Mostri

di zorrorosso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: concetti base ***
Capitolo 2: *** Danze, mostri e fantasmi ***
Capitolo 3: *** Due Donne ***
Capitolo 4: *** Inviti, rinunce e pugnali ***
Capitolo 5: *** Un vestito ***
Capitolo 6: *** Vivi, morti e inanimati ***
Capitolo 7: *** Quattro avventurieri pt I ***
Capitolo 8: *** Quattro avventurieri pt II ***
Capitolo 9: *** Oneri, gelosie e maschere ***
Capitolo 10: *** Tre guardie reali ***
Capitolo 11: *** Damigelle, soldati e veleni ***
Capitolo 12: *** Sei pioli di Calais ***
Capitolo 13: *** Porti, locande e commensali ***
Capitolo 14: *** Cinque Mostri ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo: concetti base ***


Ok, non so se questo si possa pubblicare come primo capitolo o meno, ma e' un prologo introduttivo che cerca di "inquadrare" meglio i personaggi :)
Devo chiedere gia' un mare di scuse, ad esempio a degen_aramis alla quale ho appena scritto che non avrei mai pubblicato questa fic prima di finire l'altra! Tuttavia avevamo accennato alla possibilita' che questo cross-over si potesse presentare in futuro...
E cosi', questa settimana ho preso una vacanza da me stessa e questa nuova fanfiction ha cominciato a prendere forma...


Piccolo prologo:
Premesse per questa FF crossover tra il film del 2011 e l’anime: 
 
Ci sono dei concetti che devo spiegare per riadattare questa fiction tra anime e film: molte di queste sono profanita’ che per gli accaniti dell’anime forse non possono essere accettate, chiedo venia e spero di sapermi far perdonare, ma l’idea che mi ha spinto a scrivere questa storia era piu’ forte dei cànoni e delle “purezze” narrative.
La storia si sovrappone, ma non ricalca neppure del tutto il film (dalla fotografia immpeccabile, ma che narrativamente mi ha lasciato molto a desiderare, se non un paio di cosucce sui quali ho poi basato tutta questa fic) quindi anche i “puristi” (se mai ce ne fossero) del film saranno delusi da dettagli mancanti o modificati gravemente per combaciare con alcuni concetti dell’anime. (Ad esempio, me ne viene in mente uno stupido: il Duca di Buckingham non e’ moro, ma biondo)
Spero si possa leggere per quello che e’: una storia che si intercala tra i concetti piu’ “intriganti” di anime e film, non attenendosi propriamente ne all’uno ne all’altro.
 
Un elenco di situazioni veloci per collocare i personaggi:
- I tre moschettieri (e D’Artagnan in seguito) sono piu’ che altro spie-ninja con un sacco di strani aggeggi di combattimento o strani travestimenti: quando non combattono o non sono in missione, vivono tutti e tre in questa casa con il loro irritante servo Planchet e bevono come delle pidrie (ovvero imbuti in dialetto).
-Il duca di Buckingam (un mega-mix tra anime e film) e’ vivo, e’ cattivo e sta per dichiarare guerra alla Francia, ma prima vuole Athos morto per motivi piu’ o meno imprecisati (diciamo subito che i tre moschettieri hanno preso a cannonate la Torre di Londra per liberare D’Artagnan e teniamo quello come motivo)
-Milady e’ presunta morta, ma in realta’ e’ stata salvata da Buckingam che si sta dirigendo in Francia con una flotta di navi volanti. I due hanno  una mezza tresca.
-Milady ha gia’ tradito Athos per il Duca di Buckingam in una precedente missione, nonostante tutto, lei ha piu’ volte detto ad Athos di amarlo e si e’ buttata da sola dal ponte della nave volante perche’ sapeva che Athos non se lo sarebbe mai perdonato di ucciderla (uno dei due motivi per i quali sto scrivendo questa fic. con un piede in due staffe: per avere questo concetto di partenza Athos-Milady-Amore-Morte-Elaborazionedelluttodammorrr/ che l’anime non da e puo’ essere solo ritrovato in parte nel romanzo?!).
-D’Artagnan e il Re sono amici... e sta gia’ insieme a Constance
-Rochefort e’ probabilmente morto, visto che e’ caduto dal cornicione di una chiesa molto simile a Notre Dame mentre combatteva con D’Artagnan.
-Niente deTreville Lnon e’ neanche nominato!!!
-Il Re e la Regina sono veramente molto giovani e stupidi (il Re di piu’, la Regina un po’ meno)  si stanno innamorando l’uno dell’altra (la Regina ha appena provato al Re la sua innocenza mostrandogli la collana).
-Il Cardinale ha segretamente cercato di mettere i bastoni tra le ruote ai moschettieri ed ha articolato tutta la storiaccia della regina, ma al momento si trova nuovamente “al punto di partenza”. La Regina sa, ma ancora non puo’ provare che era lui dietro al complotto della collana.
-Athos (tradito e ferito da Milady molte volte, credendola morta e di cui era sinceramente innamorato –come spiegato prima-) ha ritrovato la speranza nei suoi compagni moschettieri e ritiene questa una battaglia che vale la pena di combattere.
-La fic inizia circa dopo l’ep 26 dell’anime (Il gran Ballo del Louvre), ma allo stesso tempo la vendetta di Aramis e’ stata gia’ compiuta: lei ha gia’ incontrato Manson e lo ha gia’ ucciso (seppure narrativamente parlando questo non potrebbe essere possibile, in quanto Manson e Maschera di Ferro sono alleati... ed anche Maschera di Ferro non e’ ancora comparso nella storia)
-Di conseguenza, per fare quadrare i conti, tutte le vicende relative al Principe Philippe e François non possono essere del tutto attinenti con l’anime.
-I moschettieri come ordine militare sono finiti, lavorano alla giornata ed in missioni piu’ o  meno segrete, ma sono i loro ideali che sopravvivono anche nella concezione popolare, tra la gente comune.
-Nessuno sa chi e’ veramente Aramis (proprio nessuno ;))
 
Con questo si chiude la mia serie di concetti base che fanno da punto di partenza in questa nuova Fanfiction. Chiedo scusa innanzi tutto a tutti quelli che si sentono offesi  o delusi dal fatto che personaggi base, importantissimi sia nell’Anime che nel Romanzo (come Treville, Rochefort, Bonacieux o uno tra i miei preferiti come Maschera di ferro) non siano neppure nominati .
 
Buona lettura a tutti quelli che decideranno comunque di imbarcarsi in questa nuova avventura stilistica :P

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Capitolo 2
*** Danze, mostri e fantasmi ***


“...Athos potrebbe usare l’immersione come via di fuga, e’ un sommozzatore esperto: controllate tutti i torrenti, i canali e le fognature.
Aramis si avvale della sua furtivita’: e’ molto agile, controllate ogni torre, ogni tetto.
Porthos si avvale della forza bruta: il suo attacco preferito, e’ quello di farsi catturare dall’opposizione...”(1)


Capitolo 1
Danze, mostri e fantasmi

 
 
La taverna riluceva di una luce offuscata: quell’estate non era delle più calde, ma il fuoco acceso nelle cucine e gli ampi candelabri, riscaldavano l’aria rada, tanto da far bruciare gli occhi, affannare leggermente il respiro ed asciugare le bocche, dissetate con grossi calici di vino rinfrescato dall’acqua di un pozzo.
 
Alcuni musicisti aprirono le danze e molti degli astanti cominciarono pigramente a ballare.
D’Artagnan alzò un’altra volta la sua coppa in onore dei compagni e delle loro imprese, un guizzo di luce brillò negli occhi pieni di entusiasmo giovanile, questa volta cominciando ad argomentare:
 
“Avete sentito le voci che girano a Corte? Sua Maestà vorrebbe organizzare una grande festa in onore dei moschettieri!”. 

Gli altri si interruppero sorpresi: i moschettieri erano stati disciolti da diversi mesi e i quattro combattenti ora vivevano nell’ombra, come spie o mercenari, nella speranza di non essere chiamati al fronte.
 
“Mh? State scherzando? E perché mai?”- si sorprese Porthos
 
“Da quel che sembra, è nelle sue intenzioni ricostituire un nuovo ordine, seppure modesto, di guardie reali: non sembra affatto contento della condotta attuale delle guardie cardinalizie...” -cercò di spiegare il ragazzo.
 
“Non è solo il Re a decidere le sorti della Francia, D’Artagnan! Sicuramente ci saranno ragioni che continuiamo ad ignorare...” –lo ammonì severo Aramis.
 
“Allo stesso tempo il Cardinale sta contando i giorni che lo separano dallo spedirci al fronte! Potrebbe essere tutta una trappola che lui stesso sta cercando di tramare” – constatò Athos sorseggiando un altro bicchiere di vino.
 
“Però prima che sorga l’alba di quel giorno, voglio aver svuotato le botti e le cucine di questa taverna! Ed amato almeno cento donne!”- lo interruppe Porthos.
 
“Amico mio di tante battaglie! Lasciate che vi aiuti nel vostro intento!”- sorrise Athos riempiendo nuovamente i bicchieri dei suoi commensali.
 
“D’Artagnan, voi siete giovane, ed il re è altrettanto giovane! È una fortuna per voi essere tra le amicizie reali. Tutto questo potrebbe un giorno ritornarvi davvero utile!”- constatò Aramis.
 
“Il giorno in cui Sua Maestà vi chiamerà a corte chiedendo chi di noi verrà spedito alla Rochelle, mi auguro che vi ricorderete di noi: di me e dei mei sontuosi doni, di Athos, della sua arguzia, degli insegnamenti che vi ha offerto... Non di Aramis! Lui potrebbe sempre fingersi un prete e sopravvivere comodamente!”- ribadi’ Porthos.
 
“Credete davvero che è mia abitudine sfruttare la fede per i miei comodi? Come vi permettete di insinuare una cosa del genere! Non sono mica come voi!”- esclamò immediatamente Aramis, battendo la mano sul tavolo.
 
"È la verita’! È con le vostre scuse che vi insinuate ovunque!”- ribadì Porthos alzando il tono della voce ed avvicinandosi aggressivamente all’altro moschettiere, affatto intimorito.
 
"Se mai i vostri sospetti si dimostrassero fondati, non mi dimenticherò di voi!”- li interruppe D’Artagnan.
 
"Se di danze si tratta, dovreste praticare di più i vostri passi, Porthos!”- incalzo’ nuovamente Aramis.
 
“Badate alle vostre, di gambe!”- ribattè nuovamente lui strattonando la donna che stava servendo le vivande e convincendola ad una veloce giravolta.
 
“Sta a voi, D’Artagnan, giudicare con quali modi conquistare le vostre dame. Se i vostri interessi sono ancora per quella damigella di compagna, Constance, vi consiglio, tuttavia, un approccio diverso dalle cortesie del nostro amico!”- suggerì Athos, indebolito sia dall’aria chiusa che dal vino.  
“Aramis! Aiutatemi voi qui, dimostrate al nostro D’Artagnan come aprire le danze con una dama di corte!”- il moschettiere più magro del suo compagno, ma all’incirca della stessa altezza si guardò attorno.  
"Non vedo dame di corte con le quali aprire sontuose danze, amico mio!”- rispose.
 
“Non siate puntiglioso: ci sarà una donna in tutta la locanda che attira le vostre attenzioni?!”- chiese nuovamente Athos, puntando i suoi occhi di un blu profondo su di una dama dai folti riccioli biondi, accompagnata pero’ da un altro cavaliere.
 “Va bene, seguite allora attentamente” – pronunciò nuovamente Athos dopo essersi guardato attorno un’ultima volta.  
L’uomo prese in mano un piatto, lo pulì con la manica della giacca ed incominciò a volteggiarlo come fosse un ventaglio:  
“Vedete, una vera dama non vi inviterà mai a danzare con lei, ma si farà notare!”- disse guardando Aramis e sbattendo vistosamente le ciglia, lui incrociò i suoi sguardi leggermente imbarazzato –“Athos, avete bevuto un po' troppo stasera, forse è arrivato il momento di rincasare”- continuo’ distogliendo lo sguardo.
 
“Voi non siete come me, sapete come ammaliare una donna! Mostrate a D’Artagnan come avvicinarvi!”- continuò Athos  muovendo le spalle ed allungando la mano libera.
 
Aramis trasse un lungo sospiro rassegnato, indossò il suo cappello e si allontanò dal tavolo di qualche passo, si tolse di nuovo il cappello per ritornare inchinato ai piedi nell’amico e prendergli la mano –“Mi concede questo ballo, damigella?!”- disse incrociando velocemente gli occhi chiari con quelli dell’amico. Athos sorrise divertito, si alzo’ e facendo finta di scostare delle ampie gonne, pronto per aprire le danze.
I due cominciarono a ballare assieme, tra le risate degli altri due commilitoni ed una grazia dubbia.
“Siete rosso in viso, siete per caso affannato?”- chiese Aramis rallentando il passo di danza.
“Sara’ il vino...”
“Non dovreste essere la mia dama, Athos, dovreste trovarne una tutta vostra... E lasciare che io trovi la mia per stanotte!”
“Ah! Aramis... Una donna diversa ogni sera e mai un rimorso la mattina dopo! Alle volte vi invidio!”
“La vostra devozione fu ammirabile, Athos. L’amore e’ un sentimento nobile che va rispettato nella gioia e nel dolore. Non dovreste invidiarmi, sono io che dovrei invidiare voi!”- commento’.
Gli occhi del moschettiere esile si inumidirono leggermente, senza che l’altro lo notasse, e senza lasciare, pero’, la presa della danza.
“Mi dispiace Aramis, in questo periodo sono stato miserabile e patetico...”- mormoro’ lui fermandosi-
“Siete stato miserabile e patetico, Athos. Porthos ve lo confermera’. Ma a che servono gli amici, se no?” -Dicendo cosi’, Aramis incrocio’ i suoi occhi un’ultima volta e sorridendo, lo lascio’ andare.

La cattedrale era quasi del tutto buia, talmente grande da poter sentire una lieve brezza quando i portoni venivano aperti. Di giorno i ceri venivano spenti, ma quella mattina il cielo era molto coperto. Solo qualche raggio di luce grigia traspariva dalle feritoie strette ed allungate. Dei passi riecheggiarono dalle navate piu’ in ombra, verso il sacerdote immerso nelle sue letture. L’ uomo alzo’ lo sguardo verso l’ombra.
Era normale che a quell’ora del giorno comparissero le anime in pena.
 
« Deus meus,
ex toto corde poenitet me omnium meorum peccatorum, eaque detestor,
quia peccando, non solum poenas a Te iuste statutas promeritus sum,
sed praesertim quia offendi Te,
summum bonum, ac dignum qui super omnia diligaris.
Ideo firmiter propono, adiuvante gratia Tua,
de cetero me non peccaturum peccandique occasiones proximas fugiturum.
Amen. »

Il sacerdote non riconobbe la voce femminile ed affannata provenire dalla griglia del confessionale, cerco' di avvicinarsi, ma la donna era abbondantemente vestita ed il volto era coperto.
"Padre, mi sono macchiata di un peccato gravissimo..."- continuo' la donna dalla voce abbastanza giovane -"Adulterio?"- chiese il prete dando per scontato che una donna di quell'eta'volesse solo confessare eventi del genere
-"No..."- rispose lei pensosa
-"Furto?!... Omicidio?!"- tentenno' lui sospetto
-"Erm... No, padre"- disse lei sospirando- "Vedete, il mio cuore apparteneva ad un uomo... Ma questi e' venuto a mancare"- qualche singhiozzo si alterno' tra la griglia metallica -"Sono passati molti anni dalla sua scomparsa e dei pensieri impuri hanno da qualche tempo offuscato la mia mente: ho sempre cercato di controllarli, ma ora, quel fuoco che arde dentro di me sta per divampare... Non credo di poter resistere per molto!"-il sacerdote percepiva il suo corpo tremare e battere i denti come presa da potenti brividi -"La mia mente si offusca alla sua presenza! Anch'egli, come me, ha perduto l'amore..."-.
Per quanto quel sacerdote potesse essere devoto e disposto a infliggere la dovuta punizione alla giovane, la saggezza accumulata dalle tante esperienze di vita e dalle tante confessioni passate alle sue orecchie, lo spinse a rispondere in maniera piu’ accomodante:
-"Pregate, figliola. Capisco che siate nel peccato, mia cara, ma siete anche giovane...  Gli esseri umani non sono solo spirito, sono anche carne e sentimenti. Se siete una donna sola, che ha perduto l’amore ed egli e’ altrettanto solo...”- l’uomo si interrompeva spesso, incerto nelle sue parole e bisbigliava vicino alla griglia, guardando fuori dal buco a forma di croce della porticina, per accettarsi che non ci fosse nessuno che potesse ascoltarlo- “Se non siete piu’ legati al vostro passato e i vostri sentimenti sono reciproci, non c’e’ nulla di male a... confidarsi l’un l’altra ed onorare la vostra unione davanti a Dio...”- il sacerdote arrossi’, forse ricordando eventi piu’ vicini a lui-
“Padre! Come potete dire una cosa del genere!”- si sorprese la donna con un tono severo-
“Quando riuscireste a perdonare voi stessa, il Signore vi perdonera’!”- disse lui irritato da quella risposta, chiudendo la porticina della grata ed allontanandosi dal confessionale.

”Un mostro! Un mostro vi dico! Il volto gli colava dalla testa come se fosse stato spellato!  Come se fosse morto, tuttavia in vita, si muoveva e camminava... Alcuni passanti lo hanno visto aggirarsi per la cattedrale. E’ stata mia sorella che ha incrociato lo sguardo con quel... Demone... E lui e' corso via immediatamente, coprendosi con un mantello nero per cercare di non dare nell'occhio, ma con un volto cosi' e' impossibile non attirare attenzione..."- la dama di compagnia, impallidita e con la voce tremante, continuava a parlare sorpresa al cospetto della regina Anna -"Si sara' trattato di un lebbroso o di un appestato. Dovreste pregare per la sua anima, Michelle"- rispose la sovrana cercando di calmare quelle dicerie sul nascere -"Vi dico che quell'uomo e' stato visto ridotto cosi' non molto lontano da qui... Cosa penserebbe Sua Maesta’ di un lebbroso a Palazzo?!”- la regina Anna prese un profondo sospiro, segno d’insofferenza, volto’ le spalle alla dama preoccupata, chiamo’ una seconda dama e si allontano’ da quella veranda coperta che dava sui giardini reali.
 
 Tutto era cominciato proprio quello stesso pomeriggio, un acquazzone estivo: dapprima le rondini cominciarono a volare basso, poi il cielo d’improvviso grigio e pesante, l’aria faticava ad entrare nei polmoni, i primi tuoni, qualche lampo ed infine una lunga serie di fitte goccie pesanti che si infrangevano a terra a tutta velocita’, creando immediatamente grandi pozzanghere. Constance si affrettava ad aiutare la regina verso la carrozza reale quando, dall’alto di un cornicione, qualche cosa si tuffo’ in una fontana non molto distante. Subito rinvenne un uomo coperto da cappuccio e mantello, completamente fradicio.
"Nom de Dieu!"- grido' furibondo e tremante.
"Non scappate cosi'! Non ho ancora finito con voi!"- esclamo' qualcun altro di risposta, la sua voce profonda riecheggio' per la contrada.

La figura, si guardo’ goffamente indietro e, uscendo il piu’ velocemente possibile, comincio’ a correre verso la carrozza inseguito da altri tre personaggi. La Regina e Constance erano gia’ entrate e pronte a dare ordine di partire quando, osservando la scena, riconobbero facilmente le figure di Athos, Porthos e D’Artagnan ridacchiare ed avvicinarsi. I tre si inchinarono velocemente di fronte alla carrozza in simbolo di reverenza, ma altrettanto di corsa si rialzarono e cercarono con lo sguardo quella figura che adesso sembrava essersi dileguata nel nulla –“Cosa vi spinge con tanta fretta a catturare quell’uomo? E’ forse un criminale?”-  chiese la Regina suggerita dalla curiosita’ di Constance –“No, Vostra Maesta’. Si tratta semplicemente di Aramis! Ci stavamo allenando ed e’ caduto in acqua...”- si giustifico’ velocemente Porthos –“Se con l’ allenarvi, intendete dire pagare il conto all’oste...”- suggeri’ Athos.
"Non preoccupatevi! Questa volta offro io! I suoi conti con me li sta gia ben ripagando... profumatamente"- Porthos rise sadicamente ricordando un lontano episodio dei tempi passati.

“Non credevo che anche dei validi moschettieri come voi avrebbero avuto bisogno di allenamento... Anche sotto questa pioggia battente!”- si stupi’ la Regina sorridendo;
“Essere pronti in un momento come questo e’ un dovere! Mai essere colti impreparati!”-  rispose Athos con un ritrovato spirito combattivo e una punta d’ironia.
La carrozza lascio’ i tre e parti’ velocemente verso il palazzo del Louvre, fu solo una volta uscite, mentre stavano scendendo aiutate da un paggio,  che le due donne videro quello spettacolo agghiacciante: al posto del cocchiere, era un uomo ricoperto da un mantello ed un cappuccio nero dal quale si poteva malamente intravedere il volto di un uomo mostruoso! Le guancie e il mento stavano letteralmente colando dalla faccia come fossero state di pane molle. Constance emise un urlo acuto, ma l’uomo riusci’ ad interromperla prima che l’attenzione fosse portata su di loro: “Constance!”- disse l’uomo con una chiara voce mascolina che lei riconobbe facilmente. Poi, come una sorta di magia, lo ripete’ una seconda volta –“Constance!”- e questa volta suonava chiaramente femminile, lasciando le due donne a bocca aperta.
“Aramis?!”- chiese la ragazza incerta,
“Si, sono io”- rispose Aramis inchinandosi alle due donne e nuovamente con la voce che suono’ a loro familiare, continuo’ –“Come moschettiere e servo reale, chiedo a Sua Maesta’ la Regina aiuto, consiglio e protezione”- il moschettiere sembrava gravemente malato.
“Devo rendere a voi moschettieri un favore, chiedete e vi sara’ dato.”- disse la Regina,
-“A voi devo la vita, lo stesso vale per me!”- aggiunse Constance.
 
Credendolo malato, le due donne allontanarono la servitu’ e mantennero stretto riserbo sulla sua identita’: lo accompagnarono velocemente in un salone privato, lontano da occhi indiscreti e cercarono di farlo distendere sul letto.
Aramis si tolse il mantello ed accorse al lavatoio, dove grosse parti di quella che sembrava pelle caddero nel lavabo mentre continuava a sciacquarsi e ripulirsi faccia e orecchie, pezzo per pezzo, l’intero volto si sciolse nella tinozza. A quel punto Aramis si tolse la corta parrucca mora che nascondeva dei lunghissimi capelli biondi e presto si asciugo’ il volto, sotto lo stupore e la meraviglia delle due donne. Per quanto alcuni tratti mascolini, la voce che riusciva a camuffare perfettamente o l’altezza avessero deviato le apparenze in precedenza, adesso non si poteva negare che dinnanzi a loro si presentasse una donna.
-“Beh Aramis, per lo meno siamo sollevate del fatto che non e’ la salute a mancarvi!”-  disse la Regina con aria distaccata.
“Il vostro travestimento e’ impeccabile! Se non foste caduta in quella fontana, poco fa, probabilmente nessuno lo avrebbe mai scoperto! Cosa vi ha spinto a mascherarvi da uomo per tutto questo tempo?”- chiese Constance.
“Ero una ragazzina, provenivo da una famiglia di baroni. Casualmente, un giorno, conobbi l’amore. Insieme eravamo felici, ci saremmo presto sposati se qualcos’altro non fosse accaduto: una rapina, nel pieno della notte! Il mio promesso fu ucciso da uno dei ladri. Non ero pronta a vivere la mia vita succube di quella dolorosa condizione ed accettare immobile il futuro che mi si proponeva d’innanzi, cosi’ scappai quasi immediatamente dalla mia famiglia.
Da allora decisi di rivendicare la morte del mio amato e ritrovare il suo assassino per porlo alla sua stessa fine. Cominciai a vestirmi da uomo, e durante il mio girovagare per la Francia, trovai modo di entrare nei moschettieri senza mai essere scoperta. 
Dapprima, ho provato ad atteggiarmi da religioso in modo da giustificare il mio celibato e mantenere questo segreto piu’ a lungo, ma cio’ non fu possibile in seguito: gli anni passarono ed eventualmente ritrovai quell’uomo e vidi i suoi occhi spegnersi della vita e morire di fronte a me. Da allora provai una colpa quasi imperdonabile nei confronti di Dio, non potevo piu’ atteggiarmi come un devoto. La mia vera fede e’ svanita e vano il tentativo di recuperarla. Decisi di non tornare piu’ indietro e di continuare a vivere come un uomo d’armi.
E’ da molti anni che vivo e mi comporto cosi’, ho dimenticato cosa vuol dire essere una donna e saper conquistare un uomo. In questi anni ho dovuto fingere.
Anche grazie ad alcune amicizie, ho presto provato la mia mascolinita’ anche ai miei commilitoni: come avete potuto notare, rimane facile per me cambiare tono della voce in modo da sembrare un uomo o una donna a mio piacimento! Una volta chiusa la porta della camera da letto, tutto quello che ne accade dietro puo’ essere il frutto dell’immaginazione di chi ascolta.
Ora la mia situazione e’ cambiata: il mio cuore ha ricominciato a battere per qualcuno e non me lo posso perdonare.
Ho gia’ tradito Dio una prima volta macchiandomi di un omicidio, non posso permettere che questa passione avveleni il mio sangue... Non posso tradire il mio primo amore...”- continuo’ la donna mesta ed ora incerta, con le spalle ricurve e le mani incrociate, priva di quella maschera e di quei travestimenti che la avevano accompagnata per anni, ma tradita da quella posizione cosi’ poco femminile.
“Invece dovreste! Questa potrebbe essere la vostra occasione per ritornare allo scoperto e vivere nuovamente come una donna!”- la incalzo’ Constance-
“Dopotutto il vostro amore adesso e’ defunto e siete sola al mondo, non trovo nulla di sbagliato nel desiderio del vostro cuore di amare ancora e tornare a vivere... Che cosa saremmo senza i nostri sentimenti?”- chiese retoricamente la Regina con uno sguardo sognante -“Lasciatevi adornare da Constance”- continuo’- “E troveremo il modo di farvi ritornare una donna!”-.
“Inoltre ho bisogno di una guardia personale addestrata come voi a corte. Potreste vivere qui come dama di compagnia tutto il tempo che volete, esattamente come lo eravate un tempo come moschettiere!”- concluse diplomaticamente la Regina.
 
“Non credo di voler tornare ad essere per sempre una donna... Vi prego, laciatemi riposare e sostare qualche giorno in un salone di corte, da sola, in modo da purificare i miei pensieri e pentirmi delle azioni impure che ho pensato di commettere...”- disse mesta Aramis-
“Una donna dovrebbe vivere il privilegio dell’amore e delle ricche vesti! Dovreste dimenticarvi di questo episodio vissuto come un rimorso, ed invece, trarre da cio’ un piacevole rimpianto!”- ribadi’ la Regina alla giovane donna-
 “Vorrei solo che lui fosse attratto da me, come lo sono io di lui...”- trapelo’ alla giovane arrossendo
“Innanzi tutto dovreste cercare di avvicinarlo, allora...”- ribatte’ Constance
“Pero’ ricordatevi che siete voi la donna! Non potete permettervi di corteggiarlo! Ne di fare il primo passo! Sono gli uomini che devono prendere sempre l’iniziativa!”- continuo’ la Regina.
“Seppure non e’ proibito aiutarli! Potrebbe cadervi il ventaglio, un fazzoletto! Oppure la vostra bestiola vi e’ appena scappata!”- disse Constance nell’approvazione della Regina, vivamente interessata da quel colloquio.
“No! Non ne ho la piu’ pallida idea! Non capisco di cosa state parlando!”- esclamo’ preoccupata Aramis, guardando verso la porta e sfregandosi le mani sulle gambe pronta a scappare via, ma la Regina si alzo’ e le blocco’ la strada.
“Mi spiace per voi, Aramis, voi rimarrete qui e vi insegnero’ a comportarvi come una vera dama: dopotutto siete voi che avete chiesto nostro aiuto e consiglio! Non potete tirarvi indietro proprio ora”- disse lei allontanandosi e lasciandola alle cure di Constance.
 
I giorni seguenti, la ragazza che per tanti anni si era comportata e vestita sempre da uomo, cercava di respirare, malgrado un rigidissimo corsetto e di non inciampare in un ampio vestito azzurro e turchese. Da dama di compagnia della Regina, aveva fatto del suo meglio , almeno nella ricerca curata di vesti e gioielli.
Specialmente quella mattina, Constance aveva ricevuto ordine dalla Regina di vestire la baronessa con ricchi abiti ed acconciarla molto accuratamente, anche se questo avrebbe richiesto molto tempo. Aramis le aveva anche accennato della sua infanzia da baronessa e del suo nome di battesimo, quindi penso’ bene che per passare quei giorni a corte indisturbata, avrebbe dovuto abbandonare il suo nome di battaglia:
“Ripetete con me: sono la Baronessa d’Herblay ed il mio nome e’ Renee”- recito’ Constance dispiegando le gonne in un ampio inchino, per poi porle delicatamente la mano. Aramis, automaticamente si inchino’ e le prese la mano, come avrebbe fatto un cavaliere.
“Haha! No no! Dovete solo dispiegare le gonne e chinare la testa, altrimenti le altre dame e gli altri cavalieri vi prenderanno in giro!”- ridacchio’ la Regina assistendo divertita alla scena.
 “Devo ammettere, baronessa d’Herblay siete un’allieva ammirabile!”- continuo’ la sovrana battendo le mani con un sorriso soddisfatto. “Vorrei proprio vedere i nostri insegnamenti messi in pratica il piu’ in fretta possibile!”- Aramis sgrano’ gli occhi imbarazzata e si inchino’ dicendo: “Maesta’, mentite!”.
Anche se gli sguardi delle due donne davano conferma ai pensieri della baronessa, la giovane regina non rispose. Piuttosto sorrise di nuovo, mostrando i bianchi denti.
“Baronessa e’ arrivato il mio turno di rivelarvi una confidenza”- la Regina Anna comincio’ a spiegare:  “Gia’ sapete, Renee, i trascorsi del Cardinale nei miei confronti. Sua eminenza sta ancora cercando di spodestarmi in modo da porre la Francia in condizione di ricercare nuove alleanze internazionali piu’ potenti o convenienti di quella spagnola. Il Cardinale Richelieu ha organizzato un ricevimento privato per questo pomeriggio”- disse cambiando improvvisamente espressione in volto –“Non ha invitato neppure Sua Maesta’ il Re!”- congiunse le mani nervosamente.
“Che cosa posso fare per voi?”- chiese la ragazza chinandosi-
“E’ giunto il momento mettere in pratica le maniere che Constance ha cercato di ricordarvi. Vorrei che risarciste questa vostra permanenza mettendo in pratica i miei insegnamenti e le vostre abilita’ di spionaggio ed esperto combattente, per cercare di capire quali nuovi complotti stia tramando e verso quali alleanze sia orientato al momento. Nessuno a Corte vi conosce come baronessa, se vi atteggereste come una dama di compagnia, nessuno si curera’ veramente della vostra presenza”-.
Anche non sentendosi a proprio agio in quelle scomode vesti, Aramis non contesto’ gli ordini reali appena ricevuti:  annui’ trattenendo l’inchino ed aspetto’ la carrozza che di li’ a poco l’avrebbe portata alla residenza del Cardinale.
 
Lo strano ricevimento nel quale si era appena infiltrata era alquanto modesto, ed i rispettivi invitati, per la maggioranza nobili stranieri, erano appartati in piccoli gruppetti di non piu’ di tre o quattro persone, che colloquiavano a bassa voce. Lo stesso Cardinale, chiamava uno ad uno gli invitati ufficiali, distogliendo amichevolmente lo sguardo da quelli ufficiosi, non piu’ di uno o due alla volta.
Coprendosi con un leggero ventaglio e girovagando nell’ampia sala, tra un gruppetto e l’altro, Aramis era riuscita a passare inosservata, ma i vari invitati non sembravano lasciar trapelare nessun tipo di complotto: la quasi totalita’ desiderava un colloquio personale. Con quel ricevimento, e con quegli invitati, il Cardinale Richelieu sembrava alla ricerca di un articolato sistema di alleanze con alcuni dei piccoli regni di confine, nulla che facesse pero’ pensare di abbandonare l’attuale, ma critica alleanza Spagnola.
 
Cerco’ presto, come molti degli invitati francesi, di distendere gli imbarazzi allontanandosi dalla sala principale per raggiungere i giardini, annoiata e quasi delusa nel fatto di ritornare a corte senza le informazioni che la Regina le aveva espressamente richiesto.
“Oh Richelieu, Richelieu... Questi ricevimenti cosi’ noiosi... Questi vini imbevibili...”- sospiro’ ironicamente un uomo mascherato al suo fianco, che la sorprese assorta nelle sue preoccupazioni. Alto, dai boccoli di un biondo scuro, bello ed arrogante: il Duca di Buckingham era nuovamente tornato in Francia!
“Voi?!”- si lascio’ sfuggire Aramis ricordandosi di fin troppi eventi piu’ o meno pubblici, legati a quel personaggio cosi’ ambivalente in campo politico e promiscuo in campo sentimentale.
“Si?!... Continuate pure, mia cara...”
“Mh... Avete proprio ragione. Questa riserva di vini e’ veramente terribile... “- temporeggio’ la ragazza facendo finta di pulirsi una manica con il fazzoletto in modo che questo scivolasse a terra.
 
“E’ possibile che il vostro volto mi sia familiare, mademoiselle?”- disse lui riporgendolo delicatamente e baciandole la mano. Non c’era dubbio: l’uomo che sperava fosse morto nell’esplosione della Torre di Londra era in realta’ vivo e vegeto e probabilmente pronto ad una vendetta contro i moschettieri.
“No, sicuramente mi state confondendo per qualcun’altra!”- si affretto’ a smentire lei, che ben si ricordava di chi era e di chi fosse stato in precedenza il Duca di Buckingham.
Molti anni prima, quando ancora i moschettieri erano un ordine reale salariato, Aramis aiuto’il Duca a fuggire da Parigi in veste non ufficiale ospitandolo nella sua dimora.
Allora la situazione era molto diversa: l’uomo sembrava sinceramente ammaliato dalla Regina, preso dalla follia di quell’amore impossibile, che avrebbe potuto compromettere anche le politiche reali. Ammirando quel forte sentimento che svarcava qualsiasi confine politico e sociale, penso’ che aiutarli fosse non solo dovere reale,ma anche una delle piu’ nobili conclusioni di quella storia d’amore cosi’ travagliata.
 
Ingenuamente, non avrebbe mai potuto prevedere l’ordine di eventi capitati proprio come conseguenza a quel semplice favore di tanti anni prima: il Duca di Buckingham e Milady sarebbero diventati amanti, l’uomo sarebbe quindi tornato, complicando questa volta la posizione della Regina Anna e minacciando guerra alla Francia. Dopo l’attacco dei moschettieri alla Torre di Londra e le successive esplosioni, si aspettava che quell’uomo fosse finalmente morto.
“Noto che il vostro francese e’ molto esperto, monsieur, posso sapere il motivo del vostro colloquio presso il Cardinale?”
“Sono venuto in cerca di un amico. Speravo che Richelieu potesse aiutarmi a trovarlo. Parliamo di voi piuttosto, quale motivo vi spinge ad un ricevimento tanto noioso?”
“Il vostro fascino straniero! Vi prego di non riferirmi se una dama gia’ vi accompagna”- rispose la ragazza abbassando lo sguardo, non dimostrandosi comunque imbarazzata.
“La vostra bellezza e’ cosi’ abbagliante, che se mai ce ne fosse stata una in passato, ora non sarei piu’ in grado di guardarla...”- disse lui quasi annusando l’aria che le fluttuava attorno.
“Richelieu dovrebbe organizzare un grande ballo reale, con danze e lunghi festeggiamenti e voi dovreste essere tra gli invitati di quel ricevimento, non di questo! Una lunga festivita’ che duri sia di giorno, che di notte...”- concluse sospirando e sorseggiando del vino chiaro da un bicchiere di cristallo.
 
La ragazza avrebbe voluto saperne di piu’ e fermarlo, con lo scopo di rimediare a quell’errore commesso in passato, ma al momento lavorava in incognito e questo non le era possibile. Come riferire ai suoi compagni moschettieri che il Duca era ancora vivo? E se quell’uomo non ardeva ancora tra le fiamme dell’inferno, avrebbe potuto anche Milady essere ancora viva? Non erano certo informazioni che sarebbe stata in grado di riferire cosi’ tanto facilmente alla Regina.
 
Il mattino seguente, ancora in vesti da notte, Aramis si affretto’ nelle stanze della Regina Anna: “Mi dispiace. Non sono riucita a recuperare nessun tipo di informazione certa dal ricevimento di ieri sera. Tuttavia, alcune delle voci che girano a palazzo, sembrerebbero fondate!”- disse immediatamente.
“Che tipo di voci?”- chiese la sovrana-
“Le flotte Inglesi potrebbero davvero essere alle porte del regno, pronte ad attaccare”
“Allora e’ il caso di avvertire immediatamente Sua Maesta’ il Re!”- si allarmo’ la sovrana alzandosi dalla poltrona dorata.
“No! Potrebbe esserci ancora la possibilita’ di sventare tale attacco internamente! Quello che vi ho appena riferito, rimanga tra di noi. Il Cardinale sara’ sicuramente al corrente di tutti quei dettagli che noi stesse ignoriamo!”- Si affretto’ a rispondere Aramis –“Se solo riuscissi a contattare i miei compagni...”- continuo’ alzandosi e congedandosi velocemente.
“Baronessa! I vostri servigi sono stati comunque utili. Ora avete bisogno delle preghiere, del consiglio e della quïete che vi ho promesso. Aspettate almeno due giorni prima di lasciare il palazzo e meditare su quello che avete appena scoperto!”- le ordino’ la sovrana mentre la donna si allontanava.
“Non credo di avere cosi’ tanto tempo, Maesta’!”- la contraddi’ Aramis-
“Allora lasciate che sia almeno Constance a riferire questo messaggio! Non mi sento sicura nel lasciarvi andare, ho bisogno di qualcuno come voi che possa proteggermi dagli eventuali attacchi del Cardinale!”- la giovane donna alta si volto’ rassegnata verso la sovrana: “Agli ordini, Maesta’”- disse stringendo i pugni ed abbandonando quelle stanze.
 
 


 
 
(1)- La citazione e’ scritta sulla falsa riga del discorso che fa Milady al Duca di Buckingham verso la fine del film (2011), ma non e’ la traduzione letterale, ne quella doppiata in Italiano. Probabilmente nessuno c’e’ mai arrivato sveglio o attento alla fine di quel film, cosi’ nessuno si e’ mai curato di trascriverlo letteralmente. Io stessa ho visto il film 2 volte e sono piu’ che sufficienti. Se qualcuno ci tiene espressamente ad essere fedele al discorso preciso, puo’ sempre mandarmi il dettato e la traduzione letterale, lo pubblichero’ preciso nelle note. Promesso.

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Capitolo 3
*** Due Donne ***


 

Ok... questa fic e' stata cominciata d'impulso e cosi' sto andando avanti... Questo e' il secondo capitolo rivisto e completato.
Sto scrivendo un terzo capitolo, ma le idee corrono ancora libere e non sono state incanalate! Quindi suggerimenti e critiche, sono ben gradite! Anche immagini, "figure" e fatti che possano aderire a questo cross-over!
Ogni singolo troll, come al solito, sara' riccamente nutrito :)
Enjoy!

Capitolo 2
Due donne

 
Dalle stanze dove Aramis alloggiava, provenivano rumori violenti di calci e pugni, grugniti e silenzi forzati. Constance si avvicino’ cautamente alla porta e sbircio’ all’interno:
“Aramis! Avete chiesto alla Regina di volermi parlare privatamente. In cosa posso aiutarvi?”
“Entrate pure, Constance. Stavo... Stavo sistemando quest...”- la giovane balbetto’ nervosamente mentre si volto’ verso la ragazza interrompendosi, per continuare nuovamente:
“Non ho riferito tutto quello che ho scoperto alla Regina, Constance: il Duca di Buckingham e’ vivo. L’ho incontrato ieri a quel ricevimento! Bisogna assolutamente avvertire Athos!”
“Intendete gli altri moschettieri?”- preciso’ Constance entrando lentamente.
“Certo! Il Duca diceva di essere sulle tracce di un amico. Ha usato piu’ volte la contessa de Winter come strumento contro di noi! Conosceva bene cosa poteva fare di lui quella donna: dunque ci potrebbe essere la possibilita’che sia proprio Athos la persona a cui sta dando la caccia!”- Aramis si sedette sul letto disfatto e si guardo’ nuovamente attorno agguantando una spazzola.
“Il moschettiere Athos sembrava profondamente innamorato di quella donna...”- confermo’ Constance come se il suo sguardo fosse rivolto al passato, appoggiandosi alla nicchia dell’ampia finestra da cui penetrava la chiara luce del giorno.
La tensione di Aramis sembrava saettare nello spazio chiuso della camera, mentre si pettinava nervosamente i capelli, allo stesso modo con il quale si striglierebbe un cavallo. Li acconcio’ velocemente in modo da poter sistemare velocemente la corta parrucca mora che usava per mascherarli.
“Dovete correre immediatamente da D’Artagnan e riferirgli quello che vi ho appena detto! Constance, non posso rimanere qui! Mi devo rivestire e ci vorra’ del tempo...”- disse mentre ritrovava le sue vesti scure –“Voi dovete andare, ora!”
“Ma... Aramis! Avete appena promesso alla Regina che sareste rimasta!”
“Bene, mentivo! Non sono piu’ un moschettiere e non sono piu’ al servizio del Re! Non potete immaginare quante sbornie tristi, quante confessioni dolorose e quanti patetici pianti io e Porthos ci siamo dovuti subire tutti questi anni per colpa di Milady! Athos era profondamente innamorato di lei e quella se n’e’ sempre approfittata a scapito nostro! I suoi tradimenti e pugnalate alle spalle sono presto diventati innumerevoli! Non posso permettere che affligga le nostre anime, la sua di anima, anche da morta!”-continuo’ sventolando aggressivamente la spazzola e sistemandosi la camicia.
“Athos?! E’ per caso Athos la persona di cui stavate parlando?”- chiese Constance perplessa.
Aramis si volto’ incendiata in cuore ed in volto, mentre si strappava goffamente le gonne delle vesti notturne, nel tentativo di toglierle, le lascio’ andare e prese le spalle della ragazzina: “Constance, non riferite a nessuno quello che avete appena detto!”- esclamo’ severa.
Constance capi’ che quella poteva essere stata l’occasione vantaggiosa che la baronessa stava aspettando per aprire il suo cuore all’uomo che aveva amato segretamente da diverso tempo, ma che avrebbe avuto bisogno di una potente spinta da parte sua. La giovane dama non aveva sufficiente esperienza per capire i profondi meccanismi che articolano i cuori delle persone ed i loro veri sentimenti; tuttavia, al contrario della giovane baronessa abituata a parole schiette e modi diretti, era avvezza ai corteggiamenti e alle formalita’, sapeva cosa avrebbe dovuto fare:
“Credo dovreste venire con me a riferire il vostro messaggio ai moschettieri, Aramis, come avete detto e’ molto importante e non vorrei sbagliare neppure una singola parola...”- affermo’.
“Non sbaglierete, Constance: dovete affrettarvi, non ho tempo a sufficienza per ricostruire la mia maschera da uomo ed andare personalmente...”- si giustifico’ lei, forse presa dalla timidezza.
“Invece dovreste venire con me, cosi’ come siete ed approfittare di questa occasione per mostrare la vostra vera identita’ ad Athos, solo cosi’ potreste finalmente capire se il suo cuore e’ pronto per amare ancora, o per amare voi!”- ribatte’ la giovane dama. Aramis sospiro’, nuovamente combattuta tra ragione e sentimenti.
 
Era da poco mezzo giorno, ma la sua vista era gia’ sdoppiata e la sua testa pesante. Pensava fosse normale, dopotutto non avrebbe dovuto fare nulla quel giorno.
Il vino non era di qualita’ eccellente, per fortna questa volta neanche avvelenato, pensava gongolando la testa sullo schienale della sedia, le gambe rilassate e la mente finalmente vuota.
 
“Andate! compagno di ventura”- lo invito’ Porthos porgendogli l’ennesimo boccale di vino –“Siete libero ed ancora nel fiore degli anni! Sono queste le serate in cui e’ triste rincasare soli...”- Athos sorrise senza dire nulla.
D’Artagnan accorse al loro tavolo, senza sedersi ed esclamo’:
“Voi due! E’ ancora giorno e vi nascondete di gia’ al buio della taverna? Forza, uscite! Abbiamo una guerra da combattere!”- disse tirando Porthos per un braccio, mentre Athos si stiracchiava braccia e gambe.
“D’Artagnan, voi nel fiore degli anni! Non scappate cosi’ di corsa e venite a spiegare al nostro amico le gioie della vita!”- disse Porthos alzandosi dal tavolo, non del tutto sobrio.
A quelle parole il ragazzo sospiro’ e recito’:
“Guardatevi attorno! Non lasciate che il vostro cuore avvizzisca, come c’e’ sempre una guerra pronta per essere combattuta, cosi’ dev’esserci una donna pronta per essere amata!”- per poi scorgere dalla finestra Constance scendere da una carrozza.
Il giovane abbandono’ velocemente i due, che tentarono di seguirlo e sbalzo’ fuori dalla taverna per raggiungere la ragazza, che lo saluto’ con un bacio:
“Constance! Cosa vi spinge fino a qui?”- chiese il guascone perplesso,
“Oh, vedete, sono venuta in compagnia di un’ amica per vedere come procedono... I vostri allenamenti”- disse lei rivolta all’alta dama bionda con il volto mascherato che la accompagnava e alla sua vista fece un umile cenno con la testa.
“Per oggi abbiamo finito!”- esclamo’ Porthos raggiungendoli e porgendo i suoi saluti con un inchino veloce, sostenendo Athos per le spalle.
Le due dame si scambiarono nuovamente uno sguardo complice e la dama alta comincio’ goffamente a cercare qualcosa tra le pieghe della gonna.
“Ehm... Moschettieri, D’Artagnan! Abbiamo un importante messaggio da riferirvi: corre voce che l’Inghilterra sia pronta ad attaccare!”- cerco’ di spiegare Constance, guardando nuovamente la sua compagna che annui’ in silenzio.
“Molti dicono di aver gia’ visto piu’ e piu’ volte navi battenti bandiera inglese all’orizzonte di Calais...”-rispose lui, confermando quelle parole.
 
Constance prosegui’: -“Per giunta corre anche voce che il Duca di Buckingam non sia morto, potrebbe essere proprio lui a comandare quella flotta!”- incalzo’.
La misteriosa dama bionda annui’ nuovamente come se avesse avuto prova certa di cio’ che Constance stava dicendo, guardando i moschettieri sgarbatamente negli occhi senza neppure essere interpellata. Porthos noto’ quei modi, ma non ne fece troppo caso e chiese: “mi domando solo che fine abbia fatto Aramis, come al solito e’ sparito senza lasciare traccia!”- a quelle parole la misteriosa dama bionda, mise una mano sul fianco e comincio’ a prendere fiato pronta per dire qualcosa, ma Constance le schiaccio’ un piede nel tentativo di azzittirla.
“Baronessa voi non lo sapete proprio!”- la ammoni’ con un veloce bisbiglio –“Se volete, questo e’ il momento opportuno per gettare il fazzoletto...”- continuo’ sempre bisbigliando.
La donna emise un gemito e dopo qualche minuto di ulteriore ricerca, impacciata forse dalla timidezza o dall’emozione o dalla voglia di concludere quella farsa il piu’ in fretta possibile, tiro’ fuori dalle pieghe della gonna un vecchio fazzoletto ed allungo’ il braccio, senza discrezione ne velocita’, facendolo cadere di proposito ai piedi di Athos, che giro’ lo sguardo insofferente pronunciando:
“Andiamo, adesso. Se quello che state dicendo e’ la verita’, non abbiamo tempo da perdere!”.
La giovane dama bionda arrossi’ ed abbasso’ lo sguardo.
 
Porthos, D’Artagnan e Constance osservarono la scena imbarazzati, quando la dama presa dai nervi e dall’indifferenza di Athos si chino’ nuovamente a raccoglierlo con la mano sinistra ed altrettanto repentinamente con il pugno destro, agguanto’ l’uomo per il collo della giacca ed infilo’ il fazzoletto in una delle tasche dei pantaloni.
Constance, arrossendo, si congedo’ immediatamente: distolse lo sguardo da D’Artagnan con un cenno veloce di saluto e strattono’ la donna, correndo il piu’ velocemente possibile alla carrozza che le stava aspettando a pochi passi.
 
“Di certo non si puo’ dire che la vostre intenzioni siano state fraintese! Dopotutto chiarezza ed onesta’ sono virtu e non vizi, giusto?”- chiese Constance con le guance ancora arrossite dalla corsa e dall’imbarazzo.
“Io, io non so... Una parte di me vorrebbe davvero essere sua, alla condizione che le ferite nel suo cuore siano rimarginate!”- disse Aramis un po’ confusa sospirando verso il cielo stellato che si stava facendo spazio dal tramonto in quella lunga notte estiva.
“Mi domando come mai non ci aveste gia’ pensato voi!”- incalzo’ Constance alla fine di un veloce pensiero- “Voi, Aramis, siete una donna fortunata! La piu’ fortunata di tutte! Avete nelle vostre mani uno strumento che tutte le donne desidererebbero, ma voi lo trascurate e ve ne dimenticate!”
“Constance?! A cosa avrei dovuto pensare?”- rispose lei distogliendosi dai suoi pensieri.
“In passato, siete stata, seppur brevemente, un sacerdote. Avete ricevuto la dottrina della Chiesa! E con i vostri meticolosi travestimenti potete passare inosservata! Se siete curiosa di sapere che cosa affligge e quali pensieri passano nella testa del vostro amato, a voi basterebbe solo chiedere tramite il rito della confessione! Qualunque donna vorrebbe essere nei vostri panni!”
“Constance! Questo non mi e’ permesso! Ho sempre rifiutato di confessare i miei compagni! Conoscere i loro peccati avrebbe solo peggiorato questa situazione! Ogniuno ha il diritto di mantenere i propri segreti!”- sospiro’ Aramis.
“Avete ragione. Lasciate fare a noi domani, Baronessa, ed Athos sara’ finalmente vostro!”- la giovane damigella sorrise alla ragazza con fare sicuro –“E... Nel caso si presentasse l’occasione, vi chiedo comunque di non rifiutare le confessioni di D’Artagnan!”- continuo’ sorridendo maliziosamente.
 
Lo stomaco si strinse all’odore del cibo che Planchet stava preparando in cucina. Per quanto non fosse una delle sue peggiori sbornie, Athos si sveglio’ confuso e non del tutto conscio di quello che era successo la sera prima- “Vi dico che quella donna era tanto strana quanto bella! E poi cosi’ alta e forte! In giro non se ne trovano tante cosi’! Per giunta vi ha piu’ e piu’ volte dato cenni espliciti!”- suggeri’ Porthos, mentre Athos continuava a rigirare quel vecchio fazzoletto nelle mani con le iniziali RH logore e scolorite, ricamate sull’orlo.
“Se e’ un’amica di Constance, potrebbe risiedere a Corte!”- suggeri’ D’Artagnan ai due –“Bene!”-esclamo’ Athos–“Se la conoscete potete darlo direttamente a lei, quindi!”- ribatte’ l’uomo gettando il fazzoletto ai due.
“No Athos!”- esclamo’ Porthos –“E’ stata lei a consegnarlo direttamente a voi, dovreste essere voi a riconsegnarlo!”- coninuo’- “Se non siete interessati potete sempre dire di no, dopotutto era davvero una donna tanto maldestra e sgarbata, presentarla ai ricevimenti potrebbe poi non essere cosi’ gradevole!”- concluse con onesta’ il moschettiere.
“Avete ragione. Planchet!”- urlo’ a quel punto Athos verso la cucina, ma il servo non rispose ed Athos fu costretto ad abbandonare la loro abitazione per sellare il cavallo e dirigersi personalmente da quella donna.
 
