Everyone Can Change

di fly_with_1D
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** The Beginning ***
Capitolo 3: *** New Friends ***
Capitolo 4: *** Let the Games Begin ***
Capitolo 5: *** You don’t Know Anything About This ***
Capitolo 6: *** Just Mine ***
Capitolo 7: *** Confused ***
Capitolo 8: *** A Mask ***
Capitolo 9: *** Just Sex? ***
Capitolo 10: *** The Sketch ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


PROLOGO
 
La mia mano tremante raggiunse la sua.
Lo guardai in quei suoi profondi occhi verdi, non sapendo cosa dirgli.
Una lacrima solitaria scese lentamente lungo la sua guancia perfetta, la asciugai.
 
Non mi sono mai sentita così male in tutta la mia vita.
In mezzo al mio petto c’era nuovamente quella voragine, lo guardai nuovamente negli occhi. Lo avrei amato per sempre, ne ero sicura. Ma non potevo dirglielo, non dopo quello che mi aveva fatto.
Per l’ennesima volta quella che soffriva ero io.
Non pensavo di poter riuscire a lasciare la persona che amavo, anzi, amo più di chiunque altro.
Non potevo lasciare andare la persona che mia aveva insegnato finalmente ad amare.
Ma dovevo.
Mi alzai dal letto e uscii dalla stanza, sapendo che se fossi rimasta li ancora per qualche istante le lacrime avrebbero cominciato a scendere copiose sul mio volto.
Me ne andai, lasciandolo senza alcuna spiegazione.






*Spazio per me*

ciao a tutte/i ragazze/i 
questa è solo una piccola anticipazione della storia 
spero di non deludervi dato che sono alle prime armi.

fatemi sapere di cosa ne pensate e se dovrei pubblicare il primo capitolo.

un abbraccio.
 

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Capitolo 2
*** The Beginning ***


1. The Beginning




Sono già tre ore che sono sveglia, dalle sei di questa mattina.
Io e Queen eravamo da un ora sedute su quelle maledette poltrone della prima classe di quello stupidissimo aereo, che sarebbe dovuto partire da li a poco per portarci a Londra dai parenti di mia mamma.
Erano passati troppi mesi dalla sua morte e da allora la zia Jenna continuava a invitarmi  e io, continuamente, rifiutavo. In quel momento mi passarono davanti agli occhi quelle maledette immagini, di quella maledetta sera.
 
-Elisabeth, smettila di fare la stupida, per favore- disse mamma dolcemente.
Mamma era venuta a prendermi dopo una serata con i miei amici per festeggiare i miei diciassette anni.
Avevo bevuto, forse troppo, e continuavo a darle fastidio.
Non so cosa accade in quei pochi secondi.
I fari accecanti di un’auto di fronte a noi si avvicinavano velocemente.
Mamma si girò verso di me.
Aveva già capito che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di evitare l’incidente.
Io la guardai.
Una lacrima scese lungo il suo viso e poi il vuoto.
Il buio.
 
Una goccia salata scese solitaria lungo la mia guancia al ricordo di papà che mi annunciava la morte di mia madre, con gli occhi lucidi pronunciò difficilmente quelle parole Bath, la mamma non ce l’ha fatta.
Ero stesa sul letto di quella camera d’ospedale quando mio padre mi disse dell’accaduto, da li cominciò il mio periodo buoi, come lo chiamava papà. Alcool, fumo e brutte compagnie. E c’ero dentro ancora, ne ero consapevole, ma sembrava l’unico modo per soffocare quel vuoto, quel dolore che mi accompagnava ogni giorno dalla morte di mia madre.
E per ora non avevo alcuna intenzione di uscirci.
Scacciai quei pensieri.
Da li a un ora sarei arrivata a Londra.
Queen si era addormentata appena aveva poggiato la testa sul sedile.
Non so perché avevo accettato di andare dalla zia; non la vedevo da quando ci eravamo trasferiti in California, non me la ricordavo, l’avevo presente solo grazie alle foto che  mamma aveva conservato di quei pochi anni trascorsi a Londra quando ero piccola.
Mi misi le cuffie dell’ipod nelle orecchie e feci  partire la ripetizione casuale.
Tenevo lo sguardo fisso, fuori dal finestrino. Osservavo le nuvole. Erano davvero belle viste dall’alto, così delicate e leggiadre. Quando ero piccola mi divertivo con Queen ad ammirare il cielo e a inventarci le forme delle nuvole. Ora preferivo osservare il cielo di notte. Amavo rimanere sveglia fino a tardi, a osservare le stelle. Mi attraevano tantissimo.
Una voce che annunciava l’arrivo all’aeroporto di Londra mi fece tornare alla realtà.
Svegliai Queen, scendemmo dall’aereo e recuperammo i bagagli.
In pochi minuti ci ritrovammo entrambe in mezzo a un onda di gente che andava avanti e indietro per l’aeroporto, spingendoci e urtandoci per la fretta.
Zia Jenna non era ancora arrivata.
Io e Queen ci dirigemmo verso l’uscita chiacchierando e progettando quello che avremmo potuto fare li per tre mesi, appena uscite tirai fuori il pacchetto di sigarette e ne accesi una.
In quel preciso momento qualcuno mi urtò e per poco non caddi per terra di faccia.
La mia borsa cadde e tutto il suo contenuto si sparse sul pavimento.
– Ehi…idiota guarda dove vai! Non ci sei solo tu in questo aeroporto…- dissi acida.
A colpirmi era stato un ragazzo alto, magro, con le spalle ampie, i capelli marroni e ricci. Si voltò verso di me, era bellissimo: aveva gli occhi di un verde talmente intenso che mi ricordavano le foglie degli alberi in primavera e un sorriso che sarebbe stato capace di mozzare il fiato a chiunque.
– Oddio, scusami… non ti avevo vista!- disse lui dispiaciuto ma anche un po’ imbarazzato mentre si chinava per aiutarmi a raccogliere le mie cose. Intanto un gruppo di ragazzi stava correndo verso di lui, erano in quattro, avevano tutti i capelli scuri, tranne uno che aveva i capelli biondi. Non riuscii a focalizzarli nei minimi dettagli, forse perché mi ero appena persa nel verde di quegli occhi così belli e misteriosi.
– Harry ma ti muovi? Dobbiamo andare…- esclamò un ragazzo alto quanto Harry, presumo si chiamasse così, i capelli marroni spettinati e gli occhi azzurri. Non riuscii a vedere di più.
– Si, arrivo… scusami ancora!- e se ne andò, lasciandomi con un sorriso timido e un ciao soffocato.
Non ero riuscita a dire nulla, ero rimasta ipnotizzata da quel suo sorriso, così perfetto e meraviglioso…
Queen mi guardava con la bocca aperta. Erano i cinque ragazzi più belli che avessimo mai visto. Ci scambiammo uno sguardo che durò per qualche minuto, poi tornammo in noi, consapevoli che non li avremmo rivisti molto presto.
 
Gli zii arrivarono con mezz’ora di ritardo.
– Elisabeth? Sei proprio tu?– mi sentii chiamare alle mie spalle da una voce con un’intonazione interrogativa. Mi voltai. Sul mio viso comparve un timido sorriso e le mie guance presero un colorito leggermente rosato.
– Ciao, zia Jenna, è da tanto che non ci si vede… lei è Queen, la mia migliore amica, quella di cui ti avevo parlato - dissi imbarazzata. La osservai. Era molto simile a mamma, i capelli biondi, che sembravano quasi una cascata d’orata, che portava lunghi appena sotto le spalle, era alta, magra e snella. Gli occhi di un azzurro penetrante. Aveva cinque anni in meno di mamma e si vedeva.
Da dietro di lei spuntò un uomo sulla trentina d’anni, occhi scuri, capelli marroni, alto qualche centimetro in più di lei. Era suo marito, Rick.
– Dio, come sei cresciuta, e quanto sei diventata bella… assomigli molto a tua madre – disse Jenna improvvisamente, pronunciò quell’ultima frase con un filo di tristezza nella voce.  Rick prese le nostre valige e partimmo. Durante il viaggio la zia ci disse che avevano tre figli: Alan che aveva sei anni, Cathy, che aveva la mia età e Liam che ne aveva diciotto, uno anno in più di me. Dopo una mezzoretta buona arrivammo in un quartiere molto accogliente dove c’era una sola tipologia di case: ville. Erano tutte bellissime.
Ci fermammo davanti a una di queste, grandissima, su due piani, c’era un portico enorme sorretto da delle semplici colonne bianche. Delle grandi finestre conferivano alla casa un’aria moderna. Entrammo in un cancello di metallo, parcheggiammo la macchina ed  entrammo in casa.
Era spaziosa, sulla destra c’era un’ampia stanza con al centro un divano abbastanza grande in pelle nera davanti al quale c’era un tavolino di vetro e un televisore al plasma, una grossa vetrata scorrevole portava in giardino, dove c’era una grossa piscina rettangolare; sulla sinistra c’era la cucina e un tavolo in quercia scura molto grande. Un’ampia scalinata portava al piano di sopra, dove, molto probabilmente, c’erano le camere.
– Ragazzi, scendete che è arrivata! – urlò Jenna dal piano terra.
In pochi secondi vidi una testa bionda correre verso, un bambino, alto si e no un metro e venti corse verso di noi, doveva essere Alan. Era un bel bimbo, alto di più di un bambino di sei anni, ma dopotutto i suoi genitori non erano bassi. Due grandi occhi grigi, furbi e attenti a qualsiasi cosa capitasse, probabilmente sempre pronti a fare la spia, il viso paffuto con un enorme sorriso a trentadue denti. Involontariamente sorrisi anche io.
– Ciao, io sono Elisabeth! – gli dissi dolcemente.
– Lo so già... – disse prima di ritornare su per le scale.
Subito dopo vidi scendere sua sorella, Cathy, anche lei alta, i capelli castano chiaro, era una bella ragazza, occhi chiari, labbra carnose, le curve nei punti giusti e sicuramente una brava persona a giudicare dal dolce e sincero sorriso che aveva stampato sulla faccia.
– Ciao è un piacere conoscerti, io sono Cathy… Elisabeth giusto!? – disse porgendomi la mano, poi si rivolse a Queen – Tu invece devi essere Queen, la sua amica – lei annuì, sorridendo.
 – Mamma, Liam mi ha detto di dirti che sarebbe andato a casa dei suoi amici e che tornerà per cena – disse rivolgendosi a Jenna – per vostra fortuna... – disse, ridendo, a me e a Queen.
A quel commento ci scappò una risatina nervosa, che a lei non sfuggì minimamente.
 – Bene ragazze io comincio a preparare il pranzo, appena è pronto vi chiamo… Cathy non ti dispiacerebbe portarle alla loro camera così cominciano a disfare i bagagli!? – disse Jenna a sua figlia. Lei annuì e ci scortò di sopra. C’erano sei porte: cinque camere e un bagno.
La nostra camera era quella in fondo al largo corridoio, proprio in parte al bagno, Cathy ci salutò e noi cominciammo a metterci a posto.
La camera era grandissima, c’erano due letti da una piazza e mezza al centro, una grande vetrata sulla destra che ci mostrava la bellezza di Londra, due armadi a due ante, di quercia bianca, alti fino al soffitto che sicuramente non avremmo mai riempito completamente, e una porta che portava al bagno annesso alla camera.
Il pranzo arrivò velocemente, durante il quale ci fu un chiasso pazzesco: Alan aveva cominciato a piangere per non si sa quale motivo, Cathy cercava di calmarlo, Jenna parlava con me e Queen e Rick, spazientito andava avanti a mangiare. A differenza di mamma, Jenna sapeva cucinare e anche bene. Dopo pranzo rimanemmo a casa solo io e Queen.
Rick era andato al lavoro, Jenna aveva accompagnato Alan a una festina e Cathy ci aveva abbandonate per uscire con i suoi amici, promettendoci che ce li avrebbe presentati, prima o poi.
Erano le quattro e mezza quando ce ne andammo pure noi. Lasciammo un biglietto a Jenna e uscimmo da quella enorme e accogliente casa. Avevo un assoluto bisogno di fumarmi una sigaretta o sarei impazzita. Ne offrii una a Queen e insieme ci dirigemmo al primo parco che trovammo.
Adoravo stare all’aria aperta.
Mi sentivo libera.
Passammo il resto del pomeriggio a parlare del più e del meno, all’ombra di un grosso albero. Per essere appena iniziata l’estate non faceva per niente caldo, infatti indossavo una felpa nera, e dei jeans lunghi, ai piedi le solite e fantastiche converse nere.
Fatte le sette tornammo a casa.




*Spazio per me*

ok...ho già pubblicato il secondo capitolo perchè l'ho dedicato
a una mia amica che conosco da sempre e che considero una sorella ormai.

questo capitolo non è molto coinvolgente più che altro racconta cosa succede 
alla madre di Beth e i primi personaggi che incontra.

aspetto con ansia le recensioni

un bacio
S.

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Capitolo 3
*** New Friends ***


2. New Friends
 


Liam Pov
 
Era stata una giornata all’insegna delle risate e sinceramente non avevo per niente voglia di tornare a casa e dover fare il gentile con due ragazze mai viste in vita mia. Non si sa come mai, ma da quando era morta zia Margareth, mamma aveva cominciato a invitare sua figlia qui da noi e ora ci sarebbe stata per tre mesi con una sua amica. Fantastico altre due ragazze in casa, già bastava Cathy a rompere le palle ogni giorno e ora ci si aggiungono pure loro.
Com’è che si chiamavano?
Ah si Elizabeth e Queen…
Arrivai a casa, presi un respiro profondo ed entrai.
– Mamma, sono a casa! – urlai per farmi sentire e la cosa funzionò.
Mia madre uscì dalla cucina, era visibilmente arrabbiata.
 – Liam! – esclamò alzando la voce – Cathy mi ha detto che saresti stato a casa per cena… Hai presente di che ore siano almeno!? Si può sapere dove cavolo sei stato…– mi guardai l’orologio: erano dieci alle undici. Non me ne ero accorto.
 – Mamma io avevo detto a quella stupida di dirti che non sarei tornato a casa per cena, comunque ero a casa dei ragazzi…non siamo stati in giro, siamo rimasti a casa tutto il giorno! – dissi alzando gli occhi al cielo e sbuffando scocciato.
– Okay, lasciamo stare, comunque Elizabeth e Queen sono arrivate questa mattina, ma ora sono a dormire… le conoscerai domattina…Buonanotte – detto ciò salì al piano di sopra.
Dopo aver bevuto un bicchiere di acqua fresca feci lo stesso, mi cambiai e andai a dormire.
 
