Do you remember about us?

di Dark Spectrum
(/viewuser.php?uid=332804)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I - L'arcobaleno ***
Capitolo 3: *** II - L'alba ***
Capitolo 4: *** III - Rapimento ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



Prologo

Tempestava.
Un vento impetuoso seminava devastazione, la nebbia saliva, fitta, a coprire ogni angolo dell'Old Wood, e lo scroscio violento della pioggia era l'unico rumore che accompagnava l'inquietante ululato del vento.
I pensieri di Damon volarono a chiunque potesse essersi trovato in difficoltà in quell'istante. Nella sua mente figurarono famiglie scosse che correvano al riparo disperate, giovani scaraventati al suolo da quella potenza distruttiva generata da lui stesso. E inspirando quell'aria malsana intrisa di sofferenze altrui, l'ombra macabra di un sorriso sfiorò le labbra del vampiro, che aveva assottigliato lo sguardo e aggrottato le sopracciglia, prima di trasformarsi in corvo e di venir trasportato via dall'impeto della tempesta.
Nessuno avrebbe mai pensato che Damon avrebbe potuto essere stato il responsabile di quel diluvio. Eccetto, ovviamente, il suo fratellino Stefan, e la Principessa, Elena Gilbert. E a quel punto si sarebbero chiesti cosa avesse scosso tanto il vampiro da lasciare che il suo stesso tormentato ego esplodesse in quella tempesta. Il suo nobile fratellino dal cuore d'oro non avrebbe mai potuto immaginare nulla, ma forse Elena avrebbe ricordato.
Avrebbe ricordato che quella sera lui avrebbe dovuto raggiungerla in camera sua e che, come spesso accadeva, avrebbe trascorso la notte insieme a lei, se tutto fosse andato secondo i piani.
Sarebbe entrato di soppiatto nella stanza buia, avrebbe osservato la sua sagoma esile pettinarsi accanto alla finestra.
Avrebbe notato come i raggi della luna rendevano splendente la sua pelle vellutata.
Avrebbe lasciato che il suo sguardo indugiasse palesemente sulla sua camicia da notte nera in pizzo, che non nascondeva il suo corpo e le sue curve perfette.
Si sarebbe avvicinato, le avrebbe preso la mano e avrebbe portato le sue labbra al collo della donna.
L'avrebbe baciata, baciata delicatamente, come piaceva a lei, e avrebbe sfiorato i suoi fianchi.
Avrebbe goduto nel vederla, dapprima fintamente rigida e riluttante, sciogliersi e trasformarsi in una donna qualunque, desiderosa di attenzioni.
E avrebbe goduto del contatto con ogni centimetro del suo corpo, del sapore inebriante del suo sangue, che aveva assaggiato più e più volte, finchè il piacere, travolti entrambi, non sarebbe esploso.
Avrebbe davvero trascorso una di quelle magiche notti al chiaro di luna con lei, se solo non ci fosse stato il suo amato fratellino al suo posto.
L'aveva baciata, l'aveva sfiorata, come avrebbe fatto lui.
Stefan non vide Damon dietro la porta semi aperta, ma gli occhi di Elena erano puntati nei suoi, in uno sguardo d'accusa, uno sguardo duro che sembrava imporgli di dimenticare ogni loro attimo e di lasciarla in pace con Stefan, come se fosse già l'alba di un nuovo giorno.
Come se fosse la classica 'mattina dopo', una di quelle in cui Elena non rivolgeva una sola parola al vampiro dagli occhi neri, una di quelle in cui cercava di evitare persino il suo sguardo.
Come se, così facendo, avesse potuto concedere ai ricordi della notte precedente di scivolar via senza lasciar traccia, con l'ennesima promessa di non intrattenere alcun tipo di rapporto con Damon, nonostante sapesse che non avrebbe mai mantenuto quel tipo di patto con sé stessa.
Ma quella volta non gli fu concessa neppure l'illusione di una notte; quella notte, un solco profondo fu tracciato all'altezza del cuore roccioso e immobile di Damon Salvatore.


Fu scagliato lontano, con una velocità tale da fargli perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Ma quando fu giunto ad un punto preciso della città, il temporale sembrò calmarsi e il vento trasformarsi nella consueta e fresca brezza estiva che si dice essere favorevole agli amanti.
Gli sembrarono familiari quei tetti scuri, gli edifici tutti uguali di quella stradina isolata. Si guardò attorno, mentre le sue gambe procedevano senza meta e la sua mente cercava di ricordare di che posto si trattasse.
Non appena alzò lo sguardo, però, tutto fu più chiaro.
Una sagoma svolazzò davanti ad una finestra dalle luci ancora accese e, pochi istanti dopo, tornò ad osservare il cielo ancora nuvoloso con sguardo intimorito.
Il destino l'aveva condotto proprio a casa della streghetta.

Decise di assecondare qualunque sorte avesse deciso di portarlo lì, si avvicinò alla porta è bussò.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I - L'arcobaleno ***


