La trilogia dell'Angelo Nero - III - L'Asse di Thyr

di daemonlord89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Sterminio ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo - I ribelli ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo - Ritorno al villaggio ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo - L'uomo e la bestia ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto - Anima divisa ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto - Tensione ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto - Rovine ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo - L'assedio di Syr Tainith ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo - Rinforzi ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono - Una svolta ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo - Sconfitta ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo - L'inganno ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo - Le carte in tavola ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo - Il canto dell'aria e del fuoco ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo - Nessuna redenzione ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo - L'ultimo scontro ***
Capitolo 17: *** Epilogo - Rinascita ***



Capitolo 1
*** Prologo - Sterminio ***


PROLOGO
-Sterminio-

 

---Foresta di Lasiar, nei pressi del villaggio di Monkard---
---Regione di Mistar---

Vendren era felice, il suo sorriso avrebbe potuto illuminare la notte. Era uscito a caccia all'alba e tornava al villaggio solo ora che il sole era calato e l'oscurità si preparava ad avvolgere il mondo di Reevan. Era stata una giornata molto faticosa, ma lui non ne era pentito; aveva infatti trovato alcune prede piuttosto interessanti. Con la mano sinistra teneva alcuni uccelli, che penzolavano senza vita, mentre il peso di un grosso cinghiale gli faceva piegare la schiena, essendo ad essa assicurato con delle cinghie. La mano destra reggeva la spada; Vendren conosceva bene i pericoli della foresta e non voleva farsi cogliere impreparato da qualche predatore.
Scavalcò un ramo caduto e si fermò un attimo per riposare.
Era davvero felice: ultimamente gli animali nella foresta di Lasiar scarseggiavano, per qualche motivo che nessuno era riuscito ancora a comprendere, e un risultato come il suo era invidiabile. Ferlena, sua moglie, sarebbe stata fiera di lui e avrebbe saputo come ricompensarlo. A quel pensiero, sorrise ancora di più, portando al limite le capacità dei suoi muscoli del viso.
Si guardò intorno, indugiando sui possenti alberi sempreverdi che lo circondavano. Normalmente si sarebbero sentiti i versi di mille animali, ma in quel momento il silenzio regnava sovrano.
Il cacciatore scosse la testa. Cosa sta succedendo? Si chiese. Era come se gli animali fossero scappati, avvertendo un pericolo imminente.
Scrollando le spalle, riprese a camminare. Scoprire il motivo di quella carenza di fauna era compito degli anziani, non certo suo.
Si mise a fischiettare una melodia che conosceva fin da piccolo,
il canto dell'aria e del fuoco. Era una ballata che narrava di come due eroici maghi avevano purificato le terre di Mistar dal male, eliminando i mostri che le abitavano e permettendo agli uomini di colonizzarle. Non sapeva quanto di vero ci fosse, ma non gli importava; la melodia era orecchiabile e la canzone appassionante.
A breve avrebbe raggiunto il sentiero principale, quello che portava al villaggio. Aveva preferito tagliare per il bosco ai margini, piuttosto che seguire le stradine che, anche se comode, gli avrebbero fatto perdere un mucchio di tempo.
Si fermò.

Chi sono quelli?
Si nascose dietro ad un albero, spinto dal proprio istinto, e fece cadere il cinghiale a terra senza fare rumore. Alcuni uomini stavano pattugliando il bosco, uomini che non aveva mai visto e che indossavano quella che aveva tutta l'aria di una divisa militare. Non erano abituati a muoversi nel verde, si vedeva. Stranieri, dunque. La gente di Mistar era diffidente per natura e tutti venivano abituati a non fidarsi di coloro che non erano mistariani. Quegli uomini, inoltre, portavano un'insegna che a Vendren non piaceva per nulla: il simbolo era un triangolo colorato di tre tinte diverse, verde, bianco ed arancione. Dai lati del triangolo, inoltre, si dispiegavano due ali nere come la notte.
No, decisamente non gli piacevano.

---Villaggio di Monkard---

 

Anziano Loren!” gridò una donna, entrando nella grande casa di mattoni e paglia al centro della cittadina, un conglomerato di poco più di una decina di abitazioni. In quel villaggio non c'era molto, solo una sala comune perché gli abitanti potessero divertirsi la sera e qualche negozio di cianfrusaglie.
Loren, un uomo di quasi sessant'anni, si alzò dalla sua sedia vedendo la donna.
“Mara, cosa succede?”
“Anziano, sono arrivati degli uomini, stanno radunando tutti in piazza e vogliono parlare con lei!”
“Con me?”

Dunque è ora.
“Sì. Anziano, fanno paura...”
“Arrivo subito.”

Lo sapevo. Prima o poi doveva succedere.
Con quei pensieri in testa varco la soglia della casa degli anziani, pronto ad affrontare il più temibile degli avversari.

La piazza di Monkard era giusto una piccola radura di fronte all'edificio principale. Quando Loren uscì, notò che tutti i cittadini erano raccolti lì. Uomini, donne ma soprattutto bambini erano tenuti sotto controllo da un gruppo di più di venti uomini, tutti armati e tutti con la stessa divisa. Ridevano, i bastardi. Ridevano e gioivano della paura di quella gente. Loren digrignò i denti.
Guardò poi dritto davanti a sé, vedendo chi guidava quegli uomini. La sua mente si svuotò e le sue gambe si fecero deboli. Cadde in ginocchio e accettò l'aiuto di Mara, che camminava al suo fianco.
“Va tutto bene, Anziano?” domandò la donna. Lui rispose con un cenno del capo e tornò a guardare quell'uomo. Se di uomo si poteva parlare.

L'insegna che portava era identica a quella dei suoi soldati, ma era cucita su una lunga tunica bianca, esattamente al centro del petto. La tunica copriva integralmente gambe e braccia, non lasciando intravedere nessuna delle estremità. Il cappuccio si chiudeva sul volto, coperto da una maschera bianca senza tratti somatici, i cui occhi vuoti sembravano guardare nel profondo dell'anima. Dalla schiena partivano due grandi ali, simili a quelle di un corvo.
Mentre camminava, un'aura di oscurità lo seguiva, pulsando e distorcendo la realtà intorno a lui. Si avvicinò a Loren, con incedere lento e letale.

Sai chi sono?” chiese.
“Sì.” rispose l'anziano, con voce tremante.
“Allora sai che cosa voglio. Dov'è?”
“Io... Io non te lo dirò mai.”
“Ah!Ah!Ah!” rise l'angelo, e la sua voce risuonò nelle menti e nei cuori dei presenti, che si abbracciarono per condividere il terrore.
“Sei coraggioso.” continuò il mostro “Ma il coraggio non ti servirà a nulla. Dimmelo, o chiederò le informazioni al tuo cadavere.”
Loren non aveva dubbi che l'avrebbe fatto. Conosceva quell'essere e conosceva la sua forza. Paralre con un morto non era certo un problema, per lui. Decise allora di parlare, convinto di potersi salvare.
“Sulla Spina del Drago.”
“E' la verità?”
“Sì, lo giuro.” l'anziano si sentiva un verme per ciò che aveva fatto, ma voleva salvare il proprio villaggio.
“Bene. Saggia scelta.”

Mara fu scagliata a terra da una forza magica invisibile, scaturita dall'anziano al suo fianco. Rimase a guardare sbalordita mentre il suo corpo si sollevava. Guardò in direzione dell'angelo e vide che aveva esteso il braccio destro e lo stava muovendo, tenendo il palmo della mano rivolto verso terra. Era lui a stringere l'anziano in quella morsa.
Loren tossì, come se stesse soffocando.
“Hai promesso...”
“Non continuare.” disse l'angelo “Saresti ridicolo. Ho detto che avrei chiesto le informazioni al tuo cadavere se non me le avessi date, non che non ci sarebbero stati cadaveri nel caso opposto.”
“Ma perché?”
“Perché il mondo deve bruciare.” rispose il mostro, mentre l'oscurità attorno a lui si raccoglieva nella sua mano “E brucerà.”
Dal palmo aperto dell'angelo scaturì un dardo nero, che trapassò l'anziano Loren da parte a parte. Il suono che emise nel fare quello sembrava un sospiro di estasi. Lasciò cadere l'anziano a terra e si voltò verso i suoi uomini.
“Sterminateli. Dal primo all'ultimo.”

---Foresta---

Vendren si serrò la bocca con la mano destra. Aveva seguito una pista nascosta per arrivare al villaggio e vedere che cosa stesse succedendo. Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. Sotto il suo sguardo impotente, gli uomini che erano giunti a Monkard passarono a fil di spada tutti i suoi amici e i suoi familiari. Più di una volta fu tentato di intervenire, ma sapeva che non avrebbe potuto nulla contro quell'angelo. Si inginocchiò disperato e fu in quel momento che avvertì una presenza dietro di lui.
“Oh, chi abbiamo qui?”

Si voltò e vide due dei soldati nemici. Uno di loro stava picchiando la lama di una spada sulla mano sinistra.
Vendren si alzò e si preparò ad affrontarli, quando qualcosa li colpì, anticipando la sua mossa.
Uno dei due uomini urlò, mentre un'energia simile a quella del dardo nero usato dall'angelo lo colpiva alla schiena. Cadde a terra e il suo compagno si voltò, solo per subire lo stesso destino.
Vendren non capiva. Quando vide un'altra figura avvicinarsi, uscendo dall'ombra, si preparò ad attaccare.
“Fermati.” intimò una voce femminile. Una ragazza sui vent'anni si parò davanti a lui, con la mano destra ancora sfrigolante di energia. La sua salvatrice.
“Chi sei?” domandò il cacciatore, squadrando con attenzione i capelli castani, lunghi, e gli occhi azzurri.
“Non importa, ora. Ciò che importa è che devi venire con me.”

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Capitolo 2
*** Capitolo primo - I ribelli ***


CAPITOLO PRIMO
-I ribelli-

 

---Nel profondo della foresta---

La ragazza che era apparsa dal nulla stava conducendo Vendren attraverso gli alberi, evitando accuratamente tutti i sentieri. Ogni tanto gli faceva segno di stare giù, per evitare di essere notati dagli uomini dell'esercito invasore, che pattugliavano il bosco.
Continuarono a correre fino a che non uscirono dai confini dell'area di caccia dell'uomo. Si stavano addentrando in territori a lui sconosciuti, ma alla sua guida dovevano essere ben familiari. Non si fermarono un momento, nemmeno per respirare; quando Vendren cercava di parlare lei lo zittiva con un rapido gesto della mano.
Saltarono un ruscello e continuarono la loro folle corsa. Ad un certo punto la ragazza lanciò quello che sembrava un richiamo di qualche uccello, tre fischi acuti a breve distanza l'uno dall'altro, poi rallentò. Vendren faticò a fermarsi, le sue gambe lo portarono avanti ancora di qualche metro.
Mise le mani sulle gambe e si chinò per sputare per terra. La corsa l'aveva provato, non vi era abituato.
“Ok.” disse, tra un respiro e l'altro “Adesso dimmi... Cosa cazzo sta succedendo.”
“Saprai tutto.” rispose l'altra, anche lei non senza fatica “Ora siamo al sicuro.”
“Al sicuro? Per quale motivo? A me sembra che non sia cambiato niente. Siamo forse troppo lontani da quegli uomini?”
“Non è quello.”
La ragazza indicò verso l'alto e Vendren guardò. Tra le chiome degli alberi, appoggiati ai rami più alti, c'erano delle persone: uomini e donne, che sembravano di guardia. Tutti loro avevano degli archi lunghi e l'aria di chi sapeva come usarli.
“Se non avessi fischiato” spiegò la strana donna “probabilmente saresti morto.”
“Capisco. Una specie di parola d'ordine?”
“Esatto. Ora, se ti sei ripreso, possiamo andare.”
“Andare dove?”
“Al campo.”

Il campo era poco più avanti. La ragazza condusse il cacciatore in salita su una piccola collina. Nascosto da cespugli molto fitti c'era l'ingresso di una caverna; la loro destinazione. La guida gli fece segno di seguirla e gli disse di non perderla di vista. Non appena entrò, Vendren ne comprese il motivo. Non si trattava di una semplice grotta, ma di un dedalo di pietra che sembrava snodarsi all'infinito, con tentacoli che si attorcigliavano in ogni direzione. Molti di quei cunicoli erano naturali, ma non erano pochi quelli scavati dall'uomo.
“Precauzione.” spiegò lei, notando il suo sguardo.
Continuarono a seguire un'infinita serie di tunnel, compiendo innumerevoli svolte. Il cacciatore, pur abituato a seguire le piste, perse l'orientamento.
Infine, sbucarono in una caverna molto più ampia, dalla quale provenivano voci e luce.
La caverna sembrava essere stata adattata per ospitare un gran numero di persone, sembrava una piccola città fatta di passerelle di legno e case scavate nella pietra. Si estendeva verso l'alto, così che l'ingresso imboccato dai due portava al livello più basso, un largo spiazzo sulla cui area erano accesi dei fuochi.
“Thalia!” gridò un giovane, avvicinandosi a loro. Aveva più o meno l'età della ragazza, capelli scuri e occhiali, e la baciò con passione “Amore mio, sei tornata!”
“Sì, Franc.” rispose lei con un sorriso “Lo sai, torno sempre.”
“E lui?” domandò Franc, voltandosi verso Vendren.
“E' un sopravvissuto.”
“Un uomo di Monkard?”
“Sì”
“Fantastico! Siamo a cavallo!”
Vendren capiva sempre meno e batté il piede destro a terra.
“Fermi tutti!” gridò. I due si zittirono e anche altre persone si voltarono nella sua direzione.
“Mi potete dire, per favore, cosa sta succedendo? Ero a caccia e, tornando, scopro che il mio villaggio è stato attaccato da uomini con una divisa che non conosco, vengo attaccato anche io ma lei, Thalia, mi salva. Mi porta qui, senza dirmi una parola, senza una spiegazione. Che diamine sta succedendo?”
“Hai ragione. Scusa.” disse Thalia, abbassando gli occhi “Vieni, sediamoci attorno a quel fuoco.” concluse, indicando un cerchio di pietra all'interno scoppiettavano delle fiamme.
Quando giunsero lì, Vendren notò che c'erano un uomo e una donna già seduti. Salutarono Thalia abbracciandola.
“Silla, Alseth.” salutò lei, prima di sedersi.
“Dov'è Geral?” chiese poi.
“Eccomi.”
Vendren si girò verso la sua destra, direzione dalla quale proveniva la voce. Un uomo alto quasi due metri, muscoloso ma con il fisico provato da chissà quali angherie, si stava avvicinando. Sul collo aveva delle ferite, simili a delle bruciature. Gli occhi erano penetranti, neri. Non aveva capelli, ma sulla testa portava un grande tatuaggio. Quando Vendren lo vide si spaventò e si tirò indietro, come per ripararsi. Verde, bianco ed arancione. Gli stessi colori dell'insegna nemica.

 

Se è il tatuaggio a farti impressione” disse il nuovo arrivato “mettiti pure il cuore in pace. Qui siamo tutti kemoriani.”
“Ma...”
“Non temere.” continuò lui, sedendosi “Siamo quelli che stanno dall'altra parte. Il tuo nome?” domandò, allungando un cosciotto di agnello nella direzione del cacciatore. Lui non accettò, non si fidava ancora.
“Vendren.” rispose.
“Molto bene, Vendren. Avrai molte domande, suppongo.”
“Molte? Molte è troppo poco.”
“Ok. Cominciamo dalle presentazioni. Io sono Geral. I due sposini, lì, sono Franc e Thalia e lei” indicò l'altra donna, più anziana ma con un fisico statuario “è Silla. Da anni combattiamo per la libertà di Kemoria. Lui, invece, è Alseth. Si è aggiunto alla nostra causa soltanto in un momento successivo.”
Alseth chinò la testa, in segno di saluto. Era anziano e portava una lunga tunica che lo identificava come un mago.
“Ok. Piacere, io sono Vendren, come ho già detto; sono un cacciatore e... e basta. Ora, perché siete qui? Chi sono quegli uomini e, soprattutto, chi è quel coso che li comanda?”

“Cominciamo dall'inizio.” Geral si alzò e prese a camminare avanti e indietro “Kemoria è una nazione non lontana da Mistar, si trova a qualche settimana di marcia ad ovest. Per secoli i cittadini kemoriani hanno vissuto sotto il pugno di ferro di un governo che li costringeva alla fame, con leggi e tasse impietose. Molte volte si sono formati gruppi rivoluzionari, ma puntualmente sono stati distrutti dagli uomini dell'esercito regolare. Tre anni fa, però, qualcosa è cambiato. E' corsa la notizia che una setta segreta di Kemoria, i Petali Neri, aveva rischiato di gettare il continente di Arasta in pasto ad una stirpe demoniaca che si annidava nella regione di Theros, solo perché volevano conquistare più terre. La notizia è stata verificata ed è cominciata la guerra civile. Praticamente l'intera cittadinanza è insorta contro i Lord reggenti e alle fila dei ribelli si sono uniti molti soldati dell'armata governativa, come Silla, che avevano capito, finalmente, chi fosse dalla parte del bene.”
“Ok, ci sono.” annuì Vendren. In realtà aveva molte domande, ma le avrebbe tenute per la fine del discorso.
“Bene. Ora, al nostro esercito si è unito anche un grande eroe, uno di coloro che avevano sventato il piano dei Petali, Hayst M'auget. La sua presenza aveva portato speranza e gioia. Eravamo sicuri di essere ad un passo dalla vittoria, sicurezza che si è rafforzata quando siamo riusciti a recuperare una mappa che mostrava un ingresso segreto alla Roccaforte dei Draghi, il quartier generale del governo. Abbiamo organizzato una spedizione per porre fine a tutto, distruggendo il cuore stesso di Kemoria.”
“Ma...?”
Ma” intervenne Silla, fermando il compagno “era tutta una trappola. Una seconda spedizione, alla quale abbiamo preso parte io, Franc e Thalia, si era diretta verso la Torre di Keress, una scuola di magia di cui Alseth, qui, era maestro. Lì abbiamo avuto modo di scoprire che i Lord reggenti sfruttavano un'antica magia, che proveniva dall'energia dell'Angelo Nero, una creatura divina che aveva, in passato, minacciato di corrompere l'intero mondo di Reevan. Questo Angelo era stato ucciso prima che la corruzione fosse completa, ma aveva fatto in modo di preservare la sua anima sigillandola all'interno di un oggetto, una maschera.”
Vendren ricordò la maschera indossata dal comandante nemico.
“Per mantenersi in vita sfruttava anche le energie dei Lord reggenti, cui garantiva una quasi-immortalità. Erano i custodi dell'Angelo Nero, gli ultimi di una lunga serie. Utilizzando la magia di Nyphar, così si chiama il divino, avevano creato quella mappa e ce l'avevano fatta trovare, perché volevano attirare Hayst, il generale, in trappola.”
“Ricordo ancora quei momenti.” riprese Geral “Rimanemmo chiusi nel passaggio e delle creature oscure, manifestazioni dell'odio più puro, ci hanno attaccati. Solo Hayst, io e pochi altri fummo risparmiati. Il generale ci ordinò di fuggire, per continuare la battaglia, mentre lui affrontava il suo destino. Aveva capito tutto, aveva compreso di essere lui l'obiettivo di Nyphar.”

