In The Following Days di ramona55 (/viewuser.php?uid=6373)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hermione. Parole e pensieri di troppo ***
Capitolo 2: *** Ron. La normalità delle cose ***
Capitolo 3: *** Hermione. Senza ragione apparente ***
Capitolo 4: *** Ron. Eppure, sentire ***
Capitolo 5: *** Hermione. Proprio qui, all'altezza del cuore ***
Capitolo 6: *** Ron. Ciò che nessuno ti può portar via ***
Capitolo 7: *** Hermione e Ron. Questione di tempo ***
Capitolo 1 *** Hermione. Parole e pensieri di troppo ***
La storia che state per leggere è un lungo missing moment
di Harry Potter e il
Principe Mezzosangue dedicato, prevedibilmente trattandosi
di me, a Ron ed Hermione.
Avete presente la scena che apre il capitolo 14 del libro?
Durante la lezione di Erbologia, Hermione acenna alla prossima festa
del Lumaclub, e, in modo decisamente bizzarro, finisce per invitare Ron
a quella festa.
Sappiamo che poi non se ne farà nulla, e il capitolo 14
finisce in modo atroce per i kicker, con Ron attaccato da un nugolo di
canarini dopo essersi 'mangiato la faccia' di Lavanda Brown ed Hermione
in lacrime, ma credo che quell'invito sia davvero l'inizio di
tutto.
Dopo ci saranno una serie di avvenimenti che, sì, li
allontano per un po', ma fanno capire perfettamente, a loro prima di
tutto e poi a noi lettori, che 'E'
Ron ed Hermione' per citare una frase di mamma Rowling.
Questa storia racconta, riprendendo una frase del libro, quello che
succede nei giorni successivi (ma vedrete che la storia si sviluppa
quasi totalmente durante quello stesso giorno) a
quell'invito, quando ancora non c'era stata Lavanda,
nè
Mclaggen, nè l'incidente che li ha fatti riavvicinare.
Non cercate romanticismo, discorsi articolati o emozioni forti in
questa storia. Non ne dà.
Non nasce per questo, non è con queste intenzioni che ho
iniziato, ormai parecchi mesi fa, a scriverla. Il mio è solo
un modo, personalissimo, di rendere omaggio ancora una volta a due dei
miei personaggi preferiti in questa serie, quando ancora tutto non era
così complicato tra loro e la guerra era una cosa presente,
sì, ma anche lontana.
Quando ancora
non avevano il coraggio di toccarsi o di guardarsi negli occhi troppo a
lungo. Quando, però, dopo quell'atto inatteso, i dubbi e le
preoccupazioni di sempre iniziavano a mischiarsi in modo mai
successo
prima ad una sottile eppure euforica speranza.
Un breve viaggio alla scoperta di due degli adolescenti meglio
raccontati dalla letteratura, tra i corridoi poco illuminati e le
grandi aule del castello di Hogwarts..
Vi va?
__________________________________
In
the following days
Harry osservo'
attentamente i due amici nei giorni che seguirono,
ma Ron e Hermione non sembravano diversi,
a parte il fatto che erano un po' piu' gentili
del solito l'uno con l'altra.
(Da Harry Potter e il
Principe Mezzosangue, p. 262)
1. Hermione
Parole
e pensieri di troppo
Hermione sbadigliò e si stiracchiò per bene
portando le
braccia sopra la testa. Poi si ricompose e guardò
l’orologio. Le cinque e un quarto. Mancava ancora un
po’
all’ora di cena.
Si alzò dal tavolo a cui era seduta e andò alla
finestra
più vicina. Fuori il sole volgeva già al tramonto
e le
acque del Lago Nero avevano assunto un colore caldo e intenso. Tirava
un forte vento ed Hermione immaginò che fosse gelido visto
che
in quei giorni faceva molto freddo anche se il cielo era sempre limpido
e il sole brillava oltre l’orizzonte.
Non c’erano studenti in giro, tutti rintanati nelle proprie
sale
comuni a studiare oppure in biblioteca, come lei. Solo in lontananza si
distinguevano appena alcune sagome muoversi attorno agli anelli del
campo di Quidditch.
Hermione non riusciva a riconoscere nessuno a quella distanza, ma
sapeva che lui
era là ad allenarsi con il resto della squadra in
vista della prima partita della stagione. L’aveva sentito
dire ad
Harry dopo la lezione di Erbologia della mattina.
Sospirò.
Quella lezione era stata davvero strana. Non era successo niente di
eclatante, in realtà, eppure non riusciva a non pensarci. E
il
motivo era molto semplice: un attimo prima stavano tentando di aprire
un baccello di Pugnacio,
un attimo dopo aveva invitato Ron alla festa
del Lumaclub.
Si sentì arrossire al solo pensiero.
Come diavolo le era venuta in mente una cosa del genere?
Poggiò la fronte contro il vetro della finestra e fece un
respiro profondo. Chiuse gli occhi gustando la quiete attorno a
sé.
A voler essere del tutto sinceri, non era stato proprio un colpo di
testa.
La verità era che pensava a quell’invito
dall’ultima
cena del Lumaclub, precisamente da quando Lumacorno aveva rivelato che
avrebbe dato una festa di Natale in grande stile, a cui avrebbe
invitato i professori della scuola e una serie interminabile di
personaggi famosi e potenti, la maggior parte dei quali, guarda caso,
suoi ex alunni che avevano scalato le vette del successo.
Hermione aveva sbuffato, poi, però, quando il professore
aveva
aggiunto, lisciandosi i baffi, che erano invitati anche loro e che,
ovviamente, erano liberi di invitare una compagna o un compagno, se lo
ritenevano degno di quell’onore, si era ritrovata a pensare,
che
– perché no? – avrebbe potuto chiedere a
Ron di
accompagnarla.
Un attimo dopo si era data mentalmente dell’idiota eppure,
mentre
continuava a mangiare il pasticcio di rognone che aveva nel piatto e
fingeva di trovare estremamente interessanti le chiacchiere inutili di
quella Gwenog Jones, l’idea, come un tarlo, aveva cominciato
a
farsi spazio nella sua mente fino a sembrare meno assurda di come era
parsa all’inizio.
Non ci aveva più pensato seriamente fino a quel mattino. In
un
certo senso l’aveva messa da parte in attesa di valutarne i
pro e
i contro, come era solita fare, e del resto, si era detta, a Natale
mancava ancora tantissimo tempo. Se davvero avesse deciso di invitare
Ron alla festa, avrebbe avuto tutto il tempo di preparare la cosa. Per
esempio, avrebbe potuto buttar fuori casualmente
l’invito mentre
erano da soli in Sala Comune, senza nessuno tra i piedi, magari una
sera in cui Harry si trovava nell’ufficio di Silente per una
delle sue lezioni speciali.
Hermione sorrise, staccandosi dal vetro della finestra. Non si
dovrebbero mai programmare queste cose, perché finisce
sempre
che facciamo tutto l’opposto di quello che abbiamo pensato...
Quella sera era arrivata ed Hermione l’aveva lasciata
scivolar
via. Pazienza, l’avrebbe fatto un’altra volta. Il
tempo, in
fondo, c’era ancora.
Quello che non aveva considerato era che con Ron non si potevano fare
programmi, perché quel benedetto ragazzo aveva
così tanto
potere su di lei – ed Hermione ringraziava continuamente il
cielo
che lui non se ne rendesse minimamente conto – che riusciva a
tirarle fuori tutto quello che lei, invece, voleva tacere.
Così, quella mattina, durante quella strana lezione di
Erbologia, ecco, l’aveva fatto.
Stavano parlando del Lumaclub, lei ed Harry, e Ron non aveva certo
nascosto il suo disappunto al riguardo.
Hermione aveva capito che il fatto di essere escluso da quel singolare
club aveva ferito il suo amico più di quanto lui stesso non
volesse far credere. Certo, per Hermione era una cosa assolutamente
inutile e l’unico motivo per cui frequentava quelle riunioni
era
che era stato un professore ad organizzarle e non presentarsi come
continuava a fare Harry quando invece era stata gentilmente invitata le
sembrava, in fondo in fondo, una mancanza di rispetto.
Per Ron, però, le cose stavano diversamente. Sapere che i
suoi
due migliori amici e persino sua sorella erano invitati e lui no, non
lo rendeva molto felice. Ovviamente, era dietro il sarcasmo che lui si
nascondeva.
Quella mattina Ron l’aveva presa in giro riguardo quello
strano
club. Le aveva addirittura proposto, beffardo, di invitare quel
presuntuoso di McLaggen alla festa. Probabilmente voleva solo
provocarla o farla sentire in colpa, alla ricerca di una sorta di
contorta rivalsa per quell’esclusione.
Hermione non lo sapeva.
Sapeva invece che il tarlo che fino a quel momento era riuscita a
tenere a bada, quell’idea folle eppure allettante, aveva,
infine,
preso il sopravvento.
Non era riuscita a trattenersi. L’aveva detto.
Hermione sospirò piano e osservò la vasta sala in
cui si
trovava. Madama Pince sfogliava un volume polveroso seduta dietro il
suo bancone e i pochi ragazzi che occupavano i tavoli della biblioteca
se ne stavano in silenzio, assorti, chi a leggere qualche grosso libro,
chi a prendere appunti.
Il grattare delle piume sulle pergamene era l’unico suono
presente.
Alla fine, si disse Hermione, non era stato un vero invito. In
realtà quello che aveva fatto durante quella lezione di
Erbologia era stato fare presente a Ron, anche piuttosto arrabbiata,
che stava pensando di invitare lui alla festa. Poteva bastare questo,
in effetti, ma quando lui, stupito, le aveva chiesto conferma, lei non
aveva potuto evitare di rispondergli con tutta
l’acidità
che era riuscita a mettere nella propria voce: sì, voleva (oh,
Merlino...), ma se lui preferiva, invece, sarebbe uscita
con McLaggen.
E addio inviti in serate speciali...
Hermione sospirò ancora. Non si era mai spinta
così oltre con Ron.
Dopo quella provocazione, davvero, non sapeva cosa aspettarsi. Il cuore
aveva iniziato a batterle forte, un po’ per il dispetto di
aver
tirato fuori la cosa suo malgrado, in un attacco di rabbia, ma
soprattutto per il timore che lui le rifilasse un altro dei suoi
commenti sarcastici, sfuggendo alla muta conferma che lei gli aveva
chiesto.
Aveva fatto un respiro profondo, per calmarsi, e aveva distolto lo
sguardo.
Stava ancora cercando di ricordarsi cosa ci faceva esattamente in
quell’aula, quando la voce di lui le era giunta
all’orecchio, quasi un sussurro.
“No che non
preferisco.”
Hermione scosse un po’ la testa, come a voler scacciar via il
ricordo che la tormentava ormai da parecchie ore. Tornò al
tavolo dal quale si era alzata pochi minuti prima e prese in mano la
pergamena su cui stava lavorando, con il tema di Trasfigurazione quasi
finito.
Lo scorse velocemente, facendo qualche correzione qua e là e
poi
lo richiuse con cura. Aveva ancora un paio di giorni per terminare il
compito e rifinirlo, non c’era nessuna fretta. Soprattutto,
al
momento, le riusciva piuttosto difficile concentrarsi.
Perché poi?
In fondo, lo sapeva, quello che era successo non voleva dir nulla ed
era assolutamente inutile che continuasse a pensarci. Harry li aveva
interrotti subito dopo quello scambio di battute e da quella mattina
non aveva più parlato con Ron.
Tuttavia non poteva evitare di pensare che se lei aveva, in modo strano
e decisamente inconsueto, fatto un invito, lui, in modo altrettanto
strano ed inconsueto, l’aveva accettato. Va bene, forse
proprio
accettato no, ma caspita, le aveva detto che non voleva che uscisse con
altri ragazzi! E anche se una fastidiosa vocina nella sua testa
continuava a ripeterle che McLaggen non era gli altri
ragazzi, lei non
riusciva a fare a meno di sentirsi almeno un po’ felice per
l’accaduto.
Una coppia di Tassorosso dell’ultimo anno le passò
accanto
e si diresse verso l’uscita. Si tenevano per mano e durante
il
tragitto il ragazzo prese la borsa che la sua compagna portava a fatica
e se la caricò in spalla, mentre lei gli sorrideva
riconoscente.
Hermione raccolse i suoi libri e li ripose con cura nella borsa. Le
sarebbe piaciuto se un giorno qualcuno avesse fatto la stessa cosa per
lei.
Sorrise, suo malgrado, perché quello era proprio il genere
di
frase che poteva star bene sulla bocca di ragazzine come Romilda Vane e
lei non era mai stata quel genere di ragazza.
Eppure, mentre si dirigeva verso la Sala Grande per la cena, con la sua
borsa carica di libri e uno strano sorriso che non voleva andar via sul
volto, si ritrovò a pensare che, chissà, magari
quel
giorno non era poi così lontano...
Continua...
______________________________
Una nota prima di finire:
Le parole di troppo sono ovviamente quelle che Hermione dice durante
quella lezione di Erbologia, parole che non vorrebbe farsi sfuggire e
che invece, senza che lei possa impedirlo, le escono di bocca. I
pensieri di troppo, invece, sono quelli che occupano la mente della
nostra Grifondoro e che la distraggono in modo quasi ineluttabile dal
suo studio. Allo stesso tempo, questo rimurginare sulle cose non le
è affatto d’aiuto per uscire dal dilemma che la
perseguita, per cui i pensieri, oltre che di troppo, sarebbero
probabilmente da definire anche ‘inutili’.
Chiudo questo aggiornamento ringraziando come sempre LaurenSmith, aka Encia, per l'aiuto insostituibile. Grazie mille, tesoro. ^_^
Se vi va, sarò qui la prossima settimana, con il capitolo 2. E se poi vi andasse di farmi sapere cosa vi è sembrato di questo primo capitolo, bè, non potrei che esserne felice.
Alla prossima,
patsan
|
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Capitolo 2 *** Ron. La normalità delle cose ***
Poco più di una settimana ed eccomi con il secondo capitolo
della mia storia.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo e ancora
più coloro che hanno avuto la gentilezza di commentare.
Onestamente, è più di quel che mi aspettavo.
Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei chiarire alcune cose.
L'idea prima della storia è quella di raccontare dal punto
di vista di Ron ed Hermione quei pochi giorni trascorsi tra l'invito
alla festa di Lumacorno e il litigio tra Ron e Ginny. Di essi
non sappiamo praticamente niente, a parte il fatto che i due erano un po' più gentili
del solito l'uno con l'altra, che poi è quello
che nota Harry.
L'idea è che dopo un evento come l'invito alla festa ci
fosse molta aspettativa nell'aria tra loro, ma anche una certa
preoccupazione. Mi sono chiesta come si sentivano Ron ed Hermione
all'idea di avere un vero e proprio appuntamento. Questo fatto aveva
cambiato qualcosa nel loro modo di rapportarsi?
Ecco, è questo che cerca di indagare questa storia,
lasciando molto spazio all'introspezione come già avete
avuto modo di vedere.
Nel secondo capitolo toccherà a Ron, di ritorno
dall'allenamento di cui ci ha informato Hermione, riflettere su alcune
cose, ma non voglio anticiparvi nulla.
Buona lettura, e appuntamento alla fine del capitolo per alcune
considerazioni e i ringraziamenti.
_____________________________
2. Ron
La normalità
delle cose
Ron si buttò a peso morto sulla panca. Era ancora presto per
la
cena, eppure il suo stomaco aveva iniziato a brontolare già
da
un po’. Si tolse con calma i guantoni da portiere e si
passò una mano tra i capelli sudati.
Accanto a lui Harry, in piedi, con la scopa ancora in mano, non la
smetteva più di parlare.
“Non è per per fare il guastafeste, amico, ma ti
scongiuro, per oggi basta Quidditch... Le mie chiappe non riuscirebbero
a sopportarlo!”
Harry rise e si sedette a sua volta sulla panca di fronte. Erano gli
unici ad essere rimasti nello spogliatoio visto che il resto della
squadra era già rientrato al castello.
“E dire che io pensavo ti piacesse parlare di
Quiddich!” disse Harry con un sorriso mentre ripuliva gli
occhiali.
“Lo sai che mi piace” ammise Ron, “ma tre
ore di
allenamento speciale a cavallo di una scopa ti aiutano a riconsiderare
le tue priorità, capitano..”
Harry ridacchiò e inforcò nuovamente gli
occhiali.
“Lo so che sono pressante certe volte,” disse poi
tornando
serio, “ma voglio che la squadra sia al massimo al prossimo
incontro...”
“E’ logico che tu lo voglia. Sei il capitano,
no?” lo
interruppe Ron. “E comunque è quello che vogliono
tutti in
squadra, non preoccuparti. Non è certo a causa del tuo
fascino
magnetico che ci siamo allenati come matti con questo
freddo...”
Harry sorrise e scosse leggermente il capo.
“Non è come al solito, sai?” aggiunse
dopo un attimo
di silenzio. “Voglio dire, non è come gli altri
anni.