Capitolo I - L'arcobaleno

Un mare di ricci rossi era sparso disordinatamente sul cuscino di una Bonnie dagli occhi spalancati.
Un'occhiata alla sveglia sul comodino le diede la conferma del fatto che fosse decisamente troppo tardi per essere ancora ad occhi aperti.
E, magari, spegnere la luce sarebbe stato d'aiuto per prendere sonno.
Ma un tuono rimbombò in lontananza e fece scattare la streghetta, che sussultò e si mise a sedere in un balzo.
In quel momento si sentì una bambina, una sciocca ragazzina spaventata da un semplice temporale.
Eppure c'era qualcosa di diverso, nell'aria, qualcosa d'insolito in quell'impeto, per quella calda stagione estiva.
Scosse il capo, scacciando quelle paranoie. Essere una strega, conoscere vampiri ed altre creature sovrannaturali ed avere un'amica morta e risorta non avrebbe dovuto renderla così ossessiva. Si trattava di un semplice temporale estivo, tutto qui.
Si alzò e si diresse, scalza ed in punta di piedi, verso la finestra.
E, all'incirca in quell'istante, tutto tacque.
Nessuna traccia della travolgente furia muta di poco prima, tant'è che la streghetta si chiese se non fosse stato solo un sogno.
Era tutto spaventosamente tranquillo.
Un brivido di terrore percorse la schiena di Bonnie quando qualcuno bussò alla sua porta, e l'accompagnò finché la curiosità su chi fosse a quell'ora non la lasciò.
Avvicinò un occhio allo spioncino, sollevandosi appena sulle punte, e il panico l'abbandonò. Il suo posto fu preso dall'adrenalina e da qualcosa di indefinito, qualcosa che riscaldava e infreddoliva allo stesso tempo il cuore della giovane Bonnie, quando incrociava lo sguardo di Damon Salvatore.
Il vampiro se ne stava lì, con l'accenno di un sorriso crudele sulle labbra e con le dita che tamburellavano sull'altro braccio.
«C-chi è?» balbettò Bonnie, come se non avesse idea di chi si celasse dietro la porta.
«Il lupo cattivo.» rispose Damon, dall'altro lato, come se ironizzare fosse la cosa più naturale del mondo.
Nonostante si fosse staccata dallo spioncino, fu come se Bonnie potesse vedere un sorriso divertito dipingersi sul volto del vampiro, come accadeva sempre dopo le sue battutine.
La giovane arrossì. Anche il solo suono della sua voce era imbarazzante per lei.
Aprì la porta, sapendo che non sarebbe stato facile restare lucida; non riusciva a nascondere facilmente l'effetto che le faceva Damon Salvatore.
«D-Damon.» disse lei, quasi in un sospiro.
«Oh, andiamo, uccellino, non ti aspettavi che fossi davvero il lupo cattivo, no?» scherzò lui, avanzando. «Mi inviti ad entrare?»
Avrebbe voluto pronunciare un secco 'no', avrebbe voluto essere forte abbastanza per evitarlo. Forte abbastanza per ricordare a sé stessa che probabilmente era venuto a chiederle qualcosa per conto della sua dolce Elena, non per il semplice piacere di farle una visita.
Ma Bonnie McCollough non era forte e determinata come avrebbe sperato, soprattutto perché, quella sera, Damon aveva qualcosa di diverso: un bagliore nello sguardo, una scintilla della furia che era stato ben abile a mascherare, ma che non era del tutto svanita.
Così si limitò a spostarsi e a girarsi di spalle, per nascondere il rossore.
«Entra.» sussurrò.

Lui non si era fatto scrupoli, era entrato ed aveva iniziato a gironzolare, quasi come se stesse cercando qualcosa, osservando attentamente quadri e foto di famiglia con un finto interesse. Poi entrò nella sua camera e, senza batter ciglio, si stese comodamente sul letto sfatto, con le mani dietro la nuca a reggergli il capo.

Bonnie lo fissò sbalordita, e dopo una manciata di secondi riuscì a tramutare lo stupore in una frase di senso compiuto. «Damon, cosa ci fai qui?»
«Mi rilasso, non è ovvio?» rispose lui, con un leggero sorriso, come se entrare in casa sua a quell'ora di notte e stendersi comodamente sul suo letto fosse la cosa più naturale del mondo.

«Pensavo fosse successo qualcosa.. Insomma, io..» disse lei abbassando lo sguardo, ma lui la interruppe.

«Cos'è, non posso neanche fare una visita al mio pettirosso?» e si alzò a sedere, tenendo un finto broncio per qualche secondo.
Nonostante l'ironia tipica, però, Bonnie continuava a pensare che ci fosse qualcosa di diverso in Damon, quella sera. Una tristezza insolita dimorava nei suoi occhi.
La strega sospirò, come per darsi la forza di riuscire a parlargli.
«Andiamo, Damon.. Cos'è successo?» chiese allora, lasciando che la sua voce sottile e delicata accompagnasse il piacevole silenzio di una notte muta.

«Beh, streghetta, credo tu sappia cos'è successo..» iniziò lui, suscitandole un'ancor più profonda curiosità. «C'è stata una brutta tempesta» concluse, con un sorriso smagliante che durò troppo poco per essere sincero.
«Lo so che c'è stata una tempesta, ma parlavo di te..» Bonnie aveva dimenticato quanto fosse difficile far parlare Damon di sé stesso e delle sue debolezze. Ma non avrebbe mollato.

«Te l'ho detto, streghetta. E' stata proprio una brutta tempesta. In tutti i sensi.»
Inizialmente Bonnie non capì, ma quando lo sguardo di Damon s'incupì ulteriormente e le sue sopracciglia si aggrottarono, come per scacciare dei pensieri indesiderati, iniziò a formulare un'ipotesi.

«Si..si tratta di Elena, non è così?» ebbe il coraggio di chiedere, ma non senza abbassare lo sguardo ed arrossire. I suoi occhi divennero lucidi.

«Già.» rispose lui, secco. «Si tratta di Elena e del mio fratellino. Non sono una coppia meravigliosa? Non è fantastico dover sempre avere a che fare con l'immenso amore che lei proverà sempre per lui?» Una furia sembrò scuoterlo, mentre pronunciava quelle parole con rabbia e frustrazione.
Ciò che aveva visto nel suo sguardo non era semplice tristezza. Era un miscuglio omogeneo d'ira, collera e dolore.

«Beh..» sospirò Bonnie «Ti capisco..» e volse il suo sguardo il più lontano possibile dalla figura scura che sedeva sul suo letto, mentre lei era in piedi, immobile.

