Wedding Date(s): Matrimoni tra Maghi

di T_V_F_B_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccole Debolezze (Prologo) ***
Capitolo 2: *** Ricorrenze ***
Capitolo 3: *** I Seggi Vacanti ***
Capitolo 4: *** Arrivati! ***
Capitolo 5: *** In Casa Capuleti ***
Capitolo 6: *** Un Voto Infrangibile ***



Capitolo 1
*** Piccole Debolezze (Prologo) ***


Tra la New Generation e la fine della guerra: amori, matrimoni, intrighi dei nostri Potters &Co.
*Indicata per gli amanti della Romione e delle coppie ufficiali!”

 
Wedding Date(s)

Capitolo 1) “Piccole” debolezze (Prologo)

 
-Piantala di pensare di sapere sempre tutto!
-Ah è così?! Almeno qualcosa la so, signor “ho ragione 25 ore su 24”.  Davvero, Ronald, non credevo potessi arrivare a tanto.
-Hermione, dai, sai benissimo che non era nulla di serio!
-Ora sì che sono tranquilla!- la giovane donna infilò in borsa le ultime cose per il lavoro e chiuse la valigetta con forza. Poi si girò verso l’interlocutore, per metà in pigiama e per metà vestito, lo fissò per qualche attimo con una sorta di pena e dispiacere –Sai Ronald, penso di aver bisogno di un po’ di tempo per riflettere su di… noi. Non credo verrò a cena da Molly stasera e- indicò con un cenno del viso l’ambiente attorno a sé- non credo neanche che  verrò qui a dormire- abbassò lo sguardo e si asciugò con la manica del tailleur marrone chiaro una lacrima; dopodiché raccolse la valigetta e, senza voltarsi indietro, uscì, lasciando Ronald Weasley confuso e sconsolato.
Il rosso si lasciò cadere su un divano, grattandosi la testa e fissando le assi di legno che componevano il pavimento; stette immobile per qualche minuto, sospirando e tirando su col naso, prima di afferrare il telefonino da un comodino e comporre un numero. Non era ancora molto pratico di quegli aggeggi Babbani, ai quali era stato istruito da Hermione Granger, la sua ex? ragazza, perciò impiegò qualche decina di secondi a chiamare il suo migliore amico.
 

-Harry? HARRY?!
-Per Merlino, Ron, non urlare! Non serve a nulla, te l’ho detto mille volte.
-Giusto Harry, scusa…
-Non fa nulla. Tutto bene? Ti sento giù di tono! Cos’è, hai perso una partita a Scacchi Magici contro Bart Thompson?
-Non scherzare, Harry. Ho litigato con Hermione.
Pausa imbarazzata
-Oh- fece Harry, spiazzato –Mi spiace, non lo sapevo. Quand’è successo, perché?
-Stamattina, ora lei è a lavoro. È che… ecco, è imbarazzante da dire.
-Cavoli Ron, sono undici anni che ci conosciamo!
-Giusto. Beh ecco…- prese fiato –…Hai presente Anne Marie Springs?
-È difficile non averla presente, è davvero molto…
-…Attraente, diciamo così. Lo so, Harry, è questo il punto!
-...Scusami, non capisco!
-L’altro giorno ho fatto gli straordinari al Ministero e sono uscito più tardi; lei fa il turno tardo-pomeridiano, mentre io quello mattutino. Ci siamo incontrati in ascensore- la voce del rosso si fece supplichevole e affannosa –Ha sempre avuto un debole per me, lo sai, no?
-Mi stai seriamente preoccupando, vai avanti prima che mi venga un arresto cardiaco!
-Ecco… Lei ha fermato l’ascensore e l’ha insonorizzato… Ha fatto tutto lei, lo giuro! Io le ho detto che non potevo, ma lei ha insistito tanto, si è avvicinata e così...
-NO, Fermo! Non m’interessano i dettagli- disse tempestivamente Harry –Te lo posso dire? Sei un vero cretino, Ron. Davvero, di cavolate insieme ne abbiamo fatte tante, ma non pensavo potessi…
-…Arrivare a tanto? Me l’ha detto anche Hermione.
-A proposito, lei come ha fatto a scoprirlo?
-Anne Marie è stata così egocentrica che mi ha lasciato diciamo un ricordino nella valigetta: mutandine tutte pizzi e merletti, decisamente non il genere di Hermione, così quando Herm ha aperto la mia borsa per infilarci il solito panino del pranzo ha trovato le prove. Mi dispiace da morire, davvero, sai quanto io la ami… È stata solo una debolezza, lo giuro, non succederà mai più!
-Non è a me che devi porre delle scuse- disse Harry amareggiato –Va’ a parlare con lei e non stupirti se non accetta storie. Neanche io lo farei. Ora scusami, devo riordinare le idee; dopotutto, Hermione è la mia migliore amica tanto quanto lo sei tu.
Ron emise un gemito di sconforto quando Harry gli attaccò il telefono in faccia. Si sentiva uno schifo.
 

Harry gettò con rabbia il cellulare sul letto, sia perché pensava di aver esagerato con l’amico, sia perché non riusciva ancora a credere che l’avesse potuto fare sul serio; d’accordo, Ron aveva sempre avuto delle piccole debolezze, ma questo era troppo.
-Hmm, amore?
Harry si voltò verso Ginny, che si era appena svegliata; i capelli le scivolavano dolcemente ai lati del viso e delle spalle, un po’ spettinati: era bellissima.
-Che hai?- domandò lei con voce assonnata, notando l’espressione crucciata del compagno.
Harry sorrise e le si sedette vicino, scostandole ciocche rosse dalla faccia.
-Niente, tesoro. Vuoi il caffè? Ti porto la colazione a letto?-
La rossa sorrise maliziosa e cinse con le mani il collo di Harry.
-È ben altro quello che vorrei adesso-
L’uomo deglutì a vuoto e ricambiò il sorriso malizioso, anche se con stupore.
-Adesso?!
-Mh Mh-
-Dovremmo andare a lavoro!
-Tesoro, oggi è vacanza, ricordi? Non vuoi neanche festeggiare l’anniversario della tua stessa vittoria su Voldemort?
Harry sorrise al pensiero inaspettato della festa e strinse la donna a sé.
-Hai proprio ragione, amore. E non c’è modo migliore per festeggiarlo se non con te.
 

Hermione si asciugò per l’ennesima volta il viso; ormai il trucco era andato, l’eyeliner le era colato ai lati degli zigomi e il lieve ombretto castagna non aveva lasciato tracce della sua precedente esistenza.
In preda alla rabbia e alla frustrazione si diresse verso il bagno, per avere un po’ di privacy, e anche per trovare uno specchio più decente di quello che aveva Acciato pochi minuti prima.
Una volta arrivata, chiuse con un Colloportus la porta principale; posò la valigetta sotto il lavandino e fissò il proprio riflesso con aria di sfida, appoggiata con le mani ai lati del lavabo.
-Non ne sapeva niente, eh- cominciò a borbottare a mezza voce –Povero Ronald, povero Ronnino, non ha fatto nulla, lui. Eh sì, devo averlo per forza giudicato male io, lui è così… fedele. Mi ama, addirittura- sferrò un calcio rabbioso alla valigetta. Era stata una stupida. Come aveva potuto credere, per ben cinque anni, che Ron le fosse stato fedele?! Era sempre stata ovvia la sua debolezza e i suoi facili “cedimenti”. Già dai 14 anni, pensava Hermione, con la Delacour. Poi con Lav Lav. E chissà quante altre ne aveva avute. Ok, magari non era amore ma attrazione fisica, ma che le importava? Il suo ragazzo si era scopato una collega di lavoro e non le interessava quale fosse il grado del suo innamoramento: lo odiava.
Una voce nella testa le diceva che era anche colpa sua: in effetti non avevano relazioni da molto tempo e forse Ron era stato anche trascurato, a causa del lavoro e tutto.
La voce opposta le gridava che Ronald doveva pagare per la sua azione, almeno per fargli capire come ci si comporta in una vera relazione.
Perché, intendiamoci, nonostante la verità tragica del tradimento, Hermione amava tantissimo Ron. E sapeva che senza di lui non ce l’avrebbe fatta.



