A Letter

di xjustinsletters
(/viewuser.php?uid=421234)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


'where would I be if you didn't
believe?'






Alfredo's Pov.
Quella mattina, al Montage Beverly Hills Hotel, a circa dieci minuti dall'arena dove si sarebbe tenuto il concerto, c'era un ampio affollamento di Beliebers.
Non avevamo via libera, ogni passaggio era bloccato da ragazzine che urlavano soventi il nome di Justin. E chi le avrebbero dato torto? Ognuna di loro aspettava con ansia di vederlo e poter assistere la sera stessa al concerto.
Arrivò la polizia. La folla smise di urlare appena per qualche minuto per poi ricominciare quando Justin uscì dall'hotel e si recò nel Bus, non prima ovviamente di aver fatto delle foto e firmato qualche autografo. Mi incamminai anch'io con forza tra quella massa di adolescenti e tra una spinta e un'altra riuscii ad avanzare lentamente. Quando alzai lo sguardo notai una ragazza in lacrime porgermi una busta bianca, aveva aspettato a lungo per questo momento. Mi fece tenerezza, la chioma di capelli disordinati e gli occhi inumiditi dalle lacrime furono l'ultima cosa che riuscì a guardare prima di prendere la lettera che lei mi aveva continuato a porgere mimando con le labbra un 'ti prego'. Non feci nemmeno in tempo a girarmi per guardare le ragazze che i bodyguards mi spinsero per farmi entrare velocemente nel bus.
Entrato,vidi Justin seduto su una poltrona che si rilassava guardando lo shermo del suo iPhone, mi avvicinai poggiando la lettera sul tavolino di fronte a lui. «Tieni» dissi «Si tratta sicuramente di una delle tante lettere da parte delle fans» spiegai mentre mi accennò uno sguardo svelto prima di mettere il telefono in tasca e rannicchiarsi su un fianco e chiudere gli occhi per riposarsi.


Justin's Pov.
Mi svegliai circa una mezz'ora dopo la partenza dall'hotel. Eravamo appostati vicino all'arena, mancavano un po' di ore prima dell'inizio del concerto. Mi alzai dalla poltrona e mi stiracchiai per poi dirigermi al bagno per rinfrescarmi la faccia. Dopo essermi asciugato il viso e sistemato i capelli, tornai di nuovo nella parte principale del bus. Notai con la coda dell'occhio la lettera che era stata appoggiata lì poco tempo prima da Alfredo e mi chinai per prenderla. Alzai lo sguardo quando mi sentii chiamare da Alfredo che giungeva dalla cucina del Bus. «Ehi amico» mi disse «Ti sei appena svegliato?» risposi accennando lievemente un si con la testa. Fredo guardò la busta della lettera tra le mie mani per poi fissarmi «cosa c'è?» chiesi aspettando una sua risposta... «Non la apri?» non mi aspettavo quella domanda, non me ne aveva mai posta una simile prima d'ora, forse perchè aprivo sempre le lettere delle mie fans appena giungevo in bus. Guardai la lettera che era ancora tra le mie mani per poi riappoggiarla sul tavolino «Magari dopo..adesso sono ancora un po' stanco, la leggerò dopo il concerto» e così si chiuse la nostra conversazione prima che andassi in cucina a prendermi qualcosa da mangiare.



----------------------------------------




Era ormai sera e il concerto era giunto al termine, salutai calorosamente le mie Beliebers e tornai correndo nel backstage.
Ringraziai lo staff e la crew per aver reso anche quel concerto speciale come il resto del tour d’altronde.
Presi un panno e asciugai il sudore procurato dalle luci del palco e dalla fatica fatta nell’eseguire le coreografie di ballo, per poi dirigermi verso il bus con il resto della crew. Saliti a bordo, mi sedetti sulla mia solita poltrona di pelle, mi diedi un’occhiata in giro ricambiando i sorrisi che ricevevo dai ragazzi che si complimentavano per l’esibizione appena svolta, ma una cosa catturò la mia attenzione. La lettera. La lettera che era ancora riposta sul tavolo. La presi e mi decisi ad aprirla per leggerla.