Damon non rispose, ma aggrottò le sopracciglia e guardò, per la prima volta quella sera, la streghetta. Aveva una larga e leggera camicia da notte bianca, che certo non risaltava le sue curve già poco pronunciate, ma che le conferiva un carattere puro ed etereo, più di quanto non fosse già il suo aspetto.
Era così diversa da Elena, anche solo per il piccolo particolare dell'abbigliamento da notte.
Una preferiva la sensualità del pizzo rosso o nero, l'altra la purezza ed il candore.
Rimasero parecchio in quel modo; Damon ad osservare lei e lei ad osservare le stelle, sentendo lo sguardo indagatore del vampiro perforarle la pelle.
«Damon.. Non mi hai ancora detto perchè sei qui.» chiese d'un tratto la rossa.
Quello, che si sorprese di averla osservata quasi con tenerezza, s'irrigidì in un istante e, con uno scatto che fece sussultare Bonnie, si alzò in piedi e le si avvicinò.

«In realtà non ne ho idea.» le sussurrò all'orecchio, mentre con l'indice le sistemò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
La tenerezza che aveva visto nel suo sguardo era completamente svanita, come anche l'ironia di poco prima. Aveva un tono duro e serio ma ammaliante e avvolgente. Era la prima volta che, con Bonnie, assumeva quell'espressione da seduttore. Non c'era la solita dolcezza che le rivolgeva, quella dolcezza che Damon aveva sempre creduto inutile ed inesistente.
Lei impallidì, per poi tornare rossa come i suoi capelli non appena si rese conto di quella vicinanza. Non riuscì a proferir parola; si beò semplicemente di quel leggero contatto con le dita di Damon, che continuavano a disegnare circonferenze sulle sue gote arrossate.
«Che buon profumo, streghetta..» Avrebbe tanto voluto che parlasse; avrebbe goduto del suo imbarazzo nel balbettare. Sapeva quanto fosse attratta dal suo corpo. «.. Fragole?» continuò, sempre con le labbra vicine al collo di lei.

«Io.. Io non.. Non lo so.. Forse.. Sì»
Ed eccola lì, la balbettante Bonnie imbarazzata che tanto lo divertiva. Lo faceva sorridere
sinceramente.
Ma le labbra di Damon s'incurvarono in un sorriso che non fu per niente quello onesto che Bonnie aveva l'onore di vedere spesso.
Era tetro, duro e sarcastico.
La streghetta sapeva che era stato il dolore a modellarlo, a cambiarlo.
Sapeva cosa significasse dover vivere all'ombra di qualcun altro. Comprendeva appieno ciò che stava accadendo a Damon.
Ma lui, in quel momento, non era interessato a nulla.
Vedere Bonnie ai suoi piedi aveva un che di soddisfacente; non che dovesse assicurarsi di risultare attraente ai suoi occhi e di provocarle soggezione, ma era
interessante vederla piegarsi al suo sguardo, arrossire, balbettare.

Quando passò un dito sulla sua bocca rosea, schiudendo le sue labbra carnose, lei sospirò, in preda ai brividi. Provò a dir qualcosa, ma il cervello sembrava scollegato.

La sua reazione mandò Damon su di giri; gli abissi del suo sguardo s'incendiarono, soffermandosi nei suoi. La fissò per una manciata di secondi che alla streghetta sembrarono eterni. L'osservò con passione, ma nei suoi occhi erano ben visibili il dolore e altre mille emozioni forti che sarebbero sfociate in qualcosa di violento, se non ci fosse stato il corpo minuto di Bonnie a controllare parzialmente quell'irrefrenabile, devastante incendio.

E poi la baciò.

Premette il palmo della sua mano sulla schiena di lei, tenendo stretto il tessuto del suo leggero abbigliamento, come se potesse garantire a sé stesso che così non sarebbe scappata via. L’avvicinò ancora di più a sé, velocemente, con lo scatto di un predatore, finché il corpo esile della rossa non fu nascosto dal suo.
Lui, intanto, aveva smesso di pensare.
L'ultima cosa che aveva visto, erano stati gli occhi nocciola di Bonnie, occhi lucidi e con sguardo di supplica; ma non seppe per cosa lo stessero supplicando.
Assaporò le sue labbra di fragola, mentre lei si era lasciata travolgere da quella paradisiaca danza che non avrebbe voluto intraprendere; non in quel modo, non in quella circostanza. Ma percepire Damon, il suo Damon, era abbastanza per lei. Nonostante lui avrebbe sempre preferito baciare chiunque altra, lei provava qualcosa di più che semplice affetto nei suoi confronti. E lui lo sapeva.
Nonostante non vi fosse alcun affetto, per lui, in quel momento, Damon non poté non ammettere a sé stesso che la pelle morbida di Bonnie l'aveva stuzzicato piacevolmente, quasi con
dolcezza, pensò, scacciando poi quel pensiero sciocco.
Mosse una mano dalla nuca di lei, lasciandola scendere con delicatezza sui suoi seni, poi sui suoi fianchi, poi sulla sua coscia, per poi risalire e percorrere più e più volte quel percorso, mentre Bonnie gemeva dal desiderio, tenendo una mano salda alla sua nuca, stringendo i suoi capelli corvini in un gesto disperato quanto possessivo, che il vampiro non si aspettava di certo, dal tenero uccellino.

Accidenti – pensò tra sé e sé – la streghetta sa baciare.