Angolo dell’Autrice!
Ciao a tutti! Dopo una pausa di quasi un anno e dopo aver sopportato la cancellazione del mio vecchio account, eccomi tornata con una nuova Fic (anche se questo in realtà è una sorta di prologo)! Stavolta le coppie saranno mantenute come Madre Rowling le ha fatte, senza storpiare con Drarry, Dramione e simili.  Nossignore, all Natural.
Spero di far felici i Romioniani(?!) Gradirei pareri, quindi recensite, se vi va!
Un saluto e al prossimo capitolo, più serio e ufficiale

T_V_F_B_
 

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Capitolo 2
*** Ricorrenze ***


Wedding Date(s)
 
Capitolo 2) Ricorrenze
 
Draco Malfoy si materializzò davanti a Villa Malfoy verso le tre e mezza di pomeriggio: suo padre l’aveva convocato per una questione di massima urgenza, come recitava la lettera ricevuta la stessa mattina.
Si passò una mano tra i capelli e s’incamminò attraverso il bosco che circondava il Maniero.
Osservò con occhi vacui i pavoni bianchi che la grazia di sua madre Narcissa aveva portato lì.
Quel giorno non era andato al San Mungo a causa della Festa della Liberazione. La giornata di Potter.
Sopportava malamente l’idea di potersi rilassare dal lavoro grazie allo Sfregiato. I loro rapporti erano leggermente migliorati, anche se il rancore restava; dopo la Caduta dell’Oscuro Signore, la famiglia Malfoy era stata perdonata dalla Società Magica ma nella mente di tutti rimaneva il ricordo bruciante dell’abbraccio tra il giovane Malfoy e Voldemort.
Reietti, lasciati marcire nel ricordo di un’antica gloria, i Malfoy si erano limitati a chiudersi nella loro unicità, dando ogni tanto festini per mantenere i legami con le altre Casate.
Draco, stanco di tutto ciò, si era iscritto alla facoltà di MagiMedica, laureandosi a pieni voti come Medimago di prima classe al San Mungo: era volontà di riscattare il proprio onore e le sue precedenti azioni.
Il Ministero l’aveva perdonato in quanto ancora Minorenne nei momenti di pieno tradimento e alleanza con Voldemort, eppure tutti i Maghi lo evitavano e lo guardavano con sospetto; con il lavoro al San Mungo si era fatto rispettare dalla maggior parte dei Mezzosangue e dei Nati Babbani.
Rivolgeva un invidioso pensiero ai MediMaghi di guardia: avrebbe preferito mille volte star lì piuttosto che far visita a suo padre, per di più nella Ricorrenza.
Al Ministero della Magia nel giorno della Ricorrenza lavorare era facoltativo. Avrebbe giurato che la Granger fosse là, soprattutto dopo la storia di Anne Marie Springs.
Era successo solo la sera precedente, ma lui sapeva ogni cosa: aveva ottime conoscenze al Ministero e una di queste era l’Auror Guardiano Notturno, che aveva visto uscire insieme Weasley e Springs, scarmigliati e stropicciati.
Sorrise al pensiero di quella puttanella della Springs con il timido e imbranato Lenticchia, e alla reazione della Mezzosangue Zannuta. Dopotutto un po’ di scompiglio era quello che ci voleva dopo tutta quella melassa di avvenimenti perfetti.
 
-Tutto ok?-
Hermione si girò di scatto e si alzò dalla scrivania, quasi spaventata: era davvero tardi e non pensava ci fosse ancora qualcuno a lavorare in quel piano Ministeriale.
-Josh!- sorrise sollevata –Che colpo, credevo non ci fosse nessuno… Come stai?-
-Io bene- rispose tranquillamente; si avvicinò di qualche passo –Sei tu che mi preoccupi-
Hermione arrossì lievemente e abbassò lo sguardo.
-Qualche piccola bega in famiglia, nulla di più...- sorrise ancora, cacciando dentro le lacrime –E tu? Come va con tua moglie?-
Lui scrollò le spalle –Evidentemente non era destinata a durare. Abbiamo divorziato quattro mesi dopo il matrimonio.
Hermione rimase spiazzata.
-Oh mio dio, Josh… Mi spiace, non lo sapevo!
Lui fece ancora spallucce e si avvicinò; la fissò con i suoi profondi occhi neri, passandosi le mani nei capelli color castano scuro.
Lavorava nell’Archiviazione delle pratiche di tutti i Reparti Ministeriali, era conosciuto come un inavvicinabile e fantastico uomo estremamente pieno di sé.
Lei l’aveva visto sempre come un amico, nulla di più, eppure quel momento era carico di tensione.
Qualche passo ancora e Joshua Yampers era a pochi centimetri da lei. Riusciva a percepire il suo respiro, leggermente affannato, e intravedeva nei suoi occhi una carica incredibile.
-Le persone tristi e tradite dovrebbero- le prese una mano tra le sue delicatamente -consolarsi a vicenda-
La voce del giovane uomo, bassa e sensuale, la catturò.
Era forse la disperazione per il tradimento, forse per necessità, forse ancora per desiderio di rivalsa, che gli sorrise. E si fiondò voracemente sulle sue labbra.
È un conoscente, un semplice conoscente!
Lasciò che lui la prendesse in braccio e la stendesse con la schiena sulla scrivania, continuandola a baciare.
Cosa diamine stai facendo?!
Josh estrasse velocemente la bacchetta, senza staccarsi da lei, e chiuse e insonorizzò la porta dello studio di Hermione; dopodiché lanciò lontano l’oggetto e si concentrò sulla sua ultima preda.
Hermione aveva voglia di piangere per quello che stava facendo, eppure aveva voglia di lui.
Non era da lei comportarsi così, affatto, eppure Ron meritava di pagarla.
Gli sorrise e gli sfilò la maglietta, accarezzando l’addome scolpito. Certo, Ronald non era così atletico, ma c’era qualcosa che non andava in quel corpo perfetto che si trovava davanti. Era finto.
Percorse il suo corpo con lo sguardo; perfetto, fantastico. Troppo, per i suoi gusti.
Non sei tu, questa donna.
Fu solo quando lo guardò dritto negli occhi che capì. E si spaventò.
-Lasciami andare- disse con tono basso e quasi di scusa, eppure con una leggera punta di panico in sottofondo.
Lui grugnì e rise piano:-Ti piacerà, stanne certa. Ehi!- disse, afferrandole entrambi i polsi e bloccandola –Dove scappi?-
La ragazza urlò e si riuscì a divincolare, afferrò valigia e bacchetta e si precipitò ad aprire la porta con un incantesimo Esplosivo e corse via tra le lacrime.
Uscì dal Ministero e si Materializzò al Nuovo Paiolo Magico. Era di nuovo lei, ma era successo tutto troppo in fretta, e si sentiva più confusa che mai.
 
-Il signorino Malfoy per Lei, signore.
-Fallo accomodare, Kris.
Draco entrò nel grande soggiorno della sua antica dimora, elegantemente arredato con mobili in ebano scuro e arazzi color verde acceso.
L’argenteria riluceva sui mobili, rifletteva le mille sfumature del broccato pregiato che andava a comporre semplici motivi geometrici sui divanetti e sulle pesanti tende, per non parlare dei tappeti elaboratissimi che la famiglia si tramandava da generazioni.
Squadrò con disappunto i ritratti di famiglia, soffermandosi su quello di un certo Eridanus Malfoy: l’avevano sempre inquietato, le sue guance infossate e la sua alopecia accentuata.
-Draco-
Il ragazzo si girò; suo padre era ormai più basso di lui, i capelli quasi bianchi e gli occhi più acquosi. Gli faceva quasi pena, a volte.
-Padre-, salutò laconico.
-Ti sei dunque degnato di arrivare- esordì l’altro con amarezza –Avevi molto da fare stamattina, nel Giorno di Potter?
-Impegni- rispose neutralmente il figlio. Conosceva alla perfezione il carattere del vecchio, sapeva che combattere era inutile.
-Ma guarda… Così importanti da rimandare una visita a tuo padre?- ghignò –Comunque non ho intenzione di sopportare la tua testardaggine oltre. È ora, piuttosto, che tu faccia qualcosa per la famiglia- si sedette con un sospiro, rigirandosi tra le mani il bastone da passeggio, accarezzandone piano la testa serpentina –Ti ho trovato un ottimo partito.
Il giovane non colse subito il senso della frase, tanto era inaspettato l’argomento. Si sedette con cautela, sudando freddo.
-Padre…?-
-Non è fantastico? Il meglio del meglio: la miglior Purosangue sul mercato, di buona famiglia, tutti nostri amici, naturalmente. La conosci anche bene.
-Padre…
-…E naturalmente la sua famiglia è onoratissima, unendo le due casate potremmo fare un ottimo affare!
-Padre,-
-Non devi preoccuparti di nulla, ho già sistemato tutto io. Il matrimonio è fra un mese, giusto il tempo di finire le ultime cose…
-PADRE!- urlò, battendo il bugno sul tavolino in mogano, che traballò pericolosamente –Come hai potuto?! Non ho alcuna intenzione di sposarmi, comunque. Io sono già fidanzato.
Lucius Malfoy lo squadrò dall’alto in basso, basito. Tornò serio poco dopo. Si alzò. A pochi centimetri dal figlio, chinò la testa e sussurrò:
-Prego?!-
-Non mi sposerò. Non quando e come lo vorrai tu, in ogni caso-
Lo schiaffò arrivò con un certo sollievo: se l’aspettava e non lo temeva. Era solo un vecchio con le sue megalomanie.
-Non osare- sibilò –Non osare disubbidirmi. So perfettamente della Parkinson, vi hanno visto ovunque insieme. Sarà anche Pura, ma non è il tipo per te- sogghignò –Puoi avere quante donne desideri, lo sai. Il sesso non è mai stato un problema per noi: se è solo un attaccamento carnale te la procurerò per un po’ di divertimento, ma hai bisogno di una donna stabile e di Prole degna di un Malfoy.
-Non è un attaccamento carnale- disse Draco, quasi urlando. Si alzò, superando il padre in altezza –Io la amo- concluse fieramente.
Lucius lo fissò in silenzio per qualche secondo e increspò le labbra. Poi rise. Una risata fredda e maligna.
-Per favore!- continuò tra le risa –Te la sei presa solo perché scopa bene. Lo so. Sei mio figlio- Gli poggiò le mani sulle spalle –Ti passerà. E comunque ormai è fatta: siete ufficialmente fidanzati. Patto Magico.
Il giovane si lasciò sprofondare di nuovo nella poltrona, confuso e spaventato.
-Chi è…?- chiese fissando il vuoto.
Lucius Malfoy indossò il suo ghigno migliore, quello di trionfo, e comunicò:-
Astoria Greengrass.-
 
