Horrible Shirts

di TheOnlyWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***



Capitolo 1
*** I. ***






I.

 



Nuovo SMS.
 
“Stiamo rientrando adesso in albergo. Vieni, domani mattina? Lascio il tuo nome alla reception. Ti voglio bene, sogni d’oro.”
 
Oh, certo. Non sia mai che sua maestà la super celebrità del momento si scomodi. Dopotutto chi sono io? La sua migliore amica e basta.
È a me che tocca sbattermi da un angolo all’altro di Londra come un maledetto piccione viaggiatore, solo per poterlo vedere una misera e schifosissima ora. Sono io, tutte le accidenti di volte, a perdermi per colpa del mio pessimo senso di orientamento e sono io – ancora una volta – a dovermi sorbire quella piaga della sua stupidissima ma ahimé adorabile fidanzata.
Che poi, parliamoci chiaro, di adorabile ha ben poco: capelli lunghi e scuri, occhioni da cerbiatta, gambe affusolate, pancia piatta, buon gusto nel vestire.
Che razza di schifo, vero?
E se vi sembra che sia la gelosia, a parlare, siete sulla cattiva strada. Anche io sono esageratamente bella: ho i capelli scuri – un sacco di doppie punte, ma dettagli – e i miei occhi sono grandi e di un entusiasmante e assolutamente affascinante color cacca.
Oh, per non parlare poi della mia pancia e delle mie gambe! Sono così morbida, che potrei essere scambiata per un panda.
Altro che quella stupida oca rinsecchita. Cos’ha lei più di me? A parte il mio migliore amico, intendo. Niente, ve lo dico io.
Perciò butto il telefono sotto il cuscino, imponendomi di non rispondere al messaggio. Dovrei smetterla di frequentare Louis e, soprattutto, dovrei smetterla di pensare a lui in continuazione. Fa male.
No, che avete capito? Non male struggente, quello che non ti fa dormire la notte e che ti fa bagnare il cuscino per tutte le lacrime versate. Non quel tipo di male.
Il mio è proprio un male fisico. Pensare a Louis, soprattutto prima di dormire, ha un brutto effetto, su di me. Prima di tutto perché me lo ritrovo nei sogni, dove mi sussurra di amarmi dal primo momento in cui mi ha vista. Ovviamente è inutile dire che almeno nel mondo onirico sono molto più gnocca (non che ci voglia tanto, ma non importa.) e molto più attraente. La mia voce non è per niente fastidiosa, non dico parolacce e sono davvero dolce.
Comunque, tornando al male fisico: avete idea di quanto sia doloroso cadere dal letto ogni santissima mattina? Si, perché quando Louis arriva al fatidico punto in cui sta per baciarmi, o suona la sveglia, o mi scappa la pipì o, semplicemente, il mio cane comincia ad abbaiare contro qualche bastardissimo passante che ha erroneamente pensato di poterlo accarezzare.
Santo cielo, che gente cretina. Black è un pastore tedesco, non un cazzo di chiuahua microscopico. Perciò, che non si venissero a lamentare da me, se si ritrovano con un paio di dita amputate o con un arto in meno. Non è un mio problema.
 
“Hazel, stai già dormendo?”
 
Fastidiosissimo migliore amico. Ora, ragioniamo un momento: se non rispondo al messaggio è evidente che lo faccio perché non mi và di parlare, o perché sto dormendo. Perciò, perché deve tormentarmi l’anima? Non fraintendete, ogni volta che Louis mi cerca gongolo per almeno tre quarti d’ora, ma se lo fa prima che io vada a dormire, le possibilità che la mattina io mi svegli tra le coperte e non sul pavimento diventano abbastanza remote.
Scuoto la testa, sospiro e decido di non rispondere. Se devo passare la notte in bianco, tanto vale che mi goda l’ebbrezza di essere contattata per ben tre volte.
 
“Dai, tanto lo so che sei sveglia. Rispondimi, devo sapere se domani mattina ci vediamo.”
 
Che simpatico, accidenti. Partecipare ai suoi cavolo di eventi mondani l’ha trasformato in una specie di principessa isterica.
 
“Rispondimi? Mi hai scambiato per una tua cazzo di dipendente?”
 
Si, be’, che volete che vi dica. La delicatezza non è il mio forte. In compenso, sono davvero intelligente. Almeno credo. Voglio dire, rispetto a quella sottospecie di manico di scopa vivente che Louis spaccia per sua fidanzata, sono un vero e proprio genio. Forse potrei persino vincere un Nobel.
 
“Vedo che sei di ottimo umore come al solito. Mi sei mancata, questa sera. Vieni, domani? Per favore! Anche Liam vuole vederti, mi sta chiedendo di supplicarti.”
 
Bastardi. Gli One Direction non sono una boy band per adolescenti dagli ormoni impazziti. No, sono un gruppo di stronzi manipolatori, che piegano la volontà altrui al proprio desiderio. Io non so se voi avete mai visto Liam supplicare qualcuno, ma se vi fosse successo, capireste senz’altro il mio disaccordo.
Liam Payne è, probabilmente, l’unico essere umano in grado di muovere le corde sensibili del mio animo. Sarà la sua testa quasi pelata, saranno i suoi occhi dolci, sarà che non capisco nemmeno la metà di quello che dice per quanto parla in fretta, ma non riesco mai a dirgli di no.
E poi, in tutta sincerità, lui è l’unico che è apertamente dalla mia parte, quando c’è da schierarsi contro quel palo della luce (sempre lei, si.) e che mi ha chiesto come stavo, la mattina in cui sono inciampata nel tappeto e mi sono sfracellata sul pavimento davanti a loro.
Hanno riso tutti, ma Liam no. Cioè, ha riso, ma almeno mi ha aiutata ad alzarmi, mentre il mio cosiddetto “migliore amico” si rotolava sul pavimento con le lacrime agli occhi. 
 
“Avrei voluto che fossi lì con me, sarebbe stato tutto molto più divertente.”
“E certo, mancava il pagliaccio. Niall ubriaco e la tua fidanzata con i pantaloni a strisce non erano sufficienti.”
“Ci vediamo domani mattina, Hazel. Alle nove. Sei la migliore amica del mondo. Ti voglio bene.”
“Fanculo, Louis. (Ti voglio bene anche io).”
 
E tanti saluti alle speranze di svegliarmi indenne.


***


Buonasera.
Si, ci vedete benissimo! Sono proprio io e questa è una nuova storia. Perchè la sto pubblicando? Be', perchè sono contenta. Oggi è stata una giornata molto soddisfacente, per me (a differenza di ieri) perciò mi sentivo in vena di pubblicare.
Non so dirvi quanto sarà lunga (ma non credo tanto), nè se gli aggiornamenti saranno puntuali.
Spero di si.
L'unica cosa che posso dire è che spero vi piaccia. E' un po' leggera, come storia, nessuna pretesa, non vuole essere qualcosa di serio, ma solo una distrazione da Pretending. Almeno voi avete un'altra cosa da leggere, ecco.
Ah, poi, una cosa: Hazel dice un sacco di parolacce, ha un carattere complicato ed è una tipa mezza esaurita. Credo sia fortemente autobiografica ed è ispirata da un sacco di persone con le quali ho avuto conversazioni deliranti: Maria Giulia, Jas, Ale e Alice, principalmente. Se ho dimenticato qualcuno, chiedo scusa.
Poi, grazie a Jas che ha fatto il banner (che è bellissimo) nonostante non sopporti Louis - anzi, non so nemmeno se leggerà questa cosa, ma va be'. E niente, fatemi sapere che ne pensate, se avete voglia :)
Questi sono i miei contatti di Twitter, Ask, Facebook e del gruppo di Facebook, se volete, siete le benvenute.
E niente, vi adoro e siete fantastiche. <3




 

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Capitolo 2
*** II. ***







II.

 



