Il tempo chiude ogni ferita.

di Kira Kinohari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fino all'ultimo respiro. ***
Capitolo 2: *** Vecchi incontri ***
Capitolo 3: *** Cosa fare? ***
Capitolo 4: *** Karaoke ***
Capitolo 5: *** Tempo di crisi ***
Capitolo 6: *** Ancora scontri ***
Capitolo 7: *** Un grandioso ritorno ***
Capitolo 8: *** L'arrivo di Pedro ***
Capitolo 9: *** La fine di tutto ***
Capitolo 10: *** Tra cinque mesi. ***



Capitolo 1
*** Fino all'ultimo respiro. ***


L'incontro era appena finito e Aya l'aveva seguito tutto con il fiato sospeso. Quello stupido non si era voluto fermare quando il presidente della BBA aveva deciso che andare oltre era troppo rischioso e ora si ritrovava stanchissimo, pieno di tagli e ferite, ovunque. Mentre tutto il pubblico si era riversato nello stadio per acclamare il vincitore lui era strisciato via come un'ombra, come se non avesse vinto ogni singola partita che aveva combattuto, come se non fosse un campione anche lui.
Aya scese di fretta le scale, le batteva forte il cuore, tanto forte da non riuscire nemmeno a sentire i suoi stessi pensieri. Corse verso gli spogliatoi e controllò ogni singola stanza prima di trovare quella che cercava. Lui era seduto su un divano di pelle scura, accasciato sul bracciolo mentre respirava a fatica.
"Sciocco!" gli urlò "Pensavi di farmi morire?"
La sua rabbia durò un battito di ciglia, un attimo dopo era già accanto a lui a controllare le sue ferite. Naturalmente non si sarebbe fatto accompagnare in ospedale, naturalmente si sarebbe comportato da gatto, chiuso nella sua enorme villa a prendersi cura di se stesso finchè non sarebbe stato meglio.
"Andiamo a casa." gli disse, con il suo telefono chiamò un taxi che li stava già aspettando all'entrata, quando uscirono dallo stadio ormai distrutto.
Durante il tragitto rimasero muti, non che lui si esprimesse mai molto, ma era più taciturno del solito dopo tutta quell'energia bruciata.
La casa era vuota, naturalmente.
Lo accompagnò fin su in camera da letto, aspettò che si metesse sotto le coperte, non importava cambiarsi in quel momento, aveva bisogno di riposo, molto riposo.
"Sarò qui, quando ti sveglierai." disse, ma lui aveva già chiuso gli occhi.
Aya chiuse la porta e scese al piano inferiore, il frigo era vuoto, al contrario nel freezer erano ammassate scatole di prodotti precotti e surgelati. Nessuno avrebbe mai pensato che uno come lui si riempisse il frigo di lasagne e altri prodotti strani. Aya scosse la testa con fare stanco e uscì di casa. Camminò fino a raggiungere il primo negozio disponibile dove acquistò qualche prodotto, poi continuò ancora per qualche passo. Il negozio di bey la stava praticamente chiamando, così entrò. Comprò alcuni pezzi e alcuni spray, poi uscì e si diresse verso il suo albergo con un taxi.
Entrò in camera e prese la sua valigia, poi scese nella hall. Proprio davanti all'albergo c'era un bellissimo negozio di accessori e proprio in vetrina risplendeva un bellissimo capo. I suoi occhi le si illuminarono e, carica di una nuova speranza, entrò.

Quando Kai si svegliò era nella sua stanza, sentiva tutto il corpo dolorante e terribilmente sudato. Come era tornato a casa? Non era sicuro di ricordarlo, ma in qualche modo era tornato e aveva riposato.
La prima cosa da fare era una doccia, così si avviò verso il bagno vicino, si tolse tutti i vestiti che erano completamente sgualciti e la sua sciarpa preferita, tutta strappata. Che peccato.
Il corpo sembrava flettersi al tocco dell'acqua calda, Kai ringraziò per quello. Sul braccio aveva ancora i segni della lotta contro Takao e i due russi. Li osservò con un certo impeto di orgoglio, poi ripensò a ciò che gli aveva insegnato quella ulteriore sconfitta contro il suo migliore amico.
"Devo imparare a fidarmi, e condividere." si disse.
Lo fece a voce alta perchè così era più reale, sembrava più vicino da raggiungere.
Uscì dalla doccia circa venti minuti dopo, si prese tutto il tempo per rilassarsi, poi dopo essersi asciugato velocemente indosso un pantalone morbido e una canotta e scese al piano inferiore. Consumare tutta quella energia gli aveva fatto venire una gran fame.
La luce accesa in cucina lo fece stare sugli attenti, quindi si avvicinò quatto alla stanza, osservando quello che succedeva dentro, in modo che nessuno avrebbe potuto accorgersene. Non si sarebbe mai aspettato di trovare una ragazza dai lunghi capelli rossi cucinare nella sua cucina.
Aya stava versando la zuppa di pollo e verdure in un piatto, lo posò poi sul vassoio insieme ad una bottiglia d'acqua e alcune posate.
"Iniziamo con questo, se poi dovesse avere ancora fame gli porterò su dell'altro." si disse, per sentirsi meno sola.
Legò i capelli in una coda alta, poi prese il vassoio, ma quando si voltò il suo viso era a pochi centimetri da quello del padrone di casa. Il vassoio le scivolò di mano, ma lui lo prese al volo.
"I tuoi riflessi sono tornati." disse lei.
"Cosa ci fai qui?"
"Mi sembra ovvio, mi prendo cura di te."
"Non ne ho alcun bisogno."
"Certo. Pensi di essere tornato a casa da solo?"
Kai rimase in silenzio. Quella ragazza l'aveva perseguitato per tutto il torneo, la trovava dopo ogni suo match, la vedeva sempre attenta quando combatteva, una volta aveva persino urlato il suo nome, tanto forte da coprire tutte le voci dello stadio. Appena finito l'incontro con Ray se l'era ritrovata tra i corridoi degli spogliatoi, preoccupata, con un kit di pronto soccorso tra le mani.
"Aya, devi smetterla."
"No, tu devi smetterla. Ho capito che sei orgoglioso e tutto ciò che vuoi, ma nessuno si è mai preso cura di te, tu sei cresciuto da solo, senza genitori, con un nonno terribilmente prepotente e approfittatore, quindi hai bisogno che qualcuno finalmente si prenda cura di te. Se non vuoi che sia io, beh, me ne vado, ma non far finta di poter fare tutto sempre da solo." urlò lei.
"Mi spii?"
"Cosa?"
"Sei stata a tutte le tappe del campionato, conosci i miei fatti privati."
"Non sono una killer, nè una psicopatica, anche se lo pensi."
"E allora perchè?"
"Non posso dirtelo."
"Psicopatica." aggiunse lui.
Aya ebbe un fremito e gli tirò uno schiaffo.
"Qui hai della zuppa di pollo, nelle altre pentole c'è riso e curry. Buona cena." disse prima di uscire dalla sua villa.

Era buio e faceva freddo, ma la cosa peggiore era essere arrivata in albergo e essersi ricordata di aver lasciato la valigia da Kai, solo quando ormai tornare indietro era troppo tardi, non che l'avrebbe fatto, poi. Ritornare in quella casa avrebbe voluto dire eliminarsi, se Hiwatari pensava di essere orgoglioso, naturalmente non conosceva lei.
Il telefono le squillò nel momento esatto in cui si sedette sul suo letto.
"Pronto?"
"Kira, ho una grande notizia" urlarono dall'altro capo del telefono.
"Dimmi, nonno."
"Ti ho trovato un appartamento!"
"E' fantastico. Allora domani andiamo a vederlo." rispose Aya, prima di far cadere la linea. Non aveva nemmeno cenato, ma anche solo pensare al cibo le faceva salire una gran nausea. Se pensava a tutto il tempo che aveva passato in cucina a preparare per lui e poi ...

Quando finì di cenare, Kai si diresse verso il salotto, lì sul divano c'era un pacchetto con un grande fiocco viola e il suo nome scritto sopra. Affianco c'era una valigia rossa che non aveva mai visto. Prese la scatola e l'aprì. Quello che vi trovò dentro lo sconvolse.
Si stava ancora rigirando la lunga sciarpa bianca tra le mani quando trovò Dranzer. Era sul tavolino di legno e splendeva, nel vero senso della parola. Accanto a lui c'erano tutti i pezzi rovinati dopo lo scontro che erano stati abilmente riparati e tutta una serie di detergenti appositi.
Era stata Aya. Aveva fatto tutto quello per lui e cosa aveva ottenuto?
"Psicopatica."
Era stato uno sciocco, mentre lei era stata così gentile e sempre presente. Probabilmente aveva un certo interesse per lui, ma comunque era stata molto gentile e anche se non ricambiava per nulla i suoi sentimenti non avrebbe mai dovuto trattarla in quel modo. Si sedette sul divano e abbandonò le braccia di fianco a sé. La sua mano destra finì contro la valigia di cui si era completamente dimenticato.
Improvvisamente curioso, si voltò verso la valigia e la girò. Nel retro c'era un cartellino. Lo lesse e rimase senza parole. Ora si spiegava tutto.

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Capitolo 2
*** Vecchi incontri ***


Kai era tornato a scuola, la scuola secondaria di Tokyo si trovava alla periferia, per questo in molti cercavano una stanza al dormitorio che era stato costruito proprio dietro la scuola. Kai era uno di quelli, non aveva voglia di tornare ogni sera in quella casa enorme, ma vuota. Preferiva stare nella sua stanzetta, ripassare schemi di gioco, sapere che nessuno si sarebbe intrufolato nella sua stanza a prendersi cura di lui.
Era lì da un mese, ma già tutti gli stavano distante, sapevano quanto fosse freddo, lo avevano visto per tutti quei mesi durante i mondiali. Non che non lo ammirassero, alcuni dei suoi compagni passavano il tempo a fissarlo, le ragazze sospiravano. Lui rimaneva estraneo a tutto.
Quando rientrò nella sua stanza a fine giornata la prima cosa che vide fu la valigia rossa che aveva portato con sé, aspettava il momento in cui si sarebbe presentata l'occasione di restituirla alla proprietaria che aveva cercato senza successo.
Si sedette sul suo letto e osservò Dranzer, non l'aveva più usato durante le ultime due settimane, si sentiva ancora un po' fiacco e poi, non riusciva a usarlo, non dopo tutto quello che le ci era voluto alla ragazza per pulirlo e ripararlo.
“Stupido”, si disse.

La mattina era arrivata decisamente troppo presto, Kai si alzò con uno sbadiglio, indossò la sua divisa nera con bottoni argento, poi uscì. Dopo aver seguito le lezioni di giapponese, matematica e inglese, si diresse verso la mensa e lì incontrò una persona che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Stava ridendo insieme ad un altro ragazzo, i suoi capelli erano rimasti uguali e sembrava non cambiato affatto, l'unica differenza era la sua altezza. Era cresciuto.
Nel momento esatto in cui finiva di analizzare il suo vecchio amico lui si voltò nella sua direzione e lo riconobbe.
“Ciao, Kai!” urlò, felice di vederlo.
E Kai gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi.

Si ritrovarono nella stanza del ragazzo dai capelli blu e argento, mentre parlavano di tutto quello che era successo dopo l'ultima volta che si erano visti. Yuya aveva frequentato un istituto in cui era riuscito a recuperare le sue facoltà psichiche alla perfezione, poi aveva ricominciato a frequentare una scuola normale, un anno dopo. Ora si trovava lì, fuori dalla vecchia scuola privata, dove poteva stare con persone normali che non avrebbero fatto i capricci come bambini viziati.
“La normalità mi fa sentire a mio agio.” disse, infine.
“Da quanto sei qui?” chiese Kai.
“Da un mese.”
“Come ho fatto a non incontrarti prima?”
“Tu che indirizzo segui? Io i corsi generali.”
“Ho scelto l'indirizzo commerciale.”
“Ecco spiegato!” rise Yuya, battendogli una mano sulla spalla “Sai, è un gran peccato. Nel mio corso c'è una ragazza bellissima.”
“Ah, Yuya, Yuya. Sempre a pensare alle ragazze?”
Il suo amico scosse la testa spiegandogli quanto questa ragazza fosse speciale, non era solo bella, ma era anche molto intelligente e simpatica. Una persona molto sensibile che lo faceva sentire profondamente accettato. Da quando aveva conosciuto lei, la settimana prima, aveva fatto amicizia con altri compagni, cosa che prima non era successa.
“Il vero peccato,” aggiunse “è che non stia nei dormitori. Lei ha un appartamento qui vicino.”
Si lasciarono con la promessa che il giorno dopo gliela avrebbe fatta conoscere, anche se Kai non era convinto di voler sapere di chi il suo amico si fosse innamorato.