 
Angolo dell'Autrice:
Salve salve ^^
Ecco qui, con mostruoso ritardo, il secondo capitolo!
Spero sia piaciuto, fatemi sapere via recensione!
Grazie a chi ha già recensito e chi ha inserito tra preferite, seguite e ricordate *_*
Un Salutone 

T_V_F_B_
 

 
 

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Capitolo 3
*** I Seggi Vacanti ***


Wedding Date(s)
 
Capitolo 3)I Seggi Vacanti
 
Hermione si svegliò presto a causa del letto scomodo e malandato e dei rumori dei treni che passavano non poco lontano dalla sede del Nuovo Paiolo Magico.
Dopo la distruzione avvenuta per mano dei Mangiamorte dell’ultima sede, l’ostello per maghi, una volta ricostruito, aveva preso quel nome estremamente poco adatto alle sue condizioni: era stato ristrutturato da poco eppure le lenzuola erano sempre sgualcite e i materassi mezzo rotti, per non parlare della polvere che regnava sovrana.
Si vestì in fretta, seduta sul bordo del letto, pensando a cosa fare.
Presentarsi a lavoro le appariva impossibile, dopo Joshua e Ronald, e a casa sua del suo ex non poteva certo andare; la soluzione apparve pochi minuti dopo via gufo.
-Licia!- esclamò sorpresa nel vedere la civetta bianca screziata di nero di Harry, che aveva preso il posto di Edvige dopo la vittoria su Voldemort.
Le allungò un Biscottino Gufico, accarezzandole con dolcezza la testa piumata, e sfilò la pergamena dalla corda che la legava alla zampa sinistra.
 
“Cara Hermione,
ho saputo di te e Ron. Mi dispiace molto.  Che ne dici di venire a stare un po’ da noi? Ginny ed io saremmo lieti di ospitarti.
Mandami la risposta con Licia.
Ti vogliamo bene
Harry e Ginny
P.S.:Leggi la Gazzetta a pagina 4. È importante.”
 

Il volto della giovane si illuminò. Sapeva di poter sempre contare su loro due.
Scrisse in fretta una risposta, che legò alla zampa di Licia:
 
 “Grazie mille, ragazzi, sarò da voi entro le 18.
Hermione”

 
Finì di prepararsi e scese al piano terra per fare colazione.
Ordinò del porridge e una porzione a portar via di BurroBirra con lo zenzero e si sedette al bancone.
-Scusi, posso?- domandò a un mago paffuto che teneva accanto a sé una copia de La Gazzetta del Profeta.
-Certamente, faccia pure!- rispose gioviale l’altro, riaffondando poco dopo il nasone rosso in un boccale di Whiskey Incendiario.
Afferrò la carta frusciante e si precipitò alla quarta pagina.
-La sua BurroBirra, cara-
-Oh grazie- disse distrattamente.
Al centro della pagina, un’enorme primo piano del volto rugoso della Prof.ssa McGranitt.
  
“La prof.ssa McGranitt, attuale preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Ordine di Merlino[…] ha rilasciato all’inviato speciale un’intervista riguardante il suo posto di insegnante di Trasfigurazione:
-Mi dedicherò solo all’incarico di Preside- comunica la strega –Ho deciso di lasciare il mio posto a Trasfigurazione; ho una certa età e vorrei svolgere al massimo il mio compito principale […]. Ovviamente continuerò ad insegnare fino a quando non mi si presenterà davanti qualcuno all’altezza di questo posto lavorativo- La Preside ha inoltre aggiunto quali regolamenti disciplinari verranno aboliti e quali rinforzati[…].”

 
La ragazza sgranò gli occhi; era inaudito che la professoressa lasciasse il suo posto, evidentemente doveva essere parecchio stanca.
Rimuginando sull’articolo pagò il conto e si avviò a passeggio per Diagon Alley: le servivano nuove penne e quaderni e, chissà, anche qualcosa in libreria.
Acquistò due penne d’aquila e quattro boccette d’inchiostro nero e rosso; dopodiché si avviò verso Il Ghirigoro.
Entrò silenziosamente e nello stesso modo richiuse la porta alle sue spalle; era oltremodo bizzarro trovare un tale silenzio là dentro, durante l’anno: solo pochi maghi si aggiravano tra gli scaffali, gli occhiali sulla punta del naso e penne alla mano.
-Desidera?- La voce del gestore la fece sussultare. Si girò e sorrise.
-Mi scusi, qui avete libri di Trasfigurazione per gli insegnanti?-
-Certo, sono i volumi che i professori usano, con gli esercizi debiti e tutto- la guardò fisso negli occhi –Mi dica, signorina Granger, è interessata al posto d’insegnante a Hogwarts?-
La giovane non rispose. Non lo sapeva neanche lei, non aveva idea del perché fosse là a comprare libri per insegnanti.
-Mi dia tutti i volumi, grazie- rispose evadendo la domanda.
 
Draco Malfoy sedeva inquieto, agitandosi di continuo in una poltrona del salone principale di Malfoy Manor, aspettando la visita della sua futura sposa.
Aveva riferito quella mattina stessa a Pansy Parkinson dei suoi doveri verso la famiglia e del vincolo magico tra il padre di Astoria e il suo: se avesse rifiutato di sposarla, suo padre sarebbe morto.
E così attendeva con un groppo in gola la cena, durante la quale si sarebbe parlato dei preparativi dello sposalizio, delle famiglie, di politica e questioni economiche, e lui? Avrebbe dovuto sedersi accanto alla sua ufficiale fidanzata, Astoria.
Non la conosceva benissimo, in realtà, poiché era di due anni più piccola: la sorella, Daphne, faceva parte della sua cerchia di amici, ma con la minore non aveva mai stretto nessun tipo di legame che andasse oltre qualche cenno di saluto nei corridoi.
Se ne ricordava come una ragazza dai capelli scuri e gli occhi verdi, di carnagione davvero chiara; bella, niente da dire, ma era passato del tempo. Quanto al carattere, non ne aveva idea.
Sperava solo che non fosse stupida quanto le altre giovani purosangue in età da marito, o lamentosa quanto alcune sue parenti.
Era il seggio Vacante della situazione, il posto da prima signora Malfoy, lo sapeva bene; non riusciva a capire perché suo padre e sua madre avessero potuto scegliere e lui no.
Fu la voce bassa e tonante del maggiordomo a riscuoterlo dai suoi pensieri, annunciando il Signor Fresyus Greengrass, la Signora Martia Greengrass e la Signorina Astoria Greengrass.
Draco si alzò in piedi, cercando di nascondere l’inquietudine, seguito a ruota dal padre sorridente e da Narcissa.
Il primo a presentarsi ai suoi occhi fu Fresyus; alto, magro, occhi piccoli e un lieve pizzetto scuro. Gli ricordò un becchino.
La signora Greengrass era, per la sua età, una donna assai bella, dai capelli rosso rame e gli occhi verdi e larghi da cerbiatto.
Pochi passi dietro a loro Draco intravide l’orlo del vestito blu scuro di Astoria, e percepì il battito del cuore accelerare.
Strinse distrattamente la mano a Fresyus e a Martia, prima di fare qualche passo avanti e incrociare lo sguardo di Astoria.
Bella era dir poco: i capelli, castano scuro, ondulati e lunghi fino alla vita, erano pieni di riflessi ramati che ricordavano quelli della madre; gli occhi, verde scuro, presentavano qualche pagliuzza dorata, ed erano delimitati da folte ciglia.
La carnagione chiarissima era in contrasto con le carnose labbra, di un rosso acceso, che si piegarono in un lieve sorriso.
Draco sbattè le palpebre incredulo un paio di volte, prima di ricordarsi del rigido protocollo dei Purosangue.
-Signorina Greengrass- esordì con voce così seria che entrambi per poco non scoppiarono a ridere –Permettetemi di accompagnarvi- e così dicendo, dopo essersi esibito in un baciamano da manuale, le prese delicatamente una mano e la scortò in salone, dove la fece sedere e lui fece altrettanto, accanto a lei.
Il chiacchiericcio dei genitori era lontano, e Draco studiava la giovane donna, la divorava con lo sguardo, incredulo davanti a tanta bellezza.
Lei sorrideva con imbarazzo e a volte abbassava lo sguardo, fino a quando non ruppe il ghiaccio:
-Ho sentito dire che siete diventato MediMago al San Mungo, Draco- gli sorrise radiosa –Un gesto nobile-
-Non per un Purosangue- rispose lui a bassa voce. Tutto in quella donna l’attraeva: l’aspetto, la voce, il profumo, il modo di parlare… -Sei bellissima- disse in un sussurro, rompendo completamente ogni etichetta e ogni buon senso. Nessuno l’aveva sentito, e le guance della donna si tinsero leggermente di rosso.
-Vi ringrazio. Anche voi avete un aspetto del tutto presentabile- rispose lei a voce bassa, stando al gioco. Entrambi risero sommessamente, avendo cura di non far sentire nulla ai genitori, impegnati nei loro discorsi oltremodo seriosi e monotoni.
Quella serata si presentava interessante, pensò Draco. E la sua futura sposa ancora di più.
 
