Walking in the dark

di Niky McGregor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La monotonia non è sempre tale ***
Capitolo 3: *** Eventi sospettosi ***
Capitolo 4: *** Quando le luci si spengono ***
Capitolo 5: *** Scontro di opinioni ***
Capitolo 6: *** Flashback ***
Capitolo 7: *** Come una frase può cambiarti la vita ***
Capitolo 8: *** Il dubbio ***
Capitolo 9: *** Crisi ***
Capitolo 10: *** Perdere il controllo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

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Felicia Torrence sembrava essere la donna perfetta. Certo non era sposata e non viveva in una reggia, ma aveva una figlia stupenda di tre anni chiamata Rose e lavorava in uno degli alberghi più esclusivi di Boston, il Sunshine" dove alloggiavano i più illustri professori con a seguito tutta la famiglia. Ogni tanto veniva qualche turista particolarmente ricco ma era una rarità di cui spesso ci si dimenticava.

Faceva la receptionist e riceveva ogni giorno complimenti sia dagli ospiti che dal proprietario dell'albergo per la sua grande simpatia e disponibilità. Ogni giorno quando finiva di lavorare salutava tutti con un sorriso smagliante e dolcissimo stampato in volto e tornava a casa dove la aspettavano la figlia con la babysitter. Oltre a pagare quest'ultima le lasciava sempre una mancia oltre alla possibilità di cenare direttamente a casa sua e di usufruire di tutti i servizi che la casa poteva offrire.

Una volta sola con la piccola, le faceva il bagnetto e si faceva raccontare da lei tutto quello che aveva da dirle con la sua parlantina stentata.

Infine la metteva a dormire e lei si metteva finalmente comoda in soggiorno con un buon libro in mano. Alle undici in punto spegneva le luci e si metteva a dormire.

I suoi vicini di casa la rispettavano e la invitavano ad ogni evento interessante che organizzavano, facendo giocare i propri figli con Rose. Per non parlare della sua immensa bellezza che la rendeva abbastanza nota a tutti. Era alta un metro e settanta, portava i capelli rossi e mossi lunghi fino alla schiena, aveva due occhi spettacolari di un grigio particolare, quasi ghiaccio e una bocca rossa e ben definita, ne troppo grossa ne troppo piccola. Non faceva nessuno sport ma aveva un fisico magnifico, non per nulla era l'oggetto di desiderio di molti uomini di quella zona, anche sposati... ma lei non aveva mai sfruttato in alcun modo la sua bellezza e le donne non la vedevano come una nemica. Sua figlia invece aveva gli occhi color dell'ambra. Dalla madre aveva preso li capelli, la costituzione del corpo e il naso: piccolo con la punta rivolta verso l'alto. Aveva le labbra grosse ed il viso era cosparso di deliziose lentiggini... erano entrambe bellissime e nessuno poteva mettere in dubbio che erano madre e figlia

All'apparenza Felicia Torrence sembrava essere felice e appagata della sua vita, in fondo una persona che sorride sempre non può che essere felice, no? Ma spesso le apparenze ingannano...

Come mai nessuno sapeva il passato di Felicia? Per quale strano motivo ogni volta che si chiedeva

qualcosa sul conto del padre della bambina le si rabbuiavano gli occhi e lei con le mani strette a pugno rispondeva con un secco:

-Rose non ha un padre... ha solo me!-

La verità era che un aura misteriosa gravava intorno alla donna ed erano molte le persone che volevano dissipare quella barriera....David Weson lo sapeva bene... quante volte entrando in un bar qualsiasi della zona sentiva qualche sconosciuto nominare il nome della sua collega?

-Quella Torrence non mi convince... troppo perfetta!- aveva sentito dire una volta da un uomo sulla trentina con capelli neri a cresta e due occhi blu che facevano rabbrividire al solo sguardo.

-Che cosa non ti convince per l'esattezza?- si era intromesso lui avvicinandosi a lui con un espressione incuriosita sul volto.

David era il suo vicino di casa ed erano diventati amici fin dal primo istante. Spesso le faceva visita all'albergo per distrarla dal suo lavoro. Aveva ventisei anni, era biondo con gli occhi castani e un fisico muscoloso, merito dei suoi continui allenamenti. Incuteva timore nei ragazzi più piccoli di lui e una leggera soggezione per quelli "più vecchi".

-Ah tu sei il suo amico!- lo aveva riconosciuto l'altro.

David gli aveva riservato un ultima occhiata prima di ricordarsi che lui era lo stesso tizio che aveva chiesto informazioni per un parco. Come faceva a sapere tutte quelle cose?

-Come fai a saperlo?- gli aveva chiesto.

-Abbiamo fatto una lunga chiacchierata e da lì mi sono convinto che lei non la conta giusta... non credo che il padre di Rose sia semplicemente morto in un incidente d'auto..- aveva risposto.

Da quella sera David era più che deciso a scoprire tutto sul passato della sua amica...

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Capitolo 2
*** La monotonia non è sempre tale ***


Capitolo Uno

La monotonia non è sempre tale...

Foto: <3

 

Al "Sunshine" non ci si annoiava mai, c'era sempre da lavorare. Ospiti che arrivavano, altri che partivano.. senza contare i tanti passanti che fingevano do perdersi per poter ammirare l'ingresso sfarzoso di quell'edificio e tutti quelli che cercavano di accaparrarsi una stanza anche senza aver prenotato.

Felicia stava pensando a questo mentre osservava l'enorme lampadario che pendeva al centro della sala: ogni giorno la stessa musica, le stesse parole gli stessi sorrisi e gli stessi complimenti.

-È così che ti guadagni lo stipendio? Ammirando un vecchio lampadario?- disse una voce allontanandola dai suoi pensieri.

Voltò la testa e sorrise vedendo David che la guardava con le mani congiunte come in preghiera e il capo volto all'indietro.

-Beh tu non è che stai facendo chissà che cosa!- ribatté dopo alzando un sopracciglio.

Anche il biondo sorrise e si avvicinò al bancone fissandola con attenzione.

-Un penny per i tuoi pensieri.- esclamò poi con fare cospiratorio.

La rossa scoppiò a ridere, poi abbassò lo sguardo e lo puntò sulle mani dell'uomo, legate alle sue.

-Stavo pensando che ogni giorno è uguale a quello precedente... se ci pensi è sempre la stessa musica... stessi ospiti di sempre, stessi turisti che si fingono sperduti...- rispose poi a voce bassa.

-Stesso amico che scassa dalla mattina alla sera...- aggiunse David cercando di farla ridere.

Lei sorrise appena poi vide i portoni aprirsi e si ricompose facendo segno all'amico di andare.

-Su vai che devo lavorare!- sussurrò facendogli l'occhiolino.

Quest'ultimo fece un cenno con la testa e uscì dalla porta secondaria alla destra del bancone

Felicia si sistemò la gonna e si stampò in faccia il solito sorriso accogliente che sfoggiava ogni qualvolta che qualcuno entrava da quella porta.

-Benvenuto al Sunshine, signore... come posso aiutarla?- disse poi quando l'uomo la raggiunse. Era vestito in modo elegante e portava gli occhiale da sole. Quei capelli neri le ricordavano qualcuno...

-Oh tu puoi aiutarmi molto bene!- rispose, abbassando gli occhiali e fissandola con un ghigno divertito stampato in faccia.

-Thomas...- sussurrò la donna riconoscendo gli occhi ambrati dell'uomo... del resto erano gli stessi che vedeva ogni giorno con sua figlia. Il suo sorriso se ne ara andato lasciando il posto ad una smorfia di puro terrore.

-Ciao Felicia.. contenta di rivedermi?- la salutò il moro.

Lei si limitò a scuotere la testa e ad indietreggiare.

-No tu non dovresti essere qui... come hai fatto a trovarmi? Che vuoi da me?- chiese balbettando, una mano posata sul petto e l'altra sullo scaffale dietro di lei.

Thomas schioccò la lingua come se qualcosa non fosse di suo gradimento e continuò a fissarla con molto interesse.

-Tesoro... non credevi sul serio che saresti potuta scappare da me per sempre... Avanti io sono Thomas Crowford e posso tutto!- commentò poi fra il divertito e il minaccioso.

Felicia deglutì a vuoto guardandosi attorno disperata.