Athos si presento’ a corte e chiese di parlare con una qualsiasi dama della servitu’ della Regina Anna, la quale non si fece attendere e accorse immediatamente di persona, accompagnata da Constance. Athos si inchino’ subito e disse:
“Dev’esserci stato un errore, Maesta’, ho chiesto di essere assistito da una qualsiasi dama della vostra servitu’, non da voi stessa!”
“Oh!”- sospiro’ la sovrana rivolta a Constance
“Il motivo e’ alquanto futile. Vedete, credo una delle vostre dame abbia perso questo fazzoletto”- continuo’ il moschettiere, mostrandole il pezzo di stoffa ricamato.
La Regina Anna alzo’ il ventaglio mascherando le labbra, e nuovamente rivolta a Constance sussurro’ impercettibilmente: -“E’ lui, dunque?”
“Le ho promesso di non rivelare il suo segreto”- bisbiglio’ la dama alla Regina, guardando l’uomo perplesso.
“Immaginavo!”- esclamo’ a quel punto la Regina a voce alta, sorridendo complice al moschettiere chinato al suo cospetto.
“Constance, e’ anche questa vostra amica una dama di corte?”- chiese apertamente la sovrana,
“Oh si, in un certo senso e’ qui a corte, se aspettate cercheremo il modo di farvi presentare a colloquio dalla baronessa d’Herblay”- disse Constance a voce alta e dando istruzioni ad alcuni servi.
“Non c’e’ bisogno di colloqui, sono solo venuto a riconsegnarle questo fazzoletto, potreste farlo voi per me!”- disse lui con aria evasiva, sperando di minimizzare quel dialogo cosi’ effimero ed al contempo ufficiale.
“Da quel che ricordo, la baronessa vi ha invitato ad una corsa a cavallo! Pensavamo foste venuto a corte proprio per questo!”- Temporeggio’ Constance –“Non ricordate? Ieri sera avete detto che sareste venuto a corte proprio per sfidarla in una gara d’equitazione nella tenuta reale! Non potete infrangere cosi’ una promessa ad una dama tanto motivata nel gareggiare con voi!”- continuo’ la ragazza, trovando l’approvazione della Regina.
Athos sospiro’ ed attese in ginocchio l’arrivo di questa misteriosa quanto goffa baronessa di cui ben poco si ricordava.
 
L’arrivo di questa misteriosa baronessa, fu annunciato di li’ a poco ed Athos fu accompagnato nuovamente al suo cavallo e successivamente ai cancelli di quella che veniva usata come tenuta per le gare d’equitazione: un boschetto rado con un passaggio abbastanza largo per far galoppare fianco a fianco non piu’ di due cavalli, ma anche isolato rispetto al pubblico e alla corte reale.
La servitu’ che lo aveva accompagnato, si allontano’ lasciandolo solo. Athos non si preoccupo’ della strana situazione, ma rimase vigile nel caso questo incontro cosi’ forzato fosse stato invece una trappola tesa contro di lui da qualcuno molto vicino alla nobilta’ reale.
 
“Era proprio necessario tutto questo? Perche’ non mi avete concesso di partire?”- chiese la baronessa rassegnata a Constance-
“Dovete dare al vostro cuore ed al suo la possibilita’ di provarci, almeno questa volta!”- sospiro’ la Regina osservando la giovane dama sistemare un’ultima volta l’acconciatura di Aramis.
“Maesta’?! Constance! Avevate promesso di non dirlo a nessuno!”- le ricordo’ lei,  alzandosi mentre la sovrana entrava nelle sue camere –“Sedetevi, Aramis! Constance non mi ha riferito nulla! E poi in effetti, e’ stato il moschettiere a volervi consegnare personalmente il fazzoletto...”
La giovane baronessa si sedette preoccupata, ma allo stesso tempo curiosa:
“Volete dire che ha espresamente chiesto di me?”
“Certamente!”- sorrise la sovrana alla sua damigella.
 
Qualche momento dopo arrivo’ la dama bionda, con la stessa maschera del giorno prima che le ricopriva gli occhi.
“Athos!”- lo chiamo’ da lontano, pero’ prima ancora che la giovane si potesse avvicinare , lui le consegno’ il fazzoletto lanciandolo, voltandole sgarbatamente le spalle in vista dell’uscita da quella tenuta.
“E’ vostro. E ricordate di non consegnarlo a qualcun altro con gli stessi modi con cui l’avete consegnato a me!”- disse allontanandosi.
“Hei!”- grido’ lei aggressivamente, avventandosi nuovamente sull’uomo dal suo cavallo con un unico balzo, facendolo cadere e riprendendolo in piedi per il collo della giacca, sollevato questa volta qualche centimetro da terra –“Non si tratta cosi’ una signora!”- disse mentre la piccola mascherina cadeva a terra volteggiando.
In quel momento si ricordo’ delle meticolose istruzioni di Constance e della Regina: una vera dama non si sarebbe mai comportata cosi’. Arrossi’ e lo lascio’ andare.
“Noto con sorpresa che prendete le vostre gare seriamente...”- Athos si rivolse alla ragazza sistemandosi la giacca, curioso della figura aggressiva ed al contempo delicata di lei. Alcuni uomini della servitu’ di palazzo ridacchiavano in lontananza, forse alla vista di quella scena surreale. Prova che nelle tenute di Corte, non si era mai veramente soli.
I due si scambiarono uno sguardo veloce in silenzio.
“C’e’ una ragione per la quale vorreste gareggiare con me, baronessa? Oppure e’ un combattimento di lotta libera quello a cui siete interessata?”- chiese Athos ironicamente.
La ragazza si volto’ nuovamente, anche senza quella piccola mascherina nera Athos non sarebbe riuscito a riconoscerla, eppure notava in lei qualche cosa di familiare.
“Mi dispiace, ci dev’essere stato un errore... Dopotutto ieri avevamo bevuto qualche bicchiere di troppo!”- disse la giovane dalla voce quasi spezzata.
“Voi?! Non vi fa onore bere a quell’ora del giorno. Dovreste tenere nascosti questi dettagli!”- l’uomo si schiari’ la voce e continuo’: “Avete consegnato a me il vostro fazzoletto forzatamente, baronessa. Non vedo dove possa essere l’errore, sono comunque lusingato. Devo pero’ rifiutare la cortesia avendo in mente altri interessi al di sopra di tali frivolezze”- cerco’ di spiegare il moschettiere.
“Come vi ho spiegato, Athos, ieri avevamo tutti bevuto un po’ troppo. Voi soprattutto sembravate tutt’altro che sobrio... Forse siete voi che non potete piu’ tenere questi dettagli nascosti!”-preciso’ la dama bionda.
“Se e’ quello che intendete, baronessa, non mi vedrete piu’ in quello stato a quell’ora del giorno...”- si giustifico’ l’uomo- “...Intendo forse la possibilita’ di non rivedervi affatto e togliervi cosi’ da questo imbarazzo!”- concluse irritato.
“Athos! Errori sono stati commessi. Errori che non si ripeteranno! Se sono ancora qui e non vi ho ancora preso a pugni, c’e’ una cosa riguardo a ieri che mi sento in dovere di ribadirvi: il Cardinale e’ a conoscenza di qualche cosa al di sopra di noi. Persone che credevamo scomparse, potrebbero ritornare. Tenetevi pronto!”- lo ammoni’ la ragazza. E rimontando velocemente a cavallo, si allontano’ il piu’ in fretta possibile.
 
Fu in quel momento che in lontananza, Athos scorse improvvisamente un uomo alto, con un’arma puntata contro di loro, su di un cavallo nero prendere la mira ed improvvisamente sparare.
Il proiettile lo schivo’ di pochi centimetri, la baronessa si getto’ da cavallo repentinamente, schivando il colpo, la bestia scappo’ spaventata mentre lei ritornava di nuovo sui suoi passi verso Athos che, seppur colto di sorpresa, riusci’ a calmare il suo e galoppare in direzione di quello sparo, ma l’uomo si dileguo’ presto tra le fronde.
“Baronessa! Qualcuno ha appena attentato alla vostra vita! State bene?”- si allarmo’ Athos tornando indietro.
“Si sara’ trattato sicuramente di un errore! Ci avra’ scambiato per cervi! Piuttosto voi, siete ferito?”- chiese la ragazza piu’ preoccupata per il cavallo, cercando di minimizzare l’accaduto.
“Non sono riuscito a vederlo in faccia! Conoscete quell’uomo? Sapete perche’ vi vuole morta?”- chiese il moschettiere alla giovane,
“Non proprio...”- rispose lei temporeggiando.
Avrebbe potuto il Duca allontanarsi tanto facilmente dalla dimora di Richelieu passando inosservato?-penso’ la ragazza. Oppure era davvero tutto un errore, come lei cercava di insinuare, per non sopettare il peggio?
“Non avrei mai dovuto dare retta a Constance ed appartarmi qui con voi! E’ stato gia’ un errore invitarvi qui! Imperdonabile sarebbe se questo nuocesse alla vostra vita! Cercate di non presentarvi mai piu’ a Corte, tantomeno alla residenza del Cardinale, senza essere bene armato e accompagnato da i vostri uomini piu’ fidati!”- lo ammoni’ la ragazza sospettosa.
 
“ Che cosa sapete che non potete rivelarmi, Baronessa? E’ questa per caso tutta una farsa che avete organizzato per fare in modo di parlare con me senza occhi ed orecchie indiscrete? State cercando qualcuno in grado di guardarvi le spalle? Perche’ se fosse cosi’ io ed i miei compagni potremmo aiutarvi!”- disse l’uomo tendendole la mano per farla risalire a cavallo.
La ragazza rifiuto’ in silenzio e successivamente rispose: “Avete ragione sul fatto che questa sia tutta una farsa, Athos...”
 “Siete dunque una spia segreta al servizio della Regina?!”- incalzo’ lui.
Quell’incontro cosi’ futile stava prendendo una piega critica: la baronessa temporeggio’ sospirando –“Non credo che quegli spari fossero rivolti a me...” –cerco’ di rispondere.
“Siete venuta a conoscenza di qualche informazione pericolosa e la regina vuole proteggervi? E’ questo il vero motivo per il quale avete richiesto la mia presenza? E’ il Cardinale che vi vuole morta?”- il moschettiere, ora sorpreso e incuriosito, non poteva trattenere tutte quelle domande-
“La mia posizione a Corte non mi permette di rivelare di piu’ di quanto non abbia gia’ detto... Voi fate troppe domande!”- bisbiglio’ la ragazza guardandosi attorno, questa volta scortandolo verso l’uscita e guardandosi sempre indietro. 
 
 Aramis ritenne subito che quella farsa messa in atto dalla Regina e da Constance si era rivelata troppo pericolosa.
 La ragazza decise che era giunto il momento di ritornare alla vita reale e dimenticarsi momentaneamente di quegli episodi. Le due donne le avrebbero sicuramente chiesto di com’era andata quella gara ed ogni sigola parola pronunciata dal moschettiere, se questo si fosse avvicinato e l’avesse corteggiata, oppure il contrario, se questi si fosse rivelato indifferente e disinteressato nei suoi confronti’.
 
Decise di rispondere a tutte quelle domande prima ancora che le fossero state poste:
“Conosco bene i suoi sguardi, so quale fuoco arde nei suoi occhi. E questa mattina, con me, quel fuoco era spento”-constato’ rassegnata Aramis al cospetto di Constance e della Regina, trascurando volontariamente le voci che giravano riguardo ad alcuni spari sentiti provenire dalla tenuta.
 
“Bene. Ora che avete ricambiato il favore ed io il vostro, penso sia meglio ritornare alla vita di tutti i giorni. Dopotutto avevate ragione. Forse vivere nel rimorso di non sapere la verita’ mi avrebbe afflitto molto di piu’. Vi ringrazio infinitamente per il vostro aiuto e consiglio, Maesta’”- disse Aramis inchinandosi verso la Regina, in procinto di rivestirsi e ricostruire quella maschera che la caratterizzava da anni e la trasformava ogni giorno in un uomo.
“Aramis! Aspettate!”- disse la Regina –“Dev’esserci qualche cosa di piu’ che possiamo fare per voi!”-
“No, Maesta’. Questa e’ la punizione divina per aver tradito il mio primo amore ed averlo dimenticato per qualcun altro! Preghero’ invano e sopravvivero’ al mio dolore”- dichiaro’ Aramis con aria rassegnata, cercando di desistere le donne da ulteriori tentativi.
La Regina acconsenti’ a lasciare andare la ragazza ad una condizione: “Dovete promettermi un’ultima missione segreta! Ho solo voi a Corte in grado di proteggermi dagli attacchi del Cardinale, voi avete solo me: ora conosco il vostro segreto e saro’ pronta a rivelarlo nel caso doveste rifiutarvi!”- ammoni’ la sovrana al moschettiere.
La Regina ora la teneva in pugno.
 
Quella notte stessa, una volta ultimato il pesante trucco, Aramis lascio’ il palazzo del Louvre per ritornare alla sua solita vita e solita dimora insieme ai suoi compagni.
 
La porta cigolo’ lentamente, Planchet non l’apri’, forse dormiva. Il resto di un’ultima candela accesa illuminava la stanza. Aramis entro’ quasi di soppiatto, si tolse velocemente il mantello e si sedette subito al suo posto nel tavolo da pranzo, dove un libro era aperto sulla pagina della preghiera dell’assoluzione. Lo chiuse e recito’ silenziosamente con la sua croce in mano.
“Credevo foste morto”- una voce profonda, dal buio, lo sorprese, Aramis non si volto’ e continuo’ a pregare –“Profumate”- disse Athos sedendosi al tavolo e versando del vino per se e per il compagno, per brindare alle presunte conquiste dell’amico .
“Sparite e riapparite come un gatto in amore”- concluse sorseggiando un secondo bicchiere.
Aramis stette in silenzio senza neppure rivolgergli lo sguardo, Athos verso’ un terzo bicchiere sia per lui che per l’amico.
“Aramis... Oh...” –pronuncio’ Athos tenendosi la fronte con una mano -“Non me la sento di chiedere certe cose ad un prete. Voi pero’ siete stato sacerdote!”- continuo’- “Confessatemi!”- ordino’ il moschettiere, quasi come se questa fosse stata un’ironica coincidenza.
“Non sono piu’ un sacerdote”- rispose Aramis
“Allora il sacerdote lo faro’ io!”- ridacchio’ Athos –“E non un sacerdote qualunque! Il piu’ nobile e ricco! Sua Eminenza il Cardinale! Il piu’ potente sacerdote di Francia! Confessate pure a me i vostri peccati!”- recito’ Athos continuando a bere.
“Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso te...”- prego’ Aramis rivolto all’amico.
“Non e’ questo che voglio sapere! Voglio altri dettagli! Certi dettagli...”
“Forse anche voi, come i gatti o come me, avete bisogno di dileguarvi in amore per poi tornare disteso e riposato... Proprio come lo sono io!”
“Non vi trovo affatto riposato, Aramis, al contrario! Sembrate nervoso e impallidito! Qualche cosa veramente vi affligge, amico mio? E’ davvero la vostra anima soggetta alle pene d’amore? Quelle che afflissero me per tanto tempo? Quale donna tormenta il vostro cuore?”- chiese l’uomo all’amico.
“Dunque ritenete che il vostro cuore non sia piu’ afflitto dai dolori d’amore?! Continuate a bere come se lo foste...”- affermo’ Aramis sospettoso.
“Non curatevi di me e raccontatemi di questa donna che vi ha catturato! Vi ha tenuto prigioniero tra le lenzuola? E’ nobile? E’ bella?”- comincio’ nuovamente a chiedere Athos.
“Donne, Athos, sono due. E voi la dovete smettere di fare tutte queste domande!” rispose il moschettiere.
“E sia Aramis!”- disse lui alzandosi e facendo un ampio cenno con il bicchiere quasi vuoto – “Badate bene, pero’, di non fare la mia stessa fine!”- concluse sedendosi di nuovo, barcollando.
“L’importante, caro Athos, e’ che non facciate voi la mia, di fine!”- disse Aramis abbozzando un sorriso, lasciando il tavolo e ritirandosi nella sua stanza.
 
Il mattino arrivo’ in fretta quando Porthos scese dalle sua branda alla sala da pranzo. Noto’ il caminetto spento, il libro di preghiere chiuso ed Athos accasciato ancora con la testa sul tavolo. L’uomo scosse le spalle dell’amico che si sveglio’ dolorante.
“La dovete smettere. Alle dame non piacciono gli ubriaconi!”
“Parole che escono dalle vostre labbra, Porthos. Allora e’ veramente l’ora di smetterla! A quali dame vi riferite?”- chiese Athos strofinandosi gli occhi e tenendo la testa-
“Quelle che vi infilano fazzoletti in tasca, vi invitano alle gare d’equitazione e schivano colpi di pistola! Quali, se no?”- continuo’ lui cercando di riaccendere il fuoco e chiamando il servo con un forte grido.
“A proposito di dame...” -bisbiglio’ Athos facendo cenno verso la porta delle stanze di Aramis che dava direttamente sulla sala da pranzo –“E ben due!”- ammise soddisfatto.
“Due?! Adesso capisco come mai fosse sparito per giorni!”- esclamo’ Porthos.
In quel momento, Aramis, da tempo in piedi, apri’ la porta della sua stanza che accedeva direttamente sulla sala da pranzo e saluto’ il moschettiere:  “Buon giorno a voi, Porthos! Quanto tempo!”- esclamo’ abbozzando una reverenza e sistemando il paiolo sul fuoco.
“Ah, voi! Che ve ne andate a donne d’alto borgo, si direbbe dal profumo, e non sapete quello che succede qui tra noi comuni mortali!”- contesto’ il moschettiere.
“Mh? Ditemi, che succede Porthos?” –chiese Aramis strofinandosi il volto.
“Athos e un’altra donna!”- esclamo’ lui sorpreso, rivolto all’amico –“Ma non una donna qualsiasi, un’altra delle sue! Una spia al servizio della Regina Anna, che sta per essere uccisa”-
“Siete sicuro?”- chiese Aramis con vivo interesse a Porthos-
“Si fa passare come una delle dame di corte: bella, ricca, pulita...”- rispose  
“Non e’ come credete, Porthos! E poi e’ sgarbata. Molto sgarbata!”-aggiunse Athos.
“Una donna molto forte... o forse un uomo?”-si chiese Porthos.
“Haha! Un uomo... Una donna forte come un uomo... Oppure un uomo vestito da donna?”- Aramis si burlo’ del divagare dei compagni.
“Hahaha! non me lo perdonerei mai se sotto le sue gonne si nascondessero segreti piu’ grossi dei miei!”- concluse Athos, lasciando che i due lo prendessero in giro.
 
 
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Capitolo 4
*** Inviti, rinunce e pugnali ***


Ok, nuovo capitolo, anche questo scritto –relativamente- di getto. Spero che il discorso fili :) prima di cominciare mi sento di dover ricordare una delle mie regole narrative in questo tipo di fic: Aramis e’ trattata da uomo con chi sa che e’ un uomo e da donna con chi sa che e’ una donna. Quindi quando leggete di Aramis “lui” e’ solamente perche’ in quella situazione i personaggi con i quali si sta relazionando non sanno che lei e’ una donna (o se lo sanno, lei non glie l’ha detto)!!
 

Capitolo 3
Inviti, rinunce e pugnali

 
Alla Residenza del Cardinale Richelieu, i portoni erano chiusi e messaggi erano stati dati alle guardie che li custodivano, di non fare entrare nessuno in veste ufficiale: solo la stretta servitu’ cardinalizia era stata autorizzata a muoversi piu’ o meno indisturbata.
Nella sala dei ricevimenti, il Cardinale riceveva da solo il suo misterioso ed importantissimo ospite.
 
“Avevate riferito che i moschettieri erano finiti, Richelieu! Avevate detto che non sostavano piu’ a Corte e che sarebbe stato difficilissimo rintracciarli! Eppure ho visto proprio Athos con i miei stessi occhi, nelle tenute reali!”- urlo’ nervoso il Duca al prelato.
“Non sono al corrente dei movimenti di ogni singolo suddito, neppure se questo capito’ essere una guardia reale in passato. Piuttosto, voi non dovreste aggirarvi fuori dalla mia residenza senza essere accompagnato, Duca. Dopotutto siete di nuovo in visita non ufficiale e potreste essere facilmente riconosciuto! Nessuno a corte ancora sa che siete sopravvissuto a quell’esplosione...
Mi rammarico del fatto che non siate riuscito nel vostro intento di eliminare Athos, ma non considero questo personalmente un mio errore. Se posso fare qualcos’altro per voi, in modo da permettervi di liberarvi di quel moschettiere piu intimamente e desistervi un’altra volta nel dichiarare apertamente guerra alla Francia, richiedete pure! In questo momento una solida alleanza con l’Inghilterra e’ solo nel mio interesse...”- spiego’ il Cardinale con tono evasivo.
“Eminenza, voi desiderate questa guerra?”- chiese nuovamente il Duca.
“La Francia non e’ pronta ad affrontare una guerra come intendete voi in questo momento, Duca. Se desidero o meno una guerra, d’altro canto, e’ tutt’altro discorso. Mi piacerebbe, in caso di una vostra vittoria, esservi d’aiuto...”- sorrise l’eminenza aprendo le mani giunte in segno di accoglienza.
“Quindi non mi aiuterete a trovare Athos? Bene! In questo caso e’ meglio per me non crearvi ulteriore disturbo e lasciare al piu’ presto la vostra dimora!”- il Duca fece qualche passo verso la porta della stanza per poi aggiungere: “Neanche voi dovreste essere tanto entusiasta di quel manipolo di bagordi. Soprattutto da quando quello piu’ giovane, D’Artagnan, ha ucciso Rochefort!”.
 
“Devo ammettere che se mi lasciaste il giusto tempo, Duca, consegnarli direttamente a voi sarebbe per me fonte di immenso piacere”- commento’ il Cardinale con un mezzo sorriso.
“Athos ed i suoi compagni mi hanno messo in ridicolo(1)! La devono pagare! Trovateli. Consegnatemelo. Lasciatemi o meno il piacere di ucciderlo con le mie stesse mani. Non importa. Oppure vi garantisco che le mie flotte attaccheranno oggi stesso! Se volete sventare questa guerra imminente, e’ questa la vostra unica soluzione!”- continuo’ il Duca a denti stretti.
“Sua Maesta’ il Re parlava di un ballo e della volonta’ di riconvocare a corte uno stretto numero di moschettieri come sue guardie personali... Lasciatemi ancora qualche giorno e vedo quello che posso fare...”- continuo’ il Cardinale tendendo il braccio e mostrando al Duca di Buckingham l’uscita.
 
Non passarono che istanti e per il Cardinale, entrare a corte ed invitare il Re ad organizzare una cerimonia e un ballo d’investitura, sarebbe stato molto semplice.
“Un ballo?”- chiese il re perplesso.
“Un ballo... Come avete preannunciato. Una cerimonia di investitura che dia la possibilita’ ai vostri migliori e fidati uomini di ritornare ad essere le vostre guardie reali. Anche la Regina sembrava interessata ad una cerimonia del genere...”- continuo’ il Cardinale distogliendo lo sguardo.
“La Regina ha chiesto espressamente di questo ballo?”- chiese il sovrano illuminandosi.
“Oh! Si... Le ho parlato personalmente e dice di non vedere l’ora di nominare i vostri uomini piu’ fidati come guardie reali!”- contino’ l’eminenza.
“Dopotutto io stesso ero intenzionato ad una cosa simile... L’ultimo ballo a Corte e’ stato un vero evento! Era una mia idea gia’ dal principio... Non e’ vero?”- chiese il Re.
“Certamente, Maesta’!”- borbotto’ il Cardinale.
“Bene! Allora non resta che mandare gli inviti! Credete che il rosso faccia per l’occasione? O ritenete che il blu sia il colore adatto?”
“Rosso... E’ un bel colore.”- rispose indifferente il Cardinale- “Maesta’ un’ultimo desiderio della Regina: vorrebbe che la cerimonia e il ballo si tenessero presso la mia dimora. Io ho prontamente accettato i voleri di Sua Maesta!”- aggiunse mentendo.
Il Re arrossi’ e sorrise: “E sia come vuole Sua Maesta’ la Regina! Prendete voi l’incarico di mandare gli inviti!”- disse abbandonando il colloquio per affrettarsi dai sarti di Corte.
 
***
 
D’Artagnan non poteva essere piu’ soddisfatto leggendo quella missiva: il Re era onorato di invitare i suoi quattro uomini di fiducia alla cerimonia d’investitura che li avrebbe riportati a ruolo di guardie reali! Almeno cosi’ era scritto.
Anche Porthos sembrava abbastanza contento delle lettere, con i sigilli reali, che tutti e quattro avevano appena ricevuto:
“Dobbiamo subito fare un brindisi a questa cerimonia!”- disse cercando di tirare fuori dalla cantina la migliore bottiglia che potesse trovare.
“No, no! Non oggi amico mio! Aspettiamo almeno che giunga la notte!”- sorrise rifiutando Athos.
“Buon per voi questa volta, dunque!”- disse Porthos riempiendo il bicchiere solo per se e sollevandolo in suo onore.
 
Quello che piu’ sorprese i tre, fu l’atteggiamento di Aramis: alla vista della sua lettera, quello che sembrava un uomo pronto a ritrovare la tranquillita’ e la voglia di combattere di un tempo, dopo quelle strane avventure misteriose di cui aveva lasciato i suoi amici all’oscuro, si incupi’ e sbatte’ con violenza la  lettera al tavolo alzandosi:
“I sigilli saranno pure reali, ma  qui c’e’ scritto chiaramente, la cerimonia d’investitura si terra’ presso la dimora del Cardinale! Non mi sorprenderei se fosse il Cardinale stesso a nominarci all’improvviso parte del suo corpo di guardia! Non vedo proprio cosa ci sia da festeggiare!”.
“Se cosi’ fosse, potremo combattere il nostro nemico dall’interno e ribellarci ai suoi voleri!”- suggeri’ Porthos, nel consenso degli altri due.
“No! Non ce ne sara’ data la possibilita’! Saremo uccisi o mandati al fronte prima che questo accada! Il Cardinale non ha nessun motivo per tenerci vivi, visto che abbiamo gia’ rifiutato la sua offerta una volta!”- continuo’ Aramis negativamente –“Non andro’ a questo ballo e non accettero’ la nuova nomina di guardia reale! E non dovreste farlo neanche voi...”- concluse con un sospiro assente.
I restanti tre si guardarono perplessi, senza proferire parola per diversi minuti, fino a che Porthos affermo’: “Non abbiamo altra scelta! E’ nostro dovere combattere per la Francia, ed il Re e’ la Francia!”.
Porthos lo strattono’ violentemente per un braccio, quasi come fosse pronto a passare alle mani, ma l’amico riusci’ faticosamente a bloccarlo: “Non posso accettare queste condizioni. Tuttavia voi siete liberi di scegliere il vostro destino!”- ribatte’ nuovamente Aramis.
A quelle parole Porthos sbuffo’ ed accascio’ le potenti spalle con fare arrendevole:
“Non vorrete...” –dopo tanti anni fianco a fianco dell’amico, non riusciva neppure a pronunciare quelle parole.
“Aramis: se non siete con noi, siete contro di noi!”- continuo’ Athos freddamente.
“No, non e’ come sembra! Pensateci bene, se voi vi arruolaste di nuovo ed io fossi al di fuori di tutto, potrei essere quel riferimento di cui avreste bisogno nel caso vi trovaste nei guai! Rimarrei comunque a vivere in questa casa, mentre voi verreste trasferiti alle caserme. Potrei esserci per qualsiasi evenienza!”- si giustifico’ velocemente Aramis.
“E voi vorreste davvero sacrificare questo privilegio per noi?! Quali piani avete veramente in mente?”- chiese sorpreso Porthos.
“Si, dopotutto io, al contrario di voi, un lavoro ce l’avrei gia’... Potrei sempre riprendere i voti o decidere di sposarmi e mettere su famiglia...”- affermo’ lui sospirando.
“E siete disposto a rinunciare a tutto per sposare una delle vostre dame misteriose?”- chiese sorpreso D’Artagnan- “E’ questo che vi acciglia?”- continuo’.
“Ritornare a corte con queste condizioni potrebbe rivelarsi un colpo basso e sleale nei nostri confronti. Mi sento piu’ utile nel rimanere con lei, seppur lo sposarla mi sembrerebbe... Eccessivo.”- rispose Aramis calmo, ma evitando di guardarlo negli occhi.
 
“Rimarreste comunque qui a Parigi, in questa casa. Sapremo dunque dove trovarvi nel caso aveste ragione e avessimo bisogno di voi, Aramis”- sospiro’ tristemente D’Artagnan.
“No! Non posso permettere che il vostro talento di combattente venga perso in chiesa o per una donna! Questo comportamento non e’ da voi!”- continuo’ Porthos, pronto a risolvere la situazione in altra maniera, se fosse stato necessario, questa volta fu Athos a fermarlo:
“State commettendo un grave errore e lo sapete! Vorrei, come Porthos, convincervi a prendere questa carica con noi. Conosco gia’, tuttavia, la risposta che mi dareste: io sono l’ultima persona in grado di giudicare il vostro agire. Se avessimo bisogno di voi, ci faremo sicuramente vivi!”- disse con riluttanza.
Per i moschettieri, la perdita di Aramis fu un duro colpo: probabilmente qualche cosa era davvero cambiato dal primo scioglimento delle guardie e i tre uomini non erano piu’ quelli di un tempo. Forse erano tutti piu’ stanchi e provati da quella situazione che li faceva apparire come marionette al servizio del re, alla quale erano stati relegati nel corso di quegli anni.
D’Artagnan, entusiasta per la sua nuova posizione di moschettiere, forse non capi’ i sottili meccanismi che articolavano il profondo legame dei tre, cosi’ probabilmente non si accorse di come in quel momento questi si fossero irrimediabilmente incrinati.
Fu allora che i tre si prepararono per il primo colloquio reale che si sarebbe tenuto prima della cerimonia d’investitura a Palazzo. Aramis consegno’ a Planchet una missiva di rifiuto ed i quattro si allontanarono presto a cavallo mentre lui si ritirava nelle sue stanze, sparendo alla loro vista.
 
Il Re vestiva d’oro e turchese quel giorno.
Il Cardinale assisteva impassibile i piani organizzati dal sovrano per la cerimonia:
“Facciamo finta che questo sia il salone da ballo presso la vostra dimora, Eminenza! Potrei scendere da questa scala...” -disse saltellando verso una gradinata di marmo bianco e cominciando a scendere con eleganza.
“I moschettieri potrebbero entrare da quella parte... O da questa...”- continuo’, indicando la destra e la sinistra dell’ampio salone, mentre alcuni vassalli continuavano ad entrare e uscire, mostrando stendardi, ori e alcuni arazzi da inviare alla dimora del Cardinale.
“Come desiderate, Maesta’!”- disse il Cardinale ad occhi chiusi, abbastanza annoiato.
“La Regina?! Come mai tarda ad arrivare? L’avete vista?”- chiese nuovamente il sovrano al prelato, guardandosi attorno.
“Non saprei...”- rispose lui.
Il Re si guardo’ attorno, da un portone laterale della sala vide la Regina arrivare trafelata accompagnata da Constance: “Maesta’”- disse con un ampio inchino e le guance arrossite dalla corsa –“Io e Constance stavamo discutendo... Su quali gioielli indossare alla cerimonia! Cedete che questi vadano bene?”- disse scostando i boccoli castani e mostrando la ricchissima collana di rubini che adornava le bianche spalle nude. Il sovrano si fermo’ improvvisamente ed arrossi’ senza dire una parola.
“Potreste giustificare il vostro ritardo a Sua Maesta’ il Re?”- chiese il Cardinale alla sovrana, non curante della risposta appena data.
Fu la Regina questa volta ad impallidire senza dire nulla.
***
Non appena i messaggeri reali erano partiti per consegnare gli inviti ai moschettieri, la Regina aveva inviato Constance a chiamare Aramis, poco sapendo che il moschettiere aveva gia’ rifiutato l’invito del Re.
Quando la ragazza apri’ la porta alla dama, con la parrucca mora, ma priva di maschera, aveva ancora gli occhi rossi di pianto ed il volto atterrito.
“Aramis! Che vi prende!”- chiese la giovane.
“Qualche cosa di importante oggi e’ cambiato per sempre...”-rispose trattenendo orgogliosamente nuove lacrime.
“Posso chiamarvi Renee?”- chiese la damigella.
“Chiamatemi pure come volete...” –rispose lei sedendosi al tavolino- “Non potete rimanere qui a lungo, Planchet potrebbe tornare presto! Cosa vi spinge fino a qui?” –chiese prendendosi la fronte con i palmi delle mani.
“La Regina vi desidera di nuovo a Corte... Una carrozza ci aspetta!” –disse la damigella indicando l’uscita, senza darle la possibilita’ di prendere neppure lo stretto necessario.
 
“Baronessa,”- sospiro’ la Regina vedendo arrivare Renee a lunghi passi nelle sue stanze private per poi inchinarsi al suo cospetto –“Baronessa, devo venire di nuovo in vostro aiuto: il Cardinale e’ a Corte oggi!”- continuo’.
“Lo so”- rispose lei mesta.
“Renee: credo di aver capito alcuni dei piani del Cardinale! Sta cercando di tenere un piede in due staffe assecondando i voleri della Corte inglese!”- disse la Regina, ignara delle informazioni di Renee.
“La Francia non e’ pronta ad entrare in guerra contro l’Inghilterra in questo momento. Se il Cardinale volesse mantenere la sua influenza sul Re, farebbe tutto il possibile per evitarla. Comunque un imminente attacco delle flotte inglesi potrebbe solo giovare sul suo potere e spodestare definitivamente il Re della Corona, Maesta’...”- constato’ Renee, la quale ben aveva ragionato su quelle meccaniche.
“Avete prove dell’alleanza segreta del Cardinale con l’Inghilterra?”- chiese la Regina turbata.
“Non ho che i miei occhi e le mie parole, Maesta’”- rispose.
“Il vostro compito e’ di darmi una prova certa! Il Cardinale deve ancora pagare i torti che ho subito e se e’ davvero un traditore, deve pagare anche per questo! Voglio tutte le prove che riuscirete a procurarmi!”- ordino’ la sovrana, mentre Constance cercava di acconciarla in fretta e furia.
 
 “Nei prossimi giorni ci sara’ la cerimonia d’investitura dei moschettieri: rientrerete nelle guardie reali?”- chiese nuovamente la regina. Renee strinse i pugni e si morse le labbra: “No” –rispose tra i denti.
“Sicuramente avrete le vostre ragioni per aver rifiutato quell’invito reale. Personalmente, ritengo che avete fatto la scelta giusta! Ora il vostro cuore e’ finalmente libero di volare via, verso nuove mete! Soprattutto potreste essere la mia guardia personale, d’ora in poi! Sarebbe un immenso onore per me permettervi di lavorare al mio servizio, come una donna!”- la sovrana si congedo’ con un sorriso e lascio’ Renee organizzare la sua nuova missione.
***
La Regina lascio’ quei ricordi veloci di qualche attimo prima correre di nuovo nella sua mente: “Eminenza! Una signora ha bisogno dei suoi tempi per prepararsi”- esclamo’ con un leggero inchino verso il Cardinale.
 
“Maesta’, i moschettieri Athos, Porthos e D’Artagnan sono arrivati!”- annuncio’ un servo, facendoli entrare ed inchinare di fronte al sovrano.
“Moschettieri... Futuri, Moschettieri! Ben arrivati!”- disse lui con un ampio sorriso –“Avete atteso molto?”- chiese.
“Ehm... Soltanto qualche ora...”- rispose D’Artagnan a mezza voce, visibilmente annoiato.
“Vedo che non siete tutti... Manca qualcuno...”- continuo’ il sovrano stringendo lo sguardo nel tentativo di ricordare il nome del cavaliere assente.
“Il moschettiere Aramis mi manda per consegnarvi questa lettera”- borbotto’ Planchet tendendo con entrambe le braccia la lettera, il volto chinato il piu’ possibile verso terra ed i capelli bruni davanti agli occhi.
“Oh! Ecco! Aramis!”- il volto del sovrano si illumino’ leggermente, facendo finta di ricordare quel nome –“E... come mai ha rifiutato l’invito?”- chiese nuovamente.
“Pene d’amore...”- risposero all’unisono i tre.
Il Re sorrise e sospiro’: “L’importante e’ che voi siate qui, pronti per accettare il nuovo incarico di guardie reali!” –constato’ guardandoli e volgendo loro la mano.
“D’Artagnan! Posso chiedere di seguirmi? Ho alcuni consigli da chiedervi!”- chiese il sovrano al giovane. Lui si rialzo’ dall’inchino, si sgranchi’ le gambe e lo segui’ di qualche passo.
“E noi? Dobbiamo rimanere cosi’ inchinati ancora a lungo?”- chiese Porthos dolorante.
“Mh... No, no! Alzatevi pure! Potete andare dove volete! Siete ospiti di Corte!”- continuo’ il Re voltando loro le spalle.
I due si alzarono in piedi per vedere il Cardinale e la Regina, ai due lati opposti del salone, fissarli nervosamente. Athos e Porthos, si guardarono ed Athos disse: “Se ci fosse concesso di congedarci e ritirarci fino a che la nostra presenza non fosse necessaria... “- il Cardinale alzo’ le mani in segno di congedo verso di loro e la Regina lascio’ il salone.
 
I due moschettieri si diressero verso i giardini reali.
“Ho il sospetto che tutto questo non sia una trappola, Athos, ma sia solo una fantasia del Re!”- commento’ Porthos rassegnato.
“Se cosi’ fosse, ci sarebbe data comunque la possibilita’ di servire la Corona e la Francia...”- gli ricordo’ Athos guardandosi attorno, nel sospetto che qualcuno potesse seguirli, ma non scorse nessuno.
I minuti scorrevano lenti e patetici, le nuvole attraversavano il sole pomeridiano facendo sembrare tutto quel tempo immobile. Tornarono piu’ volte verso il portone da cui erano usciti, senza che D’Artagnan o chi per lui fosse li’ per annunciarli e farli rientrare.
Vicino a quel portone era la porta di una cappella buia, dalla quale proveniva una fresca arietta che sembrava proprio riparare dal sole e dalla caliggine.
“Credo di aver voglia di pregare!”- disse Porthos ad Athos.
“Ehm?”- si sorprese lui.
“Tutta quella fresca acqua santa... E quell’ombra! Magari anche un po’ di vino...”- sussurro’ l’uomo cambiando corso di marcia e dirigendosi verso la chiesetta –“Porthos! Non entrate senza avvisare! Sapete cosa si fa dentro le cappelle di corte!”- grido’ l’altro seguendolo –“Ancora meglio!”- incalzo’ lui accelerando il passo.
I due entrarono velocemente, Porthos abbozzo’ velocemente il segno della croce e si diresse immediatamente verso il catino. Athos si soffermo’ un attimo guardando quella piccola chiesa buia dall’altare dorato, probabilmente mai usato per dire messa, i pancali neri lucidi, l’inginocchiatoio sul quale pregare, quello leggermente consumato.
Porthos bevve diversi bicchieri d’acqua e si bagno’ infine velocemente la faccia con l’ultimo, stiracchiandosi e guardandosi attorno.
“Avete finito?”- chiese Athos all’amico.
“Si! Prendete anche voi!”- disse porgendo il calice dorato, appannato dall’acqua fresca.
Athos bevve fissando l’altare con leggero timore e sussurro’: “Andate pure, vi raggiungo subito!”.
Una volta accertato che l’uomo fosse fuori, si chino’ sull’inginocchiatoio e sussurro’ una preghiera ad occhi chiusi, soffermandosi su un pensiero o un ricordo ormai molto lontano.
Che la sua anima riposi in pace... Se mai pace trovasse.
 
D’un tratto, dei passi veloci provennero dal ballatoio della cappella ed una figura nera saetto’ agilmente di arco in arco fino all’altare, per poi passare come un fruscio proprio al suo fianco, Athos si volto’ sorpreso proprio in quella direzione, ma vide solo una suora passeggiare ora lentamente verso l’uscita.
“Madre? Avete visto anche voi?”- chiese Athos raggiungendola.
“Visto cosa?”- soffio’ la donna affannata.
“Madre?!”- chiese di nuovo il volto e la voce di quella donna erano a lui conosciuti –“Voi!”- esclamo’ sorpreso, sgranando gli occhi verso la suora.
“Non vi ho mai visto prima...”- menti’ la donna cercando di allontanarsi, ma lui la fermo’ bloccandole la strada –“Baronessa d’Herblay?! Per questo eravate cosi’ strana? Perche’ in realta’ siete una suora?!”- chiese lui ancora sorpreso dal vederla in quella chiesa.
La donna lo guardo’ piegando gli angoli della bocca –“Ehm, avevate intuito bene allora: non sono una suora...”- sussurro’ all’uomo.
“Allora che ci fate qui dentro, vestita cosi’?”- lei si guardo’ attorno accertandosi che fossero soli, mentre solo l’ombra di Porthos riluceva dall’entrata –“E’ una storia lunga che sicuramente avro’ modo di  spiegarvi in seguito... Siete armato?”- chiese lei.
“Si!”- rispose Athos ritrovando in quelle parole un innato senso di avventura.
“Il vostro amico, e’ armato?”- chiese lei nuovamente, sapendo gia’ la risposta, ma facendo finta di essere ignara di tutto.
“Si, e’ armato anche lui”- rispose lui con occhi brillanti.
“Bene, tenetevi in guardia! Ricordatevi, soprattutto voi, Athos: qualcuno e’ sulle vostre tracce!” –concluse lei oltrepassandolo.
“Qualcuno e’ sulle vostre, di tracce! Siete voi che avete spiato o visto, oppure conoscete qualche cosa, qualche evento a Corte che non dovreste conoscere ed ora vi vogliono morta! Non dovreste piu’ aggirarvi a corte!”- esclamo’ lui sicuro.
“Quello che ho scoperto... E quello che ancora devo scoprire... Devo andare adesso!”- esclamo’ lei.
 “Voi non andrete da nessuna parte, se prima non mi direte quali sono le vostre intenzioni!”- la fermo’ nuovamente lui, questa volta tenendola a fatica per le spalle.
La donna sospiro’ spiegando: “Sto cercando di reperire informazioni per la Regina Anna... E adesso devo andare, non ho molto tempo, ma dove vado io, verrete anche voi. Quindi non temete di rimanere all’oscuro e lasciate immediatamente la presa!” –a quelle parole gli prese fermamente le mani e si libero’ facilmente.
“Vengo con voi!”- continuo’ lui, pronto ad imbattersi in questa missione segreta, correndole dietro ed uscendo, non trovando pero’ Porthos ad aspettarlo questa volta. Athos si guardo’ attorno e la donna cerco’ di dileguarsi senza successo, lui la raggiunse nuovamente e lei continuo’ il suo percorso in silenzio fino al ritrovo proprio di fronte al salone di prova reale, dove un gruppo di dame-monache, stava preparando le vesti del Cardinale e a lui era vietato entrare.
 
“Credevo voleste pregare ancora un po’...”- commento’ Porthos, raggiunto presto da D’Artagnan vedendolo entrare di nuovo nel salone di prova.
“La cerimonia non si svolgera’ qui. Forse per comodita’ nostra, ma soprattutto di Sua Eminenza, dovremmo svolgere queste prove alla residenza Cardinalizia, non trovate?”- domando’ Athos agli altri due con la mente presa da mille domande da rivolgere a quella strana spia, tenendo ben salda la mano sul rapiere –“D’Artagnan? Che ne pensate?!”- chiese nuovamente.
“In effetti sarebbe la cosa migliore trasferirci direttamente alla Residenza del Cardinale, in modo da essere gia’ preparati per la cerimonia...”- rispose il ragazzo.
“Puo’ essere un’occasione per capire piu’ da vicino quali sono le intenzioni del Cardinale!”- continuo’ Porthos bisbigliando.
“Ora! Porthos, dobbiamo partire adesso!”- lo incalzo’ Athos  correndo verso l’uscita e cercando di raggiungere le scuderie il piu’ in fretta possibile.
“Avete proprio voglia di fare queste prove, vedo...”- commento’ Porthos seguendolo in tutta fretta.
 
I tre raggiunsero la residenza del Cardinale al galoppo, ancor prima che il Cardinale stesso fosse riuscito a lasciare il palazzo del Louvre. Tuttavia parte della servitu’ che lo aveva accompagnato stava rientrando, segno che non avrebbe tardato molto ad arrivare.
 
“Abbiamo un invito ufficiale da parte del Re, per fare parte ad una cerimonia d’investitura che si terra’ proprio in questa residenza!”- disse Porthos ad una delle guardie.
“Mi dispiace, ma non siamo autorizzati ad accettare visite ufficiali”- rispose questa.
“Non siamo venuti in veste ufficiale, dobbiamo solamente fare delle prove ed abbiamo l’autorizzazione del Cardinale, visto che gli inviti sono destinati alla sua dimora, giusto?!”- suggeri’ D’Artagnan. Le guardie si guardarono perplesse non sapendo precisamente come agire.
“Intanto che pensate il da farsi, noi raggiungiamo le scuderie!”- irruppe Athos galoppando verso la villa e seminando sia le guardie che i suoi stessi compagni.
 
Una volta arrivato, cerco’ immediatamente quel gruppo di monache che aveva perso di vista a Palazzo, ma Renee era gia’ nuovamente sparita. Aveva poco tempo e non poteva certo chiedere di lei. Penso’ bene di correre il piu’ velocemente possibile verso gli uffici cardinalizi, ricordandosi che la ragazza aveva accennato alla sua ricerca di informazioni.
 
Per quanto veloce e furtiva, Athos la teneva d’occhio e non sarebbe potuta sfuggirgli facilmente.
La intravide dopo poche stanze, in un piccolo studiolo pieno di documenti, con un’ampia finestra aperta.
Dove vado io, verrete anche voi, dicevate... Siete per caso stata informata della cerimonia dalla Regina Anna? ”- chiese Athos chiudendo a chiave la porta dello studiolo.
“Non sareste dovuto essere qui se non prima di domani! La vostra vita e’ in pericolo in queste stanze. Come avete fatto a...”- chiese lei con un balzo all’indietro sullo scrittoio, verso il davanzale della finestra da cui era facilmente entrata.
“Ho detto la verita’ ed espresso una mia sincera opinione! Allora, che tipo di informazioni state cercando di reperire per la Regina?”- la incalzo’ lui raggiungendo lo scrittoio, dove lei aveva appena sparpagliato una serie di incartamenti.
“Prove, documenti... Persone!”- rispose continuando a sfogliare.
“Cosi’ vi siete vestita da suora per confondervi meglio tra la servitu’ del Cardinale?!”- chiese lui retoricamente, avvicinandosi sempre di piu’, poggiando le mani sullo scrittoio non troppo lontane dalle sue e percependo la tensione di lei intenta a ricercare dei documenti che questa volta sembrava non aver trovato.
“Queste vesti lasciano molta liberta’ di movimento. Cosa avrei dovuto fare se no, andare in giro in mutande(2)?”- chiese lei ironicamente. Per quanto entrambe nervosi ed affrettati, i due non poterono evitare di scambiarsi un sorriso.
“Ora che ho risposto alle vostre domande, posso andare?”-continuo’, trovando una pianta della residenza di Richelieu ed abbandonado gli altri incartamenti, cosi’ balzando veloce sul davanzale della finestra aperta.
“No! Aspettate! Ho anch’io una missione per voi!”- esclamo’ Athos seguendola verso la finestra e cercando di farla restare.
“Mh?!”- la ragazza rimase parzialmente sorpresa da quella richiesta.
“Dovete aiutarci a capire quali sono le intenzioni del Cardinale nei confronti di noi tre guardie reali: la nostra nomina in questi giorni e’ abbastastanza strana, non vi sembra?”- disse lui leggermente preoccupato. Aramis sapeva che un uomo come Athos avrebbe potuto fargli quella richiesta. Oltretutto il Duca di Buckingham poteva ancora risiedere in una di quelle stanze e poterlo catturare: la giovane si acciglio’ ed ora piu’ seria, si sedette sul davanzale e le prese una spalla per raggiungere il suo sguardo un’ultima volta: “Dovete stare attento, molto attento... Credo che la vostra nomina sia una farsa. Tuttavia, dagli ordini che ho ricevuto, non credo la Regina sia affatto interessata a voi...”- rispose lei.
“Neanche il Re sembra davvero interessato a questa cerimonia...”- sospiro’ lui deluso.
“Vi aiutero’” -rispose lei.
 A quelle parole Athos rispose prendendole le spalle e baciandole una guancia in segno di ringraziamento-“... Ma dovete lasciarmi andare ora!”- continuo’ lei interdetta, leggermente arrossita in volto, con tono sbrigativo.
“D’accordo. Per ora vi lascero’ andare! Saro’ dall’altra parte della residenza con i miei compagni...”- pronuncio’ Athos con un sospiro- “Siete bene armata?”- domando’ nuovamente.
Lei rispose rialzandosi e scostando parte delle vesti, mostrando un discreto arsenale di pugnali attaccati alla cintura: “E ora se non tornate immediatamente dai vostri compagni moschettieri, saro’ costretta ad usarli contro di voi!”- aggiunse minacciosa.
 
Correndo sui cornicioni del chiostro in quell’ala della residenza cardinalizia, Aramis scorse un’altro piccolo studiolo, contenente una vasta collezione di pozioni e veleni. Indisturbata, riusci’ a portare via da quegli ambienti un potente sonnifero e a ritirarsi in un’area ormai inutilizzata dove poter studiare meglio i prospetti della residenza, per poi cercare nuove stanze che contenessero carte e documenti ed aspettare l’apertura del ricevimento che si sarebbe tenuto nei giorni successivi.
 
Athos raggiunse di nuovo i suoi due compagni, sbottando un sorriso ed osservando attentamente quell’ampia sala da ballo, che tuttavia non lasciava spazio ad eventuali vie di fuga, ne sembrava avere passaggi segreti con i quali lasciare la stanza senza essere notati.
“Oh... Vi siete affrettati cosi’ tanto ad arrivare qui, Athos, ed ora staremo piu’ di un giorno a fissare questa stanza vuota!”- esclamo’ Porthos rassegnato.
“Siete sicuro che siete venuto qui solo per provare ad inchinarvi su quel gradino di marmo?”- chiese nuovamente D’Artagnan.
“Beh... Ci sono un sacco di belle suore qui attorno, D’Artagnan. Il Cardinale si fa accompagnare solo da suore bellissime. Quelle brutte le lascia ai conventi di clausura... Per lo meno potremo goderci anche noi questa bella vista...”- constato’ Porthos.
“No! Ci sono altri motivi! Dobbiamo stare in guardia...”- sussurro’ Athos guardandosi attorno e percependo stranamente qualcun altro in quella sala.
 
Dai soppalchi di quella sala, infatti, un paio di occhi verdi rilucevano nell’ombra ed osservavano attentamente i tre moschettieri ispezionare la sala.
 
 
 
 
(1)I moschettieri hanno fatto esplodere la Torre di Londra, il Duca di Buckingham ora vuole farla pagare ad Athos.
 
 
(2)Milady, la bellissima Milla nel film, zompetta allegramente sui tetti per poi far fuori un intero regimento di guardie e calarsi in “mutande” dell’epoca dal tetto del Louvre (credo sia questo l’ordine degli eventi?).

