L'altra metà del cielo

di wislia
(/viewuser.php?uid=141847)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La notte in cui tutto ebbe inizio... ***
Capitolo 2: *** Mamma...sono incinta! ***
Capitolo 3: *** Il cielo è qualcosa di profondamente incompleto ***
Capitolo 4: *** Il momento della verità ***
Capitolo 5: *** Perle di dolcezza... ***
Capitolo 6: *** La scioccante risposta ***
Capitolo 7: *** Incontri e ''buche'' ***
Capitolo 8: *** Sto morendo d'amore... ***
Capitolo 9: *** Questa volta è finita! ***
Capitolo 10: *** L'altra metà del cielo ***



Capitolo 1
*** La notte in cui tutto ebbe inizio... ***


Sierra esce dal bagno esausta,appendendosi alla maniglia della porta pur di non cadere.
Le gira ancora la testa,ma dopo aver vomitato anche l'anima,la nausea è passata.
Sono le 3 di notte.La ragazza,barcollante,si fionda sotto le coperte e chiude gli occhi.
È da qualche giorno che va avanti così.Continui maldipancia,continui malditesta...
Sierra ancora ne ignora il motivo,ma,in fin de conti,dentro di sè lo sa.
Sa cosa ha fatto,sa che il motivo di tutti questi malori è dovuto a quella notte.La notte dopo la quale pensava che tutto sarebbe finito,ma che in realtà ha segnato solo l'inizio.
Era triste,quella sera d'estate.Provava dolore,ma non fisico,interiore.Era come se dentro di sè,nei meandri del suo cuore,si fosse aperta una ferita,che faceva più male di una coltellata nel petto.
La causa era lui,Cody.Come sempre del resto!
Ma stavolta aveva fatto qualcosa di molto più grave,stavolta l'aveva fatta soffrire.
L'aveva rifiutata,in modo del tutto inappropiato,dicendole cose schifose,cose che l'avevano distrutta,calpestata,come una sigaretta consumata.
E così se n'era rimasta sull'aereo di Chris,sola,a piangere in silenzio,sollevata dal fatto che lì nessuno l'avrebbe sentita singhiozzare,nessuno l'avrebbe derisa un'altra volta.Gli altri erano fuori,a festeggiare la loro NON eliminazione attorno a un allegro focherello,a raccontarsi chissà quali storielle.
Ma,nella foga del pianto,non si era accorta che lì,nell'ombra dell'interno di quel polveroso veicolo,c'era qualcun'altro oltre a lei.
-Sierra,cosa ci fai qui tutta sola,perchè non scendi e ti unisci a noi?-
Sobbalzò nel sentire quella voce,anche se,un secondo dopo,riconobbe l'inconfondibile tono provocante di Alejandro.
-Niente.Solo...non mi va di venire,ecco tutto!-disse infastidita,cercando di fingersi tranquilla,pur consapevole del fatto che anche un muro di mattoni,nel sentire la sua voce tremate e malinconica,avrebbe capito che stava piangendo.
-Mmmh....percaso vedi comparire le lettere della parola "stupido''sulla mia fronte?Dai,dimmi cos'hai!-rispose sarcastico,avvicinandosi.
Cercò di girarsi dall'altra parte,prima che lui potesse notare le sue lacrime,ma non riuscì a nascondere in tempo i suoi occhi rossi e umidi.
-Sierra,ma tu...tu stai piangendo!Per quale mot...-
-Sì,hai ragione,sto piangendo!E da quasi un'ora,pergiunta!Solo adesso qualcuno si degna di venire a vedere come sto e,guarda caso,non è neanche la persona che mi dovrebbe le sue scuse!Forse Sierra,la fastidiosa e appiccicosa Sierra,non è abbastanza importante da essere trattata con dignità,a dispetto di coloro che hanno un bel fondoschiena e un fisico da paura!-
Era sbottata in modo così violento,impossessata dalla rabbia e dalla frustazione,che persino lei,ripensando alle parole appena dette,si era accorta di avere asegerato.In fin de conti Alejandro non aveva fatto niente di male,almeno non a lei,anzi,stava persino cercando di essere gentile. Assottigliò lo sguardo e diventò serio di botto,cancellando dalle sue labbra sensuali il solito sorriso malizioso.
-I-io....bè,scusa...non credevo che....volevo solo....insomma,è per colpa di quel tappo che sei ti sei ridotta in questo stato?È per via di quel....Cody?-chiese,aggiungendo un piccolo tocco di disprezzo sull'ultima parola. Sì,era stato lui.Era tutta colpa sua,ma nessuno aveva il diritto di chamarlo ''tappo''!
Sierra si alzò infastidita,forse per via del bisogno di sfogarsi,forse per via del fatto che,nonostante tutto,quel piccoletto lei lo amava,poi alzò la mano,intenta a stampare le sue cinque dita su quel bel visetto olivastro,ma fu bloccata dalla mano ferma di lui.
Quasi sussultò a quella presa inaspettata e impassibile,ma terribilmente calda.
-Tu non lo meriti,Sierra....lui non ha il diritto di farti questo!Hai smesso di vivere per lui,hai smesso di divertirti per lui!Soffri...per lui,senza capire che non serve a niente!-
Quelle parole,dette con cattiveria e furbizia,la fecero infuriare ancora di più.Ma il ragazzo la bloccava sempre più fortemente a ogni tentativo di fuga.
-No,non è vero!Basta!-urlò Sierra,intrisa di dolore.
-No che non la smetto!Guarda in faccia la realtà!Ti stai facendo in quattro per fargli capire quanto dannatamente lo ami e in cambio cosa ti è arrivato?Solo disprezzo e prese in giro!Non ne vale la pena,dico davvero!-
Parlava con ribrezzo,con spudoratezza,lo faceva apposta,per farla soffrire ancora di più,ma in fondo Sierra lo sapeva,lo sapeva che era la verità.L'amara e dura verità.
Per un attimo sentì tutta la rabbia trasformarsi in debolezza e la ferita aprirsi ancora di più,sentì le gambe deboli,come se non ce la facesse più a reggersi in piedi,come se non fosse più in grado di tenersi in equilibrio.
Di colpo Alejandro la lasciò e le sue braccia caddero sui fianchi in modo fiacco.
Presa da una strana forza,la ragazza si lanciò verso di lui,abbracciandolo e scoppiando di nuovo in un fragoroso singhiozzare.
Si finse sorpreso,ma in realtà non lo era,il suo spirito da ammaliante ingannatore stava colpendo di nuovo e questa volta la vittima era Sierra.
Aveva già pianificato tutto.Con mano dolce cominciò ad accarezzarle lentamente i lunghi capelli purpurei,le guancie e poi le bisbigliò-Shhhh....tranquilla....ci sono io qua....-.
Quella voce era un'arma così provocante che la ragazza si fece ingannare lasciandosi andare lentamente tra quelle braccia forti e muscolose.Non lo sapeva che quello che sarebbe accaduto di lì a poco,avrebbe cambiato letteramente la sua vita,per sempre.
Con delicatezza Alejandro la spinse verso il sedile dell'aereo,poi le si sdraiò di sopra,in un modo che le fece venire un brivido lungo tutta la schiena. Non riusciva a ragionare,respirava affanosamente,senza pensare a nulla.
Il ragazzo cominciò a baciarla,poi a toglierle lentamente i vestiti.Sierra si sentì leggermente imbarazzata.Il suo fisico discreto non aveva nulla a che fare con il corpo di lui,scolpito perfettamente come una statua.
Per un tempo che sembrò interminabile,stette lì,sotto lui,a farsi usare in una maniera che le provocava un piacere assurdo.Solo quando le prese le mani,si risvegliò dall'apparente trans,rendendosi conto di ciò che stava per succedere.
Improvvisamente la paura e l'ansia si impossessarono del suo corpo,facendola sussultare di scatto.
-No!Non posso fare questo a Cody,non posso,mi dispiace!E poi...ho paura!-ansimò tremando. Ma Alejandro,aveva pianificato anche quello.
-Shhhh....non temere,è tutto a posto....goditi il momento,Sierra...lasciati andare!So che vuoi farlo!Non pensare a lui!Non ti merita,te lo assicuro!-sussurrò provocante.
La ragazza non seppe resistere a quella voce.Era vero,lei voleva farlo,voleva lasciarsi alle spalle quello stupido,stupidissimo tappo che l'aveva solo che fatta soffrire e vivere,una volta tanto!Anche lei ne aveva diritto.
Così,ecco che accadde.Attorcigliò le dita attorno a quelle di lui,per fargli capire che poteva proseguire,poi chiuse gli occhi,si morse le labbra e si sottomise a quel potere fisico.
La prima volta.Quando aveva quindici anni,sapeva che sarebbe stata bellissima,la migliore che ogni adolescente può desiderare.E infatti fu così.
Un intruglio di emozioni intense e mai provate,la catapultò in un mondo meraviglioso.Faceva male,sì,ma non voleva che Alejandro smettesse.
La nottata passò tutta a quel modo,fra gemiti e sospiri.Mentre lei si lamentava,lui sghignazzava malizioso,senza farsi vedere.
Ecco,un'altra vittima del suo corpo,un'altra ragazza ingenua,da usare per una sera e da buttare via il giorno dopo.Ma lei,ferita dalle parole di colui che amava,non avrebbe mai potuto sospettare che da quel momento in poi,sarebbe diventata una delle tante sigarette di Alejandro,fumate e subito dopo calpestate.

Sierra si alza e scende al piano di sotto,diretta verso la cucina.
È dannatamente tardi,ma tanto,in queste condizioni,l'idea di andare a lavoro non le passa neanche per la testa.
Subito dopo aver partecipato ad "A tutto reality",ha trovato un posto come cameriera ad una tavola calda,però è da giorni che non si presenta.
Per un attimo,la voce severa del capo le rimbomba nella testa,infuriata.Prima la salute e poi il dovere,diceva sempre sua nonna.
Sul tavolo della cucina,vicino al vaso coi fiori,un piatto con dei cornetti fumanti attira il naso della ragazza.
-Buongiorno!Anche oggi marini il lavoro?-chiede dolcemente la mamma,una donna di statura bassa,con dei limpidi occhi color verde smeraldo e la pelle color cioccolato che,sotto le rughe formatesi nel tempo,porta ancora i segni di una passata bellezza.
-Se in questo momento ero in un chissà quale pub a divertirmi,allora si poteva parlare di marinare il lavoro,ma visto che mi sto assentando per indisposizione,sono giustificata!-risponde Sierra con un ghigno infantile,addentando con un bel morso un pezzo di cornetto.
La mamma sorride,scuote la testa e alza gli occhi al cielo.
-E quale sarebbe la causa di questa....INDISPOSIZIONE?-
Un tonfo improvviso raggiunge il cuore della ragazza.Sapeva che prima o poi si sarebbe presentata questa domanda,ma nn aveva mai pensato ad una possibile risposta,poichè il dubbio che da tempo che abita nella sua testa coglierebbe molto più di sorpresa la madre,piuttosto che lei.
-Raffreddore,tosse....forse ho un pò di influenza!-risponde abbassando lo sguardo sul suo squisito cornetto.
-Mmmmh....non me la dai a bere,sai?-
Sierra si infastidisce notelvolmente e sbotta
-Mamma,stai tranqui...-
Di colpo i suoi occhi si posano sul calendario appeso al muro appena sopra le spalle della madre.
La ragazza comincia a fremere visilmente.
-Che c'è?-si allarma la donna voltandosi.
-N-no....è solo che....qualcosa non quadra!-risponde alzandosi dalla sedia in legno di ciliegio e avvicinandosi lentamente al muro.
Di solito,lei sua e sua madre hanno l'abitudine-come praticamente tutte le donne-di segnare sul calendario i giorni in cui hanno il ciclo.
Sierra appoggia il dito sul 25 agosto,giorno in cui le era venuto l'ultima volta,poi prende a scorrere verso giù,contando 28 giorni,girando pagina e ritrovandosi al 22 settembre.
Spesso le era capitato,in passato,di essere vittima di lievi ritardi,ma questa volta il tempo le sembra un tantino essersi prolungato.
È il 30 settembre.Una settimana e un giorno.
Il cuore comincia a batterle in modo talmente forte,da farle pensare di essere vittima di un attacco di tachicardia. Il respiro diventa sempre più pesante e frenetico e il corpo inizia a tremare.
Prima la nausea che la sveglia ogni notte,poi i continui malditesta,adesso questo grande ritardo.
Ormai le prove sono inconfutabili.
Sierra barcolla leggermente,poi,con occhi sgranati,gira la testa verso la madre.
-Mi vuoi dire che diamine succede?-chiede spazientita la donna con le mani sui fianchi.
-Ma-mamma...credo di dover fare il test...-
-Il test?Sierra io non...-
-Il test di gravidanza,mamma!-

Fine primo capitolo.
Che ve ne pare?
Ok,è la prima fanfic che pubblico,siate clementi,vi prego!
So che è un'idea balorda,per niente originale e persino scritta male,ma era da tempo che se ne stava rintanata in una cartella dimenticata del mio pc e così l'ho riletta e poi ho preso coraggio e l'ho pubblicata.
Spero vi sia piaciuta almeno un tantino! Sierra e Alejandro....che razza di idea è mai questa?Sì,lo so,lo so!Avevo voglia di sperimentare qualcosa di nuovo!
Vabbene dai,ora vi lascio in pace che il mio orologio segna l'una di notte!
Recensite in tanti,si accettano commenti positivi,negativi e soprattuto consigli (non siate troppo malvagi,però XD).
Ci vediamo al prossimo capitolo! bye bye
Wislia

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Mamma...sono incinta! ***


Salve a tutti! Perdonate il mio enorme ritardo, ma ho avuto un pò di contrattempi con lo studio e, oltretutto, qui dove vivo ha persino nevicato ( romantico eh? XD ), perciò la connessione è venuta spesso a mancare.
Chiedo di nuovo scusa e vi lascio alla lettura del nuovo capitolo!
Ciao :)