La lezione di commercio era terribilmente noiosa quella mattina, per fortuna il preside entrò per discutere con la professoressa. Kai si alzò in segno di rispetto, poi si risedette e attese, giocando con la sua matita. Dopo qualche minuto la classe era di nuovo in piedi, così si alzò anche lui, guardando verso la cattedra, dove l'insegnante stava parlando con una ragazza. La divisa le scendeva dolcemente sui fianchi e la gonna argento le metteva in risalto le gambe ambrate. Quello che più lasciò Kai ammutolito furono i capelli. Rossi come il fuoco.
“Vi presento la vostra nuova compagna di classe, lei è Aya e si unirà a noi per il resto dell'anno.” disse la professoressa, prima di indicare alla ragazza il suo nuovo posto. Era di una fila davanti a lui, nel banco accanto a quello del compagno di classe che gli stava davanti, eppure non si era accorta del campione di beyblade.

Aya si sedette e prese il suo quaderno dalla cartella. Segnò la data, la materia e iniziò a seguire la lezione. Passò le seguenti due ore in quella stessa posizione, con la stessa concentrazione, finchè non ebbe assorbito tutto quanto. La sua grafia disordinata era praticamente incapibile per gli altri, ma per lei era la salvezza.
Quando si alzò sentiva le gambe indolenzite e fu contenta di poterle sgranchire e di mettere qualcosa nello stomaco, tutta quella attenzione richiedeva un sacco di energia.
Camminò piano verso l'uscita quando due ragazze le si pararono davanti.
“Ciao” le disse la ragazza dai corti capelli castani, “Io sono Iko, e lei,” continuò indicando la ragazza che portava grandi occhiali gialli e capelli corvini lunghi fino oltre la vita “è Kyo”.
“Io sono Aya” ribadì lei.
“Ti possiamo accompagnare alla mensa?”
“Certo.”
Aya sentiva già che tra loro sarebbe nata una bellissima amicizia.

Quando Kai arrivò alla mensa notò la ragazza che parlava con le sue due nuove amiche, avrebbe voluto fermarla anche solo per dirle che aveva la sua valigia, ma non ci era riuscito, quindi avrebbe atteso un altro momento. Prese un vassoio e iniziò a fare il giro guardando i piatti tra cui poteva scegliere, quando gli si avvicinò Yuya.
“Ciao.” disse con voce triste facendolo voltare.
Aveva un pessimo aspetto.
“Che ti è capitato?”
“E' la giornata più brutta da quando sono qui.”
“Un test andato male?” chiese prendendo un piatto di sushi.
“No. La ragazza si è trasferita.” rispose lui quando furono seduti al tavolo.
“Trasferita dove?”
“Al corso di commercio. Mi ha detto che gli serviva cambiare aria, che il suo compito era di studiare per diventare una manager” disse spilucchiando il cibo “O qualcosa del genere, insomma.”
Kai sospirò. Il suo migliore amico si era innamorato di Aya.

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Capitolo 3
*** Cosa fare? ***


Aya stava mangiando quando lo notò e il cibo le si bloccò in gola. L'uniforme gli stava d'incanto effettivamente, eppure non riusciva a cacciar via tutta la rabbia che provava.
“Hiwatari studia qui?” chiese con una nota acidula nella voce.
“Oh, siii” si sciolse Kyo.
“Studia commercio, è in classe con noi. Non te ne sei accorta?”
No, non se n'era accorta e non voleva accorgersene. Non lo voleva più vedere.
Mangiò il più in fretta possibile, poi uscì dalla stanza sperando che lui non l'avesse mai vista, ma le sembrava così improbabile, visto che l'avevano presentata a tutta la classe.
Aya uscì sulla terrazza, voleva godere un po' di sole prima di ricominciare con le lezioni, così si sedette accanto alla ringhiera e un attimo dopo sentì la porta sbattere. Qualcuno l'aveva seguita.
“Fa che non sia lui.” pensò intensamente.
Aya chiuse gli occhi e attese che si avvicinasse. Sentì i passi risuonare sulle piastrelle, poi notò l'ombra avvicinarsi, anche se aveva gli occhi chiusi.
“Sei sicura di voler restare a commercio?” chiese il ragazzo.
Aya fece un gran sorriso.
“Già ti manco?” chiese lei, senza rispondere, alzando gli occhi su Yuya.
“Effettivamente è così. È tutto noioso, senza di te.”
“Esistono le mense, le pause, le aule studio.” iniziò a elencare lei, facendolo sorridere.
La campanella suonò in quel momento, lui fece un sorriso triste, la aiutò ad alzarsi e poi rientrò insieme a lei.

Kai stava aspettando Yuya, che era scappato come un missile durante metà del pasto. Ora era sulla terrazza con lei, stavano parlando. Lei sorrideva a lui e lui sorrideva a lei. Stavano bene insieme, anche sei lei era più alta, anche se lui sembrava più piccolo. Rimase ad aspettare il suo amico in un angolo, quindi vide tutta la scena, Yuya uscì per primo tenendo aperta la porta per Aya, stavano ridendo di qualcosa che lui non sapeva e sparirono insieme per i corridoi.
No, assolutamente non poteva dire al suo amico che la conosceva, non poteva nemmeno cercare di parlare con lei. L'equilibrio precario di Yuya poteva crollare da un momento all'altro e una delusione d'amore sicuramente non avrebbe giovato. Sarebbe stato zitto, tanto a lui riusciva proprio bene.

Erano passate ben tre settimane e per ora era riuscita a evitare il campione in ogni occasione. Anche quell'ultima giornata era andata benissimo. Quando fu suonata l'ultima campana prese tutte le sue cose, le ripose nella borsa e uscì dalla classe con le sue due amiche. Quando furono fuori dall'istituto, al sole, Aya tese le braccia e scrocchiò il collo.
“Hai finito con questi rumori molesti?” chiese la brunetta.
La rossa non rispose, ma fece una linguaccia e si andò a sedere sull'erba fresca del parco.
Iko e Kyo la raggiunsero e si sedettero accanto a lei.
“Allora, raccontaci di lui.” dissero all'unisono.
Aya diventò immediatamente nervosa. Come potevano sapere che conosceva Kai?
“Non so di cosa state parlando”
“Oh, sì che lo sai.”
“Dai, state sempre insieme!”
In quel momento la ragazza si rilasso.
“E cosa dovrei raccontarvi? È un caro amico.”
“Amico? Lui ti muore dietro.” rispose Kyo chiudendo gli occhi e godendo del sole.
Effettivamente si era accorta che lui fosse particolarmente interessato, ma lei non aveva mai dato alcun segno di voler essere più che un'amica e non l'avrebbe illuso ulteriormente. Yuya era diventato come un fratello, non certo come un fidanzato.
“E' chiaro che tu non ricambi.” disse Iko “Si vede da come ti poni”.
“Che intendi dire?” chiese Aya perplessa.
“Beh, lui ti guarda sempre negli occhi, sorride sempre quando è con te, si muove quando tu ti muovi. Tu invece sei indipendente, si vede che per te è un amico e niente più.”
“Esattamente, è così, Iko.”
Aya sorrise e si sdraiò sull'erba, ma un rumore la distrasse dai suoi obbiettivi di relax. C'era qualcuno lì vicino che continuava a dar gas a una moto facendo un gran casino e anche disperdendo un cattivo odore.
“Oddio, che bello!” urlarono in coro le sue amiche e allora lei si alzò.
Conosceva la moto, conosceva il casco e conosceva anche il bellissimo ragazzo dai capelli cortissimi e scuri che le stava sorridendo come se non ci fosse altro che lei.
“Jake” sussurrò prima di corrergli tra le braccia.
Lui la prese come faceva sempre, sarebbe sempre stata al sicuro con lui, non lo dimenticava mica. Con la mano salutò velocemente le amiche, poi prese il casco che le porgeva Jake e salì sulla sua moto.

Kai e Yuya avevano assistito a tutta la scena e ora si guardavano senza parole.
“Era lei.” disse
“Lo immaginavo.”
“Quindi è fidanzata” si disse Yuya, abbandonandosi al pavimento.
Essendo presente alla reazione del suo amico era sicuro di aver fatto la scelta giusta non raccontando nulla di Aya e lui. Non che ci fosse granché da raccontare, solo che lei lo aveva accudito per tutto il tempo, si era preoccupata per tutto il tempo e lui aveva fatto la sua solita scenata di orgoglio.
“Non buttarti giù. Il mondo è pieno di ragazze.” gli disse Kai, aiutandolo ad alzarsi “Questa sera se ti va usciamo così ti distrai un po'.”
“Rimandiamo a domani? So di un posto in cui fanno il karaoke di venerdì sera!”
Kai cercò di reprimere tutto il suo disappunto per il karaoke e accennò un sì con il capo. Per il suo amico avrebbe fatto di tutto.

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Capitolo 4
*** Karaoke ***


Aya abbracciò ancora una volta il ragazzo che le stava di fronte, sul suo divano, nel suo appartamento.
“Per fortuna ho convinto il nonno a prendere un appartamento con due stanze, sapevo che saresti tornato!”
“Torno sempre, lo sai.” rispose lui, sorridendole.
“Hai fame?”
“Certo. Che mi prepari?”
“Qualsiasi specialità tu voglia.”
“Proviamo con della paella, allora.”
“E Spagna sia!” rispose Aya accendendo lo stereo e mettendo un disco di Enrique Iglesias.
Cenarono con le specialità spagnole che aveva preparato lei, ma mangiando con le bacchette e per terra. Il tavolino basso era bastato appena per mettere tutto sul tavolo, quindi dovettero mangiare un po' stretti mentre seguivano il notiziario alla tv.
“Come ti trovi in quella scuola?”
“Non male.” rispose lei “Tu, piuttosto, ora che farai?”
“Cercherò un lavoro.”
“Vorrei che il nonno potesse aiutarti”
“Saremo noi ad aiutare lui.”

La mattina dopo arrivò nuovamente davanti scuola con quel ragazzo, le sue amiche la stavano già aspettando, emozionate. Aya presentò loro Jake e quasi si sciolsero, reazione ancora peggiore alla vista di Kai. La ragazza sorrise, baciò la guancia del moretto che poi andò via sulla sua moto.
Le due amiche la presero subito sotto braccio trascinandola verso l'interno urlando a gran voce.
“Non posso credere che tu viva davvero con lui! Come fai a non essere emozionata?”
“Smettetela!” le rimproverò lei mentre passavano proprio accanto ai due ragazzi.
“Buongiorno Yuya” salutò con un sorriso
Lui ricambiò, poi indicando Kai disse “Volevo presentarti il mio migliore amico, lui è Kai.”
La rossa e il blader si guardarono per un lungo istante, poi lei girò i tacchi e sparì.
“Aya!”urlò lui.
Lei non rispose, non si voltò, continuò a camminare come se fosse in ritardo, come se fosse sorda, meglio dire.
“Tu già la conosci? Mi avevi detto che non vi eravate mai parlati!” sbraitò Yuya.
“E' una lunga storia.”
“Bene, inizia a raccontare, le lezioni inizieranno tra un po'.”
Così Kai gli raccontò che lei aveva partecipato al campionato, si era mostrata molto gentile quando si era ferito o era uscito particolarmente stanco da una battaglia, ma lui le si era girato contro e quindi ora non voleva più parlargli.
“Lei era innamorata di te?”
“No” mentì lui “E' solo una ragazza infinitamente gentile e io sono il solito asociale”. Sbuffò.

La giornata era stata un inferno, per tutto il tempo aveva sentito lo sguardo di Kai addosso, come se fosse uscito dal suo buio letargo nel momento esatto in cui non poteva fare finta che non esistesse. Inoltre, aveva dovuto subire lo sguardo triste e ferito di Yuya. Non vedeva l'ora di uscire e distrarsi. Iko e Kyo la aspettavano dal dormitorio, Jake e lei sarebbero passati a prenderle per andare in un locale in centro. Al solo pensiero di ballare si sentì improvvisamente meglio.
Quando uscirono di casa il cielo si stava oscurando, Aya chiuse la giacca di pelle e strinse meglio la sua sciarpa verde al collo.
“Sei bellissima.”
“Grazie, Jake. Però ora dobbiamo muoverci oppure ci grideranno contro.”
“No, non credo. Hai visto come mi guardano?”
I due ragazzi si guardarono negli occhi e poi iniziarono a ridere.

Il locale aveva luci soffuse, sembrava più un posto per incontri che per il karaoke, Yuya e Kai entrarono e si sedettero ad un tavolino in un angolo. Ordinarono da bere e qualcosa da mangiare, poi attesero.
“Grazie, Kai. So quanto odi questi posti.”
“Non preoccuparti, hai bisogno di uscire, in realtà anche io avevo bisogno di cambiare aria.”
L'atmosfera si accese proprio quando i campanelli della porta risuonavano, d'impulso entrambi si concentrarono sulla porta, tanto per curiosità e rimasero muti.
Aya attraversò la stanza richiamando l'attenzione del barista che la salutò con un meraviglioso sorriso.
“E' arrivata la nostra star!” urlò il barista al tavolino più vicino al piccolo palco.
Tutti applaudirono, mentre Aya e gli altri prendevano posto in un tavolino riservato.
“Il solito, per quattro” urlò lei di rimando, con un meraviglioso sorriso.

“Non è possibile,” pensò Kai “non anche qui.”

