Madness

di ThreeRavensBlondie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


                                                  Introduzione

                                                 Esplodere

 
Era domenica mattina e a Londra il tempo era nebbioso e nuvoloso, addirittura freddo, sebbene l’estate non fosse ancora finita. Tuttavia, i cittadini londinesi erano più che abituati al maltempo, e svolgevano le loro abitudinali attività presso le vie della città.
C’era chi vendeva lo Strand, chi lavorava negli uffici, chi vendeva cibo o chi faceva una passeggiata per puro svago.
Jamie Parker stava ancora sonnecchiando sotto le lenzuola verdi quando la sveglia suonò all’impazzata.
Aprì di malavoglia gli occhi color nocciola e guardò l’ora: mezzogiorno.
Possibile che si fosse svegliato così tardi? Certo, era comprensibile, si disse ripensandoci, visto che la notte prima non aveva fatto altro che starsene chiuso in camera a leggere fumetti gialli, fino al crollo definitivo.
Si alzò goffamente e si stirò, scompigliandosi con la mano i capelli biondi.
Si voltò verso il letto e vide l’enorme quantità di libriccini dalla copertina gialla ammucchiata infondo alle coperte.
« Devi uscire più spesso, Jamie » si auto ricordò il ragazzo aprendo le tende navy.
La luce filtrò attraverso i sottili vetri delle finestre ed illuminò la stanza, cosicché scomparve immediatamente quel pesante buio, lasciando il posto all’azzurro delle pareti sulle quali erano appesi con una notevole quantità di nastro adesivo i poster delle sue band preferite in assoluto: i Muse e i Green Day.
Si avviò in cucina strascicando il passo sulle mattonelle bianche e lucide fino ad arrivare al tavolo di ciliegio dove sua madre era seduta guardando la televisione con un bicchiere d’acqua in mano, e il telecomando nell’altra.
« ‘Giorno, mamma» disse Jamie con tono assonnato strofinandosi un occhio con la mano.
« Alla buon ora, eh » rispose lei , semplicemente, voltandosi verso di lui con un sorriso stiracchiato.
Si chiamava Alannis Fillard, aveva 44 anni e lavorava come fiorista nel negozio che condivideva con il fratello Bauer, Blooms and Gardening.
Bauer aveva 41 anni e, come la famiglia Parker, viveva in Drury Lane, con la differenza che lui abitava nella casa di fronte, al di là del marciapiede.
Si somigliavano molto, Alannis e Bauer: avevano entrambi i capelli marroni e ricci e gli occhi celesti.
« Hai fame? » chiese la mamma fissando il televisore, come ipnotizzata.
« Sì, un po’. Cucinami la colazione, per favore» rispose il figlio guardando a terra: si aspettava già che lei rispondesse che avrebbe dovuto aspettare il pranzo.
Sentendo solo la voce della televisione e niente intorno a lui muoversi, Jamie alzò il capo e vide che sua madre era ancora di fronte alla tv e non si era spostata di mezzo centimetro.
« Mamma.. va tutto bene? » fece lui, vedendo un’espressione di terrore salire al volto della madre.
« Diciamo» replicò lei, indicando il televisore « Guarda cosa è successo»
Il ragazzo obbedì e si voltò verso la tv accesa, che stava trasmettendo a gran voce un Telegiornale dell’ultima ora con sotto il titolo a caratteri cubitali:
TRAGICA ESPLOSIONE AL MANICOMIO ‘SAINT- REMY’
«Nella notte fra il 2 e il 3 settembre, a nord- ovest della regione francese, precisamente nella Bretagna, in uno dei più grandi ospedali psichiatrici europei in cui visse anche Vincent Van Gogh è stata innescata una bomba al secondo piano, nella stanza delle radiografie. Le vittime ritrovate sono 24, di cui 9 medici. 79 persone sono ferite superficialmente e ricoverate, mentre 5 pazienti sono ancora dispersi. E’ possibile che siano sepolti tra le macerie oppure che, in preda al panico siano fuggiti verso le strade francesi. Questi sono i pazienti non trovati:
- Alice Duér ( 51 anni)
- François Làcroix (37 anni)
-Yvéttè Noir (62 anni)
-Deith Le Blanc (20 anni)
- Ràmon Barret (24 anni)
Nel caso capitasse di vederli avvisate subito “TeleMondoNews70” al numero…»
 
« Oh, ma è terribile! » esclamò Jamie, addentando un biscotto.
« Lo so, pensare a tutti quei morti. E peggio ancora, cinque di quei pazzi sono a piede libero» si lamentò la mamma, posando il telecomando sul tavolo.
« Ma di quello non dobbiamo preoccuparci, li riprenderanno senz’altro. Sono fuori di testa, non sapranno cosa fare. E poi la Bretagna è in Francia! Sono i francesi a doversi preoccupare, noi no, visto che tra l’Inghilterra e la Francia c’è il mare » spiegò il ragazzo.
« Esistono cose che si chiamano ‘navi’, fratellone » intervenne una vocina alla porta della cucina. Leslie Parker, la sorellina undicenne di Jamie entrò nella stanza come se fosse una regina, col il naso all’insù e gli occhioni azzurri rigorosamente chiusi.
« Leslie, ti prego, cosa vuoi saperne tu?.. » ribatté il fratello.
« Per tua informazione, Jamie, io sono più intelligente di te, quindi immagino tu non debba far altro che ascoltarmi » disse la ragazzina scuotendo i capelli biondi raccolti in una treccia « L’anno scorso a scuola abbiamo studiato il sistema nervoso, nel quale è compreso il cervello. Il cervello è diviso in varie zone che hanno diverse funzioni: il lobo frontale, il lobo temporale, eccetera eccetera » continuò, scuotendo il suo braccio regale « E ognuno di questi è come se dipendesse dall’altro. Questo significa che quando un tessuto si rovina, piano piano finiscono per distruggersi tutti e la persona in questione non sa più chi è. Perde quella che si chiama coscienza, cosa di cui tu, fratellone, sei privo»
« Attenta a come parli, gnomo! » fece lui, puntandole il dito contro. Quanto era fastidiosa, quella bambinetta.
« Stavo scherzando! » si affrettò a dire Leslie notando lo sguardo severo della madre « Dicevo, l’uomo non sa più quello che fa e finisce per far del male a tutti per puro divertimento, l’unica parte che rimane intatta della materia grigia»
«Senti, perché non parli una lingua comprensibile?» chiese Jamie, alterato, fissando la sorella che si stava sistemando il pigiama rosa.
« Io parlo normale. Sei tu che sei troppo stupido per capire » e, detto questo uscì dalla stanza ben attenta a strusciare i piedini adorni di ciabatte piene di paillettes a terra.
Il ragazzo si voltò a guardare le foto segnaletiche alla tv che ritraevano i cinque dispersi. Non si sarebbe stupito se il giorno dopo appesi per le città del mondo ci sarebbero stati manifesti da ricercato con premi in denaro nel caso che il soggetto venisse trovato.
Alice Duér era una donna bionda di mezz’età, ma sembrava avere un’aspetto trasandato che le dava anni in più: i capelli erano disordinati e la camicia da notte che indossavano tutti i pazienti era sporca e sgualcita. Sembrava assente con la mente, assorta nel suo mondo.
François Làcroix invece era un uomo adulto dalla faccia disperata,spaventata, e i capelli venati di bianco, come se avesse visto un fantasma. Chissà.. magari l’aveva visto sul serio..
Yvéttè Noir era una vecchietta che dava l’idea di una nonna amorevole partita con il cervello.
Deith Le Blanc era una ragazza giovane con i capelli rossi, dalla pallida faccia e profonde occhiaie sotto gli occhi chiari.  Aveva un’espressione dura.
Infine, Ràmon Barret era un giovanotto dall’aria psicopatica  e lunatica. Gli occhi sporgenti e chiari gli davano un’aria spiritata. Completamente pazzo.
« Guarda quel Barret » disse la mamma « ha proprio l’aria di uno che vuol far del male»
Era vero. Sembrava compiaciuto e che da un momento all’altro l’immagine del pazzo sarebbe scoppiata in un’agghiacciante risata malata.
Jamie deglutì. Chissà il panico che girava in Francia, magari uno tornava a casa e si ritrovava un pazzo di quelli sotto al letto o peggio ancora nella vasca da bagno, stile film horror dei vecchi tempi.
I suoi macrabi pensieri furono improvvisamente interrotti dal portone che si apriva e una voce profonda e allegra giunse dalle scale:
« Sono tornato!»
« Ciao papà » gridarono Jamie e Leslie all’unisono.
Clive Parker, il capofamiglia, aveva 49 anni e lavorava come contabile. Portava una valigetta in una mano e una copia dello Strand nell’altra. La cravatta era storta e la camicia abbottonata male.
« Avete visto la notizia dell’ospedale psichiatrico? E’ in prima pagina! » esclamò sventolando il giornale.
« Si, lo sappiamo. Lo sa tutto il mondo, a quanto pare » ribatté la mamma, inarcando le sopracciglia.
« Vi prego, basta di parlare di questo. Mi sta venendo la depressione! » disse Jamie, spossato.
« Va bene, allora sentiamo di cosa vuoi parlare tu » fece il papà sedendosi a tavola, mentre la mamma gli serviva le uova all’occhio di bue.
« Io non ho niente da dire. Ho solo una cosa da chiedervi: oggi vado a fare due passi con Kenny, va bene per voi?» ribatté il ragazzo, torcendosi le mani.
« Te l’ho già detto che quello non mi piace » esclamò la mamma, improvvisamente seria «E’ un ragazzo senza personalità, privo di carattere.. »
« Tu non lo conosci » tagliò corto Jamie, anche se sapeva che nelle parole della mamma c’era un fondo di verità « Comunque, posso andare? »
« D’accordo, va’ pure » concluse lei, scocciata.
 