 

Fu Thalia a concludere il racconto “Non sappiamo cosa successe nella Roccaforte, ma Hayst scomparve e al suo posto rinacque l'Angelo Nero. Era riuscito a tornare nel mondo, corpo ed anima. Fu il delirio. Sfruttando il suo potere riorganizzò l'esercito e costrinse noi ribelli a fuggire. Ha ripreso la sua missione di un tempo, animato anche, però, da una rabbia nuova. Vuole distruggere tutto ciò che incontra sul suo cammino. Ha attaccato la torre di Keress e solo per miracolo non siamo morti tutti. Alseth ci ha salvati e ha deciso di unirsi a noi, con tutti i suoi studenti e gli altri maestri. Ci siamo in qualche modo messi in salvo, ma da ormai un anno siamo costretti a fuggire e nasconderci. Stiamo seguendo Nyphar, cercando costantemente un modo per fermarlo.”

“Bene.” disse finalmente Vendren. Aveva capito tutto, più o meno, tranne una cosa “E io cosa c'entro?”
“Beh, tu sei di Monkard.” spiegò Silla “Nyphar è giunto al tuo villaggio per un motivo, sta cercando qualcosa. Speriamo che tu possa dirci di cosa si tratta.”

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo - Ritorno al villaggio ***


CAPITOLO SECONDO
-Ritorno al villaggio-

 

---Villaggio di Monkard---

 

Un uomo grande e grosso si avvicinò a Nyphar, mentre questi si trovava ancora davanti al cadavere dell'anziano. Era inginocchiato su di esso.
L'uomo, un soldato di Kemoria, sapeva che cosa stava facendo e preferì non disturbarlo. La donna che stava trascinando per i capelli si dimenò e lui strinse più forte, in modo da intimarle il silenzio. Il suo comandante stava parlando con l'anima del defunto, per verificare la veridicità delle informazioni da lui fornite.

Passò poco più di un minuto e l'Angelo Nero si alzò, voltandosi verso il suo uomo. Non disse nulla, ma guardò la donna, per chiedere spiegazioni.
“E' una sopravvissuta. L'ultima. L'ho trovata mentre si nascondeva in una cantina. A te l'onore, mio signore.”
Detto quello, gettò la donna ai piedi di Nyphar, che continuò a guardarla. Dalla maschera filtravano odio e rabbia. La donna implorò, attaccandosi alla parte inferiore della tunica.
“Ti prego, risparmiami...”
“Risparmiami! Risparmiami!” fece eco l'Angelo, modificando la sua voce in modo da imitare quella della sopravvissuta.
Le assestò un calcio sotto al mento e quella volò a un paio di metri di distanza, per la forza del colpo. Il sangue cadeva copioso a terra, ma riuscì comunque a parlare.
Sentendo i passi di Nyphar avvicinarsi alle sue spalle, chiese “Cosa ti ho fatto?”.
Fu presa per i capelli, nuovamente, costretta a guardare verso l'alto, verso la maschera del mostro. Cominciò a pregare.
“Tu? Oh, tu non mi hai fatto niente. A parte l'essere una schifosa umana!” gridò lui. Chiese al suo soldato un pugnale e lo puntò alla gola della donna. Si avvicinò ancora di più al suo volto, sussurrandole nelle orecchie.

E tutti gli umani devono morire.”
Piantò con forza la lama nel collo di lei e rise mentre la vita la abbandonava, una risata folle e priva di ogni umanità.

Nyphar, dopo aver sbrigato quella formalità, si portò al centro della piazza. Spalancò entrambe le braccia ed emise un urlo crescente, che aumentava di volume mentre lui si sollevava in aria. Il potere oscuro che lo circondava si fece più intenso e, raggiunto l'apice, venne scagliato in ogni direzione. Fiamme nere avvolsero le abitazioni e cominciarono a consumarle, mentre l'aria si riempiva del grido delle anime dei defunti, che venivano distrutte a loro volta da quella strana magia. L'Angelo Nero non risparmiava niente e nessuno. Non c'era pace nemmeno nell'aldilà per le sue vittime.

Gli uomini al suo servizio rimasero a guardare, sorridendo malignamente. Avevano visto quella scena diverse volte, in tutti i villaggi che avevano incontrato fino a quel momento; inizialmente era stato difficile, per loro, sopportarla, ma con il tempo ci si erano abituati ed erano giunti ad apprezzarla.

 

Quando tutto fu finito, uno dei kemoriani si avvicinò a Nyphar.
“E ora, mio signore?” chiese.
“Ora andiamo alla Spina del Drago.”
“Dunque l'informazione era vera?”
“Sì. Gli uomini non mentono mai alla morte.”
“La Spina del Drago... E' una catena montuosa imponente, copre quasi un migliaio di chilometri. Come faremo a sapere di essere nella direzione giusta?”
L'Angelo si voltò a lui poté sentire i suoi occhi che lo squadravano.
“Metti in dubbio le mie capacità?”
“No, mio signore.” si affrettò a dire, sperando che bastasse. Aveva visto compagni giustiziati per molto meno. A quanto sembrava, però, il suo comandante era contento per la buona riuscita della missione e decise di risparmiarlo.
“Bene.” disse “Non ci saranno problemi, perché una volta arrivati nelle vicinanze del luogo, potrò avvertirne l'energia. Dopotutto, là si trova una parte di me.”
“Bene, mio signore. E per quanto riguarda i ribelli?”
Nyphar si fermò un attimo a riflettere. I ribelli, già. Da quando avevano lasciato Kemoria un gruppo di individui li aveva costantemente seguiti. Inizialmente l'Angelo aveva deciso di lasciarli perdere, convinto che non potessero rappresentare un pericolo, ma pian piano erano diventati una vera spina nel fianco. Avevano perso molti uomini a causa loro. Lui, comunque, non poteva permettersi deviazioni.

Belthan!” chiamò. Il suo uomo accorse subito. Era un veterano di molte guerre e, quando Nyphar era ancora costretto a vivere come maschera, era stato una guardia di corte fedelissima. La sua abilità con la spada non aveva eguali e poteva contare anche su qualche trucchetto che, senza dubbio, avrebbe sorpreso qualsiasi avversario.
“Sì, mio signore?”
“Organizza una squadra e cerca i ribelli. Sappiamo che si trovano da queste parti, due nostri uomini sono stati trovati morti nella foresta.”
“Bene, mio signore.” Belthan chinò la testa e cominciò i preparativi.

 

---Campo dei ribelli---

 

Vendren stava ancora assimilando il racconto dei suoi salvatori. Dunque quel Nyphar, quell'Angelo Nero, era giunto a Monkard per cercare qualcosa. Prima del massacro aveva visto l'anziano parlare con il mostro. A giudicare dai gesti e dalle espressioni, probabilmente l'uomo aveva ceduto e aveva rivelato l'informazione che il nemico cercava. Il problema era che lui ignorava quale fosse quell'informazione.
“Io non so niente.” disse. I sorrisi degli altri scomparvero in un attimo. Si aspettavano, chiaramente, una risposta diversa.
“Come?” chiese Thalia, sperando di aver sentito male.
“Io non so niente.” ripeté il cacciatore “Purtroppo credo che fosse un'informazione, quella che cercava Nyphar. Un'informazione di cui era a conoscenza solamente l'anziano.”
“Dannazione. Questo non ci aiuta.” disse Geral, gettando i rimasugli del suo cosciotto a dei grossi cani legati ad un palo, in fondo alla grotta.
“Non c'è proprio un modo per scoprirlo?” propose Franc.
“Beh, se volete possiamo andare al villaggio, sperando che quelli se ne siano andati. Non posso assicurarvi nulla, ma magari l'anziano ha lasciato qualcosa di scritto, a casa sua.”
“Mmm.” rifletté Geral “Sì, possiamo fare così. Forza!” gridò, alzandosi in piedi “Uomini, si va a Monkard!”

 

Qualche tempo dopo, una colonna di venti uomini uscì dal campo ribelle. A guidarla c'erano Geral e gli altri, Vendren si trovava al loro fianco. Furono salutati dalle guardie appostate sugli alberi e tutti ricambiarono il saluto. I volti dei ribelli erano tesi, concentrati. Avevano l'aria di chi sapeva che ogni battaglia avrebbe potuto essere l'ultima. Il cacciatore di Monkard si chiese che cosa avessero passato fino a quel momento. Il racconto dei nuovi compagni aveva in qualche modo fatto luce sul loro passato, ma rimanevano molti punti in sospeso. Quasi decise di fare qualche domanda, ma ci ripensò: non era quello il momento.

Rientrarono nei confini del suo territorio di caccia e, da lì, fu Vendren a guidarli verso le strade più veloci e sicure. Temeva, in ogni momento, di avvistare dei nemici, perciò continuava a voltarsi in ogni direzione per essere sicuro che la strada fosse libera. Il silenzio regnava sovrano.

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo - L'uomo e la bestia ***


CAPITOLO TERZO
-L'uomo e la bestia-

 

---Monkard---

 

Belthan faticava ancora a credere al colpo di fortuna che avevano avuto. Aveva inviato alcuni scout in avanscoperta, in modo che individuassero eventuali ribelli; in cuor suo, sapeva che era un'azione disperata, che i ribelli avrebbero scoperto gli esploratori e che li avrebbero uccisi. Invece era accaduto un miracolo. Ferl, il suo uomo più fidato, un ragazzo di appena quattordici anni, era tornato in breve tempo portando la notizia di una colonna di uomini che si stava dirigendo in quella direzione. Non era stato individuato. Belthan aveva provato a formulare diverse ipotesi al riguardo, dalla semplice disattenzione a qualcosa di più complesso, ma sapeva che non avrebbe mai saputo la verità; non che gli importasse, visto il vantaggio che ora avevano.

Aveva ordinato ai suoi uomini di nascondersi ai bordi del villaggio, nella foresta, dalla parte opposta a quella dalla quale sarebbero arrivati i ribelli. In quel modo avrebbero potuto aspettarli e tendere loro una trappola.
Il veterano odiava i ribelli. Li odiava con tutte le proprie forze dal momento in cui avevano ucciso sua moglie, durante un'operazione di guerriglia. La donna si trovava lì perché aveva scelto, di sua spontanea volontà, di fare la sua parte per il governo, per rendere grandi Makrath e tutta Kemoria. Era stata una sua scelta, ma questo non contava. Belthan si sarebbe considerato soddisfatto solo quando tutte le teste ribelli fossero cadute. Tutte.

 

---Fronte dei ribelli---

 

Direi che possiamo considerarci fortunati.” disse Vendren quando arrivarono in vista del villaggio “Non ci sono più uomini di Kemoria. Magari hanno trovato ciò che cercavano e se ne sono andati.”
Thalia annuì, ma in cuor suo temeva una trappola. Nyphar non era uno stupido, sapeva che loro si trovavano in quelle zone. Probabilmente i suoi uomini avevano trovato i due cadaveri da lei lasciati ai bordi del villaggio. La ragazza era perfettamente consapevole della determinazione dell'Angelo Nero e un concetto semplice come il 'trovo ciò che voglio e tanti saluti' era a lui sconosciuto.

Per quello decise di cautelarsi e indicò ad alcuni arcieri ribelli degli alberi dai quali avrebbero avuto una buona visuale del villaggio. Questi annuirono e si affrettarono ad arrampicarsi.
“Niente da segnalare.” disse Silla, unitasi ai suoi cecchini.
“Ok, ma state lì. Se cadiamo vittima di un'imboscata, voglio completo supporto.”
“Si, Thalia.”

I ribelli proseguirono e coprirono gli ultimi metri che mancavano per arrivare a Monkard. Non appena misero piede al villaggio a Vendren si strinse il cuore. Si guardò intorno freneticamente, più volte chiuse gli occhi e li riaprì, come a scacciare un'illusione. Ma niente di ciò che vedeva era un'illusione. Le case, tutte le case, erano bruciate e di esse non era rimasta che cenere. Ammassati ovunque c'erano i corpi dei suoi amici, dei suoi parenti, di tutte le persone che ormai conosceva come se stesso: anche quelli erano bruciati, le facce contorte in silenziosi gridi di dolore.
“No!” gridò il cacciatore “Nooo!”
Gli si avvicinò Geral, cercando di rincuorarlo. Gli mise una mano sulla spalla.

Mi dispiace. So cosa provi.”
“Non sai un cazzo!” sbraitò Vendren, voltandosi di scatto per liberarsi dalla stretta “Cosa vuoi sapere, eh?”
“Ho visto le stesse cose!” il ribelle aprì le braccia e guardò l'altro dritto negli occhi “Le ho viste mille volte, durante il nostro viaggio. Ho visto i corpi dei miei compagni carbonizzati dalla magia dei Lord reggenti. Ho visto radere al suolo mezza Kemoria!”
Vendren non replicò. Forse aveva sbagliato ad urlare in quel modo, ma il dolore era troppo forte.
Chinò il capo e disse solamente: “Cerchiamo qualche indizio.”. Ma sapeva che non avrebbero trovato nulla, in quel cumulo di cadaveri e macerie.

 

Il primo segnale di un attacco imminente fu il grido di uno degli arcieri messi a guardia fuori dal villaggio.
“Nemici!” urlò.
I ribelli nella piazza si guardarono in giro, cercando di capire la direzione dalla quale sarebbero arrivati. Il rumore di passi riempiva il loro campo uditivo.
“Là!” uno dei ribelli indicò verso est, direzione dalla quale stavano arrivando almeno una dozzina di soldati.
“E là!” fece eco un altro uomo, indicando a nord. Altri nemici.
Perfetto, pensò Alseth. Chiuse e gli occhi e fece un segnale ai compagni. Questi sapevano cosa significasse: il mago stava preparandosi a lanciare una potente magia e aveva bisogno di copertura mentre si concentrava. Quattro uomini si disposero in modo da coprirlo dall'assalto nemico.
Thalia e Franc presero dei diamanti dalle loro borse e recitarono silenziosamente delle formule. Dalle pietre scaturirono palle di fuoco, il cui bersaglio erano i soldati nemici in prima linea. Quando le fiamme si abbatterono su di loro questi furono scagliati a terra e in qualche modo rallentarono l'azione delle linee successive. Alcuni uomini presero fuoco e si dimenarono nel tentativo di spegnerlo.
Nel frattempo, sull'altro fronte, alcuni ribelli avevano già ingaggiato battaglia con i guerrieri di Nyphar. Il clangore di spade squarciava l'aria, così come lo facevano le grida. Un ribelle fu trapassato da una lama nemica e cadde a terra morto. Un altro riuscì a parare un colpo dall'alto con lo scudo, per poi spingere indietro il nemico e colpirlo alla giugulare scoperta nel rialzarsi.

 

Geral si unì alle danze e salvò un compagno da morte certa, facendo impattare la sua mazza ferrata con il cranio di un nemico, che esplose in una nuvola rossa.
“Forza, luridi coglioni!” gridò in tono di sfida “Fatevi sotto!”
Vendren preferiva di gran lunga usare l'arco, ma la sua posizione non glielo permetteva. Inoltre, gli arcieri stavano già bersagliando il nemico dagli alberi. Si guardò intorno per cercare un avversario e, nel mentre, constatò che erano davvero in una situazione terribile; erano stati circondati in breve tempo. Avvertì un formicolio alle estremità, come se le sue mani e i suoi piedi si fossero addormentati. Sapeva bene cosa significasse.

Quando Alseth rilasciò il potere accumulato sui nemici piovvero fulmini e ghiaccio. Un gruppo di almeno cinque soldati fu devastato dalla magia, i loro corpi dilaniati e ustionati mortalmente.
“Andate!” ordinò ai suoi guardiani, che ben avevano svolto il loro compito. Una magia come quella richiedeva del tempo per essere lanciata e, ora, non poteva più permettersi di sprecarne. Doveva passare ad incantesimi più deboli e veloci. Un dardo di energia scaturì dalla sua mano sinistra e colpì un nemico in fronte.
Dietro di lui, però, comparve un uomo che il vecchio maestro conosceva bene. Era lui a guidare le armate che avevano distrutto Keress: Belthan. Il veterano lo riconobbe a sua volta e aprì le labbra in un ghigno malefico. Alseth indietreggiò.

La battaglia non stava andando bene. Molti nemici erano caduti, ma troppi ribelli li avevano seguiti. Geral spazzò via altri due avversari mentre un compagno cadeva al suo fianco. Doveva ammetterlo: stavano perdendo.

 

Nella mente di Vendren cominciò a farsi strada una voce. L'aveva sentita altre volte, era la voce dell'ira. Cominciò a non capire più nulla, le immagini si confondevano ai suoi occhi. Le voci diventavano un unico, indistinto, turbinio.
“Andate via.” disse, con l'ultima lucidità rimasta. Thalia, che si trovava poco lontano, lo guardò. Lui la vide come un'ombra rossa. Disse qualcosa, ma lui non la sentì.
“Via!” ringhiò, con voce che cominciava a perdere l'umanità.

 

Sta succedendo qualcosa!” gridò Thalia, per farsi sentire dagli altri “Guardate Vendren!”
In molti si voltarono. Il cacciatore era a terra, in ginocchio, come se fosse stato colpito. Non aveva ferite, ma dai suoi occhi cominciò ad emanare una sorta di energia, rossa come il fuoco dell'inferno. La stessa energia scaturì dalla bocca, come un soffio di fiamma.
“Tutti via!” ordinò allora la ragazza. Non capiva, ma comprendeva che stava succedendo qualcosa di pericoloso.
I ribelli si allontanarono e un urlo di Vendren attirò l'attenzione anche del nemico, che ammutolì. Tutti assistettero alla trasformazione.