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Capitolo 5
*** Un vestito ***


Dopo quasi un mese, sono riuscita ad ultimare questo nuovo capitolo! Allora: confusione! Sto portando avanti due ff in una volta che in teoria dovrebbero essere molto differenti tra di loro... Me lo auguro!
Breve riassunto dei primi tre capitoli:
Aramis cade in una fontana ed il suo travestimento si scioglie (in questa storia usa una maschera ed una parrucca per travestirsi da uomo), rischiando di essere scoperta, trova rifugio presso la Regina Anna e Constance, le uniche che scoprono il suo segreto fino a questo punto: Aramis e’ in realta’ la baronessa Renee d’Herblay.
La Regina le chiede di partecipare ad un ricevimento di Richelieu, dove scopre che il Duca di Buckingham, creduto morto nelle esplosioni di Londra, in realta’ e’ vivo e ospite del cardinale. Il Duca dice di essere in cerca di un amico.
Discutendo con Constance e la Regina, a Renee sfugge il particolare di essere invaghita di Athos, cosi’ loro la costringono ad un incontro con lui vestita da donna. Durante questo incontro qualcuno tenta di uccidere Athos, lui capisce che e’ quella misteriosa dama che stanno cercando di far fuori e che forse lei stessa e’ una spia.
Aramis confida alla Regina che “la scintilla non e’ scoccata” e cerca di ritornare alla sua vita da uomo. Quando i suoi amici gli chiedono della sua assenza, dice di essersi intrattenuto con “due donne”.
I moschettieri vengono invitati a ritornare ufficialmente a corte con una cerimonia d’investitura, Aramis pero’ rifiuta a malincuore l’offerta, per la sorpresa degli altri tre. Tuttavia e’ Constance che la invita di nuovo a colloquio con la Regina, che ha una nuova missione per lei: trovare le prove che accusino Richelieu di essere un traditore e di stare complottando con il nemico.
Mentre si fa passare come suora alla corte di Richelieu, anche Athos, sospettoso di quel nuovo incarico le affida la missione di capire gli intenti di Richelieu sulle nuove guardie reali.
Alla residenza del Cardinale, Renee non trova quei documenti, ma solo la pianta della residenza ed un potente sonnifero. Riesce cosi’ a nascondersi per la notte senza farsi notare.
 

Capitolo 4
Un vestito

 
Grazie all’aiuto della piantina che aveva trovato nei giorni precedenti, Aramis si era facilmente inoltrata nei solai che facevano parte del Palazzo di Richelieu. Balzava sicura di trave in trave e poteva facilmente ascoltare le voci di chiunque fosse in una determinata stanza accostando l’orecchio alle canne fumarie dei camini o ai soffitti piu’ sottili.
Solo dopo diverse ore di ricerca, era riuscita a riconoscere una familiare voce dall’accento straniero discutere animatamente.
 
“E cosi’ adesso anche loro sono ospiti della vostra residenza?!”- era il Duca di Buckingham, probabilmente a colloquio con qualcuno di importante, Aramis riusci’ a sbirciare la scena in quell’ufficio dal buco nel quale era riposto il gancio del candelabro: la sua capigliatura bionda e le sue ricche vesti erano inconfondibili. Dall’altra parte dell’ufficio, seduto su di una scrivania, lo stesso Richelieu lo guardava seriamente.
“Come avete potuto notare voi stessi, anche Athos e’ tra i moschettieri che hanno accettato di partecipare alla cerimonia d’investitura. Siccome questa si svolgera’ proprio qui, in questa residenza, mi sono concesso di avvalere alcuni diritti sulle nuove guardie reali. Una volta messo piede in caserma, potrete disporre di lui come vorrete. E questa e’ la mia autorizzazione, eccola qui, tenete!”- il cardinale scrisse, aciugo’ e velocemente sventolo’ una lettera in fine pergamena, che presto sigillo’ di fronte ai suoi occhi.
Il Duca non disse una parola, cinse le sue braccia sui fianchi e sbuffo’ indispettito alzando le spalle.
“Spero siate soddisfatto”- continuo’ il Cardinale indifferente a quella sorta di capricci, reindossando la matrice in forma di anello dorato, guardando la cera asciugarsi.
“Non del tutto, eminenza”- rispose il Duca distogliendo lo sguardo sulla vetrata, da cui poteva vedere alcune guardie cardinalizie allenare i propri cavalli.
“Cosa desiderate ancora?”- chiese il Cardinale con la poca pazienza rimasta.
“Avrei preferito catturarlo immediatamente! Comunque accettero’ di buon grado quest’attesa, se ci fosse la possibilita’ per me di intrattenermi... Trastullarmi con uno dei vostri divertimenti, intendo...”- disse il Duca cercando di scorgere qualche altro dettaglio dall’ampia vetrata –“...E poi voglio una scorta per raggiungere Calais una volta il mio compito qui sia finito!”- continuo’ agguantando avidamente la lettera ed indossando una maschera nera che gli copriva tutto il volto.
 
Il Duca usci’ con arroganza dallo studiolo del Cardinale e presto anche il Cardinale stesso abbandono’ quelle stanze, accompagnato dalla servitu’ che lo era venuto a chiamare per le ultime prove delle vesti per la serata. Fu quello il momento per Aramis, che aveva ascoltato tutto nascosta tra le travi del solaio, di calarsi nello studiolo e cercare nello scrittoio i resti di carta tampone utilizzati dal prelato per asciugare la pergamena: la ricchezza del Cardinale gli concedeva di non usare lo stesso foglio due volte, cosi’ il foglio appena utilizzato, distrattamente abbandonato ai lati del caminetto, risultava anche abbastanza leggibile, meglio se posto di fronte ad uno specchio. Questa era finalmente la prova che stava cercando!
Corse veloce tra i lunghi corridoi della residenza di Richelieu per raggiungere l’ampia e riccamente illuminata sala da pranzo, dove gli ospiti ufficiali si stavano preparando per la colazione.
 
“Tutto questo ben di Dio, per noi!”- sorrise Porthos guardando i camerieri continuare a servire ricchissime portate -“Credete potremo chiedere al cuoco di portarci a casa gli avanzi?”- chiese a D’Artagnan.
“Non ne avrete bisogno! Una volta terminata la cerimonia, saremo di nuovo in caserma e potremo mangiare tutto quello che vorremo!”- gli ricordo’ il giovane.
“Ah... Gia’... Non torneremo piu’ a casa nostra... Vivremo a corte adesso...”- sospiro’ l’uomo con malinconia, ricordando le sonore litigate con Aramis ed i vivi insulti che offriva quotidianamente a Planchet.
“Siete vissuto con noi troppo poco, D’Artagnan, per poter sentire la mancanza di Planchet”- gli ricordo’ triste Porthos –“i suoi manicaretti disgustosi, i suoi capelli unti in ogni singola pagnotta...”- comincio’ ad elencare il moschettiere.
“Capelli?! Allora siete stato fortunato Porthos, molto fortunato!”- commento’ Athos senza guardarli.
“Che aspettate, Athos! Mangiate qualcosa e smettete di guardarvi attorno con tutta quell’ansia!”- lo incalzo’ Porthos con una leggera gomitata.
“Non avete l’impressione di essere osservati? E se ci fosse del veleno nel cibo che ci stanno servendo?”- chiese Athos agli altri due perplesso.
“AH! Aramis aveva ragione, fate sempre troppe domande! Mangiate e godetevi questo momento di quïete una buona volta!”- lo incalzo’ nuovamente Porthos a bocca piena.
 
Arrampicandosi sul ballatoio normalmente utilizzato dall’orchestra per suonare, Aramis lancio’ facilmente un piccolo dardo tra le posate che Athos stava per impugnare, con una mira a lui straordinariamente familiare. Alzo’ lo sguardo per non notare nessuno, ma sui bordi del dardo c’era un biglietto con su scritto “seguitemi, da solo”.
Porthos si volto’ di scatto, sciacquando con il vino bianco, l’ultimo boccone di cibo che gli era rimasto in bocca, il moschettiere moro lo guardo’ freddamente e disse: “Compagno, devo andare. Privatamente. Ci rivedremo piu’ tardi!”- disse alzandosi dal tavolo ed allontanandosi dalla sala in un batter d’occhio, nella sorpresa dei suoi commilitoni.
 
“Devo ammettere che siete una spia eccellente, Renee. Adesso capisco come mai la Regina Anna non possa fare a meno di voi, ma anche come mai ci sia qualcuno che vi vuole morta a palazzo!”- disse Athos controllando quella carta tampone allo specchio della camera, leggendo abbastanza chiaramente la lettera che il Cardinale aveva compilato non piu’ di un paio d’ore prima.
“Non preoccupatevi per me, Athos...”- sospiro’ la giovane distogliendo lo sguardo, cercando di fare scivolare quei complimenti con sufficiente umilta’.
“Qui c’e’ scritto chiaramente il mio nome! La persona che ha questa missiva puo’ disporre dei moschettieri a suo piacimento, nonostante questi siano al servizio del re, la firma e’ chiaramente quella del Cardinale. Per chi e’ stato compilato questo mandato?”- chiese Athos preoccupato, prendendole un polso.
“Mi... Mi dispiace. Non posso ancora rivelarvi questo particolare... E’ un incarico che la Regina stessa mi ha affidato...”- continuo’ lei dispiaciuta, quasi pronta a rivelare tutto.
“Voi lo sapete!”- l’uomo alzo’ la voce innervosito dalle parole di lei.
“Non avete nulla da temere, Athos. Disporro’ personalmente dell’uomo che ha ricevuto quella lettera...”- continuo’ la baronessa con aria evasiva, sentendosi oppressa dal suo fiato al collo.
“Baronessa: c’e’ in gioco la mia vita e la vostra! Dovete assolutamente dirmi a che gioco state giocando e soprattutto per chi! Se lavorate per la Regina, siamo dalla stessa parte e non dovreste nascondermi nulla!”- insisti’ l’uomo guardandola negli occhi seriamente.
“Non posso! Comunque ho la situazione sotto controllo, quell’uomo sara’ finito ancor prima che la vostra cerimonia sia terminata e siano aperte le ultime danze!”- Renee strattono’ il polso e si ritrasse dall’uomo.
“E va bene, baronessa! Mi avete appena fornito le prove che stavo cercando. A questo punto dovro’ accontentarmi. Vi sono debitore...”- disse lui inchinandosi, stranamente arrendevole –“Dunque, per sdebitarmi, posso avere l’onore di accompagnarvi al ballo di stasera?”- chiese lui dandole un’occhiata convincente ancora chino. Pensava che, cosi’ facendo,  avrebbe presto scoperto chi fosse la persona chiave a cui la giovane stava dando la caccia.
Aramis sospiro’, in realta’ i suoi piani erano differenti, ma averlo al suo fianco per quella serata avrebbe potuto comunque essere un aiuto importante.
“Veramente un altro cavaliere mi ha gia’ chiesto la stessa cosa. Per giunta voi non potreste accompagnarmi per tutta la serata, visto che dovrete attendere alla cerimonia d’investitura...”- si giustifico’ la giovane alzando le spalle –“...E non ho ancora un vestito per il ballo!”- concluse lei.
 
“Vi potrei procurare io un vestito per il ballo tramite uno dei miei compagni moschettieri nel giro di qualche ora, a patto che voi rifiutaste l’invito del vostro cavaliere e vi lasciaste accompagnare da me... Faro’ in modo di ripagare per le mie ore di assenza!”- suggeri’ lui maliziosamente.
La giovane baronessa sospiro’ di nuovo, contemplando il suo vestito religioso e lo guardo’ dicendo: “Noto con piacere che non vi spaventa il fatto di avere a che fare con me. E neppure con la persona che vi vuole morta tra mille sofferenze. Saro’ dunque costretta ad accettare”.
“Beh l’importante e’ che queste siano due persone ben distinte! Presentatevi davanti alla sartoria del Cardinale in tre ore, ed avrete sia il vostro vestito, che il vostro cavaliere!”- la avviso’ lui piegando gli incartamenti e correndo via a passo veloce, con un cenno di saluto.
L’uomo si allontano’di poco, ancora a vista della giovane, quando lei lo richiamo’:
“Athos!”- mentre miro’ con uno dei suoi pugnali proprio nella sua direzione, andandosi a conficcare tra due pietre, di fronte alla punta dei suoi stivali, quasi a sfiorarlo. La piccola arma disinnesco’ una grossa e rumorosa lama a pendolo a non piu’ di due passi dall’uomo: –“Volevo avvisarvi di non proseguire per quella direzione, come avete notato voi stesso non e’ una scorciatoia”.
“Come lo sapevate?!”- si sorprese l’uomo indietreggiando.
“Grazie a questi, vi ricordate?!”- disse lei mostrandogli le piantine che aveva utilizzato fino a quel momento per districarsi indisturbata in tutte le stanze della dimora di Richelieu.
 
 Athos si rese conto che erano poche le donne in grado di poter disinnescare una trappola simile da quella distanza. E lui aveva avuto la fortuna di incontrarne un’altra.
“Non mi piacciono i cavalieri morti. Attento ai vostri passi, mi raccomando!”- disse la baronessa balzando via, di nuovo tra i solai da cui era scesa.
 
***
Aramis poco si aspettava di scendere una rampa di ripide scale strette ed incrociare un misterioso uomo, gia’ vestito a festa e coperto da una maschera nera che da poco aveva visto.
“Dama misterosa? Siete proprio voi?”- esclamo’ l’uomo guardandola in faccia ed impedendole di proseguire.
“Vi ricordo che il ballo di stasera non e’ in maschera, ed il vostro costume e’ veramente noioso... Se andrete vestita cosi’ di sicuro non vi divertirete affatto!”- continuo’ l’uomo prendendole le spalle e squadrandola dalla testa ai piedi.
“Avete detto bene! Quello di stasera non e’ un ballo in maschera, oh mio nobile straniero amico di Richelieu!”- ripete’ Aramis all’uomo, stringendo lo sguardo in segno di sfida.
“Amicizia e’ una parola grossa, a cui va dato il giusto peso... Comunque vedrete che il Cardinale fara’ per me un’eccezione!”- ridacchio’ l’uomo, sistemando meglio la sua maschera sul naso, facendo trasparire uno sguardo che lei ben si ricordava aver incrociato non piu’ di una settimana prima.
“Vi avevo gia’ annunciato che Richelieu avrebbe organizzato un bel ballo reale, un ballo che sicuramente vi piacera’... Avete gia’ un cavaliere per questa sera?”- chiese lui sorridendo, ma lei non pote’ notare che il contorno degli occhi arricciarsi .
“Ho appena ricevuto un’offerta a cui non ho potuto di certo rifiutare! Tuttavia per voi posso fare un’eccezione...”- sospiro’ lei nascondendo le mani dietro la schiena.
“Avete ragione... La notte e’ buia e lunga, mademoiselle! Se vorrete, troveremo sicuramente il tempo per una danza privata...”- ammicco’ lui, scoprendo per un attimo la maschera e mostrandogli un ampio sorriso dai bei denti lucenti.
 
***
“Una suora volante?!”- chiese di nuovo Porthos a D’Artagnan.
“Una suora volante. Come quegli scoiattoli delle Indie dell’Ovest. Quelli che aprono le zampette e tra le anteriori e le posteriori hanno questa sottile membrana di pelle e planano dagli alberi... Li avete mai visti?”-rise il ragazzo cercando di spiegargli che cosa aveva appena visto.
“Non so se chiedervi di smettere di bere perche’ avete bevuto abbastanza, oppure offrirvi ancora da bere per dimenticare quello che avete appena detto!”- a quelle parole, Porthos rise fino alle lacrime.
“Che fate ancora qui?!”- chiese Athos ripiombando in sala da pranzo con la stessa velocita’ con la quale era sparito.
“Erm...”- i due mugugnarono all’unisono con gli occhi stanchi.
“Chi vi ha servito tutto questo vino? Abbiamo una cerimonia ufficiale da attendere tra non piu’ di tre ore!”- si sorprese il moschettiere guardando i due leggermente alticci.
“D’Artagnan! Che direte a Constance nel caso vi vedesse cosi’?! Sbrigatevi! Andate subito nelle cucine a bere acqua e sale ed  infilatevi immediatamente a letto!”- ordino’ lui meravigliato del comportamento dei due uomini. Porthos si avvicino’ ed abbassandosi, gli annuso’ l’alito.
“Lo so io quale problema vi affligge, amico mio!”- sorrise ad occhi chiusi- “Siete sobrio!”- farfuglio’ ridendo.
Il suo compagno non aveva tutti i torti: qualche cosa era cambiato. Per la prima volta in tanto tempo Athos non aveva bevuto un goccio di vino a colazione.
“Datemi una mano a portare D’Artagnan nelle sue stanze! E’ importante che sia sobrio di fronte al Re e a Constance, questa sera!”- ordino’ Athos all’uomo.
“Ed Io?!”- domando’ Porthos alzandosi dalla tavolata con indecisione.
“Amico mio, voi andate bene cosi’!”- disse lui dandogli una pacca sulla spalla.
 
***
 
Un abito ricoperto dentro e fuori di seta purissima, bianca e azzurra. Il corsetto, dall’ampia scollatura, aveva dei fini ricami dorati.
Per quanto da anni vissuta come uomo d’armi e non abituata a quello sfarzo, Renee sgrano’ gli occhi ed il suo volto rimase letteralmente abbagliato alla vista di quel vestito cosi’ ricco ed elegante. Persino le scarpe erano adornate da due grosse coccarde fatte di seta, merletti e perle.
Chiunque avesse indossato quell’abito peccava di estrema vanita’, pensava.
Quel tipo di peccati non la infastidivano.
“Provatelo!”- esclamo’ Athos alla baronessa, che non se lo fece ripetere due volte e fece scivolare il primo grembiule della tonaca per terra.
Senza badare all’uomo di fianco a lei, abituata com’era a cambiarsi e vestirsi nei panni di Aramis molte volte di fronte a lui, sempre senza farci troppo caso e sempre coperta da sottili camice, comincio’ a sbottonarsi anche il secondo.
“Che fate?”- chiese lui sorpreso da quella spregiudicatezza.
“Provo il vestito, come avete detto voi...”- rispose lei perplessa, togliendo subito un altro strato di vesti. Quello successivo sarebbe stato l’ultimo, una fine sottoveste, che generalmente agli uomini non era dato di vedere se non in certe situazioni.
Un particolare che la baronessa sembrava trascurare in quel momento.
“Baronessa, questo genere di azioni non si confa’ ad una donna del vostro rango...”- cerco’ di ricordarle Athos  sospirando.
“Ah! Ma che dite?! Non vedete che sono ancora vestita?! Non ditemi che alla vostra eta’ non avete mai visto una donna! Non preoccupatevi, comunque! Questa volta non vedrete neanche un lembo di pelle! E poi e’ una cosa che ho sempre fatto di fronte a ...”- il ritmo di voce della giovane, da sprezzante e critico, si fece sempre piu’ scandito fino ad interrompersi: ancora una volta dimenticava del suo rango e delle formalita’ che esso conseguiva, tantopiu’ del fatto di non essere piu’ Aramis, che indossava giacca e tracolla nel salone di casa sua.
“Di fronte a chi?”- chiese lui curioso .
“...Ai miei... F-familiari...”- devio’ la ragazza agguantando il vestito e camminando lateralmente verso il paravento non molto distante da lei.
 
L’abito era quasi perfetto, tuttavia non del tutto adatto al suo corpo: si capiva che era stato cucito per altre dame. Era piu’ largo in vita e ricadeva troppo per i suoi fianchi, mentre la scollatura quasi non la lasciava respirare. Forse era destinato ad una donna piu’ formosa, ma a lei non importava troppo: aveva una missione da compiere e quel vestito era piu’ che perfetto. Avrebbe, pero,’ volentieri abbandonato tutte quelle le sottogonne in vimini. Probabilmente sarebbe stata in grado di toglierle piu’ avanti, durante il ballo, sperava segretamente, raddrizzando le pieghe della gonna.
 
Intanto Athos indosso’ il suo cappello e la parte superiore dell’uniforme ufficiale, mai cambiata dai tempi della sua prima investitiura. Renee non pote’ non provare un lieve senso d’invidia nel vederlo vestito cosi’, si ricordava bene di quando anni prima anche lei indossava quell’uniforme con orgoglio. Lei emise un rumoroso sospiro e guardo’ quell’uniforme con lo sguardo leggermente trasognato, mentre i bei ricordi dei tempi trascorsi riaffioravano nella memoria.
Athos interpreto’ la cosa pensando che la ragazza fosse onestamente affascinata dagli uomini in divisa, cosi’ sorrise lusingato da quei gesti con soddisfazione e senza dire niente le porse il braccio.
“Dovreste chiedere alla Regina di farvi prestare un po’ del suo belletto...”- suggeri’ solo dopo qualche passo lungo l’ampio corridoio.
A questo punto fu lei ad arrossire e non rispondere.
“Mi sbagliavo. Andate benissimo cosi, baronessa”- commento’ lui sorridendo di nuovo.
 
***
Tutti gli ospiti alla cerimonia si raccolsero nell’anticamera del salone principale dove era stato allestito un primo ricevimento.
“Vorrei presentarvi la mia dama per questa cerimonia!”- disse D’Artagnan stringendo ancora gli occhi dal torpore del sonno, con un inchino veloce, tenendo Constance per mano. La giovane era appena arrivata da palazzo con la corte della Regina e si era allontanata dalle sue stanze per una breve pausa. Non sembrava aver notato la stanchezza e i troppi calici di vino che avevano annebbiato l’espressione del suo giovane cavaliere.
Gli altri due moschettieri si inchinarono leggermente in segno di saluto alla dama.
“Ogni giorno crescete sempre piu’ bella!”- sorrise Porthos –“Vorrei presentarvi la mia, di dama”- continuo’ lui volgendosi verso una sensualissima signora adornata in un vestito in rosso scuro con ricami neri, i lisci bruni acconciati e gli occhi di un color nocciola intenso–“la Contessa Marie Isabelle Fortune de Milieunulpart...”- pronuncio’ abilmente il moschettiere con un’ennesima reverenza mentre la donna si inchinava porgendogli un sorriso malizioso – “chiamatemi pure Michelle”- disse lei con una voce profonda. Athos e Porthos si scambiarono un’occhiata d’intesa. Era d’uso per il moschettiere, accattivarsi le simpatie delle donne piu’ belle e sensuali in non piu’ di una manciata di minuti. Athos annui’ con la testa, segno che, a suo avviso, la dama era quella giusta per la cerimonia.
“Spero che quelle vesti siano state un dono gradito!”- bisbiglio’ Porthos all’uomo. Athos annui’ di nuovo alzando le sopracciglia, ma presto distogliendo lo sguardo.
“Che fine ha fatto la vostra dama?”- bisbiglio’ ancora Porthos, prima di essere catturato via dalla sua signora per quella serata.
“Dovremmo affrettarci a compilare i nostri nomi nel registro, se vogliamo essere annunciati per il primo ballo, quello che si terra’ dopo la parata del re e della regina, ma prima della cerimonia. Se tardiamo i portoni si chiuderanno e dovremmo aspettare fuori fino al prossimo annuncio reale...” Ricordo’ D’Artagnan affrettando la coppia.
Guardo’ Athos rimanere fermo alle sue parole e fissare una porta dell’anticamera di quel salone.
“Voi che fate? Non venite?”- chiese nuovamente il ragazzo.
“Arriveremo quanto prima...”- temporeggio’ l’uomo rassicurandolo, ma sbirciando in direzione della porta.
Renee gli aveva detto di doversi assentare solo un minuto, non spiegando di preciso dove sarebbe andata. Attese ancora qualche altro istante, i valletti cominciarono a controllare la grossa pendola alla parete della sala, ma prima che cominciassero a sganciare il grosso portone, Renee balzo’ correndo dalla porta d’entrata e raggiunse il suo cavaliere.
“Baronessa, dove siete stata?! Ancora un altro minuto e saremmo rimasti chiusi fuori! Non vi siete neppure presentata ai miei commilitoni...”- Athos cerco’ di sgridarla, leggermente irritato da quel comportamento evasivo.
“Non preoccupatevi, come potete vedere siamo entrati in tempo e siamo riusciti a scrivere i nostri nomi sul registri. Se era questa la vostra preoccupazione, saremo annunciati ufficialmente. Se invece vi curavate piu’ dei vostri commilitoni, li conosco gia’!”- esclamo’ la ragazza risoluta ed impettita, mostrando parole e gesta non proprio consone con quelle di una vera signora.
“Non e’ questo il punto... E poi avete soltanto accompagnato Constance un pomeriggio, per pochi minuti! Come fate a dire di conoscerli?”- chiese di nuovo Athos indispettito da quei modi scortesi. Renee si soffermo’ su quello che aveva appena detto: potevano essere le parole di Aramis, ma non quelle della baronessa d’Herblay.
Avrebbe voluto poter cancellare quelle parole e fare in modo che non fossero state ascoltate.
“Pongo le mie piu’ sentite scuse, dovro’ esservi sembrata molto maleducata. Perche’ non andiamo ora, se volete? Tanto da quel portone non entrera’ piu’ nessuno per almeno un paio d’ore...”- disse abbassando il tono della voce e allo stesso tempo le spalle, nel vano tentativo di atteggiarsi in modo piu’ femminile.
“Bene, adesso ditemi: il destinatario della lettera e’ qui con noi dunque?”- chiese il moschettiere alla giovane, cercando di non perdere le staffe.
“Non ancora... Sembrerebbe che abbia deciso di aspettare la cerimonia d’investitura vera e propria”- disse lei con una leggera smorfia in volto, quasi per atteggiarsi piu’ distesa, senza pero’ riuscirci.
 
“Baronessa d’Herblay! Finalmente ci onorate della vostra presenza!”- esclamo’ Porthos facendole un grosso inchino e baciandole la mano, una volta presentata.
“Ho sentito parlare molto di voi...”- disse D’Artagnan, notando gli sguardi minacciosi di Porthos- “...Da Constance ovviamente!”- continuo’ il ragazzo con un sorriso forzato.
“Avete qualche cosa negli occhi che mi risulta alquanto familiare...”- l’altro moschettiere si soffermo’ a studiarne i tratti, mentre lei distolse nuovamente lo sguardo e cerco’ di nasconderli dietro una ciocca di capelli. Athos si accorse di quell’atteggiamento strano e del fatto che il suo compagno aveva in qualche modo ragione, ma non ci fece troppo caso. Penso’ che fosse solo una distrazione oppure una vaga apparenza.
 
L’orchestra comincio’ a suonare, mentre alcuni invitati si accomodarono voltati verso i valletti che attesero l’arrivo del Cardinale Richelieu per poi cominciare ad annunciare gli invitati al primo ballo.
Questa volta, tutti gli invitati dovevano presentarsi di fronte al trono del Cardinale con un inchino. Renee non trovava la cosa problematica per i suoi scopi, anzi si agurava cosi’ di poter scorgere ancora meglio il Duca di Buckingham, magari annunciato con un falso nome.
“Se i portoni sono chiusi e la persona che mi da’ la caccia non e’ stata annunciata, credo possiamo prenderci un attimo di tregua. Non vi pare, baronessa?”- chiese Athos a Renee, la quale si guardava ancora attorno sospetta.
“Baronessa: non ho ancora avvertito i miei compagni del documento che mi avete procurato.”- continuo’, cercando di catturare la sua attenzione.
“Non so se avete fatto bene, Athos. Tuttavia neanche io ho informato la Regina della stessa cosa, per affar vostro. Non volevo mettervi in mezzo nelle sue questioni private...”- disse lei, pensando che forse il Duca avrebbe potuto attendere di presentarsi dopo la cerimonia d’investitura in modo da entrare senza essere annunciato.
“Allora e’ cosi’ come credo: il destinatario di quel documento ha anche a che fare con gli affari privati della Regina?”- chiese lui interrompendo quei pensieri.
“Perche’ chiedete sempre cosi’ tante cose, soprattutto sapendo che non posso rispondervi apertamente?”- chiese lei con un velo di frustrazione.
“Prendero’ questa risposta come un si’, allora”- si limito’ a dire il moschettiere, non del tutto soddisfatto.
 
 
“Mademoiselle, mi concedete l’onore di questo ballo?”
Athos le prese la mano e fece un inchino piu’ profondo, lei annui’ a quella domanda, ma prima che i due si unirono alle danze, lei disse con arguzia: “facciamo un gioco: io prendo le parti dell’uomo e voi quelle della donna!”- lui rispose con una grassa risata –“mi ricordate un caro amico!”- disse senza pensarci troppo.
Per quanto come soldato fosse un ballerino sufficiente, era da tempo che Renee non prendeva parte ad una danza come donna ed i primi passi sarebbero stati troppo difficili.
I due cominciarono a danzare sotto gli sguardi curiosi di molti altri ballerini, ma dopo pochi minuti Athos sorrise e disse: “Bene, mia cara baronessa: questa e’ una serata ufficiale, non una festa da osteria. Non credo proprio che voi vorreste dare nell’occhio dimostrandovi cosi’ impertinente per piu’ tempo di una semplice burla, direi a questo punto di prendere ogniuno i suoi ruoli e di danzare come si deve!”- era da tempo che l’uomo non gestiva situazioni che richiedessero responsabilita’ e forse in quel momento sembro’ abusarne, pensava Renee.
All’invertirsi dei ruoli, Athos percepi’ subito che qualche cosa non andava.
“Baronessa, avete mai imparato a danzare prima d’ora?!”- la voce di Athos era imbarazzata, mentre cercava di guidarla sui suoi passi. Renee inciampava costantemente e sembrava veramente faticoso per lei tenere il passo di una dama.
Talmente faticoso da non dire una parola ne volgergli mai uno sguardo.
Dopo qualche salto maldestro e molte indecisioni, la baronessa capi’ che non era poi cosi’ difficile prendere la parte quando gia’ si conoscono quelle del cavaliere.
“Per lo meno imparate in fretta...”- commento’ sollevato l’uomo, mentre lei sorrideva di risposta, distogliendo lo sguardo dai piedi solo per qualche istante.
 
Le danze presto si fermarono e fu la volta di annunciare l’entrata nella stanza del Re e della Regina. Tutti gli invitati si alzarono in piedi e fecero strada ai reali, seguiti da ampi inchini, soprattutto dalle prime file.
Lentamente, i sovrani e la corte si sedettero sul soppalco, in compagnia del Cardinale, mentre il Re comincio’ a rileggere cio’ che avrebbe dovuto dire durante l’investitura vera e propria. Quella era una formalita’ che lo entusiasmava e voleva apparire pronto e maturo di fronte alle sue future guardie personali.
Un valletto chiamo’ i tre moschettieri, che si allinearono di fronte al soppalco, mentre il resto degli ospiti veniva spostato ai bordi della sala.
 
Con un sorriso, il Re finalmente si alzo’ in piedi e, presa la sciabola degli onori ufficiali, dal manico d’oro e diamanti, comincio’ a nominare uno ad uno i tre moschettieri (1).
Segui’ il fragore di un lungo applauso, ed infine, il Re continuo’ nominando Athos, il piu’ anziano, capitano degli altri due.
Dopo la nomina, l’uomo alzo’ dunque la testa e si volto’ verso il pubblico, notando in lontanzanza la Baronessa d’Herblay parlare nell’orecchio ed allontanarsi con un nobile uomo mascherato: erano bastati cosi’ pochi minuti perche’ lei gli avesse gia’ voltato le spalle.
 
D’istinto, quelle parole risuonarono ancora alle orecchie di Athos:
Beh,per non lasciarvi a mani vuote, vi do un consiglio. Non fidatevi mai di nessuno, tantomeno delle donne. Vivrete piu’ a lungo.
 
 
 
(1) Non credo che tutto questo sia storicamente accurato...


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Capitolo 6
*** Vivi, morti e inanimati ***


Altro capitolo! Anche in questo mi avvalgo sempre del mio sistema di indicare Aramis come “lui” tutte le volte che e’ in compagnia di persone che sanno o credono che sia un “lui”...

 
Capitolo 5 
Vivi, morti e inanimati

 
“Vi avevo detto che con un altro vestito sareste... Mh...”- le sussurro’ il Duca in un orecchio e presto  comincio’ a baciarle il collo. Renee lo lascio’ fare, scostandosi leggermente e con una mano prese la sua spalla e la accarezzo’ esattamente come se si trattasse della testa di un animale domestico.
Per assicurarsi che il Duca fosse sufficientemente distratto, mosse leggermente il corsetto dal quale spunto’ il pizzo della sottoveste. Con l’altro braccio teso in avanti, raggiunse il bicchiere di vino e, fatta scivolare la boccetta di sonnifero dalla manica, ne verso’ dentro piu’ della meta’.
“E’ proprio un piacere trattenermi qui con voi...”- continuo’ la ragazza, cercando di allentare la sua stretta.
“Siete... Siete molto accaldato... Potreste prendervi una pausa e dissetarvi brindando a questa bella serata...”- sussurro’ Renee’ al Duca.
L’uomo, affannato, sollevo’ la testa dalla sua scollatura, sorrise prendendo il calice quasi pieno che si trovava dietro di lui e lo riempi’ colmo. Renee porse il suo bicchiere vuoto e lui lo riempi’ con altrettanto vino: “Un brindisi a questa notte di passione!”- esclamo’ bevendo tutto d’un fiato e rituffandosi nella scollatura della ragazza, questa volta armeggiando inutilmente verso i lacci del corsetto.
Renee sospiro’ rassegnata, cercando di portare pazienza verso le attenzioni frettolose che l’uomo gli stava volgendo. Per quanto potesse essere un uomo bello e affascinante, in quel contesto lei provava per lui solo ribrezzo e si chiedeva come altre donne potessero sciogliersi cosi’ facilmente per un uomo come lui. Quando egli cerco’ di allungare le mani ancora di piu’ di quanto non stesse gia’ facendo, Renee non pote’ resistere e gli sferro’ d’istinto un pugno secco allo stomaco, che unito al sonnifero, lo accascio’ immediatamente a terra.
Il corpo inanimato del Duca di Buckingham giaceva sul letto a baldacchino. Lei frugo’ nelle sue tasche per trovare la lettera che stava cercando, ma l’uomo quella sera non l’aveva con se.
Era arrivato il momento per Renee di andare ad avvisare prima la Regina e poi Athos delle sue azioni: mostrando loro che il Duca risiedeva da tempo alla dimora di Richelieu e che gli aveva fatto compilare quella lettera, non aveva piu’ bisogno di documenti.
La sua prova ora giaceva addormentata di fronte a lei.
 
Si aggiusto’ velocemente il vestito e l’acconciatura, chiudendo a chiave la porta dietro di lei, per ritornare di nuovo nel salone principale, avvertire Athos e chiamare a colloquio la Regina.
Al suo ritorno, nel salone principale, non fu accolta da Athos e solo questo le fece sospettare che qualche cosa fosse gia’ successo. Dopotutto, pensava, lei ed il moschettiere erano in un certo senso d’accordo e si sarebbe aspettata che, una volta scomparsa, lui avesse immediatamente intuito per quale ragione.
Renee volse allora verso la corte della Regina, in quel momento seduta insieme a Constance, si fermo’ qualche passo di fronte a lei per aspettare che la sovrana le desse l’ordine di avvicinarsi e parlare. Questo arrivo’ relativamente presto.
“Maesta’, sono riuscita a procurare cio’ che mi avete chiesto”- sussurro’ la baronessa con rigidita’ militare. Lei sorrise soddisfatta e lancio’ un’occhiata ancor piu’ soddisfatta verso Richelieu.
“Fatemi vedere questi documenti, dunque!”- sussurro’ la Regina da dietro il ventaglio, cercando di non attirare gli sguardi di Re e Cardinale.
“Ho di meglio di semplici incartamenti. Dovete seguirmi!”- continuo’ Renee rivolta alla Regina. La sovrana annui’ e chiese al Re di lasciare la sua posizione per qualche minuto, facendosi accompagnare da Constance.
“E’... Morto?!”- chiese la Regina con leggero brivido, guardando il corpo del Duca da una certa distanza.
“No. E’ solo addormentato, Maesta’”- disse Renee con un faticoso sospiro.
“Questa e’ una cosa che Sua Maesta’ il Re dovrebbe sapere, non vi pare?!”- la Regina sembrava pensosa.
“Si, e’ una cosa che Sua Maesta’ il Re dovrebbe sapere, ma non da voi. Dovrebbe essere il Cardinale stesso a riferirglielo, Maesta’”- suggeri’ la Baronessa mentre Constance rimaneva a bocca aperta.
Aveva visto lei stessa di cosa potesse essere capace il Duca di Buckingham, di quali risorse disponesse, ma sotto di lei era crollato come un fantoccio senza cervello.
“Maesta’, Constance: dovete ritornare in sala e trovare un modo convincente per portare qui il Cardinale Richelieu e solo allora saremo in grado di discutere questa complicata situazione. Ora sapete tutto: prendete questo”- la ragazza alzo’ le ampie gonne del vestito e dal bordo della calza tiro’ fuori un piccolo coltellino, con il quale strappo’ un lembo ricamato dal simbolo del leone rampante rosso sotto lo sfondo dorato e lo porse a Constance. “Dovete mettere il Cardinale alle strette: questo vi aiutera’!”-sostenne Renee accompagnandole fuori dalla porta.
 
Vegliando il corpo del Duca, la baronessa si tolse finalmente quelle scomode sottogonne e si sedette comoda, con la poltrona rivolta verso la toletta, si tolse le scarpe che cominciavano a stringere e mise i piedi sul tavolo.
Non passo’ troppo tempo, una voce femminile, parlando in inglese, comincio’ a chiamare fuori dalla porta e a stringere la maniglia cercando di entrare.
 
“George?! George siete solo?!”-chiese la voce.
Renee si insospetti’. Rispetto al suo rango, non le era dato di conoscere altre lingue al di fuori del francese e probabilmente anche per i suoi commilitoni era lo stesso, ma i suoi trascorsi ed il fatto che Athos avesse avuto a che fare per anni con una dama inglese, la quale partecipava spesso alle loro missioni, aveva fatto si’ che si potesse districare in un dialogo sommario.
Quella voce, faceva il nome di un uomo.
“George? Non fate finta di non essere in questa stanza! Vi ho visto entrare con una dama bionda!”- incalzo’ la voce nervosamente.
“No, my lady...”- disse la baronessa dall’altra parte con voce maschile.
“George, smettetela di scherzare! Questo accento francese e’ proprio ridicolo...”- la voce di quella donna le risultava via via piu’ familiare.
“Fatemi entrare, ho delle notizie per voi! Non posso stare qui a lungo! Adesso, vi dico!”
“No, mia cara... Sono impegnato in un colloquio importante”- rispose nuovamente la baronessa, cercando di provare i nervi e le emozioni di chi stava parlando. L’abilita’ di cambiare voce le ritornava utile anche in quei momenti.
“George! Basta! Ho capito che siamo tornati in Francia, ma non e’ questa la ragione per parlare con me in un modo cosi’ assurdo! Aprite! Si tratta di Athos!”- continuo’ quella donna.
 
“Milady!”- si lascio’ sfuggire Renee sbalordita, questa volta non tenendo a bada i toni, con l’acuta voce femminile.
“George: quando ho deciso di collaborare con voi gia’ sapevo che eravate un porco. Ma non pensavo fino a questo punto!”- urlo’ la voce iraconda di lei dall’altra parte della porta chiusa.
Renee pote’ chiaramente sentire i suoi passi allontanarsi ed una volta abbastanza lontana, la apri’ di qualche centimetro per vederla dal fondo del lungo corridoio in un ricco vestito dorato, come quelli che lei adorava, dei grossi boccoli castani ed il corpo minuto ed perfetto che nessun uomo trascurava, camminare a passo svelto verso il salone principale.
Renee’ raccolse le gonne che ora, senza sottogonna, scivolavano a terra. Richiuse la porta e si appoggio’ ad essa fissando il corpo ancora inerme del Duca emettere leggeri respiri, cosi’ impercettibili da sembrare veramente morto.
Milady aveva sempre avuto tutti gli uomini che voleva. Non conosceva nessun uomo che non l’avesse mai guardata con quello sguardo, quello che da tempo nessuno le rivolgeva. Pensava la baronessa sospirando.
La Regina tardava ancora ad arrivare. Renee indosso’ le scarpe e anche lei si diresse veloce verso il salone principale. Distrattamente, pero’, questa volta lascio’ la finestra aperta e dimentico’ di rimettere le sottogonne.
 
Rientrando nel salone, si accorse di quante persone fossero entrate senza invito dopo la cerimonia d’investitura. Avevano aperto le danze e parlavano animatamente.
Il vino scorreva veloce di calice in calice, a lei sembravano centinaia.
Cerco’ di accorrere verso il centro della sala, dove sperava di trovare i moschettieri ancora pronti a festeggiare, ma l’unico che vide fu Porthos accerchiato da una discreta corte di dame e qualche cavaliere.
“Baronessa! Finalmente!”- disse il moschettiere con un ampio sorriso, tendendole il braccio e prendendole le spalle, con il calice in mano, faceva segno di presentarla a quel gruppetto di invitati –“Questa dama, questa dama... Sa fare un sacco di trucchetti!”- rise lui, non del tutto ubriaco, ma sicuramente neppure sobrio.
“Monsieur. Non ci conosciamo...”- le ricordo’ lei, mentendo.
“Allora dovremmo conoscerci! Voi non sapete quante parole, quanto fiato e quanti sospiri sono stati persi per voi!”- disse Porthos, cosi’ ancora ricordandole vagamente i tempi in cui Athos usava lamentarsi di Milady e delle sue costanti scappatelle. Non riusciva a distogliere i suoi pensieri.
“Potreste gentilmente ricordarmi che fine ha fatto il mio cavaliere per questa sera, nonche’ vostro diretto capitano?”- chiese la baronessa con delicata gentilezza ed una smorfia di sorriso.
Porthos rise, forse con soddisfazione.
“Al mio... Capitano... Sicuramente non dispiacera se rubo a voi una bella danza!”- disse l’uomo prendendole la mano.
“Monsieur, io... Non...”- Renee avrebbe voluto ricordagli di non saper ballare, ma non ci riusci’, l’uomo l’aveva gia’ trascinata nella danza dove lei continuava a sbagliare i passi ed inciampare. “Baronessa, baronessa... Dimenticavo che eravate goffa!”- rise di nuovo Porthos fancendola girare con discreta eleganza, piu’ alto di lei di almeno una testa o almeno di sicuro tanto da prenderla per le spalle ed essere sollevata di una spanna da terra.
Il moschettiere rise ancora –“Cosi’ non dovrete preoccuparvi di sbagliare i passi!”- rise lui mentre lei cercava di mantenere il controllo.
“Lasciatemi andare!”- disse nuovamente Renee, adesso innervosita da quel temporeggiare del moschettiere.
“Baronessa, forse e’ meglio che...”- disse Porthos lasciandola faticosamente andare, sapendo forse dove si trovasse il suo capitano.
Lei si congedo’ velocemente e, una volta adocchiato Athos quasi invisibile in un angolo buio della sala, si diresse faticosamente verso di lui cercando di farsi largo tra gli invitati..
 
“Athos!”- lo chiamo’ Renee ancora in quella parte illuminata della sala. Lui si avvicino’ a passo incerto. “Baronessa... Noto che siete tornata!”- disse lui.
L’odore che conosceva bene era inconfondibile: aveva bevuto. Anche questa volta forse piu’ del necessario.
“Perche’ vi intrattenete qui?! Venite con me ed i vostri compagni...”- lei tento’ di scostarlo, tirandolo per l’orlo della manica.
“Vi sentite bene?”- chiese la ragazza, senza ricevere risposta.
“Eravamo d’accordo! Io vi invitavo al ballo e voi vi sareste fatta aiutare da me!”- bisbiglio’ lui rabbioso al suo orecchio, guardandosi indietro, come se stesse controllando che qualcuno non sentisse. “Infatti siete stato di grandissimo aiuto! Il foglio che vi ho dato... E’ fondamentale!”- bisbiglio’ lei allo stesso modo, cercando di scorgere quella cosa o persona da cui Athos si stava guardando.
“Chi era quell’uomo?”- chiese nuovamente lui, incendiato da un sentimento che non si potrebbe tradurre con gelosia vera e propria, ma come una mancanza di fiducia nei confronti di qualcuno. Ferito cosi’ tante volte in passato, gli era difficile credere che una donna che cercava di risolvere quelle questioni privatamente, potesse essere genuinamente onesta e di parola.
“Il vostro piu’ acerrimo nemico!”- esclamo’ lei sgranando gli occhi.
“Vi parlava nell’orecchio, vi accarezzava le spalle... Vi siete appartata con lui!”- esclamo’ Athos esterrefatto, notando che la ragazza non aveva piu’ le sottogonne.
“Non e’ come cretete! Quelle sottogonne erano troppo scomode e fastidiose! Ve lo giuro! Non soffermatevi su queste cose! Piuttosto voi: avete promesso di aiutarmi, ma quando sono tornata per cercarvi una prima volta eravate sparito! E adesso siete ubriaco...”- Renee passo’ da un senso di preoccupazione per le sorti di quell’uomo alla rabbia: lavorava per la Regina e aveva cercato comunque di aiutarlo come avrebbe fatto da suo fedele commilitone, quantomeno per i sentimenti che provava per lui.  Era li’ proprio per quello: per dirgli che aveva disposto del suo assassino e che non doveva piu’ temere della sua vita, ma a quelle parole, non lo fece.
 
Due occhi verdi fissarono Renee dal buio della penombra, Athos da tempo li stava cercando o si stava nascondendo da loro, di sicuro lui sapeva che erano li’ ed avevano assistito a tutta la scena. “Milady!”- si fece scappare nuovamente la ragazza addrizzando la schiena, con lo stesso identico tono acuto di qualche tempo prima.
La donna riconobbe quella voce e la seta azzurra del bordo delle sue gonne impigliato sotto la porta dove l’aveva vista chiaramente entrare con il Duca di Buckingham e cambio’ subito d’espressione. Si avvicino’ a lei ancora di piu’ senza dire una parola, per poi ricadere sensuale sul petto e le orecchie di Athos -“L’ho vista io stessa appartarsi in una stanza da letto con l’uomo che mi avete appena descritto... Era un nobile qualcunque... Un donnaiolo, ma non di certo un assassino!”- disse la donna, senza mai toglierle gli occhi di dosso.
Renee rimase a bocca aperta, non poteva certo rivelare tutto di fronte a lei.
Fortunatamente lo stesso Athos non era del tutto al corrente dei suoi piani e quella parziale segretezza che in questo caso era riuscita a mantenere, ora le tornava davvero utile:
“Non erano questi i patti!”- disse rivolta ad Athos e con freddezza militare si congedo’ dai due, tradita solo dai suoi grandi occhi che trasparivano i sentimenti feriti.
 
Richelieu cammino’ a passo sicuro, percorrendo il corridoio che lo portava a quella modesta stanzetta da letto non troppo distante dal salone.
La Regina aveva fatto il possibile per convincere il Cardinale, che sembrava metterla in ridicolo tardando e temporeggiando. Ormai la festa era quasi finita, gli invitati cominciavano ad allontanarsi ed anche il Re e la Regina si erano ufficialmente congedati, restando solo a colloquio dei pochi rimasti.
“Maesta’, vi grarantisco che ci dev’essere un equivoco...”- disse il Cardinale rivolto alla Regina, visibilmente soddisfatta della sua scoperta –“Non oserei mai infangare il mio onore alleandomi segretamente con il nemico!”- sorrise.
“E allora come spiegate questo?”- chiese nuovamente lei, soffiando aria dalle narici con un senso di collera.
Gli mostrava quel lembo di giacca nera, rossa e dorata che era stato strappato al Duca qualche ora prima.
“Ci sara’ stato un invitato inglese, oppure uno stesso francese con un disgustoso senso nel vestire...”- sorrise nuovamente il Cardinale verso i suoi valletti.
“L’ho visto coi miei occhi! Vi ho in pugno e se non dicharate queste cose al Re voi stesso, ci pensero’ io!”- minaccio’ la Regina mostrando il pugno ed aprendo lei stessa la porta di quella camera da letto, ricordandosi esattemete del Duca straiato senza sensi diverse ore prima.
 
“Che bello scherzo Maesta’! Siete stata cosi’ intensa, realistica! Non avrei mai pensato che stavate fingendo!”- esclamo’ Richelieu con una sonora risata, velata da un senso di nervosismo.
La sovrana guardo’ il letto vuoto sentendo la collera prenderle le tempie e sbattendo un piede a terra.
“Maledizione!”- disse lei furibonda, puntando un dito verso l’uomo.
“Adesso so comunque che cosa avete in mente e riusciro’ a provarlo!”- esclamo’ indispettita la sovrana, tornando indietro verso la sala, in testa ai suoi valletti.
 
Renee sedeva sul gradino del soppalco, le ampie gonne la circondavano e le coprivano piedi, ginocchia e gambe, scostate senza un minimo di grazia femminile e su cui gia’ aveva fatto ricadere i gomiti. Un bicchiere di vino rosso in mano.
Era il primo e l’ultimo di quella serata, sentiva pero’ di averne bisogno. Sorseggio’ lentamente, ed aspetto’ che questo raggiungesse caldo lo stomaco vuoto.
Constance le si paro’ di nuovo d’innanzi e la guardo’ triste e preoccupata.
La baronessa si alzo’ in piedi di fronte alla damigella e la guardo’ con occhi stanchi:
“Ho fatto tutto il possibile, Constance”- disse sospirando.
“Lo sappiamo, e ce ne dispiace...”- rispose la ragazza parlando anche per la regina.
“Devo andare...”- continuo’ Renee triste.
“La Regina non vi ha ancora dato il permesso!”- le ricordo’ la damigella.
“Riferiteglielo voi, per favore e riferite anche di Milady... Anche lei e’ ancora viva!”- continuo’ la giovane con voce rassegnata.
“Milady... Ma e’ caduta dal ponte di quella nave!”- le ricordo’ chiaramente Constance.
“Non so come sia possibile... Ma e’ cosi’!”- confermo’ lei allontanandosi mentre cominciava a togliersi quelle ricchissime vesti per restituirle ad Athos.
 
***
 
Era sempre stata bellissima.
Aveva sempre indossato i migliori gioielli. Che glie li avesse regalati lui o qualcun altro non aveva importanza, non si era mai fatta negare nessun tipo di lusso.
Athos la guardava rivestendosi.
Un profondo mal di testa ed un vago ricordo dell’accaduto: la baronessa che sparisce in compagnia di un uomo misterioso, forse il destinatario di quella lettera, forse un amante segreto. Lui che cerca di seguirla con lo sguardo, ma essendo a colloquio con il Re e il Cardinale presto la perde.
Invece trova lei: miracolosamente viva. Lei si nega, in principio scappa, ma continua a fissarlo da lontano, lui la segue cercando di capire come mai e’ li’ e come ha fatto a sopravvivere. Sembra un sogno.
La contessa de Winter doveva essere morta, annegata in mare.
“E’ stato un miracolo divino... Sono sopravvissuta cadendo in acqua e presto una nave di pescatori mi ha salvato e riportato a riva. Un vero e proprio miracolo che mi ha fatto cambiare...”- diceva lei la notte prima.
Athos ricordava di averla ascoltata con attenzione.
“Ora le cose sono cambiate. Mi rammarico del mio precedente comportamento, ma ora sono dalla vostra parte, Athos. Potrei essere il vostro collegamento con l’Inghilterra. Ne avete bisogno. Non dovete temere da me nessun doppio gioco...”- si giustificava la donna in quelle parole che riecheggiavano nella sua testa.
“E il Duca di Buckingham che fine ha fatto?”- le aveva chiesto.
“Non so...”- le aveva risposto.
“Piuttosto quella Baronessa: non la conosco, ma vi consiglio vivamente di badarvi da gente come lei! Quella faccia pulita e quegli occhi chiari sorridono a troppi cavalieri...  Non lasciatevi incantare...”- le sussurrava nell’orecchio mentre versava dell’altro vino infuocato. Poi i ricordi si annebbiarono sempre di piu’, fino a scomparire e ritrovarsi al suo fianco la mattina dopo.
Quei ricordi quasi disturbavano il moschettiere, che non sapeva proprio che cosa pensare di lei. Quella vicinanza alla morte l’aveva davvero cambiata?
La baronessa diceva la verita’ o era tutta una menzogna che aveva finemente architettato e lui ne era rimasto solo una vittima?
 