Quando giunse di fronte alla villetta Potter era ormai sera tarda e una lieve pioggerellina batteva sul viale ghiaioso.
Quasi correndo arrivò sulla veranda e suonò il campanello; pochi secondi dopo la porta si aprì e un viso sorridente e cosparso di lentiggini le diede il benvenuto.
-Ginny!-
-Hermione, che piacere averti qui!- si abbracciarono a lungo, sull’uscio.
-Meglio entrare, dai, sta cominciando a far freddo fuori- continuò la rossa –Harry è dentro a sistemare la tavola-
-Regime matriarcale, eh?- scherzò Hermione, raccogliendo la sacca coi libri e le sue cose.
-Nah, giusto un po’…-
-Quale sarebbe il regime matriarcale?-
-Harry!-
Hermione scoppiò in lacrime per la gioia; dopo tutti quegli avvenimenti negativi aveva bisogno del suo migliore amico: era sempre stato un fratello per lei.
Quando si sciolsero dall’abbraccio scoppiò ancora a ridere: indossava un grembiule da cucina e due enormi guanti-presine verdi.
-Che c’è di tanto buffo? Sono un perfetto cuoco-
 
  
La serata trascorse piacevolissima tra risate, aneddoti, sformati di patate e anatra arrosto, tanto che la ragazza quasi dimenticò le tristezze dei giorni precedenti.
Verso la fine della cena, durante il dessert, Harry si fece serio.
-Hai letto l’articolo?- la ragazza annuì –Che te ne pare?-
Lei ci pensò su e si rese conto di non averne idea.
-Non lo so- disse semplicemente –È che non ho idea di quanto potrei essere una brava insegnate, inoltre ho paura di non riuscire più a trovare il posto al Ministero, in caso il lavoro non mi piacesse…
-Fidati, Herm- obiettò Ginny –Ovunque tu andrai non troverai mai problemi, sei un genio! E sei una delle salvatrici del mondo magico!-
-Su questo potresti avere ragione- sospirò –Però non voglio sconvolgere la mia vita-
-Pensavo fosse già abbastanza sconvolta. Ora non ti resta che ricominciare- concluse Harry.
Lei non rispose ancora. Era davvero indecisa.
-Potresti avere del tempo per riflettere- aggiunse Ginny –Tanto per cambiare un po’-
-Ho già comprato i libri- comunicò di getto lei, prima di chiedersi perché l’avesse detto.
-Cosa?-
-Niente, niente- scosse la testa –Una buona dormita mi aiuterà a decidere. Grazie mille per tutto, ragazzi, sarei persa senza di voi-
-È il minimo, Hermione- sorrise Harry.
-Buonanotte- terminò alzandosi da tavola.
-Buonanotte- risposero insieme Ginny e Harry, osservandola salire le scale.
 
La ragazza si svegliò dopo una notte agitata e quasi insonne; aveva riflettuto molto ed era giunta alla risposta. Sapeva cosa dovesse fare.
-‘Giorno- esordì stropicciandosi gli occhi coi pugni. Il tavolo della colazione era imbandito con ogni  ben di Dio.
-Buongiorno Hermione- risposero.
-Dormito bene?- domandò premurosa Ginny.
-No- rispose –Ma ho deciso cosa fare-
I fidanzati si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Quindi?-
Hermione li fissò entrambi con aria risoluta; afferrò un croissant.
-Parto per Hogwarts stasera stessa-
 

Angolo dell'Autrice:
Ciao a tutti! :D
Spero questo capitolo sia piaciuto, ho voluto inserire un po' di romanticismo di serpi ;)
quanto alla decisione di Hermione.... Heheheheh chissà C:
Vorrei ringraziare i 350 lettori in 2 giorni O.O e i recensori, tra i quali quella matta di Silvia(muchlove<3) e GiulyEverdeen(BFF) e la mia nuova amica
this is magic_lovefirehp (come promesso, ecco l'aggiornamento in tempo :D).
Una recensione non ci starebbe male ;)
Salutoni
T_V_F_B_

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Capitolo 4
*** Arrivati! ***


Wedding Date(s)
 
Capitolo 4)Arrivati!
 
L’Hogwarts Express era praticamente vuoto; di tanto in tanto incontrava qualche personalità di media importanza, probabilmente in visita al Castello per trattare con la Preside a proposito di chissà quali argomenti.
Hermione aveva inoltre notato due o tre tipi mai visti prima, probabilmente in viaggio per il suo stesso scopo; la guardavano tutti con estremo rispetto, anche se un paio di streghe la fissavano con un misto di invidia e incredulità.
Dal canto suo, aveva passato il tempo a sfogliare i volumi per insegnanti presi a Diagon Alley e a rilassarsi.
Aveva pensato molto a Ron e a tutto quello che era successo: le sembrava tutto un incubo lontano che ritorna ogni tanto a far visita, colpevole di tutti i make-up andati e delle occhiaie pronunciate.
Sperava che insegnare a Hogwarts le potesse dare chiarezza e sicurezza dopo tanto stress e confusione; solo per questo aveva deciso di andare via.
Di tanto in tanto si domandava cosa il suo ex potesse star facendo; se lo immaginava non senza nostalgia a preparare come un imbranato la cena, a ingozzarsi davanti alla tv, a guardare le loro vecchie foto insieme.
Ce n’era una che lei amava particolarmente, in visita a Roma, davanti al Colosseo: si trattava di una banalissima fotografia babbana, senza figure in movimento. Loro due e basta, sorridenti, abbracciati nel centro della Città Eterna, come una sorta di promessa di Amore Eterno.
Si riscosse improvvisamente: il treno si era fermato alla solita stazione, e le fece impressione l’idea di scendere da lì come probabile insegnante anziché allieva. Il tempo stava passando troppo in fretta, per i suoi gusti.
 
Era sera tarda e i corridoi del Castello erano deserti; si avviò verso il Gargoyle, in dubbio sulla parola d’ordine da usare quando incontrò una signora di mezz’età dall’aria stanca, i capelli raccolti in una crocchia sotto un cappellino nero.
-Chi è lei?- domandò con voce gracchiante la donna –Che ci fa qui?-
Cercando di mantenere la calma, sorrise e rispose:
-Sono Hermione Granger, signora, sono qui per il colloquio d’impiego per il posto d’insegnante di Trasfigurazione.
Il volto della donna s’illuminò in un sorriso a trentadue denti (rotti).
-Signora Granger! È un vero piacere averla qui! Certo, certo, l’accompagno subito dalla Signora Preside- disse afferrando una torcia per far maggiore luce –Io sono Rybes, custode della Scuola-
La ragazza corrugò le sopracciglia in un cruccio confuso.
-Che ne è di Argus Gazza?-
L’altra sospirò, fintamente dispiaciuta.
-È venuto a mancare quasi due anni fa, purtroppo. Ora sono io a farne le veci- aggiunse, quasi sadicamente.
La risposta scioccò Hermione: certo, non era mai stato nulla di più che una scocciatura per il trio, eppure a lui erano legati parecchi ricordi.
-Oh- disse semplicemente.
-Un vero peccato, anche se devo riconoscere che gli studenti mantengono una disciplina più ferrea sotto il mio controllo… Oh, cara, siamo arrivate! La parola d’ordine è “Kilt”. Se posso esserle utile in nessun altro modo…
-Grazie mille, credo di potermela cavare- replicò freddamente la ragazza, prima di pronunciare la buffa parola d’Ordine e salire nello studio della Preside.
Bussò lievemente, ed ebbe un leggero sussulto nel sentire la voce severa della professoressa darle il permesso di entrare.
La stanza odorava di zenzero e cannella e di the alle erbe nere; si guardò attorno e constatò che l’arredamento era rimasto pressappoco quello dell’età di Silente.
Mancava solo il trespolo con la Fenice Fanny, mentre il Pensatoio e la collezione di Memorie erano sempre là, con qualche scaffale aggiuntivo, probabilmente legato a quelle della McGranitt.
Rivolse lo sguardo verso la scrivania e vide la donna intenta a scrivere, la testa china e la penna in mano, che vergava con polso veloce parole sulla pergamena.
-Prego?- chiese senza alzare lo sguardo.
La ragazza si fece coraggio e inspirò profondamente: era sempre stata legata a quella eccezionale donna, e trovarsela davanti le dava un’emozione fortissima.
-Sono qui per il colloquio, Professoressa McGranitt. Sono felice di rivederla-
L’anziana alzò lo sguardo all’istante e i suoi severi occhi verdi si sciolsero in un misto di commozione e stupore.
-Signorina Granger!- esclamò posando la penna nel calamaio e alzandosi di scatto dall’enorme sedia. Il suo volto rugoso e segnato dagli anni si trasformò in una maschera sorridente; uno dei rari sorrisi della Preside, come al solito regalato a Hermione Granger.
La professoressa si avvicinò con andatura caracollante, prima di stringere la mano alla ragazza, per poi subito trasformare quella stretta in un abbraccio inaspettato.
-Sono estremamente felice di rivederti, Signorina Granger- cercò di darsi un tono una volta sciolto l’abbraccio –Estremamente! Dunque sei qui per il posto di Trasfigurazione?
-Sì, professoressa, sarebbe un onore per me-
-Direi piuttosto che sarebbe un onore più per la scuola che per te- sorrise la McGranitt.
Le guance di Hermione si velarono leggermente di rosso.
-Prof, io…
-Massimi voti ai Mago, quasi tutti Eccezionale, per non parlare della Trasfigurazione!- continuò –Non ho bisogno d’altro, Professoressa Granger, Lei è ufficialmente assunta alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts!- Concluse il discorso porgendole una pergamena che teneva in bella mostra sulla scrivania.
-È il contratto- la informò –Queste sono le condizioni e…- girò pagina -…qui può firmare. Si prenda pure tutto il tempo che vuole per esaminarlo…
Ma la giovane donna non ne aveva bisogno; afferrò la penna e firmò con decisione, rendendo il foglio a una McGranitt tanto stupita quanto compiaciuta.
 