La donna, il cui viso poco prima rappresentava l'emblema della serenità, sgrana gli occhi e spalanca la bocca, in cerca di qualche elemento che le possa far capire che ciò che le è appena stato detto dalla figlia, in realtà è solo una stupida bugia.
-Te-test....di...gravidanza...hai detto?- chiede scioccata.
Sierra è ancora lì, in piedi accanto al muro, col dito rigorosamente puntato su quel maledetto 30 settembre. Il cuore non batte più alla stessa velocità di prima, anzi, si è praticamente fermato.
-Sì mamma...credo di poter essere...I-INCINTA!- balbetta, facendo una un'enorme fatica nel pronunciare l'ultima parola. Neanche lei stessa riesce a farsene una ragione.
-O mio Dio!- esclama la donna, con il vassoio dei cornetti ancora fra le mani, come se quella fosse stata l'ultima cosa che avrebbe mai voluto sentirsi dire dalla ragazza.
-Questo vu-vuol dire che tu...hai fatto...- continua, allibita da ciò che non riesce a dire.
Sierra impallidisce all'istante. L'ultima cosa di cui avrebbe voluto parlare con la madre, è proprio l'enorme sbaglio fatto durante quella notte. Non vuole raccontare ciò che è successo con Alejandro, non in queste circostanze, almeno.
-Io...sì...l'ho fatto...- sussurra timidamente, spaventata dalla possibile reazione che potrebbe avere la donna.
Un lungo silenzio cade improvvisamente all'interno della stanza, facendo sussultare le malconcie pareti da cui è composta.
-Bene...- bisbiglia la donna donna, profondamente delusa, abbassando lentamente lo sguardo color verde smeraldo.
Un violento presagio di angoscia e tristezza invade il di corpo Sierra, facendola sprofondare in una lieve malinconia.
-Perdonami...- conclude sospirando, come se dovesse scusarsi con la polizia di aver commesso una rapina. In realtà, dentro di sè, sa che non ce n'è bisogno, perchè non serve a niente pentirsi di un'azione già compiuta, quando ormai è troppo tardi per ricucire il danno.
-E...con chi...l'avresti fatto?- chiede ancora la donna, sempre più stufa di quella conversazione, ignorando completamente l'inutile richiesta di perdono della figlia.
Ecco, un'altro quesito la cui risposta è nascosta dietro pagine di ricordi, a cui la ragazza non vorrebbe accedere.
-Con...Alejandro...- dice Sierra esausta, grattandosi il collo.
Lo sguardo della donna ricade immediato su colei che ha messo al mondo vent'anni prima e la rabbia e l'odio da sempre provati verso il ragazzo in questione salgono su, tentando di attraversare il muro delle corde vocali.
-Cosa?- urla facendo tremare i muri, visibilmente ardente di delusione e accanimento.
La ragazza sussulta, pentendosi della confessione appena fatta. Dentro lo stomaco un intruglio di paurie e ansie, nella mente interrogativi senza valida risposta.
-No...questo no...non dovevi farmelo! Cosa diamine ti è saltato in testa? Per quale motivo hai fatto una cosa simile, Sierra? Sapevi benissimo a cosa andavi in contro e poi...-.
Sierra tira improvvisamente un calcio alla gamba del tavolo, stufa di tutte quelle prediche senza fine, poi apre la bocca e grida -Basta! Sì, vabbene, hai ragione tu, hai SEMPRE ragione tu, ma ormai è successo e questo vuol dire che doveva andare così, che probabilmente era destino che io andassi a letto con Alejandro, perchè io ho voluto farlo, è stata una mia scelta e non si torna indietro! Quindi ora finiscila di recitare la parte di quella che nella vita non ha mai commesso sbagli e vai a comprarmi quel maledettissimo test!-.
La madre rimane immobile, impietrita, come se avesse appena visto un fantasma, stupita dalla violenta reazione della figlia. Senza più saper cosa dire, posa delicatamente il vassoio sul piano cottura in acciaio, si avvia verso l'appendi abiti, appena fuori dalla porta della cucina, poi indossa il cappotto ed esce di casa, sbattendo fortemente la porta alle sue spalle.
La ragazza è terrorizzata, consumata dal rimorso delle orribili cose appena dette. Guarda la parete opposta a quella sulla quale è appoggiata, con occhi assenti, lucidi e dopo si lascia cadere a terra, in ginocchio, scoppiando in un rumoroso pianto.

Sono le 11.20.
Sierra è in piedi, davanti allo specchio, con la verità tra le mani.
Dovrebbe passare qualche minuto, prima di poter sapere il verdetto finale. La ragazza lancia insistemente sguardi fuggenti all'orologio, ansiosa di leggere la risposta a tutti i dubbi che da tempo abitano nei meandri della sua mente affollata.
Un secondo...due secondi...tre secondi...
Sierra è ansiosa, anzi, visibilmente terrorizzata. Cerca continuamente di distrarsi con inutili canzoncine, ma ogni tentativo di alleggerire la tensione che invade il bagno è vano.
Ha paura, però, quasi inspiegabilmente, non teme un risultato positivo, ma negativo. Se fosse realmente incinta, tutta la solitudine che perseguita giornalmente la sua monotona vita, verrebbe stravolta dall'allegria delle risate di un bambino e lei riuscirebbe a raggiungere finalmente la felicità che da sempre desidera. Il problema è che non saprebbe come comportarsi, non potrebbe assicurare a suo figlio un futuro pieno di riccherezza materiale, ma sicuramente gli donerebbe tutto l'amore che il suo grande cuore può contenere.
Sierra guarda di nuovo l'orologio. Il tempo è finalmente passato e tutto l'entusiasmo e la curiosiotà di cui la ragazza era preda attimi prima, si tramuta in ansia e tensione. Il cuore prende a battere forte, quasi più velocemente della pioggia che cade contro l'asfalto, fuori dalla finestra.
Senza farci troppo caso, chiude gli occhi e stringe l'oggetto elettronico fra le dita, portandolo leggermente vicino al naso.
"Fa che sia..." pensa, aprendo di scatto i due diamanti scuri incastonati sul suo viso.
POSITIVO.
Di colpo il battito cardiaco cessa di tormentare col suo persecutorio rumore il petto di Sierra e un gemito di stupore esce prepotente dalle sue labbra.
-O mio Dio...o mio Dio!- urla precipitandosi giù per le scale, rischiando più volte di fracassarsi la caviglia.
-Mamma...sono incinta,mamma sono incinta....guarda...sono incinta!- esclama saltellando, una volta in cucina, agitando fastidiosamente l'ageggio sotto al naso della donna.
Sa che sua madre non potrà condividere con lei la sua stessa gioia, non per adesso almeno, ma di una cosa è certa, questo non potrà impedirle di sentirsi al settimo cielo.

Fine secondo capitolo.
Ben ritrovati ragazzuoli ( come dice una mia amica )!
Ahi ahi ahi....la vedo brutta stavolta!
L'ho scritto ad una velocità assurda e sono convinta di poter fare di meglio!
Sentite...so che volevate il colpo di scena, che vi aspettavate Cody, Alejandro, ma questo in fin de conti è solo un capitolo di passaggio, il pezzo del puzzle che non può mancare, perchè è proprio su questo misero pezzo che si ergerà, infine, il seguito della storia.
I personaggi che desiderate arriveranno, o eccome se arriveranno....però diamo il tempo alla povera Sierra di scoprire di aspettare un bebè!
Prometto di lasciarvi a bocca super aperta al prossimo capitolo, non mi uccidete vi prego!
Buonanotte, fate bei sogni!
Wislia

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il cielo è qualcosa di profondamente incompleto ***


Alejandro apre gli occhi, illuminato dal delicato raggio di sole che filtra timidamente dalla serranda.
Accanto al suo corpo statuario, sdraiata dolcemente a pancia in giù, un'esile ragazza dai capelli neri sonnecchia senza far rumore, con il delicato viso rivolto verso la finestra.
Alejandro sfila lentamente la coperta dalle sue gambe e silenziosamente, attento a non svegliare Heater, si avvia a piccoli passi verso la cucina della lussureggiante casa in cui vive.
Ventiquattro anni, un'enorme villa e una fidanzata che in molti gli invidiano. Cosa può volere di più un giovane uomo dalla pelle olivastra?
Eppure...spesso i soldi e i beni materiali non fanno la felicità di una persona, soprattutto nel suo caso.
Alejandro accende la macchinetta del caffè e poco dopo, con la pregiata tazzina di porcellana rovente in mano, si accosta alla finestra e quasi involontariamente comincia ad osservare i grandi alberi che costeggiano il suo grande giardino.
Sono sempre loro, gli alti sempreverdi e gli eleganti ulivi, ma il ragazzo, dopo anni passati con gli occhi fissi su di essi, non si stanca ancora di guardarli.
Ultimamente, persino i pensieri che affollano la sua mente tendono ad essere sempre gli stessi. Alejandro è felice, ogni suo desiderio è un ordine per chi lo circonda, può avere tutto ciò che vuole e vive assieme alla donna che ama, ma è come se mancasse qualcosa.
Già, la vita passata a ingannare persone grazie al suo imminente fascino, a commettere spietati torti contro ingenue ragazze, solo per sfruttare i loro corpi indifesi.
Se potesse tornare indietro cambierebbe ogni cosa, perchè sa di aver sbagliato, sa di aver fatto del male a chi gli stava intorno, a Heater, ma soprattutto a sè stesso. La sua vita è incompleta. Il suo cielo è a metà.
-Ehi! Buongiorno!- mormora una voce stanca e sottile dall'uscio della porta.
Alejandro sobbalza, facendo schizzare via poche goccie del suo caffè, raffredato dai suoi pensieri.
Buongiorno amore mio!- risponde il ragazzo con tono soave -Dormito bene stanotte?-.
-Sì, ma solo perchè accanto a me c'eri tu!- biascica Heater dolcemente, con la lingua impastata dal sonno.
Alejandro sorride teneramente, guardando attentamente la ragazza di fronte a lui. I capelli, neri come la notte, le si adagiano delicatamente sulle spalle e ondeggiano lentamente al passaggio del venticello che filtra dalla finestra e i piccoli occhi scuri illuminano la pelle candida che le avvolge il viso.
-Sei bellissima...- sussurra il ragazzo quasi involontariamente, accorgendosi troppo tardi della sua affermazione.
Lo sguardo di Heater si accende improvvisamente, facendo scaturire visibimente la felicità provocatagli da quelle parole.
-Oh Ale...ti amo così tanto!- esclama facendo alcuni passi avanti, apprestandosi ad abbracciarlo.

Cody sorseggia del tè caldo, seduto ansiosamente su uno degli sgabelli appartenenti al bar, impegnato a tamburellare sul tavolo con le unghie delle dita.
È teso ultimamente, prigioniero di una strana sensazione che lo fà essere perennemente irrequieto e malinconico.
"Ma che cosa mi sta succedendo?" si chiede tremando impercettibilmente sulla sedia di legno, scostando un fastidioso ciuffo di capelli castano chiaro dall'occhio.
La realtà è che c'è qualcosa che non va, il suo misero cuore sente nostalgia di un qualcuno che ormai non è più presente nella sua vita, ma che prima avrebbe dato l'anima per potergli stare accanto. Se solo lui non avesse...
"Se solo io non avessi fatto il bastardo..." continua a ripetersi, attraversando con la mente il muro dei ricordi e ripensando a tutte quelle volte in cui Sierra aveva cercato di attirare la sua attenzione, di dimostrargli, a modo suo, l'amore provato nei suoi confronti, abbattuto e calpestato dal suo continuo e brusco rifiuto.
"Già..." pensa "...ti accorgi di quanto sia importante per te una persona, solo dopo averla persa...".
Improvvisamente Cody sospira rumorosamente, facendosi sentire impercettibilmente dal barista che , turbato, volta la testa nella sua direzione.
-Fammi indovinare...ti ha mollato sull'altare nel pieno della cerimonia, dopo anni e anni di promesse e di ''ti amo'' pronunciati a caso!- tira a indovinare l'uomo, continuando a travagliare, agitando la pezzetta all'interno dei bicchieri gocciolanti.
-Io...veramente...- cerca di ribattere il ragazzo, decisamente infastidito dalla sfrontata invadenza del proprietario del locale.
-Ah, le donne! Così ingenue nel scegliere gli uomini, ma così brave nell'ingannarli!- esclama stralunato l'uomo, passandosi la mano sul lieve pizzetto che gli invade il mento.
-No, non sono tutte così!- ringhia Cody alzando le sopracciglia. L'uomo sobbalza, sospreso dalla violenta risposta del giovane.
-Mmmh...non ti scaldare, ragazzo! Cercavo solo di essere comprensivo!-
-Bè...mi dispiace deluderla, ma in questo modo non è per niente di aiuto, signore. Perciò adesso, se non le spiace...- termina Cody, lasciando gli spiccioli sul banco e catapultandosi fuori da quel polveroso buco grigio.
"Forse ho esagerato." pensa camminando lungo una strada sconosciuta, seguendo le indicazioni del cuore.
"O forse no..." aggiunge rendendosi conto dell'ordine causale in cui accavalla un piede dietro l'altro.
Fatto sta che ormai la sua la vita è stata tramutata in un monotono pozzo senza fine, le cui pareti sono troppo liscie per arrampicarsi e trovare l'uscita. La pericolosa malinconia che lo circonda come un'aura, unita alla pesante pioggia che cade, lo rende sempre più triste, sempre più trasandato, sempre più cupo.
Non avrebbe mai immaginato di poter pensare una cosa del genere, ma gli manca Sierra. Gli mancano i suoi occhi scuri, incastonati come diamanti sul volto dalla carnagione color cioccolato chiaro, gli mancano i suoi capelli purpurei, mossi come onde figlie dell'oceano e gli mancano i suoi modi di fare, pur invadenti e assillanti, a salvarlo dalle giornate più ispide e grigie.

Buonasera a tutti, eccoci di nuovo insieme, per la terza volta!
Questa volta ho voluto finalmente inserire Alejandro e Cody nella storia, mettendo in evidenza il loro malessere interiore, uno a causa dei torti commessi contro le povere e ingenue ragazze che gli cadono ai piedi ( tra qui Sierra ) e l'altro per via della nostalgia nei confronti della ragazza che lo amava, ma che lui ha respinto ( sempre Sierra ).
Che dire...muoio di sonno, perchè mi riduco sempre tardi e spero che il capitolo sia stato chiaro, di vostro gradimento e vi abbia incuriosito!
Nella prossima "puntata" prometto di cominciare a ingranare la storia, quindi di inserire avvenimenti che renderanno la storia più interessante e metteranno i personaggi in comunicazione fra di loro!
Smetto di annoiarvi, buonanotte, recensite in tanti, aggiornerò presto!
Bye bye
Wislia

