Our Secret

di Kiki87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo Salve a tutti,
come avevo annunciato, in occasione della Kurtbastian Week di Dicembre e la traccia “Mistletoe”, non soddisfatta (del tutto) del finale ancora aperto, ho cominciato ad immaginare una storia a più capitoli. Ed è ciò che mi conduce qui, in questo momento.
Per chi avesse già letto la one-shot della week, vi invito alla lettura del prologo aggiunto in secondo momento e prometto di non ritardare alla pubblicazione del secondo capitolo ( solo da revisionare!). Per gli altri auguro una buona lettura, con la speranza di accattivarvi per il proseguire nella lettura.
Nota per la fanfiction: è ambientata a partire dalla seconda stagione per cui alcuni eventi saranno fedeli alla versione originale ed altri, invece, si discosteranno tra cui, appunto, la presenza di Sebastian.

Detto questo, vi auguro buona lettura!




copertina


(copertina realizzata da @therentgirl, nonché la mia Sebastian, che ringrazio ancora infinitamente per la meravigliosa sorpresa!)


Prologo.

Alcuni incontri sembrano essere destinati a cambiare un’esistenza eppure si palesano nel modo più semplice e casuale. Visto e rivisto in diversi adattamenti cinematografici, dalle penne di diversi scrittori. Eppure tutti contraddistinti dallo stessa consapevolezza che tutto sta, inevitabilmente, per cambiare.
Forse è una sincronia di sguardi, un sorriso o un’intonazione particolare della voce ma ognuno è diverso e speciale.
“Scusami[1] si era affrettato a scendere le scale e il moretto aveva sollevato gli occhi. “Posso farti una domanda? Sono nuovo qui”.
“Il mio nome è Blaine”.
La stretta della sua mano, il suo sguardo così limpido e luminoso.
“Kurt” aveva sussurrato, un sorriso più timido ed incerto a cui rispose quello del moretto, molto più caloroso e rassicurante, prima di prenderlo per mano e condurlo, per la prima volta, attraverso quei corridoi.
Ripercorrendoli anche a distanza di tempo, sembrava ancora di sentire le parole di quella canzone, quasi quei corridoi le avessero serbate.

You make me feel like I'm living a
Teenage dream
The way you turn me on
I can't sleep
Let's run away and
Don't ever look back

My heart stops when you look at me
Just one touch
Now baby I believe
This is real so take a chance and
Don't ever look back[2]


Sì, poteva affermarlo anche a distanza di tempo: alcuni incontri erano decisi dal destino. Altri no.
O forse lo erano anch’essi, ma soltanto per dimostrare quanto la vita potesse essere beffarda e quanto, dopo essersi mostrata nelle sue sfumature più dolci, potesse poi ribaltare completamente la prospettiva. Quanto, anche dopo averne saggiato l’influsso più dolce, si celasse un retrogusto amaro.
“Kurt” lo stesso sorriso dolce ad attenderlo alla fine delle scale mentre le scendeva, per la prima volta, in veste di studente della Dalton. Stava letteralmente volteggiando da che la sua sola voce era capace di farne scalpitare il cuore e scuoterlo fin nel profondo.
“Benvenuto alla Dalton”.
“Grazie, Blaine” si erano stretti brevemente la mano e Kurt aveva sentito quello stesso brivido di vita scorrere lungo la spina dorsale, la consapevolezza che anche quel momento fosse soltanto un nuovo inizio.
Uno schiarirsi di voce poco distante e aveva sollevato lo sguardo oltre la spalla di Blaine: lo vide allora per la prima volta. A pochi passi dal moretto, la figura alta ed allampanata di un giovane le cui mani erano affondate casualmente nelle tasche dei pantaloni. Il suo sguardo smeraldino sembrò scrutarlo da capo a piedi con espressione di malcelato disprezzo che lo fece sentire nudo.
Quasi egli riuscisse a carpire tutta la sua insicurezza e quel nodo in gola, quel battito scalpitante del suo cuore quando vicino a Blaine che, da loro primo incontro, aveva occupato la sua mente.

Ho combattuto per parecchio tempo[3],
mentre affogavo in un fiume di diniego.
Ho lavato, sistemato e messo via,
tutti i frammenti spezzati di me.

Non seppe esattamente cosa fu: forse l’espressione beffarda di chi sembrava aver capito tutto ancora prima che lui potesse articolare parola. Forse la sicurezza con cui, persino in quella posa indolente, sembrava essere perfettamente padrone della scena, malgrado ne fosse, a tutti gli effetti, un estraneo.
O forse la semplice rivalità che non avrebbe mai concesso alcuna sintonia tra loro se non la reciproca consapevolezza che ciò non poteva essere contemplato.
Non in una lotta ad un comune obiettivo.
“Oh” Blaine si era voltato ad osservare l’altro ragazzo e aveva sorriso quasi a mo’ di scuse.
“Kurt, ti presento Sebastian”.
Aveva allungato la mano in sua direzione e Sebastian parve quasi dispiaciuto di dover abbandonare quella postura così da stringerla a propria volta. I loro sguardi si fusero e sembrò esservi una scintilla di pura curiosità e di reciproca repulsione scorrere attraverso le loro spine dorsali.
Sorrise, Sebastian, un sorriso tutt’altro che caloroso.
“Benvenuto” pronunciò in tono spiccio seppur, per qualche motivo, fosse sembrata una sorta di pacata minaccia.


Scenario poliziesco, linee di gesso,
cicchetti di tequila,
nella scura scena del crimine.
Vita suburbana con la sensazione sottopelle
di star rinunciando a tutto,
a tutto per te.
(per te).

Blaine si era allontanato per prendere un caffè per tutti e allora, l’uno vicino all’altra seppur in posture rigide, si erano reciprocamente scrutati. Una smorfia era apparsa sul viso di Sebastian e Kurt si sentì osservato mentre il giovane gli sorrideva quasi con affettata malizia. Non ricambiò il gesto, continuò ad osservare la schiena di Blaine, quasi un baluardo di sicurezza tra tante divise simili e quella sgradevole presenza al suo fianco che lo faceva sentire giudicato: ironico come al McKinley il suo essere gay fosse fonte di disprezzo e, di fronte a quello sguardo smeraldino, sembrasse fonte di un’ostilità che si era palesata fin dal primo incontro di sguardi.
“A guardarti sei un povero vergine innocuo” esordì Sebastian in tono annoiato e Kurt trasalì per il modo in cui la parola “vergine” fosse stata pronunciata: quasi si fosse trattata di una vera e propria colpa. Quasi un motivo di scherno che era evidente in quelle iridi verdi.
“… ma te lo dico lo stesso: non mi importa se il tuo è stato un colpo di fulmine o ti si è solo stretto il cavallo dei pantaloni”.
Kurt era arrossito visibilmente, un verso strozzato di vergogna e di scalpore mentre Sebastian indicava Blaine con un cenno del mento per poi passarsi la lingua sulle labbra nello squadrarlo, soffermandosi volutamente sul suo fondoschiena con espressione lasciva.
“Non è roba per te” aveva soggiunto in un sussurro e Kurt aveva stretto i pugni lungo i fianchi: lo sguardo azzurro baluginò di una reale rabbia che ne fece fremere i lineamenti di porcellana mentre l’altro tornava a guardarlo. Un sorriso suadente e le sopracciglia inarcate.
“Cambia idea, prima di farti male o, meglio ancora, tornatene nella tua scuola pubblica”.

Oh, oh, oh.
Come avrei potuto sapere,
che tu saresti divenuto parte di me?
Pensavo che avrei dovuto andarmene[4]
(Andarmene!)
Ma non lo feci.
Perché sarei stato dannato se lo avessi fatto,
dannato se non lo avessi fatto.

“Puoi scordartelofu la risposta di Kurt che colse, con la coda dell’occhio, il volto di Blaine mentre, un vassoio di caffè in mano, si avvicinava nuovamente ad entrambi.
“E, per la cronaca, userei un esfoliante per quelle sgradevoli macchie sul viso[5] o forse butterato lo sei di nascita, così come avvezzo ad un linguaggio da prostituta che non tollera nuova concorrenza”.
Un rapido inarcare delle sopracciglia di Sebastian, un verso rauco di divertimento prima che Blaine si fermasse di fronte a loro.
“Ci sediamo?” propose loro con lo stesso sorriso allegro e caloroso.
Acconsentirono a seguirlo.
“Di cosa stavate parlando?”.
“Stavo giusto spiegando a Kurt qualche regola, non è vero?” gli sorrise Sebastian con falsa cortesia e Kurt si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo ma rivolse un sorriso più dolce a Blaine.
“Molto illuminante, sì”.

Ti prendevi gioco di me,
quando mi ronzavi attorno.
Ma da quando te ne sei andato,
sono un fiammifero bruciato.
Avrei potuto, avrei dovuto,
fare quello che mi ero prefissato.

Una scintilla di reciproca ostilità.
E così fu l’inizio della fine.





[1] Scena tratta dall’episodio 2x06 “Il primo bacio”.
[2] “Teenage Dream” di Katy Perry, cantata da Blaine nel proseguo dello stesso episodio. Traduzione QUI
[3] Questa è una traduzione che ho abbozzato da sola del brano “Damned if I do ya” degli All Time Low che ho scelto come colonna sonora dell’incontro tra Kurt e Sebastian. Per chi mastica bene l’inglese, consiglio il brano originale QUI che credo renda meglio. E vi consiglio anche il motivetto molto accattivante QUI.
[4] Nota per la traduzione: il testo originale prevede che i tempi verbali, in questi versi, siano volti al futuro; io li ho adattati al passato, trattandosi di un prologo mi è funzionale, infatti, a quanto vedremo nei prossimi capitoli.
[5] Sta alludendo ai nei di Grant che, in realtà, trovo adorabili ma qui, ehi, siamo in un clima di competizione, quindi permettetemi la scoccata :D

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1  
 
 
 
 
A tree that smells of pine
A house that’s filled with joy and laughter
The mistletoe says “stand in line”
Loneliness is what I’ve captured
Oh, but this evening can be a holy night
Lets cozy on up the fireplace
And dim those Christmas lights
So please just fall in love with me
this Christmas
There’s nothing else that you will need
this Christmas


(Cold December Night Michael Bublé)
 
Capitolo 1
 
Poco importava che il calendario segnasse sfacciatamente l’antivigilia di Natale: quella che Kurt Hummel stava affrontando – creme per prevenire le rughe già disseminate con spasmodico ordine sullo scaffale della sua toeletta – era una vera e propria crisi amorosa più idonea alla festività di metà Febbraio. Scosse il capo e prese un bel respiro: c’era ancora tempo, si disse, non era il caso di lasciarsi prendere dall’angoscia e rischiare ulteriore stress per la sua pelle.
Controllò l’orologio ed emise uno stridulo verso: era molto più tardi di quanto avesse sperato e ancora non era completamente sicuro di cosa avrebbe indossato quella sera, alla festa che si sarebbe tenuta a casa di Rachel. Terminò di detergersi il viso e, dopo essersi spalmato una discreta quantità di fondotinta a coprire qualche piccola imperfezione (brufoli di cui nessuno sarebbe mai dovuto entrare a conoscenza!), si volse all’armadio con espressione decisa.
Se aveva già optato per un paio di pantaloni scuri che ne fasciavano perfettamente le gambe ed era tentato da una camicia rossa (probabilmente era più adatta per tema, rispetto a quella viola che, tuttavia, sarebbe stata dell’esatto punto di colore che sarebbe tornata di voga, secondo le anticipazioni di Vogue almeno), non aveva ancora deciso quale soprabito abbinare. Allacciò la cintura in vita ma lo sguardo azzurro era ancora fisso sui due diversi modelli per tessuto, lunghezza e accessori che aveva appeso per la gruccia sull’anta dell’armadio.
Fu in quella silenziosa contemplazione che lo scorse Burt: si era premunito di lasciare la lattina di birra in cucina onde evitare un’altra lavata di capo circa la sua salute e un menù da “coniglio” che gli avrebbe personalmente prescritto.
Si appoggiò allo stipite della porta, un vago sorriso nel contemplarne l’espressione tanto concentrata. Una luce più dolce nello sguardo al pensiero di quanto gli fosse mancato sentirlo girovagare per casa parlando di attrici, modelle, cantanti (o tutte queste categorie insieme) o di una qualche canzone che avrebbe voluto proporre a Mr Shuester alla successiva lezione del Glee Club. Ma sapeva che anteporre il suo benessere e la sua sicurezza al proprio volere, fosse il suo dovere di genitore e doveva ringraziare di aver sposato una donna splendida come Carole che era stata lei stessa promotrice dell’idea di usare i soldi della luna di miele per farlo trasferire alla Dalton.
Si schiarì la gola e solo allora Kurt si volse ad osservarlo.
“Vuoi che ti lasci solo coi tuoi vestiti?” domandò, un vago sorriso sornione sulle labbra. “Ero solo venuto ad avvisarti che c’è quel ragazzo, di sotto, che ti sta aspettando”.
“Blaine è arrivato?” aveva domandato, la voce che era suonata in un falsetto strozzato mentre le guance si pitturavano di un delizioso rosa acceso che ne mise in risalto il colore delle iridi e Burt sospirò, scuotendo leggermente il capo.
“Blaine? Credevo si chiamasse ‘Brillantina’” aveva borbottato, suscitando uno sguardo di muto rimprovero da parte del figlio che si addolcì, tuttavia, con un vago sorriso prima di avvicinarsi all’armadio.
“Blaine è la persona più gentile e premurosa che io abbia incontrato alla Dalton, il che è tutto dire: sono tutti davvero deliziosi. Beh, quasi tutti” aveva soggiunto tra sé e sé prima di volgersi nuovamente all’armadio, indicandolo al genitore.
“Un doppiopetto Marc Jacobs o un classico Armani?” aveva domandato, prendendo entrambe le grucce e trattenendo entrambi i capi a mezz’aria mentre Burt faceva schioccare la lingua sul palato.
“Perché diavolo dovrei sapere qual è la differenza, figliolo?” aveva domandato in tono vagamente interdetto ma questi già non lo stava ascoltando e aveva scostato il cellofan per indossare il lungo cappotto a doppiopetto. Si legò la cintura in vita e aprì l’anta dell’armadio per un’ultima sistemata alla capigliatura prima di studiare il suo riflesso con espressione attenta e meticolosa, continuando a commentare frasi sconnesse come “Armani è troppo austero” “Marc Jacobs non è mai scontato” e cose simili.
Burt scosse il capo.
“Significa che sei innamorato di lui?”.
“Pà!” lo aveva apostrofato Kurt, terrorizzato alla prospettiva che il ragazzo interessato potesse sentirlo e Burt sollevò le mani come a scusarsi prima di entrare nella camera e chiudersi la porta alle spalle.
“Tranquillo, l’ho lasciato in soggiorno con Finn e Carole”.
Ma ciò non parve rassicurarlo, al contrario sembrò persino più agitato.
“Ragione per cui devo sbrigarmi prima che lo faccia scappare con la sua dipendenza da videogiochi”.
“Kurt” Burt lo aveva richiamato e gli aveva posto le mani sulle spalle.
“Non hai risposto alla mia domanda: che cosa c’è tra te e il brillantinato?”.
“Prima di tutto, Blaine fa uso di gel e, d’accordo, a volte forse esagera ma soltanto perché ha qualche problema ad accettare i suoi riccioli che trovo deliziosi e sbarazzini-“.
Burt aveva sospirato e si era portato una mano sulla tempia. Quelle precisazioni di make-up gli avrebbero procurato un mal di testa da guinness, almeno come quando aveva cercato di spiegargli la sua teoria sulle premesse per poter acquistare un anello di fidanzamento. Come in quei suoi consigli fosse riuscito a parlare di arte, di storia e di moda, ancora non era certo di aver compreso ma era stato molto più semplice – e meno doloroso! – assecondarlo.
“Vai avanti” lo esortò e Kurt si morsicò il labbro prima di stringersi le spalle.
“Forse ho una cotta per lui” aveva ammesso e lo sguardo di Burt era sceso sull’agenda del ragazzo dove spiccava il disegno di un cuore con i loro nomi iscritti e ricalcati con la penna rossa.
“Forse?” aveva domandato e Kurt si permise di arrossire, seppur dondolandosi con le spalle quasi a volerselo ingraziare. “Anche lui è gay, sto facendo progressi” aveva commentato e Burt aveva socchiuso gli occhi prima di prendere un bel respiro.
“E questo” aveva gesticolato quasi a cercare di ricordarne il nome.
“Blaine” Kurt era parso vagamente offeso, le braccia incrociate al petto e le sopracciglia inarcate.
“E’ al corrente dei tuoi sentimenti?” aveva chiesto, infine e si era preparato a trattenere il fiato: forse era ancora in tempo per evitare qualche spiacevole conseguenza. Al cenno di diniego del figlio dovette ricorrere a tutta la propria compostezza per non esultare come avrebbe fatto durante una partita di football al punto della sua squadra.
Si era schiarito la gola e ne aveva stretto la spalla.
“Non perderti d’animo: hai tempo per trovare il ragazzo giusto” aveva commentato più dolcemente e Kurt aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Da quando parli per aforismi?”.
“Kurt, quello che sto cercando di dirti è che non devi essere impaziente: lo conosci da poco e… non voglio che tu soffra” aveva concluso in tono meno burbero e più somigliante ad una sospirata richiesta che lo aveva fatto sorridere più dolcemente.
“Niente di affrettato, promesso”.
“Bene. E comunque, aspetterò il tuo ritorno: sobrio e solo” aveva specificato al che il giovane aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Stiamo andando ad un party di Rachel: l’unico motivo per cui qualcuno si ubriacherebbe è evitare le sue manie ossessive compulsive da povera solita incompresa”.
“Kurt”.
“D’accordo, pà”.
“E’ bello riaverti a casa, figliolo. Molto più caotico e rumoroso ma bello” avevano sorriso entrambi prima che Burt lo stringesse a sé per un breve istante. Appoggiò il mento contro i suoi capelli profumati e morbidi e per un istante fu come riavere quel bambino che lo svegliava al primo incubo spaventoso, come stringere un fantasma del passato.
“Mi sei mancato anche tu, papà”. Aveva sussurrato e quel nodo in gola sembrò molto più serrato mentre si scostava e gli batteva sulla spalla, un sorriso più allegro.
“Vai ora e divertiti. Ma stai lontano dal vischio”. Lo ammonì con finta espressione severa.
“Questo non posso prometterlo”. Ribatté Kurt con un accenno di sorriso più compiaciuto.
“E io non posso promettere che il tuo amico uscirà di casa”.
 
 
~
 
Come aveva detto a suo padre, l’unico motivo per cui si potesse bere ad un party indetto da Rachel Berry, era la noia. O la disperazione. O magari entrambe. Ma era una fortuna che Kurt Hummel fosse astemio perché quella sera tutto sembrava, invece, indurlo a volersi sgolare qualsiasi bevanda alcolica tanto per evitare di fare qualcosa di terribilmente pericoloso: pensare.
Se aveva sperato che l’atmosfera natalizia potesse giovarlo a farsi avanti con Blaine, non aveva fatto i conti con la stessa Rachel.
Era già abbastanza frustrante passare intere ore con lui tra i corridoi della Dalton o alle riunioni tra i Warblers e avere la netta sensazione di essere completamente invisibile ai suoi occhi. Ma che una disperatamente single Rachel Berry cercasse di manipolarne sempre l’attenzione, coinvolgendolo in duetto, tanto da lodare con uno squittio irritante che “solo un grande talento può confrontarsi col mio ed uscirne indenne. “era più di quanto potesse tollerare.
Decise di censurare nella sua mente il ricordo di come lo avesse ignorato per far strada a Blaine che – educato, dolce e splendido (va bene, questo lo aveva aggiunto come bonus!) – non aveva potuto che ringraziarla per aver cortesemente esteso l’invito anche a lui. Certo, che poi lei lo prendesse sotto braccio per trascinarselo dietro come un pupazzo (forse avrebbe dovuto trovarle un ragazzo: sarebbe stato uno splendido fioretto natalizio), era ulteriormente frustrante.
Si era, tuttavia, lasciato avvincere dalla gioia e dalla commozione nel riabbracciare i vecchi compagni del Glee Club ed era passato da “Il mio unicorno!” di Brittany al “Allora, quanti Usignoli ti sei portato in gabbia? Dillo al tuo Puckmentore” prima di sedersi accanto a Mercedes e abbandonare il capo contro la sua spalla.
“Sai com’è Rachel” lo aveva consolato quest’ultima, come sempre in linea di sintonia con il suo pensiero, senza bisogno di particolari spiegazioni circa il suo stato d’animo. “E per fortuna che Blaine è gay” aveva soggiunto in una risatina mentre Kurt sospirava, sollevando appena gli occhi al soffitto.
“Non credo che le importi più di tanto” no, a giudicare da come ne stringeva saldamente il braccio: lui stesso aveva sperimentato quanto quelle manine, apparentemente delicate, potessero attanagliarsi con artigli appuntiti nell’avvinghiare qualcuno.
“Ma importa a lui” aveva sottolineato Mercedes, prendendone il mento ed osservandolo, l’espressione improvvisamente addolcita. “Hai intenzione di parlargli?”.
Un lieve rossore sfiorò le gote di Kurt ma annuì fermamente, un vago sorrisetto ironico.
“Vuoi dire prima che Rachel si infili sotto il suo papillon?” aveva sollevato il mento con espressione più decisa nel continuare a scrutare i due che si trovavano in fondo alla sala e sembravano scegliere, tra gli spartiti, l’ennesimo numero da provare insieme.
“Oh, sì, assolutamente”.
Non era mai stato un tipo religioso ma aveva amato quel periodo dell’anno: soprattutto quando sentiva ancora la voce della madre mentre cantava, il profumo dei suoi biscotti dalla forma dei fiocchi di neve e tutte le decorazioni che affiggeva per casa e che suo padre, dalla sua scomparsa, cercava goffamente di imitare. Quasi sperando che un ambiente simile a quello in cui avevano vissuto per anni, potesse riportarla indietro.
Non credeva nell’esistenza di una creatura soprannaturale, ma se qualcosa di sacro vi era, lo respirava nel ritorno a casa tra i suoi affetti o in quella stanza tra le persone che aveva amato e il ragazzo che occupava il suo cuore.
Si era appena liberato da Rachel e lo aveva cercato con lo sguardo: gli aveva sorriso e Kurt aveva sentito il cuore fermarsi nel petto. Quasi spontaneamente – non credeva di aver più controllo della contrazione dei muscoli facciali – ricambiò il sorriso.
Scambiò uno sguardo con Mercedes che gli fece un cenno di assenso silenzioso e si rimise in piedi. Lisciò la camicia da pieghe inesistenti e si passò una mano tra i capelli prima di prendere un bel respiro per avvicinarsi.
Quello era il suo momento e niente e nessuno glielo avrebbe rovinato, aveva pensato con così tanta intensità che temette quasi lui potesse scorgerlo chiaramente nel riflesso delle iridi.
Pensò anche a quanto sarebbe stato bello ballare insieme, con quella dolce musica di sottofondo, le luci soffuse e poterne inspirare il profumo, abbastanza vicino da sentire i loro battiti confondersi e risuonare all’unisono. Magari, poi, riuscire ad allontanarlo dalla sala così da poter restare soli e magari consegnargli il regalo di Natale prima che partisse per la vacanza coi genitori e si potessero incontrare soltanto ai primi dell’anno.
Fu con quel proposito che si diede nuova forza per farsi avanti: lo stava attendendo e non aveva smesso di sorridergli con quella luce calda nello sguardo, accentuandone una sfumatura ambrata, dolce almeno quanto il miele e che era capace di procurargli quel singhiozzo all’altezza della gola.
Si era sentito letteralmente camminare sulle nuvole o quella era stata l’impressione… fino a quando Rachel non lo aveva nuovamente stretto il braccio.
Blaine aveva distolto lo sguardo: aveva nuovamente sorriso alla giovane – solo la pazienza dimostrava che era davvero un ragazzo perfetto – e aveva cercato di dire qualcosa, probabilmente un modo educato per congedarsi.
Era stato allora che Brittany era apparsa tra loro e aveva tenuto sollevato sopra le loro teste quello che somigliava straordinariamente ad un ramoscello da cui pendeva…
Ricordò il monito del padre come una sorta di ironica presa in giro.
Non stava realmente accadendo, si disse ma a poco valse che Santana rubasse il vischio per avvicinarsi con sguardo eloquente a Sam, o che Blaine apparisse interdetto mentre Rachel sorrideva nervosamente. Seppur non riuscisse a sentirla – in realtà era come contemplare una scena di un vecchio film drammatico in bianco e nero nel quale tutti i personaggi, improvvisamente, indossavano abiti di alta sartoria del dopoguerra – immaginò che avesse commentato qualcosa in tono stucchevole e dietro lo sguardo di cerbiatta, Kurt scorse quella belva famelica di successo e di attenzioni. Il suo lato oscuro.
“Oh, ti prego, Fringuello: dalle quello che vuole, prima che le si secchino le ovaie” aveva berciato Santana in tono evidentemente ironico che aveva fatto arrossire Rachel ad una maniera mortificata.
Kurt paradossalmente lo seppe prima di tutti: di Puck che aveva fischiato, di Lauren che stava lamentandosi della mancanza di un vero uomo degno di lei, di Finn che restò attonito con le labbra schiuse e il panino addentato, di Brittany e che si tappava gli occhi e di Santana che, tra le braccia di Sam, stava dando loro una sorta di anteprima.
Lo seppe ma non poté sopportarlo malgrado fosse stato solo un casto sfiorarsi di labbra.
Qualcosa dentro di sé sembrò rompersi e, incurante del richiamo preoccupato di Mercedes, e dei fischi o delle frasi di divertimento dei presenti, uscì dalla casa e si rimise in fretta il cappotto.
Era stato Blaine ad accompagnarlo ma avrebbe comunque preferito ignorare il proprio SUV e camminare a piedi: una passeggiata sarebbe stata l’ideale per schiarirsi la mente o, semplicemente, non pensare.
Si allontanò, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo perso in un punto indefinito.
Neve ovunque ma cielo sgombro di nuvole.
Una perfetta rappresentazione di sé: animo scalpitante e solitudine forzata.
 
~
 
Sapeva che si trattava soltanto di un bacio da vischio. Sì, lo sapeva. Avrebbe dovuto saperlo, continuava ad ammonirsi per la propria reazione. Eccessiva, come era tipico di lui d’altronde: non sembravano mai esistere mezze misure, soprattutto in amore.
O un silenzio doloroso e straziate come quello che lo aveva portato a negare persino la sua omosessualità e i sentimenti per Finn, o l’irruenza come quando aveva reagito alle angherie di Karofsky. Pessimi risultati in entrambi i casi, evidentemente era lui ad avere qualcosa di sbagliato.
Scosse il capo ed ignorò l’ennesima chiamata di Rachel e i suoi sms ma non ebbe il coraggio di aprirne uno da parte di Blaine.
Continuò, invece, la sua solitaria camminata, si confuse tra gli altri passanti: osservò le coppie strette per proteggersi dal freddo, i bambini impazienti del giorno di Natale che passeggiavano coi genitori o le amiche che si davano appuntamento per un’ennesima pattinata prima di chiudersi in un bar per un’ultima cioccolata calda prima di coricarsi. Avrebbe preferito essere qualsiasi altro di quei personaggi, non quel puntino anonimo e solitario tra la folla.
Vi era stato davvero quel periodo in cui il Natale era fonte di calore e di spensieratezza, del sentimento di vicinanza; mai si era sentito così solo e lontano da tutto ciò.
Mai aveva desiderato così tanto non sentirsi intrappolato in quel corpo mentre la consapevolezza di aver sbagliato si faceva largo ma l’orgoglio non avrebbe sopportato di tornare indietro.
Con le sopracciglia inarcate, osservò l’insegna della sua caffetteria preferita prima di entrare e sorridere alla barista, la solita ordinazione e prese posto.
“Buon Natale, Kurt” sussurrò tra sé e sé, osservando il paesaggio dal finestrino e portandosi il caffè alle labbra con un sospiro.
Gli sarebbero davvero venute le rughe precoci.
“Non è un po’ patetico farsi gli auguri da solo?” giunse la voce beffarda, limpida e suadente e poteva persino immaginare il sorrisetto diabolico che aveva accompagnato quella frase.
Poco ci mancò che non sputasse il contenuto del proprio bicchiere o si scottasse la lingua: pregò perché quella fosse solo un’allucinazione dovuta allo stress (esistevano allucinazioni uditive?!), ma sembrò tutto vano quando il giovane circumnavigò il tavolo.
Sollevò il proprio bicchiere, a mo’ di saluto, quel sorrisetto beffardo sulle labbra e, a parte il lungo soprabito, era il solito Sebastian Smythe che incontrava – o meglio detto con il quale si scontrava – tra i corridoi della Dalton. O per dirla in modo più schietto e diretto, spesso attaccato al fondoschiena di Blaine, seppur non nel modo volgare nel quale sicuramente sperasse, ogni volta che desse il meglio (peggio) del suo repertorio da indomito conquistatore dongiovanni gay.
“Ma ripensandoci” approfittò del fatto che Kurt stesse ancora elucubrando circa la sua presenza effettiva per continuare il suo soliloquio. “faccia da checca e patetico sono sinonimi, quindi.” scrollò le spalle con gesto non curante e si sedette.
Ciò era soltanto un piccolo riassunto del tipo di particolare relazione che si era instaurata tra i due da che Kurt era giunto alla Dalton: era stata una sorpresa scorgervi quel ragazzo – non lo aveva visto durante quella prima escursione, tra l’altro fallimentare, a scopo di spionaggio gratuito – e una spiacevolissima coincidenza avvedersi che anch’egli fosse gay e anch’egli avesse puntato lo sguardo su Blaine. Era stato un momento carico di tensione quello nel quale si erano scrutati con cipiglio evidente di reciproca ostilità mentre il bel moretto appariva chiaramente troppo euforico all’idea di frequentarli entrambi dallo scorgere quella che – Nick così la chiamava bonariamente – sembrava la “cortina di ferro” della guerra fredda. Se erano abbastanza affettati e capaci di improvvisare finti sorrisi di cortesia e di complicità, non mancavano momenti nei quali dovessero ricordarsi reciprocamente quanto si detestassero: il che avveniva ogni volta che Blaine si allontanasse per prendere uno spartito, per un assolo o per l’ordinazione ad entrambi alla caffetteria della Dalton.
Kurt sospirò stoicamente: evidentemente il karma doveva averlo punito. Aveva esultato non poco, persino benedetto l’iniziativa di Rachel alla quale ovviamente Sebastian sarebbe stato escluso – nota per sé: mai permettere che Rachel e Sebastian si conoscessero a meno che non dovessero distruggersi a vicenda – ma evidentemente doveva pagare lo scotto di aver partorito pensieri poco puri e da atmosfera natalizia.
“Non dovevi tornare a Parigi?” gli chiese in tono evidentemente stizzito, sbuffando al vederlo prendere posto senza la benché minima intenzione di allontanarsi.
“Cambio di programma” spiegò svogliatamente, stringendosi nelle spalle mentre sorseggiava il proprio caffè – immaginò corretto come lo beveva anche alla Dalton con grande stupore di Blaine – senza togliergli gli occhi di dosso.
“e poi è così… difficile staccarsi da certi luoghi, persone, camere da letto…” si era lambito le labbra dopo aver posato il suo bicchiere ma con fare così languido e lascivo che Kurt dovette distogliere lo sguardo, il pugno stretto sul ginocchio.
“Non vedo Blaine” aveva commentato ad un certo punto e Kurt era certo che fosse l’unico motivo per il quale si stesse intrattenendo con lui, non che volesse dargli alcuna soddisfazione aggiuntiva oltre al trovarlo solo a due giorni dal Natale. “… lo hai lasciato coi tuoi amichetti della scuola pubblica?” pronunciò la frase con evidente alterigia di chi si riteneva troppo speciale ed importante per frequentare un liceo statale, un altro motivo che glielo rendeva così particolarmente inviso.
Non si era tuttavia aspettato che sapesse. Certo, non era un’informazione nuova che Blaine e Sebastian si parlassero tramite telefono o social network e ovviamente Blaine era libero di frequentare chiunque gli fosse gradito, ma… e in che termini gliene aveva parlato? Doveva cercare di carpire qualcosa di più, senza tuttavia compromettersi.
Assunse un’espressione di pacato fastidio – non che dovesse fingerlo! – e sospirò.
“E tu come fai a saperlo?” chiese, lasciando intendere quanto gli fosse fonte di insofferenza il suo conoscere gli impegni e le frequentazioni del moretto. Evidentemente doveva aver centrato il bersaglio perché Sebastian sorrise, il viso inclinato di un lato e le sopracciglia inarcate.
“Sembrava davvero… impaziente” disse e Kurt cercò di non mostrarsi troppo compiaciuto alla rivelazione: sperò che i suoi battiti convulsi non dovessero tradirne lo stato d’animo.
“Povero innocente Blaine che non scorge la tua disperazione” concluse con un sorrisetto allusivo e Kurt non dovette sicuramente improvvisare il rossore che gli colorò le guance. Strinse gli occhi in due fessure, le sopracciglia aggrottate e il mento sollevato.
“Disse il disperato stalker che ne conosceva ogni singolo impegno personale” lo canzonò con voce flautata che fece soltanto sogghignare Sebastian. Posò il suo bicchiere, evidentemente non avendo più particolare attenzione per ciò che stava bevendo e si sporse in sua direzione così da parlare ad una maniera più “privata”.
“Ti ho già detto che con lui non hai alcuna speranza, vero?”.
“Ti ho già detto che la tua opinione non mi interessa, vero?” replicò a tono. “Come se poi tu sapessi qualcosa dell’amore” aveva soggiunto tra sé e sé, lo sguardo nuovamente volto ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.
Nuovamente una fitta allo stomaco all’idea di aver lasciato il ragazzo nel covo del suo ex Glee Club anziché poter condividere con lui quei momenti prima della sua vacanza.
Sebastian non parve affatto aversela a male. Al contrario sogghignò, continuando a studiarlo, le labbra smosse in una vaga smorfia.
“Come se tu sapessi qualcosa del sesso o dell’essere vagamente sexy” aveva replicato in tono velenoso, riscuotendo l’attenzione di quel paio di iridi cerulee che sembrò inchiodare nelle proprie più smeraldine perché il messaggio gli giungesse più limpido. “… avrai notato come scodinzola in mia presenza oppure i tuoi singhiozzi trattenuti coprono tutto il resto?”.
Kurt si rimise bruscamente in piedi: non voleva scorgesse quanto quelle parole potessero innescargli quell’irrigidimento. Soprattutto intorno ad un tema tanto delicato che gli aveva già creato non poche paranoie personali, soprattutto la sua scarsa esperienza in ambito sentimentale. Il ricordo di quell’unico bacio, tra l’altro strappatogli da Karofsky, ne fece bollire le guance mentre si rimetteva frettolosamente il cappotto, neppure curandosi di terminare la sua bibita.
“Se vuoi scusarmi, la mia soglia della sopportazione è arrivata al limite” aveva commentato, in tono altezzoso.
“Fammi indovinare” la voce di Sebastian era giunta troppo vicina perché gli stesse parlando dal tavolo e fu con orrore che si avvide che lo stava seguendo fuori dal locale.
“Neppure stasera sei riuscito ad aprirgli il tuo cuore?”.
Kurt non aveva risposto e aveva soltanto accelerato il passo ma con rapide falcate delle gambe più lunghe, Sebastian riuscì facilmente ad adattarsi a quel ritmo e non mancò di sorridergli ancora mentre lo affiancava. Ostentò quell’aria di altezzosa indignazione nel volerlo ignorare: le mani conficcate nuovamente nelle tasche del soprabito – noncurante di star apparendo poco elegante in simile frangente – e lo sguardo dritto innanzi a sé.
“Magari se gli cantassi un pezzo di Katy Perry nudo” continuò a canzonarlo l’altro, lo sguardo fisso sul suo profilo, il perenne sorrisetto divertito.  “se non altro potremmo sempre farci qualche risata” aggiunse con un lieve scrollare di spalle che fece incupire Kurt nel fermarsi.
Così fece Sebastian.
Sollevò gli occhi al cielo e si volse in sua direzione.
“Mi stai seguendo o-?” si interruppe al suono del cellulare e la suoneria di Lady Gaga, estrasse l’apparecchio soltanto per rifiutare l’ennesima telefonata di Rachel, facendo fischiare Sebastian in tono di evidente scherno.
“La faccia da checca offesa: deve essere andata peggio del previsto” convenne, scrutandolo mentre, con un movimento stizzito, rimetteva il cellulare nella tasca. Scosse il capo e riprese a camminare, Kurt, persino più rapidamente.
Digrignò i denti perché nuovamente Sebastian gli si affiancò.
“Lo Scandals è chiuso per ferie o è stato sequestrato dal reparto sanità pubblica?” aveva domandato, suscitandone soltanto una risatina divertita.
“Sono davvero commosso per come ti preoccupi della mia vita sociale tra le lenzuola ma-“.
“E’ già abbastanza stressante sapere che dovrò rivederti ogni giorno alla Dalton fino alla fine dell’anno-“.
“Puoi sempre ritornare nella tua scuola di disadattati senza talento” sorrise affettato, le braccia incrociate al petto. “Sono sicuro che anche lì sei invisibile. E non preoccuparti per Blaine, ci sarò io a fargli compagnia”. Aggiunse con tono serafico che lo fece ulteriormente incupire.
Cercò di ignorare quel suo riferimento al suo sentirsi spesso messo in secondo piano: qualcosa che gli aveva già suscitato più di un malessere quando, settimana dopo settimana, era Rachel ad avere il podio delle Nuove Direzioni e quando alla Dalton era lo stesso Blaine ad avere quasi tutti gli assoli. Ma quell’ultima scoccata sul ragazzo stesso, gli procurò un’ulteriore fitta di gelosia che lo fece incupire e ne rese lo sguardo più fosco.
“Sei un illuso se credi che Blaine uscirebbe con uno come te!” era la prima volta, forse, che rivolgeva tanto disgusto nei confronti di qualcuno e per qualcosa che non riguardasse un comportamento omofobo o una competizione canora. Si trattava della più basilare delle rivalità e non avrebbe mai pensato di pronunciare simili parole o di ritenere che qualcuno non fosse degno di essere amato.
Probabilmente guardandosi dall’esterno si sarebbe sorpreso di come riuscisse, quasi, a farne sbloccare persino quella sfaccettatura più forte della sua personalità.
Ma, soprattutto, era ulteriormente sconcertante come Sebastian sembrasse insensibile a simili commenti.
“Chi ha parlato di uscirci?” aveva chiesto, infatti, le sopracciglia inarcate. “Non sono io la femminuccia che sogna ad occhi aperti leggendo i romanzi di Nicholas Sparks”.
Un’altra scoccata che Kurt subì con un irrigidimento della mascella. Ecco un altro motivo per il quale la sua avversione per Sebastian era tanto ustionante: se fosse stato in competizione con un ragazzo altrettanto innamorato di Blaine, avrebbe anche potuto trarvi un motivo di sollievo. Qualunque cosa fosse accaduta e chiunque Blaine avrebbe scelto, avrebbe avuto al suo fianco qualcuno che lo apprezzasse e non soltanto per il suo aspetto.
“Sei disgustoso” commentò, infatti, in tono impietoso ma, da come Sebastian sorrise, sembrò soltanto trarvi un ulteriore complimento mentre si stringeva nelle spalle.
“Punti di vista, sono solo sincero”.
Si erano fermati e stavolta Kurt non avrebbe saputo quale altro espediente utilizzare: stava fissando, infatti, la sagoma della sua stessa casa. Non voleva neppure correre il rischio di continuare a vagare e magari incontrare qualcuno che sarebbe rientrato dal party di Rachel.
Stava ancora cercando una soluzione al suo silenzioso dilemma quando Sebastian sogghignò nello scrutare l’insegna.
“E così è qui che vive il figlio di un meccanico”.
“Se pensi che ti inviti ad entrare-“.
“Un giorno, quando capirai di essere davvero gay e non una ragazzina piena di estrogeni, allora mi supplicherai e ti renderai conto dell’occasione persa”. Commentò Sebastian in tono così sicuro di sé ed arrogante che Kurt emise uno sbuffo ironico, un vago sorriso velenoso.
“Un giorno, quando e se mai perderò il senno, sarò lieto di litigare con te per tutto il percorso di ritorno. Ma quel giorno non è oggi e-“.
Si erano entrambi interrotti: un cumulo di neve era caduto tra loro e Kurt levò lo sguardo curiosamente, imitato dall’altro.
Fu allora che, illuminato dalle luci di Natale affisse intorno ad un pioppo e alle decorazioni esterne, scorse un ramoscello di vischio, abbarbicato intorno allo stesso come un parassita, mentre un silenzio incredulo scendeva tra loro.
Vischio, pensò Kurt tra sé, gli occhi sgranati e le labbra schiuse.
Sebastian stesso sembrò restare immobile: si scrutarono per un lungo istante nel quale nessuno dei due parlò ma vi fu una nuova tensione, completamente diversa da quella che precedeva uno dei soliti litigi. Piuttosto la realizzazione che qualcosa fosse richiesto.
Qualcosa che entrambi, ovviamente, non desideravano. Ma per quanto fosse scontato, sembrava una debolezza doverlo ammettere a voce alta.
“Io credo…” fu Kurt il primo a spezzare il silenzio divenuto intollerabile, accennando all’ingresso: se fosse stato abbastanza fortunato, suo padre sarebbe uscito e avrebbe intimato a Sebastian di rispettare una distanza di almeno tre metri tra loro.
Evidentemente non era la sua serata fortunata perché Sebastian colse quel mormorio e sogghignò di fronte alla sua esitazione prima di chinarsi pericolosamente verso il suo volto.
Si avvicinò al suo orecchio, schiuse le labbra e rilasciò un respiro che fece intirizzire la pelle di Kurt.
“Se aspetti un bacio sotto il vischio per una stupida tradizione, temo, cara Miss Hummel, che dovrai gettarne un intero cespuglio addosso a Blaine”.
Si scostò bruscamente, le guance arrossate per la vergogna e l’indignazione: ancora una volta sentendosi non poco oltraggiato dal modo in cui si scherniva di lui, soprattutto in quell’ambito personale, d’altro canto biasimando se stesso per aver reagito, al solito, a quella maniera insicura.
“Non voglio essere baciato da-“.
Si interruppe, un gemito di sorpresa ne sgorgò dalle labbra quando Sebastian lo attrasse a sé, lontano dall’albero, e si chinò verso il suo viso.
Fu un movimento così fluido e rapido che Kurt riuscì a stento a realizzarlo: aveva sentito l’alone del suo respiro sul viso, il suo profumo avvolgerlo stuzzicante ed intenso e, l’attimo dopo, ne aveva carpito le labbra.
Un lungo respiro trattenuto nel quale perse la cognizione di sé.
Tremò e sbatté le palpebre prima di socchiudere gli occhi, completamente avvinto dalla sua vicinanza, da quei battiti divenuti persino più intensi e da quel calore che lo aveva fatto istintivamente (era istinto, ovviamente, la sua mente era offuscata da “normali reazioni fisiologiche”, si sarebbe detto da lì ai giorni seguenti) socchiudere gli occhi nella sua morsa.
Se fino a quel momento, il suo cuore era sembrato strozzato dal pensiero di quel bacio tra Blaine e Rachel sotto il vischio, non vi fu che Sebastian nella sua mente, in quel preciso istante.
Mai si era sentito così consapevole del suo corpo: di quel brivido che scorreva sotto pelle, di quel calore che sembrava direttamente provenire dalle labbra di Sebastian e diffondersi in tutto il suo corpo, malgrado si trattasse di un tocco sfiorato. Ma forse era proprio la sicurezza con la quale lo aveva avvinto a sé, una risoluzione che Kurt aveva sempre sognato, seppur rivolti da un bel altro giovane. Ma era tutto reale, così sentito che non poté che sentirsi avvolgere da quell’emozione, domandandosi se avvicinandosi ulteriormente o trattenendone il viso, ne avrebbe volto un’altra sfumatura.
Fu solo un momento di indecisione ma Sebastian si scostò e Kurt dovette trattenersi dal tastarsi le labbra tremanti.
Seguì un lungo istante di silenzio nel quale boccheggiò, lo sguardo fisso su Sebastian mentre questi conficcava svogliatamente le mani nelle tasche del soprabito, ancora intento ad osservarlo.
“P-Perché l’hai…?” era stata una domanda sincera, spontanea seppur si fosse sentito un bambino che cerchi di comprendere una realtà che appaia troppo difficile da assimilare.
Timoroso della risposta ma, soprattutto, di comprendere cosa si aspettasse e cosa fosse significato per lui quel contatto, se lo shock per il bacio strappatogli da Karofsky era stato paralizzante, in quel caso vi era stato quel solo istante nel quale si era persino abbandonato alla pressione. O aveva persino immaginato di prolungarlo.
Sebastian non parve minimamente turbato, un vago sorriso ancora a sfiorarne le labbra malgrado le iridi apparissero più offuscate ma lo rimandò ad un effetto della luce notturna.
“Non avevo ancora baciato un vergine questa sera” fu la pacata risposta e il cuore di Kurt sembrò fermarsi e la sua mente congelarsi.
L’urto dello schiaffo rimbalzò nel silenzio.
Sebastian non si scompose: continuò a scrutarlo curiosamente, le sopracciglia inarcate e la mano che si massaggiava la guancia lesa, il viso inclinato di un lato.
“Più passione in uno schiaffo che in un bacio… interessante” commentò in tono del tutto casuale.
“Stai-lontano-da-me!”.
Si era scostato più bruscamente, improvvisamente aveva davvero il bisogno di sfiorarsi le labbra quasi a volerle pulire da quel contatto, quasi a voler sentirsi meno contaminato dalla sua presenza o quello che sembrava aver innestato in quel folle istante.
“Ci vediamo a Gennaio, Miss Hummel” gli gridò dietro quando, dopo essersi bruscamente voltato ed aver superato il cancello, si fermò davanti alla porta di casa.
Rientrò e sbatté la porta di ingresso, facendo sussultare il padre che si era assopito sulla poltroncina del salotto.
“Com’è andata alla festa?” aveva chiesto, togliendosi il cappello e sfregandosi le dita sugli occhi, osservandolo attentamente.
L’immagine del padre che seguiva Sebastian con una mazza da baseball era piuttosto seducente ma forse gli avrebbe procurato un infarto.
“Noiosa e banale” replicò in tono neutrale, stringendosi nelle spalle.
“Ti hanno chiamato sia Rachel sia Brillantina, sei sicuro che sia andato tutto bene?” aveva assunto quell’aria più guardinga e preoccupata, malgrado fosse ancora decisamente assonnato.
“Sicuro” gli sorrise con naturalezza. “Sono uscito per fare quattro passi ma avevo il cellulare scarico, vado subito a chiamarli, grazie. Buonanotte” aggiunse con un sorriso prima di salire le scale verso il piano superiore.
Sospirò, detestava mentire a suo padre.
Entrò in camera e si lasciò cadere sul letto, aprì la cartella dei messaggi e, dopo aver sospirato ed ignorato quelli di Rachel, aprì il messaggio che Blaine aveva mandato poco dopo la sua rapida fuga dalla festa.
[Da Blaine] [11.23 pm]
Mercedes mi ha detto che stavi poco bene. (Kurt benedisse la presenza di una persona abbastanza premurosa e sveglia: sicuramente era stata credibilissima).
Avresti dovuto dirmelo, ti avrei riaccompagnato a casa! Rachel è stata molto gentile ma avrei preferito passare più tempo con te. Rimettiti, mi raccomando, e fammi sapere cosa farai in questi giorni.
Un caffè alla caffetteria della Dalton al mio ritorno?
Buonanotte Kurt, mi sei mancato.
 