‘Probabilmente non leggerai mai questa lettera o magari si, ma tra queste due opzioni la prima è la più credibile. Ma questo è l’unico modo per farti capire quanto tu sia importante per me. Sarò sdolcinata ma sinceramente non mi importa. Non posso permettermi di andare al tuo concerto a Los Angeles ma sono riuscita ad arrivare fuori dall’hotel dove alloggiavi, un piccolo passo alla volta, che dici? Vivo ad Inglewood da quando sono nata e diciamo che sono rinchiusa in una cittadina in cui l’unica cosa che importa è portare donuts a casa ogni mattina di domenica per farci colazione, ma non credo che questo ti importi. Dovevo farti sapere di me, di come sei riuscito con la tua musica a non farmi odiare così tanto il mondo perché non è stata una favola vivere nel garage dei miei nonni a causa del basso stipendio dei miei genitori ed essere presa in giro a scuola perché non potevo permettermi quelle nuove scarpe che tutti portavano , è per questo che riuscire a beccare un tuo pezzo in radio spezzava la monotonia delle lunghe e deprimenti giornate. Ho tre fratelli e io sono la maggiore, a volte mi sento in dovere di essere forte per loro ma anch’io ho le mie debolezze. Sono cresciuta in fretta ma se non fosse stato così adesso non sarei quella che sono oggi. Sei il tipo di persona che ho sempre voluto essere ed è per questo che sei il mio idolo. Un giorno magari riuscirò a sentire quella magnifica voce che hai, dal vivo, ma per adesso mi accontento di averti così vicino. Siamo sotto lo stesso cielo e respiriamo lo stesso ossigeno, credo che adesso posso considerarmi l’ideale di positività che tutti cercano. Sappi che sono felice di quello che sei diventato, siamo cresciuti insieme e mi piace pensarla così. Sono fiera di te.
Anche se è un dettaglio che avrei potuto benissimo sorvolare, mi chiamo April e anche se continuo ad essere una delle tante io rimarrò al tuo fianco per sempre perché voglio ricambiare il favore.
Continua a rendermi orgogliosa di te.’

Erano queste le parole contenute nella lettera. Non sapevo che dire, ma sapevo che qualcosa mi aveva attraversato il cuore.

----------------------------------------

Questo è il primo capitolo della storia e speriamo vi sia piaciuto. su twitter se volete scriverci siamo @thetoughtofya e @__ohmykidrauhl

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


April’s Pov.
 
«Mamma,  sai dove ho messo il cellulare ieri sera?» gridai cercando tra le varie cose che c’erano sopra alla mia scrivania, era il giorno che avevo tremendamente pianificato da mesi e l’oggetto più importante che dovevo portare con me era scomparso nel nulla. Mia mamma sembrava ignorarmi quindi decisi di continuare a cercare da sola. Guardai dall’armadio alla mensola della cucina per poi scoprire che era finito sotto al mio letto, potei sentire una risata soffocata che riuscì a far emergere il mio lato da assassina seriale tanto che mi diressi a grandi passi verso la cucina, dove ovviamente risedeva la mia vittima «Lo sapevi che oggi dovevo partire e tu lo nascondi?» mio fratello non riuscì più a trattenere le risate «La prossima volta non chiamarmi quando vuoi uscire con i tuoi amici al bowling che col cazzo che ti ci porto». Cercai di trattenere la voglia di prenderlo a schiaffi e presi il succo all’arancia in frigo, nel frattempo mio fratello era riuscito ad inghiottire i cereali che aveva in bocca per poi ridere di gusto «E’ stato divertente vederti disperata» «John, potresti semplicemente tacere?» dissi sedendomi al mio solito posto per fare colazione, adorava vedermi in quelle condizioni «Tu te la prendi troppo» non fece altro che alzarsi e dirigersi in giardino per fare chissà cosa. Per avere dodici anni era davvero strafottente, alla sua età potevo solo sognarmi di rispondere così ai miei genitori o a chiunque, ma lui, essendo il secondo tra quattro fratelli, si sentiva in dovere di comportarsi così. Che brutta disgrazia la mia.