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il momento della verità ***


Sierra osserva lo schermo luminoso del suo cellulare, acceso nel cuore della notte.
È tardi, ma non le va di dormire, ha cose più importanti da fare.
Sul display graffiato si intravede un nome, il suo.
-Alejandro...- sussurra impercettibilmente Sierra, ascoltando solo il canto del suo cuore, che batte forte, come un paio bacchette su un tamburo di legno.
È stata sua madre a metterle in testa la malsana idea di chiamarlo, minacciandola di murarla in camera sua, in caso non l'avesse fatto.
Ma Sierra ha paura, non vuole risentire quella voce suadente, non adesso almeno.
L'orologio batte insistentemente i secondi, tormentando la mente della ragazza, come un tarlo in un armadio.
-Devo farlo!- ripete per la dodicesima volta a sè stessa, con tono sempre più incerto, stringendo fortemente l'affare luminoso fra le mani.
Ma la paura la blocca nuovamente, afferandola con le sue dita fredde e invisibili.
' Tic...tac...tic...tac...' continua il maledetto oggetto, posato comodamente sul piano liscio del comodino.
-È tuo dovere, Sierra! Che razza di futuro speri di dare a tuo figlio, se non gli assicuri accanto una figura paterna?- sussurra intimorita la ragazza, presa in modo più prepotente di prima dallo sconforto.
La mano calda viaggia inevitabilmente verso il ventre, ancora straordinariamente piatto.
La giovane donna decide di sfiorare la pelle vellutata della sua pancia scura, come se potesse già avvertire la presenza della creatura che vi abita.
-Basta! Devo farlo!- esclama premendo finalmente il tasto 'chiama' e portando con cura il cellulare verso l'orecchio.
'Tuuuuu...' comincia a lamentarsi l'aggeggio ellettronico, rintronando i poveri timpani della ragazza e turbando profondamente i suoi pensieri.
"Oh santo cielo! Che cosa ho fatto?" pensa Sierra tra sè e sè, pentita del gesto appena compiuto.
'Tuuuuu...'.
"Mio Dio! Mi chiuderà il telefono in faccia, ne sono sicura!''.
'Tuuuu...'.
"Non ha ancora risposto! Forza sei ancora in tempo! Premi il tasto rosso e annulla la chiamata!".
-Pronto?- esorta una voce calda dall'altra parte del cellulare.
Un tonfo improvviso raggiunge il cuore di Sierra, facendola sussultare.
Troppo tardi ormai, per tornare indietro.
-Pronto?- ripete la stessa persona.
Silenzio, riempito solo dal fragoroso tremare della ragazza, invasa dal terrore.
-Pronto? Chi è?- esclama ancora una volta la voce maschile, spazientita, alzando il volume delle sue parole.
-P-pronto?- balbetta la giovane donna, iniziando a rosicchiarsi le unghie.
-Con chi parlo?- chiede Alejandro, un pò assonnato.
-S-sono Sierra!- risponde imbarazzata la ragazza.
Alejandro emette un piccolo gemito carico di stupore, poi ringhia -Sierra? Ma cosa...? Lo sai che sono le due di notte? Cosa vuoi?-.
La giovane donna arrossisce impercettibilmente, senza sapere cosa dire.
-Emh...emh...io...bè...ecco...-.
"Cosa gli dico?" si domanda presa dal panico, riuscendo a far tremare persino il letto.
-Senti Sierra, è tardi, sono stanco! Ti dispiacerebbe darti una mossa?- si lamenta Alejandro, con la lingua impastata dal sonno.
-Certo, certo! È solo che...vedi, devo dirti una cosa...ma...non so se ti piacerà!- incalza Sierra, piena di timore.
-Va bene! Solo...sbrigati per favore!- supplica il ragazzo.
Sierra sgrana gli occhi, presa in contro piede dalla fretta che le è appena stata imposta, cercando di scovare un qualcosa che le permetta di aprire bocca e sputare il rospo.
"Che situazione di merda!" pensa corrugando la fronte, ancora sorpresa dal fatto di stare parlando con lui.
-Ricordi quella notte? Quando mi "consolasti" perchè stavo piangendo e poi mi baciasti e mi...insomma, ricordi? Bè ecco...il fatto è che...-.
-Oh! Frena frena frena! Sì, so di aver sbagliato, Sierra e mi dispiace notevolmente averti usata a quel modo! Ma ci tengo a farti sapere che è acqua passata per me, ora sono felice, sto con Heater e la amo! Perciò voltiamo pagina e lasciamoci il passato alle spalle, ok?- esclama Alejandro tutto d'un fiato, interrompendo le parole della ragazza.
Improvvisamente un inquietante silenzio cala precipitosamente nella camera di Sierra, lasciando in sospeso quelle parole fatte di piuma.
Nessun pensiero nuota, ora, nel mare delle sue preoccupazioni, solo la dura consapevolezza del sapere di essere stata rigirata come una misera bambola di pezza.
Tutte le paure e i timori scompaiono, lasciando posto a rabbia e frustazione.
-Sono incinta...e tu sei il padre!-.

Alejandro per poco non sviene, nell'udire la scioccante notizia.
Il cuore si ferma completamente, seguito dal respiro.
Dopo un minuto di angosciante silenzio, il ragazzo balbetta -C-cosa hai d-detto?-.
-Che aspetto un bambino e di conseguenza diventerai padre!- risponde secca Sierra.
-No! Non può essere...non deve essere...- ribatte il giovane, sperando in uno stupido scherzo.
-È la pura verità, mio caro!-.
-Ma...ne sei sicura?-.
-Oh sì! Ho fatto ben tre test, tutti e tre POSITIVI!- esclama Sierra, aggiungendo un'esagerata carica di enfasi sull'ultima parola.
-Oh cazzo, non è possibile! Perchè, perchè, perchè? Come faccio adesso?- si lagna il ragazzo, alzandosi in piedi e guardando sbigottito il delicato viso di Heater, che dorme indisturbata sotto le coperte di lana.
Sierra osseva le crepe del soffitto, infastidita dalla sua reazione, poi sbotta -Bè...potevi pensarci prima! Prima di fare lo stronzo e portarmi a letto, senza ritegno, approfittando di un mio momento di debolezza! Invece no, il tuo perfido ego ti ha portato a ingannarmi in quel modo e adesso eccone le conseguenze! Prova a prenderti le tue responsabilità una buona volta!-.
Il ragazzo rimane dritto, statico, immobilizzato da quelle aggressive parole. Una raffica di paure e insicurezze si instaurano per la prima volta nel suo ispido cuore, provocando movimenti bruschi e involontari.
Ecco, il prezzo da pagare a tutti i torti commessi durante la sua breve esistenza. Ecco, persino i rimorsi che mangiano lentamente il suo orgoglio a vergognarsi di quell'ignobile tremar di gambe.
-Ebbene...non hai nient'altro da dire?- chiede acida la ragazza, munita di pesanti insulti, pronti ad essere sganciati in qualsiasi momento.
-I-io...- balbetta Alejandro sentendosi al pari di una formica sotto un sasso.
-E...hai intenzione di tenerlo?-.
-Ovvio che sì, idiota! E non provare ad astenerti dal rispettare i tuoi doveri, perchè anche se tu decidessi di trasferirti in un altro continente pur di non fare il padre, ti assicuro che ti troverei in un batter d'occhio e te la farei pagare!- lo minaccia infine Sierra, fiera del suo tono di voce pericoloso.
Il giovane dalla pelle olivastra, sospira preoccupato e scioccato, passandosi una mano fra i capelli.
-V-va bene...- blatera spaventato.
-Senti...ti chiamo domani, ho bisogno di...tempo...per rimprendermi!-.
Le sue dita scivolano lentamente verso il pulsante rosso, terminando così quella latente chiamata.
"Non posso credere che sia successo..." pensa, lasciandosi cadere a peso morto sul materasso.

Fine quarto capitolo.
Oh sì...se ne vedranno delle belle da adesso in poi, cari miei!
Pare che per qualcuno sia finalmente arrivata l'ora delle respinsabilità, sì sì! u.u
Umorismo a parte...vi prego non uccidetemiii!
*implora in ginocchio asciugando la lacrimuccia*
Sì, lo so...sono pessima! Vi ho fatto aspettare più di una settimana per poi fare cosa? Pubblicare questo schifo, che, come se non bastasse, è più corto di tutti gli altri capitoli!
La verità è che non ho avuto tempo, perdonatemi se ci sono errori oppure se la storia è brutta...I'm sorry!
Bene, basta tormentarvi con le mie orribili paranoie, aggiornerò il prima possibile, giuro!
Spero di non avervi deluso!
Bye bye
Wislia
P.S.Il prossimo lo farò più lungo...!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Perle di dolcezza... ***


Salve a tutti!
Perdonate l'ennesimo ritardo, finalmente sono riuscita a tornare con un nuovo e tempestoso capitolo!
Questa volta ho deciso di sperimentare qualcosa di nuovo, sono passata dalla terza alla prima persona, perchè secondo me in questo modo posso rendere meglio le emozioni e i pensieri dei personaggi!
Bene, vi lascio al capitolo, spero di non deludervi!
Buona lettura!

(Alejandro's pov)
Un figlio.
Che dono enorme ed estremamente prezioso!
Non ho mai pensato al giorno in cui sarei diventato padre, poichè l'argomento mi ha sempre intimorito, in effetti.
Ma ora, dopo quella gelida chiamata che mi ha congelato il cuore, so di non avere scampo.
Nella mia mente offuscata echeggiano persecutorie le parole di Sierra. La sua voce, tremante nel cuore della notte e la notizia che le sue labbra hanno bisbigliato, indecise, a quel maledetto telefono, mi tormentano continuamente, senza darmi tregua.
Ho paura, per la prima volta nei miei ventiquattro anni di vita. Il cuore batte, forte, facendomi inciampare nell'ostacolo delle mie stesse emozioni.
È un buco nero, un pozzo senza uscita, in cui sto lentamente affogando, sovrastato da un'ondata d'acqua a cui non posso sfuggire.
Cosa dovrei fare, adesso?
Scappare? No, non mi è permesso, sono schiavo dei miei stessi errori, adesso.
Eccola, la punizione a tutti gli sbagli commessi, la vendetta di quei cuori infranti.
Un improvviso sbadiglio mi induce a un leggero sussulto, liberandomi per un attimo dalla prigione dei miei problemi.
-B-buongiorno Heater!- balbetto sorridendo alla donna che amo.
-Mmmmh...buongiorno!- grugnisce lei, srotolando le coperte che la avvolgono, dal corpo fragile e sinuoso.
-Dormito bene?- chiedo, invaso da un'inaspettata ansia.
Di colpo vengo fulminato da un acido e penetrante sguardo, segno che non sarà una buona giornata, per me.
Come se non bastasse l'aver scoperto di dover diventare padre!
Sospiro, esausto.
-Che c'è?- ringhia selvaggiamente Heater, alzandosi di scatto dal letto intriso di malore e rimorsi.
Vibro. Tremo. Non so che cosa rispondere.
-Io...niente...oggi mi sento...sono un pò...turbato, ecco!-.
-Bè...vedi di riprenderti! Stanotte non sono riuscita a dormire con te che borbottavi parole incomprensibili!- sbotta, visibilmente irritata.
Un tonfo al cuore, arrivato per minare la mia autostima e rendermi vittima della pericolosa coscienza.
Mi ha sentito...ha sentito che parlavo, ma non cosa ho detto. Perfortuna.
La ragazza esce dalla stanza, lasciandomi solo, in balia dei miei timori.
Lo confermo. Ho paura.
Con mano insicura sistemo la mia folta chioma castano scuro, circondato da un alone di terrore.
I sensi di colpa cominciano a rosicchiare malignamente il mio stomaco vuoto, ricordandomi che prima o poi dovrò dirglielo, rischiando di compromettere il nostro rapporto.
Intanto il cellulare brilla, adagiato sul comodino, comodamente riposto dentro la sua custodia blu scuro.
Già...ora ricordo! Ho promesso che l'avrei richiamata, stamattina.
Non ce la faccio, non voglio sentire ancora quelle parole, quell' affermazione che in un attimo ha cambiato la mia esistenza.
''Sono incinta!''.
Quella frase, pronunciata senza ripensamento dalla ragazza che tanto aveva attirato la mia attenzione durante il reality, ora si ripete petulante nei meandri del mio cervello, come uno stereo che per errore continua a cantare le stesse strofe di un'asfissiante canzone.
Ma io devo farlo, ne ho perdutamente bisogno, ho il dovere di riascoltare la sua voce.
Con gesto timido prendo in mano l'aggeggio elettronico, costato circa un mese di stipendio di una persona normale e ,scostando la patina compatta e fastidiosa, premo il tasto verde e lo porto delicatamente all'orecchio, attendendo l'udire di quella voce squillante e severa.
-Pronto?- sbuffa Sierra, evidentemente appena sveglia, vista la voce assonnata e stanca.
Agitato, rispondo -Pronto? Sono io...Alejandro!-.
-Ah...sì! Ciao...- termina, svogliata, facendomi sentire l'ultimo incomodo. Ma d'altronde, me lo merito questo comportamento freddo nei miei confronti. Ho fatto cose così ripugnanti, che a quest'ora dovrei essere incatenato a un palo!
-Co-come va?- mi informo educatamente, con tono di voce che non è da me.
-Come ti sentiresti tu se fossi licenziato dal tuo capo solo perchè aspetti un bambino?-.
Le mie labbra si curvano involontariamente verso giù, nel sentire la notizia. Ecco il motivo di quel tono svogliato e distaccato, non è stanchezza, ma tristezza, motivo del quale mi sento quasi in colpa per aver fatto quella domanda.
-Oh...bè...mi dispiace!- sussurro, attento a non farmi sentire da Heater.
-Sì, come no! Tanto che importa a te? Non hai problemi del genere! Comunque...cosa hai deciso di fare? Vuoi prenderti le tue responsabilità o no?- chiede, alterando malignamente la voce.
-Veramente io...-.
Veramente io non lo so...ecco cosa vorrei dirle!
-Senti Sierra...ancora non riesco a capacitarmi che tu sia...insomma che tu sia incinta di me! Quindi...non so cosa rispondere, ecco...- dico, con timbro indeciso e confuso.
Dall'altra parte del telefono non scaturisce alcun rumore, alcun movimento, nessun respiro. Intenzionalmente deglutisco, pronto a un'altra sfuriata.
-Va bene...lo capisco! Lo so che è strano da accetare, anche io non me ne sono ancora fatta una ragione, ma intanto è accaduto e non si può tornare indietro! Quindi...ti chiedo solo di deciderti all'istante, non posso perdere molto tempo accanto ai tuoi capricci! Perciò te lo chiedo per la seconda e ultima volta, vuoi o non vuoi fare parte della vita di tuo figlio?-.
Le mie labbra secche producono un gemito di stupore misto a tensione. Come può chiedermi di fare una scelta talmente importante, così, su due piedi?
Subito comincio a mordicchiarmi le unghie, tentato dall'idea di buttarmi dalla finestra, troppo bassa perchè possa ferirmi!
Non posso lasciarla sola, a crescere una creatura che fa parte anche di me. È mio dovere, devo dirle di sì, anche se rischio di perdere la donna che amo e anche se la sola idea di diventare padre mi terrorizza fortemente.
-Va bene!- concedo, dopo una lungo attimo di pesante silenzio.
-Bene...la prima ecografia è fra una settimana! Ci sarai?- domanda la ragazza, speranzosa.
-Sì!- confermo infine, serrando le palpebre, sfinito.

(Sierra's pov)
Termino con un leggero clic la chiamata.
Wow. Ha detto di sì!
Non me lo sarei mai aspettato, temevo che mi avrebbe abbandonata, calpestata, con le sue inutili parole da uomo senza modestia. Ma non è stato così.
Non ci credo, non può essere vero. È tutto così...irreale e anche disperatamente sorprendente.
Con cautela infilo la mano fredda e tremante sotto la felpa di pile, sfiorando lievemente la pelle del mio ventre liscio e protetto.
Un brivido caldo come le fiamme di un incendio, attraversa lentamente il mio corpo, inducendo le mie labbra a curvarsi in un sincero e pacifico sorriso.
-Non temere...- sussurro -...non sarai solo...ci sarò io, sempre! Ti cullerò fra le mie braccia quando arriveranno le lacrime a rigarti il viso e ti farò addormentare, al ritmo dolce a silenzioso delle canzoni che sarò impegnata a intonare...solo per te!-.