-Che peccato... proprio oggi che vengo a farti visita non c'è nessuno che può salvarti!- parlò di nuovo il moro guardandosi anche lui intorno.

-Che sei venuto a fare Thomas?- gli domandò la donna ritrovando la voce.

-Te l'ho detto sono venuto a farti visita... ma ora devo proprio andare... è stato un piacere averti rivista tesoro.- rispose lui, rimettendosi gli occhiali sugli occhi e voltandosi verso l'uscita.

Uscì dall'albergo come se niente fosse lasciando Felicia nella stessa posizione precedente, gli occhi sbarrati e le nocche bianche da quanto stringeva lo scaffale dietro di se.

Troppo occupata com'era a riprendersi da quel incontro non vide una testa bionda uscire nuovamente dall'albergo

"Ho parlato troppo presto... le cose più inaspettate succedono sempre quando abbassi la guardia..." pensò, chiudendo gli occhi con forza. Quando li riaprì si sedette al bancone ed appoggiò la testa contro il marmo freddo cercando di regolarizzare il proprio battito.

In un attimo le era passata tutta la vita davanti come se stesse per morire... Dopo tre anni dalla sua fuga quell'uomo l'aveva trovata e avrebbe ricominciato a destabilizzarla psicologicamente con i suoi soliti trucchetti ben pianificati.

"conoscendolo avrà ripetuto questa scena mille volte davanti allo specchio" pensò nuovamente.

-Mi scusi?- chiese una voce femminile.

Alzò la testa e riconobbe la signora Fennings, come sempre vestita di nero.

La signora Fennings era vedova e ogni anno prenotava la stanza 103 dal 16 aprile al 12 maggio. La stessa stanza e lo stesso periodo in cui era morto il marito. Felicia si chiedeva come faceva a sopportare la vista di quei mobili dove esattamente dieci anni prima era deceduto il signor Fennings... lei non avrebbe resistito un solo attimo.

-Salve Pamela... posso esserle utile?- le domandò affabilmente.

Nel suo lavoro non poteva permettersi di chiamare gli ospiti per nome, ma quella signora insisteva sempre... DOVEVA chiamarla per nome.

L'anziana signora sorrise e le accarezzò una guancia.

-Felicia Felicia... sei una ragazza adorabile, sempre così gentile e disponibile... ma io so che i tupi occhi anno visto cose che non dovevano vedere... che hai vissuto esperienze che nessun uomo dovrebbe vivere e che hai sofferto così tanto da sperare nella pace. Mi dispiace dirtelo tesoro... ma temo che non sarà così...- disse poi ansimando leggermente a causa dello sforzo.

Felicia si specchiò negli occhi azzurri e ricoperti di cataratta della signora e sorrise a malapena.

Non era la prima volta che le diceva una frase del genere ma in quel particolare momento le parole di Pamela la colpirono nel profondo...

A volte si chiedeva se la signora Fennings non fosse una veggente o qualcosa di simile...

-Credo proprio che ha ragione... non sarà così.- replicò sorridendo amaramente.

Poi si ricordò di trovarsi al lavoro e non in un bar con un amica e ritornò a sorridere con gentilezza.

-Comunque... le serve qualcosa?- aggiunse ripetendo la domanda precedente.

-Oh sì... mi dovrebbe indicare la strada per arrivare a questo indirizzo!- esclamò la signora porgendole un pezzetto di carta.

Ormai Felicia faceva finta di leggere quelle parole... ogni giorno le chiedeva di indicarle la strada per andare da sua sorella e lei ogni giorno le spiegava pazientemente come arrivarci.

-È molto semplice, esca dall'albergo, svolti a sinistra e prosegua a diritto fino al semaforo, li giri a destra e troverà il numero che cerca!- le disse aiutandosi con le mani.

Come da copione la signora l'avrebbe fissata a lungo, in silenzio, poi avrebbe scosso la testa e le avrebbe detto che prenderà un taxi.

Sempre col suo sorriso la giovane donna dai capelli rossi le avrebbe chiamato il taxi e le avrebbe detto di attendere la macchina fuori.

Ogni giorno la stessa musica... con ogni tanto una nota differente...

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Capitolo 3
*** Eventi sospettosi ***


Capitolo 3
Eventi sospettosi



Foto: <3



Dopo aver spiato l'amica, David si diresse a passo spedito dietro a quell'uomo.

Le mani in tasca e il cappuccio abbassato sulla testa come un criminale, lo seguiva a distanza assorto nei suoi pensieri.

Quell'uomo ha gli stessi occhi di Rose e il modo in cui ha reagito Feli non mi è piaciuto per niente... devo scoprire di chi si tratta!”

Assorto com'era tra i suoi pensieri quasi si fece investire da un auto nera che stava passando in quel momento. Si fermò appena in tempo cercando di non perdere di vista il suo uomo, quando il semaforo divenne rosso e una fila di macchine iniziò a circolare davanti ai suoi occhi. Era sparito nel nulla...

-Mannaggia! Maledetto bastardo!- imprecò portandosi le mani dietro alla testa.

Una donna lo guardò male, coprendo le orecchie a suo figlio.

-Ma tu guarda che maleducato! Sua madre non le ha insegnato a parlare educatamente?- lo riprese mentre una vecchietta annuiva con forza.

-Ma va al diavolo tu!- le disse tornando sui suoi passi.

Aveva tenuto il negozio chiuso per quel giorno così decise di andare a casa per farsi una doccia.

Tornò all'albergo e si diresse verso la sua macchina.

Quando vide la signora Fennings uscire dall'albergo con la sua solita espressione corrucciata si chiese come doveva sentirsi la sua amica in quello stesso momento e senza pensarci due volte rientrò nell'albergo e trovò la rossa intenta a parlare al telefono.

Era voltata di spalle così non si era accorta della sua presenza.

-No Sharon voglio solo assicurarmi che mia figlia stia bene e ti sto chiedendo di non portarla al parco per nessuna ragione! Falle guardare la televisione o gioca con lei... insomma inventati qualcosa ma non uscire con lei!- la sentì dire.

La osservò mentre abbassava le spalle e gettava la testa all'indietro.

-Passami Rose.- disse con un sospiro.

-Ciao tesoro!... no non puoi andare al parco con Cindy oggi... ti ho detto di no! Rose fai quello che ti dice Sharon e non insistere a voler uscire... d'accordo... ti voglio bene amore mio... sì a stasera, un bacio.-

Felicia chiuse la chiamata e si voltò verso David come se avesse percepito la sua presenza.

-Sei tornato!- lo accolse sorridendo.

Il biondo sorrise di rimando pur sapendo che lei stava mentendo... ormai ne era certo: l'allegria di Felicia era solo una facciata e lui era deciso a scoprire l'altra.

-Sì diciamo che non ho niente da fare... con chi eri al telefono?- le chiese.

Il suo sorriso iniziò a vacillare e i suoi occhi si incupirono all'istante.

-Con Sharon... la babysitter di Rose... non voglio che esca di casa oggi.- rispose poi riavviandosi i capelli dietro al' orecchio destro.

-Come mai? È una bella giornata oggi.- commentò il biondo, puntando i suoi occhi castani in quelli grigi di lei.

-Perché sta covando l'influenza e non voglio che sudi o...- cominciò a dire ma si bloccò non appena vide l'amico scuotere la testa.

-Feli, con me puoi essere sincera... qual'è la vera ragione per cui tua figlia non dovrebbe uscire di casa oggi?- sussurrò avvicinandosi.

Messa alle strette Felicia iniziò a sudare freddo e le sue mani presero a tremare.

-Dave, senti è come ti ho detto non voglio che si ammali... ora scusa ma devo tornare al lavoro, quindi se non ti dispiace dovresti andartene.-

-D'accordo, per questa volta lascio correre ma tu non me la conti giusta.- la assecondò l'uomo indietreggiando.

-Io non ti sto nascondendo nulla, credimi!- questa volte lo disse con voce sicura e lo sguardo determinato.

Il biondo decise di lasciar perdere e con un gesto della mano si voltò e uscì dall'albergo.

Giunse nuovamente alla macchina ed entrò nell'abitacolo, senza avviare il motore.

Si stava intromettendo in qualcosa di pericoloso ne era certo...

