They came here to conquer San Diego di Layla (/viewuser.php?uid=34356)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Arrivederci Poway, ciao San Diego ***
Capitolo 2: *** 2)Serate da Soma. ***
Capitolo 3: *** 3) Backseat serenade (I'm sick of sleeping alone). ***
Capitolo 4: *** 4)Di pazze furiose e migliori amici nei guai. ***
Capitolo 5: *** 5) He falls in love with the girl at the rock show (once again?). ***
Capitolo 6: *** 6) Addio, amore mio. ***
Capitolo 7: *** 7)Mama. ***
Capitolo 8: *** 8) L'inizio della disgrazia. ***
Capitolo 9: *** 9)Festa devasto. ***
Capitolo 10: *** 10) Il triste inizio del tour. ***
Capitolo 11: *** 11) Mi fido di te. ***
Capitolo 12: *** 12)Let's start over! ***
Capitolo 13: *** 13) Il punk e la principessa. ***
Capitolo 14: *** 14)Pure morning. ***
Capitolo 15: *** 15) Nobody's home. ***
Capitolo 16: *** 16) Home, sweet home. ***
Capitolo 17: *** 17) Un attimo di pace e tranquillità ***
Capitolo 18: *** 18)Travis, il traghettatore. ***
Capitolo 19: *** 19)I won't be home for Christmas (maybe). ***
Capitolo 20: *** 20)Il nostro Natale separato. ***
Capitolo 21: *** 21) Darth Vader e la fatina. ***
Capitolo 22: *** 22) La mia felicità in pezzi. ***
Capitolo 23: *** 23)La mia quasi morte. ***
Capitolo 24: *** 24) La fredda pioggia di San Diego. ***
Capitolo 25: *** 25)Provarci/Lasciarti andare. ***
Capitolo 26: *** 26) La mia prevedibile lunga attesa. ***
Capitolo 27: *** 27) Australia: koala, canguri e nostalgia. ***
Capitolo 28: *** 28)Natale in Australia (festa in spiaggia compresa). ***
Capitolo 29: *** 29) L'ultimo treno per Scott. ***
Capitolo 30: *** 30)Perché i papaveri sono alti e la tua band è piccolina (per ora). ***
Capitolo 31: *** 31) Complimenti, signora! È incinta! ***
Capitolo 32: *** 32) La pazzia di Ruby Ferreira. ***
Capitolo 33: *** 33)Mark+Ruby=Michael. ***
Capitolo 34: *** 34)Zia Anne e zio Tom. ***
Capitolo 35: *** 35) Quella gran spacccatibie di mia madre. ***
Capitolo 36: *** 36)Il loro primo fan. ***
Capitolo 37: *** Epilogo 1: amore, sono incinta! (Anne e Tom). ***
Capitolo 38: *** Epilogo 2: vuoi sposarmi? (Hitler ci preparerà al matrimonio) ***
Capitolo 39: *** Epilogo 3: il mio strano matrimonio messicano. ***
Capitolo 1 *** 1) Arrivederci Poway, ciao San Diego ***
1)1)
Arrivederci Poway, ciao San Diego
Ci
sono delle cose che non
cambieranno mai, nemmeno in un miliardo di anni: una di queste sono i
litigi
con mia madre.
È
passato un anno da
quando c’è stata la festa di Ferragosto a casa
Hoppus. Un anno lungo e pieno in
cui ho lentamente colonizzato l’appartamento di Mark a San
Diego aiutandolo ad
arredarlo, portandoci mano a mano le mie cose e andando da lui quasi
ogni
weekend.
Ormai
sono di casa al Soma
e conosco abbastanza bene la città e su questo il generale
in gonnella che è
mia madre non ha sollevato obbiezioni.
Le
piace che il mio
ragazzo sia lontano e
che – secondo il
suo parere – io possa pienamente dedicarmi alla scuola senza
distrazioni. Non
che le abbia dato motivi di pensare altro; mi sono diplomata a pieni
voti e
Mark era in prima fila ad applaudirmi.
Ho
anche le idee quasi
chiare per il futuro, mi sono iscritta
all’università di San Diego per studiare
storia dell’arte puntando a fare l’insegnante e lei
ne è soddisfatta.
Le
piace l’idea di una
figlia insegnante, molto più di una figlia tatuatore come
vuole fare Erin.
Ora,
perché stiamo
litigando?
Perché
voglio vivere a San
Diego, con Mark. Nel suo appartamento.
Questa
è una decisione in
grado di mandarla fuori di testa, soprattutto perché sa di
non potermi fermare
in alcun modo, dato che ormai ho diciotto anni.
“Ruby,
dobbiamo parlare!”
Eccola, mentre sta facendo
irruzione in camera mia.
Guarda
con malcelato
disprezzo le valigie che sto preparando e poi guarda me.
“Cosa
c’è mamma? È tutta
estate che parliamo!”
“Ruby,
io non voglio che
tu vada a vivere da lui!”
Io
sospiro.
“Lo
so, dimmi non ti
piace?”
“Non
è questo.”
“E
allora? Alla fine l’hai
accettato. Non sarà mai la persona con cui uscirai a farti
due spaghetti e a
parlare delle vostre condivise visioni del mondo, ma ti va bene, hai
smesso di
fargli a guerra.
Allora
qual è il problema?
Ti
ricordo che ho diciotto
anni e posso andare a vivere con lui secondo la legge.”
“Non
voglio che tu vada a
vivere a San Diego.”
“Anche
Erin va a vivere a
san Diego e non hai sollevato tutto questo polverone.”
“Erin
è più furba di te.”
Alzo
un sopracciglio.
“Lo
sai che non è vero,
sputa il rospo mamma.”
“Erin
va a vivere da sola,
tu vai a vivere con Mark. Siete troppo giovani, accidenti!”
“Non
dobbiamo sposarci!”
“E
se vi doveste lasciare,
cosa pensi di fare?
Vivere
sotto i ponti?”
“Mi
troverò un altro
appartamento!”
“è
troppo presto, non vi
conoscete abbastanza, finirà male.
La
convivenza è quasi come
il matrimonio, manca solo la firma di un giudice tra i due!”
“Mamma,
stai esagerando.”
“No,
sono realista! E se
rimanessi incinta?”
“Hanno
inventato i
preservativi e comunque prendo la pillola, lo sai benissimo.”
Lei
scuote la testa.
“Non
sono d’accordo.”
“Lo
so, ma non posso farci
niente.
Mi
è pesato un sacco
questo anno lontana da lui e mi conviene vivere in un posto che
già conosco,
invece di cercare un nuovo appartamento correndo il rischio di trovare
dei
coinquilini fuori di testa.
E
lo amo.
Lo
amo più della mia vita.
Rispetto
la tua opinione,
ma non mi farà cambiare idea e adesso scusami, ma devo
finire di preparare le
ultime cose, Tom passerà tra poco.”
Lei
scuote di nuovo la
testa.
“Cosa
ha combinato quella
testa calda di tua sorella? Perché ultimamente Tom viene
pochissimo a
trovarla?”
“Non
ne ho idea, nessuno
dei due mi ha detto niente a riguardo e ho paura a chiedere
qualcosa.”
“Spero
non si siano
mollati, potrebbe mettersi con uno spostato peggiore di lui in
futuro.”
Detto
questo esce dalla
stanza e mi lascia finire di preparare la mia roba. Nemmeno cinque
minuti dopo
suona il campanello: è Tom.
Hai
di nuovo i capelli
biondi e mi sembra che abbia più tatuaggi,
chiederò notizie non appena saremo
in macchina.
Lo
vedo entrare in casa e
quindi mi precipito a urlare in cima alle scale che
arriverò, lo sento sbuffare
e salire. Poco dopo si affaccia alla porta della mia camera, ha un
tatuaggio
nuovo – delle stelle sul polso – e un piercing al
naso.
“Beh,
non avresti dovuto
essere pronta?”
“Scusa,
ma mi ha madre ha
deciso che dovevamo parlare, è stato il suo ultimo tentativo
per convincermi a
non convivere.”
“Non
ha tutti i torti.”
Lo
fulmino con un’occhiata
e chiudo con un colpo secco la valigia.
“Fingo
di non avere
sentito, DeLonge, ma in macchina mi devi spiegare un po’ di
cose.”
Lui
annuisce, dallo
scocciato si fa triste.
Senza
dire nient’altro mi
dà una mano a portare giù le valige, sulla soglia
della cucina c’è mia madre.
“E
così te ne vai…”
“Sì.”
“Que Dios te benediga, mi
hijia.”
“Gracias
mama.”
Ci
abbracciamo e poi lei
guarda Tom.
“Non
hai l’aria di uno che
stia troppo bene, ma sappi che passerà e che se qualcosa o
qualcuno è tuo
tornerà da te.”
“Grazie,
signora.”
Detto
questo, congedata
mamma, usciamo.
Quando
la porta si chiude
ho un brivido che è un misto di paura e piacere. Mi sto
mettendo alle spalle la
mia adolescenza per iniziare la mia vita adulta e fa un po’
paura.
“Ruby?”
La
voce di Tom mi riscuote
e mi fa capire che non sono da sola: ho una sorella, degli amici e un
ragazzo.
“Arrivo,
scusa. Momento
di….”
“Paura?”
Lui
sorride.
“Succede
a tutti.”
Mi
tende una mano e io
sorrido mentre la afferro.
“Sono
pronta.”
“Bene,
allora carichiamo
le cose in macchina che si parte e che Dio ce la mandi buona.”
Detto
fatto, le mie valige
sono archiviate nella nuova macchina di Tom insieme alle sue e
finalmente
partiamo.
“Ora
mi vuoi spiegare cosa
diavolo è successo tra te e
Erin?”
Lui
si incupisce.
“Siamo
in pausa di
riflessione.”
Io
sobbalzo.
“Come
mai?”
“L’ha
chiesta lei e io non
ci ho capito molto. Dice che non sente più le stesse cose di
prima, che deve
capire cosa prova per me, se è ancora amore o solo
amicizia.”
“E
tu?”
“Non
lo so, Ruby. Ci sono
dei giorni in cui mi dico che ha ragione, altri in cui brucia da morire
e in
cui sento la sua mancanza in modo intollerabile.
Mi
ha confuso, non so cosa
fare se non darle il tempo che mi ha chiesto.
Beata
te che non hai di
questi problemi con Mark!”
Io
non so cosa dire, non
ci capisco molto di amore, so solo che sono fortunata che Mark mi abbia
scovata
e abbia tenacemente lottato per tirarmi fuori dal mio guscio.
“Mi
dispiace Tom, non so
cosa dirti. Sono una frana in queste cose,
sappi solo che se vuoi parlare io sono qui ad
ascoltarti.”
“Grazie,
è già tanto.”
“Figurati.
Siamo amici,
no?”
Lui
annuisce sorridendo.
“Cosa
sono questi nuovi
tatuaggi?”
“Le
stelle? Beh,
rappresentano i punti fermi della mia vita: la mia famiglia, la mia
ragazza, la
band, i miei migliori amici e i miei futuri figli.”
Io
alzo un sopracciglio.
“Ok,
un giorno mi sono
ubriacato da fare schifo e ho supplicato un mio amico tatuatore di
farmele, non
mi ricordo perché. So solo che alla mattina mi sono
svegliato con queste stelle
sul polso e mi sono inventato questa storia.”
“è
ok, propinala a tutti,
ti crederanno.”
C’è
un lungo attimo di
silenzio tra di noi.
“Crescere
fa schifo. Se
non fossi cresciuto non avrei avuto questi problemi con Erin.
La
notte perfetta per me è
stata Ferragosto di un anno fa.”
“Sì,
eravamo tutti così…
felici. Come se non ci fosse un futuro e tutto fosse perfetto in
quell’attimo.”
“E
lo era.”
“Sì,
lo era. Ci si accorge
sempre dopo di quanto si sia stati felici.”
Il
silenzio cala di nuovo
su di noi.
“Basta
Ferreira, stai per
andare da Mark non devi farti deprimere da questo.
Sei
felice di rivederlo,
vero?”
“Ci
puoi giurare! Ora
finalmente non dovrò aspettare il fine settimana..”
“Per
scopare!”
Io
rido.
“Anche.
Sono così curiosa
su come sarà vivere con lui.”
“SE
vuoi metterlo a tacere
basta che gli dai una tazza di acqua e cereali e lo schiaffi davanti a
un film
di Star wars.”
“Giusto.
Dio, non posso
credere che abiterò davvero in quell’appartamento.
È bellissimo!
Si
vede la baia e ha la
terrazza. Ti rendi conto?
E
poi vedrò tutte le
mattina Mark svegliarsi, gli preparerò la colazione e la
cena e ci
addormenteremo insieme.”
Esclamo
sognante,
facendolo sorridere.
“Sei
la ragazza perfetta e
lui ha bisogno di coccole e amore, anche se non lo
ammetterebbe.”
“Già.
A volte mi chiedo
come diavolo abbia fatto a vedere quella che sono io adesso in quella
che ero
un anno fa.”
Tom
aggrotta le
sopracciglia.
“Misteri
di Mark Hoppus.
Un anno fa facevi paura e ora sei un essere umano e sei mia
amica.”
“Mi
piace quell’ “ora sei
un essere umano.”. Prima cosa ero? Un abitante di
Nibiru?”
“NO,
un mezzo abitante
degli inferi. La principessa salvata dal principe Hoppus.”
“Dio
Tom, come siamo
smielati!”
Ridiamo
insieme, mentre
l’autostrada scorre sotto i nostri piedi.
San
Diego sto arrivando.
San
Diego ci accoglie con
il suo solito caos. Non è Tijuana – che tende ad
essere più un bordello
ingestibile – ma non è nemmeno la placida Poway.
Tom ci si destreggia
benissimo, sembra nato per stare su di una macchina.
“Non
posso credere che tu
abbia ceduto la tua macchina a Erin.”
Esclama
lui a un certo
punto.
“Me
ne comprerò una nuova,
io posso usare i mezzi o usare quella di Mark.
A
proposito, non ti sei
iscritto a nessuna università cosa pensi di fare qui a San
Diego oltre a
scrivere canzoni e a rompere le palle a chiunque per avere un
ingaggio?”
“Lavoro
come autista,
scarico incluso.”
“Diventerai
un figone
palestrato.”
“Sono
già un figone.”
“Giusto.”
Mi
guardo attorno
eccitata, nonostante conosca già questo panorama non posso
fare a meno di
essere incantata dai grattacieli e dall’ambiente.
Finalmente
non vivrò più
in un’oscura cittadina, ma in una CITTA’,
finalmente ci saranno iniziative dopo
le nove di sera e non ci sarà una vicina pettegola a cui
rendere conto.
“Un
giorno dobbiamo andare
allo zoo.”
“Lo
faremo, stai tranquilla
e ci faremo anche i parchi a tema della zona.”
“Bella
lì.”
“Bellissima!
Finalmente un
posto vivo, senza vicine rompicoglioni, con gente in giro dopo le nove
di sera,
il SOMA vicino, la spiaggia, un parco da skate che spacca il
culo.”
“Un
posto in cui troverete
più ingaggi.”
“Oh,
ci puoi giurare. Io e
Mark abbiamo avuto un’idea e Scott è
d’accordo.”
Lo
guardo interessata.
“Ossia?”
“Lo
sai che ora che
abbiamo un nome, abbiamo anche un logo, sì?
Ecco,
pensavamo di
stampare delle magliette con quello, delle nostre frasi o dei miei
disegni.
Nel
garage della casa di
Scott c’è una macchina per stampare, quindi le
faremo lì, se vuoi puoi
partecipare anche tu con i tuoi disegni.”
“Grazie,
ma non è questo quello
che vuoi propormi, vero?”
“No,
non è questo.
Che
ne dici di vendere le
magliette insieme ad Anne? Se dovessimo andare in tour sarebbe una
bella
occasione per viaggiare e vedere posti nuovi.”
Io
ci penso per un attimo.
Pensare a un tour adesso mi sembra prematuro – si sono appena
formati, ma so
che Tom soffre inconfessabilmente di manie di grandezza – ma
non sarebbe poi
così male in fondo.
Girare
il mondo mi è
sempre piaciuto, è sempre stato il mio sogno e farlo con
gente ok come loro
sarebbe un doppio sogno.
“Ci
sto, DeLonge. Alla
fine ci hai schiavizzati tutti.”
“Non
vi ho schiavizzati,
vi ho assegnato un parte nel mio sogno e se tutto andrà come
deve, Ferreira,
alla fine ci saranno palate di soldi per tutti.”
“E
anche se non ci saranno
sarà divertente averlo fatto, no?”
Lui
si apre in uno dei
suoi famosi ghigni.
“Esatto,
inizi a capire,
strega.”
Io
sorrido e non dico
niente, augurandogli dentro di me di essere davvero famosi un giorno.
Finalmente
ci addentriamo
nel quartiere dove vive Mark, inizio a non stare più nella
pelle e se ne
accorge anche Tom. Iniziare a tamburella con le unghie è un
buon modo per farsi
sgamare in pieno.
“Oh,
prevedo una notte di
fuoco per qualcuno.”
Io
alzo gli occhi al cielo
e tengo d’occhio le case: sono tutte curate e con un bel
giardino davanti.
Lui
abita in un condominio
di quelli tipici californiani con la piscina al centro del cortile in
fondo a
questa via.
“Ehi,
non te l’ho chiesto,
ma dove ti sei stabilito?”
“In
una casetta poco
lontano da qui.”
“Casetta?
Ho capito bene?”
“Ah
ah! Io David e Matt.”
“Poveri
i vostri vicini!”
La
vedo.
Alla
fine la vedo.
Vedo
il condominio e vedo
una sagoma davanti, Tom sorride divertito e parcheggia la macchina. Non
appena
è fermo schizzo giù come una pazza e corro verso
la MIA sagoma: indossa un
capellino, una maglia bianca di star wars e dei pantaloni beige a tre
quarti.
Dall’impeto
gli salto
praticamente in braccio stringendogli le braccia attorno al collo e le
gambe
attorno alla vita, rischiamo di cadere tutti e due per terra
– lui traballa
pericolosamente – e il capellino cade.
Ha
i capelli di un colore
diverso: se li è fatti rossi.
Oh,
mio Dio!
Lo
sento trattenere il
fiato mentre passo e ripasso incredula la mano nella sua neonata
zazzera rossa.
“Sono
bellissimi, mi
piacciono un sacco!”
Lui
sorride e fa in modo
di tirare il mio volto all’altezza del suo.
“Anche
tu sei bellissima,
hai i capelli ancora più lunghi.”
“Volevo
tagliarmeli.”
“Non
lo fare. Amo
giocarci!”
E
poi mi bacia – come
desideravo da almeno una settimana – con
violenza, deciso.
Sembriamo
due persone in
astinenza nera ed è così: non riusciamo a stare
troppo lontani uno dall’altra
nonostante sia più di un anno che stiamo insieme.
Lo
sento sorridere e sento
le sue mani intrufolarsi sotto la mia maglia e accarezzare la mia
schiena nuda.
Brividi.
“Bello
spettacolo, posso
partecipare anch’io?
Ho
sempre desiderato fare
parte di un bacio a tre!”
Una
mano di Mark si stacca
dalla mia e si alza per fare il medio al suo amico.
Siamo
in carenza di fiato,
quindi ci stacchiamo poco dopo e urliamo un sentito:
“no!”.
“Eccoli,
i soliti
guastafeste!”
“Ehi,
Ruby è la mia
ragazza!”
Tom
si incupisce per un
attimo e Mark realizza troppo tardi di avere toccato un tasto dolente,
ho il
sospetto che Erin sarà sempre il tasto dolente di Tom anche
quando la loro
storia sarà finita.
Non
deve essere stato
facile avere a che fare con mia sorella, lei è quella che ha
sofferto di più
per il divorzio dei nostri genitori e ancora non sa della seconda
famiglia di
papà.
Una
volta li ho persino
visti, lei è una stangona yankee con i capelli rossi e gli
occhi azzurri, i
loro figli erano semplicemente bellissimi e lui era più
affettuoso con loro che
con quanto lo ricordavo essere stato con noi.
In
quel momento non avrei
voluto avere un cuore, né un cervello, né un
corpo. Avrei voluto essere solo
aria.
“Hai
ragione Mark.”
“Scusa
Tom, ancora non ho
realizzato che tu ed Erin siete in pausa di riflessione. Non volevo
fare lo
stronzo!
Dai,
venite su che vi
offro una birra.”
Il
sorriso di Tom è
storto.
“Non
sei l’unico ad averlo
non realizzato. Accetto le scuse e la birra a patto che tu mi aiuti con
le
valige della tua ragazza.”
Mark
annuisce, mia fa
scendere con una punta di dispiacere e si avvia verso la macchina di
Tom.
Mi
chiedo come finirà tra lui
ed Erin, se si dovessero lasciare credo che quello che ci rimarrebbe
più
scottato sarebbe lui.
La
mie elucubrazioni sono
interrotte dal chiacchiericcio degli altri due: discutono senza
soluzione di
continuità di skate, musica, alieni e sesso.
Tom
sembra essere tornato
quello di sempre, lo scemo sorridente che tutti adorano e a volte non
posso
fare a meno di
chiedermi se finga o
meno.
Portare
tutta la mia roba
di sopra non è una faccenda semplice, alla fine la birra
giunge gradita e
meritata.
Ce
la godiamo seduti
intorno al tavolino della microscopica terrazza con vista sulla baia.
Si sta
bene, non fa troppo caldo e tira un venticello piacevole.
“Stasera
che fate,
piccioncini?
Vi
va di venire a
festeggiare al SOMA o sarete troppo impegnati a far saltare le molle
del
letto?”
La
mia idea sarebbe quella
di sistemare le mie cose, ma lo sguardo supplicante che mi rivolge Mark
mi fa
cambiare idea: posso sempre sistemarle domani.
Iniziamo
bene.
“Per
me va bene.”
Il
volto del mio ragazzo
si illumina.
“Anche
per me va bene.”
“Perfetto.
Ci vediamo alle
dieci fuori dal SOMA.”
Chiacchieriamo
un altro
po’, poi Tom si alza, batte le mani sulle cosce e fa
comparire uno dei suoi
ghigni.
“Beh,
io vado a scaricare
la mia roba nella nuova casa, voi inaugurate questa!”
“Ciao
Tom!”
Esclamiamo
ridendo.
“Quante
probabilità ci
sono che dopo aver scaricato la sua roba si piazzerà in
camera a suonare per
sfogarsi per la storia di Erin?”
Chiedo
a Mark, non appena
sento il rumore della porta che si chiude dietro Tom.
“Moltissime,
direi che è
praticamente una certezza, ma non pensiamo a lui.
Vieni.”
Mi
fa segno di seguirlo
dentro l’appartamento. Sorridendo si butta sul divano , io lo
imito con un
ghigno delongesco immediatamente.
Non
appena tocco il divano
le sue braccia mi attirano a lui, mi sono mancate, sto bene nel suo
abbraccio.
È
la cosa più bella
appoggiare la mia testa sul suo petto e ascoltare il ritmo del suo
cuore che
batte.
È
un ritmo ipnotico e
rilassante.
È
il ritmo con cui voglio
iniziare questa nuova fase della mia vita.
Benvenuta,
vita adulta!
|
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Capitolo 2 *** 2)Serate da Soma. ***
2)Serate
da Soma
Cosa
c’è di più bello che
stare sdraiata sul divano tra le braccia di Mark?
Poche
cose che al momento
non hanno importanza, solo lui riesce a farmi stare bene ora.
Sento
il suo cuore
battere, mi godo le sue mani che passano e ripassano tra i miei capelli
e
potrei giurare che lui stia sorridendo mentre lo fa.
“Mi
sei mancato tanto.”
“Anche
tu, ma ora
recupereremo.”
“Non
hai paura?”
Gli
chiedo a bruciapelo.
Lui
si ferma un attimo e
poi riprende.
“Di
cosa?”
“Di
andare via da casa e
trasferirti in una città grande lontano dai tuoi che ti
possono tirare fuori
dalla merda. Paura che la nostra storia non regga alla
convivenza.”
“La
prima paura l’ho
provata. Durante i primi tempi qui mi mancavate tutti, mi sentivo solo
e
sperduto. Avevo il Soma vicino, ma non aveva senso andarci senza di te
o senza
Tom.
Poi
lentamente mi sono
abituato alla situazione ed è passato tutto. Mi piace stare
qui, mi mancano
mamma e Anne, ma so che ogni volta che voglio posso prendere la
macchina e
raggiungerle.
Per
il resto, sono certo
che reggeremo, ne abbiamo passate tante, reggeremo anche alla
convivenza.”
“Giusto.”
Lui
annuisce.
“Perché
questi dubbi?”
“Prima
che Tom venisse a
prendermi mamma ha tentato di convincermi fino all’ultimo a
lasciar perdere,
che sarebbe finita male, che eravamo troppo giovani, ma io non le ho
dato
retta…
A
proposito! Devo
chiamarla e dirle che sono arrivata!”
A
malincuore mi alzo dal
suo abbraccio, provocando un suo sbuffo contrariato, per avviarmi verso
il
telefono. Compongo rapidamente il numero, lei mi risponde quasi subito.
“Alleluia!
Finalmente mi
chiami, stavi per chiamare io!”
Gracchia
la voce di mia
madre al telefono.
“Scusa,
ma Tom si è
fermato un po’ a chiacchierare con noi.”
“OK,
come mai non si fa
più vivo a casa?”
“Erin
ha chiesto una pausa
di riflessione.”
La
sento mormorare parole
di dissenso.
“Tu?
Tutto a posto?
La
casa? Mark? Il
viaggio?”
“Tutto
a posto. Il viaggio
non è stato male, poco traffico e buona compagnia.
La
casa è ok, è abbastanza
pulito e poi ci penserò domani. Domani penso di disfare le
valige e di fare un
giro in università, giusto per ambientarmi e capire.
Mark
sta bene.”
“Salutamela!”
mi urla dal
divano Mark.
“Ti
saluta e si è tinto i
capelli di rosso.”
“Vorrei
quasi vederlo.”
Sospira
lei.
“Salutamelo.”
Chiacchieriamo
un altro
po’, poi chiudiamo la chiamata e io torno tra le braccia di
Mark, godendomi il
suo calore e sorridendo come un’idiota. Ce la posso fare.
Posso
affrontare questa
vita, non sono sola perché ho lui e non è poco.
Lui vale un mondo.
“Mmh,
che voglia di
dormire.”
“Dormire?!”
Esclama
lui.
Senza
tante cerimonie
ribalta le posizioni e si piazza sopra di me.
“Sei
sicura di voler
dormire?”
“Offrimi
una valida
alternativa e potrei cambiare idea.”
Con
l’aria da furbetto più
arrapata che riesce a produrre inizia a baciarmi piano il collo,
salendo e
scendendo. Mi lascia un paio di succhiotti – conditi dai miei
gemiti – e poi mi
stuzzica dietro l’orecchio: è il mio punto debole
e lui lo sa.
Sa
che capitolerò tra
poco.
“Allora?”
“Mark…”
Continua
a baciarmi,
mandandomi fuori di testa.
“Mark…”
Poi
mi limito
semplicemente a prenderlo per i capelli e ad attirarlo in un bacio
mozzafiato,
mentre le mie mani si ingegnano a togliergli la maglia.
“Vuoi
ancora dormire?”
Mi
chiede sornione.
“Ma
stai zitto!”
Lo
riattiro a me e
continuiamo a baciarci, le sue mani mi accarezzano la pancia e i
fianchi e
gentilmente mi fanno capire di alzare le braccia che la mia maglia
andrà a fare
compagnia alla sua.
Permesso
accordato, la
maglia vola via.
Sorride
soddisfatto e mi
accarezza il bordo del reggiseno.
“Nuovo
questo?”
“Comprato
apposta per te.”
“Peccato
che ora dovrò
togliertelo!”
Detto
fatto, si dedica ai
miei seni.
Come
ho fatto a pensare di
poter dormire?
Ansimo
senza ritegno e
ribalto le posizioni, gli accarezzo e gli bacio il petto scendendo
sempre più.
Ora
è il mio turno di far
volar via le cose e per la precisione sono i suoi pantaloni e le sue mutande.
Dedico
a lui tutta la mia
attenzione e lui e il suo amichetto apprezzano, tanto che ben presto
è lui a ribaltare
di nuovo le posizioni e a far volare via i miei pantaloncini e mutande.
Entra
in me con una spinta
violenta e un sospiro.
“Mi
sei mancato!”
Ansimo
mentre continua a
spingere e io gli stringo le gambe attorno alla vita per sentirlo
più a fondo.
“Anche
tu! Ti amo!”
“Anche
io!”
Spinta
dopo spinta, gemito
dopo gemito arriviamo insieme all’orgasmo e lui crolla su di
me.
Rimaniamo
per un po’ così,
senza fretta. Io gli accarezzo i capelli, lui bacia la pelle che gli
capita a
tiro e mi accarezza piano la pancia, solo i nostri respiri che si
calmano
lentamente.
Mi
ero quasi dimenticata
di quanto fosse bello rimanere stesi a fare niente dopo
l’amore.
“Ben
arrivata a San Diego,
bruja.”
“Grazie
del benvenuto, mio
principe. Rimani sempre quello bravo a letto.”
“Anche
tu non sei male.
Dio, quanto mi sei mancata!”
Gli
bacio una clavicola
sorridendo.
Questo
divano è stretto,
ma sembra una reggia per noi.
Butto
uno sguardo
all’orologio e mi rendo conto che sono le otto e mezza, che
dobbiamo fare una
doccia, sistemarci e mangiare.
Mi
alzo come una furia –
facendolo ridere – e mi precipito in bagno, buttandomi sotto
la doccia.
Mentre
mi sto lavando lo
sento entrare.
“Ti
sei dimenticata le
salviette e stai usando il mio shampoo.”
“Non
mi ucciderà, no?
Grazie
per le salviette!”
“Prego,
comunque
prenditela calma usciamo a mangiare per festeggiare il tuo arrivo,
c’è una
pizzeria piccola non troppo lontano dal Soma in cui la roba costa
poco.”
La
cosa ha il potere di
rilassarmi e mi do una calmata.
“Grazie,
ti amo!”
Urlo
dalla doccia, lui
ride ed apre la porta, mostrandomi il suo faccione.
“Posso
fare la doccia con
te?”
“Niente
sesso, però.”
Lui
fa una faccia
imbronciata.
“Ok,
va bene.”
Si
spoglia lentamente e
poi entra.
Ci
laviamo a vicenda,
scambiandoci solo qualche bacio, poi usciamo, io
vado in camera a cambiarmi, lui si spaparanza
sul divano come Homer Simpson.
Alle
nove usciamo di casa,
la sera è calata su San Diego e il venticello per ora
è sparito.
Scendiamo
le scale del
condominio ridendo e scherzando quando una porta si apre ed esce un
vecchietto.
Mark si ferma di botto.
“Ehi,
capo!”
Urla,
facendolo voltare.
“Ciao
Mark!”
Mi
nota e sorride.
“Lei
è la famosa Ruby?”
“Non
sapevo di essere
famosa, comunque sì, sono io.”
L’uomo mi tende una mano callosa
che stringo un po’
titubante.
“Io
sono Joshua
Fitzpatrick.”
“Aspetti
un attimo,non
sarà il famoso “capo”?
Quello
che ha raccolto le
confidenze di Mark dal barbiere?”
“Sono
io e sono tanto
felice che ora tu sia la tua ragazza.
Meg
ha fatto le costolette
di agnello, volete fermarvi?”
Mark
sorride e scuote la
testa.
“Grazie
dell’offerta, ma
pensavo di portarla “Da Luigi.” Per festeggiare il
suo arrivo.”
Il
vecchio annuisce.
“Buona
scelta, Mark.
Divertitevi,
mi
raccomando.”
Annuiamo
in due e
riprendiamo a scendere le scale, mano nella mano.
“è
un tipo simpatico.”
“Non
è male, imparerai a
conoscere lui e la moglie, sono una coppia fantastica.
Adorabili
e poi mi hanno
adottato.”
“Grandioso!”
Sì, è davvero
grandioso. Non sta andando per
niente male.
Il
ristornate in cui mi
porta Mark è piccolo ed è solo una via
più in là rispetto al Soma, il che è
perfetto dato che Tom non ama particolarmente i ritardatari e noi siamo
a
rischio.
Per
fortuna è quasi vuoto
e probabilmente ci serviranno subito, ho il tempo di guardarmi in giro:
alle pareti,
di un giallo chiaro, sono appese stampe delle bellezze italiane, ci
sono le
tovaglie a quadri rossi e le tendine di pizzo a mezza finestra.
Approvo.
Questo
posto è uguale a
quello dove lavoravo io d’estate a Poway, quindi la cucina
non dovrebbe essere
male.
Quando
ci portano le pizze
la mia teoria ha una conferma, sono buonissime, quasi come quelle che
mangeranno in Italia. Chissà se riuscirò mai ad
andarci in Italia?
“Mark?”
Lui
alza lo sguardo dalla
pizza con wurstel, salame e peperoni che sta divorando.
“Sai
se qui cercano una
cameriera o una sguattera?”
Lui
si pulisce la bocca e
sembra pensare un attimo a quello che gli
ho detto.
“Mmh,
non lo so, ma puoi
chiedere a Luigi, lui è sempre alla cassa.”
“Ehi,
ora che lavoro fai?”
Mark
ha lavorato per un
po’ in una tavola calda, poi ha mollato e si è
trovato un altro lavoro non so
dove.
“Lavoro
in un negozio di
dischi, il proprietario ha una vera passione per il punk,
così è tanto
magnanimo con me.”
Io
sorrido.
“Ah!
I blink hanno il loro
primo ingaggio in un locale!”
Io
rischio di strozzarmi
con la mia pizza.
“Stronzo!
Così me lo dici?
Quando?
Dove?”
“Sabato,
in un bar per
motociclisti.”
“Bravi,
ragazzi, bravi!
Sono tanto felice per voi!”
Ordiniamo
del vino per
festeggiare e in due ci scoliamo una bottiglia.
Arriviamo
alla cassa
brilli, ma felici.
L’uomo
con gli occhi scuri
e la croce d’oro al collo deve essere il famoso Luigi,
così chiedo.
“Scusi,
avete bisogno di
una sguattera o di una cameriera?”
“Sì,
ma ci serve gente
sobria.”
Ride
lui.
“Ehi!
Oggi era una
giornata stra-mega-speciale! Mi sono trasferita a San Diego, vivo con
lui che è
il mio ragazzo e la sua band ha un ingaggio per sabato
prossimo.”
Luigi
sorride.
“Complimenti,
ragazzo. In
quanto a te, ragazzina, presentati qui domani a mezzogiorno e ne
riparliamo,
forse c’è un posto da sguattera.”
Mi
illumino.
“Sarebbe
bellissimo! Ho
già lavorato come sguattera in un ristorante italiano a
Poway!”
“Bene,
allora ci vediamo
domani a mezzogiorno.
Sobria.”
“Certo!”
Esco
dal locale
barcollando leggermente – non sono abituata a bere tutto quel
vino – ma Mark mi
sostiene.
Ridendo
come scemi ci
dirigiamo verso il Soma, tra le occhiate di biasimo dei passanti: un
ragazzo
dai capelli rossi e una ragazza troppo pallida e vestita di nero non
fanno mai
una buona impressione.
“Teppisti!”
mormora
qualcuno a bassa voce.
Fanculo!
Arriviamo
al Soma e
troviamo ad aspettarci un Tom impaziente e David, Anne e Matt che
chiacchierano.
“Ragazzi!!”
MI
lancio ad abbracciarli,
brilla, sorridono tutti e due.
David
è tutto sommato normale,
Matt invece ha un mohawk da fare invidia, sembra più alto ed
è vestito come un
vero punk: tutto catene, chiodo e vestiti stretti.
“Matt,
ma sei diventato
più alto!”
“Sì,
un po’ e tu hai
bevuto un troppo mi sa.”
Io
ridacchio.
“Cioè,
VOI. VOI avete bevuto
senza di me?”
La
voce di Tom è delusa al
massimo.
“Scusa,
Tom. Le ho detto
che sabato suoniamo e abbiamo deciso di festeggiare!”
Tom
alza gli occhi al
cielo.
“Solo
per questo ti
perdono, Hoppus!”
Detto
questo entriamo
finalmente nel locale, io a braccetto con Tom e Matt, David, Anne e
Mark dietro
di noi.
Il
locale non è
pienissimo, si stanno esibendo dei ragazzi che sembrano avere poco
più della
nostra età,
cosa che fa guadagnare loro
un’occhiata di pura invidia da parte dei miei sue musicisti
preferiti.
“Ci
esibiremo anche qui.”
Il
tono con cui Tom lo
pronuncia non ammette repliche, sembra quello di una profezia, quello
con cui
potrebbe dire che domani il sole sorgerà.
“Ci
puoi contare, amico.”
Il
tono di Mark è
altrettanto deciso, è in momenti come questi che mi manca
Erin – assente per
ovvi motivi – almeno con lei non mi sentirei così
sola.
Già,
so che Mark mi ama,
ma so anche che i blink sono il mondo di lui e di Tom e che gli altri
– Scott a
parte – ne sono sempre un po’ esclusi.
È
dura stare con un musicista.
La
musica per lui sarà
sempre la cosa più importante, come lo sarà per
Tom e forse per David, che ho
scoperto suoni la chitarra.
“Bene,
amici miei.
Scritto
nella roccia che
suonerete qui che ne dite di pogare un po’ o di
bere?”
Annuiamo
tutti, Dave e
Anne raccolgono le nostre ordinazioni, noi invece andiamo al tavolo.
Io
ho ordinato solo
dell’acqua, ho già troppo alcool in corpo, Mark
invece non sembra preoccupato
perché ordina un’altra birra piccola.
Dannati
ragazzi che
possono bere più delle ragazze!
Quando
anche gli altri
arrivano – con il beveraggio – la conversazione
inizia.
“E
allora Ruby, come ti
trovi qui a San Diego?”
Il
primo a chiederlo è
Matt si accodano gli altri.
“Com’è
vivere con mio
fratello? Non ti ha ancora costretta a una maratona di Star Wars o ti
ha urlato
di portargli un dannato panino mentre sta giocando?”
Anne.
“Cosa
avete inaugurato per
primo?
Il
letto? Il divano? Il
pavimento?”
Tom.
Io
sospiro e inizio a
rispondere.
“Mi
trovo bene, non ho
ancora visto l’università, ma spero sia un
po’ meglio del liceo di Poway. Meno
gerarchie e palle varie.
Domani
ho un colloquio di
lavoro da “Da Luigi” per un posto come sguattera.
No,
Mark non mi ha ancora
costretto a una maratona di Starwars o urlato che vuole un dannato
panino, vi
dirò quando succederà come mi
comporterò.
Tom,
abbiano inaugurato il
divano.”
“Bravi
ragazzi, il letto
riservatevelo per dopo.”
“Tom,
fai paura. Sembri un
cazzo di guardone.”
Lui
si porta le mani al
petto con fare teatrale.
“Baby,
mi hai sgamato
volevo spiarvi dopo, vedere il mio amico darci dentro e tu che
vieni.”
Gli
rifilo un calcio
sotterraneo abbastanza forte da farlo piegare e sorrido angelica.
“Ok,
strega, messaggio
ricevuto.”
“Bravo
DeLonge.”
Chiacchieriamo
un altro
po’ poi ci buttiamo tutti nel pogo disperdendoci.
Non
so dove finiscano gli
altri so solo che ben presto due mani conosciute mi attirano a
sé e sento
qualcuno strusciarsi sulla mia schiena.
Io
ridendo struscio il
sedere sentendolo gemere, poi mi fermo.
“Nooooo,
perché?”
Con
una mossa abile mi fa
voltare verso di lui e passa con fare possessivo le mani sui miei
fianchi.
Giù
e su.
Su
e giù.
“Sei
bellissima e io sono
tanto fortunato ad averti scongelato.
Sono
tanto felice di
poterti baciare.”
Mi
bacia il collo.
“Toccare.”
Mi
accarezza i fianchi.
“E
amare”
Una
mano mi strizza il
seno da sopra la maglio provocando un mio sospiro contenuto.
“Senza
rischiare di essere
ucciso da te.”
“Anche
io sono tanto
felice!”
Rispondo
con voce roca,
prima di alzare il suo volto e cominciare a baciarlo con passione.
Le
nostre lingue si
cercano, si intrecciano, si studiano e poi fuggono come se fossimo
ancora due
estranei che devono ancora scoprire tutto uno dell’altro
Ed
è bellissimo.
In
mezzo a questa bellezza
vedo qualcosa che rischia di turbare tutto: Tom che bacia con passione
Anne.
Riesco
a dissimulare bene
lo stupore e a continuare quello che stavamo facendo, fino a quando non
ci
stacchiamo e lui mi urla che va a prendersi un po’
d’acqua, io gli rispondo che
uscirò a fumare.
Esco
fuori dal locale e
non appena accendo la sigaretta sento qualcuno che mi raggiunge:
è David.
“Li
hai visti, vero?”
“Chi?”
“Tom
a Anne.”
Io
annuisco.
“è
un bel casino questo,
lo sai quanto Mark è geloso della sua sorellina.”
Lui
annuisce.
“Lo
so e so anche che Tom
era ubriaco da far schifo e che per lui questa scopata non ha
più significato
di una sega.
Mark
non ne deve sapere
niente, se siamo fortunati non si ripeterà mai
più.”
“Sì,
hai ragione.
Dio,
Tom è un cazzo di
irresponsabile, porca puttana!”
David
sbuffa. Io torno
dentro.
La
serata al Soma non dura
ancora per molto, io e Mark poghiamo un altro po’ poi ci
dirigiamo all’uscita
seguiti da Dave, Matt ci fa segno che rimane
Ci
credo.
Si
è trovato una ragazza
da baciare, non è interessato a mollare la preda
“Ehi,
avete visto dove è
Tom?”
“L’ho
visto andare via con
una morettina.”
“Il
solito bastardo
fortunato.”
Ridacchia
Mark.
“Riuscirebbe
a scopare
anche in mezzo al deserto.
E
Anne? Non possiamo
lasciarla qui da sola!”
Ho
un attimo di panico, ma
David mi regge il gioco per fortuna.
“L’ho
vista andare via
mezz’ora fa, mi ha detto che aveva mal di testa.”
Il
mio ragazzo sbuffa
platealmente.
“Le
ho detto che beve
troppo, ma figurati se mi ascolta!”
Esco
dal locale con un po’
di senso di colpa, odio dover mentire a Mark,
ma so che lo provo per una buona causa.
I
blink sono più
importanti di qualsiasi litigio per una sorella e poi – visto
che sia Tom che
Anne erano ubriachi – sono quasi sicura che domani nessuno
dei due si ricorderà
nulla e la cosa sarà senza conseguenze.
Lo
spero con tutto il cuore.
Che
Dio ce la mandi buona.
|
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Capitolo 3 *** 3) Backseat serenade (I'm sick of sleeping alone). ***
3)Backseat
Serenade (I'm sick of sleeping alone).
Ci
sono amori che non
possono essere vissuti, quello che si sviluppa tra migliori amici ad
esempio.
Anne
Hoppus la pensava
così e sapeva di essere nella merda, era già da
un tempo che si era accorta che
l’amicizia verso Tom si era trasformata in altro.
Si
era trasformata e
questo era quantomeno un casino, se Mark lo fosse venuto a sapere
sarebbe stato
capace di scatenare l’inferno in terra e poi di farle una
predica di tre ore.
Se
Tom lo fosse venuto a
sapere lei non avrebbe più avuto il coraggio di guardarlo in
faccia e lui
avrebbe fatto lo stesso e l’amicizia sarebbe finita in quei
non sguardi.
Meglio
l’amicizia che
niente.
Quando
uno si innamora del
suo migliore amico ci sono solo poche possibilità di essere
ricambiate e Anne
non era mai stata particolarmente fortunata e poi Tom aveva ancora in
testa
Erin.
Lei
lo aveva lasciato –
per meglio dire erano in pausa di riflessione – ma Tom era
ancora innamorato di
lei: lei era stato il suo primi e travolgente amore.
Quell’amore
che sembra
assoluto e ti fa fare di tutto, anche le cose più stupide
senza pentirti e poi
Tom ed Erin erano una coppia perfetta, più ancora di Mark e
Ruby.
Suo
fratello e la sua
ragazza erano quel tipo di coppia che funzionavano perché
non avevano nulla in
comune, Tom Ed Erin avevano funzionato perché erano uguali.
Si
sarebbero sempre
appartenuti un po’ e lei non era nessuno per mettersi in
mezzo, doveva solo
farsela passare.
Detto
così suonava facile,
ma la realtà era che ogni volta che lo vedeva le partivano
delle fitte allo
stomaco – fitte piacevoli – e non poteva farci
nulla e ogni volta che vedeva
l’ombra della tristezza nei suoi occhi quando parlava di Erin
si sentiva
invisibile, trasparente.
E
faceva male.
Tanto
male.
Questo
era il genere di
pensieri che le venivano quando esagerava con l’alcool come
stava facendo
quella sera al Soma.
Era
seduta su uno degli
sgabelli accanto al bancone con una birra in mano e non aveva idea di
dove
fossero gli altri: Mark e Ruby probabilmente tubavano da qualche parte,
David,
Matt e Tom probabilmente stavano pogando o cercando ragazze compiacenti.
Bella
merda.
La
sua birra era ormai
finita, si alzò barcollando e si ributtò in pista.
Stava
ballando
distrattamente quando senti due mani appoggiarsi ai suoi fianchi e
sobbalzò,
chi diavolo si permetteva?
Stava
per voltarsi e dirne
quattro allo sconosciuto quando una voce un po’ acuta e
familiare le arrivò
all’orecchio insieme a una zaffata di odore di alcool.
“Ehi,
Anne! Lo sai che sei
davvero carina con questo vestito?”
“E
tu sei ubriaco da far
schifo, DeLonge!”
Con
un’abile mossa del
braccio il ragazzo la fece voltare verso di lui e lei si ritrovo a
guardarlo
nei suoi occhi castani annebbiati dall’alcool e a sentire il
corpo magro e
muscoloso di Tom premere contro il suo.
“è
vero, sono ubriaco da
far schifo e sto male da fare schifo.
Mi
sento solo da far
schifo e non voglio avere il letto freddo e vuoto stanotte, ti va di
farmi
compagnia?”
“Tu
ami Erin, da sobrio te
ne pentiresti e poi sarebbe un casino se lo venisse a sapere
Mark!”
Lui
si esibì in uno di
quei ghigni che l’avevano fatta innamorare di lui e la
strinse più forte a sé,
cominciando a baciarle piano il collo, tracciando cerchi appena
accennati con
la lingua.
“Mi
vuoi?”
“NO!”
“Il
tuo corpo dice il
contrario, Anne!”
Continuò
a baciarla sul
collo, più forte e succhiando ogni tanto, ora le veniva
difficile reprimere i
sospiri, qualcuno le sfuggì facendo sorridere il ragazzo.
“Mi
vuoi?”
“N-no!”
Lui
risalì lungo la
mascella – sempre mantenendo il suo sorriso odioso
– e le accarezzò piano le
labbra con il pollice prima di baciarla con violenza.
Lei
non aveva opposto
nessuna resistenza quando la lingua del suo migliore amico le si era
infilata
in bocca, ormai non aveva più senso
farlo: quello che DeLonge voleva otteneva.
“Mi
vuoi?”
le chiese sulle sue labbra.
“Sì!”
Continuarono
per un po’
lì, in mezzo alla pista, con il rischio di essere sgamati da
Mark.
Non
successe solo perché
era troppo impegnato a baciare Ruby, che li aveva visti e aveva avuto
il buon
senso di fare finta di niente.
“Tom!”
Ansimò.
“Usciamo,
qui ci vedono!”
Lui
non se lo fece
ripetere due volte, la prese per mano e la trascinò fuori
dal locale e poi in
macchina con destinazione la casa dove lui viveva con Matt e David.
Anne
aveva paura, ma era
anche eccitata: non aveva idea di che conseguenze avrebbe avuto quel
momento di
follia sulla vita di tutti i giorni.
Ormai
era tardi per i
rimpianti, aveva preso la sua decisione e più tardi ci
avrebbe fatto i conti
stando male il giusto.
Il
fatto che non si
muovessero più le fece capire che erano arrivati a casa di
Tom, il ragazzo le
aprì la portiera e
la trascinò fuori per coinvolgerla in un
bacio violento: erano solo due lingue che si scontravano e si
avviluppavano
senza amore, solo con bramosia.
Arrivarono
– con passo
malfermo – fino al portico, lì Tom si
staccò e la strinse contro il suo petto
mentre si frugava ansiosamente la tasche alla ricerca delle chiavi.
“Chiavi
del cazzo! Dove
siete finite?”
Borbottò,
poi si stufò di
cercarle e tornò a baciarla accarezzandole ogni centimetro
di pelle lasciato
libero dal vestito e tentando di risalire lungo le sue cosce.
“Sul
portico no, cazzo!”
“Non
trovo le chiavi!”
“Cerca
meglio!”
Lui
sbuffò e tornò a
frugarsi le tasche fino a trovare le agognate chiavi e aprire con poca
grazia
la porta. Dentro riprese a baciarla e questa volta non si
lasciò fermare: il
suo vestito finì a terra.
Una
luce maliziosa si
accese negli occhi del suo migliore amico, che percorse con un dito le
sue
forme facendola fremere.
Con
una gentilezza
inaspettata riprese a baciarla e la fece sdraiare sul divano, scendendo
poi a
baciarle il collo e ad
accarezzarla da
sopra il reggiseno. Lei non rimase inerme, in breve tempo la maglia e i
pantaloni
di Tom erano sul pavimento a fare compagnia al suo vestito.
“Sei
bella e ho tanta
voglia.”
Ansimò
lui con voce roca.
Lei
no rispose e gli
accarezzò con dolcezza la zazzera bionda, facendo apparire
sul volto del
ragazzo il suo famoso ghigno storto.
Le
tolse il reggiseno e si
buttò sui suoi seni baciandoli, leccandoli e succhiandoli, le mani di lui si erano
invece infilate nelle
sue mutande e lambivano piano la sua femminilità.
Voleva
fare qualcosa anche
lei, ma al primo affondo del dito di Tom il suo cervello si
disconnesse, lei
buttò indietro la testa e strinse la testa di Tom contro il
suo seno.
Ci
sapeva fare con quelle
dannate dita e in breve tempo si ritrovò a gemere, ansimare
e ad assecondare i
movimenti con il corpo, chiedendo sempre di più.
“Ti
prego, falla finita
con questa tortura. Ti prego!”
Lui
sorrise e dopo
l’ultimo affondo le tolse le mutandine, si tolse i boxer e le
porse un
preservativo, che lei gli infilò senza problemi stupendosi.
Il
primo colpo la fece
urlar, lui non ci fece caso e continuò, alternando colpi
potenti ad altri più
lunghi fino a che non venne, poco dopo arrivò
all’orgasmo anche lei.
Tom
si tolse il
preservativo, lo lanciò nel cestino che c’era nel
salotto e poi si addormentò
attirandola sul suo petto.
Anne
si godette il suo
calore e il senso di benessere che stava provando dopo
l’orgasmo, ma sapeva che
era temporaneo.
Come
la marea e come
sapeva anche lei, si ritirò presto lasciandole un senso di
freddo addosso: per
Tom era stato solo sesso.
Solo
sesso fatto con una
sconosciuta che avrebbe potuto anche non essere lei.
Del
sesso fatto per
dimenticare Erin, era stato il nome della ragazza che aveva urlato
quando aveva
raggiunto l’orgasmo, non il suo.
Anne
sospirò amaramente,
non poteva certo
sperare di togliere Sid
alla sua Nancy…
Ora
aveva svolto il suo
compito – aveva regalato del sesso al suo migliore amico,
anche se non si
aspettava che sarebbe avvenuto così – e poteva
andarsene.
Si
mosse piano per poter
andare a raccattare i suoi vestiti e poi andarsene, prima che Tom si
rendesse
della cazzata o gli altri la vedessero, ma le braccia del ragazzo la
imprigionarono in una morsa ferrea.
Provò
altre volte, ma non
c’era modo di smuovere Tom e così si
rassegnò a rimanere beandosi della
vicinanza e del calore del corpo del ragazzo.
Ok,
fare sesso con lui non
era stato romantico come aveva immaginato e se ne sarebbe pentita, ma
per ora
non lo rimpiangeva. Le dispiaceva solo non riuscire a esser qualcosa di
più per
lui.
Con
questi pensieri –
complici il sonno, la stanchezza, l’alcool e la vicinanza di
Tom – si addormentò.
La
mattina dopo si svegliò
con la testa pesante.
Tom
dormiva ancora, per
fortuna, e la sua presa era notevolmente diminuita così Anne
poté uscire dal
suo abbraccio e raccattare tutto quanto.
Si
rivestì sentendosi
tremendamente in imbarazzo e chiedendosi come diavolo avrebbe fatto ad
arrivare
al Soma e recuperare la sua macchina quando una voce la
chiamò.
David
era appoggiato allo
stipite della porta della cucina con una tazza di caffè in
mano e la guardava
comprensivo.
“Vuoi
un passaggio fino al
Soma?”
“Sì,
hai visto tutto,
vero?”
Lui
annuì.
“Anche
Matt?”
“No,
Ruby.”
“Sono
nella merda.”
“No,
vieni che andiamo.
Non vuoi farti trovare qui da Tom, vero?”
Lei
scosse la testa e
seguì l’amico fuori di casa.
“Cosa
vuol dire che non
sono in merda?”
“Io
e Ruby manterremo il
segreto.”
“Vi
ringrazio.”
“Toglimi
solo una
curiosità, Anne. Perché l’hai fatto?
Eri
solo ubriaca o c’è
anche qualcos’altro sotto?”
La
ragazza si irrigidì
immediatamente, ma in fondo era David ad averle posto la domanda e di
David
Kennedy ci si poteva fidare: non era uno che raccontava in giro le
confidenze
altrui.
“Se
te lo dico posso
essere sicura che non lo dirai a nessuno?”
Lui
annuì, ormai erano
quasi arrivati al parcheggio del Soma.
Tom
a quest’ora si starà
svegliando, si disse, chissà se si ricordava ancora di lei?
“Sono
innamorata di Tom da
almeno un anno, David e so di non avere nessuna possibilità.
Lui ama Erin o le
scopate occasionali, non certo me e se dovesse succedere qualcosa tra
di noi
Mark non la prenderebbe bene.
Tutto
questo fa
terribilmente male.”
“Capisco,
ma prima o poi,
se è davvero amore e se siete destinati a stare insieme le
coincidenze si
aggiusteranno.”
Ci
fu un attimo di
silenzio.
“Non
avrei dovuto farmi
scopare da lui questa notte.”
“No,
non avresti dovuto.”
“Ma
sai una cosa?
Non
me ne pento affatto,
anche se è stato sbagliato, anche se non
c’è stato amore, è stato comunque
bellissimo. Lo rifarei cento vento.
Non
gli direi di no
nemmeno se il tempo tornasse indietro e mi desse una seconda
possibilità.”
David
scosse la testa.
“Sei
fregata, lo sai
vero?”
“Lo
so, voglio parlare con
Ruby dopo.”
“Non
ti fidi di lei?”
Anne
sospirò.
“Dave,
è pur sempre la
sorella di Erin e la famiglia viene prima di tutto, lo sai.”
“Come
vuoi, siamo
arrivati, Cenerentola.”
“Grazie,
David.”
“Di
niente, Ruby ha un
colloquio da Luigi oggi a mezzogiorno.”
“Grazie
dell’informazione.
Ciao!”
Scese
dalla macchina e si
diresse verso la sua, sentendo le prime avvisaglie del mal di testa
post-sbornia.
Guidò
fino a casa cercando
di ricordarsi se aveva lezione alla mattina e ringraziando Dio che
quello fosse
il suo giorno libero al lavoro: aveva un dannato bisogno di un aspirina
e di
dormire.
Arrivata
al suo
appartamento prese un profondo respiro, le serviva tutta la sua calma,
per
fingere con Erin, ammesso che quest’ultima fosse stata
sveglia.
Entrò
e trovo la sua
coinquilina con i suoi scompigliati capelli neri e verdi che si
preparava un
caffè in cucina.
“Buongiorno
Anne, notte di
follie, vero?”
-Sì,
con il tuo ragazzo,
cara. Tu cosa hai fatto ieri notte?-
Censurò
la battuta e
sorrise.
“Sì,
devo smetterla con
l’alcool. Tu?”
“No,
niente. Sono andata
al bar sottocasa e ho incontrato un ragazzo e ci ho chiacchierato.
È
simpatico, è di Fontana.
Fa il batterista, dà lezioni di batteria e fa lo
spazzino.”
“Uhm,
capito… quindi Tom è
già archiviato?”
“Non
è ho idea. Adesso ti
lascio, devo andare a lezione. Fatti una dormita ne hai bisogno, sembri
uno
zombie.”
Anne
non disse nulla,
censurando ancora una volta che era grazie al ragazzo
dell’amica che era
ridotta così.
Mangiò
svogliata un muffin
avanzato da Erin, ingollò un aspirina e si buttò
a letto, cadendo in un sonno
senza sogni.
Si
svegliò che era ormai
l’una.
“Bella
merda! Ho sprecato
il mio giorno di pausa dormendo e io che volevo fare
shopping!”
Si
alzò dal letto
imprecando, si fece una doccia a arrivò in cucina, Erin
doveva aver mangiato
fuori perché non c’erano segni di un pranzo
preparato e consumato.
Si
scaldò una pizza
surgelata e la consumò presa da altri pensieri. Non si
pentiva di aver fatto
sesso con Tom, ma iniziava a farle male che per lui era stato solo
sesso e ora
probabilmente lui non ricordava nemmeno chi fosse la donna che si era
scopato.
Ormai
era tardi e poi
doveva andare da Ruby per accertarsi che la sua cavolata non avesse
conseguenze
catastrofiche.
Quando
Anne suonò al
campanello dell’appartamento del fratello fu la messicana a
venire ad aprire.
“Ciao.
C’è Mark?”
“No,
è al lavoro.”
“Perfetto,
volevo parlare
con te.”
“Allora,
entra la vicina è
pettegola E HA L’HOBBY DI ASCOLTARE LE
CONVERSAZIONI!”
Dalla
porta vicino a
quella della casa di Mark si sentirono delle imprecazioni e un rumore
di sedie
spostate.
“Bueno.”
Ruby
si spostò per farla
passare.
“Com’è
andato il colloquio
da Luigi?”
“Bene,
bene. Mi hanno
assunta, inizio domani.
Immagino
che tu non sia
qui per quello, vero?
E,
tra parentesi, come
facevi a saperlo?”
Lei
si sedette su una
sedie del tavolo del salotto e arrossì.
“Ho
parlato con David.
Sono contenta che tu sia stata assunta.
E
hai ragione, non sono
qui per questo, devo chiederti di ieri sera.”
Sul
volto della ragazza di
suo fratello si dipinse un’espressione curiosa: una specie di
sorriso, misto a
rabbia e a esasperazione.
“Lo
immaginavo, Anne.
Adesso prendo delle birre e ne parliamo.”
La
mora andò in cucina e
tornò con due birre, un pacchetto di sigarette e un
posacenere.
Se
ne accese una e ne
offrì una anche a lei.
“Sì,
accetto. Credo di
averne bisogno.”
“Ieri
sera sei andata a
letto con Tom, vero?”
Lei
annuì.
“Sì,
David dice che ci hai
visti.”
“Sì,
vi ho visti e non ne
sono rimasta sorpresa e da un po’ che ho capito che ti piace
Tom e ho ammirato
come tu non ti sia fatta avanti in nessun modo e come tu non abbia
lasciato
trapelare nulla.”
Anne
sgranò gli occhi.
“Come
hai fatto a
capirlo?”
“Ho
visto come hai
abbracciato Tom quando io e lui abbiamo rapito tu e tuo fratello a San
Francisco: era esattamente il modo in cui ho abbracciato
Mark.”
“Lo
dirai a Erin?”
“No,
ora si arrabbierebbe
e basta.”
“Cosa
vuoi dire?”
Ruby
spense la sigaretta
nel posacenere.
“Senti,
conosco mia
sorella e credo di aver capito cosa le gira per la testa.
Tom
è stato il suo primo
amore, quello travolgente che ti fa fare cazzate e perdere la testa,
ora però
quel sentimento così forte è scemato in lei.
Credo
che Erin senta
amicizia e un grandissimo affetto per Tom, ma non più amore.
In qualche modo si
sente legata a lui e lo sarà sempre, perché il
primo amore non si scorda mai.
Forse
torneranno insieme e
si rimolleranno o forse non lo faranno.
Se
lei dovesse venire a
sapere ora che Tom è stato a letto con te sarebbe furiosa
perché si sentirebbe
tradita. Se vuoi provarci con Tom devi aspettare che lei prenda le
distanze da
lui.
E
poi non ho detto nulla
per evitare un infarto a tuo fratello.”
Anne
sorrise, pensando
alla possibile reazione di Mark.
“Quindi
non sei contraria
al fatto che ci provi con Tom
un giorno?”
“No,
mi sembri una tizia a
posto e sareste una bella coppia.”
La
Hoppus tirò un sospiro
di sollievo.
“Grazie,
Ruby.”
“Prego!”
Anne
bevve l’ultima
sorsata di birra.
“Così
Luigi ti ha assunta…
Tu e mio fratello festeggerete stasera?”
“Non
lo so, sinceramente.
Stamattina è partito per andare a lavoro con un mal di testa
bestiale e la
faccia da zombi.”
“Si
è rifiutato di
prendere in moment, vero?”
“Sì.
Nemmeno urlare è
servito.”
“Odia
prenderli dopo che
si sbronza, dice che è forte abbastanza da reggere
l’alcool.”
“Che
zucca vuota!”
Borbottò
l’altra.
“Tom
ti ha già fatto la
sua proposta?”
Anne
la guardò senza
capire e Ruby arrossì iniziò a muovere
freneticamente le mani avanti e
indietro.
“Non
è come pensi! Oddio,
che figura!
Intendevo
dire se ti ha
già chiesto di vendere magliette per i futuri tour dei
blink, non volevo
prenderti in giro!”
Anne
sorrise.
“Vai
tranquilla, comunque
sì me l’ha chiesto.
È
ossessionato dalla band
e anche mio fratello lo è, sfonderanno.”
“Oh
sì, se non per bravura
per ostinazione!”
“Ora
vado, se mio fratello
mi becca qui inizierà a farmi delle domande. Grazie per il
silenzio.”
“Prego,
spero che tu non
ne esca con le ossa troppo rotte per la storia di Tom.”
“Lo
spero, anche se
prevedo tempi cupi.”
Anne
salutò l’amica e uscì
dall’appartamento del fratello sentendosi più
leggera.
Era
vero – prevedeva tempi
cupi senza essere una strega come Ruby Ferreira – ma ora
sapeva che aveva
qualcuno su cui contare e non era poco.
Ora
era un pochino più
tranquilla.
In
qualche modo sarebbe
andata, non era sola.
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Capitolo 4 *** 4)Di pazze furiose e migliori amici nei guai. ***
4)Di
pazze furiose e migliori amici nei guai.
Ci
sono giornate che sai
che finiranno male, anche se iniziano bene.
La
mia è iniziata
discretamente bene – ronfando sul petto di Mark –ed è proseguita in
modo battagliero.
Mark
si è alzato per
andare a lavoro con un mal di testa epico – a causa
dell’alcool bevuto la sera
prima – rifiutando di prendere qualsiasi medicinale che lo
potesse far star
meglio.
Dice
che riesce abbastanza
a reggere le sbronze, a me non sembra, ma dopo aver urlato come una
matta senza
ottenere risultati ho lasciato perdere.
Se
vuole soffrire come un
cane mentre lavora che lo faccia pure!
Una
volta che Mark è
uscito di casa io sistemo un po’ della mia roba e poi decido
di fare un giro in
università: la prima tappa è la segreteria e poi
penso di darci un’occhiata
giusto per iniziare ad ambientarmi e non perdermi il primo giorno.
Esco
di casa indossando un
abitino bianco, degli anfibi, una lunga collana di perline di vetro
nere e un
braccialetto di borchie. I miei capelli crescendo sono diventati
leggermente
più mossi e nono ho più la frangia, ma una
scriminatura laterale, per il resto
ho il solito trucco nero e una borsa nera di pelle grande abbastanza
per
metterci i documenti senza ammaccarli troppo.
Il
pullman diretto verso
il campus universitario arriva poco dopo, io sto ossessivamente attenta
a non
perdermi la fermata nonostante abbia studiato il percorso.
Finalmente
scendo e poco
un dieci minuti a piedi mi trovo davanti il posto che
frequenterò per qualche
anno: l’università di San Diego.
Il
posto è molto grande,
dotato di un gigantesco giardino ben curato, con molti alberi e delle
panchine
piazzati nei punti strategici, ha anche delle buone indicazioni.
Un
po’ seguendo quelle, un
po’la massa raggiungo la segreteria. Sono le dieci e ha
appena aperto, ma già
la fila è chilometrica, sarà meglio munirsi di
santa pazienza.
Aspetto
il mio turno
finendo per annoiarmi a morte, non riesco a trovare nessuno disposto ad
attaccare bottone: come al liceo per uno strano motivo incuto paura.
Quando
tocca a me vengo
liquidata in due secondi da una segretaria scorbutica che quasi
controvoglia mi
consegna una piantina dell’edificio e un orario non
definitivo, dicendomi che
quello definitivo viene consegnato di solito solo la seconda settimana
di
lezioni.
Io
esco di pessimo umore,
pensando che le mie tasse universitarie pagano anche il suo stipendio e
che non
le costerebbe nulla essere un filo più gentile.
Ok,
Ruby non te la
prendere, adesso calmati facendo un giro.
Spendo
un’altra ora girovagando
per il campus cercando di memorizzare il più possibile la
disposizione delle
aule. Qui gira un sacco di gente, sembra interessante, ma ho anche un
filo di
paura.
È enorme –
gigantorme, secondo uno dei
neologismi di Erin – e mi chiedo se troverò
qualcuno di cui essere amica qui e
se riuscirò ad avere una buona media come al liceo.
Sto
uscendo dal grande
cancello in ferro battuto quando sento qualcuno urlare come se fosse
posseduto
da Satana in persona e mi volto curiosa: una nanerottola dai capelli
castani
urla e mi indica.
Io
torno indietro, notando
che la sconosciuta ha due occhi blu e sembra fuori dalla divina grazia.
“C’è
qualche problema?”
Chiedo
con un tono neutro.
“TU!”
Urla
indicandomi con un
indice lungo e magro, facendo voltare metà della gente
presente.
“Tu
mi hai rubato la
borsa!”
“Io?
Ma che problemi hai?”
Lei
inizia ad agitarsi più
frenetica di prima.
“Le
conosco le teppiste
come te! Fate tanto le santarelline, ma siete le peggio ladre, ho
lavorato per
tutto il liceo in un negozio di vestiti, so come agite!”
“Tu
in un negozio di
vestiti? Pensavo venissi dritta da un centro di igiene
mentale!”
“Poche
storie, messicana!
Quella è la mia borsa, l’ho lasciata un attimo
nell’aula ventitre per andare in
bagno e al mio ritorno non c’era più e ti ho visto
gironzolare intorno all’aula
con aria losca.”
“è
la prima volta che
vengo qui, stavo cercando di farmi un’idea del posto prima
che iniziassero le
lezioni. Sai, anche noi messicane abbiamo di questi lampi di
genio!”
“Fammi
vedere cosa c’è
dentro, così sapremo subito chi ha ragione!”
Mi
dice decisa, facendomi
segno di cederle la brosa.
Fossi
matta, ci sono i
miei soldi qua dentro, la patente, le sigarette e le chiavi di casa!
“Non
ci penso nemmeno,
gringa!”
Lei
sta per mettersi a
urlare di nuovo quando qualcuno dietro di noi sbraita: “Jen,
Jeeen!” e lei si
volta. Deduco che Jen sia il suo nome – che nome del cazzo,
dico tra me e me –
da questo, la tizia che ci ha raggiunte ha in mano una borsa uguale
alla mia e
che porge alla schizzata.
“Jen,
stordita! Te la sei
dimenticata in aula 23!”
“Ehm,
grazie Skye.”
Balbetta
lei, poi si
rigira verso di me che la osservo con un sopracciglio inarcato.
“Scusa.”
“Scuse
accettate, anche se
di solito noi teppiste messicane siamo solite risolvere queste
questioni con
una bella rissa.
Ora
vado e spero di non
rivederti mai più.”
Alzo
i tacchi e me ne vado
sentendola parlare in modo animato e con un tono imbarazzato a quella
Skye che
le ha riportato la borsa.
Vado
alla fermata del
pullman bollendo di rabbia e per poco non mi perdo quello che va in
centro,
dove ho appuntamento con mia sorella per mangiare un boccone insieme.
Arrivo
davanti al solito
Mac leggermente in ritardo e con una faccia scura, tanto che lei mi
guarda
interrogativa.
“Beh?
È il tuo secondo
giorno in città e hai giù questa
faccia?”
“Ce
l’avresti anche tu se
ti fossi beccata la segretaria più scorbutica di tutta la
California e una
pazza che ti accusa di averle rubato la borsa.”
“Questa
me la spieghi
dentro. Forza, muoviti che altrimenti non troviamo un posto per
mangiare!”
Senza
tante cerimonie mi
trascina dentro, lei si che sembra una teppista con quei capelli, le
calze a
rete stracciate, le borchie, gli shorts stracciati e una maglia
gigantesca dei
Misfits!
Seguendo
una nostra regola
lei mi dice il menù che vuole e si butta nella mischia
dell’affollato Mac alla
ricerca di un posto mentre io mi sorbisco la coda.
Arrivato
finalmente il mio
turno prendo i due vassoi e i tre menù e mi dirigo verso la
sala che dà sulla
piaggia, Erin mi fa cenno: si è accaparrata un tavolo per
due all’angolo
estremo della grande vetrata.
Io
appoggio i due menù ed
Erin guarda con leggero disprezzo il menù extra per bambini
che ho preso.
“Non
abbiamo più cinque
anni.”
“Stai
zitta! Come se non
sapessi come finirà, alla fine ci litigheremo la
sorpresa!”
Lei
ride e addenta il suo
panino, io addento il mio: suono buoni.
Sì, so che non sono salutari e grazie a Tom so una
tonnellata e mezza di
leggende metropolitane sulla loro, ma siccome mi piacciono troppo me ne
frego e
continuo a mangiarli.
La
vita da vegetariana non
farà mai per me.
Arrivata
a metà panino lo
appoggia e mi guarda.
“Racconta
come ti hanno
preso per una ladra.”
“Ma
niente, stavo uscendo
dall’università quando sento una tizia che urla
come una pazza. Mi volto e
sembra che ce l’abbi con me, le chiedo cosa vuole e comincia
a urlare che le ho
rubato la borsa e che le conosce le teppiste messicane come
me.”
Mia
sorella scoppia
ridere.
“ma
questa sta male, vai
avanti.”
“Voleva
guardare nella mia
borsa, ma gliel’ho impedito, nemmeno cinque secondi dopo
è arrivata tutta
trafelata una sua amica, una biondina, con la borsa
dell’esaurita in mano.”
Mia
sorella scoppia di
nuovo a ridere e questa volta le scendono le lacrime.
Una
volta ripresasi mi
guarda sconsolata.
“Ma
i matti tutti tu li
becchi!”
“Lo
so, purtroppo. Che
palle! Spero di non vederla mai più.”
“Lo
spero anche io, in tal
caso tieniti stretta la borsa.”
Ride
di nuovo.
“Ieri
sera come è andata?”
“Bene.
Ci siamo divertiti
e ubriacati, Mark mi ha detto che hanno una serata sabato.”
“Davvero?
Magari ci farò
un salto…”
Dice
senza troppa
convinzione, non credo muoia dalla voglia di vedere Tom.
“Anne
deve essersi
ubriacata tanto, è stata fuori a dormire e stamattina sembrava uno zombie quando
è tornata a casa.”
Io
faccio appello a tutto
il mio autocontrollo per non fare nessuna battutina o espressioni che
lascino
trapelare quello che ho visto la sera prima.
Certo
che Anne era uno
zombie, ma non
posso certo dire a mia
sorella che è per colpa del suo ragazzo!
“Davvero?
A un certo punto
della serata è sparita in effetti. Io ho scoperto che Mark
odia prendere
medicinali nel post sbronza.”
“Che
tipo.”
“Tu,
che hai fatto ieri
sera di bello?”
“Niente
di particolare,
volevo uscire ma sapevo che tu e gli altri eravate al Soma e non mi
andava di
guastarvi la serata, così sono andata al bar sottocasa.
Ho
conosciuto un ragazzo,
si chiama Travis ed è di Fontana.”
“Com’è?”
Le
chiedo in modo
innocente, in realtà tutti i miei sensori sono in allerta.
“Carino!
Ha due occhioni
blu meravigliosi, i rasta e un piercing al labbro e al naso.
È pieno di
tatuaggi. Suona la batteria e dà anche lezioni, lavora anche
come spazzino.
Ed
è timido.
T
i m i d o.
Non
credevo esistessero
ragazzi timidi, che ti ascoltano e non parlano ogni due per tre.
E
ha una vocina sottile
che ti fa venire voglia di abbracciarlo.”
Ok,
mia sorella si è presa
una bella sbandata per lui, il che mi fa pensare che per Tom non ci
siano molte
speranze per un ritorno di fiamma, ma solo per una solida amicizia.
“Bello,
effettivamente.
Dave
è l’unico ragazzo
timido che io conosca, deve essere strano non avere a che fare con due
logorroici come Tom e Mark, vero?”
“Stranissimo.”
Esclama
lei, aspirando una
sorsata di coca.
“Senti,
non voglio fare
l’invadente o farti la morale, ma lui è anche mio
amico quindi mi sento
costretta a chiedertelo. Cosa hai intenzione di fare con Tom?”
“Non
lo so, Ruby. Sento
che non è più come prima, sento che qualcosa
è cambiato, ma non so cosa.
Non
so se si sia
semplicemente esaurita la passione dei primi tempi o altro.”
“Se
si fosse esaurita la
passione dei primi tempi…”
“Dovremmo
entrambi
impegnarci in un rapporto un po’ più adulto e
carico di “responsabilità” e non
so se siamo pronti. Io non mi sento ancora pronta e penso che non lo
sia
nemmeno lui, finirebbe male.
Sarò
onesta, ci sono
giorni in cui la mia decisione mi sembra la migliore e mi sento il
cuore
leggero e altri in cui vorrei solo andare da lui e abbracciarlo e
trascorrere
la giornata intera nel letto a coccolarci.
Mi
manca, Ruby.
Mi
manca non poterlo toccare,
abbracciare, ma se lo facessi sento che gli farei del mare, ora come
ora.”
Io
sospiro.
“Erin,
non sono un genio
in queste cose, ma solo tu puoi sapere quello che vuoi e so che ti ci
vuole del
tempo, ma spero che non lascerai Tom troppo sulla corda.
Tu
sei mia sorella e lui
il mio migliore amico, mi dispiace vedervi così e mi
dispiace che tu ti isoli
per non volerlo incontrare.”
“Vederlo
mi farebbe ancora
più male, spero di capire cosa voglio prima di mandarvi
tutti al manicomio.”
Finiamo
il nostro panino e
poi parliamo d’altro.
Ci
salutiamo all’una e
mezza, alle due riprende il suo corso per tautatori e lei non vuole
fare tardi,
non l’ho mai vista impegnarsi così tanto al liceo,
deve essere proprio la sua
strada!
Arrivo
a casa e sistemo
quello che non ho sistemato questa mattina, mi ci vuole un
po’ e alla fine sono
stanca e sudata e di pessimo umore.
Dalla
finestra aperta mi
arriva il rumore della gente che se la spassa in spiaggia fuori e penso
che
solo una pazza come me poteva trascorrere così il suo ultimo
pomeriggio di
libertà, invece che in spiaggia!
Mi
fumo una sigaretta e mi
faccio una doccia, dicendomi che in fondo sono solo le quattro e che
posso
farci un giro ora.
Mi
cambio e il campanello
dell’appartamento suona, strappandomi uno sbuffo –
i miei piani sono andati in
fumo ancora prima di poter anche solo mettere il naso fuori casa
– e
costringendomi ad andare ad aprire.
Alla
porta c’è Anne. La
cosa non mi sorprende particolarmente, qualcuno – David
– deve averle detto che
li ho visti.
“Ciao.
C’è Mark?”
Vuole
prenderla alla
larga? Ok, la asseconderò.
“No,
è al lavoro.”
“Perfetto,
volevo parlare
con te.”
“Allora,
entra la vicina è
pettegola E HA L’HOBBY DI ASCOLTARE LE
CONVERSAZIONI!”
Dalla
porta vicino a casa
nostra si sentono delle imprecazioni e un rumore di sedie spostate. Lo
sapevo
che quelle vecchiaccia della vicina aveva l’hobby di spiare!
“Bueno.”
Esclamo e mi sposto per fare
passare la mia
ospite.
“Com’è
andato il colloquio
da Luigi?”
Il
minuetto continua, ma
tra poco lo interromperò. Non mi piace girare intorno alle
cose e poi voglio
andare in spiaggia! E che cazzo!
“Bene,
bene. Mi hanno
assunta, inizio domani.
Immagino
che tu non sia
qui per quello, vero?
E,
tra parentesi, come
facevi a saperlo?”
Lei
si siede su una delle
sedie del salotto e arrossisce. Cristo! Non ho mai visto Anne
arrossire,
nemmeno il giorno del diploma.
“Ho
parlato con David.
Sono contenta che tu sia stata assunta.
E
hai ragione, non sono
qui per questo, devo chiederti di ieri sera.”
“Lo immaginavo,
Anne. Adesso prendo delle
birre e ne parliamo.”
Vado
in cucina e raccatto
due birre, imponendomi di stare calma, per facilitarmi il compito
prendo anche
un pacchetto di sigarette – Marlboro light, quindi di Mark
– e un
posacenere.
Me
ne accendo una e le
offro anche ad Anne, di solito non fuma, ma oggi è talmente
nervosa che
accetta.
“Sì,
accetto. Credo di
averne bisogno.”
“Ieri
sera sei andata a
letto con Tom, vero?”
Lei
annuisce, la cosa era
abbastanza ovvia.
“Sì,
David dice che ci hai
visti.”
“Sì,
vi ho visti e non ne
sono rimasta sorpresa e da un po’ che ho capito che ti piace
Tom e ho ammirato
come tu non ti sia fatta avanti in nessun modo e come tu non abbia
lasciato
trapelare nulla.”
Anne
sgrana gli occhi e mi
guarda come se fossi un’aliena.
“Come
hai fatto a
capirlo?”
“Ho
visto come hai
abbracciato Tom quando io e lui abbiamo rapito tu e tuo fratello a San
Francisco: era esattamente il modo in cui ho abbracciato
Mark.”
“Lo
dirai a Erin?”
“No,
ora si arrabbierebbe
e basta.”
“Cosa
vuoi dire?”
Spengo
con decisione la
sigaretta nel posacenere e mi preparo ad articolare il discorso
più contorto
della mia vita.
“Senti,
conosco mia
sorella e credo di aver capito cosa le gira per la testa.
Tom
è stato il suo primo
amore, quello travolgente che ti fa fare cazzate e perdere la testa,
ora però
quel sentimento così forte è scemato in lei.
Credo
che Erin senta
amicizia e un grandissimo affetto per Tom, ma non più amore.
In qualche modo si
sente legata a lui e lo sarà sempre, perché il
primo amore non si scorda mai.
Forse
torneranno insieme e
si rimolleranno o forse non lo faranno.
Se
lei dovesse venire a
sapere ora che Tom è stato a letto con te sarebbe furiosa
perché si sentirebbe
tradita. Se vuoi provarci con Tom devi aspettare che lei prenda le
distanze da
lui.
E
poi non ho detto nulla
per evitare un infarto a tuo fratello.”
Anne
sorride, forse pensa
a Mark preso da uno spasmo – che risulterebbe comico data la
sua faccia da
adorabile idiota – crollare a terra bestemmiando in lingue
sconosciute.
“Quindi
non sei contraria
al fatto che ci provi con Tom
un giorno?”
“No,
mi sembri una tizia a
posto e sareste una bella coppia.”
Lei
tira un sospiro di
sollievo e penso che alla fine la rottura tra Erin e Tom non
sarà poi così
tragica.
“Grazie,
Ruby.”
“Prego!”
Anne
beve l’ultima sorsata
di birra.
“Così
Luigi ti ha assunta…
Tu e mio fratello festeggerete stasera?”
“Non
lo so, sinceramente.
Stamattina è partito per andare a lavoro con un mal di testa
bestiale e la
faccia da zombi.”
“Si
è rifiutato di
prendere in moment, vero?”
“Sì.
Nemmeno urlare è
servito.”
“Odia
prenderli dopo che
si sbronza, dice che è forte abbastanza da reggere
l’alcool.”
“Che
zucca vuota!”
Borbotto
io.
“Tom
ti ha già fatto la
sua proposta?”
Anne
mi guarda senza
capire e questa volta sono io ad arrossire e inizio anche a muovere le
mani
davanti alla faccia gesticolando come un’esaurita.
“Non è
come pensi! Oddio, che figura!
Intendevo
dire se ti ha
già chiesto di vendere magliette per i futuri tour dei
blink, non volevo
prenderti in giro!”
Anne
sorride, ho il
sospetto che il grande progetto di DeLonge non le sia per niente
estraneo .
“Vai
tranquilla, comunque
sì me l’ha chiesto.
È
ossessionato dalla band
e anche mio fratello lo è, sfonderanno.”
“Oh
sì, se non per bravura
per ostinazione!”
“Ora
vado, se mio fratello
mi becca qui inizierà a farmi delle domande. Grazie per il
silenzio.”
“Prego,
spero che tu non
ne esca con le ossa troppo rotte per la storia di Tom.”
“Lo
spero, anche se
prevedo tempi cupi.”
Detto
questo se ne va e io
posso finalmente riempire una borsa e andare alla spiaggia.
Penso
di averne bisogno:
ho la testa piena di troppe cose e troppo poche riguardano me.
Accidenti
– mi dico mentre
stendo il telo sulla sabbia soffice, coccolata dal sole non troppo
caldo del
tardo pomeriggio e dalla brezza marina – quei sono dei danni!
C’è
voluta la mano di Dio
per farli mettere insieme e per convincere mia sorella Tom ha dovuto
fare da
pungi ball a una banda di latinos per salvarla e ora, nemmeno il
distacco è
facile.
Che
poi.. si lasceranno
davvero?
Ho
il vago sospetto che un
altro giro di giostra lo concederanno alla loro relazione, anche solo
perché
entrambi sono testardi e faticano ad accettare i fallimenti.
Povera
Anne, povera Erin e
povera me!
Non
mi piace mentire a
Mark e spero che non lo venga mai a sapere – altamente
improbabile, questa
situazione è un campo minato, prima o poi qualcuno
salterà per aria – perché
non voglio perdere la sua fiducia.
Il
primo passo per
perderla è mentire e io sono già nella merda.
Mentire…
Mi
lascio cadere sulla
schiena e sbuffo.
Quanto
avrei voluto non
vedere niente e non aver parlato così bene ad Anne,
avrò fatto la cosa giusta?
Sto
diventando troppo
simile a Erin, troppo impulsiva!
“Buh!”
Qualcuno
decide che il
modo giusto per porre fine ai miei dubbi è farmi venire un
infarto. Mi porto
una mano al petto – la fitta è stata forte
– e mi volto verso il disturbatore
della quiete pubblica.
È
Tom.
“Ma
sei scemo, DeLonge?
Mi
hai fatto venire un
infarto!”
“Scusa,
non pensavo fossi
così assorta nei tuoi pensieri.”
Si
siede accanto a me e si
mette a guardare il mare in tutta tranquillità, mentre io
borbotto a bassa
voce.
“Ieri
sera mi sono
ubriacato e mi sono portato a letto qualcuno, David lo sa, ma fa finta
di non
saperlo. Dimmi, in una scala da uno a cento, quanto enorme è
stata la cazzata che
ho fatto ieri sera?”
“Un
miliardo Tom e non
chiedermi altro, non ho intenzione di dirti una parola di
più.”
Lui
si prende la testa tra
le mani.
“Merda,
merda, merda,
Ruby!”
Ieri
piangevo per Erin e
alla sera ho finito per scopare con qualcun altro.
Almeno
era una ragazza?”
“Certo,
coglione! L’alcool
non ti trasforma in gay.”
Tira
un sospiro di
sollievo e poi si riprende la testa tra le mani.
“Sono
un uomo di merda,
Ruby! Tua sorella ha fatto bene a lasciarmi, non mi merito la sua
fiducia.”
Io
gli appoggio una mano
sulla spalla e inizio a massaggiargliela sorridendo.
“Tom,
solleva gli occhioni
castani e guardami.”
Le
parole sono ironiche,
ma il tono è dolce. Un tono che non uso con nessuno, se non
con Mark.
Lui
mi guarda spaesato.
“Non
farmelo ripetere, tu
sei una persona fantastica e un ragazzo meraviglioso.
Ieri
sera eri ubriaco e
hai fatto una cazzata, succede a tutti.
Tu
sei all’altezza di mia
sorella, dovete solo capire se entrambi volete solo
un’amicizia o dare un
seguito alla vostra storia.
Sei
il mio migliore amico,
Tom, non voglio sentirti parlare così.”
Mi
guarda sorpreso – le
manifestazioni d’affetto non sono esattamente la cosa per cui
io sono famosa –
poi mi soffoca in un abbraccio dei suoi.
Un
abbraccio muto se non
verso la fine in cui sussurra qualcosa in grado di riscaldarmi il cuore.
“Grazie,
Ruby. Anche tu
sei la mia migliore amica, anche tu sei speciale e ora so cosa ci ha
visto Mark
in te. Ti voglio bene.”
Ti
voglio bene anche io,
Tom.
Sei
un minchione che
combina casini ogni due per tre, ma la mia vita sarebbe vuota senza di
te.
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Capitolo 5 *** 5) He falls in love with the girl at the rock show (once again?). ***
5) He falls in love with the girl at the rock show (once
again?).
La
visita alla spiaggia ha
portato via più tempo del previsto, mi succede sempre.
Amo
la spiaggia e mi piace
la calma che riesce a produrre in me e in questo periodo ne ho bisogno,
ci sono
tanti cambiamenti nella mia vita: il mio trasferimento a San Diego,
l’università, la convivenza con Mark, il fatto che
sono l’unica a sapere che
Tom e Anne hanno fatto sesso.
Quando
rientro sono le sei
e mezza e Mark è già rientrato dal lavoro ed
è comodamente spaparanzato sul
divano a giocare a qualcosa.
“Buonasera,
passata la
sbronza?”
Lui
sbuffa.
“Sì,
alla fine ho dovuto
cedere. Ho chiesto un moment al mio capo e il mal di testa mi
è passata.
Non
berrò più così tanto.”
“Una
delle cinque bugie
universali, piccolo. Vado a fare la cena.”
“No,
lascia perdere. Capo,
ci ha invitato a cena, Meg fa le cotolette
all’italiana.”
Io
sorrido e mi siedo
accanto a lui e guardarlo giocare, lui non dice niente: so che in fondo
gli fa
piacere.
Perde
l’ultima vita poco
dopo e rinuncia a giocare una nuova partita.
“Dov’eri?”
“Ho
fatto un giro in
spiaggia, ho pensato che era da fessi trascorrere il mio ultimo giorno
da
ragazza libera in casa a fare la muffa.”
Lui
alza un sopracciglio.
“Luigi
mi ha preso, ti
ricordi che ieri sera mi ha detto di presentarmi da lui a
mezzogiorno?”
Lui
si batte la mano sulla
fronte.
“Vero,
ora mi ricordo. Al
Soma ho bevuto come se non ci fosse un domani e ho dimenticato che
avevi il
colloquio stamattina.”
“Non
fa niente.”
Mi
accoccolo meglio contro
di lui, che mi passa un braccio dietro la schiena.
“Come
mai sei stata così
tanto in spiaggia?”
“Beh,
sai che perdo la
cognizione del tempo.”
Lui
sorride, ricordando i
nostri vagabondaggi sulla spiaggia di Tijuana.
“E
poi ci si è messo Tom.”
“Erin?”
“Erin.
Spero che la loro
pausa di riflessione si risolva presto. Fa schifo vederli
così.”
Lui
annuisce.
“Tom
alterna momenti di
mutismo ad altri di iperattività. È dura
gestirlo.”
Io
rimango in silenzio,
guardando il gioco che richiede se si vuol o meno fare
un’altra partita: ottima
metafora, aggeggio elettronico.
“Oggi
ho visto Anne, mi è
sembrata strana. Tu ne sai qualcosa?”
Cerco
di controllarmi il
più possibile e di non irrigidirmi, lui non deve sospettare
niente.
“Sì
e no. Ho visto Erin a
pranzo e mi ha detto che era ridotta a uno zombi perché
aveva bevuto troppo e
che non è rientrata questa notte.”
Sul
suo volto spunta una
smorfia dura.
“Non
mi piace che faccia
queste cose, non le fanno bene, non se le merita.”
Mi
volto verso di lui.
“Lo
so e ammiro il modo in
cui cerchi sempre di proteggerla, ma ormai ha diciotto anni.
Il
che significa che è
grande abbastanza per prendere le sue decisioni, giuste o sbagliate che
siano.”
Lui
sospira.
“Lo
so e mi manda fuori di
testa. Vorrei solo vederla felice, mi domando perché abbia
mollato il suo
ragazzo quando siamo tornati a San Diego l’anno
scorso.”
Io
una mezza idea – una
certezza, praticamente – ce l’avrei, ma non posso
certo dirla a lui o sarebbe
capace di precipitarsi da Tom in preda all’ira funesta e Tom
finirebbe per fare
due più due e capirebbe chi si è portato a letto.
Uno
scenario di guerra, in
poche parole.
“Non
ne ho idea, Mark. Non
ho idea.”
“E
a me non lo vuole dire.
Che palle!”
“Che
ci vuoi fare?
Quello
che sarà sarà,
lei sa che ci sei.”
Questo
sembra chiudere il
discorso perché lui sorride, mi attira meglio a
sé e riprende a giocare.
Perfetto,
già che ci sono
mi faccio una dormita in attesa della cena.
Ottimo
proposito, ma il
telefono si mette a suonare e io sono costretta ad alzarmi.
Al
telefono c’è una agitato
DeLonge, farfuglia cose senza senso che finiscono per farmi perdere la
pazienza.
“Si
può sapere cosa c’è?”
“Passami
Mark, SUBITO!”
“Agli
ordini, mein
fuhrer!”
Passo
la cornetta al mio
ragazzo che ha già capito chi è.
“Si
può sapere cosa c’è,
rompicoglioni? Stavo giocando!”
Quello
che balbetta Tom
dall’altra parte della linea fa decidere a Mark che
è il caso di andare a casa
di Tom.
Con
un tono serio e
spaventoso mi dice di seguirlo, che è successo un casino.
Io
eseguo senza fiatare.
In macchina mi dice che Tom l’ha chiamato perché
Scott non risponde dalla
stanza in cui lo stanno ospitando, la porta è chiusa a
chiave e nessuno l’ha
visto uscire.
C’era
anche lui ieri sera
– sebbene mi sia accorta solo più tardi della sua
presenza – e ha bevuto come
una spugna come tutti, solo che lui ha quindici anni e non è
abituato a tutto
quell’alcool.
Tom
ci aspetta sul portico
di casa sua, ha un’aria preoccupata e si torce nervosamente
le mani.
“Perché
non me l’hai detto
prima, eh Tom?”
“Perché
pensavo fosse già
tornato a Poway! Avevo detto a Dave e Matt di dargli un passaggio a
casa sua
quando si fosse svegliato e credevo che fosse andata così.
Quando
sono arrivato a
casa invece ho trovato un biglietto che diceva che Scott era ancora in
camera e
di dargli un’occhiata.
Beh,
l’ho fatto. L’ho
chiamato fino a sgolarmi, ma niente.”
Il
tutto recitato mentre
ci accompagna al piano di sopra della casa, fino a fermarsi davanti a
una porta
di legno, dipinta di bianco.
Mark prova
ad abbassare la maniglia: bloccata.
“Scott,
ehi, Scott!”
Nessuna
risposta.
“Raynor,
non è divertente.
Rispondi.”
Silenzio.
“Scott,
porca puttana
rispondi o butto giù la porta!”
Non
si sente nessuna
risposta, nemmeno un movimento.
Iniziamo
tutti a pensare
al peggio, Mark e Tom si scambiano uno sguardo d’intesa.
“La
butto giù io, sono più
ciccione.”
“Occhio
a non farti male.”
Il
mio ragazzo prende la
rincorsa e al secondo tentativo la porta cede, provocando un rumore
sordo in
grado di risvegliare i morti.
Scott
invece è ancora a
letto, non sembra nemmeno avere sentito cosa sia successo.
Io
sono l’unica ad
avvicinarsi al cumulo di coperte che non dà segni di vita.
Porca
merda – mi dico –
questo è un bel casino! Se l’istinto non mi
inganna il coglione ce l’ha fatta
ad andare in coma etilico e questo è un bel problema,
probabilmente dovremo
chiamare l’ospedale.
Lo
scuoto, lo
schiaffeggio, gli faccio la respirazione bocca a bocca e sembro
ottenere un
qualche risultato – forse e sottolineo forse – non
sarà necessario chiamare
un’ambulanza.
“Tom,
Mark! Porca troia, volete
venire qui?”
Il
mio urlo sblocca i due,
che erano rimasti bloccati sulla porta, nemmeno la stanza fosse la
scena di un
omicidio e li fa accorrere.
“Prendete
questo coglione
e fate in modo di trascinarlo in bagno, avete una doccia,
vero?”
Tom
annuisce.
“Bene,
forza! Che forse
evitiamo l’ospedale!”
I
due prendono Scott uno
per le braccia e l’altro per le gambe e lo trascinano in
bagno, io li seguo e
quando il cadavere è nella doccia apro l’acqua
fredda al massimo.
Per
un attimo non succede
nulla, lui rimane inerme, poi inizia a tossire e a rantolare.
“Devo
vomitare!”
Mugugna
tra i rantoli.
Io
gli do una mano e lui
rimette anche l’anima. Che schifo!
Questo
ragazzo ha bisogno
di un discorsetto!
Quando
ha finito lo aiuto
a uscire e lo consegno nelle mani di Tom e Mark affinché lo
rimettano in sesto,
io invece mi asciugo un po’ in bagno poi filo in camera di
Tom e gli rubo una
delle sue enormi maglie e la uso come vestito sopra i miei short di
jeans
sfilacciati.
Scendo
in salotto
smadonnando tra me e me e proprio in quel momento entrano David e Matt
che mi
guardano stupiti.
“Non
sei qui da nemmeno
una settimana e già tradisci Mark con Tom?”
“In
che modo vuoi morire,
Sullivan?”
Lui
sta per dire qualcosa,
ma poi vede i blink scendere – Mark e Tom che reggono un
abbacchiato Scott – e
decide di tacere.
“Hai
salvato in corner Scott?”
“Sì,
ho operato quello che
c’è di più vicino a un miracolo visto
che davo per inevitabile il fatto che
necessitasse di una lavanda gastrica.”
Lo
zombie viene trascinato
in cucina e il resto della band gli somministra qualche intruglio per
riportarlo ad una quasi vita.
“Ok,
adesso vado a dirgli
due paroline.”
“Non
essere troppo dura,
ha solo quindici anni.”
Mi
dice Dave, io scuoto.
“è
proprio perché ha
quindici anni che devo essere dura, Dave.
Cose
come queste non si
devono ripetere.”
Lui
annuisce.
“Lascialo
vivo.”
“Certo,
ai blink serve
ancora un batterista.”
Entro
in cucina e trovo la
mia vittima seduta al tavolo con una tazza tra le mani.
“Si
può sapere cosa volevi
fare?”
“Io
volevo solo bere….”
“Scott,
bere non significa
andare in coma etilico!
Cazzo,
datti una regolata,
hai idea di quello che hai rischiato?”
“No,
ma è andata bene,
no?”
“NO.
È andata bene solo
perché c’ero io e hai avuto culo. Se non ci fossi
stata sai cosa sarebbe successo?”
Lui
scuote la testa, con
il terrore negli occhi.
“Avresti
potuto morire,
senza nemmeno rendertene conto.
Bella
prospettiva, vero?
Ma
ne ho un’altra, dimmi
se ti piace. Io non sono riuscita a rianimarti e siamo stati costretti
a
chiamare la croce rossa. Loro ti portano all’ospedale, ti
fanno una bella
lavanda gastrica e quando ritorni in te un medico in camice bianco ti
fa la
predica e poi ti annuncia che ora arriveranno i tuoi.
Esatto,
li hanno chiamati
perché sei un quindicenne che non può nemmeno
bere e avresti potuto essere
arrestato.
I
tuoi entrano, tua madre
ha le lacrime agli occhi, tuo padre ha lo sguardo duro delle peggiori
occasioni. Braccia conserte e sguardo di ghiaccio: ha preso una
decisione di
quelle drastiche, una di quelle prese per il tuo bene.
Niente
più uscite per un
mese almeno, niente più batteria né band per
sempre e divieto assoluto di
frequentare Tom e Mark.
Tu
protesti e tenti di far
sentire la tua voce contraria, ma sei inchiodato in un letto
d’ospedale,
vittima della tua stupidità e con nessuna voce in capitolo.
E
così è andato tutto a
puttane senza possibilità di rimedio.
Ti
piace come prospettiva,
Scott?”
Lui
deglutisce.
“Non
può andare così male,
Ruby.”
Io
faccio un sorrido
dolce, uno dei miei temibili sorrisi dolci.
“Sì
che può Scott, se
dovesse succedere una seconda volta, ma tu hai il potere di cambiare le
cose.
Dimmi, vuoi usare questo potere?”
Lui
annuisce.
“Bene
e allora … NON
COSTRINGERMI MAI Più A RIANIMARTI perché SEI
UBRIACO FRADICIO!
CERCA
DI NON BERE MAI Più
COSì TANTO O POTRESTI NON ESSERE COSì FORTUNATO
UN’ALTRA VOLTA.”
Lui
deglutisce e mi guarda
come un cucciolo spaventato, io però non muto di una virgola
la mia espressione
fredda: deve capire che ha sbagliato e che fatti del genere non
dovranno
ripetersi mai più.
“Hai
capito quello che ti
ho detto, Scott?”
Lui
annuisce piano, il suo
pomo d’Adamo fa su e giù più
velocemente della testa.
“Bene,
mi giuri che non
berrai più così tanto?”
“S-sì.”
“Bene,
Scott Raynor e
sappi che, visto che ora sei vincolato ad un mio giuramento, non puoi
più
tirarti indietro o ne pagherai le conseguenze!”
“O-ok.
Ora posso andare a
casa? I miei saranno preoccupati.”
“Sì,
chi lo porta a casa?”
“Ci
penso io.”
Sospira
Tom e porta Scott
fuori dalla cucina.
Mark
mi guarda ridendo.
“Sai
chi mi hai ricordato?
Jules di “Pulp fiction”. Avevo paura che da un
momento all’altro avresti tirati
fuori una pistola e ucciso Scott.”
“Naaah.