Tirandosi nuovamente in piedi, Vendren cominciò a fluttuare, sostenuto da quella strana energia che lo pervadeva. Alcune crepe si aprirono sulla sua pelle, incendiandosi. Parte dell'energia rossa si condensò alle sue spalle, formando delle ali demoniache. Le dita si allungarono in artigli, la voce diventò quella di una creatura infernale. Spaventati, i ribelli fuggirono. Gli uomini di Nyphar urlarono, intimoriti da quella visione. Vendren, ora un demone, si librava a qualche metro dal suolo e li fissava.
Si abbatté su di loro con furia indomabile e cominciò ad ucciderli. Con una facilità impressionante tagliava le armature e la carne sotto ad esse. Nessuno cercava di fermarlo, tutti avevano troppa paura. Il demone spalancò le fauci e strappò a morsi il braccio di un soldato, mentre con la mano destra rompeva le ossa del collo ad un altro.
Il delirio era totale.

 

Da dietro una casa, Franc osservava impotente quella scena. La sua mente era fuori controllo. Cosa stava succedendo? Cos'era quella creatura? Chi era Vendren, in realtà?

Troppe domande che non avrebbero avuto risposta, per il momento. Una cosa però era chiara al ragazzo. Se il comandante nemico fosse morto, avrebbero perso ogni possibilità di conoscere l'obiettivo di Nyphar. Vedendo il demone dirigersi verso di lui, ormai l'ultimo soldato ancora rimasto in piedi, si arrischiò ad urlare.
“Vendren! Lui no! Lui ci serve!”

Nel delirio d'ira, Vendren non riusciva a fare distinzione tra amici e nemici, eppure qualcosa lo colpì, in quella voce. Era la disperazione.
Riuscì a sentire il dolore di chi lo chiamava, di chi gli intimava di lasciar vivere l'ultima ombra, quella verso la quale si stava dirigendo. Con un tremendo sforzo di volontà, colpì il nemico senza volto in un punto non vitale e lo lasciò a terra senza finirlo. Cominciò a respirare e a concentrarsi, per scacciare il demone.

Tornò il silenzio, rotto solamente dai lamenti del comandande, ferito ma vivo. Una seconda trasformazione aveva riportato il vecchio Vendren, l'uomo.
I ribelli non sapevano che fare, si guardarono. Non sapevano se uscire dai loro nascondigli. Non c'erano più soldati, ma chi poteva dire se quel cacciatore non fosse, in realtà, un nemico peggiore?
Fu Thalia ad arrischiarsi ad uscire, mentre gli arcieri, guidati da Silla, giungevano al villaggio. Anche loro si erano fermati, quando avevano visto l'apparizione del demone.
La giovane maga si portò vicino a Vendren, che la guardò. I suoi occhi erano nuovamente umani.
“E' passata.” disse lui.
“Bene.” rispose lei, con timore “Ribelli! Legate il comandante, dobbiamo interrogarlo!”
“E tu” concluse, tornando a fissare Vendren “hai molto da spiegarci.”

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto - Anima divisa ***


CAPITOLO QUARTO
-Anima divisa-

 

---Villaggio di Monkard---

 

Cosa diavolo sei?” domandò Geral, raggiungendo Vendren. Il cacciatore era seduto per terra, con un'espressione rassegnata; l'espressione di una persona che si vede costretta a rivelare il suo più grande segreto.
U'shai anakht.” rispose.
“Cosa?”
“E' una parola nella lingua della mia gente, l'antico Mistariano. Si può tradurre come colui che porta il fuoco.”
“Beh, il fuoco, effettivamente, non mancava.” commentò Silla.

Dovete sapere che a Mistar c'è un'antica ballata, chiamata dell'aria e del fuoco. Racconta della nascita della comunità umana in questi territori, avvenuta in tempi ormai dimenticati. Parla di alcuni eroi che hanno liberato le zone dal dominio di alcune creature maligne, demoni del vento e delle fiamme. Si narra che, per convincerli ad abbandonare le terre, questi eroi hanno però dovuto stringere un patto con loro, accettando di sacrificare, ogni tanto, qualche bambino.”
“Praticate sacrifici umani?” intuì Thalia. Vendren scosse il capo.
“No, niente del genere. Il sacrificio avviene in maniera diversa. I demoni prendono possesso del neonato e dimorano in lui per tutta la durata della sua vita. In questo modo il prescelto diventa più forte e il villaggio lo considera intoccabile, sacro. Ma c'è un prezzo da pagare, e questo prezzo è la follia.”
“La follia?”
“Sì, il fenomeno a cui avete assistito. Il demone prende, in situazioni di pericolo, il possesso completo, sostituendosi alla persona. Non succede spesso, è necessaria una grande scarica di adrenalina, ma quando avviene non posso più controllare me stesso e non faccio più distinzione tra amici e nemici.”
“Mi dispiace.” l'espressione di Thalia mutò; se prima la ragazza aveva visibilmente paura, ora era soltanto comprensiva.
“Dispiace più a me. Non sarò mai un buon compagno.”
Calò il silenzio. Nessuno seppe come replicare a quell'affermazione così innegabilmente vera.

 

Quando, qualche minuto dopo, i capi dei ribelli si avvicinarono a Belthan, legato ad un masso al centro del villaggio, questi era quasi in stato di incoscienza. La ferita era grave e stava perdendo molto sangue.
“Il demone... Via... Via da me...” farfugliò. Franc comprese che avrebbero dovuto fare qualcosa, o il comandante sarebbe morto prima di poter fornire qualsiasi informazione utile. Si concentrò sul diamante e inviò energia all'uomo, in modo da stabilizzare le sue condizioni. Non poteva curarlo realmente, la sua magia era ancora ad un livello basilare, ma qualcosa riuscì comunque ad ottenere.


---

 

Gli occhi di Belthan tornarono a fissare la realtà, fuggendo dal sogno.
Davanti a lui si trovava un uomo in tunica, lo fissava con odio. Aveva già visto quel mago, quando avevano attaccato la torre di Keress. Doveva essere uno dei maestri della scuola di magia. Si avvicinò al suo viso e sputò con disprezzo. Il comandante era troppo stanco e provato per tentare di scansare, quindi accettò quell'insulto. Dopotutto, i ribelli avevano vinto. Belthan si maledisse; com'era possibile un fallimento completo come quello, dopo così tanti successi? Il demone che era apparso sul campo di battaglia aveva mutato le sorti dello scontro in un batter d'occhio. Il veterano non aveva mai provato una paura tale. I suoi uomini massacrati, l'entità infuocata che si dirigeva verso di lui... Aveva creduto di morire, ma era stato risparmiato. Era quel fatto a renderlo ancora più furioso. Non c'era onore in ciò.

---

“Ok, caro il mio comandante.” fu Geral a parlare per primo “Sei quasi morto e il caro Franc, qua, ti tiene in vita con un incantesimo. So che desideri che smetta, la morte è una liberazione per te, in questo momento, ma ti posso assicurare che non interromperà il flusso curativo fino a che non ci dirai ciò che dobbiamo sapere. La morte sarà la tua ricompensa.”
Un guizzo negli occhi di Belthan fece capire al grosso ribelle che aveva colto nel segno. Sorrise; conosceva il modo di pensare dei soldati di Kemoria, lui stesso ragionava allo stesso modo.
“Allora, come ti pare la proposta?”
“Muori, ribelle del cazzo.”
“Non mi pare che tu sia nelle condizioni di fare il duro. Silla?”
L'arciera si avvicinò e guardò Belthan negli occhi. Erano stati compagni, un tempo. Non erano mai andati d'accordo su niente e lei aveva tanto aspettato quel giorno. Prese una freccia e la intinse in un liquido contenuto in una boccetta. Veleno.
Quando la punta perforò la carne del comandante, questo cominciò ad urlare e a muoversi in preda alle convulsioni. Quella sostanza aveva il potere di stimolare i recettori del dolore senza provocare un vero e proprio danno permanente. Era un veleno utilizzato per far svenire gli avversari, non per ucciderli.
Franc, avvertendo il cambiamento nell'energia di Belthan, dovuto all'afflusso del veleno, si concentrò maggiormente per evitare che il comandante svenisse nuovamente. Doveva tenerlo sveglio e cosciente.

Dannazione, Silla! Lurida puttana!” gridò il veterano, in preda al dolore.
“Taci, Belthan.” rispose lei, allontanando la freccia dalla ferita “Se vuoi un'altra razione, non hai che da chiederlo. Ma non credo tu la voglia, giusto?”
Lui non rispose, ma lo sguardo fu più che eloquente.
“Parla, ora.”
“Cosa volete sapere, maledetti?”
“Cosa sta cercando Nyphar?” intervenne Thalia, che fino a quel momento si era tenuta in disparte. Anche lei provava odio per l'esercito dell'Angelo Nero e non vedeva l'ora di distruggerlo, ma non riusciva ad abituarsi a quella violenza eccessiva che sembrava averli posseduti come l'entità di fuoco di Vendren.
“Lui...” Belthan esitò. Guardò verso Silla, che preparava un'altra dose di veleno.
“Lui vuole recuperare la sua anima.”
“La sua anima?” domandò allora Alseth “La sua anima era all'interno della maschera, non c'è alcun bisogno di recuperarla. Silla!”
“No! Lo giuro! Lasciatemi spiegare!”
“Mmm...” rifletté il mago “Forza.”
“L'Angelo Nero è debole. Ha detto che un pezzo della sua anima gli è stato rubato e che lui ha potuto salvare, legandola alla maschera, solo una parte della stessa. Senza l'anima completa, non può mettere in atto il suo piano di conquista.”
“Un frammento d'anima rubato? Da chi?”
“Da alcuni seguaci di Maugeth.”
Sentendo quel nome Franc, Thalia e Geral si intristirono. Maugeth era l'Angelo della determinazione, il divino che era riuscito a fermare Nyphar durante la corruzione di Reevan. Hayst, il loro generale e amico, era un suo discendente.

 

Alcuni maghi che sfruttavano il potere di quell'Angelo” proseguì Belthan “avevano assistito alla battaglia tra lui e Nyphar, preparandosi a lanciare un potente incantesimo nel caso qualcosa fosse andato storto.”
“Nel caso in cui l'Angelo Nero fosse riuscito a salvarsi, nonostante la morte?” domandò Geral.
“Sì, esatto. Quando percepirono la magia di Nyphar, unirono le loro forze e strapparono un frammento della sua anima, legandola ad un medaglione esattamente come l'Angelo fece con la maschera. Per questo motivo il mio comandante dovette sfruttare l'energia dei Custodi. Era stato indebolito.”
“E il medaglione? Che fine ha fatto?”
“Era questa informazione, appunto, che stavamo cercando. Nyphar sapeva con certezza che il tempio si trovava da qualche parte nella regione di Mistar, ma ignorava il luogo preciso. Siamo venuti a sapere, leggendo alcuni testi della biblioteca sotterranea di Makrath, che alcuni dei seguaci di Maugeth avevano deciso di lasciare il tempio e di vivere in piccoli villaggi sparsi per Mistar. Siamo arrivati qui sulla base di quelle informazioni.”
“L'anziano era un discendente di questi seguaci?”

Sì. Ha detto che il tempio si trova sulla Spina del Drago, una...”
“Una catena montuosa ad est.” concluse Vendren per lui. I ribelli si voltarono, stupiti nel sentire la sua voce. Non si aspettavano che si unisse a loro. Il volto di Belthan mutò in una maschera di terrore, quando vide il cacciatore.
“Via, lontano da me, demone!” gridò.
“Zitto!” intimò Silla “Sulla Spina del Drago, dunque. Ma dove, esattamente?”
“Non lo so, lo giuro! Nyphar ha detto che avrebbe saputo individuare il luogo preciso con la sua magia! Ho detto tutto ciò che so, ora, vi prego...”
Dopo un attimo di riflessione, Thalia fece un cenno a Franc. Lui tagliò la connessione magica e si gettò a terra, esausto, mentre Belthan spirava.

 

I ribelli, poco dopo, si stavano preparando a dormire. Ormai il sole era tramontato ed erano tutti molto stanchi per la battaglia affrontata. Montarono un campo lontano da Monkard, perché non riuscivano a sopportare la vista dei cadaveri carbonizzati.
Thalia raggiunse Vendren, che si trovava ai margini dell'accampamento, con lo sguardo fisso nel vuoto.
“Come stai?” gli chiese.
“Così.” lui scrollò le spalle.
“Verrai con noi?”
Avevano deciso di recarsi alla Spina del Drago con una marcia forzata, perché sapevano di essere in ritardo. Dovevano raggiungere Nyphar e fermarlo prima che raggiungesse il tempio.
“Se mi volete.”
“Certo che ti vogliamo. Troveremo un modo per tenere sotto controllo il demone.”
Vendren sbuffò, scettico. Aveva perso il conto di quante persone avevano tentato di farlo, senza successo. Eppure, forse, stavolta le cose sarebbero state diverse. Dopotutto, i kemoriani avevano conoscenze magiche diverse dalla sua gente. Magari avrebbero potuto fare qualcosa.
“Ti ringrazio, anche se ci credo poco. Sì, verrò. Devo vendicare il mio villaggio, i miei parenti, i miei amici. Mia moglie.”

Thalia gli mise una mano sulla spalla. Rimasero in silenzio per un momento, poi andarono entrambi a riposare. Il giorno successivo sarebbe stato molto lungo.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto - Tensione ***


CAPITOLO QUINTO
-Tensione-

 

---Tempio di Syr Tainith---

 

La sua mente vagava nello spazio indefinito della magia. Comunicava con l'energia del mondo, con l'ultimo Pilastro di Thyr ancora intatto. Ne sentiva il potere, ne avvertiva ogni singola vibrazione. Ne avvertiva la paura.
Chiese al Pilastro di mostrargli la fonte della paura e ricevette visioni oscure. L'Angelo Nero stava marciando alla volta di Syr Tainith ed era solo questione di un paio di giorni prima che l'avesse trovato. Lo vide alla testa delle sue armate, animato da una cupa felicità e dalla certezza che, presto, avrebbe finito ciò che aveva iniziato millenni prima. Spinse la mente avanti, verso l'immediato futuro, e vide Nyphar ridere sui cadaveri dei seguaci di Maugeth, dei suoi confratelli, mentre il tempio bruciava. Era un'immagine terribile e non riuscì a reggerla a lungo. Decise di tornare alla realtà.

 

Quando si concentrò nuovamente sul mondo reale, fu investito da una forte luce bianca. Era ormai notte, ma il cortile a pianta rettangolare dove si trovava per pregare e concentrarsi era illuminato da degli oggetti simili a enormi cristalli, che emanavano quel bagliore così puro, posti ad intervalli regolari sugli archi a volta che separavano lo spazio esterno dal perimetro, come in un'abbazia.
Si alzò e si sistemò la tunica, per poi rivolgere uno sguardo alla statua dell'Angelo della determinazione che troneggiava al centro del chiostro. Quello sguardo era carico di preoccupazione e celava una domanda.
Ce la faremo?

Una campana suonò cinque volte. Era ora di cenare. Si inchinò un'ultima volta in segno di saluto verso il suo dio e tornò all'interno del tempio. Lo accolsero affreschi e mosaici, raffiguranti le battaglie di Maugeth e dei suoi seguaci. Non c'era un corridoio, a Syr Tainith, che non fosse dipinto in quel modo. Si affrettò verso la sala principale, situata in corrispondenza del lato nord del tempio. Quando entrò fu accolto dal dipinto più bello di tutti. Era immenso, copriva l'intera parete di fondo, e rappresentava la battaglia finale dell'Angelo della determinazione, quella in cui era riuscito a sconfiggere Nyphar. Rappresentava anche lo sforzo congiunto dei suoi seguaci, nell'atto di strappare il frammento di anima al nemico. La solennità della scena lo lasciò senza fiato, come ogni volta che entrava in quella sala.

 

La sua attenzione fu attirata da un coro di voci. Si accorse solo in quel momento di essere in compagnia. Alcuni confratelli stavano parlando con voce sommessa in diversi angoli della sala. Tutti si dirigevano verso una grande porta a due battenti, che dava sul refettorio.

Non riusciva a sentire con chiarezza i discorsi, ma sapeva che erano incentrati sull'imminente battaglia; gli bastava guardare i volti di quelle persone, volti che avevano perso ogni traccia di luminosità e di sorriso. La prima visione risaliva a quasi un anno prima. Il Teocrate Ashirai aveva visto, in sogno, l'Angelo Nero rinascere, sfruttando il corpo di un giovane uomo ignaro, l'ultimo discendente di Maugeth. Pian piano, tutti avevano avuto visioni simili e fu chiaro che non era trattato di un semplice incubo.

Quando un nuovo confratello decideva di rinforzare le fila degli ultimi seguaci della determinazione, la sua anima veniva collegata al Pilastro di Thyr, tramite un rituale di passaggio. Da quel momento, l'energia di Maugeth poteva comunicare con lui, attraverso visioni e presagi. Era una tecnica molto utile per essere sempre informati su ciò che stava accadendo. In quel modo avrebbero potuto servire il loro dio.

 

Entrò nel refettorio e individuò Kara, la sua più grande amica. Le sorrise e si andò a sedere accanto a lei.
“Ciao, Kara.” la salutò con un sorriso.
“Ciao, Ferren.”

 

Ferren Kil aveva quasi trentacinque anni. In passato era stato uno dei Guardiani, come Hayst M'auget. Aveva fatto coppia fissa con questi per anni, aveva imparato a conoscerlo e a volergli bene. Era stato convinto che nulla avrebbe potuto succedere, finché fossero stati compagni. Assieme avevano scongiurato il pericolo dei Petali Neri e dei Demoni dei Ghiacci, salvando il continente.

