If I take you tonight, is it making my life a lie?

di MrBadCath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Final Destination. ***
Capitolo 2: *** I get around (A night at the Opera) ***
Capitolo 3: *** What will be my love, can’t you see that I just don’t know? ***
Capitolo 4: *** I look at you all, see the love there that’s sleeping, while my guitar gently weeps. ***
Capitolo 5: *** Does Your Mother Know? ***
Capitolo 6: *** And the waves... they get so high! ***
Capitolo 7: *** She don’t take no prisoner ***
Capitolo 8: *** Breakfast with ***
Capitolo 9: *** Lost in Elation ***
Capitolo 10: *** Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part I) ***
Capitolo 11: *** Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part II) ***
Capitolo 12: *** Error 404: brain not found. ***
Capitolo 13: *** Somehow I have to make this final breakthru… NOW! ***



Capitolo 1
*** Final Destination. ***




1. Final Destination


- 10 novembre 1977 -
Londra


«Allora sei sicura di voler venire con noi?»
«Certo! Te l'ho detto, io non ho nessun problema. Mi sono presa dei giorni di ferie in più apposta!» esclamò la ragazza infilando quattro paia di jeans nella sua valigia. «E poi non vedo l'ora di vedervi suonare.»
John le sorrise, con le guance leggermente rosse, mentre sistemava una maglietta. Poi disse:
«Ma Rachel... Non ti stancherai mica, restando sveglia?»
«Ma che dici! Ci sarete voi a tenermi sveglia.» la ragazza gli lasciò un bacio su una guancia stringendolo a sé.
«E va bene,» rise il bassista «basta solo che nel caso ci sia un'emergenza tu non ti trovi nel mondo dei sogni!»
Rachel rise con lui e finalmente chiuse la valigia. Erano pronti. Il viaggio poteva finalmente cominciare... Ma non prima della mattina dopo.


Maybe it's just a feeling,
everytime we meet,
but you hit me right out of the blue
from all those people
out on the streets.
And if one time you told me...
that you loved me,
heaven knows!
I would feel that I could ski right off the bridge
of your pretty nose...


«Dove hai detto che ti avrebbero aspettato, i ragazzi?»
«Al check-in, se non sbaglio... Infatti guarda là!» esclamò John mettendole un braccio intorno alle spalle e indicando un piccolo gruppetto che si era formato vicino al rullo del check-in.
Rachel osservò e notò, in effetti, una massa di ricci a lei molto familiari che le fecero capire che i ragazzi erano arrivati e aspettavano solo loro. O, almeno, le fecero capire che c'era Brian.
La ragazza provò a urlare il suo nome, ma il caos che regnava nell'aeroporto sovrastava la sua voce. Allora gli corse incontro scansando la gente e, non appena fu alle sue spalle, lo abbracciò da dietro. Era troppo alto perché lei gli potesse saltare addosso - lo avrebbe fatto volentieri, era troppo felice di vederlo.
«Rachel!» urlò il chitarrista, sobbalzando e girandosi verso la ragazza rossa per l'emozione, che continuava a ridere per la sua reazione. «Ma che ci fai qui?» chiese abbracciandola.
«Beh, vengo con voi, no?»
«E lasci le valigie a me, brava...» John arrivò poco dopo, prima che Brian potesse replicare.
«Oh, merda!» Rachel andò dal suo ragazzo e prese la propria valigia dalle sue mani. «Scusami...»
Il bassista sospirò, mentre Brian rideva.
«Per questa volta ti perdono, perché mi hai chiesto scusa da brava bambina e perché era giusto che andassi a salutare Brian in questo modo, dopo tutto il tempo che non l'hai visto.» disse benevolo sfiorandole il naso con un dito.
«Ti amo, Johnny.» lo baciò su una guancia.


And if one time you told me that you cared for me...
You would, renovate my soul...


Appena John si sciolse dall'abbraccio di Rachel, questa si mise a parlare con Brian, che prontamente le presentò Julia, la ragazza di Roger.
«Piacere!» sorrise quest'ultima, mostrando giovialmente tutti i denti bianchi.
«Ciao... Bel colore!» disse Rach stupita, notando che i suoi capelli erano... Viola.
«Ti piacciono?» Julia si attorcigliò una ciocca tra le dita, con fare apparentemente civettuolo. «Li ho tinti stamattina! Avevo un po' voglia di trasgressione...» rimase vaga, poiché lo sguardo le era finito su John, che se ne stava tutto tranquillo in disparte senza disturbare nessuno. I loro sguardi si incontrarono per un millisecondo.
D'istinto, provò ad allungare la mano verso di lui per presentarsi, ma prima che potesse anche solo aprire bocca, Freddie prese tutti dietro di sé e se li tirò dietro attraverso il passaggio del check-in, sbraitando che non c'era più tempo e che erano in estremo ritardo.


This could be my destination...


Mentre aspettavano l'aereo, Rachel si avvicinò a Brian.
«E allora? Questa famosa Ninì di cui mi parlavi sempre? Mi aspettavo che ci fosse, ad accompagnarti...»
«Beh...» il chitarrista si grattò la testa, sospirando. «Il fatto è che lei, in pratica, mi sta aspettando. I suoi genitori sono di Detroit, quindi è da loro, e ci raggiungerà per la seconda o la terza data del tour.»
Appena finì di parlare, sulle sue labbra sottili si disegnò un sorriso quasi ebete, mentre il suo sguardo vagava nel vuoto.
«Quella faccia non mi convince. Che hai in mente?» chiese Rachel con fare accusatore.
«Io...» Brian arrossì leggermente. «Voglio chiederle di sposarmi.» La sua amica rimase per un secondo interdetta, poi spalancò gli occhi e lo abbracciò, facendogli i migliori auguri. «Sei la prima a saperlo.» disse lui emozionato, stringendola. «Ovviamente è ancora un po' tutto da organizzare, e poi le devo dare l'anello...»
«Oh, che bello! Ce l'hai dietro? Lo posso vedere?» chiese elettrizzata.
Brian, senza che il sorriso gli sparisse, si frugò nella tasca interna del soprabito e ne tirò fuori una scatolina, dentro la quale c'era un meraviglioso anello con un diamante incastonato.
Rachel era emozionata quanto lui, si morse un labbro e mormorò:
«È bellissimo... Le piacerà da morire!»
«Lo spero...» mormorò guardandola negli occhi.
Proprio in quel momento, il loro volo fu annunciato.
«Eccolo, ragazzi!» esclamò Julia eccitata. «Destinazione: USA!»


This could be my destination You must be my destination...




- Fat Bottomed Girls, you make the rocking world go round!
Buon pomeriggio a tutti e benvenuti in quella che sarà una very very very long fiction.
Questo piccolo paragrafo è reso necessario dalla burocrazia:
1. Questa fan fiction è © _Mayhem_ (nd: la Cath), Midori Meddows & MrBadGuy [rigorosamente in ordine alfabetico].
2. Desclaimers: i Queen non ci appartengono; le canzoni citate non ci appartengono; i fatti narrati non sono mai accaduti.
Un saluto,
M&M&M.

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Capitolo 2
*** I get around (A night at the Opera) ***



2. I get around (A night at the Opera)

- 18 novembre 1977 -
Detroit


Detroit era già una città abbastanza incasinata degli Stati Uniti. Immaginate quando ci arrivarono i Queen.
«Mami, farò tardi. Non mi aspettate sveglia. Ehm, mi chiedevo se domani non posso portare a pranzo una bella cosa con me!» Courtney sorrise soddisfatta, aspettando sull’arco della porta una risposta. Era pronta per uscire e aveva aspettato l’ultimo secondo per dare la buona notizia, visto che se la faceva sotto dalla paura, anche se la cosa non rientrava proprio nelle abitudini di una ragazza fine e composta come lei.
«Il dolce?» domandò il padre con aria da burlone.
«Pensavo il ragazzo che ha chiesto la mia mano, ma possiamo portare anche il dolce!» sghignazzò lei.
«Oh, tesoro! Lo sapevo che la tua visita doveva nascondere qualche bella sorpresa!» strillò la mamma entusiasta. La ragazza non le diede il tempo di continuare, sentì il motore dell’auto rombare per la strada e si precipitò fuori dall’abitazione, salutando tutti e sparendo in un batter d’occhio.
«Ah, niente domande, vedrete tutto domani!»
Non appena arrivata di fronte alla vettura si risentì di vedere al volante Roger Taylor, ma decise che non valeva la pena sprecare quel bellissimo momento perché aveva visto prima il suo odiato del suo amato. Sapeva che doveva, in un modo o nell’altro, abituarsi alla presenza di Roger (e della sua fidanzata con i capelli viola) perché avrebbero dovuto continuamente convivere nei backstage dei tour, fino a che i Queen sarebbero andati avanti - e Courtney aveva la sensazione che sarebbero andati avanti ancora per molto.
Balzò sul sedile posteriore e strinse con tutta la forza che aveva in corpo la testa ricciola del suo fidanzato, stampandogli un bacio sulle labbra. Non si vedevano da ben tre giorni. La macchina ripartì quasi subito e con lei i quattro passeggeri.
«Dai, non tenerci sulle spine, che hanno detto?» domandò Julia felice. Una cosa, forse l’unica, che Courtney apprezzava di lei, era la sua capacità di essere entusiasta di ogni piccola cosa. Roger in tutta risposta pigiò nervosamente sull’acceleratore. La notizia, da top secret, si era diffusa a macchia d’olio.
«Beh, domani a pranzo sei ufficialmente invitato dalla mia famiglia!» esultò la moretta, stringendo a sé Brian e lui fece lo stesso, felice e allo stesso tempo nervoso al solo pensiero. La sua timidezza alle volte sapeva essere uno scoglio insormontabile, ma si consolava pensando a quella del suo collega bassista.
«Ripensaci Brian, non ti sposare. Non puoi mai sapere, magari ti tradisce con il primo ballerino...» ridacchiò invece il batterista. Nello specchietto retrovisore si stava combattendo una battaglia di sguardi tra lui e Courtney: nessuno dei due sembrava intenzionato a rinunciare ad avere il chitarrista, per un verso o per un altro.
«Ma non dire idiozie...» si intromise Julia, che ci teneva particolarmente a tornare fino al palco con lo stesso numero di arti con cui era partita e che voleva quindi evitare che la ballerina sul sedile posteriore si scagliasse sul suo fidanzato al volante (anche perché la macchina era ovviamente noleggiata e sarebbe stato meglio riportarla indietro tutta intera).
«Hai ragione!» continuò Taylor «Di solito i ballerini sono...» il biondo decise di ignorare gli avvertimenti di pericolo che la fidanzata gli lanciava con gli occhi e andò avanti per la sua strada «gay!»
«Sei proprio un cretino. E lo dico nel totale rispetto del vincolo di amicizia che ti lega al mo futuro marito.»