Finì di fare colazione poco dopo, diciamo che ero appena riuscita a mandare giù quei pochi biscotti secchi che avevo ritrovato nella dispensa, mi meravigliavo di quante schifezze mangiassimo a casa, ma il mio principale pensiero era il viaggio che avrei dovuto fare per arrivare a Los Angeles. Era il mio momento per vedere qualcosa di diverso dalle pareti che ricoprivano il garage dei miei nonni che ormai era diventata la nostra casa anche se mio padre stava cercando di mettere da parte dei soldi per poterne affittare una. Percorrevo le strade di Inglewood da anni, mi sembrava di conoscere ogni singola via, sapevo che se ero in ritardo per andare a scuola avrei sicuramente trovato un scorciatoia, sapevo che se arrivavo fino ai confini della città c’era una bellissima vista delle montagne che non avevo mai visto innevate ma ricoperte di terra. C’erano case che non erano mai state ristrutturate, strade che ospitavano gli stessi negozi da anni, alcuni erano aperti da quando i miei nonni arrivarono dal Messico in America, ma tutto era stranamente noioso, tutto sembrava prendere una piega diversa quando le feste erano vicine, i miei organizzavano delle grandissime feste insieme a tutti i miei parenti, c’era chi preparava da mangiare, chi portava la musica, ognuno contribuiva a rendere il tutto più familiare e caloroso e noi ‘giovani’ ci scatenavamo ballando in sala.


Chiusi la porta del garage per dirigermi a casa dei miei nonni, ovviamente trovai la donna più bella del mondo, ossia mia nonna, cucinando.«Sei pronta tesoro?» disse prendendo con le sue soffici mani il mio viso e accarezzando leggermente le mie guance «Devo solo passare da Randy’s a prendere delle  donuts» risi un po’ per quella affermazione «Il patto con zio era che lui mi dava un passaggio con il camion che deve portare a Belvedere solo se io gli offrivo le donuts»«Allora dovresti sbrigarti che senza di quelle quello non parte di sicuro» risi sapendo benissimo che aveva ragione «A più tardi» «Abbi cura di te mi chiquita». Presi le mie scarpe poste vicino alla porta e sistemandomi i pantaloncini alti presi la giacca di jeans posta sull’attaccapanni, il mio zaino era posto per terra, ormai era in condizioni disumane ma era il mio preferito e di certo non lo avrei mai cambiato, a meno che uno dei miei fratelli lo avesse usato per farci il solito falò d’estate, mi avevano già minacciato di farlo.
Corsi da Randy’s e dopo aver fatto una lunghissima fila riuscì a prendere una dozzina di ciambelle, possibile che in quella città tutti morissero per averne una?  Uscita dal negozio trovai il grande camion da trasporti di mio zio, lo vidi al volante con una grande tazza di caffè, era una cosa normale per lui berne così tanto a causa delle lunghe ore al comando di quel bestione che portava di città in città. «Pensavo che non le avresti comprate» disse aprendomi dall’interno la porta del passeggero «Un patto è un patto».


Dopo neanche mezz’ora metà dei dolci che avevo comprato erano ormai scomparsi, sapevo che se ne avessi presi di meno non sarebbero durati «Perché ci tieni tanto ad andare a vederlo se non hai il biglietto per il concerto?» mi chiese mio zio Miguel guardando la strada davanti a se «Devo dargli una cosa» «E chi ti dice che la riceverà? E’ una star mondiale» guardai in basso trovando estremamente interessanti le mie scarpe bianche sapendo benissimo che quella possibilità era la più probabile, ma non mi sarei arresa, non su di lui. «E’ una lettera, sarà anche una star ma credo che sappia ancora leggere». 