Quando era giunto il momento di separarsi Ferren aveva pianto, non l'aveva mai negato. Ma sapeva che era giusto così. Hayst era più giovane di lui, pieno di speranze, e aveva deciso di iniziare una nuova vita lontano da Arasta. Lui, per contro, si era trovato spiazzato. L'ordine dei Guardiani si era sciolto, con la distruzione delle creature demoniache che minacciavano Reevan, ma purtroppo Ferren sapeva che raramente avrebbe trovato un qualche altro scopo nella vita. Troppo a lungo aveva ascoltato i maestri dell'ordine e i loro insegnamenti, fino ad essere praticamente indottrinato. Non riusciva ad immaginare una vita per se stesso, senza una causa da servire.
Aveva vagato per qualche mese senza meta, fino a che non era capitato in un piccolo villaggio al confine di Mistar. Lì aveva conosciuto uno dei seguaci di Maugeth; era il guaritore del villaggio e Ferren si era rivolto a lui per curarsi una brutta ferita riportata durante una battaglia contro degli animali feroci. Avevano cominciato a parlare e non aveva potuto non notare la somiglianza tra il nome dell'Angelo e il cognome del suo vecchio compare. Si era interessato, informato, ed era venuto a conoscenza di tutta la storia. La decisione l'aveva presa quasi immediatamente, ci aveva pensato solo per una notte. Aveva intravisto un nuovo scopo, qualcosa che avrebbe potuto donargli nuovamente la gioia di vivere e si era diretto alla Spina del Drago. Rintracciato il tempio, aveva chiesto di entrarne a far parte ed era stato accettato.

 

Come stai, Kara?” domandò.
“Come stanno tutti, credo.” rispose lei “Li vedi, no? Non sorridono, parlano solo di morte e guerra. Non vivono più.”
“Già. Come biasimarli, però? Il nostro più grande nemico sta per arrivare.”
“Infatti non li biasimo.” Kara scosse la testa e i suoi corti capelli neri ondeggiarono poco sopra le spalle.

Come siamo messi a difese?”
“Gli scudi magici sono alzati e piuttosto potenti, anche se sai meglio di me che non dureranno a lungo contro la magia di Nyphar. Per quanto riguarda le difese meccaniche, le catapulte sono state montate ai lati della gola che da' accesso al tempio, così come le baliste. Sono armi devastanti, che avranno ragione dei soldati che accompagnano l'Angelo Nero.”
“Ottimo. E la sala dell'Anima?”
“Un circolo di maghi la controlla costantemente, rinvigorendo una serie infinita di incantesimi. Per un essere umano sarebbe del tutto impossibile entrarci.”
“Per un essere umano...”
“Già.”
Calò il silenzio tra di loro. Alcuni altri monaci servirono la cena, una zuppa di pane e verdura. Mangiarono per qualche momento, sforzandosi di far scendere un po' di cibo nello stomaco.

Tu sei pronto, Ferren?” chiese Kara ad un tratto. Ferren sapeva a cosa si riferisse. Le difese erano ben organizzate e praticamente impenetrabili, ma il compito più importante era il suo, perché tutti sapevano che nessuna barriera avrebbe potuto reggere contro Nyphar.
“Sì, lo sono.” rispose.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto - Rovine ***


CAPITOLO SESTO

-Rovine-
 

---Foreste di Mistar, lungo la strada per la Spina del Drago---

 

C'era stato un tempo in cui Vendren amava l'oscurità. C'era stato un tempo in cui amava uscire dal villaggio nel cuore della notte, solo per godersi l'immensità del silenzio nel bosco. Lì, in quei luoghi, in quei momenti, riusciva davvero ad essere in pace con se stesso.

Quel tempo, però, era lontano.

Aveva smesso le sue uscite notturne quando per la prima volta era uscito il demone in lui. Era stato durante una battuta di caccia quando aveva appena sedici anni. In quella battuta aveva ucciso due dei suoi compagni e visto gli altri fuggire spaventati. Quando aveva chiesto spiegazioni gli avevano raccontato la verità sul patto degli antichi maghi con le entità che abitavano Mistar. Gli avevano detto che era un prescelto, che era sacro, ma lui non si sentiva né l'uno né l'altro. Lui aveva solamente paura; paura di ciò che si annidava nei recessi della sua anima. Non aveva più chiesto asilo al silenzio della notte perché, trovandosi da solo a pensare, non poteva fare a meno di rivedere la terribile scena del massacro da lui compiuto. Non poteva fare a meno di chiedersi se fosse davvero umano, o se meritasse di vivere.

Aveva cercato di scacciare quei pensieri, dedicandosi febbrilmente alla meditazione per il controllo della rabbia e al lavoro, che aveva il potere di distrarlo.

Era arrivato ad amare ancora la notte, anche se non più come prima. Il legame tra lui e l'oscurità, però si era spezzato il giorno precedente.

 

Avevano camminato a lungo, dopo essersi svegliati. Non avevano fatto pause che durassero più di due minuti e avevano visto il sole sorgere per poi osservarlo tramontare ancora. I ribelli si erano comportati in maniera eccezionale, sopportando stoicamente la fatica e continuando ad andare avanti. Qualcuno aveva sollevato qualche obiezione quando Geral aveva deciso di non fermarsi subito dopo il tramonto, ma avevano capito che sarebbe stato un problema: nella foresta non c'era spazio a sufficienza per montare il campo.
In quella zona di Mistar, infatti, i boschi erano fitti oltre ogni immaginazione. Rallentavano il passo e bloccavano la luce del sole. Avevano bisogno di trovare un posto migliore per accamparsi.

Nella notte, nella foresta, ora Vendren si sentiva costantemente minacciato. E non erano i rumori misteriosi a farlo, ma la loro totale assenza. Il cacciatore ne era sicuro, non aveva mai avvertito un silenzio così totale ed innaturale. Sembrava che gli stessi alberi, gli stessi animali avessero paura a mostrarsi e a farsi sentire. Si poteva quasi avvertire l'aura dell'Angelo Nero incombere costantemente.

 

Thalia, Franc e gli altri stavano discutendo in cima alla fila.
“Secondo voi come siamo messi?” domandò Geral.
“Abbastanza bene. La foresta blocca noi come sicuramente ha bloccato anche loro, e non ci siamo fermati nemmeno un istante. Abbiamo sicuramente accumulato un bel vantaggio.” rispose Silla, valutando la questione dal punto di vista puramente materiale.
“Sì, ma non dobbiamo escludere la magia.” puntualizzò Alseth “Nyphar è in grado di utilizzare trucchi a noi sconosciuti. Potrebbe essere molto più avanti di quanto crediamo.”
“Hai ragione, ma purtroppo non possiamo forzare gli uomini.” Franc si guardò indietro, guardando le facce dei compagni “Sono stanchi e hanno bisogno di riposo.”
“Assolutamente.” Alseth alzò le mani in segno di scusa “Non intendevo dire questo.”
“Sì ma... Dove ci fermiamo? Qui non sembrano esserci radure.”

Improvvisamente, come se l'avessero evocata, gli alberi si fecero più radi davanti a loro. In breve il sentiero improvvisato che stavano percorrendo permise loro di camminare a file di quattro o cinque.
“Dicevi?” sorrise Thalia.

 

---
 

Guardate qua!” chiamò uno dei ribelli. Alcuni uomini si unirono a lui per osservare, imitati da Vendren. Il soldato stava indicando la radura di fronte a loro.
Nell'oscurità erano riconoscibili alcune sagome piuttosto alte, ricurve. Erano immobili, non sembravano esseri viventi. Avvicinandosi, notarono che si trattava dello scheletro di un edificio che un tempo doveva sorgere in quel luogo.
Uomini e donne cominciarono a vagare all'interno di quella specie di foresta di pietra, composta da archi e colonne che sapevano di antico.

Che cos'è questo posto?” era la domanda più frequente. Nessuno aveva una risposta.

 

Vendren, ne sai qualcosa?” Silla si era avvicinata al cacciatore.
“No.”
“Cavolo.”
“Purtroppo non sono mai stato in questa zona di Mistar, non ti posso aiutare.”
Silla non poté mancare di notare il tono dell'uomo, scontroso e riservato come durante tutta la marcia. Lo capiva, non riusciva a scendere a patti con il suo altro io. Era stato temuto e ora aveva il terrore che anche lei, che anche tutti i ribelli, lo odiassero.
“Però...” disse lui.
“Cosa?”
“Non so, è strano. Ti posso assicurare che non ho mai visto questo posto, che le rovine mi sono del tutto sconosciute, eppure... Ah! Maledizione, non so come dirlo; è come se fossi già stato qui!”
“Ehi, che succede?” domandò Geral, raggiungendoli. Aveva sentito frammenti del discorso ed era interessato.

Non so, Geral. Queste rovine mi danno una strana sensazione. Qualcosa di antico, forse un ricordo inconscio.”
“Magari Alseth può...”
“Argh!” Vendren gridò, tenendosi la testa con entrambe le mani.
“Che hai?” chiese preoccupata Silla.
“Non so... Oddio, non è possibile...”
Geral fece un passo indietro.
“E' il demone?” chiese.
“Sì e no.”
“Sì e no?”

 

Vendren non stava più ascoltando. Non aveva perso la ragione, ma era come se lo spirito di fuoco in lui volesse a tutti i costi far sentire la sua presenza. Aveva avvertito una fitta di dolore quando si era avvicinato ad una delle strutture ad arco. Provò a camminare avanti e indietro ed ebbe la conferma che era quella struttura, quell'anonima costruzione, a provocare il dolore.
Cosa vuol dire? Si chiese.
Si isolò dai ribelli, mentre questi montavano il campo tra le rovine, per concentrarsi sull'arco. Non aveva niente di speciale, tranne forse...
Squadrò con attenzione la pietra di volta. Recava inciso uno strano disegno, una serie di linee che si diramavano lungo i piedi dell'arco fino ad arrivare a terra. Era un simbolo anonimo, che non aveva mai visto. Eppure era quel simbolo che sembrava chiamare il fuoco in lui.
Spaventato, si allontanò e raggiunse un gruppo di ribelli che si trovava abbastanza distante dalla zona.
Tornò a sentire le loro voci, ad avvertire con chiarezza ogni suono e sensazione del mondo reale.
Gli chiesero che cosa fosse successo, ma lui scosse la testa e non rispose. Si sedette a fianco a loro e mangiò qualcosa.

 

---

“Vicino a dove?” chiese Alseth. Silla e Geral gli avevano raccontato dell'accaduto e voleva sapere in quale punto era successo il tutto.
“Lì, c'era una specie di arco ancora intatto.” indicò il grosso pelato.
“Andiamo a vedere.”
Si avvicinarono alla struttura e lasciarono ad Alseth campo libero per l'analisi. Il vecchio mago allungò il palmo destro verso la pietra e sgranò gli occhi.
“Oh... Sento un'energia. E' magico!” sentenziò. Attirato da quella scoperta, continuò ad analizzare l'arco, fino a notare la pietra di volta. Gli caddero le braccia.
“Cos'è?” chiese Silla, senza capire.
“Il simbolo sulla volta... Oh cielo! L'ho visto fin troppe volte negli ultimi tempi, sui libri di magia e sui resoconti di attualità. Sono sicuro che l'abbiate visto anche voi.”
“Aspetta, ma è...”
“Sì, Silla. Questo è un arco dimensionale di Theros. E solo Maat sa quale sia la connessione tra esso e Vendren.”


 

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo - L'assedio di Syr Tainith ***


CAPITOLO SETTIMO
-L'assedio di Syr Tainith-

 

---Syr Tainith---

 

Il primo colpo di catapulta fu come un tuono nella notte. Ferren era riunito con i confratelli nella Sala della Preghiera; stavano meditando, chiedendo consiglio al Pilastro di Maugeth. L'energia che fluiva dalla struttura verso le loro anime li aveva rincuorati un poco, ma i rumori della battaglia li catapultarono immediatamente nel loro incubo più nero.

Arrivano!” urlò uno dei monaci di guardia, varcando la porta della sala. Il Teocrate si alzò dalla sua posizione con una calma quasi ultraterrena, mentre un secondo colpo risuonava all'esterno. Camminò lentamente fino a portarsi vicino a Ferren.
“E' il tuo momento, fratello.” disse. L'uomo annuì e salutò i suoi compagni con le lacrime agli occhi. Aveva fatto in tempo, in quegli anni, a conoscerli bene, a comprendere i loro timori, le loro speranze e i loro sogni. Volti che al suo arrivo erano poco più che una massa indistinta ora avevano un nome e un'anima. Tremava al pensiero di doverli lasciare, soprattutto pensando alle conseguenze della battaglia imminente, ma sapeva che la sua presenza non avrebbe fatto differenza, lì. Strinse le mani di Kara e le sussurrò qualcosa all'orecchio, qualcosa che gli altri non poterono udire. Lei si mise a piangere copiosamente.
Ferren rivolse un ultimo saluto, con un cenno del capo, prima di uscire dalla sala.

 

---

Il primo colpo di catapulta aveva colto gli uomini di Nyphar di sorpresa. Si stavano inerpicando sullo stretto sentiero che conduceva a Syr Tainith, quando dalla parete destra della gola era precipitato un gigantesco masso. Aveva impattato il terreno in prossimità di un nutrito gruppo di uomini, schiacciandone alcuni e ferendo gravemente gli altri.
“Dannazione! Uomini, avanzate!” gridò l'Angelo Nero “Ai massi penserò io!”
Pur riluttanti, i soldati obbedirono. Nessuno osava contraddire il suo comandante, l'idea della sua ira era ben più spaventosa di qualsiasi catapulta.

 

Nypar attese, concentrandosi. Non era riuscito a capire esattamente da dove provenisse quel colpo, ma un secondo masso non l'avrebbe colto alla sprovvista. Si sentiva bene, forte come non mai. La sensazione di essere vicino al frammento d'anima perduto irradiava un'energia nuova nel suo corpo. Sorrise sotto la maschera. Presto sarebbe stato completo.
Presto non avrebbe più avuto bisogno di nessuno.

 

---

“Ah!Ah!” rise uno dei monaci addetti alla catapulta. Non appena avevano intravisto la colonna nemica aveva dato l'ordine di preparare il colpo e aveva fatto in modo di spararlo nel miglior momento possibile. Diversi uomini erano stati freddati dal macigno. Lui e un confratello si diedero il cinque, per poi rivolgere il pollice alzato dall'altra parte della gole, dove la seconda arma era pronta a sparare. Un uomo rispose al suo segnale e diede l'ordine di gettare il secondo proiettile. I difensori osservarono la pietra descrivere un arco verso l'esercito di Nyphar, speranzosi. Si aspettavano già di vederla abbattere altri nemici, ma non fu così.
L'Angelo Nero, che si trovava nelle retrovie, alzò un braccio e indirizzò l'energia nera che lo seguiva verso il masso, bloccandolo a mezz'aria.

“Oh, no...” imprecò il monaco che aveva dato l'ordine di sparare.
Il masso cominciò a ruotare su se stesso a velocità sempre maggiore.
“No! Tutti a terra!” ordinò l'uomo, mentre il proiettile veniva rispedito al mittente. Il masso colpì il bordo della parete sulla quale erano nascosti, rallentando la sua corsa per essere spinto verso l'altro. Uno dei monaci non fece in tempo a scansarsi e il mostro roccioso precipitò sulle sue gambe, rompendogli ogni osso.
Gridò senza ritegno, mentre il masso completava il suo tragitto cadendo sul suo torace.

 

Baliste, arcieri! Tirate!” fu l'ordine successivo. I monaci speravano che una pioggia di colpi fosse troppo anche per Nyphar.

 

---

Gli uomini dell'Angelo Nero gridarono di gioia nel vedere il masso rispedito al mittente. Nyphar se ne compiacque, prima di ordinare di avanzare. Si concesse un attimo per controllare l'eventuale presenza di barriere magiche. Come aveva previsto, ce n'erano diverse, che bloccavano l'ingresso al tempio. Non erano complesse, ma avrebbero richiesto diverso tempo per essere disattivate.
Poi vide la notte farsi ancora più scura, mentre un nugolo di frecce venivano scagliate verso il suo esercito. Ne bloccò diverse con la magia, ma non poteva tenerle tutte sotto controllo. Alcune si abbatterono sulle armature dei suoi uomini, altre andarono a segno e ferirono a morte dei soldati. Dopo le frecce arrivarono i dardi da balista. Ne piovvero sei, mentre l'Angelo era ancora impegnato a rendere innocui i primi colpi. Perforarono le corazze e la carne, devastando il plotone.
Mmm, pensò Nyphar. Così non va. Ci hanno intrappolati e mi serve tempo per le barriere. Se continuiamo così non avrò uomini per combattere all'interno. Questi stronzi sono più furbi di quanto non sembri.

“Uomini.” gridò allora “Uccideteli tutti.”
Spalancò le braccia e l'energia oscura si raccolse in strutture simili a delle passerelle, che si solidificarono diventando veri e propri passaggi per la parte alta della gola. Gridando, gli uomini cominciarono a salirle, per raggiungere i monaci e massacrarli.

 

---

All'interno di Syr Tainith i monaci erano in fermento. Le guardie che stavano nelle torri riferivano ciò che stava avvenendo fuori dalle mura. Inizialmente sembrava che tutto andasse per il meglio, ma la notizia delle passerelle create dal nulla non era stata accolta bene. Tutti gli uomini del tempio erano stati addestrati a lungo per combattere e sapevano affrontare un nemico sia sulla distanza che in combattimento ravvicinato. Si doveva solo sperare che riuscissero, quantomeno, a decimare gli avversari.

 

Il Teocrate stava benedicendo alcuni confratelli, infondendo il potere di Maugeth nei loro corpi. Li avrebbe resi più forti, più agili e più resistenti. Stava facendo tutto ciò che era in suo potere per prepararli all'inevitabile scontro, anche se questo gli costava molte energie. Non gli importava, comunque, perché sapeva che la forza di molti era da preferirsi a quella di uno solo, in una situazione del genere.

 

Passarono dei minuti. Decine di minuti. I suoni della battaglia si attenuarono. Le guardie riferirono terribili notizie; quasi tutti i monaci all'esterno erano morti. La voce si sparse e gli uomini si prepararono ad accogliere il nemico, radunandosi nell'ingresso.

La porta venne distrutta da un'immensa forza magica. La pietra si disintegrò senza lasciare traccia, dopo che le barriere furono abbattute.
La vera battaglia era appena iniziata.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo - Rinforzi ***


CAPITOLO OTTAVO

-Rinforzi-

 

---Syr Tainith---

 

Uno degli uomini di Nyphar credette di averla vinta facilmente, mirando ad un monaco che non aveva né scudo né armatura. Portò un colpo dall'alto verso il basso e sorrise malignamente nel vedere l'avversario che tentava di pararlo piegando il braccio.
Stupido, pensò. Non morirai subito, magari, ma almeno ti staccherò quel braccio di merda.