Svegliarsi sul pavimento, a Febbraio, con gli spifferi gelidi che arrivano praticamente da ogni dove, il pigiama che ti stritola come un boa constrictor e il tuo migliore amico che ti bacia appassionatamente (nei sogni, ovvio.) non è quello che definirei un “felice risveglio”.
Anzi, per usare un eufemismo, direi che è proprio un inizio di merda. Così, per evitare di essere strangolata da ciò che indosso o di prendermi una broncopolmonite (che ci crediate o no, alle sette fa davvero freddo.) mi alzo e mi trascino fino al bagno, in una specie di stato vegetativo da cui uscirò, probabilmente – ma può anche darsi di no – intorno alle undici.
Mi guardo allo specchio, sperando che durante la notte non mi sia uscito un brufolo gigante, o i baffi o il pizzetto o qualsiasi cosa imbarazzante; per una volta, sembra che Madre Natura sia dalla mia parte e si sia decisa a concedermi una misera possibilità.
Con i capelli grondanti d’acqua, i piedi bagnati e un asciugamano azzurro avvolto intorno al mio pandoso corpo, me ne torno in camera alla ricerca di qualcosa che mi faccia sembrare un essere umano e non una sottospecie di caricatura di ciò che dovrebbe essere una donna o, nel mio caso, una fanciulla.
Dopo minuti di intenso ragionamento e di ancora più drammatica osservazione del mio intero guardaroba, decido quale sarà il mio prorompente e strabiliante look: jeans, maglione e anfibi. Entusiasmante, vero?
Se solo penso che Miss Perfezione indosserà, come minimo, quattrocento sterline di vestiti, mi viene da vomitare. Dopo un veloce calcolo su quanto invece valgono i miei, di vestiti, ho una gran voglia di chiudermi in soffitta e non uscirne mai più.
No, non vi dico quante sterline ho indosso.
Dopo aver asciugato i capelli (che, inutile dirlo) sembrano un ammasso stopposo di fil di ferro, passo al trucco. Sarà di sicuro il mio tocco di classe. Come no, ma se devo fare il panda, tanto vale farlo per bene.
Mamma dice sempre che ho una concezione piuttosto distorta del makeup e si offre in continuazione di rivelarmi qualche trucco (lavora in un negozio di cosmetici, nonostante la sua età non sia più quella di una volta. Adesso, quando le chiedono quanti anni ha, è davvero il caso che risponda: “Non si chiede l’età ad una signora”) ma io ovviamente mi sono rifiutata.
Sono perfettamente capace di cavarmela da sola, anche se la linea di eyeliner sembra più una doppia striscia continua dell’autostrada anziché l’ala di una rondine (si, è sempre un termine mammesco/makeup artist).
In compenso, ho uno sguardo molto intenso e minaccioso. Esattamente ciò che mi serve per superare questa giornata. Non so voi, ma dubito che riuscirò a sopravvivere.
Dopo aver inciampato nel piede del letto, pestato il mignolo del piede sinistro contro il comodino e aver tirato una testata alla mensola, riesco ad afferrare i miei braccialetti portafortuna e un paio di orecchini e, finalmente, scendo al piano di sotto.
Devo solo ricordarmi dove ho lasciato la borsa e il cappotto rosso.
«Santo cielo, Hazel. Sembri una zingara.» commenta mamma, portandosi teatralmente una mano davanti alla bocca.
Le rubo una delle fette di pane tostato che si è accuratamente preparata, guadagnandomi un’occhiata omicida e una cucchiaiata sulla mano.
«Grazie, mamma. È sempre bello ricevere i tuoi complimenti.» ridacchio, per niente offesa. Ormai, ci sono abituata. È mamma, che non si rassegna all’idea di avere una figlia strana.
«Non puoi togliere un po’ di bracciali, almeno? Assomigli ad un albero di Natale.» poi inclina la testa da un lato, mi osserva e scuote la testa. «No, ad una cartomante. Decisamente.»
«Vacci piano, o rischio di commuovermi. Secondo te, se comprassi un mantello nero, assomiglierei a Bellatrix Lestrange?» domando, girando su me stessa con la fetta di pane tostato tra i denti.
«Forse dovrei farti parlare con qualcuno, Hazel. Sei sicura di stare bene?» mormora mamma, evidentemente preoccupata.
«Si, voglio andare dallo stesso psicologo che hai consigliato alla tua amica Kim. Ti ricordi, no? Quella che non riusciva a trovare nemmeno un uomo. È da quando ha finito la terapia, che non passa una notte da sola. Non dico che sia zoccola, e comunque l’attività fisica fa bene, ma lei ci sta proprio dando dentro di brutto e…»
«Hazel Nicole Porter!» urla mamma, scandalizzata. Tanto lo so, che le viene da ridere. solo che si sente in dovere di difendere la sua amica Kim (che zoccola lo è davvero.)
«Nata il 26 Febbraio 1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel Nicole viene crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera età di quindici anni, ad opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo temperamento e di aspetto adorabile»
«La vuoi smettere, per l’amor di Dio?» mamma comincia a ridere, alza gli occhi al cielo e si avvicina per lasciarmi un bacio sulla guancia.
«Stavo arrivando alla parte migliore, donna insensibile.» mi lamento, oltraggiata. Mai una volta che mi lasci finire il discorso. La detesto.
«Piantala. Vuoi che ti accompagno io, da Louis?» si offre, gentile.
Vedete perché la amo? Lo so, cinque secondi fa ho pensato di detestarla, ma non c’è motivo di ancorarsi al passato, giusto? È comunque la donna che mi ha messo al mondo, e siamo legate da un affetto incredibile e…
«Davvero?»
«Ripensandoci, una passeggiata ti farà bene.»
… vaffanculo, la detesto.
«Sarà meglio che vada, allora. Spero solo che nessuno mi investa, rapisca, violenti, stupri o rapini.»
«Basta che guardi sulle strisce, tesoro! Salutami Louis e fagli le congratulazioni.» cinguetta, prima di volare al passo superiore con la grazia di una farfalla prossima alla pensione.
«Mica si è sposato!» le urlo, di rimando, mentre infilo il cappotto rosso. Dio, speriamo di non essere ingrassata durante la notte, altrimenti sembrerò un gigantesco panda travestito da Babbo Natale.
«Non ancora, tesoro! Ma quella Eleanor è così carina!» è l’ultima frase che sento, prima di chiudermi la porta alle spalle con un colpo secco e drammatico. Perché non c’è mai nessuno, mentre do il meglio delle mie capacità interpretative?
«Quella Eleanor è così carina.» ripeto disgustata, come se fosse la peggiore delle bestemmie. Mia madre fraternizza con il nemico, il mio migliore amico, invece, se lo sbatte. E a me chi ci pensa? Sono io quella che ha visto Louis nella sua fase peggiore! Quella che gli è stata accanto quando quell’altra lo ha lasciato, quando si è rotto la gamba, quando è scappato di casa perché ha litigato con sua madre, quando ha litigato con Harry, quando ha litigato con Zayn, quando ha litigato con Liam e Niall.
Capite, adesso? Louis bisticcia con tutti, come una cazzo di principessa bisbetica, poi viene a rompere i coglioni a me. Ed io, da buona e misericordiosa migliore amica quale sono, lo ascolto, lo lascio sfogare e gli consiglio nuove battute da rivolgere a quel manico di scopa. E lui cosa fa? Si incazza, perché il palo della luce è intoccabile, sua santità Eleonor, Vergine Immacolata di ‘sta minchia, non può essere tirata in ballo.
Colei Che Non Deve Essere Nominata. Quella ragazza è il male, credete a me.
Continuo a borbottare per tutto il tragitto – che prevede due cambi di metro, un pullman e due chilometri a piedi – e, quando ormai sembrava impossibile, intravedo l’insegna dell’Hotel (ovviamente a cinque stelle, non sia mai che si degnino di alloggiare tra i comuni mortali).
Vengo fermata dal portiere, un uomo di cinquant’anni con un paio di folti baffi neri e un parrucchino altrettanto scuro, che copre la fronte ampia e liscia.
«Non può entrare, signorina.» sostiene, con aria professionale e tono perentorio.
Inarco un sopracciglio e arresto la mia camminata, domandandomi per quale accidenti di motivo tutte le rotture di coglioni siano rivolte a me. Dev’esserci una qualche specie di complotto, dietro. Le forze cosmiche si stanno impegnando per farmi incazzare, ecco tutto.
«Per quale motivo?» domando, mordendomi la lingua per trattenere la sequela di parolacce che altrimenti mi scapperebbe.
«Non ha un abbigliamento appropriato.»
Che? Ma vaffanculo.
«Sarà appropriato il tuo, vacca zozza. Scusa, eh, ma ho lasciato il Versace in lavanderia.» celio, prima di schivare il braccio teso dell’uomo e infilarmi nella porta girevole.
Sperando di non incastrarmi e di non passare il resto della mattinata a correre come un criceto in una ruota, riesco a beccare l’uscita e mi ritrovo nella Hall enorme e luminosa dell’albergo. Credo sia grande come casa mia (entrambi i piani, ovvio.) ed è arredata molto peggio e molto – troppo – sfarzosamente.
Mi dirigo a passo spedito (ho il terrore che Mr. Non Sei Vestita Bene mi stia seguendo, lo ammetto.) verso il banco dorato della reception e suono il campanello, nonostante il receptionista – come si chiamano quelli che lavorano lì dietro? – sia già presente e pronto a servirmi, ovviamente solo dopo aver dato un’occhiata ai miei vestiti.
Risuono il campanello, tre volte, perché mi dà fastidio il modo in cui mi fissa ed ho una malsana voglia di farlo incazzare.
«Come posso aiutarla?» domanda, rigido. Allontana il campanello prima che possa suonarlo un’altra volta (cosa che ero intenzionata a fare) e mi sorride brevemente.
«Uh. Mi serve il numero della stanza di Louis Tomlinson.»
«Mi dispiace, ma non posso fornire questo tipo di informazioni. A meno che il signor Tomlinson non abbia lasciato detto il suo nome.» spiega, pazientemente, come se avesse già ripetuto la stessa solfa milioni di volte. Oddio, non mi avrà mica scambiato per una stalker?
«Certo. Hazel Porter, controlla pure.» picchietto con il dito indice sulla lunga lista che ha davanti a sé e lui dà una veloce occhiata.
«Non c’è, mi dispiace.»
Si, certo, come no. Dalla faccia non si direbbe proprio. Non oso nemmeno immaginare che espressione avrebbe avuto, se gli fosse dispiaciuto sul serio.
«Impossibile, ha detto che avrebbe lasciato il nome. Ricontrolli?» gli domando, un po’ bruscamente.
Inutile dire che sto per perdere la poca, esigua e pressoché inesistente pazienza che possiedo.
«Mi dispiace, signorina. Non c’è nessuna Hazel Porter, sulla mia lista.» sorride, malevolo e con un cenno della mano mi invita ad allontanarmi dal banco per lasciare spazio a chi, invece, sulla lista c’è.
«Ficcatela su per quel culo stretto, la tua cazzo di lista.» sbotto, scostandomi da un lato e frugando nella tasca del cappotto alla ricerca del telefono.
Un’aristocratica signora bionda mi rivolge uno sguardo scioccato, poi scuote la testa.
«I giovani d’oggi non hanno più rispetto, Batuffolo.» mormora, al suo orribile barboncino.
«E voi vecchi non vi fate mai cazzi vostri, come la mettiamo?» le rispondo, con un sorriso decisamente amabile. La vecchia strabuzza gli occhi, mi lancia un altro sguardo oltraggiato e si allontana.
Finalmente, riesco a trovare il telefono – un catorcio che funziona solo grazie alla bontà divina – e cerco velocemente il numero di Louis.
Il telefono squilla a vuoto una, due, tre volte e il mio nervoso aumenta in maniera direttamente proporzionale al numero degli squilli.
«Deficiente. Testa di minchia che non è altro. “Lascio il tuo nome alla reception.” Stronzo.» pesto il piede per terra, stizzita, sperando che tutto l’astio che sto provando in questo momento per Louis lo raggiunga e lo svegli.
Mi guardo intorno, spazientita, mentre rifletto sulla mia prossima mossa: di certo non me ne vado, non dopo tutto l’infinito viaggio che ho compiuto per arrivare fino a qui. Posso provare a chiamare uno di quegli altri, ma penso che nemmeno loro mi risponderebbero.
Che giornata di merda. Devo trovarmi un migliore amico più affidabile, decisamente. E, soprattutto, devo farmi passare questa cazzo di sottospecie di cosa imbarazzante. Dico davvero, non è da persone normali. Soprattutto considerato che Louis è già impegnato con Miss Lavoro Da Hollister Perché Sono Più Bella Di Te.
Mi rosicchio una pellicina del pollice sinistro, cercando di non scorticarmi come l’ultima volta e, intanto, continuo a pensare.
Forse potrei chiedere di nuovo al receptionista, ma non credo che sarebbe molto disposto a riguardare la sua lista, dopo il modo in cui gli ho risposto. Sbuffo, disperata.
Come al solito, è tutta colpa di Louis. Quel ragazzo è la causa delle mie disgrazie.
«Cazzo.»
«Hazel! Sei venuta!»
Liam Payne è la mia salvezza. Lui si che è intelligente, non come quell’altro tonto. Ed è così carino, e gentile e adorabile che nominarlo “Amore della mia vita” sarebbe una mossa geniale.
Gli getto le braccia al collo, emettendo un urletto stridulo che lo fa scoppiare a ridere. Poi gli stampo un bacio sulla guancia sbarbata e sospiro.
«Quel cretino non ha lasciato il nome. Ed io che ho camminato al freddo e al gelo, solo per poterlo vedere un po’.» mi lamento, offesa.
«Grazie per la considerazione.»
«Non rompere, anche tu. È ovvio che volevo vedervi.» sorrido, sforzandomi di essere convincente. Certo, mi fa piacere parlare con gli One Direction in completo, ma il pensiero, ieri sera, non mi ha minimamente sfiorato. Insomma, Louis mi ha mandato un sacco di messaggi, quanto potevano interessarmi gli altri quattro?
«Farò finta di crederci.» ride Liam, scompigliandomi i capelli. Come se non facessero cagare già abbastanza. Ah, che simpatici questi giovani d’oggi.
«Dio, che rompipalle. Andiamo o no? Ho sempre sognato di ordinare la colazione in camera.»
Lo so, che ho già mangiato, e allora? Tanto qualche caloria in più non mi farà male. Che ci crediate oppure no, essere me è una vera faticaccia.



***



Ecco qua il secondo capitolo :)
E' tutto un po' demenziale, me ne rendo conto, e Hazel è una scoppiata di dimensioni epiche. (Molto autobiografica, sappiatelo.)
E niente, è volgare, sboccata e un po' scema, ma io la adoro, davvero. Mi diverto troppo a scrivere questa storia, anche se - come ho già detto - non ha ALCUNA pretesa. E' solo una cazzatina per non lasciarvi solo con Pretending u.u
Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere se è il caso di darmi all'uncinetto ;)
E grazie per le recensioni allo scorso capitolo, vi adoro! <3
 

 

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Capitolo 3
*** III. ***








III.

 