Quando si staccarono, fu perchè Bonnie dovette regolarizzare nuovamente il respiro.
Damon si era spinto oltre con le carezze, ormai ogni centimetro della pelle di Bonnie aderiva alla sua, mentre la stringeva a sé, quasi come se avesse paura di perderla.
La verità era che Damon adorava la sensazione di calore al petto, quando si trattava di Bonnie.
La verità era che lei lo spaventava, con tutto quell'amore; nonostante sapesse di non essere ricambiata, continuava a ricoprirlo d'affetto, continuava a desiderare di non deluderlo mai, continuava a stargli accanto.
La verità era che Damon avrebbe dovuto capirlo, quanto la streghetta fosse importante per lui.
Ma non l'avrebbe mai ammesso a sé stesso.
Perché l'avrebbe fatto sentire debole. L'avrebbe fatto sentire bisognoso di qualcosa. L'avrebbe fatto sentire troppo scoperto, lontano dalla maschera di roccia che aveva creato per sé stesso. Ricambiare l'amore di Bonnie l'avrebbe fatto sentire vulnerabile.
Era tormentato, tormentato da quella strana sensazione che non l'abbandonava, in sua presenza. Eppure ne aveva tremendamente bisogno, allo stesso tempo.
E quando le loro labbra si separarono, Damon aveva visto una scintilla nel suo sguardo che aveva morso il suo cuore, facendolo a pezzi.
Perché, nonostante quell'illusione momentanea in cui le era parso che la guardasse con la stessa intensità con cui guardava Elena, sapeva che non l'avrebbe mai amata o desiderata con lo stesso ardore. Sapeva che non c'era posto, per lei, nel cuore del vampiro.
Eppure l'aveva baciato, con tutto l'affetto, con tutta la passione di cui era capace, perché non poteva farne a meno.
C'era una lacrima sulla sua guancia.
Un gran senso di colpa invase Damon, scacciando l'ira e la collera di poco prima.

«Damon..» sussurrò, mentre la roccia del cuore del vampiro produsse l'ennesimo sonoro 'crack' a causa sua. «Perchè sei venuto qui, stasera?»
Stavolta sperava nella sua sincerità, e il suo tono lo convinse.

Pronunciò la frase successiva con estrema decisione, nonostante gli costò molto. Ma vederla distrutta a causa dello stesso sentimento che stava logorando lui, lo convinse.
«Forse anche i vampiri insensibili hanno bisogno di qualcuno. Ti confesso che non l'ho capito subito, neanche una volta giunto qui.. Ma stanotte avevo bisogno di te, uccellino

Osservò il sorriso di lei nascere così spontaneamente e gli occhi nocciola diventarle lucidi.
Non avrebbe mai immaginato che dopo la tempesta ci sarebbe stato l'arcobaleno anche per lui.

 

 

 

Angolo autrice

Scusate il ritardo nell'aggiornamento, è la prima volta che aggiungo un capitolo alla mia prima storia e già sono lenta, perdonate ç-ç
Anyway, è stato tragico(?) scrivere questo capitolo.
Ho cercato di mettere in risalto il tormento interiore di Damon, e alla fine si è concluso quasi bene, ma chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo *coffcoff*.
Beh, non mi dilungo troppo, anche perchè non so più cosa dire, se non un grazie per le recensioni, per chi segue/ricorda/preferisce(?) la storia.

Grazie tante davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** II - L'alba ***


Capitolo II – L'alba.
 

Quando Bonnie schiuse lentamente gli occhi, notò che dalle bianche tende filtravano i raggi di un sole tanto splendente da darle fastidio alla vista.
Si mise a sedere lentamente, le guance ancora sporche delle lacrime della sera prima.
E poi, in un istante, quei momenti che aveva rivissuto più e più volte quella notte, fecero nuovamente capolino nella sua testa, come per dispetto, come per ricordarle che quanto più avesse cercato di tenerli fuori, più loro avrebbero fatto resistenza.
E avrebbero vinto. La mente di Bonnie sarebbe stata sempre tormentata da sé stessa.

Si formarono poco alla volta, dapprima sfumati, poi più nitidi, tanto che le sembrò di esser tornata indietro nel tempo alla sera prima.

**

«Forse anche i vampiri insensibili hanno bisogno di qualcuno. Ti confesso che non l'ho capito subito, neanche una volta giunto qui.. Ma stanotte avevo bisogno di te, uccellino

Le era sembrato così naturale, quasi intenerito dal suo sorriso.
Le era sembrato affetto, forse, quello nascosto nelle profondità delle sue iridi del colore della notte.

Anche lui aveva sorriso, per meno di un istante, per una millesima frazione di secondo. Eppure aveva sorriso.
Ma poi aveva cambiato umore, di nuovo, e il suo sguardo era diventato gelido. Ancora.

«Che stupido da parte mia, sfogarmi con te, uccellino. Ti chiedo perdono, non avrei dovuto mostrarti questo mio lato devastato. Ma c'è rimedio a tutto.» disse, con un impeto di tormento nei suoi occhi glaciali.
Poi le si avvicinò come aveva fatto prima per baciarla, ma non vi fu alcun contatto tra le loro labbra. Prese il viso della streghetta e lo avvicinò a sé, con delicatezza, come se temesse di infrangere una bambola di porcellana.
«Damon, cosa c'è?» chiese lei, confusa dagli improvvisi cambiamenti che sentiva in lui.
Lui premette sulle sue labbra con un dito, per poi lasciar schiudere le sue.

«Shhh»

E poi Bonnie capì, ma fu troppo tardi per scappare da quello sguardo magnetico che voleva incatenarla.
La notte stellata degli occhi di Damon si fuse con il nocciola di quelli di Bonnie, come se ognuno dipendesse dallo sguardo dell'altro, come se non vi fosse alcuna necessità di sbattere le palpebre. Dopodiché Damon fece come promesso, e improvvisamente le pupille di Bonnie parvero dilatarsi.
«Non ricorderai nulla di questa sera; né del mio sfogo esasperato, né del fatto che ho sorpreso il mio fratellino ed.. Elena» -sputò quel nome con finto disprezzo- «a sbaciucchiarsi. Non ricorderai che ti ho baciata, non ricorderai che ho avuto un disperato bisogno di parlare con qualcuno, di parlare con te. Ma resterai il mio uccellino, streghetta.» terminò, con un sorriso amaro.