Ero appena arrivata a Los Angeles, nell’aria potevo sentire la sua presenza, sentirlo più vicino era una cosa totalmente estranea per me, lo avevo sempre visto attraverso uno schermo e adesso lui stava riposando in una delle lussuose stanze che sicuramente era stata preparata appositamente ed eppure non sapevo minimamente come comportarmi. Sapevo che c’era la possibilità di non fargli ricevere la lettera che tenevo in mano come se fosse il mio più grande tesoro, sapevo che ci sarei rimasta davvero male ma dovevo almeno provarci. Anche se intorno alla porta principale si era già formata una grande folla riuscì a farmi un piccolo spazio, ero ad appena tre metri dall’entrata e non potevo far a meno di guardarmi intorno, mi accorsi che c’erano così tante ragazze che in quel momento stavano passando una crisi emotiva, alcune piangevano, ad altre non le si poteva togliere il sorriso dalle labbra e poi c’ero io, che mi trovavo estremamente a disagio in quella situazione ma semplicemente non sapevo cosa stava succedendo dentro il mio cervello. Avevo sempre fatto così, vivevo nella paura di mostrare agli altri i miei veri sentimenti.
Passarono poco più di due ore quando la polizia cominciò ad arrivare, ma non ci cacciarono e dopo aver tirato un sospiro di sollievo per quella notizia le ragazze davanti iniziarono a urlare, si poteva sentire anche il sottofondo di piccoli pianti provocati dalla gioia, in quel momento sentì le mie guance inumidirsi e la mia vista offuscarsi, stavo piangendo.  Il mio corpo fu compresso verso la folla che avevo davanti a me tanto che riuscì a superare una decina di ragazze, mi ritrovai ‘in prima fila’ senza neanche provare il minimo sforzo. Mi asciugai le guance con le mani in modo molto maldestro per permettere ai miei occhi di rendermi la vista più chiara ed eccolo lì, Justin con una camminata molto veloce mi passò davanti, solo dopo essere arrivato a pochi passi più avanti di me cominciò a scattare qualche foto con delle Beliebers che in quel momento riuscirono ad essere più coscienti di me. Avevo sprecato la mia opportunità, le lacrime cominciarono a farsi sentire di nuovo, un modo l’avrei trovato per fargli ricevere la mia lettera, doveva riceverla. Notai che Justin fu seguito dalla crew e l’ultimo ad uscire fu Alfredo. Con passo veloce mi avvicinai a lui, potei solo sussurrare un ‘ti prego’ e dopo neanche un secondo la lettera non era più tra le mie mani, ma tra le sue

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


Justin's Pov.


Erano passati ormai diversi giorni e diverse esibizioni da quando avevo aperto la lettera.

Ho sempre amato ricevere lettere dai miei fan nelle quali mi scrivevano tutto l'amore che provavano per me e quanto amassero la mia musica. Ma quella lettera era diversa.
C'era qualcosa in quel pezzo di carta che mi aveva catturato, ma non riuscivo a spiegare cosa.

Con la crew eravamo in partenza per una nuova destinazione e il viaggio si prospettava piuttosto lungo quindi provai ad addormentarmi, ma nulla da fare. Pensavo e ripensavo a quella lettera così mi alzai dal lettino e andai da Alfredo, il quale era seduto vicino al tavolo con il resto della crew, intenti a chiacchierare «Ti devo parlare…» dissi guardandolo, si voltò verso di me prima di alzarsi e incamminarsi verso la cucina «Di cosa si tratta?» mi chiese con non curanza «Ti sembrerà una pazzia, lo so e…» stavo cercando di guadagnare tempo per riuscire a spiegare a uno dei miei amici, e soprattutto a me stesso, cosa stava succedendo nel mio cervello per essere così ossessionato da quella lettera e di conseguenza anche dalla ragazza che l’aveva scritta,ma non feci nemmeno in tempo a finire di collegare in un discorso coerente i pensieri che mi continuavano a frullare dentro al cervello, che mi appoggiò una mano sulla spalla e mi interruppe «Justin, amico, avanti sputa il rospo» mi feci coraggio e lo guardai negli occhi «Devo trovare la ragazza della lettera».

