Scambio culturale

di rupertinasora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** voglio andare via! ***
Capitolo 2: *** Allora, si parte? ***
Capitolo 3: *** Il viaggio ***
Capitolo 4: *** Benvenuto nella Strana Parata ***
Capitolo 5: *** Un pianoforte che suona da solo ***
Capitolo 6: *** Imboscata ***
Capitolo 7: *** E tu, che ci fai qui? ***
Capitolo 8: *** Sospettoso ***
Capitolo 9: *** sempre più smarrito ***
Capitolo 10: *** Scoperta ***



Capitolo 1
*** voglio andare via! ***


scambio culturale

-

-Capitolo 1- Voglio andare via!

Dedico questo capitolo a me stessa, sperando che riuscirò a studiare fuori.

L'ultima cosa che poteva interessare a Fred Weasley era un'altra gira scolastica a quella cavolo di Hogsmeade, dove andava ogni santo giorno. Lui aveva bisogno di svagarsi, cazzo! Non poteva marcire per l'eternità dei suoi bellissimi ed elegantissimi 16 anni tra Hogwarts e hogsmeade.

Decise quindi di chiedere alla McGranitt dello scambio culturale.

- Signor Weasley, per l'eventuale scambio che avevamo in mente, lei dovrebbe studiare per riuscire a passare i test, e le giuro che vi parteciperanno tutti i più bravi studenti di questa scuola.- aveva affermato quella vecchia megera.

Cosa voleva insinuare? Che Fred non avesse le capacità giuste per poter partecipare a quello scambio culturale? No, impossibile, lui ci sarebbe dovuto riuscire.

Si sedette a peso morto su una poltrona rivestita di stoffa rossa, comoda, davanti al camino.

Una testa rossa, che l'aveva visto, gli si era avvicinato e si era seduto a gambe incrociate davanti a lui.

- Allora, fratello, che ha detto?-

Fred guardò la faccia del gemello e fu come se si stesse specchiando. Stessi occhi verdi, capeli rossi lunghi gettati alla rifusa sulle spalle, naso dritto e suardo birichino.

- Che è una che avrebbe tanta voglia di farselo mettere dietro, fratello- disse con un ghinetto divertito, che vide subito spuntare anche sul viso dell'altro.

-Chi ha voglia di farselo mettere dietro?- chiese una voce dietro di loro.

Fred alzò la testa e vide il fratello più piccolo che, incuriosito, si era avvicinato ai due fratelli.

- Oh, Ronnie, ciao...- biascicò George alzandosi e andando a mettergli la mano sulla spalla. -Vieni vieni...così impari finalmente qualcosa, perchè se aspetti alla Granger, hai voglia di aspettare!-

I due gemelli ghignarono divertiti.

Ron alzò un sopracciglio, ma si sedette accanto a loro.

- Allora, mi volete spiegare di chi stavate parlando?-

George iniziò.

- Devi sapere, caro Ronald, che le donne cercano sempre e solo una cosa...-

- Sai dire cosa?- chiese Fred, finendo la frase del gemello.

- L'amore?- rispose Ron, titubante.

I gemelli si scambiarono una veloce occhiata.

- Oh, povero piccolo....-

- allora proprio...-

- no, non lo sa, ma come...-

- eppure credevo che con Hermione...-

Ron li guardava girando la testa, una volta l'uno, una volta l'altro, ma più si girava e si concentrava a doversi girare ad ogni cambio di battuta, più il suo cervello si impappinava su quelle semplici cose basilari.

-Oh insomma!- sbottò infine -Se non è quello che ho detto, ditemela voi la soluzione!-

Fred lo prese per le spalle.

- Sei sicuro, amoruccio della mamma- e scimmiottò la signora Weasley.

- ...patatino mio- continuò l'altro.

- Oh, avanti!- disse Ron, al limite della sopportazione

George fece agitare la bacchetta creando il suono di un rullo di tamburi.

- Ma il pesce naturalmente!- esclamò alla fine Fred.

Ron lo uardò con un sopracciglio alzato, non riuscendo a capire.

- Il pesce? Eppure alcune di loro preferiscono la carne, o i latticini...ma il pesce, proprio non saprei...- fu la brillante uscita del più piccolo.

I due più grandi si guardarono e iniziarono a ridere a crepapelle, piangendo a tratti.

- Dai Ronald! Non puoi essere così scemo...-

- I latticini...questa è buona!-

Ron continuava a non capire.

George lo scosse violentemente.

- Il sesso, fratello, il sesso. Questo vogliono!-

Ron si raddrizzò e spalancò gli occhi, facendo una smorfia con le labbra.

- Davvero???- chiese incredulo.

Fred si alzò.

- Basta, questo è troppo! Persino la Lovegood avrebbe capito-

George lo imitò.

- Si, corriamo via prima di esserne infettati-

Ron li guardò andare via. Era sempre stato convinto che alle donne importasse solo l'amore, che comportava il sesso. Ora non riusciva a capire come fosse diventato il contrario.

Scosse la testa e fece spallucce.

- Donne e tempi...cambiano alla velocità della luce- fu la sua brillante uscita.

Poi finalmente capì cosa avesse voluto dire Fred con "il pesce". Divenne tutto rosso, tanto che la faccia sembrava una pluffa tremendamente tonda, e, sconvolto, cercò Harry per riferirgli la sua grande scoperta.

Ma tornando ai due gemelli, bisogna dire che erano molti uniti, vero, ma George non era mai stato attratto da questo scambio culturale, anche perchè la sua Helen non avrebbe potuto vivere senza di lui.

Helen Edgar era una fanciulla graziosa di un anno in meno a lui, di Tassorosso, che quando camminava sembrava che volasse da terra.

Ritornarono al discorso che avevano preso prima, e Fred gli rivelò tutto quello che la McGranitt gli aveva detto.

- Accipicchia!- esclamò l'altro - Questa proprio non ci voleva...dovrai studiare un po'-

Fred scosse la testa.

- Quello che mi preoccupa non è studiare, è sapere se la Granger vuole partecipare a questo scambio.

- Ma scusa, Fred, non si sa quanto devi stare, quando devi partire, e , cosa più importante, dove devi andare- gli fece notare lui.

- Ovunque, purchè mi faccia la testa. Non ce la faccio più di tutte queste gonnelline verdi, rosse, blu e gialle che svolazzano ovunque, di ragazzine che si danno facilmente e di tutto l'ambiente, pieno di presunzione e ignoranza...-

George lo guardò come se stesse bestemmiando.

- E perciò vuoi partecipare a questo scambio? Ma perchè non fai uno scambio culturale con la Abott, che ti guarda sempre come se le stesse uscendo qualcosa appena ti vede.-

- Ancora?- chiese spazientito il gemello - Ti ho detto che ne ho abbastanza!-

- Fratello, non è che sei gay?- si preoccupò mettendogli una mano sulla fronte -Ti prego, torna in te!-

Fred si alzò e strinse i pugni.

- George!- chiese disgustato.

Poi fece gli occhi a cerbiatta e con voce femminile gli disse:- Caspiterina, birbantello, come l'hai capito? Adesso vieni qui dalla tua polpettina...- e gli si buttò addosso, cercando di baciarlo, ma quello si muoveva e cercava di toglierselo di dosso.

Hermione, che era appena entrata nella sala comune, si girò verso l'angolo da dove provenivano i rumori di una lotte e vide un Fred Weasley avvinghiato ad un George Weasley che cercava di sfuggire ai baci del fratello.

Rimase lì impalata con gli occhi sbarrati di terrore, disgusto e chi più ne ha, più ne metta.

- Ma insomma!- esclamò indignata, guardandoli dall'alto in basso (veramente solo in basso dato che stavano sdraiati per terra)- Non vi vergognate? Se proprio non ci riuscite, a trattenervi, andatevene nel dormitorio!-

I due gemelli la guardarono e Fred si alzò. George lo imitò e lo guardò per un attimo.

- Sai- iniziò- che ti sei fatta proprio una bella ragazza Granger?-

Hermione distese il viso, senza cascarci del tutto.

- Già, già...- disse Fred avvicinandola e cingendole le spalle con un braccio. -Che ne diresti se noi tre...?- e indicò i tre.

- Sì, dai, Granger. Ti insegneremo cose che le tue amichette nemmeno si immaginano. Ti devirtirà, dai...-

- E ti piacerà soprattutto-

Hermione li guardò con disgusto e si liberò dalla stetta di Fred.

- Andate a fare in culo, entrambi voi, pervertiti!- e scapò via, avvicinandosi a Ron.

I gemelli continuarono a sghignazzare.

- Dai, Fred, non andare-

Fred guardò l'altro rosso, scuotendo la testa.

- Non è sicuro...devo prima passare il test.-

Detto questo, lasciò al gemello il compito di chiedere ad Hermione se partecipava allo scambio.

Intanto scese giù e controllò ancora una volta la lista. Nessuno aveva dato ancora la propria partecipazione. Fece spallucce e prese la penna d'oca che stava appesa lì accanto. Posò la punta sul foglio immacolato e tracciò le lettere del suo nome. Come d'incanto, l'inchiostro scese da solo dalla penna sul foglio.

Frederick Weasley.

Questo l'unico nome che si vedeva in cima alla lista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Allora, si parte? ***


-capitolo 2-

Allora, si parte?

 

Quando è stata l'ultima volta che i draghi hanno attaccato un villaggio babbano?

Fred guardò più volte quella domanda e si chiese cosa possa interessare ad uno che va all'estero dei draghi. Nemmeno stesse facendo richiesta di andare in Romania.

Con tutto il cuore sperò di non dover andare in Romania.

Si guardò attorno e vide tante ragazze, dalle gonne troppo corte, nonostante il secondo trimestre sia già iniziato da un po', intente a scribacchiare sui fogli.

Guardò di nuovo il test.

Aveva studiato, e il gemello l'aveva diseredato.

- No...fratello, no! Non starai per caso studiando?- chiese con le braccia che arrivavano a terra. Se non le avesse avute attaccate al corpo, probabilmente le avrebbe perse quando era entrato in biblioteca e l'aveva visto con il capo chino su una montagna di libri.

Accanto a lui, a un metro circa alla sua destra, c'era una ragazza che si era girata verso di lui, masticando una gomma, che si girava una ciocca di capelli tra le dita.

Fred scosse la testa. Ancora una volta aveva pensato di aver fatto bene a fare quel test.

Più volte andò in cerco della Granger, ma non la vide.

Il tempo scadde e Vitious ritirò i fogli con un incantesimo. Alcune ragazze tentavano di tenerlo a sè, per scrivere delle altre cose, ma quelli se ne scappavano via. Ad una ragazza s'era persino rotto.

"Fuori uno" pensò con un ghigno felice.

Ora doveva solo pregare che andasse tutto bene, altrimenti avrebbe dovuto corrompere la McGranitt per farlo andare.

Uscì e incrociò lo sguardo del fratello che stava annoiato seduto a terra.

Passò una bella ragazza e lui si abbassò per vederle sotto la gonna. La ragazza si lamentò e scappò via. Fred prese la bacchetta e per magia la gonna s'alzò, mostrando a tutti delle graziosissime mutandine rosa con una farfallina sul didietro.

George si alzò e gli diede il cinque.

- Ma questo non basta di certo per farti perdonare dal fatto che te ne andrai tre mesi fuori-

Fred smise di sorridere.

- Basta ora. Lo sai come la penso-

George sbuffò e scimmiottandolo disse: -Sono stanco di tutte queste gonnelline...-

Si guardarono e Fred toccò il sedere ad una ragazza di Corvonero che passava di lì. La ragazza non disse niente, si limitò ad andarsene dopo avergli dato unocchiata e fatto l'occhiolino.

- Intanto però...- fece il fratello annuendo dietro al didietro danzante della ragazza.

- Sono stanco, George, non gay!- disse esasperato Fred.

- E certo...si è visto da come mi sei saltato addosso l'altra sera...-

Entrambi risero e incrociarono Harr, intento ad inseguire Ginny.

- Ehi, Ginny! Aspettami!-

George lo fermò posandogli una mano sul petto.

- Ehi, ehi...non la starai...-

-...facendo soffrire...-

-...di nuovo-

finirono la frase l'uno per l'altro. Questo li faceva divertire tanto.

- Ma no, ma no...- disse Harry arrossendo tutto. Scosse la testa e siggagiustò gli occhiali che gli erano scesi sul naso.

- E allora perchè questo?- chiese Fred.

- Già, perchè le correvi dietro come se stesse fuggendo cibo dal piatto di un affamato?-

Il moro li guardò stralunato.

- Non sono affamato!- sbottò.

Fred alzò gli occhi al cielo.

- Era una metafora, Potter!- sbottò spazientito.

- Sìsì- rispose Harry alzandosi e cercando di individuare di nuovo la fanciulla. - Uffa! Me l'avete fatta perdere!-

I gemelli si scambiarono un'occhiata furba.

- Sappi Potter, che se non la tratti bene...- iniziò George.

-...ti offriremo come cena al gruppo di ragni giganti.- finì Fred.

- Già, come se uno con la fobìa dei ragni non bastasse- constatò il primo, iniziando a ridere. Subito il secondo gli fu dietro.

Potter li lasciò ridere e corse in direzione nella quale aeva visto sparire la ragazzina.

Pix, il polterguest, si trovava a svolazzare per di lì.

- Ragazzi!- esclamò con quella sua facciona verde. - Avete perfezionato le pillole sparapeti?-

- Mah, non ancora Pix...- lo informò George e giù in una lista di esperimenti al riusciti dall'odore disgustante.

Mentre ridevano del fatto che Neville è rimasto per un giorno intero a fare puzzette dalla bocca, conil brillante risultato che nessuno gli si avvicinava se non munito di una pinza sul naso, la profesoressa McGranitt si avvicinò ai gemelli.

- Ignorerò i vostri racconti...- iniziò ottenendo la loro attenzione.

I rossi si voltarono atterriti e Pix volò via a dar fastidio alle ragazze, tirando loro i capelli e facendo scherzi di poco gusto.

-Signor Weasley, devo parlarti, e tu, signor Weasley- aggiunse rivolgendosi altera all'altro gemello - sei desiderato dalla profesoressa Sprite. Di preciso non so cosa vuole- rispose ad una domanda che presto si sarebbe fatta spazio tra le labbra semichiuse del gemello- ma ha qualcosa a che fare con delle piante bruciate e un olezzo tremendo-

I Weasley si scambiarono uno sguardo. Proprio poco prima avevano fatto esercizi delle pillole sparapeti nella Serra numero 2, e George le aveva testate su di sè.

Per poco non scoppiarono a ridere.

La McGranitt rivolse loro un'occhiata sospettosa che li fece ammutolire all'istante. Se mai avesse ficcato il suo nasone tra i loro fatti, certamente li avrebbe esclusi e, cosa più raccapricciante, avrebbe sequestrato loro ogni prodotto Tiri Vispi Weasley.

Fred fece un passo verso l'anziana signora che, con i capelli legati in una crocchia e il viso rugoso, si voltò di spalle e gli fece strada fino al suo ufficio.

Come al solito, il fulvo lo trovò pieno di tomi poco impolverati sui grandi scaffali sulle pareti e numerose candele che fluttuavano a mezz'aria. In tutta la stanza, ordinata e pulita, vi era un odore di incenso. Subito notò un rametto che si consumava emanando un profumo rilassante.

Si accomodò davanti al camino che era acceso, nonostante non facesse così tanto freddo come al solito, su una delle due poltrone in pelle nera di Le Corbusier; sull'altra si sedette la donna anziana che, nonostante l'età, era ancora bella e autoritaria.

Fred pensò che quando faceva sesso, stesse sopra. Subito si rese conto di cosa stava pensando e si concentrò sul perchè l'aveva convocato, evitando di andare avanti con i pensieri e pensare qualcosa di poco conveniente e pulito.

La McGranitt fece un leggero movimento con la bacchetta e apparì sul tavolino che li divideva una teiera con due tazzine. La professoressa si mise un paio di cucchiai di zucchero nella tazzina di porcellana fine decorata con un motivo floreale, versò del thè, che a giudicare dall'odore era thè verde, e infine si versò del latte. Girò con un cucchiaino d'acciaio graziosamente lavorato e nebevve un sorso.

Invitò il ragazzo ad imitarla ma lui negò ringraziando. Non disse altro, anche se era davvero ansioso di sapere perchè si trovava lì a prendere una tazza di thè con la sua insegnante di Trasfigurazione come se fossero amici da tempo.

La donna finì di bere un secondo sorso, si portò la tazzina in grembo e lo guardò seria.

