La Giostra della Vita -Parte seconda

di bebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** Cap.14 ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ***
Capitolo 16: *** Cap.16 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ***


Era da un pò che pensavo a come continuare questa ff, cui sono particolarmente legata, visto che è la prima che ho scritto. Ho deciso di darle un taglio malinconico e drammatico, almeno all'inizio, con tutta l'intenzione di farla finire bene, ovviamente. Spero che questo cambio di registro non vi disorienti! In questo periodo il mio umore è un pò altalenante, ed anche ciò che scrivo ne risente! Ringrazio anticipatamente chi vorrà leggere e commentare. Buona lettura!

DIECI ANNI DOPO…


Orlando e Victoria si erano sposati ed avevano avuto tre figli: Emma, 12 anni, Joel, 10, e la piccola Delia, 6 anni. Lui, 44 anni, aveva messo su uno studio di architettura con Dom, mentre lei, 38, aveva lasciato il lavoro di avvocato per dedicarsi alla famiglia.
Il loro matrimonio aveva attraversato fasi altalenanti, come succede a tutte le coppie. Erano subentrate le preoccupazioni per i figli, qualche litigio, soprattutto dovuto al fatto che Orlando viaggiava spesso per lavoro e tutto incombeva su Vicky, ma per il resto erano una famiglia unita e felice.
Purtroppo, però, sei mesi prima una tragedia aveva sconvolto le loro vite e rischiava di distruggere il loro matrimonio. Era una domenica di giugno, le scuole erano da poco finite, la famiglia si era riunita per pranzare tutti insieme, con Colin, la madre di Vicky, suo fratello con moglie e figlio, Samantha e suo marito. Dopo pranzo, si erano trasferiti in giardino, per godersi la bella giornata. I bambini giocavano, si rincorrevano e si divertivano.
All’improvviso una brusca frenata e poi un tonfo sordo. Un balordo, un pirata della strada aveva investito una bambina, che stava provando la sua bicicletta nuova.
Era Delia. A niente servì la corsa all’ospedale.
Quella dolorosa e straziante perdita aveva sconvolto famiglia ed amici, che cercarono in tutti i modi e per quanto possibile di stare vicino ai genitori.
Ma il loro dolore era troppo forte e li stava allontanando sempre più. Victoria si era sforzata di reagire, sentiva di doverlo fare per Emma e Joel; ovviamente non riusciva ancora ad accettare la perdita, e forse non l’ avrebbe mai fatto, ma cercava di essere forte. Aveva anche cominciato a collaborare con un centro che accoglieva bambini e donne vittime di violenza, tanto per sentirsi utile ed indirizzare il dolore verso qualcosa di buono ed aveva partecipato ad alcuni incontri per familiari di vittime di incidenti stradali. Orlando, invece, si era come estraniato da tutti, si rifiutava di parlare di quello che era successo, si era buttato nel lavoro. L’unico suo chiodo fisso era riuscire a far condannare chi aveva investito la sua bambina: si trattava di un ragazzo di soli 22 anni, che si era messo al volante dopo aver assunto delle sostanze stupefacenti. Era come ossessionato dall’idea che fosse fatta giustizia. Victoria avrebbe voluto poter parlare con lui, condividere quel dolore che era anche suo, ma si trovava davanti un uomo completamente diverso, che aveva reagito in una maniera del tutto inaspettata. L’Orlando che conosceva non si arrendeva mai, era caparbio ed ostinato; ora , invece, era distaccato, distante, dilaniato dalla rabbia e dal bisogno di vendicarsi di qualcuno. Era come se avesse rinunciato a lottare. Stava sempre in ufficio e quando tornava a casa, mangiava con loro spiccicando a malapena qualche parola, poi si rintanava in studio a lavorare ancora. Inizialmente aveva soprasseduto, consapevole che ognuno di noi reagisce in maniera diversa e con tempi differenti. Ma la situazione non accennava a migliorare.
Non solo si era allontanato da lei, ma, cosa più importante, stava trascurando Joel ed Emma e questo non lo tollerava. Aveva portato pazienza, si era sforzata di capirlo, ma ormai non sapeva più come prenderlo. Pensò che la cosa migliore fosse rivolgersi ad un terapista di coppia, suggeritole dal fratello, specializzato nel trattare casi come il loro, che potesse aiutarli a superare insieme quel particolare momento.
Un mattina, dopo che Joel ed Emma avevano preso il pulmino per la scuola, mentre finivano di fare colazione, e prima che lui andasse in ufficio, pensò di parlargliene.
“Dovrei chiederti una cosa…”- esordì incerta Vicky.
Orlando alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo e rispose con tono incolore:
“Ti ascolto..”-
“Vorrei che sabato mattina venissi con me dal dottor Merkel…”-
“Chi?”-
“E’ un terapista, una persona seria…mio fratello me ne ha parlato molto bene…aiuta le persone che hanno subito perdite come la nostra ad elaborare il lutto…”- gli spiegò.
“Io non vengo da nessuna parte…”- concluse secco, dopodiché richiuse il giornale, si alzò e mise la tazzina nel lavandino, con la chiara intenzione di andarsene al più presto troncando la conversazione.
“Per favore…almeno andiamoci una volta…cosa ti costa tentare?”- gli disse, alzandosi ed avvicinandosi a lui.
“Non ho intenzione di parlare dei fatti miei ad un perfetto estraneo…se vuoi puoi andarci tu…”- ribadì.
“Almeno pensaci…credo che parlarne ti farebbe bene…”-
“Ti ho già detto che non ho niente da dire…a nessuno…”- rispose irritato.
“Neanche a me, vero? Ormai è come se non ci fossi…”- le scappò detto.
“Cosa c’entri tu ora? Stavamo parlando del terapista mi pare…”-
“C’entro, eccome se c’entro…Mi tratti come un’estranea..non mi parli, non mi dici niente…ti comporti come se fosse un dolore soltanto tuo, una cosa privata…anch’io sto male…e questo tuo atteggiamento rende tutto ancora più difficile, se possibile…”-
“Stai esagerando…”- rilevò lui.
“E’ la verità…io non ce la faccio più…pensi solo al lavoro…non ci sei mai..trascuri i ragazzi…non hai ancora visto una partita di pallone di tuo figlio ed Emma non sa cosa fare per attirare la tua attenzione…e trascuri me…stai alzato fino a tardi per lavorare al portatile, sembra che tu voglia evitare di venire a letto…e sembra quasi che ti infastidisca avermi vicino..”- lo riprese stizzita.
“Oh…è solo quello il problema? Se vuoi scopare basta dirlo…”-
Fu veramente troppo. Gli schioccò un sonoro ceffone, cercando di trattenere le lacrime.
“Sai proprio essere cattivo quando vuoi…”- gli disse fredda ed uscì.
Orlando sospirò a lungo. In fondo si rendeva conto che la situazione era pesante, sapeva bene quando andava oltre, ma era come se non riuscisse a fare diversamente, come se non avesse più la forza di cambiare le cose. Si limitava a vedere il suo mondo crollare pezzo dopo pezzo, senza fare niente per evitare la disfatta: ne era lo spettatore inerme, incapace di aiutarsi e di aiutare gli altri. Vedere che Victoria aveva reagito meglio di lui, aveva accentuato la sua condizione, spingendolo a chiudersi in se stesso, anziché invogliarlo a parlarne con lei. Sentiva un gran freddo dentro, era come svuotato, sfinito.


Al centro di accoglienza, Victoria non riusciva a non pensare a quanto accaduto poche ore prima. Non ritrovava più in Orlando l’uomo di cui si era innamorata e che aveva sposato; nei suoi occhi leggeva indifferenza, distacco, rabbia. Sembrava che ce l’avesse con il mondo e che volesse sfogarsi con chi gli stava intorno. Non c’era niente che potesse smuoverlo, fargli abbassare la guardia, era sempre più chiuso e taciturno. E non era certa di poter reggere ancora a lungo quella situazione.
Era persa in questi pensieri, quando bussarono alla porta del suo ufficio.
“Si…avanti…”- disse.
“Ciao…ti disturbo?”-
“No, David…entra pure…”-
David Geller era un suo collega, un avvocato che a sua volta svolgeva del lavoro pro -bono al centro, occupandosi prevalentemente di denunce per maltrattamenti e violenze domestiche. Era un uomo sulla quarantina, di bell’aspetto, alto, con i capelli castani e gli occhi azzurri; rimasto prematuramente vedovo, stava crescendo da solo sua figlia Alexis, di 8 anni. Tra lui e Victoria si era instaurato da subito un buon rapporto, tant’è che spesso riusciva a confidarsi con lui.
“Potresti dare un’occhiata a questi documenti quando hai tempo? Sono per la signora Spencer…finalmente si è decisa a denunciare l’ex marito…”- si fermò ad osservarla e notò che aveva l’aria stanca- “Ehi…tutto bene?”- le domandò.
“No…non va bene niente…”- ammise stancamente.
“C’entra tuo marito, vero?”-
“Stamattina abbiamo litigato…il che potrebbe anche essere positivo, visto che ultimamente mi rivolgeva a malapena la parola…ma è stato così odioso…Gli ho solo chiesto di andare insieme da un terapista…tanto per provare e vedere se può esserci utile, ma non ha voluto sentire ragioni…Poi sai come succede in questi casi…alla fine non ci ho visto più e gli ho detto tutto quello che penso…”- concluse.
“E lui? Cosa ti ha detto?..”-
“Che esagero…sembra che non si renda conto della situazione…Mi estromette, si comporta come se fosse un dolore soltanto suo…e quando inizierà il processo a quel ragazzo sarà anche peggio…”- continuò.
“Mi spiace..pensavo che col tempo si sarebbe riavvicinato a te…Cerca di pazientare ancora un po’, so che è difficile, ma non gettare la spugna…se fra qualche mese la situazione sarà invariata…prenderai i provvedimenti necessari…”- le suggerì.
“Dio…solo l’idea di separarmi mi mette l’angoscia…non tanto per me, ma per i ragazzi…ma anche andare avanti così non è possibile…”-
“Stai tranquilla, vedrai che si sistemerà tutto…”- la confortò l’amico.


Rientrata a casa nel primo pomeriggio, trovò in segreteria un messaggio di Orlando, che la avvisava che avrebbe tardato anche quella sera. Per niente sorpresa, sbrigò alcune faccende, passò l’aspirapolvere in salotto, mise un po’ d’ordine nelle camerette dei figli, poi uscì per fare la spesa ed andò a prendere Emma e Joel a scuola.
Tornati a casa, i ragazzi si misero a fare i compiti in cucina, mentre lei preparava la cena.
“Mamma…”- la richiamò Emma.
“Si tesoro..”-
“Ho finito…posso andare a giocare da Jenny?”- chiese.
“Va bene…ma mi raccomando, fra non più di due ore ti rivoglio a casa per cena, ok?”-
La lasciò andare, ma appena fu uscita, controllò dalla finestra. Jenny era la figlia dei loro vicini di casa, perciò Emma non avrebbe nemmeno dovuto attraversare la strada, ma ormai non riusciva a stare tranquilla.
Ritornò in cucina e vide che Joel era pensieroso. Gli si avvicinò premurosa, carezzandogli la testa e gli chiese:
“Che c’è campione? Ti sei bloccato sulle divisioni?”-
“No…ho quasi finito…”-
“Non ti senti bene?”- si sincerò.
“Mamma…papà non torna per cena?”- le chiese con la schiettezza tipica dei bambini.
E la prese decisamente in contropiede.
“Non so…forse farà tardi…ha molto da lavorare..”-
“E non viene a vedermi giocare domani?”- aggiunse.
“Sono sicura che farà il possibile per esserci amore…”- In realtà non ne era affatto certa, ma detestava vedere suo figlio così triste.
“Non ci vuole più bene?”- le domandò ancora.
“Perché dici così Joy?…Papà vi adora…”- lo rassicurò.
“Non gioca più con me…non è mai venuto alle partite…non è quasi mai a casa…”- osservò candidamente.
Come dargli torto? Aveva 10 anni, ma non era certo uno stupido.
“E’ solo un brutto periodo…ma passerà presto, vedrai…Si butterebbe nel fuoco per te e per tua sorella…Ora finisci i compiti”- e gli diede un bacio sulla fronte per tranquillizzarlo.










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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


Ecco un nuovo aggiornamento. Spero di non avervi sconvolto troppo con questo cambio di registro...Ringrazio chi ha letto e le mie commentatrici: BlackPearl e Michi88...grazie davvero! Buona lettura!

Orlando non rientrò per cena. Victoria cenò con i ragazzi, poi li fece preparare per la notte; lasciò che giocassero un po’, poi verso le 9.30, come sempre, li spedì a dormire. Sistemò la cucina, sbirciando di tanto in tanto l’orologio; fece un po’ di zapping col telecomando, ma visto che non c’era niente di bello, pensò di mettersi a letto a leggere un libro mentre lo aspettava.
Lui arrivò verso le undici. Lo sentì aprire la porta e fermarsi in cucina, probabilmente a bere. Dopo cinque minuti salì in camera da letto.
“Ciao”- le disse semplicemente.
“Ciao”- rispose di rimando.
Erano entrambi sulla difensiva. Vicky non voleva rischiare di peggiorare la situazione; se non ci fossero stati i ragazzi forse se ne sarebbe andata, ma non voleva aggravare le cose, perciò si decise, per quanto possibile, a mordersi la lingua. Orlando, invece, non voleva ammettere la gravità di quel momento, preferiva far finta di niente; gli bruciava ancora lo schiaffo ricevuto, pur sapendo benissimo di esserselo meritato.
“Hai mangiato?”- si sincerò lei.
“Si…avevo una cena di lavoro…”- rispose dal bagno, dove si stava spogliando.
“E’ andata bene?”- gli chiese.
“Penso di si…vedremo nei prossimi giorni…”- rispose laconico, prima di raggiungerla a letto.
“Domani hai molto da fare?”-
Lui ci pensò un attimo, poi le rispose:
“Come al solito…ma se è ancora per quella storia del terapista credevo di esser stato chiaro..”- precisò.
“Infatti stamattina sei stato chiarissimo…Non è per quello, domani pomeriggio c’è la partita di Joel…cerca di liberarti…per lui sarebbe importante…”-
“Vedrò di fare il possibile..”-
Ovviamente quella risposta non piacque per nulla a Vicky. Suo figlio sarebbe dovuto venire prima di tutto il resto.
“Cerca di fare anche l’impossibile, per favore…ci tiene così tanto…ha bisogno di te Orlando”- sottolineò, cercando di mantenere la calma.
“Non dipende solo da me…devo vedere delle persone nel pomeriggio, per definire un contratto d’appalto…”-
“Non può pensarci Dom?”-
“No…l’ ho seguito io dall’inizio…non posso delegare qualcun altro…Farò di tutto per esserci…Ma per favore evitiamo di farne un dramma se dovessi mancare…ce ne saranno tante altre di partite..”-
“Dici sempre così…intanto però non ne hai vista nemmeno una…”-
“Per favore…sono troppo stanco per discutere ancora con te…”-
“E io sono stanca di coprirti…I ragazzi stanno sentendo la tua mancanza, soprattutto Joy…teme che tu non gli voglia più bene…Credo che fargli cambiare idea conti più di qualsiasi stupido appalto”-concluse risentita.
“Bene…direi che è la degna conclusione della giornata…Stamattina mi hai detto quanto sono pietoso come marito e stasera che sono un pessimo padre…Adesso possiamo spegnere questa maledetta luce e dormire?…Direi che per oggi basta…Se hai dimenticato qualcosa me lo dirai domani…”- rispose polemico, voltandole le spalle.
Sempre più avvilita e preoccupata, Victoria non riuscì a dormire granché; si girava e rigirava nel letto, cercando di trovare una soluzione. Ma c’era poco da fare, se lui non collaborava non sarebbero andati da nessuna parte.


Giovedì pomeriggio- Partita di calcio juniores
La partita era iniziata da circa mezz’ora. Di Orlando neppure l’ombra. Joel stava giocando veramente bene, era un razzo, veloce, preciso, sembrava pure divertirsi ed aveva già segnato un gol.
Nell’intervallo tra primo e secondo tempo, le chiese più volte del padre e lei non sapeva più cosa inventarsi: non voleva illuderlo, ma nemmeno abbandonare ogni speranza.
Per fortuna, dopo cinque minuti dall’inizio del secondo tempo, Orlando arrivò e raggiunse Vicky sugli spalti del campo sportivo, insieme agli altri genitori.
“Vincono o perdono?”- le chiese.
“Vincono…e Joel ha anche segnato un gol…”-
“Grande…”-
“Sarà contento di vederti…”- aggiunse lei.
Lui sorrise.
In effetti, vedere il padre sugli spalti a tifare per lui, fu un’enorme soddisfazione per il bambino, che segnò un altro gol.
Alla fine della partita, Orlando lo riempì di complimenti e se lo spupazzò come non accadeva da tempo, tanto che Victoria si convinse che forse le cose stessero cambiando.
“Papà…sei riuscito a venire…”- diceva allegro Joy.
“Non potevo perdermi una partita così bella…”- rispose lui, prendendolo in braccio.
“Mi hai visto bene? Sono stato bravo?”-
“Sei il mio campione…sei stato bravissimo…”- gli disse stringendolo e sé.
“Vieni a casa con noi adesso, vero?”-
“No Joy…non posso…devo tornare in ufficio…ci vediamo stasera per cena, ok?”- gli promise.
“Va bene…”- rispose il bambino.
“Adesso fila a farti la doccia e a cambiarti, altrimenti prendi freddo…”-
“Devi già scappare?”- intervenne Vicky.
“Si…devo finire alcune cose…però cerco di non fare tardi, ok?”-
“Allora ci vediamo a casa…”-


Orlando mantenne la promessa, e quella sera rientrò decisamente prima del solito. Cenarono in un clima disteso, come succedeva sempre quando c’era ancora Delia.
Sembrava davvero che, lentamente, le cose tornassero alla normalità.
Dopo cena si soffermò a giocare con Joel ed Emma, li mise a letto e poi scese in cucina da Victoria.
“Hai visto com’era contento Joy? Da tempo non lo vedevo così sereno…Grazie per esser venuto a vederlo…”- osservò conciliante lei.
“Ha fatto piacere anche a me esserci…”-
Seguì un attimo di silenzio; erano in uno strano imbarazzo, come se non fossero più abituati a stare insieme senza litigare. Ma qualcosa turbò quella quiete.
“Stamattina sono stato dall’avvocato…mercoledì prossimo c’è la prima udienza del processo…pensavo volessi saperlo…”-
Per Victoria fu come una doccia gelata; certo, sapeva che non mancava molto, ma per lei era solo un modo per rinnovare il suo dolore, era come spargere sale su una ferita: terribilmente doloroso ed inutile.
“Ci sarai?”- le domandò lui.
“Io..io non credo…e non dovresti andarci nemmeno tu…”-
“Non ti interessa il processo al bastardo che hai investito Delia?”- sottolineò.
“Certo che mi interessa…ma non starò in aula a risentire ogni minimo dettaglio di quella giornata…e’ una sofferenza inutile…”- gli spiegò calma, ma decisa.
Lo vide irrigidirsi notevolmente. All’improvviso il suo ritrovato buon umore era sparito, per lasciare spazio nuovamente al distacco ed alla freddezza.
“Dammi retta Orlando…non andarci neanche tu…ti farà solo stare peggio”- gli suggerì, carezzandogli una guancia.
Ma lui la scostò deciso ed insofferente.
“Invece non vedo l’ora di andarci e di guardarlo bene in faccia…e spero tanto che lo sbattano dentro e buttino la chiave…”- le disse gelido.
“E quando sarà in prigione cosa cambierà? Delia non tornerà da noi…non servirà a niente…”-
“E’ inutile… non capisci…”- tagliò corto lui.
“No, hai ragione..non capisco…non riesco proprio a capire come potrebbe farci stare meglio…Dovrei esser contenta perché un ragazzo poco più che ventenne passerà forse i prossimi 10 anni in galera?”-
“Bè, se l’è cercata…lui aveva una scelta, Delia no invece…Spero che ci passi il resto della sua vita chiuso fra quattro mura…”-
“Adesso non ragioni…sei ancora troppo arrabbiato…”- constatò lei.
“Si, lo sono… e vederti così rinunciataria mi manda in bestia…Parli dello stronzo che ha ucciso nostra figlia come di un povero agnellino…”- la riprese duramente.
“Non mettermi in bocca parole che non ho detto…anch’io voglio giustizia, ma non è rovinando due famiglie che si risolvono le cose…non si può tornare indietro…Non c’è scelta, dobbiamo andare avanti ed accettare quello che è successo…”-
“E magari perdonarlo pure, vero? Ma che brava..sei davvero una santa…Perdonalo tu se ci riesci…”- disse rabbioso.
“Non riesco nemmeno io a perdonarlo, ma non voglio nemmeno avvelenarmi la vita e rendermela ancora più difficile con false aspettative…”-
“Cosa vuoi dire? Credi che lo assolveranno?”-
“La verità dei fatti e quella processuale sono ben distinte…non  dico che lo assolveranno, ma fossi in te non mi aspetterei nemmeno una pena esemplare..è giovane, incensurato…probabilmente il suo avvocato farà leva sull’incapacità di intendere e volere causata dalla droga e se la caverà con una salata cauzione e 300 ore di lavori socialmente utili…”- gli spiegò.
“Ma ci sono dei testimoni…”- rispose.
“Testimoni che hanno dichiarato che è stata Delia a tagliargli la strada…”-
Lui la guardava incredulo.
“Ancora con questa storia…non posso creder che tu incolpi nostra figlia per discolpare un criminale…se fosse stato lucido avrebbe frenato in tempo…”-
“Io non…non incolpo nessuno…ma credo che sia stato un incidente…un tragico incidente…Probabilmente il ragazzo aveva i riflessi rallentati, ma non è detto che sarebbe riuscito ad evitarla in altre condizioni…”-
“Non può andare così…non può farla franca…Deve pagare in un modo o nell’altro…”- disse con una rabbia negli occhi che non gli aveva mai visto prima di allora.
“Orlando…per favore calmati..Posso anche sbagliarmi, voglio solo che tu non ti faccia delle inutili aspettative…”- precisò.
“Deve andare diversamente…sono sicuro che ti sbagli…Ora vado a letto..sono un po’ stanco e domani devo svegliarmi presto…”- concluse.
Victoria era rimasta impressionata dall’astio che stava divorando suo marito e, soprattutto, temeva una sua reazione in caso di esito negativo del processo. Anche lei era agitata, ma voleva concentrarsi solo ed esclusivamente sulla sua famiglia, senza farsi condizionare da nient’altro.









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Capitolo 3
*** Cap.3 ***


Ecco un nuvo capitolo...Ringrazio chi ha inserito la storia nei preferiti! Sono felice di constatare che, nonostante il cambio di registro, apprezzate la trama di questo sequel! Grazie a chi legge e soprattutto a chi commenta: BlackPearl, Ginny_Potter, Michi88, Summer89...siete gentilissime! Buona lettura!