Vi serve un
batterista.
Sono
stata dura perché un
ragazzino non dovrebbe bere così tanto!”
Do
un’occhiata all’orologio.
“Beh,
è meglio se ce ne
andiamo o capo e sua moglie ci daranno per morti.”
“Vero!”
Usciamo
anche noi dalla
cucina, salutiamo Matt e David e poi saltiamo in macchina, diretti
verso casa
nostra.
Non
abbiamo nemmeno il
tempo per cambiarci, ci limitiamo a fermarci un piano sotto al nostro e
a
suonare il campanello dei signori Fitzpatrick.
A
venirci ad aprire è una
signora di circa sessantacinque anni che indossa un vestitino a fiori e
con i
capelli turchini perfettamente acconciati in una cascata di riccioli:
deve
essere Meg Fitzpatrick.
“Buonasera
ragazzi.”
“Buonasera,
signora. Ci
scusi per il ritardo, ma c’è stato un piccolo
imprevisto, io sono Ruby.”
Le
porgo la mano e lei me
la stringe, poi ci invita ad entrare, io la seguo in cucina e Mark si
ferma sul
divano da Capo, guardano una partita di football.
Il
fatto che io segua Meg
in cucina è pura cortesia, è già tutto
pronto e a me non rimane altro che
apparecchiare la tavola, chiamare i due uomini e servire la cena.
Le
cotolette della donna
sono deliziose, sebbene sia irlandese sembrano proprio fatte da
un’italiana.
“Complimenti
signora! Sono
davvero buone, sembrano fatte da un’italiana!”
Lei
ridacchia.
“Chiamami
Meg, Ruby e
sembrano fatte da un’italiana perché io sono
italoamericana, il mio cognome da
nubile è De Luca.”
“Beh,
allora complimenti
per aver conservato così bene le sue radici!”
La
conversazione prosegue
su questi binari: è molto calma, rilassata e leggera.
Verso
le undici torniamo
nel nostro appartamento, siamo entrambi stanchi, così ci
limitiamo a un bacetto
e poi ad andare letto.
Abbracciati.
Tra
le sue braccia i
problemi sembrano meno grandi e la giornata sempre più bella
di quello che si
stata in realtà.
Il
resto della settimana trascorre
in una routine un po’sonnacchiosa.
Lavoro
da Luigi, gironzolo
in spiaggia, mi preparo per l’università, mi vedo
con mia sorella e trascorro
le mie serate con Mark. Non usciamo mai – lui è
troppo stanco per vai del
lavoro e delle prove con la band – ma anche solo vedere un
film con lui,
vederlo giocare o ascoltarlo mentre suona mi piace. È sempre
la parte migliore
della giornata, lui riesce sempre a renderla tale.
E
vorrei che le notti non
finissero mai, non so dove la trovi sempre quell’energia.
Glielo
chiedo mentre mi
tiene abbracciata dopo aver fatto l’amore, in sottofondo si
sente il rumore del
mare e una luna benigna ci illumina.
“Mark.”
“Sì,
bruja?”
Mormora
insonnolito, la
testa sepolta tra i miei capelli.
“Dove
la trovi questa
energia?”
“è
un complimento per
quanto sono bravo a letto?”
“Sì,
come se non lo
sapessi e non te lo avessi detto un sacco di volte.
Beata
la donna che ti
sposerà…”
Lui
ride.
“Quindi,
beata te,
Ferreira.”
Io
arrossisco fino alla
radice dei capelli.
“Non-non
hai risposto alla
mia domanda.”
Balbetto.
“Ti
ho messo in crisi?”
“Sì,
diciamo che nessuno
aveva mai espresso il desiderio di sposarmi, ma va bene!
Sono
felice! Tanto
felice!”
Arrossisco
ancora di più e
lui alza la testa e mi attira a sé per un bacio mozzafiato.
“Beh,
sono felice anche
io, è per questo che ho tante energie.
Cosa
potrei volere di più
dalla vita?
Ho
una ragazza
meravigliosa che mi ama, suono in una band con il mio migliore amico e
domani
per la prima volta mi esibirò dal vivo.
Potrei
toccare il cielo
con un dito, anzi l’ho toccato poco fa con te.”
Io
sorrido, torniamo a
dormire abbracciati,
Una
delle dormite più
belle della mia vita.
La
mattina dopo vado a
lavorare con un sorriso che va dall’orecchio
all’altro, tanto che se ne accorge
persino Luigi.
“Oh,
Ruby, cheti è
successo?”
“Stasera
suona la band del
mio ragazzo, Luigi e poi mi ha fatto capire che vorrebbe
sposarmi.”
Lui
sorride e mi batte una
pacca sulla spalla.
“Tanti
auguri e buone
cose!”
Oggi
lavoro con il doppio
dell’energia e il capo decide di concedermi la serata libera,
in vista del
concerto.
Assisto
alle loro prove –
sono carichissimi – e li aiuto a
caricare i loro strumenti in macchina: Mark è
riuscito a farsi prestare
la station wagon da sua madre.
Non
ne sono molto
contenti, non è una macchina adatta a tre giovani punk, ma
è spaziosa ed è un
miracolo che la signora Hoppus gliel’abbia concessa.
Arriviamo
al bar dove si
devono esibire e scopriamo che è desolatamente vuoto, a
parte noi ci sono il
barista e due clienti abituali che mi sembrano troppo bevuti per
apprezzare del
punk, per di più con dei testi come quelli di questi due
pazzi.
In
ogni caso loro montano
in silenzio i loro strumenti nell’angolo che gli ha destinato
il barista e poi
al suo cenno iniziano a suonare. I due cadaveri che sono seduti al
bancone con
me escono dal loro coma personale per mugugnare che qualcuno faccia
tacere quel
casino infernale.
Il
barista lascia suonare
ai miei ragazzi solo due canzoni, poi alla terza stacca la corrente,
Tom lo
guarda sconvolto – con la sua faccia da cucciolo bastonato
– e l’uomo alza le
spalle.
“Mi
dispiace, ragazzi, ma
non penso che la vostra musica sia apprezzata dai miei clienti.
Venite,
vi offro una
Snapple, ve la meritate.”
Un
po’ risollevati i tre
seguono il barista che offre loro la bevanda promessa, nonostante sia
un mezzo
fiasco loro sembrano felici. Chiacchierano a tutto spiano, Mark mi
passa un
braccio intorno alle spalle e nei suoi occhi leggo la
felicità del bambino che
ha trovato un regalo superiore alle sue aspettative sotto
l’albero di Natale.
“Sì,
però Tom tu sei stato
più stonato di una campana rotta nella prima
canzone!”
“Taci,
cazzone! Era
l’emozione e poi tu a momenti ti stavi dimenticando
l’intro di “c..”
Tom
si blocca
all’improvviso, come se avesse visto un fantasma, un demone o
uno dei suoi
amati alieni dietro me e Mark.
Io
e il mio ragazzo ci
giriamo stupiti, ma capiamo al volo il perché: sulla soglia
del locale c’è
Erin.
Mia
sorella ha un’aria
trasandata, indossa una maglia gigantesca dei Misfits e ha i capelli in
disordine, guarda Tom con uno sguardo da cucciolo smarrito.
Tom
appoggia delicatamente
la Snapple al bancone e si dirige verso di lei come un sonnambulo.
Si
abbracciano come se non
ci fosse un domani, lui la stritola e lei gli si abbarbica alle spalle
per un
tempo infinito. Poi si baciano ed è uno di quei baci da
film, quelli per cui ti
senti un po’ un guardone se li vedi.
Quando
si staccano lui la
prende per mano ed escono dal locale, Erin non saluta e nemmeno Tom.
Il
secondo giro di giostra
è cominciato, spero che nessuno si faccia troppo male.
|
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Capitolo 6 *** 6) Addio, amore mio. ***
6) Addio, amore mio.
Erin
era seduta in cucina,
c’era solo una birra mezza vuota a farle compagnia.
Quello era uno dei tanti
sabati sera che trascorreva nel suo appartamento da ragazza
indipendente a San
Diego, della Erin festaiola in quegli ultimi tempi era rimasto davvero
poco.
Non aveva quasi mai voglia
di uscire, il massimo che si concedeva era andare al bar sotto casa
oppure – la
maggior parte delle sere – chiacchierare con Anne, anche se
aveva l’impressione
che ultimamente fosse strana.
Aveva provato ad indagare,
ma aveva sempre un vicolo chiuso, qualunque cosa tormentasse Anne lei
non
glielo voleva dire.
Quella sera la sua
coinquilina non era a casa perché le avevano rifilato un
turno notturno al bar
dove lavorava, ma anche se fosse stata libera sarebbe stata fuori.
Quello era un grande
giorno per i blink – suonavano per la prima volta in un
locale – e lei lo stava
saltando per via di Tom.
Non riusciva a vederlo
perché farlo equivaleva ad aumentare la sua confusione:
proseguire quella
storia che stava diventando seria oppure dare ascolto a quella vicina
che le
diceva che era troppo presto e che nessuno dei sue era pronto?
Diceva cose strane, ma a
loro modo sagge, quella voce: le diceva che se fossero passati al
livello
successivo della loro relazione immaturi e teste calde come erano
sarebbe stato
un massacro.
Una lite dietro l’altra
che avrebbe finito per distruggere anche l’amicizia che
c’era tra di loro e
questa era una prospettiva che non poteva accettare. Tom era una delle
figure
più importanti della sua vita, il compagno di mille cazzate
e mille altre cose
più serie, era l’unico che sapeva che a volte si
svegliava urlando e chiamando
il nome del padre ed era l’unico ad averla consolata.
L’aveva aiutata quando
aveva litigato con Ruby l’anno scorso e le aveva aiutate a
sviluppare il loro
rapporto come gemelle. Era l’unico a sapere quanto aveva
sofferto per il suo rapporto
difficile con la madre. Tom era la sua spalla, il suo migliore amico,
il suo
confidente ancora prima di essere il suo ragazzo.
No, non poteva perderlo
e
doveva prendere una decisione al più presto;
quell’incertezza li stava facendo
soffrire entrambi.
-Fortuna che ha Ruby con
cui sfogarsi. Non avrei mai pensato che potessero diventare amici, ma
sono
tanto felice che lo siano diventati. Lui ha bisogno di una ragazza che
lo
strigli e lei di uno che la faccia ridere.-
Bevve un altro sorso della
sua birra e ascoltò i rumori della città: il
traffico, i clacson, il vociare
della gente che usciva a divertirsi, le urla di quelli che abitavano
sotto di
lei.
Erano una coppia di
portoricani che non facevano altro che urlarsi le peggio cose tutto il
giorno,
rigorosamente in spagnolo.
Ecco, lei e Tom non
dovevano diventare assolutamente così!
Perciò lei non doveva
andare al concerto dei blink, ciò non di meno si
alzò e indosso il suo paio di
anfibi preferiti: quelli con le stringe verde acido e delle strisciate
di vernice
ai lati dello stesso colore.
Non doveva andare
assolutamente a quel concerto, eppure perché stava uscendo
di casa in tutta
fretta e saltava in macchina come se il diavolo la inseguisse?
Perché era un’incoerente
di merda! Si disse con una punta di rabbia.
Guidò fino al locale in
cui si esibivano i suoi amici e nel parcheggio riconobbe la station
wagon della
madre di Hoppus. La mora entrò con furia nel locale per poi
bloccarsi sulla
soglia:
i tre più Ruby erano al
bancone a sorseggiare una Snapple, gli strumenti erano in un angolo
probabilmente pronti per essere smontati.
Considerato il genere di
bar e la gente presente doveva essere stato un mezzo insuccesso, ma la
messicana notò che sembravano tutti piuttosto allegri.
Mark aveva un braccio
attorno alle spalle di Ruby ed entrambi le davano le spalle, Scott
rideva con
in mano una Snapple e Tom faceva della boccacce e gesticolava
ampiamente
rischiando continuamente di fare una strage con quella lattina.
Smise quando si accorse di
lei. Tom si pietrificò e la guardò come si guarda
un’apparizione, la morte o un
alieno che ti vuole parlare.
Anche gli altri tre si
accorsero che qualcosa perché smisero di parlare e Ruby si
voltò verso di lei,
Tom invece appoggiò la Snapple al bancone e
lasciò il gruppo per raggiungerla:
camminava come un sonnambulo.
Lei seguiva i suoi
movimenti in maniera quasi febbrile, si accorse che aveva quasi smesso
di
respirare perché riprese un ritmo normale quando lui la
soffocò in un abbraccio
mortale.
Come al solito Tom sapeva
di buono – un misto di cocco, menta e qualcos’altro
– e il suo petto era la
cosa più accogliente delle terra. Una volta uscita dalla sua
paralisi, gli
strinse le mano sulla schiena – fino quasi a graffiargliela
– e si strinse più
forte: erano diventati quasi come un solo corpo.
Rimasero così a lungo –
quasi per sempre – poi Tom la staccò
impercettibilmente e le alzò il volto e le
sorrise, uno dei suoi sorrisi da bambino così rari da
vedersi.
Lei lo guardò, gli occhi
di lui erano grandi e dolci, li vide solo per un secondo prima che lui
la
baciasse: era un qualcosa di diverso dal solito.
C’era molta passione, ma
anche un fondo di tristezza, come se fosse un addio.
Lei rabbrividì, era uno di
quei baci da film che raramente si ricevono nella vita vera.
Quando si staccarono lui
la prese per mano e la condusse fuori dal locale, Erin
lanciò uno sguardo ai
tre rimasti dentro. Mark e Scott erano tra lo stupito e il rassegnato,
Ruby
invece le rivolse uno sguardo carico di tristezza, le stava comunicando
che per
lei Erin stava iniziando un altro giro di giostra con Tom e che sperava
che
nessuno si facesse troppo male.
La sua gemella ci aveva
visto giusto, ma forse questo sarebbe stato sul serio
l’ultimo giro di giostra
per loro due.
“Come mai sei venuta
stasera?
Pensavo non ti facesse
piacere vedermi.”
Tom aprì finalmente la
bocca quando erano in macchina.
“Perché era una serata
importante per te e per la band e alla fine non me la sono sentita di
mancare.”
“Erin, non hai capito
quale era la vera domanda?”
Lei sospirò.
“L’ho capita, Tom. La vera
domanda è perché mi eviti?
La risposta è perché avevo
bisogno del tempo per riflettere sulla nostra relazione.”
“E a cosa ti ha portato.”
“A tanti dubbi.”
Questa fu Tom a sospirare.
“Erin ho pensato a lungo a
quello che mi hai detto e ci ho capito ben poco.”
“Lo immaginavo. Tom è da
un po’ che stiamo insieme, voglio dire non siamo
più compagni di scopate
occasionali.”
“Questo era chiaro fin dal
giorno in cui ci siamo messi insieme.”
“Sì, ma non siamo più
nella fase in cui possiamo essere una coppietta che non pensa al futuro
e che
vive giorno per giorno, senza pensare al domani.
Guarda Mark e Ruby:
convivono, festeggiano un anniversario, smussano continuamente le loro
asperità
e in qualche modo ce la fanno, vanno a far visita a mia madre o alla
madre di
Mark.
Sono una coppia, litigano,
ma poi fanno pace e maturano, maturano, maturano. Hanno un rapporto
serio. Noi
siamo pronti a questo passo, Tom?
Saresti pronto a vivere
con me e a dividere gli onori e gli oneri di una convivenza o a
ricordarti un
anniversario e fare tutte quelle mille piccole cose inutili che fanno
gli
innamorati per far crescere il loro rapporto?
Io non so se sono pronta,
mi manca l’aria se ci penso, ma dopo così tanto
tempo che ci frequentiamo è
normale pensare a cose del genere, no?
E non dovrebbero fare
paura.”
“Credo di capire meglio il
tuo discorso.”
Erano arrivati a casa di
Tom.
“Dave e Matt non ci sono,
vuoi trascorrere la notte con me o ti fa paura?”
“No, non mi fai paura.”
Uscirono dalla macchina
mano nella mano ed entrarono in casa, sorprendendola Tom la presein
braccio –
come si usa con le spose – e la portò in camera
sua dove la appoggiò
delicatamente sul letto e sorrise.
“Sei bellissima, Erin.
Sei la ragazza più
meravigliosa con cui sia stato, giurami che comunque vada non uscirai
dalla mia
vita.”
Lei sorrise.
“Te lo giuro.”
Lui chiuse la porta a
chiave e si stese a fianco a lei, guardandola negli occhi.
Persero lunghissimi minuti
semplicemente guardandosi e accarezzandosi i fianchi. Gli occhi neri di
Erin si
riflettevano in quelli castani di Tom e parlavano: erano pieni di
amore, ma
anche di un senso di addio e malinconia; a qualche livello sapevano
entrambi
che quella era l’ultima volta.
Fu Tom a rompere
l’incantesimo, alzò un braccio e le
accarezzò il volto, per poi tirarla su di
sé e baciarla. Di solito ero un tipo impetuoso, quella volta
fu calmo: un bacio
lungo e dolce che proseguì con una serie di baci sul volto e
sul collo.
Erin ricambiava con la
stessa calma, si alzò a sedere e gli tolse la maglia,
soffermandosi a guardare
il tatuaggio di san Diego che lui aveva sul petto e seguendone il
contorno on
le dita facendolo rabbrividire.
“Mi mancherà questo
tatuaggio.”
Lui sorrise, Erin lo imitò
e poi scese a baciargli il petto scendendo sempre più verso
il cavallo dei
pantaloni, per poi risalire di nuovo al volto. Lui mugugnò
per protestare,
ormai sussultava e gemeva pian perché quel giochino gli
piaceva. Erin
sogghignò soddisfatta.
Tom la coinvolse in un
bacio mozzafiato vedendo quel ghigno leggermente irrisorio e poi
ribaltò le
posizioni, le tolse la maglia dei Misfits e le accarezzò la
pancia, salendo al
seno, accarezzandoglielo senza togliere il reggiseno.
Erin mugugnò
insoddisfatta.
“Toglilo, Tom.
“No, signorina, devi
pagare l’insolenza di poco prima.”
Continuò a massaggiarle il
seno da sopra l’indumento e a lambirle il bordo con la
lingua,
divertendosi probabilmente
come un matto
a vederla contorcersi, sospirare e chiedere di più.
Il gioco dovette stancare
anche lui ad un certo punto perché le tolse il reggiseno e
si dedicò con foga
alle sue tette, baciandole, leccandole, mordicchiandole i capezzoli,
metre lei
ormai aveva perso il controllo e gli teneva saldamente la testa
baciandogliela
ogni tanto ed ansimando.
Ad un certo punto rallentò
e ci strusciò sopra il naso, guardandola negli occhi,
c’era una punta di dolore
nella sua eccitazione e c’era una punta di dolore anche in
lei quando lo baciò.
Tom finì di spogliarla
lentamente, accarezzandola con dolcezza – come a volersi
imprimere le sue forme
nella memoria e poi appoggiò una mano sulla sua
femminilità.
Era bravo a fare quei
lavori, ben presto si ritrovò a supplicare per avere di
più e a sussultare
violentemente quando sentì la sua lingua.
Fu il primo orgasmo della
serata che la lasciò sorridente e stesa sul letto, mentre
Tom la guardava
divertito ed armeggiava con i pantaloni.
Fu nudo in poco tempo e in
poco tempo fu sopra di lei e dentro di lei con una spinta lenta e
profonda che
non aveva niente a che fare con la sua solita impetuosità.
Fu un amplesso più lungo rispetto al solito –
fatto di spinte lente, ma inesorabili – ma alla fine si
ritrovò a urlare il
nome di Tom mentre raggiungeva il secondo orgasmo della serata.
Rimasero per un po’ di
tempo nudi e ansanti, con Tom steso sopra di lei, la testa sepolta
nell’incavo
del suo collo e che ogni tanto gli lasciava dei piccoli baci sul collo.
Stava terribilmente bene,
ma anche terribilmente male: era un addio e lo sapevano tutti e due
purtroppo.
“E così questa è l’ultima
volta…”
Esclamò lei malinconica.
“No.”
Disse semplicemente lui,
riprendendo a baciarla, accarezzarla, scoprirla e darle piacere
finché non fu
di nuovo pronto per entrare in lei.
Anche questa furono spinte
lente e dolci – per niente da Tom – e anche questa
volta fu lungo e piacevole:
fare l’amore così era un modo per dirsi addio che
spezzava il cuore.
Questa volta rimasero
ansanti ancora a lungo, ma Tom aveva subito capovolto la situazione
facendola
sdraiare suo petto, coccolandola e baciandole tempie e capelli.
“Questa è l’ultima volta,
Erin.”
“è stato bello.”
La voce di lei era
incrinata.
“Vorrei non uscire mai da
questo letto, vorrei non crescere mai e dover fare i conti con le
esigenze
della vita adulta e del fatto che le relazioni vanno portate avanti per
costruire qualcosa insieme.
Vorrei essere stata più
sicura, vorrei essere più sicura e più paziente e
comprensiva. Vorrei essere la
ragazza con cui condividerai il resto della tua vita, ma non posso e mi
spezza
il cuore.”
“Erin…”
“Sono una testa calda,
Tom. Do di matto se ti vedo con un’altra,
a volte vorrei che ti dedicassi completamente a me,
lasciando da parte
la band, a volte sono
troppo assorbita
dalla scuola e dalle cose che faccio lì che è
quasi un fastidio vederti.
Hai bisogno di qualcuno di
più stabile, che sappia capirti meglio di me.”
“Nessuno, tranne forse
Ruby, mi capisce meglio di te.”
“Hai bisogno di qualcuno
che ti capisca e che ti dia i tuoi spazi senza sentirti esclusa, che
sappia
darti l’amore che meriti, che riesca a metterti in cima alle
sue priorità
sempre o quasi sempre.
Non hai bisogno di una
ragazza instabile che un giorno ti mette in cima alle sue
priorità e il giorno
dopo in fondo…”
Ci fu una lunghissima
pausa di silenzio, in cui le lacrime le punsero gli occhi –
pronte per uscire.
“E poi sii sincero, qual è
la tua priorità adesso?”
“La band."
“E riusciresti a
conciliare e mettere sullo stesso piano i blink e me o una
ragazza?”
Lui rimase in silenzio per
un po’, grattandosi il mento pensoso.
“No, ora i blink
verrebbero per primi e tu come al solito mi hai capito meglio di me, ma
questo
addio fa male. Mi mancherai Erin, mi mancheranno i nostri litigi e le
nostre
riappacificazioni.
Mi mancherà vedere stupidi
film con te solo per prenderli per il culo e suonare per te e fare
l’amore con
te.”
Erin scoppiò a piangere e
lui la strinse di più a sé.
“Possiamo fare ancora
tutto, tranne il sesso, non ti voglio fuori dalla mia vita.
Sei una delle persone più
importanti della mia vita e hai protetto Ruby quando io non potevo.
Ti voglio un bene
dell’anima!”
“è lei che ti ha protetto.”
“Per la storia di mio
padre? Io sapevo benissimo che lui aveva un’altra famiglia,
ma non ho mai
smesso di sperare che lui potesse tornare da noi.
Pazza, vero?”
“Sì, ma è questo che ti
rende speciale e ti consegnerò solo a un ragazzo che ti
merita.”
“Lo stesso vale per te,
controllerò tutte le tue ragazze e darò
l’ok solo a quella che ti merita sul
serio.”
Disse fra le lacrime.
Ormai Erin non conteneva più le lacrime e quando
alzò il volto si accorse che
anche Tom stava piangendo e questo le fece stringere il cuore:
l’unica
occasione in cui lo aveva visto così era quando i suoi
avevano divorziato.
Lei provò ad asciugargli
le lacrime, ma erano troppe e ci rinunciò, tornando ad
accoccolarsi
nell’abbraccio del ragazzo che ormai era diventata ferrea.
“Perché io e te siamo
sempre destinati a soffrire?
Perché pur amandoci non
riusciamo a farlo abbastanza da farlo durare per sempre o
giù di lì?
Perché non sono la ragazza
adatta a te?
Vorrei tanto esserlo, non
voglio che tu pianga.
Mi fa male vederti piangere!”
Lui rimase un po’ in
silenzio.
“Nemmeno io vorrei vederti
piangere, odio vederti piangere. Sei una di quelle ragazze che
meriterebbero di
sorridere sempre e non di incasinarsi continuamente la vita e
soffrire.”
Un sorriso debole affiorò
sul volto di Erin.
“E vorrei essere davvero
io quello che ti sta accanto, lo vorrei con tutte le mie forze, ma tu
hai
ragione. Tu mi hai letto nel cuore meglio di quello che abbia fatto io,
non
sono pronto per una relazione seria.
Non voglio giocare al
gioco al massacro che c’è stato tra i miei con te,
tengo troppo a te per
rovinarti così.
Al momento la mia priorità
è la musica, ma spero che quando riuscirò in
quello che voglio ci sia ancora
una possibilità per noi.”
“Lo sai che non sarà
così.”
Tom le asciugò dolcemente
le lacrime.
“Erin, non puoi sapere
come sarà il futuro. Non lo sa nessuno, la vita è
piena di sorpresa e lo sai
meglio di me.
Ti ricordi quando dicevi
che non potevamo stare insieme perché io non ti amavo?
Beh, ti sei sbagliata. Ti
ho amata e ti amo ancora, non sempre tutto va come noi crediamo debba
andare o
che sia scritto nelle stelle.
Quando sono andato a
prendere Ruby tua madre mi ha detto una cosa: se qualcuno è
veramente tuo
tornerà da te e se tu sei mia tornerai da me.”
Erin annuì e si strinse di
più a lui, beandosi del suo calore e annusando a pieni
polmoni il suo profumo –
quel misto di menta, cocco e Tom – che la faceva stare sempre
meglio.
Finirono per addormentarsi
così: stretti come due reduci da un naufragio, bagnati dal
sudore e dalle
lacrime, avvolti in coperte fredde e tristi che sapevano di addio.
La
mattina dopo Erin fu la
prima a svegliarsi, guardò a lungo Tom dormire: sulle guance
c’erano ancora i
segni delle lacrime della sera prima.
La sera prima lui avrebbe
dovuto essere felice e festeggiare il suo trionfo, non avere il cuore
spezzato.
In quel momento si sentì una stronza terribile –
indegna di stare vicino a
quel ragazzo – ed ebbe la tentazione
fortissima di scappare senza nemmeno salutarlo.
Poi tornò in sé e si disse
che così facendo sarebbe sul serio risultata una stronza
senza cuore e proprio
in quel momento Tom aprì gli occhi e stiracchiò
un sorriso triste che non gli
apparteneva.
“E così è l’ultimo giorno
per noi due?”
Erin lo abbracciò più
forte che poté.
“Non dire così, non lo
dire.
Sembra che sia finito
tutto, anche l’amicizia e non voglio. Ti prego.”
Tom rimase in silenzio e
lei si staccò e gli prese le mani.
“Giurami una cosa, Tom.
Giurami che ti impegnerai al massimo nella band, giurami che ce la
matterai
tutta per avere successo!
Voglio sentire le tue
canzoni alla radio, voglio vederti sui giornali, voglio pogare in un
concerto
in mezzo a tanta gente che ama voi come me, voglio vantarmi di
conoscere quel
gran figo di Tom DeLonge che suona nei blink!”
Lui sorrise la baciò.
“Ce la metterò tutta, ma
giurami una cosa anche tu.
Giurami che ti impegnerai nel
tuo corso e che diventerai una brava tatuatrice, voglio venire da te a
farmi
tatuare e vantarmi da tutti che è un’Erin Ferreira.
E giurami che sarai felice
e che la smetterai di buttarti in storie di poco conto solo per
riempire il
vuoto che hai dentro.”
“Te lo giuro!”
Si abbracciarono ancora,
poi si rivestirono in silenzio e scesero in cucina: era deserta.
Forse Matt e Dave non
c’erano o forse gliel’avevano lasciata come forma
di affetto, una delle loro
mille delicatezze da timidi cronici.
Mangiarono insieme,
cercando di parlare di cose di poco conto per non lasciarsi affogare
fin da
subito nel dolore.
“Beh, ora me ne vado.
Sappi che ti voglio un bene dell’anima.”
Erin si tolse una
collanina fatti di palline d’argento e gliela porse.
“Toglitela solo quando
troverai quella che sarà giusta per te, se sarò
io ti limiterai semplicemente a
ridarmela tra un po’.”
La ragazza abbozzò un
mezzo sorriso, lui invece si allacciò la collana al collo e
le diede un ultimo
bacio.
Erin uscì dalla casa e
scoppiò in lacrime, ora c’era solo un posto in cui
doveva andare e in cui
poteva sfogarsi.
Guidò in una San Diego
poco affollata fino ad arrivare al condominio dove abitavano Mark e
Ruby, salì
le scale esterne e si attaccò al campanello.
Poco dopo la sua gemella
venne ad aprirle con un’aria assonnata, lei le si
buttò tra le braccia in
lacrime.
Ruby non disse nulla, la
strinse solo a sé e facendola entrare, un rumore dietro di
lei fece capire
alla punk che anche Mark era
sveglio e stava andando a chiudere la porta.
Si ritrovò avvolta
nell’abbraccio di sua sorella e del suo migliore amico e si
disse che, pur
essendo il mondo un brutto posto, valeva la pena di viverci per loro.
Ce l’avrebbe fatta, non
sarebbe stato facile. Con ogni probabilità si sarebbe
pentita mille volte di
averlo lasciato e altre mille volte avrebbe avuto la tentazione di
tornare da
lui e di tornare a essere la sua ragazza – ben sapendo che
sarebbe stato
sbagliato.
Sarebbe stato un inferno,
ma con sua sorella e i suoi amici al suo fianco ce l’avrebbe
fatta.
Angolo di Layla.
Grazie all'incazzatura che mi ha fatto prendere una persona orribile ho
tolto questa storia e quell'altra perché volevo
cancellare il mio account. Adesso vedere lo zero recensioni mi fa
prendere troppo male.
Ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo.
|
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Capitolo 7 *** 7)Mama. ***
7)Mama.
La
domenica mattina è
fatta per dormire, soddisfatta per aver fatto l’amore con il
mio ragazzo e
contenta perché lui ha fatto la sua prima serata con la
band, e non per essere
svegliata.
Alle nove di mattina una
serie di colpi bruschi alla porta mi risveglia e mi rende
istantaneamente di
pessimo umore.
Sbuffando, raccolgo una
maglia di Mark e vado d aprire e il mio malumore passa subito: la
visitatrice
indesiderata è Erin e non ha l’aria di stare bene.
Ha i segni delle lacrime
che le attraversano le guance – lacrime nere di mascara,
matita e ombretto
– e hai i
capelli in disordine.
Non appena mi vede mi si
butta tra le braccia e scoppia a piangere senza ritegno, io mi limito
ad
abbracciarla a mia volta e a farla entrare in casa. Nel frattempo si
è
svegliato anche Mark e senza dire niente chiude la porta e ci abbraccia.
Rimaniamo per lunghi
minuti chiusi in questo abbraccio, rotto solo dai singhiozzi della mia
clone,
cosa diavolo è successo?
Pensavo sarebbe stata
felice per essersi rimessa con Tom!
“L’ho lasciato!”
Farfuglia tra i
singhiozzi, io e Mark ci guardiamo.
“Forza, adesso ti preparo
una cioccolata e ci fumiamo una sigaretta e se ti va mi racconti
tutto.”
Lei annuisce e io faccio
cenno al mio ragazzo di andare in cucina e preparare quello che ho
detto, lui
lo fa, anche se è piuttosto perplesso.
Io tengo abbracciata un altro po’ la mia gemella e poi lo
raggiungo in cucina: le sigarette sono lì.
“Non ci sto capendo
nulla!”
Sussurra lui.
“Nemmeno io, ieri è venuta
al locale e se ne sono andati via insieme. Stamattina si presenta in
lacrime
qui, ti giuro pensavo che si fossero rimessi insieme!”
Lui annuisce, la
cioccolata è pronta ed arriviamo in salotto insieme; io con
le sigarette e lui
con la cioccolata. Erin si sta guardando sconsolata nello specchietto e
sta
sospirando.
“Sono ridotta ad un
mostro.”
“Non esageriamo, al
massimo sei un panda e i panda sono gli esseri carini e coccolosi per
antonomasia.”
Lei abbozza un sorriso tra
le lacrime.
Ci sediamo sul divano e
mia sorella si getta sulla sua tazza di cioccolata come un affamato di
ritorno
dal Sahara.
“Ne avevo bisogno.”
Si accende una sigaretta e
io faccio lo stesso, perplessa.
“Ti va di raccontarmi cosa
sia successo?
Credevo che tu e Tom vi
foste rimessi insieme.”
Lei fa un sorriso amaro e
dà un’alta sorsata alla bevanda.
“Pensavo anche io che
sarebbe successo, era per questo che non volevo venire alla vostra
serata.
Scusa, Mark, niente di
personale.”
Lui scuote e la testa e
alza una mano come a dire che va bene così, che ha capito.
“Solo che poi l’istinto è
stato più forte di me e sono venuta.
Quando eravamo in macchina
abbiamo iniziato a parlare e gli ho fatto capire perché
avevo chiesto una pausa
di riflessione.”
Stringe più forte la tazza
tra le mani e abbassa lo sguardo, lasciando
che la frangia le copra gli occhi.
“Insomma, è un anno che
stiamo insieme e arrivati qui dovremmo portare la nostra relazione a un
livello
superiore, ma che io non sono pronta e che non lo è nemmeno
lui.”
“Livello superiore?”
Lei sospira.
“Tu e Mark vi siete mai
guardati allo specchio? La vostra è una relazione a un
livello superiore, non
certo perché convivete, ma perché siete maturati
insieme.
Certo, avete litigato e
fatto scenate, ma poi ne avete parlato e siete cresciuti, ne siete
usciti
rafforzati. Siete uno la priorità dell’altro e
pensate sempre a cosa possa
andare bene per tutti e due.
Io e Tom non siamo così,
siamo gli stessi egoisti, testoni e pazzoidi di un anno fa. Non siamo
maturati
e non siamo uno la priorità dell’altro.
Siamo come due atomi che
per un po’ stanno sullo stesso orbitale, poi uno salta di
livello e l’altro
bestemmia abbastanza da farlo tornare indietro o seguirlo.
Gli ho chiesto se io
venissi prima dei blink e lui ha detto di no e lo stesso è
per me.
Incomunicabili.
Tu e Mark ne parlereste e
alla fine arrivereste a un accordo.
È per questo che ho
chiesto la pausa e l’ho lasciato.
Se continuasse finiremmo
per odiarci e lo perderei come amico e questo non posso sopportarlo.
È una cosa che ho deciso
io, ma fa male malissimo. Mi si spacca il cuore e spero che alla fine
tutta
questa sofferenza serva a qualcosa e non sia solo un tragico errore di
valutazione.”
A me mancano le parole per
risponderle, deve essere orribile sapere di amare qualcuno, ma non
abbastanza
perché funzioni e continui a funzionare.
L’unica cosa che faccio è
abbracciarla.
Poco dopo suona il
campanello, Mark si alza e va ad aprire in mutande.
“Mettiti qualcosa
addosso!”
Gli urlo.
“Nah! Sarà Tom, gli dirò
che passo dopo!”
Erin sobbalza al nome del
suo ex e il mio stupido – ma amato – ragazzo va ad
aprire la porta in boxer.
“Beh, così accogli i
visitatori?”
La conosco questa voce
tagliente, è mia madre ed è arrivata nel momento
più sbagliato.
Mark balbetta che pensava
fosse Tom, il generale lo scansa e guarda me ed Erin.
Il silenzio che cala sulla
stanza è pesante e si potrebbe tagliare con un coltello.
“Cosa è successo qui?”
Cosa ci fai qui, mamma?”
Erin è la prima a
riprendersi.
“Volevo farvi una visita e
constatare come stesse andando tra Mark e tua sorella.”
Guarda me e guarda
lui.
“Direi bene. Ruby ti trovo
bene, Mark i tuoi capelli fanno concorrenza ad un semaforo ed immagino
ne sarai
fiero.
Cos’è successo, Erin?
Come mai hai pianto?”
“Non ho pianto!”
“NO? E quei segni neri
sulle guance cosa sono? Una nuova moda in fatto di trucco?”
Lei sospira.
“Sì, mamma. Ho pianto. Io
e Tom ci siamo lasciati.”
Lei alza un sopracciglio.
“E come mai? Vi vedevo
come una bella coppia!”
“Non eravamo allo stesso
punto, non eravamo pronti al livello successivo. Ognuno non era la
priorità
dell’altro.”
“Le fiabe non esistono, lo
sai vero?”
“Lo so, ma esistono esempi
di come sia possibile crescere insieme, maturare e portare una
relazione a un
livello successivo senza sforzare. E uno ce l’hai sotto il
naso.”
Lei sospira.
“Sei sicura di aver fatto
la scelta giusta? Sei sicura che non te ne pentirai?”
“Sicura al cento per cento
no, ma sono abbastanza sicura e se siamo destinati
a stare insieme ritorneremo insieme.”
Lei sospira.
“Va bene, ti lascio nelle
mani di tua sorella. Ci vediamo qui a mezzogiorno, andremo a mangiare
tutti
insieme. Tu non venire in mutande!”
Guarda minacciosa verso
Mark.
“Io vado da una persona.”
“Da chi?”
Chiedo io curiosa.
“Da Tom, mi sono
affezionata a quel ragazzo.”
Io la guardo incredula,
chissà cosa ha in mente?
Spero niente di strano o
stupido o maligno.
In ogni caso non posso
fare niente e prego che non succeda una catastrofe mentre la guardo
uscire.
Il
resto della mattinata
la trascorro a consolare mia sorella, non l’ho mai vista
giù di corsa.
A un certo punto non posso
fare a meno di chiederle se è sicura di aver fatto la scelta
giusta, lei
annuisce piano.
“Se avessimo continuato
sarebbe stato peggio, avremmo finito per fare la fine dei nostri
genitori e io
non voglio perdere la sua amicizia: ci tengo troppo.”
Io sospiro.
“Spero per te che sia
davvero la scelta giusta, mi fa male vederti così.”
Lei si asciuga le lacrime.
“Passerà Ruby, sono forte
e non manca tanto a mezzogiorno, devo sistemarmi.”
La guardo e penso che
abbia ragione.
“Ok, fatti una doccia, io
cercherò dei vestiti che ti possano piacere.”
Lei alza un sopracciglio.
“Lucia, questi vestiti
puzzano, sono sporchi e sembra che abbiano visto la seconda guerra
mondiale.”
“Ok, Maria!”
Sibila irritata. Odia essere chiamata con il suo secondo nome, ma
è anche
l’unico modo che ho per farla ragionare.
Quando sento l’acqua della
doccia scorrere tiro un sospiro di sollievo.
“Bel casino!”
Borbotta Mark, grattandosi
i capelli.
“I segnali che sarebbe
successo c’erano tutti, ma forse Erin ha ragione: meglio
tagliare subito che
fare tanti giri di giostra che logorano mano a mano rapporti e
persone.”
Lui non dice nulla.
“Vai da Tom oggi
pomeriggio?”
“Sì, sperando di trovarlo
vivo.”
Io ridacchio.
“Posso venire anche io o
sarebbe inopportuno?”
“No, vieni anche tu. Al
massimo vedi com’è e te ne vai se è il
caso.”
Io annuisco e seguita da
lui mi dirigo in camera e guardo sconsolata dentro al mio armadio, alla
fine
opto per un vestitino nero con una fantasia a teschi verdi che ho
scovato in un
negozietto qualche giorno fa.
Lo porto in bagno ad Erin
e poi iniziamo a prepararci anche io e Mark, a mezzogiorno mia madre
rientra
puntuale a casa. Sembra serena e tranquilla, non reduce da un massacro.
Approva con una sola
occhiata il vestito di mia sorella, gli short beige e la maglia di star
wars di
Mark e il mio bustino senza maniche e la gonna.
Usciamo dall’appartamento
e Mark ci porta da Luigi.
“Ecco mamma, io lavoro
qui!”
“Non sembra male, che
fai?”
“La sguattera come da “Zio
Marco”.”
“Ti trattano
bene?"
“Non c ‘è male!”
Alzo le spalle io.
Ci mettiamo a un tavolo
laterale e ordiniamo tutti una bella pasta al ragù, mamma la
divora il che
significa che l’apprezza.
La conversazione è
leggera, mia madre ed Erin non litigano e lei sembra andare
d’accordo con Mark.
Non sta andando così male, ora devo solo capire cosa diavolo
ha detto a Tom.
“Passato l’esame?”
Chiede caustica mia
sorella.
“Sì! E in quanto a te
dovresti trovarti un tipo come lui o pensarci due volte prima di
lasciare Tom.”
Lei si irrigidisce.
“Credimi ci ho pensato a
lungo e mi sono convinta che sia la scelta giusta. Con i caratteri che
abbiamo
non voglio certo finire come te e papà.”
Mia madre sospira.
“Siamo stati davvero un
pessimo esempio, vero?”
“Sì, lo siete stati, ma
siamo andate avanti nonostante voi.
Ormai è passata!”
“Sei sicura che non te ne
pentirai, Erin?
Uno come Tom non lo trovi
facilmente.”
“Se sarà destino ci
reincontreremo.”
E con questo la
discussione si chiude, per fortuna.
Mangiamo il dolce in
silenzio, Mark mi stringe la mano sotto al tavolo: che bello non essere
l’unica
che teme rappresaglie da un momento all’altro!
Finito il pranzo Mark paga
per tutte e poi ci dirigiamo a casa di Erin.
Lì non succede nulla di
particolare, mia madre chiacchiera con Anne, si informa di come sia
vivere con
Erin e se ci siano delle scaramucce.
Fortunatamente non ce ne
sono e questa
è fatta. Poi chiede a Erin
come va il corso e lei parla a lungo di quello che fanno e di come le
piaccia
il corso.
Mia madre la ascolta
attentamente e alla fine del discorso sorride di buon umore.
“Sembri felice della tua
scelta e che tu ti stia impegnando molto più che al liceo.
Ne sono felice, continua
così.”
Chiacchieriamo un altro
po’, poi lei se ne va tra abbracci, raccomandazioni e degli
sugar skull
lasciati e tutte e due.
Appena è uscita dalla
porta Erin si lascia andare a un lungo sbadiglio.
“Ho un sonno allucinante.”
“Allora ti lasciamo
dormire, chiamami per qualsiasi cosa.”
Lei annuisce e sparisce in
camera sua, così non ci rimane che salutare Anne e andarcene.
In macchina siamo io e
Mark a tirare un sospiro di sollievo, alla fine non è
successo nulla di grave!
“Dai che ce la siamo
cavata!”
Esclama Mark.
“Vero, pensavo fosse più
difficile ed invece è stata calma, un po’ burbera,
ma calma.
Adesso vai da Tom?”
Lui annuisce.
“Sei sicuro che possa
venire anche io?”
“Sì, sei sua amica anche
tu e penso che gli faccia piacere. Se vedi che è a disagio
puoi sempre
andartene.”
Io annuisco e lui prosegue
tranquillo nella guida, la città inizia lentamente a
rianimarsi: la gente va al
mare, nei locali o semplicemente gironzola.
Arriviamo a casa di Tom un
quarto d’ora, a giudicare dalle macchine sono a casa tutti e
tre.
Mark parcheggia e poi
suona il campanello, poco dopo è Scott a venirci ad aprire.
“Ehi, che ci fai ancora
qui?”
“Non ho voglia di tornare
a casa”
Alza le spalle lui.
“Se cerchi Tom è in cucina
a tentare di arrangiare un pranzo insieme a Matt e David.”
“Grazie, Scott!”
“Di niente, io ora scendo
di nuovo in garage a provare.”
Lui si allontana, Mark si
chiude la porta alle spalle e poi ci avviamo insieme verso la cucina da
cui
proviene un odore di bruciato che non promette niente di buono.
“Avete un po’ esagerato
con la cottura!”
Esordisco facendoli
spaventare.
“Ah, sei tu Ruby! Ti prego
dacci un mano.”
Io sospiro e preparo delle
cotolette alla milanese, sentendomi per un attimo il salvatore della
patria.
“Di solito come fate?”
“Cinese!”
“Messicano!”
“Pizza!”
Mi rispondono i tre in
coro, facendomi scuotere la testa: uomini!
Servo loro il pranzo e li
guardo ingozzarsi senza ritegno, chissà da quanto tempo non
mangiavano qualcosa
di decente…
Alla fine ficchiamo tutto
in lavastoviglie e ci sediamo sul divano e qualcuno per terra, Matt per
la
precisione.
“Allora, come va?”
Chiedo a Tom, lui abbassa
gli occhi.
“Va… Un po’ da schifo, ma
va.”
“Ti manca, vero?”
Azzardo io.
“Sì, mi manca e da morire,
ma lei ha ragione.
Siamo ancora troppo
immaturi per avere un storia seria, siamo migliorati, ma non abbastanza.
E anche se fa male,
malissimo, non averla qui e sapere che non è più
la mia ragazza, so che è la
cosa migliore. Io non voglio che lei diventi una di quelle che sono
ricordate
come ex stronze, la voglio ancora come amica e così la
potrò avere ancora.
Mi dedicherò anima e corpo
alla band. Così non penso, no?”
“è una buona idea.”
All’improvviso sentiamo un
rumore sordo provenire dal piano di sotto e Mark, David e Matt corrono
verso la
cantina, lasciando me sola con Tom.
“Sei sicuro che va tutto
bene?”
“No, non va tutto bene, ma
cerco di sopravvivere, è l’unica opzione,
no?”
“Già.”
Rimaniamo un attimo in
silenzio.
“Oggi mia madre è venuta
da te.”
“Sì.”
“Cosa ti ha detto?”
Lui si stende meglio sul
divano.
“Mi ha detto che sa cosa
si prova ad essere lasciati e che capisce il senso di stupefatta
inferiorità
quando vieni mollato perché l’altro ti sputa in
faccia la verità: ossia che non
siete maturati abbastanza per stare insieme in modo serio.
Ha detto che lentamente
passerà, che ci
vorrà tempo, ma di non
perdere le speranze.
E poi mi ha lasciato degli
sugar skull.”
Io lo guardo stupefatta,
non sembra nemmeno che stia parlando di mia madre, poi infine sorrido.
Mia madre ha accettato Tom
come parte della famiglia e ha cercato di tirarlo su di morale a suo
modo, la
cosa mi commuove: non pensavo sarebbe mai successa.
L’anno scorso odiava Tom.
“è stata carina, non avrei
mai detto che lo facesse, in fondo ti vuole bene.”
“Già.”
“Andrò avanti, Ruby.
Supererò anche questa.”
“Sì, ce la farai. Vieni qui!”
Lo abbraccio e penso che
dopotutto le persone possano sorprendere e fare del bene anche quando
non te lo
aspetti.
Sarà un periodo duro, ma
ce a faremo in qualche modo.
Quando gli altri salgono
dalle scale della cantina, seguiti da un abbacchiato Scott scoppiano a
ridere e
si lanciano su di noi, creando una sorta di abbraccio- ammucchiata.
Sì, in qualche modo ce la
faremo e andrà tutto bene.
Spero che un giorno anche
Erin possa far parte di questo super abbraccio senza sentirsi colpevole
o
estranea.
Angolo
di Layla
Ringrazio
killallyourfriends
and LostinStereo3
per le recensioni.^^
|
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Capitolo 8 *** 8) L'inizio della disgrazia. ***
8) L'inizio della
disgrazia.
I
giorni volano veloci,
senza che nemmeno renda conto è la vigilia del mio primo
giorno di università.
Non è successo nulla di
speciale, il distacco tra Erin e Tom questa volta è
definitivo: niente giri di
giostra, solo dolore da digerire e trasformare di nuovo in affetto.
Erin si è buttata a
capofitto nel suo corso per tatuatori che sta frequentando e sta
ottenendo dei
buoni risultati, diventa sempre più brava a disegnare e la
sua mano diventa più
ferma.
È anche sempre più stanca
– di notte dorme poco o non dorme affatto – ed esce
poco di casa, al massimo va
al famoso bar o esce con noi quando sa che non c’è
Tom.
Un po’ brutta come
situazione, ma sappiamo tutti che passerà prima o poi.
Continua a vedere quel
Travis, ma dice che sono solo amici, perché lei ha ancora la
testa troppo
occupata da Tom: posso capirla, un tizio come lui non è
così facile da
eliminare dai pensieri e poi la loro storia così da film non
aiuta affatto.
Erin dice che prima o poi
mi presenterà questo Travis, giusto per farmi
un’idea di che tipo sia.
Anne invece è divisa a
metà, da una parte ha a che fare con una coinquilina
– e un’amica – apatica e
sofferente e cerca di aiutarla. Dall’altra – visto
il suo amore per Tom – non
può fare a meno di essere segretamente felice che quei due
si siano lasciati e
che ci sia una possibilità per lei ora.
È una brutta situazione
anche questa, perché cercando di aiutare gli altri e non
pensando a sé stessa,
Anne soffre come un cane.
Non ha molte persone con
cui sfogarsi, così io e David facciamo a turno per
consolarla ed evitiamo di
darle farse speranze; se deve accadere accadrà, se non
succederà non deve
rimanere ulteriormente delusa dalle nostre false speranze.
In quanto a Tom, lui
lavora come un matto, accumula soldi che spende nella sua chitarra,
scrive
canzoni e tampina qualsiasi essere che possa offrire ai blink un
ingaggio.
Dice che ha promesso a
Erin di sfondare e devo dire che ce la sta mettendo tutta, anche se al
momento
si sono esibiti solo in qualche altro bar e alla festa di inizio
scolastico di
uno dei licei della città.
Domani – quando io sarò a
seguire qualche lezione – il preside li ha convocati per
vedere se sarà
possibile ingaggiarli ancora. Credo sia la prima volta che Tom, Mark e
Scott
siano felici di essere convocati da un preside.
Hanno anche iniziato a
stampare le famose magliette. Un pomeriggio io Mark, Tom e Anne siamo
tornati a
Poway e ci siamo piazzati nel garage dei Raynor. Io, Scott e Tom ci
siamo messi
a disegnare e dopo infinite discussioni abbiamo unito le nostre idee
nel
frattempo Anne e Mark sono andati a trovare la madre.
Tornati loro, abbiamo
iniziato a stampare, dando origine a magliette con dei disegni carini e
delle
frasi assurde, oscene o offensive: in puro stile blink.
Quando abbiamo finito Tom
e Mark avevano lo sguardo entusiasta e orgoglioso di due neopadri
davanti ai
loro figli.
Io e Anne abbiamo provato
le prime e loro hanno sorriso ancora di più, anche se Mark
ha ammonito Tom di
non guardare troppo le tette di sua sorella.
Ordinaria vita di noi
schizzati.
E domani inizia la scuola
e non posso fare a meno di fare un lungo sbuffo mentre sono in spiaggia
da sola
a godermi l’ultimo sole di agosto.
Verso le sei torno a casa
e poco dopo rientra Mark, ha un’aria stanca, ma felice.
“Ciao Ruby!”
“Ciao Mark, come è andata
a lavoro?”
“Bene, bene. E tu?”
“Bene, ti sto preparando
gli spaghetti, poi me ne vado che oggi ho anche il turno serale da fare.
E domani inizia
l’università.”
“Preoccupata?”
“Un po’.”
Finisco di cucinare, gli
servo un piatto di spaghetti fumanti e scappo a prepararmi.
“E tu?”
“Ho già mangiato prima.”
Taglio corto sapendo di
mentire.
Il turno di questa sera mi
sembra lunghissimo, forse anche perché sono nervosa.
L’inizio delle lezioni non
mi preoccupa un po’, mi preoccupa un sacco!
Rientro a casa sfinita e
mi butto subito sotto la doccia, sperando che l’acqua calda
mi calmi un po’.
Speranza vana.
Quando esco sono lo stesso
fascio di nervi di quando ero entrata.
Me ne vado a letto
sconsolata: prevedo di non dormire molto, mi succede sempre quando sono
agitata.
Mark dorme già con il suo solito sorriso felice e da bambino
indifeso, io mi infilo
sotto al lenzuolo e lo abbraccio, lui grugnisce. Non ho mai capito se
sia il
suo modo di dare la buonanotte da sonnambulo.
Ora che sono stesa sul
materasso, intenta a guardare i giochi di luce sul soffitto e ad
ascoltare i
rumori che vengono dalla strada sottostante i miei pensieri ansiogeni
tornano a
farmi visita.
E se non mi svegliassi? E
se perdessi l’autobus? E se prendessi quello sbagliato?
E se sbagliassi
università? E se sbagliassi aula?
E se non trovassi nessuno
di simpatico? E se ritrovassi la pazza dell’altra volta?
E se un professore
iniziasse a prendermi di mira? E se la mia preparazione non fosse
sufficiente?
E se mi accorgessi che non
è la facoltà che voglio fare?
E se facessi un intervento
dicendo una cazzata colossale che mi bollasse per sempre come capra?
Ad ogni sé corrisponde un
cambio di posizione un grugnito da parte del mio ragazzo,
finché a un certo
punto sento la sua mano accarezzarmi i capelli.
Oddio, l’ho svegliato!
“Stai buona Ruby, perdio!
Sembra che tu abbia il ballo di San Vito! Ho capito che sei
preoccupata, ma non
è certo girandoti e rigirandoti nel letto, svegliandomi ogni
due minuti che
risolverai qualcosa.”
Mugugna con voce impastata
dal sonno.
“Se vuoi vado a dormire
sul divano.”
“No, senza di te non
dormirei proprio! Voglio solo che ti calmi!”
Detto questo mi dà un
bacio in fronte e mi fa stendere sul suo petto.
Forse per la stanchezza,
forse per la sua vicinanza rassicurante riesco finalmente al
addormentarmi.
La
mattina dopo ho
l’impressione di essere sul fondo della baia di San Diego e
riemergere non è
un’impresa semplice. Sento una voce che mi chiama –
non capisco nemmeno se sia
maschile o femminile – e man mano che riemergo mi accorgo che
è quella di Mark.
Quando finalmente riesco
nell’impresa titanica di alzare una palpebra di due quintali
vedo la sua
faccia a pochi
centimetri da me e una
sveglia che lui fa passare avanti indietro in modo ossessivo urlando
qualcosa.
“He e?”
Chiedo con la voce
impastata.
“RUBY SONO LE OTTO, E’
TARDI! HAI L’UNIVERSITA’ OGGI!”
Università? Università?!
Università!
“Cazzo!!!”
Urlo come una pazza
scendendo di scatto dal letto.
“Non ti svegliavi, pensavo
fossi morta e questa sveglia del cazzo ha suonato almeno per
mezz’ora!”
Io non lo ascolto nemmeno
e corro in cucina a prepararmi un caffè, che trangugio
quando è ancora bollente
ustionandomi l’apparato digerente.
Mark continua a urlare e
io urlo imprecazioni, sembriamo una gabbia di matti.
Mi faccio una doccia e poi
indosso un paio di shorts a vita bassa e sfilacciati, una canottiera
nera con
dei pois bianchi – che non mi entusiasma particolarmente, ma
che non fa fare la
figura della strega fin da subito – e mi infilo una cintura.
Mi guardo lo specchio che
mi restituisce impietoso le mie occhiaie e i capelli spettinati. Li
raccolgo in
una coda alta lasciando fuori solo la corta frangia rossa che mi sono
fatta e
mi trucco cercando di riparare come meglio posso i danni di questa
notte
insonne.
Alla fine il risultato non
è male, sembro quasi un essere umano, così corro
in camera, afferro la borsa
con i libri e i quaderni e sorrido. È una vecchia borsa
militare molto
capiente, l’unico ricordo di mio padre che mi sia rimasto.
Saluto Mark con un bacio e
faccio per andarmene, ma lui mi afferra per un braccio.
“Buona fortuna, amore.
Andrà tutto bene.”
“Grazie, Mark! Ti amo!!”
Ora sì che posso uscire
quasi serena!
Corro verso la
fermata e solo per
un miracolo non perdo
il mio pullman, è pienissimo e sono costretta a stare in
piedi pressata da non
so quante persone. Nervosa come sono non faccio altro che controllare
ossessivamente orologio e fermate.
Arrivata a quella
dell’università scendo con un autentico sollievo e
a passo svelto supero il
grande cancello; la prima lezione è una filosofia che non
ricordo e non so a
chi chiedere per l'aula.
Mi fermo di botto –
spaesata – e mi guardo attorno: è pieno di gente
che arriva e che va, a chi
posso chiedere?
“Ehi!”
Una voce femminile mi fa
voltare, una ragazza dai capelli di un arancio quasi sicuramente
artificiale si
dirige verso di me. Indossa un paio di pantaloni neri lunghi e stretti,
una
canottiera a righe nere e bianche, dei sobrissimi anfibi leopardati e
una borsa
a tracolla. Deve essere una matricola anche lei perché ha la
mia stessa aula
spaesata.
“Sai dov’è l’aula
tre?”
Io scuoto la testa.
“No, mi dispiace. Devo
andarci anche io.”
“Matricola?”
“Matricola.”
Lei mi tende una mano con
le unghie dipinte di rosso.
“Piacere, Hayley Cruz.”
“Piacere mio, sono Ruby
Ferreira.”
Lei sorride.
“Dai andiamo a chiedere a
qualcuno dov’è questa maledetta aula!”
Ci dirigiamo all’interno
dell’istituto e chiediamo informazioni agli uscieri che ce le
danno seppure un
po’ a malincuore: sembrano rimproverarci per non avere
studiato a dovere la
mappa dell’università.
“Simpatia, portami via.”
Borbotta Hayley facendomi ridacchiare.
Raggiungiamo l’aula quando
la lezione è già iniziata e ci piazziamo in fondo
cercando di tirare fuori i
nostri quaderni e astucci nel modo più silenzioso possibile.
Le lezioni sono diverse
rispetto a quelle del liceo: sono leggermente più difficili
e questo professore
non sembra curarsi se i suoi studenti riescano o meno a stargli dietro.
Parla a una velocità
assurda e dopo un’ora di lezione ho i crampi alla mano e
prego perché tutto questo
finisca presto.
Quando finalmente finisce
è un sollievo e posso massaggiarmi la mano dolorante.
“Spero non siano tutti
così o a fine giornata non avrò più la
mano!”
“Lo spero anche io. Che
lezione hai adesso?”
Io e Hayley confrontiamo i
nostri orari e scopriamo che sono uguali e che ci attendono un paio
d’ore di
pittura, poi lei – probabilmente –
rimarrà a mensa e io sarò costretta a
correre al lavoro.
Camminiamo per i corridoi
chiacchierando un po’, lei è di San Diego ed
è mezza messicana, sua madre l’ha
avuta molto giovane e suo padre non l’ha mai riconosciuta.
È per questo che si tinge
i capelli di rosso: perché odia il suo biondo naturale, le
ricorda il padre
bastardo.
Le due ore di pittura
passano alla svelta, poi io raccolgo velocemente le mie cose e saluto
la mia
nuova conoscenza.
“Non ti fermi a mensa,
Ruby?”
Io scuoto la testa.
“No, devo
andare a lavorare. Faccio la cameriera
in una pizzeria vicino al Soma.”
Lei annuisce.
“Ok, ci si becca alle due
a storia dell’arte.”
“Ok, ciao!”
Me ne vado via correndo.
Prendo il primo pullman che va verso il locale e spero che il turno non
sia
troppo massacrante. In effetti non lo è, è una
normale giornata di lavoro, ma
io – causa l’insonnia della notte precedente e il
calo della tensione – esco
stanchissima dal locale.
Sul pullman rischio di
addormentarmi due volte e scendo alla mia fermata con la verve di un
cadavere.
Fuori dall’aula di storia
dell’arte mi aspetta Hayley
che mi
guarda perplessa.
“Tutto bene? Turno
pesante?”
Io scuoto la testa.
“No, solo che stanotte ho
dormito poco perché ero agitata e ora la tensione sta
iniziando a calare.”
Lei annuisce comprensiva,
io mi guardo intorno e tra la massa di gente scorgo due facce
conosciute: la
pazza dell’altra volta e la sua amica bionda.
Un ghigno non può fare a meno di
increspare le mie labbra e Hayley se ne accorge e segue la direzione
del mio
sguardo e – incredibilmente – anche la sua faccia
si scurisce.
“Le conosci?”
Mi fa.
“Non proprio, la prima
volta che sono venuta in università per consegnare dei
moduli in segreteria e
fare un giro per ambientarmi la mora mi ha accusata di averle rubato la
borsa.
Poi è arrivata la bionda che gliel’ha riportata.
La mora non si è nemmeno
scusata.”
La mia nuova amica scuote
la testa.
“Tipico suo.”
“Le conosci?”
“Sì. Frequentavano il mio
liceo, la mora si chiama Jennifer Jenkins, la bionda Skye Everly.
Jen sembra una di quelle
ragazze tutte carine e gentili, ma in realtà è
solo un’acqua cheta, la sua vera
natura è quella di essere un’arpia.
Tutto quello che vuole –
voti alti, popolarità, ragazzi altrui, una buona reputazione
– se lo prende,
l’altra invece non l’ho ancora classificata.
Sembra che non le piaccia
quello che combina Jenkins, ma non l’ho mai vista una volta
opporsi alla sua
amica.
Lasciale perdere se puoi,
portano solo guai e soprattutto tieni il tuo ragazzo lontano da
Jen.”
Io annuisco. Quella vacca
razzista deve solo provare a portarmi via Mark che le cambio i
connotati,
insegnandole nel peggior modo che non si deve fare uno sgarbo a Ruby
Maria
Ferreira aka bruja.
La lezione è interessante
e questo prof spiega in modo più lento, non ho crampi.
Anche il resto del
pomeriggio fila via liscio, anche se ogni tanto ripenso alle parole di
Hayley e
stringo i pugni.
Le lezioni finiscono alle
cinque, io sono stanchissima e alle sei inizia il turno, che palle.
Sto per lamentarmi con
Hayley quando un’alta figura conosciuta si dirige verso di
me: Tom.
“Ehi, DeLonge! Come mai
qui?
Hai avuti un ripensamento
sul continuare la tua istruzione?”
“No, Ferreira. Passavo di
qui e ho deciso di darti uno strappo fino a casa.”
Io sorrido e mi volto
verso la rossa.
“Hayley, lui è Tom
DeLonge.”
“Tom, anzi HotPants per
voi ragazze.”
Io alzo gli occhi al
cielo.
“Mutande bollenti, lei è
Hayley Cruz. Vedi di non ustionarla.”
Ridono tutti e due.
“è il tuo ragazzo, Ruby?”
“No, è il mio migliore
amico. Il mio ragazzo si chiama Mark, te lo presenterò la
prima volta che
verrai a casa mia, viviamo insieme.”
“E io? Non mi presenti?”
Una terza e sgradevole
voce si inserisce nella conversazione, mi volto e mi trovo davanti
Jennifer: ha
piastrato i capelli, si è messa un trucco leggero, ma che le
fa risaltare gli
occhi blu, un vestitino bianco e dei sandali blu con la zeppa abbinati
alla
borsa.
Perfetta praticamente.
Dietro di lei c’è Skye, i
capelli raccolti in una coda, vestita in modo più semplice:
un paio di short di
jeans, una canottiera rosa e delle converse.
“No, anche perché non ho
il piacere di conoscere il tuo nome, tizia che mi accusasti di averti
rubato la
borsa.”
Lei sorride, fintamente
conciliante.
“è acqua passata, Ruby. Io
sono Jennifer Jenkins!”
Tende una mano
perfettamente curata e con le unghie smaltate di rosso a Tom e sorride
ammiccante.
Stupida gatta morta, se lo
sta mangiando praticamente con gli occhi! Nemmeno Lynn era
cos’ sfacciata!
Tom non si trattiene di
certo ora che è single, si lecca il piercing con aria
provocante.
“Lei invece è Skye Everly.”
Anche la bionda gli tende
esitante una mano, ha le unghie dipinte di nero e questo me la rende
più
simpatica. Tom le sorride semplicemente.
“Bene, sono state fatte le
presentazioni. Che ne dite di andare a bere qualcosa?”
Cinguetta Jen.
“No, io devo andare a
lavoro alle sei e Tom mi è venuto a prendere. Ciao,
ragazze.”
Con poca grazia trascino
con me DeLonge fino alla sua macchina, solo allora mi fermo e accendo
una
sigaretta.
“Questa me la spieghi.”
“In macchina. Vuoi una
sigaretta, Tom?”
Lui annuisce e ne prende
quella che gli
porgo.
Fumiamo in silenzio e poi
entriamo in macchina.
“Di’ un po’, perché mi hai
interrotto? La mora ci stava.”
“Perché vorrei riposare
almeno un attimo prima di andare a lavoro e poi quella mora
è la pazza che mi
ha accusato random di averle rubato la borsa.”
Lui scuote le spalle.
“Oh, ma non penserai di
fartela davvero? La trovi bella?”
“Nah, è più scopabile la
bionda, ma sono sicuro che non ci starebbe mai.
È una di quelle per cui
serve un lungo corteggiamento e io non me la sento ora.
Sai, per Erin, ecco.
La mora invece aveva solo
voglia di scopare, te lo dico io. Al bar mi avrebbe fatto piedino, ci
scommetto
le palle.”
Io guardo fissa davanti a
me e rimango in silenzio per un po’.
“Tom, sei libero di non
ascoltare tutto quello che ti dirò, ma devo farlo.
Mi va bene che tu cerchi
scopate dopo che mia sorella ti ha lasciato, non ho problemi su questo.
È un
tuo diritto e io non mi voglio certo intromettere nelle tue scelte, non
l’ho
mai fatto.
Però.. Lascia stare
Jennifer, ho la sensazione che porterà solo guai.”
Questa volta è lui a
rimanere in silenzio.
“Grazie dell’avvertimento,
ma con lei non sarebbe una cosa seria.
Cosa vuoi che siano un
paio di scopate?”
“Come vuoi tu.”
Io ho il sospetto che un
paio di scopate siano l’inizio della fine con una ragazza
come quella, ma non
glielo dico, non il diritto di intromettermi così tanto in
fondo.
Arriviamo davanti al mio
condominio e lui parcheggia.
“Tom, spero che tu non te
la sia presa.”
“Per cosa?”
“Per i miei consigli non
richiesti su Jennifer, non volevo fare l’invadente.”
Lui sorride.
“Tranquilla, non lo sei
stata.
E ora vai o non ce la fai
a riposare.”
“Va bene. Ciao Tom.”
Esco dalla macchina e
salgo fino al mio appartamento, la porta è già
aperta: Mark deve essere già a
casa.
Come previsto il mio
ragazzo è stravaccato sul divano, io lo raggiungo subito
accoccolandomi tra le
sue braccia.
“Ben arrivata!Com’è andato
il primo giorno di università?”
“Bene, ho conosciuto una
tizia simpatica, una antipatica e una a metà, e ho il
presentimento della catastrofe.
Tom ha puntato la tizia antipatica.
Scopate occasionali dice
lui, io credo che finirà per attirarlo nella sua rete di
stronza epocale e che
dovremo raccoglierlo con il cucchiaino.
Ho sonno.”
Lui sorride e mi attira di
più a sé.
“Dormi, mi racconterai
meglio quando torni dal lavoro, hai un’aria stanca.”
Io annuisco e mi stringo
meglio a lui, mettendomi comoda per poter riposare meglio. Tempo due
minuti
sono nel mondo dei sogni cullata dal suo calore e dal suo respiro.
Spero tanto che il mio
presentimento della catastrofe imminente sia solo un presentimento.
Non ho voglia di avere
quella Jen sempre tra i piedi.
Angolo di Layla.
Ringrazio LostinStereo3,
Destroyer Cactus
e
killallyourfriends per le recensioni e scusate se non ho
risposto personalmente.
|
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Capitolo 9 *** 9)Festa devasto. ***
9)Festa devasto.
È
passato un mese: la vita
accelera per un attimo e ti lascia solo il compito di spettatrice.
Ormai ho imparato la
routine delle lezioni e la mia ansia è del tutto sparita,
Hayley mi fa
compagnia. Non la chiamo amica perché non me la sento ancora
di usare questo termine,
ma con le mi sento meno sola. Jen mi ignora tranne quando Tom si fa
vedere e,
ringraziando il cielo Mark non è ancora venuto a prendermi o
sarei stata
costretta a fare un discorso a quella troietta.
Con Skye invece è un altro
paio di maniche, quando c’è Jen è una
statua di sale che non parla e fa a
comando quello che le dice l’amica, quando Jen non
c’è invece è una ragazza
simpatica.
Ride, non se la tira per
niente e dice che è stufa del ruolo in cui è
imprigionata: l’eterna seconda.
A me e Hayley fa un misto
di pena e simpatia, è ovvio che non romperà il
legame malsano che la tiene
attaccata a Jen, ma un paio di sere abbiamo deciso di regalarle qualche
attimo
di libertà.
L’abbiamo trascinata a
casa della rossa e fatto scegliere qualcosa dal suo guardaroba
– la taglia è più
o meno la stessa – ovviamente
fatto
interamente di abiti punk, alternativi o strani.
In quel momento aveva
l’espressione della bambina portata in un immenso negozio di
dolci: scelto
quello che voleva e truccata pesantemente di nero sembrava
un’altra persona.
Una persona felice di
essere sé stessa e non imprigionata nel ruolo che qualcun
altro ha scelto per
lei.
L’abbiamo portata al Soma
e si è divertita parecchio: ha trovato David, Matt, Mark,
Tom e mia sorella
simpatici e loro l’hanno accettata senza problemi.
Non ho mai visto il loro
gruppo respingere a priori qualcuno ed è una delle cose che
mi piace di loro.
Skye ha detto che sarebbe tornata ancora e anche da sola, ma lo
sapevamo tutte
e tre che era una bugia: una volta finita quella serata sarebbe tornata
ad
essere il cagnolino di Jen.
Jenkins non è tipo da
Soma, ma da club pieno di fighetti che si divertono con della musica di
merda,
scopandosi nei bagni del locale o da bar lussuosi dove la gente come
noi non
entrerà mai.
“Peccato, che quella tizia
abbia così poca autostima. Se solo sapesse mandare a fanculo
quella Jen sarebbe
una persona fantastica.”
Mi ha detto Dave una volta
e aveva ragione, ma io non posso impicciarmi troppo, Skye è
grande abbastanza
da vivere la sua vita come vuole.
Continuando a parlare di
ragazze, temo che ci sia qualcosa tra Tom e Jen, io a lei non lo
chiederei mai
– quando DeLonge viene a prendermi in università e
ultimamente lui lo fa troppo
spesso, lei fa la gattina – e Tom non parla.
Giuro, lo prenderei a
berle! Non glielo chiedo tutti i giorni a tutte le ore, ma quando
succede – una
volta ogni morte di papa – lui tace e mi riserva quel
sorrisetto ironico del
cazzo.
“Mark!!”
Urlo dal salotto.
“Cosa c’è?”
Mi risponde lui da sotto
la doccia.
“Secondo te Tom scopa Jen?”
Lo sento ridere.
“Non me lo vuole dire, ma
secondo me sì.”
“Coglione. E tu muoviti
che serve anche a me la doccia, altrimenti alla festa di Matt non ci
arriveremo
mai!”
“Vieni a farla con me!”
“C’è la festa!!”
Lo sento sbuffare e io mi
ributto sul divano con poca grazia, afferrando una bottiglia di birra e
bevendone un lungo sorso.
Oggi è il compleanno di
Matt ed è anche la festa di addio per i blink, visto che
domani partono per il
loro minitour.
Esatto, la loro carriera sta
procedendo: hanno suonato in un altro paio di locali e solo i loro
amici sono
venuti a vederli, ma poi si è sparsa la voce e
nell’altro paio di locali in cui
si sono esibiti c’era abbastanza gente.
La maggior parte erano
skaters e nerd e c’era qualche punkettone serio, io e Anne
abbiamo venduto tutte
le magliette e le cassette. A fine serata abbiamo brindato con la
coca-cola
urlando come matti.
Hanno anche suonato in un
liceo e in una scuola media, lì hanno spaccato. Tutti i
ragazzi pogavano e si
divertivano, la maggior parte del corpo insegnanti ascoltava perplesso
i loro
testi, ma qualche professore sorrideva.
Anche lì abbiamo fatto
sold-out di magliette e cassette: la band era al settimo cielo. Tom ha
addirittura sollevato Anne e le ha fatto fare una giravolta, lei era
rossissima
e sono sicura che questo non abbia giovato alla sua cotta. Se non
sbaglio dopo
quella serata Tom è subito sparito in una macchina che
sembrava terribilmente
quella di Jen.
Finalmente Mark esce dal
bagno con un asciugamano attorno alla vita, io alzo un sopracciglio.
“Copriti che c’è la festa,
avrai il tuo premio dopo!”
Lui sorride trionfante.
“Controlla di non avere
dimenticato nulla!”
Lui annuisce, ma sono
certa che non mi abbia ascoltato e che toccherà a me passare
in rassegna i
nostri bagagli. Sì, li seguirò anche io in questo
mini tour in California e con
qualche data nel vicino Oregon.
Sì, è un bel colpo per una
band emergente e lo sanno anche loro visto l’entusiasmo
delirante con cui
l’hanno accolto.
Mi faccio una doccia alla
svelta e poi mi vesto, poi sprono Mark a farlo visto che il signorino
è ancora
in mutande.
“Che fretta che hai,
Ruby!”
“Mark, non li rivedremo
per un po’, li vorrei salutare.”
“Tu sei sicura di voler
venire?”
Io lo guardo sorpresa.
“Preferisci che io rimanga
a casa?”
“No, però non vorrei che
tu sprecassi la tua vita universitaria per noi.”
Io gli bacio il naso.
“Ehi, è una mia scelta di
cui mi assumo tutte le responsabilità. Non mi ha costretto
nessuno, mi fa
piacere farlo se a te fa piacere che io venga.”
“Certo che mi fa piacere,
non ho voglia di tornare ad ammazzarmi di seghe quando ho la
possibilità di
avere te!”
Io rido e gli allungo una
manata sulla spalla che lo fa ridere.
Problema risolto, insieme
scendiamo le scale del condominio scambiandosi battute ed entriamo in
macchina.
“Così stasera conoscerò la
famosa Hayley.”
“Sì, la troverai
simpatica. A proposito viene anche mia sorella?”
Mark annuisce, concentrato
sulla guida.
“E a Tom non dà fastidio?”
“No, credo di no. Non mi
ha detto niente in proposito, ma aveva la faccia di uno che covava
propositi
loschi.”
“Del tipo?”
Lui sospira.
“Del tipo che temo che ci
saranno anche Jennifer e Skye alla festa. Per Skye non ci sono
problemi, mi sta
simpatica, ma Jen mi sta sul cazzo.”
“Anche a me, pur non avendolo.
Spero che ti sbagli.”
Arriviamo a casa di Tom e
ci sono già un sacco di macchine e la musica a volume
altissimo.
“Domani li sfratteranno.”
“Nah, sapendo della festa
i vicini se la sono filata, hanno paura di Matt e Tom.”
Parcheggiamo piuttosto
lontano e durante il tragitto lui sembra tornato ai primi tempi, mi
tiene per
mano e mi sbaciucchia.
Non capisco questo suo
atteggiamento, se non quando entriamo in casa: Tom ci viene incontro
visibilmente già alticcio e mano nella mano con Jen.
Io mi tiro una mano in
faccia.
“Sento l’impellente
bisogno di vomitare, vado a cercare Matt.”
Mi allontano borbottando
maledizioni sotto voce, seguita da Mark.
“Complimenti, tua madre
non avrebbe saputo accoglierla meglio.”
“Quello mi deve spiegare
un po’ di cose domani in tour, ho intenzione di spaccargli i
coglioni finché
non sputa la verità, anche se temo di conoscerla
già.
Non ci vuole molto a
capire che quella è più troia di Lynn!”
Arrivo in cucina e trovo
un Matt intento a riempire i bicchieri dei suoi ospiti e questo mi fa
alzare un
sopracciglio, rimango per un po’ a guardarlo a braccia
conserte e poi decido di
intervenire.
Mi piazzo davanti a lui e
fulmino la lunga coda.
“Nel caso vi fosse
sfuggito è il festeggiato e siccome siete tutti grandi e
vaccinati le bibite
versatevele da soli.”
La fila si dirada e poi si
sparpaglia in tanti rivoli disordinati, io mi volto verso Matt.
“Ma tu, nonostante questo
crestone gigantesco, non ce la fai a farti valere?”
Lui sorride, quando fa
così mi ricorda un bambino, io sorrido a mia volta e gli
salto in braccio
cercando di toccargli a famosa cresta.
Lui ride e cerva di
scollarmi di dosso e finiamo per cadere per terra e a farci il
solletico come
due scemi sotto lo sguardo divertito di Mark. Matt – insieme
a David e a Tom –
è uno dei pochi ragazzi con cui mi conceda di fare la scema.
“Auguri punkettone! Adesso
hai diciott’anni e sei maturo, ti possiamo
mangiare!”
Lui ride e ci rialziamo,
Mark si avvicina e lo abbraccia dandogli una pacca sulla spalla.
“Auguri, bestia! Dacci dentro
questa sera!”
Matt ride.
“Tu hai già puntato
qualcuno, Sullivan!”
Faccio io, puntandogli un
dito contro.
“Ma che dici, Ferreira!”
“Io ti conosco, non mi
mentire! Sono una strega!”
Lui alza le mani.
“Mark, ma come ci vivi?
Questa ti fiuta un
sandwich in tasca a dieci miglia di distanza!”
Il mio ragazzo ride e mi
abbraccia, strusciando l’inguine sul mio di dietro.
“Sesso, Sullivan. Lei è
magica.”
“Attento che la magia
potrebbe finire, Hoppus!”
“No, cara. Mi hai promesso
il dolce dopo e comunque Sullivan non ha ancora risposto.”
“Giusto, forza Matt,
confessa!”
Lui sbuffa.
“Avete vinto, associazione
a delinquere! Mi interessa la biondina, quella Skye, ma quelle come lei
non si
interessano a quelli come me.”
Io gli batto una mano
sulla spalla.
“Mai dire mai, tu gioca la
tua carta e può darsi che non riceverai un due di
picche.”
Lui è poco convinto, ma ci
accompagna di là a vedere il degenero della festa.
C’è gente che salta, gente
che beve come se non ci fosse domani, qualcuno amoreggia sul divano e
neanche a
dirlo è Tom con Jen.
Quando ci vede, si alza
barcollando e mi abbraccia: sa di alcool peggio di una distilleria.
“Ehi, Ruby! Ti piace la
mia nuova sco-scopamica?”
“No, mi fa schifo e adesso
togliti, non ho voglia di parlare con te ubriaco.”
Lui mi prende per i polsi,
facendomi male, ha una faccia che non mi piace.
Mark mi ha detto che può
diventare aggressivo se ubriaco, ma non pensavo sarebbe successo con me.
“Ti fa schifo, eh? Non è
che vorresti esserci tu al mio posto? Magari una bella cosa a tre con
Mark?
O a quattro? Chiamiamo
anche quella puttana di tua sorella e il suo nuovo bastardo,
così facciamo una
bella orgia.”
Si avvicina e appoggia le
sue labbra sulle mie, tentando di forzarle con la lingua, io reagisco
istintivamente: un calcio nei coglioni.
Lui si accascia a terra e
comincia a lamentarsi tenendosi le parti basse
Io guardo Mark, lui mi fa
cenno di andarmene.
“Vai, ci penso io a lui
qui. Non ti preoccupare.”
Mi avvio verso il cortile sul
retro per fumarmi una sigaretta e trovo anche Erin e un ragazzo
magrissimo con
dei rasta corti, una maglia rossa e dei pantaloni a tre quarti beige,
“E-erin!”
“Ruby! Che ti è successo?
Hai una faccia!”
Io mi appoggio alla sua
spalla e piango.
“Tom ha tentato di
baciarmi, ha reagito male quando gli ho detto che Jen mi fa
schifo.”
Lei mi appoggia una mano
sulla testa.
“Mi dispiace, credo che
non abbia gradito vedermi con Travis.”
“Mi ha fatto un po’ paura
vederlo così, ora Mark ci sta parlando.”
Lei mi stacca dolcemente,
accende una sigaretta e me la porge, io la guardo grata.
“Tranquilla, domani vi
chiarirete.
E così non piace nemmeno a
te la vacca che si è portato appresso. Ha
“troia” scritto in fronte.”
“Lo è, Hayley dice che lo
è e ci andava a scuola insieme e poi è quella
puttana razzista che mi ha
accusata di essere una ladra!”
Lei stringe gli occhi e
piega la bocca in una linea dura: non le piacciono le razziste.
“Mi presenterai Hayley,
devo conoscere la prima amica di mia sorella.”
Un leggero “ehm ehm” la fa
trasalire.
“Grazie a tutto questo
casino che ha combinato il signor DeLonge mi sono dimenticata di
presentarti
una persona: lui è Travis.”
Mi indica il ragazzo che
mi si fa incontro sorridendo e mi porge una mano
La accetto, è calda è
piuttosto ruvida, la stretta è salda: mi piace
“Ciao, io sono Travis Barker.”
“Ciao, io sono Ruby, la
gemella di Erin. Mi dispiace di aver tirato in ballo l’ex di
mia sorella,
magari non ti ha fatto piacere.”
Lui scuote la testa.
“Non ti preoccupare, è
normale che ne parliate lui è anche un vostro amico e poi io
e lei non stiamo
insieme.”
Ha una voce sottile e
melodiosa, mi piace.
Mi piace questo tizio, non
nel senso che vorrei farmelo o cose del genere, ma come persona. Mi sa
di
essere una di quelle persone sempre calme in grado di rilassare
qualsiasi
situazione, far ragionare chi litiga e fare far pace a tutti.
Servirebbe qui e adesso,
ma dubito che ci sia ancora qualcuno abbastanza sobrio da poterlo
ascoltare.
Guardo
all’interno della casa: il degenero prosegue e non ho voglia
di rientrare,
persino la musica è peggiorata.
Qualche
deficiente ha permesso a un altro deficiente di avvicinarsi e di
mettere della
musica dance anni’80 rivoltante.
Non
pensavo sarebbe finita così, me la immaginavo più
divertente. Domani
partiamo per il tour e qui non c’è niente da
festeggiare, nemmeno il compleanno
di quel poveretto di Matt, ho il sospetto che io e Mark siamo stati gli
unici a
fargli auguri.
E Tom
che amoreggia senza ritegno con Jen e poi fa l’aggressivo
è una cosa
semplicemente brutta da vedere.
“Dio,
non me la immaginavo così.”
Esclamo
delusa, Erin annuisce e Travis sospira: gli avremo sicuramente fatto
una
pessima impressione.
Poco
dopo arriva anche Mark – ha una faccia scura, segno che ha
litigato con Tom
– e si
accende una sigaretta senza dire
nulla e Hayley.
“Ragazzi,
là dentro è un manicomio! Hanno messo della
musica di merda e
c’è un tizio con il pene di fuori che si
sta scopando Jen fino a sfasciare il divano.”
“Già,
il pazzo è quel coglione di Tom che è finito
dritto nella sua rete,
nonostante lo avessi avvertito.”
Lei scuote
la testa.
“Quella
strega gli uomini li rincoglionisce…”
Mark
fa un rumore strano, come una specie di tsch alla padrino siciliano.
“Tom è
ben disposto a farsi rincoglionire, soprattutto quando è
ubriaco perso.
Qualcuno
sa se c’è David?”
“Non
lo so, non l’ho visto.”
Fa
Erin.
“David?”
“Sì, e
tu chi sei?”
Erin
guarda aggressivamente Hayley.
“Ritrai
gli artigli, Erin. È Hayley, la mia amica.”
Mia
sorella arrossisce.
”Scusa,
è che questa è una situazione di merda. Io sono
Erin, la gemella di Ruby,
piacere.
Sono
felice che mia sorella abbia un’amica.”
“è
tutto apposto, io sono Hayley Cruz. Prima parlavi di un certo David,
giusto?”
Lui
annuisce.
“Sì, è
un ragazzo alto con i capelli castano chiari, un po’ lunghi,
l’hai visto?”
“No,
però al frigo della cucina c’era attaccato un
biglietto con scritti degli
auguri di buon compleanno per un certo Matt
e delle scuse perché per via di degli
straordinari in officina stasera
non ci sarebbe stato. Era firmato David.”
Mia
sorella sospira.
“Merda,
tutto questo finirà in merda. David è
l’unico in grado di far ragionare Tom,
quando persino Mark fallisce.”
“Amen,
sorella.
Grazie
a quel cretino di Tom i blink e Matt avranno la peggior festa che la
storia
ricordi.”
Sbotto
io, piuttosto incazzata.
“Mi
spiace, Ruby.
Sono
venuta qui per un motivo comunque.”
“Uhm,
quale?”
Hayley
rovista nella sua grande borsa di pelle nera e tira fuori un portatile.
“Questo
è il mio portatile e questa.” Mi mostra una
chiavetta: “Serve per connettersi
ad Internet, ti passerò tutti i miei appunti giorno dopo
giorno.”
Io la
guardo stralunata.
“Ma
sei impazzita? E se si dovesse rompere? Viaggio con due semi ubriaconi
in un
furgoncino messo scassato!”
Lei
ride.
“Questo
l’ho messo in conto, ma mi fido di te e so che me lo
riporterai intero e poi è
il modo più comodo e veloce per non farti perdere nemmeno un
giorno di
università.
A
proposito, chi è il secondo ubriacone?”
“Scott,
il batterista e grazie ancora.”
Lei
sorride scuotendo i capelli.
“Vuoi
sentire una novità interessante?”
“Vai
dimmi.
“Skye
Everly stava parlando con un punkettone dalla cresta verde.”
Io
saltello per un po’ sul posto sotto il suo sguardi perplesso.
“Il
punkettone è Matt e gli piace Skye, magari ci scappa una
storia.”
La
rossa rimane un attimo perplessa.
“Se
dovesse succedere Jen la rimetterebbe subito in riga, la gente come
Matt non le
va a genio.”
Quella
Jen deve solo provarci a rompere le palle ai miei amici e si
pentirà di essere
venuta al mondo!
Parliamo
un altro po’, principalmente del tour e delle date previste e
di quanto siamo
curiosi ed eccitati, poi io, lei e Mark entriamo.
Lo
spettacolo è orribile: gente che balla, gente che vomita o
dorme ovunque.
La
cosa peggiore però è vedere Tom nudo che tenta di
spogliare Anne contro la sua
volontà, sotto lo sguardo indifferente di Jen.
Lo
sguardo di Mark si fa cupissimo, faccio solo in tempo a vederlo
stringere i
pugni per un attimo, poi parte all’attacco.
Allontana
Anne dal suo amico e molla un pugno in piena faccia a Tom, io li guardo
spaventata e sbalordita. Non li ho mai visti picchiarsi né
ho mai pensato che
potessero farlo.
“Ruby!”
Il
tono duro di Mark mi riporta alla realtà.
“Prendi
Anne, Erin e Hayley e andate a casa, qui ci penso io. Il signorino
DeLonge ha
bisogno di una lezione.”
Io
annuisco e insieme a Trav mi allontano con le ragazze.
In
macchina non diciamo molto, io consolo Anne, Erin guarda la strada con
uno
sguardo duro.
“Non
l’ho mai visto comportarsi così. È
fortunato che domani parte per il tour o gli avrei sfondatoil culo a
forza di calci, ma forse ci sta già pensando Mark.”
Tuona
Erin.
“Anne…”
“Non
vi preoccupate, sto bene. In fondo non mi ha fatto niente.”
Io
alzo gli occhi al cielo pensando che l’amore
dell’Hoppus per Tom deve essere
enorme, perché quello che Tom ha tentato di fare non ha una
giustificazione
alcuna.
Domani
Tom mi sentirà, eccome se mi sentirà!
La
prima che portiamo a casa è Hay, poi tocca a Erin e Anne.
Scendono tutte e due,
ma mia sorella torna indietro e si affaccia al finestrino.
“Anne
è innamorata di Tom, vero?”
“Come
l’hai capito?”
“Ho i
miei metodi, ma non sono incazzata. È da tanto che so che lo
ama, ma non mi hai
messo i bastoni tra le ruote, ma deve capire una cosa: che anche se
è
innamorata di quella testa vuota, non può e non deve
accettare di essere
trattata così.
Grazie
per la conferma, cercate di passare un buon tour ad Anne stasera ci
penso io.”
Io
annuisco.
“Grazie,
Erin.”
Io
sono l’ultima ad essere accompagnata.
“Grazie
Travis e scusa per la brutta serata, di solito siamo meglio di
così.”
Lui
sorride.
“Non
fa niente, le serate storte capitano a tutti. Cercate di divertirvi in
tour, un
giorno spero di avere anche io una band con cui partire,”
“Te lo
auguro.”
Detto
questo, salgo al mio appartamento e mi butto sotto la doccia,
abbastanza
preoccupata per come sia degenerata la situazione.
Finito,
mi svacco sul divano in attesa di Mark e pregando tutti gli dei
conosciuti che
non lo debba venire a recuperare in qualche centrale di polizia.
Una
mezz’ora dopo arriva a casa: ha la faccia scura, un occhio nero, un tagli
sul labbro e qualche
graffio.
Io non
gli dico niente, gli corro solo incontro e lo abbraccio, lui mi stringe
a sé
con una presa ferrea.
“Non
deve toccarvi, non quando è in quello stato e lui lo
sa.”
Mi
sciolgo dall’abbraccio, prendendolo delicatamente per mano lo
conduco sul
divano per farlo sedere lì.
“Vado
a prendere le cose per medicarti.”
In
bagno cerco la cassetta del pronto soccorso, tornata di là
gli disinfetto per
bene i graffi e il taglio sul labbro.
Dopo
di che riempio la
borsa del ghiaccio e
gliela metto sull’occhio, lui intanto si è
sdraiato e io gli faccio compagnia.
“Ne
hai prese un bel po’.”
”Anche lui ne ha prese un bel po’. Sono
più basso, ma più grasso.”
“Non
ho mai visto Tom così, non sembrava nemmeno lui.”
Mark
sospira.
“Io
sì, una volta e stava succedendo la stessa cosa di oggi, se
non l’avessi
fermato avrebbe stuprato una ragazza.”
Io
rimango in silenzio, pensando che questo lato di Tom non lo conoscevo
affatto.
“Non
deve bere così tanto, è per questo che avevo
chiesto a David di vivere con lui,
è l’unico capace di mettergli un freno.”
“Io
sono certa che non berrà più così, non
dopo stasera.”
Mark
non mi risponde, io mi appoggio al suo petto con i gomiti e lo guardo
negli
occhi: ha uno sguardo perso che non mi piace.
Tolgo
con delicatezza la borsa del ghiaccio e lo bacio dolcemente, lasciando
che sia
il mio corpo a parlare, là dove le parole hanno fallito.
Bacio
dopo bacio ci ritroviamo nudi ed ansanti a fare l’amore sul
divano del salotto,
doveva essere una cosa bella prima del tour, ma stasera anche questo
atto è
come avvolto da una specie nube di amarezza.
Ce ne
andiamo a letto e lui mi attira a sé con un fare
più possessivo del solito.
“Ruby?”
“Sì?”
“Grazie
di esistere, sai sempre come prendermi e come tirarmi un po’
su.
Grazie
di essere la mia ragazza.”
Io
sorriso, lasciando che qualche lacrima di gioia mi scenda dagli occhi.
“Grazie
a te.
Spero
che domani e questo tour siano grandiosi.”
”Anche io.”
Ci
addormentiamo abbracciati, la nube oscura per ora si è
allontanata e spero non
si ripresenti tanto presto e soprattutto spero che quello che
è successo
stasera non incrini il rapporto tra Mark e Tom.
Quello
sì che sarebbe un casino difficilmente risolvibile!
Angolo
di Layla
Ringrazio
killallyourfriends,
Mrclean
e LostinStereo3 per
le recensioni.
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Capitolo 10 *** 10) Il triste inizio del tour. ***
10) Il triste inizio del
tour.
Il
giorno della partenza è
finalmente arrivato, controllo gli ultimi bagagli mentre Mark controlla
il suo
amplificatore e il suo basso. Ha ancora una faccia vagamente
arrabbiata, un
occhio nero – ma non gonfio – il taglio mezzo
cicatrizzato.
Non pensavo che la nostra
partenza sarebbe stata così, me la immaginavo più
allegra e mi sento vagamente
in colpa per aver trascinato Mark alla festa.
Ma se non l’avessi fatto?
Anne a quest’ora sarebbe stata violentata e non so cosa sia
peggio: se questa
prospettiva o quest’atmosfera tetra.
Scendiamo e portiamo tutto
davanti a casa nostra, io mi siedo su una delle valigie, Mark invece
sale a
chiudere l’appartamento.
Poco dopo fa la sua
apparizione un furgone scassato – quello
che ci ospiterà in queste settimane, chiamato “The
cock” dai ragazzi – e
scendono tutti.
Anne si lancia su suo
fratello e lo abbraccia: sembra ancora sconvolta e la maglietta fa
intravedere
qualche livido sul corpo, ma quelli più brutti sono sui
polsi.
Tom è l’ultimo a scendere
e se ne sta in disparte senza guardare nessuno, non sta bene e glielo
si legge
in faccia. Faccia tumefatta dalle manine del mio ragazzo.
Vado verso di lui, ma la
mano di Mark mi blocca.
“Mark, ho bisogno di
parlargli.”
“Potrebbe essere
pericoloso.”
Io lo abbraccio.
“Se dovesse tentare di
farmi qualcosa ti chiamo o al massimo gli spacco in testa la sua
chitarra.”
Lui è ancora perplesso, ma
alla fine mi lascia andare.
Io guardo Tom negli occhi,
ma lui non sostiene il mio sguardo e corre a nascondersi nel furgone
con la
scusa di caricare le valige e l’ultimo strumento.
Io scuoto la testa, credo
che Mark non sia stato l’unico a stare male questa notte.
Entro nel retro del
furgone e lo trovo seduto in un angolo con le gambe strette al petto e
con il
cappellino a fare ombra alla faccia.
“Tom dobbiamo parlare.
Non ti farò una predica
come quella che ho fatto a Scott, ma anche tu devi capire che non puoi
bere
così tanto! Insomma, hai diciotto anni e dovresti saperti
divertire senza
ubriacarti.
Cazzo, cosa c’è di bello
nel perdere il controllo?
Non sai quello che fai e
la mattina dopo non te lo ricordi nemmeno, che senso ha?
E quello che hai fatto ad
Anne…”
Mi fermo perché ho appena
sentito un singhiozzo soffocato e ho capito che è da Tom che
viene.
Non l’ho mai visto così,
mando al diavolo la predica e mi siedo vicino a lui, peccato che lui si
alzi di
scatto e vada parte del furgone.
Lo guardo sconvolta, anche
se ho intravisto solo per un attimo i suoi occhi non li ho mai visti
così
disperati.
“Tom.”
Mi siedo accanto a lui, ma
cerca di scansarsi.
“Tom, perché mi cacci?
Non voglio farti niente!”
“Ma potrei farti io qualcosa!
Mentre parlavi non ho fatto altro che guardare i lividi su tuoi polsi e
sapere
che sono stato io a
farteli mi fa
incazzare.
Sono una brutta persona,
non merito che tu mi stia vicina!”
Io mi inginocchio davanti
a lui e gli tolgo delicatamente le mani dal viso: sta piangendo.
Non c’è bisogno di una
predica, sa già tutto quello che gli avrei potuto dire, ha
solo bisogno di una
piccola dose di fiducia ora.
Gli bacio la fronte e lo
sento irrigidirsi. Quando mi stacco mi prende i polsi e me li accarezza
piano.
“Ti fanno male?”
“Un po’, ma non mi
interessa.
Tom..”
Prendo fiato.
“Non sei una brutta
persona, hai solo fatto un errore e devi rimediare, anche se mi hai
fatto tu
questi lividi io mi fido di te. So che da sobrio non mi faresti mai del
male, so
che da sobrio sei il miglior amico che una persona possa desiderare.
So che non sei cattivo, lo
so.”
Lui fa per ribattere, ma
io gli alzo il mento.
“NON. SEI.CATTIVO.”
Lui continua ad
accarezzarmi i polsi e ad evitare il mio sguardo, io non so
più cosa dire così
faccio seguo il mio istinto: lo abbraccio più forte che
posso, trattenendo le
lacrime.
“Perché piangi?”
“Perché sei il mio
migliore amico, ti voglio bene e non voglio vederti
così. Sto male.”
Questa sembra sciogliere
qualcosa dentro di lui perché sento che inizia di nuovo a
piangere e finalmente
ricambia il mio abbraccio con una presa ferrea.
Io gli accarezzo.
“Tom… Tom sei un coglione,
ma ti voglio bene e non potrei mai avere paura di te, capito?”
Lui continua a piangere.
“Ma ho fatto una cosa terribile
ad Anne, la stavo per stuprare, te ne rendi conto?”
Lo stacco da me, gli
asciugo le lacrime e gli accarezzo una guancia: lui si appoggia alla
mia mano
come per sentirla meglio, come se ancora non ci credesse che lo sto
consolando.
“Lo so, lo so. Tom non è
stato bello, ma non eri tu.
Tom tu devi solo imparare
a non bere più così e poi non
succederà mai più nulla di simile.
Sei una persona con un
cuore grande, lo sappiamo tutti.”
“Ora Anne ha paura di me.”
Io sospiro.
“è normale, ma tu devi
scusarti e farle capire che non le farai più del male.
Ma perché hai bevuto così
tanto?
Mark mi ha detto che è già
successo.”
Lui abbassa gli occhi.
“Non lo so, Jen continuava
ad offrirmi da bere e io bevevo e ignoravo gli avvertimenti di Mark e
quelli
della mia coscienza che mi diceva che nemmeno David c’era e
che sarebbe finita
male.”
Io stringo i denti e
trattengo gli insulti rivolti alla vacca, non è il momento
adatto per dire la
mia su di lei.
“Va bene, ma ora mi giuri
che non lo farai più?”
Annuisce.
“Non voglio più fare del
male a te, ad Anne o a una qualsiasi ragazza sconosciuta. Non voglio
più
litigare con Mark, né che mi prenda a pugni.
Non mi ha mai preso a
pugni, non mi perdonerà mai.”
“Ti perdonerà e ti
perdonerà anche Anne, devi solo dare loro il tempo di farlo
e dimostrare che
sei veramente pentito e che hai imparato la lezione.”
Lui rimane in silenzio.
“Ruby..”
“Sì?”
“Ti voglio bene.”
“Anche io.”
Una smorfia gli deforma
per un attimo il volto e lui si porta una mano alla tempia.
“Mal di testa?”
“Sì e non ho neanche
dormito molto stanotte.”
Lo faccio stendere e gli
faccio appoggiare la testa sulle mie gambe, con una mano gli accarezzo
i
capelli e il volto, l’altra è chiusa nella sua.
Non la molla nemmeno
quando finalmente si addormenta e non la mollo nemmeno io quando
finalmente
anche io cado tra le braccia di Morfeo.
Ci
risveglia una brusca
frenata del furgone.
Chi cazzo ha dato la
patente a Mark?
Poco dopo viene lui ad
aprire il portellone, sembra preoccupato, ma si rasserena non appena
capisce
che non è successo nulla di grave.
“Ci fermiamo a mangiare
qualcosa, venite?”
Io annuisco e faccio
alzare Tom.