Un uomo bussò al suo finestrino e quando lui abbassò il vetro si ritrovò faccia a faccia con la persona che aveva seguito prima.

-Sì?- chiese cercando di tenere ferma la propria voce.

Senza dire nulla l'uomo lo prese per il colletto e lo avvicinò a sé.

Aveva una forza incredibile e David iniziò a boccheggiare bisognoso d'aria.

-Osa seguirmi un'altra volta e giuro che non risponderò delle mie azioni!- gli disse minaccioso.

-Io... io non.- balbettò il biondo.

-Ti è chiaro il messaggio?- esclamò nuovamente l'uomo.

Ora David ne era certo, quello era il padre di Rose e Felicia stava scappando da lui, per quello non voleva che la bambina andasse al parco.

-Altrimenti che mi fai?- riuscì a dire provocatorio.

-Fidati... non vorresti saperlo! Sappi solo che se ti becco un'altra volta a seguirmi mi implorerai di ucciderti e l'inferno ti sembrerà nulla al confronto.- lo minacciò nuovamente.

Lì rifilò un ultima occhiata malevola poi lo lasciò andare, rimettendosi gli occhiali sugli occhi e allontanandosi come se niente fosse accaduto.

David si passò una mano sulla fronte respirando profondamente. Se prima voleva scoprire tutto su quel uomo, ora ne era certo... lui DOVEVA scoprire tutto... ne andava della vita di Feli e Rose... e anche della sua.

Avviò il motore e sgommando uscì' dal parcheggiò.

Giunse a casa e senza pensarci due volte si diresse verso il frigo e si tirò fuori una birra. La aprì con l'apri bottiglie e ne bevve una sorsata generosa.

Che diavolo sarà successo a Feli da spingerla a scappare da quell'uomo?” pensò fissando assorto il suo portatile.

Si sedette a tavola ed accese il computer. Attese un attimo e poi entrò su internet. Digitò il nome di Felicia Torrence e quando vide ciò che era venuto fuori spalancò gli occhi ed emise un suono strozzato.

-Non può essere!!!- imprecò.

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Capitolo 4
*** Quando le luci si spengono ***


Capitolo 2

Quando le luci si spengono...

Foto: <3

 

Finalmente era arrivata l'ora di tornare a casa... Felicia credeva che la giornata non sarebbe più terminata! Tra ospiti che le chiedevano se stava bene e il suo capo che la esortava ad essere più cordiale non ne poteva più. Come fai a sorridere quando il tuo incubo peggiore si avvera e temi per l'incolumità di tua figlia? Come fai a concentrarti sul lavoro quando ripensi continuamente al passato e agli errori che hai fatto? È impossibile...

Con uno sbadiglio spense il computer e chiuse tutti i documenti nei cassetti. Spense le luci dell'atrio e dopo aver recuperato la sua giacca e la sua borsa uscì dall'albergo chiudendo a chiave la porta secondaria.

Si diresse verso la macchina e con un click del suo telecomando aprì le sicure. Si sedette al posto del guidatore lasciando le gambe fuori, posò i gomiti sulle gambe e iniziò a piangere lacrime amare che aveva trattenuto troppo a lungo quel giorno...

Ma perché a me? Perché non ci lasci in pace...!” pensò, tirandosi i capelli con disperazione.

Dopo quelli che parvero dieci minuti si ricordò che aveva una figlia a casa che la aspettava, così infilò le gambe nell'abitacolo e partì in quarta verso casa sua.

Non appena raggiunse il proprio garage notò che le luci di casa Weson erano ancora accese e che David la osservava dalla finestra di camera sua.

Deglutì a vuoto ricordandosi del terzo grado che le aveva fatto quella mattina...

Devo stare più attenta... lo adoro ma far sapere le mie cose a lui significa farle sapere a tutto il quartiere se non tutta Boston.” rifletté scendendo dalla macchina e andando ad aprire la porta del garage.

Parcheggiò la macchina ed entrò in casa attraverso la porta di servizio.

-Son a casa!- urlò.

Tuttavia si ritrovò avvolta nel silenzio più completo. Iniziò ad accendere tutte le luci guardandosi bene intorno nel caso in cui la figlia si fosse nascosta da qualche parte. Dopo aver controllato la cucina, il bagno e il soggiorno si lasciò prendere dal panico e iniziò a pensare le cose più brutte.

l'ha rapita.. ci scommetto l'ha rapita e con lei anche Sharon!”pensò mentre un brivido di freddo le scendeva lungo la schiena.

-Rose?! Sharon?- chiamò di nuovo iniziando a salire le scale.

-Avanti tesoro vieni a salutare la mamma!- disse.

Ancora niente..la donna si sentiva come la protagonista di un film dell'orrore e si aspettava un rumore improvviso da un momento all'altro.

Proprio mentre stava per tirare fuori il cellulare e digitare il 911 udii dei passi provenire dalla soffitta.

-Ma la mamma è tornata?- sentì la sua piccola dire ad alta voce.

Decise di scendere in cucina e fare finta di niente.

-Credo di sì Rose, quindi andiamo a controllare su... abbiamo giocato abbastanza.- la risposta di Sharon la fece sorridere.

Si diresse in cucina e prese un bicchiere d'acqua aspettando che le due “donne” la raggiungessero.

Non ci misero tanto... due secondi dopo ecco la bambina giungere nella stanza con la sua camminata incerta.

-Mamma!- urlò correndo ad abbracciarla.

-Amore mio! Dove ti eri cacciata?- la salutò di rimando la madre prendendola in braccio e scoccandole un bacio sulla guancia.

-Su!- rispose semplicemente Rose con un sorriso stupendo stampato in faccia.

Questa bambina sa come prendermi è poco ma sicuro” pensò Felicia sorridendo a sua volta.

Poi puntò i suoi occhi grigi su quelli verdi di Sharon rivolgendole una muta domanda.

-Voleva farmi vedere le sue vecchie foto... non so come le abbia trovate! Forse quella volta che non riuscivo a trovarla...- rispose lei avvicinandosi.

Sharon era una bella ragazza di venti anni con due occhi verdi da far venire i brividi, i capelli di un biondo ramato che al sole risplendevano come tanti raggi di sole e la pelle abbronzata come se avesse abitato da sempre a Miami.

L'aveva conosciuta non appena arrivata a Boston: l'aveva vista in un bar intenta ad osservare gli inserti per un lavoro e così le propose di fare da babysitter alla sua bambina che all'epoca aveva poco più di tre mesi.

Grazie al cielo aveva accettato altrimenti non avrebbe saputo come fare visto che doveva farsi notare dal suo capo e di conseguenza fare molti straordinari.

La rossa annuì, poi sempre con la bimba in braccio si diresse verso la sua camera da letto ed aprii la cassaforte che stava nascosta dietro ad un quadro.

Tirò fuori delle banconote e le consegnò alla ragazza.

Lei prese i soldi in mano poi li osservò meglio e strabuzzò gli occhi.

-Trecento dollari? Perché scusa? Mi dovresti dare solo duecento...- chiese.

Con gli occhi lucidi Felicia fece sedere Rose sul divano poi si mise di fronte alla ragazza e le prese il volto tra le mani.

-Quei soldi non bastano ad esprimere la mia gratitudine per te... tu non lo sai ma mi hai aiutato molto oggi più del dovuto!- le disse con tono sentito.

Sharon assottigliò lo sguardo guardandola confusa.

Come faceva a spiegarle che la ringraziava per aver indirettamente salvato la vita a sua figlia? Come poteva capire la sua angoscia quando aveva visto le luci spente e la casa avvolta nel silenzio? Come poteva solo comprendere il grande sollievo provato nel vedere che tutte e due stavano bene e che nessun pazzo era entrato in casa sua rapinandole?

-Scusa ma non capisco.- disse infine la bionda esprimendo la sua confusione.

Felicia scosse la testa sorridendo dolcemente.

-Non serve capire.. ti prego di accettare questi soldi.- mormorò.

-Va bene d'accordo... allora torno domani alla stessa ora..?- acconsentì lei.

-Sì alla stessa ora.. e non deve uscire neanche domani... se esce sarà con me.- la interruppe la più anziana.

La giovane si accorse del cambiamento repentino nella sua voce ma decise di non indagare... in fondo il suo era solo lavoro che diritto aveva di farsi li affari altrui?