Insomma, è chiaro che se una squadra vince o perde
è per
merito di tutti i giocatori, ma essere capitano ti rende
più...
non so... più responsabile, ecco, e la vorrei davvero quella
coppa, Ron....”
Ron annuì. A dire il vero, tutto il Grifondoro la voleva.
“E poi...” proseguì Harry,
“non è solo
questo... Hermione direbbe che sono pazzo, ma... con tutto quello che
sta succedendo fuori da qui, io ho l’impressione che questa
cosa,
il torneo, sarà l’ultima cosa normale che
farò...”
Ron guardò il suo amico, che tuttavia volse lo sguardo
altrove. Non aveva difficoltà a capire a cosa si riferisse.
“E’ per via delle lezioni di Silente?”
Harry tornò a guardarlo e annuì.
“Silente mi sta
mostrando il passato di Voldemort. Evidentemente crede che possa
essermi utile. E’ come se mi stesse preparando ad
affrontarlo,
capisci? Non so cosa succederà in futuro, ma la situazione
è sempre più critica là fuori ed io ho
come la
sensazione che molto presto dovrò smetterla di nascondermi
dietro quelli che mi proteggono e darmi da fare.”
Ron non rispose subito. Osservò l’espressione
decisa di Harry.
La situazione
è sempre più critica là fuori.
Già...
Dopo la loro avventura al Ministero nel giugno precedente la gente
aveva dovuto ammettere che il mago oscuro più crudele di
tutti i
tempi era effettivamente tornato e tutti erano diventati più
sospettosi e impauriti. Le voci su Harry si erano moltiplicate e molti
lo indicavano come ‘il Prescelto’, colui che era
destinato
a sconfiggere Voldemort.
Lui ed Hermione ne avevano parlato a lungo quell’estate.
Erano
sempre stati al suo fianco quando lui aveva avuto bisogno di loro, ma
adesso... Se Harry davvero era il Prescelto, allora non aveva scelta,
non avrebbe mai avuto un’esistenza normale e se loro avessero
voluto continuare ad essere suoi amici... bè, allora nemmeno
loro avrebbero potuto continuare a vivere come se niente fosse.
In qualche modo, però, era proprio quello che stavano
facendo in quelle settimane.
“Senti Harry,” iniziò incerto Ron,
mentre il suo
amico si alzava, intenzionato ad andarsene, “le cose sono
cambiate, e forse cambieranno ancora in futuro, ma... Io credo che
abbiamo tutti bisogno di pensare che possiamo ancora avere la nostra
normalità.”
Harry l’osservò in silenzio, fermo sulla porta
dello spogliatoio.
“Hai visto Diagon Alley l’altro giorno?”
continuò Ron, fissando lo sguardo su Harry. “Tutti
correvano in fretta e furia, come se non vedessero l’ora di
tornarsene a casa, e tutto era grigio e triste in un modo... Mi ricordo
la prima volta che ci sono stato, con mio padre, quando ero piccolo. Lo
sai cosa mi colpì?”
Harry scosse il capo.
“I colori,” rispose prontamente Ron, “e
le voci.
Tutti continuavano a vociare ininterrottamente e non facevi altro che
vedere gruppi di persone ferme a chiacchierare tra loro. Adesso,
invece...”
“E’ un mortorio...” finì Harry
per lui.
Ron annuì. “Sembra che tutti abbiano paura che da
un
momento all’altro Tu-Sai-Chi possa sbucare da dietro un
angolo e
attaccarli. E magari è davvero così,
però...” Ron fece un piccolo sospiro e
guardò fisso
il suo amico. “Però, Harry, non lo so se si
può
vivere così... Forse hanno ragione Fred e George a
scherzarci
su, anche se la mamma rabbrividisce all’idea, ma non si
può pensare di passare tutto il tempo a preoccuparsi di
quello
che potrebbe succedere domani o tra dieci secondi. Rischi di impazzire,
sennò... E questo vale anche per te, amico, anche se tu
sei...
bè, quello che sei...” concluse con un gesto
eloquente.
Harry sorrise un po’. “Già... E forse
una buona
volta dovrei smetterla di preoccuparmi di quello che combina
Malfoy...”
Ron sorrise a sua volta, mentre l’amico sistemava per bene il
mantello sulle spalle.
Sarebbe bello se tu ci
riuscissi, Harry.
“Allora,” disse Harry dopo
un attimo di silenzio, “torniamo al castello?”
Ron alzò le spalle. “Inizia ad andare. Ti
raggiungo tra un po’.”
Harry annuì e lo salutò con un cenno della mano,
chiudendosi la porta dello spogliatoio alle spalle.
Rimasto solo Ron si mise in piedi. Posò i guanti che aveva
in
mano sul tavolo al centro della piccola stanza e si avvicinò
alla finestra che dava sul campo di Quidditch. Ormai il sole era quasi
del tutto calato oltre l’orizzonte e da lontano si scorgevano
le
luci del castello.
Diede le spalle alla finestra, guardando il piccolo spogliatoio senza
realmente vederlo.
Quando quell’estate si trovavano a parlare del futuro, lui ed
Hermione, avevano la certezza che molte cose sarebbero cambiate al loro
ritorno a scuola. Si erano chiesti come avrebbe reagito Harry, dopo
quello che era successo al Ministero e si erano detti di stargli
vicini, perché la morte di Sirius era stata davvero un duro
colpo per lui. Si erano addirittura trovati a pensare che il loro amico
avrebbe tentato di cercare Voldemort o Bellatrix, o entrambi, per
fargliela pagare. Alla fine si erano detti che, qualunque cosa fosse
successa, loro avrebbero fatto di tutto per proteggerlo, anche da se stesso
se necessario (erano state parole di Hermione, queste, e lui aveva
annuito, convinto).
Poi le cose erano andate diversamente.
Harry sembrava aver preso abbastanza bene la morte di Sirius e di punto
in bianco aveva confessato loro quel terribile segreto... la Profezia.
Certo, pensare che era stata la Cooman a pronunciarla un po’
lo
faceva sorridere – e dire che loro l’avevano
ritenuta
un’impostora per tutti quegli anni! – ma solo un
po’.
In realtà era una cosa orribile quella che aveva predetto.
Ron
sperava con tutto il cuore che non dovesse finire per forza
così.
Poi erano tornati a scuola, come tutti gli anni, e avevano ripreso la
loro vita di sempre, o almeno cercavano di non pensare al fatto che
ogni giorno, nel mondo reale, qualcuno scompariva e non dava
più
notizie di sé. Ad Hogwarts, in fondo, tutto era rimasto
normale
e anche se l’incidente di Katie Bell aveva fatto molto
scalpore,
sembrava che nessuno volesse davvero prendere in considerazione il
fatto che, ormai, nessun luogo fosse più sicuro.
Ron ricordò l’orologio che stava in cucina, alla
Tana, e
che da mesi segnava ‘pericolo mortale’ per tutti i
membri
della famiglia. Era rimasto sconvolto all’inizio, ma quando
lo
aveva raccontato ad Hermione lei, senza fare una piega, gli aveva fatto
notare che, a pensarci bene, non era affatto una cosa strana visto che
in fondo erano in guerra e che, anche se la situazione sembrava
tranquilla, sotto sotto non lo era per niente.
Hermione e la sua razionalità... Si era chiesto come potesse
affermare una cosa del genere con tanta tranquillità. Non
mostrava il minimo segno di incertezza, certe volte, quella ragazza.
Ron scosse la testa e strizzò forte gli occhi, come a voler
scacciare un cattivo pensiero.
Possibile che in un modo o nell’altro finisse sempre per
pensare a lei?
Sospirò e controllò l’orologio. Forse
era giunta l’ora di tornare al castello.
In fondo era quella la normalità, no? Lezioni, allenamento,
cena, studio.
Lezioni.
Allenamento.
Cena.
Studio.
E ancora così, all’infinito e senza paranoie
mentali finchè potevano permetterselo.
Ron si staccò dal muro e prese i guanti che aveva
abbandonato
sul tavolo. Poi afferrò il mantello e se lo
sistemò con
cura sulle spalle, lo sguardo rivolto alle luci lontane del castello.
Non potè fare a meno di chiedersi se lei fosse
già a
cena, visto che a quell’ora era probabile che avesse smesso
di
studiare per scendere in Sala Grande.
Istintivamente si ritrovò ad inghiottire. E se avesse
accennato a quello che si erano detti quella mattina?
Ron si impose di non pensarci e afferrò invece la scopa che
aveva lasciato poggiata alla parete dello spogliatoio. Quando la
spostò vide una minuscola scritta graffita che non aveva mai
notato prima.
Delle iniziali, racchiuse in un cuore.
H.G.
Sotto c’era una data.
04/14/1986.
Ron sbuffò.
Non. È.
Possibile.
Uscì dallo spogliatoio in gran fretta e si
ritrovò
all’aperto. Rabbrividì nel freddo della sera e si
incamminò a passi svelti verso il castello, stringendo forte
il
bavero del mantello davanti alla faccia per proteggersi dal vento
gelido.
La sua doveva essere una specie di maledizione, non c’erano
dubbi: in qualche modo, non sapeva nemmeno lui come, forse proprio per
merito dell’allenamento estenuante di Harry, era riuscito a
non
pensare ad Hermione e alla loro strana conversazione per tutto il
giorno, e adesso, proprio quando sapeva che l’avrebbe rivista
di
lì a pochi minuti, tutto, tutto, persino una
sconosciuta giocatrice di Quidditch di dieci anni prima, finiva per
fargliela tornare prepotentemente in mente.
Accellerò il passo, mentre un piccolo sorriso gli si formava
sul volto, suo malgrado.
In fondo era sempre stato così, non doveva stupirsene. Lei
aveva sempre invaso i suoi pensieri.
Sempre.
Dopotutto, pensò, anche quello era normalità.
Continua...
_________________________
Nota al capitolo:
Innanzittutto, il titolo. La normalità
delle cose
si riferisce ovviamente al fatto che tutti vorrebbero vivere una vita
normale, senza pensare continuamente allo stato di guerra in cui ormai
il mondo magico è caduto, e che i primi a volerlo fare sono
proprio i nostri protagonisti. Spero vivamente che la piega che
assumono i pensieri di Ron in questo capitolo non vi abbia lasciato
troppo perplessi. E' probabile che vi aspettaste una riflessione
sull'invito o la messa in scena dei suoi dubbi al riguardo, come avevo
fatto con Hermione. L'idea originale era quella, ma poi mi son detta
che crogiolarsi nei pensieri è tipico di Hermione, ma non di
Ron, e così il capitolo ha preso una piega diversa, molto
più puntata sull'attualità, se vogliamo.
Del resto è un pò questo il carattere del Principe Mezzosangue.
All'inizio l'atmosfera è cupa, insicura, tesa (pensate alla
visita a Diagon Alley, a cui accenna qui Ron), poi nel resto del libro
questo sensazione di perde. Harry rimane sempre sospettoso di Draco,
per esempio, ma anche lui si lascia trascinare da quella sorta di gaia
normalità del libro, da commedia romantica, fino, poi, alla
tragedia finale.
La mia storia, invece, è abientata nei primi capitoli del
libro, i ragazzi sono arrivati relativamente da poco a scuola e il
contrasto tra il dentro e il fuori, a mio modo di vedere, poteva
lasciare un pò spiazzati, nonostante si cercasse di non
pensarci, come succede a Ron. Vedrete, comunque, che non
è l'unico.
Ma la normalità
delle cose si riferisce anche al fatto che,
nonostante tenti di impedirlo, i pensieri
di Ron finiscono sempre, inevitabilmente, per confluire su Hermione che
è presente in ogni situazione e attimo della sua vita, dalla
discussione estiva prima dell’arrivo di Harry, ai compiti da
fare, alle lezioni da seguire... Fino a quel casuale quanto inaspettato
graffito sulla parete dello spogliatoio...
La parte, se volete, più squisitamente romantica (e spero
non banale) del capitolo.
Infine ringraziamenti:
*Carli*:
Felice che l'idea ti sia piaciuta. Spero che continui a
piacerti anche con questo secondo capitolo ^_^
daniel14: Ma
mille grazie dei complimenti! Sono contenta che ti sia piaciuto il
primo capitolo. Fammi sapere se col secondo ho azzardato!
Gluck88:
Eccoti il secondo capitolo. Piaciuto? Grazie dei complimeti anche a te!
Rik Bisini:
Bè, mi ha fatto molto piacere ricevere la tua recensione. Ed
hai ragione lo spunto è interessante, ma è
davvero una sfida, anche perchè, come tu sai bene, nei
missing moment si deve sempre fare attenzione a non forzare le cose e
le sensazioni in vista di quello che accadrà dopo. E' per
questo che vedrai Ron ed Hermione molto cauti l'uno con l'altra.
Riguardo la domanda che mi fai, credo di aver già risposto
al'inizio. No, l'allenamento a cui si accenna nel primo
capitolo non
è quello del litigio con Ginny. Anzi, la mia
storia nemmeno ci arriverà a descrivere quel litigio
nè tutto il patatrac che avviene dopo. Si ferma molto prima,
in modo da giustificare il pensiero di Harry che i due tra loro erano
più gentili del solito.
egip:
Particolare, eh? Credo possa stare per originale e ne sono felice.
Sì, tutti i kicker hanno sognato per poche righe quello che
poteva succedere. Fai conto che quelle poche righe, nella mia storia,
si siano trasformate in parecchie pagine di attesa.
Grazie ancora a tutti, alla prossima settimana.
Baci,
patsan
|
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Capitolo 3 *** Hermione. Senza ragione apparente ***
Eccomi con la terza parte di In
the following days, missing moment del Principe Mezzosangue
dedicato a quei due testoni di Ron ed Hermione.
Negli scorsi capitoli si è fatto cenno ad una scena del
libro che per la durata di poche pagine ha fatto sperare tutti i
kicker, l'invito di Hermione a Ron alla festa di Natale di Lumacorno.
La mia storia prende le mosse da lì.
Nel primo capitolo Hermione ha affrontato le conseguenze del troppo
pensare, che certe volte non conduce a risultati apprezzabili,
soprattutto in questioni di cuore, mentre nel secondo Ron si
è trovato suo malgrado a riflettere sulla situazione strana,
insicura eppure fintamente normale, che si respira ad Hogwarts in quei
primi mesi di scuola e questo riflettere ha portato inevitabilmente i
suoi pensieri su Hermione e sull'inaspettato invito alla festa.
Ora i due stanno per vedersi, a cena. Potrebbe essere l'occasione per
chiarire un pò di cose dopo quello strano invito. Potrebbe
essere, ma non lo sarà e per una volta non per colpa dei
caratterini un po' troppo suscettibili dei nostri due...
A voi scoprire di cosa si tratta.
Approfitto di questo spazio per ringraziare coloro che hanno letto il
secondo capitolo e ancora di più chi ha avuto la gentilezza
di commentare.
Vi avviso che quello che state per leggere potrebbe lasciarvi
spiazzati, forse più della piega che hanno preso i pensieri
di Ron nel capitolo precendente.
Fidatevi. So dove voglio arrivare.
Datemi fiducia e lo scoprirete capitolo dopo capitolo. ^_-
_____________________________________________
3.
Hermione
Senza ragione apparente
Hermione
era seduta già da un po’ al tavolo dei Grifondoro
in Sala Grande e sfogliava la sua copia della Gazzetta
del Profeta ricevuta quella mattina via gufo. Era stata
impegnata tutto il giorno e non aveva ancora avuto occasione di
leggerla, così
utilizzava il breve lasso di tempo prima dell’inizio della
cena per tenersi
aggiornata sulle ultime notizie.
La
sua attenzione, tuttavia, era piuttosto scarsa, un po’
per la stanchezza di una giornata passata tra lezioni e studio, un
po’ perché,
per quanto la cosa cominciasse ad irritarla, non riusciva a smettere di
lanciare occhiate furtive all’entrata, in attesa
dell’arrivo di una certa testa
rossa di sua conoscenza.
Stizzita,
voltò pagina un po’ troppo bruscamente e
finì per
strappare il foglio che aveva in mano, quello dedicato alla cronaca
nazionale.
Possibile
che il solo pensiero di rivederlo la agitasse
così tanto?
Hermione
fece un piccolo sospiro e lisciò con una mano il
foglio di giornale strappato, tirando fuori la bacchetta per sistemarlo
con un Reparo. Puntò la
bacchetta verso il
foglio e si bloccò.
La
sua attenzione era stata attirata dal titolo di un
trafiletto stampato in fondo alla pagina.
Famiglia babbana massacrata nello
Yorkshire
Non si esclude la
responsabilità dei seguaci dell’Oscuro Signore
noti come Mangiamorte
Hermione
scorse velocemente l’articolo. Il giornalista –
tale Jimmy Maffet – raccontava come i corpi senza vita di
cinque persone erano
stati ritrovati nella loro abitazione nella mattinata del giorno
precedente. I
vicini di casa avevano sentito dei rumori e avevano avvertito le forze
dell’ordine. Tuttavia la polizia babbana non sapeva dare
ragione di quelle
morti apparentemente inspiegabili visto che non c’erano segni
evidenti sui
corpi, ma gli Auror presenti sul posto avevano supposto che i Babbani
fossero
morti a causa di qualche Maledizione Senza Perdono.