Ecco, lo avevo detto, non so bene che reazione mi aspettavo da Alfredo ma non fece altro che fissarmi come se avessi detto chissà che cosa di così grave «Sei impazzito? Sei in tour e ogni giorno hai un concerto, non perdere la testa per una lettera, Justin» abbassai lo sguardo deluso dalle parole che mi erano appena state dette, non feci altro che stringermi le tempie con le dita per riflettere «Aspetta un momento…» uscii dalla cucina a passo svelto, sentivo lo sguardo di Alfredo che mi seguiva. Mi avvicinai al calendario dove c'erano segnate tutte le nostre date, scorsi con l'indice sul calendario fino a fermarmi su un giorno libero «Ecco!» esclamai facendo voltare tutta la crew. Alfredo mi guardava ancora con fare perplesso mentre gli sorridevo, mi capii all'istante. «Non ci pensare, Justin, non faremo questa pazzia» lo guardai serio e si capiva chiaramente che non ero d'accordo con la sua decisione. «Ci potrebbe andare di mezzo la tua carriera, i paparazzi si inventeranno delle storie assurde, capisco i tweet, le foto e tutto con le tue fans ma rintracciarle per una lettera...non te lo consiglio, lo dico per te.» Sprofondai nella poltrona, sapendo che infondo aveva ragione. Elysandra, una delle ballerine della crew, prese parola «Ci rendereste partecipi di questa storia?». Mi voltai e la guardai senza accennare parola. «Justin ha ricevuto una lettera da una fan e l'ha colpito molto, adesso vorrebbe rintracciarla» spiegò infine Alfredo con grande indifferenza del tutto convinto che in quelle quattro pareti tutti avrebbero dato ragione a lui «Bene, mettiamoci a lavoro allora». Al suono di quelle parole sorrisi automaticamente mentre il guasta feste ribadiva di nuovo che non sarebbe stata una grande idea. «Fredo, lo sai, Justin è grande e vaccinato e d’altronde sai benissimo che se non l'aiutiamo noi lo farà da solo» disse cercando di rendere più comoda la posizione in cui si era posta su di una sedia «A questo punto, è meglio se ha noi al suo fianco» guardai Elysandra e mi alzai, ormai avevo il sostegno di qualcuno ed ero eccitatissimo e speranzoso di trovare quella ragazza. April.

Dopo aver fatto leggere la lettera a tutta la crew, ci riunimmo tutti insieme. Ognuno di noi aveva un tablet o un cellulare a portata di mano, mentre io ero in piedi che segnavo tutte le idee da provare su di una lavagna bianca.

«Ancora nulla?» erano passati già tre quarti d'ora da quando avevamo iniziato a cerca su google 'April Inglewood' ma nulla da fare, sembrava non esistere. «Nulla, Justin» la crew mi guardò con fare dispiaciuto e io lo ero ancora molto più di loro. «Facciamo una pausa» posammo tutti i cellulari e i tablet sul tavolo e ognuno di loro si alzò per fare i loro comodi. «Hey, amico» mi avvicinai a Fredo che sorseggiava una birra presa dal frigobar «Dimmi Justin» mi guardai intorno sentendomi imbarazzato e a disagio, mi avvicinai ancor di più a lui per non far sentire agli altri l’imbarazzante domanda che gli stavo per porre e sussurrando gli chiesi «Tu che l'hai vista..ecco..beh..mi sapresti dire com'è fatta?». Alfredo mi guardò e non riuscì a trattenere la risata al che lo guardai in modo cagnesco «Non te lo dico, mi spiace» al suono di quelle parole aprii leggermente la bocca sorpreso, a tal punto che non sapevo cosa dire e vedendo ciò Fredo rise ancor più di gusto. Glielo chiesi di nuovo, ma ebbi la stessa risposta.

Stavo per controbattere ma fummo interrotti da Kenny che si avvicinò con il suo telefono in mano «Ho trovato questa certa April su facebook, ma non so dire se sia lei..» mi voltai di scatto e la gioia si presentò con fare svelto sul mio viso. Alfredo si avvicinò più velocemente a Kenny per accettarsi che la ragazza fosse lei, infondo era stato l'unico ad averla vista. «E' lei» quelle parole uscite dalla sua bocca furono le più belle che avevo mai sentito in vita mia.

Sorrisi istintivamente quando la vidi.