Così annuendo salutò la piccola Rose ed uscì da quella casa con aria afflitta da pensieri contrastanti...

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Capitolo 5
*** Scontro di opinioni ***


Capitolo 5
Scontro di opinioni





David aveva tenuto chiuso il negozio di elettrodomestici chiuso anche quel giorno. Non riusciva a capire come mai la sua amica fosse dichiarata morta su internet...

Non appena aveva digitato il suo nome ecco l'articolo che era saltato fuori:

Felicia Torrence, 22 anni morta in un incidente stradale il 22 giugno 2009. La sua macchina è stata trovata abbandonata sul ciglio di una strada, più precisamente il ponte di Brooklyn… Il primo a trovarla è stato il marito, Thomas Crowford 24 anni, che stava tornando a casa. A quel che racconta il famoso scrittore britannico, proprietario di una catena di negozi di alta moda, la moglie era da mesi che parlava di volersene andare da New York e di ricominciare una nuova vita. Si presume si sia trattato di un suicidio in quanto il suo corpo non è mai stato ritrovato e nell'auto non sono stati rilevati segni di violenza o traccie di sangue...”

Dopo quel pezzo non era più riuscito a leggere... come mai i coniugi Crowford si dichiaravano morti a vicenda? E perché in entrambe le morti centrava un auto?

Ora sapeva il nome dell'uomo e purtroppo aveva a che fare con un uomo potente...

Aveva spiato per ore il vialetto sotto casa sua per vedere il ritorno di Felicia e quando era avvenuto aveva notato il suo sguardo pieno di terrore e di preoccupazione. Nel momento in cui tutte le luci di casa Torrence si erano spente aveva preso una decisione... l'avrebbe affrontata finché non gli avrebbe detto tutto... e forse avrebbe avuti bisogno di Emily, quella situazione era troppo complicata e intrisa di mistero per poter fare tutto da solo. Non sapeva nemmeno lui perché stava agendo in quel modo, forse perché si sentiva tradito e perché semplicemente Felicia non era quella che faceva credere di essere

Così dopo aver controllato che la casa fosse chiusa del tutto e aver attivato l'allarme uscì dall'abitazione e si diresse verso la propria macchina. Non amava parcheggiarla nel garage, preferiva tenerla all'esterno sulla strada anche se questo significava che rischiava di trovarsela scassinata o magari rubata.... ma in dieci anni della sua permanenza in quel quartiere non si erano mai rilevati casi di furto o scassinamenti vari quindi dormiva sempre tranquillo.

Disattivò le sicure della macchina e si sedette al posto del guidatore abbassando il finestrino per darsi un ultima occhiata. Molti amici lo prendevano in giro ritenendo che fosse un narcisista ma la verità era che lo faceva per infondersi coraggio ogni volata che iniziava la giornata.

Si guardava allo specchio e contava fino a dieci ripentendosi che ce l'avrebbe fatta e che sarebbe andato tutto bene.

Con un cenno della testa avviò il motore uscì dal vialetto infilandosi nel traffico.

Tempo mezzora ed ecco spuntare l'imponente edificio del “Sunshine”. Parcheggiò accanto ad una macchina argentata e dopo aver inserito le sicure entrò nel' albergo. Come sempre a quell'ora non c'era anima viva tranne ovviamente la persona di cui aveva bisogno.

-Ciao Dave!- lo salutò lei gioviale.

Stavolta non si sforzò nemmeno di sorriderle, era arrivato il momento di mettere le carte in tavola!

-Tutto bene?- gli domandò subito notando il suo volto scuro e la sua espressione troppo seria.

-No, non va tutto bene!- asserì finalmente l'uomo posando sul bancone un foglio spiegazzato.

Felicia li riservò un occhiata confusa e con titubanza aprì il foglio. Mentre leggeva quello che c'era scritto sopra il suo voltò sbiancò.

-Che significa?- chiese restituendoli il foglio.

-Dimmelo tu... come mai i coniugi Crowford si dichiarano morti a vicenda? E perché centra sempre una macchina in qualche modo?- la aggredì il biondo.

-Tu non hai il diritto di impicciarti nelle mie faccende... tu devi occuparti della tua vita ok??- si difese lei uscendo dal bancone e avvicinandosi a lui con rabbia.

A quel punto David perse le staffe e la afferrò per un gomito avvicinandola a sé. I loro visi si sfioravano e se non fosse stata una situazione pericolosa l'avrebbe anche baciata...

-Io ne ho diritto perché ho visto come ti comporti da quando Thomas è venuto a farti visita e anche da quando mi ha minacciato.- sussurrò.

-Tu.. come fai a sapere che quello era Thomas?- chiese la donna cercando di liberarsi dalla presa ferrea dell'uomo. Le stava facendo male, se ne rendeva conto ma era arrivato al limite e doveva agire di conseguenza.

-Non così presto! Tu mi devi dire tutta la verità.- buttò lì lui staccando le sue mani dal suo corpo.

Felicia si mise le mani tra i capelli sconvolgendoli, nei suoi occhi si rifletteva l'autentica paura e disperazione.

-Io non posso... non c'è niente da raccontare... non so perché girano queste voci su di me... è vero ho detto che Thomas è morto ma solo perché io non voglio più saperne nulla su di lui ma tu, tu non sei nessuno per farmi queste domande!-

David sospirò e fece per dire qualcosa ma parve ripensarci perché si infilò le mani in tasca estraendo un foglietto con scritte sopra delle cifre.

-Bene forse hai ragione ma ti consiglio di chiamare questo numero.. si tratta di una mia cara amica. È un agente di polizia e mi ha aiutato in una certa situazione. Questa faccenda sta diventando pericolosa e ci vuole qualcuno capace di affrontare certe cose.- esclamò posando il foglio sul bancone.

Il viso di Felicia si trasformò in una smorfia sarcastica che insospettì il biondo.

-Cosa?-

-Scommetto che la situazione in cui ti ha salvato era molto “legale”...- asserì lei muovendo le dita attorno alla parola legale.

A quel punto fu il turno dell'uomo a sorridere, un sorriso amaro.

-Sai tesoro... mi piacerebbe molto raccontarti questa storia ma sai tu non sei sincera con me quindi non sarebbe giusto...- ribatté voltandosi verso il portone e agitando la mano in segno di saluto.

-Sì sì vattene che è meglio!- commentò la rossa tornando alla sua postazione.

Sospirò fissando con aria assorta il biglietto lasciatole da David.

Perché la vita non la lasciava in pace? Perché doveva ricordarle ogni giorno il suo madornale errore? Era chiedere troppo un po' di respiro?

Calde lacrime scalfirono il suo viso scivolando dolcemente lungo le sue guance tracciando un percorso deciso.

Oh Richard... perché non sei qui con me?” pensò asciugandosi le lacrime.

Arriva un momento della vita in cui bisogna scegliere tra la verità e la continua menzogna e lei non voleva scegliere perché a volte la menzogna era meglio della verità...

Il ricordo di quando aveva conosciuto Thomas le riempì la mente prepotentemente e nuove lacrime le bagnarono di nuovo il viso.

Era così giovane e ingenua... in un impeto di rabbia buttò a terra un plico di fogli e si lasciò sfuggire un imprecazione, lei che era sempre stata una donna calma e serafica stava perdendo la testa e non sapeva più che cosa fare per uscire da quel vicolo cieco in cui era entrata pronunciando quel maledetto “Sì”...

Se solo potessi tornare indietro...” quello era il suo pensiero fisso da quando Thomas era ricomparso...

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Capitolo 6
*** Flashback ***


 

Capitolo 3

Flashback

 

-Richard fermati ti prego!- urlò una ragazzina dai capelli rossi fermandosi in mezzo alla strada col fiatone.

Il ragazzo che stava un paio di metri avanti si fermò e con una smorfia derisoria le si avvicinò.

-Già stanca Torrence? Andiamo hai quindici anni e non riesci a correre per dieci minuti? A venti anni che farai?- la prese in giro.

In tutta risposta lei gli fece la linguaccia spingendolo per scherzo.

Richard la afferrò per un polso e la avvicinò a sé con un gesto deciso osservandola con intensità.

Felicia sapeva quello che stava per fare ma non fece nulla per evitarlo, lo amava e sapeva che lui ricambiava... anche se i loro genitori non erano d'accordo loro avrebbero continuato per la loro strada.

