Lo strano percorso

di giughy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - One ***
Capitolo 2: *** 2 - Due ***
Capitolo 3: *** 3 - Tre ***



Capitolo 1
*** 1 - One ***


Ad Elena che mi ha consigliata fino alla nausea.
A Viola che in soli due mesi mi ha resa una persona migliore.
A Giulia, Alessia, Ilaria, Roberta e Tullia che sono state sorelle, migliori amiche e tutto ciò che una persona potesse desiderare.

"E sono pallida come l'erba così che a me stessa sembro essere sul punto di morire; ma tutto è sopportabile perché . . ."

Parole: 628

~•~•~•~•~•~•~

Salì le scale dell'edificio seguendo le istruzioni che le avevano dato in segreteria: prima rampa di scale, svoltare a destra, salire ancora ed infine la prima porta a sinistra.
I capelli le ondeggiavano sulle sue spalle. Orecchini tintinnanti, occhiali, una gonna a fiori coordinata con un fiocco.
La borsa a tracolla rimbalzava sul suo fianco.

Vide la porta e da lontano cominciò ad udire il chiacchiericcio sommesso di una ventina di persone che si erano appena rincontrate dopo la pausa estiva. 
Elisa invece, nuova nella città immortale, si sentiva come un pesce portato da un acquario dentro un grande lago.

Guardò la finestra alla fine del corridoio da cui filtrava un caldo sole settembrino.
Entrò in quella che sarebbe stata la sua classe per i successivi quattro anni e, con una rapida occhiata, cercò di guardarli tutti ma nel giro di un secondo ci fu un pigro scatto di sedie ed un "Buongiorno" sommesso si alzò dalle gole dei presenti.
La ragazza li osservò prima di mettersi a ridere imbarazzata dalla situazione.

<< No, aspettate, non sono una professoressa! >>

Chiarì gesticolando, rossa nel viso, mentre alle sue spalle compariva la vera professoressa di greco che la fece accomodare in primo banco.

La donna, dai modi abbastanza affabili, richiamò l'attenzione dei giovani e specialmente quella di un terzetto in fondo alla classe.

<< Ragazzi, Elisa si è trasferita da una cittadina del nord e quindi mi aspetto che tutti voi la aiutate ad ambientarsi non solo nella scuola ma anche ai ritmi che una città grande comporta. >>

Ci fu una pausa poi si sentì un risolino provenire dalle ultime file.
La donna riprese parola con aria seccata:

<< Maffei è il primo giorno, per cortesia >>

La rimbeccò.
Elisa si voltò per guardarla meglio: lunghi capelli biondo castano con qualche meches più chiara, maglietta scollata, jeans a sigaretta e sneakers. La borsa griffata penzolava dallo schienale della sedia.
Non la vide bene in volto perché era troppo lontana ma poté giurare che quello che le stava rivolgendo era un ghigno. E di amichevole aveva ben poco.

<< Niente professoressa, mi stavo solo chiedendo se in questo paese da dove viene lei . . .>>

E ci tenne a caricare di disprezzo quel pronome, dando alla propria voce un tono canzonatorio.

<< . . . la moda fosse morta oppure ci fosse un circo dove evidentemente lavorava- o dove era ospitata. >>

Fece scorrere l'indice attraverso l'aria, indicandola, con una profonda aria di scherno.
Si alzò una risata fragorosa mentre la nuova arrivata non desiderava altro che sparire tra le pieghe della sua gonna a fiori.

<< Maffei, fuori. >>

Sibilò gelida l'insegnante nei confronti della ragazza che gia l'anno prima le aveva dato del filo da torcere.
La compagna di banco le diede una gomitata leggera in segno di assenso.

<< Grande, Bea, mostrale chi comanda qui. >>

Le disse piano con fare divertito.
La bionda le sorrise sorniona mettendo in mostra i suoi denti perfetti.

<< Ci vediamo~ >>

Disse facendo l'occhiolino ad Elisa prima di uscire dalla porta.

L'aria in classe rimase tesa fino alla fine dell'ora con svariati mormorii e risate al ritorno di Beatrice in classe.
Il vero scontro verbale, però, avvenne solamente durante la ricreazione.