«Guardate chi ho trovato!» Liam entra nella suite 2017 con aria baldanzosa, trascinandomi con sé nemmeno fossi una sorta di mascotte o qualcosa del genere. Insomma, non è che ha trovato quella gnoccona di Emma Watson per strada e l’ha magicamente convinta a seguirlo.
Sono solo io, con il mio rossissimo cappotto, il mio pandoso trucco e le mie zingaresche cianfrusaglie. Perciò, direi proprio che è il caso di frenare l’entusiasmo.
«Ciao, dolcezza.»
Zayn è il primo a salutarmi, con un abbraccio delicato e un bacio sulla guancia. Ancora non riesco a capire perché si ostini a chiamarmi dolcezza, visto e considerato che io, di dolce, non ho proprio niente, ma è così carino che non me la sento di dirgli che ho un nome proprio e che mi piace – ogni tanto – che la gente lo usi.
«Cia’» bofonchio, imbarazzata. Lo so, lo so, sentirmi dire che sono imbarazzata fa strano anche a me, ma che ci posso fare se sono tutti così schifosamente belli, qui dentro?
Il secondo a farsi avanti è Niall, che mi abbraccia – sbatacchiandomi da una parte all’altra come se fossi un peluche – con entusiasmo e torna a raccattare gli auricolari dell’iPhone dal tappeto posto al centro della stanza. E no, il fatto che io sappia che possiede un iPhone (mentre io invece no) non mi rende affatto gelosa.
«La coppia dell’anno dov’è?» domando, sarcastica.
Per coppia dell’anno, ovviamente, non intendo Louis e il suo inseparabile manico di scopa da viaggio, ma Louis ed Harry. A quanto pare quei due sarebbero follemente innamorati l’uno dell’altro e, a mio modesto parere, sarebbe molto meglio che Louis fosse innamorato di Harry, anziché di quell’oca stupida. Visto che comunque di me non si potrebbe mai innamorare, Harry sarebbe una scelta decisamente accettabile.
«Doccia.» risponde Liam, buttandosi sul divano con incredibile agilità.
«Insieme?» domando, perplessa. Non mi sconvolgerebbe, sia chiaro, ma sarebbe piuttosto strano. Liam ride, picchia con la mano sul posto accanto a sé e mi fa cenno di raggiungerlo.
«No.» ride, mentre mi siedo. «Louis è sotto la doccia, Harry dorme.» spiega, più dettagliatamente.
Per un attimo, la mia mente viene travolta dall’immagine di Louis che si fa la doccia, facendomi arrossire.
«Capito.» asserisco, seria. Fa un caldo terribile, o è solo una mia impressione? Forse dovrei suggerire di abbassare un po’ il riscaldamento. Accidenti, che afa.
«Vuoi raggiungere Louis?» domanda Liam, come se niente fosse. Spalanco gli occhi, arrossisco e mi strozzo con la mia stessa saliva, cominciando – di macabra conseguenza – a tossire come una disperata.
Ridacchiando, Liam mi colpisce la schiena con qualche pacca, in attesa che la smetta di strozzarmi o, in alternativa, muoia.
Ecco, quando ho detto che Liam è adorabile, non mi riferivo certamente a questo lato bastardo del suo carattere. Si è, chissà perché, bizzarramente convinto che io sia innamorata di Louis e non perde l’occasione per farmi presente la sua onniscienza con qualche battuta sarcastica. Se non fossero rivolte a me, le troverei davvero divertenti.
Ma purtroppo sono il soggetto in questione e vivo con il terrore costante che prima o poi gli scappi qualcosa di troppo davanti al diretto interessato.
«Ti hanno mai detto che sei uno stronzo?» sbotto, tirandogli un pugno poco delicato sul braccio.
Liam ride – di nuovo – e scuote la testa.
«No, anzi. Tutti trovano che io sia dolce. Non lo pensi anche tu?» mormora, mellifluo. Bastardo. Non gli basta mettermi in imbarazzo per Louis, no, deve anche farmi arrossire. Non so, nessuno gli ha mai detto che non si sussurra all’orecchio delle fanciulle?
«Io trovo che tu sia stronzo, come ti ho già detto.» ripeto, prima di cadere in un silenzio tombale e (ovviamente) imbarazzato. Zayn si accomoda dall’altro lato del divano e mi circonda le spalle con un braccio. Mi perdo un attimo a guardare i suoi tatuaggi – sebbene per la metà (o tre quarti. O quattro quarti) di essi io non trovi un senso logico – prima di ricambiare il suo sguardo divertito con perplessità.
«Che vuoi?» bercio, in difficoltà.
«Ammettilo, che il più bello sono io.» sostiene, con quella sua voce un po’ strascicata ed estremamente ammaliante. Sento le guance andare in fiamme, poi alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
«Siete davvero un ammasso di cretini. Sul serio, dovreste cambiare direzione.» borbotto, incrociando le braccia sotto il seno. Santo cielo, che caldo. Questo cappotto è decisamente troppo pesante. Si, avete capito bene, in tutto questo, non mi hanno nemmeno dato il tempo di spogliarmi.
«Abbiamo una sola direzione.» sostiene Liam, un po’ rassegnato. Probabilmente ne ha le palle piene di gente che fa battute sulle direzioni, ma non è certo colpa mia se si sono scelti un nome di merda. Ognuno ha quel che si merita.
«Si, quella per andarvene a fanculo.» replico, prima di scoppiare a ridere come un’invasata coi controfiocchi. Lo so, che non è così tanto divertente, ma se posso farli incazzare, perché farmi sfuggire un’occasione tanto ghiotta?
«E poi non mi avete nemmeno fatto togliere il cappotto, che razza di gente strana. In quale direzione posso appoggiarlo?»
Liam e Zayn sbuffano, in perfetto sincrono, e mi indicano un ammasso di roba – probabilmente i loro giubbotti – accantonata in un angolo della stanza.
Ci lancio sopra il cappotto, e allento un po’ il colletto del maglione, cercando di farci passare un po’ d’aria. Forse non era imbarazzo, il mio, era davvero caldo.
Ed è nel momento esatto in cui mi volto, che le mie coronarie vanno a farsi fottere. E non solo quelle, in effetti.
Louis mi sorride con tranquillità, come se fosse perfettamente normale girare per la stanza con un asciugamano striminzito intorno ai fianchi e il petto gocciolante.
Oh, il mio povero fragile cuore. Si friziona i capelli con un asciugamano, poi lo appoggia sulla spalliera del divano e si avvicina per stringermi in un abbraccio vigoroso.
Molto male.
Molto, molto male. E non solo perché con il suo entusiasmo mi sta praticamente inzuppando il maglione, ma perché c’è il rischio che da un momento all’altro quel cazzo di asciugamano gli cada dai fianchi.
E, checché ne pensiate voi, io non sono ancora pronta a vedere Louis nudo come mamma l’ha fatto. Non che mi dispiacerebbe, ma certe cose non si fanno in presenza di testimoni.
Sento Liam ridere e mi volto per gettargli un’occhiata minacciosa, che promette una morte violenta e decisamente dolorosa.
Louis mi lascia un bacio sulla fronte, come al solito, poi si stacca.
«Sei venuta!» sembra sorpreso, il che è decisamente comprensibile, visto che spesso non mi presento ai suoi appelli. Va bene tutto, ma non sono mica un galoppino, io. Ho la mia dignità, anche se in questo momento non si direbbe proprio.
Ora che ci penso, mi torna in mente la simpatica conversazione con il receptionista e mi ci vuole veramente poco per ricordarmi che la colpa è di Louis.
«Si, e tu sei troppo impegnato a girare come un cazzo di egiziano per mettere il mio nome su quella cazzo di lista! Stronzo, mi hai fatto litigare di prima mattina!» ringhio, spintonandolo con enfasi.
Louis ride, poi fa spallucce e apre le braccia con fare teatrale.
Il che mette in evidenza i muscoli e la linea a v dei fianchi. E poi, proprio mentre solleva le braccia un altro po’, il nodo all’asciugamano si sgancia.
Mi volto di scatto, con una mano a coprire gli occhi e le guance ormai fosforescenti. E Louis cosa fa? Anziché coprirsi subito comincia a ridere, come il perfetto coglione che è.
«Quante scene, Hazel. Da piccoli abbiamo anche fatto il bagno insieme, ricordi?»
«Perché devi traumatizzarmi ancora di più? Vestiti, cazzo! O hai bisogno di prendere aria?» urlo, con voce stridula.
Che sia chiaro, io non ricordo affatto di aver fatto il bagno con Louis. Dev’essere senz’altro una gran cazzata, perché credo mi ricorderei di averlo visto nudo.
Insomma, certe cose non si dimenticano, no?
«Se io ti vedessi nuda, non farei mica tante storie.» sostiene Louis.
Come. Se. Niente. Fosse.
«Se non ti muovi ti prendo a calci in culo! Sai chi farebbe storie? Quel pechinese che ti porti appresso!» ribatto, cercando di tornare al divano con gli occhi chiusi.
Improvvisamente cala un silenzio tombale ed io so che sta succedendo qualcosa. Lo sento. Perciò apro lentamente gli occhi, prendendo atto della situazione.
Louis è sparito di nuovo in bagno (per somma gioia del mio povero cuore palpitante), Zayn si sta fissando ostinatamente la punta delle scarpe, Liam sghignazza senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo e Niall continua ad ascoltare la musica. Vago ancora un po’ con lo sguardo, fino a che individuo il motivo di tanto imbarazzo.
Sua Santità in persona si staglia sulla soglia della stanza con il suo imponente naso e con il suo molto meno impressionante sguardo minaccioso. Non farebbe scappare nemmeno un coniglio, il che è tutto dire.
Mi guarda dall’alto del suo metro e settantadue (senza tacchi, come precisa ogni volta) e incrocia le braccia sotto il suo inesistente seno.
«Pechinese?» domanda. Anzi, ringhia.
Estremamente terrorizzante, credetemi. Sento la paura scorrere nelle vene al posto del sangue e mi ballano talmente tanto le ginocchia che sono costretta a sedermi.
Perciò mi faccio di nuovo posto tra Liam e Zayn, sgomitando contro il primo per intimargli di farsi un po’ più in là. Questi sono gli svantaggi di avere un culo grosso come il mio. E non intendo dire culo in senso metaforico, ma nel più puro e semplice senso letterale.
«Si, hai presente quei cani orribili? Ecco.» replico, estremamente seria.
Non che di solito io mi faccia problemi a dire a sua maestà quello che penso, ma vedere Louis nudo mi ha un po’ scombussolata. E non poco.
Miss Naso Che Fa Provincia inclina la testa da un lato, confusa, poi fa spallucce – perché ovviamente si ritiene superiore a tutti noi, poveri mortali – e si riporta i capelli dietro le spalle con un gesto così vezzoso che mi viene voglia di vomitare.
«Non voglio nemmeno sapere cosa ti passa per la testa.»
«Credimi, non ti converrebbe affatto.» celio. Liam ridacchia e alza gli occhi al cielo.
«Vuoi litigarci anche oggi?» mi sussurra all’orecchio. Inarco un sopracciglio.
«Io? Litigare con sua altezza? Non sia mai.»
Non solo vorrei litigarci, ma mi piacerebbe anche buttarla giù dalla finestra. Anche se forse il naso la salverebbe. Magari riesce a incastrarlo tra le sbarre di un balcone, per rimanerci appesa. Bisognerebbe provare.
Si sente un po’ di rumore provenire dal bagno – qualcosa che cade. O meglio, qualcuno – dopodiché Louis torna in salotto, vestito con una terribile camicia azzurra a maniche corte e un paio di jeans di lunghezza non bene definita.
Il Pechinese scodinzola e gli si avvicina, con le labbra già protese per ricevere un bacio. Giro la testa dall’altra parte, per evitare di ridere nel momento in cui l’appendice nasale di Eleonor si scontrerà con la guancia di Louis.
Zayn rotea gli occhi, seccato. A quanto pare Eleonor non perde l’occasione per baciare Louis, incurante del fatto che i presenti possano rimanerne impressionati.
«Eleonor, posso farti una domanda?» chiedo, perciò.
Lei si separa da Louis (finalmente) e mi rivolge un’occhiata astiosa.
«Mi chiamo Eleanor, non Eleonor.»
«Fa cagare uguale, tranquilla.» mi affretto a precisare.
«Louis, amore!» pigola, cinguetta, abbaia, insomma, dice, oltraggiata.
Louis inclina il capo per guardarmi negli occhi, poi sorride con aria di rimprovero.
«Hazel.» mi ammonisce.
«Dai, Lou, lo sai anche tu che ho ragione.»
