The Angel's Choir

di hummelssmythe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A/N: Alors, avevamo detto a 6.000 domande su ask, una nuova long yay!
Questo è un lavoro leggero che scrivo davvero per lasciarmi andare, morbidamente, quindi non sarà di 30 capitoli, né ci saranno capitoli di 10.000 parole. Diciamo sulle 5.000,6.000+ eccetto per il prologo che è un po' più breve. Ho già scritto buona parte dei capitoli e aggiornerò ogni giovedì :3
Chi mi segue dall'inizio, si ricorderà di questa trama dalla prima Kurtbastian Week. Vi ringrazio in anticipo se deciderete di seguirmi anche in questa storia :3 Prima che vi immergiate nella lettura - se mai lo farete - vi pregherei di leggere con cura gli avvertimenti, come sempre. Thanks <3 A presto, xoxo RenoLover <3

W/N: Rating: Il rating della storia è stato fissato a arancione, ma non sarà così per tutti i capitoli. Ci tengo a precisare che non metto rosso dall'inizio semplicemente perché io scrivo solo smut LOL. Sarà rosso in alcuni capitoli, ma si tratterà di un paio di occasioni massimo comunque.
Worshipping: In questa storia sono presenti momenti di adulazione del corpo, intesi comunque in un contesto artistico. Non so se possa infastidire qualcuno, ma io per sicurezza lo metto come warning.
Blam/Faberry sono presenti come coppie minor.
Christie Smythe
© di AthenaKB. Non è un personaggio mio, ma ho chiesto il suo permesso di usarlo brevemente nella storia perché l'ho amata nella sua.
Potrei anche star mancando qualcosa. Sono pur sempre io, con la mia stupidità.
L'OOC era a tratti necessario, ma non è un OOC completo, comunque. Si tratta di scene in cui dovevo mantenere certe tensioni.

 

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Beta: il_vaso_di_Pandora.
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La prima cosa che aveva pensato quando aveva deciso di lasciare l’Ohio per New York, era che la sua vita sarebbe cominciata lì.
 
O almeno la sua vera vita.
 
Si aspettava di rimuovere i precedenti vent’anni della sua esistenza, di creare qualcosa di nuovo. Era sempre stato una persona positiva ma quella sensazione di cambiamento, il tonfo sonoro provocato dal mondo sicuro e calmo delle pareti familiari, che era stato abbattuto rapidamente, tutto lo faceva sentire come se si stesse nascendo per la seconda volta.
 
Non era stato neanche troppo spiacevole salutare la propria famiglia sull’uscio della porta, sua madre, suo padre, le sue sorelle.
 
No.
 
Sapeva che aveva una distesa di novità davanti a sé e ne era entusiasta.
 
Non riusciva a capire come potessero i suoi ex compagni di liceo essere spaventati all’idea di trasferirsi per il college. Cambiare città per lui era uno stimolo incontrollabile, era l’inizio di tutto.
 
C’era chi versava lacrime di qua, chi piangeva per la famiglia di là, chi per il ragazzo.
 
Non era il suo caso.
 
Lui voleva semplicemente andare via e fare qualcosa di più, qualcosa di diverso.
 
E, da un certo punto di vista, avrebbe avuto ragione. Probabilmente, avrebbe ottenuto più di quanto non si aspettasse da quella nuova vita, più di quanto non si augurasse di ottenere.
 
***
 
Chiuse rapidamente l’enorme trolley, tirando la zip, e fu particolarmente sorpreso nel notare che non aveva avuto troppe difficoltà ad intrappolare i suoi indumenti preferiti all’interno di quella valigia. Si sarebbe aspettato i classici disagi causati dalla sovrabbondanza di indumenti, ma la verità era che forse, considerato il fatto che desiderasse una vita completamente nuova, magari perfino dal punto di vista del look, era facilmente immaginabile che non sarebbe riuscito a portarsi dietro troppe cose che puzzavano di vecchio e forse anche un po’ troppo di adolescenza.
 
“Oh … ma tu guarda chi sta per spiccare il volo!” Due dita fastidiose pizzicarono la sua guancia e Sebastian le allontanò subito con uno schiaffetto.
 
“Piantala, Christie …” Le fece, alzandosi dal letto e cominciando a sistemare la piccola borsa che avrebbe portato con sé durante il viaggio, ma sua sorella si precipitò alle sue spalle, nel tentativo di sbirciare.
 
“Stai prendendo precauzioni?” Chiese e Sebastian fece ruotare gli occhi. “Sul serio, Sebastian. E’ la Grande Mela, c’è così tanta gente …”
 
Sebastian sbuffò e fece ruotare gli occhi, tentando di impedirle di sbirciare cosa stava portando con sé a New York. Uno dei motivi principali per cui voleva trasferirsi al più presto, era che in quella casa il concetto di privacy non esisteva. Infatti, si ritrovò immediatamente un altro mento poggiato sulla spalla.
 
“Christie! Stai spiando Sebby?” Chiese una testolina bionda, rivolgendosi a sua sorella maggiore. “Senza di me?”
 
Sebastian scosse le spalle, per allontanarle e si voltò verso di loro.
 
“Potreste lasciarmi in pace? Se dovessi dimenticare di portare qualcosa con me, sarà solo ed unicamente colpa vostra.” Fece, portandosi le mani ai fianchi, con un’aria severa.
 
“Oh, guarda Bri, Sebby vuole fare il duro.” Lo prese in giro Christie.
 
“Portami con te a New York!” Esclamò Bridget, battendo le mani sul posto e Sebastian fece ruotare gli occhi.
 
“Puoi scordartelo.” Ribatté con un sorrisetto falso in volto. “Uno dei motivi per cui vado a New York, ancora prima degli studi, è che non vedo l’ora di liberarmi di voi due e avere una vita che mi appartenga senza essere spiato continuamente.”
 
Vide Bridget voltarsi verso la maggiore dei tre.
 
“Credo che stia ancora cercando vendetta per quella volta che gli abbiamo rubato il diario.” Sussurrò, come se stessero parlando sole e Sebastian non fosse neanche lì.
 
“Deve essere stato un bel colpo. In effetti, tu avresti potuto evitare di andare da quel bambino a dirgli che Sebby era cotto di lui. E’ stato molto indelicato da parte tua, avresti potuto limitarti semplicemente a prenderlo in giro. Hai rovinato quella che sarebbe probabilmente stata la sua prima storia d’amore.” La rimproverò Christie ma Sebastian stava già facendo ruotare gli occhi,  spazientito, un gesto che doveva ripetere continuamente quando le sue sorelle erano nella sua stessa stanza.
 
“Signore,” borbottò sarcastico, “Potreste per piacere sparire da questa stanza, in modo che io possa prendere tutto il necessario per la mia permanenza nella Grande Mela senza dovermi sentire in imbarazzo?”
 
Vide Christine ridacchiare e cominciare a spingere la sorella verso la porta. La bionda, chiaramente stava protestando, ma Christie la ignorava, spingendola fino a farla uscire dalla stanza. Si affacciò oltre la porta per guardare ancora una volta Sebastian.
 
“Ci mancherai tanto, Sebs.” Gli fece e quasi Sebastian pensò di addolcirsi a quelle parole. “Non avremo nessuno da prendere in giro, sai?”
 
La ragazza chiuse la porta appena in tempo per evitare il cuscino che Sebastian le stava prontamente lanciando, ridendo e sgattaiolando via.
 
Sapeva che si sarebbe pentito di quel pensiero, ma in quel momento era certo del fatto che quegli starnazzi non gli sarebbero mancati: avrebbe avuto una vita più seria, adulta, il suo tempo sarebbe stato occupato da questioni reali e non stupidissimi pranzi in famiglia, thè delle cinque – che non era neanche un’abitudine francese, ma britannica, e cosa diavolo avevano a che fare loro con gli inglesi? – o cravatte da indossare per riunioni di club del circolo dell’alta classe dell’Ohio (quelle terribili noiosissime riunioni che perfino lui trovava uno strazio, nonostante le sue inclinazioni artistiche).
 
Più che altro, avrebbe potuto decidere lui stesso quando indossare una delle numerose cravatte che aveva infilato in quella valigia e perfino il fatto di poter prendere quelle stupide e minime decisioni lo faceva già sentire diverso. Probabilmente era soltanto uno stupido capriccio, ma adorava il modo in cui lo faceva sentire libero e costringeva le sue labbra a piegarsi in un adorabile sorriso.
 
Ce l’aveva quasi fatta: fuori da Lima, fuori dall’Ohio.
 
***
 
Era un po’ spaventoso, doveva ammetterlo.
 
Aveva passato i mesi a fare lo spavaldo con i suoi compagni di liceo che avevano paura di cambiare direzione e vita, ma la verità era che, trovatosi nella Grande Mela, anche Sebastian Smythe si era reso conto di quanto fosse grande. Intimoriva perché lo faceva sentire come una piccola formica, come se desideri, fama e successo altrui fossero pronti a schiacciarlo pur di avere la meglio.
 
In fondo, però, lui era lì proprio per lottare, quindi il fatto che la popolazione di New York si facesse davvero pochi problemi a dove metteva i piedi quando correva freneticamente per la città, non doveva neanche intimorirlo, anzi; doveva incitarlo alla battaglia, stimolarlo al punto da fargli desiderare ancora di più tutto quello che aveva desiderato fino a quel momento: probabilmente era quello il modo giusto per sopravvivere nella metropoli in cui i sogni diventavano realtà, perché Sebastian stava cominciando a sentire già l’entusiasmo incendiargli il petto mentre percorreva quel grande viale con il trolley alla mano (aveva appena realizzato che, per il modo rapido di camminare dei newyorkesi, necessitava urgentemente di una patente per trolley e tracolle, altrimenti si sarebbe scontrato parecchie volte con i passanti).
 
Prese un respiro profondo, guardandosi intorno, incantevolmente compreso tra la natura degli alberi del viale e gli enormi grattacieli artificiali. Una fusione particolarmente piacevole, forse come non se lo aspettava, come non avrebbe mai pensato che potesse essere ai suoi occhi da artista.
 
Rilassò i muscoli e batté le palpebre: primo giorno; tutto quello che doveva fare era recarsi in sede a consegnare un paio di documenti (il classico caso in cui non si accontentavano di riceverli per e-mail), e poi dirigersi verso l’appartamento che aveva affittato con anticipo e grazie al supporto della propria famiglia.
 
Non era un programma complicato.
 
Poteva farcela.
 
Di certo, non sarebbe stato un problema: non poteva andare in panico per delle operazioni così semplici, altrimenti cosa avrebbe fatto per tutto il resto? Doveva soltanto calmarsi, era sempre stato un ragazzo capace e indipendente, figurarsi se non poteva consegnare dei documenti in tutta tranquillità.
 
Allungò la mano libera per estrarre l’iPhone e cominciò a muovere le dita sullo schermo alla ricerca dell’applicazione del navigatore satellitare. Non appena il dispositivo ebbe localizzato la sua posizione, Sebastian si preoccupò di scegliere la meta, digitando rapidamente l’indirizzo che ormai aveva imparato a memoria durante i mesi che aveva passato ad immaginare come sarebbe stata la sua vita lì.
 
Tuttavia, non appena l’ebbe fatto, l’iPhone vibrò tra le sue dita, segnalandogli una chiamata.
 
Abbassò lo sguardo e fece ruotare gli occhi: non che gli dispiacesse ricevere telefonate amichevoli, ma era appena arrivato, aveva delle commissioni da sbrigare e non aveva il tempo di perdersi in chiacchiere.
 
Eppure, non era mai stato il tipo di ragazzo che fingeva di non aver sentito il telefono, quindi fece scivolare il pollice sullo schermo e pigiò quel verde ‘Rispondi’, prendendo un altro respiro profondo e tentando di allontanare il senso di panico: avrebbe comunque fatto in tempo.
 
“Pronto?”
 
La voce proveniente dall’altro lato del telefono era stranamente alterata e gli fece inarcare le sopracciglia per i versetti strani che stava emettendo.
 
Sebastian!!!” Gli gridò all’orecchio, costringendolo ad allontanare per qualche secondo il telefono. “Come stai? Ho sentito che finalmente sei a New York tra noi. Perché non passi per un party stasera? Ci divertiremo taaaanto!
 
Allontanò nuovamente il cellulare, ma non poté trattenere una risata prima di avvicinarlo ancora all’orecchio.
 
“Blaine?” Chiese, sollevando un sopracciglio. “Sono le 10.30 del mattino, come fai ad essere ubriaco?” Domandò, ma Anderson stava già ridendo di nuovo, confermando la sua teoria.
 
Non sono ubriaco, ho soltanto bevuto un po’. C’è stato un party fantastico stanotte, non ne hai idea. Dovresti vedere, non è di certo come l’Ohio qui. E’ tutto così pazzesco e grande, molto grande.
 
Sebastian fece ruotare lo sguardo: un tempo probabilmente sarebbe stato lui a fare quelle allusioni e ad essere ubriaco alle dieci del mattino, ma la verità era che aveva sul serio deciso di responsabilizzarsi e, forse, avrebbe dovuto farlo anche Blaine.
 
“Ascolta, Blainers.” Ridacchiò, tentando di non spazientirsi troppo con lui. “Immagino sia stato divertente e magari potrei decidere di partecipare qualche volta, ma in questo momento avrei davvero da fare e-”
 
Stai scaricando un amico?” Domandò Blaine, piagnucolando attraverso il telefono. “No, Bastian! Non puoi trattarmi così, io volevo divertirmi con te perché sei mio amico e tu mi snobbi-hey!!” Lo sentì strillare prima che un’altra voce prendesse il posto della sua.
 
Sebastian?” L’inconfondibile Sam Evans stava ridendo, ma in maniera decisamente più sobria. “Sei tu? Sto cercando di calmarlo, ma ha bevuto così tanto che non ho idea di come fare. Rimedi della nonna che potrei utilizzare?
 
“No, Sam. Potresti infilargli due dita in gola e costringerlo a vomitare tutto.” Scherzò Sebastian e Sam rispose con una risata. “O semplicemente tirargli un colpo dritto alla testa, sperando che si addormenti.”
 
Credo che opterò per la seconda, non ce la faccio davvero più. Ha già telefonato a mezza rubrica. Avevo poggiato il cellulare sul mobile in modo che non potesse raggiungerlo neanche salendo su di una sedia, ma, a quanto pare, oltre ad essere un nano, è anche una perfida scimmia arrampicatrice. Mi sento uno stupido, dovevo elaborare un piano migliore.
 
“Concordo.” Mormorò Sebastian, continuando a trascinare il trolley con l’altra mano, ma non avendo alcuna idea di dove andare, visto che avevano interrotto la sua localizzazione della meta e del percorso. “Avresti potuto avere un’idea decisamente migliore. Ora, scusami Sam, ma avrei delle cose importantissime da fare.”
 
Certo, certo. Anzi, scusami se l’idiota qui ti ha fatto perdere tempo. Gli sto accarezzando la testa ora: ci credi che ha ancora il gel intatto? Sono sconvolto.”
 
“Certo, Sam, ma-”
 
Ed è stato un party rovinoso, te ne rendi conto?” Si lamentò Sam, quasi sbuffando. “Io ho i capelli uno schifo e lui ha il gel intatto, capisci?
 
“Sicuro di essere sobrio?” Domandò Sebastian, leggermente spazientito – aveva contato sul fatto che Sam fosse più ragionevole, ma sembrava ridotto quasi peggio di Blaine. No, peggio di Blaine mai. “Non mi sembra che tu abbia capito quello che ti ho detto. Eppure non era difficile, quindi mi sa che hai bevuto troppo anche tu.”
 
No, no, hai ragione.” Si lamentò Sam, sospirando. “E’ che volevo parlare con qualcuno di sobrio. Ci sentiamo in questi giorni, okay? Fammi sapere cosa pensi di New York, magari mandaci un sms per raccontarci la tua giornata. Ci sentiamo presto, Bastian! In bocca al lupo per qualsiasi cosa.
 
“Grazie. Ricorda: botta alla testa.” Gli rammentò e sentì il ragazzo ridere, prima che staccasse definitivamente la telefonata.
 
Inspirò e selezionò nuovamente l’applicazione del navigatore, pronto a mettersi in viaggio. Non appena poggiò il dito sullo schermo però, si ritrovò a rispondere ad un’altra telefonata. Incredulo, fece ruotare gli occhi – per l’ennesima maledetta volta (cominciava ad innervosirsi) – ed avvicinò il cellulare all’orecchio.
 
Sebby tesoro!” La voce squillante di Christie lo fece raggelare sul posto: una telefonata da parte di sua sorella significava che sarebbe rimasto per ore con quell’aggeggio all’orecchio e non esisteva alcuna via di fuga; non poteva staccare la telefonata perché lo avrebbe richiamato fino a scaricargli il telefono ed impedirgli così di orientarsi con il navigatore. “Com’è New York? Ti senti come un cucciolo sperduto?
 
“Mi sento maledettamente in ritardo – anche se non lo sono ancora – e tu non sei d’aiuto.” Ringhiò quasi, e si fermò perché non aveva senso continuare a camminare senza una meta precisa. “E’ frustrante, comincio già ad essere stressato, Christie. Potresti avere pietà di me almeno per oggi?”
 
Mmmmh.” Fu il versetto ironico di sua sorella che lo costrinse ad emettere un lamento frustrato. “Devi concedermi almeno dieci minuti, devi perché non posso non prenderti in giro per la vocina poco virile ed intimidita che stai tirando fuori in questo momento.
 
“Per favore …” Si abbassò a mormorare Sebastian, a bassa voce, quasi avesse paura che dei perfetti sconosciuti potessero deriderlo (erano tutti troppo di fretta a New York per potersi fermare a deridere lui, quindi era assurdo che lo pensasse). “Rischi di sabotare la mia carriera al college.”
 
E va bene. Per questa volta ti lascio in pace. Ma …” Si prese una pausa teatrale prima di riprendere, per far accrescere il panico in lui perdendo ulteriore tempo, preziosissimi secondi, “stasera dovrai raccontarmi tutta la giornata nel dettaglio, compresi i ragazzi carini che hai incontrato!
 
“Devo andare.” Ribadì Sebastian e questa volta Christie rise in maniera più naturale. “Ti chiamo stasera, okay?”
 
Okay. Divertiti.” Suonò terribilmente ironica.
 
“Ma certo.” Borbottò Sebastian, ma la telefonata era già stata interrotta. “Certo …” Ripeté a se stesso, inspirando lentamente e tentando di non agitarsi troppo.
 
I documenti, doveva consegnare quei maledetti documenti, poi avrebbe potuto concedersi un po’ di relax, visto che era ancora terribilmente stressato dal viaggio. Selezionò nuovamente il navigatore, questa volta in maniera definitiva e si decise a seguire il percorso che stava tracciando, senza neanche guardare il tempo medio impiegato a piedi: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era una bella botta di ansia.
 
Moderò i passi, calcolò i tempi della respirazione e si trascinò ancora dietro quella valigia per la città, sentendosi improvvisamente stupido per non aver neanche lontanamente considerato l’ipotesi di passare prima per l’appartamento. La frenesia della nuova città lo stava portando a compiere gesti terribilmente stupidi, ma non riusciva a controllarla.
 
Era normale, era una vita nuova, poi tutto sarebbe andato meglio ed avrebbe cominciato a ragionare come un normale essere umano.
 
***
 
‘Meglio un corno.’ Pensò istintivamente Sebastian, sospirando, mentre poggiava la testa contro la ringhiera del balcone ed il vento muoveva appena i suoi capelli sempre più lunghi.
 
Tutti i suoi buoni propositi erano stati annientati dalla giornata precedente, straziante al punto da convincerlo del fatto che non sarebbe andata affatto meglio come si era auspicato.
 
Prima di tutto, come da previsione, era arrivato tardi alla segreteria del college ed aveva atteso per un’ora e mezza, chiudendo un’enorme fila che stava per altro facendo inutilmente; sì, perché non appena si era avvicinato allo sportello che riceveva al punto da poter guardare la donna oltre il vetro, questa aveva annunciato tramite altoparlante che l’orario di segreteria era concluso e che i restanti studenti avrebbero dovuto sbrigare le proprie questioni il giorno successivo.
 
Sebastian aveva ascoltato il consiglio.
 
Purtroppo però, aveva scoperto che la scadenza era esattamente quel giorno, quindi, quando il mattino successivo si era presentato a consegnare i documenti di iscrizione, aveva dovuto pagare un’ammenda per evitare di essere sbattuto fuori dal college che gli era costato tanta fatica per i test e tanti risparmi, parte dei quali messi a disposizione dalla famiglia, anche se non mancava quella piccola parte che aveva voluto guadagnarsi durante l’estate per sentirsi un filino più indipendente.
 
Quindi, improvvisamente, cento dei cinquecento dollari che aveva in contanti erano spariti e avrebbe fatto meglio a prelevare dal conto perché era il classico tipo che perdeva facilmente le carte di credito; l’ultima cosa di cui aveva bisogno era restare a New York senza un penny in tasca.
 
Sospirò pesantemente, conscio del fatto che, probabilmente, in quel momento, doveva avere delle enormi borse violacee sotto gli occhi ed un viso deperito: nel mezzo di quel caos, era a stento riuscito a trovare il tempo per mangiare qualcosina per strada, figurarsi per un pasto decente. In più, chiaramente, non aveva potuto fare la spesa: improvvisamente, tutta la maturità che aveva sempre creduto di avere stava sparendo, crollando sotto la semplice pressione della stanchezza.
 
Era soltanto il primo giorno.
 
Figurarsi quanto sarebbe stato stressato a fine di settimana, o peggio, fine semestre. Era un pessimo modo di ridursi il primo giorno, decisamente.
 
Non sarebbe sopravvissuto, non aveva speranze.
 
Tutti quei pensieri gli stavano quasi facendo confluire il sangue alla testa, fino al momento in cui non sollevò il viso dalla ringhiera, trovandosi a vagare con lo sguardo su di un terrazzo illuminato dal tiepido sole calante.
 
Allora lo vide.
 
Un angelo.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




Sebastian ne era certo: non aveva mai visto nulla del genere.
 
Nonostante la distanza tra loro, il suo sguardo riusciva a mettere a fuoco ogni singola cosa di quella meravigliosa creatura che passeggiava sul palazzo di fronte, lungo l’enorme terrazzo sfarzoso che neanche aveva notato il giorno prima, preso com’era da tutte quelle faccende da sbrigare.
 
Lo spettacolo che aveva davanti era indescrivibile, ma voleva comunque fare uno sforzo riassuntivo all’interno della propria testa, per poter dimostrare a se stesso di non essere stato sconfitto in pieno da un lampo di bellezza in un cielo cremisi di noia pomeridiana.
 
Il ragazzo in questione, che sembrava stesse chiacchierando al telefono, era una visione: la sua pelle era bianchissima, pallida, ma scintillante sotto i deboli raggi del sole. Sebastian immaginò immediatamente che fosse liscia e morbida come quella di un bambino, una di quelle pelli che si colorivano facilmente e che, purtroppo, si ferivano facilmente (come se l’improvvisa preoccupazione per le ferite di uno sconosciuto fosse una cosa normale).
 
Era abbastanza alto – certo, non quanto lui, poteva vederlo ad occhio nudo – ed aveva un corpo non troppo esile, ma neanche estremamente robusto. Come faceva a saperlo? Il ragazzo indossava un accappatoio blu con i contorni dei risvolti bianchi e delle iniziali cucite sul petto. Sebastian provò a sforzare la vista, ma non riuscì a metterle a fuoco perché i caratteri non erano troppo semplici.
 
Fece una smorfia e tornò a contemplare il soggetto piuttosto che quel vile contorno, quella decorazione che neanche rendeva giustizia al resto di quella che sembrava essere un’opera d’arte vivente, per il suo occhio esperto.
 
I suoi occhi evidentemente chiari, probabilmente azzurri, risplendevano per il riflesso della luce, ma Sebastian non poteva vederli bene perché non erano mai rivolti a lui. La punta del suo naso all’insù era uno spettacolo per i suoi di occhi e gli fece curvare istintivamente le labbra in un sorriso spontaneo: cosa diavolo gli stava accadendo?
 
Sentì il proprio corpo invaso da un’esplosione di sensazioni indefinite, un’eccitazione innocente, un entusiasmo crescente che non gli permetteva di stare fermo: le sue gambe presero a tremare, le sue braccia ancora peggio, nonostante fossero poggiate alla ringhiera, e, a quel punto, capì cosa stesse accadendo.
 
Era il genio all’opera.
 
Le sue dita cominciavano a formicolare, ansiose di mettersi all’opera, mentre la sua mente lo stava facendo, prima ancora di avvisarlo di quell’iniziativa improvvisa: voleva ritrarre quell’angelo, aveva bisogno di dimostrare a se stesso che lo aveva visto davvero e non lo aveva soltanto sognato, perché dubitare dell’esistenza di una creatura del genere sarebbe stato particolarmente facile, una volta sparita la meraviglia in questione, ne era certo.
 
Tuttavia, qualcosa lo bloccava.
 
Nel suo petto si stava rapidamente estendendo il senso di panico causato dall’eventualità di non rivederlo: e se fosse entrato a prendere le cose e, al suo ritorno, si sarebbe trovato senza nulla più da ritrarre? La bellezza che aveva davanti agli occhi era di un’oggettività allarmante e non era certo di poter ritrovare qualcosa di simile, se lo avesse perso.
 
Sapeva che si trattava di un pensiero stupido perché, se era lì, in accappatoio, completamente rilassato, probabilmente significava che viveva lì. Se anche fosse entrato all’interno delle mura dell’appartamento collegato all’attico, sarebbe comunque uscito di nuovo prima o poi. A meno che, non fosse ospite. Sebastian non poté neanche controllare il leggero senso di fastidio che provò nel considerare quell’ipotesi; lo mise un pizzico di cattivo umore – chiaramente si rendeva conto del fatto che anche quello era un pensiero stupido perché non aveva il diritto di indagare sulla vita di uno sconosciuto, angelo o meno che fosse – e lo costrinse a considerare l’idea di rientrare e fingere di non aver pensato a nulla (automaticamente il suo cervello aveva riprodotto scene in cui quel meraviglioso ragazzo si svegliava prima del suo amante per concedersi un po’ di relax sotto la timida luce del sole tramontante).
 
‘Smettila, Sebastian.’ Suggerì a se stesso, mentalmente, mentre abbassava lo sguardo verso la strada lontana e le persone che sembravano soltanto piccole formiche, tentando di resistere alla tentazione di guardarlo. Aveva una pessima esperienza con i ragazzi: diventava spesso ossessivo, prendeva delle cotte brusche che finivano spesso con lui che dondolava al centro del letto, Bridget che si prendeva gioco di lui e Christie che tentava inutilmente di tirarlo su.
 
Era a New York, nel caso in cui avesse preso una sbandata per quello sconosciuto – che forse neanche avrebbe più rivisto -, non ci sarebbe stato nessuno a preparargli una tazza fumante di cioccolata calda.
 
Considerò seriamente l’idea di rientrare. Anzi, magari sarebbe sceso per comprare una bottiglia di vino, l’avrebbe mandata giù d’un sorso e si sarebbe addormentato convinto di aver sognato quell’immagine di pura perfezione.
 
Poi, però, accadde qualcosa e non poté più evitarlo.
 
Quel meraviglioso ragazzo sollevò lo sguardo, non indirizzandolo comunque a lui, ma rivolgendolo al cielo in modo che Sebastian potesse studiare il suo viso da quella nuova prospettiva.
 
Perfino da così lontano, poteva notare le sue labbra rosee, incredibilmente colorite rispetto alla pelle, e decidere che no, non era assolutamente reale, era inutile illudersi del fatto che potesse esserlo.
 
Prese un respiro profondo e passò i secondi successivi a studiare i movimenti della sua bocca, mentre parlava a telefono, e ad interrogarsi su cosa fare esattamente: rischiare di non vederlo – che poteva anche significare non vederlo mai più – e prendere il materiale sufficiente anche ad un semplice schizzo, oppure restare semplicemente lì a contemplare la sua immagine. Del resto, sapeva che avrebbe occupato comunque bene il suo pomeriggio perché avrebbe potuto fissarlo per ore, senza stancarsi.
Il tempo sarebbe volato comunque.
 
Tuttavia, per quanto la tentazione di restare semplicemente lì a curiosare con sguardo indagatore fosse molto più che allettante, non poté fare a meno di sentire l’impulso d’artista prevalere su quello di curioso – ‘certo, fingiamo che sia solo curiosità, Sebastian’; scattò rapidamente all’interno, tentando di muoversi rapidamente per l’appartamento, agile come una gazzella, allo scopo di raggiungere qualcosa, qualsiasi cosa, il prima possibile senza inciampare – cadere gli avrebbe fatto perdere tempo - e, in un giorno, con il proprio disordine era già riuscito a piazzare un ottimo numero di trappole sul pavimento.
 
Afferrò un semplice block notes ed una matita, nulla di più di quello e si precipitò fuori sul balcone, cercando di non inciampare e volare oltre la ringhiera, perché non voleva finire spiaccicato al suolo.
 