- Signor Weasley, le devo dire che sono davvero esterrefatta da quello che ha fatto. Poche persone vi avrebbero pensato...- il suo tono era duro e l'espressione fissa su di lui.

Il fulvo cercò di ingoiare la tensione senza far rumore. Possibile che la prof avesse scoperto dei prodotti illegali suoi e del fratello? Se davvero così era, si sarebbero trovati in un gran pasticcio. Era sicura che fosse stata la Sprite a spifferare tutto.

Iniziò a sudare freddo quando la donna lo guardò torva da sopra gli occhiali.

- Sono davvero fiera di te, Weasley- affermò.

Fred per poco non cadde dalla poltrona quando la sentì pronunciare quelle parole.

Fiera di lui? Com'era possibile? Creare prodotti per spillare soldi agli studenti era una cosa di cui andare fieri? D'accordo, lui e il fratello non vendevano cose difettate, ma era pur sempre una specie di frode, poichè erano illegali all'interno dell'istituto. Come era possibile?

Aveva per caso, la McGranitt, fumato un po' di erba magica? Magari una foglia strappata dal fusto di piante carnivore. Forse aveva semplicemente gettato la testa nella bocca di un ragno gigante e questo le aveva fatto perdere qualche rotella per la paura.

- Hai superato il test, anche se di poco...c'è stato quasi un testa a testa, ma confidavo in te. In fondo sei sempre stato un ragazzo da brilanti capacità- continuò lei.

Tutto fu più chiaro nella mente del ragazzo. Aveva superato il test, e questo lo doveva far catapultare all'estremo della gioia, ma non aveva tenuto conto che sarebbe partito senza il gemello. Avrebbe potuto lui, Fred Weasley, abbandonare il fratello dopo tante avventure?

Ringraziò la McGranitt con quella che non era propria definire un'espressione felice e si allontanò.

Ce l'aveva fatta. Aveva superato il test, dopo giorni e giorni passati a studiare.

Ma ancora non sapeva dove era diretto.

Fece dietrofront e bussò forte alla porta dell'ufficio dell'insegnante di Trasfigurazione. Aveva il cuore in gola per l'emozione.

Dopo aver ricevuto il permesso, aprì la porta e la vide in piedi, con una mano sul muro che sopra il camino e il viso rivolto alla porta.

- Sì?- chiese con espressione enigmatica.

- Mi scusi professoressa, non mi ha detto dove sono diretto...-

La donna anziana sorrise e tutte le rughe del viso si contrassero.

- Sarà una sorpresa, Weasley, intanto prepara le valigie per il fine settimana.-

Fred ringraziò e si chiuse la porta alle spalle.

Aveva completamente il viso infuocato per la curiosità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Il viaggio ***


-capitolo 3-

Il viaggio

George aveva spalancato la porta dell'aula di Trasfigurazione mentre la professoressa McGranitt stava spiegando come trasformare un lampadario in uccello.

Tutti si voltarono verso il fulvo che si era catapultato all'interno della grande stanza e che stava avanzando a grandi passi verso la professoressa. Il silenzio era piombato tra gli alunni.

La donna anziana, ancora con la bacchetta a mezz'aria lo guardò stranito.

- Sì, Weasley? Ti serve qualcosa?- chiese cordialmente.

Ron, che si trovava tra gli alunni presenti, ascoltando le parole della professoressa pensava che si stesse riferendo a lui.

- No, professoressa- rispose.

Harry, seduto accanto a lui, gli diede una gomitata nel fianco. Per il dolore si piegò ed andò a sbattere contro il banco con la fronte. Hermione si girò verso gli amici e intimò loro di stare in silenzio.

- Ti serve qualcosa?- ripetè tranquilla la strega mentre si ritrovava il gemello ad un centimetro dalla sua faccia che tremava.

- Certo!- sbraitò - Fred mi ha detto che ha passato il test, ma non sa quanto deve stare e dove deve andare!-

La McGranitt abbassò la bacchetta e lo guardò tra le lenti dei suoi occhiali da vista.

- Ebbene?- incalzò.

- Ebbene? EBBENE?!- saltò George facendo tremare alcune ragazzine - Dove s'è mai vista una disorganizzazione tale? Davvero mi stupisco di Hogwarts, sta cadendo così in basso...-

La donna sorrise dolce e gli mise una mano sulla spalla.

- Oh, non preoccuparti, Weasley, per tuo fratello. Vedrai che si troverà bene per tre mesi in...- neanche ebbe il tempo di finire la frase che George la interruppe senza educazione.

- Tre mesi? Tre mesi?- ripetè scaldandosi ancora di più. Tremava così tanto che sembrava fosse in preda ad un attacco epilettico.

- Sì- rispose pacata la donna - tre mesi. Riesci a stare tre mesi lontano da tuo fratello?-

George bloccò una risposta pungente. Cosa gli stava chiedendo? Lo stava forse canzonando per l'attaccamento al fratello? Stava cercando di metterlo in ridicolo davanti ad una classe di maghi e streghe più piccoli di lui?

Mai un'offesa tanto grande era stata mossa al ragazzo che, sdegnato, si voltò e uscì a grandi passi dell'aula.

Fred stava gettando le ultime cose, con il cuore in gola per l'imminente partenza. George era seduto a piedi del suo letto con il broncio.

- Non è giusto, avrebbero dovuto almeno dirti dove andrai- si lamentò per l'ennesima volta.

Il gemello sospirò a fondo. Possibile che Goerge non riuscisse proprio a farsi passare questa fissa?

- Se proprio non riesci a stare senza di me, perchè allora non hai fatto il test con me? Se lo passavamo entrambi, potevamo andarci assieme- rispose esasperato alzando gli occhi al cielo.

Posò il sacchetto di galeoni che gli spettavano guadagnati con la vendita di alcuni prodotti "Tiri Vispi Weasley" in un angolino del baule.

Affondò la mano in quest'ultimo e ne estrasse un pacchetto tutto rovinato e bitorzoluto. Lo lanciò al fratello.

- Tieni, un regalo per farmi perdonare la mia imminente partenza- spiegò allo sguardo sorpreso del fratello nel momento in cui gli cadde in grembo quel pacchetto malandato.

Lo aprì con vigore e rimase abbastanza sorpreso.

Tra le mani splendeva un portafotografia che cambiava forma e dentro una loro foto, di qualche tempo fa. Erano nel giardino della loro casa e trattenevano, l'uno per le braccia e l'altro per le gambe, uno gnomo vecchio e brutto che cercava di divincolarsi.

Rimase letteralmente sorpreso, Fred lo vide bene. Sul suo volto c'era meraviglia, ma anche gratitudine. Non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere l'espressione del ragazzo che, d'un tratto, ritornò bambino.

- Grazie...- sussurrò senza togliere lo sguardo da quella foto.

Fred sorrise e fece spallucce.

- Mi fa piacere che mi abbia perdonato- ghignò chiudendo con uno scatto il baule e prendendo la bacchetta.

George si accigliò all'istante.

- Quando mai ho detto che ti avrei perdonato?- chiese.

Fred rise. Si avvicinò al fratello e lo abbracciò. L'altro ricambiò l'abbraccio, stringendolo forte.

Strinsero entrambi gli occhi, senza però saperlo, e ricacciarono le lacrime.

- Promettimi che tornerai- disse subito il gemello costretto a rimanere ad Hogwarts.

- Certo, George- promise lui - anche perchè poi chi se la sente mamma quando saprà che sono partito. Sono sicuro che mi manderà una Strillettera nell'istante preciso in cui lo verrà a sapere.-

Sciolse l'abbraccio e con la bacchetta fece levitare il baule. Afferrò contemporaneamente il mantello invernale da viaggio, sicuro che dove sarebbe andato gli sarebbe servito.

Insieme, i due ragazzi scesero le scale del dormitorio.

Nella Sala Grande trovarono una folla di studenti del Grifondoro, tutti tesi per l'attesa del gemello.

Quando fece il suo ingresso dalle scale, era tutto strano. Anche le persone che per tanti anni aveva tormentato, lo stavano salutando.

Una ragazza scura di pelle e con i capelli neri lunghi fino al gomito gli si avvicinò.

- Oh, Fred.- disse triste gettandogli le braccia al collo e iniziando a piangere.

Il fulvo ricambiò l'abbraccio e chiuse gli occhi. Riusciva a sentirne l'odore che emanavano i suoi capelli, scuri come la notte fonda. La strinse a sè, con un braccio che le cingeva i fianchi.

- Angelina, dai...non piangere, ti prego...- le sussurrò in un orecchio.

Lei tirò su con il naso.

- Scusa...- bisbigliò abbassando lo sguardo.

Fred le prese il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi.

- Fai la brava, Angie, che quando torno dobbiamo vincere la Coppa di Quidditch- e le sorrise dolce.

Lei ricambiò il sorriso, lentamente sempre più ampio. Prima era solamente un increspamento delle labbra, e poi un sorriso più calmo e disteso.

- Come faremo senza di te, Battitore?- chiese Harry dietro di lei.

Angelina lo ignorò altamente, continuando a guardare negli occhi il fulvo. Nero pece che si diffondeva in una radura verde.

Lui alzò lo sguardo sopra la spalla della ragazza.

- Beh, saprò farmi perdonare al mio ritorno- ghignò.

Cinse le spalle della Cacciatrice con il braccio destro e se la portò con lui e il fratello attraverso la stanza che pullulava di ragazzi impazienti di salutarlo.

Arrivarono vicino a Ron e Hermione che, l'uno triste, l'altra un po' di meno, li stavano aspettando vicino al buco del ritratto.

- Fratello...- disse Ron.

- Oh, Ronnie- fece lui stritolandolo con l'altro braccio. -Mi raccomando. E fai ammenda di tutti i miei insegnamenti!- si preoccupò.

- Lasciami!- si divincolò lui. Si aggiustò la camicia, che si era alzata, con un gesto stizzito. -Portami qualcosa dal luogo dove andrai.-

Fred spalancò la bocca.

- Ah! Allora non ti preoccupa che tuo fratello potrà andare in Africa e venire sbranato dai leoni della savana-

- Almeno uno scemo in meno sulla faccia della terra ci sarà- rispose allegra Hermione, speranzosa.

- Granger, ho un istinto di sopravvivenza che neanche tu davanti a Tu-sai-chi potrai mostrare-

La ragazza riccia fece una smorfia. George era troppo abbattuto per rispondere.

Angelina, al fianco di Fred, lanciò un'occhiataccia ad entrambi.

Ma i due non la contarono. Quello era il loro modo di volersi bene.

- Piuttosto Granger, attenta a Malfoy che, tra un po', si farà anche te- ghignò.

Ron s'irrigidì all'istante.

- Se solo osa sfiorarla, lo stendo-

Fred e George risero di gusto. Hermione arrossì violentemente nel sentire quelle parole.

- Con quelle braccette da femminuccia che ti ritrovi?- chiese ironico George, riprendendo il suo umorismo.

- Senza contare che ha anche una forza da donnetta...- continuò Fred.

- E che ne dici della voce?-

- Già- e lo guardò di sbieco- soprattutto se il suo peluche preferito si trasforma. Ancora sento quegli strilletti-

Ron si fece rosso, così tanto che temettero per un solo istante gli uscisse il fumo dalle orecchie e dalle narici.

In fretta, Fred si intrufolò nel buco del ritratto, seguito dal suo baule, da Angelina e, infine, a chiudere la fila, l'altro gemello.

Senza perdere quell'atmosfera allegra, arrivarono al Salone d'Ingresso, dove la McGranitt, affiancata dal professor Silente, a destra, e da Hagrid, a sinistra, lo stava aspettando.

- Bene Weasley, vedo che porti con te la tua corte- notò acida la donna.

Evidentemente doveva dirgli qualcosa che i due non avrebbero dovuto ascoltare. Fred strinse ancora di più i fianchi della ragazza, annuendo.

- Mi accompagneranno fino all'Espresso- rispose lui, contrastandola.

Il professor Silente si mise tra i due, evitando alla McGranitt di perdere le staffe.

- Sono spiacente ma non posso essere d'accordo, signor Weasley, perchè vi sono delle cose di cui desidererei parlare solo con te. Per piacere- aggiunse guardando i due Grifondoro che l'accompagnavano - potete lasciarci soli e tornare a tranquillizzare i vostri amici che Fred Weasley vivrà un'esperienza...magica- e sorrise, mentre gli occhi azzurri, che traboccavano di preoccupazione e impazienza, spuntavano da dietro le lenti a mezzaluna.

I due annuirono.

Angelina posò un bacio sulla guancia a Fred e gli rivolse uno sguardo triste. Lui gli sorrise tranquillizzandola. Il gemello gli portò una mano sulla spalla e la strinse. Anche a lui rivolse lo sesso sorriso.

Dopodichè George e Angelina lo lasciarono solo con i tre professori.

Era un saluto triste per i tre ragazzi, perchè non sapevano se la loro vita, con il viaggio di uno di loro, sarebbe cambiato. Cosa sarebbe successo se uno di loro li avrebbe traditi?

Erano un grande trio. Si aiutavano a vicenda, e non riuscivano a fare a meno l'uno dell'altro. Se, però, uno di loro avrebbe fatto una cosa che non era approvata da tutti e tre, allora gli altri si sarebbero traditi. Ma sarebbero stati in grado di perdonare? La risposta era affermativa.

Fred prese un bel respiro, sperando che quello stupido viaggio portasse qualcosa di buono. Già li aveva traditi andandosene. Non voleva fare ancora altro che li potesse allontanare ancora di più.

- Signor Weasley- riprese Silente, quando fu sicuro che i due fossero a debita distanza -Nel luogo in cui andrà, si troverà di fronte a creature che qui, solitamente, non si trovano. La prego, dunque, di fare davvero molta attenzione. Alcune di queste creature non sono abituate a trattare con i maghi di un certo livello- e lo penetrò con i suoi occhi azzurri, mentre congiungeva entrambe le mani - per cui non si sa come potrebbero reagire. Ma se lei starà alle regole della nuova scuola, allora non vi saranno problemi.-

Fred annuì, sicuro.

Quali creature così pericolose vi avrebbe trovato? Più che essere spaventato, era piuttosto curioso.

La McGranitt gli si avvicinò di qualche passo.

- Bene, dopo che il professor Silente ti ha messo in guardia, ti devo dare delle indicazioni. Andrai con Hagrid fino all'Espresso per Hogwarts. Uscirai dalla stazione 9 e 3/4 di King's Cross e incontrerai Ninfadora Tonks che ti scorterà fino al posto in cui dovrai arrivare. Arrivato a destinazione, Tonks di condurrà dal preside. Mi raccomando, Weasley, facci fare bella figura- disse altera.

In quel momento Fred si chiese dov'era finita quella professoressa che, solo poche settimane fa, sembrava allegra e dolce. Forse era solo una sua impressione. Ghignò. Immaginò che la donna stesse con Piton, e che lui non la soddisfacesse più con le sue doti da seduttore. Trattenne a stento un sorrisetto a quel pensiero.

Il mezzo-gigante gli si avvicinò e afferrò il baule che levitava ancora a mezz'aria sotto il braccio, senza troppa difficoltà.

- Vieni, Fred- disse con quella sua voce burbera.

Il maghetto fece un mezzo inchino ai due professori e seguì, quasi saltellando al limite della felicità, Hagrid.

Quando furono abbastanza lontani, il professor Silente affermò: - Spero che non abbiamo sbagliato a mandarlo laggiù-

- Sai, Albus, a volte me lo dico anche io- rispose preoccupata la professoressa, torcendosi le mani. -Con questo viaggio potrebbe cambiare molto...-

- Io spero in meglio, Minerva- rispose calmo il preside, nonostante nei suoi occhi traboccasse molta preoccupazione.

Hagrid e Fred attraversarono il grande giardino che separava il Castello dalla Foresta, e poi costeggiarono quest'ultima. Stavano entrambi in silenzio.

Fred era mangiato da mille domande.

Infine si decise a chiedere qualcosa al guardiacaccia.

- Dove devo andare, Hagrid?-

Perso nei suoi pensieri, il mezzo-gigante neanche lo sentì.

Fred decise di ripetere a domanda, scuotendogli il braccio. Hagrid fu riportato alla vita reale, lontano da tutti i suoi dubbi.

- Mi spiace, ma il professor Silente mi ha proibito di dirtelo- rispose cupo.

- Ma...perchè? Ormai ho già scelto di andare, almeno posso saperlo? Non mi tirerò indietro- disse il ragazzo mettendo il broncio.