Rimase sorpreso ed inorridito quando la sua lama si infranse contro quello che sembrava essere un muro magico. La spada si spezzò e fu resa inutilizzabile. Nella confusione del momento, registrò solamente le ultime parole del monaco: “A quanto pare la troppa fiducia ha mietuto un'altra vittima.”. Poi, il nulla.

 

I difensori del tempio si scagliarono contro i nemici con ferocia indescrivibile, tanto che alcuni kemoriani non poterono far altro che subire colpi su colpi, spaventati da quelli che, in quel momento, sembravano più bestie che uomini.

Un monaco riuscì a tenere testa a tre avversari contemporaneamente, utilizzando solo la sua conoscenza nelle arti marziali; schivò un affondo portandosi sulla destra con una torsione del busto. Afferrò il polso dell'attaccante con la mano destra e con la sinistra fermò una seconda lama. Incrociò le braccia e strinse, in modo che i due nemici si uccidessero a vicenda. Voltandosi, vide sopraggiungere un terzo avversario e lo fermò con un calcio ben mirato sotto al mento.

In breve, però, fu circondato da nemici e non poté far più nulla. Fu sopraffatto e morì sotto i fendenti dei kemoriani.

 

---

Mentre la battaglia infuriava nella sala principale, il Teocrate aveva terminato di benedire i suoi uomini. Ora i kemoriani si sarebbero trovati di fronte tre decine di monaci potenziati magicamente, ma non bastava ancora. Il numero dei nemici era troppo elevato rispetto al loro e avevano bisogno di altre difese. Corse lungo dei corridoi che portavano al chiostro esterno. Era stremato, ma non poteva fermarsi. Si inginocchiò al centro e rivolse una preghiera in direzione di due statue: erano gargolle di pietra, armate di spada fiammeggiante. La preghiera raggiunse le orecchie scolpite di quei due esseri.

 

Le grandi ali, quattro per ogni statua, si dispiegarono e si stirarono, come dopo un lungo sonno. Le gargolle mossero il collo e cominciarono a digrignare i lunghi denti, mentre i piccoli occhi sbattevano ripetutamente per abituarsi alla luce pur soffusa della luna. In breve, si animarono completamente, per inchinarsi a colui che le aveva richiamate dal sonno di pietra. I volti canini, dotati di due corna che, partendo dal centro della fronte, compievano una brusca curva, come le antenne di un insetto, lo fissavano senza espressione, in attesa di ordini.
“Distruggete i kemoriani.” disse Ashirai, prima di svenire a causa dello sforzo magico “Distruggete l'Angelo Nero.”

 

---

La battaglia non andava per il meglio, Kara lo sapeva bene. Lei e gli altri monaci erano ben addestrati e la magia faceva la sua parte, ma la benedizione non sarebbe durata in eterno e gli errori commessi a causa della tensione erano molti. Già più di dieci monaci erano caduti. Mentre ragionava, parò il colpo di una spada automaticamente, abbassando l'arma per tirare una testata sul naso ad un kemoriano. Ci fu un'esplosione di sangue e il nemico morì sul colpo. La monaca si allontanò un attimo dalla battaglia, per esaminare la situazione con freddezza. Gli avversari erano tanti e alcuni di essi erano riusciti a superare le linee alleate. In quel momento stavano attraversando la sala, dirigendosi verso i corridoi interni. Controllò se qualcun altro li avesse notati, ma vide che tutti erano più che impegnati. Toccava a lei fermarli.

Cominciò a correre verso il gruppo di kemoriani, quando fu colpita alle gambe da un dardo magico. Il dolore fu lancinante e lei cadde a terra urlando. Sembrava che delle lingue di fuoco stessero salendo lungo i suoi arti inferiori, bruciandola.

Si voltò e constatò che le gambe, pur ferite, c'erano ancora. Ma fu in quel momento che lo vide.
Nyphar aveva seguito i suoi movimenti e l'aveva fermata.
L'Angelo si fece strada tra i monaci; uno di loro tentò di fermarlo con un pugno, ma lui lo fermò senza fatica. Le ossa della mano del difensore si ruppero, mentre l'oscuro comandante si voltava a fissarlo. Il monaco arretrò, implorando pietà. Cominciò ad urlare in preda alle convulsioni e la sua pelle sembrò dissolversi in una nube di cenere. In un attimo non rimase più nulla del suo corpo.

“Maledetto!” sbraitò Kara.
“Sei coraggiosa.” commentò Nyphar. Forse non era quello, forse era solo stupida. O forse, ancora, era la disperazione di chi sa che ormai tutto è perduto.
“Muori, Angelo Nero!”
La monaca si lanciò verso di lui, ma non commise lo stesso errore del compagno morto poco prima. Il primo pugno servì come diversivo, non arrivò mai a contatto con il nemico. Quando Nyphar si chinò leggermente per pararlo, Kara lo scavalcò con una capriola e calciò la sua schiena. Con soddisfazione vide il nemico accusare il dolore.
Allora non è invincibile!
“Stupida puttana!” l'Angelo Nero convogliò l'energia oscura nelle sue mani, materializzando una spada d'ombra. Cominciò a mulinarla per colpire Kara, che non poteva fare altro che schivare ed indietreggiare.

---

I kemoriani che avevano superato le linee dei monaci stavano correndo e ridendo. Non avevano trovato altri difensori, segno che i monaci di Syr Tainith avevano deciso di puntare il tutto sulla difesa dell'ingresso.
“Che idioti!” sorrise uno di loro “In questo modo sarà uno scherzo trovare il medaglione!”
“Ah! Ah! Davvero!” confermò un altro.
Oltrepassarono una curva a gomito e il muro esplose di fronte a loro.

 

La prima gargolla spalancò le ali e gridò, emettendo un suono simile alla pietra che sfrega su altra pietra. I soldati di Nyphar erano atterriti da quella visione. Il mostro venne raggiunto subito dal compagno, che fece roteare la spada. Le fiamme, un tempo scolpite, erano ora vive e guizzanti.
Un soldato si lanciò contro una delle creature, cercando di scalfirla. La lama non provocò alcun danno e la gargolla lo afferrò, stringendolo in una morsa letale.
I suoi compagni fuggirono in preda al panico.
Idioti un cazzo, pensarono all'unisono. Gli idioti siamo stati noi.

---

Kara approfittò di una leggera deviazione della lama di Nyphar verso l'alto per effettuare una giravolta che la portasse sotto alle gambe dell'Angelo, per tornare in piedi alle sue spalle. Il dolore causato dal dardo oscuro, seppur diminuito, rischiava di inabilitarla.
Senza ricorrere ancora alle gambe, tirò una gomitata nello stesso punto in cui aveva colpito l'avversario prima, piegando poi il braccio per colpirlo anche con il dorso della mano. Entrambi i colpi andarono a segno. Ansimò, mentre Nyphar si voltava nuovamente verso di lei. La fine era vicina, lo sapeva. Eppure...

---

La battaglia si fermò. Giunsero dei rumori dall'esterno. Sembrava che un nuovo contingente di soldati stesse salendo il sentiero.
“Cosa?” chiese un soldato kemoriano.
“Cosa cazzo succede?” fece un altro.
Un terzo, che si trovava più vicino alle porte, controllò la situazione. Molti uomini stavano arrivando al tempio, armati di tutto punto.
Erano guidati da volti noti ed odiati.

“I ribelli!” gridò il kemoriano “Arrivano i ribelli!”

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Capitolo 10
*** Capitolo nono - Una svolta ***


CAPITOLO NONO
-Una svolta-

 

---Syr Tainith---

 

I kemoriani non erano stati molti abili a non lasciare tracce. Per un cacciatore come Vendren seguire il loro percorso attraverso le montagne della Spina del Drago era stato un gioco da ragazzi. Erano partiti all'alba dalle rovine, senza che Alseth avesse scoperto nulla di nuovo o importante circa la presenza dell'arco domensionale. Avevano deciso di tenere quel mistero per un momento successivo, dato che avevano i minuti contati.

Avevano iniziato a sentire i rumori di battaglia quando ancora si trovavano in lontananza. Avevano pregato che non fosse troppo tardi e tirato un sospiro di sollievo quando, giunti in vista del tempio, avevano notato che la battaglia era ancora in corso.

“Forza, massacriamo quei figli di puttana!” gridò Geral, guidando l'assalto. In molti si riversarono all'interno di Syr Tainith, abbattendosi sull'orda kemoriana come un'onda anomala. I nemici erano preparati a riceverli e i danni furono minimi, ma i ribelli potevano leggere la speranza sui volti dei monaci, quando questi capirono che non erano nuovi nemici.
Alseth, tenendosi nelle retrovie, lanciò un incantesimo in modo da curare le ferite subite dai difensori del tempio. Il sangue smise di scorrere e i lividi scomparvero. Un urlo di gioia si levò dalla massa di uomini.

Notando un monaco in difficoltà, Silla e Thalia fecero in modo di ridurre il numero di nemici attorno a lui, bersagliandoli con frecce e dardi magici. Non c'erano problemi per la magia, ma mirare all'interno di un gruppo di persone come quello non era semplice. Fortunatamente, Silla era un esperto cecchino e non sbagliò un colpo. Con soddisfazione le due donne videro l'uomo che avevano salvato colpire altri due nemici, mandandoli a terra.

Franc aveva scelto una posizione più vicina alla battaglia, in modo da attuare un piano che avrebbe permesso a Geral di danneggiare maggiormente gli avversari. L'avevano ideato tempo prima e avevano raggiunto la perfezione solo di recente: incanalando energia attraverso il diamante senza darle una forma precisa, Franc poteva infondere una maggiore forza nella mazza ferrata del compagno, che diventava, in quel modo, un'arma letale. Diversi colli girarono di centottanta gradi sotto quei colpi.

 

Vendren scelse di combattere. A Monkard aveva partecipato alla sua prima vera azione di guerra ed era stato tradito dall'emozione, ma ora sapeva come affrontarla e come concentrarsi per evitare di essere posseduto dall'entità di fuoco che albergava nella sua anima. Cominciò anche lui a mietere vittime tra i kemoriani, con calma e precisione, come un vero cacciatore.

 

---

Nyphar lasciò perdere per un attimo la monaca che lo aveva affrontato con così tanta ferocia, per concentrarsi sui nuovi arrivati.
Belthan, spero che tu sia morto, disse tra sé, ricordando la missione che aveva affidato al suo uomo, perché altrimenti ti farò provare dolori che non puoi nemmeno immaginare.
Non ci voleva, i ribelli erano una variabile che non aveva considerato e che poteva ribaltare le sorti della battaglia. L'odio gli fece ribollire il sangue nelle vene, mentre la sua spada tornava ad essere una nube di oscurità.
Con la coda dell'occhio notò un movimento e schivò in tempo per evitare l'ennesimo calcio di quella donna.
“Non ti arrendi?” le chiese. Lei lo guardò con aria di sfida.
“Non mi arrenderò mai.”
“L'idea di morire ti alletta così tanto?”
“Morirei per una causa.”
“Persa.”
“Questo lo dici tu!”
“Stupida donna! Lo capisci o no? Io vincerò, è stato già deciso in principio!”
“Da chi, da te?”
“Dal destino.”


Riformata la sua spada, l'Angelo riprese a combattere, in una danza di colpi e schivate.
In quel momento, le gargolle guardiane fecero il loro ingresso nell'atrio.
Pensando più veloce di qualsiasi umano, Nyphar rinunciò all'arma per generare una barriera intorno al suo corpo, una sfera di notte che respinse gli attacchi della monaca. Aveva bisogno di tempo per pensare.

---

Kara non credette ai suoi occhi quando vide entrare i guardiani di pietra. Presa dall'euforia, non si accorse della barriera che Nyphar aveva generato e vi andò a sbattere solo per essere violentemente spinta indietro dalla forza misteriosa che l'animava. Cadde sulla schiena troppo vicino alla battaglia e vide un kemoriano proprio sopra di lei, pronto ad infilzarla con la spada. Chiuse gli occhi, ma la morte non giunse.
Una seconda lama aveva bloccato quella del nemico. Era uno dei ribelli, un uomo ancora giovane e muscoloso, con occhi di ghiaccio. Questi respinse il soldato e lo uccise, con un affondo al petto.
Le tese la mano e lei l'accettò, alzandosi. Le gambe non le facevano più tanto male.
“Grazie.” disse Kara.
“Non c'è di che.” rispose l'uomo, mettendosi al suo fianco e facendole intuire che, in due, avrebbero avuto maggiori possibilità di vittoria. Lei sorrise e tornò a concentrarsi su Nyphar.

---

“Rakk, no!” gridò Geral, nel vedere un suo compagno morire a pochi passi da lui. La furia lo guidò attraverso la foresta di lame e ottenne la sua vendetta, freddando chi aveva ucciso il ribelle.
“Situazione!” urlò poi. Era un segnale convenuto. Chiunque avesse il campo visivo libero avrebbe dovuto riferire l'andamento della battaglia. Fu Silla a rispondere.
“Arancio!” riferì. Era un codice negativo, che indicava una battaglia ancora lontana dall'essere vinta. D'altro canto, comunque, non dava per scontata una sconfitta.
Geral annuì e riprese a combattere, mentre la stanchezza cominciava a farsi sentire e il sudore gli imperlava la fronte.

---

Le due sentinelle di pietra erano un problema che l'Angelo Nero non doveva sottovalutare e, come se non bastasse, ora erano in due ad affrontarlo. Non andava bene come aveva pensato. Non avrebbe potuto mantenere la barriera per sempre e per questo maledisse Maugeth e i suoi seguaci, sapendo che era da imputare a loro la colpa della sua debolezza. Doveva agire.
Ignorando la monaca e il ribelle, si portò più vicino ad una delle gargolle. Questa mulinò la spada di fuoco e Nyphar si chinò in tempo per evitarla, abbassando allo stesso tempo anche il suo scudo. Indirizzò l'energia verso il viso della statua vivente, dandole la forma di una mano. Questo arto nero afferrò la testa del guardiano e la strinse fino a stritolarla. Il fragore della pietra che cadeva fu musica per le orecchie dell'Angelo Nero, ma usare quella magia aveva richiesto uno sforzo notevole. Saltò via con una capriola per evitare la seconda spada e analizzò la situazione.
La gargolla si voltò nella direzione in cui lui si era mosso, mentre l'uomo e la donna la affiancavano.

Ok, è tempo di correre, pensò.

---

Vendren non si sarebbe aspettato di trovarsi così presto davanti all'Angelo Nero. Quando aveva visto la donna cadere si era precipitato in suo soccorso ma solo dopo aveva realizzato chi era il suo avversario. Vedendo la grande statua animata crollare così facilmente il suo coraggio si era ridotto a zero.

“Sta fuggendo!” gridò la monaca. Il cacciatore guardò nella direzione indicata e si accorse che era vero, che Nyphar stava scappando dalla battaglia.
“Ah!” sbottò nervosamente “Ha paura anche lui!”
La monaca gli sorrise, ma la sua espressione mutò quando comprese la realtà dei fatti.
“Non ha paura.” disse “Sta andando alla Sala dell'Anima!”

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo - Sconfitta ***


CAPITOLO DECIMO

-Sconfitta-

 

---Syr Tainith---

 

Vendren non avrebbe mai pensato che la gargolla potesse muoversi velocemente, giudicando il suo aspetto imponente e pesante, ma si ricredette quando la vide levarsi in volo, spinta da una forza misteriosa. La statua precedeva lui e Kara lungo i corridoi. Nyphar era scomparso alla vista e il cacciatore non poté fare a meno di pensare al peggio.

“Dov'è la sala?” domandò mentre correva.
“Vi si accede dal chiostro esterno, c'è un montacarichi che porta nei sotterranei. E' lì che dobbiamo andare!”
“Ok! Ma riusciremo a raggiungerla in tempo?”
“Non preoccuparti, non l'abbiamo lasciata priva di difese. Ci sono alcuni monaci che stanno evocando e rinforzando costantemente una barriera! Questo dovrebbe tenere impegnato quel maledetto!”
Vendren lo sperava con tutto il cuore.

---

Il richiamo dell'anima era sempre più forte, rimbombava nella testa di Nyphar come un tuono. Non aveva mai visto quel tempio, ma sapeva con esattezza dove doveva dirigersi. Ad ogni passo avvertiva la vibrazione sempre più forte della magia, lo mandava in estasi. Era molto più rapido dei suoi inseguitori, quindi non doveva preoccuparsene.
Sfondò un'ultima porta utilizzando l'energia oscura e uscì nel chiostro. Il richiamo proveniva da lì.
Si guardò intorno e vide la statua di Maugeth al centro. Sembrava che l'Angelo lo guardasse con sfida. Nyphar non poteva sopportare quella visione, gli ricordava la sua sconfitta. Con rabbia, scagliò un'onda magica in direzione della testa della scultura, infrangendola.
Così va meglio.

Riprese a cercare il passaggio per la sala dov'era custodito il frammento d'anima e individuò senza problemi il montacarichi. La piattaforma si trovava al piano inferiore, ma per lui quello non era un ostacolo.
Dispiegò le ali e si calò nel tunnel verticale.

 

---

I monaci che erano stati messi a guardia della Sala dell'Anima stavano recitando formule arcane da molto tempo, tanto che ne avevano perso la cognizione. Ormai il loro era un mondo fatto di voci indistinte e di energia crescente. Si trovavano di fronte alla gigantesca porta di pietra oltre la quale era custodito il medaglione con il frammento, riuniti in circolo per potenziare l'energia dei singoli. Fu un attimo, un battere d'occhio.

Uno dei monaci avvertì una presenza estranea e si staccò dal cerchio, voltandosi in direzione del montacarichi. Fece fatica a mettere a fuoco la scena, a causa della cessazione del legame magico, ma quando ci riuscì indietreggiò e cadde per lo spavento.
“Nyphar!” gridò, e anche gli altri monaci si voltarono verso l'Angelo Nero.
“Salve.” disse lui con fare sarcastico “Spero non vi dispiaccia se mi riprendo ciò che è mio.”
“Non oltrepasserai mai la barriera, dannato!”
Uno dei maghi evocò un fulmine che andò a colpire il nemico senza danni. Uno sfrigolio nell'aria attorno all'Angelo rivelò la presenza di una barriera magica.
“Magia? Pensi davvero di potermi sconfiggere con la magia?” rise “Io sono uno dei tredici che l'hanno creata, la magia! Ne conosco ogni anfratto, ogni sfumatura, ogni accento! Non c'è magia che può sconfiggermi!”