L’articolo proseguiva
dicendo che questo era il terzo caso di Babbani uccisi senza ragione
apparente
nel giro degli ultimi due mesi nello Yorkshire.
Ragione apparente.
Come
se Voldemort e i suoi Mangiamorte avessero bisogno di
qualche ragione per uccidere dei Babbani.
Hermione
lesse di nuovo l’articolo, colpita dal fatto che
bastassero così poche parole per raccontare una tale
atrocità.
Improvvisamente
non ebbe più fame e quando dinanzi a lei
apparve un piatto pieno di zuppa fumante, lo spinse via quasi
infastidita.
“Non
dirmi che non hai fame, Hermione, io mangerei un
cinghiale intero stasera!” squillò da dietro la
sua spalla la voce di Harry.
L’amico
prese posto accanto a lei, sospirando felice alla
vista del proprio piatto che si riempiva di stufato caldo.
Hermione
si voltò verso di lui, senza sapere cosa dire.
Non
riusciva a levarsi dalla mente l’immagine di un gruppo
di Mangiamorte che entra in piena notte in casa di qualcuno e lo uccide
per
puro divertimento.
“Come...
cosa hai detto?”
Harry
la fissò, la fronte corrucciata.
“Ho
detto che ho una fame da lupi... Ma, Hermione... è
successo qualcosa?” chiese preoccupato adocchiando la Gazzetta del Profeta ancora aperta sul
tavolo.
Hermione
rimase un po’ incerta, poi chiuse il giornale e lo
piegò. Scosse la testa.
“No...
no... niente. Credo di essere solo un po’
stanca...”
mentì.
“Secondo
me è il troppo studio” intervenne qualcun altro al
suo fianco. “Oggi te ne sei stata tutto il pomeriggio
rinchiusa in
biblioteca... Non dovresti stancarti tanto, la scuola è
appena iniziata,
dopotutto.”
Hermione
voltò la testa di scatto.
Ron,
seduto accanto a lei, le rivolgeva un sorriso timido.
Quand’era
arrivato?
Immediatamente
si ritrovò ad arrossire.
Distolse
lo sguardo senza rispondere, fissando il giornale
che teneva ancora in mano. Poi prese la borsa che aveva poggiato a
terra
accanto a sé e ve lo ripose.
Si
sentiva strana. Faceva fatica a prestare attenzione a
quello che le succedeva intorno. Diede un’occhiata ad Harry
che mangiava
tranquillo il suo stufato lanciando di tanto in tanto delle occhiate
sospettose
al tavolo dei Serpeverde dall’altro lato della sala.
Poi
guardò Ron. Lo osservò per un po’, ma
lui continuò a mangiare
dal suo piatto con la solita voracità, apparentemente ignaro
del fatto che lei
lo stesse fissando, anche se Hermione notò che aveva le
punte delle orecchie un
po’ arrossate.
Tornò
a guardare la sua zuppa. Il fumo continuava a salire dal
piatto in leggere spirali.
“Sicura
di stare bene?” sussurrò poi la voce di Ron.
Hermione
quasi sussultò. Lo guardò di nuovo, in silenzio.
“Ehi?”
chiese ancora Ron, un po’ preoccupato, visto che lei
non rispondeva, “tutto a posto?”
Nel
farlo si avvicinò inconsapevolmente ad Hermione che
d’istinto, invece, si allontanò.
Ron
la fissò, stupito, e poi spostò la mano che aveva
sul
tavolo e che teneva vicina a quella di lei.
Hermione
si sentì mancare il fiato a quel gesto.
Non
voleva fuggire da lui, solo che non si aspettava quel
movimento e soprattutto non riusciva a capire cosa le stesse succedendo.
“Ron...”
sussurrò.
L’amico
non diede segno di averla sentita, continuando a
prestare cocciutamente attenzione al piatto che aveva dinanzi a
sé.
Hermione
inghiottì e fece un piccolo sorriso tirato. Non
voleva che tra loro ci fossero delle incomprensioni proprio adesso che
le cose
sembravano andare un po’ meglio del solito.
“Ron...
senti... è... è tutto a posto, davvero”
disse con tutta
la convinzione che riuscì a racimolare. “Grazie
per avermelo chiesto...”
Ron
la guardò per un istante, scrutandola come indeciso, ma
poi le sorrise e i battiti del cuore di Hermione accellerarono di
colpo. Si
ritrovò a guardare le loro mani sul tavolo, ancora piuttosto
vicine, e pensò a
quanto avrebbe voluto che si toccassero, solo per una volta. Poi
alzò di nuovo
lo sguardo su di lui e si sorprese di scoprire che Ron la stava ancora
osservando. Non appena i loro occhi si incrociarono, però,
lui distolse lo
sguardo e arrossì un po’ tornando a guardare nel
proprio piatto.
Hermione
rilasciò piano il respiro, accorgendosi solo
allora di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Avvicinò
a sé la zuppa ormai tiepida ed iniziò a
rimescolarla.
Continuò
a compiere quel movimento quasi ipnotico per
qualche minuto, mentre accanto a lei tutti proseguivano allegri il loro
pasto e
i piatti si riempivano di nuove, appetitose pietanze.
A
lei, invece, la fame era totalmente passata. Buttò
giù un
paio di cucchiai, giusto per non restare del tutto a digiuno, ma il
senso di
chiusura alla bocca dello stomaco non voleva andar via.
Per
giunta le parole lette in quell’articolo continuavano a
tornarle in mente.
Ma
poi... perché? Non era la prima volta che leggeva di
morti sospette in quei mesi...
Sì, però...
Erano
solo poche righe senza nessuna enfasi, in fondo.
Poche
parole stampate su un foglio... come se si trattasse
di una cosa insignificante.
Una cosa
insignificante...
Decise
di lasciar perdere la zuppa e allontanò da sé il
piatto con un gesto deciso, cercando di concentrarsi su altro. Attorno
a lei
tutti sembravano impegnati in qualche conversazione interessante.
“...
sì insomma, mia nonna all’inizio non era molto
d’accordo,
ma pare che una lettera della McGranitt le abbia fatto cambiare idea,
anche se
non so in che modo” stava dicendo Neville ad un Harry
piuttosto distratto.
“Comunque non trovi anche tu che le lezioni di Incantesimi di
quest’anno non
siano poi così terribili come ci si potrebbe aspettare?
Penso che se mi impegno
un po’ potrei anche farcela...”
“Per
carità, non mi vestirei mai di arancione!”
squittì
all’improvviso una ragazzetta del quarto anno di cui Hermione
non conosceva il
nome. “E’ talmente fuori moda!”
“Quindi
abbiamo passeggiato per ore sotto le stelle e
dovevi vedere com’era tutto tenero e gentile...”
raccontava Demelza Robins ad
una sua compagna di corso che la guardava adorante qualche posto
più in là.
“E
poi cos’è che avete fatto?” chiese
curiosa l’amica.
“Devo
davvero dirtelo? I miei non erano a casa quella sera
e perciò...” Demelza sorrise maliziosa senza
completare la frase e poi entrambe
scoppiarono a ridere.
All’improvviso
Hermione sentì il bisogno di stare da
un’altra parte.
Si
alzò bruscamente dal tavolo e afferrò la sua
borsa, mentre
Harry si voltava stupito a guardarla, assieme a Ron e ad un buon numero
di
studenti del Grifondoro.
“Te
ne vai di già?” chiese Harry lanciando
un’occhiata al
suo piatto ancora pieno.
Hermione
annuì.
“Devo
finire il compito di Trasfigurazione ed è già
piuttosto
tardi.”
“Ma
non è per lunedì quel compito?” si
intromise Neville,
una nota preoccupata nella voce.
“Sì
che è per lunedì, ma sai che Hermione ama tenersi
sempre un passo avanti agli altri” rispose per lei Ron, con
un breve sorriso.
Hermione
sorrise a sua volta, un po’ imbarazzata e distolse
subito lo sguardo. Poi salutò i ragazzi con un cenno della
mano e si avviò in
fretta verso l’uscita della Sala Grande.
Percorse
quasi di corsa i corridoi vuoti del castello,
incontrando soltanto Nick-Quasi-Senza-Testa che le fece un piccolo
inchino
trattenendo con la mano la testa ancora in parte attaccata al collo.
Hermione
lo salutò a sua volta e rallentò la corsa.
Non
era da lei fuggire in questo modo, lo sapeva, ma non
riusciva più a starsene seduta in quella stanza piena di
ragazzi che vivevano
come se fuori tutto proseguisse nel migliore dei modi.
Dannazione,
non era così! Mentre loro se ne stavano a
scuola come se niente fosse, fuori da quelle mura si scatenava una
guerra. Una
guerra che coinvolgeva anche chi non c’entrava niente!
Il terzo caso di
babbani in due mesi.
Babbani.
Hermione
sentì la rabbia montarle nel petto.
Come
poteva quella gente essere così crudele da decidere di
uccidere qualcuno solo perché non era in grado di eseguire
degli incantesimi? Come
era possibile che esistessero persone del genere?
Perché
nessuno faceva niente per fermarli?
Hermione
accellerò di nuovo il passo e imboccò
l’ennesimo
corridoio deserto. Ad un tratto si fermò.
Davanti
a sé c’era una vecchia porta di legno scuro.
Sorrise,
un po’ sollevata.
Si
guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno,
poi mise la mano sulla maniglia ed entrò.
Continua...
________________________________
Nota
al capitolo:
Come
ho già scritto prima del capitolo, fidatevi, la storia non
mi è sfuggita di mano. E' la stessa atmosfera di quei primi
capitoli del sesto libro a portarmi su questa strada e i nostri due,
soprattutto Hermione, dovevano in qualche modo farci i conti.
Per quanto riguarda il titolo del capitolo, come al solito, non
è scelto a caso.
Senza ragione
apparente si riferisce all’omicidio – ai
molti omicidi – commesso dai
Mangiamorte e di cui Hermione legge sul giornale, ma si riferisce anche
al
comportamento di Hermione, che, senza capire perché, rimane
turbata da questa
notizia più di quanto le sembri necessario. E' questo che
dovete tenere presente nei capitoli successivi. Hermione non riesce a
capire perchè rimane così turbata da una notizia
che, tutto sommato, non è una novità. Quanta
gente hanno assassinato i Mangiamorte fino a quel momento? Quanta gente
è scomparsa nel nulla? Eppure, qualcosa l'ha turbata
più del solito. C'è un motivo, anche se ancora
non lo sa neanche lei, almeno non a livello cosciente.
Ma lo scoprirà e noi con lei. Grazie a Ron.
Ma
il titolo ha anche un altro significato. Il comportamento di Hermione
durante la cena, il mutismo nel quale cade e la sua
‘fuga’ dalla
Sala Grande possono esser sembrati (sono
sembrati)
senza ragione apparente anche ai
suoi
amici che appaiono non poco stupiti – e preoccupati
– dal suo strano modo
d’agire. Qualcuno si darà da fare e non
c'è bisogno che vi dica di chi si tratta...
Infine i ringraziamenti:
daniel14: Lo
so, lo so, anche la mia beta è rimasta stranita dai pensieri
di Ron. Era la cosa più ovvia, che anche lui riflettesse su
quell'invito, almeno in una ff. Non in questa, a quanto pare, dove la
realtà può anche entrare, come uno
spiffero freddo, a scombinare le aspettative, anche quelle di chi la
scrive, te lo assicuro. Spero che questo non ti scoraggi dal proseguire
con la lettura. Arriveremo al romanticismo, vedrai, ma a piccoli passi.
Sannyna: Mi
ha fatto veramente piacere ricevere la tua recensione. E ancora di
più il fatto che ritorni a scriverne una dopo un bel po'.
Sono cntenta che pensi che 'ne valga la pena'. E mi fa piacere che tu
abbia colto atmosfera e particolari. Ecco, è questo la
storia che racconto. Atmosfera e particolari, che, poco a poco, si
ricollegano l'uno all'altro. Se continuerai a leggere (e lo spero
vivamente) ti renderai conto che i Ron ed Hermione che metto il scena
sono forse più 'pacati' di quelli vivaci e ironici dei
libri. Non credo siano OOC, però. E' lo stato d'animo che,
in certe occasioni, si accompagna alla sera. E avrai notato che finora
la storia si svolge sul far della sera. Il sole è appena
tramontato e fuori ormai è buio. Tieni presente questo nella
lettura. Dà la giusta prospettiva.
Grazie ancora a tutti, a alla prossima settimana,
patsan
|
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Capitolo 4 *** Ron. Eppure, sentire ***
Puntuale
come poche volte in vita mia eccomi a pubblicare il quarto capitolo
della mia ultima storia, missing moment del sesto libro di Harry Potter
dedicato, ovviamente, a Ron ed Hermione.
Nello
scorso capitolo la nostra Hermione è rimasta fortemente
turbata da una notizia letta sul giornale poco prima di cena e senza
sapersi spiegare il perchè ha sentito ad un certo punto il
bisogno di allontanarsi dalla Sala Grande, lasciando piuttosto
perplessi i suoi migliori amici. Dopo aver percorso i corridoi deserti
- o quasi - di Hogwarts ha trovato rifugio dietro una vecchia porta di
legno scuro. Che posto sarà?
Se ci pensate bene, probabilmente, ci arriverete anche voi.
Ma adesso
basta indugiare, è la volta del nostro rosso preferito e
stavolta i suoi pensieri convergeranno ben poco
sull'attualità e molto più su una persona che gli
sta particolamente a cuore...
Buona
lettura e appuntamento a fine capitolo per qualche nota conclusiva e i
ringraziamenti.
______________________________
4. Ron
Eppure,
sentire
Ron
era comodamente seduto su una delle vecchie poltrone
nella sala comune Grifondoro.
Accanto
a lui Harry, alcuni libri aperti e una pergamena
sgualcita posati sul tavolo, cercava di capire cosa scrivere ancora nel
suo
tema.
Anche
Ron doveva terminare il suo compito di Pozioni per il
giorno successivo, ma la voglia di tirar fuori i libri e riempire gli
ultimi 15
centimetri con la scrittura più larga che gli riuscisse non
lo attirava per
niente, perciò se ne stava semplicemente seduto, o meglio
semi-sdraiato, a
fissare il nulla davanti a sé.
“Credi
che se non finisco il tema Lumacorno mi punirà?”
chiese
ad Harry senza il minimo interesse.
Harry
alzò le spalle in risposta. “Fondamentalmente non
mi
sembra cattivo...” aggiunse poi a mo’ di
spiegazione.
“Bè,
dopo Piton chiunque sembrerebbe un agnellino...”
rispose Ron con un mezzo sorriso. “E poi a te ti adora,
quindi se fossi tu non
ci sarebbero problemi, ma io... Non sono mai fortunato in queste
cose...”
“Puoi
sempre chiedere ad Hermione di aiutarti” suggerì
Harry
alzando gli occhi dal suo compito. “Domattina abbiamo
un’ora libera dopo Incantesimi...”
Ron
annuì e per un po’ rimase in silenzio,
sovrappensiero.
Poteva
chiedere ad Hermione di aiutarlo, in effetti, anche
se dopo la sua strana uscita dalla Sala Grande non l’aveva
più vista. Avrebbe
dovuto aspettare il giorno successivo e sorbirsi una ramanzina sul suo
pensare
alle cose sempre all’ultimo minuto.
Ron
sbuffò. Erano davvero una strana accoppiata. Lei capace
di anticiparsi i compiti fino alla settimana successiva, lui che
nemmeno si
preoccupava di terminare quelli per il giorno dopo...
Ripensò
al modo in cui l’amica aveva abbandonato la cena a
metà, poco prima. Chissà come mai se
n’era andata così di corsa? Non era certo
per studiare, visto che quando lui ed Harry erano rientrati in sala
comune lei
era già salita in dormitorio.
Ron
notò che Harry continuava a fissarlo.
“Cosa
c’è?”
Harry
distolse in fretta lo sguardo e mormorò un niente
davvero poco convincente.
“Sicuro?”
“Sì,
certo, niente.”
Ron
decise di crederci. Se Harry avesse voluto parlargli di
qualcosa l’avrebbe fatto, non c’era bisogno che lui
insistesse.
“Non
ti sembra che prima Hermione se ne sia andata un po’
troppo in fretta?” chiese prima di poterci riflettere. Si
morse la lingua.
Quando avrebbe imparato a controllarla?
Harry
lo guardò di nuovo. “Dalla Sala Grande
dici?”
Ron
annuì, sapendo che era troppo tardi per tirarsi
indietro. “Praticamente è scappata via senza
mangiar nulla. E’ strano, no?”
Harry
sorrise. “Sarebbe stato strano se si fosse trattato di te, ma
è
Hermione. Quando ha in mente qualcosa non sente più nemmeno
la fame,
lo sai. Voleva
finire di studiare, lo ha detto.”
Ron
sollevò un sopracciglio, poco convinto. Decisamente non
era quello il motivo.