(Alejandro's pov)
Con le dita lunghe e fine comincio a massaggiarmi lentamente le tempie, confuso e avvilito.
Sono in piedi. Di nuovo con la tazza di porcellana nella mano sinistra , al cui interno arde un amaro caffè fumante. E ancora una volta i miei gomiti sono poggiati comodamente sul davanzale della finestra che illumina la cucina.
Heater è seduta su un'alta poltrona di pelle, con una rivista dal nome idiota sulle gambe e gli occhi profondi indirizzati sul mio viso contratto.
-A cosa pensi?- chiede con tono indagatorio.
-Cosa? Ah...bè...rifletto!- rispondo frettoloso, girando la testa di scatto verso la sua figura minuta.
-Non sono così ingenua! Forza, dimmi che diamine succede!- mi impone con tono minaccioso.
-Ehi! Va tutto bene! Non preoccuparti!- mento, vittima dei sensi di colpa, mentre lo sguardo viaggia altrove, oltre i monti che disegnano l'orizzonte.
-Non mentirmi!- insiste lei alzandosi dalla poltrona ed avvicinandosi pericolosamente verso di me.
Comincio a sudare. Goccie di ansia imperlano la mia fronte olivasta.
Sento il suo respiro bagnare la mia pelle e intanto inizio ad agitarmi, compiendo gesti che trasudano nervosismo.
-Guardami negli occhi, ora!- strepita guidando violentemente il mio mento verso il suo naso roseo e perfetto.
No, non voglio incontrare quegli occhi scuri e lucenti, che ogni volta mi fanno girare la testa al solo brillare.
-Senti Heater...non sono in vena, ok?- mi giustifico allontantandomi, confuso e spaventato.
Ma la ragazza non molla e acchiappa velocemente il mio maglione, accostandosi al mio corpo ribelle.
-Guardami ho detto!- urla, più comica che pericolosa.
Di scatto mi sottraggo a quella presa e vacillo, poi comincio a correre, sviando gli spigoli del tavolo, saltando l'ostacolo degli oggetti caduti a terra che intralciano i miei piedi e rido, fino a sentir scendere le lacrime.
Perle di dolcezza.
Heater scoppia in una fragorosa risata, rincorrendomi per tutte le stanze, col fiatone, gridando -Tanto non mi sfuggi, caro Alejandro!-.
Alla fine cedo e mi accascio sul pavimento gelido, più della neve che non cade mai.
Respiro affanosamente e sorrido, carico di adrenalina, mentre la ragazza si catapulta su di me, esclamando -Preso!-.

Sul divano, avvinghiato a Heater, sorseggio quella tazza di caffè che poco prima ho abbandonato sul tavolo in marmo della cucina.
-E quindi...mi vuoi tenere all'oscuro di ciò che ti rende così pensieroso ancora per molto?- interroga nuovamente la giovane dai capelli neri e lisci, come la seta.
Sospiro. La ragazza non molla, ma sento che ben presto io lo farò.
-Te l'ho già detto! Va tutto bene!-.
-Oh sì, come no! È da stamattina che sei strano, non osare dire il contrario!-.
Il sangue pulsa nelle vene offuscando il sorriso che alleggiava poco prima sulle mie labbra. Possibile che io non riesca a convincerla a lasciar stare?
-Sei dannatamente testarda, mia cara!- bisbiglio carezzandole dolcemente i lunghi ciuffi color carbone.
-Sì, è una delle mie infinite qualità!- si vanta increspando la bocca.
-E aggiungerei, dannatamente modesta!- affermo ironico, cercando di nascondere le preoccupazioni che si arrampicano spietate sulle fette acuminate del mio cuore.
Sospiro nuovamente, senza rendermene conto.
-Ok, adesso basta! Vuoi dirmi che hai? Ti senti male? Oppure non so...ho fatto qualcosa di sbagliato?- si preoccupa intingendo le gemme scure che le illuminano il viso dentro le mie pupille intrise di dolore.
Dolore, perchè dolore? Il motivo lo trovo nei suoi occhi, semplici, limpidi, profondi. Occhi vittime del mio inganno, occhi che sto distruggendo con le mie malsane bugie. Avevo promesso che non avrei più fatto del male a una donna, invece sto commettendo lo stesso errore, il fatidico e surreale errore.
Di colpo decido di farlo, osservando quello sguardo supplichevole di verità.
-Tesoro...io...sì lo ammetto, devo parlarti di una cosa!-.
Il suo viso si illumina, l'iride si infittisce.
-Finalmente! Dai, sputa il rospo!- esulta lei, lagnandosi.
Tremo, fremo visibilmente. Cavolo, sto per dirglielo, sto per essere picchiato a sangue.
La gola si secca, la saliva si blocca all'altezza delle corde vocali, impedendo alla voce di oltrepassarle.
Heater mi fissa, impaziente, alzando le sopracciglia.
-Allora?- ripete.
Apro la bocca, senza produrre alcun suono.
Poi, chiudendo gli occhi e deglutendo per l'ultima volta, esclamo.
-Volevo solo dirti...vuoi sposarmi?-.

Fine quinto capitolo.
Oh my God! Che cosa ho scritto?
Ok, il capitolo è forse un pò troppo sbrigativo, ma anche stavolta mi sono ridotta a tamburellare con le dita sulla tastiera, alle 23:09!
*sbadiglia esausta*
Perdonate i possibili errori grammaticali, avvertitemi se trovate gravi strafalcioni che io, sbadata, posso non aver notato.
Comunque, vi è piaciuto?
Recensite in tanti e fatemi sapere anche se avete pissibili da consigli da darmi!
Mmmh...ho la sensazione che non ve l'aspettavate, ho ragione? Ma Ale non voleva chiederle di sposarlo!
''Dovevi dirle la verità, idiota che non sei altro! Diamine, quanto sei perfetto, baby!''.
*esclama nel cuore della notte, fingendo un'irreale conversazione con quel 'bonazzo' -scusate il termine- di Alejandro*
Barbara (il mio vero nome) la tua pazzia sta disperatamente superando il limite!
Ok...basta...ho bevuto troppa aranciata, lo ammetto!
Buonanotte, a prestissimo!
Wislia <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La scioccante risposta ***


Alejandro pov
Sei lì, seduto su quel divano, accanto alla persona che ami, e all’improvviso il tuo cuore si gonfia, ricco di forza volontà. Sai che le hai fatto del male, che l’hai ferita, a sua insaputa e sai anche di doverle dire la verità…perché lei è la meravigliosa creatura di cui sei innamorato, l’unica che ti abbia fatto battere così forte il cuore in tutta la tua vita e non merita di soffrire, no, non lo merita affatto.
Così, spudoratamente deciso, apri la tua boccaccia per confessarle ciò che da tempo le nascondevi. Ma cosa esce dalle tua labbra? Cosa riescono a pronunciare quegli insani gommoni posti poco più giù del naso, con cui ogni giorno blateri frasi insensate e altamente inutili?
Cazzate, sciocchezze, balbettii contorti, proposte scioccanti…

-Io…volevo solo dirti…mi vuoi sposare?-
Solo ora, dieci minuti dopo averle fatto la domanda più importante della mia vita, senza volerlo, mi accorgo di quanto, a volte, la paura ci possa influenzare e contorcere malignamente le nostre vite, i nostri piani.
Il cuore non batte, no, non batte più, che senso ha continuare a pulsare quando l’esistenza è finita, strangolata da un filo sottilissimo di bugia e terrore.
Non mi guardare così, amore mio, non fissarmi con quegli occhi assenti e scioccati, e non aprire la bocca a quel modo, non voglio sapere ciò che mi stai dire, perché se uscisse un ‘’sì’’, da quelle labbra inermi, io verrei soffocato dalle terribili catene del rimpianto.
Io ti amo, Heater, ma non voglio sposarti, non adesso, non sono pronto.
Bene, mi accorgo che nonostante le mie silenziose preghiere stai per parlare, pallida come sei e stai per comunicarmi il verdetto, la tua possibile risposta.
La vedo, la tua espressione colma di stupore, sai, sono più sorpreso io che te, tesoro, di averti chiesto una cosa del genere.
Ecco, da lì sta per uscire qualcosa, ma non riesco a decifrare quei tuoi occhi spaventati e confusi.
Dì di no, amore mio, se mi ami, se vuoi rendermi felice, dì di no, dì che non te la senti, dì che è troppo presto per fare un passo talmente grande, perché noi, nel nostro involucro fatto d’amore, siamo ancora troppo piccoli, troppo deboli per legarci a vita. E soprattutto, dimmi di no, perché è ciò che avrei fatto già fatto io, se me l’avessi chiesto tu.
E’ il momento, stai per parlarmi, lo sento.
Mentre esali un ultimo atomo di ossigeno, con fare tremolante, che non è affatto da te, socchiudi le tue seducenti labbra e sibili –Sì-.

Ondeggio, il mio corpo si muove, avanti e indietro, al ritmo del mio cuore, che ha ricominciato a battere, sì, ma troppo velocemente, ora.
Sono sconvolto, spaesato, confuso, non riesco a ricambiare quello squisito sorriso che, felicissima, mi proponi sognante.
Non volevo, capisci? Non doveva accadere, è stato tutto un grosso, grossissimo malinteso.
Mi abbracci, smorzando quel minimo di freddezza che mi era rimasto in cuore.
Non ci riesco, non riesco a non stringerti forte a me, a comunicarti che non volevo, anche se la mia testa, il mio misero e impotente cervello, mi sta urlando di farlo, di non mentirti, anche stavolta.
E invece no, lo faccio, ti tengo protetta, custodita tra le mie braccia tremanti, assimilando la felicità dei tuoi respiri affannati.
Di colpo, però, ti stacchi dal mio corpo gelido e mi guardi, mi osservi con i tuoi occhi profondi, provocandomi un asfissiante dolore proprio lì, attorno a quel muscolo che ora si sta dimenando nel mio petto.
Sorridi. Non devi farlo. Sei fottutamente bella.
-D-da quanto è che volevi chiedermelo?-. Una lacrima, stai piangendo.
Ed io, io anche vorrei piangere, ma non posso, devo trattenermi, devo fare in modo che la tua gioia non venga smorzata da niente e da nessuno, amore mio.
-Da…da un po’!- rispondo poco convinto, riuscendo a curvare a malapena gli angoli delle mie labbra verso su.
-Oddio!- esclami portandoti una mano estremamente pallida alla bocca.
Non parlo. Non so che dirti, se provassi a prender parola comincerei a singhiozzare e capiresti che tutto questo è una finzione, una stupida, ma esageratamente grande finzione.
Continui a mostrarmi quei denti perfetti, a penetrarmi con il tuo sguardo leggermente assottigliato e spropositatamente felice. Le lacrime, gocce che racchiudono tutta la tua meraviglia, ti rigano elegantemente le guance.
Uno sbuffo di vento, suono docile e armoniosamente stonato, fa capolino dalla finestra semiaperta.
-E-era per questo che eri così strano, ultimamente?-.
No, piccola, non era per questo, non è così, nulla è più come prima, nulla lo sarà più.
-Sì- mento nuovamente.
Piangi ancora e questo tuo dolce lamento mi ferisce, pur essendo semplice e unico simbolo della tua felicità.
Merda, merda,merda…
-Oh Ale…è tutto così…è tutto così…mi sembra un sogno!-.
Una dolorosissima e pungente fitta, ancora una volta, arrivata per pugnalarmi il torace.
E’ brutto, fa miseramente schifo vederti così entusiasta, così sorpresa, sentirmi cullato in questo modo dalle tue esili braccia, consapevole che la tua gioia deriva da un mio dispiacere e che in realtà, tutto questo non esiste, tutta questa è orribile fantasia, perché io non lo voglio, Heater, il mio è stato solo uno sbaglio. Volevo dirti la verità, volevo informarti che sto per diventare padre, ma la madre non sei tu. Volevo riuscire ad essere sincero e a non ferirti, ma l’ho fatto, tesoro, l’ho fatto, ancora.
Perdonami, questo non è un sogno, questo è un incubo!

Cody pov
Vado a letto, non è tardi, ma io ci vado lo stesso. Non ha senso, ormai, restare sveglio quell’oretta in più, se so che tu, ragazza dai capelli viola, non cercherai di impedirmi di addormentarmi, perseguitandomi con i tuoi soprannomi affettuosi.
Sai una cosa? In effetti mi sbaglio!
Perché tu, Sierra, tormenti ancora i miei insignificanti sogni, anche se non ci sei, anche se non ci sarai mai più.
Mi infilo sotto le coperte, lanciando un’ultima occhiata al crepuscolo, ormai quasi defunto, dietro le rocciose montagne.
Chiudo gli occhi, bruciano. Bruciano a causa delle fastidiose lacrime. Perché piango? Non sono una femminuccia, non sono un adolescente alle prese con il primo amore, o forse sì, forse sono un ventenne che arde dentro le dolorose fiamme di quel sentimento astratto, che non meriterebbe di essere racchiuso in cinque, banali lettere.
Riapro immediatamente le finestre con cui guardo, sconcertato, il mondo che mi circonda.
Contemplare un cuscino, è una cosa triste, lo so, ma è ciò che faccio da quasi due mesi, ormai, ogni singola e fottutissima notte.
Lo fisso, non perché è bello, non perché col suo straordinario candore affascina i miei occhi unti di lacrime, ma perché è vuoto, ovvero manca qualcosa, qualcuno.
Manchi tu, Sierra, se proprio lo vuoi sapere, se proprio ti interessa.
Dovrebbe esserci il tuo viso, luminoso e solare, ad affondare nel ventre di quel morbido affare su cui posiamo la testa.
Dovrebbero esserci le tue risate, squillanti, esagerate, a riempire la mia casa, vuota e alquanto silenziosa.
Dovrebbero esserci i tuoi occhi, sorridenti e sinceri, a fissarmi con quell’aria confusa e allo stesso tempo innamorata, con la quale solo tu eri capace di guardarmi.
E ancora, dovrebbero esserci i tuoi abbracci, le tue labbra e il tuo corpo, accanto a me, cinti dalle mie braccia, avvolti dai miei respiri e protetti dalla mia presenza.
Ti voglio, Sierra. Ora. In questo istante.
Se solo sapessi dove sei, se solo potessi trovarti, stringerti, accarezzarti, implorarti di perdonarmi, perché noi ci apparteniamo, tu mi appartieni.
Ti troverò, Sierra. A tutti i costi.