Julia non aveva proprio niente da fare mentre il suo fidanzato e i suoi amici intrattenevano il pubblico. Era passata solo un'ora da quando Roger si era seduto sullo sgabello di finta pelle nera e lei già si annoiava.
Fortunatamente c'era uno specchio nel camerino, (sì, mentre tutte le altre erano ad ammirare i propri amati, lei stava stravaccata su un divanetto), si alzò e poté guardarsi da vicino.
Meccanicamente Julia controllò se alla base della folta chioma viola ci fosse solo un millimetro di ricrescita; non ve n'era traccia. La sera avrebbe controllato anche quella di Roger; era inaccettabile che una coppia perennemente esposta alle ferree e scoccianti critiche della stampa, che perseguitava i Queen da sempre, si presentasse in giro con la ricrescita. Per non parlare dei critici musicali! Quella sotto categoria di artisti falliti cercava in tutti modi di dissolvere il successo creatosi attorno alla figura dei quattro ragazzi inglesi; Julia, per quanto potesse essere una giovane tranquilla e relativamente mite, non sopportava il modo in cui quei bastardi criticavano il suo panterone, come diceva lei.
Roger era molto incazzato a riguardo, soprattutto dispiaciuto, però.
Non che lo desse a vedere ai ragazzi, anzi, non accennava neanche a dubitare del futuro successo dei Queen, ma appena si chiudeva la porta di casa alle spalle era pieno di interrogativi; certo, niente che il pensiero di una folla adorante o una notte d'amore non sarebbero riuscite a spazzare via.
Julia chiuse gli occhi, visualizzò, nel buio che le si chiuse attorno, un'immagine.
Si alzò di colpo e sentì l'improvviso bisogno di imprimerla su tela, prima che la preziosa idea svanisse; era fondamentale per il suo lavoro, cogliere ogni opera quando era ancora fresca, per renderla spontanea.
«Oh sì!» esclamò, prendendo una penna che qualcuno aveva buttato per terra per caso. Sfortunatamente le mancava la tela, o per lo meno un foglio su cui scrivere qualcosa, l'unico blocco di fogli nel raggio di due chilometri era quello di Courtney, dove la ballerina appuntava ogni suo spettacolo o impegno personale importante.
‘Non si arrabbierà se prendo un foglio, no?’, pensò la pittrice, scegliendo un foglio a caso fra gli altri.
La sfera della bic provvedeva a distribuire l'inchiostro in modo equo a ogni tratto; dopo qualche minuto di lavoro, Julia staccò gli occhi dal disegno e lo guardò da lontano. Erano giorni che non riusciva a disegnare qualcosa che la soddisfacesse pienamente, ma, in quel momento aveva prodotto lo schizzo perfetto per un'opera grandiosa.
Il suo Roger l'avrebbe baciata sulla testa e l'avrebbe stretta, dicendole che era meraviglioso, come sempre; ma quella volta era diverso, a Julia piaceva veramente quel che aveva prodotto, non vedeva nel corpo femminile che aveva disegnato.
Doveva solo prepararsi all'eventuale reazione di Courtney, se si fosse accorta del foglio strappato...
Julia tornò con gli altri solo durante l'assolo di chitarra, quando il resto della band lasciava il chitarrista in intimità col pubblico.
«Amore, perché non vai a prendermi il pacchetto di sigarette che ho lasciato giù nei camerini?», Roger sembrava più tranquillo di quel che in realtà dovesse, sarebbe dovuto rientrare in scena poco tempo, non due giorni;
«Mi chiedo come tu riesca a vivere senza di me dietro le quinte!» esclamò ridendo la ragazza bassa e minuta, scendendo le scale con un'energia che non si addiceva al suo corpo.
Velocemente, senza neanche pensarci, Julia aprì la porta del camerino.
Grande errore.
John Deacon, intento a cambiarsi i pantaloni, cadde dietro al divanetto per lo spavento, o cercando di non farsi vedere da chiunque stesse entrando. Dopo aver tenuto gli occhi sgranati per una manciata di secondi, la giovane dai capelli viola corse dietro il sofà, nell'intento di aiutare il bassista ad alzarsi; più rosso di un pomodoro, il musicista aveva i pantaloni tirati su fino alle ginocchia.
«Vuoi una mano?»
«Eh?! Ti sembra che abbia bisogno di una mano?...E poi per...Per COSA?»
«Intendo, per alzarti, John... E se devo essere sincera avresti bisogno di più di una mano» la ragazza ridacchiò sotto i baffi.
Si guardarono negli occhi e, quando John si alzò senza afferrare la mano di Julia, più per timidezza che per scortesia, lei non poté fare a meno di notare la protuberanza ubicata all'interno della biancheria intima bianca, costringendosi però a distogliere lo sguardo e a concentrarsi su quel che doveva prendere... come non detto.
«Che... Perché sono venuta qui?»
«Se non lo sai tu...»
«Sei simpatico, insomma.»
«Cosa diresti, tu, se all'improvviso la ragazza di un tuo collega entrasse nel camerino mentre sei mezzo nudo?»
«Probabilmente... ‘Ciao.’. Sicuramente non mi auto incapretterei dietro al divano» e dopo una strizzata d'occhio, Julia si ricordò improvvisamente il motivo per cui si era trovata in quell'imbarazzante situazione, le sigarette.
Dopo aver afferrato il pacchetto, la ragazza stava per uscire dalla stanza,
«Gradirei che questa sera Roger non costruisse una barzelletta su quel che è successo» Deacon accennò un sorriso, con ormai i pantaloni ben allacciati,
«Tranquillo. Prometto che non ne parlerò a nessuno» sorrise di riflesso la Julia, che quando si ricordò di avere una tremenda fretta, si fiondò fuori dalla porta.
Roger e la sua fidanzata si accesero una sigaretta, uno davanti all'altro, mentre un ragazzo del Queen Staff, massaggiava le spalle al batterista e gli asciugava il sudore dalla fronte,
«Non dovresti sbrigarti?»
«In teoria sì, ma ho sempre tempo per una sigaretta con te, piccola...»
Lei sorrise intenerita da quello slancio improvviso di tenerezza del biondo, poi gli prese la mano:
«Siete grandiosi, lo sai?»
«Certo che lo sappiamo, siamo i Queen» si intromise Freddie, un metro più lontano, poi aggiunse, «Dolcezze, non sapete quanto mi dispiace separarvi ora, ma il lavoro chiama!»
Il cantante tirò per la mano Roger sul palco, Julia sorrise.
‘Che tipo!’ pensò fra sé e sé divertita.



ndAut: Ecco a voi un fantastico disegno di MrB che ritrae la bellissima Julia :) Enjoy <3
E un ringraziamento a tutti coloro che ci seguono, commentano etc etc :D
Much love,
M&M&M

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Capitolo 3
*** What will be my love, can’t you see that I just don’t know? ***



3. What will be my love, can’t you see that I just don’t know?


- 18 novembre 1977 -
Detroit


Music is playing in the darkness
and a lantern goes swinging by.
Shadows flickering,
my heart is jittering...
Just you and I.


Il concerto era andato alla grande e tutti erano andati a festeggiare, ma verso una certa ora Courtney aveva il ‘coprifuoco’, quindi Brian si prese la briga di riportarla a casa, sebbene un po’ contrariato all’idea.
«Volevo dire a Roger che il primo ballerino è tuo cugino, ma poi si sarebbe sotterrato dalla vergogna, povero...» Brian passò la mano sulle tempie «Sei sicura di essere pronta a sopportarlo per tutta la vita?»
«Sposerò te, mica lui!»
«Posso baciarti qui sotto casa senza rischiare la fucilazione? Ho l’anello qui in tasca, comunque, dici che varrebbe come giustificazione?» sorrise Brian, lasciando un tenero bacio sulle labbra della sua bella ballerina. Aveva tenuto il piccolo cerchio d’oro ben nascosto nella stessa tasca dal giorno della partenza, con tutta l’intenzione di consegnarlo alla fidanzata nel momento in cui suo padre gli avesse concesso la sua mano.
«Not tonight, come tomorrow, when everything’s sunny and bright.»
«Non vedo l’ora...»
La giovane coppia si salutò e Courtney sparì fino a chiudersi la porta di casa alle spalle. Salì le scale e andò in camera. Accese la luce sul piccolo tavolo adibito un tempo a scrivania, ora a zona trucco, e si guardò allo specchio. Aveva stampato sulla faccia un sorriso da scema, tipico di un’adolescente totalmente inghiottita da una cotta stratosferica.
Courtney, che di anni ne aveva ventotto, non era più tanto adolescente, ma da quando aveva incontrato Brian una notte, all’opera, non era mai riuscita a togliersi quell’espressione dal viso. Era così felice con lui, non lo era mai stata prima. E presto gli avrebbe dedicato la sua intera esistenza.
Qualcosa fece tentennare il vetro della finestra e lei subito si voltò, spaventata a morte. Scostò la tenda dal vetro con un certo timore, e... Brian?!
«No no no, come tomorrow.» disse piano la ragazza, ma lui la ignorò, si arrampicò fino al davanzale della finestra ed entrò. Portò il dito indice sulle labbra della moretta che lo guardava estasiata. Si diede una rapida occhiata intorno, poi spense la luce sulla scrivania e fece distendere la fidanzata nel piccolissimo letto singolo, stringendosi accanto a lei.
«Mi ero dimenticato di darti la buonanotte,» sussurrò talmente piano da farla rabbrividire «di dirti che ti amo e che non riesco a immaginare un futuro in cui tu non ci sia, piccola stella. E soprattutto di chiederti se domani devo portare qualcosa per il pranzo.»
«Time don’t mean a thing, when you’re by my side, please stay a while.»


I can hear the music in the darkness
floating softly to where we lie.
No more questions now:
let’s enjoy tonight.


L'unico rumore, sotto di loro, era creato dall'ondeggiare delle tende, mosse dal vento. 
I due corpi intrecciati erano come in simbiosi, non riuscivano a dividersi; anche volendo. 
Non era un problema né per Brian né per Courtney, che stringeva le gambe attorno ai fianchi del suo ragazzo, completamente avvolta nella passione del bacio. 
I seni, ogni qual volta che il ricciolino baciava il collo della sua amante, lo sfioravano più che pericolosamente... rendendogli i vestiti ancor più stretti di quanto gli dovessero stare in realtà. 
In quel momento c'erano solo loro e l'insieme di cuscini morbidi su cui si erano adagiati silenziosamente, 
«Dai, i miei sentiranno tutto...» Courtney non voleva cacciare il suo fidanzato, semplicemente voleva farsi desiderare.
«No... Giuro che saremo silenziosi.»
«Lo sai che con te perdo la testa...» fece la maliziosa la ballerina.
Silenziosamente decisero che una notte d’amore in più non avrebbe fatto male a nessuno. 
A meno che i genitori della ballerina non fossero piombati all'improvviso in camera, con un fucile a canne mozze. 
«Però per favore... Non...» all'idea di essere scoperta da suo padre nel letto con il suo futuro marito, in uno dei momenti più intimi che una coppia possa avere, Courtney aveva un groppone in gola, dove le dolci labbra del suo amore si erano più volte posate, 
«Tranquilla, sai che ti puoi fidare di me» dopo averla stretta in un abbraccio protettivo, Brian esaminò il suo corpo con le proprie mani. 
Più le lancette dei minuti avanzavano sull'orologio a parete, più i vestiti dei due giovani scivolavano sul pavimento; i corpi si avvinghiavano. 
Le dita lunghe e affusolate del chitarrista stringevano delicatamente i seni, che culminavano in un'elegante puntina turgida. 
Brian affondò la propria lunghezza all'interno della sua fidanzata, che sotto di lui buttò la testa all'indietro evidenziando i muscoli delle proprie spalle. 
Courtney non poté fare a meno di farsi sfuggire un mugolio, poco dopo chiuse i denti attorno alla spalla magra del suo amante. 
Con un colpo di reni la ballerina si portò su Brian e lui si lasciò cadere sul materasso, completamente sovrastato da tutte le sensazioni che in quel momento provava, dall'eccitazione che gli provocava l'avere sopra il corpo bramoso di Courtney. 
Il culmine di entrambi arrivò. 
Si strinsero, si graffiarono e si coccolarono.
L'apice li travolse come un'onda, lasciando poi che i loro corpi stanchi si stringessero l'uno con l'altro, stanchi.
«Credi di scappare, ora?»
«No, passerò tutta la notte con te,» Brian infilò il naso nella scura chioma della sua futura sposa, «questa e tante altre.»


Just you and I.


ndAut: Perché noi siamo artiste complete LOL
Ecco a voi la nostra Courtney con il tutù raffigurata da Midori :)
Enjoy :D




- Fat Bottomed Girls, you make the rocking world go round!
Avevo detto a qualcuno di voi che avremmo aggiornato giovedì, il problema è che sto dietro a così tante fiction che confondo le date @.@ Inoltre la sezione è molto attiva ultimamente, quindi mi sembra carino riportare alla vostra attenzione questa meraviglia <3
Much Love,
- Mayhem.

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Capitolo 4
*** I look at you all, see the love there that’s sleeping, while my guitar gently weeps. ***



4. I look at you all, see the love there that’s sleeping, while my guitar gently weeps.


- 19 novembre 1977 -
Detroit


A momenti si sarebbe tenuto il soundcheck di Brian e sul palco e nei suoi dintorni si erano radunati i curiosi. Julia e Courtney stavano parlando del più e del meno mentre aspettavano che il chitarrista si degnasse di cominciare. 
«E quindi sei tipo una pittrice?» domandò la mora. 
«Sì, mi ritengo un artista.» rispose l’altra. 
Courtney la guardò con l’aria di una che la sapeva lunga, poi proseguì: 
«Non m’intendo di pittura, ma ho anch’io dei quadri a casa. Con delle ballerine naturalmente. Sono bellissimi, però li ho pagati una fortuna.» 
«Oddio... non avrai mica comprato dei Degas?!» esclamò. La conversazione avrebbe di certo preso una piega interessante se non fosse arrivato Roger. 
«Hey Pirouette, quello è il mio sgabello e lo voglio libero. Subito.» brontolò, salendo sul palco. 
«Hey, ci sono mille sgabelli: siediti su un altro e non fare tante storie, lo sai che ha problemi con la caviglia.» commentò Julia, che non voleva veder volare pezzi di batteria per il palco. 
«Io voglio assistere al soundcheck di Brian dalla postazione migliore, che è questa.» replicò lui. «Quindi... sloggia. Oh, andiamo, che c’è pulcino? Non riesci a stare in piedi? Hai fatto colazione con solo un grissino integrale e adesso hai un calo di zuccheri?» la prese in giro lui.
Courtney si drizzò in piedi mostrando con fierezza che stava benissimo. 
«Prego, te l’ho pure scaldato.» rispose stizzita.
«Dove la trovo una donna così? Peccato che la sposi te, Brian.» fece il sarcastico lui.  Brian rise, poi iniziò a suonare. 

