Scambio culturale di rupertinasora (/viewuser.php?uid=32358)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** voglio andare via! ***
Capitolo 2: *** Allora, si parte? ***
Capitolo 3: *** Il viaggio ***
Capitolo 4: *** Benvenuto nella Strana Parata ***
Capitolo 5: *** Un pianoforte che suona da solo ***
Capitolo 6: *** Imboscata ***
Capitolo 7: *** E tu, che ci fai qui? ***
Capitolo 8: *** Sospettoso ***
Capitolo 9: *** sempre più smarrito ***
Capitolo 10: *** Scoperta ***
Capitolo 1 *** voglio andare via! ***
scambio culturale
-
-Capitolo 1- Voglio andare via!
Dedico questo capitolo a me stessa, sperando che
riuscirò a studiare fuori.
L'ultima cosa che poteva interessare a Fred Weasley era
un'altra gira scolastica a quella cavolo di Hogsmeade, dove andava ogni santo
giorno. Lui aveva bisogno di svagarsi, cazzo! Non poteva marcire per l'eternità
dei suoi bellissimi ed elegantissimi 16 anni tra Hogwarts e hogsmeade.
Decise quindi di chiedere alla
McGranitt dello scambio culturale.
- Signor Weasley, per l'eventuale
scambio che avevamo in mente, lei dovrebbe studiare per riuscire a passare i
test, e le giuro che vi parteciperanno tutti i più bravi studenti di questa
scuola.- aveva affermato quella vecchia megera.
Cosa voleva insinuare? Che Fred non
avesse le capacità giuste per poter partecipare a quello scambio culturale? No,
impossibile, lui ci sarebbe dovuto riuscire.
Si sedette a peso morto su una
poltrona rivestita di stoffa rossa, comoda, davanti al
camino.
Una testa rossa, che l'aveva visto,
gli si era avvicinato e si era seduto a gambe incrociate davanti a
lui.
- Allora, fratello, che ha
detto?-
Fred guardò la faccia del gemello e
fu come se si stesse specchiando. Stessi occhi verdi, capeli rossi lunghi
gettati alla rifusa sulle spalle, naso dritto e suardo
birichino.
- Che è una che avrebbe tanta voglia
di farselo mettere dietro, fratello- disse con un ghinetto divertito, che vide
subito spuntare anche sul viso dell'altro.
-Chi ha voglia di farselo mettere
dietro?- chiese una voce dietro di loro.
Fred alzò la testa e vide il
fratello più piccolo che, incuriosito, si era avvicinato ai due
fratelli.
- Oh, Ronnie, ciao...- biascicò
George alzandosi e andando a mettergli la mano sulla spalla. -Vieni vieni...così
impari finalmente qualcosa, perchè se aspetti alla Granger, hai voglia di
aspettare!-
I due gemelli ghignarono
divertiti.
Ron alzò un sopracciglio, ma si
sedette accanto a loro.
- Allora, mi volete spiegare di chi
stavate parlando?-
George iniziò.
- Devi sapere, caro Ronald, che le
donne cercano sempre e solo una cosa...-
- Sai dire cosa?- chiese Fred,
finendo la frase del gemello.
- L'amore?- rispose Ron,
titubante.
I gemelli si scambiarono una veloce
occhiata.
- Oh, povero
piccolo....-
- allora
proprio...-
- no, non lo sa, ma
come...-
- eppure credevo che con
Hermione...-
Ron li guardava girando la testa,
una volta l'uno, una volta l'altro, ma più si girava e si concentrava a doversi
girare ad ogni cambio di battuta, più il suo cervello si impappinava su quelle
semplici cose basilari.
-Oh insomma!- sbottò infine -Se non
è quello che ho detto, ditemela voi la soluzione!-
Fred lo prese per le
spalle.
- Sei sicuro, amoruccio della mamma-
e scimmiottò la signora Weasley.
- ...patatino mio- continuò
l'altro.
- Oh, avanti!- disse Ron, al limite
della sopportazione
George fece agitare la bacchetta
creando il suono di un rullo di tamburi.
- Ma il pesce naturalmente!- esclamò
alla fine Fred.
Ron lo uardò con un sopracciglio
alzato, non riuscendo a capire.
- Il pesce? Eppure alcune di loro
preferiscono la carne, o i latticini...ma il pesce, proprio non saprei...- fu la
brillante uscita del più piccolo.
I due più grandi si guardarono e
iniziarono a ridere a crepapelle, piangendo a tratti.
- Dai Ronald! Non puoi essere così
scemo...-
- I latticini...questa è
buona!-
Ron continuava a non
capire.
George lo scosse
violentemente.
- Il sesso, fratello, il sesso.
Questo vogliono!-
Ron si raddrizzò e spalancò gli
occhi, facendo una smorfia con le labbra.
- Davvero???- chiese
incredulo.
Fred si alzò.
- Basta, questo è troppo! Persino la
Lovegood avrebbe capito-
George lo
imitò.
- Si, corriamo via prima di esserne
infettati-
Ron li guardò andare via. Era sempre
stato convinto che alle donne importasse solo l'amore, che comportava il sesso.
Ora non riusciva a capire come fosse diventato il
contrario.
Scosse la testa e fece
spallucce.
- Donne e tempi...cambiano alla
velocità della luce- fu la sua brillante uscita.
Poi finalmente capì cosa avesse
voluto dire Fred con "il pesce". Divenne tutto rosso, tanto che la faccia
sembrava una pluffa tremendamente tonda, e, sconvolto, cercò Harry per
riferirgli la sua grande scoperta.
Ma tornando ai due gemelli, bisogna
dire che erano molti uniti, vero, ma George non era mai stato attratto da questo
scambio culturale, anche perchè la sua Helen non avrebbe potuto vivere senza di
lui.
Helen Edgar era una fanciulla
graziosa di un anno in meno a lui, di Tassorosso, che quando camminava sembrava
che volasse da terra.
Ritornarono al discorso che avevano
preso prima, e Fred gli rivelò tutto quello che la McGranitt gli aveva
detto.
- Accipicchia!- esclamò l'altro -
Questa proprio non ci voleva...dovrai studiare un po'-
Fred scosse la
testa.
- Quello che mi preoccupa non è
studiare, è sapere se la Granger vuole partecipare a questo
scambio.
- Ma scusa, Fred, non si sa quanto
devi stare, quando devi partire, e , cosa più importante, dove devi andare- gli
fece notare lui.
- Ovunque, purchè mi faccia la
testa. Non ce la faccio più di tutte queste gonnelline verdi, rosse, blu e
gialle che svolazzano ovunque, di ragazzine che si danno facilmente e di tutto
l'ambiente, pieno di presunzione e ignoranza...-
George lo guardò come se stesse
bestemmiando.
- E perciò vuoi partecipare a questo
scambio? Ma perchè non fai uno scambio culturale con la Abott, che ti
guarda sempre come se le stesse uscendo qualcosa appena ti
vede.-
- Ancora?- chiese spazientito il
gemello - Ti ho detto che ne ho abbastanza!-
- Fratello, non è che sei gay?- si
preoccupò mettendogli una mano sulla fronte -Ti prego, torna in
te!-
Fred si alzò e strinse i
pugni.
- George!- chiese
disgustato.
Poi fece gli occhi a cerbiatta e con
voce femminile gli disse:- Caspiterina, birbantello, come l'hai capito? Adesso
vieni qui dalla tua polpettina...- e gli si buttò addosso, cercando di baciarlo,
ma quello si muoveva e cercava di toglierselo di dosso.
Hermione, che era appena entrata
nella sala comune, si girò verso l'angolo da dove provenivano i rumori di una
lotte e vide un Fred Weasley avvinghiato ad un George Weasley che cercava di
sfuggire ai baci del fratello.
Rimase lì impalata con gli occhi
sbarrati di terrore, disgusto e chi più ne ha, più ne
metta.
- Ma insomma!- esclamò indignata,
guardandoli dall'alto in basso (veramente solo in basso dato che stavano
sdraiati per terra)- Non vi vergognate? Se proprio non ci riuscite, a
trattenervi, andatevene nel dormitorio!-
I due gemelli la guardarono e Fred
si alzò. George lo imitò e lo guardò per un attimo.
- Sai- iniziò- che ti sei fatta
proprio una bella ragazza Granger?-
Hermione distese il viso, senza
cascarci del tutto.
- Già, già...- disse Fred
avvicinandola e cingendole le spalle con un braccio. -Che ne diresti se noi
tre...?- e indicò i tre.
- Sì, dai, Granger. Ti insegneremo
cose che le tue amichette nemmeno si immaginano. Ti devirtirà,
dai...-
- E ti piacerà
soprattutto-
Hermione li guardò con disgusto e si
liberò dalla stetta di Fred.
- Andate a fare in culo, entrambi
voi, pervertiti!- e scapò via, avvicinandosi a Ron.
I gemelli continuarono a
sghignazzare.
- Dai, Fred, non
andare-
Fred guardò l'altro rosso, scuotendo
la testa.
- Non è sicuro...devo prima passare
il test.-
Detto questo, lasciò al gemello il
compito di chiedere ad Hermione se partecipava allo
scambio.
Intanto scese giù e controllò ancora
una volta la lista. Nessuno aveva dato ancora la propria partecipazione. Fece
spallucce e prese la penna d'oca che stava appesa lì accanto. Posò la punta sul
foglio immacolato e tracciò le lettere del suo nome. Come d'incanto,
l'inchiostro scese da solo dalla penna sul foglio.
Frederick
Weasley.
Questo l'unico nome che si vedeva in
cima alla lista.
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Capitolo 2 *** Allora, si parte? ***
-capitolo 2-
Allora, si parte?
Quando è stata l'ultima volta che i
draghi hanno attaccato un villaggio babbano?
Fred guardò più volte quella domanda
e si chiese cosa possa interessare ad uno che va all'estero dei draghi. Nemmeno
stesse facendo richiesta di andare in Romania.
Con tutto il cuore sperò di non
dover andare in Romania.
Si guardò attorno e vide tante
ragazze, dalle gonne troppo corte, nonostante il secondo trimestre sia già
iniziato da un po', intente a scribacchiare sui fogli.
Guardò di nuovo il
test.
Aveva studiato, e il gemello l'aveva
diseredato.
- No...fratello, no! Non starai per
caso studiando?- chiese con le braccia che arrivavano a terra. Se non le avesse
avute attaccate al corpo, probabilmente le avrebbe perse quando era entrato in
biblioteca e l'aveva visto con il capo chino su una montagna di
libri.
Accanto a lui, a un metro circa alla
sua destra, c'era una ragazza che si era girata verso di lui, masticando una
gomma, che si girava una ciocca di capelli tra le dita.
Fred scosse la testa. Ancora una
volta aveva pensato di aver fatto bene a fare quel test.
Più volte andò in cerco della
Granger, ma non la vide.
Il tempo scadde e Vitious ritirò i
fogli con un incantesimo. Alcune ragazze tentavano di tenerlo a sè, per scrivere
delle altre cose, ma quelli se ne scappavano via. Ad una ragazza s'era persino
rotto.
"Fuori uno" pensò con un ghigno
felice.
Ora doveva solo pregare che andasse
tutto bene, altrimenti avrebbe dovuto corrompere la McGranitt per farlo
andare.
Uscì e incrociò lo sguardo del
fratello che stava annoiato seduto a terra.
Passò una bella ragazza e lui si
abbassò per vederle sotto la gonna. La ragazza si lamentò e scappò via. Fred
prese la bacchetta e per magia la gonna s'alzò, mostrando a tutti delle
graziosissime mutandine rosa con una farfallina sul
didietro.
George si alzò e gli diede il
cinque.
- Ma questo non basta di certo per
farti perdonare dal fatto che te ne andrai tre mesi fuori-
Fred smise di
sorridere.
- Basta ora. Lo sai come la
penso-
George sbuffò e scimmiottandolo
disse: -Sono stanco di tutte queste gonnelline...-
Si guardarono e Fred toccò il sedere
ad una ragazza di Corvonero che passava di lì. La ragazza non disse niente, si
limitò ad andarsene dopo avergli dato unocchiata e fatto
l'occhiolino.
- Intanto però...- fece il fratello
annuendo dietro al didietro danzante della ragazza.
- Sono stanco, George, non gay!-
disse esasperato Fred.
- E certo...si è visto da come mi
sei saltato addosso l'altra sera...-
Entrambi risero e incrociarono Harr,
intento ad inseguire Ginny.
- Ehi, Ginny!
Aspettami!-
George lo fermò posandogli una mano
sul petto.
- Ehi, ehi...non la
starai...-
-...facendo
soffrire...-
-...di nuovo-
finirono la frase l'uno per l'altro.
Questo li faceva divertire tanto.
- Ma no, ma no...- disse Harry
arrossendo tutto. Scosse la testa e siggagiustò gli occhiali che gli erano scesi
sul naso.
- E allora perchè questo?- chiese
Fred.
- Già, perchè le correvi dietro come
se stesse fuggendo cibo dal piatto di un affamato?-
Il moro li guardò
stralunato.
- Non sono affamato!-
sbottò.
Fred alzò gli occhi al
cielo.
- Era una metafora, Potter!- sbottò
spazientito.
- Sìsì- rispose Harry alzandosi e
cercando di individuare di nuovo la fanciulla. - Uffa! Me l'avete fatta
perdere!-
I gemelli si scambiarono un'occhiata
furba.
- Sappi Potter, che se non la tratti
bene...- iniziò George.
-...ti offriremo come cena al gruppo
di ragni giganti.- finì Fred.
- Già, come se uno con la fobìa dei
ragni non bastasse- constatò il primo, iniziando a ridere. Subito il secondo gli
fu dietro.
Potter li lasciò ridere e corse in
direzione nella quale aeva visto sparire la ragazzina.
Pix, il polterguest, si trovava a
svolazzare per di lì.
- Ragazzi!- esclamò con quella sua
facciona verde. - Avete perfezionato le pillole
sparapeti?-
- Mah, non ancora Pix...- lo informò
George e giù in una lista di esperimenti al riusciti dall'odore
disgustante.
Mentre ridevano del fatto che
Neville è rimasto per un giorno intero a fare puzzette dalla bocca, conil
brillante risultato che nessuno gli si avvicinava se non munito di una pinza sul
naso, la profesoressa McGranitt si avvicinò ai gemelli.
- Ignorerò i vostri racconti...-
iniziò ottenendo la loro attenzione.
I rossi si voltarono atterriti e Pix
volò via a dar fastidio alle ragazze, tirando loro i capelli e facendo scherzi
di poco gusto.
-Signor Weasley, devo parlarti, e
tu, signor Weasley- aggiunse rivolgendosi altera all'altro gemello - sei
desiderato dalla profesoressa Sprite. Di preciso non so cosa vuole- rispose ad
una domanda che presto si sarebbe fatta spazio tra le labbra semichiuse del
gemello- ma ha qualcosa a che fare con delle piante bruciate e un olezzo
tremendo-
I Weasley si scambiarono uno
sguardo. Proprio poco prima avevano fatto esercizi delle pillole sparapeti nella
Serra numero 2, e George le aveva testate su di sè.
Per poco non scoppiarono a
ridere.
La McGranitt rivolse loro
un'occhiata sospettosa che li fece ammutolire all'istante. Se mai avesse ficcato
il suo nasone tra i loro fatti, certamente li avrebbe esclusi e, cosa più
raccapricciante, avrebbe sequestrato loro ogni prodotto Tiri Vispi
Weasley.
Fred fece un passo verso l'anziana
signora che, con i capelli legati in una crocchia e il viso rugoso, si voltò di
spalle e gli fece strada fino al suo ufficio.
Come al solito, il fulvo lo trovò
pieno di tomi poco impolverati sui grandi scaffali sulle pareti e numerose
candele che fluttuavano a mezz'aria. In tutta la stanza, ordinata e pulita, vi
era un odore di incenso. Subito notò un rametto che si consumava emanando un
profumo rilassante.
Si accomodò davanti al camino che
era acceso, nonostante non facesse così tanto freddo come al solito, su una
delle due poltrone in pelle nera di Le Corbusier; sull'altra si sedette la donna
anziana che, nonostante l'età, era ancora bella e
autoritaria.
Fred pensò che quando faceva sesso,
stesse sopra. Subito si rese conto di cosa stava pensando e si concentrò sul
perchè l'aveva convocato, evitando di andare avanti con i pensieri e pensare
qualcosa di poco conveniente e pulito.
La McGranitt fece un leggero
movimento con la bacchetta e apparì sul tavolino che li divideva una teiera con
due tazzine. La professoressa si mise un paio di cucchiai di zucchero nella
tazzina di porcellana fine decorata con un motivo floreale, versò del thè, che a
giudicare dall'odore era thè verde, e infine si versò del latte. Girò con un
cucchiaino d'acciaio graziosamente lavorato e nebevve un
sorso.
Invitò il ragazzo ad imitarla ma lui
negò ringraziando. Non disse altro, anche se era davvero ansioso di sapere
perchè si trovava lì a prendere una tazza di thè con la sua insegnante di
Trasfigurazione come se fossero amici da tempo.