Un'ora dopo tutti avevano cenato e le luci si stavano modificando. Il palco venne illuminato, un ragazzo si avvicinò al computer e posizionò un microfono al centro del rialzo di legno.
“Dai, ugola d'oro, sali su.” la incitò il ragazzo le stava accanto. Lei non se lo fece ripetere, si alzò in tutto il suo splendore con quel mini abito bianco che le stava d'incanto e gli occhi che brillavano.
Si avvicinò un attimo al ragazzo che stava al computer, gli riferì qualcosa all'orecchio e poi si posizionò sul palco. Dopo un attimo partì il ritmo di una canzone americana. “Beautiful” di Christina Aguilera.
Rimasero tutti in silenzio finchè non finì di cantare, e anche oltre. Aveva una voce bellissima. Una volta finita la sua performance si diresse verso il divanetto e si sedette, osservando il barista negli occhi. Lui le sorrise e le portò un bicchiere pieno di liquido beige.
Kai era talmente preso ad ascoltarla che non si era accorto di altro e ora si ritrovava i suoi vecchi compagni di squadra davanti agli occhi e non capiva quando o come fossero arrivati.
“Kai? In un locale di karaoke?” chiese Takao, ridendo.
“Cosa ci fate qui?”
Era tipico di lui rispondere ad una domanda con una domanda, non poteva farne a meno.
“Ci siamo venuti a divertire un po', eravamo stressati. Poi, Ray è venuto a trovarci apposta e non mi sembrava giusto sprecare questa serata.” spiegò il suo amico-nemico.
Ray, Max, Takao e Hilary presero posto al loro tavolino e iniziarono a fare conversazione. Kai ne fu felice, almeno riusciva a respirare un po'.

Erano passate parecchie canzoni, alcuni erano terribilmente stonati, altri cantavano bene, ma in generale era stata una bellissima serata. Effettivamente le girava un po' la testa, non beveva spesso, ma quando iniziava perdeva il controllo, soprattutto se era con Jake.
“Vado un secondo in bagno.” gli disse. Aya si alzò, un po' barcollante e si diresse verso il bagno. Lì, in un tavolo nell'angolo vide un volto conosciuto, così vi corse in contro.
“Ray!” urlò prima di abbracciarlo.
“Ehi, Aya. Come stai?”
“Molto bene, tu piuttosto?”
“La schiena è tornata a posto con i tuoi consigli. Grazie ancora.”
“Non c'è di che.”rispose lei. Gli augurò buona serata e poi andò oltre verso i bagni.
Aveva visto che al tavolino c'era anche Takao e aveva notato i capelli biondi di Max, ma c'era qualcun altro che non aveva riconosciuto. Magari dopo sarebbe passata a salutare per bene, ma ora la pipì era troppo importante. Sì, quando era ubriaca pensava a cose davvero stupide.
Al ritorno sembrava essere un po' più rilassata e meno brilla. Osservava tra i tavoli e individuò subito quello di Ray. Allo stesso tavolo c'erano Kai e Yuya.
“Sushi fritto” pensò.
Prese un bel respiro e si avviò verso il tavolino, lei era una persona buona e gentile e si era comportata male a non aver salutato tutti.
“Rieccomi, scusate la maleducazione, ma quando una donna deve fare pipì non vede nulla e nessuno” si scusò con un sorriso. Rimase a parlare con loro per un breve periodo di tempo in cui sentì su di sé almeno due sguardi.
“Come vi conoscete?” chiese Takao, diretto a Ray e Aya.
“Ci siamo conosciuti ai campionati. Dopo l'incontro con Kai. Quella battaglia è stata talmente sfiancante che la mia schiena ne ha risentito. Aya mi ha consigliato un metodo per farmi sentire meglio e beh ha funzionato.”
Aya sorrise.
“Ci hai seguito per tutto il campionato?” chiese sorpreso Max.
“Assolutamente sì, non me lo sarei perso per nulla al mondo.”
“Che grande tifosa. E come hai fatto per prenotare gli alberghi, sapere le zone e cose varie?”
“Beh, effettivamente avevo qualcuno che mi aiutava.”
“Chi?”
“Daitenji” disse Kai “E' la nipote”.
Aya inclinò la testa, curiosa di come avesse potuto saper il suo cognome. Poi le venne in mente che andavano insieme a scuola.
“E tu come lo sai?”
“Siamo nella stessa classe.” chiuse lei “Ora devo andare, buona serata a tutti.”

Quell'antipatico si era intromesso nella sua discussione. Ma non amava stare zitto?
Aya era furiosa, ma quando tornò al tavolino non poté fare altro che urlare di felicità. Seduta sulle gambe di Jake c'era la sua fidanzata. Aya corse ad abbracciarla.
“Sei qui!” urlò.
“Sono qui!” rispose lei.
Non poterono fare altro che cantare un duetto, come succedeva sempre quando erano insieme. Insieme brillavano, sul palco facevano scintille e anche quella volta, cantando “together” di Elisa, non poterono fare altro che lasciare tutti senza fiato.

Kai non sapeva spiegare come fosse possibile che quel ragazzo avesse due donne e che entrambe si rispettassero in quel modo. Ci doveva essere un'altra spiegazione. Così mise in moto il cervello e lo fece lavorare il più possibile, ma poi Aya iniziò a cantare e Kai si perse nella sua voce.
“Sono stato veramente un cretino” pensò.

Aya finì di cantare e aspettò che l'applauso finisse.
“Ecco la vostra nuova stella, mia cognata Mimì!” urlò abbracciandola.

Ma certo, era suo fratello.

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Capitolo 5
*** Tempo di crisi ***


Aya si svegliò stringendo le coperte, sudata. Com'era possibile che avesse sognato Hiwatari?
Si alzò di malavoglia e anche con l'umore sotto le scarpe. La prima cosa che doveva fare era cucinare, cucinare la rilassava, ma soprattutto la distraeva. Preparò dei muffin e delle uova strapazzate, poi mise su del tè.
Dalla stanza di suo fratello arrivavano delle risate. Era felice che Mimì finalmente l'avesse raggiunto, non potevano proprio stare separati quei due. Era felice di avere la sua amica vicino, ma nonostante tutto non ci teneva molto a sentire i loro mormorii d'amore.
Mangiò qualcosa e lasciò il resto per i suoi coinquilini, poi uscì e si incamminò verso la sua scuola. Iko e Kyo erano già sulla panchina e l'aspettavano, ma quella mattina rimasero deluse, perchè arrivò sola e a piedi.
“Deluse eh” le prese un po' in giro la rossa.
Loro fecero un sorriso triste, poi entrarono a scuola.

Era strano, ma Kai si era svegliato con una sensazione sottopelle, aveva l'impressione che sarebbe successo qualcosa di brutto, non sapeva spiegarsi cosa, ma sicuramente stava per succedere qualcosa. Aveva avuto quella sensazione poche volte, ma non si era mai sbagliato. Questo lo mise assolutamente giù di tono.
Entrò in classe all'ultimo secondo, si sedette e osservo Aya, anche lei sembrava particolarmente nervosa quella mattina. Era forse perchè aveva scoperto chi era?
No, c'era qualcosa di più. Eppure Kai riconosceva di doverle delle scuse e non poteva più rimandare quel suo dovere, non poteva più far finta di nulla. Le avrebbe parlato e poi tutto sarebbe tornato come prima, si sarebbero evitati per il bene di Yuya.
Bisognava capire solo come avvicinarsi a lei senza farsi vedere da nessuno. Sicuramente non poteva fare tutto a scuola, troppi occhi a guardare, avrebbe dovuto provare a cercarla in città. Forse l'avrebbe seguita.
“Allora, ho pensato di fare un bellissimo lavoro per la prossima settimana. Vi metterete a coppie e lavorerete per tirare fuori dalla crisi un'impresa commerciale. Per evitare vari commenti sulle coppie non sarò io a deciderlo, ma sarà la fortuna. Ho fatto i bigliettini per metà della classe, e l'altra metà dovrà tirarne fuori uno. Il nome sul bigliettino sarà quello del suo compagno di lavoro.” disse la professoressa, iniziando a chiamare i nomi.
Quando sentì il suo cognome Aya si alzò annoiata, si diresse verso la cattedra e pescò svogliata un bigliettino. Iko era ancora libera, quindi sperò di finire con lei.
Dall'espressione che aveva fatto Aya, Kai capì che era finito in coppia con lei. La professoressa confermò la sua tesi. Bene, avrebbero sicuramente preso un votaccio, non avrebbero collaborato e proprio non gli andava di doversi tirare su la media scolastica solo perchè non c'era dialogo.

“Sono finito in coppia con la tua fidanzata.” disse Kai mentre pranzava con il suo amico
“Lei non è la mia fidanzata.”
“Poco cambia. Mi toccherà prendere un brutto voto.”
“Allora ti sei messo davvero a studiare, questa volta.”
“Sì.”
“Le parlerò io e le chiederò di porre una tregua.” disse alzandosi e dirigendosi verso la sua amica.
Aya lo ascoltò con attenzione, la sua richiesta era quella di mettere da parte l'orgoglio per un po' e di comunicare solo per una settimana, era una richiesta ragionevole. La rossa accettò di buon grado, ma mise in chiaro che lo faceva solo per lui.
“Fatto.” disse Yuya.
Bene, per il momento aveva ottenuto del tempo.

Era strano stare nella sua stanza, era grande, con un bellissimo letto a una piazza e mezza, decorato con dei mobili sobri e con qualche poster sulle pareti. Aya rimase sorpresa ancora una volta, erano poster su opere teatrali. Non se lo sarebbe mai aspettato. La cosa che però l'aveva fatta rimanere di sasso era stata la sua valigia rossa nell'angolo.
“Stavo aspettando l'occasione per restituirtela” disse Kai, anticipando qualsiasi cosa lei volesse dire. Era il momento giusto per scusarsi. “Senti, io...” avrebbe voluto davvero dire quella parola, quel “mi dispiace” che non gli era quasi mai uscito dalle labbra, ma il telefono di lei li interruppe.
“Jake?” attese un attimo la sua risposta, poi impallidì e chiuse la comunicazione. “Devo usare la TV”, disse prima di mettere il canale sportivo. In quel momento stava passando una notizia.
“Abbiamo una comunicazione speciale. A quanto pare la famosa Associazione BBA ha chiuso i battenti. Sembra che l'azienda fosse già in crisi da qualche mese e che i campionati fossero l'ultima opportunità per riportare la situazione alla parità, ma a quanto pare non ha funzionato. Questa mattina il Presidente Daitenji ha dato le sue dimissioni e la società è stata venduta. Pare che ci saranno delle grandi novità per quanto riguarda questo nuovo sport.”
Aya cadde in ginocchio sul pavimento, senza parole. Com'era potuto succedere?
“Ehi,” Kai le fu vicino in un attimo, le strinse le braccia attorno al corpo e la prese di peso posandola sul letto e passandole un fazzoletto. Solo in quel momento lei si accorse che stava piangendo.
Perse il fazzoletto e si asciugò gli occhi.
“Sapevi di questo?”
“Sapevo che il nonno era in crisi, ma non pensavo a questi livelli.”
“Ti accompagno da lui?”
“No. Io ho bisogno di un attimo per riprendermi” disse lei, asciugandosi ancora le lacrime.
Lui accennò un sì e le porse un altro fazzolettino perchè l'altro era zuppo. Lei lo prese e continuò ad asciugarsi gli occhi.
Non sapeva come aiutarla, non riusciva a trovare un modo per farla sentire meglio. Non era abituato a quelle situazioni, tutto ciò che gli venne in mente fu un lontano ricordo di quando era bambino. Era caduto e si era sbucciato un ginocchio, poi era corso in casa piangendo, talmente forte che suo padre si era alzato dalla sua scrivania, dove passava tutto il tempo. Lui aveva sciacquato la ferita, l'aveva disinfettata, ma non smetteva di fare male e Kai non smetteva di piangere, così lo aveva preso tra le braccia e lo aveva cullato.
Avrebbe dovuto cullarla?
Senza pensarci un minuto di più la prese tra le braccia e iniziò a dondolarsi sul letto. Si sentiva un imbecille.

Quando si risvegliò era in una stanza sconosciuta, voltò la testa e sul comodino trovò Dranzer. Ora ricordava che era nella stanza di Kai, poi aveva ricevuto la notizia che la BBA era affondata e poi?
Cavolo, si era addormentata lì, tra le sue braccia, piangendo. Bella figura.
Kai era nell'angolo della stanza, stava armeggiando con tazze e bollitore, un minuto dopo si sedette accanto a lei, offrendole una tazza di te.
“Grazie.” mormorò lei.
“Ti devo delle scuse.” disse lui, senza preavviso. La fece quasi strozzare con quelle sue parole, ma non riuscì a rispondere, rimase ferma ad osservarlo.
“Quella sera non dovevo comportarmi così. Ero molto stanco e, beh, non ero a conoscenza che fossi la nipote di Daitenji. Anche se questo non giustifica il mio comportamento.”
“Devo chiamare un'ambulanza?” chiese lei.
“Stai male?”
“Non io, ma tu.” rispose lei, con un breve sorriso, prima di bere un sorso.
“Ha chiamato tuo fratello”
“Jake?”
“Voleva sapere dove fossi.”
“E cosa gli hai detto?”
“Che sei rimasta a scuola perchè avevi da fare una ricerca e che ti stavo aiutando.”
“L'ha bevuta?”
“Assolutamente no, ma mi ha minacciato se ti interessa.”
“Che schiocco.”

