This is war, but the love?

di RainPluffa24456
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The B-day. ***
Capitolo 2: *** Is right? ***
Capitolo 3: *** Finally, it's peace. For now. ***
Capitolo 4: *** Fatto il Misfatto ***
Capitolo 5: *** To do the Right thing. ***
Capitolo 6: *** My words. ***
Capitolo 7: *** Take My Place, Please. ***



Capitolo 1
*** The B-day. ***


"Ron, puoi tornare qualche ora prima dall'ufficio oggi, per favore? Devo dirti una cosa molto importante.
 
Tua Hermione"
 
 
 
 
Ecco, questo era ciò che conteneva la breve missiva consegnatogli da Leo. Ron continuava a pensare alle poche righe scritte dalla moglie, e al tono serio che lo metteva in agitazione di ognuna di esse. Fece così quello che gli era stato richiesto, tornò a casa prima, ma per quella volta, decise di andare a piedi. Ron Weasley non aveva mai disdegnato la materializzazione, o i passaggi per i camini, per il ritorno a casa. Era la prima volta che tornava a casa a piedi, tutto solo, per le strade innevate Inglesi. Mentre si era concentrato così attentamente sui propri piedi, il rosso ad un tratto alzò lo sguardo e si voltò. Due gruppi di bambini stavano giocando a palle di neve. Uno dei due gruppi era in vantaggio sul secondo, che stava perdendo luoghi sicuri dietro cui nascondersi e munizioni di cui servirsi. Ron li osservò ancora per qualche secondo,tornando poi a concentrarsi sulle proprie scarpe. Hermione si era scordata del suo compleanno. L'aveva incrociata solo per pochi minuti, quella mattina. Gli aveva detto che non poteva proprio fermarsi per la colazione, che era in grave ritardo e che doveva ancora finire di completare un sacco di pratiche riguardanti un piccolo mercato nero di elfi domestici, prima di recarsi al ministero. Ovviamente non aveva risparmiato i suoi commenti disgustati, da tali azioni. Ma non gli aveva detto nulla sul proprio compleanno. E pensare che il rosso, in un'ultima disperata speranza di un flebile ricordo, le aveva anche chiesto con finta indifferenza che giorno fosse, quella mattina. Il primo Marzo, Ron."  Aveva risposto lei disinvolta. Ron continuava a non capacitarsene, e mentre si guardava le scarpe, aveva finalmente deciso che avrebbe lasciato parlare la moglie, prima di offendersi e chiederle - probabilmente sbraitando - quanto lui contasse per lei, avendo dimenticato il suo compleanno. D'un tratto gli venne in mente che nemmeno Harry e Ginny gli avevano detto nulla. Nessun gufo, niente visite a sorpresa, nulla. E per di più Harry aveva fatto di tutto per ignorarlo, l'intera mattinata lavorativa, e buona parte del pomeriggio. Ron cominciava a pensare che ci fosse qualcosa sotto. Hermione d'altra parte non aveva pensato ad altro. Aveva organizzato una bellissima festa a sorpresa per Ron, inaspettatamente, agli occhi del giovane ragazzo dai capelli rossi.
 
 
***
 
Quando una sera, si era incontrata con Ginny ed Harry, di nascosto dal marito ovviamente, avevano organizzato il tutto. Per lei la parte più complessa era venuta nel mentire alla persona che amava. "Ma Harry, non è per principi morali o altro, è che lui lo capisce quando mento! Gli basterà guardarmi negli occhi per intuire che c'è qualcosa che non quadra, per di più se proprio io mi scordo del suo compleanno, visto che non è rimasto molto sorpreso, quando io gli ho ricordato quello di Zia Muriel, anni fa." Tentò di protestare, cercando anche di trovare una soluzione. "Lo so Herm, ti conosciamo bene, anche una puffola pigmea capirebbe che c'è qualcosa che non va, se Hermione Jean Granger dimentica qualcosa, per di più d'importante!" Ribattè il giovane ragazzo dai capelli corvini, "Però abbiamo già trovato una soluzione, almeno, si spera che abbocchi." Intervenne allora la moglie del Ragazzo-Che-E'-Sopravissuto. "Ginny non gli manderà gufi né nulla, ovviamente, mentre noi due, dovremo cercare di evitarlo per tutta la mattina, al ministero. Tu cerca di essere il più sbrigativa possibile, non guardarlo mai negli occhi e parla tanto del lavoro." "Come sei informato, Potter! Dopo facciamo una bella chiacchierata eh amore!" Disse subito Ginevra al marito, con tono canzonatorio. Il moro la guardò con un sorrisetto innocente sulla faccia, per poi ricominciare a organizzare per quella famosa sera.
 
***
 
Hermione ebbe un piccolo sussulto, sentendo la chiave nella toppa girare. Controllò che tutti gli invitati fossero ben nascosti nello studio, e poi uscì in corridoio per andare ad accogliere il coniuge nell'atrio. "Ron! Come mai ci hai messo così tanto? C'è stato qualche problema?" Chiese la riccia sinceramente preoccupata per lo Weasley, poichè nonostante il "qualche ora prima" erano comunque le sette di sera. "No, tutto bene, ho solamente fatto la strada a piedi non preoccuparti. Piuttosto devo chiedere a te cosa non va. Mi hai mandato un gufo che più palpitazioni di così non mi poteva fare perdere...E poi...Hermione io non sto accusando nessuno ma...Cioè sei stressata con il lavoro ed è comprensibile...Ma ti sei..." La Granger sapeva già a cosa alludeva il suo"mister sfera emotiva di un cucchiano da tè" , ma doveva essere lui a dirlo, e poi quella sua aria tenerissima da cucciolo spaventato, per lei era troppo dolce per non essere contemplata. "Mi sono?" Lo incitò, quindi. "Ti sei dimenticata del mio compleanno, ecco l'ho detto!" Non riuscì nemmeno a finire la frase, che le due aree fronte una all'altra della casa - una nascosta nel sottoscala e l'altra nello studio - due gruppi da circa una decina di persone l'una che gridavano "S O R P R E S A !" Facendo oltretutto prendere un colpo al rosso in questione. La riccia rise alla vista spaventata e sorpresa del suo piccolo grande marito. Per il resto della serata la festa si svolse bene, tutti si divertivano, felici. Anche Neville, sembrava non stare troppo male per la sua recente rottura con Luna. La famiglia Weasley era allegra e spensierata come un tempo, finalmente. Molly aveva portato 5 torte diverse e fatto due maglioni ed una giacca per Ron, con su scritto sopra: "Auror Weasley", mentre già aveva le lacrime agli occhi, nella vista del suo bambino ormai cresciuto. Il tempo passò veloce, e presto, divennero le dieci e mezzo. Quasi tutti gli invitati se n'erano andati e Ginny era tornata a casa con i suoi genitori, per lasciare a casa loro James, che si era divertito moltissimo con Teddy. Rimasero solo loro tre. Come all'inizio di tutto, il trio, non si era mai spento. "Grazie della festa, ragazzi, davvero. Per un po' ho  veramente creduto che vi foste dimenticati di me!" Esclamò sorridente Ron, grato a Merlino per la fortuna che aveva, con due amici come loro."Non potremmo mai!" Ribattè Harry, sorridendo. "Già. E poi non sai quant'è stato difficile mentirti, fortuna che non hai sospettato di nulla e non mi ha fermato, stamattina!" Ribadì Hermione, uscendo dalla cucina ed andando ad abbracciare Ron, stampandogli un grosso bacio sulla guancia."Ehi ragazzi, vado un secondo a spedire un gufo a Ginny, voglio sapere come sta James e se devo raggiungerli oppure no." Disse Harry sorridente. I due annuirono, rimanendo soli. "'Mione...Tu non eri strana solo stamattina. Lo sei da giorni e ti conosco. C'è qualcosa che non va bene? O fatto qualcosa di male?" Chiese Ronald, accarezzandole il dorso della mano con il pollice. "Cosa?! No! Ron, ascoltami, tu non c'entri assolutamente nulla, scusami se sono stata strana, tu non hai fatto nulla di male, anzi! Stasera dovevo dirti veramente una cosa. Non era solo per la festa."Fece Hermione, diventando improvvisamente seria e srtingendogli la mano. "Dimmi, ti ascolto. Sono qui per te, 'Mione." Rispose lui. La ragazza sorrise e allora, si fece un po' più di coraggio e finalmente parlò. "Ron, io -." Non poté finire la frase, poiché un affannato e preoccupato Potter si affacciò correndo al salotto, "Ron dobbiamo andare, ORA." Il rosso era sbigottito, cosa mai fosse successo, da dover andarsene proprio in quel momento, proprio quando stava per dirgli tutto? "Cosa? Harry ma che succede?!" "Attacco a ad un gruppo di Auror, hanno bisogno di noi. Ron, i Mangiamorte sono tornati."