Tristemente, quando si affacciò di nuovo in direzione di quell’attico, rimase profondamente deluso. Aveva fatto tutta quella corsa ad ostacoli per nulla: quella meravigliosa creatura senza nome – che avrebbe per comodità chiamato Angel da quel momento in poi – era sparita nel nulla e lui non aveva più il suo soggetto da disegnare. Peggio ancora, si era perso gli ultimi secondi di quella visione.
 
Aveva fatto decisamente la scelta sbagliata.
 
Sospirò a se stesso, stringendo tra le dita la matita come sfogo, e poi rientrò all’interno dell’appartamento deluso e rammaricato.
 
Non appena mise piede dentro, si rese conto del fatto che il suo cellulare, poggiato sul bancone della cucina, stava squillando ad alto volume. Non era dell’umore giusto per rispondere, ma, come al solito, non riuscì a resistere a quella tentazione.
 
“Pronto?” Mormorò, non appena ebbe allungato il braccio a sufficienza per prendere l’iPhone e portarlo all’orecchio.
 
State raggiungendo la segreteria di Sam Evans, lasciate un messaggio dopo il beep-beep!
 
“Sam?” Domandò immediatamente Sebastian, sollevando un sopracciglio. “Quanto tempo hai lavorato a questa imitazione da Looney Tuns? Perché seitu che stai chiamandome, non può attaccare la segreteria.”
 
Ci fu qualche secondo di silenzio e Sebastian poté sentire la voce di Blaine in lontananza mormorare qualcosa del tipo ‘ti ha fregato’, quindi sorrise beffardo a se stesso, soddisfatto per la propria prontezza.
 
“Uhm … ci tenevo tanto.” Borbottò Sam, probabilmente arricciando i suo labbroni enormi. “Ma facciamo finta che non sia accaduto niente.”
 
Sebastian ridacchiò e sentì Blaine fare lo stesso in lontananza. Il rumore successivo fu probabilmente un ceffone che Anderson stava ricevendo dietro la testa, quindi lo fece sorridere ancora più ampiamente.
 
“Vorremmo arrivare al punto o avete intenzione di farmi assistere a qualche vostra sessione via telefono?” Domandò ed il chiasso in sottofondo terminò per qualche istante.
 
Questo è molto invadente da parte tua.” Protestò Evans e Sebastian ridacchiò.
 
“Io sono sempre invadente.” Rispose e sentì Sam sbuffare attraverso il telefono. Stava proprio per chiedergli se volesse tornare al punto, quando il biondo sembrò prendere l’iniziativa. “Blaine non mi darà pace finché non ti unirai ad uno dei nostri party e siccome sono piuttosto stanco di sentirlo starnazzare …”
 
Poté sentire Blaine mormorare qualcosa del tipo ‘io non starnazzo!’ e rise di nuovo, immaginando la scena.
 
“Okay, dimmi quando e dove magari.” Rispose, scuotendo la testa divertito quasi come se potessero vederlo attraverso il telefono. “Potrei cadere in tentazione e presentarmi lì per combinazione.”
 
Sarei tentato se fossi in te. E’ un party sull’attico, sarà fantastico. Ti mando tutte le informazioni per sms e …
 
Sam stava continuando quello sproloquio, ma la verità era che Sebastian si era fermato a metà, quando la parola attico aveva tuonato all’interno della sua mente, facendolo tornare a poco prima. Continuava a pensare all’occasione persa, a quello che era accaduto e neanche riusciva a capacitarsene. Forse, quell’angelo era un frequentatore di attici.
 
Sebastian?” Domandò il ragazzo dall’altro capo del telefono. “Mi ascolti, ti ho chiesto se verrai? Speravo che la musica e l’alcol ti avessero convinto.” Si lamentò e Sebastian tentò di non pensare a quel viso meraviglioso e di concentrarsi sulla telefonata.
 
“Non sono più quel tipo di ragazzo, ma valuterò comunque l’offerta.”
 
Che noia!” Lo prese in giro Sam.
 
Sebastian staccò semplicemente la telefonata, pensieroso: forse un party gli avrebbe fatto bene, forse lo avrebbe aiutato a dimenticare tutto, a rimuovere quella visione e fingere che fosse semplicemente stata frutto della sua immaginazione.
 
***
 
La musica era alta, e forse anche Sebastian era un po’ alticcio.
 
Camminava per l’enorme stanza a luci soffuse con Blaine sotto braccio, visto che Sam glielo aveva affidato quando non era in giro: a detta del biondo, quando era sotto l’effetto dell’alcol, Blaine tendeva ad accontentare ogni pretendente gli ballasse intorno, quindi Smythe aveva il compito di sorvegliarlo. La serata però, non stava funzionando come avrebbe dovuto: nonostante l’alcol, la musica, e i bei ragazzi, Sebastian continuava ad avere solo ed unicamente un viso impresso nella sua mente ed era piuttosto frustrante.
 
Finché non divenne realtà.
 
Non ne era proprio sicuro perché Blaine continuava a farlo oscillare a destra e sinistra e Sebastian stava cominciando a sbandare troppo per sorreggerlo. Quindi, quando un viso vagamente familiare a quella visione gli passò davanti, tra la folla, giurò di non aver mai detestato così tanto il suo amico.
 
Tentò di trascinarlo con sé, di muoversi tra una coppia e l’altra, tra gruppi di persone che ridevano e scherzavano, improvvisando coreografie imbarazzanti, ma Blaine era piuttosto restio, tanto che sollevò la testa, guardandolo dal basso con uno sguardo un po’ perso.
 
“Bastian?” Chiese, battendo le palpebre come se stesse tentando di convincerlo a non muoverlo troppo. “Possiamo fermarci? Mi gira la testa …”
 
Sbuffò sonoramente, facendo ruotare gli occhi, con quel breve guizzo che stava già assumendo nella sua testa le sembianze di una fantasia piuttosto che di un’immagine causata dalla sua mente.
 
Tuttavia, non protestò, si limitò a trascinarlo verso il bancone, accompagnandolo verso uno sgabello finché Blaine non si fu seduto.
 
“Dove diavolo è Sam quando serve?” Domandò, un po’ al moro, un po’ a se stesso, mentre infilava una mano in tasca per tirare fuori una sigaretta.
 
Era tentato: da un lato avrebbe voluto mollare Blaine lì e tornare alla ricerca perché sapeva che, nel caso in cui non si fosse trattato di una visione, era un’occasione da cogliere al volo perché forse non si sarebbe ripresentata; chiaramente, dall’altro non se la sentiva di lasciare l’amico lì, barcollante e poco lucido, soprattutto perché sapeva che poteva essere pericoloso per se stesso in quello stato.
 
Sbuffò sonoramente poggiando le mani ai fianchi e si arrese: tutto quello che poteva fare era semplicemente lasciarsi sfuggire l’ennesima occasione, forse l’ultima. Si poggiò con le braccia al bancone, di spalle, e si limitò a guardarsi in giro, sperando di essere fortunato a sufficienza da vedere ciò che voleva, soprattutto perché finché Sam non sarebbe tornato, sarebbe stato impossibilitato a muoversi da quella postazione.
 
“Hey!” Blaine attirò la sua attenzione e Sebastian si voltò con le braccia già aperte per prenderlo nel caso in cui stesse cadendo; ma non stava cadendo, anzi, era anche lui poggiato al bancone e gli stava indicando un punto nella folla. “Chi è quello? Ha un’aria … interessante.”
 
Il suo istinto fu quello di far ruotare gli occhi, augurandosi che non si ripetesse lo scenario dell’ultima volta, quando aveva dovuto placcarlo di forza perché stava quasi per molestare un ragazzo, etero per giunta. Tuttavia, Blaine non stava scattando, non si stava muovendo troppo dalla posizione, puntando semplicemente l’indice.
 
Constatata la mancanza di pericoli, Sebastian seguì quell’indicazione attraverso la folla finché il suo sguardo non si concentrò su di un personaggio effettivamente curioso. Non avrebbe detto che era male fisicamente, perché sarebbe stata una bugia enorme, ma il modo in cui stava ridendo tra la folla, forse un po' alla ricerca di attenzioni – che però sembrava ottenere – fece fare una smorfia a Smythe.
 
Il ragazzo aveva i capelli scuri, un fisico molto scolpito e occhi che a Sebastian sembrano chiari. Era allegro e scherzoso, o forse era colpa dell’alcol, e non aveva idea di cosa Blaine volesse intendere indicandoglielo. Per qualche secondo aveva pensato che volesse proporlo a Sebastian come flirt, ma capì chiaramente che le cose non stavano proprio così quando Anderson, ancora vagamente rilassato contro il bancone, fece un occhiolino nella direzione di quell’affascinante intrattenitore di folle.
 
Sebastian fece ruotare gli occhi mentre vedeva il suddetto avvicinarsi.
 
“Hey, carinooo …” Flirtò Blaine e Sebastian per qualche istante considerò l’ipotesi di fingere di non conoscerlo. Il che era impossibile perché Blaine lo stava già indicando, mostrandolo fieramente. “Lui non è il mio ragazzo, Sebastian. Cioè, è il mio non-ragazzo, capisci? Non è una cosa fighissima? Non posso presentarti il mioquasi-forse-ragazzo perché non è qui e … dovevo pur presentarti qualcuno...”
 
Il ragazzo doveva essere sufficientemente sano di mente e anche relativamente sobrio perché spalancò le palpebre, rivolgendo divertito il proprio sguardo a Sebastian che forse gli era sembrato subito in condizioni di lucidità molto più rassicuranti.
 
“Uhm … sono Brody, Brody Weston!” Commentò semplicemente, allungando una mano verso di lui. Sebastian si stava quasi allungando per raggiungerlo, ma Blaine si intromise, prendendo la sua mano nella propria.
 
“Blaine Anderson, ma tu puoi chiamarmi BDA. Anzi, tu puoi chiamarmi come vuoi finché-”
 
Sebastian lo scosse, bloccandogli la frase e Blaine lo guardò confuso ed infastidito dall’interruzione. Brody stava ridacchiando, stringendo la sua mano ed accontentandolo in maniera premurosa.
 
“Ciao BDA!” Lo prese in giro, ma Blaine sembrò piuttosto felice del fatto che avesse utilizzato quel nomignolo. “E’ un piacere. Anche conoscere il tuo non-ragazzo Sebastian.”
 
“Smythe.” Aggiunse Sebastian, porgendogli la mano per davvero. Brody lasciò andare quella del moro e strinse per un istante la sua prima di lasciarla e portarsi le proprie in tasca.
 
“E’ ridotto male, sai?” Domandò, facendo un cenno con la testa verso Anderson.
 
“Già. Purtroppo non riusciamo mai a controllarlo quando si tratta di alcol. Posso assicurarti che quando è sobrio, a tratti e quando c’è il sole in cielo, sa essere anche simpatico.”
 
Brody ridacchiò, subito, “Simpatico.” Commentò e Blaine fece una smorfia.
 
“Io sono molto più che simpatico, molto!” Corresse, battendo le ciglia verso il ragazzo. “Sono un vero spasso e, se vuoi, posso dimostrartelo sulla pista da ballo, non è un problema per me. Mi dispiace soltanto lasciare Sebastian qui solo con se stesso e-”
 
“No, no. Per me va benissimo.” Lo corresse Sebastian, “Sono certo del fatto che vi divertirete un mondo a ballare. Io mi limiterò a guardarvi e giudicarvi senza alcuna pietà per i vostri ridicoli passi fuori tempo ed il modo assurdo in cui agiterete le mani.”
 
“Oh, qualcuno sta facendo lo scontroso perché non è stato invitato?” Domandò Brody, ridacchiando.
 
Improvvisamente, in un secondo, Sebastian realizzò di detestarlo a pelle: non lo aveva conosciuto neanche da cinque minuti eppure stava avendo l’impressione di conversare con un tipo arrogante, maledettamente fastidioso e che credeva di essere un Dio sceso in terra. Sebastian conosceva perfettamente la sensazione perché era stato quel tipo di persona durante gli anni del liceo; ma non aveva un’età adulta, perché ciò rendeva decisamente meno giustificabile quel comportamento infantile.
 
“Decisamente.” Lo accontentò con un tono ironico, e vide Brody sollevare le sopracciglia. A quanto pare il messaggio di scarsa simpatia era arrivato chiaro e diretto.
 
“Su, ragazzi, non comportatevi male!” Intervenne Blaine, saltando giù dallo sgabello, decisamente poco interessato ai loro battibecchi, ed evidentemente più attratto da altro, “Non so se te l’ho chiesto, sai, sono un po’ brilluccio, ma … sei gay?”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi in maniera esasperata stavolta, neanche più preoccupandosi di cosa avrebbe potuto pensare Sam di quella scenetta: la prossima volta avrebbe imparato a tenere a bada il suo quasi-ragazzo.
 
La risposta di Brody alla domanda di Blaine, comunque, fu un risata, quindi non seppe di certo come doveva interpretarla in quel momento.
 
I suoi dubbi furono svelati molto presto, e non solo quelli sulla sessualità, ma anche su quanto Sebastian lo odiasse. In verità, ciò che accadde dopo, gli fece capire che lo odiava ancora più di quanto non credesse possibile.
 
Brody!” Una  voce meravigliosamente incantevole chiamò dalla folla e tutti e tre si girarono verso quel punto – Blaine compreso, con la faccia seccata per l’interruzione – “Vieni a ballare? Abbiamo poco tempo, poi dobbiamo tornare a casa!”
 
Quando gli occhi di Sebastian incontrarono quella figura, rischiò quasi di avere un infarto: le sue palpebre si spalancarono e si concentrò per mettere a fuoco il ragazzo che stava gesticolando.
 
Era lui.
 
Era quella meravigliosa creatura che aveva visto dal proprio balcone. Un’assurda coincidenza per una città enorme come New York, ma soprattutto, un angelo troppo grazioso per un inferno lascivo come quel posto. Poteva vederlo facilmente: stava gesticolando verso Brody, scherzoso, totalmente sobrio, non una goccia di alcol scorreva forse nelle sue vene, e stava saltellando come un bambino.
 
No, non era decisamente il tipo da far finire i party in un certo modo, a Sebastian sembrava soltanto una creatura in un habitat che non le apparteneva. 
 
Non ne era certo perché le luci erano leggermente soffuse, ma avrebbe potuto giurare che da vicino fosse ancora più spettacolare. I suoi occhi tracciarono rapidamente i lineamenti di quel volto non molto illuminati, ma comunque perfettamente percepibili per la loro particolarità, per la loro rara bellezza, indescrivibile.
 
Quando batté le palpebre, qualche istante dopo, realizzò che aveva perso un’altra occasione.
 
Il destino era stato così gentile da preoccuparsi di offrirgliene una seconda e lui era rimasto lì immobile ad attendere che Brody si spostasse verso ilsuo angelo (quando era diventato suo, poi? Non importava, ma il pensiero che fosse in compagnia di qualcun altro lo infastidiva). Il moro si voltò verso lui e Blaine, facendo un cenno di saluto con la mano, e si allontanò sparendo nella folla.
 
Sebastian non ne era sicuro, ma aveva avuto l’impressione di vedere le loro mani che si congiungevano nel movimento. Un’improvvisa vampata invase il suo corpo e si ritrovò rapidamente ad identificarla come gelosia; il che, lo sapeva, era assurdo: come poteva essere geloso di un misterioso ragazzo che non conosceva, che aveva spiato un’unica volta dal proprio balcone?
 
Eppure, seppur così semplice da comprendere dal punto di vista della ragione, Sebastian non poteva sopprimere l’istinto.
 
“Tutto bene?” Qualcuno domandò, e ricevette una pacca sulla spalla. “Mi sembri sconvolto. Chi era quel tipo?”
 
Si voltò verso Sam per metà, ma il suo sguardo era ancora rivolto al punto in cui li aveva visti sparire nella folla.
 
“Un idiota.”
 
Avrebbe voluto controllarsi dal fare un commento del genere, ma in fondo sapeva che Sam l’avrebbe pensata esattamente come lui semplicemente per il fatto che lo aveva visto troppo vicino a Blaine. E poi, doveva sfogare un minimo di quella frustrazione che stava provando all’idea che quel tipo, Brody, si stesse dirigendo chissà dove con il suo meraviglioso angelo.
 
“Già, decisamente un idiota.” Accordò Sam ridacchiando ed avvolgendo un braccio saldo attorno alle spalle di Blaine. Il moro si allungò sulle punte fino a raggiungere il collo pallido di Evans. Lo baciò dolcemente, sfiorandolo con le labbra dischiuse. “Mi è bastato uno sguardo per capirlo.”
 
Sebastian annuì, voltandosi per guardare nuovamente in quel punto in cui, però, la folla si era ricongiunta, impedendogli di curiosare.
 
Blaine baciò con più decisione il collo di Sam, staccandosi un istante dopo per sussurrargli: “Qualcuno vuole fare il gelosone.”
 
“Mmmh …” Mormorò Sam con le labbra curvate in un sorriso, “Tu dovresti fare più il prezioso però.”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi prima di voltarsi nuovamente verso di loro con una smorfia in volto.
 
“Ragazzi, per favore.” Borbottò, stringendosi nelle braccia. “Potreste smettere di offrirci uno spettacolo così indesiderato? Nessuno ha chiesto una cosa del genere e cominciate a farmi venire il voltastomaco.”
 
Blaine ridacchiò contro il collo del biondo, per nulla intenzionato ad interrompere. Sam si limitò a sorridere e poggiò le mani sui suoi fianchi per tenerlo fermo e a bada.
 
“Lo sai, è incontrollabile.”
 
Sebastian annuì, ancora serio.
 
“Se non fossi stato qui, probabilmente avrebbe fatto quello che sta facendo a te, ma con il simpaticone palestrato, mr. Simpatia.” Si lamentò, portandosi le mani alle tasche. Improvvisamente, a causa del suo pessimo umore, la musica e le luci erano diventate fastidiose.
 
“Era un figo!” Protestò Blaine mentre Sam avvolgeva le braccia attorno al suo bacino per tenerlo calmo accanto a sé. Era leggermente poggiato contro il suo collo, e sapevano entrambi che, dopo la fase eccitata, Blaine ubriaco passava rapidamente a quella di dolce cucciolo assopito.
 
“Sì, lo so, Blainers.” Ridacchiò Sam, sollevando una mano per accarezzare dolcemente il suo viso, mentre tornava a rivolgersi a Smythe. “Non ti piaceva il tipo, vero? Eppure avrei giurato che, ai tempi del liceo … non ci avresti pensato due secondi. Anzi, avevo creduto che fosse figo a sufficienza da farti tornare un po’ a quei tempi.”
 
Sebastian si morse la lingua per non rispondere: lo aveva adocchiato tra la folla, ma non era riuscito a provare neanche il minimo interesse. Non riusciva a motivarne la ragione, ma chiaramente ogni speranza di considerarlo anche lontanamente si era spenta nel momento in cui aveva assistito a quella scenetta curiosa. Tuttavia, non poteva di certo mettersi a spiegare a Sam che provava quell’istintivo senso di antipatia per quel tipo semplicemente perché lo aveva visto in compagnia di uno sconosciuto che aveva adocchiato dal balcone.
 
Lo avrebbe preso per pazzo.
 
“Non sono più quel tipo di ragazzo.” Obbiettò semplicemente, scuotendo la testa e tentando di mostrare un sorriso. Fallendo miseramente perché l’umore era pessimo.
 
“Non per farmi i fatti tuoi, ma … da quanto non …?”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi, tentando di non pensarci. Qualche tempo prima avrebbe probabilmente trovato inutile un’esistenza senza sesso, ma aveva imparato a non considerarla la cosa più importante. Non ne sentiva la necessità, certo, non gli dispiaceva, ma aveva imparato ad avere fini superiori.
 
“Non è un dettaglio importante.” Fu la rapida sintesi di quel discorso.
 
“Se ne sei convinto …” Si lagnò Sam, decisamente poco convinto, ma fin troppo distratto da Blaine  - che ormai stava quasi dormendo in piedi – per protestare.
 
Il resto della serata fu praticamente uno strazio: il suo umore era rovinato, non riusciva a godersi un drink, un flirt, un ballo. Si trascinava praticamente da un lato all’altro della sala mentre Sam e Blaine – non molto presente in realtà – gli presentavano uno per volta tutti i loro compagni di corso o le varie persone che avevano incontrato e conosciuto a diversi party.
 
Per mezzanotte passata, Sebastian aveva già conosciuto un numero di ragazzi e ragazze impressionante. Non che gli interessasse comunque, quindi si limitava a sorridere forzato di tanto in tanto o a rispondere a qualche battuta per rendersi almeno un pizzico simpatico.
 
***
 
“Grazie per il passaggio. Quindi … ci vediamo domani? Ci incontriamo per un caffè ad un orario accettabile tra un corso e l’altro magari.” Gli fece Sam, attraverso il finestrino, sorreggendo ancora Blaine che, ormai, era decisamente più addormentato che sveglio. “Abbi un vita sociale, Sebastian.” Lo prese in giro, ma Smythe si limitò ad una smorfia, ancora incapace di far sparire quella spiacevole sensazione alla base dello stomaco.
 
“Ti faccio sapere.” Rispose, perfino un po’ scorbutico, ma vide che Sam stava già annuendo, per nulla infastidito. Grazie al cielo aveva come amico qualcuno che lo comprendeva bene a sufficienza da non offendersi quando il suo umore era pessimo e trattava tutti da schifo.
 
Non appena li vide varcare la soglia dell’edificio, Sebastian ripartì, sfrecciando lungo la strada, forse violando appena i limiti urbani di velocità. Si allungò per accendere la radio, picchiettando con le dita sul volante quando Bruno Mars cominciò a risuonare. Tentò di rilassarsi, ma aveva ancora quelle immagini all’interno della propria testa ed avrebbe davvero voluto essere capace di decifrarle: era ovvio che non potesse fare nulla, come poteva perfino pretendere di avere il controllo sulla vita di una persona che neanche conosceva?
 
Eppure, a Sebastian sembrava di conoscerlo da sempre, gli sembrava di poter immaginare la sua espressione in ogni piccolo gesto quotidiano o meno, di poter immaginare che tipo fosse. Era una sensazione assurdamente strana, come se sentisse che il destino lo stava mettendo alla prova: proprio quando aveva pensato che non l’avrebbe visto mai più, voilà, un angelo servito su di un piatto d’argento, ad un party che non sembrava neanche essere il suo genere di evento, quindi decisamente si trovava lì per volontà del fato.
 
E se avesse mancato entrambe le sue occasioni?
 
Partendo dal presupposto che non sapeva neanche se fosse gay – beh … se non ne fosse stato così incantato, probabilmente avrebbe definito la sua una faccia da checca in effetti -, in quel caso, comunque, Brody poteva essere il suo ragazzo. Di certo non poteva passare tra la folla per raggiungerli e dirgli qualcosa del tipo ‘hey scusa, ho visto il tuo tipo in accappatoio dal mio balcone, è stupendo, voglio ritrarlo e baciarlo e dirgli quanto mi ricorda un angelo’ e via dicendo (sarebbe potuto andare avanti per ore).
 
No, decisamente.
 
Erano pensieri assurdi e tutto quello che Sebastian poteva fare piuttosto, mentre guidava verso il proprio appartamento, era realizzare che non avrebbe mai avuto occasione di approfondire una cosa del genere con quel ragazzo. Non aveva senso continuare ad essere cotti perché, per quanto potesse ammirarne l’indescrivibile bellezza, erano dei nessuno l’uno per l’altro e doveva essere razionale e lucido.
 
Certo.
 
Neanche Bruno Mars in sottofondo sembrava essere sufficiente a convincerlo di una cosa del genere perché Sebastian continuava a pensare a quella voce, quegli occhi, quella pelle candida, in maniera un po’ ossessiva ma comunque innocua. Come avrebbe potuto togliersi una creatura del genere dalla testa?
 
Lasciò l’auto all’inizio del viale e fece gli ultimi metri a piedi, trovando stranamente – non a sufficienza però - confortante la carezza del vento.
 
Prese l’ascensore fino all’appartamento, raggiungendolo a passo svelto una volta che ebbe raggiunto il pianerottolo. Infilò le chiavi, sospirando. Per quanto potesse trovare assurdo sentirsi in quel modo per uno sconosciuto, non riusciva a smettere di farlo.
 
Entrò, chiudendosi la porta alle spalle e raggiungendo la propria scrivania, dopo aver acceso la luce principale.
 
Osservò la matita e quei semplici fogli, accese anche la lampada che li illuminava, e si sedette.
 
Prese un respiro profondo, perfettamente conscio del fatto che quello che stava facendo era un po’ masochista. Le sue dita corsero rapidamente verso una matita, la sollevò con leggerezza, con l’eleganza che lo contraddistingueva, e cominciò a tracciare uno schizzo, semplici linee curve o almeno all’apparenza.
 
Si ritrovò molto sorpreso quando si rese conto del fatto che, senza averlo visto più di quelle due volte che forse a stento contavano – la prima a distanza di sicurezza e la seconda quasi al buio -, Sebastian era perfettamente capace di disegnarlo. I suoi tratti stavano venendo fuori esattamente come li aveva impressi nella mente e lo scosse quasi che potesse essere possibile riuscire così bene al primo tentativo.
 
La seconda figura, quello che teoricamente avrebbe dovuto essere Brody, ma che era semplicemente una forma umana ben scolpita, la tracciò con una certa superficialità. Tornò rapidamente a concentrarsi su di lui, tracciando le ombre, perfezionando un paio di punti, tutta l’attenzione su quella meravigliosa creatura. Cominciò a sentire i nervi contrarsi mentre quei due corpi (non troppo definiti perché non aveva avuto occasione di studiarli per bene) cominciavano a prendere forma, vicini ma non avvinghiati, in un bacio passionale.
 
Quando sentì che le sue dita si stavano stringendo eccessivamente intorno al legno della matita, Sebastian la poggiò sul foglio, buttandosi indietro, contro lo schienale della sedia e lo sguardo rivolto al soffitto.
 
Le mani scesero rapidamente verso le tasche, tirò fuori accendino e sigarette. Lanciò il pacchetto sulla scrivania dopo averne presa una e, dopo qualche secondo di esitazione, si rimproverò: se avesse creato un’aria irrespirabile e pesante all’interno del proprio appartamento, soprattutto nella zona di lavoro, avrebbe avuto parecchi problemi a concentrarsi sullo studio o le eventuali consegne.
 
Si alzò dalla scrivania sbuffando, accendino alla mano e sigaretta spenta tra le labbra, finché non ebbe raggiunto la porta che conduceva al piccolo balcone. Si fermò qualche secondo a guardare le stelle, il cielo, tentando di darsi una calmata, poi sollevò l’accendino ed accese la sigaretta prima di aprire la porta ed uscire.
 
Il vento lo colpì in pieno e capì che aveva fatto bene ed aver acceso la sigaretta all’interno perché sarebbe stato difficilissimo farlo lì fuori. Si poggiò pigramente alla ringhiera, guardando verso il basso.
 
Pessimo inizio a New York, uno schifo ed aveva già un ottimo motivo per essere depresso.
 
Avrebbe potuto essere la giornata peggiore da anni se non avesse provato l’istinto di sollevare lo sguardo: i suoi occhi si ritrovarono a puntarsi nuovamente su quella terrazza, molto più inconsciamente di quanto non avrebbe creduto conoscendo se stesso, e lo osservò mentre parlava nuovamente al cellulare, analogamente poggiato alla ringhiera.
 
Avrebbe voluto anche fare a meno di provare quella sensazione, ma non appena lo riconobbe, le sue labbra si piegarono in un sorriso spontaneo: era lui, esattamente lui, perfettamente lui e no, neanche il suo disegno impeccabile poteva rendere giustizia a quella meraviglia. Aspirò il fumo, esalandolo lentamente e ridacchiando tra sé e sé perché, al momento, era sollevato dal fatto che probabilmente viveva lì (allontanò immediatamente il pensiero suggerito dalla sua mente sadica per cui magari lì ci abitava Brody e Kurt passava le notti dal suo … ragazzo? O qualcosa del genere), perché significava che non aveva perso tutte le sue occasioni di vederlo.
 
Improvvisamente, il fato gli sembrava molto più benevolo e disposto a collaborare di quanto non avesse creduto fino a qualche minuto prima, mentre disegnava quella scenetta che avrebbe anche potuto risparmiarsi.
 
Pensò che forse aveva interpretato male i segni, che anche se lo aveva visto in compagnia, lo aveva pur sempre incontrato in un locale dell’enorme Grande Mela, dove la possibilità era meno di uno su di un milione.
 
Eppure era lì, meravigliosamente sublime, a chiacchierare al telefono, con la sua risata fragorosa che, di tanto in tanto, risuonava nello spazio tra loro, non troppo lontano né troppo vicino.
 
Sebastian sentì un brivido accarezzargli la schiena e seppe che il vento che tirava forte non aveva nulla a che vedere con quella sensazione: era il fato, poteva scommetterci. Era destinato ad osservare quella magnifica opera d’arte, a contemplarne la bellezza, anche se da lontano.
 
Quando giunse a quella conclusione, Sebastian Smythe non aveva idea però di quanto il fato fosse dalla sua.
 