Quando tornò a casa suo fratello era molto preoccupato, aspettava sul divano, continuando a cambiare posizione, tenendo stretta la mano della sua fidanzata. Aya si sedette accanto a lui e lo abbraccio.
“Mi dispiace di averti fatto preoccupare, avevo solo bisogno di riprendermi dalla notizia.”
“Non farlo più” disse lui.
“Andiamo di sopra? Penso che i nonni abbiano bisogno di noi.”
“Inutile, il nonno sembra sparito nel nulla.”
“COSA?”
L'avevano cercato dappertutto, ma lui era sparito, non si era fatto vedere da nessuna parte. La nonna era preoccupata, loro erano preoccupati, ma non sembrava essere utile tutto questo. Andarono a dormire tristi e abbattuti.
La mattina dopo Aya non se la sentiva di uscire e seguire le lezioni, ma l'aria di casa era talmente triste che preferì subire una noiosa giornata. Iko e Kyo la aspettavano come sempre, lei si avvicinò e le salutò con la mano, avviandosi verso la scuola. La stavano fissando con occhi strani, e non solo le sue amiche, quindi la voce si era sparsa in giro.
Sentiva il bisogno di stare un po' da sola, così prese a camminare più veloce, ma non entrò a scuola, fece il giro e si sedette sulle scale di emergenza, sperando che nessuno sarebbe andato a disturbarla. A quanto pare il suo desiderio non era stato esaudito. Sentiva i passi avvicinarsi, poi video una figura, non aveva voglia di sapere chi era, ma lo sconosciuto non si spostava.
“Mi dispiace per tuo nonno” disse infine Yuya “Ti ho portato un cappuccino, ti va?”
Aya sorrise triste, “Mi spiace, Yuya, ma ho bisogno di stare sola.”
Il ragazzo ritrasse la mano e se ne andò, senza dire altro.

Era passata una settimana, finalmente sapevano dove era finito il presidente Daitenji, sapevano che era in ritiro con alcuni bladers e quello la fece sentire più tranquilla. Sapeva che tra di loro c'erano i campioni giapponesi, Max, Ray e altri partecipanti dell'ultimo campionato. Non si spiegava allora perchè Kai fosse rimasto a scuola. Per fortuna la professoressa si era ammalata, quindi aveva smesso di vederlo, il compito era stato rimandato al suo ritorno, per quegli ultimi giorni era stata tranquilla e sola, come desiderava, ma a quanto pareva la sua fortuna era finita.
“Bene, voglio che riprendiate il vostro lavoro da dove l'avete lasciato. Riformate le coppie e iniziate a lavorare” disse con un sorriso e poi un colpo di tosse.
Aya portò la sedia fino al banco di Kai, poi accese il computer portatile e iniziò a cercare alcune informazioni commerciali.
“A quanto vuoi che ammonti il capitale?” chiese.
“Mh.”
“Vanno bene ventisei milioni di yen?”
“Ok.”
“Allora, direi che apriamo un'azienda sportiva. Giusto?”
Kai fece un piccolo impercettibile sorriso.
“Come stai?” le chiese a metà lezione.
“Sto bene. Non devi preoccuparti, prenderemo un voto alto.”
“E tuo nonno? Lo avete trovato?”
“Come fai a saperlo, tu?” chiese la ragazza, shoccata.
Kai fece spallucce.
“E' insieme ai tuoi amici in ritiro.”continuò lei e d'un tratto non potè più mantenere la sua curiosità “Dimmi, perchè non sei con loro?”
“Ho altri piani per il futuro.” disse lui, semplicemente.
Aya non ci mise molto a capirlo, in realtà lo aveva già pensato da tempo, ma poi si era ricreduta. Pensava che avesse finalmente capito di aver bisogno degli amici, ma no, era troppo testardo.
“Non ce la fai a smettere eh.”
“Cosa intendi dire?”
“Che hai una vera e propria mania per Takao. Non riesci a pensare per un attimo di metterti dalla sua parte e non contro di lui?”
“Non sono cose che ti riguardano!”
“Giusto. Non ti piace che una persona ti dica le cose come stanno. Quindi ti schiererai ancora una volta dalla parte sbagliata. Complimenti.”
Kai la fissò con una certa rabbia, poi senza aggiungere altro si alzò e uscì dall'aula. Senza rispondere ai richiami della professoressa.
“Il solito permaloso.”

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Capitolo 6
*** Ancora scontri ***


Erano passati ancora altri giorni e Kai non si era fatto più vedere a scuola in compenso si vedeva ora, alla televisione, durante le selezioni per la squadra ufficiale della nuova associazione del beyblade. Kai se ne stava in disparte, mentre pian piano finivano i vari gironi. Prima la cantante Ming-Ming che era alquanto fastidiosa da sopportare, visto che passava ogni giorno ad ogni ora sulle televisioni, poi Mouses, Mistel e Garland. Adesso mancava solo l'ultimo incontro.
Kai salì sul piccolo palco, pronto a sprigionare tutta la sua energia, avrebbe fatto di tutto per incontrare nuovamente Takao, Aya ne era sicura, ma non aveva immaginato la forza del ragazzo rosso. Aveva una potenza smisurata, poteva addirittura copiare gli attacchi, per non parlare della sua capacità di previsione delle mosse avversarie. Un genio.
Kai stava subendo un sacco di colpi e Aya si avvicinava al televisore sempre di più, finchè non restò incollata allo schermo.
“Ehi, smettila!” urlò suo fratello.
“Si sta facendo del male.”
“Se la caverà, cocciuto com'è.”
Ma la ragazza non ne era convinta, lui era svenuto, e ora non parlavano delle sue condizioni di salute. Non poteva aspettare oltre. Spingendo sulle gambe più che poteva corse verso casa di Takao. Si fiondò dentro e con il respiro affannato chiese.
“Ho... Ho bisogno di sapere in che ospedale hanno portato Kai.”
“Aya” Ray le si avvicinò preoccupato, prendendola per le spalle.
“Ray, dov'è?”
“Non lo sappiamo. Abbiamo fatto qualche chiamata, ma non c'è traccia di lui in nessun ospedale.”

Kai vagava per le strade, passava tra la gente, ma non riusciva a pensare a nulla. Sentiva il vuoto dentro di sé, sentiva di aver perso tutto nel momento in cui il suo bey era stato fatto a pezzi.
Continuava a camminare perchè non aveva motivo di fermarsi. Continuava a camminare perchè se si fosse fermato forse avrebbe smesso di vivere, avrebbe iniziato a pensare.
Nulla aveva più importanza, solo Dranzer, ma lui non c'era più.

Aya lo trovò durante la notte di qualche giorno dopo, stava vagando per le strade vicino all'ospedale. Portava una mantella nera, era pieno di graffi e aveva i vestiti rovinati. Non si era ancora dato una ripulita dopo la battaglia. Questo era inaccettabile.
“Kai!” urlò lei avvicinandosi.
Il suo primo sguardo la fece fermare, ma il bisogno di aiutarlo la fece proseguire. Gli gettò le braccia al collo ringraziando il cielo che fosse vivo, poi lo spinse pian piano verso casa sua. Quando arrivò lì gli prese dei vestiti puliti e gli disinfettò le ferite. Lui continuava a fissarla, intanto, senza dire nulla. Gli bendò alcune ferite sull'addome, poi gli mise una maglietta, Gli poggiò un paio di cerotti sui tagli che aveva sul viso e fasciò anche le ferite alle braccia.
“Devi mangiare qualcosa.” gli disse, prima di sparire al piano inferiore.
Quando tornò di sopra Kai stava fissando il suo bey con una tale intensità che si sentì quasi un'intrusa. Poggiò il piatto sopra il comodino e gli porse una tazza di te verde. Kai quasi non volle berla, subito, poi iniziò a mandare giù qualche sorso e scolò tutta la tazza in un secondo.
Pian piano gli diede da mangiare, e lui si fece aiutare, quasi fosse un bambino. Aveva uno sguardo vacuo, gli unici momenti di lucidità sembravano arrivare quando osservava Dranzer. Anche la ragazza lo guardò e subito notò che era più piccolo, completamente diverso dal suo vecchio beyblade.
Dopo avergli preparato la cena e averlo imboccato scese di sotto, lavò quello che aveva sporcato e tornò di sopra per assicurarsi che si mettesse sotto le coperte e dormisse un po'. Lui era ancora seduto sul letto a fissare il suo forse unico vero amico.
“Devi dormire” gli disse, facendolo alzare, prima, e poi facendolo distendere sotto le coperte che aveva aperto.
“Buonanotte.” sussurrò prima di andarsene.
Una mano l'afferrò per il polso. Anche se non aveva dimostrato ragione per tutto il giorno, anche se era ferito, la sua presa era forte.
“Di cosa hai bisogno?” chiese Aya, preoccupata.
Lui non rispose, si spostò un po' nel letto, poi aprì le coperte e attese. Voleva che dormisse con lui.

La lezione stava diventando davvero insopportabile da seguire, soprattutto dopo quello che era successo la notte prima. Non poteva credere di avere realmente dormito insieme a lui, non che avesse realmente riposato, si era assicurata che lui dormisse, però, che non stesse male, che non avesse bisogno di niente.
Anche ora che doveva prestare attenzione a quella parte di lezione non riusciva a fare altro se non a pensare al suo viso mentre dormiva. Sembrava un bambino, così rilassato e indifeso.
Aya sospirò.
“Fa che suoni la campanella” pensò e quella suonò davvero.
Uscì dopo una giornata intera di lezioni inutili, ora avrebbe dovuto affrontare la furia di suo fratello. Non sapeva come avrebbe fatto a spiegargli che aveva dormito da quel ragazzo.
Scrollò la testa per non pensarci, e in quel momento esatto Yuya andò a sbattere contro di lei.
“Ehi, dove stai correndo?”
“Il più lontano possibile da qui.”
“Che cosa succede?”
Lui esitò un attimo, indeciso su cosa fare.
“Dai, mi puoi dire tutto.”
“Kai è tornato... Ma solo per fare le valigie e lasciare la scuola definitivamente.”
“COSA?”

Stava correndo il più veloce possibile, sperava di trovarlo ancora nella sua stanza, sperava che ancora non fosse andato via. L'aveva promesso a Yuya, doveva provare a fare qualcosa per fermarlo. Avrebbe fatto di tutto per fermarlo. Lei sapeva che cosa voleva dire lasciare la scuola, in quel momento. Voleva tornare a sfidare Brooklyn.
Entrò di gran carriera nella stanza e chiuse la porta. Lui stava mettendo le sue cose dentro una valigia.
“Non farlo. Ti farai uccidere.” implorò lei.
“Aya, dovresti uscire da questa stanza.”
“No, non vado da nessuna parte. Tu devi restare.”
“Non posso.”
“Per l'amor del cielo, Kai! Metti via l'orgoglio, ti prego.”
“La mia squadra ha bisogno di me.”
“Non lo fai per la squadra, lo fai per la rivincita.”
“E anche fosse?” urlò lui, stanco.
“Pensavo che stessi male, ieri notte non proferivi parola ed ora? Vuoi andare ad affrontarlo?”
“Sì, sono cambiate alcune cose.”
“Certo, capisco.”
Lui continuò a mettere le sue cose nella valigia, senza mai voltarsi un attimo. Lei si infuriò ancora di più a quel comportamento. Chiuse a chiave la porta, e si avvicinò con passo fermo.
“Cosa hai intenzione di fare? Fermarmi con la forza?”
“Farei qualsiasi cosa, per fermarti.” rispose lei, fermandosi proprio davanti a lui.
In quel momento Kai decise di voltarsi.
“Sei una sciocca.”
“E tu sei un bambino. Non sai accettare una sconfitta? Dovresti crescere!” gli urlò.
Fu un attimo, un secondo di rabbia che infuriò in lui e lo accese. Tutto quello che ci fu dopo furono dei baci, tutto un togliersi vestiti e buttarsi sul letto e fare l'amore. Aya chiuse gli occhi cercando di prendere i momenti migliori di quell'esperienza, la sua prima esperienza. E anche se pensava che Kai sarebbe stato rude e assente anche in quello, si sbagliò. Non parlarono, ma non la fece mai sentire più viva e più protetta di quel momento. Rimasero fermi nel suo letto, lei si strinse al suo petto, ancora fasciato.
“Non avremmo dovuto.”
“Lo so. Non posso permettermi di fare del male a Yuya.”
“Yuya?”
“Lui è innamorato di te. Ha avuto un'esperienza difficile, si è appena ripreso e questo lo ucciderebbe.”
“Io non provo interesse per lui.”
“L'importante è che non sappia di questo.”
“Va bene.” rispose lei, poggiando la testa nell'incavo della spalla di lui.