Bonnie non ebbe il tempo di rendersi conto di nulla che Damon era già volato via, e lei non riuscì a distinguere la sagoma del corvo nero, in quella notte altrettanto buia.
L'unica traccia del passaggio del vampiro, quella notte, fu una piuma corvina che si abbandonò lentamente sulle sue lenzuola.
E per tutta la notte, inconsciamente, la streghetta aveva stretto la mano destra attorno al polso sinistro, a cui era intrecciato un bizzarro braccialetto contenente verbena, regalatole anni prima dalla Gilbert.

**

Bonnie sfiorò con un dito le sue labbra, come se potesse sentire ancora la bocca di Damon posarsi sulla sua dolcemente, e poi il suo cellulare trillò, distogliendola da quelle dolorose fantasie e segnalandole un nuovo SMS. Il nome di Elena comparve sul display, e Bonnie ci cliccò con amarezza, leggendo tutto d'un fiato il messaggio della bionda.

Bon, appena leggi, corri alla pensione! Stefan e Damon sono già qui, stiamo aspettando te, Matt e Meredith, fa' presto. Stef dice di aver percepito una nuova presenza a Fell's Church e non è nulla di buono. A quanto pare si tratta di un vampiro. Ne parliamo da vicino. Xoxo”

Accidenti- pensò tra sé la ragazza -non ci voleva proprio.
Si vestì con calma, perché pensò che rimanere seduta solo con Damon, Elena e Stefan ad aspettare gli altri non fosse una così buona idea.
Cercò di tenere il più lontano possibile i ricordi della sera prima, decise che avrebbe provato a dimenticarli, come Damon avrebbe desiderato che accadesse sul serio. Avrebbe
finto e mentito, pensò con angoscia.
E, per sua sfortuna, non era una gran bugiarda.

 

Quando arrivò al pensionato, fu Elena ad accoglierla con un caloroso abbraccio.
«Bonnie, accidenti, sei arrivata!» finse di rimproverarla. «Temevamo ti fosse successo qualcosa!»
La rossa notò il tono eccessivamente preoccupato di Elena, e quando giunsero in salotto, scorse la stessa preoccupazione sui visi di tutti gli altri, compreso Damon.

«Qualcuno mi spiega cosa succede?» chiese lei, con un tono di voce troppo basso per tutti, ma non per Stefan. Le si avvicinò e le rivolse un sorriso fraterno, per poi lasciarla accomodare sul divano di pelle, proprio accanto al posto di Damon, che se ne stava spaparanzato, mentre lei cercava di evitare in tutti i modi il suo sguardo.
«D'accordo, Bonnie, sta' calma. Ti spiego tutto, ma resta tranquilla» iniziò, conoscendo il suo carattere fragile. «In sintesi, un vampiro ha bisogno di una strega. Ho percepito un'aura densa ed oscura, stamattina, accanto all' Old Wood. Era qualcosa di diverso dal solito, per cui mi sono messo alla ricerca ed ho incontrato lui, William. Mi stava aspettando, ero caduto nella sua trappola» Elena gli carezzò il braccio, come per dargli forza spronarlo a continuare, mentre le dita di Damon tamburellavano con ansia sul suo braccio. «E mi ha detto, testualmente: “Mi serve la tua streghetta, amico”, quindi siamo tutti d'accordo col fatto che potrebbe riferirsi quasi sicuramente a te. E poi è sparito, e da allora non sono più riuscito a percepirlo. Ma non temere, non cadrai nelle sue grinfie, Bonnie. Ci siamo noi.»
Lei non riuscì a metabolizzare tutto, quindi si abbandonò sul divano e non seppe cosa dire. Dopo quasi un minuto, riuscì a spiccicare qualcosa di sensato, un'unica domanda, pronunciata con un tono spaventato e scombussolato. «Cosa?!»
«Ho pensato che dovresti trasferirti qui, per i primi tempi» propose Elena, con cortesia. «Qui saresti più al sicuro che a casa tua, e poi i tuoi sono in vacanza, tua sorella Mary non abita più con te.. Io credo sia una buona idea, qui con noi saresti più al sicuro!»

Accidenti- pensò Bonnie una seconda volta, mentre le sue gote s'infiammavano e cercava di guardare sulla parete opposta. Non avrebbe retto lo sguardo di Damon. «D-d'accordo. Sistemerò tutto entro domani, promesso.. E g-grazie.»

 

-Angolo autrice-

Innanzitutto grazie a tutti voi che state leggendo/avete letto!
Inoltre, scusate, il capitolo è troppo breve, né è chissà quanto splendido *si prepara ai pomodori* ç_ç
Dunque, parlando della storia, come avrete capito stiamo per introdurre un nuovo personaggio che, a quanto pare, è interessato alla nostra streghetta.. Chissà come si rapporterà con il gruppo u.u
Anche se ora sembrerebbe non molto simpatico, a dirla tutta u.u
Bene, non vi dico più nulla *coffcoff*
Ricordate di recensire, ho bisogno delle vostre opinioni :3

Alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** III - Rapimento ***


capitolo 3
Rapimento



 