Elisa mise via i quaderni quando un paio di ragazze sorridenti le si avvicinarono rivolgendole la parola.

<< Se vuoi un un consiglio- >>

Cominciò la prima

<< -eviterei di mettermi contro quelle tre. >>

Concluse la seconda.
Poi se ne andarono.
Non trascorsero nemmeno una decina di secondi che sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

<< La vita è come la jungla, bambolina, o cacci o sei cacciato. E indovina qual è il tuo posto. >>

Le arruffò i capelli con le unghie perfette andandosene, seguita a ruota da Claudia e Virgilia.

Non le ci volle molto per capire che quello che le aspettava sarebbe stato tutto fuorché un anno tranquillo, anche se non avrebbe potuto nemmeno immaginare quello che, da li a qualche mese, sarebbe poi successo.

~•~•~•~•~•~•~
L'angolo dell'autrice

Salve a te che sei arrivato fino a qui.
Intanto grazie mille per aver voluto leggere la mia storia, spero che questo primo capitolo ti abbia interessato e che ti interessi vedere quali saranno gli sviluppi della storia che prometto e spero non diventi banale (:

Uhm che altro dire.
Il titolo è una citazione alla canzone di Max Pezzali, "Lo strano percorso" che mi ha ispirata per la storia e che in un certo senso è anche la colonna sonora della mia vita.

Vorrei riuscire a pubblicare almeno due capitoli alla settimana anche se probabilmente il secondo arriverà tra poche ore o al più tardi domani (ho deciso di scindere il primo in due capitoli più leggeri)

Il Rating è arancione perché è generico e copre i prossimi capitoli. Forse lo cambierò in rosso ma devo vedere come far evolvere una certa parte.
Per qualunque consiglio o critica potete lasciare una recensione.

Spero di rivederti, lettore!
Un abbraccio
-Star

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Capitolo 2
*** 2 - Due ***


Parole: 1340

~•~•~•~•~•~•~

 

Le giornate scorrevano lente sotto una brezza leggera ed un sole tiepido che non accennava a raffreddarsi nemmeno nelle prime giornate di ottobre.

Passeggiava pigra dalla fermata dell'autobus a scuola, canticchiando a voce bassa, accompagnata dal fido iPod mentre il vento leggero le alzava leggermente i lembi della gonna.

Si fermò davanti all'entrata guardando il cielo azzurro e senza nubi scendendo poi sulla grande insegna posta nella facciata principale.

Avrebbe potuto giurare che recitasse: “Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate” invece, dopo un battito veloce di ciglia, ecco che tornava la solita scritta “Ginnasio – Liceo”.

Bisognava ammettere che, per Elisa, ogni giorno era un ritorno nella bocca dell'Ade.

Una lunga discesa/ascesa.

Più saliva le scale che la portavano in classe più si sentiva sprofondare nelle fauci della Terra.

Non aveva problemi con i professori o di profitto, anzi, erano l'ultima delle sue preoccupazioni. In assoluto l'ultima cosa di cui si curava.

Aprì la sua Moleskine di Pacman durante la ricreazione per ricordarsi che materia sarebbe seguita quando frusciò sulla sua spalla una lunga ciocca bionda.

Alzò gli occhi sospirando.

« Cos'è ti piacciono pure i giochi vintage, Eli? »

Le disse all'orecchio sciogliendole il nastro che aveva legato come un cerchietto.

« Sì. »

Rispose piano chiudendo l'agenda e fissando con sguardo perso la copertina rugosa.

Il vero problema di quella scuola era uno ed uno solo: Beatrice.

La bionda Beatrice che, paradossalmente, era come Caronte: la trascinava a braccetto in classe o per i corridoi perennemente accompagnata dalle due serpi; era la sua Minosse che ogni giorno si arrotolava una ciocca sulle dita facendola scivolare in un nuovo orribile girone, era la sua Lucifero che si premurava di farle scontare ogni giorno il suo piccolo inferno personale.

Era cominciato tutto la prima settimana. Qualche penna che spariva , qualche matta che si perdeva.

Ma si diceva che doveva esserle scivolata in autobus o nell'aula di Storia dell'arte e troppo peso a quelle sparizioni non lo aveva dato.