La donna finì di bere un secondo
sorso, si portò la tazzina in grembo e lo guardò seria.
- Signor Weasley, le devo dire che
sono davvero esterrefatta da quello che ha fatto. Poche persone vi avrebbero
pensato...- il suo tono era duro e l'espressione fissa su di
lui.
Il fulvo cercò di ingoiare la
tensione senza far rumore. Possibile che la prof avesse scoperto dei prodotti
illegali suoi e del fratello? Se davvero così era, si sarebbero trovati in un
gran pasticcio. Era sicura che fosse stata la Sprite a spifferare
tutto.
Iniziò a sudare freddo quando la
donna lo guardò torva da sopra gli occhiali.
- Sono davvero fiera di te, Weasley-
affermò.
Fred per poco non cadde dalla
poltrona quando la sentì pronunciare quelle parole.
Fiera di lui? Com'era possibile?
Creare prodotti per spillare soldi agli studenti era una cosa di cui andare
fieri? D'accordo, lui e il fratello non vendevano cose difettate, ma era pur
sempre una specie di frode, poichè erano illegali all'interno dell'istituto.
Come era possibile?
Aveva per caso, la McGranitt, fumato
un po' di erba magica? Magari una foglia strappata dal fusto di piante
carnivore. Forse aveva semplicemente gettato la testa nella bocca di un ragno
gigante e questo le aveva fatto perdere qualche rotella per la
paura.
- Hai superato il test, anche se di
poco...c'è stato quasi un testa a testa, ma confidavo in te. In fondo sei sempre
stato un ragazzo da brilanti capacità- continuò lei.
Tutto fu più chiaro nella mente del
ragazzo. Aveva superato il test, e questo lo doveva far catapultare all'estremo
della gioia, ma non aveva tenuto conto che sarebbe partito senza il gemello.
Avrebbe potuto lui, Fred Weasley, abbandonare il fratello dopo tante
avventure?
Ringraziò la McGranitt con quella
che non era propria definire un'espressione felice e si
allontanò.
Ce l'aveva fatta. Aveva superato il
test, dopo giorni e giorni passati a studiare.
Ma ancora non sapeva dove era
diretto.
Fece dietrofront e bussò forte alla
porta dell'ufficio dell'insegnante di Trasfigurazione. Aveva il cuore in gola
per l'emozione.
Dopo aver ricevuto il permesso, aprì
la porta e la vide in piedi, con una mano sul muro che sopra il camino e il viso
rivolto alla porta.
- Sì?- chiese con espressione
enigmatica.
- Mi scusi professoressa, non mi ha
detto dove sono diretto...-
La donna anziana sorrise e tutte le
rughe del viso si contrassero.
- Sarà una sorpresa, Weasley,
intanto prepara le valigie per il fine settimana.-
Fred ringraziò e si chiuse la porta
alle spalle.
Aveva completamente il viso
infuocato per la curiosità.
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Capitolo 3 *** Il viaggio ***
-capitolo 3-
Il viaggio
George aveva spalancato la porta dell'aula di Trasfigurazione mentre la
professoressa McGranitt stava spiegando come trasformare un lampadario in
uccello.
Tutti si voltarono verso il fulvo che si era catapultato all'interno della
grande stanza e che stava avanzando a grandi passi verso la professoressa. Il
silenzio era piombato tra gli alunni.
La donna anziana, ancora con la bacchetta a mezz'aria lo guardò stranito.
- Sì, Weasley? Ti serve qualcosa?- chiese cordialmente.
Ron, che si trovava tra gli alunni presenti, ascoltando le parole della
professoressa pensava che si stesse riferendo a lui.
- No, professoressa- rispose.
Harry, seduto accanto a lui, gli diede una gomitata nel fianco. Per il dolore
si piegò ed andò a sbattere contro il banco con la fronte. Hermione si girò
verso gli amici e intimò loro di stare in silenzio.
- Ti serve qualcosa?- ripetè tranquilla la strega mentre si ritrovava il
gemello ad un centimetro dalla sua faccia che tremava.
- Certo!- sbraitò - Fred mi ha detto che ha passato il test, ma non sa quanto
deve stare e dove deve andare!-
La McGranitt abbassò la bacchetta e lo guardò tra le lenti dei suoi occhiali
da vista.
- Ebbene?- incalzò.
- Ebbene? EBBENE?!- saltò George facendo tremare alcune ragazzine - Dove s'è
mai vista una disorganizzazione tale? Davvero mi stupisco di Hogwarts, sta
cadendo così in basso...-
La donna sorrise dolce e gli mise una mano sulla spalla.
- Oh, non preoccuparti, Weasley, per tuo fratello. Vedrai che si troverà bene
per tre mesi in...- neanche ebbe il tempo di finire la frase che George la
interruppe senza educazione.
- Tre mesi? Tre mesi?- ripetè scaldandosi ancora di più. Tremava così tanto
che sembrava fosse in preda ad un attacco epilettico.
- Sì- rispose pacata la donna - tre mesi. Riesci a stare tre mesi lontano da
tuo fratello?-
George bloccò una risposta pungente. Cosa gli stava chiedendo? Lo stava forse
canzonando per l'attaccamento al fratello? Stava cercando di metterlo in
ridicolo davanti ad una classe di maghi e streghe più piccoli di lui?
Mai un'offesa tanto grande era stata mossa al ragazzo che, sdegnato, si voltò
e uscì a grandi passi dell'aula.
Fred stava gettando le ultime cose, con il cuore in gola per l'imminente
partenza. George era seduto a piedi del suo letto con il broncio.
- Non è giusto, avrebbero dovuto almeno dirti dove andrai- si lamentò per
l'ennesima volta.
Il gemello sospirò a fondo. Possibile che Goerge non riuscisse proprio a
farsi passare questa fissa?
- Se proprio non riesci a stare senza di me, perchè allora non hai fatto il
test con me? Se lo passavamo entrambi, potevamo andarci assieme- rispose
esasperato alzando gli occhi al cielo.
Posò il sacchetto di galeoni che gli spettavano guadagnati con la vendita di
alcuni prodotti "Tiri Vispi Weasley" in un angolino del baule.
Affondò la mano in quest'ultimo e ne estrasse un pacchetto tutto rovinato e
bitorzoluto. Lo lanciò al fratello.
- Tieni, un regalo per farmi perdonare la mia imminente partenza- spiegò allo
sguardo sorpreso del fratello nel momento in cui gli cadde in grembo quel
pacchetto malandato.
Lo aprì con vigore e rimase abbastanza sorpreso.
Tra le mani splendeva un portafotografia che cambiava forma e dentro una loro
foto, di qualche tempo fa. Erano nel giardino della loro casa e trattenevano,
l'uno per le braccia e l'altro per le gambe, uno gnomo vecchio e brutto che
cercava di divincolarsi.
Rimase letteralmente sorpreso, Fred lo vide bene. Sul suo volto c'era
meraviglia, ma anche gratitudine. Non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere
l'espressione del ragazzo che, d'un tratto, ritornò bambino.
- Grazie...- sussurrò senza togliere lo sguardo da quella foto.
Fred sorrise e fece spallucce.
- Mi fa piacere che mi abbia perdonato- ghignò chiudendo con uno scatto il
baule e prendendo la bacchetta.
George si accigliò all'istante.
- Quando mai ho detto che ti avrei perdonato?- chiese.
Fred rise. Si avvicinò al fratello e lo abbracciò. L'altro ricambiò
l'abbraccio, stringendolo forte.
Strinsero entrambi gli occhi, senza però saperlo, e ricacciarono le
lacrime.
- Promettimi che tornerai- disse subito il gemello costretto a rimanere ad
Hogwarts.
- Certo, George- promise lui - anche perchè poi chi se la sente mamma quando
saprà che sono partito. Sono sicuro che mi manderà una Strillettera nell'istante
preciso in cui lo verrà a sapere.-
Sciolse l'abbraccio e con la bacchetta fece levitare il baule. Afferrò
contemporaneamente il mantello invernale da viaggio, sicuro che dove sarebbe
andato gli sarebbe servito.
Insieme, i due ragazzi scesero le scale del dormitorio.
Nella Sala Grande trovarono una folla di studenti del Grifondoro, tutti tesi
per l'attesa del gemello.
Quando fece il suo ingresso dalle scale, era tutto strano. Anche le persone
che per tanti anni aveva tormentato, lo stavano salutando.
Una ragazza scura di pelle e con i capelli neri lunghi fino al gomito gli si
avvicinò.
- Oh, Fred.- disse triste gettandogli le braccia al collo e iniziando a
piangere.
Il fulvo ricambiò l'abbraccio e chiuse gli occhi. Riusciva a sentirne l'odore
che emanavano i suoi capelli, scuri come la notte fonda. La strinse a sè, con un
braccio che le cingeva i fianchi.
- Angelina, dai...non piangere, ti prego...- le sussurrò in un orecchio.
Lei tirò su con il naso.
- Scusa...- bisbigliò abbassando lo sguardo.
Fred le prese il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi.
- Fai la brava, Angie, che quando torno dobbiamo vincere la Coppa di
Quidditch- e le sorrise dolce.
Lei ricambiò il sorriso, lentamente sempre più ampio. Prima era solamente un
increspamento delle labbra, e poi un sorriso più calmo e disteso.
- Come faremo senza di te, Battitore?- chiese Harry dietro di lei.
Angelina lo ignorò altamente, continuando a guardare negli occhi il fulvo.
Nero pece che si diffondeva in una radura verde.
Lui alzò lo sguardo sopra la spalla della ragazza.
- Beh, saprò farmi perdonare al mio ritorno- ghignò.
Cinse le spalle della Cacciatrice con il braccio destro e se la portò con lui
e il fratello attraverso la stanza che pullulava di ragazzi impazienti di
salutarlo.
Arrivarono vicino a Ron e Hermione che, l'uno triste, l'altra un po' di meno,
li stavano aspettando vicino al buco del ritratto.
- Fratello...- disse Ron.
- Oh, Ronnie- fece lui stritolandolo con l'altro braccio. -Mi raccomando. E
fai ammenda di tutti i miei insegnamenti!- si preoccupò.
- Lasciami!- si divincolò lui. Si aggiustò la camicia, che si era alzata, con
un gesto stizzito. -Portami qualcosa dal luogo dove andrai.-
Fred spalancò la bocca.
- Ah! Allora non ti preoccupa che tuo fratello potrà andare in Africa e
venire sbranato dai leoni della savana-
- Almeno uno scemo in meno sulla faccia della terra ci sarà- rispose allegra
Hermione, speranzosa.
- Granger, ho un istinto di sopravvivenza che neanche tu davanti a Tu-sai-chi
potrai mostrare-
La ragazza riccia fece una smorfia. George era troppo abbattuto per
rispondere.
Angelina, al fianco di Fred, lanciò un'occhiataccia ad entrambi.
Ma i due non la contarono. Quello era il loro modo di volersi bene.
- Piuttosto Granger, attenta a Malfoy che, tra un po', si farà anche te-
ghignò.
Ron s'irrigidì all'istante.
- Se solo osa sfiorarla, lo stendo-
Fred e George risero di gusto. Hermione arrossì violentemente nel sentire
quelle parole.
- Con quelle braccette da femminuccia che ti ritrovi?- chiese ironico George,
riprendendo il suo umorismo.
- Senza contare che ha anche una forza da donnetta...- continuò Fred.
- E che ne dici della voce?-
- Già- e lo guardò di sbieco- soprattutto se il suo peluche preferito si
trasforma. Ancora sento quegli strilletti-
Ron si fece rosso, così tanto che temettero per un solo istante gli uscisse
il fumo dalle orecchie e dalle narici.
In fretta, Fred si intrufolò nel buco del ritratto, seguito dal suo baule, da
Angelina e, infine, a chiudere la fila, l'altro gemello.
Senza perdere quell'atmosfera allegra, arrivarono al Salone d'Ingresso, dove
la McGranitt, affiancata dal professor Silente, a destra, e da Hagrid, a
sinistra, lo stava aspettando.
- Bene Weasley, vedo che porti con te la tua corte- notò acida la donna.
Evidentemente doveva dirgli qualcosa che i due non avrebbero dovuto
ascoltare. Fred strinse ancora di più i fianchi della ragazza, annuendo.
- Mi accompagneranno fino all'Espresso- rispose lui, contrastandola.
Il professor Silente si mise tra i due, evitando alla McGranitt di perdere le
staffe.
- Sono spiacente ma non posso essere d'accordo, signor Weasley, perchè vi
sono delle cose di cui desidererei parlare solo con te. Per piacere- aggiunse
guardando i due Grifondoro che l'accompagnavano - potete lasciarci soli e
tornare a tranquillizzare i vostri amici che Fred Weasley vivrà
un'esperienza...magica- e sorrise, mentre gli occhi azzurri, che traboccavano di
preoccupazione e impazienza, spuntavano da dietro le lenti a mezzaluna.
I due annuirono.
Angelina posò un bacio sulla guancia a Fred e gli rivolse uno sguardo triste.
Lui gli sorrise tranquillizzandola. Il gemello gli portò una mano sulla spalla e
la strinse. Anche a lui rivolse lo sesso sorriso.
Dopodichè George e Angelina lo lasciarono solo con i tre professori.
Era un saluto triste per i tre ragazzi, perchè non sapevano se la loro vita,
con il viaggio di uno di loro, sarebbe cambiato. Cosa sarebbe successo se uno di
loro li avrebbe traditi?
Erano un grande trio. Si aiutavano a vicenda, e non riuscivano a fare a meno
l'uno dell'altro. Se, però, uno di loro avrebbe fatto una cosa che non era
approvata da tutti e tre, allora gli altri si sarebbero traditi. Ma sarebbero
stati in grado di perdonare? La risposta era affermativa.
Fred prese un bel respiro, sperando che quello stupido viaggio portasse
qualcosa di buono. Già li aveva traditi andandosene. Non voleva fare ancora
altro che li potesse allontanare ancora di più.
- Signor Weasley- riprese Silente, quando fu sicuro che i due fossero a
debita distanza -Nel luogo in cui andrà, si troverà di fronte a creature che
qui, solitamente, non si trovano. La prego, dunque, di fare davvero molta
attenzione. Alcune di queste creature non sono abituate a trattare con i maghi
di un certo livello- e lo penetrò con i suoi occhi azzurri, mentre congiungeva
entrambe le mani - per cui non si sa come potrebbero reagire. Ma se lei starà
alle regole della nuova scuola, allora non vi saranno problemi.-
Fred annuì, sicuro.
Quali creature così pericolose vi avrebbe trovato? Più che essere spaventato,
era piuttosto curioso.
La McGranitt gli si avvicinò di qualche passo.
- Bene, dopo che il professor Silente ti ha messo in guardia, ti devo dare
delle indicazioni. Andrai con Hagrid fino all'Espresso per Hogwarts. Uscirai
dalla stazione 9 e 3/4 di King's Cross e incontrerai Ninfadora Tonks che ti
scorterà fino al posto in cui dovrai arrivare. Arrivato a destinazione, Tonks di
condurrà dal preside. Mi raccomando, Weasley, facci fare bella figura- disse
altera.
In quel momento Fred si chiese dov'era finita quella professoressa che, solo
poche settimane fa, sembrava allegra e dolce. Forse era solo una sua
impressione. Ghignò. Immaginò che la donna stesse con Piton, e che lui non la
soddisfacesse più con le sue doti da seduttore. Trattenne a stento un sorrisetto
a quel pensiero.
Il mezzo-gigante gli si avvicinò e afferrò il baule che levitava ancora a
mezz'aria sotto il braccio, senza troppa difficoltà.
- Vieni, Fred- disse con quella sua voce burbera.
Il maghetto fece un mezzo inchino ai due professori e seguì, quasi
saltellando al limite della felicità, Hagrid.
Quando furono abbastanza lontani, il professor Silente affermò: - Spero che
non abbiamo sbagliato a mandarlo laggiù-
- Sai, Albus, a volte me lo dico anche io- rispose preoccupata la
professoressa, torcendosi le mani. -Con questo viaggio potrebbe cambiare
molto...-
- Io spero in meglio, Minerva- rispose calmo il preside, nonostante nei suoi
occhi traboccasse molta preoccupazione.
Hagrid e Fred attraversarono il grande giardino che separava il Castello
dalla Foresta, e poi costeggiarono quest'ultima. Stavano entrambi in
silenzio.
Fred era mangiato da mille domande.
Infine si decise a chiedere qualcosa al guardiacaccia.
- Dove devo andare, Hagrid?-
Perso nei suoi pensieri, il mezzo-gigante neanche lo sentì.
Fred decise di ripetere a domanda, scuotendogli il braccio. Hagrid fu
riportato alla vita reale, lontano da tutti i suoi dubbi.
- Mi spiace, ma il professor Silente mi ha proibito di dirtelo- rispose
cupo.