La mattina dopo Orlando si svegliò prima del solito. In realtà, aveva faticato a prendere sonno ed aveva trascorso una notte agitata. Victoria l’aveva sentito girarsi e rigirarsi nel letto, ma non si era azzardata a chiedergli niente, perché sapeva bene cosa lo tormentasse.
Fece colazione al volo, giusto il tempo di salutare i figli prima che andassero a scuola ed uscì per andare in studio. Lavorò a ritmi serrati tutta la mattina, senza cedere alla stanchezza, nonostante la notte quasi insonne.
All’ora di pranzo suo padre andò a trovarlo e riuscì a convincerlo a pranzare insieme. Da tempo non si vedevano e non ci voleva certo un indovino per capire quanto stesse male in quel periodo.
“Allora…il lavoro va bene…sei sempre impegnato..”- osservò Colin.
“Si, va piuttosto bene…è un periodo positivo…”- constatò.
“Bene, sono contento per te e Dom..Per il resto, come stai?”- azzardò.
“La settimana prossima inizia il processo…speriamo che le cose vadano per il verso giusto…”-
“Hai intenzione di andarci?”- gli chiese.
“Certo…perché non dovrei?”- rispose di rimando, già sulla difensiva.
“Non sarà piacevole…forse faresti meglio a risparmiartelo…”- gli suggerì.
“Mi sembra di sentire Victoria…vi siete parlati per caso?”- chiese con tono sarcastico.
“Sta solo cercando di proteggerti”- gli fece notare suo padre.
Orlando scosse il capo, poi sospirò.
“Sembra quasi che la cosa non la riguardi…non vuole sentirne parlare…Anzi, è convinta che sia stata Delia a tagliargli la strada…lo ritiene un banale incidente…Non mi capisce e forse io non capisco più lei..”-
“Quello che vi è successo metterebbe a dura prova chiunque…bisogna avere pazienza, poi il tempo farà il resto…Siete sempre stati affiatati ed uniti, supererete anche questa..”- lo incoraggiò.
“Stavolta è diverso papà…mi sforzo, ma non riesco a fare diversamente, non riesco ad accettarlo..lei, invece, è una roccia…a volte ho l’impressione che non abbia bisogno di me…e questo mi innervosisce..lei dice e fa sempre la cosa giusta…mi fa sentire così incapace..”- ammise.
“Sai che non è vero…lei ti adora…Perché non provi a parlargliene?”-
“No…no, sarebbe inutile..Devo uscirne da solo…”-
“E’ un errore..Orlando, è tua moglie, ha il diritto di sapere…Vi riguarda entrambi, se non ti aiuta lei, chi dovrebbe farlo?”-
“Per favore, non insistere…restane fuori…”- concluse seccamente.
Conoscendo il figlio e sapendo quanto fosse orgoglioso, Colin non andò oltre. Era comunque molto preoccupato e temeva che le cose potessero solo peggiorare.


Nel frattempo, Josephine, la mamma di Vicky, era andata a pranzo a casa della figlia.
Visto che i bambini erano a scuola, Victoria si sentì libera di sfogarsi ed, inevitabilmente, la conversazione si spostò su Orlando.
“Sono preoccupata mamma…il tempo passa e non cambia niente…”- osservò amaramente.
“Ieri al telefono mi sembravi sollevata…hai detto che è venuto a veder giocare Joel…che sembrava disteso…”-
“Si, ma è stato un falso allarme…era così tranquillo solo perché aveva saputo che mercoledì c’è la prima udienza del processo…”-
“Ah…e tu non condividi, vero?”-
“Voglio anch’io che sia fatta giustizia e che il responsabile paghi per quel che ha fatto…ma lui si sta accanendo con una rabbia…sta riversando tutte le sue energie nel processo…ho paura che non vada come si aspetta e, se così fosse, potrebbe crollare…e non so se basterò io a raccogliere i cocci questa volta…”-
“Non dire così…se rimanete uniti riuscirete a farcela…Stagli vicino, anche se ti respinge, non demordere…Ha bisogno di te e del tuo aiuto, anche se non te lo chiede”- le consigliò Josie.
“Non credo…è sempre più distante…A volte mi pare di dargli fastidio, non mi parla, devo sempre cavargli le parole di bocca…”-
“Sta soffrendo…”- rilevò la madre.
“Io invece mi sto divertendo secondo te? E’ dura anche per me, ma se cerco di reagire è per lui e per i ragazzi…Credevo che fosse la cosa più logica da fare e che anche lui la pensasse come me..invece si è isolato, come se fosse una perdita solo sua…questo non lo sopporto…E se provo a dirgli qualcosa mi risponde male o per ripicca non torna a casa fino a sera tarda…Sono sua moglie, ma non voglio essere il suo capro espiatorio…”- concluse decisa.
“Adesso calmati tesoro…porta pazienza, concentrati sui tuoi figli..il resto andrà da sé…le cose vanno come devono andare purtroppo, non abbiamo molta scelta…”-

Ben presto arrivò il fatidico mercoledì dell’udienza. E purtroppo i timori di Vicky si rivelarono fondati: Jason Hatkins, il ragazzo al volante della macchina che aveva investito Delia, fu condannato a tre mesi di carcere con la condizionale, vista l’assenza di precedenti penali a suo carico, da scontare in una comunità di recupero per tossicodipendenti, e a svolgere 350 di lavori socialmente utili. Inoltre, due testimoni ribadirono la loro versione, sostenendo che la bambina aveva improvvisamente attraversato la strada, tagliando la strada ad Hatkins. Il fatto fu ritenuto accidentale, anche se aggravato dalle condizioni alterate dell’autista.
Orlando la prese malissimo, com’era prevedibile. Dormiva e mangiava poco, lavorava a più non posso ma casa era totalmente indifferente ed apatico; dopo aver mangiato si chiudeva nel suo studio e non voleva essere disturbato da nessuno.
Era sempre più taciturno, rispondeva a monosillabi, pur essendo fisicamente presente era come se fosse altrove con la mente.
Memore delle parole della madre, Vicky si sforzò di stargli vicino, anche se lui la respingeva e neanche troppo velatamente. Cercava di smuoverlo, di farlo parlare, sperando che si sfogasse con lei; gli propose anche di prendersi una settimana di ferie per andare in montagna tutti insieme. Inizialmente lui si rifiutò, sostenendo che non era possibile, perché aveva troppo da lavorare e che non se la sentiva. Poi, inaspettatamente, cambiò idea e decise di prendersi una pausa.
I ragazzi erano contenti di poter stare finalmente con entrambi i genitori per qualche giorno, e Victoria sperava che la lontananza dalla città, dai problemi e dai ricordi potesse aiutarlo in qualche modo.
In effetti, la permanenza fuori città sembrò rasserenarlo; si dedicò completamente ad Emma e Joel, portandoli a fare lunghe passeggiate, insegnandogli a sciare e portandoli spesso e volentieri in funivia. E fu più disponibile anche con Vicky: non sfuggiva più alle sue carezze, sembrava più attento e premuroso. Proprio una di quelle sere in montagna fecero l’amore, dopo tanto tempo.
Apparentemente le cose sembravano migliorate, ma la sostanza era ben diversa. Victoria ebbe come l’impressione che lui si sforzasse, non con i figli, ma quando stava con lei. Anche la loro ritrovata intimità non era servita a cancellare i suoi dubbi; aveva fatto l’amore con lei, è vero, ma era stato meccanico, controllato, come se avesse la testa da un’altra parte. Ormai non sapeva cosa pensare.
Decise che la cosa migliore fosse mettere da parte quelle paranoie e godersi gli ultimi giorni alla baita.


Tornati a Londra, la loro vita riprese i soliti ritmi. Orlando lavorava sempre tanto e fino a tardi, Vicky si divideva tra il centro di accoglienza al mattino e casa e figli nel pomeriggio. Gli impercettibili segnali di riavvicinamento tra loro non ebbero un seguito. Non le parlava se non di cose urgenti di gestione domestica e relative ai ragazzi, si limitava ad informarla di dove sarebbe andato e di quando sarebbe tornato. Semplici comunicazioni di servizio, niente di più. Tutto ciò era oltremodo frustrante per Victoria, che non sapeva più cosa fare per attirare la sua attenzione. Aveva bisogno di lui, e non era una questione di intimità, né di sesso; rivoleva la complicità che c’era prima, quella che avevano sempre avuto, fin dall’inizio; rivoleva l’uomo che aveva scelto per formare una famiglia e che era sempre stato il suo pilastro; rivoleva l’Orlando entusiasta e spontaneo. Di quella sua brutta copia, distante e apatica non sapeva e non voleva sapere niente. Aveva cercato di avvicinarsi a lui, di stargli vicino discretamente ma costantemente, ma lui avevo ripreso a respingerla, come donna e come compagna. Ora era esausta di quella situazione e stanca di dover sempre fingere che tutto andasse bene.
Il baratro che si era creato fra loro si allargò inesorabilmente, finché un giorno la situazione precipitò.
Quella mattina Emma era con Vicky al centro di accoglienza. Mentre sua madre parlava con una donna nel suo ufficio, la ragazzina era fuori in cortile a giocare a nascondino con Alexis, la figlia di David. Nel correre a nascondersi, inavvertitamente, inciampò e finì per urtare una vecchia recinzione di ferro.
Richiamata dalla piccola Alexis, Vicky portò subito la figlia al pronto soccorso, accompagnata da David.
Dopo neanche mezz’ora Orlando le raggiunse. Entrò di corsa, visibilmente preoccupato.
“Cos’è successo? Come sta?”- chiese alla moglie.
“Sta bene, per fortuna non è niente di grave..si è procurata un taglio al braccio, è piuttosto superficiale…le hanno fatto l’antitetanica ed ora la stanno medicando…”- gli spiegò.
“Com’è successo?”-
“Non so…stava giocando con un’altra bambina…credo che sia inciampata ed è andata a sbattere contro la recinzione di ferro …”-
“Non lo sai? Scusa ma si può sapere tu dov’eri?”-
“Stavo per chiudere e portarla a casa, ma poi è arrivato David, che si era dimenticato di prendere dei documenti…è stata questione di cinque minuti…”-
Orlando sbuffò, allargando le braccia.
“Non avresti dovuto perderla di vista…”- la riprese seccamente.
“Ma non è una bambina…è stato un incidente, sarebbe potuto succedere anche con te…”-
“Victoria ha ragione…è stato un banale incidente…per fortuna non ci sono conseguenze gravi…”- intervenne David.
A quel punto Orlando lo squadrò di sbieco.
“Scusi lei è?”-
“Sono David…un collega di Vicky…è per causa mia che ha dovuto soffermarsi al centro…”- e nel dirlo gli allungò la mano.
Orlando la fissò senza stringergliela.
“Ci ha accompagnate lui…”- aggiunse lei.
“Bè…David..grazie per quello che ha fatto…adesso a mia moglie e a mia figlia posso pensarci io…”- puntualizzò.
“Va bene…come volete…Ci sentiamo più tardi..”- disse rivolto alla collega.
“Avresti anche potuto sforzarti di essere gentile…”- lo riprese.
“E tu avresti potuto stare più attenta a tua figlia…”- sottolineò duramente.
Emma aveva riportato un taglio piuttosto superficiale, fortunatamente, quindi sarebbero bastati solo alcuni punti.
Durante il tragitto verso casa, la ragazzina si addormentò, mentre i suoi genitori non si rivolsero la parola.



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Capitolo 4
*** Cap.4 ***


Nuovo capitolo! Grazie di cuore a chi legge e alle mie fedeli commentatrici e sostenitrici: Summer89, Michi88, Moon e BlackPearl! Buona lettura!!

Per il resto della serata Orlando abbandonò le intenzioni bellicose e si dedicò ad Emma. La ragazzina, dopo lo spavento iniziale, sembrava molto più tranquilla; la coccolò, cercando di distrarla, le fece prendere un antidolorifico per alleviare la dolia che sentiva al braccio, poi accompagnò a letto sia lei che suo fratello.
Poi ritornò in cucina da Vicky, deciso a riprendere la discussione. Era più forte di lui: oramai quando succedeva qualcosa ai suoi figli perdeva la testa, non guardava più in faccia nessuno.
“D’ora in poi non voglio che porti né Emma né Joel al centro…se non hai tempo di controllarli, lasciali a qualcuno…chiama una baby sitter, fai come ti pare…ma non tenerli con te se non sei sicura di avere il tempo di tenerli d’occhio..”- le disse con tono perentorio.
Lei, intenta a sparecchiare, si bloccò e lo guardò dritta negli occhi.
“Ti ho già detto che mi dispiace…mi sono allontanata solo pochi minuti…Emma non è più una bambina, non ha bisogno del cane da guardia…”- gli rispose decisa.
“Si può sapere dove cazzo eri?”- la aggredì lui.
“Te l’ ho già detto…ho aspettato a chiudere perché a David servivano dei documenti…”-
“Ah si? Allora eravate da soli…”- sottolineò in tono polemico.
“Cosa vuoi insinuare? Arriva al punto Orlando…”-
“Non insinuo niente…mi limito a constatare che mia moglie era chiusa nel suo ufficio con un altro, mentre le rispettive figlie giocavano in cortile…”-
“Va bene…trattami pure come la sgualdrina che si fa le tresche in ufficio, se può farti star meglio…ma non azzardarti a farmi passare per una cattiva madre…se c’è qualcuno che deve sentirsi in colpa qui non sono certo io…”-
“Eh già…la parte dell’orco spetta sempre a me…tu sei infallibile, sei perfetta…”- osservò sarcasticamente.
“Non è questione di infallibilità…posso sbagliare anch’io, ma almeno ci provo, ce la metto tutta…cerco di far funzionare le cose, ma è evidente che è fatica sprecata, visto che non posso contare su di te…”-
“Io non sarò molto presente, ma per lo meno con me ai bambini non è mai successo niente”- la provocò volutamente.
“Quanto sei meschino…è stato un incidente…Quante volte sei caduto da piccolo e ti sei rotto qualcosa, eh? Ma nessuno ha mai dubitato di tua madre, né avrebbe dovuto…Possibile che tu debba sempre trovare un colpevole contro cui sfogarti?”-
“Per te è tutto normale, quindi…sono sempre solo incidenti…”- sbottò spazientito.
“Questo lo è stato…e anche quello di Delia…”-
“Non nominarla…quello non  è stato un incidente…”- le disse duro.
“Ho letto gli atti Orlando…è inutile nascondere la testa sotto la sabbia…Forse si è distratta, o si è spostata per evitare un tombino…fatto sta che ha sbandato e lui se l’è ritrovata addosso e non ha potuto fare niente…”-
In effetti, Vicky si era documentata e sentiva spesso il loro avvocato. Le perizie ed i rilievi sull’asfalto avevano rivelato la dinamica dei fatti: la bambina si era spostata dal ciglio della strada, per una causa ancora da definire, ed Hatkins non era riuscito ad evitarla; di certo la sua posizione era stata aggravata dall’evidente uso di cannabis prima di mettersi alla guida, ma nemmeno da lucido avrebbe potuto frenare in tempo.
Se non ne aveva mai parlato con Orlando era perché sapeva che avrebbe rifiutato una simile versione.
“Piantala..non voglio neanche sentirti..sono solo cazzate…Ma che razza di madre sei, eh? Sembra che ti abbiano investito un gatto..come fai ad essere così fredda?”- la aggredì.
“Mi spiace…so che ti fa male sentirlo, ma è la verità…è andata così…Se prendertela con me ti fa stare meglio, avanti, accomodati pure…”- rispose rassegnata.
Lui la guardò di sbieco, con aria stanca ed insofferente. Poi, senza aggiungere altro, salì in camera.
Victoria rimase lì, sola con i suoi pensieri. Ormai non sapeva davvero cosa fare. Ogni suo gesto veniva frainteso, ogni parola mal interpretata. Non raggiunse il marito a letto, restò tutta la notte sul divano in soggiorno e non riuscì a chiudere occhio. Di tanto in tanto guardava alcune foto in bella mostra sul tavolino e sul caminetto: foto che ritraevano una famiglia felice, unita. Una famiglia di cui ora non restava più niente. La situazione era sempre più pesante. Era evidente che Orlando non la stimasse più, non si fidava più di lei, addirittura aveva dubitato della sua buona fede e delle sue capacità di madre. Nei suoi occhi non c’era più amore, né voglia di lottare; vi leggeva solo un gran vuoto ed una rabbia feroce contro tutto e tutti. In quei mesi avevano provato a far funzionare le cose, entrambi a modo proprio, ma ora lui si era arreso, ed anche lei era stanca di combattere da sola. Sembrava che si fossero dimenticati del loro amore, della fiducia, del rispetto, di loro insomma. A che pro continuare così? I ragazzi avevano bisogno di stare tranquilli, e di certo quel clima non era l’ideale per loro.
Più pensava, più si convinceva che la soluzione migliore fosse una sola: separarsi. Certo, era anche la più dolorosa. Quando si erano sposati, già genitori di Emma, erano innamorati, sereni, fiduciosi in un avvenire luminoso; lei era sicura che con lui le cose avrebbero funzionato, che avrebbe potuto contare sul suo appoggio, sempre e comunque. Ma ora era tutto diverso. Continuare così era un’agonia inutile.


La mattina dopo, Orlando scese come al solito verso le 7. Non fu troppo sorpreso di trovarla sul divano, si era accorto che non era salita a dormire, ma non le disse nulla.
Lei fece altrettanto, si avviò subito in cucina e cominciò a preparare del caffè; poi svegliò i ragazzi e li fece preparare per la scuola. I due non si rivolsero una parola nemmeno durante la colazione, si limitarono a rispondere a qualche domanda dei figli e si sincerarono delle condizioni di Emma.
Appena i ragazzi furono usciti a prendere il pulmino, Vicky si decise a chiarire la situazione. Era tremendamente difficile e non sapeva da che parte cominciare.
“Mi ami ancora?”- gli chiese a bruciapelo. Sarebbe bastato un suo “si” per convincerla a ritentare, a lasciare da parte tutti gli scontri ed i contrasti.
“Cosa? Perché me lo chiedi? Siamo sposati, abbiamo una famiglia..”- tentò di tergiversare lui, spiazzato da una domanda così diretta.
“Non girarci intorno..ho bisogno di saperlo…”-
“Io…sinceramente non lo so…non lo so più…”- ammise amaramente.
Ora Victoria sapeva esattamente cosa fare.
“Ho pensato molto stanotte…a noi due, a tutto quello che è successo…”- riprese- “e credo che ormai ci sia solo una cosa  da fare…separarci per un po’”- concluse.
Lui non l’aveva interrotta, la osservava, guardandola negli occhi: sembrava esausta e rassegnata.
“Si..penso anch’io che sia la cosa migliore…Tu resti qui coi ragazzi, me ne vado io…”-
“Dobbiamo dirglielo…forse è meglio farlo insieme…”- si preoccupò lei.
“Va bene..possiamo farlo oggi a pranzo…Torno prima, così gliene parliamo e poi porto via qualcosa, per ora lo stretto indispensabile…appena mi sarò sistemato tornerò a prendere il resto..”- aggiunse con tono incolore, come se stesse parlando della lista della spesa.
“Forse è meglio che la gestiamo noi questa cosa, senza mettere in mezzo degli avvocati…potrai vedere i ragazzi quando vuoi, e tenerli con te a week-end alternati…poi in futuro si vedrà…”-
“Per me va bene…”-
Ecco, ora era tutto finito. Un matrimonio di dieci anni, tre figli, tutti i momenti belli e brutti passati insieme venivano spazzati via in un soffio, con poche  parole.



Più tardi a pranzo…
Victoria ed Orlando avevano lasciato pranzare Joel ed Emma tranquilli. Poi, a fine pasto, si decisero a dir loro la verità.
“Ragazzi…papà ed io dobbiamo dirvi una cosa..”- esordì Vicky, attirando la loro attenzione.
“E’ successo qualcosa?”- chiese preoccupata Emma. Era una ragazzina molto sveglia: piuttosto alta, con lunghi capelli castani, ondulati, come quelli del padre e vispi occhi verdi, come quelli della madre.
“Abbiamo preso una decisione che riguarda anche voi..ma qualsiasi cosa succeda in futuro, ricordatevi che noi vi vogliamo bene e che faremmo qualsiasi cosa per voi…”- precisò Orlando.
“Vi separate, vero?”- li anticipò la figlia.
“Cosa dici Emma? Non è vero…la mamma e il papà si vogliono bene…vero che non vi dividete?”- domandò Joy, che era estremamente sensibile, riservato; aveva i capelli castano chiaro e gli occhi castani.
“Sei proprio uno scemo…ma se litigano sempre…”- gli rispose la sorella.
“Emma! Non parlare così a tuo fratello…”- la ammonì Orlando.
“Non vi separate, vero mamma?”- riprese Joel.
Nessuno dei due pensava che sarebbe stato facile, ma di certo quella situazione tradiva le loro peggiori aspettative.
“Tesoro, papà ed io ci prendiamo un po’ di tempo, staremo separati per un po’…ma questo non cambia l’amore che sentiamo per voi…”- gli spiegò Victoria.
“Vai via papà?”- chiese nuovamente il bambino, con un’espressione desolata.
“Si…voi restate qui con la mamma..e io vado ad abitare per un po’ da un’altra parte…Ma verrò a trovarvi e staremo insieme nel fine settimana…”- cercò di tranquillizzarlo.
“Se vai via io non voglio più vederti…”- disse secca Emma, alzandosi da tavola.
“Per favore, non fare così…”- le disse la madre.
“Perché no? E’ colpa sua…non c’è mai, non gliene frega niente di noi”-
“Questo non è vero…”- intervenne Vicky.
“Basta, non voglio più starvi a sentire…”- e se ne andò di corsa in camera sua.
“Emma..”- tentò di richiamarla Orlando.
“Lasciala andare…”- lo bloccò lei.
Nel frattempo Joel aveva assistito alla scena senza dire nulla. Ed ora guardava i genitori, con un faccino triste e preoccupato.
“Perché fate così?”- chiese candidamente.
“A volte ai grandi succede di litigare, di non capirsi…e allora serve un momento di pausa, per rimettere a posto le cose”- gli spiegò suo padre.
“Poi tornate insieme?”-
Quella era una domanda a cui nessuno dei due poteva rispondere.
“Forse si…o forse no…”- disse sinceramente lei.
“Noi ce la mettiamo tutta, ok campione? Ma comunque vadano le cose siamo e saremo sempre i vostri genitori…e vi vorremo sempre bene”- aggiunse lui.
“Capito…”- rispose laconico Joel.
Rimasti soli, ci fu un lungo momento di silenzio. Parlare di separazione fra loro era stato semplice, ma comunicare quella decisione ai ragazzi era stata la cosa più difficile che avessero mai fatto.
“Avremo fatto la cosa giusta?”- domandò lui.
“Non lo so…spero di si…”-
“Forse è meglio che vada su da Emma…”-
“No Orlando…è meglio che la lasci stare…sai com’è fatta…poi le passerà..Stasera le parlerò io…”- suggerì Victoria.
“Non voglio che mi odi…”-
“L’ultima cosa che farei è mettertela contro…ma adesso è meglio farla sbollire un po’…si è tenuta tutto dentro finora…è comprensibile che sia scoppiata…”- osservò.
“Allora…prendo le mie cose e me ne vado…dovrei stare qualche giorno in un residence, comunque per qualsiasi cosa mi trovi sul cellulare..”-
“D’accordo…”-
Vicky rimase seduta in cucina, senza fare niente. Lo osservò poi scendere le scale con un borsone. Si guardarono, incapaci di dirsi qualcosa, come se nessuna parola, nessuna frase o saluto fosse adatto per quella circostanza. Orlando si avviò all’ingresso e richiuse la porta alle sue spalle.
Il loro matrimonio era finito.




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Capitolo 5
*** Cap.5 ***


Aggiornamento settimanale...Spero non me ne vogliate per come stanno andando le cose, ma vi prometto che in seguito mi farò perdonare! Ringrazio i lettori silenti e le mie fedelissime commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon,Summer89. Buona lettura!