« Sono solo pastelli.»

Si ripeteva tranquilla mentre frugava nell'astuccio.

Alle sue spalle quel sorriso perlaceo, perfetto che si posava, maligno, sulla sua schiena.

Elisa sentiva la sensazione che alla fine quella ragazza la sapeva lunga ma, dopotutto, mica poteva accusarla per qualcosa che non aveva davvero fatto, qualcosa per cui non aveva e mai avrebbe avuto le prove.

Attorno alla terza settimana nemmeno si sprecava più di tentare di salutare qualcuno in quella classe, la sua popolarità precipitava sempre di più ogni volta che rendeva un voto alto o che Beatrice le si avvicinava.

Ogni volta che Virgilia le sorrideva e la salutava.

Ogni volta che Claudia le diceva che l'avrebbe chiamata il pomeriggio.

Cosa che comunque non aveva mai fatto.

Avevano paura di cadere anche loro nella rete delle tre arpie.

E mentre veniva estraniata dal resto della classe cominciarono a sparire altre cose.

Un quaderno oggi, un libro domani.

Una delle due scarpe che scompare dallo spogliatoio durante l'ora di educazione fisica.

Nessuno si azzardava a commentare e lei non ci faceva nemmeno troppo caso.

Mormorava un lieve « Oh » e la faccenda si concludeva lì.

Si auto-convinceva che non c'erano mai state due scarpe ma che le aveva semplicemente lasciate a casa. Che quel quaderno lo doveva aver dimenticato sull'autobus e via dicendo.

Sapeva bene che non era così ma che cosa poteva fare?

Sola in una realtà nuova l'unico modo che aveva per non soccombere era quello di fare un sorriso e lasciarsi correre addosso le cose.

Anche l'odioso profumo di Beatrice.

Sapeva che, trascorsa quella manciata di ore, sarebbe tornata finalmente a casa,si sarebbe potuta buttare sul suo letto a giocare a Pacman col suo gemboy, sistemandosi di tanto in tanto gli occhiali che le scivolavano sul naso.

 

« Ma chi si crede di essere.»

Esordì Claudia durante una delle rare ricreazioni durante la quale la bionda non aveva rapito Elisa.

Sputacchiò fuori le parole assieme al fumo della sigaretta mentre si stringeva nella giacca in quella fredda mattina di metà ottobre.

« Ti stai rammollendo, Bea.»

Aggiunse Virgilia guardandola negli occhi.

Beatrice non parlò,rimase lì a rigirare la sua Lucky Strike tra le dita affusolate guardando la carta che si bruciava lentamente.

Sembrava quasi interrogare quella cenere muta.

« Bah»

Gorgogliò buttandola a terra e pestandola col piede mentre le altre due ragazze la imitarono dopo essersi scambiate un rapido cenno con gli occhi.

 

Quella mattina era iniziata decisamente male.

La sveglia non era suonata ed era uscita di casa troppo tardi per riuscire anche solo a pensare di prendere l'autobus così sospirò e prese la moto.

Non la usava spesso, non la trovava comoda e non le si addiceva ma quella era un'emergenza e, segretamente, stava ringraziando il padre e la sua insistenza a farle prendere la patente per i 125 durante quell'estate.

Dopotutto non aveva nulla di meglio da fare nella caotica Roma senza conoscere nessuno.

Appena un paio di minuti dopo essere partita la sorte si abbattè nuovmente su di lei, rovesciandole addosso un acquazzone scrosciante. Avrebbe potuto rimanere a casa.

Parcheggiò la moto davanti a scuola e corse nell'edificio completamente piomba con ancora il casco sulla testa.

Corse su per le scale mentre i jeans bagnati scricchiolavano sulla sua pelle.

Aprì la porta col casco sotto braccio e l'aria frastornata. Capelli elettrici e il mascara un po' sbavato.

« Romani-?»

Il professore di filosofia la guardò leggermente incuriosito. Qualche risata leggera si alzò nella classe ma Elisa non vi fece troppo caso.

« Qualcuno la accompagni da una bidella ad asciugarsi. »

Esordì serio, convinto di fare una buona azione.