Ovviamente lui si affretta a negare, perché non sia mai che vada contro la sua fidanzata. E comunque chi se ne importa, io lo so che Eleonor, Eleanor o che dir si voglia, è un nome di merda. Fine della storia.
«No, comunque, sapete che stavo pensando?» domando, deviando il discorso con invidiabile non-chalance.
Liam si agita nervosamente sul posto, come se avesse piantato il suo prezioso culo su un cactus, Zayn mi fissa curioso, Louis sta già ridacchiando – perché probabilmente immagina che sto per dire una cosa stupida – e il Labrador scodinzola.
«Dovreste comprarvi un cane, una specie di mascotte. Eleonor non può seguirvi sempre, magari potreste sostituirla con un Dalmata. Dicono che siano molto più intelligenti. Senza offesa, eh!»
 
 
 
***
 
 
 
Buon pomeriggio, fanciulline belle (?)
Niente, oggi vado molto di fretta, perché devo andare a fare la spesa AHAHAHAH  
Perciò niente, spero che vi sia piaciuto e fatemi sapere, se vi và! ^^
Intanto vi ringrazio davvero per le recensioni allo scorso capitolo! E per le seguite/preferite/ricordate! <3
Vi adoro!
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** IV. ***








IV.

 





Qualcuno mi ammazzi, per piacere.
Non importa come, basta che mi togliate da questo merda di mondo. Mi accontenterei anche di una pastiglia di cianuro, o veleno per topi, o una corda. Una corda sarebbe davvero perfetta!
Così, magari, anziché impiccarmici io, posso appenderci Miss Non Riesco A Non Baciare Il Mio Fidanzato.
Ma lasciate che vi chiarisca la situazione. 
Dove mi trovo? Al ristorante dell’hotel. Con chi? Con le cinque direzioni. Anzi, quattro, visto che ne manca uno. E cioè Harry, che dorme ancora. Rettifico: tre.
Liam mi ha appena abbandonata per andare a recuperare la sua invitata speciale.
Perciò siamo qui, le tre direzioni, io ed Eleanor.
Il motivo? Non lo conosco, mi dispiace. Io l’ho detto che non potevo proprio fermarmi per il pranzo, perché sono intollerante al lattosio, allergica ai Pechinesi e a dieta, ma qua nessuno sembra prendermi sul serio.
L’intolleranza è un problema serio!
«Stai tranquilla, dolcezza. Abbiamo già parlato col capocuoco.» mi informa Zayn, prima di afferrare un grissino e sgranocchiarlo con ingordigia. Annuisco per ringraziarlo, ma sono ancora un po’ titubante. Insomma, ho dovuto pregare in aramaico che Louis lasciasse il nome alla Reception (e ovviamente non l’ha fatto), perciò come posso credere che hanno parlato col capocuoco?
«Anche con la Protezione Animali?» domando, giocherellando con il coltello. Zayn segue il mio sguardo, poi scoppia a ridere, quando si rende conto che la mia preda è il pechinese, che in questo momento sta sussurrando qualcosa all’orecchio di Louis, che l’ascolta con pazienza e – secondo il mio modesto parere – con esasperazione.
Si volta verso di me e mi sorride.
«Hai lo sguardo omicida, Hazel.» dice, ignorando completamente Eleanor, che sembra offendersi a morte.
Ah, la vittoria, che sapore sublime e meraviglioso. Sorrido, sforzandomi di contenere la mia soddisfazione.
«Lo so.» confermo. Be’, per lo meno non si può dire che io non sia sincera. Chi avrebbe avuto il coraggio di ammetterlo? Nessuno, e questo perché le persone fanno le cose di nascosto. Cioè, le persone come Eleanor. Lei è tutta un “Louis, amorino bello e blablabla” ma io sono convinta che se le si presentasse un’occasione migliore la coglierebbe al volo e pianterebbe Louis così, su due piedi.
Che poi, è difficile trovare qualcuno migliore di lui. E’ simpatico, stupido, bellissimo, smemorato, veste terribilmente male – molto, molto male – e litiga in continuazione con chiunque gli capiti a tiro. Si, be’, forse non è così difficile.
Ma io lo amo così com’è.
Non volevo dire che lo amo in quel senso. Davvero, lo amo come amo i biscotti al cioccolato (quelli che mamma compra apposta per me), come amo i cartoni animati, come Matthew Lewis.
Oh, merda.
Cancelliamo le ultime quattro righe, okay? Mai detto di amarlo. Non mi trasformerò in un’altra patetica Eleanor. Assolutamente no.
«E sei anche diventata rossa. Oddio, non è che stai male?» si sporge per sfiorarmi la fronte con le labbra, incurante dello sguardo omicida della sua fidanzata. Sento le guance andare a fuoco, ma non mi scosto.
«No, no. Sto bene, davvero!» gli sorrido, imbarazzata. Louis mi pizzica una guancia, con affetto, e mi osserva ancora per qualche secondo, come per assicurarsi che io abbia detto la verità e non una balla colossale.
Tecnicamente sto bene, comunque. A parte le coronarie, il cuore e le ginocchia che tremano, ovvio.
«Buongiorno.»
La quarta direzione – alias Harry Styles – si precipita al tavolo, con lo sguardo mortificato di chi è consapevole di essere in ritardo e si aspetta che qualcun altro glielo faccia presente.
Fortunatamente nessuno dei suoi amici sembra in vena di rimproverarlo. Niall e Zayn sono impegnati in una fitta conversazione a proposito di una “tipa con le gambe più chilometriche del mondo” che hanno incontrato ieri sera e Louis ha ripreso a parlare con sua santità.
«Alla buon’ora.» bercio, in direzione di Harry, che si passa una mano tra i capelli con aria imbarazzata. Poi sorride, mettendo in mostra quell’arma di distruzione di massa che sono le sue fossette.
«Non attacca, perciò piantala di sorridere come un coglione e passami un grissino.» ordino, spazientita. Eleanor sta baciando Louis ed io vorrei tanto ficcarle il grissino nell’occhio. O, comunque, mi piacerebbe che si staccasse da Louis!
Ancora una volta, sembra che le mie manie omicide mi si leggano in faccia, perché Harry ridacchia, poi mi fa un occhiolino (che, sinceramente, è quasi d’effetto quanto le fossette) e annuisce, come a dire che ci penserà lui, a risolvere la situazione.
«Lou, hai più sentito Oliver?» domanda, tanto per. Oh, andiamo, una scusa migliore no? Louis ed Eleanor si separano, smettendo di mangiarsi la faccia a vicenda, e portano l’attenzione su Harry, che mi rivolge uno sguardo divertito e sornione.
Solo perché ha azzeccato una mossa, si sente il grande vincitore della guerra contro Eleanor.
Quello che non sapete (perché io non l’ho detto, ovviamente), è che anche Harry odia Eleanor. Si sforza di non darlo a vedere, perché Louis è il suo migliore amico e quindi porta avanti quella gran cazzata dell’approvare ogni sua scelta, ma la detesta.
Quando ci sono io nei paraggi, cerca sempre di sabotarla. Sono piuttosto sicura che sapere di avermi accanto gli dia forza. Anche perché, in genere, penso a tutto io, soprattutto per quanto riguarda la parte verbale della demolizione.
«No, però stavo pensando che potremmo organizzare una bella festa. Una cosa piccola, ovviamente. Che ne dici?» domanda Louis, sfregandosi le mani già entusiasta all’idea.
Io gemo, perché odio profondamente le feste – almeno quanto odio il pechinese – e non so mai comportarmi. Non bevo nemmeno, perché il solo pensiero di cosa potrebbe scapparmi dalla bocca mi terrorizza. Avete la più pallida idea di tutto quello che potrei dire, se rimanessi senza freni inibitori?
Come minimo mi arresterebbero per tentato omicidio plurimo e non mi sembra il caso, visto che sono ancora giovane e nel pieno delle possibilità.
Perciò rabbrividisco, terrorizzata.
«Che brutta faccia.» cinguetta Eleanor.
Certo, come se le avessi chiesto qualcosa, poi. E poi, da che pulpito! Come se la sua faccia fosse tanto migliore della mia. Il che, credetemi, non è mica tanto positivo.
«Pensa al tuo naso, anziché criticare la mia faccia.» imito il suo tono di voce talmente bene, che Louis si volta a guardarmi, colpito. Che c’è? Ho parlato come Miss Mondo talmente tante volte, che ormai ho perso il conto.
«Ma tu un po’ di educazione non ce l’hai proprio, Hazel?»
«E tu un po’ di dignità?» ribatto, con un sorriso angelico. Harry deve mascherare la risata con un colpo di tosse e Louis, invece, mi tira un coppino deciso, che gli fa guadagnare una gomitata sul costato.
«Smettila! Ma che cavolo ti prende, oggi?» mi sussurra.
Cosa mi prende? COSA MI PRENDE? Mi prende, stupido idiota, che mi sono rotta il cazzo di essere la tua migliore amica. Mi prende che mi sono stancata di vederti baciare  Eleanor. Mi prende che non ce la faccio più, ecco tutto.
«Niente. Non mi prende un bel niente.» rispondo quindi, semplicemente. Non potrebbe mai capire.
Lui non mi guarderebbe mai, nemmeno se non fosse già fidanzato. Non ho uno straccio di possibilità. E, che mi piaccia o no, questo mi ferisce più di quanto vorrei.
«Sei strana, ultimamente.» conclude quindi Louis.
La possibilità di replicare mi viene tolta – fortunatamente – dall’arrivo di Liam e della sua nuova invitata.
La prima cosa che mi viene in mente, guardandola, è che sia una gran figa. È una di quelle ragazze che non puoi fare a meno di fissare. Una di quelle che prende la tua (misera) autostima a calci in culo.
Ha una cresta di capelli biondo platino, un viso pressoché perfetto, labbra carnose e occhi azzurri e luminosi. Sfido io, a non sentirsi minacciati da una così.
È truccata di nero, ma in modo così perfetto che io mi sento ancora più panda del solito. Perché su di lei non sbava? La osservo mentre si siede nel posto davanti al mio. Liam le si accomoda accanto, con un sorriso felice che non gli vedevo da tempo.
«Ragazzi, lei è Noah.» la presenta.
Noah. Anche il nome è bellissimo e si adatta perfettamente al suo aspetto così prorompente ed aggressivo.
«Tu devi essere Hazel.» esordisce, senza degnare di un’occhiata i presenti. Annuisco, confusa.
«Liam mi ha parlato un sacco di te. Dice che hai proprio un bel caratterino.» sostiene, divertita. Mi volto verso Liam, con tutto l’intento di trucidarlo e lui alza le mani in segno di scusa.
«Che fai, sputtanamento in anteprima?» gli ringhio contro. Noah ride, poi mi allunga il pugno, nel tipico saluto da… cosa? Rapper? Ricambio, ancora perplessa. Non riesco a capire se Noah mi piace, oppure no.
«Io sono Eleanor, invece.» si intromette il pechinese, pochi secondi dopo. Evidentemente, non sopporta che le venga tolta la scena.
Noah la guarda, inarca un sopracciglio scuro e resta tragicamente in silenzio.
«Ah-ah.» mugugna, quindi. Eleanor sorride, falsa come una banconota da 6 sterline, ma è ovvio che non se l’aspettava. È abituata ad essere trattata come una principessa e l’indifferenza la irrita alquanto.
«Sono la fidanzata di Louis.» continua il palo della luce, imperterrita. Inutile dire che si diverte a rigirare il dito nella piaga.
«Si, penso lo sappia tutto il mondo. Sai, dovreste smetterla di farvi la laringoscopia in diretta mondiale. È una cosa perversa.» afferma Noah, dopo qualche secondo di religioso silenzio.
È ufficiale: la amo.
Si volta di nuovo verso di me, ignorando gli sguardi allucinati di Eleanor, Louis e delle altre direzioni. Io sono l’unica – chissà perché – che la guarda con evidente approvazione.
«Tu ed io andremo molto d’accordo.» dichiara.
«È impossibile andare d’accordo con Hazel. Lei litiga con chiunque.» si intromette Louis.
«Senti chi parla. Perché non ti fai una cagata, Louis? O devo ricordarti tutte le litigate che hai avuto tu?» insinuo, seccata.
Non solo non mi considera, ma non fa niente per mettermi in buona luce. Lo so anche io che litigo con tutti, ciò non significa che non abbia le mie buone ragioni. Non mi metterò ad elencare tutti i casi, ma vi basti sapere che ogni volta che ho discusso con qualcuno, l’ha fatto per un valido motivo. Come quella volta in cui Liam mi ha rubato l’ultimo biscotto al cioccolato.
«Hazel, davvero, oggi sei insopportabile.» ripete Louis. Ho capito, non c’è mica bisogno di farmelo presente ogni dieci secondi.
Noah sbuffa, guardando Louis con aria evidentemente irritata.
«Perché ho come l’impressione che tu non abbia capito un cazzo?»