Nyphar diede prova della sua affermazione aprendo la mano in direzione del monaco che l'aveva assaltato. La testa dell'uomo esplose senza che lui potesse fare nulla. Gli altri non videro niente, nessun raggio, nessuna energia. Un gesto, e il loro compagno era morto. Cominciarono a pregare.

---

Il montacarichi saliva con una lentezza esasperante, mentre Vendren e Kara battevano nervosamente il piede a terra.
Da sotto giungevano grida terrificanti, segno che la battaglia era già in corso. Quando finalmente l'ascensore arrivò al loro livello, salirono in fretta e tirarono la leva per scendere. La gargolla non salì, sarebbe stata una pessima scelta visto il peso. Li avrebbe raggiunti una volta che fossero arrivati giù, planando.

 

Il silenzio che li accolse quando entrarono nel corridoio sotterraneo fu denso di oscuri presagi. Corsero a perdifiato, seguiti dal guardiano di pietra che atterrò con un fragore alle loro spalle.
Dopo qualche metro cominciarono a intravedere la scena. Videro il sangue, i corpi. Videro Nyphar.
L'Angelo stava lavorando per abbattere la barriera magica. Non sembrava aver subito danni dallo scontro con i monaci. Si era svolto tutto maledettamente in fretta.

Vendren si fermò. Quando Kara se ne accorse si voltò verso di lui e lo guardò confusa.
“Torna su.”
“Cosa?”
“Ho bisogno di potere e so come ottenerlo, ma devi tornare su.”
“Perché?”
“Perché non potrei più distinguerti da Nyphar.”
“Ma...”
“Ascolta.” il cacciatore le prese le mani e la guardò negli occhi “Se tutti questi monaci non sono riusciti a scalfirlo è chiaro che abbiamo bisogno di un livello di potere ben maggiore. Attaccarlo con le sole nostre forze non porterebbe a nulla, ma io posso diventare qualcosa di superiore. Per favore, allontanati.”
“V-va bene.”

Kara si portò indietro, ma non salì sul montacarichi. Voleva vedere.

Nyphar si voltò appena in tempo per assistere alla trasformazione di Vendren. L'uomo aveva deciso di lasciar prendere il controllo all'entità di fuoco. A Monkard aveva ucciso un intero contingente di soldati, forse avrebbe potuto fare qualcosa anche contro l'Angelo Nero.
Perse il contatto con la realtà e tutto gli apparve come un inferno rosso e nero. Un'oscurità immensa segnalava la presenza del suo nemico, di fronte a lui.
La gargolla gli passò accanto e lui fu spinto da un'ira incontenibile. Attaccò anche il suo alleato, smembrandolo.
Sentì Nyphar ridere, in un recesso della sua mente. Menò artigliate a raffica, senza un obiettivo preciso e sentendo il dolore causato dalla magia dell'Angelo sulla sua pelle.

---

Kara non credeva ai suoi occhi. Dove prima c'era Vendren ora si trovava un demone di fuoco. L'aveva visto distruggere la gargolla di pietra, spinto da una furia indomabile, e si era nascosta dietro una colonna. Nyphar continuava a colpire il demone con dardi magici, ma lui non si arrestava. La monaca ebbe un moto di speranza quando vide che l'Angelo urlava per il dolore. Stava funzionando. Nyphar era più debole, forse spossato per la battaglia.

O forse no.
Quando Kara comprese il motivo della strana debolezza, urlò nel tentativo di farsi sentire da Vendren.
“Uccidilo! Non c'è più tempo!”
Il cacciatore-demone doveva sbrigarsi, perché l'Angelo stava utilizzando solo una parte della sua energia contro di lui, mentre con l'altra continuava a bersagliare la barriera della Sala dell'Anima.
Un flash di luce, accompagnato da un rumore di vetri infranti, segnalò la rottura dello scudo magico.

---

La luce fu come un pugnale per Vendren. Il lampo improvviso lo accecò e lo fece indietreggiare. Una forte scossa magica lo colpì violentemente e l'entità di fuoco ne risentì al punto da doversi ritirare. Era la prima volta che succedeva qualcosa del genere. Il cacciatore si ritrovò a terra, lontano dalla porta. Non riusciva a muoversi, ogni minimo spostamento gli causava un dolore troppo grande.

Vide Nyphar varcare la soglia e seppe che tutto era finito.

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo - L'inganno ***


CAPITOLO UNDICESIMO
-L'inganno-

 

---Syr Tainith---

Silla aveva terminato le frecce. Thalia e Franc erano spossati e non avevano più la concentrazione necessaria per poter lanciare altri incantesimi. Alseth era stato ferito e costretto a ritirarsi, per evitare danni più seri.
E, in quel momento, anche Geral stava meditando di arrendersi. Si trovava circondato da nemici, nemici che sembravano non finire mai. Sapeva che l'esercito di Nyphar era consistente, ma non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. Il sangue sul terreno rendeva difficile muoversi e spesso inciampava nei corpi di compagni e nemici. Raccolse le forze per una nuova richiesta.
“Situazione!” riuscì a gridare. Ricevette l'ultima risposta che avrebbe voluto sentire.
“Nero!”
Nero. Il codice peggiore. Significava soltanto una cosa: morte.

Poi, fu come se il tempo si fermasse. Un'immensa energia fluì nella stanza e tutti i soldati dell'Angelo Nero si fermarono, voltandosi verso la sua origine. I ribelli seguirono il loro esempio, grati per quella breve pausa concessa.
Nyphar camminava lentamente e in maniera solenne. L'energia oscura che lo seguiva vibrava di potere e ad ogni suo passo l'aria sfrigolava. Nella mano destra, alzata, reggeva una collana costruita con ogni sorta di materiale prezioso, dall'oro al diamante.
I monaci si coprirono la bocca per lo spavento, mentre sui visi dei soldati nemici nascevano sorrisi a trentadue denti.
Tutti, lì, sapevano cos'era quel medaglione.
Tutti, lì, sapevano che Nyphar aveva trovato la parte mancante della sua anima.

“Il potere.” esordì l'Angelo “Sento il potere scorrere in me. Il mio cuore accelera, i miei muscoli scattano. Il mio sangue ribolle. La mia anima è completa.”
“Sì!” fu il grido che si levò dai kemoriani. I soldati gettarono a terra le spade, cominciarono a saltare e ad abbracciarsi.
Anche i ribelli gettarono le armi, ma per la disperazione. Qualcuno cadde in ginocchio, qualcuno pianse.
“Ora il mondo sarà nostro!” rise uno dei seguaci di Nyphar.
“No.”

La risposta dell'Angelo Nero colse tutti alla sprovvista.
“N-no, signore?” domandò un secondo soldato.
“Il mondo non sarà nostro. Il mondo sarà mio.”
Gli uomini si guardarono tra loro, non riuscendo a comprendere quelle parole. O, più probabilmente, non volendo accettarle.
“Ma...” si azzardò a dire uno di loro. Non riuscì a portare a termine la frase; Nyphar scagliò la sua energia contro la massa di persone, senza fare alcuna distinzione tra nemici ed amici. Tutti vennero investiti da una forza invisibile che schiacciava le ossa e toglieva il respiro. Solo pochi riuscirono a non essere trascinati al suolo.

Geral resistette stoicamente, socchiudendo gli occhi che gli lacrimavano a causa di quel vento oscuro. Vide L'aura nera di Nyphar attanagliare i muri e gli oggetti, per trasformarsi in fuoco. Tutto venne in poco tempo avvolto dalle fiamme.
L'Angelo Nero rideva, godendosi il terrore e lo stupore dei presenti. Poi si girò verso il grosso ribelle, avvicinandosi a lui.

“Tu. Io ti conosco. Ti ho visto attraverso gli occhi dei Custodi. C'eri anche tu nel passaggio sotterraneo di Makrath.”
Geral voleva rispondere, ma gli mancava il fiato.
“Ti ho lasciato andare una volta, credendo che ti saresti limitato a spargere la notizia del mio ritorno, assieme alla disperazione per lo stesso. Ho commesso un errore; siete diventati un problema, voi ribelli.”
Allungò una mano e afferrò la testa del ribelle, stringendola. Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò.
“Non ripeterò lo stesso sbaglio.”

“No!” riuscì a gridare Silla, mentre l'energia nera pervadeva il corpo del compagno, che si agitava e gridava, mentre lungo le sue braccia e le sue gambe si aprivano profonde ferite.
La sua agonia durò poco e spirò in un lago di sangue.
“Maledetto!” disse la cecchina.
“Signore, perché...” piagnucolò uno dei seguaci dell'Angelo.
“Perché sì!” sbottò lui “Non l'avete capito? Siete davvero così coglioni? Lo ripeto da un anno, tutti gli umani devono morire! Non tutti i nemici! Tutti i cazzo di umani! Tutti, compresi voi!”
Spalancò braccia ed ali, e il fuoco prese a bruciare più intensamente. Si diresse poi verso le porte del tempio, distruggendo con la sua magia chiunque tentasse di fermarlo. Una volta all'esterno, si voltò e fece in modo di sigillare le porte di Syr Tainith.
I grossi battenti di pietra si chiusero e furono bloccati dalla magia di Nyphar.
Ormai all'interno del tempio non c'erano più amici e nemici. Solo persone e fiamme.

---

“Vendren!”
Kara stava schiaffeggiando il cacciatore, che ancora non aveva ripreso i sensi.
Era rimasta nascosta, mentre l'Angelo entrava nella Sala dell'Anima e ne usciva con il medaglione. Forse spinto dall'euforia, forse volutamente, non l'aveva notata e l'aveva lasciata vivere. La donna era uscita dal nascondiglio non appena Nyphar era scomparso.
“Vendren, svegliati! Ti prego!”

Con dei forti colpi di tosse, l'uomo tornò alla realtà.
“Oh, sia lodato Maugeth! Vendren, sei vivo!”
“Vivo?” tossì lui “Ah, se questo è essere vivi!”
“Cos'è successo?” domandò poi, alzandosi in piedi.
“Nyphar ha preso il medaglione, e ora è tornato ai piani superiori!”
“Ha preso il medaglione? Oh, no! Allora tutto è finito!”
Contrariamente a ciò che aveva immaginato Vendren, la monaca sorrise.
“Assolutamente no.”

---

Nella sala principale era il panico. La gente correva da ogni parte, cercando di sfuggire alle fiamme che si propagavano troppo velocemente. Diversi uomini morirono a causa dei crolli, mentre altri non erano riusciti a sopravvivere alla magia dell'Angelo Nero.
Erano rimasti davvero in pochi.

Silla, Thalia, Franc ed Alseth si trovarono vicini e furono felici nel vedere che stavano tutti bene. Avevano visto la fine dell'amico Geral, ma ora non c'era tempo per piangere. Dovevano fare qualcosa, o sarebbero morti anche loro.
I tre maghi tentarono di distruggere la barriera creata dall'Angelo, senza successo. La sua magia era troppo forte, aliena.
“Calma!” gridò una voce autoritaria.
Tutti si voltarono in quella direzione e videro tre figure umane e familiari giungere dal chiostro.
Ashirai, Kara e Vendren fecero il loro ingresso nell'atrio. Sembravano fin troppo allegri, vista la situazione.
“Tutti nel chiostro, presto!” ordinò il Teocrate. I monaci si affrettarono ad obbedire, seguiti dai ribelli e dai soldati che prima erano sul fronte opposto.
Quando Thalia passò vicino a Vendren, gli domandò che cosa stesse succedendo.
“Questi monaci sono dei grandi!” rispose lui, entusiasta “L'hanno fregato!”
“Come?”
“Venite, presto!”

Le poche decine di uomini rimasti si raccolsero attorno alla statua di Maugeth, nel chiostro. Ashirai premette un pulsante segreto e questa ruotò su se stessa, rivelando un lungo tunnel verticale e una scala di corda che lo percorreva per tutta la lunghezza.
Nessuno aveva molta voglia di parlare, un po' per la stanchezza, un po' per il tradimento. Scesero la scala su ordine del Teocrate e la percorsero fino ad arrivare in un lungo corridoio di pietra, scavato dall'uomo.
L'umidità era tremenda e devastò ancor di più le ossa già malandate dei presenti.
Ribelli, monaci e kemoriani seguirono il corridoio fino ad arrivare in un luogo che sembrava uscito da una fiaba.

Una gigantesca caverna si aprì di fronte a loro. Dava sull'esterno ed un fiume sotterraneo la attraversava tutta, terminando in una colossale cascata. La caverna era l'accesso ad un'altra fitta rete di tunnel, ma la loro destinazione si trovava lì.
Al centro dell'antro c'era un uomo, un uomo che quasi tutti i non monaci conoscevano, avendo letto di lui su libri e avendo sentito parlare di lui nelle ballate: Ferren Kil.

L'ex-Guardiano corse incontro a Kara, abbracciandola teneramente. Il Teocrate li lasciò fare per qualche istante, ma poi li richiamò all'ordine.
“Chiedo scusa, Teocrate.” disse Ferren.
“Non preoccuparti. Piuttosto, hai con te l'oggetto?”
“Certo.”
Detto quello, l'uomo estrasse una collana dalla tasca. Una copia perfetta di quella che aveva recuperato Nyphar.

“Ma cosa?” domandò Thalia, non capendo.
“Ce l'abbiamo fatta.” disse Ferren, sorridendo “L'abbiamo ingannato.”

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo - Le carte in tavola ***


CAPITOLO DODICESIMO
-Le carte in tavola-

 

---Caverne di Syr Tainith---

“In pratica avete usato lo stesso trucchetto che Nyphar aveva tentato con noi!”
Franc aveva ascoltato attentamente la spiegazione di Ferren, iniziata dopo le presentazioni di rito. L'uomo aveva detto loro che lui e gli altri monaci erano riusciti a creare un secondo medaglione, reale a tutti gli effetti ma privo di ogni effettivo potere magico, utilizzando la magia del Pilastro di Maugeth. Una cosa simile era successa anche due anni prima, quando i custodi avevano fatto trovare ad Hayst una mappa creata magicamente; la mappa che lo aveva attirato in trappola.
Erano i vantaggi di poter utilizzare a pieno la magia dei Pilastri, senza doverla filtrare con i catalizzatori.

“Stando alla vostra storia, sì.” confermò Ferren “Non credevo che ci sarebbe cascato davvero, ma probabilmente i millenni di prigionia lo hanno confuso su alcuni argomenti.”
“Fantastico!” commentò Silla.
“Sì, però” intervenne Alseth, corrugando la fronte “questo non cambia molto la situazione. Nyphar si accorgerà del trucco e, comunque, non possiamo lo stesso lasciarlo in vita.”
“No, certo.” annuì l'ex-Guardiano “Ma è già un vantaggio. Abbiamo un po' di tempo e tranquillità per pensare.”
“Ascolta, Ferren.” fu Thalia a parlare “Prima di tutto, c'è qualcosa che dobbiamo sapere. Voi siete a conoscenza di tutti i risvolti di questa faccenda, suppongo.”
“Sì.”
“Quindi sapete anche qual è il vero obiettivo dell'Angelo Nero.”
A quel riferimento i soldati che seguivano Nyphar si agitarono. Ripensarono a ciò che era avvenuto all'ingresso del tempio. Il loro comandante li aveva traditi, per motivi del tutto sconosciuti.
“Giusto, ci piacerebbe saperlo.” affermò uno di questi soldati, uno tra i più giovani.
“Certo.” concesse Ferren “Mi sembra il minimo. Cosa conoscete di Reevan? Intendo, della creazione di Reevan?”
Fu Alseth a spiegare tutto. Ripeté, in buona sostanza, ciò che un anno prima aveva riferito ai ribelli che lo avevano interrogato nella torre di Keress. Spiegò del Thyr, l'energia che pervadeva l'universo da cui erano nati gli Angeli. Spiegò come gli Angeli avessero piantato i Pilastri di Thyr per trasformare questa energia in mondo fisico e spirituale. Spiegò dell'Angelo Nero.
Ferren ascoltò attentamente, annuendo di continuo.
“Ottimo.” disse infine “Avete una buona conoscenza della creazione, ma non è completa.”
“No?”
“No. Vi manca un tassello importantissimo. L'Asse di Thyr.”

“Il mondo di Reevan è basato su un sistema di catalizzatori.” spiegò l'ex-Guardiano, controllando ogni tanto l'espressione del Teocrate, forse per cercare una conferma alle sue parole “I Pilastri catalizzano l'energia del Thyr, mutandola in fisicità ed energia magica. Quest'ultima viene catalizzata dall'uomo, con o senza filtri, e diventa magia. L'uomo è dunque il catalizzatore ultimo, ma qual è il catalizzatore primo?
“L'Asse?” suppose Alseth, senza dubbio il più interessato a quel discorso.
“Esatto. I Pilastri non possono utilizzare il Thyr puro, ma hanno a loro volta bisogno di una versione già lavorata dell'energia. L'Asse di Thyr fa proprio questo, è l'intermediario tra l'energia universale e i Pilastri.”
“E cos'è, esattamente, questo Asse?”
“Possiamo definirlo un Pilastro all'ennesima potenza. E' una struttura magica, anch'essa invisibile agli occhi dei comuni mortali, che attraversa tutto Reevan, passando per il suo centro. Il mondo ruota intorno ad esso e, come avrete compreso, è ad esso legato indissolubilmente.”
“Una sorta di motore del mondo?”
“Sì, esatto. Senza di esso, il mondo non potrebbe ricevere energia in alcun modo, e morirebbe. Purtroppo per noi, non è impossibile un'ipotesi del genere.”
“Cosa?” sbottò Silla. Lasciò da parte la corda che stava cambiando all'arco per concentrarsi su quel discorso.
“E' così. Si tratta di un sistema di sicurezza, una sorta di meccanismo da usare in caso di emergenza, per resettare il mondo. Normalmente sarebbe necessaria l'approvazione di tutti e tredici i Divini, per attivarlo; dovrebbero mandare un impulso all'Asse, attraverso i Pilastri, per segnalargli il pericolo e fare in modo che si disintegri.”
“Oh, no...” Thalia comprese dove si stava andando a parare “E' per questo che Nyphar sta corrompendo i Pilastri, vero?”
“Già.”

