About them di Allyn (/viewuser.php?uid=294111)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il momento più giusto [LilyxJames] ***
Capitolo 2: *** Quando Hermione si sentì stupida [HermionexRon] ***
Capitolo 3: *** Negli occhi di Harry [HarryxGinny] ***
Capitolo 4: *** Bello [Bill/Fleur] ***
Capitolo 5: *** La sua speranza [Lupin/Tonks] ***
Capitolo 6: *** Grazie [Harry/Ginny] ***
Capitolo 7: *** Sotto il loro cielo stellato [Silente/Grindelwald] ***
Capitolo 1 *** Il momento più giusto [LilyxJames] ***
Il momento
più giusto
Lily Evans
guardò la sua immagine
riflessa nel grande specchio ovale, la cornice un po’
sciupata dal tempo.
Sorrise a quella
ragazza esile dagli occhi di smeraldo e dai
capelli rosso fuoco, le guance piene, rosee di gioventù e
grandi promesse. Si strinse
le mani al petto, quasi a voler calmare quel cuore che sembrava voler
scoppiare
o uscirle dalla gola per prendere il volo.
Se
non avessero avuto paura
forse avrebbero aspettato.
Se
nel’aria non ci
fosse stato quel terribile odore di morte, forse quel riflesso nello
specchio
sarebbe appartenuto ad una donna e non ad una ragazza.
Era sicuramente
troppo giovane per indossare quell’abito
bianco, quelle scarpette alte, laccate, e quei fiori pallidi,
così timidi in
quella morbida chioma cremisi, eppure sapeva che non vi era momento
più giusto
nell’irrefrenabile scorrere del tempo, per compiere quel
passo.
Chiuse gli
occhi, immaginando di trovarsi già là, al sicuro
tra le sue braccia, carezzata da quelle mani un po’ ruvide e
nodose che tanto
amava. Gli avrebbe scompigliato la già ribelle chioma scura,
si sarebbe
affidata a quegli occhi caldi, trincerati dietro quelle immancabili
lenti
sottili, a quel sorriso un po’ strafottente e borioso,
perché sapeva, che James
Potter, era l’uomo giusto, il suo compagno di battaglie, il
suo futuro e la sua
speranza.
Un sogno
luminoso, nell’oscura realtà creata da quel mago
di
cui la gente temeva anche solo il nome.
E lei
l’avrebbe combattuta anche così,
quell’oscurità, con
quel vestito bianco indosso, fiera, avrebbe scommesso nel futuro, non
avrebbe
lasciato che quella minaccia nera spegnesse la possibilità
dei giorni felici,
la gioia di un amore che era stanco di bacchette e sangue, di
incantesimi e di
verdi lampi di morte. Per un giorno avrebbe vissuto come se ci potesse
essere
un domani certo, come se nessuna minaccia incombesse sulle loro vite.
Sorrise
un’ultima volta al riflesso di quella ragazza troppo
giovane per quel vestito e per quelle scarpe, e si convinse, con il
cuore colmo
di gioia, che non vi sarebbe mai stato momento più giusto
per sposare James.
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Capitolo 2 *** Quando Hermione si sentì stupida [HermionexRon] ***
Quando Hermione
si sentì stupida
Quando li vide
per poco non spezzò la bacchetta, poi
la rabbia scomparve, e a vincere furono le lacrime.
Fuggì
in fretta e furia dalla stanza, cercando di
cancellare dalla mente il volto di Ron e le sue labbra troppo
indaffarate a
baciare quelle di Lavanda.
Si sentiva
stupida, e neppure essere la migliore
strega della scuola avrebbe potuto dimostrarle il contrario. Lei,
Hermione
Granger era la strega natababbana più stupida di tutta
Hogwarts.
Se lo
ripeté più e più volte, mentre una
schiera di
colorati e vivaci canarini volteggiava per la stanza e poi sopra la sua
testa
cespugliosa.