***




Oggi è venerdì, perciò eccovi qua l'aggiornamento <3
Sono piuttosto di fretta, perchè tra poco devo uscire e non so a che ora rientro, perciò per non lasciarvi con fiato sospeso, pubblico ora e adios.
Niente, le cose stanno cominciando ad evolversi, è entrata in scena Noah (mi dispiace per chi di voi shippava Hazel e Liam) che io personalmente amo e che è ispirata a Mari - lo so, mi ami. - e niente. E' esaurita quanto Hazel, se non di più, perciò amatela e fine della storia. AHAHAH
Ah, ecco, devo dirvi una cosa: HilaryC, in una recensione, mi ha chiesto se Eleanor mi sta davvero sulle scatole.
Mi sono resa conto di non averlo specificato prima, perciò vi spiego adesso la mia visione delle cose: Eleanor mi è completamente indifferente. Per me, esiste o non esiste non cambia niente. Non mi sta per niente antipatica, anzi. Ma mi serviva che avesse la parte della rompicoglioni, perciò eccola qua. AHAHAH Niente, tutto qui.
Grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo, vi adoro!
Siete in così tante, non me l'aspettavo assolutamente, cavolo. Perciò grazie.

Per chi volesse parlare, essere aggiornato, chiedermi qualcosa, e blablabla, su twitter sono  @FTheOnlyWay

 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** V. ***







V.

 



«Non ho capito: qualcuno mi spiega perché sono ancora qui?» domando, scandagliando i volti dei presenti alla ricerca di una risposta sensata.
Niall, seduto sul tappeto con la chitarra in braccio, solleva appena il capo, continuando a pizzicare le corde con aria annoiata.
«Louis ti ha chiesto di aspettarlo.» mi ricorda.
«Certo, mi è chiaro. Ma perché lo sto aspettando?» incalzo, di nuovo, confusa. Voglio dire, non è che se Louis mi dice di tuffarmi di testa nel Tamigi io lo faccio.
«Perché Liam ti ha nascosto il cappotto. E senza cappotto non te ne puoi andare.» spiega pazientemente Harry. È seduto sul divano e sta giocando a Fruit Ninja con il suo – indovinate un po’? – iPhone ed ha l’aria di divertirsi parecchio.
Zayn, accanto a lui, sta disegnando qualcosa di indecifrabile (probabilmente il suo prossimo tatuaggio) su un blocco da disegno.
Mi gratto la guancia, annuendo lentamente. Giusto. Senza cappotto non posso andarmene.
«Ho un’altra domanda.» continuo, imperterrita. No, davvero, c’è qualcosa che non torna, qui. Non capisco proprio.
«Spara.» mi invita Zayn, interrompendo la sua opera d’arte per un momento. Si volta per guardarmi e sorride. Resto un momento abbagliata, perché – Louis o no – Zayn Malik è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto. E la cosa mi fa un certo effetto.
«La smetti di sorridere? Mi distrai.» bercio, facendolo ridere.
«Scusa, scusa.» si fa serio e con un cenno del capo mi invita a parlare.
«Quello che proprio non capisco, è perché cazzo Liam mi ha nascosto il cappotto. Qual è il suo problema?»
«L’unica che ha un problema sei tu.» esordisce Noah, rientrando nella suite con due bicchieri di Starbucks. Me ne porge uno, poi si avvicina al divano e si siede sul bracciolo, cominciando a sorseggiare la sua bevanda con aria serena e rilassata. Inclino la testa da un lato, ma questa volta decido di non chiedere.
O almeno, ci provo, ma dopo quindici secondi la mia volontà di rimanere nella più completa ignoranza va a farsi fottere.
«Che problema avrei?»
«Sei innamorata di Louis, e lui non lo capisce.» comincia Liam, portandosi al fianco di Noah e circondandole le spalle esili con un braccio. Lei solleva la testa e gli sorride, poi si concentra di nuovo su di me.
Vedete? Dovrei davvero imparare a tapparmi la bocca, anziché parlare a vanvera. Maledetta curiosità.
«Ma gli piaci di sicuro, solo che quell’acciuga sottosale ha deciso di attaccarsi come una cozza.» sostiene Noah.
A momenti sputo la mia cioccolata, perché le parole “Gli piaci di sicuro” sono assolutamente le più assurde che io abbia mai sentito in tutta la mia vita. Tossisco un po’, in difficoltà.
«Tutto okay, dolcezza?» domanda Zayn, premuroso. Ha ripreso a disegnare, ma ogni tanto si interrompe per seguire il discorso.
«Ah-ah. Più o meno, sì.» confermo, distratta. Poi torno a guardare Noah, che sta sorridendo con l’aria di qualcuno che la sa lunga. Il che è probabile, perché Liam le avrà raccontato un sacco di dettagli sordidi. Non che ce ne siano chissà quanti, ma Payne è un bravo osservatore.
«Perdona la schiettezza, Noah, ma che cazzo ti dice il cervello?»
Ho appena realizzato quanto ha appena detto e mi sembra la più grande cagata che sia mai uscita dalla bocca di un essere umano. Dico sul serio, si rende conto di quello che dice oppure, come me, parla tanto per passare il tempo?
Noah ride, poi guarda Liam che fa spallucce come a dire “Te l’avevo detto.” e si alza in piedi. Mi si avvicina e mi mette la mano sulla spalla.
«Louis deve solo capire che ti ama, Hazel. Tutto qui. Eleanor non gli piace davvero, ma è soggiogato da… be’, non lo so da che cosa. Forse è solo un coglione. Sì, dev’essere così, perché nessuno sano di mente preferirebbe lei a te.»
«Louis non è sano di mente, ma non è questo il punto. Il punto è che non gli piaccio, sono la sua migliore amica e basta. E resterà così.» concludo.
«Nei secoli dei secoli, amen. Che gran cazzata.» afferma Noah, alzando gli occhi al cielo. Mi stringo nelle spalle, perché non so davvero cosa risponderle. L’idea di piacere a Louis è talmente assurda che non ci ho mai nemmeno speso un minuto.
Okay, questa è una stronzata bella e buona. Ho perso il conto di tutti i film mentali che mi sono fatta, ma non ha mai creduto davvero che uno di quelli potesse avverarsi. Anche perché io non sono mai stata alle Hawaii e Louis non ha mai indossato un gonnellino di paglia.
«Sì, be’, non importa. Mi sono rotta le palle di stare qua dentro, scusate. Ci vediamo un’altra volta. Mi ridai il cappotto o devo prendermi una broncopolmonite?» sbotto, rivolta a Liam.
Cielo, non pensavo che i sogni infranti facessero tanto male. Più male che risvegliarsi per terra tutte le mattine, credetemi. È molto peggio.
E mi viene anche da piangere, il che non è un bene, perché io non piango per Louis. Non posso farlo, ne và della mia salute mentale.
Liam sospira, poi entra nella camera da letto e ne esce un secondo dopo, reggendo il mio cappotto tra le mani.
«Tieni.»
«Grazie.» lo indosso velocemente, afferro la borsa e senza dire più nemmeno una parola mi dirigo verso la porta. Nel momento esatto in cui sto tirando la maniglia verso di me, Louis spinge con così tanta forza che a momenti cado a terra.
«Ti avevo detto di aspettarmi.» ringhia, incazzato.
Inarco un sopracciglio, perché so riconoscere al volo quando è arrabbiato e mi rendo conto che, questa volta, la colpa dev’essere senz’altro mia. Tuttavia, non ho per niente voglia di discutere con lui, oggi.
Mi è passato l’entusiasmo. E poi, non è che si sia comportato molto bene nei miei confronti, perciò che se ne stesse con la sua fidanzata e tanti saluti.
«E io ti ho già detto che non sono ai tuoi ordini. Se sei tanto incazzato, lì c’è il muro. Prendi la rincorsa e sbattici quella testa di merda che ti ritrovi.» sibilo, indicando lo spigolo con il dito indice.
Sento una risata provenire dal salotto e riconosco il tono di Noah. Evidentemente sono tutti in ascolto. È bello sapere che i cazzi miei sono alla portata di mezzo mondo.
«Hazel.» Louis mi afferra per il polso, un po’ troppo bruscamente ed io reagisco tirandogli un calcio sullo stinco.
Urla, incredulo. Certo, come se fosse la prima volta che lo prendo a schiaffi. Non che l’abbia preso a schiaffi, ma fa lo stesso.
«Mi hai fatto male! Ma sei impazzita?» si lamenta, massaggiandosi il punto in questione con una mano.
«Sai cosa?» sbotto, prima di riuscire a trattenermi. «Mi hai fatto male anche tu.» e con questa massima decido che è giunta l’ora di fare la mia uscita ad effetto.
Che poi tanto ad effetto non è, visto che per andarmene devo passare accanto a Louis. Lo sento sospirare, probabilmente confuso, poi i suoi passi si aggiungono ai miei.
Non pensavo che mi avrebbe seguita. Non lo fa mai. Sono sempre io a stare dietro a lui e ai suoi sbalzi d’umore. E lui non pensa a nient’altro se non alla sua cara Eleanor (mi raccomando la “a”) e alle sue fantastiche canzoncine.
Non ha tempo per me, non sono così importante e probabilmente sarebbe l’ora che anche io crescessi e la smettessi di comportarmi come se avessimo ancora qualcosa in comune.
Mi infilo nell’ascensore in completo silenzio, del tutto intenzionata a non dire nemmeno una parola. Come al solito, mi rannicchio in un angolo, con lo sguardo puntato sulle scarpe. Louis sbuffa, incrocia le braccia al petto e per un attimo sembra che stia per parlare, ma non dice niente.
Non mi sono mai sentita così in imbarazzo – e stupida – stando da sola con lui. Non mi è mai capitato e non mi piace che lui abbia questo ascendente su di me.
«Non dici niente?» domanda, dopo un po’.
Inarco un sopracciglio, poi osservo il mio riflesso allo specchio. È gigante, occupa tutta la parete di fondo e sembra mettere in mostra tutta la mia inadeguatezza. Andiamo, come potrei piacergli? Sono in sovrappeso, acida, cinica e pure stronza. Perché mai dovrebbe guardarmi?
«Hazel…» mormora, avvicinandosi con cautela. Sento la sua mano scostare una ciocca di capelli che mi è finita davanti agli occhi e riportarla dietro un orecchio. Si ferma sulla mia spalla, stringendola con dolcezza, poi scende lungo il braccio, in una carezza così delicata e così inaspettata che sento le lacrime agli occhi. Si ferma all’altezza del polso, lo solleva e vi passa sopra il pollice.
«Non volevo farti male.»
Sto per rispondergli che non me ne frega niente di quello che vuole, che tanto ormai sono incazzata e può tranquillamente andarsene a quel paese, ma le porte dell’ascensore si aprono e ci ritroviamo nell’atrio.
«Ti accompagno, andiamo.»
Louis mi circonda le spalle con il braccio e so che dovrei spostarmi, ma non lo faccio: lo vedo talmente poco, negli ultimi tempi, che mi godo ogni contatto con lui, anche se vorrei prenderlo a schiaffi.
«Ho litigato con El.»
L’abitacolo della macchina è silenzioso, dopo l’ultima affermazione di Louis. Ed è silenzioso perché io non so proprio cosa rispondere.
Voglio dire, perché lo viene a raccontare a me? Sa già come la penso, non può aspettarsi davvero qualche parola di conforto da parte mia.
Non è la prima volta che lui e Vostra Grazia litigano e, soprattutto, non è mai capitato che io gli dicessi qualcosa di diverso da: “Mandala a fare in culo, Lou. Quella è una succhiasangue bisbetica.” E pure zoccola, anche se ho avuto la delicatezza di non dirglielo.
Perciò, rendendomi conto che se rispondessi davvero quello che ho in mente finiremmo per litigare (di nuovo), decido di tentare un approccio più diplomatico e molto meno stronzo.
«Non ti aspetterai che mi metta a piangere, vero?» chiedo, quindi. Lo so, non è proprio un granché come risposta, ma più di così non posso fare.
Louis si volta appena a guardarmi, poi sbuffa. Lo osservo, cercando di non farmi notare, e quando mi accorgo che stringe il volante così forte che le sue nocche sono diventate bianche, capisco che questa volta è più seria di tutte le precedenti.
Nel frattempo, accosta proprio davanti casa mia e spegne il motore con un gesto rabbioso. A momenti spezza la chiave, ma non sembra farci caso.
Slaccio la cintura, apro il cappotto – perché probabilmente ne avremo ancora per un po’ e non vorrei morire di caldo – e appoggio la schiena alla portiera, voltandomi completamente verso Louis.
«Avanti, sputa il rospo.» mormoro, preparandomi a ciò che le mie orecchie innocenti dovranno sentire.
Louis sorride mestamente, poi tira un pugno sul volante, facendomi sobbalzare per lo spavento. Ma che gli prende?
«Puoi evitare di comportarti come uno schizofrenico? Grazie.» bercio, infastidita. Ci sono già io ad avere certi sbalzi d’umore, direi che proprio non è il caso che anche lui si addentri nella triste strada della follia.
«Abbiamo litigato per colpa tua, Hazel!» urla Louis, tirando un altro colpo. Spalanco la bocca, senza parole. Per colpa mia? Ma non ho fatto niente! Cioè, Eleanor ormai lo sa che la odio, così come è abituata al mio atteggiamento nei suoi confronti. Non ho mai finto di essere qualcun altro, non ho mai fatto buon viso a cattivo gioco e, soprattutto, non ho mai nascosto quello che penso di lei.
«Io non…» provo a dire, senza sapere nemmeno come continuare la frase. Ma Louis comunque non me ne dà il tempo. È così incazzato che ha deciso di sputare veleno su mezzo mondo, a quanto pare. E il fatto che io sia disposta ad ascoltarlo, dovrebbe dirla lunga su quanto lo ami.
«Sì, invece! È proprio questo il problema! Tu pensi solo a te stessa, non te ne frega niente che io sia felice con lei, la insulti, la tratti di merda e questo perché? Sei solo gelosa, Hazel. Ma non siamo più bambini, e tu devi accettare che io sto con Eleanor, perché non so più cosa fare. Comincio ad essere confuso, e non voglio arrivare al punto di dover scegliere chi è più importante per me. Sei la mia migliore amica, ti voglio bene e sei fondamentale, per me. Ma non so più ciò che voglio e tutto questo mi spaventa.» durante il discorso, la sua voce si è affievolita e il suo tono si è fatto più triste e più demoralizzato che mai. Io resto immobile, senza trovare il coraggio di dire nemmeno una parola.
Cosa mai potrei dire? Prima se la prende con me, poi dice che è confuso, poi che non vuole scegliere. Cosa dovrei fare io? E comunque, a ben pensarci, anche io avrei dei validi motivi per cui essere arrabbiata con lui, perciò chi l’ha detto che la colpa sia mia?
«Ti ha chiesto di scegliere, non è così?» domando, infine, quando mi rendo conto di quale sia il punto cruciale della situazione.
Solo quella vacca, arriverebbe a chiedergli una cosa del genere. E solo lui, da grande idiota qual è, prenderebbe in considerazione l’idea di farlo.
L’unico problema è che io non sono affatto disposta a sottostare a questi giochetti stupidi, che mi vedrebbero solo sconfitta, disperata e piangente.
Non darò a Eleanor la soddisfazione della vittoria, mi dispiace.
«Sai cosa? Io non ci sto. Non me ne frega un cazzo se tu sei confuso, se lei è stronza e se la colpa è mia. Non so se te ne sei accorto, visto che ultimamente sembri troppo impegnato a comportarti come se il mondo ruotasse intorno a te, ma oggi mi hai detto che sono insopportabile non so quante volte, mi hai risposto di merda e te ne sei altamente fregato. E poi ti offendi se sono acida? Fammi un favore Louis, se proprio devi scegliere, scegli la tua fidanzata, che è tanto perfetta. Ma lasciami in pace e vattene al diavolo. Tu, e la tua carriera di merda. Continua a metterti le tue camicie orribili, continua a far finta di essere felice. Ma non dare la colpa a me, se sei confuso. La verità è che sei un coglione, e non hai mai capito un cazzo.» detto questo, scendo dalla macchina e sbatto la portiera con forza.
E questa sì, che è un’uscita ad effetto.
 