«Johnny, io vado a farmi un giro!» 
«Eh? E dove vai?» John alzò la testa dal bracciolo del divanetto. 
«Mah, a salutare i roadie, a vedere come funziona, se sta andando tutto bene e cose così.» la ragazza gli diede un bacio sulla fronte. «Cerca di riposarti per stasera!» 
«Non ti preoccupare.» sorrise il bassista. «A dopo!» 
Rachel lo salutò, chiuse delicatamente la porta del camerino e si avviò senza una meta precisa lungo il lungo corridoio bianco. Aveva proprio bisogno di sgranchire un po’ le gambe, e poi non voleva disturbare il suo ragazzo, che doveva essere tassativamente in forze per il concerto di quella sera - come ogni volta, del resto. 
Tutto l’androne era completamente deserto e regnava un silenzio di tomba. Rachel era in grado di sentire solo i propri passi rimbombare sul pavimento. Da sopra proveniva un leggero suono di chitarra e batteria, segno evidente del soundcheck in corso, e gli striduli acuti di Courtney, prova che Roger ne stava combinando una delle sue, ma il silenzio era in grado di attutire persino quello. 
Rach non era un tipo da marmaglia, ma neanche da deserto. Cioè, le piaceva stare in mezzo alla gente, ma era meglio che non fosse troppa. Si accontentava dei suoi pochi amici e del suo ragazzo, quando capitava. Perciò, non sapeva come sentirsi, in quell'immenso corridoio - di sicuro molto disorientata, non sapeva dove era diretta né tanto meno come si facesse ad uscirne. 
Ad un certo punto, trovò una porta aperta e un riflesso di luce le andò negli occhi.
Provando fastidio, se li strofinò e poi rivolse lo sguardo ambrato verso la fonte di quel disturbo. Subito notò la forma sinuosa di quello che sembrava essere uno strumento musicale e, incuriosita, entrò nella stanza. 
Lo strumento era un esemplare stupendo di chitarra acustica a dodici corde, assomigliava a quella che Brian usava durante le esibizioni di '39 e Love of My Life, e la ragazza ne fu profondamente affascinata. Non resistette, la prese in mano e incominciò a pizzicare le corde, facendo accordi casuali, senza neanche usare il plettro. 
Però, si disse, niente male per una che non tocca una chitarra da quasi cinque anni. Fino all'anno della laurea era stata la sua passione suonarla, ma poi gli studi e, di conseguenza, il lavoro, le avevano fatto perdere un pochino la mano. 
Continuò a suonare immersa nei suoi pensieri, fino a quando non sentì la porta del camerino, rimasta socchiusa, aprirsi completamente producendo un cigolio stridulo, contemporanea a una voce familiare: 
«Sì, Julia, avverti John che deve venire sul palco per il soundcheck, grazie.» 
Rachel alzò la testa e si ritrovò gli occhi verdi di Brian a fissarla, stupiti ma sorridenti. Espose il suo miglior sorriso e disse: 
«Oh, ciao!» 
«Ciao, Rachel...» rispose l'altro, sorridendo a sua volta. «Che ci fai qui?» 
«Oh, niente... Rispolveravo le mie conoscenze.» rise, ancora con la chitarra sulle ginocchia. 
«Con la mia dodici corde?» il sorriso non gli era sparito dal viso e gli occhi avevano preso una piega accusatrice. 
«Ah, davvero è tua?» la ragazza cadde dalle nuvole. 
«Già, e guarda caso questo è il mio camerino!» 
Il chitarrista era visibilmente divertito per quella situazione. Eppure sapeva che la sua amica non sarebbe fuggita dalla vergogna. L’altra si guardò intorno: effettivamente c’era tutta la roba di Brian, e anche quella di Courtney. Dal canto suo, era più imbarazzata che mai. Ma non era da lei dimostrarlo, perciò si limitò a ridere nervosa. Si alzò e ripose lo strumento al suo posto, poi si avvicinò al suo amico e disse: 
«Scusa. È che non ho resistito, non suonavo da tanto tempo...» 
«Non ti preoccupare.» la interruppe. «Se vuoi, posso darti una mano a perfezionare la tua tecnica.» 
«Oh...» le guance le si tinsero leggermente di rosso. «Grazie. Ci penserò!» gli fece l'occhiolino. «E... tu? Com’è andata con i genitori di Courtney?» 
Brian sorrise. 
«Benissimo. Ho accompagnato Nìnì a casa e le ho fatto una sorpresa, sono salito in camera sua e...» Rach lo guardò preoccupata, sperando che non si addentrasse in particolari anatomici che non la interessavano più di tanto. «Beh, sì, insomma, ho dormito da lei. Stamani ho usato il suo bagno, mi sono dato anche il profumo di suo padre, poi sono sceso dalla finestra, sono andato a comprare il dolce e sono andato a suonare alla porta. Suo padre mi ha persino detto che usiamo lo stesso profumo!» 
Brian scoppiò a ridere e la ragazza lo guardò perplessa. 
«Ok... Ora devo andare, John di sicuro mi aspetta!»
«D'accordo, ciao!» 
Dicendo questo, il chitarrista le scompigliò i capelli. Rachel rise e tornò da John, per mascherare l'emozione che l'aveva travolta fino a quell'istante.


- Fat Bottomed Girls, you make the rocking world go round!
Scusate il ritardo epocale, ma ho avuto problemi con la connessione ultimamente e per caricare il disegno di MrB mi ci è voluto un anno ahah (è divertente fino a che la connessione non è la vostra -.-’’)
Un paio di notizie flash: sul profilo FB e Twitter di Mayhem (cioè mio LOL) sono disponibili in anteprima i test della personalità per scoprire quale personaggio femminile della fiction siete :D Verranno pubblicati qui su efp con il capitolo 6 :D (BlueJayWay <3)
Ancora grazie a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, che ci seguono e che ci commentano.
Take care,
- Mayhem.


Rachel © MrBadGuy.

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Capitolo 5
*** Does Your Mother Know? ***



5. Does Your Mother Know?


- 21 novembre 1977 -
Toronto


«Ballerina, che cosa hai intenzione di fare?»
La voce di Roger fece sobbalzare Julia che disegnava assorta accanto a lui. Courtney smise di giocare con il paio di occhiali da sole poggiati sul tavolo, e indossò il suo migliore sguardo provocatore, ma da vittima:
«Che vuoi da me? Non dovresti lasciare le tue cose in giro, se ci tieni tanto!» rispose con la voce con la voce acuta, lasciando l'oggetto della discussione in modo sgraziato. 
Brian e Freddie si lanciarono un'occhiata perplessa, poi il ricciolo posò di nuovo gli occhi sul suo prezioso rubino e pizzicò le corde con le dita lunghe e affusolate. 
-Un segno qui, un po' di carne qua, gli occhi un po' più fini e...Maledizione!- con uno spasmo Julia accartocciò il foglio disegnato all'interno della sua mano destra, -Sembra di nuovo John!- urlò nella sua mente l'artista, mentre buttava il foglio nel cestino; John per di più, in quel momento neanche c'era!
Freddie non poté fare a meno di avvicinarsi al secchio, incuriosito.
«Che succede, tesoro?» il cantante aveva addirittura abbassato la rivista, che parlava di lui, per vedere quanto accaduto.
«No! Ti prego Freddie, non prenderlo, è orrendo! Non merita neanche di essere visto!»
«Scherzi? Un disegno è la nostra anima, solo impressa su un foglio! Certo, c'è chi la rende bene e chi male, ma sai, tu per come sei brava avrai sicuramente prodotto qualcosa di...»
«Inaccettabile!» tagliò corto la ragazza, sorridendo.
Rachel entrò nella saletta, che in teoria sarebbe dovuta essere adibita al suond check, aprendo la porta all'improvviso.
«Ciao!» esclamò radiosa mentre trascinava per la mano, dietro di sé, il suo fidanzato John Richard Deacon, che indossava una t-shirt uguale a lei, azzurro cielo.
«Be', ora vi coordinate anche?» Roger, con il suo commento, causò un rossore sulle guance del suo collega, che si limitò a sorridere.
«Oh sì» rispose la ragazza per tutti e due, mentre abbracciava il suo fidanzato in una maniera meravigliosamente affettuosa.
Che coppia meravigliosa! 
Tutti nella band si chiedevano quando avrebbero messo su famiglia, quando si sarebbero sposati, perché tutti i componenti del gruppo morivano dalla voglia di tenere un piccolo John, o una piccola Rach tra le braccia. Come diceva sempre Freddie: ‘I bambini sono bellissimi, certo, quelli degli altri’, con quella battuta scatenava sempre una risata di consenso dei suoi amici.
«Ciao, come stai?» John salutò la grande disegnatrice fin troppo assorta nei suoi pensieri, che quando alzò lo sguardo lo fulminò.
-I miei disegni sembrano sempre te. Non capisco perché ora mi ti metti davanti, così proprio ti faccio un bel quadro!- di tutti quei pensieri, dalla bocca non ne uscì neanche un piccolo frammento:
«Tutto bene, tu?»
«Un po' assonnato.»
«Almeno spero che i venti minuti di ritardo tu li abbia usati per dormire...»
In quel momento gli angoli delle labbra di John si sollevarono e gli zigomi si colorarono vividamente.
«No», sussurrò Deacon mentre prendeva in mano il basso, con un espressione da pervertito che non gli si addiceva per niente, ma faceva una certa paura.
«Aspettavamo solo te!» esclamò Brian, mentre si alzava in piedi dallo sgabello in legno su cui aveva ascoltato silenziosamente il chiacchiericcio di fondo degli altri.
«Che aspettiamo a cominciare!?» Roger era più energico che mai, mentre Freddie ridacchiava divertito dall'espressione del bassista.
«Vi va di andare a berci qualcosa, ragazze?» propose Courtney.
«Se ce lo offri con i soldi del tuo ragazzo, mi compro tutte le piantagioni del Brasile!» rise Julia, mentre muovendosi elegantemente camminava verso la porta d'uscita; si girò per guardare l'espressione delle due che la seguivano, erano entrambe sorridenti.
«Naturalmente.» ridacchiò la fidanzata del chitarrista.

Ancheggiavano tutte e tre disinvolte verso il bar più vicino, volevano attirare gli sguardi dei passanti, perché loro si sentivano belle, bellissime. Erano le ragazze più invidiate al mondo, in quel momento: le fidanzate ufficiale di tre dei componenti dei Queen: che tutte le altre si mangiassero il fegato!
«Signorine, cosa posso prepararvi? Cockatil shakerati, non mescolati, birra fresca e tutto quello che volete, bambol...» il classico barman sbarbatello che ci provava con le clienti.
«Bimbo, tieni a freno gli ormoni» Julia scatenò di nuovo le risate delle sue compagne. «Piuttosto, dacci tre tè ghiacciati.»
«Il mio al limone, per piacere.» puntualizzò Courtney.
«Gli altri due alla pesca» asserì Rachel, cercando il consenso negli occhi di Julia, che naturalmente non tardò ad arrivare.
«Quel marpione da dove è uscito?» si lamentò la ballerina, accomodandosi per prima al tavolo più lontano dal bancone.
«Non ne ho idea, ma oltre a essere brutto mi faceva un po' schifo...» commentò la ragazza dai capelli viola, accompagnando l’affermazione con una faccia disgustata che fece ridere Rachel. L’ultima aggiunse:
«Di pervertiti ce ne sono a bizzeffe nel mondo...»
Di fatti l’uomo tornò e ci provò di nuovo, stavolta almeno con una scusa per avvicinarsi, visto che aveva su un vassoio i tre tè.
«Ma ci siamo già incontrati da qualche parte?» domandò con naturalezza.
Julia sgranò gli occhi in direzione di Rachel, che stava per dire qualcosa, quando Courtney, parecchio seccata, si decise a dare voce al suo pensiero, cosa che tutti, a dire la verità, temevano.
«Senza ombra di dubbio, sono piuttosto famosa. E sto per sposarmi con un tipo piuttosto famoso. Quindi se ti paghiamo subito e ti diamo la mancia sparisci?» dondolò la testa e appoggiò il mento su una mano, poi sorrise fittiziamente.
«La mancia se la dovrebbe meritare» ridacchiò Julia, accompagnata da Rachel, che aggiunse:
«Cercate di non sganciare troppo, eh...»
Quando l’uomo finalmente si fu eclissato, le tre iniziarono a bere i loro tè in santa pace. Se non fosse stato per il marpione, quel posto non sarebbe stato poi tanto male. Courtney saggiò con la punta del dito tutto il contorno del bicchiere rotondo, poi si decise a parlare.
«Mi chiedevo se non vi prestereste gentilmente a far parte del mio corteo di damigelle, per il matrimonio.»
Julia stava per sputare tutto il tè che aveva in bocca, rischiando così di allagare il locale, quando Rachel esultò entusiasta:
«Davvero? Per me sarebbe un onore!»
Se proprio doveva partecipare al matrimonio di Brian, l’avrebbe fatto da una posizione di rilievo. Allora anche Julia si finse quanto più possibile entusiasta all’idea di partecipare ad un evento dell’alta società. Magari avrebbe potuto ritrarre John in giacca e cravatta, sarebbe stata un’ottima occasione. Scosse la testa, cercando di cancellare quel pensiero dalla sua testa, e disse:
«Certo che sì!»
Courtney posò un dito sulle labbra, come nel tentativo di trovare il modo più carino di dire qualcosa che qualcuno non vuole sentirsi dire.
«Ehm, tu sei perfetta, Rach, ma tu... pensi di tenere quei capelli viola ancora per molto?» domandò a bruciapelo. Julia la guardò inorridita.
«Cos'è che hanno che non va questi capelli?»
«Sarebbero... Viola?» rise l’altra moretta, ribadendo il concetto.
La ballerina passò a spiegare in termini pratici.
«Saremo tutte more con i capelli pettinati alla stessa maniera e l'abito uguale, con l’unica differenza che il vostro sarà rosa e il mio bianco, naturalmente. I tuoi capelli... viola, se sono viola, sono viola? Beh, comunque, sarebbero... strani. Stonerebbero.»
«Ma dai, hai paura che i genitori di Brian possano subire un brutto shock?» rise divertita Julia.
«No, ho paura che la mia perfetta composizione possa collassare. Beh, puoi metterti una parrucca, no? Si tratta solo di un giorno dopotutto.» rispose prontamente la mora, cercando un sostegno in Rachel, che da brava ragazza non sapeva da che parte schierarsi.
«Beh... Dopotutto sono scuri, magari non noteranno neanche che son viola,» sorrise la dottoressa «ma se davvero proprio vuoi mascherarli, metti una parrucca e via!»
«Ah fa niente, starò con i comuni mortali...» asserì, decisa a rimanere del suo colore.
«No! Non puoi stare tra i mortali, altrimenti il tuo simpatico ragazzo me la farà pesare per tutta la vita. Anche se non starete più insieme. Correggimi se sbaglio...»
Rachel fece spallucce, poi sorseggiò il tè dal suo bicchiere.
«È proprio un chiodo fisso, però...» dopodiché si rivolse a Courtney sottovoce «Scusa... ma proprio rosa devo averlo, il vestito?»
«Certamente.» spiegò la ballerina «Il modello è uguale per tutte. Il vostro sarà un tutù rosa confetto. Il mio sarà un tutù con strascico bianco, dobbiamo essere tutte uguali. Una composizione perfetta.»
Julia era sempre meno convinta, ma si sentì costretta a fare buon viso a cattivo gioco.
«Mmh... Va bene, allora, perfetto, non lo noterà nessuno...»
«Così mi piaci.»
Rachel era rimasta interdetta, e stava ancora riflettendo sulle idee di tutù, di rosa, e del suo corpo insieme. Non riusciva a farle coincidere. Infine espresse il suo disappunto:
«Un... Tutù?! ROSA?!»
«Eh, bisogna sacrificarsi ogni tanto!» la prese in giro Julia.
Anche lei tintinnò un po’, poi cedette. Dopotutto si sa che i vestiti delle damigelle di solito sono ridicolissimi.
«Ma sì, lo so... Però... Vabbè, per una volta mi sacrificherò. Ma solo per voi, sappiatelo!»
Courtney puntò sul lato motivazionale:
«Brian sarà contentissimo quando glielo dirò!»
«Pensa i nostri ragazzi che reazione avranno a vederci... Con quel coso...» Rachel rise a squarciagola, non riuscendo a trattenersi.
«Avrete tutte le gambe scoperte... non riusciranno a tenerlo nei pantaloni, dai retta a me: ho studiato tutto nei minimi particolari!»
«Ma... Ma dai!»
«Allora tu mi vuoi morta dall'imbarazzo!»
«Sarà una festa indimenticabile per tutti.»


