Quattro Ragazze

di amy_m88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Quattro ragazze" è un racconto scritto tra il 2003 e il 2005. Tra i miei 14 e 17 anni. Il mio primo esperimento se così si può chiamare. E' una storia nata per gioco e alla quale sono molto affezionata. 
 
PROLOGO
 
 
"Ragazze, è l'ultimo giorno di vacanza:aiuto!!" così iniziai il discorso lavoro
"Magari oggi incontrerai la tua anima gemella!" disse Mary scherzando.
"Sai cosa penso dell'argomento:niente uomini prima dei 30 anni!" risposi tra lo scherzoso e il serio.
"Sei sicura?" mi chiese Michelle senza ricevere risposta.
"Michi, e se troveremo il tuo futuro sposo?" intervenne Chris sorridendo.
"Patetico: non mi piace avere uomini tra i piedi!" così Michelle chiuse il discorso. Discorso che doveva essere di lavoro.
Litigavamo spesso, eravamo sempre in disaccordo: per questo eravamo amiche praticamente da sempre.
Michelle era vanitosa, molto vanitosa. Teneva i capelli biondi rigorosamente sciolti. Il viso era messo in risalto da due occhi azzurro-cielo.
La mia parola d'ordine era praticità: i miei capelli mori erano sempre raccolti in una coda. Il mio sguardo era tanto malinconico quanto allegro.
Chris aveva i capelli castani di media lunghezza, capelli che si intonavano con l'orgoglio di Miss Sullivan: occhi verde-profondo.
Mary era una ragazza enigmatica quanto me. Lo si poteva intuire dalla sua espressione: intensa, capace di farti cadere in una rete misteriosa. I capelli biondo-castano erano sempre sciolti. Non per vanità.
Chris, propose di uscire per un pomeriggio di shopping...
Miss Vanità Higgins comprò moltissimi vestiti,di tutti i colori possibili; io optai di entrare in una libreria e fare scorta di Rosa e Polizieschi; Chris puntò sulla buona musica; infine Mary prese alcuni dvd perché "leggere era una cosa all'antica" per dirla come lei.
Quella sera ricevemmo una telefonata...
"Watson! Chi parla?"
"Ciao Jo! Sono Daniel, domani dovete venire qui: faccenda urgente!" terminata la telefonata tornai dalle ragazze e annunciai "Ragazze, domani si torna ufficialmente a lavoro!"
"Non voglio, è noioso!" disse rassegnata Michelle.
"Domani potrebbe succedere qualcosa di straordinario!" esclamarono Chris e Mary entusiaste.
"Purtroppo ho questo presentimento!" sospirai dopo un attimo di riflessione.
Il giorno seguente ci presentammo da Mr Ryan, castano e occhi verdi...
"Ciao ragazze, temevo non arrivaste più!"
"Scusaci Mister, non sapevamo fosse così urgente!" affermò Michelle sarcasticamente.
"Bene, ora vi spiego: dovrete trovare più notizie possibili su questo tale!" così dicendo ci mostrò la fotografia di un ragazzo castano sulla ventina d'anni.
"Che sguardo!" esclamò Chris prendendo la fotografia.
"Siamo qui per lavoro..." intervenni "Non stiamo cercando l'anima gemella!"
"Giudica da te" mi disse in tono di sfida.
Osservai la fotografia, la lasciai cadere e mi allontanai.
 
Mary quando mi vide scomparire si avvicinò alle ragazze con aria interrogativa...
"Solo stupita dallo sguardo Chris?"
"Per me ci nasconde qualcosa... e io scoprirò cosa" rispose Michelle decisa.
"Forse...quando e se vorrà,ragazze!" riprese Mary.
"Certo che lo farà! Siamo sue amiche, o no?"ribadì Michelle semplicemente.
Mi ero rifugiata in riva al mare. Ero così immersa nei miei pensieri, che mi riportavano sempre a quel ragazzo, che non mi accorsi della presenza di Michelle.
Era seduta vicino a me senza sapere e senza volere sapere nulla, in silenzio.
"Perchè sei venuta, Michi?" le chiesi sorpresa.
"Se avessi bisogno di qualcuno..." mi sussurò "Grazie" le bisbigliai.
"A questo servono le amiche, Jo!" e riuscì a farmi sorridere.
Passarono i giorni e le ragazze erano molto preoccupate per me: ero molto taciturna, mi chiudevo spesso e volentieri in camera mia. La cosa preoccupava anche perchè Miss Watson, ovvero la sottoscritta, non rimaneva tranquilla per più di cinque minuti. Fu in una di quelle sere che ricevetti una telefonata...
"Joey! Chi parla?"
"Jo, sono io: Alex!" rispose l'interlocutore.
"Cosa desideri?"
"Dobbiamo parlare, voglio parlarti. Potresti venire da me?"
"Non abbiamo più niente da dirci, Alex!" e senza aspettare risposta riattaccai.
Uscita dalla camera vidi tre ragazze indaffarate in qualcosa che sarebbe dovuto rimanere segreto...
"Non è come può sembrare!" disse Michelle in fretta "Poteva essere qualcuno che avesse relazioni con quel ragazzo!"
"Michi! Quanta fantasia. I miei complimenti! Secondo te chi avesse notizie di quel ragazzo telefonerebbe a me?" fui sconvolta avevano ascoltato una mia telefonata. Le mie migliori amiche controllavano le mie telefonate.
"Avete molta confidenza!" intervenne Chris "Non hai mai permesso a nessuno di chiamarti Jo! Chi è?"
"Non giustifica il vostro comportamento:da quanto andate avanti così?" chiesi furiosa.
"Aspetta! Dove vai?"
"Esco!"e chiusi la porta lasciando senza parole le ragazze. Amiche.
 
Quel pomeriggio su Boston splendeva il sole e per le vie della città incontrai lui...Andrew...Andrew Smith...
"Quanto tempo! Come stai?" chiesi saltandogli al collo.
"Che accoglienza! Non pensavo di incontrare proprio te, Joey!"
Intanto le tre ragazze stavano discutendo sulla telefonata...
"Forse non avremmo dovuto ascoltare: in effetti era piuttosto personale!" disse Mary.
"Io lo rifarei!" ribattè decisa Chris.
"Potrebbe essere il nostro uomo!" intervenne Michelle.
"Questo mai Michi! Ci conosciamo da troppo tempo: neanche per amore Joey farebbe una cosa del genere!" e così Mary chiuse il discorso.
"Per amore una donna può fare di tutto!" concluse Chris convinta.
Intanto io ed Andrew avevamo molte novità da raccontare. Erano passati molti mesi da quando si era trasferito a Londra.
Londra chissà se a Londra...
"Allora Andrew cosa mi racconti?"
"L'ho incontrato!" rispose con un sorriso giocoso. Sapeva della mia passione per una certa saga.
"Come? Non hai niente da dirmi allora?"
"No! Ho conosciuto te, Michelle, Chris e Mary" mi disse sempre con il suo solito sorriso. Un sorriso che a volte riusciva a incantarmi.
"Quanto sei sentimentale!" dissi a quell'incantevole ragazzo.
"So quanto ti piace quando mi comporto così!" ribadì lui.
"Andrew, mi piace nei libri!" affermai fingendo sicurezza. "Sono realista, non pessimista!" precisai fissandolo negli occhi, occhi castani.
Passarono i giorni e l'indagine non si sbloccava. Eravamo ormai sul punto di arrenderci quando Chris notò un'immagine sul pc; una sua immagine...
"Ragazze!Guardate qui...Alexander, 22 anni!"
Mi guardarono tutte e all'unisono chiesero spiegazioni.
Mi guardarono tutte con aria interrogativa. Non potei fare a meno di sorridere.
"Joey, ne sai qualcosa?"
"Perchè mai?" domandai di rimando
"Semplice: è lo stesso ragazzo con cui hai parlato poche sere fa!" rispose Chris.
"Non credevo che avessimo un video-telefono:è una sorpresa per me!" e aggiunsi "Credete sia sua complice?" curiosa.
"Se non ti conoscessi praticamente da sempre, penserei che tu lo sia... ma non lo sei vero, Joey?" intervenne Mary confusa ma tranquillamente.
In quel momento suonarono alla porta...
"Buongiorno gente! Chi c'è?" si sentì dall'ingresso.
"Andrew?" e si voltarono tutte, accogliendo il ragazzo come se avesse dovuto attraversare un oceano per essere lì.
Passarono un'ora a parlare di tutto e di niente, finchè non fu accennata l'ultima indagine: Andrew aveva intuito che qualcosa aveva reso quell'equilibrio instabile, precario, troppo precario.
Chris non aveva più fiducia in me.
Quando Mr Smith pensò fosse tempo di tornare per le vie di Boston, Mary venne in camera mia...
"Joey, come stai?" chiese preoccupata chissà per cosa.
"Bene, grazie! Dimmi...credi che io non c'entro nulla con quel ragazzo?"
"Certo Joey! Se lo dici tu ci credo!" e riuscì a strapparmi un sorriso. Come il suo carattere.
Nel frattempo per Andrew era giornata di visite, così si presentò a casa...
"Andrew? Ciao!" salutò lui.
"Perchè l'hai fatto? Dovevi avvertirla!" gli chiese senza preamboli.
"Jo non c'entra con la mia decisione e poi...non mi vuole vedere!"
"Alex! Se gliene parlassi, lei capirebbe e potreste tornare insieme" continuò Mr Smith convinto.
"Cosa? Io e Jo? Andrew...non possiamo tornare insieme ora come ora!" rispose Alexander tra la confusione e la meraviglia.
Il giorno seguente passai dalla libreria: io amavo i libri e dovevo comprare il seguito di una favola. Ero immersa nel primo capitolo quando vidi Andrew in lontananza.
"Joey!" mi salutò
"Andrew! Che sorpresa!" sorrisi e continuai "Sempre in libreria eh? Il lupo perde il pelo ma non il vizio!"
"Eh già! Proprio così!" disse avvicinandosi e facendosi serio aggiunse "Perchè non ci hai detto nulla?"
"Mi avreste creduto? Avrei peggiorato la situazione!" sussurrai.
"Joey..." continuò, sempre più serio "Non è che potresti...no...insomma..."
"No Andrew! Esiste già chi ti aspetta, la troverai e vivrai felice e contento con la tua principessa!"
Lui sorrise, quel sorriso unico "Sai Joey? Non è male come idea: io lei e...un castello! Avverti le ragazze!"
"Certo! Quando incontrerai la tua principessa lo sapranno!" promisi sorridendo e ribadii "Te lo prometto!"
La settimana seguente decisi di dire quanto sapevo sulla vicenda: l'indagine non si sarebbe più sbloccata se non fossi intervenuta ora.
"Ragazze! Alex... cioè Alexander... è... un agente in incognito...!" confessai, lasciandole confuse.
"Come, prego?" domandò stupita Miss Sullivan.
"Come ho detto!" continuai tranquillamente "Cosa vi aspettavate da Mr Watson?"
"Chi? Watson?" chiese Michelle sempre più confusa.
"Sapevo che non eri sua complice!" esclamò Mary entusiasta.
"Naturalmente Mary: era lui il mio!" risposi, lei sorrise e continuai "I miei complimenti! Sei stata al gioco più di me!"
Chris e Michelle ci guardavano con aria perplessa, così spiegai "Ho organizzato tutto io: quando mi ha telefonato gli ho spiegato come andare avanti e...ha funzionato...non avete mai pensato a lui come mio fratello!"
"Non credere alle apparenze? L'intento della recita?" chiese Miss Hicks sapendo già la risposta.
Non credere mai alle apparenze. L'intento della recita, recita che segnava solo l'inizio. Da quel pomeriggio sarebbe cambiato tutto.
Noi eravamo pronte... forse...
Io non mi sarei tirata indietro!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Sono passati un po' di anni dalla recita.. 2 anni per essere precisi
 

CAPITOLO 1 


Le nostre vite sono cambiate, quella di Miss Michelle Higgins su tutte: ha sposato Mr Daniel Ryan.
Terminata la cerimonia tutti fummo invitati a casa dei signori Ryan ed io, vista la confusione, colsi l'occasione per uscire in giardino. Mary però, alla quale non sfuggiva mai nulla, se ne accorse e mi seguì...
"Joey!" iniziò sorprendendomi "Perchè sei qui? Dentro potresti incontrare la tua anima gemella!" continuò sorridendo. Non era cambiata, lei.
"Non è il momento di parlare di mariti e matrimonio: Michelle non avrebbe dovuto sposarsi!"
"Joey..." riprese Mary "Dovresti sapere che presto o tardi ci si innamora!"
"No!" risposi convinta, forse per nascondere una lieve paura, ribadii "No Mary!"
"Oh sì, cara! Anche tu ti innamorerai di un uomo per il quale vorrai dare tutto!" affermò Miss Hicks senza darmi il tempo di ripondere. "Entriamo?" chiese concludendo il discorso, e la seguii.
Dopo che gli invitati si furono congedati rivolgendo ai signori Ryan le migliori felicitazioni, Mrs Ryan uscì in balcone. La serata era serena:nessuna nuvola disturbava il chiarore della luna;e seguendo il chiarore Michelle mi vide ancora seduta in giardino intenta ad osservare, senza vedere, la mia immagine riflessa nella piscina.
"Joey! Bella serata vero?"
"Sì!" risposi vagamente senza guardarla.
"Devi parlarmi?" mi domandò preoccupata.
"Sono delusa: sei andata contro le tue stesse idee sposandoti. Fino a due anni fa ritenevi gli uomini patetici e ora hai promesso a Daniel amore eterno!"
"Sì Joey, è vero!" rispose e aggiunse "Ma non è questo il punto, o sbaglio, Jo?"
"Esatto, non è questo, ma..." e fu lei a finire la mia frase "Hai paura di innamorarti" e non vedendo reazioni continuò "Anche tu amerai qualcuno di cui avrai bisogno tutta la vita"
"No, Josephine Watson non sarà mai di nessuno e non avrà mai bisogno di qualcuno!"
"Ascolta Jo, il matrimonio non ti ruba la libertà... ti innamorerai e allora scoprirai che il vero amore ti rende completa e non prigioniera di un contratto" così Mrs Ryan concluse l'argomento e la salutai senza capire quanto avesse ragione...ma in futuro avrei cambiato la mia idea di autonomia, forse...
Ora come ora però io, Josephine Watson, 22 anni, non avevo intenzione di credere all'eterno amore. Forse per paura, forse perchè tutto succede perchè qualcosa di più grande deve succedere, lo ritenevo troppo fiabesco e poco reale.
I giorni passarono: Michelle era diventata Mrs Michelle Ryan; io ero sempre più contraria al matrimonio. 
Intanto Mary si sentiva sempre più strana:quando era insieme ad Andrew non parlava se non quando fosse interpellata e strettamente necessario. Me ne accorsi immediatamente, purtroppo o per fortuna...

"Ciao Mary!" mi presentai così a casa sua "Avresti dello zucchero a velo? Volevo fare una torta per stasera ma mi sono accorta che mi mancava un ingrediente..."
"E così sei venuta a trovarmi" sorrise "Vieni, dovrei averne!"
"Mary, pensavo di invitarvi a casa mia per cena...che ne dici?"
"Stasera? Ok ci sarò!" mi assicurò senza volere sapere chi avrei invitato.
"Bene, sono contenta! A stasera!"salutai.
Quella sera ero ancora intenta a rifinire le ultime cose quando si presentarono Mr Smith e Mary...
"Ciao Joey!" salutarono. Mary, sempre sospettosa, mi chiamò in disparte e sussurrò "Non hai invitato solo lui, vero?"
"No tranquilla! Alex e Chris arriveranno presto!" e neanche il tempo di rientrare che i due ragazzi arrivarono.
La cena occupò quasi tutta la serata e tra un discorso e l'altro il tempo passò velocemente.
Quando notai che Mary si era fermata in giardino la raggiunsi...
"Bello il cielo stasera, vero?"
"Eh...sì stupendo!" rispose lei vagamente. Sembrava una scena già vista.
"Non sono Andrew...puoi parlare se vuoi!"
"Non vorrai insinuare che..."
"Sei innamorata di Mr Smith?" domandai in tono scherzoso "No Mary, è solo un'affermazione..."
"Che intuito!" sussurrò Miss Hicks "Grazie per la serata Jo!"
"Per un'amica... a domani Mary!"
"A domani Jo!" e sorrise.
Rientrata in casa presi un libro e mi misi a leggere. In quel momento pensai che ero l'unica "ancora liberamente autonoma" e fu allora che mi resi conto di un presentimento sul mio prossimo futuro.