-Ron!? Che diavolo…?
-Harry, fammi entrare! Miseriaccia, qua fuori si gela!
Harry squadrò con aria critica l’amico, le braccia strette attorno al corpo per tenersi caldo, ai piedi pantofole marroni e a coprirlo solo un pigiama e un soprabito.
-…D’accordo, entra. Levati le scarpe, prima, grondi acqua da tutte le parti e tua sorella potrebbe ammazzarmi…
-Grazie, Harry, grazie!- singhiozzò Ron abbracciando l’altro, incurante del lago che stava formando all’ingresso a causa del soprabito grondante e delle pantofole infangate.
-Ecco, appunto- sospirò Harry, poco prima di cedere all’abbraccio.
-Che ci fa lui qui?- giunse una voce carica d’amarezza alle spalle di Ron.
Si sciolsero e osservarono con timore Ginevra, le mani sui fianchi e le sopracciglia corrugate in un’espressione di totale disappunto.
-Dai, amore- provò con voce supplichevole il moro –È tuo fratello!-
-Non m’interessa- replicò secca lei –Per quanto mi riguarda, per ora non lo è-
Gli occhi di Ron si fecero lucidi; stavolta, però, erano lacrime di sconforto.
-Ginny… Io la amo… Ti prego…-
-Ti prego un corno di Ricciocorno Schiattoso!- gridò lei, sporgendo in avanti il mento e mostrando i denti come un lupo infuriato –Per quanto hai fatto a Hermione non ti perdonerò mai, almeno fino a quando non sarai andato da lei, solo, a chiarie la situazione e a strisciare come un verme per quello che hai fatto!- prese fiato, ansimando, prima di volgere lo sguardo sul suo ragazzo –E tu?! Lo fai anche entrare dopo tutto quello che è successo?-
-Tesoro, abbassa il tono- Harry gesticolava come un forsennato –Ronald ha bisogno di conforto ora, anche se è dalla parte del torto! E magari questo l’aiuterà a rimettere le cose in chiaro con Hermione…- si avvicinò alla rossa e le sfiorò con delicatezza una guancia –Lo aiuteremo a sistemare tutto, amore. Fallo per Hermione!-
La ragazza sbuffò; Harry sapeva bene dove colpirla per indebolire i suoi punti di forza.
-E va bene- acconsentì qualche minuto più tardi, dopo aver percorso in lungo il corridoio almeno una quindicina di volte –Ti do un mese- ammonì il fratello con un dito –Per preparare il tuo discorsetto e riflettere. Dopodiché sparirai da qui, sono stata chiara?!-
Ron deglutì a vuoto e annuì in fretta, prima di veder sparire la sorella in cucina.
Si voltò con un sorriso trionfante verso Harry, e non fu affatto rassicurato quando vide che l’amico non condivideva la sua felicità.
-Ti ho parato il fondoschiena, stavolta- spiegò a bassa voce –Ma non chiedermi di farlo mai più. Non chiedermi di rovinare la storia tra me e Ginny solo perché la tua è andata a rotoli- e, dicendo questo, sparì in cucina anche lui.
 
“Tipsy ti accompagnerà ai tuoi alloggi e ti mostrerà gli orari e i passaggi più veloci per le aule. Sarà al tuo servizio ogni qual volta desideri”, l’aveva informata la McGranitt pochi minuti prima, presentandole un’Elfa Domestica dagli occhi azzurrognoli.
Appena uscite dallo studio della Preside, Hermione aveva comunicato alla piccola Elfa che se la sarebbe cavata da sola, liberandola così da ogni compito.
Fu con estrema leggerezza e felicità che ripercorse, quasi in sogno, i corridoi della scuola, giungendo dopo una ventina di minuti davanti al solito quadro della Signora Grassa.
-Parola d’Ordine?- chiese assonnata la donna del ritratto, prima di mettere a fuoco la figura della giovane.
-Per tutto il consiglio del Wizengamot! Signorina Granger, che ci fa qui?-
Hermione si rese conto solo allora di aver sbagliato strada; come poteva essere stata tanto distratta? Il buco del ritratto portava alla Sala Comune e ai Dormitori dei ragazzi, non agli alloggi dei prof.
-Oh, santo cielo! Mi scusi, sa dove sono le stanze dei professori?-
La Signora Grassa Parve estremamente seccata.
-Dipende, Signorina Granger! Le sembra l’ora di andare in giro per il castello?!-
Hermione lasciò che il ritratto borbottasse per conto suo e fece retro-front.
-Accidenti- sospirò a mezza voce –Tipsy mi sarebbe stata ut-
*CRACK*
-Elfa Tipsy al suo servizio, Professoressa-
La giovane sobbalzò.
-Oh mio dio, Tipsy! Mi hai fatto prendere un colpo- si riprese e chiese in fretta dove fosse la sua stanza.
-Secondo piano, terzo corridoio a destra, quinta porta a destra- rispose pronta l’altra.
-Grazie, Tipsy- sorrise Hermione; si sarebbe dovuta abituare presto a tutti quei cambiamenti, per non parlare dell’emozione che pian piano le stava attanagliando lo stomaco: il giorno dopo avrebbe dovuto insegnare, sarebbe stata dall’altra parte dell’aula! Si chiedeva continuamente se non fosse stata troppo avventata, anche se cercava di non pensarci…
Entrò nel suo appartamento non senza curiosità; constatò che somigliava parecchio a un dormitorio ingrandito, con un bagno privato e vari cassettoni, oltre a una scrivania e una libreria.
Era troppo stanca e spossata dalle varie emozioni per poter fare un sopralluogo più minuzioso, ragion per cui si stese a letto e cadde subito in un profondo sonno senza incubi.
 
La luce del sole filtrava tagliente attraverso la finestra che dava a Est; l’alba era passata da un pezzo.
Un raggio colpì le palpebre della professoressa dormiente, facendole arricciare il naso e mugugnare qualcosa.
La ragazza impiegò del tempo a mettere a fuoco i contorni del baldacchino e della stanza e per un attimo credette di stare nel letto suo e di Ron; tuttavia, quando si rese conto dell’amara verità si tirò su di scatto, un solo pensiero che aleggiava nella sua testa.
Che ore sono!?
Fortunatamente la sera precedente si era addormentata coi vestiti addosso, per cui si diede una velocissima spazzolata e scese a tutta velocità le scale, i libri tra le braccia e il fiato spezzato.
Si fermò solo davanti alla porta dell’aula di quella che sarebbe dovuta essere la prima ora di lezione e restò in ascolto di quel rumore.
La pendola-orologio.
Contò i rintocchi.
“Cazzo”
 
Angolo dell'Autrice:
Buonsalve a tutti!
Innanzitutto, per cominciare, volevo ringraziare i 500 lettori :D e i fantastici recensori, a partire da:

this is magic_lovefirehp    per la sua perseveranza e pazienza <3
Giuly Everdeen                   per esserci sempre :')
Queila                                 per il suo interessamento ;))
Writing_Magic                    perché sei Silvia ù.ù
LumaClub97                      per la sua dolcezza incredibile :D

Allora, questo doveva essere un capitolo di transizione, ne avevo bisogno per il prossimo...
Ho evitato Draco e Astoria perché mi servivano Ron e Hermione, sia per richiesta di qualcuno *ehhem Queila? xD* sia per necessità.
Tranquilli, nel prossimo ci saranno anche le serpi ù.ù
Spero sia piaciuto, se sì... Recens*le sparano*
Al prossimo, credo importante, capitolo
F_