 
***
 
 
Buonasera :)
Come state? Spero bene. E spero non siate morte, perché questo capitolo è abbastanza lungo, ed è pure pesante.
Le cose cominciano a degenerare, com’è giusto che sia. Ed Hazel e Louis litigano, perché sono entrambi cretini.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e niente… se vi và, fatemi sapere che ne pensate, per me è sempre importante capire che “effetto” ha la storia.
E basta, ho finito!
Alla prossima settimana, vi adoro <3
 

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Capitolo 6
*** VI. ***








VI.

 




Sapete, mi piacerebbe davvero tanto dirvi che dopo la litigata Louis si è reso conto di avere sbagliato ed è tornato da me in ginocchio, supplicandomi di perdonarlo e di dargli un’altra possibilità.
Ma le cose non sono andate così. Proprio per niente. Tanto per iniziare, ho spento il telefono per evitare di essere contattata da qualunque membro dei One Direction. Credo abbiano a cuore la situazione, ma non ho bisogno di una terapia di gruppo in formato famiglia, perciò non ho intenzione di parlare con nessuno di loro.
Secondo: ho trascorso la prima notte dopo il litigio a piangere e a domandarmi in che cosa io abbia sbagliato, salvo poi giungere alla conclusione che non ho alcuna colpa, se non quella di essermi innamorata di un povero deficiente.
La seconda notte, quindi, l’ho passata sveglia, con gli occhi spalancati e le mani incrociate sulla pancia, fingendo di trovarmi in un sarcofago. È stato molto d’aiuto pensare che se Louis fosse stato un Faraone e fosse morto, quella capra di Eleanor sarebbe stata seppellita con lui. Questo non spiega perché io sia rimasta praticamente mummificata, ma sapere che la Principessa sarebbe morta di fame e sete è stato molto consolatorio.
La terza notte è stata la peggiore, perché ho riacceso il telefono nella vana speranza di trovare una chiamata o un messaggio del mio migliore amico. O, meglio, ex-migliore amico, visto che la superstar non si è nemmeno degnato di darmi un cenno di vita.
Ma se la vuole mettere su questo piano, ovvero quello della reciproca indifferenza, io ci sto. Non vuole più sentirmi? Molto bene, vorrà dire che la prossima volta che avrà bisogno di me, farò ciò che avrei dovuto fare molto tempo fa: lo manderò al diavolo.
Sapete, mi sento anche un po’ patetica, al momento, ma il mio stato depressivo è così tenebroso e fantastico che non credo mi alzerò dal letto per molto tempo ancora. Almeno fino a che non smetterò di avere parvenze umane e potrò vagare per Londra portando con me la minaccia di un’invasione di zombie.
Ovviamente, i miei piani – anche quelli più semplici, come questo – non vanno mai a buon fine e questo per una ragione ben precisa. C’è sempre qualcuno che pensa di sapere meglio di me, che cosa è meglio per me stessa ed è davvero fastidioso rendermi conto che nessuno mi ritiene indipendente, autosufficiente, autonoma o come accidenti si dice.
Ed è proprio per questo motivo che quando sento mia madre mormorare un “non ne avevo idea” capisco che la fine è vicina. Perciò provo a tornare in camera mia prima che qualcuno riesca ad intercettare i miei passi sulle scale, ma considerato tutto ciò che ho detto poco fa, le speranze di farcela sono pressoché inesistenti.
«Hazel, amore della mamma, vieni qui.»
Amore della mamma? Oh, merda. Qualcuno deve averle detto che sono innamorata di Louis e che non sono per niente ricambiata, perché altrimenti non userebbe mai quel tono sdolcinato e melenso e… bleah, amore della mamma? Ma andiamo!
«Risponde la segreteria telefonica di Hazel Nicole Porter. In questo momento non sono disponibile, siete pregati di lasciare un messaggio e verrete richiamati al più presto. Bip!» cinguetto, facendo marcia indietro sulle scale.
Mamma comincia a ridere, ma la sua non è l’unica risata che risuona per la nostra microscopica cucina. Sono abbastanza sicura che ci siano almeno altre due persone ed io non ho la minima intenzione di farmi vedere conciata in questo stato. Sarebbe imbarazzante.
«Hazel, ci sono i tuoi amici!» continua mamma, imperterrita. Merda, ma perché non capisce quando è il caso di lasciare un messaggio alla segreteria – tra l’altro, era anche molto d’effetto, no? – e quando, invece, è il caso di ignorarmi completamente?
«Io non ho amici, mamma! Sono una creatura solitaria, indomita e selvaggia. Io solco i mari, i cieli e…»
«Hazel Nicole Porter!» sbraita, questa volta.
«Hazel Nicole Porter, nata il 26 Febbraio 1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel Nicole viene crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera età di quindici anni, ad opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo temperamento e di aspetto adorabile…»
«La finisci di dire cavolate e vieni qui, per piacere?»
«Ma perché mi interrompi sempre sul più bello?» mugugno, trascinandomi in cucina di mala voglia. Non è giusto che mi costringa a farmi vedere in questo stato disumano. È imbarazzante ed umiliante per tutti gli abitanti del pianeta terra.
«Oddio, ma stai proprio uno schifo.» la delicatezza di Noah è come un balsamo per il mio cuore infranto, sapete? Dico davvero, non so proprio come farei senza la sua dolcezza, la sua sensibilità e il suo tatto.
«Apprezzo i tuoi sforzi di consolarmi, davvero.» sibilo, evidentemente sarcastica.
Noah si stringe nelle spalle.
«Ma è vero che stai da schifo, che ci posso fare io, scusa?» domanda, seriamente perplessa.
Be’, certo, come darle torto? Il fatto che potrebbe farmi stare ancora peggio dicendomelo è così irrilevante che non le passa neanche per la testa.
«Harry, Liam. Volete dirmi anche voi che sono una vergogna per la razza umana, o lasciate che Noah mi demolisca da sola?» chiedo, invitandoli a parlare con un cenno del braccio.
Harry mi sorride debolmente, poi mi stringe in un abbraccio così delicato che quasi mi viene da piangere. Resto, lì, accoccolata contro il suo petto, persa in un vortice di autocommiserazione dal quale non uscirò probabilmente nemmeno tra cent’anni.
«Ho preparato i biscotti al cioccolato, tesoro. I tuoi preferiti.» mamma appoggia sul tavolo un piatto colmo di biscotti e mi lancia uno sguardo triste e dispiaciuto. E allora capisco che si sente in colpa, perché qualche giorno fa era tutta un “Eleanor è così carina, spero che Louis la sposi presto” e adesso invece deve convivere con una figlia dal cuore spezzato.
«Grazie, mamma.»
«Potevi dirmelo, però.» mi accusa, dopo cinque secondi. Che fine ha fatto l’“amore della mamma”? Glielo chiedo, tanto per il gusto di ricordarle che ha osato chiamarmi in un modo tanto orribile e lei ride.
«È che mi sento in colpa! Ho difeso Eleanor, perché sembra davvero carina ma…»
«Ma alla fine avevo ragione io, come al solito. Ed è davvero la grande stronza che ho sempre detto. No?»
«Be’, sì.» conferma. Vorrei esultare per il fatto che mi abbia dato ragione – evento più unico che raro – ma mi rendo conto che avere ragione non mi dà tutta la soddisfazione che mi aspettavo. C’è solo una persona che potrebbe farmi stare meglio, ma non sembra interessata a me quanto dovrebbe esserlo, né quanto io vorrei che lo fosse. Perciò mi limito a mangiare un biscotto, in completo silenzio, sotto gli sguardi intensi  di Harry, Liam e quello perplesso di Noah, che mi sta osservando come se fossi un fenomeno da baraccone. Mamma, intanto, ha salutato tutti con un bacio volante ed è andata a lavoro. Non la rivedrò fino a questa sera tardi, ma non importa. Avevo comunque intenzione di trascorrere il resto della giornata chiusa in camera a disperarmi e ad odiare Louis.
«Non dirmelo.» sbotta Noah, dopo qualche secondo di silenzio.
«Ma se non sto nemmeno parlando!» replico, stupita da tutto quell’astio. Che ho fatto?
Noah si passa una mano sulla fronte, con aria sconsolata, poi mi guarda quasi con compassione.
«Ti sei già arresa, prima ancora di cominciare.»
Cominciare? Per quanto mi riguarda, la cosa finisce qui. Non c’è neanche da pensarci. Louis ha scelto, e non me. Perciò perché dovrei pensare ancora a lui, struggermi per un amore non corrisposto e deprimermi per il resto della mia esistenza?
Visto? L’amore mi fa diventare melodrammatica. E non è mai un bene, perché rischio di sprofondare in una cupa desolazione dalla quale uscirò solo in seguito ad un’abbuffata di Nutella. E mangiare troppa Nutella fa ingrassare. E visto che sono già grassa, dovrei evitare.
Comunque, siccome Noah sembra davvero in attesa di una mia risposta, mi affretto a spiegarle la situazione.
«Io non mi sono arresa, punto primo.» inizio. Il che è assolutamente vero: come puoi arrenderti senza nemmeno averci provato? È una questione di logica.
«E ora, magari, mi dirai anche che c’è un secondo punto.» celia lei, con gli occhi azzurri scintillanti di sarcasmo.
«Certo. Ma chissà perché ho come l’impressione che te ne sbatterai altamente e farai quello per cui sei venuta qui. A proposito, perché siete qui?» mi rendo conto che potrei sembrare sgarbata, ma in effetti non aspettavo visite e credevo che il telefono spento fosse un segnale abbastanza eloquente che indica la mia inesistente voglia di interagire con altri esseri umani.
«Siamo qui perché, questa sera, andiamo ad una festa.»
La guardo con la mia migliore espressione da “mi pigli per il culo?” e Noah si stringe nelle spalle, per poi fare un cenno ad Harry, che aggira il tavolo, mi si piazza davanti e incrocia le braccia al petto.
«Io e Louis abbiamo organizzato una festa. Saremo in pochi, giusto una ventina di persone. Ci divertiremo, e tu potrei parlare con Louis, oppure ubriacarti e andare a letto con il primo che capita. In quel caso, sappi che io sono disponibile.»
«Harry…» provo ad interromperlo, ma non mi lascia il tempo di parlare e continua nella sua fantastica – ed alquanto inutile – spiegazione sui dettagli della grandiosa festa.
«… che poi, potremmo andare a letto anche se tu non fossi ubriaca. Magari Louis si incazza talmente tanto che molla quella strega e capisce che ti ama e che…»
«Frena una attimo, Raperonzolo. Io a letto con te non ci vengo né ora né mai. E non perché tu sia brutto o perché nutra qualche dubbio sulla tua sessualità, ma non sono interessata. E poi, se proprio lo vuoi sapere, nemmeno tu verresti a letto con me: Louis non lo saprebbe neanche, perché ovviamente è occupato a fornicare con quella baldracca, ma non è questo il punto. Il punto è che non ti piacerebbe affatto vedermi nuda. Ho un sacco di rotoli di ciccia sparsi qua e là e ti assicuro che non è un bello spettacolo. Per non parlare poi della cellulite e delle smagliature, e…»
«Dovresti lavorare di più sulla tua autostima, Hazel.» mi interrompe Liam, osservandomi come se fossi un caso clinico e non, invece, una povera e sconsolata ragazza grassa.
«Tu dici? Grazie, dottor Freud, analisi perfettamente riuscita. Mi hai fatto perdere il segno, porca zozza.» e stavo arrivando alla parte più interessante, dico davvero. Prima che possa riprendere il mio inno ai brufoli e alle sopracciglia cespugliose, Noah si avvicina e mi tira uno schiaffo.
È uno di quelli schiaffi da manuale, sapete? Quelli sonori, che lasciano l’impronta delle dita e che intorpidiscono la pelle. Uno di quelli schiaffi che in un altro momento avrei restituito senza esitazione, ma devo ammettere che mi è servito: forse mi ha ricalibrato il cervello, perché mi rendo conto che sto passando per una ragazzina frignona, patetica e con l’autostima a pezzi.
Sono tutte e tre le cose, naturalmente, ma in genere evito di mostrarlo in pubblico. Come dice sempre mamma: “Ognuno lava i panni sporchi a casa sua.”
Okay, forse non c’entra, ma volevo dirvelo lo stesso.
«Mi hai tirato uno schiaffo.» boccheggio, incredula. So che i tempi di reazione non sono il mio forte, ma sto ancora cercando di riprendermi dallo shock.
Noah alza gli occhi al cielo.
«Brillante deduzione, Sherlock. Ora, se hai finito di sparare stronzate, passiamo alla parte seria del discorso.» afferma, scostandosi un ciuffo biondo platino dalla fronte.
«Io ero seria.» borbotto. Harry e Liam ridacchiano, Noah sorride.
«Questa è la parte peggiore, in effetti. Non puoi pensare certe cose di te, Hazel. Louis non ti ama perché sei perfetta.»
«È proprio questo il punto, Noah: Louis non mi ama. Perciò, dico davvero, perché non vi trovate qualcos’altro da fare? Non ho bisogno di qualcuno che mi sbatta in faccia l’evidenza dei fatti. Io amo lui, lui non ama me. È semplice come respirare.» spiego, sentendo gli angoli degli occhi pizzicare un po’.
Non pensavo che dirlo ad alta voce avrebbe fatto questo effetto. È un vero e proprio pugno nello stomaco e fa più male di quanto pensassi. Louis non mi ama. Io non gli piaccio. Punto, fine della storia.
«Questo non puoi saperlo, Hazel.»
«Ma fai sul serio? Ha scelto lei! Louis ha scelto Eleanor. E questo significa solo una cosa: non ha scelto me.»
Certo, sono un vero e proprio asso dei discorsi insensati e privi di logica, lo so anche io, ma non potete negare che ho ragione. Se Louis tenesse a me almeno un po’, non riuscirebbe a scegliere così alla leggera. Dico bene? Se aveva già scelto Eleanor, perché dirmi tutte quelle stronzate sulla confusione e…
«Non è sicuro.» realizzo all’improvviso.
All’improvviso, mi sembra di riuscire a cogliere un sacco di segnali: la sua rabbia, la frustrazione, il tentativo (quasi perfettamente riuscito) di allontanarmi, le battute sarcastiche, la stronzaggine assoluta. Ogni cosa acquista un senso.
«Ecco perché si comporta così! Vuole che io me ne vada senza metterlo nella condizione di scegliere. Sporco doppiogiochista che non è altro, questo non me lo sarei mai aspettato! È un colpo basso, perché non me l’ha detto subito, anziché comportarsi come un idiota? Se lo avessi saputo, mi sarei fatta da parte molto prima, anziché perdere tempo e trattenere un sacco di commenti per paura che ci restasse male.» farfuglio, a velocità sostenuta.
Mi rendo conto che nella cucina è calato il silenzio più totale, così mi affretto a guardarmi intorno, per capire cosa c’è che non và. Noah, che mi sta osservando con la bocca spalancata ed un’espressione a dir poco incredula, si schiaffa una mano sulla fronte ed alza gli occhi al cielo.
«Sai, io pensavo che fosse Louis il più cretino dei due. Ma anche tu, Hazel, non hai proprio capito un cazzo.»
Oltraggiata, accenno una protesta che esce fuori sotto forma di urlo stridulo, così ci rinuncio e pesto la fronte contro il piano del tavolo. Può essere che il mio cervello abbia bisogno di essere calibrato un’altra volta.
«La tua testa è già messa abbastanza male, senza che la sfasci contro il tavolo.» mi ricorda Noah, preoccupata. Poi sorride.
«Ora fammi vedere il tuo armadio.»
 
 
 
***
 
 
 
 
Oggi sto tremendamente male e ho avuto una nottata d’inferno. Perciò non mi viene in mente niente da dire, perché vorrei solo buttarmi a letto e uscire tra quarant’anni.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3
  
 

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Capitolo 7
*** VII. ***







VII.

 



