La Giostra della Vita -Parte seconda di bebe (/viewuser.php?uid=11130)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** Cap.14 ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ***
Capitolo 16: *** Cap.16 ***
Capitolo 1 *** Cap.1 ***
Era da un pò che pensavo a come continuare questa ff, cui sono particolarmente legata, visto che è la prima che ho scritto. Ho deciso di darle un taglio malinconico e drammatico, almeno all'inizio, con tutta l'intenzione di farla finire bene, ovviamente. Spero che questo cambio di registro non vi disorienti! In questo periodo il mio umore è un pò altalenante, ed anche ciò che scrivo ne risente! Ringrazio anticipatamente chi vorrà leggere e commentare. Buona lettura!
DIECI ANNI DOPO…
Orlando e Victoria si erano sposati ed avevano avuto tre figli: Emma,
12 anni, Joel, 10, e la piccola Delia, 6 anni. Lui, 44 anni, aveva
messo su uno studio di architettura con Dom, mentre lei, 38, aveva
lasciato il lavoro di avvocato per dedicarsi alla famiglia.
Il loro matrimonio aveva attraversato fasi altalenanti, come succede a
tutte le coppie. Erano subentrate le preoccupazioni per i figli,
qualche litigio, soprattutto dovuto al fatto che Orlando viaggiava
spesso per lavoro e tutto incombeva su Vicky, ma per il resto erano una
famiglia unita e felice.
Purtroppo, però, sei mesi prima una tragedia aveva sconvolto
le loro vite e rischiava di distruggere il loro matrimonio. Era una
domenica di giugno, le scuole erano da poco finite, la famiglia si era
riunita per pranzare tutti insieme, con Colin, la madre di Vicky, suo
fratello con moglie e figlio, Samantha e suo marito. Dopo pranzo, si
erano trasferiti in giardino, per godersi la bella giornata. I bambini
giocavano, si rincorrevano e si divertivano.
All’improvviso una brusca frenata e poi un tonfo sordo. Un
balordo, un pirata della strada aveva investito una bambina, che stava
provando la sua bicicletta nuova.
Era Delia. A niente servì la corsa all’ospedale.
Quella dolorosa e straziante perdita aveva sconvolto famiglia ed amici,
che cercarono in tutti i modi e per quanto possibile di stare vicino ai
genitori.
Ma il loro dolore era troppo forte e li stava allontanando sempre
più. Victoria si era sforzata di reagire, sentiva di doverlo
fare per Emma e Joel; ovviamente non riusciva ancora ad accettare la
perdita, e forse non l’ avrebbe mai fatto, ma cercava di
essere forte. Aveva anche cominciato a collaborare con un centro che
accoglieva bambini e donne vittime di violenza, tanto per sentirsi
utile ed indirizzare il dolore verso qualcosa di buono ed aveva
partecipato ad alcuni incontri per familiari di vittime di incidenti
stradali. Orlando, invece, si era come estraniato da tutti, si
rifiutava di parlare di quello che era successo, si era buttato nel
lavoro. L’unico suo chiodo fisso era riuscire a far
condannare chi aveva investito la sua bambina: si trattava di un
ragazzo di soli 22 anni, che si era messo al volante dopo aver assunto
delle sostanze stupefacenti. Era come ossessionato dall’idea
che fosse fatta giustizia. Victoria avrebbe voluto poter parlare con
lui, condividere quel dolore che era anche suo, ma si trovava davanti
un uomo completamente diverso, che aveva reagito in una maniera del
tutto inaspettata. L’Orlando che conosceva non si arrendeva
mai, era caparbio ed ostinato; ora , invece, era distaccato, distante,
dilaniato dalla rabbia e dal bisogno di vendicarsi di qualcuno. Era
come se avesse rinunciato a lottare. Stava sempre in ufficio e quando
tornava a casa, mangiava con loro spiccicando a malapena qualche
parola, poi si rintanava in studio a lavorare ancora. Inizialmente
aveva soprasseduto, consapevole che ognuno di noi reagisce in maniera
diversa e con tempi differenti. Ma la situazione non accennava a
migliorare.
Non solo si era allontanato da lei, ma, cosa più importante,
stava trascurando Joel ed Emma e questo non lo tollerava. Aveva portato
pazienza, si era sforzata di capirlo, ma ormai non sapeva
più come prenderlo. Pensò che la cosa migliore
fosse rivolgersi ad un terapista di coppia, suggeritole dal fratello,
specializzato nel trattare casi come il loro, che potesse aiutarli a
superare insieme quel particolare momento.
Un mattina, dopo che Joel ed Emma avevano preso il pulmino per la
scuola, mentre finivano di fare colazione, e prima che lui andasse in
ufficio, pensò di parlargliene.
“Dovrei chiederti una cosa…”-
esordì incerta Vicky.
Orlando alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo e
rispose con tono incolore:
“Ti ascolto..”-
“Vorrei che sabato mattina venissi con me dal dottor
Merkel…”-
“Chi?”-
“E’ un terapista, una persona seria…mio
fratello me ne ha parlato molto bene…aiuta le persone che
hanno subito perdite come la nostra ad elaborare il
lutto…”- gli spiegò.
“Io non vengo da nessuna parte…”-
concluse secco, dopodiché richiuse il giornale, si
alzò e mise la tazzina nel lavandino, con la chiara
intenzione di andarsene al più presto troncando la
conversazione.
“Per favore…almeno andiamoci una
volta…cosa ti costa tentare?”- gli disse,
alzandosi ed avvicinandosi a lui.
“Non ho intenzione di parlare dei fatti miei ad un perfetto
estraneo…se vuoi puoi andarci tu…”-
ribadì.
“Almeno pensaci…credo che parlarne ti farebbe
bene…”-
“Ti ho già detto che non ho niente da
dire…a nessuno…”- rispose irritato.
“Neanche a me, vero? Ormai è come se non ci
fossi…”- le scappò detto.
“Cosa c’entri tu ora? Stavamo parlando del
terapista mi pare…”-
“C’entro, eccome se c’entro…Mi
tratti come un’estranea..non mi parli, non mi dici
niente…ti comporti come se fosse un dolore soltanto tuo, una
cosa privata…anch’io sto male…e questo
tuo atteggiamento rende tutto ancora più difficile, se
possibile…”-
“Stai esagerando…”- rilevò
lui.
“E’ la verità…io non ce la
faccio più…pensi solo al lavoro…non ci
sei mai..trascuri i ragazzi…non hai ancora visto una partita
di pallone di tuo figlio ed Emma non sa cosa fare per attirare la tua
attenzione…e trascuri me…stai alzato fino a tardi
per lavorare al portatile, sembra che tu voglia evitare di venire a
letto…e sembra quasi che ti infastidisca avermi
vicino..”- lo riprese stizzita.
“Oh…è solo quello il problema? Se vuoi
scopare basta dirlo…”-
Fu veramente troppo. Gli schioccò un sonoro ceffone,
cercando di trattenere le lacrime.
“Sai proprio essere cattivo quando
vuoi…”- gli disse fredda ed uscì.
Orlando sospirò a lungo. In fondo si rendeva conto che la
situazione era pesante, sapeva bene quando andava oltre, ma era come se
non riuscisse a fare diversamente, come se non avesse più la
forza di cambiare le cose. Si limitava a vedere il suo mondo crollare
pezzo dopo pezzo, senza fare niente per evitare la disfatta: ne era lo
spettatore inerme, incapace di aiutarsi e di aiutare gli altri. Vedere
che Victoria aveva reagito meglio di lui, aveva accentuato la sua
condizione, spingendolo a chiudersi in se stesso, anziché
invogliarlo a parlarne con lei. Sentiva un gran freddo dentro, era come
svuotato, sfinito.
Al centro di accoglienza, Victoria non riusciva a non pensare a quanto
accaduto poche ore prima. Non ritrovava più in Orlando
l’uomo di cui si era innamorata e che aveva sposato; nei suoi
occhi leggeva indifferenza, distacco, rabbia. Sembrava che ce
l’avesse con il mondo e che volesse sfogarsi con chi gli
stava intorno. Non c’era niente che potesse smuoverlo, fargli
abbassare la guardia, era sempre più chiuso e taciturno. E
non era certa di poter reggere ancora a lungo quella situazione.
Era persa in questi pensieri, quando bussarono alla porta del suo
ufficio.
“Si…avanti…”- disse.
“Ciao…ti disturbo?”-
“No, David…entra pure…”-
David Geller era un suo collega, un avvocato che a sua volta svolgeva
del lavoro pro -bono al centro, occupandosi prevalentemente di denunce
per maltrattamenti e violenze domestiche. Era un uomo sulla quarantina,
di bell’aspetto, alto, con i capelli castani e gli occhi
azzurri; rimasto prematuramente vedovo, stava crescendo da solo sua
figlia Alexis, di 8 anni. Tra lui e Victoria si era instaurato da
subito un buon rapporto, tant’è che spesso
riusciva a confidarsi con lui.
“Potresti dare un’occhiata a questi documenti
quando hai tempo? Sono per la signora Spencer…finalmente si
è decisa a denunciare l’ex
marito…”- si fermò ad osservarla e
notò che aveva l’aria stanca-
“Ehi…tutto bene?”- le domandò.
“No…non va bene niente…”-
ammise stancamente.
“C’entra tuo marito, vero?”-
“Stamattina abbiamo litigato…il che potrebbe anche
essere positivo, visto che ultimamente mi rivolgeva a malapena la
parola…ma è stato così
odioso…Gli ho solo chiesto di andare insieme da un
terapista…tanto per provare e vedere se può
esserci utile, ma non ha voluto sentire ragioni…Poi sai come
succede in questi casi…alla fine non ci ho visto
più e gli ho detto tutto quello che
penso…”- concluse.
“E lui? Cosa ti ha detto?..”-
“Che esagero…sembra che non si renda conto della
situazione…Mi estromette, si comporta come se fosse un
dolore soltanto suo…e quando inizierà il processo
a quel ragazzo sarà anche peggio…”-
continuò.
“Mi spiace..pensavo che col tempo si sarebbe riavvicinato a
te…Cerca di pazientare ancora un po’, so che
è difficile, ma non gettare la spugna…se fra
qualche mese la situazione sarà
invariata…prenderai i provvedimenti
necessari…”- le suggerì.
“Dio…solo l’idea di separarmi mi mette
l’angoscia…non tanto per me, ma per i
ragazzi…ma anche andare avanti così non
è possibile…”-
“Stai tranquilla, vedrai che si sistemerà
tutto…”- la confortò l’amico.
Rientrata a casa nel primo pomeriggio, trovò in segreteria
un messaggio di Orlando, che la avvisava che avrebbe tardato anche
quella sera. Per niente sorpresa, sbrigò alcune faccende,
passò l’aspirapolvere in salotto, mise un
po’ d’ordine nelle camerette dei figli, poi
uscì per fare la spesa ed andò a prendere Emma e
Joel a scuola.
Tornati a casa, i ragazzi si misero a fare i compiti in cucina, mentre
lei preparava la cena.
“Mamma…”- la richiamò Emma.
“Si tesoro..”-
“Ho finito…posso andare a giocare da
Jenny?”- chiese.
“Va bene…ma mi raccomando, fra non più
di due ore ti rivoglio a casa per cena, ok?”-
La lasciò andare, ma appena fu uscita, controllò
dalla finestra. Jenny era la figlia dei loro vicini di casa,
perciò Emma non avrebbe nemmeno dovuto attraversare la
strada, ma ormai non riusciva a stare tranquilla.
Ritornò in cucina e vide che Joel era pensieroso. Gli si
avvicinò premurosa, carezzandogli la testa e gli chiese:
“Che c’è campione? Ti sei bloccato sulle
divisioni?”-
“No…ho quasi finito…”-
“Non ti senti bene?”- si sincerò.
“Mamma…papà non torna per
cena?”- le chiese con la schiettezza tipica dei bambini.
E la prese decisamente in contropiede.
“Non so…forse farà tardi…ha
molto da lavorare..”-
“E non viene a vedermi giocare domani?”- aggiunse.
“Sono sicura che farà il possibile per esserci
amore…”- In realtà non ne era affatto
certa, ma detestava vedere suo figlio così triste.
“Non ci vuole più bene?”- le
domandò ancora.
“Perché dici così
Joy?…Papà vi adora…”- lo
rassicurò.
“Non gioca più con me…non è
mai venuto alle partite…non è quasi mai a
casa…”- osservò candidamente.
Come dargli torto? Aveva 10 anni, ma non era certo uno stupido.
“E’ solo un brutto periodo…ma
passerà presto, vedrai…Si butterebbe nel fuoco
per te e per tua sorella…Ora finisci i compiti”- e
gli diede un bacio sulla fronte per tranquillizzarlo.
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Capitolo 2 *** Cap.2 ***
Ecco un nuovo aggiornamento. Spero di non avervi sconvolto troppo con questo cambio di registro...Ringrazio chi ha letto e le mie commentatrici: BlackPearl e Michi88...grazie davvero! Buona lettura!
Orlando non rientrò per cena. Victoria cenò con i
ragazzi, poi li fece preparare per la notte; lasciò che
giocassero un po’, poi verso le 9.30, come sempre, li
spedì a dormire. Sistemò la cucina, sbirciando di
tanto in tanto l’orologio; fece un po’ di zapping
col telecomando, ma visto che non c’era niente di bello,
pensò di mettersi a letto a leggere un libro mentre lo
aspettava.
Lui arrivò verso le undici. Lo sentì aprire la
porta e fermarsi in cucina, probabilmente a bere. Dopo cinque minuti
salì in camera da letto.
“Ciao”- le disse semplicemente.
“Ciao”- rispose di rimando.
Erano entrambi sulla difensiva. Vicky non voleva rischiare di
peggiorare la situazione; se non ci fossero stati i ragazzi forse se ne
sarebbe andata, ma non voleva aggravare le cose, perciò si
decise, per quanto possibile, a mordersi la lingua. Orlando, invece,
non voleva ammettere la gravità di quel momento, preferiva
far finta di niente; gli bruciava ancora lo schiaffo ricevuto, pur
sapendo benissimo di esserselo meritato.
“Hai mangiato?”- si sincerò lei.
“Si…avevo una cena di
lavoro…”- rispose dal bagno, dove si stava
spogliando.
“E’ andata bene?”- gli chiese.
“Penso di si…vedremo nei prossimi
giorni…”- rispose laconico, prima di raggiungerla
a letto.
“Domani hai molto da fare?”-
Lui ci pensò un attimo, poi le rispose:
“Come al solito…ma se è ancora per
quella storia del terapista credevo di esser stato chiaro..”-
precisò.
“Infatti stamattina sei stato chiarissimo…Non
è per quello, domani pomeriggio c’è la
partita di Joel…cerca di liberarti…per lui
sarebbe importante…”-
“Vedrò di fare il possibile..”-
Ovviamente quella risposta non piacque per nulla a Vicky. Suo figlio
sarebbe dovuto venire prima di tutto il resto.
“Cerca di fare anche l’impossibile, per
favore…ci tiene così tanto…ha bisogno
di te Orlando”- sottolineò, cercando di mantenere
la calma.
“Non dipende solo da me…devo vedere delle persone
nel pomeriggio, per definire un contratto
d’appalto…”-
“Non può pensarci Dom?”-
“No…l’ ho seguito io
dall’inizio…non posso delegare qualcun
altro…Farò di tutto per esserci…Ma per
favore evitiamo di farne un dramma se dovessi mancare…ce ne
saranno tante altre di partite..”-
“Dici sempre così…intanto
però non ne hai vista nemmeno una…”-
“Per favore…sono troppo stanco per discutere
ancora con te…”-
“E io sono stanca di coprirti…I ragazzi stanno
sentendo la tua mancanza, soprattutto Joy…teme che tu non
gli voglia più bene…Credo che fargli cambiare
idea conti più di qualsiasi stupido
appalto”-concluse risentita.
“Bene…direi che è la degna conclusione
della giornata…Stamattina mi hai detto quanto sono pietoso
come marito e stasera che sono un pessimo padre…Adesso
possiamo spegnere questa maledetta luce e dormire?…Direi che
per oggi basta…Se hai dimenticato qualcosa me lo dirai
domani…”- rispose polemico, voltandole le spalle.
Sempre più avvilita e preoccupata, Victoria non
riuscì a dormire granché; si girava e rigirava
nel letto, cercando di trovare una soluzione. Ma c’era poco
da fare, se lui non collaborava non sarebbero andati da nessuna parte.
Giovedì pomeriggio- Partita di calcio juniores
La partita era iniziata da circa mezz’ora. Di Orlando neppure
l’ombra. Joel stava giocando veramente bene, era un razzo,
veloce, preciso, sembrava pure divertirsi ed aveva già
segnato un gol.
Nell’intervallo tra primo e secondo tempo, le chiese
più volte del padre e lei non sapeva più cosa
inventarsi: non voleva illuderlo, ma nemmeno abbandonare ogni speranza.
Per fortuna, dopo cinque minuti dall’inizio del secondo
tempo, Orlando arrivò e raggiunse Vicky sugli spalti del
campo sportivo, insieme agli altri genitori.
“Vincono o perdono?”- le chiese.
“Vincono…e Joel ha anche segnato un
gol…”-
“Grande…”-
“Sarà contento di vederti…”-
aggiunse lei.
Lui sorrise.
In effetti, vedere il padre sugli spalti a tifare per lui, fu
un’enorme soddisfazione per il bambino, che segnò
un altro gol.
Alla fine della partita, Orlando lo riempì di complimenti e
se lo spupazzò come non accadeva da tempo, tanto che
Victoria si convinse che forse le cose stessero cambiando.
“Papà…sei riuscito a
venire…”- diceva allegro Joy.
“Non potevo perdermi una partita così
bella…”- rispose lui, prendendolo in braccio.
“Mi hai visto bene? Sono stato bravo?”-
“Sei il mio campione…sei stato
bravissimo…”- gli disse stringendolo e
sé.
“Vieni a casa con noi adesso, vero?”-
“No Joy…non posso…devo tornare in
ufficio…ci vediamo stasera per cena, ok?”- gli
promise.
“Va bene…”- rispose il bambino.
“Adesso fila a farti la doccia e a cambiarti, altrimenti
prendi freddo…”-
“Devi già scappare?”- intervenne Vicky.
“Si…devo finire alcune
cose…però cerco di non fare tardi, ok?”-
“Allora ci vediamo a casa…”-
Orlando mantenne la promessa, e quella sera rientrò
decisamente prima del solito. Cenarono in un clima disteso, come
succedeva sempre quando c’era ancora Delia.
Sembrava davvero che, lentamente, le cose tornassero alla
normalità.
Dopo cena si soffermò a giocare con Joel ed Emma, li mise a
letto e poi scese in cucina da Victoria.
“Hai visto com’era contento Joy? Da tempo non lo
vedevo così sereno…Grazie per esser venuto a
vederlo…”- osservò conciliante lei.
“Ha fatto piacere anche a me esserci…”-
Seguì un attimo di silenzio; erano in uno strano imbarazzo,
come se non fossero più abituati a stare insieme senza
litigare. Ma qualcosa turbò quella quiete.
“Stamattina sono stato
dall’avvocato…mercoledì prossimo
c’è la prima udienza del
processo…pensavo volessi saperlo…”-
Per Victoria fu come una doccia gelata; certo, sapeva che non mancava
molto, ma per lei era solo un modo per rinnovare il suo dolore, era
come spargere sale su una ferita: terribilmente doloroso ed inutile.
“Ci sarai?”- le domandò lui.
“Io..io non credo…e non dovresti andarci nemmeno
tu…”-
“Non ti interessa il processo al bastardo che hai investito
Delia?”- sottolineò.
“Certo che mi interessa…ma non starò in
aula a risentire ogni minimo dettaglio di quella
giornata…e’ una sofferenza
inutile…”- gli spiegò calma, ma decisa.
Lo vide irrigidirsi notevolmente. All’improvviso il suo
ritrovato buon umore era sparito, per lasciare spazio nuovamente al
distacco ed alla freddezza.
“Dammi retta Orlando…non andarci neanche
tu…ti farà solo stare peggio”- gli
suggerì, carezzandogli una guancia.
Ma lui la scostò deciso ed insofferente.
“Invece non vedo l’ora di andarci e di guardarlo
bene in faccia…e spero tanto che lo sbattano dentro e
buttino la chiave…”- le disse gelido.
“E quando sarà in prigione cosa
cambierà? Delia non tornerà da noi…non
servirà a niente…”-
“E’ inutile… non
capisci…”- tagliò corto lui.
“No, hai ragione..non capisco…non riesco proprio a
capire come potrebbe farci stare meglio…Dovrei esser
contenta perché un ragazzo poco più che ventenne
passerà forse i prossimi 10 anni in galera?”-
“Bè, se l’è
cercata…lui aveva una scelta, Delia no
invece…Spero che ci passi il resto della sua vita chiuso fra
quattro mura…”-
“Adesso non ragioni…sei ancora troppo
arrabbiato…”- constatò lei.
“Si, lo sono… e vederti così
rinunciataria mi manda in bestia…Parli dello stronzo che ha
ucciso nostra figlia come di un povero
agnellino…”- la riprese duramente.
“Non mettermi in bocca parole che non ho
detto…anch’io voglio giustizia, ma non
è rovinando due famiglie che si risolvono le
cose…non si può tornare indietro…Non
c’è scelta, dobbiamo andare avanti ed accettare
quello che è successo…”-
“E magari perdonarlo pure, vero? Ma che brava..sei davvero
una santa…Perdonalo tu se ci riesci…”-
disse rabbioso.
“Non riesco nemmeno io a perdonarlo, ma non voglio nemmeno
avvelenarmi la vita e rendermela ancora più difficile con
false aspettative…”-
“Cosa vuoi dire? Credi che lo assolveranno?”-
“La verità dei fatti e quella processuale sono ben
distinte…non dico che lo assolveranno, ma fossi in
te non mi aspetterei nemmeno una pena esemplare..è giovane,
incensurato…probabilmente il suo avvocato farà
leva sull’incapacità di intendere e volere causata
dalla droga e se la caverà con una salata cauzione e 300 ore
di lavori socialmente utili…”- gli
spiegò.
“Ma ci sono dei testimoni…”- rispose.
“Testimoni che hanno dichiarato che è stata Delia
a tagliargli la strada…”-
Lui la guardava incredulo.
“Ancora con questa storia…non posso creder che tu
incolpi nostra figlia per discolpare un criminale…se fosse
stato lucido avrebbe frenato in tempo…”-
“Io non…non incolpo nessuno…ma credo
che sia stato un incidente…un tragico
incidente…Probabilmente il ragazzo aveva i riflessi
rallentati, ma non è detto che sarebbe riuscito ad evitarla
in altre condizioni…”-
“Non può andare così…non
può farla franca…Deve pagare in un modo o
nell’altro…”- disse con una rabbia negli
occhi che non gli aveva mai visto prima di allora.
“Orlando…per favore calmati..Posso anche
sbagliarmi, voglio solo che tu non ti faccia delle inutili
aspettative…”- precisò.
“Deve andare diversamente…sono sicuro che ti
sbagli…Ora vado a letto..sono un po’ stanco e
domani devo svegliarmi presto…”- concluse.
Victoria era rimasta impressionata dall’astio che stava
divorando suo marito e, soprattutto, temeva una sua reazione in caso di
esito negativo del processo. Anche lei era agitata, ma voleva
concentrarsi solo ed esclusivamente sulla sua famiglia, senza farsi
condizionare da nient’altro.
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Capitolo 3 *** Cap.3 ***
Ecco un nuvo capitolo...Ringrazio chi ha inserito la storia nei preferiti! Sono felice di constatare che, nonostante il cambio di registro, apprezzate la trama di questo sequel! Grazie a chi legge e soprattutto a chi commenta: BlackPearl, Ginny_Potter, Michi88, Summer89...siete gentilissime! Buona lettura!
La mattina dopo Orlando si svegliò prima del solito. In
realtà, aveva faticato a prendere sonno ed aveva trascorso
una notte agitata. Victoria l’aveva sentito girarsi e
rigirarsi nel letto, ma non si era azzardata a chiedergli niente,
perché sapeva bene cosa lo tormentasse.
Fece colazione al volo, giusto il tempo di salutare i figli prima che
andassero a scuola ed uscì per andare in studio.
Lavorò a ritmi serrati tutta la mattina, senza cedere alla
stanchezza, nonostante la notte quasi insonne.
All’ora di pranzo suo padre andò a trovarlo e
riuscì a convincerlo a pranzare insieme. Da tempo non si
vedevano e non ci voleva certo un indovino per capire quanto stesse
male in quel periodo.