Un caldo e accogliente raggio di sole mi risvegliò dal mondo dei sogni.
Guardai la sveglia…8.30
Mi alzai lentamente dal letto, mi diressi in bagno dove mi lavai i denti e la faccia, dopodiché scesi per fare colazione. Mamma e papà erano già al lavoro, mentre tutti gli altri dormivano ancora.
Ne avrei approfittato per non conoscere le ragazze nuove.
Arrivai in cucina e davanti hai miei occhi mi ritrovai una ragazza, di spalle. Indossava dei semplici pantaloncini cortissimi grigi e una canottiera nera, che le lasciava scoperta una parte della schiena. Era alta, magra e snella, i capelli biondi erano raccolti in una coda di cavallo leggermente spettinata, appena sotto il collo, verso la spalla sinistra, aveva un tatuaggio.
Una piccola e semplice croce nera.
Finsi un colpo di tosse.
Lei si girò di scatto, quasi spaventata.
La bocca carnosa e rosea si era tramutata in un sorriso timido e le guance le si erano tinte leggermente di rosso; i lineamenti del suo viso erano molto delicati, ma erano i suoi occhi la parte più interessante. Di un azzurro intenso, dicono che quest’ultimi siano lo specchio dell’anima, ed era vero. Si poteva intendere tutto il dolore che aveva passato e che probabilmente non aveva ancora smesso di provare. Ma allo stesso tempo erano vivaci, speranzosi e anche pieni di voglia di vivere. In quel momento pensai a quanto dolore avesse potuto passare quella ragazza.
– Ciao, io sono Liam – dissi con un sorriso timido.
 
Elizabeth Pov
 
Quella mattina mi ero svegliata presto, stranamente, forse dovevo abituarmi al nuovo letto.
Erano le otto e venti quando scesi in cucina per prepararmi la colazione, bevvi una tazza di caffè e mi preparai un paio di pancake; quando ebbi finito mi girai verso il lavandino per prendere un bicchiere d’acqua, quando una tosse forzata mi obbligò a spostare l’attenzione altrove.
C’era un ragazzo dietro di me. Gli occhi scuri, alto, le spalle larghe, i capelli biondo scuro spettinatati gli incorniciavano un viso dolce e giovanile.
– Ciao, io sono Liam – fece il ragazzo timidamente.
– Finalmente ti conosco, io sono Elizabeth… è un piacere! – gli sorrisi gentilmente.
Un silenzio imbarazzante calò nella stanza, che dopo pochi minuti io interruppi.
– Se vuoi c’è del caffè e dei pancake… sono appena fatti – detto ciò lui sorrise e io mi dileguai in camera mia.
Spalancai la finestra per far girare l’aria e dopo una lunga doccia decisi di andare a farmi un giro. Lasciai un biglietto a Queen e uscii diretta al parchetto del pomeriggio prima.
Mi posizionai sotto all’albero più isolato e cominciai a rovistare nella borsa.
Tirai fuori un pacchetto di plastica che conteneva quella sostanza che riusciva ad affievolire il dolore che portavo dentro. La mattina era iniziata male, l’incontro di Liam mi aveva messo agitazione ed era un periodo che quando ero agitata mi tornavano alla mente ricordi che avrei preferito dimenticare.
Feci il primo tiro.
La mente cominciava a svuotarsi, i muscoli a stendersi e la vista a sfuocarsi.
Una voce alle mie spalle mi richiamò.
Era Liam.
Cazzo.
– Elizabeth, che ci fai lì? – lo guardai. Era insieme a un altro ragazzo, alto più o meno come lui, i capelli biondi, il viso non riuscivo a distinguerlo; sembrava un cono gelato alla crema. Sorrisi.
– Oh, cazzo… non dovresti fumarti questa roba lo sai?! Niall aiutami a farla alzare… forza – ecco svelato il nome del ragazzo gelato, pensai. Mi alzai senza fatica, ero abbastanza lucida, ma nonostante questo continuavo a ridere. Liam mi prese per mano e mi condusse in una casa, non era quella di Jenna, ma riconobbi il quartiere. Mi fece sedere sul divano, era comodo. Appoggiai la testa allo schienale.
– Potrei avere qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame… - esclamai dopo qualche minuto.
Dopo essermi riempita lo stomaco sentivo l’effetto di quella roba diminuire sempre di più, solo allora mi accorsi che Liam era seduto accanto a me. Gli sorrisi dispiaciuta.
– Scusa, non volevo darti fastidio, ora me ne vado...e ti prego non dire niente a Jenna – non feci in tempo ad alzarmi dal divano che sentii una mano tenermi il braccio, costringendomi a stare seduta. – Non ho intenzione di dire qualcosa a mia mamma, stai tranquilla… ma già che sei qui ne approfitto per presentarti ai miei amici. Vivono qui tutti assieme. Lui è Niall – mi disse indicandomi il biondino che era seduto sulla poltrona di fronte. Non me n’ero resa conto della sua presenza nella stanza fino a quel momento. Gli sorrisi.
 – Hey, è un piacere conoscerti, Liam mi ha parlato di te questa mattina. A quanto pare non esagerava, sei davvero una bella ragazza – disse timidamente e abbassando lo sguardo verso il pavimento – gli altri dormono ancora, quindi ti tocca rimanere qui insieme a me… ho già avvisato mamma, che avviserà Queen. Ha detto di non preoccuparsi e che puoi rimanere quanto vuoi… - disse Liam uscendo dalla cucina, sorridendo amorevolmente.
Solo in quell’istante mi resi conto di quanto fosse grossa quella casa, era più grande di quella di Jenna e Rick, quasi il doppio, e più luminosa, le pareti color champagne, le vetrate immense e una piscina enorme sul retro.
Proprio difronte a una di quelle immense finestre passai il resto della mattinata nell’attesa del risveglio dei ragazzi, non volevo dare fastidio a Liam così cominciai a guardare fuori. Osservai per non so quanto tempo quel piccolo quartiere di Londra. Ogni tanto udivo le risate dei bambini che giocavano alla fine della strada. Erano spensierati, vivaci ma soprattutto felici, una di quelle cose che ormai da mesi non provavo più.
– Elisabeth, ti va di aiutarmi a preparare la colazione per i ragazzi? – la voce di Liam mi distolse dai miei pensieri. Mi voltai lentamente e dopo aver accennato un sorriso acconsentii.
Liam cominciò a tirare fuori una moltitudine di cose dagli armadietti, si passava dai cereali alle uova sbattute, c’era di tutto e di più. Io preparai il caffè e i pancake. Finimmo di preparare verso le undici e mezza.
– Allora, da quanto tempo è che fumi? – mi chiese Liam tranquillo.
Inizialmente non volevo rispondergli, ma quando incontrai il suo sguardo esclamai.
– le sigarette da più o meno tre anni… quella roba da quando è morta mia madre – dissi tristemente. Lui non disse nulla, si avvicinò e mi abbracciò. Mi diede uno di quegli abbracci che nemmeno mio padre mi dava più da tempo ormai. Ne avevo d’avvero bisogno.
Restammo per qualche minuto in quella posizione, fino a quando un ragazzo dai bellissimi occhi azzurri fece capolino nella stanza.
– Ti ci è voluto per trovarti una ragazza  è Liam!? Finalmente… - esclamò ridendo il ragazzo. Mi staccai immediatamente da lui, ero in imbarazzo mentre Liam non lo era affatto.
 – Scemo non è la mia ragazza… è Elizabeth, mia cugina- disse sorridendomi. – Aaaaah… tu sei la famosa cugina che Liam ha fatto di tutto per non incontrare ieri. Comunque è un piacere conoscerti di persona… sono Louis. Devo ammettere che non sei così male… - mi disse tendendomi la mano con fare ammiccante. Io sorrisi timidamente in risposta.
Louis aveva i capelli castani, spettinati, ma in qualche modo ordinati allo stesso tempo, le labbra rosee non si stancavano mai di sorridere, era simpatico. Rimanemmo solo noi in cucina per un po’ di tempo e in quei minuti non smisi un attimo di ridere. Non so come faceva quel ragazzo a trovare tutta quella allegria, ma soprattutto a espandere il suo buon umore anche agli altri.
Fummo interrotti dall’arrivo di un altro ragazzo nella stanza.
È uno di quei ragazzi che sanno di essere irresistibili, uno sciupa cuori, uno di quei ragazzi che ti dicono di amarti e che dopo aver ottenuto quello che vogliono ti lasciano lì, sola, a soffrire, a provare un dolore che nessun altro ti aveva mai fatto provare prima.
Si poteva capire dal suo sguardo, anche se si era appena svegliato.
Era proprio uno di quei ragazzi che non sopportavo, ma erano anche quelli con cui mi divertivo di più. Sono sempre stata stronza con i ragazzi, non essendo brutta mi divertivo a giocare con loro, e lì c’era molto con cui poter giocare…
- Cos’è tutto questo casino, io stavo cercando di dormire e voi fate tutto questo rumore? – appena si accorse della mia presenza mi sorride, uno di quei sorrisi da mozzare il fiato, ma a cui ero abituata, gli sorrido maliziosa, come da copione.
– Noi non ci conosciamo, io sono Zayn e tu sei… – fece curioso.
– Elizabeth, la cugina di Liam – gli risposi sicura di me. Se ne accorse e mi squadrò da capo a piedi, un classico: il cacciatore analizza la sua preda…
E io feci lo stesso: occhi marroni quasi neri come i capelli, la pelle ambrata, alto, magro, spalle larghe e un corpo scolpito coperto da una semplice t-shirt e un paio di pantaloni neri.
Si era un figo ma non il mio tipo.
 – Elizabeth ti fermi a pranzo, vero? – mi chiese Niall distraendomi dai miei pensieri, davanti a quei due  profondi occhi azzurri non seppi altro che dire di si. Quel biondino mi metteva di buon umore, mi ricordava Simon, un bambino del mio quartiere di quando abitavo in America. Lo adoravo e Niall mi trasmetteva sicurezza e fiducia,  lo conoscevo da neanche un giorno e già gli volevo bene.
Durante la colazione mi avevano parlato di un certo Hazza, non capivo se era un nome o un soprannome, mi dissero che era il più dormiglione di tutti e che scendeva per l’ora di pranzo mi sarebbe andata bene.





*Spazio per me*

ciao tutte (quelle 2 che hanno recensito)!!
in questo capitolo Elizabeth incontrerà Liam e i suoi amici
per la prima volta...ma uno manca all'appello vero Hazza!!!???

spero di avere un paio di recensioni in più!

al prossimo capitolo...>.<

S.
xoxo


 

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Capitolo 4
*** Let the Games Begin ***


3. Let the Games Begin.
 
 

Elizabeth’s POV
 
Ne Liam che Niall parlarono di come mi avevano trovata quella mattina al parco, perlomeno non in mia presenza. Finita la colazione mi alzai.
– Dove posso fumarmi una sigaretta? – chiesi rivolta a Zayn con lo stesso sguardo di prima. Lui sorrise.
– Ti accompagno io, c’è una terrazza al piano di sopra e se non ti da fastidio ti tengo anche compagnia – disse il moro. Feci un cenno con la testa, lui si alzò e mi scortò al piano superiore. Avevano una terrazza enorme, che dava sulla fantastica città di Londra. ‘Devo ammettere che non è niente male qui, magari stare lontana da casa mi farà bene’  pensai appoggiata alla ringhiera di ferro battuto. Se avessi avuto la mia macchina fotografica avrei fatto una moltitudine di foto. La fotografia era una delle mie più grandi passioni, me l’aveva attaccata mamma, ma dopo la sua morte vendetti la macchina fotografica per recuperare un po’ di soldi e ora mi mancava da impazzire il fatto di poter immortalare la bellezza che mi trovavo davanti ogni giorno.
In quel momento Zayn mi si mise accanto, offrendomi un sigaretta, e continuò a fissare il paesaggio insieme a me. Il silenzio che c’era era insopportabile.
– Allora cosa ti ha portato qui oltre alla mia presenza ovviamente? – disse lui rompendo il silenzio. Mi scappò un sorriso. Mi avvicinai lentamente al suo volto, quando ero a un centimetro dalle sue labbra gli soffiai il fumo della sigaretta in faccia. Fece una smorfia.
Mi circondò la vita con un braccio e io risi.
Per qualche istante mi persi in quei suoi due occhi color cioccolato, contornati da una moltitudine di folte ciglia nere che rendevano il suo sguardo ancora più intenso e magnetico.
Mi avvicinai lentamente alle sue carnose e rosee labbra che si aprirono presto in un sorriso di soddisfazione. ‘Mi spiace signor Malik ma non te la darò vinta’ pensai sorridendogli a mia volta.
Spostai la mia bocca accanto al suo orecchio.
– Lo scoprirai presto – gli sussurrai con voce rauca.
Detto ciò gli lasciai un leggero bacio appena sotto il lobo, feci l’ultimo tiro di sigaretta e rientrai.
Lasciandolo da solo e senza parole su quell’enorme terrazza.
 