Quella drastica svolta non fu facile da accettare per i diretti interessati. Anche se apparentemente sembrava che la decisone fosse stata presa con non troppe difficoltà, in realtà era vissuta da entrambi come un fallimento.
Victoria si sentiva confusa e spaesata. Non era più abituata a stare sola, aveva sempre potuto contare su Orlando, per qualsiasi cosa: dalle notti insonni quando i bimbi erano neonati e lui le dava una mano per evitare che si stancasse troppo, alle preoccupazioni per le loro colichette e per i primi dentini, dalle ansie alle aspettative per il loro futuro. Quante volte la sera, prima di dormire, si ritrovavano a parlare dei figli, ipotizzando un futuro da veterinario per Joel, da scrittrice per Emma e da pittrice per Delia, la piccola di casa. Era davvero una bambina solare, allegra, correva incontro alla vita con l’entusiasmo tipico della sua età; sapeva bene come farsi benvolere con adorabile ruffianeria ed amava disegnare e dipingere con le tempere. Suo padre non riusciva mai a dirle di no. In realtà, Orlando non era particolarmente severo con nessuno dei figli, era un ruolo che non gli si addiceva e che non voleva ricoprire, tanto meno con la cucciola di casa, cui era legato in modo speciale visto che, come lui, era dislessica. La parte più spiacevole, quella dei rimproveri, che talvolta erano necessari, spettava a Vicky, che con amorevole fermezza metteva dei paletti e fissava qualche regola. Perdendo Delia avevano perso anche se stessi; si era incrinato qualcosa, che aveva fatto inceppare il meccanismo della loro complicità.
Ora lei si ritrovava sola nella loro casa, che non le era mai sembrata così grande. Certo, i ragazzi ed il centro la tenevano occupata, ma la sera era sempre il momento peggiore. Quando Emma e Joy dormivano, nella casa regnava un silenzio insopportabile, che non faceva che acuire la sua pesantezza d’animo. Per quanto cercasse di nasconderlo a se stessa ed agli altri, non si era mai sentita così sola; andava a dormire e le sembrava di sprofondare per quanto si sentiva piccola in quel letto sempre più enorme e vuoto. Orlando le mancava: le mancava averlo vicino, la sua buona notte, i suoi occhi che la cercavano appena svegli, la sua risata, il suo modo di metterle le mani sui fianchi quando entravano in una stanza insieme, le loro occhiate di intesa, che valevano molto più di mille parole. Cominciò a pensare che forse era stata una scelta affrettata, probabilmente se avesse avuto più pazienza, se avesse fatto finta di niente, sarebbe riuscita a sistemare le cose. Ma in fondo sapeva bene che non era un problema di tempo: ormai tra loro si era creato un abisso, stavano affrontando il loro dolore in maniera diversa ed incompatibile. Victoria voleva andare avanti, pur senza dimenticare, ovviamente, Delia, che era e sarebbe sempre rimasta nel suo cuore e nei suoi ricordi più belli; Orlando, invece, non riusciva a lasciarsi lo spettro dell’incidente alle spalle, ma al contempo non parlava volentieri della figlia e mal sopportava di vedere in giro per casa oggetti che gliela ricordassero. Era come se parlarne riaprisse in lui uno squarcio insopportabile. Una delle prime liti era avvenuta proprio per decidere se lasciare la cameretta di Delia così com’era o liberarla: Vicky avrebbe voluto lasciarla così com’era, almeno per un po’, mentre Orlando non sopportava di vedere i suoi giocattoli, i suoi disegni, i suoi vestiti. Per questo un pomeriggio, mentre la moglie era fuori, ripose tutte le sue cose in alcuni scatoloni e li portò in soffitta, in un maldestro modo di difendersi dai ricordi.

Dal canto suo nemmeno Orlando stava meglio. Alloggiava in un residence, poco distante dallo studio e la sua routine non era cambiata: lavorava a più non posso, era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, poi mangiava qualcosa fuori o si fermava a prendere una pizza o del cibo cinese e rientrava nella sua stanza giusto per farsi una doccia e mettersi a dormire. E si era rivolto ad un’agenzia immobiliare per trovare un appartamento, in modo da poter avere più spazio e tenere i figli a dormire da lui nel fine settimana.
La separazione era stata una scelta subita, fosse stato per lui avrebbe continuato chissà per quanto tempo a barcamenarsi in quel clima. Ancora una volta era stata Vicky a tirare fuori il carattere, a metterlo davanti al problema. Ora non gli restava che pensare bene a cosa fare, capire cosa volesse veramente e, soprattutto, capire quanto ancora tenesse a lei. Ma forse era ancora troppo presto. Sentiva terribilmente la mancanza dei ragazzi; anche se quando stava a casa sembrava distante e distaccato, in realtà non vedeva l’ora di stare con loro: gli bastava vederli sereni per stare un po’ meglio. I loro visi, le loro voci, le loro risate mentre giocavano insieme alleviavano il suo animo, rimettendolo in pace col mondo, anche se per poco.
La lontananza da Victoria, invece, non gli era così gravosa. Di tanto in tanto pensava a lei, ma non gli spiaceva stare per conto suo. Era sempre più convinto che non avesse bisogno di lui, che sarebbe stata meglio da sola, visto come erano precipitate le cose fra loro. Sin dall’inizio si era dimostrata più forte nell’affrontare quella prova, più determinata a farcela, a superarla, mentre lui si sentiva inutile, svuotato, incapace di fare qualcosa nella direzione giusta. Ma anziché appoggiarsi a lei o sfogarsi per renderla partecipe di ciò che gli passava per la testa, si era come bloccato, infastidito dal fatto che lei non avesse bisogno di lui per reagire. E da allora le cose non avevano fatto altro che peggiorare inesorabilmente.
Non ce l’aveva con sua moglie, al contrario, era arrabbiato con se stesso. Avrebbe voluto aprirsi, dire quello che sentiva, ma più si sforzava di farlo, più non riusciva nel suo intento e questo lo mandava in bestia. Negli ultimi mesi era come se una parte di lui si fosse estraniata dal suo corpo: si “vedeva” vivere, interagire e parlare con gli altri, ma in maniera del tutto estraniata, da fuori, come se stesse osservando la vita di qualcun altro. E non sapeva come fare a riprendere in mano la sua esistenza. Ogni sforzo gli pareva inutile, ogni parola superflua, ogni pentimento tardivo. L’unica cosa che lo faceva stare bene e sentirsi utile era il suo lavoro: in studio poteva avere la situazione sotto controllo, faceva progetti da una vita, era sicuro di sé e consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti. Gli sembrava l’unico posto in cui potesse dare il meglio di sé.
Dom lo vedeva sempre impegnato, sempre concentrato su progetti nuovi e, come socio, ne era felice, ma come amico era preoccupato per lui e per i ritmi che sosteneva. Aveva più volte tentato di parlargli, ma Orlando non si sbottonava, e non si riusciva a scucirgli una parola che non riguardasse il loro lavoro.

Naturalmente Emma e Joel erano altrettanto provati dalla separazione dei genitori. Inaspettatamente, era stato Joy, il più piccolo, a prenderla meglio. Dopo un comprensibile senso di smarrimento iniziale, aveva ritrovato la sua tranquillità. Era sereno, si era legato ancor di più, se possibile, alla madre, mostrandosi più coccolone ed affettuoso del solito, ma senza nutrire alcun rancore verso il padre, che continuava ad adorare. Non faceva domande, si limitava ad osservare gli eventi, fiducioso che le cose sarebbero tornate a posto. Stare a casa con la madre e la sorella durante la settimana e poi dal padre nel week end era per lui una sorta di gioco, di anomala vacanza. Continuava ad essere diligente a scuola, appena rientrato a casa faceva i suoi compiti, giocava con qualche amichetto o andava agli allenamenti di calcio. Si stava comportando in maniera estremamente equilibrata, superando le più rosee aspettative dei genitori.
Per Emma invece il discorso era molto diverso. Ormai andava verso i tredici anni, stava per entrare completamente nella fase adolescenziale, un periodo già particolare ed ancora più difficile nella sua situazione. Caratterialmente era identica ad Orlando: ostinata, volitiva, caparbia, intransigente. Non accettava la separazione dei genitori e ne riteneva suo padre responsabile. Si sentiva tradita da lui e si era convinta che volesse più bene alla sorellina scomparsa e vedere la perdurante sintonia tra lui ed il fratello la infastidiva. Si rifiutava di vederlo, gli parlava a malapena, sia quando andava a trovarla a casa, sia quando la chiamava al telefono; era sempre silenziosa, pensierosa, il suo rendimento scolastico ne aveva risentito: a scuola era distratta, disinteressata. Victoria aveva parlato con i suoi professori, cercava di aiutarla e di spronarla più che poteva, e le cose gradualmente stavano migliorando.
Emma aveva sempre adorato suo padre, nutriva per lui una vera e propria venerazione: quando era più piccola, intorno ai 4-5 anni, prima ancora che si trasferissero in quella casa, dopo cena lo raggiungeva trotterellando nel suo studio, saliva sulla sedia dall’altro lato della scrivania, esattamente di fronte a lui e lo osservava lavorare sicuro ai suoi bozzetti; lo fissava attenta e quasi incantata, finché lui, dopo averle lanciato occhiate furtive, non iniziava a farle smorfie e faccette buffe. Alla fine si interrompeva per stare con lei, coccolarsela e farle il solletico.
Quei tempi le sembravano così lontani, erano solo un ricordo. Il legame col padre era compromesso, mentre quello con la madre si rafforzava sempre più. Con Victoria riusciva ad aprirsi, a parlare e lei cercava di farla ragionare, di convincerla che suo padre le voleva sempre bene, ma la delusione era ancora troppo forte.
Ovviamente questo suo atteggiamento non sfuggì ad Orlando, né gli fece piacere. Aveva provato a parlarle, a rassicurarla, ma lei era molto fredda e lo respingeva. A nulla servivano le rassicurazioni di Vicky, che tentava di fare da mediatrice.
Una sera, a cena da suo padre, Orlando gli spiegò la situazione.
“Sono preoccupato per Emma…non mi vuole vedere, mi risponde a malapena al telefono…temo di averla persa…”- constatò.
“Non esagerare…è un’adolescente che deve vedersela con una fase difficile, la scuola, le prime simpatie e la separazione dei genitori…è normale che sia un po’ sottosopra…”- cercò di minimizzare Colin.
“Fosse solo quello…ce l’ ha con me…sono fuori di casa da più di un mese e non ha mai passato una giornata con me…per fortuna almeno Joy la sta affrontando bene…La incrocio giusto due minuti quando riporto a casa il fratello e mi tratta come un estraneo…”-
“E non ti ricorda qualcuno?”- gli chiese suo padre.
Orlando ci pensò un attimo, poi rispose:
“Se ti riferisci a me ed al nostro rapporto, ti faccio notare che la nostra situazione era molto diversa…”- precisò.
“No, tu ti sentivi tradito ed abbandonato da me…esattamente come Emma adesso…non è piacevole, vero?”- gli fece notare.
“Io non…mi spiace…ma cosa devo fare secondo te?”- gli chiese.
“Non farle fretta e non starle addosso o non otterrai che l’effetto contrario…Lascia che si prenda i suoi tempi..quando sarà pronta te lo farà capire…”-
“E’ buffo, non trovi? Per anni ti ho criticato e ho giurato a me stesso che sarei stato un padre perfetto ed invece eccomi qui…forse la genetica non ci aiuta…”- osservò amaramente.
“Io ho commesso degli errori molto più gravi, e lo sai…Tu sei un ottimo padre, ti ho visto con i ragazzi, so quanto li ami e so quanto loro ti vogliano bene…sei solo un po’ confuso…si aggiusterà tutto, ma devi pazientare…”- gli consigliò.
“Piuttosto…”- riprese poi Colin - “a che punto sei con la caccia all’appartamento?”-
“Ad un punto morto per ora…non ho ancora visto niente che mi piaccia…o sono troppo piccoli o troppo grandi..e nemmeno uno abbastanza vicino ad un parco o ad un giardino…non voglio che i ragazzi siano costretti a stare chiusi fra quattro mura quando vengono a trovarmi…”- osservò.
“Forse una soluzione c’è…perché non vieni a stare qui?…”- gli propose.
“Qui?”-
“Si…questa casa è troppo grande per me solo…è lontano da Londra solo venti minuti di macchina, è una bella zona, tranquilla, c’è molto verde, potrebbe esser l’ideale per Emma e Joel…le camere da letto ci sono, basta sistemarle un po’…e poi ci sono un sacco di animali, Joel di divertirebbe un mondo fra cani, gatti, galline e tartarughe…”-
“Io non saprei papà…”-
“Non dirmi che vuoi andare avanti in quel residence?…Mi viene l’ansia solo ad immaginarti là da solo…sei dimagrito, di sicuro mangi poco e male…io sono in pensione, non ho nient’altro da fare..almeno troveresti qualcosa di pronto quando torni e potrei darti una mano coi ragazzi quando li hai con te…mi fa piacere stare con loro…”-
In fondo Colin non aveva tutti i torti, quella sembrava la soluzione migliore. I ragazzi avrebbero potuto passare del tempo col padre e col nonno.
“Va bene…accetto l’invito…Nei prossimi giorni porto qui la mia roba…”- concluse infine Orlando.
“Perfetto…non vedo l’ora di insegnare a ragazzi a dar da mangiare alle galline”- disse Colin entusiasta come un bambino a Natale.



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Capitolo 6
*** Cap.6 ***


Nuovo capitolo...spero di non avervi sconvolto troppo col precedente capitolo! Ringrazio chi legge, ma soprattutto chi commenta: Michi88 e Summer89, siete splendide!! Buona lettura!

In pochi giorni Orlando si trasferì da Colin. Suo padre viveva appena fuori Londra, in una villetta di campagna, aveva due splendidi cani di razza golden retriver, Oliver ed Oscar, un gatto bianco e nero, Jack, due tartarughe terrestri, che vagavano per il giardino, ed addirittura un cavallo di nome Pegaso ed un pollaio. Lo spazio non mancava ed i ragazzi avrebbero potuto giocare indisturbati all’aperto. La casa era disposta su due piani: al piano inferiore la cucina, una dispensa, il soggiorno, un piccolo studio, una lavanderia, ed al piano superiore le camere da letto ed il bagno.
Ora non restava che avvisare Victoria del trasferimento.
Uscito dal lavoro più tardi del solito, Orlando pensò di andare subito ad avvisare lei ed i ragazzi di persona.
Arrivato a casa, notò che c’era una macchina parcheggiata nel vialetto. Decise comunque di scendere, visto che ormai era lì ed andò a suonare.
Vicky aprì subito.
“Ciao…non ti aspettavo…avanti entra..”- disse, lievemente imbarazzata. Tutto si immaginava fuorché vederselo lì.
“Sono uscito ora dallo studio…volevo dirvi di persona una cosa, ma forse disturbo…hai ospiti?”- si sincerò.
“Stavamo cenando…con David e sua figlia Alexis…”- spiegò.
Infatti, vide l’allegra tavolata in cucina. La cosa lo infastidì alquanto: al posto dove di solito sedeva lui c’era quel David, che cenava tranquillo con i suoi figli.
Appena sentita la voce di suo padre, Joel scattò come una saetta verso di lui.
“Papà…sei venuto a trovarci…”- disse contento.
“Ciao campione…come stai?”- rispose, abbassandosi sulle ginocchia per guardarlo meglio e scompigliandogli i capelli con la mano.
“Sto bene…oggi in allenamento ho segnato tre gol…domenica vieni alla partita, vero?”-
“Certo che ci vengo…non vedo l’ora…Sai, mi sono trasferito a vivere dal nonno, che abita in una specie di fattoria con tanti animali…ti piace l’idea?”-
“Che bello! E posso vederli anche io?”-
“Certo che puoi…e il nonno non vede l’ora di stare con voi..”-
“Resti a cena?”- gli domandò poi con un faccino implorante.
Orlando non sapeva cosa fare. Era combattuto tra il desiderio di rimanere, di mettere in chiaro il suo posto in quella che era ancora la sua famiglia, e la voglia di andarsene velocemente.
“Se non hai altri impegni…ai ragazzi farebbe piacere…non ci metto niente ad aggiungere un piatto, avevamo appena cominciato…”- intervenne Vicky.
“Va bene, grazie…”- decise infine. E raggiunsero gli altri in cucina.
“Evviva! Emma, c’è papà…e andremo nella fattoria del nonno Colin”- ripeteva raggiante Joel.
Ma la ragazza non fu altrettanto felice di vederlo e si limitò ad accoglierlo con un “ciao” non troppo convinto.
“Vi siete già incontrati…ti ricordi di David, vero? E lei è sua figlia Alexis…”- disse Victoria.
“Si, mi ricordo…”-
Tutto sommato la serata non fu così spiacevole. Dopo un certo imbarazzo iniziale, Orlando realizzò che l’unico a dover essere a disagio era David, non di certo lui, che era a casa sua, con i suoi figli. Si trovò a rimpiangere le cene a casa, quel calore familiare che ormai non aveva da tempo. Notò una certa complicità tra Vicky ed il suo collega e anche il bel rapporto che sua figlia Lexi aveva con lei.
Forse per la prima volta capì a cosa aveva rinunciato. Va sempre così: ci si rende conto di quanto ci preme una cosa solo quando ci viene tolta dalle mani.
Dopo cena, mentre i “grandi” prendevano il caffè in cucina, Joel e Lexi giocavano in salotto, ed Emma finiva i compiti.
Orlando le si avvicinò, cercando un dialogo con lei.
“Allora principessa…ti trovo bene… mi sembri cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista…”-
“Mi chiamavi così quando ero piccola…sono un po’ cresciuta per questi nomignoli..”- rispose.
“Hai ragione…Che compiti stai facendo?”- le chiese allora.
“Francese…”-
“Me la cavavo piuttosto bene in francese…sono un po’ fuori allenamento, ma se hai bisogno ti aiuto volentieri…”- le propose.
“No, grazie…mi aiuta già la mamma..”-
Victoria li osservava dalla cucina, sperando che la figlia avesse abbassato la guardia.
Per niente smontato dalla scarsa parlantina della ragazza, Orlando, che era altrettanto ostinato, continuò a pungolarla.
“Adesso abito dal nonno…mi farebbe piacere se venissi anche tu a trovarmi nel fine settimana..”- le disse sinceramente.
“Non so se posso…ho la festa di compleanno di una mia amica…”- rispose, senza alzare gli occhi dal suo quaderno.
“Ti ho detto che il nonno ha un cavallo?”-
A quel punto i suoi occhi cambiarono decisamente espressione.
“Davvero?”-
“Si…e forse potresti cavalcarlo…se ti va”- aggiunse.
“Vedremo…”- rispose lei.
Poteva non sembrare un gran risultato, ma quel condizionale era un gran bel passo in avanti.
Dopo circa una mezz’ora, David e sua figlia se ne andarono, i ragazzi salirono a dormire e Victoria ed Orlando rimasero soli in soggiorno.
“Mi sembra che vada meglio con Emma..o sbaglio? Vi ho visti parlare prima…”- gli chiese.
“Credo che sia più allettata dall’idea di vedere il cavallo di mio padre che di stare con me…Ma almeno stavolta non mi ha respinto…è già qualcosa…”-
“Ti vuole bene…è solo che le manchi…non è facile per lei…”- osservò lei.
Orlando annuì e poi rimase in silenzio. Trovarsi un estraneo a cena con la sua famiglia gli aveva dato fastidio, ma non sapeva se e come dirlo a Vicky. Ma lei lo conosceva troppo bene e sapeva esattamente quando qualcosa lo turbava.
“Che c’è che non va?”- lo incalzò.
“Niente…”- rispose.
Lei lo guardò con aria furba, come per fargli capire che ci credeva affatto.
“E’ solo che…non so cosa c’è fra te e David, ma non mi va che venga a casa… e che addirittura ceni con voi…”-
“Guarda che fra noi non c’è niente…”- precisò prontamente.
Stavolta era lui a guardarla perplesso.
“Joel mi ha detto che viene spesso qui…”- aggiunse.
“Ma è per lavoro…e ne approfitta per portare Lexi a giocare con Joy…”-
“Senti…sei libera di fare quello che vuoi…però non mi va che un altro venga qui e giochi a fare il padre coi nostri figli…”-
“Pensi che permetterei una cosa simile? E’ solo un amico…”- ribadì.
“Non mi devi nessuna spiegazione, davvero…quello che mi preme è la tranquillità dei ragazzi…non voglio che ci siano equivoci o sovrapposizioni di ruoli strane…”-
“E’ un problema che non si pone…tu sei e resti il padre…puoi stare tranquillo…”-
“Bene…allora vado…vengo a prenderli venerdì sera, e poi tu li riprendi dopo la partita di Joy, d’accordo?”-
“Si, va benissimo”- e così dicendo lo accompagnò alla porta.
Lo guardò allontanarsi dalla finestra mentre ripensava alle sue parole. Era strano, ma per un attimo le era sembrato di cogliere qualcosa nei suoi occhi, come uno spiraglio di gelosia. Ma evidentemente era solo preoccupato che qualcuno si intromettesse nel suo rapporto con i ragazzi, e non geloso di lei.
Non era stata proprio sincera con lui. David le aveva fatto capire in più occasioni di tenere a lei, ma rispettava quel suo momento di pausa e non voleva forzarla in alcun modo. Era vero, però, come aveva riferito Joel al padre, che spesso andava a trovarla a casa. Victoria era molto frenata, sia dalla situazione in sé, sia da quello che sentiva ancora per Orlando: non era certa che fosse ancora amore, però lui avrebbe sempre avuto una corsia preferenziale nel suo cuore, era l’uomo che aveva scelto per la vita e con cui aveva fatto tre figli.
Era altrettanto vero che David era sempre così carino, premuroso ed attento nei suoi confronti. Probabilmente se Orlando le avesse fatto capire qualcosa di più, se le avesse mostrato di tenere ancora a lei, non ci avrebbe pensato su due volte e sarebbe tornata con lui. Invece niente, da quasi due mesi avevano un normale e civilissimo rapporto nell’interesse dei figli, niente di più. Forse era il momento di voltare davvero pagina, e di pensare ad un futuro con un altro uomo.

Il giorno dopo, al centro, David tornò all’attacco.
“Io e Lexi siamo stati bene ieri sera…davvero non so come ringraziarti…da quando sei entrata nella nostra vita la vedo molto più tranquilla, più serena…e anch’io sto meglio…”- le confessò.
“Bè, credo che sia più che altro merito di Joy..ha un entusiasmo coinvolgente…”- cercò di sdrammatizzare lei.
“Certo, tuo figlio è davvero speciale…ma anche tu lo sei…”- continuò.
Lei non disse niente, era a disagio. Lui le piaceva, ma non era sicura di volersi buttare in un altra storia, le sembrava che fosse troppo presto.
“Lo so che ti ho detto che avrei aspettato, che non ti avrei messo fretta…ma sto bene con te…Ormai sono passati due mesi dalla separazione, mi pare che le cose si siano stabilizzate..”-
“David…è complicato…io non…non so cosa dirti…”- ammise.
“Dimmi che sabato sera vieni a cena con me…”- le propose deciso- “Lexi sarà dai nonni e i tuoi ragazzi sono col tuo ex, giusto? Possiamo permetterci di fare una follia ed andare al ristorante, no?”-
Vicky ci pensò per qualche istante. In fondo non c’era niente di male nell’uscire a cena con un amico. L’idea di stare a casa da sola non la entusiasmava, quindi perché non accettare l’invito? Era una semplice cena tra amici. Pensò inevitabilmente ad Orlando: David l’aveva definito il suo “ex” e la cosa di primo acchito l’aveva infastidita, ma era la verità. Erano separati e molto probabilmente avrebbero firmato le carte per il divorzio nel giro di pochi mesi. Lui non gliene aveva parlato, ma non aveva nemmeno lasciato supporre il desiderio di ritentare.
“D’accordo…vada per la cena…”- gli rispose infine.
“Perfetto…passo a prenderti alle 8…Ora scappo, devo andare a prendere Lexi a scuola…A sabato”- le disse soddisfatto.
Era arrivato il momento di scrivere un nuovo capitolo, forse non necessariamente con David, ma molto probabilmente senza Orlando.


















































































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Capitolo 7
*** Cap.7 ***


Nuovo aggiornamento...Vi anticipo che aggiornerò anche per Santo Stefano...Ringrazio tutti quelli che leggono i miei sproloqui e le mie fedelissime: BlackPearl, Michi88 e Summer89...Vi auguro Buon Natale!! Buona lettura!