Quella mattina penso’ che solo una persona di fiducia avrebbe potuto aiutarlo.
Nel massimo silenzio apri’ la porta, mentre la donna scostava le coperte nel sonno, mostrando la pelle nuda. Un fascino quasi irresistibile a cui lui diede un’ultima occhiata prima di allontanarsi.
A pochi passi al di fuori della stanza, inciampo’ su qualche cosa di soffice, il vestito che aveva donato a Renee la sera prima, giaceva ordinato sul pavimento.
Lui lo distese, ricordandola.
Un biglietto cadde dalle pieghe del vestito.
"Un vivo ringraziamento va solo ai cavalieri ancora vivi", c’era scritto in piccole lettere corsive.
 
***
 
Planchet era perplesso.
Non vedeva Aramis da giorni, ma sapeva che era tornato a casa quella notte. L’aveva sentito arrivare da solo a cavallo e lo aveva visto entrare, ma ancora non era uscito dalle sue stanze. Non ricordava che l’uomo avesse mai dormito fino a cosi’ tardi.
“Monsieur Aramis?”- chiese lui perplesso, raschiando una pentola con la cenere.
L’uomo non rispose.
Planchet si abbasso’ all’orlo della porta , vedendo chiaramente l’ombra delle gambe e i suoi piedi stagliare la luce della sua stanza, senti’ lo scrosciare dell’acqua, come se si stesse lavando.
“Monsieur Aramis, il pane e’ finito...”- ricordo’ di nuovo Plancet.
“ Andatelo a comprare, allora!”- rispose Aramis dalla porta, fiutando leggermente, come una persona raffreddata o che trattiene di poco le lacrime.
“E... Volevo ricordarvi che oggi e’ venerdi’... Giorno di paga... “- cercava di spiegare Plachet per le lunghe -“State bene, monsieur?”- continuo’ sentendo quel rumore nasale.
“Solo un po’ di raffreddore, sicuramente e’ colpa vostra che non avete spazzato bene!”- lo sgrido’ inutilmente Aramis mentre lui lasciava la stanza.
La verita’ era un’altra, difficile da accettare. Aveva fallito la sua missione ed aveva perso completamente fiducia in Athos. Com'era potuto accadere tutto questo? Non poteva fare a meno di piangere grosse lacrime.
Scostando le tende della finestra, vide Plancet allontanarsi verso il mercato, cosi’ prese qualche moneta d’oro dalla tasca e le pose sul tavolo, per il suo stipendio settimanale, poi con una piccola fionda, ne lancio’ due o tre verso la sua nuca e la schiena, colpendolo dolorosamente.
Il servo si volto’, notando le mani di Aramis fare un cenno dalla finestra ed abbozzo’ un sorriso falso “Sempre gentilissimo, voi, monsieur!”- disse lui offeso tra i denti.
 
Athos arrivo’ al galoppo e busso’ piu’ volte alla porta.
“Aprite! Ve lo ordino!”- grido’ nervoso verso chiunque fosse dentro. Planchet si era gia’ allontanato da tempo e Aramis stentava a rispondere.
“Che volete?!”- chiese dopo un lungo sospiro.
“Aramis e’ importante, vi devo parlare...”- disse Athos dall’aria preoccupata.
“Non oggi! Non sentite? Sono malato...”
“Se siete malato chiamate un dottore, bevetevi una tisana e aprite! E’ importante...”- incalzo’ Athos preoccupato.
“E’ una questione di vita o di morte?”- dicendo cosi’, l’esile amico sistemo’ di nuovo la parrucca e la maschera, pronto per aprire l’uscio di casa.
“Voi siete al di fuori di tutto questo, e ritengo possiate darmi un giudizio obiettivo su quello che sta accadendo!”- disse Athos entrando e sedendosi al tavolino.
Aramis rimase in piedi qualche minuto, cercando di essere obiettivo proprio come il compagno gli aveva chiesto. Sarebbe stato pero’ difficile interpretare di nuovo quel ruolo senza essere condizionato dal succedersi di eventi capitati la sera prima.
Si sedette con calma, come un anziano signore, sembrava avere mal di schiena e muoversi piu’ lentamente del solito.
“La baronessa D’Herblay era la mia dama ieri sera, alla cerimonia d’investitura...”- comincio’ a raccontare lui.
“Baronessa?!”- chiese Aramis, non ricordandosi di avergliela mai nominata prima. Ancor piu’ difficile era cercare di rimanere al di fuori di questa storia quando si era l’argomento principale.
“La donna che mi ha dato il fazzoletto”- specifico’ lui, considerando l’arguto amico ancora intorpidito dal sonno.
“In realta’ e’ una spia della Regina Anna. Ed ha scoperto che qualcuno mi sta dando la caccia. Ha addirittura trovato questa per me!”- esclamo’ Athos mostrandogli la carta tampone tante volte gia’ vista in precedenza.
“Pensavo stesse dicendo la verita’ e mi sono messo al suo fianco per aiutarla a catturare quell’uomo, ma quella si e’ appartata con un nobile qualunque ed e’ poi ritornata da me per chissa’ quale ragione...”- disse lui nervoso.
Aramis piego’ le sopracciglia e spalanco’ la bocca: avrebbe voluto dargli uno schiaffo per quello che aveva appena detto. Sembrava aver completamente dimenticato tutti i loro accordi! Aveva di sicuro tutte le risposte a quegli equivoci ed avrebbe facilmente potuto chiarirli, ma la posizione in cui si trovava non glie lo concedeva.
 “E.. Ed io cosa c’entro in tutto questo... Sono quello che vi ha avvisato di non accettare le lusinghe del Re...”- tentenno’ l’uomo, tamburellando le dita sul tavolo.
Quella risposta aveva indotto Athos ad un senso di delusione per l’amico e confidente, che appariva lontano e freddo nei suoi confronti.
“Siete invidioso di me?”- chiese nuovamente.
Aramis non si fece sfuggire l’opportunita’ di utilizzare questa scusa servita su un piatto d’argento per mascherare i suoi veri sentimenti.
“Si... Sono estremamente invidioso di voi e dei vostri nuovi incarichi!”- esclamo’ Aramis arrampicandosi avidamente su quelle parole appena pronunciate.
“Non dovreste. Sono in difficolta’ ed ho bisogno del vostro aiuto!”- incalzo’ Athos preoccupato.
“Chi vi ha riferito la notizia che l’uomo con cui la vostra dama e’ fuggita, fosse un nobile qualunque?”- chiese con quella calma apparente che lo aveva sempre contraddistinto.
“La Contessa de Winter e’ ancora viva, Aramis! E’ stata lei a confidarmelo! L’ha vista entrare in camera con quello sconosciuto”- Athos lo guardo’ fisso negli occhi ed incontro’ in lui uno sguardo triste e ferito che presto distolse. Il suo compagno tardo’ a rispondere e sospiro’ serrando le labbra.
“La Contessa de Winter e’ ancora viva... La solita Contessa de Winter... Quella che io conosco?!”- ripete’ freddamente, con lunghe pause.
“Disse di amarmi, vi ricordate?”- domando’ Athos.
“La ricordo dire molte cose, compagno. Ricordo averla vista buttarsi dal ponte della nave...”- la furia di Aramis cresceva risultando incontenibile.
“Aramis! Che vi prende?!”
“Niente... Sono solo onestamente e carnalmente molto invidioso di voi...”- disse lui graffiando il tavolino.
“Comprendo la vostra gelosia e questa vostra segreta confidenza... Dopotutto anche voi avete lavorato al fianco di Milady per parecchio tempo ed e’ veramente una donna bellissima, ma come vi ho spiegato sono qui per un altro motivo. Non dovreste davvero invidiarmi!”- ripete’ nuovamente Athos mentre Aramis gli sferrava un primo pugno su una guacia.
Segui’ un secondo e un terzo, che il moschettiere riusci’ prontamente a fermare con i palmi delle mani. Non ricordava da tempo una collera simile da parte del suo amico, per giunta mai contro di lui.
“Prendetelo come un allenamento di lotta libera!”- Aramis cercava di sfogare tutta la sua rabbia, riuscendoci molto bene e schivando i molti dei pugni dell’amico, che aveva cominciato a rispondere a quell’attacco poco giustificato se non da un nutrito senso di gelosia nei confronti della sua amante di quella sera, o da quello che lei era stata in precedenza...
 
“Milady si e’ salvata a quella caduta, ed ora vuole allearsi con noi come spia inglese! Sarebbe perfetto averla al mio fianco in questo momento politico cosi’ problematico!”- continuo’ Athos, prendendo il suo amico per il collo e tenendolo stretto in una morsa.
Aramis piego’ le braccia e lo rivolto’ buttandolo a terra di schiena per puntargli un ginocchio sul petto. Pronto a sferrare un altro pugno, che pero’ non arrivo’.
“Che cosa vi fa credere che  stia dicendo la verita’? Dopotutto vi ha mentito e tradito per anni!”- gli ricordo’ tra i denti con ritrovata confidenza.
“Ha accennato ad un miracolo e si e’ scusata...”
L’esile amico si alzo’ di nuovo in piedi e gli tese il braccio per aiutarlo ad alzarsi. Le sue mani ora erano gonfie ed il respiro leggermente affannato, ma di sicuro sembrava piu’ soddisfatto e meno nervoso di qualche minuto prima.
Prese un profondo sospiro e diede una pacca sulla spalla del moschettiere moro dicendo: “Vorrei convincervi ad allontanarvi da Milady, perche’ sappiamo gia’ di chi stiamo parlando. Quella donna per voi e’ come il veleno. So che non lo farete spontaneamente, ne’ perche’ ve l’ho consigliato io e me ne rammarico. Il nostro discorso non puo’ che terminare qui, Athos.”- disse lui accompagnandolo alla porta.
Quella nomina ed il ritorno di Milady sembrava aver dato proprio un colpo di grazia alla loro amicizia fraterna. Athos lo guardo’ con delusione, sperando di trovare in lui qualcuno che gli dicesse come Milady potesse essere onestamente cambiata e pronta a rimanere alleata al suo fianco ed invece trovando la sua fredda e cinica risposta in ritorno. Dopotutto Aramis era stato un uomo di fede educato al culto del perdono...
“Non vorrete insinuare che la nostra amicizia finisca cosi’!”- disse tristemente Athos sull’uscio della porta di casa.
“No, aspetto soltanto il momento in cui vedrete di nuovo le cose nella giusta prospettiva...”- sospiro’ l’amico guadagnando un po’ di pazienza –“...E riguardo a quella baronessa che avete menzionato, non affrettatevi a dare un giudizio sul suo comportamento ambiguo. Dovreste ascoltare anche la sua versione dei fatti!”- continuo’ congedandosi e chiudendo il portone dietro di lui.
 
 
 
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Capitolo 7
*** Quattro avventurieri pt I ***


Ook, nuovo capitolo. Sara’ colpa alla scarsita’ del plot del film dei moschettieri su cui baso parti di questa fic o al fatto che ho visto da poco un film bellissimissimisssimissimo a cui non potevo certo rimanere indifferente, ma avevo bisogno di un capitolo fatto di chiarimenti e storie di fondo.
(Spero che siano plausibili)
Come al solito, mi avvalgo di modificare la storia ai miei fini narrativi, non prendete tutte le informazioni storiche fornite come vere.
Le cose non sono cambiate nel frattempo, vale sempre la solita regola del “lui”.
 
Ho notato che il capitolo intero con le note e’ un po’ lunghetto, e soprattutto molto mattone, quindi posto subito questa prima parte.
A fondo testo (nella prossima parte del capitolo, quindi)  lascio una nota speciale, nel caso questo capitolo risulti incomprensibile (e ritenete che la colpa non sia mia ecco)...
 
Altra cosa! Ho aggiunto una piccola frase al capitolo 1 per fare riferimento ad un particolare di questo capitolo (due frasi nella scenetta della fontana).
 
 
 

Capitolo 6
Quattro avventurieri
Parte I

 
Aramis chiuse il portone a chiave con quattro veloci mandate. Segno che dopo quella visita non voleva affatto essere disturbato da qualcun altro.
Athos ascolto’ il rumore secco dei suoi passi che risuonavano sul pavimento in coccio e pote’ distinguere chiaramente il fragore di alcune vettovaglie scaraventate per terra o sul muro della sala da pranzo, in un ultimo scatto d’ira. Forse dopo quel colloquio era ancora piu’ nervoso di quanto appariva.
Stentava nel capire se la ragione che spingesse Aramis a comportarsi in quel modo fosse legata ad una genuina amicizia ed un affetto fraterno nei suoi confronti, oppure una segreta gelosia per quella donna che lo aveva affascinato in passato ed ora si ripresentava nelle loro vite.
Non senti’ il suo vecchio compagno dire una parola, solo soffiare molte volte con il naso, interpreto’ la cosa come il fatto che fosse stato sincero nel riferirgli di essere raffreddato.
Athos fisso’ il portone in noce intagliata per diverso tempo. Non se la sentiva di abbandonare quell’abitazione cosi’ in fretta.
Penso’ fosse una buona idea aspettare l’arrivo di Planchet e provare poi a ragionare con lui.
 
Si appoggio’ cosi’ al muro d’entrata e si sedette per terra, le braccia appoggiate sulle ginocchia, le mani tenevano la testa confusa e pesante, i lontani ricordi cominciarono presto ad affiorare.
 
***
Château d'Amboise, non piu’ di due anni prima.
 
Erano passati piu’ di sessant’anni e sei re, ma nessuno a corte si azzardava a tornare al Castello d’Amboise, neppure il suo legittimo erede proprietario ci aveva mai messo piede. Tutti a palazzo detestavano quel luogo e non volevano neppure nominarlo.
 
Dopo la cospirazione e la repressione, odorava ancora di morte. Il sangue, ormai divenuto nero e quasi del tutto lavato via dalle pietre e dai muri, lasciava una vaga patina polverosa sulle pareti.
Le ossa triturate dal tempo, si confondevano tra i sassi del vialetto d’ingresso al giardino circostante.
La sensazione era sempre quella di essere osservati al buio da migliaia di occhi terrorizzati.
Erano in pochi a voler avere a che fare con le migliaia di fantasmi dei cospiratori protestanti impiccati tra quelle mura ed affissi alle grate dei cancelli circostanti il palazzo. Una scena cosi’ cruenta che neppure le matrici incise per documentare il fatto, erano mai state utilizzate fino allora. Anzi agli incisori era piu’ volte stato chiesto di bruciarle, tuttavia alcuni di loro avevano trovato clienti amanti delle storie macabre.
La Loira scorreva calma e piena, grigia dell’argilla delle piogge d’autunno, la brezza faceva scivolare e rincorrere le foglie secche sulle sue rive di quel giardino ormai abbandonato da decenni, un pacifico brusio che accompagnava il trottare degli zoccoli.  
Athos ricordo’ scendere da cavallo ad una certa distanza, quasi a voler squadrare e godere meglio di quel fresco panorama d’ottobre. La cavalcata era durata solo qualche ora da Parigi.
Ricordo’ l’avvicinarsi alle mura coperte di rampicanti ed arbusti, respirare a pieni polmoni quell’aria fresca ed umida, il cancello era aperto.
Non temeva quel luogo, anzi quella decadenza ed abbandono in un certo senso lo affascinavano.
Una parte di lui avrebbe voluto vivere li’ e gioire di quel buio, di quell’abbandono e di quella pace: un luogo cosi’ silenzioso, vasto e temuto dalla stessa corte di Francia non poteva che essere un luogo da rispettare ed in cui intimamente sperare di rifugiarsi.
 
Nonostante il fascino che quel luogo, non appena si avvicino’ alla porta, ebbe subito un sussulto: diversi teschi erano ancora allineati ai bordi di un muretto d’ingresso, come a voler vegliare quell’ambiente cosi’ lugubre anche oltre la loro vita terrena.
 
Ricordo’ Aramis fare il segno della croce.
“Temete questo posto?”- chiese curiosamente Athos, che a quei gesti si era distolto dai suoi intimi pensieri.
“No, prego solo le anime perdute”- rispose il compagno studiando attorno l’ambiente che lo circondava- “Dopotutto il loro Dio e’ il nostro Dio. Non dovremmo mai dimenticarcelo.”- disse calmo.
“Piuttosto voi, Athos, non avete ancora detto una parola da quando siamo partiti...”- commento’ lui ritrovando un tono piu’ alto di voce.
“Affatto, anzi...”- disse quasi senza parole.
“Bene! Ora che siamo tutti qui, che ne dite di sbrigarci a trovare questi prospetti?”- li incalzo’ Porthos, qualche passo indietro guardandosi attorno con grandi occhi sgranati, cercando di non sobbalzare alla vista degli ossarii.
“Se siete spaventato amico mio, dovreste fare come Athos, dovreste stare zitto...”- lo sgrido’ Aramis voltandosi indietro ed alzando la voce.
Porthos si dimentico’ per un attimo del luogo in cui erano e comincio’ a correre dietro al suo agile compagno, i due sorpassarono d’un balzo Athos e cominciarono ad inseguirsi.
“Dove scappate! Vile! Venite qui a combattere da vero uomo!”- grido’ Porthos brandendo un pezzo di legno, forse la gamba di una vecchia sedia.
Mise le braccia ai fianchi e annuso’ l’aria attorno a lui: “Aramis: se non avete paura buon per voi, ma dovete almeno ammettere che quest’odore e’ disgustoso, anche se sono passati tutti questi anni...”.
Forse gli anni spesi a celebrare funerali e seppellire defunti, avevano dato al suo esile amico una tempra di spirito che superava per lo meno quella del suo compagno fisicamente piu’ forte.
 
“Buh!”- Aramis era sgattaiolato dietro di lui agitando un vecchio lenzuolo impolverato. L’uomo, forte come una roccia, proprio come una di queste si sgretolo’: sbianco’ in volto e tremo’ in un brivido di spavento. Alla vista del suo amico, pero’, lancio’ quel pezzo di legno, che ancora brandiva, tentando di colpire.
“Vi state approfittando di me! Vi burlate delle mie paure!”- urlo’ Porthos correndo verso di lui, ed allonandosi da Athos ancora di piu’.
Quest’ultimo ricordo’ di poterli scorgere da lontano argomentare animatamente tra la luce radente del sole e quella delle lanterne che portavano con loro.
Aramis si soffermo’ per guardarsi attorno un’altra volta, la Corte in cento anni non aveva portato via quasi nulla, i ricchi dipinti di una gloria antica, gli arazzi impolverati erano ormai ridotti in stracci. Quando lo raggiunse, Aramis fermo’ Porthos con un gesto della mano.
“Ora che conosco le vostre debolezze, non voglio essere in vantaggio su di voi, amico mio! Vi daro’ un indizio su una delle mie fobie... Pero’ prima...”- disse aprendo una tenda scura e svelando un altro ossario da cui un cranio sbucava fissando con gli incavi vuoti degli occhi, proprio l’amico che, preso da quella vista, ricadde in ginocchio urlando sguaiatamente.
“Morirete....”- urlo’ Porthos incendiato di rabbia, alzatosi in un attimo, prendendolo per le spalle ed appendendolo per il colletto della sua camicia ad un vecchio gancio sul muro.
 
Ricordo’ di Porthos furibondo: in seguito gli riferi’ di non poter credere che il sadismo del loro amico superasse perfino la fede o il rispetto per i morti, ma per Athos lo sventolare un lenzuolo o scostare una tenda non sembro’ affatto dissacrare i valori dell’amico.
 
“Chhh... Ch... Potreste usare questa cosa contro di me tutte le volte che vorrete, Porthos...”- cerco’ di rispondere il moschettiere dimenando le gambe e respirando faticosamente.
Al riecheggiare di quelle urla nei corridoi del castello, Athos accorse il piu’ in fretta possibile.
“Spero per voi che non ci sia davvero nessuno vivo qui dentro, altrimenti siamo finiti! Voi due siete come un cane e un gatto... Siete letali l’uno per l’altro! Bisognerebbe rinchiudervi insieme in un sacco ed aspettare che poi vi scanniate da soli!”- li rimprovero’.
Porthos si fermo’ per un attimo, e fece un cenno verso di lui, poi volse ancora lo sguardo verso il moschettiere appeso al muro, lo studio’ accuratamente, come se fosse uno degli arazzi o delle tende vicine. Si avvicino’ a lui allo stesso modo con cui un esperto mecenate si avvicinerebbe ad una tela finemente decorata, per criticare malamente il piccolo dettaglio errato. Con sguardo aggrottato chiese: -“Quale sarebbe questa vostra fobia dunque?”.
“Aiutatemi a scendere e ve la riferisco, ma solo a voi!”- disse Aramis convincente, abbozzando un sorriso o una smorfia di dolore, ma continuando a dimenare le gambe.
“Lo sapete benissimo che non appena me lo riferirete, lo diro’ subito anche ad Athos... Non abbiamo segreti...”- Porthos sorrise con falsita’ di rimando, aggiustandosi le maniche della giacca e prendendogli una spalla.
 
Athos ricordo’ assistere a quella scena, non del tutto diversa da tante altre, a braccia conserte, aspettando che i due si mettessero d’accordo per poi rimanere pacifici almeno un’ora consecutiva.
Aramis dunque bisbiglio’ qualche cosa all’orecchio di Porthos, che lo prese per le spalle e, come lo aveva appeso, cosi’ lo fece scendere.
 
Il silenzio dopo quel trambusto, ripiombo’ quasi pesantemente.
I tre udirono alcuni rumori, che allora parvero solo colombi o altri animali selvatici insediati nel castello dopo il suo abbandono.
 
Solo pochi passi, quando Aramis supplico’: “Athos, di questo passo non finiremo mai! E’ ormai il tramonto e non voglio certo sentire il lagnarsi di Porthos se dovessimo trascorrere la notte qui...”- l’amico annui’ e rispose: “Bene. Dividiamoci. Voi due da quella parte allora”.
“Io non lo voglio questo qui con me...”- commento’ Porthos guardando con senso di disgusto o disprezzo Aramis ed annusandolo dubbioso. L’altro lo guardo’ meravigliato e cerco’ di studiare il suo atteggiamento. Neppure Athos ricordo’ di aver mai visto nei suoi amici un comportamento tanto curioso.
“Ma voi vi... lavate?!”- chiese sospetto Porthos, stringendo lo sguardo rivolto all’amico.
“Certo che mi lavo! che discorsi fate?!”- rispose velocemente Aramis con imbarazzo.
“Per lavarvi usate solo il sapone?”
“No! Uso anche l’acqua e mi immergo nella vasca, come fate voi! Come fanno tutti! A cosa devo queste domande?! Mi lavo tutti i giorni...”- disse facendogli annusare la manica bianca della camicia, ancora profumata di amido e sapone da bucato.
“Ah bene, perche’...”- commento’ con una strana smorfia in volto.
“Dannazione Porthos! Non temo la semplice acqua di una tinozza! OH!”- rispose irritato Aramis portandosi una mano alla bocca. Athos ricordo’ quanto poco era bastato ad Aramis quella volta per aver rivelato quel piccolo segreto. Fu allora che Athos si rese conto di quanto fosse difficile per Aramis tenere nascosta la verita’.
 
A quelle parole, Porthos si volse verso Athos con uno sguardo d’intesa ed un sorriso soddisfatto.
“Avete i vostri modi, Porthos, avete i vostri modi...”- commento’ Athos alzando le sopracciglia ammettendo intimamente che nessuno poteva burlarsi dell’amico senza pagarne le conseguenze per gli anni a seguire.
 
“Dunque, ora che avete la conferma della mia attuale pulizia, vogliamo continuare?”- chiese impaziente Aramis, scorgendo la luce dalle feritoie.
“Porthos ve lo tenete voi!”- esclamo’ Athos. Anch’egli insofferente a quei sobbalzi e tremori che ogni tanto pervadevano ancora l’amico.
“Mi volete morto, amico mio...”- commento’ quest’ultimo, guardando verso il basso il suo esile compagno minaccioso.
“Dovete imparare ad andare d’accordo non solo in battaglia ed in mezzo alle armi, ma anche in casi come questi, dove apparentemente non ci sia nulla da temere...”- ammise Athos, dimostrando di essere tra i tre ancora il piu’ saggio in quanto alle strategie d’armi.
Aramis e Porthos sbuffarono, ma cedettero comunque alle richieste del compagno.
Con un breve cenno della mano, si divisero prendendo direzioni differenti.
 
Mentre i due raggiungevano i piani piu’ alti del castello, Athos si diresse nei sotterranei, cercando un passaggio segreto menzionato da tante voci di corte.
 
Leonardo da Vinci era un genio, conosceva di tutto, studiava di tutto.
Anche allo stesso Athos, tante volte, era capitato di sfogliare le copie accurate di quelle carte militari da lui stesso disegnate, in un modo mai visto prima*. Piu’ di un semplice pittore o di un arguto ingegnere, quello di cui era veramente dotato non e’ rimasto scritto in tutti quegli appunti ed incartamenti.
Il re di allora aveva visto altre corti e signori abbandonarlo, in quanto non potevano permettersi cosi’ tanti progetti mai finiti, ma lui lo conosceva bene e teneva l’ormai anziano genio ed il suo compagno a se con cura, sapendo che le sue meraviglie non lo avrebbero mai deluso.
La leggenda voleva che quell’antico re lo avesse perfino confortato in letto di morte.
 
Abbozzo’ un sorriso, sentendo in lontananza il riecheggiare della voce dei compagni, ma presto sgrano’ gli occhi dallo stupore: di fronte a lui, dal buio, una donna minuta venne illuminata da un tardivo raggio di sole, sembrava vestita e ricoperta d’oro e diamanti, i capelli acconciati in grossi boccoli e tenuti coperti da una piccola cuffia di seta, gli occhi verdi come fatti anch’essi di pietre preziose, le labbra lucide e carnose, la scollatura accattivante che spuntava dalla piccola mantella, gli veniva incontro.
“Avventurieri?”- disse con voce e passo sicuri, avvicinandosi a lui con un ampio sorriso.
Lui alzo’ un sopracciglio sospettoso, avrebbe pensato solo che quella donna si fosse persa, o che fosse un fantasma appartenente a quel posto lugubre. Annui’ meravigliato.
“So quello che state cercando in questi luoghi. Anche io sono qui per questo. Tutti quelli che vengono qui cercano la stessa cosa, ultimamente...”- continuo’ lei stringendo gli occhi.
“...Credo proprio di averlo trovato...”- sospiro’ Athos trasognato da quelle vesti, quel volto e quelle parole.
“No! Non l’avete trovato! Non si trova qui. Si trova da qualche parte in Italia... Firenze, Venezia... Quel... Conte, o chi per lui, se li e’ portati via con se cent’anni fa... Ho dovuto scoprirlo proprio oggi, sulla mia pelle!”- disse scostando le gonne dai bordi anneriti e mostrando le calze strappate e la caviglia graffiata, probabilmente da un ostacolo che aveva incontrato in quei luoghi. Segno che quella donna non aveva paura di rovinarsi anche quelle ricche vesti per raggiungere i propri obiettivi.
 
“Quanti siete?”- chiese  risoluta, in un francese abbastanza sommario.
“Siamo...”- ricordo’ di essersi voltato indietro, alla ricerca degli altri due.  Ricordo’ chiaramente di essere rimasto rapito da quello sguardo e quell’accento. Lo stesso che ora lo irritava leggermente.
 
“Ora che sapete che non c’e’ niente di interessante qui, a parte un mucchio di ossa e polvere, che ne dite di andare fuori a prendere una boccata d’aria? “- quella donna appariva ancora angelica e soave nei suoi ricordi.
Fu solo una volta ritornati all’aria aperta, presso i giardini del castello, che la donna si presento’:
“Il mio nome e’ Anne, Contessa de Winter. Posso dire di essere anche io un’avventuriera come voi”- fece un breve inchino e si sedette, presto aggiustando la mantella scostata da una folata di vento autunnale. La luce ricadeva lontana e intensa sulle gonne ricamate, ancora appariva d’oro ai suoi occhi ed in quel momento non ne aveva che per lei.
“Potete chiamarmi Athos”- rispose lui, con un inchino piu’ profondo.
“Sono qui insieme ai miei compagni di ventura”- continuo’, guadando ancora i piani alti del castello.
“Le vostre vesti sono logore, ma la vostra tracolla presenta degli ornamenti che ho gia’ visto in passato... Siete per caso un militare?”- chiese lei sospetta.
“Io ed i miei compari, lo siamo stati per parecchio tempo, ma siamo stati sciolti come ordine non piu’ di due mesi fa...”- ricordo’ lui con amarezza, passeggiando avanti e indietro.
“Conosco questa storia. Eravate un moschettiere quindi. Non dev’essere stato facile per voi... Ma sapete... Il Re e’ volubile. Avete gia’ chiesto al Capitano Rochefort di farvi prendere nelle sue schiere?”- chiese lei con tranquillita’, come se questa fosse stata l’unica cosa da fare.
Come straniera, poi, conosceva troppo bene la situazione politica di quel momento.
“Non... Non siamo avvezzi ai modi del Capitano, madame”- disse lui cercando di non essere rude e di non risponderle malamente.
“Allora si presenteranno tempi cupi per voi. Chiamatemi pure Milady” – allungo’ la mano per farsela baciare. Il suo volto pareva scolpito nelle cere piu’ fini, a suo avviso non aveva mai visto una donna piu’ bella.
“Che cosa pensate di fare con quei fogli, Athos?”- chiese la donna notando il suo incantato silenzio.
“Probabilmente quello che ne fareste voi, Milady... Fare il modo che il mio nome e quello dei miei compagni catturino l’attenzione del Re. Fare in modo di rimanere in un modo o nell’altro ancora al servizio della Francia...”- sospiro’ lui.
“Potreste rivenderli”- suggeri’ ammiccante lei.
“Li rivenderei ad un solo compratore, la Francia”- le ricordo’ il moschettiere, consapevole del suo accento inglese, un regno tra quelli opposti al suo.
“Dovreste fare in modo che l’acquisto sia comunque vantaggioso...”- sussurro’ leggera la donna dondolando le gambe incrociate sotto le lunghe gonne.
“Lo sarebbe, in ogni caso”- le ricordo’ l’uomo mettendo un braccio dietro la schiena e volgendosi di nuovo verso il portone d’entrata del castello dal quale ora correvano veloci i suoi due compagni.
 
“Athos! Athos che ci fate qua fuori?!”- la voce di Aramis interruppe quella conversazione.
“Abbiamo trovato qualche cosa! Aiutateci a leggere...”- lo incito’ Porthos.
I due sembravano euforici per il loro ritrovamento e dimentichi delle liti di meno di un’ora prima.
Accorsero velocemente verso di lui, senza quasi badare alla dama seduta di fronte.
“Vedete qui... Che cosa c’e’ scritto?”- chiesero nuovamente.
Milady si alzo’ in piedi ed accorse scettica alla vista di quei documenti.
“C’e’ scritto devo andare che la cena si fredda (1)”- lesse la dama lentamente, con l’occhio abbastanza allenato era facile per alcuni leggere anche quella scrittura.
“Mh?! E allora andate!”- commento’ Porthos.
“No, c’e’ proprio scritto cosi’... Questi incartamenti sono quelli scritti tra Arezzo e Firenze, ci saranno molto utili per escludere gli altri, ma non sono certo quelli che stiamo cercando!”- disse lei, facendo vedere loro la copia a penna di una pianta segreta, rappresentante un palazzo circondato da corsi d’acqua, forse canali. Probabilmente un palazzo veneziano.
“Da tempo si vocifera di una cripta segreta che lui stesso ha fatto costruire in Italia e dove il suo allievo, il conte Melzi, ha nascosto i suoi lavori piu’ importanti...”- continuo’ la donna.
“Cos’e’ questa?”- chiese Athos, vivamente interessato studiando quella piantina.
“Palazzo Contarini, Venezia. Qui molto probabilmente si trova un’altra grossa parte degli incartamenti di Leonardo. Forse ancora piu’ grossa di quella di Amboise o Firenze. La cripta si dovrebbe trovare proprio nei sotterranei del palazzo”- rispose lei indicando un’area vuota del prospetto, proprio sotto i disegni.
“Sulla carta non e’ segnato nulla di quello che state dicendo! Come fate ad essere sicura?”- chiese sospettoso Aramis guardando i due conversare intensamente.
“Ahem... Monsieur... Non guardate questa pianta, piuttosto fate attenzione a questa!”- la donna indico’ il disegno di facciata, dove un’articolata scala a chiocciola si stagliava per tutta l’altezza del palazzo, ornata da archi particolari.
“Vi ricordano qualcosa?”- disse lei stringendo lo sguardo con confidenza.
Aramis guardo’ i disegni che teneva in mano e quelli della donna, confrontandoli: “...Una gabbia per grilli...(2)”- rispose lui quasi sussurrando.
“Noto con piacere che avete baciato gli anelli ad abbastanza vescovi italiani, padre!”- sorrise lei beffarda.
“Non sono piu’ un Padre, madame. E non ho baciato mai un anello episcopale in vita mia. Nella vita ho avuto solo la fortuna, o la sfortuna, di girovagare...”- disse Aramis tra i denti.
“Come vi siete procurata una carta simile?”- chiese Porthos sbottando, meravigliato da quella donna.
“Allo stesso modo in cui voi vi siete procurato quella giacca, monsieur. I vostri amici indossano vesti sbiadite, vecchie e logore. Tuttavia le vostre sono ricche e molto piu’ nuove...”- noto’ la donna con arguzia.
Porthos alzo’ le sopracciglia meravigliato da quelle parole impertinenti, cerco’ lo sguardo dei suoi amici che annuirono soddisfatti, come a chiedere la stessa cosa.
“Risparmio i miei soldi onestamente...”- bisbiglio’ lui senza mai togliere lo sguardo da Athos ed Aramis.
“Sapete troppo di questa faccenda: chi vi ha fornito tutte queste informazioni? Soprattutto perche’ vi trovate qui e non in Italia dunque?”- chiese nuovamente Athos alla donna.
“Un caro amico... Mi ha reperito di documenti lungo la strada. Sicuramente come voi, ci aspettavamo di non dover percorre un viaggio cosi’ lungo, di potercela cavare con una semplice scampagnata fuori citta’, e speravamo che gli incartamenti fossero in questo castello abbandonato, invece che in un sorvegliatissimo palazzo dogale...”- sospiro’ lei distogliendo lo sguardo.
 
I suoi due compagni si stupirono nel trovare una donna in un posto cosi’ tetro.
Dopo quel lungo discorso, lei sorrise con garbo e fece un piccolo inchino verso i due amici presentandosi, Porthos rispose subito con un grosso inchino e le mani aperte, ma Athos ricordo’ che Aramis continuava a fissare costantemente lui e la donna, come preso da un istintivo sospetto o da un sentimento che in quel momento non riusci’ certo a tradurre o a cui allora non importava.
 
“Tra avventurieri, non ci resta che unire le forze e dividere il bottino!”- disse Anne continuando a mostrare loro i documenti che aveva recuperato e la grande carrozza nera che l’aveva portata fino a li’. Ricordava bene le sue piccole mani inguantate in strati di pizzo bianco.
I tre si guardarono, Porthos ed Aramis rimanevano titubanti, ma Athos presto li convinse: da quando erano stati dimessi come moschettieri, avevano dovuto vendere molti dei loro averi e le loro ricchezze si stavano ormai esaurendo. La vendita o la consegna di quegli incartamenti, specialmente presso la corte di Francia, avrebbe dato loro sufficiente fama e ricchezze per poter rientrare come membri influenti presso la corte reale.
Uno schema laterare che portavano avanti da diverso tempo, per recuperare i ranghi e le amicizie perse dallo scioglimento dei moschettieri.

Senza quella carrozza e l’aiuto della Contessa de Winter, non sarebbero mai riusciti a raggiungere Venezia.


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*Leonardo, disegno’ le prime carte militari “dall’alto”, le cartine altimetriche moderne (quelle che usiamo tutt’ora, con le pianure piu’ chiare e le montagne piu’ scure).
 
(1) Questa e’ una frase genuina che adoro citare. Si trova nella sottoriga di una pagina del Codice del Sole (una raccolta di appunti sparsi). Quello che da una decina d’anni mi affascina di questa quota (ed ha affascinato gli studiosi che me l’hanno fatta notare) e’ proprio l’umanita’: insomma abbiamo a che fare con uno dei piu’ eclettici geni del Rinascimento che si mette a scrivere della cena...
 
(2) Leonardo da Vinci ha disegnato diverse strutture architettoniche ad arco, alcune di queste erano problematiche, e lui cercava di presentare una sua soluzione originale.
In questo disegno che si trova a Parigi: http://www.davincisketches.com/viewimage.cfm?image=/Arch/Leo32.jpg
Alcuni studiosi hanno rivisto la chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze ed hanno fatto peso sulla serie di “archetti molto esili” che nel disegno, sono apparentemente completi su tutto il bordo della cupola. Mentre nella realta’ sono solo in uno dei sette lati. Dando ad intendere che il lavoro di Baccio d’Agnolo una volta finito, non sarebbe stato poi cosi’ malvagio come Michelangelo lo aveva fatto passare (Leonardo e Michelangelo si odiavano). Quegli archetti, cosi’ descritti come una “gabbia per grilli” e che in realta’ non furono mai completati per tante ragioni.
L’idea di fondo (che ho totalmente inventato solo per i miei fini narrativi) e’ quella che il disegno della scala del palazzo sia stato suggerito all’architetto da qualcuno affascinato a quel genere di esili grate o archetti (Leonardo, appunto).

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Capitolo 8
*** Quattro avventurieri pt II ***


Ok, chiedo scusa per aver pubblicato solo ora questa seconda parte.
Come ho scritto, questo capitolo risulta un po' mattone ed io ho un brutto vizio: se il capitolo non e' pubblicato lo "torturo" senza realmente finirlo e andare avanti. Specialmente per questo, continuavo a torturare l'inizio senza quasi guardare la fine. Ho provato dunque a spezzarlo in modo da poter finalmente puntare un po' anche sul finale, spero di esserci riuscita.

Riassunto parte I: due anni prima della nostra storia, i tre moschettieri incontrano Milady al castello d'Amboise ed insieme a lei si rendono conto che per procurarsi i prospetti di Leonardo da Vinci che stanno cercando, devono andare a Venezia...

Capitolo 6
Quattro Avventurieri pt II


Ricordo’ di essere partito immediatamente, ancora con gli armamenti presi solo per quel piccolo viaggio fuori Parigi, non la traversata delle Alpi.
Comprarono durante le prime ore della sera tutto quello di cui avrebbero avuto bisogno in viaggio, la donna elargi’ generosamente denaro a chi non ne aveva portato abbastanza, come a dimostrare la sua piu’ completa fiducia. Cosi’, senza mai tornare indietro neppure di un semplice passo, lasciarono quella tranquilla regione per una piu’ ripida e scoscesa.
Segui’ un lungo viaggio verso sud, i giorni gelidi e le notti ancora piu’ fredde. Cieli bianchi e coperti, tempo che preannunciava gia’ la neve o le prime brinate notturne.
Le montagne ricoperte, ancora per poco, dei colori del giallo e del rosso vivo.
Il mare calmo ed i pini mediterranei, in quell’autunno che ancora odorava di dolce mosto, ma gia’ si riscaldava ai duri fuochi, appiccicosi di verde resina del legno nuovo e roventi padelle arrugginite, sulle quali, rilucevano nere, le castagne profumate.
 
Ricordava le accelerate veloci a cavallo, per sventare i briganti sulle terre di confine, dietro le ripide collinette brune, che in quelle terre di ducati e piccoli regni erano innumerevoli.
 
Ricordava le piccole mani di Anne cingergli il braccio nella vettura ed i suoi sorrisi veloci.
Come d’oro parevano le foglie dei platani illuminate dal sole, cosi’ dorata sembrava lei.
Queste volavano via al primo soffio di vento, mentre lei rideva e raccontava storie di tempi antichi e di terre lontane. Raramente parlava di se.
 
Le notti erano spesso spese in locande sempre differenti, tuttavia dopo le prime nottate in cui Porthos ed Aramis usavano festeggiare e litigare, si smise presto di ridere e bere. Probabilmente i due amici erano a corto di soldi o nervosi per quella missione che erano in procinto di compiere. Avevano cominciato ad allenarsi costantemente: quelli che prima sembravano semplici battibecchi tra compagni di ventura, divennero veri e propri combattimenti portati avanti con sufficiente violenza. Persino Porthos smise di avvicinare donne, mentre Aramis ricomincio’ a bisbigliare una qualche supplica o preghiera, di tanto in tanto.
Lui, tuttavia non si preoccupava troppo: sapeva di essere sufficientemente allenato per quella missione, ancora cosi’ vaga. Dava per certo che avrebbe potuto mettere in pratica le sue abilita’ di sommozzatore, in una citta’ costruita sull’acqua.
Altre cose prendevano la sua mente, ed il suo cuore: presto Athos ricordo’ di come era d’uso che lui ed Anne si scambiassero un furtivo bacio della buona notte, o che scappassero via per qualche ora, all’insaputa dei suoi due attenti compagni.
 
Dopo qualche tempo in viaggio, era convinto di come quella donna dalle mille risorse, provasse davvero sentimenti onesti, gli stessi che lui cominciava a provare.
Ricordo’ quel breve tempo felice con intensita’.
 
Poi una lettera giunta da chissa’ dove, senza un destinatario che Milady si era presto affrettata a bruciare. Un rapido sorriso e gli occhi verdi si inlanguidirono ancora al confronto coi suoi.
Fu cosi’, che nel mezzo di una fredda nebbia autunnale, ancora una volta in una di quelle terre di confine, dove i messi Papali non giungevano costantemente, ma dove le rive del mare piatto portavano in fretta verso le prime lingue di sabbia che costituivano la Serenissima Repubblica, che Milady cito’ loro quella missiva segreta che si era apprestata a distruggere.
“Bene, ora che siamo qui ed abbiamo ricevuto queste ultime informazioni, non ci resta che organizzarci ed agire!”- la contessa de Winter sapeva sempre quello di cui stava parlando.
 
“La cripta di Leonardo, si apre su di un forziere, che e’ bloccato da tre complesse serrature, ognuna delle quali necessita una chiave per essere aperta. Queste chiavi sono custodite dalle tre persone piu’ fidate della Repubblica: il Doge, il Podesta’ e il Vescovo*”- spiego’ chiaramente agli altri tre.
“Sono figure autoritarie molto importanti, hanno compiti diversi in tutta l’area della Repubblica! Come possiamo presumere che queste personalita’ siano tutte e tre in citta’ nello stesso momento?”- chiese dunque Aramis.
“Lo saranno sicuramente dopodomani. Ci sara’ una grande festa per l’inaugurazione di una nuova chiesa cittadina. Il Vescovo ha speso un sacco di soldi, specialmente in festeggiamenti e fuochi d’artificio. Sara’ come un carnevale in autunno e nessuno di loro tre potra’ assolutamente mancare”- rispose lei veloce.(3)
 
“Ora dovremmo disperderci e raggiungere la citta’ per la serata: ci incontreremo soltanto una volta recuperate le chiavi. Quando discutete, sospettate sempre di tutti. Tenete sempre un’arma puntata verso il vostro interlocutore anche se questo vorra’ dire puntare le armi anche tra di noi!”- spiego’ Athos agli altri tre, con l’intenzione di sventare qualsiasi eventuale colpo di coda o imbroglio, nel caso che qualcuno li prendesse prigionieri o li ricattasse. Sapeva di come il Doge non fosse un uomo generoso, tantomeno con chi venisse di proposito a ritirare illegalmente documenti dalla citta’.
Il fatto di essere francese non era di certo un vantaggio, in quanto la Repubblica era particolarmente accanita contro un regno che la puntava da diverse direzioni e bramava paurose alleanze coi ducati vicini.
“Mi assicurero’ personalmente di avere via libera al forziere occupandomi io stesso delle guardie. Raggiungero’ Palazzo Contarini a nuoto, sara’ vuoto quel giorno. Il Doge Contarini deve attendere agli eventi ufficiali...”- continuo’ a spiegare nell’attenzione completa di Porthos ed Aramis.
“Il Serenissimo Principe?”- chiese Porthos.
“Il Serenissimo Principe, appunto”- confermo’ lui.
“E’ sua la prima chiave del forziere. Il Serenissimo Principe seguira’ sicuramente la cerimonia dal Palazzo Ducale. Porthos, voi vi occuperete di lui, sapete come fare a farlo ragionare”- continuo’ risoluto.
“Potreste fingervi ubriaco! Vi riesce cosi’ bene...”- bisbiglio’ Aramis all’uomo, scatenando nuovamente la sua collera.
“Voi...”- Pothos gli mostro’ il pugno chiuso, ma fu presto interrotto nuovamente da Athos.
“Sh! Qualunque mossa deciderete per il Doge, vi consiglio di non scherzare con il fuoco! Dispone di un discreto numero di guardie sparse per la citta’ ed altrettante con lui”- avviso’ di nuovo il Athos.
“Aramis, a voi invece il Podesta’ Corner, questi potrebbe raggiungere lentamente il luogo della cerimonia o dirigersi anche lui verso il Palazzo Ducale. Sta a voi scovarlo”- ordino’ all’amico che annui’ fissandolo negli occhi.
“Aramis! Vorrei ricordarvi un’ultima volta che qui la gente si muove con chiatte e gondole! In citta’ non ci sono strade ma solo canali... Lunghi corsi d’acqua che sfociano in mare... Ancora piu’ acqua!”- sussurro’ veloce Pothos.
Aramis lo guardo’ freddo e con indifferenza rispose –“Avranno anche strade fatte d’acqua, ma i tetti sono sempre fatti di tegole...”- facendo facilmente scivolare via in fretta quelle provocazioni.
“Dicevo, il Podesta’ potrebbe arrivare dalla costa con una semplice imbarcazione, magari accompagnato, sapete di cosa parlo. Quindi siate attento nel non lasciare testimoni. Conoscendovi, il corromperli a non parlare  e’ il vostro forte, Aramis!”- continuo’ Athos ricambiando gli sguardi del moschettiere. Le mani magre e leggermente nodose sul tavolo, le spalle chine sui fogli ed un ciuffo dei suoi ruffi capelli castani in faccia, come se li avesse tagliati un’altra volta con la pentola o non li avesse tagliati affatto. Un’espressione in volto che si caricava leggermente di rabbia.
 
Athos ricordava di come a lui non erano mai piaciuti gli uomini poco nobili di spirito, specialmente con le donne.
“Quell’incompetente donnaiolo?!”- rispose vagamente disturbato.
“L’incompetente donnaiolo, possiede la seconda chiave del forziere, Aramis!”
gli ricordo’ Milady senza guardarlo.
 
“Milady... Confido in voi per quanto riguarda la chiave custodita dal Vescovo dei Gesuati(4)”- concluse infine Athos fissandola appassionatamente negli occhi.
Ricordo’ ancora lei annuire con sicura confidenza ed una risata nervosa.
 
Athos ricordo’ giungere facilmente a a Palazzo Contarini attraverso il canale ed uccidere facilmente le guardie. Milady giunse velocemente ed i due aspettarono indisturbati l’arrivo di Porthos ed Aramis. Quella tensione ed l’imminente pericolo li eccitava ancora di piu’.
Da quel punto di vista erano molto simili. Lavorare con lei lo entusiasmava.
 
Porthos creo’ un battibecco proprio di fronte a Palazzo Ducale fingendosi ubriaco. Fu presto preso dalle guardie, che lo riconobbero subito essere francese. Giusto per metterle sulla buona strada, Porthos riferi’ loro di essere anche un moschettiere, una spia, e questo basto’ per attirare l’attenzione del Doge, venuto ad interrogarlo personalmente.
 
Aramis da principio dovette rintracciare il Podesta’, al momento a bordo di una gondola. Si ricordo’ di pregare per la sua anima peccatrice di accidia, visto che la sua prima intenzione, infatti, era quella di ucciderlo. Poi si ravvide e convinse la testimone a non parlare. Questo e’ quanto lui stesso riferi’.
Furono poi Porthos ed Athos ad immaginare che cosa avrebbe potuto fare Aramis in dieci minuti del tempo di una donna che ammetteva di non essere una vera signora.
 
Il recuperare le chiavi ed il ritrovarsi a Palazzo Contarini furono compiti relativamente facili.
Ricordo’ l’intraprendenza di Milady nello schivare quella trappola d’ingresso ai documenti, sapeva correre molto velocemente ed era in grado di schivare molti colpi. Provo’ un’attrazione particolare nel guardarla rischiare la vita senza neppure graffiarsi.
Ando’ tutto esattamente come previsto. O quasi. Una volta nella cripta, le guardie del Doge(5) li avevano bloccati senza via d’uscita.
 
“Sapete cosa c’e’ qui sopra?”- mentre diceva cosi’, lo sguardo di Aramis si anneri’ di terrore.
Athos ricordo’ aver acceso la miccia dei suoi candelotti eplosivi, tenuti solo per i casi di emergenza: “No, comunque voi tappatevi il naso!”- rispose guardando il soffitto.
 
Con l’esplosione del soffitto, i quattro trovarono presto una via d’uscita, mentre le guardie ed il Doge venivano bloccate dall’esplosione e dall’allagamento repentino della cripta, loro vennero presto scaraventati nel canale nel pieno della notte.
“Non vorrei sembrarvi scortese, ma potremmo allontanarci in fretta da qui?”- suggeri’ immediatamente Aramis , con voce incerta, agli altri tre.
Era buio fuori, i fuochi d’artificio ancora brillavano all’orizzonte, non avrebbe mai distinto le fattezze dei suoi compagni in quella notte, ma gli occhi di Anne brillavano di euforia ed eccitazione: appariva sempre piu’ bella che mai.
“Bene, Aramis, riguardo a questa... Discussione, ricordate dov’eravamo rimasti?!”- Porthos emerse cautamente dalla superficie del canale, soffio’ l’acqua dalle narici ed incomincio’ a schiacciare le nocche delle mani.
“Siate nobile e generoso come non lo siete mai stato prima d’ora...”- disse Aramis coprendosi il volto in un tremito, prima che lui infilasse il dito nella piaga delle sue paure, rifacendosi cosi’ finalmente dei tempi passati.
 
Fu forse distratto dalle fobie di Aramis in acqua, che educatamente supplicava di allontanarsi da li’,
 e raggiungere la terra fema, o da Porthos che continuava a deriderlo, per vendicarsi finalmente degli episodi nel castello di Amboise; oppure dalla radiante bellezza di Anne, che continuava a ricordargli il suo amore, che Athos non si accorse della pozione che la sua amata verso’ nei loro calici, prima di allontanarsi col bottino, accompagnata dal Duca di Buckingham.
Aveva presto detto di amarlo, ma non gli aveva lasciato il tempo di rispondere.
“Non prendetela personalmente, e’ solo questione d’affari...”
Quelle dolci parole mentre si addormentava riecheggiavano nella sua mente come un eco lontano.
 
Ricordo’ con dolore un anno dopo.
Il suo tuffo dalla nave e la sua morte apparente.
Non avrebbe mai potuto ucciderla, cosi’ come lei non avrebbe mai potuto vivere prigioniera.
Un essere cosi’ delicato, come una rosa in un rovo di spine avvelenate.
Era impossibile toccare quella splendida rosa senza ferirsi mortalmente.
 
Cosi’ in fretta, come il loro gioco di sguardi era cominciato, allora volgeva tristemente al termine.
***
 
Ripenso’ a quegli ultimi momenti con dolore.
 
Athos aveva aspettato quell’incompetente di Planchet ormai diverso tempo.
Era ora di arrendersi ed allontanarsi da quel posto.
Per quanto ne sapeva, quel lazzarone avrebbe potuto decidere di ammutinarsi contro Aramis. Dopotutto quest’ultimo non e’ mai stato un proprietario di casa cordiale.
Anzi, si sarebbe potuto definire uno tra i peggiori in circolazione, specialmente dopo quella mattina.
Forse si era fermato a bere, a giocare, o a mangiare, magari lo stesso cibo che avrebbe dovuto portare in tavola.
Si arrese, cosi’, all’evidenza che quel servo inetto non si sarebbe mai fatto vivo quel giorno.
 
 
 
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(3)Ho optato per il 21 novembre, festa della Madonna della Salute. La prima risale al 1631 (in onore dell’apposizione della prima pietra, successivamente finita “soli“ 57 anni dopo). Rispetto ai “nostri eroi” e’ spalata di tipo 7 anni nel futuro, ma il periodo dell’anno e’ quello giusto per me! Non volevo usare il Carnevale, troppo ovvio... Si svolge anche in piu’ giorni...
 