« Non si preoccup-»

Cercò di ribattere prima che la squillante voce di Beatrice si facesse strada dall'ultima fila.

« L'accompagno io!»

Cinguettò come se fossero amiche per la pelle e quella fosse la cosa più normale e naturale del mondo.

Elisa storse la bocca.

« Bene, Maffei. Non fate confusione.»

poi ritornò a parlare di sant'Anselmo e della sua prova ontologica.

 

Non appena furono sole Beatrice non perse tempo.

« Quindi guidi la moto-»

« Così si dice »

Le Converse facevano un rumore sinistro nei corridoi vuoti.

« Ma non potresti. Insomma quanti anni hai?»

« Sedici.»

« Quindi hai perso un anno?»

« Quindi sei qui per farmi un interrogatorio?»

Le rispose con un'acidità che non aveva mai tirato fuori, occupata com'era ad incassare tutti gli scherni del trio.

« No, sono qui perché sono tua amica.»

Disse sfoderando il suo solito sorriso che però questa volta cadde a terra come una goccia che si staccava dai capelli di Elisa.

« Beh io non sono amica tua.»

Le rispose pacata.

Era solo stufa e non voleva nemmeno vederla.

La ragazza le mise una mano sulla spalla.

« Ascoltami bene. Quando io dico qualcosa tu non puoi contraddirmi.»

Assottigliò gli occhi.

Elisa rise di petto. La sua risata si spalmava sui muri del corridoio. Smise solo quando si accorse che l'altra ragazza era seria.

Mortalmente seria.

« Tu sei tutta fuori. Vai a farti dare un'occhiata, Beatrice, da uno bravo però.»

Non rispose e si limitò a guardarla furente.

Entrarono nel bagno delle ragazze del terzo piano, l'unico che aveva la porta di servizio con gli asciugamani aperta.

« Io starei attenta.»

Elisa non rispose.

Le mani le diedero una spinta e lei andò a sbattere contro il carrello delle pulizie.

La porta si richiuse alle sue spalle con un colpo sordo.

Si girò di scatto buttandosi sulla porta.

Sentì la serratura scattare.

« Beatrice, non è divertente.»

Disse con un nodo alla gola mentre abbassava frenetica la maniglia bloccata.

Batté i pugni sullo stipite.

« Apri. Questa. Maledetta. Porta.»

Disse mentre cercava di soffocare il panico che cresceva.

« Io caccio e tu sei la preda. Impara a stare al tuo posto, Eli.»

Fu la risposta gelida.

 

Beatrice tornò in classe.

« Dov'è Romani?»

Chiese il professore con aria ancora più stranita di prima.

« Oh non si sentiva molto bene, ha chiamato i genitori e mi ha chiesto di portarle le sue cose in segreteria.»

Disse con fare noncurante e voce innocente.

Tornò al bagno del terzo piano e buttò tutto accanto alla porta.

Dei singhiozzi sommessi uscivano dalla porta chiusa.

Il cellulare era nella tasca della giacca.

 

-.-.-.-.-.-

 

Diverse settimane dopo il posto in prima fila continuava a rimanere vuoto.

Una ragazza alzò timidamente la mano.

« Prof. Ma Elisa non torna più a scuola? »

L'insegnante la guardò gelida.

« Ha cambiato istituto. »

Si limitò a dire.

Le tre grazie risero anche se quella di Beatrice aveva un retrogusto dolceamaro.

 

 

Salvata da una bidella che puliva i bagni nel tardo pomeriggio Elisa chiese di cambiare istituto.

Non disse chi l'aveva chiusa là dentro perchè tutti sapevano ma nessuno osava parlare.

I numeri del trio diventarono un unico contatto: “Non rispondere.”

 

Nelle settimane successive non dovette rispondere molte volte anche se non poteva sapere chi delle tre la stesse tormentando ancora.

 

~•~•~•~•~•~•~

L'angolo dell'autrice:

Ed eccoci anche alla fine del secondo capitolo.

Non mi aspettavo di riuscire a svilupparlo così bene.

O almeno spero sia stato sviluppato bene!