Venerdì mattina, Victoria ebbe una sorpresa. Una sua cara amica passò al centro a salutarla: si trattava di Amy. La sua storia con Dom era durata circa tre anni, poi qualcosa si era rotto, ed i due avevano preferito lasciarsi mentre erano ancora in buoni rapporti, piuttosto che deteriorare anche la loro amicizia. Lui si era sposato con Sarah, un’insegnante elementare, ed avevano avuto un figlio, Ben; Amy, invece, aveva trovato l’amore in Francia, dove era stata mandata dalla catena alberghiera per cui lavorava a dirigere un nuovo hotel nel centro di Parigi. Proprio lì aveva conosciuto Jacques, un giornalista sportivo, ed era scattato il colpo di fulmine. Aveva avuto una bambina, Margaret, e continuava a dividersi, come molte donne, tra famiglia e lavoro. Ma non aveva mai perso i contatti con la sua migliore amica, perciò fu ben felice di raggiungerla appena arrivata a Londra.
Victoria stava lavorando, quando sentì bussare.
“Avanti…”- disse.
“Bonjour Madame…la disturbo?”- rispose pimpante l’altra.
“Amy…non ci posso credere…sei qui…”- e le corse incontro per salutarla.
“Eh si…dovevo incontrarmi con i miei capi e non potevo venire a Londra e non passare a salutarti…”- le spiegò.
“Prego, accomodati…Ma che bella sorpresa…Se però me l’avessi detto l’altro giorno al telefono, mi sarei organizzata…ho un po’ da fare qui e non posso muovermi…”- le fece notare.
“Se te l’avessi detto non sarebbe stata una sorpresa, no? Allora, come stai? Ti trovo bene…”-
“Abbastanza bene, grazie…Tu piuttosto…sei in forma strepitosa…e Jacques e Meggie? Stanno bene?”-
“Alla grande, per fortuna…il lavoro va bene…ma mi mancava la mia migliore amica…”- osservò sinceramente.
“Anche tu mi manchi…”-
“Devi assolutamente venire a trovarmi…magari quest’estate…con Jacques pensavamo di affittare una casa in Provenza…perché non ci raggiungi con Emma e Joel?…I ragazzi si divertirebbero un mondo e noi saremmo contenti di ospitarti…Anche Meggie non fa che chiedermi della zia Vicky…”- le propose entusiasta.
“Vedremo…non so ancora come ci organizzeremo per le vacanze…penso che Orlando vorrà tenerli con sé…”- le rispose, cambiando espressione.
“Come vanno le cose?”-
“Bè…adesso che siamo separati bene…almeno le liti sono finite..parliamo solo dei ragazzi, cose di ordinaria amministrazione insomma…”- rispose.
“E di voi non parlate?”- azzardò.
“No…e forse non lo faremo mai…In realtà non è che ci sia molto da dire…stare ancora insieme era impossibile…abbiamo cercato di limitare i danni…”- osservò.
“Ma è quello che vuoi?”- la incalzò Amy.
“Non sempre si ottiene quel che si vuole…”-
“Non hai risposto…”- sottolineò l’amica.
“Io..voglio solo stare bene adesso…voglio un po’ di tranquillità, con o senza Orlando…a prescindere dalla situazione tra noi mi interessa che i ragazzi siano sereni…poi si vedrà…”-
“Lo so che lo dico alla persona meno adatta, ma…faccio ancora fatica a credere che non state più insieme…siete sempre stati così affiatati, avrei messo la mano sul fuoco per voi…”- le disse.
“Per fortuna non l’ hai fatto…o ti ritroveresti come Muzio Scevola…”- la canzonò.
In quel preciso istante entrò David.
“Vicky…ho trovato quel documento che..Oh, scusate …credevo che fossi sola…”-
“No, non preoccuparti…David, lei è Amy, una cara amica che non vedevo da tempo….Amy, lui è David un mio collega…”- li presentò.
“Piacere Amy…scusate per l’interruzione…torno dopo, immagino che avrete molte cose da dirvi…”- e si congedò.
Amy era sempre stata piuttosto intuitiva, perciò non le sfuggirono i modi delicati e quasi cavallereschi di David nei confronti dell’amica.
“Cosa succede? Lui da dove sbuca?”-
“Te l’ ho detto..è un collega…e un amico…”- tagliò corto.
“E?…”-
“E mi hai invitata a cena…questo sabato…e io ho accettato…”- disse quasi imbarazzata.
“Ah…bè, è un bel tipo e sembra molto..interessato…”- constatò.
“Ho sbagliato, vero?”- le chiese.
“Per una cena non è mai morto nessuno…però non vorrei che tu ti lasciassi lusingare da lui solo perché Orlando non si sbottona…sarà pieno di difetti, ma ti ha sempre voluto un bene dell’anima…”-
“Le persone cambiano Amy…e lui non è più quello di prima…”-
“ Forse nemmeno tu…pensaci bene, prima di chiudere definitivamente quella porta ed aprirne un’altra..”- le consigliò.


Nel frattempo, in studio Dom ed Orlando avevano da poco finito una riunione coi dipendenti, per mettere a punto alcuni impegni. Rimasti soli, l’amico ne approfittò per sondare il terreno e vedere come stesse.
“Allora…come stai? Ti sei già trasferito da Colin?”- gli domandò.
“Si…non è che dovessi fare un gran trasloco…avevo con me solo i vestiti..Stasera vado a prendere i ragazzi, non vedo l’ora…e spero che ci sia anche Emma…”-
“Come va con lei?”-
“Un po’ meglio…diciamo che non mi ignora più così smaccatamente…”- osservò.
“E con Victoria? Come siete rimasti?”- azzardò.
“In che senso?”-
“Non avete avuto modo di…chiarire le cose..tra voi..”- disse prudente, quasi dosando le parole.
“No…per ora ci stiamo occupando solo dei ragazzi…”- rispose laconico.
“Non ti manca neanche un po’?”- lo incalzò.
“Dom…”- lo richiamò.
“Ok…se non ti va non ne parliamo…è che mi sembra così strano…Cazzo, siete Orlando e Victoria…siete sempre stati una cosa sola…”- gli fece notare. Era sempre lo stesso compagnone di sempre ed era sinceramente dispiaciuto per la rottura dei due.
“E’ complicato…magari col tempo le cose andranno a posto, ma per ora…voglio pensare solo ai miei figli…Pensi che sia tanto sbagliato?”-
“Non sta a me dirlo…comunque no, credo di no…Ma se lei non fosse disposta ad aspettare ancora?”-
“Allora sarà davvero finita”- tagliò corto.
“E ti arrendi così? Lasci campo libero ad un altro, senza nemmeno farle capire che tieni ancora a lei?”-
“Campo libero a chi?”-
“A quel David o come si chiama…non era a cena da lei qualche giorno fa?”-
“Si…ma sono solo amici…”-
“Orlando…svegliati…Victoria è una bella donna, lavorano insieme, si vedono già tutti i giorni e lui va pure a trovarla a casa…”-
“Mi ha detto che sono amici…non ci trovo niente di strano…”-
“Seee..non crederai che quello venga a chiederti il permesso? Più tu ti allontani, più lui le si avvicinerà…”- osservò serio.
“Tu credi?”-
“Se non le fai capire che tieni a lei, si sentirà libera di rifarsi una vita..è questo quello che vuoi?”-
“Dom non lo so…sono tutti discorsi prematuri…A volte mi manca e vorrei averla con me, ma poi penso all’ultimo periodo, alle cattiverie che ci siamo detti, alla distanza che si è creata…e mi convinco che forse è meglio come stiamo ora…forse doveva andare così…”- gli spiegò.
“Capisco…ma spero tanto che le cose si aggiustino..”- gli augurò.
“Grazie Dom…”-


Parlare con i rispettivi amici aveva fatto bene ad entrambi. Vicky continuava a pensare ai suggerimenti di Amy, ma era comunque confusa. Forse aveva ragione la sua amica, anche lei era cambiata, ma le sembrava di aver fatto tutto il possibile per salvare il suo matrimonio.
Ed anche Orlando non era rimasto insensibile alle parole di Dom. Fino ad allora non si era soffermato a pensare al suo rapporto con la moglie, ma si era concentrato solo sui ragazzi. Ma quello che l’amico gli aveva detto era vero: lei non sarebbe rimasta ad aspettarlo in eterno, probabilmente si sarebbe rifatta una vita con un altro uomo. Tornare da lei, però, significava ammettere i propri errori e lui non era ancora pronto a farlo. Perciò quella sera, quando andò a prendere i ragazzi, si limitò a parlarle del più e del meno, come faceva sempre.
Cercò però di osservarla, per carpire qualcosa dalle sue espressioni e dai suoi gesti. Gli sembrò distesa e rilassata come non la vedeva da tempo. Forse la lontananza da lui le stava facendo bene. Avrebbe voluto parlarle di loro, ma non c’era ancora stata l’occasione: c’erano sempre i ragazzi o altre persone intorno. E poi cosa le avrebbe detto? In realtà non lo sapeva nemmeno. Decise di aspettare ancora, di lasciare che il tempo facesse il suo corso; nel frattempo sarebbe rimasto alla finestra, in attesa di un suo gesto di riavvicinamento, di un qualsiasi segnale che gli facesse capire che c’era ancora speranza per loro due.

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Capitolo 8
*** Cap.8 ***


Aggiornamento extra, come promesso...Spero che abbiate abbiate passato tutti una buona Vigilia ed un sereno Natale...e vi auguro Buon Santo Stefano!

Ringrazio, come sempre, i lettori silenti, ma soprattutto le mie splendide e fedeli recensitrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89...non mi stancherò mai di ringraziarvi del vostro sostegno e dei vostri complimenti, a costo di risultare banale! Mi fa davvero piacere che la storia vi appassioni e vi coinvolga...non ero sicura di aver scelto la trama giusta, temevo che questo cambio di registro potesse "spaventare" e non invogliare alla lattura, ma l'idea mi balenava in testa da troppo tempo e ho dovuto assecondarla! Spero che anche questo capitolo sia all'altezza delle vostre aspettative! Buona lettura!

Il venerdì sera di Orlando con Emma e Joel trascorse velocemente ed in maniera piacevole. Joy era a dir poco entusiasta della piccola fattoria in cui viveva il nonno ed anche Emma sembrava un po’ più disponibile.
Colin aveva preparato loro un bel risotto per cena e poi li aveva intrattenuti raccontando loro alcuni aneddoti di quando era piccolo; aveva mostrato loro l’acquario ricco di pesci rossi e non solo che aveva sistemato in salotto, e li aveva accompagnati nelle loro camerette.
L’indomani, mentre il nonno insegnava a Joel come dare da mangiare alle galline, Orlando pensò di portare la figlia nella stalla, per mostrarle il cavallo.
Pegaso era un bel puledro marrone, di cui Colin era venuto in possesso quasi casualmente. Proveniva da un ippodromo, ma dopo una brutta caduta aveva riportato una frattura ad un arto, che gli impediva di gareggiare ancora. I gestori dell’ippodromo avrebbero voluto mandarlo al macello, visto che per loro era diventato inutile, ma Colin, tramite un amico, l’aveva acquistato per poche sterline e l’aveva sottratto ad un’orribile e prematura fine.
Emma rimase incantata alla vista dell’animale. Aveva praticato equitazione per qualche tempo, ma poi nell’ultimo periodo aveva smesso, un po’ per la delusione dovuta alla separazione dei genitori, un po’ perché era sempre Orlando ad accompagnarla al maneggio e lei voleva evitare qualsiasi cosa che glielo ricordasse.
“E’ bellissimo papà…”- gli disse raggiante.
“Hai visto? Sai, aveva avuto un piccolo incidente, ma l’ hanno curato e poi il nonno l’ ha portato qui…”- le spiegò.
“Posso…posso cavalcarlo?”- domandò incerta.
“Sei sicura di volerlo fare?”-
La ragazzina annuì.
“Ok…allora selliamolo e portiamolo fuori…un giretto non può fargli male…”-
Dopo averlo sellato, uscirono dalla stalla. Emma non aveva perso l’allenamento, salì a cavallo, aiutata dal padre, ed entrò subito in sintonia con l’animale; fecero una breve passeggiata intorno alla villetta ed in una stradina adiacente, sotto gli occhi vigili di Orlando, che non la perdeva di vista un attimo. Era così sollevato nel vedere la figlia divertirsi, contenta come non succedeva da tempo.
Poi riportarono Pegaso nella stalla, gli tolsero la sella, Orlando la aiutò a strigliarlo e gli diedero da mangiare insieme.
Ad un certo punto lei gli domandò:
“Papà…cos’è successo tra te e la mamma? Perché non andate più d’accordo?”-
Inutile dire quanto lui fosse stupito sia per la domanda in sé, che lo coglieva alla sprovvista, sia per la ritrovata loquacità della figlia.
“Vedi Emma…non c’è un motivo vero e proprio…è un insieme di cose…a volte capita di non capirsi…e quello che una volta era scontato diventa incerto…”- rispose sincero.
“E’ colpa nostra?”-
“No..no, tesoro..tu e tuo fratello non c’entrate”- la rassicurò.
“Non vi volete più bene?”- continuò la ragazzina.
“Ci vogliamo bene, ma in modo diverso…credo…L’amore si può modificare, può cambiare in meglio o affievolirsi…”-
“E si può smettere di amare i figli?”- gli domandò preoccupata.
“No, assolutamente no Emma…la mamma ed io vi vogliamo bene e sarà sempre così…niente potrà mai toccare l’amore che sentiamo per voi…”- le rispose deciso.
“Allora adesso sarà sempre così…tu qui, noi con la mamma…non tornerai più a casa..”- osservò.
“Vorrei poterti rispondere, ma la verità è che non lo so…Comunque qui o a casa con voi, ci sono sempre per te e Joy, ok? Per qualsiasi cosa basta solo che tu mi chiami, d’accordo?”- le promise.
“D’accordo…”- rispose.
“Finisco io di far mangiare Pegaso…Vai in casa a lavarti le mani, che fra un po’ si mangia…”-
Rimasto solo, Orlando si sentì pervadere da un’enorme ondata si sconforto; cominciò a domandarsi se avesse davvero fatto tutto quello che poteva per salvare il suo rapporto con Vicky. Sapeva di aver molto di cui rammaricarsi: non aveva lottato abbastanza, si era arreso, forse cullato dalla speranza che lei avrebbe sopportato silenziosamente ed avrebbe continuato a stargli accanto. Aveva preteso troppo da lei, senza darle niente. Ormai non poteva più nascondersi: aveva sbagliato e forse era tardi per rimediare.

Quel sabato pomeriggio Victoria era stranamente in ansia. Più si sforzava di pensare alla cena di quella sera come ad un semplice incontro fra due amici, più otteneva l’effetto opposto. Iniziò a pensare di aver sbagliato ad accettare, di aver affrettato i tempi e di averlo incoraggiato troppo. Fu addirittura tentata di chiamarlo per annullare tutto, fingendosi malata. Poi realizzò che non stava facendo niente di male: ormai era una donna separata, non doveva rendere conto a nessuno, se non ai suoi figli ed a se stessa. David era una compagnia piacevole, oltre che un bell’uomo, e le era stato molto vicino sia dopo l’incidente di Delia, sia durante la crisi con Orlando.
Indecisa su cosa indossare, alla fine optò per una giacca nera piuttosto elegante, che sdrammatizzò con un paio di jeans ed una T-shirt a maniche lunghe bianca, impreziosita di strass.
David arrivò puntuale alle 8 e la portò a cena in un ristorante in centro. Era un posto molto carino, elegante, ma non eccessivamente formale. Ordinarono antipasti di verdure, pesce ed una bottiglia di Chardonnay.
“Va tutto bene? Mi sembri un po’…a disagio, o sbaglio?”- le chiese improvvisamente.
“Io? No, è che…scusami, per me è un po’ strano…mi sembra di essere un’adolescente al primo appuntamento…tutto qui…”- rispose sinceramente.
“Bè, in effetti è il nostro primo appuntamento..”- le fece notare.
“David io…”- iniziò a dire.
“No, senti Victoria…lo so che ti sembra strano essere a cena con un uomo diverso da tuo marito…I distacchi, di qualsiasi tipo siano, sono difficili da metabolizzare…anche per me è stato strano cenare con altre donne, dopo Hellen…poi ci si fa l’abitudine..”- la anticipò.
“Posso chiederti una cosa?”- azzardò lei.
“Certo..dimmi pure..”-
“Quanto ti ci è voluto per superare la sua perdita?”-
“In realtà, non credo che un evento del genere si possa superare del tutto…pian piano la ferita si rimargina, ma resta comunque un nervo scoperto…Quando si perde qualcuno in un incidente, come è successo a noi, si resta come paralizzati al momento…perché davanti ad una malattia, per quanto sia terribile, ti prepari, cominci a metabolizzare l’idea, cerchi di fare di tutto per rendere speciale ogni momento, ogni ricordo..invece un incidente ti toglie anche questa possibilità..ti trovi messo davanti al fatto compiuto…vedi quella persona uscire di casa la mattina, magari ci hai anche litigato perché era stata troppo in bagno e ti faceva fare tardi e poi più niente…arriva una telefonata ed il tuo mondo si ferma…”- spiegò.
“Scusa, non volevo rinnovare il tuo dolore…se non ti va non ne parliamo più…”-
“Non devi scusarti…parlarne è un modo per superarlo…All’inizio ero restio a farlo..ed ero terrorizzato all’idea di tirar su Alexis da solo.. ma poi è stato proprio grazie a lei e per lei che ho trovato la forza di reagire, di guardare avanti…di tornare a vivere e non sopravvivere, come stavo facendo…e poi sei arrivata tu..”-
“Io non penso di aver fatto niente di straordinario…”-
“Invece mi ha aiutato molto..e non solo con Lexi…ho ritrovato la voglia di affezionarmi a qualcuno…Mi piaci Victoria, e molto anche…”-
Lei rimase spiazzata ed incapace di spiccicare una parola.
“Lo so, forse sto correndo troppo…ma non potevo più tenermi tutto dentro…Voglio solo che tu sappia che io ci sono…quando sarai pronta, ci sarò…”- le disse, sfiorandole una mano.
Dopo quell’inaspettata confessione, la conversazione si spostò su altro argomenti. David non volere bruciare le tappe più di quanto non avesse già fatto, perciò le raccontò cosa combinava Lexi da piccola, tanto per metterla a suo agio.
Verso mezzanotte la riaccompagnò a casa. Rimasero in macchina per una decina minuti; lui la ringraziò per la piacevole serata e lei per la compagnia. Ad un certo punto, entrambi persero le parole, come se non sapessero cosa dirsi. L’atmosfera era strana. Lui le si avvicinò e le diede un tenero bacio a fior di labbra. Victoria non fece niente per evitarlo e si lasciò andare all’emozione del momento.
“Buonanotte…”- gli disse poi.
“Notte…”- rispose.
Rientrata in casa, non fece altro che pensare a lui, alla serata ed al bacio. David era stato perfetto: la cosa che più apprezzava in lui era la capacità di dar voce alle sue emozioni, senza nessun timore. Ammirava il modo in cui aveva reagito alla perdita della moglie e pensava che stesse facendo un ottimo lavoro con sua figlia. Aveva reagito per lei, senza appigliarsi a nessun altro. Lei, in fondo, non aveva fatto niente di straordinario, se non ascoltarlo quando ne aveva avuto bisogno. Le pareva quasi paradossale esser riuscita ad aiutare un amico e non esser stata utile in alcun modo a suo marito. Già, Orlando. Se avesse reagito come David, forse le cose avrebbero preso un’altra piega. Invece no, l’aveva immediatamente esclusa, estromessa dal suo cuore, dal suo dolore, facendola sentire un’intrusa. Certo non poteva pretendere la sua stessa reazione, ma avrebbe quantomeno voluto che non si allontanasse così tanto da lei. Purtroppo tra loro si era alzata una cortina impenetrabile di incomunicabilità: probabilmente in tempi diversi avrebbero reagito, si sarebbero sforzati pur di abbatterla, ma erano ormai troppo stanchi e provati.
Era inutile ripensarci e rimuginare. Le cose erano andate così, nessuno poteva farci nulla. Ora doveva pensare a se stessa, a ritrovare un po’ di serenità e, perché no, magari anche qualche sprazzo di felicità. La storia con Orlando sarebbe sempre rimasta dentro di lei, come un marchio a fuoco nel suo cuore; non rimpiangeva niente di quello che aveva fatto con lui e per lui, era orgogliosa della famiglia che avevano costruito insieme. Ma David aveva ragione: arriva il momento in cui ci si rende conto che è arrivato il momento di rischiare, di guardare avanti con fiducia, di ricominciare a vivere. Andò a dormire e, per la prima volta in diversi mesi, non si sentì inutile, né angosciata.





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Capitolo 9
*** Cap.9 ***


Aggiornamento settimanale...Ringrazio i lettori silenti e pigri e le mie felissime, le mie certezze: BlackPearl, Michi88, Moon e Summer89...scusate la brevità, ma sono malaticcia...e spero vivamente di migliorare per il 31!! Anticipo a tutti voi tantissimi auguri per un sereno e positivo 2008! Buona lettura!

Dopo quella cena, David e Victoria uscirono altre volte nei fine settimana, approfittando del fatto che Alexis era dai nonni ed Emma e Joel col padre. Victoria si trovava sempre più a suo agio con lui: era spiritoso, brillante, sapeva trovare le parole giuste al momento giusto, la rassicurava e riusciva a tranquillizzarla. Questo per lei era importante: aveva bisogno non tanto di un appoggio, quanto di avere vicino qualcuno che la capisse, senza bisogno di troppi discorsi. E David sembrava riuscirci appieno: intuiva quando voleva rimanere sola, quando non voleva parlare, rispettava i suoi spazi senza però farle mancare la sua presenza. Stava nascendo qualcosa di bello, un sentimento che si stava rafforzando e che non era più di pura e semplice amicizia.
Vicky era serena, ma cominciava a chiedersi se e come dirlo ai suoi figli. Forse era un problema prematuro, si vedevano al centro quasi tutti i giorni, ma in fondo uscivano da tre mesi, solo nel week-end, perciò il tempo effettivo era ben diverso. Però non le piaceva mentire loro e raccontargli delle domeniche passate a casa di sua madre o al cinema con un’amica. Si sentiva in colpa. Decise allora di parlarne proprio con David, per capire come intendeva gestire la cosa con sua figlia.
Quella notte si era fermata da lui ed avevano fatto l’amore. Era stata la loro prima volta ed ovviamente un passo importante, soprattutto per lei. Non era stato facile all’inizio nemmeno pensare di farsi toccare da un altro uomo che non fosse Orlando, ma alla fine David l’aveva conquistata, guadagnandosi prima la sua fiducia ed ora il suo affetto. Non sapeva ancora se fosse proprio amore, però la direzione era senz’altro quella. Erano entrambi svegli, lei si era accoccolata contro di lui, che le carezzava un braccio.
“Come hai intenzione di comportarti con Alexis? Le dirai di noi….o no?”- gli chiese.
“In realtà è da quando abbiamo iniziato ad uscire che vorrei dirglielo…se ho aspettato è solo per paura che lo riferisse a Joel…”- le spiegò.
“Quindi credi che la prenderebbe bene?”-
“Certo…lei ti adora…è molto legata a te..sarebbe contentissima…”-
Rimasero un attimo in silenzio, entrambi pensierosi. Poi lui le girò la sua stessa domanda:
“E i tuoi figli…come pensi la prenderebbero?”-
Lei si tirò su, mettendosi a sedere contro un cuscino, per guardarlo meglio.
“Non ne ho idea…Joy adora suo padre ed è convinto che torneremo insieme…ed Emma ultimamente ha ricucito il rapporto con lui…non so come potrebbero reagire…”- ammise sinceramente.
“Se vuoi possiamo aspettare…non abbiamo fretta..”- la rassicurò.
“E’ che mi sento in colpa…vorrei dirgli la verità, in fondo ti conoscono, sei stato a cena da noi, conoscono Lexi…e forse sarebbe la cosa migliore da fare, onde evitare che si illudano che fra me ed il padre le cose si sistemino…però temo di turbare l’equilibrio che hanno raggiunto…”-
“Capisco…ed Orlando, come credi che reagirebbe?”-
“Non so…perché me lo chiedi ?”- rispose, sorpresa da quella domanda.
“Bè, perché a seconda di come la prenderà potrà aiutarti coi ragazzi od ostacolarti…”-
In effetti quella considerazione non era campata per aria. Se, come pensava, Orlando aveva voltato pagina, avrebbe potuto aiutarla a parlare coi ragazzi per mettere in chiaro la situazione.
“Facciamo così…fra poche settimane la scuola sarà finita…e ne approfitterò per dirlo ad Emma e Joel..”- decise.
“Mi sembra una buona idea…Vedrai che andrà tutto bene, avranno magari bisogno di un po’ di tempo per accettare la novità, ma non credo ci saranno problemi…”- la rassicurò.