*queste note successive:
(4)In teoria proprio allora erano un ordine ecclesiastico (tipo frati), ma non so se i Gesuati avessero un vero e proprio ordine episcopale, furono sciolti gia’ dal 1668 e nei dialoghi si parla di un Vescovo invece che di un Patriarca. I nomi del Podesta’ e del Doge li ho dovuti un po’ scovare rispetto a chi potrebbe essere stato in quel momento, ma il film la butta li’ molto a caso, mettendo addirittura il nome di “Cagliostro”  e di un “Nobile veneziano” nel cast, che in questo caso ho sostituito con un piu’ plausibile Doge (nr.95) Francesco Contarini ed il suo successore, Giovanni I Corner, che e’ stato effettivamente un Podesta’ di terra ferma, ma non so se lo fosse contemporaneamente al dogado dell’altro. E dopo questo obbrorbio (un po’ mio, un po’ loro), se fossi veneziana, mi metterei a piangere o attenterei la vita dello sceneggiatore.
-Ho cambiato di proposito il personaggio, perche’ sta cosa di Cagliostro non c’entrava niente e non mi andava giu’.
 
Nota speciale:
Per chi non avesse visto il film e credesse che davvero che contenga informazioni per capire meglio quello che ho scritto: continuo a sostenere che non c’e’ molto di piu’ da dire. Il plot si puo’ davvero riassumere in poche righe, ma non voglio dare nulla per scontato:
Questo sub-plot si basa su alcune informazioni date nei primi minuti della pellicola.
In precedenza rispetto al plot principale, i moschettieri erano alla ricerca di alcuni prospetti sulle navi volanti disegnate da Leonardo da Vinci per consegnarle al Re. Milady decide di aiutarli. Tutto va come previsto, i tre accennano di ritornare in Francia ed attendere una prossima missione, ma Milady avvelena i tre moschettieri e consegna i disegni al Duca di Buckingham che ne fa uso per il regno inglese. (Ovviamente il film spiega tutto questo con musiche incalzanti ed orchestre d’archi, una serie di elegantissimi e meravigliosi effetti al computer e la voce affascinante di un narratore, che creano un sacco d’azione e di phatos). Questo capitolo cerca un po’ di spiegare appunto i “come ed i perche’”di tutto quello che e’ successo in precedenza e cercando di dargli un po’ piu’ di senso (anche storico)...
 

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Capitolo 9
*** Oneri, gelosie e maschere ***


Ok, nuovo capitolo di transizione...
S
pero di aver chiarito punti oscuri :)
Grazie GaiaTon!


Capitolo 7
Oneri, gelosie e maschere

 
La porta chiusa di fronte a lui, era per Athos piu’ di un semplice malessere: era il segno di un profondo cambiamento degli eventi svolti fino ad allora.
 
Non sapeva se quel cambiamento fosse stato in lui, nella sua reputazione, i suoi nuovi incarichi o nel suo giudizio; che fosse al di fuori di lui, o solo nei pensieri del suo antico compagno di ventura.
Di certo quella promessa che tutto sarebbe rimasto come prima e che le nuove guardie reali fossero sempre le benvenute in casa di monsieur Aramis, non era stata mantenuta.
 
Si rese presto conto che, cercare di convincere Planchet qualora fosse tornato, era davvero una pessima idea.
Era ormai arrivata l’ora di andarsene, prima che  venisse notato ancora li’ ad aspettare chissa’ che cosa.
 
Athos rimonto’ a cavallo osservando la finestra di quella che fu la sua vecchia abitazione, ricordandosi di quando un tempo, le persone all’interno della torretta, salutavano sempre la sua dipartita.
Non scorgeva neanche Aramis, che aveva prontamente chiuso tutte le tende: sia quelle chiare da giorno, che quelle scure da notte.
Forse tardava a partire, perche’ non si sentiva del tutto preparato a quella perdita.
Soprattutto sapendo che forse, a Corte, qualcuno tramava ancora contro di lui.
 
Non avrebbe voluto andarsene cosi’, necessitava ancora di un rifugio al di fuori della corte e della caserma, su cui poter contare ed una buona parola da una persona che non avesse alcun tipo di giudizio sul suo comportamento.
 
Allontanandosi al passo, preso da quei pensieri, il cavallo di Porthos al galoppo gli si paro’ d’innanzi.
“Athos! Che ci fate qui? Dovreste essere in caserma da tempo!”- esclamo’ il moschettiere allineando il suo cavallo a quello del suo compagno.
“Sono tornato a casa a trovare Aramis...”- rispose lui abbattuto, ora Porthos poteva chiaramente notare i segni di un pugno, riuscito ad andare a segno ai bordi del naso.
“Siete ferito e sembrate di pessimo umore! Avete per caso litigato?”
“Non so, Porthos... Credo di si. Dice di essere invidioso di me.”
“Si tratta per caso di Milady?”- chiese Porthos, sapendo di averla intravista la sera prima allontanarsi con Athos, cercando di non farsi notare.
“E Voi come sapete di...”- Athos credeva di essere passato inosservato ed aveva detto che si sarebbe congedato presto per via di qualche bicchiere di troppo. Non si aspettava di essere stato cosi’ avventato da essere stato notato persino dal suo amico piu’ distratto.
“Amico mio, vorrei dirvi, come direste voi, che anche io ho i miei informatori, o nel vostro caso informatrici, ma la verita’ e’ un’altra. Quando la vostra dama al ballo di ieri sera vi e’ venuta a cercare, mi e’ bastato seguirla di poco con lo sguardo e vedervi con un’altra donna. Mi domando come abbia fatto a sopravvivere...”- spiego’ Porthos onestamente.
Quello che Athos subito noto’ fu il fatto che, al contrario di Aramis, lui non sembrava affatto offeso o irritato da quella faccenda.
“Milady mi ha raccontato come e’ stata salvata da alcuni marinai, sventando la morte in mare. Ora e’ pentita e vuole esserci d’aiuto come spia della flotta inglese”- cerco’ di spiegare Athos con piu’ delicatezza, memore della recente reazione di Aramis.
“Bene, si vede proprio che e’, come dite voi, una donna dalle molte risorse!”- rispose Porthos, affatto offeso o turbato da quello che aveva appena detto.
“Ho trovato Aramis nervoso ed arrabbiato nel riferirgli questa notizia. La cosa non offende anche voi allo stesso modo?”- chiese infine stupito.
A quelle parole, Porthos fece sporgere della bocca il labbro inferiore ed alzo’ le spalle con indifferenza. Era un uomo alto e possente, piu’ alto di lui di almeno una spanna, non si privava mai di vesti eleganti e quella mattina stessa lo era venuto a cercare con le vesti d’onore indossate anche la sera prima. I capelli bruni pettinati all’indietro erano nascosti dal cappello piumato, che faceva ombra sugli occhi, lasciando illuminate le spesse mandibole e quell’espressione di ingenua indifferenza ancor piu’ chiara e visibile.
“Forse non sareste dovuto andare da quel bigotto! Dovevate venire subito da me! Ammettetelo, Aramis sa come conquistare le donne, ma di certo non come tenerle! E quando si tratta di donne...”- rispose sbrigativamente. Quella era fin troppo risolutiva, ma dall’amico non si sarebbe aspettato altro.
 
“Quindi voi credete che Milady sia onestamente cambiata e mi stia davvero aiutando riferendomi dello strano comportamento della Baronessa?”- Athos si sentiva piu’ confortato dalle parole concitate di Porthos, che da quelle calme di Aramis.
“Strano comportamento? Ve lo dico io cos’e’ strano in quella li’: non sa mettere un piede di fronte all’altro quando balla, inciampa nelle gonne e fa rumore quando beve! Ecco cos’ha di strano la vostra dama del ballo di ieri sera! So bene che e’ meglio per voi farvi accompagnare da una donna educata e famosa come Milady  e capisco che una baronessa dovrebbe avere un comportamento migliore, ma al contrario della vostra amica Contessa,  non trovo nulla di piu’ strano in lei, a parte l’essere stata allevata da un branco di maiali, ecco”- le parole di Porthos erano chiare e veloci alle sue orecchie.
“Milady insinuava che la baronessa si fosse intrattenuta con un uomo ieri sera. Diceva di averla vista entrare in camera con questo. Il suo atteggiamento era del tutto equivoco... Credete che avesse ragione?”- cerco’ di spiegare Athos sospetto.
“Onestamente, notando le sue maniere grossolane e la sua quasi completa mancanza di pudore femminile, non dev’esservi sfuggita una situazione altrettanto equivoca in vostra compagnia. Potrebbe, ad esempio, aver diviso con voi la camera o essersi mostrata in abiti intimi, senza che questo significasse per lei motivo di scandalo”- Athos ricordo’ alcuni eventi capitati in compagnia della baronessa d’Herblay poco prima del ballo: una situazione del genere era davvero capitata.
 
“Posso chiedervi da cosa lo avete intuito?”- chiese all’amico con aria vagamente sorpresa.
“Di solito questo e’ il tipo di comportamento dei piu’ poveri: vivono tutti insieme in una stanza e dopo un po’ i pudori e le buone maniere si dimenticano”- rispose Porthos con amarezza, pensando che, anche loro prima di quel momento, non vivessero poi tanto meglio.
“Quindi per voi la baronessa era davvero di buone intenzioni?”- chiese Athos, a cui quei discorsi avevano chiarito tante cose, ma creato anche molte nuove questioni.
“La baronessa e’ pur sempre una donna! Se e’ vero quello che dice la vostra amica ritrovata, sara’ fatta di carne pure lei... E se no, e’ una donna onesta e vi stava davvero aiutando. Ancora meglio! Cercate di essere aperto e divertitevi! Ogniuno ha i suoi segreti, voi avete i vostri. Lei avra’ i suoi... Siete pari! Certo non sara’ una donna da sposare, ma che importa!
Almeno sapete che ha fatto pratica prima di finire nel vostro letto. Tuttavia mi sento di ricordarvi che siete voi che l’avete invitata al ballo, e da quel che ne so, siete voi che avete parlato con lei molto piu’ di me o della vostra Contessa!”.
Le parole di Porthos non scostavano di molto da quello che lui stesso si ricordava.
 
“Quindi credete sia Milady a mentire e dovrei ravvedermi verso di lei, come sostiene Aramis?”- incalzo’ nuovamente Athos, trovando il suo discorso alquanto credibile, ma allo stesso tempo, cercando di capire che cosa intendesse riferirgli l’amico.
 
“Tenetevi buona Milady. Sa come ammaliare le persone e conosce molte personalita’ a corte. Vi fara’ comodo, vedrete!”- affermo’ sicuro l’amico, quella mattina pieno di buone parole.
“Certo, il nostro amico di vecchia data non ha tutti i torti quando dice di ravvedervi e non fidarvi di lei, ma siamo fatti di carne, abbiamo bisogno di certe cose noialtri, mica siamo fatti di di legno come lui!”- continuo’ guardando dritto verso il palazzo e la caserma reale.
 
“Aramis non era il solito. Vi ricordo che diceva di provare invidia nei miei confronti. Lo avete mai sentito dire una cosa simile? Forse dovreste andare voi a parlargli.”- dicendo cosi’, Athos fermo’ il suo cavallo. Credeva davvero che le parole sicure dell’amico, quel modo pratico di gestire le faccende, come lo avevano appena risollevato, avrebbero potuto aiutare anche lui.
Anche Porthos si fermo’ e ritorno’ brevemente con lo sguardo dietro di lui, come a voler scorgere la loro vecchia abitazione ormai lontana, poi con gli occhi fissi all’amico. Scosse la testa e disse:
“Quando trattiamo gli argomenti, io e lui non siamo uomini colloquiali. Visto la vostra faccia, credo proprio di non voler parlare con lui. Tra di noi, voi siete stato sempre quello trattato meglio. Se ha ridotto cosi’ voi, non voglio sapere quello che potrebbe fare di me!”.
“Voi siete il piu’ forte. Potreste fermarlo.”- gli ricordo’ Athos.
 
“Lui e’ il piu’ agile, potrebbe sempre schivarmi. Ribadisco che non e’ stata una bella idea tornare a casa cosi’ in fretta. Il nostro amico si deve ancora dare ragione di averci visto andare via e rimettere la testa a posto, mentre lui vuole continuare a fare il solito scellerato. E’ facile davvero interpretare questo atteggiamento come invidia!”- disse Porthos spronando il suo cavallo a ripartire mentre Athos lo segui’.
Un lungo silenzio percorse i due amici, Athos aveva altre domande da porgli e forse da porre innanzi tutto a se stesso. La sua saggezza si fondava nelle alleanze e nell’arte militare, ma non su quelle sottigliezze sentimentali che non riusciva del tutto a capire.
“Porthos, credete davvero che debba chiedere a quella donna le sue ragioni?” – chiese riallineandosi all’amico.
“Quale delle due? La Contessa o la Baronessa?! Le vostre donne sono sempre strane, Athos. Sono sempre abbastanza belle, abbastanza maledette ed abbastanza in pericolo. Di sicuro sono sempre capaci di fare di un uomo quello che vogliono. Le altre di solito non vi interessano.
Voi sapete che cosa hanno fatto per catturare le vostre attenzioni una prima volta, giudicate saggiamente. Ne siete in grado”- rispose lui.
 
“Al posto mio che fareste, Porthos?”- domando’ di nuovo Athos, l’amico sbuffo’ a quell’ennesima domanda, ma dopo qualche minuto rispose:
“Milady vi ha tradito con il povero(1) Duca di Buckingham. Su questo non ho dubbi. A detta vostra, questa baronessa d’Herblay vi ha promesso che vi avrebbe aiutato a non essere assassinato da qualcuno, seppur non vi ha riferito alcun nome”- si interruppe per qualche minuto e lo guardo’ sbrigativamente dall’alto in basso.
“Noto che siete ancora vivo...”- constato’ alzando le sopracciglia.
“Ed al mio posto che fareste?”- ripete’ Athos.
“Al vostro posto, mi curerei di essere un buon soldato e un buon capitano; non fatevi abbindolare ne dall’una e ne dall’altra! Saranno le piu’ abili spie d’Inghilterra e di Francia o le piu’ agili sgualdrine di Corte, ma sono sempre due donne: non farei mai l’errore di fidarmi ne’ della vostra Baronessa e tantomeno della vostra Contessa!”- lo ammoni’ Porthos, ormai giunti ai portoni della caserma reale.
 
“C’e’ una cosa di cui vi devo parlare...”- disse Athos d’un fiato, una volta attraversati i cancelli e scesi da cavallo.
“Mh?”- Porthos forse si aspettava un’altra domanda, ma questa volta non arrivo’.
“Si tratta di una probabile lettera, compilata dal Cardinale Richelieu per una personalita’ sconosciuta. Quella baronessa diceva di sapere chi fosse, ma non lo ha voluto riferire per non compromettere i miei affari con quelli della regina”- spiego’ Athos, la sua espressione si fece ancora piu’ preoccupata.
“Una lettera? Come ha fatto ad ottenerla?”- chiese sorpreso Porthos.
“La lettera vera e propria e’ probabilmente in mano al destinatario adesso, quella e’ solo la carta tampone... Potrebbe essere tutta una messa in scena”- cerco’ di spiegare Athos, non del tutto sicuro.
“Se e’ un affare privato della Regina, credo che sappiamo gia’ chi ci possa aiutare...”- dicendo cosi’, Porthos volto’ la testa verso D’Artagnan e lo saluto’, gia’ sull’attenti, pronto a ricevere ordini.
 
“Riposo, D’Artagnan, e’ solo venerdi’ e sono sempre io... “- sorrise Porthos all’amico chinando leggermente la testa e togliendo il cappello, ma il ragazzo non rispose. Rimase sull’attenti come se l’ordine non fosse stato dato. Athos e Porthos si guardarono incuriositi per un attimo, quindi Athos ripete’ le stesse parole ed il ragazzo questa volta obbedi’ al riposo.
“D’Artagnan, mi sento di ricordarvi che siamo ancora tutti e tre gli stessi di sempre. Il fatto che Porthos non abbia i baffi(2) o che io sia il capitano, non fa di lui un soldato meno importante di me o di voi”- cerco’ di spiegare Athos.
“Ma, Capitano, io non sono mai stato arruolato prima d’ora! Non credo di potermi permettere un trattamento simile...”- cerco’ di spiegare il ragazzo, la cui divisa risultava visibilmente troppo grande per lui.
“D’Artagnan ieri avete festeggiato abbastanza. Oggi sarete di certo stanco!”- continuo’ Athos, fingendo un’autorita’ burlesca.
“Veramente no”- rispose il ragazzo, nel fiore degli anni e ben riposato.
“Siete stanco”- affermo’ Athos.
“E innamorato!”- suggeri’ Porthos.
“Molto innamorato.”- Athos si strinse le nocche delle mani.
“Talmente innamorato, da non poter fare a meno di stare un minuto senza Constance...”- sospiro’ Porthos con gli occhi ed una mano rivolta verso il cielo, tentando di essere poetico.
“Dovete assolutamente accompagnare Constance nei prossimi giorni, D’Artagnan”- disse Athos guardandolo fisso negli occhi.
“Eh?”- il volto di D’Artagnan passo’ dal rossore dell’imbarazzo al bianco latteo, al giallo ittero, al verde bile, per arrivare di nuovo al rosso fuoco. Mani e piedi erano giunti con fare gongolante.
“Andate! E’ un ordine! Dovete tenere d’occhio e riferire tutto quello che potete su Constance ed ogni sua singola mossa!”- esclamo’ Athos mettendolo di nuovo sull’attenti.
 
***
Intanto, a palazzo di Richelieu, le finestre cominciavano ad illuminarsi del sole di mezzogiorno.
 
“Noto che c’e’ qualche cosa in voi che comanda di piu’ del vostro cervello!”- irruppe Milady con un tono di voce piuttosto alto, nelle camere segrete del Duca di Buckingham.
Questi si sveglio’ faticosamente, avvalso da un pesante senso di nausea ed un fortissimo dolore allo stomaco. Non ricordando le cause di quel malessere, penso’ soltanto di essersi divertito molto ed aver bevuto troppo. Ricordo’ di essersi svegliato in una stanza da letto, di aver visto degli indumenti femminili per terra, e di essersi presto allontanato da quegli appartamenti, prima che qualcuno lo notasse. Ricordo’ di non essere del tutto coscente.
La luce del giorno gli infastidiva gli occhi, ma non si alzo’ a chiudere la finestra. Sollevo’ lentamente la testa e si fece ombra sullo sguardo con le mani dicendo:
“Milady... Luce dei miei occhi... Se foste un uomo direi lo stesso di voi! Avete le guance rosse, la pelle liscia come seta... Credo che anche voi avete vissuto le vostre gioie notturne!”- sorrise ammiccante il Duca, ancora con gli occhi socchiusi.
La donna serro’ le labbra.
“Non credo sia mio dovere riferirvi come passo le notti...”- disse lentamente.
Il Duca si alzo’ lentamente dal letto, nascondendo con un sorriso, una smorfia di dolore ed abbastanza contento le si avvicino’ sussurrando: “La cosa piu’ bella dei tradimenti, mia adorata lo sapete meglio di me, e’ poi fare la pace...”.
“Non toccatemi!”- si allarmo’ Milady disgustata.
“Non dite che avete gia’ cambiato idea...”- disse l’uomo tra i denti.
“Di sicuro non voglio essere toccata da voi! Piuttosto, che mi dite di quella donna con cui vi siete intrattenuto ieri sera... Athos la conosceva: la chiamava baronessa”- le ricordo’ Milady, difensiva.
 
“Oh... Non dev’essere piacevole intrattenersi con un uomo che parla di altre donne...”- la voce del Duca fingeva un dispiacere infantile- “Mia cara, non so il suo nome. E’ una donna in grado di far girare la testa e perdere letteralmente la ragione”- continuo’ massaggiandosi leggermente la testa e cercando di ricordarla. “E’ molto alta, ma non ha quasi forme. Tuttavia ha un suo fascino, sembra quasi come un leone in gabbia. Non sara’ bella quanto voi, ma di sicuro non si puo’ certo dire che i gusti del vostro bell’Athos siano discutibili! Voi... Lei... Dovro’ chiedere al Cardinale... Non sia mai che non riesca a portarmi via anche lei...”- il Duca si avvicino’ di nuovo alla donna, percorrendola con lo sguardo dal basso in alto. Lei lo allontano’ spingendogli una mano sulla faccia stanca.
 
***
 
D’Artagnan aveva trovato quel compito da poco assegnato piacevole e banale.
Si rammaricava solo del fatto che non avrebbe potuto essere d’aiuto ai moschettieri nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Constance, sorrideva spesso, raramente erano sorrisi sinceri, e parlava delicatamente, come una delle piu’ esperte dame di corte, seppure la giovane eta’. Nonostante i due usassero scambiarsi spesso baci, in situazioni private, in questo caso la ragazza lo degnava solo di corti sguardi veloci e preferiva intrattenersi e parlottare con le altre dame di corte, nel caso la Regina stessa non le assegnasse compiti specifici.
 
La Regina stessa chiese presto di lei e i due si diressero nelle sue stanze private con relativa velocita’, non dopo aver ordinato le vesti e i gioielli del guardaroba. Constance consegno’ alla Regina alcuni accessori per il vestito con cui altre dame stavano ornando la sovrana e le disse qualche cosa nell’orecchio, guardando fisso il ragazzo dietro di lei, ma assicurandosi che questo non potesse sentire gli ordini dati.
“Fate come vi ho detto, almeno provate...”- ripete’ a voce alta, l’espressione della sovrana non era delle piu’ serene, sembrava afflitta da qualche cosa successo in precedenza, ma D’Artagnan non riusciva a capire cosa poteva essere.
“Dobbiamo lasciare il Palazzo per alcune commissioni, D’Artagnan. Dovete venire con me?”- gli chiese Constance piuttosto seriamente, senza quasi che lui si accorgesse del colloquio concluso.
“Devo seguirvi ovunque. E’ un ordine!”- le ricordo’ severo il ragazzo.
“Ovunque, intendete anche nell’angolo(3)?”- si sorprese Constance scherzosamente.
“Non credo. Certo se volete...”- sorrise il ragazzo guardandola con la coda degli occhi.
“No. Ovunque e’ piu’ che sufficiente.”- disse lei quasi disgustata, superandolo per entrare nella carrozza che li avrebbe portati in citta’.
Il cocchiere carico’ velocemente un baule leggero, in legno chiaro, che si poteva prendere bene con due mani e lo mise al suo fianco prima di partire.
La strada correva veloce, era a lui molto familiare e D’Artagnan si ricordava averla percorsa numerose volte. La carrozza infatti si fermo’ proprio sotto la torretta dove i moschettieri avevano vissuto fino a qualche tempo prima.
“Cosa dovete fare a casa di monsieur Aramis?”- chiese il giovane quasi sorpreso da quella fermata inattesa.
“Aspettate qua fuori, mi e' stato detto di consegnare il baule a monsieur Aramis in privato.”- disse Constance cercando di scendere aiutata dal cocchiere.
“Avete il permesso di Aramis di entrare nelle sue stanze private? Siete sicura che questo non comprometta la vostra reputazione? Se volete posso offrirmi io...”- incalzo’ D’Artagnan, impedendole di passare.
“Non importa, l'ho gia' fatto altre volte. E' un prete, non avete nulla da temere!”- Constance non demorse ed alzo’ le gonne per non inciampare tra i piedi del giovane.
“Mh? Non e' piu' un prete da molto tempo Constance...”- continuo’ perplesso D’Artagnan cercando di seguirla fuori dalla carrozza.
Constance, ormai scesa e preso il baule dalle mani del cocchiere, si volto’ indietro e rispose: “La mia reputazione non e' certo compromessa se entro in camera di un prete!”- cosi’ corse velocemente per le scale della torretta che portavano ai piani superiori.
"Aspettate..."- D'Artagnan cercava di capire gli strani comportamenti di Constance, la segui’ veloce per le scale, ma la ragazza pero' aveva dalla sua parte l'esperienza a Corte con la Regina, dove complotti e sotterfugi erano quasi all'ordine del giorno. Lo abbandono' velocemente, chiudendo la porta alle sue spalle ed impedendogli cosi' di entrare.
 
"La regina vi manda queste vesti. Chiede di voi, vorrebbe vedervi a palazzo... Avete bisogno di un aiuto per cambiarvi?"- bisbiglio' Constance avvicinandosi ad Aramis, voltando le spalle alla porta. Aramis aveva il volto coperto, in parte dai capelli bruni della parrucca, vagamente pettinati e le parlava in un orecchio, facendo quella vicinanza ancora piu' stretta.
"No, credo di aver imparato come fare anche da sola."- dicendo cosi', guardo’ fisso la porta.
"Anche D'Artagnan e' qui fuori."- sussurro' Constance voltandosi indietro. Le due avevano capito di essere forse osservate dall'esterno, ma parlavano a voce troppo bassa per essere ascoltate.
"Eh?!"- Aramis guardo' Constance leggermente preoccupata, come per chiedere spiegazioni della presenza del giovane con lei in quel momento.
"Ha ricevuto dal Capitano delle guardie l'ordine di rimanere sempre al mio fianco. Non so di preciso il motivo."- la giovane alzo' le spalle, rimanendo sempre a stretta distanza di Aramis, e quasi per ripicca Constance le prese una mano e la pose sul suo fianco, per poi volgere lo sguardo verso la porta con fare provocatorio.
"Cosa gli avete detto quando vi ha visto salire?"- incalzo' Aramis avvicinandosi ancora di piu' all'orecchio, un po’ nervosa per la paura di essere scoperta.
"Gli ho detto che la Regina ha provveduto a rispedirvi le vesti d'onore che non avete indossato alla cerimonia."- Constance ridacchio', tanto da strappare un sorriso alla stessa Aramis.
"Sembrerebbe una buona scusa, sperando che non vi abbia chiesto di aprire il baule..."
"No, l'ho persino convinto a non aiutarmi nel portarlo di sopra, ma non e’ servito ad impedirgli di salire"- la dama non lasciava ancora andare la mano della ragazza, che tuttavia tentava di ritrarsi.
 
"Constance, siete sicura di voler ingelosire D'Artagnan fino a questo punto? Ho gia' combattuto abbastanza i miei amici ultimamente, non vorrei che un altro mio amico se la prendesse per questo affronto..."- Aramis sorrise leggermente, gli occhi fissi sulla porta, Constance la lascio' andare in modo che lei si pote’ allontanare a debita distanza. Le due potevano chiaramente sentire su di loro gli occhi e le orecchie indiscrete di Planchet e D'Artagnan cercare di captare ogni minimo rumore.
"Dovremmo incontrarci da un'altra parte della citta' in modo che possa venirvi a prendere indisturbata, magari non subito, tra qualche giorno. Che ne pensate della solita locanda?"- la voce di Constance era quasi impercettibile.
"Sembra un buon posto... La solita locanda alla solita ora, tra tre giorni?"- rispose lei avvicinandosi alla finestra, la damigella annui'. "Planchet!"- disse poi Aramis a voce piu' alta.
Il servo non rispose, come al solito.
La porta si scosto' leggermente, D'Artagnan e Planchet, che stavano ascoltando bisbigliare, l’avevano involontariamente aperta.
"D'Artagnan! Entrate pure... Congratulazioni"- disse Aramis seriamente, alzando e cambiando tono della voce -"Raccontatemi del grande evento..."- continuo' con un breve inchino, sistemando brevemente la stanza, ma badando bene di non aprire la cassa che il ragazzo stava avidamente guardando.
D'Artagnan, impulsivamente, sguaino' il rapiere e lo punto' dritto alla gola dell'amico.
"Vi approfittate cosi' delle povere damigelle indifese?"- disse infuocato di rabbia.
"D'Artagnan! Smettetela subito!"- urlo' Constance severa e sorpresa da quella scenata improvvisa.
"Athos e Porthos mi avevano avvertito! Avevano detto che eravate diverso e che non siete piu' l'amico di un tempo!"- ringhio' il ragazzo con voce spezzata e tradita.
Aramis sospiro' triste e guardo' Constance atterrito senza dire una parola, ma non si avvicino' al rapiere cercando di contrattaccare, anzi alzo' le mani e le spalle in segno di resa.
"Era tutta una messa in scena, D'Artagnan. Volevamo assicurarci che voi non aveste sbirciato dentro la stanza e soprattutto non avreste origliato! Aramis non e' persona da fare certe cose seriamente!"- disse Constance nervosa, mettendosi in mezzo tra lui ed Aramis -"Evidentemente non vi fidate dei vostri migliori amici o della vostra amata!"- continuo' lei leggermente rattristata.
"Non siate troppo severa con lui, Constance. E’ affezionato a voi e ha reagito d’impulso. Ora abbassate il rapiere. E la prossima volta che vi permettete un attacco del genere nei miei confronti, D'Artagnan, vi sfidero' all'ultimo sangue. E, per quanto siate molto abile con il rapiere amico mio, io ho ancora piu' assi nella manica e non esitero' a sfruttarli per battervi!"- dicendo cosi' si avvicino' a D'Artagnan che abbandono’ velocemente i suoi intenti.
"La Regina vi restituisce personalmente le vostre divise?"- chiese lui abbassando il rapiere ed alzando lo sguardo verso Aramis, leggermente piu' alto di lui. Affatto intimorito dai comportamenti dell'amico.
"Probabilmente si, ma non ho intenzione di aprire quella cassa in vostra presenza, se e' quello a cui state pensando"- rispose Aramis volgendo verso la porta della camera, cercando di raggiungere la sala da pranzo.
"Di quali affari privati stavate parlando?"- chiese Planchet, che evitava di andarsene per osservare meglio quella scenata di gelosia.
"Planchet, vi prego gentilmente di allontanarvi e di stare fuori di casa per i prossimi tre o quattro giorni!"- ordino' Aramis al servo.
"Monsieur Aramis... Dove dovrei andare?"- chiese Planchet guardando le monete d'oro ricevute.
"Andate in chiesa a pregare. Pregate anche per me ed accendete un cero alla Vergine Santissima Addolorata; ed un altro per Il Cristo Morto Sanguinante in croce, e questo per San Sebastiano colpito e dissanguato da settecentocinquanta freccie, uno per Santa Lucia con gli occhi scavati e un altro ancora Sant'Agata con le... Su, su andate! I santi non aspettano!"- Aramis spinse il servo fuori dalla porta e li' lo lascio'.
I due giovani si guardarono. D'Artagnan non capiva affatto lo strano comportamento dell'amico e padrone di casa, ma Constance continuava a sorridere complice, ammettendo intimamente di conoscere affari segreti di cui il ragazzo non era informato.
 
"Sono affari cosi' segreti che una guardia reale non puo' esserne a conoscenza?"- chiese nuovamente D'Artagnan, una volta che Planchet aveva lasciato l’abitazione.
"Nulla di personale. Il vostro Capitano delle guardie si e' preso la liberta' di rivelare degli affari privati, che coinvolgono anche la Regina, ad una dama che voi stesso avete avuto occasione di conoscere per la sua fama di spia e traditrice. Se non ci credete, D'Artagnan, chiedete pure voi stesso ad Athos. Posso offrirvi una tisana?"-Aramis congiunse le braccia, soffocando i nervi in una calma apparenza, alzo' un singolo sopracciglio, avvicinandosi alla brocca di metallo ai bordi del camino.
"No, non importa, vi ringrazio. Milady e’ viva?"- ribatte’ il ragazzo cercando di tranquillizzarsi, Aramis servi' quindi una coppa di ceramica per se e Constance.
"Aramis forse non dovevate essere cosi' specifico con il vostro compagno."- lo riprese la giovane sorseggiando quel liquido profumato, ormai tiepido.
"Constance, forse e' giusto che lui sappia come stanno le cose, invece di destare inutili sospetti e gelosie! Sono stato io stesso a contattare i Reali e a riferirgli dell’accaduto. La Regina ha preso la cosa seriamente, inviando Constance qui."- dicendo cosi', il padrone di casa fece un cenno alla dama, cercando di non far trasparire tutta la verita'.
 
"Il mio Capitano era in primo luogo un vostro amico che voi avete brutalmente picchiato e allontanato! Avete tradito i moschettieri..."- esclamo' D'Artagnan stringendo i pugni, con voce lagnante.
"Brutalmente?"- ripeterono all'unisono Constance ed Aramis.
"Conosco questa storia. Athos ha parlato con Porthos, questo e' venuto da voi e vi ha espressamente richiesto di non presentarvi qui."- constato' Aramis rivolto a D'Artagnan.
"Voi come fate a saperlo?"- chiese il giovane abbastanza incuriosito da quella affermazione corretta.
"Siete qui."- rispose Aramis risoluto-“Comunque non badate a me, sono un umile servo di Dio.”- il padrone di casa fece uno strano sorriso beffardo ai due ragazzi.
"Vi ringrazio ancora per l'uniforme, Constance, ma forse adesso e' tempo per voi di ritornare a corte..."- continuo' Aramis rivolto alla giovane che sorrise ed insieme a D'Artagnan si congedo’ in fretta ed abbandono' l'abitazione.
 
***
 
Aramis lascio’ che la carrozza si allontanasse dalla torretta e che Planchet non si fosse nascosto sotto la rampa di scale, prima di ritirarsi in camera sua e chiudere bene la porta.
Quei pochi giorni di solitudine e meditazione, passarono velocemente.
Aveva bisogno di tempo, per riprendersi da quei duri colpi dei giorni trascorsi, ma non poteva aspettare troppo: due personalita' importanti erano ancora presso la dimora di Richelieu ed andavano scovate. Come monsieur Aramis aveva ora da rendere contro i suoi migliori amici e non ci sarebbe mai riuscita.
Era certa che ne' Milady ne il Duca di Buckingham si sarebbero allontanati da Parigi senza ottenere quello che volevano e forse il fatto che Athos possedesse una copia di quella lettera di Richelieu, avrebbe potuto deviare i loro piani.
Si rese conto di quanto non potesse evitare gli ordini della Regina, ne evitare problemi nel suo piccolo santuario domestico. Lentamente, davanti la toletta e lo specchio, comincio' a togliersi parrucca e maschera.
Vedendola nuovamente colare sul suo volto come carne morta, ricordo' di tutte quelle volte che avrebbe potuto essere scoperta.
La volta piu' recente, nella fontana, quando il suo destino era cambiato irrimediabilmente.
La sua memoria corse ancora piu' indietro, si ricordo' di quando Porthos per poco non avrebbe scoperto tutto quasi due anni prima.
“Non vorrei sembrarvi scortese, ma potremmo allontanarci in fretta da qui?”- ricordo' di aver detto, in quel canale di Venezia, mentre cercava in tutti i modi di tenere la testa fuori dall'acqua. La tensione cominciava a salire ed il timore che uno dei suoi compagni si potesse avvicinare di piu' e chiedere che cosa avesse fatto nel suo volto che si stava sciogliendo era piu' doloroso del freddo dell'acqua e dell'esplosione che l'aveva appena colpita.
Era buio fuori, i fuochi d’artificio ancora brillavano all’orizzonte, Athos era distratto, non si accorse di nulla: guardava Milady con quegli sguardi che le non aveva mai rivolto. Neanche da donna. Provo' un tristissimo senso d'invidia e disperazione per essere ancora cosi' infatuata di un uomo che non l'aveva mai degnata di uno sguardo e l'aveva tradita in cosi' breve tempo. Le sue mani graffiarono involontariamente il piccolo tavolo della toletta, raddrizzo' lo specchio che era scivolato.
Prese una spazzola, nascosta anch'essa nel baule insieme a qualche gioiello di poco valore ed un po' di belletto ed incomincio' a spazzolarsi i lunghi capelli che, al contrario di quelli della parrucca, risultavano piu' morbidi al tatto e relativamente meglio trattati.
 
“Bene, Aramis, riguardo a questa... Discussione, ricordate dov’eravamo rimasti?!”- Aramis ricordo' di Porthos emergere cautamente dalla superficie del canale, lo rivide nella sua memoria soffiare l’acqua dalle narici ed incominciare a schiacciare le nocche delle mani. Se si fosse avvicinato ancora di piu', avrebbe potuto vedere la sua faccia diventare quella di un mostro e scaraventarla di nuovo nel canale urlando di chissa' quali demoni o stregonerie.
Ricordo' avergli detto: “Siate nobile e generoso come non lo siete mai stato prima d’ora...”- coprendosi il volto e tremando come una foglia, ricordo' voltargli le spalle e di piangere grossi singhiozzi, dalla paura di essere scoperta o dal dolore di aver perso l'uomo che amava, privandolo cosi' di quella visione orrenda che era la sua maschera parzialmente distaccata dal volto.
Porthos spruzzo' soltanto un po' d'acqua sulle spalle dell'amico, ma credendolo veramente terrorizzato ed in preda al panico, lo prese per un braccio e disse -"Su, su, tornate in voi! Per questa volta siete graziato, ma la prossima abbiamo un conto in sospeso!".
Cosi' Aramis e Porthos uscirono dall'acqua nel buio della notte, lei ricordo' di aver tenuto sempre le mani sulla faccia, per nascondere gli occhi gonfi di pianto e la maschera ormai del tutto distaccata. Fino a che non raggiunsero finalmente un posto piu' confortevole dove potersi cambiare con vesti asciutte, risistemare in segreto di nuovo maschera e parrucca per poi brindare alla missione compiuta. Ed essere avvelenata dall'amante del loro migliore amico.
 
 

 
(1) Porthos, Athos e D’Artagnan non sanno ancora con certezza che il Duca e’ vivo. E so che quando qualcuno e’ morto viene definito “povero”, anche se credo sia piu’ che altro una forma dialettale.
 
(2) Al contrario del film, l’anime non sbaglia affatto il “baffo” che voglio tenere allo stesso modo, non certo per questioni estetiche (detesto i baffi). Decide infatti l’anzianita’ militare dei personaggi. Nell’anime, Treville e’ quello col baffone, poi c’e’ Athos col baffetto da sparviero (perche’ e’ il piu’ anziano dei moschettieri, ma piu’ giovane di Treville) e gli altri non hanno baffi per svariati motivi (eta’, sesso, ceto...), ma Porthos, che nel film ha erroneamente i baffi, non potrebbe averli e quindi non glie li metto.
 
(3) Sono abbastanza priva della storia del bagno nel XVII secolo, ma mi baso sulle informazioni che ho riguardo al XVIII secolo: nei palazzi reali non c’era un vero e proprio gabinetto, ma un angolo chiuso con un secchio dentro dove la gente andava a fare i bisogni. Poi ovviamente c’era anche il garzone con il secchio che li seguiva in giro. Come ha fatto Aramis a non farsi mai scoprire? Era amante della privacy e la faceva sempre per i fatti suoi badando bene di non essere osservata neppure da lontano (l’anime ci spende tipo due o tre episodi a ricordare quanto fosse pudica).
(Pero’ mi sembra che alcuni personaggi di romanzi che si facevano passare per uomini, siano stati scoperti essere donne proprio per fare la pipi’ da sedute –sicuro l’ho letto in qualche cosa di George R.R. Martin)
 
 
 

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Capitolo 10
*** Tre guardie reali ***


Allora devo dirlo: questo capitolo mi e’ costato abbastanza fatica e forse un po’ di typos. Perdonateli ed aiutatemi a trovarli perche’ il mio correttore automatico non sa l’Italiano.
In breve le mie disavventure mi hanno portato a scrivere meta’ del capitolo nelle ore piu’ impensate con strumenti piu’ o meno consoni, come ad esempio una tablet.
L’altra meta’ del capitolo l’ho pagata moneta sonante 120euro ai tizi che me l’hanno scaricata dall’HD ed in pratica solo quel file (visto che il resto dell’HD o era bruciato o ce l’avevo di gia’).
Certo, se mi dicevano in anticipo che avrebbero solo scaricato un file di 17kb i 120euro me li tenevo io.
Quindi sappiate che questo capitolo ha un prezzo.
 
Riassunto dei capitoli precedenti: 120euro o, per essere piu' precisi, 800NOK.
 

Capitolo 8
Tre guardie reali

 
Porthos ed Athos fissavano sospetti il loro compagno sorridente.
D'Artagnan a fatica li degnava di uno sguardo.
Non era del tutto assente, aveva detto alcune parole vagamente sensate, tra un silenzio e l’altro, tirava lunghi sospiri che scostavano un ciuffo di capelli castani dalla sua fronte avanti e indietro.
“Certo, capitano, fate sempre cosi’ tante domande... Cosa dicevate?”- chiese il ragazzo.
“Voci di corte: che cosa avete ascoltato?”- scandi’ Athos, in modo che il giovane potesse capire meglio.
"Allora?"- chiese Porthos al ragazzo, che non aveva ancora proferito una parola di senso compiuto.
Il giovane sospiro' di nuovo e rispose con un bel sorriso, poggiando la mano sul mento.
“Niente lettere?”- domando’ l’uomo.
“Quali lettere?”- chiese D’Artagnan, ancora inebriato dai sensi.
"Bene, bene. Diteci dunque qualche cosa che ci possa in qualche modo interessare!"- incalzo' Athos, affatto interessato alle sue esperienze amorose.
"Oh Athos! Ho qualche cosa che potrebbe interessarvi!"- il tono nel ragazzo si fece immediatamente piu' serio, rievocando le esperienze di qualche giorno prima: per un attimo lascio’ la sua nuvola rosa e ricadde alla seria realta’.
L'uomo si incupi' leggermente, preannunciando di gia' cosa potesse essere l'argomento dei suoi discorsi.
"Si tratta di Aramis. Ha avvertito la Regina delle vostre ritrovate amicizie. A proposito, credete siano cosi' opportune?"- chiese dubbioso il ragazzo, cercando di tenere un tono confidenziale che non lo compromettesse troppo agli occhi del loro compagno.
"Che interessi ha quell'uomo nel mettervi in cattiva luce?"- chiese Porthos, gia' al corrente di tutto.
 
"Voi sapete?"- D'Artagnan si sorprese di quella domanda da parte del compagno.
"Mi domando come fate voi a non sapere: Milady ci e' passata di fronte! Probabilmente avevate ancora gli occhi rivolti da un’altra parte!"- sbotto’ Porthos con un ampio gesto.
 
“Si. Milady e’viva, D’Artagnan! Non dovreste meravigliarvi di questo...”- sospiro’ Athos ricordando gli eventi di alcuni giorni prima ed il fatto che la donna risiedesse ancora in un posto misterioso tra la residenza del Cardinale ed il palazzo del Louvre. Oppure in qualche lussuosa locanda di Parigi, lontana dagli sguardi e le parole indiscrete delle dame di corte. Almeno una di queste l’avrebbe potuta facilmente scovarla.
La Regina non era del tutto al corrente degli affari di Milady a palazzo, del fatto che fosse stata di gia’ uno strumento di Richelieu e per quale scopo, ma di sicuro non le avrebbe fatto piacere trovala a corte come ospire. Conosceva molte persone e poteva essere uno strumento utile, ma sarebbe sempre stata un’inglese nel palazzo del re di Francia.
 
Il moschettiere busso’ sul tavolo della caserma nervosamente.
Del tempo era gia’ trascorso dal ballo che aveva in un certo senso rigirato tutte le carte in tavola, ma le sue conseguenze erano ancora tangibili.
“Come pensate di agire, Capitano?”- chiese il ragazzo ad Athos, il suo sguardo appariva vagamente preoccupato, forse nell’esaminare gli occhi dell’uomo non aveva trovato le solite espressioni di sicurezza ed esperienza, piuttosto un vago senso di preoccupazione per qualcosa che avrebbe voluto evitare.
“Porthos?”- l’uomo distolse lo sguardo dal ragazzo e si rivolse al suo compagno che in quel momento stava osservando fuori dalla finestra l’arrivo di una carrozza reale.
“Che fine ha fatto quella baronessa del ballo?”- ribatte’ Porthos dubbioso, senza mai staccare lo sguardo dalla finestra e facendo cenno agli altri due di avvicinarsi.
“Non saprei...”- mormoro’ Athos, colto anche lui dalla ricchezza di quella carrozza. Non era una delle carrozze ufficiali da parata, allo stesso modo spiccava tra le carrozze comuni: si notava che era stata spedita direttamente dalla regina.
“Constance?”- si sorprese D’Artagnan sgranando gli occhi, la ragazza stava scendendo da quella carrozza. Indossava le vesti di una qualsiasi giornata a Corte.
“Perche’ non siete con lei?”- domando’ Porthos, al ragazzo. Gli avevano espressamente chiesto di tenerla d’occhio.
“Dormiva ancora nelle sue stanze e non mi e’ stato concesso entrare. Poi sarei dovuto tornare di guardia qui e...”- si giustifico’ lui, cercando conferma negli sguardi dei suoi compagni.
I due sbuffarono insofferenti. Dopotutto era ancora un ragazzino ed aveva ancora molto da imparare.
 
“Ah come immaginavo! Presto, presto! Correte fuori e andate a fare il cane bastonato. Sapete cosa dovete dire!”- ordino’ Porthos puntando verso Athos, ma entrambe i compagni accorsero alla porta contemporaneamente. Qualcun altro scendeva in quel momento dalla carrozza.
“No! Non voi, D’Artagnan!”- continuo’ l’uomo verso il ragazzo perplesso.
“Eh?”- chiese turbato, mentre il loro capitano correva fuori verso la carrozza e si preparava ad uno dei piu’ ampi inchini mai fatti prima d’ora.
“La guerra non si combatte solo con le armi, D’Artagnan”- continuo’ l’uomo abbassando lo sguardo verso di lui, come avrebbe potuto fare ad un fratello minore. Subito pero’ lo rivolse nuovamente alla finestra, dove il loro capitano aveva gia’ raggiunto la carrozza reale e la dama che ne era scesa dopo Constance. La baronessa d’Herblay era tornata a Corte.
 
Renee guardo’ indecisa Constance, quasi incitandole di proseguire verso le stanze della Regina. Questa pero’ si era fermata ed aveva scorto D’Artagnan salutarla dalla finestra. Lei aveva risposto vagamente a quel saluto, ma la sua attenzione era maggiormente rivolta al cavaliere inchinato ai loro piedi. Era il capitano delle guardie reali.
“Bentornata... Baronessa!”- disse Athos senza guardarla. Si era tolto il cappello ed capelli neri erano lavati di fresco, tanto da scendere in lunghe ciocche sulle guance e sugli occhi quasi senza dargli pace.
“Andatevene”- disse la giovane donna, voltando la testa e facendo cenno di allontanarsi con la mano.
“Vorrei parlarvi”- continuo’ lui senza timore, ma con un tono gentile, quasi a pregarla.
“Non ho nulla da dirvi”- ribatte’ lei negandosi e, notando Constance ancora ferma, si affretto’ a tirarla per un braccio.
Athos si alzo’ e si affretto’ ad indossare il cappello, ma quel tempo era stato sufficiente alle due giovani per lasciare il piazzale ed essersi gia’ dirette indisturbate verso le stanze della regina.
***
 “Il Cardinale Richelieu ha chiesto di voi, Baronessa.”- la Regina guardo’ le giovani entrare con la coda dell’occhio. Aramis si inchino’ immediatamente.
“Non credo che sappia quello di cui noi siamo a conoscenza. Dubito che avrebbe domandato chi foste se non fosse stato del tutto sicuro di non poter essere scoperto.”- continuo’ stringendo i pugni. Le sue dita erano adornate da diversi anelli d’oro dalle pietre colorate.
“Avete detto che Milady si trova di nuovo a Parigi?”- domando’ la Regina, ricordandosi vagamente di quella donna che aveva gia’ visto diverse volte in compagnia del Cardinale.
“Si. Ho il sospetto che si trovi di nuovo a Parigi. A questo punto devo dedurre che il Duca di Buckingham ne sappia qualche cosa. Dite che sia stato il Duca a fare il mio nome al Cardinale?”- chiese sospettosa la baronessa.
“Beh a dire da quello che ho potuto notare io stessa, avete lasciato su di lui un’impressione a dir poco indimenticabile”- rispose la sovrana alzando le sopracciglia.
“Voi sapete che sono una vostra umile serva e non mi permetterei mai di...”- pronuncio’ immediatamente Renee, cercando di giustificare il comportamento dubbio assunto con quel nobile straniero alla sovrana, che non sembrava essere turbata.
“Avete fatto il vostro dovere. Dovevate esagerare di piu’ con quel sonnifero, baronessa.”- continuo’ la regina voltandosi di nuovo da lei. La sua espressione non era del tutto insoddisfatta, ma lasciava trasparire un vago senso di delusione. Anche se non accusava direttamente la baronessa dell’errore commesso, non era certo contenta del risultato.
Renee rimaneva inchinata alla sua presenza, nel tentativo di non mancarle di rispetto, ma evidenziando ancora di piu’ come la loro collaborazione fosse in qualche modo forzata.
“Probabilmente il Duca vi sta ancora cercando. Forse risiede ancora alla residenza di Richelieu per questo motivo. Per lo meno dobbiamo sperare che sia cosi’.”- la Regina fece alcuni passi nella sua stanza, leggermente innervosita.
“E se non fosse cosi’?”- chiese Constance dal fondo della sala, quasi istintivamente, senza essere interpellata. La Regina, non essendo al cospetto di persone ufficiali, non si offese:
“Se non fosse cosi’ sara’ sicuramente tornato in patria ed avra’ gia’ convinto il re nel dichiarare guerra!”-.
“Il Duca non e’ solo alla mia ricerca, Maesta’”- aggiunse Renee, non specificando di piu’ degli affari della lettera di cui era a conoscenza.
 
“Baronessa, Renee...”- sospiro’ la Regina con leggera insofferenza-“Avete un corpo di donna. Il Duca ama le donne. Utilizzatelo disponendo di lui. Questa volta lo voglio morto. La sua sola presenza nell’intero reame mi infastidisce piu’ della falsita’ di Richelieu. Vedrete che l’altro oggetto delle sue mire vi sara’ eternamente grato per il vostro favore...”- disse quasi priva di pieta’.
Potrebbe essere stato anche solo questo un motivo valido per Aramis di disfarsi del Duca di Buckingham, ma forse le pretese della regina cominciavano a farsi un po’ troppo ambiziose.
Lo sguardo di Renee si oscuro’ e mormoro’ qualche cosa sotto voce prima di allontanarsi.
***
Renee trovava in quel momento conforto in una lunga preghiera durante la messa.
In effetti non era quello di cui in quell'istante aveva veramente bisogno, ma non trovava soluzione migliore. Sfogarsi con qualcun altro, pensava, sarebbe stato solo sorgente di ulteriori problemi e causa di piu' dettagliate spiegazioni. Inginocchiata, non rivolgeva gli sguardi verso nessuno, neppure all'altare, appunto per evitare gli sguardi interessati dei giovani cavalieri, che spesso si presentavano in chiesa solo per conoscere nuove fanciulle.
 
"Baronessa..."- una voce la interruppe, ma lei non si volto'.
"Pssst Baronessa d'Herblay!"- continuo' la voce.
"Sh! Come vi permettete di disturbare le mie preghiere?"- bisbiglio' lei senza voltarsi.
Aveva riconosciuto quella voce quasi subito- "Poi voi non dovreste essere di guardia... O da qualche altra parte?!"- continuo'.
"Al momento desidero solo essere con voi... Devo parlarvi!"- Renee apri' gli occhi e fece entrare velocemente aria nelle narici, un suono nasale a lui fin troppo noto, a cui pero' non aveva fatto ancora troppo caso.
"Sh! Non alzate la voce!"- disse nuovamente la baronessa, questa volta si volto' verso di lui. I suoi grandi occhi chiari lo fissarono ancora sospetti.
"Andiamo fuori"- ordino' Athos alla ragazza prendendola per un braccio, nonostante lei cercasse di trattenersi lontano da lui.
Costretta da quella situazione, si fece trascinare quasi a forza all’aria aperta per un lungo viale, in quel momento deserto.
"Che avete di importante da dirmi? Sbrigatevi, ho da fare"- Renee distolse lo sguardo vivamente contrariata.
"Si... Si tratta di voi"- sussurro' l'uomo, cercando di incontrare i suoi occhi dall'espressione ancora ferita.
"Avevate ragione, vi devo le mie scuse"- disse lui, facendosi quasi mancare il fiato.
"Qui le scuse non bastano! Ve ne siete andato, vi siete ubriacato e vi siete persino intrattenuto tutta la notte con quella donna!"- senti' l'aria muoversi rapidamente all'agitarsi delle sue mani. Renee era su tutte le furie.
"E voi vi siete appartata con quell'uomo..."- ribatte’ Athos.
"Eravamo d'accordo!"- disse lei tra i denti, del tutto furibonda.
"Non erano questi i patti"- la voce di Athos scaturi' profonda. Lei si libero' facilmente dalla sua stretta, come era d’uso fare.
 
