Sempre la solita vecchia storia

di Sofia Phoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scontri&Incontri ***
Capitolo 3: *** Appostamenti in corridoio ***
Capitolo 4: *** Bugie ***
Capitolo 5: *** Enchanté ***
Capitolo 6: *** La prima impressione è quella che conta ***
Capitolo 7: *** Ça pourrait aller pire… ***
Capitolo 8: *** Premesse Poco Promettenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DRIIIN!!!
La sveglia suonò
impietosa anche quella mattina, strappandola brutalmente dal mondo dei sogni.
Come tutti i giorni, Sofia si chiese perché fosse così lenta la mattina da doversi svegliare a un orario tanto crudele, quali erano le sei e mezza, quando avrebbe potuto benissimo farne a meno.
Si trascinò giù per i gradini del letto e, dopo quell’impresa, si sciacquò il viso con l’acqua gelida, nel tentativo di svegliarsi del tutto.
Alzando lo sguardo, si ritrovò davanti a una ragazza come tante altre, con occhi grandi e scuri, resi lucidi dal sonno, e i capelli bruni scompigliati per il brusco risveglio. Erano senza dubbio più carini in quel momento, che non dopo essere stati spazzolati per un quarto d’ora…
La casa a quell’ora era vuota e silenziosa, tanto che a volte le sembrava di essere l’unico essere vivente tra quelle mura: era una sensazione strana, che la faceva sentire un po’ sola (soprattutto quando doveva riscaldare il latte da sé, perdendo così alcuni minuti che avrebbe potuto impiegare facendo altro. Magari dormire…), ma che in fondo le piaceva.
Mangiò la colazione svogliatamente, a quell’ora anche il suo stomaco era in stand-by, e si preparò in fretta, per poi ritrovarsi ad affrontare la sua sfida quotidiana: quella contro lo specchio.
Non era proprio brutta, ma di sicuro non era bella, né aveva un’aria particolarmente interessante; non era proprio grassa, ma non poteva definirsi magra, così come andava bene a scuola, ma non eccelleva in tutto.
Insomma, in una parola, era insignificante. Invisibile.
Questa sensazione era solo aumentata dopo che, da una scuola media molto piccola, quasi con una sezione per classe, era arrivata allo scientifico più grande della città: millecinquecento studenti, e lei era solo una dei tanti.
A quindici anni si vuole emergere o sparire, e Sofia viveva il conflitto interno di chi vorrebbe essere nella prima categoria, ma cui mancano i mezzi per raggiungere anche solo la seconda.
A quindici anni si vorrebbe essere qualcosa di chiaro e ben definito: sì o no, giusto o sbagliato, bianco o nero, quando l’adolescenza è per definizione una scala di grigi in cui non si è né bambini né adulti.
A quindici anni, Sofia non era né carne né pesce, non sapeva ancora bene chi fosse, ma era certa di cosa non sarebbe stata: un piatto facile da digerire.
Non aveva affatto una visione pessimistica dell’universo, bensì una personalità – almeno quella – un po’ particolare…
Dolce e premuroso, a tratti spigoloso e acido, altre volte semplicemente freddo e distaccato, il suo carattere era alquanto complicato da capire.
Era capace degli affetti più sconfinati, della testardaggine più ostinata, dell’intelligenza più acuta e della demenza più completa, il tutto condito da una buona dose di presunzione piccante. Ciò nonostante, dimostrava una disarmante sincerità nell’ammetterlo.
Questa sua schiettezza le derivava forse dal fatto di aver trascorso tre anni della sua vita, alla scuola media, in una classe dove i maschi erano esattamente il doppio delle ragazze: favoloso!
I ragazzi sono creature così semplici e dirette, sincere fino a fare male, ma almeno oneste, e abbastanza sfacciate da dire le cose in faccia. A differenza del genere femminile che componeva la stragrande maggioranza della sua nuova classe alle superiori…
Improvvisamente il rumore del citofono la riscosse.
-Sofia, è arrivata Laura!- annunciò sua madre dal salotto.
Oh cavolo, sono già le sette e ventisei!
L’ora sul cellulare non lasciava dubbi, e lei era ancora in piedi davanti allo specchio con la spazzola inerte tra le mani, e un nido di cicogna sulla testa.
-Sofia, non ti sei ancora pettinata! In questo modo farai arrivare in ritardo anche la tua amica!- la rimproverò la mamma appena varcata la soglia della sua camera –Piuttosto vai da sola, ma non costringi Laura ad aspettare i tuoi comodi.-
La ragazza ormai non l’ascoltava più: era un po’ in ritardo, ma sua mamma non aveva ancora capito che il bello di andare alla stessa scuola di una vicina di casa era prendere l’autobus insieme, e che dell’orario non importava granché a nessuna delle due?
Dopo qualche feroce colpo di spazzola andato a segno, Sofia si catapultò fuori dalla porta di casa, con il giubbotto e la felpa ancora in mano.
- Ma sei in mezze maniche! A Ottobre!-
-Li metto in ascensore, ciao!- scappò lei sventolando gli indumenti che teneva in mano.
-Ciao!- rispose rassegnata la donna, sorridendo.
Il bello di abitare al settimo piano di un condominio era impiegare il tempo per scendere in ascensore, altrimenti speso per scendere le scale, finendo di vestirsi. Il brutto, che l’ascensore alle sette e mezza è conteso spietatamente tra i condomini, facendole perdere così la sua briciola di vantaggio.
Fuori dal portone del palazzo vide una figuretta rosa che l’aspettava: la felpa, le scarpe, lo zaino, perfino gli orecchini, tutto era di varie sfumature di rosa. Laura.
La biondina fece una faccia piuttosto buffa attraverso il vetro, indicandosi il polso e scuotendo energicamente il corto caschetto.
-Dai Sofi sbrigati!!!- la investì appena Sofia uscì dal palazzo, sgranando i suoi grandi occhi azzurri.
-Sì, scusa, mi dispiace…- poi la mora cominciò a correre trascinandosi dietro l’amica, nel tentativo di raggiungere la fermata prima che scoccassero le sette e mezza.
Ignorando le sue suppliche, riuscì a salire con la compagna – o almeno, quanto restava di lei – su un autobus non troppo pieno.
-Io… ti… ammazzo!- dichiarò Laura premendosi una mano sul petto.
-Hai ragione, dimentico sempre che soffri d’asma.- si giustificò l’altra, seriamente dispiaciuta.
-Uff, ti perdono solo perché stamattina devo arrivare presto a scuola: ho un teorema di geometria da copiare, non ho capito niente della tesi sulla corrispondenza tra triangoliii…-
Non finì di parlare, che alla prima curva la biondina tracciò un arco perfetto, avente come perno la colonna di sostegno, e atterrò dritta su un ragazzo dietro di lei, tirandogli la cartella sui piedi.
Sofia alzò gli occhi al cielo: Laura era senz’ombra di dubbio la persona più impedita del mondo a stare in piedi su un autobus
Sarà meglio andare a riparare i danni…


*Angolo dell'autrice*
Ciao a tutti!
Innanzitutto, vi ringrazio per essere arrivati fino qui con la lettura (dovete averne di coraggio...), sarei molto contenta se voleste continuare a seguirmi nei prossimi capitoli
:)
Questa è la prima storia che pubblico, e, sebbene non mi piaccia elemosinare recensioni, vi sarei grata se lasciaste due righe per dirmi cosa ne pensate (sia riguardo alla trama che allo stile).


Questa storia presenta una situazione da cliché, quindi potrei aver involontariamente plagiato storie preesistenti: vi pregherei di farmi sapere se ciò dovesse accadere, grazie!

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Capitolo 2
*** Scontri&Incontri ***


Dopo aver aiutato l’amica ad alzarsi, Sofia le rifilò con malagrazia lo zaino, accompagnando il gesto con un’occhiata eloquente.
-Oddioddio, scusanonhofattoappostamidispiaceunsacco!- trillò la bionda incespicando le parole più di quanto non fosse suo solito, le guance di una bella tinta bordeaux.
A quel punto anche Sofia si permise uno sguardo fuggevole: era decisamente un bel ragazzo, moro, abbastanza alto, dagli occhi verde-acqua. Appena questi si posarono su di lei, distolse lo sguardo imbarazzata come se fosse stata lei a cadergli sul piede: le persone belle la mettevano in soggezione, soprattutto se non le conosceva e non poteva mitigare l’immagine col carattere.
*Se ti senti inferiore a qualcuno solo per l’aspetto, allora te lo meriti proprio…*
-Uff, senti coscienza mettiamo le cose in chiaro: io non mi sento inferiore a nessuno, semplicemente mi fanno sentire… inadeguata.
In risposta alle scuse della bionda, il ragazzo borbottò un “Niente” rivolto alle sue scarpe che fece innervosire ancora di più Sofia.
Per fortuna, l’autobus si fermò dieci secondi più tardi, evitandole lo sforzo che stava facendo su sé stessa per non guardarlo in faccia.
Una volta scese dal mezzo, lei e Laura si incamminarono verso la scuola, con l’amica che ad intervalli regolari esplodeva in gridolini acuti su quanto pessima fosse la figuraccia che aveva fatto, quanto fosse carino e quanto le dispiacesse avergli ammaccato un piede.
-…Certo che capitano tutte a me su quegli autobus infernali! E poi lo hai visto? Era così bello! Mi ha guardato malissimo quando mi sono alzata, e come se non bastasse non sono mai caduta su un paio di scarpe così scomodo! In compenso, però, … ah, Sofi, ti si è aperta la cerniera dello zaino!-
Quando la ragazza si girò per chiudere la lampo, lo vide che camminava pochi passi dietro di loro, nel preciso istante in cui la ragazza in rosa sgranò i suoi occhioni (cattivo segnale) e squittì –Oddioddio è lui!- senza accorgersi, nella sua beata innocenza, che la sua voce era udibilissima anche dal ragazzo in questione.
Mentre l’amica, forse tornata dal mondo delle fate, arrossiva come un semaforo, Sofia era indecisa tra lo scoppiare a ridere o il voler sparire dalla vergogna.
Il ragazzo misterioso, al contrario, non parve soffrire questo conflitto interiore, perché si limitò a guardarle semi-sconvolto, sicuramente aveva ascoltato tutto il monologo di Laura degli ultimi dieci minuti.
Ok, forse è meglio se ti sotterri.
Con grande sollievo di tutti, una volta entrati nell’atrio del liceo (Non posso crederci, è nella nostra stessa scuola!!!), i tre presero direzioni differenti: l’antico e prestigioso (a quanto diceva il preside) liceo scientifico che frequentavano, era nato negli anni Venti, ed era una massiccia struttura divisa in tre sezioni, destinate ognuna ai tre diversi indirizzi della scuola, le quali si affacciavano su un unico cortile centrale.
Laura andò a destra, dove c’erano le classi dello Scienze Applicate, Sofia a sinistra, verso il Linguistico, e il moretto sconosciuto imboccò il corridoio per raggiungere il lato opposto dell’edificio, quello dedicato allo Scientifico di Base.
-Ciao Sofi- la salutò Nicole, la sua migliore amica sin dai tempi delle elementari, non appena entrò in classe.
-Ciao Nicky,- le rispose appoggiando lo zaino sul suo banco in terza fila -sai se interroga in storia alla terza ora?-
-Sì, il prof ha detto che cominciava oggi le sue “interrogazioni a tappeto”-
Fantastico…
-Allora sarà meglio che apra il libro…-
Il ragazzo moro era già lontano dai suoi pensieri.
 