Non sono molto pratica di atti di bullismo quindi spero che sia tutto abbastanza realistico çwç <3 beh insomma vedremo cosa succederà a queste due fanciulle nella prossima puntata (zam zam) tra una settimana (si spera! Anche perché il 10 è pure il mio compleanno uwu <3)Come al solito se volete lasciare un commento fa sempre piacere (:

 

Un abbraccio

-Star

 

 

 

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Capitolo 3
*** 3 - Tre ***


Parole: 2190

Nda: le parti in corsivo sono dei brevi Flashback per spiegare meglio alcune situazioni visto che è presente un salto temporale di due anni. Buona lettura.

~•~•~•~•~•~•~

 

La stanza era riempita dal ronzio del ventilatore e dal suono retrò del gameboy: girava la cartuccia, ormai prossima all'usura completa, di PacMan.

Elisa giocava su letto, a testa in giù coi capelli raccolti in una crocchia scomposta fatta velocemente.

Si godeva la calma di quell'estate da maggiorenne, sola a casa, mentre aspettava annoiata e si pregustava quello che l'avrebbe aspettata l'anno successivo, in II liceo.

Si stava immaginando in qualche circolo letterario, a parlare e disputare con antichi autori quando il suo pensare venne interrotto da uno squillo del telefono e da un fantasmino che si portava via la sua ultima vita.

La scritta “Game Over” ora lampeggiava sul display; con uno sbuffo si tirò a sedere lanciando il gioco sul letto e afferrando il telefono.

« Pronto? »

Disse con un'aria imbronciata.

« Sono Chiara! Come stai? »

« Guarda che lo so chi sei. Appare il nome sullo schermo quando chiami, genio. Comunque spero tu abbia un buon motivo per disturbarmi, avevo quasi battuto... »

« “...il mio record storico su Pacman”..lo dici ogni volta. Ma ancora vai avanti con quel gioco? Finirà che si fonderà la cartuccia a furia di giocarci! Comunque lascia perdere che stasera usciamo.»

Disse con una botta di entusiasmo.

Elisa sbuffò sonoramente contro la cornetta.

« Non lo so.. in verità sai, dovrei finire un paio di cosette qui a casa.. »

Cercò di mentire per evitarsi quell'uscita inattesa.

Fuori faceva caldo, non aveva voglia, c'erano le zanzare e i ragazzi rumorosi.

« Passo alle Otto. Vestiti bene. Non fare tardi. Ti presento una mia amica, l'adorerai. »

Non fece in tempo a ribattere che, come in un classico cliché, la chiamata le si chiuse in faccia.

Meditò se fingere di non sentire il campanello e lasciare chiusa fuori l'amica ma poi realizzò che sarebbe stata capace di chiamare la Polizia, ospedale, C.I.A, F.B.I. e quant'altro per assicurarsi che non fosse morta durante un attacco epilettico causato dal suo gioco.

Il suo meraviglioso gioco.

Rotolò sul letto e diede una rapida occhiata allo schermo per controllare quanto tempo avesse a disposizione.

Segnava le 18 e 37 minuti.

38 minuti.

« Merda. »

Disse portandosi disarmata il cuscino sulla faccia e sospirando pesantemente.

Si trascinò fino al bagno dove si concesse una doccia fredda e, nettamente rinvigorita, scivolò in una minigonna a fiorellini azzurri un top bianco discreto e dei sandali di cuoio che aveva comprato l'estate prima a Capri.

Si raccolse i capelli in uno chignon disordinato e si passò un velo di trucco per togliere l'effetto lucido dal viso.

Si diresse verso la cucina per mangiare qualcosa quando il campanello traditore si fece sentire.

Guardò per curiosità l'orario sullo schermo del microonde: le sembrava impossibile aver impiegato così tanto tempo per prepararsi.

Un 19:28 rosso vibrante e fastidioso era stampato, quasi beffardo, a guardarla.

Alzò la cornetta del citofono.

« Sali. »

Disse parecchio infastidita dall'anticipo.

« Menomale che saresti arrivata qui alle otto eh, Chiara? »

Aggiunse quando la ragazza entrò in casa.

Chiara cercò di discolparsi senza molto successo.

« Sono venuta prima perché sapevo che avrei dovuto salvarti dal tuo pessimo gusto. »

Elisa la guardò torva.