***
 
Il mattino successivo fu semplicemente l’inizio di tutto.
 
Sebastian pensava che sarebbe diventata una piacevole abitudine quella di ritrarre il suo surreale vicino, ma la verità era che non aveva previsto che potesse essere una frustrante e compulsiva ossessione.
 
Quando si svegliò il giorno successivo a quella realizzazione, Sebastian non controllò neanche orologi, non fece prima di tutto colazione, nulla del genere; la prima cosa che fece fu correre fuori al balcone per verificare che Kurt fosse ancora lì, quasi come se avesse paura di perderlo. In quel momento stesso, probabilmente Sebastian avrebbe già dovuto capire che c’era qualcosa che non andava. Avrebbe dovuto capire che era malsano che si svegliasse con il pensiero di controllare la sua presenza.
 
Tuttavia, ebbe fiuto, perché Hummel si trovava esattamente dove aveva immaginato: steso sulla sdraio a prendere il tiepido sole mattutino perché, probabilmente, la sua pelle chiara e sicuramente morbida, era troppo sensibile durante le ore del giorno più calde. Anche perché, se ci pensava, la prima volta che lo aveva visto lì era tardo pomeriggio.
 
Prese una sigaretta – maledetto angelo che lo spingeva a fumare per il tremolio che gli causava nelle gambe con il suo bellissimo viso – e l’accese, poggiandosi come sempre alla ringhiera per studiare ogni suo singolo movimento.
 
Era il suo ultimo giorno di libertà.
 
Ultimo giorno e poi avrebbe dovuto svegliarsi ed andare a seguire i corsi ogni mattino, quindi voleva godersi il relax della giornata. Chiaramente, voleva godersi lui, ma sapeva di non poterlo ancora fare come avrebbe desiderato.
 
Durò un bel po’ di minuti e questa volta Sebastian non lo disegnò: si limitò ad osservarlo finché Kurt non ne ebbe abbastanza di quel timido sole che tardava a sorgere per bene e decise di rientrare all’interno del proprio appartamento.
 
Soltanto allora, dopo quei minuti di contemplazione assoluta, Sebastian Smythe decise che era pronto: aveva analizzato ogni singolo lineamento e tratto del suo viso a sufficienza da trovare un modo per passare quella giornata.
 
Rientrato anche lui all’interno dell’appartamento, si preoccupò prima di tutto di staccare il cellulare, di mettere il silenzioso per evitare di essere disturbato da Sam o Blaine ubriaco, o peggio, da quella pettegola di sua sorella (non aveva risposto a Christie il giorno prima, il che significava che avrebbe dovuto subire un interrogatorio riguardo la giornata precedente), e poi si sedette nuovamente alla scrivania, questa volta addirittura più motivato di quanto non lo fosse stato la sera prima.
 
Cominciò a ritrarlo, a raffigurarlo in pose diverse, situazioni diverse, e veniva sempre meravigliosamente bene. Quando ebbe fatto un numero di tentativi sufficienti da renderlo sicuro sulla sua anatomia – nonostante dedurla attraverso l’accappatoio non fosse il massimo -, Sebastian prese un respiro profondo e si dedicò a qualcosa di serio e costruttivo.
 
Ogni cognizione di tempo, luogo, impegni e qualsiasi altra cosa sparì dinanzi a quel meraviglioso passatempo. Non riusciva neanche ad avvertire la noia o i muscoli troppo rilassati dalla stessa postura tenuta per ore, nulla: tutto quello che riusciva a fare era restare concentrato su quel disegno che prendeva sempre più forma.
 
Un paio di ore dopo, sospirò, finalmente soddisfatto dopo l’ennesima correzione.
 
Osservò attentamente ciò che aveva davanti, mentre il suo sorriso diventava sempre più stupidamente spontaneo: il suo busto nudo, una mano timidamente sollevata, con le dita eleganti protese verso l’alto e lo sguardo di quegli occhi glaciali ma vivi puntati verso l’alto, verso un sole immaginario, quello che rischiava di ferirlo semplicemente perché era delicatissimo, come ogni cosa preziosa.
 
Passò diversi minuti ad immaginarlo dipinto. Forse avrebbe dovuto farlo. Era così tentato ed era un bel po’ che non dipingeva. Era il suo giorno libero quindi magari avrebbe potuto approfittarne. Immaginava già quanto sarebbe sembrato divino e mistico, la sua pelle candida luccicante per i colori caldi del sole, i suoi occhi freddi resi ancora più meravigliosi a quel contrasto.
 
Prese un respiro profondo mentre valutava quell’idea, ma per il momento si limitò a far scorrere la matita sul foglio, nuovamente, questa volta per fermarsi nel punto in cui il busto terminava.
 
La poggiò lì per non perdere la bizzarra abitudine di lasciare la propria firma anche su quei disegni privati e destinati ad essere tali.
 
Ci pensò per qualche secondo.
 
Poggiò nuovamente la matita sul foglio ed aggiunse un titolo.
 
The Angel On Fire.
 

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A/N: Bonjour à tout le monde! Prima di andare a fare la guida, vi lascio questo capitolo! Come promesso di giovedì ^^ Ho finito la settimana di scrivere il capitolo 5 e sto contando di finire il 6 entro i prossimi 7 giorni. Quando questa fan fiction sarà completa potrò aggiornare due volte a settimana :3 Grazie per aver cominciato a seguire e commentare questa storia :3 Speriamo di vederci presto anche con le altre nuove long :3 - A presto, xoxo RenoLover <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***





Le successive settimane passarono rapidamente: Sebastian cominciava a trattare la questione in modo professionale. Rapidamente, il ragazzo misterioso divenne il soggetto di tutti i suoi schizzi e progetti, finché non cominciò a presentarli ai docenti. Fu meraviglioso: ogni volta che un suo lavoro era ispirato da quella visione (perfino progetti di architettura), i suoi voti erano tra i migliori del corso se non i migliori in assoluto. Finalmente sapeva cosa significava l’ispirazione pura: con il ragazzo del palazzo di fronte in mente, Sebastian Smythe avrebbe potuto conquistare il mondo con una stupida matita.
 
Perfino in quel momento, mentre preferiva riempire di schizzi il suo quadernino degli appunti piuttosto che seguire la lezione, si sentiva un artista, si sentiva perfetto (non perfetto quanto la sua musa, mai, ma perfetto a sufficienza da potersi ispirare a lui), anche se stava deliberatamente ignorando le parole del suo docente.
 
“Psss.” Sentì qualcuno accanto a lui ma pensò semplicemente che si stesse rivolgendo a qualcun altro. “Hey! Psss.”
 
Si voltò allora, con le sopracciglia arcuate, per guardare la ragazza mora seduta accanto a lui che stava spiando i suoi disegni. Istintivamente, portò le braccia intorno ai fogli per coprirle la visuale, sentendosi iperprotettivo.
 
“E’ bellissimo. E’ il tuo ragazzo?” Domandò, con un sorrisetto curioso sulla labbra. “Uhm. Scusa. Non hai detto di essere gay. Sono Rachel Berry.” Gli porse la mano oltre il banco e l’espressione di Sebastian si fece ancora più dubbiosa.
 
“Sono gay.” Confermò subito, fiero e senza esitazioni, stringendo la sua mano. “Sebastian Smythe.”
 
“Mmmh okay.” Premette le labbra insieme Rachel, guardando nuovamente i fogli, quel poco che riusciva. “Quindi, Sebastian Smythe, è il tuo ragazzo quello? E’ da mezz’ora che lo disegni e conosci benissimo i suoi tratti. Mi sembra una di quelle bellissime relazioni in cui si disegna il proprio ragazzo continuamente perché si è in perfetta armonia dei corpi e con i sentimenti. Scommetto che avete una relazione bellissima e-”
 
“Non lo conosco.” Sputò Sebastian, interrompendo il suo discorso e Rachel sbarrò gli occhi.
 
“Cosa?” Chiese e lui annuì, facendo spallucce.
 
“E’ …” Pensò per qualche secondo a cosa dire: ‘spio il mio vicino e lo ritraggo perché è fottutamente bello ed attraente’? Suonava un po’ come stalking, e violazione della privacy nel momento in cui si sporgeva per spiare una proprietà privata. “E’ una persona che conosco poco. L’ho visto un paio di volte, party, cose così. Ha solo un bell’aspetto suppongo, mi diverto a disegnare i suoi tratti.”
 
La ragazza sembrò un po’ pensierosa, forse era una di quelle persone che leggevano i romanzi, guardavano i musical e quindi credevano nelle grandi storie d’amore. Il che fu principalmente il motivo per cui, dopo un istante di riflessione, si illuminò di nuovo.
 
“Quindi … oddio!” Tentò di non strillare quando un paio di ragazzi, seduti davanti a loro, la guardarono male. “Quindi tu sei attratto da questo misterioso ragazzo che hai visto soltanto pochissime volte, con il quale non hai mai parlato e non riesci a smettere di disegnarlo perché lo trovi bellissimo! E’ una cosa stupenda!”
 
Sebastian spalancò immediatamente le palpebre.
 
No. Non è così.” Protestò, ma stava già arrossendo un po’ lungo gli zigomi. “Non sono attratto da lui, né innamorato. Ha solo bei tratti e … mi piace disegnarli.”
 
“Quindi perché stai arrossendo?” Domandò la ragazza, ridacchiando, e Sebastian si morse il labbro inferiore.
 
“E tu perché porti un cappello in aula?” Chiese, facendo ruotare gli occhi. “Non sono più un ragazzino, non mi viene duro ogni volta che vedo un tipo carino, figurarsi se sul terrazzo di fronte e sconosciuto. E’ una cosa patetica e … non sono più quel ragazzo.”
 
Rachel lo stava guardando con la confusione in volto ora e con le labbra arricciate.
 
“Non stavo insinuando.” Rispose, facendo spallucce, ma Sebastian la guardò malissimo perché era esattamente quello che aveva fatto. “Credevo soltanto che tu fossi attratto da lui visto che ti ho visto sfogliare le pagine e sono piene di ritratti, schizzi, profili …”
 
“Mi stavi spiando?” Domandò Smythe, sentendo una piccola stretta allo stomaco quando pensò ‘è quello che fai anche tu con quel ragazzo, Sebastian’. “Sono quasi certo del fatto che sia una cosa illegale.”
 
“Guardare cosa disegna il ragazzo seduto accanto a te ad un corso di architettura?” Sbuffò la mora, incrociando le braccia al petto. “Denunciami.” Lo sfidò, sollevando un sopracciglio e Sebastian sospirò definitivamente, posando la matita e chiudendo il quaderno.
 
“Ascolta, non sono fatti tuoi e, comunque, questi … sono i miei schizzi.”
 
Oh, no, signor Smythe, lei non è assolutamente attratto da questo misterioso tipo.” Gli fece la Berry evidentemente sarcastica. “Sei geloso del fatto che io lo guardi anche se è soltanto disegnato. Direi che stai piuttosto bene.”
 
“E quindi? Sarei una specie di maniaco?” Domandò Sebastian e il ragazzo davanti a loro si girò per schiarirsi la gola.
 
“Potreste stare un po’ zitti?” Chiese con un tono di voce che, pregiudizi o meno, sapeva terribilmente di gay, gelandoli con i propri occhi chiari. Anche il ragazzo di colore seduto accanto a lui si voltò e li guardò malissimo.
 
“Se non vi interessa il corso, potete anche-Hey Rachel!” Cambiò immediatamente espressione appena vide la mora, sorridendole. Anche l’altro fece lo stesso. “Hai il raffreddore? Non avevo riconosciuto la tua voce.”
 
“Un po’ di mal di gola.” Rispose la mora. “Lui è Sebastian Smythe,” lo indicò, facendo ad entrambi un occhiolino, “è un figo, è gay ed è single. Le tre doti che mi avete chiesto.” Ridacchiò ed entrambi squadrarono Sebastian in maniera decisamente inquietante.
 
“Non sono-”
 
“Libero?” Chiese Rachel, interrompendolo con evidente malizia, probabilmente riferendosi al discorso precedente. “Oh, ma certo Smythe, tu stai con i tuoi disegni, sei perfino geloso di condividerli …”
 
Figo.” Rispose Sebastian, subito. “Non sono figo. E’ un termine troppo riduttivo per me.”
 
“Però.” Fece il ragazzo di colore, sorridendo compiaciuto.
 
“Sa il fatto suo.” Commentò l’altro e poi si voltò verso il vicino di banco. “Cinquanta dollari che me lo faccio prima io.”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi: quando era al liceo aveva assistito ad un migliaio di siparietti del genere ed aveva sinceramente creduto che sarebbero terminati e che al college avrebbe incontrato persone un po’ più adulte. Divertirsi era un bene, ma era un momento della sua vita in cui voleva essere una persona seria per qualche ragione (le novità lo esaltavano sempre, quindi pensò che magari era perché si trovava in una città diversa, tutto solo, e gli andava di sentirsi responsabile perché non l’aveva mai fatto prima in vita sua).
 
“Nessuno si farà nessuno.” Rispose serio e vide Rachel ruotare gli occhi, come se volesse dirgli qualcosa del tipo ‘ti farai i tuoi disegni?’.
 
Per qualche ragione, quel pensiero gli fece male.
 
Non eraattratto dal ragazzo della terrazza accanto, okay? Ma l’idea di non averlo e doversi accontentare di qualche disegno non era proprio il massimo. E non lo voleva, no di certo, ma era il pensiero che se anche lo avesse voluto, forse non avrebbe potuto averlo, a rattristarlo. Sentì un leggero crampo allo stomaco e si diede dello stupido: cosa diavolo c’era di sbagliato in lui da fargli prendere una fissa? Non poteva permetterselo, era una cosa stupida ed infantile.
 
“Beh, peccato.” Il ragazzo biondo stava rispondendo, sollevando un sopracciglio. “Scommetto che c’era molto da farsi.”
 
Nate.” Rachel lo rimproverò ridacchiando e il biondo si girò un po’ di più sulla sedia per porgere la mano a Sebastian.
 
“Nathan Portman.”
 
Sebastian fece ruotare immediatamente gli occhi per trattenere una risata.
 
“Cioè, fammi capire, sei gay e ti chiami Nathan Portman. Come non sentirsi umiliati dalle scelte dei propri genitori.” Stava per stringergli la mano, ma il ragazzo la tirò indietro alla battuta e allora Sebastian notò che aveva lo sguardo fisso su di un foglio A4 che sporgeva leggermente fuori dal quaderno chiuso e lasciava intravedere uno schizzo.
 
“E’ un ragazzo? Sembra carino. E’ iltuo ragazzo?” Domandò, passando con lo sguardo da lui al disegno e Sebastian fece ruotare gli occhi.
 
“Perché pensate tutti che uno non possa disegnare un ragazzo se non ci sta insieme?” Borbottò e il ragazzo di colore scosse la testa.
 
“Nate, non hai origliato bene. Ha già detto a Rach che non è il suo ragazzo. Secondo me lo spia … altro che amico.” Rispose arricciando le labbra.
 
“Louis.” Ridacchiò la mora, con finto rimprovero.
 
“Sembra davvero carino.” Ripeté con più enfasi Nathan. “Perché non mi fai vedere qualche disegno?”
 
“No.” Ringhiò quasi Sebastian e i due ragazzi lo guardarono confusi.
 
Non poté controllare quell’istinto, quel nervosismo che incendiò il suo petto ed il modo in cui si sentì improvvisamente iperprotettivo verso quel pezzettino di carta. Stringeva le palpebre minacciosamente verso il biondo e Rachel si preoccupò di spiegare prima che lui potesse ucciderli in pubblico.
 
“E’ geloso dei suoi disegni. Forse sta con i disegni invece che con il soggetto.” Ridacchiò e Sebastian era troppo impegnato a guardare male il biondo per potersi concentrare su quella presa in giro. “Però potresti farcene vedere qualcuno. Non abbiamo intenzione di rubarteli, sai?”
 
“No.” Rispose di nuovo Smythe, senza esitazione, cercando di non mostrare un sorriso troppo falso: era ora che si facesse qualche amico che non fosse il duo Blam perché non poteva passare la vita a fare il terzo incomodo. “Sono solo degli stupidi schizzi,” quasi si fece del male da solo quando lo disse, “quando avrò qualcosa di più completo da mostrarvi ne riparleremo. Non mi va di mostrare dei lavori così incompleti.”
 
“Ci tieni a fare bella figura …” Mormorò Nathan divertito. “Però.”
 
Si voltarono entrambi, dando le spalle a lui e a Rachel e quasi Sebastian sospirò di sollievo, guardando quei tratti a matita che spuntavano appena fuori dal quaderno chiuso davanti a lui. Rachel rise chiaramente.
 
“Hai bisogno di un buon psicologo.” Lo prese in giro, ma il suo tono non era né arrogante, né offensivo. “Ma devo concederti almeno che se è davvero così bello come sembra nei tuoi disegni e non stai esagerando perché tu lo vedi perfetto, allora posso capire la tua mania. Anche a me piace disegnare la persona che amo perché è perfetta. E lo è sul serio, non soltanto ai miei occhi.”
 
Sebastian si lasciò andare ad un sorriso più spontaneo allora, picchiettando con la matita sul banco.
 
“Ah, quindi hai qualcuno? E io che pensavo che fossi una povera zitella e spiassi i miei disegni proprio perché non avevi una vita. Sono stupito.” Rispose, riprendendo un po’ il suo tono sarcastico dei tempi del liceo. “Molto stupito perché al momento sto tentando di immaginare quanto santo debba essere un ragazzo per sopportare quanto tu sia petulante. Lo sei con me e non mi conosci, figurarsi con qualcuno che ti conosce bene.”
 
Una ragazza, in realtà.” Corresse Rachel e Sebastian rimase per qualche secondo a bocca aperta: di certo non si sarebbe aspettato quella risposta.
 
“Sempre più colpito.” Ridacchiò, cercando di concentrarsi finalmente sulla lezione. Ovviamente fu tutto vano.
 
“Ti va di andare a prendere un caffè dopo? Potresti venire con noi!” Propose la ragazza, distraendolo subito.
 
“Potrei dirlo alla tua ragazza.” Ironizzò Sebastian. “Non lo farò soltanto perché mi dovete un caffè per scusarvi del tentato abuso nei confronti dei miei disegni.” Ridacchiò e i due ragazzi davanti si voltarono appena per sogghignare.
 
“Mmh. Okay.” Rispose Rachel, facendo spallucce. “Siamo comunque sempre abituati così: paga uno per tutti, come capita.”
 
Sebastian sospirò e tornò alla lezione, questa volta concentrandosi definitivamente sulle parole del professore. Chiaramente, Sebastian non poté fare a meno di distrarsi ogni tanto, il suo pensiero traditore che vagava verso quel terrazzo ed il meraviglioso ragazzo avvolto in quell’accappatoio blu. Era difficile non pensarci, non quando era così preso da lui in un modo che neanche voleva ammettere a se stesso, figurarsi a qualcun altro. Sorprendentemente, quelle distrazioni si dimostrarono piuttosto utili a far passare il tempo più rapidamente, tanto che i restanti quarantacinque minuti di corso praticamente volarono e neanche si accorse del fatto che fosse terminato finché Rachel non prese a strattonarlo.
 
***
 
Il caffè era stato una distrazione piacevole: aveva chiacchierato con qualcuno che non fosse Blaine o Sam, o sua sorella a telefono, e la sensazione non era stata spiacevole come avrebbe dedotto dai tipi che aveva appena conosciuto. Avevano parlato di cose diverse: architettura, Broadway, sport, stupidissimi programmi televisivi di dubbia qualità. Insomma da tutto a nulla e viceversa.
 
Per quasi mezz’ora, dalla prima volta che lo aveva visto, Sebastian sembrava aver rimosso il meraviglioso ragazzo misterioso, soggetto delle sue opere. Mezz’ora di tre ore era un sesto del tempo passato con loro, ma era comunque un progresso.
 
La verità però, era che Sebastian non sapeva se considerarlo un progresso o meno: in fondo, per quale motivo avrebbe dovuto essere una cosa negativa? Certo, cominciava a diventare un po’ ossessivo nei confronti del suo vicino – possessivo sui suoi schizzi a matita – ma non lo stava infastidendo. Non sapeva se il ritrarre qualcuno di nascosto mentre era in casa propria fosse un reato, una violazione della privacy come scattare delle fotografie, ma gli sembrava un’esagerazione.
 
In fondo, voleva soltanto raffigurare una persona di bell’aspetto.
 
Quando tornò a casa quel giorno però, si sentiva un po’ più leggero: non che avesse dimenticato sul serio. L’angelo era ancora fortemente impresso nella sua mente e, anzi, stava poggiando la sciarpa e la borsa da studio sul tavolo proprio per fingere di andare fuori a fumare, giusto pretesto per sperare almeno un po’ nella sua presenza. Tuttavia, aveva almeno cominciato a costruirsi una vita a New York che non dipendesse soltanto da quella figura. O da una coppia di amici gay che pomiciavano decisamente troppo per avere dei veri e propri rapporti sociali al di fuori dello spazio occupato dai loro corpi sempre fin troppo intrecciati.
 
Afferrò una sigaretta e l’accendino, e si precipitò immediatamente fuori.
 
Era bello avere una vita sociale nella Grande Mela, studiare, chiacchierare, fare dei progetti, tutto lontano dall’appartamento.
 
Tuttavia, quando Sebastian rientrava nella propria dimora, c’era una sola cosa che voleva: lui.
 
Non avrebbe nascosto a se stesso che, ultimamente, la notte, gli capitava di sognare un paio di occhi chiari, anche se da quella distanza o a causa delle luci suffuse di quel famoso party, non avrebbe saputo dire se erano azzurri o verdi. A suo parere, azzurri. Rispecchiava di più il suo viso angelico ma definito.
 
Si poggiò immediatamente sulla ringhiera, con le braccia incrociate e fissò lo sguardo sull’attico momentaneamente vuoto.
 
Il fatto di non poterlo vedere lo condusse immediatamente in uno stato confusionale che non aveva programmato. Una piccola consapevolezza lo colpì proprio quando i pensieri nella sua mente stavano scorrendo con semplicità e naturalezza, senza neanche troppe preoccupazioni che, nel caso, non sarebbero poi state così innecessarie.
 
In qualche secondo, si rese conto del fatto che non avrebbe mai ottenuto più di quello: mettersi in agguato, attendere che venisse fuori, spiarlo e, all’occorrenza, raffigurarlo con la propria arte.
 
Non c’era un continuo, non era un sentiero verso una meta.
 
Era un viale senza fine che lo avrebbe condotto al punto in cui la strada sfumava e spariva in disperazione.
 
Probabilmente non lo avrebbe mai incontrato.
 
Non si sarebbero mai parlati.
 
Non avrebbe mai conosciuto la sua voce, il suo nome, il vero colore dei suoi occhi.
 
Non avrebbe mai saputo chi fosse.
 
Non ci sarebbe stato nulla.
 
Spense la sigaretta sulla ringhiera, teso e sospirante.
 
Magari avrebbe dovuto utilizzare meglio il suo tempo, tornando dentro e studiando. Non riusciva a farlo però: dentro di lui c’era la paura che il ragazzo spuntasse fuori proprio dopo essere entrato nell’appartamento. Era una cosa stupida che nonostante avesse capito che non c’era nulla di reale, non riuscisse a concentrarsi su di un’urgenza della sua vita piuttosto che sulla fantasia che quell’incantevole visione stava diventando all’interno della sua testa.
 
Avrebbe voluto avere la forza di volontà necessaria per rientrare. O, almeno, pensò questo per un paio di secondi, prima che si pentisse anche soltanto di aver pensato una cosa del genere: l’angelo sbucò fuori, cellulare tra le mani, solito accappatoio blu scuro ed una risata che Sebastian poteva sentire in lontananza mentre il pigro sole pomeridiano contornava la sua pelle nuovamente, in uno spettacolo di colori al quale i suoi occhi si stavano già abituando fin troppo rapidamente.
 
Senza che potesse neanche rendersene conto, stava sorridendo, un piccolo senso di felicità che riempiva veloce il suo petto in un’esplosione meravigliosa.
 
Fanculo tutto.
 
Fanculo lo stupido pensiero di tornare dentro a studiare.
 
Per un artista come lui, non esisteva nulla di migliore dell’ammirare un’opera d’arte come passatempo. E luiera un’opera d’arte, era così perfetto ai suoi occhi distanti che tutto quello che chiedeva al cielo era di vederlo una volta,una volta soltanto, più da vicino per poter capire cosa significasse davvero osservare la perfezione.
 
La perfezione pura.
 
Lo osservava camminare lungo l’attico, chiaramente intento a chiacchierare e scherzare con qualcuno al cellulare. La sua risata era meravigliosa, il suo sorriso stava decisamente facendo fare una pessima figura al sole, umiliandolo con il proprio bagliore. Quando sorrideva, Sebastian ne era certo, era uno dei momenti in cui metteva più in mostra la propria perfezione, esponendola così che i maligni potessero invidiarla e che gli artisti potessero tentare di imitarla.
 
Una specie di inconscio Dorian Grey.
 
O forse conscio.
 
Sebastian non ne era ancora sicuro.
 
Una delle poche cose che non aveva ancora capito era se quell’angelo fosse consapevole della propria bellezza, se venisse fuori dall’interno del suo appartamento per mettere in mostra il proprio essere e permettere agli altri di ammirarlo, oppure se facesse tutto nella più totale naturalezza, senza neanche comprendere a pieno l’effetto che poteva fare sugli altri; l’effetto che faceva su di lui.
 
Forse era meglio che fosse inconscio: magari, in quel caso, non si sarebbe messo troppo in mostra altrove e Sebastian sarebbe stato l’unico ad ammirarlo nella sua bellezza.
 
Quindi – realizzò Sebastian, ricordando anche l’episodio dei disegni nell’aula quella mattina – era geloso di lui. Si era perfino innervosito alla semplice idea che qualcuno toccasse dei disegni, figurarsi cosa avrebbe fatto se si trattava di lui.
 
Durò poco quel giorno comunque.
 
Il ragazzo rientrò semplicemente dopo qualche minuto, tuttavia sembrò sufficiente ad ispirare Sebastian.
 
Quando tornò alla scrivania, questa volta, le dita fluirono con semplicità, eleganti e rilassate, la matita che accarezzava la carta.
 
Nemmeno dieci minuti dopo, camminò verso la sua stanza e fissò il foglio proprio accanto al primo disegno. Non erano come tutti gli altri. Quelli che appendeva lì, erano quelli che disegnava subito dopo averlo visto, quando lo aveva ancora perfettamente impresso nella mente.
 
In questo, il ragazzo, semplicemente rideva, perfetto quasi metà di come lo era dal vivo.
 
Lo fissò lì e con la matita lo firmò – più per abitudine che per altro – e gli diede un titolo.
 
The Angel’s Perfection.
 
***
 
Passò una settimana da quel disegno, tutto era un po’ più sobrio e nitido nella testa di Sebastian. La vaga e remota possibilità di conoscere quel ragazzo sfumava sempre di più, ed era perfino un po’ doloroso, proprio come non si sarebbe aspettato.
 
Di certo, da qualche parte dentro di lui, Sebastian aveva già considerato quella possibilità. Ciò che lo turbava era che, improvvisamente, aveva realizzato che non si trattava di una possibilità, ma di una realtà, più che altro.
 
Faceva più male perché, fino a quel momento, Sebastian ci aveva sperato davvero.
 
Aveva davvero sognato di incontrare quel ragazzo, scoprire qualcosa di lui, ma non c’erano stati segnali: non aveva rincontrato Brody, neanche ad un party con Blaine e Sam; nessuno dei suoi colleghi universitari sembrava sapere qualcosa a riguardo e si limitavano a prenderlo in giro per la gelosia verso i disegni.
 
Nulla di nulla.
 
Dal momento in cui Sebastian si sedette in quell’aula, di venerdì, i sospiri che provenivano dalla sua bocca erano di totale rassegnazione.
 
Nulla sembrava riuscire a distrarlo: né le chiacchiere di Rachel, né i subdoli tentativi di flirt di Nate, tantomeno i consigli di moda di Louis. Tutto quello che riusciva a pensare, tristemente, era che non avrebbe mai incontrato la persona che aveva ispirato le sue ultime opere.
 
Non avrebbe mai incontrato la sua musa ispiratrice.
 
Il pensiero si era insediato profondamente nella sua pelle e non riusciva a pensare ad altro che non fosse quella triste realtà.
 
Mentre tornava a casa, si guardava intorno disperatamente, come se quel tratto fosse la sua ultima occasione, come se sperasse di vederlo nella folla newyorkese, e di trovare una scusa per avvicinarlo.
 
In fondo, era stato piuttosto ipocrita a negare la propria ossessione perché era così evidente che negare serviva soltanto a rendersi ridicolo. L’aveva negata per giorni e settimane a Rachel, e grazie al cielo Sam e Blaine non ne sapevano nulla, altrimenti sarebbe stato almeno difficile il doppio fingere indifferenza o semplice passione artistica.
 
Quando tornò a casa, non ebbe neanche il coraggio di uscire fuori sul balcone: si infilò sotto le coperte ed affondò la testa nel cuscino, più forte che poteva.
 