Victoria pensò che nel frattempo la cosa migliore fosse parlare con Orlando e chiarire finalmente la loro situazione. Perciò lo chiamò e lo invitò a pranzo fuori.
L’appuntamento era per le 13; lei era già arrivata e lo stava aspettando in un bar poco distante dal suo studio, dove  erano soliti incontrarsi nei primi tempi del matrimonio durante le rispettive pause pranzo. Questo dettaglio aveva fatto scattare una lampadina nella testa di Orlando, che lo interpretò come un segno di riavvicinamento.
Circa un quarto d’ora dopo arrivò.
“Scusa il ritardo…”- le disse sedendosi al tavolo- “Stavo già uscendo quando mi hanno chiamato da un cantiere…”-
“Nessun problema…vogliamo ordinare?”-
Ordinarono due insalate di pollo ed acqua naturale. Si scambiarono alcune impressioni sui ragazzi, che entrambi vedevano molto più sereni. Poi Vicky si decise a rivelargli il vero motivo del loro incontro.
“Senti…il motivo per cui ti ho chiesto di vederci è un altro…devo dirti una cosa…”- esordì incerta.
“Dimmi…ti ascolto”- rispose lui prontamente. Sperava che gli chiedesse di tornare a casa o comunque che cercasse un punto d’incontro per risolvere i loro problemi.
“Da circa tre mesi esco con David…noi, ecco…noi stiamo insieme…”- gli disse finalmente.
Per lui fu una vera e propria doccia gelata. Eppure Dom aveva tentato di metterlo in guardia, ma lui non aveva voluto dargli retta. Ancora una volta aveva dato per scontato che lei fosse disposta ad aspettarlo per sempre, ma si era sbagliato, aveva toppato alla grande. Cercò di incassare il colpo, senza mostrare la sua delusione.
“Capisco…quindi immagino che vorrai il divorzio…”- rispose con tono incolore.
“No…cioè non immediatamente…in realtà ora mi interessa solo che i ragazzi accettino questa novità..”- gli spiegò.
“E io in tutto questo cosa c’entro?”-
“Pensavo che…che magari potresti darmi una mano a dirglielo…”- gli propose.
Nel sentire quelle parole, lui sgranò gli occhi.
“Tu vuoi che ti aiuti a dirgli che stai con un altro?”- voleva esser sicuro di aver capito bene.
“Si..insomma, visto che gli abbiamo parlato insieme della separazione, pensavo che avremmo potuto comunicargli insieme anche questo…”-
Si lasciò scappare una risatina insofferente, poi le rispose:
“Scordatelo…una cosa è dire ai nostri figli che ci separiamo, quella è una decisione che riguarda entrambi, ma questo riguarda solo te e…David…Io non voglio entrarci..”-
“Sto solo cercando di fare la cosa giusta, di trovare il modo migliore per dirglielo…”- ribadì lei.
“Mi spiace, ma non è un mio problema…”- tagliò corto.
“In fondo invece riguarda anche te…i ragazzi pensano che torneremo insieme…non è giusto illuderli per niente…”- osservò.
“Illuderli?”-
“Si…continuare così, senza definire niente, usando i condizionali, rimandando tutto, non facciamo che dargli una falsa speranza…”- disse decisa.
“Quanta fretta di chiarire…devi fare proprio sul serio con quello..”- sottolineò non senza una punta di amarezza.
“Se vuoi vederla così…”- si limitò a dire lei. Sapeva bene che quando si convinceva di qualcosa, era un’impresa titanica fargli cambiare idea.
“E posso sapere quando hai intenzione di dargli la lieta novella?”- le domandò poi sarcastico.
“Dopo la fine delle scuole…”-
“Che tempismo…David e Victoria…Sarete i nuovi Beckham?…”- notò ironicamente.
“Orlando…perché fai così? Credi che per me sia facile?”-
“Per loro non lo sarà affatto…Si sono appena abituati all’idea della nostra separazione…hanno ritrovato una parvenza di tranquillità e tu cosa fai? Vuoi dargli una badilata nei denti per fare i comodi tuoi con quello…”- continuò, visibilmente contrariato.
“Capisco che tu sia arrabbiato…ma modera i termini…”-
“Non la prenderanno bene…e tu lo sai questo…altrimenti non mi avresti chiesto di aiutarti…”- riprese lui, ignorando le sue parole.
“E vedere te contrario non semplifica di certo le cose…”- ribatté Vicky.
“Io penso solo ad Emma e Joy…tu puoi fare quello che vuoi con chi vuoi…le mie considerazioni me le tengo per me…non ti farò pubblicità negativa con loro, se è questo che temi…”- le disse duramente, fissandola negli occhi.
“Avanti...dimmi cosa pensi….sarebbe la prima volta che riesci a dire quello che ti passa per la testa…”- lo incalzò lei.
“Vista la tempistica e la fretta che stai dimostrando, mi pare evidente che non aspettassi altro che buttarmi fuori di casa...molto probabilmente lui era già in stand by e non vedeva l’ora di scaldarti il letto… “-
Se non fossero stati in un luogo pubblico, Victoria gli avrebbe volentieri rifilato un ceffone, ma avevano già dato abbastanza spettacolo. Deglutì a fatica, cercando di rimanere calma.
“Non sai nemmeno di cosa parli…se metti in dubbio addirittura la mia buona fede, vuol dire che sei a corto di argomenti…Ma la colpa è mia…sbaglio ad ostinarmi a cercare un aiuto da parte tua…chissà cosa mi aspetto, visto che non sei stato capace nemmeno di aiutare te stesso in questi mesi…”- sottolineò volutamente.
Lui continuava a fissarla con assoluta freddezza.
“Avrai notizie dal mio avvocato…e se credi di giocare alla famiglia felice con quello ed i miei figli, toglitelo dalla testa..”- le disse alzandosi dal tavolo.
Ancora una volta avevano finito per tirare fuori il peggio di se stessi. I fraintendimenti ed i contrasti sopiti erano tornati prepotentemente a galla, ma questa volta la questione non era circoscritta solo a loro due, riguardava anche i ragazzi, che di tutto avevano bisogno, fuorché di vedere i genitori litigare e contendersi il loro affetto. Orlando e Victoria ne erano consapevoli, sapevano che il benessere dei loro figli veniva prima di qualsiasi altra cosa, ma si erano lasciati trascinare dai loro impulsi, dalle gelosie, dalle ripicche.
La loro discussione suscitò reazioni diverse nei due. Victoria era sempre più certa che la relazione con David fosse quanto di meglio potesse capitarle. Se ancora aveva un minimo dubbio sul suo rapporto con Orlando, quell’incontro l’aveva spazzato via definitivamente. Si era trovata davanti lo stesso uomo distaccato ed a tratti dispotico con cui aveva vissuto negli ultimi mesi di matrimonio.
Orlando, invece, si era convinto che la storia tra Vicky ed il collega fosse iniziata quando il loro rapporto era entrato in crisi. Ripensava a quel giorno all’ospedale, quando Emma si era ferita al braccio ed era stato proprio David ad accompagnarle, alla cena a casa loro subito dopo la separazione. Si sentì infinitamente stupido per essersi rimproverato di tutto quello che era successo e soprattutto per aver sperato che lei lo rivolesse a casa. Realizzò che separarsi era stato in assoluto la cosa più intelligente da fare e decise di concentrarsi solo su se stesso, sui ragazzi e sul lavoro.

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Capitolo 10
*** Cap.10 ***


Nuovo capitolo...ne succedono di tutti i colori!! Spero non mi detesterete...Allora, spero abbiate cominciato tutti bene l'anno! Io sto smaltendo i postumi dell'influenza...Ringrazio i lettori silenti e quelli pigri! Ed un ringraziamento speciale va alle mie inossidabili sostenitrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89....vi adoro! Buona lettura!

Per tutto il pomeriggio Orlando pensò e ripensò alla discussione con Victoria. Era arrabbiato, deluso e anche stupito; non riusciva a credere che dopo un anno dalla scomparsa di Delia e ad appena sei mesi dalla loro separazione, lei stesse già voltando pagina, dimenticando tutto quello che c’era stato. Possibile che contasse così poco per lei? Gli sembrava quasi di trovarsi davanti una donna diversa.
Tutto quello che c’era stato fra loro, le cose belle e brutte, le promesse, i progetti, le aspettative, la complicità, l’amore, stavano svanendo via velocemente, come neve al sole. Se aveva accettato la separazione era solo perché la considerava una pausa, un’occasione per riflettere e capire se valesse la pena continuare; ma evidentemente per lei non era lo stesso, aveva già preso la sua decisione, pronta a ricominciare senza di lui.
A casa fu più taciturno del solito, quasi non toccò cibo e si ritirò in soggiorno. Fu lì che lo ritrovò suo padre Colin, che voleva salutarlo prima di andare a dormire.
Era seduto sul divano, nella semioscurità e beveva l’ennesima birra, con aria smarrita.
“Orlando…sto andando a dormire…se ti viene fame ti ho lasciato qualcosa in frigo, basta che la scaldi..”- gli disse premuroso.
Lui si limitò ad annuire appena.
“Cosa ti prende? E’ da quando sei rientrato che non dici una parola…”-
A quel punto tanto valeva raccontare la novità a suo padre, tanto prima o poi l’avrebbe saputo comunque.
“Oggi ho pranzato con Victoria…per telefono mi aveva detto che aveva bisogno di parlare con me…Sta con quel suo collega, David, da tre mesi all’incirca…e voleva che la aiutassi a dirlo ai ragazzi…”- spiegò, quasi centellinando le parole.
“Questa non te l’aspettavi, vero?”- osservò suo padre.
“No…ormai non conto più niente per lei…”- rispose con amara rassegnazione.
“Non è vero…non credo che sia così…Potrebbe essere solo una cosa passeggera, non penso sia una storia seria…”- constatò.
“Non m’ importa se è seria o no…però poteva anche avere il buon gusto di aspettare…i ragazzi si stanno abituando alla separazione e lei gli mette davanti un altro cambiamento…E poi sono quasi certo che ci fosse del tenero già prima…”-
“Non penserai che ti abbia tradito? Victoria non l’avrebbe mai fatto…”-
“Spero di no…so solo che c’è sempre stata una certa sintonia tra loro…”- constatò.
“La ami ancora?”- gli domandò Colin a bruciapelo.
“Cosa importa ora?”-
“Importa eccome…allora? Vorresti tornare con lei?”-
“Si…la amo ancora, ma ormai è troppo tardi…”-
“No invece…avresti dovuto dirle la verità oggi…comunque nulla è perduto…stai vicino ai ragazzi, lascia che questa storia si sgonfi e poi dille quello che hai appena detto a me…”- gli suggerì.
“Non lo so…Ci sono stati troppi problemi, troppi fraintendimenti, ho paura che mi respinga, che per lei sia davvero tutto finito…”- confessò.
“Meglio rischiare che vivere tutta la vita nel dubbio…Le storie come la vostra non si dimenticano dall’oggi al domani…”-
“Spero che tu abbia ragione…”-
“Ora vado a letto…e cerca di riposare anche tu…Andrà tutto a posto…”- lo rassicurò, prima di salire in camera.
Orlando rimase lì ancora una mezz’oretta, rimuginando su quanto gli aveva consigliato il padre e poi si decise ad andare a dormire.


Le settimane successive trascorsero piuttosto lentamente per i due. Si parlavano a malapena, giusto per darsi delle comunicazioni di servizio sui ragazzi; per il resto era evidente la tensione che si era creata. Orlando, come suo solito, si buttava a capofitto nel lavoro, per tenere impegnata la mente, e si sforzava di mostrarsi sereno con i figli nel fine settimana. Victoria, invece, si era legata ancor di più a David, che era ormai il suo punto di riferimento.
Per questo, terminate le scuole, si decise a comunicare la novità ai ragazzi. Avevano da poco cenato quella sera e nel pomeriggio erano stati proprio con David e sua figlia Lexi in uno zoo poco distante da Londra. Sia Emma che Joy si erano divertiti, perciò pensò che fosse il clima ideale per raccontare loro le ultime novità.
“Ragazzi…devo dirvi una cosa…”- esordì.
“Cos’è successo ancora?”- la anticipò preoccupata Emma. E non aveva tutti i torti: nell’ultimo periodo non si era sentita dire nulla di buono.
“Niente di grave, state tranquilli…negli ultimi mesi, mentre voi stavate da papà, io…bè, io sono uscita con un mio amico…”-
“Chi è? Lo conosciamo?”- domandò Joel.
“Si, lo conoscete anche voi…è David…noi ci frequentiamo e..”- continuò.
“State insieme vero?”- intervenne seccamente Emma.
“Si…”- rispose semplicemente.
I ragazzi rimasero in silenzio, visibilmente turbati da quella scoperta.
“Pensavo che David vi piacesse…non vi siete divertiti oggi con lui e Lexi?”- riprese Vicky.
“Si…è sempre gentile con noi…ma io preferisco il mio papà…”- osservò candidamente Joy.
“Saremo una famiglia allargata d’ora in poi? Verranno a vivere qui con noi?”- domandò la figlia.
“No, no Emma…non cambierà niente, solo passeremo un po’ più di tempo con loro…”- la rassicurò.
“Io non voglio un altro papà!”- disse deciso il bambino.
“E non lo avrai….tesoro, il papà sarà sempre presente per te, per tutti e due…David non prenderà il suo posto…”- tentò di rincuorarlo la madre.
“Perché non tornate insieme? L’avevate promesso…avevate detto che ce la mettevate tutta…”-
“Joy…ci abbiamo provato, davvero, ma purtroppo non si può…”-
“Non è vero…siete dei bugiardi…tutti e due…non voglio più sentire niente…”- e corse in camera sua.
Victoria avrebbe voluto seguirlo e parlargli, ma pensò che fosse meglio lasciarlo solo un po’.
“E tu signorina...non dici niente?”- chiese ad Emma.
“Non vuoi più nemmeno un po’ di bene a papà?”-
“Certo che gliene voglio…gli vorrò sempre bene, ma in modo diverso da come dovrebbe essere fra marito e moglie…”- le spiegò.
“Io non riesco a capire…da quando è morta Delia vi siete comportati come due estranei…litigavate sempre…come se solo lei contasse per voi…e noi due non fossimo abbastanza importanti da farvi smettere…”- osservò.
“Siete importantissimi invece…non devi nemmeno pensarla una cosa simile…è complicato da spiegare, quando sarai più grande forse capirai…”- concluse.
“Dici sempre così…io voglio capire adesso…”-
“Emma..io non..”-
“Lascia stare mamma…sono stufa di sentire i soliti discorsi…Vado a letto anch’io…”-
Victoria sospirò a lungo, passandosi nervosamente le mani nei capelli. Era andata decisamente peggio di quanto si aspettasse e cominciava a chiedersi se Orlando non avesse avuto ragione. Sistemò la cucina, ripose alcune provviste nella dispensa, poi salì al piano superiore. Si fermò davanti alla porta della stanza di Joel, per controllare come stesse e dargli la buonanotte. Bussò lievemente, ma non ottenne risposta. Provò ad insistere, ma era inutile. Entrò e del bambino non c’era traccia. Controllò in bagno, chiese ad Emma se l’avesse visto; passò in rassegna ogni camera, ridiscese per vedere se fosse tornato in cucina. Niente, Joy sembrava sparito nel nulla. Spaventata e preoccupata chiamò subito Orlando, che la raggiunse il più velocemente possibile.
Arrivato a casa, trovò lì anche David ed, ovviamente, la cosa non gli fece per niente piacere, ma volle evitare polemiche: la cosa importante era ritrovare suo figlio.
“Com’è successo? Non può esser sparito così…”- domandò alla moglie.
“Io non capisco…quando è salito io sono rimasta qui…l’avrei visto…mi sono allontanata solo per andare in dispensa, ma è stato un attimo, giusto il tempo di riporre in frigo delle cose…non ho sentito niente…e quando sono salita lui non c’era…”- gli spiegò sconvolta.
“Non è da lui fare queste bravate…Era preoccupato per qualcosa?…Era successo qualcosa prima?”- domandò.
“Ho detto ai ragazzi di me e David…lui ha reagito male…ed è salito in fretta in camera…”- ammise.
“Ah…ecco svelato l’arcano…”- commentò Orlando, guardando malamente sia Vicky che David - “Non può essere andato lontano…chiamiamo a casa dei suoi amici…è tardi, è buio, di sicuro è andato da uno di loro…”- riprese poi.
Fecero un giro di telefonate ad amici e conoscenti, ma nessuno l’aveva visto. Sempre più in ansia e divorata dall’angoscia e dal senso di colpa, Victoria scoppiò in lacrime. “E’ tutta colpa mia…se non avessi detto niente non sarebbe scappato…che razza di madre sono…”- ripeteva.
“Non fare così…vedrai che lo troveremo…”- le ripeteva David, abbracciandola stretta.
“Forse è meglio avvisare la polizia…”- suggerì poi.
“No…non farebbero niente prima delle prossime dodici ore…Victoria concentrati un attimo…c’è un posto dove va sempre? Non so, a giocare con gli amici o da solo?…”- le chiese.
“No, non ce n’è uno in particolare…sai anche tu che posti frequenta…sono sempre gli stessi…”-
Orlando si fermò un attimo a riflettere, come per raccogliere le idee.
“Ci sono…forse so dov’è…”- esclamò all’improvviso -“Voi restate qui, nel caso dovesse tornare…io vado a cercarlo…”-
“Dove?”- chiese Vicky.
“In quel parco vicino alla fabbrica di caffè…voleva sempre andare lì quando era più piccolo…”- rispose ed uscì in fretta e furia.
Arrivato al parco, Orlando lo chiamò, ma senza ottenere risposta. Si ricordò che andava sempre a giocare in una costruzione, simile ad una casupola, tutta colorata. Si avvicinò e diede una sbirciata. Joel era lì: si era accampato con tanto di coperta e cuscino e si era addormentato. Lo svegliò, lo prese in braccio e lo riportò a casa.
Inutile dire quanto Victoria fu sollevata nel vederli tornare insieme. Il bambino, invece, non le parlò, ma rimase abbarbicato al padre, ancora evidentemente arrabbiato.
Fu Orlando a metterlo a letto ed a cercare di capire cosa gli fosse passato per la testa.
“Adesso siamo tutti stanchi e scombussolati, ma non credere di passarla liscia… tua madre ed io ne parleremo ed escogiteremo una punizione…si può sapere cosa ti è saltato in testa? Uscire da solo, di notte…se non ti avessi trovato io? Magari potevi imbatterti in qualche malintenzionato…”- lo rimproverò.
Joel non diceva niente, si limitava a fissarlo con quei suoi occhioni castani.
“Mi hai fatto spaventare…e anche la mamma era molto preoccupata…Non devi farlo più, va bene?”- continuò.
“Mi dispiace…volevo venire da te, a casa del nonno, ma è lontano…così ho pensato di dormire al parco e domani mattina venire in studio…”- gli spiegò.
Quelle parole fecero sciogliere Orlando.
“Se avevi bisogno di parlare con me o di vedermi, bastava chiamarmi…sarei venuto subito da te…a qualsiasi ora…”-
“Posso venire a stare con te e il nonno?”- gli chiese allora il bambino.
“Joy…lo so che adesso sei arrabbiato e ce l’ hai con la mamma…ma non devi, davvero…lei sta solo cercando di essere felice…”-
“Non potete essere felici insieme?”-
“No, campione…lo siamo stati, ma adesso è diverso…Ma ci siamo separati come coppia, non come genitori, questo non succederà mai, capito?”-
Il ragazzino annuì.
“Ora dormi, da bravo… e guai a te se mi fai prendere un altro spavento del genere”- lo ammonì, scompigliandogli i capelli con la mano. Poi spense la luce e scese in salotto.
“Come sta?”- gli chiese subito Victoria andandogli incontro.
“E’ un po’ frastornato, ma sta bene…”-
“Hai visto? Ora è tutto risolto…Ti preparo una camomilla prima di andare..”- aggiunse David, accarezzandole un braccio ed avviandosi poi verso la cucina.
Rimasti soli, erano entrambi silenziosi e sulla difensiva. Orlando mal tollerava di vedere un altro uomo vicino alla “sua” Vic, e lei temeva che ora lui la giudicasse male e si servisse di quell’episodio in sede di divorzio. Inoltre la reazione del figlio aveva dimostrato che  aveva ragione a consigliarle di aspettare. Conoscendolo, non pensava si sarebbe lascito sfuggire l’occasione di farglielo notare; invece non aveva detto niente, non aveva infierito, sembrava anzi dispiaciuto nel vederla così.
“Allora io vado…chiamo domani per sentire come sta…e magari passo a trovarlo nel pomeriggio, se per te va bene…”- disse lui con tono incolore.
“Certo, passa quando vuoi…”- rispose prontamente.
Era appena uscito, ma lei lo richiamò:
“Orlando…”- e lo raggiunse nel vialetto.
Si voltò, guardandola con aria interrogativa.
“Grazie…”-
“E’ anche mio figlio…era mio dovere trovarlo…”-
“Non solo per quello…anche per non aver infierito…In fondo quello che è successo dimostra che avevi ragione tu…”- ammise, non senza una certa difficoltà.
“L’importante è che adesso sia a casa…del resto parleremo un’altra volta…”- tagliò corto e se ne andò.







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Capitolo 11
*** Cap.11 ***


Mi andava di aggiornare e così eccomi qui...Spero di aver fatto cosa gradita! Grazie a tutti quelli che leggono, ma soprattutto a chi commenta: Michi88, BlackPearl, Summer89! Buona lettura!