***
 
Ciaooo a tutti, allora ecco a voi la mia prima long! Spero tanto che vi piaccia. Cosa dovrà dire Hermione a Ron? Come risolveranno la nuova minaccia? Tutto nel prossimo capitolo!  
-RainPluffa

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Capitolo 2
*** Is right? ***


Ron si voltò immediatamente verso Hermione, cui dal volto era palese la preoccupazione. Serio com'era, anche Silente avrebbe avuto paura del bel Weasley, in quel momento. "Harry ci conoscono. Sanno tutto di noi, sopratutto chi ci sta a cuore. Ci hanno già provato una volta e l'hanno intuito abbastanza velocemente, chi è veramente importante per noi." Disse alzandosi, per poi continuare. "In questo momento non possiamo prevedere nulla, dobbiamo prevenire. Della mia famiglia non sanno nulla perché almeno siamo stati furbi, l'ultima volta. Ma di Hermione e Ginny si." Finì appena in tempo di pronunciare il nome della sorella, che quest'ultima si materializzò nel loro salotto. "Ginny!" Esclamò Harry, che aveva annuito silenziosamente per tutta la durata del discorso di Ron. "Ehi! Cosa è successo, perché quelle facce lunghe?!" Chiese spensierata la rossa. Il fratello la guardò con apprensione, girandosi di tanto in tanto verso Hermione. "Devi rimanere qui, sorellina. Devi restare con Hermione, per questa notte, ti spiegherà tutto lei, noi dobbiamo andare. " Disse con fare solenne. "Cosa succede, Ron?" Ribadì la più piccola di casa Weasley, divenendo anche lei seria. "Niente non succede assolutamente nulla di preoccupante, Ginny." Ribadì, sbrigativo. Poi si girò ed andò ad infilarsi il cappotto, mentre Harry andava ad abbracciare Ginny, per tranquillizzarla. Ad un tratto si sentì chiamare da dietro. "Ronald Weasley! Non provare a non salutarmi solo perché odi gli addii." Disse, subito alzando la voce, per attirare così al sua attenzione, e poi abbassando la voce, anche per lasciare qualche attimo di intimità ai due piccioncini a fianco. Lo conosceva anche troppo bene, e sapeva, che dopo la morte del fratello, Ronald non era più stato lo stesso per un po di tempo; era tornato in sé, ma si era comunque tirato dietro il suo bagaglio d'esperienza, stavolta negativo. Odiava gli addii, per questo nelle rare volte che al ministero o nella centrale Auror, c'era un problema di certa una certa rilevanza pericolosa, faceva di tutto per evitare di salutarla. Sperando che non se ne accorgesse, ma Hermione lo "richiamava all'ordine", sempre.  Era un modo per cercare di non credere al fatto che rischiava di perderla. E lui non voleva perdere un'altra persona importante. Gli si avvicinò, quando vide il suo sguardo crucciato, gli accarezzò una guancia, sorridendo. "Andrà tutto bene." Disse. "Questo lo so. E' che ho il presentimento che vada tutto male." Ribatté il rosso, accennando ad un sorriso. "Stai attento.  Per favore." "Ti amo." Le rispose, poi si attaccò alla spalla di Harry e si smaterializzarono. "Stai attento, Ron." Ribadì la Granger, bisbigliandolo al vento. Nonostante tutti i maghi al corrente della notizia nascondessero la paura dietro ad un sorriso, ognuno dei quattro aveva timore. Timore che ricominciasse qualcosa più grande di loro, qualcosa che avevano già passato e che non volevano riprovare. Volevano difendere la loro famiglia, e tutte le persone che ne facevano parte. Tutte. Ma…Non si può proteggere tutti.

 

***

 

"Potter! Weasley!" Urlò il capo reparto Winson. I due ragazzi uscirono dalle fiamme verdi del camino del Ministero, e in pochi secondi furono davanti al loro superiore. "Cosa pensate di fare?" I due Auror rimasero a dir poco sorpresi, "In che senso, scusi?" Chiese il 'prescelto'. "Cosa pensate di fare Potter, hai capito bene, lascio l'operazione in mano a voi due. Prendete una squadra a testa, appostatevi davanti all'entrata della ex-Malfoy Manor e per ora staremo a vedere." Annunciò, per poi andarsene a passo svelto esattamente com'era venuto. L'avevano sempre reputato strano, Winson. Baffi e capelli castani, imbianchiti per l'ormai non più giovane età. Aveva perennemente questo cappotto rosso con i fiori verdi, di cui i due ispettori Ministeriali non capivano il senso; delle scarpe nere lucidissime e un ingombrante cappello alla Sherlock Holmes, direbbe qualche gabbano. Nonostante il gusto nel vestirsi molto bizzarro, i due maghi gli portavano molto rispetto, in primo luogo perché aveva comunque un carattere rigido, ed in secondo luogo perché era stata la prima persona a trattarli come ragazzi normali e non come i due salvatori del mondo magico. Il moro dagli occhi verdi si incamminò per i corridoi della centrale Auror, seguito dal suo inseparabile amico. "Hitlees, Knifes, Brien, con me! Hood, Wood, Miles, con Weasley! Forza forza! Non abbiamo molto tempo!" Incitò i suoi collaboratori, dirigendosi con il suo co-capo squadra nell'atrio del Ministero, per materializzarsi. Una volta arrivati fuori da quel luogo buio, angusto e quasi irritante, -soprattutto per il rosso, poiché faceva riaffiorare certi ricordi- si nascosero come potevano, chi dietro ad alberi, chi rannicchiato sotto ad un cespuglio e chi aveva praticato un incantesimo di disillusionismo su sé stesso a tal modo da poter rimanere in piedi o seduto. I due migliori amici strisciarono l'uno verso l'altro, " Ok, adesso aspettiamo finché non vediamo qualcosa…" "E poi interveniamo!" si bisbigliarono, con la solita euforia del re Grifondoro. "Ron, il capo ha detto che lascia tutto completamente in mano nostra…E' la prima missione senza supervisioni, vuoi veramente fare tutto frettolosamente e mandare tutto all'aria proprio stavolta, seguendo magari erroneamente l'istinto, che ci porterebbe poi al licenziamento?" Chiese il ragazzo dai capelli corvini all'amico "Se questo significa sventrare una setta di Mangiamorte, che probabilmente vogliono ucciderci e causare vari danni nel mondo magico, per di più avendo questa idea malsana nella mente di poter in qualche modo fare resuscitare il signore oscuro, si Harry, voglio correre il rischio!" Rispose prontamente Ronald. L'amico gli sorrise e continuò, "Ti appoggio, ma dobbiamo fare le cose per bene. Come ho detto, prima dobbiamo supervisionare e assicurarci che si nascondano qui e che sia veramente una minaccia. Lasceremo qui qualcuno a darsi il cambio, in modo da poterli avere sott'occhio in tutta la giornata completa. Poi faremo rapporto a Winson, e se ci dà il permesso torniamo qui ed interveniamo, siamo d'accordo?" "Va bene amico, vai col piano." rispose semplicemente, Ron. Passarono le ore, senza risultati. Alle tre di notte in punto, si iniziò a vedere qualche movimento. Quattro persone dall'aria sospetta e alquanto indaffarata, si dirigeva a passo svelto verso i cancelli della villa. Ad un tratto, spuntò dall'ombra una figura incappucciata, bassa e grassoccia. Fece per aprire il cancello, e fu allora che Harry lo notò. Un guizzo argentato, una scintilla luccicante. Peter Minus.






°°°°°
Si lo so, scusate. Ho avuto una marea di impegni che non sapevo di avere! :( Scusatemi tanto, spero che almeno il capitolo vi sia piaciuto :) Giuro che stavolta sono tipo orologio svizzero, appuntamento a venerdì sera! :D
-RainPluffa

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Capitolo 3
*** Finally, it's peace. For now. ***


Harry si girò piano verso l'amico. Sapevano entrambi cosa voleva dire. Ron abbandonò il suo sguardo, per dedicarsi di nuovo a quel cancello. I tre Mangiamorte si stavano dirigendo verso l'entrata. Dobbiamo fermarli! Pensò. Ma quando si voltò verso il ragazzo che stava alla sua destra, capì già dal suo sguardo, che non avrebbero agito quella notte. Una piccola luce si spense in lui, mentre un'altra si accese: per quella notte sapeva di non dover rischiare la vita. Quando ritornò alla realtà, sentì Harry richiamare gli Auror, lasciandone due a guardia. "Andiamo Ron. Dobbiamo fare rapporto." Disse semplicemente. Poiché le figure incappucciate erano lontane, sei persone poterono finalmente rialzarsi. Con un volteggio della bacchetta sparirono, lasciando solamente un soffio di vento. Qualcuno. Qualcuno scrutava l'esterno dalla finestra della grande Villa. Vide ombre nere alzarsi dai cespugli e smaterializzarsi. D'un tratto sorrise. Stava andando tutto secondo i suoi piani, e loro, non potevano fare nulla per fermarlo.

 

 

***

 

Harry Potter non si era mai sentito così frustrato in vita sua. Beh, a parte quando aveva lottato tutta la notte per uccidere finalmente, il più grande mago oscuro di tutti i tempi. Si trovava nell'ufficio del capo, assieme a Ron. Appena aveva saputo che erano tornati al Ministero, li volle immediatamente incontrare. Ora stavano attendendo che il superiore venisse loro a parlare. 

Intanto Ron si guardava intorno. La scrivania del capo non era piena di oggetti, sopra c'erano unicamente una foto, qualche documento importante, delle pergamene ancora vuote e dell'inchiostro. Si chiese il perché di quella miseria, sulla scrivania, poiché a quanto ricordava era un uomo benestante, John Winson. Ronald non finì nemmeno di formulare il pensiero, che se lo ritrovò davanti, così i due ragazzi si sedettero sulle sedie dai cuscini verdi, di fronte alla scrivania. "Intanto mi voglio scusare con voi due, perché siete due laboriosi Auror e so che a casa avete famiglie intere, che vi aspettano. Pertanto farvi lavorare fino alle tre e mezzo di notte, non viene visto di buon occhio, da me." Disse, serio. Le parole da lui pronunciate stupirono moltissimo i due ragazzi. Non si aspettavano tanto riconoscimento, dal loro capo. Colui che prediligeva lavoro sodo ed impegno, in ogni circostanza. "Signore, può stare tranquillo, sapevamo a cosa andavo incontro quando-" Potter non fece in tempo a finire, questa sera John era davvero irremovibile, a farci complimenti, si ritrovarono a pensare stupiti di loro stessi. " Per questo, premetto che domani avrete la giornata libera, non vorrei avere due persone assonnate in ufficio, che non servono a nulla." Disse cercando di dissimulare la minima preoccupazione che aveva per i colleghi, erano diventati quasi amici, negli ultimi anni. I due ragazzi si guardarono, nascondendo un sorriso, per poi tornare a posare lo sguardo al caporeparto. "Ora, voglio il rapporto completo, e poi potrete andare. " I due gli raccontarono tutto, dai nascondigli improvvisati a lui, Peter Minus. "Capo, non è una cosa da sottovalutare. Ho già avuto a che fare con lui e può sembrare innocuo. Non lo è. Ha permesso che i miei genitori venissero uccisi, signore. " Disse Harry, con un leggero groppo in gola e la tristezza negli occhi, che il giovane non tardò a mandare via con noncuranza. "So che è difficile venire a sapere che è ancora vivo, Potter. Ma devi superarla e concentrarti sul fatto che questo è il tuo lavoro, e non la tua sala di psicologia." Rispose serio e duro il primario. Lo sfregiato gli sorrise timidamente, con un "Certo capo." "Bene. Ora andate, le vostre due povere mogli vi aspettano. E vi sopportano." Disse, sorridendo sotto i baffi. I due fecero un segno d'assenso a Winson, poi si girarono e Ron diede una pacca amichevole sulla spalla del collega. Una volta fuori dall'ufficio, entrarono nei camini, e in una fiamma verde scomparirono.