 

 

I giorni passarono e un mercoledì pomeriggio passeggiavo per le vie di Boston quando con mia grande sorpresa incontrai Andrew Smith...
"Ciao Andrew!"
"Ciao Joey! Bella giornata, non credi?"
"Ricordi la conversazione di quel giorno?" domandai d'istinto senza specificare nulla.
"Come dimenticarla: hai fatto tutto tu!" rispose intuendo il momento e.. sorridendo.
"Forse avrei dovuto cambiare il momento...forse..." così dissi ma fu come se a parlare fosse stata una terza voce. Ci fu silenzio. Un silenzio pieno di parole non dette, mai dette ma sempre pensate. Silenzio.
"Joey?" mi fissò con quel suo sguardo curioso ma non riuscii a rispondere e continuò "Possiamo affrontarlo ora?" mi chiese afferrandomi dolcemente le spalle,fiducioso. 
Sentii gli occhi umidi. Continuai a fissarlo senza riuscire a dire nulla.
"Dimmi qualcosa Joey! Qualsiasi cosa!" ricominciò Andrew.
"No! Tu meriti una persona migliore di me: sono troppo realista. Sono sicura che troverai quella persona, presto...e non sono io, Andrew!"
"Guardami negli occhi Jo! Dimmi che provi solo amicizia allora!" sentenziò Mr Smith.
"Io Jo, non provo che amicizia per te" dissi.
"Guardandomi negli occhi!" ripetè lui, perchè fissavo le sue scarpe mentre parlavo.
Mi liberai da lui, dalla sua dolce stretta, e corsi via lasciandolo solo davanti a una libreria.
Nello stesso momento Michelle e Daniel erano intenti nello shopping arredamento.
"Dan!" chiamò Michelle indicando una vetrina che avrebbe potuto mettere in mostra e proteggere molti souvenir di vetro. Vedendomi però mi raggiunse convinta che Daniel Ryan "avrebbe scelto ottimamente".
Correndo sentii le lacrime scorrere sul viso, stavo piangendo. Io, Josephine Watson, piangevo.
"Jo!"mi sentii chiamare, era Michelle.
"Michi! Che succede?" domandai.
"Stai piangendo! La domanda te la rivolgo io!" disse preoccupata lei.
"Già! Sto piangendo. Era troppo tempo che non mi vedevi così eh?" chiesi cercando di sorridere "Andrew ha creduto che lo amassi!"
"Tu, Josephine innamorata di lui, Andrew? Fantasia galoppante!"
"Esatto: follia pura!" replicai.
"Io torno da Daniel!Tu stai attenta, ci sentiamo!" e mi salutò.
Cosa mi stava succedendo? Miss Autonomia, innamorata?No, era solo uno scherzo...uno stupido scherzo del destino! Non di Andrew!
No, non era amore...solo l'inizio di una grandiosa storia che, lo sentivo, avrei vissuto da lì a poco e forse, lo speravo, lontano da Boston.
In breve con il mio realismo mi immaginai in Europa...

La situazione tra Alex e Chris era confusa, molto:lui era gentile con lei e in quanto a gentilezza lo era stato solo con la sorella, me; lei, Chris, in sua compagnia si sentiva tranquilla. Fu così che un sabato mattina...
"Alex!" chiamò una voce femminile.
"Julie!Che piacere, come stai?" domandò senza aggiungere altro perché lei... lo baciò.
Dopo poco si scusò dicendo che un tipo la seguiva infastidendola e sussurrò un grazie.
Ci fu silenzio. Ancora nessuna parola.
"Beh..." iniziò Julie "Come vanno le cose in amore?"
"Sono single!" fu la risposta e in quell'istante giunse Chris...
"Ciao Alex! Aspetti da molto?"
"No! Sono appena arrivato!" Julie intervenne "Tu saresti single?"
"Come?" chiese di rimando Alex.
"Guarda:siete perfetti!" rispose Julie senza giri di parole.
Silenzio.
La ragazza salutò intuendo di aver creato una situazione a dir poco imbarazzante.
"Alex, devi dirmi qualcosa?" chiese Chris incuriosita.
"No!"
"E lei?" continuò sempre più curiosa.
"Julie!" rispose "Un'amica con cui non c'è bisogno di parlare!"
"Già! Si è visto..." disse Chris in tono sarcastico osservando le di lui scarpe.
"Perché? Non vorresti..."
"Sì? Cosa?" chiese Miss Sullivan rivolgendo lo sguardo al suo viso.
"Niente!" disse rassegnato Alex "Continuiamo la nostra passeggiata!" e Chris tornò a fissare le proprie scarpe.
Il resto fu silenzio, che ormai era di casa.
A casa di Chris tornò il bel dono della parola... il silenzio salutò a malincuore: si era affezionato ai due ragazzi.
"Alex,vorresti un caffè?" propose lei.
"Volentieri!" ringraziò lui.
La ragazza contenta del consenso di Alex andò in cucina; lui si sedette in salotto e si immerse nella lettura di alcune poesie. Il libro era di Miss Sullivan e il titolo fece illuminare d'immenso Mr Watson: prese una penna e scrisse qualcosa che si avvicinava molto a una dedica.
Finì giusto in tempo: Christine era dietro di lui con il vassoio in mano...
"Ecco il caffè! Zucchero?" chiese lei.
"Due!" rispose lui.
Così iniziarono a parlare di tutto e niente;quando finirono era ormai sera: Alex salutò ringraziando per la compagnia.
Christine stanca della giornata, rimasta sola, si sdraiò sul divano; prese un libro e cominciò a leggere le "Poesie d'amore"  di Hikmet; sfogliando le pagine notò una dedica:

Sono tra gli uomini e amo gli uomini
amo l'azione
amo il pensiero
amo la mia lotta
sei un essere umano nella mia lotta
ti amo!
Con Amore Alex


La ragazza rimase senza parole:non avrebbe mai immaginato una dichiarazione così...romantica! Poco importava che fosse parte di una poesia di Hikmet, era sua...per lei!
Si vestì, prese le chiavi e si ritrovò per le strade di Boston con destinazione la casa di Alex Watson.
Sotto casa sentì il cuore battere a mille:perché era lì? Quale sentimento l'aveva guidata fino a lì? Non poteva essere...
Salì, entrò e senza giri di parole chiese "Julie sapeva che ti piacevo?"
"Sì, naturalmente!"
"Allora quello che hai scritto lo pensi davvero?"
"Sì Chris!" rispose "Julie ci ha anche scambiato per fidanzati: credeva che ti piacessi!" aggiunse sperando quel certo non so che.
Silenzio. Quel silenzio strano e affezionato.
"Ha fatto centro!" sussurrò Christine Sullivan. Sorridendo.
Quella notte nella stessa città, poco lontano, un ragazzo si svegliava di soprassalto come se avesse avuto un'illuminazione.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
Andrew Smith e un sentiero buio in compagnia di una ragazza che parla come colei che piange e dice...
Quando raccontò il suo sogno a Michelle definendosi un Dante alla ricerca della sua Beatrice Mrs Ryan chiese: "La ragazza si chiamava Francesca?" incuriosita.
"No, o meglio, non è nata dove il Po trova pace con i seguaci sui" rispose sorridendo Andrew. "E poi non ho intenzione di morire tra 24 anni!"
"Non sei nel mezzo del cammin di nostra vita quindi..." disse Mrs Ryan.
"Chi parla di Dante?" intervenni entrando in salotto con Mary.
"Andrew, il suo sogno e la sua Bea!" mi rispose Michelle, trattenendo le risate.
"Mary mi stava raccontando il suo sogno" continuai e il nostro Alighieri si nascose per quanto un salotto possa nascondere.
"Coraggio.. narraci, o Musa, dell'uomo castano!" la invitai con un sorriso.
"Io non sono la tua Musa, Joey!"
"Non di certo! Non mia!" le sussurrai facendola arrossire. Un rossore che mai le avevo visto.
"Ero in una libreria... pioveva... e incontro Smith.." iniziò Miss Hicks cercando di far passare inosservato quel rossore.
"Andrew Smith non è un uomo!" precisai stupita della qualifica e Dante, risorgendo dalle ceneri come una fenice, uscì sbattendo la porta. Mary rimase impietrita a fissare una porta chiusa. Per lei non si andava tra la perduta gente. Mary Hicks non fece nulla per impedirlo; vide la speranza allontanarsi senza una parola.
 
Il giorno seguente la ragazza decise di uscire per respirare l'aria primaverile di marzo ma, come vuole il proverbio, fu costretta ad entrare in un bar per la pioggia e, come vuole il racconto, in quel bar incontrò Andrew.
"Ciao Mary!" salutò lui contento di vederla "Ti offro qualcosa?"
"Grazie mille: un caffè!" ringraziò lei.
Il ragazzo fece le ordinazioni e continuò "Cosa mi racconti?"
"Per colpa tua sto passando le notti in bianco!" rispose Mary. Tranquillamente.
"Per me?" chiese Mr Smith sorpreso.
"Sì, insomma...no! Un sogno: libreria, pioggia, ti incontro e quando ti avvicini mi sveglio all'improvviso. Quindi...sì...è colpa tua!"
"Mary... inconsciamente vorresti incontrarmi ... è semplice desiderio inconscio!"
"Desiderio inconscio? Quanta razionalità esce dalla tua bocca oggi...che è successo?"
"Sono contento... ti piace la mia razionalità?" chiese con il suo solito ma mai ripetitivo sorriso.
"No! La tua bellezza è nel tuo essere romantico: non amo la tua razionalità!" e qui Mary capì di aver parlato troppo!
"Quindi ti piaccio!" disse a tradimento.
"No!" rispose arrossendo lei "Sei un buon amico ma...io...non ti amo!"
"Ho chiesto se ti piaccio non se mi ami!" e non ci fu altro. 
 
Silenzio. Come ormai era abitudine per queste tre ragazze...quattro...
 
Sui tetti di Boston tornò a splendere il sole. 
Mr Smith chiese a lei di fare una passeggiata; Miss Hicks accettò di buon grado di passeggiare con lui.
Lungo i sentieri il ragazzo capì che la sua Beatrice altri non era che Miss Mary Hicks, così sedutosi su una panchina...
"Ti piacerebbe passeggiare ancora con me, Mary?"
"Certo Andrew!"
"Per sempre, Mary?"chiese guardandola negli occhi.
"Per sempre, Andrew!"sussurrò lei. Contenta.
 
Intanto i signori Ryan diventarono genitori di due bambini: John e Frances Ryan.

I mesi passarono e arrivò il momento per Miss Sullivan di unirsi in matrimonio con Alex Watson, mio fratello, il mio fratellone si sposava con una delle mie migliori amiche. Incredibile. 
Fu così che io presi la mia decisione: Michelle e Dan erano diventati genitori di due splendidi bimbi; Alex e Chris sposi; Mary ed Andrew fidanzati. Andrew e Mary fidanzati!
"Ragazzi" iniziai durante il banchetto "Parto, vado in Europa!"
"Come?" mi chiese Alex.
"Parto per Parigi!" risposi "Tu lo sai quanto desidero visitare quella città!"
"Joey!" chiamò la voce che mai avrei voluto sentire,lei non poteva dirmi niente. Non risposi.
"Jo!" ecco, continuava. Mary Hicks continuava imperterrita "Perchè? Non inventare scuse come: devo visitare posti nuovi!"
"Non preoccuparti!" dissi cercando di tranquillizzarla, o tranquillizzare me stessa.
Uscii in giardino ma Mary mi seguì...
"Jo, io ed Andrew passiamo l'estate a Parigi!" m'informò "Credo sia giusto che tu lo sappia!"
"Mary! Sono contenta! Non mi lasceresti mai sola al mio destino eh?" domandai di rimando sorridendo, cercando di sorridere.
"No, Jo! Mai...gli ostacoli vanno affrontati. Io ti aiuterò ad affrontarli!" e rientrò senza darmi il tempo di ribattere o ringraziare.
Non mi aveva mai chiamato Jo: sapeva che non mi piaceva; sapeva che solo una persona aveva il permesso di chiamarmi in quel modo. Sapeva che non era lei.
Rimasi sola, sentii delle lacrime che silenziosamente mi rigavano il viso. Perchè? Per Andrew...o per quanto fosse successo a Parigi? Per quanto lasciavo...o per quello a cui stavo andando incontro?
A queste domande non trovavo, o forse non volevo trovare risposte. Perchè, forse, quel pianto segnava la fine di una storia e l'inizio di una grande e misteriosa avventura.
 
Parigi, aeroporto.
Vidi una figura familiare in lontananza, non poteva essere lei.
La figura si avvicinò e cominciai a distinguere il color miele dei capelli e gli occhi azzurri. Occhi blu mare. Non avevo sbagliato: era lui, Clark Steel!
"Jo!" mi salutò "Credevo di essere in ritardo!"
"Come vedi..." dissi sorpresa "Chi ti ha informato del mio arrivo?"
"Mary! Mi ha telefonato dicendomi che ti avrebbe fatto piacere vedermi...ed eccomi!" rispose Mr Steel che nel frattempo aveva preso le valigie.
Sorrisi semplicemente. 
Mary, solo lei avrebbe potuto. Come sempre.
Miss Hicks mi conosceva, quasi più di me stessa. Eravamo due enigmi e lei aveva la chiave per leggermi; come io avevo le chiavi per leggere lei. Per non parlare del suo stile narrativo...
"Jo! Dove hai prenotato?" e Clark mi riportò alla realtà dell'aeroporto.
"Mercure!"
"Bene!" e mi ritrovai in macchina con Mr Clark Steel, un ragazzo sorprendente.
Ci fu un impercettibile imbarazzo durante il tragitto. Pioveva da quattro giorni.
"Quanto pensi di rimanere?"
"Un mesetto!" risposi con una strana speranza.
"Bene!" era sua abitudine rispondere con monosillabi. Quando doveva preparare un discorso. "Quindi ho tempo fino alla presa della Bastiglia per farti cambiare idea?" domandò infatti prevedibilmente.
"Non vorrai aspettare la Presa per chiedermi di restare?" chiesi sorridendo. Lui riusciva a farmi sorridere sempre.
"Fino a settembre Jo!" precisò lui.
"Certo Clark, fino a settembre!"ribadii avendo come risposta il silenzio di lui.
Il nostro silenzio...

Pochi giorni dopo il mio arrivo Miss Hicks venne a trovarmi...
"Joey!" aveva ricominciato a chiamarmi Joey. La cosa era preoccupante: il suo sguardo era preoccupante, non sorrideva. Mary Hicks non sorrideva. "Mi dispiace!"
"Di cosa? Cosa è successo Mary?" chiesi fissandola negli occhi.
"Se ne è andato, ha pensato di prendere baracche e burattini e...se ne è andato!" mi disse con le lacrime agli occhi.
"No!" riuscii solo a dire, negando l'evidenza. Negando il pianto silenzioso di Mary. Le mie lacrime.
Mary mi abbracciò "Mi dispiace!" ribadì e rimase con me, in silenzio.
 
Il giorno del nostro ultimo incontro mi crollò il mondo addosso. Le mie certezze. Se ne era andato. Si era trasferito. Mi aveva abbandonato. No, non volevo crederci...non poteva essere.
Gli occhi, quegli occhi verdi avevano finalmente trovato quello che cercavano da sempre.. le labbra erano distese in un sorriso..
Sapevo che non poteva rifiutare quell'invito. Sapevo che voleva rimanere.
Sorrideva: era andato avanti con la promessa di rimanere.. un nuovo inizio.. per lui.. per me..
Avrebbe mantenuto la promessa: sarebbe rimasto,partendo.
 
"Non sei sola!" sussurrò una voce dolce. Sorrisi. Sinceramente.
 
Il giorno seguente andai a trovare quella voce: la sua presenza significava molto per me, forse tutto. Senza forse. 
Mr Steel era un copione già scritto e sempre nuovo. Quel ragazzo era odioso, adorabilmente odioso; era unico, perchè siamo tutti unici al mondo...perchè riusciva a farmi sorridere anche in un giorno di pioggia. Clark non era un vampiro. Clark Steel era solo il mio sole. Semplicemente tutto.
 
"Vieni, ti preparo qualcosa!" aprì la porta senza darmi il tempo di bussare.
"Ho paura! Non voglio dipendere da qualcuno!"
"Cosa sentono le mie orecchie!" disse sapendo la mia assurda idea sull'autonomia. "Jo! Non vuoi innamorarti prima dei trenta...ancora..." sorrise. "Hai paura di innamorarti, sei umana!" mi rassicurò.
"Clark dai, sii serio. Sarebbe assurdo che la sottoscritta si innamori adesso!" Precisai il momento, adesso. Qui e ora.
"Resettiamo il discorso!" continuò lui ignorando, forse, il mio "adesso". "Hai trovato il tuo uomo ideale?" mi chiese.
"Sì,Andrew Smith!" risposi decisa. "Biondo!" aggiunsi.
"Andrew!" ripeté. "Biondo!" e il sorriso familiare gli distese le labbra.
Sorrisi anch'io, salutai e ringraziando della compagnia uscii. 
Dovevo consegnare una lettera.
 