Ovviamente Sofia fu la seconda tra i tre disgraziati chiamati alla lavagna, cavandosela tra l’altro piuttosto bene, rimediando un otto per la sua abilità nell’infiocchettare ad arte le poche cose che sapeva, ma tirò ugualmente un sospiro di sollievo al suono della campanella.
L’intervallo al Liceo Edison era il momento migliore della giornata: centinaia di studenti uscivano dalle loro aule e si riversavano nei corridoi dei tre piani in un’allegra fiumana che scorreva verso il cortile interno: l’Agorà, così come era stata soprannominata da qualche intellettuale delle generazioni passate, era un crogiolo nel quale affluivano ragazzi e ragazze da tutti gli indirizzi, un luogo ameno dove tutte le differenze si annullano nella spietata corsa al bancone dei panini.
Sofia accompagnò l’amica alle macchinette, ma una volta arrivate Nicole le fu sottratta da uno dei focosi baci del suo ragazzo, un tipo di quarta che non le piaceva un granché, e che non si era nemmeno disturbato a salutarla.
Lei e Nicole non potevano essere più diverse e, al contempo, più simili di quanto loro stesse non immaginassero: Nicole era bellissima, con lunghi boccoli biondi e vivaci occhi color cioccolato, tuttavia, dietro quegli occhi da cerbiatta, si nascondeva un cervello niente male, e un gran bel caratterino, così come il fisico, tanto esile alla vista, era quello di una cintura nera di karate.
Forse era stata proprio quell’apparente diversità ad avvicinarle da piccole: Nicole era un piccolo demonio tirannico, che infieriva con ogni sorta di dispetti sulla dolce e mite Sofia finché, un bel giorno della seconda elementare, la vittima aveva trascinato la sua aguzzina fuori dalla sala mensa e le aveva chiesto perché si atteggiasse a quel modo con lei; non avendo trovato una risposta sul momento, ed essendo troppo intelligente per ignorarla, la piccola peste decise di conoscerla meglio (per trovare un motivo valido per tormentarla, ovviamente) e, senza nemmeno rendersene conto, divennero inseparabili.
Nel corso degli anni Sofia aveva limato gli spigoli del suo caratteraccio, allo stesso modo in cui Nicole le insegnò a farsi valere, con risultati insperabili da entrambe le parti.
Proprio perché erano amiche da tanto tempo, Sofia non ne era gelosa e strizzandole l’occhiolino la lasciò tra le braccia del suo fidanzato: sapeva che nessuno si sarebbe messo tra di loro, se non glielo avessero permesso, e non la disturbava affatto che passasse il tempo con qualcun altro.
Inoltre, da quando a loro si era aggiunta Laura, facendolo diventare un terzetto, si erano aperte entrambe a nuove amicizie, con la certezza che, in caso di bisogno, l’altra ci sarebbe sempre stata.
Allora pensò di fare un giro nella sezione dello Scienze Applicate, ma non riuscì a muovere un passo.
Per alcuni secondi ebbe il cervello completamente, desolatamente vuoto.
C’era un ragazzo, alla fila dei panini.
Il primo pensiero che le venne in mente fu che era alto, molto alto. Non avrebbe nemmeno saputo dire se fosse bello o no, era come galleggiante in una bolla di sapone: non sentiva niente, non vedeva niente al di fuori di lui.
Poteva avere diciassette anni, ma era in compagnia di ragazzi di seconda, tra cui un suo compagno di classe.
Forse era stato bocciato.
Forse frequentava anche i ragazzi più piccoli, oppure uno di loro poteva essere suo fratello o suo cugino.
Forse… forse non avrebbe dovuto farsi tante seghe mentali per un tipo alto visto in corridoio in mezzo a decine di studenti.
Riscossasi da quello stato d’incanto, gli scoccò un’occhiata infastidita, come se la quella distrazione fosse stata colpa sua, e voltò i tacchi verso la sua classe, la voglia di andare in giro improvvisamente scemata.
E una piacevole inquietudine arricciata in cantuccio del cuore.
 

*Angolo dell’autrice*
E così è arrivato il secondo capitolo!
Per cominciare vorrei ringraziare
MandyCri (la prima in assoluto) e Haileys_little_world_ che hanno recensito e inserito la storia tra le preferito, Clitemnestra_Natalja elly04 manu98 Novalis willina che l’hanno inserita tra le seguite: spero di non deludervi!
Tra l’altro, ho ricevuto la sorpresa di ben 38 visualizzazioni per il prologo (so che non equivalgono ad altrettanti lettori, ma sono esaltata lo stesso!!), spero che la prossima volta lascerete una recensioncina piccina piccina…
In questo capitolo spuntano alcuni personaggi: Nicole, il ragazzo moro (non dimenticatelo perché tornerà!), e lo spilungone che fa regredire le risorse intellettive di Sofia a quelle di un’ameba ritardata.
È un capitolo di passaggio, che ho scritto con un maledetto raffreddore e un mal di testa del cavolo, nonché un principio di febbre, per cui non sono sicura di essere del tutto lucida, ma non siate clementi e fatemi sapere comunque cosa ne pensate.
Grazie!

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Capitolo 3
*** Appostamenti in corridoio ***


Wow.
Aveva i colori caldi dell’estate, per disegnarlo avevano sicuramente usato una tavolozza di sfumature dorate: la carnagione ambrata, come biscottata dal sole, i capelli di un castano strano… o erano biondi? Ogni volta le sembravano diversi, così come gli occhi.
I suoi occhi… due pozze color miele un giorno, l’indomani i riflessi del cielo più azzurro.
Era dannatamente affascinante, era stupendo, era così interessante, era …
*… un’emerita cretina!* la sua coscienza interruppe il filo dei suoi pensieri, con una vocetta terribilmente simile a quella di Nicole *Sofia, sei un’emerita cretina: non passi un po’ di tempo con le tue amiche da una settimana, quando stai con loro all’intervallo hai sempre la testa altrove. La tua attenzione è rivolta solo a quel tipo: si può sapere che ti è successo?*
-Ehi, coscienza, io so quello che sai tu: se potessi risponderti non me lo staresti chiedendo adesso…-
Non aveva idea di cosa le passasse per la testa, ed era proprio questo a incuriosirla.
L’unica certezza era che, dimentica del moto di stizza avuto nei confronti di quel ragazzo, l’indomani era tornata al bancone dei panini, dal lato delle macchinette, nella speranza di vederlo. Così come il giorno dopo, e quello successivo, e il seguente ancora…
Fino ad allora era stata piuttosto fortunata, lo aveva sempre incontrato e aveva potuto studiare i suoi movimenti: dopo aver comprato la merenda, andava sempre dai suoi amici, quelli di seconda, e stava con loro per tutto l’intervallo.
Lei non frequentava nessuno di loro, a parte un suo compagno di classe, oltre al quale c’erano due tipi insignificanti che conosceva di vista e altri tre, uno dei quali ricordava di avere già visto… oh beh, l’Edison era grande, poteva essere uno qualsiasi dei suoi studenti.
Lui, al contrario, non era affatto “uno qualsiasi”!
Era rimasta colpita dal suo atteggiamento, il solo-in-mezzo-alla-gente come lo aveva definito lei: nonostante si trovasse con un discreto numero di amici –o almeno li credeva tali –non partecipava attivamente alla discussione, se non con qualche battuta sporadica, e non li guardava in faccia, lasciando vagare lo sguardo all’ingiro, con l’espressione di chi cerca qualcosa e non vede niente.
O almeno a lei piaceva pensarla così…
C’era qualcosa che la spingeva a cercarlo tutti i giorni, ma non avrebbe saputo darle un nome: la sua sensazione al riguardo era bizzarra, dai contorni indefiniti… sapeva che per togliersi quella confusione dalla testa avrebbe dovuto parlarne con le sue amiche, ma aveva paura che non capissero, e la giudicassero solo un’oca che andava dietro al belloccio di turno.
Insomma, un conto era ammettere onestamente la bellezza di qualcuno, e non si era mai vergognata di farlo, diverso era osservarlo per tutto l’intervallo...
*Questo non ti ha impedito di pedinarlo come una stalker fino ad oggi!*
-Ehi, ma tu non eri mica andata via?-
 
-… e così mi ha messo due in matematica, capisci? Due!! Ma io non c’ero il giorno della spiegazione!-
Laura si stava disperando da un quarto d’ora per l’esito dell’ultima verifica di geometria, non proprio brillante, ma, purtroppo per lei, erano di nuovo in fila alle macchinette accanto al paninaro e l’attenzione di Sofia era rivolta ad altro…
-Non è tutta colpa tua: sono stati quei cretini dei tuoi compagni a non dirti nemmeno che aveva spiegato argomenti nuovi, vero Sofia?- la interpellò Nicole.
-Certo.-
-Sì, forse avete ragione, ma sono stata una stupida a non studiare lo stesso…-
-Certo.-
-Ehi grazie tante, tu sì che sei un’amica!- si riscosse Laura piccata.
-Certo.-
A quel punto le due biondine si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-Secondo me dovresti cantare a squarciagola ballando la tarantella su un piede, così evacueranno la scuola e la professoressa ti metterà un dieci per farti smettere, e ti scompariranno le orecchie d’asino che hai sullatesta, cosa ne pensi Sofi?-
-Certo.-
-Sofia, tu non ci stai ascoltando.- affermò Nicole sventolandole una mano davanti alla faccia.
-Eh?- si riprese la ragazza, con l’espressione leggermente sperduta.
-La tua partecipazione al mio dolore è confortante, Sofia…- la richiamò Laura sorridendo, anche se un poco offesa per la mancanza di attenzione al suo dramma.
-Sì, hai ragione Lau, scusami! Ero solo un po’ distratta…-
-Lo avevamo notato… Si può sapere cosa c’è di così interessante dal paninaro? Hanno ridotto il prezzo del cotto e fontina, per caso?-
-Oooh, davvero??? Andiamo, forse riesco a comprarlo con 50 centesimi, ho una fame…-
-Tranquilla Laura, non hanno fatto nessuno sconto, credo che la causa della distrazione di Sofia sia un’altra. O meglio, qualcun altro…- sempre dritta al sodo, non c’è che dire.
*Certo che a questa qui non si può nascondere proprio niente, eh?*
-L’hai detto, coscienza.-
Approfittando del momento in cui Nicole si abbassò per prendere i Ringo dallo scomparto del distributore, Sofia diede un’occhiata al bancone dei panini: tipo alto non in vista, perfetto.
-No, nulla, oggi ho solo un sonno pazzesco e non riesco a ricordarmi la lettura sulla Normandia che chiederà a francese.-
*Sofia cara, devo ammetterlo, quando vuoi sei un’ottima attrice!*
-Giusto, l’interrogazione: me ne ero completamente dimenticata!! Laura, devo andare, ci vediamo all’una!- e salutando l’amica si avviò verso la sua classe.
-Ehi, prima puoi prestarmi un euro? Io ho ancora fameee!!!-
 
*Forza Sofia, devi provarci, non rischi niente e non puoi vagare ancora nell’ingnoranza, adesso sono curiosa anch’io!*
-Ciao, Riccardo!- dopo tanti giorni di osservazione, aveva deciso di prendere il coraggio a quattro mani e indagare come si deve, e quale modo migliore per iniziare di interrogare il suo compagno di classe?
-Ciao?- era un ragazzo piuttosto carino, con una profusione di riccioli castani che gli incorniciavano il viso. Non gli aveva mai parlato molto, chissà cosa stava pensando di lei in quel momento…
-Volevo chiederti di venire con me all’intervallo per parlare con i rappresentanti della C riguardo alla gita di febbraio…-
-Perché?-
Genio…
-Perché io e te siamo i rappresentanti della nostra classe?- domanda retorica.
Quel ragazzo a volte la esasperava, com’era possibile che fosse stato eletto rappresentante di classe???
Ah, già, è carino e ha una buona media. Iniziativa personale? Zero.
-Ma io sono impegnato…-
-Con i tuoi amici?-
Bingo!
-Sì, dovevamo fare un giro nella sezione di spagnolo: pare che sia pieno di belle gnocc… ragazze!- si corresse velocemente notando il sopracciglio alzato della sua interlocutrice.
-Capisco.- si limitò a rispondere. *Vai Sofia, è il momento!* -Mi pare che siate tutti ragazzi nel tuo gruppo vero? Ogni tanto vi vedo all’intervallo: ci sono alcuni del base, uno moro, e un altro ragazzo molto alto…- continuò simulando disinteresse.
Ti prego,ti prego, abbocca!
-Ah, sì: si chiama Nicolas Neveu, è uno nuovo.
 