 

 

***

Quando riapparirono nel salotto di casa Weasley trovarono le mogli dormienti. "Menomale che non ci hanno aspettato alzate." Disse semplicemente Ron, in un bisbiglio. Poi Harry andò verso la moglie, stesa sul divano marrone chiaro, la prese in braccio, guardò il cognato e gli sorrise, facendogli il gesto dell'OK, con la mano. Uscì dalla porta, diretto verso casa sua. Ron fece con calma: erano le quattro di notte, cosa pretendeva. Si tolse cappotto e sciarpa e li appoggiò all'attaccapanni. Poi andò verso l'altro divano, che le due avevano unito. Accarezzò lievemente il viso della moglie, spostandole un ricciolo ribelle dagli occhi. Si rimise in posizione eretta e si sfilò la cravatta, appoggiandola sul tavolo. Era stanchissimo anche lui. Era sveglio dalle sei, ed erano le quattro. La mattina dopo nemmeno Hermione sarebbe andata al lavoro, era in ferie in quel periodo. Mise una mano sotto la schiena della donna e l'altra sulle gambe. Poi la sollevò di peso, e a passo lento ed affaticato la portò in camera. La adagiò sul letto, tirò fuori la bacchetta e si cambiò in un attimo: era troppo stanco. Una volta in pigiama, coprì la moglie e andò sotto le coperte. Aprì le braccia per spegnere quell'aggeggio babbano che Hermione aveva voluto tanto comprare, pensò si chiamasse Veglia o Steglia. Forse Sveglia, pensò. Nell'attimo in cui lui aprì le braccia, la Granger ci si accoccolò dentro, presa dal sonno. L'uomo dai capelli rossi sorrise, spense la luce e dormì, abbracciandola. Domani sarebbe stato un nuovo giorno. Uno importante, anche se lui non lo sapeva.

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Capitolo 4
*** Fatto il Misfatto ***


ATTENZIONE, LEGGI QUI. :D

 

Scusate l'intrusione, volevo dirvi che ogni incantesimo usato nella storia è vero e certificato, oltre al fatto che non sapevo come chiamare il padre di Hermione, quindi l'ho inventato. Tutto qui. Un'ultima cosa però, vi consiglio vivamente di leggere il capitolo assieme alle due canzoni che l'hanno ispirata. 

 http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=fSqYlGCd5AE       &      http://www.youtube.com/watch?v=KT__UfB8UfM

 

*copiatelo ed incollatelo* 
 

 

 

°°°°

 

 

Fatto il misfatto.

 

 

 

 

 

 

 

Ron si svegliò di colpo. Si alzò seduto, spaventato. Un incubo. Non ne faceva più da secoli, però. Era almeno da dopo la battaglia che il suo sonno era ritornato tranquillo. E ora? Ora qualcosa non andava, ma non capiva cosa. Si girò verso la riccia al suo fianco, menomate che non si era svegliata. Controllò l'aggeggio gabbano, la steglia. Sta per ricominciare tutto. E' per questo che non dormo la notte, è inutile che mi racconti storie. Sta arrivando qualcosa, lo sento. Harry ed io lo sentiamo, ma se ci sarà di nuovo una battaglia, allora combatterò. Combatterò per la mia famiglia. Pensò il rosso, guardando Hermione ed alzandosi dal letto. Si scompigliò i capelli rossi con un gesto della mano, ed uscì dalla stanza. Aveva bisogno d'aria. Una volta arrivato in salotto, uscì sul balcone, non gli interessava se era scalzo, in canottiera e con i pantaloni del pigiama, se c'era la neve fuori. Aveva bisogno d'aria. Stavolta andrà meglio. Io ed Harry terremo fuori Ginny ed Hermione da questa cosa. Non posso coinvolgerla, non voglio coinvolgerla. Non voglio perderla o anche solo rischiarlo solamente. Pensò di nuovo, ammirando il panorama. Il sole stava sorgendo, abbracciava la riga che distingueva cielo e terra. Il cielo era azzurro, con qualche sfumatura rosa. Sarebbe andata bene, doveva andare bene. L'ex-Grifondoro agitò un braccio in segnò di saluto verso quel ragazzo dalla saetta sulla fronte, che lo salutava dal balcone di fronte. Erano circa centro metri di distanza, anche se avesse urlato, il ragazzo non l'avrebbe sentito, così stette zitto, continuando a guardarlo. Si erano già capiti, con uno sguardo. Dopotutto si conoscevano da 26 anni. Quello dagli occhiali tondi lo salutò un'ultima volta e poi entrò in casa. Anche il bel Weasley entrò. Alle 5 del mattino, di una giornata non lavorativa non poteva permettersi di ammalarsi. Voleva cercare di essere sereno, almeno per quella giornata. Così andò verso la cucina, mise su una padella il bacon e le uova, tostò il pane. Quando ebbe finito di cucinare, mise tutto su un vassoio e con calma e attenzione, attraversò il salotto per dirigersi alle scale. Con già il piede sul primo scalino, si girò sempre con calma e tirò fuori la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, la puntò verso il ripiano da cucina e mormorò, "Tergeo" A tal modo che l'orrore non proprio pulito, che si era formato nella loro cucina, venisse pulito egregiamente. Sapeva che la moglie, si alzava tutte le mattine non più tardi delle sette, anche nei weekend. Poiché erano le sei e cinquanta, Ron volle precedere la sua sveglia biologica. Entrò nella loro stanza, evitando per un pelo di inciampare nel piede del letto. La loro stanza era moderna e sofisticata, così aveva detto Hermione. La parete principale era di un marrone molto chiaro, davanti ad essa stava il letto, il telaio era di un marrone scuro, mentre le coperte, per quel mese, erano di color biondo fragola. Ai due lati del letto stavano i comodini, ognuno con una rispettiva lampada. Il pavimento era fatto di moquette bianca e di fronte al letto stava una grande porta finestra, che aldilà delle tende gialle scure nascondevano un balcone piuttosto largo, ma se contiamo il tavolino da giardino ed il dondolo possiamo chiamarlo tranquillamente terrazza. A fianco della porta finestra stava l'armadio rigorosamente rosso chiarissimo, quasi salmone scuro, direi. Una volta varcata la soglia della porta e con la bacchetta spalancate le tende, per fare entrare una luce che rischiarò l'intera stanza, tant'era forte. Ron appoggiò il vassoio sul suo comodino, che di solito era il più spoglio in confronto a quello di Hermione, di solito pieno di libri, pratiche del ministero e quella cosa, il bellulare, vellulale……..Ah! Ecco il nome, cellulare! Lui si era rigorosamente rifiutato di usarlo perché troppo difficile da gestire, ma la Granger (in Weasley) che pensava sempre a tutto, se lo portava sempre dietro in caso di emergenze. Ron si stese al suo posto letto, e reggendosi la testa con una mano, cominciò ad osservarla. Era bellissima, con la luce del mattino che le rischiarava il viso delicato e delineato da aggraziati lineamenti. Ron si avvicinò e le posò un leggero bacio sulla bocca. Un contatto da pochi secondi, niente di più. Anche solo quel contatto però, lo faceva stare bene. "Hermione…" Sussurrò a pochi centimetri dalla sua bocca, posandole un altro bacio. "Lo so che sei sveglia." Le disse sorridendo apertamente. La mora sentendo quell'affermazione sorrise ancora con gli occhi chiusi. "E' possibile che non si riesca mai a dormire in pace, quando sei a casa Ron Weasley?!" Chiese quasi ridendo. Poi all'improvviso si bloccò ed aprì gli occhi. "Aspetta un attimo. Tu, sei a casa?!" Chiese sorpresa, gli occhi ancora un po' intontiti per la luce pazzesca che entrava dalla finestra. "Si" "E oggi non vai al lavoro?!" "No." Rispose, sorridendo tranquillo. Hermione ebbe un'unica reazione, gli si buttò al collo sorridendo. "Sei a casa!" Esclamò, felice. Per una giornata avrebbe avuto Ron a casa, e non avrebbe dovuto preoccuparsi di ricevere un gufo, dove le dicevano che magari era morto o era in fin di vita. Non doveva preoccuparsi per la sua vita per un'intera giornata. Ron le stampò un bacio sulla guancia e poi si alzò, mentre lei rimase seduta sul letto. "E non è finita qui, signora Granger. Beh, in Weasley." Disse sorridendo e girandosi, per prendere il vassoio e poggiarglielo sulle gambe. Per via dei loro lavori, Ron andava via di casa la mattina prestissimo senza nemmeno fare colazione, Hermione andava più tardi e faceva colazione, ma in fretta e mentre camminava per il Ministero, arrivando al suo ufficio. Di solito. Ma non quella mattina. Il rosso le si sedette poi accanto, guardandole il volto. I suoi occhi brillavano della stessa luce di Ventisei anni prima, quando la conobbe sul treno. Si amavano da Ventisei anni. "Ron, te l'ho mai detto che ti amo?!" Fu la reazione della riccia. "Ehm, no. In effetti credo tu non me l'abbia mai detto." Disse il re dei Grifondoro, ironico. Il rosso le posò un altro bacio sulla guancia, per poi alzarsi e dirigersi fuori dalla camera, doveva mandare un gufo ad Harry. Si bloccò sulla porta, all'udire di un'affermazione della moglie. "Mh, amore, sai che siamo a pranzo dai miei genitori oggi, vero?" Chiese, sicura che il marito l'avesse dimenticato. Dal blocco brusco del ragazzo pareva di si. "Te l'eri scordato, vero?" Gli chiese, sicura della risposta. "Cosa?! Scordato? No! Solo che…Ehm…Ho…Ho perso l'agenda! Vado a prepararmi, eh!" Disse piuttosto incerto, essendosi inventato tutto di sana pianta. Il ragazzo scese giù per la scala, sentendo ancora la risata cristallina di Hermione per la via. Quando fu finalmente nel suo studio, scrisse due righe molto brevi. 

"Sappiamo entrambi che sta succedendo, Harry. Io dico che per ora non dobbiamo allarmare le nostre famiglie,

glielo diremo solo se sarà strettamente necessario, questa volta faremo le cose con cautela, non dobbiamo mettere in mezzo nessuno che non sia un Auror. Sarò dai Granger questo pomeriggio, ci vediamo stasera.