Hagrid gli lanciò un'occhiata di sfuggita e poi sospirò così forte che sembrava si fosse alzato il vento.

- Se te lo dico, prometti che non farai niente? Non lo dirai a nessuno?-

Fred annuì, cercando di tranquillizzarlo.

- Prometti...- disse Hagrid, irremovibile.

- D'accordo...promesso- rispose lui un po' esasperato.

Perchè tutta quella segretezza?

- Stai per andare in Italia, nell'unica scuola di Magia e Stregoneria di tutta la penisola-

Fred alzò un sopracciglio.

- In Italia? Perchè così lontano?- chiese ancora.

Il mezzo-gigante fece spallucce.

- Non ne ho idea...-

D'un tratto si fermò. Fred comprese di essere arrivato a destinazione. Lì le loro strade si sarebbero divise.

- Spero che questi tre mesi passeranno in fretta...- sussurrò aprendo uno sportello del treno rosso.

Fred si chiese ancora il perchè di tutta quella preoccupazione. Era l'unico ad essere elettrizzato per quella partenza?

Entrò nella carrozza e la porta si chiuse dietro di lui.

- Hagrid...- disse facendo uscire la sua testa dal finestrino del treno -dì a Ron di avvisare mamma da parte mia-

Lo salutò, mentre il piccolo gigante annuiva. Tornò a sedersi comodo e prese un quaderno che gli aveva regalato il fratello qualche giorno prima, intinse nell'inchiostro una piuma e iniziò a tracciare delle lettere.

Primo giorno di viaggio erano le prime parole con cui iniziava quel quaderno.

Sto qui sull'Espresso per Hogwarts, che in questo caso si dovrebbe chiamare Espresso per Londra. E' un viaggio in treno non-stop fino a quando non incontrerò Tonks.

Tutti sono stati così assurdamente misteriosi sul luogo della mia partenza, che poi, a detta di Hagrid, è l'Italia.

Cosa c'è di tanto terribile nella parola di quel luogo? Di cosa hanno paura tutti che incontrerò? Dato che starò in una scuola di Magia e Stregoneria, non penso che ci saranno problemi. Inoltre penso che gli incantesimi siamo li stessi, essendo in latino. Se non mi sbaglio, l'italiano è una linua neo-latina, forse è per questo che devo stare attento: a non stare indietro con il programma.

Mi viene da ridere. Sono lo studente più brillante del mio anno, vuoi vedere che non riesco in questa semplice sfida?

In ogni caso, la curiosità mi sta logorando.

Quali sono le creature di cui parlava Silente? Voglio sapere, voglio scoprire.

Il ragazzo scese dal treno, con il baule che fluttuava a mezz'aria dietro di lui. Era come se un uomo fortuzo e invisibile lo tenese perfettamente sotto il braccio.

Una donna minuta con i capelli rosa shocking stava lì, di fronte a lui, con aria allegra. Si mosse agilmente e lo raggiunse.

- Ciao Fred, io sono Ninfadora Tonks- si presentò al ragazzo.

Lui le mostrò un bel sorriso disteso.

- Piacere. Mio padre mi ha parlato qualche volta di te...-

La donna sembrò pensarci un po'

- Ma certo, Arthur- sussurrò come se non c'aveva pensato prima.

In quel momento Fred pensò ai suoi genitori. Forse già sapevano dove stava andando, e si stavano chiedendo perchè non li aveva avvisati.

Seguì la donna oltre la barriera del mondo magico, dritto nel mondo dei babbani.

Anche a quell'ora di sera, la stazione di King's Cross era gremita di gente. Babbani di tutte le età andavano e venivano dai treni come se fosse stata mattina. Forse era l'ora in cui gli uomini comuni finivano di lavorare e tornavano alle loro abitazioni.

I capelli rosa di Tonks non furono difficili da perdere, tanto che si sorprese quando si fermò accanto al marciapiede e fece fermare una macchina gialla.

La donna rise per il viso divertito del ragazzo, che, stanco di portare il baule in mano, neanche fosse stato un cagnolino, non potendo usare la magia, lo aveva posato su un carrello.

Fred fissò quella scatoletta con quattro ruote che gli umani erano soliti chiamare "macchina" (chissà perchè poi...). Un uomo stava davanti e muoveva una ruota di diametro nè piccolo nè grande e si guardava nello specchio, aggiustandosi i capelli. Fred alzò un sopracciglio e ritornò a guardare Tonks. Ella rise ancora una volta.

- Essendo molto lontano, meglio non sprecare energie nel volo, ma non sapendo dove andare, meglio non rischiare di smaterializzarci. Useremo trasporti babbani-

A quell'affermazione, Fred lasciò aprire in modo poco elegante la bocca e accasciò le braccia lungo i fianchi. Non ci credeva. Stava andando in un altro paese e, per la prima volta in vita sua, saliva su uno di quegli aggeggi babbani che non era la vecchia Ford Anglia del padre.

Tonks l'aiutò a mettere il baule in un buco con il coperchio alla coda della macchina, dopodichè la seguì dentro la macchina.

Si sedette accanto a lei.

Tonks lo guardò divertita.

- Dovresti tirare la portiera. Così non possiamo partire- lo ammonì divertita.

Fred guardò la portiera e si diede uno schiaffo sulla fronte. Se alla Ford Anglia si chiudevano da sole le portiere, in qualsiasi altra auto-mobile, di auto-matico non c'era niente.

Tirò la portiera, sbattendola un po' troppo forte. Si beccò un'occhiataccia da parte del guidatore che, con aria malinconica chiese: - Per dove, signori?-

- L'aereoporto di London Gatwick, per piacere- rispose Tonks con un sorriso dolce, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli rosa.

Fred guardò fuori dall'abitacolo, stando seduto dritto.

- Allora, sai dove devi andare?- chiese gioiosa la donna che l'accompagnava in viaggio.

Fred tornò a guardarla. Annuì e lei sembrò sorpresa.

- Me l'ha detto Hagrid, ma ti prego di non dirlo al professor Silente- rispose lui, precendendo qualsiasi domanda.

La donna annuì a sua volta.

- Sei emozionato?-

- Elettrizzato- rispose lui, mentre la sua mentre volava su alcuni episodi della vita al castello che sicuro gli mancheranno.

Era sicuro, però, che ne avrebbe vissuti di altri.

Era davvero elettrizzato, ma l'impatto con una nuova cultura, un nuovo paese, una nuova lingua gli facevano tremare le gambe.

Saltò quando, ad un'incrocio, il taxista (aveva scoperto che si chiamava così il guidatore della macchina gialla) suonò fortemente e a lungo il clackson.

Tonks non riuscì a tenere una risata, e rise coprendosi la bocca con una mano.

- Sei davvero simpatico, sai?- ammise lei.

- Ma se non sto parlando affatto- disse Fred abbassando la testa, ma non interrompendo il contatto tra i due.

Quando il taxi si fu fermato, Tonks, mentre prendeva il baule dal portabagagli, pagò in monete babbane. Era incredibile come fossero diversi i due mondi, eppure erano così vicini. Una vita senz'altro più difficile quella dei babbani, e ringraziò di essere un mago.

Tonks lo guidò attraverso altri babbani, che però, a quell'ora, non affollavano quella strana stazione.

Era tutto strano. C'erano delle scale che si muovevano da sole, certo non come quelle di Hogwarts, ma abbastanza simili. Non aveva mai visto treni simili: avevano le ali!

- Non sono treni!- lo informò la donna dai capelli rosa, ridendo a crepapelle.- si chiamano aerei, e servono per volare-

Fred borbottò qualcosa tipo "le scope sono meno ingombranti", prima di allontanarsi per andare a fare il check-in.

I controlli erano molto rigidi. Niente sfuggiva ai controllori. Tonks confuse la macchina che controllava il peso del baule del ragazzo, in modo che non avessero dovuto pagare per il peso in più.

Passarono poi senza problemi sotto uno strano oggetto che controllava se avevi roba di metallo addosso. Si chiamava "metal-detector". Fred sorrise al pensiero che suo padre ci sarebbe andato matto e che avrebbe tanto voluto averne uno.

Fece spallucce e vi passò sotto scalzo.

- Questi babbani sono fissati con il controllo!- sbottò Fred mentre si allacciava le scarpe.

Tonks si rabbuiò.

- Qualche tempo fa, quando c'è stato uno scontro tra maghi, un aereo ha perso quota e s'è schiantato contro delle abitazioni. E' normale che hanno paura di qualcuno che possa fare un altro attentato. Naturalmente loro non sanno che sono stati i maghi...- spiegò lei mentre si allacciava gli stivali lunghi che le arrivavano al ginocchio.

Aspettarono per qualche tempo in una sala d'attesa.

Stando seduti tra tanti babbani, Fred riflettè sul fatto che questi non sospettavano minimamente che esistessero i maghi, le streghe e la magia. E chi ne veniva a conoscenza, era subito condannato a un incantesimo della memoria.

Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe babbane e strinse i pugni.

Se pensava a quella ragazzina che aveva incontrato prima al check-in, che indossava un cappello a punta tutto nero con le stelline dorate e una bacchetta di plastica, gli veniva una tale rabbia.

I babbani speravano che la magia esistesse, nonostante forse in un primo momento ne potrebbero avere paura.

Lo disse a Tonks e lei gli rispose gentilmente, con un tono cupo.

- I babbani sognano la magia. Nel malaugurato caso si saprebbe in giro, ci sarebbe di nuovo la caccia alle streghe, come già successo in passato. Ne hanno paura, perchè loro non la possono controllare.

- I babbani sono degli essere finiti, più finiti di noi che ci apprestiao a conoscere la magia. Ma anche a noi a volte sfugge al controllo. Anche noi ci illudiamo di conoscere la magia, ma non ne conosciamo tutte le sfaccettature. La magia è infinita, come possiamo noi, esseri finiti, che nascono e poi muoiono, conoscerla tutta? Figurati come si sentirebbero i babbani d'avanti ad un qualcosa che avevano da sempre creduto un sogno. Scoprire all'improvviso che esiste e non poterla governare, sarebbe terribile per loro. Gli umani sono possessivi, desiderano ogni cosa che non abbiano. E per questo sono molto egoisti, perchè sono capaci di azzuffarsi gli uni contro gli altri. Sono instabili da questo punto di vista. Come dei giganti affamati alla vista di un pezzettino di carne fresca.

- Riesci a seguirmi?- chiese infine.

Fred era rimasto a bocca aperta per quella risposta. Non sapeva che Tonks potesse dire cose così profonde. Ne dedusse che doveva essere una grande strega per questo.

Lei rise della sua espressione e gli frizionò i capelli.

- Te ne renderai conto più in là...- agiunse alzandosi.

Gli fece cenno di seguirlo e insieme passarono lungo un grande passaggio che arrivava all'aereo, direttamente dentro.

Salutarono la hostess,davvero molto gentile, che mostrò loro dove andare per i posti e si sedettero su quei sediolini rivestiti e comodi.

- Però...I babbani amano stare comodi!- notò Fred.

La strega, che gli sedeva accanto, rise in modo buffo. E il ragazzo la seguì nelle risate.

Finalmente l'aereo si riempì e partì.

Fuori dal finestrino, la notte incombeva su di loro, con quelle stelle che brillavano nel firmamento.

Tonks gli prese la mano e si avvicinò al suo orecchio.

- Ora riposati. Sarà una giornata lunga, quella di domani...-

Gli lasciò la mano e prese un giornale, appogiati in un porta oggetti d'avanti alle sue gambe, e lo iniziò a sfogliare.

Vicino al finestrino, Fred si addormentò piano, con il rumore delle pagine sfogliate dalla strega in sottofondo.

Sto andando in un altro luogo. Chissà cosa troverò lì. Nuove avventure, sentimenti da riscoprire, in un paese tanto lontano da casa.

Nei miei sogni stavo in riva al mare aperto, in un castello che la luce della luna illuminava ogni cosa. La luna risplendeva sul mare, donandogli un colore scuro, rischiarito in alcune zone, e il castello era toccato da quei raggi soffusi.

C'era una strana atmosfera.

Una ragazza attraversò la riva e mi sorrise. Ma era troppo buio e non riuscii a vederla in volto. Anche ora che cerco almeno di ricordare come era vestita, non mi riesce. Ricordo solo il suo sorriso. Mi donava calore. I suoi denti erano bianchissimi, come le perle che si trovavano in fondo al mare. E ricordo le sue labbra rosse.

Solo questo ricordo, perchè poi il sole caldo italiano era entrato dal finestrino dell'aereo e mi aveva destato da quel dolce sogno.

Stavo sognando una ragazza. E non me ne vergogno

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Capitolo 4
*** Benvenuto nella Strana Parata ***


-Capitolo 4-

Benvenuto alla Strana Parata.

Appena scese dall'aereo, uno strano caldo lo colpì. Eppure erano a Novembre inoltato. Possibile che lì a Napoli facesse così caldo? Riusciva benissimo a stare senza mantello da viaggio. I suoi pensieri furono rapiti dal pensiero che forse s'era portato dietro la roba sbagliata. In quel luogo non sarebbero serviti a nulla mantelli e pellicce (non che lui ne avesse portate), ma era davvero indicato il costume da bagno.

Il sole inizava a costeggiare l'enorme distesa di mare azzurro di fronte a lui.

"Negli aereoporti fa più freddo" aveva sentito dire da una madre al suo pargoletto.

Fred non riusciva a capire dove potesse fare freddo. Se quello era chiamato freddo, figurarsi quello a casa sua come poteva essere descritto?

Stavolta Tonks gli risparmiò un altro viaggio in taxi, dove tutto era molto più pericoloso che in Inghilterra. Le macchine non facevano altro che buttarsi le une sulle altre, rischiando parecchie volte incidenti mortali. I guidatori si affacciavano dal finestrino e urlavano parole che per Fred erano incomprensibili. Il ragazzo non poteva ben capirle, ma quando questi stessi guidatori gesticolavano era un altro paio di maniche, perchè i gesti, soprattutto alcuni, erano internazionali.

Tonks si sciolse il mantello e lo appogiò sul braccio piegato.

- Penso he per come sono vestita, il mantello sia un po' troppo.- gli sussurrò nell'orecchio.

- Tonks!- disse improvvisamente Fred con gli occhi sbarrati. - Ma se qui siamo in Italia, parlano in italiano. Io non so un'acca di italiano!- affermò depresso.

Tonks gli sorrise dolcemente.

- A questo il Preside ci aveva già pensato.- rispose lei avvicinandosi a dei nastri trasportatori. - Loro sanno molto bene l'inglese, quindi per questi tre mesi, parleranno nella nostra lingua.-

Si fermò accanto ad un nastro che aveva già iniziato a girare. Si sentivano strani rumori e le valigie iniziarono a scorrere su di esso.

Fred spalancò gli occhi.

- Però! I babbani le hanno pensate proprio tutte!- esclamò rapito.

La donna rise.

- Beh, in effetti...non hai tutti i torti-

Rimase ferma al suo posto mentre Fred dava gomitate a tutti per riuscire ad arrivare al nastro per prendere il suo baule.

Lo guardò rattristita. Cosa ne sarà di quel dolce e simpatico ragazzo? Riuscirà a passare i tre mesi e tornare a casa o gli italiani lo avrebbero trattenuto per le loro cause lì? Quest'ultima non era un'opzione da scartare. Gli italiani avevano fin troppo fascino.

Fred con enorme sforzo, fece cadere il baule a terra, tozzando una grassa signora che disse strane parole. Lui la ignorò e iniziò a trascinarlo verso la donna dai capelli rosa.

Tonks gli fece segno di seguire e lui, tutto eccitato per la nuova esperienza che gli spettava, si le stesse dietro quasi volando. Per l'emozione camminava così veloce, nonostante il baule, che sembrava che i suoi piedi non toccassero terra.

Lei si bloccò di colpo e iniziò a parlare velocemente.

Gli prese le spalle e lo scosse.

- Fred, ascoltami bene. Non sottovalutare le persone che terrai davanti, siamo intesi? Sono molto pericolosi, gli italiani, dotati di fin troppo fascino. Cerca di tenere a freno i tuoi ormoni, capito?-

Il ragazzo fece una smorfia e annuì.

- Se avessi voluto farmi qualcuno, me ne sarei stato a casa...- ammise.

La donna fece un sorrisetto divertito e si raddrizzò. Lo portò dentro uno stanzino e lo chiuse con lei.

- Attento, ora ci smaterializziamo- l'avvisò e gli afferrò un braccio saldamente.