Nicolas Neveu, è uno nuovo. Al momento poteva bastare…



*Angolo dell'autrice*
Salve a tutti, gente!
Mi scuso umilmente per il ritardo nel postare (comincio bene...), ma sono stata in vacanza sulle dolomiti (un posto da favola, ve lo assicuro!) senza computer nè connessione wirless.
il capitolo non mi convince granché, ma non potevo dare troppe informazioni.
i personaggi cominciano a delinearsi: la coscienza di Sofia (posso considerarla un personaggio, vero?) è dotata di una propria personalità petulante, che a volte parla con la voce delle sue migliori amiche, Nicole è un tipino deciso e tosto, ma anche Sofia non è proprio un agnellino, Laura sembra un po' la stordita di turno, ma non fatevi trarre in inganno perchè è una persona molto più preziosa!

Ho trovato ben 60 visite al secondo capitolo, che sono andate a sommarsi anche al primo (so che non sono cifre significative, ma sono elettrizzata lo stresso!!!) insieme alle recensioni di tre persone molto pazienti di cui vi invito a leggere le storie:
MandyCri (sempre la prima!!!) Intrighidistelle e Haileys_little_world_ perchè se lo meritano proprio!
Ringrazio anche chi ha inserito la mia storia nelle preferite e nelle seguite (scusate se non metto anche i vostri nomi, ma oggi sono davvero di fretta, e perdo un quarto d'ora per mettere i collegamenti, mi farò perdonare la prossima volta!) e anche i lettori silenziosi: vi chiedo di spendere due minutini del vostro tempo per lasciare una recensione, anche piccola piccola! (sono ridotta proprio male, eh?)
Ci sentiamo nelle risposte alle recensioni o al prossimo capitolo,
                                Sofia P

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Capitolo 4
*** Bugie ***


-… sai, Sere, credo sia questo il tanto rinomato Fascino Francese!- e qui Cristina si interruppe profondendosi in una serie di risolini/squittii non meglio definiti, degnamente spalleggiata dalla sua amica del cuore, Serena.
Incredibile quante azioni contemporaneamente potesse ordinare un cervellino come il suo: mentre rideva di una risata tale da far venire l’orticaria a Sofia, si toglieva teatralmente i leggins neri che indossava per fare educazione fisica (come se tutto lo spogliatoio femminile perdesse tempo a guardarla per invidiarle le sue gambe perfette) e faceva di tutto per esaltare la sua nuova terza push-up.
Tutto ciò potrebbe avere un senso, se solo non ci fossero esclusivamente ragazze…
Nicole aveva un’espressione omicida, del tipo spera-di-strozzarti-con-uno-dei-tuoi-risolini-altrimenti-lo-faccio-io, tanto che Sofia dovette trattenersi dal ridere.
In un altro momento avrebbe già fatto notare alla compagna dell’altra sezione di francese, con cui la sua classe condivideva il parquet della palestra, che il suo modo di ridere era stupido e fastidioso, ma quella volta stava arieggiando la bocca per qualcosa che le interessava: Nicolas!
Incredibile, tante informazioni e non aveva dovuto fare nemmeno una domanda: evidentemente non vedeva l’ora di informare tutto lo spogliatoio della sua nuova “preda”, giusto per marcare il territorio agli occhi delle possibili concorrenti. Come se ne avesse bisogno…
Per quanto potesse starle antipatica, infatti, Sofia doveva ammettere che Cristina era una delle ragazze più carine del biennio: aveva lunghi capelli castano chiaro che le arrivavano fino a metà schiena, occhi verdi, un fisico slanciato e il viso perfettamente truccato. Anche in quel momento, nonostante avessero appena finito di giocare a basket, era impeccabile.
*Già, peccato che lei sia rimasta in panchina perché “le girava la testa”…*
-Coscienza, ti ho mai detto quanto ti voglio bene?-
Comunque se non sopportava Cristina non era certo per il suo bell’aspetto, quanto per quel suo modo di fare estremamente supponente, di chi pretende che tutto gli sia dovuto senza dare nulla in cambio, quello sguardo che aveva il preciso scopo di farti sentire uno schifo e quella boccaccia che si apriva solo per insultare, ridacchiare o limonar… d’accordo è sufficiente.
L’aveva presa in giro per tutto l’anno precedente poiché si era azzardata a rifiutarsi di chiudere una finestra come le aveva chiesto Sua Maestà, facendole notare che non avrebbe sofferto tanto il freddo se avesse avuto la decenza di indossare una maglietta meno scollata, meno corta, e con meno pizzo a coprirle la schiena, in quanto erano in pieno ottobre. Quell’onta l’aveva costretta a sorbirsi innumerevoli insulti che riguardavano i suoi vestiti, i suoi capelli, il suo modo di parlare, i suoi occhiali, il fatto che non uscisse tutti i sabati e che non avesse un ragazzo… etc etc.
Autentici capolavori di eloquenza, il più fantasioso che le avesse dedicato era un “Non ti guardi allo specchio la mattina, o lo fai apposta a scegliere i vestiti?”: in quel caso preferì sorvolare sul complemento oggetto sovrabbondante, limitandosi a farle un inchino e ringraziarla per essersi sprecata tanto nel formulare un periodo sì complesso.
L’espressione della sua socia, che ovviamente era presente alla scena, lasciava chiaramente intendere quanto avesse capito di ciò che Sofia aveva detto, ma la Principessa non le aveva dato la stessa soddisfazione, preferendo voltare i tacchi come una nobile oltraggiata.
Indubbiamente, Sofia era stata molto fortunata essendo in una classe diversa dalla sua…
La verità era che Sofia non era certo perfetta e, benché facesse di tutto per nasconderlo, le parole di Cristina la ferivano sempre un po’: il suo orgoglio e la bassa considerazione che aveva della ragazza le impedivano di subire e accettare passivamente i suoi insulti, ma sotto sotto sapeva che aveva ragione, e tutto questo minava alle basi della sua già scarsa autostima…
Anche solo il prendere in considerazione le parole di un’oca starnazzante la faceva sentire una stupida peggiore di quest’ultima, eppure non poteva fare a meno di pensare che “l’oca” era bella, ammirata, corteggiata, invidiata, sicura di sé, ed era esattamente il prototipo di ragazza che stava con ragazzi belli e affascinanti… come Nicolas.
Il pensiero che gli avesse puntato gli occhi addosso e ne parlasse come se fosse stato già suo le dava incredibilmente sui nervi!
*Soprattutto perché non dovrebbe fregartene niente!*
-Sai, mi chiedevo quando saresti arrivata…-
*Non tergiversare, che hai scoperto nuovo?*
-Ma non hai appena detto di essere contraria?-
*Sì, ma io sono te: ciò che ti interessa, interessa anche a me, e viceversa. Credevo avessi capito come funzionano le cose in quattordici anni di convivenza!*
-Uff, prima tu non eri così insistente!-
*Non è colpa mia, semplicemente questa situazione ti suscita pensieri ed emozioni contrastanti e io do voce a una parte di essi. Ma se ci tieni possiamo fare cambio, anche se mi piace tanto fare la parte della guastafeste…*
-A te l’onore. E poi si può sapere perché tu non hai sentito una parola di ciò che ha detto Cristina? Che fine ha fatto la storia del “’io sono te e tu… “, lascia perdere: Nicolas è arrivato poco più di una settimana fa dalla Francia, si è trasferito qui con la famiglia, ha padre francese e madre italiana, per cui lo parla senza grossi problemi. Questo è tutto, a meno che non ti interessi sapere il colore delle mutande che indossava ieri…-
*No grazie, per il momento è più di quanto sperassimo. Siamo state fortunate, vero?*
-Sì, sono stata piuttosto fortunata!-
-Fortunata per cosa?-
*Oh oh, io mi defilo!*
-Grazie tante…-
-Mmh, no nulla, parlavo tra me e me…- accidenti, Nicole aveva un udito felino!
-Sarà come dici, Sofi, ma ultimamente ti comporti in modo davvero strano, sicura che vada tutto bene?- aveva un espressione quasi apprensiva la sua amica, e le dispiacque doverle mentire così…
-Cof cof, non preoccuparti, l’unico rischio che corro è di morire soffocata dal tuo deodorante!- O di essere giudicata male da te.
Nicole la scrutò con i suoi occhi color liquirizia, dubbiosa, come se con il solo sguardo avesse potuto leggerle dentro la verità. Lei sa!
Poi la ragione ebbe la meglio sulla sua coscienza sporca (*Ehi!*), e Sofia si diede della stupida pensando che, per quanto perspicace, Nicole non poteva leggere nella mente, così, confortata al pensiero, le sfoderò un sorriso estremamente convincente:
-Nicole, cosa potrei mai nasconderti?-
Ok, adesso si sentiva davvero uno schifo, un essere meschino e abbietto: era disgustata da se stessa. Perdonami Nicole, ti racconterò tutto a tempo debito, ma questo non è ancora il momento.
 
Era trascorsa una settimana esatta da quel giorno, e Sofia si sentiva divorata dai sensi di colpa: non avrebbe dovuto mentire così spudoratamente alla sua migliore amica. Per fare ammenda, aveva deciso di passare più tempo con le sue amiche, tanto che il tempo del suo intervallo era così ripartito:
  •   Andare da Laura con Nicole
  •   Chiacchierare con Laura e Nicole
  •   Indurre Laura e Nicole alla fame, dunque alle macchinette, dunque vicino al paninaro
  •   Fare la fila alle macchinette (facendo attenzione ad azzeccare l’ora di punta)
  •   Godersi il panorama dalle macchinette
  •   Allontanarsi dalle macchinette camminando a gambero
  •   Tornare rapidamente in classe per non perdere del tutto il filo del discorso che Laura e Nicole avevano cominciato alle macchinette
E va bene, anche se aveva eliminato buona parte del tempo che dedicava loro, non aveva avuto il coraggio di cancellare del tutto gli appostamenti: più passava il tempo più si sentiva inspiegabilmente attratta da quel ragazzo misterioso. Ora non più tanto misterioso, ma pur sempre così dannatamente interessante!
Sofia era convinta che nascondesse un segreto, un qualcosa che lo rendeva diverso da tutti gli altri, ed era il richiamo di quella cosa ad chiamarla…
Ok, forse aveva letto troppi fantasy, detto in quel modo suonava inquietante alle sue stesse orecchie, ma Nicola Neveu (Oh è così strano chiamarlo per nome!) stava diventando un’ossessione e conoscerlo era l’unico modo per liberarsene.
O perdercisi senza alcuna remora.


*Angolo Autrice*
Bonsoir, mes amies! Chiedo venia per il ritardo (è deprimente quando una comincia così già al quarto capitolo...), non aggiorno regolarmente ma cercherò di non far passare mai più di una settimana tra un capitolo e l'altro.
Comunque, cosa ne pensate? mi rendo conto che sia un capitolo statico e forse anche un po' noioso ma gli avvenimenti avranno una svolta solo dal prossimo...
sono come sempre graditi i commenti e ancor più le critiche nei capitoli che magari non vi sono piaciuti granché, perché mi aiutereste a correggerli e migliorarmi in seguito!

a questo proposito vorrei ringraziare le mie recensitrici, di cui vi invito a leggere le storie perchè, come ho detto l'altra volta, se lo meritano proprio per il tempo che hanno speso nel commentare questa storiella:
MandyCri, Haileys_little_world_, misakisan e cuore_cuore

con loro anche chi ha aggiunto questa solita vecchia storia alle preferite Haileys_little_world_ MandyCri mylifeasagreendayers e Rossawrite_
e alle seguite Clitemnestra_Natalja cuore_cuore dakota_st elly04 Intrighidistelle Justine_Law Marmaid Novalis e willina
Vi ringrazio di cuore!
Sofia Phoenix