La fuga notturna di Joel riportò a galla le incertezze ed i timori di Victoria. Il figlio le parlava col contagocce, non era più affettuoso come prima, anzi, tendeva ad essere distaccato e raramente la ascoltava. Inizialmente lei cercò di soprassedere, di far finta di nulla, consapevole che era solo un fase di ribellione dovuta alla notizia della relazione fra lei e David; era certa che col tempo e con un po’ di pazienza le cose si sarebbero sistemate. Tuttavia, vedeva Joy sempre più imbronciato, apatico e pensieroso e questo non faceva che aumentare i suoi sensi di colpa.
Non solo, quella situazione causò anche delle liti con David. Lei, infatti, avrebbe voluto diradare le loro uscite e le sue visite a casa, in modo da lasciare al figlio il tempo necessario per metabolizzare il tutto. Ma il compagno non era dello stesso avviso.
“Io non capisco…stava andando tutto così bene…perché adesso vuoi tornare indietro?”- le chiese lui durante l’ennesima discussione.
“Andava tutto bene? Ma come fai a dire una cosa simile? Joy è scappato di casa…voleva andare da suo padre…ed è solo colpa mia…”- rispose esasperata.
“E cosa pensi di risolvere non vedendoci più?”-
“Siamo andati troppo in fretta, non è colpa tua…avrei dovuto aspettare, è mio figlio, avrei dovuto immaginare la sua reazione…adesso non posso più permettermi di sbagliare…Lasciamogli il tempo di accettare la cosa…”- gli spiegò.
“Victoria, non cambierà niente…e non è giusto che tu rinunci a qualcosa che ti fa stare bene per…”-
“Per mio figlio David…lo faccio per lui, si…e mi sembra la motivazione più forte di tutte…”- lo anticipò.
Lui restò in silenzio. Era molto coinvolto da lei e non voleva rinunciarci.
“David…so che ora ce l’avrai con me…ma al mio posto faresti la stessa cosa…faresti lo stesso per Lexi…”- riprese.
“Ti amo…come posso avercela con te…Ma tu sei sicura di farlo solo per Joel?”- domandò a bruciapelo.
“Certo…per chi altri sennò?…”- rispose sicura.
“Per Orlando….”- le suggerì.
“No…lui non c’entra niente…”- disse decisa e poi, avvicinandosi a lui, riprese- “David…lo sto facendo solo per i ragazzi…porta pazienza ancora un po’…continueremo a vederci al centro, ma per il resto è meglio che tu sospenda le visite a casa mia…appena le acque si saranno calmate tornerà tutto a posto…”- lo rassicurò, accarezzandogli una guancia ed abbracciandolo.
“Vorrei poter fare qualcosa…”- le confidò lui.
“Stai già facendo tanto…sei stupendo con me...e anche con i miei figli…lo so che non è facile, ma ci vuole un po’ di tempo…”- gli rispose.
“D’accordo…aspetterò…ma per qualsiasi cosa, ci sono…ricordatelo…”-



Anche Orlando era particolarmente pensieroso. Sentire che suo figlio era scappato e che voleva andare da lui gli aveva riempito il cuore di gioia e di amarezza al contempo. Era il chiaro sintomo di un disagio e voleva assolutamente fare qualcosa. In cuor suo sapeva che l’ideale sarebbe stato ricucire il rapporto con Vicky e rimettersi insieme. Tuttavia, non era certo uno stupido, né uno sprovveduto: la conosceva bene e sapeva che delle semplici scuse non sarebbero bastate e non la biasimava, consapevole di aver più volte oltrepassato il limite. L’aveva usata come capro espiatorio per sfogarsi e per liberarsi dal dolore che sentiva dentro ed ora che era senza di lei si malediva per averlo fatto. Lui la amava ancora, ormai gli era chiaro, e non riusciva a sopportare l’idea che stesse con un altro uomo. Arrivati a quel punto la situazione andava gestita con cautela: se le avesse fatto la guerra per impedirle di vedere David, mettendo di mezzo i loro figli, avrebbe solo ottenuto l’effetto contrario, facendola legare di più a lui. Pensò allora che la soluzione migliore fosse rivolgersi ad un avvocato, per definire meglio la situazione, soprattutto per quanto concerneva i ragazzi e per farle capire che anche lui voleva voltare pagina, sperando così di smuoverla.
Rientrato da un viaggio di lavoro di una settimana, fissò un appuntamento con Andy Stevens, un suo vecchio amico, che si occupava di separazioni. L’avvocato gli suggerì un affidamento congiunto, dal momento che lui e Victoria erano in discreti rapporti, e gli diede qualche indicazione sull’ammontare degli assegni di mantenimento. Una volta definiti i dettagli principali, avrebbe preparato i documenti per rendere effettivo il divorzio.
La mattina stessa, uscito dallo studio di Andy, Orlando fece un salto da Vicky al centro, per metterla al corrente delle ultime novità.
La trovò, nemmeno a dirlo, in ufficio con David.
“Scusa...è un brutto momento?”- le chiese, ignorando volutamente lui.
“No…entra pure…”- lo invitò- “Poi ti faccio avere io il documento firmato David…”- aggiunse.
Il collega uscì, visibilmente controvoglia, e li lasciò finalmente soli.
“Come va a casa coi ragazzi? Joy sta meglio?”- le domandò subito.
“Insomma…abbastanza bene…hanno sentito la tua mancanza, soprattutto lui…A proposito, il viaggio è andato bene?”-
“Si, tutto bene, grazie…Senti, sono passato per dirti che sono stato dall’avvocato in mattinata…”-
“Ah…e a chi ti sei rivolto?”- gli chiese, cercando di nascondere la sua sorpresa.
“Andy Stevens...te lo ricordi? Siamo vecchi amici…e qualche anno fa gli ho ristrutturato casa…”-
“Si…mi ricordo bene…è in gamba…”- confermò.
“La bozza di accordo è questa…”- e le allungò un documento- “Come puoi vedere Andy consiglia un affidamento congiunto…i ragazzi restano con te, le decisioni che li riguardano vanno prese insieme…posso tenerli con me ogni week-end, per le vacanze natalizie e un mese durante l’estate…per il mantenimento quella è la cifra per i ragazzi…per te non ho ancora stabilito niente, preferivo prima discuterne e…”-
“Non voglio niente…”- lo interruppe lei- “Riesco a mantenermi da sola…non devi preoccuparti per me…l’accordo va bene…ma non mi serve un pezzo di carta per permetterti di fare il padre…Puoi vedere Emma e Joel quando vuoi…”- precisò.
“Grazie...mi fa piacere sentirtelo dire, però le cose andavano formalizzate…è per questo che sono andato dall’avvocato.…”-
“E quello che è successo con Joy due settimane fa non ha influito?”- gli chiese.
“Si…ha influito…Volevo fare qualcosa, e questa mi sembra l’unica soluzione sensata…Ormai stai con un altro…non c’è motivo di ritardare il divorzio…giusto?”- le domandò. In realtà, nonostante l’atteggiamento distaccato che si sforzava di mantenere, Orlando sperava che lei avesse cambiato idea e facesse retromarcia. Il divorzio non era l’unica soluzione, ma era una scelta obbligata visto come stavano le cose.
“Giusto…hai ragione…penserà a tutto Andy?”- si sincerò.
“Certo…appena avrà preparato la pratica ci farà chiamare per firmare i documenti necessari….”- le rispose prontamente.
Seguirono alcuni minuti di silenzio, come se nessuno dei due sapesse trovare la parole giuste. Il loro matrimonio stava inesorabilmente andando incontro alla sua fine, e bastavano solo poche carte, come se gli anni passati insieme, con il loro bagaglio di emozioni ed esperienze, non contassero più nulla.
“La settimana prossima ho le ferie…e vorrei disporre del mese estivo che mi spetta coi ragazzi…se per te va bene…”- riprese Orlando.
“Va bene…Volevo chiederti un favore però…sabato è il compleanno di Joy…so che il week-end è tuo, ma vorrei organizzare una festa coi suoi amici a casa…è un problema prenderli dopo la festa? Poi rimarranno direttamente da te per il prossimo mese…”-
“D’accordo…se ci tieni…”- e non riuscì a trattenere un’amara smorfia.
“Che c’è? Qualcosa non va?”- gli chiese lei.
“E’ solo che siamo qui a parlare dei nostri figli come se fossero pacchi…sabato li prendo io, poi tu te li riprendi fra un mese…è così…così triste…Tutto quello che avrei voluto evitare, alla fine è successo…e io non sono stato capace di fare niente per impedirlo…e adesso che vorrei rimediare, è tardi…”- ammise sinceramente.
Sorpresa da quelle parole e dall’insolita facilità con cui aveva dato voce alle sue sensazioni, Victoria gli chiese:
“Cosa vuoi dire?”-
“Quello che ho detto…ci sono un sacco di cose che non rifarei se tornassi indietro…ma purtroppo non si può…Però sono contento di averti sposata…anche se siamo qui a parlare di divorzio, sono contento di averti scelta e che tu abbia scelto me…e sono orgoglioso dei nostri figli…Per il resto, ho fatto tanti errori, con te soprattutto…voglio solo che tu sappia che mi dispiace…”-
“Lo so…dispiace anche a me”- disse, assolutamente spiazzata da quelle confidenze.
“E questa credo sia giusto la tenga tu…”- continuò, sfilandosi la fede dall’anulare e mettendola sulla scrivania.
“Orlando, no…è tua…io non credo…”- cercò di dissuaderlo.
“A me non serve un anello per ricordarmi di te…magari un giorno me lo renderai…o forse no…”- e detto questo se ne andò senza aggiungere altro.
Vicky era senza parole. Mai e poi mai si sarebbe aspettata una mea culpa simile. Le sembrava di trovarsi davanti il suo Orlando, quello di cui si era innamorata e che da troppo tempo le mancava. Quante volte avrebbe voluto sentirsi dire quelle cose? Quante volte aveva sperato che lui le aprisse il suo cuore e si lasciasse consolare? Forse però aveva detto bene lui, era tardi. Tardi per rimediare, tardi per ricominciare, tardi per guardarsi con occhi nuovi. E poi aveva David. Lui le era sempre stato vicino, disponibile e comprensivo, coinvolto e paziente. Non era più tempo di illusioni e di false aspettative. Era giunto il momento di andare avanti. Si rigirò l’anello tra le dita a lungo, persa in queste considerazioni e poi lo ripose nella tasca della sua borsa.
Orlando era uscito sollevato dal centro. Apparentemente, ad un occhio esterno, quella conversazione poteva sembrare una resa, una rinuncia. In realtà non si era mai sentito così consapevole: comunque fossero andate le cose era un vincitore. Aveva vinto perché aveva ammesso i suoi errori, perché aveva avuto il coraggio di chiedere scusa ed aveva mostrato una prudente voglia di rimediare. Aveva fatto la cosa giusta, facendo un passo verso di lei. Almeno non avrebbe avuto nulla da rimproverarsi. Le aveva fatto capire che lui c’era e che era disposto ad aspettare. Le aveva lanciato un segnale, ora la scelta spettava solo a lei: doveva decidere se dare una seconda opportunità al loro matrimonio oppure “resettare” il suo cuore e ricominciare senza di lui.



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Capitolo 12
*** Cap.12 ***


Aggiornamento settimanale...Come sempre ringrazio le mie fedelissime sostenitrici: BlackPearl, Michi88, Summer89 e Moon (che so continua seguire i miei deliri!)...Rimgrazio anche chi non commenta e invito a lasciare una recensione: mi fa piacere vedere tante letture e che la storia è inserita tra i preferiti, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensa anche chi ha appunto l'ha inserita nei suoi preferiti! Buona lettura!

Sabato 2 luglio – Compleanno di Joel
La casa era già invasa dagli amichetti del festeggiato e da qualche mamma. Inoltre erano arrivati anche la zia Samantha con Lily, lo zio Robbie con James e la nonna Josephine. Mancavano all’appello solo nonno Colin ed Orlando.
I due ritardatari arrivarono verso le 16.30, in tempo per la torta e l’apertura dei regali. Joy sembrava tranquillo e felice: si divertiva con i suoi amici ed era entusiasta dei regali. Ma la gioia più grande per lui fu rivedere suo padre. Infatti, da quando Orlando era tornato non si erano ancora visti, ma solo sentiti per telefono. Quando lo vide arrivare gli corse incontro, saltandogli letteralmente al collo. Mentre i ragazzi si divertivano, tra gli adulti regnava un clima strano, sottolineato dall’arrivo di David con sua figlia. Sembrava di vedere due schieramenti: da una parte Victoria, David, Robbie e dall’altra Orlando, Colin, Samantha ed, inaspettatamente Josephine, la mamma di Vicky. La donna non gradiva la nuova relazione della figlia, ed era convinta che fosse solo una ripicca nei confronti del quasi ex marito. Tuttavia, aveva saggiamente soprasseduto, in nome dell’armonia familiare e non aveva mai detto niente alla figlia. Quel giorno, però, all’arrivo di David al compleanno del nipote, tutti i suoi buoni propositi andarono in fumo. Trovava la sua presenza fuori luogo e del tutto inopportuna, dal momento che era una festa tra amici e parenti ed era arrabbiata con la figlia che l’aveva invitato. Per questo, passò quasi tutto il pomeriggio a parlare con Orlando e suo padre, tralasciando volutamente di approfondire la conoscenza di David, al quale concesse solo poche distaccate parole.
Il suo atteggiamento, ovviamente, non sfuggì a Vicky. Così, una volta congedati gli ultimi ospiti, dopo che Orlando se n’era andato coi ragazzi e Colin, rimasta sola con la madre, decise di chiederle alcune spiegazioni.
“Qualcosa ti ha infastidita mamma?”- le chiese d’un tratto.
Josie stava ripiegando alcuni tovaglioli, si girò di scatto e le rispose.
“No…perché me lo chiedi?”-
“Sei stata quasi tutto il pomeriggio a parlare con Orlando e suo padre…speravo che mi raggiungessi, avrei voluto presentarti David con più calma..”- le fece notare.
“Non ci vedo nulla di strano…non li vedevo da un po’…e volevo sapere come stavano…tutto qui…”- tagliò corto.
“Davvero? Sei sicura di non dovermi dire qualcos’altro?”-
“Si, ne sono certa..”- ribadì, evitando di guardarla negli occhi.
“Mamma…non fingere con me…è evidente che ce l’ hai con me per qualcosa…ti decidi a farmi capire?”- sbottò Vicky, stanca di giocare al gatto e al topo.
“Va bene…se proprio vuoi saperlo, trovo che tu ti sia comportata malissimo…come ti è saltato in testa di invitare qui quello?…Era il compleanno di Joy, un’occasione per festeggiare in famiglia, con amici e parenti e non con degli estranei…”-
“E scommetto che l’estraneo in questione è David, vero?..Bene, vedo che stare con Orlando un paio d’ ore ti è servito…”- osservò ironicamente.
“Guarda che Orlando non c’entra…anzi, si è comportato da signore…io al suo posto l’avrei cacciato fuori…”- sottolineò Josephine.
“E’ già…lui non sbaglia mai…è sempre tutta colpa mia…grazie mamma, almeno so da che parte stai…”- rispose piccata la figlia.
“Io sto dalla parte del buon senso…e il fatto che sia tua madre, non significa che debba tacere davanti ai tuoi errori…Quell’uomo non avrebbe dovuto presentarsi qui oggi…”- aggiunse.
“Quell’uomo è il mio compagno, è un uomo meraviglioso che tiene a me e che mi è stato vicino quando ne ho avuto bisogno…”- precisò.
“E lo ami?”- le chiese a bruciapelo.
“Io non…non lo so…ma non significa che non possa amarlo in futuro…Quel che so è che si è sempre comportato bene con me e che mi ha ascoltata quando il tuo caro genero mi allontanava..”-
“Orlando stava male e ha avuto bisogno di più tempo per smaltire la rabbia ed il dolore…non puoi incolparlo di non aver reagito come ti saresti aspettata…Ma sono certa che non ha mai smesso di amarti…”-
 “Sei proprio fuori strada mamma…tra noi è finita…”-
“Lui ti vuole bene…se solo tu mettessi da parte l’orgoglio…”- le disse.
“L’ ho messo da parte tante volte con lui…mi sono sforzata per mesi di fargli capire che c’ero, che ero lì per lui…Ma non è servito…è tutto finito…ed è stato proprio lui ad andare dall’avvocato per chiedere il divorzio se vuoi saperlo…”- le spiegò.
“E cosa ti aspettavi? Ha visto che stai con un altro e ha pensato di lasciarti libera…”- precisò Josie.
“Tanto comunque si giri la frittata lui fa sempre la cosa giusta ed io sono perennemente nel torto…”- sbottò Vicky, lasciandosi cadere stancamente sul divano.
Dopo alcuni istanti in silenzio, sua madre le si avvicinò e le disse:
“Ascolta…non ti sto chiedendo di non divorziare…se pensi che sia la cosa migliore da fare lo accetterò…ti chiedo però di rifletterci bene…pensa a quello che vuoi davvero…Magari adesso David ti sembra perfetto, ma più avanti potresti pentirti e voler tornare indietro…Non buttarti in un’altra storia solo per dimenticare il tuo matrimonio…”- le suggerì.
“Non lo faccio per quello…comunque ci penserò bene, stai tranquilla”-

Il mese di vacanza di Orlando coi ragazzi volò via veloce. Nei quindici giorni di ferie che aveva li portò prima alla casa in montagna, poi trascorsero l’ultima settimana in Italia, a Roma. Quel viaggio era in programma da tempo, lui e Victoria ne avevano già parlato più volte e non vedevano l’ora di andarci tutti insieme. Anche se la famiglia non era più al completo, Orlando pensò che fosse una buona idea ed un modo per i figli di distrarsi. Emma e Joy si divertirono un mondo a spasso per la città eterna col padre. Tornati a Londra, lui tornò al lavoro, ed i ragazzi rimasero a casa col nonno, aspettando il suo rientro per cena la sera. Cercava di sfruttare ogni minimo istante per stare con loro, per fargli sentire la sua presenza e quanto gli volesse bene. Di tanto in tanto nella sua mente faceva capolino qualche immagine della loro ultima vacanza insieme come famiglia, quando ancora c’era Delia: neanche due anni prima erano andati in Grecia. Sembrava passata una vita, ed invece erano solo alcuni mesi. E com’erano cambiate le cose. Più ci pensava, più capiva di rivolere la sua famiglia: rivoleva Vicky, perché l’amava ancora, gli mancava tutto di lei, il suo sorriso, i suoi occhi, il suo modo di prendersi cura di lui, i suoi rimproveri, le sue carezze. Solo immaginarla con David gli faceva ribollire il sangue. Era stata sua moglie per dieci anni, più quasi quattro di fidanzamento, ne avevano superate tante insieme, non tollerava che ora ci fosse un altro nella sua vita. In fondo, quando una storia così lunga ed importante finisce, rimane molto più di un ricordo. E’ come tagliare una grande quercia: il tronco si spezza, ma si possono vedere distintamente gli anelli del legno. Lo stesso valeva per il loro matrimonio: era finito, ora mancavano solo poche formalità, alcune firme, ma ciò che c’era stato di bello e di brutto restava marchiato a fuoco nei loro cuori. E così sarebbe stato per sempre.
Anche Victoria, durante quel mese di lontananza dai ragazzi, pensò molto e a lungo. Ritrovarsi sola in quella grande casa, piena di ricordi, di tracce di Orlando, l’aveva messa in crisi. Era sempre più confusa e non sapeva più quale fosse la cosa migliore da fare. Solo  due mesi prima era convinta che ripartire con David fosse la soluzione più giusta per tutti. Ora, invece, si ritrovava a pensare ad Orlando, ripercorrendo la loro storia, dagli inizi fino al terribile giorno dell’incidente. Si sforzava di ricacciare quei pensieri nei meandri della sua mente e di distrarsi con David, cosa che negli ultimi tempi aveva sempre funzionato benissimo, ma ora anche quel meccanismo si stava inceppando: anche in sua compagnia non riusciva a fare a meno di pensare ad Orlando.
Quella sera da lei, avevano da poco cenato e poi si erano trasferiti in soggiorno e si erano accomodati sul divano. L’atmosfera sembrava distesa, si stavano baciando e lui aveva iniziato ad accarezzarla e a slacciarle i bottoni della leggera camicetta che indossava. Lei lo fermò, posando una mano sulla sua.
“Che ti prende? Qualcosa non va?”- le chiese allarmato.
“Niente…è solo che sono un po’ stanca…”- rispose.
“Cercavo solo di farti rilassare un po’…”- spiegò lui, riprendendo a baciarla con trasporto.
“David…per favore…non mi va…non qui…”- aggiunse.
“Non qui? Cosa vuol dire?”-
“Vuol dire che non mi va di farlo con un altro in questa casa…non mi pare il caso…”- gli fece notare.
“Ah…capisco…”- disse, lievemente seccato.
“Non fraintendere…è solo che mi sembra…mi sembra di…”-
“Cosa? Di tradire Orlando?”- le suggerì irritato.
Lei non rispose, ma si limitò a guardarlo con aria desolata. Aveva ragione, aveva centrato il punto: lo avvertiva come un tradimento e non riusciva più a lasciarsi andare.
“E’ così, vero?”- la incalzò fissandola- “Sei ancora innamorata di lui?”-
“David…non mi va di discutere…sono stanca di parlare sempre delle stesse cose”- tagliò corto e fece per alzarsi, ma lui la trattenne per un braccio, costringendola a rimettersi seduta.
“Lasciami…mi stai facendo male…”-
“Anche tu ne stai facendo a me...”- le rispose, lasciando la presa- “Ho cercato di capire, di venirti incontro, di aspettare…ma ora capisco che mi hai solo preso in giro…per te sono solo un sostituto, un passatempo, vero?”-
“No, non è vero…tu sei meraviglioso…è colpa mia…sono io che non…non so cosa fare…”- ammise.
“Dimmi che mi ami…io te l’ ho detto tante volte…ora sta a te dimostrarmi qualcosa…”- la provocò.
“Lo sai che ci tengo a te……”- tentò di tergiversare.
“No, non lo so…voglio che tu me lo dica…”- la incalzò.
Ma lei non rispose.
“Non puoi vero? Ami ancora Orlando….”- constatò- “Che stupido sono stato…avrei dovuto capirlo…hai cominciato ad esser strana da quando ti ha detto che ha chiesto il divorzio…paradossale per una che dice di voler voltare pagina…”- e si alzò per andarsene.
“No David, aspetta…non andare via così…Mi dispiace…io non so cosa fare…sono solo un po’ confusa…”- provò a spiegargli.
“Non credo…sai benissimo quello che vuoi…hai già fatto la tua scelta…Solo avrei preferito che tu avessi  il coraggio di dirmelo chiaramente…Addio Victoria…”- concluse, uscendo a passo spedito.
Lei rimase lì, confusa e sconfortata. David aveva ragione, non si era comportata onestamente con lui; si era sforzata di provare qualcosa che in realtà non sentiva, stava con lui per colmare il vuoto che aveva dentro. Lui era sempre così attento, così premuroso, esattamente come Orlando nei loro momenti più felici. L’aveva usato, forse non consapevolmente, ma l’aveva fatto per sentirsi meno sola, per ritrovare la serenità, l’affetto e la complicità che le mancavano. Solo ora realizzava che non le mancavano semplicemente quelle cose, ma le mancava Orlando.


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Capitolo 13
*** Cap.13 ***


Visto che oggi è il compleanno del protagonista delle mie storie, ho pensato di regalarvi un aggiornamento extra...Questo capitolo è un pò particolare, le cose si complicano, ma vi assicuro che c'è una ragione. E poi siamo quasi in dirittura d'arrivo, mancano solo tre capitoli! Grazie alle mie commentatrici e ai lettori silenti! Buona lettura!