- Ma...perchè? Ormai ho già scelto di andare, almeno posso saperlo? Non mi
tirerò indietro- disse il ragazzo mettendo il broncio.
Hagrid gli lanciò un'occhiata di sfuggita e poi sospirò così forte che
sembrava si fosse alzato il vento.
- Se te lo dico, prometti che non farai niente? Non lo dirai a nessuno?-
Fred annuì, cercando di tranquillizzarlo.
- Prometti...- disse Hagrid, irremovibile.
- D'accordo...promesso- rispose lui un po' esasperato.
Perchè tutta quella segretezza?
- Stai per andare in Italia, nell'unica scuola di Magia e Stregoneria di
tutta la penisola-
Fred alzò un sopracciglio.
- In Italia? Perchè così lontano?- chiese ancora.
Il mezzo-gigante fece spallucce.
- Non ne ho idea...-
D'un tratto si fermò. Fred comprese di essere arrivato a destinazione. Lì le
loro strade si sarebbero divise.
- Spero che questi tre mesi passeranno in fretta...- sussurrò aprendo uno
sportello del treno rosso.
Fred si chiese ancora il perchè di tutta quella preoccupazione. Era l'unico
ad essere elettrizzato per quella partenza?
Entrò nella carrozza e la porta si chiuse dietro di lui.
- Hagrid...- disse facendo uscire la sua testa dal finestrino del treno -dì a
Ron di avvisare mamma da parte mia-
Lo salutò, mentre il piccolo gigante annuiva. Tornò a sedersi comodo e prese
un quaderno che gli aveva regalato il fratello qualche giorno prima, intinse
nell'inchiostro una piuma e iniziò a tracciare delle lettere.
Primo giorno di viaggio erano le prime parole con cui iniziava quel
quaderno.
Sto qui sull'Espresso per Hogwarts, che in questo caso si dovrebbe chiamare
Espresso per Londra. E' un viaggio in treno non-stop fino a quando non
incontrerò Tonks.
Tutti sono stati così assurdamente misteriosi sul luogo della mia partenza,
che poi, a detta di Hagrid, è l'Italia.
Cosa c'è di tanto terribile nella parola di quel luogo? Di cosa hanno paura
tutti che incontrerò? Dato che starò in una scuola di Magia e Stregoneria, non
penso che ci saranno problemi. Inoltre penso che gli incantesimi siamo li
stessi, essendo in latino. Se non mi sbaglio, l'italiano è una linua neo-latina,
forse è per questo che devo stare attento: a non stare indietro con il
programma.
Mi viene da ridere. Sono lo studente più brillante del mio anno, vuoi vedere
che non riesco in questa semplice sfida?
In ogni caso, la curiosità mi sta logorando.
Quali sono le creature di cui parlava Silente? Voglio sapere, voglio
scoprire.
Il ragazzo scese dal treno, con il baule che fluttuava a mezz'aria dietro di
lui. Era come se un uomo fortuzo e invisibile lo tenese perfettamente sotto il
braccio.
Una donna minuta con i capelli rosa shocking stava lì, di fronte a lui, con
aria allegra. Si mosse agilmente e lo raggiunse.
- Ciao Fred, io sono Ninfadora Tonks- si presentò al ragazzo.
Lui le mostrò un bel sorriso disteso.
- Piacere. Mio padre mi ha parlato qualche volta di te...-
La donna sembrò pensarci un po'
- Ma certo, Arthur- sussurrò come se non c'aveva pensato prima.
In quel momento Fred pensò ai suoi genitori. Forse già sapevano dove stava
andando, e si stavano chiedendo perchè non li aveva avvisati.
Seguì la donna oltre la barriera del mondo magico, dritto nel mondo dei
babbani.
Anche a quell'ora di sera, la stazione di King's Cross era gremita di gente.
Babbani di tutte le età andavano e venivano dai treni come se fosse stata
mattina. Forse era l'ora in cui gli uomini comuni finivano di lavorare e
tornavano alle loro abitazioni.
I capelli rosa di Tonks non furono difficili da perdere, tanto che si
sorprese quando si fermò accanto al marciapiede e fece fermare una macchina
gialla.
La donna rise per il viso divertito del ragazzo, che, stanco di portare il
baule in mano, neanche fosse stato un cagnolino, non potendo usare la magia, lo
aveva posato su un carrello.
Fred fissò quella scatoletta con quattro ruote che gli umani erano soliti
chiamare "macchina" (chissà perchè poi...). Un uomo stava davanti e muoveva una
ruota di diametro nè piccolo nè grande e si guardava nello specchio,
aggiustandosi i capelli. Fred alzò un sopracciglio e ritornò a guardare Tonks.
Ella rise ancora una volta.
- Essendo molto lontano, meglio non sprecare energie nel volo, ma non sapendo
dove andare, meglio non rischiare di smaterializzarci. Useremo trasporti
babbani-
A quell'affermazione, Fred lasciò aprire in modo poco elegante la bocca e
accasciò le braccia lungo i fianchi. Non ci credeva. Stava andando in un altro
paese e, per la prima volta in vita sua, saliva su uno di quegli aggeggi babbani
che non era la vecchia Ford Anglia del padre.
Tonks l'aiutò a mettere il baule in un buco con il coperchio alla coda della
macchina, dopodichè la seguì dentro la macchina.
Si sedette accanto a lei.
Tonks lo guardò divertita.
- Dovresti tirare la portiera. Così non possiamo partire- lo ammonì
divertita.
Fred guardò la portiera e si diede uno schiaffo sulla fronte. Se alla Ford
Anglia si chiudevano da sole le portiere, in qualsiasi altra auto-mobile, di
auto-matico non c'era niente.
Tirò la portiera, sbattendola un po' troppo forte. Si beccò un'occhiataccia
da parte del guidatore che, con aria malinconica chiese: - Per dove,
signori?-
- L'aereoporto di London Gatwick, per piacere- rispose Tonks con un sorriso
dolce, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli rosa.
Fred guardò fuori dall'abitacolo, stando seduto dritto.
- Allora, sai dove devi andare?- chiese gioiosa la donna che l'accompagnava
in viaggio.
Fred tornò a guardarla. Annuì e lei sembrò sorpresa.
- Me l'ha detto Hagrid, ma ti prego di non dirlo al professor Silente-
rispose lui, precendendo qualsiasi domanda.
La donna annuì a sua volta.
- Sei emozionato?-
- Elettrizzato- rispose lui, mentre la sua mentre volava su alcuni episodi
della vita al castello che sicuro gli mancheranno.
Era sicuro, però, che ne avrebbe vissuti di altri.
Era davvero elettrizzato, ma l'impatto con una nuova cultura, un nuovo paese,
una nuova lingua gli facevano tremare le gambe.
Saltò quando, ad un'incrocio, il taxista (aveva scoperto che si chiamava così
il guidatore della macchina gialla) suonò fortemente e a lungo il clackson.
Tonks non riuscì a tenere una risata, e rise coprendosi la bocca con una
mano.
- Sei davvero simpatico, sai?- ammise lei.
- Ma se non sto parlando affatto- disse Fred abbassando la testa, ma non
interrompendo il contatto tra i due.
Quando il taxi si fu fermato, Tonks, mentre prendeva il baule dal
portabagagli, pagò in monete babbane. Era incredibile come fossero diversi i due
mondi, eppure erano così vicini. Una vita senz'altro più difficile quella dei
babbani, e ringraziò di essere un mago.
Tonks lo guidò attraverso altri babbani, che però, a quell'ora, non
affollavano quella strana stazione.
Era tutto strano. C'erano delle scale che si muovevano da sole, certo non
come quelle di Hogwarts, ma abbastanza simili. Non aveva mai visto treni simili:
avevano le ali!
- Non sono treni!- lo informò la donna dai capelli rosa, ridendo a
crepapelle.- si chiamano aerei, e servono per volare-
Fred borbottò qualcosa tipo "le scope sono meno ingombranti", prima di
allontanarsi per andare a fare il check-in.
I controlli erano molto rigidi. Niente sfuggiva ai controllori. Tonks confuse
la macchina che controllava il peso del baule del ragazzo, in modo che non
avessero dovuto pagare per il peso in più.
Passarono poi senza problemi sotto uno strano oggetto che controllava se
avevi roba di metallo addosso. Si chiamava "metal-detector". Fred sorrise al
pensiero che suo padre ci sarebbe andato matto e che avrebbe tanto voluto averne
uno.
Fece spallucce e vi passò sotto scalzo.
- Questi babbani sono fissati con il controllo!- sbottò Fred mentre si
allacciava le scarpe.
Tonks si rabbuiò.
- Qualche tempo fa, quando c'è stato uno scontro tra maghi, un aereo ha perso
quota e s'è schiantato contro delle abitazioni. E' normale che hanno paura di
qualcuno che possa fare un altro attentato. Naturalmente loro non sanno che sono
stati i maghi...- spiegò lei mentre si allacciava gli stivali lunghi che le
arrivavano al ginocchio.
Aspettarono per qualche tempo in una sala d'attesa.
Stando seduti tra tanti babbani, Fred riflettè sul fatto che questi non
sospettavano minimamente che esistessero i maghi, le streghe e la magia. E chi
ne veniva a conoscenza, era subito condannato a un incantesimo della
memoria.
Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe babbane e strinse i pugni.
Se pensava a quella ragazzina che aveva incontrato prima al check-in, che
indossava un cappello a punta tutto nero con le stelline dorate e una bacchetta
di plastica, gli veniva una tale rabbia.
I babbani speravano che la magia esistesse, nonostante forse in un primo
momento ne potrebbero avere paura.
Lo disse a Tonks e lei gli rispose gentilmente, con un tono cupo.
- I babbani sognano la magia. Nel malaugurato caso si saprebbe in giro, ci
sarebbe di nuovo la caccia alle streghe, come già successo in passato. Ne hanno
paura, perchè loro non la possono controllare.
- I babbani sono degli essere finiti, più finiti di noi che ci apprestiao a
conoscere la magia. Ma anche a noi a volte sfugge al controllo. Anche noi ci
illudiamo di conoscere la magia, ma non ne conosciamo tutte le sfaccettature. La
magia è infinita, come possiamo noi, esseri finiti, che nascono e poi muoiono,
conoscerla tutta? Figurati come si sentirebbero i babbani d'avanti ad un
qualcosa che avevano da sempre creduto un sogno. Scoprire all'improvviso che
esiste e non poterla governare, sarebbe terribile per loro. Gli umani sono
possessivi, desiderano ogni cosa che non abbiano. E per questo sono molto
egoisti, perchè sono capaci di azzuffarsi gli uni contro gli altri. Sono
instabili da questo punto di vista. Come dei giganti affamati alla vista di un
pezzettino di carne fresca.
- Riesci a seguirmi?- chiese infine.
Fred era rimasto a bocca aperta per quella risposta. Non sapeva che Tonks
potesse dire cose così profonde. Ne dedusse che doveva essere una grande strega
per questo.
Lei rise della sua espressione e gli frizionò i capelli.
- Te ne renderai conto più in là...- agiunse alzandosi.
Gli fece cenno di seguirlo e insieme passarono lungo un grande passaggio che
arrivava all'aereo, direttamente dentro.
Salutarono la hostess,davvero molto gentile, che mostrò loro dove andare per
i posti e si sedettero su quei sediolini rivestiti e comodi.
- Però...I babbani amano stare comodi!- notò Fred.
La strega, che gli sedeva accanto, rise in modo buffo. E il ragazzo la seguì
nelle risate.
Finalmente l'aereo si riempì e partì.
Fuori dal finestrino, la notte incombeva su di loro, con quelle stelle che
brillavano nel firmamento.
Tonks gli prese la mano e si avvicinò al suo orecchio.
- Ora riposati. Sarà una giornata lunga, quella di domani...-
Gli lasciò la mano e prese un giornale, appogiati in un porta oggetti
d'avanti alle sue gambe, e lo iniziò a sfogliare.
Vicino al finestrino, Fred si addormentò piano, con il rumore delle pagine
sfogliate dalla strega in sottofondo.
Sto andando in un altro luogo. Chissà cosa troverò lì. Nuove avventure,
sentimenti da riscoprire, in un paese tanto lontano da casa.
Nei miei sogni stavo in riva al mare aperto, in un castello che la luce della
luna illuminava ogni cosa. La luna risplendeva sul mare, donandogli un colore
scuro, rischiarito in alcune zone, e il castello era toccato da quei raggi
soffusi.
C'era una strana atmosfera.
Una ragazza attraversò la riva e mi sorrise. Ma era troppo buio e non riuscii
a vederla in volto. Anche ora che cerco almeno di ricordare come era vestita,
non mi riesce. Ricordo solo il suo sorriso. Mi donava calore. I suoi denti erano
bianchissimi, come le perle che si trovavano in fondo al mare. E ricordo le sue
labbra rosse.
Solo questo ricordo, perchè poi il sole caldo italiano era entrato dal
finestrino dell'aereo e mi aveva destato da quel dolce sogno.
Stavo sognando una ragazza. E non me ne
vergogno
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Capitolo 4 *** Benvenuto nella Strana Parata ***
-Capitolo 4-
Benvenuto alla Strana
Parata.
Appena scese dall'aereo, uno strano caldo lo colpì. Eppure erano a Novembre
inoltato. Possibile che lì a Napoli facesse così caldo? Riusciva benissimo a
stare senza mantello da viaggio. I suoi pensieri furono rapiti dal pensiero che
forse s'era portato dietro la roba sbagliata. In quel luogo non sarebbero
serviti a nulla mantelli e pellicce (non che lui ne avesse portate), ma era
davvero indicato il costume da bagno.
Il sole inizava a costeggiare l'enorme distesa di mare azzurro di fronte a
lui.
"Negli aereoporti fa più freddo" aveva sentito dire da una madre al suo
pargoletto.
Fred non riusciva a capire dove potesse fare freddo. Se quello era chiamato
freddo, figurarsi quello a casa sua come poteva essere descritto?
Stavolta Tonks gli risparmiò un altro viaggio in taxi, dove tutto era molto
più pericoloso che in Inghilterra. Le macchine non facevano altro che buttarsi
le une sulle altre, rischiando parecchie volte incidenti mortali. I guidatori si
affacciavano dal finestrino e urlavano parole che per Fred erano
incomprensibili. Il ragazzo non poteva ben capirle, ma quando questi stessi
guidatori gesticolavano era un altro paio di maniche, perchè i gesti,
soprattutto alcuni, erano internazionali.
Tonks si sciolse il mantello e lo appogiò sul braccio piegato.
- Penso he per come sono vestita, il mantello sia un po' troppo.- gli
sussurrò nell'orecchio.
- Tonks!- disse improvvisamente Fred con gli occhi sbarrati. - Ma se qui
siamo in Italia, parlano in italiano. Io non so un'acca di italiano!- affermò
depresso.
Tonks gli sorrise dolcemente.
- A questo il Preside ci aveva già pensato.- rispose lei avvicinandosi a dei
nastri trasportatori. - Loro sanno molto bene l'inglese, quindi per questi tre
mesi, parleranno nella nostra lingua.-
Si fermò accanto ad un nastro che aveva già iniziato a girare. Si sentivano
strani rumori e le valigie iniziarono a scorrere su di esso.
Fred spalancò gli occhi.
- Però! I babbani le hanno pensate proprio tutte!- esclamò rapito.
La donna rise.
- Beh, in effetti...non hai tutti i torti-
Rimase ferma al suo posto mentre Fred dava gomitate a tutti per riuscire ad
arrivare al nastro per prendere il suo baule.
Lo guardò rattristita. Cosa ne sarà di quel dolce e simpatico ragazzo?
Riuscirà a passare i tre mesi e tornare a casa o gli italiani lo avrebbero
trattenuto per le loro cause lì? Quest'ultima non era un'opzione da scartare.
Gli italiani avevano fin troppo fascino.
Fred con enorme sforzo, fece cadere il baule a terra, tozzando una grassa
signora che disse strane parole. Lui la ignorò e iniziò a trascinarlo verso la
donna dai capelli rosa.
Tonks gli fece segno di seguire e lui, tutto eccitato per la nuova esperienza
che gli spettava, si le stesse dietro quasi volando. Per l'emozione camminava
così veloce, nonostante il baule, che sembrava che i suoi piedi non toccassero
terra.
Lei si bloccò di colpo e iniziò a parlare velocemente.
Gli prese le spalle e lo scosse.
- Fred, ascoltami bene. Non sottovalutare le persone che terrai davanti,
siamo intesi? Sono molto pericolosi, gli italiani, dotati di fin troppo fascino.
Cerca di tenere a freno i tuoi ormoni, capito?-
Il ragazzo fece una smorfia e annuì.
- Se avessi voluto farmi qualcuno, me ne sarei stato a casa...- ammise.
La donna fece un sorrisetto divertito e si raddrizzò. Lo portò dentro uno
stanzino e lo chiuse con lei.
- Attento, ora ci smaterializziamo- l'avvisò e gli afferrò un braccio
saldamente.