- Fat Bottomed Girls, you make the rocking world go round!
Salve a tutti :) Prima di tutto vorrei segnalare ai nostri lettori la nostra pagina di Facebook ‘ufficiale’, dove potete trovare anteprime, quiz, immagini etc. :D QUI
Sotto uno schizzo (realizzo solo schizzi, sorry about that) delle tre ragazze al bar ;)
Saluti a tutti! Continuate a seguirci!!
- Mayhem.


Tre amiche al bar © Mayhem.

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Capitolo 6
*** And the waves... they get so high! ***



6. And the waves... they get so high!

- 24 novembre 1977 -
Philadelphia


Roger e Julia erano stati sorpresi da un acquazzone mentre facevano shopping nel centro di Philadelphia ed erano rientrati in albergo completamente fradici. Non contenti della loro dose giornaliera di sfortuna, nella hall si era stanziato un esercito di fan che non aveva lasciato andare Roger, quindi Julia aveva dovuto avviarsi in camera da sola... e il batterista si accingeva a prendere un broncospasmo. Erano già passati una decina di minuti tra foto e autografi, quando l’attenzione degli ammiratori fu attirata dal nuovo arrivo: Brian era appena entrato, teneva nella mano destra un ombrellino di color rosa confetto, con tutte le trine sugli orli, roba dell’orrore che fece rabbrividire il batterista (o forse erano i primi sintomi del raffreddore) e nella sinistra due o tre borsine di qualche boutique del centro. Al suo fianco, immancabile, la sua damina di compagnia, stretta al suo braccio con indosso un trench color crema, abbinato con borsa e scarpe. Portava i capelli corvini lisci perfettamente legati in un chignon e il rossetto dello stesso colore dell’ombrello non sbaffato di un millimetro: insomma, nessuno avrebbe mai detto che quella donna aveva camminato sotto la pioggia per più di un’ora.
Non appena Courtney vide Roger, non riuscì a trattenere un risolino: sembrava un gattino bagnato, infreddolito e sgaruffato. Brian gli diede il cambio e li spedì in camera: odiava che le fan vedessero la sua ragazza, visto che sapevano essere diaboliche e pericolose.
I due si convinsero che fare la strada insieme sarebbe stato discreto e forse piacevole, se entrambi avessero tenuto la bocca chiusa, quindi si incamminarono per le scale. Il silenzio si fece opprimente nell’arco di due secondi, così Roger decise che valeva la pena spezzarlo:
«Shopping?» domandò, indicando le borsette tra le sue mani.
«Brian mi ha comprato i regali di compleanno.»
«Ma dai?! È il tuo compleanno? E quanti anni compi?»
«No, li compio il 12, e ne compio 28.» replicò lei.
«Allora, donna perfetta sembrerebbe proprio che la tua perfetta relazione con l’uomo perfetto stia andando a gonfie vele!» commentò sarcastico.
«No, direi piuttosto... alla perfezione» lo corresse lei, dimostrando di saper stare al gioco. «E tu? Dov’è la donna con i capelli viola?»
«In camera, si starà asciugando, a quest’ora.»
«Che teneri! Siete stati colti di sorpresa mentre eravate insieme?»
«Già...»
«Vedi? Alla fine siete una buona coppia voi due, avete un sacco di cose in comune!»
Roger si fermò di fronte alla porta di camera, constatando che la solita imprudente di Julia l’aveva lasciata aperta.
«Perché siamo grezzi, zotici e villani?»
«Ti dai delle risposte da solo, io non avevo detto niente.» fece spallucce lei, allontanandosi di qualche passo. Lo salutò, ferma in mezzo al corridoio, con l’ombrello chiuso appoggiato nella piega dell’avambraccio e le borse per le mani.
Roger entrò in camera senza pensarci troppo. Julia si era tolta i vestiti bagnati e li aveva lasciati su una sedia, la cui imbottitura si era inzuppata all’istante.
«C’era la tua amica Miss Courtney Meade futura Mrs May giù. Cazzo, lei e Brian sono stati travolti dall’acquazzone come noi e si sono rifugiati sotto il suo ombrellino di ‘sta minchia. Non avevano un capello fuori posto, io sembravo un barbone sfollato!» si lamentò, affacciandosi sulla porta del bagno.
Julia, a differenza sua, sembrava molto rilassata. Era immersa nella vasca d’acqua calda fino al mento e lo guardava sorniona dalla sua piccola palude.
«Su, non prendertela. Prima o poi anche lei sarà colta alla sprovvista da qualcosa, non esiste un essere così granitico su cui tutto scivola. Quando succederà, tu sarai lì, pronto a riderne.» commentò, facendo poi le bolle nell’acqua con aria divertita.
Il cervello di Roger aveva già cancellato l’immagine di quella smorfiosa e si era perso nei meandri della vasca da bagno. Non esitò un attimo: si inginocchiò sulla vasca da bagno e si avvicinò a lei. Lo sgocciolare dei secondi, accompagnato da quello del rubinetto chiuso male, si fece insopportabile. Nonostante tutta quell’acqua subito Julia sentì il desiderio ardere sulle sue labbra e poi su tutto il suo corpo... improvvisamente ebbe l’impressione di esplodere se avesse aspettato ancora. Allacciò le braccia al collo del batterista, infradiciandolo completamente. Il gomito del ragazzo cedette, facendolo annaspare per metà dentro l’acqua e causando un esondazione nel bagno.
A nessuno dei due importò dell’allagamento, Julia chiuse gli occhi e Roger ne approfittò per assaporare le sue labbra forse la prima volta con l’incoscienza di quello che stava facendo. In pochi istanti si ritrovarono eccitati, nudi e senza fiato dentro la vasca, lei con le mani strette intorno alla sua testa, e lui con le sue labbra ancora vicine al suo viso, alle sue guance.
Le coccole potevano aspettare, si sarebbero fatti le fusa a letto, prima di addormentarsi, se fossero arrivati agli ottanta... e Roger magari sarebbe riuscito a sentirle, se non fosse stato sordo. Al momento c’era qualcosa di concreto da portare a termine qualcosa che non poteva essere interrotto dalle stupide smielatezze che l’amore porta con sé. Qualcosa che era sesso e non necessariamente amore.
Roger cercò di prendere il controllo della situazione, ma mentre Julia allargava le gambe, pronta e felice di accoglierlo il batterista scivolò miseramente e per non rompersi i denti contro il marmo si aggrappò al rubinetto dell’acqua ghiaccia, aprendolo. Il contenuto si riversò sulle spalle della sua ragazza che, non aspettandosi niente del genere, sussultò, scivolando ancor più verso il basso e lasciandosi andare ad un gridolino che fece eccitare ancora di più il batterista.
L’uomo la guardò con i suoi occhi chiari e la inchiodò al marmo solo con lo sguardo: si fece largo dentro di lei senza chiedere niente, e Julia non disse una parola. I loro corpi aderivano perfettamente in quella specie di pozza primordiale che li rendeva scivolosi, si cercavano ma si sfuggivano, e allo stesso tempo erano ancora più desiderosi, erano già l’uno parte dell’altra. Un piccolo movimento causò l’ennesima fuoriuscita di acqua e sapone, che li fece ridere entrambi.
Roger indietreggiò leggermente, la puntò, infine asserì, serio:
«Allaghiamo questo cazzo di bagno.»
Fat Bottomed Girls, you make the rocking world go round! 
Salve a tutti e un felice Halloween da tutte noi :)
Come promesso, e per celebrare la «giornata delle strege», oggi vi lasciamo con il test per scoprire quale personaggio femminile della fan fiction vi assomiglia di più :D :D
Enjoy :) :)
M&M&S corporation.

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Capitolo 7
*** She don’t take no prisoner ***



7. She don’t take no prisoner

-1 dicembre 1977-
New York


Brian passeggiava nel backstage con un fare piuttosto inquietante, tanto che nessuno aveva il coraggio di avvicinarglisi. Percorreva il rettilineo a lunghe falcate, prima avanti, poi indietro, mentre gli altri se ne stavano a guardarlo da lontano. John li raggiunse di rincorsa, avendo sempre il terrore di essere in ritardo. Lanciò un’occhiata preoccupata al chitarrista, poi si rivolse sottovoce alla sua ragazza:
«Mi son perso qualcosa?»
Rachel stava per rispondergli, ma fu interrotta dall’arrivo di Roger, che a sua volta chiese:
«Avete visto le mie sigarette, i miei occhiali e la mia ragazza?»
«Qualcos’altro?» domandò Freddie divertito.
Intanto anche Brian era tornato indietro a velocità supersonica e aveva annunciato alla sua madamoiselle:
«Sono arrivati mamma e papà!» la strinse forte, pronto a trascinarla via con sé.
Courtney era esattamente quel tipo di ragazza che probabilmente si doveva conoscere veramente a fondo prima di vederne qualcosa di buono: era molto sicura di sé, per alcuni versi egocentrica, dittatrice, non incline al dialogo, le piaceva decidere. E questo era ciò che lasciava che gli altri vedessero: una corazza di pietra insormontabile. Se a Brian avessero fatto notare tutte queste pessime caratteristiche, lui avrebbe risposto con santa pazienza che lei non era solo quello, che sapeva essere molto gentile, che il suo modo di essere così eccessivamente raffinata era in realtà dolcezza allo stato puro e che spesso e volentieri i suoi sentimenti erano molto più palesi di quanto lei non volesse dare a vedere.
Questa era davvero Courtney? Roger cercò di sforzarsi di andare oltre l’abito country di un color rosa antico con una fascia bianca in vita, le scarpette eleganti, i capelli ben pettinati, il cappello e l’anello al dito ben sistemato, ma non riuscì a vedere niente, per l’ennesima volta. Solo l’ennesima ballerina con una caviglia farlocca e il comportamento snob.
Brian fu quindi interrotto dalla solita battutina del Taylor.
«Ho sentito un crak, erano per caso le vostre costole che amoreggiavano?»
La mora si voltò con aria severa verso di lui, non mostrando alcuna inclinazione al perdono, ma Brian rise, così si sforzò di sembrare cordiale anche lei.
Rachel sbuffò, cercando di ricordare il momento preciso in cui i due avevano cominciato ad andare così poco d’accordo. Dall’inizio a dire la verità, più o meno da quando Courtney e Brian si erano fidanzati anni prima. Certo, la prima ballerina dell’Opera non aiutava e non stava simpaticissima neanche a lei, ma era pur sempre la donna con cui il loro amico aveva deciso di passare il resto della sua vita, quindi cercavano di sopportarla e basta. Rachel voleva troppo bene al chitarrista per detestare la sua ragazza. Cosa ci trovasse lui in lei, questo invece sì che era un mistero.
La giovane coppia andò incontro ai genitori del chitarrista.
«Mamma, papà, lei è Courtney, la ragazza di cui vi ho parlato!»
La ballerina sentì la sensazione del sipario che si apre ancora una volta e sorrise ai genitori del suo promesso, poi tese la mano cordialmente.
«Molto piacere.»
«Naturalmente il piacere è nostro!»
I quattro si incamminarono lentamente verso il resto del gruppo, mentre Brian ironicamente chiedeva:
«Papà, com’è andato il viaggio?»
Ruth sorrise e si avvicinò a Courtney:
«Fanno sempre così...»