Sotto casa mi aspettava Mary. Mi invitò per cena. In un ristorante. Con lei ed Andrew, il mio uomo ideale...
"Joey! Vieni con noi stasera?"
"Volentieri!"
"Cucina italiana!" precisò conoscendo la mia preferenza per l'Italia.
"Perfetto!" confermai.
 
Quella sera decisi di prendere un taxi per raggiungere il ristorante:volevo immergermi nella Paris by night. La Tour Eiffel illuminata era uno spettacolo che valeva l'intero soggiorno. La Senna, Notre Dame, i negozi. Parigi era unica. La città romantica per eccellenza. 
Finalmente ero lì, a Parigi, il mio sogno di sempre eppure...qualcosa mancava...forse qualcuno. In quel momento, nella romantica Parigi, mancava un ragazzo. Così mi convinsi. 
Mancava un ragazzo. Forse.

La cena era stata fantastica. Finalmente avevo mangiato la mia amata carbonara.
Finalmente avevo rivisto Mr De Santi. Un grande amico.
 
Qualche anno prima era venuto a trovarmi in quel di Boston, ricordo ancora la scena: stavo parlando con Mary. Stavo parlando di lui con Mary quando si materializza Marco De Santi.
Gli corsi incontro e due anziane signore sorprese mi chiesero chi fosse. "Un amico!" avevo risposto. Tornarono indietro dalla sorella di una delle due "Sono fidanzati" la informarono... 
Mary mi osservò con uno sguardo eloquente. Marco sorrise. Il mio sguardo diceva tutto.
 
Quartiere di Mauparnasse.
Marco ci aspettava davanti al ristorante...
"Ciao ragazzi, Mary, Joey!" ci salutò "Prego! Il tavolo aspetta!"
"Siamo noi che non vorremmo aspettare troppo Marco!" dissi tra lo scherzoso e lo scherzoso.
"Tranquille!" ci rassicurò lo chef.
Dopo un'ora finalmente arrivò la cena. Finalmente avevo ri-assaggiato la cucina italiana. La mia passione. Anche se odiavo la pizza e la salamandra dei Sofficini.
 
Il giorno seguente, come programmato con me, Monsieur Cordier portò la lettera che gli avevo commissionato per Clark...
 
Ciao Clark,
Quando riceverai questa lettera io sarò già in volo per Boston. Scusami se non sono passata per salutarti. Sono stata contenta di averti rivisto.
Salut Cheri   
 
"Ragazze!" pensò Mr Steel. Si accorse però che all'interno c'era ancora qualcosa: un biglietto. Aereo. Josephine Watson. 
Mr Clark Steel aveva tra le mani il mio biglietto aereo. Si diresse subito in direzione "Mercure"...
Io intanto stavo preparando le valigie: era tempo di partire...senza biglietto, forse. Clark Steel si presentò da me...
"Jo! Ti sembrano scherzi da fare?" disse entrando in camera. "Dove credi di andare?"
"Torno a Boston!"risposi perplessa dalla sua reazione.
"Non hai il biglietto e mi dici che torni a Boston?" continuò "E poi non dovevi restare?"
"Se non fosse successo niente! Purtroppo qualcosa di straordinario è successo e io devo partire!" mi intristii senza saperne il motivo.
"Resta!Parigi è il tuo sogno...resta...ci sono Andrew, Mary...io! Ci sarò sempre per te! Resta!"
"Clark...non dirlo in questo modo...io devo partire!" dissi sorpresa dall'interpretazione "Ho un aereo che mi aspetta!"
"Non hai il biglietto!" insistette lui.
"E questo cos'è?" e gli mostrai il biglietto che avevo in tasca. Clark Steel.
Il suo biglietto. Per partire, con me.
"Jo! Volentieri! Anche subito!" sorrise.
"Abbiamo un aereo che ci aspetta!" sorrisi.
 
Arrivò l'autunno e Mary si unì in matrimonio con Mr Smith. Andrew Smith si sposava con Mary Hicks. E io... io mi riscoprii sposa di Mr Steel.
 
Qualche giorno dopo ci ritrovammo tutte a casa mia...
"Vi rendete conto ragazze? Siamo sposate, sposate! Incredibile" così iniziai il discorso.
"Incredibile! Incredibile che tu sia sposata, Jo!" disse Mary sempre sorridente.
"Che ci dici Michi?" chiese Chris "Mamma di due bambini la ragazza che trovava patetici gli uomini!"
"Parla Chris Watson, la moglie del ladro odioso!" ribattè sorridendo Mrs Ryan.
"E invece Mrs Smith?" domandai io.
"Mary Smith è sorpresa quanto voi ragazze. Mai avrei creduto di sposarmi con lui!"
Quel pomeriggio mi resi conto che le nostre idee non erano cambiate, solo cresciute insieme a noi! 
Così diventammo Michelle Ryan, Josephine Steel, Christine Watson e Mary Smith.
Chris aveva preso il mio cognome. Cosa che nessuna si sarebbe aspettata. 
I nostri cognomi furono una sorpresa.
Da quel pomeriggio ci sentimmo davvero contente contente; contente di quanto successo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Sono passati altri due anni e si può dire che qui inizia la seconda parte del racconto.. Ci saranno più POV.. fatemi sapere cosa ne pensate.. buona lettura!!

CAPITOLO 3

"Quattro ragazze ormai più vicine alle over 30 che alle over 20.. i matrimoni possono cambiarti in tutto.. o in niente.. noi siamo semplicemente cambiate"
Josephine Steel

"Sento avvicinarsi i 30.. sono un avvocato in quel di NY.. il mio Peter Pan riesce a farmi sentire ancora Wendy! Per non parlare dei miei gioielli Fran e John.. loro.."
Michelle Ryan

"Non voglio crederci, sono a Londra.. dottoressa! Sono la cognata di Joey! Incredibile! Io, sposa di Alexander Watson.."
Christine Watson

"I miei capelli.. si sono scuriti col tempo: il mio biondo castano è diventato un insulso castano! Non moro,non biondo, castano! Fortuna che c'è lui.. la luce dei miei occhi, il mio smeraldo.. Andrew!"
Mary Smith 

"Sarà il caso di una rimpatriata!" 
Jo Steel

Noi eravamo cambiate ma anche per loro il traguardo dei 30 stava per essere raggiunto.. anzi loro potevano essere considerati over 30 per il resto della loro vita perchè, il maggiore dei quattro, di anni ne aveva 31, il mio fratellone aveva 31 anni...
Mr Watson nonostante l'età aveva mantenuto il carattere allegro e ottimista che fece innamorare di lui Miss Sullivan.
Il ragazzo Andrew Smith aveva lasciato il posto ad un uomo realista senza più fantasie per la testa: lui, il ragazzo che riteneva la vita un romanzo era cresciuto!
Daniel Ryan era il tipico Peter Pan:sempre allegro, ottimista e gioviale. Lui, Wendy, John e Frances. Senza Capitan Uncino.
Clark Steel, il secondo ragazzo che mi sconvolse la vita portandomi all'altare, aveva un carattere che vagava tra il realista e l'ottimista. 
Clark Steel il secondo ragazzo che mi sconvolse la vita... semplicemente!

John e Frances Ryan: piccoli per capire tutte le banalità che rovinano un'amicizia; grandi per riuscire a vivacizzare una rimpatriata tra vecchi amici!

"Ragazze! Che bello rivedervi!" erano arrivate da ogni parte del mondo... Michelle aveva attraversato l'oceano. Ovviamente le avevo invitate da me. A Parigi. L'unico a cui avevo risparmiato il viaggio era stato mio fratello e consorte, per ovvie ragioni.

"Joey!Come andiamo?" mi chiese Michelle curiosa di sapere le novità.
"Benissimo! Non mi lamento! Vivo a Parigi. Sono una giornalista.. mi sento molto Lois Lane... in fondo anch'io ho un Clark d'acciaio. Clark è fantastico nel salvarmi la giornata con un sorriso. Lui è il mio Kent, senza dubbio!" risposi ridendo. "Tu invece? Che ne hai fatto dei tuoi capelli? Perchè sono così?"
"Sono più pratici corti!" mi rispose tranquillamente.
"Sicura di non essere Joey, Michi?" intervenne Mary.
"Come sempre Mary!" dissi sorridendo "Come Miss Hicks!"
"Cosa vuoi dire Joey? Non vedi cambiamenti? Guarda i capelli... si sono scuriti!" disse per difendersi non so da cosa.
"No Mary, non sei proprio cambiata!" concluse Chris tra le risate.

Durante il pranzo, stava dominando un silenzio imbarazzante. Avete presente il silenzio in cui hai tante cose da dire ma non sai da dove iniziare? E alla fine non si dice nulla?
Ecco, quel silenzio! Io, che amo il silenzio, odio quel silenzio.
Ci pensarono i bambini a vivacizzare la situazione...
"Mamma, voglio tornare a casa" iniziò il piccolo John.
"Ancora un po' di pazienza tesoro!" lo tranquillizzò la madre.
"Perchè Andrew è così silenzioso papà?" continuò Frances "Di solito parla a sproposito!" aggiunse.
"No cara, Andrew non parla mai a sproposito, sii educata!"
"Come no? Lo dici sempre, e i papà non dicono bugie!" ribattè Frances creando un'atmosfera glaciale intorno a sé. Lo ammetto avevo invitato anche Diego ma...
Vedendo che la situazione andava peggiorando il piccolo...
"Mary, cosa significa questa frase?" chiese John incuriosito dal foglio che aveva in mano. Foglio che aveva preso dal mio portagioie. Il mio portagioie? Cosa ci faceva John con il mio portagioie? Prevedevo dolori.

...perdonami per ieri: non ero io. Non sono stata io a parlare. Avrei voluto, davvero. Non posso. Grazie di esistere. 

Impallidii. Non riuscii a vedere l'espressione degli altri ma se Frances Ryan diceva il vero... Clark era diventato rosso; Andrew era in preda a una totale confusione: rossore e bianco si alternavano sulle sue guance; Alex non parlava come se lo avesse intuito; Chris aveva un'aria interrogativa; Michelle e Daniel erano furiosi; e Mary...Mary, fissava me e il foglio...il foglio e me!

"Joey?" fu la domanda all'unisono, quasi all'unisono. Quasi perchè Mary era uscita. Io la seguii...

"Aspetta, hai frainteso tutto!"
"No Joey! Tu sei innamorata di mio marito!" era sempre stata lei la più cosciente del gruppo: aspettare di essere con la diretta interessata per parlare; era la coscienza perfetta! Io, innamorata di Andrew? Era seria?
"Mary? Che vai dicendo? Io ed Andrew? Follia pura cara!"
"Non credo sia solo follia... tu hai sempre avuto un debole per Andrew... fin da ragazza!" precisò bene l'ultima parte. Fin da ragazza.
"Beh Mary! Se è da sempre,è ovvio sia fin da ragazza! Se lo fosse stato non lo avrei tenuto nascosto!" cercai di difendermi. Purtroppo lei aveva la risposta pronta. Pronta e decisa.
"James, James Hoffman!" precisò infatti. Colpo basso. Non doveva nominarlo. Non lui, caspita. Non lei, cavolo cavolicchio.
"Non avevo niente da dirgli in quel momento! E poi quella lettera precede almeno di un anno il vostro matrimonio!" mi difesi, sembrava una difesa inutile.
"Allora è vero:avevi un debole per Andrew!" sentenziò lei.
"Non ho detto questo!"
"Lo hai forse negato, cara? Ecco!" così Mary concluse il discorso, entrò in casa e io la seguii a ruota.

James Hoffman. L'unica che poteva colpirmi lo aveva fatto. Lei, Mary Hicks!

Il pomeriggio passò. Un pomeriggio di festa. I ragazzi ci salutarono e io rimasi sola con Clark, in quel momento lontano da me anni luce... non era Superman! Solo il mio Kent. Il mio Baher. 

James Hoffman, il primo Mr Lawrence.

Andrew, sei unico. Fantastico. Non so cosa farei se tu non ci fossi. Grazie per... Se non ti avessi incontrato non avrei pianto. Ringraziare una persona perchè ti ha fatto piangere... sono diventata matta! I giorni in cui sei stato vicino... mi sono sentita bene, protetta! Ma cosa sto scrivendo? Ho le lacrime agli occhi, per te! Per me! Per come mi sto comportando! Domani dovrò prendere l'aereo, Parigi mi aspetta! Voglio Parigi! Grazie per tutto! Per quello che ti ho detto...Perdonami, non ero io. Non sono stata io a parlare. Avrei voluto, davvero! Non posso! Grazie di esistere!

Stavo rileggendo le mie stesse parole. Parole che avevo scritto poco prima di partire per Parigi. Prima del mio incontro con Clark. Avevo scritto al mio migliore amico, al mio uomo ideale! Uomo... Andrew Smith, in fondo, per me, lo era sempre stato...un uomo intendo! Il migliore che si potesse incontrare!
Mai avevo messo in dubbio l'amicizia profonda che provavo per lui. Mai, tranne quella sera. Eppure non volevo tradire lei:quello che mi legava a Mary era ancora più profondo! Era con lei che ero cresciuta! Andrew era arrivato dopo!

Dopo Michelle Chris e Mary: noi quattro eravamo come sorelle! Eravamo cresciute insieme!
Andrew era arrivato dopo! Andrew Smith è stato il secondo Mr Lawrence: era entrato nelle nostre vite dopo James Hoffman! 

James Hoffman! Mary sapeva che mi avrebbe fatto male:non avevo detto nulla a James. Perchè non c'era nulla da dire, forse!

Estate. Boston, qualche anno prima! Parecchio tempo prima...

Quell'anno l'estate si era presentata in anticipo:il caldo primaverile si era trasformato in afa estiva sin dalla seconda metà di maggio; ad agosto le piogge diurne diventavano acquazzoni notturni. Fu quell'estate che facemmo la sua conoscenza. Si era presentato con il nome di James Hoffman, un liceale arrivato in città per le vacanze.

Era poco più alto di un metro e settanta, altrimenti detto... basso! I capelli biondi erano appiattiti sulla fronte e corti; gli occhi... beh gli occhi erano verde acqua:se lo si osservava rischiavi di perderti nel suo sguardo, intenso e profondo. Sinonimi.
La prima impressione che ebbi di lui fu positiva:tranquillo e riflessivo. La prima impressione, si dice sia quella che conta e lui fu la prima persona di cui notai subito i lati positivi... solo i lati positivi.
Michelle era d'accordo con me. Anzi, no...lei aveva notato la bellezza... fu allora che qualcosa mi stupì.

"Piacere, James Hoffman!" cominciò.
"Josephine Watson, Joey per gli amici!" risposi. Quindi per te Josephine, bello mio. Pensai.
"Michelle Higgins, Michi!" disse Miss Adorabile Vanità.
"Molto lieto! Sono venuto per rilassarmi e incontro due splendide ragazze!" continuò sorridendo.
Due splendide ragazze? Per quanto mi conosci potrei prendere un accendino,hic et nunc.. e farti sapere cosa può fare il gas dell'accendino. Adulatore dei miei stivali tacco 12 che potrei usare per piantarti il cervello. Tacco 12 che servirebbe a te. Sua Bassezza Reale.
"Grazie!" disse arrossendo Michelle. Arrossiva per ogni complimento che riceveva da un essere capace di respirare, la sua vanità non conosceva limiti.
"Solo pura verità!" ci salutò.
Guardai Michelle: era partita. E io mi rassegnai ad ascoltarla. Ascoltare i suoi monologhi.
"Joey... che sguardo... torniamo indietro, cogliamo l'attimo!" iniziò "Quanto è alto!" gli occhi le si trasformarono in due cuoricini.
"Ti senti bene? Hai finito di dire baggianate? Quel ragazzo... è basso!"
"Ti supera in altezza!" rispose risentita.
"Mi stupirei del contrario!Io sono alta un metro e settanta! Lui è basso un metro e settantacinque!" ribadii quasi furiosamente. Riuscii a zittirla.

Il giorno seguente, dopo una notte insonne, Michelle mi telefonò e continuò i discorsi monologo che non le feci concludere il giorno prima: dopo mezz'ora decisi che era il caso di uscire.
Era una giornata soleggiata, più primaverile che estiva: il sole era presente a tratti e appena pensai "almeno non piove"... il cielo si annuvolò e giù il diluvio. Da film.
Fui costretta ad entrare in una libreria e mi scontrai con James...
"Scusa Miss!" mi disse.
"Scuse non accettate!" risposi ridendo.
"Beh incontro bagnato, incontro fortunato!" continuò.
"Era la sposa!" precisai. Mi piaceva controbattere in quel modo assurdo.
"Ti accompagno? Dopo di lei!" mi chiese tranquillamente.