Sierra pov
-Eh così…aspetti un bambino?- chiede sorridente un’amica di vecchia data di mia madre, circondata da altre cinque donne colme di curiosità.
-Emh…sì!- rispondo sorseggiando una tazza di tè.
-Aaaw…che cosa meravigliosa! Ma…dimmi un po’, non credi di essere un un tantino troppo giovane?- aggiunge un’altra signora, una tipa mingherlina, con tanto di cappello di paglia provvisto di un ‘’adorabile fiorellino’’.
-No!- esclamo aggrottando la fronte.
-E…dimmi un’altra cosa!- aggiunge una donna dalla pelle quasi trasparente –Hai già qualche voglia?-.
-Bè…ogni tan…-.
-E avverti nausea, malditesta…?-.
-Io…- cerco di dire, ma vengo nuovamente interrotta.
-E hai già deciso il nome?-.
-Se fosse maschio come lo chiameresti?-.
-E se fosse femmina?-.
Adagio sul tavolino davanti a me la tazzina e mi porto, confusa, le mani alle tempie, massaggiandole.
Cosa ho fatto di male?
Per fortuna dalla cucina esce mamma, con un vassoio di biscotti in mano, pronta a far gustare i suoi deliziosi preparati alle sue amiche.
Ognuna di esse si serve, assaggiandone uno e cominciando a riempirla di complimenti.
Almeno adesso che hanno la bocca piena staranno zitte! Spero…
Il cellulare suona improvvisamente, così, leggermente spaesata, lo tiro fuori dalla tasca e guardo lo schermo.
Alejandro
Sgrano gli occhi. Non me l’aspettavo.
Mia madre mi fissa, interrogativa. Scuoto la testa e mi alzo, dirigendomi verso la mia stanza.
-Pronto?- rispondo.
-Emh…pronto? Sono io…Alejandro!-.
-Sì lo so! Che c’è?-.
-Devo parlarti!-.
Il suo tono cupo e preoccupato mi turba, obbligando il mio corpo a lasciarsi andare sul letto.
-Che succede?- chiedo.
-Ho fatto una cazzata! Ho combinato un guaio che non ha eguali!-.
O santo cielo!
-Hai messo incinta pure Heater?-.
-Ma che dici? Ci mancava pure questa! Diciamo che è qualcosa di meno grave!-.
-No! L’hai tradita?-.
-Se così vogliamo vederla!-.
Comincio ad agitarmi.
-Insomma Alejandro! Vuoi dirmelo o no?- sbotto.
-Le ho chiesto di sposarmi!-.
Spalanco la bocca. Che cosa ha detto?
-Tu cosa?-
-Le ho chiesto di fare il grande passo! Senza realmente desiderarlo, per giunta! Volevo dirle la verità, per una volta e raccontarle ciò che è accaduto fra me e te, ma mi sono terrorizzato, bloccato dalla paura e a quel punto le mie labbra hanno preso il sopravvento!-
-Sì certo! Perché la bocca ha un cervello tutto suo, giusto? Comunque, lei che ti ha risposto?-.
-Mi ha detto…mi ha detto di sì!-.
Un tonfo al cuore.
-Da-davvero?- balbetto.
-Sì…- risponde affranto.
Di colpo mille pensieri e dubbi iniziano a trasferirsi dentro le mie meningi.
-Che…che hai intenzione di fare?- domando guardando a terra e tentando di nascondere il mio velo di delusione.
-Non lo so! Forse avrei dovuto dirglielo, ma mi guardava e …sorrideva in quel modo meraviglioso, facendomi capire quanto fosse felice e così, non ce l’ho fatta!-.
-Oh…- commento tristemente.
-Come sarebbe a dire ‘’oh’’? Non hai qualcuno dei tuoi saggi consigli da darmi?-.
-No! Sei inciampato nel baratro dei tuoi stessi errori e adesso dovrai cercare di rialzarti da solo! Mi dispiace, ma non posso proprio aiutarti! Ricordati solo che hai preso un impegno, un impegno molto grande, e devi mantenere la tua promessa! Devi farlo, Alejandro…-.
-Sì, lo so! Grazie lo stesso, Sierra. Ci vediamo venerdì, per l’ecografia…-.
-Sì, l’ospedale è in città e la visita è alle 10.30, vedi di non mancare…!-.
-Ci sarò, tranquilla!-.
Termino la chiamata. E’ tutto così…strano! Non so perché, ma di colpo tutte le forze mi hanno abbandonata, sostituite da un po’ tristezza e anche da qualcos’altro, forse rabbia, forse non so…
Manca qualcosa, manca l’altra parte del cielo, oggi.

Fine sesto capitolo
Ooook…non mi picchiate, ve ne supplico! Ho tardato di nuovo e mi rincresce profondamente, solo che ho avuto problemi di tutti i generi, compreso studio, famiglia e tante altre belle cose, perciò scusatemi, vi prego!
Questo capitolo è un po’ più lungo e triste degli altri a mio parere, perché c’è un susseguirsi di fatti che portano alla malinconia dei personaggi, perciò potrebbe risultare un po’ sdolcinato ed emotivo, ma vedrò di fare di meglio, nel prossimo!
Sono caduta in basso, sono peggiorata, me lo sento, ma quello scrivo corrisponde tendenzialmente al mio umore, di solito, quindi siate clementi!
Detto questo, credo di aver esagerato con la velocità degli avvenimenti e credo anche che vi aspettavate un ‘’no’’ da parte di Heater, ma per il seguito della storia era necessario che lei dicesse ‘’sì’’, saprete presto perché!
Bene, recensite in tanti, spero di non avervi deluso troppo!
Cercherò di aggiornare il prima possibile, buonanotte!
Wislia <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Incontri e ''buche'' ***


Cody pov
Sangue. Orribile e viscido liquido di colore rosso cupo, che scorre elegantemente dalle mie narici, imperlando le mie labbra di un gusto amaro, quasi pari a quello della sconfitta.
Continuo a guardarmi allo specchio, disgustato dalla visione del mio naso ampliamente ferito e colorito di viola.
Il dolore è forte, angustiante e la mia pelle si sta pian piano gonfiando sotto le dita fredde e tremanti con cui tento di cingerla.
E’ successo così, quasi stupidamente. Camminando assonnato verso l’armadio della mia stanza, stamattina, sono inciampato in una pila alta composta da pesantissimi libri e poco dopo mi sono ritrovato a terra, infastidito dall’acutissimo dolore che faceva pulsare incessantemente il mio naso, da cui gocciola tutt’ora sangue, lasciando impronte rossastre sul pavimento.
Il liquido non vuole smettere di scorrere e il mio corpo vibra a suon di paura.
Ho provato a tamponare le narici con i rimasugli di garza che ho trovato nei cassetti deposti sotto al lavandino del bagno, poi, capendo che non era quello il metodo per fermare l’emorragia, ho ingenuamente posto il naso sotto il getto gelido dell’acqua, peggiorandone di gran lunga le condizioni.
Fitte continue si insinuano nei meandri della mia pelle. Devo fare qualcosa.
Mi dirigo frettolosamente verso l’appendiabiti posto accanto all’entrata e con gesto fulmineo acchiappo il cappotto meno sgualcito che ho.
Cerco di aprire la porta, ricordando di averla chiusa a chiave ieri sera e così inizio ansiosamente a frugare con le mie mani tremanti dentro le tasche umide del oggetto che mi tiene calore, in cerca di coloro che mi permetteranno di aprire la serratura.
Niente, non c’è alcuna traccia di esse.
Mi guardo attorno spaesato, dimenticando per un attimo il sangue che macchia il pavimento sottostante, tentando di sconfiggere l’agitazione che mi affligge.
Poi, quasi come una sacra apparizione, le chiavi appaiono miracolosamente per terra, sicuramente cadute per sbaglio mentre mi apprestavo a infilarmi il cappotto.
Apro la porta e mi precipito giù per le scale del condominio, rischiando una o due volte di storcermi la caviglia, poi mi avvio fuori dal portone principale, abbracciando il naso ancora esageratamente sanguinante e dolorante, con il gelo della mano.
La mia macchina, che doveva, secondo i miei offuscati ricordi, trovarsi proprio di fronte all’entrata del palazzo, sembra quasi sparita.
Controllo sconcertato e rovinosamente ansioso tutte le auto presenti nel parcheggio, senza scorgere il blu elettrico della mia.
La folla ansimante dei passanti mi osserva incuriosito, talvolta lanciandomi occhiatine spaesate o addirittura divertite.
Intanto il mio corpo freme all’idea di aver perso l’unico mezzo di trasporto con la quale può muoversi liberamente.
Un furto, sì, ecco cosa sarà accaduto.
Poi, in preda a una crisi di panico e allo spasmo che provoca la ferita, ricordo di aver prestato la mia auto a mia madre, con lo scopo di permettere a lei e a papà, sprovvisti, ultimamente, di una macchina, di andare in vacanza fuori città, questo fine settimana.
Tremo, tremo violentemente, gemendo a ogni singola fitta.
Altro non posso fare che attendere il passaggio di un taxi.
Così, dopo neanche un minuto di permanenza sul ciglio della strada, mi ritrovo ansiosamente seduto sul sedile posteriore di un’auto giallo canarino, sotto le premurose attenzioni di un autista che, inorridito alla vista della mia terribile emorragia, chiede dove voglia essere scortato.
- L’ospedale o il Pronto Soccorso più vicino! – rispondo ansimando.

Sierra pov
Il destino ti travolge con la sua follia proprio quando meno te l’aspetti, proprio quando la tua vita sembra essere più monotona del ticchettio di un orologio…
Sono in piedi, accanto alla panchina rovinata di una banalissima fermata, ad aspettare ansiosamente che l’autobus arrivi gracchiando e che il ragazzo più menefreghista della terra si faccia vedere.
Sono le 11.00. Attendo da mezz’ora il suo arrivo.
Il freddo struggente della mattina mi consuma le mani a tal punto da non avvertire più la consistenza di ciò che tocco.
Mi copro il collo con la mega sciarpa che mia madre mi ha tanto raccomandato di indossare, rimpiangendo il fatto di non averla voluta tra i piedi.
- Sicura di non voler essere accompagnata? E’ la prima ecografia, è un evento importante! E poi non voglio che tu stia sola con quel disgraziato di Alejandro! – ha esclamato un’ora fa, prima ancora che uscissi di casa.
Ed io, intenta a indossare un paio di guanti di lana blu, tentando invano di tranquillizzarla, ho risposto – Tranquilla mammina, va tutto bene! Nonna ha bisogno di qualcuno che non la faccia ruzzolare giù per le scale, perciò vai, io starò benissimo! -.
Inizialmente non mi è sembrata molto convinta. Mi ha lanciato uno dei suoi sguardi compassionevoli, cingendo con le mani la famosa sciarpa, poi si è arresa e ha deciso di lasciarmi andare .
Forse avrei dovuto cedere alle sue lamentele, ma ormai sono qui, da sola, accompagnata dal suono triste e vellutato del vento mattutino.
I miei capelli ondeggiano, posandosi delicatamente sugli occhi. Li scosto, lanciando un altro sguardo all’orologio.
Le 11.15.
Un misto di rabbia e delusione comincia ad affliggere il mio corpo. Sono sempre la solita ingenua, come posso anche solo aver creduto che sarebbe venuto? Non avrei neanche dovuto sprecare energie per supplicarlo di venire.
Mentre mi guardo intorno noto il blu acceso di un autobus, che si avvicina a passo d’uomo lasciandosi trasportare da quattro ruote sporche e quasi sgonfie, per poi fermarsi accanto alla fermata.
Un’ultima occhiata al tappeto erboso che circonda l’area in cui il mezzo si è fermato.
Niente, di Alejandro nessuna traccia.
Le mie labbra si curvano automaticamente verso giù, mentre le gambe si apprestano a salire sul ‘’mostro’’ rombante, sotto lo sguardo impaziente dell’autista, che al mio sorriso risponde con un – Biglietto, prego! -.

Alejandro pov- Dove vai? – chiede una voce flebile dalla camera accanto.
- Ad un incontro con un vecchio amico! – rispondo dopo pochi secondi di tentennamento.
- Chi? – insiste Heather.
- Non lo conosci! – affermo chiudendo la porta del bagno.
- Bene, oggi me lo presenterai! -.
Rimango immobile in mezzo al corridoio.
E adesso?
- No, no! E’ meglio che tu rimanga a casa, ti annoieresti! -.
Avverto il rumore dei suoi passi alle mie spalle. Mi volto di scatto, il suo viso è a pochi centimetri dal mio.
- Questa è una delle scuse più banali che tu abbia mai inventato! – esclama acida, alzando un sopracciglio.
Comincio a sudare.
- M-ma che dici? – balbetto deglutendo.
- Dico che mi nascondi qualcosa! -.
- Ancora con questa storia? Ti ho chiesto di sposarmi, Heather. Ormai tra noi due non dovranno più esserci segreti! Quindi, credimi! – mormoro con voce suadente. Di solito la tecnica della seduzione funziona!
La ragazza mi fissa. Il volto pallido non riesce a nascondere l’emozione di cui è preda.
- Mmmh… - grugnisce poco convinta, - Ok, ma se non torni entro l’ora di pranzo ti vengo a cercare con il coltello da cucina! -.
Sorrido, avvicinandomi lentamente al suo viso e chinandomi per sentire il gusto delle sue labbra vellutate sulle mie. Poi ruoto il corpo e inizio a incamminarmi verso il portone di casa, uscendo.
Percorro velocemente il viale che divide in due l’enorme giardino che costeggia la villa, raggiungendo la macchina dentro il garage.
Una volta seduto di fronte al volante, la mia bocca emana un sospiro si sollievo, seguito da qualche senso di colpa.
D’altronde, che altro avrei potuto fare? Le ho mentito nuovamente, questo è vero, ma non potevo certo confessarle che sto andando ad assistere all’ecografia di mio figlio!
E’ troppo presto per dirle la verità o forse, forse sono io che ho eccessiva paura di farlo.
Sto diventando un codardo!
Metto in moto la macchina, consolandomi col fatto che, in effetti, quelle bugie sono nate a fin di bene. Grazie ad esse oggi riuscirò a mantenere, per la prima volta nella vita, una promessa.
L’appuntamento con Sierra era alla fermata dell’autobus, poco più lontano della libreria.
11.30. Era questo l’orario, se ben ricordo.Sierra povIl ‘’mostro’’ rombante – come l’ho soprannominato io – si ferma improvvisamente, sostando nel parcheggio dell’ospedale.
Le porte del mezzo si aprono e io scendo, ringraziando timidamente l’autista, che dal canto suo mi porge un cenno con la testa, allontanandosi al volante dell’autobus.
L’edificio di fronte a me è grande, pieno di minuscole finestrelle e cinto da mura grigiastre, dall’aspetto triste.
Non mi è mai piaciuto questo posto.
Cammino, avviandomi verso l’entrata.
Non appena le mie gambe varcano la soglia dell’ospedale, il mio naso viene accolto da un miscuglio di odori nauseanti. Barcollo lievemente, avviandomi verso lo sportello dell’accettazione.
- Mi scusi! – sussurro rivolgendomi a una donna grassoccia, dai capelli ricci e ispidi, che fissa annoiata lo schermo di un computer, dietro un vetro polveroso, ignorandomi del tutto.
- Mi scusi! – esclamo con tono di voce più forte.
Due occhi verdi, protetti da un paio di occhiali, si posano su di me, accompagnati dallo squittire di una vocina insopportabile.
- Posso aiutarti? – chiede la donna.
Bene, adesso non si da neanche più del ‘’lei’’. Solo perché sono MOLTO più giovane.
- Emh…sì! Avrei appuntamento con la dottoressa Smith, per l’ecografia! -.
Vengo squadrata capo a piedi.
- Oh, sì! Compila questo modulo! – gracchia la segretaria, porgendomi un foglio e una penna dal buco dello sportello.
Lascio una firma, ringraziando la ‘’gentile’’ signora e dirigendomi verso il corridoio bianco che porta ai vari reparti.
Mentre mi accingo a calpestare il pavimento scuro, mi guardo attorno, notando profili di dottori che spingono barelle, al cui interno riposano anziani, donne, bambini dagli occhi sofferenti e supplichevoli.
Un piccolo brivido mi attraversa la schiena e il desiderio di avere qualcuno a cui stringere la mano, al mio fianco, riempie il mio cuore agitato, che pulsa alla velocità della luce.
Dove sarà il reparto?
Dopo minuti di ricerca, il mio corpo tremante si trova fermo, immobile, davanti a un altro lungo corridoio, composto da pareti tappezzate di un giallo fioco e sbiadito.
Trovato.
Comincio a camminare lungo la sala, attenta a non cadere col vibrare timoroso del mio corpo.
Mi accosto davanti a una porta, su cui noto un piccolo cartellino attaccato con dello scotch, con scritto ‘Dott.sa Smith’.
Sospiro e mi siedo su una panchina accanto all’entrata dello studio, adagiando la borsa colorata sulle gambe.
Ad attendere, oltre a me, non c’è nessuno.
Penso a mia madre. Forse dovrei avvertirla che va tutto bene e sono arrivata, sana e salva.
Prendo il cellulare dalla tasca dei miei pantaloni, cercando sulla rubrica il suo nome.
- Pronto? – risponde poco dopo una voce stanca, dall’altro capo del telefonino.
- Mamma, sono io! -.
- Sierra! Tutto bene? -.
- Sì, sono in sala d’attesa! -.
- Bene, menomale! Ma…sei sola? -.
Chiudo tristemente gli occhi.
- Sì… - mormoro.
- Come? E Alejandro? – domanda la donna, preoccupata.
- Non…non è venuto! – affermo con amarezza.
- Ma come? Non aveva detto che… -.
- Sì, aveva detto, ma come al solito non ha fatto… - interrompo bruscamente.
- Oh, tesoro mio! Mi dispiace! E’ un…un… -.
- Un bastardo, già… -.
Odo dei lamenti inquietanti provenire dall’aggeggio che tengo accanto all’orecchio.
- Che…che cos’è stato, mamma? – chiedo sgranando gli occhi.
- Oh, niente! Solo la nonna che chiede come stai! Sta bene, tranquilla! -.
Sorrido. Almeno c’è qualcuno che si interessa a me.
- Ok mamma, ci vediamo dopo! Ciao, ti voglio bene e saluta la nonna! – esclamo.
- Certo amore mio! E mi raccomando, sii forte! Andrà tutto bene, ti aspetto a casa. Non vedo l’ora di sapere dell’ecografia! Ciao! -.
Sospiro di nuovo.
- Emh…scusi? E’ da sola? – domanda una voce femminile, dall’uscio della porta davanti alla quale mi ero fermata, poco fa.
Mi giro di scatto.
- Sì! –rispondo.
- Bene, mi segua.-.
Mi alzo dalla sedia, accogliendo l’invito ad entrare in un piccolo studio.
Varco la soglia, superando una segretaria dai capelli crespi, che mi sprigiona dall’agitazione donandomi un sorriso apprensivo.
- Buongiorno, sono la dottoressa Smith e tu sei… - saluta una donna alta e snella, dall’aspetto simpatico, porgendomi la mano e posando poi lo sguardo sul mucchio di fogli che tiene sulla scrivania, cercando il mio nome.
- Sierra! – aggiunge poi alzando gli occhi, facendomi segno col capo di prendere posto su una piccola poltrona.
Ubbidisco, col cuore a tremila.
- Bene, sei molto giovane! -.
Vi siete fissati con questa storia!
- Sì. – rispondo cautamente.
- E…con te non c’è nessuno? Non so, tua mamma, il tuo fidanzato… -.
Un piccolo velo di tristezza si stende sul mio animo.
- No, oggi sono sola… - la informo fingendomi serena.
- Ok, non ha importanza, perché oggi inizierà per te un nuovo percorso, della quale, se vorrai, farò parte anche io! Perciò, ora vieni con me e sdraiati. – esclama la dottoressa, dirigendosi verso un lettino.
Mi sfilo la maglietta, adagiandola sulla sedia, poi seguo la donna, stendendomi dove mi è stato indicato.
- Ora, la tua pelle verrà a contatto con un gel freddissimo, accompagnato da una sonda, che ci permetterà di visualizzare l’interno del tuo ventre. – mormora la figura esile e alta.
Annuisco, pur conoscendo già il modo in cui si effettua un’ecografia.
La sostanza ghiacciata e l’oggetto bianco vengono passati lentamente sulla mia pancia.
- Guarda lo schermo. – consiglia la dottoressa.
Volto il viso verso il display alla mia destra, seguendo il dito lungo e scheletrico della donna, che indica un punto scuro, nel mezzo di uno sfondo grigio e nero.
Improvvisamente respiro e cuore cessano il loro andamento, inducendo il mio corpo a pietrificarsi.
Un’emozione meravigliosa mi invade da testa a piedi, riscaldando il mio torace.
- Questo minuscolo pallino, è tuo figlio! – annuncia la dottoressa, continuando a ‘’massaggiare’’ la mia pancia con la sonda collegata al macchinario da un cavo.
Sorrido, in preda a una sensazione di leggerezza e assoluta felicità.
Non mi ero mai sentita così bene, prima d’ora.