“Allora…il lavoro va bene…sei sempre
impegnato..”- osservò Colin.
“Si, va piuttosto bene…è un periodo
positivo…”- constatò.
“Bene, sono contento per te e Dom..Per il resto, come
stai?”- azzardò.
“La settimana prossima inizia il processo…speriamo
che le cose vadano per il verso giusto…”-
“Hai intenzione di andarci?”- gli chiese.
“Certo…perché non dovrei?”-
rispose di rimando, già sulla difensiva.
“Non sarà piacevole…forse faresti
meglio a risparmiartelo…”- gli suggerì.
“Mi sembra di sentire Victoria…vi siete parlati
per caso?”- chiese con tono sarcastico.
“Sta solo cercando di proteggerti”- gli fece notare
suo padre.
Orlando scosse il capo, poi sospirò.
“Sembra quasi che la cosa non la riguardi…non
vuole sentirne parlare…Anzi, è convinta che sia
stata Delia a tagliargli la strada…lo ritiene un banale
incidente…Non mi capisce e forse io non capisco
più lei..”-
“Quello che vi è successo metterebbe a dura prova
chiunque…bisogna avere pazienza, poi il tempo
farà il resto…Siete sempre stati affiatati ed
uniti, supererete anche questa..”- lo incoraggiò.
“Stavolta è diverso papà…mi
sforzo, ma non riesco a fare diversamente, non riesco ad
accettarlo..lei, invece, è una roccia…a volte ho
l’impressione che non abbia bisogno di me…e questo
mi innervosisce..lei dice e fa sempre la cosa giusta…mi fa
sentire così incapace..”- ammise.
“Sai che non è vero…lei ti
adora…Perché non provi a parlargliene?”-
“No…no, sarebbe inutile..Devo uscirne da
solo…”-
“E’ un errore..Orlando, è tua moglie, ha
il diritto di sapere…Vi riguarda entrambi, se non ti aiuta
lei, chi dovrebbe farlo?”-
“Per favore, non insistere…restane
fuori…”- concluse seccamente.
Conoscendo il figlio e sapendo quanto fosse orgoglioso, Colin non
andò oltre. Era comunque molto preoccupato e temeva che le
cose potessero solo peggiorare.
Nel frattempo, Josephine, la mamma di Vicky, era andata a pranzo a casa
della figlia.
Visto che i bambini erano a scuola, Victoria si sentì libera
di sfogarsi ed, inevitabilmente, la conversazione si spostò
su Orlando.
“Sono preoccupata mamma…il tempo passa e non
cambia niente…”- osservò amaramente.
“Ieri al telefono mi sembravi sollevata…hai detto
che è venuto a veder giocare Joel…che sembrava
disteso…”-
“Si, ma è stato un falso allarme…era
così tranquillo solo perché aveva saputo che
mercoledì c’è la prima udienza del
processo…”-
“Ah…e tu non condividi, vero?”-
“Voglio anch’io che sia fatta giustizia e che il
responsabile paghi per quel che ha fatto…ma lui si sta
accanendo con una rabbia…sta riversando tutte le sue energie
nel processo…ho paura che non vada come si aspetta e, se
così fosse, potrebbe crollare…e non so se
basterò io a raccogliere i cocci questa
volta…”-
“Non dire così…se rimanete uniti
riuscirete a farcela…Stagli vicino, anche se ti respinge,
non demordere…Ha bisogno di te e del tuo aiuto, anche se non
te lo chiede”- le consigliò Josie.
“Non credo…è sempre più
distante…A volte mi pare di dargli fastidio, non mi parla,
devo sempre cavargli le parole di bocca…”-
“Sta soffrendo…”- rilevò la
madre.
“Io invece mi sto divertendo secondo te? E’ dura
anche per me, ma se cerco di reagire è per lui e per i
ragazzi…Credevo che fosse la cosa più logica da
fare e che anche lui la pensasse come me..invece si è
isolato, come se fosse una perdita solo sua…questo non lo
sopporto…E se provo a dirgli qualcosa mi risponde male o per
ripicca non torna a casa fino a sera tarda…Sono sua moglie,
ma non voglio essere il suo capro espiatorio…”-
concluse decisa.
“Adesso calmati tesoro…porta pazienza, concentrati
sui tuoi figli..il resto andrà da
sé…le cose vanno come devono andare purtroppo,
non abbiamo molta scelta…”-
Ben presto arrivò il fatidico mercoledì
dell’udienza. E purtroppo i timori di Vicky si rivelarono
fondati: Jason Hatkins, il ragazzo al volante della macchina che aveva
investito Delia, fu condannato a tre mesi di carcere con la
condizionale, vista l’assenza di precedenti penali a suo
carico, da scontare in una comunità di recupero per
tossicodipendenti, e a svolgere 350 di lavori socialmente utili.
Inoltre, due testimoni ribadirono la loro versione, sostenendo che la
bambina aveva improvvisamente attraversato la strada, tagliando la
strada ad Hatkins. Il fatto fu ritenuto accidentale, anche se aggravato
dalle condizioni alterate dell’autista.
Orlando la prese malissimo, com’era prevedibile. Dormiva e
mangiava poco, lavorava a più non posso ma casa era
totalmente indifferente ed apatico; dopo aver mangiato si chiudeva nel
suo studio e non voleva essere disturbato da nessuno.
Era sempre più taciturno, rispondeva a monosillabi, pur
essendo fisicamente presente era come se fosse altrove con la mente.
Memore delle parole della madre, Vicky si sforzò di stargli
vicino, anche se lui la respingeva e neanche troppo velatamente.
Cercava di smuoverlo, di farlo parlare, sperando che si sfogasse con
lei; gli propose anche di prendersi una settimana di ferie per andare
in montagna tutti insieme. Inizialmente lui si rifiutò,
sostenendo che non era possibile, perché aveva troppo da
lavorare e che non se la sentiva. Poi, inaspettatamente,
cambiò idea e decise di prendersi una pausa.
I ragazzi erano contenti di poter stare finalmente con entrambi i
genitori per qualche giorno, e Victoria sperava che la lontananza dalla
città, dai problemi e dai ricordi potesse aiutarlo in
qualche modo.
In effetti, la permanenza fuori città sembrò
rasserenarlo; si dedicò completamente ad Emma e Joel,
portandoli a fare lunghe passeggiate, insegnandogli a sciare e
portandoli spesso e volentieri in funivia. E fu più
disponibile anche con Vicky: non sfuggiva più alle sue
carezze, sembrava più attento e premuroso. Proprio una di
quelle sere in montagna fecero l’amore, dopo tanto tempo.
Apparentemente le cose sembravano migliorate, ma la sostanza era ben
diversa. Victoria ebbe come l’impressione che lui si
sforzasse, non con i figli, ma quando stava con lei. Anche la loro
ritrovata intimità non era servita a cancellare i suoi
dubbi; aveva fatto l’amore con lei, è vero, ma era
stato meccanico, controllato, come se avesse la testa da
un’altra parte. Ormai non sapeva cosa pensare.
Decise che la cosa migliore fosse mettere da parte quelle paranoie e
godersi gli ultimi giorni alla baita.
Tornati a Londra, la loro vita riprese i soliti ritmi. Orlando lavorava
sempre tanto e fino a tardi, Vicky si divideva tra il centro di
accoglienza al mattino e casa e figli nel pomeriggio. Gli
impercettibili segnali di riavvicinamento tra loro non ebbero un
seguito. Non le parlava se non di cose urgenti di gestione domestica e
relative ai ragazzi, si limitava ad informarla di dove sarebbe andato e
di quando sarebbe tornato. Semplici comunicazioni di servizio, niente
di più. Tutto ciò era oltremodo frustrante per
Victoria, che non sapeva più cosa fare per attirare la sua
attenzione. Aveva bisogno di lui, e non era una questione di
intimità, né di sesso; rivoleva la
complicità che c’era prima, quella che avevano
sempre avuto, fin dall’inizio; rivoleva l’uomo che
aveva scelto per formare una famiglia e che era sempre stato il suo
pilastro; rivoleva l’Orlando entusiasta e spontaneo. Di
quella sua brutta copia, distante e apatica non sapeva e non voleva
sapere niente. Aveva cercato di avvicinarsi a lui, di stargli vicino
discretamente ma costantemente, ma lui avevo ripreso a respingerla,
come donna e come compagna. Ora era esausta di quella situazione e
stanca di dover sempre fingere che tutto andasse bene.
Il baratro che si era creato fra loro si allargò
inesorabilmente, finché un giorno la situazione
precipitò.
Quella mattina Emma era con Vicky al centro di accoglienza. Mentre sua
madre parlava con una donna nel suo ufficio, la ragazzina era fuori in
cortile a giocare a nascondino con Alexis, la figlia di David. Nel
correre a nascondersi, inavvertitamente, inciampò e
finì per urtare una vecchia recinzione di ferro.
Richiamata dalla piccola Alexis, Vicky portò subito la
figlia al pronto soccorso, accompagnata da David.
Dopo neanche mezz’ora Orlando le raggiunse. Entrò
di corsa, visibilmente preoccupato.
“Cos’è successo? Come sta?”-
chiese alla moglie.
“Sta bene, per fortuna non è niente di grave..si
è procurata un taglio al braccio, è piuttosto
superficiale…le hanno fatto l’antitetanica ed ora
la stanno medicando…”- gli spiegò.
“Com’è successo?”-
“Non so…stava giocando con un’altra
bambina…credo che sia inciampata ed è andata a
sbattere contro la recinzione di ferro …”-
“Non lo sai? Scusa ma si può sapere tu
dov’eri?”-
“Stavo per chiudere e portarla a casa, ma poi è
arrivato David, che si era dimenticato di prendere dei
documenti…è stata questione di cinque
minuti…”-
Orlando sbuffò, allargando le braccia.
“Non avresti dovuto perderla di vista…”-
la riprese seccamente.
“Ma non è una bambina…è
stato un incidente, sarebbe potuto succedere anche con
te…”-
“Victoria ha ragione…è stato un banale
incidente…per fortuna non ci sono conseguenze
gravi…”- intervenne David.
A quel punto Orlando lo squadrò di sbieco.
“Scusi lei è?”-
“Sono David…un collega di
Vicky…è per causa mia che ha dovuto soffermarsi
al centro…”- e nel dirlo gli allungò la
mano.
Orlando la fissò senza stringergliela.
“Ci ha accompagnate lui…”- aggiunse lei.
“Bè…David..grazie per quello che ha
fatto…adesso a mia moglie e a mia figlia posso pensarci
io…”- puntualizzò.
“Va bene…come volete…Ci sentiamo
più tardi..”- disse rivolto alla collega.
“Avresti anche potuto sforzarti di essere
gentile…”- lo riprese.
“E tu avresti potuto stare più attenta a tua
figlia…”- sottolineò duramente.
Emma aveva riportato un taglio piuttosto superficiale, fortunatamente, quindi sarebbero bastati solo alcuni punti.
Durante il tragitto verso casa, la ragazzina si addormentò,
mentre i suoi genitori non si rivolsero la parola.
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Capitolo 4 *** Cap.4 ***
Nuovo capitolo! Grazie di cuore a chi legge e alle mie fedeli commentatrici e sostenitrici: Summer89, Michi88, Moon e BlackPearl! Buona lettura!!
Per il resto della serata Orlando abbandonò le intenzioni
bellicose e si dedicò ad Emma. La ragazzina, dopo lo
spavento iniziale, sembrava molto più tranquilla; la
coccolò, cercando di distrarla, le fece prendere un
antidolorifico per alleviare la dolia che sentiva al braccio, poi
accompagnò a letto sia lei che suo fratello.
Poi ritornò in cucina da Vicky, deciso a riprendere la
discussione. Era più forte di lui: oramai quando succedeva
qualcosa ai suoi figli perdeva la testa, non guardava più in
faccia nessuno.
“D’ora in poi non voglio che porti né
Emma né Joel al centro…se non hai tempo di
controllarli, lasciali a qualcuno…chiama una baby sitter,
fai come ti pare…ma non tenerli con te se non sei sicura di
avere il tempo di tenerli d’occhio..”- le disse con
tono perentorio.
Lei, intenta a sparecchiare, si bloccò e lo
guardò dritta negli occhi.
“Ti ho già detto che mi dispiace…mi
sono allontanata solo pochi minuti…Emma non è
più una bambina, non ha bisogno del cane da
guardia…”- gli rispose decisa.
“Si può sapere dove cazzo eri?”- la
aggredì lui.
“Te l’ ho già detto…ho
aspettato a chiudere perché a David servivano dei
documenti…”-
“Ah si? Allora eravate da soli…”-
sottolineò in tono polemico.
“Cosa vuoi insinuare? Arriva al punto
Orlando…”-
“Non insinuo niente…mi limito a constatare che mia
moglie era chiusa nel suo ufficio con un altro, mentre le rispettive
figlie giocavano in cortile…”-
“Va bene…trattami pure come la sgualdrina che si
fa le tresche in ufficio, se può farti star
meglio…ma non azzardarti a farmi passare per una cattiva
madre…se c’è qualcuno che deve sentirsi
in colpa qui non sono certo io…”-
“Eh già…la parte dell’orco
spetta sempre a me…tu sei infallibile, sei
perfetta…”- osservò sarcasticamente.
“Non è questione di
infallibilità…posso sbagliare anch’io,
ma almeno ci provo, ce la metto tutta…cerco di far
funzionare le cose, ma è evidente che è fatica
sprecata, visto che non posso contare su di te…”-
“Io non sarò molto presente, ma per lo meno con me
ai bambini non è mai successo niente”- la
provocò volutamente.
“Quanto sei meschino…è stato un
incidente…Quante volte sei caduto da piccolo e ti sei rotto
qualcosa, eh? Ma nessuno ha mai dubitato di tua madre, né
avrebbe dovuto…Possibile che tu debba sempre trovare un
colpevole contro cui sfogarti?”-
“Per te è tutto normale, quindi…sono
sempre solo incidenti…”- sbottò
spazientito.
“Questo lo è stato…e anche quello di
Delia…”-
“Non nominarla…quello non è
stato un incidente…”- le disse duro.
“Ho letto gli atti Orlando…è inutile
nascondere la testa sotto la sabbia…Forse si è
distratta, o si è spostata per evitare un
tombino…fatto sta che ha sbandato e lui se
l’è ritrovata addosso e non ha potuto fare
niente…”-
In effetti, Vicky si era documentata e sentiva spesso il loro avvocato.
Le perizie ed i rilievi sull’asfalto avevano rivelato la
dinamica dei fatti: la bambina si era spostata dal ciglio della strada,
per una causa ancora da definire, ed Hatkins non era riuscito ad
evitarla; di certo la sua posizione era stata aggravata
dall’evidente uso di cannabis prima di mettersi alla guida,
ma nemmeno da lucido avrebbe potuto frenare in tempo.
Se non ne aveva mai parlato con Orlando era perché sapeva
che avrebbe rifiutato una simile versione.
“Piantala..non voglio neanche sentirti..sono solo
cazzate…Ma che razza di madre sei, eh? Sembra che ti abbiano
investito un gatto..come fai ad essere così
fredda?”- la aggredì.
“Mi spiace…so che ti fa male sentirlo, ma
è la verità…è andata
così…Se prendertela con me ti fa stare meglio,
avanti, accomodati pure…”- rispose rassegnata.
Lui la guardò di sbieco, con aria stanca ed insofferente.
Poi, senza aggiungere altro, salì in camera.
Victoria rimase lì, sola con i suoi pensieri. Ormai non
sapeva davvero cosa fare. Ogni suo gesto veniva frainteso, ogni parola
mal interpretata. Non raggiunse il marito a letto, restò
tutta la notte sul divano in soggiorno e non riuscì a
chiudere occhio. Di tanto in tanto guardava alcune foto in bella mostra
sul tavolino e sul caminetto: foto che ritraevano una famiglia felice,
unita. Una famiglia di cui ora non restava più niente. La
situazione era sempre più pesante. Era evidente che Orlando
non la stimasse più, non si fidava più di lei,
addirittura aveva dubitato della sua buona fede e delle sue
capacità di madre. Nei suoi occhi non c’era
più amore, né voglia di lottare; vi leggeva solo
un gran vuoto ed una rabbia feroce contro tutto e tutti. In quei mesi
avevano provato a far funzionare le cose, entrambi a modo proprio, ma
ora lui si era arreso, ed anche lei era stanca di combattere da sola.
Sembrava che si fossero dimenticati del loro amore, della fiducia, del
rispetto, di loro insomma. A che pro continuare così? I
ragazzi avevano bisogno di stare tranquilli, e di certo quel clima non
era l’ideale per loro.
Più pensava, più si convinceva che la soluzione
migliore fosse una sola: separarsi. Certo, era anche la più
dolorosa. Quando si erano sposati, già genitori di Emma,
erano innamorati, sereni, fiduciosi in un avvenire luminoso; lei era
sicura che con lui le cose avrebbero funzionato, che avrebbe potuto
contare sul suo appoggio, sempre e comunque. Ma ora era tutto diverso.
Continuare così era un’agonia inutile.
La mattina dopo, Orlando scese come al solito verso le 7. Non fu troppo
sorpreso di trovarla sul divano, si era accorto che non era salita a
dormire, ma non le disse nulla.
Lei fece altrettanto, si avviò subito in cucina e
cominciò a preparare del caffè; poi
svegliò i ragazzi e li fece preparare per la scuola. I due
non si rivolsero una parola nemmeno durante la colazione, si limitarono
a rispondere a qualche domanda dei figli e si sincerarono delle
condizioni di Emma.
Appena i ragazzi furono usciti a prendere il pulmino, Vicky si decise a
chiarire la situazione. Era tremendamente difficile e non sapeva da che
parte cominciare.
“Mi ami ancora?”- gli chiese a bruciapelo. Sarebbe
bastato un suo “si” per convincerla a ritentare, a
lasciare da parte tutti gli scontri ed i contrasti.
“Cosa? Perché me lo chiedi? Siamo sposati, abbiamo
una famiglia..”- tentò di tergiversare lui,
spiazzato da una domanda così diretta.
“Non girarci intorno..ho bisogno di
saperlo…”-
“Io…sinceramente non lo so…non lo so
più…”- ammise amaramente.
Ora Victoria sapeva esattamente cosa fare.
“Ho pensato molto stanotte…a noi due, a tutto
quello che è successo…”- riprese-
“e credo che ormai ci sia solo una cosa da
fare…separarci per un po’”- concluse.
Lui non l’aveva interrotta, la osservava, guardandola negli
occhi: sembrava esausta e rassegnata.
“Si..penso anch’io che sia la cosa
migliore…Tu resti qui coi ragazzi, me ne vado
io…”-
“Dobbiamo dirglielo…forse è meglio
farlo insieme…”- si preoccupò lei.
“Va bene..possiamo farlo oggi a pranzo…Torno
prima, così gliene parliamo e poi porto via qualcosa, per
ora lo stretto indispensabile…appena mi sarò
sistemato tornerò a prendere il resto..”- aggiunse
con tono incolore, come se stesse parlando della lista della spesa.
“Forse è meglio che la gestiamo noi questa cosa,
senza mettere in mezzo degli avvocati…potrai vedere i
ragazzi quando vuoi, e tenerli con te a week-end
alternati…poi in futuro si
vedrà…”-
“Per me va bene…”-
Ecco, ora era tutto finito. Un matrimonio di dieci anni, tre figli,
tutti i momenti belli e brutti passati insieme venivano spazzati via in
un soffio, con poche parole.
Più tardi a pranzo…
Victoria ed Orlando avevano lasciato pranzare Joel ed Emma tranquilli.
Poi, a fine pasto, si decisero a dir loro la verità.
“Ragazzi…papà ed io dobbiamo dirvi una
cosa..”- esordì Vicky, attirando la loro
attenzione.
“E’ successo qualcosa?”- chiese
preoccupata Emma. Era una ragazzina molto sveglia: piuttosto alta, con
lunghi capelli castani, ondulati, come quelli del padre e vispi occhi
verdi, come quelli della madre.
“Abbiamo preso una decisione che riguarda anche voi..ma
qualsiasi cosa succeda in futuro, ricordatevi che noi vi vogliamo bene
e che faremmo qualsiasi cosa per voi…”-
precisò Orlando.
“Vi separate, vero?”- li anticipò la
figlia.
“Cosa dici Emma? Non è vero…la mamma e
il papà si vogliono bene…vero che non vi
dividete?”- domandò Joy, che era estremamente
sensibile, riservato; aveva i capelli castano chiaro e gli occhi
castani.
“Sei proprio uno scemo…ma se litigano
sempre…”- gli rispose la sorella.
“Emma! Non parlare così a tuo
fratello…”- la ammonì Orlando.
“Non vi separate, vero mamma?”- riprese Joel.
Nessuno dei due pensava che sarebbe stato facile, ma di certo quella
situazione tradiva le loro peggiori aspettative.
“Tesoro, papà ed io ci prendiamo un po’
di tempo, staremo separati per un po’…ma questo
non cambia l’amore che sentiamo per
voi…”- gli spiegò Victoria.
“Vai via papà?”- chiese nuovamente il
bambino, con un’espressione desolata.
“Si…voi restate qui con la mamma..e io vado ad
abitare per un po’ da un’altra parte…Ma
verrò a trovarvi e staremo insieme nel fine
settimana…”- cercò di tranquillizzarlo.
“Se vai via io non voglio più
vederti…”- disse secca Emma, alzandosi da tavola.
“Per favore, non fare così…”-
le disse la madre.
“Perché no? E’ colpa sua…non
c’è mai, non gliene frega niente di noi”-
“Questo non è vero…”-
intervenne Vicky.
“Basta, non voglio più starvi a
sentire…”- e se ne andò di corsa in
camera sua.
“Emma..”- tentò di richiamarla Orlando.
“Lasciala andare…”- lo bloccò
lei.
Nel frattempo Joel aveva assistito alla scena senza dire nulla. Ed ora
guardava i genitori, con un faccino triste e preoccupato.
“Perché fate così?”- chiese
candidamente.
“A volte ai grandi succede di litigare, di non
capirsi…e allora serve un momento di pausa, per rimettere a
posto le cose”- gli spiegò suo padre.
“Poi tornate insieme?”-
Quella era una domanda a cui nessuno dei due poteva rispondere.
“Forse si…o forse no…”- disse
sinceramente lei.
“Noi ce la mettiamo tutta, ok campione? Ma comunque vadano le
cose siamo e saremo sempre i vostri genitori…e vi vorremo
sempre bene”- aggiunse lui.
“Capito…”- rispose laconico Joel.
Rimasti soli, ci fu un lungo momento di silenzio. Parlare di
separazione fra loro era stato semplice, ma comunicare quella decisione
ai ragazzi era stata la cosa più difficile che avessero mai
fatto.
“Avremo fatto la cosa giusta?”- domandò
lui.
“Non lo so…spero di si…”-
“Forse è meglio che vada su da
Emma…”-
“No Orlando…è meglio che la lasci
stare…sai com’è fatta…poi le
passerà..Stasera le parlerò
io…”- suggerì Victoria.
“Non voglio che mi odi…”-
“L’ultima cosa che farei è mettertela
contro…ma adesso è meglio farla sbollire un
po’…si è tenuta tutto dentro
finora…è comprensibile che sia
scoppiata…”- osservò.
“Allora…prendo le mie cose e me ne
vado…dovrei stare qualche giorno in un residence, comunque
per qualsiasi cosa mi trovi sul cellulare..”-
“D’accordo…”-
Vicky rimase seduta in cucina, senza fare niente. Lo osservò
poi scendere le scale con un borsone. Si guardarono, incapaci di dirsi
qualcosa, come se nessuna parola, nessuna frase o saluto fosse adatto
per quella circostanza. Orlando si avviò
all’ingresso e richiuse la porta alle sue spalle.
Il loro matrimonio era finito.
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Capitolo 5 *** Cap.5 ***
Aggiornamento settimanale...Spero non me ne vogliate per come stanno andando le cose, ma vi prometto che in seguito mi farò perdonare! Ringrazio i lettori silenti e le mie fedelissime commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon,Summer89. Buona lettura!
Quella drastica svolta non fu facile da accettare per i diretti
interessati. Anche se apparentemente sembrava che la decisone fosse
stata presa con non troppe difficoltà, in realtà
era vissuta da entrambi come un fallimento.