Fred si ritrovò in uno spazio nero e senza aria. I suoi polmoni si sentivano
compressi. Stava per morire, se lo sentiva. Non riusciva a respirare e se apriva
gli occhi era come se li avesse continuamente chiusi.
Fu sballottato a destra e a manca dopo qualche secondo.
- Apri gli occhi, siamo arrivati!- esclamò la voce squillante della
donna.
Fred aprì piano piano gli occhi. Si trovava su una scogliera. Il mare si
infrangeva sulle pietre con un gorgoglio disperato per il tentativo di
sommergere quelle coste. Il sole stava nascendo, per cui lo aveva di spalle. Le
ombre dei due inglesi erano state deformate e allungate fino a scomparire nel
mare.
Le onde formavano una leggera schiuma bianca quando toccavano gli scogli resi
scuri dall'acqua.
- Sta' attento a dove metti i piedi- l'avvisò lei mentre si arrampicava sulle
pietre e raggiungeva una strada dissestata.
Fred cercò di seguirla, ma non fu facile. Se avesse avuto la sua scopa,
avrebbe raggiunto velocemente e più facilmente il castello che si ergeva
imponente davanti a loro.
Le pietre che componevano la scogliera erano bianche come il marmo, erano
molto scivolose, data la salsedine che ad ogni ondata schizzava ovunque. Il
rumore cadenzato delle onde che s'infrangevano sulla costa accanto a lui lo
rilassava.
Mentre stava attento a non scivolare, non riuscì a pensare a quanto fosse
bella l'alba sul mare.
Procedette, poi, su un percorso meno scivoloso, fatto di ciottoli che
scricchiolavano sotto la suola delle scarpe.
Dopo una curva su quela stradina di campagna, giunse ad una curva dove iniziò
a intravedersi il castello.
Il suo cuore iniziò a battere un po' più velocemente nel petto, come se un
muratore dovesse far piano a mettere un chiodo.
Tonks guardò il ragazzo, al quale si era illuminato il volto.
- Starai stanco...- affermò lei, mentre gli descriveva come presentarsi al
preside.
Fred la guardò stralunato. Fino a quel momento non ci aveva affatto
pensato.
Rimase con la bocca un po' aperta e sbattè le palpebre.
Si sentiva stanco?
In effetti, no.
Tonks rise gettando la testa all'indietro.
- Presto sentirai la stanchezza, vedrai- affermò tra un sorriso e
l'altro.
Il castello, intanto, si era fatto sempre più vicino.
Fred decise di allungare il passo e precedere Tonks, ma quella cercò di
richiamarlo indietro, senza troppo successo.
Una scarica elettrica gli passò nel corpo, gettandolo a cinque metri di
distanza.
Affondò con un tonfo sordo nella polvere del sentiero. Si alzò sui gomiti e
si lamentò.
Tonks lo guardò spazientita.
- Se ti dico di non avanzare così tanto, ci sarà pure un motivo, non trovi?-
lo rimproverò continuando a camminare verso la parete invisibile.
Un ometto dai capelli bianchi, alquanto vecchio, stava scendendo i gradini
davanti al portone e si era affrettato a disporsi davanti Tonks, in posizione di
difesa.
- Chi siete? Presentatevi! Avanti!- orsinò con una vocetta stridula.
Fred, dopo essersi alzato e massagiato il didietro dolorante, si avvicinò
alla donna e notò che l'ometto arrivava si e no al collo della strega accanto a
lui.
- Ninfadora Tonks e Frederick Weasley, siamo qui per lo scambio culturale.-
disse la donna, fredda, assottigliando lo sguardo.
L'ometto sembrò intuire quello di cui parlava la strega e annuì.
- Potete entrare...- disse facendosi di lato e accompagnando con una mano il
gesto di entrare.
Tonks annuì in silenzio e attraversò per prima la parete invisibile. Poi
toccò a Fred.
Quest'ultimo sentì una piccola scossa, forse il residuo di quella precedente.
Trattenne il fiato e con gli occhi spalancati attraversò quella parete, nella
quale non riusciva a respirare.
Arrivato dall'altro lato la prima cosa che fece, a parte respirare, fu notare
l'enorme distanza che in realtà vi era tra la parete invisibile e il castello.
Tutt'attorno vi era un grande giardino, pieno di alberi spogli, dalle foglie
cadenti.
Il castello si ergeva in tutta la sua possenza d'avanti a loro.
Ad ogni passo sembrava sempre più grande e imperioso. Vide, d'un tratto, un
sibolo strano. Era una specie di fiore sanguinante.
- A chi apparteneva il castello?- chiese Fred, curioso.
Cosa poteva significare quello stemma strano.
- Dai tempo al tempo, ragazzo- disse l'ometto che non si era presentato.
Fred mise il broncio e si guardò attorno.
L'ingresso era ampio e buio, ma dalle finestre entrava la debole luce
mattutina ad illuminarlo. Di fronte a lui, dopo un'altra porta, si estendeva un
piccolo giardino interno con un piccolo pozzo in uno dei quattro angoli e delle
panchine di marmo, poste sul prato ben curato.
Continuò per un corridoio che costeggiava il giardino e prese delle scale
sulla destra, ripiombando nel buio.
Il freddo in quel castello non si sentiva molto, e questa era una cosa buona
per Fred.
Si passò la mano sul petto, riuscendo a sentire i muscoli. Si compiacque per
il suo fisico asciutto e atletico. Con un movimento di testa si spostò i capelli
dagli occhi.
Sentì alla sua destra dei passi veloci e sicuri. Era come se qualcuno fosse
in ritardo per qualcosa.
L'ometto che li guidava si voltò verso di loro e sorrise, tendendo le braccia
per non farli passare.
Fred guardò interrogativo i due adulti, ma l'ometto non sembrò accorgersene.
Tonks increspò le labbra ed evitò di guardarlo.
Lui guardò dietro la spalla dell'italiano e vide solo una sagoma scura e
indistinta, incapucciata, che correva da parte a parte del corridoio. Quando la
loro guida li lasciò proseguire, sempre sotto la sua supervisione, Fred voltò la
testa dove aveva visto dirigersi la figura incappucciata ed ebbe un fremito.
I suoi occhi verdi incontrarono quelli senza colore di una persona nascosta
da quello stesso mantello nero. Era rimasta in un angolino all'ombra e li
osservava attentamente.
Fred strinse i pugni, per non far trasparire la paura, ma il suo cuore aveva
avuto uno sbalzo troppo forte.
Qualcosa sotto il capello si mosse e gli occhi della persona si
assottigliarono pericolosamente.
E dopo un secondo, era già scomparso.
Fred rimase interdetto. A quanto pareva era possibile materializzarsi
all'interno del castello, ma con tutti i controlli che c'erano era in
contraddizione. No, la spiegazione doveva essere un'altra, e di quelle più
oscure, magari anche macabre.
Si voltò in avanti, giusto in tempo per vedere il mantello da viaggio di
Tonks sparire dietro un'angolo.
Continuò a camminare senza che nessuno aprisse la parola. Iniziava a sentirsi
terribilmente a disagio, così aprì la bocca e iniziò a chiedere cose su
cose.
Tonks iniziava di nuovo a sorridere, per la semplicità di quelle domande e
per il fatto che l'ometto sembrava sempre più indispettito e stanco. Rispondeva
con piccoli scatti della testa, in avanti o di lato, per dire "sì" o "no".
Fred, però, non si dava per vinto e sembrava volesse per forza cavare di
bocca le parole a quel tizio che, col passare del tempo, gli stava sempre più
antipatico.
Finalmente giunsero allo studio del vicepreside.
L'uomo bussò alla porta.
- Avanti- si sentì dire dall'interno.
Quello aprì la porta e li fece entrare.
- Grazie, signor Bennito. Può andare-
Il cosiddetto signor Bennito, quell'ometto antipatico e basso, fece una
specie di inchino e sparì dietro la porta, che si chiuse dopo che Fred e Tonks
avevano superato l'uscio.
Fred fu colpito dalla straordinaria precisione ed eleganza che ogni oggetto
occupava nella stanza, ma ancor di più quando vide il preside.
Vestiva un abito alquanto demodè, tipico dei maghi di fine Ottocento.
Aveva una fantasia a tinta unita, con dei richiami di quel secolo. Aveva due
grandi mani curate che erano poggiate su una scrivania in legno d'acero. Da
sotto le maniche della tunica spuntavano vari bracciali e amuleti magici.
Fred alzò il volto e tremò. Il volto del preside era stato deturpato da una
grossa e profonda cicatrice che partiva dal centro della fronte e cadeva sulla
destra, tagliando a metà la cavità che una volta era occupata da un occhio
normale e che ora aveva lasciato il posto ad un occhio finto, opaco e bianco
latte.
L'altro occhio era, invece, fin troppo sano. Aveva delle iridi castane capaci
di penetrare sin dentro ai pensieri reconditi dell'essere che vi si trovava di
fronte. Era come se ti spogliasse anche della pelle e piano piano ti strappasse
tutti gli stati del corpo con dolore ed estrema lentezza, come se potesse
strapparti il cuore lontano dal sistema che porta sangue ovunque, e denudarti
anche dell'ultimo strato che copre la tua anima. Infilzarla e farla urlare fino
a farle strillare tutto quello che aveva patito, provato, prima di quell'attimo.
E dopo.
Distolse velocemente lo sguardo da quell'occhio e diede un rapido sguardo al
naso dritto e imperioso e alle labbra sottili, distese in un sorriso
cordiale.
- Benvenuti, miei cari.- esordì aprendo le braccia con grande slancio.
Una ciocca di capelli brizzolati gli cadde sull'occhio malandato, ma non
sembrò accorgersene.
- Vieni qui, Ninfadora. Fatti abbracciare!- continuò avvicinandosi a Tonks
che gli sorrideva.
Si abbracciarono come un padre e una figlia.
Quando Tonks vide l'espressione costernata di Fred, scoppiò in una risata
fragorosa.
- Io e il preside ci conosciamo da quando ero piccolissima. Il signor
Petrella è un amico di famiglia- spiegò al ragazzo.
Fred rimase rigido, mentre nella sua disapprovazione sorrideva gentilmente,
più per educazione che per altro.
Quella situazione non gli piaceva, proprio no.
Chi mai erano tutti quegli esseri strani che popolavano quella scuola?
L'ometto basso e antipatico (che considerava strambo solo perchè di poche
parole), il preside con l'occhio malandato, uno penetrante fin troppo, e infine
quell'essere con la mantella, dagli occhi così acolorati che sembrava che le
iridi si confondessero con il resto dell'occhio, da sembrare cieco, se non fosse
stato per la pupilla di un nero assurdo.
Il signor Petrella fece loro segno di prendere posto sulle due poltroncine
rivestite di stoffa rossa che si trovavano rivolte di tre quarti verso la
scrivania.
Fred si lasciò scivolare su una di esse, dritto come se gli avessero infilato
una spina al centro della colonna vertebrale. Tonks, al contrario, sembrò
gradire quel ristoro, approfittando anche del thè che veniva loro offerto,
accompagnato da deliziosi biscotti al burro provenienti dall'Inghilterra.
Fred non aveva fame. Per quella mattina si sentiva frastornato da vari
sentimenti e pensieri contrastanti tra loro.
Si chiedeva, però, chi fosse quella figura.
Aveva sentito, ora che ci pensava più intensamente, mentre il preside parlava
e cercava di spiegargli le regole della scuola, e al quale rispondeva con un
cenno di assenso e un mugolìo insignificante, ma che incitavano questi ad andare
avanti, un senso di gelo.
Era come se con quello sguardo, quella strana creatura gli avesse trasferito
sotto i vestiti il freddo invernale del paesaggio esterno, con una piccola
aggiunta di una folata di gelido vento del Nord.
Ma quella sensazione, anzicchè impaurirlo del tutto, lo incitava a fare
chiarezza.
E a quel punto non potè fare a meno di chiedersi perchè, tra tutte le scuole,
l'avessero mandata in una scuola tanto tetra.
Forse, se non l'avessero mandata in questa scuola, non avrebbe potuto vivere
quella splendida storia che era sicuro avrebbe vissuto.
La voce squillante di Tonks sembrò portarlo a quella realtà magica, lontana
dai suoi magici pensieri.
Il preside chiamò un elfo domestico, che prese per mano Fred.
- Venga, signor Weasley- disse con una vocina sottile e fastidiosa. -le
mostrerà Ming l'ubicazione della sua stanza, signore-
Fred ritrasse gentilmente la mano e si avvicinò a Tonks.
- Tu non vieni con me?- gli uscì spontaneo, come un bambino piccolo.
Si morse il labbro inferiore, per la vergogna.
La donna lo guardò triste, e non gli rise in faccia come temeva,
- Mi spiace, Fred, davvero.- disse con voce bassa e monotona -devo tornare a
casa per avvisare Silente del fatto che sei sano e salvo...- sembrava volesse
aggiungere qualcosa, ma non lo fece.
Di slancio lo abbracciò.
- Mi raccomando, Fred. Stai attento- si raccomandò.
Quando lui la guardò negli occhi, vide uno strano luccichìo.
Il preside le mise una mano sulla spalla, e guardò dritto negli occhi il
ragazzo.
- Spero di essere stato chiaro sulle nostre regole, signor Weasley. In ogni
caso, se ha bisogno di delucidazioni, sarà fornito di una pergamena.-
Fred annuì meccanicamente e sorrise triste.
- Grazie, signor Petrella. Ci vediamo allora, Tonks. Salutami i miei.-
Detto questo, seguì l'elfo fuori dalla
stanza.
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Capitolo 5 *** Un pianoforte che suona da solo ***
- Capitolo
5-
Un pianoforte che suona da solo
Fred aprì gli occhi.
Faceva freddo nella stanza in cui
dormiva.
Rimase per qualche tempo a fissare il buio
soffitto. E sorrise senza neanche avere un vero motivo.
Voleva conoscere ogni segreto di quella
scuola.
La sera prima un elfo gli aveva indicato la
strada per arrivare a quella stanza. La divideva con altri tre
ragazzi.
Quando si alzò, vide chiaramente i tre
ragazzi che dormivano placidamente nei loro letti. Erano tutti di pelle chiara e
scuri di capelli. Ma fisicamente erano diversi. Uno era alto e muscoloso,
sembrava un muro con le braccia e le gambe, un altro era abbastanza alto e in
carne, l'ultimo era bassino, ma sembrava molto agile.
La luce del sole che stava sorgendo era
penetrata tra le finestre chiuse.
Fred scese dal letto e poggiò i piedi sul
pavimento freddo. Strinse i denti, per non tremare di freddo.
Si grattò il braccio nudo, e si tolse la
canottiera bianca, rimanendo in boxer giallo catarifrangente, che davano uno
strano colorito pallido alla sua pelle già senza colore.
Si mise un jeans comodo e una maglietta,
afferrò la bacchetta, prese un maglione, che strinse sui fianchi.
Si avviò verso la porta.
Sentì un grugnito dietro di lui e si
voltò.
Uno dei tre ragazzi, di cui non ricordava i
nomi, si era girato nel letto.
Aprì la porta e sentì una folata di vento
gelido attraversare la stanza, per poi calmarsi quasi subito.
Il rosso rabbrividì.Cos’è stato? Si
chiese.
Si girò indietro ma non vide nulla, tutto
era come prima.
Sentì però, in lontananza una musica
soffusa, quasi inesistente. Però c’era, lo sapeva. Doveva solo trovarla per
esserne certo.
Scese le scale del dormitorio e disse la
parola d’ordine.
La porta si aprì.
La musica aumentò di tono, ma rimaneva
lontana.
Attraversò quei corridoi di cui poco ancora
sapeva, così preso da quella musica dolce e melodiosa, che sembrava provenire da
un qualche strumento.
Attraversando un corridoio, d'improvviso la
musica aumentò di tono. Era tutto così magico, che pensava di riuscire a capire
i babbani quando si trovavano di fronte a qualcosa che non conoscevano, come un
innamorato che ha scoperto il vero significato del sentimento
dell'amore.
Il corridoio era attraversato dalla debole
luce dell'alba, e il sole non ancora riusciva a riscaldare gli ambienti. Le
pareti trasudavano umidità, forse per la vicinanza al mare.
Raggiunse una porta e l'aprì lentamente.
Questa si mosse senza un minimo cigolio.
Vide la coda di un pianoforte e, entrando,
notò una ragazza che suonava con gli occhi chiusi.
Sembrava che la musica le nascesse dal
cuore e direttamente di diramava in tutto il corpo, facendo muovere le dita con
decisi movimenti, lenti e tristi.
Fred le si avvicinò, cercando di fare il
meno rumore possibile, ma la ragazza schiuse lentamente gli occhi e sorrise al
ragazzo, continuando a suonare. Richiuse gli occhi e suonò le ultime note, che
aleggiarono per un po' nella stanzetta.
Fred notò per la prima volta delle panche
vicine ai muri circolari della stanza e il pianoforte giusto in
mezzo.