Il
giorno dopo avrebbe indagato.
Per
un po’ rimase in silenzio, senza pensare a niente di
particolare. Poi decise che era stanco di starsene lì a non
far nulla. “Senti,”
disse ad Harry mentre si metteva lentamente in piedi, “io
esco a fare un giro. Se
qualcuno ti chiede, di’ che ho scordato una cosa in Sala
Grande o che sono
fuori per un giro di ronda, ok?”
Harry
lo guardò perplesso, ma annuì senza fare domande
e
Ron potè uscire in tutta tranquillità dal buco
del ritratto.
*****************
Camminava
già da un po’ per i corridoi in penombra della
scuola quando vide da lontano l’ombra argentea di
Nick-Quasi-Senza-Testa.
Il
fantasma del Grifondoro gli andò incontro sorridente, ma
Ron non ne fu molto felice. Non si sentiva per niente in vena di
chiacchierare.
“Tutto
bene, mio giovane amico?” chiese lo spettro dopo
aver accennato un breve inchino.
“Sì...
stavo solo, ehm... facendo un giro di controllo, e
sono piuttosto di fretta” rispose Ron cercando di tagliar
corto il più
possibile e senza smettere di camminare.
Il
fantasma, tuttavia, gli si affiancò fluttuando a
mezz’aria e lo seguì senza dare cenno di volersene
andare.
“Eh
già, sei un Prefetto, eh?” chiese Nick
occhieggiando il
distintivo che Ron portava al petto. “Quando frequentavo
Hogwarts non
esistevano incarichi del genere per gli studenti. Figuriamoci,
erano
tempi duri, ragazzo, ma ammetto che mi sarebbe piaciuto poter dare una
mano ai
miei insegnanti di allora, maghi tutti d’un pezzo, e credo
anche, modestia a
parte, che avrei potuto essere molto adatto
all’incarico...”
Ron
alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente.
Continuò
a camminare cercando di ignorare quello che il fantasma andava dicendo,
anche
se le sue chiacchiere gli giungevano fin troppo chiare nel silenzio dei
corridoi deserti.
Perché
poi avesse sentito d’un tratto la necessità di
uscire dalla sala comune ancora non lo sapeva, ma di certo non era dei
vaneggiamenti di un fantasma mezzo matto che aveva bisogno. Stava
già pensando
di dire senza mezzi termini allo spettro di lasciarlo in pace, quando
gli venne
in mente la faccia che avrebbe fatto Hermione se avesse saputo quello
che
voleva fare.
Gli
avrebbe dato come minimo dell’insensibile e gli avrebbe
spiegato con la stessa impazienza con cui si spiega una cosa ovvia ad
un
bambino un po’ tonto che Nick-Quasi-Senza-Testa era morto e che se era nello stato di
fantasma voleva dire che non
aveva accettato fino in fondo quella morte e che quindi lui, Ron,
doveva
comportarsi bene e rispettosamente nei suoi confronti e tutta
un’altra serie di
stupidaggini simili.
Si
morse la lingua e continuò a restare in silenzio,
maledicendo tra sé e sé l’amica e la
sua buona
educazione.
Le
sue labbra, tuttavia, si piegarono in un sorriso un
po’ rassegnato, perché non ci aveva mai pensato
prima, ma adesso si rendeva
conto di quanto Hermione riuscisse ad influire sul suo comportamento
anche
senza essere presente. Ed era una constatazione irritante, in
parte, ma
anche... rassicurante, in un certo senso.
Per
lo meno il rischio di farla arrabbiare diminuiva.
Di
colpo si oscurò.
Come
mai era scappata in quel modo prima?
Di
certo non era per i compiti. Da molto tempo ormai quelli
non rappresentavano più la priorità per Hermione.
Certo, la scuola era sempre
importante e lei non l’avrebbe mai messa da parte, ma con
tutto quello che era
successo negli ultimi anni, Ron sapeva che adesso erano ben altre le
cose in
grado di turbare la sua amica.
La
guerra, per esempio.
E
aveva notato che Hermione stava leggendo il giornale
quando lui era arrivato in Sala Grande. Era quasi sicuro che il suo
strano
comportamento avesse a che fare con quello.
Del
resto, ripensando alla cena, non gli sembrava di aver
fatto qualcosa che potesse averla fatta arrabbiare. Sarebbe stato un
altro buon
motivo per spingerla ad andarsene in fretta, ma non era quello il caso.
Anzi,
Hermione gli aveva sorriso più di una volta – cosa
che Ron ricordava particolarmente bene, e con una fastidiosa sensazione
di
chiusura alla bocca dello stomaco. E dire che lui ad un certo punto non
riusciva
a levarle gli occhi di dosso!
Magari
era per quello... L’aveva fatta sentire in imbarazzo
e lei se n’era andata.
“E
così quando posso cerco di dare ancora una mano”
stava
dicendo intanto la voce di colpo un po’ più alta
di Nick, il quale aveva forse
capito che il suo interlocutore non era poi tutt’orecchi come
lui desiderava.
Ron
fece per dire qualcosa, al diavolo Hermione e le sue
buone maniere, ma il fantasma lo precedette.
“Sai,
anche se son morto non vuol dire che io non possa
essere utile,” continuò imperterrito, “e
Merlino sa quanto ce n’è bisogno dal
momento che i prefetti di questi ultimi anni mi sembrano davvero troppo
poco
scrupolosi...”
Ron
alzò un sopracciglio a quest’affermazione,
chiedendosi
se per caso dovesse prenderla come una specie di insulto.
“...
a parte te e la dolce signorina che ti affianca come prefetto
del Grifondoro, naturalmente” aggiunse leggiadro Nick, come
se volesse
correggere il tiro. “Lei sì che è una
ragazza attenta, l’ho vista poco fa nel
corridoio del primo piano, intenta sicuramente in uno dei suoi giri di
ispezione...”
Ron
smise di camminare, colpito dalle ultime parole dello spettro.
“Hai
visto Hermione?” chiese stupito.
“Come?
Oh! Parli dell’altro prefetto del Grifondoro?”
rispose Nick con un gesto plateale. “Oh, sì, mi
pare si chiami proprio così.
Nome buffo vero, per una ragazza della sua età? Ma verso la
metà dello scorso
secolo era piuttosto comune tra le fanciulle, sai? Per i corridoi di
Hogwarts
non facevi altro che sentire questo nome...”
Ron
piantò il fantasma intento a ricordare le mode
dei
nomi femminili d’Inghilterra durante gli ultimi
duecent’anni e si mise a
correre attraverso il castello.
Per
poco non inciampò in un’armatura che si trovava in
fondo ad una scalinata, dove decisamente non doveva stare, e
sentì da lontano
la malefica risata di Pix, con ogni probabilità
l’autore dello
spostamento, in attesa della sua prossima vittima.
A
quel punto rallentò la corsa. Se avesse attirato il
Poltergeist
dispettoso non sarebbe mai arrivato dove doveva andare.
Camminò
più lentamente, cercando nel contempo di riprendere
fiato.
Era
un idiota.
Quando
era arrivato in sala comune e non aveva visto
Hermione si era detto che evidentemente era già salita in
dormitorio. Eppure
avrebbe dovuto capire che l’Hermione pensierosa di quella
sera avrebbe cercato
piuttosto un posto in cui starsene da sola a riflettere, e di certo
quel posto
non era il suo dormitorio, con le compagne di stanza chiacchierone che
si
ritrovava.
Sicuramente
aveva cercato un posto in cui nessuno l’avrebbe
disturbata.
Ron
fece un sorrisetto.
Nessuno
tranne lui, ovviamente, che invece sapeva molto
bene dove cercare.
Percorse
con calma il corridoio vuoto del primo piano e
arrivato circa a metà si fermò. La porta
dell’aula era proprio davanti a lui.
Fece
un respiro profondo ed entrò cercando di fare meno
rumore possibile.
Continua...
________________________________
Note di fine capitolo:
Chissà
se Ron ha avuto la giusta intuizione... Per scoprirlo dovrete leggere
il prossimo capitolo.
Intanto lasciatemi
dire qualche nota su questo. Non nascondo che è uno dei miei
preferiti. Amo molto rappresentare Ron alla ricerca di
qualcosa,
anche se nemmeno lui sa bene di cosa si tratti. Non sa
perchè
sente il bisogno di allontanarsi dalla sala comune. A differenza di
quello che è successo ad Hermione nel capitolo precedente,
non
c'è una vera causa scatenante, qualcosa che gli faccia dire
'non
riesco più a stare qui'. Esce, forse semplicemente per
starsene
per i fatti suoi, per non sentire gente intorno, forse
perchè
muovere le gambe lo aiuta a non farsi troppe domande, sullo strano
comportamento di Hermione a cena, per esempio, o su quello che accade
nel mondo esterno, o ancora sul suo rapporto con la ragazza.
Esce, ed è come se sentisse di dover stare altrove. E' a
questo che si riferisce il titolo: eppure,
sentire, riprendendo il verso di una nota canzone
di Elisa, è quello stato d'animo che ti prende a volte,
quando senti, percepisci
che c'è altro che devi fare o capire, ma non sai ancora
cosa,
non ce l'hai chiaro, sai solo che non è nella
realtà di
tutti i giorni la risposta che cerchi.
Sulla sua strada Ron
incontra il vecchio Nick, personaggio che amo molto rappresentare, e mi
piace l'idea che grazie a lui Ron capisca, forse non chiaramente, ma di
certo intuisce, il motivo per cui doveva stare altrove. E finalmente
sa, in senso reale ma anche metaforico, dove andare.
Spero che il discorso diventi più chiaro nei prossimi
capitoli.
Ringraziamenti:
Sunnyna: Innanzittutto
chiedo umilmente perdono perchè nello scorso aggiornamento
ho
sbagliato a scrivere il tuo nick, chissà a che pensavo -_-"
E poi grazie per il commento. Sono felice che la storia ti
stia
coinvolgendo (e non sono mica sicura che questo capitolo abbia
soddisfatto la tua curiosità, ma lo faranno i prossimi,
stanne
certa) e ancora di più sono felice che tu ne senta
l'atmosfera.
Spero che continuerai a sentirti ad Hogwarts anche con i prossimi
capitoli. ^_-
Un
unico commento a
cui rispondere questa volta, e sebbene non possa dirmene stupita, mi
chiedo se la cosa sia dovuta ad una difficoltà nel
seguire
la storia che procede per gradi e passa attraverso stati mentali,
piuttosto che azioni.
Non capisco se la storia non piace, oppure se, come spesso succede,
è solo mancanza di tempo... Spero sia quest'ultima ipotesi, ma in caso ci fossero critiche, non mi dispiacerebbe sentirle.
In
ogni caso grazie
anche a chi legge soltanto (ma mi farebbe piacere sapere cosa ne
pensate) e a coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti.
Alla prossima settimana,
patsan
|
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Capitolo 5 *** Hermione. Proprio qui, all'altezza del cuore ***
In
forte ritardo, lo so, ma eccovi finalmente il quinto capitolo della mia
storia. Avrei dovuto pubblicare un pò di giorni fa, ma gli
impegni accademici mi hanno assorbita più del previsto, per
cui lo faccio solo adesso, sperando che il capitolo vi ripaghi, almeno in
parte, della lunga attesa.
Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno
seguito finora, sia chi mi ha recensito (grazie di avermi rassicurata
sul fatto che la storia non sia una noia mortale XD), sia chi, invece,
si limita a leggermi. Grazie veramente.
E
passiamo adesso alla storia perchè il momento è
giunto. Quale momento? Quello in cui, finalmente, dopo quatto capitoli,
Ron ed Hermione si incontrano. E' vero che si erano già
visti in occasione della cena, ma è in questo capitolo, e
ancora più nel prossimo, che i nostri protagonisti si
troveranno l'uno di fronte all'altro, a 'parlare', a sentirsi vicini,
ad affrontare sensazioni che a volte non sono nemmeno totalmente
comprensibili.
Non aspettatevi, ovviamente, colpi di scena, nè un improvviso avvicinamento. Questa ff è un
missing moment e non può andare oltre i limiti posti dalla
Rowling nella sua storia originile. Io ci scavo solo un pò
attorno, da brava aspirante archeologa, e spero che questo scavare
renda giustizia ai personaggi originali.
Chiudo questa introduzione avvertendo che oltre a questo capitolo ce ne
sono altri due. Il penultimo sarà pubblicato prima di Natale
e l'ultimo entro la fine dell'anno, prima che il tanto atteso
settimo libro veda la luce anche in Italia.
Buona lettura adesso e appuntamento a fine capitolo per le note
conclusive e i ringraziamenti.
_________________________________
5.
Hermione
Proprio
qui, all'altezza del cuore
Hermione
era seduta da quasi un’ora al banco che era solita
occupare quando si trovava a lezione.
In
quel momento, tuttavia, l’atmosfera era completamente diversa
da quella attenta e talvolta agitata che regnava in
quell’aula ogni mattina.
Non
c’era nessuna voce imperiosa a dettare il modo migliore
per eseguire l’incantesimo del giorno o a rimproverare lo
studente di turno
della scarsa capacità nel manovrare la bacchetta, per
esempio.
E
non c’era nemmeno il grattare frenetico delle piume sulle
pergamene ad annotare ogni singola informazione uscita dalla bocca
dell’insegnante – poco importava se poi
l’unica piuma a grattare frenetica
fosse la sua.
Soprattutto,
non c’era nessun amico svogliato da richiamare
con una lieve gomitata perché la smettesse di sbadigliare di
nascosto e si
decidesse a prendere appunti.
Hermione
fece un piccolo sorriso.
In
ogni caso, rimprovero o no, lui non le dava mai retta e alla
fine era sempre costretta passargli i suoi, di appunti.
La
cosa strana, in verità, è che ormai non lo
trovava più
estremamente fastidioso, come accadeva all’inizio. Forse dopo
un po’ ci si
abitua a quello che in principio appare inusuale. Forse, in qualche
strano
modo, quell’abitudine le permetteva di credere di essere
insostituibile, in un
certo senso, per lui.
Magari
era per entrambe le cose.
Abbassò
ancora una volta lo sguardo sul giornale che giaceva
aperto sul banco davanti a lei, sfiorandone la carta ruvida con la
punta delle
dita. Per l’ennesima volta da quando era in
quell’aula si ritrovò a sospirare.
Avrebbe
dovuto farci l’abitudine, ormai, lo sapeva bene, eppure
non ci riusciva proprio.
Avrebbe
dovuto fare come tutti gli altri, come i suoi
compagni di scuola, che portavano avanti la loro vita senza
preoccuparsi di
quello che poteva succedere fuori da quelle antiche mura, a meno che
poi una
chiamata improvvisa da parte della professoressa McGranitt non li
avvertisse
che era accaduta una qualche disgrazia ad un membro della famiglia.
Guardò
fuori dalla finestra fissando per qualche istante la
pallida falce di luna che splendeva opaca poco al di sopra delle cime
degli
alberi della Foresta Proibita. La scarsa luce che essa rifletteva
entrava a
fiotti dai vetri delle grandi finestre dagli infissi scuri e logori e
gettava
un alone luminoso su una vasta porzione di pavimento attorno a lei,
illuminando
di una tenue luce argentea anche la superficie dei banchi
più vicini alla
parete e lasciando in ombra il resto della stanza.
Lo
Yorkshire, la parte verde e brumosa dell’Inghilerra. E
dire che lei c’era anche stata e più
d’una volta, da piccola...
Fece
un movimento brusco con la mano. Erano ricordi
piacevoli, ma talmente lontani e sfocati che faceva quasi fatica a
credere che
li avesse davvero vissuti. Meglio pensare al presente. Meglio tornare
alla vita
normale.
Osservò
di nuovo La
Gazzetta del Profeta, poi la arrotolò con cura e
la ripose in borsa. Ne
aveva abbastanza di macerarsi su qualcosa che non poteva comprendere
fino in
fondo e contro cui, soprattutto, non poteva lottare.
Non
te lo aspetti che qualcuno entri in casa tua e ti
faccia del male. Non te lo aspetti, ma può succedere in
tempo di guerra. E
Merlino solo sa quanta forza ci vuole per provare a non pensarci.
In
fondo, poi, non è questo che facevano tutti? Fingevano
che le cose andassero bene e lo facevano solo perché non
potevano fare
altrimenti, anche se intimamente ognuno di loro sapeva che in ogni
momento
qualcosa poteva cambiare.
Era
un modo per andare avanti, tutto sommato, non vera
ipocrisia.
Si
alzò dal banco e si avviò verso la porta
dell’aula, la
borsa pesante stretta al petto, sperando di tutto cuore di non
incontrare Gazza
impegnato nel suo giro di ronda serale.
Stava
già per posare la mano sulla maniglia di ottone
quando questa si abbassò e la porta iniziò ad
aprirsi da sola.
Hermione
sobbalzò spaventata, ma ebbe la prontezza di
spostarsi in tutta fretta dietro la porta, in modo che la persona che
stava
entrando non potesse vederla. Se si fosse trattato davvero di Gazza
sarebbe finita
in guai molto seri, perché nemmeno il suo lucente distintivo
da prefetto
avrebbe potuto salvarla lontana com’era dalla torre
Grinfondoro.