 
Zayn’s POV
 
Mi lasciò lì, con la mia sigaretta in mano, con il suo profumo di agrumi e tabacco che mi circondava e che mi riempiva i polmoni. Sarebbe stato difficile conquistarla, non era come tutte le altre, aveva un caratterino che mi invitava a partecipare a questa sfida.
Ormai lo sapevo, anzi ne ero certo: io avrei vinto…
 
Elizabeth’s POV
 
Mentre scendevo le scale per tornare in sala da pranzo, qualcuno mi affiancò, era Zayn.
Mi sorrise.
Se aveva pensato anche solo per un momento che quei sorrisetti riuscissero a farmi cadere nelle sue braccia come qualsiasi altra ragazza a cui li rivolgeva, si sbagliava di grosso. Io non ero come tutte le altre. Ma dovevo ammetterlo era un gran bel ragazzo.
Intanto eravamo arrivati in salotto, dove trovai Niall e Louis stravaccati sul divano a guardare la televisione, Zayn si buttò su di loro a peso morto, mentre io mi dirigevo verso la cucina.
All’interno di essa si stava consumando un’animata conversazione tra Liam e un altro ragazzo che ancora non avevo conosciuto. Quando feci capolino nelle stanza Liam aveva la fronte corrugata, appena mi vide fece un profondo respiro e venne verso di me sorridendo.
Io gli risposi di rimando.
– Elizabeth, ti dispiace dare una mano ad Hazza a preparare il pranzo? – mi domandò insicuro. Gli sorrisi nuovamente in segno di consenso.
– Solo se tu mi fai il favore di chiamarmi Beth… - gli dissi prima che se ne andasse dalla cucina, lasciandomi con quel ragazzo di cui sapevo solo il soprannome. Il ragazzo non aveva ancora alzato lo sguardo dal tavolo della cucina, probabilmente immerso nei suoi pensieri e a causa della discussine appena avuta con mio cugino.
Il silenzio regnava fra noi.
– E cosi tu sei il famoso Hazza – dissi sicura di me rompendo quel silenzio insopportabile.
Solo allora il ragazzo alzò gli occhi verso di me…
 
 
Harry’s POV
Forse Liam aveva ragione, avrei dovuto prendere un po’ più sul serio quello che stavo facendo, ma io non mi ci vedevo impegnato con una sola ragazza. Aveva detto, anzi praticamente urlato che dovevo cominciare a crescere e ad affrontare le mie responsabilità.
Ma io proprio non ce la facevo.
Mi aveva pure detto qualcosa riguardante sua cugina, di non provarci con lei perché ne aveva passate già tante, non gli sembrava giusto che la prendessi per il culo come facevo con tutte le altre.
Una voce sicura mi richiamò dai miei pensieri. Era la voce di una ragazza.
Soltanto in quel momento mi voltai a guardarla.
Era alta, snella, capelli biondi lunghi appena sotto il seno. Il pezzo forte erano i suoi occhi, di un azzurro che poteva far invidia anche al cielo limpido di un bel giorno d’estate. Era la cugina di Liam, negli occhi aveva la stessa voglia di vivere di suo cugino, ma questa era mescolata a molto dolore e sofferenza. Indossava un paio di jeans a caviglia stretta, una canotta che metteva in evidenzia le curve e un paio di converse nere.
I lineamenti del viso erano dolci e delicati, ricoperti da un leggero strato di trucco che copriva a stento le occhiaie che si intravedevano a malapena sotto a quei due splendidi occhi, incorniciati da folte ciglia nere, rese tali dal mascara.
Mi sembrava di averla già vista da qualche parte. Feci mente locale.
Certo!
– Aspetta un attimo, tu sei la ragazza dell’aeroporto… ieri ti ho quasi fatta cadere di faccia! – dissi ridendo, avevo quasi le lacrime agli occhi. Lei mi fissava intensamente, appena incontrai quello sguardo, lentamente mi calmai e dopo pochi secondi smisi di ridere. Era una bella ragazza, forte e decisa, quello sguardo mi aveva incuriosito e lasciato senza parole.
Quando mi ricordai come si faceva a mettere insieme una frase di senso compiuto mi voltai verso di lei, interrompendo quel silenzio imbarazzante.
– Comunque io sono Harry, Styles…tu devi essere Elizabeth, giusto? – dissi porgendole la mano destra in maniera amichevole. Lei annuì lentamente, incontrai nuovamente i suoi occhi, questa volta sembravano allegri, come se stessero ridendo.
– Come te la cavi in cucina? – le chiesi per cambiare discorso. Non aveva ancora detto una parola. In quel momento un sorriso beffardo le si dipinse sul suo dolce viso, con movimenti delicati e dolci passò dietro di me, lo spazio era poco. Sentii il soffio del suo respiro sul mio collo, la sua mano poggiarsi delicatamente sul mio fianco, dal quale partirono un’innumerevole quantità di brividi che mi invasero tutta la schiena, costringendomi a socchiudere gli occhi per cercare di cacciarli. Quando li riaprii, Elizabeth era di spalle, davanti al lavandino; aveva messo sul fuoco una pentola piena d’acqua e aveva cominciato a tagliare dei pomodori.
Mi alzai lentamente dallo sgabello per dirigermi verso di lei.
Non riuscivo a stare calmo. Non dopo che mi aveva provocato in quel modo.
Una volta arrivato alle sue spalle allungai una mano, afferrai un pomodoro e lo mangiai, quando feci per prenderne un altro pezzo la sua mano aggraziata fermò la mia, provocandomi una strana sensazione allo stomaco.
Strana si, ma estremamente piacevole.
Lei si girò velocemente e ci ritrovammo uno di fronte all’altro, i nostri corpi appoggiati l’uno all’altro che combaciavano perfettamente, i nostri volti a pochi centimetri di distanza tra loro, gli sguardi incatenati, la sua mano appoggiata al mio petto, mentre con l’altra teneva ancora stretto il mio polso. Spostai il mio sguardo sulle sue labbra per qualche ma interminabile istante, erano proprio li, così carnose e rosee, così irresistibili e così vicine alle mie. Quando mi mossi per colmare la distanza che c’era tra noi, lei mi anticipò, spostando quelle dolci labbra al mio orecchio.
– Non ci provare Styles, non sono così abbordabile come tutte le ragazze che ti porti abitualmente a letto… non per ora almeno – sussurrò, mettendo nell’ultima frase un non so che di provocante.
La sua voce, che fino a qualche istante prima non avevo mai sentito, era qualcosa di soave, dolce, ma allo stesso tempo si poteva identificare un’intonazione carica di disprezzo verso quel qualcosa, o quel qualcuno, che l’aveva destinata a così tanto dolore.
Eravamo ancora l’uno difronte all’altra, lei mi sorrise maliziosamente per poi riprendere quello che avevamo interrotto poco prima. Quella ragazza mi intrigava, era diversa dalle altre, può sembrare egocentrica come cosa ma non cadeva ai miei pedi come facevano le ragazze quando rivolgevo loro un sorriso; ed era proprio questo a renderla ancora più interessante. Ma una parte di me sapeva che non avrei potuto averla, era la cugina di Liam, il quale mi aveva esplicitamente chiesto di lasciarla in pace e dato che alla sua amicizia ci tenevo molto lo avrei ascoltato. Se ci sarei riuscito, ovviamente.
Avrei aspettato. Avevo fin troppe ragazze che cadevano ai miei piedi e quando anche Lei sarà una di queste tutto cambierà…




*Spazio per Me*

ciao a tutte...
non siete in molte a seguire e a recensire la ff quindi non saprei cosa fare.
spero molto che questo capitolo vi piaccia!

un bacio
xx

Anticipazione

·        Un piccolo riassunto delle due settimane passate a Londra e del rapporto che si è instaurato con ciascuno dei ragazzi.
·        Assisteremo a una sbandata da parte di Elizabeth.
·        Un litigio tra le due amiche.

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Capitolo 5
*** You don’t Know Anything About This ***