Quando si svegliò era sola. Accanto a lei c'era un biglietto scritto in calligrafia elegante.
Sei una persona speciale, mi dispiace. Kai.
Era partito lo stesso, era andato nonostante i suoi tentativi di fermarlo. Pensava che quella loro nuova intesa lo avrebbe fermato, ma naturalmente si sbagliava.
Uscì dalla stanza nel primo mattino, scese al piano inferiore e incontrò Yuya.
“Ciao, Aya.”
“Ciao, Yuya. Non ci sono riuscita. Mi dispiace tanto, ho fatto tutto quello che era in mio potere.”
“Oh, lo immagino.” rispose freddo lui.
“E' stato molto bello conoscerti, ma ora devo andare. TI auguro buona fortuna.”
Tutta la rabbia di Yuya nel ricordare quello che aveva sentito la sera prima, fuori dalla stanza del suo amico, svanì. Non poteva resistere senza vederla.
“Dove vai?”
“Torno in Spagna dai miei genitori. Non posso sopportare di vedere le persone andare incontro alla loro fine volontariamente. Non lo farò.” rispose, prima di uscire dal dormitorio e dalla sua vita.

Kai stava allenandosi al porto, quando qualcuno entrò nel casale dove stava lui.
“Chi è?” domandò.
“Sono io.” rispose Yuya.
Con sé portava una valigia.
“No, Yuya, non puoi venire a stare dove sto io. L'ultima volta è finita male, questa volta non può che andare peggio.”
“Non sono qui per te. Sto partendo.”
“Per dove?”
“Per la Spagna. Io e Aya andiamo via.”
“Quindi finalmente, ti sei fidanzato con lei?” la voce di Kai aveva tremato appena, ma il suo amico non se ne era accorto.
“Sì. Cerchiamo un po' di tranquillità ora.” non sapeva perchè, ma mentire gli era venuto naturale, come se non volesse che Kai pensasse di avere possibilità con lei.
E quindi con il suo comportamento l'aveva spinta tra le braccia del ragazzo che non amava, ma che la rispettava. Gli era dispiaciuto dover uscire da quella stanza, lasciarla sola nel suo letto, dopo tutto quello che era successo. Chiuse gli occhi ripensando a quella fantastica ora passata con lei.
“Siate felici.” disse Kai.
“Tu fa attenzione.”rispose prima di uscire lasciando il campione giapponese più solo che mai.


Erano passati due giorni da quando era arrivata in Spagna, naturalmente non aveva resistito all'impulso di guardare la sfida dei Justice5. Kai stava combattendo con Brooklyn proprio in quel momento, dopo un'entrata spettacolare.
Aya era rimasta col fiato sospeso per tutto il tempo, così come i suoi genitori, finché non finì l'incontro. Aveva vinto, è vero, ma era ferito. Molto ferito.
La ragazza prese il telefono e digitò un numero, dall'altra parte se la stavano prendendo comoda a rispondere.
“Pronto?”
“Nonno, ti prego, dimmi lui come sta.”
“Lui chi?”
“Kai.”

C'erano volute delle ore prima di avere notizie, ma finalmente suo nonno l'aveva richiamata assicurandole che Kai era nelle mani di dottori esperti e che se la sarebbe cavata alla grande. Lei ringraziò il cielo per quel regalo, poi salutò il nonno.
“Quando torni?” le chiese
“Tra qualche anno. Studierò qui, dove non ho distrazioni. È meglio così, nonno.”
“Tornerai, davvero?”
“Tornerò, lo giuro.”

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Capitolo 7
*** Un grandioso ritorno ***


Quattro anni dopo, in Giappone.
Aya aggiustò la sua gonna e la giacca del tailler, mentre camminava veloce sui suoi tacchi alti. Non poteva fare tardi, ma era stata colpa sua dopotutto, aveva preferito fare una passeggiata per la città che non vedeva da tanto tempo, piuttosto che prendere un taxi. Che stupida.
Cercò di affrettare il passo, d'altronde le mancava solo qualche centinaio di metri, poteva benissimo vedere la palazzina, ricostruita esattamente come una volta.
“Aya?”
Avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque, così si fermò e si voltò verso il suo interlocutore. Portava un completo blu scuro e una camicia bianca, aveva perso quegli affascinanti triangolini blu sul volto e portava un paio di occhiali neri eleganti.
“Sei diventato cieco?” disse, sorridendo.
“Sei davvero tu.”
“In persona, Hiwatari.”
Lui le si avvicinò e l'abbracciò.
“Che ci fai da queste parti?”
“Beh, sono tornata” disse, spalancando le braccia.
Kai la osservò affascinato, in quattro anni era diventa più alta e più donna, ma era rimasta la ragazza incredibilmente bella di un tempo. Sembrava più sicura di sé, adesso.
“E' bello che tu sia qui. Sei venuta qui per il passaggio di proprietà della BBA?”
“Sì.”
“Oh, conosci i nuovi proprietari? Probabilmente dovranno vedersela con me, ho un'azienda di bey, ora.”
Aya si mise a ridere, era davvero imbarazzante.
“Sorella, ti vuoi dare una mossa?” chiese Jake avvicinandosi velocemente “Tra cinque minuti inizia”.
“Sì. A presto, Hiwatari.” salutò, prima di correre sui suoi tacchi vertiginosi e dirigersi alla BBA. Lui li seguì con passo più tranquillo. La conferenza era stata aperta a tutti, così prese posto nelle ultime file. Il tavolo della conferenza era vuoto, a parte per il Presidente Daitenji che stava in piedi, davanti al microfono, con tutti i suoi anni che ora pesavano come macigni.
“Bene, possiamo iniziare.” disse “Siamo tutti qui per il passaggio di proprietà della mia associazione. Non la lascerò in mani inaffidabili come l'ultima volta. Questa volta sono persone fidate, quelle che voglio presentarvi. Ecco a voi, i nuovi direttori e possessori della Bey Blade Association.
In quel momento Aya e suo fratello salirono al tavolo delle conferenze e si sedettero accanto al nonno. Kai era shoccato.
“Allora, dovrò vedermela con te, Hiwatari?” gli chiese a fine conferenza.
“A quanto pare sì.”
“Sarà interessante vedere chi vincerà” disse Aya facendogli l'occhiolino.
“Ti aspetto per una cena da me.” rispose lui.
“Cosa?”
“Beh, ceno sempre con i miei avversari.”
“E da quando?” chiese lei, avvicinandosi. I loro occhi erano incastrati, sembravano quasi fondersi.
“Da quando sono diventato un dirigente aziendale, partendo dal nulla.”
“Mi stai sfidando? Solo perchè mio nonno mi ha affidato la sua azienda?”
“Non è la stessa cosa che farsi da solo”
“No, certo, se non sei ricco.”
Stavano litigando ancora, nonostante fossero passati quattro anni. Continuavano a litigare nonostante fossero persone mature.
“Ehi, Aya!” la chiamò suo nonno.
“Arrivo” rispose lei con un sorriso “Buona serata Hiwatari” aggiunse e poi sparì.

Era stato bello rivederla, lo aveva fatto tornare ragazzino, soprattutto dopo aver constatato che ancora litigavano ogni minuto. Eppure aveva qualcosa che le mancava prima, forse era quella sorta di fascino che avevano tutte le donne con un po' di potere tra le mani. Forse era lei che era sbocciata in un meraviglioso fiore.
“Fiori!” urlò, alzando la cornetta del telefono.
Il mazzo di rose rosse arrivò direttamente all'ufficio di Daitenji A. un'ora dopo. La rossa fissò stupita i fiori, emozionata di leggere il bigliettino. Poteva essere davvero lui? Non vedeva l'ora di scoprirlo.
Quando si avvicinò lesse le poche righe e sorrise. Anche se non era andata come si aspettava andava bene comunque.
“Ehi, chi li manda?” chiese suo fratello entrando con una cartellina blu tra le mani.
“Qualcuno che vuole invitarmi a cena.”
“Devi stare lontana da Hiwatari.”
“Chi ti ha detto che sono suoi?”
“Si capisce. L'altra sera ti guardava come se non avesse mai visto una donna.” rispose lui, irritandosi “Se penso che hai passato due notti con lui mi viene voglia di andarlo a prendere sotto casa.”
“Uh, rilassati boss. Sono grande e vaccinata e so difendermi”
“Certo. Tu accetterai?”
“Forse”
“Stagli lontana.”
“Ma che paura hai?” le chiese lei, incerta se sorridere o meno.
Lui posò la cartellina e si sedette su una delle tre poltrone che stavano nell'ufficio di sua sorella. Osservo oltre le grandi finestre che davano sulla strada, dove molte persone camminavano ignare di ogni cosa che non facesse parte della loro vita.
“Ha un ascendente negativo su di te.”
“Cosa vuoi dire?”
“Se volesse portarti a letto? Come faresti poi?”
“Non succederà. Devi stare tranquillo.” gli assicurò lei abbracciandolo.

La chiamata era arrivata ben tre giorni dopo, voleva farlo stare sulle spine, e doveva ammettere che ci era riuscita. Si erano dati appuntamento per la settimana dopo, alle otto a casa di lui. Aya era arrivata alle otto in punto, lui era venuto ad aprirle e l'aveva fatta accomodare sul divano. Era bellissima, il tailleur color crema le stava un incanto. Kai cercò di non pensarci, le prese la giacca e poi tornò in cucina. Aveva preparato tutto, ora rimaneva solo l'arrosto da fare a fette. Prese un coltello grosso e iniziò a tagliare.
L'urlo che arrivò dalla cucina la fece scattare in piedi. Corse verso la stanza dove un piccolo laghetto di sangue stava colando dalla mano di Kai. Con fare veloce prese uno strofinaccio e glielo legò attorno.
“Andiamo in bagno.” gli disse e lui la seguì.
Sciacquò la ferita, la disinfettò, poi prese delle bende e la fasciò.
“Possibile che ogni volta che vengo in questa casa devo vederti del sangue addosso?” chiese ironica.
“Mi dispiace.”
“Non fa nulla. Brucia?”
“Poco.”
Una volta che fu tutto fasciato, lei pulì il sangue dal bagno e dalla cucina, poi prese il suo posto, iniziando a tagliare l'arrosto e disponendolo in fettine perfettamente uguali su un piatto grande, poi le bagnò con del sugo.
“Hai cucinato, è fantastico.”
“Guarda che è solo una prova.” rispose lui, sbuffando.
“Nessuno ha mai fatto qualcosa senza prima provarci.” replicò Aya.
Kai la osservò muoversi, quel suo completo le stava maledettamente aderente.
“Sai che sei bellissima, mentre cucini in casa mia?” le disse mettendosi esattamente dietro di lei.
“Io mi ricordo che ero una psicopatica”
“E io sono uno stupido.”
“Bene, finalmente siamo d'accordo su qualcosa!” rise lei voltandosi.
Sembrava di essere tornati a quattro anni prima, dopo la finale del campionato. I loro visi vicini, il vassoio che scivolava, gli occhi intensi di lui nei suoi.
Kai non perse un secondo e la baciò.
Quel bacio l'accese, come un fuoco. Kai era così passionale, faceva poche cose con amore, ma quando ci si metteva poteva fare delle cose meravigliose, come quel bacio e quella cena e...
“Non posso.” mormoro Aya, allontanandosi da lui.
“Non bacio bene?”
“No, no, non è questo. È che...”
Avrebbe voluto spiegare, ma si ritrovò ancora le sue labbra addosso, le sue mani addosso che si muovevano con una tale sicurezza e forza da farla sentire in paradiso.
“Kai, ti prego.”
“No, ti prego io. Ricominciamo da capo, rimani qui a mangiare con me, poi guardiamo un film e rimani qui a dormire e domattina ci svegliamo insieme e...”
“No, Kai.”
“Qual'è il problema?”
“Sto frequentando una persona.” rispose lei.
Kai non sapeva cosa dire, gli era crollato tutto addosso. Frequentare, però, era un verbo debole, era come se la cosa non fosse importante. Se era poco importante allora si poteva risolvere.
“Beh, smettila di frequentarlo”
“Non posso.”
“Allora è più importante.”
“Sì, è importante” rispose lei, prendendo il piatto con l'arrosto e portandolo in salotto, dove un tavolo era ben imbandito.
“Ok, quindi siete fidanzati?”
“Sì, Kai.”
“Te l'ho mai detto che sono una persona che non si arrende?”
Sì, lo sapeva che era uno che non si arrendeva. Era andato a farsi uccidere, quasi, per dimostrare la sua forza, lei lo sapeva. Nel caso che però non l'avesse saputo lui glielo dimostrò baciandola ancora.
“Per favore, Kai. Sii serio.”
“Sono molto serio, lo sai anche tu che tra noi c'è chimica, perchè vuoi scappare?”
“Perchè...” non avrebbe voluto dirglielo così, ma alla fine doveva saperlo “Perchè ci sposeremo.”
Kai rimase in silenzio. Lei si sarebbe sposata.
“E' Yuya, allora.”
“Yuya?”
“Sì, mi avevano detto che si sarebbe sposato, ma lui è tornato molto tempo fa, non pensavo che fossi tu, invece mi sbagliavo.”
“No, guarda, Kai. Io che non vedo Yuya sono esattamente quattro anni.”
“Allora chi è?”
“Un contabile spagnolo”
“Allora farete un bel matrimonio separati?”
“No, apriremo una sede distaccata a Madrid.” rispose lei.
Sarebbe andata via, di nuovo. Pensava che questa volta sarebbe rimasta, pensava di essere finalmente riuscito ad avere l'occasione di mettere tutto a posto, ma non poteva.
“Ti ripeto che non sono uno che si arrende.”