Quando si ha la (s)fortuna di avere un fisico come il mio, bisogna rendersi conto che non si può indossare qualsiasi cosa e che, nonostante si provi ad essere disinvolte, non sempre l’abito aiuta ad apparire al meglio.
Tutto questo per dire che non solo odio il vestito che Noah mi ha praticamente costretto ad indossare (lo tenevo nell’armadio nell’eventualità in cui fossi dimagrita abbastanza da potermelo mettere senza sembrare un insaccato), ma mi sento completamente a disagio qualunque movimento io faccia.
E, soprattutto, non mi sento niente affatto bene accetta.
Per svariati motivi, che vi elencherò in questo preciso istante: Liam e Noah si sono eclissati da qualche parte, dopo avermi promesso che torneranno subito. Be’, sono passati dieci minuti, e ancora di loro non c’è traccia. Ed io comincio ad incazzarmi. E cosa succede quando mi incazzo? Vedo tutto in maniera molto negativa – più del solito, cioè – e tendo a tirare fuori il mio lato peggiore. Anzi, ormai sono convinta che il partire con l’idea che le cose andranno male, non fa altro se non scatenare una serie di sfortunati eventi. Perciò, non avrei mai dovuto pensare che le cose sarebbero potute andare schifosamente, perché così facendo mi sono attirata la sfiga da sola.
Tornando ai motivi per i quali preferirei morire piuttosto che trovarmi in questo posto, passo a spiegare il secondo: la musica. È così alta che a malapena riesco a sentire i miei pensieri, il che probabilmente è positivo, perché non sono poi questo granché, ma corro il rischio di ritrovarmi con i timpani danneggiati in modo irreparabile.
Terzo e principale motivo: Louis.
Non l’ho ancora visto da quando sono arrivata, ma sono piuttosto certa che sia imboscato in camera sua insieme a Eleanor. È un pensiero che mi risulta così insopportabile, che temo potrebbe venirmi l’orticaria, una sincope, uno shock anafilattico o, comunque, qualcosa di molto grave. Non riesco ancora a credere di essermi lasciata convincere a venire qui, dico sul serio.
È stato l’atto più stupido che io abbia mai fatto. Beninteso, dopo la cazzata di innamorarmi di Louis Tomlinson. Comunque, ho deciso che trascorrerò l’intera serata ferma in questo preciso punto.
La visuale è ottima, nessuno mi vede, nessuno mi parla e almeno non sono costretta a interagire con gente stupida.
In questo momento, comunque, la lista delle cose che odio sta crescendo in maniera direttamente proporzionale al mio umore nero. Non ho voglia di fare l’elenco, perché altrimenti non finisco più, ma sappiate che è una lista davvero, davvero lunga.
Poi, quando ormai cominciavo a perdere la speranza, ecco che ricompare Noah, seguita – questa volta – da Zayn. Dove abbia lasciato Liam è un vero mistero, ma non m’importa. Voglio solo andare via da qui.
«Ciao, dolcezza.»
Non mi và di ripetere a Zayn, per l’ennesima volta, che mi chiamo Hazel, così mi limito a sventolare la mano e a rivolgergli un sorriso tirato e un po’ falso. Certo, potrei anche sforzarmi di essere più socievole, ma provateci voi a stare a casa del ragazzo di cui siete innamorate, ad una festa alla quale non volete nemmeno partecipare e, oltretutto, sapendo che il vostro ex migliore amico/ragazzo che vi ha spezzato il cuore è da qualche parte insieme alla sua fidanzata. Quando vi capiterà (ma vi auguro vivamente di non provarlo mai) ne riparleremo.
«Sei bellissima, Hazel.» si complimenta Zayn, dopo qualche istante. Arrossisco, perché certe cazzate fanno comunque effetto e alzo gli occhi al cielo, cercando di mascherare un po’ di imbarazzo.
«Come no.»
Accettare i complimenti mi risulta parecchio difficile, nel caso in cui non l’aveste capito. È una cosa che và avanti più o meno da quando sono venuta al mondo, perciò ho smesso di preoccuparmene. Come di tutto il resto, tra l’altro. Sono una che tende ad evitare i problemi, nella speranza che qualcun altro li risolva per me. Non succede mai, però, perciò tutte le paranoie si affollano l’una sull’altra senza lasciarmi scampo e il risultato è questo: sono una vent’enne acida, stronza, incapace di relazionarsi con gli esseri umani e con un’autostima pressoché inesistente.
«Sai, quando qualcuno ti fa un complimento, si risponde con un sorriso e con un “grazie”» mi riprende Noah, con un sopracciglio inarcato.
Ovviamente, lei è la quintessenza della gnoccaggine questa sera, perciò non mi sembra affatto incredibile che risponda “grazie” ad un complimento. È ciò che succede quando si è belle, sicure di sé e realizzate. Di conseguenza, continuerò a rispondere con un “come no”.
«Hai già visto Louis?» si informa Zayn, con un sorrisino indecifrabile. Scuoto la testa e comincio a giocherellare con la cannuccia del drink. Non ne ho bevuto nemmeno un sorso, ma almeno sembrerà che stia facendo qualcosa, anziché deprimermi e basta.
«No, e non voglio neanche vederlo.»
Noah sbuffa, tira verso di sé il polso di Zayn e dà un’occhiata al suo orologio.
«Signore e signori, la cazzata delle 23 e 37.» sostiene.
Sbuffo, poi mi stringo nelle spalle e mi abbandono ancora di più contro il muro. So anche io che vedere Louis sarebbe l’unica cosa in grado di rendermi felice. Vorrei parlare con lui, abbracciarlo, dirgli che sono stata una stupida e che mi accontenterò di essere sua amica, perché l’idea di perderlo fa più male rispetto al sapere che non sarò mai ricambiata. Poi, però, ripenso a tutto quello che mi ha detto lui e mi rendo conto, di nuovo, che non sono solo io la stupida e che anche lui ha una buona parte di colpa, per la quale deve fare ammenda. Non c’è niente che Noah possa dire o fare, resterà sempre il fatto che lui ha scelto Eleanor e si è dimenticato di tutto quello che mi aveva promesso.
«Vado in bagno, scusate.»
Ci manca solo che mi metta a piangere qui davanti a tutti. Anche perché ho appena intravisto il manico di scopa e sono sicura che lei coglierebbe al volo l’occasione per infierire. Perciò mollo il drink in mano a Zayn, che mi guarda come se fossi matta, ma poi sorride tristemente e attraverso il salotto il più velocemente possibile, districandomi tra la folla di ospiti che ballano.
Salgo le scale di corsa, rischiando più volte di cadere sui tacchi, percorro il corridoio in fretta ed entro in camera di Louis. Ci sono stata così tante volte, che l’idea di rifugiarmi qui mi è sembrata l’unica sensata. È un ambiente che conosco, che in qualche modo mi è di conforto e che, quindi, può accogliere le mie lacrime e mantenere il segreto.
Accendo la luce, sfilo le scarpe e le getto sul tappeto bianco, poi sospiro. Non è cambiato niente dall’ultima volta che sono stata qui: il letto è ancora disfatto – credo che Louis non sappia nemmeno farlo – l’armadio è spalancato e in disordine, la finestra è chiusa e il pc sulla scrivania ronza in maniera confortante.
Sento che scoppierò a piangere da un momento all’altro. Non pensavo mi avrebbe fatto così male, trovarmi qui. Forse dovrei andarmene, ma la stanza sa di Louis e visto che probabilmente la nostra amicizia è finita, voglio godermi gli ultimi momenti in santa pace. Poi ho deciso che tornerò a casa e chiederò a mamma di prenotare un appuntamento dal suo psicologo.
«Che serata del cazzo.» mormoro, giocherellando con il buco che si è appena formato sulle collant nere. Ovviamente, quello si allarga ancora di più e la calza si riga dal ginocchio fino a metà coscia.
La cosa che più mi ferisce e di cui non riesco proprio a capacitarmi, è che Louis mi abbia messa da parte così in fretta. Come ha potuto essere tanto insensibile?
Che fine hanno fatto i suoi “Non ti lascerò mai sola, Hazel. Non importa se tu non mi vorrai nemmeno vedere, io starò al tuo fianco.”? Erano solo belle parole, buttate così a caso tanto per darmi una piccola soddisfazione e per non farmi sentire sfigata quanto sono in realtà?
Eppure, mentre lo diceva, i suoi occhi azzurri sembravano così limpidi, che non ho dubitato nemmeno un momento della sua sincerità.
La colpa, alla fine dei conti, è mia. Non avrei dovuto fidarmi, non avrei dovuto lasciarlo entrare nella mia vita e non sarei dovuta andare oltre le sue camicie stupide, la sua voce spensierata e la sua risata contagiosa. Semplicemente, dovevo farmi i cavoli miei e tenere le distanze, ecco tutto. Me la sono cercata.
Le prime lacrime non ci mettono molto ad uscire e lasciano sulle mie guance una striscia di nero che probabilmente mi farà sembrare ancora più brutta e patetica di quanto sia già.
Maledetto Louis, maledette le sue camicie, i suoi occhi cristallini, le sue braccia forti e i suoi baci sulla fronte.
Lo odio, mi odio. Odio il modo in cui mi sento e odio piangere per qualcuno che non mi merita. Odio questa situazione.
La porta si apre così lentamente che nemmeno me ne accorgo, così quando Louis entra in camera è troppo tardi per cancellare le lacrime e per inventarmi una scusa sulla mia presenza qui.
«Hazel…» sussurra, facendo un passo in avanti. Scuoto la testa, strofino le mani sulle guance per cancellare la traccia delle lacrime – non oso nemmeno immaginare a quale bestia immonda assomiglio in questo istante – e scatto in piedi, prima ancora che Louis abbia la possibilità di aggiungere altro.
Ha già detto tutto quello che doveva dire ed io sono certa che non sopporterei un secondo rifiuto.
«Ti prego, non andartene.» mormora.
Ahi. Io non ce la faccio, lo sapete? Vorrei girarmi, dirgli di andare al diavolo e uscire di corsa, ma è Louis ed io lo amo. Così faccio marcia indietro, rilancio le scarpe sul tappeto e comincio a camminare avanti e indietro per la stanza, in difficoltà. Vorrei parlare per prima, ma ho paura di quello che potrei dire e proprio non è il caso di peggiorare ancora di più le cose.
Osservo Louis mentre si siede sul letto e mi stupisco di vederlo così serio: non è da lui. Sembra tranquillo, come se avesse arginato tutta la rabbia che mi ha riversato addosso qualche giorno fa. Sembra spossato e mi dispiace.
Se avessi immaginato che la mia presenza avesse quest’effetto su di lui, l’avrei lasciato in pace molto tempo prima.
«Sembri così stanco.»
Mi siedo accanto a lui, tanto per fargli capire che – nonostante tutto quello che mi ha detto, e nonostante tutto quello che io ho detto a lui – mi piacerebbe essergli di conforto.
Si passa una mano tra i capelli, annuisce tra sé e sé e sospira.
«Sono stanco. Questi sono stati i giorni peggiori della mia vita.» confessa, con un po’ di difficoltà. Lo conosco bene e so che per lui, manifestare quello che pensa davvero è un bel problema. Preferisce dare di sé l’immagine di un ragazzo spensierato, perché ha paura che la realtà finisca per schiacciarlo.
Il che, più o meno, è ciò che faccio anche io, ma in modo diverso: la mia maschera è la stronzaggine, la sua la simpatia. Di positivo è che tra di noi non ci sono mai state grandi menzogne.
«Uhm.» mugugno, senza sapere bene cosa dirgli. A caldo, mi piacerebbe rispondere con un bel “Perché, Eleanor ha tenuto le gambe chiuse?”, ma so che non apprezzerebbe. E siccome non abbiamo ancora seppellito l’ascia di guerra sarà meglio che io riesca a trovare un compromesso.
«Già, uhm. Tu come stai?» sembriamo due estranei ed è una cosa che odio. Non abbiamo mai avuto barriere, né segreti – se non questo piccolo insignificante dettaglio della cotta che ho per lui – e questo girare intorno alle cose non mi piace.
«Louis, perché non dici quello che devi dire e la facciamo finita?» lo supplico, con voce tremante. Via il dente, via il dolore, giusto? Perciò perché prolungare la sofferenza, quando si può evitare?
«D’accordo.»
A giudicare dal suo tono di voce, credo che non aspettasse altro. Nemmeno lui è uno che fa tanti preamboli. Ed è una delle cose che preferisco, anche se al momento si ritorce contro di me.
«Mi sono sentito uno schifo, per come ti ho trattata. Tu mi sei sempre stata accanto ed io ho lasciato che il parere di una persona influenzasse la mia idea su di te.» comincia.
Cielo, qualcuno mi uccida.
Non riesco a credere che sono qui, seduta, a sentirmi rifiutare per l’ennesima volta. Dovrei scavare nel mio cuore, nel cervello o in qualsiasi altra parte e cercare un po’ di dignità, ovunque essa sia e sempre che me ne sia rimasta un po’.
«Che stronzo.» sbotto, facendolo ridere un po’.
Che dire, sono contenta che almeno uno dei due si diverta.
«Sono serio, fammi finire di parlare.»
«Perché dovrei, Lou? Per sentirmi dire l’ennesima volta: “Mi dispiace Hazel, ma non sei abbastanza”? Sai una cosa? Ne ho le palle piene di essere scartata o di essere la seconda scelta! Io ho il diritto di essere amata per quella che sono, pregi, difetti e carattere di merda annesso. Perché dovrei stare qui a sentirti ripetere la solita solfa? “Sei un’ottima amica, ma dici troppe parolacce. Sei carina, ma non sei il mio tipo. Troverai qualcuno che ti ami e quello sarà l’uomo più fortunato del mondo.” Non me ne frega un cazzo degli altri uomini! L’unico che volevo non ha scelto me ed io non starò qui ad ascoltare le sue merdosissime scuse!»
Mi copro la bocca, spaventata dalle mie stesse parole. Non avevo intenzione di dirglielo in questo modo; non avevo intenzione di dirglielo affatto, ma mi è sfuggito nella foga del momento. Ed ora Louis sa che sono innamorata di lui. Non posso credere di averlo detto e mi sento così stupida che vorrei sprofondare sotto terra, così decido di battere in ritirata prima che sia davvero troppo tardi e che la mia dignità vada a farsi fottere definitivamente.
E comunque Louis non dice niente, sorride lievemente e basta, come un idiota, ma non accenna a voler parlare. Probabilmente è disgustato da me, ed è comprensibile.
Recupero – di nuovo – le scarpe e corro verso la porta, sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi: non voglio che Louis mi veda, piangere, di nuovo.
Ho appena afferrato la maniglia, quando la mano di Louis copre la mia. Stringe finché mollo la presa, dopodiché mi costringe a voltarmi e mi spinge contro la porta, bloccandomi ogni via di fuga.
«Che altro c’è? Non sei contento così? Vuoi proprio vedermi piangere, brutto stronzo!» singhiozzo, ferita.
Louis sorride.
«Stai un po’ zitta, maledizione.»
Un secondo dopo mi sta baciando, annullando ogni mia protesta e tutti i fantastici insulti che avevo appena trovato e che gli dirò in un secondo tempo.
Ora, però, sono troppo occupata a baciarlo.




***




Ecco qua il capitolo sette. Uhm, in realtà devo darvi una notizia: è il penultimo, credo. Manca un capitolo - che devo ancora scrivere - e poi forse un altro, ma non sono sicura. In ogni caso,  l'avevo detto che la storia sarebbe stata corta, perciò... Niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio un sacco per aver inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, per aver commentato e anche per aver letto! Davvero, grazie.
Detto questo, vi lascio qui sotto il link di una nuova fanfiction che ho pubblicato martedì e di una one shot su Liam. Se vi và, passate a leggere :)
Vi adoro,
Fede.


One step forward (questa è la long.)
Just give me a reason (e questa è la one shot.)


p.s. Su Twitter, per chi volesse, sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 8
*** VIII. ***







VIII.

 




Non ho mai creduto nel lieto fine. Mai, nemmeno una volta. Nemmeno nei cartoni animati, quando il principe (che, guarda caso, è sempre assurdamente bello) salva la principessa (anche lei una gran figa) e vissero tutti felici e contenti.
Insomma, Ariel ha rinunciato alle pinne e alla vita nell’oceano per stare con Eric. Aurora ha dormito chissà quanto tempo ed ha finito comunque per stare con Filippo. Quell’altra tonta di Biancaneve ha mangiato una mela avvelenata – che poi, lo sanno tutti che non si accetta cibo dagli sconosciuti – ed è stata risvegliata dal bacio di… ce l’ha un nome, il suo principe? Per non parlare, poi, di Belle, che diventa principessa insieme ad Adam e blablabla. Tutte felici e contente, dalla prima all’ultima fottuta principessa. E, in genere, la gioia arriva dopo il magico bacio del vero amore.
Che gran cazzata.
Il bacio del vero amore non esiste. Esiste, invece, Louis Tomlinson, che ti sbatte contro la porta di camera sua e ti bacia come se dovesse morire l’indomani, poi se ne và senza dire niente, mollandoti come una deficiente e con il cuore che batte tanto forte che potrebbe uscire dal petto.
E il lieto fine, direte voi? Be’, spiacente di darvi questa gran brutta notizia, ma non c’è nessun cazzo di lieto fine. Per una volta, il principe sceglie di stare con la strega (compresa di appendice nasale gigantesca e manico di scopa).
Scommetto che volete i dettagli. Non che ci sia poi così tanto da dire, comunque. Dopo che Louis mi ha baciata – causandomi, tra parentesi, un mezzo infarto – si è volatilizzato al piano di sotto, ma solo dopo avermi lasciato una carezza sulla guancia e un altro bacio lieve sulle labbra, a fare chissà che cosa.
Io, povera illusa, l’ho seguito qualche secondo dopo, giusto il tempo di ricompormi e  recuperare qualche funzione cognitiva. Quando l’ho raggiunto, indovinate un po’? Stava parlando con Eleanor ed erano tanto vicini che se lei si fosse sporta in avanti, l’avrebbe baciato senza difficoltà. Parlavano, e sembravano così interessati l’uno all’altra che io, ancora una volta, mi sono sentita di troppo.
Non so come sia andata a finire, perché me ne sono andata prima che la situazione si facesse piccante: non avevo nessuna voglia di arrivare al momento in cui Louis le ripeteva, di nuovo, che non avrebbe mai pensato a me in un certo modo.
Naturalmente mi sono beccata tanti di quegli insulti (e, fidatevi, Noah ci và giù pesante) che probabilmente i miei nipoti nasceranno col mal di testa, ma non potevo più stare lì.
Perciò, ho chiamato un taxi e mi sono fatta portare a casa. Quando sono arrivata, mi sono buttata a letto, ho pianto per un’ora buona, ho insultato Louis, Eleanor e la loro storia di merda e mi sono mangiata mezzo chilo di gelato.
Dopodiché ho vomitato, perché ho mangiato troppo in fretta ed ero così nervosa che il mio stomaco si è rifiutato di digerire. Ed allora l’ho capito: l’amore fa schifo e Louis è uno stronzo di dimensioni cosmiche.
Dopo una settimana, l’unica cosa ad essere cambiata è il mio peso sulla bilancia. A furia di ingozzarmi di cibi antidepressivi, ho preso un chilo e mezzo e sembro più grassa che mai. Ma, in ogni caso, chi se ne frega. Non devo più piacere a nessuno, perciò potrei anche tramutarmi in una balena spiaggiata e a nessuno importerebbe.
Di positivo c’è che oggi c’è il sole e che, di conseguenza, posso anche trascorrere l’intero pomeriggio in giardino, con un buon libro, del succo di frutta ghiacciato e il buon vecchio Black che ringhia a chiunque si avvicini troppo alla staccionata. Sto già degustando il momento in cui staccherà la mano a qualcuno. Non vedo l’ora.
Il mio telefono vibra, distraendomi dalla lettura di un capitolo particolarmente interessante, in cui la protagonista, una certa Allison, capisce finalmente di essere stata presa in giro da Colin, il ragazzo di cui è innamorata.  Penso che questo diventerà il mio libro preferito. Anche se non so come andrà a finire, ma spero per Allison che non ricaschi nella trappola di Colin.
 
5 Nuovi SMS
 
“Hazel, ti prego, potresti rispondere ad una cavolo di telefonata? Ho davvero bisogno di parlare con te.”
“PER FAVORE. Dico sul serio, Hazel. È importante.”
“Dio, certe volte mi fai così incazzare che mi verrebbe voglia di… rispondi, per piacere?”
“Perché devi essere così testarda? Dai, ti ho già chiamato un centinaio di volte e mi sento sempre più stupido. Perché non mi vuoi parlare?”
“Sono da te tra cinque minuti.”
 