Ron."

 

 

Il ragazzo posò la penna e legò la pergamena alla zampa di Leo, prendendolo su una mano e lasciandolo volare nel cielo. "Ad Harry Potter, Leo." Gli urlò quando fu ormai lontano. Sperava solo che quello stupido gufo avesse sentito. "Come mai mandi un gufo ad Harry?" Chiese Hermione, con il vassoio in mano, sospettosa, sulla soglia del suo studio. "Ah, ehm. Niente, faccende burocratiche." Le disse distrattamente, uscendo dalla stanza seguito dalla ragazza. "Sei strano oggi, Ronald. Non che dimenticarti delle cose sia una novità per te, ma sei strano comunque." Gli disse. Il ragazzo le rispose con un'affermazione ironica, sempre dolce la sua Hermione. "Io strano? Sei tu piuttosto che ieri sera doveva dirmi qualcosa o sbaglio?" Le chiese per cambiare discorso. Sperava con tutto il cuore che la ragazza ci cascasse. Così le prese di mano il vassoio e lo ripose nello scomparto nero sopra i fornelli, poi si voltò nuovamente verso di lei, visto che stava zitta. "O sbaglio?" Ribadì. La ragazza sembrava in difficoltà. Non posso dirglielo. Non ora. L'importante è che ci siamo noi due è vero, ma preferisco farlo stasera, con una cena a lume di candela, così potrò fargli vedere anche le foto. Chissà come reagirà. Pensò la mora, voltandosi e sedendosi sul divano, mentre spostava lo sguardo sul camino spento. Non riusciva a guardarlo in faccia, aveva lo sguardo penetrante. Capiva quando mentiva. E lei capiva quando lui mentiva. Per questo gli aveva detto che era strano. Weasley ormai ce l'aveva fatta, aveva cambiato discorso. Fin lì tutto bene. Non si accorse dello sguardo della moglie, era troppo concentrato sul passarla liscia e proteggerla, da un grande segreto, per ora. Così si limito a porle una domanda. "A che ora dobbiamo essere dai tuoi?" Domandò tranquillo. "Per le dieci in punto." Rispose anche lei, pensando di averla fatta franca. Per ora, entrambi si nascondevano dei segreti. "Ma non dovevamo pranzare e basta, là?" "Si ma lo sai quanto ci tengono al brunch, quindi. " Il Ventottenne annuì ed entrò in salotto, tendendo la mano ad Hermione. "Mi concede di scortarla fino alla camera, signorina?" Le chiese, con l'aria baldanzosa da maggiordomo. Hermione scoppiò a ridere, riusciva a tirarla su anche quando non ne aveva voglia. Afferrò la mano offritele e si alzò, dirigendosi in camera da letto assieme al marito. Una volta che si furono cambiati, che entrambi ebbero compilato alcuni ultimi moduli per il Ministero prima della Domenica, -ovvero l'indomani- le nove e cinquanta arrivarono in fretta. Si smaterializzarono, e alle dieci in punto furono davanti a casa Granger, mentre con due colpi leggeri Hermione bussava alla porta bianca. Nonostante fossero sposati da tre anni, ai pranzi o alle cene coi genitori di Hermione, Ron continuava ad essere nervoso e ad avere molta paura del signor. Granger. Entrarono con calma ed i due coniugi più anziani li federe accomodare sul divano. "Ehi. Dici che tuo padre mi odia ancora?" Chiese intimorito il ragazzo alla moglie, osservando la figura alta e robusta, che portava un maglioncino azzurro con la camicia sotto ed i pantaloni da sera. "Ron, siamo sposati da tre anni, la finisci di pensare che lui ti odi?!" Ribatté la ragazza trattenendo una risata, allungando la mano verso quella di Ron e stringendogliela. Bene, Ron adorava quando la moglie si preoccupava per lui ma, così dava un motivo in più al padre per prendere in mano una bacchetta e usarla in modo diverso dal consueto utilizzo che ne fanno i maghi! Insomma, l'avrebbe ucciso, o come minimo gli avrebbe fatto tanto tanto tanto male. Almeno, questi erano i timori infondati del rosso. Li fecero sedere a tavola, e Ron fece di tutto per mangiare come una persona normale, oltre a tenere la mano di Hermione sotto al tavolo. Era anche vero però che qualche volta il capofamiglia dei Granger cercava divertito di metterlo in difficoltà. "Quindi, Ron. Come va al lavoro? Rispiegami il sistema Ministeriale Magico, per piacere, non lo ricordo." Gli disse con un sorriso. Il ragazzo era in difficoltà, e con un po' di insicurezza gli rispose, per quel che sapeva. Dall'altra parte del tavolo, due donne con gli stessi capelli lo guardavano divertite. Ci fu però un momento, in cui il signor. Granger esagerò. Fu circa al dolce. "Ehm, Ron. Ho saputo che hai perso un fratello nella battaglia di qualche anno fa. Va tutto bene?" Chiese, disinvolto. Ron si stava per strozzare con una fetta di torta al cioccolato. Diventò rosso e gli vennero le lacrime agli occhi, un po' per il dolce un po' per…Fred. Non poteva essere ricordato così senza nessun bell'elogio. Era Fred, era un grande, era un eroe. "Si. Vuole sapere altro?" Chiese duramente mentre Hermione gli stringeva forte la mano, lanciando un'occhiata allusiva ed arrabbiata al padre. Lui aveva questi ideali stupidi, a detta della figlia, dove per essere uomo non devi piangere mai ed aveva accettato Ron solo perché sapeva che la figlia lo amava molto e viceversa. "In realtà si. Com'è perdere una persona così cara? Io non l'ho mai provato a parte quando nostra figlia ci ha mandato in Australia cancellandoci la memoria e fregandosene altamente." "Papà!" "John!" Lo ripresero la moglie e la figlia mentre Ron diventava rosso fuoco. Le posate tintinnarono sonoramente.  Si alzò bruscamente lasciando la mano di Hermione. "Scusate signori Granger, ora devo proprio andare, ho degli affari da sbrigare in Ministero, tutto buonissimo signora Granger, signore, spero di poterle spiegare in un'alta occasione devo andare. Hermione devo vedere Harry, ci vediamo a casa." Disse chiaro per poi dirigersi verso la porta ed uscire. Hermione era sconvolta. "Possibile che tu riesca a rovinare anche il mio matrimonio?! E lo sai perché vi ho mandati in Australia! Non ti entra in testa vero?! Io me ne vado. Ron, aspetta!" Urlò verso il padre mentre usciva correndo nella pioggia del viaggetto Inglese. Amava Ron, più di ogni altra cosa. Non aveva mai disubbidito ai suoi genitori, ed adorava suo padre, fin da quando era piccola, ma ora le cose erano cambiate lei non era più piccola, lei era diventata grande, era una donna. Era pronta a difendere ciò a cui teneva. "Hermione aspetta! Io…" Le gridò dietro il padre, ma lei se n'era già andata. La signora Granger si alzò, per chiudere la porta che la figlia aveva lasciato aperta, poi si girò come un pezzo di ghiaccio verso il marito. "Hai esagerato, John. Stavolta hai esagerato, non dovevi infierire." Gli disse lasciando l'uomo sbigottito. Hermione correva per la via dove aveva abitato per diciotto anni e dove ora, ritornava mediamente. La pioggia bagnava ogni cosa che toccava, fosse vivo o senza spirito proprio non importava. La ragazza non trovò Ron, così, sotto la pioggia, bagnata fradicia e con una lacrima che birichina le scendeva dalla guancia, si smaterializzò. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Ron si sedette sul divano grigio chiaro di casa sua. Quell'affermazione l'aveva scosso non poco. Aveva le mani tra i capelli, quando alzò lo sguardo su una delle loro finestre. Doveva trovare un modo per non pensare. Si alzò ed entrò nel suo studio, aveva bisogno di pace, doveva stare da solo. Entrò, apri tutte le tende facendo penetrare più luce possibile. Si sedette alla scrivania, cercò di concentrarsi per svariati minuti. Poi capì che non ce l'avrebbe fatta, non riusciva nemmeno a leggere. Provò comunque a riflettere sul caso che si ritrovava nelle sue mani. La Gazzetta del Profeta ha annunciato tantissimi attacchi negli ultimi giorni. Morte almeno 15 persone. Il capo dice che non li vedono nemmeno, l'unica cosa che avvertono è che stanno per morire. Come gli epilettici, solo che le persone con questa malattia sentono "l'aura", il sapore di metallo che li avverte di tirare la lingua avanti, per non soffocarsi.  E' come con i Dissennatori, sai che sono lì, ma non li vedi prima che loro decidano di mostrarsi a te. Come fanno?! Come fanno a uccidere così tante persone e nemmeno una di queste, nemmeno un testimone sopravvissuto per miracolo, ricorda chi o cosa sia stato ad ucciderlo?! Sono invisibili. Pensò, sbattendo il pugno contro il muro. Il suo studio era semplice, scrivania al centro, armadio dietro ad essa e tra l'armadio ed un comò pieno di pratiche degli ultimi casi avuti, una finestra. Tutto qui. Il ragazzo con quel pugno fece cadere qualcosa da sopra l'armadio, con quel pugno. Si lisciò la cravatta rossa del completo, poi si chinò e lo prese tra le mani. Non lo riconobbe finché non se lo rigirò tra le mani. Era lo specchio che aveva usato Hermione al secondo anno, per vedere il Basilico senza guardarlo negli occhi. Sorrise. Ricordò quanto aveva pensato a lei, a se stesse bene o male, a quanto fosse intelligente. Girandolo di nuovo, vide il suo riflesso nello specchio, oltre alle iniziali 'H. G.' sul davanti. Si guardò, era un uomo stanco della guerra, voleva solo amare sua moglie. Fu allora che capì. Con un gesto rapidissimo lo appoggiò sul tavolo, togliendosi la cravatta. Si sedette sulla sedia girevole e con un tagliacarte provò ad aprire lo specchio. Mise la lama affilata tra l'argento del manico e il vetro. Lo specchio si aprì, Ron tirò fuori la bacchetta, e sicuro di sé pronunciò "Specialis." La vera natura dello specchio si rivelò, Ron aveva capito. Si sbottonò due bottoni della camicia, dopo aver tolto la cravatta, mentre già in corsa si dirigeva verso la porta di casa. La chiuse urlando un distratto "Colloportus!" Dietro di sé. Prima o poi Hermione sarebbe tornata a casa no?* Corse più veloce che poteva ed una volta superati i 100 metri, bussò cinque tocchi forti alla porta di legno massiccio della casa accanto. Fu proprio Harry Potter ad aprirgli la porta. "Ho capito, ho capito tutto!" Gli disse in fretta, superandolo e calpestando il tappeto verde, mentre entrava in casa. "Cosa? Ron calmati. Che hai capito, e perché di là tua moglie sta male, non sapendo dove tu sia sparito per più di un'ora?!" Chiese all'amico, sperando che si calmasse. Cavolo è vero, Hermione! Pensò agitato, mentre entrava in salotto, "Ehm, Hermione?" Mormorò. La ragazza gli si scagliò addosso. Avrebbe preferito una strilettera, anche se ci assomigliava molto. "Tu! Come hai potuto andartene così, e sparire per un'ora e quaranta senza farti sentire né nulla! Dove sei stato, eh?! Immagino a consolarti con Lavanda, no?!" Sentenziò la mora. Ma che cavolo le viene in mente?!?!?!?! Si chiese sconsolato il rosso, mentre con calma la faceva sedere, girandosi verso Harry e Ginny. "Che le hai fatto Ron!?" Aveva anche paura della sorella ora, ma bene. Diresse lo sguardo disperato verso il suo migliore amico, sperando che almeno lui lo capisse. "Harry, ci date un minuto per favore?" Chiese con l'aria da cane bastonato. "Certo." Rispose il ragazzo, con aria benevola. Sapeva che il rosso combinava tanti casini, ma poi si rimetteva tutto a posto, come sempre. Così, mentre Ginny continuava ad alzare la voce, il ragazzo dai capelli corvini la trascinò via, quasi ridendo per le solite reazioni delicate della moglie."Senti Hermione…" Cercò di dire, ma la donna l'aveva già preceduto. "No, Ron. Ascoltami. Lo so che per te è difficile confrontarti con queste cose, ma mio padre ha esagerato, ok? E' difficile superare la……La morte di Fred. E' difficile e lo sappiamo entrambi. Ma…Ron. Sono passati dieci anni." "La perdita di Fred non finirà mai di segnarmi, Hermione. Ma sono passati dieci anni. E tu sei stata comunque al mio fianco. Sei tu la mia forza, Hermione. Io l'ho superata. Ma sentirlo nominare…Così. Non mi aiuta, capisci?" Le chiese, esitante. Hermione sentì d'aver perso un battito, succedeva ogni volta che Ron la toccava o le diceva qualcosa. Gli accarezzò una guancia, sorridendo. "Certo che capisco, Ron. Sono tua moglie. Se non ti capisco io, chi dovrebbe farlo?" Gli chiese. Lui ricambiò il sorriso e le posò un bacio sulle labbra. "Mi dispiace." Le disse al termine del bacio, appoggiando la fronte sulla sua. "Anche a me." Concluse sorridendo la donna e posandogli un bacio sulla guancia. Poi Ron, uscì dalla bolla rosa che si formava ogni volta che stava con la moglie, e si staccò bruscamente, "Potter!" Urlò per la casa, e due minuti dopo il suo migliore amico gli era a fianco. "Ho capito, Harry. Dobbiamo andare al Ministero, Winson deve saperlo, sono convinto d'aver ragione." Gli disse in fretta. Mentre le due donne li guardavano sbigottite, Harry prese da parte Ron, lo portò lontano dalle due, e poi parlò. "Che ti viene in mente, non puoi parlare di Mangiamorte qui, non avevi detto proprio tu che dobbiamo lasciare fuori la famiglia?" "Ma se sei tu che hai appena detto la parola 'Mangiamorte' con loro due presenti! Nessuno li aveva nominati!" Esclamò. "Si, ma la differenza, idiota, è che io ho appena generato un Muffliato, non possono sentirci." Gli disse dandogli uno scappellotto stile Severus Piton. "Stiamo litigando come me ed Hermione al quarto anno, ascoltami e basta! Sai perché nessuno li vede, ma riescono solo a percepirli? Perché sono invisibili, nessuno può guardarli. Abbiamo solamente cinque testimoni, rimasti vivi, nessuno ci ha detto la verità perché è spaventato! Hanno messo degli incantesimi locali sugli specchi. E' come con il tabù che c'era sul nome di Voldemort, ti localizzano con gli specchi, Harry! Prima ho incantato il vecchio specchio di Hermione con 'Specialis' e si è rivelato. E' stato lì che ho capito." Dice al moro, confidando che gli creda e non scappi urlando. "Dentro casa dei Lightweght c'era uno specchio….Così come nella casa dei Thomps, dei Wints e dei Bright!" Esclamò il ragazzo, sorridendo. "Forse siamo alla fine del tunnel!"  Disse il rosso sorridenti pienamente ed abbracciando l'amico per la felicità, quasi ridendo. "Ron aspetta. Usano gli specchi per localizzare le famiglie che mi hanno aiutato o che erano nell'ordine, o magari che sono parenti di chi mi ha aiutato." Disse il salvatore del mondo magico guardandolo, serio. "Però perché non riescono a vederli? Per queste cose non possono usare un incanto qualsiasi. Questa è Magia Nera. E poi come e quando hanno applicato l'incanto sugli specchi? C'è qualcuno, Ron. C'è un infiltrato al Ministero. Forse anche più di uno. Dobbiamo avvertirle. Non possiamo fare di testa nostra, solo perché abbiamo paura di metterci in gioco." Concluse, lanciando uno sguardo verso il divanetto, dove le due donne parlavano imperterrite, lanciando uno sguardo ai due ogni tanto. Ron le guardò. Erano così felici, nulla le privava della felicità. E lui era lì, e non voleva togliere loro nulla. 