Il sentiero alberato per cui Elena e Bonnie stavano procedendo, si rivelò una scorciatoia solitaria verso casa McCullough, scelta accuratamente perché nessuno vedesse la bionda -che tutta la città sapeva essere morta-, aggirarsi tranquillamente nel centro di Fell's Church.
«Mh, dovremmo essere quasi arrivate» Sentenziò Elena, dopo aver blaterato per tutto il tragitto, senza che Bonnie ascoltasse neppure una delle sue parole. Le era bastato sorridere e annuire in maniera alternata.
Non era in vena di perdersi in chiacchiere; nonostante la Gilbert fosse una delle sue migliori amiche, gli ultimi eventi sovrannaturali l'avevano scombussolata e cambiata profondamente. E anche Damon Salvatore, con il suo fascino dannato, aveva modellato un po' quella che era la sua innata dolcezza, ponendola sempre in uno stato d'attenti, quando era nei paraggi.
Dunque, decise, chiacchierare del più e del meno con Elena Gilbert, la ragazza che sapeva giocasse con i sentimenti dei Salvatore, non era ai primi posti nella sua lista di "cose da fare".
«Sono contenta di averti accompagnata» iniziò di nuovo la bionda, in un ulteriore e quasi disperato tentativo di conversare con lei. «.. così possiamo scegliere insieme i vestiti che dovrai portare con te!»
Bonnie apprezzò lo sforzo, e le rivolse un sorriso buono e dolce, come ai vecchi tempi. Non riusciva ad avercela con lei, nonostante tutto. «Oh, grazie. Non vedo l'ora.»
«Già, potremmo fare pigiama party ogni sera!» Continuò, entusiasta, la Gilbert.
Bonnie le sorrise sincera, sentendosi un po' in colpa per i suoi pensieri precedenti, che non la dipingevano esattamente come la ragazza d'oro che tutti credevano fosse.
«Oh, eccoci qui!» Disse Elena, indicando con l'indice il profilo di casa McCullough. «Solo altri due passi.»
Bonnie era rimasta qualche metro indietro, per allacciarsi le converse malandate. Non appena alzò lo sguardo ed era sul punto di raggiungere Elena, però, notò una figura imponente che la ostacolava. Le si mozzò il fiato, per quanto era bello l'uomo dinanzi a lei, ma un brivido di spavento la scosse, perché, per quanto potesse sembrare angelico, emanava allo stesso tempo un'aria di terrore.
Una massa di capelli bronzei era la cornice di un viso spigoloso dai lineamenti classici ben definiti.
«Accidenti. S-scusami.» Balbettò lei, come al solito, pur non sapendo di cosa si stesse scusando.
Udendo le sue parole, Elena si voltò verso di lei, con sospetto, ma era troppo tardi.
Un sorriso smagliante, brillante quasi quanto il sole, si dipinse sulle labbra dello sconosciuto, prima che questi, con uno scatto fulmineo, si precipitasse sul corpicino di Bonnie, la caricasse in spalla e scappasse via in un batter d'occhio, mentre la streghetta tentava invano di liberarsi dalla sua presa ferrea scalciando come una bambina.
«Dannazione!» Riuscì a borbottare, prima di arrendersi definitivamente, sospirando.
Delle calde lacrime cominciarono a rigarle il volto, quando realizzò di essere così lontana da coloro che ormai erano la sua famiglia.

-

Elena era sconvolta. I suoi occhi erano sgranati e fissi nel punto esatto in cui Bonnie era scomparsa nel nulla, assieme a quella figura di cui non aveva avuto modo di scorgere il volto.
Ma ci volle poco, perché capisse chi fosse.
Un nome si formò nella sua testa, un nome che aveva sentito pronunciare dalle labbra del suo ragazzo poco prima e che corrispondeva a pericolo. William.
E, dopo quella tacita rivelazione, non ci volle molto per comprendere che la sua amica Bonnie doveva essere salvata.
Con fretta ed ansia, compose il numero di Stefan, il quale rispose dopo pochi istanti.
«Elena? Tutto okay?»
«S-Stefan. Ha preso Bonnie.» La voce della bionda era spezzata dai singhiozzi e non riuscì ad aggiungere altro. Ma non ce ne fu bisogno. Stefan, in un battibaleno, fu dalla sua ragazza, assieme ad un frustrato Damon, che aveva dovuto prima convincere i mortali a restare alla pensione. Nonostante Matt e Meredith avessero insistito, però, era riuscito a farli cedere. Ed era in una terribile ansia per la streghetta, nonostante non volesse farlo notare più di tanto, come al solito. Per cui si limitava a sbuffare e a far roteare gli occhi ogni tanto, recitando la parte del disinteressato.
«Damon, per la miseria! Potresti almeno fingere di interessarti al destino di Bonnie?!» Lo rimproverò la Gilbert, che però non fu minimamente calcolata dal vampiro, il quale continuò con il suo atteggiamento distante.
Erano nella porsche nera nuova di zecca di Damon, uno dei suoi ultimi 'acquisti', quindi non voleva dover ubbidire ai suoi ordini anche lì. Inoltre, quando la guardava, gli veniva in mente il suo fratellino che le si appiccicava addosso. Inutile dire che quei pensieri non fecero che rendere ancor più corrucciata la sua espressione, che era già tutt'altro che gioiosa.
Tornati alla pensione, i tre -uniti a Meredith e a Matt-, presero a percorrere su e giù il salotto, chi tamburellando con le dita sulla propria giacca di pelle per placare l'ansia, chi ponendo domande su domande, come se qualcuno conoscesse le risposte.
«Smettila,
Mutt
. Non sappiamo chi sia questo William» iniziò Damon, sputando quell'ultimo nome con disprezzo «nè cosa voglia da Bonnie, né se sia ancora viva. Contento?» E si sedette sul divano di pelle, con un tonfo e con uno sguardo di disapprovazione.
«Ci sarà pur qualcosa da fare per aiutarla, per trovarla..» Sospirò Stefan.
«Oh, sì. Potremmo sondare il territorio e.. Oh, aspetta! L'abbiamo già fatto.»
Damon usò il suo tono sarcastico e il suo sguardo torvo, per convincere tutti gli altri di quanto fosse scocciato da quella situazione, per distogliere l'attenzione da quell'ansia e da quella paura di perdere Bonnie. «E, udite udite: non ha funzionato.»