La
persona che vide entrare, tuttavia, non aveva nulla
dell’arcigno
custode di Hogwarts.
“Ron...”
esalò Hermione così sorpresa che per poco non
fece
cadere a terra la borsa.
Il
ragazzo avanzò un poco, senza dare segno di averla
sentita. Si guardò intorno, facendo scorrere lo sguardo su
tutta l’aula, ma
dopo un attimo, apparentemente deluso, fece per andarsene.
Hermione
allora uscì allo scoperto e prima che il suo amico
richiudesse la porta lo chiamò di nuovo.
Ron
si voltò di scatto verso di lei e la fissò
inebetito. Un
secondo dopo arrossì di botto.
“Hermione...
ciao...” gracchiò con voce insicura, come se
non si aspettasse di vederla proprio lì. La
guardò un momento e poi distolse in
fretta lo sguardo, ma Hermione notò che un sorriso
compiaciuto gli si disegnava
sulle labbra.
Hermione
se ne chiese il motivo, ma non disse nulla. “Cosa
ci fai qui?” domandò invece.
Lui
alzò lo sguardo su di lei e stavolta non nascose il
tipico sorriso di chi la sa lunga. “In realtà
potrei chiederti la stessa cosa...
Non eri in sala comune quando sono rientrato dopo cena e ho pensato
potessi
essere qui.”
“Oh...”
fece Hermione un po’ imbarazzata. Moriva dalla
voglia di chiedergli come mai gli fosse venuto in mente di cercarla
proprio là,
ma non lo fece. “Sì, avevo bisogno di stare un
po’ da sola, immagino...”
Ritornò
al banco da cui si era appena alzata e vi posò di
nuovo la borsa. Rimase a fissarla senza sapere cosa dire.
Sentì
Ron chiudere la porta e farsi più vicino e
improvvisamente si sentì a disagio.
Era
da sola con lui.
Da
sola per la prima volta dopo quello che era successo
quella mattina.
Hermione
sollevò gli occhi sul suo amico che tuttavia sembrava
molto interessato a studiare una lunga crepa nell’intonaco
della parete. Lo
osservò per un momento. Aveva le punte delle orecchie
arrossate e la fronte
aggrottata come se cercasse – anche
lui!
– qualcosa da dire per uscire da quell’assurdo
momento di imbarazzo che era
caduto tra loro.
Improvvisamente
Ron si voltò verso di lei ed Hermione fu
così sorpresa da quel gesto che per poco non
sobbalzò. Invece si mise a sedere
sentendo il volto andare in fiamme.
Perché
doveva essere così imbarazzante rimanere da sola con
lui?
Perché?!
Era
tutta colpa di quello stupido invito.
Hermione
prese un respiro profondo. “Come mai mi cercavi?”
chiese cercando di sembrare il più naturale possibile.
“E’ successo forse
qualcosa? Harry sta bene?” Alzò lo sguardo su Ron
e si sorprese di vedere che
si era fatto più vicino e che la stava osservando.
Ron
arrossì un po’ sotto il suo sguardo stupito, ma
non
disse nulla. Si avvicinò alla cattedra, proprio di fronte al
banco di Hermione,
e vi si poggiò contro.
“Non
è successo niente, stai tranquilla. E l’ultima
volta
che ho visto Harry,” aggiunse poi con un sorriso furbo,
“era piuttosto preso
dal suo tema di Pozioni, ma nonostante questo sembrava in ottima
salute.”
Hermione
sorrise a sua volta, sollevata, anche se non
avrebbe saputo dire se per la notizia che tutto andava bene o
perché finalmente
quel silenzio imbarazzante sembrava finito.
“A
quanto mi risulta, lo studio non ha mai ucciso
nessuno...”
“Parla
per te, Hermione, se penso che devo ancora finire di
scrivere il tema per Lumacorno, mi viene il mal di
stomaco...” rispose Ron con
una smorfia divertita.
Hermione
fece una piccola risata, comprensiva e rassegnata
insieme. “Bè, magari hai solo esagerato con il
polpettone...”
Ron
scosse il capo e sorrise. “Da quanti anni mi
conosci?”
Hermione
osservò il suo amico, interrogativa. “Da sei
anni”
rispose senza sapere cosa Ron volesse intendere.
“E
in sei anni ti risulta che io abbia mai avuto mal di
stomaco?”
Hermione
rimase un attimo spiazzata, ma poi rise di gusto.
Anche
Ron si unì alla risata.
“In
effetti... credo di non conoscere nessuno con lo
stomaco coriaceo come il tuo... Immagino che potresti mangiare anche il
ferro
senza risentirne.”
“Merlino,
Hermione! Ma ti pare che io abbia gusti così
barbari?”
Hermione
scoppiò di nuovo a ridere, imitata da Ron, e per
un po’ non fecero altro. Poi Ron accarezzò con una
mano il piano levigato della
cattedra e vi si issò con un gesto fluido. Rimase seduto in
silenzio, in volto
un’espressione divertita.
Hermione
ridacchiò ancora un po’, seduta al suo posto. Poi
restò in silenzio a guardare la propria mano posata
pigramente sulla borsa ed
iniziò a giocherellare distrattamente con la cinghia scura
che la chiudeva.
Una
volta si era rotta, quand’era in vacanza e si trovava
in casa da sola, e aveva dovuto sistemarla senza l’uso della
magia, con ago e
filo, ma non era mai stata molto brava nelle cose manuali. Da vicino si
notavano
chiaramente le cuciture storte e di larghezze diverse. Un pessimo
lavoro. Dopotutto,
se non era in grado di realizzare dei berretti decenti con una
bacchetta, come
si poteva pretendere che riuscisse a rattoppare qualcosa con metodi
babbani?
“Perché
te ne sei andata in quel modo, prima?”
La
domanda di Ron le giunse del tutto inattesa.
Alzò
lo sguardo su di lui e lo fissò stupita.
“Quando?
A cena?”
Ron
annuì.
Hermione,
invece, abbassò di nuovo lo sguardo.
Sentiva
il bisogno di confidarsi con qualcuno, questo sì,
ma non sapeva se le andava davvero di farlo. La presenza di Ron aveva
fatto
passare i brutti pensieri di poco prima, come un vento deciso che
scaccia una
nube scura dal cielo, ed Hermione non sapeva se era disposta a tirarli
fuori di
nuovo.
“Niente
di particolare, non avevo molta fame...” mormorò
poco convinta.
Come
al solito era incapace di mentire con lui. Hermione si
maledisse per questo.
“Non
è vero. Hai detto che volevi restare da sola. Non
resti mai da sola, e quando succede lo fai o per studiare materie
difficilissime che io non capirei mai, o perché
c’è qualcosa che non va. E non
è il primo caso, questo.”
Hermione
sollevò lo sguardo sul suo amico. “Se ti riferisci
all’Aritmazia, sono sicura che saresti in grado di capirla
benissimo se solo ti
applicassi.”
Ron
sorrise. “Preferisco lasciarla a te, grazie. Ma questo
non risponde alla mia domanda.”
Ed
Hermione seppe che non c’era speranza.
Ron
non avrebbe mollato finchè lei non gli avesse detto
tutto quanto. Lo faceva sempre quando si trattava di lei. Ed era un
buon segno,
almeno sperava, perché o era il mago più
impiccione del mondo, cosa da non escludere,
oppure – ed Hermione si ritrovò a trettenere il
fiato al solo pensiero –
oppure, semplicemente, teneva davvero a lei.
Sorrise,
tenendo lo sguardo basso, mentre una piacevole
sensazione di calore la invadeva, proprio all’altezza del
cuore.
Forse
avrebbe davvero dovuto confidarsi.
Chissà
perché credeva che parlando con Ron quel peso che le
gravava sul petto si sarebbe sciolto definitivamente. O magari si
sarebbe
addolcito, ridotto. Comunque, sarebbe diventato più
sopportabile.
Hermione
guardò Ron, che le sorrideva.
Ed
iniziò a parlare.
Continua...
____________________________
Note di fine capitolo:
Ed eccoci arrivati anche alla fine di questo capitolo. Qualcuno ha
capito qualcosa del posto in cui Hermione si è rifugiata? Se
finora il mistero è stato fitto adesso avete alcuni elementi
in più: oltre a sapere che si tratta di un'aula, avete anche
qualche dato su chi ci insegna. La 'voce imperiosa' che detta o punisce
è un indizio molto utile, e probabilmente è
facile anche arrivare al motivo che ha spinto Hermione a scegliere
proprio quell'aula e non un'altra. Ma non andiamo di fretta. Avrete la
risposta anche a questa domanda.
Devo confessare che ero
piuttosto indecisa riguardo al titolo del capitolo. Alla fine ho optato
per questo, riprendendo una frase del capitolo stesso. Forse non
è il migliore dei titoli, ma credo che riesca ad esprimere
quello che prova Hermione. Non le sensazioni, no, quelle cerca di
renderle
più chiare lei stessa durante il capitolo, e lo
farà anche nel prossimo, ma l'intensità di quello
che sente. 'All'altezza del cuore', perchè è
lì, figurativamente, ma anche fisicamente, a volte, che
sentiamo gioia o dolore, è il cuore che ci si stringe quando
proviamo pietà, è il cuore che si riscalda quando
sentiamo in modo forte la vicinanza di qualcuno, è il cuore
che batte quando siamo emozionati. E' proprio qui, all'altezza del
cuore che Hermione sente prima scendere una cappa di
tristezza e poi, con l'arrivo di Ron, uno strano e piacevole sollievo,
un sollievo che, almeno in parte, caccia via quella brutta sensazione.
Ma Hermione ha ancora qualcosa da tirare fuori, qualcosa per cui,
forse, ha ancora bisogno della vicinanza di Ron. Non vi anticipo nulla,
solo il fatto che il prossimo capitolo è decisivo per
chiudere la storia iniziata con la lettura dell'articolo. Il primo
anello, diciamo, di cui la ff si costituisce.
E spero anche sinceramente che leggere il primo vero 'incontro' tra
Hermione e Ron dall'inizio della ff sia piaciuto a voi come a me
è piaciuto scriverlo.
Ringraziamenti:
Sunnyna:
Innanzittutto grazie della bella (e lunga ^_^) recensione che, devo
dire, mi ha rassicurato non poco. Sono contenta che tu trovi il mio Ron
vicino all'originale, è una cosa a cui tengo moltissimo e
sono anche felice che tu abbia apprezzato il piccolo cammeo di Nick e
il riferimento a Pix. E' vero, rendono i corridoi più veri,
ed è quello che spero di riuscire a far provare: la
sensazione di essere lì ad Hogwarts con i protagonisti. E a
proposito, ti è piaciuta l'ambientazione nell'aula? Qualche
idea su quale possa essere? Infine grazie anche per i complimenti a BTL
(avrei tanto voluto che ci fosse una csa così quando ho
iniziato ad appassionarmi al mondo delle ff!) e tienilo d'occhio,
perchè prima del nuovo anno ci sarà un
aggiornamento!
lucediluna:
Grazie molte dei complimenti. Al di là del fatto che la
storia possa o meno avere successo, sono felice che la trovi originale.
Fammi apere cosa ti pare di questo capitolo!
mica: Nick interessante... E sono commossa dai tuoi
ringraziamenti. Grazie a te per avermi fatto sapere che hai apprezzato
tutte le piccole cose che ho inserito nella storia. E' importante per
me, visto che tengo molto a questa ff e la sento molto 'mia'. Grazie
davvero.
Joannadellepraterie: Addirittura tra i preferiti? Wow!!
Felicissima del fatto che Ron ed Hermione ti sembrino vicini agli
originali, cosa a cui tengo moltissimo. Grazie dei complimenti!
Gluck88: Eccoti l'aggiornamento. Sono contenta che anche
per te l'idea sia bella e, spero, originale. Riesco ad incuriosire il
lettore? Bè, me lo auguro davvero. Intanto grazie moltissime
per gli apprezzamenti e spero continuerai a
seguirmi...
Alla prossima,
patsan
|
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Capitolo 6 *** Ron. Ciò che nessuno ti può portar via ***
Come
promesso, ecco a voi il penultimo capitolo della mia storia, pochi
giorni prima di Natale.
Consideratelo una specie di regalo natalizio, nella speranza,
ovviamente, che si tratti di un regalo gradito.
Con
questo capitolo finalmente un cerchio si chiude e un mistero si
risolve: cosa ha lasciato Hermione così turbata dopo la
lettura del famoso articolo sulla Gazzetta
del Profeta? Tra poche righe la risposta e anche qualche
cosa in più, per chi ama Ron e il suo modo di pensare ad
Hermione.
Detto
questo vi auguro Buon Natale di cuore, vi ringrazio per l'affetto con
cui - soprattutto alcuni - mi seguite e vi dò appuntamento
all'ultimo capitolo della ff, che pubblicherò entro la fine
dell'anno, per dire definitivamente addio al Principe Mezzosangue
in attesa che esca l'edizione italiana del settimo libro.
Per chi
vuole, poi, solite note di fine capitolo e, a seguire, i ringraziamenti.
_____________________________________
6. Ron
Ciò che nessuno ti
può portar via
Ron
rilesse per la seconda volta l’articolo che Hermione
gli aveva indicato. Finito di leggere ripiegò il giornale a
metà e lo poggiò
sulla cattedra.
“E’
per questo che te ne sei andata?”
Hermione
era in piedi accanto a lui, poggiata contro la
cattedra, lo sguardo rivolto alla finestra.
Non
rispose subito alla domanda. Rimase per qualche attimo
in silenzio a fissare il parco di Hogwarts fuori dalla spessa vetrata.
Poi si
voltò un po’ verso Ron, ma senza guardarlo in
volto. Annuì.
“Lo
sapevi che da piccola avevo una nonna che viveva nello
Yorkshire?”
Ron
scosse il capo ed Hermione continuò.
“Si
chiamava come me, Hermione, e viveva in una cittadina
chiamata South River, una di quelle vecchie città babbane
circondate dal verde.”
Alzò
lo sguardo su Ron e lui le fece un piccolo sorriso,
per incitarla a continuare.
Hermione
abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a parlare
fissandosi le punte delle scarpe.
“Mia
madre
è cresciuta là. Ci ha vissuto fino a
diciott’anni,
poi si è trasferita a Londra per studiare da
dentista. Poi sai, ha conosciuto papà e non è
più
tornata nella sua città
natale, ma quand’ero piccola andavamo spesso a trovare la
nonna
durante le
vacanze estive. Viveva in una casa simile alla tua, nel senso che era
circondata da un grande giardino e tutto attorno era pieno di
campi...”
Ron
ascoltava curioso. Accadeva raramente che Hermione
raccontasse di sé e della sua infanzia ed era bello per una
volta poterla
osservare mentre il suo volto prendeva quell’espressione
pensosa, vagamente
sorridente e persa nei ricordi.
Se ne
stava con le braccia incrociate sul petto, lo sguardo
rivolto al pavimento davanti a lei. La luce della luna la illuminava
solo in
parte e dalla prospettiva di Ron i suoi lunghi capelli scuri parevano
circondati da un’aura luminosa.
Era
talmente carina che Ron dovette distogliere lo sguardo
per non arrossire.
“Capitava
anche che i miei genitori mi lasciassero da lei
per tutte le vacanze” stava dicendo intanto Hermione.
“Dovevano lavorare e
non volevano che passassi l’estate in un appartamento in
città, così mi
portavano a South River. Dicevano sempre che a Londra avrei finito per
rimanere
tutta l’estate chiusa in casa a leggere, mentre dalla nonna
avrei potuto respirare
aria pulita e divertirmi all’aria aperta.”
Ron
sorrise e involontariamente i suoi occhi si spostarono
su Hermione che tormentava il bordo di una manica della camicia. Non
aveva bisogno
di grande immaginazione per sapere che anche in campagna la sua
amica aveva preferito passare tutto il suo tempo immersa in qualche
libro, magari
seduta in veranda o sotto l’ombra di un ciliegio, ma solo
perché nonna
Hermione
aveva insistito tanto perché uscisse di casa.
Non ce la
vedeva proprio a correre dietro alle galline o a
rotolarsi giù per i pendii verdi.
No,
quella era una cosa che avevano fatto lui e i suoi
fratelli, ma Hermione era di un’altra pasta.
La
osservò ancora, mentre Hermione sovrappensiero di muoveva
dalla
cattedra verso il centro dell’aula. Gli rivolgeva le spalle,
ma Ron continuò
a guardarla, come incantato.
“Avevo
circa dieci anni quando la nonna è morta,” riprese
ad un tratto Hermione, come se avesse deciso improvvisamente che era
ora di metter
fine a quel flusso inatteso di ricordi. “Da quando
è successo non siamo più
tornati laggiù. La casa è stata venduta
perché i miei zii erano troppo
lontani per occuparsene e così, anche se a malincuore, non
abbiamo più avuto di
modo di tornarci.”