 

La luce, dal tunnel era ancora lontana.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

*Specialis: è l'incantesimo utilizzato a svelare la vera natura di un oggetto, o rivelare qualche oggetto secondario nascosto al suo interno.

 

Colloportus: blinda/blocca una porta per un determinato lasso di tempo, Ron lo usa perché non ha tempo di chiudere la porta, e spera che Hermione faccia in fretta, tornando a casa, dovunque sia, è troppo preso dalla scoperta, in quel momento.

 

Allora! Che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Ditemi la vostra, ci tengo a sapere se vi piace! 
PS, l'immagine fa schifo, lo so, ma è la mia prima immagine :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** To do the Right thing. ***


To Do The Right Thing

 

 

 

Attention Please:

 

Canzoni del capitoli: - Accio Love http://www.youtube.com/watch?v=6q7i_cBLzYA     - Castle Of Glass http://www.youtube.com/watch?v=5g-dHTrNNGQ

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ron si era deciso. Non poteva rischiare di perdere la sua famiglia una seconda volta. Non dopo aver fatto così tanti sforzi per metterla insieme. Affrontare la vita non è facile, e lui aveva fatto una sacco di fatica per diventare quello che era. Ron Weasley, sposato, capitano Auror insieme al signor Potter, e probabilmente con un nuovo arrivato dai capelli rossi all'orizzonte, ma questo lui ancora non lo sapeva. Si girò simultaneamente verso Harry. Hai ragione. Dobbiamo dire loro tutta la verità. Ma solo per un motivo, devono nascondersi. Harry, me ne sono ricordato ora, ma i Mangiamorte sanno tutto. La mia copertura è saltata dopo la guerra, il mio matrimonio con Hermione ed il tuo con Ginny lo è venuto a sapere tutta Diagon Halley. Dobbiamo nasconderli, nasconderli tutti. Disse all'amico, serio e risoluto. Dal canto suo Harry Potter sapeva che l'amico era cambiato tanto dopo la battaglia, l'essere diventato una persona matura e che pensava con la testa, nelle situazioni di pericolo, era uno di quei cambiamenti. Il ragazzo si limitò ad annuire, mormorando un Finite incantatem. per eliminare tutti gli incantesimi protettivi, e seguire l'amico verso le due donne. Ron si sedette sulla poltrona grigia scuro, proprio di fronte alla moglie. Harry si sedette sul bracciolo del divano, osservando il rosso. Era evidente che avrebbe parlato lui, altrimenti non si sarebbe dato un'aria così grave sul volto no? Ad Harry toccava il compito d'appoggiare la sua teoria, ed annuire. Hermione e Ginny erano diventate improvvisamente serie, ed il sorriso che avevano stampato sul volto pochi minuti prima si era estinto. Vedendo arrivare i due uomini così seri, non avrebbero certo potuto continuare a ridere spensierate. Hermione ad un certo punto si preoccupò, perché dopo cinque minuti che ognuno se ne stava zitto al proprio posto senza dire niente, il ragazzo dai capelli fulvi era diventato anche pallido. Ron stai bene? Ragazzi cosa ci dovete dire. Cos'è successo. Chiese seria. Non era nemmeno una domanda, era un'implorazione, la preghiera delicata di essere sinceri, non importava quanto la verità fosse stata cruda. Il marito si passò una mano tra i capelli, e dopo aver avuto abbastanza tempo per riordinare le idee, finalmente parlò. Ragazze dobbiamo parlare. Fu quello che disse semplicemente, riservando il coraggio quasi irruente, di parlare di una questione così delicata con la donna che amava e la sorella a cui voleva moltissimo bene, -nonostante non glielo dimostrasse quasi mai, ma per lei andava bene così perché il loro rapporto era di incontro-scontro.- per cui sapeva che avevano già sofferto tanto in precedenza. Il ragazzo riassunse velocemente tutto quello che era successo, gli attacchi a quelle famiglie, l'uccidere senz'essere visti, la storia degli specchi. Ad ogni parola le ragazze erano sempre più spaventate, quasi raccapricciate dalla prospettiva di vita che si stendeva loro davanti. Quando ebbe finito e rialzò lo sguardo verso le due, Hermione aveva una mano sulla bocca, preoccupata dell'avvenire, Ginny era più tranquilla, ma nemmeno lei aveva rilassato i nervi. Per questo dovete nascondervi, insieme al resto degli Weasley, ovviamente. Asserì Harry con l'appoggiò di Ron, che annuiva prontamente. Che? Nasconderci?! Non se ne parla nemmeno, c'eravamo anche noi dentro la battaglia, non eravate soli, non siete soli! Non potete pensare anche per noi, decidiamo noi stesse per la nostra vita. Esclamò la più piccola dei Weasley, che però stavolta aveva l'appoggio di Hermione. Erano proprio fatti per stare insieme, quei quattro. Non se questo significa perdervi! Le tenne testa il marito, passando lo sguardo in rassegna da lei ad Hermione. Non rimarrò in un angolo aspettando che mio marito e mio fratello vengano uccisi da qualcosa o qualcuno, non stavolta. Disse con sguardo fiero la Weasley, alzandosi dal divano ed uscendo dalla stanza orgogliosamente. Poco dopo la sua anima gemella le fu subito dietro, cercando di farla calmare almeno in parte. Ron avvicinò la poltrona al divano, per stare più vicino ad Hermione. Vedendo che le mani della mani della ragazza non smettevano di tremare, gliele coprì immediatamente con le sue più grandi, calmandole all'istante. Liberò un braccio, e con due dita le alzò il mento, visto che il suo sguardo era basso. Quando poté finalmente guardarla negli occhi, capì. Dentro quelle iridi color cioccolato leggeva paura, dolore, ferite riaperte e rabbia, per l'illusione che fosse tutto finito. Era esattamente quello che provava lui, quello che probabilmente provavano tutti, nonostante lo nascondessero con qualche falso sorriso. Dovevate dircelo prima. Fu tutto quello che Hermione borbottò, in modo che lo udisse solo Ron, anche se erano soli nel salotto. Per che cosa? Preoccuparvi? Credevamo fosse una cosa da niente, ma si è ingigantita. Non avrebbe fatto differenza saperlo prima, 'Mione. Le rispose semplicemente, accarezzandole una guancia. Quando vide i suoi occhi imperlarsi di lacrime che spingevano per uscire, scese dalla poltrona, e sedendosi sulle caviglie le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo, sapeva che la sua so-tutto-io odiava farsi vedere debole, ancora di più da lui e la cosa non era cambiata con il matrimonio. Guardami. Andrà tutto bene. Mi hai sentito? Hai capito quello che ho detto? Andrà bene, 'Mione. Vieni qui. Le disse serio, con ancora le mani sprofondate nei suoi capelli, con una mossa repentina si sedette al suo fianco, stringendola contro il suo petto. Hermione si era completamente lasciata andare, non era riuscita a trattenere due lacrime birichine, che le avevano rigato il volto, ma Ron prontamente aveva spazzato via anche quelle, con due piccoli e soffici baci esattamente dove si erano fermate. Quando la ragazza finalmente si calmò, comprese che era pronta, qualsiasi cosa fosse successa, era pronta ad affrontarla. Poco dopo, Harry e Ginny rientrarono nel salone, continuando a parlare, anche lei sembrava più calma. Beh Harry, è meglio che noi ce ne andiamo adesso, è stata una lunga giornata. Disse un po' amareggiato, sentendo la mano di Hermione nascondersi furtivamente nella sua. Salutatemi il mio bel nipotino, eh. Continuò sorridendo al suo migliore amico e alla sorella, mentre si infilava il cappotto. Sarà un po' difficile, per stasera è da nonna Molly. Disse maliziosa la Weasley, guardando Hermione, mentre Ron ed Harry diventavano entrambi rossi.  Bene, adesso dobbiamo proprio andare! Esclamò il fratello inaspettatamente, facendo ridere tutti quanti apertamente, era forse quella, l'ultima risata spensierata? Per ora non lo sapevano. Ron ed Hermione varcarono l'uscio di casa Potter, i due coniugi sarebbero rimasti a guardarli andare via fino a quando non fossero scomparsi nel buio, lo sapevano.  Ron era già avanti di qualche passo, quando si fermò di botto. Guardò fisso la collina che giaceva di fronte alle due case, assottigliando gli occhi. Qualcosa non andava. Ron, che hai? Su andiamo. Gli disse Hermione indicandogli la via di casa, e guardando verso i due amici, sorpresa. Shh. Aspetta, silenzio un attimo. Ordinò il ragazzo agli amici. Loro ubbidirono, e si sentì. Uno strano rumore, come un fiume in piena. Peccato che vicino a Godric's Hallows non c'erano fiumi. Si girò di scatto, delle gocce d'acqua. Tornando a guardare la collina, vide delle piccole luci. Non erano tante e poco facilmente scorgibili, ma si vedevano. Lui capì al volo. Merda! No, no, no!  Imprecò sbraitando e girandosi di scatto, iniziando a correre verso Hermione, che era un po' più indietro di lui.  Ma che fai! Ron, cosa succede?! Quasi non finì di parlare che il rosso la travolse buttandola a terra appena in tempo: avevano sfiorato di pochissimo tre guizzi verdi e rossi, provenienti dal cielo. Ginny aveva ancora il sorriso dipinto sulle labbra quando vide il fratello buttarsi sopra la moglie, ed il ragazzo dalla saetta sulla fronte correre dentro casa urlando Diffindo! Sullo specchio del bagno, che grazie a Merlino, era l'unico che avevano. Tornò immediatamente e dopo aver controllato se la strada fosse libera, i coniugi Potter corsero immediatamente al capezzale dei due amici.  Hermione non aveva subito nessun danno, poiché il suo uomo, l'aveva protetta.  Merlino, Ron! Ma cosa è successo? Chiese la sorella al fratello, poi tornando anche a guardare il marito. Harry però era da un'altra parte con la mente, guardava verso la collina, da dove erano provenuti gli incantesimi. Ron tirò su il suo corpo mantenendo il peso con le braccia, osservando Hermione. Stai bene? Le chiese sfiorandole il viso con la mano, Si. Grazie a te. Gli disse sinceramente grata per averle salvato la vita. L'attimo tra i due durò pochissimo, perché poi, il-ragazzo-che-è-sopravvissuto aiutò l'amico ex-Grifondoro ad alzarsi, e entrambi si guardarono seri. A volte le mogli non li capivano nemmeno, sembrava si capissero solo loro due, neanche fossero Legilimens o cose del genere. Winson.  Pronunciarono all'unisono, voltando lo sguardo verso le ragazze. Le aiutarono ad alzarsi e poi, insieme, decidettero. Non è più sicuro, sanno dove abitiamo, questo era solo l'inizio. Annunciò Harry, in attesa di una conferma del rosso. Si. Stasera venite con noi alla sede Auror, per ora è forse l'unico posto sicuro.  Casa mia e di Hermione è il posto sicuro in seconda, perché non abbiamo specchi a parte uno portatile che lei si porta sempre dietro. Direi di eleggere Grimmauld Place come posto sicuro in terza. Conluse, guardando gli altri in attesa di assenso. Non dovettero attendere molto, poiché poco dopo gli altri tre annuirono. Si presero per mano e in poco tempo furono al Ministero, diretti verso l'ufficio di John Winson. Qualcosa di brutto li attendeva, aspettava solo che quei quattro ci sbattessero contro.



Ciao ragazzi! :D Spero davvero tanto che anche questo chap vi sia piaciuto...:D :) Ne ho già altri due pronti, solo da postare. :) Li metterò solo se trovo qualche recensione a questo chap (o se mi sento così in astinenza da scrittura da metterlo lo stesso, nonostante la mia disperazione.) :D :)

baci, 
-RainPluffa

 

 

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Capitolo 6
*** My words. ***


Capitolo Sesto

 

 

 

 

My words.

Canzone del capitolo: Andrew Belle, Sky still blue. https://www.youtube.com/watch?v=Ht34NYKf-q0

 

 

 

 

 

 