Lo guardo' un'ultima volta con disprezzo e gli volto' le spalle nel tentativo di andarsene.
"Non andate via cosi', vi prego in questo momento ho bisogno di qualcuno come voi al mio fianco!"- Athos la supplico' incerto, cercando un modo per non lasciarla andare via.
"Questo qualcuno forse non sono io, capitano..."- bisbiglio’ la giovane senza voltarsi.
"Smettetela di punirmi! Avro' pure i miei segreti, come voi avete i vostri!"- disse chiaramente, cercando cosi’ di giustificarsi.
“Dite bene. Non ho tempo per altre frivolezze. Devo cercare di rimediare agli errori commessi. Ho rischiato di mettere a repentaglio la reputazione della Regina per voi! E non parlare di... Non importa. Addio!”- la giovane accelero' il passo, vivamente delusa, cercando di allontanarsi il piu’ in fretta da lui.
 
"No! Aspettate! Conosco delle cose di voi! Siete comparsa misteriosamente a corte da non piu' di quattro settimane, sparite, riapparite quando e come volete. Non avete grazia. Nessuno qui sa niente di voi. Eppure adesso siete amica fidata della Regina in persona, non avete alcun accento straniero, anzi a volte parlate con dialetto parigino come se viveste qui da anni, e sembrate conoscermi da anni, anche se non mi avete mai questionato sul mio passato o la mia vita..."- le parole di Athos la colpirono piu' di mille pugnali.
Il sospetto di essere stata scoperta la fece fremere di un brivido istintivo. Il sangue le si congelo' nelle vene al solo pensiero di quello che sarebbe potuto accadere d'ora in avanti.
“Donne come voi di solito non si trovano a corte, ma da qualche altra parte. Forse vi ho perfino gia’ incontrata in passato. Non e’ cosi’?”- chiese lui retoricamente.
Aramis raggelo': sue gambe avrebbero voluto correre via il piu’ lontano possibile. D’istinto, arrossi’ nervosamente e le sue mani cominciarono a tremare.
Forse il suo articolato travestimento non era riuscito certo ad ingannare un uomo esperto come lui.
O forse tutti quegli anni fianco a fianco, non potevano essere nascosti da una parrucca arruffata o da una brutta maschera. Che stupida deve essere sembrata ai suoi occhi, mentre cercava di nascondere tutto.
“No, mai...”- bisbiglio’ ad occhi spalancati, negando l’evidenza fino all’ultimo.
“Dopotutto anche quello e’ un lavoro”- sospiro’ lui alzando le sopracciglia e piegando la testa, alla ricerca del suo sguardo negato.
“Un lavoro, un compito impor...tan...”- balbetto’ lei.
Per un attimo credette seriamente di essere stata scoperta, di dover spiegare tutte le sue azioni, il perche’ vestisse da uomo o come mai avesse dovuto mentire ai suoi piu’ fidati amici tutti quegli anni.
Si stava preparando a quel lungo discorso inspirando profondamente, forse se l’era sempre aspettato che prima o poi qualcuno potesse... Ma quasi subito riascolto’ quelle parole risuonare nelle sue orecchie e nella sua memoria: aveva frainteso.
 
Lascio’ andare un profondo sospiro ad occhi chiusi, cosi’ profondo che le spalle si rilassarono, lasciando dondolare le braccia, al fondo delle quali si potevano appena scorgere le dita magre e leggermente nodose spuntare dal bianco merletto dei polsini sulle vesti scure.
"Erm... Importante, certo... Quale uomo non ha bisogno di certe attenzioni?! Noto che prendete il vostro dovere seriamente...”- Athos si schiari’ la voce leggermente imbarazzato da quella risposta.
“Comunque, se lo desideraste, la vostra nuova alleanza con la regina, vi permetterebbe di abbandonare la vostra professione e fare certe cose solo per diletto...”- ripenso’ di nuovo Athos a quella risposta concitata e riflessiva allo stesso tempo.
 
“Mh... Devo pensarci. Come voi dovreste pensare veramente agli affari vostri.”- disse lei provocatoriamente,  aspettando che lui credesse nella veridicita’ delle sue supposizioni e non indagasse oltre. Riprese poi in fretta il suo cammino, nel desiderio di seminarlo e fare in modo che quel discorso finisse li'.
 
“Non vi chiedero' di voi e del vostro passato... Voi non chiedete del mio e saremo pari..."- continuo' lui seguendola.
“Non saremo mai pari!”- la voce della giovane donna era spezzata.
Le emozioni ed i nervi la privavano qusi del respiro.
"Renee, vi prego di perdonarmi."- l'uomo la colse di sorpresa raggiungendola e prendendole le spalle rigide. Si accorse di quanto in quel momento fosse ancora tesa.
 Lei si volto' di scatto, i suoi sguardi erano ancora feriti dal comportamento dei giorni precedenti, due grosse lacrime scesero sulle guance, scivolarono sul mento ed evidenziarono una lieve cicatrice rosea ancora presente sotto la mandibola.
"Se solo foste stato ai nostri accordi..."- sussurro' la baronessa tra i denti.
“Se solo voi foste stata ai nostri accordi...”- sussurro’ lui, chiudendo le palpebre per un attimo e sospirando profondamente.
 
La tristezza e le lacrime, donavano a quella donna misteriosa un doloroso fascino.
Non aveva mai avuto modo di vederla veramente felice, di sentirla ridere a crepapelle, di sollevare gli occhi al cielo e sorridere di una gioia irrisoria.
Neppure come spia, per quanto eccellente, era riuscita nel suo intento ed aveva capito quanto questo la ferisse. Renee aveva fallito la sua missione ed era forse questo che non riusciva a perdonarsi.
Quel loro fraintendimento al ballo andava oltre ad un probabile tradimento sentimentale o una semplice gelosia, seppur questa sembrava esserci da parte di entrambe.
 
“Avete cominciato voi! Vi siete tolta le sottogonne mentre eravate in camera con quell’uomo!”- le ricordo’ Athos con fermezza, cercando di non farsi catturare da quello sguardo ricco di uno strano ed involontario fascino.
“Avete mai provato ad indossare quelle cose?! Sono scomode ed e’ impossibile sedersi... Che dico! Io non devo giustificare nulla a voi! Avete dormito in camera con quella donna tutta la notte!”- disse la ragazza nel pieno dell’agitazione.
“Io... Vedete... Ehm... Ero ubriaco.”- Athos aggrotto’ le sopracciglia ed abbasso’ le spalle in un lieve soffio -“Sono certi dettagli che non vi posso riferire”- continuo’ abbassando lo sguardo.
“Beh credete invece che sia giusto accusarmi di un torto che non ho commesso? Soprattutto da voi! Eravamo d’accordo, avrei disposto di quell’uomo ed avrei cercato il vostro aiuto. Solo allora avreste conosciuto la sua vera identita’!”- cerco’ di spiegare la ragazza, affatto calma.
“Voi siete una dama, per voi e’ diverso...”- Athos abbasso’ ancora lo sguardo, convinto di tenere i suoi segreti per se.
“E voi un cavaliere che non avete mantenuto la parola data! Siamo entrati insieme da quella porta, ma io sono uscita da sola!”- la giovane stava riaccendendosi per divampare: era rossa in volto e furiosa di rabbia, agito’ la mano come per indicare qualche cosa di fronte a lei, di fatto inesistente –“Grazie a voi la mia missione e’ fallita!”- continuo’ a voce alta, lasciando andare un sospiro ancora piu’ profondo.
 
“Che cosa avete fatto in quella camera?”- sospiro’ nuovamente Athos, appoggiandosi stanco di quella discussione ad un muretto del viale.
“Lo sapete bene cosa ho fatto in quella camera, voi piuttosto! Cosa avete fatto in quella camera?”- ribatte’ lei, mettendo le mani ai fianchi.
Lo sguardo di Athos sembrava ancora piu’ abbattuto, qualche cosa lo turbava veramente.
 
Forse in cuor suo, Aramis sapeva che quello che un tempo fu l’amico di sempre, non avrebbe potuto mai averle fatto un torto cosi’ grande. Se solo avesse saputo.
Anche se quella ormai sembrava piu’ una ripicca o una questione di principio, per evitare di ferirlo, non avrebbe dovuto tenergli nascosta almeno parte della verita’.
 
“Sono entrata in camera con quell’uomo mascherato che voi stesso e la vostra signora avete visto. Ho cercato di distrarlo. Non pensavo fosse talmente facile. Ho fatto scivolare del sonnifero nel suo bicchiere. Abbiamo bevuto e si e’ addormentato profondamente. In questo modo ho avuto tempo di togliermi le sottogonne. Al contrario di voi, io non ho fatto nulla di cui vergognarmi con quell’uomo”- Renee ora lo guardava fisso negli occhi, completamente irrigidita. Prendeva, tuttavia, lunghi e profondi sospiri per cercare di non innervosirsi un’altra volta.
Athos ricambio’ quello sguardo con un mezzo sorriso. Sembrava sincera. Apri’ la bocca, come per pronunciare qualche cosa, ma fu subito presto interrotto da lei:
“Voi piuttosto, avete tradito la mia fiducia raccontando i nostri affari ad un’altra donna per farvi riferire da questa solo brutte voci di corte! E non contare con quale facilita’ vi abbia potuto conquistare, o riconquistare... Non vi facevo tanto molle!”- con quelle parole, fu la volta per la giovane di dimostrare gelosia.
Athos fu colto da un imbarazzo privato che andava oltre le informazioni che avrebbe voluto far trasparire.
“E’ una persona con cui mi sono trovato a lavorare in passato...”- disse con un sospiro.
“Pensavo che fossi io a fare quel mestiere”- ribatte’ lei con un senso di ripicca, facendo cadere un braccio sul fianco.
Athos la guardo’ perplesso.
“Non penserete che lei sia... Ehm...”- balbetto’ annodandosi nervosamente le dita di una mano dietro la schiena.
“Non mi riferivo a lei”- la baronessa ora gli rivolgeva uno sguardo tagliente alzando le sopracciglia.
Lui la fisso’ stringendo le pupille, completamente rosso in volto.
“Ero... Un cavaliere non dovrebbe mai giustificare certe azioni ad una donna come voi!”- si riprese l’uomo, cercando di rimanere severo e composto. In quanto a severita’, la donna lo batteva pienamente. Tuttavia non si poteva dire la stessa cosa riguardo alla compostezza: i suoi modi oscillavano da incendiati a rigidi come quelli di una statua, in un battito di ciglia.
“Un cavaliere non dovrebbe commetterle certe azioni, in primo luogo! Potreste fare come me, ed ammettere la verita’. Per lo meno avrei modo di insultarvi apertamente e mi dareste piu’ che un motivo valido per andarmene senza essere congedata”- la baronessa si passo’ una mano tra i capelli.
Una liberta’ che ora si poteva concedere piu’ spesso.
Athos sospiro’. Non era d’uso che gli si chiedesse di giustificare quegli affari privati da parte di una donna, ma lui stesso aveva chiesto la stessa cosa e con riluttanza era stata data una risposta.
“Ero venuto qui per scusarmi con voi. Io ho i miei segreti, come voi avete i vostri, baronessa”- rispose lui ripetendo quelle parole sulle quali cercava di aggrapparsi avidamente.
Questa scusa, tuttavia, non reggeva piu', soprattutto da quando Renee aveva svelato tutti i particolari della sua verita' e trovava nei suoi segreti la causa di tutta quella collera.
“Avete un bel modo di scusarvi, Capitano”- e come promesso, si allontano’ lungo il viale.
“Baronessa! Mi dispiace davvero di non poter dire la verita’!”- esclamo’ Athos da lontano, ma lei nemmeno si volto’.
Athos aspetto’ qualche minuto mentre guardava la ragazza allontanarsi a passo spedito. Avrebbe potuto ancora raggiungerla. Il vestito le ricadeva abbastanza largo in vita e lasciava intravedere pochissimo di lei.
Si rese velocemente conto di quanto da lontano la sua figura fosse allungata e sfuggente. Se si fosse fermata un solo attimo, avrebbe sicuramente avuto il tempo di contemplarla meglio ed affascinarsi ancora di piu'.
Dopo qualche minuto, si fece coraggio e la raggiunse di nuovo, con una breve corsa, superandola.
“Non posso chiedere un’alleanza con voi senza dimostrarvi la mia fiducia. Credo siate sincera con me. Allo stesso modo mi sento in dovere di esserlo io stesso!”- dicendo cosi’ le fermo’ la strada ed incrocio’ nuovamente i suoi occhi chiari, questa volta colti di sorpresa.
“Alleanza?”- chiese la ragazza sospetta.
“Beh, ho chiesto il vostro aiuto e voi avete accettato. Abbiamo suggellato questo patto quando vi ho dato il bacio sulla guancia. La nostra missione non e’ ancora finita...”- disse lui leggermente affannato.
“Voi state cercando aiuto nei posti sbagliati...”- disse lei aggrottando le sopracciglia e cercando inutilmente di farsi strada.
“Purtroppo, sono restio nel raccontare questa storia. Temo di mancare di virilita'. Fortunatamente, voi colmate benissimo questa mia mancanza con la vostra.”- la baronessa si fermo’ e alzo’ la testa verso l’uomo. Non si offese a quelle affermazioni, il suo volto rimase quasi privo di espressione, anche se nei suoi pensieri quella sembro’ piu’ una lusinga che un insulto. Si guardo’ attorno, notando l’ombra piu’ appartata di un albero e disse:
“Se ritenete questo affare troppo privato, possiamo sempre sederci li’ all'ombra e parlarne senza essere notati”-.
 
“Io e quella donna siamo stati amanti in passato. Quando mi si e’ avvicinata alla cerimonia d’investitura, per me e’ stato come vederla risorgere dalle ceneri. Credevo fosse morta in mare ed invece...”- Athos prese una lunga pausa piena di un inspiegabile dolore, mentre la ragazza lo ascoltava con attenzione. Le sue mani stringevano forti le vesti che ricadevano sulle ginocchia, come a nascondere una rabbia intrinseca, non ancora calmata veramente.
“Tuttavia quando ci siamo appartati in quella stanza, abbiamo discusso a lungo su cosa fosse successo, come quella donna destinata a morire fosse ancora viva. Anne, mi ha spiegato tutto nei minimi dettagli io non... Non... Ed avevo bevuto gia’ abbastanza, forse proprio per affogare quelle sofferenze che stavano riemergendo. Mi sono addormentato...”- sembrava davvero faticoso per lui continuare quella conversazione.
L'uomo rimase bloccato da un breve silenzio di ricordi. Solo successivamente riprese di nuovo fiato e continuo’ quel discorso: “Vedete, e’ difficile per un uomo resistere alle tentazioni di una donna. Specialmente conoscendo gia’ la sua bellezza e le sue abilita’.
 A volte, pero’, c’e’ qualche cosa che va oltre la bellezza, oltre le semplici apparenze. Non posso negare quanto la tentazione fosse forte su di me, questa pero’ era pienamente compensata dal dolore e le sofferenze provocate da lei in passato.
Quelle memorie sono come cicatrici di piaghe profonde e dolorose.
Siamo stati amanti solo qualche settimana ed ho patito quei dolori per anni. Non avrei mai potuto ritornare ancora sui miei passi, compiere ancora gli stessi identici errori che hanno portato ad innamorarmi di lei una prima volta. Questa pero’ e’ una cosa di cui non posso certo parlarne con un uomo d’armi, un mio compagno. Me ne vergogno parlando di questo anche solo con voi. Dopotutto, non vi conosco poi tanto bene. Ma se loro sapessero... Sicuramente riderebbero di me...”- sospiro’ alzando gli occhi verso i fiori violacei che pendevano da un uno dei rami, avvinghiati in grappoli.
 
Renee tento’ nuovamente di trattenere i suoi veri sentimenti e non farli trasparire. Se lei stessa avesse potuto concederselo, forse avrebbe sorriso di gioia nell’ascoltare quelle parole.
Era dunque ancora l’uomo che credeva, certo non poteva completamente giustificare quel comportamento, ma quelle parole, presumibilmente sincere, l’avevano messo ai suoi occhi in un’altra luce.
“Non mancate di virilita’ secondo me. Non credo manchereste neppure ai vostri compagni.”- Aramis parlava con sicurezza- “Anche se non posso parlare per loro!”- si corresse veloce.
Le sue mani smisero di stringere violentemente le vesti. All'improvviso, la rabbia che l'aveva animata in quei momenti si spense lasciando dentro di lei un vuoto che la serenita' non colmava. Si rialzo’ quasi subito nel tentativo riprendere la sua strada.
“Baronessa!”- Athos la chiamo’ di nuovo, cercando di non farla allontanare.
“Potreste allenarvi con noi in caserma, se volete”- disse da lontano.
“Non conosco le arti del rapiere e del moschetto, Capitano”- menti’ lei, sapendo quanto Athos fosse abile nel riconoscere gli stili di combattimento dei suoi compagni.
“Se desiderate, potrei insegnarvi io!”- incalzo’ lui, cercando di non tenerla troppo lontano.
“Lo so, siete molto abile... Con il rapiere. Non lo desidero!”- le gambe della donna erano veloci, alzando le vesti poteva allontanarsi ancora piu’ facilmente.  Non era certo della sua reputazione che doveva temere, Athos non capiva il perche’ del suo rifiuto.
“Lo sapete che questo e’ il nostro ultimo tentativo, non potrete fallire, la Francia dipende da noi?”- l’uomo alzo’ la voce per farsi sentire meglio, se era li’ per la Regina, forse anche lei teneva alla Francia al suo stesso modo.
“Lo so.”- disse lei con un tono di voce piu’ alto, senza guardarlo negli occhi.
“Non ditemi che per incontrarvi un’altra volta senza inseguirvi per i palazzi di Parigi devo pagare?"- Athos fece qualche balzo in avanti cercando di rimanere in contatto con lei, senza riuscirci.
“Non dovete pagare...”- disse lei a mezza voce. Quelle parole non rimasero indifferenti alle orecchie di lui, che prese la cosa quasi come un complimento.
"Siete molto gentile, ma sto cercando di smettere. Dicono che sia molto meglio quando..."- la voce dell'uomo si increspo' nell'imbarazzo ed un lieve rossore colori’ le sue guance.
"...Quando?"- la giovane si volto’ indietro e lo guardo’ vagamente affascinata. Non si soffermo’ su quel rossore o quelle parole a lungo, senza mai fermarsi si volto’ nuovamente in avanti e spari’ alla sua vista.
Athos fece finta di tossire sonoramente, nel tentativo di schiarirsi la voce e cambiare discorso. Distolse lo sguardo imbarazzato da lei, lo pose su una leggera nuvola in quel cielo terso.
“...Quando si e’ innamorati...”- sussurro’ a bassa voce, cerco' di posarlo di nuovo verso di lei, ma oramai era gia' troppo lontana per essere raggiunta o per averlo ascoltato.

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Capitolo 11
*** Damigelle, soldati e veleni ***


Ok, con questo capitolo credo di aver raggiunto mete inesplorate, sdraiandomi nel soggiorno di casa inseme a due peluches, nel completo scetticismo di parenti e amici...
 
Riassunto del capitolo precedente.
 Renee'/Aramis ritorna a corte dove la aspetta la Regina con un nuovo incarico: disfarsi del Duca di Buckingham al piu' presto e una volta per tutte. Successivamente incontra Athos a messa e i due hanno una conversazione relativamente chiarificatrice.
 

Capitolo 9
Damigelle, soldati e veleni.

 
Athos oscillo' un braccio, nel vano tentativo di farle cenno di fermarsi.
Si sarebbe aspettato per lo meno una vaga risposta formale ed assente a quella sua difficile affermazione: un'impresa che, visti i suoi trascorsi e le sue ferite sentimentali, ancora non del tutto rimarginate, sentiva ancora piu' ardua.
 
"Finalmente! Dicevo che quell'ossessa non se ne sarebbe mai andata!"- sbuffo' Milady a braccia conserte, spuntando misteriosamente alle sue spalle. Per quanto la furtivita' della donna non gli fosse nuova, il trovarla li', in quel momento, lo aveva colto di sorpresa.
"Non avrete per caso ascoltato tutto quello che io e quella donna, la Baronessa... Come avete... Perche' siete...?!"- balbetto' lui imbarazzato.
 
"Sono ancora una donna libera, almeno fino a quando la situazione resta cosi' com'e' ed il vostro re non decida che il mio e' un suo nemico... Ma lasciate perdere questi dettagli, mio caro! Venite con me, brinidiamo insieme alla nostra ritrovata amicizia!"- esclamo' lei sorridente,  togliendo dalle pieghe delle gonne un leggero ventaglio.
"Milady, con permesso, il brindare con voi non e' mai una cosa facile, se non del tutto impossibile! Ne va della mia salute, oltre alla reputazione.
Se non sbaglio, mi avete gia' avvelenato una volta e un'altra ho bevuto talmente tanto da dubitare se, nelle mie vene, si trovasse sangue oppure vino"- disse lui determinato, piantando saldi i piedi per terra.
 
La donna agito' nel vuoto il ventaglio chiuso, in maniera quasi ipnotica: "Lasciate perdere i nostri trascorsi, godete del vostro presente! Siete o non siete capitano delle guardie reali?! Bisogna festeggiare!"- poi sorrise senza mostrare i denti, trascinandolo dall'altra parte del viale, verso la caserma e le scuderie.
Athos si lascio' trasportare solo per alcuni passi, ma non dimentico' chi fosse per lui quella donna e di cosa fosse capace di fare. Decise di essere forte e di non cedere:  questa volta gli occhi di smeraldo e la pelle di porcellana, non avrebbero fatto presa su di lui.
 
"Appunto, Milady! Siamo a Corte! Brindando con voi in pubblico, la mia reputazione sarebbe compromessa, specialmente in servizio! Ho lasciato la caserma per andare a pregare. Se me lo concederete, adesso sarei di ritorno e, conoscendomi, nessuno crederebbe alla storia della comunione e del vin santo!"- a quelle frasi, la donna si blocco' rattristata.
"Non, non vorrete dire che..."- disse sbarrando gli occhi, nella vaga consapevolezza di non avere alcun potere su di lui, in quel momento.
 
"Milady: da qualche tempo non e' cosa ben vista a corte familiarizzare in pubblico con persone d'oltre Manica. Non prendete la cosa sul personale!"- disse il moschettiere con un breve sospiro d'esasperazione, strattonando il braccio dalla sua presa.
I due si guardarono per un lungo momento, le parole incerte di Athos, che per la prima volta rifiutavano un suo invito, vennero confermate dal suo sguardo, ora piu' forte e determinato nel lasciarsi andare.
Quello sguardo era del tutto privo della passione scaturita da un eccitante senso di pericolo che lei, in precedenza, aveva sempre notato.
                                             
Milady scaglio' il ventaglio a terra, irrtata dal suo rifiuto e guardandolo fisso negli occhi disse:
"Mentite! Conosco il vostro gioco! E' per via di quella baronessa che stavate inseguendo poco fa! Volete farvi bello ai suoi occhi! Pero', sia io che voi, sappiamo come la domenica quella vada in chiesa a pregare per espiare i peccati e lussurie del sabato! Non facevo i vostri gusti per le donne cosi' grossolani, non vi facevo cosi' ingenuo!".
 
Athos sbotto' una mezza risata: "Avete avvelenato me ed i miei uomini per  poi fuggire con il Duca di Buckingham! Ricordate? Siete proprio l'ultima persona a dover criticare le mie azioni!"- disse tra i denti, avanzando oltre il ventaglio e la donna, in direzione della caserma.
"Non raccogliete neppure il ventaglio?"- disse lei abbassando lo sguardo.
 
In quel momento, si fece avanti nella mente di Milady l'idea di essergli per una volta sincera: di voltare  veramente bandiera ed allearsi dalla parte della Francia, abbandonando l'alleanza con il Duca di Buckingham, che le dava l'impressione di distrarsi troppo dalla situazione politica e di voler passare all'attacco da un momento all'altro.
Il Duca voleva vendicarsi di Athos, ma lei avrebbe altrettanto voluto vendicarsi del Duca: le passo' per la mente di confidare ad Athos che il Duca era ancora vivo e che si trovasse ospite a palazzo di Richelieu, pronto per attuare su di lui la sua lontana vendetta.
 Purtroppo, aveva mentito talmente tanto che, forse, neanche questa volta le avrebbe creduto.
 
A scapito di quell'idea tardiva, presto si ricordo' che, nascosto nell'apertura a molla del ventaglio, sulla costina d'avorio che faceva parte del manico, decorata con strane cineserie di fiori e draghi, si trovava del veleno.
Un particolare a cui Milady aveva pensato diverso tempo prima, ma che aveva rinunciato ad utilizzare al momento opportuno: un altro tentativo disperato di ottenere comunque tutto cio' che desiderava.
 
Athos guardo' l'oggetto per terra e lo giro' con la punta dello stivale, sganciando la molla per aprirlo e rivelare il meccanismo esplosivo nascosto nel pezzetto di metallo avvelenato, che brillo' in un piccolo botto.
Da questo, una piccola nuvola di polvere si sprigiono' e ricadde al suolo.
L'intenzione fallita di avvelenare Athos, abbassava di molto la sua credibilita'.
Dopo quella scoperta, Milady era certa che Athos non avrebbe mai creduto ad una parola di quello che le stava per confidare.
 
"Avrete avuto un buon motivo per gettarlo a terra, Milady. In fondo, rimarrete per sempre la stessa donna del castello di Amboise e dei palazzi veneziani. Non e' cosi?"- disse l'uomo sospetto, incrociando il suo sguardo. Lei lo distolse immediatamente.
 
"Non era mia intenzione farvi del male, solo che..."- sussurro' Milady con falsa docilita'.
Un tono indifeso e delicato, che solitamente faceva avvicinare i suoi astanti impietositi e affascinati, ma non lui che conosceva quel tono e quei modi fin troppo bene ed aveva visto utilizzarli su altri uomini.
Non si avvicino' a lei neppure di un passo, consapevole che le pieghe delle sue gonne potessero contenere chissa' quali altri sotterfugi.
"Se non avete nulla da riferirmi, mia cara, forse e' meglio per noi concludere qui questo nostro colloquio"- aggiunse, aggiustando il bordo della giacca e sporgendosi sui talloni con fare impaziente.
 
Milady strinse i denti, incendiata di una rabbia presuntuosa. Intanto i passi del moschettiere scricchiolavano lontani sui ciottoli del viale ed il gracchiare delle cicale aumentava la leggera caliggine della tarda mattinata.
La donna sbuffo' imbronciata, volgendo solo uno sguardo verso la sua figura in lontananza.
La contessa de Winter era arrivata alla conclusione che, mettere sotto scacco il Duca tramite Athos, non era piu' il suo obiettivo: ora doveva puntare su di un'altra preda.
 
***
 
Aramis corse affannata verso l'ala del palazzo dove si trovavano le stanze della Regina e, tra queste, la stanza che le era stata di nuovo assegnata.
"Vi vedo turbata, Baronessa! E' successo qualche cosa?"- chiese Constance, che la stava aspettando con alcuni vestiti ed ornamenti.
"Durante la messa, ho avuto un diverbio con un caro amico"- rispose Renee', cercando di non scendere nei particolari, anche se sapeva come la giovane dama fosse curiosa e scaltra in riguardo a questi dettagli, soprattutto i suoi personali.
 
"Pero', dopo la messa, tutto si e' chiarito!"- commento' la dama, come se sapesse gia' tutto.
"Come fate ad esserne cosi' sicura, Constance?"- chiese lei aggrottata.
"E' solo un accento della vostra voce, Baronessa. Non badate alle mie parole! Dovete prepararvi e dovete affrettarvi a raggiungere la carrozza che la regina sta preparando per voi alle scuderie!
Se il cardinale ha chiesto di voi, la cosa migliore da fare e' presentarsi.
 Mi e' stato chiesto di accompagnarvi per un tratto, ma alcune mansioni mi attendono qui a palazzo..."- sorrise lei ammiccante, facendo trapelare nella sua voce che sapesse molto di piu' di quello che le avesse affermato.
 
La baronessa annui' dubbiosa: il suo aiuto nel comportarsi in modo appropriato le era stato fondamentale nelle ultime settimane, ma Constance era una dama al servizio della Regina, non suo.
La ragazza scelse per lei un vestito particolarmente chiaro ed attillato, un busto molto rigido a grosse coste ed un'ampia scollatura che si poneva quasi all'estremo opposto dei suoi gusti nei vestiti scuri, ampi ed accollati.
La dama le ricordo' di tenere dritta la schiena e chinare la testa in un atteggiamento piu' femminile ed elegante, mentre gli pose un paio di scarpe dai tacchi per lei altissimi e rientranti. Non credeva di averne mai visti di tacchi cosi' alti, ma si rallegro' del fatto che non fossero state scelte per lei le chopine(1), nel tentativo di farla sembrare aristocraticamente piu' importante ed attrattiva al suo incontro con il prelato. Anche se le risultava difficile avanzare veloce, in quel caso, le sarebbe stato del tutto impossibile camminare indipendentemente.
 
Raccolte le ultime cose in un piccolo sacchetto ricamato, le due si allontanarono presto dalla stanza assegnata alla baronessa. Costance la supero' al passo, lungo il corridoio interno che portava verso l'ala opposta del palazzo dove si trovavano le stanze di ricevimento reale e piu' avanti le caserme ed il piazzale d'entrata.
La velocita' della ragazza nello scendere la scala, nonostante fosse agghindata di tacchi abbastanza alti ed impedita da stretti busti e scomode sottogonne al suo stesso modo, fece sollevare ad Aramis un sopracciglio di stupore.
 
Chissa' se, vestita da uomo o da monaca, sarebbe stata altrettanto agile. Aramis si rese conto di quanto le dame di corte fossero altamente sottovalutate, tra i soldati e gli uomini comuni. Considerate deboli e delicate, dovevano in realta' patire costanti costrizioni in armature che non costituivano di freddo metallo pesante, ma che erano fatte di stretti pizzi e di vimini pungenti: come in battaglia, la bellezza richiedeva altrettanto sacrificio e allenamento.
 
Anche se le due non udirono alcun rumore particolare, una volta giunte in fondo all'ampia gradinata che portava verso l'uscita, trovarono un'anziana signora giacere per terra in una strana posizione.
 Una macchia di un liquido rosso, simile al sangue, colava dalla tempia ed i capelli, stopposi e grigi, sull'ultimo gradino.
Constance che era qualche passo piu' avanti e, in quel momento, piu' veloce di Aramis, accorse immediatamente verso la dama, ma una volta arrivata non proferi' parola e si accascio' a terra come svenuta.
 
A quella strana vista, Aramis sospetto' che la giovane dama avesse avuto un mancamento nel vedere l'anziana signora in quelle condizioni, cosi', si affretto' nel raggiungerla.
L'anziana donna, giaceva ancora per terra, la testa appoggiata sull'ultimo gradino della scala, il liquido rossastro che colava in un piccolo lago attorno a lei.
Il tutto aveva qualche cosa di scenico, di teatrale.
Aramis conosceva bene il colore del sangue, anche quello rappreso e questo non ne aveva ne' il colore e ne' l'odore. Constance giaceva su un fianco, un piccolo punto rosso sul collo, come se fosse stata punta da un insetto .
 
La baronessa rimase in piedi, rigida, facendo ombra su quello che appariva un cadavere, evitando di chinarsi, al contrario di come aveva appena fatto la dama svenuta ed osservo' quel corpo apparentemente inerme, dagli gli occhi chiusi e privo di respiro.
Riconobbe i tratti di qualcuno a lei familiare e la sensazione che, in quel corpo inerme, ci fosse un'apparenza ingannevole.
 
"Constance!"- esclamo' subito dopo, volgendosi verso la ragazza, questa volta chinandosi e portando una mano sul suo polso per accertarsi che fosse ancora viva.
 
Per quanto non fosse un medico, il battito del suo polso le pareva piu' lento a confronto del suo, ma ugualmente forte e regolare.
Si appresto' a cingerle la vita, nel tentativo di caricarla sulle spalle e portarla in salvo, ma mentre distoglieva lo sguardo e l'attenzione da quel presunto cadavere, cosi' come la sua ombra non copriva piu' gli occhi chiusi di quel presunto corpo inerme, due occhi verdi si spalancarono all'improvviso e l'anziana si protese violenta verso la baronessa.
 
Aramis blocco' sicura il braccio della donna, lasciando andare Constance su un fianco.
Il braccio le aveva di poco sfiorato l'orecchio: la mano della donna, per niente avvizzita dall'eta', stringeva una sorta di siringa di metallo(2) con la quale aveva probabilmente gia' colpito la giovane dama.
Aramis le torse il braccio con facilita' e blocco' cosi' una spalla della donna. Da quell'angolo, pote' notare subito che portava una maschera di un materiale non troppo differente da quella che di solito lei stessa indossava frequentemente.
Con la mano libera, ne prese un lembo che pendeva dalla guancia, ed il volto furibondo di Milady ora la fissava a pochissimi centimetri di distanza.
 
Le due donne si guardarono senza parole: prima di allora non erano mai state cosi' vicine. Milady si dimeno' sotto la stretta di Aramis e voltandosi  al suo fianco per fissarla negli occhi, disse:
"Affrettatevi a trovare un antidoto prima che la vostra amica vi abbandoni!".
 
Temendo per la vita di Constance, Aramis abbandono' la presa, ma a quel punto Milady si rialzo', si strappo' le pesanti gonne nere e, una volta liberate le gambe, le sferro' un calcio facendole perdere l'equilibrio e buttandola a terra al fianco della dama svenuta.
 
La baronessa fece subito pressione sulle braccia e le gambe, dimenandosi nel tentativo di allontanarsi e riprendere l'equilibrio per rialzarsi, senza successo.
Ancora con quell'arnese in mano, Milady si avvento' di nuovo su Aramis, distesa per terra, che la fermo' nuovamente, bloccando quello strumento solo a pochi centimetri da lei e scaraventandolo per terra.
Milady si rese subito conto che quella non era la forza di una dama comune: lei stessa era alquanto eccezionale, riusciva a battere facilmente un uomo, se colto di sorpresa. Eppure sembrava impossibile abbassare la guardia di questa dama sconosciuta, ancora piu' forte e combattiva.
 
Facendo leva sulle braccia tese di Milady, la baronessa  premette con forza e si alzo' a sedere senza lasciarla andare. Durante quel contrasto, ci fu una specie di spinta tra le due che fece scivolare dalla magra scollatura della baronessa una catena, d'uso tra i sacerdoti, dalla quale pendeva una grossa croce d'oro.
Milady cerco' di nuovo di spingere la baronessa verso il suolo, ma alla vista di quella croce, non pote' fare a meno di scambiare di nuovo il suo sguardo, per notare quegli occhi chiari fissarla con rabbia, in un'espressione di sforzo.
Aramis emise una specie di lamento, simile ad un ruggito quando, quasi presa dallo spavento, Milady abbandono' la presa ed indietreggio' sconcertata, continuando a fissarla come se la donna che aveva di fronte, avesse compiuto uno strano e spaventoso sortilegio da lei mai visto.
 
Nello svolgersi di pochi attimi, la contessa cambio' immediatamente d'espressione: al posto dello sguardo terrorizzato, si sostitui' quello tagliente della sfida. Aramis si alzo' e si tese verso di lei nel tentativo di agguantarla, ma lei aveva gia' lanciato alcune corde in cima al ballatoio proprio sopra la gradinata di marmo e, con l'aiuto di un arnese meccanico, si distaccava velocemente da terra.
 
Una volta a mezz'aria, per assicurarsi che Aramis non la seguisse ed avesse abbastanza tempo per dileguarsi, Milady lancio' una piccola boccetta di antidoto in direzione di Constance. La baronessa la colse al volo, ma cosi' facendo dovette rinunciare all'inseguimento.
Ricordandosi di non essere troppo lontana dalle caserme, solo dall'altra parte del piazzale, Renee' cerco' di  gridare aiuto, ma prima che qualcuno si potesse avvicinare, Milady era gia' sparita dalla sua vista.
 
"Non si puo' rinchiudere un leone in una gabbia per grilli!"- ridacchio' la donna in lontananza, sapendo di non poter essere raggiunta, la sua voce riecheggio' tra le colonne e raggiunse le sue orecchie, mentre Constance riapriva lentamente gli occhi.
 
***
"Costance!"- esclamo' D'Artagnan accorrendo verso la ragazza ancora stordita. Fece un cenno veloce con la testa alla baronessa e la porto' subito nelle sue stanze per essere soccorsa da un medico ed assicurarsi che l'antidoto aveva fatto effetto.
 
"Voi!"- gridarono Athos e Porthos, mentre Renee' si porto' una ciocca di capelli biondi sul collo e, senza farsi vedere, slaccio' la catena mentre la croce scivolava di nuovo dentro la scollatura e ricadeva scomodamente sul torace, incastrata nel busto.
Successivamente, guardo' verso il ballatoio indicando:
"Di la'! La donna e' cors..."- e mentre i moschettieri fissavano il ballatoio nel tentativo di scorgere proprio l'area da lei indicata, si tolse subito le scarpe ed allento' il busto per poterla seguire.
Ritorno' all'improvviso agile, solo per pochi balzi, per poi fermarsi nel cercare di capire dove Milady potesse essere andata ed essere bloccata dalle due grosse mani sulle sue spalle dei due moschettieri che la affiancarono, uno a destra e l'altro a sinistra.
Porthos tossi' imbarazzato, indicando con gli occhi un particolare del vestito dietro la baronessa e fece un cenno ad Athos, che disse guardandola:
"E' stato un inseguimento davvero interessante. Se adesso volete per favore riallacciare il vostro busto..."- lei si porto' le mani dietro la schiena e lego' di nuovo i nastri sommariamente, in modo che il busto non si potesse aprire, anche se evito' che questi fossero stretti come li aveva legati Constance in precedenza.
 
"Non penserete che Constance sia in quelle condizioni per causa mia!"- si affretto' a rispondere la baronessa, mentre i due la accompagnavano verso le caserme.
"No. Conosco di una donna che ha fatto visita a palazzo proprio oggi. E' molto piu' pericolosa di voi, era qui solo poco fa. Potreste esservi imbattute proprio in lei..."- ricordo' Athos tra i denti, continuandosi a guardare attorno.
"Con tutto rispetto alla vostra pericolosita', baronessa!"- lo corresse Porthos con un sorriso.
 
Lei sollevo' lo sguardo verso l'uomo piu' possente ed annui' muta, quasi a conoscere la persona a cui si stavano riferendo.
"Non interrogate me allora! Dovreste dare la caccia a lei!"- incalzo' la giovane agli altri due.
 
I tre si diressero verso le caserme, la baronessa li segui' convinta, anche se avrebbe preferito dare la caccia a Milady in quel momento ed evitare quel tipo di ispezioni ed interrogatori, a suo parere inutili in quel momento.
"Ricordateci nuovamente, in relazione al dove vi abbiamo trovato: cosa stavate facendo? Dove eravate diretta? E come avete incontrato quella donna?"- chiese Athos impassibile.
 
"Ero... Stavo per lasciare il palazzo del Louvre in direzione di... In un'altra direzione. Quella donna era distesa per terra, in una pozza che da lontano sembrava sangue, ma in realta' era viva e stringeva tra le mani una sorta di veleno in una cannuccia, un ago di metallo... Un arnese che non ho mai visto prima d'ora!"- Porthos ed Athos si guardarono perplessi nell'ascoltare le parole della giovane.
 
Athos sapeva gia' di Milady a palazzo, ma non riusciva a sospettare la ragione per la quale questa avesse voluto immobilizzare Constance, avvelenandola.
 
Quel modo di parlare della giovane baronessa, a volte evasivo, non era affatto nuovo ai due.
Anche se, quella che avevano di fronte, era una ragazza bionda, con la voce di donna e le vesti chiare. Nulla a che vedere con il compagno di mille battaglie dallo stesso accento, con cui avevano diviso la dimora fino a poco tempo prima. Quest'ultimo poi era bruno e, a confronto, sembrava molto piu' anziano di lei.
 
"Conoscete per caso l'abate di Vannes, baronessa?"- gli chiese perplesso Porthos, che prima di allora non l'aveva mai sentita parlare cosi' a lungo.
"Non credo che una donna del suo... Ehm, rango possa conoscere l'abate di Vannes, Porthos! Dove eravate diretta, baronessa?"- lo riprese di nuovo Athos.
"Un certo Rene' di Vannes, allora?"- incalzo' di nuovo Porthos, mentre il volto della ragazza si faceva piu' serio, senza rispondere.
"Se la vedete cosi' sorpresa alle vostre parole, vorrei ricordarvi che Renee' e' il suo stesso nome, Porthos! Tante persone si chiamano cosi'! Dove eravate diretta?"- disse di nuovo Athos, nel completo disinteresse alle conoscenze di Porthos.
 
"Il vescovo di Vannes! Ecco come si faceva chiamare!"- Porthos fece schioccare una mano sulle ginocchia ricordandosi quel nome soddisfatto-"Siete per caso una sua parente, oppure e' per caso un vostro cliente?"- continuo' in un mezzo sorriso.
 
Renee' sgrano' gli occhi, completamente rossa in volto. Non sarebbe mai riuscita a negare, tantomeno rimanere impassibile, al nome di Aramis. Avrebbe potuto fingere di conoscerlo, ma questo avrebbe fatto suscitare ancora piu' sospetti su di lei e la loro somiglianza.
Decise che la cosa migliore da fare, sarebbe stata rimanere in silenzio.
 
"Dove eravate diretta, baronessa?"- chiese di nuovo Athos, questa volta assicurandosi che Porthos non aprisse bocca con un'altra domanda inopportuna.
La giovane prese fiato e cerco' di formulare una risposta evasiva,una menzogna credibile, nel piu' breve tempo possibile.
 
"Ero diretta a..."- comincio', ma un forte stridere di metallo dei cardini del portone d'ingresso al piazzale,  apertosi quasi all'improvviso in una fortunata coincidenza, le impedirono di continuare.
 
Come si poteva ben notare dalle finestre della caserma, i cancelli si spalancarno e i due moschettieri di guardia dovettero interrompere quella conversazione ed accorrere all'esterno, per adempiere ai loro doveri di controllo.
 
Quella che si presento', era una carrozza cardinalizia, scortata da molte guardie di Richelieu, molte di piu' di quante il re stesso si potesse permettere in quel momento.
La carrozza prosegui' leggermente oltre la caserma e, senza che nessuno scendesse, si diresse verso le stanze di ricevimento ufficiale.
Porthos e Athos furono invitati dalle altre guardie a seguire quella carrozza a cavallo, senza la possibilita' di ritornare in direzione delle caserme, dove la baronessa avrebbe potuto adesso allontanarsi indisturbata.
 
Solo raggiunti i portici piu' interni, Richelieu scese solo, anche se le sagome di alcune altre persone si potevano scorgere sedute nella cabina di quella vettura.
Le guardie esterne alla carrozza, fecero cenno ai moschettieri di seguire la piccola corte che assisteva il cardinale e di accompagnarlo nelle sale di ricevimento.
Non potendosi tirare indietro, i due seguirono la corte per ritrovarsi nelle stanze di ricevimento, dove il sovrano attendeva in piedi e da solo l'eminenza.
 
Raggiunta la parte piu' centrale della stanza, con debito distacco sia dal sovrano che dal Cardinale, i due si misero sull'attenti.
"A quale onore devo la vostra visita improvvisa?"- chiese il Re con un semplice sorriso.
Il Cardinale chino' la testa due volte in silenzio, mentre un messaggero porgeva al sovrano una missiva da un piccolo vassoio argentato.
 
"Mi rammarico del ritardo con cui questa lettera vi e' arrivata"- commento' il Cardinale, osservando il messaggero impaurito- "Se lo avessi saputo, avrei fatto in modo di consegnarvela personalmente!"- continuo' con tono critico, rivolto proprio al servo.
Questo si spavento' e corse via, come rannicchiato dal terrore.
 
Il Re apri' la lettera con un'espressione d'impegno: sopracciglia aggrottate, labbra serrate, ma fin dalle prime parole, incomincio' a sgranare gli occhi e spalancare la bocca.
Dal nervoso nel leggere quelle parole, il mento comincio' a tremare freneticamente e presto anche la sua mano sinistra, i suoi occhi si inumidirono come quelli di un bambino che si stesse preparando a dirompere in un pianto rumoroso.
Scosse la testa e richiuse immediatamente la missiva, guardando nervoso il Cardinale, che sorrideva e chinava di nuovo la testa, nel tentativo vano di tranquillizzarlo.
 
"Richelieu! Me lo avevate promesso! Queste sarebbero state le mie guardie! Guardie al mio servizio!"- strillo' indicando proprio i due moschettieri, facendo viva pressione sul fatto che possedesse quella piccola armata di uomini tutta per se.
Il pugno chiuso e la lettera ancora stretta che puntava nella direzione dei due moschettieri.
 
"E' questione solo di pochi giorni, maesta', poi saranno tutte vostre come promesso!"- si giustifico' il Cardinale, con un successivo inchino.
"Avete dozzine di guardie vostre! Mandate una delle loro e lasciate stare le mie! Di quattro sono gia' diventate tre, ed ora se ne sono presentate solo due!"- disse di nuovo il Re, scuotendo la testa.
 
"Maesta', potreste cortesemente leggere questa missiva a voce alta?"- chiese Porthos perplesso, non curante di essere punito dal sovrano, per la sua maleducazione nel parlare senza essere interpellato.
Il Re annui', apri' di nuovo la lettera e la lesse rivolto ai due moschettieri: quelle parole non erano affatto nuove ad Athos! Era la stessa lettera che Richelieu aveva compilato per la persona misteriosa, quella che stava aspettando fuori, ancora rinchiusa nella carrozza protetta dalle guardie.
 
"No! Ne' Athos, ne' Porthos o D'Artagnan lasceranno il palazzo del Louvre per scortare il vostro amico sconosciuto a Calais! Rimarranno qui ai miei ordini! Sono le mie guardie!"- continuo' il Re, gettando quella pergamena per terra e battendo un piede.
 
Il sovrano ed il prelato cominciarono una lunga discussione, nella quale, quest'ultimo cercava di convincere il primo quanto fosse innocuo spedire anche solo uno di loro per quella missione cosi' semplice.
 
Athos, assistendo impassibile a quei capricci, scosse la testa.
"Che vi prende?"- bisbiglio' Porthos all'amico, che osservava rassegnato il comportamento del sovrano.
"Quella lettera..."- disse tirando fuori un pezzo di carta tampone, senza farsi notare dagli altri e porgendolo all'amico.
Porthos era sempre provvisto di un piccolo pugnale d'argento, il cui manico cesellato non si stancava mai di lucidare, e sul quale usava controllare spesso se la barba era troppo lunga ed andava tagliata.
Con quella lama lucida, pote' leggere subito la carta tampone(3) e realizzare come Athos fosse gia' a conoscenza di tutto ed aspettava quel momento con ansia, nella speranza di capire chi fosse il destinatario della lettera.
L'opposizione del Re a quella volonta' del Cardinale era per lui un ennesimo intralcio alla sua curiosita' ed al confrontare apertamente la misteriosa persona che sospettava volerlo morto.
 
"Come avete ottenuto questa?"- chiese Porthos turbato.
 
"La baronessa d'Herblay ha fatto in modo di ottenerla... La baronessa d'Heblay!"- Athos ripete' quel nome due volte, la seconda con sorpresa, rendendosi conto proprio allora che era proprio lei, non Constance, il vero obiettivo del veleno di Milady.
 
"La baronessa conosce il destinatario di quella lettera! Forse e' per quello che Milady ha tentato di avvelenarla!"- bisbiglio' infine a Porthos, sorpreso ma anche soddisfatto da quella notizia.
Quel pericolo, significava anche una cosa molto importante per loro: una nuova avventura. 
 
"E va bene, maesta'! Vedro' di convincere il mio amico nel trovare un altro cocchiere per la sua carrozza! Se avete la pazienza di attendere qualche momento, mandero' uno dei miei uomini a parlargli. Si trova proprio qui di fronte ed e' pronto per partire!"- sorrise il Cardinale, chiamando una delle sue guardie.
"Tuttavia, se cambiaste idea, le vostre guardie sono proprio qui e potrebbero partire tra qualche minuto per poi tornare ancora prima!"- gli ricordo' il prelato, prima di volgergli le spalle ed inviare la sua comunicazione all'esterno.
 
Nel frattempo, Renee' non  aveva perso tempo e, trovati in caserma un paio di stivali molto piu' comodi, si era incamminata verso quell'ala del palazzo dove tutti erano accorsi. Notando quel piccolo esercito di guardie cardinalizie farsi strada, decise di accostarsi nei pressi della carrozza, badando bene nel non farsi notare neppure da chiunque si trovasse al suo interno, dove aveva visto entrare una persona vestita di scuro che non era riuscita a riconoscere perche' troppo lontana.
Successivamente, entro' ed usci' nella carrozza anche una guardia cardinalizia. Poi si diresse  verso le stanze di ricevimento da dove era arrivata.
***
 
"Anne"- disse l'uomo mascherato all'interno della carrozza del cardinale, mentre Milady scostava il cappuccio e si sedeva al suo interno.
"George"- lo saluto' lei con una leggera reverenza.
"Noto con piacere che avete cambiato idea ed avete finalmente deciso di partire con me. Che cosa vi ha convinto ad abbandonare cosi' in fretta la residenza del Cardinale ed il Louvre?"- affermo' lui con un sorriso meschino.
"Ho pensato molto alle vostre parole"- Milady guardo' il servo cardinalizio entrare nella vettura con indifferenza.
"Scusate il disturbo. Vostra Eminenza riferisce che il Re si e' rifiutato di concedere i suoi moschettieri nello scortarvi per questo tragitto"- disse la guardia senza mai osservarli in viso.
"Oh! Sara' un vero peccato riferire alle navi da guerra di bombardare una dimora bella come la sua..."- commento' veloce il Duca.
"Vi da' la possibilita' di scegliere qualcun altro per questa impresa!"- cerco' di spiegare subito la guardia.
"Sua Eminenza sa bene chi volevo per questo tragitto!"- il Duca di Buckingham aggiusto' la sua maschera e sbotto' irritato.
"George, se permettete, vi consiglio di chiedere di qualcuno che non e' piu' un moschettiere del Re, ma che lo fu a suo tempo!"- disse Milady quietando la sua collera.
"Non dimenticatevi di quanto i moschettieri siano molto legati tra di loro: nell'eventualita' di fare leva su uno, potreste farla su qualcun altro..."- insinuo' successivamente.
 
Il Duca ragiono' veloce alle parole della donna:
"Alla cerimonia di investitura si sono presentati in tre: Porthos, D'Artagnan e Athos. Di conseguenza uno dei moschettieri non ha mai fatto ritorno ai servizi corte...".
***
La baronessa segui' quella guardia cardinalizia fin quasi ai portoni reali che si aprirono per farla passare. Sbirciando all'interno del salone, distinse chiaramente la figura del Re in piedi di fronte al suo seggio ed il Cardinale chino ai suoi piedi che sembravano discutere di qualche cosa di molto importante.
Vide Richelieu alzarsi al suo arrivo ed accorrere verso di lui, mentre i portoni della sala venivano di nuovo chiusi.
Renee spolvero' veloce le maniche del vestito e si sistemo' i capelli, prima di presentarsi sicura di fronte ai portoni di ricevimento.
"Potreste annunciare al cardinale Richelieu che la baronessa Renee' d'Herblay e' qui come da lui richiesto?"- chiese agli uomini che guardavano il portone. Uno annui' ed apri' la porta, ma non le fu concesso entrare- "Non ora! Non ho tempo per queste sciocchezze!" -aveva risposto il prelato senza neanche voltarsi.
 