Che maschera.

Parigi. Presente. 

Daniel Ryan era furioso...

MICHELLE HIGGINS


Quattro ragazze. Tutte avevamo letto Piccole Donne, il piccolo grande capolavoro di Louisa May Alcott! Un libro, il libro! Il nostro libro: ricordo che passavamo i pomeriggi a interpretare la parte delle sorelle Marzo. 
Tutte leggevamo Piccole Donne a turno, un capitolo ciascuno! Sempre insieme!
Tutte eravamo innamorate di Mr Laurie, o Teddy, come lo chiamava Jo! La vera e unica protagonista!

La nostra Watson è da lei che prese il nome:intuibile no?Elementare,direi! 

Josephine Steel viveva a Parigi da cinque anni: dal matrimonio con Clark!
Fu sua l'idea di una rimpatriata: erano anni che non ci vedevamo e non avevamo notizie una dell'altra. Mary fu la prima ad accettare!
Io ero sposata da sette anni. Sette anni tra gioie e dolori, più gioie che dolori. Io, Michelle Higgins, che trovavo patetici gli uomini. Io, Michelle Ryan, ora, ero madre di due adorabili pesti da cinque anni.
John e Frances Ryan. Ryan, come il mio Peter Pan. Daniel.

La prima volta che ho visto John è stato emozionante; vedere in lui i miei occhi è stato... indescrivibile. Col passare del tempo capii che, quel bambino, da me aveva preso solo gli occhi. I capelli e il carattere erano quelli di Dan.
La mia vanità però non poteva lasciare la mia famiglia. Frances, quella bambina sarebbe stata più vanitosa di me. "La vanità è donna" in fondo.. "L'Allieva supera la Maestra".. dopotutto.
I miei ricci biondi; gli occhi di Mr Peter: verde profondo!

Mai avrei creduto che i miei figli mettessero nei guai due delle mie migliori amiche. Mary e Joey. Jo e Mary.
Erano le più enigmatiche,si leggevano a vicenda:non avevano mai superato i tre giorni di lite. Io e Chris avevamo raggiunto la settimana. Loro, mai!
I miei figli erano riusciti nel miracolo: scoprire l'unico nervo che avrebbe creato tensione tra loro. Andrew Smith. Lui, il secondo Mr Lawrence.

Eravamo tornati in albergo da pochi minuti quando in Daniel Ryan scoppiò l'ira funesta...
"Cosa vi è saltato in mente?" iniziò mio marito "Prendere una lettera privata e farla leggere!!"
"Su caro, sono solo dei bambini:hanno solo cinque e quattro anni! Non era loro intenzione!" intervenni in loro difesa, sapevo che era loro intenzione: vivacizzare una rimpatriata, semplicemente!
"Non è una giustificazione Michi! Quando matureranno se nessuno li riprende adesso?" continuò lui severamente "No! Perchè se conosci un altro modo per insegnare l'educazione..."
"Dan...ti pare questo? Stai urlando!" risposi con calma e decisa.
"Non difenderli anche quando sono nel torto!" continuò imperterrito "Frugare nelle carte altrui...perchè hanno frugato letteralmente nelle carte di Joey!"
Non riuscii a trattenere le risate. Carte? Joey aveva conservato forse le carte napoletane con cui giocavamo a briscola? 
Briscola: avevamo passato un'estate intera a giocare a briscola e ai quattro re. Quattro ragazze a cosa potevano giocare?
Denari, Coppe, Spade, Bastoni. Il nostro re preferito era quello di Spade, seguito da quello di Bastoni.
Domande sul nostro futuro, ridicole ma in quel momento importanti. Per non parlare dell'Asso di Spade...
Come hanno fatto quattro ragazze americane a giocare un'estate intera con carte napoletane? Marco De Santi. Italia. Mare. Estate.

"Capito Michi? Mi spieghi perchè?" sentii mio marito sempre più furioso.
Leopardi, aveva messo in mezzo Leopardi: le sudate carte. O Giacomino Silvano!

"Dan...ricordi le nostre partite? Il fiore del deserto? Rimembri ancor quel tempo giovanil e i tornei di Briscola?Mio Re Spadaccino?" sussurrai avvicinandomi leggermente.
"Come dimenticarli... sempre cari mi furono... e tu eri...la migliore, mia regina!"

Il Dan furioso si riscoprì innamorato della beltà che splendea negli occhi miei ridenti e fuggitivi. Lo ammetto:in me era rimasta della sana vanità! Arrossii.
Grazie Giacomino!

"Il marito è il capo ma la moglie è il collo...e sposta il capo dove vuole!"Sorrisi.
Grazie Saggezza Orientale!

Andrew Smith. L'unico ragazzo in grado di creare tensione tra Josephine Watson e Mary Hicks.

Ci fu un'estate in cui ognuno di noi ebbe il suo Teddy? Forse. 

Andew Smith, il secondo Mr Lawrence.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


In questo capitolo facciamo la conoscenza dei "Mr Lawrence" e chiariamo il dubbio della lettera. Spero possa piacere, fatemi sapere cosa pensate! Buona lettura!!

CAPITOLO 4

Piccole Donne 
Piccole Donne Crescono 
Piccoli Uomini 
I ragazzi di Jo


Questa è stata la saga di Louisa May Alcott. 
I primi due libri sono i miei preferiti. I nostri preferiti. Leggevamo tutti i pomeriggi un capitolo ciascuno: sappiamo a memoria la dichiarazione di Laurie per Amy! La risposta che Jo diede al professor Baher! 
Laurie e Amy! Jo e Baher! Quello era stato un colpo di scena!
Tutte eravamo innamorate di Teddy, come Laurie veniva chiamato da Jo!
Il mio nome, lo devo a lei, Josephine March!

Una saga americana. Quattro libri. Quattro libri. Una saga americana. 

Ora,ognuna di noi aveva trovato il suo Baher. Io avevo il mio Kent.

Quell'estate ognuna di noi aveva il suo Mr Lawrence! Io...

Boston. Estate!

Erano passate due settimane dall'ultima volta che James Hoffman si fece vedere. Se ne erano perse le tracce: sparito, volatilizzato! Ne fui ben contenta: il mio realismo mi aveva riportato nella realtà in tempo! James era un maschio non un uomo, lui era egoista, meschino e presuntuoso. Dopo aver fatto il Don Giovanni, ecco Casanova... puff... magia...
Michelle era disperata: non trovava ragioni per il suo comportamento... Perchè sparire senza dare notizie? Non è da lui!Perchè Jo? Dimmi perchè!
Così tormentava se stessa. 
Fortuna che il mio realismo... Cosa? Io e il mio realismo? 

Io e la realtà vivevamo su due binari paralleli: io vivevo nella mia realtà!
Ero una donna all'antica io, una ragazza all'antica. Sapevo che non avrei più incontrato un uomo degno di tal qualifica: erano usanze all'antica. Come le referenze.
Aspettavo il vento, il vento che soffiasse, il vento da Nord, da Sud, da Ovest... o da Est... l'importante era che soffiasse e mi portasse via. Anche senza ombrelli! Bastava che mi portasse via...
Via da Boston, da quell'estate... in Europa, ovunque ma lontano dai monologhi del mio angelo custode Higgins! 

"Joey! Ti prego torna a Boston!" sentii in lontananza "Il fatto che tu ormai reputi tutto il sesso forte semplice maschio senza umanità e più fragile del gentile... non giustifica queste evasioni oltre Oceano..." il mio angelo custode era tornato. Anche se ero io ad essere partita, il mio angelo Michelle era tornato.
"Michi...parliamoci chiaro:cosa sappiamo di lui? Nulla!"
"Tutto!" mi rispose sovrapponendosi al mio "Nulla" 
"Dove abita Mr Hoffman dunque..."
"Non lo so!"
"Vedi Michi... non sai tutto!" Miss Higgins mi guardò male. 
Mi odiava, quando avevo le risposte pronte e velenose (non credevo fossero così velenose) mi fulminava sempre con lo sguardo. Però mi stuzzicava; era più forte di me usare quel tono.
"Sei invidiosa?" mi chiese.
"Di un maschio? Voglio un uomo!" era più forte di me. Risposte pronte e decise. Mi divertivo.
Michelle capì presto che non l'avrei aiutata,non quel pomeriggio. Lo ammetto, stavo volando oltre oceano.

Era il caso di uscire. Mi ritrovai in spiaggia. Tramonto. Fu allora che lo vidi.

Un ragazzo intento ad osservare l'orizzonte, mi sedetti e lo osservai in silenzio: era alto, i capelli castani erano domati dal gel; gli occhi...beh, lo sguardo era sereno, profondo e attento. Profondo: occhi verde-acqua.
Il petto, che si intravedeva dalla camicia, era il frutto di anni di piscina.
Il suo nome era Andrew, Andrew Smith; così si era presentato. Mi si avvicinò...
"Miss? Bello il tramonto, non crede?"
"Sì, meraviglioso!" 
"Andrew, piacere!" disse porgendomi la mano.
"Joey, molto lieta! Lei non è di Boston, vero?" chiesi. Me ne ricorderei se fossi di Boston: del tuo sguardo, sicuramente. Ma l'ultimo pensiero rimase tale. Un pensiero.
"Londra Miss!" Sorrise. Un sorriso strano, diverso, unico. "Mi sono trasferito da poco!"
"Come mai?" chiesi curiosa. Io, essere così sfacciata con un tipo che per quanto sapessi poteva essere un maniaco. 
"Ho fatto bene a quanto pare..."
"Spero di rivederti in giro Drew!" Drew? Ero passata già al diminutivo? Io?
"A presto Joey!" salutò e io non dissi nulla. Lo osservai.
Allora pensai che, forse, tra me e lui, in quel momento... potevo essere io la persona più pericolosa.

Sì, senza forse, ero io la più pericolosa. Io e i miei viaggi.

Il pomeriggio seguente pioveva: il diluvio era iniziato dal mattino e non accennava a smettere; il lungo pomeriggio di mezza estate sarebbe stata anche lento se non fosse venuta a trovarmi Michelle.
Verso le cinque il diluvio aveva lasciato il posto a un pallido sole. Più pallido della mia pelle. Michelle si rattristò: ancora lui. La maschera che farebbe un piacere all'umanità intera se sparisse seriamente.

"Tornerà Michi, tranquilla!" e riuscii a farle tornare il sorriso. Mi salutò e uscì.

Suonarono alla porta... lui che ci faceva qui? Che ci faceva James The Mask Spumeggiante a casa mia... con un anello per Michelle. Era troppo. Non lo feci neanche entrare e andai in libreria. 

Andrew Smith intanto era nella stessa libreria in cui ero diretta,banale!
"Joey! Che bella sorpresa!"
"Drew? Tu leggi?" così lo salutai. Io ero fuori. 
Joey, incontri un ragazzo in libreria e reagisci così? Drew è normale che legga! Non è analfabeta! La mia coscienza. Sempre al momento giusto.
Mi riaccompagnò a casa e io non evitai di certo la sua compagnia: era... Drew...
Drew! Lo conoscevo da un giorno e lo chiamavo Drew! 
Oh cielo, nessuno venga in mio soccorso!

"Sei innamorata?" domanda prevedibile ma assurda.
"No, non ho ancora incontrato un ragazzo speciale..." io ero Miss Pinocchio. Nessuno intuiva la verità quando rispondevo.
"Joey! Ti ha deluso è vero,ma è stato importante per te!"
"Drew?"
"Già, hai già incontrato un ragazzo speciale!" ci salutammo così. Senza aggiungere altro.

CHRISTINE POV


Io, Christine Sullivan, sono la cognata di Joey da sei anni.
Sono passati sei anni dal mio matrimonio con Alexander Watson. Tutto era cambiato... quella fu la sera di una scelta, la scelta!

Quella sera Joey decise di partire (o scappare) !

Fu quella la sera in cui scrisse a Drew. Una lettera. Quella lettera. A lui!

Andrew Smith. Il marito di Mary Hicks.


Spoiler
E' solo un uomo quello di cui scrivo..la notte prima di un lungo viaggio..quando non sa se poi partire sia solo partire o magari..scappare..Fabi


Quando Joey mi chiamò, avvisandomi che presto ci saremmo riviste, ero nel mio studio.
Dalla partenza di Josephine Steel tutte noi ci perdemmo di vista. Come se il nostro filo rosso fosse Josephine Watson.
Fu una simpatica coincidenza che proprio io, sua cognata, ero finita a Londra! Da dove Andrew Smith, o Drew, era scappato (o partito)...
Il filo rosso spesso segue ragioni che la logica non conosce...

Michelle divenne un avvocato in quel di New York, lei che odiava le mele! Lei che odiava le mele verdi della Mentadent! 
Lei, aveva seguito Daniel a New York!
Daniel Ryan continuò nel campo investigativo: come mai alla moglie non piacessero le mele verdi era un mistero anche per lui! Verdi come la sua divisa!
O Peter...

Mary ed Andrew partirono per la Spagna: Barcellona.
Città bellissima; parco favoloso... 
Solo una cosa non capisco di Barça City: quel tizio che prese il pennello, colorò a caso un foglio con i colori primari è diventato famoso...Perché? 
O Rosso, Giallo, Blu...ditemi voi..
Per non parlare dell'italiano Fontana e il suo taglio della tela: noi da bambine tagliavamo con più precisione! Italiani: ho sempre pensato fossero strani...anche se il mare e il cibo... 

Io avevo seguito Alex a Londra. La città del Tamigi. Fiumi sulle cui sponde mi ero seduta e mai avevo pianto! 
Londra, spettacolo! Poco importava che l'attesa in aeroporto fosse eterna: io non volevo partire, solo stare con lui. Lui. Il mio sole, il mio vento, il mio crepuscolo.
Il tempo del volo volò... non poteva certo andare a passo d'uomo, un volo.

Cinque anni non mi sono bastati per conoscere Londra. Cinque minuti sono bastati per farmene innamorare!

Ora, eravamo a Parigi. Tutti.
Joey ha voluto fortemente questa rimpatriata. L'universo ha cospirato affinchè realizzasse il suo desiderio.
La Fortuna, no:si era persa tra le stazioni. 
O semplicemente si era incantata davanti alla Torre.
La colpa era stata di Joey: Josephine Steel non le aveva mostrato la strada.

John Ryan, un bambino di quattro anni aveva scatenato l'Inferno nel Ghiaccio. Ghiaccio e Fuoco. Aiutato dalla sorella di cinque, Frances. E poco importava che fossero i figli di Michelle: la nostra Meg March!
Poco importava perchè a ringraziare Drew di tutto era stata Joey.
Frasi lette da Mary Hicks. Smith. Moglie di Andrew.

A lettura terminata tutti fissammo Joey. Vedemmo impallidire lei; Clark divenne rosso fuoco; Andrew confuso; e Mary...Mary fissava stupita Mrs Steel!
Solo una persona non fu sorpresa della situazione creatasi, lui! 
Mi prese la mano, fissandomi negli occhi e sorrise: Alex sapeva come tranquillizzarmi!

Quella sera tornati in albergo, Joey aveva prenotato per tutti il "Mercure", ero sconvolta! Non potevo credere che proprio loro avessero scoperto la nota dolente! Loro, Mary e Joey! Hicks e Watson! Erano una coppia migliore di Holmes e Watson!
Era assurdo pensare che i figli di Michelle avevano compiuto il miracolo: far superare a quelle ragazze i tre giorni di lite! Solo io e Michelle avevamo raggiunto la settimana di lite! Proprio con Joey! Per Alex, mio marito! Alex, suo fratello! 
Alex mi abbracciò...in silenzio. Il nostro silenzio. 
Momento in cui ci sono molte cose da dire ma uno sguardo dice tutto.

Mi addormentai tra le sue braccia. Così!

Il giorno seguente, mi svegliai e trovai la colazione in camera.
Con un biglietto e una rosa.

Sorrisi.

Per questo avevo sposato Alex!Per questo lo avevo seguito a Londra; per questo... 

Grazie...ti amo!
Alex


Semplicemente.

Nel frattempo Mary, tra le vie di Parigi, rifletteva...

MARY POV


Ho passato due giorni orrendi: le mie gambe camminano, le mie orecchie odono (quanto mi sento latina), i miei occhi vedono. Per me è come se tutto fosse fermo, buio, muto!

Grazie di esistere...hai frainteso...non posso,vorrei...grazie

Solo questo sento. Da due giorni sento solo queste frasi.
Non potevo crederci, non volevo crederci: lei, Josephine Watson. La ragazza con cui ero cresciuta; di cui sapevo tutto. La ragazza che ha passato la vita ad ascoltare le mie confidenze.
Josephine Watson mi aveva invitato quella sera a cena; con lei avevo parlato al chiaro di luna
puoi parlare se vuoi aveva detto

Il nostro filo rosso:il filo che univa noi quattro...
Perchè dopo la sua partenza ci siamo perse di vista; perchè dopo una sua telefonata ci siamo ritrovate.
Io ho accettato per prima. Io, Mary Hicks. Noi, Mr e Mrs Smith!