Fred si ritrovò in uno spazio nero e senza aria. I suoi polmoni si sentivano compressi. Stava per morire, se lo sentiva. Non riusciva a respirare e se apriva gli occhi era come se li avesse continuamente chiusi.

Fu sballottato a destra e a manca dopo qualche secondo.

- Apri gli occhi, siamo arrivati!- esclamò la voce squillante della donna.

Fred aprì piano piano gli occhi. Si trovava su una scogliera. Il mare si infrangeva sulle pietre con un gorgoglio disperato per il tentativo di sommergere quelle coste. Il sole stava nascendo, per cui lo aveva di spalle. Le ombre dei due inglesi erano state deformate e allungate fino a scomparire nel mare.

Le onde formavano una leggera schiuma bianca quando toccavano gli scogli resi scuri dall'acqua.

- Sta' attento a dove metti i piedi- l'avvisò lei mentre si arrampicava sulle pietre e raggiungeva una strada dissestata.

Fred cercò di seguirla, ma non fu facile. Se avesse avuto la sua scopa, avrebbe raggiunto velocemente e più facilmente il castello che si ergeva imponente davanti a loro.

Le pietre che componevano la scogliera erano bianche come il marmo, erano molto scivolose, data la salsedine che ad ogni ondata schizzava ovunque. Il rumore cadenzato delle onde che s'infrangevano sulla costa accanto a lui lo rilassava.

Mentre stava attento a non scivolare, non riuscì a pensare a quanto fosse bella l'alba sul mare.

Procedette, poi, su un percorso meno scivoloso, fatto di ciottoli che scricchiolavano sotto la suola delle scarpe.

Dopo una curva su quela stradina di campagna, giunse ad una curva dove iniziò a intravedersi il castello.

Il suo cuore iniziò a battere un po' più velocemente nel petto, come se un muratore dovesse far piano a mettere un chiodo.

Tonks guardò il ragazzo, al quale si era illuminato il volto.

- Starai stanco...- affermò lei, mentre gli descriveva come presentarsi al preside.

Fred la guardò stralunato. Fino a quel momento non ci aveva affatto pensato.

Rimase con la bocca un po' aperta e sbattè le palpebre.

Si sentiva stanco?

In effetti, no.

Tonks rise gettando la testa all'indietro.

- Presto sentirai la stanchezza, vedrai- affermò tra un sorriso e l'altro.

Il castello, intanto, si era fatto sempre più vicino.

Fred decise di allungare il passo e precedere Tonks, ma quella cercò di richiamarlo indietro, senza troppo successo.

Una scarica elettrica gli passò nel corpo, gettandolo a cinque metri di distanza.

Affondò con un tonfo sordo nella polvere del sentiero. Si alzò sui gomiti e si lamentò.

Tonks lo guardò spazientita.

- Se ti dico di non avanzare così tanto, ci sarà pure un motivo, non trovi?- lo rimproverò continuando a camminare verso la parete invisibile.

Un ometto dai capelli bianchi, alquanto vecchio, stava scendendo i gradini davanti al portone e si era affrettato a disporsi davanti Tonks, in posizione di difesa.

- Chi siete? Presentatevi! Avanti!- orsinò con una vocetta stridula.

Fred, dopo essersi alzato e massagiato il didietro dolorante, si avvicinò alla donna e notò che l'ometto arrivava si e no al collo della strega accanto a lui.

- Ninfadora Tonks e Frederick Weasley, siamo qui per lo scambio culturale.- disse la donna, fredda, assottigliando lo sguardo.

L'ometto sembrò intuire quello di cui parlava la strega e annuì.

- Potete entrare...- disse facendosi di lato e accompagnando con una mano il gesto di entrare.

Tonks annuì in silenzio e attraversò per prima la parete invisibile. Poi toccò a Fred.

Quest'ultimo sentì una piccola scossa, forse il residuo di quella precedente. Trattenne il fiato e con gli occhi spalancati attraversò quella parete, nella quale non riusciva a respirare.

Arrivato dall'altro lato la prima cosa che fece, a parte respirare, fu notare l'enorme distanza che in realtà vi era tra la parete invisibile e il castello. Tutt'attorno vi era un grande giardino, pieno di alberi spogli, dalle foglie cadenti.

Il castello si ergeva in tutta la sua possenza d'avanti a loro.

Ad ogni passo sembrava sempre più grande e imperioso. Vide, d'un tratto, un sibolo strano. Era una specie di fiore sanguinante.

- A chi apparteneva il castello?- chiese Fred, curioso.

Cosa poteva significare quello stemma strano.

- Dai tempo al tempo, ragazzo- disse l'ometto che non si era presentato.

Fred mise il broncio e si guardò attorno.

L'ingresso era ampio e buio, ma dalle finestre entrava la debole luce mattutina ad illuminarlo. Di fronte a lui, dopo un'altra porta, si estendeva un piccolo giardino interno con un piccolo pozzo in uno dei quattro angoli e delle panchine di marmo, poste sul prato ben curato.

Continuò per un corridoio che costeggiava il giardino e prese delle scale sulla destra, ripiombando nel buio.

Il freddo in quel castello non si sentiva molto, e questa era una cosa buona per Fred.

Si passò la mano sul petto, riuscendo a sentire i muscoli. Si compiacque per il suo fisico asciutto e atletico. Con un movimento di testa si spostò i capelli dagli occhi.

Sentì alla sua destra dei passi veloci e sicuri. Era come se qualcuno fosse in ritardo per qualcosa.

L'ometto che li guidava si voltò verso di loro e sorrise, tendendo le braccia per non farli passare.

Fred guardò interrogativo i due adulti, ma l'ometto non sembrò accorgersene. Tonks increspò le labbra ed evitò di guardarlo.

Lui guardò dietro la spalla dell'italiano e vide solo una sagoma scura e indistinta, incapucciata, che correva da parte a parte del corridoio. Quando la loro guida li lasciò proseguire, sempre sotto la sua supervisione, Fred voltò la testa dove aveva visto dirigersi la figura incappucciata ed ebbe un fremito.

I suoi occhi verdi incontrarono quelli senza colore di una persona nascosta da quello stesso mantello nero. Era rimasta in un angolino all'ombra e li osservava attentamente.

Fred strinse i pugni, per non far trasparire la paura, ma il suo cuore aveva avuto uno sbalzo troppo forte.

Qualcosa sotto il capello si mosse e gli occhi della persona si assottigliarono pericolosamente.

E dopo un secondo, era già scomparso.

Fred rimase interdetto. A quanto pareva era possibile materializzarsi all'interno del castello, ma con tutti i controlli che c'erano era in contraddizione. No, la spiegazione doveva essere un'altra, e di quelle più oscure, magari anche macabre.

Si voltò in avanti, giusto in tempo per vedere il mantello da viaggio di Tonks sparire dietro un'angolo.

Continuò a camminare senza che nessuno aprisse la parola. Iniziava a sentirsi terribilmente a disagio, così aprì la bocca e iniziò a chiedere cose su cose.

Tonks iniziava di nuovo a sorridere, per la semplicità di quelle domande e per il fatto che l'ometto sembrava sempre più indispettito e stanco. Rispondeva con piccoli scatti della testa, in avanti o di lato, per dire "sì" o "no".

Fred, però, non si dava per vinto e sembrava volesse per forza cavare di bocca le parole a quel tizio che, col passare del tempo, gli stava sempre più antipatico.

Finalmente giunsero allo studio del vicepreside.

L'uomo bussò alla porta.

- Avanti- si sentì dire dall'interno.

Quello aprì la porta e li fece entrare.

- Grazie, signor Bennito. Può andare-

Il cosiddetto signor Bennito, quell'ometto antipatico e basso, fece una specie di inchino e sparì dietro la porta, che si chiuse dopo che Fred e Tonks avevano superato l'uscio.

Fred fu colpito dalla straordinaria precisione ed eleganza che ogni oggetto occupava nella stanza, ma ancor di più quando vide il preside.

Vestiva un abito alquanto demodè, tipico dei maghi di fine Ottocento. Aveva una fantasia a tinta unita, con dei richiami di quel secolo. Aveva due grandi mani curate che erano poggiate su una scrivania in legno d'acero. Da sotto le maniche della tunica spuntavano vari bracciali e amuleti magici.

Fred alzò il volto e tremò. Il volto del preside era stato deturpato da una grossa e profonda cicatrice che partiva dal centro della fronte e cadeva sulla destra, tagliando a metà la cavità che una volta era occupata da un occhio normale e che ora aveva lasciato il posto ad un occhio finto, opaco e bianco latte.

L'altro occhio era, invece, fin troppo sano. Aveva delle iridi castane capaci di penetrare sin dentro ai pensieri reconditi dell'essere che vi si trovava di fronte. Era come se ti spogliasse anche della pelle e piano piano ti strappasse tutti gli stati del corpo con dolore ed estrema lentezza, come se potesse strapparti il cuore lontano dal sistema che porta sangue ovunque, e denudarti anche dell'ultimo strato che copre la tua anima. Infilzarla e farla urlare fino a farle strillare tutto quello che aveva patito, provato, prima di quell'attimo. E dopo.

Distolse velocemente lo sguardo da quell'occhio e diede un rapido sguardo al naso dritto e imperioso e alle labbra sottili, distese in un sorriso cordiale.

- Benvenuti, miei cari.- esordì aprendo le braccia con grande slancio.

Una ciocca di capelli brizzolati gli cadde sull'occhio malandato, ma non sembrò accorgersene.

- Vieni qui, Ninfadora. Fatti abbracciare!- continuò avvicinandosi a Tonks che gli sorrideva.

Si abbracciarono come un padre e una figlia.

Quando Tonks vide l'espressione costernata di Fred, scoppiò in una risata fragorosa.

- Io e il preside ci conosciamo da quando ero piccolissima. Il signor Petrella è un amico di famiglia- spiegò al ragazzo.

Fred rimase rigido, mentre nella sua disapprovazione sorrideva gentilmente, più per educazione che per altro.

Quella situazione non gli piaceva, proprio no.

Chi mai erano tutti quegli esseri strani che popolavano quella scuola?

L'ometto basso e antipatico (che considerava strambo solo perchè di poche parole), il preside con l'occhio malandato, uno penetrante fin troppo, e infine quell'essere con la mantella, dagli occhi così acolorati che sembrava che le iridi si confondessero con il resto dell'occhio, da sembrare cieco, se non fosse stato per la pupilla di un nero assurdo.

Il signor Petrella fece loro segno di prendere posto sulle due poltroncine rivestite di stoffa rossa che si trovavano rivolte di tre quarti verso la scrivania.

Fred si lasciò scivolare su una di esse, dritto come se gli avessero infilato una spina al centro della colonna vertebrale. Tonks, al contrario, sembrò gradire quel ristoro, approfittando anche del thè che veniva loro offerto, accompagnato da deliziosi biscotti al burro provenienti dall'Inghilterra.

Fred non aveva fame. Per quella mattina si sentiva frastornato da vari sentimenti e pensieri contrastanti tra loro.

Si chiedeva, però, chi fosse quella figura.

Aveva sentito, ora che ci pensava più intensamente, mentre il preside parlava e cercava di spiegargli le regole della scuola, e al quale rispondeva con un cenno di assenso e un mugolìo insignificante, ma che incitavano questi ad andare avanti, un senso di gelo.

Era come se con quello sguardo, quella strana creatura gli avesse trasferito sotto i vestiti il freddo invernale del paesaggio esterno, con una piccola aggiunta di una folata di gelido vento del Nord.

Ma quella sensazione, anzicchè impaurirlo del tutto, lo incitava a fare chiarezza.

E a quel punto non potè fare a meno di chiedersi perchè, tra tutte le scuole, l'avessero mandata in una scuola tanto tetra.

Forse, se non l'avessero mandata in questa scuola, non avrebbe potuto vivere quella splendida storia che era sicuro avrebbe vissuto.

La voce squillante di Tonks sembrò portarlo a quella realtà magica, lontana dai suoi magici pensieri.

Il preside chiamò un elfo domestico, che prese per mano Fred.

- Venga, signor Weasley- disse con una vocina sottile e fastidiosa. -le mostrerà Ming l'ubicazione della sua stanza, signore-

Fred ritrasse gentilmente la mano e si avvicinò a Tonks.

- Tu non vieni con me?- gli uscì spontaneo, come un bambino piccolo.

Si morse il labbro inferiore, per la vergogna.

La donna lo guardò triste, e non gli rise in faccia come temeva,

- Mi spiace, Fred, davvero.- disse con voce bassa e monotona -devo tornare a casa per avvisare Silente del fatto che sei sano e salvo...- sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma non lo fece.

Di slancio lo abbracciò.

- Mi raccomando, Fred. Stai attento- si raccomandò.

Quando lui la guardò negli occhi, vide uno strano luccichìo.

Il preside le mise una mano sulla spalla, e guardò dritto negli occhi il ragazzo.

- Spero di essere stato chiaro sulle nostre regole, signor Weasley. In ogni caso, se ha bisogno di delucidazioni, sarà fornito di una pergamena.-

Fred annuì meccanicamente e sorrise triste.

- Grazie, signor Petrella. Ci vediamo allora, Tonks. Salutami i miei.-

Detto questo, seguì l'elfo fuori dalla stanza.

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Capitolo 5
*** Un pianoforte che suona da solo ***


- Capitolo 5-

Un pianoforte che suona da solo

 

Fred aprì gli occhi.

Faceva freddo nella stanza in cui dormiva.

Rimase per qualche tempo a fissare il buio soffitto. E sorrise senza neanche avere un vero motivo.

Voleva conoscere ogni segreto di quella scuola.

La sera prima un elfo gli aveva indicato la strada per arrivare a quella stanza. La divideva con altri tre ragazzi.

Quando si alzò, vide chiaramente i tre ragazzi che dormivano placidamente nei loro letti. Erano tutti di pelle chiara e scuri di capelli. Ma fisicamente erano diversi. Uno era alto e muscoloso, sembrava un muro con le braccia e le gambe, un altro era abbastanza alto e in carne, l'ultimo era bassino, ma sembrava molto agile.

La luce del sole che stava sorgendo era penetrata tra le finestre chiuse.

Fred scese dal letto e poggiò i piedi sul pavimento freddo. Strinse i denti, per non tremare di freddo.

Si grattò il braccio nudo, e si tolse la canottiera bianca, rimanendo in boxer giallo catarifrangente, che davano uno strano colorito pallido alla sua pelle già senza colore.

Si mise un jeans comodo e una maglietta, afferrò la bacchetta, prese un maglione, che strinse sui fianchi.

Si avviò verso la porta.

Sentì un grugnito dietro di lui e si voltò.

Uno dei tre ragazzi, di cui non ricordava i nomi, si era girato nel letto.

Aprì la porta e sentì una folata di vento gelido attraversare la stanza, per poi calmarsi quasi subito.

Il rosso rabbrividì.Cos’è stato? Si chiese.

Si girò indietro ma non vide nulla, tutto era come prima.

Sentì però, in lontananza una musica soffusa, quasi inesistente. Però c’era, lo sapeva. Doveva solo trovarla per esserne certo.

Scese le scale del dormitorio e disse la parola d’ordine.

La porta si aprì.

La musica aumentò di tono, ma rimaneva lontana.

Attraversò quei corridoi di cui poco ancora sapeva, così preso da quella musica dolce e melodiosa, che sembrava provenire da un qualche strumento.

Attraversando un corridoio, d'improvviso la musica aumentò di tono. Era tutto così magico, che pensava di riuscire a capire i babbani quando si trovavano di fronte a qualcosa che non conoscevano, come un innamorato che ha scoperto il vero significato del sentimento dell'amore.

Il corridoio era attraversato dalla debole luce dell'alba, e il sole non ancora riusciva a riscaldare gli ambienti. Le pareti trasudavano umidità, forse per la vicinanza al mare.

Raggiunse una porta e l'aprì lentamente. Questa si mosse senza un minimo cigolio.

Vide la coda di un pianoforte e, entrando, notò una ragazza che suonava con gli occhi chiusi.

Sembrava che la musica le nascesse dal cuore e direttamente di diramava in tutto il corpo, facendo muovere le dita con decisi movimenti, lenti e tristi.

Fred le si avvicinò, cercando di fare il meno rumore possibile, ma la ragazza schiuse lentamente gli occhi e sorrise al ragazzo, continuando a suonare. Richiuse gli occhi e suonò le ultime note, che aleggiarono per un po' nella stanzetta.

Fred notò per la prima volta delle panche vicine ai muri circolari della stanza e il pianoforte giusto in mezzo.