Nonostante si fosse resa conto di tenere ancora ad Orlando e di amarlo come il primo giorno, Victoria non volle affrettare le cose. Approfittò delle vacanze dei ragazzi col padre per stare in famiglia, con sua madre, il fratello Robbie, la cognata ed il nipote. In seguito, appena Emma e Joy tornarono dal viaggio in Italia con Orlando, li portò in Provenza, per stare con Amy e la sua famiglia. Cercò di sfruttare appieno il tempo che aveva coi ragazzi, e di riflettere sulla sua situazione col marito. Anche se il divorzio era ormai una formalità, Orlando era sempre suo marito e lo sarebbe sempre stato. Voleva con tutto il cuore ricucire il rapporto con lui, ma non sapeva come fare. Si sentiva impacciata come una ragazzina alla prima cotta; ed era paradossale che dopo tutto quello che avevano condiviso, fosse diventato così difficile parlarsi. Certo, avevano dei rapporti civili, lui era sempre disponibile e puntuale rispetto ai ragazzi, ma di loro due non avevano più parlato, dopo quella breve conversazione sul divorzio. E continuavano a ronzarle in testa le parole di David e, soprattutto, quanto le aveva detto Orlando quel giorno al centro.
Si sforzava di mostrarsi serena, ma Amy la conosceva troppo bene. Una mattina, mentre i ragazzi erano con Jacques e Maggie a fare una passeggiata sul lungomare, lei e Vicky erano rimaste sotto l’ombrellone a leggere, ed Amy colse l’occasione per testare il terreno.
“Va tutto bene? Mi sembri pensierosa…”- esordì, richiudendo il suo libro.
“No…sto bene…non si vede?”- rispose.
“E’ da quando sei arrivata che ti vedo strana…sei preoccupata per qualcosa?”- riprese.
“No, davvero va tutto bene…qui è un paradiso…Emma e Joel si stanno divertendo un mondo…”-
“Il mio sesto senso mi dice che David c’entra qualcosa…non mi pare che vi siate mai sentiti da quando sei qui…”- le fece notare.
“Con lui è finita…”- le disse.
“Mi spiace…eppure mi sembrava che ci tenesse a te…”-
“Infatti…sono io che ho rovinato tutto…non lo amo Amy…lui l’ ha capito e si è stancato di aspettare…”- le spiegò.
“Pensi ancora ad Orlando vero?”-
“Si…credevo di essere pronta a voltare pagina, ma non lo sono…è ancora presto…”-
“Siete ancora troppo legati…sei sicura di volere il divorzio?”- le domandò.
“Io rivorrei la mia famiglia…rivorrei la mia vita di prima…farei qualsiasi cosa per tornare indietro…”- osservò tristemente.
“Lo so tesoro…ma purtroppo non è possibile…però potete andare avanti insieme…sono certa che se vi mettete ad un tavolo e vi parlate, mettendo da parte l’orgoglio e la cocciutaggine, ne uscirete più forti e più uniti di prima…”- le consigliò Amy.
“Non lo so…è complicato…forse siamo andati troppo oltre…adesso è difficile ricominciare…”-
“Certo se non ne parlate diventerà sempre più difficile…state lì a scrutarvi, ad aspettare che l’altro faccia una mossa…e così nessuno dei due fa niente…”- sottolineò.
“Io non mi sento ancora pronta ad affrontarlo…non saprei cosa dirgli e non voglio nemmeno illudere i ragazzi per niente…mi serve ancora un po’ di tempo…Quando starò bene, allora potrò pensare a come gestire la cosa…”- concluse.
La vacanza in Provenza volò via velocemente. Ben presto arrivò il giorno della partenza e dopo una settimana ricominciarono le scuole e, con esse, la routine quotidiana: la mattina Victoria andava al centro e nel pomeriggio stava coi ragazzi e li accompagnava agli allenamenti o in biblioteca; nel week-end Orlando passava a prenderli e li teneva con sé fino alla domenica sera e, a volte, li portava direttamente a scuola il lunedì mattina.
Tra loro non era cambiato niente: come aveva saggiamente osservato Amy, si studiavano reciprocamente senza esporsi. Orlando era convinto di aver fatto quanto in suo potere e di averle fatto capire, pur se tardivamente, che teneva ancora a lei. Vicky, dal canto suo, si sentiva stanca, come se la tensione degli ultimi mesi le stesse scivolando addosso solo ora. Non era in grado di pensare a nessun altro, all’infuori dei suoi figli e di se stessa. Si sentiva incapace di accollarsi anche i problemi e le incertezze di altre persone. Nel frattempo, David aveva interrotto la collaborazione col centro, inviando di tanto in tanto un collaboratore del suo studio in vece sua. Sarebbe stato oltremodo pesante per lei dover avere a che fare tutti i giorni con lui, visto che si sentiva in colpa per averlo illuso ed, in qualche modo, usato.
La tensione accumulata in quei mesi e la stanchezza la fecero dimagrire, ed era sempre piuttosto pallida. Tuttavia, non voleva rallentare i ritmi usuali.
Un pomeriggio tardi, era appena andata a prendere Emma a casa di un’amica e si stava dirigendo al campo sportivo per riprendere Joel, dopo gli allenamenti di calcio. Pioveva a dirotto, la visibilità era ridotta e lei era particolarmente stanca. Imboccò male una curva e non riuscì a frenare, visto che l’aderenza delle ruote all’asfalto era ostacolata dalla pioggia ed andò a sbattere contro un albero.
L’autista di un autobus che era dietro di lei chiamò subito polizia ed ambulanza ed arrivarono anche i pompieri per estrarla dalla macchina. Fortunatamente Emma, che era seduta sul sedile posteriore e che aveva la cintura allacciata, stava bene, era solo un po’ ammaccata e molto spaventata. Per Victoria, invece, la situazione si presentò subito grave. Fu operata d’urgenza ed i dottori le asportarono la milza, che era rimasta danneggiata dall’urto contro l’airbag; inoltre presentava una frattura ad un polso, aveva due costole incrinate e numerose escoriazioni. Per come era ridotta l’auto era un miracolo che ne fosse uscita viva.
Per tutta la famiglia fu come rivivere un incubo. Orlando cercò di fare il possibile per tranquillizzare i ragazzi, che erano terrorizzati all’idea che potesse succedere qualcosa alla madre. Le sue condizioni, dopo due giorni dall’intervento d’urgenza, erano gravi ma stazionarie. I medici avevano optato per un l’induzione di un coma farmacologico, in modo da dare al suo corpo il tempo di assorbire gli ematomi e ridurre le possibilità di emorragie interne. Si trattava solo di aspettare che si svegliasse.
Orlando non la lasciò un attimo. Restava con lei il più possibile e si lasciava convincere ad andare a casa solo per stare con i figli. Per due intere settimane fece la spola tra casa loro, dove suo padre e Josephine si alternavano per stare coi ragazzi, e l’ospedale.
La fissava, immobile in quel letto, pallida, con flebo e tubicini vari che la collegavano alle macchine e controllava di tanto in tanto il monitor dell’elettrocardiogramma. Gli sembrava tutto così ingiusto e paradossale: pareva che la sfortuna si fosse accanita contro di loro. E si ritrovò a pensare a tutto il tempo che aveva sprecato allontanandola e respingendola. Più riviveva quei momenti più si sentiva un perfetto idiota, un ingrato che non aveva saputo aiutarla e starle vicino. Sperava che si svegliasse, voleva guardarla ancora negli occhi e rimediare agli errori che aveva commesso. Voleva stare con lei e dimenticare insieme tutto quello che era successo. Avrebbe voluto parlarle, visto che gli era stato detto che chi è in coma può comunque sentire e riconoscere le voci dei propri cari, ma ogni volta che ci provava le parole gli morivano in gola. Il solo pensiero di perderla lo soffocava. Ma lei ancora non si svegliava.
Emma e Joel continuavano a chiedere di lei ed insistevano per vederla.
“Papà…voglio vedere la mamma…”- stava appunto chiedendogli Emma quella sera.
“Tesoro…non si può…fanno entrare pochissime persone…solo lo zio, la nonna e me…e poi ci sono degli orari…Appena si sveglia ti prometto che vi porto da lei..”- le spiegò.
“Perché non si sveglia?”- domandò Joel.
“I medici la fanno dormire così guarisce prima…ma si sveglierà, vedrai…”- li rassicurò.
“E se non si sveglia?”- riprese Emma.
“Non voglio nemmeno che le pensi certe cose…andrà tutto bene..”- le rispose fermo e deciso.
In realtà non ne era sicuro, ma non voleva appesantirli ulteriormente, visto che avevano già passato dei brutti momenti.


Passò un’altra settimana ed i medici iniziavano ad essere preoccupati: più tempo passava, meno possibilità c’erano che si svegliasse. Per fortuna pochi giorni dopo Victoria aprì gli occhi. Era una mattina presto, verso le otto. Orlando era appena arrivato e si era seduto come sempre sulla poltroncina. Ad un certo punto, notò che stava muovendo una mano e, spostando lo sguardo sul su viso, notò che aveva riaperto gli occhi.
“Victoria…”- la chiamò.
Lei lo guardò ed abbozzò una specie di stanco sorriso.
“Cos’è successo? Mi fa male dappertutto…”- riuscì a dirgli.
Sollevato, andò subito a chiamare i medici, che la visitarono e sciolsero finalmente la prognosi. Certo, la ripresa sarebbe stata lunga, ma era finalmente fuori pericolo. Il peggio era passato.
Come promesso, Orlando portò i loro figli a trovarla il giorno dopo. Rimasero poco tempo, giusto dieci minuti, visto che non poteva stancarsi troppo, ma quella breve visita fu un toccasana sia per i ragazzi, che si tranquillizzarono, sia per Vicky, che non vedeva l’ora di riabbracciarli. Li rassicurò, promettendo loro che ce l’avrebbe messa tutta per guarire in fretta e tornare a casa da loro. Poi, Josie andò a riprenderli per accompagnarli a scuola e lei rimase sola con Orlando.
“Emma è un po’ dimagrita…sta mangiando abbastanza? Joy invece l’ ho visto abbastanza bene…”- osservò.
“E’ stato un periodo pesante…Emma soprattutto era molto spaventata…era in macchina con te e ha temuto il peggio…”- rispose.
“Era in macchina con me?”-
“Si…ma per fortuna era seduta dietro…Non ti ricordi niente?”- si sincerò.
“No…pensavo di essere sola…ricordo solo che pioveva e che ero stanca…”- si sforzò di fare mente locale su quel giorno.
“Perché non hai chiamato me? Sarei potuto andare io a prenderli…”-
“Io non lo so…non li metterei mai in pericolo…non sono riuscita a frenare…”- gli spiegò.
“Lo so, lo so…non è colpa tua…stai calma…non devi agitarti, non ti fa bene…”- la rassicurò, prendendole una mano.
Lei prese un bel respiro. Era ancora molto debole e dolorante, ma smaniava già per tornare a casa. Odiava gli ospedali ed era certa che si sarebbe rimessa molto più velocemente a casa sua.
“Quando mi dimettono?”- gli chiese, impaziente come una bambina.
Gli strappò un sorriso.
“Vic…è presto…so che detesti stare qui, ma li hai sentiti i dottori…devi rimanere qui almeno altri quindici giorni…sei stata in coma tre settimane…Abbi pazienza, appena sarai in condizioni accettabili ti rispediranno a casa…Pensa a guarire e non preoccuparti di nient’altro…ai ragazzi ci penso io..”- le rispose guardandola con un’espressione amorevole che da tempo mancava nei suoi occhi.
“Va bene…ci provo…però portali ancora qui…non riesco a stare senza vederli a lungo…”-
“Certo…te li porto tutti i giorni…”-
“E il tuo lavoro? Come fai?”- riprese.
“Ti ho detto di non preoccuparti di niente…A cosa serve avere un proprio studio se poi non si può fare quel che si vuole? Dom se la cava anche da solo…Anzi, mi ha detto di salutarti, poi quando starai meglio passerà a trovarti…”-
In quel momento entrò l’infermiera per cambiare la medicazione e le flebo ed invitò Orlando ad uscire.
“Allora vado…Cerca di riposarti…torno fra un paio d’ore…”- le disse prima di uscire.
“Orlando…”- lo richiamò, facendolo voltare- “Grazie di tutto…”-
Lui sorrise.
“Tu avresti fatto lo stesso…A dopo”-
Victoria si sentiva uno straccio, come se un tir le fosse passato sopra, eppure era leggera nell’animo, come non le succedeva da tempo. Vedere Orlando così attento e premuroso la riempiva di gioia e la faceva sentire ancora la “sua” Vic.


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Capitolo 14
*** Cap.14 ***


Aggiornamento settimanale...questo capitolo funge da spartiacque, comincia a smuoversi qualcosa...basta, ho già anticipato troppo! Grazie, come sempre, a chi legge (soprattutto e Moon) ed alle mie inossidabili commentatrici: BlackPearl, Michi88!! Buona lettura!

Passarono lentamente due settimane. Per Victoria la degenza in ospedale era uno strazio; si sentiva molto debole, ma nonostante ciò voleva tornare a casa il prima possibile. Emma e Joel le mancavano terribilmente. Orlando li portava da lei ogni giorno ma, intuitiva come solo le mamme sanno essere, Vicky sapeva bene che i suoi ragazzi non sarebbero stati tranquilli finché non l’avessero vista tornare a casa.
Perciò, parlò coi dottori e decise di firmare per uscire. A nulla servirono i tentativi dei medici, di sua madre e di suo fratello per dissuaderla. Orlando non provò nemmeno a convincerla a ripensarci : la conosceva bene e sapeva che quando si metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea. In fondo, erano sempre stati uguali in questo.
I dottori si raccomandarono di non lasciarla sola e di assisterla, visto che era ancora molto debole e consigliarono di assumere un’infermiera, almeno per i primi tempi, che avrebbe provveduto a farle iniezioni e flebo.  Josephine avrebbe voluto trasferirsi dalla figlia, ma era da tempo affetta da una brutta ernia al disco e non sarebbe riuscita a star dietro ai nipoti ed alla casa; quindi Orlando pensò che la cosa migliore fosse tornare a casa finché lei non si fosse completamente rimessa.
I primi giorni furono quelli dell’assestamento, i più duri: Vicky si era categoricamente rifiutata di dormire al piano inferiore, come le aveva proposto Orlando, voleva tornare quanto prima alla normalità, incurante delle sue ancora precarie condizioni. Così finì per approfittarsi del suo fisico e dopo  quattro giorni dalle dimissioni, si ritrovò costretta a letto con la febbre. Questo episodio le servì per darsi una regolata e per prendere più seriamente la convalescenza.
Si sentiva indebolita e stanca, ma allo stesso tempo serena e tranquilla come non le succedeva da tempo. E questo dipendeva dalla presenza di Orlando: riaverlo in casa, vederlo fare avanti e indietro dalla sua camera, osservarlo mentre si prendeva cura dei ragazzi, mentre aiutava Joy a vestirsi o Emma a finire i compiti le riempiva il cuore di gioia. Era un po’ come tornare indietro ai loro tempi più felici. Se il suo incidente poteva aver avuto qualche aspetto positivo, questo era di certo il più rilevante. E poi era sempre così premuroso ed attento nei suoi confronti e percepiva che lo faceva perché davvero teneva a lei e non perché si sentisse in dovere di farlo. Era piacevolmente sorpresa dal suo atteggiamento, ma voleva essere cauta: dopotutto era normale che si preoccupasse per lei, era pur sempre la madre dei suoi figli.
Dal canto suo, anche Orlando era contento di esser tornato a casa loro. Certo, avrebbe preferito tornarci in altre circostanze, però era lì, con Vicky e i suoi ragazzi, del resto non gli importava poi molto. La mattina, dopo aver accompagnato i figli a scuola, lavorava a casa, al portatile e non passava mai in studio, se non per cose particolarmente urgenti; si teneva in contatto con Dom e con la sua segretaria telefonicamente o via fax. Nel frattempo Susan, l’infermiera, provvedeva a cambiare le medicazioni a Vicky ed a metterle la flebo; lui saliva di tanto in tanto a controllarla e ad assicurarsi che stesse bene. Poi, preparava qualcosa da mangiare ed aspettava che Joy ed Emma tornassero.  Siccome Victoria era ancora troppo debilitata e faticava a fare le scale, erano i ragazzi a salire da lei dopo pranzo, per raccontarle la loro giornata. Ormai facevano i compiti nella sua stanza, e rimanevano lì fino all’ora di cena. Susan se ne andava per ritornare il mattino seguente, Orlando cenava coi figli, li faceva preparare per la notte e li metteva a letto; poi tornava in cucina per caricare la lavastoviglie e saliva a dare la buonanotte a Vicky prima di andare a sua volta a dormire nella stanza degli ospiti.
Una sera la trovò seduta sul letto, circondata da un sacco di album e di foto sparse sul piumone.
“Che fai? Non dovresti riposarti un po’?”- le domandò curioso, restando fermo accanto alla porta.
Lei sollevò il capo dalle foto che stava guardando.
“Sto a letto praticamente tutto il giorno…più riposata di così…Sto solo guardando delle vecchie foto…”- rispose infine.
A quel punto lui entrò e si avvicinò a lei, andandosi a sedere sul letto. Osservò meglio le fotografie e notò che erano foto loro, del matrimonio, del viaggio di nozze, dei ragazzi da piccoli, delle vacanze con la famiglia al completo. Ed ovviamente c’erano anche quelle di Delia. Ne prese una e non riuscì a trattenere un sorriso amaro.
“Credevo che fossero ancora tutte in soffitta…”-
“Le sono andata a riprendere il giorno dopo che ce le hai portate…e le ho messe nel mio comodino…”- rispose candidamente.
Lui continuò ad osservare la foto.
“Era così allegra…e sveglia…”-
“Eccome se lo era…”-
“Mi manca…”- le confessò. Ed era la prima volta che parlava di lei con Vicky.
“Lo so…anche a me manca da morire…Ti ricordi quando siamo andati a trovare quella tua zia, in campagna?”-
“La zia Rose? Si, era luglio, credo…Delia avrà avuto si e no cinque anni…”-
“Si, li aveva compiuti da poco… e si era incaponita a voler mettere il guinzaglio all’oca che tua zia aveva in cortile…te lo ricordi?”-
“Si…si me lo ricordo…”- rispose divertito- “L’ ha seguita per una mezz’ora buona, ma alla fine ci è riuscita…e com’era soddisfatta…”-
Seguì un attimo di silenzio, ma anche se non parlavano era evidente a cosa stessero entrambi pensando.
“Mi faceva troppo male averle intorno….”- ammise infine, riferendosi alle foto.
“Anche a me…ma non poterle vedere mi faceva stare peggio…”-
“Le guardi spesso?”-
“Praticamente ogni giorno…appena ero da sola venivo a riguardarmele fino ad impararle a memoria…era la mia boccata d’ossigeno quotidiana…”- gli spiegò.
“Non so come tu abbia fatto… io non ci riesco ancora adesso…”- disse, riponendo la foto- “Ma non dovrei stupirmi più di tanto…tu sei sempre stata la più forte…”- concluse.
“Io? No, non è vero…”- rispose prontamente.
“Si, invece…non hai mai avuto paura di niente…”- continuò lui.
“Ma se ho paura di tutto…Ho paura di non fare abbastanza per i ragazzi…ho paura di non essere all’altezza delle situazioni…ho paura di non saper aiutare gli altri…e soprattutto ho paura di non aver saputo aiutare te…”-
Sorpreso da quell’ultima affermazione, lui la guardò ed i suoi occhi esprimevano un misto di tenerezza, amarezza, rimpianto e malinconia.
Scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa lei lo anticipò.
“L’unico motivo per cui pensavo di poter affrontare qualsiasi problema, per cui sembravo così forte…era averti al mio fianco….”- aggiunse sinceramente, con gli occhi lucidi.
“Te la sei sempre cavata bene anche da sola…lo sai questo…e lo hai dimostrato nell’ultimo anno…”- rispose.
“Nell’ultimo anno ho solo finto…ho messo una maschera, lasciando credere agli altri quello che volevano…Poi la sera guardavo queste foto e piangevo…ho finto di stare bene, di aver superato la perdita di Delia, di farcela anche senza il tuo appoggio…ho finto di amare David…ma alla fine sono crollata anch’io Orlando….”- gli confessò.
Lui continuava a guardarla e non sapeva se si sentiva più stupido o dispiaciuto. In tutti quei mesi non aveva capito assolutamente niente; si era convinto che lei stesse meglio senza di lui ed invece non era mai stato così lontano dalla realtà. Aveva sofferto come e forse più di lui, dovendo sforzarsi di stare bene, per non appesantire lui e i ragazzi.
“Mi spiace…io…non so come ho fatto a non capirlo…”-
“Non c’eri mai…”- gli fece notare, ma il suo non voleva essere un rimprovero, bensì una semplice constatazione.
“E quando c’ero non ti rendevo di certo le cose facili…continuavamo a litigare…”- osservò dispiaciuto.
“Non importa…ormai è passato…”-
“Vorrei poterti dire che se me ne fossi accorto in tempo mi sarei comportato diversamente…ma non ne sono sicuro…”-
“Non fa niente, davvero Orlando…”-
“Invece si…il punto è che ancora adesso non so dirti come sto…dovrei saperlo, ma non lo so…per questo non mi sento di prometterti niente…”- aggiunse.
“Lo so…infatti non ti ho chiesto niente…”-
Considerando che non si parlavano così sinceramente da tempo, erano entrambi sicuramente sorpresi ed al contempo confusi.
“Adesso è meglio che ti metti a dormire…Se hai bisogno di qualcosa chiamami, ok?”- disse lui.
“Va bene…buonanotte…”- gli rispose.
Victoria lo osservò uscire. Si sentiva sollevata dopo quella conversazione. Finalmente era riuscita a parlargli, a dirgli come si sentiva e, soprattutto, a capire come si sentisse lui. Il percorso era ancora lungo, ma i segnali lasciavano presagire che forse c’era ancora una possibilità per loro. Nonostante il dolore al polso ed alle costole, si addormentò serena come non le capitava da tempo.
Orlando, invece,  faticò a prendere sonno. Ripensava alle parole di Vicky e non poteva che sentirsi in colpa. Se fossero riusciti a parlarsi prima come avevano fatto quella sera, di certo le cose non sarebbero state così complicate. Perché non si era reso conto che anche lei stava male? Perché si era ostinato a farle la guerra? Non si era mai sentito così idiota. L’aveva allontanata e non aveva fatto niente per impedirlo, anzi, aveva cercato in tutti i modi di spingerla via, di isolarsi. Sarebbe stato molto più semplice e logico soffrire in due, anziché lasciarsi dilaniare individualmente dalla sofferenza. Si era lasciato accecare dal dolore, dalla voglia di giustizia e, forse, anche di vendetta; non si era accorto che si stava vendicando a spese della persona sbagliata. Così ci avevano rimesso tutti: lei, Emma, Joel ed anche lui. Realizzò che ormai era inutile rimuginare su quanto era già successo; l’unica cosa che poteva fare era stare con lei e farle capire quanto ancora tenesse a loro due ed alla loro famiglia, senza però affrettare i tempi, né bruciare le tappe. Ritrovarsi non era impossibile, ma richiedeva tempo e pazienza da parte di entrambi.



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Capitolo 15
*** Cap.15 ***


Aggiornamento settimanale...siamo al penultimo capitolo! Non vi anticipo niente...non per cattiveria, ma preferisco lasciarvi un pò nel dubbio! Ringrazio di cuore tutti i lettori/lettrici e le mie insostituibili commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89! Buona lettura!