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Capitolo 5
*** In Casa Capuleti ***


Wedding Date(s)
 
Capitolo 5) In Casa Capuleti
 
Entrò titubante, il cuore in gola e le gambe molli.
Fu con una buffissima sensazione che chiuse la porta e, come in sogno, ripercorse la classe fino alla cattedra; posò con calma apparente i libri e si sedette. Solo allora rivolse uno sguardo agli alunni, e il suo cuore perse un battito: erano davvero dei cuccioli, dei primini che non avevano idea di cosa fosse la Trasfigurazione. Si rese conto della sua enorme responsabilità e, per trovare un appiglio, si presentò velocemente e cercò di passare subito all’appello:
-Afterwin, Dalt-
-Lei è Hermione Granger?!- chiese un bambino smilzo della seconda fila.
-Quella Hermione Granger?!- domandò un’altra prima che potesse rispondere.
-La salvatrice del Mondo Magico?!-
Le domande si accalcarono via via più velocemente, tanto che pochi secondi dopo la marmaglia era in delirio.
I primi istanti cercò di rispondere con pazienza anche se successivamente si rese conto del fatto che non potesse continuare a prenderli coi guanti di velluto.
Improvvisamente, la soluzione le si presentò davanti agli occhi, un ricordo rigido e pieno di autorità.
Alzò una mano e il silenzio scese all’istante; era sicura, sapeva che fare. 
-La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts- disse, ripescando nella memoria il primo discorsetto della McGranitt –Chiunque faccia confusione nella mia aula verrà espulso e non sarà più ammesso. Siete avvisati- concluse, la voce chiara e decisa. 
I bambini la guardavano con estremo rispetto, interesse e un pizzico di timore.
Hermione, soddisfatta del suo effetto, trasformò la cattedra in un maiale e viceversa; notò con piacere che la maggior parte dei volti dei giovani maghi si tinse d’eccitazione e impazienza, e si rammentò dei primi esercizi necessari. Fece l’appello e frugò nei cassetti della cattedra e vi trovò una scatola di fiammiferi, che distribuì tra gli allievi. Ordinò loro di provare a trasformare ogni fiammifero in un ago, scrisse alcuni appunti che potevano copiare dalla lavagna e si aggirò tra i banchi; si stupì di quanto si sentisse a suo agio lì, tra libri e trasfigurazione, a fare un lavoro tutto sommato divertente.
Proprio mentre esaminava un fiammifero un po’ più appuntito degli altri, sentì delle urla provenire dal fondo della classe.
Un ragazzino dai capelli color sabbia fissava con aria sconsolata il suo fiammifero, completamente annerito dalle fiamme, mentre due ragazzine dietro urlavano.
-Che succede qui?-
-Dean ha fatto bruciare il fiammifero, non sa far nulla- l’informò con aria insopportabilmente saccente (in senso negativo) una bambina Serpeverde alla sua destra, prima di scambiarsi una gomitata con la sua compagna di banco e scoppiare a ridere.
-Grazie, signorina Thompson, il suo intervento è stato davvero utile. 5 punti in meno a Serpeverde- replicò fredda Hermione; la ragazzina sgranò gli occhi e ribatté:
-Cosaa?! Non è giusto, professoressa!-
-Decido io cos’è giusto o no. In questa classe s’impara, signorina Thompson, e si fa collaborando gli uni con gli altri senza fare la spia e senza prendere in giro i compagni. Queste sono le mie regole- concluse. Si chinò a guardare il fiammifero bruciato; il ragazzino era sconfortato e aveva gli occhi lucidi.
-Come ti chiami?- chiese con voce calma e materna.
-Dean Finnigan, professoressa- tirò su col naso –Mi dispiace tanto-
-Finnigan!?- ripeté incredula la giovane insegnante –Tuo padre è Seamus Finnigan?-
-Sì, professoressa-
Hermione sorrise con tenerezza –Tuo padre aveva una grande attitudine per la pirotecnica, a scuola, devi aver preso da lui! Non fa niente, tieni un altro fiammifero-
La lezione procedette senza altri intoppi e, alla fine, una ragazzina riuscì a trasformare completamente il fiammifero in ago e fu con grande piacere che assegnò 10 punti a Grifondoro.
 
Draco prese per mano Astoria e le mostrò il Giardino in tarda mattinata.
Più parlava con lei, più si rendeva conto della sua estrema intelligenza; la sua grazia nel parlare e nel muoversi era strabiliante, oltre ad essere ella stessa di una bellezza accecante. C’era però qualcosa, in lei, che non era ancora stato del tutto scoperto.
Si sedettero su una panchina di marmo poco lontano da un laghetto e stettero in silenzio per qualche minuto. Improvvisamente, Astoria parlò:
-Perché l’hai fatto?-
-Cosa?-
-Perché l’hai abbracciato, quel giorno?-
Draco temeva quella domanda: era il ricordo più bruciante della Guerra; ci pensò su.
-Ho avuto paura- confessò –Non sai come sia avere inciso nel braccio quel segno. Non sai come sia avere la morte come compagna di vita. Non sai come sia essere braccato da te stesso, ogni sera e ogni mattina, ricordi di morte che ti tempestano la mente. Mio padre era cieco e mi ha trasmesso la sua malattia. Ci sono tanti modi di essere Purosangue, e ho capito che quello non fosse l’unico- lei pendeva dalle sue labbra –per questo ora lavoro al San Mungo: sono consapevole dell’inferiorità dei Mezzosangue e dei Nati Babbani, ma anche loro provano paura. E non auguro a nessuno quello che ho provato io.
Astoria non disse nulla. Lo baciò e basta, le lacrime agli occhi e il corpo scosso da brividi.
Draco, inizialmente confuso, si abbandonò a quel bacio che sapeva di nuovo, di vita. Si sentì leggero, per la prima volta in vita sua, senza più pesi e peccati, perché li stava espiando con quel bacio…
 
“Romeo: Ecco, le tue labbra hanno purgato le mie del loro peccato.
Giulietta: Allora è rimasto sulle mie labbra il peccato che esse hanno tolto alle vostre.
Romeo: Il peccato dalle mie labbra? O colpa dolcemente rimproverata! Rendimi dunque il mio peccato.” 
 Romeo e Giulietta, W. Shakespeare.
 
 
La guardò con una dolcezza che mai, avrebbe immaginato, i suoi occhi avrebbero potuto trasmettere: occhi di un peccatore, occhi di un assassino, occhi di un Mangiamorte; ma anche occhi di un amante, di un reietto, di colui che fa la carità per un po’ di perdono.
-Scopri il tuo braccio sinistro- sussurrò lei. La guardò, spaventato –Ti prego-
Piano e con mano tremante, l’uomo si scoprì il braccio sinistro; il Marchio Nero, sbiadito ma presente, sembrava una vecchia e inguaribile cicatrice.
Lei lo prese tra le mani e lo baciò. Alzò lo sguardo verso il ragazzo, che la fissava confuso.
-Non è odiando il tuo passato che lo accetti- spiegò –Tutti commettiamo degli errori. Siamo Purosangue e quello che abbiamo fatto è colpa di tutti noi, non solo tua. Devi lasciarti alle spalle tutto questo. Solo così potrai amare- arrossì –Mi potrai amare- aggiunse.
L’altro sorrise –Devo aver lasciato alle spalle tutto, allora.
-Perché?-
-Perché io già ti amo-
 
      
 
                                                                    28 Giorni Dopo
 

-Una festa?- domandò Hermione incredula a Neville Paciock, insegnante di Erbologia.
In quel mese Neville le era stato d’aiuto per molte cose ed era stato una spalla su cui piangere e confidarsi.
-Sì- rispose gioviale l’altro –La McGranitt ha deciso di dare un ballo per Halloween, quindi domani. Potranno partecipare anche gli insegnanti!-
La giovane sorrise –Meglio prepararsi, allora. Non ho nulla da mettermi! Tu con chi vai?-
-Oh, credo che inviterò Luna qui- rispose pensieroso –Ci siamo lasciati ma siamo rimasti grandi amici! E tu?-
Hermione si fece scura in viso –Già, vorrei saperlo anch’io! Al massimo verrò da sola, non ho bisogno di nessuno- mentì –Ora vado nella mia stanza, sono parecchio stanca… a domani, Neville!
-Ciao, Hermione-
La donna, una volta giunta nella sua camera, si gettò sul letto e fissò per parecchi minuti il soffitto; quel mese era davvero volato ma non aveva ottenuto l’effetto che desiderava: pensava con sempre maggiore frequenza a Ronald e ciò la faceva soltanto soffrire.
Dopo aver rimuginato a lungo, prese una decisione: sarebbe andata alla festa da sola, anche perché la sua vita non poteva andare a rotoli a causa di un ricordo.
 