La guardia bisbiglio' alcune parole all'orecchio del cardinale, che quindi ritorno' dal sovrano, leggermente spazientito da quell'attesa.
"Il mio ospite ha accettato un nuovo compromesso!"- disse il prelato con un piccolo inchino ed un ampio sorriso.
 
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(1) Sono un tipo di scarpe/ciabatte con la zeppa rientrata  d'uso tra le donne nobili nell'eta' Moderna. La zeppa serviva sia a tenere il piede lontano dal fango, che ad innalzare fisicamente chi le portasse e a denotare il suo alto status. Da quanto quelle scarpe erano scomode,le  donne che le portavano dovevano avere sempre attorno alcuni servi per essere sorrette.
 
(2)Se fossero sorti dei dubbi e dei pruriti inspiegabili leggendo questa incongruenza storica: la prima iniezione e' del 1844 e la prima siringa con ago ipodermico risale al 1853 (fonti wiki). Tuttavia, speculando un po' sulla cultura generale e l'avanzamento in campo medico dei singoli dottori tra il XVI e il XVIII secolo  credo che una versione piu' antica potesse tranquillamente esistere (per dire, una leggenda storica riguardo al principe Raimondo di Sangro- XVIIIsec- vuole che lui ed il medico Giuseppe Salerno avessero iniettato una sostanza metallica nelle vene di due ignare vittime per creare quelle che lui defini' delle "macchine anatomiche" -oltre ovviamente a commissionare il famosissimo Cristo velato, ai piani superiori della stessa cappella-).
Per questa faccenda dei veleni e di Constance avvelenata, mi sono ispirata un po' all'episodio 27 dell'anime dove Milady, vestita da anziana signora, usa una pompetta di profumo per addormentare la ragazza.
 
(3) La lettera e' stata scritta in positivo e asciugata con la carta tampone che di conseguenza e' speculare: per leggerla bisogna avere gli occhi abbastanza allenati oppure, per fare piu' in fretta, si puo' usare uno specchio (come fa Athos nel capitolo 4) o qualche cosa di riflettente (come fa Porthos in questo caso). E' anche possibile che per le esperienze dei personaggi in questa storia, i tre moschettieri e Milady sapessero leggere quel tipo di scrittura "ad occhio nudo" (come fa Aramis nel capitolo 5) .

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Capitolo 12
*** Sei pioli di Calais ***


 
Credevo di aver toccato il fondo con la mia distesa sui peluches per le dinamiche del capitolo 9, ma mi sono messa addirittura a scavare con la stesura di alcune meccaniche di questo nuovo capitolo, dove ho usato le figure di un vecchio mazzo di carte da gioco.

Piccolo quiz della mia mente malata: quali personaggi avro' associato alle varie figure delle carte da gioco (cuori, quadri, fiori, picche)?

Vale sempre la regola del lui/lei a seconda dei personaggi con cui si trova Aramis  e quello che questi sanno. Le introspettive sono sul "lei".

Riassuntino capitoli precendenti:
Milady si insinua nel Louvre e cerca di attaccare Athos senza successo. Ci prova anche con la Baronessa d'Herblay, ma anche in questo caso atterra Constance e non l'altra dama. Durante il confronto tra Milady e Renee, Milady scopre che la dama e' molto di piu' di quello che si dice essere.

 Nel frattempo, una carrozza del cardinale e' arrivata a palazzo ed e' stato richiesto al Re di consegnare i moschettieri per un servizio personale ad un caro amico del prelato, autorizzato da una lettera che Athos conosce molto bene. Il Re rifiuta, ma gli ospiti del Cardinale sembrano scendere ad un compromesso.
 

Capitolo 10
Sei pioli di Calais

 
Il pomeriggio si faceva afoso nel piazzale d'ingresso che, al contrario dei giardini poco distanti, era quasi privo di alberi.
Tuttavia, piu' avanti sotto il porticato, l'ombra portava un po' di refigerio alla carrozza dalle tende nere del cardinale e le guardie stanche, in giacche di velluto scarlatto, ora aperte sulle camice umide.

A detta di alcuni soldati, la partenza era prevista di notte proprio per questo: per evitare il meno possibile l'afa del giorno e concedersi ben due notti di frescura (1).
Aramis era riuscita a nascondersi dietro alcune colonne e poteva ascoltare molto di quello che riecheggiava nel porticato senza essere vista. Non le era concesso di udire nulla che provenisse direttamente dalla carrozza o dal salone dei ricevimenti proprio di fronte, ma rimaneva attenta e vigile su tutto quello che stava avvenendo nel percorso che li divideva.
All'interno della sala, sotto le orecchie attente di Athos e Porthos, il cardinale Richelieu si apprestava a trovare un compromesso che quietasse i capricci del re e si piegasse comunque ai suoi voleri.
"Il mio carissimo amico sarebbe disposto ad una soluzione che accontenti i desideri di tutti. Richiederebbe, per condurre la sua carrozza, un uomo che fu si' la vostra guardia reale un tempo, insieme ai nostri astanti, ma che attualmente ha rinunciato al nuovo incarico e vive a Parigi da comune cittadino"- insinuo' il sorridendo verso ai due moschettieri.
Questi si guardarono con la coda dell'occhio, entrambi colti dallo stesso pensiero.

Il re alzo' le sopracciglia stanco, e sbuffo' giocherellando con una spilla della sua giacca di seta broccata, di colore violaceo.
"Si tratta di colui che non si e' presentato! Mi sembra un buon compromesso: allenato ed attento come una guardia reale, seppure non lo sia piu'. Athos, Porthos! Voi sapete bene dove vive. Vi do due ore esatte per trovarlo e portarlo al cospetto di Vostra Eminenza!
 Tra due ore e mezzo, subito dopo il tramonto, dovrete pero' ripresentarvi qui di guardia. In caso scoprissi di una vostra assenza, sarete considerati disertori!"- esclamo' alzandosi dal suo trono di ricevimento ed abbandonando subito la sala, senza quasi un congedo.

Il Cardinale si volto' verso i due moschettieri, fece una piccola reverenza al Re e lancio' ai due un sorriso meschino, mentre con la mano faceva loro cenno di affrettarsi.
Porthos ed Athos uscirono subito dal salone e corsero attraverso il porticato verso i loro cavalli, non troppo distanti dalla carrozza cardinalizia. Era di un colore nero pece, relativamente grande, tanto da contenere facilmente piu' di quattro persone, da fare in modo che queste fossero molto comode al suo interno e, se fossero state meno del dovuto, si potessero sdraiare per dormire in un viaggio notturno.

Ebbero subito il sospetto di qualcuno dentro quella carrozza che non avesse tolto mai loro gli occhi di dosso.
"Credete che dobbiamo andare veramente a chiamare Aramis e consegnarlo da solo nelle mani del Cardinale e dei suoi presunti amici?"- chiese sospetto Porthos.
Anche se a detta di Athos il loro amico pareva essere cambiato e inacidito, o tra i due ci fossero sempre stati costanti battibecchi, Porthos aveva una strana considerazione per quello che fu il loro compagno moschettiere: era una sorta di odio fraterno, che mascherava forse una certa ammirazione o invida, nel quale continuava a detestarlo e sminuire le sue qualita', per essere poi irritato fortemente dai suoi difetti e le sue gesta, senza con questo mai lasciarlo andare.
 
Dal momento che i tre moschettieri erano stati di nuovo nominati ed avevano fatto piede in caserma, non era passato un minuto senza che questo avesse desistito dal nominarlo: vino, cibo, donne e il disprezzo costante per la scelta che Aramis aveva appena fatto, sembravano le uniche costanti di cui fosse in grado di parlare.
Anche interrogando la baronessa d'Herblay, aveva rivisto qualche cosa in ricordo dell'amico e non si era trattenuto dal nominarlo per l'ennesima volta.
"Non so, per adesso non abbiamo molto tempo: uno di noi due deve dirigersi a casa di Aramis e portarlo subito qui, se e' questo quello che il Cardinale desidera. Una volta trattato con lui, vedremo il da farsi!"- rispose Athos, salendo in groppa al suo cavallo e guardandosi attorno, come se qualcun altro, oltre alle mistreriose persone della carrozza, si nascondesse tra le colonne del porticato e stesse ascoltando quei loro discorsi.
"Allora dirigetevi alle caserme, Capitano, questa volta con monsieur Aramis ci parlo io!"- sorrise orgoglioso Porthos, sapendo che, nel caso l'amico non avrebbe avuto intenzione di ragionare con la diplomazia, non avrebbe avuto gli stessi scrupoli di Athos nell'utilizzare altri mezzi per convincerlo.
I due galopparono insieme fino alle caserme, dove D'Artagnan li stava aspettando all'ingresso senza gli stivali della divisa, ma calciando per terra un paio di scarpette femminili dal tacco molto alto.
Porthos fece un ultimo cenno ai due e galoppo' verso i cancelli d'ingresso che portavano velocemente in citta'.

***
Planchet si leccava le labbra, mentre assaporava col pensiero quel tozzo di pane vecchio, zuppo di vino dolce che aveva preparato di fronte a lui. Quando, nella speranza di mangiare avidamente e da solo quella che a lui appariva l'ultima delle delizie, la porta di casa si palanco' in un boato, il tavolino sussulto' e la zuppa ricadde sul pavimento sporco.

Porthos, si guardo' attorno ed annuso' l'aria disgustato.
Alcuni piccioni e gazze volarono via dalla finestra, ma si poteva facilmente notare come questi avessero risieduto in casa per diverso tempo, notando tante chiazze di guano bianco macchiare alcune travi ed angoli dei pochi e poveri mobili di legno della sala da pranzo.
"Planchet!"- urlo' indignato l'uomo-"Da quanto tempo non buttate il secchio e lavate per terra?"- chiese in un brivido di disgusto.
In anni di servizio ai tre moschettieri, Planchet non aveva mai sentito Porthos lamentarsi di una casa sporca. Dovevano essere passati davvero parecchi giorni dall'ultima lamentela di monsieur Aramis, se questa abitazione adesso puzzava addirittura per le narici del possente moschettiere.
Planchet sussulto' una seconda volta quando l'uomo, dall'aspetto titanico, lo sollevo' per la collottola con un braccio solo e chiese nuovamente:
"Che fine ha fatto monsieur Aramis?".

"Monsieur Porthos... Io non lo vedo da giorni! Non so quanti, ho perso il conto e lui continua ad evitarmi! Ho sentito solo dei rumori nella sua stanza ma... Sapete che non mi e' concesso entrare!"- esclamo' Planchet pronto a giustificarsi, ma non riusci' cominciare, o a finire il discorso, che venne subito buttato di nuovo a terra e Porthos sfondo' immediatamente la porta della stanza di Aramis con un calcio.
 
"Monsieur Porthos! Che fate! Monsieur Aramis non vuole che qualcuno tocchi le sue cose in sua assenza! Poi mi tocchera' risistemare tutto esattamente com'era!"- disse lui seguendolo, ma Porthos glie lo impedi', rialzando la porta dal pavimento ed appoggiandola di nuovo all'ingresso della povera stanza.
I rumori che Planchet udiva, provenivando dal vetro chiuso male della finestra che sbatteva sulle persiane sbarrate, nulla che avesse a vedere con la presenza dell'uomo in casa, ma come era d'uso lasciare lui prima di un lungo viaggio.

Porthos si guardo' attorno, notando tutto esattamente in perfetto ordine: il piccolo scrittoio di legno chiaro, il cui bordo era in parte annerito dall'uso e parte ricoperto di cera delle candele, segno delle notti passate in bianco a pregare per le anime delle persone cadute sotto il suo rapiere. Appoggiati sopra quello scrittoio c'era il suo libro dei salmi dalla fodera di pelle nera e dorata ed una croce d'argento inscurito, il letto finemente rifatto dalle lenzuola bianchissime, come quella delle sue camicie, le armi lucide coperte da una leggera patina polverosa, l'armadio piccolo e sottile dalle ante chiuse a chiave. Tutto lasciava ad intendere che l'amico non avrebbe fatto ritorno per diverso tempo.
Apri' veloce l'armadio, forzando la serratura con il suo pugnale e scruto' le poche giacche scure ed i bianchi colletti delle vesti delicatamente ripiegati: ai suoi occhi le sue vesti erano sempre sembrate tutte logore e sbiadite, seppur sempre pulite, ma specialmente quelli  riposti in quell'armadio erano i piu' logori e sbiaditi. Aramis aveva portato via i suoi vestiti migliori ed aveva lasciato solo i piu' vecchi nello scaffale.

Il moschettiere ebbe un'idea fulminea: sarebbe tornato con le vesti di Aramis, in modo da dimostrare che il loro amico aveva accettato l'invito.

Non se la sentiva pero', di andare oltre i cancelli del Louvre senza prima essersi presentato al Re. Teneva agli sfarzi di corte e l'apparire disertore non era un suo desiderio.
Solo successivamente avrebbe discusso con Athos e D'Artagnan il da farsi per trovare la maniera di consegnare Aramis, o chi per lui, al Cardinale e presentarsi successivamente al sovrano.

Proprio all'interno di quell'armadio, altri due particolari colsero la sua attenzione: una spazzola d'argento, di quelle in uso tra le dame, in una mensola piu' alta e uno strano piedistallo di legno, su cui era appoggiato una sorta di boccino da gioco.
Non si spettava di certo che un uomo dalla sua capigliatura corta e arruffata, utilizzasse uno strumento tanto fine per pettinarsi i capelli, ma non si stupi' piu' di tanto, visto che poteva sempre essere l'eredita' o la dimenticanza di qualcuno.

Tra i due oggetti, quello che lo strani' di piu', fu quell'ultimo piedistallo particolare: il fatto che in anni di amicizia, non avesse mai visto Aramis giocare, ne' assistere, o discutere del gioco delle bocce.
Alzo' le spalle nel pensiero che anche questo fosse come un'eredita', o un ricordo d'infanzia, e tento' di indossare una delle giacche. Era stretta, anzi strettissima di spalle e, per quanto si sforzasse a congiungere i bottoni alle asole, la distanza tra di loro era piu' di una spanna.

Trattenne lo stomaco per qualche secondo, inspirando profondamente, non riuscendoci neppure cosi', infilo' la giacca in una borsa che aveva portato con se e provo' solo la mantella.
Questa gli arrivava al ginocchio, era un po' corta per lui, ma una volta seduto a cavallo non faceva poi cosi' troppa differenza.
Mise anche quella nella borsa e richiuse la stanza appoggiando la porta al suo ingresso sommariamente, allontanandosi via con un breve cenno al servo.

***
Mancava solo mezz'ora alla presentazione di Aramis al cardinale, quando Porthos si presento' ai cancelli da solo, mentre Athos e D'Artagnan lo stavano aspettando al piazzale d'ingresso.

"Aramis? Lo avete convinto?"- chiese Athos guardando oltre al suo cavallo, nella sparanza che il loro amico giungesse a breve.
"Aramis non e' a Parigi da giorni! Ho trovato questi"- disse mostrando la mantella e la giacca.
"Buona idea! Uno di noi deve passare per Aramis e presentarsi al cardinale!"- continuo' Athos guardando D'Artagnan, che scuoteva la testa dubbioso.
"Non posso essere io! Il Re mi riconoscerebbe subito! Sono quello di noi tre che ha passato piu' tempo con lui ultimamente!"- ricordo' loro il ragazzo. Athos annui'.
"Non potete essere voi, siete ancora troppo giovane per essere un disertore: chiunque prenda questo primo incarico potrebbe diventarlo piu' facilmente degli altri che, una volta presentati a corte, potrebbero essere scagionati piu' facilmente!"- penso' poi a voce alta.

"Non possiamo agire da soli: se qualcuno deve fingersi Aramis e rischiare la diserzione non presentandosi al Re, gli altri devono trovare il modo di abbandonare il Louvre solo successivamente e seguirlo!"- constato' Porthos, nel dubbio non di voler essere lui la prima persona e perdere cosi' i suoi privilegi.
Athos noto' il dubbio nel suo amico ed in un certo senso lo giustifico'.
"Lo faro' io! Voi preparatevi e presentatevi al Re"-  esclamo' Athos, nella consapevolezza che era veramente lui la persona che stavano cercando di intrappolare e che solo lui, in quel momento, era in grado di poter rinunciare al suo incarico.

"Siete il capitano della guardia! Rinuncereste cosi' in fretta alla vostra posizione privilegiata?"- chiese Porthos perplesso.  

"Saro' anche un disertore del mio Re, ma mai dei miei amici! Poi sono io la persona che il destinatario della lettera vuole e questa e' la mia occasione per sapere chi si nasconde dietro quella lettera! Datemi quella mantella adesso!"- esclamo' Athos strappandogliela dalle mani e buttando a terra la casacca della sua uniforme.

Athos alzo' il cappuccio della mantella nera e corse al galoppo verso le sale di ricevimento, dove solo il Cardinale, seduto al posto del re, attendeva quasi addormentato il cocchiere per la carrozza del misterioso ospite.
Qualche cosa gli impedi' la traversata e l'arrivo ai piedi del Cardinale.

All'entrata del portone, non pote' fare a meno di sgranare gli occhi, e nascondersi dietro una grossa statua di marmo, alla vista di un altro uomo vestito alla sua stessa maniera, che si toglieva veloce il cappuccio e si inchinava agli anelli dell'eminenza: lo stesso Aramis.
"Cardinale Richelieu, mi avete cercato..."- disse, respirando con stanchezza. In cuor suo, provava esasperazione nel doversi vestire e cambiare continuamente per quel noioso prelato. Era suo piano consegnarsi al Cardinale quello stesso giorno, ma non sapeva piu' con quale nome.
"Oh voi! Finalmente! Dicevo che vi eravate perso chissa' dove! Dovreste condurre questa carrozza per me..."- disse indicando l'esterno del salone e la vettura che aspettava in attesa da ore.

Talmente tanta era stata quella lunga discussione ed attesa alla calura, che anche i cavalli erano stati sciolti e abbeverati nei giardini circostanti. Le persone al loro interno erano state servite e riverite di cibi, bevande ed intrattenimenti, direttamente provenienti dalle sale reali per conto del cardinale. Le porte della carrozza rimanevano aperte, ma l'identita' delle persone al suo interno sconosciuta.
Il cardinale, accompagnato dalla sua corte ed Aramis, uscirono insieme dalla sala reale, diretti verso quella carrozza, mentre Athos li seguiva non visto.
La vettura fu nuovamente preparata per partire, i cavalli vennero imbrigliati ed Aramis sali' al cocchio, scortato fino al piazzale d'ingresso.
In quel preciso momento tutte le guardie cardinalizie tornarono indietro per aspettare la dipartita di Richelieu e lasciare la vettura completamente priva di scorta.

Porthos e D'Artagnan, di guardia, aprirono i cancelli. Alla vista della mantella nera, non riconobbero subito il loro amico e, confondendolo con Athos, fecero un cenno di saluto orgoglioso a cui lui rispose muto in lontananza.
Mentre richiudevano le grate dei cancelli, si accorsero di Athos, vestito con la mantella di Aramis, galoppare affannato verso di loro.
"Presto! Riaprite immediatamente i cancelli! Dobbiamo seguire quella carrozza!"- ordino' agli altri due.
"Ma se non siete voi sotto quella mantella, chi diavolo c'e'?"- chiese D'Artagnan.
"Aramis stesso! Dobbiamo seguirlo subito!"- rimbecco' Athos, spronando il suo cavallo e dirigendosi oltre ai cancelli, non curante del fatto che, facendo cosi', avrebbe suscitato le ire del Re e sarebbe stato accusato di essere un disertore.
I due lo guardarono allonarsi verso il tramonto.

D'Artagnan lancio' un'occhiata dubbiosa verso Porthos, che sospiro' con tristezza, dirigendosi tra cancello e caserma con le spalle ricurve, non degno dell'ardore dell'amico.
"Se ci prepareremo in fretta, potremo ancora raggiungerli prima che faccia buio, presto andiamo!"- incalzo' D'Artagnan alla vista rassegnata del suo compagno.
"Voi non potete immaginare la fame... La rabbia di essere un nobile, che per legge non puo' lavorare, e tantomeno mangiare, se non per la misericordia di altri nobili..."- sospiro' Porthos scuotendo la testa e ricordando un tempo a lui molto lontano.
"Se siamo tutti diventati moschettieri, vuol dire che anch'io ho patito la stessa cosa, amico mio! Non dimenticatevene!"- gli ricordo' D'Artagnan sorridendo amaramente.
"Voi venite dalla campagna... Non dimenticatevi anche di questo!"- disse lui piegando le sopracciglia ed abbassando i lati della bocca, si armo' di qualche strumento in caserma e si preparo' amareggiato a raggiungere le sale di ricevimento reali con il suo giovane compagno.

Porthos e D'Artagnan sbuffarono frequentemente, seduti sulle sedie della sala, scrutando il sole tramontare. Il Re non accennava ancora ad una sua visita.
"Cosa succederebbe se sventassimo una guerra? Cosa succederebbe se, una volta a Calais, scoprissimo che le voci che girano a corte fossero vere e che e' solo grazie a noi e al nostro coraggio che la Francia fosse di nuovo al sicuro?"- si chiese D'Artagnan, rompendo quel nervoso silenzio d'attesa.
"Porthos! Come potremmo essere considerati disertori se, proprio grazie a noi, la Francia fosse di nuovo al sicuro e non dovesse temere attacchi improvvisi?"- chiese nuovamente il ragazzo.
A quelle parole, Porthos non pote' resistere un solo minuto di piu' in quella sala e , preso il ragazzo per la collottola ed alzandolo fino ad avere il suo sguardo convinto nei suoi occhi feroci, disse semplicemente: "Avete ragione! Che stiamo a fare qui?!"-  e corse via verso le scuderie, trascinandolo con se.

***
Allo stesso modo, il sole tramonto' rosso verso l'altipiano e le basse collinette della campagna, quando Aramis conduceva indifferente e con stanchezza la carrozza alla volta di Calais.

Si sentiva come gia' condannata, ma sapeva che, facendo cosi' avrebbe potuto evitare uno scontro diretto tra Athos ed il Duca di Buckingham.
Guardava spesso dalla finestrella dietro di se, coperta di una spessa tendina scura, con amaro sospetto che il Duca di Buckingham o Milady avrebbero potuto tranquillamente fermare la vettura da un momento all'altro in un angolo isolato e procedere con i loro piani meschini.  
Ancora peggio, Milady con la sua agilita', avrebbe potuto arrampicarsi alle sue spalle sul tettuccio della carrozza ed avvelenarla o spararle un colpo alle spalle.
Per fortuna o disgrazia, non era neppure scortata da altre guardie ed avrebbe viaggiato di notte, come se fosse un invito aperto ad essere attaccata, se non da loro stessi, anche solo dai briganti di passaggio.

L'aveva intuito fin da subito che erano Milady e il Duca di Buckingham i misteriosi ospiti da scortare a Calais, anche se non aveva piu' rivisto quella lettera che il Duca aveva compilato insieme al Cardinale, aveva spiato Athos e Porthos da dietro le colonne del porticato e li aveva sentiti fare il suo nome e dirsi diretti verso casa, per riportarlo a palazzo.
Li aveva superati in velocita', consegnandosi prima che uno di loro avrebbe potuto farlo e sperava che, in questo modo, il sacrificare la sua vita per la loro, avrebbe redento quella che, a tratti, sembrava la triste fine della loro eterna amicizia.
La Francia e le sue necessita' giunsero tra di loro ancora prima che lei potesse godere di quella serenita', delle gioie della vita e della guerra insieme ai suoi compagni o il capire di piu' di quei suoi turbamenti, anche solo tornare ad essere ancora una donna e, con la semplicita' di un sorriso, ritrovare un sentimento che mancava nella sua vita da tempo.

Calais era circa a due giorni di viaggio, se ci si fermava in una locanda durante il tragitto, ma nel suo caso le era del tutto inopportuno: se si fosse fermata, Milady e il Duca avrebbero potuto prendere subito il sopravvento su di lei e disfarsene immediatamente:  avrebbe dovuto passare l'intera notte cavalcando, anche a passo abbastanza veloce, in modo da evitare qualsiasi tipo di stabilita' all'interno della vettura, che potesse dare ai due il tempo di agire. 
Il suo piano, al momento, consisteva nello stare sempre in guardia e cercare di impedire loro qualsiasi mossa improvvisa.

Come aiuto nello stare stare sveglia, chiese ad un mercante di passaggio che importava beni dall'Olanda, di vendergli una caraffa contenente una bevanda turca che, durante il suo periodo da sacerdote, le era sempre stata vietata di bere e che ricordava chiamare dagli altri sacerdoti qualche cosa come l'amara invenzione di Satana(2).
Sara' stata pure la bevanda del Diavolo, pensava, ma teneva i suoi occhi svegli e attenti anche al buio, senza avere la stessa puzza della pipa: quindi, benedi' con un segno di croce la caraffa di ceramica bianca del Diavolo, dal lungo becco e ne riverso' un po' in una coppa di legno sorseggiando lentamente l'amaro liquido, mentre proseguiva per quel lungo tragitto.

***
Dentro la carrozza, il caldo andava scemando e la notte aveva portato finalmente un po' di refrigerio.
Milady ed il Duca di Buckingham, avevano evitato in tutti i modi di farsi vedere dal loro cocchiere, nella speranza di non essere riconosciuti, senza sapere chi in realta' li aveva spiati e tenuti d'occhio quasi fin dal loro stesso arrivo in Francia.
Il Duca, soprattutto, non credeva di aver mai visto da vicino quell'uomo.
Se lo ricordava saper armeggiare bene sia il rapiere che le armi da fuoco, anche quelle piu' grosse di lui, troppo bene per essere un semplice prete, ma adesso si presentava apparentemente privo degli strumenti  necessari per batterli e anche dei suoi fedeli amici che sperava lo avrebbero raggiunto presto, senza farsi attendere.
Facendo presto tesoro del fatto che i tre non si sarebbero dovuti incontrare: insieme sarebbero stati micidiali.
"Dei tre moschettieri, avete scelto proprio il piu' insulso e mingherlino!"- ricordo' l'uomo a Milady.
"Seppur mingherlino, vi posso assicurare, e' tutt'altro che insulso..."- disse lei, stringendo un polso indolenzito e ricordandosi del loro ultimo confronto.
"E' talmente magro che pure voi riuscireste a metterlo a terra! Credete che Athos lo raggiungera' presto?"- chiese lui.
"E' troppo buio per esserne certi, ma se sapesse quello di cui sospetto anche io, correrrebbe il doppio per arrivare da... lui" -disse quasi sorridendo ed osservando dalla finestrella il chiaro di luna.

 "Dormite adesso e ne riparleremo domattina! Dobbiamo riposare e confidare nella sua stanchezza!"- continuo' sorridente, come se avesse in mente un piano particolare, gia' studiato nei minimi dettagli.

"Non avete intenzione di attaccarlo prima dell'alba?"- chiese il Duca alla donna, mostrando il suo rapiere ben saldo nella tracolla -"Potremmo ucciderlo per primo ed aspettare che arrivino gli altri!".

"No! Ho un altro modo per disfarmi di lui...  Dovremo arrivare al molo di Calais, prima di poter attaccare ed aspettarci che sia veramente stanco del viaggio. Voi dovrete mettervi subito al comando della vostra nave ammiraglia ed essere pronti per sferrare l'attacco, anche con tutta la flotta, se necessario.
 Come avete appena detto, di lui mi posso benissimo occupare io. Voi pensate pure a catturare Athos e gli altri!"- disse Milady sicura, incontrando il suo sguardo annoiato alla luce della luna.

***
La notte trascorse velocemente, arrivo' presto l'alba e di nuovo un tramonto. Questa volta, presso il porto di Calais, Aramis fermo' finalmente la carrozza ed i cavalli esausti, affamati ed assetati da tante ore di viaggio continuo.

Lo spettacolo che le si paro' alla sua vista fu agghiacciante: sgrano' gli occhi senza riuscire a parlare.

Piu' flotte navali, battenti tutte bandiera inglese, sostavano ai moli del porto e proseguivano fino a coprire l'orizzonte. Com'era stato possibile che la notizia non fosse giunta a Parigi in tutte quelle settimane?
Alle volte, verso l'orizzonte, sembrava addirittura non esserci spazio tra un vascello e l'altro.

Il cielo, ancora rosso e viola del crepuscolo, sembrava come coperto da grosse nuvole nere, ma alzando gli occhi, si accorse che quelle non erano nuvole: era una flotta di navi volanti, come quella che aveva accompagnato il Duca di Buckingham a Parigi in precedenza, queste erano tutte provviste di pesanti cannoni puntati verso la citta'.
Bastava solo una mossa perche' la Francia fosse rasa al suolo all'improvviso, senza neanche la possibilita' di difendersi.

Aramis, provata da quel lungo viaggio senza sonno, alzo' gli occhi al cielo e all'orizzonte dietro di se, nell'aspettativa che un esercito, un qualsiasi esercito, avesse seguito la loro carrozza ed ora fosse venuto a confrontare tutte quelle navi da guerra, a questo punto, il colore della divisa non faceva piu'  importanza.
Per quanto il pericolo fosse imminente, all'orizzonte non accorse nessuno.

Con un grosso sospiro, si alzo' in piedi dal cocchio ed abbasso' il cappuccio, aspettando del tempo prima di accorrere ai passeggeri.
Questi non si fecero attendere e, sistemata velocemente la scaletta, un uomo biondo vestito di nero, dall'ampio cappello piumato, scese per primo.
Il Duca, con la vana speranza di rimanere a lui anonimo, non si presento'.

"Non ci aiutate a scendere, moschettiere?"- chiese freddo, lasciando che l'ampia tesa del copricapo calasse sugli occhi.
Aramis lo guardo' con aria di sfida: non lo temeva, ma non sapeva come avrebbe potuto eliminarlo facilmente, senza creare scompiglio in quell'esercito al suo comando. Annui' ed accorse verso la dama, anche questa vestita di nero e con il volto velato.
La donna prese veloce la sua mano e la strinse forte, senza mai guardare il moschettiere negli occhi.

A questo punto era soltanto questione di attimi: se non procedeva nell'attaccare i due da sola, questi l'avrebbero potuto ucciderla con facilita', ancor meglio utilizzarla come esca per catturare Athos e gli altri moschettieri, nel caso poi non ci fossero riusciti, avrebbero immediatamente dichiarato guerra alla Francia e, armati com'erano, l'avrebbero subito rasa al suolo.

Per giunta, si rese conto che, se avesse attaccato l'uno o l'altra senza la dovuta velocita', si sarebbe trovata attaccata dalla seconda persona e, se questo fosse stato il Duca, avrebbe anche potuto dare il segnale ad un bombardamento immediato.

"Accompagnateci verso questa barca, Aramis!"- disse la donna, seguendo il signore di fronte a lei, senza mai lasciare la presa della mano. Questa era una scialuppa secondaria, di dimensioni medie che, probabilmente, li avrebbe portati verso una delle navi piu' grandi.

Il moschettiere ebbe un sussulto, notando la esile scaletta a pioli della barca sulla quale i due sarebbero voluti salire. Con un balzo, il Duca si allontano' immediatamente lasciando i due indietro.
Milady trascino' il moschettiere per qualche passo, questo si ritrasse piu' volte dall'arrampicarsi su quei pioli di legno.
Aramis penso' che, se questa non l'aveva avvelenata o non l'aveva uccisa fino a quel momento, voleva proprio dire che la desideravano viva, forse come ostaggio.

Dopo quel primo tentennamento, il Duca si era allontanato dalla sua mira e Aramis non aveva piu' la possibilita' di attaccarlo con una semplice mossa.
Chiuse gli occhi e si fece coraggio, arrampicandosi sui primi sei pioli, ma al giungere del sesto, Milady che gia' conosceva quella sua debolezza, esclamo' con un sorriso:
"E' stato un piacere viaggiare con voi, baronessa!" - e la spinse volentemente in quell'acqua del molo, torbida e poco profonda in confronto all'oceano, ma abbastanza da poter vedere in un attimo il suo corpo immergersi completamente e non tornare piu' a galla.

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(1) Storicamente impreciso. Un periodo d'afa, potrebbe essere capitato per pochi giorni o all'improvviso, accaldando le persone anche se non fosse stato veramente poi cosi' caldo.
Generalmente, durante il 1600 -soprattutto dopo gli anni '50- le estati erano decisamente fredde. C'e' questa tendenza che vorrebbe associare ad ogni periodo piu' cupo della storia politica, un "inverno" e per quelli piu' prolifici un'"estate", che poi si riflette allo stesso modo sulla societa' che prende una piega piu' "cupa". E' stato teorizzato da diversi geografi che periodi come  la seconda meta' del  '600, l'800 e gli anni 30/40 del '900 facciano parte di questa categoria definita come "piccole ere glaciali".
 
(2)Per i primi 60 anni dal suo "debutto"  nel commercio europeo, il caffe'  fu boicottato dalla religione cattolica perche' associato ai riti musulmani e considerato come la "Bevanda del diavolo". Comunque ai tempi era gia' in commercio in Europa (Specialmente tra Olanda e Italia) da circa 40 anni.

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Capitolo 13
*** Porti, locande e commensali ***


 
Risposte al quizzone malato del capitolo precedente:
Re/Regina di quadri- Luigi XIII e La regina Anna
Asso di picche-Cardinale Richelieu
Re/Regina di Picche- Duca di Buckingham e Milady
Regina di cuori- Constance
Jack cuori-D'Artagnan
Jack fiori-Porthos
Jack picche-Athos
Jack quadri-Aramis
Re di fiori- Re Carlo I
 
Questo capitolo ha colto anche me un po' di sorpresa!
E' cominciato, proseguito e finito senza quasi che me ne accorgessi!
 
Ed ora e' meglio che vada prima di dimenticarmi di avere una vita al di fuori di MS/Word...
 

Capitolo 11
Porti, locande e commensali

 

 
 
Poco piu' avanti, dall'altra parte della barca, nella stessa acqua torbida del canale sul molo, dove Aramis era affondata senza piu' risalire, una piccola cannuccia galleggiava tra le onde basse.
In mezzo a pezzi di legno ed altri rifiuti, le alghe, le foglie ed altri liquami, era praticamente impossibile da notare, se non da occhi esperti o da chi avesse, in precedenza, notato qualche cosa di strano.
L'acqua stessa, faceva trasparire a mala pena la luce e, cosi' torbida, mascherava i tratti e l'aspetto fisico di chiunque, anche a distanza molto ravvicinata.
 
Il Duca si appoggio' ai bordi della barca, guardando distrattamente tra quelle onde sporche e la cannuccia spari' immediatamente.
"Maledizione! Milady che fate? Non dovevamo portarlo con noi ed aspettare che i suoi compagni venissero a riprenderlo?"- disse controllando con la donna il punto dove il moschettiere era appena caduto e l'acqua ancora ribolliva del suo respiro.
"Si, si, lasciatemelo ripescare! Presto tornera' a galla. Volevo solo... ripulirlo un pochino!"- disse lei impassibile, osservando quel punto ormai calmo.
 
Tuttavia nessuno, da quel punto, torno' veramente a galla.
I due aspettarono per diverso tempo.
In un'attesa nervosa e irrequieta, il Duca e la contessa continuavano a guardarsi con comune dubbio.
 
Dell'altro tempo passo': era molto di piu' di quello che ci metterebbe una persona per annegare.
"Credete sia riuscito ad allontanarsi sott'acqua come avrebbero potuto farei i suoi compagni?"- chiese il Duca, non ricordandosi di come Milady conoscesse in dettaglio tutte le abilita' e le debolezze di ogni singolo moschettiere ed avesse gia' visto in quella frase trasparire un sospettoso indizio.
 
La donna non rispose subito. Controllo' il pelo dell'acqua girando attorno alla barca con estrema minuzia, alla ricerca di qualsiasi segno che potesse dimostrare la presenza di qualcuno immerso, anche in profondita'.
"No, non lui, anzi tutt'altro..."- rispose con tono assente, concentrata su ogni piccolo fuscello, filo d'erba, straccio e quant'altro si potesse trovare in quell'acqua torbida.
Non noto' nulla di troppo insolito, ma raccolse veloce una piccola cannuccia che galleggiava stesa in superficie, proprio attaccata all'altro lato dell'imbarcazione.
Era un piccolo strumento piegato, simile ad un flauto leggermente lungo e senza note.
 
"Credete sia morto?"- chiese il Duca, restio nel volersi tuffare e controllare di persona in tutta quella sporcizia.
"No! se cosi' fosse, galleggerebbe di gia'"- commento' la donna scrutando preoccupata quell'oggetto.
"Potrebbe solo tornare a galla tra qualche giorno! E se i moschettieri fossero qui, non potremmo piu' ricattarli adesso! Che bel lavoro avete fatto, mia cara!"- il Duca rimbecco' subito la donna irritato da quel comportamento. Poi fece segno ad una nave da guerra, pronta ad accoglierli, di attendere dell'altro tempo.
 
Milady neppure si volto'.
Rimase impassibile, con il capo chino su quell'ogetto misterioso. Dai lati del velo, i suoi boccoli di un castano dorato ricadevano sulle guance. I suoi denti bianchi affondarono sulle labbra purpuree, come se stesse pensando intensamente a qualche cosa o qualcuno.
Ancora qualche momento, prima che le sue sopracciglia si aggrottarono ed i suoi occhi si strinsero: l'angolo delle sue palpebre tremo' a quel pensiero, che le trafisse la mente scrutando quell'arnese un'ultima volta.
"Devo dire ai miei uomini di scrutare il fondo del canale e cercare il suo cadavere?"- chiese il Duca turbato dal silenzio della donna.
 
"Athos!"- disse la donna tra i denti -"I moschettieri sono gia' qui! Dovete dare l'ordine di perlustrare tutto il molo... Tutta la costa, se necessario! Non tralasciate nessuna locanda, nessuna stiva e nessun barile! Tenetevi pronti ad attaccare in qualsiasi momento!"- continuo' alzando la voce e mettendosi in guardia.
 
***
Athos appoggio' un ginocchio sulla parte piu' alta dello stomaco del suo compagno e spinse le costole con le mani piu' volte, nel tentativo di fare uscire acqua dai polmoni.
Qualche momento prima, la sua sagoma esile colava a picco sul fondo del canale, senza neppure tentare di rimanere a galla, mandando a monte il suo personale piano d'attacco.
 
Aveva seguito quella carrozza fin dalla sera prima e, approfittando del fatto che il suo cavallo non doveva tirare nessuna vettura, era riuscito ad arrivare al porto con sufficiente anticipo, in modo da notare quello che stava succedendo: due flotte inglesi, una navale ed una aerea, attendevano il ritorno di un importante capo di stato inglese e dei suoi nuovi ordini.
Di certo non poteva essere il Re inglese: una personalita' del genere non poteva passare inosservato a corte, in piu', il nuovo sovrano britannico era salito al trono solo da qualche mese e non si sarbbe mai potuto sognare di armare una flotta simile personalmente. Non solo mancava di esperienza, ma anche dell'appoggio popolare.
E chi, se non il Duca di Buckingham, era cosi' desideroso di attaccare in guerra la Francia?
Era da tempo che ne aveva l'intenzione e, se fosse sopravvissuto alle eplosioni della Torre di Londra avrebbe di sicuro giurato vendetta contro i moschettieri.
In piu' era una delle poche persone che avrebbe potuto fornire sufficiente protezione politica a Milady, quasi a farla considerare come una donna libera, capace di aggirarsi al Louvre senza essere questionata in alcun modo!
Tutti i pezzi di quel marchingegno cominciarono lentamente a quadrare.
Il Duca sarebbe potuto essere l'ospite misterioso del Cardinale, la persona che lo voleva morto, il collaboratore segreto che difendeva Milady da un'ispezione a palazzo.
 
Provo' un senso di rabbia e compassione, per il vano tentativo di Aramis di tenerlo all'oscuro di tutto.
 
Fu in quel momento, subito dopo l'arrivo al porto di Calais, che decise di tendere un agguato ad una delle barche che era stata legata poco prima ad una bitta, i cui marinai aveva ascoltato parlare in inglese ed allontanarsi di nuovo verso le navi piu' lontane dal molo.
 
Senza essere visto, si era arrampicato al muro interno della banchina e si era immerso sotto la superficie, da dove non poteva avere una vista molto chiara di quello che stava succedendo, ma poteva udire anche il minimo rumore proveniente dall'imbarcazione.
Ascolto' chiari i passi e la voce di quello che a tutti gli effetti pareva il Duca di Buckingham, ma non senti' ne' la voce ne' passi di Milady o Aramis.
Attese in silenzio.
 
I passi del Duca si aggiravano nervosi su quel piccolo vascello.
Ancora qualche minuto e sarebbe spuntato fuori dalla superficie dell'acqua con una lama affilata, un grosso pugnale che avrebbe presto premuto sulla gola del Duca ricattandolo.
Coperto dalla chiglia dell'imbarcazione, da quel punto non poteva scorgere Milady ed Aramis salire la piccola scaletta, ma avrebbe potuto notare la barca piegarsi ed ascostare chiaramente i loro passi.
 
L'unica cosa che avrebbe dovuto fare Aramis era semplicemente distrarli dalla sua presenza, ma era sicuro che, con Milady che conosceva bene le loro debolezze, avrebbe potuto aspettarsi l'imprevedibile.
 
E l'imprevedibile accadde proprio allora, quando il corpo dell'amico si privo' dell'aria dei suoi polmoni, probabilmente in un urlo soffocato di spavento ed affondo' verso la superficie fangosa: cosi' agile sui tetti ed altrettanto inesperto sott'acqua, nei pochi minuti successivi, aveva presto esaurito tutti i suoi respiri.
 
A peggiorare le cose ci si era messo anche il suo giudizio.
Attese dell'altro tempo, nella speranza che Aramis riemergesse e prendesse fiato o si potesse trarre in salvo da solo, in modo che lui avesse potuto continuare da solo quel piano d'attacco, quasi dimenticandosi di quella remota fobia dell'amico che a detta sua sembrava terrorizzarlo, ma che fino a quel momento era riuscito in qualche modo a compensare e a mascherare. 
Dalla bocca dell'amico usci' un fiotto d'acqua fangosa ed incomincio' a tossire affannosamente.
Si alzo' di colpo, gli occhi spalancati, gran parte dei capelli, di solito ruffi e spettinati ora ricadevano su parte del viso, mentre il resto di esso colava a pezzi su quella che sembrava una scarnificazione priva di sangue, dalla quale trasparivano le guancie dal colorito bluastro ed il mento.
Una seconda pelle, una maschera orrenda.
 
Athos lo guardo' fisso negli occhi senza dire una parola.
Quegli occhi chiari, erano l'unica cosa di lui che nessuna maschera avrebbe potuto mai coprire.
 
"C-Che ci fate voi qui?"- disse Aramis con voce maschile, toccandosi il volto.
 
Athos squadro' il suo compagno con lo sguardo pieno di dubbi e domande, ma non era sconcertato dalla scoperta allo stesso modo di Milady, impressionato come la Regina oppure meravigliato come Constance.
Senza dire una parola, tolse la parrucca dalla testa del compagno, appesantita dall'acqua e dalle alghe, per notare, al di sotto, la capigliatura bionda, legata stretta in un concio
 
"Beh, non mi e' mai piaciuto il vostro naso. E' un bene che non sia veramente il vostro..."- riusci' ad affermare Athos, continuando a fissare quello che una volta era il suo compagno d'armi, Aramis, in attesa di spiegazioni.
 
Aramis si tocco' quel volto colato con incertezza.
In un primo momento cerco'di raddrizzare e riattaccare guance e naso al proprio posto, nel disperato tentativo di tenere in piedi il suo travestimento, ma questa volta gli occhi blu del suo commilitone erano puntati proprio su di lei e non su qualche altra dama.
 
"Allontanatevi! Sono malato! Sono gravemente malato di lebbra..."- continuo' poi, tenendosi la bocca con una mano ed allontanandolo con l'altra, sempre imitando una voce maschile.
 
Athos scosse la testa ed abbasso' lo sguardo sulle sue vesti bagnate che mostravano un corpo si' esile, ma dai tratti decisamente femminili.
"Non credevo che la lebbra privasse gli uomini certe parti e glie ne donasse altre..."- affermo' con tono impassibile, aspettandosi dalla persona che gli stava di fronte cessasse quella inutile menzogna ormai rivelata.
 
Non c'era piu' nulla da nascondere: la donna agguanto' con le dita, dalle nocche leggermente nodose, quei pezzi di materia color carne di cui faceva parte la sua maschera: guance, mento e naso di un colorito che mai cambiava, vennero strappati velocemente via per mostrare un viso ora roseo e decisamente piu' simile a quello di un essere umano che ad un mostro, parecchio gia' visto di recente.
 
Athos la scruto' ammutolito, mentre la giovane abbassava lo sguardo imbarazzata.
Subito l'uomo le sferro' un pugno poco doloroso sul braccio.
"Questo e' per la messa in scena che avete fatto in casa vostra!"- disse quasi sgridandola.
"Au!"- rispose lei senza reagire troppo. In effetti sia lui che Porthos usavano sferrarle pugni molto piu' dolorosi.
Athos la colpi' poi con un altro pugno, sull'altro braccio, piu' forte, ma neanche questo cosi' forte come quelli di cui si ricordava:
"Questo e' per esservi presentata al Cardinale all'improvviso ed aver fatto saltare il nostro piano!"- disse lui.
"Au... Io non ne sapevo..."- si giustifico' lei, questa volta con voce femminile.
"Sarete pure un buon tiratore o una brava spia, ma in quanto a mentire sono certo che rimarrete sempre l'Aramis che ha combattuto al mio fianco per tutti questi anni! Voi sapevate!"- dicendo cosi' l'attacco' con un terzo pugno, che sembro' non andare volutamente a segno.
"Quello era per avermi distratto sott'acqua, mentre stavo cercando di attaccare da solo il Duca di Buckingham"- disse quasi piu' calmo.
 
Lei abbozzo' un mezzo sorriso:
"Non tutto il male viene per nuocere! Sono certa che, se vi foste avvicinato al Duca, almeno una delle centinaia di navi all'orizzonte non avrebbe esitato a fare fuoco su tutta la costa!".
"...E non esitera' a farlo lo stesso!"- la rimbecco' Athos tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Lei accetto' quell'aiuto, ma, una volta in piedi, l'uomo le strinse i fianchi e la bacio' immediatamente, uno di quei baci improvvisi e selvaggi, che erano dedicati di solito alle dame piu' attraenti, verso la fine di un ballo.
Le guance della giovane si fecero di un rosso vivo, non solo il segno del fatto che si era appena ripresa da quel brutto tuffo in acqua.
 
"...E questo e' per essere la piu' attraente baronessa che abbia mai conosciuto!"- disse l'uomo.
"Non posso credere che, con tutti i bagni profumati, tutta la salvia e la menta che mastico da mattino a sera, abbiate proprio scelto questo come momento migliore per..."- rispose lei confusa, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi blu ed il suo sorriso convincente.
"Allora considerate una fortuna il fatto di esserci bagnati nella stessa acqua puzzolente!"- Athos alzo' le spalle e sorrise, colto di nuovo da quel senso di pericolo incombente che tanto adorava.
 
"Moschettieri? Moschettieri?"- urlavano delle voci dal forte accento inglese, proprio sopra le loro teste. Athos aveva trasportato la giovane nello scantinato di un magazzino navale, nella speranza di non essere scovati immediatamente.
Sospettava, pero', che il Duca o chi per lui, notando in qualche modo la sua presenza a Calais, non avesse esitato a perlustrare ogni angolo del porto.
Si attaccarono subito ad un angolo del muro e spensero tutte le lampade, respirando lentamente al buio.
 
I due soldati cominciarono a perlustrare tutto lo scantinato, videro piu' volte la luce della loro lampada avvicinarsi, senza illuminarli, quando un secondo gruppo di voci raggiunse il primo.
Athos, piu' allenato a quella lingua straniera, tese l'orecchio ed ascolto' con attenzione.
 
"Che ci fate qui?"- disse il secondo gruppo di guardie.
"Cerchiamo i moschettieri! C'e' stato detto di cercare ovunque! Facciamo quello che ci e' stato chiesto di fare!"- disse uno dei primi due entrati.
"E a voi chi ve l'ha ordinato di dare la caccia ai moschettieri? Non doveva essere una parata questa?"- chiese ancora una guardia del secondo gruppo.
"Una parata? Avete per caso bevuto troppo? Di quali parate state parlando?"- chiese ancora un uomo del primo gruppo.
I quattro soldati si allontanarono insieme, continuando a parlare senza che i due potessero ascoltarli piu', condussero quella conversazione all'esterno del magazzino.
 
"Non ho capito, Athos, di cosa parlavano quei soldati?"- chiese Aramis confusa da quelle frasi, pensando di aver frainteso le loro parole confuse.
"Qualcuno ha dato ordine a quei soldati inglesi di darci la caccia..."- rispose lui indeciso.
"...Non a tutti i soldati!"- lo corresse la giovane ricordandosi le parole della seconda coppia di guardie.
 
Athos la prese per un braccio e la trascino' ai piani superiori, di nuovo verso il molo, nel tentativo di seguirli e continuare ad ascoltare la loro conversazione, ma una volta all'aria aperta, giunto il crepuscolo ed arrivata la sera, era veramente facile perdere le persone che passeggiavano nell'oscurita'.
 
Privi della loro uniforme, sia Athos che Aramis sarebbero stati impossibili da riconoscere come guardie reali anche dagli stessi marinai francesi del porto.
All'orizzonte, anche sulle le navi delle flotte sia aeree che navali, avevano da tempo acceso le loro lampade ed ora le loro luci calde illuminavano l'acqua piu' di un cielo stellato.
 
In lontanzanza appariva come uno di quei giochi di luce, dove mille candele avvolte da lampade di carta, venivano disperse nei laghetti dei giardini reali nelle notti d'estate.
I due osservarono l'orizzonte dalle acque scure quasi incantati da quello spettacolo silenzioso. Athos la trattenne verso di se, stringendola per le spalle in un delicato abbraccio e lei non pote' fare a meno di baciarlo una seconda volta.
***
La stanchezza prese quasi subito il sopravvento su di loro ed abbandonata la costa del molo, si diressero verso una delle poche locande ancora illuminate nella speranza di rifocillarsi e sapere di piu' di quella serie di eventi che stavano capitando a bordo di quelle navi in quei momenti.
Oppure di quei soldati inglesi che perlustravano il porto da cima a fondo.
 
A scapito delle strane vesti e del fatto che fosse una donna, fu Aramis che cerco' per prima di entrare nel locale, ma nell'aprire la porta, un uomo volo' verso di lei, come se fosse stato lanciato da un poderoso titano.
Con una mossa veloce, la ragazza schivo' l'uomo, che ricadde a terra inveendo in inglese contro qualcuno all'interno della locanda. Athos ed Aramis fecero un passo indietro senza dire una parola per lasciarlo fuggire via, troppo stanchi per convincerlo a parlare.
Subito dopo entrarono e videro Porthos e D'Artagnan, ancora in alta uniforme sedersi ad un tavolo.
I due, forse non aspettandosi di trovali li', non si accorsero subito della loro entrata.
 
"Se ci vogliono vivi, D'Artagnan, prima ci devono prendere! E poi che ci fanno qui tutti questi inglesi, mi domando? Che cosa vogliono da noi?"- chiese l'uomo a D'Artagnan, che lo stava ascoltando preoccupato da quella strana lotta.
"Potrebbe essere proprio come sospetta Constance e la sua amica, protebbe essere che il Duca di Buckingham sia davvero ancora vivo?"- chiese il giovane pensieroso.
"L'abbiamo visto morire! C'eravate anche voi!"- ribatte' Porthos, versando del vino per lui ed il compagno.
 
"Ehi! Voi!"- disse poi l'uomo rivolto una cameriera che stava servendo diversi boccali.
"Si?!"- chiese la donna, voltandosi sicura.
"Cos'e' questa storia delle guardie inglesi? Da dove sono spuntate fuori e perche' ce l'hanno con noi queste guardie reali?"- chiese risoluto senza quasi notare i due compagni che si avvicinavano al loro tavolo.
 