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Capitolo 5
*** Enchanté ***


Stava eseguendo gli esercizi sulle disequazioni lineari segnati alla lavagna, quando la chiamarono.
La bidella entrò spalancando la porta senza neanche bussare -con grande disappunto della professoressa e un infarto a metà della classe, prima impegnata a confrontare le condizioni di esistenza dell’espressione col risultato ottenuto- e annunciò col suo vocione: -Sofia Grimaldi dal preside!-
Come tutte le volte che qualcuno era chiamato in presidenza, la classe intera rivolgeva tutta la sua attenzione al malcapitato: sussurri, domande del tipo “Che hai fatto?” le quali erano poste con un tono tra lo scherzoso e il preoccupato, tanto che l’oggetto della chiamata si faceva sempre un esamino di coscienza e, se vi trovava la benché minima pecca, questa si ingigantiva ai suoi occhi facendolo sbiancare…
Anche Sofia si pose quella domanda, ma, ragionò, il massimo che avesse combinato era un ritardo di due giorni per la firma del libretto scolastico, risalente tra l’altro a un mese prima, il che la rasserenò un pochino.
Tuttavia, quando la professoressa acconsentì a farla uscire, impaziente di ricominciare la lezione, la avvolse una serpeggiante inquietudine che vedeva riflessa nei volti dei compagni. In effetti, la scena aveva un po’ del tragicomico, non si sarebbe sorpresa di vedere le ragazze asciugarsi gli occhi nei fazzoletti ricamati e i ragazzi togliersi il cappello al suo passaggio, neanche fosse stata una condannata a morte…
Il fatto era che raramente si veniva chiamati in presidenza per qualcosa di positivo…
La bidella la scortò fino alla porta dell’ufficio, a cui la introdusse nientemeno che la sua professoressa di francese: vedendola non poté fare a meno di sentirsi meglio.
Madame Monique, come era solita farsi chiamare, era una It-Girl di quasi sessant’anni che insegnava Francese al liceo Edison da almeno trenta: era generalmente amata dagli alunni, che si appassionavano subito alla lingua, sia per le sue capacità di insegnante che per il suo modo di fare, sempre gentile ma tosto, e, inutile dirlo, per il suo modo di vestire…
Madame aveva il fisico di una modella in pensione, come dicevano scherzosamente in molti, tanto che le si sarebbero dati meno di quarant’anni, anche grazie a un’abilità da estetista nel campo della cosmesi, e lo sapeva! Indossava sempre pantaloni stretti o gonne corte, abiti rigorosamente attillati e solo scarpe con i tacchi, il tutto accompagnato da un trucco leggero ma perfetto che la ringiovaniva agli occhi di tutti (anche se, a dirla tutta, il primo giorno di scuola aveva sconvolto non poco la sua classe, che si aspettava una sessantenne ingrigita e tracagnotta sull’orlo della pensione, e si era ritrovata una professoressa con i jeans aderenti, camicetta bianca, foulard e tacchi di vernice rosso fuoco…).
Sofia adorava le sue lezioni e, nonostante fossero in molti a disturbare durante le ore di Francese, era sempre attenta e interveniva spesso: amava quella lingua, e la sua professoressa era la migliore dell’istituto, per cui si tranquillizzò vedendola nell’ufficio del preside, sapeva che non c’era nulla di male da dire sul suo conto.
Seduto dietro la pesante scrivania di mogano stava il preside in persona, un ometto calvo e grassoccio che, visto fuori da quelle mura, sarebbe stato del tutto insignificante, il quale al suo ingresso esclamò :-Dunque è lei la ragazza di cui mi avete parlato!-.
Improvvisamente la suo fiducia nei confronti di Madame Monique si frantumò in mille pezzettini.
*Ma che hai fatto per…?*
Per la prima volta dacché ne avesse memoria, la sua coscienza ammutolì: in presidenza non c’erano solo loro tre: seduti sulle rispettive poltroncine la aspettavano la sua professoressa di Lettere e quella di Scienze, e, in mezzo a loro, … Lui!!!
Lui, vestito in camicia bianca e jeans (il suo ragazzo ideale si sarebbe dovuto vestire così almeno una volta, secondo Sofia), i capelli castano dorato leggermente sollevati per aria, gli occhi azzurri che la fissavano curiosi…
Sofia si pietrificò per un istante, uno solo però, il tempo necessario per sprofondare nella poltrona indicatale dalla professoressa.
Per evitare di fissarlo a sua volta, col rischio di non riuscire più a scollare gli occhi, puntò lo sguardo sulla targhetta della scrivania.
*Sofisofisofi è Lui!!!*
-Lo so, l’ho visto anch’io, sai?-
*Sono così emozionata! Come sto?*
-Ma sei scema?? Sei una coscienza, non puoi stare in nessun modo!-
*Uff, allora tu cerca di darti un minimo di contegno! Tira via quei capelli dalla faccia, sembri uno spaventapasseri, e siediti dritta! Per fortuna oggi hai le lenti a contatto…*
Sofia eseguì tutto velocemente, comandata a bacchetta dalla tirannica presenza che le martellava in testa, e non poté fare a meno di essere d’accordo con la sua ultima constatazione.
-Sofia, lui è Nicolas- esordì Madame Monique –forse vi conoscete già?-
La ragazza scosse debolmente la testa, facendo di tutto per non guardarlo.
-Oh, pas mal, te lo presento adesso: Nicolas è un nuovo studente della 2C, è originario di Tolosa e si è trasferito qui con la sua famiglia dalla Francia meno di due settimane fa.-
*Questo lo sappiamo, vogliamo i particolari piccanti!*
-Ehi, vacci piano con quel plurale!-
-Sua madre è italiana, per cui capisce e parla molto bene l’italiano, ma ha delle lacune nello scritto: a Tolosa frequentava un liceo scientifico con corsi opzionali di latino e italiano, tuttavia in questi primi giorni ha avuto alcune difficoltà.
Parlandone con sua madre e tra noi professoresse, abbiamo pensato di approfittarne: la presenza di un madrelingua a scuola è una grande opportunità per voi che siete suoi compagni, così abbiamo pensato di affidargli un tutor, e chi meglio di uno studente dell’indirizzo linguistico?-
L’entusiasmo di Madame sarebbe stato contagioso, se solo Sofia non fosse stata completamente sotto shock…
-E sarei io?- sussurrò incredula.
*Congratulazioni: lei ha vinto un milione di euro!!! Certo che sì, stordita, altrimenti perché te lo starebbero spiegando?!?!*
-Certo che sì!- rispose la professoressa. Almeno non l’aveva chiamata stordita… -la cosa migliore è avere uno studente di seconda, programmi diversi renderebbe tutto più faticoso e meno produttivo, senza contare che, fortunatamente, voi della C e della D avete praticamente gli stessi professori, il che risolve buona parte dei nostri problemi!-
Eh già, una vera fortuna…
-Abbiamo convocato un consiglio straordinario per discuterne,- intervenne la professoressa di Lettere –e pare che tu sia la persona più indicata: sei una delle migliori in francese e non hai una situazione critica in nessuna materia, e, nonostante siamo ancora all’inizio dell’anno, nessuno di noi pensa che tu potresti avere problemi.-
-A parte l’insufficienza nella verifica di scienze settimana scorsa…- puntualizzò con cattiveria la sua collega. Adesso si spiega perché a me l’abbia corretta prima del previsto: strega!
-Ma…ma perché io? Nella nostra classe c’è Jessica che è madrelingua francese, e lei ha una media più alta di me!-
Se le coscienze avessero avuto orecchie, la sua se le sarebbe sturate in quel momento: *Ho sentito bene?*
-Jessica ha qualche problema in matematica quest’anno, e non vorremmo gravare di più su questa situazione.-
-Ma lei se la caverebbe meglio di chiunque altro, il suo francese è migliore del mio e il suo italiano perfetto, come posso essere più indicata di lei??-
*Allora sei scema per davvero! Cos’è, ti impegni per perdere l’unica possibilità che hai di conoscere ‘sto figo assurdo, il quale altri non è che la tua ossessione da quando si è presentato qui?*
-Io… non… ci… riesco…-
*Come sarebbe a dire?! Pronto, Coscienza chiama Sofia: RIPIGLIATI!*
-Sì… io…-
-Senti, Grimaldi, noi non abbiamo tempo da perdere, io dovrei correggere le verifiche dei tuoi compagni adesso, quindi se il tuo scopo è sentirti dire il perché e il percome ti hanno scelta, facciamo prima a chiamare davvero Jessica!-
Strega. Arpia. Megera.
La rabbia nei confronti della professoressa di Scienze l’aiutò a riscuotersi.
-No, mi scusi, sono solo un po’ confusa: non me lo aspettavo. Comunque vi ringrazio per aver pensato a me, penso che accetterò, però potreste spiegarmi un po’ meglio di cosa si tratta, per favore?-
-Ma certo,- le sorrise la Carissimi. Neanche lei aveva in simpatia la sua collega. –In sostanza si tratta più che altro di fare molta conversazione, magari utilizzando costrutti un po’ più articolati: Nicolas, come è normale che sia, tende a scrivere così come parla, per cui credo che parlare con te lo aiuterebbe. E, soprattutto, fare insieme i compiti scritti di italiano e, perché lo scambio porti dei benefici anche a te, di francese: potreste riguardarli insieme, o aiutarvi durante la stesura, sarebbe molto utile.-
Un’ombra di dubbio offuscò il volto di Sofia: ce l’avrebbe fatta? Doveva pensare non solo al suo studio, ma anche a quello del compagno, il che comportava pomeriggi trascorsi a studiare insieme che le venivano ovviamente sottratti…
*Sofi, non sei stupida: sei pazza da legare! Approfittane finché sei in tempo, non ti capiterà mai più, e poi che ti cambia tra il perdere tempo da sola o in compagnia? Saremmo in sua compagnia, ecco cosa!*
Sofia non era affatto così stupida come sosteneva la sua coscienza, era a dir poco entusiasta, quando aveva capito le intenzioni delle professoresse avrebbe voluto saltare dalla gioia peggio di Laura, ma era proprio questo a frenarla: era tutto troppo bello, troppo semplice.
Certi regali, secondo lei, non potevano piovere così dal cielo, soprattutto quando non aveva fatto nulla per meritarli, senza contare che solitamente il suo destino aveva una tendenza alla sfortuna che non aiutava troppo… com’era possibile che questa situazione si ribaltasse in una settimana???
All’improvviso incontrava questa specie di principe azzurro, gli stessi professori le offrivano l’opportunità di conoscersi, cosa sarebbe successo dopo? Si sarebbero sposati e sarebbero stati per sempre felici e contenti? Cos’era, uno scherzo?
Lei non era la protagonista di romanzo o di un film romantico (perdonami, di una fan fiction! XD) e certe cose non capitavano alle ragazze normali, soprattutto se erano insignificanti come lei.
Era un suo grande limite, rifletté, quello di non saper accettare le occasioni di felicità quando passavano: impiegava un sacco si tempo per convincersene, confrontava i pro e i contro, ponderava attentamente la situazione, e quando si credeva pronta, quell’opportunità era già sfumata.
No, nn questa volta.
Un giorno, una volta soltanto, per comportarsi come qualsiasi quattordicenne e accettare senza pensare alle conseguenze! (Rischi che, lo sapeva esistevano soltanto nella sua testa. Insomma, è solo un ragazzo!)
-Per il tempo, sappi avrete tre ore a settimana durante le lezioni per andare in biblioteca a studiare, nonostante qualche volta sarebbe carino se vi trovaste insieme anche il pomeriggio.- volle rassicurarla Madame Monique.
*Non hai più scuse: adesso o mai più!*
-Accetto.- rispose sicura la ragazza –Casomai dovessi avere dei problemi vi farò sapere.-
-Ottimo,- intervenne finalmente il preside, Sofia si era perfino dimenticata della sua esistenza. Non che Nicolas sia stato molto più loquace… -Allora è deciso, vi organizzerete da voi. È un compito di grande importanza, e sono orgoglioso che sia una studentessa della nostra scuola a prendersene carico, dacché siedo a questa cattedra…- Sofia non lo ascoltava già da un pezzo, era troppo impegnata a osservare con la coda dell’occhio il ragazzo seduto in un angolo della stanza, che aveva seguito tutto il discorso con attenzione ma, dall’inizio, non le aveva più dedicato uno sguardo.
Quando le parve che il monologo fosse giunto alla fine, lo liquidò con un “Grazie, signor preside” che fece tutti contenti e le permise di riprendere fiato.
-Ormai mancano meno di dieci minuti all’intervallo, tu e Nicolas potreste cominciare a conoscervi, ti giustifico io con la mia collega.- le propose la prof di Lettere.
Sofia accettò volentieri, e in pochi attimi si ritrovò da sola con Lui nel bel mezzo del corridoio.
*Sonocosìemozionata!!!* questa volta, la voce della sua coscienza era ridicolamente simile a quella di Laura…
Prese un piccolo respiro e si voltò: il ragazzo lasciava vagare lo sguardo lungo i muri, come se vi stesse cercando un appiglio per uscire da quella situazione imbarazzante.
Prese il coraggio a quattro mani, come faceva sempre quando avrebbe preferito darsela a gambe:
-Piacere, Sofia.- gli sorrise stendendo una mano avanti a sé, in un gesto che avrebbe dovuto essere incoraggiante.
*O cielo, o cielo, o cielo…*
Lui la guardò, incatenando i suoi occhi a quelli della ragazza solo per un istante, prima di ricambiare la stretta.
Aveva la sua mano, morbida e calda, avvolse completamente quella fredda di Sofia.
-Enchanté.-
*… sono morta!*