Calò il silenzio più assoluto. I capi dei ribelli cominciarono a riflettere su ciò che avevano passato. Più volte erano tornati sul discorso dell'apparente inutilità della corruzione dei Pilastri. Sicuramente Nyphar sapeva dell'esistenza dei filtri, che gli uomini usavano da millenni per resistere all'influsso negativo dei Pilastri corrotti. Prendere sotto il suo controllo anche l'ultimo non avrebbe cambiato nulla. Ma ora tutto era più chiaro. La conclusione del discorso di Ferren confermò i sospetti.
“Se Nyphar prendesse il controllo del Pilastro di Maugeth sarebbe la fine. Lui odia questo mondo, un mondo che lo ha condannato, come giustamente ha precisato Alseth, ad essere semplicemente un guardiano del mondo dei morti, senza il potere della creazione. Vuole mandare l'impulso all'Asse di Thyr da tutti i Pilastri, condannando così Reevan e tutti i suoi abitanti.”

Sui volti degli ex-seguaci dell'Angelo Nero si potevano leggere consapevolezza e delusione. Qualcuno di loro pianse, qualcuno strappò le insegne di Nyphar e le gettò a terra con disprezzo.
Passarono alcuni minuti in silenzio, prima che Thalia decise di scuotere gli animi e riportare il gruppo alla realtà.
“Ok, ora sappiamo la verità. Il problema, comunque, rimane: come fermiamo quel grandissimo stronzo?”
“Se solo lo sapessimo...” tutti si voltarono verso Ashirai, il Teocrate, che aveva parlato. Questi inspirò profondamente e proseguì “Vedete, Nyphar è una diretta emanazione del Thyr e, come tale, lo conosce a pieno. Il Thyr è l'energia magica che pervade questa dimensione e non esiste uomo che possa avere una conoscenza più approfondita di esso rispetto all'Angelo Nero. Lui ha un potere che trascende l'abilità di chiunque, la nostra magia, per quanto pura e priva di filtri, non può fermarlo.”
“Servirebbe una diversa magia?” domandò Alseth.
“Esattamente. Una magia che sfrutti un'energia diversa dal Thyr.”
Un'idea cominciava a farsi strada nella mente dei ribelli.
“Solo così potremmo fargli del male.”
Anche Kara cominciò a far lavorare il cervello; ripensò a ciò che aveva visto davanti alla Sala dell'Anima.
“Un'arco dimensionale!” esclamò Franc “Abbiamo visto un arco dimensionale di Theros, sulla strada verso la catena montuosa. Se il Thyr è l'energia di questa dimensione, possiamo sfruttare quella di una dimensione alternativa!”
“Vendren!” Kara sentiva il cuore che le accelerava. I nodi stavano venendo al pettine “Vendren, tu hai subito una trasformazione, prima.”. Il cacciatore annuì “Ho visto con i miei occhi Nyphar che urlava sotto i tuoi colpi! Vuol dire che hai sfruttato una magia alternativa!”
“Io...” iniziò l'uomo, senza poter completare la frase.
“E alle rovine” lo fermò Alseth “Hai avvertito una strana sensazione, stando di fronte all'arco!”
“Sì, come... Un richiamo.”
“Sì!” gridò Ferren “Fantastico! Siamo già a conoscenza dell'arco di cui parlate, ma non abbiamo le conoscenze necessarie ad aprirlo. Se ciò che dite è vero, potrebbe esserci un collegamento tra Vendren e l'altra dimensione. Dobbiamo tornare alle rovine al più presto!”
Quanto al più presto? Potremmo non avere tutto questo tempo, prima che l'Angelo si accorga dell'inganno.” obiettò Silla.
“Oh, la velocità non è un problema.” Ferren fischiò una sorta di richiamo.
In un attimo, la terra cominciò a tremare. L'aria si riempì del suono di passi pesanti, proveniente dalle gallerie secondarie cui si poteva accedere dalla caverna.

Dai tunnel uscirono delle creature fantastiche, leggendarie. Corpi sinuosi, agili e robusti allo stesso tempo, di tutti i colori. Scaglie verdi, ramate, rosse, blu e di qualunque altra sfumature riempivano quelle figure dalla testa alla coda, passando per le immense e possenti ali. I musi da rettile erano decorati da motivi geometrici, sfumature naturali delle scaglie stesse. Gli occhi delle creature erano intelligenti, acuti, osservatori.
“Draghi.”. Rimasero tutti a bocca aperta. I monaci sorrisero per lo stupore dei presenti.
“Non a caso le montagne si chiamano la Spina del Drago. Ci sono migliaia di caverne come questa, tana di draghi di ogni forma e dimensione. Siamo riusciti a farceli amici e a stringere un patto con loro. Ci aiuteranno nella nostra missione.”

Sotto lo sguardo ancora stupito dei ribelli e degli ex-seguaci, i monaci montarono sulla schiena di quelle maestose creature, invitando loro a fare altrettanto.
Intimoriti, tutti salirono a cavallo dei draghi, che si diressero verso la cascata.
“Si parte!” gridò Ashirai, e i mostri presero il volo.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo - Il canto dell'aria e del fuoco ***


CAPITOLO TREDICESIMO
-Il canto dell'aria e del fuoco-

 

---In volo---

Volare sul dorso di un drago era un'esperienza incredibile, questo dovevano riconoscerlo. Thalia e Franc erano a cavallo di una grossa creatura color smeraldo ed osservavano le montagne scorrere veloci sotto di loro. Erano euforici e trovarono il momento di scambiarsi baci ed abbracci nonostante la gravità della situazione in cui si trovavano.
La cascata brillava in lontananza, riflettendo i colori dell'arcobaleno mentre il primo sole la colpiva con i suoi raggi.
Vendren era aggrappato a due protuberanze ossee del suo drago, con la faccia schiacciata contro la sua schiena; aveva una paura matta e avrebbe dissentito con chiunque avesse affermato che volare era bello. Alseth era dietro di lui e sorrideva, nel vedere quel comportamento. Chiese al drago di deviare un po' dalla sua traiettoria, per avvicinarsi a quello che cavalcavano Ferren e Kara. Aveva bisogno di parlare con loro.
Una volta che le due creature si furono affiancate, il vecchio mago attirò l'attenzione dei monaci.
“Dicci tutto, Alseth!” gridò Kara, per farsi sentire al di sopra del vento.
“Ferren, tu hai conosciuto gli archi dimensionali; hai qualche idea del motivo per cui Vendren si sente come chiamato da quello nelle rovine?” domandò Alseth.
“Forse sì!” rispose Ferren “Quando ho affrontato il Conquistatore, tre anni fa, lui ci ha detto che i Demoni dei Ghiacci, i mostri che si trovavano sepolti nella regione di Theros, avrebbero continuato a vivere fino a che la sua energia fosse esistita. C'era una connessione tra quelle creature e l'energia dell'altra dimensione, dalla quale provenivano. Forse è la stessa cosa per Vendren!”
“Ma io non vengo da un'altra dimensione!” protestò il cacciatore, senza alzare lo sguardo.
“Tu no!” annuì Ferren “Ma forse la creatura che c'è in te sì!”
Vendren sgranò gli occhi e cominciò a riflettere. Aveva senso: le creature che abitavano la regione di Mistar potevano non essere originarie di quel piano di esistenza. Non era altro che l'ennesima apparente assurdità nella storia della sua vita. Cominciò a porsi domande, pur sapendo che non avrebbero avuto risposta fino a che non fossero giunti alle rovine.
U'shai anakht, pensò. Cosa sono in realtà?

---Rovine---

I draghi atterrarono poco distante dal complesso in rovina e lasciarono che i loro passeggeri smontassero. Thalia e Franc sembravano delusi dalla breve durata del viaggio, così come molti altri, ma Vendren baciò il suolo non appena lo toccò con i piedi. Si alzò e si trovò a combattere con un senso di nausea devastante. Si appoggiò ad un albero e attese che i capogiri lo lasciassero in pace, prima di riunirsi agli altri.
“Bene!” Ferren sfregò le mani “Dov'era l'arco...? Ah, di là!”
Vendren, Alseth e i capi ribelli lo seguirono, mentre Kara, Ashirai e tutti gli altri rimasero lì, per tenere sotto controllo i dintorni.
Il piccolo gruppo si mosse attraverso gli archi e le colonne e, nuovamente, Vendren si costrinse a concentrarsi sulla realtà, quando una fitta alla testa lo colse all'improvviso.
“Ah!”
“Vendren, stai indietro...” iniziò Silla.
“No.” rispose lui, scuotendo il capo “Non mi sto trasformando, è solo... E' un maledetto richiamo, come dice Ferren. Ma riesco a controllarmi. Davvero.”
“Come vuoi.” la donna si avvicinò a lui, un po' per fargli forza, un po' per controllarlo a sua volta.

Giunti di fronte all'arco dimensionale, il cacciatore si lasciò cadere a terra, sputando come se fosse affaticato.
“Dannazione, sento la pelle bruciare!” si lamentò.
Ferren lo squadrò per bene, analizzando ogni aspetto del suo comportamento e, soprattutto, dei suoi sintomi. I Demoni dei ghiacci non si erano mai comportati così, ma nel loro caso era diverso: loro erano integralmente infusi dell'energia del Conquistatore, mentre sembrava che in Vendren combattessero due diverse essenze, due diverse anime. Forse il dolore era causato da quella battaglia interiore. In ogni caso, era indubbio che il cacciatore e l'altra dimensione fossero collegati.

“Allora, signori. Ho bisogno del vostro potere magico.” spiegò l'ex-Guardiano.
“Cosa dobbiamo fare?” chiese Franc.
“Vendren è effettivamente connesso alla dimensione che si cela dietro questo arco. Se riuscissimo ad aprire la porta e ad incanalare il potere nei nostri corpi, potremmo ottenere un vantaggio su Nyphar. Purtroppo, nessuno di noi ha il potere di aprire il varco. Nessuno, a parte lo stesso Vendren.”
“Ma come?” intervenne Thalia, guardando nella direzione del compagno, che stava vistosamente male.
“Deve trasformarsi. In questo modo potrebbe rispondere al richiamo della dimensione nativa della sua forma di fuoco, e la porta si dovrebbe aprire dall'altra parte.”
“Quanti condizionali.”
“Hai ragione, Thalia. Ma è la nostra unica possibilità. Dobbiamo lasciare che Vendren si trasformi e tenerlo sotto controllo. Conoscete degli incantesimi in grado di bloccare una creatura?”
“Certo.” fu Alseth a rispondere “Ma non per molto tempo.”
“Non preoccuparti. Sarà sufficiente qualche minuto. Mentre voi terrete sotto controllo il demone, io incanalerò il potere. Ho studiato a lungo gli archi dimensionali e so come fare. Ma voi non dovete deludermi.”
“D'accordo, facciamolo.”

Vendren faticava sempre di più a mantenere il contatto con la realtà. Vide solo indistintamente il volto di Silla che si avvicinava al suo.
“Vendren.” disse lei. La sua voce gli arrivò lontana, come eterea “Vendren, se mi senti, devi trasformarti.”
In una diversa situazione, lui avrebbe rifiutato, per paura di danneggiare i suoi amici. Ma il richiamo era davvero troppo forte. Quelle parole giunsero come una liberazione. Lasciò libero il demone in lui e l'ultima cosa che vide fu un'intensa luce provenire dall'arco, mentre questo si apriva.
Poi il mondo divenne buio.

---

Uomini e donne erano raccolti intorno a dei tavoli, sui quali erano poggiati rotoli di pergamena zeppi di calcoli. Vendren non capiva, non aveva mai visto quelle persone e non sapeva dove si trovasse. Stava fluttuando, vedeva la scena da una posizione sopraelevata, senza poter controllare i propri movimenti.
Dietro ai tavoli, dietro agli uomini, c'era l'arco. Era incompleto.
Il passato? Quel pensiero balenò nella mente sconvolta dell'uomo. Sì, non c'erano dubbi: stava vedendo il passato, il momento della costruzione del varco.
Due uomini portarono una grande pietra, la pietra di volta. Allungarono le braccia e questa cominciò a fluttuare, andando a completare la struttura di pietra. La magia che scaturì dall'arco fu devastante e i suoi costruttori non erano pronti. Vendren li vide bruciare, mentre una conflagrazione magica di aria e fuoco riempiva la sua visuale. Il mondo esplose e l'edificio in cui si trovavano si ridusse a macerie.
In poco tempo, Vendren non vide più nulla, solo un bianco senza imperfezioni. Poi, una musica cominciò a suonare nelle sue orecchie. Era il canto dell'aria e del fuoco, il canto dei prescelti.
Sentì delle voci, mentre il suo corpo fluttuava in quell'oceano di latte.
“Abbiamo fatto un casino”
“Dannazione, l'arco è esploso. Non pensavo fosse così pericoloso.”
“E ora? Hai idea delle conseguenze che questo avrà sulla gente?”
“Sì. Le radiazioni magiche... Non oso pensarci. L'energia che è rimasta attaccata al terreno porterà conseguenze imprevedibili sui Mistariani.”
“Dobbiamo andarcene. Lasciare tutto così com'è, fuggire. Non dobbiamo prenderci la colpa di eventuali mutazioni.”
“Aspetta. Ho un'idea. Possiamo mettere in giro una storia.”
“Una storia?”
“Sì. Ne ho già in mente una...”
Il canto aumentò di volume.
Vendren comprese. Non era un prescelto, come non lo erano stati i suoi precedessori. Non c'era stata nessuna battaglia, nessun eroe e nessun patto. Non c'era nessuna creatura. Solo radiazioni magiche. Solo la codardia di un gruppo di maghi che aveva osato sfidare la sorte.
U'shai anakht. Ora sapeva cosa significava.
Solo un effetto collaterale.
Maledetti.

 

---

Ferren incanalò l'ultima energia, in modo da infonderla in Thalia; mancava soltanto lei. Non era stato facile, ma gli altri se l'erano cavata bene nel tenere sotto controllo il demone di fuoco. Chiuse il portale dimensionale. Non aveva detto a nessuno che lui non avrebbe potuto usufruire della magia alternativa. Se avesse cercato di infonderla nel suo stesso corpo, infatti, il contraccolpo gli avrebbe fatto perdere la concentrazione. Una cosa del genere, di fronte ad un potenziale energetico così elevato, avrebbe potuto significare la morte. Sapeva che era stato l'arco a distruggere quel luogo e voleva evitare di subire la stessa sorte.
Quando il varco si richiuse e il flusso si arrestò, Vendren e quelli che lo tenevano caddero a terra svenuti. Lo stesso Ferren dovette puntellarsi con mani e ginocchia, per evitare di perdere i sensi. Osservò i suoi nuovi compagni, sorridendo. Il suo compito era terminato, ora sarebbe stata solo una questione di tempo. Una volta risvegliati, avrebbero disposto di un potere oltre ogni comprensione.

La sua gioia durò poco.
Uno dei monaci lo raggiunse trafelato.
“Ferren!” disse.
“Cosa c'è, Erht?”
“Sta arrivando. Nyphar ha scoperto il trucco. E' qui!”

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo - Nessuna redenzione ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO
-Nessuna redenzione-

 

---Rovine---

Nyphar si trovava a poca distanza dalla folla di monaci, ribelli e soldati che si era raccolta in quel punto del perimetro delle rovine. Stava aspettando Ferren e, quando questi arrivò, cominciò a battere le mani.
“Complimenti. Ve li devo. Non credevo che degli stupidi uomini sarebbero riusciti ad ingannarmi.”
La tensione si poteva toccare con mano, l'aria era quasi elettrica.
“Arrivo al Pilastro e cosa scopro?” continuò l'Angelo “Scopro che dei bastardi maledetti hanno creato una copia della mia anima!”
Ferren si avvicinò ulteriormente, i pugni serrati.
“E non solo! Torno qui e vedo che molti di coloro che avevo condannato a morire bruciati a Syr Tainith sono ancora vivi!”
L'aura nera di Nyphar stava sfrigolando, mossa dalla sua ira.
“State giocando sorprendentemente bene, luridi umani.” concluse “Ma la partita deve giungere al termine.”
“Hai ragione.” annuì l'ex-Guardiano “Sta per giungere al termine, infatti. Ma non a tuo favore.”
“Ah!” sbottò l'Angelo “E a favore di chi? Voi abitanti di questo mondo condannato all'estinzione non potete nulla contro la mia magia!”
“Attento, Nyphar.” il tono di Ferren era di sfida; aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto “Sei forte, ma non invincibile. Esistono energie di cui ignori l'esistenza.”
Il nemico si fermò per valutare quell'affermazione. Ricordava bene il dolore provato nella battaglia contro Vendren, al tempio. Quell'uomo aveva ragione, doveva ammetterlo.
“Io...” cominciò, per fermarsi immediatamente. Cadde a terra, sul ginocchio destro, e cominciò a scuotere la testa, farfugliando parole incomprensibili.
Ferren e gli altri presenti si guardarono senza capire che cosa stesse succedendo. Il cambiamento repentino nell'atteggiamento di Nyphar era molto strano.
“F...” cominciò a dire l'Angelo, squassato dal dolore.
“Fer... Aah!” la sua voce mutò. Sembrava più umana.
“Ferren!” riuscì a completare, con una voce che l'ex-Guardiano non avrebbe mai pensato di udire nuovamente. Una voce che lo riportò indietro di tre anni.
“Hayst?” domandò timidamente, confuso da ciò che stava accadendo. Nyphar appoggiò entrambe le mani a terra, mentre l'energia che lo pervadeva sembrava attenuarsi.
“Ferren...” disse, quasi piangendo “Oh, divinità, cosa... Cosa sta succedendo? Cos'ho fatto?”
“Hayst, sei davvero tu?”
“Non... Non lo so, non capisco... Non riconosco più ciò che sono... Ferren, aiuto! Ho paura!”
Ferren era sconcertato. In quel momento comprese chi davvero aveva davanti; Nyphar aveva scelto il corpo del suo vecchio compagno come ospite per rinascere. Per questo l'aveva attirato nella trappola a Makrath. E ora, apparentemente, Hayst stava riacquistando il controllo, forse a causa della stanchezza dell'Angelo, forse a causa della presenza del vecchio amico. Ferren si avvicinò a lui e si chinò per rassicurarlo.
“Va tutto bene, Hayst. Non mollare. Ci sono io con te. Non ti abbandonerò.”