La convalescenza di Victoria procedeva bene e senza particolari intoppi. Il quadro generale era buono e Susan ormai andava solo la mattina, a giorni alterni, a farle delle iniezioni di ricostituenti, per farle riprendere più velocemente. Vicky aveva ripreso a fare le scale, così poteva pranzare e cenare coi ragazzi e stare con loro in salotto. Del resto si occupava Orlando: durante la mattina, mentre i figli erano a scuola, stava a casa con lei; nel pomeriggio, invece, approfittando della presenza dei ragazzi, passava in studio e si fermava per un paio d’ore. Rientrava per cena con qualcosa di pronto oppure cucinava lui.
Victoria si divertiva a guardarlo cucinare: lo faceva spesso appena sposati, poi le cose erano cambiate, gli impegni di lavoro si erano moltiplicati, ma non aveva comunque perso la sua abilità, soprattutto coi primi piatti. Lei restava tranquillamente seduta ad osservarlo, mentre Emma e Joel gli stavano intorno, pronti ad aiutarlo. Lui, con tanto di grembiule, si muoveva con disinvoltura fra pentolame ed ingredienti vari e chiedeva a ragazzi di passargli verdure o aromi, con la stessa concentrazione di un chirurgo in sala operatoria.
Quella sera aveva preparato del risotto ai funghi e gli era riuscito piuttosto bene, tant’è che Joy fece addirittura il bis.
“Papà, è proprio buono il tuo riso…”- gli disse soddisfatto.
“Lo faceva sempre così anche la nonna…voi purtroppo non l’avete conosciuta, ma era un asso tra i fornelli…”- rispose.
“Anche nonno Colin è bravo…”- gli fece notare il bambino.
“Si, se la cava bene…”-
“Per fortuna il papà e il nonno sono bravi…perché io e la nonna Josie non siamo proprio cuoche provette…”- intervenne Vicky.
“Non è vero…mi ricordo ancora l’arrosto che hai fatto l’ultimo Natale…era squisito…”- le ricordò lui.
“A proposito di Natale”- intervenne Emma- “Cosa facciamo quest’anno? Stiamo tutti insieme o…stiamo una settimana con te e una con la mamma?”-
Vicky ed Orlando rimasero spiazzati da quella domanda. In effetti mancava meno di un mese a Natale, anche se con tutto quello che era successo se lo stavano quasi scordando.
“Veramente il papà ed io non ne abbiamo ancora parlato…Ma potremmo anche festeggiarlo tutti insieme, in famiglia…con i nonni e gli zii..”- abbozzò incerta lei.
“Vedremo…non so ancora come sarò messo…ho un sacco di arretrati in studio…”- tagliò corto lui.
Continuarono a parlare del più e del meno, poi, dopo cena i ragazzi si prepararono per andare a dormire. Fu Victoria ad accompagnarli a letto, mentre Orlando era rimasto giù in cucina a sparecchiare.
Tornata al piano di sotto, lei lo raggiunse. Era rimasta un po’ male per come lui aveva liquidato il discorso del Natale; era così bello riaverlo per casa, che sperava che non se ne sarebbe più andato. Fece per togliere gli ultimi piatti da tavola, ma lui la fermò subito.
“Cosa credi di fare? Molla l’osso…siediti dai, ci penso io”- le disse premuroso.
Gli sorrise, mentre lui armeggiava per caricare la lavastoviglie e distribuire al meglio piatti e bicchieri nel cestello.
“Mi sei sembrato a disagio prima…”- si decise infine a dirgli.
Lui si voltò di scatto, dopo aver chiuso lo sportello dell’elettrodomestico, e la fissò con aria interrogativa.
“A disagio?”-
“Si…quando Emma ti ha chiesto dove saresti stato a Natale…pensavo che ti avrebbe fatto piacere stare qui…”- ammise.
Tolse la tovaglia da tavola e si mise a sedere vicino a lei.
“Siamo separati…e tu ora stai molto meglio…non hai più bisogno di me…anzi, la settimana prossima pensavo di tornare al lavoro…Come dicevo prima ho un sacco di arretrati e probabilmente dovrò stare fuori per alcuni giorni…”- le disse.
Inutile dire quanto Vicky fosse delusa da quelle parole. Sperava che anche per lui quella vicinanza avesse cambiato qualcosa, che l’avesse riavvicinato a lei; ma evidentemente si sbagliava, forse era stato così premuroso solo perché era la madre dei suoi figli.
“Ah..capisco…Spero di non averti fatto perdere troppo tempo”- e fece per alzarsi, ma lui la prese delicatamente ma fermamente per un braccio, obbligandola a fermarsi ed a sedersi nuovamente.
“Non fare così…”- aggiunse poi.
“Così come?”- gli rispose, fingendo di non capire.
“Non avercela con me…forse mi sono espresso male…Non è che non voglia stare con voi…Sono stato benissimo in queste settimane, ma adesso è meglio che vada via…”- le spiegò.
“E se io non volessi che tu te ne vada? Se ti chiedessi di rimanere?”- rilanciò.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in sé le emozioni più differenti, come succede a chi sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi, tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando c’era già tornato diverse volte in quelle settimane, ma era come se la rivedesse per la prima volta. Ogni cosa, ogni mobile era associato ad un ricordo: l’armadio scelto insieme, la scrivania di legno bianco che le aveva regalato per la laurea, la cassettiera scovata da un antiquario, e quel letto enorme che li aveva visti complici amanti ed affettuosi genitori, quando uno dei figli si svegliava nel cuore della notte e voleva dormire con loro.
Lei percepì il suo smarrimento e gli si avvicinò, carezzandogli lievemente una guancia; poi lo guardò negli occhi, prima di baciarlo nuovamente, ma stavolta lui la fermò.
“Vic…forse non dovremmo…sei ancora debole…non credo sia il caso…”-
“Sto benissimo…smettila di preoccuparti per me…”- gli rispose amorevolmente.
Lo baciò, con tutto il desiderio e l’amore che si era ostinata a reprimere in quei mesi. E lui la stringeva a sé, ricambiando con altrettanto trasporto ed accarezzandola piano, lentamente, temendo di poterle fare male. La fece stendere sul letto ed iniziò a spogliarla piano e con attenzione, mentre lei gli sfilava via il maglione. Una parte di lui gli suggeriva di fermarsi finché era in tempo, di non lasciarsi guidare dall’impulso, ma l’altra parte più istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei e farci l’amore, come se non fosse successo niente, come se quei mesi d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero stati solo un incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei, amato e coccolato. La baciò a lungo, con passione e disarmante tenerezza, toccandola sapientemente, senza stringerla troppo, per paura di farle male alle costole; si muoveva sicuro sul suo corpo, quel corpo che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi movimenti e non smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lui era assolutamente coinvolgente e totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano raggiunto un’intimità profonda, che non si misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi l’uno vicino all’altra. I loro stati d’animo, però, erano ben diversi: mentre Vicky era al settimo cielo, convinta che finalmente le cose fossero tornate a posto, lui, invece, sembrava assente. Non era stato assolutamente meccanico come quell’ultima volta in montagna, anzi, l’aveva sentito reattivo ed appassionato, ma pareva quasi a disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete, preferendo tenere quell’impressione per sé. Si accoccolò meglio contro di lui e si addormentò profondamente.
Poi, però, nel cuore della notte, si svegliò, allungò un braccio sul suo cuscino ma non lo trovò; si girò di scatto e lo sorprese mentre tentava di andarsene.
“Orlando…dove stai andando?”- gli chiese stupita.
Lui si voltò, con l’espressione tipica del ladro colto in flagrante.
“Io...stavo tornando nella mia stanza…Torna a dormire, è tardi…”- riuscì solo a dire.
“Come sarebbe a dire torna a dormire?”- osservò lei, mettendosi a sedere meglio sul letto.
A quel punto Orlando richiuse la porta, per evitare che i ragazzi li sentissero e si avvicinò a lei.
“Senti, ne riparliamo domani…ora è tardi”- tentò di convincerla.
“E no…ne parliamo adesso”- sbottò, cercando però di non alzare la voce- “Abbiamo fatto l’amore…credevo lo volessi anche tu…e poi ti trovo a sgattaiolare fuori dal letto come se fossimo due clandestini”-
Lui allargò le braccia.
“E infatti lo volevo…ed è stato bellissimo…Ma non basta questo per risolvere tutto…Mi spiace Vic, io non sono ancora pronto…”- ammise sinceramente.
“Allora è così…non vuoi più stare qui…con me…”- osservò lei.
“Certo che vorrei tornare a casa…ma non così…Adesso ti senti fragile e vulnerabile…ma fra qualche mese ti accorgeresti che io non sono cambiato…che sono fermo allo stesso punto di prima…e ti pentiresti di avermi ripreso…Sto solo cercando di proteggere i ragazzi…e anche te…”-
“Ma smettila, per favore…questi discorsi non hanno senso…La verità e che non sai nemmeno tu cosa vuoi…Torni qui, ti comporti da marito perfetto…vieni a letto con me e poi ti tiri indietro…”-
“Sto facendo del mio meglio…Prima del tuo incidente ci parlavamo a malapena, tu stavi con David…poi torno qui e sembra che non sia mai successo niente….Mi spiace, ma non riesco ad andare così in fretta….”- le rispose seccamente.
“Va bene, ho sbagliato io, ho fatto tutto da sola…Allora vattene…non c’è bisogno che aspetti un’altra settimana, puoi andartene anche domani stesso se vuoi…”- gli disse infine.
“Andiamo…non dici davvero…”-
“Invece si…Credevo che volessi riavere la tua famiglia, ma mi sbagliavo…e non voglio correre il rischio di fraintendere ancora i tuoi comportamenti…”- concluse.
Orlando avrebbe voluto ribattere, dirle che si sbagliava, che voleva solo fare con calma ma, ancora una volta, le parole gli si bloccarono in gola e non fu capace di aggiungere altro. Se ne andò amareggiato nella stanza degli ospiti, si girò e rigirò nel letto, riuscendo a dormire solo un paio d’ore.
Verso le sette Victoria scese in cucina per preparare lei stessa la colazione ai ragazzi. Anche Orlando li raggiunse, con in mano il borsone con le sue cose.
“Papà…dove vai?”- gli chiese Emma preoccupata.
Lui la guardò, poi spostò lo sguardo su Vicky che, pur evitando di incrociare i suoi occhi, gli venne in soccorso.
“Papà ha un impegno urgente di lavoro….”- le rispose.
“Perché non ce l’ hai detto?”- aggiunse Joy.
“L’ ho saputo ieri sera tardi…e voi già dormivate …Starò fuori qualche giorno…ma ci sentiamo per telefono, ok?”- lo rassicurò, scompigliandogli i capelli.
“Almeno fa colazione con noi…”- gli suggerì Emma.
Guardò nuovamente Vicky: sembrava avercela ancora con lui. E forse non aveva proprio tutti i torti.
“No tesoro, non posso…Devo andare…Voi fate i bravi e non fate stancare troppo la mamma, intesi? Ci sentiamo più tardi…”- e dopo averli abbracciati se ne andò.



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Capitolo 16
*** Cap.16 ***


Eccoci al gran finale...Spero sia all'altezza delle vostre aspettative! IO da parte mia vi garantisco che ce l'ho messa tutta per scriverlo al meglio, se poi ci sono riuscita non lo so! Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto, le mie fedeli ed insostituibili commentatrici, ossia BlackPearl, Michi88, Moon e Summer89! Un sincero grazie anche a chi ha inserito questa storia tra le preferite, cioè Carlottina, Giorgiaaa, Michi88, Sirius4ever e Summer89! Buona lettura!

Nei giorni a seguire Victoria ed Orlando si sentirono solo per telefono, quando lui chiamava a casa per sentire i ragazzi. Non tornarono su quanto successo fra loro. Emma e Joel avevano intuito che qualcosa fosse accaduto: rivedere i loro genitori sotto lo stesso tetto, affiatati come nei tempi più felici, era stato per loro un enorme regalo e speravano che non fosse solo una cosa passeggera. Invece, ancora una volta, le cose fra loro erano cambiate repentinamente, lasciando tutti con l’amaro in bocca.
Una mattina Vicky ricevette la telefonata di Amy e pensò bene di confidarsi un po’ con lei.
“Allora tesoro, come stai?”- le chiese l’amica.
“Decisamente meglio…mi hanno già tolto il gesso al polso…ora ho solo una fascia elastica, che devo tenere     quindici giorni…per il resto tutto abbastanza bene…Sto tornando lentamente ai soliti ritmi…”-
“E Orlando? E’ ancora a casa con voi?”-
“Veramente no…Se n’è andato all’inizio della settimana…”- le rispose serafica.
“Ah…pensavo che si sarebbe fermato ancora…Anzi, a dirla tutta ero convinta che non se ne sarebbe più andato…”- osservò candidamente.
“Anch’io Amy…soprattutto dopo che…”- ma si interruppe bruscamente.
“Dopo cosa? Vicky? Avanti, non farmi stare sulle spine…Cos’è successo fra voi?”- la incalzò.
L’altra rimase in silenzio un istante, ma alla fine le confessò:
“Siamo stati a letto insieme…”-
“Ma dai! Bè, finalmente…era ora che vi decideste a sbloccarvi…”- si fece sfuggire Amy - “E’ una cosa positiva…”-
“Oh si, talmente positiva che ha tentato di andarsene nel cuore della notte…”- aggiunse prontamente.
“Cosa?”-
“Mi sono svegliata e l’ ho trovato in procinto di tornare nella stanza degli ospiti…”- le spiegò.
“E cosa ti ha detto?”-
“Che non è pronto per tornare a casa definitivamente…che è troppo facile risolvere tutto così…Io davvero non lo capisco più….Pensavo che finalmente fosse tutto risolto…”- osservò dispiaciuta.
“Mah…certo è strano come atteggiamento…Però da Orlando c’è da aspettarsi di tutto…Ti ricordi anche con suo padre che fatica per ricucire? Forse ha davvero bisogno di ancora un po’ di tempo…”- le ricordò.
“Sono stanca Amy…sembra sempre che ci ritroviamo nei momenti sbagliati…Quando era pronto lui io stavo con David…ed ora che sono pronta io lui non lo è più…Forse è inutile insistere…forse è finita davvero…”- constatò.
“Non può essere finita…le storie come la vostra non finiscono così…Devi avere pazienza però…non mettergli fretta, ci sta provando, ma se gli forzi la mano non otterrai niente…dammi retta”- le consigliò.
“Va bene…proverò a fare a modo tuo…Ti aspetto a Londra, appena puoi, ok”-
“Certo….spero proprio di riuscire a fare una capatina prima di Natale…”-
Victoria ripensò a lungo alle parole di Amy: molto probabilmente aveva ragione, l’unica cosa da fare era dargli tempo, lasciargli i suoi spazi, con la speranza che una volta tornato a casa le cose si sarebbero sistemate una volta per tutte.
Il Natale si stava avvicinando, mancavano una manciata di giorni, anche se né lei né Orlando si sentivano particolarmente in vena di festeggiare.
Lui non aveva fatto altro che pensare alla notte trascorsa insieme nella loro casa, nel loro letto. Voleva riprendere in mano la sua vita e riavere la sua famiglia ma sembrava che non sapesse da che parte cominciare ed ogni volta che gli si presentava un’occasione la sprecava o non la sfruttava come avrebbe dovuto.
Una sera, era il 22 dicembre, uscito dallo studio pensò di fare un salto a casa.
Vicky era sola e stava preparando degli assaggi delle pietanze che avrebbe preparato per Natale, giusto per fare le prove e vedere come potevano riuscire, quando sentì suonare alla porta. Andò velocemente ad aprire e se lo trovò davanti.
“Ciao…”- le disse semplicemente.
“Ciao”- rispose.
“Mi fai entrare? Si gela qui fuori…”-
“Oh si..certo…entra, avanti…Dammi pure la giacca..”-
Erano entrambi impacciati come ragazzini alle prese con le prime schermaglie.
“I ragazzi non ci sono…mio fratello li ha portati al cinema con Lauren e James…”- lo avvisò lei.
“Lo so…Joy me l’ ha detto stamattina al telefono…Sono passato perché volevo lasciarti i regali per loro…così intanto che non ci sono li puoi nascondere e prepararli sotto l’albero la notte di Natale…come abbiamo sempre fatto…”- le spiegò.
“Ah si…va bene…”-
Le diede una mano a nascondere nel ripostiglio i pacchi regalo e nel frattempo cercava di scrutarla per capire se e quanto ce l’avesse ancora con lui. Tornati in salotto, Orlando prese il coraggio a due mani e si decise a parlare con lei.
“Senti Vic…sono passato anche per un altro motivo…”- abbozzò.
“Ti ascolto…”- gli rispose, prima di tornare in cucina per spegnere il forno che aveva lasciato acceso.
Lui la seguì e si mise a sedere.
“Oggi sono arrivati questi…”- e così dicendo poggiò sul tavolo una cartellina porta documenti- “Sono i documenti per il divorzio…”-
Lei lo guardò sorpresa: non riusciva a credere che volesse davvero andare fino in fondo.
“Originale come regalo di Natale…”- si lasciò sfuggire ironicamente.
“Prima di aggiungere altro…ascoltami…Devo dirti un sacco di cose…ed ho già aspettato anche troppo…”-
Victoria lo guardò negli occhi e percepì che era agitato e un po’ nervoso, come sempre prima di un incontro di lavoro importante. Ma questa volta c’era in gioco molto più di un appalto. Annuì, esortandolo a continuare.
“Non è facile per me dirlo, ma…devo chiederti scusa…Dopo l’incidente di Delia io mi sono comportato da egoista…ti ho lasciata sola ad affrontare tutto…e la cosa più grave è che sapevo quello che facevo e non ho scuse…Pensavo che non avessi bisogno di me, vedevo che riuscivi a reagire meglio di quanto riuscissi a fare io…Mi sono sentito inutile, svuotato, e più provavo a reagire, ad uscirne, più rimanevo ancorato nel mio dolore…E allora ho cercato in tutti i modo di escluderti, di allontanarti…Ce l’avevo col mondo, ma sono stato cattivo solo con te, come se fossi un parafulmine…e ho fatto finta di non aver bisogno di te…Invece ne ho eccome…non me ne sono reso conto subito, anzi, quando me ne sono andato di qui, credevo che sarei stato meglio, che ce l’avrei fatta anch’io da solo…ma non è stato così…Non aspettavo altro che di venire a prendere i ragazzi per vederti..e quando hai avuto l’incidente ho davvero temuto di perderti…Non avrei sopportato di perdere anche te…Il punto è che non ho nessuna intenzione di firmare queste carte…Io ti amo Vic…rivoglio te, rivoglio la nostra famiglia…senza di voi non riesco ad andare avanti…”- concluse sincero e con gli occhi lucidi.
Anche Vicky non stava meglio: quelle parole l’avevano commossa, non solo perché le avevano fatto rivivere i loro mesi più neri e la perdita di Delia, ma pure perché sentiva che venivano dal centro del suo cuore. Lo conosceva bene ed era certa che gli fosse costato non poco dar voce ai suoi sentimenti ed ammettere i propri errori.
Si avvicinò a lui, gli accarezzò dolcemente la testa e gli rispose:
“Ti amo anch’io…ormai pensavo che non mi avresti più chiesto di tornare…”-
“Quella notte io…”- riprese.
“Lascia stare…va tutto bene…”-
“No, è importante che tu lo sappia…quella notte è stata la più bella dopo tanto tempo…ma non ero ancora pronto a guardarti negli occhi e a dirti tutto questo…per questo me ne stavo andando come un ladro…”- aggiunse.
“Ho capito…non fa niente…adesso sei qui…è questo che conta…”-
A quel punto Orlando si alzò, la guardò intensamente negli occhi, le accarezzò una guancia e poi, attirandola a sé, la baciò, con tutto l’amore di cui era capace. Si baciarono  lungo, e nel frattempo lui l’aveva sollevata per la vita e messa a sedere sul tavolo, levandole di dosso il grembiule che indossava e continuando a tormentarle il collo di baci.
“Non qui Orlando…andiamo di sopra…”- riuscì a dirgli lei, quasi senza fiato.
Lui annuì e la seguì. Questa volta, entrato in camera da letto, sapeva esattamente cosa doveva fare: quello ero il suo posto, la sua casa, e non avrebbe più lasciato che niente e nessuno lo allontanassero dai suoi affetti più cari.
Lei gli sfilò il maglione, tra un bacio e l’altro gli sbottonò lentamente la camicia; gli sfiorò il petto con le dita, mentre lui le abbassava la zip della tuta. Si dedicarono ai preliminari con infinita dedizione e pazienza, per rendere speciale ogni gesto, ogni minuto. Non avevano fretta, non volevano rovinare quel momento perfetto, non volevano rischiare di guastare la loro ritrovata sintonia. Si baciavano e si toccavano con l’emozione e l’aspettativa della prima volta, ma con l’esperienza e l’abilità che avevano acquisito nel tempo; diedero sfogo non solo al puro desiderio fisico, ma anche all’amore, alla passione, alla tenerezza, alla dolcezza, alla malinconia ed al dolore che li aveva sconvolti. Per quella sera pensarono esclusivamente l’una al piacere ed al benessere dell’altro, recuperando tutto il tempo perso, con gli interessi.
Dopo circa due ore, erano ancora abbracciati nel loro letto: lei di tanto in tanto gli baciava il petto, mentre lui le accarezzava ritmicamente il braccio. Era stato tutto perfetto, tant’è che nessuno dei due aveva ancora detto una parola, quasi temessero di rovinare quell’atmosfera idilliaca. Fu lui a rompere il silenzio.
“Quando tornano i ragazzi?”- le domandò d’un tratto.
“Fra una mezz’oretta dovrebbero essere qui”- rispose, dando una sbirciata all’orologio -“Che c’è? Ti sei già stancato di me?”- gli chiese.
“Assolutamente no…”- la rassicurò, baciandole la fronte e stringendola ancor di più a sé -“E’ solo che non vedo l’ora di dirgli che torno a casa…e che stiamo ancora insieme…”-
“Per loro sarà il regalo più bello di questo Natale…saranno a dir poco entusiasti…”- aggiunse lei.
“Sarà un Natale speciale…ci siamo ritrovati e io finalmente sto bene…era da tanto che non mi sentivo così…”- ammise, fissandola negli occhi.
“Anch’io….mi sentivo incompleta…e così sola qui…”- rispose di rimando.
“Adesso ci sono qui io… e non vado più da nessuna parte…”- le promise.
“Manca ancora una cosa…”- disse lei d’un tratto, sollevandosi e cercando qualcosa nei cassetti del comodino.
“Cosa cerchi?”- le domandò curioso, senza ottenere però risposta.
“Dovrebbe esserci…sono certa di averla messa qui”- borbottava lei fra sé e sé- “…Ah eccola…”- e voltandosi gli mostrò la sua fede nuziale.
Orlando la guardò, piacevolmente sorpreso. Quasi non si ricordava più di averla ridata a lei. E, comunque, ora erano di nuovo insieme, e quello contava più di tutto.
“Ti ricordi? Mi avevi detto di tenerla…e che forse un giorno te l’avrei resa…Direi che quel giorno è arrivato signor Bloom…”- riprese.
Lui le sorrise, disteso e sereno come non era da tempo e le porse l’anulare sinistro. Victoria gli infilò l’anello al dito, emozionata forse più del giorno del loro matrimonio. Ed aveva ragione ad esserlo: si erano scelti una seconda volta, forse in maniera anche più consapevole della prima.
“Ecco…adesso è veramente tutto a posto…”- aggiunse, senza smettere di guardarlo.
“Ti amo Vic….”-
“Ti amo anch’io Orlando…”-


C’era voluto del tempo, ma alla fine Victoria ed Orlando si erano ritrovati. Stavano ripartendo da dove si erano interrotti, da Emma e Joel, da loro stessi e dal dolore per la perdita di Delia, un dolore che aveva rischiato di allontanarli per sempre.
Perché la perdita di un figlio annichilisce, annienta, spazza via ogni certezza, ogni credo, anche il più radicato, ti svuota lasciandoti inerme ed incapace di andare avanti e di accettare che quella tragedia sia toccata proprio a te ed alla tua famiglia. È un dolore totalizzante, assoluto, che può scardinare una coppia, oppure può fungere da collante e rendere ancora più forti. Vicky ed Orlando si erano allontanati, troppo occupati a reagire ognuno in modo diverso, ma fortunatamente erano riusciti a tornare sui propri passi prima che fosse tardi, riconoscendo di aver bisogno l’uno dell’altra.
Passarono insieme quel Natale e molti altri ancora, circondati dall’affetto di Emma e Joel, dei loro familiari ed amici.





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