-Sei così bella quando ti arrabbi.- sussurrò il moro avvicinando il proprio viso al suo.

Gli occhi grigi della ragazza si allacciarono a quelli blu di lui...erano così magnetici...

-Baciami, Richard..- ribatté

Gli prese il volto fra le mani avvicinandosi. Quando le loro labbra si sfiorarono mille emozioni diverse li presero... amore, libertà, felicità, paura di essere scoperti...

Il bacio si fece più intenso mentre una mano di Richard si infilava nei capelli di lei e iniziava a giocare con una ciocca, mentre l'altra si posava sul suo fianco. Le loro lingue si scontrarono e iniziarono una danza che ormai conoscevano a memoria. Si staccarono per riprendere fiato e si scambiarono un occhiata piena di amore.

-Ti amo Feli...- disse lui poggiando la sua fronte su quella della ragazza.

-Pure io Rich...- rispose lei, dandoli un bacio fugace...

Felicia si rigirò nel letto ripensando a quei momenti fantastici che avevano reso la sua vita splendida. Si mise a fissare il soffitto bianco sospirando con forza. Ma come ogni volta che pensava ai momenti felici della sua vita ecco che quelli infelici bussavano violentemente alla sua porta.

-Mi sono innamorata di un altro.-

-Cosa?-

Leggere la delusione e la disperazione nel ragazzo che aveva amato per cinque anni era terribile, ma lei era certa di non amarlo più... il suo cuore era dedicato ad un altra persona adesso, una persona che voleva sposarla e avere dei figli con lei.

Richard era infantile, era rimasto a quell'età in cui si giocava con la play station e avere una ragazza significava essere popolare.. sapeva che l'amava ma non le bastava. A ventidue anni era arrivato il momento di mettere da parte certe cose e iniziare a pensare al proprio futuro.

Thomas era l'uomo della sua vita ne era certa, era uno scrittore e si preoccupava per lei come nessuno mai aveva fatto... senza contare che i suoi genitori erano d'accordo.

-Richard... è finita tra cinque mesi mi sposo e andrò a vivere con Thomas... mi dispiace ma io non ti amo più...- ripeté allontanandosi.

Lui non replicò e non nascose le lacrime copiose che stavano scendendo dai suoi occhi.

Felicia si voltò, un peso indefinibile sul cuore e un senso di inadeguatezza mai provato prima.

Aveva fatto due passi quando lui aveva pronunciato quelle fatidiche parole.

-Un giorno comprenderai il grande errore della tua vita... e io sarò pronto ad accettare le tue scuse perché ti amo e saprò aspettare...-

Lei si era fermata e voltando la testa leggermente all'indietro, poi annuì e continuò per la sua strada, le sue parole che riecheggiavano nella testa e le lacrime che scendevano dagli occhi...

Avevi ragione Richard... solo che invece di venire da te ho preferito scappare perché avevo una figlia e dovevo allontanarla da lui...” pensò, voltandosi su un fianco e chiudendo gli occhi sperando di riuscire a prendere sonno. Niente da fare. Da quando Thomas era riapparso, non faceva che rimuginare sul passato e preoccuparsi per il presente. Ci pensava di giorno e spesso di notte. Sua figli si trovava nell'altra stanza, tranquilla nel suo mondo fatto di scherzi e giochi..

Così giovane e rischia già la vita” pensò la donna, mentre gli occhi le si velarono di lacrime.

Tutto quello che aveva costruito negli ultimi tre anni stava per venire distrutto da una persona orribile che si divertiva nel torturare le persone sia psicologicamente che fisicamente... era certa che in quello stesso momento Thomas stava brindando alla sua genialità con uno spumante e uno di quei sigari che si fumava sempre nei momenti di Gloria... aveva calcolato tutto alla perfezione, la sua visita al Hotel era stato un modo per destabilizzarla e ci era riuscito suo malgrado...

Si voltò verso la sveglia posata sul comodino e notando l'ora strabuzzò gli occhi.

Erano le cinque del mattino e lei stava a rigirarsi in quel letto freddo e vuoto a pensare... il giorno dopo al lavoro non sapeva come avrebbe fatto..

Dopo aver passato altri dieci minuti a fissare la sveglia, capì che era inutile. Con un sospiro poggiò i piedi nudi sul legno del pavimento e si diresse nella camera di Rose. Si avvicinò al suo lettino e sorridendo le accarezzò una guancia.

-La mamma ti proteggerà fino alla fine...- sussurrò piano.

La bambina si mosse leggermente ed emise un piccolo sospiro. Felicia le scostò una ciocca dal viso e si incantò a fissarla. Lei era tranquilla, senza preoccupazioni... non poteva certo sapere che un uomo subdolo e crudele stava macchinando contro di loro... Più osservava sua figlia e più si sentiva impotente di fronte agli eventi. Che cosa ne sarebbe stato di Rose se lei non se ne fosse andata quel maledetto giorno? Quel pensiero la mortificò a tal punto che per un attimo le mancò il respiro.

Chiuse gli occhi con forza cercando di tranquillizzarsi e dopo pochi istanti li riaprì, sospirando di nuovo.

Prese il corpicino della piccola in braccio e cercando di non svegliarla la posò accanto a sé nel letto, la coprì con le coperte e si addormentò così, il viso attaccato a quello della figlia.

Non l'avrebbe mai lasciata sola... anche a costo di morire per lei..

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Capitolo 7
*** Come una frase può cambiarti la vita ***


 

Capitolo 6

Come una frase può cambiarti la vita

 

Erano le sette di mattina e David si stava dirigendo con l'auto verso il proprio negozio. Nella mente un pensiero fisso: doveva contattare Emily...

Emily Lowell era un agente di polizia che lo aveva salvato da una situazione di degrado in cui si era lasciato andare. Era iniziato tutto con un amicizia, una di quelle che nascono spontanee e alle quali ti dedichi anima e corpo. Giorno dopo giorno imitava le azioni di quella persona solo per ottenere il suo rispetto e un briciolo di potere, senza rendersi conto che così stava buttando via la propria vita. Ben presto iniziò a fumare, bere, drogarsi e rubare... ogni giorno la stessa storia: lotte tra bande contrastanti, violenze a persone innocenti pur di racimolare i soldi per potersi permettere la propria dose giornaliera.

Se quel giorno non avesse aggredito la persona sbagliata a quest'ora si sarebbe trovato ancora in quella situazione. Aveva solo sedici anni e già andava in giro come un disperato perché non aveva ricevuto la sua dose di eroina, spingendolo a prendere una donna per la gola e spingerla in un vicolo cieco. Ricordava ancora il suo sguardo di compassione per lui che lo aveva fatto sia pensare che innervosire: perché non aveva paura? Perché non lo implorava di lasciarla stare?

Aveva i capelli castani chiaro e due occhi blu che trasmettevano una dolcezza incredibile.

-Perché lo fai?- gli aveva chiesto con tono gentile.

David era arretrato di un passo, il volto stravolto dal dolore per la mancanza di droga.

-Perché non ho scelta- aveva risposto, portandosi le mani nei capelli e iniziando a piangere disperatamente.

La donna gli si era avvicinata, glia aveva preso il volto tra le mani e gli aveva sussurrato una frase banale, breve una di quelle che ascolti una volta e non te la scordi più.

-Si ha sempre una scelta-

Poi lo aveva lasciato lì in mezzo a quel vicolo a riflettere e a piangere per quello che aveva perduto e che rischiava ancora di perdere: se stesso.

Un mese più tardi i due si rincontrarono in un negozio di elettrodomestici: lui faceva il commesso e Emily stava cercando una lavatrice nuova.

-Vedo che hai scelto la tua strada....mi fa piacere vedere che il tuo viso sorride sereno e non è stravolto dalla pazzia per la mancanza della droga.- lo aveva salutato lei.

-Beh... è incredibile come una sola frase possa insinuarti dentro la tua testa e farti cambiare completamente il tuo stile di vita.- si era limitato a rispondere lui.

Fu in quel momento che il suo amico Joe era entrato da quella porta e gli aveva puntato una pistola alla tempia.

-Tu mi appartieni ok? Chi entra a far parte del mio clan non esce tanto facilmente, quindo ora scegli: o mi segui senza fiatare, o ti ritrovi con una pallottola in testa.- aveva urlato.