 

-

«T-ti prego, lasciami andare..» Balbettò Bonnie, in un ultimo disperato tentativo. Era seduta su un divano in cuoio, in una casa ariosa e luminosa dalle pareti bianche e l'arredamento interamente in nero lucido. Non seppe mai come fu arrivata lì, ma capì che vi era arrivata grazie a lui.
Lo sconosciuto, con un particolare inchino da uomo d'altri tempi, e con un baciamano, si presentò alla streghetta, che lo fissava con occhi increduli. «Sono William, Ledger.» Iniziò, con le labbra ancora vicine al dorso pallido della mano di Bonnie. La strega s'immobilizzò, ricordando le parole di Stefan. «Ma tu puoi chiamarmi Will.» Aggiunse in fine, con un sorriso accattivante che per un istante le sembrò sincero.
La rossa scosse il capo e ritrasse la mano.
«Io invece sono Bonnie. E voglio tornare a casa.»
«Ma certo che ci tornerai,
mademoiselle.» Continuò a mantenere quel bizzarro sorriso sghembo, mentre puntava i suoi occhi scuri e profondi nei suoi. Le ricordavano gli occhi di Damon, per quanto sembrassero delle notti stellate. «Scusa l'irruenza, ma avevo bisogno di una strega.. E chi se non una McCullough?»
«Come sai il mio cognome?» Chiese lei, quasi confortata dall'idea che non volesse farla a pezzettini e mangiarla nella zuppa.
«Diciamo che..» Pesò bene le parole, per non risultare troppo ossessivo nei suoi confronti, ma non ci riuscì. «.. Che ti osservo da un po', Bonnie»
«N-non posso aiutarti da casa mia?» Chiese lei, impacciata .
«In verità no. Devo averti qui, ora.»
Gli occhi della rossa si spalancarono a quelle parole che d'un tratto erano sembrate così decise e fredde.
Avrebbe voluto sputare tutte d'un fiato quelle domande che già da tempo le frullavano vorticosamente per la testa, ma dovette costringersi ad ordinare quell'incasinato flusso di pensiero, per non sembrare più impacciata di quanto non fosse già. E con un respiro profondo, cercando di ridurre al minimo l'indecisione nella sua voce, chiese: «Mi spieghi cosa c'entro io, con te, adesso? E tu chi sei?»
William non aspettava altro che utilizzare le belle parole per persuaderla, dunque fu più che felice di spiegarle il tutto. E Bonnie fu tutta orecchie.
«Come ti ho già detto, sono William Ledger. Ho centosette anni, e sì, sono un vampiro, ma credo che almeno il tuo inconscio abbia già fatto propria questa conclusione, non è così?» Non aspettò risposta da parte sua, ma continuò a parlare con la sua calda voce. «E quasi ogni vampiro abbastanza “anziano”, come me, brama costantemente di accrescere il proprio Potere per qualche ragione. E, dopo un'ardua ricerca, ho trovato i Grimori del Potere. Ne hai mai sentito parlare?»
Bonnie scosse il capo.
«Sono i Grimori che, secoli or sono, le Streghe nascosero in tre punti diversi, così che nessuno potesse trovarli. Il primo, il Libro della Sapienza, contiene i segreti della Terra e dell'Universo, venuti alla luce in un tempo arcaico e tenuti nascosti dalla Congrega dei Sapienti, di cui facevano parte alcune streghe; il secondo, invece, è il Grimorio Antico, in cui è racchiusa la Conoscenza Magica, frutto di secoli di apprendimento da parte delle streghe; il terzo è il Libro della Morte, dove è scritto il destino di ogni anima e dove sono contenuti i segreti dell'Aldilà. Si dice che il possessore e il conoscitore di tali volumi sia il vero padrone del mondo, e che il suo potere sia pari a quello di un dio. E, cosa più importante, che esso sia in grado di selezionare le anime dell'aldilà, per farle tornare in forma corporea sulla Terra.
Io ho bisogno di questo potere, Bonnie.» Pronunciò le ultime parole come una supplica, uscendo dalla trance di concentrazione con cui aveva spiegato, in breve, i fatti precedenti.
La rossa era sconvolta. Sentiva che quel
William l'avrebbe fatta cacciare in un guaio enorme. Eppure, ancora non capiva quale dovesse essere il suo ruolo in tutta quella storia.
«E io cosa c'entro? Insomma... Non pratico neanche la magia da un po'...»
«Che tu lo sappia o meno, un grande Potere scorre già nelle tue vene. Sei una McCullough, e una McCullough faceva parte dei Sapienti. Ce l'hai nel sangue.»
La ragazzina spalancò nuovamente gli occhi, confusa. Voleva che qualcuno piombasse in quella stanza lucida e la portasse a casa, o che aprisse improvvisamente gli occhi, meravigliandosi di quello strano sogno.
Eppure, sembrava che tutto stesse accadendo realmente.

«No.. Io conosco poco e niente della magia.. Lasciami andare..» Era distrutta.
«Bonnie, non vederla così. Siamo
amici.» Con l'indice e il medio le sollevò il mento, facendole alzare il viso e lasciando incrociare i loro sguardi. «Questa mia ossessiva ricerca di Potere ha uno scopo, Bonnie. Devo riportare in vita una persona.» William parlò con tono decisamente serio, volgendo, per la prima volta, lo sguardo al pavimento.
«Chi?» Chiese la streghetta, d'un tratto curiosa.
Lui sospirò. Non aveva voglia di pensarci, né di dirlo ad alta voce, ma capì che la strega aveva bisogno di una risposta. «Lo capirai più in là.»
Lei lo guardò incredula, mentre le sue ginocchia tremavano. «E cosa vuoi che faccia con questi.. libri?»
«Questi “libri”, ovviamente, non sono scritti in una lingua a me conosciuta. La cosa mi rende particolarmente frustrato, ma mi solleva sapere che tu conosca le rune celtiche.»