La
ragazza si voltò verso Ron e lui si ritrovò ad
annuire,
con la sensazione che si stessero avvicinando al vero problema.
“E’
stato strano...” riprese Hermione, distogliendo di
nuovo lo sguardo. “Leggere quello che è successo
l’altra notte... mi ha fatto...
mi ha fatto ripensare alla mia infanzia.”
“Ma
non è strano!” la interruppe Ron. “Hai
passato dei bei
momenti in quel posto ed è naturale che leggere quello che
è successo
ad una famiglia che abitava da quelle parti ti abbia colpita,
no?”
Hermione
scosse il capo e si avvicinò di nuovo alla
cattedra, poggiandovisi contro. Era così vicina che Ron
sentì come una fitta
all’altezza dello stomaco, come se improvvisamente le viscere
gli si fossero
attorcigliate. Hermione, comunque, non se ne accorse, perché
riprese a parlare
come se niente fosse.
“Non
è questo...” disse guardando un punto indefinito
in
fondo all’aula. “E’ stato come se... Non
so come spiegartelo. Non
era il fatto che fossero babbani o che vivevano nella stessa regione in
cui viveva
la nonna. Certo è anche questo che mi ha colpito,
però... Lo che siamo in
guerra e che con quei pazzi assassini in libertà queste cose
possono succedere,
ma...” esitò, cercando lo sguardo di Ron.
Ron
mantenne gli occhi fissi in quelli indecisi di lei.
Voleva farle capire che non doveva avere paura di confidarsi con lui.
Voleva
farle capire che non importava quanto strano fosse quello che provava,
lui
avrebbe capito e l’avrebbe ascoltata.
Non ebbe
il coraggio di dirlo a parole, però, e forse,
pensò tristemente, non sarebbe stato nemmeno in grado di
farlo.
Le
sorrise, invece. Un sorriso che cercò di rendere caldo e
aperto, nonostante i loro corpi fossero troppo vicini e lui avesse la
netta
sensazione di tremare da capo a piedi.
Funzionò,
comunque, perché anche Hermione si sciolse in un
piccolo sorriso. Sospirò piano e facendo leva sulle mani si
mise a
sedere sulla cattedra. Si voltò verso Ron e le sue gambe
sfiorarono quelle del
ragazzo.
Ron si
mosse un po’, a disagio, mettendo appena qualche
centimetro tra loro e concentrandosi, di nuovo, sul viso di Hermione
che
sembrava alla ricerca delle parole giuste per spiegare, quasi
più a se stessa,
quella strana sensazione che aveva provato.
Lo
guardò per un momento e poi sorrise, ma era un sorriso
vuoto. “Ti sembro pazza se dico che mi sono sentita come se
mi avessero portato
via qualcosa?”
Ron
corrugò la fronte, osservando sorpreso l’amica.
No, bè,
pazza no, ma era come minimo
singolare come stato d’animo.
Fece per
dire qualcosa, ma Hermione lo precedette.
“E’
come se ci fossi cresciuta in quel posto, Ron...”
disse, e lo sguardo triste che aveva lo colpì peggio di un
bolide. “Pensare che
questo schifo sia arrivato anche lì... E’ stato
come se anche quegli anni spensierati
fossero stati cancellati di colpo!”
Hermione
distolse lo sguardo, come se l’essere stata
finalmente sincera la facesse un po’ vergognare, ma per Ron
fu come una
rivelazione e lui capì, di colpo, cosa la ragazza stava
cercando di dirgli.
Poteva
essere insensibile e poco acuto, poteva essere
immaturo e avere la varietà emozionale di un cucchiaino da
tè, ma Ron capì molto
bene come Hermione si era sentita.
E lo
capì bene perché era quello che succedeva anche a
lui, certe volte, e finì col sentirsi anche un po’
male perchè ancora una volta
si rese conto di quanto quella dannata guerra stava cambiando le loro
vite.
Dominò
il folle desiderio di portare una mano su quella più
piccola di Hermione, adagiata sul ginocchio della ragazza, e
cercò di fare un
sorriso rassicurante, anche se quello che gli uscì fuori
doveva essere più
simile ad una smorfia che ad un vero sorriso.
“Nessuno
può portarti via i bei ricordi, Hermione” disse
infine, e gli sembrò una cosa davvero molto saggia da dire.
Continuò a tenere
gli occhi fissi in quelli di lei senza sentirsi in imbarazzo e senza
temere,
per una volta, di fare brutta figura. “Li hai vissuti. Sono
tuoi. Nessuno te li
può rubare e nessuno li può
distruggere.”
Lei lo
guardò per un momento, poi fece un sorriso piccolo
piccolo. Ron allora continuò, incoraggiato.
“Io
non lo so cosa ci aspetta e forse non voglio neanche
saperlo, ma mi piace pensare che se un giorno tutto dovesse cambiare,
ci
saranno ancora i bei ricordi a darmi la forza di andare
avanti.”
Abbassò
lo sguardo sulle proprie gambe. Si era voltato
verso Hermione e le aveva incrociate davanti a sé mentre
parlava. Portò le mani
sopra le ginocchia, stringendo un po’.
Ingoiò
a vuoto e rilasciò il fiato. Una sottile ansia si
era impadonita di lui. Era strano, pensò di sfuggita, che
fosse lui a fare
discorsi del genere, prima con Harry, ora con Hermione. Era strano come
ogni
volta che lui cercava la normalità,
quella fuggisse e si allontanasse, sfocandosi davanti alle
preoccupazioni più
profonde delle persone che più amava.
Hermione
era ancora lì, di fronte a lui. Anche lei aveva
incrociato le gambe sopra la cattedra.
Ron la
sentì avvicinarsi e fu con grande stupore che la
vide posare una mano sopra la sua e strigerla un po’.
Il
contatto durò poco, forse meno di un secondo, ma Ron lo
avvertì chiaramente. Alzando lo sguardo su Hermione vide che
era arrossita e
osservava imbarazzata un punto alla sua destra, come se volesse evitare
attentamente di guardarlo.
Ron
sorrise, senza sapere perché, mentre sentiva il cuore
martellare forte. Avrebbe voluto dire molte cose e tacere allo stesso
tempo.
Avrebbe voluto gridare e nascondersi insieme.
Non fece
nulla.
C’erano
tante cose che doveva capire meglio, c’erano tante
piccole sensazioni che dovevano trovare il loro posto. E non voleva
correre,
non voleva sbagliare.
Hermione
fece un mezzo sorriso e tornò a guardare Ron.
“Grazie”
sussurrò a voce bassissima.
Anche Ron
sorrise, arrossendo appena. “Non ho fatto nulla,
davvero.”
Hermione
non rispose, ma l’espressione che si dipinse sul
suo volto, gli disse ben più di mille parole.
Gratitudine.
Dolcezza. Affetto, persino.
Ron ne fu
colpito profondamente. Si sentì invadere da uno
strano sentimento, da una inspiegabile sensazione che gli capitava
spesso, ormai, di provare in compagnia di Hermione. Come
un’ondata, quella
sensazione crebbe velocemente e con tale folle violenza che lui fu
costretto a scavallare
in fretta le gambe e scendere di corsa da quella cattedra o con molta
probabilità avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito
per il resto dei
suoi giorni.
“Ron,
cosa...?”
“Ho
fame” buttò fuori a caso.
Razza di cretino che
non sono altro!
Fece un
paio di respiri profondi senza avere il coraggio di
guardare Hermione. Poi, con cautela, si voltò verso
l’amica. Era ancora seduta
sulla cattedra e lo guardava sorpresa.
“Ehm...
lo hai detto tu che ho uno stomaco coriaceo, no?”
tentò di giustificarsi.
Poco a
poco lo stupore sul volto di Hermione lasciò posto
ad un sorriso divertito.
“La
cena è finita solo un paio d’ore fa”
disse la ragazza
controllando l’orologio. “E concordo sul
‘coriaceo’, ma credo che la
definizione più adatta sia ‘senza fondo’
a questo punto.”
“Bè,
ehm, come vuoi tu, ma lo sai che una visita nelle
cucine è sempre gradita a noi Weasley.”
Hermione
sorrise, un sorriso, finalmente, senza ombre e Ron
pensò che in fondo un po’ di fame
l’aveva davvero e che in ogni caso era una buona
scusa per passare altro tempo insieme a lei.
E lui
adorava passare il tempo insieme ad Hermione,
confusione o non confusione.
Così
non si sentì minimamente in imbarazzo, quando chiese,
col tono più suadente che potè improvvisare:
“Allora, prefetto Granger, se la
sente di fare una breve scorreria nelle cucine dai nostri amici
elfi?”
Avrebbe
potuto dire di no. Avrebbe potuto dire che era da
matti perchè era tardi e perché loro due erano
prefetti e non ragazzini
incoscienti. Avrebbe potuto fare mille problemi. E Ron lo sapeva.
Non si
sorprese, però, quando Hermione scoppiò a ridere.
“E
se ci becca Gazza?”
“Dirò
che è stata una tua idea.”
“Figurati,
non ci crederà mai!”
“Oh
sì, dirò che eri così affamata che mi
hai costretto con
la forza, bacchetta in pugno, ad accompagnarti.”
“E
lui non ci crederà.”
“Dirò
che avevi così tanta voglia di cioccolato che hai
avuto una specie di crisi isterica in sala comune e hai cominciato a
saltare su
tutti i divani e la McGranitt mi ha praticamente obbligato
ad accompagnarti in cucina in cerca di-”
Non
finì la frase. Hermione era scoppiata a ridere ancora
più forte.
Fu
contagioso, rise anche lui.
Avrebbero
avuto mille motivi per restarsene ancora seduti
in quell’aula vuota, tristi e malinconici. Ma non era quello
di cui avevano
bisogno.
Avevano
bisogno di sentirsi vivi, invece, felici ed
esaltati per qualcosa, poco importava se questo qualcosa fosse il
rischio di
essere beccati dal vecchio custode della scuola.
La risata
liberatoria di Hermione era la migliore delle conferme.
E quando
Hermione, qualche minuto dopo, scese giù dalla
cattedra, un sorriso divertito ancora in volto, e si diresse a grandi
passi verso
la porta dell’aula, seguita prontamente da lui, Ron non ebbe
dubbi.
Non
avrebbe permesso a niente e a nessuno di cancellare
ancora quel sorriso dal suo volto.
Continua...
_________________________________
Nota di fine capitolo:
Dopo quattro capitoli, ecco finalmente svelato il mistero. E spero
vivamente che la soluzione non vi abbia lasciato delusi.
Un paio di precisazioni, perchè questo è un punto
cruciale della storia. E' chiaro che 'nonna Hermione' e le estati a
South River sono una mia invenzione, visto che la Rowling non ci ha
praticamente dato dettagli sull'infanzia di Hermione e sulla sua
famiglia. In effetti di Hermione sappiamo molto poco al di fuori di
quello che succede ad Hogwarts, mentre non è così
per Ron, di cui conosciamo casa, parenti (anche alla lontana),
abitudini... E devo ammettere che mi piaceva l'idea di fare una sorta
di fuga nel passato di Hermione, senza particolari avvenimenti da
raccontare, solo una vaga atmosfera da ricostruire. Non è la
prima volta che lo faccio, ma in quell'occasione (nella storia 'Una nuova amica')
non era Ron ad ascoltarla, mentre avevo in mente questa scena con
Hermione che ricorda un periodo della sua vita in cui ancora la magia
non esisteva e i suoi migliori amici erano fatti di carta, e Ron che la
osservava, incuriosito e intenerito al tempo stesso. Tra
l'altro, credo che sia uno dei maggiori misteri questo, per Ron: la
piccola Hermione, un lato di lei che ancora non conosce.
Poi c'è la questione dell'articolo. Credo che sia chiaro dal
capitolo: il punto non è che il massacro abbia riguardato
dei babbani (il che giustifica la rabbia e il senso di impotenza), o
che sia avvenuto nella stessa regione in cui viveva la nonna di
Hermione (anche perchè nonna Hermione è scomparsa
da tempo, quindi la reazione della ragazza non è paura che
possa accaderle qualcosa), ma il fatto che quel luogo
rappresenti per lei qualcosa di puro, di incontaminato, come tutti i
ricordi legati all'infanzia. Credo che sia questo il danno peggiore che
una catastrofe come la guerra (o comunque un grande dolore) possa
produrre: la sensazione che prima di allora non ci sia stato niente di
bello. E' esattamente quello che prova Hermione. Ed è una
sensazione disarmante, perchè non solo lascia rattristati,
ma anche sconfortati, e lo sconforto è l'esatto contrario
della speranza.
Hermione aveva provato a scacciar via la sensazione, a razionalizzarla,
prima dell'arrivo di Ron. A metterla da parte, direi, come potremmo
fare tutti davanti ad uno stato d'animo che non ci piace, ma poi arriva
lui, che la mette alle strette, ed Hermione si apre. E mette in parole
quello che prova. Forse non ha davvero bisogno che Ron le dica quello
che le dice, ma il fatto che lui sia lì con lei, che la
inciti a parlare, che, in qualche modo, le faccia capire di sentirsi
esattamente come lei, tutto questo è il conforto
più grande per Hermione. Forse i brutti pensieri
ricompariranno e la sensazione di sconforto tornerà, ma
sapere di avere qualcuno vicino, anche attraverso i gesti e i 'non
detto' che tra Ron ed Hermione si sprecano, ecco, credo che questo sia
una buon antidoto per andare avanti nel futuro che si prospetta per i
due ragazzi.
Ed è anche a questo che si riferisce il titolo: ciò che nessuno ti
può portar via, riprendendo una frase di Ron,
non sono solo i bei ricordi, ma anche la certezza di avere
qualcuno accanto, anche se quello che ti attende è tutto
tranne che roseo.
Infine, un'ultima nota. La cosa che più mi ha intrigato
nello scrivere questo capitolo è il fatto che se il punto di
vista è quello di Ron, in effetti sono due le prospettive
del racconto: c'è Hermione che ricostruisce poco per volta
quello che la lettura dell'articolo ha provocato, scavandosi dentro a fondo, e poi
c'è Ron che non solo cerca di capire quello che l'amica ha
provato, non solo tenta di darle una risposta (che nemmeno lui ha), ma
prova anche sensazioni molto forti in sua presenza, sensazioni a cui
ancora - benedetti ragazzi! - non ha saputo dare chiaramente un nome.
Questo doppio sentire di Ron era davvero una sfida. Spero che la
palpitazioni, i tentennamenti, il fiato mozzo e tutte le emozioni che
lui prova siano palpabili nella lettura.
I ringraziamenti:
Gluck88:
Grazie mille. Spero che questo capitolo non ti abbia deluso e che
leggerai anche il prossimo!
mica: Ti
dirò che avevo associato subito il nick ai gioielli antichi,
ma mi sembrava strana come intuizione. Venendo alla tua recensione, ti
ringrazio tantissimo. Sapere che la mia scrittura ti ha fatto calare a
tal punto nel personaggio, mi rende veramente felice, e anche un
pò orgogliosa, devo dire. ^_^ Rispetto al contest,
bè, in effetti la risposta sicura l'avrai nel prossimo
capitolo, ma bè, posso anticiparti che... sì,
è proprio quell'aula. Come mai quella? Non è
difficile da immaginare, ma lo saprai per certo tra qualche giorno...
Joannadellapraterie:
Il musical non l'ho, ahimè, ancora visto, ma mi fa
piacere che tu abbia trovato la canzone associabile al capitolo, vuol
dire che hai vissutto il tutto ancora più calata
nell'atmosfera... Continua a seguirmi!
Tabita: Ma
che piacere trovare una tua recensione! Ti ringrazio tantissimo della
stima che mi dimostri, e spero vivamente che anche questo capitolo ti
sia piaciuto. In effetti scrivere missing moment è una delle
cose che preferisco... Grazie ancora, e spero che vorrai seguirmi
ancora ^_^
Detto
questo, vi faccio notare che il primo cerchio del racconto si
è chiuso.
Manca l'ultimo anello, quello aperto all'inizio, con Hermione
tentennante dopo l'invito. Lo chiuderà, spero in maniera
degna, un
ultimo capitolo meno riflessivo e più incentrato sul
rapporto tra i
nostri due. Non mancate!
|
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Capitolo 7 *** Hermione e Ron. Questione di tempo ***
Capitolo 7
Capitolo
particolare quello che state per leggere. Particolamente articolato, ma
anche particolarmente lungo. Del resto, è l'ultimo, ha il
diritto di esserlo, e forse forse è così anche
perchè era come se non volessi lasciarlo. Passatemi la
debolezza.
Dopo
diversi capitoli in cui Ron ed Hermione sono apparsi separati, quasi a
rincorrersi, e gli ultimi in cui invece si sono, finalmente, riuniti,
eccoli finalmente davvero
insieme. Non che negli ultimi non lo siano stati, intendiamoci, ma
c'era qualcosa da affrontare, il turbamento di Hermione, che se da un
lato li ha avvicinati, era pur sempre qualcosa di 'estraneo' a loro, il
cui rapporto, invece, è sempre così spensierato,
almeno in superficie, fatto di piccole tensioni, ma anche di tanti
sorrisi.