Cody pov
- Grazie mille! - ringrazio ansimando, rivolto all’autista del taxi, che si è fermato proprio in corrispondenza dell’ospedale.
Tiro fuori il portafogli, pagando l’uomo seduto davanti a me, poi esco frettolosamente, chiudendo lo sportello dell’auto gialla.
Tocco di nuovo le narici del mio naso, portando, poi, le dita davanti agli occhi.
Ancora sangue.
Mi agito, camminando velocemente verso la porta dell’edificio.
I miei piedi, protetti da un paio di scarpe malconce e persino allacciate male, si muovono a stento e il mio corpo, anche se meno impaurito, trema un po’, facendomi perdere l’equilibrio a ogni passo.
Ecco, sono vicinissimo all’entrata, quando a un tratto, un signore robusto urta fortemente la mia spalla, inducendo la mia testa a girarsi e facendo in modo che io, distratto, cada addosso a qualcuno.
Chiudo gli occhi, lasciando che il mio peso schiacci un corpo inerme.
- Ahi! – odo urlare.
Oh cielo! Ci mancava solo questa!
- S-scusa, mi dispiace! E’ che mi sono distratto e non ho guardato dove… -.
Apro gli occhi, restando immobile, completamente paralizzato.
Stesa sotto di me e avvolta in un cappottino rosa acceso, la figura di lei dal viso contratto per il lieve dolore.
Sierra.
Fermo, non oso muovermi.
I suoi capelli purpurei oscillano come veli al passare della brezza mattutina e gli occhi, scuri e limpidi come li ricordavo, mi fissano sconcertati.
Non riesco a pensare, parlare, non riesco a fare niente, solo continuare a guardarla, impotente ed estremamente sorpreso, mentre il sangue continua a gocciolare dal mio naso, sporcando disgustosamente i suoi vestiti.
- Cody… - sussurrano le sue labbra carnose, sotto i miei fanali accesi e sgranati.
Non rispondo. Il muscolo posto all’altezza del mio petto ricomincia a pulsare alla velocità di un paio di bacchette su una batteria.
No, non posso crederci…

Fine settimo capitolo.
Sono nei guai, vero?
*chiede scappando, inseguita da una folla furiosa di persone con bastoni ardenti in mano*
Ok, visto che probabilmente siete arrabbiati – e avete tutte le ragioni per esserlo – mi scuso umilmente per l’ennesimo ( e prolungatissimo ) ritardo!
Ho avuto un sacco di impegni e contrattempi, tra cui gara ( che è domani ) di pattinaggio artistico per la quale mi devo preparare, accanimento sui libri e problemi familiari. Quindi perdonatemi, di nuovo!
Passando al capitolo, è terribilmente OOC, ma devo confessare che ho seri problemi nel mantenere stabile il carattere di ogni personaggio…sigh!
Sierra ha fatto la prima ecografia, ma Al ( ovviamente -.-‘’ ) non c’era! Come avete letto, ha capito male l’orario -.-‘’ ( sta messo peggio di me!! ).
Inoltre, i due ‘’innamorati’’ si sono incontrati – era ora! – e qui ho voluto lasciare un po’ di suspense, perché mi sembrava che fosse lecito far rimanere la storia un po’ in sospeso.
Forse l’idea di Cody che va in ospedale per del sangue al naso è un po’ esagerata, ma io il suo carattere lo vedo un po’ timoroso!
Spero che, nonostante tutto, il capitolo sia stato almeno un pochino di vostro gradimento!
A presto ( ce la metterò tutta per fare in modo di non tardare nuovamente! ),
Barbara <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sto morendo d'amore... ***


Alejandro pov
Spingo col piede sull’acceleratore della macchina, intento ad arrivare all’appuntamento il più presto possibile. Non ho voglia di essere nuovamente vittima delle inutili sgridate di Sierra.
Mi sporgo in avanti col busto, fino a sfiorare con il cappotto il materiale duro del volante. I miei occhi scorgono il cartello della fermata dove passano gli autobus.
Sono giunto sul posto in perfetto orario.
Svolto a destra, nell’area costeggiata da erba altissima, intento a parcheggiare, poi scendo dall’auto, girando le chiavi nello spazio apposito incastonato dentro la portiera.
Faccio qualche passo in avanti, guardandomi intorno.
Strano. Lei non c’è. Eppure era questo il posto.
Controllo ancora a destra, poi a sinistra, confuso. Nessuna traccia di Sierra.

Sierra pov.
Quegli occhi. Chiari, curiosi, grandi. Per quanto tempo li ho desiderati, quante sofferenze e delusioni ho dovuto affrontare per loro. Ed ora ce li ho davanti, li posso tranquillamente fissare, mi ci posso perdere, ci posso sguazzare dentro.
Ma cosa è successo? Stavo camminando, poi ho sentito un peso spingere il mio corpo verso il cemento freddo del parcheggio dell’ospedale. Ed ora, come mai sono qui? Come mai lui, il sogno proibito che mi tormentava ogni notte solo un mese fa, è sdraiato su di me, intento a guardarmi?
Non riesco a muovermi, non so che fare, né tantomeno cosa dire. Sono solo consapevole che, tempo fa, se fosse accaduta una cosa del genere avrei cominciato ad emettere stupide urla colme di gioia, poi avrei iniziato a stritolare con furiosi abbracci il ragazzo che ho di fronte. Invece adesso, adesso posso soltanto essere incredula, posso solamente pensare, respirare, ripetermi quanto sia assurdo restare qui, coricata sull’asfalto, incapace di muovere un muscolo.
Inutile dire che mi ha colto alla sprovvista e che sono sorpresa. Il mio cuore sta pulsando talmente forte che quasi non attraversa la mia carne pronto a schizzare fuori dal petto.
Che cosa fa? Mi guarda ancora? Non sta scappando via a gambe levate? No, continua a penetrarmi con l’oceano blu delle sue iridi. Il viso e i capelli castano chiaro sono leggermente illuminati dal sole. Neanche lui osa fare una sola mossa. Immobile, impassibile, senza smettere di sovrastare il mio corpo congelato con il suo torace scheletrico.
Devo parlare, lo so. Devo pronunciare una qualche parola, ma quale? Cosa potrei dire in un momento del genere? Dopo aver rincontrato l’unico ragazzo del quale io mi sia mai innamorata, ma anche l’unico per il quale io abbia sofferto così tanto da consumare tutte le lacrime che avevo in corpo, perché con il suo rifiuto, con la sua inesistente sensibilità, mi ha ferita con tagli talmente profondi da farmi sanguinare acqua salata.
- Cody… - bisbiglio dopo questo lungo attimo fatto di silenzio e pensieri, durante il quale la bocca si è stancata di restare sigillata.
Assottiglia gli occhi, svegliandosi dal trans di cui era vittima.
- S-Sierra… - sussurra a sua volta.
La sua voce, delicata e infantile, mi toglie ancora il respiro e il mio sguardo, attonito e stralunato, si posa improvvisamente sul liquido rosso che gocciola dal suo naso.
Sussulto, quasi spaventata.
- Stai sanguinando! – urlo automaticamente.
Lui squote la testa, come se si fosse appena risvegliato da un sonno profondo, poi si alza, pulendosi con le mani i pantaloni sporchi di polvere.
Mi porge la mano, scusandosi per la caduta. La afferro incantata, lasciandomi aiutare e rialzandomi, leggermente stordita.
- Cosa ti è successo? – domando preoccupata, come se dopo giorni e giorni di distanza sia la cosa più normale da dire.
Velocemente si cinge le narici con le dita sottili e pallide, iniziando a balbettare, senza però staccare lo sguardo da me.
- Oh! Q-Questo? Niente, s-solo una stupidissima caduta! T-Tu invece? Che ci fai qui? – chiede riacquistando un po’ di colore in volto.
Io barcollo un po’. Mi sembra strano che dopo così tanto tempo, le nostre lingue non abbiano niente di meglio da sfornare. Nelle sere di caldo asfissiante, pochi giorni dopo la fine del reality, spesso mi addormentavo sognando questo giorno. Immaginavo meravigliosi sorrisi, sguardi gioiosi, abbracci, baci, parole. E invece, maledicendo la mia stupida ingenuità, mi trovo qui, davanti ad un ospedale, smarrita, confusa, intenta a inventarmi una scusa plausibile per soddisfare la domanda che mi è appena stata posta.
- I-Io…emh…sono qui perché… -.
Tremo, mentre continua a spogliarmi col suo sguardo. Non posso dirgli la verità, non adesso che l’ho appena rivisto.
- Io… - continuo iniziando a sudare.
Driiiiiiiiiin.
Il cellulare squilla, per la mia salvezza. Emetto un sospiro di sollievo e tiro fuori il telefono dalla borsa, tremando ancora.
E’ Alejandro. Chiudo gli occhi in segno di rassegnazione.
- Che diamine vuoi, adesso? – grido spazientita all’oggetto che ho accanto all’orecchio, cominciando a giocherellare con una ciocca di capelli.
- Esigo spiegazioni! Perché non sei alla fermata dell’autobus? – chiede il ragazzo, con tono di voce che urta fortemente i miei nervi.
- Oh, beh…io c’ero, circa…vediamo… - guardo l’orologio -…circa due ore fa! Peccato che un certo Alejandro non si sia presentato! -.
Sussulto, girandomi verso Cody, il cui naso continua a sanguinare imperterrito. Il suo sguardo, ora, si è espanso in due enormi palline da golf, stupito nell’udire il nome che ho appena pronunciato al telefono. Cazzo, mi sono messa in un grossissimo guaio!
- Cosa? Perché due ore fa? – continua a gridare la voce calda dall’altro lato del cellulare, senza, però, ottenere risposta, poiché la mia attenzione è ancora riversa sul ragazzo che ho di fronte.
- P-Perché… - cerco di dire, attraversata da un lungo brivido -…perché… -.
- Perché? – ripete Alejandro.
Riprendo il controllo di me stessa.
- E me lo chiedi pure? L’orario era alle dieci e mezza e tu… -.
- Dieci e mezza? – vengo interrotta – Stai scherzando? Era alle undici e mezza! – esclama il ragazzo dalla pelle scura.
- Tu sei matto, oppure semplicemente sordo! Era alle dieci e mezza e, comunque, ormai è troppo è tardi, l’ecografia l’ho fatta! -.
Porto automaticamente una mano alla bocca, stupita di essermi fatta scappare un’informazione tanto segreta, che, non appena arrivata alle orecchie di Cody, porta il giovane a sgranare gli occhi.
Cosa ho detto?
Rimango in silenzio, con il corpo immobile.
- Oh… - riprende Alejandro, quasi deluso – E come è andata? -.
Ancora una volta la tensione è troppo grande per potermi permettere di rispondere.
- Sierra? Ci sei? Sono in mezzo a una strada e gradirei spiegazioni! – mi sprona nuovamente il ragazzo.
- B-Bene… - mi decido a balbettare -…ma ora scusami, ti chiamo più tardi… -.
Termino la chiamata, tra una contestazione e un’altra da parte di Alejandro.
- Cosa significa tutto questo? – chiede incredulo Cody, socchiudendo lo sguardo.
I miei occhi si posano immediatamente sul suo naso. Ha quasi smesso di sanguinare, forse congelato anche lui da questa fredda situazione.
- Io…posso spiegare… - bisbiglio, incredula e spaventata.
- Sì, sarebbe il caso! – afferma il ragazzo, stringendo i pugni.
Di solito, quando mi trovo in situazioni del genere, il modo migliore per uscirne viva è vomitare fuori tutto ciò che ho da dire in una sola volta, così da togliermi immediatamente il pensiero. Ma questa volta non ci riesco, questa volta è più difficile.
- Io… - riprovo ondeggiando avanti e indietro, tesa, nervosa.
- Sono incinta di Alejandro! - lo informo tutto d’un fiato.
Cody barcolla, divenendo sempre più pallido. Le narici riprendono magicamente a espellere sangue e il corpo cade indietro, finendo a terra, svenuto.