David aveva fatto per alzarsi quando anche la sua salvatrice estrasse la sua pistola e la puntò contro Joe.

-Ora tu abbassi lentamente la pistola e ti butti a terra con le mani sopra la testa.- esclamò lentamente.

Il ragazzo scoppiò a ridere nervosamente alternando lo sguardo dalla donna al biondo.

-Che cos'è un maledetto scherzo?- domandò infine.

La mano gli tremava e la fronte era madida di sudore.

-No affatto, io sono l'agente Lowell e ti dichiaro in arresto.- aveva ribattuto lei tirando fuori il distintivo.

Joe aveva deglutito a vuoto per poi abbassare lentamente la pistola eseguendo gli ordino dell'agente.

Senza dire una parola la donna gli si era avvicinata al ragazzo e gli aveva legato i polsi con le manette alzandolo di peso e tenendolo per una spalla.

-Hai il diritto di restare in silenzio, tutto quello che dirai verrà usato contro di te in tribunale.- aveva detto lei voltandosi e dirigendosi verso l'uscita.

-Me la pagherai! Me la pagherai cara!- urlò Joe per l'ultima volta.

David era rimasto in silenzio ancora stupefatto per ciò che era successo: quella donna era un agente e non lo aveva arrestato? Gli aveva salvato la vita due volte...

Una volta giunto in negozio notò un uomo che si aggirava con noncuranza davanti al edificio.

Scese dall'auto e gli si avvicinò con circospezione.

Quando fu a dieci metri di distanza lo riconobbe e cominciò a sudare freddo: Thomas era tornato e cercava proprio lui.

-Salve posso fare qualcosa per lei?- lo salutò cercando di restare calmo.

-Saltiamo i convenevoli eh? Perché mi seguivi l'altro giorno?- ribatte freddo il moro avvicinandosi a sua volta.

-Perché sono un amico di Felicia e ho visto il modo in cui ha reagito in tua presenza... volevo solo capire che cosa si cela dietro tutto questo... e guarda caso tu l'hai dichiarata morta.- rispose David.

meglio mettere tutte le carte in tavola” pensò fissando attentamente l'uomo che aveva di fronte.

Non portava gli occhiali quel giorno e i suoi occhi erano illuminati da una luce sinistra.

-Se non sbaglio mia moglie va a dire a tutti che io sono morto... non è molti diverso da quello che ho fatto io, certo escludendo la parte del “pubblico”.- commentò infine.

Il biondo sorrise amaramente. Ormai non sapeva più dov'era il confine tra la verità e la menzogna. Era Thomas cattivo o era Felicia a fare la vittima?

-Vi siete amati tanto voi due se vi dichiarate defunti.-

-Questo non ti riguarda! Ora ascoltami bene... ho bisogno del tuo aiuto.-

Il biondo socchiuse gli occhi passandosi una mano sulla fronte.

-E per quale stupida ragione dovrei aiutarti?-lo provocò.

Fulmineo, l'uomo lo prese per la camicia e lo spinse contro il muro, avvicinando il viso al suo e fissandolo con odio. Tutto di quel uomo esprimeva cattiveria... forse da qualche parte c'era ancora un briciolo di amore ma era rimasto sotterrato da anni e anni di odio represso.

-Stammi a sentire piccola pulce fastidiosa... tu farai quello che ti dico se ci tieni alla tua vita.- sussurrò.

Poi lo lasciò andare, sistemandosi la cravatta.

-Che devo fare?- chiese David puntando u suoi occhi castani in quelli ambrati di Thomas.

-Devi impedire alla mammina preoccupata di rivolgersi alla polizia, non mi pare complicato.-lo prese in giro lui, rivolgendogli un ultima occhiata di avvertimento.

Poi si voltò e si allontanò dal negozio.

-Ehi non ho mica detto che lo farò!- gli urlò dietro il biondo.

-Oh si che lo farai- si limitò a dire il moro continuando a camminare...

 

&&&&&&&&&& ANGOLO AUTRICE&&&&&&&&

 

E così sappiamo qualcosa in più di questa Emily... David farà veramente ciò che gli ha intimato Thomas o seguirà il suo istinto di aiutare Felicia?

Non si sa XD grazie a tutti quelli che hanno recensito e spero vivamente di trovarvi anche qua!

 

Un bacio a tutti!

La vostra TheWinchesterGirl...

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Capitolo 8
*** Il dubbio ***


Capitolo 7

Il dubbio

 

-Ti amo-

Sorrise e senza alcun preavviso, nessun gesto che facesse capire la sua mossa, lo prese per le spalle e lo baciò sulle labbra, in modo dolce e casto. Quando fece per allontanarsi lui posò una mano dietro la testa e la fece avvicinare di più a sé, prolungando quel bacio tanto desiderato quanto odiato.

Le loro lingue si incontrarono in un turbinio di emozioni contrastanti, come sempre in ogni loro incontro passato.

Una mano di lui prese posto tra i capelli rossi di Felicia e prese a spettinarli e a tirarli. Quando presero fiato fu solo per lanciarsi un occhiata carica di passione e desiderio. C'erano solo loro due in quella stanza, nessuno che potesse disturbarli o contrastare i loro desideri, la loro felicità.

Nessuno dei due pronunciò parola, non ne avevano bisogno e avrebbe potuto solo rovinare l'atmosfera che si era venuta a creare. Lui le sorrise, un sorriso che le fece mancare l'aria per qualche secondo. La prese per mano e si diresse verso il grande letto a due piazze in mezzo alla stanza, la fece sdraiare e mettendosi sopra di lei, riprese a baciarla con più dolcezza di prima. Intanto, con la mano tracciava un percorso che partiva dalla sua guancia fino al collo, per poi continuare fino al suo seno destro. Si soffermò su di esso, mentre Felicia si lasciò sfuggire un gemito che fece sorridere l'uomo che le stava procurando quel piacere così simile ad una tortura. Presto gli indumenti divennero ingombranti e lei fece per sbottonarsi la camicia, quando una mano di lui la fermò. Con lentezza struggente e con modi sensuali, sciolse il primo bottone dall'asola, per poi passare al secondo, al terzo e al quarto... Fremendo di desiderio gli sfilò il maglioncino, rivelando una maglietta bianca che copriva ancora quel fisico perfetto che aveva tanto amato...

Gli tolse a anche quella, mentre lui le sfilava finalmente quella camicia e alzò lo sguardo su di lui si perse in quelle iridi color del mare, rese più luminose dall'eccitazione . Ogni fibra del suo corpo desiderava quell'uomo e niente l'avrebbe distolta dal suo obiettivo. Lo attirò nuovamente verso di sé baciandolo con passione, per poi ribaltare le posizioni e mettersi cavalcioni su di lui. Posò le mani su quel petto scolpito da anni di allenamenti e vari esercizi, indugiando sui capezzoli. Gli rivolse uno sguardo divertito mentre lui cercava di sfilarle il reggiseno. Da quella posizione riusciva a sentire la sua erezione premere sul suo interno coscia e per stuzzicarlo vi posò una mano sopra, giocando con la cerniera dei pantaloni. La stanza si riempì dei gemiti di quell'uomo fantastico che stava facendo impazzire. Ben presto i pantaloni di lui andarono a fare compagna agli altri indumenti che si trovavano a terra. Con un colpo di reni da parte del “suo uomo” Felicia si ritrovò nuovamente con le spalle sul materasso: una sua mano sul viso e l'altra poggiata sul materasso, un ginocchio infilato tra le sue gambe per non gravarle addosso...quella era la situazione perfetta. Gli cinse le possenti spalle con le braccia dandogli un ultimo bacio a fior di labbra.

-Che intenzioni hai, Richard?- gli chiese con voce rotta dal' eccitazione.

 

Felicia aprì gli occhi e girandosi dall'altra parte del letto vide che era da sola, che era ancora vestita e che nessun Richard aveva fatto all'amore con lei...

Si coprì il volto con le mani, trovandolo sudaticcio e dopo vari secondi decise di andarsi a prendere un bicchiere d'acqua.

Lentamente, come se non volesse disturbare il silenzio della notte, scese dal letto e si diresse in cucina. Le mani le tremavano visibilmente e gli occhi si erano riempiti di lacrime amare.