4. You don’t Know Anything About This



 
Erano passate solamente due settimane da quando quel maledetto aereo era atterrato in quella città.
Erano passate solamente due settimane da quando avevo conosciuto quella che per tre mesi, se tutto andava come doveva, sarebbe stata la mia nuova famiglia.
Ed erano passate solamente due settimane da quando avevo conosciuto i ragazzi.
Il rapporto con loro era diventato ogni giorno più forte e questo valeva anche per Queen. Il primo che conobbe fu Liam, per il quale mostrò parecchio interesse e dato che il sentimento era ricambiato cominciarono a frequentarsi.
Erano davvero una bella coppia.
Lui alto, capelli corti sul biondo scuro, due grandi occhi color mogano, sempre pronti a catturare ogni minimo dettaglio e che vedevano il mondo che lo circondava con una semplicità che a volte invidiavo. È un ragazzo timido ma allo stesso tempo amichevole e solare, un suo sorriso riesce a rallegrarti la giornata.
Lei è alta si e no un metro e settanta, magra, snella, i capelli color del cioccolato, lunghi, che le ricadevano lungo la schiena come una cascata. Due grandi occhi dello stesso colore dei suoi capelli, circondati da lunghe e folte ciglia, sono perennemente illuminati dalla sua voglia di vivere, dal suo modo allegro e spensierato con il quale si rapporta con le persone, ma l’aspetto che più mi piace di lei, e che mi capita spesso di invidiare, è il fatto che non si arrende mai, è ostinata e sincera.
Con Zayn era sempre la stessa storia, mi rivolgeva sempre di più dei sorrisini ambigui, tra il misterioso e il sensuale, che talvolta mi intrigavano e mi facevano rabbrividire sul serio.
Niall e Louis erano diventati come due fratelli per me, ogni volta che mi vedevano mi correvano in contro e mi salutavano abbracciandomi calorosamente o dandomi un amorevole bacio sulla guancia.
Il rapporto che avevo con Harry, se si poteva definire tale, era completamente diverso rispetto a quello che si era instaurato con gli altri ragazzi. Dalla prima volta che ci eravamo incontrati l’avrò rivisto più o meno un paio di volte, rivolgendoci qualche sorriso come saluto e poi, chi si è visto si è visto. Quel ragazzo era sempre fuori casa, usciva dopo pranzo e rientrava a notte fonda, quindi incontrarlo era un po’ complicato in confronto agli altri, con i quali ci davamo appuntamento ogni pomeriggio.
Quel paio di volte che lo avevo visto era stato per caso, entrambe le volte ero andata a casa dei ragazzi di mattina, dovevo parlare con Liam e ad aprirmi la porta era venuto un  Harry sorridente in boxer mentre salutava una ragazza, ogni volta differente, che la sera precedente aveva avuto la sfortuna di cadere nella sua trappola.
In poche parole era un “rapporto” basato principalmente su sorrisini maliziosi che raramente ci scambiavamo come saluto.
Camminavo a testa bassa, con le cuffie nelle orecchie, gli occhi fissavano i miei piedi che si muovevano l’uno davanti all’altro a ritmo di musica mentre ripensavo a quelle due settimane. Era sabato pomeriggio e mentre passeggiavo per le vie di Londra pensavo...
Pensavo alla mia vita, alla scomparsa di mia madre, la settimana prossima avrei compiuto diciott’anni. Com’era possibile compiere gli anni il giorno dell’anniversario di morte della propria madre? A quanto pare era possibile.
Ripensavo alla disperazione di mio padre nei mesi successivi alla morte di quella donna che mi aveva cresciuta, alle lacrime che solcavano il suo volto ogni notte, alla mia rabbia e alla mia disperazione se possibile più forte di quella di mio padre, alle difficoltà che avevo avuto e che tutt’ora ho a rassegnarmi della sua mancanza.
Quei ricordi infondevano in tutto il mio corpo una rabbia troppo grande che a stento riuscivo a trattenere, la voragine che abitualmente si apriva a quei ricordi cominciò a bruciare come non mai.Descrivere un dolore simile è quasi impossibile, un dolore tanto lacerante da squarciarti il petto. Come se un animale dentro di me si facesse strada con gli artigli rovistando alla ricerca di qualcosa, qualcosa di ancora vivo per sopprimerlo. Istintivamente mi portai una mano al petto, come per constatare che non ci fosse realmente una ferita.
Ecco, era esattamente quello che provavo ormai da tempo.
Le lacrime cominciarono a bagnarmi gli occhi impazienti di uscire, cosa che fecero poco dopo, scorrendo copiose lungo le mie guance lisce e leggermente arrossate. La musica cominciava a diventare fastidiosa a causa della rabbia e della frustrazione che mi portavo dentro. Presi l’ipod e lo spensi con un movimento brusco.
Mi diressi sempre più velocemente verso il solito parco, poco distante da casa dei ragazzi, camminai, non so per quanto tempo ma a un certo punto mi sistemai sotto un enorme albero e cominciai a rovistare nella mia borsa alla ricerca di quella bustina il quale contenuto, da quel che sapevo, era illegale.
Primo tiro: la voragine cominciava a richiudersi e il dolore ad affievolirsi.
Secondo tiro: la rabbia cominciava a scemare.
Terzo tiro: le immagini di quella vita precedente cominciarono a sparire dalla mia mente.
Mi lasciai andare contro il tronco di quell’enorme albero, mi sentivo gli occhi gonfi, che pizzicavano leggermente, e la gola secca. Le immagini erano sfuocate e la ragione mi stava abbandonando definitivamente.
Fortunatamente l’effetto di quella roba non durava a lungo, erano le quattro e mezza, alle cinque avevo appuntamento a casa dei ragazzi. Il tempo passava e non mi accorsi minimamente che si erano fatte già le cinque e dieci. Fantastico sono in ritardo! Pensai tra me e me mentre raccattavo le mie cose e mi alzavo in piedi per dirigermi a casa dei ragazzi. Mi alzai lentamente per constatare che fossi tornata in me.
Prova superata, ma non del tutto.
Quando arrivai a casa dei ragazzi avevo il fiatone, prima di suonare appoggiai la mano allo stipite della porta per sorreggermi mentre riprendevo fiato.
Suonai il campanello.
Sentii un trambusto derivare dall’interno della casa e dopo svariati minuti Queen venne ad aprirmi con un sorriso stampato sulla faccia, che si spense non appena incrociò il mio sguardo. Aveva capito la motivazione del mio ritardo.
Non ho idea da cosa lo capì di preciso, forse dalle pupille dilatate, dagli occhi stranamente arrossati, dalle occhiaie più marcate del solito o dall’odore di fumo che avevo addosso. Sta di fatto che lo aveva capito, lei lo capiva sempre.
Dopo tutto non potevo farci niente, anche se l’effetto durava poco, mi bastava per dimenticarmi per qualche ora la mia situazione.
Egoismo? Può darsi, ma era l’unico modo che avevo trovato per andare avanti.
– Fammi indovinare: ti serve il collirio, vero? – disse malinconica.
Non mi diede neanche il tempo di risponderle che era già rientrata in casa sbattendo la porta dietro di se. Non so come avrei fatto senza quella ragazza.
Dopo pochi istanti la vidi uscire dalla porta con in mano un boccettino di plastica bianca.
Mentre mi faceva cadere quel paio di gocce per occhio continuava a borbottare, a chiedermi perché lo facessi e a riprendermi.
– Beth, io ti capisco, davvero, ma non mi sembra giusto che tu faccia uso di sostanze per dimenticare ciò che è successo – disse ad un certo punto guardando dritta negli occhi.
Fu proprio quando disse quella frase che esplosi.
– No ,Queen.  Tu non sai un bel niente, non sai cosa voglia dire svegliarsi ogni mattina e non poter più vedere il viso della donna che ti ha donato la vita che ti sorride e che ti da il buongiorno, non sai cosa significhi dover crescere senza un punto di riferimento così importante, tu non sai cosa vuol dire portarsi dietro il senso di colpa per essermi ubriacata la sera del mio compleanno e non sai cosa significa dover convivere con tutto questo per una ragazza di diciassette anni – avevo alzato la voce, sapevo che le dava fastidio quando facevo così – Lo so che lo dici per il mio bene, ma io proprio non ci riesco a farne a meno. Per lo meno non adesso. Quindi, ti prego, smettila di riprendermi se non vuoi vedermi soffrire, ti prego – le dissi quell’ultima frase quasi come un sussurro.
Le lacrime minacciavano di scendere ma a stento riuscii a ricacciarle indietro.
Fissai il mio sguardo nei suoi occhi.
Si poteva intendere benissimo cosa provava in quel momento: rabbia, indecisione, frustrazione, ma tra queste anche, e non meno importante, la paura. Di perdere la propria migliore amica, di darmi la risposta sbagliata e di non riuscire ad andare avanti così. Abbassò lo sguardo per interrompere il contatto che si era creato tra me e lei, per impedirmi di andare avanti a leggerle dentro.
– Io ti ho avvertita, se questo ti fa sentire meglio fallo, ma sappi che non puoi scappare dalla realtà per sempre – mi disse rassegnata.
Dopo qualche istante rialzò la testa. Mi fissò per qualche secondo.
– Il collirio ha fatto effetto, ora possiamo rientrare – disse fredda e distaccata.
Mi diede le spalle e si diresse verso quell’enorme villa, per poi varcare la soglia per l’ennesima volta in così poco tempo.
Non era la prima volta che io e lei litigavamo per questo argomento, ma era la prima volta che lo facevamo in quel modo. Non mi ero mai permessa di urlarle contro. Ma sapevo, anzi speravo con tutta me stessa che tutto si sarebbe risolto.
Presi un lungo respiro ed entrai in casa.
Appena misi piede in casa lo sguardo dei quattro ragazzi si posò su di me.
Molto probabilmente avevano sentito tutto e conoscendoli non avevano fatto niente per non sentire il litigio che c’era appena stato tra me e Queen. Mi guardavano con fare curioso e indagatore, per capire dalla mia espressione cosa fosse successo realmente.
Liam era l’unico a non fissarmi insistentemente come gli altri quattro, lui sapeva la mia storia, sapeva di mia madre e sapeva cosa facevo quando mi ritrovavo a piangermi addosso.
Forse non avrei dovuto rispondere così a Queen.
Cercai quei due occhi color cioccolato per la stanza, ma non li trovai.
Passai in rassegna gli sguardi di tutti i ragazzi.
Zayn era indifferente.
Liam era agitato.
Niall era preoccupato.
Louis era frustrato.
Ma nonostante tutto nessuno si azzardò a chiedermi il motivo del litigio appena avuto. Guardai negli occhi nocciola di mio cugino, mi ci avvicinai lentamente. Lui mi sorrise teneramente e spostò lo sguardo verso le scale. Queen era andata in terrazza.
Gli sorrisi di rimando.
Salii le scale di corsa, saltandole a due a due, quando raggiunsi la vetrata mi ci fermai per un paio di secondi davanti e, dopo aver preso un profondo respiro la aprii bruscamente, richiudendola alle miei spalle alla stessa maniera.
Lei era li, con i gomiti appoggiati alla ringhiera di metallo, fissava lo spettacolo che si apriva davanti ai nostri occhi, quello di una Londra illuminata dalla luce arancione del crepuscolo estivo.
Tirava una leggera brezza che mi scompigliava delicatamente i capelli.
Mi avvicinai lentamente a lei appoggiandole una mano sulla spalla destra.
Si girò verso di me, il suo dolce viso era solcato da pesanti lacrime, che si portavano dietro una scia nerastra che diventava sempre più chiara per poi diventare intercettabile.
L’abbracciai.
Uno di quegli abbracci che valgono più di miliardi di parole.
Uno di quegli abbracci che ci si da tra fratelli.
Uno di quegli abbracci che racchiudevano tutta la mia rabbia e che solo lei era capace di portarmi via.
Non so esattamente quanto tempo passò, ma quando ci staccammo lei non piangeva più, un sorriso timido aveva preso il posto di quella smorfia di tristezza che poco prima caratterizzava i suoi delicati lineamenti.
Le strinsi la mano, come per infonderle sicurezza. Ricambiò la stretta.
Rimanemmo per un po’ a parlare in terrazza.
Le promisi che avrei tentato di smettere di fumare tutta quella roba che mi bruciava solo neuroni, e sottolineo più volte la parola tentato, perché sapevo che sarebbe stato difficile, ma ci credevo anch’io, e da quel che so e che mi han detto, i miracoli esistono.
Quando tornammo in salotto i ragazzi stavano guardando la televisione.
Appena scendemmo le scale i loro sguardi si spostarono da quell’apparecchio a noi due e sulle nostre mani ancora unite. Liam si alzò velocemente per raggiungere entrambe e ci abbracciò. Quando ci staccammo io mi diressi verso il divano e mi sedetti tra Niall e Louis, dove prima c’era Liam. Non feci in tempo a girarmi verso Queen che vidi la mia migliore amica e mio cugino scambiarsi un tenero bacio a fior di labbra e subito dopo sorridersi timidamente.
Istintivamente sulle mie labbra si aprì un sorriso a trentadue denti, pieno di felicità e di approvazione verso quella nuova coppia.
Mi voltai verso la televisione quando sentii il braccio di Niall circondarmi le spalle.
Lasciai cadere la testa sulla spalla di quel biondino che ormai reputavo il mio migliore amico. Spostai lo sguardo verso il suo viso. Era davvero bello. I capelli biondi spettinati facevano da cornice al suo viso perfetto, che ospitava due occhi azzurri, profondi come l’oceano e sinceri come pochi. Le labbra rosse si aprirono in un sorriso appena incrociò il mio sguardo, mostrando una fila di denti perfetti e bianchissimi, sicuramente il frutto di anni di apparecchio.
Riportai lo sguardo al televisore.
Mi addormentai pochi istanti dopo, cullata da un dolce e leggero bacio sulla fronte lasciatomi dal  mio migliore amico.


*Spazio per Me*

ciao a tutte/i ragazze/i, tutto bene?
ecco a voi il quarto capitolo!
spero che vi piaccia...
non penso di ricevere altre recensioni moto presto anche se
spero con tutta me stessa che questo accada prima o poi.

un bacio
xx

Anticipazione

  • Un incontro completamente insolito tra Harry e Beth.
  • L'aggiunta di un nuove personaggio per distrarre il bellissimo ragazzo dagli occhi verdi.
  • potrebbe succedere qualcosa tra Niall e la sua migliore amica.

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Capitolo 6
*** Just Mine ***


5. Just Mine
 
 

 
Elizabeth’s POV
 
Un caldo e innocente raggio di sole che penetrava dalla finestra mi colpiva il viso, costringendomi ad aprire gli occhi, ancora appannati dal sonno. Mi stiracchiai tra le lenzuola del letto. C’era qualcosa di diverso in quest’ultime, non avevano lo stesso profumo che mi cullava la mattina quando mi svegliavo, ne avevano un altro.
Misi a fuoco la stanza, non era la mia.
Mi alzai di scatto mettendomi a sedere, pessima mossa. La testa prese a girare, un tonfo rimbombò nelle stanza e un istante dopo mi ritrovai col sedere per terra, le lenzuola attorcigliate al mio corpo e un dolore lancinante partirmi dalla natica destra.
Mi accorsi, dopo essermi messa in piedi, che un paio di occhi azzurri, dello stesso colore del mare cristallino, avevano assistito all’intera scena e mi fissavano divertiti dal basso, dall’interno di un sacco a pelo.
Niall.
Con un sorriso stampato in volto, anche se ancora mezzo addormentato, mi scrutava in silenzio, indeciso se alzarsi o tornare  a dormire. Mi avvicinai lentamente a lui, mentre con una mano mi massaggiavo la parte dolorante, per dare al ragazzo un bacio sulla guancia sussurrandogli con tono dolce:
– Riprenditi pure il tuo letto, io vado a farmi una doccia e preparo la colazione – .
Non se lo fece ripetere due volte. Anche se ancora mezzo addormentato si alzò velocemente e con un balzo si fiondò sul suo letto.
Mi avviai verso la porta bianca della camera di Niall, abbassai la maniglia e uscii; ritrovandomi in un lungo corridoio dalle pareti color champagne. Il bagno si trovava tra la camera di Harry e quella di Louis.
Passai davanti a tutte le camere, poggiando i piedi nudi delicatamente sul parquet, tentando di fare il meno rumore possibile. Quando arrivai davanti alla porta del bagno tirai un leggerissimo sospiro.
La porta era già aperta, quindi mi bastò dargli una leggera spinta per aprirla.
Appena entrata vidi la mia immagine riflessa nell’enorme specchio difronte a me.
Indossavo una semplicissima maglietta bianca che mi copriva a stento il sedere, le gambe erano completamente scoperte, i miei lunghi capelli biondi, solitamente ordinati in voluminosi e delicati boccoli, questa volta erano tutti arruffati. Gli occhi erano contornati dal nero del trucco sbavato a causa della notte trascorsa senza essermi struccata. Le labbra secche sembravano reduci da una giornata d’inverno passata al parco lasciate in balia del freddo.
Mi portai il polso destro vicino al viso per constatare l’ora.
Fissai quel piccolo quadrante rotondo, d’oro bianco e diamanti.
Erano le sette e mezza del mattino.
Nessuno dei ragazzi si sarebbe svegliato cosi presto, quindi avrei avuto tutto il tempo necessario per farmi una lunga e rilassante doccia. Cominciai a spogliarmi, lentamente.
Mi sfilai la larga maglietta bianca, probabilmente di Niall, e l’appoggiai delicatamente sul ripiano di marmo bianco che sorreggeva l’enorme specchio.
Tolsi l’intimo e lo ripiegai, appoggiandolo sopra la maglietta che fino a pochi istanti prima consideravo il mio pigiama di quella notte.
Mi infilai velocemente nella doccia.
Aspettai che l’acqua si riscaldasse e poi mi ci fiondai sotto.
Un getto tiepido mi colpì la schiena nuda facendomi inizialmente rabbrividire.
Avevo l’impressione che quel getto d’acqua, scorrendomi lungo tutto il corpo per poi abbandonarlo, portasse con se una parte dei problemi, dei sentimenti ma anche alcune convinzioni che possedevo.
Era da tempo che non mi rilassavo così tanto sotto la doccia.
Mi insaponai corpo e capelli, per poi far scivolare via la schiuma e sciacquarmi lentamente. Non riuscii a capire quanto tempo passai sotto il getto d’acqua, ma sicuramente passò più di mezzora.
Con malavoglia spensi il getto d’acqua e uscii dalla doccia.
Presi un asciugamano e me lo avvolsi attorno al corpo, era lungo abbastanza da coprire il necessario, strofinai i lunghi capelli biondi con un altra salvietta. Ero sicura del fatto che non ci fosse nessuno in giro per casa, era ancora presto e di solito i ragazzi si alzavano verso l’ora di pranzo.
Per sicurezza aprii la porta, sporsi leggermente la testa e stetti in ascolto. Silenzio.
Richiusi la porta del bagno, mi strinsi maggiormente il mini asciugamano appena sopra il seno e uscii da quella stanza.
Neanche il tempo di chiudermi la porta alle spalle che andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno. L’unico che si svegliava prima di tutti gli altri era solo uno, colui che a casa non c’era mai, il ragazzo dagli inconfondibili occhi verdi.
Harry.
A causa dello scontro tutto ciò che avevo tra le mani ora si trovava sparso per il corridoio, compreso l’asciugamano che fino a poco prima ricopriva il mio corpo ancora umido. Non mi sentivo in imbarazzo, pur essendo completamente nuda davanti a un ragazzo che avevo visto si e no due volte da quando mi ero trasferita; erano stati talmente tanti i ragazzi che mi avevano visto in quelle condizione che ormai non mi faceva più alcun’effetto. Il riccio mi squadrò da capo a piedi con un sorrisetto malizioso stampato sul suo volto.
Indossava solamente un semplicissimo paio di boxer neri, che aderivano perfettamente alle sue cosce scolpite, lasciando il resto del corpo dannatamente perfetto lì in bella vista.
Ero perfettamente consapevole del fatto che in quel momento l’autocontrollo di Harry era sceso sotto zero, ma che ci devo fare, mi piace provocare le persone.
Al posto di riprendere le mie cose da terra e tornare in camera di Niall a vestirmi, cosa che farebbe una persona normale, lasciai tutto dove si trovava e mi diressi lentamente verso il ragazzo con fare sensuale e provocante. I nostri sguardi erano l’uno dentro l’altro.
Quando arrivai davanti a lui posai delicatamente la mano destra sul suo petto muscoloso, mentre quella sinistra la lasciai stesa lungo il fianco. Poggiai dolcemente le labbra sul suo collo e cominciai a baciarlo, per poi salire fino all’orecchio senza interrompere quel contatto, dove sfiorai il lobo con i denti e sussurrai un – Buongiorno – soffocato.
A quel punto sentii il suo corpo fremere sotto la mia mano destra.
Spontaneamente sorrisi per quella reazione, che, però era quella che stavo aspettando.
Lasciai scivolare la mano, ancora situata sul petto, verso il basso.
Sempre più giù, fino ad arrivare all’elastico nero che presi tra l’indice e il pollice.
Avvicinai le mie labbra alle sue sempre di più. Il ragazzo sorrise pensando che ormai fosse fatta, aspettando quel contatto che, segretamente, desiderava con tutto se stesso.
Quel contatto che però non sarebbe arrivato così facilmente.
Non appena le mie labbra sfiorarono leggermente quelle carnose e rosee del ragazzo sul mio viso si aprì un sorriso furbo. Ricominciai a baciargli il collo, la spalla, i pettorali, gli addominali scolpiti fino ad arrivare all’elastico dei boxer, dove c’era ancora la mano destra che lo tratteneva. Spostai lo sguardo verso l’alto, verso il viso del ragazzo. Aveva gli occhi chiusi dall’eccesso di eccitazione abbastanza evidente. Mollai d’un tratto l’elastico per farlo scoccare sulla pelle candida di Harry. Dallo spavento riaprì gli occhi.
Velocemente riaccumulai le mie cose sparse per tutto il corridoio e corsi verso la camera di Niall. Non feci in tempo a varcare la porta della camera che sentii sussurrare – Così mi farà impazzire! – era stato Harry a dirlo. Dopo qualche minuto si fiondò in bagno per una lunga e rilassante doccia.
 