« Quando ti premieranno come “Miss Gentilezza” ti prego di invitarmi alla cerimonia, dovrò condividere con tutti i presenti quanto sai essere simpatica e tollerante. »

Chiara rise afferrandole le guance.

« Ma dai! Togliti 'sta roba che sembra scappata direttamente da un set di un film drammatico anni '60 e mettiti questo, invece! »

Estrasse radiosa dalla borsa una minigonna di jeans ed una canotta argentata di paillette.

Elisa la guardò inarcando un sopracciglio e chiedendosi perché fosse sempre così incredibilmente felice, sembrava quasi finta; poi le cadde lo sguardo su ciò che aveva appena estratto dalla borsa mettendosi una mano davanti alla bocca per trattenere una sonora risata.

« Ok..davvero, bello scherzo. Non sei seria vero? »

L'unica risposta che seguì fu uno sguardo severo e serio.

« No..no non voglio mica mettermi quello schifo. Eddai, mica devo sembrare la figlia segreta di Lady Gaga ed un albero di Natale.. »

Altro silenzio

« ..vai te a sapere cosa fa quella tipa! »

Cercò di giustificarsi mentre si passava le mani sul volto arrossato dall'imbarazzo.

« Senti, non fare la sofisticata. Vanno benissimo, sono perfetti e si sa mai che riusciamo anche a trovarti un ragazzo carino con cui uscire eh, Eli? Ti ci vorrebbe proprio sai. »

Spalancò gli occhi impietrita.

« No. No, no, no, grazie. Sto bene da sola, davvero. »

« Almeno truccati di più! »

« Ma fa troppo caldo. Il trucco cola e io non voglio sembrare un membro dei Kiss. »

« Io spero che tu i kiss li dia stasera, altroché.. »

« Vadano le paillette ma il trucco dimenticatelo. »

Chiara la guardò trionfale mentre il tabellone dei punti segnava un altro colpo incassato per Elisa.

« Lo odio, questo completo. »

Disse disperata dopo essersi cambiata; passava frenetica le mani tra i capelli e spostava la maglia per cercare di farla cadere meglio ma senza successo.

« Insomma la gonna mi sta male, la canotta mi da fastidio e ho fame. »

« Non ti lamentare, sei adorabile. E mangiamo un gelato fuori, muoviti che siamo in ritardo. »

« Chissà per colpa di chi! »

« Potevi arrenderti più velocemente! »

Entrambe si misero a ridere mentre scendevano velocemente le scale del condominio.

 

-*-*-

 

« Allora che tipo è questa tua amica? »

Chiese Elisa mentre beveva il suo frappè alla fragola.

« Mah, da fuori è un po' bizzarra ma alla fine non è male. E' simpatica e un po' fissata con lo sport ma se la prendi bene è simpatica. »

La ragazza la guardò perplessa, associare qualcuno definibile “bizzarro” a Chiara era un fatto davvero raro e particolare.

« Senti e come vi siete conosciute voi due? Come siete diventate amiche? »

Cercò di indagare.

« In realtà siamo solo conoscenti, girava col gruppo di mio fratello. »

« Ah, ok. »

Rispose piatta tornando al suo frappè.

Mica lo conosceva il fratello di Chiara e anzi, ad essere sinceri, fino a quel preciso momento avrebbe giurato che lei, di un fratello, non ne avesse proprio mai parlato.

 

« Ehi! »

Sentì proprio dietro la nuca mentre una mano si poggiava sulla spalla di Chiara la quale si girò e rispose sorridendo al saluto mentre io mi limitavo a guardarla facendo un cenno con la mano e abbozzando un sorriso: ero troppo occupata a squadrarla.

Era il perfetto opposto delle persone con le quali la sua amica solitamente si circondava.

Era alta, con i muscoli definiti sulle braccia e polpacci; i capelli erano neri e corti, rasati ai lati e sparati in aria con lacca a volontà; portava gli occhiali e sorrideva.

Sorrideva davvero tanto ma, a differenza di Chiara, il suo sorriso non aveva quella patina di falsità.

Lo trovava bellissimo e limpido. Sincero.

E avrebbe potuto giurare di averlo già visto da qualche altra parte.