 
 
Quel pomeriggio un piccolo raggio di sole fece capolino attraverso le nuvole e la nebbia sparì di colpo.
Jamie era appoggiato al palo vicino alla gelateria ‘Gluttony ’  e attendeva il suo compagno fissando l’orologio da polso che suo zio Bauer gli aveva regalato quando aveva finito la scuola media.
« Ehi, Jamie! »
Jamie si voltò sentendosi chiamato. Kenny Johnson, un ragazzo muscoloso, alto, con i ritti capelli castani, gli occhi scuri e un gran sorriso stampato in faccia gli correva incontro salutandolo con la mano.
« Kenny! Fatta una bella estate? » chiese Jamie dando all’amico una pacca sulla spalla.
« Tranquilla. Siamo andati due settimane in Francia e poi un’altra settimana a trovare la nonna nel Galles » rispose Kenny , stringendo le spalle.
« Io sono contento che sia finita. Mi annoio. E poi non ho più visto ragazze.. eccetto mia sorella » mormorò Jamie, incrociando le braccia.
« Nemmeno io se è per questo. E se proprio vuoi la mia opinione anche io la penso come te. Speriamo questi ultimi giorni passino velocemente. Voglio rivedere i compagni. A proposito, ho chiesto a Bit di venire a fare un giro con noi, ti spiace? »
La sincera risposta di Jamie sarebbe stata ‘si’, ma penso che magari poteva risultare maleducato. Kenny era suo amico da tempo, ormai, e non voleva ferirlo.
«No, non mi spiace » mentì.
«Bé, menomale. Oh, ecco che arriva! BIT! » gridò Kenny facendo cenno a un ragazzo in lontananza di avvicinarsi.
Jamie non aveva un rapporto di amicizia con Bit Farren, anche se erano nella stessa classe. L’aveva sempre identificato come un arrogante, superficiale e sbruffone. Non riusciva a capire cosa Kenny ci trovasse in quel tipo. Erano amici per la pelle dall’asilo, quei due, ma non era una giustificazione valida. E la cosa più irritante era che tutti volevano far parte della combriccola di Bit, che a quanto pare appariva forte e simpatico agli occhi di tutti, meno che a quelli di Jamie. Bit indossava maglie larghe il doppio della sua taglia con scritte di canzoni rap che Jamie non ascoltava, pantaloni strappati e delle catene gli pendevano dal collo; a Jamie ricordavano tanto quei catenacci con le campanelle al collo delle mucche. Portava i capelli castano chiaro tirati indietro, fissati col gel. Ne adoperava così tanto che se qualcuno gli avesse toccato la testa con la mano gli sarebbe rimasta attaccata dietro la sua nuca.
« Bella Kenny! » esclamò Bit dando un ceffone all’amico, e Jamie intuì che era quello che lui intendeva un ‘saluto amichevole’. Poi Bit si voltò verso Jamie e disse semplicemente:
« Parker»
«Sono felice di vedere che ricordi il mio nome, Bit » replicò Jamie, mettendo quanto più disprezzo poteva nell’ultima parola.
I due si guardarono intensamente, come se volessero fucilarsi con gli occhi.
Kenny decise di rompere il ghiaccio.
«Allora! Prendiamo un gelato? »
Dopo un quarto d’ora di fila e altrettanti dieci minuti persi a causa di Bit che non riusciva a scegliere tra la stracciatella o il pistacchio, uscirono dalla gelateria e si misero a sedere in uno dei tavolini là di fronte.
«Dove sei stato in vacanza, Bit? » chiese Kenny, mangiando il suo gelato fragola e pesca.
«A Ibiza, ovviamente» rispose l’altro, fissandosi le unghie.
Jamie non aveva dimenticato che i genitori del ragazzo possedevano una ditta edile, perciò erano straordinariamente ricchi. Un altro motivo dell’atteggiamento fanatico di Bit.
«E tu, Parker? » riprese Bit «Immagino che sarai rimasto a casa tua tutta l’estate. Di solito è così che passi le vacanze, vero? »
La rabbia avvampò dentro Jamie, ma fuori rimase impassibile. E’ vero, lui non era ricchissimo. Era un ragazzo umile come altri, che non potevano permettersi vacanze estive a causa di problemi come il mutuo, le rate dell’auto e altri debiti.
«Sì, infatti. Sono rimasto a casa » concluse a denti stretti.
Kenny, per fortuna, capì che l’argomento ‘vacanze’ era una cosa da evitare. Quindi si affrettò a cambiare argomento.
«Ehm, avete sentito del manicomio? Quello in Francia? »
«Sì.. speriamo ritrovino quei cinque » commentò Jamie.
« Uno l’hanno trovato » disse Bit, fissando due ragazze ridacchianti che entravano nel bar.
«Cosa?! Chi hanno trovato? » fece Kenny, tutto interessato.
«La vecchia.. quella più vecchia di tutti, era sepolta sotto le macerie. Viva per miracolo. Immagino che ora sarà più pazza di prima. L’ho visto in tv prima di venire qui» spiegò Bit, distogliendo lo sguardo dalle ragazze, che ormai se ne erano andate.
«Mmm » mormorò Jamie «a me preoccupava un po’ l’ultimo.. com’è che si chiamava? Quello sciroccato.. »
« Ràmon, mi pare..» rispose Kenny.
«Sì, lui » confermò Jamie « Avete visto la faccia? Sembrava…»
«..pazzo? » concluse Bit con un’ espressione decisamente stupida.
Jamie lo guardò male.
«E pensare che io ci sono anche stato in Francia! E sono anche passato dalla Bretagna.» disse Kenny, rabbrividendo. «Credo siano tutti un po’ matti, là. C’erano adulti che andavano a giro con una specie di triciclo gigante, dei vecchi che quando passavano dai fruttivendoli mangiavano la merce senza pagare e poi c’era una tizia che mi guardava fisso da sotto il cappello, come se avessi qualcosa di strano sulla faccia.»
Bit neanche lo stava ascoltando, ma si limitava a fare gli occhiolini alle ragazze che passavano.
Jamie osservò l’orologio: erano le sette passate.
«Scusatemi, ora devo proprio andare o mia madre mi ammazza: altro che i pazzi del manicomio! Ci vediamo a scuola, quando ricomincia! » li salutò Jamie.
« Uh, è vero! E’ proprio tardi» disse Kenny, alzandosi.
«Sì, anche io me la squaglio.. Ciao Kenny. Parker. » fece Bit, salutando Kenny e alzando la testa verso Jamie come cenno di congedo.
 
Tutti e tre andarono in una direzione differente, non accorgendosi che una strana figura li osservava interessata dal dietro del cartellone pubblicitario del fast food.

                                                

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


                                                                                                     Loreley Brookes




La mattina del 15 settembre, Jamie si alzò circa cinque ore prima dei giorni in cui era in vacanza. Aprì l’armadio e scelse con cura la divisa più pulita per la scuola, visto che alla fine dell’anno scolastico precedente non si era neanche preoccupato di mettere gli abiti usati in lavatrice. Indossò il maglione a tema scozzese blu e i pantaloni abbinati blu notte. Sistemò il cravattino bianco e nero attorno al collo e strinse così forte per il nervoso che per poco non si strozzò.
Poi prese la borsa e vi infilò le materie che avrebbero avuto quella mattina: due ore di Inglese, una di Algebra, una di Biologia e l’ultima di Francese.
Bella roba, pensò Jamie, avere lo zaino pesante già il primo giorno. Ma dopotutto, era necessario se non volevi farti prendere di mira da quelle carogne di professori.
Poi corse verso la cucina e prese un’invitante mela verde dalla ciotola di frutta poggiata sul tavolo.
«Sei pronto? » chiese la mamma, finendo il caffè in un sol sorso.
«Si, credo di si » rispose Jamie addentando la mela.
«Faresti bene a studiare sodo, quest’anno. Frequenti il secondo anno di liceo e non puoi gingillarti » gli ricordò il papà, mentre leggeva il quotidiano, con la sua solita cravatta stravagante del giorno prima.
«Lo so, lo so! Non serve che me lo ricordiate tutte le volte. Ditelo anche a lei, ogni tanto » si lamentò il ragazzo, indicando la sorella che smise di mangiare i suoi corn flakes appositamente per dire:
«Loro non mi dicono niente perché sanno che non sono stupida »
«Leslie! Fai colazione e zitta » la rimproverò sua madre.
Lei fece una smorfia e torno a imboccarsi con cucchiaiate piene di cereali.
«Avete sentito? Hanno trovato altri due dei dispersi » disse il papà, indicando la televisione accesa.
Il ragazzo si avvicinò al televisore, si accucciò sulla sedia libera più vicina alla TV e ascoltò attentamente, curioso:
«E’ stato trovato tra le 4.30 e le 5.00 del mattino due dei pazienti dispersi del Saint-Rèmy, l’ospedale psichiatrico esploso due giorni fa in Francia. Sono stati avvistati tra le macerie Ramòn Barret -20 anni- e Alice Duér-51-, entrambi morti per il trauma contundente delle macerie. Ma aspettiamo l’autopsia per verificare la causa delle morti. Ancora dispersi François Làcroix e Deith Le Blanc.. Si cerca inoltre il criminale che ha innescato la bomba nel manicomio..Nel caso notaste due persone che somigliano loro vagamente, contattate immediatamente TeleMondoNews70..  »
 