 
Harry’s POV
Ci sono alcuni momenti in cui ti fermi per qualche istante, interrompi tutto quello che stavi facendo, ogni tuo futile pensiero e ti ritrovi ad analizzare tutti quegli aspetti della vita che ti spingono a considerarla una vera e propria merda.
Riesci a concentrare il tuo pensiero su una sola frase, che forse vale più di molte altre, “Perché non si riesce mai ad avere ciò che si desidera di più al mondo?”.
Già. Era esattamente quello che stavo pensando in quel momento.
E già…ero ancora fermo davanti alla porta ad aspettare che lei tornasse indietro e che mi desse quel bacio che, ormai da innumerevoli notti, sognavo e bramavo con tutto me stesso. Era proprio quella la cosa che desideravo di più al mondo in quell’istante.
Lei.
Le sue labbra.
Il suo respiro sulla mia pelle.
Volevo che fosse mia. Solo Mia.
Nell’ultima settimana mi era capitato spesso di pensare a lei durante la notte, anche se al mio fianco c’era una ragazza bellissima ogni sera differente.
Non era possibile che io mi fossi innamorato.
Io gioco con i sentimenti delle ragazze, le uso.
Ma in qualche modo, non so ne come ne perché, quando Bath se n’era andata, mi ero sentito vuoto. Come se una parte di me, della mia anima o del mio cuore, si fosse allontanata con lei. Lasciandomi solo. A crogiolarmi su questo strano effetto che questa ragazza, quasi sconosciuta, mi provoca.
Mi ripresi dai miei pensieri grazie al rumore di una porta che si chiudeva, molto probabilmente quella della camera di Niall. Velocemente entrai in bagno con l’intento di farmi una doccia veloce, ma, appena oltrepassai la porta di quel piccolo abitacolo, il Suo profumo invase le mie narici.
Inspirai a pieni polmoni per permettere a quella fragranza di entrare dentro di me, quella fragranza che mi inebriava come mai nessun’altro profumo prima d’ora aveva mai fatto. Rimasi fermo impalato, davanti alla doccia per un paio di minuti, sperando vivamente dentro di me che, imprimendo nella mia mente quel particolare aroma, sarei riuscito a sentirla vicino a me come lo era fino a qualche istante prima.
Dovetti chiedere soccorso a tutta la mia forza di volontà per poter riuscire a lasciar perdere i miei pensieri e infilarmi nella doccia.
In una decina di minuti avevo finito.
Mi allacciai un asciugamano in vita, uscii dal bagno diretto verso la mia camera.
Il più piano possibile, aprii la porta bianca in legno che separava la mia camera con il corridoio, per non rischiare di svegliare la figura magra e snella che dormiva nuda nel mio letto, ricoperta solamente da un lenzuolo di lino fresco.
In quel momento mi sfuggiva il suo nome.
Mi vestii velocemente, presi un foglietto e scrissi con la mia calligrafia disordinata:
 

“ Sono uscito per lavoro.
Ti chiamo io.
                                  H.”
 

Di vero in quelle poche frasi c’era ben poco.
Primo: era domenica mattina e solitamente non si lavora.
Secondo: io proprio non lavoravo.
Terzo: non l’avrei richiamata.
Molta gente mi considera uno stronzo per come mollo le ragazze nel mio letto dopo una notte di fuoco. A me non interessava. È questo quello che facevo nella vita: mi divertivo; cosa che molta gente considera sbagliata.
Poggiai il foglietto sul comodino, in bella vista.
Presi cellulare, portafoglio, chiavi della macchina e mi diressi al piano terra per vedere se qualcuno dei ragazzi fosse già sveglio. Come previsto, non era così.
Uscii da quella casa ancora silenziosa che da li a poco si sarebbe svegliata.
Entrai in macchina, avviai il motore e sfreccia verso la via principale con l’intenzione di andare a fare colazione in una delle più belle pasticcerie di Londra.
Stavo sfrecciando ormai da un paio di minuti per la strada deserta, quando la mia attenzione venne catturata da una sagoma magra e snella che camminava sola per il marciapiede. Una cascata di capelli biondo platino le ricadeva lungo la schiena, muovendosi con la sua andatura. L’occhi cadde più in basso: fondoschiena da urlo, fasciato da una semplice minigonna (molto mini) di jeans.
Accostai.
– Hey bellezza, ti va di venire a fare colazione con me? – le dissi con voce profonda e più sensuale che potessi, ammiccando alla fine della frase.
Lei si girò.
Solo in quel momento incrociai i suoi occhi.
Grandi e azzurri.
Molto simili a quelli di Elisabeth.
Frenai subito quel pensiero.
Era risaputo che non era un buon segno pensare a una ragazza che non sia quella che ti trovi davanti, soprattutto se quest’ultima è una gran bella ragazza, per non usare termini volgari.
La sconosciuta diede uno sguardo alla mia porche nera, per poi guardare me.
Le sue labbra carnose, di un rosso scarlatto, si aprirono in un sorriso, mostrando i suoi denti perfettamente bianchi e perfettamente dritti.
Dopo qualche secondo sfrecciavo per le vie di Londra con in parte a me una bellissima ragazza , diretto al primo Starbucks che avrei incontrato.
– Comunque io sono Harry – dissi girandomi leggermente verso di lei.
Lei mi sorrise nuovamente.
– È un piacere Harry. Tiffany. – mi rispose provocante.
Lo ammetto: quella ragazza mi incuriosiva.
 
 
Elizabeth’s POV
 
Il risveglio che riservai per Niall probabilmente fu abbastanza traumatico.
Mi stavo dirigendo verso la sua camera con una pentola e un mestolo in mano, pronta per dargli il buon giorno a mio modo.
Aprii la porta e quando fui a pochi centimetri dal suo orecchio destro alzai il braccio sinistro che inforcava il mestolo, e con potenza lo feci sbattere contro al retro della pentola, causando un baccano assordante.
Il ragazzo dai capelli biondi aprì di scatto i suoi magnifici occhi azzurri, terrorizzato e cadde dal letto provocando un tonfo sordo. Gli scoppiai a ridere in faccia.
Smisi solo quando mi resi conto che mi stava guardando maligno.
Mi prese per i fianchi e troppo velocemente per uno che si era appena svegliato, mi scaraventò sul letto. Si mise su di me e cominciò a farmi il solletico. Passava dal collo ai fianchi, con movimenti veloci e fluidi che mi costringevano a piegare le gambe.
Ridevo.
Come non facevo da tempo.
Era una sensazione bella, liberatoria.
Arrivai per sino a respirare a fatica dalle tante risate, accompagnate da quelle dolci e familiari di Niall.
– Niall…ti prego fermati…non…respiro…più! – ansimai senza fiato. Andò avanti così ancora per un paio di minuti. Tutto d’un tratto si fermò, ancora con il sorriso sulle labbra, gli occhi che brillavano dalle troppe risate.
Era davvero bello.
Non so cosa mi prese in quel preciso istante, ma lo baciai.
Un bacio veloce. A stampo. Uno di quelli che si scambiano i migliori amici, uno di quei baci che trasmettono tutto il bisogno d’aiuto che solo un vero amico riesce a percepire.
Solo che non riuscii a fermarmi solo a quel contatto.
Lo attirai a me e lo bacia ancora, questa volta un bacio più profondo. Incrociai le gambe dietro alla sua schiena. Lui non mi respinse. Forse perché è mio amico, forse perché è comunque un ragazzo in piena crisi adolescenziale o semplicemente perché provava qualcosa per me.
Con tutta me stessa sperai che non fosse quest’ultima opzione.
Ad un tratto lui si staccò da me e dolcemente. 
– È sbagliato Bath…io…non provo niente per te, ti voglio troppo bene per rovinare tutto con una scopata e basta – dice imbarazzato. Tiro un sospiro mentalmente. Lo guardo negli occhi e sorrido.
– Non ti preoccupare biondino, vale lo stesso per me … – gli sussurro all’orecchio.
Nonostante ciò continuo a stuzzicarlo.
Gli bacio il collo e lo vedo socchiudere gli occhi.
Istintivamente le mie labbra si aprono in un sorrisetto malizioso.
Riprendo a baciarlo sulle labbra. Questa volta lui non mi ferma, anzi, insinua una mano sotto la mia maglietta enorme, probabilmente in cerca del reggiseno, che però non trovò.
Sorrise contro le mie labbra.
Io gli tolgo velocemente la maglietta e gli bacio tutto il petto,  mi accanisco nuovamente sul suo collo, lasciandogli qualche segno violaceo sulla clavicola.
Ogni momento che passava l’atmosfera diventava sempre più calda e l’eccitazione da parte di entrambi, andava crescendo. I respiri affannati, i baci veloci e privi di amore, le mani che accarezzavano l’une il corpo dell’altro.
Proprio quando Niall cercò di togliermi definitivamente la maglietta, che era diventata piuttosto ingombrante, qualcuno ebbe la magnifica idea di venirci a disturbare.
Bussarono alla porta, insistentemente.




*Spazio per Me*

eccomi con il quinto capitolo.
non so voi ma mi sembra di ripetere le stesse cose in tutti gli spazi autrice.
ahahahaahha!
cooomunque, in questo capitolo Elizabeth ha un comportamento abbastanza spinto nei confronti sia di HAROLD che di NIALL!
da quello che avrete capito non è una di quelle ragazzine brave e sante che vedono gli unicorni (?) e la pentola d'oro finito l'arcobaleno (?)...
è una ragazza abbastanza complessa e nel corso della storia la scopriremo insieme ;)