Avrebbe fatto
quello che le riusciva meglio, avrebbe
continuato per la sua strada senza quel sorriso un po’
sghembo, senza quei
capelli rosso carota a rallegrarle le giornate, o quelle battute
inappropriate
a farla sorridere.
Eppure sapeva
che sarebbe stato tutto molto più
triste.
Che neppure
l’abbraccio di Harry avrebbe potuto
consolarla, neppure il
suo verde sguardo
di ammirazione di fronte a quel futile incantesimo.
Avrebbe voluto
piangere per ore intere, ma non poteva,
non davanti Harry.
Sospirò
rattristata, poteva solo arrendersi all’evidenza
dei fatti, Ronald Weasley era un’idiota, e lei lo era ancor
di più per essersi
illusa, e di cosa poi? Non sapeva neppure spiegarselo, e questo la fece
sentire
ancora più stupida e arrabbiata.
Ma la stoccata
più crudele arrivò pochi minuti dopo,
accompagnata da uno schiamazzo fastidioso e da infantili e complici
risatine.
Ron e la sua
chioma infuocata, le dita lunghe strette
a quelle di Lavanda. Il
ragazzo evitò il
suo sguardo e parlò solo con Harry, quasi fosse stata
invisibile, seduta su
quella vecchia cattedra e circondata da una vorticante aureola di
uccellini
dorati.
Sentì
la rabbia crescere ed esplodere, e se doveva
esser così stupida, decise che lo sarebbe stata fino in
fondo.
“Oppugno” La
bacchetta puntata contro Ron, un ghigno folle sul volto.
Gli uccellini si
schiantarono rabbiosi contro il
ragazzo, beccandolo e graffiandolo ovunque.
Hermione strinse
con forza la bacchetta tra le dita, e
uscì dalla stanza, le lacrime a pungerle gli occhi.
Che si fosse
veramente innamorata di quello stupido?
Se lo chiese più volte, mentre correva il più
lontano possibile da quell’aula.
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Capitolo 3 *** Negli occhi di Harry [HarryxGinny] ***
Negli occhi di
Harry
Ginny sapeva,
aveva sempre saputo chi fosse Harry Potter,
eppure le era sempre sfuggita quella tristezza mal celata negli occhi
verde
smeraldo. Lei che era cresciuta circondata dall’amore
confusionario dei suoi
tanti fratelli, di quella madre un po’ paffuta e di quel
padre allampanato. Al
sicuro tra le mura scalcinate della tana, libera di giocare nel suo
giardino
infestato dagli gnomi bitorzoluti.
Fino a quel
momento, fino a quell’addio sofferto, a quel
saluto.
Aveva letto in
quegli occhi tutto il dolore, tutto il peso di
una responsabilità troppo grande per quel ragazzo tanto
magro e dai capelli in
disordine.
Perché
Harry, alla fine era anche questo per lei, oltre che
il prescelto, il bambino sopravvissuto, Harry Potter era il ragazzo
pieno di
energie che volava come un turbine a cavallo della sue Firebolt, Harry
Potter
era il mago che alla fine della partita di Quidditch l’aveva
baciata davanti a
tutti riempiendole il cuore di gioia, Harry era l’impacciato
sedicenne che le
sbottonava la camicia nei boschi di Hogwarts, che le baciava il collo,
che con quegli
occhi verdi pieni di speranza e di amore, le contava ogni singola
lentiggine
sul suo naso dritto, sulle guance arrossate, per un istante lontano
dall’orrore,
ma vicino a lei, al suo corpo esile e chiaro, le mani tra i suoi
capelli rossi,
sulla sua pelle.
Ginny capiva,
adesso che non era più una bambina, capiva il
peso di quel nome, e non avrebbe detto niente, non avrebbe pianto
davanti al
suo viso pallido e a quegli occhi troppo antichi per quei troppi pochi
anni,
non gli avrebbe dato altro dolore, o altri pensieri.
Sarebbe stata la
sua colonna, se mai avesse voluto essere
sorretto, sarebbe stata il suo rifugio sicuro, se mai avesse voluto
tornare tra
le sue braccia, baciarla come quei pochi e segreti pomeriggi felici.