Ricomparvero di nuovo le foto segnaletiche dei due rimasti.
«Visto? Non sono andati lontano, sono entrambi sotto le macerie! » disse Jamie.
«Certo, ma speriamo che sianovivi, sotto le macerie! » rettificò il papà.
«Io non la vedo come te, papà. Sono matti spericolati: potrebbero far del male alle persone.» intervenne Leslie, con voce solenne «Non mi dispiacerebbe affatto se, ecco, venissero soppressi.»
«Leslie! Ma come puoi dire una cosa simile?!» esclamò il papà, indignato «Saranno pazzi, ma sono pur sempre esseri umani!»
«Ma infatti dico solo che…»
Zip!
Un rumore acuto fece ammutolire la ragazzina e avvisò che la mamma aveva spento la tv.
«Muoviamoci, o facciamo tardi » disse, incominciando a lisciare i capelli del figlio.
Liberatosi subito dalla presa della madre, Jamie si mise la borsa in spalla e si chiuse il portone alle spalle; salutò il padre e attese che la madre e la sorellina salissero sull’auto.
Poi la mamma fece partire la macchina e dopo circa un chilometro fece scendere Leslie alla scuola media ‘St. Mary Mead’, dove saltellò felicemente riunendosi alle sue amichette, che, a parere di Jamie, avevano l’aria parecchio idiota.
Poi, 700 metri più avanti, Jamie salutò la madre, scese dall’auto e varcò il cancello del liceo. Era stipato di studenti.
Quelli di prima stavano tutti ammucchiati vicino ai portoni, timorosi di entrare. Al contrario, gli anziani di quinta erano fuori dal cancello.
Poi Jamie li avvistò: seduti sul basso muricciolo di pietra all’interno del cortile c’erano i suoi compagni di scuola.
Kenny gli venne incontro e lo salutò cordialmente. Bit, invece, si limitò a fare una squallida risatina. Poi arrivò anche Hazel Rufles, una ragazza bassa con i capelli castani corti sempre raccolte in due codine e dei grandi occhi verdi.
«Ciao Jamie! » esclamò Hazel saltellando davanti a lui.
Hazel era la sua migliore amica e, un po’ come con Kenny, si conoscevano dall’inizio della scuola media. Sempre allegra e socievole, ma spietata quando viene criticata. Ma erano aspetti di lei che la facevano essere davvero simpatica.
Poi vide Moona Hanson, una ragazza dai capelli ramati corti fino alle spalle, tante lentiggini in faccia e l’apparecchio in bocca discutere animatamente con Eddie Douglas, un ragazzo nero con gli occhiali  e i corti capelli castano scuro. Tutti li chiamavano secchioni, termine da loro disprezzato. Ma in realtà era proprio così: erano i primi della classe in tutte le materie, parlavano di scuola anche nelle vacanze, studiavano tutto il giorno, perfino dopo cena. Jamie e i loro compagni sospettavano che tra loro ci fosse qualcosa, nonostante la rivalità nei voti. Moona era spesso presa in giro da Bit, ma quest’ultimo non osava mai avvicinarsi a Eddie, visto che suo padre era il famoso sergente di Scotland Yard, William Douglas.
Riconobbe anche Raily Bicket, un ragazzino lunatico con la fissa sugli alieni e il suo amico Stan Zenith, un tipo buffo con i capelli neri lunghi alle spalle legati in un bizzarro chignon.
Poi vide Olivia Crane e Angie Dover, una mora e l’altra bionda con i capelli ricci che si dichiaravano le più invidiate dell’intera scuola, quando invece venivano soprannominate da tutti a loro insaputa ‘le due zitelle’.
 Erano tutti là, cresciuti rispetto all’anno prima, ma sempre con le stesse facce spossate e amichevoli –quasi tutte- di sempre.
Quando suonò la campanella, la folla di studenti entrò dentro l’enorme liceo. Poi Hazel indicò la classe in cui erano incisi su una targhetta argentata i due segni ‘2°G’.
« Siamo qui, siamo qui! Bit, dove vai? Siamo in quest’aula qua!» gridò vedendo che il ragazzo stava andando ancora avanti.
Entrarono.
La classe era più luminosa di quella dell’anno precedente, c’erano più banchi e accanto alla lavagna c’era un video proiettore.
« Accidenti!» mormorò Riley, strabuzzando gli occhi.
Kenny stava chiaramente per imprecare di sorpresa quando vide il proiettore ma venne bloccato in tempo da Jamie con una gomitata. Era stato l’unico ad accorgersi che il professor Cavendish di Inglese era già seduto alla cattedra.
« Salve, ragazzi» disse con la sua solita voce pacata e lenta.
Tutti presero posto –Jamie si sedette accanto a Hazel e Kenny vicino a Bit- e risposero:
«Buongiorno, professore »
«Sono felice di vedere che siete molto cresciuti, e spero che lo siate anche mentalmente. Questo sarà un anno molto duro, ci sarà da lavorar sodo, i pigri possono anche prendere i bagagli e uscire di qui..»
Bit, fece per prendere un bagaglio invisibile e si alzò dalla sedia con aria sconfitta. Il professore si voltò a guardarlo e lui, quando vide che quasi tutti ridacchiavano , si rimise a sedere compiaciuto sulla sedia con le braccia incrociate e la faccia da idiota.
«Grazie, signor Farren.» sbottò il prof «Ora, abbiamo una novità quest’anno. Al vostro percorso si aggiungeranno due nuovi ragazzi, salutate Zeke e Loreley » e con la mano fece cenno ai due nuovi studenti di entrare.
Così fecero, e si fermarono di fronte alla lavagna.
«Presentatevi, su » li incitò il professore.
«Io sono Zeke Lennox» disse con voce monotona il primo. Era un ragazzo molto alto, aveva una spruzzata quasi invisibile di lentiggini sul naso lungo e gli occhi grigi. I capelli castani scalati erano nascosti sotto al berretto e Jamie, ebbe l’impressione che non se lo sarebbe mai tolto.
«Mi chiamo Loreley Brookes! » fece la seconda con voce dolce, sorridendo. Jamie la guardò con tanto d’occhi e sentì un piacevole calore salirgli alle guance. Non era male, anzi, era molto carina. Aveva i capelli castano mogano lisci e lunghi fino al petto in contrasto con la pelle tenue e gli occhi azzurri le illuminavano il volto. Era abbastanza magra e di statura alta più o meno come Jamie.
Bit  sghignazzò, cosa che non passò inosservata al professore, che subito disse:
« Hai una battuta da fare, Farren? Facci fare una sana risata a tutti!»
Loreley non aveva ancora perso il suo sorriso smagliante.
«Niente di personale, prof, è solo che.. » riuscì a stento a trattenere le lacrime «i manici di scopa sono nello sgabuzzino al piano di sopra.. se Brookes vuole unircisi!»
Poi scoppiò a ridere e parecchi alunni gli andarono dietro ridacchiando. Olivia e Angie sbraitarono di risate come due galline. Kenny, Jamie e Hazel furono gli unici che non risero.
Jamie guardò Loreley di scatto e vide che il suo raggiante sorriso si stava spegnendo lentamente.
La ragazza fissò Bit che ancora ghignava. Quando smise di ridere posò lo sguardo su di lei e vide che lo fissava intensamente con un’espressione ferma. Lui incominciò a guardare ovunque, tranne che il suo volto. Era forse imbarazzato?
«Bene, potete sedervi » concluse Cavendish.
Zeke, senza dire niente e senza guardare nessuno, barcollò fino al banco in fondo alla stanza e si sedette osservandosi le mani.
«Puoi sederti qui, se ti va » disse Jamie a Loreley che sentendosi chiamata smise di fissare Bit e rispose:
« Si, grazie!» e prese posto accanto a lui. Jamie le fece un sorriso compiaciuto che lei ricambiò.
Il professore si mise ad accatastare delle schede sulla cattedra, quando Jamie decise di attaccare discorso con Loreley, che stava sistemando l’astuccio sul banco.
«Va tutto bene? Io sono Jamie e lei è Hazel »
Loreley si voltò e sorrise a tutti e due:
«Piacere!»
«Non prendertela per quello che ha detto Bit Farren, è un cretino, si diverte a fare il fanatico e a prendere in giro tutti » le spiegò Jamie.
« Sì, me ne ero accorta. Non sopporto per niente quel genere di persone» dichiarò lei.
« Neanche io, solo Kenny è suo amico.. Tutti cercano di entrare nelle grazie di Bit, ridendo alle sue battute o dandogli sempre spago. Ma pare che l’unico che lo compiaccia sia Kenny» replicò Jamie, indicando il ragazzo accanto a Bit.
«Oh, capisco » fece lei, soffermandosi a guardare Kenny, che si accorse di essere osservato e ricambiò lo sguardo di Loreley. Lei lo distolse violentemente, la pelle chiara tinta di un leggerissimo rosa.
La lezione trascorse tranquillamente parlando di che cosa era successo di interessante durante le vacanze. Avevano parlato tutti quanti. Tutti tranne Zeke e Loreley.
«Signor Lennox, vuoi dirci dove hai passato la tua estate?» chiese il professor Cavendish voltandosi verso di lui.
«Sono andato a Singapore per il lavoro di mio padre e poi ci siamo trasferiti qui dall’Irlanda del Nord » rispose lui, strascicando la voce e non muovendosi di un millimetro.
« Oh, bene» fece Cavendish «E tu, signorina Brookes, dove hai viaggiato?»
«Ehm..» incominciò lei, con voce spezzata «Veramente non sono stata da nessuna parte. Come Zeke, anche io mi sono trasferita da poco»
«E dove abitavi prima?» continuò il professore, curioso.
«Qui da queste parti..» rispose lei, vaga, osservando il soffitto.
Bit sbuffò, cosa che non passò inosservata a Loreley, che lo fulminò nuovamente con lo sguardo.
Fortunatamente, il professore non assegnò nessun compito.
La professoressa Gascoyne di Algebra, passò direttamente dai saluti di buon ritorno a svolgere compiti in classe.
«Dunque, sarete arrugginiti, immagino. Qualche equazione parametrica vi olierà la memoria. Kenny, fammi il favore di distribuire queste fotocopie a tutti» disse.
Kenny si alzò lentamente, prese le fotocopie indicatogli sulla cattedra e incominciò a distribuirle incominciando dalla sua fila per poi andare in quella di Jamie.
Quando posò la scheda sul banco di Loreley, lei alzò gli occhi e intercettò lo sguardo del ragazzo. Lui la fissò a lungo. Poi si accorse che stava lì rigido e immobile come un palo e si sbrigò ad andare alla fila di Riley.  Loreley chinò la testa e un sorrisetto le sfiorò le labbra.
‘Incominciamo bene’ pensò Jamie, seccato.
Conclusa la lezione di Algebra con la prof. Gascoyne, suonò la campanella dell’intervallo e tutti gli studenti si scaraventarono fuori dai banchi.
Jamie si fiondò alla macchinetta delle merendine seguito a ruota da Hazel.
Una volta preso lo snack si voltò verso l’amica e disse:
«Simpatica, quella Loreley, non trovi?»
«Io ho notato più che altro come lei e Kenny si sono guardati. Ma hai visto? Si sono mangiati con gli occhi! » esclamò Hazel, sgranando gli occhi.
«Non ci ho fatto caso... A proposito, dov’è lei?» disse, guardandosi attorno e affrettandosi a cambiare discorso.