ovviamente se qualcune leggerà e recensirà questa ff! ahahaha

un grosso abbraccio

xx

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Capitolo 7
*** Confused ***


6. Confused
 
 
Niall si alzò velocemente dal letto, ancora eccitato, correndo verso il bagno imbarazzato.
Io rimasi stesa sul letto a pancia in su, col fiatone, cercando di regolarizzare i respiri e con le labbra che pulsavano leggermente a causa dei troppi baci dati, maledicendo mentalmente chiunque ci abbia interrotti.
 In quell’istante il dolce e innocuo volto di mio cugino spuntò da dietro la porta.
Appena mi vide le sue labbra si aprirono in un dolce e accogliente sorriso.
Gli sorrisi di rimando.
– C’è pronto il pranzo, avvisi tu Niall? – mi disse ignaro di ciò che sarebbe potuto succedere se lui non avesse bussato alla porta proprio in quell’istante.
Guardai la sveglia sul comodino, meravigliandomi vedendo che sul display ci fosse una grande scritta rossa luminosa che segnava le 12:30 p.m.
– Certo, ci penso io – gli risposi dolcemente.
Mi sorrise e se ne andò velocemente come era arrivato.
Mi alzai divertita, dirigendomi verso la porta del bagno.
La aprii e all’interno ci trovai Niall che si guardava allo specchio, ancora rosso in viso. 
– Tutto bene? – gli chiesi.
– Secondo te? – mi rispose sarcastico abbassando lo sguardo verso i suoi pantaloni.
Solo in quel momento notai il leggero rigonfiamento della sua tuta.
Scoppiai a ridere.
Lui mi guardava sconvolto.
– Cosa cavolo ridi! È normale, sono un ragazzo e sinceramente vestita in quel modo in queste circostanze non mi aiuti per niente! – disse con un espressione in volto tra l’imbarazzato e il divertito.
Lo guardai nuovamente, per poi spostare lo sguardo sul mio abbigliamento.
Indossavo solamente una sua maglietta che mi copriva solamente quel che bastava.
Gli sorrisi.
– C’è pronto il pranzo, respira profondamente, calmati. Io ti aspetto in camera – gli dissi uscendo dal bagno. Lo vidi annuire e chiudere la porta alle mie spalle.
Che situazione: stavo per andare a letto col mio migliore amico e proprio sul più bello mio cugino ci interrompe lasciando a secco entrambi, ed ora io ero seduta sul letto in attesa di Niall che, ancora chiuso in bagno, eccitato cercava di calmarsi.
Dopo un paio di minuti tornò in camera, con un sorriso imbarazzato sul volto.
Si era rimesso la maglietta del pigiama che, fortunatamente, gli copriva per poco i succhiotti che gli avevo appena fatto.
Gli sorrisi di rimando e insieme scendemmo in sala da pranzo.
Erano già tutti giù e con tutti intendo Liam, Queen, Louis e Zayn.
Li salutai uno a uno: Louis, Queen e Liam con un caloroso abbraccio e un bacio sulla guancia, mentre a Zayn riservai un leggero bacio sull’angolo della bocca.
Ci sedemmo a tavola e sentii lo sguardo del ragazzo dalla pelle ambrata su di me per tutto il tempo, specialmente quando mi alzai per spreparare la tavola con quella maglietta che si muoveva in continuazione lasciando intravedere ogni tanto le mie mutandine di pizzo nero.
Eravamo tutti seduti a tavola con davanti ai nostri occhi una fantastica torta al cioccolato come dolce fatta da zia Jenna, quando sentiamo la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi velocemente. Dopo pochi istanti appare il riccio, seguito mano nella mano da una ragazza alta, magra, stretta in una minigonna, più mini che gonna, con dei capelli lunghi quasi bianchi. In generale non era un brutta ragazza, erano forse le labbra rosso fuoco che conducevano la mia mente ad aggettivi poco fini e gentili nei suoi confronti.
– Oh Harry, giusto in tempo … Dato che ci siete tutti, ed è raro che accada, ne approfitto per fare un paio di annunci importanti: per prima cosa ho una richiesta da fare a Queen e Bath. Ragazze vi va di trasferirvi qui? Ne ho parlato con mia mamma e per lei va bene, manca solo la vostra approvazione – dice sorridente.
Strabuzzo gli occhi e sul mio viso si apre un sorriso a trentadue denti.
Mi alzo velocemente e vado verso Liam e lo abbraccio sussurrandogli un debole “si” vicino all’orecchio e lo stesso fa Queen, che però gli stampa un dolce bacio sulle labbra, scaturendo fischi da parte dei ragazzi. Mi scappa lo sguardo prima sul riccio, che ha gli occhi sbarrati, la mascella contratta e i pugni chiusi, e poi su Zayn che mi sorride sornione.
– Okay, tornando a noi … in secondo luogo, abbiamo una festa da organizzare, perché sono venuto a sapere che tra poco sarà il diciottesimo compleanno di una persona in questa stanza – disse.
Il mondo mi crollò addosso quando tutti gli sguardi si diressero verso di me.
Per primo incontrai quello di Queen.
Era preoccupata.
Lei sapeva cosa fosse successo quel giorno.
Sapeva quanto odiassi il solo pensiero di dover festeggiare il mio compleanno all’anniversario di morte di mia madre.
Ma quello che non sapeva era che io avevo bisogno di festeggiare.
Già, per la prima volta dalla scomparsa di mia mamma avevo bisogno di festeggiare. Non so ancora in che modo, non so ancora come ma so che dovevo dimenticarmi di tutto ciò.
Cacciai indietro le lacrime.
Forzai un sorriso e finsi che andasse tutto bene.
Sentii la mano di Niall sulla mia gamba, mi voltai e lui mi sorrise.
Anche lui sapeva dell’accaduto, glie lo raccontai una delle tante sere che rimasi da lui a dormire. Eravamo stesi sul suo letto in silenzio, io avevo la testa appoggiata al suo addome. Era partito tutto da una semplicissima domanda “ Come stai? ” mi chiese, e io cominciai a piangere in silenzio, lui mi abbracciò e piansi a lungo, prima di raccontargli tutto, durante a anche dopo. Fu la prima volta che ne parlai a qualcuno.
Con Queen non ce n’era bisogno, lei sapeva cosa mi era accaduto.
Liam richiamò l’attenzione su di se.
– Come ultima, ma non meno importante cosa: Harry, non ci presenti la tua nuova ragazza? – disse sorridente.
Il riccio, dopo aver sentito il suo nome, si riscosse dal trans apparente e guardò tutti in faccia tranne me, con un sorrisetto imbarazzato appena accennato sul volto.
 – Ah, giusto … lei è Tiffany – disse atono.
La ragazza era rimasta in dispare per tutto quel tempo senza aprire bocca, ma aveva ancora una mano intrecciata a quella di Harry, che ora sorrideva fiero della sua “preda”.
Mi alzai sorridente e mi diressi verso di lei.
– È un piacere conoscerti, io sono Elisabeth … devo dire che ero davvero curiosa di conoscere la santa che si sarebbe messa con uno così; buona fortuna! Ti servirà… – le dissi causando una risata generale. Lei mi sorrise divertita, spostando lo sguardo sul riccio che mi fissava infastidito.
Fatte le presentazioni mi diressi al piano superiore, verso la camera di Niall per prendere le sigarette che giacevano inutilizzate nella mia borsa ormai da troppo tempo.
Presi il pacchetto, l’accendino e mi diressi verso la terrazza.
Erano le cinque di pomeriggio.
Il cielo era coperto da parecchie nuvole bianche che conferivano alla città un aspetto alquanto inquietante, la luce era poca e chiara, la brezza estiva tirava muovendo le numerose piante poste sul ciglio della strada.
Portai la prima sigaretta di quella giornata alle labbra e l’accesi.
Poggiai i gomiti alla ringhiera di ferro battuto della terrazza, posizionai i piedi nudi un po’ più distanti rispetto alla ringhiera in modo da riuscire a distendere la schiena per stare più comoda.
Sentivo l’aria fresca accarezzarmi le gambe ancora nude.
La maglietta che ogni tanto sventolava per il troppo vento.
A un certo punto sentii due mani calde posarsi sul mio ventre.
Mi alzai lentamente, portando una mano sulla guancia del ragazzo che mi stava abbracciando da dietro. Aveva un accenno di barba.
– Zayn, cosa ci fai qui? – chiesi al ragazzo per poi portarmi la sigaretta alla bocca e tirare lentamente, aspirando avidamente il fumo che produceva.
 – Fumo – lo sentii soffiare sul mio collo con voce sensuale, provocandomi dei brividi, per poi cominciare a lasciarmi baci umidi lungo tutto il collo fino ad arrivare alla clavicola. Socchiusi gli occhi.
Lui si che ci sa fare penso mentre porto una mano tra i capelli del moro.
Porto la sigaretta alle labbra per fare l’ultimo tiro e buttarla giù dalla ringhiera.
– Se non ti fermi potrei perdere il controllo con te, Zayn,  è troppo tempo che tiri la corda… – gli dico inumidendomi le labbra, che tutto d’un tratto erano diventate asciutte. – È proprio quello il mio intento – mi sussurra con voce tremendamente sexy.
Dopo aver sentito quella breve frase, pronunciata in quel modo persi completamente il controllo delle mie azioni.
Mi girai velocemente verso di lui e gli sorrisi malefica.
Cominciai a torturargli il collo, lasciandogli un paio di segni violacei ben visibili appena sotto la mascella. Gli baciai più volte il lobo, sentendolo tremare a quel tocco.
Mi staccai da lui, lo spinsi contro il muro e finalmente feci scontrare le nostre labbra in un bacio voglioso, eccitato e fantastico. Quasi animalesco, aggressivo.
Le nostre lingue si incontrarono poco dopo, cominciando a rincorrersi velocemente e bisognose di quel contatto. Zayn ribaltò la situazione velocemente, prendendomi per le spalle e facendomi ritrovare con le spalle al muro e le sue braccia che mi imprigionavano.
Fece scorrere le sue mani esperte lungo i miei fianchi per poi infilarne una sotto la maglietta e cominciare ad accarezzarmi l’interno coscia. Senza preavviso infilò una mano nei miei slip. Trattenni a stento un gemito. A quel contatto chiusi gli occhi, inarcando la schiena e piegando la testa verso sinistra per permettergli di baciarmi più avidamente il collo. Quando tolse la mano la spostò insieme all’altra sulle mie natiche facendomi incrociare le gambe intorno al suo bacino.
Rientrò in casa dirigendosi verso la sua camera, senza però staccarsi dalle mie labbra.
Una volta arrivati si chiuse la porta alle spalle, mi fece sdraiare sul letto e mi tolse rapidamente la maglietta. Feci lo stesso con lui, cominciando a baciare ogni singolo millimetro della sua pelle che andava a fuoco a ogni mio piccolo tocco.
Lo baciai nuovamente mettendomi a cavalcioni su di lui.
Due volte con due ragazzi diversi, complimenti Bath, davvero penso tra me e me.
Facendo ricorso a tutta la mia forza di volontà mi avvicino all’orecchio del ragazzo dalla pelle ambrata e lo sfioro delicatamente con le mie labbra, probabilmente arrossate.
–  Mi spiace Malik, ma ora devo proprio andare – gli dico col respiro spezzato dall’eccitazione. Cosa che lo fa impazzire ancora di più.
Non gli lascio neanche il tempo di controbattere che scendo dal suo enorme letto, mi rinfilo la maglietta e esco dalla sua camera in silenzio, lasciandolo spaesato ed eccitato.
Mi diressi velocemente in camera di Niall.
Avevo provato troppe emozioni differenti quel giorno: la proposta del trasferimento, la comunicazione della mia imminente festa di compleanno, le effusioni avute con Niall e Zayn e come ultimo un leggero fastidio alla vista della mano intrecciata del riccio con quella di Tiffany.
Andai alla ricerca della mia borsa, dispersa da qualche parte nel casino di quella camera.
La trova tra il mobile contenente le magliette di Niall e il muro.
Comincia a rovistarci dentro, bramando il contatto delle mie dita con quello di un pezzo di carata stagnola contenente quella sostanza che riusciva a farmi calmare.
Non esitai neanche un secondo a scartarla, rompere mezza sigaretta e unire tutto insieme all’interno di  in una cartina lunga, creando una canna perfetta e ordinata, resa tale dalle innumerevoli volte che me ne facevo su una. Sfilai l’accendino dalla tasca interiore della borsa e l’accesi.
In quel momento non mi interessava se mi avrebbero scoperta, non mi interessava di essere nella camera del mio migliore amico a rovinarmi la vita e a bruciarmi i neuroni, non mi interessava di nulla. Mi importava solo ed unicamente di abbandonare la realtà.
Mi mancavano pochi tiri quando intravidi una testa riccia sbucare da dietro la porta.
Fantastico…  proprio lui doveva capitare qua dentro! Pensai tra me e me.
 
 




*Spazio per Me*

Ciao a tutte ragazze!
scusatemi un sacco per il ritardo.
spero che questo capitolo vi piaccia.

un bacio

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Capitolo 8
*** A Mask ***


7. A Mask
 

 