- Scusa se ti ho svegliato- esordì la ragazza.

Fred tremò. Non s'era aspettato che la ragazza parlasse.

- Non l'hai fatto- rispose prontamente. Si avvicinò alla ragazza e poggiò la mano sul freddo legno del pianoforte. Corrugò la fronte.

- Pensavo che i pianoforte non fossero di legno- tradusse i suoi pensieri, allo sguardo perplesso della ragazza.

Lei rise.

- Di che pensavi fossero fatti i pianoforte?- chiese sorridendo.

- Mah, non saprei. Io non suono- si giustificò.

- Anna Ruffo.- si presentò facendo muovere le mani sul pianoforte dalla prima nota a quella più acuta.

- Fred Weasley- rispose lui. - E se ti aspetti che ripercorra la scala all'indietro, non farlo-

- Cosa?- chiese lei distogliendo l'attenzione dal pianoforte.

Fred scrollò le spalle e sbuffò.

Voleva tornare a casa. In quel momento gli mancava pure quell'arrogante signorino Malfoy, che ostentava la sua ricchezza purosangue e denigrava lui e la sua famiglia.

- Niente- disse infine, cadendo a sedere sullo sgabello accanto alla ragazza, che si spostò leggermente.

- Guarda che non mi dai fastidio se mi rimani vicina- le fece notare.

Lei arrossì e suonò un'ottava.

- Non è per te, scusa.- disse velocemente.

Si alzò velocemente e prese una borsa che aveva lasciato accanto a un piede del pianoforte, che Fred non aveva notato.

Il ragazzo si alzò e le corse dietro, quando quella sparì oltre la porta.

- Ehi, aspetta!- la chiamò, raggiungendola.

La ragazza li sembrava alquanto perplessa.

- Perchp mi vieni dietro?-

- Perchè sei l'unica persona che conosco in questa scuola!- frignò lui.

Lei lo guardò e li sembrò spogliato. Aveva notato lo sguardo profondo della ragazza e sentì un sentimento di disagio.

Calò il silenzio sui due ragazzi, e nel corridoio risuonavano solo i loro passi.

Il primo che ruppe il silenzio fu la ragazza.

- Ma tu sei il ragazzo dell'Inghilterra?- chiese guardando nella sua direzione.

Gli occhi verdi di Fred balzarono sul viso della ragazza che lo osservava attentamente.

- Sì.- rispose lui. Voleva agiungere dell'altro, ma non sapeva bene che dire e così, dopo aver richiuso la bocca, tornò a guardare dritto davanti a sè.

Posò, poi, lo sguardo fuori da una finestra e iniziò a sentire un languorino allo stomaco.

- Come mai?- chiese dopo un po' Anna.

Fred la guardò interrogativo.

- Come come mai? Perchè ho vinto un concorso.-

- Sì, ma perchè proprio qua in Italia?- insistè la ragazza.

Lui scrollò le spalle e negò con la testa.

- Non so nulla. So solo che si tratta di "scambio culturale", almeno così m'hanno detto. E pensavo anche che questa fosse una scuola normale, e invece, dove mi giro mi giro, vedo gente troppo strana. Ci sta soprattutto una figura inquietante.- rabbrividì al pensiero di quesgli occhi trasparenti, così dall'aspetto trascendentale.

Anna tornò pensierosa. Annuì.

- Ok, quindi non sei venuto per...- poi si fermò.

Lui continuò a guardarla interrogativo.

- Per...?- l'incitò a continuare.

- Lascia perdere. Io ho fame. Tu?- cambiò discorso. E il ragazzo fu felice per il fatto che lei l'avesse fatto.

Insieme si avviarono per andare nella Sala Grande dove presero dei posti vicini e si cibarono del ben di dio che c'era su quelle tavole.

 

 

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Capitolo 6
*** Imboscata ***


- Capitolo 6-

Imboscata

 

 

Frederick Weasley camminava lentamente per il grande giardino che circondava il castello. Il mare si sentiva in lontananza, e fungeva da colonna sonora a quella mattina fresca e soleggiata. Non potè fare a meno di notare che il clima era totalmente differente, anche se era arrivato ormai l'inverno da poco in Inghilterra il vento avrebbe già iniziato a ululare contro le pareti di quel castello secolare che era Hogwarts, immersa nel verde, e avrebbe iniziato già a sferzare i visi. Ma forse questo freschetto giungeva con calma, proprio per cercare di farlo abituare alla vita diversa che avrebbe vissuto in quel castello italiano, pieno di maghi e streghe straniere. No, lo straniero era lui.

Si sedette a gambe incrociate su una panchina sui lati di una parte di giardino circondato da siepi colme di rose rosse. Il pezzo di pietra modellata era ricoperta di scritte impresse con la magia, che difficilmente sarebbero andate via.

Si guardò attorno e vide delle coppiette tenersi per mano e stringersi nei loro cappottini.

Che esagerazione! esclamò Fred in mente a sè, mentre lui stava bene nel suo giubbino di jeans. Per lui, quello era un clima di mezza stagione.

All'improvviso gli fu coperta la vista e lui sobbalzò. Fece scivolare la mano nella tasca dei pantaloni della divisa, pronto a cacciare la bacchetta per iniziare a combattere.

- Chi sono?- chiese una volce dolce e melodiosa. Sembrava uno strumento musicale che veniva suonato.

E subito riconobbe quella voce.

- Anna!-

Le mani scivolarono dagli occhi e tornò a vedere.

Anna si era seduta accanto a lui. Aveva una gonnellina molto carina, verde, e una camicetta bianca. I capelli ricadevano sciolti e morbidi in grandi ciocche sulle spalle.

Gli occhi grandi che cercavano di cogliere tutti i movimenti che venivano compiuti accanto a lei.

Per la pria volta Fred la vide come una ragazza, lontano dall'oscurità della scuola. Lì, all'esterno, col sole che leggero ma brillante batteva sulla terra attorno a loro, era molto carina.

Si compiacque molto della loro amicizia, appena nata.

- Come va?- chiese la fanciulla.

- Tutto bene, a te?-

- Bene-

Calò il silenzio, ma sembrava che la ragazza emanasse dal suo corpo una melodia che riempisse lo spazio circostante.

Fred guardò le rose nel cespuglio accanto a loro.

- Che belle rose...- notò la ragazza, estasiata, scendendo dalla panchina e avvicinandosi a una siepe poco lontana.

- Quest'anno le rose sono molto belle- ammise lei.

Anna voltò lo sguardo verso Fred, che sorrise mostrando i denti bianchi.

- Sono il tuo fiore preferito, le rose?- si informò.

- No- rispose lei, dopo averci pensato per un po'.

- E qual è?- l'incitò a continuare lui.

- La gardenia bianca.- sorrise piano e chiuse le dita sullo stelo del fiore, senza farsi male.

Fred si spostò e le andò vicino, contemplando la stessa rosa.

Aveva un colore intenso e opaco, ma deciso. Davvero bello.

- Gardenia bianca.- ripetè lei e Fred annuì.

Si guardarono e sorrisero.

- Ti va di andare a fare un giro?- chiese lui alzandosi e porgendole una mano, per aiutarla a rimettersi in piedi, ma lei si alzò senza accettare l'invito.

- Sì, dai...- e iniziò ad andare avanti.

Superarono le siepi e cominciarono a camminare lungo il perimetro dell'enorme giardino.

In silenzio passeggiarono per un po'. Si sentiva il canto lontano degli uccellini. Anna si strinse nelle spalle, per tenere caldo.

- Hai freddo?- chiese Fred, al quale non era sfuggito un movimento che aveva fatto la ragazza.

Anna sorrise, scuotendo la testa.

- Ma no, figurati! Piuttosto, tu senti caldo?-

Scosse la testa.

Poi gli venne in mente qualcosa. Era strano che in quel periodo freddo fossero fiorite le rose.

- Perchè le siepi sono fiorite?- chiese, guardando le siepi di rose rosse.

Anna scrollò le spalle.

- E' da un po' che i fiori sono sempre sbocciati. Può darsi che il preside o qualche insegnante abbia fatto loro qualche bell'incantesimo- suppose lei.

Fred rimase corrucciato, pensieroso.

Da quando era in quella scuola, e non esageriamo! Era solo da un paio di giorni, ma qualcosa continuava a dirgli che c'era qualcosa di strano. Forse gli era stato affidato un oscuro compito, che neanche lui sapeva di cosa trattasse. Magari stavano aspettando quando sarebbe stato solo e indifeso, per rapirlo e usarlo come ostaggio.

Ogni minuto passava, e più di queste pulci gli ronzavano nell'orecchio.

Non si accorse che Anna era scomparsa dal suo fianco, e quando se ne rese conto, si girò ovunque.

La vide poco distante che fischiettava e girava su se stessa con le braccia aperte.

Lui la guardò divertita.

Ma un passo falso e la ragazza rischio di rovinare a terra.

Velocemente, con i riflessi del Battitore, si tuffò e lei gli cadde sulla schiena.

Sentì il corpo della ragazza posarsi con tutto il suo peso sulla spina dorsale, e un dolore forte gli salì fino agli occhi, facendolo lacrimare.

- Scusa, scusa!- fece lei alzandosi appena capì cosa era successo.

Lui sentì una massa enorme di peso levarsi dalla schiena.

La guardò spaventato. Eppure lei era minuta, come era possibile che pesasse quasi un quintale?

Lei era rossa in viso e lo guardava rattristata.

- Ti sei fatto tanta bua?-

Lui rise per il tono da bambina della ragazza.

- Ma no, se mi guardì così...- si bloccò.

Guardò dritto con gli occhi azzurri quelli della ragazza. Erano molto profondi ed espressivi. Come mai non se n'era accorto prima?

Lei piegò la testa di lato.

- Così come?- chiese, sbattendo le ciglia.

- Lascia stare- rispose elusivo lui, alzandosi da terra.

Non voleva chiederle perchè pesava tanto, gli sembrava poco carino.

- Io...devo andare Fred.- disse Anna che, senza aspettare che la salutasse, corse via.

 

 

 

La sera era scesa sul castello e non si sentiva volare una mosca, se non fosse stato per i gufi e gli animali notturni che si aggiravano intorno.

Fred si rigirò nel letto e aprì gli occhi. Non riusciva a dormire, e quella notte non c'era nessuna musica da seguire. Si voltò di scatto verso un letto, sicuro che vi fosse George con cui parlare.

Si rattristò quando si rese conto dell'enorme distanza che li separava e sospirò.

Perchè, allora, non fare amicizia con i tre ragazzi che stavano in camera con loro? Così si sedette e notò che i loro letti erano vuoti.

Dove saranno andati? si chiese. Era impossibile che si mettessero a camminare nella notte in un luogo che sentiva così a pelle ostile a tutti i maghi normali.

Si scoprì dalle coperte e scese dal letto. Cercò le pantofole e iniziò a vestirsi con la prima cosa che trovava. Non se n'era accorto, ma aveva indossato due diversi calzini, uno con i manici di scopa e l'altro con gli orsacchiotti col ciuccio che gli aveva regalato Ginny qualche Natale fa, erano davvero imbarazzanti, ma tanto sapeva che non gli sarebbero serviti a nulla. Infilò velocemente un jeans che teneva caldo, una camicia che lasciò ricadere fuori dai jeans e un maglioncino. Si coprì con un mantello e prese la bacchetta da sotto il cuscino.

Si avviò fuori dal dormitorio maschile e si diresse in giro per il castello.

Come già era accaduto, i suoi passi risuonavano cupi e solitari nell'ambiente umido del castello. Fred sentiva la salsedine coprirlo ovunque e un senso di sporcizia che lo rendeva nervoso.

Si sentiva tanto un'acciuga sotto sale.

Se ci fosse stato George, a quest'ora starebbero già ridendo. Avrebbe dovuto invogliarlo a venire.

Si affacciò per caso da una finestra. Il cielo era limpido e le stelle risplendevano chiare e sicure nel cielo.

Sentì un piccolo urlo e poi silenzio completo. Anche gli uccelli smisero di fare i proprio versi.

Abbassò lo sguardo e vide una piccola folla riunitasi in uno spiazzo pavimentato.

Decise di seguire la sua curiosità e il suo istinto da scavezzacollo e si fiondò il più in fretta possibile nel grande Salone d'Ingresso. Spinse la porta e si lasciò scivolare nell'oscurità della notte.

Si strinse nel mantello, il freddo era aumentato. Sentì un leggero e lontano chiacchiericcio. Decise di seguire le voci. Cosa stava accadendo? Come mai c'era un gruppetto sparuto di persone in piedi a quell'ora della notte nello steso luogo? Si erano dati un semplice appuntamento, o erano stati attratti da qualcosa?

Strinse la bacchetta tra le dita, sentendo la forza della magia dargli ulteriore coraggio. Si avvicinò al gruppo e si mimetizzò tra loro. Senza dover lottare troppo a lungo, si ritrovò in prima fila. I ragazzi parlavano tra di loro, bisbigliando.

Una figura, in mezzo, incappucciata, si ergeva e sovrastava tre figure.

Con orrore Fred non riconobbe subito i tre ragazzi svenuti e legati a terra: erano i suoi compagni di stanza.

Agendo in seguito ad un istinto incontrollabile, si gettò contro la figura incappucciata, che stava trasformando in ibridi quei tre ragazzi. Gli stavano crescendo le branchie e, persino si poteva vedere su qualche centimentro di pelle, delle squame.

- Ma cosa fai? Sei matto?- urlò lui alla figura incappucciata.

Alzò un pugno, pronto a colpire, e girò.

Si bloccò nel vedere una graziosa fanciulla sotto di lui, che, però, aveva un'espressione furibonda e assassina.

Gli occhi castani erano dilatati, come le pupille, sintomo di feroce aggressività.

- Come ti permetti?- fece lei dando uno spintone a Fred che, non essendo pronto a una tale potenza, quale quella che aveva usato l'incappucciata, che fu tirato indietro e cadde sul sedere.

- Come hai osato?- disse lei furibonda e iniziò a gridare.

Cacciò un urlo per cui Fred si sentì il sangue fuoriuscire dalle orecchie.

Si portò disperatamente le mani sulle orecchie, cercando di ignorare il liquido caldo contro le sue mani. Chiuse gli occhi e anche la bocca, sperando che non sentisse più quell'urlo acuto che gli dava inquietudine.

Avrebbe voluto tanto scappare, ma non c'era riuscito, le gambe non gli rispondevano più.

Si sentiva impotente sotto quella furia della donna.

E si trovò a pensare che quella non fosse in realtà una donna. La nota che aveva preso era molto più acuta dei limiti consentiti dalla voce umana. Era come se fosse innaturale.

Si ragomitolò in se stesso, cercando di darla finita. Strinse più forte le mani sulle orecchie e cacciò un piccolo urlo di disperazione e dolore, che non riuscì a trattenere.

Socchiuse gli occhi appena in tempo per vedere una figura con un mantello piazzarsi d'avanti e l'urlo cessò.

Poi la figura che si era messo d'avanti si girò, puntandogli la bacchetta sul viso. Fu colpito da un raggio di luce rossa e perse i sensi, non prima di aver riconosciuto delle iridi così chiare da sembrare inesistenti.

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Capitolo 7
*** E tu, che ci fai qui? ***


- Capitolo 7-

"E tu, che ci fai qua?"

 

 

Sentì solo nulla.

Tutto era calmo, fin troppo, e non sapeva bene se se lo stesse inventando o meno.

Aprì piano gli occhi e si rese conto di essere all'aperto, vedendo la sfera celeste con le stelle che lo sovrastava.

Ricordò in un lampo quel che era accaduto e si portò le mani alle orecchie, che scoprì essere state medicate, perchè vi era dell'ovatta, forse messa per fermare la colata del sangue.

Ricordò l'urlo e si sentì ghiacciare nuovamente nelle vene. Si alzò e si mise a sedere.

Notò di non essere solo. Infatti qualcuno avrebbe dovuto portarlo là. Si guardò attorno e si riscoprì su una torre, da cui neanche le cime degli alberi più alti si potevano scorgere.

C'era qualcosa che non andava.

Perchè lì e non in infermeria?

Gli faceva un po' male la testa, ma si alzò lo stesso. Il peso sulle gambe gli comportò una fatica immane, ma doveva stringere i denti.

Scorse lo sguardo sulla figura che guardava dalla torre, con le braccia strette lungo i fianchi.

Sentì il terreno girare e cadere, i suoi piedi non poggiavano da nessuna parte.