Un sorriso ne sfiorò le labbra e si abbandonò sul materasso: un sospiro più trasognato mentre leggeva e rileggeva quelle righe, soprattutto quei passi di particolare dolcezza. Quasi volendo immaginare il suo volto mentre le scriveva, il suo sorriso mentre gli dedicava la buonanotte e gli diceva quanto gli era mancato e quanto avrebbe voluto trascorrere quel tempo in sua compagnia.
Fece per premere il tasto di risposta ma si riscosse all’arrivo di un nuovo sms: sperava in un’ulteriore buonanotte di Blaine ma inarcò le sopracciglia nel constatare che fosse un numero sconosciuto, quello del mittente.
Aggrottò le sopracciglia e lesse.
 
[Numero Sconosciuto] [00.38 am]
 
Le tue labbra sono più morbide di quanto immaginassi: forse quel burro cacao, che spalmi ogni cinque minuti, non è così male.
Mi domando cosa ne penserebbe Blaine.
Sognami stanotte,
XXX (Aveva emesso uno strillo indignato a notare un commiato con ben tre baci e scritti in lettera maiuscola).
S.
 
Quasi schifato, lasciò cadere il cellulare sul materasso, un verso stridulo di indignazione e di sgomento prima di aggrottare le sopracciglia nel fissare il soffitto.
Tipico di Sebastian, rovinare sempre tutto.
L’umore non migliorò neppure quando, sotto le coperte, prossimo al sonno, quel viso sembrò nuovamente far capolino nei suoi pensieri. E così la sensazione di quel profumo avvolgerlo, il calore di quel contatto e la morbidezza delle sue labbra.
Sbatté le palpebre e strinse i denti.
Stupido vischio e stupido Sebastian.
 

 
Eccoci qui alla conclusione del primo capitolo che è soltanto l’inizio di una nuova avventura che vedrà questa continua rivalità tra Kurt e Sebastian per le attenzioni di Blaine ma non soltanto, ovviamente.
[Nel prossimo capitolo:
“Non sai che sollievo potertene parlare!”
“Cosa credevi di fare?” “Divertirmi a tue spese, ovviamente”.
“Ora arriva la parte in cui ammetti che ti ha fatto saltare i nervi perché…?”.
“Mi ha baciato”. ]
Appuntamento alla prossima settimana per il capitolo 2 e un ringraziamento, fin da ora, a chi leggerà, seguirà o vorrà condividere al sua opinione!
Colgo l’occasione per ringraziare, ancora, la mia Blaine e la mia Sebastian per avermi seguito con entusiasmo nelle Week e per tutto l’entusiasmo vissuto ancora prima di cominciare a pubblicare questa long. Non sarei la Kurtina che sono senza di voi
Bacioni a tutti e buona giornata,
Kiki87

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Salve a tutti e buon Venerdì!
Come promesso,  eccoci qua per la pubblicazione del secondo capitolo: ringrazio di cuore tutti coloro che hanno inserito la fanfiction tra le seguite/ricordate/preferite. In modo particolare la mia Blaine e la mia Sebastian per il loro fondamentale sostegno
Spero questo capitolo vi diverta almeno un poco di quanto abbia divertito la sottoscritta scrivendolo ed immaginandolo (:
Ma siamo solo all’inizio!
Buona lettura!

Capitolo 2

 

 
Scendere i gradini della Dalton era qualcosa di suggestivo: si fermava al di sotto della vetrata che raccoglieva la luce del giorno e che contemplava anche la notte, quando sembrava che i raggi di luna e le stelle fossero le sue solitarie compagne e custodi del suo segreto più intimo.
Si soffermò sul pianerottolo, esattamente lo stesso punto nel quale, poche settimane prima, aveva scorto Blaine, per la prima volta, e da allora la sua vita era inevitabilmente cambiata.
L’incontro così casuale eppure suggestivo sembrava essere una metafora a dirgli che, dopo tanta solitudine e il sogno dell’amore, era giunto il suo momento e doveva soltanto lasciarsi andare e scivolare gradino dopo gradino verso colui che aveva fatto scalpitare tali note.
Sorrise ancora una volta al pensiero: inevitabile per un estro romantico come il suo ritenere che quella stessa scalinata lo avesse spinto verso il bellissimo moretto dagli occhi ambrati e cangianti, dal sorriso sognante, dai modi dolci e gentili, premurosi e sinceri.
Quello che, ai suoi occhi, sarebbe sempre stato perfetto, il suo ragazzo ideale, uscito – come diceva la canzone che egli cantò quello stesso giorno – da un sogno adolescenziale. Ma molto più reale.
Arrossì di delizia prima di sospirare trasognato allo scalpitio più suadente del suo cuore: carezzò con affetto la balaustra  e scese i gradini uno alla volta, contemplando l’idea che, un giorno, il ragazzo lo avrebbe atteso alla fine della stessa per porgergli la propria mano, dopo un ingresso trionfale degno di una favola.
“Kurt?” la voce divertita di Blaine lo riscosse e il ragazzo arrossì, quasi l’altro potesse leggerne perfettamente il pensiero. Gli sorrise, tuttavia, l’attimo dopo: lieto di poterlo finalmente rivedere dopo quelle due settimane di vacanze e la sua partenza. Scese gli ultimi scalini quasi volteggiando.
“E’ bello rivederti” aveva sussurrato Blaine con calore e, Kurt sentì il cuore stringersi per l’emozione, lo vide allungare la mano in sua direzione.
Sbatté le palpebre quasi ad assicurarsi che non si trattasse di un sogno troppo vivido e reale ma, un dolcissimo scalpitare del cuore e una scarica di brividi lungo la spina dorsale, adagiò la sua mano a quella del moretto che, con ostentata e buffa aria di importanza, l’aveva sollevata fino a quando non era giunto al suo fianco.
“Anche per me” aveva sussurrato con voce più tremula seppur, quando i loro sguardi si fusero, non poté che chiedersi, ancora una volta, se riuscisse a percepire il battito alterato del suo cuore ma questi si limitò a sorridergli e cedergli il passo.
, si disse ancora una volta, era davvero un ragazzo perfetto.
Blaine gli lasciò la mano, mormorando delle scuse, per poi schiarirsi la gola e proporgli un caffè. Kurt sospirò ma, seppur deluso da quell’improvvisa mancanza del calore delle sue dita, non poté che pensarlo ancora una volta con un sorriso.
Era perfetto ma ancora non lo sapeva.
Forse un giorno sarebbe stato in grado di dirglielo ma sperò soltanto che non fosse troppo tardi.
Il pensiero di un paio di occhi smeraldini con striature d’azzurro lo colpì nel mezzo del corridoio – con la stessa potenza di un proiettile tra le scapole (in effetti il paragone non era del tutto inappropriato) – e non poté che attribuirvi un inconscio ma allarmante e sinistro presagio.
Scosse il capo e entrò a sua volta nella caffetteria: osservò la coda ma Blaine gli sorrise e gli fece cenno di accomodarsi.
“Offro io”.
“Ma-“.
“So già cosa prendi” aggiunse a mo’ di convincimento con quel sorriso irresistibilmente gentile e più dolce che ne fece perdere un battito mentre si concedeva – una volta che Blaine si era girato – un dondolio di spalle non poco compiaciuto.
Forse non era (ancora) perfetto ma ci andava molto vicino.
 
Come sempre, il tempo sembrava trascorrere in un lampo quando erano insieme o quando riuscivano a parlare con simile confidenza. Kurt, soprattutto, si crogiolava di quella sensazione di sentirsi completamente affine a qualcuno: il riuscire ad essere se stesso e senza che ciò compromettesse qualcosa. Al contrario, era qualcosa che sembrava appartenere a quelle pareti, persino la prima volta che le avesse scorte nelle vesti di “spia”, quando era stato accettato. E stimato esattamente per ciò che era.
Era a casa.
Avevano ormai esaurito la conversazione sulle reciproche vacanze natalizie e aneddoti di famiglia ma, prima che Kurt potesse alludere alla ripresa delle lezioni (e, soprattutto, alle prove del Glee Club di cui facevano parte entrambi), Blaine appoggiò nuovamente il suo bicchiere sul tavolo.
Kurt si sentì irrigidire istintivamente: nei telefilm quello era il momento di una rivelazione o di una risoluzione silenziosa sul fare o non fare qualcosa. Dire o non dire.
“Sono stato davvero bene alla festa dei tuoi amici: ora capisco perché ne senti tanto la mancanza” aveva commentato con quel suo sorriso dolce e Kurt cercò di non mostrare la delusione che lo aveva attanagliato.
Sorrise a sua volta.
“Mi spiace soltanto che Rachel abbia cercato di monopolizzarti: credo che abbia una cotta per te” soggiunse, con tono appena più complice e malizioso dopo essersi sporto in sua direzione. Si aspettava, da parte del giovane, una risata altrettanto divertita o soffocata contro il suo bicchiere.
Niente di tutto questo.
Sembrò, invece, stare più scomodo sulla sedia tanto che Kurt gli chiese se stesse bene.
“In realtà mi è simpatica, sai?” rispose in tono più conciliante al che Kurt gli sorrise con la stessa adorazione con cui Brittany pensava agli unicorni – ennesima dimostrazione, quella, di quanto Blaine fosse perfetto! – prima di scuotere lievemente il capo, continuando a schernire l’amica.
“Se tu fossi al McKinley ti prenoterebbe per ogni duetto o forse ti saboterebbe… o magari entrambe le cose: è una delle ragazze più competitive che io conosca”.
Blaine sorrise ma, come notò, non lo stava guardando apertamente e non era quel sorriso con le fossette che gli trasfigurava il volto quando ridevano insieme. Sembrava teso e nervoso, quasi insicuro ad una maniera che era curiosa quanto sconcertante per un ragazzo così abituato a stare al centro del palcoscenico e dominare la scena con il suo talento.
“Pensa che” si era schiarito la voce ma finalmente era tornato ad osservarlo “mi ha chiesto di uscire con lei” annunciò un po’ esitante e Kurt sembrò paralizzarsi sul posto.
Cercò, ancora una volta, di cacciare furiosamente dalla mente le immagini di quel loro unico (per fortuna!) bacio mentre lentamente assimilava le parole di Blaine. Aveva ignorato ostinatamente ogni tentativo di contatto da parte di Rachel per diversi giorni e non riusciva davvero a credere ch’ella potesse dimostrare ancora una volta una simile tenacia. E follia. Ed egoismo che sfociava in un disgustoso egocentrismo: era consapevole dei suoi sentimenti per Blaine e, soprattutto, sapeva che con Blaine non avrebbe mai potuto esserci il presupposto per una frequentazione amorosa.
Povero Blaine, chissà che imbarazzo.
“Non ti preoccupare: le parlerò io, mi dispiace davvero che-“.
“Pensavo di dirle di sì” e le parole caddero in un pesante silenzio per qualche istante di sospensione.
Kurt rise. Una risata senza allegria.
“Blaine” lo richiamò e sospirò, cercando di assumere un tono pacato ma ragionevole. “Rachel è una ragazza un po’… particolare” era evidente che si stesse trattenendo dal definirla in modo molto meno pacato ed educato. “… ed è disperatamente single” calcò con tono più stizzito sulle ultime due parole.
“Non voglio illuderla” si affrettò Blaine a dire con voce più contrita ed imbarazzata: le mani sollevate quasi a scacciare eventuali preoccupazioni di Kurt sulle sorti dell’amica (?).
“Ha i biglietti per un musical e mi sembrava un’idea carina accompagnarla e conoscerci un po’ meglio…” spiegò, continuando ad osservare l’amico.
Di fronte al lungo silenzio di Kurt – evidentemente non era un terribile sogno, constatò quest’ultimo, e neppure uno scherzo degno di Candid Camera – il moretto si irrigidì.
“Mi stai giudicando male?” chiese, in tono evidentemente ansioso ma Kurt si affrettò a riscuotersi e scuotere il capo, mentre prendeva un profondo respiro.
La sua mente era una confusione di pensieri e di immagini, sentiva una sensazione di nausea alla bocca dello stomaco e la gelosia si mescolava al risentimento nei confronti di Rachel e all’incredulità sul fatto che Blaine potesse realmente immaginare di voler approfondire quella loro conoscenza, quando doveva aver intuito lo stato d’animo di Rachel.
“No, certo che no” sospirò ma, neppure di fronte a lui, poteva negare i suoi reali pensieri: “è solo che penso che tu e Rachel non stiate prendendo la cosa sul serio e-“.
“Sono serio, Kurt” si affrettò a replicare Blaine e quella fu l’ennesima coltellata per Kurt, probabilmente la più insidiosa perché scorse nel suo sguardo la sincerità delle sue parole, ancora prima che potesse giustificarsi.
“Forse… non mi conosco ancora del tutto” aveva sussurrato con tale timore ed insicurezza che Kurt avrebbe, in normali circostanze, provato un moto d comprensione e di affetto per il quale si sarebbe prodigato a far tornare il sorriso o una parvenza di serenità e tranquillità su quel viso amato.
“Non sai che sollievo potertene parlare!” aveva aggiunto con enfasi e Kurt aveva intuito che si stava realmente… tormentando. Mettendo persino in dubbio una certezza che gli era sembrata palese fin dalla loro prima conversazione, in quella stessa stanza.
“E’ da tutto il periodo natalizio che ci penso e-“.
“Blaine! Sapevo di trovarti qui”.
No, urlò Kurt nella sua mente.
Non adesso.
Non Sebastian.
Il fatto che ricordasse perfettamente, poi, le circostanze del loro ultimo incontro, non era certo favorevole ad evitargli quella sensazione di profondo disagio: si sentiva quasi contaminato nello stare di fronte a Blaine. Poco importava che il ragazzo stesso avesse quasi stroncato di netto la sua serenità con quel semplice commento su Rachel: non era con Blaine (in realtà mai) che voleva incontrarlo o tantomeno interagire con lui.
Non quando, e la fitta di fastidio era persino più reale, tra le altre cose, esibiva quel sorrisetto sicuro di sé nel contemplare Blaine senza neppure curarsi della propria presenza.
Non che gli dispiacesse essere ignorato ma era alquanto poco opportuno dopo quel bacio, o meglio dopo quel messaggio cui non aveva mai risposto, ovviamente.
Il fatto che non avesse più ricevuto sue notizie, poi, sembrava essere una rassicurazione: quasi non fosse mai accaduto nulla tra loro. Ma vederlo di fronte a Blaine, sembrava uno spaventoso stupro delle sue emozioni e dei suoi ricordi e avrebbe soltanto voluto fargli sparire quel sorrisetto supponente e sicuro di sé.
Il fatto che poi quest’ultimo gli sorridesse con il solito entusiasmo nel vederlo (non sta “scodinzolando”!, si ripeté dovendo smentire un commento di Sebastian) non fece che ulteriormente acuire quello stato d’animo fin troppo suscettibile.
“Sebastian” lo salutò, infatti, con un sorriso cordiale ma Kurt era certo che il suo amico non avrebbe più proferito parola su Rachel. Ciò era non poco fonte di rassicurazione su chi dei due avesse stretto con lui un reale rapporto di amicizia e reciproco rispetto che si fondava sulla comunicazione. E non certo sulla silenziosa capacità di Sebastian di spogliarlo con lo sguardo.
Questi gli sorrise con quell’atteggiamento sicuro di sé, appoggiò la sua tazza di caffè sul tavolo e gli si sedette accanto, senza staccargli gli occhi di dosso.
Pochi secondi e, da interlocutore attivo, Kurt era sembrato divenire importante quanto le tendine decorative affisse alle vetrate; si morse la lingua per non far notare rumorosamente la propria presenza o magari allungare la gamba sotto il tavolo per colpire lo stinco del nuovo arrivato.
“Come sono andate le vacanze?” gli chiese Blaine e Sebastian scrollò le spalle con fare indifferente.
“Restare in Ohio anziché tornare in Europa?” sì schermì ironicamente. “Per la prima volta sono quasi felice di esser tornato a scuola” non completò la frase ma dal modo in cui squadrò il moretto, Kurt non aveva dubbi a cosa alludesse.
Storse le labbra disgustato, tambureggiando nervosamente con le dita sul tavolo ed attendendo il momento propizio per un intervento di classe. Dignitoso. Non qualcosa che lo facesse somigliare ad un patetico tentativo di non essere ignorato, anche se era ciò che stava avvenendo. Ciò che lo stava facendo ribollire persino più dei soliti insulti poco cortesi della sua nemesi.
Blaine ridacchiò divertito – era davvero una battuta così divertente?! – e il suono prodotto dalle sue dita sul tavolo sembrò rimbombare come lo zampillio del sangue nella tempia ma nessuno dei due lo stava minimamente degnando di considerazione.
“Nessuna novità, quindi?” lo incalzò Blaine improvvisamente più ciarliero, forse volendo coprire il silenzio sceso dopo le dichiarazioni di poco prima. Ma fu Sebastian a sorprenderlo perché parve perdere quella parlata più indifferente e sciolta, indolente e quasi annoiata.
Sembrò persino illuminarsi alla domanda.
“In realtà…” silenziò a voler creare un effetto scenico che fece alzare gli occhi al cielo a Kurt. “Qualcosa di curioso è accaduto… oh, ciao Kurt”. Lo salutò infine.
Un baluginio suadente dello sguardo che Kurt ignorò. Ma aveva la vaga sensazione che quella frase in sospeso non presagisse nulla di buono. Non per lui, anche se era ben lungi dal capire quale fosse lo scopo di Sebastian e se, in maniera molto perversa e contorta, ne avesse davvero uno. Oltre ad infastidirlo che poi sembrava essere il fine più “nobile” della sua esistenza e del suo intromettersi tra lui e Blaine.
Forse stava soltanto divertendosi a logorarlo, facendo leva sulla sua discrezione o semplicemente il suo senso della decenza e del pudore: tutte cose di cui era sfortunatamente sprovvisto ma che sicuramente erano persino dannose alla sua esistenza sfrenata e dissoluta.
“Curioso?” insistette Blaine che, al solito, appariva del tutto cieco della reale atmosfera che aleggiava tra loro, della vera comunicazione che, aldilà delle parole, era soprattutto degli sguardi (o non-sguardi nel caso di Sebastian) e dei tentativi silenziosi di eliminare l’esistenza dell’altro con il pensiero.
“L’antivigilia di Natale” esordì Sebastian e Kurt sentì il cuore fermarsi e il respiro divenire più rado mentre si irrigidiva sulla propria sedia. “… ho baciato un ragazzo ed è come… non so, se sentissi ancora l’impronta delle sue labbra”.
Doveva dar atto a Sebastian di essere un fantastico attore (fantastico bastard-attore) tanto da riuscire persino a pronunciare quelle parole, dando loro una cadenza morbida, quasi soffusa, quasi lui stesso le stesse vezzeggiando con timbro più sussurrato di quello che gli era consono.
Finse di apparire impacciato di fronte a quella confessione, lo sguardo ancora volto a Blaine quasi questi fosse la fonte della conoscenza suprema in simili questioni.
“Ha senso?”.
Aveva domandato e, sotto lo sguardo sconvolto e sgomento di Kurt, si era lambito le labbra, quasi stesse rievocando quel gesto.
Blaine gli sorrise con rinnovata dolcezza, evidentemente colpito ed emozionato per quel racconto. Un sorriso che di solito avrebbe suscitato non poca invidia e rabbia in Kurt. Ma non in quel momento.
“Sebastian” ne aveva pronunciato il nome, in tono evidentemente sorpreso.
“Non ti facevo un tipo così romantico” lo aveva blandito con un luccichio amichevole ed intenerito nello sguardo, evidentemente compiaciuto e felice per lui.
“E lo hai rivisto?” aveva chiesto l’attimo dopo.
Con sommo orrore di Kurt, Sebastian si volse a guardarlo: lo stesso sorriso suadente ma si impose di ricambiarne lo sguardo. Aggrottò le sopracciglia in una sorta di guerra silenziosa quasi che il distoglierlo fosse segnale palese di sconfitta.
Si volse nuovamente a Blaine ma non gli era sfuggito quel lampo di malizia negli occhi.
“Romantico, io?” si era indicato e aveva guardato Blaine quasi questi gli avesse recato una grave offesa prima di stringersi nelle spalle e tornare ad osservare la propria tazza di caffè.
Ne bevve un sorso, assaporando nuovamente quei brevi istanti di silenzio prima di scuotere il capo.
“L’ho rivisto ma temo non sia cambiato nulla tra noi” rispose in tono volutamente e stoicamente più sospirato che fece incupire Kurt per l’evidente presa in giro.
Blaine, tuttavia, sembrava realmente dispiaciuto e persino preoccupato tanto che si sporse persino in sua direzione, quasi gli fosse vitale giungere al nocciolo di quella confidenza.
“Ma gli hai parlato esplicitamente? Magari lui prova lo stesso ma ha timore di confessarsi… cosa ne dici, Kurt?”.
Si riscosse visibilmente una volta che Blaine gli aveva volto nuovamente lo sguardo e dovette sforzarsi di smetterla di guardare Sebastian ed immaginare che il lampadario di cristallo – collocato esattamente sopra la sua testa ad una decina di metri – gli piombasse addosso, tramortendolo. Ripetutamente.
“C-Come?” scacciò dalla mente l’immagine di un Sebastian privo di sensi e cercò di congelare il sorrisetto che quella fantasia gli aveva istintivamente procurato mentre Blaine lo blandiva con una lieve pacca sul braccio.
“Avanti, Kurt, sei il più romantico di tutti quelli che conosco”.
Stava parlando sul serio?
Gli stava attribuendo quella dote e correlandola alla pantomima di Sebastian?
“Oh, sì, Kurt… ti prego” intervenne Sebastian con tono stucchevole seppur lo sguardo che gli stava rivolgendo sembrasse quasi… famelico. “Credi che ci sia speranza per me?”.
Mantenne il contatto oculare anche quando Sebastian si leccò nuovamente le labbra, dopo aver nuovamente sorseggiato il suo caffè e solo allora dovette distogliere lo sguardo, disgustato.
La rispostaccia che gli prudeva la lingua si placò soltanto all’incrociare – grave errore! – lo sguardo di Blaine.
Sospirò e scosse il capo.
“… credo che non potrà mai amare qualcuno quanto ama se stesso” si sentì dire ma fu come se avesse parlato ad una suppellettile perché evitò accuratamente lo sguardo di entrambi mentre fissava le venature del tavolo di legno, tracciandole con le dita.
Il silenziò che seguì le sue parole sembrò assordarlo e sollevò lo sguardo: paradossalmente sembrava Blaine quello più incupito, quasi fosse stato lui l’oggetto del suo giudizio ai suoi occhi severo (ma niente meno che veritiero! Anzi, fin troppo clemente!).
“Credo che andrò a disfare le valigie” rispose sollevandosi dalla sedia, guardando dall’uno all’altro. “non avete bisogno di me per litigare” soggiunge con un lieve scuotimento del capo mentre osservava Kurt e quest’ultimo sentì il suo cuore vacillare dolorosamente all’idea di averlo deluso.
“Blaine, aspetta” si era sporto ma il moretto si era già voltato dopo aver rivolto ad entrambi un cenno del capo.
Il suo sconforto e la sua stizza non migliorarono di certo quando Sebastian si sporse dal proprio schienale per scrutare avidamente e sfacciatamente il fondoschiena di Blaine, fino a quando non fu uscito dalla caffetteria. A quel punto, si rilassò e sembrò finalmente depositare la maschera indossata fino a quel momento: incrociò le braccia al petto e lo osservò con un sorrisetto allusivo e le sopracciglia inarcate.
“Bel lavoro, Kurt, lo hai indispettito: non è stato dolce a prendersela per il mio sfortunato amore non ricambiato?”. Calcò dolcemente sulle ultime parole, rivolgendogli uno sguardo quasi afflitto, la mano sul petto a simboleggiare un immenso dolore.
Kurt lo ignorò ma percepì una stretta al petto nel constare che, malgrado tutto, avesse ragione.
“Cosa credevi di fare?” domandò, tuttavia, in tono arcigno seppur la voce fosse divenuta più stridula a testimoniare quanto fosse turbato dall’evolversi della loro discussione.
Sebastian si prese un lungo istante prima di rispondere: il sorriso più accattivante e un’aria soddisfatta che ne fece baluginare lo sguardo smeraldino.
“Divertirmi a tue spese, ovviamente” rispose con uno scrollo di spalle, quasi curioso della domanda dalla risposta scontata ed ovvia.
“Non ti aiuterà a conquistare Blaine” sibilò Kurt con una fitta di gelosia e di possessività che fece soltanto ridere maggiormente Sebastian che scosse nuovamente il capo. Lo scrutò per un lungo istante, il viso inclinato di un lato e un lieve corrugamento delle sopracciglia.
“Credimi, Kurt, se quello fosse il mio scopo non avrei bisogno di screditarti ai suoi occhi. E neppure di sforzarmi a dirla tutta” e non c’era bisogno di chiedergli cosa intendesse perché neppure a Kurt sarebbe mai sfuggito il sorriso che era solito rivolgergli Blaine o il modo in cui si fosse reso partecipe del suo aneddoto. Innocentemente convinto delle buone intenzioni di Sebastian o di una reale amicizia da parte sua.
Si morse il labbro per non pensarci, stringendo un pugno sotto il tavolo prima di rivolgergli uno sguardo palesemente stanco.
Ma se non aveva intenzione di conquistare Blaine, qual era il punto?
“Allora qual è il tuo scopo?” chiese infatti.
Si prese un lungo istante per far scorrere lo sguardo tutto attorno: quasi a testare che non ci fosse nessuno ad interromperli o abbastanza vicino da ascoltarli. Un sorrisetto malizioso che ancora aleggiava sulle sue labbra ma, solo quando lo ritenne necessario, intrecciò lo sguardo a quello di Kurt. Si sporse in sua direzione.
“Abbiamo un segreto che ci lega” aveva sussurrato e Kurt si era sentito letteralmente investire dall’ondata del suo profumo e, un gemito di sorpresa, una fragranza che riconosceva. La stessa che lo aveva avvolto in quel momento in cui le sue labbra gli avevano tolto il respiro e non era più riuscito a sentire altro se non il ragazzo che aveva di fronte.
Lo stesso che si era messo in piedi e che circumnavigò il tavolo, facendolo irrigidire, sentendone lo sguardo persino sulla propria nuca. Come fosse possibile, Kurt non avrebbe saputo dirlo se non attribuendo il merito alle doti stupratrici di un solo sguardo di quelle iridi.
“Non significava nulla” si sentì dire con voce abbastanza ferma, trattenendo persino il respiro, il lieve pulsare del pomo d’Adamo e strinse con le dita il bordo del tavolo.
“Allora perché stai tremando?” lo sussurrò al suo orecchio e Kurt avvertì una scarica di brividi scivolare lungo la spina dorsale, l’alone caldo del suo respiro che ne fece intirizzire la pelle del collo, quasi una silenziosa carezza sulla pelle nuda.
Boccheggiò, lo sguardo perso nel vuoto.
“E’ incredibilmente eccitante” continuò con un sussurro languido nel suo orecchio e Kurt perse qualche battito, il cuore in gola e il respiro affannato.  “… non dimenticare il burro cacao, tesoro”.
Si ritrasse altrettanto rapidamente e la sua risata di scherno sembrò rimbombare nei timpani di Kurt mentre, le mani conficcate nelle tasche dei pantaloni, gli rivolgeva un saluto con un cenno delle dita sulla fronte, prima di intraprendere la stessa direzione di Blaine ed uscire a sua volta.
Lasciandolo solo e più confuso che mai.
Il nostro segreto.
Scosse il capo e si sfregò le dita contro le labbra: un gesto istintivo e inconscio prima di guardare quelle stesse dita. Sembravano anch’esse ancora intinte del sapore del suo bacio.
Anch’esse complici e torturatrici.
 
 
~

Riordinare il proprio armadio era sempre qualcosa di rilassante  e piacevole: disporre i capi per colore, tessuto e dimensioni. Un modo per svuotare la mente nonché ristabilire l’ordine. Decisamente sarebbe stato necessario mettere da parte i risparmi per una nuova collezione di primavera. Sempre meglio essere aggiornati sulle ultime tendenze.
Non che volesse evitare di pensare. Non c’era niente a cui dovesse pensare: perché nulla era accaduto.
“Niente di niente” ringhiò tra sé dopo aver chiuso l’anta dell’armadio con un gesto secco.
“Se vuoi che ti lasci solo coi tuoi vestiti…” era giunta una voce maschile alle sue spalle e Kurt si era voltato. Ancora trascinando la propria valigia, con il suo lungo cappotto, vi era il suo compagno di stanza che lo stava scrutando con un sorriso divertito e bonario.
Si specchiò nel suo sguardo verde e in quell’alone di complicità che riusciva ad inspirare nonché quella serenità del cuore che neppure Blaine – a causa di tutto il contorcimento di viscere legato alla sua magnifica presenza – riusciva a procurargli.
“Nick” si avvicinò fino a comprenderlo in un abbraccio, subito ricambiato dall’altro.
Era una delle persone con le quali aveva stretto il legame più forte da quando era giunto alla Dalton: una persona pacata e composta ma che, dietro anche un silenzio, sapeva nascondere riflessioni di non poca importanza. Un ottimo ascoltatore e sicuramente la persona più discreta cui potesse rivolgersi dopo aver sperimentato l’amicizia con Mercedes con la quale, tuttavia, non mancava di aggiornarsi in qualche videoconferenza su skype; nonché uno straordinario cantante seppure pochissime volte ne avesse sentito la voce e quasi sempre limitato a fare il coretto agli straordinari assoli di Blaine.
Aveva uno stretto legame con Jeff, il biondissimo Warbler intorno a cui lo si vedeva quasi tutto il tempo, tanto da sorprendersi che non fossero compagni di camera, soprattutto in virtù delle sempre più frequenti ed indirette osservazioni della loro interazione: era qualcosa di suggestivo denotare una simile complicità per quanto nessuno dei due sembrasse contemplarne la reale entità. Ma non poteva biasimare Nick, lui stesso era sempre più convinto ed amaramente consapevole di come fosse complicato riuscire a far sfumare un rapporto in una diversa accezione, soprattutto quando non si riusciva ad avere certezze sui sentimenti dell’altra parte in causa.
Il timore, soprattutto, di rovinare quanto costruito fino a quel momento.
“Allora” aveva esordito Nick, sedendosi sul suo letto dopo aver appoggiato il bagaglio ed essersi privato del cappotto. “a cosa stavi pensando? Non è andata bene la festa da Rachel?”.
Kurt aveva sospirato, le gambe accavallate mentre prendeva posto sul letto di fronte al suo e aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Il solo ricordo mi procura le rughe precoci” aveva borbottato in tono così stoico che fece ridere l’altro.
Scosse il capo, Nick, il viso inclinato di un lato.
“Non può esser stato così orribile” cercò di spronarlo seppur consapevole che non fosse educato o sensibile, da parte sua, sminuire in alcun modo quel crogiolarsi nel suo spirito melodrammatico.
“Blaine, Rachel, vischio e un probabile appuntamento” rispose prontamente Kurt quasi tutto di un fiato e Nick sembrò congelarsi.
“Oh” si portò una mano tra i capelli mentre si schiariva la gola ed annuiva dopo averlo guardato con occhi sgranati. “… wow, davvero molto peggio di quanto potessi immaginare”.
Kurt si era lasciato cadere sul proprio letto, la mano sulla fronte e lo sguardo volto al soffitto, quasi il solo parlare di quegli argomenti fosse sufficiente a procurargli un turbamento e uno scompenso della sua psiche già abbastanza provata dal dover rivivere quei momenti anche solo riflettendoci sopra.
“Adesso arriva la parte in cui c’entra Sebastian, vero?” ne interruppe il melodrammatico corso di pensieri che vedeva Blaine e Rachel in versione William e Kate Middleton mentre salutavano una folla urlante al di sotto, le bandiere che svettavamo tra la folla adorante e la mano di Rachel che sfiorava un ventre lievemente ricurvo.
“Scusa?” si riscosse bruscamente e si sollevò col busto ad osservare l’altro ragazzo che si era stretto nelle spalle mentre apriva la propria valigia per cominciare a riporre i propri effetti personali.
“Blaine ti rende triste o euforico o entrambe le cose: molto emotivo e vulnerabile” spiegò l’altro come se gli stesse sciorinando una teoria sugli studi antropologici del comportamento umano. “Sebastian è quello che tira fuori la tua rabbia, la frustrazione, lo sdegno e il disprezzo per il genere umano” continuò, fermandosi di fronte al suo letto con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia inarcate, quasi a sfidarlo a dire il contrario.
“Quand’è esattamente che hai preso la laurea in psicologia?”.
Si schermì con uno scrollo di spalle.
“Sono bravo, lo so”.
“Comunque non è successo niente” masticò letteralmente l’ultima parola e l’altro annuì, una mano adagiata al mento mentre disegnava con un dito nell’aria quasi stesse illustrando la conversazione su una lavagna invisibile.
“Ora arriva la parte in cui ammetti che ti ha fatto saltare i nervi perché…?”.
“Mi ha baciato” replicò in tono secco e il dito dell’altro cadde automaticamente e così la mano scivolò lungo il fianco: gli occhi sgranati e boccheggiò per un lungo istante incredulo.
“Ok...” sembrò riprendersi abbastanza in fretta tutto sommato e ciò faceva di lui una persona davvero eccelsa nell’ascoltare i patemi d’animo altrui: probabilmente Rachel avrebbe cominciato a starnazzare in un crescendo di note acute e Mercedes avrebbe riso a lungo prima di tornare in sé. “Questo non lo avrei mai previsto, lo ammetto: COSA? Soprattutto… quando e perché?!”.
Kurt avrebbe dovuto ricordarsi di segnare quella data sulla propria agenda ma esse riuscito a scomporre Nick-Yoda-Duval[1] doveva essere qualcosa di davvero eccezionale. Il che confermava quanto Sebastian fosse stato, effettivamente, nocivo per la situazione.
Aveva cercato di essere il più sintetico possibile ma obiettivo: non aveva voluto soffermarsi su come tutto fosse confuso anche solo nel farlo sovvenire con un ricordo. O come tuttora – complice la voce di Sebastian che sentiva ancora nelle orecchie nonché il suo respiro caldo sulla base del collo – percepisse un vuoto d’aria e un guizzo all’altezza dello stomaco che non poteva identificare con la nausea dovuta ad un’indigestione. Soprattutto, sembrava che quei brividi lungo la spina dorsale continuassero a scorrere sottopelle tanto da fargli temere di avere addosso qualche postumo simile ad un’influenza.
Che Sebastian gli avesse trasmesso la mononucleosi? Avrebbe dovuto farsi fare un check-up all’ospedale più vicino, dannazione. Non era un’ipotesi da escludere a priori quando si trattava di quel “Pretty (?) Woman” in versione criminale e studente.
Nick non aveva azzardato commenti (e non avrebbe potuto esprimergli abbastanza la propria gratitudine!) ma era rimasto silenzioso dopo il racconto, continuando a scrutarlo quasi riuscisse a scorgere qualcosa che a Kurt era sfuggito, una sensazione sempre più frequente quando si confidava con lui.
“Com’è stato?” si limitò a chiedere ma non vi era alcuna implicazione maliziosa nella domanda: non lo aveva mai visto più serio mentre restava seduto, completamente non curante delle valigie ancora da finire di disfare.
Ciò non gli impedì di sussultare ed arrossire.
“Ha importanza?” cercò di controllare il tremito convulso delle dita e quell’istinto di sollevarle a sfiorarsi nuovamente le labbra.
Nick sorrise appena, con fare bonario e complice.
“Beh, è curioso che tu lo stia omettendo e, soprattutto, che tu non voglia assolutamente parlarne più del dovuto” spiegò e Kurt si sentì punto nel viso mentre scuoteva il capo e sollevava il mento, le braccia incrociate al petto, quasi a volersi proteggere da eventuali implicazioni maliziose.
”Non c’è bisogno di parlare di un insignificante bacio sotto il vischio!” replicò quasi piccato, la voce che diveniva sempre più stridula e Nick sospirò come se avesse compreso più di quanto Kurt fosse disposto ad immaginare. O accettare.
“E’ curioso che tu senta il bisogno di ribadirlo: insignificante?” ripeté a mo’ di provocazione e Kurt arrossì violentemente.
“Nick!” lo rimproverò un poco offeso e l’altro sorrise appena, il viso inclinato di un lato ed indicò il suo volto.
“… ed è curioso che tu sia arrossito” continuò con lo stesso tono pacato che strappò all’altro un ulteriore gemito scandalizzato.
“Io non sono arrossito!”.
“Stai parlando in falsetto” gli fece presente, le sopracciglia inarcate e lo stesso sorriso che, solo per pura discrezione e rispetto, cercava di trattenere la risata.
“Sono un controtenore” rispose impettito.
“Ma non stai cantando quindi stai mentendo” concluse con la stessa semplicità che strappò all’altro uno sguardo stizzito, le braccia nuovamente incrociate al petto.
“Sai? Stai diventando irritante”.
Questi si scusò con una lieve risata e un ammiccare complice prima di sollevarsi a porgergli una pacca bonaria sul braccio.
Si sedette al suo fianco.
“E, dimmi, come si è comportato dopo quel bacio?” aveva chiesto e Kurt notò come era tornato in “modalità Yoda” e ne fu enormemente sollevato seppur ciò non rendesse le risposte alle sue acute domande meno difficili. Soprattutto per il suo orgoglio e la sua dignità.
“Al solito” rispose sconsolato, scombinandosi i capelli (ecco un altro evidente segno di quanto Sebastian Smythe fosse fisicamente e psicologicamente nocivo!), “ha minacciato di dirlo a Blaine e ha fatto disgustosi riferimenti al mio burro cacao. Ora lo chiama il nostro segreto” scimmiottò il tono dell’altro con espressione boriosa.
“Lo fa solo per esasperarmi ed intimorirmi così che ne approfitti per conquistare Blaine”.
“Oppure” Nick lo aveva ascoltato attentamente, un vago sorriso nello scrollare le spalle.  “gli piace il sapore del tuo burro cacao: miele, vero?”.
“…”.
Quello era uno di quei momenti nei quali era più dignitoso non rispondere.
“Sei arrossito” replicò dolcemente l’altro, facendo cozzare giocosamente la spalla contro la sua, quasi a volerlo smuovere e far rilassare. “… e comunque, Blaine è straordinario, d’accordo, ma devi smetterla di sottovalutarti o pensare che tu non abbia le qualità per essere degno di stargli accanto” lo aveva ammonito e, ancora una volta, Kurt si sorprese di quanto fosse capace di leggere oltre le righe. Interpretare i propri silenzi e i pensieri in sospeso e di come la sua preoccupazione e le sue paranoie fossero ancora rivolte a Blaine per quanto avessero parlato di quel disgustoso ricattatore.
“Riesci a capire questo e non che tu e Jeff siete anime gemelle?” gli aveva chiesto sottovoce quando questi si era volto nuovamente alla sua valigia.
“Hai detto qualcosa?” si volse ad osservarlo confuso, la divisa da Warbler, accuratamente piegata, tra le mani.
“Ti sei tagliato i capelli?”.
Una cosa era certa, la natura umana era realmente curiosa per riprendere le elucubrazioni di Nick e, cercò di scacciare nuovamente l’immagine di quegli occhi e quel sussurro languido, talvolta lo era fin troppo.
Si portò una mano a sfiorarsi le labbra ed osservò la traccia appiccicosa del burro cacao che aveva spalmato poc’anzi quasi a monito a non ripetere il gesto.
Scosse il capo rassegnato e si lasciò cadere sul letto prima di coprirsi con il cuscino.
“Continui ad essere curioso”.
Rise, Nick, anche quando gli lanciò contro il suo cuscino e scosse bonariamente il capo: i tempi non erano ancora maturi.
 