*Angolo dell'autrice*
Perdono!! avrei dovuto postare questo capitolo due giorni dopo il primo, sapendo che altrimenti sarebbe slittato avanti di una settimana perchè non avrei più avuto un  pomeriggio libero. ovviamente, è slittato avanti di una settimana.
qui a furia di capitoli di transizione la storia non si prende nessuno scossone: spero di non annoiarvi troppo, ma ho dovuto tagliarlo altrimenti sarebbe risultato troppo lungo, e poi non po
tevo permettermi altri ritardi. scusatemi ancora, ma devo proprio scappare: fatemi sapere cosa pensare di questo quinto capitolo, a maggior ragione se non vi è piaciuto.
grazie a chi legge e, soprattutto, a MandyCri Haileys_little_world_e SimonWeasley che hanno avuto la pazienza di commentare: anche loro hanno storie interessanti, dateci un'occhiata ;)
Baci
Sofia Phoenix

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Capitolo 6
*** La prima impressione è quella che conta ***


*Piccola precisazione* l'Edison è un liceo scientifico a tutti gli effetti, che ospita tre indirizzi (Base, con le solite materie, Scienze Applicate, senza latino e con più ore di informatica e scienze, e Linguistico, quello di Sofia, che è come il base più un pacchetto di tre ore a settimana di seconda lingua straniera).
Questo passaggio non è stato molto chiaro, scusate per il disguido e buona lettura!


Sofia si godette appieno quei pochi secondi senza la sua coscienza, ancora in prognosi riservata, sebbene lei stessa fosse leggermente sotto shock.
Ok, era terribilmente euforica, ma non lo avrebbe mai dato a vedere.
Tuttavia, non poté trattenersi dall’incurvare le labbra in un sorriso, ricambiato dal suo interlocutore.

*Embé?*
Ecco, sapeva che la pace non sarebbe durata a lungo…
-Che vuol dire “embé?”, cosa dovrei dirgli ora?-
Effettivamente rischiava di fare la figura dell’idiota, stando impalata a guardarlo senza aprir bocca.
*Qualsiasi cosa, basta che parli!*
-Allora, …- cercò di prendere tempo cominciando a camminare lungo il corridoio.
-Nicolas.-
-Nicolas. Beh, non devo farti fare il tour della scuola, né parlarti di compagni o professori: sai già tutto! Comunque devi chiedermi qualcosa?-
Aveva parlato abbastanza lentamente perché lui capisse, ma la risposta si fece attendere qualche istante più del previsto.
Inspiegabilmente, gli vide uno strano ghigno dolceamaro stampato sulla faccia, espressione che avrebbe imparato a conoscere molto bene nei giorni e nelle settimane a seguire, ma che al momento la lasciò alquanto perplessa…
-Ho avuto subito l’impressione che eri un po’ strana…-
-Fossi.- lo corresse lei di getto, ancora una volta senza pensare –“Ho avuto l’impressione che fossi un po’ strana”.-
*Grimaldi: zero nelle relazioni sociali. Ma dico io, è possibile che ti ritrovi davanti un ragazzo come Nicolas, che tra l’altro ti ha appena dato della strana, e tu gli correggi gli errori di grammatica?!*
-Io sono qui per aiutarlo con la lingua, fino a prova contraria.-
*Certo, e così fai la figura della secchiona rompiscatole già dal primo incontro: complimenti!*
-Perché non te ne torni da dove sei venuta?!-
-Come vuoi, …- riprese lui, gelido.
Non come voglio io, bensì come vuole la consecutio italiana!
-… de toute façon quando sono arrivato mi hanno fatto molte domande, non mi hanno chiesto di farle.- Aveva un po’ di esitazione nel formulare i periodi, era bravo ma cercava i costrutti più semplici per evitare errori.
*Ehi, mentre tu facevi l’analisi grammaticale del verbo deficere il bellimbusto ti ha fatto un complimento!*
-Eh? Davvero??-
*Beh, non esattamente… diciamo che ci somigliava…*
-Quindi sei una persona discrète…oppure troppo timida e paurosa per fare domande...-
*Ok, forse non era proprio un complimento…*
-Preferisco la prima, se per te non è un problema.- lo interruppe piuttosto seccata: non si conoscevano nemmeno e quello già la insultava, che razza di maleducato!
Le fece ancora quel sorriso sghembo, aveva una paralisi facciale per caso???
-Come vuoi.-
Sofia si arrese sospirando, il loro primo incontro non era certo dei più incoraggianti, ma sperava di rifarsi nei successivi: un ragazzo così interessante non poteva essere antipatico…giusto?
-Hai conosciuto qualcuno nel frattempo?- gli chiese alla disperata ricerca di un territorio neutrale che non fosse la scuola.
In risposta Nicolas la squadrò dall’alto in basso, con un’espressione che voleva chiaramente dire “proprio tu  vuoi aiutarmi nelle relazioni sociali?”, con l’intento preciso di mandarle l’autostima sotto le scarpe, non c’era dubbio.
-Sì, un po’ di gente,- si degnò tuttavia di risponderle – tutti i ragazzi della mia classe e quelli della compagnia di mio cugino.-
-Hai un cugino che abita in Italia?!-
-Si chiama Luca, siamo cugini da parte di madre. È per mia zia che siamo qui.- subito si morse il labbro inferiore, come se si fosse pentito di essersi lasciato andare a un minimo di confidenza.
Subito dopo puntò gli occhi in quelli della ragazza, come se volesse leggervi il motivo per cui si era sbottonato con un’estranea e al contempo sfidandola a domandare altro.
Con sua sorpresa, Sofia era sì estremamente curiosa, ma non inopportuna, e, capendo di aver toccato involontariamente un tasto dolente, lasciò cadere il discorso.
-Sei fortunato, almeno conoscevi già qualcuno quando sei arrivato. Ti trovi bene?-
-Oui oui,- si affrettò a rispondere, sollevato e rassicurato dalla delicatezza della ragazza –i ragazzi sono tutti molto simpatici…et les filles sont trés sympa aussi…- aggiunse a mezza voce.
-Guarda che ho sentito! “Anche le ragazze sono molto simpatiche!”- lo scimmiottò imitando la sua espressione da felino -Ma ti avviso: le ragazze davvero simpatiche non sono di sicuro quelle con cui hai parlato tu. Cristina e Serena, n’est pas?-
-Toi, tu es  une voyante!- esclamò tra il sorpreso e il divertito.
-Niente veggenza, conosco il tipo.-
 
Era buffa in quel momento, mentre commentava le sue compagne di classe più interessanti con espressione esasperata.
Insomma, non era proprio l’ideale di ragazza italiana con cui sperava di avere a che fare, ma quelle le aveva già adocchiate in giro per la scuola, e non mancavano di certo… per non parlare di tutte le ore di scuola che avrebbe saltato per quel progetto!!
La campanella suonò in quel momento e, come lo sparo di pistola per gli atleti ai blocchi di partenza, diede il segnale a tutti gli studenti che aspettavano ansiosi oltre le porte di ogni aula, liberando una fiumana di persone che andava via via ingrossandosi.
-Allora ti lascio, Nicolas. Per la prima ora di compiti ti farò sapere, ok?-
Perché all’improvviso tanta fretta? Pas mal, non aveva voglia di trascorrere tutto l’intervallo con lei. Salutò Sofia con un cenno e si diresse verso la II H, la classe di suo cugino.
Camminava sovrappensiero, e a metà strada finì addosso a una tappetta bionda vestita di rosa che reggeva in mano un bicchiere di cioccolata bollente presa alle macchinette: buona parte del contenuto si rovesciò sulla sua camicia, scottandolo non poco.
-Crétine! Guarda dove vai!-
-Sei stato tu a venirmi addosso!- la tappetta osava pure rispondere! E aveva anche ragione, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più…
-Levati di mezzo, casse-pieds!-
Anche se non aveva mai studiato francese, Laura non ebbe certo bisogno della traduzione per capire che quel maleducato le aveva dato della rompiscatole, e stava per dirgliene quattro, quando arrivò Nicole a darle manforte.
-Ehi, ma chi ti credi di essere?- stavolta a parlare era un’altra biondina con i boccoli che si era immischiata senza che nessuno le avesse chiesto niente –Guarda che dovresti ripagarle la cioccolata, anziché insultare, spilungone!-
-Io non le ripago un bel niente, non è colpa mia se non guarda dove mette i piedi!- e sbraitando se ne andò dritto e filato nella H.
Sono solo ragazze, Nicolas, ricordati che sono solo ragazze.
-Bonjour cugino, qual buon vento?-
-Tais-toi! Sta’ zitto, non è giornata!-
-Che è successo alla tua camicia?- chiese Riccardo, anche lui presente in classe.
-Una stordita vestita di rosa mi è finita addosso e non mi ha nemmeno chiesto scusa. Figurati che è arrivata anche la sua amichetta e hanno dato la colpa a me!- sbottò, ancora più infastidito ora che la chiazza marrone che aveva all’altezza dello stomaco era diventata fredda.
-Scusa, ma credo anch’io che sia colpa tua, oggi non ci sei con la testa!- notando l’espressione del cugino, Luca cambiò velocemente argomento –Piuttosto com’è la tua compagna di studi? Te la presentavano oggi, vero?-
Nicolas annuì svogliato, non aveva proprio voglia di parlarne.
-Allora? Non mi dici niente? Com’è, figa almeno?- cercò di smuoverlo il cugino, pronto a farsi presentare alla ragazza in caso di risposta affermativa.
-No, per niente: è una palla. Si vede lontano un chilometro che è il classico tipo scuola-casa-e-chiesa, io quelle non le sopporto!-
-Ti è andata male, Nicolas, ma se vuoi sabato esco con degli amici, puoi venire anche tu. E porta le tue compagne di classe, già che ci sei.-
-Mmh, va bene.- era stato ingiusto con Sofia, ma in quel momento voleva solo prendere a cazzotti qualcuno: quella scuola era uno schifo, voleva tornare in Francia!
 