« Piacere, Beatrice »

Disse sorridendole ancora

« Elisa. »

Rispose solamente.

Beatrice piegò la testa spalancando gli occhi.

« Aspetta ma.. »

Poi si trattenne.

Che fosse la sua ex compagna di classe non c'era alcun dubbio.

Poteva chiederle scusa per quello che aveva fatto un paio di anni prima.

Poteva fare finta di niente.

Poteva dirle chi era.

Le si offrivano molte possibilità ma la ragazza decise di tacere.

 

« Beatrice, non è divertente.»

La maniglia della porta si abbassava frenetica mentre la ragazza parlava.

Sentiva la sua voce fremere.

« Apri. Questa. Maledetta. Porta.»

Sbatteva i pugni contro lo stipite.

Beatrice la guardava, più atterrita di lei per quello che aveva appena fatto.

« Io caccio e tu sei la preda. Impara a stare al tuo posto, Eli.»

Rispose gelida pescando un sentimento di odio ingiustificato dal fondo dello stomaco.

 

« Mh? »

« No, niente. »

Replicò tranquilla cercando di nascondere una smorfia dovuta al brutto ricordo.

L'altra ragazza invece non sembrava aver fatto caso a lei. Dopotutto era decisamente cambiata da quella che era una volta, dalla bulla bionda e oca che era.

Le venne un brivido ricordando quel periodo.

Chiara le guardò perplessa con lo sguardo indagatore di una persona che sa che quello non è il loro primo incontro; tale occhiata, però, venne intercettata da Beatrice che si premurò di fulminare qualunque domanda nascente riguardo quel frangente.

Alzò le spalle scocciata da quell'interruzione.

« Avete intenzione di rimanere qui tutta la sera? Dai che ci dobbiamo vedere con gli altri tra venti minuti. »

Poi si mise a camminare davanti a loro come se fosse un capo scout.

« Allora, Beatrice, Chiara mi ha detto che saremmo andate d'accordo. Mi dici qualcosa su di te? »

Prese coraggio e parlò per prima, non lo faceva spesso, era vero, ma non le andava di passare un'intera serata in silenzio.

Non quella sera.

 

Avevano vinto di 30 punti quella sera e lei ne aveva realizzati ben 18, di cui 6 in tiri da 3 punti. Era decisamente soddisfatta di se stessa, ricominciare a giocare le aveva dato una carica in più, una nota positiva, una scossa che le mancava ormai da troppo tempo.

 

Erano trascorsi tre mesi da quando Elisa aveva cambiato scuola e lei continuava a pensarci.

Si sentiva davvero un verme.

I rapporti con Claudia e Virgilia erano precipitati dopo quell'episodio.

Si parlavano molto di meno o meglio, lei parlava molto meno.

Passava le sue giornate in campetto, con la felpa pesante e lo scalda-collo a tirare verso il canestro, col buio ripetendo a voce alta:

« Tanto da lì non si sposta, puoi tirare anche ad occhi chiusi che sempre lì rimane. »

 

Uscì dallo spogliatoio con ancora i capelli freschi di taglio un po' umidi e il borsone sulla spalla destra; sedette sui gradini del palazzetto guardando le macchine che parcheggiavano per recuperare le altre atlete.

Ai suoi aveva detto di venire mezzora più tardi; diceva sempre loro di arrivare dopo, con la richiesta di voler rimanere un po' da sola.

Schiacciò la pallina aromatica sul filtro della propria sigaretta, fece schioccare lo Zippo stringendo appena il naso mentre un po' di fumo cominciava a salire nell'aria.

Ispirò profondamente lasciandosi riempire i polmoni.

Una mano le sfiorò la spalla e lei trasalì pensando si trattasse dell'allenatrice, pronta a rimbeccarla ancora per la questione del fumo; quando si voltò però si accorse che erano Claudia e Virgilia e pregò che non avessero assistito alla partita.

La irritava condividere una sua passione con chi non ne sapeva niente e con cui niente aveva da spartire se non un forzato “ciao” di circostanza.

« Bella partita. »

Disse Claudia.

« Sei stata forte. »

La completò Virgilia.

Beatrice le ignorò completamente tornando a fumare come se non esistessero.