Ed eccoci alla conclusione del secondo capitolo ma sembra che Nick cominci già ad avere le idee chiare. A proposito di Nick, mi scuso con tutte le fan della Niff se mi sono presa la licenza di cambiargli il compagno di stanza più ovvio ma ammetto che non potevo resistere all’idea di averlo confidente di Kurt, soprattutto in questo frangente. E spero comunque di farmi perdonare (:

Nel prossimo capitolo
“E’ solo questione di tempo, sarai mio”
“Non baciarmi!”
“Ricordi quel ragazzo di cui ti ho parlato?” “Sebastian, ti sembra il momento?”
Ringrazio fin da ora chi continua a seguirmi e sarò lieta di leggere vostre osservazioni o critiche, come sempre.
Baci a tutti e buon weekend!
Kiki87

 

 



[1] Ovviamente con questo non sto schernendo Nick per l’altezza, al contrario mi riferisco alla pacatezza e straorinaria saggezza del personaggio di una saga che adoro ;) Ma non farò parlare Nick a mo’ di filastrocca come il Maestro Jedi, tranquilli! 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Ed eccoci qua :)
Lieta di non avervi fatto aspettare troppo, vi lascio un pensierino del tutto personale per questo weekend.
Come sempre, ringrazio tutti coloro che hanno inserito la fanfiction tra seguite/ricordate/preferite; in modo particolare la mia Blaine e la mia Sebastian di cui è sempre una gioia leggere commenti ed entusiasmo, lo sprono migliore per continuare in questa avventura ♥
Non vi trattengo oltre, buona lettura!
 
 
Capitolo 3
 
La scena era interamente in bianco e nero, tanto che avrebbe potuto legittimante sospettare di trovarsi in un film. Sospetto ancora più comprensibile a giudicare dal suo stesso abbigliamento elegante (non che questo fosse qualcosa di inusuale!) ma indubbiamente antiquato.
Già ad un’occhiata distratta, infatti, si poteva notare la mancanza di qualche accessorio di Ralph Lauren che si sarebbe perfettamente abbinato a… ma stava davvero indossando delle bretelle? Davvero erano ancora in commercio, assieme a quel cappello da gangster?
Vagò attorno a quello scenario: vide una locomotiva a vapore che stava sbuffando e delle persone ferme sulla banchina del treno. Ancora più accigliato, affondò le mani nelle tasche del lungo pastrano a doppio petto che indossava: anch’esso un gesto dovuto a quel tipo di contesto ed ambientazione. Niente poco di meno che un sacrilegio se avesse indossato un tight o un capo particolarmente elegante.
Vagò nella stazione, guardandosi curiosamente attorno: i visi erano sfocati ed era quindi impossibile riconoscerli ma si bloccò di colpo alla vista di una giovane donna.
I capelli erano tirati all’indietro e ricadevano in morbidi boccoli, le labbra ritoccate dal rossetto (sicuramente scarlatto seppur fosse difficile dirlo non essendoci colori), un lungo abito cosparso di paillettes ma quell’espressione di stoico e melodrammatico dolore che gliel’avrebbe resa riconoscibile sempre e comunque.
“Rachel” si irrigidì, infatti, il viso inclinato di un lato e il cappello che gli cadde sulle ventitré mentre la scrutava con fare diffidente e stizzito.
“Non ho alcuna intenzione di parlarti per cui-” ma la ragazza non lo stava neppure guardando: lacrime silenziose scivolavano lungo il suo viso, facendo colare il rimmel che non sapeva comunque applicare neppure in normali circostanze, se non apparendo come una talpa miope.
Stava correndo, invocando un altro nome.
“Blaine!”.
La voce quasi stridula che gli ferì l’udito ma si volse per poi sgranare gli occhi alla vista del suo caro amico. Aveva un’aria tormentata, i capelli cosparsi di brillantina e tirati all’indietro e… erano baffi alla Clark Gable quelli che esibiva?
Allo stupore e al consueto batticuore, si accompagnò un presagio terribile: la consapevolezza – da dove nascesse non avrebbe saputo dirlo! – di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco.
“Rachel” l’aveva richiamata Blaine, lo stesso tono melodrammatico e angosciato e aveva stretto le mani ch’ella aveva appoggiato al suo petto, dopo averlo raggiunto con una rapida corsa che aveva fatto ondeggiare il suo soprabito.
Blaine le baciò come fossero qualcosa di prezioso ma non osava guardarla: quasi la sola vista fosse sublime ma struggente insieme.
“Non sarei dovuto venire” aveva scosso il capo, voltato repentinamente di lato per obbligarsi a non guardarla ma ella ne aveva cinto le gote.
“Oh, Blaine!” aveva ripetuto il suo angosciante richiamo.
Kurt aveva emesso un gemito, coprendosi il viso con entrambe le mani prima di mulinarle come un cagnolino che cerchi di nuotare e non lasciarsi trascinare dalla corrente.
“Non siete affatto spiritosi: vi divertite a prendermi in giro? Vi divertirete a farmi venire un attacco di cuore? Lo sapete che è ereditario! O peggio ancora, le rughe” aveva cominciato a tastarsi il viso quasi a volersi assicurare che già la pelle non si stesse raggrinzendo.
Nessuno dei due si era volto in sua direzione.
Una melodia struggente d’archi e pianoforte cominciò a risuonare mentre i due amanti si contemplavano al chiaro di luna (quando era scesa la notte a proposito?!) e Kurt si guardò attorno quasi a cercarne la fonte.
“Oh, certo: il bianco e nero, i due amanti sventurati, la melodia strappalacrime. Complimenti”. Sibilò Kurt con evidente scherno.
“Non puoi andartene, Blaine. Tanto vale che tu mi trafigga adesso con un pugnale perché se andrai” aveva appoggiato il capo al suo petto, guardando un punto indefinito, gli occhi lucidi ed ignorando la locomotiva che sbuffava alle loro spalle. “io morirò per te poco alla volta”.
“La solita egocentrica ed insopportabile lagna: la smetti di toccarlo?!”.  Si era avvicinato ma, con suo crescente sgomento, non era riuscito a sfiorarla. La sua mano poteva soltanto fendere l’aria e neppure Blaine sembrava essersi accorto della sua presenza.
Vi erano tormento e amore nel suo sguardo.
E non vedeva che Rachel.
“Non dovresti parlare così: lo sai, sarai tu così a far struggere il mio cuore” ne aveva sfiorato il volto ed ella ne aveva stretto la mano, quasi quel gesto fosse la certezza che non avrebbe mai dovuto allontanarsi. Blaine le sorrise con devozione ed angoscia, il sorriso che non riusciva ad estendersi agli occhi quasi lucidi come quelli di lei.
“Non possiamo: tu appartieni a Finn e-”.
“… sto per vomitare”.
“Allora uccidimi adesso, Blaine Devon!” esclamò Rachel con enfasi, portandosi la mano di Blaine alla gola quasi ad esortarlo a stringerla attorno ad essa. “Se non sarai tu colui a cui potrò donarmi, nessuno mi dovrà avere”.
Kurt ridacchiò insolente.
“Ottima idea: ma guarda, ci sono i binari, un treno. Certo, fa molto Anna Karenina[1] ma-“.
“Vivi, Rachel, vivi anche per me”.
“Ma non è vita degna di tale nome, se tu non sei al mio fianco”.
Aveva continuato a stringerne la mano e qualcosa nello sguardo di Blaine sembrò vacillare: la sua mascella stava tremando ma, altrettanto bruscamente, si scostò da lei e si voltò. La mano salì a sfiorarsi i capelli modellati in un ciuffo piuttosto alto che ricordava vagamente quello di Elvis Presley.
“La decisione è presa, dimenticami e sii felice come solo lui può renderti” l’aveva spiata con la coda dell’occhio ma la giovane si era stretta a lui, appoggiando il volto tra le sue scapole.
“Non salire su quel treno, se non vuoi portare via anche la mia anima”. Tanto più Blaine ne evitava caparbiamente lo sguardo e tanto più ella si stringeva a lui, come ultimo appiglio.
“Abbiamo capito: possiamo cambiare scena?”.
“Cercami in una canzone”. Sussurrò, infine, Blaine, lo sguardo lucido nel voltarsi nuovamente ma Rachel continuò a stringersi al suo petto, cingendone il bavero della camicia.
“Non ci sarà musica senza di te”.
“Rachel-“.
“Baciami, Blaine, o uccidimi adesso”.
“Posso offrirmi volontario?”.
La vide, tuttavia. Quella stessa risoluzione nello sguardo e Kurt boccheggiò.
Scosse il capo quando le mani di Blaine si posarono sul viso di Rachel, ne sfiorarono i lineamenti come non vi fosse altro sollievo per la sua anima e lo seppe.
Distolse lo sguardo, il cuore in gola e deglutì a fatica ma la scena scomparve in una nuvola di fumo.
Si guardò attorno, ancora una volta, dopo che lo scenario parve ruotare intorno a se stesso, dandogli una vaga sensazione di nausea.
Sbarrò gli occhi nello scorgere un ambiente completamente diverso: sembrava uno studio, a giudicare dalla scrivania in mogano con penna stilografica e un plico di fogli adagiati su di essa. Una bella libreria faceva sfoggio di sé da un lato della stanza, decorata con arazzi e un bel camino di marmo riscaldava ed illuminava la penombra.
Fu uno schiarirsi di voce a richiamarne l’attenzione: il giovane sedeva su una poltrona in pelle, i capelli pettinati all’indietro, un drink – whisky seppe per istinto – in mano e il sigaro nell’altra che allontanò dalle labbra.
Disegnò dei cerchi perfetti e lo sguardo di smeraldo sembrò trafiggerlo, inducendolo a trattenere il respiro, boccheggiando e stringendo i pugni.
Seppe che lui solo, per qualche arcano motivo, era in grado di vederlo.
“Lo hai capito finalmente” esordì con voce fluida e vellutata.
Depositò il sigaro e si alzò: Kurt ne rimirò il completo gessato ma indietreggiò per istinto.
“Sigari e whisky?” domandò beffardo. “Chi saresti? La versione gay-prostituta del Padrino?”. Cercò di infondere sicurezza nella propria voce seppur stesse ancora allontanandosi da lui, volendo ad ogni costo evitare qualsivoglia contatto o quella vicinanza che sembrava sempre gettarlo nella più profonda confusione.
Un vago inarcare le sopracciglia da parte di Sebastian ma stava ancora sorridendo con quel solito fare sornione e sicuro di sé: depositò lentamente il bicchiere sulla scrivania e cominciò ad avvicinarsi. Camminava in modo lento e flemmatico ma era la risoluzione del suo sguardo a bloccarlo.
“Puoi provare a negarlo quanto vuoi ma la fine, Kurt, è già stata scritta” aveva sussurrato con intonazione morbida e quasi delicata ma l’altro aveva scosso il capo con un vago verso di disgusto.
“E questa è la battuta più banale sentita finora e ti assicuro che-“.
Non finì la frase: Sebastian lo stava scrutando decisamente da troppo vicino: sembrava che una parte di sé si stesse tendendo ma non per sottrarsi e sfuggirgli.
Vi era un sentore di elettricità, una consapevolezza celata che aleggiava tra loro, in sospeso tra i loro sguardi e parole non dette e Kurt deglutì a fatica.
Sebastian sembrò comprenderlo perché il suo sorriso si ampliò fino a farne baluginare lo sguardo.
“E’ solo questione di tempo, sarai mio” aveva sussurrato nel girargli attorno, respirando quelle parole nel suo orecchio e sorridendo del brivido che corse lungo la sua spina dorsale.
“Lo senti, vero?” continuò a parlare con la solita cadenza morbida, ammaliante, quasi setosa mentre Kurt si ostinava a fissare di fronte a sé, quasi temendo che incrociarne lo sguardo potesse rendere quelle dichiarazioni persino più reali. Quasi temendo che potessero immortalarne il ricordo e la realtà.
“Una parte di te già lo sa: una parte di te è già mia” lasciò scivolare la mano tra le sue scapole, percorse la colonna vertebrale fermandosi poco sopra la cinta mentre continuava a sussurrare quelle parole nel suo orecchio.
Boccheggiò, Kurt, un singulto strozzato e lo scalpitio furioso del suo cuore: si era voltato ma aveva aggrottato le sopracciglia. Un lampo di risoluzione e lo allontanò bruscamente.
“Non mi avrai mai!”.
Non si scompose Sebastian e, ignorando i segnali del suo corpo, si chinò verso il suo viso.
E’ il nostro segreto” vezzeggiò dolcemente quella parola.
“Ci cerchiamo e ci allontaniamo ma sempre insieme. Sempre in lotta contro noi stessi eppure mai sconfitti e mai vincitori.
Siamo attrazione e lotta, una continua… estenuante… lotta fino alla fine, per poi ricominciare all’infinito perché è per questo che siamo perfetti”. Indugiò contro il suo orecchio nel respirare più intensamente e Kurt dovette scostarsi, le sue labbra tremarono e la sua determinazione sembrò venire a meno di fronte alla fiera consapevolezza dell’altro.
Una parte di sé che non solo aveva recepito le parole di Sebastian ma che sembrava già conoscerle e condividerle.
“Tutto questo non ha senso: è distruttivo, contorto, masochista e malsano”.
Sorrise Sebastian, quasi ne avesse compreso il tormento. Si concesse di annuire ma non distolse mai lo sguardo, come se lo stesse già sfiorando a quella maniera silenziosa e senza contatto.
“E’ la negazione di ciò che siamo per divenirlo”.
Scosse il capo, Kurt, quasi esasperato di quella sua sicurezza mentre lo fissava stizzito, il pugno stretto lungo i fianchi.
Non era poi neppure certo che quell’ultima frase contorta avesse un senso compiuto, malgrado fosse stata proferita con fare saccente e definitivo.
Io-non-ti-amerò-MAI”. Aveva gridato con voce strozzata l’ultima parola ma l’altro non si scompose neppure in quel momento.
“Ti sbagli Kurt” pronunciò in tono composto e pacato. “Tu già mi cerchi e io sono già qui” sussurrò suadente, sfiorando la sua tempia sinistra. “… e credimi, non ci vorrà molto perché io giunga qua” ne aveva sfiorato il torace. “per poi giungere anche-“.
Comprendendo dove stesse andando a parare, ne aveva schiaffeggiato la mano per poi fissarlo con sguardo livido, il mento sollevato con aria di sfida.
“Io amo Blaine” aveva sussurrato in risposta.
Sospirò, Sebastian, scosse il capo e fece schioccare la lingua sul palato.
Scosse il capo.
“Tu ami l’idea di Blaine” aveva ribattuto senza batter ciglio.
“E la sola idea di te, invece, mi disgusta” era stata la rancorosa risposta che lo fece persino sorridere con maggiore soddisfazione.
“Con tanta passione” sottolineò, lambendosi le labbra e strappando a Kurt un gemito scandalizzato.
“Smettila!”.
“Non sono io a negare l’ovvio”.
Aveva scosso il capo Kurt e si era guardato attorno quasi sgomento, respirando a fatica.
“E’ solo uno stupido sogno: devo solo svegliarmi”.
“Tutto quello che ti ho detto succederà ma potrebbe essere troppo tardi” si era avvicinato a cingerne il mento.
“Ma prima” aveva sorriso nel respirare sul suo volto. “pongo la firma”.
“No” aveva esalato Kurt con voce tremante.
“Shhh” aveva ribattuto Sebastian, il braccio ne aveva cinto la vita per trattenerlo e Kurt si era specchiato nel suo sguardo smeraldino.
Sapeva che stava per accadere, sapeva persino che una parte di sé non si sarebbe opposta e…
“Non baciarmi!”.
 
“Ok” ridacchiò Nick che, già vestito di tutto punto e di fronte allo specchio per allacciare la cravatta, si era voltato ad osservarlo.
“Come vuoi, amico” soggiunse sorridendo amichevole.
Si era drizzato bruscamente dal proprio letto: gocce di sudore freddo che scivolavano lungo le tempie e il respiro ancora affannato così come i battiti convulsi del proprio cuore.
Nick lo aveva scrutato curiosamente, le sopracciglia inarcate e il viso inclinato di un lato.
“Tutto bene?”.
Si era passato una mano sulla fronte a scostarsi il ciuffo di capelli che era ricaduto sulla stessa prima di sollevare lo sguardo verso l’amico.
Un sollievo constatare che fosse stato tutto frutto di uno stupido sogno ma quella stretta al petto non sembrava ancora dargli sollievo.
“Ho avuto riposi migliori” commentò soltanto, scostando le coperte per mettersi seduto.
Nick lo osservò dal riflesso dello specchio, un vago sorrisetto divertito.
“Chi è che non dovrebbe baciarti?” chiese in tono casuale ma lo vide impallidire e poi arrossire: si era drizzato quasi bruscamente e si era schiarito la gola.
“E’ meglio che mi faccia la doccia” aveva mormorato e Nick aveva annuito.
Attese che si avvicinasse alla porta del bagno e ne fissò le scapole.
“Hai sognato Sebastian, vero?”.
Aveva squittito quanto fosse tardi per la sua pulizia del viso e si era chiuso bruscamente la porta alle spalle mentre Nick finiva di sistemare il nodo della sua cravatta per poi rimirarlo.
Annuì in direzione del suo riflesso, le sopracciglia inarcate.
“Lo prenderò come un sì”.
 
~
 
La doccia e l’accurata pulizia del viso sembrarono aiutarlo a rilassarsi: almeno la quantità di tempo necessaria a scacciare le immagini del sogno fin troppo vivide e reali per poterle ignorare.
Stava ancora acconciando i capelli davanti allo specchio quando sentì i lievi tonfi alla porta e si affrettò ad uscire dal bagno.
Un verso d’emozione e un sussulto del cuore quando scorse il giovane.
“Blaine” cercò di scrollarsi dalla mente l’immagine della versione in bianco e nero, stretta in un abbraccio struggente e disperato al corpo di Rachel, per sorridergli. Ma fu il ricordo del giorno precedente e del modo in cui si era congedato quasi bruscamente a farlo un poco tentennare.
“Ciao Kurt” una stretta al cuore quando gli sorrise con la consueta dolcezza che ne faceva scintillare lo sguardo e ne creava le piccole fossette agli angoli delle labbra che tanto adorava.
“Io volevo scusarmi per ieri” esordì Kurt.
“Non hai nulla di cui scusarti” aveva sollevato la mano e lo aveva guardato con un sospiro. “Mi dispiace poi di essermene andato senza finire il nostro discorso e-“.
“No, io ho esagerato” sussurrò. Aveva ricordato lui stesso quel periodo in cui, non ancora del tutto pronto ad accettare se stesso, si era persino illuso di essere esattamente come gli altri ragazzi della sua scuola. Senza contare che gli abiti informi del padre gli avevano quasi procurato un’irritazione per la flanella delle camicie (oltreché il gusto dozzinale!). Ma aveva capito, suo malgrado!, che se anche Blaine avesse valutato di voler frequentare un’altra persona – anche se si trattava pur sempre di Rachel – non avrebbe dovuto in alcun modo criticarlo o giudicarlo ma essergli di sostegno.
“Ma sappi che qualunque cosa io dica è solo perché tengo molto a te, Blaine” aveva sussurrato con voce più flebile, cercando di ignorare quella stretta al petto.
“Lo so” aveva sussurrato Blaine altrettanto intensamente e gli aveva stretto la spalla.
“Vale anche per me ma sappi che non ferirò la tua amica. E’ solo un’uscita tra amici che potrebbero conoscersi meglio, mi credi, vero?”.
“Mi fido di te” concluse pacato ma guardandolo dritto negli occhi e ricambiandone il sorriso: finalmente il respiro tornò regolare e si sentì nuovamente in grado di affrontare la nuova giornata.
Insieme.
“E ora andiamo: i Warblers si riuniscono in seduta straordinaria, ecco perché sono venuto[2]”.
“Davvero?” domandò l’altro confuso: era la prima volta che assisteva a qualcosa di simile, infatti. “Cosa c’è di così urgente?”.
“Un’audizione. Thad mi ha chiesto di sbrigarci: dobbiamo essere tutti riuniti”.
Si affrettò a seguirlo nei corridoi della prestigiosa Accademia, dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
Per qualche istante camminarono l’uno di fianco all’altro e, con grande sollievo di Kurt, fu come se nulla fosse cambiato. Come se non vi fosse stata alcuna tensione ma era così che accadeva quando le fondamenta di una vera amicizia – il rispetto, la fiducia e la sincerità - erano solide come nel loro caso.
“Allora, cosa ti ha detto Sebastian quando me ne sono andato? Qualche idea su chi sia il suo spasimante segreto?” gli chiese curiosamente e se già in normali circostanze, l’idea che il ragazzo dei suoi sogni volesse parlare di un altro (e di qualcuno che gli faceva il filo!) era già poco seducente, in quel frangente si sentì mancare il respiro.
Se soltanto avesse saputo di quel bacio che gli aveva strappato e di come lo aveva definito un loro segreto.
“Ti senti bene?” lo incalzò Blaine avendone notato il silenzio e l’improvviso pallore ma Kurt si strinse nelle spalle, accelerando il passo.
“Sì, sì, benissimo” rispose distrattamente prima di schiarirsi la gola per assumere un tono il più composto e pacato possibile. “E no, non ne ho alcuna idea ma dubito parlasse sul serio: era solo scena” concluse e cercò di non usare un tono sprezzante che potesse suscitarne una reazione contrariata, come quella del giorno prima.
“Sei un po’ troppo severo con lui” sospirò Blaine con un sorriso bonario e Kurt non seppe se dovesse lodarne la tolleranza o essere esasperato per quanto apparisse cieco di fronte ai tentativi – persino poco impliciti – di Sebastian di spogliarlo con lo sguardo.
“E tu sei troppo buono” lo rimbeccò seppur con intonazione scherzosa che strappò comunque a Blaine un vago sorrisetto.
“Dov’è finito il tuo romanticismo? Lo hai pianto via con una maratona di “The Notebook?” scherzò bonariamente ma Kurt si strinse nelle spalle.
“Sebastian Smythe e romanticismo si annullano a vicenda” replicò ma Blaine scosse il capo.
“Io ci credo che questo ragazzo esiste e ti dirò di più: gli auguro davvero di conquistarlo!”.
“Oddio, no” gemette Kurt scandalizzato tanto che Blaine si fermò ad osservarlo, al quanto stranito da una simile reazione.
“Cosa hai detto?”.
Kurt si morse il labbro, cercando di improvvisare qualcosa di credibile seppur detestasse dover mentire, soprattutto al giovane.
“La mia cravatta è storta” mormorò la prima scusa che gli era sovvenuta alla mente e Blaine aveva sorriso divertito, il viso inclinato di un lato.
“Io ti trovo perfetto, come sempre” commentò con calore, la voce più simile ad un sussurro e Kurt sentì il sangue fluire al viso seppur sorrise con fare evidentemente compiaciuto. Si trattenne dal saltellare sul posto o dondolare le spalle.
“Grazie” sussurrò in risposta e quando Blaine riprese il cammino gli si affiancò con un sorriso ancora ben evidente.
“E comunque, credimi, Kurt: arriverà il giorno in cui Sebastian ti sorprenderà”.
Si stavano avvicinando alla sala di riunione dei Warblers: si udiva una melodia in sottofondo e il coro stava intonando un motivetto.
Quando varcarono la soglia della porta, un gruppo dei Warblers era disposto in file, capeggiate da Sebastian che stava al centro e sembrava dettare la coreografia.
“Forse prima del previsto” sussurrò ancora Blaine.
Movimenti laterali con cui accompagnavano i vocalizzi iniziali: lo sguardo di Sebastian era concentrato ma sembrò letteralmente inchiodare quello di Blaine mentre lui e Kurt sostavano di fronte all’ingresso. Una scena parallela eppure diversa da quella di cui Kurt era stato partecipe quando aveva sentito Blaine e i Warblers cantare per la prima volta.
Quel sorrisetto sardonico che ormai Kurt conosceva bene, era impresso sul viso di Sebastian e sentì il suo stomaco annodarsi: qualsiasi cosa avesse in mente, non sembrava nulla di buono.
Si staccò dal coro, Sebastian, e si mosse in loro direzione, intonando i primi versi:
 
When I had you to myself [3]
I didn't want you around
Those pretty faces always
made you stand out in a crowd.
 
Guardava apertamente Blaine a lasciar intendere che la canzone gli fosse dedicata: questi appariva sorpreso, attonito mentre gli girava attorno. Kurt, da parte sua, sembrò letteralmente congelato sul posto: aveva incrociato le braccia al petto e lo fissava disgustato.
Blaine, dopo quel primo e sfacciato approccio, si mosse per attraversare la stanza e Kurt lo seguì d’istinto ma sentì il fiato di Sebastian sul collo e sulla nuca e avrebbe voluto non essere così sensibile alla sola sensazione che lo stesse guardando.
 
But someone picked you from the bunch
One glance was all it took
Now it's much too late for me
to take a second look.
 
Lui e Blaine si erano fermati all’altra estremità della stanza: Blaine restò in piedi ma Kurt si sedette sul bracciolo del divano di pelle. Lui e Blaine si scambiarono uno sguardo e scorgerne la sorpresa ma persino il divertimento, ne fece solo accrescere il risentimento che sembrava ribollirgli nello stomaco.
I Warblers si voltarono in loro direzione e Sebastian intonò il ritornello.
 
Oh baby give me one more chance
(Show you that I love you)
Won't you please let me
(Back in your heart)
Oh darling I was blind to let you go
(Let you go baby)
But now since I see you in his arms
(I want you back)
Yes I do now
(I want you back)
Ooh ooh baby
(I want you back)
Yeah yeah yeah yeah
(I want you back)
 
Si era avvicinato nuovamente a Blaine, in modo evidentemente provocatorio nel muovere il bacino in un movimento ondulatorio, incatenandone nuovamente lo sguardo e più che mai Kurt seppe di detestarlo con tutto se stesso.
Non era solo il modo sfacciato, allusivo (e da porno-ballerino) con cui flirtava con Blaine, quasi volendolo abbindolare solo con lo sguardo lascivo o quei passi di danza, il sorrisetto furbo; ma il pensiero che, fino a poche ore prima, la sua priorità fisse quella di tormentare lui con quel bacio.
Sapeva ovviamente ed era stato lui stesso a ribadirlo (e per primo!) che non aveva significato assolutamente nulla ma che fosse Sebastian a rimarcarlo e coinvolgendo Blaine, era qualcosa di insopportabile. Sembrava dirgli che lui, Kurt, non contava nulla. Non solo quell’episodio di per sé ma che non si sarebbe arreso fino a quando non avesse ricevuto le attenzioni che desiderava dallo stesso Blaine.
 
Oh baby all I need is one more chance
(Show you that I love you)
Won't you please let me
(Back to your heart)
Oh darling I was blind to let you go
(Let you go baby)
But now since I see you in his arms


Fu in quel momento forse: Sebastian sembrò solo allora accorgersi di lui o meglio, prestargli una semplice occhiata, quella sufficiente a fargli comprendere ciò che già sapeva. Ciò che in quel momento era fonte di una vera e propria umiliazione che ne faceva stringere la mascella e serrare i pugni mentre, ancora una volta, avanzava in direzione di Blaine.
Quest’ultimo rimase immobile, gli occhi sgranati e le labbra schiuse a seguire la coreografia degli amici.
L’ultimo ritornello e tutti si fermarono, in piedi, le mani dietro la schiena e il sorriso soddisfatto di chi è consapevole di aver fatto tutto perfettamente.
Ci fu solo un attimo di silenzio, quello necessario per assimilare la fine del brano, e Blaine ed altri Warblers iniziarono ad applaudire.
Kurt sostò immobile, anche quando tutto fu finito, cercando di raccogliere i cocci del suo orgoglio e di frenare la sua insana rabbia nei confronti di se stesso.
A partire da quello stupido sogno fino alle emozioni che lo avevano scosso durante la performance e quel genuino disagio che non aveva alcun senso provare. Non per Sebastian.
Non per il modo in cui aveva lanciato quell’evidente messaggio: la loro rivalità era tutt’altro che cessata.
E quel bacio era solo un pretesto da cui trarre vantaggio psicologico: un’abile strategia.
E lui aveva davvero potuto immaginare, per un folle istante, qualcosa di diverso?
Rimirò il giovane che esibiva un sorrisetto compiaciuto e fintamente modesto mentre gli applausi si diramavano.
“Questa era la prova di Sebastian Smythe per l’ingresso tra i Warblers, signori” annunciò Wes, seduto al tavolo del Consiglio del gruppo mentre tutti prendevano posto tra i divani e le sedie a disposizione ma Sebastian rimase in piedi, poco distante da Kurt e Blaine.
“Quanti di voi sono favorevoli ad ammetterlo, anche se fuori dal periodo delle audizioni[4]?”.
Kurt si guardò attorno: cercò di ignorare il nodo allo stomaco quando la mano di Blaine fu tra le prime a scagliarsi verso l’alto o quando Nick gli rivolse un’espressione quasi di timorose scuse prima di imitarne il gesto.
Sapeva che Sebastian sarebbe stato un ottimo elemento per il corso: aveva una voce particolare, sapeva muoversi (anche troppo… provocatoriamente) ma non gli avrebbe dato tale soddisfazione.
Avrebbe comunque ottenuto tutti i voti richiesti ma non avrebbe sopportato la sua espressione compiaciuta: continuò a tenere le mani serrate mentre Thad contava.
“Siamo in parità: tutti gli altri sono contrari?”. Lo chiese a mo’ di conferma.
Fu in quel momento che Kurt si rilassò: ignorò lo sguardo interdetto di Blaine ma fu Sebastian a scivolare alle sue spalle.
“Alza quella mano” sibilò chinandosi sulla sua nuca ma continuando a sorridere con fare fintamente divertito, la stessa abilità di un ventriloquo.
“Non ci penso neanche” sorrise serafico Kurt, sentendosi finalmente di nuovo in grado di avere la situazione in suo controllo.
“Alza quella mano” sibilò di nuovo Sebastian, il tono più minaccioso mentre Thad e Wes cercavano nel regolamento quale fosse la procedura prevista, in caso di simile stallo.
Chiesero loro di prendersi un minuto di riflessione prima di confermare singolarmente il loro giudizio ma motivandolo.
“Ho detto di no” commentò di nuovo secco Kurt e cercò di nascondere il ghigno soddisfatto.
“Peggio per te” replicò l’altro, persino più divertito. “… dirò a Blaine del nostro bacio”.
Un fiotto di calore sfiorò le gote di Kurt che, cercando di mantenere una facciata altrettanto composta mentre iniziavano i primi sondaggi, lo fissò con la coda dell’occhio.
“Non oseresti”.
L’altro sorrise: quel sorriso che gli aveva rivolto prima di baciarlo ma si volse verso Blaine.
“Ricordi quel ragazzo di cui ti ho parlato?” gli chiese, le mani affondate nelle tasche del blazer, il viso inclinato di un lato e il sorriso compiaciuto mentre Blaine lo fissava con gli occhi sgranati.
“Sebastian, ti sembra il momento?!”.
“Oh, sì, è perfetto: non ti ho detto che-”.
“IO VOTO A FAVORE!”.
Di nuovo il silenzio, stavolta attonito, scese sulla sala prove e tutti si voltarono a fissare Kurt mentre Sebastian sorrideva compiaciuto, guardandosi attorno come se avesse appena vinto le elezioni come Presidente degli Stati Uniti.
Sembrava persino più alto mentre stava impettito come un tacchino del giorno del Ringraziamento.
“Quanta foga, Kurt, mi fai arrossire” aggiunse in tono ironico, la voce limpida e ben udibile che strappò qualche risatina tra i compagni di coro mentre Kurt stringeva i pugni lungo i fianchi.
“Sta zitto” sibilò mentre i tre giovani del Consiglio lo guardavano ancora confusi.
“Hai cambiato idea, Kurt?” gli chiese Wes.
“Sì” rispose dopo essersi morso l’interno della guancia prima di incespicare nelle parole.
“sono stato… deviato dalla mia… antipatia estrema nei suoi confronti” lo scandì bene fissando il profilo dell’altro con evidente disgusto. “ma non è giusto che sia il gruppo a rimetterci”.
“Sentito?” incalzò Sebastian. “Quindi è ufficiale, no?”.
Wes gli fece cenno di tacere per concentrarsi nuovamente su Kurt.
“Sei davvero convinto che Sebastian possa essere un vantaggio per il nostro Glee Club?”.
Sebastian parve offeso per l’ulteriore domanda ma fissò Kurt con fare eloquente seppur questi non lo degnasse più di sguardo.
Sospirò, Kurt, maledisse mentalmente Sebastian, ma annuì.
Strabuzzò gli occhi all’applauso che gli dedicarono i tre giovani del Consiglio, dopo essersi scambiati un sorriso.
“Questo, signori, è ciò che rende i Warblers un gruppo prima di tutto: dovremmo prendere tutti esempio da Kurt che ha messo da parte le sue opinioni personali per il bene di tutti. Bravo Kurt!”. Lo lodò Wes fino a farlo arrossire mentre Thad annuiva e gli rivolgeva un cenno amichevole.
“E congratulazioni Sebastian” aggiunse e questi sembrò masticarsi la lingua nel borbottare un ringraziamento ma fu lesto a ringalluzzirsi, in tempo per ricevere le congratulazioni da parte dei compagni.
Kurt osservò Blaine avvicinarglisi a sua volta e scosse il capo, si morse il labbro ed uscì rapidamente dalla stanza prima che uno dei due gli si avvicinasse nuovamente.
 
 
~
 
 
Si lasciò cadere sul proprio letto e poco dopo fu raggiunto da Nick che rientrò altrettanto trafelato, la preoccupazione impressa sul suo volto.
Si tolse le scarpe della divisa, Kurt, si abbracciò le gambe, un sorriso amaro sulle labbra, neppure in grado o tanto meno desideroso di lasciar intendere quale fosse il suo turbamento.
Nick gli si sedette accanto ma non parlò per un lungo istante, un vago sospiro nel passarsi una mano tra i capelli e sembrava vi fosse un pensiero a tormentarlo.
“Mi dispiace” sussurrò e Kurt lo guardò interdetto. “Non sapevo che avrebbe cantato per Blaine quando ha chiesto a me e Jeff se volevamo partecipare al suo numero. Credevo non te lo avrebbe mai proposto e visto che tu non vuoi mai parlare di-“.
“Quello stupratore di baci e criminale ricattatore?” concluse per lui Kurt con forte intonazione sarcastica ma era evidente non vi fosse alcun biasimo nei confronti del compagno di stanza che sgranò gli occhi al suo commento.
“Aspetta… ricatto?”.
Kurt aveva sospirato prima di chiudere gli occhi e scuotere il capo ancora amareggiato e umiliato nel profondo.
“Ho dovuto votare a favore o avrebbe detto a Blaine di… lo sai”.
“Ma Kurt!” protestò Nick indignato e con voce strozzata. “Devi dirlo a Wes e-”.
“Ero sincero, in parte: è un buon elemento per i Warblers” seppur contrariato nell’ammetterlo, non poteva fare il contrario.
“Ma non avrebbe dovuto per questo ricattarti” continuò Nick scuotendo il capo.
“Se non fosse stato lui, avrei votato a favore fin da subito” ammise Kurt con un sospiro.
Nick scosse il capo: evidentemente era conscio che non fosse il ricatto il vero problema, quando le conseguenze che esso implicava. Lo studiò per un lungo momento ma, una volta tanto, sembrò confuso e bisognoso lui stesso di chiarimenti.
“Non capisco, Kurt: perché sarebbe un problema così grave se Sebastian glielo dicesse? Non hai doveri nei confronti di Blaine e-“.
“Lui… sa del bacio che Karofsky mi ha preso con la forza” articolò Kurt e dal modo in cui lo sguardo si era rabbuiato, era evidente quanto il ricordo lo tormentasse ancora, tanto da farne tremare la voce, gli occhi più lucidi. “… non voglio che Blaine pensi che sia… colpa mia, o una mia caratteristica”.
Si era voltato verso la parete per scostare una lacrima, Nick sembrò persino più incredulo seppur si rendesse conto del suo turbamento.
“Non lo penserebbe mai!” protestò, tuttavia, con vigore. “Blaine è tuo amico e non è quel tipo di persona!”.
“Non voglio e basta” rispose lapidario ma con voce più rauca e l’amico indugiò ad osservarlo per un lungo istante, pur consapevole non fosse il momento opportuno per insistere ulteriormente.
Gli appoggiò la mano sulla spalla, quasi a dargli un silenzioso conforto prima di aggrottare le sopracciglia.
Scese un breve silenzio nel quale Nick continuò a scrutarlo ansiosamente ma sembrò, infine, prendere una risoluzione.
“Non è che in realtà ti senti un po’… in colpa?”.
Pronunciò quella domanda in un sussurro pacato, il tono cauto, quasi temesse un’ulteriore risposta più piccata ma l’altro sgranò gli occhi.
“Che vuoi dire?” chiese confuso e sospettoso.
Nick sorrise quasi a volerlo rassicurare.
“Mi hai detto tu stesso che il primo passo per affrontare se stessi è accettarsi e lo hai fatto quando hai dichiarato di essere gay” lo aveva guardato con evidente stima ed ammirazione per il suo esempio di coraggio, malgrado tutto quello che avesse passato. Nonostante il McKinley fosse diventato il luogo da cui fuggire.
“Forse ora dovresti accettare la remota possibilità che tu possa inconsciamente provare qualcosa anche per Sebastian” continuò in tono ancora ragionevole ma parlando quasi stesse maneggiando un pericoloso ordigno e Kurt boccheggiò prima di voltarsi a guardarlo indignato.
“No” fu la risposta immediata seppur la voce fosse divenuta più stridula.
“Assolutamente… nel modo più assoluto!” continuò con la stessa intonazione e lo stesso risentimento alla sola menzione.
“D’accordo” Nick sollevò le mani quasi in segno di resa. “ma è su questo che Sebastian sta facendo presa su di te: solo tu puoi fermarlo”.
Kurt scosse il capo, lo sguardo quasi divertito, il viso inclinato di un lato nel rimirare il suo interlocutore.
“Questo dovrebbe farmi sentire meglio?” chiese ironicamente e quel nodo in gola sembrava tutt’altro che propenso a sciogliersi. Senza contare che aveva lasciato Blaine in balia di Sebastian, seppur fosse ancora in procinto di uscire con Rachel.
Neppure Gossip Girl poteva raggiungere simili livelli di malsano gusto per allietare i suoi fan.
“Dipende” rispose Nick in tono vago e, di fronte allo sguardo interrogativo di Kurt, proseguì.
“Fin quando permetterai a Sebastian di avere questo vantaggio o fin quando non capirai la vera ragione per cui ti stai nascondendo”.
“Io non mi sto nascondendo!”. Replicò risentito e Nick sospirò stringendosi nelle spalle, consapevole di non poter calpestare ulteriormente il suo orgoglio, non fino a quando Kurt stesso non si fosse concesso di porsi il benché minimo dubbio al riguardo.
“E’ il vostro segreto: lo ha detto Sebastian e tu ti comporti come se lo fosse” non c’era cattiveria nella sua voce, soltanto una pacata constatazione che rendeva quella verità sottintesa persino più ardua da sopportare e digerire.
“Odio quando sei così ragionevole” borbottò Kurt in risposta.
“Lo so, ma qualcuno deve pur restarlo” ribatté l’altro, sorridendogli più dolcemente mentre Kurt si lasciava stendere sul proprio letto.
“Dipende tutto da me” ripeté tra sé e sé e Nick annuì.
“Tu sei il tuo vero nemico”.
“Io, l’acne che sta per esplodermi e ottanta chili di stupratore incallito”.
“Ottimo riassunto” ridacchiò Nick, alzandosi prima di fargli cenno di uscire. “Non hai lezione?”.
Kurt sospirò levandosi a sua volta e recuperando la propria borsa coi libri.
“Dovrebbero insegnare come evitare stalking incalliti”. Aveva sospirato ma Nick aveva scosso il capo.
“Non voglio ritrovarmi disoccupato perché Sebastian non ti dà più il tormento” fu la sua replica scherzosa e persino Kurt rise.
“Grazie” sussurrò tutto di un tratto e l’altro scosse appena il capo ma Kurt lo guardò con un moto di reale affetto. “A buon rendere” aggiunse con velo appena più malizioso mentre Jeff li raggiungeva e lasciò che camminasse al loro fianco, notando ancora una volta quale bel quadretto costituissero.
Chissà che non avesse potuto fare qualcosa: dopotutto se la sua vita amorosa era un disastro, perché non avrebbe potuto aiutare proprio il suo caro amico?
Dopotutto, checché ne dicesse Blaine, il suo romanticismo non se n’era affatto andato.
“Ti è caduto questo, Lady Hummel” trasalì nell’incrociare Sebastian, intento a camminare in direzione opposta e l’attimo dopo il suo burro cacao era depositato sul palmo della propria mano da che l’altro l’aveva lanciato e lo aveva preso per puro istinto.
Burro cacao che era certo non gli fosse caduto a meno che Sebastian non glielo avesse sgraffignato direttamente dalla tasca dei pantaloni.
Boccheggiò e si volse a guardarlo, questi gli rivolse un baldanzoso sorrisetto e un ammiccamento.
“Non dimenticare di applicarlo: il tempo è impietoso e le tue labbra sono così… sensibili” commentò a voce alta, scomparendo dietro l’angolo e Kurt strinse i pugni lungo i fianchi.
Ignorò gli sguardi interdetti dei Warblers, Jeff che saltellava sul posto, guardando Nick in attesa di spiegazione e quest’ultimo che aveva le labbra contratte quasi si stesse impedendo di ridere o di commentare.
Una sola certezza: non avrebbe permesso a Sebastian di tormentarlo ancora a lungo.
 
 
 
Mi ero sempre ripromessa di togliermi lo sfizio di descrivere dal punto di vista di Kurt, il momento del famigerato “I want you back” e questa long è sembrata cadere davvero a fagiolo ma ancora devono accaderne molte.
Nel prossimo capitolo:
“E’ vero, sono uscita con Blaine ieri: non ti dirò quanto sia stato piacevole ma lui… mi ha parlato di un ragazzo e-“.
“Avevi ragione, Nick, è ora di concludere questa stupidaggine”.
“Decisamente, Sebastian sa quello che sta facendo: nel suo modo contorto ma lo sa”.
“Io ti piaccio” “Certo, lo hai capito, allora: Blaine era solo un pretesto”.
“Tu sei molto più coraggioso di me” “Non è vero, Blaine: se lo fossi, parlerei di meno e agirei di più”.
 
Non mi resta che augurarvi un buon weekend e darvi appuntamento al prossimo capitolo.
Ma, per chi è fan dei Warblers o di Hunter, nello specifico; ci vedremo nei prossimi giorni per una one-shot a lui dedicata e che l’ispirazione mi ha dettato questa settimana. 
Giusto il tempo della revisione :) (e  no, non chiedetevelo: non ho tradito la Kurtbastian perché credo nell’eterosessualità di Hunter *sventola bandiera solitaria*
Più che altro non capisco perché si dia per scontato sia gay, solo perché è diventato il nuovo Capitano dei Warblers, ma questo è un altro discorso :D).
Bacioni a tutti,
Kiki87

 



[1] La sventurata protagonista dell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj che, dopo tragiche vicende, pone fine alla sua vita gettandosi sui binari, prima del passaggio del treno.