Ecco, questo capitolo in un certo senso mette in scena il Ron e
l'Hermione che conosciamo. E chiude, finalmente, la storia, cercando di
dare un senso di speranza a quello che potrà essere in
futuro tra loro.
Non
solo questo, comunque, vi aspetta. E' ancora una volta una sorta
di sperimentazione, perchè, cosa che raramente
faccio, in questo capitolo il punto di vista di Ron e quello di
Hermione si alternano a ritmo velocissimo, per passare, poi, nel
finale, ad una terza persona, che chiude i giochi in modo, mi auguro,
non scontato.
Non
mi resta, allora, che augurarvi buona lettura, nella speranza di avervi
allietato e magari anche fatto riflettere un poco con la mia storia.
Tra pochi giorni uscirà anche in Italia Harry Potter e i Doni della Morte.
A quel punto la storia sarà davvero finita e con ogni
probabilità ff come la mia saranno ormai
pressocchè inutili, ma mi piaceva l'idea di scriverla, e di
collocarla in quel punto particolare del sesto libro in cui si respira
quasi l'atmosfera del settimo.
Spero
che l'impresa sia riuscita.
Grazie
ancora a tutti e appuntamento a fine capitolo per le solite note di
produzione.
_________________________________________
7.
Hermione e Ron
Questione di tempo
Quel
mattino Hermione scese molto presto in sala comune,
con la borsa carica di libri ed il cuore piuttosto leggero.
Non
era una novità, a dire il vero, il fatto che si alzasse
un po’ prima dei suoi compagni di casa. Se succedeva, e
succedeva abbastanza
spesso, era per dedicare qualche minuto prima di colazione al ripasso
delle
materie del giorno, soprattutto se la sera precedente non aveva avuto
il tempo
di farlo, occupata in una ronda o magari, poteva anche capitare, con un
compito
particolarmente impegnativo.
Quella
mattina, tuttavia, il motivo per cui Hermione si era
alzata così presto non aveva nulla a che fare con lo studio.
O almeno non del
tutto. Men che meno, poi, aveva a che fare con lo studio la strana
euforia che
provava, come se avesse bevuto molta Burrobirra fumante o avesse appena
preso
un Eccezionale in Trasfigurazione.
Si
era svegliata ancor prima del solito, quella mattina, con
il dormitorio immerso nell’ombra e il sommesso respirare
delle sue compagne a
riempire la stanza. Aveva provato a riprendere sonno, ma non
c’era stato verso
e così aveva deciso che, già che era sveglia,
tanto valeva mettersi in piedi ed
iniziare a prepararsi.
Si
era rivelata una scelta saggia, alla fine, perché quella
mattina, per qualche ragione, quel ‘prepararsi’
aveva richiesto un po’ più
tempo del solito, colpa, si era detta, dei suoi capelli indomabili, che
non
volevano proprio saperne di stare come si deve.
Ad
ogni modo aveva finito di prepararsi appena in tempo per
rispettare l’impegno preso la sera precedente. A quel punto
aveva afferrato in
fretta la borsa con i libri ed era uscita di corsa dal dormitorio.
Arrivata
in sala comune non si stupì di vederla
completamente vuota.
Si
diresse sicura verso le vecchie poltrone di fronte al
camino e posò la borsa sopra il grande tavolo che le
fronteggiava.
Il
motivo per cui si era alzata così presto sollevò
lo
sguardo su di lei e le fece un gran sorriso.
***
Ron
sedeva da un buon quarto d’ora alla sua poltrona preferita
e per la prima volta in vita sua si trovava ad aspettare qualcuno.
La
sua attesa, in verità, non era colpa della persona che
stava aspettando. Era lui ad essere sceso un po’ in anticipo.
Non che avesse
dormito molto bene la notte precedente, in tal caso il risveglio
così prematuro
avrebbe avuto un senso.
A
dirla tutta, anzi, aveva chiuso occhio sì e no per un
paio d’ore, quasi sicuramente per colpa dei muffin alla
marmellata mangiati
fuori orario la sera precedente. Aveva passato la notte a girarsi e
rigirarsi
nel letto, mentre mezze frasi, elfi domestici, corridoi poco illuminati
ed un
sorriso che conosceva molto bene si alternavano nella sua testa a
velocità
vorticosa.
A
poco era servito concentrarsi sul russare lento e
regolare di Neville come antidoto per l’insonnia. Quel
sorriso e la sua
proprietaria avevano continuato ad invadergli i pensieri.
Così
aveva accolto con gioia l’arrivo del giorno o per meglio
dire, l’arrivo di quella luce fioca, ancora un po’
sbiadita, che preannuncia
l’inizio di una nuova giornata.
Si
era quindi liberato delle coperte ormai ridotte ad un
mucchio informe e si era infilato i primi vestiti che gli era riuscito
di tirar
fuori dal proprio baule.
Poi
era sceso in sala comune e si era messo ad aspettare.
Non
poteva negare che ad un certo punto aveva iniziato a
sentire le palpebre molto pesanti, ma gli era bastato avvertire dei
passi
leggeri dietro di sé per tornare totalmente vigile e
presente a sé stesso.
Quando
il nuovo arrivato lo raggiunse, Ron sollevò gli
occhi.
Hermione,
dall’alto, lo guardava sorridendo.
E
lui, arrossendo appena un po’, ricambiò il sorriso
con
calore.
***
La sera prima
Camminavano
già da un po’ lungo i corridoi bui della scuola
e nessuno dei due sembrava capace di smettere di parlare.
Non
che avesse importanza quello che dicevano.
Parlavano
della prossima partita di Quidditch che Ron
avrebbe dovuto giocare da lì a qualche giorno, parlavano
delle vacanze di
Natale ormai alle porte, dei dolci che avrebbero mangiato e
dell’enorme pupazzo
di neve che Hermione avrebbe voluto fare con la neve del giardino
dietro casa.
Ron
guardò la ragazza un po’ stupito e non
riuscì a
nascondere la propria delusione.
“Allora
quest’anno non verrai alla Tana?”
Hermione
sollevò lo sguardo su di lui e fece un sorriso
imbarazzato.
“A
dire il vero ho pensato che vi sarebbe piaciuto avere un
po’ di intimità, sai, con il matrimonio di Bill la
prossima estate e Fleur che
presto farà parte della famiglia...” distolse lo
sguardo da Ron proprio mentre
svoltavano alla fine di un corridoio ed iniziavano a scendere la grande
scalinata di marmo che portava alla Sala d’Ingresso.
“Ho pensato che magari
voleste stare un po’ per conto vostro, anche per conoscere un
po’ meglio lei...
Non vorrei essere di troppo, ecco...”
Ron
scosse il capo energicamente ed Hermione si voltò di
nuovo verso di lui. “Ma Hermione, tu non saresti mai di
troppo, mai!”
L’enfasi
con cui lo disse lasciò stupita la ragazza e fece arrossire
violentemente lui, ma non gli impedì di continuare a parlare.
“E
poi proprio stamattina la mamma mi ha scritto dicendomi
di invitare te ed Harry alla Tana per le vacanze, che le farebbe molto
piacere
avervi tutti e due se non avete altri impegni... Così
saremmo, sai, tutti
insieme, come l’anno scorso... E’ stato bello,
no?”
Hermione
annuì mentre il ricordo del Natale precedente si
formava nella sua mente. La paura per la sorte del signor Weasley e per
la
visione di Harry e poi il sollievo e la felicità di
trascorrere le feste tutti
insieme, come una grande famiglia.
Abbassò
il capo quando le venne in mente che uno dei membri
di quella ‘grande famiglia’ non c’era
più.
Ron
non fece caso al cambio d’umore di Hermione e
continuò
a parlare. “Avrei dovuto dirti della lettera a pranzo, ma
poi...”
Si
fermò. Gli tornò in mente solo allora che a
pranzo si
erano scambiati sì e no due parole e che non si erano
rivisti se non quella
sera a cena, ma anche in quell’occasione si erano rivolti
solo un misero
saluto. L’unica conversazione vera che avevano avuto quel
giorno era stata poco
prima, nell’aula di Trasfigurazione, e adesso, nel tragitto
diretti alle
cucine.
Hermione
parve leggere i pensieri di Ron e scosse un po’ il
capo.
“Bè,
non importa, ti è passato di mente...”
“Già,
immagino di sì.”
Attraversarono
una porta sulla sinistra ed imboccarono un
lungo corridoio illuminato da grosse torce e decorato da quadri che
rappresentavano piatti di cibo.
Ron
camminò in silenzio, chiedendosi solo in quel momento
se il motivo per cui era stato lontano da Hermione per buona parte
della
giornata non avesse a che fare solo con l’orario di lezione
diverso e gli
allenamenti di Quidditch.
La
parola festa
si formò nella sua mente. Subito seguita dalla parola invito.
“Siamo
arrivati” disse Hermione.
Ron
alzò il capo sul grande quadro che raffigurava
un’enorme
ciotola d’argento e osservò Hermione fare il
solletico alla pera verde in mezzo
al quadro.
Quando
questa si trasformò in maniglia, la ragazza
l’abbassò e spinse.
Davanti
a loro si aprì lo spettacolo di un’immensa sala
piena di pentole e pentoloni e illuminata da un enorme focolare posto
sul lato opposto
a quello in cui si trovavano.
Ron
mise da parte i suoi pensieri e fece segno ad Hermione
di entrare per prima. Poi si richiuse la porta alle spalle.
Non
passò molto tempo prima che un esserino con grandi
occhi a palla e naso adunco li avvistasse. Abbandonò lo
straccio lercio con cui
stava pulendo un coperchio e il coperchio stesso sul primo dei quattro
lunghi
tavoli che arredavano la stanza e li raggiunse trottando.
“I
signori desiderano qualcosa da mangiare?” disse con una
vocetta squillante e festosa.
Hermione
guardò Ron. Era stata sua l’idea di andare nelle
cucine per farsi dare qualcosa dagli elfi, ma in quel momento
l’amico sembrava
come confuso.
Posò
lo sguardo sul piccolo elfo di fronte a lei.
“Posso
sapere qual è il tuo nome?”
“Blinkey,
signorina. Se la signorina vuole qualcosa, basta
che chiede e Blinkey la porta subitissimo!”
Hermione
sorrise a Blinkey, mentre dietro di lui un piccolo
gruppo di elfi sorridenti si avvicinava facendo piccoli inchini.
Hermione
ci pensò su. “C’era pasticcio di carne a
cena,
vero?” chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Gli
elfi davanti a lei annuirono tutti insieme e una
piccola elfa con grandi orecchie penzolanti si rivolse a Ron.
“E
il giovane signore? Pasticcio anche per il signore,
signore?”
Hermione
guardò Ron, sollevando un po’ un sopracciglio,
quasi ad avvertirlo di esser gentile.
Ron
le sorrise, annuendo leggermente. “Il pasticcio di
carne va benissimo, grazie.”
“Allora
due porzioni di pasticcio di carne per i signori!”
squittì l’elfa e corse dietro un enorme scaffale a
prendere quello che le era
stato richiesto.
“I
signori vogliono sedere a questo tavolo?” chiese
Blinkey. “Blinkey prepara tutto per loro!”
“Grazie,
Blinkey, sei molto gentile” rispose Ron
accomodandosi. Prima che l’elfo potesse partire alla ricerca
delle posate e del
resto, però, aggiunse “si potrebbe avere anche
qualcuno di quei buonissimi
dolcetti alla crema che c’erano oggi a pranzo?”
Hermione
fissò Ron strizzando gli occhi e tentò di
sferrargli un calcio da sotto il tavolo, ma Ron fu rapido a scansarsi e
ricambiò l’occhiataccia con sorrisino furbo.
“Sei
veramente incorregibile” sussurrò Hermione, ma
senza
riuscire a mettere un tono di rimprovero nella propria voce. Piuttosto
era il
tono rassegnato e insieme divertito di chi sa che le cose non potranno
mai
cambiare. E ne è anche felice.
Blinkey
fissò i suoi occhi grandi su Ron e assunse un’aria
triste, mentre le orecchie gli si afflosciavano ai lati del volto.
“Niente
più dolcetti alla crema, signore! Sono tutti finiti!
Me se i signori vogliono aspettare, Blinkey li prepara subito per
loro!”
“No
no, Blinkey” intervenne Hermione senza badare al
broncio deluso di Ron. “Non c’è bisogno
che tu ti metta a fare dolci a
quest’ora.”
“Ma
forse è rimasto qualche muffin alla marmellata?”
chiese
la voce speranzosa di Ron.
Hermione
rise, mentre il piccolo elfo annuiva felice.
“Se
continui così finirai per diventare grosso come un
troll!” scherzò Hermione.
“E
se tu continui così finirà che
scompari” le rispose Ron a
tono.
Hermione
rimase un po’ spiazzata, ma Ron scoppiò a ridere.
“Scherzavo!”
disse. “Ma è vero che un po’ di ciccia
non ti
farebbe male...”
Hermione
scosse il capo, sorridendo.
“Credevo
che ai ragazzi piacessero le ragazze magre.”
“Bè,
dipende dal ragazzo...” rispose Ron smettendo di
ridere. La guardò intensamente ed Hermione sentì
di colpo un gran caldo. Ron
stava per chiederle qualche altra cosa, ma furono interrotti da un
gruppetto di
elfi che portava loro quello che avevano richiesto.
“Non
è che vuoi fare colpo su qualcuno?” disse ad un
certo
punto Ron infilzando un pezzo di polpettone con la forchetta.
Hermione
lo guardò. Nonostante il tono scherzoso
l’espressione del ragazzo era seria.
Sorrise.
Che fosse geloso? Il pensiero la mise di buonumore
e la battuta acida che probabilmente le sarebbe uscita in
un’altra occasione
lasciò il posto ad un tranquillo “No, Ron, non
voglio fare colpo proprio su
nessuno.”
Non
era esattamente la verità, ma non avrebbe potuto essere
sincera fino in fondo.
Forse
più in là.
Forse
dopo la festa di Lumacorno, durante quelle vacanze di
Natale che avrebbe trascorso alla Tana.
Mangiarono
tranquillamente il pasticcio e i muffin, mentre
i loro piccoli amici li osservavano contenti e rispondevano alle loro
domande.
Arrivarono anche ad assaggiare un pezzetto di dolce, perché,
come Hermione fece
notare, non era bello che loro se ne stessero lì a mangiare
e gli elfi li
guardassero senza toccare nemmeno una mollichina di muffin.
Ron
sorrise alla scena, pensando che se c’era una persona
in grado di convincere gli elfi domestici a voler essere liberi quella
era
Hermione.
Del
resto, lui non aveva mai avuto scampo con lei e aveva
sempre fatto quello che lei voleva. Perché Blinkey avrebbe
dovuto essere
diverso?
Non
passò molto tempo che finirono il loro supplemento
di cena, come lo aveva
battezzato Hermione ed uscirono dalle cucine ringraziando gli elfi
domestici e
raccomandando loro di salutare Dobby e Winky, quella sera impegnati con
la
pulizia della sala comune dei Serpeverde.
“Chissà
se Dobby mi aiuterebbe se volessi fare uno scherzo
a Malfoy...”
“Ron,
Dobby è troppo intelligente per una cosa del
genere.”
“Senza
contare che si tratta del suo vecchio padrone, già.
Non credo che farebbe mai qualcosa per danneggiarlo.”
Hermione
scosse il capo, ma non disse nulla.
Per
un po’ camminarono senza parlare, ognuno troppo
impegnato a godere di quel tempo speso insieme.
Camminavano
adagio, senza fretta. Hermione teneva lo
sguardo dritto davanti a sé, rivolgendolo di tanto in tanto
al paesaggio
notturno che si poteva ammirare dalle finestre che si aprivano lungo i
corridoi. Ron invece guardava le grandi pietre levigate del pavimento
scorrere
sotto i suoi passi, ma un paio di volte azzardò
un’occhiata in direzione di
Hermione, chiedendosi a cosa la ragazza stesse pensando.
Sorrise
quando Hermione, inaspettatamente, alzò lo sguardo
su di lui e scoprendolo a fissarla, arrossì. Non era certo
un legilimens e mai lo sarebbe stato,
ma era
quasi sicuro che non era ai compiti che lei stava pensando il quel
momento.
“Pensi
alle lezioni di domani?” la prese in giro allora.
Hermione
sorrise. “In realtà pensavo alla scenetta di prima
in cucina. Noi due nelle cucine con gli elfi. Se ci avesse beccato uno
degli
insegnanti avremmo passato i nostri guai. Immagini cosa avrebbe detto
la
McGranitt? In fondo siamo prefetti, dobbiamo dare il buon
esempio...”
Nonostante
le parole il tono era piuttosto divertito.
“Dai,
l’abbiamo fatto per una buona causa visto che io stavo
morendo di fame. E poi avevamo bisogno di passare un po’ di
tempo senza pensare
a niente di serio” aggiunse in fretta quando Hermione
alzò un sopracciglio.