Victoria si sentiva confusa e spaesata. Non era più abituata
a stare sola, aveva sempre potuto contare su Orlando, per qualsiasi
cosa: dalle notti insonni quando i bimbi erano neonati e lui le dava
una mano per evitare che si stancasse troppo, alle preoccupazioni per
le loro colichette e per i primi dentini, dalle ansie alle aspettative
per il loro futuro. Quante volte la sera, prima di dormire, si
ritrovavano a parlare dei figli, ipotizzando un futuro da veterinario
per Joel, da scrittrice per Emma e da pittrice per Delia, la piccola di
casa. Era davvero una bambina solare, allegra, correva incontro alla
vita con l’entusiasmo tipico della sua età; sapeva
bene come farsi benvolere con adorabile ruffianeria ed amava disegnare
e dipingere con le tempere. Suo padre non riusciva mai a dirle di no.
In realtà, Orlando non era particolarmente severo con
nessuno dei figli, era un ruolo che non gli si addiceva e che non
voleva ricoprire, tanto meno con la cucciola di casa, cui era legato in
modo speciale visto che, come lui, era dislessica. La parte
più spiacevole, quella dei rimproveri, che talvolta erano
necessari, spettava a Vicky, che con amorevole fermezza metteva dei
paletti e fissava qualche regola. Perdendo Delia avevano perso anche se
stessi; si era incrinato qualcosa, che aveva fatto inceppare il
meccanismo della loro complicità.
Ora lei si ritrovava sola nella loro casa, che non le era mai sembrata
così grande. Certo, i ragazzi ed il centro la tenevano
occupata, ma la sera era sempre il momento peggiore. Quando Emma e Joy
dormivano, nella casa regnava un silenzio insopportabile, che non
faceva che acuire la sua pesantezza d’animo. Per quanto
cercasse di nasconderlo a se stessa ed agli altri, non si era mai
sentita così sola; andava a dormire e le sembrava di
sprofondare per quanto si sentiva piccola in quel letto sempre
più enorme e vuoto. Orlando le mancava: le mancava averlo
vicino, la sua buona notte, i suoi occhi che la cercavano appena
svegli, la sua risata, il suo modo di metterle le mani sui fianchi
quando entravano in una stanza insieme, le loro occhiate di intesa, che
valevano molto più di mille parole. Cominciò a
pensare che forse era stata una scelta affrettata, probabilmente se
avesse avuto più pazienza, se avesse fatto finta di niente,
sarebbe riuscita a sistemare le cose. Ma in fondo sapeva bene che non
era un problema di tempo: ormai tra loro si era creato un abisso,
stavano affrontando il loro dolore in maniera diversa ed incompatibile.
Victoria voleva andare avanti, pur senza dimenticare, ovviamente,
Delia, che era e sarebbe sempre rimasta nel suo cuore e nei suoi
ricordi più belli; Orlando, invece, non riusciva a lasciarsi
lo spettro dell’incidente alle spalle, ma al contempo non
parlava volentieri della figlia e mal sopportava di vedere in giro per
casa oggetti che gliela ricordassero. Era come se parlarne riaprisse in
lui uno squarcio insopportabile. Una delle prime liti era avvenuta
proprio per decidere se lasciare la cameretta di Delia così
com’era o liberarla: Vicky avrebbe voluto lasciarla
così com’era, almeno per un po’, mentre
Orlando non sopportava di vedere i suoi giocattoli, i suoi disegni, i
suoi vestiti. Per questo un pomeriggio, mentre la moglie era fuori,
ripose tutte le sue cose in alcuni scatoloni e li portò in
soffitta, in un maldestro modo di difendersi dai ricordi.
Dal canto suo nemmeno Orlando stava meglio. Alloggiava in un residence,
poco distante dallo studio e la sua routine non era cambiata: lavorava
a più non posso, era sempre il primo ad arrivare e
l’ultimo ad andarsene, poi mangiava qualcosa fuori o si
fermava a prendere una pizza o del cibo cinese e rientrava nella sua
stanza giusto per farsi una doccia e mettersi a dormire. E si era
rivolto ad un’agenzia immobiliare per trovare un
appartamento, in modo da poter avere più spazio e tenere i
figli a dormire da lui nel fine settimana.
La separazione era stata una scelta subita, fosse stato per lui avrebbe
continuato chissà per quanto tempo a barcamenarsi in quel
clima. Ancora una volta era stata Vicky a tirare fuori il carattere, a
metterlo davanti al problema. Ora non gli restava che pensare bene a
cosa fare, capire cosa volesse veramente e, soprattutto, capire quanto
ancora tenesse a lei. Ma forse era ancora troppo presto. Sentiva
terribilmente la mancanza dei ragazzi; anche se quando stava a casa
sembrava distante e distaccato, in realtà non vedeva
l’ora di stare con loro: gli bastava vederli sereni per stare
un po’ meglio. I loro visi, le loro voci, le loro risate
mentre giocavano insieme alleviavano il suo animo, rimettendolo in pace
col mondo, anche se per poco.
La lontananza da Victoria, invece, non gli era così gravosa.
Di tanto in tanto pensava a lei, ma non gli spiaceva stare per conto
suo. Era sempre più convinto che non avesse bisogno di lui,
che sarebbe stata meglio da sola, visto come erano precipitate le cose
fra loro. Sin dall’inizio si era dimostrata più
forte nell’affrontare quella prova, più
determinata a farcela, a superarla, mentre lui si sentiva inutile,
svuotato, incapace di fare qualcosa nella direzione giusta. Ma
anziché appoggiarsi a lei o sfogarsi per renderla partecipe
di ciò che gli passava per la testa, si era come bloccato,
infastidito dal fatto che lei non avesse bisogno di lui per reagire. E
da allora le cose non avevano fatto altro che peggiorare
inesorabilmente.
Non ce l’aveva con sua moglie, al contrario, era arrabbiato
con se stesso. Avrebbe voluto aprirsi, dire quello che sentiva, ma
più si sforzava di farlo, più non riusciva nel
suo intento e questo lo mandava in bestia. Negli ultimi mesi era come
se una parte di lui si fosse estraniata dal suo corpo: si
“vedeva” vivere, interagire e parlare con gli
altri, ma in maniera del tutto estraniata, da fuori, come se stesse
osservando la vita di qualcun altro. E non sapeva come fare a
riprendere in mano la sua esistenza. Ogni sforzo gli pareva inutile,
ogni parola superflua, ogni pentimento tardivo. L’unica cosa
che lo faceva stare bene e sentirsi utile era il suo lavoro: in studio
poteva avere la situazione sotto controllo, faceva progetti da una
vita, era sicuro di sé e consapevole delle proprie
capacità e dei propri limiti. Gli sembrava l’unico
posto in cui potesse dare il meglio di sé.
Dom lo vedeva sempre impegnato, sempre concentrato su progetti nuovi e,
come socio, ne era felice, ma come amico era preoccupato per lui e per
i ritmi che sosteneva. Aveva più volte tentato di parlargli,
ma Orlando non si sbottonava, e non si riusciva a scucirgli una parola
che non riguardasse il loro lavoro.
Naturalmente Emma e Joel erano altrettanto provati dalla separazione
dei genitori. Inaspettatamente, era stato Joy, il più
piccolo, a prenderla meglio. Dopo un comprensibile senso di smarrimento
iniziale, aveva ritrovato la sua tranquillità. Era sereno,
si era legato ancor di più, se possibile, alla madre,
mostrandosi più coccolone ed affettuoso del solito, ma senza
nutrire alcun rancore verso il padre, che continuava ad adorare. Non
faceva domande, si limitava ad osservare gli eventi, fiducioso che le
cose sarebbero tornate a posto. Stare a casa con la madre e la sorella
durante la settimana e poi dal padre nel week end era per lui una sorta
di gioco, di anomala vacanza. Continuava ad essere diligente a scuola,
appena rientrato a casa faceva i suoi compiti, giocava con qualche
amichetto o andava agli allenamenti di calcio. Si stava comportando in
maniera estremamente equilibrata, superando le più rosee
aspettative dei genitori.
Per Emma invece il discorso era molto diverso. Ormai andava verso i
tredici anni, stava per entrare completamente nella fase
adolescenziale, un periodo già particolare ed ancora
più difficile nella sua situazione. Caratterialmente era
identica ad Orlando: ostinata, volitiva, caparbia, intransigente. Non
accettava la separazione dei genitori e ne riteneva suo padre
responsabile. Si sentiva tradita da lui e si era convinta che volesse
più bene alla sorellina scomparsa e vedere la perdurante
sintonia tra lui ed il fratello la infastidiva. Si rifiutava di
vederlo, gli parlava a malapena, sia quando andava a trovarla a casa,
sia quando la chiamava al telefono; era sempre silenziosa, pensierosa,
il suo rendimento scolastico ne aveva risentito: a scuola era
distratta, disinteressata. Victoria aveva parlato con i suoi
professori, cercava di aiutarla e di spronarla più che
poteva, e le cose gradualmente stavano migliorando.
Emma aveva sempre adorato suo padre, nutriva per lui una vera e propria
venerazione: quando era più piccola, intorno ai 4-5 anni,
prima ancora che si trasferissero in quella casa, dopo cena lo
raggiungeva trotterellando nel suo studio, saliva sulla sedia
dall’altro lato della scrivania, esattamente di fronte a lui
e lo osservava lavorare sicuro ai suoi bozzetti; lo fissava attenta e
quasi incantata, finché lui, dopo averle lanciato occhiate
furtive, non iniziava a farle smorfie e faccette buffe. Alla fine si
interrompeva per stare con lei, coccolarsela e farle il solletico.
Quei tempi le sembravano così lontani, erano solo un
ricordo. Il legame col padre era compromesso, mentre quello con la
madre si rafforzava sempre più. Con Victoria riusciva ad
aprirsi, a parlare e lei cercava di farla ragionare, di convincerla che
suo padre le voleva sempre bene, ma la delusione era ancora troppo
forte.
Ovviamente questo suo atteggiamento non sfuggì ad Orlando,
né gli fece piacere. Aveva provato a parlarle, a
rassicurarla, ma lei era molto fredda e lo respingeva. A nulla
servivano le rassicurazioni di Vicky, che tentava di fare da mediatrice.
Una sera, a cena da suo padre, Orlando gli spiegò la
situazione.
“Sono preoccupato per Emma…non mi vuole vedere, mi
risponde a malapena al telefono…temo di averla
persa…”- constatò.
“Non esagerare…è
un’adolescente che deve vedersela con una fase difficile, la
scuola, le prime simpatie e la separazione dei
genitori…è normale che sia un po’
sottosopra…”- cercò di minimizzare
Colin.
“Fosse solo quello…ce l’ ha con
me…sono fuori di casa da più di un mese e non ha
mai passato una giornata con me…per fortuna almeno Joy la
sta affrontando bene…La incrocio giusto due minuti quando
riporto a casa il fratello e mi tratta come un
estraneo…”-
“E non ti ricorda qualcuno?”- gli chiese suo padre.
Orlando ci pensò un attimo, poi rispose:
“Se ti riferisci a me ed al nostro rapporto, ti faccio notare
che la nostra situazione era molto diversa…”-
precisò.
“No, tu ti sentivi tradito ed abbandonato da
me…esattamente come Emma adesso…non è
piacevole, vero?”- gli fece notare.
“Io non…mi spiace…ma cosa devo fare
secondo te?”- gli chiese.
“Non farle fretta e non starle addosso o non otterrai che
l’effetto contrario…Lascia che si prenda i suoi
tempi..quando sarà pronta te lo farà
capire…”-
“E’ buffo, non trovi? Per anni ti ho criticato e ho
giurato a me stesso che sarei stato un padre perfetto ed invece eccomi
qui…forse la genetica non ci aiuta…”-
osservò amaramente.
“Io ho commesso degli errori molto più gravi, e lo
sai…Tu sei un ottimo padre, ti ho visto con i ragazzi, so
quanto li ami e so quanto loro ti vogliano bene…sei solo un
po’ confuso…si aggiusterà tutto, ma
devi pazientare…”- gli consigliò.
“Piuttosto…”- riprese poi Colin -
“a che punto sei con la caccia
all’appartamento?”-
“Ad un punto morto per ora…non ho ancora visto
niente che mi piaccia…o sono troppo piccoli o troppo
grandi..e nemmeno uno abbastanza vicino ad un parco o ad un
giardino…non voglio che i ragazzi siano costretti a stare
chiusi fra quattro mura quando vengono a
trovarmi…”- osservò.
“Forse una soluzione
c’è…perché non vieni a stare
qui?…”- gli propose.
“Qui?”-
“Si…questa casa è troppo grande per me
solo…è lontano da Londra solo venti minuti di
macchina, è una bella zona, tranquilla,
c’è molto verde, potrebbe esser l’ideale
per Emma e Joel…le camere da letto ci sono, basta sistemarle
un po’…e poi ci sono un sacco di animali, Joel di
divertirebbe un mondo fra cani, gatti, galline e
tartarughe…”-
“Io non saprei papà…”-
“Non dirmi che vuoi andare avanti in quel
residence?…Mi viene l’ansia solo ad immaginarti
là da solo…sei dimagrito, di sicuro mangi poco e
male…io sono in pensione, non ho nient’altro da
fare..almeno troveresti qualcosa di pronto quando torni e potrei darti
una mano coi ragazzi quando li hai con te…mi fa piacere
stare con loro…”-
In fondo Colin non aveva tutti i torti, quella sembrava la soluzione
migliore. I ragazzi avrebbero potuto passare del tempo col padre e col
nonno.
“Va bene…accetto l’invito…Nei
prossimi giorni porto qui la mia roba…”- concluse
infine Orlando.
“Perfetto…non vedo l’ora di insegnare a
ragazzi a dar da mangiare alle galline”- disse Colin
entusiasta come un bambino a Natale.
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Capitolo 6 *** Cap.6 ***
Nuovo capitolo...spero di non avervi sconvolto troppo col precedente capitolo! Ringrazio chi legge, ma soprattutto chi commenta: Michi88 e Summer89, siete splendide!! Buona lettura!
In pochi giorni Orlando si trasferì da Colin. Suo padre
viveva appena fuori Londra, in una villetta di campagna, aveva due
splendidi cani di razza golden retriver, Oliver ed Oscar, un gatto
bianco e nero, Jack, due tartarughe terrestri, che vagavano per il
giardino, ed addirittura un cavallo di nome Pegaso ed un pollaio. Lo
spazio non mancava ed i ragazzi avrebbero potuto giocare indisturbati
all’aperto. La casa era disposta su due piani: al piano
inferiore la cucina, una dispensa, il soggiorno, un piccolo studio, una
lavanderia, ed al piano superiore le camere da letto ed il bagno.
Ora non restava che avvisare Victoria del trasferimento.
Uscito dal lavoro più tardi del solito, Orlando
pensò di andare subito ad avvisare lei ed i ragazzi di
persona.
Arrivato a casa, notò che c’era una macchina
parcheggiata nel vialetto. Decise comunque di scendere, visto che ormai
era lì ed andò a suonare.
Vicky aprì subito.
“Ciao…non ti aspettavo…avanti
entra..”- disse, lievemente imbarazzata. Tutto si immaginava
fuorché vederselo lì.
“Sono uscito ora dallo studio…volevo dirvi di
persona una cosa, ma forse disturbo…hai ospiti?”-
si sincerò.
“Stavamo cenando…con David e sua figlia
Alexis…”- spiegò.
Infatti, vide l’allegra tavolata in cucina. La cosa lo
infastidì alquanto: al posto dove di solito sedeva lui
c’era quel David, che cenava tranquillo con i suoi figli.
Appena sentita la voce di suo padre, Joel scattò come una
saetta verso di lui.
“Papà…sei venuto a
trovarci…”- disse contento.
“Ciao campione…come stai?”- rispose,
abbassandosi sulle ginocchia per guardarlo meglio e scompigliandogli i
capelli con la mano.
“Sto bene…oggi in allenamento ho segnato tre
gol…domenica vieni alla partita, vero?”-
“Certo che ci vengo…non vedo
l’ora…Sai, mi sono trasferito a vivere dal nonno,
che abita in una specie di fattoria con tanti animali…ti
piace l’idea?”-
“Che bello! E posso vederli anche io?”-
“Certo che puoi…e il nonno non vede
l’ora di stare con voi..”-
“Resti a cena?”- gli domandò poi con un
faccino implorante.
Orlando non sapeva cosa fare. Era combattuto tra il desiderio di
rimanere, di mettere in chiaro il suo posto in quella che era ancora la
sua famiglia, e la voglia di andarsene velocemente.
“Se non hai altri impegni…ai ragazzi farebbe
piacere…non ci metto niente ad aggiungere un piatto, avevamo
appena cominciato…”- intervenne Vicky.
“Va bene, grazie…”- decise infine. E
raggiunsero gli altri in cucina.
“Evviva! Emma, c’è
papà…e andremo nella fattoria del nonno
Colin”- ripeteva raggiante Joel.
Ma la ragazza non fu altrettanto felice di vederlo e si
limitò ad accoglierlo con un “ciao” non
troppo convinto.
“Vi siete già incontrati…ti ricordi di
David, vero? E lei è sua figlia
Alexis…”- disse Victoria.
“Si, mi ricordo…”-
Tutto sommato la serata non fu così spiacevole. Dopo un
certo imbarazzo iniziale, Orlando realizzò che
l’unico a dover essere a disagio era David, non di certo lui,
che era a casa sua, con i suoi figli. Si trovò a rimpiangere
le cene a casa, quel calore familiare che ormai non aveva da tempo.
Notò una certa complicità tra Vicky ed il suo
collega e anche il bel rapporto che sua figlia Lexi aveva con lei.
Forse per la prima volta capì a cosa aveva rinunciato. Va
sempre così: ci si rende conto di quanto ci preme una cosa
solo quando ci viene tolta dalle mani.
Dopo cena, mentre i “grandi” prendevano il
caffè in cucina, Joel e Lexi giocavano in salotto, ed Emma
finiva i compiti.
Orlando le si avvicinò, cercando un dialogo con lei.
“Allora principessa…ti trovo bene… mi
sembri cresciuta dall’ultima volta che ti ho
vista…”-
“Mi chiamavi così quando ero
piccola…sono un po’ cresciuta per questi
nomignoli..”- rispose.
“Hai ragione…Che compiti stai facendo?”-
le chiese allora.
“Francese…”-
“Me la cavavo piuttosto bene in francese…sono un
po’ fuori allenamento, ma se hai bisogno ti aiuto
volentieri…”- le propose.
“No, grazie…mi aiuta già la
mamma..”-
Victoria li osservava dalla cucina, sperando che la figlia avesse
abbassato la guardia.
Per niente smontato dalla scarsa parlantina della ragazza, Orlando, che
era altrettanto ostinato, continuò a pungolarla.
“Adesso abito dal nonno…mi farebbe piacere se
venissi anche tu a trovarmi nel fine settimana..”- le disse
sinceramente.
“Non so se posso…ho la festa di compleanno di una
mia amica…”- rispose, senza alzare gli occhi dal
suo quaderno.
“Ti ho detto che il nonno ha un cavallo?”-
A quel punto i suoi occhi cambiarono decisamente espressione.
“Davvero?”-
“Si…e forse potresti cavalcarlo…se ti
va”- aggiunse.
“Vedremo…”- rispose lei.
Poteva non sembrare un gran risultato, ma quel condizionale era un gran
bel passo in avanti.
Dopo circa una mezz’ora, David e sua figlia se ne andarono, i
ragazzi salirono a dormire e Victoria ed Orlando rimasero soli in
soggiorno.
“Mi sembra che vada meglio con Emma..o sbaglio? Vi ho visti
parlare prima…”- gli chiese.
“Credo che sia più allettata dall’idea
di vedere il cavallo di mio padre che di stare con me…Ma
almeno stavolta non mi ha respinto…è
già qualcosa…”-
“Ti vuole bene…è solo che le
manchi…non è facile per
lei…”- osservò lei.
Orlando annuì e poi rimase in silenzio. Trovarsi un estraneo
a cena con la sua famiglia gli aveva dato fastidio, ma non sapeva se e
come dirlo a Vicky. Ma lei lo conosceva troppo bene e sapeva
esattamente quando qualcosa lo turbava.
“Che c’è che non va?”- lo
incalzò.
“Niente…”- rispose.
Lei lo guardò con aria furba, come per fargli capire che ci
credeva affatto.
“E’ solo che…non so cosa
c’è fra te e David, ma non mi va che venga a
casa… e che addirittura ceni con voi…”-
“Guarda che fra noi non c’è
niente…”- precisò prontamente.
Stavolta era lui a guardarla perplesso.
“Joel mi ha detto che viene spesso
qui…”- aggiunse.
“Ma è per lavoro…e ne approfitta per
portare Lexi a giocare con Joy…”-
“Senti…sei libera di fare quello che
vuoi…però non mi va che un altro venga qui e
giochi a fare il padre coi nostri figli…”-
“Pensi che permetterei una cosa simile? E’ solo un
amico…”- ribadì.
“Non mi devi nessuna spiegazione, davvero…quello
che mi preme è la tranquillità dei
ragazzi…non voglio che ci siano equivoci o sovrapposizioni
di ruoli strane…”-
“E’ un problema che non si pone…tu sei e
resti il padre…puoi stare tranquillo…”-
“Bene…allora vado…vengo a prenderli
venerdì sera, e poi tu li riprendi dopo la partita di Joy,
d’accordo?”-
“Si, va benissimo”- e così dicendo lo
accompagnò alla porta.
Lo guardò allontanarsi dalla finestra mentre ripensava alle
sue parole. Era strano, ma per un attimo le era sembrato di cogliere
qualcosa nei suoi occhi, come uno spiraglio di gelosia. Ma
evidentemente era solo preoccupato che qualcuno si intromettesse nel
suo rapporto con i ragazzi, e non geloso di lei.
Non era stata proprio sincera con lui. David le aveva fatto capire in
più occasioni di tenere a lei, ma rispettava quel suo
momento di pausa e non voleva forzarla in alcun modo. Era vero,
però, come aveva riferito Joel al padre, che spesso andava a
trovarla a casa. Victoria era molto frenata, sia dalla situazione in
sé, sia da quello che sentiva ancora per Orlando: non era
certa che fosse ancora amore, però lui avrebbe sempre avuto
una corsia preferenziale nel suo cuore, era l’uomo che aveva
scelto per la vita e con cui aveva fatto tre figli.
Era altrettanto vero che David era sempre così carino,
premuroso ed attento nei suoi confronti. Probabilmente se Orlando le
avesse fatto capire qualcosa di più, se le avesse mostrato
di tenere ancora a lei, non ci avrebbe pensato su due volte e sarebbe
tornata con lui. Invece niente, da quasi due mesi avevano un normale e
civilissimo rapporto nell’interesse dei figli, niente di
più. Forse era il momento di voltare davvero pagina, e di
pensare ad un futuro con un altro uomo.
Il giorno dopo, al centro, David tornò all’attacco.
“Io e Lexi siamo stati bene ieri sera…davvero non
so come ringraziarti…da quando sei entrata nella nostra vita
la vedo molto più tranquilla, più
serena…e anch’io sto
meglio…”- le confessò.
“Bè, credo che sia più che altro merito
di Joy..ha un entusiasmo coinvolgente…”-
cercò di sdrammatizzare lei.
“Certo, tuo figlio è davvero
speciale…ma anche tu lo sei…”-
continuò.
Lei non disse niente, era a disagio. Lui le piaceva, ma non era sicura
di volersi buttare in un altra storia, le sembrava che fosse troppo
presto.
“Lo so che ti ho detto che avrei aspettato, che non ti avrei
messo fretta…ma sto bene con te…Ormai sono
passati due mesi dalla separazione, mi pare che le cose si siano
stabilizzate..”-
“David…è complicato…io
non…non so cosa dirti…”- ammise.
“Dimmi che sabato sera vieni a cena con
me…”- le propose deciso- “Lexi
sarà dai nonni e i tuoi ragazzi sono col tuo ex, giusto?
Possiamo permetterci di fare una follia ed andare al ristorante,
no?”-
Vicky ci pensò per qualche istante. In fondo non
c’era niente di male nell’uscire a cena con un
amico. L’idea di stare a casa da sola non la entusiasmava,
quindi perché non accettare l’invito? Era una
semplice cena tra amici. Pensò inevitabilmente ad Orlando:
David l’aveva definito il suo “ex” e la
cosa di primo acchito l’aveva infastidita, ma era la
verità. Erano separati e molto probabilmente avrebbero
firmato le carte per il divorzio nel giro di pochi mesi. Lui non gliene
aveva parlato, ma non aveva nemmeno lasciato supporre il desiderio di
ritentare.
“D’accordo…vada per la
cena…”- gli rispose infine.
“Perfetto…passo a prenderti alle 8…Ora
scappo, devo andare a prendere Lexi a scuola…A
sabato”- le disse soddisfatto.
Era arrivato il momento di scrivere un nuovo capitolo, forse non
necessariamente con David, ma molto probabilmente senza Orlando.