Ron si appoggiò contro al muro bianco latte, fissando con sguardo vacuo le sedie blu, tipiche delle Sali d’aspetto. Gli davano i nervi, quelle sedie blu. Di fronte ad esse, erano seduti i suoi tre amici. Sulle stesse sedie blu, però queste ultime erano invece attaccate al muro di fronte alla porta per entrare nell’ufficio di Winson. Hermione aveva lo sguardo basso, verso le proprie mani, che teneva continuamente intrecciate, per poi dividerle, torturandosi le dita. Ginny si era fatta, e sfatta subito dopo, la coda. Almeno per cinque o sei volte, i suoi capelli rosso fuoco erano stati imprigionati in un elastico e poi lasciati liberi. Harry Potter, invece, faceva avanti e indietro da quelle sedie blu. Prima si sedeva da una parte, e poi di nuovo dall’altra. Continuando a cambiarsi di posto circa ogni quindici minuti. Era oramai passata un’ora e mezza circa, dall'attacco dei Mangiamorte. Persone normali non si sarebbero spaventate così tanto. O meglio, maghi normali non avrebbero avuto tutta quella tensione addosso. Già, ma loro non erano esattamente ciò che si può definire ‘normali’. Avevano vissuto la guerra, avevano perso persone molto care a loro, eppure eccoli lì, intenti ad essere di nuovo ansiosi, impauriti, nervosi. Di nuovo in quella situazione. Non uno solo dei maghi presenti, non pensava che ad un’unica cosa. Sarebbe ricominciata? La terza guerra magica, era questo che riservava per loro il futuro? Non sapevano rispondere. Ron perse la pazienza. Ma che fa lì dentro, pensa di prendersi un thé bello tranquillo, ancora per molto?! Si interrogava il rosso, più una domanda retorica, era quella. Ron, sta avvisando il primo ministro babbano. Lasciamogli un po’ di tempo. Convenne il moro, cambiandosi di posto per l’ennesima volta, e arrivando a sedersi al fianco della moglie, appoggiando la testa sul pugno chiuso dal braccio. Weasley senior, sbuffò. E il silenzio tipico della tensione, li avvolse di nuovo. Hermione si lisciò la gonna marrone scuro che portava quella sera, in concordanza con la giacchetta di altrettanto colore che aveva usato per coprire la maglietta bianca, sottostante. Ginny sorrise incoraggiante all’amica, anche  se non ci credeva nemmeno lei, in tutto quell’ottimismo. Abbassò poi lo sguardo, anche se di sbieco guardava il fratello, che tra tutti sembrava quello più teso. E come biasimarlo, Ron, che ha già rischiato di perdere troppe persone, nella seconda guerra magica? Ora ha solo paura di perderne altre. E anche per questo, che, inizialmente era contrario a mettere al corrente anche Ginny ed Hermione, dell’incombente minaccia. Proprio il rosso, che ora aveva tirato fuori la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans blu che aveva sotto alla t-shirt nera e alla giacca verde scura. Cominciò a giocare con la bacchetta, passarla da una mano all’altra facendola librare pericolosamente nell’aria. Vedo che ci tiene molto a procurare danni irremovibili alla sua bacchetta, signor Weasley. Esordì Winson, facendo improvvisamente capolino dalla porta del suo ufficio. Il Weasley in questione, alzò repentinamente gli occhi, riprendendo velocemente la bacchetta e ficcandola nelle tasche posteriori. Si rimise composto, con la testa bassa e le mani incrociate dietro, come Harry, che si era immediatamente alzato, alla vista del proprio superiore. Le due donne erano rimaste sedute ai propri posti, indifferenti e a sguardo basso. Bene. Entrate. Li invitò ad entrare, indicando loro la porta. Il suo tono era cambiato, era diventato quasi paterno, Winson. Quasi simultaneamente, il gruppetto fece i primi due passi verso la porta. Allora. Dobbiamo capire subito una cosa, qual è il loro obbiettivo. Avevi ragione, Potter. Troppe coincidenze, qui qualcosa si muove. Allora, quale potrebbe essere secondo voi il loro prossimo bersaglio? Interrogò i ragazzi, una volta che questi ultimi furono seduti davanti a lui, dopo la scrivania. Si sentivano tutti stanchi, tristi e sconsolati. Non ci potevano credere, che sarebbe ricominciato tutto un’altra volta. Ma non c’era tempo per stare a piangersi addosso. E’ esattamente questo, il problema, signore. Non sappiamo chi o cosa attaccheranno.Rispose prontamente Ron, lo sguardo puntato verso il generale. Non abbiamo informazioni, quindi. Ma bene. Dobbiamo prevedere le sue mosse in qualche modo, ma per ora non possiamo fare niente. Possiamo solo aspettare. Weasley, Potter, non siamo totalmente sicuri. Non siamo sicuri di niente. Siete i miei capireparto, ma siete anche un marito, un padre e un uomo. E' l'una e mezzo del mattino, tornate a casa. Domani mattina, decideremo il da farsi. Disse il capitano Winson, facendo loro segno d'uscire. Nessuno dei due seppe più dire nulla, dopo il discorso del loro superiore, per loro era sempre stato un po' come la McGranitt, una figura scolastica, ma che dopo anni era riuscita a fare breccia nel loro cuore, non solo come professoressa. Un po' come il professor Silente, con cui avevano sempre avuto un rapporto molto speciale. Winson era quasi sempre stato una figura anonima, per i due. Sorrisero, annuendo entrambi. Era un muto ringraziamento. Una volta fuori, fecero tutta la strada in silenzio, fino ai camini neri piombo, dove finalmente, Ron pronunciò qualche parola. Lo so, che siamo tutti a dir poco sconvolti, Disse, passando lo sguardo sul viso di ognuno degli altri tre. L'atrio del Ministero era ovviamente vuoto, solamente la sezione Auror era ancora in movimento. Ma non possiamo farci condizionare da questa cosa. Ce l'abbiamo fatta una volta, ce la faremo ancora. Li motivò, convinto lui stesso delle parole che pronunciava. Stanotte venite da me ed Hermione. Non diciamo niente a mia madre, non finché non siamo certi che stiano cercando di tornare al potere. Non serve a niente metterla in agitazione, e poi James se ne accorgerebbe, no? Altra domanda retorica. Forza, andiamo. Concluse poi, con un gesto della mano. Nessuno aveva detto nulla nemmeno quella volta. C'era una differenza, però, ora tutti ci credevano davvero. Ora sapevano che potevano farcela, di nuovo. Sapevano che l'amore avrebbe superato l'odio, un'altra volta. Ron entrò nella cavità del camino, e prendendo un po' di metropolvere verde, dentro al piccolo calderone appeso lì a fianco. Godric's Hallow!  Pronunciò, scandendo bene nella mente l'immagine del salotto di casa sua e di Hermione. Così fecero anche gli altri, entrando poi in tutta tranquillità, a casa Granger-Weasley. Il salotto dei due era semplice, il divano grigio a penisola, che si stagliava davanti a loro, il tappeto rosso e blu sotto di esso. Davanti ai due, c'era la veletisione, come la chiamava  Ron, che adorava quell'oggetto puramente babbano. Di fianco ad essa c'era il camino, alto come un uomo, e sopra alla mensola, c'erano cinque diverse fotografie. Due, del matrimonio di Ron e Hermione e Ginny ed Harry. Un'altra raffigurava i Potter al San Mungo, Ginny aveva appena avuto James, a quel tempo. Beh, solo un anno prima, alla fine. Un'altra ancora vedeva Hermione in braccio a Ron, nella campagna attorno alla Tana. I due sorridevano, ma ogni tanto si poteva notare Ron fare una piccola smorfia, fare la linguaccia, o rubare un bacio ad Hermione, che rideva imbarazzata. Non erano poi cambiati tanto, no? Nell'ultima, c'erano Harry, Ron ed Hermione, il loro primo anno ad Hogwarts. Erano davanti al Lago Nero, dietro di loro si stagliava il castello, maestoso, e poi le colline e le montagne aguzze dietro quest'ultimo. Nient'altro a parte il discorso di Ron, venne detto. Non si dissero nulla nemmeno dentro casa, che si potevano dire? Si accamparono nel salotto, Harry e Ron, in uno slancio di galanteria, avevano insistito perché le ragazze dormissero sul divano, proprio come ai vecchi tempi. I due migliori amici si misero nei sacchi a peli, sul tappeto, con il camino acceso. L'ultima volta che ho dormito con mia sorella è stato quando George mi ha fatto quello scherzo sui ragni, ti ricordi Ginny? Chiese Ron, magari cercando di fare una battuta per mantenere l'allegria, magari no. Non ebbe molto successo, ed abbassò lo sguardo alla frecciatina della sorella. Anche l'umorismo del rosso era andato a farsi benedire, con la paura generale che aleggiava in quella stanza. Mentre le ragazze, coperte, sul divano. Si addormentarono quasi subito, erano troppo stanchi anche per rimanere svegli a preoccuparsi per l'indomani. 

 

 

 

 

La nottata procedeva tranquilla, non fosse per… Ron! Ron, hai sentito? Un ragazzo dai capelli nero corvino, e gli occhiali sulla fronte, sussurrò all'orecchio del suo fidato amico. Mh, si ti amo anch'io Hermione, ma adesso non scappare con Krum, non-non… Harry non seppe mai cosa non doveva fare Hermione, perché la frase del ragazzo fu coperta da un suo sonoro respiro. Ahh! Lasciamo stare! Si disse da solo, aprendo il sacco a pelo e tirando fuori la bacchetta. Avanzò a passo lento, la bacchetta sguainata davanti a sé. Arrivato all'inizio delle scale, salì il primo scalino di marmo bianco con  circospezione, sistemandosi gli occhiali sulla fronte, che erano scivolati sulla punta del naso. Il penultimo scalino scricchiolò leggermente, e questo non fu un bene per il giovane Potter, perché cadde rovinosamente sul parquet del secondo piano, inciampando proprio sull'ultimo, determinante, scalino. Se il tonfo da lui provocato, era riuscito a svegliare tutti i presenti al piano di sotto, qualunque cosa o persona, si aggirasse per il piano di sopra, di sicuro si era subito messa sull'allerta. Harry cercò di alzarsi il più velocemente possibile, cominciando un inseguimento per il corridoio, provando a braccare quell'ombra oscura che vedeva chiaramente. Di colpo ebbe un'illuminazione, mancavano pochi metri alla fine del corridoio, la magia non serviva a niente in quel preciso momento. Smise di correre e punto il piede sul tappeto, con tutto il peso sopra. Il tappeto arrestò all'istante la corsa senza senso di quell'ombra tinta di nero, che cadde a terra. Contemporaneamente, due fratelli dai capelli rosso fuoco e una giovane donna dai ricci capelli castani, dopo aver gridato più volte il nome dell'inseparabile compagno, salirono le scale in fretta e furia, ritrovandosi appena dietro di lui. Una furia rossa scattò in avanti, superando il moro, si sapeva che Weasley era sempre stato impulsivo. Arrivò a circa cinque metri dal Mangiamorte, prima di fermarsi di colpo e gridare, Stupeficium!  Puntando la bacchetta verso l'intruso appena rialzatosi da terra. Quest'ultimo riuscì a schivarlo con facilità, mentre spostandosi tirava fuori la bacchetta gridando verso il gruppo, Non ci provare Weasley! Un altro passo falso, e ti ritrovi la tua amata mezzosangue cruciata per bene. Pronunciò, la cattiveria si poteva ben distinguere in ogni parola detta. Weasley provò ad agire di nuovo impulsivamente, ma questa volta il suo migliore amico lo trattene, ben stretto. Così il ragazzo si limitò a un verso, una sottospecie di grugnito assieme ad un ruggito. Quasi non sentì la mano della moglie che gli si posava sulla spalla, mentre diligentemente, lei e l'altra Weasley tiravano fuori le bacchette, ben determinate. Sopratutto Ginevra Weasley, specializzata in fatture Orcovolanti.Oppure…Preferisci la fine che ha fatto tuo fratello? Continuò, perfido. Una risata maligna ne seguì, e l'ennesimo strattone da parte di Ron, che continuava a dimenarsi. Che vuoi da noi? Si intromise Harry, per niente mansueto. Oramai erano schierati, quattro maghi ben disposti. Ron fece segno all'amico di lasciarlo andare, si era calmato. O almeno, così faceva credere. Che voglio da voi, Potter? Mh, bella domanda. Vi voglio vedere soffrire, stare male come sono stata io. Poi, quando sarete psicologicamente e emozionalmente distrutti, vi ucciderò, uno a uno, lentamente. Rispose, quasi soffiando per la cattiveria racchiusa in poche parole. Hermione ebbe un fremito, tremò, e smise di respirare per qualche secondo. Quella voce era riconoscibile alla prima sillaba. L'aveva sentita urlare contro di lei, più e più volte, torturandola. Prese la mano di Ron, stringendola terrorizzata. Quest'ultimo ricambiò la stretta, e in seguito anche l'occhiata che gli lanciò. Intanto, la figura s'era fatta più avanti, di qualche passo. Continuò, avvicinandosi ai volti dei diretti interessati per imprimere dolore, e soltanto dolore. E magari comincerò proprio da chi vi sta più a cuore. Concluse, con la solita risata maligna e tetra ad accompagnare la frase. Ron rimase a denti stretti, mentre Hermione gli stringeva la mano. Harry istintivamente alzò il braccio davanti a Ginny, non si sa mai. Bellatrix Lestrange salutò con la manina, molto inquietante come scena. Poi si materializzò, consentendo ad ognuno di tornare a respirare regolarmente. Cosa?! E la lasciamo andare così?! Io le vado dietro! Esclamò il rosso, tirando già fuori la bacchetta. Tu non vai proprio da nessuna parte, ma non capisci che ti vuole attirare nella sua trappola?! Lo fa apposta Ron! Non caderci! Ribatté la moglie, facendolo girare verso di lei, e precedendo di poco la ramanzina che stava per uscire anche da Potter. Ron, alla vista degli occhi color cioccolato che amava tanto velati di lacrime, e la moglie così spaventata, si calmò. Placò l'impulsività, e abbassò lo sguardo. Si, scusa, hai totalmente ragione. Sono un idiota. Asserì, accennando ad un piccolo sorriso, poi accarezzando piano la guancia della moglie. Si voltò poi con calma disarmante verso il prescelto. Che facciamo, Harry? La solita domanda che oramai poneva da quindici anni, al ragazzo. Non lo so. Rispose il moro, abbandonandosi con la schiena alla parete. Per la prima volta in vita sua non sapeva cosa fare. Non aveva idea di quale fosse la prossima mossa. Ed era proprio così, che loro volevano che andasse.