Cody pov
- Cody! -.
Una voce ovattata e angelica chiama il mio nome, inducendo i miei occhi ad aprirsi lentamente.
- Cody! – odo nuovamente, svegliandomi del tutto.
Mi guardo intorno, debole e confuso.
L’ambiente è piccolo, tappezzato di bianco. Mi accorgo di essere sdraiato, con due fastidiosi tamponi di cotone conficcati nelle narici.
Alla mia destra c’è Sierra. Seduta, con i capelli sciolti e leggermente scompigliati, gli occhi grandi e lucidi. Mi guarda, preoccupata, ripetendo il mio nome.
- Cody! Per l’amor del cielo! Ti sei svegliato! -.
-Che cosa è successo? – blatero con la lingua impastata.
- Sei svenuto! – mi informa esasperata la ragazza.
Gratto ferocemente la mia testa, increspando le labbra, stordito.
- Oh! – comincio, - Ora ricordo! C’eri tu, stavamo parlando…poi…poi mi hai detto qualcosa… -.
Apro incredulo lo sguardo, mentre immagini e suoni di parole udite riaffiorano alla mente.
Sierra impallidisce, sospirando rumorosamente.
Divengo furioso.
- Tu…sei… - annaspo puntandole il dito contro, sperando che la verità di cui sono venuto a capo pochi minuti fa sia solo uno scherzo di cattivo gusto.
- Incinta… - termina Sierra, puntando gli occhi verso il pavimento bianco, che si confonde con le pareti.
Cosa? Perché? Non deve essere vero! Non era questo il mio desiderio, non era così che doveva finire. Ti ho cercata, ti ho sognata, ti ho voluta per tempo indefinito e adesso? Adesso ti ho ritrovata, ma non sei come ti ricordavo. Sei cambiata, sei diversa. Non mi tormenti più con le tue effusioni amorose e il tuo sguardo non è più sorridente come una volta. Ma soprattutto, non sei più mia!
- Come è potuto accadere? – chiedo alla ‘’sconosciuta’’ seduta alla mia destra, tremante.
- Rideresti se ti rispondesti che neanche io lo so con certezza? – mi chiede, cercando i miei occhi.
Cosa diamine sta blaterando?
- Stai scherzando, spero! Rimani incinta di un…di un bastardo col cuore di pietra e non sai neanche come è successo? – domando alzando terribilmente il mio tono di voce.
Sierra assume un’espressione nervosa ed infastidita.
- Certo che so come è successo! -.
- E allora spiegamelo! – ordino indignato.
- Perché? –.
Sussulto, scordandomi del tutto dove il mio corpo si trovi, completamente preso dalla conversazione e dal desiderio di capire cosa stia accadendo.
- Come sarebbe a dire “perché”? Ti ho cercata per un mese intero, mi sono maledetto una notte dopo l’altra per averti lasciata andare così e quando finalmente riesco a trovarti, a guardarti di nuovo negli occhi, scopro che sei cambiata e che mi hai tradito con un…con un… - prendo fiato, rosso dalla rabbia, col cuore eroso dal dolore.
- Tradito? Tradito? – urla la ragazza, alzandosi e rivolgendomi uno sguardo spaventosamente pericoloso.
- Io non ti ho tradito e tu non hai alcun diritto di trattarmi in questo modo, né tantomeno di farmi la ramanzina dopo quello che go passato per te! Insomma, hai TU idea di quante lacrime io abbia consumato per te, brutto essere senza ritegno? Altro che “averti cercato per un mese intero”, come dici tu! Io ho patito le pene dell’inferno per conquistarti, ti ho protetto da quella bastarda di Gwen, che non faceva altro che riderti in faccia per poi ottenere cosa? -.
Si ferma, riprendendo a respirare, amareggiata in volto.
Rimango impassibile, sconcertato.
Ha ragione. Che diritto ho io di accanirmi contro di lei, dopo essermi comportato da vero idiota?
- Io…scusa… - sussurro, evidentemente più forte di quanto pensassi.
- Scusa? Solo questo hai da dirmi? Mi dispiace Cody, è troppo tardi! Potevi pensarci prima, potevi essere tu il padre di questo bambino! -.
Afferra la borsa multicolore dalla sedia, girando i tacchi e lasciando la stanza d’ospedale, quasi urtando un’infermiera che accorre in mio aiuto chiedendomi come stia.
- Male. – rispondo, - Sto morendo d’amore! -.

Fine ottavo capitolo.
Oh santo cielo! Fa veramente pietà questo capitolo!
Allora, ho deciso che da oggi non vi farò più perdere tempo a leggere le mie ignobili scuse sui miei ritardi, perché tanto non servono a restituirvi il tempo che avete speso nel prestare attenzione a ciò che scrivo! Vi posso solo dire di perdonarmi, senza raccontarvi i miei contrattempi, che sono tanti, questo sì, ma ora sto divagando…D:
Tornando al capitolo: è OOC al settantaseiesimo livello! Insomma…Sierra che si arrabbia con Cody? Questa idea strapazzata che ho avuto è dovuta solo al fatto che il suo personaggio l’ho sempre visto in modo diverso rispetto a come viene rappresentato nel cartone, quindi ho cercato di estrapolare il lato più agguerrito di lei! Mi dispiace aver scombinato così tanto i vari caratteri….non riesco a farne a meno!
Bene, spero che nonostante tutto sia stato di vostro gradimento ( anche se Cody, poverino, l’ho fatto dissanguare, poi svenire, di tutto e di più…D: ) e in caso abbiate critiche o consigli o semplicemente giudizi da fare sappiate che le recensioni di tutti i tipi son sempre ben accette!
Ou revoir,
Wislia :**
P.S. Premetto una cosa: è possibile che per alcuni problemini futuri di cui già conosco l’esistenza, anche il prossimo capitolo verrà pubblicato un po’ tardino, ma cercherò di fare il più presto possibile! Scusate ancora….

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Questa volta è finita! ***


Sierra pov
Percorro a ritroso il ‘’labirinto’’ dell’ospedale, a passo deciso e veloce.
La mia mente è lontana, il mio cuore gonfio di rabbia.
Sul pavimento le suole delle mie scarpe non emettono alcun rumore.
Ecco l’uscita del reparto e poi tutti i corridoi già percorsi, ecco dottori, pazienti, parenti dai visi cupi e distanti, gli stessi di stamattina. Ma ormai tutto questo non mi fa più paura, riesco solo a pensare a quello che ho fatto, agli occhi grandi e chiari che ho appena lasciato in una bianca sala d’ospedale, quelli che per tempo indefinito ho desiderato, ma che poi ho allontanato in un colpo solo.
Raggiungo l’uscita dell’edificio, sovrastata dal fresco profumo del vento, che si imbatte nelle mie narici, facendomi dimenticare l’odore nauseabondo dei medicinali.
Mi fermo. I capelli che oscillano al tocco dell’aria, gli occhi umidi e sconvolti. Non faccio caso alla gente che passa, a chi, come me, sta per tornare a casa da una brutta avventura.
Il suo viso, il suo sguardo vigile e confuso, ma soprattutto deluso, scacciano velocemente la rabbia per trasformarla in rimorso e incredulità.
Ho appena rinunciato al ragazzo che amo? L’ho fatto veramente?
Sì, la risposta è sì. Ma perché? Forse è questa la vera domanda.
Come ho potuto? Cosa mi è successo?
Le gambe iniziano a tremare e le lacrime perdono la capacità di restare dentro il mio corpo, lanciandosi giù dai miei occhi e percorrendo tutta la parete del mio viso, fino alle labbra. Posso assaporare il gusto salato della tristezza.
Mi lascio improvvisamente andare, perdendo l’equilibrio e sbattendo le ginocchia sull’asfalto.
Voglio tornare a casa, adesso.

Alejandro pov
<< Argh! Al diavolo! >> urlo sopraffatto dalla rabbia, non appena Sierra mi chiude il telefono in faccia.
<< Non solo mi sono fatto in quattro per inventare una scusa che mi permettesse di uscire di casa senza farmi decapitare da Heather, ho anche fatto un viaggio a vuoto! >> borbotto poi, ancora più nervoso, avviandomi verso la macchina.
Apro lo sportello, mi accomodo sul sedile e richiudo la portiera con ferocia.
Non ha senso. Com’è possibile che la prima e unica volta che provo a fare qualcosa di buono per me stesso e per gli altri, finisce tutto a rotoli?
Sbuffo contrariato, spingendo il piede sull’acceleratore.
Non c’è molto traffico in giro, i marciapiedi sono quasi vuoti. Lancio occhiate distratte ai negozi che scorrono velocemente in direzione opposta al quella della macchina e…
Aspetta! Una gioielleria!
Di colpo i miei occhi si accendono. Che idea sublime!
Parcheggio facilmente l’auto di fronte alla vetrina che mi ha colpito e poi, con un ghigno furbo e orgoglioso stampato sulle labbra, mi dirigo verso l’entrata dello scintillante negozio.
Non appena varco la soglia, la luce delle preziose gemme incastonate in ogni raffinato oggetto mi saltano agli occhi.
Così, muovendomi a passo felpato fra collane brillanti e orecchini dorati, raggiungo la cassa, accolto dal sorriso smagliante e bianchissimo, perfettamente in tono col resto del luogo, della commessa.
<< Posso aiutarla? >> squilla una voce vivace e penetrante.
<< Sì, grazie. Vorrei dare uno sguardo a qualche anello, ma non cianfrusaglie qualsiasi, piuttosto qualcosa di veramente particolare, qualcosa che faccia rimanere a bocca aperta! >> affermo con entusiasmo.
La ragazza alza un sopracciglio, poi, con fare malizioso, esclama << Oh! Capisco! Proposta di matrimonio, eh? Mi segua, ho io ciò che fa per lei! >>.
Una figura alta e snella, resa più slanciata da un paio di tacchi vertiginosi, si rivela da dietro il bancone, facendomi segno di starle dietro.
Fronteggiando bracciali e oggetti dall’aspetto costoso, arriviamo al cospetto di un bancone pieno zeppo di anelli di ogni tipo e colore.
<< Che ne direbbe di questo? >> domanda nuovamente la commessa, mostrandomi una scatolina verde scuro che, con un veloce gesto delle dita, si apre, mostrando la meraviglia argentata che celava dentro sé.
<< Oh! Molto bello, sì! >> dico, osservando le linee sinuose e pregiate, rese ancor più interessanti dai dettagli in diamante dell’oggetto di fronte a me. Un gioiello del genere potrebbe farmi perdonare inconsciamente da Heather per il casino in cui, in realtà, ho messo anche lei. E poi, quando le ho annunciato di volerla sposare, essendo un gesto compiuto involontariamente, tra le mani non avevo alcun anello.
<< Perfetto! Lo compro! >> affermo convinto, pronto a sborsare qualunque cifra per un gioiello del genere.
<< Bene, sono milleduecentocinquanta euro! >>.

Cody pov
Di nuovo su un taxi, di nuovo diretto verso casa, quel piccolo e misero appartamento da due soldi.
Di nuovo propenso ad affrontare la vita di sempre, dopo una brutta avventura, ma con un dolore in più: aver perso una persona speciale. Per sempre.
Non riesco a capire come sia potuto succedere, cosa l’abbia spinta a fare una cosa del genere. Insomma, lei mi amava, amava me. Mentre adesso, vengo a scoprire che aspetta un figlio da qualcun’altro.
Alejandro. Bastardo, ignobile e astuto ingannatore. Non mi è mai piaciuto, tantomeno ora, che se solo potessi averlo tra le mani sarei capace di sgretolarlo in un colpo solo.
Lui, mi ha portato via l’unica ragazza che sia mai stata capace di accettarmi per quello che sono.
<< Uff… >> sbuffo involontariamente, attirando l’attenzione dell’autista.
<< Qualcosa non va? >> chiede scrutandomi dallo specchietto retrovisore, annaspando con il sigaro acceso in bocca.
<< Già… >> sospiro, lasciandomi andare completamente sullo schienale del sedile.
<< Ti ha lasciato, eh? >> domanda scherzosamente con tono rauco e ironico.
Ma perché tutti quelli che incontro mi pongono sempre la stessa domanda? Ce l’avrò forse scritto in fronte che soffro per una ragazza? Questo tizio mi ricorda molto il barista che l’altro giorno ho quasi insultato…
<< Non è proprio andata così, ma…diciamo di sì! >> rispondo affranto.
<< Oh…capisco! Aveva un altro, non è così? >>.
Comincio ad imbestialirmi, ma cerco di non darlo a vedere.
<< Già…uno sbruffone dalla chioma folta e lucente! >> esclamo amareggiato.
<< Beh, ne so qualcosa! E posso dirti con certezza che il miglior modo per risolvere questioni del genere è la vendetta! >>.
Ridacchia. Io alzo un sopracciglio. Perché i matti li incontro solo io?
<< Oh, beh…grazie mille del consiglio! Mi lasci pure qui, casa mia è a due passi! >>.
Mi congedo, pagando la cifra richiesta e scendendo dal taxi. Non ho intenzione di fare conversazione in questo momento e sono sicuro che camminare mi farà bene!
L’atmosfera è fresca, tranquilla, quasi deliziosa, direi. Il parco è popolato da bimbi che giocano gioiosi sullo scivolo, oppure che si fanno spingere allegramente dai genitori sull’altalena.
Per un attimo l’immagine di Sierra e Alejandro insieme mi attraversa la mente. Chissà come sarà il bambino? Forse castano, con la pelle scura e morbida, oppure una graziosa femminuccia dalle iridi color verde smeraldo, come lui, e la chioma violacea, con splendidi riflessi porpora.
Do involontariamente un calcio alla cassetta delle lettere di fronte al palazzo in cui abito, facendomi persino male al piede. Poi, arrabbiato, ripenso alle parole dell’autista col sigaro in bocca, mentre lentamente salgo le scale, fino ad arrivare al mio appartamento.
<< E posso dirti con certezza che il miglior modo per risolvere questioni del genere è la vendetta!>>
Vendicarsi, eh? Non suona male, adesso che ci penso. Anzi, le note azzurrine e melodiche della parola risultano enormemente gradevoli all’udito.
Chiudo la porta a chiave, riponendo accuratamente il mazzetto dentro alla tasca del cappotto, che adagio sull’appendiabiti.
<< L’autista baffuto potrebbe avere ragione! >> borbotto ad alta voce.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, un’idea geniale squarcia il silenzio che poco fa echeggiava cupo dentro di me.
Afferro il telefono, con ghigno astuto sulle labbra, scorrendo il dito sulla rubrica che si rivela ad i miei occhi grazie al display.
<< Dunque…vediamo un po’…Beth…Duncan… >> inizio a bisbigliare. Le mie parole, più che entusiaste, appaiono agitate e tremanti nella prigione di cemento che mi circonda.
<< DJ…oh! Eccoti qui! Heather! >>.
Ridacchio malignamente, convintissimo del guaio che sto per provocare nella vita del mio acerrimo nemico.
<< Chissà perché, sono sicuro che tu, cara mia, non sia ancora venuta a conoscenza del fatto che il tuo fidanzatino ha fatto una scappatella! >>.
E dopo aver sadicamente pronunciato le ultime parole famose, porto il cellulare all’orecchio, aspettando che il suono monotono che emette l’oggetto cessi di tormentare i miei timpani.
<< Pronto? >> risponde Heather, con voce annoiata.
<< Pronto? Sono Cody… >>.
<< Cody? Che vuoi? >> urla acida.
Deglutisco, poi prendo un bel respiro.
<< Credo che tu debba sapere una cosa… >>.