- Scusa se ti ho svegliato- esordì la
ragazza.
Fred tremò. Non s'era aspettato che la
ragazza parlasse.
- Non l'hai fatto- rispose prontamente. Si
avvicinò alla ragazza e poggiò la mano sul freddo legno del pianoforte. Corrugò
la fronte.
- Pensavo che i pianoforte non fossero di
legno- tradusse i suoi pensieri, allo sguardo perplesso della
ragazza.
Lei rise.
- Di che pensavi fossero fatti i
pianoforte?- chiese sorridendo.
- Mah, non saprei. Io non suono- si
giustificò.
- Anna Ruffo.- si presentò facendo muovere
le mani sul pianoforte dalla prima nota a quella più acuta.
- Fred Weasley- rispose lui. - E se ti
aspetti che ripercorra la scala all'indietro, non farlo-
- Cosa?- chiese lei distogliendo
l'attenzione dal pianoforte.
Fred scrollò le spalle e sbuffò.
Voleva tornare a casa. In quel momento gli
mancava pure quell'arrogante signorino Malfoy, che ostentava la sua ricchezza
purosangue e denigrava lui e la sua famiglia.
- Niente- disse infine, cadendo a sedere
sullo sgabello accanto alla ragazza, che si spostò leggermente.
- Guarda che non mi dai fastidio se mi
rimani vicina- le fece notare.
Lei arrossì e suonò un'ottava.
- Non è per te, scusa.- disse
velocemente.
Si alzò velocemente e prese una borsa che
aveva lasciato accanto a un piede del pianoforte, che Fred non aveva
notato.
Il ragazzo si alzò e le corse dietro,
quando quella sparì oltre la porta.
- Ehi, aspetta!- la chiamò,
raggiungendola.
La ragazza li sembrava alquanto
perplessa.
- Perchp mi vieni dietro?-
- Perchè sei l'unica persona che conosco in
questa scuola!- frignò lui.
Lei lo guardò e li sembrò spogliato. Aveva
notato lo sguardo profondo della ragazza e sentì un sentimento di
disagio.
Calò il silenzio sui due ragazzi, e nel
corridoio risuonavano solo i loro passi.
Il primo che ruppe il silenzio fu la
ragazza.
- Ma tu sei il ragazzo dell'Inghilterra?-
chiese guardando nella sua direzione.
Gli occhi verdi di Fred balzarono sul viso
della ragazza che lo osservava attentamente.
- Sì.- rispose lui. Voleva agiungere
dell'altro, ma non sapeva bene che dire e così, dopo aver richiuso la bocca,
tornò a guardare dritto davanti a sè.
Posò, poi, lo sguardo fuori da una finestra
e iniziò a sentire un languorino allo stomaco.
- Come mai?- chiese dopo un po'
Anna.
Fred la guardò interrogativo.
- Come come mai? Perchè ho vinto un
concorso.-
- Sì, ma perchè proprio qua in Italia?-
insistè la ragazza.
Lui scrollò le spalle e negò con la
testa.
- Non so nulla. So solo che si tratta di
"scambio culturale", almeno così m'hanno detto. E pensavo anche che questa fosse
una scuola normale, e invece, dove mi giro mi giro, vedo gente troppo strana. Ci
sta soprattutto una figura inquietante.- rabbrividì al pensiero di quesgli occhi
trasparenti, così dall'aspetto trascendentale.
Anna tornò pensierosa. Annuì.
- Ok, quindi non sei venuto per...- poi si
fermò.
Lui continuò a guardarla
interrogativo.
- Per...?- l'incitò a
continuare.
- Lascia perdere. Io ho fame. Tu?- cambiò
discorso. E il ragazzo fu felice per il fatto che lei l'avesse fatto.
Insieme si avviarono per andare nella Sala
Grande dove presero dei posti vicini e si cibarono del ben di dio che c'era su
quelle tavole.
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Capitolo 6 *** Imboscata ***
- Capitolo 6-
Imboscata
Frederick Weasley camminava lentamente per il grande giardino che circondava
il castello. Il mare si sentiva in lontananza, e fungeva da colonna sonora a
quella mattina fresca e soleggiata. Non potè fare a meno di notare che il clima
era totalmente differente, anche se era arrivato ormai l'inverno da poco in
Inghilterra il vento avrebbe già iniziato a ululare contro le pareti di quel
castello secolare che era Hogwarts, immersa nel verde, e avrebbe iniziato già a
sferzare i visi. Ma forse questo freschetto giungeva con calma, proprio per
cercare di farlo abituare alla vita diversa che avrebbe vissuto in quel castello
italiano, pieno di maghi e streghe straniere. No, lo straniero era lui.
Si sedette a gambe incrociate su una panchina sui lati di una parte di
giardino circondato da siepi colme di rose rosse. Il pezzo di pietra modellata
era ricoperta di scritte impresse con la magia, che difficilmente sarebbero
andate via.
Si guardò attorno e vide delle coppiette tenersi per mano e stringersi nei
loro cappottini.
Che esagerazione! esclamò Fred in mente a sè, mentre lui stava bene nel suo
giubbino di jeans. Per lui, quello era un clima di mezza stagione.
All'improvviso gli fu coperta la vista e lui sobbalzò. Fece scivolare la mano
nella tasca dei pantaloni della divisa, pronto a cacciare la bacchetta per
iniziare a combattere.
- Chi sono?- chiese una volce dolce e melodiosa. Sembrava uno strumento
musicale che veniva suonato.
E subito riconobbe quella voce.
- Anna!-
Le mani scivolarono dagli occhi e tornò a vedere.
Anna si era seduta accanto a lui. Aveva una gonnellina molto carina, verde, e
una camicetta bianca. I capelli ricadevano sciolti e morbidi in grandi ciocche
sulle spalle.
Gli occhi grandi che cercavano di cogliere tutti i movimenti che venivano
compiuti accanto a lei.
Per la pria volta Fred la vide come una ragazza, lontano dall'oscurità della
scuola. Lì, all'esterno, col sole che leggero ma brillante batteva sulla terra
attorno a loro, era molto carina.
Si compiacque molto della loro amicizia, appena nata.
- Come va?- chiese la fanciulla.
- Tutto bene, a te?-
- Bene-
Calò il silenzio, ma sembrava che la ragazza emanasse dal suo corpo una
melodia che riempisse lo spazio circostante.
Fred guardò le rose nel cespuglio accanto a loro.
- Che belle rose...- notò la ragazza, estasiata, scendendo dalla panchina e
avvicinandosi a una siepe poco lontana.
- Quest'anno le rose sono molto belle- ammise lei.
Anna voltò lo sguardo verso Fred, che sorrise mostrando i denti bianchi.
- Sono il tuo fiore preferito, le rose?- si informò.
- No- rispose lei, dopo averci pensato per un po'.
- E qual è?- l'incitò a continuare lui.
- La gardenia bianca.- sorrise piano e chiuse le dita sullo stelo del fiore,
senza farsi male.
Fred si spostò e le andò vicino, contemplando la stessa rosa.
Aveva un colore intenso e opaco, ma deciso. Davvero bello.
- Gardenia bianca.- ripetè lei e Fred annuì.
Si guardarono e sorrisero.
- Ti va di andare a fare un giro?- chiese lui alzandosi e porgendole una
mano, per aiutarla a rimettersi in piedi, ma lei si alzò senza accettare
l'invito.
- Sì, dai...- e iniziò ad andare avanti.
Superarono le siepi e cominciarono a camminare lungo il perimetro dell'enorme
giardino.
In silenzio passeggiarono per un po'. Si sentiva il canto lontano degli
uccellini. Anna si strinse nelle spalle, per tenere caldo.
- Hai freddo?- chiese Fred, al quale non era sfuggito un movimento che aveva
fatto la ragazza.
Anna sorrise, scuotendo la testa.
- Ma no, figurati! Piuttosto, tu senti caldo?-
Scosse la testa.
Poi gli venne in mente qualcosa. Era strano che in quel periodo freddo
fossero fiorite le rose.
- Perchè le siepi sono fiorite?- chiese, guardando le siepi di rose
rosse.
Anna scrollò le spalle.
- E' da un po' che i fiori sono sempre sbocciati. Può darsi che il preside o
qualche insegnante abbia fatto loro qualche bell'incantesimo- suppose lei.
Fred rimase corrucciato, pensieroso.
Da quando era in quella scuola, e non esageriamo! Era solo da un paio di
giorni, ma qualcosa continuava a dirgli che c'era qualcosa di strano. Forse gli
era stato affidato un oscuro compito, che neanche lui sapeva di cosa trattasse.
Magari stavano aspettando quando sarebbe stato solo e indifeso, per rapirlo e
usarlo come ostaggio.
Ogni minuto passava, e più di queste pulci gli ronzavano nell'orecchio.
Non si accorse che Anna era scomparsa dal suo fianco, e quando se ne rese
conto, si girò ovunque.
La vide poco distante che fischiettava e girava su se stessa con le braccia
aperte.
Lui la guardò divertita.
Ma un passo falso e la ragazza rischio di rovinare a terra.
Velocemente, con i riflessi del Battitore, si tuffò e lei gli cadde sulla
schiena.
Sentì il corpo della ragazza posarsi con tutto il suo peso sulla spina
dorsale, e un dolore forte gli salì fino agli occhi, facendolo lacrimare.
- Scusa, scusa!- fece lei alzandosi appena capì cosa era successo.
Lui sentì una massa enorme di peso levarsi dalla schiena.
La guardò spaventato. Eppure lei era minuta, come era possibile che pesasse
quasi un quintale?
Lei era rossa in viso e lo guardava rattristata.
- Ti sei fatto tanta bua?-
Lui rise per il tono da bambina della ragazza.
- Ma no, se mi guardì così...- si bloccò.
Guardò dritto con gli occhi azzurri quelli della ragazza. Erano molto
profondi ed espressivi. Come mai non se n'era accorto prima?
Lei piegò la testa di lato.
- Così come?- chiese, sbattendo le ciglia.
- Lascia stare- rispose elusivo lui, alzandosi da terra.
Non voleva chiederle perchè pesava tanto, gli sembrava poco carino.
- Io...devo andare Fred.- disse Anna che, senza aspettare che la salutasse,
corse via.
La sera era scesa sul castello e non si sentiva volare una mosca, se non
fosse stato per i gufi e gli animali notturni che si aggiravano intorno.
Fred si rigirò nel letto e aprì gli occhi. Non riusciva a dormire, e quella
notte non c'era nessuna musica da seguire. Si voltò di scatto verso un letto,
sicuro che vi fosse George con cui parlare.
Si rattristò quando si rese conto dell'enorme distanza che li separava e
sospirò.
Perchè, allora, non fare amicizia con i tre ragazzi che stavano in camera con
loro? Così si sedette e notò che i loro letti erano vuoti.
Dove saranno andati? si chiese. Era impossibile che si mettessero a camminare
nella notte in un luogo che sentiva così a pelle ostile a tutti i maghi
normali.
Si scoprì dalle coperte e scese dal letto. Cercò le pantofole e iniziò a
vestirsi con la prima cosa che trovava. Non se n'era accorto, ma aveva indossato
due diversi calzini, uno con i manici di scopa e l'altro con gli orsacchiotti
col ciuccio che gli aveva regalato Ginny qualche Natale fa, erano davvero
imbarazzanti, ma tanto sapeva che non gli sarebbero serviti a nulla. Infilò
velocemente un jeans che teneva caldo, una camicia che lasciò ricadere fuori dai
jeans e un maglioncino. Si coprì con un mantello e prese la bacchetta da sotto
il cuscino.
Si avviò fuori dal dormitorio maschile e si diresse in giro per il
castello.
Come già era accaduto, i suoi passi risuonavano cupi e solitari nell'ambiente
umido del castello. Fred sentiva la salsedine coprirlo ovunque e un senso di
sporcizia che lo rendeva nervoso.
Si sentiva tanto un'acciuga sotto sale.
Se ci fosse stato George, a quest'ora starebbero già ridendo. Avrebbe dovuto
invogliarlo a venire.
Si affacciò per caso da una finestra. Il cielo era limpido e le stelle
risplendevano chiare e sicure nel cielo.
Sentì un piccolo urlo e poi silenzio completo. Anche gli uccelli smisero di
fare i proprio versi.
Abbassò lo sguardo e vide una piccola folla riunitasi in uno spiazzo
pavimentato.
Decise di seguire la sua curiosità e il suo istinto da scavezzacollo e si
fiondò il più in fretta possibile nel grande Salone d'Ingresso. Spinse la porta
e si lasciò scivolare nell'oscurità della notte.
Si strinse nel mantello, il freddo era aumentato. Sentì un leggero e lontano
chiacchiericcio. Decise di seguire le voci. Cosa stava accadendo? Come mai c'era
un gruppetto sparuto di persone in piedi a quell'ora della notte nello steso
luogo? Si erano dati un semplice appuntamento, o erano stati attratti da
qualcosa?
Strinse la bacchetta tra le dita, sentendo la forza della magia dargli
ulteriore coraggio. Si avvicinò al gruppo e si mimetizzò tra loro. Senza dover
lottare troppo a lungo, si ritrovò in prima fila. I ragazzi parlavano tra di
loro, bisbigliando.
Una figura, in mezzo, incappucciata, si ergeva e sovrastava tre figure.
Con orrore Fred non riconobbe subito i tre ragazzi svenuti e legati a terra:
erano i suoi compagni di stanza.
Agendo in seguito ad un istinto incontrollabile, si gettò contro la figura
incappucciata, che stava trasformando in ibridi quei tre ragazzi. Gli stavano
crescendo le branchie e, persino si poteva vedere su qualche centimentro di
pelle, delle squame.
- Ma cosa fai? Sei matto?- urlò lui alla figura incappucciata.
Alzò un pugno, pronto a colpire, e girò.
Si bloccò nel vedere una graziosa fanciulla sotto di lui, che, però, aveva
un'espressione furibonda e assassina.
Gli occhi castani erano dilatati, come le pupille, sintomo di feroce
aggressività.
- Come ti permetti?- fece lei dando uno spintone a Fred che, non essendo
pronto a una tale potenza, quale quella che aveva usato l'incappucciata, che fu
tirato indietro e cadde sul sedere.
- Come hai osato?- disse lei furibonda e iniziò a gridare.
Cacciò un urlo per cui Fred si sentì il sangue fuoriuscire dalle
orecchie.
Si portò disperatamente le mani sulle orecchie, cercando di ignorare il
liquido caldo contro le sue mani. Chiuse gli occhi e anche la bocca, sperando
che non sentisse più quell'urlo acuto che gli dava inquietudine.
Avrebbe voluto tanto scappare, ma non c'era riuscito, le gambe non gli
rispondevano più.
Si sentiva impotente sotto quella furia della donna.
E si trovò a pensare che quella non fosse in realtà una donna. La nota che
aveva preso era molto più acuta dei limiti consentiti dalla voce umana. Era come
se fosse innaturale.
Si ragomitolò in se stesso, cercando di darla finita. Strinse più forte le
mani sulle orecchie e cacciò un piccolo urlo di disperazione e dolore, che non
riuscì a trattenere.
Socchiuse gli occhi appena in tempo per vedere una figura con un mantello
piazzarsi d'avanti e l'urlo cessò.
Poi la figura che si era messo d'avanti si girò, puntandogli la bacchetta sul
viso. Fu colpito da un raggio di luce rossa e perse i sensi, non prima di aver
riconosciuto delle iridi così chiare da sembrare inesistenti.
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Capitolo 7 *** E tu, che ci fai qui? ***
- Capitolo 7-
"E tu, che ci fai
qua?"
Sentì solo
nulla.
Tutto era calmo, fin troppo, e non
sapeva bene se se lo stesse inventando o meno.
Aprì piano gli occhi e si rese conto
di essere all'aperto, vedendo la sfera celeste con le stelle che lo
sovrastava.
Ricordò in un lampo quel che era
accaduto e si portò le mani alle orecchie, che scoprì essere state medicate,
perchè vi era dell'ovatta, forse messa per fermare la colata del
sangue.
Ricordò l'urlo e si sentì ghiacciare
nuovamente nelle vene. Si alzò e si mise a sedere.
Notò di non essere solo. Infatti
qualcuno avrebbe dovuto portarlo là. Si guardò attorno e si riscoprì su una
torre, da cui neanche le cime degli alberi più alti si potevano
scorgere.
C'era qualcosa che non
andava.
Perchè lì e non in
infermeria?
Gli faceva un po' male la testa, ma
si alzò lo stesso. Il peso sulle gambe gli comportò una fatica immane, ma doveva
stringere i denti.
Scorse lo sguardo sulla figura che
guardava dalla torre, con le braccia strette lungo i
fianchi.
Sentì il terreno girare e cadere, i
suoi piedi non poggiavano da nessuna parte.
La figura si girò e l'avvicinò così
velocemente che Fred non la vide quando si mosse.
Le sue mani erano grandi e potenti.
Lo sorressero facilmente.