Scendiamo insieme, Scott
si sta stiracchiando, Anne è convulsamente attaccata al
braccio di suo
fratello. Conciati così entriamo in un locale vicino
all’autostrada, Mark
ordina per tutti e poi torna a sedersi con noi.
Il silenzio è talmente
pesante che si taglia con un coltello, nonostante sia il loro primo
tour e
debbano essere in qualche modo felici sembra che ci sia morto qualcuno.
All’arrivo della cameriera
e dei piatti iniziamo a mangiare, finito, paghiamo e andiamo in bagno.
È tutto così meccanico che
non sembra nemmeno appartenere ai blink, così prima che si
rimetta alla guida
prendo Mark per un braccio e lo invito a fumarsi una sigaretta con me.
Le accendiamo insieme, lui
mi guarda inespressivo.
“Che ti ha detto?”
“All’inizio non riuscivo
nemmeno ad avvicinarmi a lui, scappava. Diceva che non dovevo stare
vicino a
una persona così orribile, diceva che era pericoloso.
Volevo fargli la predica,
ma visto come era messo ho rinunciato e ho cercato di fargli capire con
tutta
me stessa che non è il mostro che ora crede di essere, che
ha solo sbagliato
per colpa dell’alcool, che impegnandosi a dimostrarvi che non
si comporterà più
così.”
Mark rimane in silenzio,
buttando fuori ogni tanto solo qualche nuvoletta di fumo.
“Mark, per favore potresti
parlargli?”
Lui scuote lentamente la
testa.
“è il mio migliore amico,
mi costa non parlargli, ma al momento non ce la faccio.
Chiudo gli occhi e lo vedo
mentre ti bacia o tenta di spogliare mia sorella e mi viene di nuovo
voglia di
spaccargli la faccia. Non doveva toccarvi.”
Io stringo le mie mani
attorno alle sue.
“Queste mani dovrebbero
solo suonare il basso, non picchiare i loro migliori amici.”
“è presto, Ruby. Forse
domani. Lo vedi quant’è spaventata, Anne?
Non l’ho mai vista così e
mi fa una rabbia sapere che è colpa di Tom!”
Io sospiro.
“Spero vi chiarirete, così
non riuscite a stare.”
Lui si rimette al volante
senza dirmi nulla, spero di non avere fatto un buco
nell’acqua.
Io rientro dietro con Tom.
“Ho visto che tu e Mark
avete parlato.”
“Sì.”
“Come è andata?”
Io scuoto la testa.
“Dice che ci vuole tempo,
che non avresti dovuto toccare né
me, né
Anne.”
Lui abbassa gli occhi.
“Lo sapevo, sono una
persona orribile.”
Io gli stringo le mani tra
le mie e scuoto la testa.
“Non lo sei, forza
rimettiamoci a dormire.”
Arrangio un letto di
fortuna e ci stendiamo sopra, lui prima si mette lontano, ma nel sonno
si
avvicina e si accuccia dietro di me, fino ad abbracciarmi.
Io sorrido e mi
addormento, sapevo che Tom avesse un lato sensibile, ma non sapevo ne
avesse
uno così fragile. E tra le nebbie del sonno non posso fare a
meno di sentirmi
onorata di esserne venuta a conoscenza e che abbia avuto
così fiducia in me da mostrarmelo.
MI addormento ancora e mi
risveglio poco prima che il furgone, questa volta quello che viene ad
aprirci è
Scott.
“Siamo arrivati, ragazzi.”
Noi usciamo, Mark si
avvicina.
“Ho prenotato una stanza
in un motel, pensavo di usarla per noi, ma forse è meglio se
viene con noi
anche Anne.”
“Mark…”
“Sai, non mi fido a
lasciarla nel furgone con lui e Scott.”
“Mark…”
“Mi fa ancora venire una
tale rabbia rivedere quelle scene che vorrei spaccare
qualcosa.”
“MARK!”
Il mio urlo lo fa smettere
di parlare da solo e lo costringe a prestarmi attenzione. Io gli
appoggio le
mani sulle spalle e lo guardo seria negli occhi.
“Mark Allan Hoppus, adesso
tu mi dai retta!
Dopo al concerto penseremo
alle sistemazioni notturne, ok?
Adesso tu devi pensare
solo alle prove, a concentrarti sul basso e sulla band, lasciando da
parte
quello che è successo ieri.
È la vostra prima
esibizione seria in un tour e non puoi mandare a puttane tutto
perché non sai
controllarti.
Quello che state cercando
di realizzare è il sogno tuo, di Tom e di Scott, voi siete i
blink e come tali
dovete spaccare il culo a questa cittadina di provincia, capito?
Io mi aspetto un sold out
di merchandising perché tutti saranno rimasti colpiti da
quei fighi assurdi dei
Blink from San Diego!”
Lui mi guarda sbalordito
per un attimo – un lungo attimo in cui temo di aver esagerato
– ma poi mi
scompiglia i capelli e sorride.
“Hai ragione, bruja. In
questo momento è la band che conta e le questioni personali
vanno lasciate
fuori. Grazie per avermelo ricordato, stavo andando fuori di testa.
Adesso mi concentrerò
sulle prove e ti prometto che stasera daremo il meglio di
noi!”
Io sorrido e poi lo
abbraccio: ecco il Mark che ricordavo.
Rimaniamo per un po’
fronte contro fronte e poi ci baciamo con foga.
“Questo è il mio bacio
portafortuna, vedrai che farà effetto!”
Lui ride.
“Certo, sei una bruja, la
mia bruja!”
Insieme agli altri inizia
a scaricare la strumentazione, mentre Anne entra nel locale per
avvisare il
padrone del nostro arrivo. Poco dopo esce insieme a un uomo sulla
quarantina
con dei lunghi capelli castani raccolti in una coda e le braccia piene
di
tatuaggi.
Ci accoglie cordialmente e
ci fa strada su dove scaricare le prove.
“Allora, ragazzi.
Sono le cinque, alle sette
il locale apre per due ore buone farà solo servizio tavola
calda/ristorante.
Avete due ore per provare
adesso e diritto a un pasto gratis, vedete di fare un bel
concerto.”
Loro tre annuiscono, io e
Anne ci sediamo in un angolo, curiose di sapere come andranno queste
prove.
Iniziano ad accordare gli
strumenti, ma non si parlano molto.
È la prima volta che li
sento provare in silenzio, senza nemmeno una battuta, un insulto, una
delle
loro frasi senza senso.
Quando finiscono Scott
viene da me e da Anne, spaesato.
“Ma cosa è successo?”
“Ieri sera alla festa
hanno litigato, non vedi come sono pesti?
Meglio per te che non sia
venuto.”
Lui sbuffa, ha combattuto
un sacco con i suoi per avere il permesso di venire con noi e credo che
speri
non si risolva tutto in una merda.
Lo spero anche io, una
delle componenti fondamentali di quei tre scemi sono Tom e Mark che
cazzeggiano
sul palco insieme, facendo ridere il pubblico.
Alle sette apre il locale,
io e Anne ci facciamo un giro per la cittadina, lasciando i ragazzi a
parlare
dei fatti loro.
“Anne.”
“Sì?”
“Sappi che sono anche
dalla tua parte e che mi dispiace che ieri sera lui abbia tentato
…. Ecco.”
“Lo so, ma sei anche sua
amica e vedi che sta male e lo vedo anche io e mi fa male.
Il problema è che ogni
volta che tento di perdonarlo rivedo la faccia da folle di ieri sera e
mi dico
che non posso perdonare quel Tom, che quel Tom mi fa paura e che boh,
vorrei
delle scuse ed essere sicura che non riappaia più.”
Io rimango un attimo in
silenzio, calcio un sasso e guardo una macchina solitaria passare.
“Dovrebbe smettere di
frequentare Jennifer e non è solo perché mi sta
sul cazzo, è una troia e mi ha
accusata senza motivo di essere una ladra la prima volta che ci siamo
viste, è
perché lei sembra tirare fuori il peggio di lui.”
“Dovrebbe tornare con
Erin.”
Io scuoto la testa.
“Dovrebbe stare con te.”
Lei sospira e non dice
niente, si tocca solo i polsi – lividi come i miei e per lo
stesso motivo.
“A volte invidio la tua
forza, Ruby.”
“Io non sono forte, ho un
sacco di paure e di manie, se sono ancora qui è
perché sono fortunata e ho tuo
fratello. Senza di lui sarei ancora quella di due anni fa.”
Finiamo il nostro giro e
arriviamo di nuovo al ristorante.
Entriamo ed è pieno di
persone, chissà se i ragazzi ci avranno riservato un tavolo?
Una testa rossa ci si fa
incontro – Mark – e ci scorta a un tavolo
d’angolo dove siedono Tom e Scott
intenti a divorare grissini.
“Ciao!”
“Ciao!”
Ci sediamo.
“Cosa avete deciso per
stasera?”
I tre ci guardano senza
capire, così io mi spiego meglio.
“Volete fare le belle
statuine come oggi alle prove o fare altro?”
Scott ride, ma vista la
serietà che mantengono Hoppus e DeLonge smette subito e
ritorna a guardare i
tovaglioli sul tavolo.
“Siamo arrivati a un
compromesso: abbiamo deciso che stasera faremo finta che non sia
successo
niente e ci impegneremo a far credere a tutti che siamo dei cazzoni
senza
pensieri.
“Va bene.”
Guardo Mark, come a fargli
capire se davvero non può almeno tornare a parlare a Tom, ma
lui scuote la testa:
è troppo presto.
Alcool di merda! Jennifer di merda!
Maledetto il giorno in cui
Tom è venuto a prendermi e l’ha vista, quella
ragazza porterà solo guai, me lo
sento!
Per un attimo vorrei che
ci fosse Erin qui con me, ma non cambierebbe niente, anche lei era
arrabbiata
con Tom ieri sera.
Arriva una cameriera ordiniamo
tutti degli hamburger –
io con
formaggio, ketchup, bacon, pomodori e salsina, giusto per stare leggeri
– delle
patatine, cipolle fritte e qualche crocchetta di pollo a parte.
Mangiamo cercando di
mantenere un clima sereno e stando su argomenti neutri, per ora sta
andando
bene.
Alle otto e mezza il
proprietario ci chiama e i ragazzi cominciano a disporre gli strumenti
sul
palco, mentre nel locale il chiacchiericcio si fa più alto
ed eccitato.
Alle nove il proprietario
fa loro cenno di iniziare: il locale è pieno di ragazzi e
ragazzini curiosi.
Tom annuisce e si avvicina
al microfono sfoggiando il suo miglior sorriso sghembo e la chitarra
piena di
adesivi a tracolla.
“Ciao, siamo i blink,
veniamo da San Diego e stasera vogliamo lasciarvi distrutti.
Volete essere distrutti?”
La folla grida un “sì”
convinto.
“Bene e allora preparatevi
perché stiamo per iniziare a farlo. Lui ..” Indica
Mark :” è Mark e quando non
suona il basso scopa i cani del quartiere, lui invece è
Scott e ha il pene più
lungo dei nostri messi insieme.”
“E tu?”
Urla qualcuno.
“Tom è gay e si diverte a
tampinare i ragazzi! Let’s go!
E ricordatevi, se vi siamo
piaciuti, queste due meraviglie sotto il palco vi daranno magliette e
cassette
nostre.”
“Qualche scopata, no?”
“No, bello. Sono mia sorella
e la mia ragazza e la famiglia conta, no?”
Fa con un accento da
padrino siciliano.
Iniziano a suonare e la
folla si scatena, a quanto pare i loro ritmi veloci
e testi che parlano di ragazze e cose senza
senso li ha conquistati.
Iniziano a pogare, saltare
e inscenano botta e risposta con i blink come se fossero amici di
vecchia data,
il proprietario sorride soddisfatto.
Quando qualcuno inizia a farsi
portare a mano dalla folla abbiamo la misura del nostro successo e
posso tirare
un sospiro di sollievo.
Le due ore di concerto
passano velocemente e io prevedo già un sold out.
Arrivano all’ultima
canzone e un sudatissimo Tom prende possesso del microfono.
“Ragazzi, siamo all’ultima
canzone.”
Un coro di “nooo” si alza.
“Mi dispiace, ma, ehy, è
la vita. Dicevo? È l’ultima canzone e di solito la
dedicavo alla mia ragazza,
ma adesso sono single.”
Ammicca.
“Quindi se qualche ragazza
volesse farmi compagnia è
la
benvenuta..”
Ammicca di nuovo.
“Questa sera però la
voglio dedicare a una persona speciale: la mia migliore amica Anne
Hoppus.”
Lei di fianco a me si
irrigidisce e arrossisce.
“Lo so che ti ho fatto
male, piccola, ma credimi non volevo, non ero in me.
Sono solo uno stronzo che
beve troppo e non pensa alle conseguenze, ma ti voglio bene e mi
dispiace moltissimo
per quello che è successo ieri sera.
Per quel che può valere
non lo rifarei mai più, nemmeno se Cristo me lo ordinasse.
Ti voglio bene, piccola e
vorrei che tu mi perdonassi.”
Mentre le prime note di
“Carousel” e l’assolo di Mark si fa
sentire, Anne accanto a me piange in
silenzio.
Finita la canzone mi molla
da sola al banco delle vendite e senza nemmeno aspettare che i ragazzi
salutino
e mettano via i loro strumenti si butta addosso a Tom e lo abbraccia.
Lui ricambia tra i fischi e le urla della folla.
Io sorrido e non mi
importa di essere sola a vendere roba su roba a gente entusiasta della
band del
mio ragazzo, mi importa solo di quei due che si abbraccino e
che
facciano pace.
In fondo non è andata male
– alla gente loro piacciono – e gli incassi
iniziano ad esserci.
E sono felice che la pace
stia tornando.
Angolo
di Layla
Ringrazio
killallyourfriends,
Mrclean
e LostinStereo3
per le recensioni.
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Capitolo 11 *** 11) Mi fido di te. ***
11) Mi fido di
te.
Non
parlare a Tom le
riusciva particolarmente difficile.
Anne Hoppus non ricordava
un giorno in vita sua in cui avesse volontariamente non parlato a
quello che
allora considerava il suo migliore amico e ora il ragazzo che amava.
Anne lo vedeva che stava
male – sapeva leggere quegli occhi castani meglio di molti
altri – e l’impulso
di dirgli:”Ehy, va tutto bene. Dimentichiamo tutto”
era fortissimo, ma qualcosa
la bloccava sempre.
Ogni volta che ci provava
risentiva le mani avide e violente di Tom – che non era
più il suo Tom – sulla
sua pelle e rivedeva la luce folle nei suoi occhi.
Aveva avuto paura di
quella versione del ragazzo e ne aveva tuttora anche se sapeva
benissimo che la
sera prima era stato solo l’alcool a farlo comportare
così.
Cosa fare?
La sera prima l’aveva
addirittura giustificato da tanto era sotto shock, ci era voluto
l’intervento
di ERin – rude, ma efficace – per farle capire la
gravità di quel gesto.
Erin le aveva detto che
capiva il suo essere innamorata di Tom – e Anne non aveva
idea di come avesse
fatto a scoprirlo – ma che il suo comportamento era
ingiustificabile sotto ogni
punto di vista e che dargli un’attenuante era mancare di
rispetto a lei come
donna.
Erin aveva ragione, ma
come fare a stare in tour serenamente quando sentiva gli occhi tristi
di Tom
perennemente puntati su di lei?
Come fare quando era preda
a due diversi impulsi? Il perdono o la paura?
Forse doveva solo darsi
tempo e aspettare per accettare e capire sul serio –
razionalmente e
istintivamente – che quello della sera prima non era il suo
amico, ma uno
sconosciuto.
A peggiorare le cose ci si
metteva il suo corpo che ogni volta che vedeva Tom iniziava a tremare
di sua
iniziativa, Anne avrebbe voluto piangere, ma la presenza guardinga di
Mark
glielo impediva.
La bionda non aveva
nessuna intenzione di incrinare l’amicizia tra Tom e Mark o
peggio ancora
essere la causa della distruzione della band.
Lei, Mark, Ruby e Tom si
erano impegnati così tanto per progettare quel tour, avevano
lavorato duramente
e messo da parte i soldi, si erano sfiniti a forza di contattare
gestori di
locali.
No, non poteva e non
doveva finire tutto per colpa sua. Non appena Mark avesse allentato la
presa si
sarebbe fatta due chiacchiere con Ruby per sfogarsi e cercare di
svuotarsi
almeno un po’ del magone che si portava dentro.
L’occasione si era
presentata dopo le prove con i ragazzi,
loro avevano bisogno di parlare e lei e Ruby ne avevano
approfittato per
fare un giro in paese.
Era dannatamente simile a
Poway: stessa calma, stesse facce un po’ sospettose nei
confronti degli
estranei soprattutto se vestiti in modo strano.
Quella passeggiata le
stava facendo bene, uno dei pregi di Ruby era che non sentiva il
bisogno di
riempire il silenzio con parole inutili – al contrario di
Erin che era molto
più espansiva e chiacchierona – e poi Anne le
doveva molto per non aver detto
nulla a Mark della sua scopata con Tom.
“Anne.”
Aveva detto a un certo
punto, mentre calciava una lattina e la mandava dall’altra
parte della strada.
“Sì?”
“Sappi che sono anche
dalla tua parte e che mi dispiace che ieri sera lui abbia tentato
…. Ecco.”
Anne sorrise – un sorriso
un po’ amaro ad essere onesti – doveva essere
difficile per Ruby essere amica
di entrambi e non schierarsi dalla parte di nessuno.
“Lo so, ma sei anche sua
amica e vedi che sta male e lo vedo anche io e mi fa male.
Il problema è che ogni
volta che tento di perdonarlo rivedo la faccia da folle di ieri sera e
mi dico
che non posso perdonare quel Tom, che quel Tom mi fa paura e che boh,
vorrei
delle scuse ed essere sicura che non riappaia più.”
Lei rimase un attimo in
silenzio, mollò un calcio a un sasso e guardò una
macchina passare.
“Dovrebbe smettere di
frequentare Jennifer e non è solo perché mi sta
sul cazzo, è una troia e mi ha
accusata senza motivo di essere una ladra la prima volta che ci siamo
viste, è
perché lei sembra tirare fuori il peggio di lui.”
“Dovrebbe tornare con
Erin.”
Lei scosse la testa.
“Dovrebbe stare con te.”
Anne sospirò e si toccò i
polsi: facevano male quasi quanto i ricordi e la paura provata in quel
momento.
“A volte invidio la tua
forza, Ruby.”
“Io non sono forte, ho un
sacco di paure e di manie, se sono ancora qui è
perché sono fortunata e ho tuo
fratello. Senza di lui sarei ancora quella di due anni fa.”
Lei e Ruby continuarono a
gironzolare per un po’ e tornarono al locale solo per la
cena, non appena si
furono sedute Mark annunciò un armistizio tra le due parti
in causa per il bene
della band.
Anne si sentì stringere il
cuore, non aveva mai pensato che Mark e Tom potessero arrivare a
fingere di
fare i cazzoni perché il loro rapporto aveva subito un
brusco strappo.
Si sentì anche leggermente
in colpa ma poi la sua coscienza – che aveva curiosamente la
voce di Erin – le
urlò se preferiva essere stata violentata. No, non lo
preferiva.
All’inizio del concerto
lei e Ruby si misero sedute dietro al bancone con il loro merchandising
per
godersi lo spettacolo con calma.
La cosa più strana di
tutte era che sembrava un normalissimo concerto, uno di quelli che
avevano
fatto da quando alla band era stata data la possibilità di
esibirsi, nessuno
avrebbe mai capito che quella era tutta una finta.
Anne sospirò, in quello
che stavano facendo si stavano dimostrando dei professionisti.
La folla li apprezzava e
l’ultima canzone sembrò arrivare nemmeno cinque
minuti dopo che avevano suonato
la prima.
L’ultima era sempre
“Carousel” e Tom l’aveva sempre dedicata
a Erin, ora probabilmente avrebbe
detto qualche altra cazzata a caso: Anne non c’era certo
preparata a quello che
Tom avrebbe fatto.
“Ragazzi, siamo all’ultima
canzone.”
Un coro di “nooo” si alzò
dal pubblico.
“Mi dispiace, ma, ehy, è
la vita. Dicevo? È l’ultima canzone e di solito la
dedicavo alla mia ragazza,
ma adesso sono single.”
Il biondo ammiccò, un
ghigno amaro si affacciò sul volto della Hoppus.
“Quindi se qualche ragazza
volesse farmi compagnia è
la
benvenuta..”
Ammiccò di nuovo.
“Questa sera però la
voglio dedicare a una persona speciale: la mia migliore amica Anne
Hoppus.”
La bionda si irrigidì –
come quando da piccola vedeva un ragno – e guardò
versò il palco per perdersi
negli occhi di Tom, di quel castano così comune eppure
così speciale per lei e
non si accorse nemmeno di essere arrossita.
Tom proseguì nel suo
discorso.
“Lo so che
ti ho fatto male, piccola, ma
credimi non volevo, non ero in me.
Sono solo uno stronzo che
beve troppo e non pensa alle conseguenze, ma ti voglio bene e mi
dispiace
moltissimo per quello che è successo ieri sera.
Per quel che può valere
non lo rifarei mai più, nemmeno se Cristo me lo ordinasse.
Ti voglio bene, piccola e
vorrei che tu mi perdonassi.”
Mentre le prime note di
“Carousel” e l’assolo di suo fratello
faceva sentire la sua voce, Anne pianse
in silenzio.
Tom – il testardo ed
orgoglio Tom, quello che non faceva mai trasparire i suoi sentimenti
– le aveva
dedicato una canzone e si era scusato.
Era un evento rarissimo,
che con tutta probabilità non si sarebbe mai più
ripetuto, che le sciolse il
cuore. Anne tornò in sé solo quando la canzone
finì e senza più pensare al
merchandising si lanciò sul palco e abbracciò Tom
più forte che poté, piangendo
con il volto sepolto nell’incavo della sua spalla, lui la
strinse a sé con una
presa ferrea.
Forse davvero ci teneva a
lei e forse davvero aveva avuto paura di perderla.
Qualcuno all’improvviso le
picchiettò le dita sulla spalla: era Mark che sorrideva.
“Posso unirmi
all’abbraccio?”
La faccia di Tom – già
felice di suo – si illuminò e il ragazzo
annuì.
Ora erano coinvolti in un
abbraccio a tre che sembrava piacere molto al pubblico, quando
finalmente si
staccarono c’era persino qualcuno – ragazze
– che applaudiva.
Il gestore arrivò mentre
la band stava smontando gli strumenti, sembrava soddisfatto.
“Bravi ragazzi! Devo farvi
i miei complimenti!
Il locale era pieno e la
gente si è divertita, siete i benvenuti qui la prossima
volta che ripassate da
questo posto.”
Tom e Mark si
allontanarono con l’uomo per discutere di una serata da fare
durante il ritorno
dal tour e la bionda rimase sola con Scott che trafficava con la
strumentazione.
“Sono felice che tu e Tom
abbiate fatto pace, oggi le prove hanno fatto schifo, non erano per un
cazzo
divertenti.
Ora ti conviene andare ad
aiutare Ferreira, la vedo piuttosto in difficoltà.”
La mora si voltò verso il
banchetto e vide l’amica assediata da una folla che a stento
teneva a bada,
così corse ad aiutarla prima che ammazzasse qualcuno.
Vendettero tutte le
magliette e le cassette destinate a quella serata, guadagnando una
somma
discreta, entrambe sorridevano.
I ragazzi erano
soddisfatti anche loro, avevano rimediato una serata per il ritorno e
non
poteva esserci una condizione migliore per festeggiare.
Questa volta nessuno osò
ordinare dell’alcool e così brindarono con della
coca-cola offerta dal gestore.
Il gruppo uscì dal locale
cantando, ridendo e saltellando come bambini: felici.
Arrivati al furgone Mark
la prese per un braccio e la tirò da parte.
“Cosa c’è, Markey?”
Lui rise per quel
soprannome.
“Ho una cosa da dirti,
Annie. Io ho prenotato una camera in un motel qui vicino per me e Ruby,
vuoi
venire con noi?”
Lei lo guardò incredula.
“Ho pensato che dopo
quello che è successo con Tom non ti andasse di condividere
il furgone con
lui.”
“C’è anche Scott.”
Suo fratello scosse la
testa.
“Scott è solo un
ragazzino, se dovesse succedere qualcosa non so se sarà in
grado di
difenderti.”
Anne sospirò e appoggiò
una mano sulla spalla di Mark sorridendo.
“Mark, va tutto bene. Non
succederà nulla e poi ho bisogno di parlare con Tom, voglio
chiarire quello che
è successo tra di noi e, ti sembrerà strano,
voglio consolarlo.
Odio vederlo stare male,
anche se lui ha quasi rischiato di violentarmi.”
Il fratello aggrottò le
sopracciglia.
“D’accordo Anne, ma
promettimi di svegliare Scott o saltare giù dal furgone e
raggiungermi se
qualcosa dovesse degenerare.”
Le porse un biglietto.
“Qui ci sono l’indirizzo e
il numero di telefono del motel.”
Lei annuì, lo abbracciò ed
entrò nel furgone seguita da Scott e Tom mentre Ruby
scendeva.
“Vi ho arrangiato il letto
per la notte, bestie.
Lasciate stare Anne o
domani mattina vi avveleno tutti.”
Tom fece per aprire bocca.
“Sì, Tom, anche tu.
Buonanotte!”
Anne rise sotto i baffi ed
entrò, gli altri due borbottavano dietro di lei.
Scott si tolse scarpe,
pantaloni, calzini e scarpe e Tom lo imitò, Anne li
costrinse a buttare calcini
e scarpe fuori dal furgone perché erano quello che
c’era di più simile ad armi
chimiche e per dare il buon esempio fu lei stessa a farlo per prima con
le sue.
Sbuffando – una volta
rientrato – Scott si stese sul giaciglio che gli aveva
preparato la messicana.
“Beati quei due che sono
in motel a scopare!
Dio, che paura che mi fa
quella messicana, non so come faccia Mark a stare insieme a
lei!”
Tom lo guardò eloquentemente
e poi si decide a rispondergli.
“Se non fosse per quella
messicana saresti in coma etilico, dovresti mostrarle almeno un minimo
di
gratitudine, Raynor.”
Il batterista sbuffò.
“Ok ok, DeLonge. Ma cazzo
quando mi ha fatto quella predica mi sono cagato in mano.
Da un momento all’altro mi
aspettavo citasse quel passo inesistente di Ezechiele e poi tirasse
fuori una
pistola per ammazzarmi, come quel killer di “Pulp
fiction”!”
Tom rise.
“A caval
donato non si guarda in bocca.
Ringraziala o non saresti qui!
“Ok ok. Tu tieni le mani a
posto o presto potremmo ritrovarci senza chitarrista.”
Il volto di Tom si scurì e
si sdraiò, Anne gli si stese accanto a una distanza di
sicurezza.
Poco dopo il leggero
russare di Scott invase l’abitacolo e ruppe il silenzio che
si era creato tra
loro due.
“Perché hai voluto
rimanere qui?”
La voce di Tom era così
sottile che Anne non capì cosa le aveva chiesto.
“Cosa?”
“Perché sei qui?
Mark aveva detto che
saresti rimasta a dormire con lui e Ruby e che sarebbe stato
più sicuro.”
Anne sospirò.
“Perché volevo parlarti
Tom, siamo amici e ho bisogno di parlare e chiarire con il mio
amico.”
Amici, sì certo. Bella
bugia, Anne! Complimenti! Si disse.
“Non hai paura di me?”
“Vuoi la verità? Un po’
sì, ieri sera mi hai spaventato, ma non ce la faccio a stare
separata da te.
Non parlarti, avere paura
di te mi sembra… contro natura, ecco.”
Lui si voltò verso di lei
con gli occhi sgranati.
“Vorrei dirti tante cose,
Tom, ma mi si confondono tutte in testa.
La prima cosa è che mi ha
fatto davvero piacere il fatto che tu mi abbia dedicato
“Carousel”, so quanto
significa per te quella canzone e per chi l’hai scritta e
perciò mi sento
onorata.
Non so cosa dire, mi viene
da piangere.”
Qualche lacrima solitaria
sfuggì al suo controllo e la mano tremante di Tom la
asciugò, come se anche lui
avesse paura di toccarla o di farle male.
“Non piangere, Anne. Non
lo fare per uno come me, non lo merito.
Dedicarti “Carousel” era
il minimo che potessi fare dopo quello che ho tentato di farti ieri
sera, il
minimo.”
Anne lo guardò negli
occhi, ma lui distolse lo sguardo.
“Perché, Tom, perché?”
Lui si tirò le mani
davanti alla faccia e si voltò dall’altra parte,
poco dopo la ragazza sentì un
singhiozzo soffocato.
“Tom?”
“Non preoccuparti per me,
Anne.
Comunque non lo so il
perché. Jen è arrivata e mi ha baciato e poi mi
ha portato verso il banco degli alcolici e ha cominciato a
versarmi da
bere e io bevevo.
Bevevo, bevevo, bevevo.
Come un cretino, mi sono
dimenticato degli avvertimenti di Mark su cosa mi succede quando
esagero e del
fatto che non c’era Dave e fermarmi.
Io ho solo bevuto.
All’inizio mi sentivo
bene, benissimo, ero allegro e ho iniziato a pomiciare con Jen sul
divano.
Poi lei mi ha fatto bere
ancora e da lì ho un vuoto: era come se non fossi in me.
Mi sono risvegliato solo
quando Mark mi ha sbattuto a terra con uno dei suoi pugni e ho visto la
sua
faccia deformata dalla rabbia, tu mezza nuda e con i vestiti in
disordine e
Ruby che guardava la scena pietrificata.
Lì ho realizzato di aver
fatto una grandissima cazzata, mi sono preso i pugni di Mark fino a
quando non
se n’è andato gridandomi che ero solo un
alcolista, maniaco sessuale e violento
del cazzo e che la gente come me gli faceva schifo.
In salotto si è fatto un
silenzio di tomba e io ho buttato tutti fuori casa, inclusa Jen che con
una
bottiglia di vodka in mano mi
urlava che
una scopata d’arrivederci gliela dovevo.
Ho pulito la casa e mi
sono ficcato sotto la doccia.”
Tom fece una pausa, si
sentì un altro singhiozzo.
“Lì ho pianto perché ho
capito che avevo fatto una cosa terribile. Stavo per violentare una
delle
persone più belle e importanti della mia vita ed ero
riuscito a far provare lo
schifo verso di me al mio migliore amico.
Mi sono sentito perso e
stupido, perché sono solo un coglione che si merita di stare
da solo.”
Anne fece per avvicinarsi
per abbracciarlo, ma il ragazzo la precedette e scattò in
piedi dicendo che
usciva a fumarsi una sigaretta.
Anne lo sapeva che era una
bugia, che Tom fumava pochissime sigarette e preferiva le canne, ma che
non
avevano erba per non incorrere in nessun problema.
Le cose erano due:
1)O stava davvero male.
2)O non voleva, non si
sentiva in grado o abbastanza per parlare con lei.
La verità era che
probabilmente la causa di quella fuga momentanea era un mix delle due
cose.
Anne sospirò e si disse
che non doveva piangere, non doveva far capire a Tom che stesse male
accanto a
lui, doveva riuscire a farlo sfogare in qualche modo e a sciogliere
quel mostro
che lo divorava dall’interno fatto di dolore e senso di colpa.
Tom rientrò un quarto
d’ora dopo, fuori doveva far freddo perché lui
tremava da capo a piedi e si
stese sotto la sua coperta senza dire niente solo continuando a tremare.
“Hai freddo.”
Silenzio.
Anne prese la sua coperta
e la stese su di lui e fece per infilarsi sotto, ma lui la
bloccò.
“Non dovresti, potrei
farti male.”
Anne incrociò le braccia e
si sedette.
“No, Tom non puoi farmi
male.”
“Posso invece, dentro di
me c’è un animale, anzi sono un animale che fa
soffrire le persone a cui
vuole bene e non merito niente di quello
che ho.
Tu mi vuoi bene, Mark mi
vuole bene e Ruby mi vuole bene, ma io non merito tutto questo affetto.
Io merito solo la
solitudine, così non posso fare male a nessuno.”
“NO, NO, NO!”
Anne urlò così forte che
Scott si svegliò e li guardò confuso, lei gli
fece cenno di tornare a dormire
visto che era una questione tra lei e Tom.
Si voltò di nuovo verso il
ragazzo che amava con uno sguardo fiammeggiante.
“Tom DeLonge ascoltami
bene!
È vero ieri sera ti sei
comportato da coglione, ieri sera mi hai fatto paura e oggi ero un
po’
sottosopra, ma questo non fa di te un animale!
Sei una persona! Sei Tom,
sei il mio Tom!
Sei il ragazzo che mi
aiutava quando cadevo dallo skate, quello che mi medicava e mi teneva
alla
larga i ragazzi più insistenti.
Non sei un mostro, hai
solo un problema con l’alcool e tante persone ne hanno.
Vuoi sapere cosa vedo?”
Lui annuì.
“Vedo un ragazzo sensibile
e maturo che sta soffrendo, non vedo una bestia.
Sai cosa ti leggo in
faccia?
Che non lo farai mai più e
io ho fiducia in te, affiderei la mia vita nelle tue mani se fosse
necessario.
Lo sai che non sei un
mostro, lo sai che non era il vero Tom quello di ieri sera, lo sai che
puoi
tenerlo a bada fino a farlo sparire, perché il vero Tom
è altro.
È questo ragazzo che mi
sta guardando smarrito, è quello che ieri piangeva nella
doccia e che piangeva
prima, è il Tom a cui voglio un bene dell’anima.
Hai abbastanza fiducia in
te per accettare questo?
E se non ce l’hai fidati
di me, ti fidi di me?”
Lui annuì debolmente con
la testa.
“E allora lasciami venire
lì, lasciami dormire con te, mettiamo fine a questa
situazione.
Io ti ho perdonato, vuoi
perdonare te stesso?”
Il ragazzo fece un sorriso
debole che Anne interpretò come un
“sì” e si infilò sotto le
coperte-
Tom era rigido, lei gli
fece capire di appoggiare la testa sul suo seno, lui eseguì
sempre titubante,
Anne iniziò ad
accarezzargli i corti capelli platinati per cercare di rilassarlo.
“Io non ho paura di te.”
“Ripetilo.
“IO.NON.HO.PAURA.Di.TE!”
Tom si rilassò tutto di un
colpo – come se tutte le sue resistenze avessero ceduto
– e l’abbracciò forte.
“Ti voglio bene, Anne.
Grazie, grazie per avermi
perdonato.
Grazie per volermi ancora
come amico anche dopo ieri sera.”
“Ti voglio bene anche io,
Thomas.
Non posso pensare di non
averti più nella mia vita, senza di te sarei persa.
E adesso cerchiamo di
dormire ti va?”
Lui annuì e la porta sul
suo petto.
Cullata dal battito del
cuore di Tom e dalle carezze lievi che lui le lasciava sui capelli Anne
si
addormentò con un sorriso dipinto sul volto.
Ora era andato tutto a
posto.
Ora poteva essere felice e
non le importava di essere solo un’amica,
l’importante era che lui fosse ancora
nella sua vita.
E un giorno – giurò a sé
stessa, tra il sonno e la veglia – che lui sarebbe stato al
suo fianco come il
suo ragazzo, non più solo come amico.
Cullata anche da questo
giuramento cadde definitivamente tra le braccia di Morfeo.
Domani sarebbero
ripartiti, avrebbero dovuto essere in forma.
Angolo di Layla
Ringrazio Mrclean, killallyourfriends,
LostinStereo3
e Destroyer Cactus
per le recensioni.
|
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Capitolo 12 *** 12)Let's start over! ***
12)Let's start
over!
Avere
come ragazzo il
fratello premuroso e protettivo di una tua amica talvolta è
una gran seccatura.
Adesso ad esempio è almeno
mezz’ora che sta camminando avanti e indietro, grattandosi a
volte la fronte, a
volte il mento. Se continuerà così
avrà la fonte arata come un bel campo a
primavera e la linea che crea suo famoso mento “a
culo”, come lo chiama Tom,
ancora più profonda.
Io cerco di ignorarlo –
parlargli sarebbe inutile in questo stato – e accendo il mio
portatile, attacco
la chiavetta che mi ha dato Hayley e mi fiondo a leggere la posta.
Ci sono un sacco di
appunti di arte, critica d’arte, letteratura americana e un
nuovo progetto che
ci ha assegnato quella gnoma di pittura. Ti allontani un giorno
dall’università
e di riempiono di cose da fare, i bastardi.
Leggo svogliatamente gli
appunti – cosa
che mi porta via
un’oretta buona, svariati sospiri e imprecazioni –
e poi la sua mail.
Mi racconta la vita
universitaria e qualche pettegolezzo e sono tutti abbastanza succosi.
Il primo è che uno di quei
giocatori di football che si sentono padroni
dell’università ha trovato a letto
con la sua troia un nerd bruttino del primo anno. Pare che lui non
l’abbia
pestato perché la gallina a cui sta insieme abbia urlato che
il pisello del
ragazzino era il doppio del suo e che lui le aveva fatto finalmente
capire cosa
si provava a fare del buon sesso.
Dopo questa batosta pare
che se ne sia andato con la coda tra le gambe.
La seconda è che Jennifer
non è venuta in università –
ufficialmente per una febbre improvvisa,
ufficiosamente per smaltire i postumi di una sbornia galattica
– e che per
questo la giornata è stata quasi decente.
La terza notizia è una
bomba: parlando con Skye la bionda si è fatta sfuggire a
Hayley che Matt le
piace e che non le dispiacerebbe uscire con lui.
Senza rendermene conto
inizio a saltare sul letto, gridando: “Sì,
sì, sì! Vai ragazzo mio!” e Mark mi
guarda stralunato, smettendo di fare la guardia.
“Beh, che succede?”
“Non sai cosa è successo
mentre eravamo via!”
“Uhm, beh, ho perso un po’
di interesse per il gossip dopo quello che ha combinato il mio migliore
amico.”
Io lo guardo negli occhi.
“Perché lo hai abbracciato
stasera sul palco?”
Lui sospira e si siede sul
letto con la testa tra le mani.
“Perché ho davvero
apprezzato il suo gesto. So che non l’avrebbe mai fatto se
non tenesse ad Anne,
ma saperli da soli mi fa paura.
Mi vengono in mente tutti
i ricordi di ieri sera, quelli in cui Tom tentava di togliere la gonna
ad Anne
e lei piangeva.
Io non sopporto vedere
Anne piangere, è la mia sorellina, le voglio bene e il mio
dovere è
proteggerla. Non me l’hanno imposto, lo voglio io.
Però, voglio bene anche a
Tom e mi pesa non parlargli.”
“Mark.” Inspiro:
“Io credo che Tom sia profondamente
pentito per quello che ha tentato di fare ad Anne, con me ha pianto
tutto il
pomeriggio e sono certa che stasera non gli farà niente.
Sarà già un miracolo se
Anne riuscirà ad avvicinarlo.”
Lui mi guarda perplesso.
“Si crede una persona
orribile, un mostro che non merita né amici né
affetto.”
Lui alza gli occhi al
cielo.
“Riesci per un attimo a
fidarti di lui?
Perché se non ti fiderai
di lui ora, se non crederai davvero che sia pentito e che non
è così il vero
Tom la vostra band non andrà avanti.
Voi siete meravigliosi
quando siete uniti, perché tra voi c’è
una sintonia incredibile. Sembrate un
unico ragazzo diviso in due corpi.”
Lui non dice niente, si
limita ad abbracciarmi e sento le lacrime bagnarmi la maglietta. Io gli
passo
le dita tra i capelli rossi e lo stringo forte a me.
“Non voglio perderlo,
Ruby, ma…”
“Non lo perderai se avrai
fiducia in lui, vuoi provarci?”
Lo sento annuire contro la
mia spalla. Con delicatezza lo stacco e lo faccio stendere a letto.
“Allora, qual è la
novità?”
Mi domanda con voce
acquosa.
“Skye e Matt.”
Sobbalza.
“Quei due stanno
insieme?!”
“Non proprio, ma a lui
Skye piace e a lei non è indifferente.”
Lui rimane un attimo in
silenzio.
“Sarebbero una coppia
bellissima, ma non durerebbe.”
Io lo guardo senza capire.
“Piccola, Jen non
permetterebbe mai alla sua amica che crede fighetta quanto lei di
frequentare
un punk con una cresta verde, il chiodo, le borchie e il resto.
Jen crede alla piramide
sociale e nella piramide sociale i punk e le fighette non
fraternizzano,
figurati amarsi.”
“Non ti piace Jen, vero?”
“No e nemmeno a te.”
Io annuisco.
“Sì. È una ragazzina
montata piena di pregiudizi e poi ha una pessima influenza su
Tom.”
Lui stringe i pugni.
“è vero, mi ricordo di
come rideva quell’oca quando il mio migliore amica stava per
violentare mia
sorella!”
“Io spero che durino.”
Mark sbadiglia.
“Io ho sonno e ho bisogno
di sfogarmi e rilassarmi con la mia groupie preferita.”
Io gli do una
cuscinata e lui ricambia, ben
presto ci sono piume dappertutto e lui è steso sopra di me,
tenendomi il volto
tra le mani e baciandomi dolcemente.
“Come ti siamo sembrati?”
“Meravigliosi, soprattutto
il bassista. Quel ragazzo ha talmente tanto carisma che me lo
scoperei.”
Lui ride e mi bacia sugli
occhi facendomi rabbrividire di piacere.
“Ci hanno prenotati per
un’altra serata.”
“è perché siete bravi.”
Io struscio lasciva il mio
bacino contro il cavallo dei pantaloni di Mark.
“Strega!”
Mormora prima di
riprendere a baciarmi con più passione.
Ben presto scende a
baciarmi il collo e a togliermi la maglietta, contemplando con aria
compiaciuta
i miei seni senza reggiseno.
“Miei!”
Mugugna prima di partire
all’attacco leccandoli, succhiandoli e mordendoli
leggermente. Io gemo di
piacere, al morso addirittura sussulto.
“Bastardo!”
Esclamo, prima di
rovesciare le posizioni e togliergli la maglietta, strusciandomi in
modo
studiato sul cavallo dei suoi pantaloni.
“Artiglieria pesante?”
“Oh, sì!”
Con lentezza gli bacio il
collo e scendo sul petto soffermandosi sui suoi capezzoli, giocandoci
allo
stesso modo in cui ha fatto lui prima con i miei, al morso sobbalza
anche lui o
forse è per la mia mano che accarezza in modo lento e
circolare il cavallo dei
suoi pantaloni, eccitando quello che c’è sotto.
Mark urla un gemito più
forte degli altri e ribalta le posizioni di nuovo, portandosi sopra di
me e precisamente
tra le mie gambe.
“Artiglieria molto
pesante.”
Mi toglie i pantaloncini e
inizia prima a strusciare un dito sulle mie cosce e poi a leccarle e
mordicchiarle.
Ansimo.
Con aria da furbetto
appoggia una delle sue mani grandi sulle mie mutande mezze bagnate e
inizia ad
accarezzarle piano, procurandomi dei brividi assurdi.
“Mark!”
Sussurrò eccitata.
“No, me lo devi chiedere o
stasera non urlerai.”
Continua la sua opera
mandandomi fuori di testa tanto che urlo: “Mark, ti prego
almeno un dito, mi
stai uccidendo.”
Lui toglie lentamente le
mutande con i denti e infila la lingua
nella mia femminilità, facendomi sussultare e
gemere. Fa per
allontanarsi, ma io lo obbligo con le mani a rimanere lì,
facendolo sorridere.
È sempre stato bravo con i
giochetti di dita e lingua, ma stasera dà il meglio di
sé. Lo sento ovunque e
sento il piacere che sale a ondate
e che
mi costringe a urlare e supplicare di continuare e di non smettere.
Quando
vengo vedo le stelle e stritolo la sua testa tra le mie gambe.
Lui è pienamente
soddisfatto, lecca il liquido che è uscito e per fare capire
che gli è piaciuto
si lecca un dito compiaciuto.
Io ansimo ancora, faccio
fatica a riprendere il controllo di me quando fa delle cose del genere
visto
che mi sparano dritte nell’orbita del pianeta orgasmo.
“Stanca?
Non è
ancora finita.”
Io lo guardo togliersi
pantaloni e mutande e infilarsi un preservativo, è eccitato
e il suo membro
preme sulla mia coscia sinistra.
Mi bacia per un po’ e poi dopo
aver strusciato il naso contro il mio mi dà un bacio in
fronte.
È il suo segnale per dirmi
che entra in me e questa volta sono colpi duri, secchi e decisi e
piuttosto
veloci.
In breve tempo mi ritrovo
a gemere e ansimare il suo nome e solo allora rallenta, con spinte
lunghe e
lente ci porta entrambi all’orgasmo
I nostri nomi sono urlati
in contemporanea e poi crolla su di me, mentre io lo accarezzo e gli
bacio i
capelli.
Il preservativo lo toglie
dopo e poi mi fa accoccolare tra le sue braccia, baciandomi leggermente
le
tempie e i capelli.
“Sono o sono il dio del
sesso?”
“Lo sei.”
Mormoro rossa e un po’
stanca.
Ci fumiamo entrambi una
sigaretta, pensando a cose diverse: io al momento appena trascorso, lui
ad Anne
e Tom nello stesso furgone.
Siamo distesi uno accanto
all’altro con le mani strette a
guardare
il soffitto.
“Come pensi starà andando
là?”
“Bene, sono sicura che
staranno chiarendo.”
Lui sospira.
“Vorrei avere la tua
stessa fiducia, ho un piccolo tarlo che Tom mi dice che Tom
tradirà di nuovo la
mia fiducia e che dovrei essere là per proteggere Anne.
Tu come fai a i fidarti?
Ti porti ancora addosso i
lividi.”
Mi stringe delicatamente
la mano libera dalla sigaretta nella sua libera ed accarezza
leggermente il
livido e poi lo bacia.
Io sospiro.
“Non c’è un motivo
preciso, Mark.
Lo vorrei prendere a
sberle, fargli una
predica e spaventarlo
come ho fatto con Scott, ma sarebbe stato inutile.
Non perché non mi ascolterebbe, ma perché lui
tutte quelle cose le sa già e non riesce a
perdonare sé stesso per essersi lasciato trasportare
nonostante sapesse
benissimo a che conseguenze andava incontro.
L’ho guardato negli occhi
e vi ho letto una tristezza infinita e del disprezzo e poi non si
lasciava
avvicinare e diceva che era un mostro che non meritava la nostra
amicizia.
Te le ho già dette queste
cose, Mark e ti giuro su Erin che mentiva.
Ho guardato il ragazzo
davanti e del maniaco di ieri sera non c’era traccia,
c’era solo un ragazzino
sperduto, uno che sa di aver fatto qualcosa che non gli
verrà perdonato
facilmente.
E mi sono detta che quello
che è successo gli imprimerà a fuoco nella mente
di non bere più così tanto e
so che non farà del male a tua sorella.
Probabilmente le ci vorrà
persino un po’ per avvicinarlo, per lui ha paura di farle del
male.”
Lui rimane un attimo in
silenzio, fuori un tir strombazza senza ragione, poi finalmente spegne
la
sigaretta e si volta verso di me.
“Forse hai ragione.
Tom ci tiene ad Anne e
credo tu abbia capito che nonostante le apparenze da sbruffone e idiota
è un
ragazzo molto sensibile.”
“Lo so da quando ha
aiutato me e mia sorella a fare pace.”
“Sono certo anche io che
si odi e vorrei poter fare come te a modo mio, battendogli una pacca
sulla
spalla e dicendogli che va tutto bene e se non gli va una partita a
carte, ma
ho davvero paura.
Se questa notte non
succederà nulla lo perdonerò, ma per adesso ho
solo paura.”
Io gli faccio cenno di
avvicinarsi e lui si accuccia su di me con la testa appoggiata tra il
seno e
l’incavo del mio collo.
Io gli accarezzo i capelli
sudati e gli bacio le tempie.
“Andrà tutto bene, ho
fiducia in te e ho fiducia in lui.”
“Ti amo, Ruby.”
“Anche io.”
Lui scuote la testa.
“è difficile per un
ragazzo elencare tutti i motivi per cui ama la sua ragazza, li
dà per ovvi e
scontati, ma voglio provarci.
Ti amo perché mi fai
ridere.
Ti amo perché mi fai
ragionare.
Ti amo perché mi calmi
sempre con le parole che spero sempre che qualcuno mi dica, quasi mi
leggessi
nel pensiero.
Mi impedisci di fare
cazzate e lo fai con calma.
Mi fai stare bene e ti
prendi cura di me come nessun altro ha mai fatto.
Ti amo.”
Io ho le lacrime agli
occhi e lo stringo più forte a me. Tra noi le dichiarazioni
non sono frequenti
– come ha detto lui diamo per ovvi e scontati i sentimenti
– ma quando ci sono
ti aprono il cuore in due e te lo riempiono di gioia.
“Ehi, bruja! Stai
piangendo?”
“Sì, ma di gioia. Ti amo,
testa rossa!”
Lui sorride e ci
addormentiamo così: uno stretto all’altra con un
sorrisone sulle labbra.
La
mattina dopo ci sveglia
lo schifoso rumore di una sveglia, Mark la sbatte giù dal
comodino senza pietà.
“Mark..” Biascico io mezza
addormentata: “Se continui così dovremo comprarne
una al giorno.”
“Ma rompeva i coglioni.”
“Sì, sì, ma serve e adesso
mi dai un buongiorno serio, killer di sveglie?”
Lui sorride, mi bacia sul
naso e poi scende dal letto completamente nudo, lasciandomi ad ammirare
l’andamento ipnotico delle sue chiappe.
Mi risveglio solo quando
la porta si chiude e lui è fuori dalla mia visuale. Che
furbetto!
Con la scusa di avere un
culo magnifico non solo mi ha fregato il primo posto nella doccia, ma
mi sta
anche implicitamente costringendo a mettere a posto il casino che
c’è!
Raccatto le cose che ho
lavato alla bell’e meglio ieri sera dall’unico,
gigantesco calorifero presente
in camera e le piego riponendole in valigia.
Raccolgo anche il resto e
quando Mark ha finito sto mettendo via l’ultima cosa.
“Allora, caro il mio
mister
So-di-avere-un-culo-divino-e-lo-uso-per-togliere-le-facoltà-mentali-alla-mia-ragazza.”
Ride.
“Quello…”
Indico una maglietta blu
con una prosperosa infermiera in stile manga stampata sopra e un paio
di jeans
lunghi e larghi.
“Sarà quello che metterai,
adesso vado a fare la doccia.”
Detto questo, entro in
bagno e mi faccio una doccia veloce, lavandomi i capelli e dandogli
solo
qualche colpo di phon.
Esco in intimo e lo trovo
spaparanzato a guardare la tv, ma non si perde un attimo della mia
vestizione:
mi metto con studiata lentezza un corsetto nero tutto lacci e un paio
di short
neri con i bordi sfilacciati.
“Tu con quello non ci
esci!”
Mi fa minaccioso, io rido.
“Lo so, lo so infatti
ho preparato anche
la maglia di scorta,
ma vedere la tua faccia da geloso è qualcosa di
impagabile.”
Tiro fuori una maglietta
corta e nera con la scritta blink fucsia e il coniglietto disegnato da
Scott
con una carota in mano.
“Così sei perfetta!”
Mi bacia con passione e
poi ci mettiamo le scarpe – io le mie all star, lui le sue
puma – e lasciamo la
stanza del motel, raggiungendo gli altri al furgone.
Ci sono un silenzio e una
calma che mettono in guardia Mark e che fanno sollevare me, mi metto un
indice
davanti alla bocca per far capire al mio ragazzo di stare zitto e
lentamente
apro il portellone.
Scott dorme a braccia e
gambe aperte come un bambino e fa una tenerezza assurda visto che ogni
tanto
farfuglia qualcosa nel sonno. In quanto a Tom e Anne dormono
abbracciati.
Lui è aggrappato a lei
come se lei fosse l’ultima cosa di valore rimasta sulla Terra
e lei come se lui
fosse il suo salvatore.
Io sorrido.
Mark sorride.
È andato tutto a posto per
ora.
Mi fa cenno di richiudere
il portellone e recupera un secchio da chissà dove e lo
riempie d’acqua alla
vicina fontana.
“Mark, che vuoi fare?”
“Sssh! Apri il
portellone!”
Io eseguo e lui svuota il
contenuto sui tre poveretti ignari che ancora stanno dormendo. Scott
scatta in
piedi e comincia a bestemmiare, Anne si lancia contro suo fratello e
inizia a
prenderlo a pugni, Tom si alza senza fare niente.
Solo a un cenno quasi
invisibile di Mark inizia a bestemmiare e salta addosso al mio ragazzo
riempiendolo di pugni. I due iniziano scherzosamente a litigare.
“Ehi, cazzone! Ti pare il
modo di svegliare la gente?”
“Mmh sì, è troppo
divertente coglione! Sei come un pulcino bagnato!”
Tom ghigna e prende una
bottiglia d’acqua e la rovescia in testa a Mark che comincia
a imprecare.
“Adesso tu sembri un gatto
incazzato!”
Inizia una battaglia a
colpi d’acqua e per fortuna hanno abbastanza buonsenso da
farla fuori dal
furgone.
Finita si asciugano tutti
alla bell’e meglio ed entriamo in un bar per far colazione.
Siamo tutti di
nuovo felici e ordiniamo un pasto piuttosto abbondante.
Ricordiamo quello che è
successo durante il concerto della sera prima e ridiamo come matti, Tom
ad un
certo punto tira fuori qualcosa dalla tasca dei suoi pantaloni beige:
è un
reggiseno bianco e semplice, tipicamente adolescenziale.
“Me l’hanno tirato ieri
sera!
Tra poco avrò delle
groupie!”
“NON NEL FURGONE!”
Esclamano in coro Anne e
Scott.
“Perché?”
Fa deluso Tom.
“Perché non c’è spazio e
poi vogliamo dormire non vedere e ascoltare voi che fate
sesso.”
“Potete unirvi, c’è sempre
spazio per un’orgia!”
Un secondo dopo la testa
di Tom finisce nel piatto pieno di pancakes decorati da sciroppo
d’acero, lui
si rialza con la faccia dolorante e un pancake attaccato alla faccia.
Se lo toglie schifato e si
pulisce la faccia con un tovagliolo.
“Ma sei scemo?”
“Tu con mia sorella non ci
fai nessuna orgia o te lo taglio. Hai capito?”
Tom alza le mani in segno
di resa.
“Ok, scherzavo!
Forse era una battuta
fuori luogo!”
“Tom.”
Faccio, trattenendo le
risate.
“Vai a lavarti la faccia,
non ci serve un autista sporco.”
Lui si acciglia.
“Ah, devo farvi pure da
autista?”
“Certo, sei in punizione,
DeLonge.”
Lui sbuffa.
“Va bene, maestra!”
Va a lavarsi e noi al
tavolo sorridiamo tutti, la situazione è tornata alla
normalità.
Il tour può avere finalmente
inizio come si deve.
I blink sono tornati.
Angolo
di Layla
Ringrazio
killallyourfriends
e Destroyer Cactus
per le recensioni.
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Capitolo 13 *** 13) Il punk e la principessa. ***
13) Il punk e la
principessa.
Skye
non aveva idea di
perché fosse venuta a quella festa.
Per la verità lo sapeva,
quella despota di Jen glielo aveva imposto e quando lei imponeva
qualcosa solo l’essere
in fin di vita le avrebbe impedito di accontentarla.
Non che non le piacesse la
gente – sarebbero probabilmente arrivati anche Ruby, Mark ed
Erin e con Hayley
aveva già scambiato qualche parola – il problema
era che lei era stata portata
lì solo per fare da tappezzeria a Jan.
Quando Hayley le si era
avvicinata aveva intimamente sospirato di sollievo e iniziato
volentieri a
chiacchierare con lei – la rossa le stava simpatica sin dai
tempi del liceo, ma
per via di Jen non poteva avere rapporti con lei – ma era
durato poco.
Non appena la sua
cosiddetta amica si era accorta di con chi stesse parlando le aveva
sdegnosamente fatto cenno di allontanarsi, Hayley pur essendo alle
spalle della
mora lo aveva percepito e le aveva sorriso mesta.
“Me ne vado prima che
Hitler cominci a battere i pugni sul tavolo accusandoti di essere una
che
fraternizza con i perdenti.
Goditi la festa, Skye.”
Lei le aveva sorriso,
pensando dentro di sé che non si sarebbe per nulla goduta
quella cazzo di
festa. Jennifer era una di quelle bastarde che credono alle gerarchie
sociali e
soprattutto alla assoluta non comunicazione tra classi diverse. Tom
DeLonge era
un eccezione perché stando a quello che le aveva detto
emanava sesso da tutti i
pori e la eccitava il doppio sapere di irritare le gemelle Ferreira con
quella
storia.
La bionda non aveva potuto
frequentare Hayley perché Jen l’aveva classificata
come una perdente, non
avrebbe teoricamente nemmeno uscire con Erin e Ruby. Ce
l’aveva fatta solo
inventando una serie incredibile di bugie e per la prima volta in vita
sua non
solo si era sentita completamente e totalmente accettata senza dover
portare
nessuna pesante maschera, ma si era anche divertita.
Per la prima volta aveva
capito cosa significasse davvero liberare il cervello da tutte le
cazzate che
Jennifer le aveva rifilato e provare piacere ballando con gente che non
ti
giudica.
Sarebbe durata poco,
comunque.
Non appena il Fuhrer
sarebbe venuta a saperlo l’avrebbe sgridata per bene, ormai
non sapeva nemmeno
più perché chiamava Jen amica.
Forse perché si
conoscevano fin dalle elementari e lei aveva sempre avuto problemi a
socializzare con gli altri.
Forse era perché era
troppo debole.
Forse perché non aveva mai
avuto davvero un motivo per staccarsi da lei e combattere per la sua
libertà.
Poco dopo arrivarono Mark
e Ruby – li vide dalla sua posizione privilegiata seduta
sulle scale – Tom era
già stato fatto ubriacare abbastanza e del ragazzo simpatico
era rimasto ben
poco e Jen lo aveva accompagnato alla porta presumibilmente per
irritare Ruby o
farle paura.
La messicana invece se la
cavò con una frase tagliente che di sicura aveva irritato
Jenkins, per un
attimo la bionda invidiò da morire Ruby, lei aveva il
coraggio di fare quello
che lei non avrebbe mai potuto fare.
Si alzò dalla sua postazione,
prese una bicchiere medio di birra e si scontrò con Erin che
stava in compagnia
di un ragazzo con i dread pieno di tatuaggi.
“Ehy, Skye! Come stai?
Non ti avevo visto.”
“Vorrei essere a casa mia
a guardarmi un mieloso film d’amore di merda e invece sono
qui a fare da
tappezzeria perché Jen non vuole che parli con
qualcuno.”
Erin alzò un sopracciglio.
“Prima è venuta Hayley,
l’amica di tua sorella, ci avrò scambiato
sì e no due parole quando lei se n’è
accorta e mi ha fatto capire di piantarla di piantare con quella che
considera
una sfigata.”
“Hai mai avuto la
tentazione di mandarla a fanculo?”
“Sì e qualche volta di
investirla con la macchina.”
“Beh, quello non vale la
pena, una vacca del genere non lo merita.”
La messicana roteò gli
occhi e seguendo la direzione del suo sguardo vide Jen intenta a
pomiciare
seminuda con Tom.
Jen incrociò il suo
sguardo e le intimò di farsi i cazzi suoi e di smetterla di
parlare con il
nemico, anche Erin lo vide e le scoppiò a riderle in faccia.
“Povera puttana, io ho
fatto sia sesso che l’amore con Tom e lei si sta beccando la
parte peggiore.
Fare l’amore con Tom è bellissimo, farci sesso
significa avere la vagina
sfondata.”
“Cazzi suoi. Chi è il
tizio muto che ti porti appresso?”
Il ragazzo le tese una
mano e sorrise.
“Sono Travis Barker,
piacere di conoscerti.”
“Piacere mio, Travis. Io
vado a mettermi nel mio angolo, vi auguro di divertirvi.”
“Ne dubito, la tua amica
sta rovinando la festa dei blink e il compleanno di Matt.”
Detto questo Erin e il suo
amico si allontanarono e lei tornò a rintanarsi nel posto
che si era scelta.
Beveva piano la birra
guardando il casino che si stava scatenando sotto di lei e pensava che
un po’
le facevano paura quei ragazzini senza controllo con troppo alcool in
corpo.
E se a qualcuno di loro
fosse venuto in mente di importunarla e lei non fosse riuscita a
respingerlo?
Skye rabbrividì e decise
che il suo ruolo di tappezzeria era durato abbastanza – era
scontato che Jen
avrebbe dormito da Tom – e decise di andarsene.
Stava per alzarsi quando
qualcosa fece ombra alla sua birra: una ragazzo alto e magro con un
mohawk
verde incredibile.
“Ciao.”
Lei saltò per aria e la
sua birra andò a finire metà sui suoi vestiti.
“Oddio, scusa non volevo
spaventarti!”
Lei non rispose, lo stava
valutando.
“Mi chiamo Matt Sullivan,
sono il festeggiato e visto che qui nessuno sembra fregarsene pensavo
di farmi
una partita alla play in camera mia, poi ti ho visto qui.
Sembravi l’unica che non
si divertisse e la più normale qua dentro così ho
pensato di venire a fare due
chiacchiere, ma forse è stata una brutta idea.
Non volevo spaventarti, me
ne vado.”
“No, rimani pure.
Ero io ad essere
sovrappensiero e spaventata dalla calca là sotto, temevo che
qualcuno troppo
alticcio ci provasse.”
Da come parlava anche lui
– a dispetto delle apparenze – doveva essere timido.
“Comprensibile. Non riesco
a capire come sia degenerato tutto così, deve essere
perché manca l’altro mio
coinquilino, lui riuscirebbe a gestire queste situazioni.”
“Auguri, comunque.”
Lui sorrise, un sorriso da
bambino che gli illuminò il volto.
“Grazie, sei la quarta
persona che me li ha fatti o la quinta. Mark, Ruby, Hayley, David
stamattina,
Tom non me li ha fatti..”
“Mi dispiace, è brutto
essere ignorati il giorno del tuo compleanno. Io mi chiamo Skye Everly
comunque, piacere di conoscerti.
Lui sorrise di nuovo.
“Senti vuoi che ti porti
qualcosa per cambiarti?”
Lei annuì.
“E che mi porti via da
questa baraonda, mi sono rotta le palle di fare il cagnolino di
Jennifer. Non
ha bisogno di me per scoparsi Tom.”
Lui annuì e le fece cenno
di seguirlo.
Doveva essere pazza a
seguire un perfetto sconosciuto, ma quel Matt le ispirava fiducia.
Salirono al piano
superiore ed entrarono nella seconda porta a destra dopo che lui ebbe
sbattuto
fuori due che pomiciavano.
“Fai come se fossi a casa
tua, io vedo se c’è qualcosa che ti si
può adattare come taglia.”
Lei annuì.
Si sedette sul letto e sì
sentì a suo agio e per Skye era piuttosto strano dato che
aveva sempre bisogno
di studiare un ambiente prima di considerarlo abitabile.
La camera di Matt era
composta da un letto a due piazze, una scrivania ingombra di libri e
giornali,
un armadio, mensole piene di statuette di personaggi dei manga e un
porta cd
abbastanza grande accanto a uno stereo.
“Uhm, credo che questo
possa andarti.”
Le porse una maglia nera
con delle scritte gialle con degli strappi, un paio di pantaloni larghi
verde
scuro e una cintura.
“Hai anche delle scarpe
comode?
Scusa la richiesta strana,
ma questi trampoli mi stanno uccidendo.”
Lui scoppiò a ridere,
frugò un po’ nell’armadio e le porse un
paio di malandati anfibi.
“Sono i miei primi anfibi,
dovrebbero andarti bene.
Adesso esco, fai con
comodo.”
Lei annuì, colpita dalla
gentilezza di quel ragazzo apparentemente minaccioso, ma in
realtà timido e
gentile.
Si tolse il vestito
macchiato ed indossò maglia e pantaloni, le stavano larghi,
ma andava bene
così: era una liberazione non essere costretta in vestiti
che mostravano
impietosamente ogni grammo in più che aveva.
Recuperò un paio di
calzini e mise gli anfibi, le calzavano perfettamente.
Si mise davanti allo
specchio e alzò il braccio facendo il gesto delle corna,
l’immagine che le
rimandò la superficie riflettente per la prima volta la fece
sentire a suo
agio.
La bionda uscì dalla
camera sorridente e trovo il punk appoggiato alla parete di fronte.
“Sai che sei carina anche
così?”
Lei arrossì.
“Oh, davvero? Grazie!
Forza, andiamocene!”
Matt un po’ esitante le
allungò una mano che lei accettò e la condusse al
piano di sotto e poi in
cucina, uscirono dalla porta sul retro come due ladri e salirono sulla
macchina
del ragazzo.
Era una vecchia macchina
verde scuro, Skye rimase colpita dallo scheletro e dal cuore appesi.
“Ti turbano?”
“No, no. Dove vuoi
andare?”
“Ho una fame boia, ti
proporrei il Mac Donald, ma so che.”
“VA BENISSIMO!”
Urlò lei.
“Pensavo
non fossi tipa da Mac
Donald.”
“Io amo mangiare da Mac Donald
solo che Jen me lo vieta sempre. TI PREGO stasera portami al
Mac!”
Lui rise.
“OK, principessa e Mac sia!”
Mise in moto la macchina e si diresse
verso un Mac Donald che dava sulla baia di san Diego, con un
po’ di fatica
riuscirono ad accaparrarsi un posto vicino alla grande vetrata da cui
si vedeva
il mare.
“E così anche le principesse come
te, mangiano questo cibo spazzatura.”
Anne si accigliò.
“Chiamami ancora una volta
principessa e ti spezzo una gamba. Sono una ragazza normale e come
tutte le
ragazze normali amo il Mac.
Amo fare enormi abbuffate di
questo cibo spazzatura, di pizza, tacos e cibo messicano, ma non posso.
Jennifer controlla quello che
mangia e ho la sfortuna di viverci insieme.”
“Scusa, ma perché non la mandi a
fare in culo?
Quella non è amicizia è essere
dittatrici.”
Skye abbassò gli occhi.
“Non ho amiche.”
“Una ragazza carina come te non
ha amiche?”
Il tono del ragazzo era
incredulo, si solito lei non raccontava agli estranei la sua vita, ma
quel Matt
le ispirava fiducia.
“Quando ero piccola, alle
elementari, non ero tanto bella ed ero timida.
Tutta la classe mi prendeva in
giro, eccetto Jen e così siamo diventati amiche, pensavo
fosse una ragazza
sensibile e comprensiva.
Beh, forse mi sbagliavo o forse
lo è stata fino a quando non siamo arrivate alle medie,
lì è diventata
cheerleader e ha cominciato a riempirmi la testa di cazzate come la
divisione
in caste della popolazione del liceo, che le popolari non potevano
stare con
gli sfigati.
Io le ho dato retta per tutte le
medie, perché essendo ancora bruttina non mi andava certo di
perdere l’unica
amica che avessi e che mi proteggeva dalle cheerleader.
Al liceo mi sono sviluppata e ho
provato a dirle qualcosa, ma Jen non era più la ragazzina
che ricordavo: era
diventata una iena fredda e calcolatrice.
Mi rise in faccia e mi disse che
se ci tenevo a fare la fine di Meg potevo anche smettere di
frequentarla.
Meg era una ragazzina che aveva
fatto l’errore di dire a una sua amica cheerleader tutto
quello che pensava di
lei e di mollarla.”
Skye appoggiò il milkshake che
stava bevendo e si asciugò un paio di lacrime che le erano
uscite.
“L’hanno tormentata fino a farle
tentare il suicidio e a farle cambiare scuola.
Io non volevo fare la stessa
fine.”
Lui non disse nulla e le asciugò
le ultime lacrime ribelli.
“Andiamocene, dove vorresti
andare?”
“In spiaggia.”
“Ai suoi ordini.”
Matt pagò anche la sua
consumazione e la accompagnò in spiaggia, trovarono un posto
abbastanza vicino
al bagnasciuga e si sedettero.
“Non me ne sono andata nemmeno
dopo il liceo perché i miei si sono trasferiti a New York
per il lavoro e non
volevo lasciare San Diego.Temo però che se mi mettessi
contro Jen ne uscirei
distrutta”
La ragazza fece un attimo di
silenzio.
“Credo di aver parlato troppo.”
“Mi è piaciuto starti ad
ascoltare e nessuno dovrebbe permettersi di fare del male a una ragazza
come
te. Sei bella, Skye, ma non solo fuori, anche dentro.
Vuoi sapere la mia storia?
Non è tanto diversa dalla tua. Da
piccolo ero timido e gracilino, mi prendevano in giro e mi picchiavano.
Alle medie ho pestato un po’ di
quelli che mi avevano rotto alle elementari e mi sono fatto la
reputazione di
teppista.
Ho iniziato a litigare con i miei
e di conseguenza a non andare bene a scuola, come un gatto che si morde
la
coda. Più loro mi sgridavano più io andavo male e
non avevo nessuno con cui
sfogarmi.
Ero solo, disperatamente solo e
per di più i miei capelli verdi, la mia reputazione e
vestiti come questi non
mi aiutavano.”
Erano sdraiati vicini e a lei
venne naturale appoggiarsi al suo petto e a lui accarezzare i suoi
capelli.
“Poi un giorno ho incontrato Anne
Hoppus, la sorella di Mark, e lei mi ha presentato a tutta la compagnia
e per
la prima volta non mi sono sentito più solo.
Mi sentivo meglio e a scuola
miglioravo anche se a casa il clima era sempre teso ed ostile, i miei
non mi
accettavano.
Io però sentivo di migliorare e
ne ho avuto la prova quando ho aiutato Ruby a inserirsi nel
gruppo.”
“Pensavo che lei facesse da
sempre parte del vostro gruppo.”
Lui scosse.
“No, ci è entrata un paio di anni
fa quando Mark si è innamorato di lei, prima di allora era
la strega del liceo
e nessuno osava importunarla.”
Skye sgranò gli
occhi,
sorpresa.
Li aveva visti sempre
molto uniti e non pensava che la messicana fosse una ragazza isolata,
le era
venuto naturale che fossero sempre stati amici.
“Davvero?”
“Sì, faceva paura. Sempre
arrabbiata e vestita di nero, con una risposta acida sempre sulla
lingua, non
si faceva avvicinare da nessuno.
È stato Mark a cambiarla
lentamente da quando si è innamorato di lei e si sono messi
insieme e noi
l’abbiamo accettata senza problemi.
Siamo ospitali e poi
abbiamo visto quanto fa bene a Mark.”
La bionda sospirò
sognante,
“Sono una coppia
meravigliosa! Anche io vorrei un ragazzo così!”
Questa volta fu lui a
guardarla sorpresa.
“Non hai mai avuto un
ragazzo?”
Skye fece una risata
amara.
“Oh sì, ne ho avuti.
Peccato che fossero tutti gorilla delicati come elefanti in una
cristalleria e
per cui ero un oggetto come un altro.
Ho avuto più corna di un
cervo nella stagione degli amori, ma siccome erano giocatori di
football erano
fighi e Jen me li imponeva.
A lei non importava che mi
trattassero da oggetti.”
“Ma tu sei una persona.”
“Sì, sono una bionda con
il cervello, quindi una persona.”
“E vuoi essere trattata da
persona.”
Lei annuì piano, triste.
“So hold in all your aggresions
Because your grinding your teeth on down to
The bottom of your chin
It's not easy or so damn pleasing
To not laugh at everything they say that
They tell you what to be you're not alone
I know what it's like to be denied at everything you do
It's not the same reason why that
Makes you change the things that you once knew”
Lei lo guardò interessata
e si appoggiò sui gomiti.
“Bella, che canzone è?”
“Una dei blink, ho sentito
Tom canticchiarla in questi giorni e mi è rimasta in mente.
Si chiama “Peggy Sue” e ho
pensato potesse adattarsi a te.”
“Vorrei avere io la forza
di Peggy Sue.
Vorrei qualcosa per cui
lottare.”
In un attimo si ritrovo
contro il petto di Matt, era caldo, le ispirava sicurezza e quel cuore
che
batteva troppo forte le piaceva.
“Ci sono io. Sono solo uno
sconosciuto, ma se ti serve un po’ di forza ci sono io.
Anche se di solito quelli
come noi non hanno contatti; facciamo un patto: io ci sarò
per te e tu per me.”
Stava per dirgli che erano
tutte cazzate quelle che due come loro non potevano avere contatti, che
erano
solo persone, ma si perse a guardarlo negli occhi.
Due occhi dolci, castani
con qualche sfumatura verde.
Gli occhi di una persona
dopo tanto tempo perso a guardare occhi di automi.
La bionda non aveva
premeditato quello che fece: gli saltò a cavalcioni e lo
baciò impetuosa come
se il mondo dovesse finire quella sera.
Quando si staccarono
sorridevano entrambi.
“Tutte quelle cose secondo
cui io e te non potremmo nemmeno parlarci sono una stronzata.
Se mi vuoi, se ti servo io
ci sono.”
Lui le accarezzò
dolcemente una guancia.
“Anche io, ma questo va al
di là del patto, Skye.”
“Ti prego non cacciarmi,
sei l’unica persona vera che ho incontrato in questi anni e
mi piaci.
Non so perché, ma mi
piaci.
Non lasciarmi da sola.”
Lui la riattirò a sé e la
baciò più dolcemente.
“Non ti lascio da sola.
Se mi vorrai non ti lascerò
mai da sola.”
Lei gli baciò una
clavicola.
“Lo voglio e non pensare
che io sia una facile.
Non bacio mai al primo
appuntamento.”
“Sono felice di essere
stato un’eccezione, mi piaci Skye e mi piaci tanto.
Ripresero a baciarsi fino
a che anche il rumore lontano della strada sparì.
“Forse dovremmo
andarcene.”
“Posso dormire da te?”
Lui alzò un sopracciglio,
perplesso.
“Solo dormire, stare
abbracciati tutta la notte a parlare o a stare zitti.”
“Va bene.”
La prese per mano e
tornarono alla macchina, sorridendo.
“è la prima volta che sto
così bene con una persona.”
Esclamarono insieme per
poi scoppiare a ridere.
Salirono in macchina che
stavano ancora ridendo.
“Grazie per la serata,
erano secoli che non ridevo davvero.”
“Grazie a te per avermi
fatto festeggiare degnamente i miei diciotto anni.”
Arrivarono davanti alla
villetta dove viveva Matt, lui parcheggiò in garage e poi
entrarono in casa:
era deserta.
“Mi sa che qualcosa è
andato storto qui.”
Mano nella mano Matt e
Skye salirono al piano superiore, da una delle camere si sentivano dei
singhiozzi. Facendo attenzione a non farsi sentire il ragazzo
aprì la porta:
era un Tom tutto pesto che piangeva a letto abbracciato al cuscino.
Matt la richiuse
delicatamente.
“Non gli dici nulla.”
“No, è raro che pianga. È
meglio che si sfoghi.”
“Se non c’è Jen dovrei
chiamarla, ma sai una cosa?
Non lo farò.”
Lui annuì e la precedette
nell’entrare in camera sua.
Skye si butto sul letto,
dopo essersi tolta gli anfibi, e ci si rotolò soddisfatta,
lui invece cominciò
a spogliarsi: rimase solo in maglietta e mutande.
“Scusa, dormo così di
solito.
Non ho un pigiama da
quando andavo alle elementari.”
Lei arrossì.
“Beh, non c’è problema.”
Si tolse i pantaloni e i
calzini e si infilò sotto le coperte, poco dopo lui la
raggiunse.
Skye si accomodò sul suo
petto e si lasciò stringere, accarezzare i capelli e baciare
le tempie perché
per la prima volta si sentiva protetta con un ragazzo.
“Cosa dirò all’arpia
domani?”
“Cantale questa canzone,
la canticchiava Mark qualche giorno fa.
‘You're gonna drown in the mess you
make
Your self-inflicted hate
You turn your back on the friends you lose
When they don't follow all your rules
But people are what they wanna be
They're not lemmings to the sea
Maybe it's time that you look at yourself
And stop blaming life on someone else’
Si
chiama “Lemmings”.”
“Bella. Gliela canterò.”
Mormoro insonnolita.
La risata di Matt fu
l’ultimo suono che sentì prima di addormentarsi,
per la prima volta dopo tante
sere nere, felice.
Pienamente, stupidamente
felice.
Angolo
di Layla
Grazie
a killallyourfriends,
Mrclean
e LostinStereo3
per le recensioni. Mi hanno fatto molto piacere.
|
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Capitolo 14 *** 14)Pure morning. ***
14)Pure morning.
Dopo
l’esordio un po’
incerto e pieno di incognite il tour dei blink sta procedendo bene.
Mark e Tom hanno fatto
pace, complice anche il fatto che Anne ha smesso di tremare ogni volta
che vede
Tom e ha ripreso a trattarlo come ha sempre fatto e che Tom abbia
solennemente
promesso davanti a tutti che non berrà più
così tanto.
Abbiamo suonato in due
locali a Los Angeles e in qualche paese – prima da ricconi e
poi normali –
lungo la costa, ora siamo appena usciti dall’autostrada al casello di San
Francisco.
“Ehi Mark! Non ti sembra
di tornare a casa?”
Urla Tom.
“No, casa mia è a San
Diego.”
“Dai che in fondo non ci
sei stato male qua.”
Il mio ragazzo stringe gli
occhi.
“Tom, il fatto che io
adesso stia guidando non implica che lo farò per sempre e
che una volta scesi
non possa prenderti a sberle
sulla nuca!”
Lui ride.
“Ma dai, piste da skate,
il Golden Bridge, i punk del porto.”
Lui fa una strana smorfia,
a metà tra un sorriso e uno sbuffo.
“I punk del porto
piacevano più a mia sorella che a me.”
Anne sbuffa platealmente
dal fondo del furgone.
“Per quanto ancora mi
rinfaccerai la storia con Lars?
È durata pochi mesi!”
“Sì, ma lo senti ancora.”
Lei sbuffa ancora più
forte se possibile.
“è un mio amico, è ovvio
che lo senta ancora, Mark!”
Sento che lui sta per
replicare e stronco la lite sul nascere tirando fuori la cartina della
città
dal cruscotto e urlando come una matta che non so dove sia il locale.
La lite finisce lì, ci
fermiamo in una piazzola e stendiamo un itinerario che include anche
una mia
richiesta: andare in un posto dove si veda il Golden Bridge sia ora che
stanotte.
Lui sbuffa, ma mi
accontenta.
Abbiamo appuntamento con
la padrona del locale alle undici e sono appena le nove e mezza,
così partiamo
verso un punto abbastanza panoramico della città che lui
conosce molto bene.
È un posto davvero bello:
uno spiazzo erboso da cui si gode tutta la vista della baia e del
ponte, ideale
per pomiciare.
“Spero che tu non ci abbia
portato nessuno per pomiciare, Mark, o qui abbiamo un
problema.”
“Nah, non ti preoccupare e
adesso andiamo a questo cazzo di locale, come si chiama?”
“P3.”
Rispondo io, soffocando
uno sbadiglio.
Io e Mark abbiamo
“dormito” nel furgone con gli altri e il dolce
russare di Scott non mi ha fatto
chiudere occhio.
“Scott, tu devi sistemarti
il naso!”
Gli dico prima di uscire
di nuovo dalla macchina e dirigersi in un locale che sembra molto cool
e poco
adatto a tre ragazzi cresciuti a pane, punk e skate.
Entriamo tutti e cinque
piuttosto intimiditi, è vuoto e una donna con i capelli
castani e i modi spicci
ci viene incontro.
“Seite voi i blink?”
Ci chiede.
“Siamo solo noi tre.”
Le risponde Mark indicandose stesso, Tom e Scott.
“Loro.” Indica Anne e me:
“ Sono qui per vendere il nostro merchandising.”
Lei annuisce.
“Io sono Piper, dalle due
potete provare fino alle sei.
Il concerto inizia alla
dieci e deve finire a mezzanotte, se sarete stati bravi avrete dirito a
una
consumazione gratis. Non facciamo ristorante.
Di solito non ospito
gruppi punk, ma la mia sorellina ha sentito parlare di voi e ho deciso
di darvi
una possibilità.
Vedete di non deludermi.”
Parlano un altro po’ e poi
ce ne andiamo.
“Tosta la tipa ed è quasi
mezzogiorno.”
Tom si massaggia lo
stomaco con aria triste.
“Il tuo stomaco è puntuale
come un orologio, d’accordo cerchiamo un posto dove
mangiare.”
Saliamo di nuovo nel
furgone, ho come l’impressione che stasera i blink faranno
piuttosto fatica a
sfondare.
Mangiamo, gironzoliamo un
po’ e i ragazzi provano dalle due alle sei del pomeriggio,
anzi fino a un
quarto alle sei perché la proprietaria arriva e li fa
sbaraccare alla velocità
della luce dicendo che deve aprire il locale per l’aperitivo.
Gironzoliamo un altro po’
per la città, mangiamo e poi aspettiamo fuori dal locale,
all’entrata
secondaria riservata al personale e ai musicisti.
A un quarto alle dieci ci
è fatto cenno di entrare, i ragazzi preparano il palco e noi
il nostro
banchetto, la folla ci guarda piuttosto incuriosita.
Mark prende la parola.
“Ciao, siamo i blink e
veniamo da San Diego.
Stasera siamo venuti qui
per farvi sentire un po’ di sano punk e per farvi
saltare.”
“Saltare fa dimagrire,
ragazze, soprattutto se saltate nel mio letto!”
Urla Tom.
Qualcuno ride tra la
folla.
“E tu hai bisogno di
saltare Tom, eh!
Fa’ vedere loro la tua
pancia da alcolizzato!”
“Ehi, non è alcool è
sperma di cane!”
“Vero, ragazzi e ragazze
lo sperma di cane contiene tantissime calorie assumetene a piccole dosi
o
diventerete come Tom e voi non volete diventare come lui,
vero?”
Questa volta ridono tutti.
“Adesso iniziamo, la prima
canzone si chiama “Carousel”, l’ho
scritta per una ragazza, che purtroppo però
ora non mi aiuta più a perdere calorie.
Let’s go!”
Iniziano a suonare,
l’intro del basso di Mark sembra catturarli in qualche modo
– come una melodia
ipnotica – e quando la batteria di Scott e la chitarra di Tom
esplodono
iniziano a saltare come dannati.
“Vi è piaciuta, ragazzi?”
Un
“Sìììì”
si alza dalla
folla.
“E allora passiamo alla
prossima.”
“Perché se aveste detto di
no, ve l’avremmo risuonata fino a farvela piacere!”
“è una minaccia?”
“Sì, amico, hai colto nel
segno.
Siamo punk duri e puri e
minacciamo!”
Tom fa mostra dei suoi
inesistenti muscoli e il pubblico ride.
“La prossima canzone si
chiama “Dammit”, perché, dannazione,
crescere fa schifo!”
Riprende Mark e il
pubblico si scatena.
Si scatena su “Dammit” e
sulle altre e a fine concerto prende d’assalto il nostro
banchetto, litigando
persino per le ultime maglie e cassette rimaste.
Quando il gran casino
finisce si fa viva la proprietaria e ci fa i complimenti, come promesso
ci
offre da bere. Ci sentiamo soddisfatti come non mai quando arriva la
nostra
birra e Tom non si esime da fare un bis e anche a un tris.
“Io vado in bagno.”
Dice con voce alticcia.
“Io rimango a discutere
con la signora.”
Gli risponde Mark, io
assisto ancora per un po’ al loro discorso, poi vado a
cercare Tom: ho una
brutta sensazione.
Mi dirigo verso la zona
dei bagni e mi accorgo che la porta d’emergenza che
dà sul retro è aperta,
decido di uscire e mi ritrovo in un vicolo. Lo percorro tutto e mi
ritrovo
sulla strada principale, testimone di uno spettacolo che non mi piace:
Tom sta
litigando con un poliziotto.
Merda.
Affretto il passo e li
raggiungo.
“Cosa succede?”
Chiedo con il fiatone.
“Chi è lei?”
Il poliziotto è sui
quarant’anni e ha un’aria arcigna che non promette
nulla di buono.
“Sono una sua amica.”
Indico un Tom che ciondola
e dice frasi senza senso.
“Benissimo, allora lo
comunico a lei ed evito di farlo chiamare dal commissariato.
Il suo amico è in arresto
per ubriachezza molesta e per bevuto sotto i limiti consentiti dalla
legge.
Può essere rilasciato su
cauzione, duecento dollari, e si eviterà il processo.
La cauzione va consegnata
domani mattina.”
Mi detta l’indirizzo del
commissariato e carica Tom in macchina, lui abbassa il finestrino e
comincia a
fare facce da ritardato: io sono basita, stringo forte tra le mani il
foglietto
con l’indirizzo.
Sento una risata dietro di
me: è Mark che guarda il suo amico e ride come un coglione.
In questo momento –
nonostante lo ami – lo strozzerei, siamo nei guai fino al
collo e lui ride.
“Ciao ritardato!”
Saluta Tom e continua a
ridere anche quando la volante si è allontanata.
“Mark.”
Faccio con il tono più
calmo che riesco a produrre.
“Sì?”
“Potresti farmi un
favore?”
Continuo con lo stesso
tono che è palesemente la quiete prima della tempesta.
“Certo.”
“PIANTALA DI RIDERE COM UN
COGLIONE! SIAMO NELLA MERDA!”
Urlo facendo voltare
qualche passante, lui mi guarda con gli occhi sgranati.
“Perché?”
“Non ti viene qualche
dubbio vedendo una volante che porta via Tom che ci sia qualche
problema?”
Lui deglutisce e si fa
pallido.
“Ora che mi ci fai pensare
sì.”
Io mi metto una mano
davanti agli occhi, pregando Dio che mi dia tanta pazienza
perché se mi dà un
surplus di forza lo ammazzo a mani nude.
“Cosa è successo?”
“QUEL COGLIONE DI TOM SI
E’ FATTO BECCARE UBRIACO DA UN POLIZIOTTO, ECCO COSA
E’ SUCCESSO! AVEVI PROMESSO
CHE L’AVRESTI TENUTO D’OCCHIO, CAZZO!
ADESSO SIAMO IN MERDA.
DOBBIAMO TROVARE DUECENTO
DOLLARI ENTRO DOMANI MATTINA!”
“E se non li troviamo?”
La sua ingenuità è quasi
commuovente.
“Tom andrà a processo e il
tour a puttane.”
Faccio secca.
“Ma noi li abbiamo quei
soldi.”
Fa angelico lui.
“Certo, amore mio
stordito! Però se li usiamo tutti per Tom dopo non avremmo
più soldi per
mangiare, per i motel e a stento per la benzina.”
Lui deglutisce.
“Ma…”
Io esplodo di nuovo, lo
afferro per le spalle e comincio a scuoterlo come un sacco di patate.
“DI QUEI DUE CAZZONI DI
LOS ANGELES, UNO NON
CI HA PAGATO,
L’ALTRO CI HA PAGATO UNA MISERIA. CI HANNO PAGATO UNA MISERIA
I PAESI PER
RICCONI E NON CI HA PAGATO L’ULTIMO PAESE IN CUI CI SIAMO
FERMATI.
IN QUANTO ALLE VENDITE, A
PARTE STASERA E L’ULTIMO PAESE, HANNO TUTTI AVUTO IL BRACCINO
CORTO! VI HANNO
SUBISSATO DI COMPLIMENTI E HANNO COMPRATO POCHISSIMO!
DOVE LI TROVIAMO QUESTI
SOLDI, EH?
VUOI CHE MI PROSTITUISCA?
VUOI PROSTITUIRTI TU?”
La testa di Mark ondeggia
in modo pericoloso e probabilmente si staccherebbe dal collo per un
eccessivo
moto oscillatorio se la mano di qualcuno non si appoggiasse sulla mia
spalla e
mi fermasse.
Mi volto di scatto e mi
ritrovo davanti il volto sorpreso di Lars, il punk di san Francisco.
“Che succede? Ancora un
po’ lo ammazzi!”
“Oh, ciao Lars! Scusa non
sono in vena di intrattenere relazioni sociali oggi.”
“Uhm, vedo. Cosa è
successo?”
Gli faccio un succinto
riassunto di quello che è successo, lui annuisce e sorride.
“Non ti preoccupare, ci
pensiamo noi.”
“Voi chi?”
“Io e la mia banda di
punk, vi do anche un posto per stare per la notte, va’ a
chiamare gli altri.”
Io annuisco e percorro i
nuovo il vicolo, sentendomi arrabbiata e in colpa per non essere
riuscita a
controllare la situazione e a farmela sfuggire di mano.
“Hai manie
ossessivo-compulsive di controllo!”
La voce di Erin mi
riecheggia in testa nel momento più sbagliato, tanto che
dalla rabbia mollo un
calcio a un bidone della spazzatura urlando:”Vaffanculo
Erin” e sentendo gli
occhi di Mark su di me.
Rientrata nel locale,
trovo Anne e Scott che stanno parlando seduti a un tavolino.
“Ragazzi, è successo un
casino dobbiamo andare.”
Loro mi seguono fuori,
fortuna che le attrezzature sono già state smontate e
caricate sul furgone.
Arriviamo nel parcheggio e
troviamo Lars e Mark che parlano, Lars lascia perdere immediatamente il
mio
ragazzo non appena vede Anne, l’abbraccia e si danno due baci
sulla guancia.
Forse a questo punk
grande, grosso e cattivo la piccola Hoppus non è ancora
indifferente, forse
vorrebbe che fosse ancora la sua ragazza, ma si è accorto
che a combattere
contro un fantasma si perde sempre.
Saliamo tutti sul furgone,
Lars si mette alla guida e ci porta al porto e precisamente in un
magazzino
abbandonato che ora è diventato un rifugio per sbandati e
ragazzi senza casa.
Ci presenta a quello che
gestisce i posti letto – un rasta con le pupille degli occhi
ridotte a due spilli,
sicuramente eroinomane – e lui ci porta al piano superiore.
Hanno allestito un
divisorio di fortuna e ci sono quattro posti per noi, gli ultimi
rimasti
liberi, dice prima di andarsene.
Anne e Scott si stendono
subito e si addormentano immediatamente, Scott – da bravo
freddoloso –
nonostante le coperte finisce per rannicchiarsi subito dietro al corpo
di Anne.
Io invece sto un po’ a
fumare alla finestra e alla fine mi sdraio accanto a Mark che mi
abbraccia
subito e posa la testa tra i miei capelli.
“Scusa per prima.”gli
dico: “Ho esagerato a prendermela con te.”
“Avevo bisogno di qualcuno
che mi aprisse gli occhi sulla situazione e tu l’hai fatto
nel tuo solito modo
acido, sarcastico, violento e impetuoso, sono io che dovrei
ringraziarti.”
Io faccio un sorriso amaro
che lui non può vedere.
“Perché hai mandato a
fanculo tua sorella prima?”
“Perché mi sono ricordata
di quando diceva che avevo manie ossessivo-compulsive di
controllo.”
Lo sento rimanere un
attimo perplesso.
“E cosa c’entra?”
“C’entra che mi sento
arrabbiata con me stessa e in colpa per non aver saputo prevenire
questo
casino. Io mi sono impegnata tanto nel pianificare il tour con voi, nel
vendere
e tutto il resto perché ci tengo veramente a che il tuo
sogno si realizzi.
Voglio che voi siate
felici, che abbiate successo e nonostante questo non sono riuscita a
fermare
Tom. Ti ho detto che dovevi controllarlo, ma forse avrei dovuto farlo
anche io.
Però… Però lo vedevo così
felice, come un bambino, per essere riuscito a sfondare in un club di
fighetti
che non sono riuscita a dirgli di smettere.
E adesso siamo qui tra gli
sbandati con duecento dollari che non so se troveremo e mi sento
un’incapace
che non è stata in grado di proteggervi
abbastanza.”
Mi stringe di più a sé e
mi dà un bacio sul collo, mentre mi massaggia lentamente la
pancia.
“è per questo
che ti amo, perché ci metti tutta te
stessa per farci felici, non mi intralci e mi
sproni.
Non sentirti in colpa per
non aver saputo evitare questo casino, nessuno l’avrebbe
immaginato.
Grazie per continuare a
proteggerci.
Ti amo.”
Io gli stringo una mano.
“Ti amo anche io e darei
tutto per vederti felice e se questo ti rende felici do tutta me stessa
a
questo tuo progetto.”
“Non so cosa abbia fatto
per meritarmi una ragazza come te.”
Mormora prima che il sonno
ci colga addormentati e abbracciati.
La
mattina dopo vengo
risvegliata da una mano estranea che mi scuote violentemente per le
spalle.
Sobbalzo spaventata prima
di mettere a fuoco il volto sorridente e con un due occhiaie paurose di
Lars.
“Abbiamo i soldi, ragazzi.
Adesso dobbiamo solo
portarli al commissariato!”
“Evviva!”
Urlo io, lanciandomi tra
le sue braccia e facendoci finire entrambi a terra.
“Ehi, Hoppus! È così
focosa anche a letto?”
Il mio ragazzo ride.
“Certo, ecco perché non ho
proprio intenzione di farmela fregare.”
“Pfff! E io che pensavo
che mi amassi per altre cose!”
Incrocio le braccia
fintamente indignata facendo ridere tutti.
Con questa buona notizia
scendiamo dabbasso, in fondo alle scale il rasta della sera prima ci
sbarra la
strada.
“Dovete pagarmi!”
Sussurra feroce.
“Lo sai che quei soldi non
ti servono.”
“Non fare lo stronzo,
Frederikersen!”
“Non farlo tu, lo sai
perché nessuno deve darti soldi!”
“Fanculo, devo farmi!”
Si lancia verso il punk
con tutta la forza che ha nel suo corpo minuto, ma Lars ci mette tre
secondi a
metterlo k.o. con un pugno ben assestato sul muso.
Il corpo del rasta che
cade fa un discreto rumore e una ragazza dai capelli neri e rosa
disordinatamente raccolti in una coda e con indosso solo una maglia di
Bob
Marley arriva immediatamente da noi.
“Merda, Lars! C’era
bisogno di atterrarlo così?”
“Mi dispiace, Mia, ma
voleva soldi.
Lo sai che vuole rimanere
e deve rimanere pulito.”
Lei sospira e avvolga una
delle spalle intorno alla vita del suo compagno e lo tira in piedi.
“Lo so, lo so. Deve
rimanere pulito o non ci ridaranno la custodia di Shari.
Torno a chiuderlo nella
sua stanza.”
Lo porta via e noi la
seguiamo con lo sguardo.
“Hanno una figlia.”
Inizia Lars per rompere il
silenzio.
“Ma i servizi sociali
gliel’hanno tolta perché Johnny si drogava e ora
Mia sta tentando di farlo
rimanere pulito in modo spartano perché non hanno i soldi
per chiuderlo in un
centro di riabilitazione e lui rifiuta i programmi statali gratuiti.
Ci sono certe notti che le
passa urlando e rantolando quando è a rota, ma Mia dice che
ce la farà e se lo
dice lei ne sono sicuro.”
“Da quanto non si fa?”
Chiedo io.
“Un paio di settimane.
Quando è relativamente lucido non fa altro che parlare di
quanto è bella la sua
bambina, a suo modo la ama.
Qui è un mondo difficile,
se non hai le palle è un attimo finire in certi giri.
Eroina, crack, lsd.
Entrare è facile, ti fai
la prima pera pensando che puoi controllare la situazione, ma non
è mai così e
uscire equivale a farsi l’inferno a piedi nudi.”
“Gli auguro di farcela.”
Usciamo dal magazzino,
saliamo sul camioncino continuando a parlare di cose più
leggere come il tour e
la band di Lars.
Ci fermiamo a fare
colazione in un bar vicino al commissariato, il punk sembra conoscere
bene la
cameriera perché ci chiacchiera tranquillamente.
Dopo una buona tazza di
caffè e dei muffin al cioccolato squisiti usciamo e ci
dirigiamo al
commissariato.
Lars si dirige deciso
verso un banco dietro a cui siede lo stesso poliziotto arcigno di ieri
sera.
“Siamo venuti a pagare la
cauzione per Thomas Matthew DeLonge junior.”
Il punk sembra rilassato,
non deve essere la prima volta che viene qui.
“Ah, Frederikersen! Non
sapevo lo conoscessi, ma forse non è poi così
strano, tu conosci tutti gli
sbandati in questa città.
Sono soldi ottenuti in
modo illegale?”
“No, capo. Vuole
controllare?”
Il poliziotto sospira.
“Con altre persone
controllerei, ma questo te lo riconsegno volentieri e spero non si
faccia vivo
per un po’.”
Lo guardiamo tutti
increduli.
“Mi ha tenuto sveglio
tutta la notte delirando su invasioni aliene, rapimenti, sonde che ti
mettono
su per il culo, il fatto che ci abbiano creato.
Tutta notte.
È matto come un cavallo,
riprendetevelo.
Anche se gli alieni
esistessero non ci parlerebbero per via dei pazzi come lui!”
Mark ride sotto i baffi,
mentre l’uomo dopo aver afferrato un mazzo di chiavi si avvia
verso la zona
delle celle di detenzione temporanea.
“DeLonge, sei libero!
Ti hanno pagato la
cauzione!”
Poco dopo arriva
accompagnato dal poliziotto. Firmiamo alcuni moduli e finalmente siamo
fuori.
“Finalmente libero!”
“Già finalmente!”
Faccio tagliente.
“Hai ragione, strega.
Potete picchiarmi!”
Viene preso in parola
perché io, Anne, Scott e Mark lo sommergiamo riempiendolo di
pugni, sberle,
spintoni.
“Ehi calma, calma.
Pensavo a qualche sberla
non a un pestaggio!”
Mark gli rifila l’ennesima
sberla sulla nuca.
“Ma stai zitto!
Grazie Lars, se ti serve
una mano per qualsiasi cosa facci sapere, ricambieremo il
favore.”
Lui annuisce.
Lo abbracciamo tutti e
finalmente possiamo ripartire.
Il tour non è ancora
finito e già ne abbiamo viste delle belle.
Angolo di Layla
Ringrazio LostinStereo3 per la recensione. Vediamo quante colgono che
riferimento a qualcosa c'è.
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Capitolo 15 *** 15) Nobody's home. ***
15) Nobody's home.
Il
giorno dopo la festa –
domenica – Jen non si fece vedere per tutto il giorno.
Skye aveva da tempo
rinunciato ad andare a vedere come stava l’amica nelle sue
domeniche da coma,
dopo essersi beccata più volte violenti inviti a farsi i
cazzi suoi.
Quando la sbornia le
sarebbe passata la mora sarebbe riapparsa da sola, ancora
più scontrosa e
altezzosa del solito per via del mal di testa da troppo alcool.
La bionda trascorse la sua
domenica a mettere in ordine i suoi appunti e a studiacchiare qualcosa.
Il lunedì mattina Jen non
venne in università – si era però
svegliata durante la notte a mangiucchiare
qualcosa, senza curarsi di sistemare la cucina – e Skye si
sentì decisamente di
buon umore per questo.
Incontrò Hayley e le
sorrose.
“Ciao Skye, oggi l’arpia
non c’è?”
“No, è ancora in coma per
la festa.”
“Ci credo.”
Borbotto l’altra,
scurendosi in volto.