Rachel non riusciva a dormire. Non riusciva a capire cosa la turbava, ma continuava a girarsi nel letto, dove John dormiva beatamente, senza concludere niente. D'un tratto decise di fare una pazzia. Facendo attenzione a non svegliare il suo fidanzato, si alzò dal letto, si vestì e nel buio più completo uscì dalla stanza e scese verso la hall dell'albergo. Non sapeva perché, magari avrebbe trovato qualcosa che le avesse stimolato il sonno.
Le luci erano ancora ovviamente accese. La ragazza, mettendosi le mani nelle tasche della felpa, si guardò intorno. Certo che quell'albergo era veramente enorme. Ancora quasi non s'era abituata al lusso in cui viveva, in quanto fidanzata di un membro di una delle più grandi band del mondo.
Improvvisamente il suo sguardo vagante si fermò su una figura educatamente seduta in una delle poltrone della hall. Ma... Che ci faceva lui lì? Eppure Rach pensava di essere sola. Solo una pazza come lei sarebbe potuta uscire dalla propria camera in piena notte perché non riusciva a dormire, si era detta. Si sedette di fronte all'uomo e si sporse di modo che i propri occhi potessero incontrare con i suoi.
Brian, che fino a quel momento era rimasto in stato di profonda riflessione, quando vide quel vivace paio di iridi ambra piombargli davanti così, all'improvviso, si scosse, per poi guardare la ragazza e sorriderle.
«Buonasera, signore. Come va?» chiese lei, mostrando un sorriso a trentasei denti.
«Buonasera, signorina. Va tutto bene, e lei?» chiese lui, tenendo le dita delle mani congiunte davanti al viso.
«Io bene... Non riesco a dormire.» la ragazza appoggiò i gomiti alle ginocchia e la faccia alle mani. «Neanche tu?»
«A dir la verità no, perché avevo bisogno di stare per qualche minuto da solo per pensare su una cosa che è accaduta stasera. Sei disponibile per parlare un po'?»
«Per te lo sono sempre, lo sai.» sorrise sincera. «Vuoi che ci prendiamo qualcosa al bar? Offro i...»
«No!» le mise un dito sulle labbra. «Stavolta tocca a me.»
A quel gesto, la ragazza non poté far altro che arrossire, per poi sospirare rassegnata. Dopo essere usciti dal bar dell'albergo con una lattina ciascuno, il chitarrista prese una mano della ragazza e le disse, guardandola negli occhi:
«Conosco un posto tranquillo per parlare. Vieni!»
La tirò dentro l'ascensore e premette un pulsante. Rachel notò subito che avevano superato di brutto il piano dove stavano le loro camere.
«Ma... Le nostre camere...» balbettò.
«Non intendevo andare in camera, Rachel. E poi ti devo assolutamente far vedere questa cosa... L'ho scoperta stamattina, quando siamo arrivati. Di giorno è meravigliosa... Scommetto che di sera è ancora meglio.» le fece un sorriso enorme.
«... Il che sarebbe una statua di Courtney costruita sul posto per darle il benvenuto con stile nella Grande Mela?» affermò ironica.
Brian rise.
«No, no, purtroppo, anche perché se no non mi avresti visto nemmeno qui, causa muta contemplazione della statua. Anche se tuttavia preferisco la vera Courtney...» un lato della bocca dell'uomo si inarcò, con un che di pervertito.
«Evita di entrare nei dettagli anatomici, mi faresti un favore.» rincarò Rachel, chiudendo il discorso 'Courtney e le sue manie'. Brian sorrise perfido. Che la sua amica fosse stata gelosa delle attenzioni che lui dava alla sua fidanzata piuttosto che a lei? In effetti negli ultimi tempi, tutti erano stati con i propri amati e tra concerti e conferenze stampa, i due veri amici della compagnia non avevano avuto neanche un momento per stare insieme. Una cosa era certa: adorava stuzzicare Rachel in quel modo, così da farle venire un'espressione imbronciata estremamente adorabile.
Proprio in quel momento il campanello dell'ascensore suonò, annunciando il loro arrivo. Il chitarrista uscì e, tenendo per mano la giovane dottoressa, la portò verso una porta balcone.
Le rivolse un sorriso radioso e, facendo scorrere quell'uscio, la trascinò su un balcone a semicerchio, piuttosto esteso e contornato di graziose edere. Rachel lasciò delicatamente la sua mano, incantata, e si sporse leggermente dal balcone. Erano all'ultimo piano, poteva vedere l'intera città sotto di lei. Solo la luce della luna illuminava quel piccolo luogo magico, che sembrava apposta fatto per loro due, per farli stare da soli, per farli sognare insieme.
«Brian, è... Meraviglioso...» mormorò, facendo viaggiare i vispi occhi ambra lungo ciò che si presentava davanti a lei.
«E io che ti dicevo? Dai, siediti qui!» la ragazza si girò e vide il suo amico disteso su una sdraio di vimini, che le indicava un'altra come quella vicino alla propria.
Lei obbedì e, tenendo la sua lattina, si sdraiò e tirò un bel respiro, rilassata. Per un po' rimasero in silenzio, mentre Rachel pensava a cosa Brian le volesse dire e Brian cercava il modo di dirglielo. Era stato troppo bello per essere vero, ancora non ci credeva. Doveva esternare la sua felicità con qualcuno.
«Quella è la costellazione del Cancro, il mio segno.» azzardò indicando un punto a Rachel impreciso e sconosciuto nel cielo anche per un astronomo come lui.
«Oh...» mormorò lei affascinata. «E il Leone?»
«Io... Non me lo ricordo.» ammise il suo amico sorridendole tenero.
Sorrise divertita, poi disse:
«Il concerto è stato meraviglioso, sai?»
«Grazie... Son contento che la pensi così.»
Rachel rimase leggermente perplessa. Di solito Brian le rispondeva in modo diverso.
«Brian, che hai da dirmi?» lo attaccò.
«Eh?»
«Tu devi dirmi qualcosa. È palese, mi dispiace.»
Il chitarrista si morse un labbro. Forse era stata troppo aggressiva, pensò lei.
«Se... Se non ne vuoi parlare, fa niente...» arrossì.
«Oh, no, non è questo...» Brian accennò un sorriso.
«E allora cosa? Problemi con i ragazzi? Courtney?»
«No, no!» rise.
«Con i tuoi, allora? Non tenermi sulle spine!»
«Beh...» l'uomo si sedette sulla sdraio e in un lampo la ragazza fu vicino a lui. «Sai che mio padre è sempre stato un po' contrario al fatto che io suoni, no?»
«Sì, mi ricordo, ti aveva fatto una di quelle ramanzine sul non abbandonare gli studi per la musica che non si scordano facilmente. E allora?»
«E allora... Stasera è tutto finito.» La ragazza spalancò gli occhi luminosi. "Finito?" «Quando abbiamo finito, papà mi aspettava in camerino. Mi è venuto incontro e mi ha detto 'ok'.» Brian rimase un secondo a corto di fiato e parole, sull'orlo del pianto. «'Ok, ora ho capito', mi ha detto.»
Appena finì di parlare tra i due ci fu il silenzio. Rachel era rimasta commossa e intenerita, allo stesso tempo orgogliosa per il suo amico che aveva raggiunto uno dei traguardi a lui più a cuore. Subito dopo, vide risplendere sul viso aguzzo di Brian una piccola lacrima, che l'uomo prontamente asciugò. Allora lei si sedette sulle sue gambe e gli gettò le braccia al collo, stringendolo teneramente al petto come una mamma col suo bambino. Il chitarrista ricambiò l'abbraccio e si sentì libero di sfogarsi con lei - lacrime di gioia, gioia per aver conquistato un pubblico, gioia per aver ritrovato un padre, gioia per trovare un'amica.

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Capitolo 8
*** Breakfast with ***



8. Breakfast with <3

- 4 dicembre 1977-
Dayton


Una mattina come un'altra.
A dir la verità non lo era: hotel differente, sala da colazione sempre diversa, orari sballati.
C'era qualcosa, però, che era diventata una costanza, per Julia.
«Ma buongiorno, bass man» sorrise la donna radiosa, (fin troppo per quel che aveva bevuto la sera prima), guardando il ricciolino, seduto davanti a una tazza fumante di tè con latte, senza zucchero.
«Direi che il giorno, ora, è proprio buono…» sorrise Deacon, poi continuò, temendo (o sperando) di essere frainteso «è sempre piacevole fare colazione con qualcuno...»
Julia si accomodò vicino a John, sul divanetto, anteposto al tavolo in legno, coperto da una tovaglia di raso rosso, con un motivo floreale in rilievo, al che una cameriera le chiese l'ordinazione e lei prese, giusto per rimanere leggera, almeno un quintale di bacon accompagnato da uova strapazzate, il tutto da digerire con un caffè ristretto: «
Come fa una ragazza così magra a mangiare così tanto? Insomma... Dove lo metti il cibo?»
Lei rise di gusto e poggiò una mano su quella di John.
«Va tutto nelle riserve per il letargo!”
Rachel stava ancora dormendo, a detta di John, perché un paio di sorsi a un boccale di birra l'avevano fatta svegliare stravolta, (a volte sembrava essere l'unica sana, in quel gruppo di ricchi debosciati), probabilmente poi Brian la sarebbe andata a chiamare per scendere a colazione, anche gli altri sarebbero lentamente affluiti.
«Strano aver trovato una persona che preferisca alzarsi un po' prima per stare un po' in santa pace a colazione, specie con la vita che facciamo» John inzuppò un biscotto al cioccolato nell'Earl Grey.
«Non sono una mattiniera, fidati...»
«Dimostri il contrario, però.»
«Ho un motivo valido per lasciare Roger nel letto a russare e venire a fare colazione prima di tutti... Oh, pardon, quasi tutti» la signorina sorrise divertita, poi fece l'occhiolino al suo interlocutore, che abbassò lo sguardo scuotendo la testa.
In quell'hotel il cibo era squisito e i due non lo fecero aspettare, scambiarono un paio di battute, un'osservazione sul tempo e quando si girarono per incontrare lo sguardo, i due nasi si ritrovarono confinanti.
John strinse un fazzoletto di stoffa nella mano, inconsciamente si inumidì le labbra, senza muoversi, fermo come una statua di sale; Julia, dal canto suo, non poteva far a meno di guardarlo negli occhi, certa che se non avesse smesso di farlo, il bacio sarebbe stato inevitabile.
Ed effettivamente si stavano avvicinando ancor di più, i visi si stavano pericolosamente inclinando, le labbra socchiuse e pronte a congiungersi.
Che senso aveva baciarsi? Sarebbe stato un nuovo inizio, certo, ma di cosa?
«John...» chiamò Julia, guardando in basso, senza però muoversi, ma lui non rispose, e, per un secondo prese coraggio, sfiorò le labbra di lei «John, hai le sopracciglia diverse...»
«Non penso che sia qualcosa di fondamentale, or...»
«Lo è sempre! Dai, te le pareggio io... Mi chiedo come Rachel abbia fatto a non notarlo!»
«Tu sei pazza,» sorrise lui «e non voglio prestarmi a queste cose!»
Ma non era proprio una richiesta, o un'osservazione, quella di Julia, lei aveva già dato per scontato che il suo amico si sarebbe sottoposto a tutto, a patto che fosse lei a farglielo:
«Prendo le pinzette e torno.»
John rimase spiazzato, con le braccia poggiate sul tavolo, il corpo in uno stato di semi tensione. Quella ragazza era più che strana, e forse era per questo che si sentiva così attirato da lei. Julia aveva l'aria di poter dare molto, di poter spezzare quel sentore di noia e ordinarietà che si era andato a creare nel tempo.
Forse era colpa della ragazza se John aveva cominciato a credere che la sua vita fino a quel momento era stata una grande noia.
Ma forse non era il caso di pensare a certe cose, probabilmente era meglio non pensarci... Di prenderlo come un episodio isolato e unico.
John amava Rachel nel profondo e non gli passava neanche per la mente di tradirla, o di mettersi con qualcun'altra.

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Capitolo 9
*** Lost in Elation ***



9. Lost in Elation

- 8 dicembre 1977 -
Atlanta


Le ragazze erano andate a farsi un giro da un paio d'ore ormai; in quell'arco di tempo Julia si era rannicchiata nel letto e aveva sonnecchiato. Effettivamente i ritmi del tour la stavano sconvolgendo, ma ne valeva la pena, visto che si divertiva un mondo ad andare a feste sfarzose oltre ogni modo; inoltre vedere posti nuovi l'aveva ispirata più di quanto in realtà si aspettasse.
«Che vuol dire che non lo trovate?!» Roger cercava di parlare al telefono il più piano possibile per non svegliarla, fallendo perfettamente.
Freddie dall'altro capo parlava ad alta voce, talmente tanto che la ragazza poteva distinguere perfettamente le parole che pronunciava:
«Non è con Rachel e non risponde al telefono della camera!»
«Cosa pretendi che faccia?»
Il cantante urlava sempre di più:
«Non possiamo andare solo in tre a quel fottuto incontro con la stampa... Va bene, senti, diciamo che non si sente molto bene e che ha preferito riguardarsi.»
Julia si stiracchiò e poggiò una mano sulla spalla di Roger, che a sua volta le accarezzò i capelli:
«Ora devo andare, bimba,» le annunciò lui, baciandola sulle labbra «se trovi John dagli un calcio nel culo da parte nostra, ok? A stasera.» scherzò.
Quello era un invito ad infrangere le regole e la ragazza lo prese in parola.