[2] Qui posso permettermi di rispettare un dettaglio della storia originale: Kurt è un anno più grande di Blaine e quindi non frequentano le stesse lezioni.

[3] “I want you back” dei Jackson 5. Mi sono in parte ispirata alla coreografia originale e in parte modificandola per ragioni di copione.

[4] Mi piace immaginare – e poi ovviamente è un motivo di trama! :D – che i Warblers agiscano in questa maniera democratica nel prendere decisioni. Soprattutto, come in questo caso, quando si è fuori dal periodo delle audizioni ufficiali.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Credo ormai sia mia tradizione aggiornare in prossimità del weekend, sperando di rallegrare una giornata che sembra ispirare soltanto un po’ di sano ozio visto il tempo.
Con una dedica speciale a tutte le splendide fanciulle che leggono e seguono questa fanfiction (ma la nostra festa è tutto l’anno e Kurt sarebbe sicuramente concorde con me ;)), in particolar modo la mia Blaine e la mia Sebastian
Buona lettura!
 

Capitolo 4.
 
Quando il cellulare vibrò per l'arrivo di una chiamata, le note di Lady Gaga riempirono la stanza ma Kurt non si sorprese nello scorgere il nome di Rachel.
In vero, infatti, la stava evitando da tempo immemore: dalla notte della festa disastrosa e da tutto ciò che ne era conseguito – cacciava l'immagine mentale così di frequente da esser quasi riuscito a convincersi che si fosse trattato soltanto di un brutto sogno ma, per prevenzione della sua psiche!, non aveva più guardato film in bianco e nero – e quel giorno non sembrava esservi nulla di diverso in quel tentativo di contattarlo.
Non era il modo più piacevole di iniziare quel Sabato mattina e sospirò nello scorgere l'insistenza della chiamante e stava meditando di inserire (forse momentaneamente) il numero della ragazza tra quelli indesiderati, quando il cellulare lo avvisò di un nuovo messaggio vocale lasciato in segreteria.
Con un sospiro stoico, digitò il numero e attese che la voce registrata gli sciorinasse il numero della persona interessata. Non occorreva la memoria archivistica di un pc o la fantasia con cui, nella sua mente, poteva immaginare l'evolversi della sua vita dramma-sentimentale per indovinarne la provenienza e, difatti, pochi secondi dopo la voce di Rachel gli trapanò i timpani.
Gemette e si scostò l'apparecchio dal padiglione auricolare mentre la ragazza sembrava in procinto di prendere un bel respiro prima di lasciar letteralmente esplodere il suo messaggio.
“LO SO CHE MI STAI IGNORANDO DI PROPOSITO, SO CHE SEI ARRABBIATO PER BLAINE E HAI RAGIONE..”.
Perspicace la ragazza.
Dopo quell'esordio con voce più stridula – evidentemente aveva pensato di focalizzare il dramma nei primi quindici secondi così da garantirsi la sua attenzione – il tono del messaggio divenne più lacrimevole e affranto.
“Ma mi conosci: non sono solo IO ad amare i riflettori, loro mi reclamano!”.
Kurt sollevò gli occhi al cielo.
“E' vero, sono uscita con Blaine ieri: non ti dirò quanto sia stato piacevole ma lui... mi ha parlato di un ragazzo e-”.
Il tempo a disposizione era terminato e il messaggio era rimasto incompleto.
Kurt gemette per la frustrazione: valutò per diversi istanti le opzioni a proprio favore: sarebbe riuscito ad attendere che Blaine stesso si facesse avanti per confidarsi come era sua intenzione prima di quell'appuntamento?
Scosse il capo e abbandonò le sue solitarie elucubrazioni e si premette il telefono all'orecchio: era in quei momenti che sembrava raccogliere la propria risoluzione e forgiarsi di un’apparente calma e decisione.
“Finalmente!” esordì Rachel che neppure si curò di non apparire compiaciuta e soddisfatta di sé e Kurt dovette lottare contro il proprio istinto di riattaccare.
Respirò a fondo ma, con il mento sollevato con aria di sfida, le rispose piccato:
“Sono ancora arrabbiato con te!” e ascoltò con piacere il gemito della sua interlocutrice: decisamente meritava di soffrire ancora qualche istante prima di concederle un armistizio.
“Tu più di tutti dovresti capirmi” replicò lei l'attimo dopo con tono petulante e Kurt aveva quasi dimenticato che il suo ego da diva incallita fosse secondo soltanto a quell'atteggiamento vittimistico che era persino più irritante. “Blaine è-”.
No, non voleva sapere come fosse Blaine, perché replicò senza darle tempo di concludere la frase:
“E tu non dovresti mancarmi di rispetto visto che si supponeva noi fossimo... in rapporti cordiali e civili” aveva respinto più volte la supposizione di Rachel sul loro essere amici e quello non era il momento ideale per rivalutare l'ipotesi. “Sapevi perfettamente cosa provavo e cosa provo per lui” aggiunse con maggior vigore.
Era per convincere Rachel e farle capire la gravità dei suoi atti che lo ribadiva, si disse ma una parte di sé – che somigliava fastidiosamente alla voce di Nick-Yoda-Duval - sembrava contestare quest'ovvia constatazione.
Ne sentì il silenzio colpevole e si crogiolò di esser riuscito a metterla a tacere seppur fosse certo che la vittoria sarebbe stata breve.
“Ma lui sembrava così carino e disponibile” soggiunse, quasi quella fosse una giustificazione e ciò non fece che accrescere la stizza di Kurt che, la voce lievemente più stridula, replicò:
“Gli saresti saltata addosso!”.
“Solo perché sono stata amichevole, non significa che-”.
“Lasciamo perdere: non voglio farmi venire le rughe precoci a causa tua” concesse, il tono ancora offeso e risentito perché ella non abbassasse la guardia o credesse di esser già stata perdonata e si risentì quand'ella reagì con uno strillo eccitato.
“Allora mi hai perdonata?” lo incalzò e dovette interpretare in modo positivo quella sorta di mugugno che si lasciò sfuggire perché ella continuò: “... so che non vorrai sapere i dettagli ma ieri sera è stato meraviglioso: è un vero cavaliere, sono stata io a provare a baciarlo e-”.
“COSA?!”.
“Mi ha respinta” continuò Rachel, come non fosse stata interrotta: evidentemente godendosi quel momento di totale attenzione. “Ma il punto non è questo” si affrettò ad aggiungere quasi a mo' di correzione. “Anche se sono sicura che anche lui provasse-”.
“Rachel!”.
“Scusa, scusa, stavo dicendo...”.
“Ha parlato di un ragazzo?” le chiese Kurt senza neppure curarsi di cercare di lenire la sua curiosità al riguardo: che finalmente arrivasse la parte importante della conversazione. Avrebbe anche potuto sopportare l'idea che i due fossero usciti insieme – si sarebbe dovuto soffermare, e sperò che il suo inconscio le stesse annotando, sulle parole "Blaine", "respinge", "bacio di Rachel" – pur di arrivare alla fine del dramma. Una fine che fosse a lui favorevole.
“Ecco, sì: ha detto che lo ha conosciuto da qualche mese e sono solo amici ma, di recente, lo ha visto sotto un'altra luce”.
Kurt trattenne il fiato ma la sua mente stava freneticamente lavorando per cercare un riscontro alle parole di Rachel: quale evento poteva esser stato ad averlo letteralmente illuminato?
E poi il cuore di Kurt cominciò a scalpitare furiosamente e un sorriso gli si dipinse sul volto: Blaine riteneva che fosse troppo severo nei confronti di Sebastian e lo stesso Wes si era complimentato per come aveva messo da parte i suoi giudizi negativi per consentire a Sebastian l'ingresso nei Warblers. Certo, lui poi si era allontanato e non aveva avuto modo di rivedere Blaine da allora ma, in fondo, era stato anche a lui, Kurt, che avevano dedicato un applauso.
Blaine doveva esser rimasto particolarmente colpito dalla sua obiettività e maturità e il fatto che in questo Sebastian avesse un coinvolgimento – seppur indiretto – rendeva tutto persino più appagante.
Forse, dopotutto, il karma stava cominciando a cambiare e l'universo lo stava ricompensando.
“E, quindi, lui crede di provare qualcosa per questo ragazzo, giusto?” continuò, cercando di restare calmo, malgrado lo sguardo sembrasse fulgido e lucido di emozione.
“Esatto” rispose pacatamente Rachel. “E crede che San Valentino sia il momento ideale per dichiararsi”.
Un sospiro gli sfuggì dalle labbra, una mano sul petto a contemplare quanto Blaine fosse non soltanto uno splendido giovane dallo sguardo sognante e i modi gentili; era persino romantico e, come lui, apprezzava il corteggiamento piuttosto che un approccio degno di un maniaco stupratore seriale.
Ma perché continuava a pensare a Sebastian?
Scosse il capo a rimuovere quello spiacevole viso dai suoi pensieri: doveva mantenersi lucido e sfruttare quelle informazioni a proprio piacimento.
“E... non ti ha detto il nome e neppure ti ha dato un'indicazione più precisa su chi potrebbe essere?”. Aveva chiesto cautamente ma temeva che l'aspirante Barbra fosse troppo concentrata sul suo dramma personale da “è davvero gay” per aver carpito qualche riferimento più sottile ma indubbiamente di suo giovamento.
“No, sembrava imbarazzato e un po' a disagio a parlarne: forse non voleva ferire i miei sentimenti dopo avermi illusa o forse...  potresti essere tu quel falco”.
“Usignolo!” la corresse con un gemito indignato.
“Falco, usignolo, volatile, quello che ti pare” ribatté l'altra evidentemente ritenendo che quello fosse solo un mero dettaglio. “Ma sì, una cosa è certa: chiunque sia, è cotto di questo ragazzo”.
 
 
“E' cotto?” ripeté Mercedes mezzora dopo dalla sua camera: i bigodini tra i capelli e la vestaglia e Kurt si era (quasi) sentito in colpa per averla disturbata di Sabato mattina.
“Esatto, e ha aggiunto che lo conosce da qualche mese, che sono amici: insomma, manca una settimana a San Valentino e io non ho ancora pensato a nulla!”. Gemette frustrato.
Non soltanto avrebbe dovuto essere pronto a ricevere una sua proposta di frequentazione, avrebbe dovuto persino fingersi sorpreso ma lusingato, emozionato ma consapevole che quello fosse il loro destino (ciò che aveva pensato fin dal primo momento, dopotutto) e avrebbe anche dovuto pensare ad un modo di esprimergli il suo stato d'animo.
“Frena, Kurt” Mercedes aveva sollevato la mano con un sospiro mentre giocherellava con un boccolo sfuggito al suo bigodino. Lo guardò attentamente attraverso lo schermo del suo pc.
“Sei proprio sicuro?” gli chiese con un'occhiata guardinga.
“Non poteva fare nomi, ovviamente, ma il fatto che fosse a disagio parlandone con lei”.
“Il fatto che lei avesse appena cercato di infilarsi sotto il suo papillon non potrebbe essere motivo di disagio?” aveva chiesto e l'inflessione ironica era soltanto lieve poiché poteva soltanto immaginare quanto dovesse essere... suggestivo vivere un momento del genere.
Scosse il capo e gemette ma il riconoscere che Mercedes aveva posto una legittima obiezione non giovava al suo umore.
La porta si schiuse in quel momento, rivelando Nick e Jeff in procinto di entrare nella stessa ma Nick dovette comprendere cosa stesse accadendo perché guardò il letto e il suo portatile.
“Scusa, vuoi che usciamo?” si affrettò a chiedere ma Kurt sorrise e scosse il capo.
“Accomodatevi pure” li incoraggiò. “Mercedes, loro sono Nick e Jeff”.
“Ciao!” la salutò con entusiasmo il biondino che, raggiunto il letto di Kurt, aveva mosso vivacemente la mano in direzione della web cam incorporata mentre Nick le sorrideva cordialmente.
“Io sono Jeff” continuò il biondino quasi saltellando sul posto. “mi vedi?”. La ragazza ridacchiò divertita ma agitò a sua volta la mano.
“Ciao Jeff, ciao Nick” aggiunse in direzione dell'altro ragazzo al quale Jeff strinse la spalla.
“Ho fame, Nick, mi avevi promesso i biscotti” lo incalzò con lo stesso fare giocoso di un golden retriever e Nick gli indicò l'altra stanza con scaffali e un frigorifero, nei quali riporre generi alimentari di primo ordine per un pasto in camera.
Mercedes, interrotta quell'atmosfera di confidenze, li scrutava curiosamente.
“Hai ragione, Kurt, sono una bellissima coppia” sussurrò quando Jeff si fu allontanato, facendo arrossire Nick che guardò il compagno di stanza quasi senza fiato.
“Kurt!”.
“Scusa” si affrettò a rispondere l'altro seppur non potesse celare il sorriso più furbo e suadente. “Ma io e Mercedes abbiamo i sensori di coppia” l'altra annuì con vigore, guardando i due compagni di stanza.
“Peccato che i miei non funzionassero quando mi hai fatto credere di avere una cotta per Rachel per non uscire con me”.
Nick rise e Kurt scosse il capo, le guance appena imporporate al ricordo: sembrava passata un'eternità da quando viveva ancora in quell'incertezza e timore che gli impedivano di ammettere persino a se stesso la sua reale natura.
“Parli del diavolo” gemette Mercedes guardando il proprio telefono. “Devo andare: magari vincerete per forfait perché la ucciderò prima delle Regionali” sbuffò con evidente disapprovazione e, dopo gli ultimi saluti, spense la web cam.
Jeff si avvicinò di nuovo al letto: una mano immersa nella scatola di biscotti e l'espressione allegra e compiaciuta ma il viso si adombrò di evidente delusione quando si accorse della mancanza della ragazza dall'altra parte dello schermo.
Si riscosse nel guardare Kurt.
“Oh, devo darti una cosa!” Nick e Kurt lo scrutarono mentre, abbandonata momentaneamente la scatola di biscotti, prendeva a cercare nella tasca dei pantaloni e poi in quella interna della giacca: la lingua faceva capolino da un angolo delle labbra per la concentrazione, lo sguardo velato nel tastare all’interno degli scompartimenti, fino ad illuminarsi.
Porse a Kurt un foglio di carta ripiegato.
“Me lo ha dato Sebastian in sala mensa” spiegò e Kurt, che si era sporto per prenderlo, si ritrasse per istinto, quasi il foglio fosse infetto ma Jeff insistette.
“Ha detto che è importante”.
“Se dice che è importante” Nick cercò di celare il divertimento e Kurt sospirò – evidentemente il karma doveva punteggiare una mattinata benefica con una nuova spina – prima di prenderlo da un Jeff non poco sorridente.
“Grazie” lo dispiegò, ignorando i due che neppure fingevano di non essere curiosi: lo aprì e altre due teste si sporsero a guardarne il contenuto.
Inarcò le sopracciglia nello scrutare poche parole, vergate con calligrafia sottile e frettolosa.
 
In biblioteca, ora.
 
La cosa che più lo sorprese – Sebastian di certo non aveva una verve da scrittore e tanto meno conosceva formule di cortesia o una minima nozione di galateo – era il riuscire a sentire la voce di Sebastian nel pronunciare quelle parole. Quasi lo scritto fosse impregnato di lui, dell'intonazione suadente ed arrogante della sua voce, del baluginio suadente dello sguardo e del sorrisetto.
Era come se avesse memorizzato tutti quegli aspetti e fossero imprescindibili nell'avere tra le mani qualcosa di suo ma l'ipotesi era fin troppo spaventosa per poterla accettare.
“Sembra sia davvero importante” convenne Nick ma Kurt si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo.
Scosse il capo, appallottolò il foglio (in casi normali lo avrebbe riciclato visto che era scritto solo sul fronte ma era già stato “contaminato” da Sebastian) e lo gettò dall'altra parte della stanza.
Nick schiuse le labbra, pronto a dire qualcosa, ma fu Jeff a precederli: saltellò ed emise un verso di eccitazione mista ad entusiasmo.
“Lo aveva detto che lo avresti fatto!” esclamò e, sotto gli occhi confusi degli altri due, porse un secondo foglietto con lo stesso sorriso entusiasta e giocoso.
Kurt scambiò un'occhiata con Nick che alzò le mani, quasi ad astenersi dal commentare.
Sospirò ma lo schiuse bruscamente e lesse:
 
ORA. O andrò da Blaine.
 
Tremò, la vista si annebbiò e strinse la mascella prima di alzare lo sguardo sui due e levarsi dal letto. Ecco come Sebastian Smythe riusciva nuovamente in ciò in cui sembrava dotato: rovinare una giornata piacevole e riuscire ad indisporlo.
“Avevi ragione, Nick” gli si rivolse dopo essersi stirato le pieghe della camicia. “è ora di concludere questa stupidaggine” li salutò con un cenno del capo e, il foglietto stritolato tra le dita, si diresse versi l'uscita, dopo aver rifatto il nodo al foulard quasi fosse un gesto espiatore e un modo di mantenersi calmo e composto.
Nick attese che fosse uscito per volgersi al biondino che stava rimirando la collezione di foulard di Kurt che teneva nel cassetto del comodino vicino al suo letto.
“Toglimi una curiosità: c'erano altri foglietti per Kurt?”.
Jeff smosse le labbra in una posa di puerile insoddisfazione e scosse il capo.
“Mi piaceva questo gioco” soggiunse ma Nick non lo stava ascoltando: sorrideva soddisfatto, invece.
“E' una bella cosa?” chiese Jeff confuso, notandone l'espressione ma non riuscendo a comprendere perché facesse sorridere in quel modo il suo migliore amico.
Nick tornò ad osservarlo e lo sguardo si addolcì nell'annuire.
“Decisamente, Sebastian sa quello che sta facendo: nel suo modo contorto ma lo sa”.
“Oh” Jeff appariva ancora più confuso ma sembrava fidarsi ciecamente di lui perché sorrise di nuovo. “Deve essere bello conoscere così bene una persona da poterla spingere a sé”.
Era una delle doti di Jeff e Nick lo sapeva bene: se sembrava spesso e volentieri con la testa tra le nuvole, sempre spensierato e con un sorriso da regalare a tutti indistintamente; di tanto in tanto qualche sua frase era capace di spezzare la sua concentrazione e farlo soffermare su di essa.
Sembrò pensieroso, infatti, nel continuare ad osservarlo: le sopracciglia inarcate e un vago sospiro. Inclinò il viso di un lato e, di fronte a quel sorriso spensierato e sincero, non poté che sorridere nuovamente. Di cuore.
“Hai ragione, Jeff, deve esserlo davvero” sussurrò soltanto in risposta.
Ma sembrò voler dire molto altro.
~
 
Sentiva una strana calma pervaderlo nel momento in cui attraversò i corridoi silenziosi della Dalton: la classica quiete del weekend, quando tutti facevano ritorno nelle rispettive case o si davano all’esplorazione della città.
Sarebbe dovuto (e avrebbe desiderato soprattutto) sostare, piuttosto, in compagnia di Blaine e magari riuscire a carpire qualcosa delle sue confidenze a Rachel ma sentiva, altrettanto intensamente, che era giunto il momento di agire e fare qualcosa: non poteva lasciare che Sebastian continuasse a controllarne e condizionarne le giornate.
Le parole di Nick continuavano a ronzare nella sua mente: Sebastian avrebbe continuato a far presa su di lui soltanto finché lui glielo avesse lasciato fare. Divenendone, a tutti gli effetti, un complice.
Aveva già permesso a Karofsky di allontanarlo dal liceo e dal suo Glee Club, non sarebbe stato Sebastian a costituire una minaccia per la Dalton, la vita con Nick, Blaine e tutti coloro che lo avevano accolto come fosse sempre stato parte di loro.
Fu con quel proposito che entrò nella biblioteca e notò, ad una distratta occhiata tutto attorno, che era insolitamente vuota: non era raro che coloro che non potevano rientrare nelle rispettive case profittassero della quiete del Sabato per avvantaggiarsi nello studio.
Si morse il labbro ma continuò a far saettare lo sguardo tra le pareti fino a quando non udì uno schiarirsi di gola.
Sebastian era adagiato contro uno degli scaffali: le braccia incrociate al petto e il sorriso sardonico in evidente attesa. Si scostò alla vista di Kurt e avanzò in sua direzione: movimenti sinuosi e sicuri di sé, il passo agile come quello di un predatore. Ma c’era una differenza, checché Sebastian potesse realizzarlo o meno: quel giorno Kurt si sarebbe rifiutato di essere una vittima, la sua vittima.
“Ciao Kurt” lo salutò con voce flautata e questi non rispose, strinse i pugni ma fu lui stesso ad avvicinarsi.
“Questa storia finirà oggi, Sebastian” dichiarò con voce stentorea, nella mente quel silenzioso incoraggiamento di Blaine, quel messaggio con una sola parola: “coraggio[1]”.
Riusciva quasi a sentirne la voce mentre, in quella stessa stanza, gli aveva confidato dei suoi problemi al liceo e ne aveva ricevuto quel consiglio diretto e sincero.
Rifiutarsi di essere una vittima.
Sebastian inarcò le sopracciglia e parve vagamente confuso ma gli concesse un sorriso.
“In realtà, ho appena cominciato: in fondo, grazie a te, sono un Usignolo anche io” calcò dolcemente ma con lo stesso baluginio malizioso dello sguardo che indusse Kurt a irrigidirsi.
“Solo perché mi hai ricattato” rispose di slancio, il mento sollevato in un atteggiamento di sfida.
“Sarebbe stata la scelta giusta e lo sai”.
Lo odiava. Odiava il modo in cui già sembrava sapere tutto. Odiava il modo in cui sembrava capirlo e conoscerne le intenzioni. Odiava il modo in cui, a sua differenza, non sembrava mai scomporsi o perdere la calma.
“Ma non avresti dovuto ricattarmi” ritrattò, comunque intenzionato a non concedergli alcuna amnistia al riguardo.
Sorrise Sebastian, avanzò ulteriormente e Kurt si disse che non sarebbe indietreggiato, non quella volta. Continuava a scrutarlo Sebastian: quasi conoscesse il suo dilemma interiore, quasi notasse la battaglia in corso nelle sfumature del suo sguardo ceruleo.
Si fermò di fronte a lui e, senza smettere di osservarlo, si protese leggermente verso il suo volto.
“Sai, il modo in cui vuoi tenerlo nascosto, mi… stuzzica” lo soffiò direttamente nel suo orecchio e Kurt dovette ricordarsi il suo proposito di non cedergli, seppur stesse lottando per non allontanarsi, come sempre infastidito per quella ristretta vicinanza cui lo stava costringendo.
“Credevo ti preoccupasse l’opinione di Blaine e che fosse un effetto della tua insicurezza cronica, ma adesso…”. Lasciò la frase in sospeso quasi per effetto scenico ma aveva continuato a soffiare nel suo orecchio e Kurt avrebbe desiderato che la sua risoluzione fosse sufficiente ad evitare il tremore del suo corpo o il battito aritmico.
“Tu non mi conosci” odiò il modo in cui la sua voce suonava patetica, debole ed insicura, soprattutto a contrasto con la pacatezza e la sicurezza di cui, invece, era pregna quella di Sebastian.
“Adesso” continuò quest’ultimo, quasi non lo avesse udito. “credo tu voglia tenergli nascosto quanto ti sia piaciuto”.
La provocazione era evidente: un modo di riuscire a fare breccia nella sua razionalità, mettendolo sotto pressione ed inducendolo, così, a lasciarsi andare, non potendo più prevedere quale fosse la giusta risposta o la giusta reazione ad un simile atteggiamento.
Ne era consapevole ma, ciononostante, Kurt trasalì come se lo avesse schiaffeggiato.
Un solo istante, prima di respingerlo – quasi fosse necessaria una minima distanza fisica per sentirsi nuovamente padrone di sé – e fissarlo schifato.
“Io ti piaccio”. Concluse Sebastian con la stessa tranquillità, ignorando quella reazione.
Aggrottò le sopracciglia, il mento sollevato e le sopracciglia inarcate prima di sorridere sarcastico.
“Certo” replicò, infatti, fissandolo e sollevando gli occhi al cielo prima di simulare un’espressione di stoica impazienza. “lo hai capito allora: Blaine era solo un pretesto”.
Sebastian non si lasciò impressionare e neppure diede segno di stizza di fronte a quella canzonatura, si avvicinò un’altra volta e, di nuovo, Kurt non si ritrasse ma continuò ad osservarlo con le sopracciglia aggrottate.
Lo spasmodico tentativo di comprendere cosa sarebbe accaduto per poterlo anticipare perché non vi era nulla di peggio che sostare tra le grinfie di Sebastian, senza sapere cosa sarebbe accaduto. Senza avere il controllo della situazione.
“C’è un modo molto semplice per appurarlo” sussurrò Sebastian imperturbabile e Kurt lo fissò sospettoso ma questi, ancora una volta, ridusse la distanza fino a respirare sul suo viso con un allarmante dejà-vu e la conseguente sovrapposizione di immagini fece riscuotere Kurt.
Soprattutto la terribile consapevolezza di cosa sarebbe potuto accadere se Sebastian non fosse stato fermato. Se non avesse fatto qualcosa anziché sostare alla sua mercé, anziché respingerlo e allontanarlo con forza e decisione.
Come avrebbe dovuto fare subito. Come avrebbe dovuto fare prima che, come in quel momento, gli si avvicinasse tanto da sentire il suo respiro sulle labbra e da percepirne nuovamente quel profumo che sembrava presagire il tocco della sua bocca.
Se la sua mente era un tumulto di pensieri e di terrore, non poteva parimenti non percepire l’alterazione dei suoi battiti, il respiro convulso.
Sebastian adagiò il braccio sullo scaffale alle sue spalle, chinandosi verso il suo viso.
“Baciami”.
Lo pronunciò come un ordine ma mai la sua arroganza era parsa tanto… allettante. Tanto vicina ad un compimento, tanto vicina a ciò che la sua mente sembrava elaborare da che gli si era avvicinato. Da che i loro sguardi sembravano, come sempre, vivere una comunicazione ben diversa da quella che era in atto a parole.
Emise un gemito Kurt, sentì le guance ardere ma ne cercò lo sguardo, una smorfia di disgusto.
“Non asseconderò le tue perversioni” pronunciò con stizza e fu con un gesto deciso che lo allontanò, facendo pressione con le mani sul suo torace.
Un guizzo vittorioso, un baluginio smeraldino, ne strinse la mano solo per attrarlo a sé, chinandosi nuovamente e pericolosamente.
“Un solo bacio non può sconvolgerti a meno che… tu non lo disperi quanto lo rifiuti” continuò a parlare con voce di poco superiore ad un sussurro ma era come se quelle parole fossero letteralmente urlate per il loro impatto, per come sembrarono ustionarne la pelle, facendola fremere e facendo scorrere brividi caldi e freddi lungo la spina dorsale fino a lasciarlo senza fiato.
Era vicino, troppo per scostare lo sguardo, troppo per fingere e pretendere che non scaturisse alcun effetto e che potesse negarlo a se stesso.
Sentì il braccio di Sebastian cingerne la vita e seppe, per istinto, che non serviva più ad intimidirlo o schernirlo.
Lo stava trattenendo.
In quell’attimo, in quel momento soltanto loro.
Fremette ma quando gli sollevò il mento perché i loro sguardi si fondessero, seppe che era in sua balia. E di esserlo stato fin da primo momento e che lui lo sapeva con altrettanta certezza. Probabilmente lo aveva persino previsto fin dalla consegna di quegli stupidi fogliettini.
Fu un silenzioso richiamo di sguardi e sembrarono muoversi in sincrono: il suo profumo, la pressione più ferma delle sue braccia e tutto sembrava trovare il suo ordine, quasi fosse solo necessario lasciarsi andare per scoprire di averlo da sempre saputo.
Un lieve scalpiccio di passi che risuonò e rimbombò nel silenzio tra le pareti.
“Kurt?” il richiamo di Blaine.
Sguardi che si fusero un altro istante prima che Sebastian si scostasse e il moretto li raggiungesse.
“Ciao Sebastian” si rivolse a quest’ultimo per poi registrare il rossore sul viso di Kurt, lo strano luccichio nel suo sguardo e quel silenzio colpevole. “Ho… interrotto?” chiese confuso e imbarazzato.
“No”. Si affrettò a rispondere Kurt.
“Sì”. Disse Sebastian, al contempo.
Uno sguardo interdetto corse dall’uno all’altro e Kurt sollevò gli occhi al cielo, dopo essersi schiarito la gola stranamente secca, augurandosi che la sua voce non tradisse particolari emozioni.
“Stavamo… litigando” optò per la mezza verità più credibile e fissò Sebastian di sbieco, soprattutto per come questi, le mani conficcate adesso nelle tasche dei jeans, si riprese immediatamente, scrutando il nuovo arrivato con la solita malizia.
“Parlando di te” aggiunse, strizzando l’occhio e infastidendo Kurt per come tornasse ai soliti schemi e quei modi provocanti nonché l’atteggiamento flirtante.
Con suo grande scorno, girò attorno a Blaine fin quando questi non si scostò con un sospiro e un’espressione paziente.
“Non è vero, Kurt?” gli chiese conferma Sebastian, sorridendogli alle spalle di Blaine e Kurt sentì un vuoto d’aria prima di distogliere lo sguardo.
Non voleva chiedersi cosa procurasse quel nodo in gola: se la vicinanza a Blaine o il fatto flirtasse ancora con lui dopo… scosse il capo.
Era una mera questione di principio, si disse.
“Sebastian voleva ringraziarmi di aver votato per lui e io ho precisato che non era nulla di personale” spiegò con una scrollata di spalle.
“Già” confermò Sebastian, non spostandosi e continuando a guardarlo. “Nega così tanto da far sospettare il contrario”.
Blaine scrutò dall’uno all’altro e dalla piega delle sue labbra sembrava quasi stesse trattenendosi dal sorridere ma si limitò a sollevare le mani.
“Se avete bisogno di qualche altro minuto, posso aspettare e-“.
“No!” rispose d’impulso Kurt prima di schiarirsi la voce. “Sebastian se ne stava andando”.
“Sì” replicò Sebastian con gran sollievo di Kurt. “Ho detto quello che dovevo ma attenderò: ho tutto il tempo per farlo”.
Kurt distolse lo sguardo, ingoiando le parole che avrebbe voluto proferire, cercando di placare quell’agitazione interiore.
Soltanto quando la porta si chiuse dietro Sebastian, Blaine gli si avvicinò e gli appoggiò la mano sulla spalla.
“Stai bene? Lo so, a volte Sebastian esagera e risulta un po’…”.
“Maniaco?” concluse Kurt per lui e Blaine rise.
“Espansivo” aveva terminato Blaine per poi bloccarsi e boccheggiare. “Aspetta, tu e lui…?”.
Sembrava senza parole: gli occhi sgranati e mai come allora Kurt avrebbe voluto poterne interpretare i pensieri o carpirne lo stato d’animo.
“Io e lui non andremo mai d’accordo” si strinse nelle spalle. “Continueremo a lottare” si sorprese per come quelle parole apparissero fatidiche, seppellite in una consapevolezza pur tacita e apparsa in forma traslata.
Siamo attrazione e lotta, aveva detto Sebastian in sogno.
Sempre in lotta contro noi stessi, eppure mai sconfitti e mai vincitori.
Blaine gli sorrise ancora con la stessa dolcezza e un alone di comprensione.
“Continuo a pensare che un giorno ti sorprenderà ma apprezzo che tu ti sforzi e spero ne trarrai soddisfazione” quindi non aveva avuto torto nel pensare che Blaine lo avesse rivalutato proprio alla luce di Sebastian.
Scosse il capo, tuttavia, volendo accantonare il termine scomodo di quell’equazione.
“Mi cercavi?” gli sorrise.
“Sì, ero venuto in camera tua ma Nick mi è sembrato confuso quando ti ho cercato” raccontò perplesso “ma per fortuna Jeff si è ricordato dove eri diretto”.
Registrò quel dettaglio su Nick, promettendosi che gli avrebbe chiesto, quanto prima, una spiegazione senza contare che, se Blaine non fosse giunto, era meglio non pensare a cosa sarebbe potuto accadere.
“Hai tempo per una passeggiata?” fu la domanda di Blaine a riscuoterlo dalle elucubrazioni fin troppo pericolose.
Niente di meglio che cambiare aria.
“Ti prego!” approvò con entusiasmo.
Rise Blaine e gli fece cenno di passare: gettò un’ultima occhiata alla stanza prima di uscirne.
Era come se trattenesse una parte di sé e Sebastian.
Un altro segreto. O quasi segreto.
Si riscosse quando Blaine aprì la porta e lo lasciò passare per primo.
Gli sorrise. Per la prima volta, in quella giornata, aveva la sensazione che le cose stessero andando per il verso giusto, finalmente.
 
~
 
Il freddo era ancora ben lungi dallo sciogliere la sua morsa e Kurt applicò nuovamente il burro cacao sulle labbra onde evitarne la screpolatura. Un gesto che, di solito, era compiuto in modo meccanico ma che lo sorprese, anche in quel momento, a valutare l'esatta consistenza e morbidezza delle sue stesse labbra.
Sospirò ma si concentrò su Blaine e quel suo insopportabile cappello che ne schiacciava i capelli: ne notò lo sguardo perso e rivolto ad un punto indefinito di fronte a sé.
Intercettò, finalmente, lo sguardo di Kurt, quasi si ricordasse soltanto in quel momento della sua presenza.
Quest'ultimo si rese conto che avrebbe anche potuto affrontare con cuore più leggero interminabili discussioni con Sebastian pur di vivere un istante come quello.
“Kurt, io vorrei parlarti di Rachel” esordì finalmente e Kurt cercò di trattenere l'impazienza: doveva davvero partire proprio da lì. Proprio da lei?
“No, Blaine, non devi, io...”.
“Insisto” replicò l'altro, le mani insinuate nella giacca sportiva mentre continuavano a camminare nel sentiero che era stato spalato per consentire agilmente la passeggiata.
“E' una tua amica e me l'hai presentata tu stesso” continuò a giustificare le sue remore e premure al riguardo.
“Mi fido di te” Intervenne Kurt con voce più dolce e Blaine gli sorrise sinceramente lieto di simile approvazione nonché quell’attestato di stima.
“Questo è molto importante per me...” sembrò esitare nel cercare le parole per esprimersi e il suo respiro si tradusse in una nuvola di fumo. “... ho avuto un periodo pieno di domande e di riflessioni” continuò e Kurt si predispose ad ascoltarlo con attenzione e cercare di carpirne, soprattutto, il non detto studiandone la postura e il portamento quasi cercando dei segnali che ne tradissero i reali pensieri.
Aveva annuito a fargli comprendere che lo stesse ascoltando.
“E sei giunto a delle conclusioni?”.
Fece un cenno di assenso, Blaine, prima di riprendere.
“Credevo di provare una particolare simpatia per Rachel: credo sia stata la sua vitalità alla sua festa” spiegò e Kurt soffocò una risatina ironica.
“O forse il tasso di alcool nel suo sangue” suggerì con voce tagliante ma Blaine non sembrò udirlo.
“Ma non avevo capito che era tutto chiaro e di fronte a me: è come... come se tutto fosse stato sempre a mia portata, ma non avevo ancora la giusta prospettiva.
E poi basta un semplice istante che blocca la realtà attorno e riesci a capire quello che avevi negato fino a quel momento o dato per scontato” esordì Blaine e Kurt scoprì che non soltanto riusciva a comprendere esattamente cosa intendesse ma che probabilmente per lui era stato lo stesso anche se, romanticamente parlando, continuava a pensare che il loro incontro fosse stato fatidico. E il suo inconscio dovesse aver compreso che quel momento ne avrebbe segnato la vita.
“E tutto non è più lo stesso: la tua vita è cambiata” continuò Kurt in quella che sembrava una comune discussione quotidiana.
“Una parte di te ne era già consapevole ma non lo avevi compreso o forse non era il giusto momento... ha senso?” gli aveva chiesto Blaine con un sorriso più impacciato ma, e il cuore di Kurt si strinse, lo sguardo più luminoso.
Aveva annuito.
“Molte verità restano nascoste ma non significa che non agiscano già in noi”. Replicò, infatti.
“Ma è quando le accetti è come se tornassi a vivere, dopo un lungo sonno”. Terminò Blaine, nuovamente lo sguardo attraversato da un guizzo più sognante nello scrutare il parco ammantato dalla coltre di neve.
Aveva sorriso, Kurt, per poi stringersi le mani in grembo e guardarlo quasi supplicante, il viso inclinato di un lato.
“Ti prego: non tenermi sulle spine: sembri euforico!”.
“Lo sono” convenne Blaine per poi ridere ad una maniera quasi liberatoria, reclinando il capo e lasciando che i fiocchi di neve si depositassero sul suo volto.
Un'immagine così pura ed armoniosa che Kurt sentì un dolce calore in petto.
“Innamorato e euforico” specificò con voce più delicata.
“E... pensi di dirglielo? In un modo speciale?” lo incalzò Kurt cercando di trattenersi dal dimostrare il suo entusiasmo o saltellare sul posto, gli occhi lucidi di emozione mentre si guardava attorno quasi immaginando che, da dietro un albero, potesse scorgere una scenografia degna di un musical con tanto di coro già pronto ad intonare una canzone d'amore che parlasse di loro.
“Io... no lo so: è un amico a cui tengo molto e ho paura di rovinare tutto”.
Kurt sembrò congelarsi sul posto ma dovette socchiudere le labbra: non poteva biasimarlo. In fondo, aveva avuto la stessa reazione e sarebbe stato quanto meno ipocrita, anzi: ciò dimostrava che erano anime gemelle persino nella discrezione di celare il loro stato d'animo pur di preservare la loro amicizia.
“Certo, è un rischio” si schiarì la gola, cercando di indossare i capi dell'amico premuroso. “Ma è possibile che lui già possa immaginarlo dalle tue premure, la tua gentilezza, i tuoi sorrisi...” lo incoraggiò con un sorriso più compiaciuto e civettuolo.
Annuì Blaine ma sospirò quasi affranto.
“Credo sia lo stesso motivo per cui Nick non si farebbe avanti con Jeff: è una realtà che cambia tutto e in modo irreversibile”.
Un esempio calzante, convenne Kurt, anche se era frustrante continuare a parlarsi per enigmi, quasi lasciando in sospeso quelle parole che premevano per essere pronunciato.
E che scenario romantico, sarebbe stato quel parco, per un bacio d'amore?
Il loro primo bacio, anche il proprio, visto che quelli di Karofsky e Sebastian non potevano certo definirsi appendice del sentimentalismo.
Perché diavolo doveva pensarci in quel momento?!
“Le cose sono già cambiate quando tu e Nick avete cominciato a provare qualcosa di diverso e forse l'altra persona lo ha già appreso inconsciamente”.
“Hai ragione” sospirò Blaine. “Le cose sono già cambiate”.
“Allora non è meglio che si evolvano a proprio piacimento, prendendo l'iniziativa, piuttosto che lasciandosi trascinare?”.
Blaine gli aveva sorriso quasi imbarazzato.
“Tu sei molto più coraggioso di me”.
“Non è vero, Blaine: se lo fossi, parlerei di meno e agirei di più”.
Blaine lo aveva scrutato a lungo, le sopracciglia inarcate prima che, molto lentamente, un sorriso tornasse a farne curvare le labbra e lo sguardo dardeggiò così intensamente che parve nascergli da dentro.
“Tu lo stai capendo, vero?”.
Kurt aveva sentito il cuore saltargli in gola ma seppe di essere pronto: era quello, finalmente, il loro momento.
“Io...” malgrado tutto non riusciva, in quel momento, a guardarlo negli occhi: se aveva sempre avuto la sensazione che il loro amore sarebbe stato qualcosa di fiabesco, avrebbe lasciato fosse Blaine a gestirlo. Non si sarebbe lasciato andare all'euforia o all'impulsività: era giusto che Blaine lo vivesse nel modo in cui lo aveva sognato.
“Kurt, è fantastico!” replicò con slancio Blaine. “Tu e Sebastian insieme sareste perfetti!”.
Un solo istante, come aveva detto poc'anzi, e tutto poteva cambiare.
Beffarda ed ironica realizzazione che si stava realizzando.
Ma non come si sarebbe aspettato.
 
 
 
Ed eccoci alla conclusione del capitolo. Se posso farvi una confidenza, io stessa mi sono sorpresa per come si è evoluto il dialogo tra Blaine e Kurt ma spesso le idee spontanee sono le migliori :D
Nel prossimo capitolo:

 
“Lo vedi? E’ la prima fase: la negazione, Kurt. Ci sono passato anche io: ho persino accettato l’appuntamento con Rachel, non che sia stato spiacevole ma…”.
“Anche io comprerei qualcosa al mio nemico: è un’ottima tattica. Distrailo e stordiscilo mentre cerchi di rubargli il ragazzo dei suoi sogni. E’ geniale”.
“Sono innamorato”. Sebastian lo scrutò con le sopracciglia inarcate e il sorriso suadente. “Ti prego, Blaine, vuoi farmi arrossire?”.
“Ti piace che qualunque essere vivente possa provare attrazione per te!” “Vero ma solo chi mi respinge, sta dandomi un valido motivo”.