Aveva un viso dolce, mi stavo incantando davanti ad una bellezza così semplice e naturale. Tornai con i piedi per terra quando mi resi conto che non l'avevamo trovata del tutto. «Aggiungila tra gli amici, Kenny.» furono queste le parole che più istintivamente mi uscirono di bocca. «Ci ho già provato,Justin, ma ha le amicizie bloccate e anche i messaggi» battei i pugni sul tavolo dalla rabbia. Non era possibile. Guardai attentamente ancora una volta il suo profilo, ma questa volta non mi soffermai sulla sua foto, ma sul suo cognome. Sanchez. Feci alzare di fretta Kenny dalla sedia per poi prendere comodamente il suo posto. Cercai su google 'famiglia Sanchez, Inglewood' con la speranza di trovare un recapito telefonico. Scorsi la pagina delle ricerche quando ecco che mi apparve un numero con il prefisso di quella cittadina.

Avevo trovato la mia April o almeno così speravo.


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


Justin's Pov.


Non sapendo ancora cosa fare, guardavo fisso il numero di telefono che sarebbe dovuto appartenere alla mia April.


«Justin, che aspetti?» scossi il capo tornando alla realtà e guardai Alfredo che mi osservava aspettandosi una mia reazione, cioè che prendessi il telefono per comporre il numero.


«Ok, bene...» tirai fuori l'IPhone dalla tasca destra dei miei jeans, dove ero solito sempre tenerlo, e composi il numero scritto sulla pagina internet che tenevo aperta, ben attento a non confondere nessuna cifra, ricontrollai persino due volte, giusto per essere sicuro di non aver sbagliato nel digitarlo. Non so bene se fu l’ansia o la paura di non ricevere nessuna risposta dalla persona che volevo disperatamente conoscere, ma istintivamente mi alzai dalla sedia e cominciai ad andare avanti e indietro per il bus, non riuscendo a stare fermo. Il suono del telefono mi rendeva irrequieto, volevo che qualcuno rispondesse al più presto, almeno per porre fine a questa lunghissima attesa.


«Pronto? » ecco, c'eravamo.


Esitai per un momento, solo allora mi accorsi che avrei dovuto prepararmi un discorso e anche esercitarmi allo specchio, ma ormai c’era qualcuno che aspettava una mia risposta «C’è qualcuno? Pronto?!» una voce maschile dall'altra parte mi riportò nell’imbarazzante momento che stavo vivendo e non sapendo cosa dire mi limitai a presentarmi.


Pessima idea.


«Ehm…Salve» mi portai la mano sulla fronte per infondermi coraggio e cercai di pensare ad un buon modo di smuovere la situazione ed arrivare al punto, ergo, chiedere su di April. «Scusi il disturbo, ma cerco una certa April, April Sanchez» la voce dall'altra parte rimase per alcuni secondi in silenzio per poi balbettare qualcosa sotto voce «E tu saresti?» trovai un tono di arroganza nel suo modo di rispondermi, ma in quel momento non ci feci poi tanto caso, io volevo solo parlare con lei.


«Sono Justin…Intendo Justin Bieber ».


Il ragazzo dall'altra parte iniziò a ridere per poi sentirlo urlare «April! Al telefono c'è un certo…» non concluse la frase iniziando a ridere, prese fiato e finalmente concluse «Justin Bieber». Sentii la voce di una ragazza avvicinarsi, a quel suono mi voltai subito a cercare con lo sguardo Alfredo, mi guardò con un’espressione dubbiosa.


«Si, certo…Justin Bieber» il ragazzo rise a quella affermazione di quella che doveva essere April, per poi tacere. «Riattacca, John, saranno quei cretini dei miei compagni di scuola» sembrava delusa e al suono di quelle parole. Piombai nel panico «Hey...no, ascolta, non riattaccare».


Troppo tardi.


