le quinte. (Per più di un mese, ho creduto che fosse finita, ne ero uscita pulita).

Harry mi fissa con uno sguardo duro, le mani strette a pugni e la mascella tesa. - “Cosa ci fai qui? Non vedi che eravamo in onda?” - sbotto io, trattenendo una nota irritata. - “Ho bisogno di parlarti immediatamente. Visto che le ultime cinque volte sei riuscita a sfuggirmi, questo era l'unico modo per ricevere la tua attenzione” - spiega lui ammorbidendo lo sguardo, ma rimanendo teso nel resto degli atteggiamenti. - “Miss Swift, un minuto e deve rientrare” - mi avvisano da lontano.

-“Visto? Non ho tempo. Chiama chi gestisce i miei impegni e prendi appuntamento” - concludo la conversazione rientrando nello studio appena in tempo. - “Taylor, stavamo parlando delle tue fantastiche esibizioni che potremo vedere per più di un'ora durante una delle tappe del tuo tour mondiale!” - le urla dei fans rinvigoriscono il mio sorriso e provo a scacciare dalla mentre la sua figura stabile, immobile, come se avessi voluto che invece mi seguisse. Sono pulita, basta. - “Si, inizierò tra pochi giorni e sono a dir poco eccitata al momento. Non riesco a trattenere l'entus...” -

-“Signore, non può entrare! Sono in onda!” - la voce stridula della donna di prima è inutile, Harry Styles entra nello studio del GMA causando in un primo momento sbigottimento ed infine urla. Nessuno sa bene cosa stia succedendo, io si. Sto per crollare, che Dio mi aiuti ora. Non posso crollare. Non so se riuscirei a rialzarmi.

Ma mi alzo, ora, lo faccio - “Harry, ti prego, parliamo dopo” - gli sussurro, provando a non farmi sentire, ma il microfono attaccato sul mio corpo fa bene il suo lavoro. - “Si, parliamo. Ora” - mi prende per la mano e prova a trascinarmi dentro. Ma prima che ci riesca, lo lascio. Non intendo muovermi da lì. Vuole giocare a questo gioco? Lo faremo in due. Cederà lui per primo. - “Vuoi farlo qui? Va bene Taylor, facciamolo qui” - mi prende in contropiede.

- “Cosa vuoi fare qui? Non c'è nulla da dire o fare Harry. Ti voglio ricordare che non c'è più nulla da fare da così tanto tempo...” -

- “E mi hai dimenticato da così tanto tempo, da aver dimenticato anche perchè dovevi farlo?” - prova a trattenersi, ma la sua voce è forte, arrabbiata... delusa.

-“Stai provando a dirmi che ti devo delle scuse per questo? Per esserne uscita?” -

-“Uscita? Uscita? Davvero Taylor? E quando? Quando mi hai baciato? Quando scappavi da me? Quando non volevi affrontare nulla? Non ci hai neanche provato!” -

- “Mi hai tradita! Mi hai tradita, mi hai tradita. Non hai nessun diritto di ammonire le mie azioni! Hai perso tutto quella sera Harry, ogni minima cosa!” - Urlo senza vergogna, consapevole fino in fondo delle conseguenze delle mie azioni. Ma non avevo più paura. Non più.

- “No Taylor. Non ti ho tradita. Non ce la facevi più. Non riuscivi a toccarmi senza che ti sentissi in colpa. Evitavi di vivermi, di viverci. Tu mi hai tradito quando hai scelto loro, a me. Ti ho solo dato un pretesto per non sentirti in colpa anche per questo” - La sua voce si affievolisce. Lui mente. Mente, mente, mente. Mi vuole ingannare. Cosa vuole da me. Cosa. Mi hai tolto tutto Harry. Cosa posso darti ancora?

- “Stai mentendo” - lo ammonisco.

- “No e lo sai bene. Tu stai mentendo a te stessa. E sai cosa Taylor? Sono abbastanza forte stavolta, ce la posso fare a farti superare ogni paura. Ce la possiamo fare insieme” - una sua mano si appoggia sulla mia guancia e me l'accarezza, prima di poter realizzare quel gesto, mi allontano.

- “Cosa vuoi da me?” -

- “Te” -

- “No” -

- “So che non vuoi ascoltarlo, ma devo dirtelo. Taylor, guardami, perchè sarà l'ultima volta. L'ultima, ricordi?” - annuisco, la gambe che vacillano e il naso arrossato.

- “Io ti amo e per me, sarai sempre tu” - piega le labbra in un sorriso e il verde dei suoi occhi si oscura.