 
Ancora auguri per una buona festa delle donne e un buon weekend.
Un ringraziamento a tutti coloro che leggono, recensiscono e inseriscono tra seguite/ricordate/preferite: come sempre disponibile a condividere le vostre impressioni.
A presto,
 
Kiki87


[1] Per chi avesse bisogno di una rinfrescata, Kurt – al suo primo arrivo alla Dal ton – aveva confidato a Blaine i suoi problemi con Karofsky e questi, il giorno dopo, gli mandò proprio un messaggio con la scritta “Coraggio” e dal sorriso di Kurt in quel frangente, si può intuire che quello è divenuto uno dei “simboli” della Klaine ;)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Reduce della formattazione del pc e di un piccolo disguido nel riconoscimento della USB che mi ha ostacolato non poco (fortunatamente ho copie del racconto distribuite tra indirizzi e-mail e la memoria del blackberry) e fatto quasi temere di mancare all’appuntamento del Venerdì; ma eccoci qua.
Cominciamo ad entrare nel vivo del racconto – seppur non sarà particolarmente lungo – per cui vi auguro una buona lettura.
Un abbraccio e un esercito di unicorni per la mia Blaine e la mia Sebastian, un ringraziamento particolare per seguire l’evolversi della trama e il sostegno in ogni attività letteraria.
Vi dedico il capitolo e i Blaine e Sebastian narrati
 
 
 
Capitolo 5
 
La neve si depositava leggera, un impatto delicato, quasi neppure percepibile: fiocchi leggeri e liberi, ognuno diverso dall'altro. Ma era ognuno di quei minuscoli cristalli di cielo a formare quel manto candido che ricopriva tutto.
Sembrava celare contorni già noti, dava loro nuova forma e nuova consistenza: li rendeva diversi eppure preziosi. Sarebbe rimasto per ore ad ammirare quello spettacolo: il parco era già abbondantemente coperto dalla stessa pura e candida realtà e se il bianco era simbolo di purezza; il freddo sembrava destare quel bisogno di calore e reciproca vicinanza.
In fondo, qualcosa di simile avveniva anche nell'animo umano, considerò sfogliando la pagina del romanzo cui si dedicava in quel periodo, gettando di tanto in tanto un'occhiata al di fuori della vetrata.
Sì, il pensiero – seppur ispirato da un fattore meteorologico – era ancora più naturale se lo sguardo cadeva sull'alta figura che, imbacuccata con tanto di sciarpa e cappello, stava sfidando le temperature da qualche ora. Non si era limitato a creare delle riproduzioni dei compagni della Dalton sotto forma di pupazzi di neve – a quello di Blaine, ad esempio, aveva aggiunto un papillon; a quello di Kurt un foulard e al proprio un cappellino secondo un vezzo artistico – ma aveva improvvisato una battaglia contro gli altri incauti che ne avevano seguito l'esempio.
Fu il suo picchiettare al vetro della finestra a riscuoterlo e Nick levò lo sguardo con un lieve sobbalzo, prima di scorgerne la sagoma. Stava parlando ma dovette sollevare di poco il vetro per sentirne le parole: i ciuffi biondissimi di capelli sfuggivano dal cappello e ne sfioravano la fronte, aveva un sorriso solare e lo sguardo illuminato come quello di un bambino, malgrado le gote arrossate e il respiro tradotto in una nuvola di fumo.
“Dai, Nick, vieni fuori” saltellò sul posto ma strillò quando Thad lo colpì alle spalle: si volse per sgridarlo, ma fu centrato in pieno volto da un altro lancio di neve e Nick si era abbassato appena in tempo quando qualche granello di ghiaccio si era infranto anche contro la finestra.
Quando si era sollevato, Thad e Trent stavano ridendo sguaiatamente e Jeff si stava goffamente ripulendo il viso. Un'immagine delicata quanto struggente che ne strappò facilmente un sorriso.
“Stai bene?” gli chiese repentino e Jeff, dopo aver riservato agli altri due uno sguardo offeso, gli sorrise.
“Sono indistruttibile!” si era colpito il petto con un pugno guantato e Nick aveva ridacchiato in risposta.
“Che fai tutto solo a leggere?” lo aveva ulteriormente incalzato, il viso imbronciato come quello di un bambino cui si fosse tolto il giocattolo preferito; neppure rendendosi conto che si fosse risposto da solo.
Sorrise, tuttavia, Nick, “Me ne sto al caldo e tranquillo e dovresti farlo anche tu: sei fradicio” aveva osservato con un velo di preoccupazione che non dissuase il suo amico.
“Dai, vieni fuori! Ho bisogno di un alleato” iniziò a supplicarlo.
“Io non-”.
“Vuoi lasciarmi solo e abbandonato?” un cipiglio quasi lacrimevole e Nick si morse il labbro: stava per dire qualcosa in risposta, quando Kurt rientrò e gli parve più pallido che mai.
“Ciao Kurt! Da dove sei passato? Volevamo fare un agguato a te e a Blaine!” brontolò il biondino ma Nick ne stava scrutando il viso e dovette intuire subito che qualcosa non andava.
“Ciao Jeff” lo salutò distrattamente l'altro, togliendosi il lungo soprabito e cominciando a rimuovere fiocchi di neve dal tessuto e dai capelli.
“Dai, vieni insieme a Nick!” insistette ancora ma fu Nick a rispondere, dopo avergli sorriso con la stessa dolcezza ma un moto di comprensione nello sguardo verde.
“Jeff, ti dispiace se ti raggiungo tra cinque minuti?” intervenne, infatti, con tatto ma l'altro non fu lesto a nascondere un'espressione delusa.
“Ti offrirò una cioccolata” aggiunse quasi a lenirne lo stato d'animo.
“Certo” rispose, sforzandosi di apparire conciliante e si voltò dopo aver loro rivolto un cenno di saluto con la mano.
“Raggiungilo subito, Nick” sospirò Kurt mentre l'altro richiudeva la finestra. “Ti aspetta da tutto il pomeriggio, io sto bene” gli fece presente e ciò non fece che acuire il senso di colpa di Nick che, tuttavia, non poteva ignorare l'espressione del suo compagno di stanza.
Scosse il capo.
“No, non stai bene e mi domando se c'entri Blaine, Sebastian o tutti e due”.
Scese un breve silenzio prima che, con fare quasi rassegnato, Kurt si sedesse sul proprio letto e Nick lo imitò, appoggiandosi al proprio materasso così da poterlo guardare in volto durante la conversazione.
“Credevo non ci fosse nulla di peggio di Sebastian che crede che io sia pazzo di lui” esordì e Nick sollevò entrambe le sopracciglia.
“Mhm, sembra promettente: dovrei leggere qualche romanzo che parla di voi” convenne, gettando appena un'occhiata al libro che aveva già chiuso e appoggiato al comodino accanto al proprio letto.
“Che cosa può esserci di peggio?” continuò, l'espressione pensierosa. “Blaine che ti fa una scenata di gelosia? O che annuncia il suo amore imperituro per Rachel?” aveva cercato di simulare il divertimento della propria voce nell'immaginare la seconda opzione, ma Kurt era comunque rabbrividito per il disgusto.
“Al contrario” rivelò, il tono stanco. “Blaine è gay al 100% e...” esitò e si morse il labbro, tanto che indusse Nick a sporgersi maggiormente quasi sperando che l'attesa non fosse troppo incresciosa. “E' felice per me e Sebastian” borbottò infine.
Nick sbatté le palpebre a più riprese: evidentemente necessitò di qualche istante per realizzare di aver compreso bene e che tutto stesse realmente accadendo.
Le sue labbra tremarono ma era sicuramente l'affetto e il rispetto per Kurt ad impedirgli di scoppiare in una fragorosa risata. O forse lo shock.
“Mi sono decisamente perso qualcosa” si schiarì la voce, il viso inclinato di un lato in evidente attesa che Kurt proseguisse la sua narrazione.
 
 
“Io e Sebastian?” lo aveva ripetuto come se il solo suono di quelle parole fosse sufficiente a fargli comprendere in quale assurdo gioco di equivoci fossero appena caduti.
“Kurt, io mi sbagliavo” aveva ribattuto ansiosamente Blaine, guardandolo con un sorriso dolce e comprensivo. “sono sicuro che Sebastian parla di quel ragazzo – magari neppure esiste! -  soltanto per darti fastidio e farti ingelosire” ironico che Blaine non avesse la più pallida idea che il fantomatico ragazzo di cui parlava Sebastian fosse proprio di fronte a lui.
Sembrava seriamente convinto di ciò che stava dicendo e ciò rendeva il tutto persino più esasperante.
“Che lui mi dia fastidio è poco ma sicuro ma-”.
“E' tutta una tattica!” lo interruppe con l'aria di chi era particolarmente determinato a soccorrere il proprio amico, fornendogli un punto di vista più obiettivo e disinteressato. “Non devi cascarci e non devi demoralizzarti: nessuno sarebbe più fortunato di Sebastian ad averti al suo fianco” aveva ribattuto con calore tanto che Kurt aveva sentito la propria mascella slogarsi.
In uno sceneggiato televisivo, a quel punto la ragazza di turno gli avrebbe urlato contro che era proprio lui il ragazzo fortunato e magari lo avrebbe baciato d'impulso, dopo averlo apostrofato con termini che andavano da un soft “stupidino” ad un più conciso ma efficace “coglione”.
Sempre che Kurt fosse, tuttavia, disposto a gesti così poco di classe e un linguaggio scurrile.
Forse però sarebbe stato meno incriminante del restare a guardarlo con aria stolida nel tentativo di capire chi dei due avesse appena subito una lobotomia.
 
“Oddio!” aveva esclamato Nick, una mano sulle labbra e Kurt era – modestie a parte per le sue doti di narratore – certo che se avesse avuto accanto una ciotola di poc corn, avrebbe cominciato ad ingurgitarli con la stessa foga di un fan di un film horror durante la scena più macabra. “E tu cosa gli hai detto?!”.
“Ho avuto una reazione molto dignitosa” affermò Kurt, con sussiego, accavallando le gambe.
 
“Kurt?” Blaine lo stava scrutando interdetto e quasi preoccupato. “Perché stai ridendo?”.
Ma quella che era sgorgata dalle sue labbra era tutt'altro che una risata di puro gaudio o spensieratezza; bensì la sua frustrazione, l'incredulità e il bisogno, semplicemente, di scuoterlo e di urlare, sembravano aver preso il sopravvento e trovato sfogo a quella maniera poco ortodossa.
“Non ci posso credere, Blaine” riuscì infine ad articolare. “Come puoi seriamente pensare che io e Sebastian proviamo qualcosa l'uno per l'altro?” gli aveva chiesto incredulo.
L'altro non aveva battuto ciglio, continuava a sorridergli con una dolcezza e comprensione che stavano quasi divenendo... irritanti.
“Avresti dovuto vedere la scena come mi si è presentata davanti: se avessi immaginato cosa stava accadendo, non sarei mai entrato”.
 
“A proposito” lo sguardo di Kurt era divenuto pungente nel fissare l'altro che cercava di simulare perfetta pacatezza e tranquillità. “Perché non hai detto subito a Blaine dove eravamo?”.
Nick emise qualcosa di simile ad un “mh?” che sembrò essere un pretesto per temporeggiare mentre lo sguardo di Kurt si faceva persino più sospettoso.
“Blaine ha detto che è stato Jeff a dirgli dove poteva rintracciarmi” spiegò con finta pazienza e Nick si concesse appena un sorriso di scuse per poi stringersi nelle spalle con la solita tranquillità.
“Volevo solo darvi il tempo di chiarirvi”.
“Un bel lavoro, Maestro Yoda, peccato che quel maniaco stesse-” Kurt maledì ancora una volta la sua impulsività e si morse il labbro ma Nick sorrise trionfante.
“Stesse?” lo incalzò per poi assumere un'espressione più che consapevole.
“Blaine vi ha interrotto quindi! E' per questo che ha avuto questa illuminazione” dovette ricorrere a tutto il proprio aplomb per non ridere e, elemento ancora più irritante, era perfettamente certo delle proprie deduzioni.
 
“Io ringrazio che tu lo abbia fatto” fu la replica quasi stizzita di Kurt ma Blaine scosse nuovamente il capo e di nuovo lo guardò con un sorriso comprensivo.
“Lo vedi? E’ la prima fase: la negazione, Kurt. Ci sono passato anche io: ho persino accettato l’appuntamento con Rachel, non che sia stato spiacevole ma…”.
Non aveva tempo e pazienza per sentire altri inutili dettagli sul suo appuntamento di prova con Rachel Berry, non quando stavano finalmente giungendo al punto più importante, Sebastian permettendo.
“Hai negato i tuoi sentimenti?” lo incalzò con enfasi e il bisogno disperato di poter comprendere qualcosa di più del ragazzo di fronte a sé.
“Sì, Kurt, ed è un errore che non sono più disposto a commettere” replicò, lo sguardo fu attraversato da un baluginio di sicurezza e di determinazione e Kurt si scoprì completamente assoggettato.
“Quindi hai intenzione di-”.
“Dirgli quello che provo” confermò Blaine con tono pacato ma dolce e Kurt dovette trattenersi dallo strillare un ringraziamento al cielo o rivolgergli un sorriso ebete mentre l'altro si stringeva nelle spalle. “Ma prima è bene che lui faccia chiarezza con se stesso su un'altra questione in sospeso” spiegò.
 
“Lo vedi?! Devo fargli capire che ha preso un abbaglio su me e Sebastian” Kurt si era improvvisamente rianimato dopo aver rivissuto quei momenti con una partecipazione volubile: dalla disperazione fino all'isteria latente per poi soffermarsi su quelle parti della conversazione che dovevano avere un significato recondito.
Nick aveva sospirato nell'osservarlo: fin troppo semplice indovinare quali fossero le parole che Kurt avrebbe voluto sentirsi dire. Un modo di legittimare un'idea che si stava formando fin troppo concretamente nella sua mente. Un peccato che, spesso e volentieri, una verità personale non aveva (interamente) riscontro con quella condivisa dal mondo esterno.
“Vedi, Kurt, ogni volta che ti concentri sul far capire a Sebastian,  a Blaine o al mondo intero che non provi nulla per Sebastian” cercò le giuste parole per completare il suo giudizio. “... è come se vi avvicinaste ulteriormente”.
Ne notò lo sguardo avvilito e già pronto ad una replica, ma proseguì.
“Kurt, io non voglio che tu soffra e ti faccia illusioni. Ma il fatto che neghi con tale forza che tu e Sebastian siate... qualcosa, non fa che confermare il contrario”.
Kurt parve più affranto che mai: gli occhi azzurri erano velati delle emozioni che lo stavano attanagliando e tra quelle vi era sicuramente una paura senza precedenti di dover affrontare una verità che pareva persino più difficile della realizzazione della sua identità. E la sua condivisione, soprattutto, specie perché avrebbe coinvolto altre due persone. E una di queste era proprio Sebastian Smythe.
“Ti sbagli” malgrado dovesse apparire deciso, la voce era più rauca. “Lo dimostrerò a te, a Sebastian e a Blaine”.
“Perché non cominci a mostrarlo a te stesso?” gli chiese l'altro con tono addolcito ma non per questo meno limpido o sincero.
Una scoccata che sembrò ulteriormente disarmalo visto come boccheggiò prima che i lineamenti si irrigidissero e lo sguardo sembrasse divenire più glaciale, un modo di nascondersi ulteriormente.
“So perfettamente chi vorrei nella mia vita e non lascerò che Sebastian rovini tutto” aveva affermato con tono più determinato.
Nick annuì appena ma se quel versante sembrava essere quasi del tutto chiaro ai suoi occhi – chiaro che quello che Kurt voleva non era lineare a ciò che stava vivendo almeno – c'era un altro termine dell'equazione. Forse il più confuso, malgrado fosse Sebastian quello che caratterialmente era il meno adito a confidenze.
“Blaine non ha detto altro sull'altro ragazzo e la sua questione in sospeso?”. Cercò di porre la domanda in tono più cauto e discreto possibile ma Kurt sembrò stranamente recuperare un po' di sicurezza perché, seppur avesse scosso il capo in segno di diniego, apparve sollevato.
“Blaine è un gentiluomo e certe allusioni esplicite non sarebbero nel suo stile” spiegò in quella che appariva un'asserzione quasi logica e lineare.
Quasi.
 
“Spero che questa persona, allora, non ti faccia attendere troppo a lungo” gli aveva sorriso quasi a mo' di comprensione ma con uno sfolgorio particolare nello sguardo, un sorriso più delicato, sperando che Blaine ne cogliesse la rassicurazione sottintesa.
“Aspetterei quanto necessario e anche di più, credimi” era stata la replica e Kurt si era quasi sentito mancare.
Il suo cuore aveva bruscamente accelerato il battito e desiderò, come non mai, essere meno cauto per  lasciarsi semplicemente andare.
Come gli era accaduto. Ma in circostanze sbagliate.
Con la persona sbagliata.
 
Nick sospirò per l'ennesima volta prima di tornare a guardarlo.
“Non ti sembra contorto?” gli aveva chiesto il più gentilmente possibile. “Se Blaine volesse lottare per te, perché direbbe di essere felice per te e Sebastian se non per un'ipocrisia che è davvero ben poco da lui?”.
Ovviamente lui crede che io provi qualcosa per Sebastian, quindi potrebbe essere davvero felice per me se fosse convinto che questo è il mio bene. Ha deciso di restare nell'ombra: devo essere io a farmi avanti”. Spiegò in quella che era una logica quasi malata per quanto riuscisse a far combaciare tutti i fatti e le parole con una propria convinzione.
Una spasmodica necessità di plasmare la realtà a suo piacimento: una logica folle; un ossimoro che ben spiegava quello cui stava assistendo.
Era impallidito, Nick, a quel proposito finale.
“Kurt, ti prego, pensaci bene” conosceva la testardaggine dell'altro – in questo caso si sarebbe potuto parlare di ottusità cieca – ma non per questo era meno sgomento delle terribili conseguenze cui avrebbe potuto andare incontro.
“Nick” Kurt gli aveva sorriso quasi comprendesse le sue remore. “Blaine è il ragazzo giusto per me, deve esserlo”.
“Lo vedi?” Nick si era sollevato dal proprio materasso con foga insolita. “Lo fai di nuovo. Ma ti senti? Deve esserlo, è così che funziona? L'amore non è a comando, Kurt.
Con Blaine sono tutte macchinazioni ed intrighi di cui lui è tutt'altro che consapevole ma suo malgrado coinvolto; ma è Sebastian quello che ti ha baciato.
E' Sebastian quello che affronti di impulso o che eviti, è Sebastian quello con cui Blaine ti ha visto in una situazione compromettente, è Sebastian quello che cerca di mostrarti che vi state rincorrendo” rimarcò e lo stesso Kurt si rimise in piedi per fronteggiare lui e l'evolversi di quella discussione.
“Sebastian non ha rispetto: lui agisce solo per suo divertimento e vuole farmi impazzire mentre torna alla carica contro Blaine!” esclamò con voce strozzata ma Nick scosse nuovamente il capo, il sorriso quasi ironico.
“Eppure stava dietro di te dopo la sua audizione: a te ha rubato il burro cacao”.
Kurt si era morso il labbro e per un attimo parve non trovare risposta.
Si schiarì la gola, stringendo le labbra.
“Non l'ha rubato. Quello che mi ha dato era nuovo”.
“Oh” Nick aveva sollevato le mani con un sorriso quasi divertito. Anche io comprerei qualcosa al mio nemico: è un’ottima tattica. Distrailo e stordiscilo, mentre cerchi di rubargli il ragazzo dei suoi sogni. E’ geniale”.
Il fatto che riuscisse a suscitare dell'ironia in Nick doveva essere un evidente segno che la propria vita sentimentale era tutt'altro che banale. E scontata.
“E' contorto, e allora? E' Sebastian” lo ripeté imitando il tono precedente usato dall'altro, come se ciò spiegasse il tutto.
Nick scosse la testa: persino lui comprendeva che, in quel momento, sarebbe stato impossibile farlo ragionare lucidamente.
“Dovresti fare lo sceneggiatore di un thriller con sfumature da romanzo rosa” commentò in tono stanco ed affranto, strappando persino a Kurt un sorriso.
La discussione era giunta alla fine ma quella vicenda era tutt'altro che conclusa: soltanto si trovava in una situazione di stallo almeno fino a quando Kurt non avesse cominciato a mettere in discussione le sue convinzioni. E se ciò avvenisse per istanza di Blaine o di Sebastian, Nick poteva solo augurarsi che fosse pronto ad accettarne le conseguenze ed essere disponibile a sostenerlo.
“Ci penserò” gli concesse. “Ma ora vai da Jeff” gli aveva indicato il biondino che, tra una palla di neve e l'altra, aveva gettato sguardi in loro direzione.
Annuì Nick.
“Ma, ti prego, non fare nulla fin quando non ci avrai riflettuto, promettimelo!” era sembrata davvero una supplica e, malgrado le loro diverse opinioni, Kurt non poteva non apprezzarne la sincerità e la purezza di intenzioni.
“Promesso, ma ora va’”. Indicò con il mento il paesaggio fuori dalla finestra.
“Sarò io a finire in analisi alla fine della storia” borbottò Nick, indossando il suo soprabito. “Ma pretendo che il tuo primogenito porti il mio nome”.
“Mi sembra giusto” rise l'altro.
 
Lo osservò chiudersi la porta alle spalle ed attraversò la stanza per schiudere la finestra: l'aria gelida non avrebbe giovato l'emicrania ma era un piccolo gesto che era più che dovuto all'amicizia di Nick.
“Jeff?” questi si era avvicinato, lo sguardo che sondava la camera alla ricerca dell'altro Warbler e Kurt gli sorrise.
“Nick non vede l'ora di giocare con te”.
Il sorriso dell'altro sembrò fargli tornare il buon umore. L'amore avrebbe dovuto essere sempre così – scacciò dai propri pensieri la voce di Nick riguardo all'amore che non era a comando – la semplicità di un sorriso, un ricercarsi e ritrovarsi.
Senza intoppi, equivoci o persone che si mettessero nel mezzo.
Scrutò la figura di Nick avvicinarsi e Jeff, lo guardò cercare di contenere il suo entusiasmo e lo immaginò illustrargli i rischi di raffreddamento mentre l'altro lo trascinava a rimirare le sue opere d'arte.
 
 
Niente prediche, Duval.
Goditi il tuo momento e, se proprio hai paura che si ammali, portalo a prendere una cioccolata calda.
Dal tuo sceneggiatore preferito.
 
Aveva gli occhi sgranati Nick quando levò lo sguardo dal cellulare per scrutare Kurt che gli sorrideva. Gli rivolse un cenno della mano, si avvicinò a Jeff, chino sui pupazzi.
L'attimo dopo si indirizzarono entrambi verso l'uscita dal cancello principale.
Kurt sorrise.
Quello era un amore puro e fiabesco come la neve.
 
~
 
 
Le Regionali erano sempre più vicine e ciò comportava una maggiore frequenza delle riunioni strategiche dei Warblers e, quindi, dei tentativi di stare lontano da Sebastian il più possibile per la salvaguardia della propria salute mentale. Ma sembrava che lo stesso Sebastian fosse poco propenso a continuare i suoi subdoli e sordidi giochetti mentali, almeno in presenza dei compagni di corso. No, era come se pubblicamente dovesse mantenere la facciata di maniaco incallito stupra-guardante Blaine (e con Blaine intendeva una certa porzione del suo corpo dalla vita in giù) e il pensiero di come, dietro le quinte, continuasse a tormentarlo, rendeva il tutto ancora più snervante.
Non riusciva davvero a tollerare quell’atteggiamento al limite del narcisismo più malato: se il suo scopo era sempre stato – dal primo giorno – di intimorirlo e costringerlo a rinunciare alla Dalton, nonché all’amore di Blaine; l’arroganza con la quale aveva asserito di conoscerne i reali sentimenti, da lui negati con fervore ed arroganza, era persino più detestabile.
Ma non sarebbe stato Sebastian Smythe se non fosse stato in grado di sorprenderlo e nell’accezione peggiore del termine.
Anche quel giorno non faceva eccezione: lui stava seduto tra Nick e il bracciolo del divano proprio per evitare che lo importunasse ma,così facendo, gli aveva dato la possibilità di stare accanto a Blaine. Quanto più cercava di evitare quella visione, tanto più sembrava impossibile distogliere lo sguardo: sospirò e cercò di concentrarsi sulla discussione in corso, nonché la definizione della scaletta per l’esibizione di canto cronografato.
Ironico come al McKinley vi fosse una competizione interna per strappare l’ugola a Rachel Berry e come, invece, alla Dalton sembrassero tutti più che ben disposti affinché fosse Blaine ad avere l’assolo. Non sarebbe certo stato lui, l’ultimo arrivato, a pretendere di dettar legge e conosceva la natura più mite di componenti più “anziani” ma lo sorprendeva che Sebastian potesse far lenire il suo ego ma immaginava sarebbe stato… romantico, se non si fosse trattato di Sebastian, insomma.
La cosa peggiore era, tuttavia, formulare un simile pensiero e poi essere scovato nell’atto di squadrarlo: c’era un guizzo malizioso nello sguardo smeraldino mentre gli strizzava l’occhio e Kurt si trattenne a stento dal digrignare i denti.
Nick gli si avvicinò con espressione interdetta prima di sussurrare un “ti stai slogando la mascella?” al quale Kurt sospirò per poi convenire che non fosse il caso di perdere il controllo.
Fu in quel momento che Blaine si levò con l’intento di prendere parola: sorrise un po’ nervosamente in quell’adorabile posa di confusione ed imbarazzo.
“Scusate se mi discosto dal primo punto della scaletta ma ho bisogno dell’aiuto di tutti voi” di fronte alle occhiate curiose degli altri Warblers, si concesse una risatina nervosa.
“Sono innamorato” spiegò e la stanza si riempì di ovazioni e delle acclamazioni di gioia degli altri compagni di canto e Kurt scambiò uno sguardo con Nick – sembrava che lui stesse slogandosi la mascella dal nervosismo – prima di rivolgere al ragazzo il suo sorriso più sognante.
Sebastian lo scrutò con le sopracciglia inarcate e il sorriso suadente. “Ti prego, Blaine, vuoi farmi arrossire?” chiese con finta pacatezza ma era Kurt che stava scrutando con un lampo di sfida e di ironia nello sguardo di smeraldo.
Nick gli strinse nuovamente la spalla e Kurt sentì i denti sfregarsi gli uni sugli altri in un sinistro rumore mentre Blaine sospirava quasi esasperato dall’atteggiamento di Sebastian, lo rimproverò ripetendone il nome in modo blando a mo’ di ammonimento, prima di rivolgere uno sguardo di scuse a Kurt.
“Chi è il fortunato?” chiese Wes e Blaine si concesse un altro sorriso, più furbo.
“Tutto a suo tempo” sollevò le mani come a voler frenare la loro curiosità su quel dettaglio prima di tornare nuovamente serio. “Ho bisogno del vostro aiuto: devo trovare un brano adatto da dedicargli” Sebastian aveva levato gli occhi al cielo, avendo completamente esaurito il suo interesse sulla discussione ma Kurt aveva sospirato.
Quale gesto romantico ma non sarebbe stato meglio parlarne quando lui non fosse stato presente? Evidentemente la sua impazienza era tale da non lasciargli tempo di indugiare, forse avrebbe dovuto persino tapparsi le orecchie ma dubitava che la tattica già impiegata per la famosa chiacchierata sul sesso con il padre, fosse attualizzabile in quel contesto.
“Hai già qualche idea?” chiese Nick che continuava ad osservarlo circospetto e non era l’unico: c’era un lampo di sospetto nello sguardo che gli stava indirizzando Sebastian, lo stesso di quando all’arrivo aveva evidentemente palesato il suo interesse per Blaine.
“Dovremmo esibirci nell’auditorium di un liceo” iniziò Blaine e Kurt sgranò gli occhi: voleva davvero rischiare così tanto in presenza di Karofsky, dopo ciò che gli aveva raccontato al riguardo? Certo, un gesto romantico e audace ma comunque folle.
“Un liceo?” chiese Nick per lui e Kurt gliene fu grato. “Uno che conosciamo?”.
“Il liceo di Seth, si trova-“.
Ma Kurt non udì il resto della spiegazione: il suo cervello si era letteralmente fermato e sembrò che qualcosa di simile avvenisse in tutti gli altri perché l’aria sembrò congelarsi mentre Blaine spiegava l’esatta ubicazione del luogo per poi descriverne l’auditorium.
Chi diavolo era Seth?!
Sembrava una domanda comune ma nessuno sembrava osare.
“Non ve l’ho detto” ridacchiò nervosamente Blaine, ben interpretando la confusione generale. “E’ così che si chiama: l’ho conosciuto prima di Natale”.
Ma neppure udì il resto della sua breve digressione su chi fosse il fortunato: la sua testa prese a pulsare di pensieri e sentiva il bruciore trattenuto a stento nelle palpebre.
 
~
 
Come aveva potuto essere così ingenuo ed egocentrico o così sicuro di sé, non avrebbe saputo dirlo: improvvisamente tutta la cautela che Nick gli aveva consigliato, tutte le sue legittime obiezioni sembravano così ovvie che si sentiva umiliato nel profondo.
Continuò ad osservare il parco innevato, il tentativo di ritrovare un po’ di ordine e sicurezza, quello febbrile di negarsi la delusione perché sarebbe stata un’ulteriore ammissione di ingenuità senza precedenti.
La realizzazione che non fosse solo un romantico visionario ma persino un malsano manipolatore della realtà e che, dopotutto, non conosceva Blaine quanto credeva e non erano neppure in una confidenza tale per cui lui gli avrebbe parlato fin dall’inizio di questo Seth.
Blaine non stava affatto sacrificandosi per lui: non lo aveva mai visto sotto quella luce ed era stato tutto frutto delle proprie suggestioni.
Ancora una volta, essere se stesso si era rivelato il danno peggiore.
“Lo confesso: sono sorpreso quanto te. Insomma, mi domando se mi abbia mai davvero visto” la voce di Sebastian sembrò letteralmente strapparlo ai suoi pensieri e, senza attendere invito, si era avvicinato alla panchina nella quale era seduto. Indugiò alle sue spalle e si chinò tanto che Kurt ne sentì il respiro sulla nuca: trasalì e volse il viso di un lato, cercando di nascondere gli occhi arrossati.
“Non adesso, Sebastian” masticò lentamente quelle parole seppur avesse tentato di rendere la voce ferma e determinata ma sembrò soltanto una supplica disperata.
Sospirò Sebastian e Kurt lo immaginò levare gli occhi al cielo.
“Vedi, Kurt, non sono mai stato un tipo particolarmente… paziente” lo sussurrò al suo orecchio, le mani ancorate alle sue spalle quasi a volgerlo trattenere e Kurt sgranò gli occhi prima che Sebastian circumnavigasse la panchina per poi prendere posto al suo fianco.
Si irrigidì, Kurt, ma distolse lo sguardo, meditando di andarsene ma trasse un profondo respiro che si condensò in una nuvola mentre Sebastian indugiava a studiarne il profilo.
“Eri davvero convinto che stesse parlando di te, vero?” il tono parve meno ironico di quanto si sarebbe aspettato ma si capiva che non necessitava di una risposta e Kurt si rifiutò comunque di guardarlo.
“O forse lo speravi: avrebbe risolto tutto o sbaglio?” lo incalzò ulteriormente.
 
 
Quella che hai scelto è una strada solitaria,[1]
arriverà il mattino
e tu non vorrai più conoscermi
 
Con un moto di stizza, Kurt si levò: lo scrutò dall’alto, gli occhi arrossati ma pregni di rabbia e le braccia rigide lungo i fianchi.
“Cosa vuoi saperne tu di una delusione d’amore?” chiese con voce più stridula e l’intento netto di affermare che una persona come lui non fosse neppure degna e/o capace di simile emozione.
Sebastian non si scompose: lo scrutò a lungo prima di alzarsi a sua volta, le mani conficcate nelle tasche del soprabito.
“E’ semplice: io non mi aspetto nulla. Prendo quello che mi spetta” spiegò con glaciale flemma e raziocinio che sembrarono persino più irritanti e dolorosi per l’orgoglio di Kurt.
Lo fissò disgustato.
“Sei così arrogante e pieno di te”.
Sorrise, l’altro, il viso inclinato di un lato.
“E tu talmente insicuro e paranoico” replicò con una stretta di spalle e un sorriso giocoso.
“Dobbiamo continuare a lungo?” chiese Kurt stizzito, stringendo i pugni. “Ho di meglio da fare che farmi insultare da uno stupratore incallito”.
Solo per un attimo lo stupore baluginò nello sguardo di Sebastian che inarcò le sopracciglia: l’attimo dopo l’eco della sua risata ricoprì la radura e Kurt lo fissò con occhi sgranati.
“Il modo in cui incastri tutti i pezzi a tuo piacimento è davvero… esilarante” convenne, inarcando le sopracciglia e Kurt trattenne il fiato, impreparato a simile stoccata.
Come poteva ridere di lui? Non aveva un benché minimo sentore di umanità?
“Ed è disperato ed incredibilmente distorto”.
“Distorto?” la sua voce era persino più stridula mentre l’indignazione, la rabbia, l’amarezza e la sofferenza trovavano sfogo nell’esternarle in modo così plateale. Solo per non pensare, almeno qualche istante. Lasciare andare tutto.
“Prova a dire di avermi baciato perché lo volevi” lo incalzò, avvicinandosi e puntandogli il dito al petto: i battiti furiosi del suo cuore e il nodo in gola che sembrava farsi persino più doloroso.
 
 
Ed è da tanto tempo che il tuo cuore è ghiacciato
Arriverà il mattino
E tu non vorrai più conoscermi
 
Sebastian ne ignorò il gesto ma si chinò verso il suo viso, quasi a soffiargli addosso quelle parole.
“Mi stavo divertendo la prima volta: sempre così in angoscia per Blaine, sempre così… vittima” e malgrado quelle parole fossero sprezzanti, Kurt sorrise ironico.
“Finalmente dici qualcosa di vero” cercò di ignorare il vacillare delle lacrime a quell’ulteriore sferzata alla sua sensibilità ma Sebastian non si fermò.
“Ma tu non hai rifiutato il bacio” sussurrò, strappandogli un gemito di sorpresa e di scalpore mentre indietreggiava nuovamente.
“NO!” esclamò a volerne fermare l’ulteriore invettiva.
Sebastian sorrise ironico, indicandolo.
“Continui ad aggrapparti a Blaine e ad un grande amore platonico che esiste solo nella tua testa ma non è per lui che tremi o scappi”sottolineò con un’inarcatura suadente delle sopracciglia, l’aria furba e consapevole di chi riesce a toccare il segno, tanto da farne tremare un nervo sulla mascella.
“D’accordo, ho sbagliato con Blaine ma questo non cambia il resto” proclamò con il bisogno spasmodico di metterlo in chiaro ma Sebastian ancora non parve arrendersi.
“Infatti” concesse, avvicinandosi ulteriormente. “non cambia quello che sta per accadere.
Non cambia il modo in cui rifiuti la sola idea di me eppure… anziché ripugnarmi, è tutto persino più avvincente” rivelò e, sotto lo sguardo incredulo e sgomento dell’altro, si lambì le labbra.
“Ti piace che qualunque essere vivente possa provare attrazione per te!” esclamò indignato.
 “Vero” concesse con un’altra scrollata di spalle “ma solo chi mi respinge sta dandomi un valido motivo”. Proclamò con voce così sicura di sé, così composta mentre continuava a sondare nel suo sguardo con la sicurezza di chi si limitava a cercare la conferma dei suoi pensieri.
“Il che ti rende un prototipo di maniaco perfetto”. Fu la sferzante risposta.
“Costretto ad avvicinarmi ancora e ancora fin quando non accade qualcosa e sappiamo entrambi che deve accadere e accadrà comunque”. Ne aveva ignorato la replica ma continuava ad osservarlo: sembrava più che mai determinato a non permettere che sfuggisse a quelle parole, a quella realtà da cui continuava a nascondersi.
“Non deve” gemette Kurt, distogliendo lo sguardo. “non se non è reciproca volontà!”.
“Guardami negli occhi e dimmi che non è così”. Lo incalzò nuovamente, il pomo d’Adamo pulsante e la ricerca di un solo istante, quello necessario a cambiare un’esistenza.
 
Per un attimo i tuoi occhi si apriranno e tu saprai
tutte le cose che io ho sempre voluto che tu sapessi.
Non ti conosco e non voglio farlo,
fino all’attimo in cui i tuoi occhi si apriranno e tu saprai.
 
“Non è così” e, malgrado dovesse suonare come una convinzione, le parole di Kurt sembrarono più deboli e affrante che mai. Pregne di sofferenza e di terrore, lo stesso con cui lo allontanò con una mano sul petto.
“Perfetto”. Aveva stretto la mascella Sebastian.
Lo attrasse a sé con un movimento fluido, ignorandone il gemito di sorpresa e di sgomento: ne sfiorò la guancia con la mano, lentamente, quasi volesse placare il tumulto nel cuore di Kurt.
Quasi potesse toccare con i polpastrelli quelle emozioni trattenute, nascoste e persino abiurate, quasi quello fosse il diretto collegamento ad un’anima rinchiusa in sé stessa.
I loro sguardi si fusero per un lungo istante di reciproca contemplazione.
La pressione delle braccia attorno alle vita era risoluta, lo sguardo sondava il suo senza esitazione e Kurt trattenne il fiato, consapevole di non potergli sfuggire.
Consapevole che fosse arrivato il momento di lasciare che tutto accadesse, anche se significava perdere ulteriormente la sua sicurezza, anche se significava gettarsi nell’autodistruzione.
Si era chinato al suo viso, Sebastian, aveva respirato sulle sue labbra e Kurt non glielo aveva impedito ma neppure lo aveva avvinto a sé.
Ascoltava i suoi battiti quasi radi, il respiro convulso, tremava tra le sue braccia ed era più solo e disperato che mai: più che mai bisognoso di quel calore e più che mai restio ad accoglierlo.
Si era scostato, Sebastian,  prima di carpirne il respiro con le labbra e si avvicinato al suo orecchio.
“Sono stanco di questo gioco” spiegò con voce sussurrata ma quasi glaciale. “è ora che tu decida o lo farò io e potrebbe non piacerti”.
Non aggiunse altro.
Si scostò da lui con lo stesso movimento fluido, la mascella serrata e lo sguardo rabbuiato.
Continuò a scrutarlo, Kurt, mentre si allontanava e, per la seconda volta, quel giorno ebbe l’impressione che tutto si stesse sgretolando tra le sue dita.
Impotente e fragile eppure anche il non agire stava condannandolo.
Ancora una volta ebbe la sensazione di aver perso una parte di sé e che tutto stesse capitando e lui non fosse in grado di affrontarlo.
Continuò a nevicare, cristalli di neve che si confusero alle sue lacrime e alla lotta contro se stesso.
 
 
Che sarà un luogo solitario quello in cui scapperai,
arriverà il mattino
e tu non vorrai più conoscermi.
Ed è una fine solitaria quella a cui arriverai,
arriverà il mattino
e tu non vorrai più conoscermi.
(Your Eyes Open – Keane).
 
 
 
Finale un po’ amaro anche se con una canzone che adoro per quanto struggente e per la voce così delicata del cantante che sembra perfetta per sottolineare certi momenti di tensione. Devo ancora riprendermi dal loro “She has no time” durante la visione di One Tree Hill quando la mia coppia preferita stava sgretolandosi e che adesso l’iPod mi sta proponendo per beffarsi di me.
Ma, in fondo, ancora le cose devono evolversi.
 
Nel prossimo capitolo:
“Sai qual è la cosa peggiore? Una parte di me già lo sapeva”.
“Credo di non conoscerlo neppure io. Credevo di conoscerlo o di conoscere me stesso”.
“Te lo dissi il primo giorno: torna dai tuoi amichetti. Questo non è posto per te, mai stato”.
 
Non mi resta che augurarvi un buon weekend e di trascorrere bene le vacanze Pasquali: ingozzatevi di cioccolata e riempitevi di dolcezza anche per il prossimo aggiornamento :)
Come sempre, ringrazio tutti coloro che dedicano del tempo per la lettura e chi recensisce, ma anche chi ha inserito tra seguite/preferite/ricordate. Sempre a disposizione per qualche chiarimento o scambio di opinioni.
A presto!
 
Kiki87
 

 



[1] Traduzione di una splendida canzone dei Keane: in questo caso ho preferito modificare i tempi verbali, adattandoli al futuro in alcuni versi.
Per ascoltare il brano e vederne il testo originale: qui

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ben ritrovati! Dopo le feste e la solita confusione che comportano, temevo di dover posticipare quello che è diventato una specie d’appuntamento del Venerdì pomeriggio, ma eccomi qua, malgrado Office mi abbia dichiarato guerra dopo una mattinata piuttosto tranquilla.
Come sempre, ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono e che annoverano questa storia tra preferite/ricordate/seguite. Spero di non deludervi anche nelle ultime battute.
Un ringraziamento speciale alla mia Blaine (o Brooke, che dir si voglia * One Tree Hill mania in corso * ) e alla mia Sebastian per il loro supporto irrinunciabile nella stesura della fanfiction e anche nel mio ultimo traguardo personale.
Spero che compensi un po’ quello che non si riesce sempre a dire a parole ♥
Buona lettura!

 

 

 
E’ stata come una bomba ad orologeria,[1]
sapevamo che eravamo destinati ad esplodere.
Eravamo come una bomba ad orologeria,
abbiamo dovuto lasciarla, disinnescarla.
Eravamo come una bomba ad orologeria,
ma ne avevo bisogno.
Non avrebbe potuto esserci un altro modo?
 
Non c’era una via di uscita.
Ogni tempesta che arriva, poi finisce.
La resistenza era inutile.
 
Avevo il tuo cuore nelle mie mani, come una bomba
ad orologeria che ticchettava.
Si è spenta, avremmo potuto ricominciare da capo,
quando si fosse rotta, avremmo potuto aggiustarla.
Avevi il mio cuore nelle tue mani, come una bomba
ad orologeria che ticchettava.
Avremmo potuto conoscerla meglio,
ma non avremmo dovuto arrenderci.
 
Time Bomb – All Time Low

 
Capitolo 6

 
Nella storia dei San Valentino, quello era sicuramente il peggiore e la sola menzione alla ricorrenza era capace di strapparne un verso di dolore o un gemito strozzato, seguito da un’invettiva quasi isterica sul materialismo gravante intorno a quella “stupida festa insignificante”.
Quando uscì dal bagno, l’espressione addolorata e gli occhi arrossati, trovò Nick ad attenderlo: era seduto sul proprio letto e aveva lo sguardo perso in un punto indefinito. Le sopracciglia aggrottate, si riscosse al sentire la porta schiudersi e si volse al giovane.
Si alzò e gli si avvicinò.
Kurt gli sorrise ma sembrò incapace di trovare parola, Nick scosse il capo, si passò una mano tra i capelli che aveva lasciato ricrescere, in quei due mesi, e che scivolavano adesso sulla fronte.
“Promettimi che li taglierai in tempo per le Regionali” gli aveva chiesto Kurt, quasi fosse necessario concentrarsi su qualcosa di così frivolo per impedirsi di avere un altro cedimento.
“E’ così, Kurt, sei sicuro?” era evidente che Nick, rifiutatosi di assecondarlo in quel tentativo di non pensare a ciò che gli stava accadendo, sperasse in una risposta negativa.
Non aveva risposto, Kurt, lo sguardo aveva abbracciato la stanza, quasi a temporeggiare prima di guardare l’altro.
“No” rispose, la voce più rauca. “Meno che mai”.
“Ma allora-“ lo sguardo di Nick si era acceso, quasi una pallida speranza n’aveva fatto illuminare gli occhi verdi, ma Kurt scosse il capo.
“Ho deciso”.
 
 
Non riusciva ad addormentarsi quella notte, Kurt, e aveva passato quasi tutto il tempo seduto sul proprio letto, cercando di restare calmo, trattenere quel nodo in gola e quella spiacevole sensazione che tutto stesse crollandogli addosso. Che tutto fosse spezzato e compromesso, ancora prima di avere una reale consapevolezza che stesse accadendo, ancora prima di riuscire anche solo ad accettare o valutare il beneficio di un dubbio che Nick aveva posto più volte.
Persino Blaine, così genuinamente inconsapevole del reale motivo che, dal primo istante, aveva siglato la sua ostilità contro Sebastian.
Nick si era sollevato, scorgendone il tremore del corpo e gli si era avvicinato: gli aveva stretto la spalla ma Kurt non aveva sussultato, si era voltato, quando Nick aveva acceso l’abat-jour e non si era neppure curato di scostare le lacrime dal viso.
“Non si possono amare due persone al contempo” era stato il sussurro flebile che aveva spezzato il silenzio e, seppur sollevato che Kurt si fosse lasciato andare, Nick rafforzò la pressione sulla sua spalla. Neppure il barlume di una soddisfazione egoistica, solo una reale preoccupazione.
“No, non è possibile” confermò quasi a volergli fornire almeno una certezza in quella confusione. “non nello stesso modo, perché due persone non saranno mai identiche”.
 
“So cosa stai pensando e forse hai ragione: non sono coraggioso quanto vorrei” quasi avesse voluto affrontare quanto prima i termini più vergognosi della situazione, quasi volesse mettere di fronte le proprie debolezze per poi guardare oltre.
Aveva scosso nuovamente il capo, Nick, appariva quasi imperturbabile.
“Accettare se stessi è la cosa più difficile ma è anche l’unica soluzione per vivere consapevoli” parole pregne di significato e di una riflessione che ne rendevano, ancora una volta, la presenza quasi rassicurante. Quasi egli fosse il raccoglitore di quelle saggezze e verità interiori, spesso le più difficili da assimilare.
“Bene” aveva cercato di ridere. “Credevo mi avresti detto che sono fuggito dal McKinley per un motivo e che non sono cambiato” aveva confessato, la voce già più rauca e lo sguardo più lucido. “Se non fossi scappato prima, tutto questo non sarebbe mai accaduto” era rimasto soltanto quello: un punto morto nella propria riflessione che rendeva quel perverso riepilogo una sorta di attribuzioni di cause nonché una ricerca spasmodica del punto di svolta che aveva innescato il tutto.
Annuì, Nick.
“Egoisticamente sono felice che sia così, ma non sei lo stesso ragazzo che frequentava il McKinley” aveva sussurrato, la parvenza di un sorriso nell’osservarlo, quasi il tentativo di lenire il suo tormento, quello, soprattutto, che si stava auto-infliggendo.
“Questo mi spaventa persino di più” ammise, lo stesso tono già intriso delle lacrime che presto avrebbero avuto modo di scivolare lungo il suo volto e bagnarlo fisicamente, quasi a dimostrazione fosse ancora padrone del suo corpo.
“Ma questo non significa che tu debba fare un passo indietro per scoprirlo”. Era stata la guardinga risposta, quasi gli stesse suggerendo qualcosa tra le righe, pur non osando interferire più dell’opportuno.
“Hai ragione” concluse Kurt semplicemente. “Sto scappando di nuovo”.
 