- Sta' per un po' seduto- disse
sussurrando. Aveva una voce armoniosa e rassicurante.
Lo poggiò per terra, e Fred lo
guardò.
Si sedette. Voleva guardare in viso
quel ragazzo.
- Chi sei?- disse
sottovoce.
Tutt'intorno si estendeva una
atmosfera di tensione e mistero.
- Piuttosto dovresti preoccuparti
per cosa sono- rispose lui. Nella voce c'era un qualcosa di
divertito.
- Perchè?- chiese di getto
Fred.
L'altro si abbassò il cappuccio e
lasciò che la luce della luna lo colpisse, illuminando gli occhi con le iridi
inesistenti e i capelli lisci. Visto a primo acchitto era un ragazzo
normale.
Sorrise.
Fred trattenne il fiato. Notò i
canini che sporgevano, leggermente più lunghi e
minacchiosi.
- Sono un vampiro- disse calmo,
nascondendo dietro le labbra il suo segreto.
Il mago tremò.
- Tu...tu...- balbettò. Non sapeva
neanche cosa dire. Era a disagio. Voleva scappare.
Si rese conto che molto
probabilmente, essendo stato il vampiro a metterlo fuori combattimento, la
ragazza stesse agendo per conto di quello e che i tre compagni di dormitorio
fossero le vittime sacrificali.
Strinse forte le mani a terra,
cercando di fare peso su di esse, per riuscire ad alzarsi. Per
fuggire.
Si vergognò di se stesso, perchè non
s'era ritrovato pronto a combattere, ma con quel vampiro spuntato fuori
all'improvviso era tutt'altra cosa. Non aveva mai combattuto prima d'ora un
vampiro.
E' ora che provi...si disse.
Fece scivolare la mano nella tasca e
cercò la bacchetta.
Continuava a tastare, ma la
bacchetta non c'era. Sbiancò. Dov'era finita?
Il vampiro rise, gettando la testa
all'indietro.
- Cercavi forse
questa?-
Alzò il braccio e il rosso vide che
stringeva tra le lunghe dita bianche la sua bacchetta.
- Ridammela!- ordinò Fred,
guardandolo minaccioso.
Il vampiro continuò a
ridere.
- Altrimenti che fai? Sei disarmato
e inerme...- gli ricordò.
Fred si bloccò e digrignò i
denti.
Avrebbe tanto voluto poter battersi,
e vincere.
Poco prima avrebbe tanto voluto
sfuggire, ma la curiosità ebbe la meglio sul suo istinto di sopravvivenza,
sempre all'erta.
Il vampiro gli si avvicinò
lentamente.
- Quale è la tua missione?-
chiese.
Fred lo guardò
stupito.
- Mis-sione?- balbettò preso alla
sprovvista.
- Sì, insomma! Sei venuto qua per
qualche scopo, secondo fine!- insistè.
Fred scosse il
capo.
- No, sono qua per uno stage
scolastico- disse titubante.
- Ah sì?- si sedette di fronte al
ragazzo con le gambe incrociate.
Fred sospirò.
Osservandolo bene, quel vampiro
sembrava quasi innoquo, solo tanto pomposo.
- Chi sei?- chiese ancora
Fred.
- Richard William Charles McKenzie-
rispose lui, sbuffando.
Fred sbattè le palpebre e lo guardò
stranito.
- Impossibile!- esordì dopo un lungo
silenzio in cui stava pensando - i McKenzie si estinsero senza eredi centinaia
di anni fa, è scritto nel libro dei Purosangue. Il loro unico figlio
scomparve.-
Poi lo guardò.
In effetti, somigliava a quel
bambino della foto vicino al nome di Richard William Charles McKenzie.
Il vampiro sorrise, mostrando ancora
i denti.
- Sono un vampiro.- rispose alla
calunnia lanciatagli da Fred - Fui rapito da un clan di vampiri quando avevo 11
anni. Mi fecero studiare con loro fino all'età di 16 anni. - il suo viso fu
attraversato da un'espressione triste, che gli conferì un'aria
dannata.
Fred stava, intanto, pensando al
perchè vi fossero tali somiglianze.
I McKenzie erano una famiglia
Purosangue che si sposava tra loro per poter accrescere il proprio potere,
bramoso com'era di gloria, ma una volta capito che così facendo avevano solo
richiato di estinguere il loro potere, iniziarono a sposarsi con altre famiglie.
Una volta, si dice, sfidarono la Morte e persero. Furono maledetti dicendo che
da loro sarebbero nati solo figli unici e che essi sarebbero morti all'età di 17
anni. Da allora ogni McKenzie si preoccupo' di far continuare la famiglia,
facendo mettere incinte o facendo ingravidire i propri primogeniti. E così
nascevano bambini da ragazzi. E ben presto le altre famiglie purosangue di
rifiutarono di aiutarli e così si estinsero piano piano. Il destino più triste
toccò senza dubbio a Mildred Lancaster e Horace William McKenzie, che furono
costretti a sposarsi quando avevano soli 15 anni. Ebbero un figlio che scomparve
all'età di 11 anni.
Nessuno seppe che fine avesse
colpito il giovane Richard William Charles McKenzie, orfano di genitori, che gli
lasciarono solo il libro delle disgrazie della loro
famiglia.
Fred pensò che fosse solo una
coincidenza che il vampiro avesse lo stesso nome del ragazzo, che si narrava
avesse una magia potentissima.
Fred fu percorso da un brivido di
freddo e alzò gli occhi al cielo.
Il buio si stava schiarendo e
diventava sempre più chiaro.
Richard si rimise il cappuccio sulla
testa. Si alzò e si strinse nelle spalle.
- Beh, ragazzo. Io vado. Il giorno
non è fatto per un essere come me.- disse. Dalla voce si poteva chiaramente
notare il fatto che si sentisse sempre più a disagio.
Fred si alzò in piedi e lo
fronteggiò.
- Non vai da nessuna parte- disse
serio.
Allungò la mano e rimase in
silenzio, sfidandolo, guardandolo negli occhi.
Richard
sorrise.
- Pensi che riuscirai a fermarmi?-
lo schernì, sicuro di sè. - Neanche il più potente di voi può battermi. Neanche
se sono disarmato- rise cupamente.
- Voglio solo che tu mi restituisca
la mia bacchetta- disse Fred, nervoso.
Cosa aveva voluto dirgli? Che
significava quella frase?
Fred lo vide
scomparire.
- Ehi!- lo chiamò. Era sicuro che
non gli avesse dato la bacchetta.
Spostò la mano che aveva teso e
sentì un rumore sordo.
Guardò ai suoi piedi: c'era la
bacchetta.
La prese e si girò per rientrare e
correre a vedere se quei ragazzi stessero ancora bene.
Sentì un urlò bestiale e si
girò.
Un'altra volta sentì il sangue
ghiacciarglisi nelle vene. Un drago enorme stava solcando il cielo appena
rischiarato.
SI stupì del fatto che si fermò nel
giardino di sotto. Mentre il drago scendeva in icchiata, sentì lo spostamento
d'aria trascinarlo all'indietro. Appena gli fu possibile, si avvicinò correndo
al torrione e notò una testa rossa che aiutava una ragazza dai capelli castani e
mossi a scendere dal dorso del drago rosso che era
sellato.
- Non è possibile...- sussurrò d'un
fiato e si affrettò ad arrivare al Salone d'Ingresso.
Mentre correva, col fiatone e un
dolore che gli iniziava a prendere il fianco destro, sentiva chiaramente l'aria
che tremava.
Stringeva ancora in mano la
bacchetta e le domande gli attanagliavano il cervello.
Conosceva solo una testa rossa
capace di volare su un drago sellato e quello era...
Si bloccò perchè vide due persone
sul suo cammino.
Si guardarono. Una era una ragazza
dai capelli castani e leggermente riccioluti, aveva un trucco leggero e
indossava una tuta rossa con dei calzari e dei bracciali in cuoio, così come il
pezzo che le copriva il petto. L'altro era un ragazzo dai capelli rossi che gli
somigliava tantissimo.
- Charlie?- disse
incredulo.
E l'altro, allo stesso modo, disse:
- Fred? Che ci fai qui?-
|
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Capitolo 8 *** Sospettoso ***
Prima di iniziare con il capitolo,
mi volevo scusare con i miei lettori, che per questo ottavo capitolo hanno
aspettato tanto. Purtroppo la scuola mi ha trattenuta giorni interi lontana dal
computer. Questo capitolo è, come mi piace chiamarlo, incompleto. Dovevano
venirci tante cose, ma alla fine solo questo. Spero che per un po' vi basti,
anche se ne dubito...
Volevo aggiungere ancora una cosa. Lilla4eve, non ti
preoccupare per i commenti, a me sono comunque arrivati. Ti rispondi qui con la
speranza che leggi ancora questa fan fic. Non te la prendere...io non l'ho
fatto! ^-^
E ancora...Grazie a chi mi ha commentato finora, sperando
che continuino a farlo insieme a tanta altra gente. Ho bisogno di voi,
lettori!
-
capitolo 8-
Sospettoso
Fred ancora non ci credeva. Di
fronte a lui c'era suo fratello maggiore Chiarlie.
- Non dovevi stare a guardia dei
draghi tu?- chiese curioso.
Charlie scosse la
testa.
- No, sono venuto qua per...faccende
da parte del Ministero- disse, in modo ambiguo.
Fred gli sorrise. Volse poi lo
sguardo alla ragazza che lo accompagnava.
- Piacere!- disse, avvicinandolesi.
Era molto bella, e vide che era leggermente più bassa di lui. - Io sono Fred
Weasley e...-
- Sei il fratello di Charlie-
concluse lei socchiudendo gli occhi e sorridendogli. Sulle guance si formarono
due piccole fossette. - Davvero molto piacere. Io sono Silence Duncan, una
compagna di tuo fratello. Studiamo assieme i draghi- si
presentò.
Il ragazzo
annuì.
- Quanto tempo pensate di rimanere?-
si informò lui.
La ragazza alzò le spalle. Fu
Charlie a rispondere.
- Non ancora abbiamo deciso. Dipende
da quanto tempo prende la nostra faccenda-
- Cos'è?- chiese Fred, che iniziava
a rodersi per la curiosità.
I due ragazzi parvero
scandalizzati.
- Non possiamo dirti nulla, Fred.
Scusa, ma davvero non possiamo parlarne con nessuno- disse
Charlie.
Silence annuì.
- Siamo spiacenti, ma il Ministro ha
detto che non si può parlarne...-
Fred mise il
broncio.
Sembrava che gli altri lo
considerassero sempre piccolo, ma lui era grande ormai, aveva 16 anni! Avrebbe
dovuto aspettare solo il 1 Aprile, solo quello. E poi sarebbe diventato adulto,
a tutti gli effetti.
E anche George lo sarebbe stato.
Adulti. Loro, i gemelli scapestrati della famiglia
Weasley.
Loro, con tanti sogni nel cassetto,
con la possibilità di poterli esaudire tutti. Presto l'avrebbero toccati con
mano.
Non avrebbe visto
l'ora.
Stavano anche accarezzando l'idea di
lasciare la scuola per aprire un negozio.
Charlie lo riportò alla realtà,
lontano dai suoi pensieri.
- Come mai, invece, tu sei
qui?-
Fred sobbalzò
legermente.
- Eh? Cos..? Ah...beh, sono qui per
uno scambio culturale- gli disse.
La ragazza lo guardò in modo strano.
Lui corrugò la fronte.
Silence prese la manica di Charlie e
la strattonò, quasi come se fosse una bambina piccola.
- Andiamo?- lo
pregò.
Lui la guardò con una strana
scintilla negli occhi. Annuì.
Diede un colpetto sulla spalla del
fratello.
- Ci vediamo,
fratellino-
Fred assunse un'espressione
disgustata.
- D'accordo, vecchiaccio...-
sghignazzò.
Charlie rise sotto i baffi e,
seguito dalla ragazza, se ne andò.
Si girò indietro, per constatare
quanto suo fratello era fortunato a girare con una bella ragazza come
quella.
Silence voltò la testa verso la
spalla, osservandolo con gli occhi ridotti a fessure. Accortasi che la stava
guardando, subito sorrise e guardò avanti a sè.
Fred
s'insospettì.
Cos'era quell'espressione? Aveva
qualcosa di sbagliato? O si aspettava che succedesse
qualcosa?
Quella ragazza aveva un certo
non-so-chè di sospetto.
Dovrò tenerla d'occhio,
attentamente...si
disse.
E mantenne la
promessa.
***
"Cosa ci faceva quel ragazzo in
questo posto? E soprattutto perchè si trova qui? E' tutto troppo strano.
Un semplice scambio culturale? No, non ci credo."
Silence si abbandonò sul letto,
incrociando le braccia dietro la testa.
La stanza in cui si trovava era
abbastanza disordinata, con i vestiti che aveva durante il viaggio sparsi qua e
là sul pavimento.
Sulla scrivania era appogiato il
baule che conteneva tutta la sua roba. Vestiti, calderone, pozioni pronte,
ingredienti per pozioni, libri, e tanto altro ancora.
Sbuffò e chiamò Charlie, che subito
irruppe nella stanza.
- Mi hai chiamato Silence?-
chiese.
Lei si alzò e lo guardò
tristemente.
Non era quello che si voleva sentire
dire.
- Mi ami Charlie?-
domandò.
Lui piegò la testa di
lato.
- Cosa vuoi che dica? Cosa vuoi che
faccia?-
- Dimmi che mi
ami-
- Ti amo-
- Dimmi che mi ami alla
follia-
- Ti amo alla
follia.-
Scoppiò in lacrime, affondando il
viso nel cuscino.
- Con...consolami...- disse tra i
singhiozzi.
Charlie le si avvicinò e si sedette
accanto a lei. Iniziò ad accarezzarle dolcemente la
schiena.
Sentiva le grandi mani del ragazzo
salire e scendere sulla sua schiena, il suo profumo forte di ragazzo. Alzò lo
sguardo e lo guardò da sopra la spalla.
Era a torso nudo, e poteva vedere le
brutte bruciature causate dai draghi.
Ed era bello, premuroso,
aitante...
Si sentiva in colpa. Ma non poteva
fare altro.
- Amami, Charlie-
sussurrò.
Lui, quasi automaticamente, la girò
e iniziò a spogliarla.
...e fecero
l'amore...
Lei guardò il viso del ragazzo
addormentato accanto a lei.
Il suo cuore le diceva che stava
sbagliando. Doveva smetterla. Ma non poteva disobbedire agli
ordini.
***
Fred cercava la sua amica, Anna.
Sembrava dileguatasi nel nulla.
Si sentia strano, sentiva
chiaramente la sua vita scivolarli dalle mani e renderlo
inquieto.
Tante cose stava vedendo in quella
scuola, atti di pura violenza come quello della ragazza di qualche tempo prima,
la ragazza che gli aveva fatto uscire il sangue dalle
orecchie.
Fu scosso dai
brividi.
Era tremenda quella ragazza, lo
poteva benissimo sentire, ma ricordava di averla vista. E anche
bene.
Aveva una voce melodiosa, ma allo
stesso tempo era crudele.
Ricordava gli stupendi occhi castani
e i capelli dello stesso colore ricaderli lisci sulle spalle, e la brutale forza
con cui l'aveva spinto indietro.
E poi, inevitabilmente, ricordò il
vampiro.
Ma cos'era in realtà quella scuola?
Un ritrovo di forza oscure?
E lui, lì in mezzo, che ci
faceva?
E ancor più si chiedeva cosa vi
facesse suo fratello con quella ragazza ambigua che si portava appresso. E si
chiese se erano fidanzati o meno.
Ma comunque a lui quella ragazza non
piaceva affatto. Non sapeva perchè, ma era una cosa a
pelle.
Si guardò i piedi immersi nella
sabbia umida.
Il mare si riversava contro la riva,
freddo e distaccato.
Alzò lo sguardo e trattenne il
fiato.
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Capitolo 9 *** sempre più smarrito ***
- cap 9-
Sempre più smarrito
Lo sguardo di Fred fu attratto dalla maestosa figura di una bella ragazza con
i capelli mossi che venivano gettati dietro la schiena dal venticello che tirava
quel giorno. Anche il vestito, come i capelli, era teso all'indietro, pronto a
formare, con il suo tessuto leggero e fine, di un azzurro cielo, tutte le dolci
curve del suo corpo. Il suo sguardo però si perdeva nelle profondità
dell'orizzonte. Non osava avvicinarsi al mare, era piuttosto restia.
Si avvicinò verso la ragazza.
In fondo l'ultima volta che l'aveva visa li aveva solo quasi rotto i timpani.
Che sarà mai?
Amava rischiare.
Sentiva la sabbia scricchiolare sotto i suo piedi.
La ragazza era immobile, lì, d'avanti a sè. Fred sentiva il cuore battergli
forte.
Aveva forse paura di una qualche reazione della ragazza? Era possibile.
- Ciao- disse, riscoprendo la sua voce roca e la gola secca.