Elizabeth’s POV
 

Guardai i suoi contorni leggermente sfocati, i tratti del volto poco riconoscibili, solo una cosa mi colpì: il suo sguardo.
Quando i miei occhi entrarono in contatto con i suoi rimasi stupita dalla loro profondità, dal loro verde acceso e dalla sagacità con cui mi scrutavano.
Lentamente, mi alzai, appoggiandomi alla testiera del letto per sorreggermi, e avvicinandomi pericolosamente al suo volto.
Era ancora fermo sull’uscio della porta, titubante sul fatto di entrate o meno, così afferrai il colletto della sua camicia e lo tirai nella stanza, chiudendo la porta bruscamente dietro di noi.
Un tonfo soffocato raggiunse le mie orecchie, facendomi percepire che probabilmente avevo fatto urtare troppo violentemente la sua schiena contro la lastra di legno bianco che ci separava dagli altri. Una mia mano tratteneva ancora il suo colletto.
Quando vidi dipingersi sul suo volto un’espressione strafottente, la stretta della mia mano si strinse ancora di più.
Avvicinai il mio viso al suo.
In quel momento la vista della sua faccia mi irritava in una maniera incomprensibile.
Picchiai la mano spontaneamente e violentemente contro la porta, accanto alla sua faccia, per scaricare la tensione dal mio corpo, cosa che servì ben poco.
Mi avvicinai pericolosamente alle sue labbra, facendo respiri profondi per non mettergli le mani addosso.
– Sono curiosa di sapere qual è il tuo problema?! – sputai fuori dai denti acida e furiosa. Lui ci godeva a vedermi così. Lo capivo dal suo sguardo. Gli piaceva vedermi incazzata, con gli occhi fiammeggianti e le guance arrossate dalla troppa rabbia.
Non riuscivo a capirne il perché!
Non mi rispose, si limitò a scansarmi bruscamente, rimanendo impassibile davanti alla mia domanda. In tutta risposta gli tirai uno schiaffo. Potente, sonoro e doloroso.
Lo vidi spostare la testa di lato quando la mia mano venne a contatto con la sua pelle candida. Aveva gli occhi socchiusi. La guancia da me colpita cominciava a tingersi di un rosso accennato leggermente, una forma indefinita che ricordava vagamente la mia mano iniziava a intravedersi.
Non mi dispiaceva affatto di averlo colpito, non mi dispiaceva aver provocato dolore a una persona che a mala pena conoscevo e non mi interessava minimamente se mi odiava, anzi ne ero contenta.
Mi girai bruscamente verso la finestra dopo aver fissato i suoi occhi per istanti che sembrarono infiniti.
Fuori la sera era quasi scesa, l’oscurità cominciava a invadere le vie di quel piccolo quartiere dove tutti si conoscevano, dove i bambini giocavano ogni pomeriggio.
La luce del giorno lasciava il posto al buio della notte che portava con se a volte consiglio, a volte segreti, parole mai dette, atti che si vorrebbero dimenticare ma che ritornavano sempre a tormentare i pensieri, quando il sole tornava a farsi splendente nel cielo la mattina seguente.
Mi sfilai ma maglietta di dosso, convinta che quel ragazzo da me odiato tanto  non fosse più in quella stanza, ma quando mi voltai me lo ritrovai ancora davanti alla porta.
Non aveva più gli occhi socchiusi, non era più voltato da una parte col volto.
Ora mi stava guardando, dritta negli occhi, come se volesse leggermi dentro, cercando di trovare la vecchia Elizabeth, quella che nessuno in quella casa a parte Queen aveva mai conosciuto.
Ma, fortunatamente, un anno di tempo mi aveva permesso di crearmi una nuova persona, una corazza, una maschera.
Mio padre prima di partire mi disse: Dio ci ha dato un viso e noi, molte volte, ce ne costruiamo un altro. La battaglia tra queste due identità divise, diverse, tra chi siamo e chi fingiamo di essere, è invincibile.
Ed è così.
Molto spesso mi capita di sentire dentro di me la vecchia Beth, che lotta, cercando di uscire da quelle pareti nascoste nel profondo di me stessa, incatenate, chiuse a chiave e dimenticate da ormai un anno.
Non volevo mostrargli quell’altra persona che nascondevo dentro. Non sarebbe stato così facile per lui, come per chiunque altro, farlo.
Quando capì che non avevo alcuna intenzione di abbassare lo sguardo ci rinunciò. Abbassò il viso guardandosi le scarpe.
– Vattene… non ho più niente da dire! – dissi strafottente. Lui, nuovamente, non mi rispose. Si limitò ad annuire e a dirigersi verso la porta.
Lo seguii con lo sguardo.
Aprì la porta lentamente, però prima di uscire si girò verso di me e mosse leggermente le labbra, facendo fuoriuscire una sola e corta frase, sussurrata e inaspettata, che a malapena riuscii a percepire: Io non ti odio.
Questo disse.
E se ne andò, senza dire altro.
Rimasi interdetta da quelle parole, spiazzata.
Dopo qualche istante abbandonai quei pensieri, cercando di dimenticare quella conversazione.
Mi cambiai, indossando i pantaloncini della tuta, sufficientemente corti per coprire quello che, in teoria, doveva rimanere coperto, e una canotta bianca.
Tornai in sala con l’intenzione di stravaccarmi sul divano.
Quando raggiunsi il salotto vidi tutti seduti sul divano davanti alla televisione accesa. C’era riprodotta l’immagine del menù di un film… passai lo sguardo sui presenti, l’unico a mancare era il riccio.
Un posto libero tra Zayn e Niall aspettava di essere occupato da me, Liam era seduto sull’unica poltrona vicino al divano mentre manteneva Queen sulle sue gambe, e infine Louis che era seduto alla destra di Zayn con il quale parlava animatamente.
Silenziosamente presi posto tra il mio migliore amico e il pakistano che mi accolsero entrambi con un sorriso appena accennato sulle labbra.
 
 
 

Harry’s POV
 

 
Debole.
Ecco come mi ero mostrato ai suoi occhi.
Fottutamente debole.
A nessuno ero mai riuscito a mostrare questo lato di me, la mia debolezza.
Nemmeno ai ragazzi.
A lei si.
Ero rimasto in silenzio tutto il tempo. Mi ero lasciato schiaffeggiare da una ragazza.
Senza accorgermene mi ritrovai davanti allo specchio della mia camera. L’immagine riflessa mi ritraeva non era niente male: capelli a posto, la camici bianca permetteva di intravedere le due rondini che poco tempo prima mi ero tatuato e che metteva in risalto i miei muscoli. Ma c’era una cosa che attirò la mia attenzione, qualcosa che non apparteneva al mio aspetto.
Una grossa macchia rossa, appena sotto lo zigomo. Era il punto in cui la mano di Elizabeth aveva colpito il mio viso con decisione.
Si intravedeva la forma della sua piccola mano in confronto alla mia. Sfiorai quel punto delicatamente con le punte delle dita, atto che mi provocò un formicolio per tutta la guancia.
Senza pensarci due volte presi la mia giacca, la infilai e corsi giù dalle scale, persi Tiffany per mano e corsi giù dalle scale, senza ascoltare le urla dei ragazzi che mi domandavano con stupore di dove stessi andando così di fretta.
La destinazione era solo una sola, la casa della mia ragazza, per sfogare la mia frustrazione nel miglior modo che potevo.
Sotto le lenzuola.
 
 


Elizabeth’s POV


 
Puzza di alcool.
Puzza di fumo.
Puzza di sudore.
Corpi di ragazzi in piena crisi ormonale che si strusciano in continuazione tra loro.
Ecco cosa avevo davanti. Questa è la mia festa di compleanno. Qualcosa di grosso.
Una festa organizzata dai ragazzi per il mio diciottesimo, dove le uniche persone che conosco sono quei cinque idioti che hanno organizzato questa serata, più Queen.
Ero appena entrata nel locale. Subito dopo varcata la soglia mi ero resa conto che era proprio quello che mi ci voleva. Una nottata di svago, dove i pensieri erano nascosti nella parte più remota della mia testa e il divertimento sarebbe stato l’unico protagonista.
Avevo dietro si e no 20 grammi di fumo, mi saprebbero bastati un paio di drink e avrei passato una serata fantastica. 
Misi subito gli occhi sul bancone del bar, distante una decina di metri da dove mi trovavo io. Impiegai almeno dieci minuti per riuscire a raggiungerlo, sgomitando e spingendo i ragazzi che ballavano affannati e appiccicati tra loro. 
ordinai qualcosa di forte, non mi interessava cosa fosse, mi bastava sapere che con quello sarei andata sul sicuro.
Mandai giù il primo sorso, cavolo era davvero potente. Sentivo il liquido superalcolico scendere lungo la gola, bruciando al suo passaggio e costringendomi a fare una smorfia causata dal fastidio del l'alcool.
La prima tappa è andata. Pensai tra me e me. Ora c'è la seconda. Presi con prepotenza la mia borsa e mi diressi verso l'uscita. Una volta fuori mi riempii i polmoni di aria pulita e tirai fuori dalla borsa il fumo. Dopo un quarto d'ora ero di nuovo dentro al locale. La musica che rimbombava nelle orecchie e la testa più leggera del solito. Non ci pensai due volte, mi fiondai sulla pista da ballo, muovendo i fianchi sensualmente e attirando l'attenzione di un paio di ragazzi poco distanti da me.
Nemmeno trenta secondo dopo sentii un corpo caldo dietro al mio che si muoveva in contemporanea a ritmo di musica.
Non mi interessava dell'identità di quel ragazzo, ero consapevole del fatto che, anche se mi sarei girata per guardarlo, i suoi lineamenti sarebbero apparsi ai miei occhi completamente sfumati, impedendomi di analizzare il suo aspetto. 
ballammo per minuti infiniti.
Sentivo le sue mani sui miei fianchi scendere sempre più giù, fino ad arrivare all'estremità del mio vestitino nero fin troppo attillato e corto. Con un movimento lento e stressante alzo leggermente l'orlo, e, quando la pelle calda della sua mano entrò in contatto con quella della mia coscia, appiccicai ancora di più la mia schiena al suo petto facendoli aderire perfettamente.
Proprio quando sentii le labbra del ragazzo raggiungere il mio collo con dei baci leggeri e umidi venni strattonata lontana da quel contatto così piacevole. 
- mi spiace amico ma è il mio turno- sentii dire da una voce conosciuta alle mie orecchie. Zayn.





*Spazio per me*

ciao a tutte....
finalmente è arrivata la festa di Beth awwwwwww succederanno 
cose molto interessanti nel prossimo capitolo! 
appena sarà pronto non vedo l'ora di pubblicarlo.

scusatemi un sacco se aggiorno ogni morte di papa ma in questo periodo 
ho un blocco, non mi vine in mente nulla!

un bacio a tutte

se recensite vi ringrazio in anticipo!

S xX

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Capitolo 9
*** Just Sex? ***


8. Just Sex?
 




Il ragazzo dalla pelle ambrata mi rivolge uno sguardo intenso, che a fatica riesco a percepire.
Con un movimento lento si posiziona dietro di me, facendo aderire il suo petto alla mia schiena. Comincia a muovere i fianchi lentamente, mentre, con una mano sul mio fianco destro da il ritmo anche al mio bacino, facendolo muovere a ritmo di musica.
Quando cominciamo a muoverci sincronizzati e capisce che non mi sarei allontanata dalla sua stretta, fa scivolare le mani lungo le mie cosce, accarezzandole dolcemente, mentre mi sussurra parole provocanti all'orecchio.
A un tratto comincia a baciarti il collo.
La differenza di pochi centimetri d'altezza gli permette di arrivare con facilità all'inizio del seno. Baciandomi sul bordo della scollatura del vestito.
Meccanicamente una mia mano arriva alla sua nuca per aumentare il contatto delle sue labbra con la mia pelle. Balliamo in quel modo per almeno un quarto d'ora, fino a quando io, stanca di subire la sua "tortura", cominci ad avvicinare la mano libera al cavallo dei suoi pantaloni. 
Con un movimento rapido mi gira verso di se. 
- che ne dici di finire quello che avevamo cominciato a casa? - mi dice all'orecchio, facendo sfregare le sue labbra piene contro il mio lobo. In tutta risposta mi mordo il labbro inferiore in segno di affermazione.
- prima però voglio bere qualcosa- gli dico io con fare sensuale, dirigendomi verso il bancone del bar.
lui mi segue immediatamente, avvolgendomi le spalle con le sue braccia forti e muscolose. Ordinai il cocktail più forte, appena le mie labbra vennero a contatto con il liquido mi resi conto di cosa mi aveva servito il barman. 
Assenzio.
Niente in confronto ai cocktail bevuti in precedenza.
Mi scaldò tutta la gola, bruciava, fino ad arrivare nel mio stomaco. Rabbrividii.
A un certo punto sentii Zayn prendermi per mano. Cominciammo a camminare in mezzo ai ragazzi, non capivo più nulla, l'unica certezza che avevo era la mia mano stretta a quella del pakistano che mi guidava su per le scale per accedere alle camere private della discoteca.
A un certo punto si fermò in mezzo alle scale mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Un bacio desiderato, bisognoso, per certi punti di vista violento, affamato. Devo ammetterlo, il contatto delle sue labbra sulle mie mi tranquillizzava. Mi piaceva. 
Ma che sto dicendo, sono ubriaca,non possono piacermi i baci di Zayn! 
Dissi a me stessa, con tono di rimprovero. Quando ci staccammo l'uno dalla altra le nostre mani si ritrovarono ancora, per poi avviarci impazienti verso la prima camera libera che trovammo.
Aprii io la porta, neanche il tempo di entrare che la richiusi subito, spingendo Zayn contro il legno freddo per fiondarmi violentemente di nuovo sulle sue labbra. Le mani intorno al suo collo. Quando mi staccai per prendere aria, il ragazzo dagli occhi magnetici mi spinse verso il letto matrimoniale al centro della stanza.
Il respiro affannato, il cuore che batteva troppo veloce, le mani tremanti. 
Sono queste le emozioni che si provano quando si è innamorati e in quella situazione nessuna di queste sensazioni faceva parte di noi.
Mi ritrovai con la schiena premuta contro al materasso. Zayn sopra di me mi guardo per pochi secondi prima di fiondarsi sulla pelle candida del mio collo, baciandolo, leccandolo e succhiandolo, lasciando macchie violacee al suo passaggio. Socchiusi gli occhi per la troppa adrenalina che mi scorreva nelle vene. Mentre una delle sue grandi mani scorreva lungo il mio corpo, l'altra cercava imperterrita la cerniera laterale del vestito che trovò poco dopo, facendola scorre fino alla fine. Mi sfilò l'abito gettando lo ai piedi del letto.
non mi andava bene il fatto che fossi solo io mezza nuda sul letto, così staccai Zayn dal mio collo portando la sua faccia davanti alla mia per far combaciare le nostre labbra. In pochi secondi ribaltai la situazione, mettendo mi a cavalcioni su di lui. Potevo sentire la sua erezione, imprigionata nei jeans, premere contro la mia coscia. Infilai le mani sotto la sua maglietta nera, alzandogliela, mettendo in mostra i suoi addominali scolpiti. Gli sfilai la maglietta e cominciai a far scorrere le mani su tutto il suo petto, baciandolo ogni tanto. Feci scendere le mani verso la cintura dei suoi pantaloni, aprendola, cercando di togliere quel l'elemento di troppo. Lui alzò il bacino per facilitarmi facendolo scontrare col mio. 
Sentii le sue mani arrivare al gancio del mio reggiseno una volta avergli tolto i pantaloni. Lo sganciò facilmente lanciandolo infondo al letto a far compagnia al vestitino nero. Le mie mutandine e i suoi boxer li raggiunsero poco dopo, lasciandoci entrambi nudi. I baci diventavano sempre più passionali, le carezze sempre più approfondite, i respiri sempre più affannati.
Entrò in me con una spinta decisa, facendo mi sussultare appena. I movimento erano calcolati, a ogni spinta gemevamo sempre più forte fino a quando  entrambi venimmo nello stesso istante. Zayn si accascio contro il mio petto, baciando il mio collo, per passare poi alla mascella e in fine alle labbra, dove ci lascio un dolce bacio a stampo. 
- questa volta non sei scappata - sussurrò al mio orecchio dolcemente.
- non ne avevo alcuna intenzione - gli risposi baciando le sue labbra, questa volta approfondendo il bacio chiedendo accesso alla sua bocca passando la lingua sul suo labbro inferiore. Lui acconsentì facendo entrare in contatto le nostre lingue, che cominciarono una danza tutta loro, inseguendosi ripetutamente. 
Quando ci staccammo l'uno dall'altra, Zayn, si sdraiò a pancia in su, io appoggiai la testa nell'incavo del suo collo, respirando il suo profumo, addormentandomi su di lui.
 