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Capitolo 7 *** Cap.7 ***
Nuovo aggiornamento...Vi anticipo che aggiornerò anche per Santo Stefano...Ringrazio tutti quelli che leggono i miei sproloqui e le mie fedelissime: BlackPearl, Michi88 e Summer89...Vi auguro Buon Natale!! Buona lettura!
Venerdì mattina, Victoria ebbe una sorpresa. Una sua cara
amica passò al centro a salutarla: si trattava di Amy. La
sua storia con Dom era durata circa tre anni, poi qualcosa si era
rotto, ed i due avevano preferito lasciarsi mentre erano ancora in
buoni rapporti, piuttosto che deteriorare anche la loro amicizia. Lui
si era sposato con Sarah, un’insegnante elementare, ed
avevano avuto un figlio, Ben; Amy, invece, aveva trovato
l’amore in Francia, dove era stata mandata dalla catena
alberghiera per cui lavorava a dirigere un nuovo hotel nel centro di
Parigi. Proprio lì aveva conosciuto Jacques, un giornalista
sportivo, ed era scattato il colpo di fulmine. Aveva avuto una bambina,
Margaret, e continuava a dividersi, come molte donne, tra famiglia e
lavoro. Ma non aveva mai perso i contatti con la sua migliore amica,
perciò fu ben felice di raggiungerla appena arrivata a
Londra.
Victoria stava lavorando, quando sentì bussare.
“Avanti…”- disse.
“Bonjour Madame…la disturbo?”- rispose
pimpante l’altra.
“Amy…non ci posso credere…sei
qui…”- e le corse incontro per salutarla.
“Eh si…dovevo incontrarmi con i miei capi e non
potevo venire a Londra e non passare a
salutarti…”- le spiegò.
“Prego, accomodati…Ma che bella
sorpresa…Se però me l’avessi detto
l’altro giorno al telefono, mi sarei
organizzata…ho un po’ da fare qui e non posso
muovermi…”- le fece notare.
“Se te l’avessi detto non sarebbe stata una
sorpresa, no? Allora, come stai? Ti trovo bene…”-
“Abbastanza bene, grazie…Tu
piuttosto…sei in forma strepitosa…e Jacques e
Meggie? Stanno bene?”-
“Alla grande, per fortuna…il lavoro va
bene…ma mi mancava la mia migliore
amica…”- osservò sinceramente.
“Anche tu mi manchi…”-
“Devi assolutamente venire a trovarmi…magari
quest’estate…con Jacques pensavamo di affittare
una casa in Provenza…perché non ci raggiungi con
Emma e Joel?…I ragazzi si divertirebbero un mondo e noi
saremmo contenti di ospitarti…Anche Meggie non fa che
chiedermi della zia Vicky…”- le propose entusiasta.
“Vedremo…non so ancora come ci organizzeremo per
le vacanze…penso che Orlando vorrà tenerli con
sé…”- le rispose, cambiando espressione.
“Come vanno le cose?”-
“Bè…adesso che siamo separati
bene…almeno le liti sono finite..parliamo solo dei ragazzi,
cose di ordinaria amministrazione insomma…”-
rispose.
“E di voi non parlate?”- azzardò.
“No…e forse non lo faremo mai…In
realtà non è che ci sia molto da
dire…stare ancora insieme era impossibile…abbiamo
cercato di limitare i danni…”- osservò.
“Ma è quello che vuoi?”- la
incalzò Amy.
“Non sempre si ottiene quel che si
vuole…”-
“Non hai risposto…”-
sottolineò l’amica.
“Io..voglio solo stare bene adesso…voglio un
po’ di tranquillità, con o senza
Orlando…a prescindere dalla situazione tra noi mi interessa
che i ragazzi siano sereni…poi si
vedrà…”-
“Lo so che lo dico alla persona meno adatta,
ma…faccio ancora fatica a credere che non state
più insieme…siete sempre stati così
affiatati, avrei messo la mano sul fuoco per
voi…”- le disse.
“Per fortuna non l’ hai fatto…o ti
ritroveresti come Muzio Scevola…”- la
canzonò.
In quel preciso istante entrò David.
“Vicky…ho trovato quel documento che..Oh, scusate
…credevo che fossi sola…”-
“No, non preoccuparti…David, lei è Amy,
una cara amica che non vedevo da tempo….Amy, lui
è David un mio collega…”- li
presentò.
“Piacere Amy…scusate per
l’interruzione…torno dopo, immagino che avrete
molte cose da dirvi…”- e si congedò.
Amy era sempre stata piuttosto intuitiva, perciò non le
sfuggirono i modi delicati e quasi cavallereschi di David nei confronti
dell’amica.
“Cosa succede? Lui da dove sbuca?”-
“Te l’ ho detto..è un
collega…e un amico…”- tagliò
corto.
“E?…”-
“E mi hai invitata a cena…questo
sabato…e io ho accettato…”- disse quasi
imbarazzata.
“Ah…bè, è un bel tipo e
sembra molto..interessato…”- constatò.
“Ho sbagliato, vero?”- le chiese.
“Per una cena non è mai morto
nessuno…però non vorrei che tu ti lasciassi
lusingare da lui solo perché Orlando non si
sbottona…sarà pieno di difetti, ma ti ha sempre
voluto un bene dell’anima…”-
“Le persone cambiano Amy…e lui non è
più quello di prima…”-
“ Forse nemmeno tu…pensaci bene, prima di chiudere
definitivamente quella porta ed aprirne
un’altra..”- le consigliò.
Nel frattempo, in studio Dom ed Orlando avevano da poco finito una
riunione coi dipendenti, per mettere a punto alcuni impegni. Rimasti
soli, l’amico ne approfittò per sondare il terreno
e vedere come stesse.
“Allora…come stai? Ti sei già
trasferito da Colin?”- gli domandò.
“Si…non è che dovessi fare un gran
trasloco…avevo con me solo i vestiti..Stasera vado a
prendere i ragazzi, non vedo l’ora…e spero che ci
sia anche Emma…”-
“Come va con lei?”-
“Un po’ meglio…diciamo che non mi ignora
più così smaccatamente…”-
osservò.
“E con Victoria? Come siete rimasti?”-
azzardò.
“In che senso?”-
“Non avete avuto modo di…chiarire le cose..tra
voi..”- disse prudente, quasi dosando le parole.
“No…per ora ci stiamo occupando solo dei
ragazzi…”- rispose laconico.
“Non ti manca neanche un po’?”- lo
incalzò.
“Dom…”- lo richiamò.
“Ok…se non ti va non ne
parliamo…è che mi sembra così
strano…Cazzo, siete Orlando e Victoria…siete
sempre stati una cosa sola…”- gli fece notare. Era
sempre lo stesso compagnone di sempre ed era sinceramente dispiaciuto
per la rottura dei due.
“E’ complicato…magari col tempo le cose
andranno a posto, ma per ora…voglio pensare solo ai miei
figli…Pensi che sia tanto sbagliato?”-
“Non sta a me dirlo…comunque no, credo di
no…Ma se lei non fosse disposta ad aspettare
ancora?”-
“Allora sarà davvero finita”-
tagliò corto.
“E ti arrendi così? Lasci campo libero ad un
altro, senza nemmeno farle capire che tieni ancora a lei?”-
“Campo libero a chi?”-
“A quel David o come si chiama…non era a cena da
lei qualche giorno fa?”-
“Si…ma sono solo amici…”-
“Orlando…svegliati…Victoria
è una bella donna, lavorano insieme, si vedono
già tutti i giorni e lui va pure a trovarla a
casa…”-
“Mi ha detto che sono amici…non ci trovo niente di
strano…”-
“Seee..non crederai che quello venga a chiederti il permesso?
Più tu ti allontani, più lui le si
avvicinerà…”- osservò serio.
“Tu credi?”-
“Se non le fai capire che tieni a lei, si sentirà
libera di rifarsi una vita..è questo quello che
vuoi?”-
“Dom non lo so…sono tutti discorsi
prematuri…A volte mi manca e vorrei averla con me, ma poi
penso all’ultimo periodo, alle cattiverie che ci siamo detti,
alla distanza che si è creata…e mi convinco che
forse è meglio come stiamo ora…forse doveva
andare così…”- gli spiegò.
“Capisco…ma spero tanto che le cose si
aggiustino..”- gli augurò.
“Grazie Dom…”-
Parlare con i rispettivi amici aveva fatto bene ad entrambi. Vicky
continuava a pensare ai suggerimenti di Amy, ma era comunque confusa.
Forse aveva ragione la sua amica, anche lei era cambiata, ma le
sembrava di aver fatto tutto il possibile per salvare il suo
matrimonio.
Ed anche Orlando non era rimasto insensibile alle parole di Dom. Fino
ad allora non si era soffermato a pensare al suo rapporto con la
moglie, ma si era concentrato solo sui ragazzi. Ma quello che
l’amico gli aveva detto era vero: lei non sarebbe rimasta ad
aspettarlo in eterno, probabilmente si sarebbe rifatta una vita con un
altro uomo. Tornare da lei, però, significava ammettere i
propri errori e lui non era ancora pronto a farlo. Perciò
quella sera, quando andò a prendere i ragazzi, si
limitò a parlarle del più e del meno, come faceva
sempre.
Cercò però di osservarla, per carpire qualcosa
dalle sue espressioni e dai suoi gesti. Gli sembrò distesa e
rilassata come non la vedeva da tempo. Forse la lontananza da lui le
stava facendo bene. Avrebbe voluto parlarle di loro, ma non
c’era ancora stata l’occasione: c’erano
sempre i ragazzi o altre persone intorno. E poi cosa le avrebbe detto?
In realtà non lo sapeva nemmeno. Decise di aspettare ancora,
di lasciare che il tempo facesse il suo corso; nel frattempo sarebbe
rimasto alla finestra, in attesa di un suo gesto di riavvicinamento, di
un qualsiasi segnale che gli facesse capire che c’era ancora
speranza per loro due.
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Capitolo 8 *** Cap.8 ***
Aggiornamento extra, come promesso...Spero che abbiate abbiate passato tutti una buona Vigilia ed un sereno Natale...e vi auguro Buon Santo Stefano!
Ringrazio, come sempre, i lettori silenti, ma soprattutto le mie splendide e fedeli recensitrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89...non mi stancherò mai di ringraziarvi del vostro sostegno e dei vostri complimenti, a costo di risultare banale! Mi fa davvero piacere che la storia vi appassioni e vi coinvolga...non ero sicura di aver scelto la trama giusta, temevo che questo cambio di registro potesse "spaventare" e non invogliare alla lattura, ma l'idea mi balenava in testa da troppo tempo e ho dovuto assecondarla! Spero che anche questo capitolo sia all'altezza delle vostre aspettative! Buona lettura!
Il venerdì sera di Orlando con Emma e Joel trascorse
velocemente ed in maniera piacevole. Joy era a dir poco entusiasta
della piccola fattoria in cui viveva il nonno ed anche Emma sembrava un
po’ più disponibile.
Colin aveva preparato loro un bel risotto per cena e poi li aveva
intrattenuti raccontando loro alcuni aneddoti di quando era piccolo;
aveva mostrato loro l’acquario ricco di pesci rossi e non
solo che aveva sistemato in salotto, e li aveva accompagnati nelle loro
camerette.
L’indomani, mentre il nonno insegnava a Joel come dare da
mangiare alle galline, Orlando pensò di portare la figlia
nella stalla, per mostrarle il cavallo.
Pegaso era un bel puledro marrone, di cui Colin era venuto in possesso
quasi casualmente. Proveniva da un ippodromo, ma dopo una brutta caduta
aveva riportato una frattura ad un arto, che gli impediva di gareggiare
ancora. I gestori dell’ippodromo avrebbero voluto mandarlo al
macello, visto che per loro era diventato inutile, ma Colin, tramite un
amico, l’aveva acquistato per poche sterline e
l’aveva sottratto ad un’orribile e prematura fine.
Emma rimase incantata alla vista dell’animale. Aveva
praticato equitazione per qualche tempo, ma poi nell’ultimo
periodo aveva smesso, un po’ per la delusione dovuta alla
separazione dei genitori, un po’ perché era sempre
Orlando ad accompagnarla al maneggio e lei voleva evitare qualsiasi
cosa che glielo ricordasse.
“E’ bellissimo
papà…”- gli disse raggiante.
“Hai visto? Sai, aveva avuto un piccolo incidente, ma
l’ hanno curato e poi il nonno l’ ha portato
qui…”- le spiegò.
“Posso…posso cavalcarlo?”-
domandò incerta.
“Sei sicura di volerlo fare?”-
La ragazzina annuì.
“Ok…allora selliamolo e portiamolo
fuori…un giretto non può fargli
male…”-
Dopo averlo sellato, uscirono dalla stalla. Emma non aveva perso
l’allenamento, salì a cavallo, aiutata dal padre,
ed entrò subito in sintonia con l’animale; fecero
una breve passeggiata intorno alla villetta ed in una stradina
adiacente, sotto gli occhi vigili di Orlando, che non la perdeva di
vista un attimo. Era così sollevato nel vedere la figlia
divertirsi, contenta come non succedeva da tempo.
Poi riportarono Pegaso nella stalla, gli tolsero la sella, Orlando la
aiutò a strigliarlo e gli diedero da mangiare insieme.
Ad un certo punto lei gli domandò:
“Papà…cos’è
successo tra te e la mamma? Perché non andate più
d’accordo?”-
Inutile dire quanto lui fosse stupito sia per la domanda in
sé, che lo coglieva alla sprovvista, sia per la ritrovata
loquacità della figlia.
“Vedi Emma…non c’è un motivo
vero e proprio…è un insieme di cose…a
volte capita di non capirsi…e quello che una volta era
scontato diventa incerto…”- rispose sincero.
“E’ colpa nostra?”-
“No..no, tesoro..tu e tuo fratello non
c’entrate”- la rassicurò.
“Non vi volete più bene?”-
continuò la ragazzina.
“Ci vogliamo bene, ma in modo
diverso…credo…L’amore si può
modificare, può cambiare in meglio o
affievolirsi…”-
“E si può smettere di amare i figli?”-
gli domandò preoccupata.
“No, assolutamente no Emma…la mamma ed io vi
vogliamo bene e sarà sempre
così…niente potrà mai toccare
l’amore che sentiamo per voi…”- le
rispose deciso.
“Allora adesso sarà sempre
così…tu qui, noi con la mamma…non
tornerai più a casa..”- osservò.
“Vorrei poterti rispondere, ma la verità
è che non lo so…Comunque qui o a casa con voi, ci
sono sempre per te e Joy, ok? Per qualsiasi cosa basta solo che tu mi
chiami, d’accordo?”- le promise.
“D’accordo…”- rispose.
“Finisco io di far mangiare Pegaso…Vai in casa a
lavarti le mani, che fra un po’ si
mangia…”-
Rimasto solo, Orlando si sentì pervadere da
un’enorme ondata si sconforto; cominciò a
domandarsi se avesse davvero fatto tutto quello che poteva per salvare
il suo rapporto con Vicky. Sapeva di aver molto di cui rammaricarsi:
non aveva lottato abbastanza, si era arreso, forse cullato dalla
speranza che lei avrebbe sopportato silenziosamente ed avrebbe
continuato a stargli accanto. Aveva preteso troppo da lei, senza darle
niente. Ormai non poteva più nascondersi: aveva sbagliato e
forse era tardi per rimediare.
Quel sabato pomeriggio Victoria era stranamente in ansia.
Più si sforzava di pensare alla cena di quella sera come ad
un semplice incontro fra due amici, più otteneva
l’effetto opposto. Iniziò a pensare di aver
sbagliato ad accettare, di aver affrettato i tempi e di averlo
incoraggiato troppo. Fu addirittura tentata di chiamarlo per annullare
tutto, fingendosi malata. Poi realizzò che non stava facendo
niente di male: ormai era una donna separata, non doveva rendere conto
a nessuno, se non ai suoi figli ed a se stessa. David era una compagnia
piacevole, oltre che un bell’uomo, e le era stato molto
vicino sia dopo l’incidente di Delia, sia durante la crisi
con Orlando.
Indecisa su cosa indossare, alla fine optò per una giacca
nera piuttosto elegante, che sdrammatizzò con un paio di
jeans ed una T-shirt a maniche lunghe bianca, impreziosita di strass.
David arrivò puntuale alle 8 e la portò a cena in
un ristorante in centro. Era un posto molto carino, elegante, ma non
eccessivamente formale. Ordinarono antipasti di verdure, pesce ed una
bottiglia di Chardonnay.
“Va tutto bene? Mi sembri un po’…a
disagio, o sbaglio?”- le chiese improvvisamente.
“Io? No, è che…scusami, per me
è un po’ strano…mi sembra di essere
un’adolescente al primo appuntamento…tutto
qui…”- rispose sinceramente.
“Bè, in effetti è il nostro primo
appuntamento..”- le fece notare.
“David io…”- iniziò a dire.
“No, senti Victoria…lo so che ti sembra strano
essere a cena con un uomo diverso da tuo marito…I distacchi,
di qualsiasi tipo siano, sono difficili da
metabolizzare…anche per me è stato strano cenare
con altre donne, dopo Hellen…poi ci si fa
l’abitudine..”- la anticipò.
“Posso chiederti una cosa?”- azzardò lei.
“Certo..dimmi pure..”-
“Quanto ti ci è voluto per superare la sua
perdita?”-
“In realtà, non credo che un evento del genere si
possa superare del tutto…pian piano la ferita si rimargina,
ma resta comunque un nervo scoperto…Quando si perde qualcuno
in un incidente, come è successo a noi, si resta come
paralizzati al momento…perché davanti ad una
malattia, per quanto sia terribile, ti prepari, cominci a metabolizzare
l’idea, cerchi di fare di tutto per rendere speciale ogni
momento, ogni ricordo..invece un incidente ti toglie anche questa
possibilità..ti trovi messo davanti al fatto
compiuto…vedi quella persona uscire di casa la mattina,
magari ci hai anche litigato perché era stata troppo in
bagno e ti faceva fare tardi e poi più
niente…arriva una telefonata ed il tuo mondo si
ferma…”- spiegò.
“Scusa, non volevo rinnovare il tuo dolore…se non
ti va non ne parliamo più…”-
“Non devi scusarti…parlarne è un modo
per superarlo…All’inizio ero restio a farlo..ed
ero terrorizzato all’idea di tirar su Alexis da solo.. ma poi
è stato proprio grazie a lei e per lei che ho trovato la
forza di reagire, di guardare avanti…di tornare a vivere e
non sopravvivere, come stavo facendo…e poi sei arrivata
tu..”-
“Io non penso di aver fatto niente di
straordinario…”-
“Invece mi ha aiutato molto..e non solo con
Lexi…ho ritrovato la voglia di affezionarmi a
qualcuno…Mi piaci Victoria, e molto
anche…”-
Lei rimase spiazzata ed incapace di spiccicare una parola.
“Lo so, forse sto correndo troppo…ma non potevo
più tenermi tutto dentro…Voglio solo che tu
sappia che io ci sono…quando sarai pronta, ci
sarò…”- le disse, sfiorandole una mano.
Dopo quell’inaspettata confessione, la conversazione si
spostò su altro argomenti. David non volere bruciare le
tappe più di quanto non avesse già fatto,
perciò le raccontò cosa combinava Lexi da
piccola, tanto per metterla a suo agio.
Verso mezzanotte la riaccompagnò a casa. Rimasero in
macchina per una decina minuti; lui la ringraziò per la
piacevole serata e lei per la compagnia. Ad un certo punto, entrambi
persero le parole, come se non sapessero cosa dirsi.
L’atmosfera era strana. Lui le si avvicinò e le
diede un tenero bacio a fior di labbra. Victoria non fece niente per
evitarlo e si lasciò andare all’emozione del
momento.
“Buonanotte…”- gli disse poi.
“Notte…”- rispose.
Rientrata in casa, non fece altro che pensare a lui, alla serata ed al
bacio. David era stato perfetto: la cosa che più apprezzava
in lui era la capacità di dar voce alle sue emozioni, senza
nessun timore. Ammirava il modo in cui aveva reagito alla perdita della
moglie e pensava che stesse facendo un ottimo lavoro con sua figlia.
Aveva reagito per lei, senza appigliarsi a nessun altro. Lei, in fondo,
non aveva fatto niente di straordinario, se non ascoltarlo quando ne
aveva avuto bisogno. Le pareva quasi paradossale esser riuscita ad
aiutare un amico e non esser stata utile in alcun modo a suo marito.
Già, Orlando. Se avesse reagito come David, forse le cose
avrebbero preso un’altra piega. Invece no, l’aveva
immediatamente esclusa, estromessa dal suo cuore, dal suo dolore,
facendola sentire un’intrusa. Certo non poteva pretendere la
sua stessa reazione, ma avrebbe quantomeno voluto che non si
allontanasse così tanto da lei. Purtroppo tra loro si era
alzata una cortina impenetrabile di incomunicabilità:
probabilmente in tempi diversi avrebbero reagito, si sarebbero sforzati
pur di abbatterla, ma erano ormai troppo stanchi e provati.
Era inutile ripensarci e rimuginare. Le cose erano andate
così, nessuno poteva farci nulla. Ora doveva pensare a se
stessa, a ritrovare un po’ di serenità e,
perché no, magari anche qualche sprazzo di
felicità. La storia con Orlando sarebbe sempre rimasta
dentro di lei, come un marchio a fuoco nel suo cuore; non rimpiangeva
niente di quello che aveva fatto con lui e per lui, era orgogliosa
della famiglia che avevano costruito insieme. Ma David aveva ragione:
arriva il momento in cui ci si rende conto che è arrivato il
momento di rischiare, di guardare avanti con fiducia, di ricominciare a
vivere. Andò a dormire e, per la prima volta in diversi
mesi, non si sentì inutile, né angosciata.
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Capitolo 9 *** Cap.9 ***
Aggiornamento settimanale...Ringrazio i lettori silenti e pigri e le mie felissime, le mie certezze: BlackPearl, Michi88, Moon e Summer89...scusate la brevità, ma sono malaticcia...e spero vivamente di migliorare per il 31!! Anticipo a tutti voi tantissimi auguri per un sereno e positivo 2008! Buona lettura!
Dopo quella cena, David e Victoria uscirono altre volte nei fine
settimana, approfittando del fatto che Alexis era dai nonni ed Emma e
Joel col padre. Victoria si trovava sempre più a suo agio
con lui: era spiritoso, brillante, sapeva trovare le parole giuste al
momento giusto, la rassicurava e riusciva a tranquillizzarla. Questo
per lei era importante: aveva bisogno non tanto di un appoggio, quanto
di avere vicino qualcuno che la capisse, senza bisogno di troppi
discorsi. E David sembrava riuscirci appieno: intuiva quando voleva
rimanere sola, quando non voleva parlare, rispettava i suoi spazi senza
però farle mancare la sua presenza. Stava nascendo qualcosa
di bello, un sentimento che si stava rafforzando e che non era
più di pura e semplice amicizia.
Vicky era serena, ma cominciava a chiedersi se e come dirlo ai suoi
figli. Forse era un problema prematuro, si vedevano al centro quasi
tutti i giorni, ma in fondo uscivano da tre mesi, solo nel week-end,
perciò il tempo effettivo era ben diverso. Però
non le piaceva mentire loro e raccontargli delle domeniche passate a
casa di sua madre o al cinema con un’amica. Si sentiva in
colpa. Decise allora di parlarne proprio con David, per capire come
intendeva gestire la cosa con sua figlia.
Quella notte si era fermata da lui ed avevano fatto l’amore.
Era stata la loro prima volta ed ovviamente un passo importante,
soprattutto per lei. Non era stato facile all’inizio nemmeno
pensare di farsi toccare da un altro uomo che non fosse Orlando, ma
alla fine David l’aveva conquistata, guadagnandosi prima la
sua fiducia ed ora il suo affetto. Non sapeva ancora se fosse proprio
amore, però la direzione era senz’altro quella.
Erano entrambi svegli, lei si era accoccolata contro di lui, che le
carezzava un braccio.
“Come hai intenzione di comportarti con Alexis? Le dirai di
noi….o no?”- gli chiese.
“In realtà è da quando abbiamo iniziato
ad uscire che vorrei dirglielo…se ho aspettato è
solo per paura che lo riferisse a Joel…”- le
spiegò.
“Quindi credi che la prenderebbe bene?”-
“Certo…lei ti adora…è molto
legata a te..sarebbe contentissima…”-
Rimasero un attimo in silenzio, entrambi pensierosi. Poi lui le
girò la sua stessa domanda:
“E i tuoi figli…come pensi la
prenderebbero?”-
Lei si tirò su, mettendosi a sedere contro un cuscino, per
guardarlo meglio.