Nel frattempo, Sofia era tornata in classe e, non trovandovi la sua migliore amica, aveva cominciato a cercarla nella zona delle macchinette dove lei e Laura bazzicavano di solito: le incontrò proprio sulle scale che portavano al primo piano dell’ala dedicata all’indirizzo linguistico, ed entrambe avevano un’aria piuttosto battagliera.
-Poi ha preso e se ne è andato: ma si può essere più cafoni?? Oh, ciao Sofi!-
-Ciao Laura, cos’è successo?-
-Niente, un idiota mi è venuto addosso e mi ha rovesciato la cioccolata!-
-Mi dispiace, almeno non ti sei macchiata. Scommetto che erano i tuoi ultimi trenta centesimi, vero? -
-Proprio così! Per fortuna si è versata tutta su di lui…- aggiunse con una punta di soddisfazione –Ma parliamo di te, Nicole mi ha detto che ti hanno chiamato in presidenza…-
Sofia si intenerì udendo il tono preoccupato dell’amica, conscia che anche Nicole, seppure non lo esprimesse a parole, voleva essere rassicurata.
-Tranquille, non è successo nulla. O meglio, c’è una novità fantastica!! Ma è una cosa buona eh, per questo ho detto nulla, e ancora non ci credo: è capitato proprio a me, tra tutti hanno scelto me!!!- cominciò a farneticare Sofia, incapace di formulare un pensiero logico al solo ricordo di quanto le era stato detto in quel benedetto ufficio.
-Sofi, tu non hai per niente il dono della sintesi: cos’è successo??- Nicole, rinfrancata sulla sorte dell’amica, uscita viva e vegeta da quel luogo d’inferno, intervenne col suo tono pragmatico.
-Farò da tutor al ragazzo francese!-
-Chi?-
-Uno nuovo, Lau, le ragazze dell’altra sezione non parlano d’altro a educazione fisica! E cosa dovresti fare?-
-Niente! Devo solo parlarci e fare un po’ di compiti insieme, aiutarlo in italiano, cose così, in cambio lui mi aiuta in francese. Non è fantastico???- era visibilmente su di giri, tanto da contagiare ben presto le sue amiche.
-È simpatico?- le chiese Laura dopo che ebbe loro raccontato tutto ciò che era successo.
-Ecco… diciamo che devo conoscerlo meglio. Ma non è affatto male.- Sofia si era trovata piuttosto in imbarazzo a rispondere,  tuttavia optò per la verità: doveva conoscere meglio Nicolas prima di formulare giudizi.
Anche perché a lei stava davvero simpatico, nonostante il suo atteggiamento a tratti scontroso: del resto non doveva essere stato facile cambiare paese di punto in bianco, lasciare la propria casa, i vecchi amici…
-Dai, speriamo bene.- le augurò Nicole solidale.
-Basta che non sia come il ragazzo della cioccolata!- aggiunse Laura, al che le ragazze risero insieme, pensando allo scorbutico di prima.
In quel momento Sofia vide Nicolas che si dirigeva verso le macchinette insieme a Riccardo: era di spalle, ma la testa svettante sulle altre lasciava poco adito a dubbi.
-Eccolo, è lui, quello con cui parla Riccardo!- disse indicando alle amiche il suo nuovo compagno di studi.
In quel momento il ragazzo si voltò, rivelando un’evidente macchia marrone sulla camicia dapprima candida.
 
 
*Angolo autrice*
Bonjour les filles!Rieccomi dopo un po’ più tempo del previsto… scusatemi, questo è stato un periodo infernale! Ma del resto ultimamente sono tutti così, e le mie scuse stanno diventando monotone…
COMUNQUE in questo capitolo troviamo Nicolas prima piacevolmente irriverente, poi nervoso e irascibile (non siate troppo dure con lui, trasferirsi così di punto in bianco non è stato facile) e Sofia comprensiva ma non disposta a farsi mettere i piedi in testa!
Anche Nicole e Laura hanno avuto un incontro… scontro con lui, e se la prima impressione è quella che conta, beh, poteva andare meglio…
Quanto al cugino, consiglio a MandyCri di tenerlo d’occhio ;)
 
Grazie poi alle mie recensitrici, nonché colleghe scrittrici che vi consiglio di visitare maDream Intrighidistelle DirectionerVale missohara MandyCri e Haileys_little_world_
Siete sempre gentilissime a recensire, grazie ancora!
 
Noi ci vediamo il prossimo capitolo, au revoir!

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Capitolo 7
*** Ça pourrait aller pire… ***


 *Comunicazione di servizio*
Se doveste trovare errori di grammatica o di ortografia, soprattutto nei dialoghi in francese, non esistate a farmeli notare, nelle recensioni o via messaggio, e provvederò a correggerli. Grazie!


Quella macchia, quella dannatissima macchia di cioccolata…
-Magari era già sporca prima…- tentò di auto convincersi.
*Magari l’ultima volta che lo hai visto è stato meno di un quarto d’ora fa, e sai bene quanto me che la sua camicia era candida e immacolata!*
Grande cosa l’auto convincimento.
Si avvicinava.
-Oh oh…-
*Puoi dirlo forte!*
-Oh oh…-
-Ma quello è…-
-Sì, Laura, è!-
-Sarebbe lui il ragazzo francese? Altro che “non male”, è solo uno scorbutico prepotente e maleducato! Sei sempre troppo buona, Sofi.- intervenne Nicole.
Fantastico: prima scopriva che la sua ossessione degli ultimi tempi avrebbe lavorato gomito gomito con lei a tempo indeterminato (e a giudicare dalla padronanza dei congiuntivi, sarebbe stato più di quanto lei stessa non osasse sperare), e nel giro di un quarto d’ora lui aveva già litigato con le sue migliori amiche, dando una pessima opinione di sé…
*Pensa cosa diranno quando avrai confessato loro la tua fissa per lui…* gongolò una vocina ormai ben nota a tutti.
A quelle parole, Sofia sbiancò: la parte del suo cervello che ancora non si era alleata con la coscienza ribelle si era completamente dimenticata di quel minuscolo particolare…
-Potrei far finta di niente e sperare che non lo scoprano, o  raccontare come stanno le cose e fare le valigie per l’Islanda…-
*Conoscendo Nicole, penso sia meglio non dirle nulla ed emigrare lo stesso.*
-Mmh, stavolta hai ragione, e poi l’Islanda è un paese davvero affascinante, ho sempre voluto andarci!-
*Sìsì, tu prenota i voli, al biondino qui ci penso io!!*
-Chi?-
-Ciao, Sofia.- per una qualche ragione sconosciuta ai più, Nicolas aveva deciso di raggiungerle…
Ragione che risultò improvvisamente chiara quando, senza più fare caso a lei, il ragazzo salutò anche le sue amiche, con un tono di sfida e malcelata irritazione.
-Bonjour!-
-Vi conoscete?- esclamò sorpreso Riccardo, interrompendo lo scambio reciproco di occhiatacce.
-No.- Negò Laura bruscamente, non voleva più avere a che fare con quel tipo, a meno che non volesse pagarle la cioccolata…
-Au contraire, abbiamo avuto un… incontro ravvicinato meno di dieci minuti fa.- ribatté Nicolas con falsa cortesia –Un rencontre rapide, mais bouillant…-
*Oooh, è così sexy: “Rapido ma bollente!”, Sofi tu va’ pure in Islanda, io scappo in Francia con lui!!!*
Sofia, che, a differenza della sua coscienza in crisi ormonale, non si era scomposta né per il suo parlare francese, né per l’atteggiamento provocatorio del ragazzo, gli rispose spiccia:
-Allora facciamo in modo che anche questo sia altrettanto rapide: noi andiamo, vero ragazze?-
Nicole sibilò un “Sì” che ricordava tanto il fischio di una pentola a pressione quando il contenuto è cotto a puntino: un minuto in più e Sofia non avrebbe risposto delle azioni dell’amica… e rovinare quel bel visino francese sarebbe stato un vero peccato!
Ma, evidentemente, Nicolas voleva sperimentare l’ebbrezza di un volo fuori dalla finestra, perché trattenne Sofia per un gomito prima che la ragazza potesse allontanarsi.
-Ferma un po’, est-ce que tu ne me présentes pas à tes amies?-
Era evidente che le amiche in questione non avessero la benché minima voglia di essere presentate, ma questo dettaglio non preoccupò né punto né poco il francesino, il quale dal canto suo sembrava divertirsi immensamente nel porre Sofia tra due fuochi.
-Nicolas, loro sono Nicole e Laura.- sospirò infine la ragazza –Laura e Nicole, Nicolas. Bien, abbiamo fatto le presentazioni, ora se non ti dispiace sta per suonare la campanella e noi dobbiamo tornare in classe.
Io e te ci vediamo domani alla quarta ora, au revoir!-
Concluso frettolosamente quel teatrino pietoso, Sofia diede uno strattone al braccio da cui la tratteneva Nicolas e si trascinò dietro le sue due amiche, appena in tempo per risparmiare una plastica facciale alla scampata, seppur ignara, vittima di un calcio circolare sul naso.
La risata, quasi cattiva e sprezzante, che riservò loro il ragazzo, venne sovrastata da una vocina che piagnucolava disperatamente nella sua scatola cranica…
*Buaaah! Come hai potuto?! TRADITRICE!!!*
-Ma di che stai parlando?!-
*Presenti le tue amiche e non me… Da quanto ci conosciamo? Quattordici, quasi quindici anni? E tu mi ignori così! Non me lo sarei mai aspettato da te…*
-Tu sei pazza!- decretò Sofia dopo che la presenza abusiva nella sua testa l’ebbe assordata con una potente soffiata di naso.
*Ah sì? È questo che pensi di me? Non solo mi fai perdere quella che avrebbe potuto essere l’unica occasione di conoscere l’amore della mia vita, adesso ti abbassi pure a insultarmi! Sei un essere spregevole!*
-Aspetta aspetta: “amore della tua vita”? Ti ricordo che l’ho visto prima io!-
*Ma non vale, sei tu quella con gli occhi!*
-Perché, tu cos’hai? Adesso sono curiosa…-
* È complicato da spiegare, diciamo che vedo attraverso di te, e questo ti dà un leggero vantaggio.*
-Oooh, capito!-
*…*
-…-
*Comunque non c’entra niente col discorso di prima! Tu mi consideri meno delle tue stupide amiche, anzi, non mi consideri affatto! Quindi ho deciso che non ti rivolgerò più la parola, così capirai cosa significa essere ignorata!*
Sofia aspettò di sentire il fracasso di una porta sbattuta con violenza, prima di pensare che fosse meglio così (non poteva correre il rischio di essere sentita dal Tarlo!).
Del resto, in quel momento era già abbastanza tesa per i fatti suoi…
Sapeva perfettamente che la sua non era stata altro che una fuga da Nicolas e i suoi occhi penetranti, e lei odiava scappare… ma, del resto, cos’altro avrebbe potuto fare? Non riusciva a capacitarsi di essere riuscita a mettere in fila delle parole che formassero frasi di senso compiuto, come avrebbe potuto mandare avanti quella farsa ancora a lungo? Fortunatamente, Nicolas era stato irriverente e presuntuoso, il che l’aveva aiutata a mantenere un certo autocontrollo che, anche se per poco, le aveva fatto dimenticare di star parlando col ragazzo che la ossessionava da giorni, tanto da riuscire a rispondergli a tono… o almeno sperava di aver dato quest’impressione.
Tuttavia, la risata di scherno di Nicolas continuava a rimbombarle nelle orecchie, la inseguiva nel corridoio, pungendola nell’orgoglio, e stuzzicando quella parte di lei che le ripeteva di aver rovinato tutto prima ancora che cominciasse.
 