La figura si girò e l'avvicinò così velocemente che Fred non la vide quando si mosse.

Le sue mani erano grandi e potenti. Lo sorressero facilmente.

- Sta' per un po' seduto- disse sussurrando. Aveva una voce armoniosa e rassicurante.

Lo poggiò per terra, e Fred lo guardò.

Si sedette. Voleva guardare in viso quel ragazzo.

- Chi sei?- disse sottovoce.

Tutt'intorno si estendeva una atmosfera di tensione e mistero.

- Piuttosto dovresti preoccuparti per cosa sono- rispose lui. Nella voce c'era un qualcosa di divertito.

- Perchè?- chiese di getto Fred.

L'altro si abbassò il cappuccio e lasciò che la luce della luna lo colpisse, illuminando gli occhi con le iridi inesistenti e i capelli lisci. Visto a primo acchitto era un ragazzo normale.

Sorrise.

Fred trattenne il fiato. Notò i canini che sporgevano, leggermente più lunghi e minacchiosi.

- Sono un vampiro- disse calmo, nascondendo dietro le labbra il suo segreto.

Il mago tremò.

- Tu...tu...- balbettò. Non sapeva neanche cosa dire. Era a disagio. Voleva scappare.

Si rese conto che molto probabilmente, essendo stato il vampiro a metterlo fuori combattimento, la ragazza stesse agendo per conto di quello e che i tre compagni di dormitorio fossero le vittime sacrificali.

Strinse forte le mani a terra, cercando di fare peso su di esse, per riuscire ad alzarsi. Per fuggire.

Si vergognò di se stesso, perchè non s'era ritrovato pronto a combattere, ma con quel vampiro spuntato fuori all'improvviso era tutt'altra cosa. Non aveva mai combattuto prima d'ora un vampiro.

E' ora che provi...si disse.

Fece scivolare la mano nella tasca e cercò la bacchetta.

Continuava a tastare, ma la bacchetta non c'era. Sbiancò. Dov'era finita?

Il vampiro rise, gettando la testa all'indietro.

- Cercavi forse questa?-

Alzò il braccio e il rosso vide che stringeva tra le lunghe dita bianche la sua bacchetta.

- Ridammela!- ordinò Fred, guardandolo minaccioso.

Il vampiro continuò a ridere.

- Altrimenti che fai? Sei disarmato e inerme...- gli ricordò.

Fred si bloccò e digrignò i denti.

Avrebbe tanto voluto poter battersi, e vincere.

Poco prima avrebbe tanto voluto sfuggire, ma la curiosità ebbe la meglio sul suo istinto di sopravvivenza, sempre all'erta.

Il vampiro gli si avvicinò lentamente.

- Quale è la tua missione?- chiese.

Fred lo guardò stupito.

- Mis-sione?- balbettò preso alla sprovvista.

- Sì, insomma! Sei venuto qua per qualche scopo, secondo fine!- insistè.

Fred scosse il capo.

- No, sono qua per uno stage scolastico- disse titubante.

- Ah sì?- si sedette di fronte al ragazzo con le gambe incrociate.

Fred sospirò.

Osservandolo bene, quel vampiro sembrava quasi innoquo, solo tanto pomposo.

- Chi sei?- chiese ancora Fred.

- Richard William Charles McKenzie- rispose lui, sbuffando.

Fred sbattè le palpebre e lo guardò stranito.

- Impossibile!- esordì dopo un lungo silenzio in cui stava pensando - i McKenzie si estinsero senza eredi centinaia di anni fa, è scritto nel libro dei Purosangue. Il loro unico figlio scomparve.-

Poi lo guardò.

In effetti, somigliava a quel bambino della foto vicino al nome di Richard William Charles McKenzie.

Il vampiro sorrise, mostrando ancora i denti.

- Sono un vampiro.- rispose alla calunnia lanciatagli da Fred - Fui rapito da un clan di vampiri quando avevo 11 anni. Mi fecero studiare con loro fino all'età di 16 anni. - il suo viso fu attraversato da un'espressione triste, che gli conferì un'aria dannata.

Fred stava, intanto, pensando al perchè vi fossero tali somiglianze.

I McKenzie erano una famiglia Purosangue che si sposava tra loro per poter accrescere il proprio potere, bramoso com'era di gloria, ma una volta capito che così facendo avevano solo richiato di estinguere il loro potere, iniziarono a sposarsi con altre famiglie. Una volta, si dice, sfidarono la Morte e persero. Furono maledetti dicendo che da loro sarebbero nati solo figli unici e che essi sarebbero morti all'età di 17 anni. Da allora ogni McKenzie si preoccupo' di far continuare la famiglia, facendo mettere incinte o facendo ingravidire i propri primogeniti. E così nascevano bambini da ragazzi. E ben presto le altre famiglie purosangue di rifiutarono di aiutarli e così si estinsero piano piano. Il destino più triste toccò senza dubbio a Mildred Lancaster e Horace William McKenzie, che furono costretti a sposarsi quando avevano soli 15 anni. Ebbero un figlio che scomparve all'età di 11 anni.

Nessuno seppe che fine avesse colpito il giovane Richard William Charles McKenzie, orfano di genitori, che gli lasciarono solo il libro delle disgrazie della loro famiglia.

Fred pensò che fosse solo una coincidenza che il vampiro avesse lo stesso nome del ragazzo, che si narrava avesse una magia potentissima.

Fred fu percorso da un brivido di freddo e alzò gli occhi al cielo.

Il buio si stava schiarendo e diventava sempre più chiaro.

Richard si rimise il cappuccio sulla testa. Si alzò e si strinse nelle spalle.

- Beh, ragazzo. Io vado. Il giorno non è fatto per un essere come me.- disse. Dalla voce si poteva chiaramente notare il fatto che si sentisse sempre più a disagio.

Fred si alzò in piedi e lo fronteggiò.

- Non vai da nessuna parte- disse serio.

Allungò la mano e rimase in silenzio, sfidandolo, guardandolo negli occhi.

Richard sorrise.

- Pensi che riuscirai a fermarmi?- lo schernì, sicuro di sè. - Neanche il più potente di voi può battermi. Neanche se sono disarmato- rise cupamente.

- Voglio solo che tu mi restituisca la mia bacchetta- disse Fred, nervoso.

Cosa aveva voluto dirgli? Che significava quella frase?

Fred lo vide scomparire.

- Ehi!- lo chiamò. Era sicuro che non gli avesse dato la bacchetta.

Spostò la mano che aveva teso e sentì un rumore sordo.

Guardò ai suoi piedi: c'era la bacchetta.

La prese e si girò per rientrare e correre a vedere se quei ragazzi stessero ancora bene.

Sentì un urlò bestiale e si girò.

Un'altra volta sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene. Un drago enorme stava solcando il cielo appena rischiarato.

SI stupì del fatto che si fermò nel giardino di sotto. Mentre il drago scendeva in icchiata, sentì lo spostamento d'aria trascinarlo all'indietro. Appena gli fu possibile, si avvicinò correndo al torrione e notò una testa rossa che aiutava una ragazza dai capelli castani e mossi a scendere dal dorso del drago rosso che era sellato.

- Non è possibile...- sussurrò d'un fiato e si affrettò ad arrivare al Salone d'Ingresso.

Mentre correva, col fiatone e un dolore che gli iniziava a prendere il fianco destro, sentiva chiaramente l'aria che tremava.

Stringeva ancora in mano la bacchetta e le domande gli attanagliavano il cervello.

Conosceva solo una testa rossa capace di volare su un drago sellato e quello era...

Si bloccò perchè vide due persone sul suo cammino.

Si guardarono. Una era una ragazza dai capelli castani e leggermente riccioluti, aveva un trucco leggero e indossava una tuta rossa con dei calzari e dei bracciali in cuoio, così come il pezzo che le copriva il petto. L'altro era un ragazzo dai capelli rossi che gli somigliava tantissimo.

- Charlie?- disse incredulo.

E l'altro, allo stesso modo, disse: - Fred? Che ci fai qui?-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Sospettoso ***


Prima di iniziare con il capitolo, mi volevo scusare con i miei lettori, che per questo ottavo capitolo hanno aspettato tanto. Purtroppo la scuola mi ha trattenuta giorni interi lontana dal computer. Questo capitolo è, come mi piace chiamarlo, incompleto. Dovevano venirci tante cose, ma alla fine solo questo. Spero che per un po' vi basti, anche se ne dubito...

Volevo aggiungere ancora una cosa. Lilla4eve, non ti preoccupare per i commenti, a me sono comunque arrivati. Ti rispondi qui con la speranza che leggi ancora questa fan fic. Non te la prendere...io non l'ho fatto! ^-^

E ancora...Grazie a chi mi ha commentato finora, sperando che continuino a farlo insieme a tanta altra gente. Ho bisogno di voi, lettori!

 

 

 

- capitolo 8-

Sospettoso

 

 

 

Fred ancora non ci credeva. Di fronte a lui c'era suo fratello maggiore Chiarlie.

- Non dovevi stare a guardia dei draghi tu?- chiese curioso.

Charlie scosse la testa.

- No, sono venuto qua per...faccende da parte del Ministero- disse, in modo ambiguo.

Fred gli sorrise. Volse poi lo sguardo alla ragazza che lo accompagnava.

- Piacere!- disse, avvicinandolesi. Era molto bella, e vide che era leggermente più bassa di lui. - Io sono Fred Weasley e...-

- Sei il fratello di Charlie- concluse lei socchiudendo gli occhi e sorridendogli. Sulle guance si formarono due piccole fossette. - Davvero molto piacere. Io sono Silence Duncan, una compagna di tuo fratello. Studiamo assieme i draghi- si presentò.

Il ragazzo annuì.

- Quanto tempo pensate di rimanere?- si informò lui.

La ragazza alzò le spalle. Fu Charlie a rispondere.

- Non ancora abbiamo deciso. Dipende da quanto tempo prende la nostra faccenda-

- Cos'è?- chiese Fred, che iniziava a rodersi per la curiosità.

I due ragazzi parvero scandalizzati.

- Non possiamo dirti nulla, Fred. Scusa, ma davvero non possiamo parlarne con nessuno- disse Charlie.

Silence annuì.

- Siamo spiacenti, ma il Ministro ha detto che non si può parlarne...-

Fred mise il broncio.

Sembrava che gli altri lo considerassero sempre piccolo, ma lui era grande ormai, aveva 16 anni! Avrebbe dovuto aspettare solo il 1 Aprile, solo quello. E poi sarebbe diventato adulto, a tutti gli effetti.

E anche George lo sarebbe stato. Adulti. Loro, i gemelli scapestrati della famiglia Weasley.

Loro, con tanti sogni nel cassetto, con la possibilità di poterli esaudire tutti. Presto l'avrebbero toccati con mano.

Non avrebbe visto l'ora.

Stavano anche accarezzando l'idea di lasciare la scuola per aprire un negozio.

Charlie lo riportò alla realtà, lontano dai suoi pensieri.

- Come mai, invece, tu sei qui?-

Fred sobbalzò legermente.

- Eh? Cos..? Ah...beh, sono qui per uno scambio culturale- gli disse.

La ragazza lo guardò in modo strano. Lui corrugò la fronte.

Silence prese la manica di Charlie e la strattonò, quasi come se fosse una bambina piccola.

- Andiamo?- lo pregò.

Lui la guardò con una strana scintilla negli occhi. Annuì.

Diede un colpetto sulla spalla del fratello.

- Ci vediamo, fratellino-

Fred assunse un'espressione disgustata.

- D'accordo, vecchiaccio...- sghignazzò.

Charlie rise sotto i baffi e, seguito dalla ragazza, se ne andò.

Si girò indietro, per constatare quanto suo fratello era fortunato a girare con una bella ragazza come quella.

Silence voltò la testa verso la spalla, osservandolo con gli occhi ridotti a fessure. Accortasi che la stava guardando, subito sorrise e guardò avanti a sè.

Fred s'insospettì.

Cos'era quell'espressione? Aveva qualcosa di sbagliato? O si aspettava che succedesse qualcosa?

Quella ragazza aveva un certo non-so-chè di sospetto.

Dovrò tenerla d'occhio, attentamente...si disse.

E mantenne la promessa.

 

***

 

"Cosa ci faceva quel ragazzo in questo posto? E soprattutto perchè si trova qui? E' tutto troppo strano. Un semplice scambio culturale? No, non ci credo."

Silence si abbandonò sul letto, incrociando le braccia dietro la testa.

La stanza in cui si trovava era abbastanza disordinata, con i vestiti che aveva durante il viaggio sparsi qua e là sul pavimento.

Sulla scrivania era appogiato il baule che conteneva tutta la sua roba. Vestiti, calderone, pozioni pronte, ingredienti per pozioni, libri, e tanto altro ancora.

Sbuffò e chiamò Charlie, che subito irruppe nella stanza.

- Mi hai chiamato Silence?- chiese.

Lei si alzò e lo guardò tristemente.

Non era quello che si voleva sentire dire.

- Mi ami Charlie?- domandò.

Lui piegò la testa di lato.

- Cosa vuoi che dica? Cosa vuoi che faccia?-

- Dimmi che mi ami-

- Ti amo-

- Dimmi che mi ami alla follia-

- Ti amo alla follia.-

Scoppiò in lacrime, affondando il viso nel cuscino.

- Con...consolami...- disse tra i singhiozzi.

Charlie le si avvicinò e si sedette accanto a lei. Iniziò ad accarezzarle dolcemente la schiena.

Sentiva le grandi mani del ragazzo salire e scendere sulla sua schiena, il suo profumo forte di ragazzo. Alzò lo sguardo e lo guardò da sopra la spalla.

Era a torso nudo, e poteva vedere le brutte bruciature causate dai draghi.

Ed era bello, premuroso, aitante...

Si sentiva in colpa. Ma non poteva fare altro.

- Amami, Charlie- sussurrò.

Lui, quasi automaticamente, la girò e iniziò a spogliarla.

 

...e fecero l'amore...

 

Lei guardò il viso del ragazzo addormentato accanto a lei.

Il suo cuore le diceva che stava sbagliando. Doveva smetterla. Ma non poteva disobbedire agli ordini.

 

***

 

Fred cercava la sua amica, Anna. Sembrava dileguatasi nel nulla.

Si sentia strano, sentiva chiaramente la sua vita scivolarli dalle mani e renderlo inquieto.

Tante cose stava vedendo in quella scuola, atti di pura violenza come quello della ragazza di qualche tempo prima, la ragazza che gli aveva fatto uscire il sangue dalle orecchie.

Fu scosso dai brividi.

Era tremenda quella ragazza, lo poteva benissimo sentire, ma ricordava di averla vista. E anche bene.

Aveva una voce melodiosa, ma allo stesso tempo era crudele.

Ricordava gli stupendi occhi castani e i capelli dello stesso colore ricaderli lisci sulle spalle, e la brutale forza con cui l'aveva spinto indietro.

E poi, inevitabilmente, ricordò il vampiro.

Ma cos'era in realtà quella scuola? Un ritrovo di forza oscure?

E lui, lì in mezzo, che ci faceva?

E ancor più si chiedeva cosa vi facesse suo fratello con quella ragazza ambigua che si portava appresso. E si chiese se erano fidanzati o meno.

Ma comunque a lui quella ragazza non piaceva affatto. Non sapeva perchè, ma era una cosa a pelle.

Si guardò i piedi immersi nella sabbia umida.

Il mare si riversava contro la riva, freddo e distaccato.

Alzò lo sguardo e trattenne il fiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** sempre più smarrito ***


 

- cap 9-

Sempre più smarrito

 

Lo sguardo di Fred fu attratto dalla maestosa figura di una bella ragazza con i capelli mossi che venivano gettati dietro la schiena dal venticello che tirava quel giorno. Anche il vestito, come i capelli, era teso all'indietro, pronto a formare, con il suo tessuto leggero e fine, di un azzurro cielo, tutte le dolci curve del suo corpo. Il suo sguardo però si perdeva nelle profondità dell'orizzonte. Non osava avvicinarsi al mare, era piuttosto restia.

Si avvicinò verso la ragazza.

In fondo l'ultima volta che l'aveva visa li aveva solo quasi rotto i timpani. Che sarà mai?

Amava rischiare.

Sentiva la sabbia scricchiolare sotto i suo piedi.

La ragazza era immobile, lì, d'avanti a sè. Fred sentiva il cuore battergli forte.

Aveva forse paura di una qualche reazione della ragazza? Era possibile.

- Ciao- disse, riscoprendo la sua voce roca e la gola secca.