«E’ rimasta in classe.. Senti, io vado da lei, non mi piace che rimanga sola il suo primo giorno di scuola. Voglio farci amicizia!» fece Hazel, avviandosi in classe. L’amico la seguì.
Non appena varcarono la soglia dell’aula si presentò loro davanti la seguente scena:
Loreley era seduta al proprio banco e non mangiava. Kenny si avvicinò a lei traballante e si sedette al posto di Jamie. Loreley avvampo’ guardandolo. La mandibola di Jamie si contrasse.
«Io sono Kenny. Tanto piacere.. ehm, Loreley, giusto?» disse lui incerto, porgendole la mano.
Lei non la prese subito, ma la guardò con tanto d’occhi.
Jamie sperò con tutto il cuore che lei non afferrasse la mano del ragazzo, e pregò un aiuto dal cielo. Magari una navicella spaziale sarebbe atterrata proprio sopra Kenny e l’avrebbe risucchiato via, così Jamie sarebbe potuto andare da Loreley e passarci un po’ di tempo insieme.
 La ragazza si accorse di star fissando la mano del compagno da parecchi attimi, quindi distolse lo sguardo per incontrare quello di lui, che sorrise.
Lei ricambio il sorriso e finalmente strinse la mano:
«Sì, piacere!»
Jamie non capiva perché tra proprio tutte le ragazze che c’erano nella classe, Kenny si dovesse interessare proprio a quella nuova.
«Vieni, andiamo a sederci più in qua, così li lasciamo un po’ da soli» gli propose Hazel, che sembrava molto felice del fatto che Kenny stesse baccagliando Loreley, spingendo l’amico ai banchi dietro la loro fila.
Incominciarono a mangiare e a chiacchierare, ma nel frattempo, ascoltavano con tanto di orecchie la conversazione tra i due ragazzi, soprattutto Jamie.
«Dimmi un po’..» incominciò Kenny «Stai nelle vicinanze?»
«Oh, sì. A un paio di isolati da qui..» rispose lei, sorridendo.
«Hai fratelli o sorelle?»
«Sono figlia unica.»
«Accidenti, anche io!» esclamò Kenny, con parecchio – forse troppo- entusiasmo.
Jamie sbuffò. Kenny era molto bravo a fare il ruffiano.
«Ti piace fare qualcosa in particolare, fuori dalla scuola?» continuò il ragazzo, incrociando le braccia. A quel punto, le intenzioni di Kenny non potevano non essere chiare a Loreley.
«Bé, sì. Mi piace disegnare, ballare... » disse lei , arrossendo debolmente «..mangiare il gelato all’amarena.. »
«Cioccolato e amarena sono i miei gusti preferiti! Un’altra cosa in comune, eh?» esclamò lui, alzandosi.
Lei lo seguì con lo sguardo.
«Senti» fece lui «ti andrebbe di fare un giro per i corridoi prima che  finisca la ricreazione?»
«Volentieri!» disse Loreley, alzandosi anche lei e avviandosi verso la porta.
Sfortunatamente, una brutta sorpresa la attese: Bit, che stava oltrepassando la porta, le fece uno sgambetto, facendola cadere distesa per terra.
«EHI!» gridarono Jamie e Hazel alzandosi contemporaneamente.
«Amico, ma che fai?!» chiese Kenny chinandosi per aiutare la ragazza a rialzarsi.
Ma contro le sue aspettative, lei lo scansò rialzandosi velocemente in piedi e, con i pugni stretti si rivolse a Bit.
«Qual è il tuo problema?! Cosa ti ho fatto? Perché mi tratti così?»
Lui era palesemente sorpreso, ma cercò di nasconderlo deridendola ad alta voce.
«Sei tu il mio problema. Ma ti sei vista? Sei ridicola! E tu, Kenny, come puoi andarle dietro? Se ti interessa sprecare il tuo tempo con questa qua, sei stupido pure tu. Ho sbagliato a credere che tu fossi quello più intelligente in questa classe.»
«Ma falla finita.» disse Loreley voltandosi e avviandosi fuori dalla classe «Kenny, andiamo a fare quel giro? Sta per suonare la campanella..»
Ma Kenny non si mosse, rimase lì impalato vicino a Bit, sfregandosi il braccio sinistro con la mano destra e guardando per terra. Non sentendolo venire, Loreley si voltò e lo guardò.
«Kenny..? » fece lei, la voce tremò.
« Vedi, Brookes, anche lui si è accorto quanto tu sia ridicola» intervenne Bit, ghignando.
Questo era davvero troppo, pensò Jamie, e Hazel sembrò pensare la stessa cosa perché si portò una mano alla bocca.
Si aspettavano entrambi che Loreley scoppiasse in lacrime e scappasse e, francamente, non l’avrebbero biasimata. Ma invece, sorprendendo Bit ancora una volta, fece un sorriso stiracchiato poi si cinse in modo piuttosto bizzarro il busto con le braccia, come se avesse freddo, e se ne tornò a posto pestando i piedi a terra. Reazione piuttosto strana.
Non poteva farsi umiliare così. Assolutamente no. 
Jamie si alzò e si posizionò di fronte a Bit:
« Hai esagerato stavolta, Bit»
« E se non m’importasse, Parker?» ribatté quello, inarcando un sopracciglio.
«Che cosa ti ha fatto di male? Niente! E’ appena arrivata e noi dovremmo farla sentire a suo agio, non maltrattarla! E poi non fai ridere nessuno, sappilo. Sei solo un pagliaccio!» fece Jamie, scaldandosi.
« Parker, forse non hai ancora ben capito come funzionano le cose qui: io faccio tutto quello che voglio. Posso benissimo dare fuoco ai libri, posso rompere i vetri delle finestre, posso prendere Brookes e sbatterla sulla cattedra» a quelle parole, Loreley gli scoccò uno sguardo di fuoco « oppure posso prendere te, Parker, e spaccarti la faccia a suon di pugni»
Kenny sussultò, ma non osò alzare gli occhi. Jamie, tuttavia, rimase indifferente.
« E’ il primo giorno, e non voglio problemi a causa di un perdente come te. E tu, Kenny, pensavo fossi più furbo, invece sei solo un burattino demente.» e detto questo, si sedette vicino a Loreley, seguito da Hazel che lanciò uno sguardo sprezzante a Kenny e a Bit.
«Tutto bene? » le chiese lui.
«Sì, grazie per quello che hai fatto » disse lei, rivolgendogli un sorriso.
Lo stomaco di Jamie parve sciogliersi e scaldarsi. Era proprio graziosa, decisamente graziosa. Hazel parve leggergli nel pensiero e si irrigidì, guardando altrove.
La lezione di francese successiva andò decisamente peggio delle altre. La professoressa Royal volle che tutti si alzassero e dicessero cosa avevano fatto quell’estate in lingua francese.
«Cavolo, è una faticaccia!» sussurrò Hazel, preoccupata, ascoltando Riley fare una figuraccia dopo la sua pessima esibizione davanti alla classe.
«Già.. è difficile anche per me che me la cavo piuttosto bene in francese» mormorò Jamie.
Quando toccò a lui tutti ridacchiarono: quell’estate non aveva ripassato niente di niente e andò malino. La professoressa aveva un’aria leggermente disgustata quando lo rimandò a posto. Aveva accostato parole a vanvera cercando di formare almeno una frase di senso compiuto, ma non ebbe molto successo.
«Non sei andato malissimo, dai!» lo consolò Hazel.
«Stai scherzando, vero? Avrò ripetuto dodici volte très bien, e poi ho detto porquoi  nella risposta al posto di parce que !» disse lui, prendendosi la testa tra le mani.
Hazel gli diede una pacca sulla spalla.
 Poi passarono a Loreley. Jamie ebbe la netta sensazione che non avrebbe fatto una bella figura neanche lei.
Povera Loreley, tre figuracce in una sola mattinata. Un record, forse.
E invece, accadde tutto il contrario di ciò che pensavano.  La ragazza parlò fluidamente e usò perfino la ‘r’ alla francese così che tutti la fissarono sbalorditi, Bit compreso, che ora la fissava a bocca aperta, troppo intensamente per rendersene conto. Kenny, che aveva tenuto gli occhi bassi per tutta l’ora, li alzò e fissò la compagna con un’espressione incredula, quasi di rimorso per quanto accaduto durante l’intervallo.
«Merci beacoup!» dichiarò la professoressa, alla fine del resoconto di Loreley, così colpita che non riusciva a smettere di lanciare sorrisi a quella che ora –a quanto pareva- era diventata la sua alunna preferita.
«Però!» esclamò Hazel, rivolgendosi a Loreley «Hai lasciato tutti di stucco, complimenti!»
«Non sono stata poi così brava!» rispose Loreley, sedendosi.
‘E’ anche modesta, per la miseria’  pensò Jamie, meravigliato.
Quando la campanella suonò, tutti si alzarono in fretta e furia, precipitandosi fuori dalla porta.
«Ricordatevi che la prossima volta incominceremo ad usare i libri di testo!» gridò la professoressa, con nessuna speranza che qualche alunno l’avesse sentita.
All’uscita, Jamie e Hazel avvistarono Loreley in mezzo alla folla, che si  avviava verso i cancelli.
« Dì un po’, Loreley, com’è che parli così bene il francese?» chiese Jamie avvicinandosi a lei.
«I miei genitori vollero farmi prendere diversi corsi per imparare le lingue straniere: francese, tedesco, italiano e cinese. Sono costati molto, ma direi che ne è valsa la pena, no? » rispose lei velocemente, camminando più piano per stare al passo con Jamie.
«Altroché » intervenne Hazel , spuntando in mezzo fra Jamie e Loreley, ignorando l’irritazione che passò sul volto dell’amico «sei fenomenale! Dovevi vedere come Kenny e Bit ti guardavano!»
Loreley sorrise radiosa.
Era bello che una persona sorridesse così tanto, pensò Jamie.
«Senti, che ne dici se oggi pomeriggio andiamo insieme a prenderci un gelato? Così facciamo amicizia, ci conosciamo un po’ meglio» propose Jamie, con molto più coraggio di quanto si aspettasse.
Poi vide l’espressione un po’ delusa di Hazel.
«Anche Hazel!» si affrettò ad aggiungere «Saremo solo io, te ed Hazel. Nessun altro!»
«Ma sì. Perché no? » accetto lei, annuendo.
«Sì, anche io non ho problemi! Ti passo a prendere io, Loreley? Dove stai? » si offrì Hazel, soddisfatta.
«Oh no, tranquilla.. Sto vicino, verrò a piedi! Un po’ di moto, d’altronde mi farà bene. Non mi muovo da così tanto tempo.. » fece Loreley  accelerando il passo «Bene, io giro di qui. Ci vediamo oggi allora »
«Sì! Alle quattro e mezza da Gluttony » confermò Jamie, guardandola salutarli con la mano e sparire dietro la via.
Jamie e Hazel si rincamminarono verso le loro case, non molto distanti da lì.
«E’ simpatica.. no?» disse Hazel.
«Certo. E’ un po’ timida, ma deve solo adattarsi» fece Jamie.
«Non capisco perché Bit sia così scemo. E’ appena arrivata e deve fargli quelle cose» fece lei.
«E Kenny allora? Si fa trascinare da Bit in qualsiasi situazione! Si fa sfuggire una ragazza così carina..» esclamò Jamie, e la compagna si voltò immediatamente verso di lui, fermandosi.
«Ti piace?»
Lui, arrossendo appena, rispose velocemente «Non.. non ho detto questo. Ho solo detto che è carina..»
«Va bene» sbottò Hazel, in modo abbastanza secco «Sono arrivata a casa. Ci vediamo oggi, Jamie»
Jamie la guardò allontanarsi. Era una sua impressione o si era irritata un po’ alla fine della conversazione?
«Valle a capire, le donne» sbuffò il ragazzo, riprendendo a camminare.
 