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Capitolo 8
*** L'arrivo di Pedro ***


Era una bellissima giornata di sole e sembrava sussurrare di aver bisogno del sorriso di lei per essere perfetta. Con questa idea nella testa Kai uscì dalla sua meravigliosa villa, prese la sua utilitaria e si diresse nel centro. L'insegna della BBA risplendeva dei colori rosso e blu ricordandogli il suo passato.
Entrò con passo sicuro, togliendosi gli occhiali da sole e indossando quelli da vista.
“Non mi abituerò mai a vederti con quegli occhiali!” urlò il suo amico Takao, avvicinandosi.
“Ehi, che ci fai tu qui?” chiese lui, sorridendogli.
“Kinomiya!” urlò una voce femminile dall'altra parte dell'ampio atrio “Non ho accettato la tua proposta per vederti arrivare tardi ogni mattina!”.
Aya era bellissima con la sua camicia rossa e i pantaloni neri aderenti. Arrivò sbattendo in testa a Takao alcuni fogli per rimproverarlo.
“Che ci fa qui la concorrenza?” gli chiese poi.
“Non ne ho idea.”
“No che ci fa qui lui!” ribattè Kai.
“Lui è il nuovo socio della BBA”
“Che cosa? Ma perchè non sei venuto da me?” chiese lui esterrefatto.
“Considerala una piccola rivincita per il passato”
In quel momento un ragazzo alto con una lunga treccia nera usciva da una sala accanto con al seguito un bambino che continuava a tirargli la casacca per fermarlo.
“Maestro Ray, per piacere.”
“Non ora, Haiko.”
“Haiko, che ti ha fatto Ray?”
“Non vuole insegnarmi a tirare con la mano sinistra”
“Non hai bisogno di imparare a tirare con la mano sinistra, mio caro. Per ora devi allenarti e diventare bravo con la tua mano naturale, poi imparerai qualche trucchetto, fra qualche anno.” disse Aya, accompagnandolo di nuovo nella sala allenamenti. Quando tornò sembrava più arrabbiata di prima
“Ray, potresti essere più gentile con i bambini, per piacere?”
“Anche tu lavori qui?” chiese Kai, decisamente stralunato.
“Oh, sì e ci lavora anche Garland.”
“Allenatore molto più capace di te, a quanto pare.” disse una voce squillante che proveniva dalle loro spalle. Con il suo migliore completo blu, Max si avvicinò ai quattro ragazzi che stavano discutendo.
“Max, già qui? Ti aspettavo per pranzo!” si lamentò la rossa.
“Perdonami, ma ho dovuto anticipare la partenza.”
“Oddio, anche Max” pensò Kai, desolato.
“Dov'è Judy?”
“Non è venuta.”
Dalle labbra della ragazza uscì un gemito frustrato. Lei amava lavorare con le donne, si capivano sempre senza bisogno di troppi chiarimenti, mentre con Max, beh, di solito finivano per litigare e non risolvere nulla.
“Ok, mi sento di troppo. Torno a lavorare, tu parlerai con mio fratello che voi uomini vi capite meglio, Kinomiya muovi il culo e lavora, e tu Ray, torna dentro e aiuta quei poveri bambini. ORA” urlò prima di girare sui tacchi e salire la lunga scala di corsa mentre i tacchi segnavano ogni suo passo.
Jake si avvicinò nello stesso momento in cui sua sorella era sparita, salutò Max con un sorriso ed una pacca sulla spalla, poi chiese a Takao di aiutare Ray con gli allenamenti e salì verso il suo ufficio, senza degnare Kai di un solo cenno. Probabilmente sua sorella gli aveva raccontato qualcosa, o forse era stato lui a capire tutto. Il risultato non cambiava, Kai non era il benvenuto in quel posto, lo accettava, così uscì di gran carriera per tornare al suo lavoro.

Era stato strano ritrovarselo davanti dopo due settimane, pensava di aver dimenticato quello che era successo a casa sua, ma non era così. Già solo vederlo da lontano l'aveva scossa, ma non avrebbe vacillato, lei aveva il suo uomo e non avrebbe fatto nulla per rovinare quel bellissimo rapporto.
Sospirò mentre usciva dalla stanza dove aveva tenuto la sua riunione mensile, avevano osservato i vari schemi delle vendite, le modifiche che aveva inserito effettivamente avevano funzionato. I blader che si iscrivevano alla BBA avevano degli ottimi sconti sui pezzi di ricambio e potevano allenarsi in qualsiasi momento, non solo fuori quando volevano giocare con gli amici, ma potevano disporre di aiuti da parte di allenatori professionisti. Garland e Ray erano sicuramente i migliori.
Questo spronava le famiglie ad iscrivere i loro figli alla loro società che tutelava i ragazzi e la loro passione. Naturalmente dovevano coprire questi costi con un canone annuo, ma era il canone più basso che avrebbero pagato ovunque, i Daitenji ci tenevano molto che il beyblade fosse uno sport accessibile a tutti.
Quando uscì dalla stanza era molto stanca, le bruciavano gli occhi e la pancia le gorgogliava come se non mangiasse da una settimana. Suo fratello le venne in contro con dei fogli in mano.
“Max ha firmato, avremo la loro collaborazione!”
“Ne sono felice,” rispose lei “ma ora possiamo andare a pranzare?”
“Certo.”
Quando uscirono splendeva un bellissimo sole, Aya si pentì di aver indossato le maniche lunghe, mentre cercava il telefono sotto il sole, intanto sentì suo fratello ridere.
“Che ti ridi?” gli chiese osservandolo, ma lui non ricambiava lo sguardo, guardava fisso davanti a sé. Aya seguì la direzione e quasi non si strozzò quando lo vide. Era bello come sempre, con i suoi corti capelli neri e gli occhi così intensi da fare male. Il suo solito sorriso sghembo disegnato sulle labbra la fece impazzire e gli si gettò tra le braccia.
“Sei arrivato” sussurrò stringendosi di più a lui.
“Sono qui”
“¡Hola Pedro!” salutò Jake “Era l'ora che arrivassi”

Dall'altra parte della strada Kai e Takao, pronti per andare a pranzare insieme, osservavano la scena sotto due punti di vista differenti, Takao era felice di vedere finalmente il ragazzo di cui la rossa non finiva mai di parlare, mentre Kai era preda di una strana sensazione allo stomaco, infelice che l'uomo di cui lei gli aveva parlato esistesse davvero.
“Allora esiste.”
“Chi? Pedro?”
“Pedro?” ripetè Kai, con l'amaro in bocca. Lo aveva rifiutato per uno che si chiamava Pedro?
“Si chiama così.” rispose Takao dirigendosi verso il piccolo ristorante che si trovava lì affianco.
Quando furono seduti ordinarono e poi iniziarono a parlare.
“Sai, essere di nuovo tutti e quattro in una stanza, insieme, mi ha fatto tornare più giovane”.
“Oh, sì. Siamo molto vecchi, vero Takao?”
“Ah, amico, devi sempre rovinare il momento?”
“Perdonami, ma oggi sono particolarmente acido.”
“E' per Aya, vero?” lui l'aveva notato da come l'aveva guardata, da quanto male gli avesse fatto che lui fosse finito come socio alla BBA e non nella sua azienda, lui lo capiva.
“No.”
“Dai, amico, non devi raccontarmi palle. Io lo so.”
“Lei è diversa.”
“Lo è. Una persona fantastica.”
“E mi manca.”
“Non mi sembrava che andaste poi molto d'accordo qualche anno fa.”
“No, prima di finire a letto insieme.”
“COSA?” Takao era shoccato, ricordava bene come la ragazza parlasse solo di Pedro, non poteva averlo tradito con Kai, non era da lei fare queste cose. “Quando?” domandò, ancora scosso.
“Quattro anni fa, due giorni prima della sfida con Brooklyn, quella che ho vinto.”
“E com'è successo?”
“Penso che lei avesse una specie di cotta per me, voleva dissuadermi da quello scontro, e così ci ha provato in tutti i modi.”
“Oh. Non sei stato carino ad approfittarti di lei.”
“Non me ne sono approfittato, non pensavo che sarebbe scappata in Spagna il giorno dopo.” rispose sbuffando “Pensavo di tornare da lei dopo la vittoria e poi, beh, di avere una specie di storia segreta.”
“Segreta?”
“Sì, non so se ti ricordi Yuya, ma beh, era innamorato di lei. Non volevo fargli del male”.
“Ah, Hiwatari, ci sei rimasto fregato.”
“Già, e il fatto che lei mi abbia cambiato in quegli ultimi mesi non ha aiutato poi durante gli ultimi quattro anni. Non ho fatto altro che pensarla.”
“Romanticone” rispose Takao, facendosi una bella risata. Era contento, però, che anche lui avesse imparato che vivere non era stare da soli, ma era affidarsi, innamorarsi e, sì, anche soffrire.

Kai stava facendo zapping alla Tv quando ricevette la chiamata. Rispose dopo aver constatato che era il suo amico.
“Tak?”
“Ehi, Kai. Sai che ti ho detto a pranzo che sono praticamente inseparabili?”
“Sì.” ricordò lui con una smorfia.
“Beh, se ne vuoi avere la prova stasera usciamo”
“E dove andiamo?”

Il locale era molto particolare, con grandi tendoni rossi lungo tutte le pareti, tavolini bianchi di ferro e una grande pista al centro. Takao e Kai si accomodarono in un angolo della stanza, ma due minuti dopo i loro ex compagni di squadra li avevano raggiunti. Max indossava una camicia smanicata bianca e un jeans scuro, sembrava così maturo, rispetto al passato. Invece, Ray indossava il solito completo cinese, lucido, lui era quello che aveva avuto meno cambiamenti rispetto al passato.
“E così anche loro sanno.” disse Kai, quasi rimproverando Takao.
“Ehi, amico, siamo noi.”
“Abbiamo affrontato cose più grandi di questa. Ti aiuteremo noi.”
Lui scosse la testa, ma in realtà era grato di avere i suoi amici con sé, era grato che non lo avessero abbandonato, nonostante tutto quello che aveva fatto in gioventù.
Aya, Pedro, Jake e Mimì arrivarono poco dopo, si sedettero vicino alla pista e ordinarono da bere, Kai cercava di evitare di guardarli e di stare il più possibile dentro una conversazione con i suoi amici, questo era davvero strano per loro.
“Allora Aya è importante.” pensò Ray, felice che il suo amico si fosse aperto in quel modo.
“Ecco, ora stai attento”
gli disse Takao, quando le luci si abbassarono in tutto il locale tranne che sul palco. Dalle casse partì una musica diversa, una musica latino americana.
“Ballano la salsa!” esclamò Max.
Ballavano la salsa Aya e Pedro ed era come se fossero nati per fare quello, ballare insieme. Erano bellissimi, coordinati e meravigliosi. Era emozionante vederli danzare e muoversi così bene sul quel palco. Kai pensò che forse non avrebbe potuto mai conquistare la ragazza. In quel momento pensò che c'era qualcosa in cui avrebbe dovuto fallire e li osservò con invidia. Lui la stringeva con una tale forza e sicurezza che pensò che nessuno avrebbe mai potuto portargliela via.
“Sono fantastici.”
“Davvero”.
Esprimevano una passione e un'appartenenza fenomenale.
“Sono spacciato.” mormorò Kai.

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Capitolo 9
*** La fine di tutto ***


Aya guardava il suo futuro marito dormire accanto a lei mentre la stringeva con le sue braccia forti ed ambrate. Era così bello che le dispiaceva lasciarlo nel suo letto come ogni mattina, ma non poteva perdere le sue abitudini, quindi scese dal letto con il più delicato dei modi esistenti, indossò la tuta e le scarpe da ginnastica e scese al parco. Era bello correre in mezzo al verde, ma quella mattina sentiva di avere bisogno di qualcosa di diverso, così prese il sentiero per il mare.
La brezza marina era qualcosa che le era mancato molto mentre viveva a Madrid, certo ogni estate approfittava della pausa dagli studi per passare un mese al mare, ma durante il resto dell'anno doveva stare senza. Respirò a pieni polmoni l'aria salmastra e riprese a correre.
“Aya!” sentì urlare. Dietro di lei c'era Takao, anche lui in tuta mentre correva.
“Ehi, Kinomiya, che ci fai qui?”
“Quello che fai tu.”
Corsero insieme per tutto il lungo tratto di strada che costeggiava la sabbia, poi tornarono indietro. Finalmente avevano un week-end di riposo, finalmente poteva riposarsi.
Quando tornò a casa Pedro l'aspettava davanti ad una meravigliosa colazione spagnola. Lei si sciolse, lo baciò poi mangiarono insieme qualcosa e decisero di dedicare l'intera giornata alla spiaggia.