“Non ne ho idea…Joy adora suo padre ed
è convinto che torneremo insieme…ed Emma
ultimamente ha ricucito il rapporto con lui…non so come
potrebbero reagire…”- ammise sinceramente.
“Se vuoi possiamo aspettare…non abbiamo
fretta..”- la rassicurò.
“E’ che mi sento in colpa…vorrei dirgli
la verità, in fondo ti conoscono, sei stato a cena da noi,
conoscono Lexi…e forse sarebbe la cosa migliore da fare,
onde evitare che si illudano che fra me ed il padre le cose si
sistemino…però temo di turbare
l’equilibrio che hanno raggiunto…”-
“Capisco…ed Orlando, come credi che
reagirebbe?”-
“Non so…perché me lo chiedi
?”- rispose, sorpresa da quella domanda.
“Bè, perché a seconda di come la
prenderà potrà aiutarti coi ragazzi od
ostacolarti…”-
In effetti quella considerazione non era campata per aria. Se, come
pensava, Orlando aveva voltato pagina, avrebbe potuto aiutarla a
parlare coi ragazzi per mettere in chiaro la situazione.
“Facciamo così…fra poche settimane la
scuola sarà finita…e ne approfitterò
per dirlo ad Emma e Joel..”- decise.
“Mi sembra una buona idea…Vedrai che
andrà tutto bene, avranno magari bisogno di un po’
di tempo per accettare la novità, ma non credo ci saranno
problemi…”- la rassicurò.
Victoria pensò che nel frattempo la cosa migliore fosse
parlare con Orlando e chiarire finalmente la loro situazione.
Perciò lo chiamò e lo invitò a pranzo
fuori.
L’appuntamento era per le 13; lei era già arrivata
e lo stava aspettando in un bar poco distante dal suo studio,
dove erano soliti incontrarsi nei primi tempi del matrimonio
durante le rispettive pause pranzo. Questo dettaglio aveva fatto
scattare una lampadina nella testa di Orlando, che lo
interpretò come un segno di riavvicinamento.
Circa un quarto d’ora dopo arrivò.
“Scusa il ritardo…”- le disse sedendosi
al tavolo- “Stavo già uscendo quando mi hanno
chiamato da un cantiere…”-
“Nessun problema…vogliamo ordinare?”-
Ordinarono due insalate di pollo ed acqua naturale. Si scambiarono
alcune impressioni sui ragazzi, che entrambi vedevano molto
più sereni. Poi Vicky si decise a rivelargli il vero motivo
del loro incontro.
“Senti…il motivo per cui ti ho chiesto di vederci
è un altro…devo dirti una
cosa…”- esordì incerta.
“Dimmi…ti ascolto”- rispose lui
prontamente. Sperava che gli chiedesse di tornare a casa o comunque che
cercasse un punto d’incontro per risolvere i loro problemi.
“Da circa tre mesi esco con David…noi,
ecco…noi stiamo insieme…”- gli disse
finalmente.
Per lui fu una vera e propria doccia gelata. Eppure Dom aveva tentato
di metterlo in guardia, ma lui non aveva voluto dargli retta. Ancora
una volta aveva dato per scontato che lei fosse disposta ad aspettarlo
per sempre, ma si era sbagliato, aveva toppato alla grande.
Cercò di incassare il colpo, senza mostrare la sua delusione.
“Capisco…quindi immagino che vorrai il
divorzio…”- rispose con tono incolore.
“No…cioè non
immediatamente…in realtà ora mi interessa solo
che i ragazzi accettino questa novità..”- gli
spiegò.
“E io in tutto questo cosa c’entro?”-
“Pensavo che…che magari potresti darmi una mano a
dirglielo…”- gli propose.
Nel sentire quelle parole, lui sgranò gli occhi.
“Tu vuoi che ti aiuti a dirgli che stai con un
altro?”- voleva esser sicuro di aver capito bene.
“Si..insomma, visto che gli abbiamo parlato insieme della
separazione, pensavo che avremmo potuto comunicargli insieme anche
questo…”-
Si lasciò scappare una risatina insofferente, poi le rispose:
“Scordatelo…una cosa è dire ai nostri
figli che ci separiamo, quella è una decisione che riguarda
entrambi, ma questo riguarda solo te e…David…Io
non voglio entrarci..”-
“Sto solo cercando di fare la cosa giusta, di trovare il modo
migliore per dirglielo…”- ribadì lei.
“Mi spiace, ma non è un mio
problema…”- tagliò corto.
“In fondo invece riguarda anche te…i ragazzi
pensano che torneremo insieme…non è giusto
illuderli per niente…”- osservò.
“Illuderli?”-
“Si…continuare così, senza definire
niente, usando i condizionali, rimandando tutto, non facciamo che
dargli una falsa speranza…”- disse decisa.
“Quanta fretta di chiarire…devi fare proprio sul
serio con quello..”- sottolineò non senza una
punta di amarezza.
“Se vuoi vederla così…”- si
limitò a dire lei. Sapeva bene che quando si convinceva di
qualcosa, era un’impresa titanica fargli cambiare idea.
“E posso sapere quando hai intenzione di dargli la lieta
novella?”- le domandò poi sarcastico.
“Dopo la fine delle scuole…”-
“Che tempismo…David e Victoria…Sarete i
nuovi Beckham?…”- notò ironicamente.
“Orlando…perché fai così?
Credi che per me sia facile?”-
“Per loro non lo sarà affatto…Si sono
appena abituati all’idea della nostra
separazione…hanno ritrovato una parvenza di
tranquillità e tu cosa fai? Vuoi dargli una badilata nei
denti per fare i comodi tuoi con quello…”-
continuò, visibilmente contrariato.
“Capisco che tu sia arrabbiato…ma modera i
termini…”-
“Non la prenderanno bene…e tu lo sai
questo…altrimenti non mi avresti chiesto di
aiutarti…”- riprese lui, ignorando le sue parole.
“E vedere te contrario non semplifica di certo le
cose…”- ribatté Vicky.
“Io penso solo ad Emma e Joy…tu puoi fare quello
che vuoi con chi vuoi…le mie considerazioni me le tengo per
me…non ti farò pubblicità negativa con
loro, se è questo che temi…”- le disse
duramente, fissandola negli occhi.
“Avanti...dimmi cosa pensi….sarebbe la prima volta
che riesci a dire quello che ti passa per la
testa…”- lo incalzò lei.
“Vista la tempistica e la fretta che stai dimostrando, mi
pare evidente che non aspettassi altro che buttarmi fuori di
casa...molto probabilmente lui era già in stand by e non
vedeva l’ora di scaldarti il letto… “-
Se non fossero stati in un luogo pubblico, Victoria gli avrebbe
volentieri rifilato un ceffone, ma avevano già dato
abbastanza spettacolo. Deglutì a fatica, cercando di
rimanere calma.
“Non sai nemmeno di cosa parli…se metti in dubbio
addirittura la mia buona fede, vuol dire che sei a corto di
argomenti…Ma la colpa è mia…sbaglio ad
ostinarmi a cercare un aiuto da parte tua…chissà
cosa mi aspetto, visto che non sei stato capace nemmeno di aiutare te
stesso in questi mesi…”- sottolineò
volutamente.
Lui continuava a fissarla con assoluta freddezza.
“Avrai notizie dal mio avvocato…e se credi di
giocare alla famiglia felice con quello ed i miei figli, toglitelo
dalla testa..”- le disse alzandosi dal tavolo.
Ancora una volta avevano finito per tirare fuori il peggio di se
stessi. I fraintendimenti ed i contrasti sopiti erano tornati
prepotentemente a galla, ma questa volta la questione non era
circoscritta solo a loro due, riguardava anche i ragazzi, che di tutto
avevano bisogno, fuorché di vedere i genitori litigare e
contendersi il loro affetto. Orlando e Victoria ne erano consapevoli,
sapevano che il benessere dei loro figli veniva prima di qualsiasi
altra cosa, ma si erano lasciati trascinare dai loro impulsi, dalle
gelosie, dalle ripicche.
La loro discussione suscitò reazioni diverse nei due.
Victoria era sempre più certa che la relazione con David
fosse quanto di meglio potesse capitarle. Se ancora aveva un minimo
dubbio sul suo rapporto con Orlando, quell’incontro
l’aveva spazzato via definitivamente. Si era trovata davanti
lo stesso uomo distaccato ed a tratti dispotico con cui aveva vissuto
negli ultimi mesi di matrimonio.
Orlando, invece, si era convinto che la storia tra Vicky ed il collega
fosse iniziata quando il loro rapporto era entrato in crisi. Ripensava
a quel giorno all’ospedale, quando Emma si era ferita al
braccio ed era stato proprio David ad accompagnarle, alla cena a casa
loro subito dopo la separazione. Si sentì infinitamente
stupido per essersi rimproverato di tutto quello che era successo e
soprattutto per aver sperato che lei lo rivolesse a casa.
Realizzò che separarsi era stato in assoluto la cosa
più intelligente da fare e decise di concentrarsi solo su se
stesso, sui ragazzi e sul lavoro.
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Capitolo 10 *** Cap.10 ***
Nuovo capitolo...ne succedono di tutti i colori!! Spero non mi detesterete...Allora, spero abbiate cominciato tutti bene l'anno! Io sto smaltendo i postumi dell'influenza...Ringrazio i lettori silenti e quelli pigri! Ed un ringraziamento speciale va alle mie inossidabili sostenitrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89....vi adoro! Buona lettura!
Per tutto il pomeriggio Orlando pensò e ripensò
alla discussione con Victoria. Era arrabbiato, deluso e anche stupito;
non riusciva a credere che dopo un anno dalla scomparsa di Delia e ad
appena sei mesi dalla loro separazione, lei stesse già
voltando pagina, dimenticando tutto quello che c’era stato.
Possibile che contasse così poco per lei? Gli sembrava quasi
di trovarsi davanti una donna diversa.
Tutto quello che c’era stato fra loro, le cose belle e
brutte, le promesse, i progetti, le aspettative, la
complicità, l’amore, stavano svanendo via
velocemente, come neve al sole. Se aveva accettato la separazione era
solo perché la considerava una pausa, un’occasione
per riflettere e capire se valesse la pena continuare; ma evidentemente
per lei non era lo stesso, aveva già preso la sua decisione,
pronta a ricominciare senza di lui.
A casa fu più taciturno del solito, quasi non
toccò cibo e si ritirò in soggiorno. Fu
lì che lo ritrovò suo padre Colin, che voleva
salutarlo prima di andare a dormire.
Era seduto sul divano, nella semioscurità e beveva
l’ennesima birra, con aria smarrita.
“Orlando…sto andando a dormire…se ti
viene fame ti ho lasciato qualcosa in frigo, basta che la
scaldi..”- gli disse premuroso.
Lui si limitò ad annuire appena.
“Cosa ti prende? E’ da quando sei rientrato che non
dici una parola…”-
A quel punto tanto valeva raccontare la novità a suo padre,
tanto prima o poi l’avrebbe saputo comunque.
“Oggi ho pranzato con Victoria…per telefono mi
aveva detto che aveva bisogno di parlare con me…Sta con quel
suo collega, David, da tre mesi all’incirca…e
voleva che la aiutassi a dirlo ai ragazzi…”-
spiegò, quasi centellinando le parole.
“Questa non te l’aspettavi, vero?”-
osservò suo padre.
“No…ormai non conto più niente per
lei…”- rispose con amara rassegnazione.
“Non è vero…non credo che sia
così…Potrebbe essere solo una cosa passeggera,
non penso sia una storia seria…”-
constatò.
“Non m’ importa se è seria o
no…però poteva anche avere il buon gusto di
aspettare…i ragazzi si stanno abituando alla separazione e
lei gli mette davanti un altro cambiamento…E poi sono quasi
certo che ci fosse del tenero già
prima…”-
“Non penserai che ti abbia tradito? Victoria non
l’avrebbe mai fatto…”-
“Spero di no…so solo che c’è
sempre stata una certa sintonia tra loro…”-
constatò.
“La ami ancora?”- gli domandò Colin a
bruciapelo.
“Cosa importa ora?”-
“Importa eccome…allora? Vorresti tornare con
lei?”-
“Si…la amo ancora, ma ormai è troppo
tardi…”-
“No invece…avresti dovuto dirle la
verità oggi…comunque nulla è
perduto…stai vicino ai ragazzi, lascia che questa storia si
sgonfi e poi dille quello che hai appena detto a
me…”- gli suggerì.
“Non lo so…Ci sono stati troppi problemi, troppi
fraintendimenti, ho paura che mi respinga, che per lei sia davvero
tutto finito…”- confessò.
“Meglio rischiare che vivere tutta la vita nel
dubbio…Le storie come la vostra non si dimenticano
dall’oggi al domani…”-
“Spero che tu abbia ragione…”-
“Ora vado a letto…e cerca di riposare anche
tu…Andrà tutto a posto…”- lo
rassicurò, prima di salire in camera.
Orlando rimase lì ancora una mezz’oretta,
rimuginando su quanto gli aveva consigliato il padre e poi si decise ad
andare a dormire.
Le settimane successive trascorsero piuttosto lentamente per i due. Si
parlavano a malapena, giusto per darsi delle comunicazioni di servizio
sui ragazzi; per il resto era evidente la tensione che si era creata.
Orlando, come suo solito, si buttava a capofitto nel lavoro, per tenere
impegnata la mente, e si sforzava di mostrarsi sereno con i figli nel
fine settimana. Victoria, invece, si era legata ancor di più
a David, che era ormai il suo punto di riferimento.
Per questo, terminate le scuole, si decise a comunicare la
novità ai ragazzi. Avevano da poco cenato quella sera e nel
pomeriggio erano stati proprio con David e sua figlia Lexi in uno zoo
poco distante da Londra. Sia Emma che Joy si erano divertiti,
perciò pensò che fosse il clima ideale per
raccontare loro le ultime novità.
“Ragazzi…devo dirvi una
cosa…”- esordì.
“Cos’è successo ancora?”- la
anticipò preoccupata Emma. E non aveva tutti i torti:
nell’ultimo periodo non si era sentita dire nulla di buono.
“Niente di grave, state tranquilli…negli ultimi
mesi, mentre voi stavate da papà,
io…bè, io sono uscita con un mio
amico…”-
“Chi è? Lo conosciamo?”-
domandò Joel.
“Si, lo conoscete anche voi…è
David…noi ci frequentiamo e..”-
continuò.
“State insieme vero?”- intervenne seccamente Emma.
“Si…”- rispose semplicemente.
I ragazzi rimasero in silenzio, visibilmente turbati da quella scoperta.
“Pensavo che David vi piacesse…non vi siete
divertiti oggi con lui e Lexi?”- riprese Vicky.
“Si…è sempre gentile con
noi…ma io preferisco il mio
papà…”- osservò candidamente
Joy.
“Saremo una famiglia allargata d’ora in poi?
Verranno a vivere qui con noi?”- domandò la figlia.
“No, no Emma…non cambierà niente, solo
passeremo un po’ più di tempo con
loro…”- la rassicurò.
“Io non voglio un altro papà!”- disse
deciso il bambino.
“E non lo avrai….tesoro, il papà
sarà sempre presente per te, per tutti e
due…David non prenderà il suo
posto…”- tentò di rincuorarlo la madre.
“Perché non tornate insieme? L’avevate
promesso…avevate detto che ce la mettevate
tutta…”-
“Joy…ci abbiamo provato, davvero, ma purtroppo non
si può…”-
“Non è vero…siete dei
bugiardi…tutti e due…non voglio più
sentire niente…”- e corse in camera sua.
Victoria avrebbe voluto seguirlo e parlargli, ma pensò che
fosse meglio lasciarlo solo un po’.
“E tu signorina...non dici niente?”- chiese ad Emma.
“Non vuoi più nemmeno un po’ di bene a
papà?”-
“Certo che gliene voglio…gli vorrò
sempre bene, ma in modo diverso da come dovrebbe essere fra marito e
moglie…”- le spiegò.
“Io non riesco a capire…da quando è
morta Delia vi siete comportati come due estranei…litigavate
sempre…come se solo lei contasse per voi…e noi
due non fossimo abbastanza importanti da farvi
smettere…”- osservò.
“Siete importantissimi invece…non devi nemmeno
pensarla una cosa simile…è complicato da
spiegare, quando sarai più grande forse
capirai…”- concluse.
“Dici sempre così…io voglio capire
adesso…”-
“Emma..io non..”-
“Lascia stare mamma…sono stufa di sentire i soliti
discorsi…Vado a letto
anch’io…”-
Victoria sospirò a lungo, passandosi nervosamente le mani
nei capelli. Era andata decisamente peggio di quanto si aspettasse e
cominciava a chiedersi se Orlando non avesse avuto ragione.
Sistemò la cucina, ripose alcune provviste nella dispensa,
poi salì al piano superiore. Si fermò davanti
alla porta della stanza di Joel, per controllare come stesse e dargli
la buonanotte. Bussò lievemente, ma non ottenne risposta.
Provò ad insistere, ma era inutile. Entrò e del
bambino non c’era traccia. Controllò in bagno,
chiese ad Emma se l’avesse visto; passò in
rassegna ogni camera, ridiscese per vedere se fosse tornato in cucina.
Niente, Joy sembrava sparito nel nulla. Spaventata e preoccupata
chiamò subito Orlando, che la raggiunse il più
velocemente possibile.
Arrivato a casa, trovò lì anche David ed,
ovviamente, la cosa non gli fece per niente piacere, ma volle evitare
polemiche: la cosa importante era ritrovare suo figlio.
“Com’è successo? Non può
esser sparito così…”-
domandò alla moglie.
“Io non capisco…quando è salito io sono
rimasta qui…l’avrei visto…mi sono
allontanata solo per andare in dispensa, ma è stato un
attimo, giusto il tempo di riporre in frigo delle cose…non
ho sentito niente…e quando sono salita lui non
c’era…”- gli spiegò sconvolta.
“Non è da lui fare queste bravate…Era
preoccupato per qualcosa?…Era successo qualcosa
prima?”- domandò.
“Ho detto ai ragazzi di me e David…lui ha reagito
male…ed è salito in fretta in
camera…”- ammise.
“Ah…ecco svelato
l’arcano…”- commentò Orlando,
guardando malamente sia Vicky che David - “Non può
essere andato lontano…chiamiamo a casa dei suoi
amici…è tardi, è buio, di sicuro
è andato da uno di loro…”- riprese poi.
Fecero un giro di telefonate ad amici e conoscenti, ma nessuno
l’aveva visto. Sempre più in ansia e divorata
dall’angoscia e dal senso di colpa, Victoria
scoppiò in lacrime. “E’ tutta colpa
mia…se non avessi detto niente non sarebbe
scappato…che razza di madre sono…”-
ripeteva.
“Non fare così…vedrai che lo
troveremo…”- le ripeteva David, abbracciandola
stretta.
“Forse è meglio avvisare la
polizia…”- suggerì poi.
“No…non farebbero niente prima delle prossime
dodici ore…Victoria concentrati un
attimo…c’è un posto dove va sempre? Non
so, a giocare con gli amici o da solo?…”- le
chiese.
“No, non ce n’è uno in
particolare…sai anche tu che posti frequenta…sono
sempre gli stessi…”-
Orlando si fermò un attimo a riflettere, come per
raccogliere le idee.
“Ci sono…forse so
dov’è…”- esclamò
all’improvviso -“Voi restate qui, nel caso dovesse
tornare…io vado a cercarlo…”-
“Dove?”- chiese Vicky.
“In quel parco vicino alla fabbrica di
caffè…voleva sempre andare lì quando
era più piccolo…”- rispose ed
uscì in fretta e furia.
Arrivato al parco, Orlando lo chiamò, ma senza ottenere
risposta. Si ricordò che andava sempre a giocare in una
costruzione, simile ad una casupola, tutta colorata. Si
avvicinò e diede una sbirciata. Joel era lì: si
era accampato con tanto di coperta e cuscino e si era addormentato. Lo
svegliò, lo prese in braccio e lo riportò a casa.
Inutile dire quanto Victoria fu sollevata nel vederli tornare insieme.
Il bambino, invece, non le parlò, ma rimase abbarbicato al
padre, ancora evidentemente arrabbiato.
Fu Orlando a metterlo a letto ed a cercare di capire cosa gli fosse
passato per la testa.
“Adesso siamo tutti stanchi e scombussolati, ma non credere
di passarla liscia… tua madre ed io ne parleremo ed
escogiteremo una punizione…si può sapere cosa ti
è saltato in testa? Uscire da solo, di notte…se
non ti avessi trovato io? Magari potevi imbatterti in qualche
malintenzionato…”- lo rimproverò.
Joel non diceva niente, si limitava a fissarlo con quei suoi occhioni
castani.
“Mi hai fatto spaventare…e anche la mamma era
molto preoccupata…Non devi farlo più, va
bene?”- continuò.
“Mi dispiace…volevo venire da te, a casa del
nonno, ma è lontano…così ho pensato di
dormire al parco e domani mattina venire in
studio…”- gli spiegò.
Quelle parole fecero sciogliere Orlando.
“Se avevi bisogno di parlare con me o di vedermi, bastava
chiamarmi…sarei venuto subito da te…a qualsiasi
ora…”-
“Posso venire a stare con te e il nonno?”- gli
chiese allora il bambino.
“Joy…lo so che adesso sei arrabbiato e ce
l’ hai con la mamma…ma non devi,
davvero…lei sta solo cercando di essere
felice…”-
“Non potete essere felici insieme?”-
“No, campione…lo siamo stati, ma adesso
è diverso…Ma ci siamo separati come coppia, non
come genitori, questo non succederà mai, capito?”-
Il ragazzino annuì.
“Ora dormi, da bravo… e guai a te se mi fai
prendere un altro spavento del genere”- lo ammonì,
scompigliandogli i capelli con la mano. Poi spense la luce e scese in
salotto.
“Come sta?”- gli chiese subito Victoria andandogli
incontro.
“E’ un po’ frastornato, ma sta
bene…”-
“Hai visto? Ora è tutto risolto…Ti
preparo una camomilla prima di andare..”- aggiunse David,
accarezzandole un braccio ed avviandosi poi verso la cucina.
Rimasti soli, erano entrambi silenziosi e sulla difensiva. Orlando mal
tollerava di vedere un altro uomo vicino alla “sua”
Vic, e lei temeva che ora lui la giudicasse male e si servisse di
quell’episodio in sede di divorzio. Inoltre la reazione del
figlio aveva dimostrato che aveva ragione a consigliarle di
aspettare. Conoscendolo, non pensava si sarebbe lascito sfuggire
l’occasione di farglielo notare; invece non aveva detto
niente, non aveva infierito, sembrava anzi dispiaciuto nel vederla
così.
“Allora io vado…chiamo domani per sentire come
sta…e magari passo a trovarlo nel pomeriggio, se per te va
bene…”- disse lui con tono incolore.
“Certo, passa quando vuoi…”- rispose
prontamente.
Era appena uscito, ma lei lo richiamò:
“Orlando…”- e lo raggiunse nel vialetto.
Si voltò, guardandola con aria interrogativa.
“Grazie…”-
“E’ anche mio figlio…era mio dovere
trovarlo…”-
“Non solo per quello…anche per non aver
infierito…In fondo quello che è successo dimostra
che avevi ragione tu…”- ammise, non senza una
certa difficoltà.
“L’importante è che adesso sia a
casa…del resto parleremo un’altra
volta…”- tagliò corto e se ne
andò.
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Capitolo 11 *** Cap.11 ***
Mi andava di aggiornare e così eccomi qui...Spero di aver fatto cosa gradita! Grazie a tutti quelli che leggono, ma soprattutto a chi commenta: Michi88, BlackPearl, Summer89! Buona lettura!
La fuga notturna di Joel riportò a galla le incertezze ed i
timori di Victoria. Il figlio le parlava col contagocce, non era
più affettuoso come prima, anzi, tendeva ad essere
distaccato e raramente la ascoltava. Inizialmente lei cercò
di soprassedere, di far finta di nulla, consapevole che era solo un
fase di ribellione dovuta alla notizia della relazione fra lei e David;
era certa che col tempo e con un po’ di pazienza le cose si
sarebbero sistemate. Tuttavia, vedeva Joy sempre più
imbronciato, apatico e pensieroso e questo non faceva che aumentare i
suoi sensi di colpa.
Non solo, quella situazione causò anche delle liti con
David. Lei, infatti, avrebbe voluto diradare le loro uscite e le sue
visite a casa, in modo da lasciare al figlio il tempo necessario per
metabolizzare il tutto. Ma il compagno non era dello stesso avviso.