«John?» chiamò la giovane dai capelli viola bussando alla porta della camera di Rachel e del suo fidanzato scomparso «John, dai, mi sto preoccupando!» effettivamente l'aveva cercato in lungo e in largo, ma non l’aveva ancora trovato... quindi le opzioni erano tre: o era scappato con un'ipotetica amante in giro per il mondo, o si era affogato nella tazza del cesso oppure si era semplicemente addormentato nel caldo letto della sua camera.
Un cameriere con un completo nero la guardava:
«Signorina, lei non dovrebbe essere su questo piano, lo sa? È riservato, quindi venga via con m...»
«No, aspetti!» esclamò Julia prendendo il cartellino del Queen Staff, per poi sbandierarlo davanti al naso dell'uomo «Hem... Ho dimenticato le chiavi dentro la camera e il mio fidanzato sembra non esserci. Non è che potrebbe aprirmi?»
Il cameriere si scusò mentre estraeva il passepartout:
«Prego Signorina. Mi scusi per il malinteso, ma sa, dobbiamo stare molto attenti che non ci siano disturbi per i nostri ospiti.»
«Ha ragione e fa bene a occuparsene! Arrivederci e buon lavoro!» Julia sorrise soddisfatta, quando volse lo sguardo verso la porta aperta.
Era di nuovo sola davanti all'entrata della stanza:
‘Okay, ora entro e se non c'è nessuno mi faccio gli affari miei, esco e nessuno saprà mai nulla di quanto accaduto’ pensò preoccupata la ragazza, mentre apriva la porta; se la chiuse alle spalle e parte delle sue ansie scomparvero.
«John!» esclamò raggiungendo il musicista sdraiato sul letto, con le guance arrossate, gli occhi socchiusi «John! Che cazzo ti prende? » chiese piuttosto spaventata, ma a bassa voce.
Lui si sforzò di guardarla negli occhi e sorrise, le mise un braccio sulle spalle e la avvicinò a sé; lei non ebbe problemi a districarsi, visto che il bassista era talmente sbronzo da avere una stretta pari a quella di un animale morto.
«Dai, non te ne andare» le parole uscirono biascicate dalle labbra sottili.
«Non me ne vado! Però...»
Era inutile parlare con una persona che non avrebbe capito niente, si disse Julia, così baciò sulla testa il suo amico, (stupendosi di quello slancio improvviso di tenerezza) e dopo averlo sistemato in una posizione più comoda sul letto si accomodò su una poltrona poco lontana.
Guardarsi attorno le sembrava così maleducato, così la ragazza dai capelli viola si strinse le ginocchia al petto e guardò la figura distesa sul materasso morbido.
Un flash attraversò la sua mente, un altro abbozzo per un'opera.
Cercando freneticamente una penna nelle proprie tasche, Julia trovò in una di esse, un pennarello indelebile che Roger aveva usato per scrivere una scaletta per uno dei concerti.
Mancava solo qualcosa su cui immortalare la sua arte...
La ragazza prese la prima cosa bianca che le capitò sotto mano e cominciò a disegnare. Solo dopo aver finito si accorse di aver marchiato per sempre una camicia di John.

Courtney e Rachel si incontrarono nella hall dell’albergo, praticamente per caso. Stavano entrambe correndo come matte.
«L’hai trovato?» chiese la prima alla seconda, sapendo benissimo la risposta.
Courtney aveva un’aria trafelata, ma ugualmente composta: non una goccia di sudore, solo i capelli erano lievemente scomposti, ma si affrettò a toglierseli dal viso con un elegante gesto della mano.
Rachel scosse la testa.
«Vado a vedere se fosse al bar.» continuò la ballerina.
«Io vado da questa parte…» annunciò la dottoressa, indicando l’esterno.
Le due si separarono e non si incontrarono più. Rachel stava correndo nel cortile interno dell’Hotel, l’unico posto poco affollato in cui riusciva ad immaginare John. Se solo avesse saputo che stava dormendo in camera sua…
Si mise a sedere sul bordo della fontana tonda, il cui centro era adornato da una statua di Cupido, catturato giusto un attimo prima di scoccare una delle sue frecce dell’amore.
‘Che quell’impedito possa essere maledetto!’
I ragazzi avevano appena finito con la stampa, quando Brian intravide l’amica disperata seduta sul bordo della fontana. Cercò di raggiungerla velocemente, ma i suoi capelli, per via della forma tutt’altro che aerodinamica, lo rallentarono parecchio. Anche il chitarrista si accomodò sul marmo umido, accanto alla ragazza.
«Calmati… sarà qui in giro da qualche parte a farsi beffe di noi» sussurrò, abbracciando Rachel, lei si girò per guardarlo negli occhi, la matita le era colata lungo il viso per via delle lacrime, l’espressione che aveva esprimeva racchiudeva tutto l’odio e la tristezza del mondo.
Ed era comunque bellissima.
«È uno… Lo odio! Lo Odio! Oh, Brian…»
«Mi dispiace che sia successo tutto ciò…»
«Possiamo andare in camera tua…? Non voglio che gli altri mi vedano in questo stato.»
«Tu sei sempre bella,» il ricciolo tentò di asciugare le lacrime della sua amica, accennando un sorriso, poi aggiunse «ma se vuoi, andiamo, non è un problema» le tese la mano, vicino al viso, e, dopo averglielo accarezzato con tenerezza, mista a timidezza, le prese la mano per portarla nella suite.
Appena entrati nell’alloggio, Rachel si abbandonò sul letto con aria disperata, riaprendo i condotti lacrimali.
La ragazza non si sentì molto in colpa, benché fosse sdraiata sul letto del suo migliore amico, mentre la sua ragazza era in giro a cercare il suo ragazzo. La situazione era piuttosto contraddittoria.
«In realtà non mi aspettavo neanche che si ubriacasse… Sono delusa.» sospirò al chitarrista.
L’altro, che distratto si osservava le unghie, stava per dire qualcosa, ma fu interrotto da Rachel, che lo strinse in un abbraccio tenero, coinvolgente.
Quando la stretta fra i due si allentò, per poi sciogliersi del tutto, la ragazza inchiodò gli occhi al pavimento, mentre Brian le poggiava i nuovo le mani sul corpo: una sulla spalla, l’altra sotto il mento, le alzò il viso.
«Te lo posso dare, un bacio?» May si sentì interdetto, come se non fosse sicuro che quelle parole erano uscite dalla propria bocca, tant’è che Rachel le interpretò in modo puro, gli porse la guancia.
«Io…»
I nasi si sfiorarono.
«Oh, fanculo!»
Le due labbra si congiunsero, tagliando fuori il resto del mondo, delle parole, dei pensieri. Rachel si sentì svenire, per un attimo: quella sensazione, quell’attrazione che per giorni aveva tentato di obliterare per tanti motivi… Non era corretto sentirsi innamorata di un altro uomo che non fosse il suo, era sbagliato provare dei forti sentimenti nei confronti di chi in un futuro enormemente prossimo si doveva sposare.
Ma tutte queste congetture, tutti i pensieri, furono distrutti nel momento in cui le due lingue si sfiorarono, dolcemente, si assaporarono.
«Ti adoro, Brian» Rachel accarezzò il petto del chitarrista «Tu hai un cuore... Sei dolce e generoso... Io... Ti adoro, qui dentro.»
Si baciarono di nuovo.
Con più consapevolezza.
Fu in quel momento che Roger bussò alla porta.
«Brian, Courtney! Julia l’ha trovato, grazie a Dio!»
Il chitarrista spalancò la porta, chiedendo:
«Sul serio?»
Roger lo guardò perplesso e tutta la drammaticità del momento fu spazzata via dalla visione del ricciolo con le labbra impataccate dal lipstick con i brillantini. Il batterista capì subito che quella non poteva essere roba di Courtney. Lei aveva il suo rossetto di Chanel, di sicuro non si sarebbe abbassata a tanto. Sporse la testa e vide Rachel, così scosse la testa.
«Amico, datti un tono prima di uscire di qui.»

«Buongiorno!» sorrise Rachel aprendo la porta della camera.
«Buongiorno» rispose con la stessa dose di entusiasmo Julia, tenendo fra le mani la camicia di John, sentendosi in imbarazzo come non mai.
Le due ragazze rimasero a guardarsi:
«Ho qui una cosa per il tuo ragazzo» cercò di giustificare la sua visita una delle due «Non sta ancora dormendo, vero?»
«Oh, no! Veramente stavamo andando a farci una passeggiata, quindi siamo quasi pronti per uscire, a dire il vero! Vieni dentro, dai, così la consegni direttamente a lui! »
Una volta dentro la stanza, Julia cercò John con lo sguardo e lui non tardò ad accoglierla, ovviamente a modo suo:
«Ciao» sorrise e salutò con la mano.
Rachel andò in bagno, probabilmente a finire di truccarsi, visto che quando aveva aperto la porta aveva un occhio con la matita e l'altro no.
«Ti ho portato questa,» sussurrò Julia, porgendo nel bassista la camicia disegnata «non provare a lavarla, il colore non se ne andrebbe.»
«Ma... Questa è una mia camicia! Dove l'hai presa?»
«Non ti ricordi nulla di ieri?»
Si guardarono e all'improvviso John collegò tutto quel che riusciva a ricordare:
«Non lo dire a lei... Per favore.»
«Okay... Ma ora devo andare. Ci vediamo dopo!» Julia stampò un bacio sulla guancia al suo amico e uscì di fretta.
Il musicista si toccò la guancia con la punta delle dita e aprì l'indumento, aggrottando le sopracciglia:
«Ma che ca... » quando mise a fuoco il disegno sorrise stupito di quanto potesse essere spaventosamente bello.
John sapeva cosa avrebbe indossato durante il prossimo concerto.


Rachel&Brian © Midori Meddows.

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Capitolo 10
*** Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part I) ***


10. Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part I)

 

- 14 dicembre 1977 -

Las Vegas

 

Roger si destò dopo l’ennesima notte di follie. Julia stava dormendo in una posizione assurda e lui cercò di capire come potesse stare comoda in quel modo, rinunciando in breve tempo. Soffiò nell’infossatura tra i capelli e la spalla e lei mugolò, forse una parolaccia, rigirandosi e nascondendosi sotto la coperta.

La verità era che il batterista si annoiava da morire se era il primo a svegliarsi e non aveva niente da fare. Poteva fantasticare un po’ e bearsi nel caldo delle lenzuola, ma in quel periodo era meglio tenere l’immaginazione a freno, visti i pensieri che frequentemente approdavano alla sua mente non riguardavano esattamente la sua dolce metà.

Julia si mosse ancora nel letto, tirandogli una fiancata e lui la guardò offeso.

«Perché mi hai svegliata, stronzone?» si lamentò lei con una voce che pareva essere uscita direttamente dall’oltretomba, più che dalle labbra di una raffinata fanciulla dai capelli viola.

«Perché ho fame,» rispose lui con naturalezza «dai, prepariamoci e andiamo a mangiare...»

«Con calma eh

 

Here I am, I’m in the wrong bed again.

It’s a game I just can’t win.

 

Quando Julia fu pronta, circa un’ora e mezzo dopo, i due finalmente scesero per la ‘colazione’. A un tavolo mangiavano Brian e Courtney. Freddie ovviamente non c’era, chissà dov’era, e anche di Rachel e John nessuna traccia, forse il bassista era ancora alle prese coi postumi di qualche sbornia e la sua dottoressina lo stava assistendo. Meglio così.

I futuri sposi erano seduti uno di fronte all’altro e parlavano del più e del meno. Brian teneva la mano appoggiata sopra quella della sua ballerina e i due ridevano sommessamente. Courtney spesso e volentieri sembrava un’altra persona quando era con il chitarrista, e Roger, che se n’era accorto sin dall’inizio, alle volte si chiedeva quanto dovesse sentirsi speciale il ricciolo a ricevere tutte quelle attenzioni e quei sorrisi che lei negava a tutti gli altri.

«Hey. Scordatelo, ok?» commentò Julia «Mi sono appena svegliata, da sola non ce la posso fare a tenervi a bada, quindi frecciatine al minimo.»

Il batterista sbuffò, ma non rinunciò a prendersi la sua parte.

«Buongiorno ragazzi, ma che bello vedervi così affiatati anche oggi!» sorrise ironicamente, mettendo entrambe le mani sopra le loro. Guardò Courtney dritta negli occhi, anche se la frecciatina era rivolta a Brian.

«Stai alludendo a qualcosa, per caso?»

La ballerina si avvicinò al suo viso più del previsto, lasciando che un sibilo dall’aroma di caffè gli raggiungesse le narici.

«Chi non ha peccato scagli la prima pietra!» asserì Julia, trascinandolo al bar.

 

There you are, breathing soft on my skin, yeah.

Still you won't let me in,

so come on.

 

I pomeriggi possono essere interminabili o molto rapidi quando la mente è ingarbugliata in pensieri strani, talvolta proibiti, altre volte sbagliati. Se la testa ti riporta sempre alla medesima persona, vuol dire che la ami? O è solo curiosità? Cos’è che fa illuminare quella scintilla che dalla testa infiamma il cuore?

 

Have you ever needed someone so bad?

 

Niente da fare, comunque. Visto che Courtney pareva proprio odiarlo e si vedeva lontano un miglio che si sforzava di sopportarlo come si fa con il bagaglio di parenti e amici che si porta dietro tuo marito. Lei era persa per Brian, solo lui vedeva e voleva vedere. E farsi avanti avrebbe significato ferire l’onore di un amico.

 

Have you ever wanted someone... you just couldn't have?

 

Roger passeggiava avanti e indietro per la stanza, in attesa che Julia fosse pronta per andare alla festa nel residence. Continuava a pensare sul perché a Las Vegas, città dei tavoli verdi, dovessero organizzare al casinò una festa a tema intitolata ‘Vita a Montecarlo’, oppure su come avesse avesse fatto a trovare una fidanzata che passava più tempo davanti allo specchio di lui, per non pensare ad altro.

Si fermò di fronte ad alcuni fogli che Julia aveva lasciato sul tavolo, forse alcuni suoi schizzi. Li raccolse tra le mani, immaginando con un sorriso sornione che cosa rappresentassero, ma si sbagliò. Si sbagliò su tutto. Quei disegni raffiguravano solo una persona e quella persona non era lui.

Quella persona era John.

 

Did you ever try so hard... that your world just fell apart?

 


Brian and Courtney
Brian&Courtney © Snafu.