 
 
«Com’è andata a scuola?» chiese la mamma, mentre cucinava uova e pancetta.
«Tutto ok» risposero all’unisono Jamie e Leslie.
«Mamma, oggi esco a prendere un gelato» dichiarò Jamie.
Sentì la madre smettere di muovere la padella e voltarsi verso di lui.
«Con quel Kenny? Ti ho detto che..»
«No, mamma, non con Kenny. Con Hazel!» rispose in fretta il ragazzo.
«E perché sei arrossito?» chiese Leslie, a voce alta, indicando le guance calde del fratello.
«Non sono arrossito. Spostati, Leslie» fece lui, spingendo la bambina da parte per mettersi a sedere.
«Ooooh, capisco» fece la sorellina, continuando a trotterellargli dietro «Jamie ha appuntamento con un’altra ragazza»
Ora il rumore fu chiaro e forte: la mamma lasciò andare la padella sbattendola sui fornelli. Poi prese Jamie per un braccio, lo trascinò in salotto, lo buttò sul divano e gli si sedette accanto:
«Chi è? Una nuova amica? Quanti anni ha? E’ inglese? Il mio piccolo Jamie si è preso una cottarella!»
Leslie scoppiò in una fragorosa risata, ricomparendo dalla cucina.
«E’ solo un’amica, si chiama Loreley, NON MI SONO PRESO UNA COTTA! Mamma, fatti gli affari tuoi!» esclamò tutto d’un fiato. Poi si alzò e andò a guardare la tv dove stavano trasmettendo novità agghiaccianti dalla strage del manicomio francese.
E’ stato trovato il cadavere di François LaCroix, schiacciato dal peso del muro esploso. Secondo l’autopsia, gli organi e le ossa erano compressi in modo grave, il signor LaCroix è  morto in pochi minuti per emorragia interna.
Riguardo i risultati dell’autopsia del signor Ràmon Barret, di anni ventiquattro, è stata scoperta una coltellata ai livelli dello stomaco. Non è stata individuata subito perché la morte lo deve aver raggiunto in pochi secondi e una volta defunto il sangue non ha avuto modo di uscire.
«E’ stato sicuramente un paziente» dice il dottor Umbriel, specializzato nella cura dei pazienti «Quei tipi di ferite sono causate da bisturi per operazioni. Bisturi che possediamo solo in questo ospedale, visto che il prossimo è distante circa sette chilometri da qui»
La signorina Deith Le Blanc, ventenne, non è ancora stata trovata, ma tutto l’ospedale è stato setacciato da cima a fondo. E’ possibile che Deith sia scappata? I gendarmi stanno ancora indagando.
«Non escludiamo il fatto che possa essersene andata. La forestale sta setacciando i boschi e i laghi qui vicino, ma stiamo ancora cercando tra le macerie. E’ difficile dire se Deith sia viva o morta, ma è probabile che si trovasse proprio accanto alla bomba nel momento dell’esplosione. In quel caso, sarebbe a dir poco impossibile ritrovare il corpo della ricercata, visto la notevole potenza rilasciata dall’esplosivo…»
Incominciati anche gli interrogatori tra i parenti delle vittime, fatto alquanto complicato visto che la famiglia di Deith Le Blanc si è trasferita da tempo…’
«Dannazione!» sbraitò la mamma verso il televisore «La polizia non è capace di fare un bel nulla! E’ una sola, e loro sono più di un centinaio!»
«La troveranno, mamma, tranquilla.» fece Jamie, più come auto-rassicurazione che come ammonimento.
«Speriamo la ritrovino morta. Almeno non ci sarà più tutta questa preoccupazione.» commentò Leslie, sprezzante.
«Leslie! Ma che modi sono?» gridò la mamma.
«Infatti, Leslie! Immagina se ci fossi tu al loro posto.. anzi, a dire il vero già ci sei, visto che sei totalmente tocca.» la schernì Jamie.
La mamma parve rasserenarsi e incominciò a ridere con il figlio, mentre la ragazzina uscì dalla stanza sbuffando.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