“Io non capisco…stava andando tutto
così bene…perché adesso vuoi tornare
indietro?”- le chiese lui durante l’ennesima
discussione.
“Andava tutto bene? Ma come fai a dire una cosa simile? Joy
è scappato di casa…voleva andare da suo
padre…ed è solo colpa mia…”-
rispose esasperata.
“E cosa pensi di risolvere non vedendoci
più?”-
“Siamo andati troppo in fretta, non è colpa
tua…avrei dovuto aspettare, è mio figlio, avrei
dovuto immaginare la sua reazione…adesso non posso
più permettermi di sbagliare…Lasciamogli il tempo
di accettare la cosa…”- gli spiegò.
“Victoria, non cambierà niente…e non
è giusto che tu rinunci a qualcosa che ti fa stare bene
per…”-
“Per mio figlio David…lo faccio per lui,
si…e mi sembra la motivazione più forte di
tutte…”- lo anticipò.
Lui restò in silenzio. Era molto coinvolto da lei e non
voleva rinunciarci.
“David…so che ora ce l’avrai con
me…ma al mio posto faresti la stessa cosa…faresti
lo stesso per Lexi…”- riprese.
“Ti amo…come posso avercela con te…Ma
tu sei sicura di farlo solo per Joel?”- domandò a
bruciapelo.
“Certo…per chi altri
sennò?…”- rispose sicura.
“Per Orlando….”- le suggerì.
“No…lui non c’entra
niente…”- disse decisa e poi, avvicinandosi a lui,
riprese- “David…lo sto facendo solo per i
ragazzi…porta pazienza ancora un
po’…continueremo a vederci al centro, ma per il
resto è meglio che tu sospenda le visite a casa
mia…appena le acque si saranno calmate tornerà
tutto a posto…”- lo rassicurò,
accarezzandogli una guancia ed abbracciandolo.
“Vorrei poter fare qualcosa…”- le
confidò lui.
“Stai già facendo tanto…sei stupendo
con me...e anche con i miei figli…lo so che non è
facile, ma ci vuole un po’ di tempo…”-
gli rispose.
“D’accordo…aspetterò…ma
per qualsiasi cosa, ci
sono…ricordatelo…”-
Anche Orlando era particolarmente pensieroso. Sentire che suo figlio
era scappato e che voleva andare da lui gli aveva riempito il cuore di
gioia e di amarezza al contempo. Era il chiaro sintomo di un disagio e
voleva assolutamente fare qualcosa. In cuor suo sapeva che
l’ideale sarebbe stato ricucire il rapporto con Vicky e
rimettersi insieme. Tuttavia, non era certo uno stupido, né
uno sprovveduto: la conosceva bene e sapeva che delle semplici scuse
non sarebbero bastate e non la biasimava, consapevole di aver
più volte oltrepassato il limite. L’aveva usata
come capro espiatorio per sfogarsi e per liberarsi dal dolore che
sentiva dentro ed ora che era senza di lei si malediva per averlo
fatto. Lui la amava ancora, ormai gli era chiaro, e non riusciva a
sopportare l’idea che stesse con un altro uomo. Arrivati a
quel punto la situazione andava gestita con cautela: se le avesse fatto
la guerra per impedirle di vedere David, mettendo di mezzo i loro
figli, avrebbe solo ottenuto l’effetto contrario, facendola
legare di più a lui. Pensò allora che la
soluzione migliore fosse rivolgersi ad un avvocato, per definire meglio
la situazione, soprattutto per quanto concerneva i ragazzi e per farle
capire che anche lui voleva voltare pagina, sperando così di
smuoverla.
Rientrato da un viaggio di lavoro di una settimana, fissò un
appuntamento con Andy Stevens, un suo vecchio amico, che si occupava di
separazioni. L’avvocato gli suggerì un affidamento
congiunto, dal momento che lui e Victoria erano in discreti rapporti, e
gli diede qualche indicazione sull’ammontare degli assegni di
mantenimento. Una volta definiti i dettagli principali, avrebbe
preparato i documenti per rendere effettivo il divorzio.
La mattina stessa, uscito dallo studio di Andy, Orlando fece un salto
da Vicky al centro, per metterla al corrente delle ultime
novità.
La trovò, nemmeno a dirlo, in ufficio con David.
“Scusa...è un brutto momento?”- le
chiese, ignorando volutamente lui.
“No…entra pure…”- lo
invitò- “Poi ti faccio avere io il documento
firmato David…”- aggiunse.
Il collega uscì, visibilmente controvoglia, e li
lasciò finalmente soli.
“Come va a casa coi ragazzi? Joy sta meglio?”- le
domandò subito.
“Insomma…abbastanza bene…hanno sentito
la tua mancanza, soprattutto lui…A proposito, il viaggio
è andato bene?”-
“Si, tutto bene, grazie…Senti, sono passato per
dirti che sono stato dall’avvocato in
mattinata…”-
“Ah…e a chi ti sei rivolto?”- gli
chiese, cercando di nascondere la sua sorpresa.
“Andy Stevens...te lo ricordi? Siamo vecchi
amici…e qualche anno fa gli ho ristrutturato
casa…”-
“Si…mi ricordo bene…è in
gamba…”- confermò.
“La bozza di accordo è
questa…”- e le allungò un documento-
“Come puoi vedere Andy consiglia un affidamento
congiunto…i ragazzi restano con te, le decisioni che li
riguardano vanno prese insieme…posso tenerli con me ogni
week-end, per le vacanze natalizie e un mese durante
l’estate…per il mantenimento quella è
la cifra per i ragazzi…per te non ho ancora stabilito
niente, preferivo prima discuterne e…”-
“Non voglio niente…”- lo interruppe lei-
“Riesco a mantenermi da sola…non devi preoccuparti
per me…l’accordo va bene…ma non mi
serve un pezzo di carta per permetterti di fare il
padre…Puoi vedere Emma e Joel quando
vuoi…”- precisò.
“Grazie...mi fa piacere sentirtelo dire, però le
cose andavano formalizzate…è per questo che sono
andato dall’avvocato.…”-
“E quello che è successo con Joy due settimane fa
non ha influito?”- gli chiese.
“Si…ha influito…Volevo fare qualcosa, e
questa mi sembra l’unica soluzione sensata…Ormai
stai con un altro…non c’è motivo di
ritardare il divorzio…giusto?”- le
domandò. In realtà, nonostante
l’atteggiamento distaccato che si sforzava di mantenere,
Orlando sperava che lei avesse cambiato idea e facesse retromarcia. Il
divorzio non era l’unica soluzione, ma era una scelta
obbligata visto come stavano le cose.
“Giusto…hai ragione…penserà
a tutto Andy?”- si sincerò.
“Certo…appena avrà preparato la pratica
ci farà chiamare per firmare i documenti
necessari….”- le rispose prontamente.
Seguirono alcuni minuti di silenzio, come se nessuno dei due sapesse
trovare la parole giuste. Il loro matrimonio stava inesorabilmente
andando incontro alla sua fine, e bastavano solo poche carte, come se
gli anni passati insieme, con il loro bagaglio di emozioni ed
esperienze, non contassero più nulla.
“La settimana prossima ho le ferie…e vorrei
disporre del mese estivo che mi spetta coi ragazzi…se per te
va bene…”- riprese Orlando.
“Va bene…Volevo chiederti un favore
però…sabato è il compleanno di
Joy…so che il week-end è tuo, ma vorrei
organizzare una festa coi suoi amici a casa…è un
problema prenderli dopo la festa? Poi rimarranno direttamente da te per
il prossimo mese…”-
“D’accordo…se ci
tieni…”- e non riuscì a trattenere
un’amara smorfia.
“Che c’è? Qualcosa non va?”-
gli chiese lei.
“E’ solo che siamo qui a parlare dei nostri figli
come se fossero pacchi…sabato li prendo io, poi tu te li
riprendi fra un mese…è
così…così triste…Tutto
quello che avrei voluto evitare, alla fine è
successo…e io non sono stato capace di fare niente per
impedirlo…e adesso che vorrei rimediare, è
tardi…”- ammise sinceramente.
Sorpresa da quelle parole e dall’insolita facilità
con cui aveva dato voce alle sue sensazioni, Victoria gli chiese:
“Cosa vuoi dire?”-
“Quello che ho detto…ci sono un sacco di cose che
non rifarei se tornassi indietro…ma purtroppo non si
può…Però sono contento di averti
sposata…anche se siamo qui a parlare di divorzio, sono
contento di averti scelta e che tu abbia scelto me…e sono
orgoglioso dei nostri figli…Per il resto, ho fatto tanti
errori, con te soprattutto…voglio solo che tu sappia che mi
dispiace…”-
“Lo so…dispiace anche a me”- disse,
assolutamente spiazzata da quelle confidenze.
“E questa credo sia giusto la tenga
tu…”- continuò, sfilandosi la fede
dall’anulare e mettendola sulla scrivania.
“Orlando, no…è tua…io non
credo…”- cercò di dissuaderlo.
“A me non serve un anello per ricordarmi di
te…magari un giorno me lo renderai…o forse
no…”- e detto questo se ne andò senza
aggiungere altro.
Vicky era senza parole. Mai e poi mai si sarebbe aspettata una mea
culpa simile. Le sembrava di trovarsi davanti il suo Orlando, quello di
cui si era innamorata e che da troppo tempo le mancava. Quante volte
avrebbe voluto sentirsi dire quelle cose? Quante volte aveva sperato
che lui le aprisse il suo cuore e si lasciasse consolare? Forse
però aveva detto bene lui, era tardi. Tardi per rimediare,
tardi per ricominciare, tardi per guardarsi con occhi nuovi. E poi
aveva David. Lui le era sempre stato vicino, disponibile e comprensivo,
coinvolto e paziente. Non era più tempo di illusioni e di
false aspettative. Era giunto il momento di andare avanti. Si
rigirò l’anello tra le dita a lungo, persa in
queste considerazioni e poi lo ripose nella tasca della sua borsa.
Orlando era uscito sollevato dal centro. Apparentemente, ad un occhio
esterno, quella conversazione poteva sembrare una resa, una rinuncia.
In realtà non si era mai sentito così
consapevole: comunque fossero andate le cose era un vincitore. Aveva
vinto perché aveva ammesso i suoi errori, perché
aveva avuto il coraggio di chiedere scusa ed aveva mostrato una
prudente voglia di rimediare. Aveva fatto la cosa giusta, facendo un
passo verso di lei. Almeno non avrebbe avuto nulla da rimproverarsi. Le
aveva fatto capire che lui c’era e che era disposto ad
aspettare. Le aveva lanciato un segnale, ora la scelta spettava solo a
lei: doveva decidere se dare una seconda opportunità al loro
matrimonio oppure “resettare” il suo cuore e
ricominciare senza di lui.
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Capitolo 12 *** Cap.12 ***
Aggiornamento settimanale...Come sempre ringrazio le mie fedelissime sostenitrici: BlackPearl, Michi88, Summer89 e Moon (che so continua seguire i miei deliri!)...Rimgrazio anche chi non commenta e invito a lasciare una recensione: mi fa piacere vedere tante letture e che la storia è inserita tra i preferiti, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensa anche chi ha appunto l'ha inserita nei suoi preferiti! Buona lettura!
Sabato 2 luglio – Compleanno di Joel
La casa era già invasa dagli amichetti del festeggiato e da
qualche mamma. Inoltre erano arrivati anche la zia Samantha con Lily,
lo zio Robbie con James e la nonna Josephine. Mancavano
all’appello solo nonno Colin ed Orlando.
I due ritardatari arrivarono verso le 16.30, in tempo per la torta e
l’apertura dei regali. Joy sembrava tranquillo e felice: si
divertiva con i suoi amici ed era entusiasta dei regali. Ma la gioia
più grande per lui fu rivedere suo padre. Infatti, da quando
Orlando era tornato non si erano ancora visti, ma solo sentiti per
telefono. Quando lo vide arrivare gli corse incontro, saltandogli
letteralmente al collo. Mentre i ragazzi si divertivano, tra gli adulti
regnava un clima strano, sottolineato dall’arrivo di David
con sua figlia. Sembrava di vedere due schieramenti: da una parte
Victoria, David, Robbie e dall’altra Orlando, Colin, Samantha
ed, inaspettatamente Josephine, la mamma di Vicky. La donna non gradiva
la nuova relazione della figlia, ed era convinta che fosse solo una
ripicca nei confronti del quasi ex marito. Tuttavia, aveva saggiamente
soprasseduto, in nome dell’armonia familiare e non aveva mai
detto niente alla figlia. Quel giorno, però,
all’arrivo di David al compleanno del nipote, tutti i suoi
buoni propositi andarono in fumo. Trovava la sua presenza fuori luogo e
del tutto inopportuna, dal momento che era una festa tra amici e
parenti ed era arrabbiata con la figlia che l’aveva invitato.
Per questo, passò quasi tutto il pomeriggio a parlare con
Orlando e suo padre, tralasciando volutamente di approfondire la
conoscenza di David, al quale concesse solo poche distaccate parole.
Il suo atteggiamento, ovviamente, non sfuggì a Vicky.
Così, una volta congedati gli ultimi ospiti, dopo che
Orlando se n’era andato coi ragazzi e Colin, rimasta sola con
la madre, decise di chiederle alcune spiegazioni.
“Qualcosa ti ha infastidita mamma?”- le chiese
d’un tratto.
Josie stava ripiegando alcuni tovaglioli, si girò di scatto
e le rispose.
“No…perché me lo chiedi?”-
“Sei stata quasi tutto il pomeriggio a parlare con Orlando e
suo padre…speravo che mi raggiungessi, avrei voluto
presentarti David con più calma..”- le fece notare.
“Non ci vedo nulla di strano…non li vedevo da un
po’…e volevo sapere come stavano…tutto
qui…”- tagliò corto.
“Davvero? Sei sicura di non dovermi dire
qualcos’altro?”-
“Si, ne sono certa..”- ribadì, evitando
di guardarla negli occhi.
“Mamma…non fingere con me…è
evidente che ce l’ hai con me per qualcosa…ti
decidi a farmi capire?”- sbottò Vicky, stanca di
giocare al gatto e al topo.
“Va bene…se proprio vuoi saperlo, trovo che tu ti
sia comportata malissimo…come ti è saltato in
testa di invitare qui quello?…Era il compleanno di Joy,
un’occasione per festeggiare in famiglia, con amici e parenti
e non con degli estranei…”-
“E scommetto che l’estraneo in questione
è David, vero?..Bene, vedo che stare con Orlando un paio
d’ ore ti è servito…”-
osservò ironicamente.
“Guarda che Orlando non c’entra…anzi, si
è comportato da signore…io al suo posto
l’avrei cacciato fuori…”-
sottolineò Josephine.
“E’ già…lui non sbaglia
mai…è sempre tutta colpa mia…grazie
mamma, almeno so da che parte stai…”- rispose
piccata la figlia.
“Io sto dalla parte del buon senso…e il fatto che
sia tua madre, non significa che debba tacere davanti ai tuoi
errori…Quell’uomo non avrebbe dovuto presentarsi
qui oggi…”- aggiunse.
“Quell’uomo è il mio compagno,
è un uomo meraviglioso che tiene a me e che mi è
stato vicino quando ne ho avuto bisogno…”-
precisò.
“E lo ami?”- le chiese a bruciapelo.
“Io non…non lo so…ma non significa che
non possa amarlo in futuro…Quel che so è che si
è sempre comportato bene con me e che mi ha ascoltata quando
il tuo caro genero mi allontanava..”-
“Orlando stava male e ha avuto bisogno di più
tempo per smaltire la rabbia ed il dolore…non puoi
incolparlo di non aver reagito come ti saresti aspettata…Ma
sono certa che non ha mai smesso di amarti…”-
“Sei proprio fuori strada mamma…tra noi
è finita…”-
“Lui ti vuole bene…se solo tu mettessi da parte
l’orgoglio…”- le disse.
“L’ ho messo da parte tante volte con
lui…mi sono sforzata per mesi di fargli capire che
c’ero, che ero lì per lui…Ma non
è servito…è tutto finito…ed
è stato proprio lui ad andare dall’avvocato per
chiedere il divorzio se vuoi saperlo…”- le
spiegò.
“E cosa ti aspettavi? Ha visto che stai con un altro e ha
pensato di lasciarti libera…”- precisò
Josie.
“Tanto comunque si giri la frittata lui fa sempre la cosa
giusta ed io sono perennemente nel torto…”-
sbottò Vicky, lasciandosi cadere stancamente sul divano.
Dopo alcuni istanti in silenzio, sua madre le si avvicinò e
le disse:
“Ascolta…non ti sto chiedendo di non
divorziare…se pensi che sia la cosa migliore da fare lo
accetterò…ti chiedo però di
rifletterci bene…pensa a quello che vuoi
davvero…Magari adesso David ti sembra perfetto, ma
più avanti potresti pentirti e voler tornare
indietro…Non buttarti in un’altra storia solo per
dimenticare il tuo matrimonio…”- le
suggerì.
“Non lo faccio per quello…comunque ci
penserò bene, stai tranquilla”-
Il mese di vacanza di Orlando coi ragazzi volò via veloce.
Nei quindici giorni di ferie che aveva li portò prima alla
casa in montagna, poi trascorsero l’ultima settimana in
Italia, a Roma. Quel viaggio era in programma da tempo, lui e Victoria
ne avevano già parlato più volte e non vedevano
l’ora di andarci tutti insieme. Anche se la famiglia non era
più al completo, Orlando pensò che fosse una
buona idea ed un modo per i figli di distrarsi. Emma e Joy si
divertirono un mondo a spasso per la città eterna col padre.
Tornati a Londra, lui tornò al lavoro, ed i ragazzi rimasero
a casa col nonno, aspettando il suo rientro per cena la sera. Cercava
di sfruttare ogni minimo istante per stare con loro, per fargli sentire
la sua presenza e quanto gli volesse bene. Di tanto in tanto nella sua
mente faceva capolino qualche immagine della loro ultima vacanza
insieme come famiglia, quando ancora c’era Delia: neanche due
anni prima erano andati in Grecia. Sembrava passata una vita, ed invece
erano solo alcuni mesi. E com’erano cambiate le cose.
Più ci pensava, più capiva di rivolere la sua
famiglia: rivoleva Vicky, perché l’amava ancora,
gli mancava tutto di lei, il suo sorriso, i suoi occhi, il suo modo di
prendersi cura di lui, i suoi rimproveri, le sue carezze. Solo
immaginarla con David gli faceva ribollire il sangue. Era stata sua
moglie per dieci anni, più quasi quattro di fidanzamento, ne
avevano superate tante insieme, non tollerava che ora ci fosse un altro
nella sua vita. In fondo, quando una storia così lunga ed
importante finisce, rimane molto più di un ricordo.
E’ come tagliare una grande quercia: il tronco si spezza, ma
si possono vedere distintamente gli anelli del legno. Lo stesso valeva
per il loro matrimonio: era finito, ora mancavano solo poche
formalità, alcune firme, ma ciò che
c’era stato di bello e di brutto restava marchiato a fuoco
nei loro cuori. E così sarebbe stato per sempre.
Anche Victoria, durante quel mese di lontananza dai ragazzi,
pensò molto e a lungo. Ritrovarsi sola in quella grande
casa, piena di ricordi, di tracce di Orlando, l’aveva messa
in crisi. Era sempre più confusa e non sapeva più
quale fosse la cosa migliore da fare. Solo due mesi prima era
convinta che ripartire con David fosse la soluzione più
giusta per tutti. Ora, invece, si ritrovava a pensare ad Orlando,
ripercorrendo la loro storia, dagli inizi fino al terribile giorno
dell’incidente. Si sforzava di ricacciare quei pensieri nei
meandri della sua mente e di distrarsi con David, cosa che negli ultimi
tempi aveva sempre funzionato benissimo, ma ora anche quel meccanismo
si stava inceppando: anche in sua compagnia non riusciva a fare a meno
di pensare ad Orlando.
Quella sera da lei, avevano da poco cenato e poi si erano trasferiti in
soggiorno e si erano accomodati sul divano. L’atmosfera
sembrava distesa, si stavano baciando e lui aveva iniziato ad
accarezzarla e a slacciarle i bottoni della leggera camicetta che
indossava. Lei lo fermò, posando una mano sulla sua.
“Che ti prende? Qualcosa non va?”- le chiese
allarmato.
“Niente…è solo che sono un
po’ stanca…”- rispose.
“Cercavo solo di farti rilassare un
po’…”- spiegò lui,
riprendendo a baciarla con trasporto.
“David…per favore…non mi
va…non qui…”- aggiunse.
“Non qui? Cosa vuol dire?”-
“Vuol dire che non mi va di farlo con un altro in questa
casa…non mi pare il caso…”- gli fece
notare.
“Ah…capisco…”- disse,
lievemente seccato.
“Non fraintendere…è solo che mi
sembra…mi sembra di…”-
“Cosa? Di tradire Orlando?”- le suggerì
irritato.
Lei non rispose, ma si limitò a guardarlo con aria desolata.
Aveva ragione, aveva centrato il punto: lo avvertiva come un tradimento
e non riusciva più a lasciarsi andare.
“E’ così, vero?”- la
incalzò fissandola- “Sei ancora innamorata di
lui?”-
“David…non mi va di discutere…sono
stanca di parlare sempre delle stesse cose”-
tagliò corto e fece per alzarsi, ma lui la trattenne per un
braccio, costringendola a rimettersi seduta.
“Lasciami…mi stai facendo
male…”-
“Anche tu ne stai facendo a me...”- le rispose,
lasciando la presa- “Ho cercato di capire, di venirti
incontro, di aspettare…ma ora capisco che mi hai solo preso
in giro…per te sono solo un sostituto, un passatempo,
vero?”-
“No, non è vero…tu sei
meraviglioso…è colpa mia…sono io che
non…non so cosa fare…”- ammise.
“Dimmi che mi ami…io te l’ ho detto
tante volte…ora sta a te dimostrarmi
qualcosa…”- la provocò.
“Lo sai che ci tengo a te……”-
tentò di tergiversare.
“No, non lo so…voglio che tu me lo
dica…”- la incalzò.
Ma lei non rispose.
“Non puoi vero? Ami ancora Orlando….”-
constatò- “Che stupido sono stato…avrei
dovuto capirlo…hai cominciato ad esser strana da quando ti
ha detto che ha chiesto il divorzio…paradossale per una che
dice di voler voltare pagina…”- e si
alzò per andarsene.
“No David, aspetta…non andare via
così…Mi dispiace…io non so cosa
fare…sono solo un po’
confusa…”- provò a spiegargli.
“Non credo…sai benissimo quello che
vuoi…hai già fatto la tua scelta…Solo
avrei preferito che tu avessi il coraggio di dirmelo
chiaramente…Addio Victoria…”- concluse,
uscendo a passo spedito.
Lei rimase lì, confusa e sconfortata. David aveva ragione,
non si era comportata onestamente con lui; si era sforzata di provare
qualcosa che in realtà non sentiva, stava con lui per
colmare il vuoto che aveva dentro. Lui era sempre così
attento, così premuroso, esattamente come Orlando nei loro
momenti più felici. L’aveva usato, forse non
consapevolmente, ma l’aveva fatto per sentirsi meno sola, per
ritrovare la serenità, l’affetto e la
complicità che le mancavano. Solo ora realizzava che non le
mancavano semplicemente quelle cose, ma le mancava Orlando.
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Capitolo 13 *** Cap.13 ***
Visto che oggi è il compleanno del protagonista delle mie storie, ho pensato di regalarvi un aggiornamento extra...Questo capitolo è un pò particolare, le cose si complicano, ma vi assicuro che c'è una ragione. E poi siamo quasi in dirittura d'arrivo, mancano solo tre capitoli! Grazie alle mie commentatrici e ai lettori silenti! Buona lettura!
Nonostante si fosse resa conto di tenere ancora ad Orlando e di amarlo
come il primo giorno, Victoria non volle affrettare le cose.
Approfittò delle vacanze dei ragazzi col padre per stare in
famiglia, con sua madre, il fratello Robbie, la cognata ed il nipote.
In seguito, appena Emma e Joy tornarono dal viaggio in Italia con
Orlando, li portò in Provenza, per stare con Amy e la sua
famiglia. Cercò di sfruttare appieno il tempo che aveva coi
ragazzi, e di riflettere sulla sua situazione col marito. Anche se il
divorzio era ormai una formalità, Orlando era sempre suo
marito e lo sarebbe sempre stato. Voleva con tutto il cuore ricucire il
rapporto con lui, ma non sapeva come fare. Si sentiva impacciata come
una ragazzina alla prima cotta; ed era paradossale che dopo tutto
quello che avevano condiviso, fosse diventato così difficile
parlarsi. Certo, avevano dei rapporti civili, lui era sempre
disponibile e puntuale rispetto ai ragazzi, ma di loro due non avevano
più parlato, dopo quella breve conversazione sul divorzio. E
continuavano a ronzarle in testa le parole di David e, soprattutto,
quanto le aveva detto Orlando quel giorno al centro.