Con la presente MrBadCath e Midori vogliono augurarvi un felice Natale, nel caso lo festeggiate :)
MrBadCath

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Capitolo 11
*** Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part II) ***


11. Have you ever wanted someone you just couldn’t have? (Part II)

 

- 15 dicembre 1977 -

Las Vegas

 

La vista era leggermente appannata. Sentiva caldo e allo stesso tempo freddo, la testa leggera, e allo stesso tempo pesante. Il cuore era un macigno come al solito.  
Courtney se ne stava da sola con un abito blu notte elegante e un bicchiere di Martini pieno.  
Roger si avvicinò senza mostrare timore ed esordì:  
«Così bella tutta sola? Dov’è il tuo futuro sposo?»  
«Sta facendo pubbliche relazioni visto che tu sei in ritardo, Freddie è sparito e John è di nuovo ubriaco perso.»  
«Sì, succede quasi sempre così... ci farai l’abitudine, non preoccuparti, con il tempo troverai qualcuno con cui attendere da qualche altra parte.»  
«È da stamani che fai insinuazioni. Vuoi piantarla?» tagliò lei, facendo per allontanarsi.  
«La pianto se accetti una sfida...»  


And you’re the girl I gotta have.
I gotta have you baby, yeah.  

Mai stati a un party di rockstar ubriache? 
Lo definireste estremamente poco educativo, specie se Roger Taylor, il batterista dei Queen, sta ballando con i pantaloni slacciati e senza maglietta su un tavolo in legno massiccio. I quattro musicisti e le loro ragazze si erano lasciati andare a una serata un po' più divertente delle altre. 
Ci sono varie versioni e interpretazioni della parola divertimento, i divi del rock preferiscono portare entrambe agli estremi, alcune volte. Il risultato? Freddie Mercury che chiedeva un altro giro per tutti, infilando su una frase di cinque parole, otto parolacce; Brian con i ricci riversati completamente sul bancone, che cercava di non vomitare; le tre ragazze che si erano lanciate in balli sfrenati nel bel mezzo del locale. Menomale che era una festicciola privata, organizzata per onorare l’arrivo nella fantastica Las Vegas, luogo di sbronze colossali e matrimoni organizzati all'improvviso, più in coma etilico che vivi. 
La gara di bevute non era stata esattamente l’idea migliore che Roger avesse concepito per rimorchiare, e accettare di parteciparvi era stata indubbiamente l’idea peggiore che fosse passata per l’anticamera del cervello di Courtney. ‘In amore e in guerra tutto è lecito.’ Ma di quale delle due stiamo parlando?  
«Sai che quando sei ubriaco sei quasi simpatico?» confessò apertamente la mora, lasciandosi sfuggire una risata che non prometteva niente di buono. Perse l’equilibrio e si resse alla spalla del biondo per non cadere.  
«Anche tu!» commentò lui, concludendo con un colpo di singhiozzo. «Senti, visto che ho scoperto che nel profondo anche tu sei una burloncella... perché non facciamo uno scherzo a Brian?!» propose, nascondendo i denti bianchi con una mano mentre rideva.  
«Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Sarebbe divertente da morire! E poi chissà come sarebbe felice di vedere che siamo diventati amici!» rispose lei, attaccandosi alla bottiglia di Martini.  
«Perché non ti sposi prima con me e poi con lui? Ahah. Credo proprio di amarti! Non posso passare la mia vita senza di te, così potremo stare tutti e tre insieme!»  
«Anch’io ahah! Dici che è legale?»  
«Ma certo! Perché no?!»  
«Oh Dio!» esclamò Freddie con fare quasi isterico. Aveva sentito tutto e, incredibile ma vero, aveva anche capito. «Andiamo! O... Faremo tardi alla cerimonia!» anche quando non aveva neanche un briciolo di lucidità doveva divertirsi sulla pelle degli altri, a quanto pareva... 
«Cerimonia? Quale cerimonia?» chiese Deacon con il naso rosso, mentre si grattava la testa, sforzandosi di ricordare.
«Quella di Courtney e Roger!»

Tutti gli diedero ragione e si alzarono per raggiungere il più presto possibile il luogo in cui ci sarebbe svolto il tutto. 
«Scusateci Signori...» i due baristi si guardarono, imbarazzati, «C'è da pagare il conto...» 
«Ma come osate chiederci una cosa del genere? Non ci riconoscete? Siamo gli Stones, mettete tutto sul nostro conto» esclamò quasi indignato il biondo e giovane Roger Taylor, passandosi una mano nei capelli morbidi. 
I ragazzi uscirono tutti assieme dal locale, quasi incastrandosi nella porta.
«Cavolo! Il sederone di Roger intralcia troppo!» Rachel non si sarebbe mai lasciata andare a una battuta del genere, da sobria e capace di intendere e di volere, e poi aveva letto il capitolo di Made in Hell in cui il batterista rimaneva incastrato nella portiera della limousine, e si sa, i dejavu sono all’ordine del giorno quando si è sbronzi. 
«Strano, secondo i miei calcoli dovrebbe diventare enorme solo fra qualche anno...» rifletté John, ricalcando anche lui qualche citazione letta in qualche capitolo della saga. Solo dopo riuscì a uscire dalla massa informe inceppata nella porta, quasi cadendo a terra. 
«Fottetevi, tutti quanti...» biascicò. 
«Qui siamo tutti fottuti!» Freddie non poteva non dire la sua, specie quando era così alticcio, o specie se si parlava anche lontanamente di sesso. 
«Ora dove andiamo?» chiese in un barlume di lucidità Julia, che si teneva in piedi grazie all'appoggio che le forniva il cantante, il più stabile dei quattro uomini.
«Taxi!» gridò Roger, tant'è che l'autista fece un salto, visto che la vettura era proprio davanti a lui. Parcheggiata. 
«Prego... è... libero...» azzardò l'uomo che era seduto al posto del conducente. 
«Lei ci deve portare in un posto dove posso sposare la ragazza del mio chitarrista!» 
«Intende una di quelle sale con...» 
«Esatto!» 
Tutta l'allegra combriccola si ritrovò ammassata in una macchina che in realtà poteva trasportare non più di cinque persone... Il biondo aveva insistito per mettersi davanti con il povero tassista, che stava praticamente guidando con la testa fuori dal finestrino per la puzza d'alcol e per sfuggire agli urletti di Courtney che gli stavano trapanando le tempie. Finalmente la destinazione non era più molto lontana. Lo stomaco di Brian non era molto contento delle curve che aveva affrontato, ‘Oh Dio’ strinse i denti lui, mettendosi le mani sull'addome, con un'aria sofferente, fece giusto in tempo a scendere dalla macchina, prima di vomitare. 
«Allora, fanno quindici dollari...» 
«Quindici?» chiese John. 
«Ha sentito bene» rispose il tipo, guardandolo, al che lui gli mise dieci bigliettoni in mano, mentre scendeva dalla macchina, senza dire altro. Chiuse la portiera mentre Courtney stava ancora scendendo, quindi le chiuse le dita nella portiera, causando il suo pianto incontrollato, che però passò del tutto inosservato agli altri presenti. 
«Salve!» Freddie si spalmò sul bancone di quella che era una specie di squallida agenzia di matrimoni «Vorremmo sposarci!» continuò, tenendo a malapena le palpebre aperte. 
La commessa, una strana signora dal sedere grosso vestita di un completino succinto, (che scatenò in May un'ulteriore voglia di vomitare), li guardò e rispose: 
«Va bene, abbiamo giusto una disdetta all'ultimo momento, perciò la sala cinque è libera e il funzionario che provvederà a tutto è già lì» poi con il dito indicò una grande porta rosa a forma di cuore, con gli stipiti ricoperti di una pelliccia bianca, chiaramente sintetica, ma Courtney ci si fiondò sopra, disperata: 
«Il mio povero Fluffy! Cosa gli avete fatto!» abbracciava la pelliccia, quasi singhiozzando. 
«Fluffy... Ma che dice? Fermatela! Sta staccando la pelliccia!» la signora corse, per quanto potesse, con quei tacchi, a togliere la ballerina che stava tirando via il pelo. 
I ragazzi scoppiarono in una risata isterica, ovviamente, ma del resto, non avevano mai visto una scena più esilarante: la copia grassa di Miss Piggy dei Muppets, vestita di un tubino di paiette, cercava di strappare via una moretta in lacrime, più che ubriaca che altro dalla porta rosa adornata di pelliccia. 
Brian aveva trovato su una delle poltrone della sala d'attesa, una borsetta, e lì dentro aveva deciso di lasciare che il suo stomaco si sfogasse, dopo aver finito posò l'accessorio piuttosto schifato. 
«...E per i poteri a me conferiti, vi dichiaro marito e moglie», esclamò in un gesto teatrale il falso prete, al che, Roger e Courtney baciarono, anzi, si diedero una nasata senza precedenti, solo poi riuscirono a sfiorarsi. 
Il neo sposo alzò l'indice come un Re che vuole che i suoi sudditi aspettino, poi all'improvviso, mentre colui che lo aveva sposato era girato, prese il suo cilindro e se lo portò alla bocca, infine lo riempì di tequila mista a succhi gastrici. 
Poi lo ripoggiò da dove l'aveva preso, tutti gli altri fecero finta di niente, persino quando il prete, ignaro, lo prese con due mani e se lo mise in testa. 
La sua espressione fu impagabile, quando capì che il cappello era più pesante di quel che avrebbe dovuto, che c'era dentro qualcosa, non un coniglio, non un mazzo di fiori. Giusto un pacco di vomito appena prodotto. 
Ma ormai era troppo tardi, il vestito bianco aveva completamente cambiato colore, aveva assunto una tonalità molto più scura, meno pulita. 
I ragazzi se la diedero a gambe, dopo aver lasciato una somma imprecisa di denaro sulla cassa, prima che il signore sporco di vomito potesse raggiungerli, inveendo. 

There you go, midnight promises again, yeah.  

Courtney si svegliò di soprassalto. Aveva il fiatone e un estremo mal di testa. Aprì gli occhi lentamente e poi li sgranò. Quella stanza... quella stanza non era la sua. D’improvviso si accorse di avere ancora indosso il suo abito da sera blu, e la serie di strane coincidenze non le piacque.  
Si alzò di scatto, inciampando nelle coperte e finendo stesa sulla moquette, ma si sollevò subito e iniziò a gridare:  
«Brian? Brian!»  
Nessuna risposta.  
Camminò fino al bagno, dove aprì la porta. Era vuoto.  
Cazzo.  
Dove era Brian?  
Si appoggiò al lavandino e si guardò allo specchio. Aveva un’espressione terribile, i lunghi capelli neri la facevano realmente sembrare Morticia e la carnagione cadaverica mista al profilo scheletrico non aiutavano.  
Aveva un anello di plastica infilato all’anulare. Lo guardò con disgusto e cercò di sfilarselo, ma era incastrato: il dito doveva essere gonfiato perché era spropositato in confronto agli altri, forse lo aveva sbattuto da qualche parte.  
Nel silenzio finalmente avvertì un ‘lieve’ ronzio e la donna trattenne il respiro per sentire meglio. Roger dormiva nella vasca da bagno, nascosto dalla tenda tirata.  
«Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah. Che ci fai tu qui?» gridò la ragazza, terrorizzata. Dovette sedersi sul water per non cadere. Il biondo si svegliò ancora più frastornato.  
«Potrei farti la stessa domanda ma ho come la sensazione che stavolta sia io a trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato... almeno sai perché sono qui?»  
«Te l’ho appena chiesto.» Courtney si massaggiò la testa, colta da un mal di testa latente. C’era qualcosa di oscuro che le sfuggiva in tutta quella macchinazione e le domande nella sua testa erano rimaste tutte senza risposta. L’assenza di Brian e la presenza di Roger suonavano strane.  
«Ma... tipo... ieri sera?» la interrogò lui.  
«Non lo so, non mi ricordo nulla.»  
«A me succede sempre, quando esagero. Mi sa che mi sono lasciato contagiare da John. O forse ero con lui... beh, in ogni caso dubito che anche lui si ricordi.»  
Il batterista sembrava quasi simpaticamente loquace e Courtney rimase quasi shockata da questa caratterista del biondo che non aveva mai potuto apprezzare. Tuttavia decise che era meglio abbandonare la stanza prima che la cosa la compromettesse, quindi uscì dal bagno e si diresse di nuovo nella camera da letto. Mentre raccoglieva le scarpe da terra sentì strillare Roger dal bagno:  
«Non mi aiuti a tirarmi su?» ma lo ignorò deliberatamente.  


But they’re broken by the dawn.  
You wanna go... further, faster everyday, baby.  


Courtney afferrò la borsa appoggiata un mobile e fu così che si accorse di uno strano pacchetto di fogli malamente stipato, ripiegato, arrotolato, accartocciato nella sua pochette proprio mentre il batterista approdava nella zona notte, rendendosi conto che era camera sua. La ragazza aprì il foglio accartocciato e spalancò gli occhi di fronte alla verità che non voleva accettare.  
«Fammi vedere» ordinò curioso il biondo, strappandole l’oggetto di mano. «Sembrerebbe un contratto!» commentò, analizzando lo straccetto «E c’è scritto sopra il mio nome, che figo! Dici che guadagnerò qualcosa? Oh, guarda, c’è un’altra firma illeggibile qui, di chi è?»  
«È la mia.»  
«No, dai, non dirmelo. Quindi? Siamo in affari? Oh. Non piangere, guarda che non è che anch’io sia molto felice di dover lavorare con te.»  
Courtney aveva aperto i rubinetti come mai aveva fatto prima e tentava con violenza quasi morbosa di sfilarsi l’anello di plastica che non sembrava interessato a disincastrarsi dal suo dito sempre più gonfio. Fu così che Roger si accorse di avere lo stesso anello all’anulare.  
La preoccupazione passò in secondo piano quando si accorse che la neo Signora Taylor stava per sentirsi male. Pallida come uno straccio, tremava come una foglia e riusciva a malapena a respirare tra un singhiozzo e l’altro. Fece per avvicinarsi, ma lei si ritrasse e poi scappò via, sbattendo la porta. La guardò uscire senza poter fare niente. 
Era sua o l’aveva allontanata ancora di più? 