“Cosa è successo a quella
dannata festa, Hayley?
Quando io e Matt siamo
tornati a casa di Matt Tom piangeva in camera sua.”
Hayley la guardò
sconvolta.
“Momento momento momento,
Everly!
Spiegami questa cosa di
Matt.”
Lei arrossì.
“Beh, non c’è molto da
dire.
L’ho conosciuto alla festa
mentre ero nel mio angolo, per lo spavento mi sono rovesciata addosso
la birra,
lui però è stato molto carino: mi ha portato in
camera sua e mi ha dato dei
vestiti suoi come cambio senza nemmeno provarci.
È la prima volta che mi
succede con un ragazzo, pensavo fosse il solito maniaco.
Poi siamo al Mac e in
spiaggia, abbiamo solo parlato, ma con lui mi sono trovata benissimo.
Una cosa incredibile, come
respirare un sorso di aria pura dopo anni di inquinamento duro.
Alla fine gli ho chiesto
se potevamo dormire insieme e ha accettato, mi ha tenuto abbracciata
tutta
notte senza allungare le mani.”
“è un bravo ragazzo,
Matt.”
“Quello del dormire
insieme era un test per capire se lo fosse davvero e poi avevo bisogno
di avere
vicino qualcuno che mi trattasse da persona e non da schiava o da
bambola
gonfiabile.
Mi ha detto che gli
piaccio e anche lui mi piace.”
Hayley sorrise.
“Ti brillano gli occhi
mentre parli di lui, ti deve piacere proprio tanto e Jen cos
dice?”
“Non lo sa e sinceramente
non mi interessa. È da dieci anni che eseguo fedelmente i
suoi ordini, ora sono
un po’ stanca.
Però stiamo deviando
dall’argomento principale: cosa è successo alla
festa?”
La rossa sospirò.
“Un casino, un vero
casino.
La tua amica ha fatto bere
come una spugna Tom, hanno finito per fare sesso in salotto davanti a
tutti, ma
questo è il minimo.
Ci ha provato con Ruby e
ha ricevuto una meritata ginocchiata nei coglioni e poi ha provato a
violentare
Anne.”
Skye sbiancò.
“Cosa?”
“Hai capito bene, se non
fosse arrivato Mark a fermarlo avrebbe violentato Anne incitato da Jen.
Alla
fine Mark ci ha detto di andarsene e si sono presi probabilmente a
pugni.”
“Ecco perché Tom
piangeva.”
“Già.”
Il silenzio calò su di
loro.
“Tom non mi sembrava un
ragazzo così cattivo.”
“Non lo è, è che Jennifer
ha una cattiva influenza.”
Skye sospirò mentre si
sedeva in uno degli ultimi posti dell’aula di letteratura.
“Inizio a pensare che tu
abbia ragione.”
Per il resto della
giornata la bionda seguì le lezioni piuttosto
svogliatamente, stava ripensando
alle parole di Hayley.
Quante volte Jen l’aveva
incoraggiata a fare cose che non erano nella sua natura?
Al liceo la incoraggiava a
maltrattare e a trattare in maniera fredda e superiore le persone come
la Cruz
– senza che questi le avessero nulla, solo perché
per lei erano dei perdenti –
e lei si sentiva una merda mentre le dava retta.
Quante volte l’aveva
incoraggiata a fare cose che non voleva?
Non voleva farsi quel
gorilla della squadra di football – aveva capito solo
guardandolo che quel
tizio le avrebbe regalato una prima volta da dimenticare – ma
Jen aveva
ordinato e lei aveva eseguito
E ora si ritrovava ad
avere quasi paura del sesso visto che quel tizio si era dimostrato
violento e
per niente attento ai suoi bisogni o al fatto che fosse vergine. Se
l’era
semplicemente scopata come avrebbe scopato un’altra.
E questo era successo per
tutti i suoi ragazzi e lei ora era stanca.
Aveva vissuto da burattino
per tanti anni, ma ora qualcuno le aveva parzialmente tagliato i fili
che la
tenevano legata al burattinaio e lei non vedeva l’ora di
essere libera.
Voleva essere Skye Everly
e basta, non Skye Everly, l’amica di Jen Jenkins.
Alla fine delle lezioni
salutò Hayley e si incamminò alla sua macchina,
un tocco gentile alla spalla la
fece voltare: Matt era davanti a lei, sorridente e con una tavola da
skate in
mano.
“Ciao Matt!”
Gli sorrise calorosa.
“Ciao Skye.”
Le sorrise di rimando lui.
“Cosa ci fai qui?”
Lui le mostrò la tavola.
“è una delle vecchie
tavole di Tom, pensavo di insegnarti ad andare un po’ in
skate per far
collidere i nostri due mondi.”
Lei ci pensò per un
attimo, poi decise che valeva la pena.
“Ok, vieni. Sei venuto a
piedi, giusto?”
“Sì.”
“Allora vieni, che ti do
un passaggio allo skate park.”
Lui annuì e la seguì.
Iniziarono a chiacchierare di cose di poco interesse e di cosa stessero
facendo
le amicizie che avevano in comune.
A quanto pare i blink si
erano riappacificati: Tom era sinceramente pentito e sia Anne che Mark,
dopo
qualche perplessità, avevano accettato le sue scuse.
Skye tirò un intimo
sospiro di sollievo, non avrebbe perdonato Jen se la band si fosse
sciolta solo
perché aveva la pessima abitudine di far ubriacare le
persone o di far emergere
il loro peggio.
Arrivarono allo skate park
e lo trovarono stranamente deserto, eppure era ancora una bella
giornata di
settembre, calda ma non troppo, con una leggera brezza che muoveva le
chiome
degli alberi.
“Che bello che è qui!”
“Già, a me piace molto.
E adesso iniziamo!”
Stare in equilibrio sulla
tavola senza cadere mentre si spingeva le richiese quasi
un’ora, ma alla fine
Skye era soddisfatta di sé.
“Ho imparato una cosa,
Matt!”
“Brava, piccola! Adesso
proviamo con i salti.”
Le fece vede come fare un
piccolo salto atterrando sullo skate mentre andava, Skye prese in mano
la
tavola e tentò di imitarlo.
Cadde un numero infiniti
di volte – rovinandosi il suo bel vestitino firmato
– ma alla fine ce la fece:
aveva imparato anche quello.
“Yeeeee! Sono un genio!”
Matt la abbracciò e fece
per baciarla trattenendosi solo all’ultimo secondo, fu lei a
decidere di far
nascere quel bacio.
Gli prese dolcemente la
guance tra le mani e cominciò a baciarlo,
all’inizio erano entrambi esitanti,
poi però trovarono il loro ritmo.
Quando si staccarono
sorridevano entrambi e Matt aveva gli occhi leggermente lucidi.
“Sei bellissima, Skye Everly.”
“Ante tu, Matt Sullivan!”
Ci pensò lo stomaco della
bionda a rovinare tutto emettendo un sonoro brontolio.
“Hai fame! Vado a
prenderti una crepes qui vicino! Aspettami!”
Lei si sedette sulle
gradinate e mentre lo guardava andare via nella luce morente del giorno
si
ritrovò a pensare che era lui il ragazzo che voleva accanto
a sé. Non le
importava che avesse i capelli verdi, del chiodo, degli anfibi e dei
jeans
strappati. Sotto quella scorza dura si nascondeva un ragazzo
tenerissimo e con
un bisogno immenso di amore, in quel momento capì di voler
essere lei – di sua
spontanea volontà, senza essere obbligata da nessuno
– a voler provare a colmare
quel vuoto.
Poco dopo lui arrivò con
due crepes alla nutella e due lattine di coca cola.
“Matt…”
“Sì…”
Skye arrossì.
“Vorresti essere il mio
ragazzo?”
Lui rischiò di soffocarsi
con il suo dolce.
“Tu vuoi uno spostato come
me? Un punk con tanto di cresta?”
“Sì.”
Semplice e decisa.
“Ma…”
“Sei una persona
meravigliosa, mi hai regalato più felicità tu in
questi pochi momenti che tutti
i miei ragazzi messi insieme. Io… io vorrei essere la tua
ragazza perché mi
piaci, adoro il tuo lato tenero e non lo so vorrei coccolarti senza
metterti in
imbarazzo creando una strana situazione a metà tra
l’essere la tua ragazza e la
tua amica.
Io ti voglio come ragazzo,
tu vuoi me?”
Per tutta risposta la
baciò appassionatamente, come non aveva mai fatto.
“Millanta volta sì. Non è
solo la rivincita del perdente, ma anche il fatto che tu abbia
un’anima
splendida e voglio aiutarti a non fartela offuscare dalla tua amica.
Ti amo, sono onorato di
essere tuo, Skye Everly!”
Lei sorrise e si baciarono
di nuovo, lei non era mai stata meglio.
Quando
arrivò a casa Jen
la attendeva sulla porta del loro appartamento e questo era un brutto
segno:
significava che aveva qualcosa di cui lamentarsi.
“Dove sei stata?”
Skye buttò le chiavi nel
piattino che c’era sulla credenza dell’ingresso e
attaccò la borsa a uno dei
ganci.
“Fatti miei.”
“Dove sei stata, Skye
Everly?”
Domandò più dura la mora,
le braccia conserte.
“A fare un giro.”
L’altra scoppiò a ridere.
“Non c’è bisogno che fai
tutto questo mistero, so benissimo dove sei stata: sei stata con quel
perdente
dai capelli verdi che c’era alla festa di Tom.”
“Quel perdente ha un nome
si chiama Matt.”
“Oh oh, ci scaldiamo! Te
lo sei fatto?”
“No, è il mio ragazzo però
e gradirei che tu lo chiamassi con il suo nome.”
“Lascialo.”
La bionda la guardò
incredula.
“Lascialo, uno come quello
non è adatto a una del nostro rango.”
“No, se permetti questa
volta si fa come dico io e Matt rimane il mio ragazzo!”
Jen picchiò un pugno sulla
credenza.
“Sono dieci anni che ti
paro il culo dalle tue cazzate e questo è il ringraziamento,
Skye?”
“Correggi i termini della
questione, Jen. Sono dieci anni che controlli la mia vita come se io
fossi un
burattino e tu il mio burattinaio.
Mi hai sempre rifilato
ragazzi alla moda, ma con la sensibilità di un gorilla e
adesso si cambia
musica. Lui sa rispettarmi e trattarmi come una persona e questo solo
conta per
me.”
“Ok, allora prendi la tua
merda e portala fuori da questa casa, non la posso dividere con una
perdente.”
Skye sgranò gli occhi.
“Cosa?”
“Hai capito bene. Vattene,
questa non è più casa tua e tu non sei
più nessuno per me. Non posso perdere
tempo a frequentare delle perdenti.
Vuoi diventare perdente?
Vai, fai pure, ma dimostra
di avere le palle di saper portare fino in fondo la tua decisione e non
credo
sarà così facile visto che sei sempre vissuta
nella bambagia.”
“Tu invece hai vissuto per
strada, eh donna vissuta?”
Jen le diede una sonoro
ceffone.
“Zitta e raccatta la tua
roba.”
A Skye non rimase che
eseguire, impacchettò tutti i vestiti, i cd, libri e
qualsiasi cosa le
appartenesse negli stessi scatoloni da cui li aveva tolti quando era
arrivata a
San Diego da Orange County.
Uno a uno li caricò in
macchina e poi una volta seduta al volante scoppiò a
piangere: non aveva idea
di cosa fare né dove andare.
Era nella merda e tutto
perché per una volta aveva provato a essere sé
stessa.
Il suo appartamento era là
sopra – caldo e confortevole – ma lei non avrebbe
dato a Jen la soddisfazione
di tornare indietro, era stufa marcia della prepotenza
dell’amica e non aveva
più intenzione di subirla passivamente.
{“Ci sono io.
Sono solo
uno sconosciuto, ma se ti serve un po’ di forza ci sono io.
Anche se di solito
quelli
come noi non hanno contatti; facciamo un patto: io ci sarò
per te e tu per
me.”}
La frase di Matt la colpì
con la forza di un fulmine, come aveva fatto a dimenticarsene?
Fuori era scoppiato un
temporale terribile e si inzuppò fino alle ossa per
raggiungere la vicina
cabina telefonica.
Compose spasmodicamente il
numero della casa di Matt e dall’altra parte rispose una voce
maschile che non
era quella del suo ragazzo: doveva essere il famoso David.
“Pronto?”
“Ciao, sono Skye, c’è
Matt?”
“No,mi spiace. Chiamalo a
questo numero.”
Il ragazzo glielo dettò e
lei se lo scrisse su un braccio.
Non appena ebbe chiuso la
comunicazione con David, compose l’altro numero.
“Pronto “Pub Old Ireland”,
desidera?”
“Vorrei parlare con Matt
Sullivan, è possible?”
“Il punk? Ma certo, chi
devo annunciare?”
Le chiese ironico l’uomo.
“Skye, Skye Everly.”
Si sentirono i rumori
della comunicazione tolta e dell’uomo che chiamava a gran
voce quel lazzarone
di Matt.
“Ciao, piccola. Che
succede?”
“Jen mi ha cacciato di
casa, non so dove andare.”
“Arrivo io, non
preoccuparti, mi manca solo un quarto d’ora per finire il
turno.
Sei sotto casa tua?”
“Sì.”
“Aspettami che arrivo.”
La chiamata si chiuse e
Skye sospirò di sollievo.
Rabbrividendo per il
freddo, tornò in macchina e accese il riscaldamento al
massimo sperando di
scaldarsi un po’ e che asciugassero i suoi vestiti.
Tre quarti d’ora dopo una
figura alta con un chiodo nero svoltò l’angolo:
era Matt e saltò subito in
macchina.
“Ma sei venuto a piedi
sotto l’acqua?”
“La macchina è dal
meccanico e non potevo aspettare Dave per il passaggio. Come stai,
piccola?”
Lei lo abbracciò.
“Da schifo, ma ora un po’
meglio visto che sei qui.”
Lui le accarezzò i capelli
e le baciò le tempie.
“Vedrai che andrà meglio.
Come mai Jen ti ha
cacciato di casa?”
“Perché sono la tua
ragazza e lei non può tollerare che una del mio livello
abbia una storia con un
perdente. Io non mi sono lasciata mettere i piedi in testa e lei mi ha
cacciato
di casa dicendomi che ora sono anche io una perdente.
Sono felice di essere una
perdente.”
Lui le sorrise e la baciò.
“Jen è un’arpia, ma
ho la
soluzione.”
“L’omicidio?”
Lui rise.
“No, vieni da me. Dave ti
lascerà rimanere di sicuro, ti chiederà solo di
cercarti un lavoro.”
“Non c’è problema, mi va
bene cercarmi un lavoro, così dimostrerò a
quell’arpia che so cavarmela senza
di lei e senza i nostri privilegi della minchia.”
Lui le strinse la mano.
“Così ti voglio, forza
andiamo.”
Skye guidò fino a casa di Matt e la trovarono deserta,
appeso al frigo c’era un
biglietto che avvisava Matt che Dave era andato a un raduno di
motociclisti e
prima di mezzanotte non sarebbe tornato.
“A casa da soli!
Situazione pericolosa, eh Skye!”
Lei rise.
“Vorrei farmi una doccia.”
“Vieni ti accompagno in
bagno.”
Lei lo seguì e cominciò a
spogliarsi sotto i suoi occhi increduli.
“Beh, non hai mai visto
una ragazza nuda?”
“Sì, però…”
Lei si voltò verso la
doccia.
“Vuoi fare la doccia con
me?”
“Sei sicura? Non è che poi
te ne penti?”
Lei annuì e lui si
spogliò.
Era nudo quando lei si
volto, Skye trattenne per un attimo il respirò e
cercò di non guardare in
basso, ma poi gli volò tra le braccia
e
lo baciò.
Era stata una sua idea,
non doveva avere paura.
“Sei in imbarazzo.”
“Di solito non faccio
queste cose.”
Lui la prese delicatamente
in braccio e lei gli strinse le gambe intorno al bacino e
seppellì la testa
nell’incavo del suo collo.
Lui la portò fino alla
doccia, entrarono insieme e lui aprì l’acqua
calda, lei si rilassò un po’ e
scese dal suo bacino.
“Voltati.”
Le disse Matt, lei eseguì
un po’ titubante. Poco dopo senti le mani del suo ragazzo tra
i capelli intente
a farle uno shampoo. Lei si rilassò del tutto, come al
solito lui stava
semplificando la situazione, quando ebbe finito fu il suo turno fare
uno
shampoo al punk che le strinse le braccia attorno alla vita. In quella
posizione, sentiva il pene del ragazzo premerle contro una coscia.
“Scusa, ma il mio amico
sai…”
Lei lo zittì con un bacio ed esitante fece scendere una mano
e la strinse
intorno al membro del ragazzo, lui fece un involontario sospiro di
sollievo.
Questo diede un po’ di coraggio a Skye che
cominciò a muovere la mano
lentamente, lui gemeva con la testa appoggiata contro le mattonelle del
bagno,
con il volto leggermente rosso per il piacere e per il calore.
Ad un certo punto la fermò
e la baciò con passione, con un po’ di
difficoltà le fece di nuovo allacciare
le gambe al suo bacino e seppellì il volto tra i suoi seni.
Baciandoli, leccandoli,
giocandoci e regalando a Skye mille brividi di piacere, che aumentarono
quando
sentì un dito del ragazzo dentro la sua
femminilità già eccitata perché a
contatto con il pene.
“Scusa.”
“No, vai avanti. Per me è
come se fosse la prima volta.”
Come la prima volta lui la
preparò con le dita e poi entrò in lei con una
spinta delicata che la fece
sospirare e poi gemere. Matt la baciò e
con costanza aumentò le spinte che lei
accompagnava con i movimenti del
suo bacino.
Era la prima volta che le
succedeva, di solito si limitava a subire passivamente, questa volta
invece provava
un piacere che saliva ad ondate fino a esplodere nel primo orgasmo
della sua
vita.
Skye urlò il nome di Matt
e poi la sua testa ricadde sulla sua spalla, poco dopo venne anche lui.
Ansanti e felici finirono
di lavarsi e poi scesero in cucina.
Skye cucinò della pasta
che lui apprezzò molto.
“Ti è piaciuto?”
Le chiese tra un boccone e
l’altro.
“è stata una prima volta
meravigliosa, non potevo desiderare di meglio.”
Si sorrisero a vicenda.
Finito di mangiare Matt
caricò la lavastoviglie e la prese in braccio, la
portò fino alla sua camera e
poi la depose delicatamente sul letto.
Lei si sentiva
insonnolita, ma anche incredibilmente felice.
Si infilò sotto le
coperte, mentre lui chiudeva la porta e lei si attaccò
subito sul suo petto quando
la raggiunse a letto.
Sentire la braccia di Matt
stringerle la schiena rasserenò del tutto Skye che cadde in
un sonno profondo
sorridendo come una bambina.
Angolo di Layla
Ringrazio LostinStereo3 e
killallyourfriends
per le recensioni.
|
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Capitolo 16 *** 16) Home, sweet home. ***
16) Home, sweet
home.
Il
ritorno è sempre più
triste dell’andata.
Dovremmo essere contenti –
abbiamo raccolto abbastanza consensi, una rete di conoscenze, un bel
gruzzolo
con la vendita di cassette e magliette – invece sul
furgoncino regna un clima
di sottile tristezza.
È lo stesso di quando si
torna da una vacanza bellissima o si esce a far baldoria il giorno
prima che
inizi la scuola.
Felice e malinconico allo
stesso tempo, Los Angeles mi passa davanti illuminata dal tramonto e
dalle
prime luci e non mi sembra più così bella e
speciale, mi sembra solo un cumulo
di cose.
Guardo Mark che guida e
Tom accanto a lui e mi sembra che la pensino come me.
“Che palle!”
Fa il moro a un certo
punto cercando di stirarsi senza riuscirci.
“Non ho voglia di tornare
al lavoro domani.
Dovrò tornare a guidare
per ore e a scaricare cemento.”
“E io non ho voglia di
tornare a lavorare in una tavola calda.”
“E io di tornare in
università e “Da Luigi”, ammesso che mi
voglia ancora. Fortuna che Hayley mi ha
tenuta aggiornata.”
Mark ride.
“Soprattutto con
pettegolezzi!”
“Siamo donne e poi c’è una
cosa che non mi ha detto e che sono troppo curiosa di
scoprire.”
Tom tenda di nuovo di
stendersi meglio.
“Magari si è fidanzata.”
“Sarebbe stata la prima
cosa che mi ha scritto.”
Tom mugugna.
“Non capisco perché diate
tutta quest’enfasi al lato romantico, voi ragazze!”
“Come se tu non avessi
dato enfasi al lato romantico con Erin!”
Esclama Mark divertito.
Questo fa tacere Tom e lo
rende chiuso e immusonito, io e Mark ci guardiamo e capiamo al volo di
aver
toccato un tasto dolente. Apparentemente sembra aver accettato la fine
della
sua storia con mia sorella, ma non vuole parlarne segno che non
l’ha ancora
digerita del tutto.
Appena fuori Los Angeles
ci fermiamo in un autogrill a mangiare e Tom recupera il suo buon
umore, fa il
buffone con la cameriera e le chiede se ci sono stati avvistamenti di
ufo.
La cosa peggiore è che la
donna è anche lei appassionata di ufologia e passano una
buona mezz’ora a
discutere di tutte le teorie possibili e immaginabili, compresa quella
che gli
alieni ci abbiano creato mescolando il loro dna con quello delle
scimmie
umanoidi.
In questo modo secondo
loro si spiegherebbe il perché manchi un anello di
congiunzione fra l’uomo e la
scimmia.
Solo dopo immani sforzi
riusciamo a trascinare via Tom, ma le sorprese non sono ancora finite,
quando
stiamo per salire sul furgone una voce femminile chiama i blink.
Ci voltiamo sorpresi e
vediamo una ragazzina dai capelli rossi con una bambina di al massimo
due anni
avvicinarsi a noi.
“Scusa, ci conosciamo?”
“Sono Mia, mi avete
conosciuta a San Francisco.”
Il nome ai ragazzi non
dice niente, ma a me viene subito in mente la punk con il compagno
drogato e il
figlio in custodia dei servizi sociali.
“Mi ricordo di te.”
Lei sospira di sollievo.
“Ti prego, possiamo
entrare nel furgone e parlare?
Ho bisogno di una mano.”
Facciamo come dice anche
se i ragazzi sono perplessi.
“Chi sei, scusa?”
Le chiede Mark
all’interno.
“Sono Mia Johnston, sono
la compagna di quel ragazzo con i rasta che Lars ha steso
perché voleva dei
soldi da voi per esservi fermati dormire al capannone!”
Ora capiscono tutti.
“Ma non eri mora e rosa?”
“Adesso vi spiego tutto.
Jhonny è morto per
overdose due giorni dopo che ve ne siete andati, alla fine non so come
ha
raccattato i soldi per l’ultima dose fatale di ero.
Sono venuti quelli dei
servizi sociali e mi hanno fatto capire che Shari non l’avrei
rivista mai più,
che non me l’avrebbero restituita, ma data in adozione
perché dicevano che
quello non era l’ambiente adatto per crescere una bambina e
soprattutto che io
non ero adatta a fare la madre dato che ero con ogni
probabilità una
tossicomane anche io.
Lo sanno benissimo che non
mi buco, ma c’era una famiglia ricca che voleva Shari, solo
che io non potevo
permettere che me la portassero via.
La notte mi sono
introdotta nell’istituto dove la tenevano da sei mesi e
l’ho portata via, mi
sono allontanata il più possibile da Frisco in
giù verso il Messico e ho fatto
intendere a tutti quelli del capannone, tranne a Lars, che stavo
scappando a
New York.
Prima di rapire mia figlia
mi ero procurata delle lenti finte e una tinta per capelli per non
essere
riconosciuta, quello che vi chiedo è un passaggio in
Messico.”
Rimaniamo in silenzio,
soppesando la richiesta.
Non è una richiesta da
poco e soprattutto ci serve molta fortuna per metterla in pratica, se
al
confine dovessimo incappare in una guardia rigorosa saremmo nella
merda, però
non possiamo nemmeno lasciarla al suo destino.
Non è giusto che le
tolgano la figlia solo perché qualcuno più ricco
di lei ha i soldi per poterlo
fare!
Ci guardiamo tutti e
annuiamo piano: il piano è stato accettato.
“Va bene! Ma quando
arriviamo in prossimità della barriera di’ a Shari
di mettersi dietro a uno
degli amplificatori e stare zitta, vi porteremo da mia nonna che abita
pochi
chilometri lontana da Tijuana. Lei forse troverà una
soluzione.”
Mia ha le lacrime agli
occhi e ci ringrazia abbracciandoci tutti.
E i blink ripartono,
questa volta in incognito con una missione degna di 007 che solo degli
incoscienti come noi potevano accettare.
Mi dico di pensare
positivo, di credere che tutto andrà bene e mi sforzo di far
rimanere in un
angolo della mia mente tutte le conseguenze che arriverebbero se ci
dovessero
scoprire.
Que sera sera.
Mi dico, sperando che non
sarà una catastrofe.
Arriviamo
al confine
messicano che sono le otto.
C’è una coda terribile
e quando arriva il
nostro turno la
guardia della frontiera americana ci controlla senza troppo zelo e non
si
accorge di Shari nascosta dietro un ampli.
Percorriamo qualche metro
e i messicani non sono molto più accurati, ce
l’abbiamo fatta.
Con il cuore più leggero
Mark si immette nel traffico di Tijuana e segue le mie indicazioni,
Shari
intanto è tornata dalla madre e l’ha abbracciata
forte.
Credo che la piccola si
sia spaventata perché Mia la sta rassicurando e le sta
dicendo che adesso
andranno in un posto migliore, da mia nonna.
Shari mi guarda sorpresa.
“Io non ho una nonna!
Come sei fortunata!”
Tra me e Mia passa una
corrente di imbarazzo: non è vero che Shari non ha nonne e
che le madri di Mia
e Johnny di lei non ne hanno mai voluto sapere.
Mark richiama la mia
attenzione e io gli indico dove svoltare per raggiungere la strada
costiera che
porta da mia nonna.
“Dio, che casino che è
questa città!”
“Lo so, lo so!
Ma tra poco ne saremo
fuori, stai tranquillo.”
“è una parola, ho metabolizzato
solo ora il fatto che ce l’abbiamo fatta a non farci
sgamare.”
“Vero. Alla fine è andata
bene, speriamo che nonna sappia cosa fare.”
Usciamo da Tijuana e
imbocchiamo la costiera, dal retro del furgone si sentono le
esclamazioni di
meraviglia di Shari alla vista del mare e del panorama notturno. Non
devono
averla fatta uscire molto in quell’istituto dove la tenevano.
Arriviamo in paese e lo
attraversiamo e poi finalmente il nostro scassato furgoncino imbocca il
vialetto che porta a casa di mia nonna.
Le luci sono accese, il
che significa che è in casa, così parcheggiamo in
cortile e scendiamo tutti dal
furgone.
Mi faccio coraggio e suono
il campanello, sperando che mia nonna anche questa volta sia dalla mia
parte.
È mio nonno a venire ad
aprire e sorride quando vede tutta la truppa.
“Marisela! Sono venuti
tutti i ragazzi a trovarci!”
Urla all’interno.
“Falli entrare, Carlos.”
Lui ci saluta e abbraccia
tutti e poi ci scorta nel salotto
di casa sua, mia nonna è seduta sul divano a guardare la tv,
ma intuisce subito
che c’è qualcosa che non va quando vede Mia e la
bambina.
“Che succede, Ruby?”
Noi sospiriamo.
“Siamo appena tornati dal
tour ed è andato bene.”
Lei alza un sopracciglio
scettica.
“Sono davvero felice che
siate venuti da me a condividere questo evento, ma
c’è dell’altro, ragazzi.”
“Sono io l’altro.”
Esclama Mia.
“Ho bisogno di aiuto, lei
mi può aiutare?”
Mia nonna le fa cenno di
sedersi sul divano.
“Raccontami la tua storia
e poi vedrò cosa posso fare, voi mangiate qualcosa e badate
alla bambina.”
Noi annuiamo e ci
trasferiamo in cucina, la truppa è affamata e con qualche
difficoltà si insinua
intorno al piccolo tavolo della stanza. Shari è in braccio a
Mark – che chiama
Mak – perché il suo preferito dopo di me.
Io inizio a preparare
della pasta ascoltando il chiacchiericcio della bambina –
mora con gli occhi
azzurri – che nel buffo linguaggio dei bambini dice che nella
casa nera non
vuole tornare.
Non le piace, dice che le
maestre sono cattive e che i due”gnuffi ricci”
– la coppia ricca che la vuole
adottare a tutti i costi – non le piace perché la
trattano come una bambolina.
Dice che la sua mamma,
Mak, noi e la nonna siamo molto meglio.
“Non hai amici lì?”
Le chiedo, lei ci pensa un
attimo.
“Uno, si chiama Derek ed è
colorato”
All’improvviso si rabbuia.
Sempre nel suo strano
linguaggio ci dice che le maestre non vogliono che lo frequenti
perché è nero.
Bellissimo! Lo stato paga delle maestre stronze e razziste!
Sono indignata, Mia ha
fatto bene a riprendersi la figlia e a cercarle di darle un futuro
migliore
nonostante non sia ricca, almeno la crescerà priva di
pregiudizi!
La pasta è pronta e io mi
affaccio alla porta della cucina.
Mia nonna mi fa cenno di
avanzare.
“Apparecchia pure, cara.
Avete fatto bene ad
aiutarla, adesso ci penso io.”
Questo è esattamente
quello che speravo di sentirmi dire.
Mia e i ragazzi
apparecchiano e io porto i piatti fumanti di pasta al pomodoro in
tavola, tutti
la divorano senza dire niente.
Credo che mia nonna ci
dirà cosa ha in mente dopo cena, quindi è inutile
preoccuparsi per ora.
La pasta è buona e come
dolce nonna ci offre una crostata che ha fatto lei, inutile dire che
è una
meraviglia ed è un sollievo poterla mangiare dopo tutta la
tensione accumulata.
“Allora, che si fa?”
Chiede Tom battendosi la
mano sulla pancia piena con la sua solita finezza.
“Mia e Shari rimangono da
me.”
“E cosa ne sarà di loro?”
Questo è Mark.
“Domani mattina contatterò
un amico di mio figlio Ramon, è un falsario e
procurerà loro tutti i documenti
necessari per una falsa cittadinanza messicana. Il tizio in questione
ha anche
due fratelli che lavorano al ministero e che possono coprirlo, quindi
siamo in
una botte di ferro.
Loro rimarranno qui e
quando vorranno tornare negli Stai Uniti si vedrà.”
Sospiriamo tutti di
sollievo noi della band, sui volti di Mia e Shari invece fiorisce un
sorriso
identico: quello degli scampati al lager o a una strage.
Sono libere, ce l’hanno
fatta!
“Rimanete qui, ragazzi?”
Ci chiede mio nonno.
“No, ci spiace ma domani
dobbiamo iniziare tutti o a lavorare o ad andare
all’università e Scott deve
essere riaccompagnato a Poway.”
“Capisco.”
Ci alziamo tutti e ci
salutiamo tutti con baci e abbracci, Tom prima di andare si ferma un
attimo in
più da mia nonna.
“Sa cos’è una delle cose
che fa più schifo del non essere più con Erin, a
parte il non avere Erin?
È il non poterla più
chiamare nonna, mi sta simpatica e mi manca una… nonna.
Le mie sono tutte morte.”
Gli occhi della mia
nonnina di ferro si fanno lucidi e – piccola
com’è – attira un ragazzone come
Tom in un abbraccio sentito.
“Guarda che il fatto che
tu non sia più il ragazzo di mia nipote non ti impedisce di
considerarmi tua
nonna, mi piaci come nipote. Sei un bravo ragazzo e sono felice di
piacerti
come nonna, però, ricordati, che oltre a farti i
complimenti, ti sgriderò se
necessario.”
Lui sorride.
“Ogni tanto anche io ho
bisogno di essere sgridato e ridimensionato.”
Tom e mia nonna si
sorridono e dopo un ultimo abbraccio usciamo dalla casa. Appena fuori
io alzo
le braccia in un gesto di esultanza: missione riuscita, ce
l’abbiamo fatta.
“Credo dovremo avvisare
Lars.”
“Ci penserà Mia, adesso io
sono stanco e non vedo l’ora di buttarmi su un
letto.”
“Fermatevi tutti da me.”
Propone Tom, mentre
saliamo in macchina.
“Sì, ok, va bene. Mi sento
a pezzi.”
Mark mette in moto pronto
per guidarci alla meta finale di questo tour.
Questa
volta attraversiamo
il confine senza preoccupazioni e quando imbocchiamo la via tranquilla
dove
abita Tom siamo stanchi, ma felici.
Mark parcheggia il
furgoncino e scendiamo tutti, ad accoglierci troviamo David, Matt e Skye.
“Come mai qui?”
“Sono la ragazza di Matt e
vivo qui, adesso.”
“Domani me la spieghi.”
Borbotto.
“Adesso sono troppo
stanca.”
Facciamo tutti la doccia e
poi ci dividiamo le stanze, io e Mark finiamo in quella degli ospiti,
Tom nella
sua con Anne sotto il giuramento solenne di non sfiorarla nemmeno con
un dito e
Scott va a dormire
sul divano.
Io e Mark non ci diciamo
nulla, ci limitiamo a spogliarci e poi a infilarci sotto le coperte per
cadere
abbracciati in un sonno profondo e ristoratore.
La mattina dopo veniamo
svegliati dalle urla di un Tom imbestialito che non riesce a svegliare
Scott
per riportarlo a casa prima di andare al lavoro.
Ci vuole la mano salda di
David per evitare che Tom uccida il suo batterista in un eccesso di
collera,
Mark mugugna accanto a me e apre un occhio per guardare che ore siano.
“Le sei e mezza, io quello
lo ammazzo!”
“Sì, anche io, ma mo
dormiamo che bisogna essere in forze per compiere degli omicidi
efficienti.”
“Hai ragione.”
Mormora affondando la
testa nei mie capelli.
Ci alziamo definitivamente
alle otto e mezza, Mark mi accompagna in università con il
mitico “The cocks” e
poi andrà a casa a scaricarlo e – presumibilmente
al lavoro – Hayley mi attende
al cancello.
“Allora?
Com’è stato stare in
tour?”
“Emozionante, da rifare
assolutamente.
Certe volte li vorresti
strozzare con le tue mani, altre volti li ami, ma di sicuro non
è un’esperienza
che lascia indifferenti.”
“Tu e Mark avete retto.”
Io alzo un sopracciglio.
“Credevi davvero che gli
lasciassi avere delle groupie?
Lui è mio e mio deve
restare!”
Mentre ci avviamo verso
l’aula in cui si svolge la prima lezione inizio a raccontarle
mille piccoli
episodi che sono successi a partire dal chiarimento tra Anne e Tom e
poi di
quello fra Mark e Tom.
Lei mi ascolta
interessata, ogni tanto batte le mani come una bambina, ogni tanto
commenta
entusiasta.
“Cazzo, la prossima volta
voglio venire anche io!”
Mi urla prima che io
scappi da Luigi per mendicare di nuovo il mio posto.
“L’hai visto “The Cocks”?
Ci stavamo stretti in
cinque, o noleggiano un furgone più grande o mi sa che ti
tocca seguirci i
macchina, amica mia.”
La sua risata mi fa da eco
mentre salgo sul pullman diretto verso il centro. Il mio si rivela
comunque un
viaggio inutile; Luigi non vuole riassumermi. Dice che sono barava nel
mio
lavoro, ma che non può continuamente sostituirmi
perché io devo seguire in tour
il mio ragazzo.
Esco dal locale giù di
morale e leggermente irritata: sono senza lavoro e non potrò
più aiutare Mark
con l’affitto, cosa posso fare?
Torno in università
afflitta e Hayley mi legge in faccia l’esito del colloquio,
non è nemmeno
necessario parlare.
“Andata male, eh?
Ma forse ho una
soluzione.”
Io la guardo speranzosa,
la lezione precedente alla nostra non è ancora terminata
così siamo fuori
dall’aula ad aspettare insieme a tutti gli altri frequentanti.
“Io lavoro come correttore
di bozze in una casa editrice. Non è necessario andare tutti
i giorni e puoi
lavorare anche a casa.
La mia collega è andata in
maternità e l’hanno praticamente licenziata, forse
posso metterci una buona
parola per te.”
Rimango ammutolita, la
fisso come se fosse la Madonna, a bocca aperta e con gli occhi dilatati
per lo
stupore.
“Sarebbe bellissimo,
grazie Hayley!”
“E di che.”
Alza le spalle lei.
“Piuttosto fatti dare
l’ultimo stipendio da Luigi, non te l’ha pagato
prima che partissi per il
tour.”
Mi porto una mano sulla
fronte, non ci sto con la testa, come ho potuto dimenticarmi di una
cosa così
importante?
Dovrò ripassare alla fine
delle lezioni.
“Che stordita che sono.
A proposito, ma mi sai
spiegare qualcosa sulla storia tra Skye e Matt?
Ieri sera quando siamo
tornati siamo andati tutti a dormire a casa di Tom e lei ora vive con
loro.”
Gli occhi le si illuminano
di febbre da gossip e batte le mani entusiasta.
“Giusto! Te ne volevo
parlare!”
Praticamente ti ho
scritto che si erano incontrati alla festa?”
“Sì, lo so,. Poi non mi ha
detto più niente.”
Lei sorride sorniona.
“Poi si sono rivisti il
giorno dopo e si sono messi insieme, solo che Jen non ha digerito la
cosa e
l’ha buttata fuori casa.”
"Che vacca."
Commento con
una punta di acidità
Solo una come lei poteva
sbattere fuori di casa e dalla sua vita un’amica solo
perché non segue i suoi
dettami.
“Matt si è offerto di
farla venire da lui e ora vivono insieme.”
“Si fa gossip su di me,
eh?”
Fa una voce ironica alle
nostre spalle, ci voltiamo e ci troviamo davanti una sorridente Skye.
“Ehi, ciao! Mi stavano
solo aggiornando sulle ultime novità.
Complimenti per esserti
messa con Matt, è un bravissimo ragazzo.”
Lei sorride e vorrebbe
aggiungere qualcosa, ma la porta dell’aula si apre e parlare
decentemente a
lezione sarà impossibile.
“Sentite, che ne dite di
vederci stasera per parlare con un po’?”
La proposta di Skye mi sembra ottima, così la accettiamo
entusiaste.
Nel bel mezzo della
lezione l’idea di chiacchierata tra donne mi accende una
lampadina nel
cervello: è una settimana che non sento mia sorella e non
l’ho nemmeno avvisata
di essere di nuovo a San Diego.
Merda!
Quando arrivo a casa dovrò
chiamarla, scusarmi e fissare un appuntamento per vederci al
più presto.
Che schifo di memoria che
ho, è come se anche lei fosse ancora in tour.
Forza, memoria, torna da
me che abbiamo un sacco di cose da fare!
Angolo di Layla
Ringrazio killallyourfriends
per la recensione ^^.
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Capitolo 17 *** 17) Un attimo di pace e tranquillità ***
17) Un attimo di pace e
tranquillità
Mai
e sottolineo mai non
telefonare per una settimana intera alla tua gemella: le conseguenze
potrebbero
essere terribili, soprattutto se la gemella in questione ha un
caratterino come
Erin.
Appena arrivo
dall’università compongo il numero di casa sua
senza nemmeno curarmi se Mark ci
sia, al terzo squillo risponde Anne.
“Ciao Anne, mi passeresti
mia sorella per favore?”
“Certo, preparati al
peggio però perché incazzata
n…”
Non finisce la frase
perché qualcuno accanto a lei le ha probabilmente strappato
con violenza la
cornetta di mano.
“Chi è?”
La voce di mia sorella ha
una sfumatura incazzata che non promette nulla di buono.
“Sono Ruby.”
“Ruby chi?”
“Ruby Ferreira.”
Deglutisco.
“Chi sarebbe?”
“Dai, Erin. Sono la tua
gemella.”
Dall’altra parte c’è un
silenzio colmo di minaccia, quello della calma prima del temporale.
“Ah, DOPO UNA SETTIMANA TI
RICORDI DI AVERE UNA GEMELLA!”
“Scusa, Erin, scusa! Ma
sono successe troppe cose e …”
“Non ti sei ricordata? SEI
UNA CRETINA!
IO MI SONO PREOCCUPATA PER
VOI, NESSUNO MI CHIAMAVA E NON AVEVO IDEA DI DOVE FOSTE! POTEVATE
ESSERE MORTI
E SEPOLITI NEL DESERTO!”
“Erin, mi dispiace un
sacco.
Giuro che non lo rifarò
mai più, ma non essere arrabbiata, non l’ho fatto
apposta!”
“E ci mancherebbe altro!”
“Ti va se ci vediamo domani
sera?”
La sento mugugnare.
“Ok, tanto stasera non
avrei potuto, devo uscire con Trav. Mi porta a vedere una battaglia tra
rappers.”
Rimango un attimo
disorientata.
“Tu e Travis state
insieme?”
“Questo te lo dirò
domani.”
Mi risponde sadica prima
di chiudermi il telefono in faccia, che stronza!
“Erin, cazzo!
Erin, porca puttana!
Mi ha chiuso il telefono
in faccia, ma che bestia!”
Proprio in quel momento la
porta di casa si apre e Mark mi becca con il telefono in mano, mentre
impreco
al nulla.
“Beh?”
La sua faccia è perplessa.
“Ho appena telefonato a
Erin e mi ha chiuso il telefono in faccia!”
“Perché?”
“Per farmi un dispetto
perché non l’ho chiamata per una settimana
intera.”
Lui scoppia a ridere e
noto che la sua testa rossa ha bisogno di una nuova colorazione: ormai
è rosa.
“Questo è assolutamente da
Erin.”
Io sbuffo.
“Che carattere di merda!
Comunque domani sera ci vediamo.”
Lui va a buttare il suo
zainetto in camera nostra e torna
da me.
“Stasera c’è la partita e
viene un po’ di gente, ti fa niente?”
Io scuoto la testa.
“Nada de nada! Stasera
sono fuori anche io con Hayley e Skye per una serata tra donne.
Skye ci deve raccontare la
storia di Matt.”
Lui ride.
“Donne, siete tutte
pettegole!”
Io alzo un sopracciglio.
“Come se domani tu e Tom
non torchierete Matt per avere tutti i particolari, soprattutto
sessuali, della
storia.”
Lui abbassa gli occhi
ridacchiando.
“Beh, non capita tutti i
giorni che una figa pazzesca come Skye stia con uno come noi.”
Io lo guardo vagamente
minacciosa.
“Io non sono figa?”
“No, amore, sei figa anche
tu, anzi sei bellissima! Però devi riconoscere che una ex
cheerleader, che
ancora esce con dei gorilla palestrati si metta con uno come noi
è strano.”
“Ti salvi sempre in
corner!”
Sospiro prima di saltargli
in braccio e baciarlo, lui ricambia felice e se non si appoggiasse
abbastanza
velocemente a una delle pareti dell’ingresso finiremmo tutti
e due per terra.
“Woah! Dammi sempre questo
benvenuto, bruja caliente!”
Io appoggio la testa
nell’incavo del suo collo e rido come una bambina.
“Va bene, va bene. Adesso
però cosa ne dici di preparare la cena?”
Lui annuisce e mi segue in
cucina, è come i bambini – gli piace gironzolarmi
intorno senza fare nulla di
concreto – e bisogna dargli piccoli compiti.
Gli dico di pelare qualche
patata, io intanto preparo le cotolette alla milanese.
“ ‘More, ti va di farle tu
le patatine fritte?”
Lui annuisce e mentre lui
frigge, io cuocio le cotolette sul gas, alla fine viene tutto
buonissimo e non
rimane nulla.
“Vuoi che prepari qualcosa
per voi altri o ci pensati voi?”
“Ci pensa David.”
“Di David mi fido.”
Lui mi guarda male.
“Sii onesto, è il più
assennato del gruppo.”
Lui annuisce a malincuore.
Io vado a prepararmi e
alle nove sono pronta per uscire, lui invece è
già spaparanzato sul divano con
una lattina di birra in mano.
“Mark, io esco. Ti
consegno le chiavi del castello, vedi di farmelo trovare intero al
ritorno e di
non far bere troppo Tom.”
Lui annuisce e si alza dal
divano.
“Sì, mia castellana!”
Mi bacia e poi torna a
sedersi, io esco di casa sorridendo, appena fuori incontro la truppa:
Tom,
Matt, Dave e due che mi vengono presentati come Derek e Alex, colleghi
di
lavoro uno di Mark e uno di Tom.
Li saluto allegramente e
prendo l’autobus che porta in centro, il bar che abbiamo
scelto non è tanto
lontano dal Soma e quindi vedo la solita folla fare la coda per entrare
e
ricordo la promessa dei ragazz di suonarci un giorno.
Scendo dal pullman ed
entro in un locale che sembra uscito dritto dagli anni ’50:
una grande vetrata
che dà sulla strada, un bancone imponente al centro attorno
a cui si affollano
disordinatamente degli alti sgabelli e qualche tavolino.
Skye e Hayley sono già
sedute a uno di questi che dà sulla vetrina, picchietto
contro il vetro
facendole spaventare a morte.
“Scema! Ci hai fatto
spaventare!”
Mi urlano in coro quando
entro.
“Scusate, ma la tentazione
era troppo forte.
Avete già ordinato?”
“Sì, anche per te:
milk-shake alla vaniglia, cherry cola, hamburger e nuggets.”
Io ho appena mangiato, ma
davanti all’elenco di questo prelibato cibo spazzatura nel
mio stomaco si apre
una voragine e sono loro grata di avere ordinato anche per me.
Appena arriva il cibo
arriviamo a mangiare e solo dopo aver consumato metà della
roba Skye inizia a
raccontare. Durante la festa ha conosciuto Matt e l’ha
trovato incredibilmente
gentile e carino, uno che l’ha trattata da persona.
Poi se ne sono andati ad
un Mac, mentre tutto degenerava, e alla spiaggia a parlare. Il giorno
dopo lui
l’ha portata a fare skate e si sono baciati e messi insieme,
solo che Jen non l’ha
digerito.
Skye ci sta per raccontare come lei l’abbia buttata fuori
casa quando il
campanellino del locale suona e una voce nota e sgradevole si fa
sentire.
“Ehy, Everly! Ti sei
adattata presto a essere una perdente, vedo!”
Jennifer.
“Beh, se loro mi trattano
da essere umano e non da schiava può succedere.”
“Povera piccolina, mi fai
tanta pena.”
La voce della mora gronda
cattiveria, adesso è il mio turno di intervenire.
“Ehi, Jenkins, come mai
qui?
Non dovresti essere a
farti sbattere da Tom, invece che in giro con le amiche a fare
l’acida?
Ti ha già scaricata? Ha
scoperto che ce l’hai troppo sfondata?”
Jen arrossisce e stringe i
pugni.
Senza dire niente se ne va
seguita dalle sue cagnoline, Hayley e Skye mi guardano con un misto di
ammirazione e stupore.
“Che frecciatona! Da dove
ti è venuta?”
“Abilità naturale. Jen
pensa di essere cattiva, ma non sa con chi ha a che fare. Al liceo ero
nota per
essere la strega del liceo, lei non mi fa paura.”
Hayley addenta una
patatina.
“Wow! Meglio tenerlo a
mente, anche se sono certa che Jen si vendicherà in qualche
modo.”
“E io scoprirò i suoi
piccoli segreti e la sputtanerò.”
Le due non dicono nulla,
mi vedono decisa e probabilmente capiscono che non scherzo.
Skye riprende il suo
racconto e mi dico che è davvero fortunata per avere trovato
uno come Matt dopo
aver sopportato per anni una stronza come Jen. Ci credo che ora la vedo
sorridere e la trovo meglio di quando l’ho conosciuta, non ci
voleva molto,
bastava toglierla dalle grinfie di quella vacca.
In ogni caso Matt è un
romantico di prima categoria, dolce come pochi e gentile. Sono fiera di
lui e
di essere sua amica.
La serata si conclude poco
prima che passi l’ultimo bus per riportarmi al mio quartiere
e devo dire che è
stata interessante e piacevole, tolta la parentesi Jen.
Quando arrivo a casa,
trovo un macello e Mark che dorme sul divano come un bambino.
Vorrei insultarlo a dovere
per avere lasciato la casa come un porcile, ma desisto, ha una faccia
troppo
tenera.
In silenzio pulisco quello
che le bestie hanno lasciato in giro, copro Mark con una coperta e mi
butto a
letto.
Sono stanca e ho bisogno
di dormire.
La
mattina dopo mi sveglio
tra le braccia di Mark, deve essere arrivato mentre dormivo e non me ne
sono
accorta.
È un buongiorno frantumato
dal rumore odioso della sveglia, lui la spegne buttandola per terra.
“Buongiorno, amore!”
Mi bacia il collo.
“Scusa per il casino di
ieri sera, ma dopo che gli altri se ne sono andati mi sono addormentato
e
quando mi sono svegliato ho trovato tutto pulito e te a
letto.”
Io mi giro e gli bacio una
clavicola. Alla mattina non ci baciamo mai in bocca appena svegli
perché
sappiamo perfettamente di avere entrambi aliti pessimi.
“è tutto a posto. Ti sei
divertito ieri sera?”
Lui annuisce.
“Sì, è stata una bella
partita e i due nuovi sono simpatici. Tu?”
“Sì, anche se a un certo
punto è arrivata Jen a rompere le palle.”
Lui sbuffa.
“Quella puttana si sta
attaccando a Tom in modo incredibile e lo sta rovinando!”
“Ne sono convinta, ma
adesso è ora di alzarsi, fare colazione e affrontare la
giornata.”
“Hai ragione.”
A malincuore ci alziamo,
lui si impossessa del bagno e io della cucina, dove prepari i cereali
per lui e
del caffè per me.
Quando ha finito arriva in
cucina con solo un asciugamano intorno alla vita e io rischio di
sputare il
caffè che ho in bocca: vuole farmi morire?
La mia bava immaginaria
ormai ha riempito un secchio e lui non sembra accorgersene.
“Mark, hai indosso solo un
asciugamano.”
“Lo so.”
Fa lui calmo, mangiando
una cucchiaiata di cereali.
“Tu indossi solo un
asciugamano e io tra poco devo uscire e ho l’ormone a
tremila, sei un infido
bastardo!”
“Amo quando mi insulti
così.”
Io gonfio le guance e
incrocio le braccia al petto come una bambina.
Lui si alza e mi bacia.
“A stasera, bruja!”
“A stasera bastardo, eccitatore
inopportuno di povere fanciulle ingenue!”
Lo sento ridere, io mi
faccio una doccia sia per lavarmi sia per calmare i bollenti spiriti,
esco di
casa maledicendolo.
Non si può offrire a una
povera ragazza cotanta visione e poi negargliela, è da pazzi
sadici! Stasera
deve ricompensarmi con del buon sesso.
Prendo il pullman con
questo turbinio di pensieri poco casti e poco da me in testa e quasi
perdo la
mia fermata.
Scendo dal pullman con
un’aria imbronciata che non sfugge a Hayley e Skye e quando
racconto loro cosa
mi sia successo ridono come delle pazze per la nonchalance del mio
ragazzo.
Oggi è uno di quei giorni
in cui le lezioni iniziano prima e finiscono prima.
A metà della giornata
Hayley mi prende in disparte.
“Senti, ho parlato di te
al mio capo.
Presentati lunedì mattina
alle nove a questo indirizzo e chiedi del signor Caine.”
“Grazie, Hayley! Ti devo
la vita!”
Lei scaccia con una mano
una mosca invisibile.
“Figurati, per così poco.
Non sai nemmeno se sarai assunta.”
“Fa niente, grazie lo stesso
per l’interessamento.”
Ci avviamo verso l’aula.
“Hai telefonato a tua
sorella?”
“Sì, ed era furiosa. Ci
vediamo stasera, a quanto pare mentre noi eravamo in tour si
è trovata un nuovo
ragazzo.”
“Grandioso, una speranza
in meno per levare Tom dalle mani della Jenkins.”
Io mi fermo.
“Hayley, noi una speranza
ce l’abbiamo, si chiama Anne.
Il problema è che per ora
quell’idiota vede solo Jen per distrarsi e superare la
batosta che ha preso con
mia sorella.”
Hayley sospira e io le
faccio eco, non mi piace che quella vacca giri intorno a Tom,
è palese che sia
capace di tirare fuori il peggio di Tom, che in fin dei conti
è un bravissimo
ragazzo.
Finite le lezioni, arrivo
a casa e trovo Mark ai fornelli che sta cucinando quello che una volta
doveva
essere un hamburger.
“Volevo farmi perdonare
per stamattina, ma mi sa che l’ho cotto troppo!”
La sua faccia da cucciolo
deluso è qualcosa di troppo tenero, così finisco
per baciarlo e smetto solo
quando dalla padella inizia a salire un fumo nero e acre.
Spegniamo il gas e
buttiamo via cibo e padella, ormai inutilizzabile per cuocere altro.
“Cinese?”
“Cinese.”
Ordiniamo al cinese dietro
l’angolo e mezz’ora dopo stiamo avidamente
consumando del riso alla cantonese,
dei ravioli al vapore, del pollo fritto e alle mandorle e come dolce
abbiamo un
invitante gelato fritto che ci guarda.
È tutto buonissimo,
incluso il gelato che attacchiamo con gusto, ben sapendo che ci
metteremo un
secolo a digerirlo.
“Mi sento pieno come un
uovo!”
Mark si batte una mano
sulla pancia.
“Oh, sono felice. Tra poco
smaltirai.”
Lui mi guarda senza
capire.
“Adesso io vado da mia
sorella, sento le ultime novità e stasera… come
posso dire? Mi offri quello che
stamattina mi hai negato.”
Gli occhi gli si
illuminano di malizia e batte le mani entusiasta.
“E stasera Mark Allan
Hoppus va a segno, signori!”
Urla dalla terrazza,
sorprendendomi e costringendomi a tirarlo all’interno alla
svelta.
“Sei impazzito?”
“No, sono solo felice.
Forza, vai da Erin! Io e
il mio amichetto siamo impazienti di vederti ritornare!”
Io rido, gli ho restituito
in pieno quello che mi ha combinato stamattina!
La casa di Erin non dista
molto dalla mia così vado a piedi e mi godo un po’
San Diego.
Arrivo a casa sua e la
trovo da sola in cucina che si fuma una sigaretta.
“Allora, tu e Travis?”
Lei mette le mani davanti
a sé.
“Frena, furbetta. Prima il
tour!”
Io le racconto quello che
ci è successo, inclusa la storia di Mia e di Shari e lei mi
ascolta con gli
occhi sbarrati.
“Siete dei pazzi! Se vi
avessero beccato al confine a quest’ora toccherebbe a me e
mamma tirarvi fuori
dalla galera!”
“Ma siamo ancora qui e
vedi di non spargere la voce in giro!”
Lei si mette gli indici a
croce davanti alla bocca.
“E adesso dimmi di te e
Travis.”
Lei scuote la testa.
“Non c’è molto da dire,
sorellina.
Siamo stati amici fino a
che non siamo andati a una festa, lì ci siamo ubriacati e
non si sa come siamo
finiti a letto?”
Io alzo un sopracciglio.
“Beh, una mattina me lo
sono trovato nel letto e nel cestino della mia camera c’era
un preservativo,
ergo avevamo fatto sesso.
Davanti a questa cosa
abbiamo deciso di metterci insieme, ma non è una storia
molto seria.
Io ho in testa ancora Tom
e lui punta a una certa Melissa e spera di farsela passare dato che lei
è
fidanzata con un altro.
Lui mi aiuta a dimenticare
Tom e io lo aiuto con Melissa che, a quanto pare non ha digerito bene
la storia
e inizia a pensare che forse non ama il suo ragazzo tanto quanto gli
interessa Travis.
È una specie di mutuo
soccorso.
Lui è un bravo ragazzo e
io ho bisogno di calma dopo l’uragano DeLonge.”
“Ci pensi ancora a lui
ogni tanto?”
Lei spegne la cicca della
sigaretta nel posacenere.
“Ogni tanto? Tutti i
giorni, ma so che tra noi non sarebbe potuta continuare e che se fosse
successo
ci saremmo sbranati e distrutti a vicenda.
Lo amo troppo per potergli
fare questo, anche se stiamo soffrendo tutti e due ne usciremo
più forti e, se
è destino, torneremo insieme o avremmo altri partner senza
rimpianti.
Io lo vedrei bene con
Anne, ha la tempra giusta per tenerlo a bada e sa farlo senza farsi
accorgersene.
Pugno di velluto.
Perfetto per uno come
Tom.”
“E tu?”
“Io troverò quello che è
destinato a essere solo mio, spero che sia Tom, ma se non
sarà così non avrò
capitoli o storie dolorose a intralciare il mio futuro.
Invidio un sacco tu e
Mark, avete una sintonia e una maturità
incredibili.”
Io sorrido e non dico
nulla, la nostra sintonia e maturità si basa su confronti e
liti che spesso
terminano in musi lunghi e paci armate.
Io e lei parliamo ancora
un po’, poi me ne torno a casa mia
La trovo vuota, così vado
in camera e trovo Mark steso in posa sexy sul nostro letto,
già mezzo nudo.
“Ti aspetto, piccola.”
Fa con voce da playboy, io
ridacchio e inizio a togliermi lentamente felpa, maglia e jeans fino a
rimanere
in intimo. Dopo di che, sorridendo maligna, mi sdraio su di lui
mettendo le
nostre intimità a contatto e cominciando a baciarlo avendo
cura di strofinarmi
ben bene su di lui che inizia a
gemere
Io scendo a baciargli la
mascella e il collo – il suo respiro aumenta – e
poi il petto fino a dove è
scoperto.
Poco prima dell’inguine,
c’è il lenzuolo e io muovo pigramente il mio dito
avanti e indietro su quel
confine che lo sta facendo impazzire.
“Alziamo il velo.”
“Alzalo, al-zalo.”
Balbetta lui, io eseguo e
mi trovo davanti il suo pene già sulla via
dell’erezione, senza dire nulla in
prendo in mano la situazione comincio a muovere la mia mano tra i suoi
gemiti
sempre più forti.
A metà dell’opera mi fermo
senza preavviso e mi stendo accanto a lui, guardandolo ammiccante, lui
coglie
al volo il messaggio e si fionda su di me baciandomi con passione
togliendomi
il reggiseno, che vola da qualche parte nella stanza.
Con un ghigno malefico
comincia a baciare e succhiare i miei capezzoli e quando li morde
soffoco un
urletto. Dopo questa sua vittoria scende a baciarmi la pancia e
lambisce
l’ombelico e il confine tra mutandine e pelle scoperta con la
lingua.
Io ormai ansimo senza
ritegno.
“Mark.”
Lui toglie le mutande con
i denti, approfittandone per dare una lunga carezza alle cosce, cosa
che ripete
anche quando sono nuda e in attesa di lui.
Dopo avermi eccitata per
bene, dà pochi colpi con le dita e poi passa alla
penetrazione vera e propria.
Spinta dopo spinta arriviamo insieme all’orgasmo e lui
seppellisce la testa tra
i miei seni, mentre io gli graffio la schiena.
Rimaniamo un po’ così-
nudi e ansanti con lui sopra di me – poi la situazione si
capovolge e io mi
ritrovo sul suo petto, stretta tra le sue braccia.
“Non so se uscire più
spesso la mattina con solo uno straccio addosso o non farlo
più.”
Esclama alla fine,
divertito.
Io gli bacio una
clavicola.
“Fai come vuoi, io ti amo
comunque e fare l’amore con te è sempre
bello.”
Lui sorride e
canticchiandomi la canzone che ha scritto per me a San Francisco ci
trascina
entrambi nel mondo dei sogni.
Che bello essere la sua
donna!
Non potrei chiedere di
meglio!
Angolo
di Layla
Ringrazio
killallyour friends.
Qualcuna di voi va alla family reunion di Milano sabato
prossimo?
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Capitolo 18 *** 18)Travis, il traghettatore. ***
18)Travis, il
traghettatore.
Era
una settimana che
Ruby, la sua gemella, non si faceva sentire ed Erin cominciava a
diventare
parecchio nervosa.
Anne era in tour con i
ragazzi e non poteva sfogarsi con nessuno, così accumulava
come un vulcano in
attesa dell’eruzione e questo influiva negativamente anche
sul suo corso da tatuatrice:
i professori l’avevano già rimproverata un paio di
volte.
Persino sul lavoro le cose
non andavano bene, era troppo nervosa e i clienti se ne accorgevano e
non
gradivano quella cameriera dall’aria così strana e
truce.
Doveva cercare di
calmarsi, ma nemmeno fare skate appena poteva riusciva a farlo
né parlare con
Dave o Matt. Loro non avevano notizie come lei, eppure non sembravano
farne una
questione di stato.
Dicevano che era da blink
avere questi lunghi momenti di silenzio.
Ok, poteva essere tipico
dei ragazzi, ma Anne e Ruby?
E se fosse successo
qualcosa a tutta la truppa?
Quando le prendevano quei
pensieri negativi le passava persino la voglia di fare skate e si
sedeva sul
bordo della pista a
guardare le
evoluzioni degli altri skater.
L’unico con cui parlava un
po’ era Travis, lui da bravo ragazzo timido e calmo le diceva
di non
preoccuparsi, che se qualcosa di bello fosse successo
l’avrebbe già saputo.
La parte razionale
accettava pienamente la sua sensata
spiegazione, quella irrazionale brontolava e mugugnava per
il
malcontento.
A diciott’anni compiuti,
dopo sedici di rapporto burrascoso, doveva ammettere con sé
stessa che le
mancava sua sorella, come a un drogato incallito manca
l’eroina.
Lei e Ruby non erano mai
state gemelle particolarmente affettuose o inseparabili, ma
l’abitare nella
stessa città e con una fitta rete di amici in comune che la
teneva d’occhio
l’aiutava parecchio a non sentirsi preoccupata per lei.
Ora Ruby se ne era andata,
la rete non funzionava più e lei andava in panico.
Una sera Trav si era
presentato a casa sua, le aveva rivolto un’occhiata di
biasimo per il casino
che regnava nell’appartamento e per il suo look trascurato e
poi si era seduto
accanto a lei sul divano.
“Adesso, tu mangi, ti fai
una doccia, ti cambi e vieni con me.”
“Non ne ho voglia.”
La faccia, normalmente
bonaria, del suo amico, era diventata all’improvviso seria e
volitiva, quella
di uno che non si può contraddire.
Erin sapeva, per
esperienza personale con David, che
quando i timidi diventavano così non bisognava contraddirli
o si rischiava di
trovarsi davanti a ossi molto duri, così a malincuore
eseguì gli ordini.
Si mangiò un panino di
corsa e si buttò sotto la doccia, quando uscì
andò in camera sua e scelse cosa
indossare: di là sentiva Travis aprire il frigo e prendere
qualcosa, forse una
birra, forse della coca.
Dopo un attimo di
indecisione, indossò una maglia zebrata bianca e nera con le
maniche larghe,
quasi a pipistrello, e una mini di jeans.
Faceva ancora abbastanza
caldo per uscire senza calze, così mise solo un paio dei
calzini e degli anfibi
con i lacci verde fosforescente.
Arrivata in sala vide Trav
addentare con gusto un panino contenente pomodori e insalata
– era vegetariano
– e bere un’aranciata,
“Buona cena, Barker!
Non avevi mangiato?”
Lui scosse la testa.
“Sono appena tornato da
lavoro, sono arrivato a casa e mi sono solo cambiato per venire da te,
tanto il
mio frigo è vuoto: domani devo fare la spesa.”
Lei alzò gli occhi al
cielo e rubò la lattina di birra.
“Perché voi ragazzi siete
così disastrosi con i rifornimenti?”
“Perché ci piace che le
ragazze ci riempiano il frigo, comunque adesso ho finito.
Possiamo andare.”
Lei annuì e prese la sua
giacca di pelle, insieme scesero dalle scale e si infilarono nella
macchina di
Travis, lui guidò in silenzio fino alla zona del porto e poi
parcheggiò.
“Ehi, uomo del mistero!
Dove diavolo andiamo?”
“A una festa!”
Erin si accigliò.
“Se l’avessi saputo non
sarei venuta.”
“Questa è esattamente la
ragione per cui non te l’ho detto.”
“Grazie, eh!”
Lo seguì verso un
capannone da cui proveniva una musica atroce che doveva essere punk
nelle
intenzioni di chi la
suonava, in realtà
somigliava più che altro a un’accozzaglia
indefinita di suoni.
Quando entrò individuò che
l’individuo che rovinava ogni canzone: il chitarrista.
Era uno di quelli a cui
andava applicata la terapia Vicious, ovvero staccargli il jack
dell’amplificatore come al defunto bassista dei Sex Pistols.
Non aveva voglia di
pogare, ascoltare era praticamente un atto lesivo contro le sue
orecchie, per
cui afferrò una bottiglia di vodka che c’era a un
bancone e cominciò a bere.
Si sedette su un gradino
di una delle due scale che portavano al piano superiore e
continuò a bere e a
osservare la gente pogare, aveva completamente perso di vista Travis,
ma non le
importava molto.
Quando ormai era arrivata
vicino alla metà della bottiglia il rasta riapparve e la
trascinò nel casino,
lei lo seguì senza mollare la vodka.
Tentò di convincerla a
pogare, ma lei non ne volle sapere, Travis allora la costrinse a
ballare su un
lento.
Erin odiava i lenti, li
aveva sopportati solo con Tom perché amava Tom in maniera
viscerale. Al ricordo
del suo ex ingollò una generosa quantità di vodka
e assecondò
il batterista di Fontana.
A metà della canzone lui
iniziò a baciarla e lei si lasciò baciare.
Bevvero ancora – tutti e
due questa volta – sbrodolandosi, risero e tornarono a
baciarsi.
Ad un certo punto la
serata sfumò in una nebbiolina indistinta ed Erin perse
completamente il
controllo delle sue azioni e il contatto con il mondo.
Ormai era la vodka a
parlare e ad agire, non Erin.
Erin non aveva idea di
cosa le stesse facendo fare la vodka.
Erin era persa nel suo
personale coma.
La
mattina dopo Erin si
svegliò con un mal di testa epico, non ne ricordava uno
così forte dalla festa
dei suoi quattordici anni quando si era ubriacata per la prima volta
con Mark e
Tom.
Aveva la sensazione che un
cerchio di ferro le stringesse inesorabilmente la testa e che
un’officina
meccanica lavorasse a pieno ritmo nel suo cervello, inoltre sentiva in
bocca il
sapore amaro e acidulo dell’alcool bevuto la sera prima.
Poco dopo registrò un
braccio maschile tatuato che le avvolgeva la pancia e il respiro di
qualcuno
sul suo collo. La punk aveva seriamente paura di voltarsi e scoprire
con chi
era finita a letto, si sarebbe presa a randellate se fosse stato il
chitarrista
incapace.
Deglutì e si voltò.
Tirò un plateale sospiro
di sollievo, il volto addormentato che aveva davanti era quello di
Travis, le
era andata bene tutto sommato.
Pochi secondi dopo gli
occhi azzurri del ragazzo si aprirono.
“Buongiorno.”
“Ehm, buongiorno.”
Lui ridacchiò.
“è imbarazzante, vero?”
“Un po’. Non so cosa
dire.”
Lui si alzò su un braccio
e guardò per un attimo in un angolo indefinito della stanza
poi torno a
guardare lei.
“Erin, ti va di essere la
mia ragazza?”
Lei lo guardò senza
capire.
“Ma sei impazzito? Non ti
interessava Melissa?”
Lui sbuffò.
“Melissa non vuole mollare
il suo ragazzo per me. Magari il “chiodo scaccia
chiodo” funziona.”
Lei si rigirò nel letto.
“O magari vuoi vedere se
si ingelosisce, mister Barker.”
Lui rise.
“Sì, anche questo, magari
è la volta buona che molla quell’ameba.
E poi potrebbe essere
utile anche a te.”
Erin lo guardò senza
capire.
“Sei ancora perdutamente
innamorata di Tom, io posso aiutarti a dimenticarlo.”
Lei si gratto il mento.
Era vero, nonostante avesse
lasciato DeLonge, lo amava ancora con un’intensità
che la spaventava: non aveva
mai amato nessuno come lui e temeva che non sarebbe più
stata in grado di amare
qualcun altro a quel modo.
Forse per provare a
dimenticarlo e prepararsi a nuove storie importanti – o al
suo ritorno – una
storie leggera, di transizione, sarebbe stata una buona soluzione.
Non aveva nulla da
perdere.
Travis era un bravo
ragazzo e di sicuro non sarebbe stato capace di farlo del male e Tom si
era
buttato in una storia con una vacca per dimenticare lei.
La proposta di Travis non
era male in fondo.
“Hai ragione, Travis. La
tua è una buona idea, da adesso sei il mio
ragazzo.”
Lui sorrise e le diede un
bacio a fior di labbra.
“Ora devo andare, il turno
del mattino mi aspetta.”
“Ma sono solo le quattro e
mezza!”
“Io inizio alle cinque,
noi spazzini siamo mattinieri.”
Lei sbuffò.
“E io che speravo di stare
ancora un po’ con te.”
Lui sorrise di nuovo,
sembrava un bambino quando sorrideva, e si rivestì.
“Ci vediamo stasera, ti
va?
Ti porto a una battaglia
tra rappers.”
Le batté le mani,
entusiasta.
“Grande, non ci sono mai
stata!”
“Benissimo!”
Dopo un altro bacio a fior
di labbra lui
uscì dalla stanza e dal
suo appartamento, Erin si abbandono al sonno di buon umore: forse la
sua
ubriacatura non si era conclusa così male come credeva.
Si risvegliò del tutto
alle sette. Si fece una doccia e un’abbondante colazione, poi
ingollò
un’aspirina per placare almeno un po’il suo mal di
testa disumano.
Almeno per quella mattina
non venne rimproverata dai professori e al lavoro il suo capo fu
particolarmente gentile.
Quando arrivò a casa trovò
Anne che sistemava le sue cose in camera sua.
“Ben arrivata! Vi costava
tanto telefonare!”
Anne le fece un sorriso di
scuse.
“Scusa, è che sono successi
tanti casini prima di tornare qui e ce ne siamo dimenticati.
Scusa, Erin, non è stata
una cosa voluta.”
“E ci mancherebbe altro!
Credi che mi chiamerà mia
sorella o dovrò mandarle un telegramma per ricordarle che
esisto?”
Anne rise.
“Erin, sei la solita
esagerata. Certo che ti chiamerà!”
Poco dopo squillò il
telefono e dato che la messicana stava cucinando così fu la
sorella di Mark a
rispondere. Dalle parole che intuì della conversazione
capì che era Ruby la
tizia dall’altra parte del telefono.
Lasciando perdere la cena
si precipitò al telefono e tolse la cornetta di mano ad Anne
per parlare con la
sorella
“Chi è?”
“Sono Ruby.”
“Ruby chi?”
Non voleva affatto
renderle le cose facili, voleva prendersi una piccola vendetta.
“Ruby Ferreira.”
“Chi
sarebbe?”
Fece fintamente svampita.
“Dai, Erin. Sono la tua
gemella.”
Erin rimase un attimo in
silenzio, silenzio carico di minaccia, stava per esplodere.
“Scusa,
Erin, scusa! Ma sono successe troppe
cose e …”
“Non ti sei ricordata? SEI
UNA CRETINA!
IO MI SONO PREOCCUPATA PER
VOI, NESSUNO MI CHIAMAVA E NON AVEVO IDEA DI DOVE FOSTE! POTEVATE
ESSERE MORTI
E SEPOLITI NEL DESERTO!”
La bomba esplose
“Erin, mi dispiace un
sacco.
Giuro che non lo rifarò
mai più, ma non essere arrabbiata, non l’ho fatto
apposta!”
“E ci mancherebbe altro!”
“Ti va se ci vediamo
domani sera?”
Erin mugugnò, non si
vedevano da settimane e lei proponeva domani sera?
Non avrebbe comunque
potuto stasera, ma le avrebbe fatto piacere sentire lo stesso la
richiesta.
“Ok, tanto stasera
non avrei potuto, devo
uscire con Trav. Mi porta a vedere una battaglia tra rappers.”
Dall’altra parte ci fu un
silenzio interdetto.
“Tu e
Travis state insieme?”
“Questo te lo dirò
domani.”
Le disse sibillina, poi le
chiuse il telefono in faccia. Anne che aveva seguito la scena dalla
porta della
cucina scosse la testa.
“Come sei vendicativa!”
“Ogni tanto bisogna
esserlo.”
Anne scosse la testa e
tornò ad occuparsi della cena, era decisamente
più importante che stabilire se
ogni tanto servisse o no essere vendicativi.
Preparata e mangiata la
cena, Erin si fece una doccia e si cambiò. Indosso un paio
di pantaloni stretti
a quadretti rossi e neri, una maglia nera larga, una felpa nera, si
infilò gli
anfibi e la giacca di pelle e dopo aver urlato un saluto ad Anne
– di corvee in
cucina – scese le scale.
Trav la aspettava
appoggiato alla sua vecchia macchina, una Cadillac che lui stesso aveva
risistemato, e quando la vide le venne incontro e la baciò.
“Stai benissimo così,
sai?”
“Non c’è bisogno di fare
il carino, sono già la tua ragazza!”
Lui rise.
“I fidanzati devono essere
carini con le proprie ragazze o rischiano di essere
scaricati!”
Erin rise e salì in
macchina.
“Mi spieghi una cosa,
Trav?”
“Dimmi pure.”
Le rispose mentre metteva
in moto.
“Come mai un punk convinto
e tatuato come te va a sentire battaglie di rappers?”
“Perché un mio collega mi
ha contagiato con questa mania, tra l’altro oggi lui
è uno di quelli che
gareggia.”
“Capito.
Beh, è una cosa nuova,
sono curiosa di sapere com’è, di solito vado al
Soma.”
“Lo so, una volta sono
stato a un concerto dei tuoi amici.
Sono bravi a tenere il
palco, un po’ meno gli strumenti, ma il loro essere buffoni
non lo fa notare.”
Erin annuì.
“Sì, è così, ma non
pensiamo a loro, ti va?”
“Tom?”
“Tom.”
Travis annuì e si diresse
verso la zona industriale della città, attraversando
quartieri via via più
poveri e con una brutta reputazione, istintivamente la ragazza strinse
la mano
di lui che era mollemente appoggiata sul cambio.
Arrivarono a un capannone
verso cui affluiva tanta gente, soprattutto di colore, e da cui
proveniva una
musica ritmata:rap.
Il rasta parcheggiò e
scesero. Dentro era affollato e c’era un’atmosfera
elettrica, Erin si guardava
intorno leggermente spaesata, lui la accompagnò verso le
scale.
“Aspettami qui, vado a
recuperare da bere e da mangiare.”
Lei annuì e un quarto
d’ora dopo lui tornò con della birra, un hot-dog
per lei e un trancio di pizza
per sé.
La battaglia iniziò poco
dopo, sul palco si succedettero parecchi rapper che cercarono ognuno a
loro
modo di coinvolgere il pubblico e di fare delle buone rime. Erin
cominciò a
battere la testa a ritmo con la musica, in fiondo non era male e anche
il
braccio di Trav attorno alle sue spalle.
Quando finirono lui le
porse una mano e l’aiutò a rialzarsi
“Divertita?”
“Oh yeah!”
Cominciò a baciarlo con
passione, era un altro dei suoi modi per esternare
l’entusiasmo che
provava e che lui
apprezzò.
Uscirono mano nella mano
dal capannone, la serata era stata davvero piacevole.
L’idea dello spazzino di
Corona non era affatto male.
Il
giorno dopo fu una
giornata tranquilla.
Erin la visse all’insegna
della calma, in attesa della visita della sorella. Ruby
arrivò alle sei in
punto, lei la fece salire e si fece trovare mentre fumava tranquilla in
salotto.
Ruby la salutò, si accese
una sigaretta e si sedette accanto a lei sul grande divano che dava sul
palazzo
vicino.
“Allora, tu e Travis?”
Esordì la sua gemella,
facendola sorridere mettere le mani davanti a sé come a
frenare l’impeto
dell’altra
“Frena, furbetta.
Prima il tour!”
Il racconto del tour era
fatto di tanti piccoli episodi a volte strani, a volte divertenti come
quando
Mark buttò giù dal furgone e costrinse Scott a
dormire in pieno deserto perché
russava troppo o il fatto che Tom una volta si fosse svegliato
abbracciato ad
Anne con una forte erezione in corso senza sapere come c’era
finito.
Mark lo aveva minacciato
con la castrazione, la cosa che la colpì di più e
che la fece rimanere con gli
occhi sbarrati fu quando Ruby le raccontò la storia della
punk in fuga dalla
polizia con la sua bambina e che loro avevano aiutato.
“Siete dei pazzi! Se
vi avessero beccato al
confine a quest’ora toccherebbe a me e mamma tirarvi fuori
dalla galera!”
“Ma siamo ancora qui e
vedi di non spargere la voce in giro!”
Lei si mise gli indici a
croce davanti alla bocca, doveva essere pazza per dire in giro una cosa
del
genere e lei pazza non lo era.
“E adesso dimmi di te e
Travis.”
Lei scosse la testa.
“Non c’è molto da dire,
sorellina.
Siamo stati amici fino a
che non siamo andati a una festa, lì ci siamo ubriacati e
non si sa come siamo
finiti a letto.”
Ruby fece una faccia
perplessa, cose del genere non erano cose che potessero accadere alla
sua più
assennata gemella.
“Beh, una mattina me
lo sono trovato nel letto
e nel cestino della sua camera c’era un preservativo, ergo
avevamo fatto sesso.
Davanti a questa cosa
abbiamo deciso di metterci insieme, ma non è una storia
molto seria.
Io ho in testa ancora Tom
e lui punta a una certa Melissa e spera di farsela passare dato che lei
è
fidanzata con un altro.
Lui mi aiuta a dimenticare
Tom e io lo aiuto con Melissa che, a quanto pare non ha digerito bene
la storia
e inizia a pensare che forse non ama il suo ragazzo tanto gli interessa
Travis.
È una specie di mutuo soccorso.
Lui è un bravo ragazzo e
io ho bisogno di calma dopo l’uragano DeLonge.”
“Ci pensi ancora a lui
ogni tanto?”
Erin spense la cicca nel
posacenere, sorridendo amaramente, mentre un flash della risata di Tom
che
rideva le attraversava la mente.
“Ogni
tanto? Tutti i giorni, ma so che tra noi
non sarebbe potuta continuare e che se fosse successo ci saremmo
sbranati e
distrutti a vicenda.
Lo amo troppo per potergli
fare questo, anche se stiamo soffrendo tutti e due ne usciremo
più forti e, se
è destino, torneremo insieme o avremo altri partner senza
rimpianti.
Io lo vedrei bene con
Anne, ha la tempra giusta per tenerlo a bada e sa farlo senza farsi
accorgersene. Pugno di velluto.
Perfetto per uno come
Tom.”
“E tu?”
“Io troverò quello che è
destinato a essere solo mio, spero che sia Tom, ma se non
sarà così non avrò
capitoli o storie dolorose a intralciare il mio futuro.
Invidio un sacco tu e
Mark, avete una sintonia e una maturità
incredibili.”
Ruby fece un sorriso
enigmatico e non disse nulla sull’argomento.
Chiacchierarono ancora un
po’, poi sua sorella se ne andò ed Erin si
sdraiò sul divano.
Era stata una bella
giornata di una stagione favorevole della sua vita, aveva Travis
accanto pronto
a traghettarla nel post DeLonge.
Cosa poteva chiedere di
meglio dalla vita?
Niente.
Angolo di Layla
Ringrazio Carousel aka killallyourfriends
e LostinsStereo3
per le recensioni.
|
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Capitolo 19 *** 19)I won't be home for Christmas (maybe). ***
19)I won't be home for
Christmas (maybe).
Dopo
un tour con i ragazzi
abituarsi di nuovo alla routine è difficile e mi adatto di
nuovo alla realtà
universitaria con qualche problema.
Sono andata
all’appuntamento con il direttore della casa editrice che mi
ha dato Hayley e
ora sono anche io un correttore di bozze, il che significa avere sempre
la
scrivania della mia camera ingombra di carte da correggere.
In alcuni manoscritti ci
sono errori talmente madornali che non so davvero come sia possibile
che
qualcuno li voglia pubblicare.
Questo lavoro sommato
all’avvicinarsi ai primi esami di fine semestre fissati per i
primi di dicembre
mi toglie il sonno e mi regala due occhiaie nere e profonde che il
correttore
nasconde a stento.
Mark ha iniziato a
chiamarmi il suo panda, amo come sdrammatizzi la situazione, ed
è lui la
maggior parte delle notti a togliermi dai manoscritti o dai libri.
Verso le quattro con garbo
mi toglie il libro o la penna di mano, mi prende in braccio e mi
deposita sul
letto, spegne la luce e mi abbraccia sussurrandomi che per oggi ho dato
abbastanza e coccolandomi.
È un bel modo di finire le
nottate e apprezzo la sua pazienza.
Mi lascia dormire fino a
tardi il sabato e la domenica e quando mi sveglia
finiamo per fare l’amore con energia,
complice l’astinenza della settimana.
In quanto ai blink, non
c’è weekend in cui qualche locale nei dintorni di
San Diego o a San Diego
stessa, che li chiami per fare una serata.
La loro popolarità nella
zona sta dilagando a vista d’occhio – come un virus
– e anche in università mi
è capitato di vedere qualche ragazzo con una maglia della
band.
È durante uno di questi
giorni universitari piatti che qualcosa avviene a scuotere la mia
quotidianità.
Sono seduta al tavolo della mensa con Hayley e Skye quando si avvicina
a noi un
ragazzo dai capelli neri con una frangia lunga abbastanza da coprirgli
quasi
gli occhi.
“Posso sedermi?”
“Certo!”
Skye sposta la sua enorme
borsa e lo sconosciuto appoggia il vassoio e si siede.
“Io sono Andrew, piacere.”
“Io sono Skye, lei è
Hayley e lei è Ruby.”
Lui mi guarda.
“Ho visto alcuni tuoi
lavori al corso di Anderson, davvero belli.
Complimenti!”
“Grazie.”
Mangiamo in silenzio, poi
le mie amiche si alzano per buttare via i vassoi e mi lasciano sola con
questo tizio.
“Senti, ti va di uscire
con me?”
“No, mi dispiace. Ho già
un ragazzo.”
Lui mi guarda sconvolto.
“Non è possibile, tu devi
essere single!”
Lo guardo stralunata.
“Invece ho un ragazzo,
problemi?”
“Sì, tu devi diventare la
mia ragazza.”
Io lo guardo male.
“Senti, Andrew, non voglio
essere scortese, ma ti prego di allontanarti da questo tavolo.
Se vuoi fare amicizia mi
sta bene, se vuoi davvero essere il mio ragazzo, no.
Amo Mark da morire e non
ho intenzione di lasciarlo.”
Lui si alza di scatto,
facendo cadere la sedia, e se ne va di corsa, lasciandomi interdetta.
Devo prenderlo come una
minaccia o solo per un ragazzo emotivo che regge male ai colpi della
vita?
Quando Hay e Skye arrivano
e mi trovano da sola, rimangono perplesse.
“E Andrew dov’è?”
“L’ ho pregato gentilmente
di andarsene.”
“PERCHE’?”
“Ha detto che voleva e
doveva essere il mio ragazzo. Figuriamoci se mollo Mark per il primo
schizzato
che decide, lui da solo, di essere il mio ragazzo!”
Le altre due scuotono la
testa e ridono, i pazzi sono ovunque.
La cosa sembrerebbe finita
lì, invece è solo all’inizio,
purtroppo. Mi ritrovo Andrew ovunque, al punto
che arrivo a comprarmi una parrucca bionda e a chiedere dei vestiti a
Skye per
riuscire ad evitarlo e seguire le lezioni.
Lo so che sembrano comportamenti
da pazza, ma davvero non so cosa fare, lui non molla.
È più testardo di Hitler
quando desiderava ardentemente la Polonia e io non posso lasciare che
lui
condizioni la mia vita universitaria!
Diamine, gli esami sono
sempre più vicini e ci si è messa questa grana!
Se l’avessi saputo invece di
farlo sedere al nostro tavolo gli avrei tirato sedia e vassoio!
Visto che non mi trova a
lezione inizia un lungo assedio fatto di fiori: per tre settimane ogni
giorno
mi spedisce a casa un mazzo di rose rosse con lo stesso biglietto.
Mazzo che puntualmente
finisce in pattumiera e che cerco di non far vedere Mark, sperando che
non
ottenendo nessuna risposta prima o poi si stufi.
Non avviene e mi chiedo
dove trovi i soldi.
Ormai mancano pochi giorni
al mio primo esame e sto studiando al tavolo della sala, sono circa le
cinque e
mezza e io sto cercando disperatamente di memorizzare le date dei
maggiori
movimenti artistici che si sono succeduti dal quattrocento
all’ottocento.
Sono in piena crisi, Mark
di là sta provando e io vorrei buttare i libri dalla
finestra quando il
campanello suona. È il garzone di un fiorista con le
consuete rose della
tortura.
“Non le voglio, le riporti
indietro.”
“Ma il ragazzo mi ha detto di consegnargliele.”
Protesta timidamente lui
provocando la mia esplosione.
“Dica al ragazzo di andare
cordialmente a fanculo lui, le sue rose e la sua convinzione di
diventare il
mio ragazzo.
Gli dica che ha rotto il
cazzo e che ho già un ragazzo che mi fa sentire una
principessa, orcodio!
Se ne vada!”
Attirato dalle mie urla
arriva Mark.
“Cosa succede?”
Il garzone gli mostra il
mazzo e gli dice che deve consegnarlo a me, lui lo prende e legge il
biglietto.
La sua faccia solitamente
bonaria diventa una maschera di collera e butta di nuovo in mano il
mazzo al
garzone.
“Dica al mittente di
questi fiori di ficcarseli su per il culo!”
Detto questo sbatte la
porta in faccia al poveretto e guarda me.
“Beh?”
“Beh, niente! Non so più
come far finire questa cosa! L’ho incontrato un giorno a
mensa e mi ha detto di
voler diventare il mio ragazzo. Io ho rifiutato e da allora mi tampina
in uni e
con queste rose di merda.
Sono tre settimane, ne ho
piene le ovaie!”
Scoppio a piangere, un po’
per la rabbia, un po’ per la tensione per l’esame e
Mark mi abbraccia.
“Vedrai che la smetterà,
dopo questo smetterà.”
Io annuisco e continuo a
piangere isterica.
Se non la smette giuro che
lo uccido!
Il
nostro gesto sembra
calmarlo un po’, il giorno dell’esame trascorre
tranquillo e lui si limita a
guardarmi.
Anche durante gli altri
esami mi guarda solo e posso portarli a termine più leggera.
Il 22 dicembre, una
domenica, io e Mark decidiamo di andare a prendere un albero di Natale
e ci
rechiamo a un negozio di casalinghi.
Stiamo passeggiando tra
gli scaffali – io nel carrello, lui che mi spinge –
per decidere cosa altro
prendere quando il pazzo si presenta davanti a noi, io esco rapida dal
carrello.
“E così Mark sei tu!”
Lo apostrofa bellicoso
Andrew, il mio ragazzo fa uno dei suoi ghigni storti.
“Sì, sono io!”
“Dammi Ruby, lei deve
essere la mia ragazza, non la tua!”
“Non ci penso proprio!”
“TU non te la meriti, lei
si merita un ragazzo dolce e comprensivo come me!”
Mark inizia ad alterarsi.
“E io perché non sarei
dolce e comprensivo?”
“Guardati! Sei uno skater,
voi le ragazze ve le scopate solo!”
I pugni miei e di Mark
partono sincronizzanti e si abbattono rispettivamente sulla guancia
destra e
sulla guancia sinistra. Dall’interno della bocca si sente un
bruttissimo rumore
e lui sputa un bel po’ di saliva.
“Se le rompi ancora il cazzo
non mi fermo qui, ti mando all’ospedale conciato
così male che nemmeno tua
madre ti riconosce!”
“Se mi rompi il cazzo, non
mi fermo qui, ti mando all’ospedale conciato così
male che nemmeno tua madre ti
riconosce!”
Urliamo insieme, lui ci
guarda sconvolto.
Nel frattempo arriva il
personale del negozio che ci invita a uscire e si prende cura di Andrew.
Fuori io e Mark scoppiamo
a ridere come dei matti e poi ci baciamo con passione.
“Problema risolto!”
Diciamo insieme,
mentre ci dirigiamo verso la sua macchina, dobbiamo andare in un altro
negozio
per prendere il dannato albero.
Così facciamo e lì
finalmente compriamo un abete di plastica bianco con le decorazioni blu
e
viola, ci rispecchia visto che unisce insieme in una sinfonia perfetta
i
nostri colori
preferiti.
Arrivati a casa lo
montiamo in salotto e mettiamo i festoni che abbiamo comprato, in
quanto alle
palline, Mark ci attacca tante facce di darth vader e io dei teschi.
Alla fine del lavoro siamo
soddisfatti tutti e due e ci battiamo il cinque.
“Questo albero è il più
figo dell’intera America!”
“Ci puoi giurare!
E stasera la grande
ubriacatura prenatalizia con gli altri!”
Gli salto in braccio e
cominciamo a baciarci e a giocare con i festoni avanzati come dei
bambini. Lui
si avvolge un festone viola a mo’ di boa di piume e mi porta
in camera con
quello sguardo furbetto che ha quando vuole fare l’amore con
me.
Non chiedo di meglio.
Mi stende sul letto e
inizia a spogliarmi, io faccio lo stesso e ben presto ci ritroviamo in
intimo a
rotolare sul nostro letto.
La mie mani in una zona
pericolosamente bassa dell’inguine, le sue sui miei seni e le
nostre lingue
impegnate in un bacio mozzafiato.
Non abbiamo voglia di
preliminari, solo voglia così anche l’intimo vola
da qualche parte della stanza
e lui – dopo essersi messo il preservativo – entra
in me e spinge rapido e
violento.
Lo sa che mi eccito subito
quando fa così, difatti raggiungo subito un orgasmo. Lui
sorride e continua a
spingere, le mie unghie devono avergli tracciato un solco profondo
sulla
schiena, le sue mani invece mi accarezzano la pancia e poi scendono
sulle
cosce.
Sto per crepare dal
piacere di nuovo, amo quando usa insieme mani e il suo pene.
Il mio secondo orgasmo lo
raggiungo con lui che crolla subito di me, io
lo abbraccio più stretto che posso.
“Sei mio, mio mio mio!
Non ti cambio con nessuno,
sei mio, Mark Allan Hoppus!”
Lui ride contro il mio
collo, ma quando alza il volto l’espressione è
seria.
“E ti sei mia, Ruby Maria
Ferreira.
Mia e solo mia, non ti
cedo a nessuno. Sono pronto a prendere a pugni tutti gli Andrew di
questo
mondo.
Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Ci addormentiamo così e ci
risvegliamo solo quando sentiamo delle voci nell’ingresso.
Merda! Sono arrivati gli
altri e non c’è niente di pronto!
Sveglio Mark e ci rivestiamo
alla meno peggio – io con una sua maglietta
e dei pantaloni stretti
a quadri
neri e viola, lui con una maglietta nuova e i suoi eterni pantaloni a
tre
quarti – e ci rechiamo di là.
La prima squadra di
invitati è composta da Tom, David, Matt e Skye.
Tom non appena vede il
nostro stato scoppia a ridere e ci indica.
“Avete fatto sesso invece
di cucinare!
Avete fatto sesso invece
di cucinare!”
“Sì e ti conviene
spostarti se vuoi mangiare qualcosa!”
Rispondo io piccata,
dandogli una gomitata per entrare in cucina e preparare qualcosa,
ringraziando
Dio Skye si offre di darmi una mano.
“Chi c’è oltre a noi?”
“Anne, mia sorella, Trav,
Hayls, la coinquilina di Hayls, Scott e Lars.”
“Ok. Pasta e cotolette per
tutti?”
“Andata!”
Ci mettiamo a cucinare e
poco dopo arriva altra gente, Scott e Lars, che si affaccia alla cucina
speranzosa.
“Work in progress!”
Urliamo io e Skye.
“Jen viene?”
“No, Tom non voleva
invitarla, ma lei si è autoinvitata. Le ho detto che se si
fosse fatta viva le
avrei dato una padellata in testa!”
Lei ride e riprendiamo a
cucinare.
Quando arrivano anche
Hayls, Anne, Erin, Trav e una bionda skater è tutto pronto.
“Ragazzi!”
Urla Hayley.
“Lei è Avril, la mia
coinquilina!”
“Benvenuta Avril!”
Urliamo tutti e poi
ci sediamo a tavola, io servo la
pasta al pesto che ho fatto con la ragazza di Matt.
Tom la guarda leggermente
schifato.
“Cosa diavolo è?”
“Pasta al pesto, è una
ricetta italiana, ligure per la precisione.
È commestibile!”
Lui fa una faccia molto
perplessa.
“Dai, non fare la mammoletta!”
Lo incita Matt e così lui
lo assaggia, dopo la prima forchettata incerta inizia a mangiare
voracemente.
Io sorrido e gli altri
ridacchiano.
Ora che lo noto i capelli
di Lars non sono più neri, ma di uno squillante arancione e
si è fatto una cresta
di tutto rispetto come quella di Matt che stasera non la sfoggia.
“Uhm, Matt, come mai
niente cresta stasera?”
Lui arrossisce e non mi
risponde, ci pensa Tom a dare una risposta delle sue.
“Vi stavano imitando,
Ferreira. Io e Davey li abbiamo staccati con il carro
attrezzi!”
“Sei il solito esagerato,
Tom! Ci stavamo solo baciando!”
“Sì, mezzi nudi e con una
bellissima erezione del pene di Matt!
E poi tu indossi una delle
sue magliette, tra l’altro!”
Skye diventa rossa di
botto.
“Qualcuno vuole già il secondo?”
“No, un bis di pasta è
possibile?”
Chiede Lars.
“Ehm, vado a controllare,
altre paste?”
Avril, Tom e Mark alzano
la mano.
Skye scappa di là e torna
dopo un po’ con due piatti, Mark e Tom rinunciano in modo che
mangiare siano
solo Avril e Lars: prima gli ospiti.
Dopo che loro hanno finito
di mangiare il bis di pasta io servo un piatto stracolmo do cotolette
che
vengono letteralmente divorate.
Nemmeno un quarto d’ora
dopo il piatto è più desolato del deserto del
Sahara in piena estate.
La loro fame però deve
essere ancora molta visto che reclamano tutti a gran voce il dolce e io
corro a
prendere il tiramisù in cucina e a tagliare poi le porzioni.
Fatto quello sul tavolo
cala di nuovo il silenzio, sono tutti intenti a mangiare.
“Mamma mia, che mangiata!”
Commenta Tom battendosi la
mano sullo stomaco e ruttando sonoramente.
“Tu non cambi mai, eh
Tom?”
Gli chiede mia sorella con
misto di ironia e nostalgia nella voce.
“No, apprezzo sempre il
buon cibo e la cucina di tua sorella.
Ruby, mi metti all’ingrasso?”
“E dopo come fa a saltare
con la chitarra? Chiamiamo una gru?
Non li abbiamo questi
soldi!”
Rispondo io.
“Lascio il compito a Mark,
lui il salto ce l’ha nel nome, Hop Hoppus.”
Effettivamente sul palco
l’ho visto fare dei salti in pose che sfidavano apertamente
la forza di
gravità.
“Sei pigro, Tom!
A quarant’anni sarai un
ciccione che guarda il football in tv con la birra in parte.”
“Mi pare un buon
obbiettivo da raggiungere, manca solo una cosa: una moglie.
Qualcuna delle ragazze qui
presenti vuol essere mia moglie.”
Sulla tavolata cala il
silenzio e vedo Anne abbassare gli occhi e stringere tra le mani il
bicchiere
con troppa forza.
Scemo di un DeLonge! Apri
gli occhi e accorgiti di Anne, cazzo!
“Va bene, visto che non
c’è nessuna, mi bevo un’altra
birra!”
“Vacci piano!”
Lo fulmina Mark, Tom
rinuncia istantaneamente alla sua bottiglia di birra.
Lasciamo i ragazzi ai loro
argomenti, noi ragazze sparecchiamo, laviamo i piatti e sistemiamo la
cucina.
Quando abbiamo finito i
ragazzi decidono di portarci in un localino sulla spiaggia in cui
suonano amici
di amici.
A noi va bene e così la
truppa lascia il nostro appartamento e si avvia lungo la marina. Siamo
un
gruppo rumoroso ed eterogeneo, la gente – in maggioranza
fidanzati e
fidanzatini – ci guarda leggermente spaventata. Sono
soprattutto Matt e Lars a
spaventare.
Matt però non ha occhi che
per la sua Skye e Lars ci sta provando con Avril che sembra molto
interessata
al soggetto: non fanno che ridacchiare e le loro mani si sfiorano
troppo
spesso.
Arriviamo finalmente al
locale, che è una specie di chiosco che dà sulla
spiaggia, solo più grande e
arredato in stile giamaicano, il gruppo che suona infatti è
reggae.
Ci sediamo a un tavolo e
ordiniamo qualcosa – rigorosamente analcolico, Mark dice che
sono severi sul
servire alcool ai minorenni – e ascoltiamo per un
po’ con i nostri drink in
mano.
Finiti quelli ci buttiamo
in pista e ondeggiamo a ritmo con la musica, io appiccata a Mark, Skye
a Matt e
mia sorella a Travis. Gli altri si scatenano, tranne Lars che continua
il suo
corteggiamento ad Avril.
A mezzanotte e mezza viene
annunciata la fine del concerto, così che a noi non rimane
che pagare e uscire.
Ci stiamo per congedare quando a Tom viene una delle sue idee geniali.
“Raga, andiamo in spiaggia
a fare un bagno di mezzanotte!”
Con qualche perplessità la
proposta viene accettata e – tramite un vicoletto –
entriamo nella spiaggia di
San Diego, correndo come matti lungo un sentierino lastricato che porta
fino al
bagnasciuga.
Finito quello ci spogliamo
e Tom si butta subito in acqua seguito dai ragazzi e da Avril ed Erin,
io, Skye
e Hayls esitiamo. Ci guardiamo perplesse, incerte se imitarli o meno,
ma Mark
che mi carica in spalla mi toglie ogni dubbio buttandomi
nell’acqua leggermente
tiepida.
Iniziano a schizzarci come
bambini e poi a baciarci e gli altri intorno a noi fanno più
o meno lo stesso,
tranne Lars che ora sta limonando con Avril e Tom che ha Anne attaccata
al
collo come una scimmia che lo sta supplicano di non schizzarla che ha
freddo.
Tom ride e la stringe più
forte, immagino che ora lei sia felice, ma che tornerà a
essere triste quando
la maglia di questo momento finirà. Mi domando come faccia
Tom a non capire che
lei è cotta di lui, ma forse la risposta è
semplice: è un ragazzo e i ragazzi
non sempre si accorgono delle sfumature presenti nei comportamenti
delle
ragazze.
I ragazzi agiscono
d’istinto, le ragazze meditano tentando di salvarsi il cuore
da un’eventuale
delusione.
“Ehi, come mai così
pensierosa?”