Non ho mai avuto quel tipo di relazione con Richard.. cosa mi sta succedendo?” si chiese, facendo un primo sorso dal bicchiere che a malapena stringeva tra le dita. Erano settimane che ripensava a Richard e al maledetto giorno in cui lo aveva lasciato.. e ora quel sogno maledettamente bello.

Fu mentre stava posando il bicchiere sul tavolo che si accorse di quella busta sigillata che aveva ricevuto giorni prima ma che non aveva avuto il coraggio di aprire.

Decise che era arrivato il momento di essere coraggiose e di afforntare di nuovo il passato.

Con mani tremanti prese la busta in mano e strappandola tirò fuori il contenuto.

C'erano due fogli piegati e una collanina d'oro con scritti sopra due nomi e una data: Felicia&Richard 01.01.2004.. la data del loro incontro...

Sospirò e lesse la prima lettera.

 

Ciao tesoro, sono la mamma..

Questa lettera me l'ha lasciata Richard il giorno prima del matrimonio col compito di consegnartela esattamente in questo anno. Non so perché te ne sei andata e spero che la colpa non sia mia o di tuo padre.. Sappiamo che Thomas ti dichiara morta ma io non ci potevo credere e dopo qualche ricerca ho scoperto il tuo indirizzo. Con tuo marito non ci ho più parlato dal giorno della tua “morte” ma credo che anche lui abbia scoperto dove ti trovi ora. So che hai usato il mio cognome per nasconderti ma non ha funzionato..In fondo non hai mai usato quello di tuo padre. Ci manchi, piccola mia, e vorremo conoscere la nostra nipotina o nipotino se un giorno ce lo permetterai... Ti dobbiamo anche le nostre scuse per aver ostacolato la tua felicità con Richard, forse se non ci saremmo comportati in modo così meschino le cose sarebbero andate diversamente.

Sperando in una tua risposta, con affetto mamma e papà”

 

Con le lacrime agli occhi per le parole di quella donna che per tutta la sua adolescenza non aveva fatto che controllare la sua vita senza possibiltà di appello, Felicia prese in mano il secondo foglio e riconobbe subito la scrittura di quella persona fantastica che aveva detto che l'avrebbe aspettata fino alla fine...

 

 

&&&&&&&&&&Angolo Autrice&&&&&&&&&&

 

Salve!! Ho dovuto cambiare rating per questo capitolo perchè avevo questa idea in testa e non potevo abbandonarla :D spero di aver scritto decentemente la parte “Cruciale” e di non aver scritto un mucchio di cavolate.

Non uccidetemi se ho voluto aspettare per la lettera di Richard ma mi sembrava giusto lasciare spazio alla lettera della madre..

Fatemi sapere la vostra opinione please :D questa storia mi sta prendendo a tal punto che passo le giornate a chiedermi che cosa far succedere nei prossimi capitoli...

 

GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE PREFERISCONO, SEGUONO, RICORDANO E RECENSISCONO <3

 

UN GRAZIE SPECIALE A MIA MOGLIE E A RISA SLYTHERIN CHE MI FANNO SEMPRE SAPERE COSA NE PENSANO! <3

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Capitolo 9
*** Crisi ***


Capitolo 8

Crisi


 

I dubbi crescevano in maniera inesorabile impedendogli di ragionare lucidamente. Ascoltare lo spietato Thomas o aiutare una cara amica che gli stava nascondendo qualcosa di grande? Non sapeva nemmeno lui cosa era giusto e cosa no e di conseguenza non sapeva cosa fare. La cosa più conveniente sarebbe stata quella di lavarsene le mani e lasciare tutto al caso. Ma non voleva arrivare a quel punto in cui si sarebbe pentito delle sue non-azioni.

Con un lungo sospiro si alzò dalla poltrona e si diresse in bagno con passo lento e strascicato. Raggiunse il lavandino e puntò lo sguardo sullo grande specchio di fronte a lui. L'immagine di un uomo biondo con gli occhi castani e stanchi lo fece sospirare di nuovo. Stava diventando l'ombra di sé stesso, il dubbio e la malfiducia si stavano insinuando dentro di lui facendogli credere che ci fosse una ragione nascosta dietro alle sue rifflessioni senza fine.

Con mano tremante aprì il rubinetto dell'acqua lasciando scorrere qest'ultima per qualche minuto prima di raccoglierla con le mani e portarsela al viso.

Perchè si stava immischiando in qualcosa che neanche lo riguardava? Negli ultimi tre anni si era avvicinato molto a quella donna bellissima e dolcissima che abitava nella casa affianco alla sua, senza secondi fini. Semplicemente voleva aiutare una giovane madre single ad ambiantarsi in quel quartiere tanto tranquillo quanto snob.

Prese l'asciugamano e se lo passò sul volto.

Non voleva pensare di essersi innamorato di Felicia, lui era David Crowford santo cielo! Non si innamorava mai... L'amore lo spaventava perchè era un sentimento che non poteva controllare, e da quando era uscito dal giro della droga lui non faceva altro che avere un stretto controllo sugli eventi della sua vita. Tuttavia il modo in cui stava reagendo in relazione agli attuali problemi di Felicia era tutto tranne che controllato.

In uno scatto d'ira tirò un pungno contro lo specchio, rompendolo al centro e procurandosi una ferita profonda sulle nocche. Osservò il sangue scendere copioso dalla sua mano come affascinato, per poi sciacquare la ferita e femarne l'afflusso con l'asciugamano. Poi, imprecando, prese la scatola del pronto soccorso dal mobiletto sopria di lui e prese a medicarsi. Una volta messa una benda attorno alla mano, rivolse un ultimo sguardo furente allo specchio ormai rotto, ed uscì dal bagno.

Andò al mobiletto dei liquori e si versò due dita di whisky. Lo bevve lentamente, lo sguardo perso in un punto indefinito del salotto.

Quella situazione stava diventando soffocante e lui odiava quella sensazione. Odiava sentirisi in trappola e rendersi conto di non avere via d'uscita.

Quando il liquido nel suo bicchiere fu terminato, decise di uscire a fare due passi. Prese le chiavi di casa e la giacca e sbattendo la porta uscì dalla sua abitazione. Dopo due passi, alzò lo aguardo sulla casa di colei che lo stava mandando in confusione e notò dalla finestra che la luce della cucina era accesa. Aggrottando la fronte, rimase fermo sul marciapiede a decidere se andare da lei o continuare il suo giro.

-Al diavolo- mormorò prima di affrettare il passo e risalire il vialetto di casa Torrence.

Raggiunse il portone e prese a bussare con forza.

Vide la luce dell'ingresso accendersi e poco dopo la figura di Felicia raggiungerlo. Eccola, nel suo splendore che lo fissava stupita, negli occhi l'ombra di una leggera paura che l'aveva sicuramente colta nel momento in cui aveva udito bussare. Indossava la vestaglia azzurra che le aveva regalato il Natale scorso e portava i capelli legati.

-David! Che ci fai qui? Cosa hai fatto alla mano- voce tremante, ansiosa.

-Piccolo incidente al lavoro. Ho visto le luci accese e.. posso entrare?- rispose lui.

La rossa ancora stupita, fece un passo indietro per permettergli di entrare.

Passandole accanto, il biondo vide che aveva gli occhi leggermente arrossato e una striscia lungo la guancia, gli fece capire che aveva pianto. E il cuore gli si strinse, inspiegabilmente.

Conoscendo a memoria l'arredamento di quella casa si diresse verso la cucina e attese che la donna lo seguisse.

-Siediti pure.- gli disse.

Fece come gli aveva detto e la osservo mentre tirava fuori due lattine di birra dal frigo.

Felicia era una delle creature più belle e delicate che avesse mai visto. Anche nel modo in cui gli porse la lattina, scorse qualcosa di elegante... ma forse era il suo cuore a vederla così.

Scosse la testa come a voler scacciare quei pensieri strani e prese a fissare quelle iridi grigie che non ricordavano affatto il ghiaccio...in quel momento aveva due occhi così tristi che avrebbe tanto voluta abbracciarla e sussurrarle che andava tutto bene. Ma non poteva farlo. Non poteva perchè lui doveva sapere, era divenatata una causa personale ormai e non avrebbe desistito fino a quando non si fosse fatta chiarezza sulla questione.