Si sforzava di mostrarsi serena, ma Amy la conosceva troppo bene. Una
mattina, mentre i ragazzi erano con Jacques e Maggie a fare una
passeggiata sul lungomare, lei e Vicky erano rimaste sotto
l’ombrellone a leggere, ed Amy colse l’occasione
per testare il terreno.
“Va tutto bene? Mi sembri pensierosa…”-
esordì, richiudendo il suo libro.
“No…sto bene…non si vede?”-
rispose.
“E’ da quando sei arrivata che ti vedo
strana…sei preoccupata per qualcosa?”- riprese.
“No, davvero va tutto bene…qui è un
paradiso…Emma e Joel si stanno divertendo un
mondo…”-
“Il mio sesto senso mi dice che David c’entra
qualcosa…non mi pare che vi siate mai sentiti da quando sei
qui…”- le fece notare.
“Con lui è finita…”- le
disse.
“Mi spiace…eppure mi sembrava che ci tenesse a
te…”-
“Infatti…sono io che ho rovinato
tutto…non lo amo Amy…lui l’ ha capito e
si è stancato di aspettare…”- le
spiegò.
“Pensi ancora ad Orlando vero?”-
“Si…credevo di essere pronta a voltare pagina, ma
non lo sono…è ancora
presto…”-
“Siete ancora troppo legati…sei sicura di volere
il divorzio?”- le domandò.
“Io rivorrei la mia famiglia…rivorrei la mia vita
di prima…farei qualsiasi cosa per tornare
indietro…”- osservò tristemente.
“Lo so tesoro…ma purtroppo non è
possibile…però potete andare avanti
insieme…sono certa che se vi mettete ad un tavolo e vi
parlate, mettendo da parte l’orgoglio e la cocciutaggine, ne
uscirete più forti e più uniti di
prima…”- le consigliò Amy.
“Non lo so…è
complicato…forse siamo andati troppo oltre…adesso
è difficile ricominciare…”-
“Certo se non ne parlate diventerà sempre
più difficile…state lì a scrutarvi, ad
aspettare che l’altro faccia una mossa…e
così nessuno dei due fa niente…”-
sottolineò.
“Io non mi sento ancora pronta ad affrontarlo…non
saprei cosa dirgli e non voglio nemmeno illudere i ragazzi per
niente…mi serve ancora un po’ di
tempo…Quando starò bene, allora potrò
pensare a come gestire la cosa…”- concluse.
La vacanza in Provenza volò via velocemente. Ben presto
arrivò il giorno della partenza e dopo una settimana
ricominciarono le scuole e, con esse, la routine quotidiana: la mattina
Victoria andava al centro e nel pomeriggio stava coi ragazzi e li
accompagnava agli allenamenti o in biblioteca; nel week-end Orlando
passava a prenderli e li teneva con sé fino alla domenica
sera e, a volte, li portava direttamente a scuola il lunedì
mattina.
Tra loro non era cambiato niente: come aveva saggiamente osservato Amy,
si studiavano reciprocamente senza esporsi. Orlando era convinto di
aver fatto quanto in suo potere e di averle fatto capire, pur se
tardivamente, che teneva ancora a lei. Vicky, dal canto suo, si sentiva
stanca, come se la tensione degli ultimi mesi le stesse scivolando
addosso solo ora. Non era in grado di pensare a nessun altro,
all’infuori dei suoi figli e di se stessa. Si sentiva
incapace di accollarsi anche i problemi e le incertezze di altre
persone. Nel frattempo, David aveva interrotto la collaborazione col
centro, inviando di tanto in tanto un collaboratore del suo studio in
vece sua. Sarebbe stato oltremodo pesante per lei dover avere a che
fare tutti i giorni con lui, visto che si sentiva in colpa per averlo
illuso ed, in qualche modo, usato.
La tensione accumulata in quei mesi e la stanchezza la fecero
dimagrire, ed era sempre piuttosto pallida. Tuttavia, non voleva
rallentare i ritmi usuali.
Un pomeriggio tardi, era appena andata a prendere Emma a casa di
un’amica e si stava dirigendo al campo sportivo per
riprendere Joel, dopo gli allenamenti di calcio. Pioveva a dirotto, la
visibilità era ridotta e lei era particolarmente stanca.
Imboccò male una curva e non riuscì a frenare,
visto che l’aderenza delle ruote all’asfalto era
ostacolata dalla pioggia ed andò a sbattere contro un albero.
L’autista di un autobus che era dietro di lei
chiamò subito polizia ed ambulanza ed arrivarono anche i
pompieri per estrarla dalla macchina. Fortunatamente Emma, che era
seduta sul sedile posteriore e che aveva la cintura allacciata, stava
bene, era solo un po’ ammaccata e molto spaventata. Per
Victoria, invece, la situazione si presentò subito grave. Fu
operata d’urgenza ed i dottori le asportarono la milza, che
era rimasta danneggiata dall’urto contro l’airbag;
inoltre presentava una frattura ad un polso, aveva due costole
incrinate e numerose escoriazioni. Per come era ridotta
l’auto era un miracolo che ne fosse uscita viva.
Per tutta la famiglia fu come rivivere un incubo. Orlando
cercò di fare il possibile per tranquillizzare i ragazzi,
che erano terrorizzati all’idea che potesse succedere
qualcosa alla madre. Le sue condizioni, dopo due giorni
dall’intervento d’urgenza, erano gravi ma
stazionarie. I medici avevano optato per un l’induzione di un
coma farmacologico, in modo da dare al suo corpo il tempo di assorbire
gli ematomi e ridurre le possibilità di emorragie interne.
Si trattava solo di aspettare che si svegliasse.
Orlando non la lasciò un attimo. Restava con lei il
più possibile e si lasciava convincere ad andare a casa solo
per stare con i figli. Per due intere settimane fece la spola tra casa
loro, dove suo padre e Josephine si alternavano per stare coi ragazzi,
e l’ospedale.
La fissava, immobile in quel letto, pallida, con flebo e tubicini vari
che la collegavano alle macchine e controllava di tanto in tanto il
monitor dell’elettrocardiogramma. Gli sembrava tutto
così ingiusto e paradossale: pareva che la sfortuna si fosse
accanita contro di loro. E si ritrovò a pensare a tutto il
tempo che aveva sprecato allontanandola e respingendola. Più
riviveva quei momenti più si sentiva un perfetto idiota, un
ingrato che non aveva saputo aiutarla e starle vicino. Sperava che si
svegliasse, voleva guardarla ancora negli occhi e rimediare agli errori
che aveva commesso. Voleva stare con lei e dimenticare insieme tutto
quello che era successo. Avrebbe voluto parlarle, visto che gli era
stato detto che chi è in coma può comunque
sentire e riconoscere le voci dei propri cari, ma ogni volta che ci
provava le parole gli morivano in gola. Il solo pensiero di perderla lo
soffocava. Ma lei ancora non si svegliava.
Emma e Joel continuavano a chiedere di lei ed insistevano per vederla.
“Papà…voglio vedere la
mamma…”- stava appunto chiedendogli Emma quella
sera.
“Tesoro…non si può…fanno
entrare pochissime persone…solo lo zio, la nonna e
me…e poi ci sono degli orari…Appena si sveglia ti
prometto che vi porto da lei..”- le spiegò.
“Perché non si sveglia?”-
domandò Joel.
“I medici la fanno dormire così guarisce
prima…ma si sveglierà,
vedrai…”- li rassicurò.
“E se non si sveglia?”- riprese Emma.
“Non voglio nemmeno che le pensi certe
cose…andrà tutto bene..”- le rispose
fermo e deciso.
In realtà non ne era sicuro, ma non voleva appesantirli
ulteriormente, visto che avevano già passato dei brutti
momenti.
Passò un’altra settimana ed i medici iniziavano ad
essere preoccupati: più tempo passava, meno
possibilità c’erano che si svegliasse. Per fortuna
pochi giorni dopo Victoria aprì gli occhi. Era una mattina
presto, verso le otto. Orlando era appena arrivato e si era seduto come
sempre sulla poltroncina. Ad un certo punto, notò che stava
muovendo una mano e, spostando lo sguardo sul su viso, notò
che aveva riaperto gli occhi.
“Victoria…”- la chiamò.
Lei lo guardò ed abbozzò una specie di stanco
sorriso.
“Cos’è successo? Mi fa male
dappertutto…”- riuscì a dirgli.
Sollevato, andò subito a chiamare i medici, che la
visitarono e sciolsero finalmente la prognosi. Certo, la ripresa
sarebbe stata lunga, ma era finalmente fuori pericolo. Il peggio era
passato.
Come promesso, Orlando portò i loro figli a trovarla il
giorno dopo. Rimasero poco tempo, giusto dieci minuti, visto che non
poteva stancarsi troppo, ma quella breve visita fu un toccasana sia per
i ragazzi, che si tranquillizzarono, sia per Vicky, che non vedeva
l’ora di riabbracciarli. Li rassicurò, promettendo
loro che ce l’avrebbe messa tutta per guarire in fretta e
tornare a casa da loro. Poi, Josie andò a riprenderli per
accompagnarli a scuola e lei rimase sola con Orlando.
“Emma è un po’ dimagrita…sta
mangiando abbastanza? Joy invece l’ ho visto abbastanza
bene…”- osservò.
“E’ stato un periodo pesante…Emma
soprattutto era molto spaventata…era in macchina con te e ha
temuto il peggio…”- rispose.
“Era in macchina con me?”-
“Si…ma per fortuna era seduta
dietro…Non ti ricordi niente?”- si
sincerò.
“No…pensavo di essere sola…ricordo solo
che pioveva e che ero stanca…”- si
sforzò di fare mente locale su quel giorno.
“Perché non hai chiamato me? Sarei potuto andare
io a prenderli…”-
“Io non lo so…non li metterei mai in
pericolo…non sono riuscita a frenare…”-
gli spiegò.
“Lo so, lo so…non è colpa
tua…stai calma…non devi agitarti, non ti fa
bene…”- la rassicurò, prendendole una
mano.
Lei prese un bel respiro. Era ancora molto debole e dolorante, ma
smaniava già per tornare a casa. Odiava gli ospedali ed era
certa che si sarebbe rimessa molto più velocemente a casa
sua.
“Quando mi dimettono?”- gli chiese, impaziente come
una bambina.
Gli strappò un sorriso.
“Vic…è presto…so che detesti
stare qui, ma li hai sentiti i dottori…devi rimanere qui
almeno altri quindici giorni…sei stata in coma tre
settimane…Abbi pazienza, appena sarai in condizioni
accettabili ti rispediranno a casa…Pensa a guarire e non
preoccuparti di nient’altro…ai ragazzi ci penso
io..”- le rispose guardandola con un’espressione
amorevole che da tempo mancava nei suoi occhi.
“Va bene…ci provo…però
portali ancora qui…non riesco a stare senza vederli a
lungo…”-
“Certo…te li porto tutti i
giorni…”-
“E il tuo lavoro? Come fai?”- riprese.
“Ti ho detto di non preoccuparti di niente…A cosa
serve avere un proprio studio se poi non si può fare quel
che si vuole? Dom se la cava anche da solo…Anzi, mi ha detto
di salutarti, poi quando starai meglio passerà a
trovarti…”-
In quel momento entrò l’infermiera per cambiare la
medicazione e le flebo ed invitò Orlando ad uscire.
“Allora vado…Cerca di riposarti…torno
fra un paio d’ore…”- le disse prima di
uscire.
“Orlando…”- lo richiamò,
facendolo voltare- “Grazie di tutto…”-
Lui sorrise.
“Tu avresti fatto lo stesso…A dopo”-
Victoria si sentiva uno straccio, come se un tir le fosse passato
sopra, eppure era leggera nell’animo, come non le succedeva
da tempo. Vedere Orlando così attento e premuroso la
riempiva di gioia e la faceva sentire ancora la
“sua” Vic.
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Capitolo 14 *** Cap.14 ***
Aggiornamento settimanale...questo capitolo funge da spartiacque, comincia a smuoversi qualcosa...basta, ho già anticipato troppo! Grazie, come sempre, a chi legge (soprattutto e Moon) ed alle mie inossidabili commentatrici: BlackPearl, Michi88!! Buona lettura!
Passarono lentamente due settimane. Per Victoria la degenza in ospedale
era uno strazio; si sentiva molto debole, ma nonostante ciò
voleva tornare a casa il prima possibile. Emma e Joel le mancavano
terribilmente. Orlando li portava da lei ogni giorno ma, intuitiva come
solo le mamme sanno essere, Vicky sapeva bene che i suoi ragazzi non
sarebbero stati tranquilli finché non l’avessero
vista tornare a casa.
Perciò, parlò coi dottori e decise di firmare per
uscire. A nulla servirono i tentativi dei medici, di sua madre e di suo
fratello per dissuaderla. Orlando non provò nemmeno a
convincerla a ripensarci : la conosceva bene e sapeva che quando si
metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea. In
fondo, erano sempre stati uguali in questo.
I dottori si raccomandarono di non lasciarla sola e di assisterla,
visto che era ancora molto debole e consigliarono di assumere
un’infermiera, almeno per i primi tempi, che avrebbe
provveduto a farle iniezioni e flebo. Josephine avrebbe
voluto trasferirsi dalla figlia, ma era da tempo affetta da una brutta
ernia al disco e non sarebbe riuscita a star dietro ai nipoti ed alla
casa; quindi Orlando pensò che la cosa migliore fosse
tornare a casa finché lei non si fosse completamente rimessa.
I primi giorni furono quelli dell’assestamento, i
più duri: Vicky si era categoricamente rifiutata di dormire
al piano inferiore, come le aveva proposto Orlando, voleva tornare
quanto prima alla normalità, incurante delle sue ancora
precarie condizioni. Così finì per approfittarsi
del suo fisico e dopo quattro giorni dalle dimissioni, si
ritrovò costretta a letto con la febbre. Questo episodio le
servì per darsi una regolata e per prendere più
seriamente la convalescenza.
Si sentiva indebolita e stanca, ma allo stesso tempo serena e
tranquilla come non le succedeva da tempo. E questo dipendeva dalla
presenza di Orlando: riaverlo in casa, vederlo fare avanti e indietro
dalla sua camera, osservarlo mentre si prendeva cura dei ragazzi,
mentre aiutava Joy a vestirsi o Emma a finire i compiti le riempiva il
cuore di gioia. Era un po’ come tornare indietro ai loro
tempi più felici. Se il suo incidente poteva aver avuto
qualche aspetto positivo, questo era di certo il più
rilevante. E poi era sempre così premuroso ed attento nei
suoi confronti e percepiva che lo faceva perché davvero
teneva a lei e non perché si sentisse in dovere di farlo.
Era piacevolmente sorpresa dal suo atteggiamento, ma voleva essere
cauta: dopotutto era normale che si preoccupasse per lei, era pur
sempre la madre dei suoi figli.
Dal canto suo, anche Orlando era contento di esser tornato a casa loro.
Certo, avrebbe preferito tornarci in altre circostanze, però
era lì, con Vicky e i suoi ragazzi, del resto non gli
importava poi molto. La mattina, dopo aver accompagnato i figli a
scuola, lavorava a casa, al portatile e non passava mai in studio, se
non per cose particolarmente urgenti; si teneva in contatto con Dom e
con la sua segretaria telefonicamente o via fax. Nel frattempo Susan,
l’infermiera, provvedeva a cambiare le medicazioni a Vicky ed
a metterle la flebo; lui saliva di tanto in tanto a controllarla e ad
assicurarsi che stesse bene. Poi, preparava qualcosa da mangiare ed
aspettava che Joy ed Emma tornassero. Siccome Victoria era
ancora troppo debilitata e faticava a fare le scale, erano i ragazzi a
salire da lei dopo pranzo, per raccontarle la loro giornata. Ormai
facevano i compiti nella sua stanza, e rimanevano lì fino
all’ora di cena. Susan se ne andava per ritornare il mattino
seguente, Orlando cenava coi figli, li faceva preparare per la notte e
li metteva a letto; poi tornava in cucina per caricare la lavastoviglie
e saliva a dare la buonanotte a Vicky prima di andare a sua volta a
dormire nella stanza degli ospiti.
Una sera la trovò seduta sul letto, circondata da un sacco
di album e di foto sparse sul piumone.
“Che fai? Non dovresti riposarti un
po’?”- le domandò curioso, restando
fermo accanto alla porta.
Lei sollevò il capo dalle foto che stava guardando.
“Sto a letto praticamente tutto il
giorno…più riposata di
così…Sto solo guardando delle vecchie
foto…”- rispose infine.
A quel punto lui entrò e si avvicinò a lei,
andandosi a sedere sul letto. Osservò meglio le fotografie e
notò che erano foto loro, del matrimonio, del viaggio di
nozze, dei ragazzi da piccoli, delle vacanze con la famiglia al
completo. Ed ovviamente c’erano anche quelle di Delia. Ne
prese una e non riuscì a trattenere un sorriso amaro.
“Credevo che fossero ancora tutte in
soffitta…”-
“Le sono andata a riprendere il giorno dopo che ce le hai
portate…e le ho messe nel mio
comodino…”- rispose candidamente.
Lui continuò ad osservare la foto.
“Era così allegra…e
sveglia…”-
“Eccome se lo era…”-
“Mi manca…”- le confessò. Ed
era la prima volta che parlava di lei con Vicky.
“Lo so…anche a me manca da morire…Ti
ricordi quando siamo andati a trovare quella tua zia, in
campagna?”-
“La zia Rose? Si, era luglio, credo…Delia
avrà avuto si e no cinque anni…”-
“Si, li aveva compiuti da poco… e si era
incaponita a voler mettere il guinzaglio all’oca che tua zia
aveva in cortile…te lo ricordi?”-
“Si…si me lo ricordo…”-
rispose divertito- “L’ ha seguita per una
mezz’ora buona, ma alla fine ci è
riuscita…e com’era
soddisfatta…”-
Seguì un attimo di silenzio, ma anche se non parlavano era
evidente a cosa stessero entrambi pensando.
“Mi faceva troppo male averle
intorno….”- ammise infine, riferendosi alle foto.
“Anche a me…ma non poterle vedere mi faceva stare
peggio…”-
“Le guardi spesso?”-
“Praticamente ogni giorno…appena ero da sola
venivo a riguardarmele fino ad impararle a memoria…era la
mia boccata d’ossigeno quotidiana…”- gli
spiegò.
“Non so come tu abbia fatto… io non ci riesco
ancora adesso…”- disse, riponendo la foto-
“Ma non dovrei stupirmi più di tanto…tu
sei sempre stata la più forte…”-
concluse.
“Io? No, non è vero…”-
rispose prontamente.
“Si, invece…non hai mai avuto paura di
niente…”- continuò lui.
“Ma se ho paura di tutto…Ho paura di non fare
abbastanza per i ragazzi…ho paura di non essere
all’altezza delle situazioni…ho paura di non saper
aiutare gli altri…e soprattutto ho paura di non aver saputo
aiutare te…”-
Sorpreso da quell’ultima affermazione, lui la
guardò ed i suoi occhi esprimevano un misto di tenerezza,
amarezza, rimpianto e malinconia.
Scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa lei lo
anticipò.
“L’unico motivo per cui pensavo di poter affrontare
qualsiasi problema, per cui sembravo così
forte…era averti al mio fianco….”-
aggiunse sinceramente, con gli occhi lucidi.
“Te la sei sempre cavata bene anche da sola…lo sai
questo…e lo hai dimostrato nell’ultimo
anno…”- rispose.
“Nell’ultimo anno ho solo finto…ho messo
una maschera, lasciando credere agli altri quello che
volevano…Poi la sera guardavo queste foto e
piangevo…ho finto di stare bene, di aver superato la perdita
di Delia, di farcela anche senza il tuo appoggio…ho finto di
amare David…ma alla fine sono crollata anch’io
Orlando….”- gli confessò.
Lui continuava a guardarla e non sapeva se si sentiva più
stupido o dispiaciuto. In tutti quei mesi non aveva capito
assolutamente niente; si era convinto che lei stesse meglio senza di
lui ed invece non era mai stato così lontano dalla
realtà. Aveva sofferto come e forse più di lui,
dovendo sforzarsi di stare bene, per non appesantire lui e i ragazzi.
“Mi spiace…io…non so come ho fatto a
non capirlo…”-
“Non c’eri mai…”- gli fece
notare, ma il suo non voleva essere un rimprovero, bensì una
semplice constatazione.
“E quando c’ero non ti rendevo di certo le cose
facili…continuavamo a litigare…”-
osservò dispiaciuto.
“Non importa…ormai è
passato…”-
“Vorrei poterti dire che se me ne fossi accorto in tempo mi
sarei comportato diversamente…ma non ne sono
sicuro…”-
“Non fa niente, davvero Orlando…”-
“Invece si…il punto è che ancora adesso
non so dirti come sto…dovrei saperlo, ma non lo
so…per questo non mi sento di prometterti
niente…”- aggiunse.
“Lo so…infatti non ti ho chiesto
niente…”-
Considerando che non si parlavano così sinceramente da
tempo, erano entrambi sicuramente sorpresi ed al contempo confusi.
“Adesso è meglio che ti metti a
dormire…Se hai bisogno di qualcosa chiamami, ok?”-
disse lui.
“Va bene…buonanotte…”- gli
rispose.
Victoria lo osservò uscire. Si sentiva sollevata dopo quella
conversazione. Finalmente era riuscita a parlargli, a dirgli come si
sentiva e, soprattutto, a capire come si sentisse lui. Il percorso era
ancora lungo, ma i segnali lasciavano presagire che forse
c’era ancora una possibilità per loro. Nonostante
il dolore al polso ed alle costole, si addormentò serena
come non le capitava da tempo.
Orlando, invece, faticò a prendere sonno.
Ripensava alle parole di Vicky e non poteva che sentirsi in colpa. Se
fossero riusciti a parlarsi prima come avevano fatto quella sera, di
certo le cose non sarebbero state così complicate.
Perché non si era reso conto che anche lei stava male?
Perché si era ostinato a farle la guerra? Non si era mai
sentito così idiota. L’aveva allontanata e non
aveva fatto niente per impedirlo, anzi, aveva cercato in tutti i modi
di spingerla via, di isolarsi. Sarebbe stato molto più
semplice e logico soffrire in due, anziché lasciarsi
dilaniare individualmente dalla sofferenza. Si era lasciato accecare
dal dolore, dalla voglia di giustizia e, forse, anche di vendetta; non
si era accorto che si stava vendicando a spese della persona sbagliata.
Così ci avevano rimesso tutti: lei, Emma, Joel ed anche lui.
Realizzò che ormai era inutile rimuginare su quanto era
già successo; l’unica cosa che poteva fare era
stare con lei e farle capire quanto ancora tenesse a loro due ed alla
loro famiglia, senza però affrettare i tempi, né
bruciare le tappe. Ritrovarsi non era impossibile, ma richiedeva tempo
e pazienza da parte di entrambi.
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Capitolo 15 *** Cap.15 ***
Aggiornamento settimanale...siamo al penultimo capitolo! Non vi anticipo niente...non per cattiveria, ma preferisco lasciarvi un pò nel dubbio! Ringrazio di cuore tutti i lettori/lettrici e le mie insostituibili commentatrici: BlackPearl, Michi88, Moon, Summer89! Buona lettura!
La convalescenza di Victoria procedeva bene e senza particolari
intoppi. Il quadro generale era buono e Susan ormai andava solo la
mattina, a giorni alterni, a farle delle iniezioni di ricostituenti,
per farle riprendere più velocemente. Vicky aveva ripreso a
fare le scale, così poteva pranzare e cenare coi ragazzi e
stare con loro in salotto. Del resto si occupava Orlando: durante la
mattina, mentre i figli erano a scuola, stava a casa con lei; nel
pomeriggio, invece, approfittando della presenza dei ragazzi, passava
in studio e si fermava per un paio d’ore. Rientrava per cena
con qualcosa di pronto oppure cucinava lui.
Victoria si divertiva a guardarlo cucinare: lo faceva spesso appena
sposati, poi le cose erano cambiate, gli impegni di lavoro si erano
moltiplicati, ma non aveva comunque perso la sua abilità,
soprattutto coi primi piatti. Lei restava tranquillamente seduta ad
osservarlo, mentre Emma e Joel gli stavano intorno, pronti ad aiutarlo.