Mark mi alza il mento e io
mi perdo nei suoi occhi come la prima volta che l’ho visto,
il loro azzurro ha
ancora questo potere su di me e temo che l’avrà
sempre.
“Niente, Mark niente!”
Lo bacio e lui risponde,
sento anche le sue mani muoversi sui miei fianchi, le mie invece gli
accarezzano i pettorali.
Ci stacchiamo, ci
sorridiamo e riprendiamo a baciarci con gli schiamazzi degli altri
misti al
rumore del mare in sottofondo e una grande luna che ci guarda benevola.
Non potrei desiderare di
più dalla vita.
Questo momento profuma
troppo di perfezione per desiderare di più.
Angolo
di Layla
Chiunque
volesse sapere della family reunion lo lasci scritto nelle recensioni.^^
Carousel:
sono contenta che ti piacciano Erin e Travis, lui è
effettivamente tenero ed è quello di cui ha
bisogno dopo Tom. Grazie mille per la recensione e per i complimenti.
Alla prossima.
LostinStereo3:
sì, lo so che la situazione tra Erin e Tom è
strana. Erin però teme che finisca come tra i suoi genitori
e vuole evitare che succeda tra lei e Tom e in questa storia Tom
è un po' "zerbino" nei confronti di Erin xD.
Arriverà anche la Tom/Anne prima o poi e sono contenta che
tu piaccia Travis.
Grazie mille per la recensioni e per i complimenti.
|
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Capitolo 20 *** 20)Il nostro Natale separato. ***
20)Il nostro Natale
separato.
La
mattina dopo ci
svegliamo raffreddati, nonostante al ritorno dal nostra bagno notturno
ci siamo
subito ficcati sotto la doccia.
Prepariamo i bagagli in
una sinfonia di starnuti e colpi di tosse, visto che è
Natale torniamo a Poway
dai nostri.
“Quando torniamo qui?”
“Io rimango fino al 26 da
mia madre, poi dal 26 al 29 sono a New York da mio padre. Penso di
tornare qui
il 29.”
“Perfetto, allora vengo io
a prenderti all’aeroporto, comunicami
l’orario.”
Mi risponde, poi lui chiude la valigia con
un colpo secco e si siede sul letto, facendomi cenno di sedermi sulle
sue
gambe, io eseguo appoggiando la mia testa nell’incavo delle
sue spalle.
“Mi mancherai Mark.”
“Anche a me, mi piace
vivere con te.”
“Sarà per poco e poi
torneremo qui.”
Lui annuisce e mi stringe
a sé, nessuno dei due scoppia dalla voglia di tornare da
Poway e dalle
rispettive famiglie, ma dobbiamo farlo.
“Chi ti riporta a San Diego se
io sono a New York?”
“Tom o Erin, vedrò.”
“Capisco.”
A malincuore ci alziamo e
cominciamo a portare le rispettive valigie dabbasso per poi caricarle
im
macchina, sono quattro e sono subito caricate.
Abbiamo chiuso
l’appartamento, salutato i signori Fitzpatrick, ora non ci
rimane altro che
partire, cosa che mi causa un attacco di malinconia acuta. In quel
momento
vengo investita da tutti i ricordi che mi legano a
quell’appartamento: la prima
volta che ci sono venuta, quando abbiamo fatto l’amore sul
divano il primo
giorno in cui mi ci sono trasferita, quando Mark ha quasi bruciato la
cucina
per tentare di cucinare il pranzo.
“Ruby?”
“Arrivo.”
Entro in macchina e
partiamo: destinazione Poway.
Nell’abitacolo si sente
solo la musica dei Cure, Mark non ha voglia di parlare e mi chiedo
perché, di
solito è un logorroico di prima categoria quando
è nervoso o agitato.
“Cosa c’è, Mark?”
“Non voglio vedere mio
padre, è stato assente per tutta la mia adolescenza e quando
è riapparso per
divorziare da mia madre e farci trasferire a Frisco.
Non ho voglia di rivedere
lui, la sua compagna e il loro figlioletto a cui dedica tutte le sue
attenzioni, cosa che non ha fatto con me e Anne.”
Io sto zitta, so cosa si
prova a venire messi da parte completamente da un padre e so cosa vuole
dire
non avere alcun desiderio di vederlo con una famiglia che è
la sua, ma non la
tua.
“Cerca di sopportare, se
proprio ti rompi vattene prima da New York.”
Lui non dice nulla e segue
scrupolosamente i cartelli per immettersi in autostrada, non ne ha
bisogno
perché conosce il percorso a memoria.
Visto che nessuno dice
nulla lascio che le mie palpebre calino, gli occhi mi si chiudano e che
il
sonno abbia la meglio su di me.
Vengo svegliata quando
siamo ormai davanti a casa mia e quando vedo una certa macchina nel
cortile,
metto una mano su quella che Mark tiene sul cambio.
“Mark, vieni anche tu! C’è
nonna!”
Lui sorride, gli piace mia
nonna e insieme scendiamo dalla macchina
e percorriamo il vialetto che porta fino al portico e
all’entrata, Mark
mi porta galantemente le valige.
Busso e il volto di mia
nonna è la prima cosa che vedo quando la porta si apre.
“Nonnaaaa!”
Urlo abbracciandola.
“Ciao, piccola.
Ciao Mark, come stai?”
Lui arriccia il naso.
“Diciamo bene, non muoio
dalla voglia di rivedere mio padre.”
Lei annuisce e ci fa segno
di seguirla in casa, ci offre una birra e chiacchieriamo un
po’ con lei e mio
nonno: c’è una bella atmosfera, che sa di casa e
famiglia.
Solo che a un certo punto
Mark si alza, appoggia la bottiglia vuota sul tavolo del salotto e mi
guarda.
“Rimarrei volentieri, ma
devo andare a casa mia.”
“Capisco, felix navidad,
Mark.”
Mia nonna lo abbraccia,
nonno gli stringe la mano e io lo bacio e lo abbraccio, per poi
accompagnarlo
alla porta e dargli un altro bacio.
Lo guardo salire in
macchina e poi allontanarsi sorridendo.
“Lo ami proprio, vero?”
Mi dice mia nonna.
“Da morire.”
Rispondo io.
“Erin è arrivata?”
“Non ancora.”
“Bene, io ne approfitto
per mettere via la mia roba.”
Salgo al piano di sopra,
trascinandomi dietro la mia valigia e percorro il corridoio su cui si
affaccia
quella che una volta era la mia stanza. Con un po’ di
batticuore abbasso la
maniglia per entrare e vedo che mamma non l’ha cambiata di
una virgola, sembra
una vecchia amica pronta per accogliermi con i suoi ricordi condivisi.
Sorridendo inizio a
mettere via i miei vestiti e a portare le cose in bagno, mi fa strano
tornare
qui, forse perché ormai mi sono abituata a vivere da sola e
a dividere i miei
spazi con Mark.
Ho finito quando sento la
porta di casa aprirsi e mi affaccio dalla cima delle scale: Erin
è arrivata e
corro ad abbracciarla.
Dopo di me le danno il
benvenuto mamma, nonna e nonno; come è successo con me e
Mark le offrono della
birra e poi parliamo un po’, poi anche lei sparisce per
mettere a posto le sue
cose.
È la vigilia e mia madre
sta già cucinando per la cena, così mi affaccio
alla porta della cucina e le
chiedo se ha bisogno di una mano.
“No, vai pure. Io e nonna
vogliamo offrirvi una cena della vigilia degna di questo
nome.”
“Ok.”
Io salgo da mia sorella e
la trovo seduta sul letto con la valigie mezze disfate e mezze no e
seguendo la
direzione del suo sguardo vedo il collage di fotografie che
l’ha bloccata.
Siamo noi prima
dell’università: Mark e Tom che fanno i cretini,
Dave che aggiusta una moto,
Matt che fa evoluzioni sullo skate, lei che bacia Tom, io in braccio a
Mark,
Kari che tira una sberla finto arrabbiata a Scott, Anne che fa boccacce
insieme
a Lars e un altro ragazzo della compagnia.
“Rivederlo è sempre un
colpo al cuore, vero?”
Lei sobbalza e mi guarda.
“Sì, sempre. Mi chiedo se
abbia fatto bene a lasciare Tom o se forse un altro giro di giostra
potevamo
concedercelo.”
Mi siedo accanto a lei.
“Litigavate tanto prima di
lasciarvi?”
“Sì, lo vedevate anche voi
che eravamo tesi e quando eravamo da soli bastava un parola pronunciata
nel
tono sbagliato per farci saltare i nervi.
Stavamo iniziando a
sbranarci e ho avuto paura, paura che avremmo finito per odiarci e che
nessuno
ci sarebbe più stato nella vita
dell’altro.”
“Allora hai fatto bene.”
Lei scoppia a piangere e
mi abbraccia, io la abbraccio a mia volta e rimaniamo così
per lunghi minuti.
“Scusa, è che a volte mi
vengono dei tremendi attacchi di nostalgia. Penso che Tom
rimarrà sempre nel
mio cuore.”
“Questo è ovvio. È il
primo ragazzo che hai amato.”
Lei mi sorride tra le
lacrime e insieme continuiamo a rimettere a posto le sue cose, anche la
sua
camera non è cambiata: è ancora piena di poster e
caotica come la ricordavo.
Ogni tanto in fondo è
bello tornare a casa.
La
sera arriva fin troppo
presto e in clima molto disteso.
Mamma e nonna hanno
cucinato tortellini in brodo – con tanto di copertura di pane
sopra la pentola
come vuole la tradizione bolognese – lasagne, arrosto e
brasato.
Un pranzo da re i cui
avanzi mangeremo anche nei giorni seguenti e che è
buonissimo: hanno dato il meglio
di loro stesse.
“Come va la vita a San
Diego, Ruby?”
Mi chiede mi nonna tra un
boccone e l’altro.
“Va bene. Mark è un amore,
a volte litighiamo, ma le cose si risolvono. Quando voglio stare da
sola basta
piazzarlo davanti alla tv con un joystick in mano o con la saga di Star
Wars
nel video.
L’università credo sia
andata bene, avrò i risultati degli esami che ho appena
fatto, poco prima che
inizino gli altri.
Lavoro come correttore di
bozze, a volte è faticoso e sto in piedi fino a notte alta,
ma il vantaggio è
che non devo andare a lavoro e posso seguire i ragazzi in
tour.”
Mia nonna sorride.
“Un giorno dovete venire
da me e farmi sentire i blink.”
Io arrossisco.
“Beh, volentieri, ma i
testi di alcune canzoni sono…”
“Stupidi, volgari e poco
adatti a una signora come me?”
Mi precede lei.
“Sì.”
“Non fa niente, al massimo
gli tirerò le orecchie.
Tu Erin?”
Lei alza le spalle.
“Io vivo con Anne, è una
brava coinquilina. Mi lascia i miei spazi e io le lascio i suoi, quindi
non
litighiamo molto.
Per il mio corso da tatuatrice, entro l’anno farò
lo stage conclusivo e poi potrò lavorare, spero
di avere uno studio tutto mio.
Ho un nuovo ragazzo: si
chiama Travis e fa lo spazzino a Fontana.
Ha i rasta ed è pieno di
tatuaggi e piercing e ha l’hobby della batteria.”
Mia nonna la guarda
acutamente per un po’.
“Tu ami ancora Tom.”
“Sì, ma io e lui non siamo
fatti per stare insieme. Adesso brucia, ma poi
passerà.”
Mia nonna annuisce, non so
che opinione abbia mia nonna di questa storia, ma di sicuro deve
concordare in
qualche modo con Erin. Quasi quasi dopo glielo chiedo.
Con la scusa di aiutarla a
lavare i piatti rimango da sola con lei in cucina.
“Nonna, che ne pensi di
Erin?”
Le chiedo mentre asciugo
un piatto.
“Sul fatto che abbia
lasciato Tom?”
Io annuisco.
“Beh, quando litigava con
Tom mi telefonava. Le telefonate erano frequenti e credo abbia preso la
decisione giusta. Lui è un bravo ragazzo e lei gli
è molto affezionata, anche
come amica.
Quando tutto questo sarà
sbollito e i sentimenti saranno solo di nostalgia senza amore
torneranno a
essere amici o fidanzati, ma io li vedo più come amici.
Sono preoccupata per lei,
spero scelga una brava persona come compagno, Tom lo
è.”
Io annuisco.
“Anche io spero la stessa
cosa e sono preoccupata per entrambi, Tom frequenta una sgualdrina
adesso ed è
preoccupante. È
una di quelle sgualdrine
che non ti scrolli più di dosso, come le zecche.”
Lei mi guarda.
“Può essere sgualdrina
quanto vuole, ma il giorno in cui tirerà troppo la corda Tom
la lascerà nel
peggiore dei modi, gli uomini sono fatti così: perdonano
fino a un certo punto,
poi ti lasciano.”
Io spero che sia davvero
così perché Jen tira fuori la parte peggiore di
Tom con una facilità
impressionante.
Chiacchieriamo ancora un
po’ e mi dico che mi era mancato stare con la mia famiglia
per un po’, devo
scendere più spesso a trovare mia nonna.
Nei giorni successivi non
succede molto.
Andiamo a messa, mangiamo
gli avanzi della cena della vigilia, giochiamo a tombola e vedo Mark
prima che
vada dal padre.
Ha un’aria un po’
abbacchiata, penso che non perdonerà suo padre in tempi
brevi e ne ha tutte le
ragioni.
Siamo davanti alla sua
macchina e lui mi abbraccia e mi tiene stretta a sé per un
po’.
“Mi mancherai.”
“Anche tu, ma sarà per
poco, poi tornerai da me.”
Lui mi bacia il collo.
“Hai ragione. Il mio volo
atterrà alle cinque del pomeriggio, il 29.”
Io anniusco.
“Mi farò trovare lì, credo
sarà Erin a darmi un passaggio, così porta a casa
Anne.”
“Va bene. Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Mi bacia e si scoglie
dall’abbraccio per infilarsi poi in macchina.
Osservo quella macchina
fino a che non scompare dalla mia vista e mi auguro che a New York
passi
giorni, se non buoni, almeno decenti e che non torni amareggiato.
Non mi piace vederlo
triste esattamente come non mi piacciono gli uomini che si comportano
come il
mio e suo padre, è un odio viscerale: fanno solo soffrire le
persone con le
loro decisioni e indecisioni.
Rientro in casa e mi
ritrovo faccia a faccia con mia nonna.
“Prima mi hai chiesto cosa
ne pensassi di Erin e Tom, ora lascia che ti dica cosa ne penso di te e
Mark:
spero di vedervi sposati.
Spero che in casa vostra
ci sia una di quelle cornici con la vostra foto il giorno del
matrimonio e con
gli scheletrini vestiti a nozze.”
Io mi asciugo una lacrima.
“Anche io spero che sia
così.”
L’immagine di me in abito
bianco e di Mark che mi aspetta all’altare mi causa una
fitta, ma non di
dolore, di pura e meravigliosa felicità.
Il
29 dicembre arriva
presto e come io e mia sorella siamo arrivate, così ce ne
andiamo.
Finisco di caricare le mie
coese nella macchina di Erin e poi vado ad abbracciare e salutare
mamma, nonna
e nonno.
“Fai molta attenzione.
Vedi di non perdere il lavoro e di non farti mettere incinta.
Spero che i voti dei tuoi
esami siano buoni.
Tu, Erin vedi di non
esagerare con il tuo ragazzo.”
Mamma.
“Salutami Mark, buona
fortuna con gli esami e con tutto!”
Nonna.
“Vi voglio bene, fate del
vostro meglio.”
Nonno.
Sorridendo io ed Erin
saliamo in macchina, pronte per tornare a San Diego, io anche molto
impaziente
di rivedere il mio Mark.
“Senti.”
La voce di mia sorella
interrompe il flusso dei miei pensieri, focalizzati su come
sarà rivederlo e
come lo accoglierò.
“Sì?”
“Prima passiamo da casa
tua e poi da casa mia per scaricare le valige o quelle di Mark e Anne
non ci
entreranno mai.”
Io annuisco e comincio a
tamburellare il ritmo della canzone che stanno passando alla radio:
“Friday i’m
in love” dei Cure.
All’uscita per San Diego
ci troviamo imbottigliate in una colonna bestiale, come se tutti
avessero
deciso di tornare in città proprio in quel momento.
“Dici che ce la faremo ad
arrivare in aeroporto in tempo?”
Chiedo a mia sorella che
guarda accigliata la lunga fila di macchine davanti a noi.
“Spero di sì, non mi
aspettavo così tanto traffico.”
Lentamente e tra mille
imprecazioni riusciamo ad arrivare a casa mia e io scendo velocemente
con lei
per portare le mie due valigie di sopra.
Non mi perdo in tante
azioni, le butto semplicemente, senza nessuna grazia,
all’ingresso e lo stesso
fa Erin.
Poi scendiamo di nuovo in
macchina e raggiungiamo casa sua e buttiamo anche lì le
valigie nell’ingresso,
quando rientriamo in macchina l’orologio segna le cinque.
Alle cinque e mezza
varchiamo i cancelli dell’aeroporto, mia sorella mi scarica
davanti alle porte
scorrevoli dell’edificio e parte per cercare un posto nel
parcheggio.
Io entro e mi dirigo verso
il gate degli arrivi, ansiosa e dispiaciuta per averli fatti aspettare
mezz’ora.
Il malumore mi passa non
appena vedo cosa stiano facendo i due fratelli Hoppus: Mark sta
cercando di
convincere Anne a spingerlo sul carrello.
Non appena mi vede si alza
di scatto e corre verso
di me – come nei
film – e mi solleva da terra facendomi girare.
Io prendo il suo volto tra
le mie mani e lo bacio con passione, dimenticandomi che siamo in un
aeroporto
affollato e che la gente commenta.
Quando mi rimette a terra
mi abbraccia forta.
“Bentornato!”
Sussurro contro il suo
petto.
“Mi sei mancata, stare da
mio padre è stato un incubo.”
“Come mai?”
“La sua nuova compagna
ispira istinti omicidi.”
Finalmente mi lascia
andare e mano nella mano raggiungiamo Anne che ci osserva sorridendo,
vicino al
carrello con le loro valigie.
“Ciao Anne, scusa per il
ritardo, ma c’era un traffico pazzesco.”
“Non ti preoccupare! Ora
che Mark si è sfogato sono contenta.”
Lui alza un sopracciglio.
“Sfogato con un bacino?
Non appena arriviamo a casa io e Ruby facciamo saltare le molle al
letto!”
Io rido, ma non lo
smentisco, a quel
letto le molle
salteranno di sicuro!
“Dio santo, fate quasi
invidia! Siete un misto tra i fidanzatini ideali e due magneti che non
possono
stare lontano perché devono scopare!”
Io e Mark ridiamo e una
terza voce si unisce a noi: mia sorella è arrivata.
“Te ne sei accorta, Anne?
Quei due non riescono a
stare lontani!”
“Eccome se me ne sono
accorta, a New York non faceva altro che parlarmi di Ruby e tentava di
descrivermi anche le loro scopate, non sai quante volte l’ho
dovuto fermare!”
Io mollo una sberla sulla
nuca al mio ragazzo.
“Ehi, i dettagli intimi
della nostra relazione non li racconti a nessuno!”
Lui fa una faccia da
cucciolo.
“Nemmeno a Tom?”
“Nemmeno a lui. Me lo
immagino che si masturba su noi che facciamo sesso ed è
un’immagine alquanto
disgustosa.”
Le facce di Anne ed Erin
mi danno ragione, Mark mi sembra leggermente deluso, così io
mi avvicino al suo
orecchio.
“Pensa alle molle che
salteranno tra un po’!”
Un sorrisone compare
subito sul suo volto.
“I tuoi argomenti sono
sempre convincenti, Ruby!”
Io rido e lo prendo per
mano, insieme ad Anne, Erin e il carrello dei bagagli usciamo
dall’aeroporto:
mia sorella è riuscita a trovare un posto abbastanza vicino
all’entrata.
Chiacchierando carichiamo
le cose in macchina, poi rimane solo il carrello vuoto e il mio ragazzo
mi
guarda con aria implorante.
“Mi spingi?”
Io sospiro.
“Va bene, forza salta su!”
Lui esegue e io comincio a
spingerlo e poi salto sui sostegni, è un miracolo che una
macchina non ci
investa e che noi non investiamo qualcuno lungo la nostra corsa.
“San Diegoooo! Sono
tornatoooo!”
Urla Mark, esaltato al
massimo.
La gente intorno a noi
mormora, ma a noi non importa, siamo felici così.
Depositiamo il carrello e
usciamo mano nella mano dall’aeroporto, sorridendo come due
scemi.
Ora sì che sto bene, ora
sì che sta bene, ora sì che stiamo bene!
Entriamo in macchina e
partiamo verso le rispettive case, io e Mark siamo abbracciati nei
sedili
posteriori.
L’effetto magnete è
tornato potentemente attivo e non vedevo l’ora!
Viva l’elemento magnete!
Viva Mark!
Angolo di Layla
Per prima cosa ringrazio LostinStereo3 e
Carousel
per aver letto "Due su due" e aver continuato a leggere anche questa
storia, le ringrazio anche per per le recensioni lasciate allo scorso
capitolo.
LostinStereo:
eh, Andrew voleva Ruby, ma non aveva calcolato il legame
fortissimo che unisce Ruby e Mark xD.
Penso che ora se lo ricorderà, ahahahah!
Sono contenta che ti sia piaciuta la cena di Natale e Tom è
decisamente un coglione, speriamo apra gli occhi prima o poi.
Grazie mille per la recensione e per i complimenti
|
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Capitolo 21 *** 21) Darth Vader e la fatina. ***
21) Darth Vader e la
fatina.
Arriviamo a casa che ormai
è sera inoltrata, salutiamo gli altri e trasciniamo le
valigie di Mark a far
compagnia alle mie.
Non c’è nessuna fretta di
rimetterle a posto, la pensa così anche lui visto che mi
prende in braccio e
poi mi stende sul letto della nostra camera.
Lo guardo incantata
togliersi felpa e maglia e poi lo sento su di me, mi bacia e infila le
mani
sotto la mia felpa per togliermela insieme alla maglia.
Poi si alza un attimo e mi
guarda già con gli occhi leggermente velati di desiderio.
“Oh, il mio reggiseno
preferito! Ciao amico!”
Mi bacia da sopra la
stoffa, il maledetto torturatore!
Mi stringo ancora di più
al suo bacino e lui inizia a muoverlo come se mi stesse penetrando, io
inizio a
gemere.
“Mark.”
“No, no, con calma!”
Adesso mi accarezza la
pancia e si avvicina sempre di più all’orlo dei
pantaloni, senza togliermeli.
"Mark!”
Faccio implorante io, lui
mi accontenta togliendomi il reggiseno.
Sto per implorarlo di
nuovo, ma lui comincia finalmente a toccare, baciare, leccare e
mordicchiare i
miei seni.
In questo momento mi sento
come cera nelle sue mani e mi va bene.
Poi scende e mi toglie i
pantaloni, io tolgo i suoi e comincio a massaggiare il suo amichetto da
sopra i
boxer: è eccitato, eccome se è eccitato, ma mi
toglie le mani e si dedica a me.
Via le mie mutande e si
posiziona tra le mie gambe: piano piano, giocando sapientemente come
solo lui
sa fare mi porta al primo orgasmo.
“Buono, sai di buono!”
Riprende a baciarmi e io
gli tolgo i boxer, prendo la pillola quindi facciamo senza preservativo.
Lui entra in me con
violenza, mi fa male, ma è un male piacevole. Poche spinte e
raggiungiamo
l’orgasmo, ma per lui non è abbastanza.
Dopo un po’ mi porta
gentilmente la mano sul suo pene e mi capire cosa vuole.
Lo accontento fino a
quando lui non mi toglie la mano: ha gli occhi lucidi di piacere e di
desiderio, ma soprattutto d’amore.
Per la seconda volta entra
in me, ma questa volta sono spinte lente e lunghe, con tanto di piccoli
bacini
dati un po’ ovunque e carezze dolci.
“Ti amo, ti amo.”
Mi sussurra all’orecchio.
Io gli graffio la schiena.
“Anche io, anche io.”
Quando raggiungiamo
l’orgasmo di nuovo io urlo il suo nome e lui il mio.
Cade sudato e ansante su
di me e io lo coccolo con una dolcezza che conosce solo lui.
“Bentornato a casa.”
“Tu sei la mia casa!”
Mi sussurra prima di
addormentarsi di schianto.
Le mie guance sono solcate
da lacrime silenziose, è bello essere la casa di qualcuno
che ami, è la miglior
dichiarazione che si possa ricevere.
Continua ad accarezzarlo
anche dopo che si è addormentato fino a che non mi
addormento anche io
sorridendo.
Ho il cuore che mi scoppia
dalla felicità.
Probabilmente dormiremmo
fino a notte fonda, ma un peso che si abbatte su di noi con la
gentilezza di un
panzer tedesco ci sveglia.
Un sorridente Tom con un
cappellino arancione ci guarda come se fosse la cosa più
normale del mondo lanciarsi
su due persone innocenti che dormono.
La mia mano scatta da sola
verso la lampada accanto al letto e il mio lancio manca di pochi
centimetri la
sua testa.
“Esci di qui,se non vuoi
ritrovarti con la testa rotta in duecento pezzi!”
Ringhio, lui scappa e Mark
mi guarda incredulo.
“Lo sai che sei
pericolosa?”
“Lo so, lo so.
Una serial in incognito,
vestiti che vediamo cosa vuole il rompi cazzo!”
Ci vestiamo e andiamo in
sala, Tom è comodamente sdraiato sul divano, io punto
direttamente alla cucina,
lasciando che sia il mio ragazzo a vedersela con lui: io ho bisogno di
un caffè
per poter ragionare lucidamente.
Li sento parlottare di là,
mentre la moka fischia ad indicare che il caffè è
pronto, io me ne bevo due
tazze e torno in salotto.
Tom mi guarda spaventato.
“Vuoi ancora uccidermi?”
Io per tutta risposta gli
tolgo il capellino e gli schiocco un bacio in fronte prima di sedermi
accanto a
lui.
“Che ci fai qui, piaga?”
Lui ride e si rimette il
cappello.
“Uno: vi ho portato la
cena, dal cinese all’angolo.”
“Solo per questo non
meriti più la lampada in testa.”
“Ah, non perché è
eticamente scorretto o perché rischiavi di uccidermi. Mark
ti sei messo con una
criminale!”
Mark ride e Tom prosegue
con il suo discorso.
“Due: un argomento di cui
discutere.”
“Grazie per la cena, forse
alla luce di questo quella lampada non te la meritavi.
Quale argomento porti?”
“Prima mangiate.”
Lui tira fuori un po’ di
cose prese a caso dal cinese e
le
dispone sul tavolo, io e Mark lo seguiamo: siamo abbastanza affamati.
“Mark prima ha detto che è
riuscito a sparare due colpi dalla sua pistola, confermi?”
Io alzo gli occhi al
cielo.
“Sì, e adesso mangiamo!”
Lui picchia sulla spalla
di Mark – rischiando di soffocarlo – e si profonde
in copiosi complimenti.
Mah.
Finito di mangiare si
siede sulla sedia davanti a noi.
“Allora, cosa ti turba,
DeLonge?”
“Capodanno. Che
facciamo a
capodanno?”
“Un festa?”
“Qui?”
Chiede speranzoso il
biondino.
“No, o ci cacciano e non
voglio iniziare il nuovo anno da barbona!”
Lui sbuffa.
“Va bene, la facciamo da
me, non c’è problema.
Vi va di sentire la mia
idea?”
Io e Mark ci guardiamo.
“Sei venuto qui, hai
rischiato di prenderti una lampada in testa e domandi pure se vogliamo
sentire
la tua idea?
Vuoi in vaso in testa
questa volta?”
Risponde Mark.
“Uh! Che brutta influenza
eserciti su di lui!
Comunque, pensavo di fare
una festa mascherata.”
“Quelle si fanno per
Halloween o Carnevale!”
Lui alza gli occhi al
cielo.
“è qui la sta la cosa
figa, romperemo la tradizione!”
Lo vedo preso bene, così
rinuncio a qualsiasi obbiezione, che festa mascherata sia!
Nei
giorni seguenti
contattiamo un po’ di gente che conosciamo e il 31 mattina
io, mia sorella,
Anne, Hayley e Skye addobbiamo la casa.
Dato che non abbiamo idea
di cosa uscirà di preciso attacchiamo una strana successione
di festoni con dei
teschi, delle maschere e degli alieni e mettiamo candele un
po’ ovunque.
La casa l’abbiamo già
ripulita la sera prima e quindi è abitabile.
Cuciniamo qualcosa e poi
mettiamo e mettiamo tutto in frigo, Skye ha l’incarico di non
far toccare ai
ragazzi il cibo.
Poi finalmente arrivo a
casa e grazie alle premure della signora Fitzpatrick il pranzo lo trovo
già
pronto con tanto di Mark già a tavola.
“Come procede?”
“Mh, così. Non è molto
chiaro cosa Tom voglia fare.
Tu da cosa ti travesti?”
Sul suo volto si apre un
sorrisone.
“Dopo mangiato lo vedrai!”
“Ok.”
Sorridendo inizio a
mangiare le polpette di Meg, sono davvero buone, quella donna ha le
mani d’oro.
Un giorno spero di diventare anche io così brava a cucinare,
anche se probabilmente
se succedesse il mio ragazzone diventerebbe obeso.
Mangiamo chiacchierando e
a fine pasto non mi lascia nemmeno andare a lavare i piatti, mi carica
sulle
spalle e mi porta in camera.
Vabeh, ogni tanto mi
tratta da sacco di patate, ma non mi posso lamentare.
Mi deposita accanto a
letto e mi mostra orgoglioso come un bambino
il suo costume: un mantello nero con tanto ci cappuccio,
una maschera di
Darth Vader e una spada laser.
“Amore, sono bellissimi!
Sarai un bellissimo oscuro
signore!”
Lui si mette la maschera e
la sua voce esce alterata come nel film.
“Vuole concedermi l’onore
di andare al ballo con me, signorina?”
“Sì, mio signore!”
“Tu da cosa ti travesti?”
“Vieni!”
Con un gesto lo invito a
raggiungermi davanti all’armadio, da dove tiro fuori un
completo da fatina: un
corpetto nero con dei laccetti arancioni, la gonna fatta di seta e
pizzo
arancioni e gialli in modo che ricordino dei petali, dei guanti neri di
seta e
delle ali arancioni.
“Bellissimo!
Darth Vader e la fatina!”
Io sorrido e finalmente
lavo i piatti, mentre lui si butta sul divano a guardare la tv, ci sono
i Simpson.
Io lo raggiungo venti
minuti dopo e mi sdraio accanto a lui che mi abbraccia e seppellisce la
sua
testa nell’incavo del mio collo.
Inizia ad annusarlo e mi
sento leggermente imbarazzata: che gli prende?
“Che fai?”
“Niente, sai di buono!”
Io rido e continuo a
guardare la tv con lui, passiamo il pomeriggio a commentare acidamente
tutti i
programmi più stupidi che la tv via cavo ci offre.
È un pomeriggio pieno di
risate e sigarette.
Un pomeriggio perfetto,
una gemma da conservare
preziosamente, come quella notte di ferragosto di due anni fa.
È quasi con dispiacere che
alle sette lo faccio alzare dal divano per iniziare a prepararci,
inutile dirlo
la doccia la facciamo insieme.
Per risparmiare tempo,
dice lui, perché ha voglia di sesso, penso io.
Usciamo dal bagno
sorridendo come due scemi e iniziamo a vestirci, lui indossa una maglia
nera e
dei pantaloni e poi mi chiama.
“Signorina, vorrebbe
allacciarmi il mantello?”
“Sì, mio signore!”
Rido io,aiutandolo a
metterselo e allacciandoglielo e aiutandolo poi con la maschera.
Finito, lui si siede
soddisfatto sul letto e guarda me – in intimo –
vestirsi, io mi metto il mio
costume e poi cerco di allacciare perfettamente i laccetti del
corsetto, ma non
ci riesco.
Lo sento alzarsi e con una
mossa gentile mi volta verso di lui e me li allaccia lui.
“Grazie!”
“Di nulla, mi sembravi in
difficoltà!
Non vedo l’ora di litigare
con questi laccetti stanotte!”
Io gli do una pacca sulla
schiena.
“Ma possibile che sempre
lì vai a parare!”
Lui ride.
“Ehi, chi fa sesso il
primo dell’anno fa sesso tutto l’anno.”
Io gli punto un indice
contro il naso, finto minacciosa.
“Sì, ma solo con me,
mister Hoppus!”
“Solo con lei senorita
Ferreira!”
Mi bacia e se non lo
fermassi arriveremmo anche in ritardo alla festa.
Mi metto delle calze e
degli anfibi e presi borsa e giubbotto usciamo.
“Sei la fata più bella che
io abbia mai visto!”
“E tu con quella voce mi
fai leggermente impressione!”
Saliamo in macchina ridendo
e arriviamo da Tom quando metà della gente è
arrivata: David indossa un abito
elegante e un mantello da vampiro.
“Scusa, non sapevo cosa
mettere. Non ho capito un cazzo di quello che voleva fare
Tom!”
Matt ha deciso di non
vestirsi e Skye è vestita da punk come lui, Hayley invece
indossa una maglia
grigia che le arriva alle ginocchia, tutta stracciata, delle calze e
degli
anfibi.
Una zombie.
Anne invece indossa un
vestito bianco in stile settecento, Trav invece si è vestito
da giamaicano.
Noi e altra gente ci
mettiamo a tavola e iniziamo a mangiare quello che io e le ragazze
abbiamo
preparato. Viene tutto molto apprezzato, dato che sparisce velocemente
negli
stomaci voraci dei ragazzi e delle ragazze presenti.
Ora che lo noto ci sono
anche Scott, Kari, Lars e Avril e i Green Day, gli altri non li
conosco: sono
amici dei ragazzi e colleghi di Mark e qualcuno si è portato
la ragazza.
Alle dieci abbiamo finito
di mangiare.
“Non pensate di andare sul
divano!
Stasera suoneranno insieme
i Green Day e i Blink!”
“Tom non ho il basso,
cretino!”
“Sono andato a prendertelo
prima, mentre ti facevi la tua ragazza sotto la doccia!”
Io arrossisco.
“Tom, porca paletta! Da
stalker sei passato a ladro?
Appena riaprono i negozi
cambio la serratura!”
“Io mi farò comunque una
coppia delle chiavi, Mark è tanto distratto!”
Alza le spalle lui, io
alzo gli occhi, anche se è mio amico lo strozzerei ora.
“Tom! Faresti
perdere la pazienza a Giobbe!”
La risata di Billie Joe
interrompe il nostro battibecco.
“Ragazzi, siete spassosi!
Io però non ho capito una cosa, dobbiamo suonare?”
“Sì.”
“Perfetto!”
Loro iniziano a montare
gli strumenti e io prendo Tom per un braccio.
“è previsto l’arrivo di
Jen?”
“No, è ad Aspen con i suoi
amici.”
“Perfetto.”
Lo lascio andare e lui
corre ad aiutare i Green Day a montare i loro strumenti, se non
c’è Jen non
finirà in un disastro totale.
Dopo venti minuti la
melodia di una chitarra elettrica indica che è tutto pronto
e che non rimane
altro che ballare e pogare.
La band decide di farci
pogare fin da subito, immediatamente il gruppetto riunito in questa
casa si
mette a saltare come un unico corpo.
Ricevo spallate e le
restituisco, evito le gomitate e vengo caricata sulle spalle da Mark
che tenta
di farmi fare surf crowding, attero senza danni sul divano, ma questa
me la
paga.
In ogni caso non ci sto
molto sul divano, mi ributto subito nella folla e proprio quando i
Green Day
decidono di suonare un lento, un Darth Vader mi si avvicina e comincia
a
ballare con me, puzza di alcool.
Mark deve avere esagerato
senza che io vedessi, ma chi se ne frega è capodanno!
Mi bacia e io ricambio,
quando la canzone finisce lui sparisce.
Poco dopo la band smette
di suonare e mangiamo ancora qualcosa per riprenderci, Billie Joe e gli
altri
smontano i loro strumenti e l’improvvisato palco rimane
libero.
“Signore e signori!
Tra poco su questo palco
si esibiranno per voi i
meravigliosi
blink!”
Urla Tom al microfono,
provocando un ruggito della folla.
Altri strumenti vengono
montati e questa volta è la melodia trascinante di un basso
a scaldare la
folla: Carousel.
All’entrata di chitarra e
batteria iniziano tutti a saltare, l’ho sempre detto che
quella canzone avrà un
futuro!
Ben presto il pogo inizia
di nuovo, io mi siedo un attimo per riposare e vengo raggiunta da
Hayley.
“Sono forti i blink!
Fai i complimenti a Mark
da parte mia!”
“Puoi farglieli anche tu,
non mi offendo.”
Lei sorride.
“Qui qualcuno ha trovato
qualcuno carino! Mi devo preoccupare?”
Lei ride buttando indietro
i capelli.
“No, no! Ho parlato prima
con Scott, sembra un tizio ok!”
“Ha quindici anni.”
Lei annuisce.
“Lo so, ma tre anni di
differenza non sono poi così tanti.”
Io annuisco.
“Già, vedi tu cosa fare.
Io non sono in grado di dare consigli: ho trovato Mark per caso.
O meglio lui mi ha trovato
e mi ha pazientemente stanata dal mio angolo.”
Lei annuisce e ci
ributtiamo nel pogo, a mezzanotte il
concerto dei blink finisce e noi usciamo per vedere i fuochi
d’artificio e per
scoppiare qualche petardo.
Con la coda dell’occhio
vedo Lars e Avril baciarsi e Scott e Hayley fare lo stesso.
Io sento due braccia
conosciute che si avvolgono attorno alla mia vita e una voce metallica
che mi
sussurra: “buon anno!” in un orecchio.
“Buon anno anche a te,
Mark.”
Mi volto, gli tolgo la
maschera da Darth Vader e lo bacio, non faccio a tempo a staccarmi che
Tom
rifila in mano a me e a lui un bicchiere di plastica pieno di champagne.
Noi lo alziamo a mo’di
brindisi urlando “Buon anno nuovo!”, da
lì in poi è un susseguirsi di baci,
abbracci e auguri.
Finito anche quel rituale
rimaniamo semplicemente fuori a ballare tra il rumore dei fuochi di
artificio e
incuranti del freddo. È l’alcool che scalda la
maggior parte delle persone,
Verso le due io Mark
andiamo a casa, ignorando le condizioni in cui versa la casa di Tom: un
devasto.
Non appena mettiamo piede
nel nostro appartamento inizia a baciarmi come se non ci fosse un
domani.
“Ehim vuoi proprio finire
quello che hai iniziato durante la canzone dei Green Day?”
Lui mi guarda stralunato.
“Io non ti ho baciato
durante il concerto dei Green Day.”
Queste parole sono
come una secchiata di acqua
gelida per me, mi stacco pallida come una morta.
“Ma se io non ho baciato
te, chi ho baciato?
C’era un altro Darth Vader
alla festa?”
Non aspetto una sua
risposta perché mi metto le mani tra i capelli e mi metto in
una posa
leggermente curva.
“Oddio, ho baciato un
altro! Sono una persona orribile!”
“Ma…”
Non sento cosa mi dice
perché mi chiudo in bagno a piangere, disperata.
Come ho potuto fare una
cosa del genere a Mark?
Adesso penserà che io sia
una cattiva ragazza! M i faccio schifo e le lacrime scendono sempre
più
copiose.
Rimarrei così tutta la
notte se dei colpi non si abbattessero sulla porta dipinta di azzurro
chiaro
del nostro bagno: Mark sta bussando.
“Ruby, apri questa porta!”
Io non rispondo e continuo
a piangere, non me la sento ancora di essere lasciata.
“Ruby apri, dobbiamo
parlare!”
“Io non apro.”
“Ruby apri o butto giù la
porta!”
A quella minaccia – a
malincuore – apro la porta e mi ritrovo davanti un Mark
leggermente alterato.
“Si può sapere cosa ti è
preso?”
“Ho baciato un altro! Ti
ho tradito!”
Lui sgrana gli occhi.
“Tu credevi di baciare
me?”
“Sì.”
“Allora non mi hai
tradito! Non volevi baciare quel cazzone, solo me!”
Io scoppio a piangere di
nuovo e lui mi abbraccia.
“Non mi hai tradito, hai
capito?”
“Ti amo, Mark!”
“Ti amo anche io.”
Mi prende in braccio e poi
mi porta in camera.
“Che vuoi fare?”
“Iniziare il primo anno in
modo decente!”
Fa con un ghigno
malizioso.
Io ghigno a mia volta,
sono fortunata ad averlo come ragazzo e che mi abbia perdonata.
Adesso però le mie
trasmissione sono giunte a una fine, la dj ha altro da fare.
Angolo
di Layla.
Ringrazio
Carousel
e LostinStereo3
per le recenioni. Grazie mille :3
|
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Capitolo 22 *** 22) La mia felicità in pezzi. ***
22) La mia
felicità in pezzi.
Il
primo giorno dell’anno
nuovo iniziò bene per Skye.
Iniziò tra le braccia di
Matt che la tenevano stretta a lui, dandole un calore che tutte le
coperte del
mondo non avrebbero saputo darle.
Gli accarezzò leggermente
le braccia e lo sentì rabbrividire leggermente, pochi
secondi dopo senti un
bacio delicato sul suo collo e un altro sulla tempia.
“Ben svegliata, principessa.
Buon anno nuovo.”
“Ben svegliato anche a te,
mio principe punk e buon anno nuovo anche a te.”
Lo sentì ridere sul suo
collo e staccarsi per stiracchiarsi, non appena lui ricadde sul letto
lei si
intrufolò tra le sue braccia.
“Ti dei divertita ieri sera?”
“Sì, i concerti sono stati
belli e la compagnia meravigliosa, decisamente meglio di tutte le feste
ad
Aspen a cui ho partecipato.”
“Non ti manca neanche un
po’ quel mondo?”
“No, perché qui mi sento a
casa, non devo fingere, non devo essere mondana, sono solo me stessa e
a voi
piace così.”
Lui le baciò la spalla.
“Sono contento.”
Il tono aveva qualcosa di
strano, un’impercettibile nota di paura.
“Non me ne vado,
tranquillo.
Ti va se scendiamo
dabbasso a fare colazione.”
“Ok, ammesso e non
concesso che ci sia ancora qualcosa di commestibile nel
frigo.”
Scesero dal letto e
recuperarono i loro vestiti, il corridoio su cui era affacciata la loro
camera
era deserto, scendendo le scale invece dovettero scavalcare il corpo di
un
ragazzo che si era addormentato con una bottiglia in mano.
“Che disastro!”
Commentò lei.
“Mi sa che il peggio deve
ancora venire?”
Arrivati in salotto lo
trovarono ingombro della più varia spazzatura e di un altro
paio di corpi, sul
divano invece c’era un Tom mezzo nudo abbracciato a una
ragazza messicana che
somigliava molto a Erin, il che la diceva lunga su quanto
l’avesse dimenticata.
Jen avrebbe trovato pane
per i suoi denti nell’entrare nel cuore di quel ragazzo,
ammesso che avesse
voluto farlo, a Jen i cuori delle persone non interessavano molto.
In cucina – come
pronosticato da Matt – il frigorifero era desolatamente vuoto.
“Beh, principessa, se
troviamo un bar aperto sarà meglio fare colazione
lì, qui non c’è più
niente.”
“Peggio delle cavallette!”
Commentò divertita lei.
Uscirono dalla cucina, lei
agguantò la giacca di pelle e la borsa e uscì con
lui.
Nel loro giro in macchina
alla ricerca di un caffè aperto trovarono una
città deserta, c’era solo qualche
rincoglionito superstite della sera prima che vagava con
un’aria un po’
spaesata,
Alla fine trovarono un bar
aperto poco lontano dal centro gestito da una cinesina, che servi loro
cappuccino e brioche,
anche lei sembrava
piuttosto in coma, come se anche lei non si fosse ripresa dalla sera
prima.
Consumata la loro colazione,
pagarono e uscirono.
“Non ho voglia di tornare
a casa, svegliare Tom, cacciare i cadaveri e ripulire il casino che
hanno
fatto. Ci facciamo una passeggiata alla marina?”
Matt annuì sbadigliando.
“Massì stiamo in giro
ancora un po’, così magari qualcuno se ne va e Tom
inizia a pulire.”
“E magari troveremo un
unicorno in giardino.”
Il ragazzo rise e salirono
in macchina, la marina non era lontana e trovare parcheggio per una
volta non
fu difficile, erano tutti a casa.
Scesero dalla macchina e
salirono sulla lunga passeggiata che dava sull’oceano, di
solito era animata e
c’erano parecchi negozietti aperti, oggi era tutti chiuso.
C’erano solo loro due mano
nella mano che si godevano la brezza e le urla stridule dei gabbiani a
fare
loro compagnia.
“Quando ero piccola mio
padre mi portava alla marina la domenica mattina presto,
c’era la stessa pace
che c’è adesso.
Adoravo quei momenti.”
Lui non disse nulla, però
tutto in un momento sembrava essersi fatto triste.
“Ho detto qualcosa di
sbagliato, Matt?”
Lui scosse la testa.
“No, non è colpa tua se tu
hai avuto una famiglia splendida.”
“Matt…”
“Mio padre la domenica
mattina mi faceva alzare a colpi di cinghiate per farmi andare a
messa.”
La ragazza si fermò come
fulminata, all’improvviso ricordo le cicatrici che il ragazzo
aveva sparse per
tutta la schiena e che lei accarezzava dopo aver fatto
l’amore.
Matt non le aveva mai
detto cosa le avesse provocate e lei non glielo aveva mia chiesto
perché aveva
intuito che per lui fosse un argomento tabù.
Skye si fermò e lo abbracciò
più forte che poté, non sapeva cosa dirgli e
pensava che le parole fossero
inutili in quel caso. Matt si abbandonò senza difese a
quell’abbraccio,
seppellì la testa tra i suoi capelli e la strinse
più forte.
Forse aveva davvero paura
che lei se ne andasse, ma Skye non aveva nessuna intenzione di farlo
prima e
non ne aveva nemmeno ora.
Rimasero un po’ così,
cullati dai gabbiani e dal vento, poi ripresero a camminare mano nella
mano
lungo la passeggiata deserta.
Stavano per tornare alla
macchina quando Skye vide un negozietto aperto e trascinò
Matt dentro.
“Che ci vuoi prendere?”
“Aspetta!”
Skye non sapeva di preciso
cosa stesse cercando, ma quando si avvicinò alla sezione
anelli le fu chiaro.
Prese due anelli cambia
colore, uno più piccolo per sé e uno
più grande per Matt, si avviò alla cassa e
li pagò.
Matt nel frattempo era
uscito a fumarsi una sigaretta ed era appoggiato alla barriera con aria
pensierosa.
“Matt!”
Lo chiamò lei, lui la
raggiunse senza mollare la sigaretta.
“Ho una cosa per te.”
Lui inarcò un
sopracciglio.
“Tipo?”
Lei tirò fuori dalla tasca
l’anello, semplice e senza decorazioni, e lo
infilò al dito del suo ragazzo.
“Con questo ti dichiaro
ufficialmente mio. Ho capito che hai avuto una famiglia difficile alle
spalle e
che hai avuto più botte che amore, ma io, se vuoi, vorrei
essere il tuo futuro
e mi impegno seriamente a non farti male.”
Lui la guardava a occhi
sgranati mentre lei
si infilava a sua
volta un anello uguale a quello del ragazzo.
“E con questo la promessa
è sigillata!”
Lui si avvicinò e
l’abbracciò con forza.
“Ti amo, Skye, ti amo!
Grazie per aver capito!”
“Di niente.”
Fece lei contro il suo
petto.
“Tu mi hai salvato è il
minimo che possa fare per ricambiare e poi ti amo e semplicemente
voglio
vederti felice.”
Sì, il primo giorno
dell’anno era iniziato bene.
Il
primo giorno lavorativo
dell’anno invece non iniziò bene.
Dopo essere stata cacciata
di casa aveva iniziato a lavorare in un negozio di abbigliamento come
commessa
e si era sempre trovata bene, tranne quel giorno.
Quel giorno arrivò in
negozio una persona indesiderata e in cerca di rogne:Jen.
“Ehi Skye, vedo che ti sei
abituata alla vita da perdente. Com’è lavorare in
un negozio in cui prima ti
limitavi a comprare?”
Le decise di ignorare
completamente la deliberata provocazione della mora.
“Cosa desidera, signorina?
Posso aiutarla?”
Jen si mise un dito sotto
il mento.
“Non so perdente, cosa mi
consigli?”
“Le posso mostrare gli
ultimi arrivi invernali o preferisce qualcosa di più
primaverile?”
Skye avrebbe voluto strozzarla
e non mostrarle nulla, ma era al lavoro e doveva essere professionale.
Così, seppur di
malavoglia, le mostrò alcuni abitini appartenenti alla
collezione della
prossima primavera.
Jen le scorse con uno
sguardo schifato.
“Tutto qui, perdente?
Prese in mano un
abitino carinissimo di una leggera
stoffa azzurra.
“Tutta questa merda è
quello che hai da offrirmi?
Per chi mi hai presa?
Per una sfigata come te?”
Skye le portò altri
abitini, imprecando sottovoce, ma Jen non li gradì.
“Questa roba fa schifo!”
Urlò strappando un abito
fiorato e sputando sui pezzi che gettava per terra, Skye non aveva idea
di cosa
fare.
“Signorina!”
Urlò una voce fredda
appartenente alla proprietaria del negozio, Jen la guardò
beffarda.
“Sì, signora?”
“Mi piacerebbe sapere
perché ha fatto a pezzi uno dei nostri abiti.”
“Perché fa schifo e perché
il personale fa schifo, non dovreste assumere perdenti come
lei.”
Indicò Skye, ma la donna
non seguì il suo dito, la fissò invece negli
occhi.
“Nessuno dei miei clienti
si è mai lamentato della signorina Everly, solo lei.
La signorina Everly è una
commessa esemplare e lei un incivile, ragion per cui la invito a non
presentarsi più in questo negozio o la prossima volta
sarà chiamata la
sicurezza.
Episodi incresciosi come
questi sono vietati in questa boutique d’alto livello, le
scene le lasci per il
mercato, lei mi sembra abituata a frequentarlo.
Il vestito costa 500
dollari.”
Fumante di rabbia Jen pagò
alla cassa i soldi per il vestito e se ne andò sbattendo la
porta.
Skye guardò grata la proprietaria
del negozio.
“La ringrazio per avermi
difeso, signora.”
Lei sorrise.
“Una ragazza come quella
non è certo una cliente che vogliamo venga in questo negozio
e tu ti sei
comportata in modo esemplare, non cedendo a nessuna delle sue
provocazioni.”
“E ho il sospetto che
pagherò caro tutto questo.”
La donna la guardò
sorpresa.
“Conosco quella ragazza,
si chiama Jennifer.
Mi odia perché mi sono
messa con un ragazzo che non le piace e da allora cerca di umiliarmi a
ogni
costo, solo che trova sempre gente disposta a difendermi e questo fatto
la fa
arrabbiare.
Ho il sospetto che presto
assaggerò la sua vendetta.”
La donna le batte una mano
sulla spalla, comprensiva.
“Hai fatto bene a
staccarti da lei, andrà tutto bene.”
Skye però non ne era
sicura e trascorse tutta la giornata sulle spine, ma non accadde nulla
di
particolarmente preoccupante.
Quando uscì dal lavoro –
stanca e con un gran mal di testa – trovò
appoggiata alla sua macchina l’ultima
persona che desiderasse vedere: Jen.
“Cosa accidenti vuoi
ancora da me, Jenkins?
Vuoi diventare la mia
stalker?”
Lei le puntò un dito
contro.
“No, voglio la mia
vendetta, tesoro.
Sappi che pagherai tutte
le insolenze, compresa quella di oggi. Distruggerò la tua
aureola e ti farò
pentire di essere nata, Skye.”
Detto questo se ne andò,
lasciandole un’oscura sensazione di paura, quella ragazza non
minacciava mai a
caso, che asso aveva nella manica?
Salì in macchina
pensierosa e continuò a rimuginare su cosa potesse farle Jen
per tutta la
strada verso casa.
Non appena arrivò a casa,
trovò il solito caos, Tom stava suonando la chitarra sul
divano, per terra
c’era David a fargli compagnia, sporco di grasso, Matto
doveva essere in
cucina.
Lì lo trovo, infatti, intento
a preparare del riso allo zafferano.
“Buonasera.”
Mormorò spenta, lui si
voltò e capì al volo che qualcosa non andava.
“Cosa è successo, Skye?”
“Oggi è venuta Jen a fare
casino in negozio e poi ha minacciato di rendere la mia vita un
inferno.”
Lui l’abbracciò, lasciando
perdere all’istante il riso.
“Vedrai che l’ha detto
solo perché era incazzata.”
Lei scosse la testa.
“No, la troia ha qualche
asso nella manica, qualcosa che io non so e che non esiterà
a usare contro di
me.”
“Sei preoccupata?”
“Abbastanza.”
“Ci sono io qui con te.”
Lui le strinse la mano.
“Per fortuna che ci sei tu
o non saprei come fare.”
Lui sorrise e tornò al
riso, ma Skye – pur rassicurata dalle parole del suo ragazzo
– non era del
tutto tranquilla. Per la prima volta in vita sua aveva paura della sua
ex amica
e della cattiveria e malediceva il giorno in cui l’aveva
incontrata.
Sarebbe stato meglio
vivere un’adolescenza da perdente isolata che una da fighetta
come la sua, se
poi nell’età adulta doveva fare i conti con una
spada di Damocle che le pendeva
sulla testa proprio
grazie
alla persona che credeva la sua
migliore amica.
Due
settimane dopo
qualcosa cominciò a muoversi e non in senso positivo.
In università parecchia
gente la guardava strano o con aria schifata e parecchi ridevano, lei
non aveva
idea del perché e iniziava a preoccuparsi.
Ormai andare in università
era diventata una fonte di ansia per lei e né Ruby
né Hayley avevano idea del perché: Jen
doveva aver iniziato ad attuare la sua vendetta.
Ormai andava sempre più di
rado in università e temeva seriamente di fallire negli
esami di fine sementre.
Fu proprio in una di
questa giornate piene d’ansia che la sua ex migliore amica le
si avvicinò.
“Fossi in te cercherei il
tuo nome su you porn.”
Le sussurrò malefica, per
poi andarsene, Skye rimase pietrificata.
Aveva una lezione dopo, ma
la saltò e corse a casa con il cuore in subbuglio, cosa
cazzo significava
quello che le aveva detto?
Arrivata a casa accese il
computer del suo ragazzo e – vincendo un moto di repulsione
istintivo – digitò
il suo nome legato al nome di quel sito di merda e quasi non svenne
quando vide
il risultato.
C’era un video con il suo
nome e cognome. Lo aprì e vide se stessa qualche anno fa
fare sesso con Bill,
il cugino di Jen.
La vendetta di Jen era
arrivate e con una violenza inaudita.
Non avrebbe più potuto uscire
di casa senza che nessuno la riconoscesse come protagonista di quella
merda,
che tra l’altro era stata girata a sua insaputa.
Quel bastardo di Bill non
le aveva chiesto il permesso e Jen ne era venuta in possesso
chissà come.
Rimase a guardare lo schermo
per ore imbambolata, senza sapere cosa fare e con pensieri sconnessi in
testa.
Avrebbe voluto sparire dalla faccia della terra, morire:
c’era una buona
possibilità che quel video facesse il giro del mondo.
Fu così che la trovò Matt
in stato catatonico davanti al suo computer.
“Ehi, Skye! Che succede?”
Quando vide il pc accesso
e il sito dove era la sua faccia si fece interrogativa e fece partire
anche lui
il dannato video.
Quando finì fece per dire
qualcosa, ma lei lo interruppe.
“Non ti preoccupare, domani
vengo a prendere la mia roba e me ne vado.”
“Io non volevo cacciarti
di casa…”
“Ma ti fa schifo vedere me
che faccio sesso con un altro!”
“NO, volevo solo sapere
come cazzo ci è finito lì!”
“Jen!”
Sussurrò lei, lui strinse
i pugni al nome e fece per abbracciarla, ma lei lo allontanò
e scappò via,
prendendo solo giacca e borsa.
Non poteva sopportare la
pietà di Matt e si sentiva sporca
nell’abbracciarlo.
Adesso era una pornostar
senza volerlo e si faceva schifo, non voleva più contatti
con nessuno, non voleva
contaminare nessuno.
Ignorò Matt che urlava il
suo nome e i suoi passi dietro di lei e si infilò nella sua
macchina diretta
verso un posto qualsiasi.
L’ultima immagine che vide
nel finestrino era il suo ragazzo che imprecava e David che usciva per
calmarlo.
Poi furono solo lacrime,
lacrime e guidare fino al confine.
Era arrivata alla barriera
che separava Stati Uniti e Messico senza nemmeno sapere come e
perché, ma visto
che era lì tanto valeva che si desse una calmata e che si
ricomponesse.
Passò i posti di blocco
senza difficoltà e si immise nel traffico caotico di Tijuana.
Non sapeva dove andare,
per prima cosa però si fermò in un fast food a
mangiare un hamburger e delle
patatine, poi ripartì.
Non aveva voglia di andare
nei locali, perciò si diresse verso il porto – da
cui si era sempre tenuta alla
larga perché era considerata una zona malfamata –
parcheggiò e scese dalla
macchina.
Fece qualche passo e poi
si ritrovò circondata da latinos che la importunavano e non
sapeva come
liberarsene.
Fu un uomo sulla
quarantina a tirarla fuori dai guai.
“Cosa ci fa una ragazzina
come te in questo posto?”
“Voglio pillole.”
Lui alzò un sopracciglio.
“Di che tipo?”
“Barbiturici, calmanti.
Cose così.”
Lui non disse nulla e si
frugò nelle tasche del giubbotto, da cui estrasse un
barattolo arancione.
“Questo è un sonnifero, un
barbiturico, ritirato dal commercio qualche anno fa perché
ritenuto pericoloso
se preso in quantità eccessive.”
“Quanto costa?”
“50 dollari.”
Cinquanta dollari era
tutto quello che aveva nel portafoglio, ma glieli consegnò
senza esitare: aveva
deciso di morire.
L’uomo glielo porse e lei
lo infilò subito in borsa e risalì in
macchina,non voleva morire lì.
Voleva morire vedendo il
mare, ma in una zona relativamente sicura così si diresse
alla spiaggia.
Alla spiaggia c’era gente
che festeggiava e lei evitò i gruppetti e cercò
un angolino per stare da sola,
per lei festeggiare qualcosa aveva perso di senso.
Una volta trovato il suo
angolino si sedette sulla sabbia morbida e ascoltò il
placido rumore del mare.
Ad un certo punto si tolse le scarpe e mosse qualche passo dentro
all’oceano,
le piaceva quella sensazione di gelido che la portava via.
Quando uscì era
infreddolita, ma sorridente, ora poteva andarsene.
Prese il barattolo che
le aveva venduto l’uomo poco prima e
lo aprì, poi si versò una generosa
dose di
pillole in una mano e le guardò a lungo.
Pensò ai suoi genitori, a
come sarebbero stati male sapendo che aveva deciso di farla finita.
Pensò a Matt che non si
sarebbe mai perdonato di averla lasciata andare.
Poi pensò al video e
ingoiò la prima manciata, aiutata da un sorso della
bottiglietta d’acqua che
aveva in borsa.
Poi ingoiò un seconda e
una terza manciata.
Il mondo iniziava a farsi
lontano e distante e sentiva che lentamente stava perdendo contatto con
la
realtà lasciando vincere una sonnolenza calda e confortevole.
Era bello abbandonarcisi,
era come lasciarsi avvolgere da una coperta calda d’inverno o
stare tra le
braccia del suo ragazzo.
Sorrise.
L’ultima immagine nitida
che le rimandò il suo cervello fu quella della luna che
tramontava e si
immergeva nel mare di Tijuana.
Poi cadde nel buio più
totale, anche se aveva l’impressione che qualcuno –
Matt – la stesse chiamando
e scuotendo disperatamente.
Non poteva essere davvero
lui, doveva essere colpa del suo cervello che le faceva scherzi persino
prima
di morire.
Poi anche queste
sensazioni sparirono e fu solo il buio.
Angolo
di Layla
Ringrazio Carousel e LostinStereo3
per le recensioni.
Carousel:
sì, quei si danno da fare, forse fin troppo ahahahahha!
Forse dovrei metterci meno scene di sesso LOL.
Sono contenta che ti piaccia la festa di capodanno e mi dispiace di
averti fatto prendere un colpo quando si è scoperto che il
Darth Vader che ha baciato Ruby non era Mark.
Grazie mille per la recensione e per i complimenti.
Alla prossima.
LostinStereo3:
in realtà chi sia il misteriosi Darth Vader sarà
qualcosa che verrà accantonato perché
succederanno altre cose. Se vuoi sapere chi era, era Tom. Solo che ho
pensato che Se Mark fosse venuto a saperlo sarebbe successo un casino
anche con i blink e non volevo.
Grazie mille per la recensione e per i complimenti.
Alla prossima.
|
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Capitolo 23 *** 23)La mia quasi morte. ***
23)La mia quasi morte.
Sapevo
che Jennifer era
cattiva, ma non avrei mai immaginato che potesse esserlo fino a questo
punto.
Oggi alla fine delle
lezioni ho attaccato al muro una matricola che mi sembrava
particolarmente
debole e gli ho fatto sputare perché tutti si comportano in
modo strano quando
vedono Skye.
Lui ha balbettato che
c’era un suo video su youporn e poi è scappato. Ho
capito che c’entrava subito
la Jenkins e avrei voluto ucciderla.
Prima dell’omicidio però
devo pensare a come a dirlo a Skye senza ferirla e non sarà
un’impresa facile.
Mi consulto con Hayley, ma
dopo mezz’ora di discussioni non caviamo un ragno dal buco,
in qualsiasi modo
glielo diremo si concluderà in una catastrofe visto che
già adesso sta male e
non viene quasi più a lezione.
La suoneria del mio
cellulare mi distoglie dai miei pensieri, rispondo senza nemmeno vedere
chi è
il mittente e mi ritrovo a fare i conti con la voce isterica di Matt.
“Matt, cosa è successo?”
“Raggiungimi al confine,
poi ti spiego tutto.
Skye!”
“Ok.”
Chiudo la telefonata e
mi volto verso Hayley.
“Hayls, ti scoccia darmi
un passaggio fino al confine? E magari dire a Mark che sono
lì con Matt perché
è successo qualcosa a Skye?”
“Certo, non ci sono
problemi. Forza, andiamo!”
Corriamo verso il
parcheggio, saltiamo in macchina e poi ci dirigiamo verso la barriera,
lei si
ferma all’inizio della lunga coda di macchina che dagli Stati
Uniti vuole
entrare in Messico.
“Ascolta, io adesso scendo
e cerco la macchina di Matt. Ti farò sapere qualcosa appena
posso.”
Lei annuisce e mi saluta,
io scendo e comincio a camminare a passo spedito cercando la macchina
del mio
amico. La trovo quasi alla fine della coda, giusto tre macchine dopo il
cubicolo dei federali.
Busso al finestrino e lui
scende.
“Mettiti alla guida tu,
sei più esperta del traffico di Tijuana.”
Io annuisco e quando siamo
dentro non posso fare a meno di chiedergli cosa diavolo sia successo,
lui
sospira.
“Un casino, Ruby, porca
merda! Quella bagascia di Jen ha messo su you porn un video di Skye che
fa
sesso con un ragazzo e lei ha dato fuori di matto.
Prima ha detto che la
volevo cacciare e poi che mi faceva schifo vederla fare sesso con un
altro, ho
detto no a tutte e due le cose, ma lei non mi ha ascoltato ed
è scappata.
Mi sono messo subito al
suo inseguimento ed eccoci qui.”
“Lo sapevo, quella troia
di Jen la impiccherei, cazzo!”
“Come lo sapevi?”
Mi guarda allucinato.
“Poco prima che tu mi
chiamassi ho attaccato al muro una matricola e gli ho chiesto
perché cazzo
tutti agissero in modo strano quando c’era lei intorno e mi
ha detto del
video.”
Lui stringe le mani e
molla un pugno al cruscotto.
“Sono riuscito a rendere
infelice l’unica persona che mi abbia amato in vita
mia!”
“Tu l’ha resa felice, non
è colpa tua se Jen è così.”
Lui non dice nulla e
guarda fisso davanti a sé mentre io seguo l’auto
di Skye sperando che si fermi
in un qualche locale, non mi piace la direzione che ha preso.
“Merda, dove cazzo sta
andando?”
Lui mi guarda preoccupato.
“Perché?”
“Perché mi sembra stia
andando verso il porto ed è un posto piuttosto
malfamato.”
Lui grugnisce e le mie
previsioni si avverano: va verso il porto, porco Giuda!
La vediamo fermarsi e poi
parlare con un uomo sulla quarantina, Matt rimane in macchina, io
scendo a
vedere chi sia.
“Ehi!”
Urlo, lui si volta.
“Cosa ti ha chiesto la
ragazza bionda di poco fa?”
“Barbiturici.”
Io impallidisco.
“Sai dove possa essere
andata?”
“No, mi dispiace.”
Io corro di nuovo in
macchina e riferisco a Matt cosa mi ha detto quell’uomo, lui
tira un altro
pugno al cruscotto.
“Cazzo! Dove può essere
andata?”
Io rimango un attimo a
pensarci, sempre più nervosa perché ogni secondo
è prezioso in un caso come
questo.
“Andiamo alla spiaggia,
non credo voglia andare in un locale dopo quello che le è
successo.”
Metto in moto e raggiungodi
nuovo
la parte trafficata della città, parcheggio in
terza fila e poi io e
Matt ci addentriamo nella spiaggia.
Il luogo a quest’ora
brulica di fuochi e di piccole festicciole in cui circolano liberamente
alcool
e droga, io e Matt chiediamo continuamente se qualcuno ha visto una
ragazza
bionda con un paio di jeans e una maglia dei Sex Pistols.
Nessuno l’ha vista e io
inizio a perdere le speranze e a credere di avere sbagliato
completamente posto
quando un ragazzo ci
dice di averla
vista e ci indica in quale direzione sia andata.
Io e Matt ci avviamo verso
il bagnasciuga sempre più preoccupati, la sabbia in cui
affondano le nostre
scarpe inizia a essere odiosa.
Finalmente vediamo un
corpo e scattiamo tutti e due in avanti: è Skye.
Sembra mezza incosciente,
Matt la chiama e la scuote, ma è tutto inutile: perde
conoscenza del tutto. Io
raccolgo il barattolo di pillole e chiamo un’ambulanza.
In un quarto d’ora
arrivano i paramedici e io consegno le pillole a loro, Matt sale
sull’ambulanza, io invece li seguo in macchina.
Spero con tutto il cuore
che non sia troppo tardi.
Arrivata all’ospedale,
parcheggio e vado al pronto soccorso, chiedo di Skye e mi dicono che il
suo
ragazzo la sta aspettando indicandomi dov’è Matt.
È seduto sulle panche di
lungo corridoio e si tiene la testa tra le mani.
“Come ho fatto a
permettere che tutto questo accadesse?
Perché non me ne sono
stato al mio posto?
Se lei dovesse morire
sarebbe colpa mia!”
Io lo scuoto.
“Tu l’hai fatta felice e
il tuo posto è accanto a lei e lei non
morirà!”
Trascorriamo una terribile
mezz’ora in attesa di qualche notizia e quando il medico
esce, arrivano anche i
genitori di Skye e quella bastarda di Jen.
“Sta bene.”
Ci dice il medico.
“Le abbiamo fatto una
lavanda gastrica e sta bene!”
Il medico ci lascia da
soli.
“Cosa hai fatto a mia
figlia?”
Urla a Matt il padre di
Skye.
“Le ha salvato la vita,
ecco cosa ha fatto!”
Urlo io.
“Se volete sapere perché
ha tentato di suicidarsi perché non lo chiedete a Jen?
Perché non le chiedete con
che coraggio ha messo un video su un sito porno in cui c’era
Skye e di cui Skye
non era sicuramente a conoscenza?”
“Il video l’ha messo lui!”
Urla Jen.
“Non sono io quello nel
video, non sono io!”
Lei arrossisce in modo
sgradevole.
“Perché non dici ai suoi
genitori di come
l’hai cacciata di casa,
tormentata e poi costretta a questo?
Forse perché ci sono
troppi testimoni che ti hanno visto fare queste cose?”
Faccio io tagliente, il
rossore sulle sue guance diventa ancora più sgradevole.
“Jen, guardami!”
La voce della signora
Everly la fa voltare verso di lei e in un centesimo di secondo uno
schiaffo si
abbatte sulla guancia di Jen, che se la massaggia incredula.
“Conosco quel rossore
sulle tue guance. Sin da bambina ti veniva quando gli altri ti
mettevano con le
spalle al muro dopo una serie di malefatte.
Tu hai messo quel video in
rete e costretto mia figlia a suicidarsi.
Vattene! Non voglio più
vederti!”
“Crede a quei perdenti e
non a me?”
“Loro sono andati a
cercare mia figlia e non tu.”
“Ve…”
Io le tiro uno schiaffo.
“Non iniziare con il “Ve
ne pentirete” perché giuro che ti ammazzo a mani
nude, Jennifer Jenkins.
Azzardati a dare ancora
fastidio a me e ai miei amici e ti faccio pentire di essere venuta al
mondo e
sai che non scherzo.
Aprirò il tuo armadio e
lascerò che tutti i tuoi scheletri ti trascinino con
sé nella danza della
morte.”
Lei deglutisce e dopo
averci lanciato un’ultima occhiata velenosa se ne va.
Un’infermiera esce e ci
dice che Skye può vedere al massimo due persone alla volta:
Matt e la madre
sono i primi a entrare, così io rimango sola con il signor
Everly.
È un uomo sui
quarantacinque anni biondo, che somiglia molto a sua figlia.
“Spiegami un po’ di cose…”
“Ruby, Ruby Ferreira. Beh,
sono una compagna di università di sua figlia e la prima
volta che l’ho
incontrata ho pensato, senza offesa, che fosse il cagnolino di Jennifer.
Non aveva l’aria particolarmente
felice, ogni tanto è uscita con la mia compagnia, ma ha
sempre tenuto nascosto
tutto a Jen perché lei non avrebbe approvato.
Jen odia i perdenti.”
L’uomo storce per un
attimo le labbra.
“A una festa ha conosciuto
Matt e il giorno dopo si sono messi insieme. Jen l’ha
cacciata di casa e per
ora vive a casa di Matt. In università la tormenta in ogni
possibile modo
chiamandola perdendola e altri soprannomi simili.
Ha minacciato più volte di
rovinare la vita di sua figlia, l’ultima quando Jen ha fatto
una scenata dove
Skye lavora e la proprietaria ha difeso Skye.
Il filmato che ha
scioccato sua figlia al punto di suicidarsi l’ha messo in
rete Jen e credo che
poi sua figlia le racconterà altri particolari.”
L’uomo si prende la testa
tra le mani.
“E io che credevo che
lasciarla qui con Jennifer fosse una buona cosa!
Dove ero mentre mia figlia
stava così male?”
Io non rispondo, non
saprei cosa dire a quest’uomo se non che è facile
cadere nella rete di Jen.
Poco dopo escono la madre
e Matt ed entriamo noi.
“Ruby!”
Si anima Skye appena mi
vede.
“Convinci Matt che non è
colpa sua se io sono qui, che ho fatto tutto di testa mia e che lo amo.
Non voglio che se ne
vada!”
Poi vede suo padre.
“Ciao papà, scusa per il
casino.”
Lui si siede.
“Piccola, perché non mi hai
detto che stavi così male e che Jen ti tormentava?”
“Non volevo farvi
preoccupare.”
“Sei un tesoro, adesso
torni a New York con noi!”
“Non voglio lasciare
Matt.”
Si irrigidisce lei.
“Se vuole può venire anche
lui.”
Lai mi guarda speranzosa.
“Parlaci.”
“Vado.”
Esco e mi metto alla
ricerca di Matt Sullivan, lo trovo che beve un the alle macchinette con
lo
sguardo perso nel vuoto.
“Non pensarci nemmeno.”
“A cosa?”
“A lasciare Skye.”
“Le ho fatto solo del
male!”
Lo scuoto violentemente
per le spalle.
“Jen le ha fatto del male,
non tu. JEN!
Lei ora se ne andrà a New
York e non vuole partire senza di te.”
“E il video?”
“Sparirà. Lascia fare a me
ed Erin, adesso va’ da lei.”
Lui si alza e mi segue, i
genitori di Skye
sono fuori dalla stanza
e ci fanno cenno di entrare.
La mia amica guarda il
vuoto e si rianima non appena vede Matt.
“Mi dispiace di averti
fatto preoccupare! Non dovevo!”
Lui le prende una mano e
gliela accarezza.
“Va tutto bene, Skye. Va
tutto bene, ora.”
“Me ne vado a New York.”
“Lo so, vengo anche io.”
Lei lo guarda incredula.
“Ehi, non posso lasciar
partire la persona più importante della mia vita senza
seguirla anche io.”
Skye allarga le braccia e
Matt ci si tuffa dentro, si stringono in un abbraccio fortissimo e io
sorrido.
Anche questa è finita
bene, ora devo solo pensare a come ottenere quel cazzo di video e per
questo mi
serve Erin.
La
mattina arrivano tutti
in ospedale a trovare Skye: Mark, Tom, Trav, Scott, mia sorella, Anne,
David e
Hayls.
La visitano tutti a turno
e quando Mark mi passa accanto lo afferro gentilmente per un braccio.
“Scusa per non averti
chiamato, ma ero davvero preoccupata per Skye.”
“Non fa niente,
l’importante è che ora stia bene.”
“Beh, dopo una lavanda
gastrica sta meglio, lei e Matt se ne andranno a New York
purtroppo.”
Lui sospira e si passa una
mano tra i capelli rossi.
“Beh, visto quello che è
successo è comprensibile, ma mi mancheranno.”
Io lo abbraccio.
“Anche a me, ora scusami,
ma devo parlare con Erin. È ora che questa storia del video
finisca.”
Lui alza un sopracciglio.
“Come pensi di fare?”
“Io e mia sorella ci
inventeremo qualcosa.”
Lascio il mio ragazzo e
cerco mia sorella.
“Erin.”
“Ruby.”
“Dobbiamo inventarci
qualcosa.”
Lei si gratta i capelli.
“Lasciami un giorno, devo
fare una cosa. Poi sistemeremo Jen, chiamami domani alle
otto.”
“Ok, che devi fare?”
Lei ride.
“Da quando sei così
curiosa?”
Io arrossisco.
“Ma no, era così per
sapere!!”
Lei ride.
“Stavo scherzando, devo
preparare un programmino ad hoc per quella sgualdrina in modo da
distruggerle
il pc.”
“Ottimo.”
Trascorriamo tutto il
giorno da Skye e solo alla sera ce ne andiamo tutti, escluso Matt che
vuole
rimanerle vicino.
“Senti se non ti lasciano
rimanere per la notte vai da mia nonna, la strada la sai!”
Gli dico prima di
abbracciarlo.
“Ok, grazie.”
Esco dall’ospedale e non
appena entro nella macchina di Mark e mi siedo sul sedile passeggero
tutti i
miei muscoli si rilassano.
“Brutta storia, eh?”
Mi chiede lui, mentre
ingrana la marcia per partire.
“Bruttissima, quando l’ho
vista semisvenuta sulla spiaggia e quando è collassata in
braccio a Matt temevo
che sarebbe finita in tragedia.”
Lui mi accarezza una mano,
togliendo la sua dal cambio.
“Cosa avete architettato
tu ed Erin.”
“Qualcosa per mandare a
puttane il pc di Jen, il realtà non lo so di preciso. Erin
mi ha chiesto un
giorno per pensare ed elaborare qualcosa.
Vedremo domani.”
Rimango un attimo in
silenzio.
“Dio come sono stanca, non
vedo l’ora di arrivare a casa e dormire.”
“Anche io, tu non faresti
mai come Skye, vero?”
Io non rispondo.
“Se pensassi che tu non mi
volessi per una cosa tipo quella che è successa a lei, forse
sì.
Non riesco a pensare la
mia vita senza di te, mi sei entrato dentro.”
Lui sorride e mi accarezza
ancora la mano senza dire nulla, siamo in coda alla barriera e intorno
a noi si
sentono solo i rumori delle varie macchine e dei camion.
Passiamo senza problemi e
quando vedo le luci familiari di San Diego venirci incontro poi
infrangersi sui
vetri della macchina sorrido e sento una gran sonnolenza.
Devo rimanere sveglia.
Devo rimanere…
Non rimango, quando
finalmente mi risveglio sono nel nostro letto e ho un braccio di Mark
attorno
alla mia vita.
Poverino, deve avermi
portata fino al nostro appartamento in braccio!
Gli accarezzo il braccio e
torno a dormire.
Mi sveglio di nuovo solo
al suono della sveglia del mio ragazzo e mentre lui la spegne gli salto
in
braccio e lo bacio.
“Grazie per avermi portata
su!”
“Figurati, eri così carina
che non riuscivo a svegliarti!”
Io sorrido.
“Vai in bagno, che ci
penso io a ricompensarti.”
Vado in cucina e gli
preparo le uova con bacon che tanto ama e che a me dà nausea
preparare a
quest’ora e dei pancakes.
Arriva in cucina attirato
dall’odore solo con un asciugamano attorno alla vita, gli
occhi gli si
illuminano e mi bacia con passione.
“Grazie amore!”
Si siede a tavola con
un’espressione particolarmente felice.
“Pancia mia, fatti
capanna!”
Inizia a divorare
la sua colazione con gusto, io
sorrido mentre bevo il mio solito caffè con i biscotti.
Finito, ci baciamo
un’ultima volta, lui si veste ed esce per andare al lavoro
con un sorriso che va da un
orecchio all’altro.
Io invece finisco di
correggere le bozze che sono rimaste indietro e questo mi tiene
impegnata fino
alle dieci.
Quando le ho corrette
tutte mi cambio, vado alla casa editrice e le consegno scusandomi per
il
leggero ritardo, fortunatamente non vengo rimproverata.
Passo dal fornaio per il
pane e dal fruttivendolo, poi torno a casa e, dopo essermi preparata un
caffè
al guaranà – mi metto a studiare per gli esami
finali che sono dopodomani.
Non ho idea di come
andranno visto il casino che è successo.
Riesco a studiare bene,
mangio all’una da sola – Mark mangia sempre in un
fast food a pranzo – e
poi riprendo dopo pranzo.
Alle sei Mark mi trova
ancora china sui libri.
“Preoccupata?”
“Noooo! Penso solo che
questi esami saranno un disastro visto tutto quello che è
successo!”
Lui ride.
“Ma va! Sarai la solita
secchiona che sa tutto.”
Il suono del telefono
interrompe le nostre schermaglie, come mi aveva detto ieri è
Erin.
“Ciao sorellina!”
Mi saluta allegra.
“Questo è il piano: quando
esci dall’università tieni occupata il
più possibile Jen. Insultala, parlale,
quello che ti viene meglio e il più a lungo possibile.
Quando l’hai agganciata mi
fai uno squillo, tienila fino a che io non ti faccio uno squillo, poi
vieni a
casa tua e ci troviamo per fare il punto.”
“Uhm, ok. Erin non fare
cavolate, non farti sgamare.”
“Stai tranquilla, tu devi
solo tenerla occupata e andrà bene.”
“D’accordo. Allora, a
domani.”
“A domani.”
Riattacco e sospiro.
“In cosa consiste il
piano?”
Chiede curioso Mark.
“Io devo solo tenere
occupata Jen, al resto ci pensa lei: speriamo vada bene.”
Lui mi abbraccia e non
dice nulla.
Mi basta questo per stare
bene, domani sarà una giornata lunga e faticosa e ho bisogno
di affetto.
Che Dio me la mandi buona!
Angolo di Layla.
Ringrazio Carousel ed ElaEla per
le recensioni. Scusartemi se non ho risposto personalmente, ma mi hanno
fatto molto piacere.
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Capitolo 24 *** 24) La fredda pioggia di San Diego. ***
24) La fredda pioggia di
San Diego.
Il
giorno dopo mi sveglio
già nervosa.
Non sono un’esperta in
piani così malefici, mi ci devo un attimo abituare e poi Jen
è un osso duro,
bisogna rendere onore al nemico.
Mark se ne accorge subito
e scoppia a ridere.
“Preoccupata?”
Io mi metto una maglia
nera, poi vado in bagno per truccarmi.
“Mh, un po’. Più che altro
spero che Erin non faccia casini o non venga sgamata.”
“Abbi fiducia in tua
sorella, sa quello che fa!”
Lui mi abbraccia e mi
bacia una spalla.
“Forza e coraggio!”
“Giusto!”
Esclamo finendo di
mettermi la matita.
“A la guerre!”
“Così ti voglio!”
Esco di casa e salto sul
pullman, oggi ci sono anche i primi di esami e prego il signore che in
mezzo a
tutto questo casino qualcosa mi sia rimasto in mente.
Scendo alla mia fermata e
mi dirigo subito alla sala più grande che è
destinata agli esami, fuori c’è già
Hayls che ripassa a bassa voce.
“Ehi ciao!”
“Ciao, Ruby! Ti senti
pronta?”
“Per niente, con tutto
quello che è successo a Skye ho una confusione in testa che
ne basta la metà.”
Lei annuisce comprensiva e
ci mettiamo a ripassare insieme, cercando di ignorare Jen: la piazzata
per lei
è prevista questo pomeriggio.
Entriamo nell’aula e
sosteniamo due esami scritti di fila, credo di non essermela cavata
male, ma a
mezzogiorno ho già un cerchio intorno alla testa.
Me la massaggio
scoraggiata, non ci voleva: ho un altro paio di esami oggi pomeriggio.
“Hayls, non hai un
moment?”
Lei annuisce e mi passa
una pillola bianca che ingollo con gratitudine.
Alle due inizia il primo
esame e alle quattro il secondo. Pesantini entrambi, ma almeno sono
andati, mi
dico mentre mi stiraccio sul seggiolino.
Adesso arriva la parte più
difficile: la scenata a Jen.
Mi alzo dal mio posto e la
seguo fin nel parcheggio, poi urlo il suo nome
e nel frattempo faccio uno squillo a mia sorella.
Che il piano abbia inizio!
“Cosa diavolo vuoi, Ferreira?
Non devi studiare, razza
di perdente?”
Io mi metto un dito sotto
il mento.
“No, prima devo farti
alcune domande, tipo come ci si sente a essere smascherati?”
Lei mi guarda con
disprezzo.
“Cosa vuoi dire?”
“Uhm, non mi dire che ti
sei già dimenticata che la madre di Skye ti ha intimato di
non farti più
vedere!”
Io mi appoggio con aria
sarcastica alla sua macchina, so che si incazzerà.
“Oh, è solo la madre di
una perdente, non perdo tempo per queste cose e poi togliti dalla mia
macchina,
me la sporchi!”
“Nah, non credo. In fondo
è già sporca visto che trasporta te ogni
giorno!”
Lei stringe i pugni.
“Non tirare tanto la
corda, messicana!
Potrei scoprire qualcosa
di irregolare nei tuoi documenti e denunciarti e poi ci metto poco a
riconquistarla la famiglia di Skye.”
“Non credo!”
Mi alzo con studiata
lentezza e mi porto a un passo da lei.
“La portano a New York.”
Lei sorride trionfante.
“Con Matt. Eh, già la
famiglia Everly va a New York con Matt. Come ci si sente a perdere,
Jen?”
I suoi occhi si riducono a
due fessure minacciose.
“Io non ho perso!”
“Sì, hai perso! Skye è la
ragazza di Matt e se ne andrà a New York, questo
è perdere a casa mia!”
“Sì, ma l’ho rovinata!”
Urla ridendo.
“E te ne vanti anche!”
Mi precede la voce di
Hayley.
“Zitta, Cruz. Non mi fai
paura!”
“Nemmeno tu me ne fai! Ma
dormi serena la notte sapendo di aver rovinato la vita di una
persona?”
Lei ride.
“Ehi, le ho solo dato una
lezione, non è colpa mia se è così
sfigata da suicidarsi.”
“Un giorno qualcuno ti
ripagherà di tutto quello che le hai fatto.”
“Io mi guarderei il culo
se fossi in te, Ferreira. E anche tu, Cruz, potrei scoprire qualcosa
che vi
faccia andare via da questo paese.”
“Noi invece non dobbiamo
fare tanta fatica, ci troviamo davanti esattamente il perché
tu non faccia parte
della razza umana. “
“Oh, volano le offese.
Solo perché due piccole e
sporche messicane hanno frequentato un po’
l’università si credono
intelligenti!”
“Scusa, ripetilo davanti a
me.”
Una quarta voce ci fa
voltare: è un ragazzo messicano alto almeno un metro e
novanta, con due spalle
larghe quanto un armadio.
“Siete sporchi messicani.”
Lui si fa avanti.
“E tu una piccola troia
bianca, ne conosco tante come te. Ci chiamate sporchi messicani, ma poi
ci
cercate e vi piace essere scopate da noi piuttosto che dai
bianchi.”
Lei arrossisce per la
stizza.
Oh oh.
“Colpita e affondata! Lo
dici a Tom che ti fai anche altre persone?”
“Non sono cazzi tuoi!”
“Lo sono, Tom è mio amico,
ammesso e non concesso che la tua intelligenza superiore sappia cosa
significhi
questa parola!”
Le rispondo tagliente.
Continuiamo a litigare
fino a quando la vibrazione del cell mi avverte che mia sorella ha
finito.
Per sicurezza, proseguiamo
per un altro po’, poi ce ne andiamo, io me la rido sotto i
baffi: voglio
proprio vedere che faccia farà Jen quando vedrà
il suo prezioso pc andato a
puttane.
“Ehi, Ruby! Vieni che ti
do un passaggio!”
Accetto volentieri la
proposta di Hayley.
“Come mai ti sei messa a
litigare con Jen?”
Io sospiro.
“Fa parte del piano di mia
sorella.”
Lei non dice nulla e mi
accompagna fino a
casa e poi se ne va
dicendo che ha del lavoro da fare, io sospetto invece che si veda con
Scott.
Arrivata nel mio
appartamento trovo Erin comodamente sdraiata sul divano che guarda la
tv con
una birra in mano.
“Allora?”
“Allora, ho fatto tutto.
Tolto il filmato dal
sito, regalato un
po’ di virus agli utenti che l’hanno visto o
scaricato. Mi sono presa il
filmato e le copie che ne aveva fatto Jen e credimi ne aveva fatte
tante e
nascoste un po’ ovunque.
Le ho completamente distrutto
la memoria del pc. Tu?
Come sono andati i tuoi
esami?”
Io mi siedo accanto a lei
e le rubo un sorso di birra.
“Spero bene. Come va con
Trav?”
“Bene, anche se quella
Melissa si sta ingelosendo ogni giorno che passa. Quando la incontriamo
mi
fulmina sempre.”
“Non so se dirti che sei
brava o che mi dispiace.”
Lei alza le spalle, io
vado a prendere un’altra birra e sposto il posacenere sul
tavolinetto basso che
c’è davanti al divano.
Apro la birra e ne bevo un
sorso: è ghiacciata e scende che è un piacere.
Sorrido soddisfatta e poi
mi accendo una sigaretta.
“è davvero una brutta
storia quella di Skye.”
Butta lì mia sorella.
“Già, davvero brutta. Se
io e Matt non fossimo arrivati in tempo a quest’ora sarebbe
morta e Jen non ha
il minimo rimorso.”
“La cosa non mi stupisce.”
“Mi dispiace che lei se ne
vada e mi dispiace che se vada anche Matt. È una brava
persona e un amico meraviglioso,
non si meritava tutto questo.”
Lei sospira.
“A New York saranno felici
o almeno non avranno Jen attorno e poi non è detto che sia
per sempre,
potrebbero tornare o noi potremmo fare loro una visita.”
“Hai ragione.”
Le rispondo un po’
meccanica. Non li ho i soldi per un viaggio a New York, a meno che ce
la
facciano i blink con un tour, ma sono solo all’inizio come
band; non ha ancora
senso sognare troppo in grande anche se sono certa che Tom si vede
già a fare
concerti nel Madison Square Garden.
La serratura si apre e
Mark fa la sua comparsa, è in ritardo e sto per chiedergli
dove diavolo è
stato, ma lui mi anticipa.
“Sono stato all’ospedale,
hanno dimesso Skye.
Che ne dite se sabato
organizziamo una festa?
Partono domenica.”
Io e mia sorella ci
guardiamo e annuiamo.
“Perfetto, a noi va bene,
anche se sarà una festa triste.”
Mark si siede accanto a noi e scrocca una sorsata dalla mia bottiglia
di birra.
“Lo so, non mi va giù che
se ne debbano andare per colpa di quella troia che si scopa Tom e mi
chiedo
come faccia a scoparsela, dato che è brutta.
Sembra un cavallo, io non
la toccherei nemmeno con una pertica, non so come faccia
Tom..”
Gli do una gomitata.
“Abbiamo capito! Lo sai
com’è fatto Tom, gli vanno bene tutte, fotterebbe
anche la marmitta della sua
macchina se non avesse paura di ustionarselo.”
Evito di aggiungere che
questa sua tendenza si è accentuata da quando mia sorella se
ne è andata solo
perché lei è presente e non voglio offenderla.
Visto che comunque Matt e
Skye se ne andranno, meglio pensare alla festa, no?
Il
giorno della festa
arriva troppo presto per i miei gusti.
Io e le ragazze passiamo
il nostro sabato pomeriggio a decorare la casa di Matt, Dave e Tom e a
cucinare, i ragazzi si procurano gli alcolici.
Saremo una compagnia
ristretta: io, Mark, Tom, Dave, Matt, Skye, Erin, Hayls, Avril, Lars e
Travis.
Stiamo per metterci a
tavola – verso le otto – quando suona il campanello
e ci troviamo davanti ai
genitori di Skye.
Quando vedono gli alcolici
una cappa di imbarazzo cala sulla tavolata e nessuna sa bene cosa dire,
solo
Mark ha ventun’anni e solo lui avrebbe diritto a bersi una
birra,
L’atmosfera si scioglie
quando il signor Everly chiede una birra, una volta che l’ha
in mano
riprendiamo a mangiare più tranquilli.
Chiacchieriamo di tutto e
Tom non si esime dalle sue solite battute e dai suoi racconti sugli
alieni,
incredibilmente trova nel padre di Skye un ascoltatore attento e
curioso. Tom
si illumina una volta che ha capito di aver davanti un altro che crede
negli
alieni, è come se avesse trovato una guida perduta.
La madre di Skye scuote la
testa.
“Adesso non smetterà di
parlare per un po’ bel po’, ora che ha trovato uno
che gli dà corda.”
“Idem per Tom, è un vero
fanatico di alieni. Un giorno spera di farsi un giro
nell’area 51 a Roswell.”
“Potrebbe trovare in mio
marito un entusiasta compagno di gite, lui va spesso nel New Mexico per
lavoro.”
Ridiamo tutti
immaginandoci un ventenne e un quarantenne che discutono su come
forzare le
reti di quest’area, ammesso che ce ne siano.
“Signora Everly, posso
chiedere come mai è qui?”
Lei alza le spalle.
“Volevo solo vedere i veri
amici di mia figlia, pensare a Jen Jenkins mi dà la nausea.
Non mi capacito ancora di
come ci abbia fregati tutti!”
“Beh, è brava a fingersi
quello che non è.”
Dico semplicemente io.
“E adesso che facciamo?”
Chiede Mark.
“Non avete una band?”
Ci chiede la madre di
Skye, Mark annuisce.
“Sì, ce l’abbiamo, ma il
nostro batterista non ha potuto venire perché è
ancora troppo piccolo.”
“Quanti anni ha?”
“Quindici. I genitori
hanno detto che almeno una sabato lo vorrebbero a Poway, anche
perché a volte
esagera un po’ con l’alcool.”
Rispondo io.
“Io sono un batterista, se
volete posso sostituirlo.”
Mark guarda Travis
incuriosito.
“Mmmh, sì perché no.
Prima però dobbiamo
spiegarti un minimo i pezzi e per fare questo serve anche Tom.
TOOOOOM!”
Urla poco gentilmente Mark
rivolto al suo amico.
“Tom, molla il tuo nuovo
amico e vieni da noi.”
Tom arriva, confabula un
po’ con Mark a Trav, poi spariscono in cucina, poco dopo so
sentono strani
rumori in garage.
Tornano dopo mezz’ora con
i loro strumenti e improvvisano un paio di canzoni: Carousel e Lemmings.
I signori Everly
apprezzano molto e poi finalmente se ne vanno lasciandoci piane
libertà di
azione.
“Ragazzi, cosa ne dite di
andare al parco della marina.”
Annuiamo tutti.
Venti minuti dopo siamo
tutti all’ingresso del parco, allegri e vocianti, cercando di
decidere con
quale attrazione iniziare.
Alla fine vengono scelte
le montagne russe, poi la casa degli orrori e altre cose.
Ci divertiamo, ma è
innegabile che il nostro cervello vada a domani, quando dovremo
salutare Matt e
Skye, senza sapere quando li rivedremo.
Alla fine della serata ci
salutiamo con baci e abbracci.
“Ci vediamo domani
all’aeroporto.”
Dice timidamente Hayls a
Skye, lei annuisce.
“A domani e grazie per la
bella serata.”
“Figurati, è il minimo.”
Lei sospira e guarda la
giostre, la marina e l’oceano che fa sentire la sua presenza
tramite il rumore
delle onde che si infrangono sulla spiaggia.
“Mi mancherà questa
città. Mi
mancherete voi, è la prima
volta che trovo degli amici così.”
“Anche tu ci mancherai, puoi tornare quando vuoi.”
Lei annuisce.
“Tornerò, non so quando,
ma tornerò.
Non voglio dare a Jen la
soddisfazione di pensare che sia riuscita a cacciarmi. Devo solo
leccarmi un
po’ le ferire e ringraziando Dio ho Matt al mio fianco.
È una persona
meravigliosa, speciale, un diamante, il ragazzo perfetto. Sono stata
fortunata
a trovarlo, lo amo da morire.
Io sorrido.
“Sì, Matt è davvero una
brava persona.”
Ci salutiamo con un velo
di tristezza, in macchina con Mark mi permetto di sospirare
più profondamente.
“Che tristezza.”
“Sì, fa strano sapere che
uno dei miei migliori amici e la sua ragazza se ne vanno per colpa di
una
troia.”
“Skye dice che tornerà.”
“Lo spero.”
Arrivati a casa, ci
mettiamo tutti e due a letto.
Anche se non lo
confesserei nemmeno sotto tortura la vicenda mi ha spaventato a morte e
mi
stringo forte a Mark, pregando che non mi venga tolto.
Senza di lui sarei persa,
lui è il mio punto fermo e la mia casa.
Domenica è una giornata
fredda e grigia, tipicamente invernale. Un vento freddo proveniente
dall’oceano
scuote le palme che ci sono in giardino dandomi i brividi mentre servo
la
colazione a Mark.
“è incredibile come ieri
sera fosse una bella giornata e oggi una merda totale.”
Lui alza le spalle, mentre
mangia i suoi cereali.
“è la vita. Spero che a
New York non ci sia la neve, Matt potrebbe congelare.”
Io ridacchio immaginandomi
lui impalato dentro un cumulo di ghiaccio come Jack Torrance, la
risatina si
spegne subito però.
Non so perché oggi no ho
voglia di ridere,
Ci prepariamo e arriviamo
all’aeroporto, sono già tutti lì. Erin
sta abbracciando Matt e Hayls sta
consegnando qualcosa a Skye.
Arrivo giusto in tempo per
vedere che il pacchettino contiene una bottiglia di vetro azzurro con i
bordi
dorati finemente lavorata che contiene sabbia della spiaggia.
Skye ha le lacrime agli
occhi.
Mark va ad abbracciare il
suo amico e io vado da lei e le porgo il mio pacchettino. Lei lo apre,
incuriosita dal fatto che sia più voluminoso di quello della
rossa.
Quando lo apre la sua
bocca forma una “o” perfetta: contiene un grande
acchiappasogni che ho preso
alla riserva indiana per lei.
“Per i brutti sogni,
quando ne avrai.”
Lei mi abbraccia e mi
ringrazia.
“Grazie, grazie mille.”
“Figurati.”Chiacchieriamo un
altro
po’, principalmente dell’università e
del tempo e poi anche io vado da Matt.
“Ehi, ciao strega!”
“Ciao punk, mi mancherai.
Sarà strano non vedere più la tua cresta verde
attorno.”
Lui sorride triste.
“E a me mancherà quella
tizia vestita di nero che temo e a cui voglio bene allo stesso
tempo!”
Io sorrido e lo abbraccio.
“Spero che torniate
presto, intanto ti do questo.”
I suoi occhi diventano
enormi quando scorgono il pacchettino che gli porgo e un leggerissimo
rossore
gli imporpora le guance. Sembra quasi che nessuno gli abbia mai fatto
un regalo
prima d’ora, il che forse è vero perché
nella sua famiglia ha ricevuto più
percosse che carezze.
Lo apre e guarda incantato
il semplice polsino di pelle nera che gli ho preso, poi se lo mette al
polso.
“Almeno ogni volta che lo
vedi ti ricordo di noi.”
Dico sorridente, poi vengo
travolta dal suo abbraccio. Non mi ha mai abbracciato con tale
trasporto, segno
che il regalo gli è piaciuto.
Stiamo ancora parlando
quando il loro volo viene chiamato, con un po’ di riluttanza
li lasciamo
andare, Erin scoppia a piangere tra le mie braccia.
“Era uno dei migliori
amici, non è giusto che se ne vada per colpa di quella
là.
La odio!”
La odio anche io, Erin.
La odio per come ha
rovinato la vita di una persona senza rimorsi.
La odio perché tira fuori
il lato peggiore di Tom e ci gode mentre lo fa.
La odio perché porta solo
scompiglio nella vita delle persone.
Usciamo dall’aeroporto in
silenzio, fuori il vento è diventato più forte e
ha iniziato a piovere. Una
pioggia sottile e gelida che rende tutto grigio e brutto.
Una pioggia che non
purifica, ma gela e ferisce.
Una pioggia perfetta per
fare da contorno a questa brutta giornata.
Per la prima volta da
quando sono qui San Diego mi sembra ostile, cattiva e più
vuota del solito.
Mi mancheranno la pazienza
e la dolcezza di Matt e mi mancherà la simpatia di Skye.
Accidenti a Jen.
Questo è l’unico pensiero
che ho mentre salgo nella macchina di Mark e alzo al massimo il
riscaldamento
per riprendermi dal clima esterno.
Accidenti a Jen.
Angolo
di Layla
Ringrazio
Carousel,
EleEla
e LostinStereo3
per le recensioni.
Carousel:
sì, Jen sarà messa fuori combattimento per un
po', mai mettersi contro le gemelle Ferreira. Ha osato ribattere
perché è stronza fino al midollo in questa
fanfiction.
Anche a me dispiace che Skye se ne vada, ma ha bisogno di staccare
unpo' da San Diego e poi c'è Matt con lei.
Grazie per la recensione e per i complimenti.
Alla prossima.