Non aveva la benché minima idea di quanto sbagliati fossero i suoi pronostici.
 
***
 
Tutto cambiò proprio nel momento in cui pensava che non sarebbe più accaduto nulla, proprio nel momento in cui aveva pensato di arrendersi e di cominciare a farsi una vita.
Passò una settimana da quando aveva preso quella decisione fermamente e non immaginava quanto il destino si sarebbe divertito a beffarsi di lui (probabilmente in parte proprio perché aveva deciso di cedere, come se volesse fargli capire che non poteva liberarsi di quel tormento).
 
Stava tornando a casa da quello straziante corso di letteratura, un esame che neanche gli interessava più di tanto, con lo sguardo all’asfalto e i soliti occhi stanchi (soliti perché durante quella settimana non era riuscito a chiudere occhio), quando la sua borsa a tracolla andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
 
Quando sollevò gli occhi dal cemento newyorkese, rimase senza fiato nell’incontrare quegli occhi azzurri che tanto aveva ammirato da lontano senza neanche essere sicuro del fatto che avessero davvero quel colore. Finalmente poteva vederli da vicino e confermare quella teoria.
 
Si sentì male.
 
Realizzò che era ancora più bello visto da vicino, per quanto sembrasse incredibile e per qualche secondo immaginò che si trattasse soltanto di un maledetto sogno che volesse turbare la sua saggia scelta di andare avanti.
 
Ne aveva la certezza: quello che aveva davanti era un angelo in terra. Si rese conto del fatto che era rimasto come un idiota a bocca aperta mentre il ragazzo misterioso lo scrutava attentamente, in attesa di qualcosa.
 
Capì con un po’ di ritardo di cosa si trattasse.
 
“Oh, scusami!” Fece, realizzando soltanto in quel momento che lo aveva colpito. Aveva colpito un angelo. Ma gli importava poco perché quel contatto spiacevole gli aveva permesso di guardarlo negli occhi. Gli occhi più belli del mondo, avrebbe detto senza pensarci due volte.
 
“No, scusami tu.” Lo era. Era la voce più bella che avesse mai sentito. Era sublime, era celestiale, era meglio di tutto, di qualsiasi cosa. Era il timbro più particolare che avesse mai sfiorato le sue orecchie. Era qualcosa di indescrivibile. Tutto. “Io-io ero … assorto nelle mie meditazioni.”
 
Era un modo un po’ strano di parlare, ma era perfettamente in linea col suo fascino irresistibile. Almeno per lui. Non era neanche abbastanza lucido da rendersi conto del fatto che il suo angelo (se ne era già appropriato nuovamente, dimenticando in uno schiocco di dita di aver pensato di rimuoverlo totalmente dalla propria testa – come se potesse riuscirci) stesse balbettando. Perché sembrava troppo perfetto per balbettare, forse.
 
Stava pensando ad un modo per dirgli che aveva visto che viveva di fronte a lui, senza sembrare però un maniaco, ma non fece in tempo a giungere ad una conclusione che lo vide fargli un cenno con la mano.
 
“Beh, scusa ancora, ciao!”
 
In una frazione di secondo riuscì a pensare a mille cose diverse. Fece una sintesi del tutto con un ragionamento specifico: il destino gli era andato incontro. Lui non poteva permettersi di voltargli le spalle e alterare i suoi piani, non in quel modo.
 
La sua mente stava già cominciando a rassegnarsi all’idea che quello fosse il loro unico e solo incontro, che non si sarebbe ripetuto mai più. E non gli stava bene.
 
Lo vide scattare per allontanarsi e, istintivamente, afferrò il suo braccio. Dall’espressione confusa sul volto del ragazzo, realizzò che forse aveva esagerato con la forza, senza volerlo.
 
Gli sembrò confuso a quel gesto, quindi seppe che doveva affrettarsi a spiegarsi. Ma finì per pasticciare con le labbra. Ci fu qualche secondo di silenzio prolungato in cui desiderò sprofondare nel nulla per la pessima figura che stava facendo.
 
Ma si ricordò del destino.
 
Si ricordò dell’occasione.
 
“Potrei … sapere il tuo nome?” Gli domandò e non avrebbe mai voluto farlo. Il ragazzo avanti a lui scoppiò a ridere e lui si sentì morire perché non poteva reggere quella visione celestiale, il suono magnifico della sua risata incantevole (e poi stava anche arrossendo stupidamente e forse non si sentiva a suo agio all’idea di farsi vedere imbarazzato come un bambino timido o un sedicenne con una cotta).
 
“Prometto di dirtelo, se mi lasci il braccio.” Rispose il ragazzo, facendolo arrossire ancora di più: giusto, gli stava ancora tenendo il braccio. Lo lasciò andare, profondamente imbarazzato e dispiaciuto per essersi comportato come un idiota.
 
“Io-scusa, non …” tentò di scusarsi, ma l’unica cosa che ne venne fuori furono paroline confuse e prive di ogni senso. Respirò lentamente. Doveva riprovarci. “Non volevo.”
 
Notò con piacere che il suo sorriso non era sparito. Un ottimo segno, avrebbe detto, se fosse stato abbastanza lucido da pensarci.
 
Kurt.” Gli disse semplicemente in un sussurro, senza rispondere verbalmente alle sue scuse. Sebastian non capì per certo cosa gli stesse dicendo, forse perché non poteva credere di aver saputo il suo nome. Deglutì e trattenne il respiro, per assicurarsi di sentirlo bene, e non confonderlo con qualsiasi altro nome. “Mi chiamo Kurt.”
 
Kurt, Kurt, Kurt.
 
Suonava fin troppo bene.
 
Aveva dato un senso nuovo e diverso a quel nome.
 
Gli stava benissimo, era magicamente perfetto per lui, nonostante non fosse neanche lontanamente nella lista di tutti i nomi che aveva immaginato. Si accorse del fatto che … Kurt – ancora non poteva credere di poterlo chiamare per nome – stava aspettando qualcosa da lui.
 
Se ne rese conto e realizzò che si stava rendendo troppo, troppo ridicolo in quell’occasione.
 
Si maledisse perché era sempre maledettamente sobrio, in ogni situazione, lucido e anche un po’ distaccato. Per altro, tenere sempre quell’espressione fiera e snob in viso era una delle caratteristiche principali del suo fascino quindi come poteva sembrare una persona interessante se nascondeva quel lato di sé?
 
Proprio in quel caso doveva venir meno?
 
“Sebastian.” Esitò un istante, incerto su quello che stava facendo, vistosi il modo in cui gli aveva stretto e tenuto il braccio appena prima. Ma … la tentazione di toccarlo di nuovo per vedere se fosse vero era troppo forte. Allungò il braccio in avanti, porgendogli la mano.
 
Seguì lo sguardo di … Kurt, mentre scrutava la  mano, piuttosto incerto, inarcando le sopracciglia e arricciando le labbra contemporaneamente. Proprio quando stava per tirarla via, rendendosi conto del fatto che doveva essergli sembrato uno di quei ragazzi estremamente euforici all’idea di conoscere il tipo che gli piace … Kurt la prese con la propria.
 
Sebastian sentì qualcosa consumarlo dentro a quel contatto così stregato: quella pelle era liscissima, delicata, poteva dirlo, e appena un po’ più fredda della sua.
 
Accarezzò appena il suo palmo, facendolo sembrare un gesto casuale e non desiderato, per rendersi conto del fatto che persino le linee delle sue mani erano estremamente morbide. Doveva curare molto la propria pelle.
 
Tuttavia, quel contatto durò fin troppo poco per i suoi gusti: le loro mani si allontanarono proprio quando Sebastian pensava di poter restare per un bel po’ a studiarne ogni minimo particolare, a catturarlo e farlo suo come era abituato a fare con tutte le cose belle del mondo – una lista nella quale, sicuramente, Kurt era compreso.
 
Era finita.
 
Quello sarebbe stato il momento in cui Kurt avrebbe voltato l’angolo sparendo dalla sua vista; e non si sarebbero parlati mai più; e sarebbe rimasto bloccato tra un presente fatto di ritratti e un futuro che non riusciva a desiderare perché troppo preso da quella nuova ossessione.
 
Il suo nome sarebbe stato l’addio e Kurt avrebbe camminato lungo le strade chiedendosi chi era lo strano e buffo ragazzo che aveva conosciuto.
 
Poi, dopo qualche giorno, avrebbe dimenticato per sempre la sua esistenza.
 
Il destino gli aveva almeno concesso di toccarlo, di sapere che era vero.
 
Ma forse faceva ancora più male sapere che esisteva sul serio.
 
Era così preso da quelle riflessioni sull’imminente addio che ci mise qualche secondo prima di realizzare che Kurt era ancora avanti a lui, a guardarlo con un sorriso sulle labbra.
 
Okay, forse voleva dirgli ‘è stato un piacere, adieu’.
 
“E … vivi da queste parti … Sebastian?”
 
Quella domanda, nonostante fosse pronunciata con quell’esitazione, gli aprì un cielo, una galassia anzi, in testa.
 
Non avrebbe titubato, non quella volta.
 
“S-sì, sì! Cioè …” Balbettò confusamente, prima di indicargli il palazzo alle loro spalle. Non poteva neanche credere che glielo avesse chiesto. “Abito lì, nono piano.”
 
Kurtpasticciò un secondo con le labbra, mantenendole però curvate in un sorriso.
 
“Wow.” Commentò, abbassando lo sguardo, quasi stesse pensando a qualcosa di carino e non sapesse come dirlo. No. Si stava decisamente illudendo troppo su quella situazione. Avrebbe finito per farsi male, lo sapeva. “E’ strano, vedi, io … abito di fronte e …”
 
No, lo stava dicendo sul serio.
 
Sentì i battiti del proprio cuore accelerare per quell’ ‘e …’ lasciato così, in sospeso, proprio quando aveva più bisogno di un continuo; ma si rese conto del fatto che Kurt avrebbe difficilmente continuato quella frase. Non sapeva perché, ma gli sembrava in difficoltà.
 
“Sul serio?” Chiese con tutta la naturalezza del mondo, ma lo sapeva, sapeva che viveva lì, sapeva esattamente tutti i colori di accappatoi che aveva, sapeva che alle cinque prendeva il tè, usanza inglese, ogni giorno, sapeva che amava fare lunghe chiacchierate a telefono mentre prendeva il  timido sole pomeridiano, disteso su quell’attico.
 
Sul serio, viveva lì.
 
Lo sapeva perfettamente.
 
“Sì, cioè …” Pensò che quello teso dei due dovesse essere lui. Eppure Kurt continuava a balbettare confusamente; ed era così dolce mentre lo faceva, con quella sua vocina. “Non ti ho mai visto.”
 
Sebastian sorrise spontaneamente perché avrebbe voluto dirgli che lui lo aveva visto.
 
Ogni singolo giorno.
 
Ogni ora.
 
Ogni secondo.
 
Ogni volta che poteva da quando lo aveva visto la prima volta.
 
Ogni volta che chiudeva gli occhi perfino.
 
E in quel momento lo stava ammirando da vicino. Kurt era proprio lì, davanti a lui, in carne ed ossa.
 
“Beh, neanche io, è …” gli rispose, probabilmente con la bugia più epica che la storia dell’umanità possa ricordare. “E’ una cosa strana, ma … New York è molto grande e …”
 
Stavano entrambi farneticando cose senza senso, e la cosa lo faceva sentire molto a suo agio anche se non voleva illudersi del fatto che fosse una questione di emozione, forse Kurt era semplicemente timido o perennemente entusiasta, o amava le cose nuove o … qualsiasi cosa fosse o pensasse, Sebastian era certo di volerla sapere.
 
“Sì, infatti, lo è …” rispose l’angelo, mentre continuavano a scambiarsi battute senza senso. “Beh, io dovrei andare.”
 
Fortunatamente non gli sembrò essere una scusa e si era intrattenuto fin troppo a blaterare con lui per passare per uno che si era annoiato.
 
“Oh, sì, anche io …” rispose Sebastian, tentando di farsi venire in mente un modo veloce per aprire una possibilità ad un secondo incontro senza sembrare troppo invadente.
 
“Posso avere il tuo numero?” Domandò però improvvisamente Kurt anticipandolo. “Non conosco nessuno qui. Ho solo un paio di amici, ma mi annoiano profondamente.” Ridacchiò, arrossendo un po’, adorabile davanti ai suoi occhi.
 
Sebastian dovette passare un paio di secondi a mettere a fuoco ciò che aveva detto prima di poter rendersi conto del fatto che avrebbe dovuto rispondergli. Realizzato a pieno che gli avesse chiesto il suo numero di telefono, Sebastian sentì un po’ della sua capacità di flirt riaffiorare e trasformò il proprio sorriso incantato in un ghigno incantatore.
 
“Puoi avere tutto quello che vuoi se continui a sorridere così.” Non pensò neanche a quanto patetica fosse quella frase perché Kurt sorrise subito, chiazze rosse che tingevano il suo viso, impedendogli di pensare di essersi reso ridicolo.
 
“Uhm … quindi … se mi sforzo di sorridere ancora un po’, mi porti a prendere un caffè qualche volta?” Domandò timidamente e Sebastian tentò di non mostrargli troppo apertamente il battito che aveva appena perso.
 
Gli stava chiedendo un caffè, quindi … stava assecondando il suo tentativo d’approccio? Dio, Sebastian non era pronto a quella prospettiva.
 
“Se sorridi ancora un po’ … posso portarti anche sulle giostre.” Sorrise, ignorando il tamburo rumoroso all’interno del suo petto che lo stava costringendo a tremare. Erano lì, in piedi, per strada, posizioni rigide ed un po’ tese, era tutto reale.
 
Kurt rise di nuovo, riempiendo le strade di New York di quella voce celestiale che gli altri neanche avrebbero meritato di sentire.
 
“Un caffè va bene. Magari possiamo organizzarci per le giostre mentre lo beviamo.” Lo prese chiaramente in giro.  “Stai prendendo tempo per non darmi il tuo numero? Potrei esserne offeso.” Rise ancora e Sebastian scosse immediatamente la testa, non riuscendo assolutamente a trovarlo divertente.
 
“Oh no, credimi. Vorrei davvero avere il tuo numero nella mia rubrica riservata ai bei ragazzi.” Mormorò, cercando ancora una volta di sembrare seducente, ma rendendosi conto del fatto che forse aveva ancora un po’ di quegli occhi sognanti che glielo impedivano del tutto. “Il caffè andrà benissimo.” Cercò di non dare peso alle sue gambe tremanti perché stavano programmando un appuntamento.
 
New York era davvero la città dove i sognipiù assurdi potevano diventare realtà.
 
“Così ci conosciamo un po’, magari.” Kurt fece spallucce e si allungò per sfilarsi il cellulare dalla tasca. Sebastian avrebbe voluto così tanto approfittare del movimento per studiare ogni singolo muscolo del suo corpo, ma era troppo agitato per farlo, non riusciva neanche a pensare razionalmente perché voleva conoscerlo un po’.
 
Allungò il cellulare verso di lui e Sebastian lo prese, cominciando a digitare il proprio numero con il respiro in sospeso.
 
“Hai freddo?” Gli chiese Kurt, facendogli alzare gli occhi per incontrare i suoi bellissimi gioielli azzurri e costringendolo ad una risata nervosa.
 
“Uhm, no.” Rispose, inarcando le sopracciglia.
 
“Ti tremano le mani.” Commentò con innocenza Kurt.
 
‘Certo che mi tremano le mani,’ pensò Sebastian, ‘sei il soggetto di ogni mio singolo disegno, ti spio da settimane.’
 
“Forse sono le mie mani ad avere freddo.” Rispose un po’ stupidamente, ma fece sorridere Kurt, quindi andava benissimo così. “Tieni.” Gli porse il cellulare qualche secondo dopo, sentendo il cuore battere quando le loro dita si sfiorarono in quello scambio.
 
“Ti faccio uno squillo più tardi, così … se vuoi, puoi salvare il mio numero.” Mormorò, mordendosi il labbro inferiore – sexy, anche sexy. “Devo andare ora, sono sul serio in ritardo. Uhm … non … non vedo l’ora di prendere un caffè con te, Sebastian …”
 
Gli sorrise anche lui, conscio del fatto che probabilmente avrebbe avuto ansia e tachicardia a mille fino al momento in cui Kurt non gli avesse fatto quel maledetto squillo.
 
“Ciao, Kurt.” Mormorò, facendogli un occhiolino e vedendolo arrossire, mentre faceva un inchino scherzoso e si allontanava.
 
Sospirò, soffermandosi peccaminosamente ad osservare il modo in cui quei jeans stretti e chiari tracciavano il suo sedere meraviglioso. Dio, aveva anche un sedere come quello? Un uomo da sposare, per quanto gli riguardava. Carino, adorabile, con un didietro così …
 
Quando Kurt fu sparito all’angolo, sfuggendo alla vista dei suoi occhi, Sebastian si stiracchiò, lungo quel marciapiede, lasciando che il vento autunnale lo coccolasse un po’ e sorridendo soddisfatto a se stesso per la prontezza con la quale non lo aveva lasciato andare subito e gli aveva bloccato il braccio.
 
La sua giornata ora consisteva nell’attendere uno squillo.
 

 
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A/N: Update, update. Dopo essere sparita per una settimana, sono di nuovo qui con due aggiornamenti yo! Non mi soffermo molto a parlare perché scrivere due angoli di fila mi lascia senza nulla da dire lol Vi dico che, se v'interessa, ho postato due Kunter molto, molto lontano da EFP: 1 e 2 (in corso, in inglese). Speriamo che le prossime settimane siano meglio *sospira*. Grazie per la pazienza bbies <3 - A presto, xoxo RenoLover <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


A/N: Siccome io aggiorno solo per le recensioni, eccomi qui puntuale, di giovedì, come avevo detto :) Adesso non vorrei che qualcuno si mettesse a piangere :(((( #ironia
Grazie a tutti, sempre - xoxo RenoLover <3

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Furono le due ore più orribili della sua vita.
 
Probabilmente aveva anche temuto di dover attendere molto di più, ma questo non rese il tempo più semplice da sopportare.

 
Lo passò a disegnarlo chiaramente perché, ora che aveva i suoi tratti più chiari in mente, avendoli studiati da vicino, non poteva fare a meno di assecondare quel desiderio.
 
Quando il cellulare aveva vibrato sulla sua scrivania, nel silenzio dell’appartamento e mentre era totalmente concentrato nel raffigurare una spalla nuda – come immaginava che fosse più che altro -, Sebastian sobbalzò.
 
Sentì il cuore accelerare nei battiti, sentendosi un po’ infantile e stupido ad essersi preso una cotta come quella e contò gli squilli mentre il numero gli appariva sullo schermo del suo iPhone.
 
Al primo squillo, il suo cuore stava sussultando di gioia, riuscendo finalmente ad allontanare quella parte pessimista che credeva di aver immaginato tutto e che Kurt stesse soltanto cercando una scusa per allontanarsi da lui, per nulla interessato a quel famoso caffè.
 
Al secondo squillo, il suo cuore accelerò perché era ormai consapevole del fatto che era fatta: lo avrebbe rivisto e non poteva essere più felice a quell’idea, visto che soltanto quella mattina aveva escluso quell’opzione del tutto.
 
Al terzo squillo, non poté trattenersi e neanche considerare vagamente di poter resistere alla tentazione che già aveva ceduto: la sua mano scattò avanti, afferrò il cellulare e premette per rispondere con l’ansia che invadeva il suo corpo.
 
Si preoccupò di far sembrare la voce assonnata, così magari Kurt avrebbe creduto che aveva risposto per riflesso istintivo perché lo aveva svegliato con la chiamata. Magari si sarebbe dispiaciuto e gli avrebbe promesso un altro caffè per averlo svegliato.
 
“Pronto?” Mormorò con una voce assonnata.
 
Oh!” Kurt rispose con la sua voce perfetta, alterata soltanto un po’ dal telefono, come se neanche un apparecchio elettronico potesse rovinare la sua perfezione. Evidentemente non si aspettava una risposta. “Oddio, dimmi che non ti ho svegliato, mi dispiace tanto …
 
Adorabile tono di voce da ragazzo che flirta. Meraviglioso.
 
“Uhm … no, no!” Sebastian si affrettò a rispondere, forzando uno sbadiglio ed abbassando lo sguardo sui disegni da perfetto stalker. “Stavo soltanto riposando gli occhi …” Mormorò stratega e Kurt sospirò.
 
Ecco, ti ho svegliato.” Piagnucolò attraverso il telefono. “Mi dispiace davvero tanto, io … volevo soltanto lasciarti uno squillo per il mio numero, ma … ho poggiato un secondo il cellulare sul bancone e credo sia … credo sia durato di più. Mi dispiace, scusami, io-”
 
“Tranquillo.” Sebastian mormorò con il sorriso sulle labbra, prendendo la matita e cominciando ad ombreggiare i muscoli immaginari del torso di Kurt. “Non è un problema, sono troppo pigro di recente. Dormo da morire,” mentì, perché passava buona parte del tempo delle sue giornate a spiarlo dal balcone o disegnarlo, “anzi sei stato gentile a svegliarmi, ho delle cose da studiare.”
 
Oh …” Kurt sembrò quasi … dispiaciuto?
 
“Ho distrutto qualche tuo stereotipo sui ragazzi estremamente belli ma stupidi che non studiano?” Chiese, divertito.
 
No, è che … uhm …” Kurt esitò, e Sebastian seppe che era colpa del fatto che si conoscevano da due ore stentate. Era normale che non riuscissero a prendere troppa confidenza in fondo. “Io p-pensavo …
 
Lo fece sorridere il fatto che quel ragazzino adorabile – dal sedere d’oro – stesse balbettando al telefono e non riuscisse a dirgli quello che voleva.
 
“Pensavi?” Chiese allora, con un tono di voce leggero e spensierato, per fargli capire che poteva continuare. Il suo cuore stava ancora tirando scherzi nel suo petto, ansioso di sapere cosa volesse dirgli.
 
Pensavo che … per il caffè potessimo scendere ora, ma se devi studiare-
 
“No!” Rispose immediatamente Sebastian, spalancando le palpebre e quasi spezzando la punta della matita sul foglio. “No, no, posso studiare anche all’aperto, mi … mi stimola di più.” Mormorò, con i battiti ormai rumorosi quanto la cassa di una batteria.
 
Davvero?” Il ragazzo sembrò adorabile dall’altro lato del telefono. “Fantastico! Cioè … cioè se non ti secca prendere un caffè con me-
 
“No.” Rispose subito Sebastian. Come diavolo poteva anche lontanamente pensare una cosa del genere? “No, per nulla. Se mi seccasse, non ti avrei detto di sì, no?”
 
Ci fu qualche secondo si silenzio dall’altro lato come se Kurt stesse considerando quella riflessione.
 
Mh. Okay!” Pronunciò, decisamente più allegro. “Il tempo di una doccia veloce per me. Se tu hai da fare però-
 
“No, Kurt.” Sottolineò il suo meraviglioso nome, senza neanche accorgersi di quanto basso e roco lo avesse pronunciato. Se ne accorse quando Kurt sembrò totalmente in tilt dall’altro lato del telefono.
 
Uh, beh, sì … io, okay.” Parlò praticamente senza senso e con una respirazione irregolare. “20 minuti … al NYC Bean all’angolo. V-va bene?” Balbettò, vacillando sulla domanda come se si fosse reso conto del fatto che aveva praticamente organizzato tutto lui.
 
Sebastian rise spontaneamente alla realizzazione.
 
“Va benissimo … dolcezza.” Aggiunse alla fine, dopo qualche secondo di esitazione, rispolverando un po’ del suo repertorio da rimorchio del liceo.
 
Ci fu qualche altro momento di silenzio, poi Kurt tossì.
 
Uhm … okay. Perfetto.” Si affrettò a mormorare, evidentemente in difficoltà. Si vedeva che non era abituato al flirt, il che era assurdo, perché Sebastian pensava che se non si flirtasse con un ragazzo così meraviglioso, con chi allora? “Non …” Kurt si prese un’altra pausa e come le volte precedenti il silenzio fu riempito dal respiro di Sebastian. “Non vedo l’ora di vederti.
 
Meraviglioso.
 
Sebastian sospirò sorridente, ben lieto di aver fatto colpo. Il suo cuore batté rapidamente, incredulo più di lui all’idea che la sua musa ispiratrice non vedesse l’ora di vederlo. Lui non vedeva l’ora di vederlotutti i giorni, ogni volta che si affacciava al proprio balcone.
 
“Sarà divertente, prometto.” Rispose e sentì Kurt tossire di nuovo.
 
Non ne dubito.
 
“Ci vediamo tra poco, splendore.” Sussurrò, tornando alla modalità seducente. “Sarà il caffè più buono della tua vita.”
 
Il tuo, anche.” Precisò Kurt titubante e lui ridacchiò a bassa voce.
 
“Il mio, anche.” Confermò immediatamente Sebastian. “A dopo, Kurt.”
 
A dopo.” Sussurrò tremante l’altro prima di staccare la telefonata dopo qualche secondo di silenzio.
 
Non appena fu certo del fatto che la chiamata fosse terminata, lanciò quasi il cellulare in aria: non gli capitava da una vita di sentirsi così felice all’idea di vedere e stare con una persona.
 
20 minuti ed avrebbe incontrato il ragazzo che aveva pensato di non incontrare mai, per la seconda volta.
 
20 minuti.
 
***
 
Alla fine aveva optato per un look che fosse un miscuglio di stili, così da non dover decidere troppo severamente: camicia a quadri, ma aderente, che mostrasse il suo fisico perfetto, lenti a contatto e jeans stretti che mostrassero le sue gambe magre e capelli curati con la cera in modo che potessero mantenersi perfetti. Okay, per quanto tentasse di fingere di essere calmo, non lo era del tutto: era così perfetto che Sebastian si sentiva come se dovesse impressionarlo per forza, come se dovesse guadagnarsi un secondo caffè e tutto quello che ne derivava.
 
Camminava lungo il marciapiede con il sorriso perfettamente stampato in volto, ansioso di rivederlo da vicino, con il cuore che gli batteva di un folle desiderio di essere felice. Probabilmente sentirsi felice per così poco era stupido, prematuro e rischiava di costringerlo a farsi fin troppo del male, ma non poteva proprio evitarlo.
 
C’era un leggero venticello, quindi fu felice di aver fissato così tanto i capelli (stupidamente felice, ma pur sempre felice).
 
Quando lo vide il suo cuore fermò quelle rapide percussioni per qualche secondo: Kurt era in piedi davanti all’entrata del locale, controllava l’orologio e sospirava. Indossava una camicia bianca, pantaloni scuri ed un’inqualificabile serie di accessori dubbi dei quali probabilmente Sebastian non avrebbe mai capitolo l’utilità. Eppure, nonostante questo, era dannatamente attraente ai suoi occhi.
 
Il fatto che stesse controllando l’orologio gli fece pensare per qualche secondo che Kurt stesse considerando che gli desse buca. Era evidente che non sapesse tutta la verità, altrimenti, conscio del fatto di essere stato la sua musa anche per piccoli progetti universitari, non avrebbe mai considerato l’idea di poter ricevere buca in quel modo.
 
Il pensiero lo fece sorridere perché era lieto del fatto di non doversi impegnare troppo a nascondere la sua folle infatuazione platonica – un po’ meno platonica se si parlava del suo sedere – perché gli permetteva di non porsi come un debole cucciolo sperduto nei suoi confronti.
 
Attraversò la strada, con le mani nelle tasche della giacca a doppiopetto, e si avvicinò a lui con un sorriso sincero sulle labbra. Kurt sollevò appena lo sguardo dall’orologio, colto di sorpresa ed incapace di nascondere la sua espressione di sorpresa e sollievo quando i loro occhi si incrociarono.
 
“Oh, credevi che non venissi?” Domandò Sebastian, arricciando sopracciglia e labbra in un broncio.
 
“Io …” Mormorò Kurt, arrossendo probabilmente per il fatto di essere stato così maledettamente ovvio da non riuscire a nasconderlo neanche un po’. “Perché saresti dovuto venire?” Chiese sinceramente, facendo spallucce e con un sorriso un po’ malinconico in viso che Sebastian non poteva interpretare senza conoscerlo bene. “Insomma, immagino debba essere una seccatura prendere un caffè con un ragazzo come me …”
 
Sebastian si fermò ad un passo da lui, con un’espressione confusa in viso: quando lo aveva visto a quel party, anche se quasi al buio, Kurt gli era immediatamente sembrato una persona molto sicura di sé. Possibile che si fosse sbagliato? E, soprattutto, come diavolo gli saltava in mente una cosa del genere quando agli occhi di Sebastian era maledettamente evidente quanto fosse meraviglioso.
 
“Perché mai dovrebbe?” Chiese comunque, tentando di sembrare spontaneamente curioso piuttosto che sconvolto.
 
Kurt non sembrò voler aggiungere altro, un po’ come se avesse paura di suggerirgli delle cose alle quali Sebastian non sembrava essere giunto ancora, un po’ come se temesse di fornirgli un buon motivo per annoiarsi con lui. Non l’avrebbe mai detto, eppure sembrava abbastanza paranoico.
 