Come quella volta: quella cena; la sera in cui eravamo al chiaro di luna, io e lei! Non io ed Andrew! Io e lei...
non sono Drew ma puoi parlare se vuoi... io avevo parlato!
Io mi ero fidata!

Ora, a Parigi! Nuovamente a Parigi...
Andrew mi aspettava in camera. Era seduto sul letto quando entrai...
"Andrew Smith!" iniziai.
"Mary Hicks!" rispose. Era sua abitudine, fantastica abitudine, chiamarmi col cognome di battesimo.
Io adoravo quell'uomo. Era il nostro Drew. Il mio smeraldo!

Era seduto sul letto, in mia attesa. Guardava le nostre foto! Il nostro matrimonio!
Non era cambiato: i capelli ricci castani adorabilmente indomabili; aveva la barba, barba al cui tatto sentivo pizzicare le dita, barba selvaggia. Terribilmente fantastica. Lo sguardo io non potevo sopportarlo: osservatore, profondo, attento!
Io non potevo sopportare la sua intera visione: era controproducente per il mio lato O
Lui, Andrew, con quel suo sorriso ironico ma terribilmente affascinante, lo sapeva.
Ecco, di nuovo. Con lui al mio fianco diventavo ripetitiva. Terribilmente.
Era solo Andrew Smith. Nessun divino in Terra. Eppure era lui il mio centro, la mia Stella Polare.
Io lo amavo.

"Bea, io sto camminando con te!" sentii sussurrare.
"Certo, però... non capisco... spiegami!" ero tornata la ragazza monosillabi-che-passione.
"Io non ho mai saputo di quella lettera! Non l'ho mai vista!" mi disse avvicinandosi pericolosamente.
"E' stata scritta però..." tentai di dire con il suo viso a pochi centimetri dal mio.
"Appunto, scritta!"ripetè, baciandomi.

Era ingiusto, terribilmente! Sapeva che i miei sensi sarebbero andati in tilt.
Non riuscivo a pensare così, però...

Una lettera scritta, solo scritta.
Come ho fatto a non pensarci prima? Ah, il mio lato O ha dominato i sensi!
Andrew...

Boston/Vienna. Estate. Tempo prima, parecchio tempo prima.

Quell'estate io e Chris eravamo in Europa. Chiamate a Vienna per risolvere enigmi: molto Professor Layton e Commissario Rex!
In aeroporto incontrammo per la prima volta i nostri colleghi: la loro descrizione attraversò l'Oceano quella sera stessa!
Telefonammo a Joey e Michelle per condividere le nostre impressioni...

Dustin Hoffman... Non voglio finire se il detective biondo glaciale mi scorta... Christine
Fitz Winkens... dove lo trovo un castano così? ... Mary Hicks. Io, me, me stessa

Così mentre loro facevano amicizia con il londinese e James Hoffman; la nostra missione iniziava in zona Europa! 

Quella fu la prima estate che passammo separate; fu l'estate in cui s'infiltrarono i ragazzi. 
Un ragazzo, il ragazzo che lo fa dimenticare, il vicino alla Laurie, il maschio, l'uomo, il romantico e l'egoista. 
E, elencando i ragazzi, dell'amicizia ce ne si dimentica per un periodo indeterminato!
Le nostre vite continuarono in parallelo da quando incontrammo i nostri Mr Lawrence!

Noi telefonavamo spesso; loro, no: stava succedendo qualcosa di strano...

A settembre, quando James Hoffman partì, Joey mi fece leggere il diario di quell'estate.
Racchiudeva le cose che mai aveva detto.
Le emozioni di Michelle erano descritte magnificamente; come se le avesse vissute lei, Joey Watson!

Ma erano le emozioni di Michelle Higgins!

Parigi, presente!

Josephine Watson non era cambiata, aveva scritto una lettera!
Joey aveva scritto, come sempre!

Sorrisi, come sempre...

Ma Clark non poteva saperlo infatti...

JOSEPHINE POV

Silenzio..Sguardi..Parlare poco..tanto..troppo..
Parlare troppo..tanto..poco..Sguardi..Silenzio..
Hai sempre parlato..
Parlami..ora..

La mia vita era indissolubilmente legata a Parigi!
Parigi era stato il mio sogno proibito per tanto... troppo tempo!
In quella città avevo dato l'ultimo saluto a mio nonno! A Parigi avevo incontrato Clark! Sua fu la mano che mi consolò; suo lo sguardo che mi fece tornare a sorridere. Lui, l'uomo di cui mi ero innamorata; l'uomo di cui ho avuto bisogno per tutta la vita. La mia eternità!

La mia vita era legata a Clark, indissolubilmente!

Ora, quello che non riuscì a fare l'oceano in quella lontana estate, lo aveva fatto Parigi. Parigi, il mio incubo!

Esisteva un Filo Rosso. In Oriente lo chiamavano Destino. Le tre ragazze a cui mi legava lo chiamavano Joey. Io, Joey, lo chiamavo Noi.
Siamo sempre state noi! Unite, sempre e comunque!
Anche quando a dividerci erano stati i ragazzi. Perchè eravamo amiche; perchè i ragazzi si cambiano ma le amiche restano!
Perchè eravamo Michi, Joey, Chris e Mary! Noi!

Parigi, nel mio sogno stavo vivendo il mio peggior incubo!
Parigi mi aveva allontanato da loro... e da Clark!

Erano passati due giorni dalla rimpatriata: terribili! Ero un'automa...
Io fissavo il foglio di carta, senza ormai più leggere le parole, inumidito dalle mie stesse lacrime!
Mr Steel restava in silenzio: da due giorni nel suo silenzio!
Il suo silenzio, la mia condanna!

Cercavo le sue mani... pugni! Il suo sguardo... spento! Volevo i suoi occhi... frecce!
Ogni mia supplica cadeva nel vuoto. Pozzi profondi!
Clark Steel era lontano da me: le orme dei suoi passi erano distanti!

Christine Sullivan me ne aveva parlato: mi aveva detto e letto molto di quel poeta. Il poeta che per mio fratello fu galeotto. 
Nazim Hikmet e le sue poesie: scoperte per caso... eppure così vicine!

Non volevo, eppure era successo!
Da due giorni i nostri discorsi erano frasi di circostanza. Ed era colpa mia. Mia e di questo foglio.
Se ci si pensava poteva anche sembrare buffo: una coppia d'acciaio distrutta da un fabbro. 
Il filo che legava Smith e Steel era assurdo quanto la traduzione di Harry Potter: Enrico Pentolaio!

Quella sera, tornata a casa, notai Clark che mi attendeva seduto comodamente in poltrona, nel salotto...

"Clark? Credevo avessi una cena!" lo salutai stupita ma contenta, sarebbe stata la prima cena insieme dopo la rimpatriata.
"Beh, ho voluto farti una sorpresa!" rispose, freddamente. Nessun sorriso a illuminargli lo sguardo.
"Ci sei riuscito!" lo abbracciai d'istinto. "Preparo per due allora..."
"No!" il suo rifiuto mi raggelò. Cosa voleva dire "No". Negativo. Rifiuto. Perchè? Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Non vedevo niente. Non vedevo che lui e le sue labbra. No. Un monosillabo. 
Sarebbe successo. Ero pronta. Ero pronta a un suo discorso... forse...
"No Joey!" da quando mi chiamava Joey. Lui, l'unico che poteva chiamarmi Jo! Il mio Baher!
Io non riuscivo a proferire verbo che fosse parola. Con lui al mio fianco diventavo Miss Monosillabo. 
Io, che mi ero lamentata della reazione di Mary. Io, che non potevo credere che Andrew Smith potesse farle quell'effetto. 
Io, Josephine Steel, mi trovavo nella sua stessa barca, ora. 
Caronte mi stava trascinando nell'Inferno.

"Da stasera esco da questa casa... per sempre! Addio!"
"Tu non puoi lasciarmi sola?" e le lacrime cominciarono a scorrermi lungo il viso.
"Joey non ti lascio sola. Ti lascio con Andrew!" lo bloccai. Non potevo credere che avesse pensato...
"Clark, io amo te! Ti amo come non ho amato nessuno! Lasciami spiegare..." gli dissi. "Tu sei parte di me! Ho scelto te! Io voglio te! Clark, ti amo!Non voglio nessuno che non sia tu! Senza di te io sono sola!" non so come abbia potuto dire tutto quanto insieme. 
Io, che odiavo i monologhi di Michelle Higgins.

"Non ho niente da dire Joey! Addio!" mi sedetti sul divano costringendolo a seguirmi.

"Allora mi ascolterai...
Io, che non volevo uomini prima dei trenta, ti ho sposato a ventitré; sono venuta a Parigi per scappare dall'amore e ti ho incontrato dopo un funerale. Ho incontrato te, l'uomo della mia eternità!
Ho confuso i biglietti per Boston e tu, che volevi restassi, mi hai seguito! Grazie!
Io credo nelle coincidenze, io credo nel Destino, io credo in te... in noi...
Io ho voluto invertire i biglietti, ho voluto che venissi con me!
Se non fossi venuta a Parigi in quella lontana estate... non ti avrei incontrato, semplicemente!
Non avresti mai fatto parte di me. 
Tu sei l'uomo di cui ho avuto bisogno per tutta la vita. 
La mia eternità. Ti amo!"

Avevo detto troppo, mi sentivo stupida. Sapevo che non lo avrei convinto a restare. Non lo avrei mai costretto. Se non avesse voluto...

"Joey io odio le frasi fatte! Addio!" disse dopo avermi ascoltato.

Uscì dalla porta e con quella porta si chiuse anche il mio matrimonio!

Josephine Steel salutò il ritorno di Miss Watson!

Squillò il telefono...

"Jo, tranquilla: apri la porta un attimo!" detto fatto. Aprii la porta. Sorrisi.

"Tranquilla, Miss Higgins ascolterà i tuoi monologhi!"
"Sullivan leggerà poesie!"
"Smith non ti conosce quanto Miss Hicks!" mi abbracciò rassicurandomi che avrebbe sistemato tutto. "E io fino a prova contraria sono Mary Hicks!" Sorrise.

Sorrisi. Michi, Chris e Mary. Loro, nonostante tutto! Sempre e comunque!
Tutto si sarebbe sistemato, ne ero convinta! Eravamo noi!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


In questo capitolo si incrociano passato e presente e saranno raccontati da più punti di vista. Spero continui ad interessarvi.

CAPITOLO 5 

A Parigi, ora, era giunto il momento di aggiornarci su quell'estate. 
Presi carta e penna e cominciai..
 
Quattro ragazze volevano salvare il mondo...
Quattro amiche erano pronte a scoprire quanto avevano salvato...
 
Boston

"Joey sei innamorata?" ecco, la domanda ridicola, assurda ma onnipresente.
Andrew Smith mi si avvicinò: il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Non sentivo più nulla. Solo il suo profumo sulla mia pelle.
Erano le ultime ore del pomeriggio: la reazione che mi provocava non andava affatto bene. Ragazzo londinese: sorrideva come se lo sapesse!

"Non sei romantica, vero?" mi disse mettendomi con le spalle al muro. Sempre più vicino. Mi fissava in silenzio. Il suo sguardo, attento e silenzioso, come sempre. Curioso della mia reazione.

"Andrew Smith allontanati, sono arrivata a casa! Ci vediamo!" ecco, ancora. Avevo detto tutto tranne quello che volevo.
Perchè dovevo essere così stupida per un ragazzo straniero? Non avevo imparato nulla dalla prima volta: avevo nuovamente bevuto la pozione prima di prendere le chiavi sul tavolo. Solo perchè c'era scritto bevimi. Assurdo, eppure...

Ero rimasta chiusa fuori!

Andrew Smith mi invitò a casa sua. Scoprii che abitava nel palazzo di fronte al mio: era il mio vicino!
Mi sentivo già abbastanza stupida. Mancava solo fosse nato nella prima metà di Agosto e sarebbe stato rasentato il limite del ridicolo. Non volevo un Leone.

Mi fece visitare casa e in camera sua notai un soprammobile rappresentante il suo segno zodiacale.
 
Taurus... Perfetto... :see:
 
Significava che era nato nel quinto mese dell'anno: oggi non si sarebbe festeggiato nulla. Nessuno di noi due compiva gli anni. 
Perfetto! Cominciavo a preoccuparmi...

"Jo, di nuovo? Dove sei finita questa volta?" mi chiese sorridendo. Cominciavo a non sopportare quel sorriso. Strafottente eppure incredibilmente fascinoso. Fascinoso? Non sapevo se esistesse tale parola eppure... 
"A casa tua, no? Drew!" risposi tranquilla.
"Perchè se ti chiami Alice, smetto di chiamarti Jo, cara!"
Alice, divertente! Davvero divertente: come poteva solo pensarlo? 
Non potevo essere Alice: lei era bionda, io no! 

"Vieni in cucina Alice! Ti offro il thè!" propose "Festeggiamo!"
Poi chiamava me Alice... Cappellaio Matto! 
Lo seguii in cucina e, come ormai sua abitudine...
"Tu devi parlare con qualcuno!" mi disse deciso "Ed io ti ascolterò!" aggiunse.
"Cosa vuoi sapere Drew?"
"Tutto! La tua estate!" concluse.
 
Il tuo momento ti viene a cercare... Anche se non trovi le parole... hai girato il mondo dentro a un cuore...
 
Quello era il momento in cui avrei raccontato tutto. 
Avevo visitato Parigi, Parigi e Roma. E in entrambe avevo lasciato il cuore. Perchè...

Vienna, Mary Hicks.

Erano passate alcune settimane dal nostro arrivo quando Fitz passò in albergo...
"Scusi, il commissario mi ha ordinato di passarla a prendere!"
"Per andare?"
"Devo seguirla in missione!" mi rispose frettolosamente.
"Faremo coppia fissa!" mi lasciai sfuggire allegra.
"Solo per lavoro, Hicks!" precisò lui.
"Certo, solo per lavoro, Winkens!" lo tranquillizzai.

Mi fece strada e cominciai a studiare il suo comportamento. Avevo l'impressione che la mia vera missione fosse lui. E io seguivo sempre le mie prime impressioni. Dustin Hudson e Fitz Winkens erano i due più grandi enigmi che ci potessero capitare.

Boston

Rividi Michelle in occasione del compleanno di James. Con mia grande sorpresa fu invitato anche Andrew...
"Drew?" lo salutai "Che ci fai tu qui?"
"Sono stupito quanto te: io e James non abbiamo mai avuto ottimi rapporti!"
"Ho sempre pensato fosse strano, ma mai fino a questo punto!" ribadii.

"Un attimo di attenzione prego..." fu James a parlare "... vorrei cogliere l'occasione per fare un annuncio!" e fu allora che vidi Michelle Higgins al suo fianco. Che ci faceva lei, al suo fianco?
"Come minimo annunceranno il loro matrimonio, Jo!" sussurò Andrew, trattenendo un sorriso.
"Non esagerare, non può essere così pazzo..." mi fermai. In fondo sapevo che quel ragazzo ne sarebbe stato capace. James Hoffman era imprevedibile!

"Michelle! Vorresti diventara la mia ragazza?"

Michelle Higgins

Vidi Joey uscire in lacrime. Con Andrew.

Vienna, Christine Sullivan

Fui salvata da morte certa quella mattina: se Dustin Hudson non fosse intervenuto; sarei stata travolta da una macchina.

"Grazie Dust!"
"Le auto non si fermano per te Chris" rispose freddamente lui. "Semplice dovere!"
"Grazie detective Hudson!"
"Dovere, Sullivan!"

Mi aveva scaraventata a terra. Mi sentivo Lois Lane ma per essere più moderni potrei dire di essermi sentita molto Bella Swan. Non avevo ancora trovato Alex; in quel momento, quell'estate,il mio Edward umano fu Dustin. Dustin, l'uomo di ghiaccio, si era sciolto.
Mary aveva ragione, come sempre: la nostra missione erano quei due! 

Fitz e Dustin!

Boston

Andrew mi accompagnò a casa quella sera e mi fece compagnia...
"Non sei in condizione di dormire da sola!" aveva cominciato "Salgo con te, Jo!"
"Grazie Drew!" risposi semplicemente.

L'indomani passammo la mattinata nelle librerie. Mi invitò a pranzo. 
Nello stesso ristorante vidi Michelle e James: la mano di lui sulla mano di lei! Freschi di fidanzamento! Sempre che di fidanzamento si possa parlare a sedici anni!