Parole sprecate. Il ragazzo riattaccò e così si concluse la telefonata. Ero rimasto abbastanza perplesso e in più la crew mi guardava in attesa che dicessi qualcosa. «Non posso crederci...hanno pensato che fosse uno scherzo» non finii nemmeno questa frase che Fredo si avvicinò a me e dalle sue labbra risuonò una risata, a quanto pare oggi erano tutti in vena di ridermi in faccia. «Dai amico...che ti aspettavi? E' ovvio che non ti crede, di solito Justin Bieber non chiama a casa delle sue fan» si diresse poi in cucina, ovviamente era contento del risultato in quanto era convinto che questa cosa fosse del tutto sbagliata, ma non lo era.


Ero fuori di me dalla rabbia ma non mi sarei arreso.
 
 
April’s Pov.


Non ci potevo credere che ormai erano arrivati a chiamarmi a casa per prendermi in giro, come se a scuola non bastasse già, e domani avrei dovuto tenere la testa alta perché le voci correvano e sicuramente il soggetto che mi aveva chiamata si sarebbe divertito a vedere come cercavo di rimanere indifferente alla cosa. Non mi ponevo questi dilemmi, ma avrei semplicemente voluto sprofondare nel sottosuolo e rimanerci fin che il giorno seguente la campanella non sarebbe suonata, era sempre così, ma adesso ne sentivo ancora di più il bisogno. Poi c’era John che ogni volta che incontrava il mio sguardo rideva di gusto, un giorno l’avrei fatto fuori, o mandato in qualche scuola militare per ragazzini troppo rompi palle. Ovviamente, sperando che esistessero.


Eravamo a cena, gli unici a proferire parola erano i miei genitori con i loro soliti discorsi sulle bollette e sul lavoro, ormai io e i miei fratelli non li ascoltavamo neanche, guardavamo la televisione senza mai staccarne gli occhi, la cosa mi preoccupava assai ma preferivo quello schermo che un giorno mia madre avrebbe con molta voglia buttato.


«C’è qualcosa che non va April?» chiese mio papà. Al richiamo del mio nome mi girai di scatto per trovarlo come sempre a capo tavola mangiando carne ed insalata, cibo che si trovava anche nel mio piatto ma che non avevo minimamente toccato in quanto ero fin troppo persa nei miei pensieri, o per meglio dire ‘problemi adolescenziali’. «Niente» presi a giocare con la forchetta che avevo in mano, tendevo a non guardare la gente negli occhi e a cercare qualcosa con cui distrarmi quando mentivo «Non c’è niente che non va» sperai che il discorso finisse lì ma ovviamente quella non era la mia giornata. «Questo pomeriggio ha chiamato un ragazzo chiedendo per April, ha detto che si chiamava Justin Bieber, improbabile» io avrei ucciso mio fratello. Lo avevo vicino e girandomi di novanta gradi e comprendo con il palmo della mia mano la bocca, per non far capire ai miei cosa stessi facendo, mimai con le labbra un ‘Stai zitto’, sorrise semplicemente. Non sarebbe finito lì il discorso.


«Continuano a prenderti in giro a scuola?» e rieccoci con lo stesso discorso a cui non volevo far da protagonista. «No, John stava solo scherzando» potei sentire i gomiti di mio padre sbattere sul tavolo «April, perché non ci permetti di aiutarti? Sono tuo padre e non voglio altro che il tuo bene» «Non la smetteranno solo perché tu parlerai con il preside, la telefonata di oggi ne è la prova». Alzai finalmente lo sguardo per incontrare quello dell’uomo a capo tavolo, il suo sguardo era preoccupato, stanco delle lunghe ore passate al lavoro «Devo solo aspettare che la scuola finisca» non volevo vederlo così, doveva essere felice, senza una figlia che portava solo preoccupazioni in casa.

«Se non l’hai notato sono più forte di quanto tu creda» «Non devi esserlo sempre, siamo tutti un po’ fragili dentro» non si rendeva conto di quanto sbagliasse a pronunciare quelle parole, ma non replicai, come non lo fecero mia madre e i miei fratelli, avevano osservato la scena e potevo sentire il senso di colpa che stava divorando John.  


-----------------------------------------------------------------------------


Volevamo ringraziare una ragazza che recensisce ogni capitolo e che ci fa sempre sorridere con i suoi 'incoraggiamenti', è SweetLove_Yolo :) 
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1797302