“Blaine è l’amore che hai sempre sognato, Sebastian è quello che ti scuote dentro, che ti fa sentire la passione, che brucia e, per quanto rifiutato, si espande” erano state le parole con le quali aveva marchiato il silenzio e la sua consapevolezza. Parole che, lo sentiva, sarebbero rimaste immortalate nella sua memoria ogni volta che avesse ripercorso quei momenti o pensato ad uno dei due. Inevitabile il richiamo all’altro.
Non aveva commentato nulla, Kurt, lo sguardo ancora lontano e velato di dolore ma aveva sospirato.
“Sai qual è la cosa peggiore?” aveva chiesto e non aveva atteso che l’altro gli rispondesse per continuare la sua riflessione, quasi stesse cercando, attraverso Nick, di arrivare a toccare quella parte di sé da sempre negata. Quasi cercasse di riconciliarsi con se stesso. “Una parte di me già lo sapeva”.
Il sogno, i sogni e il continuo sfiorarsi le labbra, la delusione per Blaine aveva solo acceso quell’emozione che lo aveva poi condotto ad una reale e dolorosa presa di coscienza.
Curioso come le parole di Blaine fossero state profetiche per quanto ancora genuinamente inconsapevole del suo stato d’animo: un momento nel quale la realtà cambia e nulla è destinato ad essere come prima. E per quanto rifiutata, quella realtà sarebbe sostata in attesa che la si affrontasse ma già traducendosi in nuove difese o decisioni.
“Che cosa vuoi fare?” aveva chiesto, Nick, dopo un lungo istante di silenzio nel quale era più che convinto che non avesse bisogno di rimbrotti o di sue osservazioni.
“Me ne andrò”.
E sembrò che nuovamente tutto si fermasse: le lancette di una bomba ad orologeria che era stata innescata molto prima. Il sibilo minaccioso della dinamite e, infine, l’assordante silenzio che siglava il momento immediatamente precedente alla fine.
 
 
“Se non ti è così naturale, significa che una parte di te si sta debellando” aveva prontamente protestato Nick, quasi cercando un altro punto nel quale sferrare un’invettiva che potesse giungere a colpire le sue certezze così pericolosamente in bilico.
“Una parte di me che mi farà solo altro male: non voglio soffrire, è il momento che stia solo” il tono era dolorosamente stanco, quasi il solo lasciare andare quelle parole, significasse lasciarsi intingere di quel silenzioso morbo dentro di sé.
“E Sebastian, Blaine, non hanno diritto di sapere la verità?” aveva alluso alla lettera che aveva scritto frettolosamente e che giaceva sul comodino, quella che avrebbe dovuto presentare alla prossima riunione dei Warblers, quando tutti si fossero accorti della sua dipartita improvvisa.
“Blaine resterà un caro amico e gli auguro ogni felicità con Seth” era stato sincero in quelle parole, Nick non ne aveva dubbio ma non poteva ignorare come stesse omettendo, di proposito, l’altra incognita dell’equazione. Come sempre aveva fatto del resto ma con scarsi risultati.
“E Sebastian?” lo incalzò quindi.
“Mi ha fatto capire che non c’è possibilità” rispose dopo un lungo attimo di silenzio: lo sguardo estraniato a ripercorrere quell’ultimo dialogo e quello che era parso, a tutti gli effetti, un addio invalicabile.
“Non fin quando tu non lo avessi voluto” precisò, Nick, fissandolo ancora con intensità, ancora una volta cercando di toccare il punto focale, quello che era appositamente scartato.
Aveva scosso il capo, Kurt, e aveva preso a trascinare la valigia verso la porta: l’aveva accostata e si era voltato ad osservare l’altro.
“Non lo voglio” aveva bisbigliato, ma era sembrato lui stesso affranto nel pronunciare quelle parole.
Sorrise Nick, un sorriso amaro.
“Non ti credo e tanto meno lo crederebbe lui” replicò con voce pacata per quanto sferzante nella semplicità con cui esponeva il suo punto di vista, anche nel doverlo contraddire o mettere nuovamente in discussione con se stesso e le sue decisioni.
“Non puoi soltanto abbracciarmi, per favore?” era stata quasi una supplica accorata che aveva sciolto qualcosa in Nick, dietro quel suo apparire sempre così calmo e padrone della situazione; controllato persino durante una snervante discussione contro le sue paranoie o le sue ottuse prese di posizione.
Si era avvicinato e lo aveva stretto quasi bruscamente.
“Sei la persona più testarda, paranoica, delirante ed insicura che io abbia mai conosciuto, Kurt Kummel” aveva commentato, cercando di simulare un’allegria che non riusciva tuttavia a scalfirne lo sguardo più che mai velato di mestizia e di preoccupazione.
“Conoscerti sarà il ricordo più prezioso che porterò con me: non serbarmi rancore, ti prego” la voce era divenuta persino più rauca, quasi vicino alle lacrime, tanto da indurre l’altro a stringerlo più forte e trattenerlo.
“Non posso, ma Kurt: io sarò qui per te, sempre” aveva sussurrato quelle parole più intense, perché non avevano bisogno che di essere carpite dal suo cuore al quale si sentiva più vicino che mai. Non dovevano fare più rumore di un ticchettio.
“E io lo sarò per te” rispose, l’ombra di un sorriso, prima di scostarsi e sfiorarsi la guancia con un dito a rimuovere qualche goccia di salsedine sfuggitagli dopo aver tentato invano di trattenerla.
“Kurt” sussurrò ancora, Nick, osservandolo sulla soglia della porta: aveva indietreggiato per mantenere il contatto visivo, ma sembrava impossibile compiere quel passo in più e richiudersela alle spalle. Mettere fine a quel capitolo della sua vita.
“Niente di ciò che dirai, mi farà cambiare idea” sussurrò, la parvenza di un sorriso ironico che non si estese allo sguardo.
Annuì, Nick, ben convinto al riguardo.
“Ma nessuna fuga cancellerà i tuoi sentimenti: sappilo”.
Che fosse una promessa o un ammonimento, difficile dirlo. Futile dettaglio fin quando, nuovamente, la realtà non fosse stata marchiata di un altro istante di folle consapevolezza.
Forse allora l’orologio avrebbe ticchettato di nuovo.
 
~
 
Malgrado tutto, l’abbraccio collettivo cui fu sottoposto tornando nel cortile del McKinley quando si era presentato quel Lunedì mattina, fu in grado di farlo sorridere e farne nuovamente lacrimare gli occhi.
Nessuno avrebbe potuto sapere quale fosse l’esatto rimpianto o il dolore che si mescolava alla nostalgia: quali fossero i volti che si mescolavano con inaudita rapidità: solo Mercedes lo aveva trattenuto a lungo nel suo abbraccio al quale Kurt si abbandonò con maggiore enfasi.
“C’è qualcosa di cui non mi hai parlato, vero?” aveva sussurrato al suo orecchio: Kurt ne aveva scrutato gli occhi ma si era limitato ad annuire e solo dopo un lungo attimo di silenzio, parlò nuovamente.
“Qualcuno” aveva sussurrato.
Quella sensazione di sospensione sostò a lungo tra le sue sinapsi quel giorno e, seppur la minaccia di Karofsky sembrasse sventata, non riusciva a non guardarsi attorno e sentirsi completamente estraneo a quel mondo.
Se il McKinley aveva smesso di essere la sua casa da tempo e non poteva più riconoscerla nella Dalton, quale era il suo posto in quel momento?
 
 
Sono seduto alla stazione ferroviaria[2]
Preso un biglietto per la mia destinazione.
 
Ci mise qualche istante a realizzare che le note e la voce solista non provenivano da una radio ad alto volume: levò lo sguardo sulla scalinata del cortile e un verso d’emozione che attirò l’attenzione di tutta la tavolata del McKinley, disposti in ordine come nelle prove, vi erano i Warblers. Blaine in prima fila, Nick, Jeff, Thad, Trent, David, Richard e tutti gli altri ma – il suo cuore mancò un battito – Sebastian si notava solo per la sua assenza.
Scacciò il pensiero doloroso - non che si sarebbe fatto illusioni se si fosse aspettato quell’omaggio – e, il sorriso lacrimoso, si predispose all’ascolto: si strinse le ginocchia al petto, rimirando quelli che erano stati i suoi compagni di corso.
Dopo i primi versi enfatizzati dalla voce rauca di Blaine si spensero, la voce di Nick si levò, accompagnato da Jeff in sottofondo:
 
Quest’onda, quest’onda ci travolge insieme.
Sappi solo che non sei solo,
perché renderò questo luogo la tua casa.
 
Sentì i membri del McKinley unirsi alla performance: accompagnandola come fossero tutti un’unica, grande e variegata famiglia ma non fu tra questi. Continuò, semplicemente, ad ascoltare quella performance, a viverla attraverso le loro voci, le emozioni che vedeva impresse nei loro volti o l’intonazione soffusa della loro voce.
 
Ogni città mi sembra la stessa,
i film e le fabbriche,
e ogni volto straniero che vedo
mi fa capire da quanto sono lontano.
 
I guai potrebbero anche abbatterti.
Ma se ti sei perso, puoi sempre essere trovato.
Sappi solo che non sei solo,
perché farò di questo posto la tua casa.
 
Ancora una volta sembrarono rispondere a dolorosi quesiti senza timore e con così tanta sincerità ed affetto che le lacrime divennero più copiose ma, in qualche modo, dolci e delicate, come una carezza amica. Anche la nostalgia sarebbe stata mitigata dalla dolce promessa che non avrebbe dimenticato nessuno di loro e di ciò che erano stati per lui.
“Non avrai creduto che ti avrei lasciato andar via così” convenne Nick, il primo che si era avvicinato quando si era messo in piedi ad applaudirlo con i membri del Glee Club del McKinley.
 Aveva sorriso, affondando contro la sua spalla, consapevole quell’abbraccio sarebbe stato quello che più gli avrebbe fatto mancare il calore e la sicurezza che aveva respirato tra quelle pareti.
“Non condivido la tua scelta, lo sai” gli aveva bisbigliato “ma non dimenticarti di noi” era sembrata un’accorata preghiera e Kurt lo aveva stretto con maggiore vigore, trattenendolo ancora fermamente a sé.
“Non potrei, grazie Nick… di tutto”.
Blaine aveva atteso alle loro spalle, visibilmente commosso ma solo quando Nick si era scostato dopo un ultimo scambio di sguardi e di promesse, si era avvicinato a sua volta a stringerlo in un abbraccio.
Quante volte avrebbe desiderato un contatto simile, era stato il suo amaro pensiero, ma quello che ne scaturiva in quel momento non era il calore che lo aveva invaso ad ogni suo sorriso, o ad ogni speranza di essergli nel cuore; soltanto puro dolore, misto a senso di colpa.
“Kurt” aveva sospirato, stringendogli le spalle per poi scostarsi e guardarlo negli occhi. “Sei sicuro che sia la giusta decisione: sei uno di noi” Kurt aveva osservato, sopra la sua spalla, i cenni d’assenso di tutti gli altri, prima di tornare ad incrociare lo sguardo di Blaine.
“Non vi dimenticherò mai ma… devo tornare e forse non sarei mai dovuto partire” aveva affermato, la voce più rauca ma lo aveva guardato dritto negli occhi. Forse quella era davvero la prima volta che gli parlava senza alcun timore ma consapevole di star dicendo la cosa più giusta.
Blaine sospirò ma parlò in un sussurro più complice.
“Lo so che scappi per lui, ma non risolverai le cose tra voi”.
“No” gli concesse Kurt. “Le cose non possono aggiustarsi” sussurrò, ma solo allora distolse lo sguardo: voleva evitare di cercare i lineamenti di Sebastian attraverso quelli di Blaine, qualcosa che era avvenuto fin troppo spesso, quando avrebbe voluto sovrapporre il viso di Blaine ai gesti o alle parole dell’altro ragazzo. “Lo sappiamo entrambi” aveva concluso, ma Blaine aveva scosso il capo.
“Lui…” sembrò faticare a trovare le parole ma era sincero più che mai, mentre lo scrutava con gli occhi ambrati. “Dagli il tempo di riprendersi: la tua lettera ci ha turbato tutti, anche se Nick non si è lasciato sfuggire nulla” aveva precisato quasi con un sorriso ironico, evidentemente erano tutti consapevoli che vi fosse qualcosa di non proclamato e soltanto il suo compagno di stanza poteva conoscerne i reali motivi.
“Mi dispiace, Blaine, avrei dovuto parlarti” aveva sussurrato Kurt, pieno di sensi di colpa anche per quell’attrazione e quell’amore idealizzato che avevano visto proprio in quel volto, una versione romanzata di un Principe delle favole. Forse un giorno, quando avrebbe smesso di essere tutto così doloroso, avrebbe confessato tutto a quello che sarebbe sempre rimasto un caro amico. “Ma non sopportavo l’idea di deluderti” ammise, senza guardarlo.
“Tu non mi hai deluso, Kurt” rispose Blaine, evidentemente sorpreso dalle sue parole prima di sorridergli con maggiore dolcezza. “E’ stato un onore conoscerti e stare con te per questi mesi”.
“Anche per me” aveva sospirato e sembrò tutto più semplice: adesso che anche lui, finalmente, conosceva esattamente i contorni rassicuranti della loro amicizia, si sentiva svuotato.
Ma la delusione che lo aveva colto all’annuncio di Seth aveva lasciato spazio alla presa di coscienza che non avrebbe perso la sua amicizia e che quella fosse la cosa più importante.
“Anche per me” sussurrò con voce flebile ma il sorriso più dolce.
“Abbi cura di te, Kurt e non rinunciare ai tuoi sogni” sembrò essere quel temporaneo addio.
“Li ricucirò” sospirò.
“Con il ragazzo giusto” fu il suggerimento di Blaine, un cenno d’intesa e lasciò che tutti gli altri potessero avvicinarsi a stringerlo e congedarsi: un ultimo sguardo tra loro prima che tornassero sui loro passi e Kurt li seguì con lo sguardo.
Sorrideva ma non ci credeva realmente.
 
~
Nulla siglava il ritorno di Kurt Hummel nella sua casa, se non il disfare le valigie e riordinare il proprio armadio: un’operazione lenta che richiedeva la sua concentrazione e calma metodica nella classificazione e distinzione per colore, tessuto e occasione d’utilizzo.
Una dopo l’altra inseriva le grucce nell’armadio, riscuotendosi quando suo padre colpì delicatamente con le nocche la superficie dell’uscio lasciato aperto.
Si volse ad osservarlo: persino il solito completo da taglialegna gli era mancato (non che fosse disposto ad ammetterlo in ogni caso!), quegli orribili cappellini da baseball e il panino che stava masticando cosparso di mostarda o qualche altra salsa altamente poco consigliabile per il suo colesterolo (e che Kurt evitava come la peste). Gli volse un cenno con la mano ed egli entrò.
“Non sbriciolare sulla mia moquette!” lo ammonì con voce stridula. “E che fine ha fatto il programma per la corretta alimentazione che ti avevo lasciato appeso al frigorifero?” gli chiese e lo sguardo ceruleo sembrò trapassarlo da parte a parte.
Burt sospirò con fare stoico: mise il panino nella tasca del gilet e, toccandosi nervosamente la visiera del cappello, mosse qualche passo in sua direzione.
“L’ho gettato non appena sei uscito di casa” rispose con una scrollata di spalle e Kurt sollevò gli occhi al cielo. Burt sembrò tergiversare sul posto, gettando appena un’occhiata alla divisa da Warbler distesa sul letto del figlio, sfiorandone il blazer.
“Va tutto bene?” si decise a chiedere e Kurt, le cui mani stringevano la gruccia del soprabito di Marc Jacobs, levò lo sguardo su di lui, un lieve corrugamento tra le sopracciglia.
“Certo” rispose seppur distrattamente.
“D’accordo, riformulo la domanda” lo interruppe Burt, sollevando entrambe le mani come ad intimargli di fermarsi subito. “Che cosa c’è che non va?”.
Kurt aveva cercato di simulare un sorriso rilassato, mentre abbandonava i suoi capi per un breve istante. “Sono solo stanco”.
Burt lo scrutò con le sopracciglia inarcate e si sedette sul suo letto: toccò il posto accanto al proprio per fargli cenno di imitarlo e così Kurt fece.
“Sono in ritardo sulla mia tabella di marcia” aveva finto di risentirsi mentre si sedeva rigidamente, accavallando le gambe e abbracciandole, un sospiro a sfuggirgli dalle labbra.
“Hai tutto il tempo: non te ne andrai da qui fino al college” sembrava una richiesta implicita di conferma che scaldò il cuore di Kurt, consapevole di quanto fosse difficile per lui esternare le proprie emozioni.
Lo confermò ma sentiva il cuore pesante e appoggiò il capo contro la sua spalla, come era sempre stata sua abitudine da quando era bambino e potevano soltanto ed esclusivamente fare affidamento l’uno sull’altro.
Socchiuse gli occhi, avrebbe soltanto desiderato dormire per poi scoprire, al suo risveglio, che tutto fosse stato risolto.
“Kurt, so che la chiacchierata non è stata il mio forte” e Kurt arrossì al ricordo di come, ad un certo punto, avesse cercato di tapparsi le orecchie per non ascoltarlo.
“Ma io sono tuo padre e puoi parlarmi di qualsiasi cosa, anche di ragazzi” sembrò restio ma lo aggiunse e Kurt sorrise ancora abbandonato contro il calore confortante del suo corpo: quell’ancora a cui aggrapparsi in ogni difficoltà quotidiana.
“Mi sei mancato, papà” sussurrò soltanto, il sorriso a fior di labbra.
“Anche tu” ne sfiorò la nuca e Kurt si specchiò nel suo sguardo: ne lesse la dedizione e la gioia prima che gli stropicciasse il ciuffo, strappandogli un gemito stizzito e scandalizzato.
“Avanti, Kurt. Ho già avuto un infarto e nulla mi spaventa” lo spronò, tornato ai suoi modi più spiccioli. “Si tratta di Brillantina?”.
“Blaine” lo corresse per la centesima volta ma era indubbio che non lo avrebbe mai imparato. “E no, non si tratta di lui”ammise in tono stanco.
“Ok, ora comincio a sentire le pareti restringersi” aveva letteralmente cambiato tono, divenendo quasi funereo prima di scuotere il capo. “Quindi mi stai dicendo che non lo conosco” lo stava guardando dritto negli occhi, in quel modo in cui il figlio aveva sempre la netta sensazione riuscisse ad entrare nei suoi pensieri o direttamente nella sua anima.
“Credo di non conoscerlo neppure io” ribatté con velata ironia, amoreggiato prima di scuotere il capo, lo sguardo fisso su un punto indefinito. “Credevo di conoscerlo o di conoscere me stesso”.
Burt lo scrutò a lungo: lo sguardo velato di preoccupazione e le sopracciglia contratte. Sembrava aver perso quello sguardo fulgido di speranza, aspettativa e sognante che aveva avuto quando lo aveva visto prepararsi per la festa a casa di Rachel. Sostituito da un giovane uomo più temprato nello spirito ma più smarrito che mai.
“E’ per questo che sei tornato allora”.
Ennesima ipotesi, ennesimo assenso difficile da concedere ma si limitò a guardarlo negli occhi.
“Ho sempre creduto che l’amore fosse come nei musical o nei film; ho sempre creduto che avrei potuto amare solo un certo tipo di persona”.
“Brillantina” ribatté il padre quasi a smorzare la tensione, strappandogli persino un sorriso mentre si toglieva il cappello. “Era tua madre quella romantica” iniziò come se quella fosse una sorta di premessa alle parole che avrebbe pronunciato da lì a poco. “Credimi se ancora oggi mi domando che cosa ci trovasse in me”.
“Pa’!” Aveva protestato, Kurt, con un misto di sorpresa e di tenerezza, stringendone il braccio ma Burt scosse il capo e proseguì.
“Quello che voglio dire, Kurt, che tu sei la favola che vuoi costruire: tu più di tutti credi che ci sia del buono in ognuno di noi e tu di sicuro sai trarre il meglio dalle persone che ami. Come tua madre fece con me. Come tu e Carole continuate a fare” gli aveva stretto la spalla e Kurt e lo aveva guardato negli occhi, nel tentativo di assimilare quelle parole e farle proprie, di trovarvi un conforto, un sollievo come quando da bambino continuava a cercare il profumo della madre.
“L’amore non è qualcosa di confezionato e di pronto all’uso: è un percorso da fare insieme, spesso neppure semplice; è un mettersi in discussione ed essere se stessi fino in fondo. Mettersi in gioco perché si crede in se stessi e nell’altra persona e non si ha paura di provarci”.
“Sono fuggito, papà” aveva ammesso, la voce più rauca ma Burt non aveva distolto lo sguardo.
Annuì, invece. “Ma io ti conosco, Kurt: farai la cosa giusta” aveva sussurrato e se in altre circostanze, avrebbe accettato e benedetto quelle parole, una parte di sé sembrava ancora volerle respingere.
“Perché credete tutti così tanto in me?” chiese, morsicandosi il labbro, lo sguardo ancora più affranto che fece inarcare le sopracciglia dell’altro.
“Perché diavolo tu non dovresti farlo?” aveva ribattuto con la solita schiettezza.
Un vago verso di ilarità ed entrambi si guardarono a lungo prima che Burt lo stringesse nuovamente a sé, quasi ritrovando quel bambino che sarebbe sempre corso alla sua camera alla prima minaccia di un mostro.
“Bentornato, figliolo” sussurrò con voce più incrinata.
“Grazie, papà. Grazie di tutto”.
 
 
~
 
 
“Così, Nick, sei sicuro?”.
Kurt ridacchiò, la mano di fronte alle labbra mentre il primo piano della bocca – piena di patatine – di Jeff era inquadrato.
“Vieni più indietro” lo istruì Nick e, poco dopo, li scorse entrambi seduti sul letto di Nick e il suo sorriso si fece molto più esteso.
“CIAO KURT!” gridò Jeff, agitando anche la mano e Kurt sentì un dolce calore in petto, mentre Nick gli rivolgeva quel sorriso più pacato che, fino ad una settimana prima, poteva scorgere di persona.
“Ciao ragazzi” salutò con una stretta al petto e non poté fare a meno di pensare che qualcosa di positivo doveva esservi stato, se adesso i due passavano più tempo insieme.
“Ci manchi!” aveva esclamato il biondino, le mani tuffate nel sacchetto di patatine, prima di leccarsi le dita, sotto lo sguardo bonario di Nick che annuì.
“E abbiamo cambiato la scaletta alle Regionali perché Sebastian-” ma Nick lo aveva interrotto bruscamente, sovrastandolo con la propria voce.
“Come è stato il rientro al McKinley? Quel ragazzo ti importuna ancora?”.
“Perché Sebastian teme che riveli la vostra scaletta?” aveva terminato Kurt, prevedendone la reazione e scuotendo il capo ma sorrise rassicurante a Nick.
“Ci siamo tutti opposti ovviamente”si affrettò ad aggiungere quest’ultimo, quasi sperando che fosse di consolazione, ma Kurt serrò le labbra.
“Non parliamo di questo. Piuttosto: come state?”.
Era stato come ritrovarsi dopo una giornata di lezioni: raccontandosi le reciproche impressioni ed eventi della settimana, fin quando Jeff non si allontanò alludendo a delle ripetizioni di algebra.
Fu allora che lo sguardo verde di Nick sembrò volerlo scrutare a fondo, anche attraverso uno schermo, e Kurt attese la reale conversazione:
“Come stai?” chiese e seppe che voleva e necessitava una reale risposta.
Sospirò e scosse il capo.
“Starò bene” rispose nel modo più sincero possibile e Nick annuì per poi farsi più pensieroso e tormentato.
“Forse non dovrei dirtelo ma credo che sia giusto tu lo sappia: Sebastian non è lo stesso da quando sei partito o almeno non si cura di nascondere le sue scorribande. Alle prove sembra una fonte inesauribile d’energia: quasi fosse vitale battervi ma esce spesso durante la settimana e neanche rientra per la notte”.
“Lo Scandals” sospirò Kurt, il cuore contratto in una stretta e la sensazione che tutto stesse nuovamente sfuggendogli di mano e lui ne fosse la causa. Ricordava il locale per uno dei proverbiali aneddoti di Sebastian che, dal primo giorno, glielo avevano reso così inviso. Ma una parte di sé non era solo pulsante di indignazione.
Era realmente… preoccupato e l’idea di aver lui stesso contribuito era inaccettabile seppur il ragazzo non avesse mai fatto mistero della sua natura promiscua.
“Non possiamo allontanarlo dai Warblers, specie da quando te ne sei andato, ma fa di testa sua: persino Blaine sembra aver perso ogni influenza se poi l’ha mai avuta davvero” scosse il capo quasi rassegnato. “Se scoprono che viola il coprifuoco…”.
Sospirò Kurt e non c’era bisogno finisse la frase.
“Hai ragione: non è stata una buona idea mettermi al corrente”.
Nick lasciò che quel pesante silenzio scendesse tra loro: non sembrava in procinto di volerlo giudicare, soltanto non sembrò capace di nascondere la sorpresa e forse… la delusione.
“Davvero non vuoi saperne nulla?”. Chiese cautamente.
“No, ma non posso fingere che non mi importi: avvisami se uscirà anche stasera”.
 
~
 
Tra tutte le cose che avrebbe potuto immaginare prima e dopo la fuga alla Dalton, quella era davvero l’ultima che avrebbe voluto compiere.
Scese dal SUV e, con un sospiro, scrutò da lontano l’insegna del locale e, da quanto poteva constatare, Sebastian doveva aver fatto ricorso ad un documento falso per infiltrarsi.
Non restava che attendere: davvero un autolesionismo e uno stupro mentale da che, da quando si era messo in viaggio, non aveva fatto che arrovellarsi circa il reale motivo per cui lo stesse facendo. Ma forse gli scrupoli del giorno dopo gli sarebbero stati risparmiati se suo padre avesse trovato il suo letto vuoto e, a quel punto, lo avrebbe semplicemente ucciso.
Si riscosse allo scorgere una fisionomia familiare ma dall’andatura barcollante: gemette quando scorse in compagnia di un ragazzo alto e dalla corporatura massiccia.
“Sebastian!” fu istintivo gridarne il nome e il giovane che stava per salire sull’auto dello sconosciuto, si riscosse e sui volse in sua direzione.
Dovette avvicinarsi e lo vide cercare di mettere a fuoco il suo viso: un lampo di comprensione e sgranò gli occhi prima di sorridergli in quel modo impertinente.
Per un attimo soltanto, ebbe l’impressione che nulla fosse cambiato.
“E’ il tuo ragazzo?” gli aveva chiesto l’altro, scrutando Kurt che dovette dolorosamente ammettere che fosse un giovane molto attraente coi capelli biondi e un profilo che ricordava vagamente Jensen Ackles[3]. Lo stava scrutando con fare altezzoso che lo fece sentire vulnerabile e nudo agli occhi di entrambi, specialmente quando Sebastian scosse il capo con una risatina di scherno.
“Effeminato per i miei gusti” proseguì l’altro. “Ma può sempre restare a guardare per 50 dollari” continuò sogghignando e Kurt emise un gemito scandalizzato.
Con un fluido gesto, il giovane attrasse Sebastian a sé e Kurt sentì quel lato di sé più incauto, impulsivo ed istintivo agire per lui.
“Lui viene con me” commentò in tono tagliente: artigliò il braccio di Sebastian che quasi perse l’equilibrio, tanto da doverlo trattenere seppur Kurt stesso quasi rischiò di cadere, quando l’altro si sporse e gli si aggrappò al collo quasi come un peso morto.
“E questo chi l’ha deciso?” chiese l’altro e Kurt lo scrutò da sopra la spalla di Sebastian che aveva affondato il viso nell’incavo del suo collo.
Pregò che non avesse un conato di vomito per quei versi di lamento che stava emettendo mentre gli si aggrappava maggiormente, rendendogli difficoltoso il trattenerlo e avere quel diverbio con un tipo grosso quasi il doppio di lui.
La prossima (?) volta avrebbe dovuto portarsi dietro Finn o magari Puck. O magari entrambi.
“Chi può denunciarti per molestie” rispose con tono sprezzante, gelandolo con lo sguardo. “E’ minorenne”.
L’altro sembrò vagamente sorpreso: la remora di un istante perché tornò a scrutare Sebastian e lambirsi le labbra. “Consenziente” replicò.
“E’ ubriaco” sottolineò Kurt con voce ancora più stridula che fece ridere Sebastian che aveva schiuso appena un occhio ad osservarlo.
“E tu puzzi di vergine ma-”.
“So dove va a scuola e dove abita: a chi pensi che crederà la polizia?”.
Un verso di sprezzo dell’altro mentre Sebastian sollevava il capo dalla spalla di Kurt: lo stava osservando come se stesse cercando di capire qualcosa.
“Miele” sussurrò, lo sguardo perso in un punto indefinito prima di premere un dito sulle labbra di Kurt, strappandogli un gemito incredulo.
Era parso un gesto innocente, quasi puro per lo stupore di Sebastian, quasi sincero, tanto da procurarne un brivido lungo la spina dorsale e una fiammata di calore alle guance nell’osservarlo da così vicino. Poteva quasi contare i nei cosparsi sulla mascella o le ciglia degli occhi, il suo respiro, alterato dall’alcool, ne scaldava il viso.
“Miele” ripeté, in tono enfatico prima di guardare il proprio dito e ridere, affondando contro la sua spalla, quasi facendolo cadere nuovamente per come si sbilanciò.
“Metti a letto il bambino” aveva commentato, infine, lo sconosciuto dopo averli scrutati con le sopracciglia aggrottate. Scosse il capo, rientrò nell’auto e sbatté la portiera prima di partire con una sgommata.
Kurt sospirò di sollievo prima di passarsi il braccio di Sebastian dietro il collo, cercando di sostenerlo ma di farlo camminare.
“Andiamo”.
Con non poche difficoltà, lo fece accomodare sul lato del passeggero.
“Se vomiti sui tappetini nuovi, ti uccido” brontolò, allacciandogli la cintura di sicurezza ma Sebastian rise, scrutandolo ancora a lungo.
Un nuovo guizzo di consapevolezza nello sguardo quando Kurt dovette avvicinarsi – cercando di evitare che gli alitasse in faccia, data la puzza di alcool – e gli artigliò la gota, facendolo trasalire.
Lo stava contemplando con occhi sgranati: sembrò tornare in sé per un solo istante nel quale Kurt si chiese persino se non avesse intenzione di…
“Kurt” lo richiamò, strappandolo dai suoi pensieri e, malgrado tutto, il giovane sentì la gola farsi più arida ma ne sostenne lo sguardo, il braccio ancora a cingerlo nell’atto di far scattare la presa della cintura di sicurezza.
“Ti porto a scuola” sussurrò soltanto e Sebastian continuò ad osservarlo: si rese conto, paradossalmente, che non sembrava averlo mai guardato così… intensamente.
Il che sarebbe stato persino offensivo, a ben rifletterci.
“Sei tornato” era stata una sorta di domanda ma Kurt lo aveva guardato con il cuore in gola, le dita di Sebastian avevano tracciato il suo viso e qualcosa dentro di lui sembrò rompersi.
Per quanto quel momento fosse insperato, quella situazione quasi squallida; quel singolo momento occhi negli occhi e vicini, nell’abitacolo della sua auto, era quanto di più simile ad un ritrovarsi. Qualcosa di così intenso da spezzarne il fiato.
Aveva distolto lo sguardo, prima che ne scorgesse gli occhi lucidi.
“Ti riporto a scuola” ripeté.
Si costrinse a scostarsi, chiuse la portiera ma prese un profondo respiro, prima di avvicinarsi al lato di guida, cercando di placare i suoi battiti e sbattere le ciglia per dissolvere la visione tremolante.
Sebastian si addormentò poco dopo la partenza.
 
 
Guidò con il cuore in tumulto fino a Westerville e fu con una stretta al petto che si fermò di fronte alla sagoma dell’Accademia. Il fatto che non stesse considerando che, tra andata e ritorno e la distanza tra le due città, avrebbe potuto non dormire affatto quella notte e quale sarebbero stati gli effetti per il suo viso e la sua mente; erano indice della gravità del momento.
Sospirò e si volse ad osservare il giovane: il viso premuto contro il sellino, le labbra lievemente schiuse ma i lineamenti rilassati.
Scese dall’auto e fece il giro, prima di schiudere la portiera e scrutarne il viso: sembrava un’altra persona rispetto a quella che lo aveva a lungo tormentato e con cui aveva avuto quella competizione per Blaine.
C’era quasi la speranza che fosse lo stesso che, dietro quei gesti sicuri di sé e accattivanti, si celasse: il ragazzo che lo aveva baciato e che aveva insinuato che ne fosse infatuato, lo stesso da cui era fuggito ma la cui consapevolezza sembrava sempre avvincerlo a lui.
Come se quella verità, una volta divenuta reale, non potesse più essere elusa.
Sospirò, lo sguardo che ne percorreva i capelli che scivolavano sulla fronte in ciocche spettinate, le palpebre abbassate, la linea sottile delle labbra che spesso umettava con fare provocante, il respiro leggero. Era quello il suo volto, dietro l’arroganza e la malizia, ma si domandò se quello potesse cambiare qualcosa: se vi fosse anche solo una speranza di non dover rinunciare a quel sogno ma dargli una parvenza più reale, più a loro immagine.
Non sembrò pensarci: osservò i ciuffi di capelli sulla fronte e allungò la mano per scostarli, le dita che tremavano alla sola intenzione di sfiorarne il volto.
Fu in quel momento, tuttavia, che Sebastian schiuse gli occhi e Kurt si ritrasse mentre questi sgranava gli occhi: si rizzò sul sellino, togliendosi la cintura e scrutando poi la sagoma dell’Accademia. Sembrò rapidamente realizzare cosa fosse accaduto, probabilmente aiutato da qualche flash della notte.
Si portò una mano tra i capelli a ravviarli mentre Kurt si scostava e Sebastian scendeva dall’auto, sbattendo la portiera senza molti riguardi.
“Fantastico: ho perso l’appuntamento” commentò, lasciando Kurt basito ed incredulo: ne scrutò le scapole e cercò di ignorare quel nodo in gola e quella fitta di… delusione.
Dopotutto, non poteva pretendere nulla da Sebastian. Nulla. Ma ciò non rendeva il tutto più piacevole.
“E’ stato un piacere!” commentò in tono sarcastico, le braccia incrociate al petto e Sebastian si voltò molto lentamente: lo scrutò con le sopracciglia inarcate prima di squadrarlo e Kurt si rese conto che era la prima volta che si parlavano dopo quell’ultimatum nel parco.
“Non ti ho chiesto di intrometterti quindi non aspettarti che io mi senta in debito con te” sibilò impietosamente e Kurt respirò a fondo ma scosse il capo.
Annuì, il nervo tremante sulla mascella.
“Sai? Non è stato premeditato” si sentì dire quasi quello cambiasse la realtà dei fatti e Sebastian lo scrutò ancora ma non replicò subito.
Scosse il capo.
“Abbiamo finito?” non attese risposta e si voltò per rientrare nell’edificio ma fu in quel momento che Kurt si scostò dall’auto e lo seguì.
Ancora una volta sentì quella parte di sé più irruente avere la meglio: forse avrebbe dovuto semplicemente smettere di seguire ragazzi infuriati con lui.
“Non mi chiedi perché me ne sono andato?”.
Quella domanda sembrò paralizzare persino il sibilo del vento o il freddo della notte: parve insopportabile all’udito di Kurt che avrebbe quasi preferito l’altro gli urlasse contro. O facesse qualcosa. Qualsiasi cosa.
Si volse nuovamente, Sebastian, un sorriso ironico.
“Lo farei se mi importasse: ti ho detto che ero stanco di attendere e tu hai deciso, è evidente” non seppe cosa fosse più doloroso. Quelle parole in sé o il fatto le stesse pronunciando così lucidamente, come suonassero reali e vere: come fossero perfette a descriverli. “Quindi, no, Kurt, non c’è più nulla da dire”.
Non avrebbe dovuto biasimarlo o provare quella sensazione di abbandono: era stato lui stesso ad agire e non poteva aspettarsi che ciò non avesse un preciso impatto.
Se c’era stata anche solo una possibilità che Sebastian potesse ipotizzare qualcosa tra loro, l’aveva di fatto scoraggiato e stroncato sul nascere.
Distolse lo sguardo, gli occhi gonfi e già arrossati.
“Promettimi che almeno competerai: sobrio e al massimo delle tue capacità” gli aveva chiesto, rendendosi conto lui stesso di quanto suonasse patetico.
Una risata di scherno da Sebastian.
“Te lo dissi il primo giorno: torna dai tuoi amichetti. Questo non è posto per te, mai stato”.
Specificò e Kurt restò immobile ad osservarlo fin quando la porta non fu sbattuta alle sue spalle.
Rientrò in auto, lo sguardo velato nello scrutare la sagoma di quella che, fino a pochi istanti prima, era stata la culla dei suoi sentimenti. Di una parvenza, di una speranza mai proclamata e molto prima la culla stessa di illusioni e di menzogne. A se stesso più che a chiunque altro.
La gelida consapevolezza di aver perso ciò che non aveva mai accettato di poter avere.
 

 
Se ti lasciassi vincere? Se facessi la cosa giusta?[4]
Se mi arrendessi? Se ci volessi provare?
Se tu cogliessi una possibilità? Se imparassi ad amare?
E se, se iniziassimo di nuovo?
 
Il vuoto dentro di me, mi chiedo se lo vedi.
È il mio errore e mi sta ferendo.
So dove siamo stati, come siamo potuti arrivare così lontano?
E se, se iniziassimo di nuovo?
 
Tutto questo tempo posso renderlo non vano.
Con un altro tentativo, possiamo iniziare di nuovo?
Nei miei occhi puoi vederlo ora.
Possiamo iniziare di nuovo? Possiamo iniziare di nuovo?
 
Sono perso dentro il dolore che sento senza di te.
Non riesco a smettere di tenermi aggrappato, ho bisogno che tu sia con me.
Sono intrappolato dentro il dolore
Potremmo mai iniziare di nuovo?
Sono perso senza di te.
 
Can We Start Again? – Red

 
 
 
Finale davvero amaro, credo si intoni a questa pioggia tornata ad abbattersi dopo due giorni di pausa, ma spero non me ne vogliate troppo e di essere riuscita a trasmettervi qualche emozione, aiutata da questi splendidi brani.
E magari di farvi sorridere con qualche piccolo spoiler:
 
[Nel prossimo capitolo]

“A meno che il tuo orto di patate non abbia qualche cetriolo, non gli interessi, nasona”.
“Sta zitto e suona” “Il solito vanesio” “Ma non si chiamava Sebastian?!”.
“Certo, Brillantina è tutta un’altra storia”.

 
Non mi resta che augurarvi un buon weekend!
Un saluto a tutti,
Kiki87
 

 


[1] Ancora una volta ho modificato i tempi verbali che nella reale traduzione sarebbero stati volti al presente/futuro per renderli funzionali al capitolo.

 Per consultare testo e traduzioni originali: Time Bomb

Per ascoltare la canzone (motivetto davvero accattivante tra l’altro, come immagino un loro litigio): qui

 

[2] Traduzione dei versi dello splendido mash-up “Homeword Bound/Home” eseguita nella quarta stagione da Quinn che si era ricongiunta ai membri delle Originali Nuove Direzioni. So che nella scena originale Darren cantava “Somewhere only we know” canzone che, neanche a dirlo! amo, sia per sua interpretazione che per il gruppo dei Keane, tra i miei preferiti. Ma non essendoci un coinvolgimento emotivo tra i due, non mi pareva il caso di rispettare questa scena. Questa mi sembra più pertinente al tema e lasciatemi dire che è stato commovente rivedere Quinn in auditorium quindi ha ancora più valore ;)

[3] Nelle mie Kurtbastian, è diventato ricorrente che Sebastian usi Jensen come modello maschile per eccellenza: so che non somiglia a Kurt ma non potevo pensare a un altro per carisma e fascino se non Dean Winchester *3*

[4] Testo originale: Can We Start Again

Per ascoltare la canzone: qui

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Buon Venerdì a tutti, niente mette più di buon umore di una settimana (o quasi) di buon tempo: ed è sempre un piacere tornare su queste pagine per l’aggiornamento.
Come sempre, voglio ringraziare tutti coloro che leggono, che hanno inserito la fan fiction tra seguite/ricordate e preferite. In modo particolare chi mi dedica un po’ di tempo anche per condividere con me le sue impressioni: niente rende più soddisfacente.
Grazie mille a Giulia e una dedica per le mie Blaine e Sebastian per il sostegno quotidiano ♥
Non vi rubo altro tempo e vi auguro buona lettura :)
 

 
L’orologio rotto è un conforto,
mi aiuta a dormire la notte.
Forse può fermare il domani
dal rubarmi tutto il tempo.
E sto ancora aspettando qui,
seppure ho ancora molti dubbi.
 
Sei entrato nella mia testa,
ho cercato di restare in guardia.
Ma sono un libro aperto invece
e vedo ancora il tuo riflesso
nei miei occhi.
 
Sto cadendo a pezzi,
respiro a fatica,
con un cuore infranto che
sta ancora battendo.
Dal dolore c’è
guarigione.
Nel tuo nome
c’è un significato.
Allora sto resistendo,
trattengo il respiro per te.
 

Broken - Lifehouse[1]
 
 
Ciò che ci teniamo nascosto dentro diventa veleno e ci fa del male: più siamo segreti, più diventiamo malati.
(Andrea Gasparino)

 
 
Capitolo 7.
 