Michelle Higgins

Okay, lo ammetto:ero patetica, scusatemi ragazze! Però no, non mi consideravo la fidanzata. Concedetemelo.

Vienna, Christine Sullivan

L'estate stava finendo e con lei la nostra missione! La sera del 23 Agosto Dustin Hudson mi invitò a cena...
"Chris! Sei libera stasera?"
"Dipende..." dissi "Come Miss Sullivan o Chris?"
"Come... Chris naturalmente!" rispose lui.
"Chi mi invita?" mi piaceva stuzzicarlo.
"Io.." ribadì il detective "Come Dustin!"
"Va bene, accetto!"
"Sono contento..." sorrise, aveva uno splendido sorriso "Temevo rifiutassi!"
Fui io a sorridere "Non rifiuterei mai un tuo invito!" e senza dargli il tempo di aggiungere altro lo presi per mano. Senza aggiungere altro.

Missione compiuta: avevo sciolto il glaciale e marmoreo detective!

Mary Hicks

Passeggiavo per le vie di Vienna quando in lontanza...
"Fitz!" salutai con la mano.
"Mary, che piacevole coincidenza!" e continuò "Credevo fossi a casa!"
"Fino a mezz'ora fa" risposi "e sono contenta di essere uscita"
"Davvero?"
"Certo! Se fossi rimasta a casa non ti avrei incontrato al chiaro di luna!"
Ci fu silenzio. Mi ci ero abituata, ormai! Fu nel silenzio che mi assalì un dubbio...
"Sei contenta quindi?" mi chiese lui.
"Certo, ma...tu..."
"Cosa Mary?"
"Non sei un lupo mannaro, vero?" domandai sorridendo "O mutaforme?" continuai a chiedere.
Riuscii a farlo sorridere, finalmente "No! Né lupo né mutaforme!"
"Allora è perfetto!"
"Perfetto?" e Fitz Winkens arrossì leggermente.
"Io,tu e...il chiaro di luna!" fu in quel momento che notai il mazzo di fiori che quell'adorabile detective teneva in mano. Rose. "Per me? Sono bellissime!"
"Stupendo! Avevo pensato di farti un regalo per la tua partenza! Ho pensato a questi fiori!" me li porse.
Lo ringraziai e anche la mia missione si concluse: feci scoprire a Fitz l'esistenza del gentil sesso!


Agosto ci salutò e con Settembre era giunto il momento delle partenze: Chris e Mary tornarono a Boston; da Boston partiva James per far ritorno a Roma.

Da quel Settembre inoltre, a me, Michelle, Chris e Mary si unì un ragazzo che si rivelò un grande amico! 

Un ragazzo londinese! Andrew Smith! Il nostro Mr Lawrence!

Presente, Parigi 

CHRISTINE POV

Josephine Steel diede così il bentornato a Josephine Watson. A Jo e al suo sguardo:tanto malinconico quanto allegro. Unico.

In poche ore,quella sera,Jo ritrovò il sorriso. Il sorriso grazie-ragazze,era così lei. Noi. Non ci siamo mai ringraziate a parole:il nostro rapporto era troppo forte per sprecare parole di ringraziamento. Il sorriso e lo sguardo ci bastavano. Avevamo imparato che la sincerità era un’esclusiva del linguaggio non verbale. Le parole potevano essere recitate ad arte. Lo sguardo era l’unica cosa che potesse tradire o confermare i pensieri.

Quella sera fu l’occasione di aggiornarci su quell’estate:irripetibile,unica,la migliore della nostra adolescenza. Il nostro incontro con Andrew Smith,altrimenti detto Drew,ci aveva cambiate.
Senza quell’estate,l’estate dei nostri sedici anni,non saremmo quello che siamo. Abbiamo sempre ringraziato il passato per quello che siamo e per quello che diventeremo.

Il martedì successivo stavo osservando delle vetrine con Mary.

Mary Hicks era unica. Unica perché siamo tutti unici al mondo;unica perché solo con lei potevo lamentarmi delle vetrine senza essere giudicata. 
Michelle mi lincerebbe se solo toccassi la dolente nota;se ne parlassi con Jo,la lincerei io.
Michelle e Jo erano gli estremi. Miss Higgins vive per la moda;Miss Watson The Original e le Boutiques abitano in mondi paralleli.

Fu in una delle gioiellerie che intravidi una sagoma familiare. 
Trascinai Mary con me in zona appostamento:non voleva essere un pedinamento. Dovevo e volevo capire cosa ci facesse in una gioielleria alle tre del pomeriggio.
Probabilmente tra i due ero più pazza io a girare per le vie di Parigi con il caldo cocente di mezza estate ma poco importa.
Che cavolo ci faceva lì?

“Hai visto chi c’è?”dissi a Mary. Annuì. Sapeva che in quel momento poteva solo annuire.
Mi vide arrossire senza fare una piega. Era la più intuitiva dopo Jo. Per me e Michelle erano pericolose:osservatrici enigmatiche a cui non sfuggiva nulla. Per questo le adoravamo.
Mi vide arrossire ed entrare nel mio mondo. Ognuno di noi aveva un mondo a sé,poi c’era il nostro mondo. Ora però,ero entrata nel mio…

Chi aveva osato solo pensare che l’uomo è solo una povera vittima della donna la cui natura è il tradimento? Principe dei miei stivali,Sultano dei miei turbanti. Pensa piuttosto alla tua stupidità,all’intelligenza di Sherazad. Povera vittima della civiltà. 
Sultano stupido,perché solo uno privo di cervello pensante si fa abbindolare dal mondo intero. Vai a dirlo a tuo fratello che i mariti sono vittime razza di ho il turbante solo perché è ereditario.

“Ti prego torna indietro Chris,sta andando via,lo perdiamo!”
“Ci penserò stasera a lui Honey”risposi “Andiamo,continuiamo il giro!”e mi seguì senza una parola.

Mary 

Stavo risistemando la cucina quando Christine suonò alla nostra porta…
“Mary ho assolutamente bisogno di te!”mi salutò con aria supplichevole. Mi si prospettava un pomeriggio indimenticabile. Salutai Drew e uscii.

Chris cominciò subito a rendermi partecipe delle ultimissime su Alex,suo marito. Sei anni e ancora non ci credevo. Il loro matrimonio fu sorprendente quanto fu sorprendente che Jo si fosse sposata prima dei trenta anni. 
Alex e Jo:due fratelli sorprendenti,c’è poco da aggiungere. Amo le sorprese. Perché anche il mio matrimonio e Michelle madre furono due sorprese.
Noi eravamo quattro,un quadrato,quattro sorprese. Più sorprendenti del Kinder Sorpresa e tutte le Uova di Pasqua. Sorprendente eh?

Erano le due e mezza. Primo pomeriggio. Un pomeriggio di lamentele sulle vetrine e i negozi parigini. Ecco cosa mi aspettava. Christine Sullivan poteva essere sorprendente per tutti ma non per Mary Hicks.

Eravamo quattro ragazze. Quattro amiche. Ma se si dovevano considerare le coppie…
Io e Chris. Jo e Michelle. Michelle et moi. Chris e Jo. Jo and me. 
Esatto, niente coppie. Quattro, semplicemente quattro. Ormai era scontato e routine. Per quattro sorprendenti ragazze era logico che fosse scontato. Specie i prezzi dei negozi francesi.

I prezzi che in un pomeriggio di mezza estate salivano alle stelle. 
Le stelle,che splendevano di luce propria. Stelle illuminate perché ognuno trovi la sua come mi insegnò il Piccolo Principe. Stelle perché se è stato solo un’esplosione di luce come l’esplosione di una stella non troverai nulla al tuo ritorno. Ma avrai visto un’esplosione di luce,e anche solo per questo ne sarà valsa la pena , come lessi ne L’Alchimista . 

Esplosioni di luci,antiche e sempre nuove.

Fu in quel momento che mi sentii trascinata via. Chris aveva visto qualcuno. La seguii. Ci appostammo come nei migliori inseguimenti. Agatha Christie ci aveva insegnato molto. Soprattutto a Christine Sullivan.

“Hai visto?”mi disse. Annuii con lei c’era poco da fare:arrossì e una volta appostate…

Mi rassegnai ad ascoltare le parole che non disse. Era successo ancora. Mille e Una Notte. Il Sultano dei suoi turbanti e Sherazad. Mi divertiva ascoltare le parole mai dette. Sono le uniche piene di sincerità. 
Tutte noi avevamo un nostro mondo,un mondo delle Meraviglie. Jo su tutte,lei era Alice. Ma anche Chris non scherzava. E Michelle. E…
Okay,anch’io avevo un mio mondo. Ammetto le mie colpe. Calma. 

“Torna tra noi Chris,non voglio perderti. Sta andando via,lo seguiamo!”chiesi sapendo già la risposta.
“Penserò stasera a mio marito Honey!”disse infatti “Continuiamo il nostro giro!”e la seguii.

Non avrei voluto essere nei panni di Alex nemmeno per tutto l’oro del mondo. Forse se solo Drew fosse un vampiro. Quindi...

Continuammo la passeggiata…

ANDREW POV


"Hai bisogno di me!"
Sorrisi

Mi sono trasferito a Boston a 17 anni. In realtà doveva essere solo una vacanza americana. Un Coast To Coast very chip. 

Okay, niente è very chip negli U.S.A.

Mi sono trasferito a Boston. Da Londra. Sono londinese:non so perché … ma pare che questo dettaglio,che sia di Londra,risvegli l’interesse del gentil sesso.

Il giorno successivo al mio arrivo stavo osservando il tramonto quando intravidi lei in lontananza.
Anche lei osservava l’orizzonte,l’orizzonte e me. 
Quella ragazza aveva qualcosa che mi stupì:intuì subito che ero straniero. Si sorprese di me alla luce del crepuscolo.

Cosa ci fosse di strano in un ragazzo-che-adora-il tramonto me lo spiegò qualche giorno dopo,o meglio,lo intuii ascoltando la sua estate.

Con quella ragazza scattò subito qualcosa: mi bastò uno sguardo per capire cosa stesse pensando in mia presenza. Un ragazzo castano che odia pettinarsi i capelli.
Mi squadrò con uno sguardo dolce e mai indiscreto. Arrossì leggermente quando alzai gli occhi:continuò a fissarmi con un sorriso. Le sorrisi di rimando e lei si avvicinò.
Si presentò.
Non si sorprese quando le dissi che ero di Londra: le si illuminò lo sguardo.

Ecco, ancora: ero un semplice ragazzo londinese. Ci capivo sempre di meno.

Con lei fu subito amicizia.

Il giorno seguente ci scontrammo in una libreria. La accompagnai a casa. 
Sulla via del ritorno ci perdemmo uno nello sguardo dell’altra. Raccontava in modo coinvolgente: scoprii molte cose di lei. 
Anche che aveva lasciato le chiavi sul tavolo.
Era rimasta fuori casa: la invitai da me.

La sorpresi di nuovo: un giorno, un giorno era passato è già avevo perso il conto di quante volte era successo.

“Sei nato a Maggio?” mi chiese.
“Beh sì!” le dissi “Qualcosa di strano?”
“No Drew!” mi rispose. Con una faccia che significava perché a me !

Cosa ci fosse di strano in un ragazzo londinese del Toro rimane per me un mistero!

Io ero solo Andrew Smith.

Lei? Josephine Watson. Jo.

Mary era fuori con Christine quel pomeriggio.
Ero solo in casa: decisi di uscire.

Joey

Quel pomeriggio ero sola in casa quando suonarono alla porta. 
Fui sorpresa fosse lui…

“Drew! Ciao!” salutai facendolo entrare.
“Ciao Alice! Ti va di uscire?” mi chiese.

Alice. Lo ricordava ancora. Il mio Cappellaio.

“Va bene dearling, prendo le chiavi!” sorrisi al ricordo di quell’estate.

Ero contenta della sua visita. Avevo bisogno di lui. Di lui e di noi. Io e Drew.
Tra noi era scattato subito qualcosa di forte.
Quel pomeriggio avevo bisogno di lui. E lui era lì, come sempre!
Drew, unico!
Presi le chiavi e uscimmo per le vie di Parigi sotto quel sole cocente. No, non era il tramonto, proprio no: il sole cocente di un pomeriggio di mezza estate.
Ero con lui, a me importava solo questo. Io e lui. Finalmente. Troppo tempo era passato dall’ultima volta.
All’improvviso sentii i battiti del cuore accelerare; le gambe cominciarono a tremare e per me, in quel momento, esisteva solo il suo sguardo.
Da quando lo conosco i suoi occhi sono sempre stati il mio tallone d’Achille.
Coinvolgenti, emozionanti. Mi piaceva la sensazione che solo il suo sguardo sapeva darmi inconsapevolmente. Non loro. Non Clark. Lui, Andrew Smith. Drew.

Avevamo perso il senso del tempo parlando. Con lui era abitudine.
Mi scoprii davanti alla Tour Eiffel. Il simbolo di Parigi e della Francia intera.
Andrew sempre più vicino. In silenzio, il nostro. Mio e di Drew. Il silenzio sono-qui-per-te-sempre-e-comunque.
Ci guardammo negli occhi. Non sentivo più niente. Le stesse emozioni di una sedicenne sotto casa con un amico che forse amico non è.
Adesso, a ventinove anni, quelle stesse emozioni. Le mie stesse emozioni che sentii con Andrew quell’estate. Con Drew. 
Erano uniche; ed erano tornate!

Mi accarezzò il viso, gli presi la mano: non volevo si allontanasse. 
Appoggiai il mio viso sulla sua mano in modo che non mi scappasse. Non questa volta.
Non subito.

Fu allora che accadde… Mary, Mary Hicks. Mary Smith.

Mary 

Avevo lasciato Christine a casa, ero sotto la Torre quando la vidi…
Lei. Andrew. Insieme.

“Mary, Mary aspetta!” mi sentii chiamare. Che cosa voleva, cosa pretendeva ancora? Perché dovevo ascoltarla?
Continuai a camminare accelerando il passo. Lo fece anche lei.

“Aspetta…” ancora. 

E lui? Come poteva averlo fatto? Gli avevo creduto quella volta. Quella lettera, credevo fosse un lontano ricordo. Invece no. Mi tormentava ancora. Non volevo crederci.

Chiusi gli occhi.

Dov’era il mio mondo ora che ne avevo bisogno? Ah ecco, non con me.
Prima mi promette l’eternità e poi sparisce.
Piansi. Come mai avevo pianto. Era lontano in quel momento. Lontano da me.

“Hicks! Non è come credi!” ancora lei. Ancora con queste frasi.
“Hoffman!” risposi . “Hoffman, Jo!” ribadii. “Steel!”
“No, non lo avrei mai baciato sotto la Torre, non Andrew!” disse convinta. Perché cosa avrebbe fatto se fossero stati sulla Senna?
“Prima agisci e poi chiedi il permesso?” ero rossa. Furiosa. Rabbia, Rabbia e Delusione. 
Delusa da lei.

“Non ci siamo baciati!” ribadì.
“Vattene!” le ordinai.

Rimase con me. 

“Se non te ne vai tu. Vado via io!” continuai. Non si mosse.
Me ne andai senza un saluto.

Joey

Mi sentivo peggio di niente. Perché a me. Ancora.
Mi allontanai.

Hoffman. Ancora. Sempre lui. 
Sempre lei a ricordarmelo.

Scoppiai in lacrime. Con Drew vicino.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 

CAPITOLO 6

 

Michelle

Io mi sento molto fortunata, sono molto fortunata. 


Io ho Daniel, Daniel e i bambini: due pesti adorabili.

Chris ha incontrato il mostro dagli occhi verdi che risponde al nome di gelosi, povera ragazza. 
Chissà cosa ci faceva Alex in quella gioielleria alle tre del pomeriggio con una donna che non è lei? Povera Sullivan.
E Mary Hicks, io non vorrei mai trovarmi nei panni di Mrs Smith. Non saprei come reagire se un’altra donna si infatuasse di Daniel, del mio Daniel. 
Se fosse Jo non saprei proprio da dove iniziare…

Mary le aveva tolto la parola e con Andrew il dialogo si limitava a frasi di circostanza. Non voleva perderlo ma neanche passare per stupida. 
Perché Mary Hicks aveva fatto solo una cosa che si potesse qualificare stupida in tutta la sua vita: innamorarsi.

Innamorarsi è la stupidità per eccellenza. L’unica stupidità che ti rende completa. Le altre ti rendono stupida, stupida come un agnello forse, ma stupida.

La mia stupidità si chiamava Daniel. Lui era il mio Leone, era nato ad Agosto. Anche lui.

“Mi chiedo come Mary possa essere arrivata al punto da togliere il saluto a Jo! Loro due sono le ragazze su cui avevo scommesso. Avrebbero risolto tutto nel giro di pochi giorni…” disse Christine sconcertata.
In fondo aveva ragione: Mary aveva capito che le emozioni descritte in quella lettera erano le sue. Anche quell’estate fu Jo a scrivere ciò che io provavo per Mr Hoffman. James. 