Hermione
sorrise, mentre imboccavano l’ultima rampa di
scala, quella che li avrebbe portati alla torre Grifondoro.
Ron
aveva ragione, avevano bisogno di non pensare. E il
tempo trascorso insieme era davvero servito a farla sentire meglio,
più
leggera, più spensierata. Del resto era un dato di fatto,
ormai. Le bastava la
semplice vicinanza di Ron perché certi pensieri le facessero
meno paura.
D’un
tratto le tornò in mente una cosa.
“Ron,
posso farti una domanda?”
Il
ragazzo alzò lo sguardo su di lei, chiedendosi cosa
sarebbe arrivato se avesse risposto di sì.
Cercò
di sembrare il più naturale possibile quando
pronunciò
uno stiracchiato “Ovviamente.”
Hermione
divenne pensosa. “Mi chiedevo... Prima, mentre ero
nell’aula di Trasfigurazione, tu sei venuto a
cercarmi.”
Ron
annuì.
“Ecco,
mi chiedevo come facessi a sapere che ero lì. Voglio
dire, hai tirato ad indovinare? Potevo essere ovunque...”
Ron
sorrise, molto più tranquillo. Bè, era la sua
specialità sapere sempre dove si trovava Hermione, o cosa
stesse facendo. Non è
che si mettesse a cercarla, semplicemente gli capitava di trovarla o di
indovinare dove potesse essere. A ben pensarci, era una
capacità che aveva
sempre avuto, anche se non si era mai chiesto il perché.
“Bè,
diciamo che ho immaginato che potessi trovarti là.
Quando vuoi startene per conto tuo a pensare vai spesso
nell’aula di
Trasfigurazione, oppure in biblioteca, ma stasera era troppo tardi per
la
biblioteca.”
Hermione
lo guardò perplessa. “Non credo di averlo mai
detto a nessuno.”
Ron
sorrise. “Non ce n’è stato bisogno. Mi
è capitato di
vederti uscire da quell’aula qualche volta, quando non
avavamo lezioni e, bè,
immagino di aver fatto due più due...”
Hermione
fissò Ron, che distolse lo sguardo, un po’
imbarazzato. Aveva voglia di chiedergli altro, ma rimase zitta. Era
vero, si
rifugiava spesso in quell’aula. Quando l’aveva
notato aveva pensato che avesse
a che fare con la grande stima che provava nei confronti della
professoressa
McGranitt e ne era ancora convinta. Credeva fosse una specie di
segreto. E
invece... invece Ron lo sapeva e lei, ancora una volta,
provò quel familiare
calore attorno al cuore che provava solo pensando a lui.
Lo
sbadiglio del suo amico la richiamò alla realtà,
mentre
un sorriso intenerito le si disegnava sul viso.
“Stanco?”
Ron
annuì, dopo essersi stiracchiato per bene. “Non vedo l’ora di
infilarmi a letto...”
“Non
avevi detto di avere un tema da finire?” lo
punzecchiò
Hermione.
Ron
rimase un momento sorpreso, ma poi ridacchiò. “Non
ci
provare, Hermione, non ci provare nemmeno. Non mi convincerai a
mettermi a fare
il tema di Lumacorno a quest’ora.”
Hermione
sorrise. Non ci aveva nemmeno pensato, anche se
doveva ammettere che non le sarebbe dispiaciuto. Non per lo studio,
ovviamente,
ma solo per passare un altro po’ di tempo da soli.
Disse
la parola d’ordine ad una Signora Grassa piuttosto
irritata del brusco risveglio e il ritratto scattò in avanti
lasciandoli
passare.
Non
fu una sorpresa il fatto che la sala comune fosse quasi
del tutto vuota, ad eccezione di un paio di ragazzi
dell’ultimo anno ancora chini
sui libri. Anche Harry era andato a dormire.
“Potrei
darti una mano a finirlo domattina, però, prima
delle lezioni” suggerì Hermione una volta entrati.
“Mi
daresti una mano con il tema?” chiese Ron sorpreso.
“Come
se non lo facessi ogni volta...”
Ron
sorrise. Era vero, ma era anche vero che di solito lui
doveva pregarla per un tempo più o meno infinito, dal suo
punto di vista.
“Ma
sia chiaro che il tema lo scriverai tu, io ti aiuterò
soltanto...”
Ron
annuì, anche se sapeva che l’aiuto di Hermione
sarebbe
andato ben oltre la semplice assistenza. “Facciamo alle otto
e mezza?”
“Facciamo
alle sette e mezza.”
La
faccia di Ron si contorse in una smorfia scontenta.
“Così presto? Guarda che qualcosa ho
già scritto, sai...”
Ma
non andò oltre. Il sorriso di Hermione gli bastò
come
motivo per alzarsi un po’ – va bene, un bel
po’ – prima
del solito.
Annuì,
mentre senza che lui lo sapesse Hermione era intenta
a lottare con sé stessa.
Fece
un bel respiro, mentre cercava di togliersi dalla testa
l’idea che le era appena venuta in mente, perché
quella di avvicinarsi a Ron e
dargli un bacio su una guancia, oltre che essere estremamente
imbarazzante, era
anche piuttosto folle, come idea.
Cercò
di non fare caso ad una vocetta che le diceva che
anche l’idea dell’invito alla festa era folle, ma
lei l’aveva attuata
ugualmente, pur controvoglia.
“Ehm,
è meglio che andiamo a dormire, adesso, che dici?”
Ron
annuì, anche lui per qualche motivo imbarazzato. Forse
era stato il riferimento al compito di Lumacorno, ma
d’improvviso tutta la
faccenda dell’invito gli era tornata prepotentemente in
mente, per l’ennesima
volta in quel giorno.
Forse
avrebbe dovuto dire qualcosa.
Stava
giusto per farlo, senza sapere bene cosa dire, quando
Hermione si avvicinò un po’ a lui. Fu un movimento
piccolissimo, ma Ron lo
percepì più che bene.
E
altrettanto bene percepì le labbra di Hermione sulla sua
guancia, poco sotto lo zigomo, calde e morbide come aveva sempre
immaginato che
fossero.
Hermione
si tirò subito indietro, rossa in viso ed
esaltata, ma anche terrorizzata dal fatto di avere, alla fine, seguito
ancora una
volta l’istinto. Che stesse perdendo la sua proverbiale
ragionevolezza?
Ron
la fissò stupito. Si sentiva confuso, ma
incredibilmente euforico ed un sorriso poco sveglio gli si dipinse in
volto. Senza
averlo premeditato parlò. “Sono proprio felice di
venire alla festa di
Lumacorno con te.”
Fu
poco più di un sussurro, ma Hermione lo sentì
bene. E
sorrise anche lei.
***
“E
quindi basta aggiungere della radice di radicchio perché
il composto si amalgami per bene.”
“Perfetto!
E con quest’ultima informazione direi che ne ho
avuto abbastanza di pozioni...”
“Certo,
peccato che stamattina abbiamo due ore con
Lumacorno.”
Entrambi
i suoi amici scoppiarono a ridere ed Harry fu
ancora più sorpreso di quanto lo era stato vedendo il letto
di Ron vuoto già
alle otto del mattino.
Si
avvicinò a loro, senza che lo notassero, ma prima di
raggiungerli si fermò un momento.
L’idea
che durante la sera precedente tra quei due fosse
potuto succedere qualcosa lo sfiorò. Poi si
ricordò che la sera prima Hermione
era andata a letto ancor prima che loro tornassero alla torre
Grifondoro e tirò
mentalmente un sospiro di sollievo.
Ron
si voltò e lo vide. Gli fece un gran sorriso, seguito
da un cenno che lo invitava ad avvicinarsi.
“Allora,
che combinate voi due?” chiese una volta raggiunti
i suoi amici e accomodatosi accanto a loro.
“Niente
di speciale. Hermione mi ha dato una mano a finire
il tema per Lumacorno. In realtà me lo ha quasi scritto, ma
non dirlo in giro...”
aggiunse abbassando la voce.
Hermione
gli sferrò una gomitata sul braccio, ma Ron non se
la prese. “Siamo piuttosto maneschi di prima mattina,
eh?” scherzò invece.
Hermione
scosse il capo e si rivolse ad Harry.
“Dormito
bene, Harry?”
Harry
annuì, scucendosi in un lieve sorriso. “E adesso
gradirei molto andare a far colazione, il mio stomaco ha iniziato a
brontolare circa
mezz’ora fa...”
Ron
rise ed Hermione fece una smorfia rassegnata. “A quanto
pare sono circondata da gente che pensa solo a mangiare”
disse lanciando
un’occhiata a Ron.
“Ehi,
ce l’hai per caso con me?” chiese lui, fintamente
offeso.
Hermione
non rispose. Si alzò invece dal tavolo e lo
incitò
a fare altrettanto.
“Alla
prima ora abbiamo Piton e sapete che succede se
arriviamo in ritardo, no?”
Harry
si alzò, ma aspettò che Ron rimettesse pergamene
e
piume in borsa, mentre Hermione li attendeva qualche metro
più in là, la borsa
già in spalla.
Forse
le sue paure riguardo ad una presunta storia tra i
suoi amici erano infondate. Per quanto ne sapeva, magari non ci sarebbe
mai
stata una storia.
Ron
finì di sistemare la propria borsa e si mise in piedi.
“Amo
i mercoledì” fece rassegnato.
Harry
gli diede una pacca sulla spalla. “Sempre meglio dei
lunedì, no?”
Ron
sorrise. “Così pare.”
La
voce di Hermione li raggiunse. “Allora, andiamo?”
Sia
lui che Ron annuirono e si avviarono insieme a lei
verso il buco del ritratto.
Ron
lo oltrepassò per primo e sotto lo sguardo sorpreso di
Harry tenne aperto per Hermione il ritratto della signora Grassa,
mentre la
ragazza gli sorrideva riconoscente.
I
suoi amici iniziarono a chiacchierare del più e del meno,
ma Harry partecipò poco alla conversazione.
D’accordo,
probabilmente la sua era solo una vaga speranza.
Lo sapeva, in fondo, che l’amicizia tra i suoi due amici non
era mai stata solo amicizia. E
conosceva bene, anche
se nessuno dei due glielo aveva mai confidato, quello che
l’uno provava per
l’altra.
Forse
era stupido da parte sua preoccuparsi, ma erano i
suoi amici ed era ovvio che fosse un po’ agitato al pensiero
di una storia tra
di loro.
Osservò
Ron ed Hermione chiacchierare tranquilli, sorridersi
e tirarsi frecciatine mentre attraversavano i freddi corridoi di
Hogwarts e non
potè evitare che un sorriso gli increspasse, suo malgrado,
le labbra.
“Non
credi che abbia ragione, Harry?” gli chiese
all’improvviso Hermione.
“Ehm,
certo, sicuro” improvvisò lui, mentre Ron gli dava
del brutto traditore.
“Se
non l’avessi sentita” lo informò Ron,
“ha appena
affermato che il Quidditch è un gioco da selvaggi!”
“Che
cosa? Hermione non puoi crederlo davvero!” si
infervorò allora Harry, di colpo tornato alla
realtà.
Scoppiarono
tutti e tre a ridere ed Harry pensò che, in
fondo, non c’era bisogno di essere agitati. Poteva osservare
i suoi amici,
cercare di capirli, studiarli, magari anche preoccuparsi un
pò, perché no? Ma
non c’era nulla che potesse veramente fare. Doveva solo
aspettare che gli
eventi seguissero il loro corso.
Prese
posto al proprio banco nella fredda aula di Difesa
Contro le Arti Oscure. Ron si sedette da un lato ed Hermione
dall’altro. Poco
dopo Piton entrò e gli rivolse uno sguardo astioso come
buongiorno.
“Oggi
sembra avere la luna più storta del solito” disse
Ron
sottovoce.
“Non
farti sentire, Ron!” lo sgridò Hermione in un
soffio.
Harry
sorrise, portando una mano davanti al volto per non
farsi vedere dai suoi amici.
Forse
la sua era solo una vana speranza. Forse era l’ultima
illusione di un folle.
Eppure,
mentre Piton girava torvo tra i banchi e ordinava
alla classe di aprire il libro ad una determinata pagina, un pensiero
lo colse:
qualunque cosa fosse successa in futuro, qualunque strada avessero
seguito lui
e i suoi amici, quei momenti tra loro tre, quelle chiacchiere prima di
una
lezione, quelle frecciatine a pranzo o a cena, quella rassicurante e
spensierata quotidianità, tutto quello nessuno glielo
avrebbe mai tolto.
Quei
ricordi, ne era sicuro, gli avrebbero sempre dato la
forza di andare avanti, anche quando la vita, presto, ne era convinto,
sarebbe
diventata più dura.
E
illusione o follia che fosse, questo, per il momento, gli
bastava.
FINE
__________________________________
Note di fine
capitolo:
Allora?
Vi è piaciuta questa fine?
Chiaramente non è un finale vero e proprio,
perchè è ovvio che non poteva succedere nulla tra
Ron ed Hermione visto tutto quello che ancora li attende nel corso del
sesto libro, ma mi sembra incarni perfettamente quell'erano un pò
più gentili del solito l'uno con l'altro che
citavo nell'introduzione del primo capitolo e che Harry nota subito
dopo la famosa scena della lezione di Erbologia del Principe Mezzosangue.
Non solo, mi sembra, come scrivevo all'inizio del capitolo, che questi
siano davvero il Ron e l'Hermione che noi conosciamo (non lo dico per
vanteria, ho solo provato a renderli per come io li percepisco), i due
ragazzi un po' impacciati, ma che amano trascorrere del tempo insieme,
anche se nessuno dei due lo ammetterebbe apertamente; i due ragazzi
chiaramente cotti l'uno dell'altra, ma anche così
affezionati alla loro sicura amicizia da avere una paura folle di
cambiare le cose; i due ragazzi spiritosi e vitali che amano
punzecchiarsi a vicenda per poi sorridere orgogliosamente l'uno dei
punti di forza dell'altro.
Evito
di scivolare nella romanticheria gratuita e mi concentro invece su due
cose, diciamo, tecniche.
La
prima
è quei due momenti iniziali in cui sono protagonisti prima
Hermione e poi Ron: li ho scritti di getto, ma al momento della
rilettura finale ero piuttosto indecisa sul fatto di lasciarli o meno
nella storia. Allungano il brodo, è vero, e ai fini
dell'intreccio non aggiungono un bel nulla. Perchè li ho
lasciati, allora? Atmosfera, direi, e la volontà di mostrare
anche dal punto di vista dei due protagonisti, ma senza pensieri
coerenti o discorsi, cosa quella sorta di speranza nata dall'invito
alla festa di Lumacorno sia riuscita a creare. Non solo gentilezza, ma
anche un'ansia sottile e una non voluta dolcezza. Ho fatto male?
La
seconda
cosa, è l'epilogo. All'inizio avevo pensato di spostarlo,
farne un capitolo a parte, ma poi ho pensato che se anche era Harry
protagonista, al centro della scena ci sono comunque i suoi due
migliori amici. Ho pensato che la stima nei loro confronti, l'affetto,
la profonda amicizia che lo lega ad entrambi fosse il modo migliore per
chiudere una storia loro dedicata. Non è in fondo Harry
Potter una grande storia di amore e di amicizia?
Ultima
nota, e poi ho davvero finito. Il titolo, ovviamente, anche in questo
caso ambivalente.
Questione di tempo
si riferisce sia ad uno degli ultimi pensieri di Harry, che si rende
conto di non dover fare altro che aspettare per sapere cosa
succederà tra i suoi migliori amici, sia, soprattutto, al
rapporto tra gli stessi Ron ed Hermione. Come tutti i fan di questa
coppia sanno, è solo questione
di tempo perchè diventino effettivamente una
coppia, perchè tutto quello che li lega si manifesti alla
luce del sole.
L'attesa e questa certezza attraversano tutto il capitolo.
PS. Dimenticavo. Finalmente viene rivelato il posto in cui Hermione si è rifugiata: l'aula di Trasfigurazione. Non solo, viene anche spiegato il perchè. Complimenti a chi lo aveva indovinato. ^_^
Ringraziamenti:
Anche
stavolta, un unico commento a cui rispondere. Grazie mille a mica, sono felice
che nella descrizione dei comportamenti tra Ron ed Hermione tu abbia
visto vivificate le parole di Harry (e spero che valga lo stesso anche
per questo capitolo!) e concordo con la tenerezza che suscita la
reazione di Ron alle parole di Hermione. Grazie ancora, sei
gentilissima.
Qui finisce la mia storia. Spero che sia stata una buona compagna.
Grazie a chi mi ha seguito, anche senza farmi sapere nulla (grazie
anche a chi ha messo la storia tra i preferiti ^_-), grazie a
chi mi ha dato consigli. E infine, un dovuto grazie anche all'autrice
di quella saga meravigliosa che è Harry Potter e senza la
quale nè Ron, nè Hermione nè i
corridoi scarsamente illuminati di Hogwarts sarebbero mai esistiti.
E' davvero tutto.
A presto, spero,
patsan
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