 
 
Si poteva avere l’erronea concezione che, dopo il primo esordio in pubblico, non vi fosse più alcun timore di esibirsi di fronte ad una platea. Non era sicuramente lo stato d’animo di Kurt che, al contrario degli altri, necessitava di qualche istante di solitudine e di concentrazione prima di poter salire sul palco. Porre da parte l’emozione, il timore e tutto il resto e provare a lasciare che la musica compiesse la sua metamorfosi. In quel momento, tuttavia, sostava immobile: osservava distrattamente Rachel alle prese con il suo discorso di auto-incoraggiamento di fronte allo specchio, seguito da gorgheggi degni di una cantante lirica.
Era stato comunque liberatorio poter ingannare il tempo aiutando gli altri del Glee Club e così aveva già riassettato i loro abiti o aiutato le ragazze a ripassare il make-up o trovare la giusta sfumatura di fondotinta che fosse compatibile all’incarnato di ogni fanciulla e anche di qualche ragazzo per nascondere le impurità del viso.
Ma era di se stesso che si stava occupando in quel momento mentre cercava di acconciare il ciuffo sollevato dei capelli: lo stava ancora fissando con ingente quantità di lacca, dopo averlo già sottoposto a una piega con phon e mousse per capelli.
Vi era un motivo ben preciso per il quale fosse particolarmente restio prima di un’esibizione: era la sensazione del mettere a nudo la propria anima, persino quando il suo ruolo sarebbe stato marginale e avrebbe dovuto sorbirsi l’ennesimo assolo di Rachel, coronato da qualche acuto occasionalmente prestato da Mercedes o da Santana.
Doveva riconoscerle, tuttavia, che l’idea di scrivere brani originali fosse stata brillante ma una parte di sé, malgrado quel momento cruciale fosse così vicino, non riusciva a sentirsi completamente partecipe dello stato d’animo delle Nuove Direzioni.
Il suo pensiero era ancora ed inevitabilmente ancorato a Sebastian e a quell’ultimo istante prima che si allontanasse, in quello che appariva come un vero e proprio addio.
Cercò di ricacciare il pensiero, soprattutto le parole pronunciate da Sebastian molto prima che fosse in grado di accettare quella realtà: quel sogno che era divenuto fastidiosamente ricorrente, quasi a sottolineare la sua colpa.
“Ci cerchiamo e ci allontaniamo ma sempre insieme. Sempre in lotta contro noi stessi eppure mai sconfitti e mai vincitori.
Siamo attrazione e lotta, una continua… estenuante… lotta fino alla fine, per poi ricominciare all’infinito perché è per questo che siamo perfetti”.
Non vi era più alcuno struggente preambolo con l’addio tra Blaine e Rachel ma ogni volta che si avvicinava il momento in cui Sebastian avrebbe dovuto avvincerlo a sé, sembrava dissolversi come una nuvola di fumo, lasciandolo solo in una stanza in bianco e nero e con l’eco di quelle parole che rimbalzavano tra le pareti della sua mente, prima di svegliarsi bruscamente.
Pronunciando lui stesso quelle ultime parole:
“Tutto quello che ti ho detto succederà ma potrebbe essere troppo tardi”.
Ironico come quell’avvertimento fosse stato profetico ma, in fondo, doveva ancora ammettere, era stato lui a determinarlo con la sua fuga, e non avrebbe potuto biasimare Sebastian nell’aver percepito tale gesto come un rifiuto.
Scosse il capo, ancora una volta, un nodo in gola al pensiero che quello stesso giovane si trovasse da qualche parte in quello stesso edificio e in quello stesso momento. Non aveva idea di come avrebbe reagito se, casualmente, lo avesse incontrato: sarebbe stato già difficile osservare la performance dei suoi amici e non focalizzarsi esclusivamente su di lui, per quanto ciò potesse essere controproducente ai suoi nervi.
“SPIE! SPIE!”.
Fu lo strillo di Rachel a riscuoterlo e tutti i membri delle Nuove Direzioni si volsero all’ingresso del camerino e Kurt sgranò gli occhi alla vista di Nick e Jeff. Il primo aveva sollevato le mani quasi a mo’ di resa e rassicurazione, sorridendo pacatamente ma Jeff aveva sbuffato, fissando la moretta.
“Non siamo spie!” aveva ribattuto indignato. “Siamo venuti a salutare Kurt!”.
L’aria imbronciata si affievolì appena scorse Mercedes e la riconobbe: sollevò la mano e l’agitò allegramente per salutarla.
Ignorando gli sguardi sospettosi di Rachel – evidentemente stava risparmiando la voce per il momento cruciale – si era alzato rapidamente per abbracciarli entrambi con foga.
“Disturbiamo?” sulla soglia, apparve Blaine che sembrò irradiarli tutti con un sorriso e lo sguardo ambrato che si posava su alcuni di loro che, riconoscendolo dall’ultimo incontro, lo accolsero con maggiore complicità.
“Certo che no” aveva risposto, Rachel, improvvisamente arrossita, lasciando cadere la spazzola per poi rivolgergli il suo sorriso più accattivante.
“A meno che il tuo orto di patate non abbia qualche cetriolo, non gli interessi, nasona” commentò Santana distrattamente mentre sistemava le pieghe del vestito e studiava il proprio riflesso da più angolazioni.
“E’ vegetariano?” chiese Brittany, alle sue spalle, sbattendo le palpebre: il mascara tra le dita che Kurt avrebbe dovuto sottrarle prima che combinasse qualche pasticcio.
“Davvero, Blaine?” fu la replica di Jeff. “Non lo sapevo”.
Kurt rise, la prima vera risata da quel giorno mentre Blaine scuoteva bonariamente il capo ma si volse all’amico per abbracciarlo a sua volta.
“Ho in mente qualche battuta sui gay” evidentemente Santana doveva essersi specchiata abbastanza da comprendere fosse favolosa, perché estrasse la sua proverbiale agenda ma fu Sam a riscuoterla facendo cenno di evitare e trattenendola a sé.
Kurt fece cenno ai tre di seguirlo ed uscì insieme a loro: non fu sorpreso del fatto che non indossassero alcun costume. Conosceva bene, infatti, le tradizioni della Dalton. Quel giorno, se fosse stato ancora tra loro, avrebbe potuto risparmiarsi i patemi d’animo o le irritazioni cutanee procurate dagli abiti cuciti alla meno peggio dai membri delle Nuove Direzioni.
“E’ bello rivedervi” aveva sussurrato, infine, Kurt, una volta che furono soli.
“Non potevamo certo sederci in platea senza farti gli auguri” fu la replica di Blaine e gli altri due annuirono prontamente, lo stesso sorriso caloroso prima che Jeff si rivolgesse al suo inseparabile amico.
“Ma tanto vinceremo noi, vero Nick, vero?” lo stava strattonando per il braccio come un bambino che voleva convincere il genitore a portarlo al luna park ma quest’ultimo gli sorrise con la consueta dolcezza.
“Noi faremo comunque il tifo per te” rispose, osservando l’ex compagno di camera.
Kurt sospirò.
“Siete davvero molto dolci” era qualcosa di struggente e meraviglioso come riuscissero a commuoverlo con così pochi gesti che riuscivano ad entrargli nel cuore come una tenera promessa che quei tempi non sarebbero stati messi da parte.
“E tu, come stai?” aveva chiesto Blaine in tono più sussurrato e poteva essere certo che non fosse una domanda di proforma, visto come lo stava scrutando attentamente, quasi volendo cogliere anche qualcosa di non detto, consapevole che quella non proclamata era la vera risposta.
“Sto bene” sussurrò ma né Nick né Blaine sembrarono convinti: il primo poteva anche basarsi sul racconto di quell’incontro con Sebastian. C’era di buono che, da allora, il giovane non aveva smesso di uscire ma riusciva a tornare autonomamente (e sobrio!) e il suo impegno nel canto non era mai mancato.
“Dagli tempo” lo esortò Blaine, senza bisogno di altre specificazioni. “Il solo alludere a te lo fa imbronciare” spiegò ma Kurt non ne incrociò lo sguardo: un nervo vibrò sulla sua mascella ma strinse le braccia al petto.
“Sebastian può avere tutto il tempo che vuole: la mia fuga ha deciso per entrambi e lui lo sa benissimo” cercò di dire con voce ferma e sicura, quasi persino altezzosa nel nascondere il suo reale stato d’animo.
Vide Blaine e Nick scambiarsi uno sguardo – non è che parlavano di lui e di Sebastian nel tempo libero? – ma prima che Kurt potesse interrogarli al riguardo, fu annunciato il turno delle Nuove Direzioni.
“Buona fortuna, Kurt!” esclamarono di nuovo i tre cingendolo uno alla volta prima di sorridere anche agli altri membri delle Nuove Direzioni ai quali Kurt si unì.
 
~
 
La loro esibizione sarebbe stata completamente atipica nel panorama musicale di quella competizione: soprattutto l’avvalersi della decisione di esibirsi con canzoni che erano state scritte dai membri stessi. Seppur probabilmente si sarebbe pentito di non aver potuto ascoltare la performance in classe di “Trouty Mouth[2]”; mentre osservava Rachel, sola, al centro del palco, non avrebbe mai immaginato che dalle sue emozioni e dai suoi deliri potesse comporre un brano di simile delicatezza ed intensità. Soprattutto, lo aveva considerato con occhi lucidi, non credeva avrebbe potuto scorgere in ella qualcosa di vagamente simile al suo stato d’animo: la sensazione di star toccando il fondo e che, qualunque cosa avesse fatto, avrebbe soltanto potuto sbagliare e cadere nel baratro, perdendo ogni cosa.
Prima di tutto se stessi.
 
Cosa puoi fare quando il tuo meglio non è abbastanza?[3]
E qualunque cosa tocchi si rompe?
Perché le mie migliori intenzioni fanno solo guai,
voglio solo aggiustare le cose in qualche modo.
Ma quanti tentativi occorreranno?
Quanti tentativi occorreranno prima di fare la cosa giusta?
 
Soprattutto, si domandava, avrebbero avuto l’occasione di rimediare ai loro errori? Oppure essi li avrebbero annientati giorno dopo giorno, con la consapevolezza di essere gli unici responsabili del crollo del loro castello di carta. Ci sarebbe stata l’occasione di una riparazione? Di riconciliarsi con se stessi, anche dopo aver preso atto che tutto stesse cambiando e che persino le paure e l’indecisione erano risposte concrete a qualcosa di molto più vasto. Qualcosa da cui continuare a fuggire.
Ma, dopotutto, soltanto quando si cadeva e si perdeva tutto quanto, si aveva la possibilità di rimettersi in piedi: ricucire i propri sogni con o senza chi li aveva concretizzati. Con o senza il proprio orgoglio ma soltanto mettendosi di fronte al proprio bisogno.
 
Allora solleverò i pugni, colpirò l’aria.
E accetterò la verità: la vita non è sempre giusta.
Sì, esprimerò un desiderio, farò una preghiera
e alla fine qualcuno capirà quanto mi importa.
 
Aveva dovuto asciugare gli occhi ma si era unito agli applausi scroscianti della platea, prima che calasse il silenzio. Notò solo distrattamente Mr Shue invitarli a prendere posto sul palco mentre la musica che li accompagnava era di tutt’altro genere, pronti a coinvolgere gli spettatori: se prima erano le emozioni che venivano scosse, quel brano avrebbe dovuto puntare sull’energia e sulla coesione di gruppo. Sulla fierezza di essere se stessi ed essere accettati in virtù di questo.[4]
Soltanto allora aveva scorto la distesa dei Warblers che seguivano l’esibizione, alcuni persino muniti di gadget sportivi per un vero e proprio tifo da stadio.  Ben presto si levarono tutti, coinvolti dalla musica a ballare insieme alle Nuove Direzioni e gran parte del pubblico. Quasi tutti: Sebastian, al centro della fila, accanto a Blaine, levò uno sguardo infastidito ai compagni ma non si mosse e neppure incrociò mai il suo sguardo.
L’unico che sembrava completamente estraneo ed indifferente alla situazione; l’unico del quale avrebbe disperato un qualsiasi gesto.
Probabilmente non gli avrebbe concesso la possibilità di scusarsi realmente o di ammettere di fronte a lui il proprio rincrescimento e probabilmente sarebbe stato l’equo prezzo da pagare, una sorta di compensazione di ciò che aveva innescato lui stesso.
Probabilmente sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero incrociati e forse non aveva più neppure diritto di replica. Ma forse ciò era soltanto uno stimolo a non arrendersi perché prima o poi avrebbe potuto fare la cosa giusta.
 
~
 
Le Nuove Direzioni presero posto in platea, laddove poco prima sedevano i Warblers: la soddisfazione ancora aleggiava su tutti i membri, soltanto Kurt si sentiva come estraneo a tutta quella situazione, quasi la stesse ancora osservando dall’esterno. Mai si era sentito così poco parte dello spirito di gruppo, così indifferente a qualunque fosse stato l’esito della competizione.
Applaudirono tutti educatamente quando Blaine, di fronte al coro, prese parola con il microfono per presentare il loro numero: in qualità di Capitano fu suo il primo assolo in una straordinaria cover dei Queen “Don’t Stop Me Now” nella quale diede sfoggio delle sue straordinarie qualità di cantante e di pianista, mentre il gruppo si esibiva in una coreografia ben abbinata al ritmo coinvolgente. All’ammirazione degli avversari si mescolava la soggezione, confermando il sospetto: erano proprio i giovani della Dalton ad essere il nemico con cui competere per l’assegnazione del titolo.
Seppur si fosse alzato a sua volta, Kurt non riuscì a lasciarsi completamente avvincere dall’energia del brano: aveva osservato gli sguardi di Nick e Jeff e la serenità con cui sembravano far riferimento l’uno all’altro, persino in quel momento; fu piacevolmente avvinto dalla scioltezza dei movimenti di Sebastian che guidava la coreografia come un leader naturale ed affermato che si era presto avvalso della stima di tutti gli altri ed era evidente tale sintonia a rendere il tutto ancora più perfetto.
Quando il silenzio scese nuovamente, dopo una fragorosa standing ovation, i Warblers si disposero nuovamente ordinati e in riga ma Blaine rimase seduto al pianoforte e si sporse al microfono.
“Il secondo brano è stato scelto dal mio co-capitano, Sebastian Smythe: in realtà non era previsto nella scaletta originale ma dal momento che non è assolutamente un tipo romantico-“. ammiccò verso il pubblico e Sebastian, di fronte ai compagni, gli volse uno sguardo schifato.
“Sta zitto e suona” lo rimproverò aspramente di fronte al microfono e il pubblico sembrò dividersi tra il divertimento di un simile alterco poco professionale e lo stupore.
Rachel levò gli occhi al cielo, affondando nella poltroncina e incrociando le braccia al petto.
“Il solito vanesio” commentò saccente ma Kurt non la stava ascoltando: in realtà sembrava completamente alienato dalla situazione. Neppure si avvide di Brittany che si era sporta al suo orecchio, visibilmente confusa.
“Ma non si chiamava Sebastian?” aveva chiesto ingenuamente.
Seppur lui lo stesse volontariamente ignorando, lo sguardo corse allo stesso Sebastian, il cuore in tumulto e il respiro convulso: aveva la sensazione che quella stessa canzone, scelta da lui (e non avrebbe mai ringraziato abbastanza Blaine che, lo sapeva!, doveva aver pronunciato quelle parole a suo beneficio), contenesse molte risposte, alcune persino di domande che non avrebbe avuto il coraggio di proferire ad alta voce.
Attese, il respiro trattenuto al diffondersi della melodia mentre, ordinatamente, i compagni di corso abbandonavano la platea.
 
In un giorno come oggi
ti ho guardato e
e ho visto qualcosa accadere:
tu fissavi il cielo[5].
 
La voce di Sebastian era vellutata, quasi una carezza sussurrata alla brezza estiva: non avrebbe mai immaginato che nel canto potesse esprimere una tale dolcezza in versi, qualcosa che sembrava andare ben oltre la sua apparenza tracotante ed arrogante. Ma era probabilmente l’incanto della musica nel lasciar emergere anche sfumature altrimenti oscurate e Sebastian non faceva eccezione. Avrebbe voluto socchiudere gli occhi e lasciare che la melodia e il brano parlassero per lui ma la verità che non avrebbe mai voluto perdersi qualcosa di quel momento o del giovane.
Se era vero che il canto era, da sempre, un modo di esprimere il proprio stato d’animo, la sola scelta della canzone sembrava dire ciò che non gli avrebbe mai sentito pronunciare a voce.
Si sporse quasi dalla poltroncina, persino Rachel sembrò non trovare una critica: almeno per i primi cinquanta secondi della sua performance.
 
Ho visto che eri stufo
dei miei malumori.
Se solo sapessi come mi sento,
mi piacerebbe davvero dirtelo.
 
Non sapeva cosa fosse: l’intensità del brano o la voce di Sebastian in quei pochi versi che sembravano esprimere un reale dolore e una mancanza. Sentì gli occhi farsi più lucidi e disperò che Sebastian aprisse i propri e potesse davvero contemplarlo in quel momento, schiudergli il cuore ancora più di quanto non stesse rischiando di fare in quel momento.
Disperando non solo di trovare le parole di Sebastian ma persino una parte di sé, perché -  e questo era stato assurdamente chiaro in quel momento – nessuno aveva mai capito qualcosa di loro o di se stesso, più di quanto Sebastian era stato in grado per tutta la sua permanenza alla Dalton.
Non erano mai state le sue parole pronunciate ma gesti e sguardi, quel non detto e quel segreto: non un bacio sotto il vischio ma molto, molto di più.
 
Ma sembra che non sia mai riuscito a dire
le cose che avevo bisogno di dire.
In un giorno come oggi,
altre parole non funzionerebbero.
 
 
Non stava cantando per la competizione e forse neppure cercando un perdono o un pretesto ma era forse la parte più difficile: l’accettazione di se stessi, qualcosa con cui lui stesso continuava a scontarsi giorno dopo giorno.
Aveva gli occhi lucidi e neppure cercava di nascondere le lacrime che scivolavano lungo il volto, neppure osservò il sorriso di incoraggiamento di Blaine, lasciò che quel dolore sordo trovasse espressione, sentendolo più vicino che mai malgrado fossero separati. Sentendo che quel momento fosse soltanto loro e quel brano fosse un’espressione di loro stessi, qualcosa che li avrebbe uniti da quel momento in poi, persino se le loro strade non si fossero più incrociate.
Ignorò la stretta della mano di Mercedes e gli sguardi preoccupati o confusi degli altri membri delle Nuove Direzioni: sentì il respiro venir meno quando, agli ultimi versi, sottolineati dalle note di Blaine, Sebastian finalmente schiuse gli occhi e lasciò andare le ultime parole in un sussurro velato. In uno sguardo che si perse in un punto indefinito, senza tuttavia incrociare il proprio.
 
Non riesco a trovare le parole da dire.
E non so perché.
 
Una resa forse, un ultimo addio e Kurt non attese che gli applausi riempissero la sala e tutti si levassero ad esprimere il loro favore. Si mise in piedi, profittò della confusione per uscire dalla propria fila, ignorando il richiamo di Mercedes ed uscì rapidamente dall’auditorium, per poi trovare rifugio nei camerini.
Si lasciò cadere lungo la parete, le ginocchia raccolte al petto: come quando da bambino ancora cercava un anelito della presenza della madre, nascondendosi anche per ore intere in un armadio i cui vestiti sembravano trattenerne un’essenza. Qualcosa cui era stato difficile rinunciare quando la famiglia Hummel-Hudson si era trasferita in una casa più grande.
Si sentiva smarrito e solo, proprio come quel bambino ancora troppo piccolo e fragile per comprendere ad accettare i misteri della vita.
Non frenò più le lacrime e lasciò che anche i singhiozzi sgorgassero senza più trattenere nulla di ciò che ne metteva il cuore in simile agitazione.
 
~
 
Non seppe quanto tempo fosse passato: se fu questione di pochi istanti nei quali nessuno avrebbe potuto avvedersi o qualcosa di prolungato. In quel momento, non sentiva di aver forza per far altro che lasciar sfogare quella sofferenza e lasciare che lo annientasse nel profondo: c’era qualcosa di quasi consolante nel sentire il cuore frantumarsi. Sembrava un ottimo pretesto per restare immobile a raccogliere i cocci della propria autostima e del proprio autocontrollo e lasciare che semplicemente tutto gli gravasse addosso, senza opporre resistenza.
Neppure si era avveduto del padre che, l’espressione preoccupata e le braccia incrociate al petto, si era appoggiato allo stipite della porta: aveva notato soltanto distrattamente che quel giorno aveva rinunciato alle sue camicie da taglialegna e i terribili berretti ma indossava quello che sembrava uno smoking completamente nuovo, sicuramente era stata premura di Carole che quel giorno fosse elegante per sostenere i figli.
“Quindi è lui” non sembrava una domanda ma quando Kurt, gli occhi arrossati, levò lo sguardo ed annuì, sospirò quasi con fare affranto ma consapevole.
Si era passato una mano sul capo, in un gesto che Kurt gli vedeva fare molto spesso quasi lo aiutasse a trovare le giuste parole da esprimere.
Era entrato nella stanza, e si era fermato di fronte a lui, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e cercò di abbozzare un sorriso appena più ironico.
“Certo, Brillantina è tutta un’altra storia” esordì quasi volesse smorzare la tensione o riuscire, in qualche modo, a lenire quel dolore o persino permettere che il figlio potesse tornare in sé e reagire. Aveva sospirato, appoggiandosi con la schiena alla stessa parete lungo la quale Kurt si era lasciato scivolare al pavimento e rilasciò l’ennesimo sospiro prima di guardarlo attentamente.
“Ma se quella canzone era per te, credo tu abbia tutte le risposte che non ti ha dato di persona” la sua voce era limpida e stava asserendo quelle parole come altre verità nascoste che Kurt non aveva ancora passato al vaglio, non nel modo giusto.
“Ora sta a te a decidere”.
Seguì un lungo silenzio ma quelle parole, per qualche motivo, probabilmente non furono neppure impregnate di conforto. Al contrario, ancora una volta Kurt sentiva che tutte le responsabilità gravavano sulle sue spalle ed era meno che mai propenso a prendere la situazione tra le mani ed agire. Sarebbe stato tutto molto più semplice se, ancora una volta, fosse stato Sebastian a prendere l’iniziativa.
Lo avrebbe lasciato fare quella volta?
Aveva scosso il capo nell’incrociare lo sguardo del padre, scostando le lacrime dalla guancia ma parlò nuovamente con voce gutturale e tremula.
“Ho rovinato tutto” asserì come se ciò fosse un dato di fatto che avrebbe condizionato qualsivoglia tentativo di cambiare le cose, se non decidere, infine, di arrendersi a ciò che stava accadendo e accettarlo completamente.
“Allora non hai nulla da perdere” fu la pronta replica di Burt che, ancora una volta, non si lasciava condizionare dal suo atteggiamento di resa o di timore ma volgeva i suoi consigli ad una soluzione concreta, perché si avviasse ad essere l’uomo che riusciva ad intravedere persino nelle sue fragilità. Soprattutto quel timore di essere realmente amato e di imparare ad amare qualcuno che non fosse il suo convenzionale sogno.
“Non mi sembra ti abbia dedicato una canzone d’odio come quella biondina country che ha vinto tutti quei non-ricordo-cosa dopo esser stata scaricata”.
Kurt aveva sbattuto le palpebre.
“Stai parlando di Taylor Swift, per caso[6]?” un vago sorriso ironico nel potersi concentrare su quel mero dettaglio quasi a tergiversare anziché agire e Burt si limitò a scrollare le spalle, evidentemente disinteressato alla questione di per sé.
“Fa davvero differenza, figliolo?” sembrava che gli stesse chiedendo ben altro a giudicare dallo sguardo d’intesa che corse tra i due: come sempre non erano importanti soltanto le parole che venivano effettivamente pronunciate perché si comprendessero. Vi era ben altro.
Kurt si strinse nelle spalle, sollevandosi lentamente.
“Cercavo di prendere tempo” ammise, una mano che corse a sfiorarsi i capelli e ravviarli nervosamente ma Burt gli appoggiò la mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi.
“Ne hai avuto, Kurt, e io credo che tu sappia perfettamente cosa devi fare” non avrebbe potuto mai mentirgli mentre lo guardava negli occhi e con tale serietà e preoccupazione, ancora una volta resosi conto di quanto quel pilastro nella sua vita fosse fondamentale alla sua serenità. Di quanto non avrebbe mai potuto rinunciare a quella presenza, per quanto potesse lottare con il mondo per realizzare i suoi sogni più ambiziosi o trovare l’amore della sua vita.
Aveva annuito ma ciò non sembrava, tuttavia, essere ancora sufficiente perché si morsicò il labbro inferiore.
“Ho paura” sussurrò e per un istante parve lo stesso bambino che correva tra i corridoi bui della propria camera, cercando il padre e facendolo accorrere alla prima minaccia di un presunto mostro che gli impedisse di dormire. E poco importasse che si improvvisasse ghostbuster o un cacciatore di alieni o creature fantasy, quasi sempre il suo abbraccio era l’unica consolazione o il saperlo vicino fin quando non si sarebbe addormentato.
“Non sparirà” convenne in tutta sincerità, stringendogli maggiormente la spalla. “Ma la tua vita continuerà a scorrerti accanto, se tu non la dirigerai, Kurt.
Realizza la tua favola o creane una a vostra misura. Ma basta nascondersi e-“.
“Basta segreti”
Terminò Kurt per lui: per quanto sembrasse concentrarsi sulle sue parole, su quell’ultimo e prezioso consiglio; in quel momento sembrò giungere lui stesso ad una conclusione, dopo aver rivalutato tutto ciò che era accaduto, quando tutto era iniziato.
Quando il segreto non era stata l’arma di Sebastian per ricattarlo e piegarlo al suo volere, ma un’estenuante tortura con la quale aveva quasi rinunciato alla sua libertà d’amare.
Burt lo scrutò a lungo ma sospirò, il viso inclinato di un lato.
“Non sono tanto sicuro di voler conoscere i retroscena senza la mia poltrona o una tequila” affermò e, malgrado tutto, Kurt emise una risata ma si sporse a stringerlo e affondò per un lungo istante contro la sua spalla sulla quale aveva trovato conforto più volte.
Indugiò in quel momento, quasi quello necessario a raccogliere coraggio e determinazione, sorridendo quando le braccia del padre lo trattennero con fermezza.
“Grazie papà”.
Gli aveva sorriso, Burt, ma lo scostò delicatamente da sé e ne sfiorò la guancia.
“Vai, è ora che il sipario si apra davvero”.
 
~
 
L’entusiasmo e la realizzazione della loro splendida performance era palpabile ma sembrava completamente estraneo a tutto quel sentimento di cameratismo e l’ottimismo che serpeggiava a dire che, finalmente, la Dalton Academy avrebbe avuto il riconoscimento che meritava. Certo, l’iniziativa del McKinley non era stata indifferente e aveva ammesso lui stesso che la mossa era parsa strategica ma avrebbe potuto giurare di esser riuscito a catturare l’attenzione generale e che quel pezzo più malinconico fosse riuscito a incantare la platea, soprattutto dopo un’esibizione molto più frizzante come quella di Blaine.
Si era imposto di riflettere in quei termini: presto avrebbero proclamato la scuola vincitrice, a quel punto avrebbe lasciato quell’auditorium e tutto sarebbe finito; strinse le mani nei pugni nascosti dentro le tasche del blazer.
Non avrebbero avuto reale bisogno di camerini non avendo costumi di scena ma aveva comunque desiderato ritirarsi per quegli istanti prima di essere chiamati per conoscere il verdetto dei giudici.
Soltanto il tempo necessario per tornare ad essere completamente se stesso, quasi avendo parvenza di aver lasciato andare molto, troppo di sé, con quel brano.
Varcò la soglia della stanza ma lì rimase con occhi sgranati nello scorgere quella familiare fisionomia: Kurt Hummel era seduto sulla panchina e sollevò gli occhi cerulei quando sentì lo scalpiccio di passi. Appariva nervoso: gli occhi erano arrossati e gonfi a testimoniare un recente pianto e sembrò immobilizzarlo con lo sguardo, quasi disperando, forse, di poter scorgere qualcosa che lo incoraggiasse ad alzarsi.
Si limitò ad attraversare la stanza e volgergli le spalle per raccogliere la propria borsa: lo sentì mettersi in piedi ma quel silenzio che seguì lo fece soltanto ulteriormente incupire. Poteva immaginarlo fermo alle proprie spalle, nell’atto di morsicarsi il labbro e scrutarne le scapole, probabilmente necessitando di qualche parola gentile o un incoraggiamento.
Sorrise ironico tra sé, tergiversando con la propria borsa prima di gettargli appena un’occhiata con la coda dell’occhio. Scrollò le spalle con finta indifferenza.
“Se credi che te l’abbia dedicata, potrei offendermi” esordì e non si sarebbe sorpreso di sentirlo trasalire o di percepirne il verso di sorpresa o persino imbarazzo. Quando così non fu, aggrottò le sopracciglia ma continuò a parlare con tono volutamente indifferente.
“Non sono io a cantare jingle pubblicitari nei cortili delle scuole pubbliche” una frecciatina volta ai metodi di dichiarazione poco convenzionali di Blaine Anderson, qualcosa che probabilmente gli avrebbe fatto sciogliere il cuore. Qualcosa che testimoniasse come fosse proprio lui, il suo tipo ideale. Quello da cui avrebbe voluto essere ricambiato, quello da cui avrebbe atteso una reale dichiarazione degna di una scena da musical strappalacrime.
Non sembrava ascoltarlo, Kurt, tanto che, di fronte a quel silenzio prolungato, si volse ad osservarlo: lasciò cadere lo zaino con pacata indifferenza e affondò le mani nelle tasche del blazer, le sopracciglia inarcate.
Fu allora che sembrò notare che il giovane che aveva di fronte era lo stesso che aveva abbandonato fuori dalla Dalton dopo quelle parole ingloriose, lo stesso che era schizzato fuori dall’auditorium in quella che appariva una femminea crisi di pianto; ma, al contempo, diverso nell’intensità di quello sguardo con cui sembrò letteralmente fermarlo sul posto.
Quasi impedendogli di compiere un’ulteriore mossa o di schernirlo, adesso che lo stava guardando dritto negli occhi.
Quasi comprendesse, persino in quel silenzio, che tutto stesse cambiando e si rendesse conto che non aveva davvero preventivato quel momento.
“I segreti sono fatti per essere svelati”.
Aveva sussurrato, infine, e lentamente il viso sembrò illuminarsi per il sorriso che ne fece distendere i lineamenti di porcellana, nello sfolgorio che ne attraversò le iridi mentre compiva un passo in avanti.
Trattenne il respiro, Sebastian, apparentemente indifferente ma lasciò che Kurt si avvicinasse e non sembrò trovare una risposta. Non una immediata almeno.
Forse un altro segreto era l’insperata attesa che pronunciasse quelle parole.
 
 
 
Lo so, questo capitolo è forse il più breve (ma la revisione è stata infernale °-°) e la conclusione è stata sadica da parte mia, ma mi farò perdonare con il prossimo, è una promessa ;)
Intanto, giusto per stare in tema, qualche piccola anticipazione:

 
[Nel prossimo capitolo]
  “In realtà… è una lunga storia” “…condita di sfumature thriller”.
“Hai ben appreso, mio Padawan” “Che l’amore sia con voi, ora e sempre”.
“Non sono mai stato così felice e ho paura di rovinare tutto”.

Non mi resta che augurarvi un buon weekend, appuntamento a Venerdì 3 Maggio.
Un abbraccio a tutti,

Kiki87


[1] Per ascoltare il brano: qui
[2] Per chi non lo ricordasse, si tratta della canzone che Santana aveva scritto in “onore” di Sam: “Bocca di Trota” in quanto in questo periodo si frequentavano (My Samtana Feelings ;____;).
[3] Traduzione di alcuni versi della canzone originale: “Get It Right”.
[4] Promemoria: il secondo brano originale era “Loser Like Me”.
[5] So di aver espresso più volte il mio favore per questo gruppo ma vi consiglio caldamente l’ascolto di questo brano, tra i più delicati e suggestivi della discografia dei Keane.
“On a Day like today”.
Per ascoltarlo e vedere il testo originale: qui
[6] Non me ne vogliano i fan della cantante ma sapete quanto Burt sia poco conoscitore del mondo dello spettacolo e cerchi sempre di sollevare Kurt anche in modo più scherzoso :P

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Perché c'era qualcosa, tra quei due, qualcosa che in verità doveva essere un segreto, o qualcosa di simile. Così era difficile capire ciò che si dicevano e come vivevano, e com'erano. Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare un senso a certi loro gesti. E ci si poteva chiedere perché per anni e anni. L'unica cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse per sempre, l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che dicevano e in quello che erano c'era qualcosa - per così dire - di bello.
  Non ci si capiva quasi niente, ma almeno quello lo si capiva.

 
Dal libro "Castelli di Rabbia" di Alessandro Baricco.
 
 
Epilogo.
 
 
“I segreti sono fatti per essere svelati”.
Quelle parole sembrarono congelare la stanza: un orologio che aveva improvvisamente smesso di ticchettare. La realtà stessa sembrava essersi cristallizzata, quasi la tacita consapevolezza che quello era il momento decisivo.
Uno di quei momenti nei quali le parole pronunciate o ascoltate cambiano inevitabilmente chi le pronuncia e chi le ascolta; momenti di cui si compone l’esistenza umana.
Stavano esattamente vivendone uno così ma, al contempo, era tutto diverso perché, da quell’istante in poi, avrebbero rinunciato a loro stessi e avrebbero vissuto insieme ciò che ne sarebbe scaturito.
La realtà era mutata.
Non più un segreto ma una verità trattenuta troppo a lungo.
Non più evitata, non più nascosta, non più tormentata.
 
 
 
“E poi? Cosa è successo dopo?”.
La sua voce appariva ansiosa, febbrile mentre teneva le manine strette attorno alla sua bambola: la bambina aveva brillanti occhi azzurri, striati di grigio, ed erano fissi su di lui, i suoi capelli erano stati stretti in due trecce che le cadevano ai lati del viso. Aveva un visino dai lineamenti delicati, la carnagione chiara e le labbra di rosa, come le guance che erano spesso pitturate di un delizioso color pesca, quando rideva di cuore o un’emozione ne rendeva gli occhi sognanti.
Quell'aneddoto non faceva certamente eccezione: appariva emozionata, come ogni volta che le leggeva una delle sue favole preferite e desiderava superare il momento dell’avversità delle sue eroine. Fino a quando non giungeva il Principe, dalle vesti eleganti e col suo nobile destriero, e il vero amore giungeva al suo giusto compimento.
Neppure il sonno l’aveva intaccata nonostante l’ora della buonanotte fosse passata, neppure una puerile preoccupazione per quello che definivano tra loro il “sonno di bellezza”.
Aveva ridacchiato, Kurt, non meno divertito nel dondolare le spalle, compiaciuto per l’attenzione che era riuscito ad accattivarsi e con così tanta semplicità.
“Vuoi davvero saperlo?” l’aveva provocata in tono appena più malizioso che aveva fatto sgranare gli occhi della bambina.
“Papà!”[1] gemette, infatti, scostando le coperte e imbronciandosi: sporse il labbro inferiore, ad una maniera che riusciva a far desistere persino Sebastian, per quanto proclamasse che fosse soltanto la “fregatura” dell’essere padre.
“D’accordo” le aveva concesso, infine, Kurt con un sorriso addolcito.
“Continuiamo pure ma poi dovrai dormire: domani sarà una giornata importante” le ricordò e la bambina annuì con un sorriso trepidante nel battere le manine.
Strinse più forte la bambola, si stese ma si pose nuovamente all’ascolto.
 
Sembrava tutto surreale in quel momento: era lì, di fronte a lui, esposto e vulnerabile ma, finalmente, consapevole di se stesso e dei suoi sentimenti.
Le parole della canzone sembravano ancora impregnare quel silenzio ma mai si era sentito così vicino alla realizzazione di un desiderio, mai così lontano da ciò che aveva immaginato per se stesso. Mai così protagonista della sua stessa vita.
Lo aveva scrutato a lungo, Sebastian, non uno sguardo ironico, neppure un alone malizioso: era come se, per la prima volta, si contemplassero realmente e senza timore di farlo e renderlo esplicito all’altro. Come se già si conoscessero ma si dovessero nuovamente scoprire, dopo essersi visti in nuove vesti. Nuove e diverse ma più reali di quanto volessero ammettere.
“E’ questo che vuoi?” aveva, infine, chiesto e il cuore di Kurt ebbe un guizzo ma, il sorriso appena più tremulo sulle labbra, avanzò in sua direzione.
Lo vide chinarsi: si chiese se Sebastian potesse sentire il battito alterato. Se fosse vagamente consapevole di ciò che riusciva a scalfire in se stesso.
Eppure le risposte erano di fronte ai suoi occhi: incastonate in quegli smeraldi lucenti che ne toglievano il respiro, in quel sorriso appena più suadente ma soffuso che era un riflesso del suo animo.
Colui che lo conosceva meglio di chiunque altro: colui che, per primo, aveva scorto la sua reale solitudine; l’idillio mai avverato con Blaine ma la passione celata dietro tanto sentimentalismo decantato.
Quanto fosse stato in grado di scuoterlo e condurlo a nuova vita, quella mai sognata, forse, ma quella da realizzare giorno per giorno. Insieme.
“E’ questo” era stata la flebile risposta, un sospiro appena soffuso e accennato e Sebastian aveva sorriso a pochi centimetri dal suo volto.
“Sei fortunato” un sussurro più rauco prima che si chinasse.
Quante volte aveva vissuto un momento simile nella trasposizione cinematografica o attraverso le parole di uno scrittore, quante volte era stato cantato o declamato in una poesia ma erano soltanto immagini in movimento o parole in rima o romanzate. Nulla poteva paragonarsi al brivido che scivolò lungo la sua spina dorsale, allo scalpitio del suo cuore, al guizzo del suo sguardo e il tremore delle labbra mentre Sebastian si intingeva del suo respiro.
Fu come se soltanto in quell’istante, Kurt fosse finalmente consapevole di se stesso: come se avesse appena scorto quella parte di sé rimasta celata tanto e troppo a lungo. Come se tutto fosse finalmente giunto alla sua giusta definizione.
Non vi era più paura e neppure pentimento e rancore: soltanto il suo profumo, l’alone caldo del suo respiro e la pressione ferma e risoluta delle sue braccia.
Un sorriso a fior di labbra e Kurt ne cinse il collo e lo trattenne: le sue dita si incastonarono tra i suoi capelli, quasi avesse bisogno di un appiglio saldo e sicuro in quell’emozione tumultuosa che ne faceva tremare le gambe.
Più che mai in quel momento, ebbe la certezza fossero un’unica realtà: lo percepiva in quell’abbraccio, nello slancio con cui lo avvinse maggiormente contro il proprio corpo a stabilire quel contatto. La tacita promessa non lo avrebbe più lasciato andare.
Il suo primo vero bacio, realizzò con occhi già lucidi e celati sotto le palpebre.
L’idillio aveva lasciato spazio ad una realtà più delicata e fragile, più sussurrata e concreta che poteva vivere soltanto con lui.
Sebastian si scostò ma ne percepì il respiro caldo sulle proprie labbra, mescolato al suo profumo; lasciò che adagiasse la fronte alla propria. Adesso che era tutto reale, aveva quasi il timore di schiudere gli occhi e osservare quella verità che lo stava attendendo.
Adesso che era tra le sue braccia, avrebbe quasi voluto che il tempo si fermasse e nulla dovesse più allontanarli. Indugiò in quel momento di solitaria sospensione, consapevole vi fossero ancora le sue braccia a vincolarlo a sé.
“Miele” aveva sussurrato e solo allora Kurt aveva schiuso gli occhi: le guance lievemente colorate ma il sorriso sognante.
“Non ti facevo così sentimentale” malgrado il tono volutamente ironico, il sorriso sostò sulle sue labbra e Sebastian emise un verso stizzito. Lo strattonò, con un guizzo di quella che pareva la sua migliore espressione arrogante.
“Pagherai per questa insolenza” sussurrò soltanto ma se Kurt aveva già socchiuso gli occhi, attendendo di sentirne nuovamente le labbra, li schiuse confuso quando si avvide che l’altro stava volontariamente indugiando.
“Prenderai ancora in giro le mie abitudini quotidiane di bellezza?” aveva chiesto, la voce roca ma non si era mosso, fingendo che le labbra che indugiavano contro la sua mandibola, scendendo a mordicchiarla, non gli stessero letteralmente facendo intirizzire la pelle.
“Puoi scommetterci il burro cacao, tesorofu la pronta replica, calcando ironicamente su quel vezzeggiativo che fece sollevare a Kurt gli occhi al cielo.
Cercò di trattenere il verso soffuso di approvazione quando ne sentì il respiro scivolare lungo il collo.
Persino quando un po’ di romanticismo sarebbe apprezzabile, riesci ad essere irritante” cercò di simulare che il fastidio fosse solo dovuto a quella forma di comunicazione e non al fatto che la sua pelle stesse letteralmente sciogliendosi. Così il suo controllo, in attesa che Sebastian smettesse di temporeggiare con fare così maledettamente provocante.
Lo sentì ridacchiare contro il proprio timpano: un verso rauco che si tradusse in un’ondata di aspettativa che lo rese persino più sensibile a quella vicinanza.
“Ma è per questo che sei pazzo di me, lo so” soggiunse languidamente.
“Fermati a pazzo.” cercò di ignorare come la sua voce fosse incredibilmente alterata dal suo stato d’animo ma Sebastian rise persino più forte prima di sfiorarne il fianco, inducendolo a guardarlo nuovamente negli occhi.
“Non ho intenzione di fermarmi” era stata la provocante risposta e mai aveva desiderato così tanto che fosse persino una promessa.
La sua solita arroganza e superbia, come avrebbe presto appurato, eppure mai era apparsa più piacevole. Mai una promessa di una favola a loro immagine e somiglianza.
Forse non universalmente romantica ma indubbiamente perfetta.
“WOW!” all’esclamazione di Jeff, si era unita l’ovazione dei Warblers e Kurt si era voltato: il suo viso si era rapidamente infiammato alla vista degli ex compagni del Glee Club, Nick in primis, che gli riservò un sorriso raggiante.
“Quindi è questo che avevo interrotto in biblioteca?” chiese Blaine, un sorriso scherzoso e le braccia incrociate al petto mentre Kurt osservava il divertimento ma anche la gioia impressa nei loro volti.
“Voi eravate… qui?” si era schiarito la gola ma la sua voce era stridula. “… esattamente da quanto?” aveva pigolato, quasi, suscitando altre risate di scherno e sguardi complici tra i giovani in divisa.
“Volevi fosse pubblico o sbaglio?” era giunta la voce di Sebastian alle sue spalle, lo sentì avvincerlo da dietro. Il suo respiro contro l’orecchio e la nuca che ne acuirono notevolmente l’imbarazzo di esser stato scorto in atteggiamenti più intimi e personali.
“Mi riferivo al segreto” borbottò Kurt in sua direzione.
“Un altro?” chiese Blaine apparentemente confuso. “Quale, esattamente? Il fatto che avete passato questi mesi giocando alle calamite che si attraggono e si respingono o forse che il ‘misterioso ragazzo’ – la sua voce aveva assunto un’intonazione fortemente ironica – che Sebastian ha baciato a Natale, non è mai esistito?”.
Sentì Sebastian sogghignare ma appoggiò il mento contro la sua spalla, soffiandogli nell’orecchio.
“Lascerò a te l’onore” commentò serafico e Kurt arrossì furiosamente.
“In realtà… è una lunga storia” e sembrava davvero incredibile che tutto fosse iniziato da una disastrosa festa a casa di Rachel, un bacio sotto il vischio che lo aveva sconvolto e un fortuito ed insperato incontro con lo stesso giovane.
“Condita di sfumature thriller” aggiunse Nick con un sorrisetto divertito ma indicibilmente soddisfatto nel rimirare Sebastian che tratteneva strettamente Kurt a sé, per quanto non si lasciasse andare a particolari smancerie.
Blaine si era rivolto a Nick a quelle parole.
“Tu conosci la storia dall’inizio: è per questo che sei sempre stato così vago, parlando di lui?” lo aveva nuovamente interrogato.
“Per questo ho atteso che il segreto fosse svelato e diventasse la loro verità” precisò Nick ma era Kurt quello che stava osservando. Quest’ultimo non poté che mimargli un silenzioso “grazie” che era certo avrebbe colto in tutta la sua intensità.
 