ElaEla:
mancherà anche a me, ma torneranno. Giuro.
Anche io ho stimato la madre di Skye, una sberla e anche qualcosa di
più, Jen se la meritava tutta.
Ora vedrai la vendetta di Erin, spero non ti deluda.
Grazie mille per la recensione e per i complimenti.
Alla prossima.
LostinStereo3:
perché dovrei lapidarti xD? Mi dispiace per la strizza che
ti sei presa, ma tutto si sistemerà per il meglio e anche
Jan verrà punita.
Ruby ed Erin la sistemeranno in questo capitolo e spero non ti deluda
come.
Matt e Skye saranno per un po' a New York fuori dalla portata malefica
di Jen.
Grazie mille per la recenione e per i complimenti.
Alla prossima.
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Capitolo 25 *** 25)Provarci/Lasciarti andare. ***
25)Provarci/Lasciarti
andare.
Hayley
si era sempre
considerata una ragazza strana.
Le piacevano i teschi, le
cose macabre, il punk e anche le cose estremamente colorate. Era per
questo che
aveva sacrificato i suoi splendidi capelli neri da messicana e se li
era tinti
di un arancio vivo.
Aveva iniziato a quindici
anni e ora che ne aveva diciotto erano ormai sfibrati e non mancavano
di far
tirare a sua madre un sospiro di triste rassegnazione.
Sua madre era parrucchiera
e per lei veder
quello scempio era come
vedere una bestemmia ambulante.
“Perché te li tingi, mi
hija?
Hai, avevi, dei capelli
splendidi, neri e lucenti come le ali di un corvo!”
A sua madre piaceva
mettere metafore poetiche in quello che diceva e brontolare, ma alla
fine
accettava quello che faceva e le voleva bene.
Non aveva fiatato
eccessivamente nemmeno per il teschio che si era tatuata, in quanto a
suo padre
era sparito da talmente tanto tempo che ormai raramente sfiorava i suoi
pensieri.
Ora però la sua stranezza
era giunta all’eccesso: si era presa una cotta per un
ragazzino quindicenne.
Questo era troppo persino
per lei.
Il ragazzino in questione
era Scott Raynor e, sebbene sembrasse più grande della sua
età aveva comunque
quindici anni e lei sarebbe stata legalmente perseguibile casomai la
cosa si
fosse sviluppata e non
fosse andata a
genio ai genitori di Scott.
Avril le diceva di non
preoccuparsi, che i ragazzi – se necessario – sanno
tenere meglio e più a lungo
i segreti delle ragazze.
In ogni caso era
innegabile che tra lei e Scott ci fosse dell’attrazione,
nonostante tutti i
suoi tentativi prima di negare e poi di contenere la cosa. Si erano
persino
baciati.
Decise di lasciar perdere
e di continuare a correggere le bozze che aveva ammonticchiato sul
tavolo della
cucina.
Finì che era mezzanotte e
dopo essersi stiracchiata decise di andare al bar sotto casa sua per
bere
qualcosa, in fondo era venerdì. I weekends, dopo la partenza
di Skye e Matt,
erano stati tutti piuttosto tristi, ma questa non era una buona ragione
per
negarsi una birretta, visto che Avril aveva finito tutte quelle del
loro frigo.
Si cambiò – dei jeans e
una felpa invece della tuta che indossava – e raggiunse il
locale. Era
mediamente pieno, lei si sedette al bancone e ordinò una
birra media: lì non
erano molto severi sulla questione dell’età.
Le venne servita e poi si
sentì chiamare. Era Scott.
“Ehi ciao, come mai qui
tutto solo?”
Lui bevve un sorso della
sua gazzosa e poi le rispose.
“Non ero qui da solo,
c’era anche Tom, solo che si è ubriacato. Ora si
è imboscato in bagno con una
biondina che somigliava molto alla tua coinquilina.”
“Uhm, capisco. Domani mi
farò raccontare tutto.”
“Tu come mai sei qui?”
“Ho appena finito di
correggere tutte le bozze e siccome Avril ha prosciugato tutta la birra
che
c’era in casa sono venuta qui visto che non abito tanto
lontano.”
“Capisco.”
Lui appoggiò il suo
bicchiere sul bancone e poi sbuffò rumorosamente.
“è tutta sera che va
avanti così, sono stufo di fare la spalla di Tom! E poi da
quando Matt se ne è
andato non è nemmeno tanto divertente provare con i blink:
sono tutti mogi.”
“Matt manca anche a me.”
“è normale che ti manchi,
sei una ragazza. Voi frignate sempre per queste cose,no?”
Hayley sorrise e poi
ridacchiò.
“Ehi, ti va se usciamo a
fare un giro?”
“E Tom?”
Lui finì la sua
gazzosa e poi
appoggiò il bicchiere
vuoto sul bancone, anche lei aveva quasi finito la sua birra e sentiva
la testa
leggera.
“Si arrangi.”
“Ok.”
Rispose lei con un
risolino alcolico.
Uscirono insieme dal
locale, lui le porse il proprio braccio.
“Come mai fai Cruz di
cognome, ma non sembri messicana?”
“Tinture per capelli,
Raynor, fanno miracoli!”
“Capito.”
Lui le raccontò un po’
della sua famiglia, inizialmente non erano per niente contenti che
avesse
iniziato a suonare la batteria, ma poi si erano abituati.
Avevano accettato la band
e con molta riluttanza i tour, lui in cambio doveva avere voti molto
alti a
scuola, cosa che gli riusciva difficile con certe materie.
“L’unico motivo per cui verso
lacrime e sangue per capire mate è perché
altrimenti i miei non mi farebbero
più suonare, che infinita rottura di cazzo!
Quanto vorrei avere già
diciotto anni! Mio padre poi è quello che pressa di
più.”
“Beato te che ce l’hai un
padre! Il mio se l’è squagliata quando avevo otto
anni e non l’ho più rivisto.
Ha detto che andava a prendere le sigarette e non è
più tornato, in compenso
sono arrivati i documenti per il divorzio.
Neanche il coraggio di
dire a mia madre che aveva un’altra ha avuto!”
Scott le aveva detto che
era uno stronzo di merda e lei aveva concordato.
“Perché mi eviti?”
Le chiese a un certo punto
facendola arrossire fino alla radice dei capelli.
Mentire o dire la verità?
“Perché mi piaci, ma sei
troppo piccolo per me.”
Lui aveva riso sarcastico.
“Queste sono stronzate,
non è certo l’età che dà la
maturità a una persona, la verità è
che hai paura.”
“Sì, ho paura!”
“Che ne dici se proviamo a
fartela passare. Dammi un mese e ti dimostrerò che sono
maturo.”
Hayls lo guardò negli
occhi, era serio come raramente l’aveva visto e lei decise
che quello che le
bastava. Forse era la birra a farle vedere le cose in modo diverso e
meno
pessimista, ma in fondo cosa c’era di male in quella storia?
Nulla, si disse.
“E sia, ti do questo
mese!”
Gli disse sorridente, lui
sorrise a sua volta e la attirò a sé.
“Ti hanno mai detto che
sei bellissima?”
“No, al liceo mi
consideravano una perdente.”
Lui sorrise e appoggiò la
fronte contro la sua.
“Mi piacciono le perdenti,
soprattutto se sono belle come te. Sono un perdente anche io in fondo.
Non gioco a football o in
qualsiasi club sportivo, mi piace suonare la batteria e giocare con i
videogiochi.”
“Mi piacciono questi
perdenti.
I'm
so
happy. Cause today I found my friends.
They're
in my head. I'm so ugly. But that's ok.
'Cause
so are you. We've broke our mirrors.
Sunday
morning. Is everyday for all I care.
And
I'm not scared. Light my candles. In a daze
cause I've found god.”
Lui
sorrise sentendola
canticchiaere un pezzo di Lithium e poi si baciarono.
Un bacio che lasciava senza fiato
e che esprimeva tutto il loro bisogno di stare insieme.
Sì, Hayley era indubbiamente
strana, ma questo le piaceva e lei piaceva persino di più.
Era bello essere strani in
compagnia, soprattutto del ragazzi che ti piace.
Erin aveva il
presentimento della
catastrofe imminente.
La storia con Travis in cui si
era comodamente adagiata per leccarsi le ferite della storia con Tom
procedeva
bene, ma non era sicura che fosse proprio così.
A volte aveva l’impressione che
fosse solo un’illusione e che presto si sarebbe ritrovata di
nuovo da sola a
combattere contro il desiderio per Tom.
Sarebbe stato facile per lei
tornare con lui, ma non era la cosa giusta. Non era giusto iniziare una
storia
sapendo che probabilmente non avrebbero fatto altro che litigare per
tutta la
sua durata.
Non era giusto per lei che non si
meritava questo e non era giusto per Tom che si meritava una ragazza
che lo
amasse sul serio.
Era seduta sul divano del suo
appartamento a guardare la pioggia che cadeva monotona fuori e che si
infrangeva sul marciapiede.
Era un noioso pomeriggio
domenicale piovoso, la cosa migliore era stare a casa perché
il mare sotto la
pioggia aveva in sé una tristezza difficile da esprimere a
parole.
Erin si sentiva oppressa dalla
distesa d’acqua e dalla pioggia, troppa acqua che dava
l’impressione di voler
sommergere quella discarica che era il mondo.
Ogni tanto pensava che la Terra
avrebbe migliorato parecchio come pianeta senza gli uomini.
In ogni caso era a casa sua con
una birra in mano e continuava a sospirare e a pensare che presto
qualcosa
sarebbe successo.
Di lì a poco infatti suonò il
campanello e Travis entrò completamente fradicio, lei si
alzò e andò di corsa a
prendere un salviettone in cui avvolgerlo.
“Ehi, non hai un ombrello?”
“Me l’hanno fregato fuori da un
bar!”
Lei scosse la testa e lo asciugò.
“Cosa ti ha spinto a uscire con
questo tempo da lupi?”
Travis rimase in silenzio, ma era
un silenzio diversi dagli altri, solitamente era un silenzio calmo e
rilassante
oggi era teso e nervoso.
“Cosa è successo?”
“Melissa ha mollato il suo
ragazzo.”
Erin deglutì e tolse di colpo le
mani dal corpo dell’altro.
“Mi ha chiesto di uscire e io ho
accettato.
La nostra storia non può
continuare.”
Erin annuì.
“Certo, sono secoli che aspetti
la tua occasione con Melissa, non ti intralcerò
certo.”
“Erin, mi dispiace.”
Lei scosse la testa.
“Lo sapevano entrambi che sarebbe
finita così, non c’è bisogno di
scusarsi.”
Lui la prese per le spalle e la
fissò dritta negli occhi, lei non riusciva a sottrarsi a
quello sguardo di
ghiaccio che le scandagliava anche l’anima.
“Ce n’è bisogno perché tu in
questo
momento stai soffrendo,
nonostante
sapessi che sarebbe finita così e io non voglio che tu
soffra.
Ti voglio molto bene, sei una
persona meravigliosa.”
Lui la abbracciò e in
quell’abbraccio c’era un po’ di tutto:
amicizia, una richiesta di perdono, delle
scuse, una richiesta di rimanere ancora amici.
“Anche tu lo sei, sii felice con
lei!”
Travis si sciolse dal suo
abbraccio e le diede un leggero bacio sulla fronte, poi uscì
dal suo
appartamento, Erin si alzò e rimase alla finestra fino a
quando la figura
mingherlino del suo ex non scomparve.
Solo allora si buttò sul divano e
scoppiò a piangere, era anche a casa da sola
perché Anne aveva detto che
sarebbe rimasta un paio di giorni a Poway per aiutare la madre che si
era presa
una brutta influenza.
Pianse a lungo – finché il
salotto non rimase del tutto al buio – dopodiché
si alzò e preparò una cena a
base di hamburger e si decise a scendere al bar sotto casa.
Una bella ubriacatura era quello
che ci voleva per dimenticare almeno per un po’ i problemi
della giornata.
Si cambiò e scese fischiettando
una melodia abbastanza triste, fuori faceva freddo, ma aveva almeno
smesso di
piovere.
Arrivò al bar e accolse con
gratitudine la vampata di calore che la investì quando
aprì la porta,
immediatamente si sentì meglio.
Si sedette al bancone e chiese
una birra al barista, ormai erano diventati amici.
Lui le disse che era stata una
brutta giornata, che pur non essendo ancora le dieci di sera aveva
dovuto
sedare una rissa tra due ubriachi e che per buttarli fuori aveva
rischiato di
prendersi una sedia in testa.
Lei annuì solidale, le risse tra
ubriachi erano una gran rottura – anche lei nel suo lavoro di
cameriera ne
aveva dovute sedare un paio – e rischiavi la pelle per soldi
che nemmeno erano
tuoi.
“Tu come va con lo spazzino?”
Le chiese a un certo punto.
“Ci siamo lasciati, lui è
riuscito a convincere la ragazza che ama a farsi dare un
appuntamento.”
“Bella merda, potremmo uscire a
farci una birra un giorno io e te.”
Erin lo osservo meglio, era un
bel ragazzo: alto, con le spalle larghe, la pelle chiara punteggiata da
leggere
lentiggini e dei capelli rossi che tradivano origini scozzesi o
irlandesi.
“Sei scozzese o irlandese?”
Lui rise.
“Irlandese. Hai qualcosa contro
gli irlandesi?”
“Assolutamente no, grazie a voi
si festeggia quella meraviglia di festa che è San Patrizio,
che Dio vi
benedica.”
Chiacchierarono ancora un po’,
fino a quando una figura conosciuta si sedette sullo sgabello accanto
al suo : David.
“Ehi, come mai qui?”
“Per ammirare questo meraviglioso
bancone, sono un ammiratore dei banconi.
Una media, per favore.”
Chiese al barista.
“Di solito bevi poco.”
“Ho appena litigato con Ton, per
poco non gli spaccavo la chitarra in testa, lui e Jen hanno scopato nel
mio
letto.
Odio quando lo fanno, Tom ha il
suo per farsi quella vacca!”
Lei annuì.
“Odio quella puttana, si comporta
come se il mondo fosse suo!”
Sputò acida.
“La odio anche io. Non ti saluta
nemmeno se la saluti e poi riempie il cesso di capelli e lascia in giro
le sue
cose come se fosse casa sua.
Dio, Skye era mille volte meglio
di lei!”
Erin annuì.
“Tu invece cosa ci fai qui,
Erin?”
“Trav mi ha appena lasciato. Sto
verificando se ingurgitando abbastanza alcool le cose mi appariranno in
una
prospettiva migliore.”
“Sapevi che sarebbe successo.”
“Lo so, ma fa male lo stesso.
Speravo che lui ci mettesse di
più a conquistarla in modo da avere più tempo per
leccarmi le ferite, mi stava
facendo bene la storia con lui, non mi sentivo sola.
E ora invece lo sono, con i miei
fantasmi, le paure, una mancanza di Tom che mi ammazza.
Vorrei essere diversa e migliore,
ma purtroppo sono solo io e non posso cambiare e con me sarebbe
infelice.”
La ragazza sospirò.
“Passerà.”
L’amico le batte solidale una
mano sulla spalla.
“Per esempio perché non ci provi
con il barista, mi sembrava parecchio interessato a te e penso lo sia
anche ora
perché mi sta fulminando.”
Erin rise.
“Tornerò da sobria e vedrò se ne
vale la pena. Mamma mia, che stanchezza!”
“Vai a casa!”
“Noooo, è troppo grande e
sono da sola, Anne
è a Poway!”
“OK, allora vieni da me!”
“Sìììì!”
Continuò a bere fino a quando i
contorni della realtà si fecero sfuocati fino a scomparire
del tutto.
Si risvegliò nella stanza di Matt
e Skye, aveva mal di testa, aveva freddo e si sentiva sola.
Come una sonnambula uscì dalla
stanza, percorse il corridoio ed entrò in un
un’altra stanza: quella di Tom.
Con un gesto delicato alzò le
coperte ed entrò nel letto rannicchiandosi poi dietro la
schiena nuda del
ragazzo. Il freddo e il mal di testa le passarono e poté
riprendere a dormire.
Furono i raggi del sole del tardo
mattina a svegliarla, era ancora contro la schiena di Tom e non sapeva
come ci
era finita.
Forse era meglio andarsene, ma
Tom stava iniziando a svegliarsi e non ce l’avrebbe mai fatta.
Tom si stiracchiò pigramente e
poi sorrise dandole un lieve bacio sulla guancia.
“Tom, abbiamo fatto qualcosa?”
Chiese con un filo di voce la
punk.
“No, Dave ti ha portato qui
ubriaca e ti ha messo a dormire nella camera di Matt e Skye,
probabilmente
durante la notte sei venuta qui.”
Erin tirò un sospiro di sollievo
interiore.
“Tom? Posso chiederti una cosa?”
Lui annuì.
“Possiamo dormire abbracciati?”
Lui annui e allargò le braccia,
lei ci si intrufolò volentieri e si accomodò su
quel petto che conosceva e che
aveva amato.
Sì, ci stava ancora bene e sì,
aveva ancora voglia di baciarlo, ma non era più come prima.
L’attrazione stava tornado
all’amicizia originaria a Dio piacendo.
Questo fu l’ultimo pensiero
coerente che fece prima di tornare di nuovo tra le braccia di Morfeo.
Buonanotte.
Durante quel sonno fece strani
sogni in cui i blink si scioglievano, ma Trav era il loro batterista e
poi
sognò che Trav stava per morire in un incidente aereo.
Nonostante tutti questi sogni si
svegliò di buon umore e non avrebbe dovuto.
Aveva saltato una lezione del
corso e domani il docente l’avrebbe crocifissa ed era in
ritardo per il lavoro.
Stava per scrivere un biglietto a
Tom quando lui si svegliò.
“Devo andare a lavorare, grazie
della dormita.
Ti voglio bene, mi dispiace per
l’alzabandiera!”
Tom rise.
“Non ti scusare, almeno so che è
ancora vivo. Mi preoccuperei se non si alzasse con te sopra.”
Lei rise e si rivestì, poi corse
al lavoro e si beccò la ramanzina del suo capo.
Era un uomo che teneva alla
puntualità ed Erin aveva sempre fatto del suo meglio per
accontentarlo, solo
che dormire un’ultima volta con Tom valeva più di
qualsiasi capo e lavoro del
mondo.
Arrivata a casa si sdraiò sul
divano a guardare il soffitto sorridendo come un’ebete, le
era mancato il
contatto con il corpo di Tom.
Solo il bussare insistente di
qualcuno alla porta la distolse dal suo meditare: era Ruby.
“Ciao sorellina, come stai?”
“Ciao Erin, come mai tutta questa
allegria?”
Lei rise.
“Ho dormito con Tom.”
L’altra inarcò un sopracciglio.
“Ci hai fatto sesso, vorrai
dire.”
“No, volevo dire proprio dormire,
abbiamo dormito abbracciati.”
“Wow. Siete riusciti a tenere e a
freno i vostri ormoni, è già qualcosa.”
Ruby si sedette.
“Sei preoccupata?”
“Sì, tengo a tutti e due e non
vorrei vedervi soffrire.”
Erin le sorrise.
“Va tutto bene, ce la stiamo
facendo. Non è facile, ma ce la stiamo facendo.”
“Sono felice per te!”
Mormorò prima di abbracciarla.
“Ruby, ti voglio tanto bene.”
“Anche io ti voglio tanto bene, Erin e spero che tu sia
felice.”
Le due gemelle si sorrisero e si
staccarono, raramente si manifestavano il loro affetto, solo quando era
necessario come in quel momento.
Uno solo di quelli abbracci dati
con tutto il cuore e l’anima valevano mille abbracci
quotidiani dati per
abitudine o chissà cos’altro.
“Ti preparo la cena.”
“Mark non c’è?”
“No, è andato anche lui da sua
madre e mi sentivo sola così ho deciso di fare un salto da
te.”
Erin sorrise e insieme iniziarono
a preparare qualcosa da mangiare.
Era felice, non aveva più Trav,
ma ora sapeva di poter contare su Ruby e che forse tutte quelle dicerie
sulla
telepatia ed empatia tra gemelli forse avevano un senso anche per loro.
A volte era bella la vita e
bastava poco perché lo fosse: una sorella, un amico e poi
doveva ancora andare
a sondare le intenzioni del barista.
Sì, andava tutto bene e non c’era
motivo di preoccuparsi.
Angolo
di Layla
Ringrazio Carousel, ElaEla
e
LostinStereo3 .
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Capitolo 26 *** 26) La mia prevedibile lunga attesa. ***
26) La mia prevedibile
lunga attesa.
C’erano
giornate che iniziavano
male.
Anne stava vivendo una di queste, era da una settimana che assisteva
sua madre,
la signora Hoppus era in via di guarigione, lei invece si sentiva la
testa
pesante, come se le avesse trasmesso l’influenza.
Il lato positivo era che – visto
che ora stava meglio – lei poteva tornare a San Diego.
“Grazie, tesoro!”
Le aveva detto sul portico di
casa.
“Figurati, riguardati, mi
raccomando.”
La donna aveva annuito e lei si
era messa in macchina, arrivata a casa trovò Erin che
cucinava qualcosa.
“Bentornata! Sto cucinando della
pasta.”
“Perfetto, la mangio e poi mi
prendo un’aspirina, ho paura di essermi presa
qualcosa.”
La sua coinquilina aveva annuito
e lei era andata in camera sua e aveva disfatto le valigie, una volta
finito
era tornata in sala.
La tavola era già apparecchiata e
la pasta già sul piatto: questa sì che era vita!
Mangiò con gusto tutta la pasta
che Erin le aveva messo generosamente nel piatto, poi
ingollò la sua aspirina e
si stese sul divano.
Cadde immediatamente in un sonno
senza sogni da cui si risvegliò solo verso le sei del
pomeriggio.
La casa era vuota e sul frigorifero
c’era un biglietto di Erin che diceva che le avevano
assegnato un turno serale
all’improvviso e che era al lavoro.
Anne sospirò. Questo significava
passare la serata da sola e non le piaceva particolarmente come
programma.
Aspettò un’altra ora e poi si
cucina la cena: una minestrina spartana e senza troppe pretese.
Fino alle dieci guardò la tv, poi
siccome non aveva sonno e si era stancata dei solito show decise di
fare un
salto al Soma, magari avrebbe trovato qualcuno che conosceva.
Si vestì, scelse una mini di
jeans e una maglia a pois, una felpa e i soliti giacca di pelle e
anfibi.
Afferrò la borsa e uscì di casa, fuori la serata
era fredda ma serena.
Una rara notte limpida in cui la
luna splendeva alta nel cielo e le stelle brillavano così
forte da dare
l’impressione che si potessero toccare.
Salì in macchina e inserì nello
stereo una cassetta della band di suo fratello e canticchiò
tutte le canzoni. I
blink erano bravi, presto avrebbero suonato al Soma e poi avrebbero
registrato
un album. Era così che doveva andare.
Parcheggiò ed entrò nel locale,
era piuttosto vuoto, solo al bancone c’era una figura
conosciuta: Tom.
“Ehi!”
Lui si voltò e sorrise.
“Ehi Anne, come sta tua madre?”
“Meglio, un birra per favore!”
Chiese al barista.
“Tu come stai, Tom?”
“Come uno che ha avuto una
pessima giornata al lavoro e tenta di dimenticarla.
Ho la schiena a pezzi, i sacchi
di cemento pesano!”
Arrivò la birra di Anne e il
primo sorso le scese in gola che era un piacere, si sentiva
già maglio.
Chiacchierò ancora un po’ con
Tom, poi si decisero a scendere in pista, non c’erano band ad
esibirsi, ma
qualcuno aveva messo una playlist che comprendeva i Sex Pistols.
Sorridendo, si presero per mano
ed iniziarono a
pogare.
Pogare era sempre stato un modo
per dimenticare i suoi problemi e vederli volare via leggeri, almeno
per un po’
e sapeva che anche Tom la pensava così.
Stava saltando quando due braccia
la chiusero in un abbraccio e si accorse che il ragazzo misterioso non
era
altri che Tom.
Anne si rigirò e lo guardò in
faccia, sembrava piuttosto ubriaco.
“Sei bella, Anne!”
“E tu sei ubriaco.”
Gli rispose dolcemente.
“Vieni che ti porto a casa!”
Lui scosse la testa, la strinse
di più a sé e le appoggiò la testa
sulle spalle.
“Tu sei bella e io sono solo.
Le ragazzi mi usano solo, l’unica
che amavo mi ha mollato.
Sono soloooo!”
“Non sei solo, hai noi!”
Tom la guardò in faccia con un
ghigno indecifrabile e poi Anne sentì le sue labbra premere
sulle sue con
decisione, lei non provò nemmeno a resistere e lo
lasciò fare.
In fondo amava quel ragazzo e
quella notte che avevano passato insieme era come scolpita nella sua
mente e
qualsiasi revival era gradito.
Continuarono a baciarsi; la
lingua di Tom era avida, le lasciava poco tempo per riprendere fiato.
Solo dopo un
po’ rallentò il ritmo in qualcosa di dolce
e tenero, come se davvero stesse baciando una persona che amava e non
una su cui avrebbe sfogato i suoi ormoni di lì a poco.
Si staccò e le accarezzo i
capelli, arrotolandosi una ciocca sulle dita.
“Sei bella Anne e io ti voglio
tanto bene.”
“Anche io ti voglio bene, Tom.”
Lui sorrise e riprese a baciarla.
Anne ancora non oppose
resistenza, lo
lasciò fare. In fondo gli
errori erano concessi a tutti.
Fu naturale uscire mano nella
mano del locale e fu naturale che Tom tentasse di baciarla mentre
guidava
nell’appartamento in cui lei viveva.
Quando raggiunsero
l’appartamento, una volta chiusa la porta, Tom la bacio e la
spinse verso il
legno facendole sentire quanto fosse eccitato.
Scese piano a baciarle il collo e
le spalle, poi le tolse la felpa e la maglia, lui accarezzò
la pelle con cui
veniva a contatto e si soffermò sul reggiseno facendola
gemere.
Guidata dall’istinto, la ragazza
tolse la maglia a Tom e poi cominciò a baciargli la
mascella, il collo e il
petto, stringendosi contro di lui.
“Anne.”
Disse lui eccitato, per poi
prenderla in braccio e portarla in camera sue e stenderla sul letto.
In un attimo erano tutti e due in
intimo e Tom era in lei senza preliminari, spingeva forte e gemeva,
Anne
provava un misto di piacere e dolore.
“Tom, rallenta!”
Lui la guardò sorpreso, poi
diminuì il ritmo e le baciò le tempie.
“Scusa, scusa, scusa!”
Continuò con spinte più lunghe e
profonde che la facevano gemere e conficcare le sue unghie nella
schiena di
Tom.
“Tom!”
“Anne!”
Continuarono finché il calore che
lei provava al basso ventre non diventò insopportabile ed
esplose in un orgasmo
che la lasciò senza fiato, lui sopra di lei era
completamente perso e aveva la
bocca contratta in una smorfia di puro piacere.
Dopo un altro paio di spinte la
aprì ed urlò più forte, aveva
raggiunto l’orgasmo anche lui svuotandosi nel
preservativo. Cadde su di lei sudato, ansante e felice.
Poco dopo si alzò a togliere il
preservativo e a buttarlo nel cestino, poi si sdraiò accanto
a lei e la avvolse
in un abbraccio.
Anne si addormentò immediatamente.
Era felice.
La mattina dopo
si svegliò che il
sole era già alto, doveva andarsene prima che Tom la vedesse?
L’istinto le diceva di sì, era
però ormai troppo tardi anche lui stava stropicciando gli
occhi e poi li aprì e
la vide. Sul suo volto si formò un’espressione di
pura sorpresa, poi si guardò
intorno e capì.
“Merda!”
Imprecò tra i denti.
“Non sarebbe dovuto succedere!”
“Perché?”
“Perché sei la mia migliore amica
e non sarei dovuto venire a letto con te!”
Lei abbassò gli occhi e cercò con
scarsi risultati di trattenere le lacrime, lui le alzò il
mento.
“Non è che sia del tutto pentito,
è che ora non sono pronto per una relazione seria.”
“O ami Jen.”
Lui stese, guardò per mezzo
secondo il soffitto e poi scosse la testa.
“No, non la amo. Con lei è solo
sesso, niente di più.
Non voglio rovinare l’amicizia
che c’è tra noi mettendoci di mezzo il
sesso.”
Lei stese sospirando al suo
fianco.
“Per quel che vale so aspettare.”
Lui non disse niente, sorrise e
le diede un bacio sulla fronte.
Anne lo guardò rivestirsi e solo
quando sentì la porta di casa chiudersi scoppiò a
piangere come una fontana.
Certo, aveva sempre saputo che lei per Tom era solo un’amica,
ma sentirselo
dire in faccia era stato come ricevere una coltellata in pieno petto.
Era talmente disperata che non
sentì la porta di casa aprirsi di nuovo e i passi di
qualcuno che si dirigevano
in camera sua.
La porta si spalancò, Anne vide
una sfigura minuta e sfuocata che somigliava a quella di Erin, anzi era
Erin.
“Cosa è successo, Anne?”
Anne continuò a piangere,
ignorando l’amica, finche Erin non la scosse per le spalle.
“Anne, cosa è successo?”
“Ho fatto sesso con Tom!”
“E?”
“Lui era ubriaco, ma quando si è
svegliato ha fatto due più due e ha capito cosa è
successo.
Ha detto che per lui sono solo
un’amica e che non vuole rovinare la nostra amicizia con del
sesso perché ci
tiene a me e mi ha detto anche che non si sente pronto per delle
relazioni serie.”
“E tu?”
“Gli ho detto che sarei stata
capace di aspettare!”
Disse la bionda tra le lacrime.
“Oh, Anne!”
“Ho fatto un casino!”
“No, lui… Lui si tiene a te!”
“Come amica.”
Erin scosse la testa.
“No, io penso che tenga a te
molto più che come semplice amica e che questo lo spaventi
talmente tanto da negare
a sé stesso di sentire qualcosa per te.
Io sono sicura che non appena
avrà capito cosa vuole tornerà da te, potrebbero
volerci anni però e con Jen
intorno sarà ancora più difficile.
Devi davvero essere paziente.”
Anne sospirò.
“Spero che quello che dici tu sia
vero, io in ogni caso sarò paziente, anche se vorrei
ammazzare Jen in modo
particolarmente cruento.”
Erin rise.
“Questo è normale, la odiano
tutti!”
“Beh, lei non fa
niente
per rendersi simpatica. Si comporta come se fosse chissà
chi, la regina di
qualcosa, invece è solo una banale ragazza che somiglia a un
cavallo e che ha
l’unica fortuna di essere ricca.”
Erin scoppiò a ridere e
cadde riversa sussultando.
“Un cavallo! Dio mio, per
un attimo mi sono immaginata un cavallo con la faccia di Jen, la corona
in
testa, che nitriva ordini a destra e a manca e che veniva subito
accontentata.”
Anne scoppiò a ridere a
sua volta, tra le lacrime.
L’immagine che Erin aveva
evocato pur essendo assurda era anche incredibilmente vera, il giorno
in cui la
regina avrebbe trovato per i suoi denti sarebbe arrivato il loro
momento di
divertirsi.
Il momento in cui si
mangiava la polvere arrivava per tutti e –
inconfessabilmente , dato il suo carattere bonario
– lei sperava che
alla mora succedesse molto presto.
“Dovresti qualcuno che ti
aiuti a superare questa situazione.”
“Il chiodo scaccia chiodo
non vale per me.”
“Boh, era solo un’idea.”
Anne si alzò.
“Andiamo a mangiare
qualcosa,ormai è mezzogiorno.”
“Io non cucino.”
“Nemmeno io.”
Si guardarono negli occhi.
“Ok, Mac Donald.”
Presero le borse e
le giacche e uscirono dall’appartamento,
decisero di arrivare al fast food più vicino a piedi.
Dopo aver ritirato le loro
ordinazioni a un tavolo solitario video David e decisero di fargli
compagnia.
“Ehi, Davey!”
Lui alzò il volto
sorpreso.
“Ciao ragazze!”
“Possiamo sederci con te?”
Lui annuì.
“Certo che potete, stavo
solo riflettendo sull’ennesima storia andata male.”
“Anche noi, potremmo fare
un club di cuori solitari.”
David rise e poi diede un
altro morso al panino.
“Tu esci da quella con
Trav e tu, Anne?”
“Da una notte di fuoco con
Tom DeLonge.”
Sul volto di David apparve
una smorfia strana, a metà tra un ghigno e un sorriso.
“Alla fine ci sei
ricaduta…”
“Lo amo, David e
continuerò ad amarlo
e ad aspettare che
lui sia pronto ad amare me.”
“Ti auguro buona fortuna,
la fine della storia con Erin lo ha reso molto restio a lasciarsi
andare.”
“Scusatemi.”
Mormorò con gli occhi
bassi la tirata in causa.
“Scusami tu, Erin. Sono
stato poco delicato io a dire il tuo nome come se non ci
fossi.”
“Hai solo detto la verità,
non c’è niente di male nella verità e
tu sei il solito caro ragazzo, spero
troverai qualcuna che sappia apprezzarti.”
David arrossì e non disse
nulla, era bello stare con ragazzi timidi ogni tanto, cambiare dal
continuo
vociare di Mark e Tom che si scambiavano battute a raffica e facevano
un sacco
di casino.
Era bello, era riposante.
Finito il pranzo,
salutarono David e poi si diressero verso il loro appartamento,
stranamente
trovarono la porta aperta e qualcuno in salotto: Mark.
“Anne, non hai nulla da
dirmi?”
Anne lo guardò sorpresa.
“No, beh no.”
“Niente che riguardi Tom?”
Lei arrossì.
“Come fai a saperlo?”
“Non è importante.”
Lei strinse i pugni.
“Sì che lo è e
farai bene a dirmelo.”
Mark la guardò con occhi
di fuoco.
“L’ho sentito, mentre si
confidava con Ruby.”
Anne tirò un sospiro di
sollievo mentale, Tom non era andato a sbandierarlo a tutti come se
fosse una
scopata senza importanza.
“Sì, sono andata a letto
con Tom.”
Il fratello sbiancò
visibilmente.
“Perché?”
“Perché lo amo.”
Mark ondeggiò pericolosamente
e poi cadde lungo e disteso vicino al divano, evitando per un pelo di
distruggersi il cranio contro il tavolinetto del salotto.
Anne guardò Erin e
sospirando spostarono il corpo del ragazzo sul divano, dopo qualche
minuto suo
fratello tornò in sé.
“Ti prego, dimmi che non
ami Tom.”
“Mi dispiace, ma lo amo e
non posso mentirti.”
Lui si batté una mano
sulla fronte con aria dolorante, sembrava avesse ricevuto un colpo
molto forte
in pancia.
“Come cazzo hai fatto ad
innamorarti di Tom?”
“Non ne ho idea, è successo.
Piano piano la mia
amicizia è diventata altro.”
“Lo sai che soffrirai,
vero?”
“Lo so.”
Lui sospirò.
“Però forse hai qualche
possibilità, Jen è solo un giocattolo, forse
quando si stanca e decide che può
amare ancora dopo Erin ci sarà spazio per te.”
“Lo spero.”
“Dio, che casino.”
Anne annuì.
“Sì, è un gran casino.”
“Posso pestare Tom?”
“No.”
“Nemmeno un pugnetto?”
“No.”
Lui sospirò e si rialzò
dal divano.
“Va bene, vado al lavoro.
Ci vediamo, ciao.”
“Ciao.”
Anne lo guardò uscire dal
suo appartamento, era curvo e stordito come un pugile suonato.
Povero Mark!
Chissà che shock era stato
per lui scoprire che la sua sorellina era innamorata del suo amico
donnaiolo,
una di quelle sorprese che un fratello non vorrebbe mai sentire.
-Mi dispiace, Mark.-
“Anne, mi spiace lasciarti
da sola, ma ho il mio corso.”
“Vai tranquilla, Erin. Io
cercherò di studiare per l’esame di
domani.”
Lei annuì ed uscì, Anne
invece si stese sul divano con il libro e i suoi appunti. Amava
studiare, ma le
veniva difficile farlo in quelle condizioni: le rimbombavano ancora in
testa le
parole di Tom che le diceva che era solo un’amica e poi
c’era il fatto che Mark
ci era quasi rimasto secco alla notizia.
Era un’impresa titanica
che portò a termine al prezzo di un mal di testa enorme,
quando erin Tornò a
casa la trovò china sul libro, mentre gemeva e si teneva la testa con una
mano.
“Staccati da quel libro o
muori.”
Lei annuì e andò in bagno
per prendere un’aspirina, la ingollò e poi
ingollò la cena.
Erin la guardava con un
mezzo sogghigno incomprensibile.
“Si può sapere che hai?”
“Ho incontrato Tom.”
Esclamò l’altra dando un
morso a una mela.
“E?”
“Abbiamo parlato un po’,
anzi io gli ho scucito un po’ di cose.”
“Di che tipo?”
“Non lo ammetterebbe mai,
ma gli piaci, Anne. Deve solo trovare il coraggio di dimenticarmi e di
smettere
di frequentare Jen e poi ci sono buonissime speranza per te.”
“Davvero?”
Anne la guardava a occhi
sgranati.
“Certo. Credimi, ci vorrà
un po’, probabilmente anni, ma ce la farai.”
“Lo spero, ma non ti dà
fastidio questa situazione?”
Lei scosse la testa.
“Tom per me è un amico e
voglio consegnarlo nelle mani di una brava persona, una che sia adatta
a lui e
tu lo sei.”
Anne arrossì.
“Beh, grazie.”
“E di che?”
Anne corse in cucina per
preparare la cena, rossa come un pomodoro.
Nel suo cuore germogliava
una piccola speranza, forse Tom sarebbe diventato il suo uomo un giorno
o
l’altro e allora sarebbe stata felice.
Poteva vivere in funzione
di quel giorno che forse non sarebbe mai arrivato?
Sì, poteva e doveva farlo.
Ora si sentiva forte, ce
l’avrebbe fatta: avrebbe sconfitto Jennifer e poi finalmente
avrebbe avuto Tom.
Anne sorrise, il suo
futuro era tracciato, ora doveva solo attenersi alle linee e tutto
sarebbe
andato bene.
Con calma avrebbe ottenuto
la sua felicità.
Angolo
di Layla.
Ringrazio
ElaEla
e LostinStereo3
per le recensioni.
|
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Capitolo 27 *** 27) Australia: koala, canguri e nostalgia. ***
27) Australia: koala,
canguri e nostalgia.
In
tre anni possono
cambiare un sacco di cose.
I blink hanno finalmente
suonato al Soma come sognavano, è successo due anni fa ed
è stato epico.
Mark ha dovuto prendere in
prestito la station wagon di sua madre per portare al locale tutti gli
strumenti – una macchina poco adatta a tre giovani punk, per
citare Anne – ma
il successo che hanno riscosso li ha
ripagati della brutta figura.
Alla fine la gente pogava
persino sul palco e tentava di farsi prendere in braccio da Tom o da
Mark,
soprattutto le ragazze. Avrei voluto ucciderle tutte, ma fortunatamente
mi sono
trattenuta e le vacche hanno preso tutte maglia e demo dei blink.
Glieli ho venduti entrambi
augurando loro di finire sotto un tir, ma glieli ho venduti e la band
iniziava
ad avere un nome e a interessare le altre band punk e pop-punk.
Quella sera sia Billie Joe
che Lars ci hanno telefonato per fare i complimenti alla band e hanno
fantasticato per un po’ sul fare un tour insieme.
Nel ’94 finalmente la band
è riuscita ad attirare l’attenzione della Cargo
Record, riuscendo ad incidere
un album che non fosse una demo non autoprodotta: Cheshire Cat.
Io, Erin e i ragazzi
abbiamo pensato a lungo alla copertina, poi alla fine abbiamo deciso
per un
siamese con due incredibili occhi azzurri, quasi come quelli di Mark.
Insieme alla fama, se così
si può definire il loro successo locale, sono arrivati i
problemi: una
sconosciuta band tecno irlandese li avrebbe denunciati se non avessero
cambiato
nome, dato gli irlandesi si chiamavano blink da più tempo di
loro.
Tom ha minacciato,
imprecato e bestemmiato, ma alla fine ha dovuto cedere e in accordo con
Mark ha
aggiunto 182 al nome.
Gli ho più volte chiesto
cosa significhi quel numero, ma lui dà risposte
contraddittorie: l’hanno scelto
a caso, è il numero di volte in cui viene detto fuck in
Scarface, sono le volte
in cui lui ha mandato a fanculo Tom.
Penso sia buona la prima,
in ogni caso da Cheshire Cat vennero estratti due brani:
M+M’s e Wasting Time.
La prima volta che ho
sentito M+M’s alla radio ho pianto come una bambina
ricordandomi le circostanze
in cui era stata scritta, Tom invece era in macchina e ha urlato a
tutti che
quella era la sua canzone e di ascoltarla, cazzo.
Inutile dire che quella
sera abbiamo festeggiato come matti, ubriacandoci tutti, c’erano persino
Skye e Matt, ma non Jen. Tom
quella sera è stato sempre appiccicato a Anne e ho sperato
che dimenticasse la
troia, purtroppo le mie speranza sono state deluse, non appena Jen
l’ha
chiamato Tom è corso da lei.
In quando a Skye,
nonostante fosse tornata a San Diego e non stesse più con
Matt, non è tornata
amica della dittatrice. Le ho chiesto perché avesse mollato
Matt e lei mi ha
detto che ora lei lo vedeva più come amico che come ragazzo,
gli voleva bene,
ma non abbastanza per portare avanti la loro storia.
Matt ha incassato stoico,
anche perché Tom ha deciso di tenerlo impegnato a modo suo:
dato che i blink
avevano successo lui sarebbe stato il loro roadie.
Nel ’94 è successa anche
un’altra cosa meravigliosa: i ragazzi hanno girato il loro
primo video.
Nella prima versione
rubano cose alle loro ragazze e poi vanno
a divertirsi e mentre stanno per fare un concerto vengono
uccisi. Beh,
forse non li ucciderei, ma lo picchierei se Mark rubasse le mie cose.
Il secondo video – quello
definitivo – sono semplicemente loro che fanno i cretini in
un parco. Matt –
presente al video – ha detto che effettivamente si sono
divertiti un modo e
io gli credo, non ci vuole molto a renderli
felici.
Anche l’anno scorso è
stato un bell’anno per loro, hanno registrato un altro disco
con la Cargo
Record, chiamato Dude Ranch in cui si vede perfettamente la loro vena
idiota.
Sono stati messi in
circolazione altri singoli, sono stati girati altri video e il loro
successo
aumenta, tanto che per loro viene organizzato un tour insieme ad altre
band
emergenti nel sud dell’Australia.
Ed è esattamente qui che
siamo: nel Sud dell’Australia su un pullman.
Mark è appoggiato alla mi
spalla, Tom è davanti con l’autista –
probabilmente lo sta facendo
impazzire parlando
di alieni – e Scott
dorme sui sedili.
E solo pomeriggio, ma lui
è già k.o per una sbronza, quel ragazzino ha un
serio problema con
l’alcool, ma per ora gli altri
lasciano correre. Credo che pensino che finché non
interferisce con la band
vada bene, io invece sono preoccupata.
Ormai da tre anni sta con
Hayley e mi sono sempre sembrati una coppia equilibrata, tranne
nell’ultimo
periodo: sospetto che la mia amica mi nasconda qualcosa.
Porta troppo spesso
occhiali da sole e foulard quando non ce n’è
bisogno e abusa del correttore
ultimamente, ho il sospetto che Scott la picchi da ubriaco.
Lo scruto, nel sonno
sembra un bambino innocente, ha un’aria indifesa e dolce. Non
sembra capace di
picchiare una persona, ma le impressioni spesso sono sbagliate e anche
lui che
sembra così innocuo potrebbe rivelare delle spiacevoli
sorprese.
Sento uno sbuffo sul mio
collo, è Mark.
Gli mancano gli Stati
Uniti, gli manca san Diego, gli manca la sua famiglia.
All’inizio del tour
eravamo eccitati, avremmo visto i canguri, i koala, il deserto, gli
aborigeni;
ora lo siamo un po’ meno perché sono diventati
routine e la nostalgia di casa
si fa sentire.
A me manca il mio
appartamento e mia sorella.
A interrompere i miei
pensieri arrivano Matt e Hayley, lei indossa un foulard persino con
questo
caldo.
“Ehi, vi va una partita a
carte?”
Io rido.
“Sì, così mi stracciate
ancora come l’ultima volta!”
Rido io, ma insieme agli
tre ci mettiamo davanti a un tavolino e iniziamo a giocare a poker con
in
sottofondo il russare di Scott.
“Quanto rompe i coglioni!”
Esclama Matt.
“Puoi giurarci, lo
butterei giù dal pullman!”
Ultimamente la popolarità
di Scott non è alle stelle per nessuno di noi, solo Tom e
Mark lo sopportano,
ma ho il sospetto che durerà poco. Quel ragazzino sta
perdendo il treno verso
un destino meraviglioso e nemmeno se ne rende conto.
Giochiamo fino a quando si
fa sera e ci fermiamo in una cittadina, domani saremo a Sidney per
l’ultimo
prima della pausa per Natale.
Non vediamo l’ora che
arrivi questa dannata pausa e io ho un paio di idee per una sorpresa,
solo che
ho bisogno di appoggio. Ne dovrò parlare a Matt e Hayley al
più presto visto
che la sorpresa che ho in mente è in grande stile e
servirà a mitigare la
nostalgia di casa di tutti.
Quando finalmente
scendiamo, dopo aver sistemato i bagagli, busso alle stanze di Matt e
di
Hayley, quest’ultima è senza foulard e ha un
brutto segno sul collo, come se
qualcuno avesse tentato di strozzarla.
“Cos’è quel segno?”
“Niente, tu cosa vuoi?”
Le lancio un’occhiataccia, quello non è niente,
è un livido bello e buono!
“Ho bisogno di te e di
Matt per una cosa. C’è Scott?”
“No, è al bar
dell’albergo.”
Io stringo la bocca in una
linea dura, non appena avrò finito qui lo tirerò
vai da lì con l’aiuto di Mark
o Tom.
“Ascolta, per Natale
volevo fare una sorpresa ai ragazzi. Verranno i loro genitori e
qualcuno della
compagnia, mi dai una mano distraendoli mentre io lì porto
alla casetta che ci
hanno dato per Sidney?”
Lei annuisce.
“Certo, è un’idea
grandiosa! A loro fa benissimo!”
“Hayley, non mi devi dire
nulla?”
“No.”
“Sei sicura?”
“Sì.”
Non insisto oltre – anche
se questa storia non mi piace – ed esco dalla stanza per
bussare a quella di
Tom, lui apre in mutande.
“Copriti, scostumato!”
Lui ride e si infila un
paio di shorts e poi mi guarda curioso.
“Dobbiamo andare a
recuperare Scott, Hayls mi ha detto che è al bar e penso che
voi vogliate un
batterista sobrio.”
Tom diventa serio, afferra
una maglia e mi segue verso il bar. Lì troviamo uno Scott
sulla via della
sbornia, Tom intima al barista di non servirgli più niente e
nonostante le
proteste del batterista se lo carica in spalla.
“Tom, tienilo in camera
tu.”
“Perché?”
Io abbasso la voce fino a
farla diventare un sussurro.
“Ho paura che picchi
Hayls, prima l’ho vista senza foulard e aveva un brutto
livido sul collo come
se qualcuno avesse tentato di strozzarla.”
Tom non dice nulla e si
limita ad annuire.
Ho il sospetto che Scott
Raynor abbia i mesi contati nei blink, povero coglione.
“Ruby?”
Lui prende il respiro,
come quando si sta per correre.
“Ti ringrazio per esserti
presa cura della band, aver lavato la nostra roba, cucinato, tirato su
di
morale, ascoltato le nostre lamentele, venduto il nostro materiale,
curato
quando ci ammalavano o quando ci siamo feriti.
Grazie per averci portato
via dai bar, averci aiutato a vomitare, messo a letto e preparato
rimedi
anti-sbornia.
Io….
Ecco, grazie e ti voglio
bene.”
È raro che Tom esterni i
propri sentimenti, quindi rimango un attimo inebetita, poi mi avvicino
a lui e
lo abbraccio forte.
“E di che? Era nei patti,
no?
Tom… Ti voglio un mondo di
bene, sei il mio migliore amico e ho fatto quello che ho fatto
perché mi
piaceva e vi voglio bene.
Adesso ti lascio,
preparati per il concerto, bestia!”
“Ai suoi ordini.”
Si mette scherzosamente
sull’attenti, mentre io lascio la camera ridendo.
Raggiungo la mia e trovo
Mark intento a fare esercizi di quello che sembra yoga, smette non
appena mi vede.
“Dov’eri?”
“Sono andata da Hayls,
cose da donne, e lei mi ha detto che Scott si stava di nuovo
ubriacando, così o
chiamato Tom e lui se l’è portato in
camera.”
“Perché?”
Io mi siedo sul letto.
“Perché ho paura che Scott
picchi Hayley, ho visto il suo collo oggi aveva un livido bluastro come
se qualcuno
avesse tentato di strozzarla.”
Tom si siede accanto a me
e mi passa una mano lungo la schiena per poi appoggiarla comodamente al
mio
fianco.
“Questa è una brutta
storia.”
“Lo è, aspetto solo di
coglierlo sul fatto così potrò dirgliene
quattro.”
“Ultimamente si presenta
poco ai sound-check, non è più un buon
batterista. Se solo conoscessimo uno
bravo come lui l’avremmo già sostituito.
Questa situazione non può
durare.”
“No, non può durare in
nessun modo.”
Concluso questo nulla
cambia, i problemi continuano a esistere nello stesso modo in cui
esistevano
prima.
Tristezza.
La
sera del concerto è
arrivata.
I blink sono stanchi, Tom
ha un raffreddore così forte che quasi gli impedisce di
cantare, Mark ha due
occhiaie da insonne cronico e Scott si regge a stento in piedi.
Prima che lo show inizi
Mark mi dà un bacio e poi va sul palco a fare casino come al
solito, io sorrido
e mi dirigo verso il punto vendita delle magliette, vicino a me
c’è Hayley e ha
un’aria stanca e il solito foulard.
Mi trattengo a stento dal
chiederle se ha visto Scott prima
dello
show, non credo gradirebbe questa intromissione. Di solito le donne
picchiate e
maltrattate dal proprio uomo non sono propense a farsi aiutare, prima
devono
raggiungere il fondo.
“Dai, che questa è
l’ultima!”
Tento di farle forza, lei
annuisce spenta.
“Mi manca casa, non vedo
l’ora di tornarci.”
“Spero che la sorpresa di
domani funzioni.
Ah, a proposito cosa ne
dici di venire con me all’aeroporto?
Penso che Matt li
distrarrebbe meglio.”
Il suo volto si illumina
di gratitudine silenziosa.
“Si certo.”
Dopo questo ci godiamo il
concerto e alla fine veniamo subissate da gente che vuole avere
qualcosa dei
blink, qualcuno persino una notte di sesso e solo il buonsenso e Hayley
mi
trattengono dall’uccidere seduta stante l’innocente
che ha espresso questo pio
desiderio.
Alla fine del concerto Tom
sparisce con una biondina che mi ricorda Anne – ah!
– Hayley e Scott se ne
vanno nel bungalow che hanno affittato vicino alla spiaggia e io Mark
al
nostro.
È stanco, ma gasatissimo
cosicché una volta buttati dentro casa i nostro bagagli lui
inizia a baciarmi
con impeto e la sua mano sale verso il mio seno accarezzandomi il
fianco.
La sua bocca diventa una O
perfetta quando si accorge che non porto il reggiseno.
“E questa sorpresina?”
Chiede malizioso, mentre
stringe un capezzolo tra le mani.
“Mmmh, stasera faceva
caldo e ho pensato che dopo sarebbe stato
d’intralcio.”
“Hai pensato bene!”
Continua a baciarmi e mi
toglie la maglia, poi mi prende in braccio e mi deposita sul divano.
Non faccio in tempo a
sorridere che lui è su di me, la testa sepolta tra le mie
tette.
Io inizio a gemere e tento
debolmente di ribaltare le posizioni, ma lui ne approfitta per
togliermi il
resto dei vestiti e per poggiare maliziosamente una mano sulla mia
femminilità.
Inizia a lavorare con le
dita e con la lingua e io rischio di impazzire, è
dannatamente bravo ormai,
conosce a memoria tutti i punti che mi fanno perdere il controllo.
In breve tempo mi ritrovo
a urlare il suo nome e poi a essere in preda a un orgasmo devastante,
mi sembra
di essere catapultata in cielo, l’unica cosa che mi tiene qui
sulla terra è il
suo sorriso soddisfatto.
Ora tocca a me ricambiare
e prendo letteralmente in mano la situazione, iniziando a giocare
svogliatamente con il suo amichetto. So che lo fa dare di metto e
presto
supplica per avere di più.
Lo accontento mettendomi
su di lui, anche se provo sempre dolore al primo affondo.
Continuiamo per un po’
così: le sue mani sono saldate ai miei fianchi a dettare il
ritmo.
Ribalta poi le situazioni
e dopo pochi colpi veniamo insieme, urlando i nostri nomi.
Lui si lascia andare su di
me e io mi godo il calore del suo corpo abbandonato sul mio, amo questo
momento.
Amo passare le dita tra i
suoi capelli bagnati e sentire il suo cuore battere contro il mio: mi
fa stare
in pace con il mondo.
“Mh, credo che stanotte
dormirò.”
“Nel letto magari.”
“Mi sembra una buona
opzione.”
Si alza e si mette i
boxer, io le mie mutandine e la sua maglia, inaspettatamente mi porta
in
braccio fino alla camera e mi mette sotto le coperte, immediatamente mi
raggiunge e mi attira sul suo petto.
Tempo cinque secondi è
finalmente immerso nel sonno dei giusti, quello che ultimamente
sembrava
disertare fin troppo spesso e che gli ha disegnato due occhiaie
violacee sotto
i suoi meravigliosi occhi.
Poco dopo mi addormento
anche io.
Felice.
La mattina dopo è la
vigilia di Natale, io mi sveglio per prima oppressa dal troppo caldo.
In Australia è piena
estate ed è un’estate afosa, l’arietta
che ieri sera spirava dall’oceano sembra
esserne andata.
Con aria stanca mi
trascino in cucina preparo il mio caffè e la tazza di
cereali e l’acqua per
Mark.
Una volta che il caffè è
pronto lo prendo insieme alle sigarette e mi siedo sulla sedia che
c’è nel
cortile posteriore, dà direttamente sull’oceano.
Oggi è piatto e azzurro,
leggermente accarezzato dai raggi del sole appena nato.
Io bevo e contemplo in
silenzio questa meraviglia della natura sentendomi abbastanza bene,
oggi sarà
una giornata pesante e ho bisogno di energia.
Poco dopo sento dei rumori
– qualcuno scende le scale e poi arriva in cucina –
poco dopo Mark fa capolino
con la sua ciotola in mano.
“Buongiorno!”
Io sorrido.
“Buongiorno Mark.”
Lui si siede accanto a me.
“Come mai non mi hai
chiamato?”
“Dormivi così bene che non
me la sono sentita, hai bisogno di riposo.”
Lui stiracchia le braccia.
“Riposerò in questi
giorni.”
“Sì, tanto il prossimo
concerto lo avete dopo capodanno.”
“Oggi è la vigilia di
Natale.”
“Sì.”
“Che tristezza.”
Torna dentro, lasciandomi
da sola a guardare l’oceano, deve essere messo proprio male
se giudica triste
persino la vigilia di Natale, la sua festa preferita.
Entro in cucina e deposito
la mia tazza in cucina, poco dopo suona il campanello e Matt entra in
casa:
indossa una maglia dei blink, dickies e un paio di vecchi anfibi.
“Ehi, Hoppus!”
“Ehi, Sullivan! Come mai
qui?”
“Ti porto a surfare.”
“Ma io non ne ho voglia.”
Matt lo guarda divertito.
“Siamo in Australia e
non vuoi surfare? Sei pazzo?
Vieni subito!”
Dopo un altro paio di
battute del genere Mark capitola e Matt mi fa l’occhiolino.
Io aspetto un
attimo che se ne siano andati e poi chiamo Hayley, lei mi dice di
essere a casa
da sola, il che è perfetto.
Esco di casa e mi reco da
lei, ha un brutto occhio nero, ma mi dice che se
l’è fatta sbattendo contro un
muro, razza di zuccona.
Noleggiamo una macchina
ciascuna e raggiungiamo l’aeroporto, molto affollato in
questi giorni di festa.
Alla fine, con qualche difficoltà arriviamo agli arrivi
internazionali,
aspettando di vedere arrivare i nostri.
Un quarto d’ora dopo mia
sorella fa la sua comparsa seguita da mia madre e dai miei nonni,
dietro il
team Ferreira si vedono Anne, la signora Hoppus, la signora DeLonge,
Kari,
David e purtroppo Jen.
Io e Hayley ci sbracciamo
e finalmente ci vedono, da lì in poi è tutto un
giro di abbracci da cui Jen
resta esclusa con la sua solita espressione di superiorità
appiccicata alla
faccia.
Finito quello ci dividiamo
i passeggeri e vediamo chi dovrà prendere il taxi,
è una faticaccia ma ce la
facciamo. Jen non ha rivolto la parola a nessuno, forse ha paura di
prendersi
un qualche virus.
Arrivati a casa offro da
bere e da mangiare a tutti, rimanendo sulle spine.
Mi chiedo se questa sarà
davvero una bella sorpresa, se i ragazzi reagiranno bene o no.
Per placare l'ansia vado
in cucina a controllare cosa c’è per il pranzo di
Natale, quasi tutto perché
ieri mi sono decisa a fare la spesa in previsione di tutto questo.
Ho un’ansia terribile,
perciò inizio a darmi da fare ai fornelli.
Mia nonna mi raggiunge
poco dopo.
“Tesoro, andrà tutto bene,
non è il caso di farsi prendere dal mal di pancia.
Io annuisco distratta e
lei mi abbraccia.
“Sei proprio cresciuta
bene, sei una splendida donna.
Sono fiera di te.”
Dai miei occhi scende
qualche lacrima.
“Grazie nonna, volevo
somigliarti anche solo un pochino.”
Lei sorride enigmatica e
mi scompiglia i capelli, io torno di là:
c’è una bella atmosfera.
Sono tutti calmi e
tranquilli, ridono e scherzano, non posso sbagliarmi quello che sento
nell’aria
è profumo di famiglia, di amore e protezione.
Spero che i blink
apprezzino la mia sorpresa.
Questo è l’ultimo pensiero
che mi viene in mente prima di mettermi a chiacchierare con Erin come
non
facevo da mesi.
Sì, ogni tanto un po’ di
sana famiglia ci vuole.
Angolo di Layla.
Ringrazio ElaEla per la
recensione.
|
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Capitolo 28 *** 28)Natale in Australia (festa in spiaggia compresa). ***
28)Natale in Australia
(festa in spiaggia compresa).
La
parte peggiore nel fare
sorprese è l’attesa: quel momento in cui non sai
se hai fatto la cosa giusta o
sbagliata.
Quel momento in cui tutte
le paranoie più assurde ti assalgono e non sai che fare,
fortunatamente c’è
Erin che mi molla pacche sulla spalla ogni volta che mi trova
imbambolata e
persa in questi pensieri.
“Dai, che farà loro
piacere, non fare la paranoica!”
Subito dopo sento delle
frasi.
“Di’ un po’, Matt! Ti
hanno rapito gli alieni?
Come mai vuoi che ci
riuniamo tutti a casa di Mark?”
“E che palle, DeLonge!
Smettila di tirare in ballo questi dannati alieni ogni volta che
c’è qualcosa
che non funziona come vuoi tu! Ti ho solo chiesto un favore, non di
ucciderti!”
Tom sbuffa platealmente,
la maniglia della porta si abbassa e poi entrano i ragazzi.
L’espressione dei
tre blink è impagabile, la sorpresa è riuscita in
pieno perché dopo i primi
momenti di stupore sorridono.
Mark corre da sua madre e
l’abbraccia, idem per Tom nonostante sia ormai un ragazzone
di quasi due metri
e sovrasti la donna di almeno una spanna.
La madre di Tom guarda
dubbiosa il suo ragazzo invece, controlla la barba – troppo
lunga – e la pancia
troppo piatta.
“Adesso ti rimetto in
sesto io, fortuna che c’è Ruby o saresti in
condizioni peggiori!”
“Mamma, è un tour non i
lavori forzati!”
Lui ride e abbraccia sua
sorella, parlotta con lei e poi passa a salutare gli altri, compresa
mia madre
che lo squadra con occhio critico.
“Hai la barba troppo
lunga, raditela.
Hai le occhiaie che
toccano terra, dormi.
Balli nei vestiti, mangia
di più.”
Curiosamente sembra un
generale che passa in rassegna le truppe e Mark si mette spontaneamente
sull’attenti, facendola sorridere.
Io li guardo divertita,
Mark mi raggiunge e mi abbraccia con trasporto e poi avvicina la sua
bocca al
mio orecchio.
“Grazie per la
meravigliosa sorpresa, era quello di cui avevo bisogno, sei un
tesoro!”
Io sorrido.
“Figurati, per così poco.
Sono contenta che tu l’abbia apprezzata!”
Poco dopo arriva Tom che
mi abbraccia e mi ringrazia anche lui con un sorriso che gli va
dall’orecchio
all’altro, l’unico che mi sta alla larga
è Scott, forse perché sta litigando
con sua madre.
“Hai il fiato che ti puzza
di birra già prima di mezzogiorno?
Possibile che tu non possa
stare sobrio e che nessuno ti aiuti!”
Lancia un’occhiata di
fuoco alla band.
“Noi cerchiamo di non
farlo bere, ma lui non ci ascolta e se glielo impediamo reagisce
male.”
La donna lo guarda,
annuisce – la spiegazione di Mark non gli è
piaciuta per niente – e poi torna a
litigare con il figlio, Scott mi fulmina.
Come se fosse colpa mia se
lui beve!
La ramanzina di sua madre
è il minimo, forse per me gli darei anche due sberle per
fargli capire meglio
il concetto!
“Io chiamo una pizzeria
per il pranzo.”
Il mio tono risulta più
freddo di quel che vorrei, ma Scott mi ha irritata e non sono riuscita
a
nasconderlo.
Prendo le ordinazioni e
chiamo una pizzeria che ho visto qui vicino, mi dicono che ci
vorrà mezz’ora
per farle arrivare a casa nostra. Io rispondo che va bene e poi vado
nel
cortile sul retro per fumare in santa pace, mi dà fastidio
chi non è
riconoscente nei confronti di quello che fai.
Poco dopo essermi accesa
una sigaretta sento due braccia avvolgermi e la testa di Mark si
appoggia
delicatamente sulle mie spalle.
“Arrabbiata?”
“Con Scott.”
Lui sospira.
“Quel ragazzo sta
diventando un problema, presto dovremo farci i conti.”
Io non rispondo.
“Comunque ci hai fatto una
sorpresa bellissima.”
Sembra stia per aggiungere
qualcos’altro quando Tom fa irruzione e quasi ci travolge.
“Me la sono ricordata!”
Io lo guardo senza capire.
“Sai perché io e Jen siamo
sempre tornati insieme?”
“Sinceramente no, pensavo
volessi una storia poco impegnativa.”
“Invece no, era perché lei
diceva di essere quella ragazza con cui ero stato al Soma poco prima di
lasciarmi con Erin, ma mentiva. Non è lei! Me la sono
ricordata!”
“E allora chi è?”
La voce di Mark fa fare un
salto a Tom.
“Ehi, amico! Non mi uccidere,
ma era tua sorella e io ci sono
stato benissimo.”
Mark lo guarda male.
“Spero non ti venga in
mente di illudere mia sorella con questa cazzata!”
“Mark, non hai capito!
Io sono sempre stato
innamorato di tua sorella e non lo sapevo e adesso lo so!”
Mark lo guarda come se il
suo amico avesse ricevuto una botta in testa di proporzioni epiche,
sembra non
capire affatto i suoi ragionamenti, anche io faccio fatica a seguirlo.
So solo che rientra e –
dopo un rapido scambio di sguardi – anche io e Mark
rientriamo e ci troviamo
davanti a una scena surreale.
Tom è inginocchiato
davanti ad Anne e le chiede di diventare la sua ragazza tra lo stupore
generale. Anne è rossissima, ma poi si inginocchia a sua
volta e lo bacia con
passione, segno che diventare la donna di Tom non le dispiace per
niente.
Le signore Hoppus e
DeLonge si guardano e scuotono la testa, Mark dietro di me respira a stento, mi volto e vedo
che la sua faccia è
di uno sgradevole verdino.
Con calma lo guido verso
il divano e lo faccio stendere, poi gli stringo la mano più
forte che posso.
“Anne e Ton stanno
insieme.”
“Parrebbe di sì.”
“Se la fa soffrire lo
ammazzo!”
“Se Jen si mette in mezzo
la uccido.”
“Oh, già Jen… Che ne
facciamo di lei?”
Il rumore di un bicchiere
in frantumi e di una porta sbattuta ci indica che Jen ha deciso di
risolvere il
suo problema da sola: fuggendo.
Meglio.
Almeno non la devo
sopportare per la cena di Natale
e poi devo farmi assolutamente dire da Anne cosa le ha detto Tom.
Sto morendo dalla
curiosità, dato che – contrariamente al mio
ragazzo – ho sempre fatto il tifo
per loro come coppia e ho sempre sperato che Tom si decidesse
finalmente a
mollare quella puttana bugiarda che si portava a letto.
L’arrivo delle pizze mi
distoglie dai miei desideri di interrogatorio, ma oggi ho intenzione di
fargliene uno serio.
Dopo
pranzo i ragazzi se
ne stanno con la famiglia e poi escono a fare un giro per Sidney.
Io, Anne e Hayley
rimaniamo a casa a preparare la cena di natale: arrosto con patate.
Questa è un’ottima
occasione per far cantare Anne!
“E così sei la ragazza di
Tom ora.”
“Sì.”
Ha un sorriso smagliante
che non le vedevo da mesi.
“Come ci si sente? Cosa ti
ha detto?”
“Benissimo! Praticamente
si è inginocchiato e mi ha detto che si era ricordato che
ero io la ragazza del
Soma che si era portato a letto poco prima di rompere con Erin e che
aveva
sempre cercato quella ragazza perché con lei era stato bene.
Solo che Jen gli aveva
sempre detto che era lei, quando mi ha visto gli è venuto un
flash e si è
ricordato tutto.
C’era mia madre vicino e
mi ha guardato a occhi sbarrati.”
Ridiamo.
“Questo flash lo ha
aiutato a capire che ero io la ragazza che aveva sempre voluto e che da
un di
tempo non provava solo amicizia nei miei confronti, ma che mi amava.
Il cuore mi è esploso di gioia,
non credevo che un giorno simile sarebbe mai arrivato, invece eccomi
qui: sono
la ragazza di Tom!
Sono talmente felice che
lo urlerei al mondo!”
Io e Hayley sorridiamo,
Anne se la merita un po’ di felicità. Questi
ultimi anni non sono stati facili
per lei, ogni volta che Jen tornava con Tom faceva in modo di
ostentarlo con
mezze frasi e allusioni neanche troppo velate.
Lo sapevano tutti che
erano frecciatine ad Anne, che Jen non riusciva a non fare, lei ama
trionfare
su chi considera sfigato.
Oggi però il destino ha
cominciato a restituirle un po’ del male che ha fatto
facendole vedere Tom che
chiede ad Anne di essere il suo ragazzo in ginocchio, per lei
è peggio che uno
schiaffo.
Oggi ha assistito a una
vera e propria sconfitta su tutti i fronti e ha provato
all’incirca quello che
provò Hitler nell’45, speriamo non si spari.
La preparazione della cena
procede così in tutta tranquillità, tra
chiacchiere e cucina, fino a quando non
suona il campanello.
Una Jen furiosa fa il suo
ingresso in cucina.
“TU!”
Urla, puntando il dito
verso Anne.
“Mi riprenderò Tom, lurida
puttana!”
Io la guardo piuttosto
freddamente.
“Qui l’unica puttana sei
tu, vattene! Non sei la benvenuta!”
“Non dirmi quello che devo
fare, messicana di merda!”
Io appoggio delicatamente
il coltello sul lavandino e poi le assesto un manrovescio, come
desideravo fare
da anni e poi poco gentilmente la spintono verso la porta.
Lei impreca, tenta di
graffiarmi, mi insulta; ma non c’è santo che
tenga: la butto fuori casa con
grande soddisfazione da parte mia.
Mi è sempre stata
antipatica, finalmente ora mi posso sfogare!
“Finalmente mi sono tolta
la soddisfazione di buttarla fuori casa!”
Anne e Hayley sorridono,
la mia antipatia verso Jen è nota a tutti e tutti sanno che
è ampiamente
ricambiata.
“La cosa divertente è che
viene qui a minacciare e insultare come se fosse la padrona della casa
e la
proprietaria di Tom! Come si permette?
Andava sbattuta fuori,
andava!”
“Sì, hai ragione. Spero
non troppa rompa troppo a me e Tom.”
“Oh, aspettati che rompa
invece e impara a metterla al suo posto, Anne.
La puttana farà di tutto
per riprenderselo.”
Anne sbuffa.
“Che ci provi, la prendo a
calci da qui fino in California!”
La sua faccia decisa è
tutta un programma, Jen avrà pane per i suoi denti.
Verso le sei torna anche
il resto della truppa, Mark annusa l’aria e sorride, con quel
piccolo gesto mi
ha comunicato che gli piace quello che sto cucinando. Lo fa sempre
anche a casa
e mi ricorda sempre un cagnolino da coccolare.
“Ehi, com’è andata?”
Chiede Tom dopo essere
saltato sul divano.
“Bene, a parte una
sgradita visita di Jen.”
Lui annuisce.
“Che rottura, speravo
prendesse il primo aereo per Los Angeles dopo essere stata
mollata.”
“Lo farà, ma quando
tornerete, aspettati un assedio.”
“È illegale buttarle
addosso dell’olio bollente, vero?”
Chiede Anne.
“Abbastanza illegale.”
“Va beh, allora confido
nella capacità di Tom di scacciarla.”
Ridiamo tutti, le madri
dei ragazzi comprese.
Stranamente la madre di
Tom sorride e quando le passo accanto mi dice la seguente frase:
“Sono felice
che Tom e Anne si siano messi insieme, sono così carini! Lei
sembra fatta a
posta per calmarlo ed evitare che si metta in eccessivi guai e lui
è perfetto
per una ragazza un pochino timida come Anne.”
“Beh, ragazze quando ci
fate assaggiare quello che avete amorevolmente cucinato per
noi?”
“Quando qualcuno avrà
preparato la tavola e magari decorato la casa.”
Mark mi mostra orgoglioso
un sacchetto da cui tira fuori un mini albero di Natale e qualche
festone in
cui Tom si avvolge come uno scemo.
“Pensavo di appenderli per
casa non appena Tom se li toglie.”
“E perché mai? Sono così
comodi!”
“Tom, l’uomo-albero-di-Natale
non ha diritto alla cena, lo sai?”
Esclamo seria, lui si
toglie immediatamente e li dà in mano al suo amico.
“Voglio mangiare, voglio
che la tua ragazza mi dia da mangiare.”
“Cazzone, dammi una mano
ad appenderli!”
“E che palle!”
Insieme appendono i
festoni, decorano il mini albero e accendono le sue luci:
così c’è già
un’aria
più natalizia.
Mia sorella intanto
apparecchia insieme a Kari, chiacchierando con lei, la più
piccola dei DeLonge
ogni tanto lancia delle occhiate perplesse a Scott, sembra che non lo
riconosca
più.
In ogni vaso finalmente è
tutto pronto e si mettono a tavola, io servo il primo: lasagne.
Gli occhi di Mark si
illuminano: ama quel piatto e probabilmente vivrebbe di teglie di
lasagne fino
alla fine dei suoi giorni se potesse e non dovesse saltare come una
cavalletta
a ogni concerto.
In silenzio iniziamo tutti
a mangiare, dopo il primo boccone si complimentano tutti con noi,
dicendo che
sono buone. In effetti il trio Ferreira-Hoppus-Cruz ha fatto un buon
lavoro e
io sono contenta.
Quando tutti hanno finito,
Hayley serve il secondo: arrosto con patate.
Anche questo viene
apprezzato da tutti, in particolare dalla mamma di Mark che mi chiede
la
ricetta.
“Mark, sposatela. È quella
giusta per te!”
Lui arrossisce, penso di
piacere.
“Mamma! Non è presto?”
Mi guarda e io gli
sorrido.
Sì, è presto, anche io la
penso così.
“Io vi vedo bene insieme.”
“Ne sono felice.”
Rispondo un po’ emozionata,
grazie alle sue parole mi sono vista per un attimo in abito bianco con
Mark
accanto e la visione mi è piaciuta parecchio.
Sorrido addentando un
pezzo di arrosto.
Ah, come sarebbe bello
vivere in una casa come questa, con lui che suona e io che correggo i
compiti e
i nostri figli che giocano sulla spiaggia!
“Ruby!”
Mia sorella mi distrae dai
miei pensieri.
“Sì, Erin?”
“Avete qualche idea per
l’ultimo dell’anno?”
Io scuoto la testa.
“Nah, sono riuscita a
organizzare solo questo perché con il tour è un
casino.”
“Capito. Beh, stasera o
domani farò un giro per vedere che locali ci sono.”
“No, Erin!”
La voce di mia madre la fa
voltare sorpresa verso di lei.
“Natale si trascorre in
famiglia.”
Lei sbuffa.
“Me ne ero dimenticata di
questa tradizione.”
Io scoppio a ridere, la
sua faccia delusa è qualcosa di fenomenale.
“Mamma, ma parlando di
tradizioni… Li hai portati i regali?”
“Sì, ce li ho qui. Li
avrete tutti a mezzanotte e non un minuto prima.”
Mia sorella scuote la
testa, chiedendosi probabilmente come fa a essere così
inflessibile anche il
giorno di Natale. Io sorrido: mamma è sempre mamma e non
sarà certo il Natale
in trasferta a cambiarla.
È già un miracolo che a
suo tempo abbia accettato i ragazzi e che ancora li accetti.
Se non suonerebbe così
strano direi che si è affezionata molto a Tom, anche se non
è più il ragazzo di
Erin, lo tratta bene e si preoccupa per lui, difatti prima ha passato
anche lui
in rassegna.
Dopo il secondo mangiamo
un po’ di frutta e poi il dolce: tiramisù.
Molto buono, devo chiedere
ad Anne la ricetta perché mi piacerebbe rifarlo a casa.
Finita la cena
chiacchieriamo e poi giochiamo a tombola in attesa della mezzanotte,
così
potremo scambiarci i regali. Chissà se Mark
apprezzerà il mio?
Alle undici smettiamo di
giocare a tombola – troppo noiosa – e usciamo sulla
spiaggia, accendiamo un
falò, Tom e Mark cantano e suonano evitando per una volta il
loro repertorio.
È divertente e la brezza
marina invita a fare il bagno, così mi allontano e metto un
piede dopo l’altro
nell’acqua, godendomi il fresco e il massaggio delle onde.
In fondo non è male
trascorrere il Natale in piena estate, non l’ho mai fatto, ma
ha i suoi lati
positivi ad esempio questo. A San Diego farebbe troppo freddo per farlo.
Mark mi raggiunge e mi
abbraccia, poi mi fa voltare verso di lui e mi tende un pacchettino.
“Ho preferito dartelo ora,
onde evitare casino di là.”
Io apro la scatolina e mi
ritrovo davanti a un anellino in argento con una piccola pietra nera,
la mia
bocca si apre in una O perfetta e poi gli salto braccio, facendoci
cadere
nell’acqua.
Lo bacio con passione,
pensando che non potevo trovare un ragazzo più adatto di lui.
Quando ci stacchiamo mi
sorride.
“Deduco che ti sia
piaciuto.”
“Se mi è piaciuto?
È il miglior regalo di
sempre, è bellissimo! Grazie mille, grazie grazie
grazie!”
Lui mi attira a sé
incurante del fatto che siamo stesi nell’acqua bassa
dell’oceano, soli sotto le
stelle e la luna. I nostri parenti sono a qualche metro da noi, ma non
me ne
rendo minimamente conto, in questo momento ci siamo solo io e lui e il
nostro
amore.
“E tu cosa mi hai
regalato?”
Io lo faccio alzare e lo
conduco per mano verso la nostra casetta e poi in camera nostra,
lì gli porgo
un pacchetto lungo. Lui lo osserva curioso e poi lo apre distruggendo
completamente la carta, quando lo vede lancia un grido di sorpresa.
Gli ho regalato la
riproduzione di una spada laser che desiderava da una vita, non riesce
nemmeno
ad articolare una parola, semplicemente la muove affascinato come se
stesse
combattendo contro dei nemici invisibili.
“Ruby… È meravigliosa! Tu
sei meravigliosa!
Ha ragione mamma, devo sposarti
prima o poi!”
Io divento rossa come un
peperone, non so cosa dire e lo abbraccio impacciata come una
ragazzina, lui
riesce sempre a sorprendermi.
È un momento perfetto e
come ogni altro momento perfetto viene interrotto da Tom. DeLonge si
piazza
sulla porta della nostra camera e ci guarda.
“Cosa vuoi, Tom?”
“Niente, solo che voi due
asociali scendiate dabbasso e partecipiate allo scambio dei
regali.”
Io e Mark sorridiamo.
“Va bene, arriviamo.”
Lo seguiamo fino al piano
terra e in effetti c’è una piacevole confusione di
gente che si scambia i
regali, Tom prima di lasciarci ci consegna i nostri. Quello di Mark
sono dei
plettri con il logo della band stampato sopra, cosa che lo manda in
estasi
visto che si era più volte lamentato di suonare con plettri
anonimi. Io invece
ricevo un nuovo blocco da disegno e degli acquerelli con accluso un
biglietto:
“Per dipingere le epiche gesta dei blink.”.
Io sorrido e poi mi
immetto nel caos pronta a ricevere quello che mi spetta. Da mia madre
ricevo un
nuovo giubbotto di pelle, da mia sorella una sciarpa a fantasia di
teschi, da
Anne una macchina fotografica usa e getta per documentare meglio questo
manicomio.
Mamma gradisce molto il
giro di perle tarocche, Erin il suo vestito verde acido a righe nere,
Anne il libro
“il profumo.”
Da Hayley ricevo un libro
sui writer, dai nonni un vestito nero a teschi bianchi carinissimo e
dalle
madri della band una nuova scatola di pronto soccorso.
A Hayley piacciono molto i
nuovi anfibi che le ho regalato, mio nonno gradisce la pipa e nonna
apprezza il
foulard rosso, in quanto alle madri dei blink ho regalato un set da
bagno per
ciascuna.
Kari mi regala un profumo
molto buono, David – il solito pratico – un nuovo
zaino e Matt un nuovo paio di
anfibi, deve aver visto che i miei sono a un passo
dall’autodistruggersi.
Kari gradisce molto
l’album di foto del tour che ho confezionato, David il
modellino di una moto e
Matt un nuovo chiodo.
Mi sento contenta, le
persone a cui tenevo sono soddisfatte dei miei regali e i sono
soddisfatta dei
loro. È un buon Natale, spartano ma pieno di
felicità, e spero che ce ne siano
altri così.
Mi piace questa atmosfera
di famiglia.
Buon Natale.
Angolo
di Layla.
Ringrazio DeliciousApplePie
e LostinStereo3
per le recensioni e per la pazienza con cui leggono questa storia.
|
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Capitolo 29 *** 29) L'ultimo treno per Scott. ***
29) L'ultimo treno per
Scott.
Il
giorno dopo Natale
usciamo tutti – noi giovani – alla sera.
Siamo alla ricerca di un
locale in cui trascorrere l’ultimo sera dell’anno,
ma per ora non abbiamo
trovato altro che posti in cui viene trasmessa della dance.
Nessuno ha voglia di trascorrere
l’ultimo giorno dell’97 al ritmo di una musica che
non piace e tra fighetti che
probabilmente saranno strafatti e ubriachi, nonché cafoni.
Alla fine, dopo un lungo
vagabondare troviamo un localino che suona rock e punk e prenotiamo un
tavolo
per il fatidico 31 dicembre.
Tornati a casa troviamo i
nostri genitori e i miei nonni che giocano a carte, noi ci uniamo. La
mamma di Tom
è un osso duro a poker e alla fine straccia tutti compreso
il suo figliolo che
incassa poco sportivamente.
Prende Anne per mano e la
trascina via, salutandoci frettolosamente dicendo che è
stanco e deve dormire.
La sorella di Mark rivolge a tutti una faccia che sembra chiedere
comprensione
per il comportamento del suo ragazzo.
La mamma di Tom ride.
“è sempre stato così, non
gli piace perdere. Anche suo padre è così,
probabilmente hanno ereditato il
senso di superiorità tipico dei francesi.”
Mark annuisce, sembra
trovare la spiegazione perfettamente assennata e in grado di spiegare
le
stranezze del suo amico.
Giochiamo un altro po’,
poi andiamo tutti a letto, tra due giorni i parenti se ne andranno in
modo che
non intralcino noi giovani o almeno così ha detto mamma con
il suo solito
piglio militaresco.
A letto Mark mi attira a
sé, sorride di più ed è ingrassato: la
visita parenti gli ha fatto bene.
“Ruby, ti ho già
ringraziato per questa bellissima sorpresa?”
“Sì, almeno un milione di
volte, ma mi piace sentirlo.
Voglio solo che tu e gli
altri siate felici, soprattutto.
Mi piacerebbe vederti
sempre sorridente.”
Lui sorride.
“Sorrido sempre quando tu
combini qualcosa per me o ti prendi cura di noi senza darlo a vedere,
sei la
mia rete di protezione. So che, finché ci sarai tu, non
sarò mai davvero nella
merda perché potrò contare su di te.”
Io sorrido e gli accarezzo
i capelli, le sue parole mi hanno commosso. I miei sforzi sono stati
capiti e
apprezzati dalla persona che io amo di più al mondo.
Ci addormentiamo così, in
pace con il mondo e con noi stessi.
La mattina dopo ci
svegliamo e trascorriamo la giornata con i nostri, facendo il bagno
nell’oceano
e chiacchierando.
Anche il giorno dopo
trascorre più o meno così, con la sola differenza
che la sera li aiutiamo a
preparare i bagagli, solo Anne, Erin, David e Avril rimangono. Tom ha
espresso il
desiderio che Anne rimanesse anche durante il tour e lei ha accettato
mettendosi a urlare dalla gioia.
La mattina dell’ 29
accompagniamo i nostri genitori all’aeroporto, ci riempiono
di raccomandazioni
e di abbracci, come se invece che per un tour partissimo per la guerra.
Alla fine chiamano il loro
volo e se ne vanno, rimaniamo solo noi.
“Beh, adesso cosa
facciamo?”
Chiede Tom, dondolandosi
su un piede.
“Non lo so.”
Mark si gratta la testa.
“Visitiamo l’acquario di
Sidney!”
Urliamo in coro io e mia
sorella in coro, facendo voltare mezzo aeroporto verso di noi.
“Perché?”
“Voglio vedere i delfini e
le tartarughe marine e poi voglio vedere lo show dei delfini!”
Dice mia sorella.
La compagnia rimane un
attimo silenziosa, ma poi la proposta mia e di Erin viene accettata e
ci
avviamo verso la macchina.
I ragazzi ci portano al
parco acquatico come promesso, io ed Erin siamo eccitate come delle
bambine.
Ci godiamo i delfini, gli
squali, le tartarughe marine e impazziamo per i pinguini, tanto che
Mark e Tom
ci comprano un peluches a forma di pinguino a testa.
“Grazie amore!”
Urlo saltandogli in
braccio.
“Di niente, piccola.”
“Ehi gente, diamoci una
mossa o ci perdiamo lo spettacolo dei delfini.”
Tom ci trascina sulle
gradinate e facciamo fatica a trovare un posto decente per goderci lo
spettacolo, il nostro entusiasmo sembra avere contagiato almeno un
po’ Tom.
Finalmente lo spettacolo
inizia e io mi perdo nelle evoluzioni dei delfini, sono animali
così belli,
intelligenti e affascinanti, soprattutto mi sembrano in perfetta
sintonia con i
loro addestratori.
“Wow!”
Mormoro quando tutto
finisce.
È un peccato che ne sia
finita, ma ne è valsa la pena perché è
stato bellissimo.
“Grazie per avermici
portato, Mark.”
“Figurati, mi sono
divertito anche io e adesso skate park!”
“Agli ordini!”
Lasciamo con un po’ di
dispiacere il parco acquatico e ci rechiamo allo skate park, tutti si
scatenano
in salti ed evoluzioni varie, io li guardo e ogni tanto scatto delle
foto
sorridendo.
Mi piace vederli saltare,
io sono completamente negata – Mark ha provato tantissime
colte a insegnarmi
come si fa e io non sono mai riuscita a capirlo – e
così mi limito a guardarli.
Finito di scatenarsi è
ormai l’ora di pranzo e ci fermiamo in un Mac Donald,
nonostante in frigo ci
siano ancora tutti gli avanzi dei pasti di questi giorni.
Siamo decisamente strani.
Tom riesce persino
incontrare un tizio che è interessato agli ufo seduto nel
tavolo vicino al
nostro, inutile dire che ci siamo stretti un po’ e gli
abbiamo fatto spazio.
Tom sembra aver trovato un
fratello perduto e gesticola, felice di poter raccontare le sue teorie
a
qualcuno che gli crede e non pensa che sia un mezzo pazzo.
Finita la pausa al Mac
torniamo alle nostre case, io mi butto sul divano, stanca.
Poco dopo mi raggiunge
anche il mio ragazzo e – nonostante il caldo –
stiamo lì abbracciati per un po’
senza dire nulla, solo ascoltando il rumore delle onde che arriva dalle
finestre aperte.
Si sta decisamente bene
qui.
“Certo che sarà strano
passare un capodanno in piena estate.”
“Sì, ma anche piacevole,
no?”
“Sì, dopotutto non è
male.”
Lui annuisce e poi ci
addormentiamo, dormire su un letto è tutta
un’altra storia rispetto al nostro
bus.
L’ultimo
giorno dell’anno
arriva fin troppo presto per i miei gusti.
Non ho mai amato
particolarmente questo tipo di festeggiamenti, ma gli altri amano fare
casino e
io mi adatto tranquillamente alla loro volontà.
Indosso una mini di jeans,
una canottiera rossa e un paio di anfibi rosso fuoco, anche Mark
indossa una
maglia rossa.
Quando mi vede scendere le
scale del bungalow fischia di ammirazione, facendomi arrossire, non mi
sono
ancora abituata a questi complimenti.
“Ruby, arrossisci ancora?”
“Beh, sai com’è faccio
ancora fatica ad accettare questi complimenti.”
Lui sorride, scuotendo la
testa.
“Che bello! Sto con una
ragazza che sa ancora arrossire!”
Detto questo cerchiamo un
taxi che ci porti al locale, quando arriviamo gli altri sono
già fuori.
Tom ed Erin stanno
chiacchierando, Anne guarda se ci vede arrivare e intanto parla con
Dave e
Matt, Hayley e Scott sono distati e non si parlano.
“Ehi!!”
L’urlo di Mark cattura la
loro attenzione e la coppia mezza scoppiata si ricompone un
po’ perché c’è il
solito giro di abbracci e pacche sulla spalla.
Fatto quello entriamo
tutti allegri e vocianti, il locale è già
abbastanza pieno ed è una fortuna che
abbiamo prenotato il tavolo.
Tom ordina subito da bere
e insieme al primo giro di birra arrivano anche delle patatine, una
volta che
ognuno di noi ha il proprio boccale in mano brindiamo ai blink e
all’Australia.
Parliamo per un po’, Tom
blatera sui suoi amati alieni sotto lo sguardo dolce di Anne, mia
sorella si
scambia un po’ troppe occhiate con Matt. Chissà,
forse le piace.
Dopo Tom e Trav non ha più
avuto ragazzi seri, o storie di poco conto o il niente,
perché troppo presa dal
suo corso.
Matt è un bravo ragazzo,
potrebbe farla felice.
Verso le undici una band
inizia a suonare live, fanno un punk rumoroso e piuttosto spiccio, ma
ci piace
e tutti ci buttiamo in pista.
Erin continua a ridere e
non si stacca da Matt, che a sua volta la guarda interessato.
Quando li vedo baciarsi
non mi stupisce più di tanto, qualcosa mi diceva che sarebbe
successo e di
solito mi sbaglio raramente.
“Ehi, hai visto la nuova
coppia?”
Mi sussurra Mark
all’orecchio.
“Eccome se l’ho vista e se
vuoi un parere spero che durino. Stanno molto bene insieme.”
“Sì, hanno i capelli
uguali.”
Io rido, sia mia sorella
che Matt hanno entrambi i capelli verdi.
Continuiamo a pogare per
un bel po’, erano secoli che non lo facevo e mi scateno, Mark
salta come un
matto, esattamente come nelle esibizioni dei blink solo senza il suo
fedele
basso.
Poco dopo arriva Tom.
“Ehi, hai visto tua
sorella e Matt?”
“Sì, li ho visti. Sono
carini, non trovi?”
Lui ci pensa un attimo.
“Sì, sono carini. Lui è un
bravo ragazzo, penso di potergliela affidare.”
Io lo guardo curiosa.
“Ehi, è la mia migliore
amica e il mio primo amore. Devo controllare che non finisca con degli
spostati!”
“Sei una brava persona,
Tom, ma non parlarne troppo ad Anne o potrebbe fraintendere.”
“Tranquilla. Tua sorella
mi ha insegnato che è bene non parlare di altre donne con la
tua ragazza.”
Io sorrido.
“Perfetto!”
Continuo a scatenarmi per
un altro po’, poi la birra si fa sentire e devo assolutamente
andare in bagno .
Esco dalla pista da ballo e
lo trovo subito, in fondo a un corridoio a destra. Fatti i miei bisogni
mi sto
per dirigere di nuovo verso la pista quando noto che la porta
anti-panico in
fondo al corridoio è aperta e sento la voce alterata di
Scott insultare
qualcuno.
La cosa mi preoccupa un
pochino così mi affaccio alla porta e lo vedo allungare una
sberla e poi una
serie di calci a un’inerme Hayley, stesa per terra e senza
possibilità di
difesa.
Mezza scioccata arrivo
alle spalle di Scott e lo blocco e poi mi metto a urlare, qualcuno mi
sente ed
esce: è Mark.
“Che cazzo sta succedendo
qui?”
“Niente, stavo dando una
lezione alla mia puttana prima che la tua si mettesse in
mezzo!”
Il mio ragazzo guarda per
un attimo Hayley e poi me, per poi dare un pugno alla mascella di Scott
che si
accascia a terra dolorante.
“Tu non chiami puttana
proprio nessuno, non osare mai più alzare le mani con la tua
ragazza o ti
sbatto fuori dalla band.”
“Cosa faccio alla mia
ragazza non sono cazzi tuoi!”
“Sì, lo sono! Sei sempre
ubriaco e questi sono i risultati! Questa è
l’ultima possibilità, Scott, vedi
di non sprecarla!”
Lui se ne va bestemmiando,
io aiuto Hayley a rialzarsi, lei scoppia a piangere come una bambina.
“È tutto finito, lui non
ti farà più nulla, stai tranquilla!”
Lei balbetta parole senza
senso, aiutata da Mark la porto al tavolo e poi spedisco
l’Hoppus a prendere
del ghiaccio.
“Non è la prima volta,
vero?”
“No.”
Singhiozza lei.
“Quando è ubriaco e gli
gira storto mi picchia.”
“Perché l’hai sempre
protetto?”
“Perché lo amo e mi ama
anche lui.”
“Chi ti ama non ti
picchia, Hayls!”
A interrompere la
conversazione arrivano Mark, Tom e Anne con del ghiaccio, Anne glielo
mette
sull’occhio, Tom ha una faccia seria.
“Dobbiamo fare qualcosa.”
“Qualcosa cosa?”
Chiede Hayley, Tom la
guarda con tristezza e solidarietà.
“Non puoi rimanere qui, è
pericoloso. Tu te ne torni negli Stati Uniti con il biglietto di Anne e
cerchi
di dimenticartelo. Lui non ti ama, quando ami qualcuno non lo usi come
punchiball.”
Hayley abbassa gli occhi.
“Forse hai ragione, sai?
Credo che me ne tornerò a
casa, mi dispiace che l’ultimo giorno dell’anno si
sia rovinato per colpa mia.”
Tom scuote la testa e
allunga una carezza timida sulla guancia della rossa.
“Non lo dire nemmeno per
scherzo.”
La musica si ferma,
qualcuno inizia a fare il countdown urlando forte i numeri, Hayley fa
un
sorriso triste, di scusa.
“Meno tre.”
Tom guarda Hayley,
comprensivo, come per farle capire che non è colpa sua, ma
di quella testa
vuota di Scott.
“Meno due!”
“E così la mia avventura
finisce qui. Vi auguro buona fortuna, ragazzi!”
“Buona fortuna anche a te,
ti auguro di trovare un ragazzo che ti ami. Te lo meriti.”
Hayley scuote leggermente
la testa, non so se voglia sentire parlare di ragazzi in questo
momento, ma io
le auguro di trovarsene uno centomila volte migliore di Scott Raynor.
“Meno uno!”
Benvenuto 1998, spero tu
sia migliore rispetto a questa chiusura triste del 1997.
Due
giorni dopo Capodanno,
il tre di gennaio, accompagniamo David, Erin e Hayley
all’aeroporto.
Mia sorella mi abbraccia e
mi raccomanda di godermi questo tour, di fare un sacco di fotografie e
di avere
un sacco di pettegolezzi da raccontarle al ritorno.
Questo è quello che dice
ad alta voce, a bassa voce invece mi raccomanda di tenere
d’occhio Matt e di
non farlo finire tra le grinfie di qualche groupie.
Io annuisco e le do una
manata sulla spalla, come a suggellare il patto, lei sorride e si avvia
verso
le partenze internazionali con gli altri.
Scott non si è visto e non
si è fatto sentire in questi due giorni,
speriamo che si presenti almeno il giorno della partenza.
“Mark, dobbiamo cambiare
batterista. Non possiamo continuare a tenere un tizio del genere nella
band.”
“E chi lo sostituisce?
Dobbiamo almeno finire il
tour prima di trovare un sostituto.”
Continuano a discutere fino
a quando qualcuno urla il m io nome, io mi volto e vedo Travis avanzare
verso
di noi. È più magro e più tatuato di
quello che mi ricordavo.
“Ehi, ciao ragazzi!
Come mai quelle facce
scure?”
“Dobbiamo sostituire il
nostro batterista alcolizzato, ma non sappiamo come fare.”
“Se vi serve posso suonare
io in questo tour con voi, la mia band si è appena sciolta
perché il
chitarrista e il bassista hanno appena fatto a pugni con una
ragazza.”
“Perfetto, adesso allora
andiamo a dare un ultimatum a Scott e ti facciamo sapere.”
Lui alza le spalle, come a
dire che va bene così, e si allontana.
Mark e Tom lo guardano
speranzosi, Scotty ha i giorni contati.
“Matt, potresti portare a
casa Ruby?
Noi andiamo a parlare a
Scott.”
Il punk annuisce e insieme
prendiamo un pullman diretto dove ci sono i nostri bungalow, lungo il
percorso
Matt non dice una parola.
Sono io a rompere il
silenzio.
“E così stai con mia
sorella.”
“Sì.”
“Ti piace o lo fai per
dimenticare Skye?”
Lui guarda fuori dal
finestrino per cinque
minuti buoni prima di rispondere.
“Un po’ tutte e due le
cose, per lei è lo stesso con Tom. Mi sembra equo.”
Io annuisco.
Sono sicura che alla fine
riusciranno a risolvere i loro problemi, ora spero solo che Scott sia
sobrio e
che non prenda troppo male il discorso che gli faranno Mark e Tom.
“Quante possibilità ci
sono che Raynor sia sobrio?”
Chiedo a Matt, lui
ridacchia.
“Molto poche, la bottiglia
sembra essere diventata la sua migliore amica ultimamente.”
Io sbuffo.
“Spero non si picchino.”
“Tranquilla, Mark e Tom
sono in grado di tenere a bada un ragazzino come Scott.”
Io sospiro, si è creata
una situazione davvero brutta, non si picchieranno, ma
l’armonia della band
andrà a farsi fottere o forse è già da
un po’ che è sparita.
Scott è insofferente alle battute dei suoi compagni di band
e parla pochissimo
con loro, probabilmente non è più il batterista
adatto a loro.
“Prevedo un cambio di
formazione per i blink.”
Matt annuisce alla mia
osservazione, anche lui sembra non vedere alcun futuro positivo per
Scott.
Arrivati al mio bungalow
lo invito dentro, magari possiamo fare una partita a carte .
“Cosa vuoi?”
“The, al limone.”
Lui si siede sul divano e
io arrivo a rate con una bottiglia di the, due bicchieri, sigarette,
carte,
accendino e posacenere.
“Wow! Che mercato!”
Fa lui bevendo una sorsata
di the.
“Ho pensato che potevamo
giocare a carte.”
“Basta interrogatorio?”
“Sì, signor Sullivan. La
sua versione dei fatti mi ha convinto.”
Lui ride, è carino quando
ride, sembra un bambino.
“Bene, allora distribuisci
le carte. A cosa giochiamo?”
“Scala quaranta?”
“Ma è da nonni!”
Io sbuffo.
“Non sono capace di
giocare a poker, Matt!”
“Va bene, va bene!”
Distribuisco le carte e
iniziamo una partita in cui lui è subito in vantaggio, sono
negata con i giochi
di carte, probabilmente.
A salvarmi da una
sconfitta epica arrivano Mark e Tom, entrambi con una faccia scura che
è tutto
un programma.
“Raga, come è andata?”
Mark si butta sul divano e
beve una lunga sorsata di the, Tom si stravacca su una poltrona
guardandomi
male. È ovvio che sia andata male, ma vorrei sapere fino a
che punto.
“Gli abbiamo detto che se
non si presenta sobrio alla partenza è fuori dalla band, lui
ci ha praticamente
quasi mandati affanculo.
Dice che è solo colpa tua
se adesso la sua vita va a puttana, ti ha chiamata ancora troia, gli ho
dato un
altro pugno. In conclusione non credo che si farà
vivo.”
“Mi dispiace, ragazzi.”
I due scuotono la testa.
“È lui che ha un problema
non tu, quindi non devi scusarti.”
Questa volta mi risponde
Tom, io tiro un sospiro di sollievo interiore.
“Dai giochiamo a poker,
così ci dimentichiamo di quel ragazzino!”
Matt annuisce, io invece
mi sposto: a poker sono negata e quelli giocano con i soldi a volte.
La partita inizia e io li
guardo felice, spero che il tour ci regali tanti momenti
così, di pace e di
amicizia e – in fondo in fondo – spero che Scott si
presenti tra qualche
giorno, magari sobrio e scusandosi.
L’ultima parte ho il
sospetto che sia una pia illusione, ma sperare non costa nulla, quindi
lo
faccio.
Solo il tempo mi dirà se
ho ragione o no.
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie
per la recensione.
|
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Capitolo 30 *** 30)Perché i papaveri sono alti e la tua band è piccolina (per ora). ***
30)Perché i
papaveri sono alti e la tua band è piccolina (per ora).