Ginny per lui
non sarebbe stata una catena, o l’ennesimo peso
da sostenere, sarebbe stata la calda casa dove tornare dopo la guerra,
quella
guerra che il suo nome gli imponeva.
E sorrise,
quando le prime lacrime solitarie le rigarono il
volto, sorrise, certa che Harry ,sarebbe tornato per stringerla ancora
una
volta, il verde degli occhi libero dalla tristezza, ora sereno, pieno
solo di
amore e di desiderio.
Lei sarebbe
stata forte, per entrambi.
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Capitolo 4 *** Bello [Bill/Fleur] ***
Bello
“Spegni
la luce” Sussurrò Bill, baciandole il collo,
poggiando le labbra su quell’incanto vellutato che era la sua
pelle.
La ragazza lo
accontentò, in un attimo nella stanza calò una
penombra pesante, che le permetteva a malapena di scorgere il profilo
di quel
naso, di quelle labbra e di quegli occhi che tanto amava.
“Perchè?”
Domandò lei con un filo di voce, ma Bill la zittì
con un altro bacio, le loro labbra collisero prima con dolcezza e poi
con
forza, con una foga che lei non ricordava, la foga di chi era
sopravvissuto, di
chi anche con un bacio gridava la sua vittoria contro la morte.
Bill sembrava
affamato, disperato, mentre le sganciava la
camicetta, mentre quasi si strappava la maglia di dosso, mentre gettava
i loro
ultimi indumenti sul pavimento e le saliva sopra sul letto sfatto.
Per un attimo
ebbe paura che potesse divorarla, e si fermò,
improvvisamente intimorita.
Poi comprese.
Passò
una mano sul suo volto, carezzandogli il mento segnato,
le guance sfregiate, sentendo sotto le dita ogni singola cicatrice; ne
percorse
il profilo irregolare, fino a scendere sulla spalla e su quelle braccia
che non
avevano smesso di stringerla, adesso con più tenerezza.
Bill
respirava piano,
la fronte premuta contro quella di Fleur.
Due lacrime le
caddero sul viso, scivolandole sulle guance.
“Bill...”
Lo chiamò in un sussurro.
Il ragazzo non
rispose, si limitò a darle un bacio umido di
pianto, per poi accoccolarsi sul suo petto.
“Credi
veramonte di non essere più bello per moi?” Gli
chiese
carezzandogli i lunghi capelli rossi.
Lui non le
rispose, si limitò ad ascoltare il suono regolare
del suo cuore, quasi in cerca di un battito traditore.
“Io ti
amo, Bill” Mormorò lei alzandogli il volto con le
mani, costringendolo a guardarla anche in quella penombra.
“Tu
sei bellissima,e io...” Rispose lui, abbassando lo
sguardo, pensando al suo viso deturpato, a quei segni che sarebbero
rimasti per
sempre indelebili sulla sua pelle spruzzata di lentiggini.
La ragazza si
portò sopra di lui, baciandogli la fronte,
percorrendo con le labbra ogni singola cicatrice, portando le sue mani
sui suoi
fianchi esili, aggraziati, lasciandosi afferrare.
“Anche
tu sei bellissimo, Bill” Mormorò in un sospiro
appagato, mentre si fondevano assieme.
“Non
è cambiato niente...” Continuò a
ripetergli, mentre lo
amava con tutta se stessa, mentre ringraziava il cielo che fosse ancora
vivo,
gioendo per il calore della sua pelle, e anche per quelle cicatrici,
per quel
volto che c’era, che era caldo, vivo, anche se segnato.
***
Bill
La abbracciò
dolcemente, giocando di tanto in tanto con le lunghe ciocche di un
biondo
argenteo quasi irreale.
Lei era bella,
nuda e perfetta tra le sue braccia. Un giglio
pallido, morbido, immacolato. Le guardò il volto
addormentato, le labbra
dischiuse, gli occhi celati dalle palpebre, le fitte e lunghe ciglia
nere
gettavano ombre timide sugli zigomi rosati.