“Non lo so.” Mormorò alla fine, dopo aver alzato un paio di volte gli occhi al cielo ed essersi colorito leggermente in volto, un rosso adorabile. “Non … non riesco a capire cosa ci trovino le persone di interessante in me, io …” Si fermò di nuovo, mormorando qualcosa senza senso e Sebastian gli fece un cenno verso l’interno del locale.
 
“Dai, entriamo.” Interruppe quello sproloquio. “Se non ti dispiace, io trovo decisamente qualcosa di interessante in te e non ho intenzione di sprecare il nostro tempo prezioso a sentire te che parli del contrario.”
 
Kurt pasticciò in maniera adorabile con le labbra e Sebastian, sul serio, non poteva credere che stesse accadendo.
 
“Uhm. Immagino tu abbia ragione.” Ridacchiò, spostandosi per farlo entrare per primo. “Sono le paranoie che mi faccio ad annoiare la gente.”
 
Sebastian scosse la testa e ricambiò il gesto, facendogli capire che di certo non sarebbe entrato per primo. Solitamente non era un gentiluomo – non maleducato, ma neanche gentiluomo (visto che comunque si trattava spesso soltanto di rimorchiare, non avrebbe avuto senso comportarsi in tal modo, ma Kurt era la sua musa quindi doveva essere gentile).
 
Il ragazzo annuì ancora timidamente e poi aprì la porta del locale ed entrarono entrambi.
 
Si lasciò guidare da lui verso un tavolino in fondo alla sala, vicino alla vetrata enorme che affacciava sulla strada.
 
In realtà, Sebastian non era certo di come considerare quell’incontro: un appuntamento? Sembrava così, ma forse era una definizione esagerata e lui non voleva assolutamente illudersi e subire un altro colpo.
 
“Va bene qui?” Domandò Kurt, con le mani poggiate sullo schienale della sedia, guardandolo con un’aria interrogativa.
 
“Andrà benissimo.” Mormorò Sebastian con un sorrisetto in viso e ci pensò qualche secondo prima di lasciarsi un po’ andare e fargli un occhiolino. “Va bene dove ci sei tu.”
 
Kurt arrossì di nuovo e ridacchiò nervosamente, il che fece sì che Sebastian si chiedesse come potesse non essere abituato ad essere corteggiato, sul serio.
 
Si sedettero entrambi, lentamente e ci fu qualche secondo di imbarazzo durante il quale, in attesa del ragazzo che prendeva le ordinazioni, si guardarono soltanto.
 
Alla fine fu Kurt a spezzare il silenzio.
 
“Quindi … uhm, Sebastian.” Cominciò, ribadendo il suo nome timoroso. “Sei a New York da tanto?” Chiese, tentando evidentemente di fare conversazione per non far calare di nuovo silenzi imbarazzanti.
 
“Un paio di mesi. Tu, carino?” Domandò Sebastian, troppo compiaciuto per il rossore sul suo viso. Era la cosa più adorabile e sexy del mondo insieme.
 
“Più o meno lo stesso.” Rispose, tentando di poggiarsi allo schienale della sedia per rilassarsi. “In realtà ho passato qualche mese qui l’anno scorso, per ambientarmi, ma poi sono tornato a casa e ora sono qui perché ho deciso che non ho intenzione di rinunciare ai miei sogni.”
 
“Cosa sogni?” Chiese subito Sebastian, poggiando il mento sulla mano e guardandolo incantato: il suo capolavoro, in carne ed ossa.
 
“Mmh. Mi piace cantare.” Fu decisamente sintetico nella spiegazione e non sembrò voler aggiungere altro perché si stava già sporgendo oltre il tavolo verso di lui. “E tu? Cosa ci fai nella Grande Mela da un paio di mesi? Immagino non sia semplicemente per far vedere per strada quanto tu sia attraente …”
 
Sebastian non poté trattenere un ghigno allora, compiaciuto per il modo in cui l’altro ragazzo non riusciva neanche a trattenere i complimenti: incantevole. Per qualche ragione, Sebastian cominciò perfino a pensare che la cosa potesse portarli già ad uno sviluppo.
 
“Beh, no, direi di no. Ma lo sono molto, non trovi?” Un altro occhiolino e Kurt diventava sempre più rosso in viso.
 
“Chi direbbe di no?” Chiese, pasticciando con le labbra e sembrò guardare un po’ oltre le spalle di Sebastian, come se avesse visto qualcosa o qualcuno. “Io non oserei.”
 
“Sono qui per l’arte.” Rispose Sebastian, sorridendogli sornione perché Kurt non immaginava neanche lontanamente di essere parte della sua arte. Invece lo era eccome. “In realtà studio architettura, ma seguo anche corsi aggiuntivi.”
 
“Oh.” Mormorò Kurt e Sebastian si domandò come mai fosse stato così rapido e sintetico nel commento, finché non sentì qualcosa sulla propria spalla.
 
“Hey, guarda un po’ chi rimorchia!” Sam gli diede una pacca sulla spalla e Sebastian si voltò per osservarlo mentre guardava Kurt.
 
Blaine spuntò alle sue spalle, occupando la sedia accanto all’angelo e porgendogli un caffè.
 
“Carino.” Gli sussurrò e Kurt arrossì ancora di più, evidentemente in imbarazzo e più teso di quanto non fosse prima. “Bravo, Sebastian, ottima scelta. Ti ha già portato a letto? Non credo perché mi sembri ancora sano fisicamente-”
 
“Blaine.” Sebastian lo interruppe, sollevando una mano mentre Sam si accomodava accanto a lui, porgendogli un caffè. “Non sono più il ragazzino in calore del liceo, stai dando una pessima immagine di me.”
 
Vide Blaine sporgersi leggermente verso Kurt per sparlare a bassa voce.
 
“Te lo assicuro: una volta siamo entrati in camera sua durante una gita del liceo e abbiamo trovato un ragazzo legato al letto.” Sussurrò e Kurt si stava ormai accendendo, diventando quasi di fuoco.
 
Voleva essere legato.” Si difese Sebastian. “Non l’ho di certo costretto. Non sono uno stupratore. E, comunque, perché non siete a casa vostra a fare sesso?”
 
Sam sospirò, scuotendo la testa.
 
“Ho detto a Blaine che dovevamo lasciarvi soli ma, come puoi immaginare, ha deciso chiaramente di ignorare le mie parole sagge.” Borbottò, prendendo un sorso dal bicchiere e poi girandosi verso Kurt. “Come ti chiami, piccolo?” Chiese, con un tono decisamente meno seducente di Sebastian e Blaine, più dolce ed affettuoso, con un sorriso amichevole in viso.
 
“Kurt.” Mormorò lui a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore.
 
“Kurt, wow, è un nome bellissimo!” Canticchiò Blaine, porgendogli nuovamente il caffè finché Kurt non si arrese e lo prese, sfilandolo dalle sue mani con timidezza. “Oddio, sembri un cucciolo indifeso, Sebastian ti distruggerà.”
 
Blaine.” Riproverò Sam e Sebastian poteva chiaramente vedere che Kurt lo stava cercando con lo sguardo, interrogandosi su quanto di quello che stava dicendo Blaine fosse vero.
 
“So difendermi.” Borbottò alla fine, facendo spallucce. “E ho un’età. Non sono un piccolo cucciolo di pinguino indifeso e non sono vergine.”
 
Sebastian fece immediatamente una smorfia di fastidio: il solo pensiero che qualcuno lo avesse toccato intimamente lo rese immediatamente nervoso. Era una cosa stupida, ma non poteva fare a meno di essere geloso. Era la sua musa, nessuno poteva toccarlo, figurarsi fare sesso con lui.
 
“Non eri al party qualche settimana fa, Kurt?” Domandò Sam, sollevando un sopracciglio. “Mi sembra di averti visto lì.”
 
“Oh, c’eravate anche voi?” Domandò Kurt, immediatamente un po’ più a suo agio mentre Blaine sembrava star ancora riflettendo riguardo la verginità del ragazzo, come se non potesse credergli.
 
“Sì, oh aspetta!” Blaine batté le mani, “Se ti alzi e mi fai vedere il tuo sedere, forse lo ricordo.”
 
Blaine.” Questa volta fu Sebastian a chiamarlo, con una voce raggelante. Quando si rese conto del fatto di aver esagerato con il tono minaccioso – probabilmente dal fatto che aveva lo sguardo di tutti e tre poggiato su di sé – tentò di alleggerire la situazione. “Lo starai sicuramente mettendo in imbarazzo.” Finse di aver pensato, mascherando la gelosia.
 
“Non preoccuparti, Sebastian.” Kurt fece spallucce, anche se era evidentemente un po’ teso. “E poi, non vedo perché dovresti spiarmi il sedere. Non permetterei mai a un tipo come te di essere l’attivo, sul serio.”
 
L’immediata immagine che inviò nella testa di Sebastian lo fece bruciare dentro. Deglutì, per un secondo senza fiato, immaginando Kurt che lo faceva distendere, lo preparava con le proprie dita per poi scoparlo come se non ci fosse un domani. Era strano perché solitamente, nelle sue visioni, era sempre l’attivo. Non che non gli accadesse mai di essere il passivo in un rapporto, ma la sua mente era abituata a pensare il contrario. Eppure … in quel momento non riusciva a togliersi dalla testa di essere su ginocchia e gomiti, pronto a prenderlo, ad accoglierlo dentro di sé.
 
“Woah!” Blaine esclamò sollevando le mani. “E, sentiamo, cosa ti fa pensare che mi dispiacerebbe?”
 
“Il fatto che hai un ragazzo.” Sam borbottò pungente e Blaine sospirò, rivolgendo il proprio sguardo a lui.
 
“Kurt, ti prego di ignorarli.” Sebastian commentò mentre i due ancora battibeccavano. “Sono davvero un disastro e mi dispiace che siano piombati qui a disturbare il nostro caffè.”
 
Kurt rise però, facendo passare gli occhi da Sam a Blaine, e poi a lui, molto divertito da quel siparietto, ora che non era più al centro di esso. Sebastian sorrise di rimando, sollevato dal fatto che Kurt non si stesse annoiando troppo. Se quei due gli avessero rovinato la possibilità di un secondo appuntamento, li avrebbe uccisi (aveva ancora in mente l’orribile spettro del pensiero di non incontrarlo mai che lo aveva tormentato per settimane, prima di quella giornata).
 
Sam e Blaine andarono avanti per un bel po’ di tempo, ma, nonostante le voci intorno a loro, Sebastian poteva chiaramente sentire il silenzio di un’armonia nuova. Lui e Kurt si scambiavano sguardi da un lato all’altro del tavolo, a volte divertiti, a volte diversi, di qualcosa che Sebastian non riusciva a capire benissimo: era dolce, mieloso forse oltre il credibile, tenero e puro al punto da coprire le voci di quei due in sottofondo.
 
Quella era arte in un certo senso, Sebastian ne era sicuro.
 
“Non credi che li abbiamo già disturbati abbastanza?” Sam chiese a un certo punto a Blaine. “Ti avevo detto di lasciarli in pace, ma tu ‘no, andiamo a conoscere la nuova fiamma di Sebastian’.”
 
 “Non è la mia nuova fiamma.” Sebastian protestò immediatamente, anche se sapeva di non poter chiaramente spiegare cosa fosse Kurt senza essere giudicato almeno un po’ pazzo. “E’ un ragazzo meraviglioso che il caso ha voluto farmi conoscere.”
 
“Che fortunato.” Si lamentò Blaine e Kurt rise di nuovo ma Sebastian poteva chiaramente vedere l’ombra di rossore lungo i suoi zigomi.
 
“Non disturbate comunque.” Pronunciò Kurt, facendo spallucce. “Siete davvero forti in realtà.”
 
Blaine batté le mani alle sue parole e Sam gli sorrise, facendo comunque ruotare un po’ gli occhi all’idiozia del suo ragazzo in quel momento.
 
“Sì, ma se non fossimo qui, Sebastian ti avrebbe già scopato a dovere.” Protestò Sam, e il viso di Kurt divenne di fuoco. “E sono sicuro del fatto che quello sarebbe molto più divertente in realtà.”
 
“Non era quello che avevo intenzione di fare.” Si lamentò Sebastian, terribilmente infastidito da quelle supposizioni. “Non stavolta.” Rivolse lo sguardo a Kurt e lo vide mordersi nervosamente il labbro inferiore, come se temesse che quello che Sebastian stava dicendo non fosse vero. “Altrimenti non saremmo qui a prendere un caffè di giorno, no?” Ci fu qualche secondo di silenzio e Sebastian sperò con tutto se stesso che uno dei due confermasse quella teoria davanti a Kurt.
 
Alla fine, ovviamente, fu Sam il più gentile.
 
“Ha ragione.” Mormorò, giocando con il cartone del caffè ormai vuoto. “Kurt, puoi fidarti, solitamente porta i ragazzi a prendere un drink e ne approfitta.” Spiegò rendendo evidente lo scherzo nella frase successiva. “Che pessima persona, eh?”
 
Allora Kurt sembrò sciogliersi un po’, come se quella preoccupazione avesse abbandonato la sua mente momentaneamente.
 
“Sebastian sembra fantastico.” Rispose Kurt quando Sebastian aveva ormai dedotto che non avrebbe commentato. Sentì immediatamente un senso di gioia invaderlo e, benché sapesse che era stupido sentirsi così cotto di una persona soltanto perché aveva ispirato i suoi disegni migliori, non poteva trattenerlo: esplodeva all’interno del suo petto e non esisteva modo di zittire l’esplosione.
 
“Oddio questa cosa è così dolce, che potrei valutare di smettere di provarci con te.” Blaine ridacchiò, facendo passare lo sguardo tra Kurt e Sebastian. “Siete adorabili, oddio. Sul serio. Sebastian offrigli un caffè nel tuo appartamento e fate l’amore, vi prego.”
 
“Blaine.” Sam sospirò, facendo ruotare lo sguardo. “Sei la peggiore fan girl del mondo sul serio.”
 
“Lascia stare.” Kurt non sembrò per nulla infastidito. “La trovo una cosa carina e siete simpatici.” Mostrò un sorriso raggiante a Sebastian. “E poi non mi dispiacerebbe per nulla prendere un caffè da te, visto che sembra che siamo destinati ai paparazzi in luogo pubblico.” Ridacchiò, indicando Blaine.
 
Per qualche secondo, Sebastian considerò l’idea: in fondo si trattava di un caffè, cosa c’era di male? Non doveva pensare che fosse qualcosa di affrettato semplicemente perché sarebbero saliti da lui. Non poteva neanche immaginare che fosse una scusa per abbordarlo perché l’idea di fare sesso con quell’angelo incantevole dal sedere indefinibile era troppo da sostenere.
 
Stava quasi considerando l’idea di dirgli di sì, di prendere quel caffè immediatamente, quando pensò una cosa: Kurt non poteva salire da lui, sul serio; c’erano tutti i disegni che Sebastian aveva fatto ed era davvero una pessima idea portarlo su proprio quando li aveva lasciati ovunque, non solo in camera propria, appesi alla parete.
 
Aveva perfino degli schizzi sul tavolo, di fronte all’ingresso, e non era il caso che Kurt li vedesse, oppure lo avrebbe sicuramente preso per un pazzo omicida, o qualcosa del genere, una specie di serial killer con la mania di disegnare le sue vittime prima di ucciderle.
 
“Si può fare.” Rispose piuttosto, sporgendosi un po’ verso Kurt, oltre il tavolo. “Soltanto se mi prometti una passeggiata prima.” Mormorò a bassa voce, ignorando il modo in cui Blaine e Sam stavano ridacchiando perché sapevano benissimo che aveva attivato la modalità seduzione.
 
“Per me è perfetto.” Kurt ribatté subito, con un sorriso. “Non passeggio con un ragazzo da un bel po’.” Precisò e, per qualche motivo, noto come gelosia cronica, Sebastian fu molto felice di quella precisazione.
 
“Allora … che ne dici di abbandonare questi due idioti qui e andare a fare quattro passi?” Domandò, mentre Blaine si lamentava in sottofondo per la definizione.
 
“Se a loro non dispiace …” Sussurrò Kurt, sicuramente più gentile di lui nei loro confronti. “Non trattarli male, di certo non era loro intenzione interrompere qualcosa.”
 
“Lo era invece.” Blaine si voltò verso di lui. “Sebastian ha fatto troppo sesso al liceo, volevo impedirne che ne facesse ancora, oppure non realizzerò mai il sogno di arrivare a trent’anni con più notti di passione rispetto a lui.”
 
“Lui non è il tuo ragazzo?” Domandò Kurt, confuso, indicando Sam con un indice.
 
“Per questo ho dettonotti e non persone.” Rispose fieramente Blaine. “Per numero di persone portate a letto, non potrei mai competere con Sebastian. Era davvero un coniglio in calore al liceo.”
 
“Smettila di fargli fare brutta figura.” Quasi minacciò Sam, scuotendo la testa. “E se Sebastian tenesse a questo ragazzo? Ora gli metterai in testa che vuole soltanto portarselo a letto.”
 
“Hey.” Kurt chiamò la loro attenzione sollevando una mano. “Io sarei ancora qui.”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi, maledettamente infastidito da quell’intrusione.
 
“Kurt.” Lo chiamò a sé, pronunciando il suo nome come se stesse decantando una poesia. “Fuggiamo da qui.”
 
Kurt annuì immediatamente, ma non sembrava di pessimo umore come Sebastian, anzi: sembrava allegro e divertito. Grazie al cielo, perché se Sam e Blaine gli avessero rovinato tutto, Sebastian era certo del fatto che li avrebbe uccisi.
 
Si alzarono rapidamente e vide che Kurt stava esitando, accanto al tavolo, facendogli dei gesti confusi. Sebastian gli sorrise un po’ malignamente e si voltò verso quei due, annuendo a Sam.
 
“Sam, spero che per il tuo ragazzo non sia un problema offrire anche per noi.” Ridacchiò. “E’ il minimo che ci deve dopo aver rovinato tutto.”
 
Sam annuì sorridente ma Blaine si voltò per protestare.
 
Non fece in tempo comunque perché non appena Sebastian lo vide, afferrò il braccio di Kurt e cominciò a trascinarlo verso l’uscita per impedire che li trattenessero ancora. Non poté trattenersi dal provare un brivido mentre lo toccava; mentre toccava quell’angelo che gli era sembrato una visione fino al giorno prima.
 
***
 
Avevano passato un quarto d’ora circa a camminare quando sbucarono accanto al ponte, ancora illuminato da un sole che cominciava a tramontare e che quindi accarezzava vagamente le loro figure con i propri raggi esili.
 
La chiacchierata era stata particolarmente leggera: Kurt era curioso di sapere qualcosa su Sam e Blaine, e non gli aveva neanche chiesto di quel suo famoso passato al liceo. Sebastian si era convinto del fatto che forse anche Kurt fosse un po’ geloso; sapeva che forse si trattava di un’illusione, ma non poteva fare a meno di sperare che fosse così.
 
Allora gli aveva parlato del loro trio, del modo in cui avesse ritenuto giusto accoppiarli perché Blaine guardava Sam con degli occhioni da cucciolo innamorato che avrebbero convinto chiunque. Poi, chiaramente, gli aveva anche spiegato che, nonostante le apparenze, i due erano davvero molto innamorati. Semplicemente, si divertivano a fare gli idioti in pubblico.
 
Kurt ridacchiava, lo guardava e Sebastian poteva giurare che fosse la giornata più bella della sua vita. Camminavano l’uno accanto all’altro, ogni tanto si prendevano un po’ in giro, ma non c’era mai nulla di malefico, non sfociavano mai nelle offese. Il clima che si era creato intorno a loro era pacifico e tranquillo, e l’unico rumore che sentivano, al di fuori delle loro voci, era quello del vento autunnale.
 
Sebastian si fermò contro la ringhiera di pietra che affacciava sul ponte, poggiandosi a essa con la schiena e gli fece cenno con l’indice di avvicinarsi.
 
Per qualche secondo pensò che stesse per fare qualcosa di azzardato ma Kurt gli era sembrato un ragazzo aperto e sghembo. Non era il tipo che vietava determinate cose al primo appuntamento. Okay, forse non era proprio un appuntamento e Kurt lo conosceva da meno di ventiquattro ore. Tuttavia, per tutta la loro passeggiata, durante le loro chiacchiere, Sebastian non aveva smesso neanche per un secondo di fissare quelle labbra: erano rosee e piene, grandi, che lo chiamavano, che richiedevano la sua attenzione.
 
Fissò lo sguardo su Kurt e vide che anche lui stava fissando la sua bocca.
 
Quando fece qualche passo verso di lui, fermandosi soltanto quando le punte dei loro piedi si sfiorarono, a Sebastian mancò il respiro: era così vicino che poteva studiare la sua perfezione e si sentiva morire.
 
“Credi …” Dovette respirare un istante prima di riuscire a pronunciare quelle parole. “Credi che sarebbe terribilmente stupido e fuori luogo se io ora ti baciassi?”
 
Vide Kurt arrossire, strisce timide e rosee che tracciavano i suoi zigomi pallidi con leggerezza, meno scure rispetto a quando erano seduti al tavolo con Sam e Blaine. Vide anche una piccola sfumatura scura nei suoi occhi, e sperò con tutto se stesso che fosse desiderio.
 
“Lo sarebbe.” Ridacchiò però Kurt, incapace comunque di sciogliere l’improvvisa tensione tra loro mentre si fissavano negli occhi, quasi incollati l’uno all’altro. “Molto.”
 
Per qualche secondo, semplicemente, Sebastian lo fissò tentando di capire. Non sapeva come prenderlo, se fosse un no, un sì, se dovesse per forza significare qualcosa. Tutto quello che sperava, era che Kurt non gli dicesse sul serio di no perché era la prima volta dopo mesi che sentiva il bisogno di baciare qualcuno, una necessità così forte da far quasi male.
 
“Quindi …” Sebastian boccheggiò per qualche secondo, con la sensazione di panico che lo riempiva per il terrore di aver sbagliato mossa e di aver mandato tutto all’aria con una sola domanda.
 
Probabilmente avrebbe dovuto aspettare e mettere un freno a quelli che erano i suoi desideri, invece di comportarsi da perfetto idiota come stava facendo in quel momento soltanto perché non riusciva a tenere a bada la voglia di baciarlo.
 
“Quindi sei stato molto gentile a chiederlo.” Kurt fece spallucce e, fortunatamente, aveva ancora un sorriso stampato sul volto. “Vuol dire che non è una frase di circostanza e pensi davvero che potrebbe essere fuori luogo.”
 
Sebastian si morse un po’ il labbro inferiore, non avendo la benché minima idea di cosa pensare di quello che Kurt gli aveva risposto.
 
“Stai facendo qualche gioco psicologico?” Chiese con la voce scherzosa, anche se non era certo di essere riuscito a coprire completamente la propria preoccupazione. “Non sono tagliato per queste cose, sai?” Sussurrò, direttamente sul viso di Kurt.
 
Era così vicino.
 
Era così maledettamente vicino che il fatto che non potesse averlo stava per farlo impazzire.
 
“Non è un gioco psicologico.” Rispose prontamente Kurt. “E’ che voglio essere sicuro di ciò che pensi.”
 
Sebastian scosse leggermente la testa, ridacchiando perché non aveva idea di come potesse Kurt pensare che non fosse sicuro. Beh, forse se avesse saputo un po’ di più sulla sua mania per lo spiarlo e disegnarlo, probabilmente gli sarebbe sembrato molto più sensato. Di certo non aveva intenzione di dirglielo però, lo avrebbe spaventato da morire.
 
“Sono molto sicuro di quello che ti ho chiesto però.” Gli fece notare, sollevando le sopracciglia con un sorriso da finto innocente sulle labbra.
 
“Sei molto sicuro del fatto che vuoi baciarmi?” Domandò subito Kurt e, dal tono di voce e il modo in cui si stava sporgendo verso di lui sulle punte, Sebastian avrebbe detto che stava flirtando.
 
Quella realizzazione lo costrinse immediatamente a sollevare una mano per portare le dita intorno al suo mento pallido ma morbido al tatto come neanche avrebbe immaginato.
 
Quello che si chiese poi fu: posso baciare Kurt senza svenire?
 
Non era sicuro di poterci riuscire, il che significava che stava rischiando di morire ma era arrivato al punto in cui non riusciva a dare importanza a quel rischio. In fondo, ora che lo aveva incontrato, stava diventando tutto un assurdo gioco di probabilità e i rischi potevano diminuire le sue probabilità di prolungare qualsiasi cosa lui e Kurt potessero essere insieme.
 
Avrebbe voluto essere più pronto, ma mentre stava ancora riflettendo, Kurt si spinse sulle punte, dandosi uno slancio, e circondò il collo di Sebastian con le proprie braccia per baciarlo.
 
La sua bocca era incredibilmente morbida, proprio come aveva immaginato e, per quanto volesse guardarlo, non riuscì a fare a meno di chiudere gli occhi. Il sapore era sublime, Kurt sapeva di un miliardo di cose diverse: un po’ di fragola, di primavera – in autunno, il che era sorprendente, e un goccio di quel caffè caldo che aveva sorseggiato più di venti minuti prima. Avrebbe dovuto essere un sapore strano e insolito e invece, mentre Kurt catturava il suo labbro inferiore per succhiarlo tra le proprie, Sebastian pensava che non potesse neanche esistere un sapore migliore.
 
Kurt si allungò ancora di più sulle punte, premendo il proprio busto contro quello di Sebastian e sorridendo nel bacio in un modo che Sebastian trovò subito incantevole. Cominciò a rispondere ai suoi baci, un po’ titubante, senza neanche sapere quanto avesse il permesso di farlo. Aprì la bocca, senza fare pressioni con la lingua e ricambiando la cortesia di tirare il suo labbro inferiore.
 
Kurt tirò la testa indietro finché il labbro non tornò al suo posto e ridacchiò, poggiando la fronte contro il mento di Sebastian che solo allora si accorse di aver poggiato le mani sui suoi fianchi nel movimento.
 
“Baci bene.” Kurt sussurrò, respirando, divertito perfino nel tono di voce.
 
Molto bene.” Corresse Sebastian ridacchiando e stringendo un po’ i fianchi per attirare a sé l’angelo che sognava da settimane. “Tu baci presto.” Rispose piuttosto, sentendolo sghignazzare ancora.
 
“Sembri strano.” Kurt si giustificò un po’ vagamente. “Mi piacciono le persone strane.”
 
“E’ così che giustifichi il fatto di aver baciato un quasi sconosciuto?” Domandò Sebastian incredulo, ma anche compiaciuto, non potendo trattenere una risata a quel pensiero. “Però, sei bravo a cavartela.” Ironizzò e anche Kurt rise allora.
 
“Faccio del mio meglio.” Rispose con tono sarcastico Kurt, senza staccarsi troppo da lui comunque. “Ma di solito non bacio persone che non conosco, quindi è una scusa che ho dovuto inventare al momento, senza elaborarla in anticipo.”
 
Sebastian sorrise, ma era un po’ stordito.
 
Il fatto che Kurt avesse voluto precisare che non facesse quello di solito, lo fece sentire improvvisamente unico, speciale, e Sebastian non poté fare a meno di chiedersi se lo avesse detto proprio per farlo sentire così o per giustificare il modo in cui si era lasciato andare, forse con un po’ troppa leggerezza.
 
“Quindi non lo fai di solito, eh?” Domandò, sollevando un sopracciglio ironico verso Kurt, perché gli sembrava esattamente il tipo di persona con la quale poteva scherzare.
 
“No.” Confermò Kurt, scuotendo la testa. “Diciamo che il nostro incontro è stato strano, quindi è logico che sia strano ed eccezionale anche tutto il resto, non credi?”
 
Sebastian gli mostrò un sorriso ancora, leccandosi un po’ le labbra e ridacchiando in sottofondo. Se solo Kurt avesse saputo cosa significava realmente quell’incontro per lui, lo avrebbe definito più che strano.
 
“Allora stai progettando di chiedermi di sposarti entro la prossima mezz’ora?” Domandò sarcastico e non aveva idea del perché gli interessasse scherzare sull’argomento: in fondo, era lieto del fatto che Kurt lo avesse già baciato perché voleva assaggiare la sua bocca, con tutto se stesso.
 
Per quante domande si sforzasse di fare a riguardo, la verità era che desiderava ciò che gli aveva dato quindi non aveva certo intenzione di lamentarsi.
 
Sarebbe stato stupido, dopo settimane passate a disegnarlo e spiarlo, rifiutare un suo bacio.
 
“Era solo un bacio.” Scherzò Kurt, divertito. “Certo, era fantastico, ma pur sempre un bacio.” Sebastian fu lieto del fatto che fossero d’accordo su quanto fantastico fosse stato almeno. “Non ho certo intenzione di violentarti o qualcosa del genere, Sebastian, non preoccuparti.”
 
‘Ma io sembrerei un pazzo stalker, se sapessi,’ pensò Sebastian, sentendo immediatamente la gola stringersi al terrore che Kurt potesse leggergli nel pensiero o qualcosa del genere, ‘mi preoccupo eccome’.
 