- “Cosa vuoi da me?” - gli chiedo ancora con la voce che trema dalla paura.

- “Voglio che tu mi dica che non mi ami e giuro che ti lascerò andare” - solo ora mi accorgo che l'altra mano e incrociata alla mia. Le sue dita riempiono gli spazi che dividono l'un dall'altra le mie.

- “Non ti amo” - non mi ero abituata al suo tocco, mai. Perchè era stato parte di me, lo era stato fin dentro le viscere e vederlo lasciarmi, vederlo andare via per davvero, ha spezzato dentro di me qualcosa che nessuno potrà mai riparare. Perchè ha ragione e non si merita una donna come me nella sua vita. Una eterna indecisa. Un eterno fantasma. Non si dice che se si ama realmente qualcuno, lo si deve lasciare andare? Io l'ho lasciato andare così tante volte, ma non l'ho amato abbastanza, perchè sono tornata ogni volta. Troppo egoista.

Lui va via e mi risiedo, pronta a parlare del mio tour. Un tour dedicato al rosso, al rosso che acceca la mia visuale, che mi macchia da dentro e urla, urla, urla. Sono una donna egoista. - “Taylor, ma, ma, che sorpresa!” - mi guardo in giro, le dita che tremano, le gambe immobili. Rabbrividisco e vedo la folla intorno, è lontana, ma mi soffoca. Ma la amo quando sono lassù e finalmente mi capiscono. E quando sono quaggiù? Chi potrà riportarmi in superfice a respirare? (Un solo momento).

- “Un solo momento” - mi alzo e con le lacrime che rischiano di cadere – cadere, cadere, cadere -, corro, perchè sono una volpe ed è mio diritto fuggire.

 

Non c'è, non lo vedo, non c'è, non c'è. Andato, è andato, per sempre. Perso. Persa con lui. Chiamate qualcuno, oddio, amore perduto, aiuto, devo denunciare la scomparsa del mio respiro, dei miei polmoni, del rosso sangue che mi scorre tra le vene. Non c'è. La donna di prima dice che è andato, visto Taylor? Lo dice anche lei. Andato. Fuggo, fuggo, fuggo. Fuori, all'aria aperta, dimmi che sei lì, dimmelo, dimmelo. L'uscita principale degli studi è piena, colma, mi soffoca come dentro. Il cielo aperto è solo un luogo irraggiungibile che mi schernisce da lassù. Non posso giungervi senza ali, le ali le tengono solo gli angeli ed il mio angelo è andato, andato, andato. I fans urlano, mi reclamano ed io urlo e reclamo il suo nome. Mi do perduta, perduta. Lui è perduto. Due pezzi perduti che non combaceranno mai più.

E poi lo vedo, ingabbiato come me. Neanche un angelo può volare se una folla lo ingabbia. E corro, corro, corro. - “E' lui” - continuo a ripetermi, i tacchi che fanno rumore sull'asfalto e le lacrime che si asciugano sul viso per il vento. Lui mi vede da lontano, fermo, immobile. Poi inizia a camminare nella direzione opposta alla mia. Non andare, non, andare, non.

Si tiene accanto più fans possibili, si tiene accanto le mie paure peggiori qui sulla terra ferma. Non un angelo, un demone. E lo amo, lo amo, lo amo allo stesso modo.

-“Harry!” - urlo disperata e si ferma. Lo raggiungo e mi aggrappo alla sua giacca, come quando mi aggrappai a quella di Ed dopo il mio ennesimo crollo. Lo fisso negli occhi, accerchiata da sconosciuti che si allontanano imbarazzati. Lo schiaffeggio così forte da farmi sentire da chiunque. Lui continua a fissarmi, non demorde. Ostile, arrogante; dolce, premuroso, apprensivo. - “Ti odio così tanto, mi hai fatto crollare, sono crollata perchè eri irraggiungibile ed  ora sei qui. E sono troppo, troppo egoista per lasciarti andare e ti odio così tanto che ho finito per amarti e mi sono persa Harry, mi sono persa capisci? Ma sono qui, Harry sono qui e sono pulita, pulita dal resto e voglio solo te. Ti amo. Io, io ti amo” - non prendo fiato e quando finalmente lo faccio, lo bacio. Lo bacio lì, sotto quel cielo, accanto a chiunque, perchè ora siamo solo io e lui. Perchè non so dove andremo a finire, ne sono terrorizzata, ma per me sarà sempre lui, comunque vada.

 

Non per un solo momento.

 










 

Fine.
E' stato un piacere scrivere per e con voi.

Auguro ad Harry e Taylor
di ritrovarsi.
Un giorno.


*

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