Fleur Delacour
era la creatura più bella che Bill avesse mai
potuto vedere, ed era sua, per sempre.
Si
guardò le mani, il petto sfregiato, si sfiorò il
volto,
riconoscendo le cicatrici lisce, e poi sorrise, ricordando i baci di
lei,
ricordando i suoi ti amo sospirati, il suo buffo accento francese, e
quella
luce pallida del mattino che lei aveva atteso paziente, per poterlo
guardare,
per potergli dire ancora una volta quanto ai suoi occhi, lui, era ancora
l’uomo più
bello del mondo.
Note:
Sperando di
essere rimasta ancora nel pallino arancione, ecco
qua una ♥ Bill/Fleur ♥ per Soly Dea
, beh, e per
tutti voi che avete la pazienza di leggere! Un bacio
Allyn
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Capitolo 5 *** La sua speranza [Lupin/Tonks] ***
La sua speranza
Verdi, rossi,
rosa, bianchi, poi ancora verdi, ma questa
volta più chiari, più simili alla scorza del
limone ancora acerbo; blu notte e
poi ancora rosa cicca. Ninfadora Tonks, per gli amici Dora, sorrise,
davanti
allo specchio, mentre i suoi capelli disordinati si tingevano, a suo
piacimento,
delle sfumature più stravaganti.
Erano dieci
minuti buoni che cambiava il suo stile, nella
speranza di trovare qualcosa che le mettesse un po’
d’allegria, ma infine a
scatenarle quell’improvviso e dolce moto di gioia
fu la semplice
consapevolezza che lui c’era,
che era tornato al suo fianco; aveva capito che non importava, che mai
le
sarebbe importato, dela sua natura, o del giudizio della gente. Lei lo
amava e
basta, nel modo più semplice, più naturale che
potesse esistere.
Si
voltò, abbandonando il riflesso allo specchio e
fissò suo
marito.
Dormiva da
un’ora o poco più, ancora vestito, steso supino
sul letto, la bacchetta poggiata sul petto, le dita strette a quel
legno
sottile anche nel sonno; le profonde occhiaie scure risaltavano sulla
pelle
pallida, quasi fosse stato malato, e i capelli precocemente ingrigiti
gli
conferivano quell’aria trasandata che Tonks amava tanto.
Era crollato
subito dopo il suo turno di guardia per l’Ordine;
Remus Lupin: mago, lupo mannaro, ex-malandrino, e futuro padre del
bambino che
le cresceva dentro, obbligandola a nascondersi senza poter combattere o
fare
qualcosa di utile per la resistenza.
Tonks si sedette
sul bordo del letto, osservando il profilo
smunto del marito e sorrise di nuovo, avvolta in una pesante vestaglia
di pile,
una pancia accennata, rotonda sotto la camicia da notte. Si
portò la mano sul
ventre, come a poter accarezzare quel grumo di speranza che le cresceva
dentro.
Si
immaginò in un futuro prossimo, la guerra finalmente finita,
il nemico sconfitto, Remus sorridente, meno pallido, al suo fianco, il
loro
bambino sulle sue ginocchia, felice, mentre lei mutava aspetto per
farlo
divertire.
Un calore di
speranza le scaldò il cuore, poi il ventre, fino
ad arrivare alle punte dei piedi. Si stese accanto all’uomo
addormentato,
avrebbe combattuto in silenzio, senza poter agitare la bacchetta,
avrebbe
combattuto credendoci, sperando in quel futuro prossimo, regalando
tutto il suo
amore a quel bambino e a quell’uomo ora addormentato.
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Capitolo 6 *** Grazie [Harry/Ginny] ***
Grazie
L’uomo
era giovane, eppure antico, nello sguardo, nella
storia che celava dietro gli occhi verde smeraldo. Camminava nel freddo e nella leggera nebbia di
fine Ottobre,
avvolto in un mantello scuro, i capelli scompigliati e ribelli, il viso
più
affilato, i lineamenti meno dolci, rispetto al ricordo che quelle
pietre immobili
custodivano della sua figura magra.