 
“Per questo è sempre divertente ascoltare questa storia”.
Kurt era trasalito prima di scrutare Sebastian sulla soglia della camera della bambina: non sapeva da quanto tempo fosse lì ma non poté che sorridere in risposta.
Si sporse a rimboccare le coperte della figlia che si era appisolata con espressione beata.
Ne baciò delicatamente la fronte prima di lasciare la stanza e chiudere la porta alle sue spalle.
“Divertente?” lo incalzò, allora, guardandolo e Sebastian annuì, le mani affondate nelle tasche prima di stringersi nelle spalle.
“Il tuo continuo fuggire” specificò in tono d’ovvietà che fece ulteriormente incupire Kurt che scosse il capo.
“E’ stato… estenuante e snervante ma per nulla divertente” precisò ma Sebastian sorrise ulteriormente, attraendolo a sé e chinandosi al suo volto.
“Lo sarebbe stato, se già avessi saputo come sarebbe finita” fu la semplice replica e, seppur Kurt dubitasse che fosse stato così percettivo da quell'istante, gli concesse un sorriso.
“Touché”.
 
~
 
La cerimonia fu raccolta ma solenne: pochi ospiti, soprattutto amici e parenti stretti, coloro che avevano visto quel rapporto sbocciare tra le mura dell’edificio il cui ingresso, la prima volta, ne aveva cambiato la vita.
Ma non nel modo in cui aveva sognato.  Al contrario, a ben pensarci, anche a distanza di tempo.
Non era la prima volta che assisteva ad una cerimonia simile ma l’emozione era sempre qualcosa di unico: speciale e diversa ogni coppia cui fosse dedicata e ne fosse protagonista.
Pur osservando i volti e i sorrisi impressi, la sua mente vagava ad altri ricordi e un altro momento altrettanto importante e sentito.
 
Tornare alla Dalton, pur in veste di visitatore (e non di spia o di studente) era stato qualcosa di emozionante: persino trovare un ghigno famigliare alla fine della rampa delle scale.
Sorrise, Kurt, un’espressione volutamente ed ironicamente sognante mentre si appoggiava al corrimano, quasi non riuscisse a scendere quegli scalini senza sentire un’emozione travolgente farne scalpitare il cuore e sospirare con fare languido e sognante.
“Mi ricorda qualcosa” affermò quando fu agli ultimi scalini ma Sebastian non fece alcun cenno di volergli porgere cavallerescamente la mano. Al contrario (e come sua abitudine) le teneva entrambe affondate nelle tasche dei pantaloni.
 Lo stava osservando (altro suo elemento tipico) con il mento sollevato e l’espressione furba ed insolente.
“Quanto io fossi aitante e sexy quel giorno? Ancora non riesco a credere che era Blaine quello che stavi guardando” lo canzonò e Kurt avrebbe voluto ribattere che lui stesso non aveva perso tempo a marcare il territorio, in quella stessa occasione e nei riguardi dello stesso giovane.
Aveva fatto per replicare, altrettanto pungente e sarcastico, ma trasalì quando Sebastian lo avvinse a sé, dopo che ebbe sceso gli ultimi scalini.
Ne baciò le labbra con intensità tale che ne fece letteralmente tremare le gambe.
“Miele” sussurrò e un altro sorriso, devoto e sognante, apparve sulle labbra di Kurt. Si sporse nuovamente al suo volto ma fu uno schiarirsi di voce che li interruppe.
Solo allora Kurt si avvide di Nick e di quel sorriso amichevole che divenne un’espressione fintamente esasperata.
Si rivolse a Sebastian.
“Ti dispiace se te lo rubo?”.
“A dire il vero” aveva nuovamente insinuato le mani nelle tasche del blazer per poi stringersi nelle spalle. “Andate, ma mi aspetto un premio per quando vinceremo le Nazionali” sussurrò malizioso in direzione di Kurt, quasi un modo di reclamarne il possesso ma anche di ricordargli – come ce ne fosse stato bisogno! – la vittoria dei Warblers alle Regionali.[2]
Aveva scosso bonariamente il capo, Kurt, ma aveva annuito prima di seguire Nick verso la loro ex camera e sorrise nel rimirare quell’ambiente familiare: il modo, soprattutto, in cui la metà appartenente a Nick non sembrava affatto cambiata da quando l’aveva lasciata.
Era come tornare ad abbracciare una parte di sé.
Nick si era chiuso la porta alle spalle e lo aveva guardato: le sue labbra tremavano come percosse da un guizzo ma prese un profondo respiro, prima di rilasciare il fiato.
E Kurt seppe, per istinto, che si trattava di uno di quei momenti nei quali avrebbe fatto una dichiarazione che avrebbe cambiato tutto.
“Ho baciato Jeff”. Lo proclamò in un sussurro ma fu come se lo avesse urlato e Kurt rimase senza parole per un lungo istante nel quale continuava ad osservare il viso di Nick, quasi cercando un’ulteriore spiegazione su come fosse potuto accadere.
Rise l’attimo dopo: una risata liberatoria e serena alla quale Nick stesso si unì. Lo strinse con calore prima di scostarsi, le mani sulle sue spalle.
“Come?! Quando?!” lo incalzò, lo sguardo azzurro adesso illuminato di curiosità e di evidente entusiasmo del quale lo stesso Nick era ancora partecipe e protagonista.
“E’ successo dopo le Regionali. Stavamo parlando di te e Sebastian e lui… era convinto da tempo che il motivo per cui ero tanto pensieroso, era perché avevo una cotta segreta. Per te.
Iniziò, lo stesso tono pacato e discreto con cui gli era sempre stato solito parlare quando si ritiravano nella loro stanza, escludendo il resto del mondo.
“Stai scherzando?! Per me?!” lo specificò, quasi ad indicare che l’equivoco fosse poco comprensibile dato il tipo di rapporto, cristallizzato chiaramente in una profonda amicizia, nata da reciproca stima e rispetto.
Nick sorrise ma non fece commenti al riguardo, proseguendo nel suo racconto.
“Gli ho detto che era vero che provavo dei sentimenti nascosti… ma non erano nei tuoi confronti”.
Kurt avrebbe letteralmente saltellato sul posto mentre cercava di immaginare la scena, così come gli veniva raccontata, congiungendo le mani e sentendo già gli occhi lucidi.
“E lui?”.
“Mi ha chiesto se erano per Sebastian, per Blaine – aveva esordito in tono divertito – ma non gli ho lasciato finire l’appello dell’intera Dalton e… l’ho baciato” concluse e Kurt fu lieto di notare come il suo tono solitamente composto e perfettamente naturale, si era ammorbidito.
Il solo ripetere quelle parole o rifletterci, ne avevano reso la voce più rauca e impregnato lo sguardo di un nuovo luccichio emozionato.
“Nicholas Yoda Duval che agisce di impulso: non so dire se sono più sorpreso o felice. E lui…?” adesso era più che curioso e stuzzicato all’idea di conoscere ulteriori dettagli.
Aveva sorriso nuovamente, Nick, un barlume che ne fece ulteriormente scintillare lo sguardo mentre sospirava ad una maniera più poetica ma Kurt dovette attendere.
“Mi ha chiesto di dimostrargli che non fosse un sogno” continuò e Kurt sospirò sognante, le mani ancora congiunte, la stessa posa con cui aveva assistito al bacio tra Noah e Allie[3], durante quel temporale e il loro ritrovarsi, dopo un’incomprensione e una separazione durata troppo a lungo.
Batté le mani, lo sguardo lucido.
“Sono davvero felice: era il vostro momento ma quella è stata solo la risoluzione finale” entrambi avevano imparato, fin troppo bene, che il sentimento poteva nascere e svilupparsi, alimentarsi in modo graduale ma spesso intercorreva del tempo affinché fosse assimilato o affinché si prendesse una simile iniziativa. Era stato lieto di constatare che a Nick non erano mancati coraggio e sicurezza, quelli che lo avevano fatto così tanto desistere dall’avvicinarsi a Sebastian o anche solo porsi un legittimo dubbio.
“Non volevo aspettare oltre” confermò Nick ed era certo che i loro pensieri fossero analoghi.
“Non avrebbe che ritardato il tutto: forse avete atteso fin troppo” eppure era consapevole, malgrado tutto, che ogni storia dovesse maturare secondo suo ritmo, se non fosse stata ostacolata dagli stessi protagonisti.
 
 
Si riscosse alla pressione della mano sul suo volto ed abbassò lo sguardo: un paio di occhioni di smeraldo lucente lo stavano contemplando. Un sorriso ne increspava le labbra e un dolce vagito nell’accostare le dita cucciole al suo viso per richiamarne completamente l’attenzione.
Sorrise, stringendo la manina nella propria e portandosela al viso per baciarne il palmo, inspirandone il profumo di freschezza e di innocenza.
In quel momento l’ufficiante chiese le fedi e Nick si volse verso Kurt che, con un sorriso, porse la mano del bambino che era stretta intorno all’anello.
“Grazie Nicolas” aveva sussurrato Nick, baciandone la fronte e solo allora, dopo un ultimo sorriso, Kurt era tornato a sedere accanto a Sebastian, Sissy al suo fianco.
Solo uno sbuffo ironico di Sebastian quando la promessa fu siglata e l’ufficiante li dichiarò marito e marito ma si chinò al suo orecchio.
“Ricordi come ti ho fatto smettere di piagnucolare quando ci siamo sposati?” lo canzonò, la sua fede che cozzava contro quella di Kurt, producendo un dolce tintinnio.
Kurt lo ricordava perfettamente e ancora arrossiva al ricordo.
L’ufficiante aveva concesso a Sebastian la possibilità di baciarlo e quest’ultimo lo aveva preso in parola: senza particolari remore o disagio, aveva approfondito il contatto e lo aveva trattenuto a sé, più di quanto fosse socialmente riconosciuto come legittimo. Così aveva indugiato, fino a quando erano stati molti gli invitati ad emettere risate o versi di sorpresa.
Kurt non aveva osato guardare suo padre per molto tempo, in realtà neppure si era arrischiato ad incrociare lo sguardo di nessuno dei presenti: da un’esasperata Rachel alla maliziosa Santana che aveva alluso persino ad un sentirsi stranamente eccitata.
Una sfumatura rosata pitturò le gote di Kurt mentre Nicolas gli cingeva strettamente il collo, toccandogli il viso e tappandogli le labbra con la manina. Aveva già sgualcito lo smoking e il farfallino ma gli sorrideva inducendolo a baciarne nuovamente la manina mentre Sebastian sollevava gli occhi al cielo, evidentemente poco tollerando di essere ignorato.
“Mi dispiace, mocciosetto, ma sei in ritardo” aveva mimato al neonato, mostrandogli la fede con fare quasi infantile, ma simultaneo era stato lo “Shht!” di Kurt e Sissy quando gli sposi si erano volti all’assemblea riunita per ringraziare gli invitati.
Aveva stretto entrambi, Kurt ma aveva indugiato a cingere Nick al quale aveva anche riassettato la cravatta e la rosa bianca posta sull’occhiello della giacca.
“Congratulazioni, Maestro Yoda” sussurrò con fare più complice.
“Hai ben appreso, mio Padawan” rispose questi, lo stesso sorriso scherzoso.
Che l’amore sia con voi, ora e sempre”[4] fu l’ulteriore augurio di Kurt che fece sorridere Nick, nel rimirare il suo sposo prima di intrecciare nuovamente il suo sguardo.
“Come lo è con voi, non chiedo di meglio”.
 
~
 
I festeggiamenti promettevano di durare l’intera giornata e, seduto al tavolo, rimirava i due sposi impegnati nel loro primo ballo ufficiale. Bastava osservare quei volti sorridenti per avvedersi di come il tempo li avesse cambiati ma erano rimasti apparentemente gli stessi, solo più adulti. Ognuno aveva fatto delle scelte diverse, in diversi momenti della loro vita, ma dalle quali erano stati tutti condotti ad essere lì quel giorno.
Immaginava fosse quello il significato di famiglia, estendendolo alle persone che si sceglievano nel proprio percorso e con le quali si viveva giorno dopo giorno ogni accadimento.
Sorrise, cullando Nicolas addormentato, rimirando la piccola Sissy nel suo abito pregiato, proveniente dall'atelier Hummel. Era aggrappata al collo di Sebastian che la teneva in  braccio e con la quale ondeggiava al tempo di musica, dicendole qualcosa all’orecchio e facendola sorridere prima che si sporgesse a baciarne la guancia.
Sebastian intrecciò il suo sguardo e ammiccò con fare malizioso ma l’attenzione di Kurt fu subito calamitata dal bambino che era fermato di fronte a lui. Sorrise d’istinto, specchiandosi in un paio di occhi ambrati sotto i ciuffi di riccioli che ne incorniciavano il visino.
Il “baby brillantina”, così lo appellava il padre per far arrossire Sissy.
“Ciao Kyle[5]” lo salutò con un sorriso gioviale e il bambino gli si avvicinò timidamente, pur attento a non disturbare il neonato addormentato tra le sue braccia.
Kurt incrociò lo sguardo di Blaine e di Seth e sorrise ad entrambi, prima di ascoltarne la richiesta.
Un sorriso intenerito gli sfiorò le labbra ma annuì e gli porse una rosa, prima di indicargli Sebastian e Sissy. Contemplò la scena con sguardo quasi lucido: Sebastian stava scrutando Kyle vagamente sospettoso ma Sissy fu lesta a prendere il fiore e sorridere al bambino che, l’attimo dopo, le porse il braccio e la condusse verso la pista da ballo, con grande divertimento e tenerezza degli altri invitati.
Sebastian si accomodò di malagrazia sulla sedia accanto alla sua.
“Perché gli hai detto che poteva ballare con Sissy?” gli chiese con tono evidentemente risentito e Kurt trattenne a stento la risatina ma gli fece cenno di parlare piano per non svegliare l’altro bambino.
“Gli ho detto che poteva chiederlo a Sissy: stava a lei decidere” spiegò in tono pacato e razionale, seppur trovasse non poco divertente (ma anche tenero seppur non potesse dirlo senza suscitarne una reazione scandalizzata) vederne quel lato più geloso e possessivo.
“Appunto” sbottò l’altro, per nulla colpito dalla sua ragionevole replica. “Sei il padre: potevi dirgli di no”.
Kurt levò gli occhi al cielo.
“Non la sta chiedendo in moglie” precisò con un sospiro. Forse non era neppure il caso di fargli notare che, ad ogni modo, seppur ancora bambini, rappresentassero una coppia davvero deliziosa. Ovviamente non aveva già preventivato un eventuale matrimonio da lì ai vent’anni successivi (non che avesse già immaginato che splendida donna sarebbe divenuta la sua bambina, anche perché ciò significava riflettere sul fatto che, per allora, avrebbe già superato la mezza età: sì, doveva prendere delle creme per prevenire le prime rughe) per cui si trattava solo di qualche superficiale pettegolezzo.
“Non mi piace comunque” borbottò Sebastian, strappandolo dalle sue riflessioni ma, ben presto, un sorrisetto più allusivo e malizioso gli affiorò alle labbra e si sporse al suo orecchio.
“Adesso per, punizione, dovrai ballare con me”.
“Il tuo romanticismo, tesoro, è sempre meraviglioso” replicò in tono volutamente ironico: depositò delicatamente Nicolas nel suo passeggino. Thad e sua moglie si erano offerti di guardarlo per loro e lo seguì, collocandosi tra Kyle e Sissy, Blaine e Seth.
Fu sulla coppia che rivolse il suo sguardo, seppur seguendo la musica e i movimenti di Sebastian.
 
Si era seduto al solito posto, di fronte alla vetrata del locale: due bicchieri di caffè ma, come aveva preannunciato, il suo commensale non tardò a raggiungerlo.
Gli sorrise di quel sorriso dolce e spensierato che sembrava letteralmente brillare sul bel viso, sotto la cornice dei riccioli, da quando lui e Seth erano divenuti una coppia, ben cinque anni prima.
Gli dispiaceva l’idea che, proprio quando era tornato al McKinley, avesse scelto di esibirsi nel cortile del suo liceo, in una vera e propria serenata.
Ricordava ancora quel romantico bacio di festeggiamento: Seth lo aveva raggiunto sul palco nel quale i Warblers, applauditi anche dalle Nuove Direzioni, erano stati designati vincitori delle Regionali.
Non occorreva un particolare romanticismo per scorgere, nello sguardo azzurro e devoto di Seth, l’intensità del loro legame. Non avrebbe potuto desiderare di meglio per il suo caro amico.
Si erano salutati e Blaine aveva preso posto di fronte a lui, sorseggiando il caffè che Kurt gli aveva ordinato: aveva già notato che la sua espressione era parecchio pensierosa e ricordava fin troppo bene quando, in una circostanza simile alla Dalton, aveva travisato del tutto il corso dei suoi pensieri.
Non voleva quindi indugiare ed attendere che Blaine trovasse la giusta risoluzione a confidarsi, se quello era il vero motivo per cui gli avesse chiesto quell’appuntamento.
“Ti prego, Blaine, dimmi che sta succedendo” vi era un modo particolare nel quale stava contraendo le labbra, quasi trattenesse a stento un sorriso, seppur apparisse nervoso: gli ricordava – per essere più precisi – la stessa espressione che aveva esibito durante la loro passeggiata nel parco, quando – di lì a poco – gli confessò di essere innamorato.
Censurò mentalmente il ricordo delle sue aspettative e delle conseguenze di quella chiacchierata.
Persino Sebastian ben sapeva quanto fossero uniti, a giudicare dal modo in cui aveva reagito a vederlo sgusciare dal letto, alludendo ad un messaggio in segreteria del ragazzo stesso.
Blaine annuì, gli sorrise a mo’ di scuse e prese un bel respiro:
“Seth sta cercando un appartamento a New York” esordì in tono solare. “E mi ha chiesto di andare a vivere con lui” concluse rapidamente la frase, quasi timoroso di non trovare poi il coraggio di raccontare tutto.
Ricordava il momento in cui gli aveva presentato Seth, poco dopo quel loro festeggiamento sul palco, ed era rimasto – fin dal primo momento – avvinto dall’intensità del suo sguardo azzurro che avrebbe definito sognante. Sembrava la distesa azzurrina di un lago, baciato dai raggi del sole; ma non di meno era stato colpito dal sorriso che ne solcava le labbra ogni volta che incontrasse lo sguardo di Blaine. Il bel viso era incorniciato da morbidi capelli scuri ed ondulati (se non altro, lo aveva sperato fin da subito, avrebbe avuto una buona influenza sull'abuso di gel da parte di Blaine); una figura slanciata che, anche a livello estetico, sarebbe stata perfettamente abbinata a quella dell'amico.
Vi era una complicità e un’armonia che le loro stesse voci riflettevano quando si esibivano insieme in qualche duetto o si dedicavano una canzone, in qualche occasione più romantica che Sebastian avrebbe definito “diabetica”.
Gli sorrise, stringendogli la mano con evidente e sincero entusiasmo.
“E tu, hai accettato?” gli chiese in quella che doveva essere un tono di ovvietà, nell’aspettarsi una risposta positiva.
“Io-“. Blaine aveva distolto lo sguardo in un sintomo di insicurezza che a Kurt non parve per nulla positiva, tanto da guardarlo con occhi sgranati.
“Blaine!” lo aveva richiamato quasi scandalizzato. “Non posso crederci: di cosa hai paura, esattamente?” gli chiese e ne scrutò attentamente lo sguardo ambrato a cercare una risposta a quel comportamento esitante che poco aveva a che fare con l’evidente amore che li legava.
“Non sono mai stato così felice” ammise Blaine, un sussurro appena tremulo ma tutta la verità di quel commento era racchiuso nel luccichio quasi commosso dello sguardo. “… e ho paura di rovinare tutto” terminò amareggiato, non osando incrociare lo sguardo di Kurt.
Scosse appena il capo e gli strinse la mano con fare rassicurante: era una sensazione che aveva provato lui stesso, dopotutto, ma non avrebbe lasciato che la paura lo bloccasse.
“A volte è la paura di essere felici che ci rende davvero infelici e degli ostacoli alla nostra vita” asserì con semplicità prima di richiamarne l’attenzione per porgli una domanda più diretta. “Tu ami, Seth, vero?”.
Blaine aveva replicato in un battito di ciglia, senza la minima esitazione.
“Da morire” il tono, per quanto tremulo ed accorato, era intriso di una sicurezza che non aveva bisogno di ulteriori remore o indugi.
“Allora non aver paura di vivere la vostra vita insieme: è il vostro destino”.
 
“Stai pensando a cosa si è perso?” lo aveva chiesto a mo’ di provocazione, Sebastian, che aveva evidentemente seguito il suo sguardo indirizzato a Blaine e Seth. L’attimo dopo, lo avvinse maggiormente a sé e Kurt sorrise di quel gesto possessivo nonché della solerzia con la quale ne ricercava l’attenzione per avvincerla completamente a sé.
“No” commentò Kurt ancora una volta scuotendo il capo a quella sua megalomania latente.
“A quanto entrambi abbiamo avuto paura di seguire il nostro cuore” rispose l’attimo dopo, un vago sorriso sulle labbra mentre si specchiava in quelle iridi di smeraldo lucente.
Aveva ridacchiato Sebastian, un suono gutturale vicino al suo orecchio che ne fece intirizzire la pelle del collo.
“Dopo una simile sviolinata, ho bisogno di un drink” aveva fatto per scostarsi ma Kurt lo aveva trattenuto e, con impeto più malizioso, lo aveva avvinto a sé per baciarlo.
Ne sentì il sorriso a fior di labbra, prima che lo stringesse con maggiore intensità e Blaine li rimproverasse ad alta voce di togliere l’attenzione ai due sposi.
Nello stesso momento, un Thad imbarazzato dovette avvisarli che Nicolas si era destato e sembrava richiedere prepotentemente la presenza del padre.
“Viziato” borbottò Sebastian, quando Kurt si affrettò a tornare dal bambino, per poi volgersi a Kyle. “Ti tengo d’occhio, Anderson” pronunciò, facendolo sussultare vistosamente mentre Sissy arrossiva di riflesso, gemendo un “papy!”.
Sollevò gli occhi al cielo, Kurt, ma sorrise nel riprendere in braccio il bambino.
“Bell'arringa, Avvocato Smythe”.
Non era un segreto che la vita col marito fosse fatta anche di questo.
 
 
~
 
 
Il sole era tramontato e le prime stelle già punteggiavano il cielo indaco: l’atmosfera era rilassante e benefica, sembrava che tutto si fosse fermato in quello stesso istante.
Come sempre in agitazione nei momenti di tensione e maggiore pressione, si era alzato in piedi per dare il via ai brindisi, in qualità di testimone di uno dei due sposi. Fece cozzare delicatamente la forchetta contro la coppa del bicchiere per richiamare l’attenzione degli ospiti cercando – con non poca difficoltà – di impedire che il piccolo Nicolas immergesse le dita nel vino.
Si era schiarito la gola quando tutti si erano zittiti, aveva cercato di ignorare la spia della telecamera e aveva esordito con voce delicata e ancora impregnata d’emozione.
“Conosco Nick Duval da più di dieci anni, ormai, e non posso pensare ad una persona più leale e nobile: mi è stato molto vicino nei mesi che ho trascorso alla Dalton ma non ha mai mancato di farmi sentire a casa in qualunque luogo mi trovassi” fece una pausa, in parte per lasciare agli invitati il tempo di assimilare le prime parole, in parte perché il figlio stava mordicchiandogli la guancia e tormentandogli i capelli.
“Nick mi ha insegnato molte cose ma, soprattutto, cosa sia il vero amore” aveva lasciato che qualche invitato si dilungasse in qualche verso di ironica sorpresa e clamore.
Aveva notato persino qualche sguardo commosso e qualcuno appariva soltanto divertito o educatamente in attesa di ciò che avrebbe detto di lì a poco.
“Per alcuni è qualcosa di istantaneo che fa realizzare ad entrambi, o ad una sola delle parti, di aver trovato la propria metà. Ma si è disposti ad attendere quanto necessario per realizzare questo sogno” aveva allungato il bicchiere ad indicare i due sposi, lo sguardo che aveva intrecciato quello di Nick.
“Poi esiste l’amore che sboccia da un’amicizia, mascherato dalla reciproca stima e fiducia nell’altra persona, soggetto al timore di un fraintendimento o di rovinare un rapporto pressoché perfetto. Anche e soprattutto se si desidera qualcosa di più, almeno fino a quando non si prende la risoluzione di tentare” aveva indicato, con lo stesso calice, Blaine e Seth che si erano sorrisi.
Seppe dallo sguardo grato di Blaine che il loro ricordo comune era ancora nitido.
Si era voltato verso Sebastian che, le sopracciglia inarcate, stava sostenendosi il viso con la mano, il gomito puntellato sulla tavola, ignorando ogni suo suggerimento sulle buone maniere a tavola e sul cerimoniale e il galateo più idonei ad un matrimonio. Aveva un’espressione circospetta, evidentemente attendendo il momento in cui avrebbe parlato di sé.
Sorrise tra sé Kurt, schiarendosi ulteriormente la gola.
“E poi c’è quello che è rifiutato spasmodicamente, con tutte le proprie forze; quello che si vuole sopprimere fin da quando comincia a manifestarsi ed ignorarne i segnali. Quello tanto odiato quanto intenso” aveva pronunciato quelle parole con tono stoicamente sofferto e sospirato che aveva fatto ridere qualche invitato ma indotto Sebastian a fissarlo con evidente stizza.
“Sì, amore” sottolineò il nomignolo con evidente ironia. “Sono sicuro che abbiamo tutti colto l’allusione velata” replicò serafico, facendo accrescere ulteriormente il divertimento agli astanti prima che Kurt, un sorriso più complice, riprendesse il discorso.
“Il punto è che qualunque sia la storia di ogni amore, esso inizia sempre come un segreto ma diviene la verità più solida della nostra vita” aveva sorriso a Sebastian, in uno sguardo che sembrava dire tutto quello che normalmente non era espresso tra loro.
Soprattutto non con un pubblico ad osservarli ma, da come questi sorrideva in risposta ed annuiva, seppe che aveva compreso.
Più di chiunque altro, così era sempre stato.
“Grazie di avermelo insegnato” aveva sussurrato in direzione di Nick.
“Non vi dedicherò altre frasi di precetto: vi appartenete ancora prima di essere nati. Continuate solo ad essere voi stessi. Viva gli sposi!” alla sua esclamazione era seguita l’ovazione generale e Kurt si era nuovamente accomodato accanto a Sebastian.
Non disse nulla quest’ultimo, avvicinò la mano alla sua, abbastanza perché le loro fedi si sfiorassero.
Non udì neppure gli altri brindisi, la sua mente stava nuovamente viaggiando altrove.
 
La neve era caduta copiosamente anche quell’anno: avvolgeva ogni cosa nel suo candido manto che rendeva tutto più magico. Un arricchimento scenografico che lo aveva sempre emozionato, soprattutto quando associava quel periodo dell’anno al ricordo di come tutto era iniziato; una sviolinata romantica che, tuttavia, spesso lasciava tra i propri silenziosi pensieri.
Tornare a Lima per il weekend, dalla pausa natalizia dal suo lavoro ormai a tempo indeterminato a Vogue.com (in attesa di avere abbastanza fondi e sicurezza per intraprendere una propria attività) era stata la giusta scelta: se anche la sua vita ormai era quasi interamente vissuta a New York con Sebastian, non aveva perso la cognizione di famiglia e di unità, soprattutto in quei momenti particolari dell’anno.
Camminavano in silenzio, la sua presenza era testimoniata dal loro passo quasi coordinato e dalla pressione delle sue dita contro le proprie.
Era parso pensieroso ma, ad ogni domanda ed allusione, era stato evasivo e Kurt non doveva che attendere che fosse proprio lui a voler spontaneamente parlare.
Sicuro di non voler dormire da me?” gli aveva chiesto Sebastian, rompendo il silenzio, appena giunti fuori dalla proprietà degli Hummel-Hudson.
Ne aveva cinto la vita a trattenerlo e Kurt aveva sorriso più dolcemente. Sapeva che Sebastian non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad eludere la presenza del padre e riuscire a penetrare in casa da una finestra lasciata schiusa. Ma il rapporto tra lui e suo padre era sempre stato vincolato alla fiducia e non aveva intenzione di cominciare a comprometterlo, specie considerando passasse quasi tutto l’anno nell’appartamento che condividevano a New York.
“L’ho promesso a mio padre, è la Vigilia di Natale in fondo” sussurrò in risposta e Sebastian parve appena imbronciarsi.
“Immagino di poter essere abbastanza magnanimo” aveva sussurrato con un dardeggio più malizioso dello sguardo. “Ma ti ricordo che sotto questo albero, devi pagare dazio”.
Kurt sorrise con simile complicità: era lusingato e compiaciuto che lui stesso facesse riferimento a quell’episodio in particolar dal quale, ad una maniera inimmaginabile allora, tutto era iniziato.
“Sguazziamo nei ricordi?” lo provocò divertito.
Scrollò le spalle, Sebastian, un verso di divertimento a sgorgare dalle labbra.
“Non mi è mai occorso il vischio per baciarti” sottolineò con incrinatura maliziosa della voce, ricordando anche di averlo sbeffeggiato circa la possibilità che dovesse usare quell’espediente con Blaine per riceverne un gesto romantico.
“Meglio controllare comunque”.
Aveva sollevato gli occhi, Kurt, per poi sgranarli: appeso ad un ramo e legato da un nastro azzurro – avrebbe giurato fosse lo stesso dal quale pendeva il vischio cinque anni prima – vi era un cofanetto. Scrutò Sebastian che, lo stesso sorriso compiaciuto, sfilò il nodo per prendere la scatolina ma la trattenne tra le dita, facendone accrescere il ritmo delle palpitazioni, il respiro già convulso.
“Sebastian” ne pronunciò il nome, quasi una richiesta o un bisogno, difficile a dirsi.
“Shhh” lo zittì con un dito sulle labbra prima di sospirare.
Evidentemente era giunta la parte meno facile ma quella più importante.
“Sai che non sono un romantico e sai che la prima volta che ti ho baciato sotto questo ramo, era solo una provocazione” aveva esordito, il tono perfettamente composto, quasi sferzante nel ribadire quella verità anche nelle implicazioni meno romantiche o lusinghiere.
“Ma non sai che quel messaggio, che ti inviai quella stessa sera, avrebbe dovuto umiliarti e, invece, ferì soltanto il mio orgoglio perché, da quel momento, ho solo pensato a quel miele di cui odiavo il sapore perché troppo dolce. Perché troppo te”.
Aveva sentito il cuore fermarsi, gli occhi erano divenuti più lucidi ma Sebastian aveva continuato: evidentemente dopo aver superato quella remora iniziale – il suo stesso orgoglio – non si sarebbe fermato fino al momento più cruciale.
“Odiavo vederti sognare di Blaine ma odiavo il più il fatto non fosse più lui quello che volevo portarmi a letto; odiavo tu fossi così insofferente perché rivelava quanto io non riuscissi più ad esserlo. Ho odiato ogni bacio mancato e il nostro segreto.
Ho odiato trovare una canzone che parlasse di noi, ho odiato trovarti nel nostro camerino quando non osavo sperarlo.
Ho odiato amare ogni giorno con te o comprendere sarebbe sempre stato così.
Ti odierò se adesso oserai piangere e non mi dirai subito di sì ma, Kurt, vuoi sposarmi?”.
Sbatté le palpebre, non si sforzò neppure di controllare il proprio battito o la respirazione: continuò ad osservarlo, il sorriso che tremava sulle stesse labbra all’essenza di miele.
Un solo attimo che avrebbe cambiato ogni cosa.
Un attimo che avrebbe determinato la loro esistenza, da quel momento in poi, eppure anch’esso portatore di una verità che mai era stata così palpabile.
 “Sì” pronunciò con voce flebile ma lo sguardo determinato.
“Sì, voglio sposarti”lo aveva pronunciato guardandolo dritto negli occhi e Sebastian aveva sorriso, di quel sorriso più sincero che ne fece illuminare lo sguardo.
Sostarono così, occhi negli occhi: fu come conoscersi ed innamorarsi per la prima volta eppure soltanto l’ultima grande conferma.
“Ma ora mettimi l’anello, poi potrò baciarti” sembrò quasi implorarlo, porgendo la mano evidentemente fremente per come si stava letteralmente agitando, probabilmente era solo l’emozione che gli impediva di saltellare sul posto.
“Come siamo irruenti” lo canzonò Sebastian, seppur la sua stessa voce suonasse più rauca del suo naturale timbro.
Le sue dita erano percosse da un lieve tremolio mentre schiudeva la scatola e Kurt tratteneva il fiato nel rimirare l’anello.
“E poi sarò io a baciarti, dopo questa manfrina diabetica credo sia il minimo”.
“Sta zitto e mettimelo” lo incalzò Kurt, strappandone una risatina prima che gli sollevasse delicatamente la mano per poi insinuare l’anello all’anulare: una singola banda in oro bianco con una pietra di zaffiro ed una di smeraldo che Kurt rimirò con occhi lucidi prima di sollevare di nuovo lo sguardo su di lui.
“Lo voglio”.
“Sei in anticipo” lo canzonò l’altro ma non gli diede ulteriore tempo di replica perché lo premette per un istante contro l’albero e si chinò a baciarlo con intensità.
Ne cinse la vita a schiacciarlo maggiormente contro di sé.
Soltanto dopo essersi separati, Kurt gli adagiò le mani sul torace e lo osservò con un sorriso.
“Odierei tenerlo segreto ma, sì, voglio sposarti e voglio che tutti lo sappiano”.
“E’ il tuo giorno fortunato” replicò l’altro e, senza attenderne replica, lo prese per mano e lo condusse fino all’uscio di casa che schiuse con un sorriso.
Uno striscione con la scritta “CONGRATULAZIONI KURT E SEBASTIAN” era appeso in salotto e i suoi ex compagni del Glee Club del McKinley e della Dalton e i suoi familiari erano tutti in attesa di festeggiare il lieto annuncio.
Neppure quello un segreto, dopotutto.
~
 
Depositò dolcemente Nicolas nel suo lettino e, controllato che anche Sissy stesse dormendo, chiuse la porta della cameretta. Sebastian era nel corridoio ad attenderlo: indossava ancora lo smoking seppur ne avesse già tolto la giacca, arrotolato le maniche della camicia e allentato la cravatta ma era la sua solita espressione sorniona e sbarazzina a renderlo sempre così riconoscibile.
“Se pensi di sprecare tempo con la pulizia del viso, stasera, ti avviso che non sono dell’umore”. Aveva commentato, seguendolo mentre entrava nella loro camera da letto.
Si tolse la giacca di raso, l’appese con cura nella gruccia e quindi nell’armadio cabina prima di voltarsi ad osservarlo.
“E se io non fossi dell’umore senza?” lo provocò a propria volta, volgendosi appena ad osservarlo mentre Sebastian avanzava, inducendolo a cozzare contro l’anta dell’armadio.
Sorrideva di quel sorrisetto presuntuoso e sicuro di sé, lo stesso che aveva sempre esibito in circostanze nelle quali era sempre difficile non cedergli, se non per puro orgoglio o testardaggine.
Scintillavano gli occhi di Sebastian e Kurt seppe che conosceva ogni suo pensiero.
Si strinse nelle spalle, Sebastian, e avrebbe potuto giurare che avesse già immaginato la sua replica ma ciò non lo avrebbe comunque mai dissuaso, così come non sarebbero mai stati completamente ebbri e stanchi di quel continuo ricercarsi.
Si sporse al suo orecchio, soffiandovi sopra e strappandogli un brivido lungo la spina dorsale, ricercandone lo sguardo e deglutendo a fatica.
“Allora dovrò stuprarti”. Fu la replica semplice quanto concisa che ne strappò un verso a metà tra il divertimento e la stizza.
 Lo scostò da sé, fissandolo con finta indignazione.
“Idiota”. Lo rimproverò, la voce tuttavia più languida, già un cenno di intensa e di cedimento.
“Mi ami per questo”. Sussurrò in risposta e, ignorandone il tentativo di replica, ne cinse il viso con un movimento fluido della mano per poi chinarsi a saggiarne le labbra con le proprie.
Si rilassò istintivamente, Kurt, lasciò che lo premesse contro di sé: c’era la solita musicalità con la quale sbottonava le asole, percepiva la morbida dolcezza delle sue labbra percorrerne il collo laddove vi erano quei minuscoli nei che neppure il fondotinta poteva celargli.
Il ricadere insieme, aggrappandosi all'altro, senza mai lasciarsi, il calore dei loro respiri tesi a divenire un’unica essenza come i loro profumi di cui erano intrise le lenzuola o i cuscini al risveglio da una notte d’amore.
Sorrise, osservandone i lineamenti carezzati dai raggi di luna, sfiorandoli devoto con le dita, sporgendosi a capirne nuovamente le labbra, prima di scostarsi.
“Il tuo sentimentalismo continua a sorprendermi” sussurrò con voce più rauca e insonnolita. Sebastian sorrise in risposta, sfiorandone appena le labbra con il pollice, ancora indugiando in quello scambio di sguardi, senza tempo. Senza fretta.
Anche dopo l’amore, restava il momento della contemplazione e del ritrovarsi e sembrava avere un irresistibile fascino, una sicurezza che così sarebbe sempre stato.
“Il tuo burro cacao no, ma questo non è mai stato un segreto” soffiò delicatamente contro le sue labbra. Sorrise di quel bacio, l’ennesimo ricordo di quel primo bacio e la consapevolezza che il segreto di quell’amore, fosse la totale mancanza di segreti l’uno per l’altro.
“A proposito, vorrei riaverlo: so che me lo hai sgraffignato di nuovo dalla mensola del bagno”.
“Assolutamente no” replicò l’altro in tono divertito ma fermo nella sua risoluzione.
“Sai di non potermelo nascondere a lungo” proclamò con un sorriso, le dita a tracciare la curva dei nei sulla guancia e Sebastian annuì.
“Non ho più segreti per te” era stata la sussurrata risposta.
L’ennesima promessa, l’ennesima verità.
 

 
 
 
 
The End
 
 
E' il 30 Aprile (tanti auguri Dianna!) e sono passate da poco le 18.00 ed è la seconda volta che rileggo questo capitolo finale che verrà pubblicato da qui a pochi giorni. La prima revisione è stata ieri: una spruzzata di errori dislessici (oh, quelli ormai sono una mia firma quindi non scandalizzatevi se ne troverete alcuni prima che la mia Blaine me li possa far notare) e qualche rispolverata ai tempi verbali o correzione di parole o inserimenti di azioni tra i dialoghi (l'ultima scena prima del “The End” per essere precisi). Ho riletto il tutto ieri e, arrivata alla fine, non ero del tutto soddisfatta.
Seconda revisione, iniziata un'oretta fa, (altri piccoli ritocchi di grammatica o calcoli tempistici per sapere più o meno a che età Kurt e Sebastian si sono sposati e poi sono divenuti padri) e conclusa cinque minuti fa. Ho concluso la lettura con un reale sorriso.
Certo, da qui a Venerdì probabilmente, saranno altre le piccole revisioni (a livello grammaticale, si intende!) e probabilmente fino al momento immediatamente precedente al “pubblica il nuovo capitolo” ci sarà qualcosa che poco mi convince o qualche remora.
Ma ho una certezza, a questo punto: ho concluso il cerchio ed è il momento che io lasci andare Kurt e Sebastian, Nick e Jeff, Blaine e Seth per quanto abbia la sensazione di averli appena stretti a me.
Non mi sembra passato molto tempo da quando ho ideato una fanfiction a capitoli da un semplice racconto per la Kurtbastian Week di Dicembre ma sono passati diversi mesi nei quali mi hanno accompagnata. Mi hanno reso più piacevole un tragitto in treno, l'attesa del ricevimento con la relatrice. Stavo affrontando i dilemmi sentimentali di Kurt per ignorare la tensione pre-laurea, giusto la settimana prima della discussione di tesi.
Ed è giunto il momento più dolce ed amaro.
Questa fanfiction non è stata semplicemente il primo esperimento di una storia a capitoli tra i due protagonisti; non soltanto un percorso che ha accompagnato un momento importante nella vita accademica. E' stato uno scoprirmi io stessa tra i pensieri tormentati di Kurt, tra il suo commettere errori, anche consapevole di starlo facendo, il suo cadere rovinosamente per poi risollevarsi, dare una direzione alla sua vita.
La paura ancora esiste ma, come è stato suggerito da Burt, è necessario andare oltre per non lasciar scorrere la propria vita ed esserne il soggetto e non l'attore.
Ho vissuto nella pazienza di Nick, nella sua saggezza e nella sua fiducia incondizionata e i suoi principi saldi e irrinunciabili; ho vissuto nell'ironia di Sebastian a nascondere molte più fragilità e timori di quanto si voglia lasciar intravedere.
Ed è ora il momento di chiudere questo progetto ma mantenere la mente febbrile per nuove possibilità e nuovi stimoli.
Ringrazio tutti voi che avete seguito questo racconto dall'inizio e vi siete appassionati a poco a poco, voi in particolare che l'aveva selezionata tra le ricordate, le seguite o addirittura le preferite.
Un ringraziamento particolare a Giulia che non ha mancato di farmi conoscere le sue opinioni e la sua stessa attesa e trepidazione per i capitoli da pubblicare.
Un abbraccio ad Annalisa e i suoi commenti in privato e le aspettative ad ogni nuovo capitolo.
Un ultimo (in questa sede ovviamente!) abbraccio alle mie Blaine e Sebastian nella vita reale: non saprei quanto di reale ci sia dei nostri rapporti traslati in questo scritto; ma di certo c'è tutto il mio affetto e ringraziamento per ogni giorno vissuto insieme. Anche per la composizione di questa fanfiction.
L'ultimissimo ringraziamento è tutto a loro: a Kurt e Sebastian.
A Nick e a Jeff,
A Blaine e Seth.
Vostra,
Kiki87.
 
 


[1] Sto immaginando le vostre espressioni interdette e stordite e, sì, la cosa mi diverte alquanto. Ad ogni modo, come si sarà compreso, l’epilogo è ambientato diversi anni dopo la conclusione del capitolo precedente. Considerate questa fan fiction, se volete, un breve racconto nel quale Kurt ha ripercorso la sua storia d’amore con Sebastian: la voce narrante del prologo e del primo paragrafo dell’epilogo sono le stesse  parole di Kurt per poi passare, come vedrete, alle singole scene del capitolo, come stato finora.
I bambini che appariranno sono Sissy e Nicolas Hummel Smythe che ho già “presentato” in una one-shot dalla stessa Kurtbastian Week da cui mi sono ispirata per Our Secret. Naturalmente si è trattata di una gravidanza con madre surrogata: Sissy è biologicamente figlia di Kurt e Nicolas (nome francese che si pronuncia: Nicolà) è biologicamente figlio di Sebastian. Vi ricordo, inoltre, che Kurt aveva promesso a Nick, seppur scherzosamente, che avrebbe dato il suo nome al loro primo primo figlio maschio, quindi i conti tornano :)
[2]Ho cambiato molte cose rispetto alla narrazione originale della seconda stagione e lasciatemi dire che far vincere i Warblers è stato, fin dall’inizio, uno sfizio che volevo togliermi :D
[3] Riferimento alla scena cinematografica, tratta dall’omonimo romanzo di Nicholas Sparks: “Le pagine della nostra vita”.
[4]Sono tutti riferimenti alla saga di Star Wars: come già detto, Yoda era il Sommo Maestro Jedi; noto per la sua saggezza e per le sue eccellenti qualità di guerriero. Con il termine “Padawan” i Maestri Jedi appellavano i loro allievi durante l’addestramento, prima che diventassero essi stessi “Maestri”. L’augurio di Kurt è un riadattato “Che la forza sia con te” la formula di saluto e di augurio che era in usanza tra i Jedi.
[5]Kyle Anderson Glassman, è il figlio di Blaine e di Seth, anch’egli nato da madre surrogata e biologicamente figlio di Blaine.

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