“Non l’ho pensato di certo.” Rispose piuttosto, sforzandosi stavolta per mostrargli quel sorriso. “E’ che non sono abituato ai baci con gli sconosciuti.”
 
“Non eri quello dalle attività sessuali più prolifiche del liceo?” Chiese Kurt, un picco nel suo tono che voleva essere una specie di frecciatina, ma la sua voce era troppo scherzosa e leggera affinché Sebastian la prendesse come tale e ne fosse ferito. “E’ strano vederti contestare un bacio dopo quello che ho appena scoperto.”
 
“Non contesto mica.” Rispose Smythe, lasciandolo andare e, finalmente, si spostarono dalla ringhiera per riprendere a camminare. “E’ che solitamente non concedo baci, quindi capirai che è una cosa molto particolare per me.” Spiegò e si voltò per vedere Kurt che arrossiva un po’.
 
“Quindi, solitamente, non baci?” Chiese, esitante, mordendosi il labbro inferiore.
 
“No.” Rispose Sebastian mentre passeggiavano nuovamente, questa volta nel senso opposto. “Immagino che il bacio sia qualcosa di delicato e intimo e mi fa sentire molto più esposto del sesso.”
 
“Dipende dal bacio però.” Kurt si voltò un po’ verso di lui, portandosi le mani in tasca. Di tanto in tanto, sembrava inciampare. Non accadeva davvero, ma perdeva un po’ di equilibrio. Sebastian decise che, vero o meno che fosse, avrebbe pensato che fosse dovuto al suo bacio. “Non sempre è delicato.” Ridacchiò, ma Sebastian si sforzò di non pensare troppo a un bacio meno delicato con lui: era già tanto se aveva ricevuto un bacio così presto, di certo non poteva innalzare le pretese.
 
“No.” Confermò piuttosto, spingendo un po’ con la spalla contro quella di Kurt in modo scherzoso. “Non è sempre delicato, ma è comunque una cosa che non mi va di condividere con tutti.”
 
“Eppure …” Kurt ricambiò il colpetto, facendo sbandare un po’ Sebastian. “Lo condividi con me, e ci conosciamo da un paio di ore o qualcosa in più.” Arricciò le labbra verso di lui, facendo l’offeso. “Dimmi, non mi starai mica prendendo in giro per portarmi a letto?”
 
Sebastian si morse il labbro inferiore. Chiaramente non era così, ma se Kurt avesse saputo dei disegni sulla sua parete, probabilmente gli sarebbe sembrato molto meno strano che volesse già baciarlo.
 
“Prometto.” Gli mostrò un sorriso e Kurt si fermò davanti a lui.
 
“Voglio fidarmi, Sebastian Smythe.” Pronunciò con un sorriso di risposta. “Ma ora dovrei andare, di nuovo.”
 
“Scappi sempre da me.” Sebastian fece un broncio mentre un brivido gli attraversò la schiena. Forse era causato dal venticello serale di New York, forse era causato da quegli occhioni azzurri. Non avrebbe saputo dirlo. “Ti faccio così paura?”
 
“No.” Ridacchiò Kurt, arrossendo un po’ in quel modo adorabile che Sebastian cominciava già a trovare familiare. “Devo andare a un party stasera e devo scegliere cosa indossare con cura.” Spiegò, facendo spallucce. “Preferirei di gran lunga passare il resto della serata con un esserino adorabile come te, ma il mio amico Brody si offenderà a morte se non ci vado.”
 
Sebastian arcuò le sopracciglia, cercando di ricordare dove avesse sentito quel nome. Per qualche secondo gli tornò in mente la serata con Sam e Blaine al party e sì, era sicuramente lì che lo aveva sentito. Per altro, Kurt era presente quella sera, quindi forse era davvero a lui che si riferiva.
 
“Okay, non vogliamo che il tuo amico si arrabbi, giusto?” Chiese, sforzandosi di mostrare un sorriso, anche se non poteva fare a meno di sentirsi possessivo e geloso nei confronti di qualcuno che sembrava passare così tanto tempo con lui.
 
“No, per niente.” Rispose Kurt, annuendo e ridacchiando. “Mi annoierebbe per giorni, facendomi pesare l’assenza come se avessi ucciso qualcuno.” Commentò, facendo ruotare gli occhi. “Pensa a questo: se mi ucciderà, non potrai più vedermi.” Fece un occhiolino e Sebastian si sciolse immediatamente.
 
“Allora ci rivedremo?” Domandò piuttosto, premendo le proprie labbra insieme, non potendo fare a meno di guardare mentre Kurt gli mostrava un sorriso un po’ più timido.
 
“Beh,” mormorò, sollevandosi sulle punte e stampandogli un bacio sul mento – che non era esattamente la stessa cosa rispetto a quello sulle labbra, ma aveva comunque qualcosa di magico che lo faceva tremare – prima di abbassarsi nuovamente, quasi a rallentatore, “ricordati che mi devi ancora un caffè su da te.”
 
Sebastian non poté trattenere un sorriso sincero: quelle parole che lo illuminavano di speranza, sembrarono essere sufficienti a farlo stare meglio. Allora decise di lasciarlo andare, soprattutto perché non voleva causargli problemi con un amico, in alcun modo (o forse, avrebbe potuto fregarsene dell’amico e trascinarselo su nel proprio appartamento).
 
“Benissimo.” Rispose Sebastian, trattenendo le mani che volevano già poggiarsi nuovamente sui suoi fianchi. “Facciamo la strada insieme, visto che devi andare a cambiarti?” Domandò e Kurt annuì, così si incamminarono nuovamente fianco a fianco lungo quel marciapiede, per raggiungere le proprie dimore.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


A/N: E' giovedì, toh, e io sto aggiorando. W-o-w :) Grazie a tutte le persone gentili che mi seguono e che hanno il coraggio di parlarmi in faccio senza nascondersi lol - xoxo RenoLover <3

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Sebastian si stava sentendo rinato dopo quell’incontro.
 
Tutto quello che aveva provato riguardo New York, il senso di lieve smarrimento e un po’ di quella voglia di ricominciare che spariva come non avrebbe mai immaginato, era lontano dal modo in cui si sentiva in quel momento, dopo che aveva scoperto il sapore delle labbra di Kurt. Probabilmente, ai tempi del liceo, lui stesso avrebbe definito quel pensiero schifosamente romantico, ma in quel momento sembrava soltanto la cosa più perfetta del mondo. O forse era Kurt a rendere tutto così incantevole da impedirgli di pensare razionalmente.
 
Era al bar all’angolo, vicino alla sede della facoltà, e stava sorseggiando un caffè, subendosi le strilla della Lopez al bancone che rimproverava i colleghi per la lentezza con la quale operavano.
 
Fortunatamente, il suo cervello sembrava troppo perso in altre contemplazioni per potersi davvero concentrare su ciò che accadeva. Stava ancora pensando al loro incontro di due giorni prima e, forse, tristemente, anche al fatto che Kurt non lo avesse richiamato da allora. Si rifiutava di prenderlo come un cattivo segno perché, se voleva farlo, doveva ammettere che forse l’appuntamento – o quello che era – non era stato poi così fantastico come sembrava a lui. Non era pronto ad ammetterlo, non quando poteva ancora sentire un po’ del fresco sapore delle sue labbra sulle proprie.
 
Era così concentrato che quando una mano si poggiò sul suo braccio, sobbalzò con la tazzina tra le mani, poggiandola sul bancone prima di fare danni e voltandosi verso l’unica e sola Rachel Berry che, immediatamente, aveva sollevato un sopracciglio sospettoso nella sua direzione.
 
“Che cosa stavi pensando?” Chiese immediatamente, rendendo a Sebastian evidente quanto si stesse rendendo pateticamente ovvio, senza neanche volerlo. “Avrebbero potuto portarti via il portafoglio senza che tu ti accorgessi di nulla.”
 
“Oh grazie per l’apprensione.” Mormorò Sebastian ironico, conscio del fatto che, probabilmente, la mora stesse soltanto tentando di avvicinarlo per un po’ di gossip. In fondo, sembrava essere la sua natura. “Non preoccuparti, sono attento alle mie cose.”
 
“Non sei neanche attento a chi ti circonda.” La mora fece ruotare gli occhi. “Avrei potuto tranquillamente rapinarti e neanche te ne saresti accorto.” Borbottò e Sebastian cominciò a sentirsi come se sua madre si fosse reincarnata in Rachel solo per torturarlo.
 
“Non è vero.” Si lamentò, ma l’espressione di Rachel gli faceva chiaramente capire che non gli credeva né gli avrebbe creduto molto presto. “Comunque, non devi preoccuparti per me, anche se è molto gentile da parte tua.”
 
“Mi faresti vedere i tuoi disegni?” Chiese la mora, interrompendo quel discorso ironico per arrivare direttamente al punto.
 
Sebastian scosse immediatamente la testa, facendo ruotare gli occhi, incredulo.
 
“Non se ne parla.” Rispose, sospirando e poggiando la tazzina di caffè, finalmente vuota, sul bancone dopo l’ultimo sorso. “Quindi mi stavi dando a parlare per questo, Rachel?” Chiese, guardandola male. “E io che pensavo che forse tu ti stessi davvero preoccupando un po’ per me, che idiota che sono …”
 
“Sono curiosa.” Rachel mise un broncio che però Sebastian ignorò immediatamente. “Voglio sapere di più su quel ragazzo.”
 
“Fottiti, Berry.” Smythe fece ruotare gli occhi, ignorando il fischio compiaciuto di Santana alla parolaccia. “Non ho nessuna intenzione di condividere queste cose con te, non sai tenerti nulla; sei, tipo, la peggior pettegola di New York.”
 
“Non lo sono!” Rachel poggiò con forza una mano sul bancone, come se potesse aiutarla a farsi rispettare meglio. “E’ che … sembra davvero carino e magari se non lo conosci, potrebbe essere etero, e potrei avere un’occasione di trovare finalmente un degno padre per i miei bambini!” Esclamò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
 
“Mi prendi in giro?” Domandò immediatamente Sebastian, spalancando le palpebre, mentre quella fiamma di gelosia lo invadeva nuovamente, perfino se si trattava di Rachel. “E’ gay, posso assicurartelo; quindi togliti qualsiasi pensiero dalla testa.”
 
Rachel abbassò lo sguardo per qualche secondo mentre il suo broncio diventava sempre più reale. Sebastian stava quasi cominciando a ghignare soddisfatto per la vittoria quando la mora sollevò nuovamente gli occhi, pieni di una lucina maliziosa che prima era totalmente assente.
 
“Oh, e tu come faresti a saperlo?” Domandò, sollevando un sopracciglio verso Sebastian, il cui ghigno sparì rapidamente. “Per caso lo stai spiando con più attenzione?”
 
Passò qualche minuto a riflettere. Dire qualcosa a Rachel poteva essere la cosa più rischiosa del mondo. Qualsiasi notizia le fornisse, rischiava di diffondersi per tutta New York nel giro di un paio di ore e non aveva idea di quanto gli convenisse, visto che Rachel era ormai anche convinta del pedinamento. Per qualche ragione, perfino il fatto che potesse giungere alle orecchie di Kurt non sembrava da escludere del tutto.
 
In quel momento, non poteva permettersi che accadesse una cosa del genere.
 
Era riuscito miracolosamente ad avvicinare un ragazzo del quale non sapeva assolutamente nulla, quindi come poteva rischiare che scoprisse che era uno stalker? Avrebbe annientato tutte le sue possibilità con lui e Sebastian non voleva assolutamente questo.
 
“No.” Rispose allora, tentando di sembrare vago e perfino un po’ disinteressato. Non era sicuro di riuscirci però. “La sua perfezione è troppa per un eterosessuale.”
 
“Sono d’accordo.”
 
“E poi tu non avevi una ragazza?” Domandò, con un sopracciglio sollevato, giacché quelle parole gli riportarono alla mente l’immagine di Rachel che si baciava con una bellissima bionda fuori dalla facoltà.
 
“Beh, il ragazzo che disegni sembra perfetto come padre dei nostri bambini.” Rispose Rachel, annuendo. “Ha anche gli occhi chiari?”
 
‘Ha degli occhi bellissimi.’ Pensò Sebastian. ‘Gli occhi più belli che io abbia mai visto.’
 
“Sì, sono chiari.” Rispose invece, fingendosi quasi seccato dalla domanda. “Questo non significa che debba essere il padre dei vostri bambini.” Obbiettò, evidentemente contrariato. “Ha gli occhi azzurri.”
 
“Peccato.” Sospirò Rachel e poi lo guardò per qualche secondo, stringendo le palpebre. “Tu però hai gli occhi verdi!” Esclamò, puntandogli un indice contro. “Oddio, somigliano anche un po’ a quelli di Quinn, saresti un padre perfetto per i nostri piccoli!”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi, ignorando immediatamente i suoi deliri. Stava ancora pensando al party al quale era andato Kurt, non poteva concentrarsi su quelle piccolezze: e se lì avesse conosciuto qualcuno? Qualcuno di molto interessante, e si fosse già dimenticato di lui e del loro incontro?
 
No, non doveva pensare che fosse così. Se avesse cominciato a pensarlo, non aveva idea di come sopportarne perfino l’idea.
 
“Mi stai ascoltando?” Rachel lo chiamò, mentre stava blaterando chissà cosa e Sebastian scosse la testa, sincero.
 
“Credo che sia piuttosto evidente.” Rispose, sospirando. “Sul serio, Rachel, non ho la testa per badare anche a te in questo momento.”
 
Rachel gli sembrò immediatamente offesa, come se neanche potesse tollerare l’idea che qualcuno le parlasse in quel modo. Tuttavia, il suo sguardo si addolcì prima di quanto non pensasse e Sebastian non poté fare a meno di domandarsi a cosa fossero dovuti gli occhi sognanti che gli stava mostrando.
 
“Stai pensando a lui, vero?” Chiese immediatamente la mora, sospirando innamorata per lui. “Chissà se un giorno vi conoscerete; immagino sareste una bellissima coppia.”
 
“Come fai a saperlo se neanche l’hai mai visto?” Domandò Sebastian, inarcando le sopracciglia e Rachel mise il broncio.
 
“Riesco a vederlo perfino dai tuoi disegni.” Si giustificò, in maniera poco credibile, ma comunque accettabile per un Sebastian che neanche voleva prolungarla quella discussione. “Sembrate perfetti l’uno per l’altro posso-”
 
“Sono schizzi.” Le fece notare Sebastian, ruotando gli occhi.  “Non … non hai neanche visto-”
 
“Oh per favore.” Borbottò la mora seccata. “Perché devi essere così pignolo?” Si lamentò con una smorfia. “Tutto quello che sto facendo è spingerti nelle braccia di un ragazzo e tu mi ringrazi così?”
 
“Mi stai spingendo nelle braccia di un ragazzo che magari non sa neanche chi sono.” Mentì subito Sebastian, lieto del fatto che non fosse la verità. Sperava ancora che Kurt lo chiamasse o qualcosa del genere. “O che, magari, anche se mi conoscesse, potrebbe non essere interessato.”
 
Rachel rimase per qualche secondo in silenzio allora, come se stesse meditando sulle sue parole e neanche potesse credere che Sebastian le avesse pronunciate. Aveva la bocca spalancata, sconvolta, ma l’espressione sembrò affievolirsi rapidamente, secondo per secondo.
 
“Beh, a quel punto dovresti farla finita con la tua ossessione allora, non credi?” Domandò stringendosi un po’ nelle spalle e facendo l’offesa. “Se potrebbe non volerti mai, smetti di vivere in un modo d’illusioni e torna con i piedi per terra …”
 
Sebastian la guardò un po’ stupito, chiedendosi quanto di quello che stava dicendo lo pensasse davvero e quanto derivasse semplicemente dal momento di tensione tra loro e di nervosismo. Per qualche secondo, premette le proprie labbra insieme, a causa dell’improvvisa necessità di sentire il sapore di quel bacio.
 
Ci aveva pensato a lungo.
 
La bocca di Kurt, anche se appena sfiorata, era stata troppo meravigliosa per dimenticare. Aveva bisogno di sentirlo, cominciava ad andare in paranoia. E se fosse stata colpa del bacio? Se a Kurt non fosse piaciuto quanto era piaciuto a lui? Magari era per quello che non lo chiamava.
 
Doveva davvero tornare con i piedi per terra?
 
Probabilmente fu un segno del destino perché, non appena quel pensiero sfiorò la sua testa, il suo cellulare squillò. Scattò immediatamente, ignorando la presenza di Rachel e prendendolo dalla tasca, rispondendo al volo appena vide il nome sul suo schermo, con un sorriso da idiota stampato in viso.
 
“Hey.” Sussurrò, mordendosi il labbro inferiore.
 
Hey, uhm, Sebastian!” Kurt gli sembrò così teneramente indifeso. Era così innocente che gli faceva venire davvero un sacco di cose perverse in mente. Era un po’ come tornare ai tempi del liceo. “Mi dispiace se ti sto disturbando …
 
“Toglitelo dalla testa.” Sussurrò immediatamente Sebastian, ridacchiando quando vide l’espressione di sorpresa e curiosità sul viso di Rachel. “Tu non mi disturbi mai.”
 
Rachel lo stava praticamente guardando con le palpebre e la bocca spalancate, sconvolta da quell’improvvisa conversazione, probabilmente per il fatto che Sebastian le aveva omesso un bel po’ di cose.
 
Uhm, grazie, credo?” Kurt rise e Sebastian quasi poté vederlo arrossire. “T-ti ho chiamato per quel caffè e … ehm, non voglio disturbarti e invaderti casa, è che-
 
“Certo.” Rispose Sebastian, sentendo un immediato senso di gioia invaderlo. “Non preoccuparti,” cominciò a raccogliere le proprie cose, sotto lo sguardo indispettito della mora, “dammi il tempo di arrivare a casa e sono tuo.”
 
Mio …” Sfuggì evidentemente a Kurt, facendo sogghignare Sebastian.
 
“Tuo.” Confermò. “Fammi uno squillo quando stai per arrivare, così ti guido tra piani e porte.”
 
Okay.” Rispose Kurt, esitando qualche secondo prima di aggiungere: “Mi dispiace costringerti a tornare a casa.”
 
Sebastian rise, infilandosi la borsa a tracolla e facendo un cenno a Rachel che aveva quell’espressione in faccia che gli faceva capire che la faccenda non poteva assolutamente considerarsi chiusa e che aveva intenzione di torturarlo al loro prossimo incontro.
 
“E’ un piacere vederti, Kurt.” Sussurrò un po’ malizioso. “Non vedo l’ora.”
 
Staccò la telefonata prima che Kurt potesse rispondere, non perché volesse essere maleducato ma perché sapeva giocarsi le sue carte e nulla era meglio di una bella chiusura ad effetto come quella.
 
Schizzò fuori dal locale, determinato a raggiungere l’appartamento, il prima possibile.
 
***
 
Nel giro di quindici minuti, non solo aveva raggiunto il proprio appartamento, ma si era anche preoccupato di chiudere per bene la porta della stanza da letto – così da nascondere per bene i disegni che aveva alla parete – e di far sparire i vari schizzi che teneva sparsi per l’appartamento.
 
Quando Kurt gli fece uno squillo, Sebastian aveva ormai ripulito tutto da ogni traccia che potesse far sospettare qualcosa della sua mania da stalker. In realtà, non era un maniaco, soltanto un amante dell’arte che si dilettava a raffigurare un essere troppo perfetto per non essere rappresentato. Tuttavia, immaginava che la cosa potesse sembrare molto diversa agli occhi di Kurt nel caso in cui l’avesse scoperta, quindi preferiva evitare di correre il rischio.
 
Gli spiegò al telefono quale ascensore doveva prendere, giacché la struttura era molto complessa e lo diresse via telefono fino alla propria porta.
 
Quando arrivò, Sebastian sentì i suoi passi e staccò la telefonata, aprendo la porta con un sorriso smagliante sulle labbra.
 
“Hey.” Sussurrò, ammiccando un po’ – probabilmente aveva fatto qualche strano sogno perverso su di lui quella notte, perché solitamente era per quello che le sue giornate prendevano una piega come quella. “Benvenuto.” Gli fece cenno di entrare.
 
Kurt aveva le guance un po’ rosse. Indossava una camicia azzurra e chiara, aderente, un cappellino grigio adorabile, e dei jeans scuri stretti. Quando gli passò accanto, Sebastian si ritrovò a sollevare le sopracciglia, osservando la coda che aveva attaccata a lato dei pantaloni.
 
Di certo non si poteva dire che non fosse una personalità esuberante.
 
“E’ bellissimo.” Kurt stava mormorando, mentre lui chiudeva la porta alle loro spalle. “Vivi davvero in un bell’appartamento.”
 
Sebastian camminò dietro di lui con le sopracciglia inarcate: da quello che vedeva solitamente dal balcone, non avrebbe mai pensato a un complimento del genere. Kurt sembrava vivere come un principe, quindi non aveva idea di cosa potesse trovarci di così bello nel suo appartamento. Quindi decise di chiedere.
 
“Ah sì?” Domandò innocentemente, avvicinandosi a lui da dietro. “Io non la penso allo stesso modo …”
 
“Perché?” Kurt si voltò immediatamente verso di lui, guardandolo incredulo. “E’ un posto così piccolo, scommetto che ti fa sentire protetto!” Ridacchiò, guardandolo negli occhi.
 
Sebastian era dannatamente tentato dall’idea di prenderlo, farlo girare su di sé per calarlo in un casquet e baciarlo fino a consumare quelle meravigliose labbra che sembravano essere state create per essere una tentazione.
 
“E’ sicuramente piccolo.” Commentò, con una risatina di risposta e vide Kurt che si spostava verso di lui. “Ma questo non vuol dire che-”
 
La sua bocca fu tappata da quella di Kurt, le cui mani bloccarono la sua testa, così da impedirgli di sfuggire al movimento. Non che Sebastian progettasse di fuggire comunque.
 
Istintivamente, le sue mani volarono sui fianchi di Kurt e dovette usare tutta la forza che aveva in corpo per non afferrare il suo sedere tra le dita per sollevarlo e sbatterlo sulla superficie del tavolo alle spalle del ragazzo.
 
Era la sua musa, la sua maggiore ispirazione e Sebastian sentiva il bisogno di trattarlo con rispetto, nonostante i suoi istinti tentassero di spingerlo in una direzione completamente diversa.
 
Le loro bocche si scontrarono un paio di volte, poi, prima che la sua lingua potesse saltare fuori imprevista, Sebastian mise qualche centimetro di distanza tra i loro visi.
 
Inspirò pesantemente, poggiando la fronte contro quella dell’altro mentre restavano ancora in piedi, l’uno di fronte all’altro, le braccia di Kurt intorno al suo collo e il suo respiro profumato sulla bocca appena dischiusa, come se tentasse di raccogliere quanto più poteva di quell’aria magica.
 
Aveva immediatamente bisogno di un diversivo che lo distraesse da quel desiderio, all’istante. Aveva bisogno di qualcosa che lo tenesse così occupato da non fargli neanche considerare l’idea di trasformare le cose e tentare di ottenere qualcosa in più da Kurt. Sapeva che se avesse voluto sarebbe riuscito a prendersi tutto da lui, ma sapeva anche che non era soltanto quello che voleva, e non aveva intenzione di mettere a rischio tutto il resto semplicemente perché non sembrava disposto a voler aspettare il momento giusto.
 
Doveva soltanto portare pazienza.
 
“Vuoi … vuoi-” Tentò di parlare, ma Kurt gli tappò di nuovo la bocca con la propria.
 
Fu un contatto rapido, nulla a che vedere con il bacio precedente, ma era comunque un incantesimo, come sembrava essere ogni contatto con lui. Tutto quello che circondava Kurt cominciava ad assumere la sembianza di meraviglia e Sebastian non poteva che gradirla.
 
Quando Kurt sorrise soltanto, guardandolo negli occhi senza avvicinarsi di nuovo, Sebastian seppe che poteva riprendere a fornirgli quel diversivo che potesse aiutarlo a trattenere le mani e la lingua.
 
“Ti va un ritratto?” Sussurrò sulla sua bocca e Kurt lo guardò confuso, come se non capisse cosa volesse dire.
 
“Un ritratto?” Domandò immediatamente, inarcando le sopracciglia e continuando a ridere un po’, con quella vocina limpida che sembrava musica alle orecchie di Sebastian.
 
“Un ritratto.” Confermò subito Sebastian con un ghigno che tentò di rendere innocente, con scarsi esiti forse. “Posso disegnarti se vuoi …” Il suo battito cominciò ad accelerare a quella prospettiva, all’idea di poterlo raffigurare studiando da vicino ogni singolo dettaglio.
 
Dopo che aveva passato settimane a spiarlo a distanza di sicurezza, a invadere la sua privacy, finalmente non avrebbe avuto bisogno di sforzare gli occhi. Kurt era lì davanti a lui e poterlo disegnare così sarebbe stato un sogno che diventava realtà; un sogno recente, certo, rispetto a tutti gli altri, ma non per questo meno intenso.
 
“Uhm … io … io non so se-”
 
“Saresti bellissimo.” Rispose Sebastian, tentando di non rendere troppo ovvia la propria insistenza. “Secondo me, sarebbe un capolavoro; il tuo viso sembra fatto per essere disegnato.”
 
Osservò compiaciuto il modo in cui le guance di Kurt presero fuoco e sogghignò soddisfatto, sperando che le lusinghe potessero servire a convincerlo. Kurt sembrava un ragazzo un po’ timido, quindi non aveva idea di quanto fosse disposto a farsi analizzare per chissà quanto tempo per essere raffigurato.
 
“Caffè.” Mormorò, scuotendolo da quei pensieri.
 
“Come?” Chiese Sebastian, confuso.
 
“Il caffè.” Ripropose Kurt. “Una volta che avrò bevuto il caffè che mi devi qui da te, potrai ritrarmi.” Ridacchiò e Sebastian fece lo stesso allora, sentendosi immediatamente più leggero per aver raggiunto il proprio obiettivo.
 
“Hai ragione, che pessima persona che sono …” Mormorò, sciogliendo la presa dai suoi fianchi. “Accomodati pure.” Gli indicò uno degli sgabelli intorno al tavolo da disegno che, ripulito com’era, poteva tranquillamente essere utilizzato come area relax.
 
Forse il suo appartamento non era poi così male se ci pensava.
 
Cosa non potevano cambiare le parole di Kurt …
 
Il ragazzo annuì, spostandosi un po’ timidamente lungo la stanza, e sedendosi sullo sgabello, restando immobile e paziente, mentre osservava Sebastian che si stava muovendo in direzione della macchinetta sopra il bancone, aprendo il mobiletto per prelevarne le cialde, prima.
 
“Come hai intenzione di disegnarmi?” Gli chiese, come se cercasse qualcosa di cui parlare per allentare un po’ la tensione. Sebastian non si voltò verso di lui, continuò a lavorare alla macchinetta del caffè, ma ridacchiò un po’ a bassa voce. “Voglio dire … sei uno di quegli artisti che … sai, quelle cose tipo nudo artistico e-” Si bloccò quando Sebastian si voltò verso di lui con le palpebre spalancate.
 
Dio.
 
Chi diavolo continuava a dare a Kurt il diritto di parlare con quella sua voce da angelo se poi diceva cose del genere?
 
Sebastian non ne aveva idea.
 
Cercò di mostrargli un ghigno sicuro che non riflettesse troppo l’immagine che aveva appena attraversato la sua testa. Non era il caso di renderlo già partecipe di certi tipi di pensieri. Anche se, dal primo appuntamento (non sapeva neanche se Kurt lo considerasse tale), Sebastian si sentiva di poter affermare che non era un tipetto che si scandalizzava. Arrossiva, magari, ma quello era un istinto che non sembrava riuscire a controllare in generale.
 
“Beh, non … di solito non faccio posare per il nudo …” Gli fece, tentando di mostrarsi tranquillo. “Non l’ho mai fatto, se non in un corso al liceo …”
 
“Non che io … non che io voglia proportelo.” Kurt sentì la necessità di specificare qualcosa che Sebastian neanche gli aveva chiesto.
 
“Certo che no.” Rispose Smythe, sorridente, anche se, doveva ammetterlo, parte di quel sorriso era dovuta al fatto che aveva capito che Kurt aveva avuto un’immagine simile alla sua visione. “Non lo stavo insinuando certo, Kurt.”
 
Kurt sembrò arrossire un po’ mentre si mordeva il labbro inferiore, dubbioso, come se neanche sapesse se considerare o no quell’affermazione come verità. Come se temesse che Sebastian lo dicesse soltanto per non farlo sentire troppo a disagio.
 
“Beh, io-”
 
“Lo faresti?” Chiese Sebastian, purtroppo, incapace di trattenere la curiosità. “Non che ci sia qualcosa di male o che io … che io voglia, solo …”
 
“Se disegni bene.” Sospirò un po’ Kurt, stringendo le gambe accavallate sullo sgabello. “Okay, se ti dico una cosa, prometti di non ridere?” Chiese e Sebastian sollevò immediatamente il sopracciglio, mentre attendeva che la macchinetta segnalasse acusticamente che poteva premere il bottone per avviare.
 