La mano della
ragazza al suo fianco strinse quella del
giovane uomo, in una presa forte e sicura, calda, nel freddo di quel
cimitero.
“Sono
qui?” Chiese, scostandosi i capelli rossi dal viso
spruzzato di lentiggini.
Il moro
annuì, chinandosi sulle lapidi, e carezzando le
incisioni con le dita affusolate e pallide.
“James
e Lily Potter” Sussurrò Ginny, abbassandosi,
nonostante
la pancia rotonda che le gonfiava la veste scura.
“Mamma,
Papà...grazie” Mormorò piano Harry,
portando una mano
sul ventre della moglie.
“Se
siamo qui oggi, è anche grazie a voi...”
Parlò sottovoce,
forse convinto che i genitori potessero sentirlo, e sorridere, gioire
con lui
di quei nuovi giorni, di quella libertà conquistata con il
sangue e il
sacrificio.
Anche Ginny
sorrise, dolcemente, poggiando il capo sulla
spalla del compagno.
Per un
po’ il tempo parve fermarsi, il silenzio tornò a
regnare, amico di quelle pietre scure e di quella terra bagnata di
lacrime e di
pioggia.
“James...”
Disse poi lei, decisa.
Harry la
guardò con aria interrogativa, gli occhi verdi
trincerati dietro gli occhiali rotondi la scrutarono con tenerezza.
“Lo
chiameremo James” Spiegò, carezzando prima la
guancia del
marito, poi la fredda pietra della lapide.
“Grazie”
Harry la strinse a sé, gli occhi lucidi nascosti
dalle lenti.
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Capitolo 7 *** Sotto il loro cielo stellato [Silente/Grindelwald] ***
Sotto il loro
cielo stellato
“Cambieremo
il mondo” Mormorò Albus, puntando le stelle con
la bacchetta. Un fascio luminoso uscì dalla punta, per
librarsi in aria
assumendo pian piano la forma di un enorme uccello argenteo.
La pallida fenice
dispiegò le grandi ali e volò via con eleganza.
“Certo,
per il bene superiore...” Gellert sorrise, con quel
ghigno allegro che scombussolava il giovane Silente fino alla punta dei
lunghi
capelli rossicci. Poi si voltò, i ricci biondi a
incorniciargli il bel volto
magro e un po’ arrogante, eppure incredibilmente
affascinante, nel pieno di una
giovinezza fresca, come quella sera d’estate,
fissò Albus con la stessa
intensità con cui questo aveva fissato le stelle poco prima.
Il ragazzo
allungò una mano, le lunghe dita affusolate
raggiunsero le guance glabre di Gellert con dolcezza, con la voglia di
imprimere sui polpastrelli la morbidezza di quella pelle. Le dita di
Silente
scivolarono dalle guance alle tempie, e poi alla fronte. Amava tutto di
quel
giovane, il volto pallido, il naso appuntito, la mente brillante e
scaltra, l’ingegno
e le capacità fuori dal comune, e quella voglia di
apprendere, e di sapere, così
simile alla sua...e poi...le labbra.
Il cuore
tamburellò con forza nel suo petto magro.
Le sue dita
indugiarono sugli zigomi del compagno, scesero
poi di nuovo sulle guance. Gellert le afferrò con gentilezza
e se le portò alla
bocca, baciandole piano.
“Al, a
cosa hai pensato, prima, per evocare la tua fenice?”
Chiese il biondo, le dita di Albus ancora vicine alle sue labbra.
Silente
arrossì, protetto dall’ombra scura della notte,
chiuse i brillanti occhi azzurri e sospirò, consapevole,
Grindelwald conosceva
già la risposta.
“A
te” Rispose sincero.
Fu un attimo.
Gellert allontanò le dita di Silente dalla sua
bocca, e unì le sue labbra a quelle del compagno in un bacio
dolce, fresco di
sera, luminoso di stelle.
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