"Quali delle due? Ci sono due eserciti inglesi che girano in citta': quelli che i marinai chiamano i nuovi e i vecchi. Non che siano veramente nuovi o veramente vecchi, ma e' un modo che hanno loro di dire per chiamarevecchi quell'esercito che e' venuto qui tempo fa e che non ha mai attraccato prima di oggi. Loro ce l'hanno con voi, hanno detto piu' volte d starvi dando la caccia: sono i vecchi che vi stanno cercando e sono disposti a qualsiasi prezzo per le vostre teste!  I nuovi invece, con molte meno navi, sono arrivati da giorni ed hanno attraccato subito, ma non si capisce bene il perche'..."- spiego' lei alzando le spalle e distribuendo ai tavoli quelle grosse caraffe di terracotta.
 
"Voi non abbiate da temere! Finche' non vi trovano da soli, noi non consegneremo mai un moschettiere agli inglesi!"- sorrise un uomo da un tavolo vicino, alzando il suo boccale a Porthos e D'Artagnan.
***
 
"Ah voi, Porthos, riuscite sempre a fare amicizia con tutti!"- disse veloce Athos sedendosi al tavolo, nello stupore di D'Artagnan.
Anche Porthos si volto' stupito verso il loro capitano, ma i due alzarono subito lo sguardo verso Aramis al suo fianco, sgranando gli occhi dallo stupore.
"Avanti sedetevi"- disse Athos alla giovane, che incrociando gli occhi dei suoi compagni, rimase immobile di fronte alla sedia.
 
"Che ne avete fatto di Aramis? Ve lo siete mangiato? Perche' siete vestita... Ooh... Athos volete per cortesia spiegarmi per quale ragione questa giovane dama di corte si trova qui a Calais ed indossa le vesti del nostro compagno?"- chiese perplesso Porthos, che blocco' immediatamente l'impulso di prenderlo per il collo.
"Perche'... Porthos, vedete, questa dama di corte e' il nostro compagno!"- cerco' di spiegare Athos, nell'incredulita' degli altri due.
"Si come no! E voi non siete voi, ed io non sono io..."- continuo' lui, portando le mani ai fianchi e volgendosi verso D'Artagnan, ancora a bocca aperta per lo stupore.
 
"Il nostro compagno dice la verita', Porthos."- disse Aramis, cambiando tono della voce. Improvvisamente, non solo le vesti ma anche la voce di quella donna gli fecero prudere le mani. Non che Porthos avesse mai picchiato una donna, non che ne fosse veramente consapevole di averlo mai fatto.
"Che diavolo e' questa stegoneria?"- chiese meravigliato da quelle parole.
 
"Non e' una stregoneria, e' solo allenamento. E' la stessa cosa che fanno gli attori delle compagnie teatrali, solo al contrario! Loro imitano i suoni che fanno le donne quando parlano ed io quelli che fate voi uomini. Come quei cacciatori che imitano il suono dei volatili! Mica sanno volare e tantomeno covano uova! Eppure il suono e' lo stesso..."- spiego' di nuovo Aramis, suonando questa volta con la voce della baronessa d'Herblay.
 
"Non e' una cosa strana?"- chiese Porthos ad Athos, crollando in un senso d'indecisione: se di fronte a lui ci fosse stata una donna, avrebbe dovuto inchinarsi e fare le sue reverenze come un vero cavaliere, come Aramis avrebbe soltanto voluto attaccarlo un'altra volta alla parete di qualche scantinato e lasciarlo marcire li' finche' non si fosse ravveduto da quelle strane tonterie.
 
Athos sospiro'.
Aveva molte domande da porre lui stesso a quella donna, ignorava molte cose, ma riteneva questa sua prima spiegazione un inizio.
Dopotutto Aramis,  anche come baronessa, era sempre stata molto riservata e non aveva mai risposto a tutte le sue domande che lui usava fargli.
 
Aramis mise le mani ai fianchi e balzando sulla una sedia, guardo' Porthos negli occhi con sguardo serio: erano gli stessi occhi che non avevano mai mentito, e non avrebbero mentito mai, a nessuno dei suoi veri amici.
"Sono Aramis! Trattatemi come avete sempre fatto!"- ordino' ferrea.
D'istinto, Porthos la prese per il collo della camicia e l'attacco' al muro della locanda con relativa violenza.
"Siate maledetto!"- ringhio' lui tra i denti, mentre lei, piu' per provocazione che per cortesia, emise un flato dall'odore disgustoso del canale nel quale, qualche ora prima, aveva rischiato di annegare.
 
Soddisfatto da quel confronto, l'uomo lascio' andare la giovane che si aggiusto' il colletto sporco di fango e la giacca ancora umida, sorridendogli con lo stesso senso di adempimento.
"Avete ragione: siete proprio Aramis!"- commento' lui alzando le sopracciglia.
***
 
Un altro gruppo di guardie inglesi fecero ingresso nel locale, a detta degli altri clienti e dei marinai, questo era un gruppo di quelli che loro definivano i nuovi: era relativamente nutrito e non fece neppure caso alle divise di Porthos e D'Artagnan, al contrario di quello che era successo con la rissa di poco prima.
 
Al centro del gruppo, un militare dai folti riccioli mori, veniva trattato come un capitano o una persona di rango molto alto al confronto degli altri commensali.
Questo non sedeva a capotavola, ma al centro della tavolata, ben protetto da guardie a destra e a sinistra, con il muro rivolto alle sue spalle.
 
Athos scambio' uno sguardo con gli altri moschettieri che annuirono in senso d'intesa e si diresse da solo verso quella tavolata, con due brocche ricolme di vino.
 
"Questa e' per voi! Un dono mio e dei miei amici!"- disse lui colmando i calici di tutti quei commensali, tra le risa e i canti dei soldati. Il militare moro, quello che sembrava un capitano, chino' la testa verso il moschettiere con una reverenza troppo altolocata per un branco di soldati di bassa lega.
"Vi ringraziamo molto di questo vostro regalo!"- disse poi alzandosi e volgendosi verso il tavolo dei moschettieri.
 
Fece cenno poi verso Athos di fare un brindisi in loro onore e bere dal proprio calice, ma non appena accosto' le labbra alla bevanda, un'altra guardia copri' il bicchiere con la mano impedendogli di bere e bevve lui stesso per primo.
Il militare sorrise e fece un altro piccolo inchino, i suoi boccoli mori cadevano sull'armatura metallica mentre uno degli altri soldati annui' e solo dopo questa conferma gli fu concesso di bere dal proprio calice.
 
Athos volse lo sguardo verso il piccolo tavolo dei suoi amici, per poi continuare ad assistere a quella scena particolare. Non ricordava di capitani delle guardie inglesi provvisti di tante buone maniere, ma anche tanti sospetti come quel gruppo di fronte a lui.
Alcuni dei soldati inglesi fecero cenno agli altri moschettieri di unirsi al loro tavolo e questi accettarono, vagamente interdetti dal ricordo del battibecco avuto poco prima, con le altre guardie.
 
"A cosa dobbiamo la vostra visita in Francia?"- chiese Athos all'uomo.
"Una visita di piacere... Una... Normale presentazione tra vicini di casa! In fondo ci divide solo questo piccola strisca d'oceano, poco meno di un giorno di viaggio..."- disse lui con un sorriso.
 
"Siete voi quelli che stanno organizzando una parata?"- chiese di nuovo Athos
"Oh si! Una grandissima parata! I militari in alta uniforme! Le navi volanti che Buckingham ha fatto costruire apposta per l'occasione! Un bello spettacolo per il Re di Francia! Ci stiamo preparando da mesi"- rispose lui, quasi illuminandosi in quella descrizione e gesticolando in modo strano, quasi come se stesse parlando ad una corte.
"Da mesi?! Spiegatevi meglio!"- chiese Athos, colto dall'interesse per quel discorso e quei gesti.
 
"Beh vedete, io sono relativamente... Nuovo nel mio incarico ed ho avuto solo poco tempo per organizzarmi, sono arrivato solo dall'altro ieri e mi sto preparando in questi giorni. Al momento sto esplorando un po' la zona... Tuttavia il mio... Amico, il Duca di Buckingham, ha cominciato questi preparativi molto tempo prima: e' arrivato qui, ha preparato il mio arrivo, mi ha accolto con le sue guardie... Presto sara' la volta per noi di raggiungere il Palazzo del Louvre!"- aggiunse, nella preoccupazione del moschettiere.
"Vedo che i vostri amici fanno parte delle guardie reali, sarebbe un piacere per me essere scortato proprio da loro"- disse quello che sembrava un militare ad Athos.
"Sarebbe per noi un'onore! Sono il loro capitano e, se mi direte il vostro nome, glie lo posso chiedere immediatamente!"- rispose Athos con un falso sorriso.
 
"Chiamatemi pure Sua Maesta!"- disse lui con una leggera reverenza.
 
A quelle parole tutti i commensali si azzittirono e, tranne quelli francesi, si inchinarono verso il giovane sovrano dai lunghi capelli neri, che fece un sorriso, un saluto e cenno di continuare le loro conversazioni.
 
Athos si volto' verso Aramis, la prese per le spalle:
"Aramis, quest'uomo risulta essere Sua Maesta' Re Carlo d'Inghilterra e lui stesso non e' per nulla a conoscenza dei piani di Milady o il Duca di Buckingham. Pensa di essere qui per una parata diplomatica!  Basta nascondere quello che sapete! Ditemi tutto, nei minimi dettagli!"- pronuncio' a voce bassa, per non farsi sentire, ma con estrema decisione.
 
"Il Duca di Buckingham e' vivo?"- chiesero all'unisono D'Artagnan e Porthos.
"Vivo e vegeto! Era lui l'amico misterioso di Richelieu! Per giunta la nostra amica ne sa molto piu' di noi! Quindi parlate Aramis!"- esclamo' Athos nervoso.
Lei scosse la testa e a quegli occhi blu fissi sui suoi non trovo' piu' ragione di omettere i fatti di cui era a conoscenza, anche per conto della Regina.
 
"Il Duca di Buckingham ha minacciato il Cardinale Richelieu di attaccare la Francia diverse volte se voi non foste stato consegnato suo prigioniero in qualche modo: voleva la vostra testa per primo! E avete visto anche voi adesso! Il porto e' zeppo di navi e le guardie comadate da lui ci danno la caccia! Che altro volete sapere?"- disse lei preoccupata per le sorti dell'amico.
 
Athos si alzo' ed abbandono' il tavolo, nella sorpresa del sovrano.
"Dove andate cosi' all'improvviso?"- chiese lui alzandosi.
"Voi non andate da nessuna parte senza di me!"- gli sussurro' Aramis in un orecchio, tirandolo per un braccio.
Tutti i commensali si voltarono per assistere a quella scena, come se fosse un'interessante lite tra due amanti passionali come, a detta loro, solo i francesi sanno essere.
 
I due si fermarono, incrociando i loro sguardi in una tensione simile a quella prima del combattimento tra due felini e, come loro, si interruppero colti da un'idea comune. L'uomo bisbiglio' qualche cosa nell'orecchio della ragazza che annui' pensierosa e fece una specie d'inchino.
 
Athos fece una nuova reverenza al Re e disse:
"Maesta', ci sono delle curiosita' di cui il Duca di Buckingham vi ha tenuto all'oscuro"- affermo', guardandolo fisso negli occhi.
"Non voglio essere io, ne uno dei mei compagni a rivelarle... Vorrei che le scopriste da solo!"- continuo' sicuro, nell'affermazione dei suoi compagni.
 
"Oh non c'e' problema, amico mio! Glie le posso chiedere domattina all'alba! Si trova proprio tra una di quelle navi che vedete all'orizzonte!"- rispose il sovrano indicando le luci sul pelo dell'acqua che ancora si scorgevano dalla finestra.
"Perche' non glie lo chiedete proprio adesso?"- domando' Athos con fare sarcastico.
"E' buio, mandare una barca presso la sua ammiraglia potrebbe provocare un incidente! E poi io non ho tutta questa fretta..."- si giustifico' il sovrano alzando le spalle.
 
"Ma noi si!"- ribatte' Porthos in un inglese sommario.
 
"Innanzi tutto, Maesta', potreste cercare quattro volontari disposti a bere e pernottare in questa locanda per almeno due giorni e due notti?"- chiese Aramis alla tavolata di guardie.
 
A quelle parole calme e convincenti, tutte le guardie alzarono la mano nella speranza di essere scelte per un incarico tanto facile.

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Capitolo 14
*** Cinque Mostri ***


 

 
Capitolo 12
Cinque Mostri

 
Una guardia smilza, una molto corta, una molto alta e robusta ed una alta quanto il Re, vennero scelte dai quattro moschettieri e fatte cambiare d'uniforme.
Sembrava quasi che, per quelle quattro guardie straniere, il bere ed il cantare in mutande non li preoccupasse affatto.
 
"Pensate di trovarvi ad un ballo in maschera... Vi piacciono i balli in maschera, Maesta'?"- chiese Athos al Re inglese, mentre gli porgeva una delle divise dei suoi sudditi. Dei quattro era quello che parlava meglio la sua lingua e che, d'aspetto, somigliava molto al sovrano.
Forse per questo il Re nutriva per lui una certa simpatia nata quasi in maniera istantanea, diversa da quella che provava per gli altri tre combattenti o i suoi uomni fidati che lo stavano accompagnando.
 
Il sovrano sorrise e piego' la testa in un gesto confuso di ringraziamento tra la meraviglia e l'imbarazzo:
"Queste sono cose che si vocifera fate voi qui in Francia, dove non badate a spese! Si dice che vostri raccolti siano ancora rigogliosi e, come ho potuto notare io stesso, ancora ogni tanto vi affanna la calura. Dalle nostre parti tutte queste cose stanno cominciando a diventare una rarita'... Per di piu' alcuni consiglieri parlano di un altro periodo di pestilenza(1)... Non avremmo certo molto da festeggiare ed e' anche per questo che ho insistito a partire! Se avessi atteso ancora un mese, come mi era stato consigliato, non sarei partito piu' e non avrei piu' avuto l'occasione di sapere chi siede al trono di Francia esattamente come io siedo al mio! Il Duca parla e parla. Dice di problemi, vorrebbe un confronto piu' aperto... Ma in fondo si e' giovani e Re una volta sola ed ogni tanto bisogna festeggiare!"- a quel discorso, i quattro si scambiarono uno sguardo dubbio, neppure il loro Re era poi rinomato troppo per la sua parsimonia: nei suoi sguardi e nei suoi modi, potevano notare, per quanto nascosti o lavati via da una diversa esperienza, gli stessi modi del Re francese.
 
"Fate finta che questo sia un ballo in maschera, dove alla fine dovrete fare molta attenzione a quello che succede attorno a voi..."- gli ricordo' Aramis con un sorriso.
Il sovrano ricambio' lo stesso sorriso, senza parlarle direttamente, si rivolse verso Athos e bisbiglio' in un orecchio:
"Athos?! Avete detto che conciati cosi' dovremmo presentarci al porto e cercare di farci trasportare su una determinata nave nella mia flotta?"- chiese nel dubbio di potersi o meno fare sentire dagli altri, anche dai suoi uomini.
"Si. Come vi ho spiegato, Maesta', dovrete lasciare fare tutto a noi e ai vostri uomini, voi dovrete solo stare a guardare e cercare di non farvi riconoscere... Almeno fino a quando non riceverete un segnale preciso. Provate ad abbassare l'elmo, o affiancarvi piu' vicino alle altre guardie ad esempio!"- gli suggeri' l'uomo, notando il sovrano dubbioso su un particolare misterioso di quel piano.
 
"Athos... E'' normale dalle vostre parti, per una dama, portare una croce del genere al collo?"- chiese con vaga curiosita'.
Athos sbotto' una specie di risata ribadendogli: "Non dovreste chiederlo a me!"- scambio' uno sguardo furtivo ad Aramis, intenta ad aggiustare i capelli nell'elmo e nascondere quella croce sotto l'uniforme straniera.
 
"Perdonatemi, mademoiselle, come dite voi, non vorrei peccare di presunzione o rovinare la bella sorpresa che state preparando in nostro onore, ma vorrei ricordarvi che siete una donna e portate al collo una croce da sacerdote..."- balbetto' il Re imbarazzato, pronunciando quelle parole.
Aramis lo guardo' sorpresa e scambio' prima uno sguardo perplesso ad Athos e poi ai suoi compagni. Porthos fisso' il pavimento scuotendo la testa e mettendo le mani ai fianchi, quasi senza voler rispondere. D'Artagnan sorrise mostrando quasi tutti i denti e stringendo gli occhi, forse nel tentativo di ammiccare qualche cosa.
Subito, come se avesse inteso un messaggio dagli sguardi dei suoi compagni, il giovane riapri' gli occhi come trafitto da un'importante informazione e comincio' a frugare nelle tasche delle sue vesti abituali gettate a terra.
"Maesta', il vostro discorso e' molto interessante, spiegate ancora ad Aramis quello che volete intendere..."- lo incalzo' Athos con vaga soddisfazione, mentre Aramis cercava di ascoltare attenta.
 
"Non sono un lupo di mare e non conosco personalmente queste cose, ma tutte le volte che sono salpato, mi e' sempre stato detto che in mare non sono permessi ne' preti e ne' donne, nessun marinaio ci portera' mai a bordo di una nave. Nessuna nave ci accoglierebbe mai a bordo sapendo che questa guardia e' in realta' una fanciulla e con questa cosa in dosso..."- spiego' il sovrano pensieroso.
Ci fu un breve silenzio, anche le guardie restanti si soffermarono ad assistere quella conversazione ed osservare i quattro moschettieri guardarsi negli occhi, come se gia' fossero stati muniti di un piccolo stratagemma.
"D'Artagnan?"- chiamarono all'unisono tre di loro, mentre il giovane lanciava ad Aramis un piccolo sacchetto di cuoio.
 
"Ottima domanda, Maesta'!"- esclamo' la ragazza con sicurezza -"vorra' dire che questa mascherata sara' ancora piu' divertente..."- continuo' aprendo il sacchetto, ma guardandolo fisso negli occhi.
"La croce che avete visto e' benedetta e quindi, essendo donna, devo portarla appunto per scacciare il malaugurio in mare e, se volete proprio stare al sicuro, guardate bene tutti quanti!"- disse rovesciandosi tutto il contenuto del sacchetto di cuoio in testa, sull'elmo metallico per poi ricadere sulle spalle e gettarselo di nuovo addosso.
"Che fate! Lasciatene un po'! E' una polvere speciale! Una pozione donata dai miei avi, quando sono partito dalla Guascogna!"- esclamo' D'Artagnan lamentandosi.
"Non lagnatevi troppo: e' soltanto sale, D'Artagnan."- gli ricordo' Porthos, memore di quel sacchetto prezioso che il ragazzo trattava davvero come se fosse oro.
"Non dovreste sprecarlo tutto in questo modo"- commento' il ragazzo sommessamente.
"Riavrete il vostro sale quanto prima..."- rispose Aramis al ragazzo- "Dove eravamo rimasti? Adesso che sono benedetta e salata(2), ho risolto tutti i vostri dubbi?"- continuo' al sovrano.
Il resto delle guardie annui' con vaga rassegnazione, quasi accontentati da quello che avevano visto, non del tutto convinti, ma abbastanza da azzittire voci e proteste nell'avere con loro una donna.
Athos, fisso' di nuovo il sovrano, mentre Porthos provvedeva a legargli le mani dietro le spalle e con determinazione gli ribadi':
"Ricordatevi bene chi comanda le vostre flotte, chi e' alla testa della vostra patria, chi siede sul trono d'Inghilterra! Quella persona siete voi! Nessuno puo' togliere a voi il potere che Dio stesso vi ha dato!"- l'uomo, guardo' il sovrano negli occhi. Non si inchino' al suo cospetto e non lo tratto' come avrebbe trattato il suo, di sovrano. Quelle parole dirette fecero subito capire al Re quanto quell'uomo, apparentemente sconosciuto, lo rispettasse senza con questo essere un suo suddito.
 
Athos fu l'unico a non indossare l'uniforme.
D'Artagnan gli lego' braccia e gambe, in modo da dare l'impressione che fosse stato catturato contro la sua volonta'.
"Bene, provate a muovervi, ora"- disse il ragazzo, nel capire se quella stretta gli impedisse movimenti.
L'uomo si dimeno', atteggiandosi proprio come se fosse stato catturato e non potesse veramente muoversi. Tra i suoi pugni, pero', nascondeva una spanna di corda che lo avrebbe reso libero in pochi istanti.
"Siete sicuro di quello che state facendo?"- gli chiese il ragazzo vagamente sospettoso.
Tuttavia, negli occhi di Athos gia' fiammeggiava ardente quella sensazione di incombenza, tensione e pericolo di cui, gia' si era reso conto, non poter quasi fare a meno.
 
Prese fiato e, come se stesse quasi dichiarando le sue ultime parole prima di una lunga partenza, disse:
"In gioventu' si e' sprezzanti del pericolo e del timore, perche' lo si ignora o non lo si conosce. In eta' adulta, si imparano a conoscere i timori, ma una volta che vi farete uomo, vi renderete conto voi stessi di quello che prima consideravamo un pericolo o una paura di cui dimenticarci, non e' in realta' poi cosi' difficile da affrontare!"- rispose lui volgendosi poi verso i suoi compagni confusi con il resto della guardia.
Mentre l'uomo diceva cosi', Porthos prese D'Artagnan per un braccio e lo avvicino' al gruppo, con il Re Carlo ed i suoi compagni, adesso indistinguibili dagli altri commilitoni. In totale, il gruppo era composto da circa una decina di persone: i moschettieri riuscivano a mascherarsi completamente tra gli altri, almeno prima che questi cominciassero a parlare.
 
Il gruppo di guardie si allotano' dalla locanda con un breve saluto e tutti accesero delle fiaccole molto luminose, nel tentativo di farsi riconoscere bene dalle navi del porto.
 
Aramis strinse Athos per un braccio e disse tra i denti:
"Ho accettato questa cosa solo perche' sapevo che sarei stata al vostro fianco e saremmo stati tutti insieme. Ho accettato perche' sapevo di avere coperte le vostre spalle. Come avete visto sulla mia stessa pelle non possiamo agire da soli: non azzardatevi ad allontanarvi da solo, non vi azzardate a fare una singola mossa senza che io, Porthos o D'Artagnan non saremo pronti a difendervi!"- lo minaccio' veloce, quasi senza che nessuno potesse ascoltarla.
Athos annui' con sicurezza e volse uno sguardo di conferma anche agli altri due.
 
Porthos, tra i piu' alti, ondeggio' la sua fiaccola in direzione di alcune navi e prese la spalla di Athos, mentre quest'ultimo, rivolto verso una delle guardie straniere che li accompagnava disse:
"Ditegli che l'abbiamo preso! Ditegli che l'abbiamo trovato! Urlatelo forte, che ci possano sentire bene!".
I soldati lo guardarono incredulo, non avevano mai visto una cosa simile: prima una donna soldato come solo le leggende narravano, poi un uomo che si fa prigioniero da solo e chiede di essere misteriosamente catturato.
"Ma... Signore, a malapena so il vostro nome!"- rispose una delle guardie.
"Bene! Allora Urlatelo! Urlatelo verso la vostra flotta!"- lo incalzo' lui.
 
La guardia ondeggio' la sua fiaccola ed urlo' quel nome all'orizzonte buio, dove le navi e le barche attendevano l'alba in silenzio, galleggiando vagamente illuminate, quasi solo dalla singola veglia notturna.
 
"Aramis..."- sussurro' Athos in mezzo a quel baccano e alle fiamme delle fiaccole accese, nell'attesa che le barche ormeggiassero e li portassero al largo, verso gli altri vascelli.
"Si, Athos?"- chiese lei, ostinata allo stesso modo ad usare sempre il suo nome di battaglia.
"E' stato sempre un onore combattere con voi!"- disse inchinandosi al suo cospetto.
D'istinto, la ragazza appoggio' una mano sulla sua guancia e la fece scorrere sul mento e gli prese un braccio, nel tentativo di farlo rialzare.
"Questo non e' un addio Athos! Non ditemi addio! Ve lo ordino!"- esclamo' costringendolo ad alzarsi e volgendolo di nuovo verso il molo che, lentamente, si illuminava di piu' al loro baccano.
 
Una barca abbastanza grossa attracco' veloce, fu fatto segno a tutti di salire a bordo e in fretta, una fretta del tutto inaspettata a quell'ora della notte.
La barca remo' verso una delle navi ammiraglie, piu' lontana dalla costa, ma anche molto piu' grande. Per essere piu' veloce, venne chiesto anche ad alcuni degli altri uomini a bordo, di remare.
***
 
Con vaga incertezza, alcuni soldati fecero finta di scagliare Athos sul ponte di quella nave immensa, di cui si stentava, tra buio e foschia, di vedere entrambe le estremita'.
Il Duca di Buckingham era in piedi, il volto neppure addormentato da quell'ora notturna, rideva fiero alla vista del suo nemico legato.
 
"E' proprio lui?"- chiese ad una figura che riluceva nell'ombra.
"Non veste l'uniforme, ma e' lui per certo..."- la figura si fece avanti, vestita di verde(3), bianco ed oro
"Olivier"- sussurro' la figura al prigioniero.
"Anne"- rispose lui, guardando verso i soldati che apparentemente lo avevano catturato.
"Non ditemi che adesso provate compassione per lui!"- esclamo' il Duca, giocherellando nervosamente con la tracolla ed il pugno dell'arma che portava alla cintura.
"Affatto, George..."- disse lei senza guardarlo.
 
"Ah Milady... Siete incorreggibile!"- ridacchio' l'uomo voltando le spalle al prigioniero e alla contessa.
"Ricordate? Abbiamo detto tante cose al Cardinale. Ad esempio, se ci avesse consegnato Athos di persona, avremmo evitato l'attacco alle coste francesi o al Louvre, con le nostre navi volanti..."- rievoco' il Duca a Milady. L'uomo alzo' gli occhi verso l'orizzonte, scrutando il resto delle navi in lontananza.
 
"...Ma Athos si e' consegnato di persona!"- continuo' con lentezza, voltando brevemente solo la testa indietro, verso il prigioniero per poi rivolgere di nuovo la vista e le attenzioni verso le due flotte inglesi, i cui capitani si potevano scorgere sulle prue delle navi brandire fiaccole e lanterne in attesa di ordini.
 
Il Duca di Buckingham alzo' la sciabola, che brillo' argentea al cielo rosato dell'alba che stava per sorgere.
Numerose fiaccole si avvicinarono subito alle micce dei cannoni, tra le onde e tra le nuvole.
Quello era il segnale che stavano aspettando da giorni.
 
La sua lama brillo' un solo secondo e la sciabola cadde improvvisa, in un movimento veloce della sua spalla, cosi' come i bombardamenti cominciarono fragorosi, senza che alcun esercito avesse preparato alcuna difesa.
"Ora, Maesta'!"- urlarono i moschettieri, verso il sovrano, che a quella vista continuava a fremere nervoso e a fatica erano riusciti a trattenerlo fino a quel momento.
 
"Basta Basta! Cessate il fuoco! Ve lo ordino! Guardie! Arrestatelo!"- urlo' il sovrano togliendosi l'elmo e puntando un rapiere leggero verso il Duca.
L'uomo si volto' all'improvviso: lo sguardo folgorato da quella visione inaspettata, le guardie lo accerchiarono, come ordinato dal sovrano.
"M-Maesta?"- disse con voce arida, piu' del deserto.
"Come vi permettete abusare cosi' del vostro potere?"- si ostino' il Re, affatto calmo, anche per via di quegli spari e di quei bombardamenti.
"V-Voi non dovreste essere qui..."- commento' il Duca.
"E perche' mai? E' qui mia la marina che rappresenta il mio regno!"- gli ricordo' lui, mostrando i suoi uomini.
 
Le guardie inglesi che lo accerchiarono, lo bloccarono definitivamente catturandolo, mentre il sovrano cercava di prendere comando del vascello e moschettieri si affrettavano ad aiutare Athos nel liberarsi dalle corde che lo legavano.
"Doveva essere una parata amichevole! L'avevate promesso a corte!"- disse il Re.
"Mesta' voi... Perche' siete conciato in questo modo?- si insospetti' il Duca, ormai immobile.
"Volevo solo fare una passeggiata notturna, ieri sera, quando fortunatamente mi sono imbattuto in questi gentili signori..."- il sovrano mostro' i tre moschettieri in divisa ed Athos fece un cenno di saluto proprio al Duca, in uno strano senso di sfida.
 
"...Come posso notare io stesso, e' stato solo un bene e una fortuna! Questa loro casuale trovata mi ha fatto capire che razza di uomo siete in realta'! Per questo verrete punito!"- dicendo cosi', il sovrano strappo' la sciabola dalla tracolla del Duca e cerco' di cessare il fuoco nel piu' breve tempo possibile.
"Ah... Diremo che e' stata una un'allegra trovata per presentarmi a corte... Voi come la vedete?"- disse poi voltandosi verso i quattro moschettieri, che sbuffarono distratti.
"Perche' no? e' quasi l'unica opportunita' che vi e' rimasta, capitano..."- cerco' di spiegare D'Artagnan ad Athos, escludendo cosi' la sua figura mascherata dalla presa di una mano suadente e ancora nell'ombra.
 
Milady, infatti, nell'ascoltare quelle parole non si fece attendere e, nella confusione, mentre il Duca veniva imprigionato definitivamente ed il fuoco dei cannoni cessavava con molta piu' indecisione di com'era cominciato, colse di sorpresa Aramis, le strappo' l'elmo dalla testa e la trascino' con lei all'estremita' del ponte.
 
Athos strappo' veloce una pistola ed un pugnale dalla cintura di una delle guardie a lui vicine e la punto' subito contro la dama dorata, che chiuse le lunghe ciglia e sospiro' lentamente. Esaspetata, per nulla nervosa.
 
"Che aspettate? Sparate! Uccidetemi prima che riesca ad uccidere la vostra amata baronessa..."- la lama di un pugnale spunto' dalla manica di pizzo ricamata e punto' il collo della giovane, che scalciava nel tentativo di difendersi.
"Athos: dal primo momento che ci siamo incontrati, mi avete sempre usata.
Quando avete visto che i miei servigi non vi aggradavano piu', mi avete presto scartato ed avete puntato per qualcuno di piu' strategico, di piu' importante"- disse Milady, guardando Aramis dibattersi dalla sua presa. Quella posizione sembrava impedirle di difendersi.
 
"Non statela a sentire! E' stata lei ad usarvi, per tutti questi anni! E' lei che ha avvelenato il nostro vino! Non solo il vostro, ma anche il mio! Ricordatevi che e' lei che ci ha sempre tratto in inganno... Ha tratto in inganno voi, e con voi anche me..."- cerco' di gridare Aramis ad Athos.
Milady alzo' le spalle, non era forte quanto Aramis, ma conosceva molti stratagemmi per mettere a terra uomini e guardie allenate come e quanto lei.
 
La guardo' con disprezzo e strinse quella morsa, quasi impedendole di muoversi del tutto e le disse:
"E voi? Voi tra tutti, voi che conoscete Athos meglio di chiunque altro, che avete vissuto fianco a fianco con un uomo del genere, voi dovreste essere la prima ad esservene accorta! Vi ha sempre usato!
Vi ha usato come uomo, come amico, quando vi ha tratto piu' volte in missioni pericolose che, nonostante il vostro comportamento impeccabile, vi hanno fatto apparire come un uomo senza onore. Come una donna, senza onore! Vi ha usato come donna, quando cercava di affascinarvi, perche' era a conoscenza dei vostri contatti con la Regina.
Per quale ragione, se no, credete che un uomo del suo rango si sia messo a ronzare attorno ad una dama da poco, come voi? E invece di accorgervene, ingenua, continuate a difenderlo a costo della vostra stessa vita!
Vi rendete conto che, se non vi foste messa in mezzo per salvare il vostro Athos, nessuno avrebbe mai scoperto la vostra mascherata? Sareste stata libera di agire come meglio volevate e vivere la vostra vita nel modo che piu' avreste preferito.
Donna, uomo, non avrebbe mai avuto importanza poiche' la vostra abilita' nel mascherarvi e' riuscita ad ingannare perfino me. Se foste vissuta per i fatti vostri, nessuno vi avrebbe mai scoperto.
Invece adesso, per colpa sua, la vostra identita' e' stata rivelata! Per difenderlo dal Duca di Buckingham avete fatto tutto questo! Vi posso garantire che donne come noi non la passano facilmente liscia, senza alleanze importanti...
Spiegate pure alla vostra curia come una donna ha potuto praticare sacerdozio per cosi' tanto tempo senza essere scoperta!"-.
 
Aramis incrocio' rassegnata gli occhi traditi di Milady e senti' il pugnale puntare piu' a fondo sulla gola, fino a quasi trapassare la pelle. Adesso che la sua presa si allentava, avrebbe potuto spingerla via con relativa facilita', o per lo meno approfittare di quella debolezza per farsi largo in quella morsa e destabilizzarla, ma lascio' andare le braccia e rese quella parte di pelle della gola ancora piu' visibile ed esposta alla lama.
"Athos, la Contessa ha ragione. Tutto quello che ho fatto in queste settimane, l'ho fatto pensando a voi, tutto quello che faccio, l'ho fatto per voi(*), pensando di mantenervi in vita... Non so se sono stata usata o meno, non sono a conoscenza di queste sottigliezze e non me ne sono mai curata.
Non ho piu' ragione di vivere cosi', non ho piu' motivo nel tentare di sopravvivere o combattere..."- disse la giovane rivolta verso il moschettiere.
 
"...Avete ragione, Milady, tantovale uccidermi, allora! L'amore rende ciechi, tuttavia voi continuate sempre a notare anche i piu' fini dettagli.
Se non sarete voi, sara' sicuramente qualcun altro a togliermi la vita..."- continuo' con sguardo assente e lasciandosi andare.
 
Milady premette il pugnale, guardando Athos negli occhi e cogliendo la sua espressione disperata.
 
Il tempo si dilato', mentre con un balzo, lui correva in direzione delle due donne.
Aramis getto' la testa all'indietro e allargo' ancora di piu' le braccia, mentre Milady la trascinava con se e si spingeva nuovamente in acqua, nel disperato tentativo di non essere catturata viva.
 
Come un lampo che squarciava il cielo nero della tempesta, Athos rivide Milady quel giorno d'autunno al castello D'Amboise, ricordo' un altro triste momento, un'altra caduta in un tempo ormai passato quando sulla nave volante l'aveva lasciata andare, allora non erano onde nere, ma le nuvole grige.
Cosi' la lascio' andare da quel ponte e tuffarsi nell'acqua, quel lungo salto del ricordo di una donna apparentemente onesta, ma che in realta' gli aveva sempre mentito.
Cinse il suo pugno sulla caviglia di Aramis, un'altra donna nella sua vita, una donna che non credeva di avere mai avuto, ma che era sempre stata sua: quella farsa durata per anni di due occhi chiari che, nonostante tutte quelle maschere, non gli avevano mai saputo mentire.
Milady si scioglieva tra le onde nere e blu, le sue gonne si confondevano, si inzuppavano di acqua gelida. I suoi occhi calmi e chiusi, la sua figura preziosa si immergeva e scioglieva, diventando quella di una donna comune: come una la bambola d'oro in verita' dorata di fine porporina, anche lei lasciava che questo colore cosi' simile all'oro si disperdesse nel liquido e mostrasse la verita' al di sotto della fine superficie colorata.
I boccoli finemente arricciati, diventarono presto come ciuffi scompigliati di alghe secche.
Non passo' molto tempo: quando fu salvata da una nave vicina era ancora viva.
 
Aramis riapri' gli occhi, il suo volto giaceva sul duro legno del ponte della nave.
In principio vide solo una piccola ciocca di capelli biondi tagliata sulla sua spalla, Athos la stringeva per una gamba e Milady risorgeva dall'acqua un'ennesima volta, per salpare all'orizzonte su una nave che non batteva alcuna bandiera.
"Addio... O a rivederci..."- sussurro' la contessa in lontananza.
 
I due assistettero quella scena attoniti, dall'alto di quella nave gigantesca, ancora increduli a quello che avevano appena visto, ma senza la possibilita' di attacare e catturarla, i due provarono a mandare invano segnali alla nave misteriosa, che si allontano' presto con Milady a bordo.
 
 
***
Il chiarore dell'alba rosea, fece spazio ad un rosso piu' intenso e al viola delle nubi.
I vociare dei gabbiani era intenso e caotico, si aggiravano instancabili attorno alle reti odorose dei pescherecci, pronti a salpare anche quella mattina, non curanti delle flotte nemiche, dei cannoni o del principio di bombardamento della notte precedente: il mercato riapriva, il lavoro andava avanti come sempre e le loro famiglie erano da sfamare nonostante il volere dei duchi, dei re, delle regine o le altre politiche.
 
I quattro moschettieri sbarcarono sul molo ed attesero il Re e la sua corte che giunsero a breve, per scortarli, come promesso, verso Parigi.
 
"Non potete tornare indietro con la pretesa di essere un prete, una donna o un uomo comune, se e' per questo. Avete finto abbastanza ed e' arrivato il momento di agire nella verita'"- le parole di Athos ruppero un silenzio stanco, il silenzio di notti insonni, di combattimenti, di acque torbide e di taverne aperte: dopo tutto quello che era successo, sembrava che, una volta a terra nessuno avesse piu' avuto la forza di parlare.
"Athos... Non ne sarei capace..."- disse lei indecisa, quasi ricordando quegli attimi sul ponte e non capendo quale potrebbe essere stata la sua fine, adesso che lui l'aveva salvata da quella lama, nel timore che l'errore piu' grosso fosse stato quello di essere uscita viva da quell'avventura.
 
"Volete andare a spiegare alla curia come mai vestite da prete e siete una donna?"- gli chiese Porthos minaccioso.
"No..."- rispose lei.
"Allora dovete ritornare a vivere come una dama. Vi aiutera' ancora di piu' avere il favore della Regina, e noi ci occuperemo di Planchet. Monsieur Aramis e' partito per un lungo viaggio verso le indie occidentali... Come missionario o qualcos'altro. Se adesso volete soffermarvi a salutarlo un'ultima volta, prima di partire, per favore affrettatevi!"- spiego' l'uomo, privo di tatto o diplomazia.
 
La giovane baronessa non rispose, ma i suoi occhi erano segnati da sgomento, sembrava che di fronte a lei, un uomo stesse per essere pesantemente fustigato.
Uno sguardo che non passo' indifferente agli occhi di Athos, che si affretto' ad esclamare:
"Non temete! Se ci riesco io a ballare come una donna, un giorno ci riuscirete anche voi!"- disse prendendola per le spalle, nel tentativo di consolarla.
 
"Permettetemi questo ultimo desiderio, almeno!"- disse la baronessa rivolta agli altri tre- "Permettetemi un funerale, un addio alle mie vesti e alla mia maschera, prima di partire"- chiese con tono malinconico, a cui loro non poterono dire di no.
 
I tre presto trovarono una vecchia cassa ed un abito da donna, forse troppo umile per una baronessa, ma in un porto all'alba anche quello era un lusso.
Renee' trattenne la croce per se, al collo, dov'era sempre stata, ma le sue vesti e quel poco che rimaneva della sua maschera, vennero messe in quella cassa insieme ad alcune pietre pesanti e gettati in acqua per farli affondare.
 
Passarono alcuni istanti, la cassa filtro' tutta l'acqua e una serie di onde concentriche affondarono quel vecchio contenitore di legno in mare.
Renee' lo osservo' con attenzione e solo dopo alcuni istanti fu in grado di pronunciare:
"Mi avete portato gioia immensa ed immenso dolore.
Avete fatto di me una persona nuova e mi avete aperto gli occhi su un mondo sconosciuto, che era destinato, per mia natura, a rimanere tale.
Mi avete fatto un regalo immenso: una nuova ed avvincente vita. Privilegi mai concessi a nessuna donna di corte.
Monsieur Aramis non avrebbe mai perdonato le debolezze della Baronessa d'Herblay, ma entrambi sono in me e fanno parte del mio essere. Monsieur Aramis vivra' sempre nel mio cuore, come il vero rivelatore di quel mondo che a noi non e' ancora concesso.
Vi dico addio, vi chiedo di riposare in pace, ma il mio non e' un addio, ne' un riposo pacifico: e' il sonno di un leone, pronto a scattare e a mostrare gli artigli non appena gli verra' chiesto. E' il sonno di un soldato in guerra, con la mano sul pugno del rapiere ed un occhio sempre aperto.
Ora che ne avete il tempo riposate, ma siate sempre pronti a puntare il rapiere e balzare all'attacco ogni qualvolta vi verra' chiesto!".
 
A quella dichiarazione, anche gli altri tre non poterono fare a meno di mettere una mano sul cuore e salutare il loro compagno con segno di grande rispetto.
 
"Queste parole vi fanno onore e ci ricordano sempre chi siete in verita'..."- dicendo cosi', Athos tese una mano alla Baronessa d'Herblay che da quel momento sali' in vettura, insieme al Re.
 
"Trovo peculiari i vostri modi di cambiarvi d'abito, Baronessa"- sorrise il sovrano, senza guardarla.
"Mai quanto i vostri, Maesta'!"- rispose lei, fissando il suo cavallo, che veniva attaccato insieme agli altri alla carrozza.
 


--note---


(1) non mi riferisco alla pestilenza del '28 (quella dei Promessi Sposi), che travolse il Nord Italia e che porto' a quella piu' grave del '30 e del '31, ma ad alcuni focolai minori (uno di questi proprio nel '25) sviluppati in Inghilterra prima della grande pestilenza di Londra del '65.
 
(2) Di superstizioni marinaresche ce ne sono tantissime: una costante e' che ne' donne e ne' preti siano stati ammessi a bordo di una nave perche' portatori di sfortuna. Ovviamente ci sono le eccezioni che confermano la regola, se no non si spiegherebbero gli USA o le chiese cattoliche in Sud America. Di solito una benedizione era ben gradita contro la sfortuna e le reti dei pescatori venivano salate in segno di buon auspicio, in questo caso ho usato un po' di fantasia.
Una curiosita' alla quale non sono venuta molto a capo: per quanto le donne fossero sgradite in mare, le donne incinte e i seni femminili si diceva aiutassero a calmare la tempeste.
 
(3) Sempre per la nota sopra, il colore verde in mare portava male e non veniva usato, ma mentre Aramis fa di tutto per togliersi "la jella", Milady e' gia' salita cosi' tante volte su quelle navi senza problemi, che le superstizioni addirittura le sfida.
 
(*)Negli anni '90 ci furono due film novantosissimi con due colonne sonore altrettanto novantose: "Robin Hood" e "I tre moschettieri". Nonostante i testi molto differenti, per noi non c'e' mai stata troppa differenza tra i due pezzi musicali. Quindi ho messo questo cameo proprio per ricordare quell'eterna confusione :P
 

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


 
 
 

 
XIII
Epilogo

 
Era una fresca mattinata d'estate inoltrata, quando il Re, la Regina ed alcuni sudditi giocavano a Croquet presso i giardini del Louvre. L'acqua delle fontane, sgorgava limpida e brillava alla luce del sole, in un gioco di complicati leoni, avvenenti dame e putti allegri.
Molte dame usavano soffermarsi e seguire quel percorso articolato, lussi ed imitazioni delle fontane d'oltralpe, ma non tutti, molti assistevano al gioco dei sovrani poco piu' avanti.
"Non mi stancherei mai di stare qui tra l'erba, a giocare a Croquet con voi, vostra altezza! Se fosse per me, giocherei per giorni, per mesi, con il sole e con la pioggia, solo se non fosse per il fango d'inverno...(1) Voi che ne pensate, mia Regina?"- chiese il Re alla sovrana, che fissava l'orizzonte leggermente distratta da alcuni rumori lontani.
Una carrozza, dall'aspetto comune, ma scortata da molti soldati stranieri ed alcuni in alta divisa francese, si fece avanti presso i cancelli del palazzo.
 
Le tre guardie francesi al servizio del re, chiesero di essere accolte.
Il Re fermo' il suo gioco e le riconobbe subito: erano le sue guardie personali, misteriosamente sparite al tramonto di qualche giorno prima, avevano tutte mancato la loro presentazione in divisa ufficiale.
 
"Scusate il ritardo, Maesta'. Come potete vedere voi stesso, volevamo farvi una bella sorpresa!"- disse D'Artagnan inchinandosi di fronte a lui, nella speranza che la loro confidenza fosse in qualche modo d'aiuto.
"D'Artagnan! Volete spiegarmi questa messa in scena? Questo scherzo di poco gusto?"- chiese il sovrano, volteggiando la mazza da gioco e seguito in lontananza dalla Regina e Constance, che sorrisero rallegrate alla loro vista.
 
Anche Athos e Porthos si inchinarono al cospetto della coppia reale.
"Dovete perdonare questo scherzo di poco gusto, Maesta'! Si tratta di... Sua Maesta', Re Carlo I d'Inghilterra, voleva farvi visita e fare visita al vostro bel regno con una bella sorpresa! Ha chiesto di noi, per questo siamo dovuti correre in tutta fretta, ma come vedete adesso siamo qui... Spero che vostra altezza decida per questo di perdonare la nostra disobbedienza..."- cerco' di spiegare Athos, tenendo la testa abbassata.
 
"E' tutto vero, D'Artagnan?"- chiese il re sospetto, mentre il ragazzo distoglieva lo sguardo puntandolo sulla bella dama della Regina e sorridendo trasognato.
 
"...E la Baronessa d'Herblay? Anche lei e' con voi in tutto questo... scherzo?"- chiese veloce la Regina, con tono sibillino.
Athos annui', ma non spiego' dove si trovasse in quel momento.
 
"D'Artagnan! Il Re vi ha fatto una domanda!"- lo riprese Porthos, nella speranza che il suo compagno avesse potuto salvarlo dalla diserzione.
"Oh! Si e' tutto vero!"- annui' presto il ragazzo con un leggero sorrisetto d'intesa.
"Bene!"- affermo' il Re con un breve inchino e voltandosi di nuovo verso la carrozza, da dove scendeva il
 
Re inglese, vivamente esaltato dai lussi di corte e le avventure appena trascorse.
I due giovani sovrani, pressoche' coetanei, si guardarono e sorrisero.
Luigi mostro' il viale dei giardini del Palazzo volteggiando nell'aria la mazza da Croquet, nel desiderio di intraprendere insieme un colloquio informale ed una leggera passeggiata.
 
"Ah che belli i lanci di cannoni dalle navi volanti! Mi hanno letteralmente lasciato senza fiato!"- disse con un falso sorriso.
"Ho voluto imitare i vostri alla Torre di Londra! Che bei botti anche i vostri! Molto meglio di quei giochi cinesi, solo pieni di colori e niente sostanza..."- incalzo' il Re inglese, con altrettanta falsita'.
"Potevate radere al suolo l'intera Parigi e sarei rimasto qui ad osservare lo spettacolo!"- ridacchiava nervosamente il Re Francese -"Che bei botti! molto meglio dei fuochi d'artificio! Poi risarcirete tutto vero?"- continuo' con tono piu' serio.
"Si, si non preoccupatevi ci penseranno le banche ed i possedimenti del caro George... E' stato solo uno scherzo da poco..."- rise il sovrano inglese, voltandosi indietro verso le tre guardie reali, i moschettieri che lo avevano accompagnato.
 
"Si, si qua bisogna un po' svernare! Demolire questi vecchi palazzi ed edifici per costruirne di nuovi, di piu' belli e di piu' ricchi non vi pare una bella idea?"- disse il Re Francese, non curante di come quel modo potesse apparire rude o dalla dubbia ironia.
"Ottima direi..."- rispose a tono l'altro sovrano.
"Poi a me che me ne importa! Andrei in campagna, dove ho un casino di caccia grosso come una reggia... Pieno di tavoli e sedie tutti d'oro e pietre preziose!"- rise Luigi, ai sorrisi nervosi dei suoi astanti.
 
"Oh voi francesi cosi' ricchi e sontuosi! Come badate bene alle mode del momento!"- lo assecondo' Carlo, mentre le loro voci si facevano piu' lontane ed il sovrano francese ribadiva:
"Notre Dame e' ancora in piedi, caro amico! Avreste dovuto bombardare anche un po' da questa parte, magari potevamo togliere un po' di queste guglie antiche! Stanno qui da centinaia di anni... Si saranno ormai annerite dal muschio...".
 
Le tre guardie si rialzarono e si scambiarono uno sguardo sicuro, dell'amicizia che li aveva sempre uniti e li aveva riportati finalmente a Corte.
"E adesso, se volete scusarmi, sono a colloquio con il vescovo di Vannes!"- affermo' Athos congedandosi, nell'approvazione degli altri due.
 
Dentro la carrozza da cui era uscito il Re, coperta in un mantello nero, Aramis aveva aspettato che i sovrani si allontanassero e cercava di pensare alla sua decisione con piu' leggerezza.
Un modo l'avrebbe trovato per tornare l'Aramis che i suoi amici ricordavano: la vera natura non si puo' forzare, un leone non puo' entrare, ne' puo' essere tenuto in una gabbia per grilli.
 
"Arcivescovo gesuita di Vannes?"- sussurro' Athos, aiutandola a scendere dalla scaletta della carrozza.
"Non sapevo di vescovi tanto attraenti!"-  continuo', mentre lei lo guardava avvolta dalla testa ai piedi in quel mantello di lana infeltrito.
"In realta' non sono un vero vescovo..."- sorrise lei.
"Neanche io, un fedele troppo devoto..."- ribatte' lui in un bacio delicato.
 
 
-------------
(1) E' il motivo per cui Luigi XIV, ha poi convinto uno dei suoi sudditi ad inventare per lui il gioco del biliardo.
 
 
N.d.a.
Non sapevo come prendere questa fine, ma e' arrivata quasi all'improvviso ed ho capito che la cosa migliore che avessi potuto fare era pubblicare tutta la parte conclusiva ed miei commenti personali tutti insieme, senza mettere note di sorta, senza spiegare quanto e' stato difficile o facile scrivere quell'argomento, senza introduzioni.
Mi dispiaceva, nello scrivere, ricordarmi di essere all'ultimo capitolo e che dopo di questo non ce ne sarebbe stato un altro. Quindi ho scritto tutto e ho pubblicato tutto, togliendomi subito il dente dell'abbandono della  storia, a cui ero davvero affezionata.
Devo ammettere che questo scritto mi ha preso molto anche da autrice, ha saputo darmi un sacco di emozioni, spero di averle sapute trasmettere allo stesso modo.
Ho dedicato tantissimo tempo, forse troppo, alla stesura dei capitoli e alle revisioni, sul serio, anche se non sembra.
Ho trovato il finale un punto un po' critico per tanti motivi: a volte non ci si aspetta questo da una fanfiction, non ci si aspetta una fine, neanche dal punto di vista dell'autore. Ci si aspetta che non finisca mai, che continui all'infinito, come la serie originale, di solito, ha mancato di fare.
Un sentimento e un'avventura continua, ogni singola volta che si apre e si chiude un capitolo: una fanfiction infinita con mille capitoli da poter leggere come un settimanale (o un mensile), fino a dimenticarsi del primo, fino a dimenticarsi della trama addirittura, ma continuando a "giocare con le figurine".
Sono sicura di non essere riuscita a fare questo con la mia fanfiction, perche' il mio obiettivo era quello di raccontare una storia con un inizio e una fine, un po' romantica ed un po' avventurosa, un percorso verso un obiettivo che sia stato in grado di lasciare qualcosa e non il semplice girare e rigirare degli stessi personaggi.
 
E adesso credo che sia ora di lasciare andare questa barchetta di carta, questo il palloncino con attaccata sottol la catena di S.Antonio, questo pallosissimo prototipo in fotocopie con le didate unte, che trovi per caso nel fondo delle biblioteche degli ostelli.
 
Grazie particolare a chi si e' fermato a recensire e commentare (anche e soprattutto in maniera costruttiva!).
Alla prossima avventura!

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