Kai osservava le foto della sua adolescenza, non l'aveva mai svelato a nessuno, ma adorava sfogliare gli album di fotografie, adorava guardare com'era cresciuto, con quale gente attorno. Aveva tutte le foto del campionato, aveva intere pagine di giornale che parlavano di loro, poi aveva le foto di quando era andato a teatro, in Russia, In Italia, in America. Le aveva tenute tutte e non le avrebbe mai distrutte, erano il suo passato e il passato è quello che crea poi il tuo “io” futuro e presente.
Era strano a dirsi, ma era cresciuto ed era cambiato, era maturato in una maniera che non avrebbe mai pensato possibile e grazie ad una ragazza cocciuta che era riuscita a tenergli testa e che ora non poteva stare con lui, nemmeno voleva vederlo.
Kai sbuffò e posò l'album nel cassetto, poi scese in salotto e si sdraiò sul divano cercando qualcosa che potesse distrarlo alla Tv. Fu così che trovò per caso un film che lo attrasse. Secondo le informazioni, la storia era quella di un ragazzo innamorato fin dalle scuole di una sua amica, ma che non aveva mai avuto il coraggio di confessarglielo e ora si ritrovava con nulla in mano e la sua amica che le chiedeva di partecipare al suo matrimonio. Kai osservò incuriosito la storia, e nella sua testa si illuminò un'idea.
Prese velocemente il telefono e cercò un numero, poi chiamò.
“Pronto? Sì, sono Hiwatari. Ho un lavoro per te.”

Pedro stava immaginando di togliere il costume alla sua bellissima futura moglie quando le suonò il telefono. Era una chiamata che arrivava dalla BBA, sapeva benissimo che suo fratello era lì perchè aveva organizzato un piccolo campionato per bambini, per farli svagare un po' durante il pomeriggio.
“Pronto?”rispose lei, preoccupata “Cosa? Sì, vengo subito.”
“Dove vai?” chiese Pedro, mentre guardava la rossa con una strana voglia.
“Alla sede. È successo un bordello con un genitore ed un bambino. Devo andare a vedere prima che Jake perda la pazienza.”
Aya indossò il lungo pareo e si diresse verso la sua azienda con il fidanzato al seguito. Quando arrivarono lui l'aspettò in sala d'attesa mentre lei discuteva nel suo ufficio con un signore alto e grosso.
“Mi dispiace molto, signore, ma queste sono le regole. La BBA non accetta nessun bambino inferiore ai cinque anni perchè prima è troppo presto. Il bey è un gioco e come ogni gioco c'è un'età apposita.”
“Bene, allora ci iscriveremo nell'altra società”
“Quale società?”
“La HBA, dove accettano bambini di ogni età.”
“Fate pure, ma non sarò io la responsabile della salute di suo figlio.” rispose lei irritata prima di uscire dal suo studio e lasciare l'edificio.
Quando tornarono a casa lei si mise subito a cucinare, era così nervosa che avrebbe fatto a pezzi il diretto interessato, come una zucchina, lo avrebbe stritolato come un piccolo pezzo di pesce col riso attorno. Non poteva sopportare che mettesse a rischio la vita di giovani bambini solo per il suo gusto di vincere. Non poteva accettarlo.
Pedro le si avvicinò facendo sparire una mano sotto il pareo, mentre con l'altra cercava di circondarle la vita.
“Por favor, Pedro. No.”
“¿Qué pasa?”
Lui voleva sapere cosa succedeva, ma lei non aveva la minima intenzione di rispondergli.
“Nada, pero tengo que cocinar.”
Lui la lasciò in pace ed entrò in bagno con la scusa di una doccia.
Anche il resto della domenica lo passarono separati, con lei ancora nervosa che non aveva bisogno affatto di presenze, ma solo di un po' di solitudine. Mentre lui guardava i film sui canali inglesi, visto che il giapponese ancora non lo capiva, lei rimaneva a letto a girarsi tra le coperte, pensando e ripensando a cosa dovesse fare. Quando il telefono squillò rispose praticamente subito, visto che lo aveva appena preso per chiamare suo fratello.
“Pronto?” ”Ciao, sono io.” rispose Jake dall'altra parte della linea.
“Stavo per chiamarti.” disse lei, prima di raccontargli quello che era successo il giorno prima.
”TI prego, non andare a casa sua. Se vuoi andare a urlargli in faccia quanto stronzo sia, beh, fallo, ma nel suo ufficio, dove ci sono testimoni e non può farti niente” nonostante Aya sapesse che Kai non le avrebbe fatto nulla, lo promise a suo fratello e continuò a stare nel letto, leggendo un libro.

Il lunedì finalmente era arrivato, non sopportava di dover stare a casa senza fare nulla, per fortuna la sera prima Ray era passato a trovarlo, chiedendogli come si sentiva. Naturalmente si stava riferendo ad Aya, e così lui gli aveva raccontato il suo piano. Ora aveva una spia all'interno, forse due, se riuscivano a coinvolgere anche Takao.
Il telefono squillò in quel momento, Kai rispose sicuro di sentire il suo amico, in realtà era solo la sua segretaria che lo avvisava di una visita per lui.
“Faccia passare.” disse, poi riattaccò e si sistemò meglio sulla sedia.
Quando vide la bellissima ragazza con i capelli rossi entrare quasi cadde dalla sedia. Indossava un abito sbracciato elegante, a pois. Era bellissima e anche arrabbiata.
“TU, come ti permetti” urlò.
Non poteva averlo già scoperto!
“Non so di cosa tu stia parlando.” rispose lui.
“Sei un approfittatore!”
“Ma cosa stai dicendo, Aya?”
“Lo sai bene. Far iscrivere bambini inferiori ai cinque anni ti sembra giusto? Solo per i soldi? Non capisci quanto sia pericoloso se i loro genitori, per mania di potere, volessero comprargli un bey potente e loro finissero sopraffatti dalla forza della trottola?”
Kai era attonito, non aveva scoperto nulla, ma perchè lo stava incolpando di quello?
“Non capisco perchè tu sia venuta a insultarmi.”
“Perchè proprio tu dovresti sapere quanto un bambino è attratto dall'essere migliore, soprattutto se è piccolo in un gruppo di grandi. Per questo alla BBA c'è un età minima che non va mai sotto i cinque anni! Lo capisci, Kai? Capisci il pericolo in cui metti quei bambini? È lo stesso pericolo in cui tuo nonno ha infilato te quando ti ha portato in quel fottuto monastero in Russia.”
Era scurrile quando si arrabbiava, non riusciva proprio a tenere i termini, ma era sexy. Però il fatto che lei stesse sempre lì con il dito pronto a giudicarlo lo faceva irritare.
“Come ti permetti di entrare nel mio ufficio a dirmi questo?”
“Cosa?”
“Ah, ora capisco!” urlò lui, indicandola “Tu sei così arrabbiata perchè nonostante sposerai lui vuoi me!”
“COSA STAI DICENDO!” ruggì lei, furiosa.
“Oh, certo, lo sappiamo entrambi che la tua furia repressa arriva dagli ultimi quattro anni passati fuori dal mio letto. Insomma, tu mi ami, Aya, e non puoi ammetterlo perchè hai deciso di sposare un insipido contabile spagnolo che si chiama Pedro.”
“Non stiamo parlando di noi, lo capisci? Parliamo di vite umane, di bambini indifesi.”
“Parliamo un po' di tutto, Daitenji.”
“Sei un bastardo.” urlò lei, prima di sparire.

Aya voleva correre, ma il vestito aderente e i tacchi glielo impedivano così si limitò ad aumentare il passo e rifugiarsi al mare, sicura che nel moto delle onde avrebbe trovato un po' di tranquillità. Si diresse velocemente verso la spiaggia quasi avesse un bisogno fisico di essere là.
In quell'esatto momento Kai riceveva una chiamata.
”Sappiamo dov'è lui, la tua collaboratrice è stata avvisata.” la voce di Ray era risuonata strana, lui lo prese in giro spiegandogli che non erano in un film di spionaggio, poi ringraziò e chiuse la comunicazione tornando al suo lavoro cercando di non pensare alla ragazza che era da poco andata via e che l'aveva fatto arrabbiare ed eccitare nello stesso tempo.
Quando la rossa arrivò al mare si sentì in paradiso, si sedette sul muretto di pietra e osservò le onde colpire la sabbia, come amanti possessivi ed aggressivi.
“Ehi, vieni qui!” sentì dire ad una voce femminile. Aveva un tono scherzoso, quasi stesse giocando con qualcuno, Aya scommise che stavano sicuramente flirtando, così per ricordare i tempi in cui succedeva anche a lei si voltò. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, riusciva persino a vedere Pedro, che correva e che baciava la ragazza.
Ma quello era proprio Pedro e stava baciando una ragazza abbronzata con strani capelli color carta da zucchero. Lei conosceva quella ragazza.
“Bravo.” sussurrò, ma lui la sentì ugualmente, come se potesse percepire la sua presenza.
“Aya, no aspetta, Aya non è come pensi.”
“Io pensavo che fossi più sincero.”
“Ma è stata lei”
E intanto la lei che gli si era strusciata ben bene addosso mentre si baciavano era sparita.
“Certo, Ming-Ming ti è saltata addosso. Ti ho sempre detto quanto la odiassi. Sei uno stronzo.”

Takao se la rideva con Ray, sicuramente erano riusciti ad aiutare il loro amico, anche se Pedro e Aya stavano bene, beh, naturalmente loro tifavano per Kai. All'altro capo del telefono Max rise, poi chiese di essere aggiornato sulle novità e tornò al lavoro. In quello stesso momento la ragazza entrò nella sede, aveva pianto sicuramente si vedevano i suoi occhioni rossi, ma non sapevano perchè. Come aveva fatto a scoprire? Il professore ancora non era tornato con le foto che incastravano Pedro, quindi quelle lacrime per cos'erano?
Takao le corse dietro fino al suo ufficio, poi entrò dopo di lei e l'abbracciò.
“Che succede?”
“Cosa?”
“SI vede lontano un miglio che hai pianto.”
“Pedro, lui stava... stava con un'altra.”
Takao era rimasto sconvolto, si fece raccontare la storia e tutto gli parve più chiaro.
“Quindi piangi anche perchè sei irritata da Hiwatari.”
“Perchè mi va sempre tutto male?”
“Magari questa cosa con Pedro si aggiusta, no?”
“Si aggiusta? L'ha baciata!”
“Però vi state per sposare. Dovreste parlarne!”
Takao aveva ragione, avrebbero dovuto parlare, d'altronde se avevano deciso di sposarsi c'era un perchè, giusto? In quel momento però Aya era confusa, irritata, triste. Non era il momento di decidere, solo di buttarsi sul lavoro per distrarsi.
La pausa pranzo l'avrebbe volentieri saltata, ma Takao e Ray la portarono fuori, per tirarla un po' su di morale, d'altronde si erano affezionati a quella ragazza. Per loro sfortuna il professore arrivò in quel momento con le foto tra le mani.
“Ragazzi non posso consegnarle io a Kai, non mi fanno entrare.”
“Certo, dopo quello che sei riuscire a fare con il pc in quell'azienda.” disse Takao, prendendo le foto e infilandole nella giacca il più velocemente possibile. “Gliele porterò io” aggiunse prima di ritornare dalla rossa e accompagnarla a mangiare.
“Che foto sono?” chiese lei.
“Alcune foto vecchie di noi tutti insieme.”
“Oh, che bello. Voglio vederle.”
“No. Eravamo in condizioni... Ehm, preferirei che rimanessero segrete” rispose Ray, trovando la scusa più alla mano che gli venne alla mente.
Aya sorrise, immaginandosi una serata in loro compagnia, all'età dei diciotto anni, l'età delle follie. Le vennero in mente le serate passate a guardare sorgere il sole, al mare d'estate, sui tetti dei palazzi, d'inverno. Stretti con gli amici per non sentire freddo. Le vennero in mente le nottate passate ad interrogarsi, con tazze enormi di caffè all'italiana, le vennero in mente le feste folli del post-laurea. Tutto quello la fece sentire calma, dopo quella mattinata.
“Era così bello essere giovani e senza responsabilità.” sussurrò