La ragazza si voltò di scatto e lo guardò con espressione indecifrabile.
- Ehm...non so se ti ricordi di me- esordì - Abbiamo avuto una discussione
qualche giorno fa...-
La ragazza alzò leggermente un angolo delle labbra.
- Sì, ricordo. Mi hai tolto il divertimento- rispose.
Fred arrossì. La voce di quella ragazza era dolce e melodiosa, ma aveva un
potere strano. Non riusciva a distogliere il suo pensiero da quella ragazza, e
quasi pendeva dalle sue labbra. Era come se l'avesse stregato.
Doveva fare qualcosa, non poteva dipendere da lei, da quella bella ragazza
dalla voce piana.
- Io non lo chiamerei proprio divertimento- riuscì a spiccicare, con la voce
forzata.
Voltò bruscamente lo sguardo.
Sentiva che qualcosa proprio non andava in quella ragazza. Un'aura oscura le
aleggiava intorno. Non riusciva, però, a smettere di parlare con lei.
Lei rise.
Sì, rise. Riconosceva una risata quando aveva il piacere di sentirne una, e
in quella scuola non c'era modo di sentirla spesso.
La guardò incredula, e rimase stupito nel vedere quella bellezza scolpita
aver chiuso gli occhi. Le labbra distese in un riso a bocca semi-aperta le
disegnavano delle piccole rughe sul volto.
Gli occhi erano chiusi e le sopracciglia sembravano ancora più lunghe di
quanto non fossero già in realtà.
Era leggermente piegata in avanti.
Fred sorrise nel vederla così. Sembrava felice.
...no, non sembrava. Lo era proprio.
- Cosa c'è?- chiese lui, sorpreso.
Lei si girò e lo guardò dritto nelle sue iridi azzurre.
- Sei simpatico-
Fred rimase spiazzato.
Simpatico per cosa? Per aver detto indirettamente che era una pazza perchè si
divertiva a torturare la gente?
La ragazza gettò la testa all'indietro.
- Come ti chiami?- chiese lei, con uno sguardo tremendamente attraente.
Fred aprì la bocca, ma non vi uscì alcun suono.
Cosa gli stava succedendo.
Non riusciva affatto a guardarla negli occhi. Intanto lei lo guardava.
Sentiva le sue guance iniziare a bruciare di vergogna.
Cazzo, Fred, parla...parla!
Deglutì senza fare alcun rumore. Si bagnò le labbra con la lingua, e ci
riprovò.
- F-Fred Weasley- biacicò, con la gola secca.
- Fred...- ripetè lei, sovrapensiero.
Lei distolse lo sguardo da lui, e si sentì sollevato. Non si sentiva oppresso
da quello sguardo magnetico della ragazza.
- Io sono Silence Pickford.- rispose lei, sedendosi sulla sabbia, non
crucciandosi del fatto che la sabbia entrava dappertutto.
Fred non sapeva che dire.
Si sentiva male. Lui era sempre solito riuscire a parlare, e invece si
trovava senza niente da dire, niente da poter fare. Solo domande si affollavano
nella sua mente.
Troppe domande.
Sentiva il cuore battergli molto velocemente nel petto, e tutto intorno a lui
aveva iniziato a girare.
Voltò lo sguardo sui capelli bruni della ragazza.
Notò che si teneva a distanza dal mare.
- Non ti piace?- chiese, guardando i riflessi del sole sulle onde
azzurre.
- Cosa?-
Sentiva lo sguardo della ragazza su di lui, ma tentò di fare finta di
nulla.
- Il mare.- spiegò.
Era facile parlarle senza guardarla in volto.
Fin troppo, si rese conto.
- Non è esatto. Il mare mi piace tantissimo, ma...- sembrava volesse
continuare, ma non andò oltre.
Fred aspettò in silenzio la continuazione della sua risposa, ma si rese conto
che l'attendeva inutilmente, e che non sarebbe mai giunta.
- ma...?- la incitò a continuare.
STavolta non potè fare a meno di voltarsi a guardarla, e la vide piangere,
nel guardare il mare.
- Cosa c'è?- chiese allarmato, sedendosi accanto a lei.
Avvicinò la mano alla sua, però non ebbe il coraggio di toccarla, nè di
sfiorarla.
Lei tirò su con il naso.
- Il mare è la mia intoccabile dimora.- rispose.
Fred la guardò interrogativo, stava per aprire la bocca per parlare, quando
lei si alzò, si voltò di schiena e si diresse al castello.
- Ehi, aspetta!- disse lui, alzandosi.
Si aspettava che lei continuasse a correre via, o che si fermasse e si
girasse piangendo, correndo verso di lui. Invece, nell'istante esatto in cui
aveva distolto da lei lo sguardo per alzarsi, era scomparsa.
Rimase a bocca aperta, Fred.
Anna era intenta a far volare il proprio pranzo. Fred la osservò
attentamente, essendo seduti vicini.
- Ma perchè invece di giocarci non lo mangi?- chiese dopo un po', irritato
per quello spreco di cibo.
- Perchè io non amo mangiare gli animali-
- Non per questo lo devi sprecare così- ribattè lui, infilandosi un enorme
boccone.
Ad Anna vennero le lacrime agli occhi.
- Cosa c'è ora?- sbottò Fred, con la bocca ancora piena.
- Stai mangiando il povero pollo...-
Fred spalancò gli occhi e scosse la testa.
Non ci poteva credere. Pensava che gli animali capissero qualcosa e che
giocandoci capivano ancora che si stava giocando con loro? Assurdo.
- Era comunque morto prima che lo mettessi in bocca-
- Sei estremamente crudele!- affermò alzandosi di botto.
Una mano bianca si poggiò sulla spalla della ragazza, che si girò
velocemente, trattenendo il fiato.
Richard William Charles McKenzie era in piedi e sorrideva tranquillo alla
ragazza, mostrandole i canini un po' più lunghe.
- Che ne sai dei crudeli?- le chiese, scivolandole accanto e sedendosi tra i
due. - Ciao Frederick- lo salutò.
Fred alzò il capo e buttò giù un altro boccone sotto gli occhi sgranati e
smarriti di Anna.
Si sedette al suo posto e fissò il vampiro attentamente.
Richard si volse verso la ragazza.
- Ho qualcosa che non va?- chiese gentilmente con un dolce ed elegante
sorriso.
Anna arrossì leggermente, scuotendo la testa.
- No, figurati. E' che non ti avevo mai visto così da vicino, senza cappuccio
per di più!- rispose titubante.
Richard piegò la testa e sorrise.
- Oggi il sole è celato dalle nuvole, ergo non mi brucio-
Fred sorrise leggermente ed Anna rimase a bocca aperta.
- Ordunque, Frederick, che nuove?- chiese il vampiro, voltandosi verso il
rosso.
Questi alzò le spalle e ingoiò l'ultimo boccone.
- Nulla, Richard, ho incontrato Silence- disse, come se la cosa fosse più
naturale possibile.
Anna e Richard lo guardarono atterriti e con gli occhi sgranati. Lui ricambiò
lo sguardo con uno perplesso.
- C'è qualcosa che non va in voi due?-
Anna parlò per prima, e la sua voce aveva una nota acuta in più.
- Hai incontrato Silence? Ti ha fatto qualcosa di male?-
Fred notò la preoccupazione nella sua voce, ma non riusciva a capire
perchè.
Negò con la testa, ma non fece in tempo a ribattere che Richard si inserì nel
discorso.
- Non desidero celare il mio stupore, in quanto la bella Silence è solita
fare del male a tutti. Magari non ti ha fatto male sul piano fisico, non trovi?-
e gli fece l'occhiolino.
Il rosso aprì la bocca ed esclamò:
- Cosa? Piano fisico? Giuro, non vi capisco!-
Richard iniziò a ridere.
- Oh sta' zitto vampiro!- sbottò Anna alzandosi di scatto. Si avvicinò a Fred
e lo prese per il colletto, costringendolo ad alzarsi e, senza perdere tempo, se
lo portò fuori a grandi passi. Il Weasley riusciva a starle dietro non senza
inciampare qualche volta. A chiudere la piccola processione c'era il vampiro,
che sembrava fluttuare a mezz'aria, con il mantello che si bombava e il
cappuccio sceso sulle spalle.
Si ritrovarono nella Sala d'Ingresso, che era vuota.
Anna si fermò di botto e si girò verso l'amico, cercando e tastando sul suo
corpo possibili ferite, sotto l'occhio divertito e al contempo vigile di
Richard.
- Sembrerebbe che non ti ha lasciato alcuna ferita- disse un po' delusa la
ragazzina.
- Cosa speravi di trovare?- insinuò allora Fred.
- Tu non capisci la gravità della situazione- affermò con voce ferma,
guardandolo dritto negli occhi.
Fred si sentì in soggezione, guardato a quel modo da una ragazza poco più
bassa di lui che aveva di colpo raggiunto e superato la sua statura.
- Di Silence Pickford sappiamo poco anche noi che stiamo a scuola con lei da
più di un anno!- sbottò, sbuffando leggermente, tanto che i capelli che le
incorniciavano il viso le si mossero leggermente - E' sempre stata molto schiva,
e non si è mai avvicinata a qualcuno in modo da avere qualche amico. Di noi si è
servita solo per i suoi giochi perversi!-
Fred fece un sorrisino a quell'aggettivo.
- Oh, non essere mono-neurone!- disse infuriata - Nel senso che ci tortura!
Il solo che ci abbia mai parlato è stato lui- e indicò con la mano tesa il
vampiro, che assisteva divertito alla "messa-in-guardia".
Si sentì d'improvviso chiamato in causa. Alzò le mani in segno di difesa.
- Ehi, non attaccatemi! Le ho parlato solo quando dovevo difendervi, dal
momento che sono il più forte!-
Fred si fece serio.
- E con ciò? Non capisco dove vuoi arrivare...forse con me vuole essere
amica-
- Oppure vuole usarti per qualche divertimento alla sua!-
Fred non sapeva bene cosa gli accadeva, ma sentiva una rabbia montare dentro
di lui.
- Ti posso assicurare che non ha nulla di male quella ragazza! E' molto
dolce, e non è affatto perversa o in qualsiasi modo tu stia cercando di ritrarla
a me!-
- Ma- intervenne Richard, facendosi avanti, fiutando la pericolosità per
l'aria - c'è qualcosa che non ti convince....vero?-
Lo guardò con sguardo penetrante, e Fred sentì la sua volontà appiattirsi, ed
insieme ad essa, anche la sua rabbia.
- Ho solo sentito che a volte la mia volontà era come manovrata da qualcun
altro-
Anna guardò severa lui e lanciò uno sguardo timido ma serio a Richard,
arrossendo leggermente quando vide il vampiro ricambiarle lo sguardo.
- E' questo che sto cercando di dirti- rispose piano Anna, respirando a fondo
- Molti di quelli che si sono ritrovati in infermeria, ricordano solo di essere
stati "chiamati" da Silence Pickford, e che avevano sentito il loro io
annullarsi.-
Fred la guardò con i suoi occhi azzurri.
Abbassò le palpebre e inspirò forte. Quando le alzò, poggiò le sue mani sulle
spalle dell'amica e sorrise.
- Tranquilla, Anna, io faccio solo quello che voglio io-
La ragazza lo guardò, trattenendo il fiato.
Schiuse le labbra e iniziò a cantare.
Era una canzone antica, forse una vecchia ballata, ma l'atmosfera attorno a
loro era chiaramente meno tesa.
Fred sentiva come un peso che gli gravava sulle spalle che gli veniva tolto
con gentilezza. Riusciva a respirare meglio e più facilmente, e tutto intorno
sembrava che splendesse il sole. Non se ne importò dell'imprecazione che diede
Richard, che subito si coprì con il cappuccio. Era ora sereno e felice.
Si ricordò, in quel clima di pace, che doveva scrivere al fratello in
Inghilterra, e dare alla sua famiglia notizie.
Si allontanò dopo averli salutati, lasciando la pianista e il vampiro
soli.
- Sei una bugiarda- disse il vampiro.
Anna guardò a terra e mise il broncio.
- No, ho solo reso meno densa l'aria qua intorno-
- Ma resti una bugiarda- affermò mettendole un braccio intorno alle
spalle.
Avvicinò la bocca con i canini lunghi al suo orecchio.
- Mi piace...- sussurrò sensualmente.
Anna tremò e lo guardò di scatto.
- Come scusa?-
Sorrise, guardando le sue guance arrossarsi sempre più.
- Ci vediamo...- detto questo, Richard corse via così velocemente che
sembrava essersi dileguato.
Anna rimase sola nella stanza, con il cuore che le batteva a mille, il viso
in fumo e i pensieri confusi.
Fred stava camminando verso la guferia, ma più si allontanava dalla Sala
d'Ingresso, più si ricordava di aver scritto al fratello e alla famiglia proprio
il giorno prima. Corrugò la fronte e si voltò indietro, sentendo dei passi
dietro di lui.
Riconobbe quella strana ragazza che stava con il fratello, che aveva lo
sguardo fisso d'avanti a lui, e sembrava che non si fosse accorto di lui.
Camminava velocemente e sovrappensiero.
Fred decise di seguirla.
La guardava da dietro. Era poco alta, ma aveva dei grandi tacchi che la
alzavano da terra. Camminava svelta e con ritmi cadenzato.
Guardava di tanto in tanto l'orologio. Era in quei momenti che non guardava
di fronte a lei.
Si bloccò inavvertitamente, e Fred per poco non stava cadendo.
Si voltò di scatto e lo guardò corrucciata.
- Mi segui?- fece, con una risatina.
Fred si sentì con le spalle al muro. Una palla, e presto!
- Ma no...stavo andando...- si guardò attorno - dal preside, ma mi sa che mi
sono perso...-
Che scusa idiota. Si sarebbe volentieri picchiato da solo.
La ragazza si portò l'indice sulle labbra.
- Mmm...se non sbaglio sta due piani più sotto-
Si stava voltando per andarsene.
- Dove vai tu, invece?- si informò Fred, leggermente. La guardò negli occhi,
con sguardo da innocente.
- Cercavo tuo fratello. Per caso l'hai visto?-
Fred scosse la testa.
- No. E' da quel giorno che non ci vediamo- ammise.
Lei annuì.
- Beh, allora ci vediamo- e quasi scappò via.
Fred mise il broncio, e si avviò dalla parte
opposta.
|
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Capitolo 10 *** Scoperta ***
scambio culturale
-cap 10-
Scoperta
Fred avrebbe tanto voluto capire
cosa gli succedeva. Da un po' di tempo sembrava che avesse delle allucinazioni
ovunque. Anna e Richard gli erano sempre vicini quando potevano. Naturalmente
Richard indossava sempre il suo mantello con cappuccio, mostrando macabramente
gli occhi gelidi e i canini sanguinosi. Anna invece se non studiava, pensava a
tenere in ordine le mani, preoccupandosi di non avere le unghie lunghe,
altrimenti non avrebbe potuto suonare.
Ma anche loro sentiva che gli
stessero nascondendo qualcosa.
Anna aveva una voce stupenda,
davvero melodiosa, come, si dice, quella delle sirene. Richard era sempre sulle
sue e scompariva di tanto in tanto.
E da qualche tempo poi Silence non
si faceva vedere.
L'ironia della sorte era quella, tra
l'altro, che ogni giorno gli succedevano cose a cui non sapeva dare un
senso.
Era un mago, e faceva parte del
mondo del soprannaturale, quindi vampiri, licantropi, sirene e tutte le altre
creature non gli facevano nulla, anzi lo divertivano, ma c'era qualcosa che
aleggiava in quella scuola che non era normale neanche per i
maghi.
Espresse questi pensieri sul suo
diario personale, quello di viaggio, aggiungendo di voler capire qual era lo
scopo per essere stato mandato lì.
Mentre scriveva, steso a pancia
sotto sul letto, comparve nella stanza Richard.
- Ciao Fred - disse da dietro,
facendolo saltare vistosamente.
- Richard! Che paura che mi hai
fatto prendere!- disse, mettendosi a sedere. Nascose il diario sotto al cuscino
e afferrò la bacchetta, mettendosela in tasca.
- Andiamo?-
- L'hai finalmente
trovata?-
- Sì-
Fred si scambiò un sorriso complice
col vampiro e scese dal letto.
Si avviarono lungo il
percorso.
Era sera inoltrata, e i corridoi bui
erano illuminati dalla pallida e tenue luce della luna.
Il rosso guardò il vampiro.
Camminava tranquillo e sereno, senza il suo mantello perché era sera, con i
capelli che gli ricadevano sulla nuca e sulla fronte.
Aveva finalmente trovato Silence
Duncan nella sua stanza, dove c'era anche suo fratello
Charlie.
Sorrise.
Aveva sempre saputo che qualcosa in
quella ragazza non andava, e allora bisognava vederci
chiaro.
Qualche giorno prima, Fred l’aveva
vista aggirarsi sospetta da sola per la scuola e così decise di chiedere a
Richard e ad Anna di fare una ricerca per lui.