Il
giorno della partenza
arriva velocemente.
È un’alba in cui fa già
caldo e in cui io e Mark lasciamo la casa a malincuore e trasciniamo le
nostre
valigie al pullman.
Tom e Anne sono già e
chiacchierano con Matt, di Scott non c’è traccia:
brutto segno.
“Buongiorno, ragazzi!”
“ ‘Giorno!”
Sbadiglia Tom.
“Quando si parte?”
“Tra mezz’ora.”
“Scott?”
“Non si è visto. Ho
parlato con Travis, è d’accordo per suonare con
noi.”
Bene, per modo di dire,
eh.
Mi scoccia che con Scott
non si sia fatto vivo, perché vuole mandare a puttane tutto?
Non ha un obbiettivo nella
vita diverso dall’alcool?
A quanto pare no, perché
la mezz’ora passa e lui
non arriva,
guardiamo tutti in attesa di vederlo arrivare scazzato, ma che ci sia,
e
rimaniamo tutti delusi.
Scott non si fa vivo, solo
noi quattro e Trav saliamo sul pullman, anche dentro io guardo dal
finestrino,
solo quando ormai il piazzale sta per sparire dalla mia vista vedo una
figura
che sta in piedi solitaria.
Alza una mano in segno di
saluto, Scott non ha voluto salvarsi, ha preferito uscire dalla band
che
provare a uscire dal suo vizio.
Triste.
“Che coglione!”
La voce di Mark mi fa
sobbalzare, l’ha visto anche lui quindi.
“Sì, che tristezza.”
“Speriamo che non torni a
San Diego e rompa le palle a Hayley.”
“La chiamerò e le dirò di
stare attenta.”
Lui annuisce, poi appoggia
la sua testa sulla mia spalla e si mette a dormire: riesce a farlo solo
così in
pullman, dice che gli concilio il sonno.
Tom invece rimane sveglio
e mi guarda.
“Ho sperato fino
all’ultimo che venisse.”
“Anche io, invece è
arrivato deliberatamente in ritardo.”
“Ci ha preso in giro, a
lui interessa solo l’alcool. Che vada
all’inferno.”
“Tom…”
“No, niente Tom. Ha
voltato le spalle a noi come amici e come band, no lo
perdonerò mai!”
Non ho mai sentito Tom
così arrabbiato, questa volta la condanna di Scott
è definitiva e non credo che
cambierà idea nemmeno dopo anni.
“Spero che con Travis vada
meglio.”
Tom stringe le labbra in
una linea dura.
“Andrà meglio, non ho
intenzione di far morire questa band. Noi ce la faremo con o senza
Scott.”
“Ve lo auguro.”
“Tom, e se cambiasse idea
in futuro?”
La domanda di Anne non
modifica l’espressione del suo ragazzo.
“Allora sarà troppo tardi,
Anne.
La sua possibilità per
salvarsi il culo era adesso e lui l’ha sprecata
così, quello che farà in futuro
sono cazzi suoi.”
Anne e io sospiriamo,
forse solo noi due sentiamo la cappa di tristezza che avvolge questa
band dopo
la decisione di Scott.
“È la fine di un’era,
adesso se ne apre un’altra e sono sicuro che sarà
migliore.”
L’ottimismo di Tom alla
fine contagia anche me perché mi addormento con la testa
appoggiata a quella di
Mark, mi sveglio solo quando Trav ci scuote gentilmente.
È mezzogiorno ed è ora di
mangiare, quindi il pullman si è fermato in un autogrill, io
e Mark scendiamo
piuttosto impacciati, Tom invece è iperattivo.
Ha già rimosso Scott o
forse finge solo, non saprei dire, ci sono lati del suo carattere che
rimangono
misteriosi anche per chi lo conosce bene.
Entriamo nell’autogrill e
sia che io che Mark ordiniamo hamburger, patatine e crocchette di
pollo, alla
faccia dei pranzi salutari.
Trav ci guarda tra lo
schifato e il perplesso quando vede cosa ingurgitiamo, la sua insalata
sembra
poca cosa in confronto a cosa si nutrono i nostro solidi stomaci.
“Mark, ma come fai a
saltare con tutta quella roba in corpo?”
“La roba in corpo mi dà la
forza per farlo.”
Risponde semplicemente
lui, alzando le spalle, Trav sorride leggermente scuotendo la testa.
Finita la pausa risaliamo
sul pullman e questa volta Mark e Tom si mettono a strimpellare canzoni
senza
senso, come solo loro sanno fare.
Mettili insieme e vedrai
regredire due ragazzi grandi e grossi al livello di bambini
dell’asilo, che si
divertono a usare le parole proibite tipo cacca, cazzo, vagina.
Travis – che è da oggi sul
nostro pullman – li guarda divertito, senza profferire
parola: credo li stia
studiando.
“Com’è che non ti abbiamo
mai visto in giro?”
“La mia band, gli
Aquabats, era formata da membri vestiti da supereroi, io ero il barone
von
Tito.”
“Oh, interessante!”
“È un interrogatorio?”
Io scuoto la testa.
“No, è solo per parlare,
so che sei un tipo a posto. Io di solito non partecipo alle loro
cazzate e mi
annoio un po’.”
“Sei molto diversa da Erin.”
“Sì, anche se siamo
gemelle ci siamo differenziate presto, insomma non ci piaceva essere
prese una
per l’altra. In questo siamo strane rispetto alle altre
gemelle, qualcuna si
scambia persino i ragazzi.”
“Tu non cederesti mai Mark
a Erin, nemmeno per una scopata, giusto?”
“Giusto!”
Rispondo io accendendomi
una sigaretta.
“Siete una bella coppia.”
“Sì, ma ho un brutto
presagio per il futuro. Percepisco delle difficoltà prima
del nostro lieto
fine.”
“Paranoie.”
“Forse, ma se mi chiamano
strega è perché molto spesso queste sensazioni si
sono rivelate giuste.”
Lui non dice niente,
guarda fisso davanti a sé.
“E per i blink cosa vedi?”
“Grandi cose, pagate a
caro prezzo. Penso che Scott sia stato solo la prima rata.”
“Perché l’hanno cacciato?”
Io mi stendo meglio sul
sedile, buttando la cenere nel posacenere.
“Beve e picchia la sua
ragazza. Poi non si presenta alle prove, parla poco con gli altri
ultimamente e
agli show fa schifo, è anche peggio di Mark e Tom che pure
non sono degli
assi.”
“Capisco. Spero di trovarmi
bene.”
“Non ti preoccupare, ti
hanno già accettato, fai già parte della
famiglia.”
Lui annuisce soddisfatto.
Il resto del pomeriggio
passa tranquillamente, verso le sei siamo nella città dove
suoneremo e i
ragazzi vengono spediti al suond-check, mentre io e Anne cerchiamo il
posto
migliore dove mettere la nostra bancarella.
Alle otto finiscono di
provare, ceniamo tutti insieme a base di hotdog per noi e del sushi per
Travis,
io non ce la farei a seguire la sua dieta sinceramente.
Finito di mangiare i blink
salgono sul palco, sono il primo gruppo della serata.
“Ehilà gente!”
Urla Tom alzando una mano.
“Siamo i blink-182 e
veniamo da San Diego, California.
Stasera speriamo di
divertirvi abbastanza, se così non fosse siamo pronti a
ripetere lo show finché non vi piacerà!
Prima di iniziare, fatevi
sentire per Travis Barker, il nostro nuovo batterista, abbiamo fatto
davvero un
salito di qualità, prima avevamo un babbuino!”
La folla ride e poi
applaude.
“Let’s go! Questa è per
tutti quelli che non vogliono crescere perché credono faccia
schifo, questa è
Dammit!”
La folla si mette a urlare
anche perché Tom inizia a suonare e qualcuno sotto al palco
inizia a saltare a
tempo con la musica. Non saranno dei geni, ma scrivono canzoni molto
coinvolgenti e danno il cento per cento di loro nei live.
Il concerto è bellissimo
come al solito, il pubblico è dispiaciuto quando arriva
l’ultima canzone:
Carousel.
“Ragazzi e ragazze siamo
alla fine.
Questa è l’ultima canzone
e la dedico alla mia ragazza Anne, che vende il nostro merchandising
insieme
alla ragazza di Mark. Mi raccomando assediate la loro
bancarella!”
La folla grida un: “No”
collettivo molto dispiaciuto, Tom allarga le braccia, subito dopo
inizia
l’intro della canzone eseguita da Mark e dal suo basso.
La gente si gode gli
ultimi cinque minuti di canzone e le battute di Mark e Tom e poi
assalta il
nostro banchetto: vendiamo tutti i cd e le magliette, poi li
raggiungiamo nei
camerini e con nostra somma sorpresa troviamo una decina di persone che
hanno
già la loro copia di Dude Ranch e vogliono gli autografi
della band.
La faccia del gruppo è
qualcosa di incredibile, irradiano gioia da tutti i pori, firmano con
evidente
piacere e Mark si ferma a chiacchierare con loro per dieci minuti
buoni, Tom
gli fa da spalla e Trav li guarda e basta.
Quando se ne vanno il mio
ragazzo si lancia su di me e mi alza da terra facendomi fare un giro
completo.
“Hai visto, amore?
Volevano il nostro
autografo!”
“Questo vuol dire che
siete bravi come ho sempre detto.”
Lui sorride e mi bacia con
passione, non l’ho mai visto così carico ed
entusiasta e io non posso far altro
che essere felice di riflesso.
Torniamo al nostro bus
chiacchierando, siamo tutti stanchissimi, ma di buon umore.
Io e Mark ci buttiamo
nella nostra cuccetta dopo aver salutato gli altri, lui ha un sorriso
che va da
un orecchio all’altro.
“Ti rendi conto che quei
ragazzi volevano il nostro autografo?
Il nostro autografo!”
“Sì e sono tanto felice
per voi!”
Gli do un bacio che lui
subito approfondisce, abbracciandoci. Sarebbe bello concludere, ma
nella cuccetta
sopra la nostra dormono Tom e Anne ed è bene che Tom non
venga svegliato in
questo modo.
“Sarebbe imbarazzante se
mia sorella mi vedesse così e poi sinceramente non ho voglia
di sentire le
battute!”
Mi sussurra Mark mentre mi
f a stendere sul suo petto e mi accarezza i capelli con dolcezza, mi
piace
sentire le sue dita che passano e ripassano, sciogliendo nodi,
arrotolando
ciocche.
“Secondo me un giorno non
saranno solo dieci persone a volere il tuo autografo, ma molte di
più!”
Mormoro insonnolita, cullata dal
rumore del pullman e dalle sue carezze
La
mattina dopo
l’atmosfera sul pullman è calma, sparito Scott
è sparita anche la cappa di
malumore che caratterizzava la sua presenza.
I ragazzi spiegano a
Travis qualche idea che hanno avuto per un nuovo lavoro, lui annuisce e
batte
le dita a un certo ritmo. Solitamente dopo un po’ arriva con
qualche idea per
la batteria che si accompagna in qualche modo alla loro e che la
maggior parte
della volte li lascia soddisfatti.
Sono tre persone
diversissime, ma per uno stranissimo scherzo del destino tra loro si
ferma
un’alchimia incredibile, è come se il pezzo
mancante al puzzle dei blink sia
stato finalmente trovato.
Travis è quello che si
presta ai loro giochi, ma allo stesso tempo li frena e gli evita di
fare troppe
cazzate. Quando apre bocca non è mai a caso, il che
è assolutamente perfetto
per due personalità espansive, egocentriche e logorroiche
come quelle di Tom e
Mark.
“Finalmente si sono
liberati di Scott!”
Esclama Anne osservandoli.
“Sì, sono d’accordo. Ho il
sospetto che questo cambio di formazione li porterà lontano
e farà nascere domande sul
perché si sono liberati di Raynor.”
“Leggende metropolitane,
ogni band che si rispetti ne ha qualcuna.”
“Loro hanno già quella sul
182.”
Anne ride.
“Già, per colpa di quel merdoso
gruppo irlandese.”
“Però quel 182 fa proprio
figo.”
“Sì. A proposito di
pettegolezzi, ne ho uno che molto succulento.”
Io mi tiro a sedere e la
guardo.
“Ossia?”
“Che durante l’ultimo
concerto c’era qualcuno della MCA ed è stato
favorevolmente colpito dai blink,
qualcuno dice addirittura che fossero già lì per
loro per via del successo di
Dude Ranche.”
“Mi stai dicendo che forse
dopo questo tour infinito una major si farà viva?”
“Così si dice. Anche
perché loro non sono punk duri e puri, potrebbero trovare un
onorevole
compromesso tra quello che gli piace fare e il mainstream e
poi… Beh, Trav è un
genio alla batteria se paragonato a Scott e loro devono stargli
dietro.”
“Vero. Ha imparato la
scaletta in quel tre quarti d’ora di prove che gli hanno
concesso.”
“Scott ci ha messo anni
per perfezionarsi.”
Rimaniamo in silenzio e
guardiamo i tre ragazzi che parlano e provano, cercano idee e scartano
proposte, ridono e si scambiano battute.
Che pace che c’è ora!
“Vorrei che questi momenti
durassero per sempre.”
“Anche io, invece ho il
sospetto che non dureranno e che presto ci faranno male.”
Io guardo Anne senza
capire.
“Ho paura che Jen si
faccia sentire o che combini qualcosa delle sue, ho paura che mi porti
via Tom.
Lei sarebbe capacissima di farlo, lo sai.”
Lo so, purtroppo, lo so.
Il
tempo vola e anche
questo tour australiano sta per arrivare alla fine, stasera ci
sarà l’ultimo
concerto e le voci di un possibile talent scout della MCA si fanno
più
insistenti.
Qualcuno dice che sono per
i blink e qualcuno per altre band, in ogni caso i nostri sono in
subbuglio.
Mark – stranamente – non
ha mangiato nulla per cena e non ha fatto altro che guardarsi
ansiosamente in
giro, Tom invece ha mangiato il doppio – spero non rimetta
durante il concerto
– solo Trav mantiene la sua calma olimpionica.
Solo ogni tanto accenna a
qualche movimento con le bacchette e a battere i piedi per terra.
“Forza, ragazzi! Tra poco
andate in scena!”
Tom dà un abbraccio spacca
costole ad Anne e poi imbraccia la sua chitarra e se ne va, Mark invece
mi dà
un lungo bacio e poi prende il basso.
Io lo guardo salire sul
palco e sento il cuore allargarsi per la gioia: il mio amore sta
facendo quello
che gli piace e questo ci fa guadagnare da vivere.
È il sogno di ogni
ragazza.
“Ehi, Ruby! Andiamo!
Dobbiamo andare al nostro banchetto!”
Io seguo Anne e mi piazzo
al banco, mi mancherà stare qui quando saremo tornati in
California.
Sono anche in dubbio sul
mio futuro, l’università mi ha offerto uno stage
in Inghilterra e mi ha dato
sei mesi di tempo per decidere su cosa fare.
Voglio davvero stare un
anno lontano da Mark, dalla mia famiglia
e dai miei amici?
No, non voglio eppure la
proposta mi tenta molto.
“Che hai per la testa,
Ruby?”
“Niente, Anne, pensieri
miei.”
“Qualcosa di grave?”
Io rimango un attimo in
silenzio.
“No, niente di grave. Stai
tranquilla, non è niente di grave.”
Lei annuisce e insieme
torniamo a guardare il concerto. Non so perché non le ho
detto della proposta,
così come non so perché non l’ho detto
a Mark o a nessun altro.
Forse voglio solo tenere
la cosa per me e pensarci per un po’ prima di dire qualcosa a
qualcuno. Ho la
testa confusa, non voglio lasciare la California, ma non voglio nemmeno
sacrificarmi.
Che casino!
“Ruby, sei sicura di stare
bene?”
“Sì… Sto solo pensando a
una cosa.”
“Cosa? Se non sono
indiscreta.”
“La mia università mi ha
offerto uno stage di un anno in Inghilterra, ho sei mesi per pensarci e
non ne
ho ancora parlato a tuo fratello.
Sei la prima persona che
lo sa.”
“Capisco. Non so cosa
dirti.”
“Io devo ancora pensare
bene a cosa fare.”
“Ne parlerai a Mark?”
“Sì, ovvio. Quando
torneremo in California gli dirò tutto, in fondo non posso
certo partire o
rimanere senza prima avergliene parlato, sarebbe scorretto da parte
mia.”
Lei annuisce.
“Sì, lo sarebbe. Mark la
prenderebbe male in ogni caso.”
Io sospiro, pensando che
mi piacerebbe tornare al liceo, l’età adulta a
volte può essere uno schifo..
Dammit!
Alla fine del concerto li
raggiungiamo e li troviamo in compagnia di due tizi vestiti con una
certa
ricercata informalità.
Papaveri, gente che sta in
alto.
Cosa vogliono da noi?
“Ehi, cosa ci facevano
quei due papaveri nel vostro camerino?”
“Erano irrimediabilmente
attratti dal mio fascino, ma io li ho respinti perché amo
solo te, Anne.”
Lei sorride.
“Scemo, dico sul serio!
Cosa volevano?”
Tom la abbraccia.
“Non lo so di preciso, ci
hanno detto che quando saremo tornati a San Diego avremo una
sorpresa.”
Io mi siedo su una sedia.
“Spero che sia positiva.”
“Secondo me vogliono
mettere a contratto Trav e noi ci dovremo trovare un altro
batterista!”
“Mark, sei troppo
ottimista, amico! La vita non è solo rose e fiori!”
Mark ride alla battuta del
suo amico e mi fa segno di sedermi in braccio a lui, io eseguo.
“Forse vogliono mett…”
Tom mi fa cenno di tacere
e io lo guardo senza capire.
“Per scaramanzia non dire
nulla!”
“Ok. Allora adesso ce ne
possiamo andare.”
Tom annuisce e prende Anne
per mano, io me ne vado con Mark. Noi coppiette abbiamo prenotato una
stanza in
un motel e stanotte dormiremo lì. Mark è
iperattivo, non appena troviamo un
taxi inizia subito a baciarmi e una sua mano è finita
chissà come sopra il
reggiseno e lo sta massaggiando strappandomi gemiti sottili.
Siamo in un taxi, e che
cavolo! Non possiamo fare sesso qui!
Arrivati al motel Mark
paga il taxista e poi mi prende in braccio per portarmi in camera,
intanto ha
ripreso a baciarmi. Finalmente arriviamo alla nostra stanzetta, lui
apre la
porta e mi deposita sul letto, poi la chiude a chiave e mi guarda
birichino.
Con mosse studiate si
toglie la maglia e poi si slaccia i pantaloni, poi si lancia su di me e
mi
bacia l’angolo della bocca, per poi scendere al mento e al
collo, le sue mani
intanto mi hanno tolto il vestito.
Approva il mio intimo e
con un dito mi accarezza la pancia, fermandosi a giocare con il mio
ombelico,
simulando una penetrazione. Io sorrido e poi ribalto la situazione,
strusciandomi contro i suoi boxer e gemendo. Lui mi guarda stralunato,
poi
inizia a gemere anche lui perché mi sono dedicata al suo
amichetto.
Mi fermo quando lui
ribalta le posizioni di nuovo e mi toglie l’intimo, sorride e
poi si dedica al
mio seno svogliatamente, le sue mani sono già scese la sotto
e accarezzano
senza fare niente altro, lasciandomi insoddisfatta.
Quando finalmente si
decide a spostare un suo dito dentro di me quasi urlo, con pochi colpi
riesce a
portarmi all’orgasmo, ormai sa dove toccare.
Non mi sono ancora ripresa
dalle sensazione paradisiache appena provate che lo sento premere sulla
mia
coscia e poi entrare in me con un colpo deciso che mi strappa un urlo.
Lui sorride soddisfatto e
continua per un po’ con questo ritmo quasi brutale, poi si
calma e io ormai
ansimo senza ritegno stretta a lui, le mie unghie che scavano solchi
sulla sua
schiena.
Spinta dopo spinta
arriviamo insieme all’orgasmo e io lo stringo di
più, lui da parte sue crolla
sul mio seno.
È stato perfetto, come
tutte le altre volte.
“Ti amo e continuerò ad
amarti anche se ci dovesse mettere sotto contratto una major. Tu sei
mia e di
nessun altro!”
“Anche io ti amo e sei mio
e solo mio!”
Lo sento sorridere e
finiamo per addormentarci così, stretti l’uno
all’altra come se fossimo un solo
corpo e una sola anima.
Angolo
di Layla.
Ringrazio
LostinStereo3
e DeliciousApplePie
per le recensioni, siete rimaste solo voi e vi ringrazio immensamente.
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Capitolo 31 *** 31) Complimenti, signora! È incinta! ***
31) Complimenti, signora! È
incinta!
Che
bello tornare a casa
dopo così tanto tempo fuori!
Il sole sembra diverso e
migliore qui a San Diego, l’oceano ha una sfumatura blu
ineguagliabile e la
brezza marina è paradisiaca, soprattutto quando muove le
tende del nostro
vecchio appartamento che abbiamo riottenuto.
Contrariamente alle nostre
previsione è pulito fino a potersi specchiare su ogni cosa e
il letto ha un
profumo di bucato delizioso.
Mark mi prende per mano e
mi trascina sopra togliendomi i vestiti, mentre io faccio lo stesso con
lui,
siamo troppo stanchi per fare l’amore, ma per stare
abbracciati no.
Rimaniamo così, godendoci questo
venticello fino a quando non iniziamo a sentire freddo, poi ci
rintaniamo sotto
le coperte.
“Devo scendere a
ringraziare la signora Meg.”
“Dopo.”
“Uhm, sì. Hai ragione,
sono stanchissima. Non ne potevo più di quel volo.”
“Anche io.
Mormora insonnolito per
poi cadere immediatamente addormentato, io lo seguo poco dopo e
probabilmente
continueremmo a dormire fino al giorno dopo se qualcuno non si
lanciasse sul
nostro letto rischiando di sfondarlo.
Ma chi diavolo è così
scemo da fare una cosa del genere?
Prima ancora di aprire gli
occhi la risposta lampeggia nel mio cervello: Thomas Matthew DeLonge Jr.
Apro gli occhi e trovo il
suo faccione sorridente a pochi centimetri dalla mia faccia.
“TOOOM!”
Urlo facendolo arretrare e
svegliando completamente Mark, che si alza, prende una maglia per farne
una
frusta e comincia a inseguire rabbioso il suo amico urlandogli le
peggio cose.
Tom scarta, corre, salta
come una scimmia e vomita scuse; io mi lascio cadere sul letto: ho mal
di testa
grazie a lui.
“Tom, che cazzo vuoi?”
Urla Mark.
“Ci hanno messo sotto
contratto!”
“Chi ha messo sotto
contratto chi? E sii convincente o con questa ti ci strozzo!”
Tom deglutisce.
“La MCA! Hai presente
quelli che Anne ha chiamato papaveri?
Beh, erano lì per noi, per
vederci suonare e li abbiamo convinti, tra due giorni abbiamo un
colloquio con
la casa e pare che comunque sia una proforma. Dicono che abbiamo
già un
produttore di nome Jerry Finn!”
Mark rinuncia all’istante
all’idea di strozzare Tom con la maglia e si limita a
guardarlo un po’
scettico.
“Come faccio a essere
sicuro che non è uno dei tuoi soliti scherzi, Tom?”
Lui gli porge una lettera
che Mark legge molto attentamente, inizialmente
la sua fronte si corruga, poi si distende e infine
abbraccia Tom urlando
cose senza senso.
Io lo guardo sbalordita
quando si dirige verso di me e mi alza dal letto, costringendomi ad
attaccarmi
come un koala a lui mentre mi fa fare una giravolta.
“Amore, tra due giorni
abbiamo un colloquio!!”
Urla a due centimetri
dalle mie orecchie, rischiando di farmi diventare sorda.
“Sono tanto felice per
voi! Ve lo meritate!
Siete bravissimi!”
Mark e Tom ululano di
gioia come due cani, credo che ormai i vicini pensino che siamo del
tutto
impazziti, che l’Australia ci ha rubato quel poco cervello
che avevamo.
“Evvai, stasera avrò un
motivo per fare sesso!”
Mark gli lancia la
maglia/frusta addosso.
“Stai parlando di mia
sorella, porta un po’ di rispetto! Bestia!”
Tom lo guarda un attimo
senza capire, poi la sua bocca diventa una O perfetta e si porta una
mano
davanti alla bocca.
“Scusa, Mark. Stasera
usciamo a festeggiare?”
“Forse sì. Adesso lasciaci
dormire!”
“Va bene, posso dormire
qui? Non ho voglia di tornare a casa.”
Mark annuisce.
“Sul divano e fai poco
casino!”
Tom annuisce e finalmente
lascia la nostra camera, Mark si butta a peso morto sul divano. La
faccia
sepolta nelle lenzuola.
“Ancora non ci credo che
una major voglia noi sotto contratto, siamo così poco
adatti.”
“Per me hanno visto del
talento in voi, quelli non sprecano soldi a buffo, lo sai.”
Mark annuisce e striscia
verso di me per poi attirarmi in un abbraccio.
“Quanta gente ci darà dei
venduti?”
“Nessuno, se voi farete
quello che volete e in cui siete bravi a fare.”
Lui sospira.
“Dai, dormiamo.”
Io annuisco e finalmente
riusciamo a riprendere il sonno interrotto da quell’essere
che ora dorme sul
nostro divano.
Sogno cose strane che mi
lasciano addosso una sottile inquietudine al risveglio, è
come se quello che
adesso ho fosse in bilico, ho l’impressione che presto un
cataclisma lo distruggerà.
Reggeremo alla fama?
Che domanda sciocca, siamo
sopravvissuti a mia madre e al tour, perché non dovremmo
sopravvivere a questo?
Con questi pensieri vado
in cucina – costatando che Tom dorme della grossa –
e apro il frigo: dentro c’è
una teglia di lasagne, regalo della signora Meg.
Visto che i due maschietti
dormo ancora scendo dalla mia vicina per ringraziarla, busso alla porta
e vengo
accolta dal signor Fitzpatrick.
“Buonasera, signor
Joshua.”
“Buonasera anche a te,
Ruby. Siete tornati da poco?”
“Qualche ora. Dov’è sua
moglie?
Vorrei ringraziarla per
aver dato una sistemata al nostro appartamento e per le
lasagne.”
“In cucina.”
La raggiungo in cucina e
la trovo intenta a preparare da mangiare.
“Signora Meg…”
“Ciao, Ruby!”
“Buonasera, sono venuta a
ringraziarla per aver sistemato il nostri appartamento e per le
lasagne. Io e
Mark le siamo grati.”
“Figurati, per così poco.
Per me siete come due figli.”
“Grazie mille lo stesso.”
Dico io rossa come un
pomodoro.
“Adesso la lascio cucinare
e poi devo svegliare Mark e Tom per la cena.”
“Va bene. Buona cena,
tesoro.”
“Buona cena anche a lei.”
Salgo al mio appartamento
e trovo Mark e Tom svegli che contemplano la lettera della MCA.
“Dov’eri?”
“Dalla signora Meg, l’ho
ringraziata per aver pulito il nostro appartamento e per la
cena.”
“Cena?”
Lo sguardo di Tom si
pianta nel mio, speranzoso.
“Sì, ci sono delle lasagne
nel frigo e ora vado a metterle in forno.”
“Che bello!”
Urla Mark.
“Devi provarle, Tom, sono
spettacolari!”
“Se Ruby mi lascia
rimanere a cena.”
“La cena è compresa nel
fatto che tu abbia dormito qui.”
Dico divertita avviandomi
verso la cucina, dove inforno le lasagne, e poi mi siedo sul divano con
loro.
Non mi sento molto bene,
il profumo delle lasagne – che di solito amo – mi
ha dato un conato di vomito.
Probabilmente è colpa del
jet-lag, mi dico, non può essere altro, vero?
Soffoco così i timori di
una mia possibile gravidanza, perché capiterebbe nel momento
peggiore della
vita, adesso che forse qualcuno si interessa ai blink-182.
Venti minuti dopo siamo
tutti riuniti intorno alla tavola e mangiamo con gusto le lasagne di
Meg
Fitzpatrick, la mia nausea è momentaneamente archiviata.
“Dove andiamo a
festeggiare?”
“Soma! Chiama anche Trav e
gli altri.”
“Lo farò… dal vostro
telefono.”
Io annuisco e lui si
attacca al nostro apparecchio, chiama Trav, Matt (e David), mia
sorella, Skye e
Hayley dandogli appuntamento per le dieci fuori dal Soma.
“Bene, ragazzi e stasera
ci si ubriaca.”
“Non esagerare!”
Gli ringhia Mark.
“Stai tranquillo, non farò
del male a tua sorella, la amo.”
Mark sembra convinto
perché annuisce con un basso grugnito.
“Come mai sei tanto
protettivo con Anne, Markey?”
“Perché è la mia
sorellina, l’ho sempre protetta e continuerò a
farlo anche se questo
significasse mettermi contro di te.”
Tom annuisce.
“È una ragazza speciale.”
“Molto speciale.”
“Non è adorabile il modo
in cui protegge Anne, Ruby?”
Io annuisco,
stiracchiandomi.
“Certo che lo è! Per
questo e altre cose lo adoro!”
“Ah, che carini! A tra
quanto il matrimonio?”
Io e Mark rimaniamo
entrambi senza parole, tra noi non si è mai parlato di
matrimonio e non
sappiamo cosa dire a Tom, che si accorge del nostro disagio e comincia
a
muovere le mani avanti e indetro.
“Scusate, non sapevo fosse
un argomento delicato!”
Vado a fare una doccia.”
Detto questo si eclissa
rapidamente lasciandoci parecchio in imbarazzo.
“Hai mai pensato a noi due
sposati?”
“Beh, sì. Ogni tanto mi
immagino come sarebbe il matrimonio. Sai,l’abito bianco, il
bouquet, quelle
cose, ma poi penso che siamo ancora giovani per sposarci. O
no?”
“Anche io penso la stessa
cosa. Speriamo che Tom non faccia una delle sue docce secolari o alle
dieci
siamo ancora tutti qui.”
Io annuisco,
fortunatamente dieci minuti dopo Tom si presenta in salotto mezzo nudo.
“Copriti, scostumato!”
Gli urlo lanciandogli un
cuscino, lui corre in camera nostra, io invece a farmi una doccia.
Finito, è il turno di Mark
e dopo un po’ siamo tutti pronti per uscire e chiudo a chiave
l’appartamento.
Saliamo tutti nella
macchina di Tom, che per l’occasione mette a palla
“Dude Ranch”,
cantando tutte le canzoni a
squarciagola.
Arriviamo che sono già
tutti là, chiacchierando e in attesa di veder arrivare quel
mattoide di Tom.
Quando finalmente ci
facciamo vedere, Erin avanza battagliera verso di lui.
“Allora, DeLonge! Perché
ci hai convocati qui la prima sera che posso stare con il mio
ragazzo?”
“Perché c’è qualcosa da
festeggiare, tra due giorni abbiamo un colloquio con la MCA.”
Erin ammutolisce e poi gli
salta in braccio, urlando come una matta.
La serata inizia bene.
La
serata prosegue al
meglio dentro al Soma, tra musica alta e alcool.
Tom ordina per tutti il
primo giro di birra e poi lui e Mark iniziano a fare i cretini, fino a
che io e
Anne li facciamo scendere dal tavolo e li convinciamo a pogare.
È durante il pogo che
succede qualcosa di strano, ho di nuovo la nausea e questa volta sono
costretta
a correre in bagno se non voglio vomitare in mezzo alla pista.
Mark, per fortuna, non si
accorge di nulla e attribuisce la mia aria stanca al jet-leg, io gli
dico che
probabilmente è così: la prospettiva di una
gravidanza mi spaventa molto.
Sarà meglio tenere
d’occhio come vanno le cose nei prossimi giorni.
Mi siedo al nostro tavolo
meditabonda, cosa succederebbe se fossi davvero incinta?
Poco dopo Erin si siede
accanto a me.
“Stai meglio?”
Mi chiede bevendo una
sorsata della birra di Tom.
“Come fai a sapere che
stavo male?”
Lei alza le spalle.
“Siamo gemelle, quando sei
corsa in bagno a vomitare anche a me si è rivoltato qualcosa
nello stomaco.”
Io rimango un attimo in
silenzio.
“Adesso sì, ma ho paura.”
“Temi di essere incinta?”
“Sì.”
Il mio è un sussurro a
malapena udibile, ma lei lo sente lo stesso.
“Mark non ti lascerà da
solo, se fosse così.”
“Gli rovinerei la vita.”
“Non ti mettere in testa
questa cosa, ti prego.”
Io non dico nulla e spero
con tutta me stesse che tutti questi strani sintomi siano solo cose
dovute al
jet-lag.
“Vuoi tornare in pista?”
“Sì, dai!”
Pogo ancora un po’, poi
torno al tavolo e ci rimango, troppo stanca per fare qualsiasi cosa.
Questa
serata ha preso una piega che non mi piace e che mi fa paura.
Incinta io? A
ventitré anni?
È troppo presto, non so se
sarei in grado di fare la madre e se Mark vuole un figlio.
“Ruby, piccola?”
“Sì, Mark?”
“Sei stanca, vuoi che
andiamo?”
“Sì, ma non voglio
rovinare la festa a tutti.”
Lui sorride e si siede
vicino a me.
“Dai, ti tengo compagnia.”
“Mi abbracci?”
Gli chiedo, un po’ timida,
lui mi fa cenno di sedersi sulle sue gambe, cosa che io faccio ben
volentieri
perché presto mi ritrovo avvolta dal suo abbraccio.
“Presto la nostra vita
cambierà. Ho un po’ paura.”
“È il tuo sogno che si
avvera, non dovresti averne.”
“Ho paura che sarò
costretto a sacrificare qualcosa.”
Io rimango un attimo in
silenzio.
“Non pensiamoci, ok?
È inutile farlo ora,
meglio goderci questi due giorni, no?”
Lui annuisce e torniamo a
guardare la pista del locale piena di gente che si muove a ritmo con la
musica.
Signore, ti prego, fa’ che
non sia incinta! Non saprei come dirlo a Mark, visto che gli devo anche
dire
dello stage.
Dopo un po’ ci raggiungono
anche gli altri, sono già stanchi perché il
jet-lag si fa sentire anche su di loro
per fortuna.
“Beh, ragazzi direi che la
festa è finita, ci si rivede.
Travis, ci troviamo alle
nove fuori dalla sede della MCA, va bene?”
Lui annuisce.
“E adesso io e la ragazza
andiamo a festeggiare privatamente. Ciao a tutti!”
Mark grugnisce un “Ciao”
tra i denti che mi costringe a dargli una gomitata.
“Tom, aspettaci. Devi
riportarci a casa!”
Urlo io, facendo alzare
Mark.
Ci avviamo tutti e quattro
verso il parcheggio e saliamo in macchina, Anne si addormenta subito
sul sedile
passeggeri.
“Credo che non
festeggerai.”
Dice acido Mark.
“Mark, che palle!”
“Va bene, Tom.”
Tom ci riaccompagna fino a
casa e poi ci saluta, Tom e Mark si scambiano le loro solite battute
dementi,
poi finalmente la macchina riparte.
Saliamo fino al nostro
appartamento cercando di fare meno rumore possibile, gli altri
condomini
dormono già tutti.
Arrivati a casa, mi butto
sul letto e crollo addormentata senza nemmeno aspettare Mark.
Ho una stanchezza
dell’altro mondo che mi opprime in una maniera assurda,
nemmeno avessi scalato
una montagna.
Mi sveglio durante la
notte – in preda alla nausea – e mi accorgo che
Mark mi ha abbracciato nel
sonno, con delicatezza sposto il suo braccio e controllo che sia ancora
immerso
in un sonno profondo.
Lo è.
Io corro in bagno e vomito
di nuovo, non so bene cosa, so solo che quando mi rialzo mi sento da
schifo e
lo spettro di una gravidanza si fa sempre più vicino.
Torno a letto stanca e
triste, nonostante la stanchezza ci metto circa un secolo a prendere
sonno e il
rumore dei miei pensieri si fa assordante.
Svegliarsi la mattina in
queste condizioni non è facile, ci metto un po’ e
sento Mark trafficare in
cucina. Mi alzo e lo trovo intento a preparare la colazione,
sorridendo, mi
siedo al tavolo e lo guardo.
“Ben svegliata. Volevo
portarti la colazione, ma mi hai preceduto.”
“Grazie, che dolce che
sei.”
Lui sorride imbarazzato,
solo con me si mostra in questo modo. Al fischio della moka la spegne e
mi
porge il caffè, sul tavolo ci sono già i biscotti
e la sua tazza di cereali con
una brocca di acqua vicina.
Io me lo godo e guardo il
mare, oltre la testa di Mark: è piatto e grigio oggi.
Qui è una giornata di
febbraio un po’ piovosa, di quelle che ti invitano a rimanere
a letto, invece
mi tocca alzarmi e andare alla casa editrice a ritirare del nuovo
lavoro e uno
stipendio.
“Tu cosa pensi di fare?”
Chiedo a Mark.
“Non lo so.”
Si gratta la testa.
“Non so se chiedere di
nuovo il mio vecchio lavoro visto il colloquio, credo che ci
penserò dopo
quello. Adesso vado a farmi un giro e poi vado allo skate
park.”
“Ok, io penso di andare
alla casa editrice. Mi dai un passaggio per favore?”
Lu annuisce e ci cambiamo,
poi come promesso mi porta alla casa editrice, il mio capo mi chiede
genericamente come va e nota la mia faccia un po’ smunta.
Io gli dico che è il
jet-lag, lui annuisce distratto e mi dà il materiale da
correggere e la busta
paga, io lo saluto e me ne vado.
Questo tempo di merda ti
fa venire voglia di infilarti in uno starbucks e aspettare che esca il
sole, io
lo assecondo. Appena trovo uno dei locali prendo un frappuccino e do
un’occhiata alla mia mole di lavoro: libri di testo
scolastici, libri gialli,
libri di qualche aspirante scrittore a cui è stato concesso
di pubblicare.
Una rottura di palle.
Tutto ultimamente mi
sembra una rottura di palle, lo stage nel Regno Unito invece mi alletta
parecchio, ma non so cosa fare. Lui
potrebbe non prenderla bene.
La testa all’improvviso
inizia a girarmi e
la nausea mi sommerge
come un’onda malefica, vorrei poter resistere invece crollo
sul tavolo di
starbucks, riuscendo a malapena a mettere in salvo i documenti.
Cosa diavolo mi sta
succedendo?
Non ne ho idea, so solo
che mi risveglio in ospedale con una sorridente dottoressa vicino al
mio letto.
“Ben svegliata, signora.
Non si preoccupi, non è nulla di grave, è stato
solo un calo di zuccheri, lei e
il bambino state bene.”
“Ba-bambino?”
Farfuglio io, lei mi
guarda sorpresa.
“Non sapeva di essere
incinta?”
Io scuoto la testa.
“In tal caso, complimenti,
lei è incinta di quattro mesi e parrebbe un bel maschietto,
anche se piuttosto
timido.”
Oh. Mio. Dio.
Angolo di Layla
Ringrazio LostinStereo 3
e DeliciousApplePie
per le recensioni. Grazie mille <3!
|
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Capitolo 32 *** 32) La pazzia di Ruby Ferreira. ***
32) La pazzia di Ruby
Ferreira.
Sono
incinta, sono fregata
e sono nei guai.
Non posso dire a Mark che
sono incinta, non ora che la band ha firmato per una major, le
ecografie che ho
fatto due giorni prima sono accuratamente nascoste in una borsa e lui
non sa
nemmeno che sono stata in ospedale.
Ho chiesto a Erin di
venirmi a prendere e le ho raccontato tutto, poi sono corsa ad
accettare lo stage
e mi è stato consegnato un biglietto aereo per dopodomani.
Ho pensato mille volte di
dirglielo in questi giorni, ma ogni volta il mio cervello mi ha
proiettato la
sua faccia infelice per la notizia. Da dopo aver firmato con la MCA
dice che i
blink sono la sua priorità e che vuole fare un buon album.
Posso io rovinargli questa
occasione unica?
No, non posso, non me lo
perdonerei mai, per quanto possa fare male
andarmene è l’unica soluzione che mi
rimane.
Spero troverà una ragazza
migliore di me nei prossimi anni, una che sappia dargli
felicità e non
problemi. Non può nascere una famiglia in queste condizioni,
finirebbe come la
mia e non posso permetterlo: non voglio diventare come mia madre.
Quando Mark sarà in sala
di registrazione me ne andrò e gli scriverò un
biglietto per lasciarlo.
Non devo rovinargli in
alcun modo la vita, mi spezza il cuore sapere che lo farò
soffrire come un
cane, ma non posso accollargli questa responsabilità, non
posso essere la
zavorra che lo trattiene a
terra ora che
ha iniziato a volare.
Lui nota che sono strana,
ma non dice nulla, chissà a cosa pensa, chissà
cosa crede che abbia.
Forse trova strano che
ogni tanto lo guardi come per imprimermi nella memoria i suoi
lineamenti o che
mi faccia abbracciare e coccolare senza motivo.
Il fatto è che lasciarlo
mi costerà tantissimo, lo amo come non ho mai amato nessuno
e come non amerò
mai nessuno.
Il destino a volte sa
essere estremamente crudele, me lo dico l’ultima notte che mi
è concesso
guardarlo dormire. È così rilassato, felice,
sembra un bambino.
Un bambino di ventisette
anni, il mio ragazzo, la mia ragione di vita, l’uomo a cui
spezzerò il cuore e
che non saprà mai di avere un figlio da me.
Perché?
Perché proprio ora questa
gravidanza?
Non ne ho idea, so solo
che fa male.
Quando arriva la mattina
dell’ultimo giorno gli preparo la colazione, la facciamo
insieme e arrivato il
momento che lui esca per andare a registrare lo bacio come se non ci
fosse
domani.
Una volta che la porta si
è chiusa alle sue spalle, comincio a piangere
silenziosamente e poi a preparare
le valige.
Porto via con me anche le
ecografie e una foto di noi due insieme, so che la consumerò
in questi anni
senza di lui.
Alle due mia sorella suona
il campanello e io scendo trascinando dietro le mie valigie, lei mi
aiuta a
portare giù le rimanenti e a caricarle in macchina, poi
entriamo.
“Per me sbagli. Mark lo
deve sapere, è anche suo figlio.”
“No, Erin. Lui ora deve
pensare ai blink e alla sua musica, non a me e al bambino che per
errore porto
in grembo.”
Erin quasi inchioda.
“Quel bambino non è un
errore! È il figlio del vostro amore e poi sai perfettamente
che lui non sarà
in grado di concentrarsi sui blink se tu te ne vai! Stai solo scappando
dalle
tue responsabilità."
Io non dico nulla, lei
prosegue verso l’aeroporto, mi lascia
sulla porta delle partenze internazionali, scarichiamo le
valigie e poi
se ne va. È troppo arrabbiata per salutarmi decentemente.
Faccio il check-in e tutte
le operazione necessarie come un automa, solo quando l’aereo
inizia a prendere quota
mi rendo conto di quello che ho fatto. Mark a quest’ora
sarà arrivato a casa e
avrà letto il biglietto.
Non ci crederà, vagherà
per tutte le stanza e poi chiamerà Erin che gli
confermerà tutto.
Dio, che bastarda che
sono!
Lo faccio per il suo bene,
questo è il mantra che mi ripeto mentre l’aereo mi
porta dall’assolata
California alla piovosa Londra.
Lo faccio per il suo bene.
Lo faccio per non caricarlo di
una responsabilità che è troppo per lui.
Lo faccio perché ora deve
pensare ai blink e non a me.
Lo faccio perché sarebbe
egoista da parte mia distoglierlo dalla musica ora che sta avendo i
riconoscimenti che merita.
O forse come dice Erin
sono solo una vigliacca che non sa affrontare le sue
responsabilità, non lo so.
In ogni caso mi addormento
e mi risveglio solo quando una hostess mi avvisa che siamo atterrati a
Londra,
io tolgo il mio bagaglio a mano e scendo dall’aereo: fuori mi
aspetta una notte
piovosa e fredda.
Che tempo di merda!
Infreddolita mi infilo sul
pullman che dall’aereo porta all’aeroporto vero e
proprio e poi attendo che il
nastro trasportatore sputi i miei bagagli.
Li ritiro senza allegria e
li carico su un carrello. Una ragazza madre in una grande
città che non
conosce, questo sono e non mi piace, mi sento insicura e impaurita.
Trascino il mio carrello
fino alla zona di posteggio taxi e ne prendo uno a cui consegno
l’indirizzo
dell’appartamento che mi è stato dato insieme al
biglietto aereo.
L’uomo annuisce e il taxi
inizia a muoversi verso la mia nuova casa che scommetto farà
schifo rispetto
alla vecchia. Non sarà una casa senza Mark.
Il taxi attraversa le
strade di Londra, io non le guardo nemmeno, sono troppo concentrata a non piangere per non
insospettire nessuno.
Fortunatamente arriviamo
presto all’indirizzo – una casetta in un modesto
quartiere di periferia – così
posso scaricare presto tutto e ambientarmi.
In realtà ho solo fame e
sonno, quindi cerco un cinese vicino a me sull’elenco del
telefono e ordino la
cena e poi tiro fuori l’ecografia e la foto e le appoggio su
una credenza.
La fotografia mi fa venire
un nodo alla gola.
Decido di chiamare Erin,
lei risponde subito.
“Ciao Ruby.”
“Ciao, Erin!”
Sento una pausa dall’altra
parte.
“Mark è passato a
cercarti, è distrutto. Ripensaci, ti prego.”
“Lo sai che non posso.”
Chiacchieriamo ancora un
po’, ma è una conversazione piuttosto fredda e
triste, come le strade di Londra
che ho visto.
Chiudo la chiamata quando
suonano alla porta, saluto Erin e le dico che il cinese è
arrivato, in effetti
è così, ritiro la cena e la pago, poi chiudo la
porta.
La porto al tavolo, sono
avvolta da una cappa di tristezza che non mi lascia quasi respirare.
Mangio
svogliatamente il riso alla cantonese e il pollo alle mandorle e penso
che con
Mark avrebbero avuto un sapore migliore.
Tutto con lui è migliore,
persino le giornate di pioggia.
Per scacciare questi
pensieri svuoto le valigie e metto tutto ordinatamente a posto, poi mi
faccio e
mi butto a letto.
Sogno di essere con Mark in un grande prato, con nostro figlio che
gioca
felice, chiamandoci mamma e papà.
Al risveglio mi accorgo
che il cuscino è bagnato dalle mie stesse lacrime che ho
versato senza nemmeno
accorgermene.
Quattro
mesi dopo la mia
vista è uno schifo.
Sono l’assistente di
un’insegnante di arte e i ragazzi sono terribili, soprattutto
perché quando
hanno visto la mia pancia levitare come un pandoro hanno iniziato a
sparlare.
All’ottavo mese è normale
che la mia pancia si veda e la direttrice della scuola mi ha messo in
maternità, così passo i miei giorni a letto e a
mangiare gelato, le cose per il
bambino – sì, sarà un maschio
– sono già pronte da tempo.
Sono comodamente sdraiata
sul divano quando qualcuno si attacca al campanello con violenza, sono
costretta ad alzarmi con movimenti lenti e impacciati data la mia mole.
Apro la porta e quasi crollo
stecchita: sulla porta ci sono Mark e Tom.
Mark non appena vede la
mia pancia si mette a urlare e bestemmiare e si avvicina a me
minaccioso, non
sembra nemmeno il ragazzo che ho lasciato con quella luce folle negli
occhi.
Il mio cuore batte a tremila
ed è a un passo dall’esplodere, Tom ferma Mark
appena in tempo.
Ho paura che mi metta le
mani addosso.
“Hai già trovato un
altro!”
Mi urla, io mi chiedo come
faccia a pensarlo dato che si vede che la mia pancia non è
da quarto mese, ma
da ottavo.
“Non è come pensi!”
Urlo.
“Ah, no? E com’è?”
Urla lui.
“È figlio….”
Qualcosa dentro di me
inizia a fare male e sento del liquido sui miei pantaloni premaman.
“Mi si sono rotte le
acque. Vi prego, aiutatemi.”
“Tom, andiamocene.”
Risponde cinico Mark, io
sono sull’orlo delle lacrime e prego mentalmente Tom di
rimanere.
“Io rimango con Ruby, è
comunque incinta.”
“Fa’ come ti pare!”
Se ne va lasciandomi da
sola con Tom che mi carica nella mia macchinetta presa a noleggio e
seguendo le
mie indicazioni mi porta all’ospedale.
“Cosa stavi dicendo prima
che le acque si rompessero?”
“Che il figlio è di Mark,
Tom.
È suo figlio, suo e di
nessun altro. Me ne sono andata da San Diego non appena ho saputo di
essere
incinta per non intralciare la vostra carriera.”
Urlo, per sovrastare il
dolore delle contrazioni.
“Tom, muoviti o partorisco
qui!”
Lui mi guarda spaventato e
poi accelera, l’ospedale è finalmente in vista e
lui entra nel parcheggio e
molla la macchina davanti all’entrata ed entra.
Ne esce poco dopo con
un’infermiera e un medico che mi aiutano a scendere e mi
portano in una stanza
con un macchinario per monitorare la situazione.
“Signorina, queste sono le
contrazioni del parto. È già dilatata, pare che
suo figlio nascerà un mese in
anticipo.”
Io scoppio a piangere e
i due mi lasciano pietosamente da sola. Non
so per quanto piango, so solo che a un certo punto un mano maschile mi
asciuga
le lacrime: Tom.
“Andrà tutto bene.”
“No, mio figlio sta per
nascere e Mark mi considera una puttana. Avrei dovuto dirgli tutto
subito come
mi aveva detto Erin!”
Lui mi accarezza i
capelli.
“Andrà tutto bene, tu
pensa a partorire e io penserò a portarti Mark.”
“Non mi lasciare! Ti
prego!”
Urlo, vedendo che il
dottore e l’infermiera sono rientrati nella sala.
“Lei chi è?”
“È un mio amico, lo lasci
rimanere per favore.”
Il medico e l’infermiera
annuiscono, poi quest’ultima spinge la barella –
seguita da Tom – verso
un’altra sala.
Lì vedo una donna che mi
viene indicata come l’ostetrica che mi dice come respirare,
il dolore si fa più
forte. Non credevo che partorire un figlio potesse fare così
male e
probabilmente non lo credeva nemmeno Tom perché quando gli
stritolo la mano in
una presa ferrea urla.
Le contrazioni sono un
incubo, diventano sempre più forti e più
ravvicinate, fino a quando la donna
non mi incita a spingere, cosa che faccio con un po’ di
difficoltà, dato il
dolore.
“Spinga, signorina,
spinga! E respiri come le ho insegnato.”
Facile per lei! Non è lei
che prova un dolore atroce!
In ogni caso spingo più
che posso.
“Vedo la testa! Spinga
ancora!”
Spingo ancora e finalmente
ho la sensazione che qualcosa stia uscendo, poco dopo il mio bambino
è tra le
mie braccia: somiglia incredibilmente a Mark.
Tom lo guarda incantato e
gli accarezza piano la testa.
“È uguale a Mark, è indubbiamente
suo figlio!”
“Pensavi che mentissi?”
Gli chiedo con un filo di
voce.
“No, ma Mark potrebbe
pensarlo. Cercherò di convincerlo in ogni modo a venire
qui.”
Io annuisco.
“Grazie Tom, grazie.”
“Prego, per una volta ho
l’occasione di restituire tutto il bene che mi hai fatto non
ho certo
intenzione di lasciar perdere.
E poi… Mark senza di te è
perso, durante le registrazioni ha la testa da un’altra parte
e quando siamo
fuori non fa altro che bere come una spugna.”
Io stringo un po’ di più
mio figlio.
“Mi dispiace, Tom. Non
volevo fare questo casino, pensavo di fare una cosa positiva per la
band.”
Lui mi scompiglia i
capelli.
“Lo so. Lo so che non
faresti mai, deliberatamente, del male a Mark.”
“Ma gliene ho fatto e non
so come rimediare.”
“Gli parlerò io, lo
convincerò a venire qui a vedere il bambino e
capirà.”
“E se non mi volesse?”
Mormoro senza riuscire a
evitare che mi cada qualche lacrima.
“Ti vorrà. Tu sei sua e
lui è tuo e poi ora c’è il piccolino
che vi unisce.”
“Un piccolino che forse
non vedrà mai il suo papà. Come ho fatto a
giocare così con la vita di un
bambino?”
“Capita a tutti di avere
paura e di fare scelte sbagliate credendole giuste. Sei ancora in tempo
a
correggere la rotta.
Ci sono io, ti darò una
mano io.”
“Grazie. Posso chiederti
una cosa?”
“Certo.”
“Come avete fatto a
trovarmi?”
Lui sogghigna.
“Io ho distratto Erin e
Mark ha frugato tra le sue cose fino a che non ha trovato il tuo
indirizzo.”
Io sorrido.
“Ti voglio bene, Tom e amo
ancora Mark.”
“Lo so, è per questo che
tutto tornerà a posto.”
Io sospiro e poi affido
mio figlio nelle mani di un’infermiera che lo
porterà in un’incubatrice.
Spero tanto che Tom abbia
ragione.
Trascorro il resto del
pomeriggio riposando, alle sette arriva Tom e la sua faccia non
promette nulla
di buono.
“Come stai?”
Mi chiede premuroso,
mentre si siede su una sedia, in mano ha un mazzo di margherite.
“Dove posso metterle?”
“Aspetta che chiedo un
bicchiere a un’infermiera.”
Suono il campanello e una
donna si affaccia poco dopo alla porta.
“Scusi, non volevo
disturbarla, ma potrebbe portarmi un bicchiere per queste?”
Le mostro le margherite e
lei annuisce.
Poco dopo arriva con il
bicchiere e guarda curiosa Tom.
“È il padre del bambino?”
“No, sono lo zio.”
“Complimenti, è un bambino
bellissimo.”
“Grazie mille.”
La donna ci lascia di
nuovo da soli.
“Così sono zio di un
bambino figo come il padre.”
Io sorrido malinconica.
“Sì, un padre che non lo
conoscerà mai.”
Tom mi prende una mano.
“Abbi fede, lo conoscerà.”
Io guardo fuori dalla
finestra.
“Come mai non è qui?”
Lui sospira.
“Ho provato a parlargli,
ma era troppo ubriaco per capire qualcosa. Ci riproverò
domani, sarà sobrio e
vorrà ascoltarmi.”
Io annuisco, ma sento che
questa volta non mi andrà bene nulla. Questa volta ho
esagerato e pagherò i
miei errori, perdendo Mark.
“Non avere paura, Ruby.”
Io scoppio a piangere
disperatamente, Tom mi guarda costernato.
“No, Ruby non reagire
così, ti prego!
Ce la farai a riavere
Mark, hai agito in modo sbagliato, ma se gli spieghi le tue motivazioni
capirà,
ne sono certo!”
“Io invece sento che
questa volta l’ho fatta troppo grossa per essere perdonata da
lui!”
Dico tra i singhiozzi, lui
non sa cosa fare. È sempre stato a disagio davanti alle
ragazze che piangono,
me lo ricordo.
Con lentezza mi abbraccia
e io mi lascio andare, mi sento debole, stanca e fragile come non mi
sono mai
sentita.
“Cerca di riposare e di
stare calma.”
Mi dice prima di
andarsene, io
annuisco: ho la testa che
mi scoppia.
Mi stendo e vengo assalita
da tanti – troppi – ricordi.
La prima volta che l’ho
visto lo odiavo e odiavo mia sorella, lui mi ha aiutato a recuperare il
rapporto con lei e piano piano mi sono innamorata di lui. Era
l’unico che
continuava a rimanere nonostante tutti i miei patetici tentativi di
cacciarlo,
in realtà avevo bisogno di lui e non lo volevo ammettere.
È stato un grande giorno
quello in cui l’ho ammesso, mi ha aperto le porte della
felicità e io, come una
stupida, le ho richiuse.
Ho lasciato che tutte le
mie paura avessero la meglio su di me e ho buttato via la cosa
più preziosa
della mia vita, la migliore, quella che mi ha salvato la vita.
Ho preso una decisione
egoista credendo fosse la migliore e adesso io e mio figlio ne paghiamo
le
conseguenze, non
sono sicura che Mark mi
rivoglia rivedere e nemmeno che mi creda.
Adesso è tutto nelle mani
di Tom e ho una paura fottuta che non bastino i tentativi del suo
migliore
amico per riportarlo da me.
Avrei dovuto dare retta a
Erin e dirgli tutto sin dall’inizio, non tenerlo fuori solo
per paura, sono io
che ho sbagliato e prego perché lui decida che anche questa
volta vale la pena
stare con me e non lasciarmi del tutto.
Ho delle fitte al cuore
nell’immaginarmi la mia vita senza Mark, adesso mi rendo di
quanto abbia agito
sventatamente.
Oh, che casino ho
combinato!
Mi metto le mani davanti
al volto e ricomincio a piangere, anche se questo aumenta il mio feroce
mal di
testa.
Non so quanto piango so
solo che a un certo punto in reparto si crea una certa agitazione, le
infermiere corrono e sussurrano tra di loro che
c’è un matto che vuole
assolutamente entrare nonostante non sia orario di visite.
Io le guardo un po’
spenta, mi rianimo solo quando sento una certa voce urlare a pieni
polmoni.
“Voglio vederla, è una
stronza, ma mi devo accertare che stia bene!”
Il mio cuore salta un
battito al suono di quella voce.
“Signore, non può! Non è
orario di visita!
Torni indietro,
fermatelo!”
Urla la caporeparto alle
infermiere, Mark però è già sulla
soglia della mia camera e mi sta guardando
negli occhi. Per me il mondo cessa di esistere e ci sono solo i suoi
occhi e le
loro sfumature di azzurro.
“Lasciatelo, entrare.”
Dico con un filo di voce.
“Vi prego, lasciatelo
entrare!”
La caporeparto scocca
un’occhiataccia prima a Mark e poi a me, capelli azzurri
invece dal canto suo
acchiappa una sedia e ci si siede sopra continuando a guardarmi.
Nei suoi occhi c’è troppa
sofferenza e so che è tutta colpa mia, non posso perdonarmi,
ma posso provare a
spiegargli tutto.
Il nostro dialogo muto
continua, questa è la mia occasione di spiegargli tutto e
non me la lascerò
scappare.
Forza, Ruby!
Angolo
di Layla
Grazie
a DeliciousApplePie
e LostinStereo3
per le recensioni
|
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Capitolo 33 *** 33)Mark+Ruby=Michael. ***
33)Mark+Ruby=Michael.
Ci
sono occasioni che non
ti capitano due volte, questa è una di quelle e non la devo
sprecare.
“Mi dispiace per averti
abbandonato mentre stavi abortendo. Non ero in me.”
“Non ho abortito, dammi
una mano e ti mostrerò una cosa.”
Lui annuisce e mi aiuta ad
alzarmi e poi a mettermi su una sedia a rotelle, mi spinge seguendo le
mie
indicazioni fino alla nursery.
Un’infermiera ci viene
incontro.
“Buonasera, signorina.”
“Buonasera. Potrebbe
mostrare a questo ragazzo mio figlio?
Michael Ferreira.”
La donna annuisce e fa
cenno a Mark di seguirla, poco dopo lui torna vestito con camice,
guanti e
mascherina. Io lo invito a seguire l’infermiera e dalla
grande vetrata lo spio
mentre vede per la prima volta suo figlio, la sua faccia passa dal
guardingo al
felice e poi al confuso.
Rimane dentro pochi
minuti, dopodiché torna da me e mi riporta in camera. Una
volta che mi sono
distesa di nuovo a letto la sua faccia domanda spiegazioni.
"È tuo figlio, Mark.”
“Me ne sono accorto, mi
somiglia molto. Adesso voglio sapere tutta la verità,
Ruby.”
Io prendo fiato.
“Mi sono accorta di essere
incinta due giorni prima che i blink iniziassero le registrazioni e non
sapevo
come dirtelo.
Non volevo esserti
d’intralcio mentre il tuo sogno stava prendendo forma, quindi
ho deciso di
accettare uno stage in Inghilterra che mi aveva proposto
l’università e di far
nascere qui il bambino per poi crescerlo da sola.
Pensavo che non saresti
riuscito a conciliare le responsabilità del disco con quelle
dell’essere padre,
così me ne sono andata.
Pensavo che avresti
trovato qualcun'altra o ti saresti buttato anima e corpo nel tuo lavoro
per
dimenticarmi.
È evidente che ho
sbagliato tutto quanto, che ho agito in modo egoista e crudele e ti
chiedo
scusa.
Mi sei mancato in tutti
questi mesi e non ho mai smesso di amarti. So che sono imperdonabile,
ma ti
chiedo una possibilità.”
Lui fa un sorrido amaro.
“Sai cosa avevo in tasca
la sera che ho trovato il nostro appartamento vuoto?”
Io scuoto la testa, lui
tira fuori da una tasca una scatolina blu scura e me la porge: contiene
un
anello con un brillante.
“Volevo chiederti di
sposarmi, ma forse ho sbagliato.
Non siamo ancora pronti e
non so più nemmeno se possiamo definirci una coppia: non mi
aspettavo una cosa
del genere da te.
Io mi fidavo di te, ma tu
evidentemente non ti sei mai fidata del tutto di me o altrimenti non
avresti
reagito così.
Io non posso stare con una
persona che non si fida di me, ma – allo stesso tempo
– non posso lasciare mio
figlio da solo.
Ho bisogno di pensarci,
tornerò quando avrò deciso qualcosa.
Ciao Ruby.”
Esce dalla stanza
lasciandosi dietro un vuoto enorme. Lo sto perdendo, come ho potuto
pensare di
vivere senza di lui?
Come ?
Vorrei urlare il suo nome,
ma so che sarebbe inutile, lui non tornerebbe indietro ora e non so
nemmeno se
lo farà in seguito. Ho persino paura che non dia ascolto a
Tom.
Scoppio violentemente a
piangere, lasciando che le lacrime scorrano liberamente sulle mie
guance: avevo
una cosa bella nella vita e l’ho distrutta.
Piango per non so quanto
tempo so solo che a un certo punto sento un dolore indicibile
all’inguine e mi
attacco al campanello prima di perdere del tutto conoscenza.
Non starò morendo?
Chi crescerà mio figlio?
Non voglio morire senza
prima essermi riappacificata con Mark!
“Ha
avuto una brutta
emorragia, è molto debole.”
“Poverina, ha solo
ventitré anni, ha appena avuto un bambino.”
Sento delle voci, ma sono
piuttosto lontane, come se io fossi sott’acqua e potessi
intercettare solo
qualche conversazione che si svolge sopra di me.
“Lo shock rischia di
ucciderla, il ragazzo di là è disperato, non si
perdona di averglielo causato.
Il suo amico lo consola,
ma sembra non voler dare ascolto a nessuno.”
Chi?
C’è Mark di là?
Vado di nuovo sott’acqua,
non sento più nulla, sento a stento battere il mio cuore.
Non devo morire, devo
parlare con Mark.
Riemergo un attimo.
“È molto debole e
probabilmente non può sentirla, vuole parlarle lo stesso,
signor Hoppus?”
“Sì, le devo parlare.”
“Faccia come vuole.”
Sento il rumore di una porta che si apre e poi si richiude e di un
corpo che si
sistema meglio su una sedia. Che Mark voglia parlarmi?
“Ruby, piccola, mi senti?
Lo so che mi senti, ti
prego non lasciarmi da solo. Lo so che ti ho detto che volevo
riflettere, ma la
verità è che senza di te la mia vita non ha
senso, non riesco a combinare nulla
perché mi manchi troppo.
Sei la ragazza che amo e
che amerò sempre e sei la madre di mio figlio, dobbiamo
crescere Michael
insieme e magari dargli un fratello o una sorella.
Come posso fare questo
senza di te?
Amore mio, ritorna. Io ti
aspetto qui e perdonami per tutte le brutte parole che ti ho detto, non
ho
pensato minimamente a te e alle tue condizioni.
So che ti fidi di me, lo
so, lo so che mi ami.
Torna e creiamo una
famiglia.”
Sento qualcosa di umido
sulle mie mani, che siano le lacrime di Mark?
Vorrei alzare una mano e
asciugargliele, ma il mio corpo è pesante come piombo e non
riesco a muovere un
muscolo.
Non voglio lasciarti,
cercherò di tornare.
Scivolo di nuovo
nell’oblio e non sento più la sua voce, ho paura,
non voglio andarmene da questo
mondo e lasciare Mark da solo.
Fluttuo un altro po’, poi
con immensa fatica apro gli occhi e mi ritrovo il volto addormentato di
Tom.
“Tom!”
Lo chiamo piano, cercando
di scuoterlo, lui di sveglia di scatto e mi guarda.
“Oh, mio dio! Ruby!
Ruby! Vado a
chiamare un medico!”
Poi mi dà un bacio leggero
sulla guancia ed esce dalla stanza, al suo posto entra un dottore in
camice
bianco che controlla i miei parametri.
“Ha avuto un’emorragia
interna, signorina. È molto debole e se passerà
la notte sarà salva.”
“Dottore, per favore mi
mandi dentro Mark.
È quello con i capelli
azzurri, è il padre del bambino, devo parlare con
lui.”
“D’accordo, ma non si
stanchi, né si emozioni troppo.”
Io annuisco e poco dopo fa
il suo ingresso Mark, completamente coperto dal camice e dal resto, non
sembra
nemmeno lui quasi.
“Ruby…”
“Mark… Se… Se dovessi
morire, ti prego prenditi cura del bambino.”
Lui si siede e mi prende
cautamente una mano.
“Tu non morirai!”
“Perché? Non ho più nessuna
ragione per tornare se tu non sei con me. Persino mio figlio sarebbe
più felice
senza di me.”
Lui mi accarezza il volto.
“Shh, piccola. Io ci sono
e ci sarò sempre.
Lascia perdere le mie
parole piene di rancore, ero solo sconvolto. Quando ho rischiato di
perderti
per sempre ho capito che senza di te non sono niente, che ti amo e ti
amerò
sempre e che amo già nostro figlio.”
Guardo i suoi occhi, sono
sinceri e sono cerchiati, come se non avesse dormito per molto tempo.
“Da quando mi hanno
chiamato per dirmi che avevi avuto un’emorragia sono sempre
stato qui, non
voglio perderti.
Voglio…
Voglio stringerti tra le
braccia e baciarti e dirti tutte quelle cose stupide che si dicono tra
innamorati, voglio vederti con il piccolino tra le braccia.
Voglio impazzire perché
non ci fa dormire la notte e voglio consolarti quando ti sentirai una
cattiva
madre.
Vuoi fare questo con me?”
Io annuisco piano,
incredula.
“Sì.”
“E allora domani, fatti
trovare qui, sveglia. Io ti aspetto, non mancare.”
“Ti amo, Mark.”
“Anche io.”
Esce dalla porta e mi
lancia un bacio.
Non so se mi abbia
perdonato, ma non posso non andare all’appuntamento che ho
preso con lui, devo
combattere per vivere.
Stanca, torno di nuovo nel
torpore, ma sono certa che domani mattina sarò qui sveglia e
vigile, in sua
attesa.
Il
sole entra a raggi
pigri nella stanza.
Grandi, rossi raggi pigri
che illuminano il mio letto, la bottiglia d’acqua e il muro e
gli danno una
tonalità rosata.
L’alba è sorta su Londra e
il dottore che entra nella mia stanza mi comunica che il peggio
è passato e che
mi terranno qui solo due giorni, poi potrò tornare a casa.
“Dottore, può far entrare
Mark?”
“Sì e gli dica di
riposarsi, l’ha vegliata tutta notte seduto sulle sedie che
ci sono in
corridoio.”
Io sorrido stanca,
nonostante abbia dormito tutta la notte.
Lui entra, vestito come
ieri e con una bruttissima aria.
“Ho rispettato
l’appuntamento.”
“Sono contento, ti amo.”
Gli accarezzo i capelli.
“Vai a dormire, hai
un’aria distrutta. Io sarò ancora qui, non
temere.”
Sei sicura?”
“Sì, non ti lascerò mai
più se mi vorrai.”
Lui mi dà un bacio sulla
fronte e se ne va, al suo posto entra Tom, che mi sembra più
fresco e riposato.
“Ci hai fatto prendere un
bello spavento questa volta.”
Io sospiro.
“Scusate, non volevo.
Quando Mark mi ha detto che forse non voleva più vedermi
qualcosa si è rotto
dentro di me, in tutti i sensi.
La mia vita senza di lui
non ha senso, non capisco come abbia anche solo potuto pensarlo e ora
ho paura
che lui voglia stare con me solo per il bambino.
Ho paura che non mi ami
più.”
Lui mi accarezza.
“Ti ama, è rimasto qui
tutta notte a vegliarti e da quando ha saputo cosa è
successo non si dà pace.
Dice che è riuscito a far
del male alla ragazza che ama in un modo che non voleva
assolutamente.”
“Sul serio, Tom?
Mi ama sul serio? Ho paura
di averla fatta troppo grossa.”
“Il cuore di Mark è grande
ed è aperto al perdono, ti devi fidare di lui e devi
dimostrargli che lo ami.”
“Sono disposta a fare di
tutto. Come fai a rimanermi accanto dopo quello che ho fatto?”
Lui mi guarda sorridendo.
“Perché ti conosco, Ruby.
Ho imparato a conoscerti e a volerti bene, dietro la tua scorza dura si
nasconde una persona meravigliosa, non faresti mai a qualcuno solo per
il gusto
di farlo.”
Ti voglio bene, razza di
messicana testarda.
Lo sai che lui è tuo e tu
sei sua.”
Io sorrido, un filo più
calma.
“Ti voglio bene, Tom. Ti
voglio immensamente bene.
Sei il mio migliore amico,
grazie per avermi tirato fuori dai guai.”
Lui non dice nulla per un
po’, imbarazzato.
“Tu mi hai tirato fuori un
sacco di volte dai guai, mi viene naturale ricambiare e poi voglio bene
a Mark
e lui senza di te è infelice.
Non sai quante volte mi ha
parlato di te da ubriaco, hai il suo cuore, sei nei suoi pensieri anche
quando
non dovresti esserci.
Ti ama, tu lo ami,
smettetela e cercate di mettere il passato da parte.”
Io annuisco, lui dopo
qualche altra chiacchiera mi lascia da sola, io finisco per
addormentarmi di
nuovo.
Mi svegliano gentilmente
le infermiere per il pranzo: pollo e mela bollita.
Io inizio a mangiare con
una smorfia, poco dopo la porta della mia stanza si pare di nuovo e fa
capolino
Mark con un gigantesco mazzo di fiori in mano.
Sono costretta a chiedere
alle infermiere un vaso, lui sembra più riposato rispetto a
questa mattina, le
occhiaie sono meno viola.
“Come stai?”
Mi chiede.
“Penso bene, il dottore mi
ha visitato prima e mi ha detto che è tutto ok e che
l’emorragia è a posto.
Tu?”
“Io ho dormito e poi mi
sono fermato a comprare questo mazzo di fiori, diciamo che sono un
tentativo di
scuse.”
“Non devo scusarti di
nulla, sono io che ho sbagliato in questa storia e mi chiedo se mi
amerai
ancora come prima.”
Lui sorride.
“Ti amo già come prima, è
grave?”
“No, è un miracolo.
Mi fiderò sempre di te
d’ora in poi, non voglio più tagliarti fuori dalla
mia vita, ti amo.”
Un discreto “Ehm, ehm” ci
fa voltare e ci troviamo davanti all’infermiera con mio
figlio in braccio.
“È l’ora dell’allattamento,
signorina.
Lui dovrebbe uscire.”
“Non può rimanere? È il
padre.”
La donna sorride.
“In tal caso può rimanere,
tornerò tra un po’ a prendere il
bambino.”
Detto questo prendo in
braccio Michael, abbasso la camicia da notte e lui si attacca
voracemente a un
seno, Mark lo guarda incantato, io sono leggermente a disagio.
Lui tira fuori una
macchinetta usa e getta dal suo zaino e me la mostra.
“Posso farvi una foto?”
“Va bene.”
Lui la scatta tutto
felice.
“Questa finisce nell’album
di famiglia, siete bellissimi.
Posso accarezzarlo?”
“Certo.”
Annuisco.
“Fa attenzione, è tanto
piccolo. A volte ho paura di fargli del male.”
Lui annuisce e lo prende
in braccio con attenzione, Michael lo scruta un attimo e poi gli
sorride e si
attacca a una delle dite di Mark emettendo strani versetti.
“Mi ha riconosciuto! Ciao
Mikey, sono il tuo papà! Ciao!!”
Lui gorgoglia tutto
felice.
“Mark, battigli
gentilmente sulla schiena per farlo ruttare.”
Lui esegue e dopo aver
sentito il ruttino di mio figlio sono più tranquilla.
“Mi dimettono tra due
giorni.”
“E poi torniamo negli
Stati Uniti.”
“Sì, ma prima devo passare
dalla scuola dove lavoro per avvisare che me ne vado o cose del genere,
ammesso che io sia
ancora di ruolo là, la direttrice non era affatto felice
della mia gravidanza.”
Lui sbuffa.
“Comunque non rimani qui.”
“No, non rimango qui. Non
ha senso.
Spero solo di trovarmi un
altro lavoro.”
Lui mi mette un dito sulla
bocca.
“Per ora non pensarci,
pensa al piccolo e basta.”
“Come lo manteniamo?”
“Per ora con il mio stipendio
e poi con i soldi del disco, perché sono sicuro che ne
farà un sacco.”
Io annuisco, in ogni caso
a San Diego abbiamo tanti amici e i nostri parenti, sono sicura che
qualcosa
dovrà pur significare.
Michael inizia a
piagnucolare e Mark me lo tende, non appena arriva a contatto con il
mio corpo
si calma all’istante.
“È bello stare abbracciati
alla mamma, vero Mickey?
Anche a me piace tanto.”
Io accarezzo la testolina
di mio figlio e gli lascio un lieve bacio, Mark si sporge verso di noi
e prima
bacia me e poi suo figlio che sorride di nuovo.
“Tra un paio di giorni
potrai abbracciarmi.”
“Ti dimettono?”
“Esattamente.”
Rispondo io sorridendo.
“Questa è una notizia
meravigliosa!”
“Sì, sono d’accordo. Sono
stanca di stare in ospedale, voglio portare il nostro piccolo ometto
fuori di
qui.”
Un bussare ci indica che
l’infermiera è di ritorno, infatti la porta si
apre e la stessa donna di poco
prima prende in braccio Michael.
“È proprio un bel bambino,
lei dovrebbe esserne orgoglioso.”
“Lo sono.”
Le sorride Mark, la donna
gli rivolge uno sguardo di approvazione e se ne va.
“Lo sa la casa
discografica che sei qui?”
Lui si gratta la testa.
“No, me ne sono andato
senza dire nulla a nessuno, nemmeno ad Anne. Sarà
furiosa.”
“Speriamo che si calmi
vedendo il suo nipotino allora. Sei sicuro che io e Michael non ti
creiamo
nessun problema con la MCA?”
Lui sbuffa.
“Dovranno abituarsi alla
vostra presenza, io non ho intenzione di lasciarvi per niente al
mondo.”
“Mi sento un po’ in
colpa.”
Lui mi accarezza una
guancia.
“Non devi, tu sei
diventata la mia famiglia e la famiglia è sacra per
me.”
Due lacrime scendono dal
mio volto, lui me le asciuga e mi sorride rassicurante, con lui vicino
ogni
paura mi sembra poca cosa. È in grado di rassicurarmi come
nessuno riesce.
“Dici che saremo una
famiglia felice?”
“Io sono sicuro di sì,
saremo una famiglia felice.”
“Ho voglia di dormire
vicino a te e non in un ospedale.”
Lui mi accarezza la
fronte.
“Due giorni e lo potrai
fare. Anche io non vedo l’ora di avere un contatto un
po’ più ravvicinato con
te, la maternità ti ha reso più bella.”
Io sbuffo.
“Non esageriamo, sono
ingrassata tantissimo e sono piena di sma…”
Non finisco la frase
perché lui mi bacia a tradimento, io ricambio e lo attiro di
più a me dando
vita a un bacio appassionato.
Quando si stacca Mark sta
sorridendo.
“Sei bellissima,punto, non
contraddirmi,”
Io sorrido a mia volta,
solo avendolo vicino capisco quanto mi sia mancato in questi mesi e
quanto sia
necessario per la mia vita.
“Ti amo, te l’ho già
detto?”
“Sì, ma tu ripetilo quanto
vuoi, hai dei mesi di arretrati, ricordati.”
Mi dà un altro bacio lungo
e passionale e poi se ne va, io mi sento bene dopo mesi.
Per la prima volta il
futuro non mi sembra un macigno pieno di incognite, ma qualcosa di
bello.
Con lui posso affrontare
qualsiasi cosa.
Angolo di Layla
Ringrazio DeliciousApplePie
e LostinStereo3
per le recensioni.
|
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Capitolo 34 *** 34)Zia Anne e zio Tom. ***
34)Zia Anne e
zio Tom.
Ancora
non credeva di
essere la ragazza di Tom DeLonge.
Ogni tanto Anne aveva
bisogno di darsi un pizzicotto per provare a sé stessa che
quello non era un
sogno e che davvero Tom si era inginocchiato davanti a lei chiedendole
di
essere la sua ragazza davanti a tutti.
Aveva sempre pensato a
quell’eventualità come a un sogno e viverla le
dava una sensazione di irrealtà,
ogni volta che Tom le diceva che l’amava,
l’abbracciava o facevano l’amore le
sembrava di toccare il cielo con un dito.
Solo quando Tom le aveva
consegnato la collanina di ferro che portava sempre al collo si era
sentita
sicura, Erin le aveva raccontato che l’aveva data a Tom
dicendogli di darla
solo alla ragazza che amava davvero
Anne al momento la stava
stringendo con tutte le sue forze, Tom non si stava facendo sentire da
più di
due giorni e lei non sapeva cosa pensare, visto che anche Mark sembrava
sparito.
Aveva persino chiesto a
Travis se ne sapeva qualcosa, ma il batterista aveva scosso la testa
dicendo
che non aveva idea di cosa stessero combinando quei due né
di dove fossero.
Stava guardando fuori
dalla finestra quando il suo cellulare – dopo tanti giorni
– squillò: era Tom.
“Tom, dove diavolo sei?”
“A Londra, con Mark.”
Anne alzò
involontariamente un sopracciglio.
“E che ci fate lì?”
“Siamo venuti a
riprenderci Ruby, è incinta, ha partorito e sei da poco
diventata zia.”
Anne sentì le sue gambe
venire meno e si sedette sul divano.
“Spie-spiegati meglio
Tom.”
Lo sentì ridere dall’altra
parte.
“Ruby era scappata a
Londra perché era incinta e non voleva rovinare la carriere
di tuo fratello con
il bambino. L’abbiamo ritrovata e quando ha visto Mark, per
lo shock, ha avuto
un parto prematuro. Sei zia di un bel bambino di nome
Michael!”
“Oh, Signore!”
Si massaggiò la fronte,
che bel casino! E chi se lo aspettava?
Ruby le era sempre
sembrata la più assennata delle gemelle Ferreira, questi
colpi di testa erano
più da Erin.
“Ma tornate, vero?”
“Certo che torniamo,
appena dimettono Ruby dall’ospedale!”
“Quindi sono zia.”
“Sì.”
“Non sono pronta!”
Urlò isterica.
“Nemmeno io, ci possiamo
provare insieme.”
“Per fortuna. A mia madre
verrà un infarto e credo anche alla madre di Ruby.”
“Beh, dovranno
comunque fare i conti con il bambino.”
Chiacchierarono qualche
altro minuto, poi Tom riattaccò e lei chiamò a
gran voce ERin che accorse con
una faccia spaventata.
“Che succede, Anne?”
“Tua sorella è incinta, ne
sapevi niente?”
“Sì, lo sapevo e ho
cercato di convincerla in tutti i modi di dirlo a Mark, ma lei non mi
ha voluto
ascoltare.”
“Beh, ti comunico che sei
zia di un bel maschietto di nome Michael.”
Erin impallidì e si
sedette su una poltrona.
“Ha partorito?”
“Sì, pare che vedere mio
fratello fuori dalla porta le abbia provocato uno shock grande
abbastanza da
farla partorire in anticipo.”
“COME CAZZO CI SONO
ARRIVATI A LONDRA QUELLI?”
“Non sei felici che ci
siano arrivati?”
“Sì, ma se Ruby avesse
perso il bambino tu non avresti più un fratello!”
Anne deglutì, non aveva
mai visto Erin difendere così apertamente sua sorella.
“Dai, Erin calma. Non è
successo nulla di grave, Ruby sta bene e sembra che diventeremo
parenti.”
La messicana respirò
profondamente.
“Bene, non vedo l’ora che
tornino a san Diego, voglio vedere mio nipote.”
“Anche io.”
“Dovrò avvisare mia
madre!”
Erin si portò una mano
sulla faccia, non era un compito facile avvisare la signora Ferreira
che tutte
le sue più grandi paure si erano avverate.
“Mi ucciderà, me lo
sento.”
Anne non disse nulla, non
sapeva cosa dire all’amica.
“Chi ti ucciderà?”
La voce della signora
Ferreira le fece spaventare entrambe.
“Ma-mamma!”
“Fi-figlia!”
Le fece il verso Irina.
“Cosa è successo?”
“Siediti.”
La donna fece una smorfia.
“Penso di poter reggere.”
“Io penso che dovresti
sederti.”
La donna ubbidì,
recalcitrante.
“Ruby ha appena
partorito.”
La donna sgranò gli occhi,
poi li fece passare nervosamente tra lei e Erin e infine li
fissò sul tavolino.
“Erin, per favore portami
un bicchiere d’acqua e spiegami questa storia.”
Erin le portò l’acqua
richiesta e le spiego succintamente quello che era successo, la donna
ascoltò
tutto senza battere ciglio.
“Ma tua sorella è
impazzita ad andarsene così senza nemmeno avvisare Mark?
Mi sembra che lui sia
migliore rispetto a vostro padre!”
Erin scosse la testa.
“Era tipo impazzita per la
paura, diceva che non voleva rovinare il sogno di Mark. A quanto pare
lui ha
avuto più sale in zucca di lei ed è riuscito a
trovarla e ora sa del bambino,lo
riconoscerà.”
La madre di Erin scosse la
testa, nemmeno lei sembrava capire il comportamento della figlia, Anne
ne fu
sollevata: non era l’unica che pensava che Ruby, dopo una
vita da ragazza
assennata e razionale, avesse ceduto a un impulso che di razionale non
aveva
nulla.
Lei e suo fratello erano
davvero la coppia perfetta.
Due
giorni dopo Anne stava
tentando di scrivere la sua tesi quando il telefono squillò.
Era Tom e le chiedeva se
non poteva fare un salto a prenderli all’aeroporto.
Anne sospirò.
“Ok, aspettatemi lì, che
arrivo!”
Si cambiò, prese le chiavi
della macchina e chiuse l’appartamento, poi scese le scale
del condominio e
salì in macchina.
Mezz’ora dopo stava
parcheggiando all’aeroporto, curiosa di vedere il suo
nipotino e ansiosa perché
finalmente avrebbe riabbracciato Tom.
Si avviò verso gli arrivi
internazionali e finalmente li vide. Ruby sembrava un po’
più grassa rispetto
al solito e aveva tra le braccia un fagottino, Mark le teneva
possessivamente
un braccio intorno alle spalle e dietro al carrello con una montagna di
valige
doveva esserci Tom.
“Ragazzi!”
Urlò, alzando un braccio.
Si avvicinò e la coppia le
sorrise, Tom invece fece sbucare il suo faccino di lato alla montagna
di
bagagli.
“Ciao, Anne!”
“Ciao, amore!”
Lei li salutò tutti e poi
si soffermò a osservare Michael, il neonato somigliava
terribilmente a Mark, ma
i radi capelli neri li aveva presi dalla madre.
“È bellissimo!”
Esclamò commossa.
“È vero!”
Disse la voce di Tom, che
la stava abbracciando da dietro.
“È mio figlio, è ovvio che
sia bello!”
Si pavoneggiò suo
fratello.
“Sì, sì. Adesso però
andiamo che io sono stanco di trasportare queste valigie!”
“Va bene, Tom.”
Si mossero verso la sua
macchina chiacchierando, con somma gioia di Tom caricarono tutte le
valigie in
macchina e lui poté riportare il carrello al deposito.
Partirono e riaccompagnarono
Mark e Ruby a casa.
“C’è tua madre, Ruby, che
ti aspetta.”
“Meraviglioso!”
Rispose lei, alzando gli
occhi.
“Beh, dovevi
aspettartelo.”
“Hai ragione, Anne.
Grazie del passaggio, sei
un tesoro.”
“Per il mio nipotino
questo e altro.”
I due scesero dalla
macchina e scaricarono la loro roba, lasciando solo lei a Tom.
“Beh, ti lascio a casa
tua?”
“Anne, sei arrabbiata?”
Lei sbuffò.
“Non mi hai avvisata, per
giorni nessuno sapeva dove fossi! Non sapevo più che santo
chiamare!
Una telefonata potevi
farmela prima di partire per Londra!”
Lui abbassò gli occhi.
“Avevo paura che lo
venisse a sapere Erin e che chiamasse Ruby.”
“E IO?”
“Anne, ti amo. Scusa per
non averti chiamato e di averti fatto preoccupare, mi
perdoni?”
Anne sbuffò, a volte era
difficile stare con lui, sembrava un bambino troppo cresciuto.
“Va bene, ti perdono. Non
farlo mai più però, non sapevo più
cosa fare senza di te.”
Tom sorrise.
“Adesso mi faccio
perdonare.”
Arrivarono a casa di Tom e
la trovarono deserta, sia Matt che David erano al lavoro, e lei si
sedette sul
divano, Tom scomparve in cucina.
Riapparve dopo un po’ con
due tazze di cioccolata e gliene porse una.
“Questo è il modo per
farsi perdonare?”
“Uno, dei modi. Il resto
passa per la camera da letto, mi manchi, sono giorni che non faccio
l’amore.”
“Tom, sei sempre il
solito!”
Lui rise.
“È anche per questo che mi
ami, no?”
“Sì, disperatamente sì!”
Lui sorrise, poi si buttò
su di lei con il suo dolce peso e cominciò a baciarla con
passione, tanto che
lei faceva fatica a stargli dietro.
“Ehi, calmati!”
Gli disse in una pausa,
facendolo ghignare.
“Oh, la signorina non
regge più certi ritmi?”
“La signorina avrebbe
bisogno di fare le cose con calma.”
“Messaggio recepito!”
Cominciò a baciarla con un
ritmo più normale e a infilarle le mani sotto la maglia alla
ricerca di pelle
da accarezzare, poi decise che togliergliela era un’idea
migliore.
Anne decise che gli aveva
lasciato fin troppa iniziativa e gli tolse a sua volta la maglia,
perdendosi
come ogni volta nella contemplazione degli addominali del suo ragazzo.
Lui la lasciò fare per un
po’, poi scese a baciarle il collo e poi le clavicole, dietro
si stava dando da
fare con il suo reggiseno. Glielo tolse con qualche
difficoltà e poi si dedicò
in pieno ai suoi seni, tanto che lei lo prese per i capelli per
guidarlo
meglio.
Quando si staccò Anne
ansimava già pesantemente e le era passata la voglia di fare
dei preliminari,
voleva lui.
Lui capì il messaggio
perché cominciò a spogliarsi febbrilmente, come
stava facendo lei, ben presto
fu nudo.
“Pronta?”
Lei annuì e lui fu dentro
di lei. Spinta dopo spinta si fusero in un solo corpo e in una sola
anima, non
era mai stato così intenso come quella volta.
Arrivarono insieme
all’orgasmo, proprio mentre la porta d’ingresso si
apriva e i coinquilini di
Tom urlavano qualcosa tendente allo schifato.
Anne prese una coperta per
coprirlo e alzò timida una mano.
“Cazzo, Tom! Sparisci per
giorni facendo preoccupare la casa discografica, noi, Anne, tua madre e
quando
finalmente ci siamo decisi ad andare alla polizia per denunciare la tua
scomparsa ti ritroviamo con il culo in aria?
Quanto sei coglione da uno
a cento?”
Berciò incazzato Matt,
Anne notò che teneva per mano una Erin che si stava
sforzando al massimo per
non ridere dell’assurdità della situazione.
“Beh, mi hai trovato, puoi
ritirare la denuncia.”
“Ci puoi giurare. È possibile sapere dove siete
stati tu e Mark o è un segreto
di stato?”
“A Londra a recuperare
Ruby, che era incinta e ha partorito. Adesso Mark è padre di
un bel bambino di
nome Michael.”
Matt lo guardò a occhi
sgranati per un attimo poi cadde svenuto, facendo accorrere tutti,
persino lei
e Tom che si rivestirono alla svelta.
Ci volle un po’ a far
rinvenire il punk, Erin soprattutto lo guardava curiosa.
“Come mai sei svenuto,
Matt?”
“Mi spaventa che ci sia il
circolazione il figlio di Ruby, senza offesa Erin, e poi è
presto per Mark.”
Tom sbuffò.
“Che cretino che sei.”
“Concordo, Matt. Sei un
cretino.”
Erin fece da spalla a Tom,
come al solito. Ogni tanto Anne era gelosa del rapporto che
c’era tra quei due,
sembravano ancora stare insieme.
-Smettila, Anne, sei
solo
gelosa. Tutto qui.
E chi non sarebbe gelosa
quando ha un ragazzo come Tom?-
“Vabeh, ragazzi! Parliamo
di cose più
serie, com’è la creatura?”
Chiese David.
“La creatura ha un nome,
si chiama Michael. Somiglia molto a Mark e ha i capelli di
Ruby.”
Rispose serafico Tom.
“Non vedo l’ora di
vederlo!”
Erin se lo lasciò scappare
e tutti la guardarono.
“Stasera potremmo andare
tutti da loro, adesso staranno riposando.”
“Giusto, tu non sei stanco
Tom?”
Lui mostrò a Dave il suo
mitico ghigno e prese Anne per mano.
“Sì, infatti. Io e lei
andiamo a riposare ora.”
Anne lo seguì grata al
piano superiore, l’aveva tolta dall’impiccio di un
momento sgradito di gelosia.
Arrivati in camera di Tom,
lui si buttò sul letto e la invitò a
raggiungerla, lei si tolse le scarpe e lo
fece.
Lui immediatamente iniziò
ad accarezzarle i capelli.
“Sei gelosa di Erin,
vero?”
Lei arrossì.
“Beh, un po’ sì. Siete
sempre così affiatati.”
“Non hai niente da temere,
te lo giuro. Siamo solo amici.”
Anne annuì.
“E così sono zia, non me
l’aspettavo. Chissà com’è
Mark con suo figlio?”
“Se la cava bene, gli
piacciono i bambini.”
Tom le rispose e poi si
lasciò andare a un lungo sbadiglio e dieci minuti dopo
dormiva come un sasso,
Anne lo seguì presto.
Vennero svegliati alle
otto da Matt, la cena era pronta, avevano ordinato delle pizze. Anne
scese
insieme a Tom e ritrovò David, Matt ed Erin seduti al tavolo
del salotto.
“Forza ragazzi, che dopo
dobbiamo andare a trovare mia sorella.”
Anne annuì, era ancora
piuttosto insonnolita, me gradì molto il risveglio a base di
pizza.
“Che sonno, ragazzi!
Tom si portò una mano
davanti al volto, Anne constatò che la stanchezza lo rendeva
ancora – se
possibile – più bello. Non c’era niente
da
fare era disperatamente innamorata di lui e avrebbe fatto di tutto per
vederlo
felice, anche andarsene se necessario.
“Dai, Tom! Non stiamo
tanto! Poi tu e Anne potete riprendere a dormire!"
Erin virgolettò
l’ultima parola con le dita,
guardandoli maliziosa.
“Tu non sei
pronta a fare
la zia, Erin!”
Rise Matt, il ragazzo di
Erin sembrava non avere problemi con il rapporto che c’era
tra lei e Tom, Anne lo
invidiò profondamente: avrebbe tanto voluto avere la sua
calma, invece era
sempre sul chi vive.
“E tu, sei pronto a fare
lo zio, Sullivan?”
“Sì e precisamente lo zio
saggio, sono il più assennato in questa gabbia di
matti!”
Erin scoppiò a ridere di
gusto.
“Zio saggio, stasera è
meglio che ti abbassi la cresta, letteralmente, potresti spaventare il
tuo nipotino.”
Matt le rispose con una
smorfia, ma prima di andare da Mark si abbassò la cresta,
lasciando che i suoi
capelli diventassero una strana massa disordinata che gli cadeva sulle
spalle.
Erin gli passò una mano
nella zazzera e gli disse che stava bene anche così, Matt le
riservò un sorriso
dolcissimo.
“Sono una bella coppia,
vero?”
Le sussurrò Tom in un
orecchio.
“Sì, molto e adesso
andiamo.”
Salirono in macchina e Tom
mise al massimo volume “Dude Ranch”, lei
canticchiò ogni singola canzone
insieme a lui fino a che non arrivarono sotto casa di suo fratello.
Lì, si riformarono di
nuovo come gruppo e suonarono, rispose Mark che li invitò a
salire.
Arrivati all’appartamento
trovarono Ruby intenta a far tentare di addormentare il bambino, la
guardarono
tutti sorpresi.
“Sorellina, ma è
bellissimo.”
“Sì, ma è anche un gran
rompiscatole come suo padre!”
Ruby guardò Mark
fintamente arrabbiata, Anne ridacchiò.
“Ruby, posso vederlo?”
Matt si fece avanti e lei
gli consegnò in mano il bambino che stranamente si
calmò e finalmente si
addormentò.
“Ve l’avevo detto che
sarei stato lo zio saggio!”
Ruby lo guardò senza
capire.
“È una cosa che ho detto a
tua sorella e, a quanto pare, avevo ragione.”
Ruby sorrise.
“Come mai vi siete
precipitati tutti qui in massa?
A proposito, volete
qualcosa?”
La ragazza di suo fratello
servì birra e coca cola a tutti, il bambino dormiva tra le
braccia di Matt ora.
“Volevamo vedere il
bambino, ovviamente.
Com’è essere padre, Mark?”
Chiese David.
“Beh, è bello. Mi piace,
Mickey però è un po’agitato a volte e
non lascia dormire nessuno.”
“È tuo figlio, Mark. Mi
sorprenderebbe se fosse calmo.”
“Grazie, Matt.”
Rispose sarcastico suo
fratello.
“Forza, dammi mio figlio
che lo metto a letto!”
Matt gli diede il neonato
e Mark lo adagiò cautamente nella culla.
Parlarono un po’ del
bambino, del parto, della fuga di Ruby e del fatto che Mark era andato
a
riprendersela come un eroe di altri tempi.
A un certo punto Mark
cominciò a sbadigliare e si addormentò di
schianto, la testa appoggiata alla
spalla di Ruby, lei sorrise.
“Ragazzi, non voglio
essere scortese, ma avremmo bisogno di dormire.”
“Va bene, sorellina. Ce ne
andiamo, non vedo l’ora di spupazzarmi il mio
nipotino!”
“Oh, Erin!”
Lentamente si alzarono
tutti dal divano e si salutarono Ruby, poi se ne andarono, lei stava
per
raggiungere Tom in macchina quando Erin la chiamò.
“Anne!”
“Cosa c’è?”
“Ho visto come guardavi me
e Tom prima, non c’è alcun motivo di essere
gelosa, lui ti ama. Me l’ha detto e
ti ha dato la collana, ama te.”
Lei la guardò dritta negli
occhi, Erin non mentiva.
“Grazie, Erin.”
“Figurati e ora sbrigati a
raggiungere il tuo ragazzo!”
Anne sorrise e raggiunse
Tom in macchina, ora si sentiva molto più sicura e quasi
stupida per i suoi
sospetti.
Tom la amava, lei amava
Tom.
Era tutto a posto.
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie
per la recensione. Davvero, sei l'unica rimasta e ti sono molto grata.
|
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Capitolo 35 *** 35) Quella gran spacccatibie di mia madre. ***
35) Quella gran
spacccatibie di mia madre.
Casa,
dolce, casa!
Dopo un volo che sembrava
non finisse più siamo finalmente arrivati davanti al nostro
appartamento, ho un
leggero batticuore, chissà come sarà conciato?
Mark infila la chiave,
stranamente la porta è già aperta, io e lui ci
guardiamo senza capire: chi
diavolo c’è in casa nostra?
Entriamo e troviamo mia
madre e un uomo dai capelli castani, entrambi scattano in piedi non
appena ci
vedono.
“Ma dove diavolo sei
stato/a? Sei impazzito/a?”
Urlano come dei matti
facendo svegliare Mike, io inizio a ninnarlo infastidita. Ok, mia
madre, ma
questo chi è?
“Mark, chi è?”
“È il nostro manager.”
“Chi sono quella ragazza e
quel bambino?”
Mark lo guarda deciso.
“La mia ragazza e nostro
figlio.”
Il manager sbianca.
“Ma proprio ora devi avere
un figlio?
Avresti dovuto tenere
l’uccello nei pantaloni, questa ragazza ti sta
sfruttando!”
Mark sta per dargli un pugno,
ma mia madre lo precede con un calcio formidabile negli stinchi, che lo
fa
accasciare a terra dolorante.
“Di’ ancora una cosa del
genere su mia figlia e mio nipote e la prossima volta te la spezzo
quella
gamba!”
Gli urla in faccia,
facendolo sbiancare ulteriormente.
“Rick, la madre della mia
ragazza mi ha preceduto, di’ ancora una cosa del genere su
Ruby e mio figlio e
ti rifaccio la faccia.”
L’uomo deglutisce.
“Ci sarai alle
registrazioni domani?”
“Sì.”
“Ci sarà anche DeLonge?”
Mark annuisce, l’uomo si
tira in piedi in qualche modo,
“Bene, allora vado!”
Se ne va lasciandoci da
soli con mia madre.
“Fammi vedere il piccolo,
la predica te la farò dopo in via straordinaria.”
Io le do Mike in braccio e
lei automaticamente sorride.
“Ma è bellissimo! Sono la
tua nonna, Michael.”
Lui fa uno strano rumore e
sembra sorridere.
“Ruby, mi ha sorriso! Ha
capito chi sono!”
Io sorriso a mia volta,
poi lei me lo ripassa.
“Sei stata un’incosciente
ad andartene così, senza dire nulla a nessuno, soprattutto a
Mark!
Lui meritava di sapere,
vorrei sapere cosa diavolo avevi intesta!”
Io rimango senza parole,
nemmeno io saprei spiegare cosa avessi in testa allora.
“Fortuna che lui si è
dimostrato più assennato di te e ti è venuto a
cercare, altrimenti non so come
sarebbe finita, non è facile crescere un figlio da
sola!”
“Dai, mamma si è risolto
tutto bene per fortuna, non parliamone più.”
“Meglio o uno schiaffo non
te lo leverebbe nessuno!”
“Mamma, vado a mettere a
letto Mike. Dobbiamo ancora sistemare tutto per lui, abbiamo solo la
culla e il
passeggino.”
Lei si passa la mano sul
volto e mormora qualcosa.
“Va bene, vai.”
Vado in camera nostra e
appoggio la culla sul mobile e ci depongo Mickey.