-Come mai sveglia alle due di notte?- le chiese di punto in bianco.

-E tu?- ribatte lei di rimando, con tono brusco.

Ma bastò un occhiata di David per farla desistere.

Sospirò e bevve un lungo sorso dalla sua lattina.

-Brutti sogni...- disse poi, mentre gli occhi le tornavano lucidi al ricordo del sogno di poche ore fa.

Il biondò chinò leggemente la testa come per osservarla meglio, la donna distolse lo sguardo quasi immediatamente.

L'amico non glielo permise. Posò due dita sotto al suo mento e le sollevò il capo, obbligandola a guardarla negli occhi. Avrebbe voluto chiederle che sogno aveva fatto, cosa stava succedendo, da cosa stava scappando...

Ma non lo fece.

In un attimo avvicinò il proprio viso al suo e la baciò con forza. La rossa tentò di divincolarsi ma lui non glielo permise. Poggiò una mano dietro alla sua testa e prese ad accarezzarle le labbra con le proprie. Poco dopo Felicia si lasciò andare e rispose al bacio del biondo con passione. Fecero incontrare le loro lingue in una lotta senza fine, mentre una mano di David si posava sul suo collo e iniziò a scivolare sul seno sinistro della donna... sembrava che andasse tutto bene fino a che la rossa non poggiò due mani sul suo petto e non lo allontanò con delicatezza.

-Io.. io non posso, scusa.- disse, alzandosi di colpo e voltandogli le spalle.

Il biondo intanto si chiese cosa gli fosse preso, senza prestare attenzione a quello che faceva Felicia.

Si accorse della sua presenza quando lei gli porse un pezzo di carta. Senza capire le lanciò un occhiata confusa e lei di rimando li fece segno fi leggere.

Dopo qualche titubanza prese a leggere quella lettera... ogni parola che passava sotto al suo sguardo era una stoccata al cuore e nemmeno lui sapeva il perchè. Finito di leggere, posò il foglio di carta sul tavolo e senza salutare uscì da quella casa. Se prima era confuso e incazzato ora lo era il doppio.

Chi diamine era quel Richard? E perche Felicia gli ha fatto leggere la lettera?

 

 

&&&&&&&&&&Angolo Autrice&&&&&&&&&&

SALVEEEE!!!

lo so, lo so. Manco all'appello da tanto tempo.. ma è stato un peirodo incasinato per me e non ho potuto scrivere molto.

Ad ogni modo.. I'm back! Questa storia continua ovviamente e la trama si infittisce sempre di più.. spero sia stato di vostro gradimento, questo capitolo.

 

Mi raccomando, recensite :)

Un bacio, la vostra TheWinchesterGirl

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Capitolo 10
*** Perdere il controllo ***


Capitolo 9

Perdere il controllo


 

 

Felicia rimase lì, in piedi, vicino al frigorifero, gli occhi sbarrati e una mano premuta sulla bocca come a reprimere l'impulso di correre in bagno a rimettere.

La lettera di Richard abbandonata su quel tavolo, dove poco prima un David agitato l'aveva baciata con foga; bacio a cui lei aveva risposto con la medesima passione.

Lentamente tornò a sedersi ed allungò un braccio verso quei fogli di carta, piegati in più punti, ovvero dove la mano di David aveva stretto con rabbia. Li afferrò e se li portò sotto agli occhi, iniziando a rileggere le lettere che vi erano incise sopra.

 

Cara Felicia.

Domani è il tuo giorno felice, a detta tua.

Grazie dell'invito ma non crederò che parteciperò al matrimonio sbagliato della donna che amo.

So che questa lettera la leggerai tra cinque anni, come voglio che sia, e so già che per allora tu starai già rimpiangendo le tue scelte.

Non starò qui a dirti quanto male mi hai fatto il giorno in cui mi hai lasciato, penso che tu lo sappia già da sola. Mi hai spezzato il cuore, eppure ti amo ancora. Patetico no? Ma forse tra cinque anni si sistemerà tutto, quando tu sarai di nuovo tra le mie braccia.

Lascio questa lettera a tua madre nella speranza che te la consegni al momento giusto.

Quando e se la leggerai, vorrei che tu mi rintracciassi in modo da poterci parlare a tu per tu. Lo farai? Mi cercherai? O hai rinnegato anche i nostri anni felici oltre che te stessa, accettando quel Thomas nella tua vita?

Spero di no.. lo spero davvero.

Con affetto Richard

 

Felicia gettò la lettera a terra con rabbia, infastidita ancora da quelle parole.

Come osava rivolgersi a lei in quel modo? Non aveva il diritto di giudicarla per qualcosa di cui era fortemente convinta, al di là del fatto che le sue scelte erano sbagliate. Amarla non gli dava il diritto di trattarla a quel modo. Non aveva il diritto di considerarla una sua proprietà solo perchè anni prima si erano amati.

Sospirando spense le luci e si diresse nuovamente in camera sua, ricordando il sogno che l'aveva svegliata. Un sogno da sembrare talmente reale e allo stesso tempo così improbabile che l'aveva quasi spaventata.

Quella situazione le stava sfuggendo dalle mani, stava perdendo il controllo di ogni cosa e questo non le piaceva. Non le piaceva per niente.

Si sdraiò a letto e fissò il soffitto con aria assorta, le mani poggiate sul ventre.

David! David mi ha baciata!” pensò poi, rimettendosi seduta.

Quel bacio improvviso e irruente del biondo l'aveva spiazzata. Era qualcosa di inaspettato che, non sapeva spiegarsi come, era diventato qualcosa di giusto e corretto. Come se le loro labbra fossero nate per ritrovarsi una sull'altra.

Perché aveva risposto al bacio? Per lei era un amico, un carissimo amico, che le stava accanto da ormai tre anni, sostenendola e consigliandola in ogni situazione, brutta o bella che sia. Non aveva mai pensato a lui in quel modo, anche se doveva ammettere che rimaneva comunque un bel ragazzo dal carattere altrettanto affascinante e meraviglioso.

Sempre piena di quei interrogativi senza fine, la rossa si raggomitolò su se stessa e lentamente cadde in un sonno agitato.

 

***

 

-Mamma! Mamma!-

La donna si svegliò di soprassalto, e si guardò attorno cercando di capire se la voce che l'aveva chiamata era reale o se lo aveva sognato.

-Mamma!- urlò di nuovo la voce di sua figlia, rotta dal pianto.

Si alzò dal letto e corse nella stanza affianco, accendendo la luce. Trovò Rose in piedi nel boxer che piangeva, lo sguardo fisso su di lei.

-Che succede piccola?- le chiese prendendola in braccio e permettendole di appoggiare la testa sulla sua spalla.

La bambina non rispose, limitandosi a stringere le braccia al collo delle madre e piangendo con più forza.

-Ehi, shhhh!- disse Felicia, accarezzandole i capelli e la schiena con lentezza, nel tentativo di calmarla.

Prese a camminare per la stanza e a cullarla amorevolmente, cantando una ninna nanna in tono soave.

Piano piano la bambina si calmò e allentò la presa sul suo collo, rimanendo comunque in quella posizione.

-Vuoi dire alla mamma che è successo?- le domandò nuovamente la madre.

Rose si staccò un poco e la fissò negli occhi per poi indicare la finestra con un dito.

-Un uomo era lì!- esclamò infine.

Brividi di freddo scivolarono giù per la schiena di Felicia, mentre la donna si avvicinava alla finestra con prudenza. Scostò la tenda e dietro di esse vi trovò un pezzo di carta stropicciato.

Annaspando, prese il foglietto in mano e sempre con la bambina in braccio tornò in camera sua.

-Che cosa faceva l'uomo, Rose? Ti ha fatto qualcosa?-

La bambina negò con la testa senza più proferire parola. Capendo che era ancora spaventata, la rossa preferì lasciar perdere e attese che la figlia si addormentasse al suo fianco.

Una ventina di minuti dopo si decise a leggere il foglio e una volta fatto sbiancò del tutto e svenne al fianco della figlia.

Il foglio cadde a terra, non più sostenuto dalle mani di Felicia e il riflesso della luna illuminò la scritta che vi era scritta sopra:

Nostra figlia è davvero adorabile. Credo sia giunto il momento che conosca suo padre”

 

 

 

 

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