« Ci chiedevamo »

Esordirono quasi in coro lanciandosi, poi, un'occhiata complice.

« Ci chiedevamo ecco se tu fossi ancora con noi. Non ci va di avere come amica un'emarginata sociale. Dovresti vedere come ti sei ridotta. »

Beatrice girò la testa sbuffando del fumo con un mezzo sorriso.

Si alzò in piedi e aspirò una boccata di fumo poi la riversò loro sul volto.

Fece cadere il mozzicone a terra e scese le scale senza rivolgere loro una parola.

 

Il lunedì seguente il posto vacante in prima fila, un tempo occupato da Elisa, cedette il suo titolo a quello nell'ultima.

Nessuno osò chiedere il perché di quella separazione. Non era nemmeno chiaro se qualcuno se ne fosse davvero accorto.

 

Beatrice la guardò da dietro gli occhiali con gli occhi che scintillavano.

« Perché dovrei toglierti il piacere di farti scoprire da sola tutto quanto? E poi, sinceramente, qualcosina su di me la sai già »

Le fece l'occhiolino mentre Chiara urlava qualcosa sul fatto che dovevano muoversi e che erano in ritardo.

« Sembra il Bianconiglio. »

Disse distratta mentre la scrutava a fondo.

Non le piaceva quel senso di familiarità ma non poteva essere quella Beatrice.

Il sorriso non era cattivo, non era così cattivo.

La sentì ridere ed ebbe un capogiro.

Accelerò il passo fino a raggiungere la sua amica.

« Senti.. non credo di sentirmi molto bene pensavo di tonare a casa. Ti da fastidio? »

La ragazza si girò per fulminare la nuova arrivata.

« Ha detto o fatto qualcosa di sconveniente? Guarda che se la risposta è si devi dirmelo! »

« No! Tranquilla, sono solo stanca e credo che il gelato mi si sia fermato sullo stomaco. Sai, un colpo di freddo. »

Cercò di sembrare convincente mentre cercava di non badare agli occhi che aveva addosso alle spalle.

« Se vuoi ti posso accompagnare io, prendo lo scooter e ti do un passaggio. »

« In quel caso verrei anche io. »

Aggiunse Chiara.

« E ci andiamo a piedi. »

Sottolineò con enfasi.

 

Elisa le guardò e sorrise forzatamente.

« Davvero, posso anche andare da sola, voi non eravate in ritardo? Ci sentiamo nei prossimi giorni Chiara! »

Poi guardò Beatrice e aggiunse un po' titubante

« Beh..ciao- »

Poi si allontanò velocemente, sgomitando tra una folla di turisti che era apparsa improvvisamente davanti a lei.

 

Sulla via del ritorno un paio di ragazzetti le fischiarono dietro ed ebbe l'impulso di strapparsi quella stupida canottiera e di darle fuoco ma poi il risultato sarebbe stato decisamente peggiore.

 

-*-*-

 

Si richiuse la porta di casa alle spalle con un sospiro.

Anche quella serata era conclusa.

Erano appena le undici meno un quarto, la città si stava svegliando in quel momento ma lei, di partecipare a quel frenetico caos notturno, proprio non ne aveva voglia.

Non riusciva a togliersi dalla testa quel sorriso e la tremenda sensazione che fosse chi non voleva.

 

Afferrò il cellulare dalla borsa.

Aveva due messaggi; uno era di Chiara che le chiedeva in un modo un po' troppo enfatico e concitato come stesse.

Il secondo presentava come mittente “Non rispondere.”

Decise di aprirlo comunque.

 

« Mi piacerebbe conoscerti e che tu conoscessi la vera me. Quella di due anni fa non c'è più. Te lo giuro. Buonanotte, Beatrice. »

 

Elisa guardò sconvolta il telefono rispondendo solamente con un secco « Dimostralo. »

 

 

~•~•~•~•~•~•~

L'angolo dell'autrice.

Salve a tutti. Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto. E' stato decisamente sofferto perché non sapevo come scriverlo ma ora ne sono pienamente soddisfatta e spero che vi catturi maggiormente nella storia.

Come sempre per qualunque cosa non esitate a scrivermi (:

Al prossimo aggiornamento,

 

-Giorgia.

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