Quando tornò a casa Pedro la stava aspettando sul divano, aveva tra le mani alcune foto, c'erano Ming-Ming e Kai che si stringevano la mano poi lui le dava dei soldi. Poi le mostrò un video in cui lui la ringraziava per il suo aiuto.
“Non capisci che è stato quello ha ingaggiarla per baciarmi?”
“Non può essere caduto così in basso!”
Eppure era l'unica spiegazione, Kai aveva fatto quello per averla? Come si era permesso?
Aya era di nuovo furiosa, però le cose tra lei e Pedro sembravano risolte.
“Vado a prendere qualcosa per stasera. Stai qui, ok? Non andare a litigare con nessuno, domattina andrò io da quel verme.”
“Ok.” rispose lei, continuando a pensare a come avesse fatto a diventare quel tipo di persona, il suo vecchio amore.
Mentre era sola, nell'attesa del ritorno del suo fidanzato, fu attratta dal suo pc acceso, lo prese e iniziò a navigare in rete, lesse qualche notizia, controllò il meteo, poi ad un certo punto fu richiamata da una icona intermittente, cliccò due volte e le si aprì una pagina di chat. Dall'altra parte qualcuno aveva scritto.
Ciao torero, quando pensi di tornare dal Giappone? Mi manchi tanto. Gli ultimi due mesi sono stati così belli che ora non faccio che pensarti. Torna presto.
“Kai ha davvero esagerato” pensò Aya, mentre cercava il tasto della video chiamata. Avrebbe smascherato quell'essere in un secondo.
Quando la chiamata partì la ragazza si sentì impavida, ma vedere il viso della bionda dall'altra parte dello schermo la lasciò sconvolta. Era la collega di Pedro, gliel'aveva presentata l'anno prima, dicendole che aveva marito e figli e che comunque non aveva nessun interesse per lei. Questo Kai non poteva saperlo, quindi era tutto vero.
“Puttana.” disse, prima di chiudere la finestra e la comunicazione.
Curiosa, iniziò a leggere tutte le conversazioni precedenti, c'era tanto di quel marcio da riempirci una casa e all'improvviso si sentì grata a Kai, grata perchè infondo gli aveva fatto capire che il suo uomo era un finto perfetto ragazzo.
Quando Pedro rientrò in casa la prima cosa che vide fu la sua valigia in salotto.
“Partiamo?” le chiese, posando i due contenitori di cinese.
“No, parti solo tu. Torni da Marìa, così potete fare tutte le vostre porcherie senza il disturbo di pensare a me.” rispose lei, spingendo la valigia in corridoio e indicandogli la porta.
“Cosa stai dicendo?”
“Che ho scoperto tutto di voi due. Sai, pensavo che quando mi hai chiesto di sposarti e mi hai promesso che non sarebbe più successo, fossi sincero. Pensavo davvero che la tua smania di far entrare donne nel letto fosse passata con me, ma a quanto pare mi sono solo fatta prendere in giro e sai bene come mi rode questo visto quanto sono orgogliosa, quindi non rendere tutto più piacevole per me e vai direttamente fuori da casa mia.”
“Aspetta, Aya, possiamo parlarne.”
“FUORI” tuonò lei.
Il suo tono non ammetteva repliche. Era finita.

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Capitolo 10
*** Tra cinque mesi. ***


Quando Aya si svegliò, due mattine dopo era in un posto sconosciuto, in un letto terribilmente grande, con coperte di seta, in una stanza arredata con mobili costosi, tende colorate. Si alzò e in punta di piedi cercò di uscire dalfla stanza, indossava ancora i vestiti della sera prima, uno short e una canotta verde scuro. Aprì la porta e osservo il corridoio alla sua sinistra, era vuoto. Ovunque fosse finita, non aveva voglia di rimanere in quel posto, che comunque le sembrava familiare. Iniziò a camminare piano per non farsi sentire da nessuno, ma dopo qualche passo vide un'ombra dietro di sé.
“Dove credi di andare?” le chiese una voce maschile.
In quel momento si accorse di essere a casa Hiwatari, lo conosceva bene quel corridoio, qualche passo più avanti c'era la camera di Kai, dove aveva dormito una notte, dove l'aveva fatto stendere per ben due volte.
“A casa mia” rispose senza voltarsi
“Scordatelo, devi ancora riprenderti dalla sbronza.”
“No tengo resaca!” ribattè lei in spagnolo. Lui la osservò in silenzio.
“Non ho nessun postumo perché non c'è stata nessuna sbornia”
“Questo è quello che credi tu. Ti ho trovata ieri sera in un bar distesa su un divanetto e ubriaca.”
“Non avresti dovuto portarmi qui”
“Rilassati, non ti ho fatto nulla. Ti ho lasciato dormire perché ne avevi bisogno e volevo dirti se volevi mangiare qualcosa.”
In quel momento il suo stomaco ringhiò, affamato.
“Qualcuno ha fame, a quanto pare.” disse prima di prenderla in braccio e portarla di peso in cucina. Lei provò a divincolarsi, ma non ci riuscì. Lui aveva una presa terribilmente forte.
Lui la obbligò a mangiare la sua colazione, poi la accompagnò a casa sua, attese che si cambiasse e la portò lontano dalla città. Lei provò in ogni modo a ribellarsi, ma non riuscì proprio a dissuaderlo dai suoi intenti, a quanto pare era irremovibile. Dopo aver parcheggiato in un luogo sperduto lui la guidò lungo una ripida discesa che la obbligò ad appoggiarsi a lui molto spesso.
“Non ti perdonerò quello che mi hai fatto.” urlò lei
“Non te l'ho chiesto.”
Continuarono a camminare in silenzio, finchè non si trovarono su una lunga spiaggia, lì, ormeggiata c'era un piccola barca a remi, Kai aiutò Aya a salire, ma lei si rifiutò
“Non salgo su quell'affare!”
“Oh, certo che ci sali”
“No, soffro il mare”
“Vorrà dire che vomiterai. Ora muovi il culo.”
“No”

Il dondolio della barca la disturbava, ma non quanto la disturbava il comportamento di Kai, l'aveva trascinata in quella sorta di gita inaspettata e soprattutto non voluta. Lei odiava le gite, le piaceva stare sul divano a guardare la tv, le piaceva andare al mare e stare tutto il giorno sotto al sole, non le piaceva girare, amava i posti che già conosceva, ma soprattutto non amava fare le cose che le venivano ordinate e quel giorno non aveva fatto altro. Odiava Kai, lo odiava con tutta se stessa, con tutta quella forza con cui pensava di averlo amato quando era giovane.
“Possiamo tornare a riva?”
“No.”
“Ma perché?”
“Perchè siamo quasi arrivati.” rispose lui, sorridendo.
Dietro di loro si stagliava un piccolo isolotto, lui armeggiò la barca al piccolo porticciolo che avevano creato. Fatto questo scese e aiutò la ragazza a toccare terra e quando lo fece lei si chinò sul legno e iniziò a ringraziare il cielo per essere viva.
“Benvenuta sull'isola Hiwatari.”
Rimasero sull'isola fin quando non fu quasi calato il sole, nella piccola casetta c'erano un bagno e una saletta con una piccola credenza ben rifornita, pranzarono lì, poi attesero il tramonto. Non parlarono, ma rimasero lì, come se già solo le loro presenze riuscissero a riempire i vuoti. Dopo aver visto il tramonto si prepararono per ripartire, tornarono alla barca, alla riva, alla macchina e in città. Kai non la portò subito a casa, si fermò a un Mc Drive, ordinò qualcosa e poi la portò in una sorta di giardino, dove fecero un pic-nic al buio. Infine, tornarono a casa di lei. Aya lo invitò a salire e lui accettò, accomodandosi sul divano non appena furono entrati.
“Posso offrirti qualcosa?”
“No ti ringrazio. “ rispose lui osservandola
“Oh, va bene. “
“Ora devo proprio andare.”
“Certo.” disse mentre lo osservava uscire da casa sua. Quando stava per chiudere la porta si fermò e lo ringraziò per essersi preso cura di lei. Lui le rispose che era in debito di troppe cure e non c'era bisogno di ringraziarlo, poi le diede la buonanotte e sparì.
Due mesi dopo facevano la loro terza uscita. Lui le aveva proposto ancora due uscite, per sdebitarsi per le sue cure passate e loro erano usciti, una volta l'aveva portata al luna park, direttamente a Kyoto, mentre la volta dopo, beh lei proprio non sapeva dove sarebbero finiti.
Quando lui arrivò suonò il clacson un paio di volte e lei scese. Salì sulla sua utilitaria e gli sorrise.
“Oggi dove mi porti?”
Lui la portò al paese originario di sua madre, un piccolo paesino su una collina del Giappone, fuori dalle grandi città. La fece camminare per molti chilometri, ma ne valse la pena per lo spettacolo che riuscì a vedere da casa di sua madre, si potevano vedere tutte le conifere, i laghetti. Era meraviglioso nella luce del giorno.
Per la sera dovettero passare da casa di lui, per la cena dovevano cambiarsi, quando lo vide, con il suo completo nero e la camicia bianca pensò di svenire, non poteva dire che non fosse bello, era meraviglioso.
“Bene, ora tocca a me!” disse lei, cercando la giacca per uscire.
“Non c'è bisogno di passare da te, disse passandole una scatola.
Dentro c'era un vestito color crema che era la fine del mondo, lungo fino alle caviglie, da abbinare ad un bellissimo paio di scarpe.

Le stava d'incanto, pensò Kai quando la vide uscire dalla stanza degli ospiti, era così bella che guardarla faceva quasi male e lui si sentiva terribilmente fortunato per averla incontrata e terribilmente triste perché quella sarebbe stata la loro ultima serata. Sì, lei era felice quando girava con lui, ma non aveva mai dato un segno del suo interesse, come se fosse stato il suo migliore amico e niente più.
“Allora, perché abbiamo questo abito elegante?”
“Si esce.”
Il locale era bellissimo e sicuramente anche molto costoso. I piatti erano divini e il vino scendeva così bene che nemmeno ci se ne accorgeva. Era stato dolcissimo a portarla ad un ristorante italiano, le ricordava le sue vacanze sul mare della provincia di La Spezia. Le ricordava Portofino, per il pesce fresco e ben cucinato, le ricordava le viti per il vino buonissimo
“Grazie.” gli disse quando uscirono “Era tutto ottimo”.
“Ne sono felice.”
SI sentiva strana, voleva dormire, ma voleva anche rimanere tutta la notte sveglia.
“Ti dispiace se andiamo da te? Vorrei stare ancora un po' sveglia e riprendere i vestiti.”
“Ok.” rispose lui aprendole la portiera.
Quando arrivarono alla villa lei si mise sul divano e aspettò che lui si sedesse accanto a lei. Ora si era tolto la giacca e aveva slacciato la camicia, lei non voleva fare altro che toglierla e osservare il suo petto muscoloso. Chiuse un attimo gli occhi per cercare di cancellare quell'immagine ma tutto ciò che vide fu lui che la invitava nel suo letto quattro anni prima. Un brivido le percorse la schiena e quando aprì gli occhi vide lui che la osservava preoccupato.
“Troppo vino?”
“No, sto bene.” disse.
“Non sembra.”
“Effettivamente mi sento strana”
“Strana come?”
“Strana così.” rispose lei sedendosi sulle su di lui e baciandolo.
“Cosa stai facendo?”
“Mi prendo quello che mi sono lasciata sfuggire qualche tempo fa.”
Si baciarono ancora, lei gli slacciò ogni bottone della camicia, la tolse e lo osservò eccitata. Era bellissimo.
“Aspetta,” disse lui “Senti Aya tu non sei una ragazza da buon sesso e basta. Oddio, se penso all'unica ultima volta in cui siamo stati insieme devo dire che è stato bellissimo, però è stato bello perché abbiamo fatto l'amore. Quando ti sei addormentata tra le mie braccia è stato il momento forse più emozionante della mia vita e lasciarti quella mattina e scriverti quel fottuto biglietto è stato così difficile che non sapevo se avrei avuto la forza di farlo. Non immaginavo che tu reagissi così quella volta, pensavo che saresti stata furiosa con me, ma pensavo anche che saresti rimasta, pensavo che saremmo stati bene insieme, magari avremmo fatto le cose di nascosto per non dare fastidio a Yuya, però saremmo stati bene io e te. Ma tu te ne sei andata e io da quando te ne sei andata non ho fatto altro che pensarti. Quattro anni a pensarti e credimi mi dispiace di aver fatto quello che ho fatto, ma non avevo ancora capito che ti amo.” disse, poi prese un respiro “Non voglio fare del sesso con te, perché non voglio che tra noi sia una notte sola. Preferisco che non ci sia niente.”
Avrebbe voluto continuare, ma lei gli tappò la bocca con un bacio da lasciare senza fiato.

Cinque anni dopo
Takao cercava di capire qualcosa dai fogli della conferenza del giorno prima, non si ricordava molto perché avevano parlato in troppi e non si era capito nulla, avrebbe dovuto chiamare qualcuno per delle informazioni più sicure, oppure avrebbe dovuto semplicemente scegliere lui. Il campionato doveva iniziare al più presto. Stava ancora giocando con i fogli quando entrò il suo migliore amico e lo salutò. Kai portava i suoi soliti occhiali neri, ma sorrideva, adesso.
“Lo sai che non vogliamo la concorrenza?” chiese una voce femminile che avanzava nel suo vestito largo massaggiandosi la pancia.
“Buongiorno a te.”
Aya guardò negli occhi suo marito e lo baciò.
“Cosa ci fai qu?”
“Dobbiamo andare dal dottore, Aya. Hai un appuntamento tra mezz'ora. Non mi dire che l'avevi dimenticato.”
“Certo che no” disse lei avvicinandosi alle scale per andare a prendere la giacca in ufficio.
Lui la fermò e la portò verso l'ascensore. Quando ritornarono al piano terra stavano litigando.
“Ti dico che sarà una femminuccia.” disse lui
“E io ti ripeto che sarà un maschio.”
“Come lo sai?”
“Una madre certe cose le sente.”
“Lo scopriremo tra cinque mesi.” rispose lui, baciandola.

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