La ragazza si voltò di scatto e lo guardò con espressione indecifrabile.

- Ehm...non so se ti ricordi di me- esordì - Abbiamo avuto una discussione qualche giorno fa...-

La ragazza alzò leggermente un angolo delle labbra.

- Sì, ricordo. Mi hai tolto il divertimento- rispose.

Fred arrossì. La voce di quella ragazza era dolce e melodiosa, ma aveva un potere strano. Non riusciva a distogliere il suo pensiero da quella ragazza, e quasi pendeva dalle sue labbra. Era come se l'avesse stregato.

Doveva fare qualcosa, non poteva dipendere da lei, da quella bella ragazza dalla voce piana.

- Io non lo chiamerei proprio divertimento- riuscì a spiccicare, con la voce forzata.

Voltò bruscamente lo sguardo.

Sentiva che qualcosa proprio non andava in quella ragazza. Un'aura oscura le aleggiava intorno. Non riusciva, però, a smettere di parlare con lei.

Lei rise.

Sì, rise. Riconosceva una risata quando aveva il piacere di sentirne una, e in quella scuola non c'era modo di sentirla spesso.

La guardò incredula, e rimase stupito nel vedere quella bellezza scolpita aver chiuso gli occhi. Le labbra distese in un riso a bocca semi-aperta le disegnavano delle piccole rughe sul volto.

Gli occhi erano chiusi e le sopracciglia sembravano ancora più lunghe di quanto non fossero già in realtà.

Era leggermente piegata in avanti.

Fred sorrise nel vederla così. Sembrava felice.

...no, non sembrava. Lo era proprio.

- Cosa c'è?- chiese lui, sorpreso.

Lei si girò e lo guardò dritto nelle sue iridi azzurre.

- Sei simpatico-

Fred rimase spiazzato.

Simpatico per cosa? Per aver detto indirettamente che era una pazza perchè si divertiva a torturare la gente?

La ragazza gettò la testa all'indietro.

- Come ti chiami?- chiese lei, con uno sguardo tremendamente attraente.

Fred aprì la bocca, ma non vi uscì alcun suono.

Cosa gli stava succedendo.

Non riusciva affatto a guardarla negli occhi. Intanto lei lo guardava.

Sentiva le sue guance iniziare a bruciare di vergogna.

Cazzo, Fred, parla...parla!

Deglutì senza fare alcun rumore. Si bagnò le labbra con la lingua, e ci riprovò.

- F-Fred Weasley- biacicò, con la gola secca.

- Fred...- ripetè lei, sovrapensiero.

Lei distolse lo sguardo da lui, e si sentì sollevato. Non si sentiva oppresso da quello sguardo magnetico della ragazza.

- Io sono Silence Pickford.- rispose lei, sedendosi sulla sabbia, non crucciandosi del fatto che la sabbia entrava dappertutto.

Fred non sapeva che dire.

Si sentiva male. Lui era sempre solito riuscire a parlare, e invece si trovava senza niente da dire, niente da poter fare. Solo domande si affollavano nella sua mente.

Troppe domande.

Sentiva il cuore battergli molto velocemente nel petto, e tutto intorno a lui aveva iniziato a girare.

Voltò lo sguardo sui capelli bruni della ragazza.

Notò che si teneva a distanza dal mare.

- Non ti piace?- chiese, guardando i riflessi del sole sulle onde azzurre.

- Cosa?-

Sentiva lo sguardo della ragazza su di lui, ma tentò di fare finta di nulla.

- Il mare.- spiegò.

Era facile parlarle senza guardarla in volto.

Fin troppo, si rese conto.

- Non è esatto. Il mare mi piace tantissimo, ma...- sembrava volesse continuare, ma non andò oltre.

Fred aspettò in silenzio la continuazione della sua risposa, ma si rese conto che l'attendeva inutilmente, e che non sarebbe mai giunta.

- ma...?- la incitò a continuare.

STavolta non potè fare a meno di voltarsi a guardarla, e la vide piangere, nel guardare il mare.

- Cosa c'è?- chiese allarmato, sedendosi accanto a lei.

Avvicinò la mano alla sua, però non ebbe il coraggio di toccarla, nè di sfiorarla.

Lei tirò su con il naso.

- Il mare è la mia intoccabile dimora.- rispose.

Fred la guardò interrogativo, stava per aprire la bocca per parlare, quando lei si alzò, si voltò di schiena e si diresse al castello.

- Ehi, aspetta!- disse lui, alzandosi.

Si aspettava che lei continuasse a correre via, o che si fermasse e si girasse piangendo, correndo verso di lui. Invece, nell'istante esatto in cui aveva distolto da lei lo sguardo per alzarsi, era scomparsa.

Rimase a bocca aperta, Fred.

Anna era intenta a far volare il proprio pranzo. Fred la osservò attentamente, essendo seduti vicini.

- Ma perchè invece di giocarci non lo mangi?- chiese dopo un po', irritato per quello spreco di cibo.

- Perchè io non amo mangiare gli animali-

- Non per questo lo devi sprecare così- ribattè lui, infilandosi un enorme boccone.

Ad Anna vennero le lacrime agli occhi.

- Cosa c'è ora?- sbottò Fred, con la bocca ancora piena.

- Stai mangiando il povero pollo...-

Fred spalancò gli occhi e scosse la testa.

Non ci poteva credere. Pensava che gli animali capissero qualcosa e che giocandoci capivano ancora che si stava giocando con loro? Assurdo.

- Era comunque morto prima che lo mettessi in bocca-

- Sei estremamente crudele!- affermò alzandosi di botto.

Una mano bianca si poggiò sulla spalla della ragazza, che si girò velocemente, trattenendo il fiato.

Richard William Charles McKenzie era in piedi e sorrideva tranquillo alla ragazza, mostrandole i canini un po' più lunghe.

- Che ne sai dei crudeli?- le chiese, scivolandole accanto e sedendosi tra i due. - Ciao Frederick- lo salutò.

Fred alzò il capo e buttò giù un altro boccone sotto gli occhi sgranati e smarriti di Anna.

Si sedette al suo posto e fissò il vampiro attentamente.

Richard si volse verso la ragazza.

- Ho qualcosa che non va?- chiese gentilmente con un dolce ed elegante sorriso.

Anna arrossì leggermente, scuotendo la testa.

- No, figurati. E' che non ti avevo mai visto così da vicino, senza cappuccio per di più!- rispose titubante.

Richard piegò la testa e sorrise.

- Oggi il sole è celato dalle nuvole, ergo non mi brucio-

Fred sorrise leggermente ed Anna rimase a bocca aperta.

- Ordunque, Frederick, che nuove?- chiese il vampiro, voltandosi verso il rosso.

Questi alzò le spalle e ingoiò l'ultimo boccone.

- Nulla, Richard, ho incontrato Silence- disse, come se la cosa fosse più naturale possibile.

Anna e Richard lo guardarono atterriti e con gli occhi sgranati. Lui ricambiò lo sguardo con uno perplesso.

- C'è qualcosa che non va in voi due?-

Anna parlò per prima, e la sua voce aveva una nota acuta in più.

- Hai incontrato Silence? Ti ha fatto qualcosa di male?-

Fred notò la preoccupazione nella sua voce, ma non riusciva a capire perchè.

Negò con la testa, ma non fece in tempo a ribattere che Richard si inserì nel discorso.

- Non desidero celare il mio stupore, in quanto la bella Silence è solita fare del male a tutti. Magari non ti ha fatto male sul piano fisico, non trovi?- e gli fece l'occhiolino.

Il rosso aprì la bocca ed esclamò:

- Cosa? Piano fisico? Giuro, non vi capisco!-

Richard iniziò a ridere.

- Oh sta' zitto vampiro!- sbottò Anna alzandosi di scatto. Si avvicinò a Fred e lo prese per il colletto, costringendolo ad alzarsi e, senza perdere tempo, se lo portò fuori a grandi passi. Il Weasley riusciva a starle dietro non senza inciampare qualche volta. A chiudere la piccola processione c'era il vampiro, che sembrava fluttuare a mezz'aria, con il mantello che si bombava e il cappuccio sceso sulle spalle.

Si ritrovarono nella Sala d'Ingresso, che era vuota.

Anna si fermò di botto e si girò verso l'amico, cercando e tastando sul suo corpo possibili ferite, sotto l'occhio divertito e al contempo vigile di Richard.

- Sembrerebbe che non ti ha lasciato alcuna ferita- disse un po' delusa la ragazzina.

- Cosa speravi di trovare?- insinuò allora Fred.

- Tu non capisci la gravità della situazione- affermò con voce ferma, guardandolo dritto negli occhi.

Fred si sentì in soggezione, guardato a quel modo da una ragazza poco più bassa di lui che aveva di colpo raggiunto e superato la sua statura.

- Di Silence Pickford sappiamo poco anche noi che stiamo a scuola con lei da più di un anno!- sbottò, sbuffando leggermente, tanto che i capelli che le incorniciavano il viso le si mossero leggermente - E' sempre stata molto schiva, e non si è mai avvicinata a qualcuno in modo da avere qualche amico. Di noi si è servita solo per i suoi giochi perversi!-

Fred fece un sorrisino a quell'aggettivo.

- Oh, non essere mono-neurone!- disse infuriata - Nel senso che ci tortura! Il solo che ci abbia mai parlato è stato lui- e indicò con la mano tesa il vampiro, che assisteva divertito alla "messa-in-guardia".

Si sentì d'improvviso chiamato in causa. Alzò le mani in segno di difesa.

- Ehi, non attaccatemi! Le ho parlato solo quando dovevo difendervi, dal momento che sono il più forte!-

Fred si fece serio.

- E con ciò? Non capisco dove vuoi arrivare...forse con me vuole essere amica-

- Oppure vuole usarti per qualche divertimento alla sua!-

Fred non sapeva bene cosa gli accadeva, ma sentiva una rabbia montare dentro di lui.

- Ti posso assicurare che non ha nulla di male quella ragazza! E' molto dolce, e non è affatto perversa o in qualsiasi modo tu stia cercando di ritrarla a me!-

- Ma- intervenne Richard, facendosi avanti, fiutando la pericolosità per l'aria - c'è qualcosa che non ti convince....vero?-

Lo guardò con sguardo penetrante, e Fred sentì la sua volontà appiattirsi, ed insieme ad essa, anche la sua rabbia.

- Ho solo sentito che a volte la mia volontà era come manovrata da qualcun altro-

Anna guardò severa lui e lanciò uno sguardo timido ma serio a Richard, arrossendo leggermente quando vide il vampiro ricambiarle lo sguardo.

- E' questo che sto cercando di dirti- rispose piano Anna, respirando a fondo - Molti di quelli che si sono ritrovati in infermeria, ricordano solo di essere stati "chiamati" da Silence Pickford, e che avevano sentito il loro io annullarsi.-

Fred la guardò con i suoi occhi azzurri.

Abbassò le palpebre e inspirò forte. Quando le alzò, poggiò le sue mani sulle spalle dell'amica e sorrise.

- Tranquilla, Anna, io faccio solo quello che voglio io-

La ragazza lo guardò, trattenendo il fiato.

Schiuse le labbra e iniziò a cantare.

Era una canzone antica, forse una vecchia ballata, ma l'atmosfera attorno a loro era chiaramente meno tesa.

Fred sentiva come un peso che gli gravava sulle spalle che gli veniva tolto con gentilezza. Riusciva a respirare meglio e più facilmente, e tutto intorno sembrava che splendesse il sole. Non se ne importò dell'imprecazione che diede Richard, che subito si coprì con il cappuccio. Era ora sereno e felice.

Si ricordò, in quel clima di pace, che doveva scrivere al fratello in Inghilterra, e dare alla sua famiglia notizie.

Si allontanò dopo averli salutati, lasciando la pianista e il vampiro soli.

- Sei una bugiarda- disse il vampiro.

Anna guardò a terra e mise il broncio.

- No, ho solo reso meno densa l'aria qua intorno-

- Ma resti una bugiarda- affermò mettendole un braccio intorno alle spalle.

Avvicinò la bocca con i canini lunghi al suo orecchio.

- Mi piace...- sussurrò sensualmente.

Anna tremò e lo guardò di scatto.

- Come scusa?-

Sorrise, guardando le sue guance arrossarsi sempre più.

- Ci vediamo...- detto questo, Richard corse via così velocemente che sembrava essersi dileguato.

Anna rimase sola nella stanza, con il cuore che le batteva a mille, il viso in fumo e i pensieri confusi.

 

 

Fred stava camminando verso la guferia, ma più si allontanava dalla Sala d'Ingresso, più si ricordava di aver scritto al fratello e alla famiglia proprio il giorno prima. Corrugò la fronte e si voltò indietro, sentendo dei passi dietro di lui.

Riconobbe quella strana ragazza che stava con il fratello, che aveva lo sguardo fisso d'avanti a lui, e sembrava che non si fosse accorto di lui.

Camminava velocemente e sovrappensiero.

Fred decise di seguirla.

La guardava da dietro. Era poco alta, ma aveva dei grandi tacchi che la alzavano da terra. Camminava svelta e con ritmi cadenzato.

Guardava di tanto in tanto l'orologio. Era in quei momenti che non guardava di fronte a lei.

Si bloccò inavvertitamente, e Fred per poco non stava cadendo.

Si voltò di scatto e lo guardò corrucciata.

- Mi segui?- fece, con una risatina.

Fred si sentì con le spalle al muro. Una palla, e presto!

- Ma no...stavo andando...- si guardò attorno - dal preside, ma mi sa che mi sono perso...-

Che scusa idiota. Si sarebbe volentieri picchiato da solo.

La ragazza si portò l'indice sulle labbra.

- Mmm...se non sbaglio sta due piani più sotto-

Si stava voltando per andarsene.

- Dove vai tu, invece?- si informò Fred, leggermente. La guardò negli occhi, con sguardo da innocente.

- Cercavo tuo fratello. Per caso l'hai visto?-

Fred scosse la testa.

- No. E' da quel giorno che non ci vediamo- ammise.

Lei annuì.

- Beh, allora ci vediamo- e quasi scappò via.

Fred mise il broncio, e si avviò dalla parte opposta.

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Capitolo 10
*** Scoperta ***


scambio culturale

-cap 10-

Scoperta

 

 

Fred avrebbe tanto voluto capire cosa gli succedeva. Da un po' di tempo sembrava che avesse delle allucinazioni ovunque. Anna e Richard gli erano sempre vicini quando potevano. Naturalmente Richard indossava sempre il suo mantello con cappuccio, mostrando macabramente gli occhi gelidi e i canini sanguinosi. Anna invece se non studiava, pensava a tenere in ordine le mani, preoccupandosi di non avere le unghie lunghe, altrimenti non avrebbe potuto suonare.

Ma anche loro sentiva che gli stessero nascondendo qualcosa.

Anna aveva una voce stupenda, davvero melodiosa, come, si dice, quella delle sirene. Richard era sempre sulle sue e scompariva di tanto in tanto.

E da qualche tempo poi Silence non si faceva vedere.

L'ironia della sorte era quella, tra l'altro, che ogni giorno gli succedevano cose a cui non sapeva dare un senso.

Era un mago, e faceva parte del mondo del soprannaturale, quindi vampiri, licantropi, sirene e tutte le altre creature non gli facevano nulla, anzi lo divertivano, ma c'era qualcosa che aleggiava in quella scuola che non era normale neanche per i maghi.

Espresse questi pensieri sul suo diario personale, quello di viaggio, aggiungendo di voler capire qual era lo scopo per essere stato mandato lì.

Mentre scriveva, steso a pancia sotto sul letto, comparve nella stanza Richard.

- Ciao Fred - disse da dietro, facendolo saltare vistosamente.

- Richard! Che paura che mi hai fatto prendere!- disse, mettendosi a sedere. Nascose il diario sotto al cuscino e afferrò la bacchetta, mettendosela in tasca.

- Andiamo?-

- L'hai finalmente trovata?-

- Sì-

Fred si scambiò un sorriso complice col vampiro e scese dal letto.

Si avviarono lungo il percorso.

Era sera inoltrata, e i corridoi bui erano illuminati dalla pallida e tenue luce della luna.

Il rosso guardò il vampiro. Camminava tranquillo e sereno, senza il suo mantello perché era sera, con i capelli che gli ricadevano sulla nuca e sulla fronte.

Aveva finalmente trovato Silence Duncan nella sua stanza, dove c'era anche suo fratello Charlie.

Sorrise.

Aveva sempre saputo che qualcosa in quella ragazza non andava, e allora bisognava vederci chiaro.