                                                              Rose  e Acchiappasogni

 
Jamie fece di tutto pur di apparire presentabile, quel pomeriggio. Ma la cosa gli riusciva piuttosto difficile. Lui, dopotutto, non aveva mai avuto una ragazza e non piaceva a nessuna, perciò era impacciato e ignorante quando si toccava quell’argomento.
Ma era davvero felice di incontrare Loreley quel pomeriggio. Avrebbe potuto passare tutto il tempo che voleva insieme a lei, parlare del più e del meno, girarsi i pollici insieme. Era disposto anche a pagarle il gelato pur di farla contenta.
Ma la gentilezza sarebbe contata fino a un certo punto: avrebbe potuto offrirle anche diecimila gelati, ma se non fosse stato carino nell’aspetto fisico, sarebbe stato tutto inutile.
Perciò cercò di sistemarsi come meglio poteva: indossò un paio di jeans neri, scarpe sportive, una maglia a maniche corte verde con sopra una frase che non si era mai neanche degnato di decifrare e una giacca nera sopra.
Poi provò a pettinarsi i capelli biondi in una maniera un po’ diversa, tirandoli all’insù e fissandoli con un po’ di gel. Non troppo, o sarebbe diventato una testa piena di gel come Bit, e l’idea lo disgustava.
Finiti i preparativi, Jamie sottrasse venti sterline dalla sua paghetta settimanale, baciò la madre, salutò la sorella che rispose con un grugnito, e uscì.
Una strana sensazione gli invase lo stomaco mentre camminava. Era eccitato dal fatto che stava uscendo con la ragazza che gli piaceva. Lui, che non credeva a cose come il colpo di fulmine, si costrinse a ricredersi. Non appena quella mattina aveva visto Loreley, ne era rimasto incantato. E’ una cosa strana, ma piacevole.
Jamie si chiedeva se anche lei avesse provato le sue stesse sensazioni, venendo all’appuntamento. Lo sperava proprio.
Svoltando l’angolo, vide un bel mercato che si apriva lungo First Avenue, la strada principale dove tutti si ritrovavano il pomeriggio.
Era così stipato di persone che dal rumore fece fatica a pensare a dove doveva andare.
Poi svoltò l’angolo e..
Eccola lì. Seduta su una delle sedie davanti a Gluttony, con l’aria nervosa, quasi impaziente, c’era Loreley. Era ancora più carina di quella mattina.
Indossava una maglia bianca con un motivo floreale azzurro, una minigonna di tessuto morbido e leggero a pieghe celeste chiarissimo e delle ballerine blu notte. I lunghi capelli erano raccolti in una treccia elegante.
Si guardò attorno frenetica fino a che i suoi occhi non incontrarono quelli sorridenti di Jamie. Allora, il suo sguardo si rassicurò in fretta. Si alzò dalla sedia e gli venne incontro.
Il cuore del ragazzo mancò diversi battiti, quando Loreley camminò verso di lui salutandolo con la mano.
«Stavo incominciando a pensare che non saresti venuto» disse, raggiante.
«Non lo farei mai e poi mai! Io mantengo le promesse» rispose lui, con molta enfasi.
«Me ne sono resa conto!» fece Loreley guardandolo negli occhi. Poi distolse lo sguardo e guardò in basso con un sorriso. Jamie si rese conto che la stava fissando troppo intensamente; così, arrossendo, si affrettò a cambiare discorso.
«Bella giornata, vero?»
«Sì.. davvero bella!» sussurrò lei «pensavo venisse a piovere..»
«Anche io.» confermò Jamie «Ma poi è uscito uno sprazzo di cielo azzurro e tutto si è rasserenato. Meglio così. Odio così tanto la pioggia, dopotutto»
Stava blaterando a vuoto. Ora era lei a guardarlo fisso. Parlare del tempo con la ragazza che ti piace.. ma che cosa gli era venuto in mente?
Aveva la gola secca. Non sapeva cosa dire. Sentiva che qualunque cosa avesse detto o fatto sarebbe risultata una grossa stupidaggine.
Lei non osava distogliere lo sguardo, fino a che non parve notare qualcosa dietro di lui.
«Ciao Hazel!»
Jamie si voltò. Si era quasi dimenticato che anche Hazel era stata invitata per il gelato, e se ne stava quasi pentendo.
«Ciao Loreley, Jamie.» disse senza entusiasmo. A quanto pare il cattivo umore di quella mattina non si era dissolto, anzi, sembrò rafforzarsi quando vide Jamie e Loreley vicini a chiacchierare amichevolmente.
«Allora, andiamo?» propose Jamie, prima che Hazel potesse dire qualcosa.
Entrarono. Come sempre, un’ondata di fresco proveniente dalle vasche di gelato li travolse.
Graham Kameron, proprierario della gelateria, un uomo dai capelli bianchi che somigliava molto a Santa Claus, sorrideva ai tre ragazzi da dietro il bancone.
«Dite pure» li incitò.
«Vorrei un cono alla fragola e lime» disse Jamie.
«Io una coppa cioccolato e mirtilli» fece Hazel.
«Uhm, io prenderò un cono all’amarena. Con la panna sopra, per favore» dichiarò Loreley, educata.
Quando Jamie ebbe pagato, vide Loreley trafficare con un borsellino pieno di monete.
«Se vuoi pago io!» si offrì Jamie.
«E’ un gesto gentile, ma non ti disturbare!» rispose lei, sorridendo.
Hazel smise di mangiare la sua coppetta e li fissò.
«No, davvero. Sei appena arrivata, e dobbiamo essere gentili! Lascia fare!» insisté lui, estraendo nuovamente il portafogli.
«Va bene, va bene! Alzo bandiera bianca.» si arrese lei, afferrando il suo cono «Grazie infinite, Jamie.»
Lui arrossì e si affrettò a pagare Graham con una banconota, e dopo aver ricevuto il resto, uscirono di fretta sotto lo sguardo fulmineo di Hazel.
«Perché non ci sediamo un po’ qui fuori?» chiese quest’ultima agli altri due.
«Sono d’accordo» disse Jamie, guardandola e sperando che si sciogliesse un po’. Ma non fu così.
Presero posto in un tavolo da tre persone e incominciarono a mangiare il gelato in silenzio.  L’imbarazzo cresceva in maniera assurda e il silenzio stava spaccando i timpani.
«Allora..ehm..» cominciò Jamie «Come ti sembra la scuola?»
«Oh, è molto.. ben fornita. E i professori sono abbastanza simpatici» rispose lei, velocemente.
«Mmm» Jamie non sapeva che altro aggiungere. Guardò Hazel in cerca di aiuto, ma lei stava guardando torva da un’altra parte, con la coppetta del gelato sempre in mano.
«A.. che scuola andavi prima di venire qui?» chiese lui, all’improvviso.
«Andavo a quella internazionale di Londra» spiegò lei «Era molto costosa. Ma poi abbiamo deciso di trasferirci e i soldi non ci sarebbero bastati più, così mi hanno mandata a quella pubblica di qui.»
«Capisco.» commentò Jamie, interessato.
«Vivi con i tuoi genitori?» intervenne per la prima volta Hazel. La sua domanda assomigliava quasi più a un ordine di risposta immediata.
«Con mio padre e basta» rispose lei «lui e mia mamma hanno divorziato quando ero piccola, e lei ha preferito che io stessi con mio papà.»
«Oh, mi dispiace. Anche i miei sono separati, ma soltanto da tre anni. Io vivo con mia mamma.. ho anche un fratello grande, ma va al college» fece Hazel, visibilmente più sciolta.
«E tu, Jamie? Con chi vivi?» chiese Loreley, incuriosita.
«Con mia mamma, mio papà e mia sorella Leslie, che è una rompiscatole per natura. E diciamo che convivo anche con mio zio Bauer, visto che abita accanto a noi e lo vediamo praticamente tutti i giorni.» spiegò Jamie.
«Dev’essere bello avere dei fratelli..» commentò Loreley, la cui voce era però spenta e fredda ora. Il suo volto sembrava irrequieto.
«Mica tanto!» rettificò Jamie «Magari avere un fratello grande. Ma quando ti mettono tra le mani un marmocchio piccolo, sai di essere giunto al capolinea.»
Loreley sorrise, e il suo volto ritornò luminoso.
«A proposito. Papà vuole che gli compri delle cinghie di cuoio per dei lavori in giardino» ricordò Loreley all’improvviso. «Credo che quattro o cinque andranno bene. Sapete mica dove posso trovarle?»
«Qui dietro l’angolo c’è il mercato! Possiamo farci un salto, se vuoi.» disse Jamie, alzandosi.
«Per  me va bene, andiamo a vedere» confermò Loreley, alzandosi dalla sedia, poi si voltò verso l’altra ragazza «Hazel, andiamo?»
 «Mmm? Si, va bene.» disse, senza guardarla in faccia. Sembrava assente. Totalmente assente.
Chissà cosa le passava per la mente, pensò Jamie. Quella mattina era la solita Hazel di sempre: allegra e spensierata. Ora invece era silenziosa e aveva il broncio di continuo. Jamie si chiese se magari fosse colpa sua, ma non trovò nulla di male in come si era comportato quel giorno. Forse Hazel aveva litigato con sua madre.. chi lo sa!
Girarono in First Avenue, pronti ad entrare nel grande mercato. Una serie infinita di voci penetrò immediatamente nelle loro orecchie. C’erano banconi di ogni tipo: alcuni vendevano cibo, altri giocattoli, altri vestiti e alcuni addirittura costumi da bagno e teloni da spiaggia. Poi c’erano quelli che vendevano cosmetici e quelli che vendevano fiori. Loreley si fermò in quest’ultimo, guardando la moltitudine di fiori colorati.
«Ecco» disse indicando delle rose azzurre «quelle sono le mie preferite!»
«Sono magnifiche» disse Jamie, sorridendole. Hazel continuò ad andare avanti e non si fermò neanche. Poi il ragazzo sentì una voce provenire dalla sua destra. Si girò, ma non vide altro che una serie di manichini disposti in fila del bancone accanto.
Immaginazione, pensò.
«Hey, Hazel! Aspettaci!» gridò poi Loreley. L’amica si fermò quando sentì il suo nome, ma non si voltò.
«Loreley, forse laggiù hanno quello che ti serve» disse con voce monotona Hazel, sempre senza guardare gli altri due, indicando un bancone sull’estremità sinistra della strada.
Era uno di quei banconi pieni di roba indiana, di cui Jamie non conosceva neanche la metà dei nomi. Una ragazza dalla pelle rossiccia e i capelli neri raccolti in due trecce stava dietro al bancone guardando i tre che si avvicinavano.
«Salve» disse «Volete una di queste? Il loro spirito vi porterà fortuna» e indicò  delle maglie con un lupo sopra, che Jamie aveva visto in centinaia di altri negozi.
«Oppure abbiamo anche queste, che scacciano via il malocchio.» continuò mostrando loro delle bizzarre collane con una specie di zanna sopra.
«Gli Acchiappasogni sono a prezzo scontato!» disse guardando la serie di Acchiappasogni di ogni forma e dimensione sopra le loro teste.
«Grazie» fece Loreley cortesemente «Ma volevo solo sapere se ha delle cinghie di cuoio»
«Certamente» rispose la ragazza indiana «Un momento solo»
E sparì sotto il bancone.
Jamie notò un Acchiappasogni molto più piccolo degli altri, così piccolo che stava benissimo dentro il palmo della mano. Lo afferrò senza farsi vedere dalle altre due. Chissà, magari Loreley l’avrebbe trovato un bel regalo.
La venditrice rispuntò così all’improvviso che Jamie ed Hazel sussultarono. Teneva ben strette in mano una serie di cinghie imbustate.
«Vanno bene?» chiese, mostrandole a Loreley.
«Benissimo, grazie.» rispose lei, tirando fuori i soldi per pagare.
Dopo aver comprato le cinghie, aspettò che Hazel e Loreley si fossero allontanate abbastanza per farsi impacchettare l’Acchiappasogni. Poi le raggiunse.
«Che stavi facendo?» fece Loreley, divertita.
«Niente. Avevo visto uno sconto per le Barbie e magari a Leslie sarebbero piaciute.» mentì Jamie, velocemente.
Hazel sbuffò sonoramente «Tua sorella ha undici anni. Saranno anni che non gioca più con le bambole.»
«Quello che conta è il pensiero.» sbottò Jamie. L’atteggiamento di Hazel aveva cominciato a infastidirlo. Gli parve di aver sentito addirittura Loreley ridacchiare, ma pensò che fosse solo immaginazione.
Avevano girato verso il bancone delle bandiere del mondo, dritti verso il parco, quando, con orrore di Jamie, videro Kenny venire loro incontro con una mano dietro la schiena e una che li salutava.
«Ciao ragazzi!» disse sorridente.
Jamie ed Hazel lo salutarono non molto cordialmente. Loreley non lo degnò neanche di uno sguardo. E le viscere di Jamie esplosero di gioia.
Purtroppo, la felicità durò per poco, perché Kenny si piazzò praticamente di fronte a Loreley e la chiamò per nome, rendendo impossibile la tattica del ‘non ti vedo e non ti sento’.
«Che vuoi?» chiese lei, sprezzante, senza guardarlo negli occhi.
«Chiederti scusa per oggi.» rispose lui, deciso.
«Non ci faccio niente con le tue scuse. Hai già fatto abbastanza oggi.» tagliò corto Loreley, facendo per andarsene via.
«Aspetta!» gridò lui, prendendola per un braccio.
Jamie strinse così forte il pugno che le nocche sbiancarono. Sul volto di Hazel, invece,
comparve l’ombra di un sorriso.
«Sono stato un idiota.» continuò Kenny, serio. La mano destra stringeva ancora il braccio di Loreley, l’altra era ancora dietro la schiena. «Avete ragione, mi lascio trascinare da quello sfigato di Bit. E ho sbagliato. Scusami, Loreley.» e detto questo, tirò fuori da dietro la schiena un mazzo di rose azzurre e le porse a Loreley.
La sua espressione cambiò alla velocità della luce dall’ira alla sorpresa. Osservò il mazzo di rose, lo prese. Ne annusò il profumo, dopodiché guardò negli occhi Kenny.
«Non so cosa dire» disse lei, sincera.
«Basta che mi dici che mi perdoni.» fece lui, grattandosi la testa con la mano.
Loreley gli corse incontro, lo abbracciò e lo baciò sulla guancia.
«Ti perdono» disse, con un gran sorriso.
Jamie sentì le gambe afflosciarsi. Non era vero. Non era giusto. Stava andando così bene quell’uscita, e ora in pochi attimi si era rovinato tutto quanto. Tutto per colpa di Kenny, quello scemo.
Vide Loreley incamminarsi con Kenny, tutto barcollante ma felice come una pasqua.
Lui e Hazel li seguirono. Si sentiva malissimo, gli veniva da rimettere. Voleva infilarsi la mano in bocca, giù per la gola e strapparsi il cuore. Quel maledetto cuore fuori di testa.
«Sono carini insieme, vero?» disse Hazel. Sembrava quasi lo volesse convincere.
«Da morire.» disse Jamie, funereo.
Il resto del pomeriggio passò così lentamente che Jamie avrebbe voluto andare a casa all’improvviso senza salutare nessuno.
Kenny e Loreley parlavano tra loro, e Jamie cercava invano di ascoltare la conversazione.
In più, voleva togliere quell’espressione compiaciuta e soddisfatta dal  volto di Hazel, che trotterellava al suo fianco.
Verso le otto meno un quarto, si trovarono alla fine del mercato, e si fermarono alle panchine di fronte a una locanda.
«Bene, credo sia il caso di andare» disse Hazel «Ci vediamo domani»
Tutti salutarono allegramente Hazel, tranne Jamie che le fece solo un brusco cenno col capo e poi si voltò. Hazel lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure e se ne andò.
Erano rimasti in tre.
Kenny, Loreley e Jamie che faceva la candela.  La situazione era leggermente imbarazzante, soprattutto perché sia Jamie che Kenny speravano che l’altro se ne andasse per poter stare da solo con la ragazza.
Ma nessuno dei due pareva aver intenzione di andarsene.
«Dove abiti, Loreley?» chiese Kenny a un certo punto «Ti accompagno a casa»
«Cosa? Oh no, no, no. Non serve» fece lei, scuotendo il capo.
«Davvero, sarebbe meglio se ti accompagnassi. In giro a quest’ora ci sono persone piuttosto spiacevoli» insisté lui.
«No, sul serio. Non ce n’è bisogno, faccio da sola» continuò Loreley, cingendosi il busto con le braccia, come quella mattina.
«Ma…» ricominciò Kenny.
«Ha detto di no, non insistere.» le parole uscirono dalla bocca di Jamie prima che potesse fermarle. Sia Kenny che Loreley si voltarono a guardarlo, sorpresi.
«Si, appunto. Adesso vado a casa.» riprese Loreley «A domani, e grazie di tutto!»
E scuotendo la lunga treccia, svoltò l’angolo e se ne andò a passo svelto.
Il silenzio piombò tra Jamie e Kenny.
«Hey, amico…» fece per parlare Kenny. Sembrava l’inizio di un incontro di boxe.
«Eri tu, dietro ai manichini, vero? E’ così che hai capito che le rose azzurre sono le sue preferite» disse Jamie, ghignando.
«E allora? Mi dici perché ti scaldi tanto?» disse Kenny, aggrottando le sopracciglia.
«Non ho voglia di parlarne» si affrettò a dire Jamie «Ma sappi che io non mi arrenderò.»
Kenny parve colpito da quelle parole, e la sorpresa sul suo volto venne sostituita da un’espressione dura.
«Neanche io, se è per questo» rispose, senza l’ombra di un sorriso.
Si fissarono per dieci secondi buoni, dopodiché con un «Bene.» all’unisono, si congedarono.
Mentre ritornava a casa, Jamie si ritrovò a pensare.
Nessuno dei due si sarebbe dato per vinto. Entrambi avrebbero combattuto per avere la meglio con Loreley. Certo però, l’inizio dell’anno non era stato proprio il massimo: solo il giorno prima, non avrebbe mai pensato che di lì a ventiquattrore avrebbe litigato con i suoi due migliori amici. E il peggio doveva ancora venire.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