Lui, con tanto di grembiule, si muoveva con disinvoltura fra pentolame
ed ingredienti vari e chiedeva a ragazzi di passargli verdure o aromi,
con la stessa concentrazione di un chirurgo in sala operatoria.
Quella sera aveva preparato del risotto ai funghi e gli era riuscito
piuttosto bene, tant’è che Joy fece addirittura il
bis.
“Papà, è proprio buono il tuo
riso…”- gli disse soddisfatto.
“Lo faceva sempre così anche la
nonna…voi purtroppo non l’avete conosciuta, ma era
un asso tra i fornelli…”- rispose.
“Anche nonno Colin è bravo…”-
gli fece notare il bambino.
“Si, se la cava bene…”-
“Per fortuna il papà e il nonno sono
bravi…perché io e la nonna Josie non siamo
proprio cuoche provette…”- intervenne Vicky.
“Non è vero…mi ricordo ancora
l’arrosto che hai fatto l’ultimo
Natale…era squisito…”- le
ricordò lui.
“A proposito di Natale”- intervenne Emma-
“Cosa facciamo quest’anno? Stiamo tutti insieme
o…stiamo una settimana con te e una con la mamma?”-
Vicky ed Orlando rimasero spiazzati da quella domanda. In effetti
mancava meno di un mese a Natale, anche se con tutto quello che era
successo se lo stavano quasi scordando.
“Veramente il papà ed io non ne abbiamo ancora
parlato…Ma potremmo anche festeggiarlo tutti insieme, in
famiglia…con i nonni e gli zii..”-
abbozzò incerta lei.
“Vedremo…non so ancora come sarò
messo…ho un sacco di arretrati in
studio…”- tagliò corto lui.
Continuarono a parlare del più e del meno, poi, dopo cena i
ragazzi si prepararono per andare a dormire. Fu Victoria ad
accompagnarli a letto, mentre Orlando era rimasto giù in
cucina a sparecchiare.
Tornata al piano di sotto, lei lo raggiunse. Era rimasta un
po’ male per come lui aveva liquidato il discorso del Natale;
era così bello riaverlo per casa, che sperava che non se ne
sarebbe più andato. Fece per togliere gli ultimi piatti da
tavola, ma lui la fermò subito.
“Cosa credi di fare? Molla
l’osso…siediti dai, ci penso io”- le
disse premuroso.
Gli sorrise, mentre lui armeggiava per caricare la lavastoviglie e
distribuire al meglio piatti e bicchieri nel cestello.
“Mi sei sembrato a disagio prima…”- si
decise infine a dirgli.
Lui si voltò di scatto, dopo aver chiuso lo sportello
dell’elettrodomestico, e la fissò con aria
interrogativa.
“A disagio?”-
“Si…quando Emma ti ha chiesto dove saresti stato a
Natale…pensavo che ti avrebbe fatto piacere stare
qui…”- ammise.
Tolse la tovaglia da tavola e si mise a sedere vicino a lei.
“Siamo separati…e tu ora stai molto
meglio…non hai più bisogno di me…anzi,
la settimana prossima pensavo di tornare al lavoro…Come
dicevo prima ho un sacco di arretrati e probabilmente dovrò
stare fuori per alcuni giorni…”- le disse.
Inutile dire quanto Vicky fosse delusa da quelle parole. Sperava che
anche per lui quella vicinanza avesse cambiato qualcosa, che
l’avesse riavvicinato a lei; ma evidentemente si sbagliava,
forse era stato così premuroso solo perché era la
madre dei suoi figli.
“Ah..capisco…Spero di non averti fatto perdere
troppo tempo”- e fece per alzarsi, ma lui la prese
delicatamente ma fermamente per un braccio, obbligandola a fermarsi ed
a sedersi nuovamente.
“Non fare così…”- aggiunse
poi.
“Così come?”- gli rispose, fingendo di
non capire.
“Non avercela con me…forse mi sono espresso
male…Non è che non voglia stare con
voi…Sono stato benissimo in queste settimane, ma adesso
è meglio che vada via…”- le
spiegò.
“E se io non volessi che tu te ne vada? Se ti chiedessi di
rimanere?”- rilanciò.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un
braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i
suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si
baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in
sé le emozioni più differenti, come succede a chi
sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi,
tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le
scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando
c’era già tornato diverse volte in quelle
settimane, ma era come se la rivedesse per la prima volta. Ogni cosa,
ogni mobile era associato ad un ricordo: l’armadio scelto
insieme, la scrivania di legno bianco che le aveva regalato per la
laurea, la cassettiera scovata da un antiquario, e quel letto enorme
che li aveva visti complici amanti ed affettuosi genitori, quando uno
dei figli si svegliava nel cuore della notte e voleva dormire con loro.
Lei percepì il suo smarrimento e gli si avvicinò,
carezzandogli lievemente una guancia; poi lo guardò negli
occhi, prima di baciarlo nuovamente, ma stavolta lui la
fermò.
“Vic…forse non dovremmo…sei ancora
debole…non credo sia il caso…”-
“Sto benissimo…smettila di preoccuparti per
me…”- gli rispose amorevolmente.
Lo baciò, con tutto il desiderio e l’amore che si
era ostinata a reprimere in quei mesi. E lui la stringeva a
sé, ricambiando con altrettanto trasporto ed accarezzandola
piano, lentamente, temendo di poterle fare male. La fece stendere sul
letto ed iniziò a spogliarla piano e con attenzione, mentre
lei gli sfilava via il maglione. Una parte di lui gli suggeriva di
fermarsi finché era in tempo, di non lasciarsi guidare
dall’impulso, ma l’altra parte più
istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei e farci
l’amore, come se non fosse successo niente, come se quei mesi
d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero stati solo un
incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei, amato e
coccolato. La baciò a lungo, con passione e disarmante
tenerezza, toccandola sapientemente, senza stringerla troppo, per paura
di farle male alle costole; si muoveva sicuro sul suo corpo, quel corpo
che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi movimenti e non
smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lui era assolutamente coinvolgente e
totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da
subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano
raggiunto un’intimità profonda, che non si
misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di
sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi
l’uno vicino all’altra. I loro stati
d’animo, però, erano ben diversi: mentre Vicky era
al settimo cielo, convinta che finalmente le cose fossero tornate a
posto, lui, invece, sembrava assente. Non era stato assolutamente
meccanico come quell’ultima volta in montagna, anzi,
l’aveva sentito reattivo ed appassionato, ma pareva quasi a
disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete,
preferendo tenere quell’impressione per sé. Si
accoccolò meglio contro di lui e si addormentò
profondamente.
Poi, però, nel cuore della notte, si svegliò,
allungò un braccio sul suo cuscino ma non lo
trovò; si girò di scatto e lo sorprese mentre
tentava di andarsene.
“Orlando…dove stai andando?”- gli chiese
stupita.
Lui si voltò, con l’espressione tipica del ladro
colto in flagrante.
“Io...stavo tornando nella mia stanza…Torna a
dormire, è tardi…”- riuscì
solo a dire.
“Come sarebbe a dire torna a dormire?”-
osservò lei, mettendosi a sedere meglio sul letto.
A quel punto Orlando richiuse la porta, per evitare che i ragazzi li
sentissero e si avvicinò a lei.
“Senti, ne riparliamo domani…ora è
tardi”- tentò di convincerla.
“E no…ne parliamo adesso”-
sbottò, cercando però di non alzare la voce-
“Abbiamo fatto l’amore…credevo lo
volessi anche tu…e poi ti trovo a sgattaiolare fuori dal
letto come se fossimo due clandestini”-
Lui allargò le braccia.
“E infatti lo volevo…ed è stato
bellissimo…Ma non basta questo per risolvere
tutto…Mi spiace Vic, io non sono ancora
pronto…”- ammise sinceramente.
“Allora è così…non vuoi
più stare qui…con me…”-
osservò lei.
“Certo che vorrei tornare a casa…ma non
così…Adesso ti senti fragile e
vulnerabile…ma fra qualche mese ti accorgeresti che io non
sono cambiato…che sono fermo allo stesso punto di
prima…e ti pentiresti di avermi ripreso…Sto solo
cercando di proteggere i ragazzi…e anche
te…”-
“Ma smettila, per favore…questi discorsi non hanno
senso…La verità e che non sai nemmeno tu cosa
vuoi…Torni qui, ti comporti da marito
perfetto…vieni a letto con me e poi ti tiri
indietro…”-
“Sto facendo del mio meglio…Prima del tuo
incidente ci parlavamo a malapena, tu stavi con David…poi
torno qui e sembra che non sia mai successo niente….Mi
spiace, ma non riesco ad andare così in
fretta….”- le rispose seccamente.
“Va bene, ho sbagliato io, ho fatto tutto da
sola…Allora vattene…non c’è
bisogno che aspetti un’altra settimana, puoi andartene anche
domani stesso se vuoi…”- gli disse infine.
“Andiamo…non dici davvero…”-
“Invece si…Credevo che volessi riavere la tua
famiglia, ma mi sbagliavo…e non voglio correre il rischio di
fraintendere ancora i tuoi comportamenti…”-
concluse.
Orlando avrebbe voluto ribattere, dirle che si sbagliava, che voleva
solo fare con calma ma, ancora una volta, le parole gli si bloccarono
in gola e non fu capace di aggiungere altro. Se ne andò
amareggiato nella stanza degli ospiti, si girò e
rigirò nel letto, riuscendo a dormire solo un paio
d’ore.
Verso le sette Victoria scese in cucina per preparare lei stessa la
colazione ai ragazzi. Anche Orlando li raggiunse, con in mano il
borsone con le sue cose.
“Papà…dove vai?”- gli chiese
Emma preoccupata.
Lui la guardò, poi spostò lo sguardo su Vicky
che, pur evitando di incrociare i suoi occhi, gli venne in soccorso.
“Papà ha un impegno urgente di
lavoro….”- le rispose.
“Perché non ce l’ hai detto?”-
aggiunse Joy.
“L’ ho saputo ieri sera tardi…e voi
già dormivate …Starò fuori qualche
giorno…ma ci sentiamo per telefono, ok?”- lo
rassicurò, scompigliandogli i capelli.
“Almeno fa colazione con noi…”- gli
suggerì Emma.
Guardò nuovamente Vicky: sembrava avercela ancora con lui. E
forse non aveva proprio tutti i torti.
“No tesoro, non posso…Devo andare…Voi
fate i bravi e non fate stancare troppo la mamma, intesi? Ci sentiamo
più tardi…”- e dopo averli abbracciati
se ne andò.
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Capitolo 16 *** Cap.16 ***
Eccoci al gran finale...Spero sia all'altezza delle vostre aspettative! IO da parte mia vi garantisco che ce l'ho messa tutta per scriverlo al meglio, se poi ci sono riuscita non lo so! Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto, le mie fedeli ed insostituibili commentatrici, ossia BlackPearl, Michi88, Moon e Summer89! Un sincero grazie anche a chi ha inserito questa storia tra le preferite, cioè Carlottina, Giorgiaaa, Michi88, Sirius4ever e Summer89! Buona lettura!
Nei giorni a seguire Victoria ed Orlando si sentirono solo per
telefono, quando lui chiamava a casa per sentire i ragazzi. Non
tornarono su quanto successo fra loro. Emma e Joel avevano intuito che
qualcosa fosse accaduto: rivedere i loro genitori sotto lo stesso
tetto, affiatati come nei tempi più felici, era stato per
loro un enorme regalo e speravano che non fosse solo una cosa
passeggera. Invece, ancora una volta, le cose fra loro erano cambiate
repentinamente, lasciando tutti con l’amaro in bocca.
Una mattina Vicky ricevette la telefonata di Amy e pensò
bene di confidarsi un po’ con lei.
“Allora tesoro, come stai?”- le chiese
l’amica.
“Decisamente meglio…mi hanno già tolto
il gesso al polso…ora ho solo una fascia elastica, che devo
tenere quindici giorni…per il
resto tutto abbastanza bene…Sto tornando lentamente ai
soliti ritmi…”-
“E Orlando? E’ ancora a casa con voi?”-
“Veramente no…Se n’è andato
all’inizio della settimana…”- le rispose
serafica.
“Ah…pensavo che si sarebbe fermato
ancora…Anzi, a dirla tutta ero convinta che non se ne
sarebbe più andato…”-
osservò candidamente.
“Anch’io Amy…soprattutto dopo
che…”- ma si interruppe bruscamente.
“Dopo cosa? Vicky? Avanti, non farmi stare sulle
spine…Cos’è successo fra
voi?”- la incalzò.
L’altra rimase in silenzio un istante, ma alla fine le
confessò:
“Siamo stati a letto insieme…”-
“Ma dai! Bè, finalmente…era ora che vi
decideste a sbloccarvi…”- si fece sfuggire Amy -
“E’ una cosa positiva…”-
“Oh si, talmente positiva che ha tentato di andarsene nel
cuore della notte…”- aggiunse prontamente.
“Cosa?”-
“Mi sono svegliata e l’ ho trovato in procinto di
tornare nella stanza degli ospiti…”- le
spiegò.
“E cosa ti ha detto?”-
“Che non è pronto per tornare a casa
definitivamente…che è troppo facile risolvere
tutto così…Io davvero non lo capisco
più….Pensavo che finalmente fosse tutto
risolto…”- osservò dispiaciuta.
“Mah…certo è strano come
atteggiamento…Però da Orlando
c’è da aspettarsi di tutto…Ti ricordi
anche con suo padre che fatica per ricucire? Forse ha davvero bisogno
di ancora un po’ di tempo…”- le
ricordò.
“Sono stanca Amy…sembra sempre che ci ritroviamo
nei momenti sbagliati…Quando era pronto lui io stavo con
David…ed ora che sono pronta io lui non lo è
più…Forse è inutile
insistere…forse è finita
davvero…”- constatò.
“Non può essere finita…le storie come
la vostra non finiscono così…Devi avere pazienza
però…non mettergli fretta, ci sta provando, ma se
gli forzi la mano non otterrai niente…dammi
retta”- le consigliò.
“Va bene…proverò a fare a modo
tuo…Ti aspetto a Londra, appena puoi, ok”-
“Certo….spero proprio di riuscire a fare una
capatina prima di Natale…”-
Victoria ripensò a lungo alle parole di Amy: molto
probabilmente aveva ragione, l’unica cosa da fare era dargli
tempo, lasciargli i suoi spazi, con la speranza che una volta tornato a
casa le cose si sarebbero sistemate una volta per tutte.
Il Natale si stava avvicinando, mancavano una manciata di giorni, anche
se né lei né Orlando si sentivano particolarmente
in vena di festeggiare.
Lui non aveva fatto altro che pensare alla notte trascorsa insieme
nella loro casa, nel loro letto. Voleva riprendere in mano la sua vita
e riavere la sua famiglia ma sembrava che non sapesse da che parte
cominciare ed ogni volta che gli si presentava un’occasione
la sprecava o non la sfruttava come avrebbe dovuto.
Una sera, era il 22 dicembre, uscito dallo studio pensò di
fare un salto a casa.
Vicky era sola e stava preparando degli assaggi delle pietanze che
avrebbe preparato per Natale, giusto per fare le prove e vedere come
potevano riuscire, quando sentì suonare alla porta.
Andò velocemente ad aprire e se lo trovò davanti.
“Ciao…”- le disse semplicemente.
“Ciao”- rispose.
“Mi fai entrare? Si gela qui fuori…”-
“Oh si..certo…entra, avanti…Dammi pure
la giacca..”-
Erano entrambi impacciati come ragazzini alle prese con le prime
schermaglie.
“I ragazzi non ci sono…mio fratello li ha portati
al cinema con Lauren e James…”- lo
avvisò lei.
“Lo so…Joy me l’ ha detto stamattina al
telefono…Sono passato perché volevo lasciarti i
regali per loro…così intanto che non ci sono li
puoi nascondere e prepararli sotto l’albero la notte di
Natale…come abbiamo sempre fatto…”- le
spiegò.
“Ah si…va bene…”-
Le diede una mano a nascondere nel ripostiglio i pacchi regalo e nel
frattempo cercava di scrutarla per capire se e quanto ce
l’avesse ancora con lui. Tornati in salotto, Orlando prese il
coraggio a due mani e si decise a parlare con lei.
“Senti Vic…sono passato anche per un altro
motivo…”- abbozzò.
“Ti ascolto…”- gli rispose, prima di
tornare in cucina per spegnere il forno che aveva lasciato acceso.
Lui la seguì e si mise a sedere.
“Oggi sono arrivati questi…”- e
così dicendo poggiò sul tavolo una cartellina
porta documenti- “Sono i documenti per il
divorzio…”-
Lei lo guardò sorpresa: non riusciva a credere che volesse
davvero andare fino in fondo.
“Originale come regalo di Natale…”- si
lasciò sfuggire ironicamente.
“Prima di aggiungere
altro…ascoltami…Devo dirti un sacco di
cose…ed ho già aspettato anche
troppo…”-
Victoria lo guardò negli occhi e percepì che era
agitato e un po’ nervoso, come sempre prima di un incontro di
lavoro importante. Ma questa volta c’era in gioco molto
più di un appalto. Annuì, esortandolo a
continuare.
“Non è facile per me dirlo, ma…devo
chiederti scusa…Dopo l’incidente di Delia io mi
sono comportato da egoista…ti ho lasciata sola ad affrontare
tutto…e la cosa più grave è che sapevo
quello che facevo e non ho scuse…Pensavo che non avessi
bisogno di me, vedevo che riuscivi a reagire meglio di quanto riuscissi
a fare io…Mi sono sentito inutile, svuotato, e
più provavo a reagire, ad uscirne, più rimanevo
ancorato nel mio dolore…E allora ho cercato in tutti i modo
di escluderti, di allontanarti…Ce l’avevo col
mondo, ma sono stato cattivo solo con te, come se fossi un
parafulmine…e ho fatto finta di non aver bisogno di
te…Invece ne ho eccome…non me ne sono reso conto
subito, anzi, quando me ne sono andato di qui, credevo che sarei stato
meglio, che ce l’avrei fatta anch’io da
solo…ma non è stato
così…Non aspettavo altro che di venire a prendere
i ragazzi per vederti..e quando hai avuto l’incidente ho
davvero temuto di perderti…Non avrei sopportato di perdere
anche te…Il punto è che non ho nessuna intenzione
di firmare queste carte…Io ti amo Vic…rivoglio
te, rivoglio la nostra famiglia…senza di voi non riesco ad
andare avanti…”- concluse sincero e con gli occhi
lucidi.
Anche Vicky non stava meglio: quelle parole l’avevano
commossa, non solo perché le avevano fatto rivivere i loro
mesi più neri e la perdita di Delia, ma pure
perché sentiva che venivano dal centro del suo cuore. Lo
conosceva bene ed era certa che gli fosse costato non poco dar voce ai
suoi sentimenti ed ammettere i propri errori.
Si avvicinò a lui, gli accarezzò dolcemente la
testa e gli rispose:
“Ti amo anch’io…ormai pensavo che non mi
avresti più chiesto di tornare…”-
“Quella notte io…”- riprese.
“Lascia stare…va tutto bene…”-
“No, è importante che tu lo
sappia…quella notte è stata la più
bella dopo tanto tempo…ma non ero ancora pronto a guardarti
negli occhi e a dirti tutto questo…per questo me ne stavo
andando come un ladro…”- aggiunse.
“Ho capito…non fa niente…adesso sei
qui…è questo che conta…”-
A quel punto Orlando si alzò, la guardò
intensamente negli occhi, le accarezzò una guancia e poi,
attirandola a sé, la baciò, con tutto
l’amore di cui era capace. Si baciarono lungo, e
nel frattempo lui l’aveva sollevata per la vita e messa a
sedere sul tavolo, levandole di dosso il grembiule che indossava e
continuando a tormentarle il collo di baci.
“Non qui Orlando…andiamo di
sopra…”- riuscì a dirgli lei, quasi
senza fiato.
Lui annuì e la seguì. Questa volta, entrato in
camera da letto, sapeva esattamente cosa doveva fare: quello ero il suo
posto, la sua casa, e non avrebbe più lasciato che niente e
nessuno lo allontanassero dai suoi affetti più cari.
Lei gli sfilò il maglione, tra un bacio e l’altro
gli sbottonò lentamente la camicia; gli sfiorò il
petto con le dita, mentre lui le abbassava la zip della tuta. Si
dedicarono ai preliminari con infinita dedizione e pazienza, per
rendere speciale ogni gesto, ogni minuto. Non avevano fretta, non
volevano rovinare quel momento perfetto, non volevano rischiare di
guastare la loro ritrovata sintonia. Si baciavano e si toccavano con
l’emozione e l’aspettativa della prima volta, ma
con l’esperienza e l’abilità che avevano
acquisito nel tempo; diedero sfogo non solo al puro desiderio fisico,
ma anche all’amore, alla passione, alla tenerezza, alla
dolcezza, alla malinconia ed al dolore che li aveva sconvolti. Per
quella sera pensarono esclusivamente l’una al piacere ed al
benessere dell’altro, recuperando tutto il tempo perso, con
gli interessi.
Dopo circa due ore, erano ancora abbracciati nel loro letto: lei di
tanto in tanto gli baciava il petto, mentre lui le accarezzava
ritmicamente il braccio. Era stato tutto perfetto,
tant’è che nessuno dei due aveva ancora detto una
parola, quasi temessero di rovinare quell’atmosfera
idilliaca. Fu lui a rompere il silenzio.
“Quando tornano i ragazzi?”- le domandò
d’un tratto.
“Fra una mezz’oretta dovrebbero essere
qui”- rispose, dando una sbirciata all’orologio
-“Che c’è? Ti sei già
stancato di me?”- gli chiese.
“Assolutamente no…”- la
rassicurò, baciandole la fronte e stringendola ancor di
più a sé -“E’ solo che non
vedo l’ora di dirgli che torno a casa…e che stiamo
ancora insieme…”-
“Per loro sarà il regalo più bello di
questo Natale…saranno a dir poco
entusiasti…”- aggiunse lei.
“Sarà un Natale speciale…ci siamo
ritrovati e io finalmente sto bene…era da tanto che non mi
sentivo così…”- ammise, fissandola
negli occhi.
“Anch’io….mi sentivo
incompleta…e così sola
qui…”- rispose di rimando.
“Adesso ci sono qui io… e non vado più
da nessuna parte…”- le promise.
“Manca ancora una cosa…”- disse lei
d’un tratto, sollevandosi e cercando qualcosa nei cassetti
del comodino.
“Cosa cerchi?”- le domandò curioso,
senza ottenere però risposta.
“Dovrebbe esserci…sono certa di averla messa
qui”- borbottava lei fra sé e sé-
“…Ah eccola…”- e voltandosi
gli mostrò la sua fede nuziale.
Orlando la guardò, piacevolmente sorpreso. Quasi non si
ricordava più di averla ridata a lei. E, comunque, ora erano
di nuovo insieme, e quello contava più di tutto.
“Ti ricordi? Mi avevi detto di tenerla…e che forse
un giorno te l’avrei resa…Direi che quel giorno
è arrivato signor Bloom…”- riprese.
Lui le sorrise, disteso e sereno come non era da tempo e le porse
l’anulare sinistro. Victoria gli infilò
l’anello al dito, emozionata forse più del giorno
del loro matrimonio. Ed aveva ragione ad esserlo: si erano scelti una
seconda volta, forse in maniera anche più consapevole della
prima.
“Ecco…adesso è veramente tutto a
posto…”- aggiunse, senza smettere di guardarlo.
“Ti amo Vic….”-
“Ti amo anch’io Orlando…”-
C’era voluto del tempo, ma alla fine Victoria ed Orlando si
erano ritrovati. Stavano ripartendo da dove si erano interrotti, da
Emma e Joel, da loro stessi e dal dolore per la perdita di Delia, un
dolore che aveva rischiato di allontanarli per sempre.
Perché la perdita di un figlio annichilisce, annienta,
spazza via ogni certezza, ogni credo, anche il più radicato,
ti svuota lasciandoti inerme ed incapace di andare avanti e di
accettare che quella tragedia sia toccata proprio a te ed alla tua
famiglia. È un dolore totalizzante, assoluto, che
può scardinare una coppia, oppure può fungere da
collante e rendere ancora più forti. Vicky ed Orlando si
erano allontanati, troppo occupati a reagire ognuno in modo diverso, ma
fortunatamente erano riusciti a tornare sui propri passi prima che
fosse tardi, riconoscendo di aver bisogno l’uno
dell’altra.
Passarono insieme quel Natale e molti altri ancora, circondati
dall’affetto di Emma e Joel, dei loro familiari ed amici.
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