Dopo quella risata Nicolas si sentì immediatamente meglio, era come se si fosse svuotato di parte del risentimento che covava dentro da giorni.
Come poco prima, sentiva solo il bisogno di prendersela con qualcuno, che fosse Sofia o chiunque altro era indifferente: con le sue amiche aveva un pretesto perfetto per attaccar briga, ma quella lì si era messa in mezzo a far da paciere, e riderle dietro era quanto di più soddisfacente fosse riuscito a ottenere.
Il trillo insistente della campanella alterò nuovamente il suo umore, divenuto estremamente altalenante e instabile da quando si era trasferito poco più di due settimane prima.
Le ore successive furono pesanti e faticose come quelle che le avevano precedute in quei giorni: lui parlava correntemente italiano, la sua seconda lingua fin dalla nascita, tanto più che col passare degli anni sua mamma aveva insistito affinché studiasse la sua lingua d’origine, preferendola allo spagnolo che avevano scelto tanti suoi compagni a Tolosa, ma nello scritto trovava non poche difficoltà, e prendere appunti in francese su ciò che spiegavano gli insegnanti gli faceva sempre perdere tempo.
All’una sentiva la testa scoppiargli: lì le lezioni non erano diluite come in Francia, con due intervalli per riposarsi, era tutto pressato e pesante, e non ne poteva più.
Uscì dalla classe senza salutare nessuno, ignorando in primis Cristina che gli si era avvicinata, probabilmente per chiedergli di uscire l’indomani pomeriggio. Poco male, non aveva voglia di uscire con chicchessia, che si trovasse un altro per quella settimana!
Nella ressa che si era formata all’uscita dell’atrio notò Sofia e la sua amica con i capelli lunghi che chiacchieravano fra loro; o meglio, la tizia, che gli sembrava si chiamasse Nicole, parlava rivolta alla mora che, dal canto suo, sembrava persa nei suoi pensieri e alquanto nervosa. Con una punta di malignità sperò che quell’atteggiamento fosse dovuto a lui, e, con un ghigno soddisfatto, spintonò un primino per farsi strada e uscire.
A venti metri dall’ingresso dell’edificio si trovavano le moto degli studenti, che occupavano metà della larghezza del marciapiede, ostruendo così il passaggio nelle ore di punta.
Si fermò di fronte alla quinta della fila, una moto da cross rossa nuova fiammante: l’aveva comprata due mesi prima della partenza, quando ancora non sapeva in quale schifo di posto sarebbe andato a vivere; quando gli avevano comunicato il trasferimento, sua madre aveva pensato di venderla e comprarne un’altra in Italia, ma suo padre, intuendo quale sarebbe stata la reazione, aveva deciso di portarla con loro. Non aveva idea di quanto gli fosse costata la spedizione, né gli interessava saperlo: era il minimo che potessero fare i suoi genitori per farsi perdonare.
Si infilò il casco integrale, bianco con fiamme nere e rosse, e inforcò la moto.
Approfittando del passaggio momentaneamente sgombro, scese dal marciapiede, e partì sgommando.
In pochi minuti raggiunse il cancello di casa, che si trovava dans un lotissement, un quartiere formato da villette unifamiliari, piuttosto vicino al centro: se non altro si erano trasferiti dans les beaux quartiers, in quella maledetta città.
Scese la rampa che portava al garage, depositandovi la moto e il casco, dopodiché risalì le scalette per entrare dal giardino, trascinandosi dietro lo zaino.
La casa era strutturata su tre piani più una taverna, decisamente grande per tre persone, ma perfetta per chi voleva evitare il più possibile i contatti con gli altri inquilini. Come lui, del resto.
Mentre camminava lungo il vialetto d’ingresso del giardino, lo sguardo gli cadde sulla casetta sull’albero.
Sì, aveva una casetta sull’albero.
Era identica a quella della casa in Francia, che era stata il regalo per i suoi sette anni: sin dall’inizio aveva adorato trovarsi lassù, vi portava i compagni di scuola e inventavano giochi sempre diversi, un giorno erano su un vascello pirata, un altro si improvvisavano Tarzan e salivano dalle scalette a pioli come scimmie; crescendo, era diventata un luogo dove estraniarsi dal mondo e pensare ai fatti suoi. I suoi genitori lo sapevano, e avevano tentato anche in questo di comprarsi il suo favore, facendogli trovare la casetta fresca di falegnameria sin dall’arrivo. Non gli piaceva, e lo aveva detto loro da subito: non capiva perché l’avessero commissionata identica a quella vecchia, quando era evidente che niente fosse più come prima: lo credevano forse tanto scemo da commuoversi per una simile connerie? Illusi.
Comunque aveva degli aspetti positivi, come quello di poter fumare sul terrazzino, dalla parte opposta rispetto alla casa, senza essere visto, o semplicemente sdraiarsi sull’amaca con le cuffie e fingere per qualche minuto che quella fosse davvero la vecchia casetta, che niente fosse cambiato e lui fosse ancora a Tolosa. Probabilmente, era un naïf, un illuso anche lui.
Trovò sua madre in cucina, come tutti i venerdì, quando finiva prima i turni a lavoro e potevano fare pranzo insieme.
-Qu’est-ce qui il y a à manger?- Cosa c’è da mangiare ?
-On va manger de la dinde avec tomates, ça t’en dis ?-
Tacchino con contorno di pomodori, non era la bistecca che sperava, ma era sempre meglio della sogliola impanata della settimana prima.
-Mmh… ça pourrait aller pire.-
Potrebbe andare peggio. Come la sogliola, appunto.
Salì le scale fino al secondo piano, dove si trovava camera sua, scaricò lo zaino accanto al letto e si tolse le scarpe con un calcio. La stanza era fin troppo ordinata, probabilmente Melita, la giovane sudamericana che faceva le pulizie da loro, aveva pensato di non aver niente di meglio da fare per perdere tempo che divertirsi a ficcare le sue cose laddove non le avrebbe mai trovate…
Ecco, non sopportava neppure lei!
Tuttavia, non aveva più la forza di arrabbiarsi per quel giorno, era solo stanco: stanco dell’Italia, stanco di quella scuola, stanco della nuova casa e stanco di essere arrabbiato perché era stanco.
Doveva darci un taglio, forse era il caso di accettare un invito in discoteca e affogare nell’alcol le sue preoccupazioni. Sì, avrebbe fatto così.
Udì sua madre che lo chiamava dalla cucina e scese per mangiare.
La tavola era già apparecchiata, e il ragazzo si accasciò su una sedia senza troppi complimenti, guadagnandosi un’occhiata di disapprovazione della madre che gli stava servendo il tacchino.
Dopo qualche boccone, la donna cominciò a raccontargli la sua mattinata a lavoro, con la palese aspettativa che il figlio ricambiasse.
Cosa che, ovviamente, non avvenne.
-Qu’est-ce que tu as fait aujourd’hui?- gli chiese direttamente la donna dopo aver atteso invano.
Cosa ho fatto oggi? Ciò che faccio da due settimane a questa parte: mi sono rotto per tutta la mattina e ho aggiunto un altro giorno nero alla lista dei giorni neri. Siamo a diciotto, se ci tieni a saperlo!
-Rien.- Niente. Sapeva che a sua madre sarebbe bastato per capire, come sapeva che in qualsiasi caso non si poteva fare niente per cambiare la situazione.
Dopo un paio di minuti, Gisella si illuminò, e chiese con voce più allegra:
-Oggi dovevano presentarti la tua tutor, n’est pas? Com’è, simpatica?-
Per la prima volta dacché si era seduto a tavola Nicolas si concesse un sorriso: come avrebbe potuto definire Sofia? Non lo sapeva bene nemmeno lui, non era il genere di persona che frequentava di solito, e non aveva idea di come qualificarla. A dire il vero, non si era posto nemmeno il problema.
-È difficile da spiegare, diciamo… ça pourrait aller pire…-


*Angolo dell'autrice*
Bonjour, ça vous en ditez? Cosa pensate di questo capitolo?
Non vi dico neanche cosa ne penso io, perchè dopo averne scritto uno non riesco mai a convincermi, anche se più che rileggerlo dodici volte non posso fare... (sono leggermente ossessionata dai capitolo nuovi, quindi meno ne parlo, meglio è!)
Vorrei sapere la vostra opinione in particolare per quanto riguarda i dialoghi in francese: evito il più possibile di scrivere la traduzione diretta facendo ripetere la frase tradotta dal personaggio successivo; per voi è un problema? L'intento sarebbe quello di alleggerire il testo, ma se il risultato fosse opposto, fatemelo sapere :)

La coscienza ha dato forfait, e Sofia è riuscita a liberarsene... almeno per i prossimi cinque minuti! Del resto avrà i suoi problemi anche senza il Tarlo rompiscatole: Nicole e Laura non hanno quel che si dice una buona opinione di Nicolas, e lui si impegna con tutto sè stesso per peggiorarla.
Il nostro ragazzo è arrabbiato col mondo per il trasferimento forzato che lo ha spedito in un altro paese, ed è insensibile a tutti i tentativi dei genitori di farsi perdonare (se non fosse così furioso con l'universo si accorgerebbe di essere sulla buona strada per essere tremendamente viziato!)
Non ha un'opinione precisa di Sofia, nè gli interessa più di tanto farsene una, tuttavia il pensiero di quella ragazzina gli strappa un sorriso (vogliamo credere che non sia stato merito del tacchino!)

Come sempre un MEGAGRAZIE alle mie fantastiche recensitrici  
Haileys_little_world_   Clitemnestra_Natalja   MandyCri     DirectionerVale   maDream
che trovano il tempo di lasciare due righe (o un mezzo poema, in certi casi ;) per commentare la mia storia.

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Capitolo 8
*** Premesse Poco Promettenti ***


-Si può sapere che hai?-
Nicole era in compagnia del suo ragazzo nel corridoio del primo piano, appoggiata al calorifero spento dopo aver respinto baci di lui con un gesto nervoso.
-Scusa Max ma proprio non è giornata!- Gli occhi velati da un’ombra di preoccupazione e il tono seccato della sua voce avrebbero dovuto indurre un fidanzato premuroso a chiederle il perché di un simile atteggiamento.
Cosa che, ovviamente, non avvenne.
-Sì, ho capito, va’ dalle tue amiche che è meglio!- sbottò Massimo piantandola da sola in corridoio.
Ecco, le mancava solo questa! Come se già non bastassero i discorsi sconclusionati di Sofia a darle pensiero…
Infatti il pomeriggio innanzi aveva ricevuto una chiamata dalla sua migliore amica, durante la quale avrebbe voluto più volte picchiarle la cornetta in testa per farle tornare un po’ di buon senso…
 
-Ciao, Nicole!-
-Ciao, Sofi!-
-Aehm… ti ricordi di quello che ti ho detto oggi all’intervallo, sì insomma… quella cosa che ti avrei spiegato meglio dopo…-
Non era mai un buon segno quando Sofia cominciava una telefonata esitante e incespicava le parole.
-Sìsì, è successo dopo che abbiamo incontrato quell’idiota francese, giusto?-
-Sì…- ora la voce si era ridotta a pigolio sommesso, brutto segno.
-Allooora, diciamo che è un discorso complicato…e lungo… pensavo di dirtelo al telefono così domani non devo spiegarti e possiamo parlarne insieme, anche con Laura, solo che a lei ne parlo mentre andiamo a scuola e…-
-Sofi, arriva al dunque!- ci furono alcuni istanti di eloquente silenzio, in cui Nicole suppose che l’amica stesse prendendo tempo per raccogliere le idee, cosa che generalmente faceva quando doveva indorarle una pillola amara: pessimo segno!
-…-
-Sofi, sei morta?-
-ConoscevoNicolasdaprimadioggi: loavevovistoincorridoioesecondomehaqualcosadispeciale. Tuttoqui.-
-Eh?!?!-
-Uffaaa, non riesco a parlartene al telefono, ti spiegherò tutto domani, ok?-
-Va bene, ma…-
-Allora siamo d’accordo, ciao Niki!-
TUTUTUTU
 
Insomma, le aveva chiuso la telefonata in faccia! E, cosa ancora peggiore, del suo farneticare sconnesso aveva inteso solo una parola: Nicolas…
 