 

Qualche giorno prima, Fred l’aveva vista aggirarsi sospetta da sola per la scuola e così decise di chiedere a Richard e ad Anna di fare una ricerca per lui.

Richard accettò senza troppe storie, ma fu Anna quella da pregare.

- No, no e poi no, Fred - continuava a dire – non è possibile pedinare una ragazza solo perché ti sta antipatica!-

Fred sbuffò.

- E’ perché ho dei sospetti- si difese.

- Beh, se hai dei sospetti, perché non lo fai tu?- sbottò.

- Ma perché voi conoscete meglio il castello,  conoscete tutte le scorciatoie e tutti i passaggi segreti-

Anna lo guardò incerta.

- Sì, Fred, ma non pensa che potremmo riuscirci. Ti credi che se scopriamo il suo “segreto” non cercherà di fermarci? E se ci proverà, non ci riuscirà?-

- No Anna - fece lui posandole sulle spalle le mani – siete forti. Voi ve la cavate sempre-

Anna lo guardò incerta, poi volse lo sguardo a Richard, il quale le mostrò il suo sorriso più bello, con i denti bianchi che si intravedevano. Aveva in tutto questo un’aria da volpe.

- Già, noi ce la caviamo sempre, Anna- aveva detto lui.

Si era così convinta.

Fred li guardò soddisfatto. E aspettò che si fossero preparati.

 

Richard quella sera stessa entrò nella stanza di Anna.

- Allora, mia piccola vipera, sei pronta ad andare?-

Lei lo guardò con aria superiore.

- mia piccola vipera?- ripeté accigliata – e da quando lo sono?-

- Da sempre- rispose lui avvicinandolesi.

Si mosse con grazia semplice e movimenti apparentemente lenti. In un attimo le fu accanto, sfiorandola con il suo corpo.

Con un movimento fluido, le portò una mano tra i capelli, sfiorandola.

Lei rabbrividì, e lui sorrise tristemente.

Era un ragazzo freddo e immortale, sedicenne per l’eternità, dannato e senza la possibilità di amare chi non era della sua razza. E con una voglia enorme di sangue.

Aveva gli occhi di lei inchiodati nei suoi. Sentiva sotto la pelle le vene pulsare per riportare il sangue al cuore, dove veniva poi ripompato in tutto il corpo. Vedeva le sue guance rosse e sentiva come il cuore pulsava più veloce del solito.

Schiuse le labbra e si avvicinò alla sua guancia. La sfiorò con le labbra. Portò una mano fredda sulla sua spalla, e la sentì rabbrividire. Lì, vicino al collo c’era un odore misto tra il suo profumo di pulito e di sangue.

Lei rimaneva in silenzio, nonostante Richard sapesse che aveva voglia di allontanarlo perché era troppo freddo.

Aveva proprio voglia di morderla e succhiare il suo sangue, ma doveva resisterle. Era una tentazione per cui non era ancora giunto il tempo.

A meno che…

Leccò il suo collo.

Fu come se la ragazza si risvegliasse. Con uno scatto fulmineo lo allontanò.

- Non ti permettere di farlo più, vampiro. Ok?-

Richard rise divertito.

- D’accordo pianista- rispose.

- Muoviti- aggiunse.

Scese le scale, ma non aspettò tanto tempo perché la ragazza subito scese, portando sulle spalle uno zainetto molto piccolo.

- Che hai lì dentro?- chiese Richard.

- Nulla che possa interessarti- fece lei scorbuticamente.

Richard mise il broncio, e la guardò enigmaticamente.

Lei non si fece pregare, lo sorpassò e si incamminò.

Richard le fu subito accanto e la sentì sbuffare.

- Non capisco come ci siamo fatti mettere in questo pasticcio - si lamentò lei.

- Come, scusa?- rispose Richard, che non era attento a quello che gli succedeva attorno.

- Non sappiamo come è fatta quella tizia, sappiamo solo che si chiama Silence Duncan, e che sta con suo fratello. Poi nient’altro! Non abbiamo neanche un indizio!-

Richard rise, per poi avvicinarsi un po’ a lei.

- Non trovi che questa sia una bella sfida, pianista?-

Lei lo guardò ferita.

- Per niente, anzi la trovo una cosa davvero sciocca-

Ghignò.

- Non ti fa piacere stare con un bel ragazzo una notte intera?-

La vide arrossire alla luce della luna.

- No, per niente- rispose timidamente.

Camminarono tra i corridoi, senza vedere nulla.

Il corpo della ragazza profumava come una merendina al cioccolato davanti ad un bambino ghiotto. Lo tentava come non mai. Sentiva il sangue salirgli nei canini e la sete ardergli la gola. La saliva mancava e aveva le labbra secche.

Voleva bere, e lo desiderava subito.

Se avesse, però, bevuto dalla ragazza proprio ora, sarebbe stato un problema. Sarebbe riuscito a trattenersi quel tanto che bastava da non ucciderla? E sarebbe riuscito, una volta sentita la sua vitalità fuoriuscirle dalle vene, a non trasformarla in vampiro?

Quel sangue che le scorreva era davvero profumato.

Si leccò con la punta della lingua le labbra, si morse il labbro inferiore.

Doveva resistere.

Non poteva venire meno alla promessa che aveva fatto a se stesso. Non poteva tornare indietro. Non poteva eliminare quella vita debole al suo tocco. Aveva detto basta dopo quell’incidente, e ora non poteva ricadere di nuovo nella tentazione.

Ringhiò tra i denti, l’afferrò per le spalle e la sbatté contro il muro.

La guardava, con il petto che si alzava e si abbassava freneticamente.

In fondo, che problema ci sarebbe stato se ne avesse assaggiato giusto un po’? E poi era sicuro che fosse riuscito a resistere alla tentazione di prosciugarla.

Aprì la bocca, mostrandole i canini che brillavano alla luce lunare.

Lei cercò di dimenarsi, non facendo rumore.

Velocemente avvicinò i denti al suo collo.

- NO!- urlò lei.

Quel grido fu per lui come uno schiaffo in pieno viso.

Si ritirò prima di poter premere i canini e squarciarle la pelle.

La guardò e fu stupita di vederla impaurita, con gli occhi sbarrati e le labbra aperte, che sembravano ancora urlare il monosillabo di prima. Il suo respiro era affannato, lo sentiva sulla sua pelle. Era appiattita al muro, lungo il quale scivolò poi.

Richard si vergognò per quello che aveva fatto. Stava cedendo alla tentazione, e si era ripromesso di non farlo.

Con mani tremanti, Anne cercò disperatamente la sua borsa, che le era caduta di lato, e vi infilò metà braccio. Cercò rapidamente qualcosa, poi estrasse una vaschetta di plastica e la porse tremante al ragazzo.

Lui era atterrito.

Vide quel sangue rosso scuro che danzava nella busta in una danza macabra. Afferrò la busta con forza, la squarciò e bevve voracemente.

Sentiva il sangue scorrergli in gola, e disperdersi in tutto il corpo, appagandolo a poco a poco.

Beveva senza sosta. Si rendeva conto che mai avrebbe potuto salvare la ragazza. Con il sangue beveva la sua forza. La gola non gli ardeva, e il sangue della ragazza odorava sempre, ma riusciva a opporsi.

Un rivolo di sangue gli scorse dalle labbra e scivolò lungo il mento e il collo diafano.

Smise di bere solo quando ebbe svuotato tutta la vaschetta. Si pulì con il polsino bianco, sporcandolo di rosso.

Vide la ragazza che mangiava aria avidamente e si sentì un mostro.

Aprì la bocca per parlare, ma sentì dei passi in lontananza.

Si mosse così velocemente e afferrò tra le braccia Anna e si nascose dietro una porta, socchiudendola.

Se vi fosse stato qualcuno, non avrebbe visto niente, solo l’aria che si spostava rapidamente.

Premette la mano sulle labbra della ragazza, per non farla urlare. Si appiattì con lei al muro, coprendole il corpo con il suo.

Tese le orecchie e ogni muscolo del suo corpo.

I passi passarono oltre la porta socchiusa senza arrestarsi o rallentare. Richard sfilò via e scivolò oltre la porta con silenzio incredibile. Sembrava che non camminasse.

Guardò Anna e le sorrise.

- Chi era?- chiese la ragazza, scossa dagli ultimi avvenimenti.

- Il nostro agnellino, pronto per essere sacrificato- rispose soddisfatto prendendola in braccio dopo averle fatto segno di tacere.

Insieme, stretti in quell’abbraccio, si diedero alla corsa dietro la ragazza che era passata.

Nonostante corresse così velocemente da non vedere nulla se fosse stato un essere umano, riusciva a distinguere chiaramente la forma della ragazza brunetta.

Il suo passo era teso, quasi impaurito.

Che li avesse percepiti?

Impossibile, si disse Richard, era stato silenzioso come un’ombra al buio. In sostanza inesistente per lei. Si augurava solo che Anna non dicesse nulla.

Abbassò lo sguardo e la vide rannicchiata al suo petto, con gli occhi chiusi.

Sorrise divertito un po’ soddisfatto, e prestò tutta l’attenzione alla ragazza.

Ad un certo punto sparì oltre un muro e rallentò. Posò a terra Anna, accarezzandole i capelli.

- Stai bene?- si preoccupò, guardando la parete, quasi avesse paura che scomparisse.

- S-sì – sentì balbettare la ragazza.

Si alzò e toccò il muro.

- Che fai?- sentì da dietro.

Anna si era alzata e gli si era avvicinato.

- Duncan è passata per di qua-

La ragazza italiana si fece largo e tastò la parete.

- Questa è magia- decretò.

- Ma va!- constatò lui – a questo non c’ero arrivata-

Lei lo ignorò.

- Caccia la tua bacchetta, Richard, abbiamo una magia da fare-

Richard sbuffò.

- Guarda che l’avevo capito, ma vorrei scoprire di che si tratta-

- Ok, sta’ a guardare- rispose semplicemente lei e fece un movimento con la bacchetta davvero complicato. Sussurrò qualche parola in latino perfetto. La parete rimase dov’era.

- Entra- disse.

Lui la guardò incredula.

- Cosa?-

- Vai. Il passaggio si richiude dopo una sola persona. Se passo io, tu non passeresti, non saresti in grado di farlo- spiegò.

Lui stava per replicare, ma lei lo afferrò per un braccio e lo fece passare.

Lei lo seguì poco dopo.

Di fronte a loro si estendeva una stanza alta e spaziosa, piena di specchi.

- Non sono specchi normali- fece lei, assottigliando lo sguardo.

Lui annuì.

- Sono specchi d’acqua-

In effetti quegli specchi non erano specchi normali. Sulle loro superfici c’erano dei cerchi concentrici che si formavano al loro passaggio.

- Mai visto nulla del genere- esclamò stupita lei, attenta a dove camminava.

- Non cadere in questi specchi, non toccarli e non sfiorarli- la mise in guardia lui – non mi convincono per niente.-

- Non c’eri bisogno che me lo dicessi tu di stare attenta- battibeccò lei.

Sbuffò, Richard, e pensò che fosse meglio non risponderle.

- Chissà però…-

La vide allungare una mano.

- No!- la bloccò appena in tempo.

Si guardarono con uno sguardo indecifrabile.

Lui le fece un sorriso sghembo.

- Non costringermi a salvarti, ti innamoreresti di me-

Lei gli toccò il petto, tentando di farlo arretrare.

- Non farmi ridere!- rispose – Non potrei innamorarmi di un pallone gonfiato come te-

- Ah no? Eppure…- le fece scivolare una mano dietro la schiena e l’avvicinò – mi sembra che tu ti fossi già innamorata abbastanza di me-

Stava per replicare quando udirono un urlo sovrumano, e uno strappo tremendo.

Corsero, seguendo l’eco dell’urlo che avevano appena ascoltato.

Quegli specchi di certo non aiutavano. Stavano per cadere un paio di volte. Guardarono in cielo, ma non era un soffitto normale.

Vedevano ovunque la loro immagine, senza che fosse reale. Spesso si chiedevano se loro stessi erano reali.

Finalmente notarono una strisciolina dorata sulla base degli specchi, e la seguirono.

Arrivarono di fronte ad una porta.

Nel frattempo non si udiva più nulla.

Anna allungò presto la mano verso la maniglia, ma la ritrasse velocemente. Vi soffiò sopra e la agitò più volte.

- Scotta!- si lamentò.

- Aguamenti- recitò il vampiro con la sua bacchetta, e forzò la porta.

Con la sua forza sovrumana riuscì a forzarla.

Spalancata, dava ad una stanza. Su un letto era steso un ragazzo rosso. Apparentemente dormiva.

Richard prese una mano ad Anna e si intrufolarono nella stanza.

Tutto quello che c’era, era tappezzato da stoffa nera. I mobili erano scuri, e le candele, che galleggiavano a mezz’aria, illuminavano la stanza con la loro fiamma tremolante.

Non c’era nessuno oltre al ragazzo che dormiva.

- Dev’essere il fratello di Fred - ipotizzò lei.

- Sicuro- rispose lui andandogli vicino così velocemente che Anna non lo vide camminare.

Richard si piegò su di lui, sentì l’odore del sangue che pulsava.

- E’ vivo-

Anna annuì. Si accovacciò e prese la sua borsa. Vi tuffò il braccio e ne estrasse un flauto.

Iniziò a suonare.

Una melodia dolce e solitaria si diffuse per la stanza.

Richard tese i muscoli e vide Charlie aprire gli occhi e mettersi a sedere.

Guardò Anna, che guardava il rosso negli occhi.

- Sono Charlie Weasley - rispose lui ad una domanda muta.

- Il mio lavoro è allevare draghi in Romania. Incontrai Silence Duncan. Non so chi sia.-

Il rosso chiuse gli occhi e tornò steso.

Richard la guardò e le sorrise.

Attese che finisse di suonare e poi le volse una domanda.

- Hai impiegato più tempo del solito, Anna, come mai?-

Lei gli fece una linguaccia.

Ripose il flauto nella bisaccia e si volse al vampiro.

- Era già sotto imperius.-

- Scherzi?- fece lui, avvicinandosi a lei.

- Per nulla- rispose irritata lei.

- Sei stata brava- si complimentò.

Anna arrossì e le sorrise dolcemente.

- Grazie, ma non è merito mio. Senza di te non saremmo arrivati qua-

Lui le accarezzò il collo, e la vide tremare e irrigidirsi al tempo stesso. Abbassò la testa, e fece sfiorare le loro labbra. Gliele leccò con la lingua, e si allontanò.

Lei era rimasta con gli occhi chiusi e le labbra semiaperte. Alzò piano le palpebre e ingoiò la saliva.

Lo guardò con lussuria.

Richard era divertito. In fondo la ragazza non era male.

- Piuttosto- fece lei, interrompendo quel momento, in cui si era creata della tensione – di chi era quella voce?-

- Di Silence- rispose il vampiro.

- E tu che ne sai?-

- Era chiaramente una voce di donna.-

Si guardarono attorno, ma non videro nessuno.

- Forse sarà andata via- azzardò lei.

Lui annuì.

- Forse. E’ meglio cercare Fred, però.-

- Vai tu, ti aspetto-

Lui scosse la testa.

Non se ne sarebbe parlato neanche. Non poteva lasciare la ragazza in quel posto angusto. Inoltre da qualche parte si nascondeva quella tipa, e avrebbe potuto farle del male. Inoltre non bisognava dimenticarsi che in quella stanza c’era anche un ragazzo. Chi gli assicurava che quando si svegliava non era più sotto imperius, e l’avrebbe assalita senza mezzi termini?

- Non se ne parla. Per uscire di qui c’è quella parete, ricordi? Io non so con quale incantesimo si passa.- disse, ricordandosi anche della parete.

Anna sbuffò.

- D’accordo, però ti aspetto lì fuori, così vedo se torna.-

Richard le mostrò un sorriso sghembo, annuendo con il capo.

Ripercorsero il sentiero all’indietro, e finalmente uscirono.

L’aria che respiravano era più pulita e leggera rispetto a quella che avevano respirato in quel covo.

Lui la guardò e le sfiorò una mano.

Era liscia e calda, sotto la pelle poteva sentire le vene pulsare la sua vita. Sorrise triste. Anche lui avrebbe voluto una vita che poteva finire.

- Non ti far male, altrimenti non saprei come fare…- la mise in guardia, facendole l’occhiolino e scomparendo subito dopo.

Anna arrossì molto forte e poi si incamminò, cercando un nascondiglio non troppo lontano, per tenere d’occhio la parete.

 

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