                                                   Apri gli occhi

 
Le prime settimane dall’inizio della scuola erano letteralmente volate via. Tutto era come sempre, però. Erano poche le cose che potevano definirsi mutate.
Una di queste era forse il tempo estivo che aveva abbandonato Londra ricoprendola di pioggia ininterrotta. Ciò che era cambiato, era anche il fatto che i professori avessero perso la loro comprensione da inizio dell’anno scolastico, riempiendo i poveri studenti di compiti su compiti come muli da soma.
Jamie, in quelle settimane sempre silenzioso e irrequieto, non se la stava cavando molto bene con gli studi, al contrario di quanto era successo negli anni precedenti.
Ciò aveva suscitato l’ira dei genitori, che non solo gli privarono di uscire se non per la scuola, ma gli tolsero anche il telefono, unica fonte di energia utile a scambiare messaggi con i suoi compagni di classe.
Ma non era un gran problema, pensò Jamie. In quel periodo aveva davvero pochi contatti con i suoi due migliori amici, Kenny  ed Hazel, con i quale aveva litigato apparentemente per lo stesso motivo: Loreley. E lei era anche il motivo dei suoi fallimenti a scuola.
Jamie e Kenny avevano chiaramente una cotta per lei dal momento in cui era arrivata da novellina nella scuola, cosa che evidentemente non era affatto sfuggita a quel genio di Hazel. Quest’ultima evitava continuamente Jamie, se poteva. Per di più, Jamie un giorno la sentì supplicare il professor Cavendish se poteva essere cambiata di posto con qualcun altro.
Lui acconsentì, e così a Jamie toccò ritrovarsi accanto a quel musone di Zeke Lennox, che durante le lezioni non faceva che ascoltare musica dal suo Ipod mediante uno stratagemma: infilava il filo della cuffietta nella manica della felpa e lo faceva arrivare alla mano, che poi poggiava cautamente sull’orecchio, piegando la testa di lato. In quel modo astuto, dava l’idea di un semplice alunno stanco della lezione.

Jamie cercava invano di stringerci amicizia, visto che lui a ogni domanda o affermazione rispondeva con un annoiato«Interessante..», o peggio ancora «Mmm».
Ogni tanto, Jamie si voltava a guardare il fondo della classe, dove ora era seduta una solitaria Hazel che guardava fissa fuori dalla finesta. 
Spesso Jamie la beccava mentre lo guardava con sguardo duro, e quando lei se ne accorgeva, distoglieva ostentatamente lo sguardo.
Kenny, invece, aveva adottato una tattica diversa. Non si preoccupava minimamente di ignorare Jamie, anzi, lo fissava intensamente tutte le volte che gli capitava sotto tiro, come se si sforzasse di fargli male solo con la forza del pensiero.
Jamie, dal canto suo, sperava in una rottura di un qualsiasi osso dell’amico, cosicché avrebbe potuto finalmente passare un po’ di tempo solo con Loreley senza che lui venisse sempre a ficcarci il naso. 
Kenny aveva persino smesso di correre appresso a Bit, che negli ultimi tempi era sempre incredibilmente solo. Ma ovviamente non aveva smesso di deridere ogni singolo componente della classe.
Loreley era l’unica che non era cambiata di una virgola, anzi. Pareva sempre più bella e radiosa ogni giorno che passava.
Era una delle più brave della classe, e al compito di greco aveva addirittura preso il voto più alto della classe con la lode, suscitando così l’ira distruttiva di Moona e di Eddie.
Olivia e Angie erano così verdi di invidia ogni volta che la vedevano passare, che se avessero avuto delle babbucce ai piedi e un cappello a sonagli avrebbero benissimo potuto essere due folletti saltellanti.
I professori erano rimasti tutti incantati da lei, che era così brava che sembrava già sapesse tutti gli argomenti che avrebbero fatto quell’anno.
Jamie cercava di usare tutto il tempo che aveva a disposizione a scuola per stare con Loreley, visto che al momento gli era proibito anche solo mettere la punta dei capelli fuori da casa.
«Quand’è che ti toglieranno dalla punizione?» chiese Loreley, infilando nell’armadietto Biologia e tirando fuori Storia.
«Presto, spero» replicò Jamie «Almeno fino a che non mi deciderò a prendere qualche voto come si deve.»
«Se vuoi posso aiutarti io!» si offrì lei, allegra.
Qualcuno sbuffò alle spalle di Jamie. Hazel era arrivata al suo armadietto e vi stava inserendo la combinazione.
Jamie la ignorò.
«Si, perché no!» rispose Jamie, contento «A casa tua o a casa mia?»
«Facciamo da te?» disse lei rapidamente.
«Mi sta bene! Verso le tre domani pomeriggio?» fece lui, del tutto indifferente a Hazel che sbatté più forte che poteva il suo sportello dell’armadietto.
«D’accordo. E la prossima volta faremo da un’altra parte, promesso.» ribatté Loreley, ignara di Hazel che la guardò di sbieco, andandosene.
 