°°°Angolo di uno scarafaggino bello e zuccheroso°°°

Ciao a tutti, ragazzi! In primo luogo mi voglio scusare con voi per la lentezza che ci ho messo a caricare il capitolo. Feste, impegni, mai un attimo libero, ecco, queste le cause, purtroppo, del capitolo in ritardo. *si fa piccola piccola* BUAAAAAHHH! SCUSATE!!! :( :'( :) xD *si mette in ginocchio e li venera.* . Bene! Dopo questo straziante momento, volevo dirvi inoltre che pubblicherò ogni due settimane, il Giovedì sera, per fare in modo che non ci siano più incomprensioni. Volevo ricordarvi, che senza recensioni non si va avanti, (letteralmente xD :) ) e che ci tengo tanto a sapere cosa ne pensate, anche le critiche sono importanti! :) E... basta, tutto qua. Vi aspetto alla prossima, allora, baci!
-RainPluffa





 

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Capitolo 7
*** Take My Place, Please. ***



Take my Place, please.



Canzone del capitolo: In my Place - Coldplayhttp://www.youtube.com/watch?v=2tAzc-MndAA







Ron si appoggiò al ripiano del mobile che aveva dietro, in corridoio. Si passò una mano nei capelli, e rivolse lo sguardo all'amico. Sembrava più deciso del solito. Ok, sentite. Lo so che siete tutti spaventati, vi posso capire. Ma dobbiamo agire, non possiamo rimanere qui e attendere che ci uccidano! Esclamò, deciso. Si, aveva proprio detto uccidere. Era stato chiaro, perché è così che un vero leader doveva essere, nel caso il prescelto stia troppo male per reagire. Già, il rosso non era più l'amico insignificante di Potter. Lui era un uomo, fatto e finito, con coraggio da vendere. Un Grifondoro degno della stirpe di Godric. Non era più un bambino da tanto ormai, l'infanzia e l'adolescenza gliel'avevano tolte. Harry sembrò rinvigorirsi di un minimo all'affermazione dell'amico. Si mise seduto, quasi non stava in piedi. Ron ha ragione. Dobbiamo reagire. Disse, tendendo la mano al rosso, che prontamente e con un sorriso, lo aiutò ad alzarsi in pochi secondi. L'ex-Grifondoro si liscio la camicia a quadri bianchi e blu e i jeans. Non si erano cambiati quella notte, troppa paura, che ora era ufficialmente fondata. Hermione era diventata una donna forte, poteva sopportare fino ad un certo limite, non era più una diciottenne spaventata, aveva già vissuto tutto, quel tutto che tra poco avrebbero ricominciato da capo. Ginny si lisciò i capelli rosso fuoco, anche lei era cresciuta, era una moglie, una madre, doveva proteggere la sua famiglia. Non possiamo avvertire il Ministero, c'è un infiltrato. Però Winson si, suppongo che ci possiamo fidare di lui. Esclamò il prescelto dieci minuti dopo, quando tutti e quattro erano seduti in cerchio, sul tappeto del salotto. Ci lavoriamo da anni, Harry. Io direi di si. Rispose alla muta domanda, il rosso. Dobbiamo stilare una lista delle persone di cui ci possiamo fidare. Asserì diligentemente Hermione. Non cambierà mai. Pensò Ron, con un sorrisino compiaciuto sul volto. A lui Hermione piaceva così, non c'era bisogno d'altro, in lei, che la rendesse perfetta, agli occhi del marito. Vado a fare gli incantesimi di protezione qui intorno. Disse Ron poggiando la mano sopra al tappeto per darsi la spinta a mettersi dritto. Va bene. Rispose semplicemente il prescelto, continuando a fissare la pergamena per ora vuota che aveva davanti, mentre Ginny era appena andata a recuperare l'inchiostro, nello studio di Ron. Quest'ultimo noto un luce strana negli occhi di Hermione, quando la guardò per sentire anche la sua approvazione. Era preoccupata. Anche comprensibile, dopo tutto quel che era successo. Weasley rimase zitto, sorrise, per tranquillizzarla, e si abbassò verso di lei, posandole un bacio sulla fronte. La riccia sorrise a quel contatto, tornando a stabilire quel contatto visivo che avevano poco prima, quando lui si alzò, e afferrò la bacchetta abbandonata a terra. Lo seguì con lo sguardo finché non fu fuori dalla porta, e lo sentì mormorare un "colloportus", prima di uscire nel freddo di Marzo, ancora troppo gelato per essere senza neve. Ecco qui. Hermione venne riportata alla realtà dalla voce di Ginny, che stava porgendo l'inchiostro ad Harry. Il moro annuì con un piccolo accenno ad un sorriso per la moglie, i due uomini della situazione volevano fare i forti. Volevano dimostrare alle proprie mogli che ci sarebbero stati, a ricostruire i pezzi di cuore infranto una volta che sarebbe finito tutto. Di nuovo. 


Ron camminava a passo lento ma deciso, verso ilcancello che lo separava da il resto del paesino.  “Fianto Duri” Mormorava il rosso, mentre con la bacchetta dipingeva dei fendenti nell’aria. “Salvio Exia” Disse, passando dietro ad una siepe. “Repello Bab-“ Si interruppe bruscamente, calò un insolito freddo nell’aria. Passò in rassegna il giardino, la siepe ritirava i rami, e le foglie si rattrappivano su sé stesse. Tese l’orecchio, un solo rumore. Aguzzò lo sguardo, passando in rassegna tutta la parte precaria che si vedeva di Godric’s Hallow. Eccolo, quel rumore. Una sagoma scura s’avvicinava in pochi secondi a lui, in neanche venti secondi era a venti metri da Ron. Lui non sapeva che fare. Quale ricordo scegliere? Quello del suo matrimonio con Hermione? No, troppe distrazioni. Quando Harry era divenuto suo amico? Forse, poteva andare. Ma in pochi nanosecondi si ricredette, lui non era divenuto immediatamente suo amico, non era abbastanza forte. Poi capì. Visualizzò in testa l’immagine fluttuante di Hermione che lasciava cadere le zanne, correva verso di lui, e lo baciava. Era stato il momento più bello e più brutto della sua vita, al contempo. “EXPECTO PATRONUM!” Urlò, risoluto. Un Jack Russel ben formato uscì dalla bacchetta, “notte. Paura, dolore, felicità, contentezza…amore. L’espressione sul volto del rosso era contraffatta dalla concentrazione, quasi storta e stralunata per la paura. Qualcosa non andò. Certo, l’incantesimo aveva funzionato. Il Dissennatore se ne andò, e Weasley poté abbandonarsi alla parete, ansante e con un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte.  Perché? Si era sentito uno schiocco, poco prima dell’apparizione del patronus. Ron fu sbalzato all’indietro, contro la parete, cadendo per terra, a faccia in giù. Si era rialzato a fatica, aveva osservato il Jack Russel rimanere al suo fianco. Aveva un brutto rigonfiamento viola, accanto alla ferita. D’un tratto l’illuminazione gli attraversò la mente. “Un attimo…I Dissennatori sono controllati dal Ministero…” Pensò, fissando un punto imprecisato all’orizzonte. “Miseriaccia, Hermione!” Esclamò, prendendo a correre più veloce che poteva, ansimante, facendo il giro del quartiere.
 
 
Harry Potter sobbalzò, facendo cadere tutto l’inchiostro sul tappeto. Lasciò la pergamena da parte, e si alzò. “Avete sentito?” Chiese, la bacchetta pronta a scattare, al suo fianco.  Le due donne presenti nella stanza alzarono gli occhi, spaventate. Balzarono entrambe in piedi. “Q-qualcuno ha urlato.” Esordì Hermione, preoccupata. “Rimanete qui.” Asserì Potter, deciso. Il tono era categorico, non ammetteva repliche. La bacchetta levata, avanzò di qualche passo verso la porta, si sentiva un rumore. Tum tum tum. Il cuore di Harry perse un battito, ma continuò a camminare. Tum tum tum. Continuava. Il prescelto non capiva cosa mai potesse essere. Arrivò alla maniglia, poggiò una mano su di essa, e spinse cautamente, piano. Si voltò verso le ragazze, lo sguardo serio, risoluto, sicuro. Annuì,  come per salutarle, avvertirle. Tornò a girarsi verso il cortile, guardando prima verso la parte destra, apparentemente vuota, e poi verso sinistra. Da quella parte, una strana aria gli sferzava il volto. Strabuzzò gli occhi, quando vide arrivarsi davanti un Ron ansante, sanguinolento nella parte sinistra del volto, e trafelato. “Dentro. Ho capito tutto, Harry. Chiudiamoci dentro, ora.” Asserì, inequivocabilmente, da leader. Harry annuì, e lo fece entrare. 


Qualcuno li osservava, preso dalla scena. Qualcuno, dall'alto, li scrutava attentamente, prevedendo le loro mosse.

Qualcuno, era un passo avanti a loro.



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