Ah, non ve l’ho detto?
Louis ha cercato di contattarmi una marea di volte, ma non ho mai risposto a nessuna delle sue telefonate. Né ai messaggi, alle e-mail, ai segnali di fumo. Scherzo, quelli non li ha fatti, anche se sarebbero stati molto d’effetto, secondo me.
Il motivo è molto semplice: dopo il bacio, non avrei sul serio  retto un rifiuto. Avrei finito per commettere un Louiscidio e so per certo che me ne sarei pentita. Perciò ho optato per il silenzio stampa. Non ho idea di quanto Louis sia offeso, o arrabbiato, ma ne ho comunque una vaga impressione, a giudicare dai suoi messaggi.
Sorrido soddisfatta, leggendo quel “mi sento sempre più stupido”. Fa bene a sentirsi stupido, perché lo è; almeno su una cosa siamo d’accordo.
Non mi preoccupo nemmeno del suo “Sono da te tra cinque minuti”, perché me l’avrà detto almeno una ventina di volte e non si è mai presentato. Chi l’avrebbe mai detto che avrei trovato un lato positivo alla sua fama? E poi, com’è che si dice? Lontano dagli occhi e lontano dal cuore. E via dalle palle.
Perciò quando Black comincia a ringhiare sommessamente con il muso puntato verso il cancelletto, comincio a capire che qualcosa non và. Qualcosa che corrisponde a Louis, che con un coraggio degno di nota varca la soglia del giardino, incurante del fatto che Black potrebbe saltargli addosso e sbranarlo, sebbene lo conosca da quando è un cucciolo. Eppure, chissà perché (sarcasmo), lo odia.
Io non mi muovo dalla coperta, per una semplice ragione: Louis indossa la camicia più brutta che sia mai stata vista in tutta la storia delle camicie orribili ed io vorrei ridere e rotolarmi per terra, ma mi sto sforzando di guardarlo male e di non scoppiare a piangere allo stesso tempo. Dio, sembro una squilibrata.
È che vederlo mi provoca tante di quelle sensazioni contrastanti – e tutte nello stesso momento – che non so a quale dare retta.
Perciò rimango in completo silenzio e lo guardo. Lui ricambia e la sua espressione è un po’ tesa, come se non sapesse bene che fare. Black continua a ringhiare, in modo rassicurante. Per me, ovviamente, non per Louis.
«Ti ho chiamata così tante volte…» mormora Louis.
Inarco un sopracciglio, perché con tutte le cose che può dire, decide di optare per quest’ovvietà. È romantico come un carciofo, per la miseria. E questo non è decisamente il modo migliore per farsi perdonare. Che poi, chi l’ha detto che voglio perdonarlo?
«Davvero? Non me ne sono accorta.» rispondo, rivolgendogli un sorrisino così ingenuo che per un attimo Louis non capisce se io sia seria oppure no. Poi scuote la testa e fa un passo avanti, verso di me. Black ringhia, esattamente a metà strada ed io annuisco in segno di incoraggiamento.
«Possiamo parlare, per piacere?» incalza Louis, passandosi una mano tra i capelli castani. Quanto è bello, santo cielo. E quanto mi è mancato sentire la sua voce strana. Be’, che c’è? È vero che è strana! Ogni tanto è un po’ acuta, soprattutto quando è imbarazzato.
Come in questo momento. Non ci posso credere, non pensavo che avrei vissuto abbastanza a lungo da vedere Louis Tomlinson imbarazzato. Ed è così carino, che mi viene voglia di corrergli incontro e abbracciarlo. E baciarlo. Ma non lo farò, perché ho una mia dignità da mantenere o, almeno, ci provo.
«Stiamo già parlando, Louis.» gli ricordo.
«Hazel.» mi ammonisce, con gli occhi stretti in un’espressione un po’ spazientita.
Sbuffo, poi mi alzo in piedi e stendo le pieghe sui jeans con alcuni scatti secchi e, quando sono abbastanza soddisfatta, incrocio le braccia al petto e faccio cenno a Louis di continuare.
«Prego, Altezza. Sentiamo cos’ha da dire.» lo invito, serafica. Louis si morde il labbro inferiore ed è evidente che stia trattenendosi dal rispondere alla mia frecciatina. E questo è un punto a suo favore, glielo concedo.
«Te ne sei andata e non mi hai lasciato il tempo di spiegare, la sera della festa.» sento le mie sopracciglia alzarsi così tanto che probabilmente si sono confuse con l’attaccatura dei capelli, ma non rispondo perché se aprissi bocca probabilmente finirei per pentirmene.
E, comunque, alla prima mossa sbagliata, ordino a Black di attaccare Louis e chi s’è visto, s’è visto.
«Ho parlato con Eleanor e, be’, l’ho lasciata. In realtà le cose tra di noi non andavano bene già da un po’.»
«Fammi indovinare, colpa mia?» domando, scettica.
«Be’, sì.»
Che strano. A quanto pare sono responsabile di più cose di quanto pensassi: la fame nel mondo, la guerra mondiale, il buco nell’ozono, l’effetto sera, la rottura della storia di questi due deficienti. Sempre colpa mia.
«Black. Al mio tre, attacca.»
Louis sgrana i suoi bellissimi occhi azzurri e agita le mani per aria, impaurito. Lo sa che Black mi obbedirebbe e sa anche che non esiterei a farlo attaccare. Oddio, forse poi proverei un po’ di rimorso, ma non è importante. Ciò che conta è che la mia pazienza si sta rapidamente esaurendo e giungendo agli sgoccioli. Datemi cinque minuti, e sarò in grado di compiere una strage.
«Aspetta! Aspetta, devo darti una cosa che ho scritto.» fruga nella tasca posteriore dei jeans blu e tira fuori un foglio di carta stropicciato. Inarco un sopracciglio, senza capire dove voglia andare a parare. Insomma, già sono abbastanza sorpresa dal fatto che sappia scrivere, se poi mi dice che l’ha fatto addirittura per me, non so più che pensare. Dovrei commuovermi, probabilmente, ma sento che ancora non è giunto il momento di perdonarlo. Le cose vanno guadagnate, no?
«Qui ci sono tutti i motivi per cui ho scelto te.» spiega, con un tono di voce morbido. Mi guarda negli occhi e accenna un sorriso che, santo cielo, mi fa tremare le ginocchia.
«Hai scelto me?» ripeto, stordita. Sento che la poca salute mentale che mi è rimasta sta andando a quel paese.
Louis ride, poi si stringe nelle spalle.
«Sì, ho scelto te.»
«Lo sai, vero, che io non sono un fottutissimo Pokémon? Non mi puoi scegliere e poi, quando ne hai abbastanza, mi richiami nella tua cazzo di Sfera Poké e poi scegli di nuovo quell’altra. Io non lo reggo, Lou. Non ce la faccio. Perciò, ti scongiuro, o sei sicuro di quello che stai per dire, oppure vai via e lasciami sola.» lo supplico, con le lacrime agli occhi. Black si volta a guardarmi, con quell’espressione che in genere terrorizza tutti, ma che io interpreto con un “Vuoi che attacchi? Posso sbranarlo, se vuoi!”. Louis fa un passo avanti, sempre con il sorriso appena accennato sulle labbra e aggira Black con cautela. Mi si avvicina, così tanto che se volessi potrei gettargli le braccia al collo, oppure tirargli un calcio nei paesi bassi. Ma, più di ogni cosa, vorrei baciarlo. E vorrei che lui baciasse me.
Mi accarezza dolcemente una guancia, poi mi allunga il foglio e mi fa cenno di aprirlo. Con mano tremante, lo spiego e mi ritrovo a fissare una pagina scritta in maniera così fitta che non so nemmeno da dove cominciare.
La presenza di Louis è ovunque ed è così forte che non posso fare altro se non fissare le parole cancellate con rabbia, quelle sottolineate e quella “c” che scrive sempre in un modo tanto strano. Alzo lo sguardo e lo ritrovo a fissarmi, imperturbabile.
«Cosa significa?» domando, sventolando il foglio.
Lui alza gli occhi al cielo, poi me lo posiziona davanti agli occhi e porta l’indice proprio all’inizio, per indicarmi da dove cominciare. E, prima che io possa leggere, lo fa lui.
Ma non guarda il foglio, guarda me.
«Tu sei insopportabile. Sei acida, cinica, dici un sacco di parolacce e spesso non ti rendi conto che quello che dici ha effetto sulle persone. Anzi, te ne rendi conto, e la cosa peggiore è che non ti importa. Sei testarda, vuoi sempre aver ragione e, se non ce l’hai ti comporti comunque come se ce l’avessi. E poi sei sempre così insofferente, odi tutto e tutti e vuoi che chiunque lo sappia. Se potessi, litigheresti anche con la regina, solo perché beve il tè anziché il caffè. Sei insolente, spesso antipatica e, cielo, sei così stronza.» prende un respiro profondo, poi mi guarda e sorride.
Io non so cosa fare. Da una parte, vorrei picchiarlo, dall’altra vorrei suicidarmi, perché se sono una persona così orribile, come può avermi sopportato per tutto questo tempo?
«Sei anche egoista – questo non l’ho scritto, ma te lo dico adesso- e un po’ paranoica, insicura e ti comporti come se tutto il mondo ce l’avesse con te, quando è l’esatto contrario.»
Altra pausa, altro sorriso.
«Ma sei la mia migliore amica da un tempo così lontano che nemmeno lo ricordo e mi dici sempre la verità. Tranne quando ometti di esserti innamorata di me, ma in questo caso ti perdono, perché l’ho nascosto anche io.»
Che cosa? Ora lo uccido, dico sul serio. Una coltellata alla giugulare, e tanti saluti.
«Sai cos’altro sei? Sei bellissima, generosa, gentile con chi vuoi e sai dare ottimi consigli, anche se tu non li ascolti mai, perché pensi che per te non valgano. Ed hai un sorriso così bello che potresti convincere anche un cretino come me a considerarti solo un’amica. Quante volte me l’hai detto, Hazel? “Sei il mio migliore amico, Lou.” Ma quante volte, con gli occhi, mi hai detto il contrario? Ed io non l’ho mai capito. Ho sperato che un giorno tu venissi da me e mi dicessi: “Cazzo, Lou, io ti amo.” Ma non l’hai fatto ed io ho conosciuto Eleanor. Ero così arrabbiato con te, che ho preso al volo l’opportunità di dimenticarti. Se non potevo averti come volevo, allora forse era meglio che ci lasciassimo un po’ spazio in più. Eleanor era il mio porto sicuro: lei mi voleva, io… be’, mi accontentavo. Poi hai cominciato a mancarmi e tutti i periodi che ho trascorso lontano da casa, con i ragazzi, mi hanno fatto pensare a te e a come sarebbe stato se al posto di Eleanor ci fossi stata tu. E mi sono arrabbiato di nuovo. E poi tu hai cominciato a comportarti in modo così strano che io non ci ho capito più niente.
Sembravi gelosa, detestavi El e facevi di tutto per metterci i bastoni tra le ruote. Non capivo perché. Ero solo il tuo migliore amico, no? Poi abbiamo litigato, perché El si è accorta che continuavo a pensare a te e, sai, è dannatamente gelosa. Mi ha chiesto di scegliere ed io ero così confuso... Se tu mi avessi detto la verità da subito, non avrei esitato neanche un secondo. Poi, però, mi hai urlato che non volevi saperne e io mi sono sentito a pezzi, illuso, come se l’ultima speranza che tu mi amassi fosse volata via con le tue urla.
E allora è arrivata Noah. Mi ha detto che sono un coglione, che stavo gettando al vento la mia unica possibilità di stare con te e mi ha accusato di essere un codardo. Ed io ho capito, sai? Perché tu sei sempre stata convinta di non poter piacere a nessuno e ti sei tirata indietro prima ancora di tentare. Avrei dovuto arrivarci prima, ma ero ferito nell’orgoglio e, in più, non sapevo se tu provavi ancora qualcosa per me, oltre all’odio.
Poi, alla festa, ti ho vista piangere in camera mia e mi si sono aperti gli occhi. Io ti amo, Hazel. Ti amo da prima ancora che tu mi tirasti la palla in faccia, alle elementari e mi dicesti che ero uno stupido, perché non sapevo neanche bloccare un tiro in porta. È strano, vero? Che passi con una persona praticamente tutta la vita e ti accorgi di amarla solo dopo anni, quando sembra che tutto stia andando a pezzi.» si interrompe, prende fiato e mi guarda, in attesa che io ritorni a respirare e dica qualcosa. Ripenso a tutte le volte in cui mi ha detto di essere insopportabile, ma dopo due secondi mi ha baciato la tempia e mi ha detto di essere la sua migliore amica.
Ripenso a quando mi ha difeso da Callum Pierce, in quarta superiore, perché mi ha dato della grassona. Ricordo che gli ha tirato tante di quelle botte che Callum è finito all’ospedale e lui è stato sospeso per due settimane.
Ricordo che ha passato la notte con me, a ripetermi che ero bellissima e che, se solo ne avesse avuto di nuovo la possibilità, avrebbe picchiato Callum così forte che i suoi figli sarebbero nati con il mal di testa.
Perciò, be’, non c’è tanto da dire.
«Cazzo, Lou, io ti amo.»
 
Non ho mai creduto nel lieto fine perché, be’, è da sfigati. La vita ci mette davanti a scelte difficili di continuo ed è compito nostro decidere quale strada prendere ed affrontare le conseguenze. Non ci sarà mai il lieto fine perché, qualunque direzione si scelga di seguire, dall’altra parte c’è sempre un’occasione persa, un’opportunità sprecata e, forse, un futuro migliore.
Però, mentre Lou mi bacia, io riesco solo a pensare che la mia scelta l’ho fatta e che, per una volta, è quella giusta, anche se indossa camicie veramente orribili.




***



And that's all, folks.
Siamo giunti alla fine di Horrible Shirts. Sono mezza traumatizzata, sul serio, e questo capitolo è stato un vero e proprio parto. Sono morta, davvero.
E non ho niente da dire, se non che Louis e Hazel si meritavano un bel lieto fine - anche se era scontato, perché mi conoscete bene, ormai - e basta. Vado a ritirarmi in un angolo, preda della depressione più assoluta.
Ma, prima di farlo, voglio ringraziarmi per avermi seguito anche durante questa storia e per aver sopportato i ritardi nell'aggiornamento, per avermi sostenuto e per tutti i complimenti che mi avete fatto (la mia autostima ringrazia) e basta, vi adoro.
Spero che questo ultimo capitolo non vi abbia deluso e, per favore, fatemi sapere che ne pensate, è importante per me, davvero:)
Grazie mille, davvero.
GRAZIE. <3





 
 

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