“Michelle, hai sentito?” mi chiese Christine. “Jo ed Andrew! Non è sorprendente? Non volevo crederci quando Alex mi ha raccontato di loro!” mi salutò e mi sedetti sul divano in contemplazione.

Quando Chris mi raccontò di Alex non mi sorprese. 
Non mi sorpresi. Quell’estate ci aveva davvero cambiate. Tutte, nessuna esclusa. Solo Andrew Smith rimase; degli altri nessuna di noi ebbe più notizie. Neanche di lui.

Jo e Drew. Prima o poi sarebbe successo. Di nuovo. 
Perché tutto torna, tutto ritorna. 
La vita è un cerchio. Alfa e Omega, senza Omega perché, nei romanzi, c’è sempre una fine ma, nella vita, la fine è solo un nuovo inizio.

Si ritorna sempre al punto da cui si è partiti. Non vale la pena viaggiare? 
Chi ha letto l’Alchimista di Paulo Coelho dovrebbe sapere che…

_ Se Santiago, il protagonista, non fosse partito non avrebbe visto le Piramidi. Scoperto la loro bellezza.
_ Non avrebbe saputo che il vento non portava solo l’odore delle invasioni ma anche il suono di un bacio. Fatima.
_ Fatima, colei che ama. Tutto l’universo aveva cospirato perché giungesse a lei. 
_ Perchè se è materia pura non potrà mai marcire e la ritroverai al tuo ritorno. Ma se è stato solo un attimo di luce,come l’esplosione di una stella,non troverai più nulla… avrai visto un’esplosione di luce. E anche solo per questo ne sarà valsa la pena. 

Il viaggio e le nostre esperienze sono materia pura o semplici esplosioni ma perché non affrontarle? 

La Leggenda Personale è quello che noi chiamiamo Filo Rosso, altrimenti detto Destino. Solo una parola, una parola che racchiude il tutto Maktub. Maktub “ così è scritto” . Ecco.
Nella vita niente è certo ma tutto è scritto. Noi scriviamo il nostro destino nello stesso tempo in cui ci facciamo trasportare da esso. 
Ho letto questo libro tanto tempo fa e ho dovuto leggerlo tre volte per piangere. 
Insieme al Piccolo Principe: dalla terza volta ho pianto anche solo sfogliandolo. 

Le Petit Prince è un libro unico del suo genere. L’incontro tra presente e passato, il passato che fa visita al presente dopo un incidente. Un libro tutto da sottolineare: non ricordo frase che non abbia evidenziato. Mi commuovo anche solo a pensarci. Un passato che ascolta e raramente risponde arrossendo. Un passato che ti interroga curioso di sapere come sei diventato e perché. Non ci sono parole per descrivere le emozioni che ho provato e che mi fa provare. Lacrime, solo lacrime! Il primo libro che mi ha fatto piangere. Il mio mondo. Non il passato, il deserto, un silenzio che parla e che si fa ascoltare.
La filosofa del gruppo era Jo. Ma io non posso non provare ad esprimere quello che “Il Piccolo Principe” mi ha insegnato. 

“Michi! Posso?” mi sento chiamare. E’ Jo.
“Vieni, entra!” e la invito a sedersi mentre vado in cucina a prendere qualcosa da bere. 
“Hai sentito Alex ultimamente? Chris come sta?”
“Vuoi parlare di Chris ed Alex? Chris ed Alex? Tuo fratello! Con te in questa situazione ti preoccupi di loro due!” risposi quasi furiosa. 
La mia calma era andata a farsi benedire subito. Ecco perché non potevo essere io la filosofa del gruppo. Niente calma e pazienza, niente filosofia.

“Perché in che situazione sono io?” mi domandò fingendo di sapere poco e niente. Meno di niente.
“Andrew Smith, Clark Steel, Tour Eiffel… Parigi, Boston, Roma … Mary Hicks!” conclusi. Mi fissò sorpresa. Non immaginava potessi sapere tutto questo. 
Si stupì della mia sintesi quanto io mi stupii del fatto che lei fosse stata a Roma quell’estate.
Non aveva detto a nessuno del suo breve soggiorno italiano. Era sempre stata misteriosa Josephine Watson, in quel periodo più che mai. Non riuscii a capirne mai il motivo. Non me lo ero mai chiesta in fondo. La curiosità non era parte di me. 

Chissà cosa avrebbe pensato quel bambino dai biondi ricci. Chissà cosa avrebbe pensato dei miei capelli quel bambino. Chissà cosa avrebbe pensato di me se solo lo avessi incontrato.

“Mary ha frainteso tutto, Michi!Credimi almeno tu, ti prego” mi supplicò Jo. “Sai che cosa provo per Drew, sai che non è amore. Sai cosa ho passato quell’estate. Sai perché sono tornata a Boston!” stava piangendo. 
Io non sapevo perché fosse tornata a Boston. Sapevo solo che dal suo ritorno aveva cominciato una battaglia interiore contro il genere maschile fino all’incontro con Drew. 

“Ti credo cara, lo sai che ti credo. Non piangere così!” l’abbracciai “Ricordati che sei tu la mia confidente migliore. Sei tu a dovermi consolare. E’ grazie a te che ho dimenticato The Mask Spumeggiante, non ti ho mai ringraziato!” sentii il suo respiro fermarsi un secondo, alzare gli occhi lucidi dal pianto e fissarmi. Uno sguardo che non le avevo mai visto. Colpa. Si sentiva in colpa. In colpa per cosa?
“E’ grazie ad Andrew che l’ho dimenticato, eppure continuo a ricordarlo! Continuo a pensarci, a chiedermi perché è successo! Mi dispiace!” era in lacrime. Copiose lacrime. Non riusciva a smettere, come se piangendo potesse cambiare il passato.

Il passato non torna a farti visita. Non è mai esistito che qualcuno parlasse con se stesso bambino.

Mi dispiace? Cosa significava quel “mi dispiace”? Di cosa? Che cosa mi aveva tenuto nascosto? Perché non mi aveva detto tutto? 
Non continuai a farmi domande. Appoggiai la sua testa sulla mia spalla in silenzio. Non c’era bisogno di parlare in quel momento.

Passammo così minuti interminabili: fortuna che i bambini erano con Daniel per negozi, non avrei sopportato la vista di Jo se non fossi stata sola. Io e lei, come un tempo. Un tempo passato, sempre presente. Perché io e lei non ci saremmo mai divise. Mai! Io credevo in lei.

La porta era aperta ed entrò…

“Ciao ragazze, scusate l’intrusione!” si presentò “Come state?”

Nessuno disse più nulla. Jo si irrigidì, io non sapevo cosa fare: meno male che i bambini erano fuori con Daniel.

Era tornato.

Joey


Mi sono ritrovata a piangere tra le braccia di Andrew Smith. Tra le braccia di Drew. Per Mary, per me, per loro e per il mio innato difetto di fuggire. Da tutto e da tutti.
Troppo tempo era passato ormai da quando avevo iniziato a scappare: dall’estate migliore della nostra adolescenza. Dall’estate dei nostri sedici anni. Adesso di anni ne ho ventinove.
Adesso, a ventinove anni, era arrivato il momento di sciogliere i nodi della matassa. 

Sono passati due giorni dalla nostra uscita:è da due giorni che non sento Mary Smith. Due giorni che Miss Hicks non si fa sentire. 

Adesso Michelle avrebbe dovuto sapere del mio tour italiano. Miss Higgins avrebbe saputo di Roma,oggi. Lei avrebbe saputo quanto Drew sapeva da anni. Avrei raccontato tutto, io, Josephine Watson. Senza aiuti, senza punti di vista, solo il mio punto di vista. Solo la mia storia.
A ventinove anni era il caso di prendere il toro per le corna e affrontare il problema. 

Avrei raccontato tutto a Michelle Higgins. Doveva sapere. Volevo sapesse.

Presi le chiavi e chiusa la porta mi diressi da lei.

Quando mi venne ad aprire notai subito che aveva ricevuto una telefonata:la posizione della cornetta avrebbe segnalato occupato. Qualcosa mi diceva che Michelle mi aspettava. 
Mi fece accomodare e andò in cucina a prendere da bere…

“Michi… come sta Alex?” chiesi curiosa. Era passato un secolo da quando lo sentii l’ultima volta. “Tutto bene con Chris?” continuai.
“Alex e Chris?” mi domandò furiosa. “Nella tua situazione ti preoccupi per tuo fratello?” disse aumentando il tono di voce.
La sua tranquillità era finita: aveva sempre vita breve.

“Quale situazione scusa?” chiesi non badando al tono. “Per me va tutto okay!”
“Jo, parliamoci chiaro cherie: Clark Steel, Andrew Smith, Tour Eiffel, Boston, Roma…” rispose decisa “E Mary Hicks!” concluse.

Bene, aveva elencato tutti! Quasi tutti!

Cominciai a sentire l’amaro delle mie stesse lacrime. Ancora. Non facevo altro da due giorni.

“Michi, mi dispiace! Avrei dovuto parlarti di Roma. Di Roma e di lui. Mi dispiace!” dissi tra le lacrime. “Scusami, scusami davvero! Io ti ho sempre voluto bene!” 
E il mio angelo custode non fece altro che farmi appoggiare la testa sulla sua spalla. 
Una spalla pronta a bagnarsi, come sempre! Io e lei, unite da sempre!

Fortunatamente Daniel e i bambini erano fuori: non avrei sopportato che loro mi vedessero in questo stato.

La vicinanza di Miss Higgins mi tranquillizzò, fu allora che sentii qualcuno alle spalle…

“Ciao ragazze! Michi …” salutò “Jo!” sorrise fissandomi. “Come state?”

Vidi Michelle confusa: Daniel e i bambini erano fuori, per fortuna. Vedere Michelle in preda alla confusione era strano. Io, che ero cresciuta con lei, pochissime volte l’avevo vista così: una volta. Solo una volta. Un’estate…
Mi voltai: non poteva essere vero. Non poteva…invece sì! Impallidii…

Dov’era Alex?
Dov’era finito il mio fratellone?

Alex

Io sono Alexander Watson, sono entrato nella vita di mia sorella a ventidue anni. Ci siamo risentiti quando avevo ventidue anni. Ora ne ho trentatre. Undici anni sono passati da quando ho rivisto Jo.

Voleva organizzare un certo non so che, recita diceva lei, io accettai subito. Conoscevo mia sorella: cominciai a preoccuparmi quando Andrew Smith mi scambiò per il suo ragazzo. Jo aveva pensato bene di non avvertirmi di questa eventualità. Mi fidai comunque: la mia sorellina aveva bisogno di me e io ci sarei stato.

Mai avrei pensato di innamorarmi follemente di una delle sue migliori amiche.

La prima volta che vidi Christine Sullivan fu al matrimonio di Michelle Higgins e Daniel Ryan. Fui subito affascinato dal suo sguardo: occhi verde smeraldo di una profondità unica. Occhi che fissavano me. Lei mi sorrideva. Mi sentii attratto da lei come un pezzo di ferro lo è dalla calamita. Avrei vissuto con lei la mia eternità … Mille e Una Notte …
Io il Sultano, lei la mia Sherazad. La mia narratrice. Narratrice conquistata da una poesia.
Hikmet: per me galeotto; per la mia sorellina, non troppo.

Josephine Watson, la mia sorellina, era stata lasciata da Clark Steel. Il suo Kent. Il suo uomo d’acciaio.
Una coppia d’acciaio distrutta dai pregiudizi su un fabbro. Povera sorellina. 
Spero non si aggiunga lui. Povera Jo. 

Da due giorni Chris mi ignora. Come se mi tenesse nascosto qualcosa. Mi ignora palesemente: non era mai successo. Cominciavo a preoccuparmi. 

Bussarono alla porta, era Miss Sherazad Sullivan..finalmente!

“Preparo la cena!” mi disse “Mettiti comodo!” e io mi misi in attesa. Tranquillamente.

Dalla cucina non proveniva alcun suono. Chris era silenziosa. Stranamente.

“Alexander Watson!” iniziò una volta a tavola. Non mi aveva mai chiamato così. “Martedì cosa hai fatto di bello?”
“Un giro per Parigi” risposi vagamente.
“Solo?” domandò lei.
“Se ti mancano le indagini della tua adolescenza chiedi a Dan di assumerti…” riusciva a spazientirmi: quando iniziava a fare domande Christine Sullivan era peggio di Miss Marple. 
Lei era cresciuta con i gialli di Agatha Christie. Io preferivo Sherlock Holmes. Ovvio, no?
“Vorrei risposte non allusioni stupide come il mio Sultano dearling!” ribatté decisa.
“Gelosa Miss?” le chiesi a tradimento.
“Naturalmente!”ribadì subito. Senza precisare se fosse un naturalmente sì o un naturalmente no.

Naturalmente. Così.

Io amavo questa donna. A trentatre anni dopo sei anni di matrimonio, amavo questa donna come il primo incontro. Mancava poco alla nostra ricorrenza.
Chissà se lo ricordava anche lei…

Joey

Era tornato!
Michelle cercò il mio sguardo, perplessa. Fu una sorpresa per entrambe la sua visita. 
Ecco, avrei raccontato tutto. Senza omettere nulla. Non sarei più scappata.

The Mask Spumeggiante era tornato senza maschera, senza trucchi. James Hoffman era davanti a noi con un sorriso disarmante.

“James, cosa ci fai qui?” chiesi. Domanda ovvia, ovvia e scontata.
“Passavo da queste parti e ho fatto un salto per salutare: Andrew mi ha detto dove potevo trovarvi!” rispose semplicemente. 
Da Roma a Parigi, per caso? Con chi credeva di parlare? 

“Come si sta a Roma quest’anno?” iniziai.
“Non ho più quattordici anni, si cresce!” disse. Ma guarda che discorso. Si cresce. Adesso avevo davanti un uomo di ventinove anni. Un ragazzo di ventinove anni che dice, si cresce. Oh cielo, come ho potuto cascarci con tutte le scarpe? Mea Culpa.
Andrew poi odiava quel ragazzo. Non era stato lui ad avvertirlo: avrei dovuto ricordarmi di ringraziare l’informatrice. Era sempre pronta ad aiutarmi, anche in silenzio.

Okay, era giunto il momento. Avrei raccontato tutto! 

Ho paura. Mi tremano le gambe. Ho fatto sedere Michelle ma anche io avrei bisogno di una sedia, qualsiasi sostegno.
James è seduto accanto a Miss Higgins e mi osserva curioso, con il sorriso adesso-voglio-vedere-come-ne esci.. Grazie Mr Hoffman! Meno male che eri cresciuto:immagino se non lo fossi. Aiuto, qualsiasi aiuto!
Squilla un cellulare, non può essere il mio: è spento! A qualcuno è arrivato un sms, non a me!

“Joey, tutto bene?” mi sentii dir da Michelle. Mi ricorda così di essere in piedi davanti a lei con lo sguardo perso nel vuoto, pallida e tremante.
Come può andare bene? Un ragazzo da Roma piomba nella città della Senna; quel ragazzo è il maschio Casanova; un ragazzo che risponde al nome di James Hoffman. Come può andare bene?

Voglio tornare a seguire Bianconiglio e festeggiare con il Cappellaio!

Ho paura, caspio! E’ difficile da capire? E’ difficile intuire la mia fifa? E non parlo della mia passione calcistica.
Jo, inspira e respira… leeeeen-taaaaaa-meeeeen-teee! Tranquilla Jo, sei Miss Tranquillità. Torna in te. E’ solo un ragazzo con poco cervello. Tranquilla!
Torna qui il tempo di raccontare e poi ti prometto che ti farò bere tutto il thè che vorrai.

“Jo, sicura di stare bene?” mi chiese James. Cosa vuole che gli risponda? Con che faccia me lo chiede? 
No, caspio! Come posso stare bene con te davanti,sottospecie di maschera. Saresti stato il modello perfetto per Pirandello, razza di personaggio in cerca d’autore e identità! Traditore! Pusillanime!

Okay, io non odio James Hoffman…

Mary

Sono due giorni che non sento Jo. Non voglio superare i limiti: non siamo più bambine.

“Andrew, vado da Michelle!” avviso “Sistema casa!” aggiungo. So che farà di tutto fuorché sistemare casa. Non sono stupida. E lui non è un leone. Drew è solo un ragazzo inglese del Taurus.

Io sono una Libra nata ad Ottobre. Chris una Taurus di fine Aprile. Michelle è nata nel nono mese dell’anno, una giovane Virgo. E Jo, nata a novembre, è Scorpio Girl!