But in the morning you'll be gone.  
And I’m alone.

 


Courtney durante la festa © Midori Meddows.


MrB, Midori e Snafu colgono l'occasione per augurarvi una buona fine d'anno e un inizio altrettanto migliore :*

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Capitolo 12
*** Error 404: brain not found. ***


12. Error 404: brain not found.

 

- 16 dicembre 1977 -

Las Vegas

 

Julia entrò nell'esclusiva sala dell'hotel adibita alla colazione, riservata solamente ai Queen e a chi fosse strettamente legato con loro.

«Ciao a tut...» esordì. Non c'era nessuno, nonostante fosse quasi metà mattina. «Oh be'... Grazie» si consolò quando un cameriere le portò un cornetto alla crema con tanto di cioccolata calda.

Il ragazzo alto dai capelli mori si avvicinò a un tavolo semi nascosto dietro a una colonna portante.

«Vuole altro, Mr. Deacon?»
«No, sono a posto così, grazie.»
Julia riconobbe quella voce prima di subito e quando il cameriere scomparve chiudendosi alle spalle la porta con i vetri all'inglese, la pittrice prese il suo piatto e lo spostò sul tavolo del bassista, sorridendo,

«Ciao!» esclamò sorridendo cortese.

John alzò gli occhi nocciola dal basso e le rispose a bassa voce, sperando che la ragazza di Roger non notasse che l'imbarazzo lo stava per uccidere.

«Prima non mi hai risposto, pensavo non ci fossi... »

«Ero immerso nei miei pensieri...» sorrise lui, appoggiando un gomito sul tavolo per tenersi la testa sulla mano.

All'improvviso Julia pensò che forse non voleva essere disturbato e si sentì morire...

«Hey, mi dispiace averti disturbato... Ora torno al mio tavolo» fece per alzarsi, ma prontamente, più di quanto in realtà lei si aspettasse, John la fermò prendendole un polso.

«Non devi scusarti, sono stato poco educato.»

«Ma io...»

Si guardarono negli occhi e lei prese un sorso del denso cioccolato al latte.

«Come mai non c'è nessuno, oggi?»

«Vorrei vedere…» ridacchiò lui «Dopo la sbronza di ieri solo i prescelti riescono a salvarsi…»

-Forse io sono ancora sbronzo, visto che ho tanta voglia di parlare con te, questa mattina-

Il bassista cercò di azzittire quel pensiero, lo giustificò ripetendosi che era nato perché Julia era una ragazza molto intelligente, con cui si poteva parlare, -probabilmente è la vena artistica che mi manda fuori di testa-.

Lei si fece scappare una risatina e lui la seguì, dimenticandosi del mal di testa che martellava da quando si era svegliato:

«E tu, quindi, saresti il prescelto?»

«Potrei» scherzò il ragazzo.
Il puteferio doveva ancora scoppiare.

Error 404: brain not found.

 

Stesso posto altra conversazione.

«...E quindi sono piena di rancore.»

«Sarà la quarta volta che ripeti la stessa frase, non pensi che sia ora di cambiare repertorio?» sorrise John sorseggiando tè bollente dalla propria tazza.

La sua interlocutrice non sembrò contenta di quella battuta e gli diede uno schiaffetto su una mano:

«Quanto sei scemo! Il mio ragazzo si sposa con la promessa sposa di Brian a Las Vegas e l'unica cosa che riesci a dirmi è quanto io sia monotona! Grazie!» nella voce di Julia non c'era la solita sfumatura di allegria che caratterizzava il suo parlare.

«Che palle! Roger per di più si comporta come se sbagliassi a prendermela così tanto!» esclamò la ragazza, con una puntina di isteria.

«Effettivamente era ubriaco perso…»

«Decidi da che parte vuoi stare!»

«Dove vuoi che stia...» preferì rimanere sul vago lui, incapace di scegliere uno degli ipotetici schieramenti che Julia probabilmente aveva molto chiari nella propria mente.

«Che palle!» sospirò l'ultima volta lei, prima di appoggiare la testa sulle braccia incrociate sul tavolo.

«Dai, vedrai che...» John voleva poggiare una mano sulla spalla della ragazza, ma lo intimoriva una sua probabile reazione negativa «Tutto finirà per il meglio» non era sicuro, ma gli sembrava che Julia stesse piangendo.

Non si sbagliava, perché quando lei alzò il viso, dagli occhi due lacrime scesero fino a confluire sulle labbra, che umide attiravano ancor di più l'attenzione di John, che focalizzò lo sguardo sui due cuscinetti rosei.

«Oh... No, no!» il bassista si comportò come quando un bambino piccolo è sull'orlo di un pianto isterico, quasi implorava Julia di non singhiozzare, le asciugò gli occhi con un fazzoletto. Si ritrovò inghiottito da uno strano vortice di emozioni, che lo spinsero ad alzarsi e ad abbracciarla «Non fare così, è stato tutto un errore!»

John aveva sbagliato ad abbracciare la ragazza da dietro, perché le sue braccia non potevano fare a meno di sfiorare i suoi seni.

Julia alzò lentamente la testa, fino a sfiorare la guancia dell'altro. Sciolse l'abbraccio e si alzò in piedi, si trovò naso a naso con John.Al contrario di ogni aspettativa di entrambi, fu lui a metterla alle strette, lui a spingerla verso il muro e a premere le labbra contro le sue, a cercare i suoi fianchi con le mani grandi maschili.

«Non voglio che tu ti penta di qualcosa... O che rovini tutto con Rach» sussurrò lei, sfiorando il naso con il suo, sperando che lui non cambiasse idea in quel momento.

Lui non ebbe la forza di rispondere, un po' per i sensi di colpa nei confronti della sua fidanzata, un po' perché aveva una voglia di Julia che lo uccideva.

 

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Capitolo 13
*** Somehow I have to make this final breakthru… NOW! ***


13. Somehow I have to make this final breakthruNOW!

- 16 dicembre 1977 - 
San Diego

 

Julia era in camera, ma si sentiva molto nelle condizioni di una di quelle principesse delle fiabe segregate sulla cima di una torre. Roger era nella hall con Courtney, i due stavano telefonando dappertutto per capire come fare a sciogliere il loro contratto di matrimonio; la cosa triste era che lei aveva la sensazione che al batterista non dispiacesse più tanto passare intere ore al telefono in compagnia di una nevrotica ballerina di danza classica al tramonto della sua carriera.

La ragazza dai capelli viola si sentiva intrappolata in una di quelle storie di amori medievali... era un altro il principe che lei bramava, ormai. Afferrò il blocco nel tentativo di disegnare qualcosa, anche un paio di tratti che fossero riusciti a consolarla, a darle un’idea su quello che avrebbe dovuto fare, che poteva fare, ma i disegni, come le parole, non sono buoni a niente: solo ad essere fraintesi.

Sono i fatti che contano.

 

John stava vivendo la situazione in modo anche peggiore e di certo più passivo. Rachel era sparita, come spesso avveniva in quel periodo, probabilmente per dare il suo sostegno morale a Brian. Il chitarrista voleva mostrarsi forte, ma dopo il bacio con Rachel e l’incidente con Courtney aveva la sensazione di non riuscire a tenere incollati tutti i pezzi solo con la forza del suo cuore.

Dopo un’intera giornata passata in uno stato di depressione totale e isolamento sociale, John si decise ad andare da Julia. Non sapeva che cosa avrebbe fatto, che cosa le avrebbe detto, sapeva solo che insieme avrebbero trovato una soluzione, che lei avrebbe capito, che lei non lo avrebbe accusato. Arrivò di fronte alla porta della sua stanza, sperando che ci fosse... e dove altro poteva andare?

«Ehy, ciao!» esclamò lei entusiasta, vedendolo. «Qual buon vento…?»

Lo fece entrare mentre si puliva le mani sporche di carboncino a un fazzolettino che teneva nella tasca dei pantaloni e che aveva tutta l’aria di essere appartenuto a Courtney, un tempo. I due si accomodarono sulle poltrone all’ingresso della grande suite e Julia si prese del tempo per guardare meglio il bassista: la sua fronte si aggrottò e le sue sopracciglia si arricciarono. Aveva già capito tutto, non c’era bisogno di aggiungere altro con lei.

Questa cosa mise non poco a disagio il timido John, che fece subito in tempo a cambiare idea.

«Lascia perdere...» disse, scrollando le spalle. Stava per alzarsi, ma le parole della ragazza lo inchiodarono a sedere.

«Se sei venuto fino a me ci sarà un motivo.» bofonchiò Julia «Che c’è? Vuoi un risarcimento per la camicia?» scherzò e lui rispose a tono, piuttosto irritato:

«Lo sai cosa c’è.»

«Ricordamelo.» asserì lei, accarezzando il mento con le dita.

«Ho sbagliato, scusa, torna pure a fare i tuoi disegni...»

John si alzò, ma lei fu più veloce e gli diede una spinta, facendolo ricadere senza difficoltà nella posizione di prima.

«Senti, io lo so perché non ne vuoi parlarne con me. Ok? E so anche che non dovrei dirti quello che sto per dirti, ma... guarda che è lo stesso per me e mi sento uno schifo...» ammise la ragazza con i capelli viola, massaggiandosi le tempie con una mano.

Sembrava effettivamente scombussolata, aveva gli occhi addolorati e la bocca increspata in un ghigno di sofferenza e piacere.

«Sì, ma non sei tu ad essere innamorato della ragazza del tuo batterista!»

«Sono innamorata del bassista del mio ragazzo, credi che cambi qualcosa?» borbottò lei, cercando di mantenere bassa la voce. «Ci passerà, è solo un momento così...» ipotizzò fingendosi certa, iniziando a passeggiare avanti e indietro con le braccia conserte.

«C’è solo un modo per liberarsi di questo peso... io...» tentò John e Julia lo guardò perplesso, incredula all’idea che stesse per proporre una soluzione credibile «Senti e se... se provassimo?» propose, alzandosi. «Non puoi negarmelo.»

Era stranamente sicuro di sé, lei iniziò a esitare. Sarebbero sempre stati due opposti, si sarebbero sempre completati. La guardò in modo impertinente e lei si voltò, pronta a fuggire ogni qualvolta il cuore o la testa gliel’avessero comandato. Ricominciò a passeggiare verso la finestra, dandogli le spalle.

«Ah... sì... e poi magari, magari neanche ci piace... anzi, sicuramente ci farà schifo e rideremo per tutta la nostra esistenza di questa infatuazione ahah» rise lei, cercando di mettere in quella frase tutta la persuasione di cui era in possesso.

«Eh, sì, magari...» rispose lui, non molto convinto, avvicinandosi.

Chiusero entrambi gli occhi: nessuno di loro poteva essere testimone oculare di quell’avvenimento. Gli altri sensi sarebbero bastati. Erano spaventati a morte: sapevano che quello che stavano per fare era sbagliato, ma non riuscivano a evitarlo. Meglio convivere con il rimorso di averlo fatto, o con il rimpianto di averlo lasciato scappare?

John sentì a fatica i loro respiri mescolarsi, era totalmente inghiottito da lei, il suo profumo misto di grafite, shampoo agli estratti di calendula e fumo solleticava le sue narici, inebriava la sua testa.

Il telefono sul comodino suonò: era Rachel, diceva che John era di nuovo sparito... le solite cose. Nessuno di loro due disse niente, si capirono con uno sguardo. Alle volte sembrava proprio che fosse il destino a separarli. Forse era giusto così. John si sentiva uno stronzo, Julia capì, gli diede una pacca su una spalla, massaggiandola dolcemente, poi si allontanò per andare a prendere la sua tracolla.

«Vai da lei» constatò, sorridente. «Non è carino che ci vedano arrivare insieme…»

John non rispose. Era stanco di dover dare risposte a tutti. Era stanco di dare retta sempre alla testa, ed era stanco anche del suo cuore, che gli dava indicazioni contrastanti. Fece un passo in più, afferrò Julia per la vita e la baciò. Con il resto avrebbe fatto i conti dopo.

Ci fu un notevole trasporto da parte di entrambi, non appena le labbra non si saziavano più le une con le altre e il bacio si fece più profondo, Julia cinse il collo del bassista con le  braccia e lui fece lo stesso con i suoi fianchi. Si sentiva a suo agio, stava bene, si sentiva al posto giusto, nonostante quello che stava facendo. Non che con Rachel non fosse così, ma Julia era diversa, e lui si sentiva emozionato come in una piccola storia d’amore appena nata, si sentiva un’idiota. Era innamorato di entrambe, seppur in modi diversi: Rachel faceva parte della sua quotidianità, Julia era qualcosa di più, qualcosa che scavalcava l’amore che provava per la dottoressa, perché era molto più simile alla sua migliore amica, qualcuna a cui poteva dire veramente tutto, anche se fossero stati insieme, lui si sarebbe sempre sentito a suo agio con lei.

«Poi magari non ci piace...» ripeté il bassista, sussurando quelle parole all’orecchio dell’artista con ironia, e diede un bacio sulla sua guancia.

Lei si chiuse contro la sua spalla.

«Ti prego, non infierire.» supplicò. Tratteneva a stento le risate «Dai, ci vediamo giù...»

«Eh, una parola, prima devo andare in bagno.»

 

 

Il telefono squillò nel cuore della notte, facendo sobbalzare Roger e Julia nel letto.

Era Rachel: John si era ubriacato di nuovo e aveva pensato che sfondare una cristalliera sarebbe stato un modo carino di passare il tempo. Lo stavano portando al pronto soccorso.

Julia si passò una mano sugli occhi. Ci doveva essere per forza qualcosa di sbagliato, in tutta quella situazione.

 

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