Harry’s POV
Avevo visto Zayn e Beth salire su per le scale della discoteca che portavano alle camere. Non erano ancora tornati e io da quel momento avevo continuato a bere. Un drink dopo l'altro sperando di abbandonare i miei pensieri e riuscire a divertirmi come avevo sempre fatto, ma non ci riuscivo. Tra tutte le ragazze che c'erano in quella maledetta discoteca, nessuna aveva attirato la mia attenzione quella sera come aveva fatto Elizabeth. 
Erano le due passate, forse anche le tre, e solo allora vidi tra la folla la testa bionda e spettinata di Elizabeth, seguita a ruota da quella mora di Zayn. Appena riuscii a vedere abbastanza le loro figure notai che si tenevano per mano. Zayn mi vide, sussurrò qualcosa a Beth, che si allontanò, per poi dirigersi verso di me con un sorriso compiaciuto stampato in faccia.
- non ce bisogno che tu venga qua a rinfacciarmi il fatto che te la sei portata a letto!- dissi seccato al ragazzo.
- non sono qui per quello- disse calmo.
- allora cos'è quella faccia!?- dissi acido.
- voglio fare sul serio con lei- mi disse. A quelle parole mi voltai sconvolto e Zayn cominciò a ridere.
- dovresti vedere la tua faccia, amico. Sembra che tu abbia appena visto un fantasma! Stavo scherzando comunque.. Lasciamelo dire quella li scopa da dio. Non te lo immagini neanche. La scopata migliore della mia vita- disse ridendo.
Non so perché ma in quel preciso momento, appena Zayn finì di parlare il mio pugno destro finì contro la sua guancia sinistra, facendolo indietreggiare e il ragazzo pakistano, meccanicamente mi restituì il pugno, colpendomi sul naso.
Un liquido caldo e appiccicoso cominciò a colare fino alla mia bocca. 
Così restituii il favore. 
Un colpo, un altro e un'altro ancora.
Continuammo a colpirci con violenza.
L'alcool, la confusione e la rabbia non erano d'aiuto sicuramente.
Non smettemmo fino a quando qualcuno non si mise in mezzo a noi. Tenendoci lontani. 
- Fuori. Tutti e due. ORA!- merda Beth.
Era incazzata nera. Era ovvio che non avrei potuto giustificarmi dicendole che mi avevano fatto scattare le parole di Zayn. Guardò prima il pakistano e poi me.
Zayn cominciò a camminare verso l'uscita del locale, seguito a ruota da me e dalla ragazza bionda.
 
Elizabeth’s POV

- che cazzo vi è saltato in mente! Che cazzo stavate facendo!! Ma soprattutto perché?- il mio sguardo si spostava da Zayn al riccio. Tutti e due guardavano in terra. Zayn era quello messo peggio: un labbro spaccato, lo zigomo destro gonfio e l'occhio destro malconcio. Un piccolo taglio all'altezza del sopracciglio aveva sporcato leggermente la sua tempia di sangue. 
Nessuno dei due aveva ancora proferito parola e la mia pazienza era quasi al limite. Non volevo fare una sceneggiata quella sera. Guardai Harry, il naso sanguinava ma oltre a quello non sembrava avesse altro di grave. 
Mi voltai verso il ragazzo dalla pelle ambrata, ora mi stava guardando dritto negli occhi. Alzai un sopracciglio. 
- avete intenzione di rispondere o no?!- dissi. 
- non preoccuparti non è niente- disse Zayn. Guardai il riccio che annui alle parole dell'amico. 
Sospirai.
- Okay. Zayn dammi le chiavi della tua macchina, torniamo a casa- gli dissi senza accettare repliche. Lui infilò la mani nella tasca destra dei jeans e tirò fuori le chiavi.
Lo presi per mano e ci dirigemmo verso l'auto per tornare a casa.




*spazio per me*

ciao ragazzule!
è tanto che non aggiorno perche mi ero demoralizzata dato che non riesco neanche ad arrivare  a 20 recensioni :'( 
comunque ecco qui il nuovo capitolo se vi piace o meno fatemelo sapere!!! 

un bacio

S.

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Capitolo 10
*** The Sketch ***


9. The Sketch



 
Flashback
 
Un’accennata smorfia di dolore fece largo sul viso di Zayn.
Non aveva ancora detto una parola da quando eravamo andati via dal locale.
 
Una parte di me voleva sapere a tutti i costi la ragione della scazzottata che c’erra stata tra i due amici pochi istanti prima, ma quello che più comunemente è chiamato orgoglio mi impediva di saziare la mia curiosità.
 
Ci misi una mezz’ora buona per ripulire il viso del ragazzo dalla pelle ambrata.
Una volta finito mi accorsi che non era messo così male come pensavo.
Il taglio vicino al sopracciglio e quello sul labbro erano quasi invisibili e lo zigomo si era sgonfiato lasciando il posto a una grande macchia rossa, tendente al viola, come l’occhio.
Sentivo lo sguardo di Zayn sul mio corpo a ogni movimento che compivo.
Poggiai l’ovatta e il disinfettante sul ripiano dello specchio del bagno, lanciai un’occhiata al moro e poi uscii.
 
 – Te l’hanno mai detto che sei davvero brava a letto? – disse Zayn rompendo il silenzio.
 
Mi fermai sulla soglia della porta girando la testa di lato per guardarlo in faccia.
Un sorrisetto malizioso, che lo rendeva ancor più provocante del solito, si dipinse sul suo viso.
 
– Me lo avevano accennato – risposi io, maliziosamente.
 
Lui si avvicinò a me, con passo lento e sensuale. I suoi occhi ancora puntati nei miei. Poggiò una mano sul mio fianco per avvicinarmi al suo petto, insinuò la mano sotto il mio vestitino, cominciando a disegnare cerchi immaginari sulla pelle dell’interno coscia.
Un brivido di eccitazione percorse la mia schiena.
 
 – Sai, potremmo divertirci davvero molto insieme… e non per forza dopo qualche bicchierino di troppo – sussurrò al mio orecchio.
 
– Mi stai proponendo di venire a letto con te quando cavolo ne avrei voglia, Malik? – chiesi, con la voce rotta dall’eccitazione.
 
– Può darsi – sussurrò lui al mio orecchio, prima di far incontrare le sue labbra con le mie. Fu un bacio lento, desiderato, passionale, ma soprattutto eccitante.
 
Quando interrompemmo quel contatto, così intimo e differente dai baci che ci eravamo scambiati appena qualche ora prima, le labbra pulsavano e il respiro era corto per entrambi.
 
– Buona notte, Malik – sussurrai sulle sue labbra.
 
Lui ammiccò e si diresse lentamente verso la sua camera. Prima di varcare la porta si voltò verso di me, che ero rimasta a fissare la sua ampia schiena come un’ebete, e mi sorrise. Un sorriso sincero, senza malizia, senza impegno, uno di quelli che vengono dal cuore, che per pochi istanti fece accelerare il mio battito cardiaco.
Quella notte non dormii.


 
 
Cosa stavo facendo in quel momento?
 
Ero su un autobus.
 
Da quanto?
 
Si e no 3 ore.
 
Perché?
 
È una mia abitudine, di quando sono confusa, uscire di casa e passare il pomeriggio su un autobus o sulla metro. Mi piace molto analizzare la gente, osservare\ i loro comportamenti, inventare le loro storie.. Ma soprattutto mi rilassa e in questo periodo ne ho bisogno. Mille pensieri vorticano nella mia mente: il sesso con Zayn, le botte tra quest'ultimo e Harry, il fatto che Zayn mi avesse detto che avrei potuto andare a letto con lui ogni volta che ne avevo voglia.
 
Insomma, molto a cui pensare, e quel pomeriggio oltre ad aver trovato una soluzione alla maggior parte dei mie problemi, trovai anche un paio di personaggi interessanti su quell'autobus.
Una signora sulla cinquantina d'anni.
Abbastanza alta, il viso sciupato dalla stanchezza.
Indossava un completo, pantalone e giacca, blu notte.
Una camicetta bianca le fasciava gli esili fianchi, il tessuto leggero e semi trasparente lasciava intravedere il reggiseno di pizzo nero.
Un’innumerevole quantità di perle le decoravano il collo, conferendole un’aria regale.
I grandi occhi azzurri erano spenti, contornati da piccole rughe che si accentuavano al minimo movimento delle palpebre. Saettavano ogni qual volta le porte dell’autobus si aprivano per vedere chi varcava la soglia, probabilmente in cera di uno sguardo che le avrebbe rubato il cuore, le avrebbe mozzato il respiro per quanto basta per rendersi conto che QUELLO era la persona giusta, l’anima gemella.
 
Non ho mai creduto nell’amore a prima vista.
Non ho mai creduto nell’amore in generale.
 
Mi è capitato solo una volta di innamorarmi, e da quella volta ne sono uscita devastata.
Ecco a cosa serve l’amore, è un sentimento che ti distrugge, ti fa soffrire e io di stare male ne avevo piene le scatole.
Ma a quanto pare quella signora non ne aveva abbastanza.
 
La seconda persona che vidi era un ragazzo.
Teneva tra le mani un album da disegno, dalla copertina nera in pelle più consumata e rovinata agli angoli, aperto a metà. Le pagine tendenti al giallo accoglievano il delicato tocco della matita, spinta dalla mano del ragazzo, indaffarato e concentrato a disegnare.
 
Il capo era chino sul blocco dei disegni, i biondi capelli corti leggermente mossi gli ricadevano sulla fronte, le spalle larghe e muscolose erano fasciate da una maglietta bianca che metteva in evidenza i muscoli dell’addome, non eccessivamente delineati.
 
Ad un certo punto mi accorsi che anche il ragazzo mi stava studiando da lontano. Quando incrociai il suo sguardo, riuscii a vedere il colore dei suoi occhi.
Verdi. Avevano qualcosa di speciale che non riuscivo a spiegarmi, delle striature azzurre e alcune ambrate circondavano la pupilla, rendendo il suo sguardo magnetico.
Le labbra carnose e rosee si aprirono in un sorriso, mostrando una fila di denti bianchi e perfetti.
Fu in quel momento, su quel fottutissimo autobus, che tutto si fermò per un istante interminabile.
Quel sorriso, così sincero, così puro, innocente e senza malizia, mi fece sentire bene. Come una semplice e felice ragazza di diciotto anni.
Non riuscii a trattenere un sorriso.
 
Era tanto che non mi accadeva.
Sorride dall’imbarazzo.
Perché si, quando quel ragazzo mi sorrise, le mie guance si colorarono, anche se impercettibilmente, leggermente di rosso.
 
Passarono ancora un paio di minuti quando il pullman si fermò alla mia fermata.
Lentamente scesi. Lanciai uno sguardo all’interno del bus, dove doveva esserci seduto il ragazzo dal nome a me ignoto, ma non lo vidi.
Mi girai nella direzione opposta a quella della mia strada, vedendo le sue spalle larghe allontanarsi sempre di più da me.
Mi rigirai.
Un altro sorriso si dipinse sul mio volto, questa volta però scomparve subito dopo.
La consapevolezza che non lo avrei più rivisto fece bloccare qualsiasi tipo di emozione positiva che stavo provando in quell’istante.
Infilai la mano nella borsa, estraendo il pacchetto delle mie adorate sigarette, ma inaspettatamente la mia mano venne a contatto con una superficie ruvida.
Un foglio.
Lo estrassi, era piegato in due parti.
Lo aprii.
Vi erano disegnati sopra un paio di occhi. I miei.
Sotto il disegno una frase:
 
“L'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo,
per questo abbiamo paura di farci
guardare negli occhi.”
 

 
Jim Morrison.
Sapevo che era una sua citazione.
Ammirai per un’ultima volta il ritratto identico dei miei occhi, sorridendo tra me e me.
Recuperai il pacchetto di sigarette, ne estrassi una e l’accesi.
Rimisi il foglio in borsa e, lentamente, mi incamminai verso casa.
 
Quando varcai la porta trovai tutti i ragazzi in salone.
Cercai un paio di occhi scuri, incorniciati da folte ciglia.
Mi avvicinai a lui con passo svelto.
Il ragazzo dalla pelle ambrata era seduto comodamente sull’unica poltrona del salotto.
Sotto lo sguardo sbigottito di tutti mi misi a cavalcioni su di lui, facendo scontrare le nostre labbra in un bacio tutt’altro che casto e dolce, ma violento e bisognoso.
Inizialmente rimase interdetto dal mio gesto, ma dopo poco rispose al bacio, poggiando una mano sulla mia schiena per avvicinare maggiormente il mio corpo al suo.
 
– Deduco che sia un si – sussurrò sulle mie labbra, sorridendo malizioso.
– Tu dici!? – risposi, con la voce rotta dall’eccitazione.
 
– Ti aspetto in camera mia stanotte – gli sussurrai all’orecchio prima di alzarmi per andare a prendere un bicchiere d’acqua, incurante degli sguardi sconvolti di tutti gli altri.
 



*spazio per me*

ciao bellissime!
che dire... ringrazio per le recensioni che mi avevte
lasciato hai capitoli precedenti.
scusate per il lungo periodo tra un capitolo e l'altro 
ma ultimamente non ho molta immaginazione.

questo capitolo è più un capitolo di passaggio, non molto seguito,
non molto interessante secondo me!
scusate per eventuali errori di scrittura...

fatemi sapere cosa ne pensate! 
un bacio 

S.

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