-Ne sei sicuro?- chiese Ron al caminetto –Davvero sicuro?-
-Sì, Ron, domani sera Hermione viene alla festa. Da sola-
L’immagine paffuta di Neville spuntava dalle braci del caminetto di casa Potter.
-Grazie mille, Neville, davvero! Senti, se Hermione dovesse trovare un accompagnatore, trattienila, eh!-
-Sarà fatto. Ora scusa, devo proprio andare. A domani, Ron!-
Il volto di Neville sparì e al suo posto rimasero soltanto le braci ardenti.
-Hai deciso che fare?- chiese Harry, che leggeva in poltrona.
-Sì- rispose deciso l’altro.
-Allora sarà il caso che andiamo insieme a comprare un abito da cerimonia che non sia come quello del Ballo del Ceppo- scherzò il moro.
 
Quella sera la Sala Grande di Hogwarts era spettacolare: candelabri fluttuanti, addobbi arancioni e neri, festoni floreali di piante carnivore.
I Nati Babbani e alcuni dei Mezzosangue erano travestiti da creature spaventose, mentre i Purosangue e molti Mezzosangue indossavano semplicemente vesti eleganti e sfavillanti.
Hermione per quella sera aveva preparato un vestito rosso scuro e nero, lungo fino ai piedi, il corpetto nero pieno di paillettes dello stesso colore.
Neville indossava un semplice Smoking, accompagnato da una Luna Lovegood impacchettata in un vestito verde ramarro con bitorzoli e sporgenze.
-Voleva ricordare una pianta carnivora- spiegò a Hermione con voce sognante –Tra gli umani ci si traveste anche da piante, o no?-
-Ehm…- cominciò esitante –Più o meno…-
-Noi andiamo a ballare- intervenne Neville, salvando la situazione –Buona serata, Hermione-
-Grazie, ragazzi, divertitevi-
Sedette in un angolo a guardare coppie giovani e meno che ballavano sulle note delle Sorelle Stravagarie, non senza una punta d’invidia.
Una ventina di minuti dopo si alzò e si diresse verso il tavolo del buffet per prendere del succo di zucca freddo, quando le si parò davanti agli occhi un individuo poco più alto di lei in smoking, con un cappello che gli copriva la testa e una maschera nera sugli occhi.
Non disse nulla: fece semplicemente un inchino e un baciamano e la portò sulla pista.
Hermione, piacevolmente confusa, lasciò che facesse: un po’ di distrazione era ciò che le serviva.
Giunsero al centro della pista da ballo, circondati da altre coppie, e cominciarono a danzare.
C’era qualcosa di buffo nel modo di ballare dell’uomo mascherato: era un po’ goffo e ogni tanto mancava un passo.
-Ahi!- esclamò Hermione: il giovane le aveva pestato il piede sinistro.
Il piede sinistro.
Lo guardò incredula, cercando di scrutare qualcosa oltre la maschera; in silenzio, anche se con sospetto, riprese a danzare con lui: più ballavano, più si diceva che era impossibile…
-Ahia!- esclamò per la seconda volta. E fu sicura.
 
“-Ronald, è tanto difficile?! Un, due, tre, un, due, tre, qui in senso orario e al terzo cambi… Ahia, per Merlino, imparerai mai il Valzer?- scoppiò  a ridere col suo imbranato ragazzo, spensierata…”
 
-Togliti la maschera- ordinò con voce tremante.
Il ragazzo, in tutta risposta, le fece un inchino e si diresse verso il palco, dove fece un cenno d’intesa all’orchestra e prese un microfono.
Tolse maschera e cappello, e sotto i riflettori i capelli si accesero di un rosso intenso.
La ragazza si portò una mano alla bocca.
Ronald.
Il rosso cominciò a parlare, accolto dagli sguardi stupiti di tutti.
-Ci sono giorni in cui sconfiggi il mago Oscuro più grande di tutti i tempi- cominciò –Altri in cui realizzi di aver fatto grandi cose. E altri ancora in cui tutte le certezze crollano come un castello di carte…
La folla stette in ascolto col fiato sospeso.
-Perché non conta quello che hai fatto in passato, conta il presente, conta la perseveranza e la lealtà- il suo sguardo vagava tra i ballerini e le ballerine in pista –E tutti, compreso me, possiamo fare degli errori. È il passato. Ora io chiedo a una persona di vedere il presente, il nostro presente- la guardò fisso negli occhi –Hermione, io non so ballare il Valzer, sono una frana a cucinare e mi abboffo. Sono distratto, lascio le cose in giro per casa, e tra calzini e ciabatte sembra che sia passata una schiera di Nargilli- scese dal palco con un salto, facendosi strada tra la folla, dirigendosi verso la donna –C’è qualcosa, forse, che sono bravo a fare- si fermò a un paio di metri da lei –Io ti amo, Hermione, non posso vivere senza di te. Imparerò il Valzer, metterò a posto le mie cose e cercherò di essere più attento. Perché ti amo-
Il pubblico esalò un sospiro sognante.
La ragazza, con le lacrime agli occhi, si avvicinò di qualche passo.
-Comunque sia, scusami- continuò lui –Se lo volessi, sparirei dalla tua vita- disse con rammarico –Se invece vuoi perdonarmi…- si mise in ginocchio e tirò fuori una scatola di velluto blu -….Questa è la mia richiesta: Hermione, vuoi sposarmi?- 
Lei sorrise e stette in silenzio per qualche secondo; poi si buttò tra le braccia di lui e caddero entrambi. Tra le lacrime di felicità, la giovane esclamò:
-Sì, Ronald Bilius Weasley, per tutta la vita!-
 
Angolo dell’Autrice:
Tadaaaaaàà io ve l’avevo promesso, o no? ;)
Ho voluto inserire un po’ di Romeo e Giulietta sia in Draco e Astoria, con la scena del bacio, sia tra Ron e Hermione, con la storia del ballo in maschera :D Spero sia piaciuto questo chappy!
Come al solito ringrazio Queila(eccoti accontentata)       this is magic_lovefirehp (puntuale ù.ù) LumaClub97 (grazieee *-*) crazy99 (ecco il 5°!! :D) Writing_Magic (Silvia :*) e la mitica Giuly Everdeen (ripeto: Barbone a chi!? xD)
Se vi è piaciuto, recensit*le puntano una lama alla gola* okok xD
Credo che aggiornerò tardino perché parto per l’inghilterra, quindi non so esattamente quando!
Baci!! T_V_F_B_

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Capitolo 6
*** Un Voto Infrangibile ***


Wedding Date(s)
 
Capitolo 6)Un Voto Infrangibile
 
Dannatissimo papillon. Dannatissimo, fottutissimo papillon nero.
Draco Malfoy stava combattendo con quel coso da più di cinque minuti e ogni tentativo dava risultati peggiori.
La giacca verde smeraldo gessata e la camicia stretta non aiutavano di certo, e con quei pantaloni neri eccessivamente eleganti si sentiva un pinguino; ma sì, quegli animali che somigliano tanto ai Babbani quando s’imbellettano! La sensazione era proprio quella.
Sbuffò, osservò con aria di sfida la sua immagine riflessa nel vecchio specchio della sua vecchia camera a Malfoy Manor e imprecò; poco gli importava di quell’insulso fiocchetto da cerimonia, fossero stati quelli i problemi della vita…
“Oggi mi sposo”, pensò mentre scendeva le scale, accompagnato dal rumore delle scarpe lucide e nuove sulle assi di legno cigolanti. “Draco Malfoy prende moglie”, si ripeté ancora, cercando di tenere un contegno nei confronti di se stesso; eppure c’era qualcosa di strano in quella mattina, qualcosa di strano nell’alzarsi alle cinque e lavarsi i capelli quattro volte, sistemarsi i vestiti con così grande precisione e impegno, qualcosa di strano nella mancanza d’appetito così forte da provocargli la nausea. Ed era ancora più strano scendere le scale vestito da volatile dell’antartica, portando in mano un insulso fiocchetto nero e sperando che sua madre potesse aiutarlo in qualche modo.
A interrompere il suo flusso di pensieri fu il canticchiare della nuova cameriera di villa Malfoy, intenta a pulire l’argenteria.
-Signorino Malfoy, che eleganza!- trillò quella arrossendo tutta per la sorpresa –È proprio fortunata, la sua sposa, sa?- esordì con aria maliziosa.
Draco la squadrò disgustato dall’alto in basso, le sopracciglia corrugate in un cipiglio biondo che non prometteva nulla di buono.
-Clapper, chiama la Signora. E vedi di andarci piano con quel Whiskey Incendiario; mio padre non ti paga per attingere alla nostra riserva personale ogni sera.
La cameriera bassa e grassottella chinò il capo, mentre assumeva una particolarissima sfumatura lillà, annuì velocemente e se ne andò quasi di corsa.
Il simil-pinguino verde si girò e cominciò a passeggiare in circolo per la stanza, osservando i noiosissimi e pomposissimi quadri degli antenati e facendosi beffe di una vecchia che sonnecchiava appoggiata al bordo della cornice.
-Draco!-
Narcissa Malfoy sfoggiava, in particolare quel giorno, un’eleganza raffinata e antica, adornata da smeraldi e fermagli preziosi, dal vestito di foggia elfica e dalla pettinatura cotonata e semplice, degna di una nobile signore qual essa era. Il tempo gravava sul suo volto: rughe austere riempite di pozione distendente le conferivano nel quadro generale un pallore inquietante, quasi funereo; le occhiaie profondamente scavate dall’emozione aggiungevano il tocco finale.
La donna poso delicatamente entrambe le mani sulle spalle del figlio e lo fissò dritto negli occhi per alcuni secondi, impassibile. Poi eruppe in una risata quasi isterica, decisamente non da lei.
-Madre, ti senti bene?-
La donna smise di ridere, un enorme sorriso stampato in volto.
-Sembri tanto tuo padre, Draco, quando ci sposammo. Eppure sei così diverso…
Ci fu un minuto buono di pausa di riflessione, durante la quale il giovane continuò a osservare con eccessivo interesse quegli stramaledetti quadri degli antenati; fu Narcissa a riprendere il discorso.
-Mi hai fatto chiamare?
-Sì, madre. Avrei bisogno d’aiuto con quest’affare!- le mise in mano il papillon –Stavo per strozzarmi, prima. Perché non posso indossare semplicemente la camicia?!
-Draco- la donna si avvicinò e passò il nastro di velluto verde attorno al collo del figlio –È un giorno importante, per te. Quest’affare, come lo chiami tu, viene tramandato dai tempi del tuo trisavolo, ed è per colpa nostra se i Babbani portano questo particolare accessorio; videro, poco meno di due secoli fa, Octans Malfoy e la sua sposa passeggiare per strada dopo la cerimonia e ben pensarono di copiare l’idea.
-Emozionante- commentò in tono piatto Draco. Non capiva perché il tempo dovesse passare così lentamente, quando si attendeva un importante evento.
Narcissa ignorò la mancanza d’entusiasmo del giovane Malfoy e finì di sistemare il papillon.
-Stai benissimo, figlio mio- esclamò commossa –Ti auguro ogni felicità- lo baciò in fronte e salì le scale per chiamare Lucius Malfoy  e recarsi al matrimonio.
 