Prima che suonasse la campanella delle otto, Nicole tornò in classe per intercettare Sofia prima dell’inizio delle lezioni, ma la sua amica non c’era: arrivò quando ormai l’insegnante era seduta dietro la cattedra, aprendo la porta nel preciso istante in cui trillava la campanella delle otto e cinque.
L’ha fatto apposta!
Evidentemente voleva procrastinare il più possibile l’inevitabile momento del loro discorsetto… astuto tentativo, ma non sarebbe riuscita a scappare durante l’intervallo.
Sorprendentemente, fu lei stessa a presentarsi da Nicole tre ore dopo: aveva l’espressione timorosa e contrita di chi ha qualcosa da confessare, il che non le piacque affatto.
Si sedette sul primo banco libero che trovò, invitandola a fare altrettanto, e quando anche la bionda si fu appollaiata con comodo, sospirò pesantemente, cominciando a parlare:
-Uff, senti, Nicole, mi dispiace per ieri, ma non riuscivo a spiegarmi molto bene… intendiamoci, è una sciocchezza, però mi sembra giusto che tu lo sappia, anche se davvero non so nemmeno io cosa pensare e…-
-Sì, ho capito, cos’è successo?- la incalzò Nicole impaziente.
-Ciao ragazze!- la testa di Laura fece capolino tra le loro.
Fantastico, due piccioni con una fava!
-Siediti anche tu Lau, così almeno non mi devo ripetere.- La nuova arrivata prese su una sedia di fronte alle altre due, dopodiché poggiò il mento sulle mani incrociate e sgranò gli occhioni azzurri in quella che doveva essere una posa attenta e interessata, che quantomeno strappò un sorriso a Sofia.
-Avete presente il ragazzo francese?-
-Oh sì, lo scorbutico brontolone!-
-Diciamo che lo avete preso in un brutto momento…- tentò di mediare la poverina, arrossendo dall’imbarazzo.
*Ahah, allora lo detestano proprio! Figurati come saranno contente di sapere quello hai dire su di lui!*una vocina maligna aveva ripreso a farsi sentire, dopo quasi ventiquattr’ore di silenzio in cui Sofia aveva sperato di essersene sbarazzata.
-Per caso Sua Maestà il Grillo Petulante si è stancata di fare l’offesa?-
*Bla bla bla,tanto non ti sentooo!!*
-Ma che stai facendo?! Sii seria per una volta e lasciami in pace!-
*Uffa, c’è una zanzara molesta che continua a ronzare qui attorno…BZZZ!!!*
Seriamente provata dalla piega degli eventi, Sofia decise di ignorare la sua coscienza in crisi da bimba di due anni, concentrandosi sul Problema Bionde.
-Diciamo che sapevo chi fosse… cioè, non lo conoscevo che vista, però lo avevo notato in corridoio e non so… mi ha colpito, tutto qui.- la sua voce era fuoriuscita in un sussurro sempre più flebile ed esitante, tanto da mettere a dura prova anche l’udito sopraffino di Nicole.
-A giudicare da come ti stai comportando deve aver usato una mazza da baseball… o il dizionario di latino della prof.-  celiò quest’ultima.
-Nicole, sono seria!-
-Anch’io, cosa credi? Non scherzerei mai sull’ammaccatura delle tue placche cerebrali!- si difese con un tono che lasciava intendere l’esatto contrario.
-Niki…-
-E va bene, cos’ha questo “ragazzo delle meraviglie” di più contundente del dizionario di latino?- le chiese la bionda sedendosi comodamente con le gambe incrociate sul banco, lasciandole intuire che era disposta ad ascoltare tutta la storia sino in fondo.
-È proprio ciò che voglio scoprire- sospirò Sofia, ignorando volutamente l’ultima parte della domanda –Io non lo so, ragazze, ma sono sicura che sia… speciale.-
Di colpo le stringhe delle sue scarpe diventarono tanto interessanti da attirare tutta la sua attenzione.
Esprimendo ad alta voce quel concetto che, rimuginato nella sua testa, le sembrava tanto intelligente e romantico, si rese conto di quanto suonasse stupido e infantile alle orecchie di qualcun altro…
Non sapeva che reazione aspettarsi dalle sue amiche: forse incredulità, forse sdegno, forse semplice solidarietà femminile.
Di certo, niente di simile al concetto argutamente espresso da Laura…
-Oooh, che cosa tenera: Sofia è innamorata!- esclamò la biondina piombando nel bel mezzo della conversazione con la sua ennesima frase priva di senso.
Perché non poteva avere un senso, vero?
-NO!-
*Ehi, premesso che non sto dalla tua parte, non ti sembra una reazione un po’ eccessiva?*
Anche le sue amiche parevano pensarla come il Grillo Petulante (avrebbe chiamato così la sua coscienza finché quella non si fosse comportata come una presenza extracorporea matura!) così che ritenne opportuno fugare ogni dubbio.
-Ferme ragazze, tempo.- le bloccò Sofia facendo il segno del time out –Non vi pare di star correndo troppo? Io non lo conosco nemmeno, non può neanche piacermi, figuratevi esserne innamorata!-
Di fronte alla logica dell’amica, le due bionde assunsero l’espressione di chi la sa lunga (con una sincronia piuttosto inquietante, peraltro…), ma dietro la facciata scherzosa una di loro sospirò di sollievo.
-Io resto dell’idea che…-
-Lau! Se ne ho parlato anche a voi era per avere un consiglio.-
Laura aprì la bocca, e fece come per parlare.
-Un consiglio serio.- specificò.
La richiuse senza proferir verbo.
-Secondo me è solo uno sbruffone antipatico,- sbottò infine Nicole saltando giù dal banco -non è il tuo tipo Sofi, è troppo… troppo…-
-Un presuntuoso pallone gonfiato?-
-Avevo in mente un aggettivo più colorito, ma sì, Laura: si capisce subito che è uno che se la tira un sacco e si crede un gran figo! E ti assicuro che non c’è niente di speciale in questo.-
Sofia si mosse a disagio sul banco dov’era seduta: ciò che aveva detto la sua amica non era del tutto sbagliato, ma era possibile che non ci fosse niente di più?
-Allora, se non sei d’accordo con noi, dicci cosa ti interessa tanto in lui!-
-Io non lo so! È speciale, vi dico, il mio sesto senso sbaglia raramente…- ribadì Sofia testarda: le parole di Nicole avevano acceso la sua indole combattiva, cosicché era più decisa che mai a dimostrarle il contrario. 
Del resto, il suo sesto senso funzionava davvero: aveva una spiccata percezione delle persone che le piacevano o meno, e tendeva a farsi almeno una vaga di idea del proprio interlocutore osservandolo e sentendolo parlare. La maggior parte delle volte il tempo le dava ragione; c’erano, tuttavia, dei casi di errori clamorosi, di persone che trovava noiose, stupide o antipatiche, quando poi si rivelavano molto più preziose: Nicole stessa ne era un esempio.
Fino ad allora non le era mai capitato il contrario, ma, si sa, c’è sempre una prima volta…
 
Nel frattempo la (Forse)-prima-volta in questione era stata rapita dalla professoressa Manzoni, la quale, con un tale cognome, non poteva che essere l’insegnante di Lettere.
Nicolas osservava da lontano il resto del liceo godersi il meritato intervallo, costretto all’interno della classe da una figuretta impettita che non gli arrivava nemmeno alla spalla: la professoressa, con l’espressione di una madre esigente che riservava a coloro i quali godevano del suo favore, gli stava sciorinando l’elenco delle cose che avrebbe dovuto fare con la la simpatica ragazza dell’altra classe, entrando tanto nel dettaglio che un’ulteriore spiegazione da parte di quest’ultima si sarebbe rivelata superflua se solo (fortunatamente per Nicolas) l’ingresso di alcuni studenti armati di merenda non le avesse ricordato che stava trattenendo un povero studente durante il suo unico quarto d’ora di respiro.
Se ne andò lasciandolo un sorriso incoraggiante ad appena due minuti dal suono della campanella.
-Je n’en pouvais plus!- Non ne potevo più!
La testa gli doleva ancora dopo un’ora di fisica durante la quale la prof aveva spiegato a velocità ultrasonica, mettendo a dura prova le sue conoscenze di italiano (anche se, a giudicare dalle espressioni smarrite dei suoi compagni, il problema non doveva essere solo la lingua…).
Fortunatamente aveva accanto a sé le bûcheur, il secchione della classe, un fissato con la fisica e la matematica da cui aveva copiato tutti gli appunti.
-Ehi, che hai Nico?-
La voce acuta di Cristina lo riscosse dal momentaneo intorpidimento: era stanco, esausto, distrutto. E mancavano ancora due ore alla fine delle lezioni.
Nico. Odiava quel soprannome, ormai lo chiamavano tutti così: era stupido, insignificante e, soprattutto, si confondeva con gli italiani Nicola, Niccolò e simili.
-Niente.-
La risposta non parve sortire alcun effetto: era evidente che quella della ragazza fosse una domanda di circostanza più che di autentico interessamento.
-Senti, so che ieri mi hai detto di no, ma ti capisco, eri stanco dopotutto.
Quindi ti ripeto la domanda: vuoi uscire con noi oggi? Ci saranno anche Riccardo, Edo e Federico. Allora, vieni?-
Quella ragazza sapeva essere davvero embêtant, irritante come poche.
-Ti ho già detto di no.-
Poi si accorse di essere stato un po’ troppo brusco nei suoi confronti, e tentò di rimediare.
-Mi dispiace, ho un impegno con mia madre, verrò la prossima volta.-
-C’è anche tuo cugino? Potresti invitarlo…- Serena stava allungando il collo come una giraffa per sbirciare all’interno dell’aula, poi, delusa per l’assenza del bel moretto, tornò al suo posto alla destra di Cristina.
La campanella decretò la fine dell’intervallo, ma non era appena cominciato? Tutta colpa di quella rompiscatole della professoressa!
-Lo farò. Adesso prendo le mie cose e vado.- diede loro le spalle per estrarre dallo zaino un libro tristemente noto agli studenti italiani di seconda superiore in quanto è solito pesare nelle loro cartelle: lo attendeva un’ora di Promessi Sposi con la simpatica ragazza dell’altra classe.
-Cominci le lezioni con Sofia, giusto?- gli domandò Serena arricciando il naso divertita.
-Non sono lezioni.- precisò orgoglioso. Poi pensò che sapere qualcosa di più sulla nuova compagna di studi non sarebbe stato male –Lei com’è?-
-Fortunatamente non ci ho molto a che fare,- rispose concitatamente Cristina, ansiosa di poter esprimere la sua aperta antipatia per la compagna dell’altra sezione –è noiosa e si crede chissà chi solo perché va abbastanza bene in italiano. È brutta.- aggiunse dopo un attimo di riflessione.
Quest’ultima precisazione, detta con ben più di una punta di cattiveria, fece sorridere Nicolas.
-L’ho già vista, so che sei più bella tu.- uscendo ammiccò all’indirizzo della ragazza, che, in tutta risposta, decise di varcare la soglia dell’aula nello stesso momento in cui vi passava lui, strusciandoglisi addosso più di quanto non sarebbe stato suo diritto fare se fosse stata larga il doppio della sua taglia effettiva.
Forse non tutti gli aspetti della sua nuova vita sarebbero stati negativi, anche se ragazze come Cristina non era difficile trovarne nemmeno in Francia, con la differenza che a quell’ora avrebbe probabilmente studiato Madame Bovary per i fatti suoi anziché I Promessi Sposi con una ragazza che non rientrava certo nella sopracitata categoria delle Cristine...
A pochi passi dalla porta incrociò la professoressa Manzoni, che volle fare sfoggio delle sue conoscenze di francese rispolverando ricordi del liceo.
-Aula novantasette, quatre-vingt-sept.-
Nicolas vagò per i corridoi fino all’aula quatre-vingt-sept, 87.
Aprì la porta trovandovi una quinta impegnata in una verifica di scienze.
Richiuse l’uscio velocemente, fulminato dal professore in aula.
-Où se trouve cette classe? Malédiction!-
 
 
*Angolo dell’autrice*
Bonjour à tous! Rieccomi dopo un vergognoso mese d’assenza: mi limiterò a dire che eviterò in tutti i modi altri ritardi del genere, perché dovendomi scusare come si deve non la finirei più (e non ho il tempo di fare nemmeno quello, grazie alle mie spiccate capacità di organizzazione!).
De toute façon, in questo capitolo Sofia tenta di fare chiarezza sull’idea che ha di Nicolas con l’aiuto delle amiche, col risultato di avere la testa ancora più incasinata di prima anche senza l’intervento del Grillo Petulante (che nella sua breve comparsa ha dimostrato tutta la sua immaturità!).
Laura, che vede rosa anche oltre il suo armadio, è già in cammino verso l’altare nelle vesti di damigella d’onore: non le è piaciuto affatto l’atteggiamento di Nicolas, tuttavia non serba rancore e, dietro la facciata angelica, si diverte un sacco a punzecchiare Sofia.
Al contrario Nicole, più riflessiva, teme per la sua migliore amica: ha quasi paura che a Sofia possa piacere il nuovo ragazzo francese, per cui prova una subitanea avversione. Tuttavia, dovrà guardarsi lei stessa le spalle…
Infine abbiamo Nicolas, preso in ostaggio dalla professoressa Manzoni ed esaurito dopo tre ore di scuola che, poverino, non riesce nemmeno a trovare la sua classe grazie all’intervento della sopracitata prof!
Le premesse per la loro prima lezione non sono certo delle più rosee: lei con attacchi di tachicardia ogni volta che si trova a meno di venti metri da lui, lui con la luna di traverso e manie omicide verso la professoressa di italiano… cosa combineranno questi due chiusi in una stanza?
 

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