“Posso provarci.” Arricciò le labbra Sebastian, facendogli un occhiolino che costrinse Kurt a mordersi di nuovo il labbro inferiore. Adorabilmente nervoso, no? “Non ti prometto nulla però.”
 
Kurt inspirò profondamente, tenendo lo sguardo basso mentre pronunciava quella piccola confessione.
 
“Ho sempre sognato di essere disegnato.” Mormorò, deglutendo e arrossendo fino all’inverosimile. “E … ho sempre stimato molto il nudo artistico quindi-”
 
“Quindi non ti dispiacerebbe.” Sebastian si voltò, dandogli le spalle quando sentì il beep della macchinetta. La verità era che aveva un immediato bisogno di nascondere il leggero rigonfiamento nei suoi pantaloni causato dalla visione.
 
Immaginò immediatamente Kurt che posava nudo davanti a lui, ogni singola linea del suo corpo, ogni singolo muscolo. Probabilmente era bellissimo e poteva già vedere con i propri occhi la sua pelle lattea un po’ contratta dalla posa nella quale avrebbe voluto essere ritratto.
 
Dio, perché?
 
Perché gli toccava pensare una cosa del genere quando Kurt era lì per un caffè? Era da mesi che non si sentiva così e pensava che il tempo del liceo fosse finito, che non sentisse più il bisogno di essere un ragazzino eccitato bisognoso di mettere le mani addosso a qualcuno. Invece tutto quello che provava in quel momento, era il bisogno di strofinarsi su quella superficie di legno a un centimetro dal rigonfiamento nei suoi pantaloni.
 
Premette il bottone della macchinetta.
 
Unclick.
 
“Non mi dispiacerebbe.” La voce di Kurt arrivò un po’ in ritardo, costringendolo a socchiudere gli occhi per dare a se stesso la forza di non pensare alle immagini che gli stava suggerendo. “Forse m’imbarazzerebbe un po’, ma sarebbe una cosa artistica, no?” Chiese e Sebastian tenne con forza i bicchierini sotto gli iniettori del caffè che cominciavano a lasciar scorrere il liquido caldo.
 
“Certo, è una cosa professionale di solito.” Rispose, sospirando alla parete. “Non dovrebbe neanche imbarazzarti …”
 
“Beh, i tuoi occhi m’imbarazzerebbero.” Mormorò Kurt, costringendolo a stringere le dita intorno ai bicchierini, cercando di non esagerare con la pressione. “Sono così profondi …”
 
“Sono normali.” Rispose Sebastian, tentando di smorzare un po’ di tensione perché stava cominciando a farlo tremare sulle gambe. Perché quel ragazzino, oltre ad essere perfetto, doveva anche avere quella piccola innocente insolenza? “Sono solo un paio di occhi.”
 
“Non lo sono.” Kurt deglutì dietro di lui, così forte che Sebastian poté quasi sentire il rumore prodotto dalla sua gola. La stanza stava improvvisamente diventando calda e non succedeva da un bel po’. Così come il fastidioso rigonfiamento tra i suoi pantaloni. “Sono … magnetici e … seducenti.” Continuò Kurt, come se nulla fosse.
 
“Kurt.” Tentò di ridacchiare, ma non era certo del fatto che stesse funzionando. Magari suonava eccitato com’era, Dio, sarebbe stata una pessima figura. Sollevò una mano per spegnere la macchinetta. “Smettila, comincerò ad arrossire anch’io …” Si voltò verso di lui, poggiando i due bicchierini sul tavolo, ma voltandosi per prendere lo zucchero dal bancone.
 
Poggiò quattro o cinque bustine sul tavolo, giacché non sapeva quanto zucchero prendesse Kurt, prima di sedersi accanto a lui.
 
“Sarebbe carino vederti arrossire un po’.” Continuò comunque Kurt, mentre si allungavano entrambi per raggiungere le bustine.
 
Irrimediabilmente, le loro mani si sfiorarono, con le dita che stavano puntando alla stessa bustina di zucchero. Si accarezzarono leggermente, costringendoli entrambi a fare smorfie di nervosismo. La pelle di Kurt era morbidissima anche a quel minimo contatto e Sebastian tremava per il desiderio di segnarla con la propria bocca.
 
“Uhm, io … scusa, io-” Kurt stava già tirando indietro la mano, borbottando imbarazzato, quando Sebastian gli strinse il polso con forza, bloccandoglielo tra le dita.
 
I loro occhi s’incrociarono e Sebastian sospirò per darsi una calmata perché in quel momento lo stava davvero mangiando con gli occhi. Un caffè con quel ragazzino gli costava così tanto, chi l’avrebbe mai detto.
 
“Va tutto bene, Kurt.” Gli mormorò, mostrandogli un sorriso e facendo di tutto per costringersi a non sogghignare. Odiava che la sua mente stesse già pensando che portarlo a letto sarebbe stato semplice perché non era quello che voleva da lui. “Non hai detto né fatto nulla di male.”
 
Kurt si morse il labbro inferiore – e maledizione se Sebastian voleva succhiarlo nella propria bocca fino a vederlo consumato dai suoi baci – e gli mostrò un sorriso incerto, mentre Sebastian ancora manteneva il suo polso, quasi fosse incapace di interrompere quel contatto tra loro.
 
“Okay.” Rispose l’altro e, alla fine, Sebastian lasciò cadere a malincuore il suo braccio. Kurt ne approfittò e prese la bustina di zucchero, aprendola e riversandone il contenuto nel caffè. “Alle volte sono un po’ un casino quando parlo e mi dispiace; balbetto un sacco e arrossisco …” Fece spallucce, lasciando cadere mezza bustina nel caffè e cominciando a girare. “Deve essere davvero una tortura da sopportare, visto che ho una voce squillante al massimo …”
 
“Non negherò che è vero.” Rispose Sebastian, attirando il suo sguardo un po’ incredulo su sé. “Hai una voce un po’ squillante, ma non è sgradevole.” Spiegò quando vide Kurt preoccupato da quella precisazione. “Sei un po’ petulante, ma mi piace,” fece spallucce, “i ragazzi che annuiscono soltanto e si prendono i complimenti in silenzio mi annoiano dopo due giorni.”
 
“Dopodue notti, vorrai dire.” Corresse Kurt, come se volesse ricordargli che aveva seguito con cura il discorso di Sam e Blaine giù alla caffetteria. “Sembravi essere un ragazzo cattivo al liceo.”
 
Sebastian scosse la testa, rovesciando una bustina di zucchero nel caffè e sospirando pensando al modo in cui avrebbe ucciso Blaine e Sam preoccupandosi del fatto che fosse doloroso.
 
“Beh, il liceo è finito, no?” Gli fece un occhiolino e vide Kurt mordersi il labbro inferiore con un sorriso. “Cercare soltanto il sesso è … noioso dopo un po’,” spiegò, girando il cucchiaino nel caffè, “dopo essermi fatto decine di ragazzi, ho perso gli stimoli.”
 
‘E tu li hai fatti tornare tutti a galla’ pensò, ma soppresse quell’idea e la tenne per sé.
 
“Già, lo penso anch’io.” Rispose Kurt, mentre faceva lo stesso con il proprio caffè. “E pensa che io non ho avuto neanche tutti questi ragazzi.” Ridacchiò, ancora rosso in viso. “Insomma, di solito non … non mi presento a casa di un ragazzo che conosco da così poco, ma-”
 
“Tu sei diverso.” Sussurrò Sebastian, pronunciando quelle parole riferite più a Kurt che non a se stesso. Quando però il ragazzo lo guardò confuso, come se temesse che Sebastian avesse letto un suo pensiero intimo, si corresse. “Lo so, lo so,” fece spallucce, un po’ arrogante, ma scherzoso al punto giusto, “io sono il meglio del meglio, non trovi?”
 
Kurt rise e sollevò la tazzina per bere. Sebastian però rimase fermo, osservando il modo in cui la gola di Kurt si muoveva per ingoiare il liquido. Non doveva pensare male …
 
‘Calmati, Sebastian,’ si consigliò, ‘smetti di rendere tutto così porno.’
 
A quel punto cominciò a bere anche lui, tentando di utilizzare la tazzina per coprirsi la visuale. Era troppo piccola comunque, ma per fortuna Kurt poggiò la propria sul tavolo e lo guardò sorridente.
 
“Bene, ora va meglio.” Commentò, felice. “Adesso che mi hai offerto il caffè tranquillo che mi dovevi … possiamo fare tutto quello che vuoi.”
 
‘Sesso?’ Pensò Sebastian, mordendosi il labbro inferiore, per tentare di sopprimere la fame improvvisa di lui. Perché ogni volta doveva andare così? Kurt gli piaceva in modo diverso, platonico; se avesse lasciato che il bisogno sessuale avesse la meglio, forse avrebbe perso quella sensazione.
 
Non voleva sfruttare la sua musa per una notte e via. Beh, certo non voleva sposarlo, ma voleva almeno goderselo un po’ nella sua bellezza, vestito come lo aveva visto. Eppure nudo sarebbe stato così bello …
 
“L’ospite sei tu.” Tentò di tirare fuori come scusa per non proporre immediatamente la propria stanza da letto. “Dovresti decidere tu cosa fare.”
 
“Oh suona tanto di quelle cose che si dicevano al liceo.” Ridacchiò Kurt. “Quando nessuno voleva suggerire una cosa noiosa, allora lanciava la patata bollente nelle mani dell’altro.”
 
‘Se la lasci nelle mie mani, dirò qualcosa di molto bollente.’ Pensò Sebastian.
 
“Oh, beh, scusami se stavo soltanto tentando di essere cortese.” Rispose, arricciando le labbra e facendolo ridere.
 
“Cortese?” Chiese Kurt, mimando la sua smorfia, anche se le risate glielo impedivano. “Tu stai tentando di lanciarmi la responsabilità addosso, non è divertente!” Si lamentò e Sebastian scosse la testa.
 
“Se vuoi che decida io, non ci sono problemi.” Mormorò, lieto del fatto che i suoi ormoni si fossero calmati a sufficienza da permettergli di dare una risposta. Kurt annuì, con una faccina che sembrava dire ‘prego, fai pure’. “Credo che sia il momento che tu ti lasci ritrarre, Kurt.”
 
“Nudo?” Chiese istintivamente Hummel, sollevando le sopracciglia e Sebastian rise di nuovo, tentando di non dare un peso reale alle sue parole. Non doveva immaginare nulla, lo stava dicendo soltanto per scherzare, quindi qualsiasi cosa pensasse era fuori luogo e neanche Kurt forse la desiderava.
 
O magari sì? Magari stava tentando di mandargli messaggi subliminali del tipo ‘Sebastian, dimmi di spogliarmi’ o qualcosa del genere. Perché non riusciva a cogliere mai le piccole sfumature?
 
“No, Kurt, vestito.” Si arrese alla fine, anche se la sua mente si opponeva fermamente e non sembrava neanche volergli lasciare il controllo su quella decisione. “Soltanto un piccolo ritratto, voglio studiare il tuo viso.”
 
Non accennò al fatto che forse doveva soltanto studiarlo da vicino: era il suo vicino, lo aveva spiato a lungo. Conosceva bene il suo viso, ma non nei particolari, e quella era l’occasione giusta per approfondirne la conoscenza.
 
Kurt era così bello davanti a lui in quel momento.
 
Sentiva quasi le punte delle dita che punzecchiavano, ansiose di poter accarezzare quel viso morbido e liscio come quello di un bambino. Voleva che fosse suo, lo voleva così tanto che gli sembrava di impazzire.
 
Bene, a quel punto della conversazione, era già convinto di non aver mai desiderato qualcuno come desiderava Kurt in quel momento. Stava già sconfiggendo i suoi limiti di sopportazione. Doveva resistere, poteva farcela.
 
“Non c’è molto da studiare, credo.” Kurt dondolò un po’ sullo sgabello, sollevando gli occhi al soffitto, magari anche un po’ in imbarazzo per la situazione. “In fondo, la mia faccia è quella che è, no?” Chiese, sospirando e Sebastian non poté fare a meno di arcuare le sopracciglia.
 
Era la faccia più bella che avesse mai visto.
 
“Non la penso così.” Rispose, immediatamente, come se volesse impedire che Kurt potesse anche soltanto pensarlo. Gli occhi azzurri dell’altro si puntarono all’istante su di lui a quelle parole. “Il tuo viso è bellissimo.” Mormorò, dovendo usare tutta la forza che aveva in corpo per non saltare giù dallo sgabello e baciarlo.
 
Kurt gli mostrò un sorriso raggiante e allora Sebastian pensò che fosse stata la cosa giusta da dire e ne approfittò per prendere in mano la situazione prima che potesse rispondere. In fondo, le sue guance rosse erano già una notevole risposta.
 
“Allora, ti va di farti disegnare?” Chiese, facendogli un occhiolino e stringendosi le dita di una mano intorno ai pantaloni, sulla coscia, per non scattare verso di lui. “Giuro che non ti farò stare in posa troppo a lungo.”
 
Kurt gli mostrò un sorriso allora, non potendo fare a meno di lasciarsi andare a una risatina.
 
“Se mi dici che non dovrò posare a lungo …” Fece spallucce, ruotando un po’ gli occhi, ma con il sorriso che aveva sulle labbra, Sebastian non avrebbe mai potuto pensare che gli dispiacesse. “E, soprattutto, se non devo posare nudo perché-”
 
“Mettiamoci all’opera.” Tagliò corto Sebastian, cercando di evitare di tornare sull’argomento.
 
Il modo in cui Kurt lo guardò, con un sorrisetto in viso, gli fece capire che sapeva esattamente che effetto gli faceva con quel discorso. Era molto, molto più consapevole di quanto Sebastian non credesse.
 
Allora non poté fare a meno di chiedersi se Kurt volesse essere disegnato nudo.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Author's Notes: Che bella che sono, ce l'ho fatta ahah
Il capitolo era già concluso ma avevo bisogno di sistemare alcune cose. Più che altro volevo rileggere personalmente. Come ho già scritto sui social, progetto di postare tutto quello che ho pronto, perché non so più quando mi va di scrivere una cosa e quando un'altra. Trovo semplicemente che dovrei aggiornare ciò che mi va di aggiornare e non per obblighi o date. Spero che non vi tormenti questo pensiero, perché io mi ci sento molto più a mio agio.
Grazie a tutte le persone che mi supportano. Siete un amore. E' bellissimo vedere che alcune di voi sono felici per il modo in cui mi stanno seguendo su FF.net, it's cute!
Spero che vi piaccia questo capitolo e grazie a chiunque dovesse decidere di lasciarmi un feedback per farmi sapere se lo avete trovato carino o vi ha fatto schifo! - xoxo RenoLover <3
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Beta: Questo capitolo è stato semplicemente riletto da me, quindi ogni errore è solo ed unicamente responsabilità e della mia dislessia/disgrafia. Sorry.

/////

Fissare Kurt, studiarlo da così vicino, generava in lui una sensazione indescrivibile.
 
L’altro se ne stava seduto dal lato opposto del tavolo, ipoteticamente in posa per essere ritratto, e Sebastian lasciava scivolare la matita sul foglio. Se doveva essere sincero con se stesso, disegnare era improvvisamente diventato difficile, come non lo era mai stato in tutta la sua vita, neanche quando era un semplice bambino che amava i pastelli a cera e il modo morbido in cui le loro punte arrotondate scivolavano su fogli lisci e ruvidi.
 
Aveva quella creatura meravigliosa davanti a sé che era capace di stordirlo e gli faceva tremare un po’ le dita. Avrebbe voluto studiare in quel modo il suo corpo, come le sue dita desideravano.
 
Toccarlopiuttosto che guardarlo soltanto.
 
Da qualche minuto, se ne stavano entrambi zitti, senza dire nulla. Il silenzio riempiva ogni singolo angolo della stanza, tanto che Sebastian quasi temeva che Kurt potesse sentire un suono impercettibile che gli indicasse il tremolio delle sue mani.
 
Kurt appariva genuinamente divertito da quel passatempo, dall’essere ritratto, e sembrava che non si stesse annoiando per nulla.
 
Tuttavia, non parlare stava cominciando a diventare impossibile per Sebastian, quando sentiva la necessità quasi fisica di adulare quello che aveva davanti agli occhi. Magari non sarebbe stato eccessivo. Forse, in fondo, poteva concederselo perché non c’era nulla di male.
 
“Hai un aspetto meraviglioso …” Mormorò, lanciandogli uno sguardo veloce oltre i propri occhiali prima di tornare sul foglio.
 
“Sul disegno?” Chiese Kurt, divertito. “Non devi alterarmi troppo, sai? Dovresti lasciarmi almeno un po’ come sono davvero.”
 
“Stupido.” Borbottò, Sebastian, guardandolo di nuovo, con le sopracciglia sollevate. “Non potrei mai catturare come sei esattamente.” Spiegò a bassa voce, sollevando gli occhiali per portarli tra i capelli. “Nessuno ci riuscirebbe.”
 
“E’ un complimento?” Chiese Kurt, sorridendo un po’ sornione, con quell’aria da bambino felice che – Sebastian lo trovava un po’ strano ma doveva ammetterlo – lo eccitava un po’.
 
“Sai, sei un po’ narcisista, mi sembra di capire.” Lo prese in giro, riportando la matita sul foglio.
 
“Un po’.” Confermò Kurt, facendo spallucce con naturalezza (quell’incantevole sorriso ancora stampato sul suo volto, capace di far mancare qualche battito al cuore di Sebastian). “Mi piace essere osservato.”
 
“A me piace osservarti.” Sebastian gli mostrò un sorriso e vide Kurt arrossire un po’, un colorito del viso in contrasto con il modo in cui stava scherzando pochi secondi prima. “Sai, sei un po’ troppo timido per essere il tipo che cerca attenzioni.”
 
“Non sono timido!”
 
“Uh-uh.”
 
“E’ surriscaldamento delle guance.” Spiegò Kurt come se fosse una spiegazione scientifica accreditata. “Mi piace che mi guardi …” Abbassò improvvisamente la voce, costringendo Sebastian a guardarlo negli occhi. “Hai … i tuoi occhi sono molto intensi e-”
 
“Anche i tuoi.” Sebastian sospirò diretto, fissandoli per qualche secondo. “Sono i più incredibili che io abbia mai visto.”
 
Vide Kurt andare ancora più a fuoco dopo quelle parole, nonostante stesse evidentemente tentando di mantenere un contegno. Sembrava così adorabile e sexy allo stesso tempo. Era un equilibrio incantevole per lui che era abituato a osservare i dettagli di chi aveva di fronte.
 
Sebastian aveva perfino smesso di comprendere quanto le sue parole fossero pronunciate per il puro gusto di generare in lui quelle reazioni.
 
“Non lo sono.” Mormorò però Kurt, facendogli sollevare le sopracciglia.
 
“Mi prendi in giro?” Chiese Sebastian improvvisamente, lasciando cadere per qualche secondo la matita. “Hai davvero due zaffiri al posto degli occhi,” sussurrò, tentando forse di suonare un po’ adulatore, “posso vederci il cielo riflesso; e siamo in casa.”
 
“Esagerato.”
 
“Non lo sono.” Rispose Sebastian e allora decise di cedere un po’: del resto lo stava osservando da troppi minuti, e non c’era nulla di male nel commentare quello che vedeva (comincia a diventare una fottuta urgenza e può sentire la lingua pizzicare per la voglia di adularlo). “Hai una pelle bellissima, chiara e liscia, sembra fatta per essere dipinta … o per essere baciata.”
 
Si lasciò andare un po’, soddisfatto quando vide Kurt deglutire.
 
Tuttavia, non aveva ancora intenzione di fermarsi: gli sembrava che ci fosse così tanto da ammirare in lui che avrebbe potuto continuare quella discussione per ore. O meglio, quel monologo in cui Kurt si limitava semplicemente a essere imbarazzato.
 
“Il tuo collo …” Mormorò a bassa voce, senza neanche rendersi conto di quanto stesse suonando basso e roco, troppo preso dal fissare il punto che stava descrivendo per realizzarlo. “E’ così perfetto, quando lo muovi, il modo in cui la tua pelle si contrae …”
 
Merda.
 
Aveva scelto davvero un pessimo modo per non trovare la situazione stimolante, soprattutto quando Kurt stava continuando a mordersi il labbro inferiore come se fosse nato per farlo, come se fosse spontaneo e allo stesso tempo la cosa più sexy del mondo.
 
“Hai quelle labbra …” Mormorò, potendo quasi già sentire nuovamente l’eccitazione invadere il suo corpo e la propria voce spezzarsi in una tonalità bassa sulla quale stava perdendo ogni controllo. A quelle parole, Kurt lasciò andare la presa dei denti sul labbro, in modo che tornasse alla posizione naturale, un po’ più arrossato e gonfio rispetto a qualche secondo prima. “Scommetto che c’è chi pagherebbe per baciarle ...”
 
‘Io pagherei …’ Pensò, tentando con tutto se stesso di non leccarsi le labbra istintivamente.
 
Lo stava rendendo così eccitato con la sua sola presenza.
 
Non si trattava soltanto di eccitamento sessuale.
 
Sebastian si sentiva entusiasta e felice, come un bambino che gioca con l’aquilone.
 
“Ah sì?” Domandò Kurt, inspirando un po’, più che altro come se stesse trattenendo il respiro, e tutto quello che Sebastian riusciva a pensare era che quel fottuto tavolo era l’unica cosa che lo stava trattenendo dal sospendere il ritratto.
 
“Sì.” Rispose, stringendo un po’ le dita e piegandole finché le sue unghie non furono contro la superficie liscia del tavolo. “Sono così piene ed eleganti allo stesso tempo …” Fissò gli occhi sulla bocca di Kurt, deglutendo al pensiero di baciarlo di nuovo, questa volta con il fine di andare oltre. “Le uniche labbra che potevano rendere il tuo viso ancora più perfetto di quanto non sia …”
 
“Stai esagerando.” Kurt lo stava guardando dritto negli occhi, come se volesse capire se Sebastian lo stesse adulando o qualcosa del genere. “Attento, potrei a cominciare a pensare che non siano complimenti spontanei.” Sollevò un po’ il mento e Sebastian sogghignò.
 
“Sono più che spontanei …” Sussurrò, fissando lo sguardo nel suo. “Potrei parlare per ore di ogni singolo tratto.” Riprese la matita tra le dita. “Sono un artista, osservo tutto.”
 
“Quindi mi osservi?” Chiese Kurt ma Sebastian aveva capito che ormai si trattava di una specie di danza.
 
Un passo.
 
Un altro passo
 
Un altro ancora.
 
Quando Kurt muoveva un passo in avanti, lui doveva farlo indietro e viceversa.
 
“Sei un bello spettacolo da osservare …” Mormorò, mentre riprendeva a tracciare i lineamenti del suo viso lungo il foglio. “Potrei stare qui per ore.”
 
“Potresti fare un bel po’ di ritratti.” Kurt rispose, un po’ provocatorio.
 
Dio, come poteva quell’esserino innocente saper gestire la tensione sessuale in quella maniera? Il modo in cui parlava, le parole che usava, tutto lo faceva sembrare come se sapesse avere il controllo, perfettamente, senza alcun rischio di perdere l’equilibrio.
 
‘Te ne ho già fatti un po’’, pensò tra sé e sé, evitando di lasciarsi sfuggire quel pensiero, ‘solo che tu non lo sai’.
 
“Potrei farlo, sì.” Rispose, cominciando a riprodurre vagamente i contorni di quella bocca perfetta. “Ma non potrei catturarti davvero, mai, non importa quante volte io ci provi.”
 
“Come mai?” Chiese subito Kurt e Sebastian dovette sforzarsi di non premere con forza la punta della matita sul foglio per sfogare la frustrazione. Non voleva davvero spezzarla e rendere così evidente il proprio nervosismo.
 
Sollevò nuovamente gli occhi verso Kurt, respirando un po’ per tentare di controllare l’eccitazione.
 
“Te l’ho detto: perfetto.” Mormorò, e Kurt lo guardò battendo le palpebre, come se stesse considerando una qualche idea.
 
In qualsiasi caso, Sebastian sapeva che gli sarebbe piaciuta molto.
 
Abbassò lo sguardo e tornò al disegno ma Kurt riuscì comunque a distrarlo.
 
“Voglio che mi baci di nuovo.”
 
Allora Sebastian poté sentire il crack della matita sul foglio e fece scattare nuovamente lo sguardo verso di lui, mentre un analogo crack all’interno del suo petto spezzava la già tenue regolarità dei battiti di quel pomeriggio.
 
“Cosa?” Chiese.
 
“Mi piace quando mi baci.” Rispose Kurt, schiettamente, nonostante il rossore sul suo viso. Il contrasto tra il modo in cui arrossiva e parlava con sicurezza era davvero inquietante. “Ho capito subito che le tue labbra sarebbero state magnifiche.”
 
Sebastian rimase per qualche secondo immobile, tentando con tutto se stesso di non lasciarsi trascinare. Sarebbe scattato verso di lui in un istante se lo avesse permesso. Poi il suo cervello si accese e lo distrasse dal bisogno di contatto.
 
“Quindi non è vero che baci al primo appuntamento …” Osservò, stringendo un po’ le palpebre, sospettoso.
 
Kurt gli mostrò un sorriso e annuì.
 
“Mai baciato al primo appuntamento.” Confessò, facendo spallucce. “Non volevo sembrarti un maniaco, tirando fuori questa storia delle labbra sottili …”
 
Un manico?
 
Che cosa avrebbe fatto allora Kurt se avesse saputo di tutti i pomeriggi che Sebastian aveva passato a spiarlo e ritrarlo a distanza? Di certo una cosa del genere lo avrebbe fatto rientrare in una categoria superiore al maniaco, se quello era davvero il modo di pensare di Hummel.
 
“Non sembri un maniaco, anzi …” Sussurrò Sebastian, sorridendo felice, “mi onora molto di più sapere di essere l’unico che ti ha fatto venire una voglia di baci tale che non hai resistito.”
 
“Stai ingigantendo.” Mormorò Kurt, inarcando le sopracciglia. “Non è quello che ho detto.”
 
“Spiega, allora.” Lo sfidò Sebastian, arrendendosi definitivamente all’idea che non avrebbe potuto continuare quel ritratto. Non presto almeno. Dio, era molto più semplice disegnarlo mentre lo osservava da lontano, perché non doveva mettersi ad ascoltare i suoi discorsi almeno.
 
“Spiego …” Rispose Kurt, muovendo un po’ lo sgabello – che creò un fastidioso rumore, strofinandosi sul pavimento. “Quando ci siamo scontrati per strada, ho come avuto la sensazione che ci fosse una tensione interessante tra noi.” Cominciò, facendo una smorfia, come se non sapesse come spiegarlo bene. “Ho avuto un po’ di ragazzi ultimamente, ma tu mi sei sembrato diverso a primo sguardo.”
 
“Perché?” Chiese Sebastian, sollevando le sopracciglia, sorpreso dalla propria ignota unicità.
 
“Beh, sei brillante.” Rispose Kurt, con un’altra scollata di spalle. “Molti dei ragazzi con i quali esco, anche gli amici, sono scontati ed io non amo le cose scontate.” Sebastian annuì, un po’ accigliato. “Invece tu hai già la battuta pronta, è una sfida, è … creativo!” Esclamò, gesticolando con le mani. “Sei un artista, dovresti capire cosa voglio dire, non credi?”
 
Sebastian ebbe qualche difficoltà a rispondere subito. Era un po’ troppo preso dalle sue parole per poter effettivamentepensarci. Si scosse un po’, tentando di ricomporsi prima che Kurt pensasse che si fosse addormentato.
 
“Uhm, sì.” Rispose, gesticolando nervosamente. “Capisco, anch’io sono annoiato da buona parte degli esseri umani.”
 
‘Compresi i miei amici, a volte.’ Suggerì la sua mente.
 
“Esattamente.” Kurt gli sorrise raggiante. “Mi sento continuamente come se io sappia già che direzione prenderà una discussione ed è davvero frustrante perché non vorrei anticipare i miei interlocutori.” Fece ruotare gli occhi, con un tono di voce sarcastico. “Vorrei qualcuno che mi risponda, qualcuno che sia all’altezza-”
 
“Vorresti me.” Sebastian interruppe, e i loro occhi si connetterono nuovamente, in uno sguardo intenso e profondo. “Vorrestime.” Ripeté a bassa voce, un po’ come se volesse convincere Kurt del fatto che desiderasse lui e non soltanto una qualità che lui possedeva.
 
Era stato geloso di Kurt ancora prima di conoscerlo di persona, figurarsi cosa provava in quel momento, dopo averlo baciato, al pensiero che potesse desiderare qualcun altro.
 
Gli apparteneva.
 
Gli apparteneva perché, su carta, Kurt era la sua creazione perfetta, il suo capolavoro.
 
Nessuno avrebbe avuto più il diritto di toccarlo perché si sarebbe impegnato per evitarlo e mantenere l’esclusiva.
 
Avrebbe fatto il modo che Kurt non sentisse neanche il bisogno di qualcun altro.
 