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Il luogo designato era un edificio che agli occhi dei Babbani sembrava una cappella abbandonata, circondata da un cimitero pieno di croci storte e lapidi scheggiate e delimitata da un cancello di ferro battuto pieno di guglie rotte o spezzate; l’incantesimo di Disillusione aveva funzionato alla perfezione: quel luogo triste e freddo era, in realtà, un palazzo lungo e basso, dai muri di pietra screziata celeste e blu scuro, le tegole argentate e lisce, vetrate colorate con draghi, elfi e folletti.
Sopra il portone principale vi erano una bacchetta e una pergamena incrociati, con varie scritte in latino sui lati e un diamante incastonato al centro dello stemma.
Il palazzo era circondato da un meraviglioso giardino tagliato da un largo viale di ghiaia; fiori di ogni tipo delimitavano il tutto, profumando così l’aria di un acre aroma, particolare soprattutto nel mese di dicembre.
Sia il giardino che l’interno erano gremiti di gente, maghi elegantemente vestiti, funzionari del Ministero e parenti degli sposi; c’era una certa eccitazione nell’aria, qualcosa che anche i semplici Babbani che passavano davanti all’antica, abbandonata cappella, tanto che si voltavano per qualche secondo a fissare le lapidi, prima di riprendere a camminare scuotendo la testa.
Al matrimonio, intanto, il funzionario del Ministero della Magia chiamò gli invitati all’interno e fece sedere tutti; il silenzio calò improvvisamente, lasciando posto a colpetti di tosse e sospiri impazienti.
Draco non riusciva quasi a respirare; percorse il camminamento col cuore in gola, le gambe molli e una spiacevolissima sensazione di sembrare un idiota.
Non appena giunse davanti all’uomo che avrebbe sugellato il rito, un uomo basso e grassoccio con una faccia da vecchio scoiattolo, si sentì svenire.
Ad un’esclamazione di stupore generale il giovane Malfoy girò appena la testa, e la vide: bellissima,  appena pallida, un lungo abito verde e nero e un diadema d’argento.
Sembrava tesa, molto più di quanto Draco si fosse aspettato, ma era così felice di vederla che non ci fece molto caso.
Il rito ebbe inizio; il funzionario fece pronunciare giuramenti ed entrambi dovettero firmare diversi documenti, bere dalla coppe d’oro del Vincolo e per finire unì i polsi dei giovani con un nastro nero, che si dissolse da solo dopo che ebbe pronunciato le ultime parole.
Astoria, prima di finire, si avvalse del diritto di richiedere al Sugello di esercitare il Voto Infrangibile: era una antica tradizione dei matrimoni Purosangue, infatti, che fosse la sposa a richiedere un Voto Infrangibile col marito, in modo da assicurarsene la fedeltà eterna.
Non era quindi così inusuale, per una famiglia Purosangue; tuttavia Draco restò sorpreso, anche perché Astoria era sempre andata controcorrente alle abitudini nobili.
Draco accettò e strinse la mano ad Astoria, mentre il funzionario del Ministero faceva scaturire dalla punta della bacchetta sottili lingue di fuoco, che si avvolsero attorno alle mani come le spire di un serpente.
-Vuoi tu, Draco Lucius Malfoy, di prestare fedeltà a questa donna, sempre e comunque?-
-Lo voglio-
-Vuoi tu di onorarla e considerarla tua degna sposa sempre e comunque?-
-Lo voglio-
-E vuoi tu proteggerla con la tua stessa vita da ogni disonore e pericolo?-
-Lo voglio-
Si baciarono, e Draco ebbe la netta sensazione che ci fosse qualcosa di strano in quel bacio, qualcosa di sbagliato e insano.
Si sciolsero dall’abbraccio e lei gli sorrise, radiosa; Draco ricambiò, le accarezzò i capelli e, tra le acclamazioni generali  e le lacrime di Narcissa, la condusse fuori dal palazzo e poi al banchetto.
Era tutto così innaturale, così nuovo: si sentiva davvero stordito, dopo tutto quel vino elfico e quegli schiamazzi, dopo le numerose congratulazioni e strette di mano.
Durante la cena Astoria non gli aveva quasi rivolto la parola; per lo più beveva e rideva, e ogni tanto gli lanciava un’occhiata maliziosa, che il neo-marito ricambiava non senza un po’ d’inquietudine: comportarsi così non era da lei. Inoltre lei gli aveva più volte detto di odiare il vino elfico e quasi tutti gli alcolici in generale, mentre durante la festa sembrava essersene bevuta più di due litri.
Lucius e Narcissa Malfoy sembravano soddisfatti: lei era completamente congestionata da tutti i pianti di commozione, mentre Malfoy senior dava tutta l’idea di uno che ha appena concluso un affare particolarmente vantaggioso.
La cena e il ballo durarono un’eternità, secondo Draco: il fatto che Astoria non gli avesse rivolto la parola, ma soltanto sorrisetti eccitati e occhiatine quasi da puttana non lo metteva per nulla a proprio agio.
Finalmente il tutto terminò; era tardi e così Draco e Astoria si Materializzarono davanti a casa di lui, a Londra: avrebbero avuto una villa tutta per loro quando questa fosse stata pronta.
Stettero in silenzio a guardare la porta per un po’; poi la guardò.
-Ehm… Allora, entriamo?-
Lei si voltò e annuì frettolosamente, con una strana luce negli occhi.
-Oook, allora… Sì, d’accordo, andiamo.
Esitò un attimo, prima di aprire la porta e entrare, tenendola per mano.
Andarono in camera da letto e, sempre e rigorosamente a bocca chiusa, si stese sul letto e cominciò a spogliare il marito.
Draco fece altrettanto, cercando di attribuire la morsa che gli serrava lo stomaco all’emozione, e non al fatto che ci fosse decisamente qualcosa di strano.
Si baciarono a lungo, e lei affondò le unghie nella carne delle braccia di lui, rompendogli probabilmente anche qualche capillare.
Il giovane chiuse gli occhi e mal sopportò il dolore; “è ubriaca” si disse “non è in sé” .
Riaprì gli occhi e ciò che vide non gli piacque affatto: il viso della sua donna era deforme, cambiava di secondo in secondo, la carnagione, i capelli, gli occhi. Fece un salto indietro, orripilato, e squadrò con orrore la figura che gli stava davanti, mezza nuda e trionfante in volto.
-Sei contento di rivedermi, Dracuccio?-
-Pansy!-
 
Angolo dell’Autrice:
Scusateeeeee! Scusate, perdonatemi, striscio ai vostri piedi! Sono almeno due mesi che non aggiorno! Allooora, questo capitolo lascia intuire le prossime insidie della storia: Pansy ha tecnicamente sposato Draco, e chissà cosa ne avrà fatto di Astoria! Lui ha pronunciato il Voto Infrangibile, ragion per cui avremo problemi in futuro! Spero vi sia piaciuto e prometto di non fare ritardi così colossali J
Un saluto ai miei carissimi recensori, che spero mi perdoneranno, e a tutti quelli che hanno inserito nelle ricordate, seguite e preferite ;) Datemi un parere!
Alla prossima
T_V_F_B_

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