Come cavolo fa a saperlo? - pensò, spaventata. «Non è che io le conosca... Solo che non parto da zero, ecco..»
«Grazie del tuo aiuto, allora, Bonnie.» E le baciò nuovamente il dorso della mano, inspirando il suo profumo di fragola, mentre le gote le si infiammavano.
Lo sguardo della rossa volò per un secondo all'imponente porta nera, e William se ne accorse. «Non riusciresti ad oltrepassare i confini di questa casa» Disse, stroncando sul nascere il suo desiderio di scappare.
«E' un.. rapimento?» Chiese lei, con la voce interrotta.
«Se può servire a tranquillizzarti, vedila così,» iniziò «ma non chiederò riscatti, né ti violenterò, né occuperò abusivamente la tua casa, promesso.» E le rivolse un altro dei suoi sorrisi.
«No, in realtà n-non mi tranquillizza.. per nulla» Borbottò lei.
«Bonnie, sono un vampiro, se avessi voluto farti del male saresti già sofferente in un angolo, te lo assicuro. Ma ho visto in te enormi potenzialità, e voglio che tu sia la
mia strega. Perché ho bisogno di te. Inoltre, dopo la procedura completa, parte del potere scorrerà anche in te. Sarai una strega a tutti gli effetti e conoscerai ogni trucco magico» Disse lui, per provare a rasserenarla, notando il suo evidente disagio e la sua diffidenza.
E forse ci riuscì. Forse, la cosa che più la tranquillizzò, fu quella frase: “ ho
bisogno di te”; e non riuscì a fare a meno di pensare a ciò che Damon le aveva detto, quasi con lo stesso tono, quasi con le stesse parole: “stanotte avevo bisogno di te, uccellino”.
Qualcosa sembrò averla convinta e William si compiacque. «Vuoi vederli? I Grimori, intendo»
Dopo una breve pausa, la rossa annuì, timida. Will le fece cenno di seguirlo. Attraversarono un lungo corridoio su cui affacciavano diverse stanze, tutte dalla porta chiusa. In fondo ad esso, c'era una parete candida, ampia e spoglia, che si sollevò non appena il vampiro premette un pulsante nascosto chissà dove. Una volta dentro, la parete si richiuse, facendo sobbalzare Bonnie. L'illuminazione di quella stanza era simile a quella cremisi della Dimensione Oscura, ma meno terrificante. Era più simile ad un tramonto e, come questo, aveva anche un che di romantico.
Al centro dell'ampia stanza, un tavolo in cristallo sorreggeva i tre enormi volumi. Bonnie ne sfiorò la superficie, sentendo un formicolio alle dita, dopo il contatto. Ritrasse la mano di scatto e Will se ne accorse e le disse: «Riesci già a sentire il Potere, non è così?» La sua voce era elettrizzata.
Ma c'era ancora qualcosa che Bonnie non aveva ben compreso.
«Così tu mi hai “rapita”» e mimò due virgolette con le dita «solo per farmi tradurre questi?» chiese, con il suo tono di voce basso.

«In realtà c'è dell'altro» ammise lui. «Per completare la procedura, c'è bisogno di una sorta di rituale
«E.. di cosa c'è bisogno per questo..
rituale?» Chiese lei, spaventata già solo dalla parola.
«In realtà non lo so neppure io, ma è tutto qui dentro!» Rispose lui, facendo aderire la mano dalle dita affusolate alla superficie di uno dei Grimori.
«Sai,» disse, con le labbra vicine all'orecchio destro di Bonnie «questa luce ti rende ancora più bella e pura. Risalta le tue gote rosee» e sfiorò con un dito la sua guancia, mentre un brivido percorse la schiena della ragazza. «e infiamma i tuoi ricci» continuò, carezzando le punte di essi.
Bonnie era imbarazzata, quindi abbozzò un «G-g..grazie» impacciato e poi cambiò argomento.

«Dopo che ti avrò aiutato mi lascerai tornare a casa?» Le domande salivano a galla a raffica e, dopo un po', non si pose più problemi nel farle ad alta voce.
«Mh, sarai libera di tornare
dove vuoi» Cominciò. «Quindi, se lo vorrai, potrai tornare a casa. Altrimenti sarò lieto di averti al mio fianco. Anche perchè, come ho già detto, hai un grande potenziale, sarebbe uno spreco vederti tornare dai tuoi amichetti, che nemmeno ti apprezzano appieno.»
Chissà perché, ma le sembrò che si riferisse a Damon.
Scosse il capo, per cancellare quel pensiero.

- Stupida, stupida. Non pensare a lui, ora - si disse mentalmente.
Bonnie annuì, con le gote in fiamme, anche se era certa che sarebbe tornata dai suoi “amichetti”.
Will le porse la mano destra: «Allora, amici?»
Bonnie ebbe inizialmente paura, finchè un altro di quei sorrisi non si dipinse sul suo volto angelico. Decise che, con le giuste riserve, avrebbe provato a fidarsi. Ne sarebbe valsa la pena, forse, dato che sembrava l'unico modo per tornare a casa. Si chiese cosa le sarebbe successo se avesse deciso di non collaborare, ma non volle più pensarci, dopo aver formulato le prime ipotesi.
«Amici» rispose, stringendo la sua mano e ricambiando, per la prima volta, il sorriso.

 


Angolo autrice
Eccoci qui con un nuovo capitolo :3
Spero vi sia piaciuto, dato che c'è questo particolare "colpo di scena", utile anche per introdurre e -in parte- conoscere Will(iam), capendo quel che vuole dalla nostra streghetta!
*si prepara al lancio dei pomodori per l'ennesima volta*
Anyway, voglio ringraziare le tante visualizzazioni, e soprattutto le recensioni e coloro che inseriscono la storia tra preferiti/ricordati/seguiti. Recensite tanto, perché è davvero bello ed utile trovare i vostri pareri e le vostre critiche per andare avanti e per migliorare.
Ma grazie anche ai lettori silenziosi, perché resta un onore sapere che qualcuno perde il proprio tempo a leggere ciò che scrivo.
Grazie, alla prossima


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1781538