“Mary, almeno tu ricordati le chiavi!” disse Andrew in tutta risposta. Le chiavi, ancora. Tra le quattro non ero io ad essere Alice. Io ero semplicemente Bella. Okay, la smetto!

Scendendo le scale inviai un sms…

Sapevo che sarebbe stata una sorpresa; sapevo che avrei rischiato più della mia stessa vita; sapevo che non avrei ricevuto risposta prima di sera. Forse non avrei mai ricevuto risposta. Sapevo di…non sapere un fico secco su come affrontare la mia situazione, ma avrei aiutato lei. 
Ero l’unica che poteva farlo: avrei mantenuto la mia promessa! 
Ero ancora sotto casa quando Andrew mi chiamò…

“Mary, puoi salire un secondo?”
“Senti Vampire Guy, non possiamo prendere il thè tra un’ora? E’ Agosto, l’ora legale servirà pur a qualcosa…” sapevo che seguendo il mio ragionamento avremmo dovuto prendere il thè alle quattro.
“L’ora legale serve unicamente per risparmiare energia, risparmio su cui ho molti dubbi!” rispose. Dubbi su cosa? L’ora legale aveva un solo obiettivo: farti perdere un’ora di sonno. Le aziende di materassi non ci guadagnavano di certo. “Piccola…” continuò “da domani non mi scappi più! Non puoi scapparmi!” promise.
“Io non voglio scappare da te, tu sei tutto per me, lo sai!” ribadii.
“So solo che ti amo!” mi ricorda quotidianamente il suo amore. Sono stata una stupida.
Come ho potuto scambiare una carezza per un bacio? Andrew sapeva di Clark; sapeva che Jo voleva parlare con qualcuno che non fossimo noi; aveva bisogno di lui e lui le era stato vicino. Io sono stata solo una stupida donna innamorata.

Le apparenze ingannano anche in amore.

Jo era stata fantasticamente perfetta, ancora. Adesso però toccava a lei rispondere: avevo già fatto la mia mossa. Per lei, sicura di passare in vantaggio e chiudere la partita. Nel frattempo Andrew mi aveva raggiunto…

“Mary, le chiavi!” avevo dimenticato le chiavi. Io, che non ero Alice.
“Stavo salendo, Drew!” dissi pronta “Prendiamo il thè!”
Mr Smith sorrise. “Thè freddo alla pesca!”
“Come sempre, Drew!”
“Come sempre, Mary!” ribadì lui. Sorrise e mi fece sorridere. Non potevo non sorridere con lui.
Il thè delle cinque non poteva essere rimandato. Non per lui, il mio ragazzo inglese. Non per me, amavo questi momenti con lui.

Tra Andrew Smith e Josephine Watson c’era un’amicizia particolare. Drew le aveva fatto dimenticare un maschio presuntuoso da cui era stata profondamente delusa.

Apparenze in amore? Allora forse Chris… fui interrotta! Mr Smith sapeva come fermare i miei pensieri…

E mi lasciai trasportare!

Joey

No, io non odio Sono-Bello-e-Impossibile Hoffman.
All’improvviso non sentii più nulla: solo un profumo, i suoi occhi, e le nostre canzoni!
Avevo quattordici anni quando successe tutto. Quando tutto ebbe inizio…

Il soggiorno durò due mesi che trascorsi in una casa in collina. 
Ricordo il profumo della macchia mediterranea e l’alba sul mare, che si vedeva dalla terrazza. Era la prima volta che attraversavo l’Oceano Atlantico:non avevo mai visitato il Vecchio Continente.
I primi giorni furono difficili. Sentivo nostalgia di Boston, dell’America e delle mie amiche. Soprattutto di quelle tre ragazze:cosa avrebbero combinato in mia assenza? Non esisteva ancora Facebook in quel periodo, fortunatamente tutto il resto sì.
In compenso ringraziai il cielo per la cucina:era unica. Riuscii a dimenticarmi di McDonalds in quei due mesi. Tra primi e secondi mi chiedevo come avevo potuto sostenermi per quattordici anni esclusivamente di fast food.
Fu in una pizzeria che lo notai. Anche lui aveva quattordici anni ed era incredibilmente alto per la sua età. Un gigante. Sì, era incredibilmente alto. Era arrivato poche settimane dopo di me. Biondo, occhi verdi. Un verde acqua: intenso. Mi incantai e non finii la mia quattro stagioni. Lui sorrise. Ero stata colta in fragrante, arrossii.
Quella notte non riuscii a dormire:io, Jo la razionale…non potevo crederci.
La sera successiva mi invitò a cena.

“Ti va di venire a mangiare qualcosa con me, Jo?”
“Mah, non saprei. Mi piacerebbe, ma io di soldi ne ho pochi. Non so…” tergiversai.
“Ma è un invito!” protestò lui “Pago io!”
“Sicuro?”
“Certo!”
“Ah be’, allora accetto!” cosa?Come era successo? Sarei passata per la degna nipote di Paperone. Jo la-tirchia-che-tirchia-non-sembra.. che tristezza! “Se per te è un piacere, lo è anche per me!” cercai di rimediare.
“Bene,andiamo!” mi sorrise. “Dopo di lei Miss!”
Il ristorante in cui entrammo, dopo aver studiato a lungo i menù e soprattutto i prezzi (sempre più Miss Paperett in missione per PDP), era molto modesto. I tavoli erano apparecchiati con tovaglie a quadrettini bianchi e azzurri:una trattoria.

“Mangio qui solo per te!” mi sussurrò lui. Dietro il bancone notai il motivo della sua affermazione. Aquile. Sorrisi.
“Mi spiace!”
“A me no” rispose “Essere con te, Jo!” precisò.
“Neanche a me…” ribadii “Romanista!” sorridendo.
“Colpito e affondato!” e mi passò il menù.
Ordinammo spaghetti alla carbonara, un piatto sostanzioso ed economico. Miss Paperett e PDP ci avrebbero invidiati.
“Tu cosa bevi?” mi chiese fingendo di consultare la lista dei vini.
“Aranciata!” dissi. Quella bibita mi riportava alla mente dolci ricordi che avrebbero lasciato l’amaro in bocca altrimenti. Non potevo farne a meno.
“Due aranciate! Bene, sono astemio!”
Brindammo alla cena, mangiammo gli spaghetti e ci scoprimmo euforici come se al posto dell’aranciata ci fosse stato del vino rosso. Alla faccia dell’astemio. Per la prima volta da quando ero arrivata mi sentivo a mio agio.

“Sicuro di non voler fare alla romana?” chiesi al romanista quando finimmo la cena
“No, pago io!” disse lui prendendo il portafogli.
Mi accompagnò a casa e aspettò che entrassi prima di partire. Assurdo, che stava succedendo?

Passammo insieme anche il giorno seguente: mi aveva invitato al mare. In quel paesino, in cui tutti conoscevano tutti e per le novità non serviva il giornale, mai avrei creduto di trovarmi così bene.
Andai in camera presi il necessario e in meno di mezz’ora mi ritrovai in spiaggia con lui.

“Sai che non si potrebbe entrare in acqua a Ferragosto? Potresti perdere conoscenza!”
“Sì certo, e io mi chiamo Mary!” risi “E’ solo una leggenda! E poi oggi non è Ferragosto!”
“Se avessi paura tanto ci sarei io…” disse spalancando le braccia.
Non so come successe. Ma mi ritrovai tra le sue braccia e lui non volle saperne di lasciarmi. Io meno di lui, ad essere sinceri. 
Mi aveva incantato, non volevo allontanarmi dai suoi occhi, fu allora che sentii le sue labbra avvicinarsi alle mie. Fu un bacio timido, incredulo, dolcissimo.

“Jo, mi piaci!” mi disse quel giorno.
“Anche tu, parecchio!” dissi arrossendo come una stupida.

Verso sera ci fermammo in una pizzeria. Questa volta riuscii a finire la mia capricciosa e da quella sera diventammo inseparabili. 

Quando arrivò il giorno della sua partenza mi svegliai all’alba per poterlo salutare, lo accompagnai in aeroporto e lui mi promise che sarei stata la prima ad essere avvertita del suo arrivo. 
Lì, davanti agli addetti al controllo, mi prese le mani e mi baciò. 
Mi baciò come se fosse l’ultima volta. Come se fosse un addio.
Il giorno seguente non rispose alla mia telefonata; nessuna risposta ai miei messaggi. Restai in ascolto.

Il ragazzo che mi aveva riempito di promesse era scomparso nel nulla, mantenendo la promessa di farsi rivedere!

James Hoffman era scomparso nel nulla, facendosi rivedere due anni dopo!

Lo squillo di un cellulare mi fece tornare al presente, era un messaggio, per me!

Mary

Alle nove sentii il cellulare squillare: Grazie a te! Grazie, davvero!

James

Michelle divenne pallida quando Jo finì di raccontare la nostra estate. Io rimasi stupito da quanti particolari ricordava.

Ma adesso dovevo raccontare io…

Joey


James Hoffman The Mask si scurì in volto quando smisi di parlare. Non era più verde in faccia. La sua maschera era caduta.
Gli occhi di Michelle guardavano lui, fissavano me. Annuii al suo sguardo.

“Jo, perché?” mi sedetti al suo fianco facendo alzare l’ex maschera. Lui si alzò senza una parola. 

Silenzio in salotto. Un silenzio che voleva essere ascoltato. E si sa cosa potrebbe succedere se non si restasse in ascolto del silenzio!
Mi è capitato spesso di ascoltare il mio silenzio e sempre mi ha indirizzato lungo la retta via. Solo una volta non lo ascoltai, solo una volta. Non ero più Josephine Steel.

Appoggiai una mano sulla spalla di Michelle e lei mi guardò... 

“Michi, perdonami per averti tenuto nascosto il mio tour italiano. Forse oggi ti ho perso, ma promettimi di non piangere! Non per me, non per lui! Io non merito le tue lacrime, okay?”
“Jo, cosa stai sparando? Smettila! Abbiamo ventinove anni, quando ci siamo conosciute? Secondo me dovresti fare due conti!” Quattro anni, avevamo quattro anni il giorno del nostro primo incontro. Una vita era passata, una vita, letteralmente. Come potevo non ricordare? 

“Tu non potresti mai perdermi! Io non ti lascio partire. Chi ti ha riportato sempre a Boston?” sorrise “Non ti lascio sola Alice, neanche per tutto l’oro del mondo!”
Il mio angelo custode mi era sempre stato vicino. Anche quando lui aveva preso baracche e burattini mortali e si era trasferito.

Lei, Michelle Higgins! Loro, Chris e Mary! Noi, noi! 

“Io sono stata stupida a non averti raccontato tutto!” dissi tra le lacrime. 
“Io più di te a non aver voluto ascoltare le tue distinzioni tra maschio e uomo!”rispose fissando un punto non definito del pavimento. Una maschera non definita. La maschera caduta di James.

James Hoffman, che non sentì una parola del nostro discorso. Perché era perso nei suoi pensieri.
Non sentì una sola parola perché avevamo ritrovato il nostro linguaggio. Io e Michelle. Un linguaggio fatto di sguardi. E lui non ci conosceva. Non ci aveva mai conosciuto. 

James

Dovevo difendermi, forse difendere non era il verbo adatto perché nessuno mi aveva accusato direttamente, ma rendeva perfettamente l’idea. Dovevo spiegare il mio punto di vista, ecco, forse spiegare andava decisamente meglio. Di una sola cosa ero certo: qualsiasi cosa avessi detto; in qualsiasi modo avessi esposto la mia versione io, James Hoffman, non ero giustificabile! Dritto in presidenza ed espulso dalla scuola.

Mi stupii nello scoprire quanti particolari Jo ricordasse di noi. Ero seduto accanto a Michelle ed ero convinto che Miss Watson non avrebbe avuto il coraggio di raccontarle di noi. E invece…

Il viso di Michelle perse colore, lei mi guardò ma i suoi occhi mi oltrepassarono: Miss Higgins stava fissando Jo cercando una risposta a quella tacita richiesta.
Michelle Higgins, la ragazza a cui avevo regalato un anello nel giorno del mio diciassettesimo compleanno e che non sentii più da allora. Dopo quell’estate non mi feci più sentire.
Jo era furiosa, fissò Michelle annuendo. Mi fulminò con lo sguardo. 
Josephine Watson, la ragazza a cui avevo promesso il mio amore e il mio ritorno. Parte della promessa la mantenni: ritornai due anni dopo. Non da lei e non in Italia. A Boston, durante una vacanza. L’estate del mio diciassettesimo compleanno!

All’improvviso ebbi l’impressione di essere osservato. Sentii gli occhi di quelle due ragazze su di me. Una bionda e una mora. Due ragazze. Due ragazze che avevo deluso.
Michelle fissava un punto del pavimento a me sconosciuto; Joey cercava di fermare le lacrime che le scorrevano incessantemente sul viso. Forse l’aranciata in questo momento le sarebbe servita poco. Meno di niente. Josephine Watson stava piangendo. 

Eppure i loro sguardi erano su di me.

Qualcuno mi aveva avvertito; ecco il mio errore: non sarei dovuto tornare da loro. Il passato non torna; non può tornare; non deve tornare. Io ero il loro passato e non sarei dovuto tornare. Eppure eccomi qui. Perché qualcuno mi aveva detto di passare.

Qualcuno mi aveva detto di passare ed io ero passato.

Ecco il mio errore. 

Michelle

Jo è stata fantastica: io non sarei riuscita a tenere nascosto questo segreto, perché di segreto si trattava. Perché tutte hanno un segreto. Tutti. E noi quattro non facevamo eccezione.

Impallidii quando Jo concluse la sua storia. Una storia passata certo; ma pur sempre una storia che valeva. 
Quando il passato torna a farti visita devi avere il coraggio di affrontarlo. Perché se il passato torna non lo fa mai gratuitamente. Grazie al Piccolo Principe, quel bambino che non risponde ma quando arrossisce vuol dire sì, il pilota riscopre l’infanzia in un mondo fatto di cifre.
Come detto però, io non sono la filosofa del gruppo. Se parlo, lo faccio sempre e solo per esperienza. Perché il io passato era tornato: per caso quanto è vero che sono Miss Sullivan, certo; ma io, Michelle Higgins, non lo avrei affrontato come invece aveva fatto Jo.
Josephine Watson, che tra le lacrime mi supplicava d perdonarla. Lei. Io, perdonare lei. E’ davvero strano il mondo: quell’estate, quando lei continuava a ricordare le distinzioni tra maschio e uomo, non avevo ascoltato una parola. Non avevo voluto ascoltare mezza parola. Adesso, lei chiedeva scusa a me.

Adesso, il mio passato mi era davanti e io non lo vedevo. Perché non conoscevo quel viso barbuto, una barba selvaggiamente curata. Non conoscevo quegli occhi, verde acqua. Non conoscevo quelle mani! Perché io non riconoscevo James in quell’uomo. Quell’uomo era tutto forse, ma non il mio James Hoffman. Perché di James Hoffman un’estate mi ero innamorata. Sinceramente.
Quell’estate, per lui, mi ero allontanata da Jo. Lei, così vicina eppure così lontana. Ma lei era rimasta. Perché eravamo amiche, vere!
E lei non mi avrebbe mai persa. Anche se mi avesse supplicata, non l’avrei mai abbandonata! 

Lei, Josephine Watson; loro, Chris e Mary; noi, noi!

James Hoffman stava uscendo. Il ragazzo che ci separò ieri, unendoci oggi! Il nostro passato!

In quel momento qualcuno parlò…

“Grazie, James! Se sono quella che sono oggi, lo devo anche a te. Perché sei stato una delle persone che ho incontrato nella mia vita. Perché noi abbiamo una matita per scrivere il nostro destino; ma le persone che incontriamo sono indelebili!
Grazie perché tu sei il mio passato e ora, grazie a te, ho una persona che voglio conquistare; riconquistare con tutta me stessa! Grazie per avermi ispirato l’inizio di tutto questo. L’inizio della mia storia!
Grazie per quello che diventerò!”

Josephine Watson, la nostra filosofa!

Ringraziare il passato, sempre e comunque!

Joey

Mary Smith aveva informato James Hoffman. Mary Hicks informò Clark Steel.

Ero tornata a casa. Erano le nove. E squillò il cellulare…

“Noi siamo un quadrato senza angoli e senza punte; manterrò la mia promessa!”
Sorrisi tra le lacrime.

Mary! Lei, sempre e comunque! 

Un quadrato, guerriere senza macchia e senza paura. A proposito…
Chissà come se la passava Christine. Ero passata da Michelle per avere sue notizie: chissà come andavano le cose con…
Ebbi un fremito! Come una sensazione. Ed io ascoltavo sempre le mie sensazioni…
Forse mio fratello… no, non poteva essere… o forse sì?

Mi addormentai senza troppi pensieri, quella notte!

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