“Benvenuto a San Diego,
amore della mamma.
Oggi hai conosciuto la zia
Anne e nonna Irina, prossimamente conoscerei il resto della
famiglia.”
Gli canto una ninna nanna
– M+M’s – e il bambino si addormenta,
quando torno in salotto trovo Mark che
serve del the freddo a mia madre e gli chiedo un bicchiere.
“Si è addormentato.”
“È davvero un bel bambino,
somiglia molto a Mark, ma ha i tuoi capelli.”
“Spero prenderà gli occhi
di Mark perché sono davvero belli.”
Dico, accennando un
sorriso.
“Ma sì, vedremo tra un
po’. Adesso vi lascio dormire, avete una faccia
stravolta.”
“Grazie, mamma!”
Se ne va e io e Mark
rimaniamo soli.
“Ho sonno e ho caldo, mi
sa che me ne vado a letto.”
Dico al mio ragazzo, lui annuisce.
“Arrivo anche io, dammi un
attimo che devo sfogare il nervosismo per quello che ha detto il nostro
manager. Lo strozzerei.”
Io me ne vado in camera,
mi spoglio e poi mi butto sul letto, nel dormiveglia sento Mark
raggiungermi
dopo non so quando.
Dormiamo qualche ora, poi
il suono del campanello ci annuncia che sono arrivati gli altri a
vedere nostro
figlio.
Li facciamo salire e ci
intratteniamo un po’ con loro, Mickey sembra gradire molto
Matt senza cresta e
gli altri lo adorano.
Si trattengono poco perché
noi siamo distrutti e devo dare il latte al bambino.
Quando finalmente la casa
è vuota mi svesto perché Mickey possa mangiare,
Mark ci guarda estasiato.
Faccio fare il ruttino a nostro figlio e lo rimetto a dormire, fatto
quello
vengo abbracciata da Mark e poi baciata con passione che ricambio.
“Sei bellissima, sei la
donna che amo e amo nostro figlio.
Non lascerò che nessuno ti
porti via da me, hai capito?”
Io annuisco, stretta nel
suo abbraccio, mi era mancato.
Solo con lui mi sento
sicura e protetta, solo con lui mi sento a casa.
Ci mettiamo a letto e
questa volta ci rimaniamo fino a che non suona il telefono alle sette
di
mattina, è Tom che avvisa Mark che devono andare in sala di
registrazione.
Lui mi saluta con un bacio
e se ne va, lasciandomi sola con il bambino.
Devo comprare le sue cose,
ho bisogno di qualcuno che mi accompagni e di qualcuno che me lo tenga
mentre
sono fuori.
Chiamo mia sorella, lei si
offre di venire con me, Matt – stranamente in vacanza
– dice che terrà il
bambino.
Alle otto arrivano tutti e
due nel nostro appartamento, ci salutiamo con un abbraccio veloce.
“Volete un caffè?
“No, grazie, Ruby.”
Risponde Matt.
“Possiamo prendercelo dopo
insieme.”
Mia sorella.
“Va bene. Matt, seguimi.”
Lo porto nella mia camera
da letto.
“Allora, Mickey dorme. Gli
ho appena dato da mangiare quindi non dovrebbe avere fame almeno fino a
mezzogiorno. Qui ci sono i pannolini per cambiarlo.
Mi raccomando.”
Lui mi scompiglia i
capelli.
“Stai tranquilla,mi
prenderò cura di lui.”
“Va bene, Matt. Adesso ce
ne andiamo.”
Io e mia sorella usciamo,
non prima che lei abbia sbaciucchiato il bambino e io fatto delle altre
raccomandazioni a Sullivan.
Con po’ di sforzo Erin
riesce a farmi uscire di casa e mi fa salire sulla sua macchina.
“Che mamma chioccia che
sei!”
Io abbasso gli occhi.
“Mi sento in colpa verso
di lui.”
Erin mi guarda senza
capire.
“Andiamo al bar, te ne
parlerò lì, se riesco.”
Mia sorella ingrana la
marcia e partiamo, si ferma in un bar del centro e scendiamo. Occupiamo
uno dei
tavoli e ordiniamo cappuccino e brioches tutte e due.
“Allora?”
“Mike è nato con un mese
d’anticipo. Quando mi sono vista Mark e Tom davanti ho avuto
uno shock e ho
partorito in anticipo. Mark non ha voluto esserci, mi ha assistito Tom
durante
il parto, dopo ho parlato con Mark e … Lui non era sicuro di
rimanere con me
perché gli avevo tenuto nascosta la gravidanza e quindi non
mi ero fidata di
lui.
Per lo shock ho avuto
un’emorragia interna e ho rischiato di morire, Mark mi
è sempre rimasto
accanto, ma adesso ho il dubbio che lui stia con me solo per il
bambino.”
Erin mi guarda scioccata.
“Rischiavo di perderti?!”
“Sì,ma sono ancora qui.”
“Parlerò io a Mark, per me
sono solo paranoie. È normale dopo il parto sentirsi un
po’ sballata.”
Mangiamo la nostra
colazione e poi ci fiondiamo in un negozio per bambini, dove prendiamo
tutto il
necessario: tutine, magliette, calzini, biberon, scalda biberon,
vaschetta per
il bagnetto e tutto quello che serve a un neonato.
Spendiamo una bella cifra,
ma alla fine siamo soddisfatte, adesso dobbiamo solo allestire la
camera per il
bambino. Penso che useremo la stanza degli ospiti, in fondo non ci
serve e
Michael è più importante di qualsiasi persona che
ci possa venire a trovare.
Arriviamo a casa, Matt sta
parlando con mio figlio e Mike gorgoglia ogni tanto come se capisse il
discorso
del punk alla perfezione.
“Ciao Matt, ciao amore
della mamma!”
“Ciao ragazze, preso
tutto?”
Noi annuiamo.
“Sì, certo. Adesso
dobbiamo sistemare la stanza degli ospiti per Mickey!”
“Vi do una mano.”
“Grazie, ma prima devo
nutrire il piccolino. Ha fatto la cacca?”
Matt annuì schifato.
“Non ho mai sentito nulla
di più puzzolente, ho portato via immediatamente il
sacchetto della
spazzatura.”
Io rido, prendo mio figlio
in braccio e mi chiudo in camera mia per allattarlo.
Finito, preparo da
mangiare per tutti – pasta – e poi ci mettiamo al
lavoro nella camera degli
ospiti.
Alle quattro sembra più la
camera di un neonato e mi sembra accettabile, penso che a Mickey
piacerà, per
fare altri lavori devo aspettare Mark e poi sarebbe un casino
ridipingerla.
“Beh, abbiamo fatto un
buon lavoro.”
Dice Matt a fine giornata.
“Sì, complimenti a tutti
noi.”
Io sorrido, San Diego mi
mancava un sacco a Londra per questo motivo: le persone che adoro e che
ci
abitano.
La
sera arriva insieme a
un Mark piuttosto stanco.
Si butta sul divano senza
dire nulla e accende la tv.
“Com’è andata oggi?”
“Massacrante, mi hanno
fatto pagare tutto il cazzeggio dei mesi scorsi.
Però sono contento, il
nostro cd prosegue. Tu?”
“Ho comprato le cose per
il bambino e insieme a Matt ed Erin ho sistemato la camera degli ospiti
per
Mickey.”
“Bene, appena ho un po’ di
tempo libero do un’occhiata.”
“Mi dispiace di averti
fatto perdere tanto tempo.”
Lui sorride.
“Non importa. Quello che
conta è che adesso siete qui, ho la mia motivazione per
andare avanti e fare un
buon lavoro.”
Io arrossisco di piacere.
“Vado a preparare qualcosa
da mangiare.”
Cucino delle bistecche che
lui divora in un baleno, poi va da suo figlio, fa facce stupide per
farlo
divertire e il piccoletto sembra apprezzare. Credo che ci siano poche
persone
sulla faccia della terra che non apprezzino Mark Hoppus, soprattutto se
cerca
di farti ridere con tutte le sue forze.
In silenzio prendo la
macchinetta usa e getta di Mark e gli scatto qualche foto, anche queste
meritano di finire nell’album di famiglia, sono
così belli.
Al primo click della
macchina lui mi guarda sorpreso.
“Siete belli, vi meritate
un posto nell’album di famiglia.”
Dico semplicemente io,
Mark sorride.
Scatto qualche altra foto,
poi ripongo la macchina fotografica e mi siedo vicino a loro facendo
anche io
facce buffe.
“Ciao, Mickey! Sono la tua
mamma, me lo fai un sorriso?”
Il bambino mi accontenta,
ben presto sia lui che Mark sbadigliano vistosamente.
“Piccolo, mi dai Mickey che
lo metto a letto?
Dovresti andarci anche
tu.”
Lui annuisce e mi passa il
neonato.
“Sì, adesso vado.
Raggiungimi presto.”
“Certo. Il tempo di
sistemare alcune cose.”
Vado in camera di Mike e
lo depongo con cura nella sua culla, lo copro delicatamente e lo
accarezzo.
Gli canticchio un pezzo di
“Carousel” e lui si addormenta subito, io esco
piano dalla camera e sbircio
nella nostra, Mark dorme già abbracciato al cuscino, io
sistemo un paio di cose
in casa e mi faccio una doccia.
Lo raggiungo sbadigliando
e mi sdraio accanto a lui che subito mi attira a sé nel
sonno.
“Non mi lasciare!”
Lo sento borbottare a
mezza voce.
“Non voglio crescere
Mickey da solo, Signore lasciamela.”
Qualche lacrima sfugge al
mio controllo e mi stringo di più a lui. Non
l’avevo mai sentito così e capisco
che lui ci tiene davvero a me, non solo come madre di suo figlio, ma
come Ruby.
Dio deve essere davvero
misericordioso per avermelo lasciato dopo la carognata infame che ho
fatto.
Mi addormento con questi
pensieri in testa e per la prima volta i miei sogni sono tranquilli,
non c’è il
solito incubo in cui Mark prende Mickey e poi se ne va dicendomi che
ama solo
lui e non me e che non sono degna di crescerlo.
La mattina dopo la sveglia
suona ancora prestissimo, Mark si alza di malumore e sembra stanco
ancora prima
di mettere un piede fuori dal letto.
“Madonna, che non voglia
di far niente!”
“Non dirmelo.”
“Vuoi venire con me in
studio?”
Io lo guardo come se fosse
impazzito.
“Sei sicuro? Non è che ti
do fastidio?”
“No, sono sicuro che mi spronerai
a fare meglio, ovviamente viene anche Mickey.”
“Se non do fastidio,
volentieri.”
Ci alziamo e facciamo
colazione, poi nutro mio figlio e mi preparo. Poco dopo usciamo insieme
di casa
e saliamo tutti nella macchina di Mark, su cui io ho montato il
seggiolino per
Mike.
Il percorso non è
lunghissimo, quando arriviamo agli studi di registrazione sono
già tutti là e
impazziscono alla viste di mio figlio.
Tom fa lo scemo più del
solito, Travis si approccia nel suo solito modo calmo e tranquillo,
l’ultimo ad
arrivare è il manager che mi guarda imbarazzato e cerca di
familiarizzare con
il pupo.
“Ragazzi, è ora di
registrare.”
Mi salutano tutti e vanno
in sala.
“Come mai sei venuta?”
Il manager si siede
accanto a me con una sigaretta spenta in mano, è indeciso se
accenderla o meno.
“Mark mi ha chiesto di
venire e siccome sono momentaneamente senza lavoro ho accettato, a
patto che
non fossi un disturbo.”
Lui annuisce.
“Cosa conti di fare con
Mark?”
Io prendo un respiro
profondo.
“Chiariamo questa faccenda
una volta per tutte. Io amo Mark e non mi intrometterei mai nel lavoro
che fa
con la band, per me può registrare tutte le volte che
è necessario, avere dei
fan, firmare autografi, fare tour. Per me può fare tutto
quello che è
necessario fare per la band, non mi opporrò, ma non voglio
nemmeno perderlo.
È il padre di mio figlio e
non voglio essere trattata come un’appestata o che qualcuno
metta in testa a
Mark strane idee.
Sono disposta a seguirlo
in tour o a stare a casa, come preferite, ma lei non deve allontanarlo
da me,
so cosa si prova a crescere senza padre e non voglio che lo sappia
anche mio
figlio.
Mi vuole dare questa
possibilità?”
Lui annuisce.
“Sì, mi sembri una ragazza
assennata, che sa quali sono le priorità del suo ragazzo.
Spero che lui riesca a conciliare
tutto.”
“Ho fiducia in lui. Ne ho
sempre avuta.
È uno di quei ragazzi che
ti ispirano fiducia, non pensa?”
“Penso di sì. Adesso
scusami, ma vorrei fumarmi questa sigaretta senza dare fastidio al
piccolo.
Ciao Ruby.
E… I calci di tua madre
sono formidabili, mi è rimasto il livido e mi fa ancora un
po’ male la gamba.”
Io ridacchio imbarazzata,
l’uomo esce e io rimango sola con Mickey.
“Non ti devi preoccupare,
piccolo. Non lascerò che qualcuno ti tolga il tuo
papà.”
Lui mi fa un versetto
adorabile e sorride, io lo accarezzo e gli metto il ciuco in bocca,
chiedendomi
quanto sacrifici sarà costretto a fare Mark per
quest’album.
Di nuovo mi sento come se
gli avessi incasinato la vita e basta, poi mi ricordo delle sue parole
nel
sonno di questa notte e mi rendo conto che le mie sono solo paranoie.
Già una volta mi sono
fatta trascinare dalle paranoie e non è finita bene.
La mattina passa lenta e
tranquilla, ogni tanto si sentono le battute di Tom o quelle di Mark e
ogni
tanto uno dei tre viene a fare visita a Mickey.
Mio figlio li ha
conquistati, è già diventato la mascotte della
band in nemmeno ventiquattro
ore, è un bel risultato, credo che abbia ereditato un
po’ del carisma del
padre.
A mezzogiorno e mezza mi
raggiungono tutti e tre.
“Andiamo a mangiare!”
Mark prende il passeggino,
Tom mi passa un braccio intorno alle spalle.
“Visto che è tornato?
Siete una famiglia adesso, posso essere lo zio?”
Io sorrido.
“Sì, puoi e devi esserlo.”
Usciamo dallo studio di
registrazione di buon umore e ci dirigiamo in un Mac Donald non molto
lontano,
la ragazza alla cassa osserva rapita Mike.
“Che bel bambino! Di chi
è?”
“Nostro.”
Rispondiamo in coro io e
Mark, lei ci sorride.
“Complimenti, è davvero
bello!”
“Vero? Io sono lo zio!”
“E sei fidanzato!”
Mark gli dà una botta in
testa.
“È il fidanzato di mia
sorella.”
Aggiunge a mo’ di
spiegazione, la ragazza ride e ci dà quello che abbiamo
ordinato.
“Com’è andata oggi?”
“Bene, bene! Da quando
Mark è tornato a pieno regime ci fanno lavorare come neri
per farci recuperare
il tempo perduto.”
“Non so se essere
dispiaciuta o contenta.”
“Non lo sappiamo nemmeno
noi.”
Mi risponde Travis, mentre
mangia la sua insalata sotto lo sguardo schifato degli altri due.
Io spio le facce di Tom e
Mark: sono innegabilmente felici e questo mi basta.
Finalmente la serenità è
tornata e io non la turberò più con gesti
sconsiderati, starò loro vicino e mio
figlio crescerà con un padre affettuoso e uno zio pazzo.
Penso che possa bastare
per avere una vita bella e piena di affetto, sono stata fortunata
dopotutto,
sono ancora qui e non sono sola.
Finito il pranzo tornano a
registrare e io li seguo.
Ogni tanto la vita ti
mostra la sua bellezza nascosta, quella fatta di tante piccole cose che
tanti
danno per scontate, ma che non lo sono.
Basta un attimo di
distrazione, darle certe per troppo a lungo e improvvisamente
spariranno, io lo
so bene dato che stavo per compiere
questo errore madornale.
Fortunatamente il destino
mi ha concesso una seconda possibilità e io non voglio
sprecarla in nessun modo.
Ho imparato dai mie errori
e non li ripeterò più.
Il futuro può essere bello
a volte.
Angolo
di Layla.
Ci
stiamo avvicinando alla fine di questa storia, non ci sarà
un seguito, ma qualche one shot che avranno per protagonisti i
personaggi di "due su due".
Ringrazio
DeliciousApplePie
e LostinStereo3
per le recensioni.
|
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Capitolo 36 *** 36)Il loro primo fan. ***
36)Il loro primo fan.
I
mesi volano veloci ora
che tutto è tornato al suo posto.
Le registrazioni procedono spedite e sembra davvero un album che spacca
a
giudicare dalle cose che mi fa sentire Mark. L’arrivo di
Travis nella band ha
portato una ventata di aria fresca che è servita a
rinnovarli insieme ad aver
trovato un produttore che li ha presi a cuore.
Michael intanto cresce,
alla fine delle registrazioni dice la sua prima parola che non
è né mamma né
papà, ma nanana. Di questo devo ringraziare Tom che ha messo
fino allo
sfinimento la prima canzone che estrarranno dal cd.
“Come volete chiamarlo?”
Gli chiedo, mentre si
scola una bottiglia di birra.
È una domenica pomeriggio
calma e tranquilla, domani il cd sarà nei negozi.
“Enema of the state.”
“Oh. Spero che almeno
farete video ehm normali.”
“Temo di no, piccola.”
Interviene Mark.
“Okay, allora qualcosa di
imbarazzante, ma che tuo figlio riterrà figo una volta
cresciuto.”
Lui annuisce.
“Oh, vedrai questo e il
prossimo video saranno qualcosa che la gente non si
dimenticherà.”
Io non so se prenderla
come una cosa buona o una minaccia, di sicuro sarà qualcosa
di estremamente
imbarazzante.
“Mickey! Fa sentire allo
zio Tom la tua prima parola!”
“Nanana!”
Gorgoglia felice mio
figlio.
“Bravo Mike, vedi che
abbiamo già un fan?”
“E io chi sono?”
Chiedo, finta offesa.
“Una nostra grandissima
fan!”
“Anne dov’è?”
“Da sua madre. È
arrabbiata perché mi ha rivisto con Jen, spero di farle
cambiare idea con All
the small things.”
Io rido.
“Beh, insomma qualcosa
dovrai pur fare, prima dici che vuoi una ragazza da allevare e poi ti
fai
beccare a parlare con Jen.”
Mark diventa leggermente
nervoso.
“La stavo cacciando, Ruby!
Voleva a tutti i costi baciarmi!”
“Spero per te che
tratterai bene mia sorella.”
Ringhia a bassa voce il
mio ragazzo.
Apparentemente sono calmi,
ma in realtà sono tesi tutti e due perché domani
esce il cd e devono iniziare a
girare il video. Hanno le bocche cucite tutti e due e gli costa molto
non dirmi
nulla dati i logorroici cronici che sono.
“Ma certo che la tratto
bene, la amo! Solo che ogni tanto faccio qualche cazzata e non riesco a
rimediare bene, devo ancora imparare bene quella parte.”
“La imparerai con il
tempo.”
“Non metterci troppo però,
eh Tom.”
Ringhia di nuovo Mark.
La parte del fratello
protettivo l’ha imparata bene e non smette di recitarla,
anche se sa che Anne e
Tom stanno bene insieme e lei è felice.
DeLonge rimane a mangiare
da noi e se ne va verso le dieci, poco dopo sia io che Mark andiamo a
letto
sperando che Mickey ci dia il privilegio di una notte intera di sonno.
Mio figlio di solito
decide che verso le tre ha bisogno di un po’ di cibo e
sveglia tutta la casa,
bisogna che io lo nutra e che Mark canti qualcosa per far sì
che si calmi.
Questa notte stranamente
decide di starsene buono, come se avesse capito che suo padre domani
deve fare
una cosa importante.
La mattina dopo gli faccio
una colazione speciale – latte e cacao, muffins e pancakes
con lo sciroppo
d’acero – e lo saluto con calore.
Lui mi sorride mezzo
addormentato, mi ringrazia e si scofana tutto, mentre io nutro nostro
figlio.
“Non aspettarmi per
pranzo, credo arriverò per cena.”
“Va bene, fai del tuo
meglio, amore.
Scommetto che sarà una
cosa fantastica.”
“Oh, puoi giurarci!”
Se ne va sorridendo, io
sistemo la casa e poi telefono alla casa editrice chiedendo se non
hanno del
lavoro per me, la segretaria mi esorta a passare in mattinata e di
portare
anche il bambino.
Da quando Mickey è
cresciuto almeno un po’ ho riottenuto il mio vecchio lavoro
di correttrice di
bozze e questo ci aiuta parecchio sul piano economico per ora.
“Mickey, andiamo a fare
una passeggiata, sei contento?”
Mio figlio mi risponde con
un verso indefinito che spero significhi sì. Mi vesto e lo
sistemo, lui ride e
si lascia adagiare tranquillo nel passeggino.
Non fa troppo caldo fuori
per fortuna, così la passeggiata è un piacere che
mi concedo a piedi,
camminando tra la gente che procede spedita verso chissà
dove.
Arrivo alla casa editrice
e vengo accolta dall’urletto della tizia che mi ha sempre
passato il materiale
da correggere, Mickey inizia a piangere.
“Ruby, perché Michael
piange?”
“Forse perché hai urlato
un po’ troppo forte Sammy.”
“Mi sa che hai ragione, ma
è un bambino talmente adorabile! E ha due occhioni
meravigliosi, azzurro
cielo.”
“Gradito dono del mio
ragazzo.”
“Quanto sei fortunata!
Jess, non è adorabile questo bambino?”
“Sì, Sammy lo è, adesso
dalle il materiale per l’amor del cielo!”
Sammy sbuffa.
“Sei la solita acida,
Jess!”
Sammy lascia stare mio
figlio e torna alla sua scrivania, preleva una generosa
quantità di carta, la
ficca in una borsa e me la porge.
“Hai due settimane di
tempo.”
“Ok, grazie mille.”
“Figurati.”
Si abbassa ancora a
guardare mio figlio e poi mi saluta con un cenno che ricambio, esco
dalla casa
editrice sollevata. Quella Sammy diventa inquietante quando vede
bambini
piccoli, spero che rimanga incinta presto così
potrà riversare questo amore su
suo figlio e non sul mio.
Sulla strada del ritorno
mi prendo un gelato e il cd dei ragazzi, poi, una volta arrivata al mio
appartamento, mi metto immediatamente al lavoro chiedendomi
distrattamente cosa
staranno combinando i blink.
Qualunque cosa sia
scommetto che lo saprò presto, le idee geniali di Mark
solitamente non passano
inosservate soprattutto se vedono la complicità di Tom.
“Mickey, tuo padre è
matto, ma lo adorerai appena sarai un pochino più
grande!”
Lui risponde gorgogliando
e si alza in piedi nel suo boxer per guardarmi, chissà
quando imparerà a
camminare il mio piccolo grande uomo?
La
sera Mark arriva tardi
e mi sembra stanco, ma soddisfatto.
“Ciao, com’è andato il
video?”
Gli chiedo mentre servo la
cena, lui sorride.
“Bene, sono stanco, ma è
stato davvero divertente girarlo.”
“Non ne dubitavo, quando
potremo vederlo?”
“Settimana prossima,
organizzerò una serata quando uscirà in modo che
ce lo possiamo vedere tutti
insieme.”
“Mi sembra una buona idea,
sarà divertente!”
“Come si è comportato il
piccolo?”
Mark lancia un’occhiata a
suo figlio che ricambia dal suo seggiolino.
“Bene, l’ho portato alla
casa editrice e a fare una passeggiata. Ha gattonato molto e giocato,
chissà
quando camminerà?”
“Non lo so, ma spero di
esserci.”
Io gli prendo una mano.
“Ci sarai, non ti
preoccupare.”
Lui abbassa gli occhi.
“Non lo so, di sarà un
tour da fare dopo l’uscita del cd, sai per
promuoverlo.”
“Capisco.”
Finiamo di mangiare, io
carico la lavastoviglie e poi mi siedo sul divano, Mark mi raggiunge
subito
dopo.
“Sei preoccupata?”
“No, so che questo è il
tuo lavoro e che oltre a farti felice lo fai anche per noi, quindi non
c’è
problema. Sarebbe egoista da parte mia impedirti o farti capire che non
sono
d’accordo.”
Lui sorride e mi attira a
sé.
“Ti ho già detto che ti
amo?”
“Non oggi, ma grazie per
avermelo ricordato.”
Sorrido io stretta contro
il suo petto, sentendo battere il suo cuore.
“Domani cosa fai?”
“Vado alla casa
discografica, abbiamo una riunione, pare ci siano delle cose da
fissare.”
“Ok, io credo lavorerò.
Oggi la casa editrice mi ha dato delle bozze da correggere.”
“Benissimo, spero proprio
che questo album venda. Mi piacerebbe darti una casa più
grande, magari con la
piscina e tutto il resto.”
“Questo appartamento va
bene, va bene qualsiasi posto in cui ci siate tu e Mickey, non ti devi
preoccupare.”
Lui sorride.
“Sei un tesoro, Ruby.”
“Ma figurati.”
Ci mettiamo un po’ a
giocare con Mickey, Mark tenta di farlo camminare, ma nostro figlio
preferisce
decisamente gattonare ed esplorare la casa. Evitiamo che mangi il
telecomando e
lo facciamo giocare con altro, onde evitare che si soffochi.
Dopo una mezz’ora buona di
esplorazione dell’appartamento inizia a sbadigliare, segno
che vuole andare a
letto.
“Mickey vuoi andare a
letto?”
“Gnii.”
“Sì, allora vieni che ci
laviamo le manine e i piedini e poi andiamo a lettino.”
Lo prendo in braccio e lo
porto in bagno dove gli lavo i piedi e le mani, poi lo porto nella
culla e lo
copro per bene.
Io e Mark gli cantiamo una
ninna nanna finché non si addormenta.
“È così bello!”
“Lo è.”
Torniamo in sala e
guardiamo un po’ di tv, alla fine troviamo
un’emittente che trasmette un
vecchio film che si chiama “I Goonies” e lo
guardiamo.
Quando finisce lui
sbadiglia vistosamente.
“Io andrei a letto.”
“Vengo anche io.”
Con calma ci dirigiamo
verso la nostra camera da letto, non appena tocchiamo il materasso
crolliamo
entrambi come pere cotte.
Ci risvegliamo solo con il
suono della sveglia la mattina dopo.
“Devo andare, tu dormi
ancora un po’, hai l’aria stanca.”
“Mickey sta piangendo,
devo dargli da mangiare.”
“Ci penso io. Tu stai
calma.”
Io annuisco e torno a
dormire.
Mi sveglio di nuovo verso
le dieci, vado a controllare Mickey e lo trovo serenamente addormentato
nel suo
lettino.
Sul tavolo della cucina ci
sono alcuni pancake già fatti, a me non resta che preparare
il caffelatte e
iniziare a lavorare.
Lavoro fino a mezzogiorno,
poi preparo da mangiare per me e Mark e per il piccolo, il mio ragazzo
mi
sembra stanco, ma di buon umore.
Mangia con voracità quello
che gli ho preparato e prima di andarsene di nuovo bacia Mickey e me,
strappandomi un sorriso.
Riprendo a lavorare fino
alle quattro, poi decido che io e mio figlio ci meritiamo una
passeggiata
fuori. Lo porto al parco e mi godo la buona giornata, a lui sembra
piacere
uscire ogni tanto, mi indica gli uccellini, i cani e gli altri bambini.
È ancora troppo piccolo
per i giochi, ma ho il sospetto che le altalene lo attirino da morire,
quando
sarà più grande le proverà di sicuro.
Torniamo a casa che sono
le cinque, non ho voglia di rimettermi al lavoro così vado
in terrazza e mi
sdraio per terra, Mickey
è al sicuro nel
box, non credo mangerà niente del nostro arredamento.
In pace mi addormento, ci
pensa il pianto del bambino a svegliarmi di botto, borbottando corro
dentro e
lo tiro fuori dal box. Si è fatto la pipì
addosso, così gli cambio il pannolino
e poi lo cullo, lui emette versetti al nulla. Forse sono il suo modo di
dire
che è felice.
Mark al rientro ci trova
così, io gli rivolgo uno sguardo di scusa perché
non ho preparato nulla, lui mi
mostra sorridendo un sacchetto di cibo messicano.
“Grazie, tesoro.
Adesso preparo qualcosa
per Mike e poi mangiamo.”
Lui annuisce, deposita il
cibo in cucina e poi inizia a preparare la tavola, fortuna che non
è molto
fiscale in queste cose perché io a volte sono una pessima
casalinga.
“Com’è andata oggi?”
“Bene bene, tu?”
“Bene, sono andata al
parco con Mickey, pare che gli piacciano le altalene, continuava a
indicarle.”
“Che tenero, chissà se gli
piacerà lo skate da grande?”
“Chi lo sa? Però vedi di
non farglielo imparare troppo presto, non muoio dalla voglia di vederlo
arrivare a casa pesto e con le ginocchia sbucciate!”
Lui ride.
“Non iniziare a fare la
mamma apprensiva ora.”
Io arrossisco.
“Cosa c’è di male? Tengo a
mio figlio.”
“Assolutamente
niente. Stai tranquilla.”
Mangiamo e lui mi racconta
qualcosa di quello che hanno discusso nella riunione, a quanto pare
è previsto
un lungo tour per pubblicizzare l’album.
Non so cosa sia meglio per
il bambino, se seguire il padre o aspettarlo qui a casa al sicuro,
magari alle
fan potrebbe non piacere il fatto che lui sia già impegnato.
“Ruby?”
Mi chiama lui.
“Sì?”
“Cosa c’è?”
“Niente, Mark. Sto
pensando a come potrà essere il video.”
Lui sorride.
“Tra qualche giorno lo
saprai o meglio lo saprete, mi piacerebbe invitare qui il
gruppo.”
“Sì, me l’hai già detto.
È
una buona idea.”
Lui annuisce, mi lascia
mettere a letto il bambino dopocena, poi mi fa cenno di guardare la tv
con lui,
abbracciati sul divano. Il programma mi piace molto, mi mancavano
questi
piccoli momenti solo per noi.
Da questo momento perfetto
il tempo torna a scorrere normalmente, io mi divido tra Mickey e il
lavoro e lo
stesso fa Mark.
Qualche giorno dopo il mio
ragazzo rientra a casa con un sorrisone stampato sul volto,
chissà cosa sarà
successo?
“Mark, come mai sei così
felice?”
“Domani il nostro video
verrà trasmesso su Mtv, gli altri possono venire da
noi?”
Io gli salto in braccio.
“Ma è bellissimo! Certo
che possono venire!”
Ci baciamo
appassionatamente e se non fosse per nostro figlio finiremmo per far
sesso sul
tavolo della sala per festeggiare la notizia. Mark si stacca da me e
poi prende
suo figlio il braccio e gli fa fare una giravolta, Mike gorgoglia
felice, gli
piace quando il padre lo fa volare.
“Mikey, domani tuo padre
sarà in tv! Non
sei contento?”
Lui sorride, non so quanto
abbia capito del discorso di Mark, ma almeno gli piace sorridere.
Dopo aver rimesso a terra
nostro figlio ci sediamo a tavola, lui parla a macchinetta del video,
delle
speranze della band, della nostra futura villa enorme, dei tour.
Io lo ascolto sorridendo e
ancora vagamente confusa e incredula: davvero i blink dopo anni di tour
in un
furgoncino scassato stanno per fare il grande salto?
Davvero la gente conoscerà
e adorerà Mark, Tom e Trav come faccio io?
Davvero la nostra vita sta
per essere scossa dal terremoto del diventare famosi?
A quanto pare sì, anni di
sforzi stanno dando i loro frutti e – nonostante certi testi
assurdi – i blink
ce l’hanno fatta e stanno per uscire dall’anonimato.
Questa è una ragione sufficiente
per servire in tavola un po’ di vino e non la solita birra,
quindi mi alzo e mi
dirigo verso il mobiletto dove ci sono gli alcolici e tiro fuori una
bottiglia
di vino. Mark mi sorride quando la porto in tavola, credo che abbia
capito il
perché io l’abbia fatto.
La stappo e gli riempio il
bicchiere allegramente, lui lo butta giù in un unico sorso.
“Buono.”
Io me ne verso un po’ e lo
bevo.
“Sì, è buono! Alla nostra,
Hoppus!”
“Alla nostra Ferreira!”
Facciamo un brindisi al
futuro sorridendo come due bambini, ignari del futuro, ma fiduciosi che
sarà
bello.
Il giorno dopo alle sei
sono tutti a casa nostra: Tom, Anne, Travis, Melissa,mia sorella, Matt,
David,
Skye, Avril, Hayley e il suo novo ragazzo (tale Jack), Lars.
C’è un giro di baci e
abbracci e di salutini al bambino che
sorride e tutti e dice “nanana” a
tutti con somma gioia di Tom.
Finito quello si mettono
tutti a tavola e io porto in tavola gli spaghetti, tutti li guardano
affamati e
in breve tempo quelli che ho messo nei loro piatti spariscono nemmeno
fossero
tutti di ritorno dal Sahara.
Anche le cotolette fanno
la stessa fine e io mi chiedo se a casa mangino quei disperati o forse devo prenderlo come
complimento per la mia
cucina.
Dopocena ci mettiamo tutti
comodi sul divano, sulle poltrone o sul tappeto, Mark, Tome Travis sono
i più
agitati di tutti: ogni due per tre si danno di gomito e indicano la tv.
“Tra poco arriva, tra poco
arriva, vero Skye?”
“Così mi hanno quelli di
Mtv.”
Mark si sfrega le mani,
Tom beve un altro sorso della sua birra, Travis scocca un bacio sulla
guancia
della sua ragazza.
Finalmente le note
inconfondibili dell’inizio di “All the small
things” iniziano e si vedono i tre
blink vestiti di bianco in una parodia delle boy band.
Il video è tutto una
parodia dei cantanti e delle cantanti pop, roba da sbellicarsi delle
risate,
infatti ridono tutti. Io rido soprattutto quando il cane di Mark tenta
di
togliergli i pantaloni oppure fa il sexy sotto un getto
d’acqua che serve a
lavare il pullman.
“Dio, ragazzi, è forte!”
Esclama Erin, asciugandosi
le lacrime.
“Siamo contenti che ti
piaccia, credi che piacerà?”
“Se piacerà?”
Risponde Skye.
“È una bomba! Piacerà a
tutti, avete fatto un lavoro fantastico, fa morire dal
ridere!”
Tom, Mark e Trav si
scambiano dei sorrisi soddisfatti, si vede che sono orgogliosi della
loro
creatura e io sono orgogliosa di loro.
Non riesco a resistere e
mi butto addosso a Mark e lo bacio con passione.
“Oh, woah! Stasera, anzi
stanotte, avrò la mia ricompensa e nessuno di voi
potrà partecipare!”
Esclama lui, tenendomi
possessivamente un braccio intorno ai fianchi.
“Io spero di avere
qualcosa stasera, Anne?”
Lei ride e annuisce.
La sera procede come ai
vecchi tempi: battute, carte e alcool con la sola differenza che questa
volta
Mickey ci guarda dal suo box curioso.
“Questo bambino ti
somiglia, Mark.”
“Cosa c’è di strano,
Sullivan? È mio figlio.”
“No, dico il carattere! È
curioso come una scimmia esattamente come te!”
Mark sorride compiaciuto.
“Lo prenderò come un
complimento. Mickey somigli al papà!”
Verso l’una se ne vanno
tutti e rimaniamo solo io e Mark che mi guarda con un sorriso furbetto.
Quando ho finito di
mettere a letto Mike mi prende in braccio e mi deposita sul letto per
poi
raggiungermi e cominciare a baciarmi con foga. Le sue mani vagano sotto
la mia
maglietta e mi accarezzano i fianchi, le mie sono tra i suoi capelli.
La mia
maglia vola via per prima seguita dalla sua.
Io gli accarezzo e bacio
il petto fino a che lui no ribalta le posizioni e – dopo
avermi tolto il
reggiseno – si dedica ai miei seni.
Oh, se mi era mancato!
Le sue mani e la sua
lingua sono abili e presto mi ritrovo nuda in balia dei giochetti che
sanno
fare anche lì sotto. Comincio ad ansimare sempre
più forte, ma poco prima che
io arrivi all’orgasmo le toglie.
Io mugugno contrariata e
mi affretto a togliergli pantaloni e boxer, è già
bello eccitato.
Io lo accarezzo un po’,
poi Mark mi toglie gentilmente la mano ed entra in me con un colpo
secco che fa
sussultare entrambi. Inizia a spingere sempre più forte e
lentamente, è il
paradiso.
Dopo un po’ arriviamo
entrambi all’orgasmo insieme e lui mi attira a sé,
io mi accomodo sul suo
petto.
“Per sempre e sempre, sarò sempre
qui.”
“Anche io.”
Ci sorridiamo a vicenda e
magicamente il futuro ha smesso di farmi così paura.
Non sarà facile conciliare
tutto, ma sono certa che ce la faremo in qualche modo,
perché ce l’abbiamo
sempre fatta.
Da vecchi saremo ancora
qui su questo letto – o su un altro – insieme a
sorriderci come oggi.
Insieme per sempre o giù
di lì.
Angolo
di Layla
Ringrazio DeliciousApplePie
e Rainmaker
per le recensioni. Siamo al quartultimo capitolo della storia, sigh.
|
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Capitolo 37 *** Epilogo 1: amore, sono incinta! (Anne e Tom). ***
Epilogo 1: amore, sono
incinta! (Anne e Tom).
Erano
passati anni
dall’esordio dei blink sulle scene mondiali, il 1999 aveva
cambiato la vita di
tutti loro.
Enema of the state aveva venduto più delle più
rosee previsioni della band,
consacrando tre ragazzi normalissimi a star internazionali, tutti
conoscevano
“All the small things” e
“What’s my age again.”. Anne ne era
felice, anche se
quando era uscito il video di What’s my age again aveva
storto il naso – come
Ruby – sapendo che avrebbero corso nudi.
In fondo – si disse – era
normale che ogni ragazza fosse gelosa del suo ragazzo, soprattutto se
il tizio
in questione era bello come lo era Tom.
Anne aveva avuto paura che
non avrebbero retto alla fama, alla pressione, alle fan e alle
groupies, ma
contrariamente alle previsioni ce l’avevano fatta.
La ragazza ancora non
credeva che due anni dopo Enema fossero ancora insieme, eppure il
calendario
parlava chiaro: era il 2001.
Tom l’aveva portata con sé
in quasi tutti i tour e non sempre era stato piacevole, le band con cui
suonavano la trattavano bene e anche la maggior parte dei fan sembrava
amichevole, per le groupies era un altro discorso.
In più di un’occasione
aveva dovuto cacciare a calci ragazze dalla stanza di Tom e a volte
l’avevano
insultata anche pesantemente.
Il peggior episodio che
ricordava era avvenuto neanche sei mesi prima. Stava facendo un giretto
dietro
le quinte mentre i ragazzi provavano e Ruby stava giocando con Mickey
sul
pullman quando, all’improvviso, era stata circondata da un
gruppo di ragazze
che l’avevano pestata a sangue.
Se non fosse intervenuta
una guardia del corpo quelle arpie probabilmente l’avrebbero
mandata
all’ospedale per le botte ricevute.
Avevano picchiato duro e
l’avevano insultata in un modo anche peggiore dandole della
troia e della ladra
di ragazzi: Tom era loro secondo il loro punti di vista.
Tom e Mark si erano
arrabbiati parecchio e lei si era sentita una stupida e un peso per la
band, in
quei momenti aveva capito che tipo di ragionamento doveva aver fatto
Ruby anni
prima.
Tom doveva aver capito
cosa stava pensando perché quella sera, dopo averla attirata
tra le sue braccia
facendo attenzione a tutti i suoi lividi le aveva sussurrato
nell’orecchio
qualcosa in grado di farle sciogliere il cuore.
“Non pensare nemmeno di
andartene, senza di te sono perso, Anne Hoppus."
Lei aveva sorriso ed era
rimasta.
“Anne! Anne ci sei?”
Una voce acuta la riscosse
dai suoi pensieri, Tom era tornato dall’ultima sessione delle
registrazioni del
loro nuovo album e sembrava di buon umore.
La abbracciò e la baciò
con trasporto, poi la rimise a terra.
“Come sono andate le
registrazioni?”
“Molto bene, anche se Mark
alla fine non ce la faceva più. Gli mancavano molto Ruby e
Mike.”
“Capisco, e io ti sono
mancata almeno un po’?”
Anne fece la sua migliore
faccia da cucciolo e Tom si intenerì e la baciò.
“Molto, piccola. Molto.”
“Sono felice! Vieni, ho
ordinato il tuo cibo preferito da Sombrero.”
Gli occhi di Tom si
illuminarono e la seguì in cucina, da qualche mese vivevano
insieme nella
grande villa che Tom si era comprato con i soldi di Enema.
Per ora la convivenza
procedeva bene e non c’erano problemi, forse
perché il ragazzo era poco a casa
e il suo caos era abbastanza limitato.
In ogni caso si sedettero
al tavolo e partì all’attacco dei suoi burrito,
Anne lo imitò, ma dopo pochi
morsi la colse una nausea terribile.
Si alzò e corse in bagno a
vomitare, seguita da un preoccupato Tom.
“Stai bene?”
“Sì, non preoccuparti.
Devo avere un virus intestinale o qualcosa del genere perché
ultimamente mi
succede spesso. Domani vado dal medico.”
Tom annuì e la aiutò a
ripulirsi e ad alzarsi, Anne sudava freddo. Quella del virus era una
palla, in
realtà temeva di essere incinta e che a Tom non sarebbe
piaciuto diventare
padre così giovane.
-Non ti preoccupare
adesso, Anne. Non sai se sei incinta o no e non sai come la
prenderà Tom,
aspetta almeno domani.-
Le disse saggia la sua
coscienza, lei decise di darle retta e tornò a sedersi a
tavola, i burrito
avevano finito di darle nausea.
Finito di mangiare Tom si
sedette sul divano e lei lo raggiunse, immediatamente lui le
passò un braccio
intorno ai fianchi.
“Ho voglia di andare al
mare e fare un po’ di surf.”
“Mh, non è una brutta
idea, oggi è la giornata perfetta per questo genere di cose.
C’è il sole e c’è
il vento.”
“Le onde sono assicurate.”
“Allora andiamo!”
Si alzarono e lui la prese
per mano, mentre correva verso il garage, Anne era ipnotizzata da come
si
muovevano le sue spalle ancora dopo anni.
Presero le loro tavole e
le caricarono in macchina, per ora lei stava bene: niente nausee o
altri
malesseri.
Arrivarono in spiaggia e
la trovarono poco affollata, era un giorno lavorativo e la maggior
parte della
gente era chiusa da qualche altra parte.
Entrarono in mare,
l’oceano era freddo rispetto al sole che batteva sulle loro
spalle, Tom fece
qualche bracciata con la tavola accanto, Anne rimase ferma per
ambientarsi poi
si mosse anche lei.
Si issò sulla tavola e
cercò di entrare nell’onda per cavalcarla, le
venne difficile perché non era
mai stata una grande surfista, Tom era decisamente migliore di lei
sotto quel
punto di vista.
Surfò un po’, poi si
stancò e uscì dall’acqua stendendosi
sul salviettone per lasciarsi asciugare
dal sole. Era talmente rilassata che finì per addormentarsi
e subì un brusco
risveglio, Tom le rovesciò sulla schiena una secchiata di
acqua gelida, dove
avesse trovato il secchio era un mistero.
“Tom, io ti uccido!”
Lui rise mentre lei lo
inseguiva, Anne smise perché all’improvviso una
fitta alla pancia l’aveva
colpita e fatta fermare.
Era un dolore piuttosto
forte e decise di tornare al salviettone rinunciando a punire Tom,
l’ipotesi del
virus intestinale si
faceva sempre più improbabile.
Era quasi certa di essere
incinta e la prospettiva la spaventava, temeva la reazione di Tom e non
si
sentiva pronta a diventare madre, era ancora così giovane.
Vedendo quello che era
successo a Ruby sentiva che la responsabilità di un bambino
era troppo per lei.
Ruby ci si era
raccapezzata bene, ma lei e la ragazza di suo fratello erano
profondamente
diverse, Anne in fondo non era che una bambina nel corpo di una donna
che stava con un
ragazzo che la maggior parte delle volte era infantile e queste non
erano basi
solide per crescere un bambino.
-Eppure se fossi incinta
mi piacerebbe, mi piace l’idea di avere dentro di me il
frutto del nostro amore
e forse anche Tom la penserebbe così se gli accennassi
l’idea, ma ho paura.
Convivere è
già stato un
grande passo, una gravidanza forse sarebbe troppo… -
“Ehi, Anne tutto bene?”
Tom era tornato al
salviettone e lei non se ne era nemmeno accorta presa com’era
dai suoi
pensieri.
“Sì, perché?”
“Hai rinunciato subito a
inseguirmi, di solito ci metti un sacco a stancarti.”
“Il virus intestinale.”
Lui si batte la mano sulla
testa.
“Già, vero. Fammi spazio.”
Si sdraiò accanto a lei.
“Sicura di stare bene? Hai
una faccia tanto pallida.”
“Sì.”
Gli strinse una sua mano
grande tra le proprie, piccole.
Finché aveva Tom accanto a
sé sarebbe andato tutto bene.
Il
pomeriggio seguente
Anne si recò dal suo medico. L’uomo
ascoltò pazientemente i suoi sintomi e poi
le prescrisse un’ecografia, c’era la
possibilità che lei potesse essere
incinta.
La ragazza uscì dallo
studio coperta di sudore freddo, poteva essere incinta,
quella parola sulla bocca del suo medico le aveva messo
addosso una paura terribile.
Telefonò in ospedale e
l’appuntamento per l’ecografia le venne
miracolosamente fissato due giorni
dopo: furono i due giorni peggiori della sua vita.
Era costantemente
preoccupata, spaventata e insicura, scattava per un nonnulla ed era
terribilmente irritabile, tanto che Tom finì per girarle al
largo per evitare
liti o aspri rimproveri.
Finalmente arrivò il
giorno dell’ecografia, Anne era nervosissima, tanto che
sbagliò strada e si
insultò da sola.
Arrivata all’ospedale
venne subito chiamata ed entrò in una stanzetta bianca, con
un lettino in parte
a un macchinario che ronzava.
“Si sdrai e sollevi la
maglia. Il gel che le metterò sarà un
po’ freddo, ma non si preoccupi.”
Le disse una dottoressa
abbastanza giovane, che indossava spessi occhiali con una montatura
pesante,
vecchio stile.
Lei eseguì meccanicamente
e sollevò la maglia, il gel era effettivamente freddo, poco
dopo la donna
passava una specie di rasoio sul gel e nella stanza si era diffuso il
battito
regolare di un cuore.
“Complimenti, signorina!
Lei è incinta di tre mesi, non riusciamo a vedere il sesso
del bambino, ma
durante la prossima ecografia sarà certamente
visibile.”
Anne svenne.
Rinvenne dopo quelli che
le parvero secoli nella stanza, un’infermiera le porse un
bicchiere e lei
bevve: era acqua zuccherata.
La dottoressa la guardava
da sopra gli occhiali.
“È svenuta per lo shock,
non si preoccupi. Non sapeva di essere incinta?”
Anne scosse la testa.
“Pensa di tenere il
bambino?”
“Direi di sì, tre mesi è
fuori tempo massimo per un aborto.”
“Può sempre darlo in
adozione.”
Lei guardò la dottoressa
confusa, dividere lei e la sua creatura? Assolutamente no!
“No, non lo darò in
adozione, spero solo che il mio ragazzo non si spaventi troppo alla
prospettiva
di essere padre.”
La donna annuì
comprensiva, la fece restare sdraiata per un altro quarto
d’ora in cui le diede
delle salviette di carta per pulirsi dal gel e poi le
consegnò l’ecografia.
Anne era sottosopra, come
avrebbe detto a Tom che era incinta?
E lui come avrebbe
reagito?
Ancora prima di averlo
deciso razionalmente, la sua parte istintiva l’aveva portata
davanti alla casa
di Mark e Ruby ed era ferma davanti a un grande cancello marrone.
Suonò il campanello e le
rispose la voce di Ruby che la invitò ad entrare. Anne
percorse il viale che
portava alla porta e poi entrò in casa, suo fratello stava
giocando con Mickey
– che ormai aveva due anni – e Ruby stava
controllando delle carte.
“Ciao, sorellina.”
“Ia Anne!”
Urlò Mickey trotterellandole
incontro.
“Ciao, campione!”
Lo salutò lei prendendolo
in braccio e spupazzandoselo un po’, tra le risate del nipote.
“Anne, stai bene?
Hai una brutta faccia.”
“Ruby ha ragione, cosa è
successo Anne?”
Lei mise a terra il
bambino e si sedette sul divano, accanto a Mark.
“Ho bisogno di parlare con
qualcuno.”
“Noi siamo qui.”
La ragazza sospirò.
“Io… Io… Io sono incinta.”
Mark la guardò stupefatto.
“Tom lo sa?”
Le chiese Ruby, lei scosse
la testa.
“No, l’ho appena scoperto
anche io. Siete i primi a saperlo.”
“Di cosa hai paura, Anne?”
Suo fratello non sembrava
in grado di parlare, Ruby invece sembrava meno scioccata.
“Ho paura che Tom non lo
voglia, io a stento mi sento pronta a essere madre, non so come
potrebbe
reagire Tom. E se mi mollasse?
E se non volesse suo
figlio?”
“In questo caso gli
spaccherò la faccia!”
Ringhiò Mark, uscendo dal
suo silenzio.
“Mark, cazzo! È una cosa
seria.”
“Non stavo scherzando,
Anne. Se ti lascia da sola gli rifaccio la faccia a suon di
pugni.”
Anne si alzò in piedi.
“Forse ho fatto male a
venire qui.”
Ruby fulminò Mark e poi
guardò lei.
“Secondo me non ti devi
preoccupare. Tom è maturato da quando sta con te, anche se
nessuno al di fuori
di noi lo direbbe mai, e non credo che ti abbandonerà.
Ha sofferto troppo quando
i suoi hanno divorziato e
non credo che
voglia che anche suo figlio soffra così.
Diglielo, Anne,
tenendoglielo faresti un errore. È una cosa che ho imparato
a mie spese.”
“E se non lo volesse,
Ruby?”
“Lo farei ragionare io,
senza pestarlo naturalmente.
Un’ultima cosa:
congratulazioni.”
La bionda le rivolse un
debole sorriso, Ruby era stata la prima a fargliele.
“Grazie di tutto.
Mark, non fare cavolate,
per favore. Adesso vado a casa e cercherò di dirlo a
Tom.”
Anne uscì dalla casa di
suo fratello sentendosi leggermente meglio, almeno qualcuno era dalla
sua
parte.
Tom era già a casa quando
lei rientrò e aveva una faccia scura.
“Dove sei stata?”
“In ospedale.”
Rispose piatta lei.
“Come mai?”
“Dovevo fare delle
analisi.”
“Non è che mi tradisci?”
Anne lo guardò come se Tom
venisse dalla Luna.
“Assolutamente no, Tom.
Come ti viene?”
“Sei strana in questi
giorni.”
Replicò lui non del tutto
convinto, lei sospirò.
“C’è una ragione per cui
sono strana e non
è quella che pensi tu,
ora te la dirò.”
Lui la guardò serio.
“Sono incinta Tom.”
Gli stava per porgere le
radiografie, quando la faccia del suo ragazzo si fece improvvisamente
pallida e
lui cadde a terra svenuto senza che lei riuscisse a fermarlo.
Con qualche difficoltà lo
trascinò sul divano e aspettò che si risvegliasse.
Dopo qualche minuto le
palpebre di Tom si sollevarono e lui la guardò incredulo.
“Puoi-puoi ripetere?”
“Sono incinta, Tom,
aspetto un bambino. Ho nostro figlio nella pancia.”
Lui la guardò stordito per
qualche altro secondo, poi un sorriso enorme si fece largo sul suo
volto.
“Vuoi dire che diventerò
padre?”
Lei annuì piano, era
sempre più preoccupata per la strana reazione di Tom.
Lui, sempre sorridendo, si
tirò in piedi e poi fece alzare anche lei per poi
abbracciarla forte, Anne
sentiva il cuore di Tom battere veloce sotto la sua maglia.
Quando finalmente si
staccarono lui stava ancora sorridendo.
“Io…. È bellissimo, sono
felicissimo!
Non potevi farmi un regalo
migliore! E così qui…”
Le toccò la pancia.
“C’è un mini me.”
“O una mini te.”
“O una.”
Convenne lui sorridendo.
“Cazzo, bisogna
festeggiare! Vado a prendere dello champagne!”
La lasciò da sola in sala,
Anne aveva lo stesso sorriso di Tom e con gioia corse in cucina preparare un paio di
bruschette da mangiare
con lo champagne.
Champagne!
Si aspettava che Tom
scappasse e invece Tom voleva festeggiare con lo champagne, voleva lei
e voleva
loro figlio.
Tom arrivò poco dopo con
una bottiglia in mano, a quanto pare era davvero andato a prendere
dello
champagne.
Approvò con un’occhiata le
bruschette e stappò la bottiglia rischiando di far saltare
il lampadario con il
tappo, lei non ci badò molto. DeLonge riempì due
calici di vino e poi sorrise.
“Al bambino o bambina!”
“Al bambino o bambina!”
Gli fece eco lei, facendo
scontrare il suo calice con quello del suo ragazzo.
Ridevano come due bambini,
incuranti del fatto che presto sarebbero stati travolti dalle
responsabilità di
essere genitori. Erano semplicemente felici di aver dato origine a
qualcosa con
il loro amore.
Dopo un paio di bicchieri
di champagne erano già brilli.
“Come lo chiamiamo?”
“Jonas, se è un maschio,
Ava se è una femmina.”
“Belli, questi nomi, mi
piacciono!
Spero farà amicizia con
Mickey.”
“Certo che farà amicizia
con Mike, ma se sarà
una femmina sarà
meglio che gli giri al largo dopo una certa età.”
Anne rise.
“Ma dai, Tom! Sono
cugini!”
“È vero, me ne ero
dimenticato.”
“Non sapevo fossi un padre
geloso.”
“Se si tratta della mia
bambina, sì. Ci sono in giro troppi cattivi ragazzi, io ero
uno di loro.”
“E io ti ho domato.”
Lui rise.
“Mai stato più felice di
essere stato domato da una ragazza, visto che mi darà un
figlio.”
Si sporse verso di lei e
appoggiò il volto alla sua pancia, come per sentire
eventuali calci della
creatura.
“Tom, è troppo presto, non
sentirai nulla.”
“Oh, invece sentirò
qualcosa, non può deludere il suo papà.”
Anne gli scompigliò i
capelli – il suo cuore rischiava di esplodere per la gioia da
un momento
all’altro – lui
continuò imperterrito ad
aspettare un calcio o qualcos’altro dalla loro creatura.
Fu con immensa sorpresa di
entrambi che in quel momento lui o lei decise di farsi sentire con un
calcio
nelle reni di Anne.
“Mi ha dato un calcio!”
Urlò Anne.
“L’ho sentito, l’ho
sentito. Ehy, fatti sentire dal tuo papà!”
Il bambino o la bambina
sferrò un altro calcio per la gioia di entrambi.
“Mi, ha voluto salutare,
Anne.
“Oh, sì. È stranissimo, ma
sembra sia così.”
“Sono così felice! È
troppo bello.”
“Avevo paura che te ne
potessi andare.”
Tom si fece serio in
volto.
“Tu sei la mia famiglia e
io la mia famiglia non la lascio indietro.”
Ad Anne scesero un paio di
lacrime.
“È la cosa più bella che
tu mi abbia detto, Tom.”
Lui si tirò a sedere per
abbracciarla e poi la prese delicatamente in braccio per portarla nella
loro
camera da letto.
La depose sul letto e poi
le diede un bacio sulla fronte, prima di chiudere la porta e di
baciarla
appassionatamente.
“Quasi quasi mi fai venire
voglia di sposarti.”
Le sussurrò in un
orecchio.
“Se lo facessi mi
renderesti davvero felice, ma non voglio affrettare le cose.”
“Hai ragione, prima
dobbiamo pensare a lui o a
lei.”
Le rispose accarezzandole
affettuosamente la pancia solo leggermente più grassa del
normale.
“Sì.”
Si addormentarono
abbracciati, ogni tanto la creatura scalciava, ma a lei non dava
fastidio, ora
sentiva di non essere da sola, con Tom accanto poteva affrontare tutto.
Lui sembrava davvero
felice, ogni volta che lui o lei scalciava le accarezzava piano la
pancia, come
per calmare il loro piccolo inquilino inquieto.
“Da grande avrà il mio
stesso caratterino.”
Sentenziò Tom prima che le
palpebre gli calassero sugli occhi, ad Anne andava benissimo: uno dei
suoi
desideri inconfessati era di avere per casa un piccolo Tom.
La vita era bella e lei
aveva finalmente trovato la pace e la stabilità e si
augurò che fosse lo stesso
per Tom.
Anne lo guardò attentamente mentre dormiva, aveva la faccia
di un uomo
soddisfatto della sua vita quindi anche lui aveva trovato quello che
cercava.
Erano in due a essere
felice e Anne non poteva chiedere di meglio, si disse prima di cadere pacificamente nelle
braccia di Morfeo.
Ora aveva tutto quello che
aveva sempre desiderato e anche di più.
Felicità allo stato puro.
Angolo
di Layla
Ringrazio
DeliciousApplePie
per le recensioni.
|
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Capitolo 38 *** Epilogo 2: vuoi sposarmi? (Hitler ci preparerà al matrimonio) ***
Epilogo 2: vuoi
sposarmi? (Hitler ci preparerà al matrimonio)
Sono
passati due anni da
quando è nato Mickey e poco dopo è uscito
l’album dei blink.
Ha avuto un successo
strepitoso, al di là di ogni più rosea previsione
dei ragazzi, in un
attimo li ha
proiettati nella classifica
dei cd più venduti e li ha fatti uscire
dall’anonimato.
C’è da dire che loro si
sono impegnati al massimo per farlo e alla loro maniera, All the small
things è
stato solo l’assaggio, il piatto forte è arrivato
con What’s my age again.
Lì hanno mostrato
tranquillamente al mondo i loro sederi correndo qua e là per
Los Angeles, la cosa
non mi ha fatto piacere – sono gelosa di Mark – ma
ho buttato giù il boccone
amaro con classe.
Ci sono stati vari tour,
in alcuni l’ho seguito, in altri no, preferendo rimanere a
casa anche perché
Mickey non sempre ha gradito la vita on the road.
Adesso poi che viviamo in
una villa piena di comodità, guarda con desiderio sempre
più crescente la
piscina. Credo che tra qualche anno Mark farà bene a
insegnarli a nuotare o
rischiamo di trovarlo annegato lì dentro e non mi piacerebbe
perdere un figlio
così.
La prospettiva mi provoca
sempre tremiti violenti e un’ansia che mi blocca il respiro,
fortuna che il mio
ragazzo mi tranquillizza sempre.
Io e Mark stiamo ancora
insieme, siamo sopravvissuti tranquillamente al successo, ai tour e
all’ira di
qualche fan invidiosa grazie al fatto che nessuno ha perso la fiducia
nell’altro.
Mark sapeva che non
l’avrei tradito e io mi sono fidata di lui quando mi diceva
che non avrebbe
toccato nessuna fan o groupie.
Oggi però non voglio
pensare al passato, voglio godermi questa giornata di sole insieme a
Mark e a
nostro figlio. I blink hanno finito i tour e stanno scrivendo del nuovo
materiale, per parecchie settimane capelli fucsia è stato
impegnato e ci siamo
visti pochissimo.
Ora che è stato sbrigato
il grosso del lavoro, lui si gode la famiglia.
Siamo seduti sul prato per
un picnic, Mark gioca con Mike, io li guardo. Crescendo il bambino ha
ereditato
i capelli spettinati del padre, solo che i suoi sono neri e gli occhi
azzurri
di Mark. È un bellissimo bambino e sono sicura che
sarà un bell’uomo.
Ha anche un carattere
abbastanza buono, sorride a tutti, gioca con quasi tutti, sorride
spesso e ha
un ritmo di vita regolare. Ringraziando Dio non confonde il giorno con
la
notte.
“Ruby?”
Il richiamo di Mark mi fa
sobbalzare, mi guardo attorno e noto che Mike dorme sulla coperta e
Mark è
seduto accanto a me.
“Sì?”
“A cosa stavi pensando?”
“A quanto sono fortunata.”
Rispondo semplicemente,
facendolo sorridere.
“Poco fa stavo pensando la
stessa cosa. Ho una ragazza bellissima che mi ama e un figlio che mi
adora.
Lavoro facendo quello che amo di più al mondo e con i miei
migliori amici, Dio
è stato molto generoso con me.”
“Sì, ma anche tu ti sei
impegnato perché succedesse. Quanti kilometri abbiamo
macinato con The Cocks?
Te lo ricordi?”
Lui annuisce.
“Ti ricordi quando
dovevamo raggiungere il Canada e Tom guidò per diciassette
ore, mentre noi
eravamo troppo spaventati per rilassarci?”
“Eccome se me lo ricordo,
anche se allora the cock ci aveva già lasciati, mi ricordo
anche che Rick ci
aspettava tranquillo, senza avere affrontato niente della nostra
merda.”
“Sì, io volevo affogarlo
nella cioccolata che stava bevendo.”
“Infatti ti è stato alla
larga, forse pensava che avevi ereditato da tua madre i calci
spacca-tibia.”
Io alzo le spalle.
“Il calcio che gli diede
mia madre se lo meritava e ti ricordo che tu hai detto che se lei non
l’avesse
fatto gli avresti spaccato la faccia.”
“Già, vero. Non voleva che
mi occupassi di Mike.”
Io e Mark guardiamo il
bambino profondamente addormentato con uno sguardo pieno di affetto.
“Non avrei mai potuto
rinunciare a voi.”
Io sorrido, sperando che
lui non veda la lacrima che minaccia di sfuggirmi da un momento
all’altro, mi
commuovo sempre quando lui dice queste cose.
“Come mai stavi per
piangere?”
“Non so, mi commuovo
quando dici queste cose, forse penso a mio padre che se ne è
andato ed è
ricomparso solo per chiedere soldi.”
Le sue labbra si tendono
in una linea dura.
“Non pensare a quell’uomo,
Ruby. Non si merita che tu stia male per lui, si è
comportato in modo
orribile.”
“Lo so, non pensiamoci
più, è meglio.”
Lui annuisce.
“Stasera mettiti carina,
ti porto fuori.”
“E Mike?”
“Ho chiamato tua madre,
non vede l’ora di spupazzarsi il nipotino.”
Io sorrido.
“Non avrei mai pensato che
mia madre da nonna diventasse così dolce.”
“È stato strano anche per
me, ma in senso buono.
Secondo te sono un buon
padre? Sono troppo assente?”
Io lo guardo negli occhi,
sembra veramente preoccupato, approfittando del sonno del pargolo gli
do un
bacio di quelli passionali e poi gli accarezzo una guancia.
“Sì , per me lo sei e non
è importante il fatto che tu a volte non ci sia,
perché per le cose importanti
sei sempre qui. Cerchi di essere qui ogni volta che puoi e io lo
apprezzo e
anche Mickey: lui ti adora.
Aspettami un attimo e ti
faccio vedere una cosa.”
Entro in casa e lo
specchio dell’ingresso rimanda l’immagine di una
giovane donna con i
lunghi capelli neri con delle
meches di un viola acceso, con qualche tatuaggio: due teschi che
appoggiano
entrambi su due rose rosse sul braccio e dei nomi scritti su entrambi
gli
interni del polso, quelli di Mark e Mickey.
Vado in cucina, prendo un
disegno ed esco di nuovo, anche Mark ora ha due tatuaggi
sull’interno di
entrambi i polsi: il mio nome e quello di suo foglio.
Porgo il disegno al mio
ragazzo e lui si illumina, ci sono quattro adulti e un bambino, uno
sono io con
i miei lunghi capelli neri e i disegni sul braccio come li chiama lui,
uno ha i
capelli fucsia e tiene per mano il bambino, gli altri due salutano
sorridenti:
sono Travis (con la cresta) e Tom (con dei capelli neri quasi a
caschetto)
Gli occhi di Mark si
inumidiscono.
“È bellissimo, Ruby!”
“Lo è e prova che ti vuole
un gran bene e ne vuole anche ai blink.”
Lui annuisce.
“Me lo lasci? Almeno lo
porto con me la prossima volta che vado in tour.”
“Certo.”
Glielo porgo e lui lo
piega con attenzione, come se fosse una cosa estremamente preziosa e
per lui
probabilmente lo è: è la prova che si sta
dimostrando un buon padre, nonostante
le lunghe assenze.
Il
resto del pomeriggio trascorre
tranquillamente, alle sei lascio Mike in compagnia di suo padre,
entrambi
incollati al tv per vedere cartoni animati - Mark in un certo senso
è rimasto
l’eterno bambino mai del tutto cresciuto.
Mi faccio una rapida
doccia e cerco un vestito carino, adatto all’occasione. Alla
fine scelgo un
vestito azzurro senza maniche, con un nastro che lo stringe appena
sotto il
seno e la gonna che si allarga e arriva appena sopra le ginocchia.
Metto un
paio di scarpe a tacco alto, aperte sul davanti e con dei lacci che si
allacciano alla schiava, mi trucco come al solito di nero e prendo una
pochette
nera in cui ci stanno giusto le sigarette, le chiavi di casa e un
borsellino.
Quando scendo le scale
Mark fischia ammirato e Mickey mi guarda a bocca aperte e nel buffo
linguaggio
dei bambini mi dice che sto bene così.
Io sorrido e lo accarezzo,
redarguendo con lo sguardo il mio ragazzo che è ancora in
maglia e
pantaloncini, lui scatta e fila di sopra.
Mezz’ora dopo scende
indossando una camicia bianca e dei jeans stretti neri che gli stanno
benissimo: è la prima volta che lo vedo con qualcosa di
diverso dai soliti
pantaloni da skate.
“Amore, stai benissimo!”
Gli schiocco un leggero
bacio sulla guancia per non lasciargli segni di rossetto, poco dopo
suona il campanello
e mia madre fa la sua comparsa.
Il tempo ha lasciato pochi
segni su di lei, qualche ruga e qualche capello bianco e nulla di
più.
“Ciao, mamma.”
“Ciao, tesoro. Ti trovo
molto bene, l’abito azzurro che ti ha regalato Skye
è perfetto.
“Lei ha molto buon gusto.”
Finiti questi salamelecchi
la riempio di raccomandazioni su Mike fino a che lei alza una mano per
mettermi
a tacere.
“Ruby, ho cresciuto te e
tua sorella da sola, sono ragionevolmente certa di saper badare a tuo
figlio,
adesso esci e goditi la tua serata con Mark.
Mark, un giorno spero di
vederti con dei capelli, ehm, normali.”
Lui ride.
“Non si preoccupi,
signora. Un giorno vedrà il mio castano naturale risplendere
in tutta la sua
bellezza.”
Mia madre ride,
Mark mi prende per mano e usciamo dalla
nostra villa, lui salta in macchina non prima di avermi galantemente
aperto la
portiera.
“Dove andiamo di bello?”
“Lo vedrai.”
Mi porta in un
ristorantino elegantissimo e costosissimo in cui ogni coppia ha diritto
a un
separé con candele, fiori e vista sul mare: la cosa mi
intimidisce parecchio.
Con i miei tatuaggi, il piercing e le meches mi sento un pochino fuori
posto,
ma poi guardo Mark e la spavalderia con cui prende possesso del tavolo
nonostante i capelli fucsia e mi rilasso.
Mi siedo e gli sorrido,
lui mi bacia una mano.
“Grazie per avermi portato
qui, è un posto meraviglioso.”
“Per te solo il meglio.”
Io arrossisco ancora dopo
anni, non so come faccia, e quindi mi butto sulla consultazione del
menù con
troppa attenzione.
Alla fine ordino dei ravioli
al ragù e un fritti misto, Mark invece prende una pasta al
pomodoro e un fritto
misto anche lui.
Stasera mi sembra agitato,
non si comporta in modo diverso dagli altri giorno almeno in apparenza,
io però
ho imparato a conoscerlo e so che c’è qualcosa che
lo turba.
Mangiamo tranquillamente,
lui chiacchiera fino alla logorrea fino a dopo che abbiamo ordinato e
mangiato
il dolce, poi d’improvviso la sua espressione da scherzosa
diventa
incredibilmente seria, facendomi preoccupare non poco, cosa sta per
succedere.
Si fruga la tasca dei
jeans, mentre io sudo freddo, poi estrae una piccola scatola blu.
“Ruby Maria Ferreira, vuoi
sposarmi?”
Io mi sento venire meno,
le lacrime minacciano di scendere da un momento all’altro.
“Mark, oh Mark!”
“Se non vuoi o è troppo
presto fa niente, eh! È una richiesta non un
obbligo.”
Io lo attiro a me e lo
bacio.
“Sì, sì, sì! Voglio
sposarti anche adesso.”
Lui annuisce emozionato e
mi infila l’anello al dito con le mani tremanti, io sento il
cuore che minaccia
da un momento da un momento all’altro di uscire dalla cassa
toracica per l’emozione.
Io mi sposerò con Mark,
esattamente come sognavo da ragazzina e, cazzo, è
bellissimo. Talmente bello
che non riesco ancora a realizzarlo del tutto e sorrido come una scema
al
niente.
Ce l’abbiamo fatta, il nostro
miracolo si è avverato. Grazie, Dio, Grazie!
Usciamo dal ristorante
mano nella mano e andiamo subito a casa, non vedo l’ora di
dirlo a mia madre!
A casa, la troviamo china
sul letto di Mike per dargli un bacio sulla fronte, è una
scena tenerissima.
Quando ci vede arrossisce
leggermente.
“Come mai già di ritorno?”
“Dobbiamo comunicarti una
notizia bellissima: io e Mark ci sposiamo!”
Lei sorride e mi abbraccia
un po’ impacciata.
“Complimenti, ragazzi!
Sono tanto felice per voi!
Adesso dobbiamo pensare ai
preparativi, deve essere un matrimonio memorabile! Da oggi siete a
dieta.
Domani andiamo in comune per la domanda e poi in chiesa per fissare una
data.
E poi bisognerà pensare ai
fiori, al ristorante, gli abiti, le bomboniere, gli invitati. Dite ai
vostri
amici strani di non esserlo eccessivamente.”
“Mamma, calma. Non
esagerare!”
“Ci si sposa una sola
volta, deve essere tutti perfetto.”
Punta e fa sprofondare
impietosamente una delle sue dita nella pancia di Mark.
“Questa deve sparire e tu
ti sei lasciata un po’ andare da quando hai avuto
Mickey!”
Mi strizza senza pietà il
grasso in eccesso che ho sui fianchi.
Ok, da domani mi metto a
dieta e lo stesso farà Mark o altrimenti verremo tartassati
fino alla morte.
“Va bene, mamma. Adesso
possiamo andare a letto?”
Lei controlla l’orologio e
poi annuisce.
“Domani alle otto verrò a
casa vostra per andare in comune, adesso vado da tua sorella a dirle di
tenere a bada Mickey..
Accidenti, domani lavora!”
“Vai da Tom.”
Lei mi scocca un’occhiata
in tralice.
“Sicura che possiamo fidarci?”
“Mamma! È il suo padrino!
E poi deve fare pratica, tra qualche mese Anne
partorirà.”
Lei sospira.
“Non mi sono ancora
abituata al fatto che quel matto diventerà padre. E sia,
adesso vado da lui e
lo avviso.”
La salutiamo e lei se ne
va a passo marziale.
“Prevedo un brutto quarto
d’ora per Tom.”
“E io uno per noi domani,
ma adesso andiamo a letto.”
“E festeggiamo!”
Mi fa con uno sguardo
birichino.
Oh, amo il suo modo
festeggiare!
I
mesi seguenti sono
abbastanza da incubo, mia madre si dimostra inflessibile come un
generale
dell’esercito tedesco.
La famosa mattina dopo
affida Mike con un po’ di riluttanza nelle braccia di Tom e
con lei ci rechiamo
in comune dove compiliamo tutte le scartoffie necessarie per sposarsi e
poi
andiamo in chiesa per prenotare il matrimonio. Mamma stava per litigare
con il
prete.
Nei giorni seguenti ha
cominciato a redigere una lista di invitati comprendente anche parenti
che fino
ad allora mi erano ignoti e ci è messa anche la madre di
Mark facendo lo
stesso.
Quando quelle due hanno
finito e noi finalmente abbiamo potuto mettere mano alla lista per
mettere
anche i nostri invitati ci siano stupiti delle quantità di
parenti ignoti che
abbiamo.
La nostra lista comprende
i nostri amici, quelli di San Francisco, gente con cui i blink hanno
fatto dei
tour, gente della casa discografica e Mia e la bambina.
Non pensavo che avrebbe
partecipato così tanta gente il giorno in cui Mark mi ha
chiesto di sposarlo.
“Ma tu lo sapevi che c’era
tanta gente assolutamente da invitare che non hai mai visto in vita
tua?”
Chiedo a Mark curvo sulla
sua ciotola di cereali, mentre mangio dei biscotti dietetici, alla fine
siamo
davvero a dieta.
“No, non lo sapevo e ho
una fame della madonna, non mangio a sufficienza nel regime carcerario
di tua
madre.”
“Non dirmelo. Pensa che
oggi dovrò andare a provare l’abito da sposa e poi
a scegliere delle stupide
bomboniere.”
Lui sbuffa.
“Io vado a provare il
vestito con Tom, che mi prenderà un sacco per il culo e poi
vado a dare
un’occhiata ai fiori con mia madre.”
“Domani dobbiamo a cercare
un ristorante in cui ci stia tutta questa gente, che sia bello e magari
economico.
Che penitenza! Cioè, Mark
ti amo e tutto il resto, ma questo matrimonio mi sta facendo
impazzire.”
“Anche a me, non vedo
l’ora che arrivi la prima notte di nozze. Andiamo in Giamaica
e nostro figlio
rimane da tua madre.”
“Sarà bellissimo!”
Esclamo sognante, poi
decido di lasciar perdere e mi vesto di malavoglia. Indosso una felpa
larga,
degli shorts di jeans neri, un po’ sfilacciati e le all star,
mia madre mi sta
facendo sentire una balena ultimamente.
“Non sono una balena.”
“Hai ragione, non ha né
pinne né sfiatatoio.”
Mi risponde Mark
rimediandosi un calcio negli stinchi prima di uscire di casa, sono
già di
pessimo umore e con l’autostima sottoterra, non
c’è alcun bisogno della sua
ironia.
Arrivo al negozio di abiti
da sposa fradicia perché durante il percorso si mette a
piovere e questo ki
rende ancora più aggressiva e di malumore, mia madre mi
aspetta tranquilla
sotto il suo bell’ombrello fuori dal negozio.
“Ciao, Ruby!”
“Ciao, mamma!”
“Pronta per le prove?”
“Sì, pronta come si sentì
certamente pronta per la ghigliottina Maria Antonietta di
Francia.”
“Suvvia, non esagerare!”
Entriamo nel negozio e
veniamo subito arpionate da una commessa bionda, tacco 15 e unghie
laccate di
rosso: un’esemplare perfetto di iena.
La tizia – intuito che
siamo messicane – cerca di rifilarci gli abiti più
terribili che secondo lei
sono in accordo con la nostra tradizione.
Al decimo abito orribile
probabilmente le mie intenzioni omicide mi si leggono in faccia
perché ci
lascia stare e corre da un’altra cliente.
“Per fortuna ci ha
mollate! Adesso me lo cerco io un abito adatto, e che cazzo!”
“Ruby, io ti sug…”
“NO! Faccio da me!”
Urlo facendo voltare le
nuove clienti e facendo irritare mia madre, a cui ho tolto la
facoltà di parola
con una sola frase.
Inizio a
gironzolare per il negozio, guardando i
vari abiti, soppesandoli con lo sguardo, alla ricerca di qualcosa che
mi
colpisca.
Finalmente lo vedo.
Ha un corsetto bianco,
stretto da laccetti e con un’ampia gonna.
“I lacci li metterai blu.”
Sibila mia madre.
“Ok.”
Chiamiamo la commessa per
vedere come mi sta, lei mi guarda leggermente sorpresa e poi ci
accompagna ai
camerini.
Io lo provo e non appena
me lo vedo addosso nello specchio sento che è
l’abiti giusto per me: a metà tra
l’essere una principessa e l’essere una strega.
“Questo è perfetto!”
Mia madre annuisce e la
commessa si dà da fare con il metro da sarta e gli spilli
per adattarlo alle
mie misure.
“Signorina, lei è in forma
fantastica!”
“Il mio personal trainer
ha imparato l’arte di imporre la disciplina da Hitler in
persona.”
Mia madre fa una smorfia
strana, ma non dice nulla.
Proviamo il vestito e mia
madre parla un po’ con la commessa, penso fissi altre prove,
pi mi trascina in
un negozio di bomboniere per cercare quella più adatta a noi?
Avrà mai fine questo
incubo?
Angolo di Layla
QUESTO NON E' L'ULTIMO CAPITOLO, E'
IL PENULTIMO!
Tornando al resto ringrazio DeliciousApplePie
per la recensione, siamo quasi alla fine, grazie di essere arrivata fin
qui.
|
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Capitolo 39 *** Epilogo 3: il mio strano matrimonio messicano. ***
Epilogo 3: il mio strano
matrimonio messicano.
La
notte prima del
matrimonio è solitamente piuttosto agitata e la mia non fa
eccezione.
Ieri c’è stato l’addio al celibato
organizzato da Erin e quella deficiente ha fatto uscire uno
spogliarellista
vestito da coniglio dei blink da una torta di panna.
Avrei voluto ucciderla da
quanto ero imbarazzata, come faccio ad avere una sorella
così scema a volte?
Misteri della genetica.
In ogni caso sono le tre
di mattina, la sveglia suona tra tre ore e io non mi sono ancora
addormentata
nonostante la tisana calmante e la valeriana che ho preso.
Ascolto i rumori della
casa: il respiro calmo e pesante di Mike che dorme, il respiro del cane
che
dorme sul tappeto e le leggere fusa che fa il mio gatto nella parte di
letto
che solitamente occupa Mark. Il mio futuro marito oggi dorme da Tom per
rispettare la tradizione che dice che porta male vedere
l’abito da sposa prima
del matrimonio.
Ho dovuto fare numeri da
circo per evitare che lui lo vedesse, di natura è curioso
come una scimmia e le
cose proibite lo rendono ancora più voglioso di scoprirle.
Ce l’ho fatta e solo
questo conta, almeno credo.
Adesso vorrei solo
addormentarmi, cerco di rilassarmi il più possibile e
finalmente sento che sto
scivolando in una grato oblio.
Nemmeno cinque minuti dopo
– o almeno a me sembra così – un corpo
si abbatte sul mio, per un riflesso
condizionato reagisco rifilando un calcio all’invasore che si
rivela essere mia
sorella.
“Madonna, che modo hai di
accogliere le persone!”
“Carino, quanto il tuo di
svegliarle!”
Lei si massaggia poco
elegantemente il sedere e poi mi trascina in cucina. Mia madre mi
dà una dose
generosa di caffè e pochi biscotti.
Fortuna che da domani
potrò ritornare a mangiare normalmente perché la dieta che mamma ci ha
imposto somiglia
pericolosamente a quella dei campi di concentramento.
Dopo la colazione mi
faccio una doccia e poi inizia la vestizione dell’eroina, mi
metto l’abito che
ho comprato con i lacci blu come ha ordinato mia madre.
“Adesso passiamo al resto”
Mi fa indossare degli
orecchini con dei diamantini che ho preso ieri, mi mette addosso la sua
collana
di perle ed Erin mi regala un anello con una pietra di luna.
“Adesso sei protetta dal
malocchio, ora spero che Skye si muova ad arrivare perché i
tuoi capelli hanno
bisogno di lei.”
Io guardo male la mia
gemella.
“Che significa?”
“Che variare dal solito
liscio a qualcosa di più mosso non ti farebbe
male.”
“Se lo dite voi.”
Poco dopo arriva Skye, ci
abbracciamo e poi lei mi squadra con occhio professionale.
“Sì, qualche onda non
starebbe male in questi capelli. Fortuna che l’hobby della
parrucchiera.”
Mi fa sedere e poi attorciglia una
delle mie ciocche intorno a un bigodino fino a che la mia testa non
è piena di
quei così e io mi sento mia nonna.
“Adesso è il mio turno!”
Esclama mia sorella, lei è
stata destinata al trucco.
“Niente di troppo eccessivo,
Erin. Mi raccomando.”
Lei annuisce e inizia a
stendere il fondotinta, non ho idea di dove ne abbia trovato uno
così chiaro e
che si adatti alla mia pelle da cadavere.
Poi si dedica agli occhi:
matita, un ombretto grigio e del mascara.
Mi guardo allo specchio,
il trucco ha una sua personalità, ma non è
eccessivo, come tocco finale ci mette
un rossetto rosso fuoco.
Dopo un po’ Skye mi toglie
i bigodini e pettina i boccoli in una coda alta da cui lascia uscire
solo delle
ciocche davanti.
Mi mette il velo con i
fiori e poi mi guarda con gli occhi lucidi.
“Stai benissimo! Non vedo
l’ora di sposarmi anche io, spero che Dave me lo chieda prima
o poi!”
“Magari te lo chiederà,
però è davvero stressante preparare un
matrimonio.”
Lei annuisce comprensiva e
vagamente incredula.
“Beh, è arrivato il
momento di andare in chiesa. Chi ti accompagnerà?”
“Mio nonno, che, anzi,
dovrebbe essere già qui.”
Ci guardiamo attorno
ansiose, poi sentiamo la porta d’ingresso aprirsi e mio nonno
fa la sua
comparsa con un sigaro in mano.
“Scusate, mi sono perso,
comunque sono qui.
Sei bellissima, tesoro!
Mi ricordi tanto tua nonna
il giorno in cui l’ho sposata.”
Mi porge il braccio, ma un
improvviso “ehm ehm” di mia madre ci fa voltare
verso di lei.
“Adesso noi finiamo di
prepararci, poi andiamo in chiesa e quando siamo lì vi
chiamo, solo allora
potrete partire.”
“Va bene, Irina.”
Risponde mite mio nonno,
mia madre annuisce e se ne va.
“Sei bellissima, ti senti
davvero pronta a questo passo?”
“È quello che desidero,
forse è quello che ho sperato inconsciamente fin dalla prima
volta che l’ho
visto.”
“È un bravo ragazzo, si è
preso cura di te e di Miguel.”
Mio nonno chiama così mio
figlio e a me va bene così.
Tra noi si crea un
silenzio e io penso a tante cose: al nostro primo incontro.
{Apro la porta e vorrei
non averlo mai fatto, visto che ho una visione in primo piano
del culo
del suo ragazzo prima di scollegare del tutto il cervello e mettermi a
urlare
come una pazza.
"MA VOI SIETE DELLE
BESTIE! STATE SCOPANDO SUL MIO LETTO! IO VI UCCIDO!!”
Sto per mettere in atto
le mie minacce quando due braccia mi afferrano e, da
come si capovolge il mondo, temo che mi carichino sulla schiena del
loro
proprietario.}
A
quando ci siamo messi
insieme.
{Quello
che
faccio dopo non è premeditato, è puro istinto,
visto che mi lancio ad
abbracciarlo praticamente sull’orlo di una crisi di pianto.
“NO!
NON DIRLO!
Io…
tu mi interessi! Santo cielo, non so come
fartelo capire o spiegare.
È
vero che all’inizio ti detestavo, odiavo
trovarti sempre tra i piedi quando volevo stare da sola, ma poi ho
iniziato ad
apprezzarlo. Ho capito che avevo bisogno di qualcuno che mi stesse
attorno,
perché da sola stavo affogando e non lo sapevo nemmeno.
Siamo
diventati amici e poi è successo
qualcos’altro: mi sei diventato indispensabile.
Capisci?
Indispensabile.
Forse
non è stato nemmeno casuale che
diventassimo amici, forse avevo solo paura che diventasse da subito
qualcosa di
più, volevo controllare tutto, ma certe cose non si
controllano e basta.
La
verità è che mi sei indispensabile da tanto
mi piaci poco ed è per questo che agisco in modo strano, con
Tom sono più
socievole perché non mi interessa se non come amico.
Tu
sei diverso.
Adoro
i tuoi occhi, adoro il modo in cui
riusciamo a fare gli scemi insieme, adoro il tuo sorriso e –
cosa più
importante – adoro sentirti ridere.
La
tua risata mi fa svoltare la giornata e mi
mette sempre di buon umore.
Non
so come ci riesci, è il tuo miracolo
personale.
Forse
ho fatto questo lungo discorso senza senso
per farti capire che mi interessi e..”
Mi
fermo un attimo, senza fiato.
“E
che sono irrimediabilmente persa per te, ti
amo.”
Il
silenzio che si crea dopo la mia
dichiarazione si taglia con il coltello, lui non emette nemmeno un
suono e
percepisco che sta persino trattenendo il fiato.
Forse
sarebbe stato meglio se fossi stata zitta,
forse è troppo presto o i ragazzi non vogliono sentirsi dire
queste parole.
Lui
si volta e mi guarda negli occhi con uno
sguardo indecifrabile, a metà tra il sospettoso e
l’incredulo.
“Ripetilo.”
“Ti
amo.”
Mi
bacia e poi mi guarda di nuovo.
“Dillo
di nuovo.”
“Ti
amo.”
Mi
bacia di nuovo e ripete il giochetto per un
po’ di volte, fino a che la lastra di ghiaccio che si era
formata nella mia
pancia non si scioglie.
Sento
la felicità che sale a ondate – a ogni
bacio, a ogni suo sorriso, ogni volta che vedo la sorpresa lasciare
spazio alla
felicità nei suoi occhi – e sorrido contro le sue
labbra.
“Ti amo anche io e
scusa se sono stato così
cretino da pensare che ti interessasse Tom.}
Alle
follie.
{Io lo guardo perplessa, ma
eseguo. Le mie
gambe sono strette attorno a suo bacino, le mani sono ancorate dietro
al collo
e lui mi tiene strettissima.
Mi chiedo cosa diavolo
abbia in mente.
Senza preavviso inizia a
correre e poi spicca il volo, lanciandoci nel cielo
notturno, verso la grande luna bianca.
Urlo come una matta
quando iniziamo a cadere, tutto quello che mi aspetto è di
sentire i nostri corpi schiantarsi a terra, tra le urla dei presenti e
il
rumore delle nostre ossa che si rompono.
Invece sento un gran
tonfo e mi ritrovo circondata da un’oscurità
azzurra:
siamo in piscina.
Abbiamo saltato dal
tetto per tuffarci in piscina!}
Alla distanza.
{Io sono a un passo dallo
scoppiare a piangere.
“Anche tu mi
manchi. San Diego, Tijuana, ovunque fa schifo senza di te. Vorrei
essere lì per consolarti e prendere a calci tua
zia.”}
Alla mia fuga.
{
Io non dico nulla, lei
prosegue verso l’aeroporto, mi lascia
sulla porta delle partenze internazionali, scarichiamo le valigie e poi
se ne va. È troppo arrabbiata per salutarmi decentemente.
Faccio il check-in e
tutte
le operazione necessarie come un automa, solo quando l’aereo
inizia a prendere
quota mi rendo conto di quello che ho fatto. Mark a quest’ora
sarà arrivato a
casa e avrà letto il biglietto.
Non ci
crederà, vagherà
per tutte le stanza e poi chiamerà Erin che gli
confermerà tutto.
Dio, che bastarda che
sono!
Lo faccio per il suo
bene,
questo è il mantra che mi ripeto mentre l’aereo mi
porta dall’assolata
California alla piovosa Londra.}
A
Mickey.
{ “Fa attenzione,
è tanto
piccolo. A volte ho paura di fargli del male.”
Lui annuisce e lo prende
in braccio con attenzione, Michael lo scruta un attimo e poi gli
sorride e si
attacca a una delle dite di Mark emettendo strani versetti.
“Mi ha
riconosciuto! Ciao
Mikey, sono il tuo papà! Ciao!!”
Lui gorgoglia tutto
felice.}
“Ruby,
andiamo!”
Seguo mio nonno, lasciando
indietro i ricordi.
La
lunga marcia nuziale
annuncia il mio arrivo, io percorro la
navata al braccio di mio nonno,
Arrivata all’altare, Mark
mi sorride e poi ci voltiamo verso il prete.
Lui ci sorride e inizia a
celebrare il matrimonio, io lo ascolto poco a causa
dell’emozione, mi rianimo
solo alle promesse nuziali.
“Vuoi tu, Mark Allan
Hoppus, prendere la qui presente Ruby Maria Ferreira come tua legittima
sposa e
amarla e rispettarla nella gioia e nel dolore fino a che morte non vi
separi?”
“Lo voglio.”
“Vuoi tu, Ruby Maria
Ferreira, prendere il qui presente Mark Allan Hoppus come tuo legittimo
sposo e
amarlo e rispettarlo nella gioia e nel dolore fino a che morte non vi
separi?”
“Sì, lo voglio.”
“Potete scambiarvi le
fedi.”
Le dita di Mark tremano mentre
infila l’anello sul mio indice e le mie non tremano di meno
mentre metto
l’anello a lui.
“Vi dichiaro marito e
moglie. Può baciare la sposa.”
Mark sorride e ci baciamo
impetuosamente, poi usciamo mano nella mano seguiti dagli altri,
veniamo
bersagliati dal solito lancio del riso, poi Tom artiglia il mio braccio.
“Adesso andiamo a
mangiare, vero? E sarà un buon ristorante!”
“Tom, hai passato da un
pezzo il periodo della crescita, come fai ad avere così
fame?”
Lui alza le spalle, come
se l’argomento non lo preoccupasse particolarmente.
“Non lo so, ma ho fame e
ne ha anche Anne. Anne ha sempre fame.”
“Ci credo!”
Esclama mio marito.
“Si porta in pancia tuo
figlio e ci metto la mano sul fuoco se non ha sempre fame come
te!”
Tom ride, Anne si porta
accanto a lui: la sua pancia è bella grossa dato che
partorirà tra meno di un
mese.
“Congratulazioni, ragazzi!
Siete bellissimi!”
Si asciuga qualche lacrima
residua.
“Quando si mangia?
Ho una fame assurda!”
Tom ci lancia un’occhiata
significativa e scoppiamo tutti a ridere.
“Beh, che c’è?”
“Niente, Anne, niente!
Adesso si va a mangiare.”
Io e Mark saliamo in
macchina continuando a ridere, indubbiamente Anne si porta in grembo il
figlio
di Tom, da grande avrà seri problemi a pronunciare le parole
correttamente.
“Sei felice, Ruby?”
“Sì, e un po’ affamata.
Non sono riuscita a mandare giù granché
stamattina a colazione.”
“Ah, nemmeno io. Avevo
paura di fare qualche figuraccia davanti al prete.”
“E domani saremo in
Giamaica! Chissà se Tom tratterà bene mio
figlio?”
Lui sbadiglia.
“Non ti preoccupare, l’ho
minacciato abbastanza.”
“Bene!”
Io mi accoccolo contro il
suo petto e mi tolgo le scarpe, Mark mi guarda curioso.
“Fanno male, ho i piedi
che minacciano una cancrena per staccarsi dal resto del corpo ed essere
liberi.”
Arriviamo al ristorante e
veniamo sommersi da un’orda di parenti che si congratula con
noi, tre quarti
non li abbiamo mai nemmeno visti, ma ci trattano con estrema
familiarità.
Finalmente entriamo nel
locale e ci possiamo sedere, al nostro tavolo ci sono: nostro figlio,
Tom e
Anne, Travis e Melissa, Erin e Matt,Hayley e Jack, i genitori di Mark,
mia
madre, i miei nonni e zio Ramon con la sua compagna.
“Quando si mangia?”
Chiedono in coro Anne e
Tom, mia madre li rassicura dicendo che presto arriveranno gli anti
pasti e, in
effetti,poco dopo ci vengono serviti salumi, bruschette, gamberetti,
voul au
vent al formaggio e ai
funghi, pizzette.
I due ci si buttano sopra
come due reduci dal Sahara, mia madre li osserva con aria di
disapprovazione.
“Tom ha sempre fame, Anne
è incinta.”
Cerco di spiegare io, lei
sospira.
Il resto del pranzo si
svolge normalmente o almeno secondo lo standard dei blink: mangiano
molto,
chiacchierano molto, fanne molte battute sconce che fanno sbellicare
dalle
risate zio Ramon.
“Ragazzi, dovete dirmi
come si chiamano i vostri cd, ve li compro tutti!”
Tom glieli elenca senza
scomporsi.
“Ma come fa una persona
come a essere il fratello di ehm, una persona così volitiva
come la madre di
Ruby?”
“Ah, ti chiedi come mai
non sono un novello Hitler come mia sorella?”
“RAMON!”
“Beh, è la verità Irina,
sei rigida come una sequoia! Comunque non lo so, credo di somigliare a
mio
nonno e lei somiglia alla nonna.”
“Capisco.”
Mia madre scuote la
testa e borbotta
qualcosa di
incomprensibile, poi riprende a mangiare il suo riso al radicchi con
aria di
sussiego.
Finiti anche i secondi
arriva il momento che temo di più, ossia i discorsi degli
invitati, cosa
diavolo diranno quei matti?
La prima ad alzarsi è mia
madre.
“Devo dire che all’inizio
non credevo minimamente in questi due ragazzi. Pensavo che Mark fosse
un
teppista che volesse rovinare
mia
figlia, fortunatamente mi hanno fatto ricredere.
Auguro loro tanta felicità
e di divorziare il più in là possibile.”
“MAMMA!”
“Che c’è? Il divorzio non
è una cosa poi così rara!”
Io scuoto la testa, poi
vedo con orrore che il prossimo che prenderà in mano il
microfono sarà Tom,
altro imbarazzo in arrivo!
“Io questi due li conosco
fin dal liceo. Prima Mark e vi garantisco che prima di conoscere Ruby
era una
vera lagna, voleva una ragazza seria e non la trovava mai.
Ci siamo stupiti tutti
quando ho scelto Ruby perché era la strega della scuola. Una
di quelle vestite
di nero, che non parlano e trucidano tutti con lo sguardo.
Ruby era così e pensavano
che fosse impazzito quando ha iniziato a interessarsi a lei.
Beh, probabilmente non lo
era affatto, aveva solo visto più in là di noi,
intravvedendo la splendida
ragazza che siede al mio tavolo.
Pensavo che non avrebbero
resistito, ma invece mi sbagliavo, Mark ha finalmente trovato la sua
metà e
anche Ruby.
Non è commuovente?
Tanti auguri, ragazzi!”
“È commuovente la fiducia
che davate alla nostra storia!”
Esclamo io piccata.
Adesso si alza mia
sorella.
“Non dirò molto, sono
molto felice che mia sorella abbia trovato qualcuno da amare. Per tanti
anni ho
temuto che fosse troppo piena di rabbia e cinismo per aprirsi a
qualcuno.
Il miracolo invece è
successo tanto tempo fa e io ho subito capito che sarebbe durata, non
ho mai
avuto un solo dubbio su di loro.
Gli auguro di vivere
insieme una vita lunga e felice.”
Io applaudo commossa,
l’ultima ad alzarsi è mia nonna.
“Mia nipote ha già detto
tutto. Sono felice che lei si sia aperta all’amore e che
l’abbia fatto con un
bravo ragazzo come Mark.
Vi auguro tutta la
felicità del mondo!”
Io le sorrido grata,
finalmente qualcuno che non dà come miracolo il fatto che io
mi sposi con Mark!
“Adesso, cara, c’è il
taglio della torta!”
Mi ricorda mia madre, il
che significa tagliare una stupida torta e farsi fotografare con una
miriade di
persone che tu nemmeno conosci.
Io e Mark ci alziamo, ci
piazziamo ai lati della grande torta nuziale e insieme tagliamo la
prima fetta
tra i flash delle macchine fotografiche, poi parenti e amici vengono da
noi per
una foto.
Una mezz’ora dopo Mark si
sta divorando una razione doppia di torta e io mangio con gusto la mia,
il
vestito tira già impietosamente sulla pancia, non voglio che
esploda davanti a
tutti.
Quando finalmente è finita
Mark si stiracchia sulla sedia e allunga le gambe, imprigionando le mie.
“Non vedo l’ora di andare
a casa!”
“Ma come?”
Esclama scandalizzata mia
sorella.
“Non volete sentire il
gruppo che ho noleggiato?”
Mark scuote la testa.
“No, domani abbiamo
l’aereo presto per la Giamaica e un figlio che non vedremo
per quindici giorni,
voglio salutarlo stanotte.”
Mia sorella mette il
broncio, ma poi si rassegna e ci abbraccia.
“Buona luna di miele e non
tornare con un altro
figlio!”
Mi sussurra in un
orecchio.
“Per quello devi aspettare
almeno un altro anno, ora è presto.”
Io e Mark – dopo aver
recuperato Mickey da Matt – ce ne andiamo finalmente dal
ristorante e ci
dirigiamo casa nostra. Mark ha messo i blink, Mike li ascolta
– o così ci piace
pensare – dal suo seggiolino e una leggera brezza entra dai
finestrini
abbassati.
Sto benissimo ed erano
secoli che non mi sentivo così, è come se Mark e
io avessimo passato l’ultimo
esame come coppia, anche se so benissimo che non è
così.
Arrivati a casa, Mark
parcheggia la macchina in garage e io prendo in braccio mio figlio,
è così
bello.
In camera nostra, dopo
aver messo il piccoletto sul letto, ci mettiamo comodi e ci sdraiamo
accanto a
Mike.
“È così bello.”
“Hai ragione, abbiamo
fatto un buon lavoro.”
“E continueremo a farlo.”
Mormora prima di
addormentarsi abbracciando nostro figlio, io li guardo per un
po’, commossa,
poi le mie palpebre iniziano a farsi pesanti.
Mi lascio cadere e
abbraccio Mickey e Mark, cadendo tranquilla nelle braccia di Morfeo.
I prossimi anni non
saranno facili, ci saranno di sicuro dei problemi, guai e momenti no,
ma noi li
sapremo superare insieme, come abbiamo sempre fatto.
Ho sempre avuto paura del
futuro perché non sapevo a chi appoggiarmi quando le cose
sarebbero andate
male, ora lo so e la mia paura è svanita.
Grazie per esserti preso
cura di me, Mark e ti prego di continuare a farlo.
Con questo pensiero in
testa so che ora posso affrontare tutto.
Buona vita, Ruby!
Angolo di Layla
E siamo arrivati alla fine
ç.ç . Spero di non avervi deluse, comunque su
questa fiction sono in arrivo 3 one shit missing moment.
Alla prossima.
Ringrazio DeliciousApplePie
per la recensione.
Ringrazio chi l'ha messa nelle
preferite, ossia:
BornToDie_
Carousel
DeliciousApplePie
Destroyer Cactus
_FeelingThis_xx
_Giuls
Ringrazio chi l'ha messa tra le
seguite, ossia:
Alyseah
Destroyer Cactus
itsmarti_
itwasworthallthewhile
LostinStereo3
MissPunkRockerGirl
Niyra V
Victoria Blood
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