“Beh, non lo so.”  Kurt attirò nuovamente la sua attenzione facendo spallucce. Non che Sebastian potesse davvero distrarsi da lui in fondo. “Dovrei capire se hai anche qualcosa di diverso dalle altre persone creative.” Arricciò le labbra, rendendole soltanto più baciabili. “E poi potremmo parlarne.”
 
“Interessante.” Mormorò Sebastian, picchiettando con le dita sul tavolo, come se non desiderasse altro che fare il giro e baciare Kurt. “E’ tutto così veloce e pericoloso …”
 
“Suona come una canzone familiare …” Hummel si poggiò un po’ al tavolo allo stesso modo.
 
Tutto quello che stava passando per la testa di Sebastian era che, se si desideravano così tanto, perché non potevano semplicemente aversi? Avrebbero lavorato più tardi a un rapporto, ma erano due persone adulte e lui voleva toccarlo, baciarlo, accarezzarlo.
 
“Che ne dici di venire qui?” Chiese allora, indicando il proprio grembo con una certa innocenza un po’ forzata. “Magari posso vederti da vicino …”
 
Kurt sembrò considerarlo per qualche secondo, con il sopracciglio sollevato, come se si stesse chiedendo se Sebastian pensasse davvero che fosse così stupido. Alla fine, comunque, sembrò cedere.
 
“Per ritrarmi meglio?” Domandò, quasi suggerendo lui stesso una buona scusa a Sebastian.
 
“Esattamente …” Confermò vagamente l’altro, neanche attento a cosa diceva in realtà. “Voglio che sia perfetto come te …” Sussurrò, indicando il foglio davanti a sé.
 
“Sai, vero, che è un disegno su un foglio A4?” Chiese Kurt, ridacchiando un po’. Il suono della sua risata comunque era teso e basso, quindi non riuscì a sciogliere il clima della stanza.
 
“Non credo sia un dettaglio importante.” Si difese Sebastian. “In questo momento il soggetto importa più della forma e della materia.”
 
Kurt sorrise un po’ e si alzò dallo sgabello, facendo lentamente il giro della tavola. Poggiò le dita sulla superficie, accarezzandola un po’ mentre si avvicinava a lui, con lo sguardo puntato nel suo in un modo che Sebastian non poteva che trovare esplosivo: poteva quasi sentire la pelle bruciare sotto i suoi occhi.
 
Deglutì quando Kurt mise una mano sulla sua spalla sinistra e sollevò una gamba per poggiarla sulle sue. Si sedette sul suo grembo e subito Sebastian spostò un braccio per avvolgere il suo girovita. Quel semplice contatto lo stava facendo sentire molto meglio.
 
Kurt si sistemò sul suo grembo, guardandolo dall’alto e sorridendogli, mentre accavallava le gambe. Lo rendeva un po’ più pesante ma Sebastian era più che disposto ad affrontare il sacrificio.
 
“Ma ciao.” Sussurrò, non potendo fare a meno di suonare un po’ roco e Kurt annuì.
 
“Ciao a te.”
 
Quel respiro arrivò direttamente sulla sua bocca e Sebastian dovette trattenersi con tutto quello che aveva in corpo per non scattare verso di lui.
 
Quello era sicuramente uno svantaggio: conoscere una persona in maniera così superficiale significava che non aveva idea di come agire, di quali sarebbero state le sue reazioni. Per quanto ne sapesse, Kurt poteva anche divertirsi a metterlo alla prova o qualcosa del genere. Doveva muoversi lento e cautamente.
 
C’erano state notti in cui aveva sognato di lui e aveva pensato che non l’avrebbe mai incontrato. Non poteva permettersi il lusso di dimenticare quel dettaglio importante.   
 
Kurt si mosse un po’ e poi gli mostrò fieramente il proprio profilo.
 
“Che te ne pare?” Chiese, sorridente, e Sebastian rise – anche se un po’ roco – per spezzare la tensione. “Sono più bello visto da vicino?” Scherzò.
 
“Sei più bello di qualsiasi altra cosa esistente visto da ogni angolo possibile.” Rispose, avvolgendo anche l’altro braccio intorno a lui.
 
Kurt emise un versetto lusingato e, quando meno se lo aspettava, si piegò verso di lui.
 
Le loro labbra si toccarono leggermente e Sebastian sobbalzò per la sorpresa, ma chiuse istintivamente gli occhi. La bocca morbida di Kurt tornò a premersi contro la sua e Sebastian si ritrovò a inarcare le sopracciglia quando l’altro fece subito pressione, per approfondire il contatto.
 
Si domandò per brevissimi secondi quale fosse la cosa giusta da fare e, istinti a parte, giunse rapidamente alla conclusione.
 
Si staccò un po’ da lui, accarezzando il suo fianco con la mano, delicatamente.
 
“Kurt.” Mormorò, a un centimetro dalla sua bocca, cercando di non dare peso al fatto che Kurt sembrasse dispiaciuto. “Ascolta … devo chiederti una cosa.”
 
Il solo pensiero lo stava angosciando da morire, ma quegli sbalzi di Kurt lo insospettivano troppo per rinunciare a chiederglielo. Temeva la risposta, ma non poteva proprio evitare di porgere la domanda.
 
Kurt annuì un po’, ma neanche lui sembrava molto convinto, quindi il cuore di Sebastian cominciò a battere in modo strano. Era chiaramente la paura di aver frainteso tutto che lo stava consumando. La paura di essersi illuso che potesse esserci qualcosa.
 
“Stai facendo tutto questo per ottenere qualcosa da me?” Chiese, deglutendo, ma la reazione di Kurt non fu quella che si aspettava.
 
Cosa?” Chiese Kurt, sbarrando le sopracciglia, in una sorpresa decisamente naturale. Tentò istintivamente di scendere dal grembo di Sebastian, ma lui lo tenne stretto per impedirgli la fuga. “Sei-” Si fermò, strattonando un po’, ma lui non lo lasciò andare. “Come puoi pensare una cosa del genere?” Domandò, guardandolo negli occhi. “Credi che io abbia una specie di perversione per l’essere ritratto o qualcosa del genere?”
 
Sebastian prese un respiro profondo, tentando di rimettere le cose insieme: chiaramente aveva combinato un gran bel casino, proprio come aveva previsto.
 
Prima rimediava, meno sarebbe stato spiacevole.
 
“No, certo che no.” Rispose e Kurt lo stava guardando con diffidenza. “E’ solo che le cose si stanno evolvendo molto rapidamente-”
 
“Pensavo che tu avessi scopamici al liceo.” L’angelo lo stava guardando male. “Non capisco per quale motivo tu ti stia facendo problemi proprio con me.”
 
“Perché …” Cominciò subito Sebastian, ma si prese una piccola pausa di riflessione. Come poteva anche fargli un’osservazione così stupida? “Perché in quei casi tutto quello che volevo era che entrassero nel mio letto e si lasciassero scopare senza protestare.” Tentò di proposito di essere esplicito nel linguaggio, in modo che il messaggio potesse arrivare forte e diretto a Kurt.
 
Il ragazzo lo guardò un po’ esitante, come se ancora non sapesse se potersi fidare o no di lui dopo quello che aveva detto.
 
“Tu non vuoi che io mi comporti così anche con te, giusto?” Chiese Sebastian un po’ esitante, come se avesse paura di conoscere la risposta a quella domanda. “Io voglio rispettarti, Kurt, perché mi sembri un ragazzo per bene e non ho più voglia di fare sempre la stessa solita routine: drink, sesso, adieu.”
 
Kurt pasticciò con le labbra e allora Sebastian capì di aver fatto almeno un po’ centro, quindi gli mostrò un sorriso rincuorante. Per qualche motivo, gli sembrava evidente che gli sfuggisse ancora qualcosa: insomma, Kurt sembrava premere continuamente sull’acceleratore e lui iniziava a trovare difficile trattenersi.
 
“Mi dispiace, forse ho esagerato.” Hummel abbassò un po’ lo sguardo, tenendosi di nuovo più stretto a lui, con un braccio intorno alle spalle. “E’ che ultimamente … mi sento come se i ragazzi stiano con me perché sono simpatico e adorabile.”
 
“C’è … c’è qualcosa di male?” Domandò allora Sebastian confuso.
 
Lui avrebbe dato qualsiasi cosa per stare con una persona per la simpatia, dopo che al liceo tutti lo avevano soltanto usato per il sesso facile perché era estremamente bello. Beh, forse lui aveva usato gli altri attraverso la propria bellezza, in realtà, ma non cambiava molto.
 
“Sì che c’è.” Kurt borbottò, arricciando le labbra come un bambino. “Ora che mi stai disegnando, mi sento terribilmente sexy e non è solo questo.” Spiegò, facendo spallucce. “Il modo in cui hai osservato e fissato il mio viso quando ci siamo incontrati mi ha fatto sentire così … perfetto, come non mi sono sentito mai.”
 
Sebastian batté le palpebre un paio di volte allora, un po’ incredulo. Dio, come poteva un angelo come quello non sentirsi già perfetto di suo? Il semplice fatto che pensasse di non esserlo, a parere di Sebastian, era un crimine. Perfino i suoi stupidi compagni di college ne avevano riconosciuto la bellezza guardando soltanto dei disegni.
 
Senza neanche rendersene conto, aveva cominciato ad accarezzare il fianco di Kurt con le sue dita lunghe, come se volesse esprimere con quel tocco i propri pensieri.
 
Dovette coglierne qualcuno perché quegli occhi azzurri erano ora fissi nei suoi.
 
“Scusa …” Mormorò improvvisamente Kurt, deglutendo mentre continuava a guardarlo. “Deve annoiarti da morire parlare con me; è per questo che ho pensato che baciarti o … fare altro potesse rendermi più interessante.”
 
“Oh no, cosa?” Chiese Sebastian, stringendolo a sé finché la spalla di Kurt non sfiorò la sua. “Non devi pensarlo mai, Kurt.” Gli mormorò, arricciando le labbra, come se fosse offeso da quella supposizione. “Tu sei davvero piacevole e neanche tu sei scontato, non annoi per nulla.”
 
Kurt sembrò pensarci su per qualche secondo, come se non sapesse se credergli o no. Sebastian tentò stupidamente di intensificare il proprio sguardo e sembrò funzionare perché Hummel si voltò un po’, guardando il tavolino davanti a loro mentre ancora sedeva sul grembo di Sebastian.
 
“Oh.”
 
Quello fu il suo commento quando gli occhi si poggiarono sul ritratto a matita al quale Sebastian stava dedicando tutto se stesso. Per qualche secondo, Smythe rimase con il fiato sospeso, tentando di capire cosa significasse quel commento, come prendere quel semplice suono vocalico.
 
Per qualche secondo temette perfino che non gradisse il suo operato, poi Kurt si voltò verso di lui con uno sguardo interrogativo.
 
“Sono … sono così carino?” Chiese, esitante, sollevando un sopracciglio come se volesse far capire a Sebastian che non ammetteva una risposta che dovesse semplicemente compiacerlo.
 
Sebastian sogghignò allora.
 
“Molto più di così.” Rispose schiettamente, accarezzando la sua schiena. “Soprattutto … se non fosse perché non voglio che sia così tra noi, ti avrei già scopato sul tavolo.”
 
Kurt arrossì visibilmente, con le guance che quasi andavano a fuoco a quelle parole. Tuttavia, Sebastian notò anche il sorrisetto che stava fiorendo sul suo volto. Era probabilmente inconscio e Kurt non se ne rendeva conto, ma lui sapeva per certo che significava che l’idea di essere sbattuto sul tavolo non gli dispiaceva poi così tanto.
 
“E’ una cosa molto imbarazzante …” Borbottò, tentando evidentemente di non far trasparire il proprio entusiasmo all’idea. “Potresti essere un po’ più cortese giacché sembro essere un’ottima musa per te?”
 
Per qualche secondo il cuore di Sebastian si bloccò.
 
Temette immediatamente che Kurt avesse scoperto qualcosa, in modi a lui ignoti, che avesse capito che lo spiava.
 
Poi si rese conto del fatto che Hummel si riferiva semplicemente al disegno che aveva appena visto e si tranquillizzò.
 
Avrebbe potuto vivere correndo quel rischio? Non ne era molto sicuro, forse alla fine avrebbe dovuto confessargli la verità.
 
Beh, di certo non quel giorno, quando era seduto in braccio a lui e non sembrava neanche disgustato all’idea di fare sesso.
 
“Sei davvero una musa.” Sussurrò, sollevando una mano per passarla tra i capelli sulla sua tempia. Kurt ridacchiò un po’ al contatto. Sembrava sempre una creatura innocente, ma nascondeva dei lati un po’ più oscuri, Sebastian poteva vederlo chiaramente. “Sembri bello dentro e fuori, e un artista dà forma anche al mondo interiore, quindi nel tuo caso è una doppia vittoria.”
 
“Sai,” Cominciò Kurt, facendo un po’ spallucce, “potrà sembrarti una cosa assurda perché siamo stati fermi tutto il pomeriggio-”
 
“Tu sei stato fermo, io disegnavo.” Sebastian lo prese in giro e Kurt fece ruotare un po’ gli occhi, ma sorrideva ancora.
 
“Come vuoi.” Rispose, prima di riprendere il discorso. “Quello che volevo dire è che mi sono divertito comunque.” Spiegò, pasticciando per qualche secondo con le labbra. “Mi piace questa … questa specie di energia tra noi, quando ci parliamo-”
 
“Questa chimica?” Domandò Sebastian, sollevando un sopracciglio e sogghignando. “Lo so che sono uno schianto, ma non dimenticare le parole soltanto perché stai parlando con me.”
 
“Stupido.” Kurt lo colpì con uno schiaffetto sulla spalla. “Ed io che pensavo di starti facendo un complimento.”
 
Risero entrambi allora e Sebastian non resistette alla tentazione: sollevò una mano e ricambiò lo schiaffetto, ridendo quando Kurt ricambiò subito. Prima che potesse accorgersene, Kurt aveva cambiato posizione, sedendosi su di lui con le gambe che circondavano le cosce di Sebastian. Se non fosse stato troppo impegnato a ridere, avrebbe avuto immagini oscene in testa per quella posizione.
 
Ad ogni modo, lo scontro riprese da questa nuova posizione.
 
Cominciarono a tentare di colpirsi goffamente, ma si mancavano tutto il tempo, le loro mani si scontravano a metà strada e Sebastian stava ridendo così forte che cominciava a sentire una fitta all’addome. Anche Kurt stava ridendo, stava sentendo la sua voce cristallina, ed era così maledettamente contagiosa che se non fosse stato per la lotta in sé, avrebbe potuto ridere soltanto per quel suono.
 
Avvolse con più fermezza il braccio intorno al suo busto, mentre con l’altro lo schiaffeggiava ancora. Quando uno schiaffo di Kurt lo colpì in viso si ritrovò a spalancare gli occhi e allora scattò.
 
Le sue mani scesero fino alla vita di Kurt e afferrò innocentemente il suo sedere perdendo però immediatamente l’equilibrio. Rimasero in piedi per un secondo stentato perché poi si ritrovarono subito a rotolare sul pavimento.
 
Kurt era sotto di lui mentre Sebastian restava sospeso con una mano e con l’altra schiaffeggiava le sue, incapace di smettere di ridere. Kurt spintonò un po’ con le mani sul suo petto, sollevando a intervalli la schiena dal pavimento per colpirlo meglio.
 
Dio, era la cosa più divertente che aveva fatto da mesi.
 
L’istante di distrazione che gli ci volle per formulare quel pensiero gli fu fatale: Kurt premette contro di lui con più forza e colpì ancora il suo petto, finché non si ritrovarono a posizioni inverse, con Sebastian che teneva la schiena spiaccicata al pavimento e Kurt che era cavalcioni su di lui.
 
Per un attimo, la mano di Hummel scattò istintivamente e mirò alla sua guancia, poi si fermò.
 
Smisero di ridere.
 
Improvvisamente, fu molto più conscio delle posizioni.
 
Si guardarono negli occhi, Kurt dall’alto, mentre inspirava lentamente. Sebastian poteva vedere il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi tra i lembi della camicia. Voleva baciarlo, voleva baciarlo così tanto che le sue labbra bruciavano per il desiderio di premersi contro le sue.
 
Abbassò lo sguardo dai suoi occhi per guardare la gola di Kurt che si muoveva.
 
Durò pochi secondi, poi accadde.
 
Kurt si abbassò su di lui, su gomiti e ginocchia, con la schiena inarcata, e le loro labbra si scontrarono. Sebastian si sentiva ancora leggero e felice per le risate e, quando la bocca di Kurt toccò la sua, fu divino. Si sfiorarono in una carezza, ma un istante dopo si ritrovarono ad aprire le bocca.
 
Cosa gli faceva la sua piccola e adorabile musa …
 
Portò le mani sui suoi fianchi, accarezzandoli dolcemente e, a quel contatto, Kurt si accasciò su di lui, poggiando definitivamente il petto contro quello di Smythe. Sollevò un po’ il mento, premendo la guancia sulla sua spalla e guardandolo.
 
I loro occhi s’incontrarono di nuovo e Sebastian temette che Kurt potesse sentire il battito del suo cuore sotto la punta di quelle dita che teneva poggiate sul suo petto. Allungò un po’ il collo, sollevando una mano per chiuderla a coppa sotto la sua mascella, con le unghie che sfioravano i capelli alla base del retro del suo collo.
 
Lo premette un po’ verso sé e Kurt non esitò prima di seguire il movimento e baciarlo di nuovo, dolcemente, chiudendo gli occhi.
 
Il modo in cui le loro labbra s’incontrarono lo fece tremare contro il pavimento, rendendo la sua schiena delicata al punto che dubitò del fatto che potesse essere un buon sostegno. Kurt mosse un po’ la bocca, alzandola di mezzo centimetro per catturare il suo labbro inferiore e giocarci appena. La sua lingua sfuggì leggermente alle labbra, pizzicandolo dal basso mentre le mani di Sebastian salivano un po’ per poggiarsi lungo la curva della sua schiena, tenendolo vicino.
 
Il semplice fatto di avere Kurt tra le mani, di sentirlo su di sé, di baciarlo in quel modo, in una posizione così intima, stava inviando piccole scintille di freddo e di caldo lungo la sua spina dorsale. Soltanto una musa poteva fare questo a un artista, Sebastian ne era più che certo.
 
Era così bello, una sensazione che non poteva descrivere a parole.
 
Lo faceva sentire più vivo di quanto non avessero fatto mille altre cose prima: Kurt era quel qualcuno del quale aveva sempre avuto bisogno, che aveva sempre inconsciamente cercato attraverso l’arte e che si era improvvisamente materializzato davanti a lui dandogli prova della propria esistenza.
 
Le loro labbra schioccarono a lungo, trovandosi sempre più facilmente e Sebastian si ritrovò perplesso quando realizzò che quel bacio non aveva scatenato in lui la voglia di mettere in pratica le fantasie erotiche che Kurt suggeriva alla sua mente.
 
Era tutto così incantevolmente delicato che non voleva in alcun modo interromperlo con delle banali esigenze fisiche: il solo stringerlo tra quelle braccia che stavano circondando meglio il suo addome era abbastanza da farlo sentire stupidamente allegro, come un ragazzino alla sua prima cotta.
 
Quando Kurt si staccò dalla sua bocca e poggiò le mani sul suo petto e il mento su di esse, guardandolo da lì, come se fosse completamente a suo agio con la situazione, Sebastian sperò almeno un po’ che provasse quella stessa sensazione.
 
Non se lo sarebbe lasciato sfuggire comunque.
 
A qualsiasi costo.
 
Per qualche minuto rimasero soltanto così, occhi puntati negli occhi, e piccoli sorrisi che sfumavano rapidamente, come se fossero troppo impegnati per aprire la bocca e parlare sul serio. Come se delle vilissime parole umane potessero alterare quell’equilibrio.
 
Alla fine, con un sospiro morbido, fu Kurt a interrompere il silenzio.
 
“Ero serio comunque.” Mormorò, e Sebastian dovette ammettere di aver perso ogni pensabile filo su qualsiasi discorso stessero facendo prima. Diamine, in quel momento ricordava a stento chi fosse, come si chiamasse. Kurt sospirò di nuovo allora, come se avesse capito tristemente che a Sebastian era sfuggito ciò che voleva dire. “Sul divertirsi.” Precisò, ulteriormente poi quando Smythe scosse la testa quasi impercettibilmente, per riflesso istintivo d’incomprensione. “Con te, oggi; mi sono divertito davvero.”
 
Si guardarono ancora negli occhi e Sebastian poté giurare di vederlo ancora arrossire. Allora gli mostrò un ghigno arrogante, in modo che Kurt potesse capire che non c’era alcun imbarazzo tra loro. Era un po’ strano studiare quel rapporto: fare un passo verso di lui e vedere se lo imitava, se era okay, e viceversa.
 
“Devi avere un pessimo standard di divertimento.” Rispose e Kurt ridacchiò un po’, senza mai smuoversi da quella posizione.
 
Arricciò un po’ il labbro inferiore, sembrando assolutamente adorabile agli occhi di Sebastian. Si ritrovò a stringerlo più su finché le sue braccia non gli circondarono le spalle e si sollevò un po’ con la schiena dal pavimento, piegando la testa in avanti.
 
Lasciò un bacio innocente sulla fronte di Kurt, chiudendo gli occhi quando quella pelle meravigliosamente morbida fu sotto la sua bocca.
 
Sentiva crescere quel desiderio di provare di più che era mancato fino a pochi secondi prima; ma di più era troppo, e troppo era un rischio.
 
Non avrebbe rischiato con lui.
 
Kurt era lì tra le sue braccia. Si ricordò ancora una volta del fatto che aveva passato le ultime giornate prima del loro incontro a pensare che non lo avrebbe mai incontrato nonostante fosse la sua prima ispirazione.
 
Prese quel pensiero, lo infilò in un cassetto e gettò via la chiave.
 
“Questo è divertente.” Kurt lo aiutò a tornare alla realtà e scacciarlo via definitivamente, guardandolo negli occhi mentre Sebastian lasciava cadere la testa indietro. “Rendere dolce un ragazzo che voleva soltanto fare sesso al liceo.”
 
“Non pavoneggiarti.” Sebastian ridacchiò, guardandolo negli occhi. “Potrei resistere ancora poco prima di-”
 
“Strapparmi tutti i vestiti di dosso?” Chiese Kurt, prendendolo in giro e Sebastian sollevò un sopracciglio, profondamente tentato da quella prospettiva della discussione.
 
‘Non rischiare.’ Ricordò per a se stesso.
 
“Di cacciarti da qui per guardare un porno.” Mentì, arricciando la punta del naso scherzoso.
 
Kurt rise.
 
Rise di quelle risate che ti fanno male perché arrivano alle tue orecchie ma poi scoppiano in tutto il corpo, invadendolo con piccole scintille che navigavano tra le sue vene.
 
“Pensavo che gli artisti la ritenessero roba scadente.” Mormorò, sollevandosi un po’ dal suo petto.
 
Sebastian fece scendere nuovamente le braccia intorno al suo girovita, tenendolo fermamente stretto a sé in maniera possessiva, come se non volesse che scappasse.
 
Non stava neanche pensando alla battuta.
 
Tutto quello che stava pensando era che avrebbe dovuto vederlo uscire dall’appartamento, probabilmente senza neanche sapere quando sarebbe tornato da lui.
 
Allora colse l’occasione e cercò di farlo suonare nel modo più innocente possibile.
 
“Ti va di restare a cena?” Domandò, sentendo un po’ di pressione quando Kurt lo guardò sorpreso. Allora capì che doveva abbassare il tiro. “Ordiniamo qualcosa e guardiamo la tv.”
 
Kurt sembrava già più sciolto, mentre un sorriso sbocciava sulle sue labbra.
 
***
 
Il giorno dopo, Sebastian si sentiva la persona più felice del mondo. Okay, forse era un po’ esagerato, ma era allegro e saltellava per i corridoi della facoltà come se avesse appena vinto la lotteria, o qualcosa del genere.
 
La serata era stata tutto quello che si era augurato: divertente, leggera e senza complicazioni. Era andato tutto così bene che non aveva dubbi sul fatto che avesse conquistato almeno un po’ il suo piccolo angelo.
 
Beh, almeno aveva segnato un punto o qualcosa del genere.
 
Non si sarebbero visti quel giorno, perché Kurt aveva una commissione di lavoro da sbrigare – e Sebastian non aveva ancora osato chiedergli se avesse davvero un lavoro, se studiasse, cosa facesse nella vita – e apparentemente anche un party al quale presentarsi. Avevano appuntamento il giorno dopo comunque, quindi di certo avrebbero avuto occasione di parlarne e lui non ci teneva a fare la figura del maniaco ossessivo precocemente.
 
Quella sera stessa comunque, si era preoccupato di prendere il ritratto che aveva fatto a Kurt e andare ad appenderlo nella stanza insieme agli altri. Era bellissimo, più dei precedenti e Sebastian sapeva che era perché aveva avuto l’onore e il privilegio di studiare la bellezza del suo viso da vicino.
 
Alla fine aveva fatto qualcosa di diverso.
 
Aveva preso un pennarello e, come un bambino che non si fa problemi a imbrattare la casa, aveva scritto sul muro, proprio sopra quei fogli che lo raffiguravano, tre parole soltanto: The Angel’s Choir.
 
Aveva meditato un po’ sul perché gli fosse venuto così spontaneo scrivere una cosa del genere e alla fine era riuscito a dare a se stesso una spiegazione: il suo Angelo non aveva una voce, ma possedeva in sé un coro intero. Era come se ogni sfaccettatura del suo carattere – da innocente a malizioso, da scherzoso a serio, da titubante a sicuro di sé – fosse una voce differente e tutto era perfettamente armonizzato.
 
Allora eccolo lì.
 
Il Coro dell’Angelo.
 
Sarebbe anche stato il momento giusto per ammettere che aveva preso davvero una bella cotta, ma sapeva che la colpa di questo era anche del preconcetto che fosse la sua musa. Aveva passato così tanti mesi a spiarlo, giorno per giorno, che i convenevoli gli sembravano eccessivi. Lui conosceva Kurt – o almeno parte di lui – da un bel po’.
 
Tuttavia, capiva anche che per l’altro non fosse lo stesso, quindi si sforzava di seguire i tempi dei quali aveva bisogno lui.
 
Quando entrò nella sala con i distributori del caffè comunque, si ritrovò a sobbalzare. Rachel, Nate e Louis lo stavano guardando da un tavolino, con dei sorrisi raggianti in volto come se lo avessero aspettato a lungo. Sebastian pensò istintivamente che la cosa fosse un po’ agghiacciante ma tentò di non darlo troppo a vedere mentre si avvicinava a loro con indifferenza.
 
“Mi sono perso qualcosa?” Domandò, tirandosi dietro la borsa a tracolla e sedendosi sulla sedia che Rachel gli stava indicando con la mano.
 
“Ti sei perso un bel po’ di cose.” Rispose Nate, ammiccando un po’ e Sebastian conosceva quel tono di voce.
 
Doveva sicuramente essere accaduto qualcosa perché stava facendo il ruffiano con lui. Nathan era molto ruffiano di carattere ma non lo faceva con tutti, soltanto con le persone che riteneva degne di attenzione e che pensava di poter sfruttare per bene. Per quale motivo, improvvisamente, Sebastian era diventato sfruttabile ai suoi occhi?
 
“Di cosa stiamo parlando?” Chiese, facendo passare lo sguardo tra i tre presenti a quella tavola, che si scambiavano sguardi complici facendolo soltanto innervosire di più.
 
Alla fine, Rachel sembrò cedere alla tentazione e scoppiò in una risata allegra, concentrando il proprio sguardo soltanto su di lui e battendo un po’ le mani. Sembrava una bambina felice e Sebastian cominciava a preoccuparsi.
 
“Si tratta di te.” Rispose Rachel.
 
Wow.” Sebastian fece ruotare immediatamente gli occhi perché non poteva credere di dover ricevere una spiegazione del genere. “Adesso è tutto molto chiaro, ti ringrazio, Rach.”
 
La mora mise all’istante un broncio, come se fosse offesa dalle sue parole. Sebastian pensò che fosse un altro modo per perdere tempo comunque e la sua curiosità cominciava a essere troppo stuzzicata per resistervi naturalmente come faceva di solito. Stava per diventare sgradevole, se lo sentiva.
 
“Ragazzi.” Si voltò verso gli altri due che però scossero la testa e agitarono le mani in aria.
 
“Rachel ha detto che vuole essere lei a dirtelo, quindi non contarmi neanche.” Rispose Louis, abbassando lo sguardo, come se stesse tentando di sparire. “Io non esisto.”
 
Sebastian allora si voltò verso Rachel, spazientito.
 
Fortunatamente, la mora sembrava aver nuovamente indossato il sorriso che la caratterizzava quando era allegra. Ottimo segno per un Sebastian che cominciava a sentire il bisogno di sapere di cosa si trattasse.
 
La vide saltellare ancora un po’ sul posto e alla fine fermarsi ed emettere un piccolo verso d’eccitazione, come una fan girl a un concerto di Justin Bieber. Lo guardò dritto negli occhi e Sebastian per qualche secondo temette che forse soltanto uno scherzo.
 
“Buone notizie per lo studente migliore del corso!”
 

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