 
Quel giorno, la campanella suonò prima di quanto chiunque si aspettasse. L’unica persona con cui Jamie poteva tornare a casa era proprio Loreley, visto che Hazel uscì di classe più veloce che poteva senza guardare nessuno.
Prevedibilmente, Loreley fu seguita da Kenny, quindi dovettero ritrovarsi nuovamente in tre, senza sapere chi dei due ragazzi stava reggendo il cero.
«Allora, Loreley» cominciò Kenny, tirandosi su i capelli con una mossa così sensuale che la fece arrossire «hai da fare domani?»
«Beh, in effetti si.» rispose lei, sempre rossa in volto «Vado a casa di Jamie per aiutarlo con i compiti.»
Lo stomaco di Jamie fece un ruggito di gioia. I muscoli di Kenny, invece, parvero quasi afflosciarsi. Ma di nuovo non si diede per vinto. Si affrettò a riemergere in tutta la sua statura e a parlare.
«Sei libera in qualsiasi giorno della settimana, allora?»
Jamie sperò con tutto il suo cuore che lei si voltasse e gli urlasse in faccia che non gli interessava uscire con lui.
«Uhm, dovrei essere libera di venerdì!» rispose Loreley, sorridendo.
Kenny fece un sorriso a trentadue denti «Quindi ti va di fare un giro? Possiamo fare quello che vuoi!»
Stavolta fu Jamie ad afflosciarsi. Sentiva che il suo cervello stava diventando pesante come una roccia, come in quei film di fantascienza dove gli alieni avevano una testa grossa il doppio di quella degli umani.
Sto diventando come Riley, pensò Jamie.
Poi, il lampo di genio.
«Kenny, ma tu non hai gli allenamenti di football il venerdì?» disse Jamie, ghignando.
Kenny passò da una tonalità bianco cadavere a quella rosso magenta.
«Sì. Ma non è necessario andarci tutte le volte.» rispose a denti stretti.
«Che strano. Eppure il coach della scuola si era raccomandato di non mancare neanche un incontro, o ti avrebbe espulso dalla squadra» proseguì Jamie, contenendo le risate.
Loreley spostava lo sguardo da Jamie a Kenny come se seguisse una partita di tennis, con uno sguardo leggermente preoccupato. Girarono l’angolo e tutta la folla di studenti sparì.
«Jamie, ma perché non te ne vai una buona volta a…» imprecò Kenny.
«Verrò ai tuoi allenamenti!» gridò, all’improvviso, Loreley, come per mettere fine alla lite imminente. Jamie la guardò deluso. Kenny spalancò gli occhi sorpreso.
«Davvero?» dissero insieme, i due ragazzi.
«Sì. Davvero» rispose lei, accelerando il passo «Adesso però, devo andare a casa»
«Aspetta, ti accompagno!» esclamò Jamie, in un disperato, ultimo tentativo di farsi notare.
«Oh, no. Non ce n’è alcun bisogno. A domani, ragazzi!» fece Loreley, salutandoli con la mano e filando via a passo svelto.
Calò nuovamente il silenzio tra Jamie e Kenny.
Poi, esplosero.
 «MA QUAL E’ IL TUO PROBLEMA, JAMIE?!» urlò Kenny, alzando le braccia muscolose.
«Parli proprio tu, Kenny? Tu che ti metti sempre in mezzo tra me e lei?!» strillò Jamie, il petto che si alzava e abbassava velocemente.
«Io?! Ma che diavolo stai blaterando?! E’ risaputo che lei mi piace dal principio, e adesso guarda caso piace anche a te!» disse Kenny, alterato come Jamie non l’aveva mai visto.
«A dir la verità a me lei piace da prima che tu sapessi il suo nome! Solo che non sono così idiota da andare a dirlo a tutti!» fece il biondo, preoccupandosi di non tener bassa la voce.
Kenny lo osservava come si osservava un punch ball, e Jamie si chiedeva quanto tempo sarebbe trascorso prima che lo prendesse a pugni.
«Mi hai dato dell’idiota!» esclamò Kenny, puntandogli il dito contro.
«Sì! Ti ho dato dell’idiota, Kenny! Avanti, picchiami. Non ho paura di te!» Jamie sentiva di avere molto più coraggio di quanto non ne avesse avuto nella sua intera vita.
A quelle parole, però, Kenny parve calmarsi.  
«Non ho intenzione di picchiarti» disse, calmo «Io credo che il cretino tra noi due, sei proprio tu, Jamie. Sei così accecato dalle tue motivazioni, da non vedere i danni che causi»
«Che cosa?» rispose Jamie, abbandonando il suo tono arrabbiato, ora curioso.
«Stai perdendo tutti i tuoi amici, non te ne rendi conto? Io con Hazel ci parlo, e anche con Bit, nonostante che dopo la sua bravata a Loreley io lo eviti un po’ di più per fargliela pagare» spiegò Kenny, incrociando le braccia e guardandolo torvo.
«Senti, sai che Bit mi è sempre rimasto antipatico. E non ho neanche la minima idea del perché Hazel ce l’abbia con me» fece Jamie, sincero.
«Apri gli occhi, Jamie Parker!» gridò Kenny, così all’improvviso che lo fece sussultare.
«Che cosa intendi?» Jamie era così confuso da rischiare che la testa gli esplodesse.
«Non sarò io a raccontarti l’evidente. Voglio solo che tu sappia però, che mi manca il mio migliore amico.» sospirò il moro, abbassando lo sguardo.
Jamie fu palesemente colpito da quelle parole, non solo perché era Kenny a dirle, ma anche perché nel profondo pensava la stessa cosa.
«Anche a me, Kenny» rispose Jamie «Ma a me Loreley piace sul serio! Come possiamo tornare a essere amici se entrambi siamo interessati alla stessa persona?»
«Non lo so» rispose l’altro, sincero.
Il silenzio li riempì di nuovo. Era esasperante.
«Potremmo cominciare..» suggerì Jamie «..con l’esserle amici»
Kenny alzò lo sguardo «E poi lei deciderà»
Jamie annuì. Si guardarono per cinque secondi buoni, dopodiché si strinsero in un abbraccio spacca costole. Quando si separarono, si strinsero la mano destra.
«Tregua?» propose Kenny, con un ghigno.
«Per adesso!» dichiarò Jamie, sorridendo.
Finalmente, adesso il cervello di Jamie parve svuotarsi di almeno tre quarti. Era molto più tranquillo, adesso che il suo migliore amico era tornato. Insieme, si avviarono verso casa, incredibilmente sollevati.
«Chissà perché» disse Kenny pensieroso, mentre camminavano «non vuole mai che la si accompagni a casa»
«Oh, ci ho pensato anche io spesso» rispose Jamie «ma credo sia per via di suo padre. Non tutti i padri sono felici di vedere la propria figlia portata a casa da un ragazzo»
«Non mi ci far pensare. Mi ricordi mia madre tutte le volte che mi vede con una ragazza» rise Kenny.
Non appena svoltarono l’angolo, una scena che non si sarebbero mai aspettati di vedere si presentò davanti ai loro occhi.
Hazel si stava togliendo il casco e scendeva tranquillamente dalla motocicletta di Bit.
«Grazie, Bit. Ti devo un favore» disse lei, porgendogli il casco.
«Grazie a te, per essermi stata a sentire» rispose lui, ripartendo.
Dopo che Bit se ne andò, Hazel si voltò e vide Jamie e Kenny guardarla come se avesse appena eseguito un salto mortale doppio carpiato sopra un filo sospeso su un burrone.
«Che avete da guardare?» chiese, aggrottando le sopracciglia.
«Che diavolo  ci facevi con Bit?!» disse Jamie, sconvolto.
«Ah, perché, ora ti interessa cosa faccio io?» rispose lei, guardando altrove.
Jamie aprì la bocca e la richiuse. Non aveva parole da dire.
«Tu hai qualcosa da dire in proposito?» riprese lei, riferendosi a Kenny.
«No, no. Assolutamente» fece lui, velocemente.
«Meglio così» concluse lei, voltandosi e entrando dentro casa sua.
 
 
 
 
Quando Jamie arrivò a casa, non si era ancora del tutto ripreso. Si tolse le scarpe, si lavò le mani e finì dritto a tavola attendendo che la madre gli servisse la sua zuppa.
Certo, non era successo niente di particolarmente scandaloso,  ma il fatto che Bit avesse dato un passaggio a Hazel e si fossero ringraziati a vicenda per chissà quale motivo oscuro, era come se Jamie e Bit fossero diventati amici del cuore all’improvviso.
Leslie arrivò ad interrompere i suoi pensieri.
«Cos’hai, fratello?»
«Fatti gli affari tuoi!» ribatté Jamie, irritato.
«Gentile» commentò, mulinando i capelli biondi.
«Volete fare silenzio? Fate più confusione dei grammofoni!» li sgridò la mamma, che stava cercando di ascoltare il telegiornale.
 
“RIMOSSE LE MACERIE. DEITH LE BLANC SCOMPARSA.
Si sono conclusi i lavori di ricerca dell’ultima paziente scomparsa nell’esplosione dell’ospedale Saint- Remy. Non ne è stata trovata traccia da nessuna parte, neanche nel luogo più vicino all’esplosione sono stati trovati indizi che possano suggerire che Deith sia morta.
La polizia continua a cercare nei dintorni della città, nel caso Deith, in preda al panico, sia rimasta dispersa. Ripetiamo che nel caso di avvistamento, avvisate subito…”
E sotto, comparve una nuova foto di Deith, sempre con i suoi capelli rosso fuoco, la sua faccia pallida e inespressiva, le sue occhiaie profonde e scure e i suoi occhi incredibilmente chiari.
L’aria da folle era sempre la stessa.
Un altro servizio, intanto, andò in onda.
“E’ stata ritrovata stamattina un’auto esplosa nelle campagne di Bristol. Morti un uomo e una donna, e quello che a quanto pare doveva essere il loro figlio.
E’ impossibile identificare i resti dell’uomo e della donna, probabilmente tra i trentacinque e i quarant’anni, e il bambino, avente intorno ai cinque anni.
La data dell’esplosione e quindi della morte dovrebbe risalire intorno a un mese fa, e data la lontananza della strada in cui si trovavano dalla città, nessuno deve essersi reso conto dell’esplosione . Secondo gli esperti, la dinamite è stata fabbricata a mano, non di grande potenza, ma sufficiente per far saltare in aria l’auto.
Nei portafogli delle vittime non sono stati trovati né soldi, né carta d’identità, o di credito o tessera sanitaria di alcun tipo. Nulla che aiuti a decifrare chi fosse la sfortunata famiglia…”

 
«Di male in peggio» commentò la mamma, mangiando la zuppa.
«Eh, già. Prima in Bretagna, poi a Bristol.. ci manca solo che vengano qua a Londra e stiamo messi bene!» disse Jamie.
Un brivido gli attraversò la schiena.                                                 

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