Richard accettò senza troppe storie,
ma fu Anna quella da pregare.
- No, no e poi no, Fred - continuava
a dire – non è possibile pedinare una ragazza solo perché ti sta antipatica!-
Fred sbuffò.
- E’ perché ho dei sospetti- si
difese.
- Beh, se hai dei sospetti, perché
non lo fai tu?- sbottò.
- Ma perché voi conoscete meglio il
castello, conoscete tutte le
scorciatoie e tutti i passaggi segreti-
Anna lo guardò
incerta.
- Sì, Fred, ma non pensa che
potremmo riuscirci. Ti credi che se scopriamo il suo “segreto” non cercherà di
fermarci? E se ci proverà, non ci riuscirà?-
- No Anna - fece lui posandole sulle
spalle le mani – siete forti. Voi ve la cavate sempre-
Anna lo guardò incerta, poi volse lo
sguardo a Richard, il quale le mostrò il suo sorriso più bello, con i denti
bianchi che si intravedevano. Aveva in tutto questo un’aria da
volpe.
- Già, noi ce la caviamo sempre,
Anna- aveva detto lui.
Si era così
convinta.
Fred li guardò soddisfatto. E
aspettò che si fossero preparati.
Richard quella sera stessa entrò
nella stanza di Anna.
- Allora, mia piccola vipera, sei
pronta ad andare?-
Lei lo guardò con aria
superiore.
- mia piccola vipera?- ripeté
accigliata – e da quando lo sono?-
- Da sempre- rispose lui
avvicinandolesi.
Si mosse con grazia semplice e
movimenti apparentemente lenti. In un attimo le fu accanto, sfiorandola con il
suo corpo.
Con un movimento fluido, le portò
una mano tra i capelli, sfiorandola.
Lei rabbrividì, e lui sorrise
tristemente.
Era un ragazzo freddo e immortale,
sedicenne per l’eternità, dannato e senza la possibilità di amare chi non era
della sua razza. E con una voglia enorme di sangue.
Aveva gli occhi di lei inchiodati
nei suoi. Sentiva sotto la pelle le vene pulsare per riportare il sangue al
cuore, dove veniva poi ripompato in tutto il corpo. Vedeva le sue guance rosse e
sentiva come il cuore pulsava più veloce del solito.
Schiuse le labbra e si avvicinò alla
sua guancia. La sfiorò con le labbra. Portò una mano fredda sulla sua spalla, e
la sentì rabbrividire. Lì, vicino al collo c’era un odore misto tra il suo
profumo di pulito e di sangue.
Lei rimaneva in silenzio, nonostante
Richard sapesse che aveva voglia di allontanarlo perché era troppo
freddo.
Aveva proprio voglia di morderla e
succhiare il suo sangue, ma doveva resisterle. Era una tentazione per cui non
era ancora giunto il tempo.
A meno che…
Leccò il suo
collo.
Fu come se la ragazza si
risvegliasse. Con uno scatto fulmineo lo allontanò.
- Non ti permettere di farlo più,
vampiro. Ok?-
Richard rise
divertito.
- D’accordo pianista- rispose.
- Muoviti-
aggiunse.
Scese le scale, ma non aspettò tanto
tempo perché la ragazza subito scese, portando sulle spalle uno zainetto molto
piccolo.
- Che hai lì dentro?- chiese
Richard.
- Nulla che possa interessarti- fece
lei scorbuticamente.
Richard mise il broncio, e la guardò
enigmaticamente.
Lei non si fece pregare, lo sorpassò
e si incamminò.
Richard le fu subito accanto e la
sentì sbuffare.
- Non capisco come ci siamo fatti
mettere in questo pasticcio - si lamentò lei.
- Come, scusa?- rispose Richard, che
non era attento a quello che gli succedeva attorno.
- Non sappiamo come è fatta quella
tizia, sappiamo solo che si chiama Silence Duncan, e che sta con suo fratello.
Poi nient’altro! Non abbiamo neanche un indizio!-
Richard rise, per poi avvicinarsi un
po’ a lei.
- Non trovi che questa sia una bella
sfida, pianista?-
Lei lo guardò
ferita.
- Per niente, anzi la trovo una cosa
davvero sciocca-
Ghignò.
- Non ti fa piacere stare con un bel
ragazzo una notte intera?-
La vide arrossire alla luce della
luna.
- No, per niente- rispose
timidamente.
Camminarono tra i corridoi, senza
vedere nulla.
Il corpo della ragazza profumava
come una merendina al cioccolato davanti ad un bambino ghiotto. Lo tentava come
non mai. Sentiva il sangue salirgli nei canini e la sete ardergli la gola. La
saliva mancava e aveva le labbra secche.
Voleva bere, e lo desiderava
subito.
Se avesse, però, bevuto dalla
ragazza proprio ora, sarebbe stato un problema. Sarebbe riuscito a trattenersi
quel tanto che bastava da non ucciderla? E sarebbe riuscito, una volta sentita
la sua vitalità fuoriuscirle dalle vene, a non trasformarla in
vampiro?
Quel sangue che le scorreva era
davvero profumato.
Si leccò con la punta della lingua
le labbra, si morse il labbro inferiore.
Doveva
resistere.
Non poteva venire meno alla promessa
che aveva fatto a se stesso. Non poteva tornare indietro. Non poteva eliminare
quella vita debole al suo tocco. Aveva detto basta dopo quell’incidente, e ora
non poteva ricadere di nuovo nella tentazione.
Ringhiò tra i denti, l’afferrò per
le spalle e la sbatté contro il muro.
La guardava, con il petto che si
alzava e si abbassava freneticamente.
In fondo, che problema ci sarebbe
stato se ne avesse assaggiato giusto un po’? E poi era sicuro che fosse riuscito
a resistere alla tentazione di prosciugarla.
Aprì la bocca, mostrandole i canini
che brillavano alla luce lunare.
Lei cercò di dimenarsi, non facendo
rumore.
Velocemente avvicinò i denti al suo
collo.
- NO!- urlò
lei.
Quel grido fu per lui come uno
schiaffo in pieno viso.
Si ritirò prima di poter premere i
canini e squarciarle la pelle.
La guardò e fu stupita di vederla
impaurita, con gli occhi sbarrati e le labbra aperte, che sembravano ancora
urlare il monosillabo di prima. Il suo respiro era affannato, lo sentiva sulla
sua pelle. Era appiattita al muro, lungo il quale scivolò
poi.
Richard si vergognò per quello che
aveva fatto. Stava cedendo alla tentazione, e si era ripromesso di non
farlo.
Con mani tremanti, Anne cercò
disperatamente la sua borsa, che le era caduta di lato, e vi infilò metà
braccio. Cercò rapidamente qualcosa, poi estrasse una vaschetta di plastica e la
porse tremante al ragazzo.
Lui era
atterrito.
Vide quel sangue rosso scuro che
danzava nella busta in una danza macabra. Afferrò la busta con forza, la
squarciò e bevve voracemente.
Sentiva il sangue scorrergli in
gola, e disperdersi in tutto il corpo, appagandolo a poco a
poco.
Beveva senza sosta. Si rendeva conto
che mai avrebbe potuto salvare la ragazza. Con il sangue beveva la sua forza. La
gola non gli ardeva, e il sangue della ragazza odorava sempre, ma riusciva a
opporsi.
Un rivolo di sangue gli scorse dalle
labbra e scivolò lungo il mento e il collo diafano.
Smise di bere solo quando ebbe
svuotato tutta la vaschetta. Si pulì con il polsino bianco, sporcandolo di
rosso.
Vide la ragazza che mangiava aria
avidamente e si sentì un mostro.
Aprì la bocca per parlare, ma sentì
dei passi in lontananza.
Si mosse così velocemente e afferrò
tra le braccia Anna e si nascose dietro una porta,
socchiudendola.
Se vi fosse stato qualcuno, non
avrebbe visto niente, solo l’aria che si spostava
rapidamente.
Premette la mano sulle labbra della
ragazza, per non farla urlare. Si appiattì con lei al muro, coprendole il corpo
con il suo.
Tese le orecchie e ogni muscolo del
suo corpo.
I passi passarono oltre la porta
socchiusa senza arrestarsi o rallentare. Richard sfilò via e scivolò oltre la
porta con silenzio incredibile. Sembrava che non
camminasse.
Guardò Anna e le
sorrise.
- Chi era?- chiese la ragazza,
scossa dagli ultimi avvenimenti.
- Il nostro agnellino, pronto per
essere sacrificato- rispose soddisfatto prendendola in braccio dopo averle fatto
segno di tacere.
Insieme, stretti in quell’abbraccio,
si diedero alla corsa dietro la ragazza che era passata.
Nonostante corresse così velocemente
da non vedere nulla se fosse stato un essere umano, riusciva a distinguere
chiaramente la forma della ragazza brunetta.
Il suo passo era teso, quasi
impaurito.
Che li avesse
percepiti?
Impossibile, si disse Richard, era
stato silenzioso come un’ombra al buio. In sostanza inesistente per lei. Si
augurava solo che Anna non dicesse nulla.
Abbassò lo sguardo e la vide
rannicchiata al suo petto, con gli occhi chiusi.
Sorrise divertito un po’
soddisfatto, e prestò tutta l’attenzione alla ragazza.
Ad un certo punto sparì oltre un
muro e rallentò. Posò a terra Anna, accarezzandole i
capelli.
- Stai bene?- si preoccupò,
guardando la parete, quasi avesse paura che scomparisse.
- S-sì – sentì balbettare la
ragazza.
Si alzò e toccò il
muro.
- Che fai?- sentì da
dietro.
Anna si era alzata e gli si era
avvicinato.
- Duncan è passata per di qua-
La ragazza italiana si fece largo e
tastò la parete.
- Questa è magia-
decretò.
- Ma va!- constatò lui – a questo
non c’ero arrivata-
Lei lo ignorò.
- Caccia la tua bacchetta, Richard,
abbiamo una magia da fare-
Richard
sbuffò.
- Guarda che l’avevo capito, ma
vorrei scoprire di che si tratta-
- Ok, sta’ a guardare- rispose
semplicemente lei e fece un movimento con la bacchetta davvero complicato.
Sussurrò qualche parola in latino perfetto. La parete rimase
dov’era.
- Entra-
disse.
Lui la guardò
incredula.
- Cosa?-
- Vai. Il passaggio si richiude dopo
una sola persona. Se passo io, tu non passeresti, non saresti in grado di farlo-
spiegò.
Lui stava per replicare, ma lei lo
afferrò per un braccio e lo fece passare.
Lei lo seguì poco
dopo.
Di fronte a loro si estendeva una
stanza alta e spaziosa, piena di specchi.
- Non sono specchi normali- fece
lei, assottigliando lo sguardo.
Lui annuì.
- Sono specchi
d’acqua-
In effetti quegli specchi non erano
specchi normali. Sulle loro superfici c’erano dei cerchi concentrici che si
formavano al loro passaggio.
- Mai visto nulla del genere-
esclamò stupita lei, attenta a dove camminava.
- Non cadere in questi specchi, non
toccarli e non sfiorarli- la mise in guardia lui – non mi convincono per
niente.-
- Non c’eri bisogno che me lo
dicessi tu di stare attenta- battibeccò lei.
Sbuffò, Richard, e pensò che fosse
meglio non risponderle.
- Chissà
però…-
La vide allungare una
mano.
- No!- la bloccò appena in tempo.
Si guardarono con uno sguardo
indecifrabile.
Lui le fece un sorriso
sghembo.
- Non costringermi a salvarti, ti
innamoreresti di me-
Lei gli toccò il petto, tentando di
farlo arretrare.
- Non farmi ridere!- rispose – Non
potrei innamorarmi di un pallone gonfiato come te-
- Ah no? Eppure…- le fece scivolare
una mano dietro la schiena e l’avvicinò – mi sembra che tu ti fossi già
innamorata abbastanza di me-
Stava per replicare quando udirono
un urlo sovrumano, e uno strappo tremendo.
Corsero, seguendo l’eco dell’urlo
che avevano appena ascoltato.
Quegli specchi di certo non
aiutavano. Stavano per cadere un paio di volte. Guardarono in cielo, ma non era
un soffitto normale.
Vedevano ovunque la loro immagine,
senza che fosse reale. Spesso si chiedevano se loro stessi erano
reali.
Finalmente notarono una strisciolina
dorata sulla base degli specchi, e la seguirono.
Arrivarono di fronte ad una
porta.
Nel frattempo non si udiva più
nulla.
Anna allungò presto la mano verso la
maniglia, ma la ritrasse velocemente. Vi soffiò sopra e la agitò più
volte.
- Scotta!- si
lamentò.
- Aguamenti- recitò il vampiro con la sua
bacchetta, e forzò la porta.
Con la sua forza sovrumana riuscì a
forzarla.
Spalancata, dava ad una stanza. Su
un letto era steso un ragazzo rosso. Apparentemente
dormiva.
Richard prese una mano ad Anna e si
intrufolarono nella stanza.
Tutto quello che c’era, era
tappezzato da stoffa nera. I mobili erano scuri, e le candele, che galleggiavano
a mezz’aria, illuminavano la stanza con la loro fiamma
tremolante.
Non c’era nessuno oltre al ragazzo
che dormiva.
- Dev’essere il fratello di Fred -
ipotizzò lei.
- Sicuro- rispose lui andandogli
vicino così velocemente che Anna non lo vide camminare.
Richard si piegò su di lui, sentì
l’odore del sangue che pulsava.
- E’ vivo-
Anna annuì. Si accovacciò e prese la
sua borsa. Vi tuffò il braccio e ne estrasse un flauto.
Iniziò a
suonare.
Una melodia dolce e solitaria si
diffuse per la stanza.
Richard tese i muscoli e vide
Charlie aprire gli occhi e mettersi a sedere.
Guardò Anna, che guardava il rosso
negli occhi.
- Sono Charlie Weasley - rispose lui
ad una domanda muta.
- Il mio lavoro è allevare draghi in
Romania. Incontrai Silence Duncan. Non so chi sia.-
Il rosso chiuse gli occhi e tornò
steso.
Richard la guardò e le
sorrise.
Attese che finisse di suonare e poi
le volse una domanda.
- Hai impiegato più tempo del
solito, Anna, come mai?-
Lei gli fece una
linguaccia.
Ripose il flauto nella bisaccia e si
volse al vampiro.
- Era già sotto imperius.-
- Scherzi?- fece lui, avvicinandosi
a lei.
- Per nulla- rispose irritata
lei.
- Sei stata brava- si
complimentò.
Anna arrossì e le sorrise
dolcemente.
- Grazie, ma non è merito mio. Senza
di te non saremmo arrivati qua-
Lui le accarezzò il collo, e la vide
tremare e irrigidirsi al tempo stesso. Abbassò la testa, e fece sfiorare le loro
labbra. Gliele leccò con la lingua, e si allontanò.
Lei era rimasta con gli occhi chiusi
e le labbra semiaperte. Alzò piano le palpebre e ingoiò la
saliva.
Lo guardò con
lussuria.
Richard era divertito. In fondo la
ragazza non era male.
- Piuttosto- fece lei, interrompendo
quel momento, in cui si era creata della tensione – di chi era quella
voce?-
- Di Silence- rispose il
vampiro.
- E tu che ne
sai?-
- Era chiaramente una voce di
donna.-
Si guardarono attorno, ma non videro
nessuno.
- Forse sarà andata via- azzardò
lei.
Lui annuì.
- Forse. E’ meglio cercare Fred,
però.-
- Vai tu, ti
aspetto-
Lui scosse la
testa.
Non se ne sarebbe parlato neanche.
Non poteva lasciare la ragazza in quel posto angusto. Inoltre da qualche parte
si nascondeva quella tipa, e avrebbe potuto farle del male. Inoltre non
bisognava dimenticarsi che in quella stanza c’era anche un ragazzo. Chi gli
assicurava che quando si svegliava non era più sotto imperius, e l’avrebbe assalita senza
mezzi termini?
- Non se ne parla. Per uscire di qui
c’è quella parete, ricordi? Io non so con quale incantesimo si passa.- disse,
ricordandosi anche della parete.
Anna sbuffò.
- D’accordo, però ti aspetto lì
fuori, così vedo se torna.-
Richard le mostrò un sorriso
sghembo, annuendo con il capo.
Ripercorsero il sentiero
all’indietro, e finalmente uscirono.
L’aria che respiravano era più
pulita e leggera rispetto a quella che avevano respirato in quel
covo.
Lui la guardò e le sfiorò una
mano.
Era liscia e calda, sotto la pelle
poteva sentire le vene pulsare la sua vita. Sorrise triste. Anche lui avrebbe
voluto una vita che poteva finire.
- Non ti far male, altrimenti non
saprei come fare…- la mise in guardia, facendole l’occhiolino e scomparendo
subito dopo.
Anna arrossì molto forte e poi si
incamminò, cercando un nascondiglio non troppo lontano, per tenere d’occhio la
parete.
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