---

“Oh, wow...” furono le prime parole pronunciate da Alseth, svegliandosi. Non ricordava nulla degli ultimi minuti, tranne che era stato invaso da una forza misteriosa, aliena. Vide che anche gli altri erano storditi quanto lui. Si passò una mano tra i capelli e rifletté. Nelle sue vene scorreva un'energia differente, lo riusciva a sentire. Era come se il suo corpo fosse stato svuotato e riempito nuovamente con l'anima di qualcun altro. E' così che si sente Vendren?
Quando tutti furono in piedi, constatarono di stare bene. Il cacciatore, però, aveva un'espressione avvilita sul volto.
“Che c'è, Vendren?” chiese il vecchio mago.
“Io... Ho visto qualcosa. Ho visto il passato di questo luogo. E anche il mio passato.”
“Cosa intendi?”
“Non esistono eroi. Non esistono creature. Non esistono prescelti. Io sono solo il risultato di una mutazione magica.”
Alseth aveva studiato le teorie riguardati le mutazioni magiche. Avvenivano spesso in luoghi dove erano stati lanciati incantesimi così potenti da impregnare il terreno con la loro energia.
“Spiega.”
Vendren raccontò le sue visioni. Il mago ascoltò attentamente, annuendo ogni tanto. Tutto coincideva, era perfettamente logico.
“Ascolta...” iniziò. Fu interrotto da un urlo.
“E' Ferren!” gridò Thalia, correndo nella direzione da cui era provenuto il grido.

---

Ferren sentì una morsa al petto. Non appena si era avvicinato a Nyphar, constatando il ritorno di Hayst, questi aveva allungato una mano verso il suo sterno e aveva fatto in modo di penetrarlo, con le unghie. In un attimo l'energia nera era tornata forte come prima. In un attimo non aveva più di fronte il vecchio compagno, ma il nuovo nemico.
“Siete stupidi e prevedibili.” disse l'Angelo “E' stato sufficiente imitare la voce del mio ospite per attirarti qui.”
“Ma cosa..?”
“Non c'è più Hayst. Non è relegato nei recessi della mia mente e non potrà mai riprendere il controllo. Ci sono solo io. Non c'è redenzione per la mia anima oscura.” concluse con tono sarcastico.
“No...”
Con un solo movimento del braccio, Nyphar trapassò il petto a Ferren, spezzando il medaglione che portava al collo. Fece scivolare la collana nella mano sinistra, mentre con la destra terminava il tragitto e usciva dalla schiena del monaco. Con orrore, i presenti notarono che l'Angelo stringeva il cuore ancora pulsante di Ferren. Un colpo secco della mano e l'organo finì schiacciato.

“No!” gridarono i capi dei ribelli, che sopraggiunsero in quel momento.
Nyphar si sollevò e rise forte.
“Nessun trucco, stavolta. Ho la mia anima, la vera collana.” indicò l'oggetto nel suo palmo sinistro.
“Vi condanno a morte.”
L'Angelo scomparve.

---

“Ferren! Ferren!” Kara corse verso il corpo dell'amico e pianse lacrime amare, in ginocchio.
“Oh, cielo...” Ashirai si teneva la bocca, senza riuscire a volgere altrove lo sguardo. Era inorridito per ciò che aveva visto e spaventato per l'immediato futuro. Nyphar era completo.
Silla, Thalia, Franc, Alseth e Vendren si avvicinarono a lui.
“E ora?” domandò la cecchina. Il Teocrate si voltò verso di lei.
“E ora dobbiamo agire, una volta per tutte. Siete pronti?”
“Sì.” rispose Franc “Abbiamo l'energia dell'altra dimensione, possiamo usarla contro l'Angelo Nero.”
“Allora andate e prendete questo.”
Ashirai porse loro una sorta di flauto, piuttosto lungo e sottile, decorato con simboli arcani.
“Cos'è?” domandò Thalia.
“E' un potente artefatto. La sua musica illuminerà il vostro cammino e vi permetterà di vedere il Pilastro, normalmente celato agli occhi degli uomini. Sarà sufficiente una nota.”
“E dove si trova?”
“Nel cuore della Spina del Drago. Se i miei calcoli sono corretti, ora Nyphar si trova già nei suoi pressi. Non perdete altro tempo.”
“Ma Ferren...”
“Ferren è morto, ma vi ha fatto un dono che non dev'essere sprecato. Penseremo dopo a lui, se saremo ancora vivi.”
Le ultime parole di Ashirai furono come una pugnalata al cuore.
“Prendete i draghi,” concluse “raggiungente Nyphar. Ponete fine a questa follia.”


 

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo - L'ultimo scontro ***


CAPITOLO QUINDICESIMO
-L'ultimo scontro-

 

---In volo verso il Pilastro di Maugeth---

“Vendren, sei ancora tra noi?” domandò Alseth, notando la totale assenza di emozioni nel compagno. Da quando erano saliti sui draghi per volare verso il punto indicato loro da Ashirai non aveva detto una parola. La paura del volo poteva anche essere una delle cause, ma certamente non la principale. C'era sicuramente qualcosa di più.
“Vendren!” ripeté il mago, non ricevendo risposta.
“Che c'è?” sbottò l'altro, irritato.
“Lo chiedo io a te, che c'è! Non possiamo avere uno zombie in squadra, quando affronteremo Nyphar.”
“Dannazione, lasciami stare!”
Un batter d'ali rivelò l'avvicinarsi di un altro dei draghi da sinistra. Voltandosi verso di esso, Alseth vide che erano Thalia e Franc.
“Vendren, cosa sta succedendo?” chiese la ragazza “E' per via di quello che hai visto durante l'apertura del portale?”. Il vecchio mago aveva riferito a tutti di quelle visioni.
“Sì, dannazione! Voi... Voi non potete capire!”
“Che cosa non possiamo capire?” intervenne Franc.
“Ho scoperto di essere soltanto un effetto collaterale! Un errore, capite? Un fottuto errore!”
“Ora basta!” Silla si era portata dietro a loro e aveva ascoltato tutto “Puoi anche essere stato un errore, ma forse ti sfugge un piccolo particolare.”
“Quale?”
“Che se siamo qui, ora, è merito tuo! Che se abbiamo anche una minima possibilità di distruggere l'Angelo Nero è solo grazie a te!”
Vendren non rispose.
“Se tu non fossi stato, come dici, un errore, non avremmo mai potuto aprire il portale e acquisire questo nuovo potere!”
Passò qualche minuto senza che nessuno parlasse. Vendren stava chiaramente riflettendo su tutto ciò che gli era stato detto, cercando di riorganizzare le idee. Volarono oltre Syr Tainith e la cascata. Il vento che feriva le orecchie era l'unico rumore, la natura stessa sembrava tacere, esattamente come era avvenuto nel bosco che avevano attraversato pochi giorni prima. Il mondo sapeva di essere condannato.
“Vendren, allora?” chiese Alseth, non riuscendo più a sopportare il silenzio.
“Avete ragione.” annuì il compagno “E' davvero stata una fortuna, per voi, trovarmi.” sollevò il capo, risoluto “E questo errore la farà pagare cara a quel maledetto!”
“Sì!” gridarono all'unisono gli altri. Thalia estrasse il flauto magico e lo portò alle labbra: era giunto il momento di rivelare la loro destinazione.

Una singola nota risuonò tra le pareti di roccia. Il flauto era dotato di una forza magica che fece tremare gli animi dei presenti. Fu come se il cielo si dividesse, davanti a loro. In breve tempo comparve dal nulla una struttura le cui dimensioni andavano oltre ogni immaginazione. Comparve in una valle poco distante; un pilastro di pietra scaturiva dal terreno, illuminato dall'energia del Thyr. La luce azzurra emanava dal corpo centrale e, anche, da alcune incisioni nei pesanti anelli di pietra che vorticavano attorno ad esso, come orbite dei pianeti. Il pilastro, alla fine, si spezzava in più punti, dando origine ad una serie di rocce fluttuanti.
Il Pilastro di Maugeth.
Superata la meraviglia per quell'apparizione, i cinque compagni notarono qualcosa di terrificante. La struttura era costruita in pietra bianca, ma si stava lentamente colorando di nero, come se un liquido oleoso la stesse percorrendo. Tutti sapevano cosa significasse: corruzione.
Videro Nyphar, intento a recitare formule per ottenere il controllo del Pilastro. Si trovava su uno degli anelli più alti, girava con esso.
“No! Siamo in ritardo!” gridò sconvolto Franc.
“Ah! E' quello che lui spera!” rispose Silla. Dando prova di un equilibrio fuori dal comune, si alzò in piedi sulla schiena del drago e imbracciò l'arco. Anche lei aveva ricevuto il potere dell'altra dimensione e, come guidata da una forza superiore, sapeva come utilizzarlo. Lo incanalò nella punta della freccia e vide con soddisfazione che questa assumeva una colorazione rosso-scura. Prese la mira, espanse la sua percezione fino al Pilastro. Riuscì a calcolare il momento perfetto per tirare e dimostrò a tutti la sua innegabile abilità come tiratrice; il dardo saettò nell'aria e colpì l'Angelo alla schiena, in mezzo alle ali.
In un attimo, la sostanza nera che stava ricoprendo il Pilastro fermò la sua avanzata e Nyphar si voltò verso di loro.

“Maledetti!” gridò l'Angelo, inveendo contro i nuovi arrivati. Si era alzato in volo per evitare di continuare a ruotare con l'anello e poter parlare faccia a faccia con i suoi nemici.
“Nyphar, è la fine!” rispose a tono Thalia “E' giunta la tua ora!”
“No! E' giunta la vostra ora, non la mia! Presto distruggerò l'Asse di Thyr, e Reevan scomparirà in un buco nero!”
“Non se noi ti fermeremo!” rincarò Alseth. Furioso, Nyphar ruggì e dal suo corpo scaturì una nube di oscurità.
La battaglia era iniziata.

Vendren era cosciente del cambiamento avvenuto nella sua anima. Dopo che Ferren aveva incanalato l'energia dimensionale in tutti loro, aveva raggiunto una sorta di pace. Ora sapeva di poter evocare a piacimento la forma di fuoco e di poterla controllare. Si lanciò dal dorso del drago e lasciò che il demone uscisse allo scoperto. Il mondo tornò ad essere fatto di ombre, ma stavolta lui poteva riconoscere chi era un nemico e chi, invece, non lo era. Si fiondò subito verso l'Angelo Nero, che evocò una fiammata nera per tentare di bloccarlo. Il demone-cacciatore strinse i denti e vi passò attraverso, resistendo al tremendo dolore. Agitò gli artigli in direzione di Nyphar e colpì. Il primo graffio fu schivato, ma il Divino non riuscì ad evitare il secondo. Con gioia Vendren notò il sangue zampillare dal petto dell'avversario.

Dopo aver visto Vendren lanciarsi all'attacco, anche gli altri si erano attivati. Ricorrendo al potere extra-dimensionale, Thalia e Franc cominciarono a bersagliare di fulmini rossi Nyphar, che riuscì a schivarne solamente alcuni. L'Angelo Nero, allora, scelse di teletrasportarsi, conscio che le probabilità non erano a suo favore, rimanendo lì. Si portò magicamente alle spalle dei due maghi e, prima che loro se ne accorgessero, li caricò, evocando la spada oscura che già aveva usato a Syr Tainith. Franc si accorse appena in tempo del pericolo e deviò il drago verso destra, limitando i danni ad una ferita al fianco sinistro. Faceva un male incredibile, ma resistette alla tentazione di lasciarsi vincere dal dolore e perdere i sensi, allontanandosi dalla zona.
Silla aveva assistito alla scena e, mentre vedeva Vendren dirigersi nuovamente verso Nyphar, scagliò tre frecce in rapida successione. Tutte e tre andarono a segno e l'Angelo fu distratto da quei colpi; non si accorse di una sfera di energia rossa che stava arrivando alle sue spalle, scagliata da Alseth. L'impatto fu devastante e il Divino urlò dal dolore.
Vendren approfittò del momento per afferrare Nyphar alle spalle, tenendolo fermo e mordendogli il collo con ferocia. L'Angelo si divincolò a fatica e si voltò portando un fendente al ventre dell'essere di fuoco. La spada tagliò la carne e Vendren fu costretto a ritirarsi; il dolore gli offuscava la vista. Si portò su uno degli anelli per recuperare il fiato.

Nyphar non sapeva su chi concentrarsi. Per la prima volta nella sua vita provava dolore a causa degli uomini, e non riusciva a capire come contrastarli. I suoi attacchi li danneggiavano, ma l'energia di cui erano infusi loro era distruttiva per lui. Un'altra freccia lo colpì alla spalla destra e il dolore fu tale da costringerlo a lasciar cadere la spada. In quel momento comprese la verità: aveva perso.

Notando che l'Angelo Nero stava fermo, sospeso nell'aria, i ribelli cominciarono l'attacco finale. Lo bersagliarono con ogni arma in loro possesso, dalla magia alle frecce. Ogni colpo andato a segno era un passo verso la vittoria, lo sapevano.
Vendren non si mosse. Non era in condizione di farlo. La spada aveva tagliato più a fondo di quanto pensasse e l'aveva immobilizzato. Tornò ad essere uomo e vide il suo sangue macchiare l'anello, fino a coprire uno dei simboli illuminati di blu. Scambiò un ultimo sguardo con Thalia e Franc, che si trovavano a poca distanza da lui, e sorrise. Aveva fatto la sua parte.
Poi, per lui venne il buio.

“Vendren! No!” urlò Thalia, notando che l'amico si accasciava e cadeva dall'anello.
“Thalia! La chiamò Franc “Non c'è tempo per piangerlo! Dobbiamo finire Nyphar!”
La ragazza lo sapeva. Guardò l'Angelo Nero negli occhi dietro alla maschera. Lui era la causa di tutto il dolore. Lui la causa di tutte le morti e le separazioni. Sentì una rabbia inumana esploderle in corpo e la incanalò tutta in un unico, devastante, dardo magico. Lo strale rosso perforò il petto di Nyphar, aprendo uno squarcio che non si sarebbe mai rimarginato.

L'Angelo cadde. Le ali non potevano più reggerlo e precipitò verso il suolo Ad un certo punto esplose e, per un attimo, sotto ai sopravvissuti, ci fu la notte.
Nessuno parlò per alcuni minuti, dovevano essere sicuri che la loro impressione fosse corretta. L'energia oscura che stava ghermendo il Pilastro si dissolse.
Solo allora compresero che davvero era tutto finito. Solo allora compresero di aver dimostrato al mondo che anche gli uomini possono uccidere gli dei.

 

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Capitolo 17
*** Epilogo - Rinascita ***


EPILOGO
-Rinascita-

 

Il mondo vide una nuova alba. Non furono in pochi a stupirsi vedendo il sole sorgere e illuminare Reevan.
I monaci, i ribelli e gli ex-seguaci di Nyphar non avevano dormito nemmeno per un minuto, consumati dall'attesa per il ritorno dei coraggiosi che avevano deciso di affrontare l'Angelo Nero. Quando li avevano visti apparire all'orizzonte i loro cuori si erano accesi di gioia e speranza. Avevano festeggiato a lungo, dopo aver seppellito e pianto Ferren e Vendren. Entrambi erano stati figure chiave in quella lotta ed era giusto ricordarli come gli eroi che erano.
Franc era stato ferito ma, fortunatamente, era riuscito ad evitare di essere colpito agli organi vitali. Non si sentiva molto bene, ma si sarebbe senza dubbio ripreso, scacciando l'energia oscura dal suo corpo.

Con la morte di Nyphar, anche la sua corruzione divenne presto un ricordo. I Pilastri di Thyr si liberarono dalla morsa in cui erano stati stretti dal Divino, tornando a splendere di riflessi bianchi e blu. Thalia, Franc ed Alseth si impegnarono a fondo per fondare una nuova scuola di magia, sulle rovine di Keress. Accolsero diversi allievi e fecero in modo che si diffondesse il verbo di una nuova energia, un'antica magia ritrovata. Abituarono i maghi di tutto il continente ad incanalare il Thyr senza dover ricorrere a filtri fisici e la notizia si estese presto a tutto Reevan.

Molte città erano state direttamente testimoni della furia distruttiva di Nyphar e c'era molto da lavorare per la ricostruzione, ma nessuno voleva arrendersi. La speranza di un mondo migliore, di una normalità ritrovata, era un motore incredibilmente potente.
Nessuno avrebbe potuto riportare in vita le vittime di quella folle guerra, ma tutti erano sicuri che questi uomini e donne, dal luogo in cui si trovavano, li avrebbero guardati con disprezzo se si fossero limitati a piangere e ad auto-commiserarsi. Nuovi villaggi sorsero sulle ceneri di quelli che erano stati devastati e la vita ricominciò.

 

La cura e la tutela degli archi dimensionali fu affidata ad una divisione magica di Kemoria, nota come i Petali. Avevano volutamente scelto quel nome, eliminando ogni riferimento al colore nero, perché volevano dimostrare al mondo di essere cambiati, di aver chiuso con il passato, tagliando tutti i ponti che li legavano ai tempi oscuri. Alcuni archi furono distrutti perché troppo pericolosi, altri sfruttati per migliorare la vita delle persone.

Silla si diede da fare per eliminare i pochi fanatici che ancora veneravano Nyphar rimasti. Non erano molti, ma erano una minaccia che non poteva essere ignorata, vista l'instabilità dei mesi immediatamente successivi alla vittoria contro l'Angelo. Non ci fu nessuna pietà per loro.

I quattro eroi si ritrovarono spesso, negli anni a venire. Si ritrovarono per discutere di ciò che era successo e, soprattutto, del futuro.
Spesso salivano in cima alla Nuova Scuola di Keress, guardando da un grande balcone in direzione di Mistar e della Spina del Drago. Erano lunghi momenti di silenzio, nessuno osava romperne la sacralità. Sui loro volti si dipingevano sempre degli ampi sorrisi e i loro occhi brillavano.

, pensavano sempre, il mondo è rinato.

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