Alejandro pov
Attraverso il giardino a grandi passi, col sorriso sulle labbra, assaporando il gusto della mia immaginazione. Già sento sulla mia pelle il profumo penetrante di Heather, quando mi ringrazierà per lo splendido dono che sta per ricevere.
Eccomi sulla soglia della porta, la scatolina contenente l’anello stretta tra le dita della mano che tengo dietro alla schiena.
Busso, ma nessuna risposta, nessun movimento. Sarà di sicuro in bagno, o forse in cucina.
Apro da solo la porta, chiudendola alle mie spalle.
<< Heather? >> chiamo potentemente.
Niente, di nuovo.
Comincio ad aggirarmi per tutta la casa, senza trovarla, poi, non appena scorgo un piccolo fascio di luce sotto la porta chiusa del salone, decido di entrare.
<< Heather, ecco dov’eri, ti ho cercata in tutte le stanze! >> la informo sorridente.
Si gira, rossa in viso, occhi ardenti e sopracciglia curvate. Accanto all’orecchio tiene poggiato il telefono, che, dopo qualche secondo, viene fortemente sbattuto sul tavolo.
<< Ehi! Che succede? >>.
Rimane lì, in mezzo alla stanza, a fissarmi con quello sguardo colmo di ira. Non riesco a capire.
<< Tu! >> esclama poi, squarciando il precedente attimo di silenzio e puntandomi un dito contro.
Assottiglio lo sguardo.
<< Io cosa? >>.
<< E me lo chiedi pure? Brutto bastardo! Come hai potuto? >>.
Sussulto. Oh cavolo!
<> tento di spiegare, interrotto immediatamente dal suono infuocato delle sue urla.
<< Zitto! So tutto! >>.
<< Ma… >>.
<< Ho detto di stare zitto, stronzo che non sei altro! Ora capisco perché eri così strano! Sei solo un bugiardo, un falso e schifoso bugiardo! Ti sei scopato quella lì? E com’è stato, dimmi un po’? >> grida avvicinandosi pericolosamente.
<< Posso spiegare! E’ successo durante il reality, non stavamo neanche insieme e lei era lì, sola, piangeva ed io…lo sai come sono fatto! Non ho resistito, ma non fraintendermi, è acqua passata! L’ho fatto solo per divertimento, puro e sano divertimento! Io amo solo te! >>.
Altri secondi di silenzio, uno di quelli che mette paura. Poi, dopo qualche altro passo verso di me, il suono acuto e doloroso della sua mano sulla mia guancia si espande in tutto il salotto.
Rimango pietrificato a fissarla, col bruciore insopportabile che pulsa sotto la pelle del mio viso. Mi ha appena dato uno schiaffo, e questo vale molto più di ogni piccolo e insignificante insulto.
<< Auguro a te, a tuo figlio e alla tua futura famigliola di passare una vita infelice, triste e brutalmente grigia! Addio, Alejandro. >>.
Sento il rumore malinconico delle sue scarpe infrangersi contro il pavimento, poi l’urlo sordo della porta di casa, sbattuta con fragore.
Me ne sto in piedi, sulla soglia della stanza, con lo sguardo perso nel vuoto, consapevole di essere caduto ufficialmente nel pozzo dei miei errori.
Questa volta è finita, finita davvero. Ottimo lavoro Alejandro!

Fine nono capitolo.
Le paranoie di Wislia.
Tadaaaaan!
Buonasera a tutti! Sono riuscita a postare prima di due settimane. Forse sto pian piano migliorando! :D
Comunque, questo capitolo è stato difficile da scrivere e sì, lo ammetto, ho serie difficoltà a trascrivere i pensieri di Alejandro, perché poi lo faccio apparire sempre troppo sdolcinato! :/
Cody è stato malvagio, un po’ troppo, forse, per essere lui, ma si sa, la rabbia e il dolore ti possono spingere a compiere azioni più grandi di te!
D’altra parte, però, finalmente Heather ha scoperto come sono andate le cose e si è pure imbestialita ( beh, vorrei vedere! u.u )!
Eh eh eh…la situazione comincia a farsi più complicata, cari miei!
* ride in modo inquietante, sotto lo sguardo sconvolto di sua sorella *
Bene, bene, bene…ora vi devo lasciare dolcezze, ci sentiamo prestissimissimo con un altro capitolo, che sarà anche più agognante di questo, quindi tenetevi forte!
See you soon,
Wislia <3
P.S. Quasi dimenticavo! Volevo scusarmi per le troppe ‘’parolaccie’’ che ho usato! XD Se vi ha dato fastidio, beh, in quel caso chiedo perdono, erano fondamentali in questa parte della storia! Recensite in tanti, mi raccomando! <3 <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L'altra metà del cielo ***


L'altra metà del cielo

Sierra pov

Busso, arrabbiata e ansiosa. Prendo a pugni la porta più forte che posso. Ma non apre nessuno.

Sono le sei di mattina, forse un po’ troppo presto, ma tanto lui è uno scansafatiche, un bimbetto viziato. Starà poltrendo a letto.

Busso ancora, questa volta con più voracità.

Attendo qualche minuto, imperterrita, ma niente.

Allora urlo << Dannazione! Apri questa porta! >>, continuando a torturare il legno del portone.

E questa volta, dopo solamente dieci secondi, sento gli ingranaggi della serratura digrignare.

Eccolo, sulla soglia del suo appartamento, confuso e morto di sonno, ancora in pigiama.

Non appena mette a fuoco, sgrana gli occhi, esclamando << Sierra! Che cos- >>.

<< Come cazzo ti è venuto in mente? >> urlo, interrompendo le sue parole.

Cody indietreggia, spaventato.

<< C-Che cosa ho fatto? >> balbetta mortificato, alzando le mani.

<< Che cosa hai fatto? >> grido, avvicinandomi prepotentemente a lui.

<< Uh, niente! Ti sei solamente azzardato a chiamare Heather, dicendole come stanno le cose! >> continuo, con gli occhi che ardono dalla rabbia.

<< Oh! Quello intendi! >> sussurra il ragazzo, con aria timida e timorosa.

Incurvo le sopracciglia.

<< Emh…Sierra, ti posso spiegare! >>.

<< Non che non puoi spiegare! Brutto…Brutto…Brutto idiota che non sei altro! Perché l’hai fatto? Dovevi starne fuori! Lo sai dov’è adesso Heather? Scomparsa! Puff! Ha abbandonato Alejandro a casa sua e ancora non è tornata! E vuoi sapere un’altra cosa? Alejandro adesso è sconcertato, disperato e molto, ma molto incazzato con te! >>.

Prendo fiato, scossa e spaventata dal mio stesso tono di voce.

<< Io... >> farfuglia Cody, incapace di trovare una valida giustificazione.

Lo guardo negli occhi. Quei bellissimi e profondissimi occhi, ora spaventati e lucidi.

Sospiro. Il suo volto ingenuo e indifeso mi provoca una fitta al cuore, indebolendo la mia rabbia.

Improvvisamente mi sento turbata e afflitta dalla solita nausea, accompagnata da un forte senso di rimorso.

Barcollo leggermente, chiudendo gli occhi e mantenendo a stento l’equilibrio.

<< Sierra! T-Ti senti bene? >> chiede Cody, preoccupato.

<< Sì, sì, sto bene. E’ la gravidanza. Mi fa venire certi attacchi di nausea! >> rispondo, accorgendomi di essermi lasciata ammorbidire da questo piccolo attimo di fragilità.

<< Ma questo non vuol dire che non ce l’abbia più con te! >> esclamo, stavolta meno arrabbiata.

Sorride. Quel sorriso dolce, fanciullesco, meraviglioso.

Rimango come una scema a fissarlo.

<< Sei diversa, sai? >> domanda, piegando la testa di lato.

E adesso? Cosa c’entra?

<< Non cambiare argomento! >>.

<< Guardati ad esempio adesso. Con quei capelli sciolti, non più raccolti in quella lunghissima treccia che ti facevi sempre. E poi, il tuo sguardo. Non è frizzante e gioioso come quello di due mesi fa. Persino i tuoi modi sono cambiati. Non mi avresti mai urlato contro una volta. Non saresti stata capace di trattenere un abbraccio stritolante in mia presenza. >> afferma dolcemente, guardandomi.

Comincio a sentirmi calda e un piccolo brivido mi attraversa la schiena.

<< D-Dici davvero? >> chiedo tremando.

<< Sì. Dov’è finita la ragazza di cui mi sono innamorato troppo tardi? Quella a cui avevo fatto perdere la testa? >>.

Muovo le labbra, senza sapere come reagire. Riesco solo a restare ferma, immobile, con le mani che torturano incessantemente il tessuto della gonna.

Ha ragione. Sono davvero cambiata. E di questo sono consapevole anch’io.

<< E’ strano sentirtelo dire. >> bisbiglio dopo un attimo di interminabile silenzio.

<< Cosa? >> domanda perplesso Cody, con i capelli arruffati e le occhiaie sotto agli occhi.

<< Che ti sei innamorato di me. >> rispondo con apparente tranquillità, anche se dentro il mio stomaco si sta tenendo un concerto di emozioni.

<< Oh. >> termina il ragazzo, abbassando timidamente lo sguardo.

<< E’ la verità. Avverto un’incredibile energia positiva quando sono in tua presenza, e il cuore inizia a battermi velocemente, la testa, invece, diventa incapace di funzionare correttamente. Ed è per questo che ho detto a Heather che eri incinta di…Di quell’idiota! Insomma, ero troppo frustrato e deluso e così, senza pensarci, ho preso il cellulare e le ho spifferato tutto. Mi dispiace, ma so che è inutile pentirsi, adesso. >> aggiunge frettolosamente, facendomi rimanere a bocca aperta.

Sorrido anch’io, abbassando le palpebre.

Tutti i ricordi di un’estate trascorsa a importunare un povero adolescente, lasciano spazio a pensieri più grandi, più profondi e importanti.

Si sta scusando, questa volta riesco ad avvertire la sincerità delle sue parole.

E mi rendo persino conto che, alla fine, è da quando l’ho incontrato che non desidero altro che udire queste parole. E finalmente eccole qua, il mio sogno si è coronato, ed è meraviglioso.

<< N-Non fa niente! Va bene così! Va tutto bene… >>.

Di colpo non mi sento più preoccupata, né arrabbiata o malinconica, perché la mia sofferenza è stata ripagata.

<< Questo vuol dire che…Mi dai un’altra possibilità? >> chiede, speranzoso, alzando lo sguardo e puntandolo su di me.

Ridacchio, fingendomi pensierosa.

<< Mah…Non so! Potrebbe essere… >> sibilo, trattenendo a stento l’impulso di stritolarlo, come una volta.

<< D’altronde adesso non sono più sola. C’è anche lui… >>.

Adagio la mano sopra la maglietta, proprio all’altezza del ventre, invasa da un uragano di sensazioni focose e decise.

<< Già, una splendida creatura. Non vedo dove sia il problema! Le vorrò un bene indescrivibile, anche se non è mio figlio. Lo prometto. >>. Pronuncia le ultime due parole lievemente, rendendole pari al soffio delicato del vento, quasi inudibili.

Un oceano di gioia invade il mio cuore, dapprima deserto.

Mi prende le mani, avvicinandosi lentamente. Poi, con una certa cautela, si alza sulle punte, sfiorando le mie labbra con le sue.

Stanca di dover aspettare, mi butto a capofitto sulla sua morbida bocca, avvertendo il tepore delle sue mani, che si posano leggermente sui miei fianchi.

Wow. La mia favola è arrivata al fine, e l’uscita di scena è meravigliosa, scottante e appagante come nei migliori libri di fiabe.

Adesso il cielo ha riacquistato colore e immensità, un po’ come la mia anima. Ma questo solo perché ho trovato lui, l’altra metà di quella distesa sconfinata che si erge sopra le teste di ognuno di noi, azzurra e infinita, come i nostri stessi destini.

Alejandro pov

Seduto sul divano, odo il rumore della porta, che viene aperta e poi richiusa debolmente.

Dopo, il ticchettio di un paio di tacchi sul pavimento.

Mi alzo di scatto. Heather.

Lascio il salotto, dirigendomi verso l’entrata.

Eccola lì. Capelli lunghi, viso di porcellana e sguardo arrabbiato.

<< Sei tornata. >> affermo, speranzoso.

Incurva le sopracciglia, assumendo un’aria indifferente e contrariata. Ma io so che sta fingendo. Lo so.

<< No. A dire il vero sono venuta a prendere le mie cose. Faccio le valigie e me ne vado, per sempre. >>.

Un tuffo al cuore.

<< Ma… >>.

<< Niente ma. Ormai ho deciso. >>.

Il suo tono di voce, più che infuriato, sembra distaccato e debole.

Non rispondo. Rimango fermo, a guardarla mentre le sale le scale in fretta e furia ed entra nella camera da letto.

Sento dei rumori. Lo sportello dell’armadio. Sta prendendo i suoi vestiti.

La raggiungo, col cuore in gola, deciso a risultare meno interessato possibile. Se mi rendo fragile ai suoi occhi – cosa che non accade mai – mi calpesterà con il suo carattere duro e orgoglioso.

Oltrepasso la soglia, entrando nella stanza.

Sul letto ci sono già un paio di valigie. Heather lancia i suoi abiti con rabbia e violenza, facendo oscillare il letto.

<< Dove andrai? >> chiedo, tradendo l’iniziale decisione che prevedeva freddezza e distanza da parte mia.

<< Non sono affari tuoi. >> risponde, acida.

<< Giusto. >> ammetto, incrociando le braccia sul petto.

Il suo viso è impassibile, ma gli occhi rivelano tristezza e delusione.

E’ proprio vero, quei due diamanti incastonati poco più su del naso sono lo specchio dell’ anima.

No. Non riesco a guardarla mentre si allontana gesto dopo gesto da me.

<< Sei sicura di volerlo fare? >> domando, abbassando lo sguardo verso le mattonelle del pavimento.

Si blocca, girandosi di scatto verso di me.

<< Senti… >> comincia, << Non ho intenzione di parlare con te dopo quello che hai fatto. Le decisioni che prendo non ti riguardando, capito? E non tentare di farmi cambiare idea, tanto non ci riusciresti neanche promettendomi una vacanza ai Caraibi! >>.

Annuisco lentamente, mordendomi il labbro.

<< Ah sì? Va bene, fai come vuoi. D’altronde hai ragione, la vita è tua e io non ho voce in capitolo. Ma prima che te ne vada voglio darti una cosa. >> dico con tono di voce tranquillo, avviandomi verso il comodino e aprendone il cassetto.

<< Questo… >> spiego traendone una piccola scatoletta blu scuro, << Avrei dovuto dartelo l’altra sera, prima che tu te ne andassi. >>.

Mi avvicino a lei, sempre mantenendo la distanza di sicurezza.

<< Tieni. >> dico porgendole il contenitore adornato da un elegante fiocco celeste.

Mi guarda con occhi intrisi di antipatia e altezzosità, afferrando con irritazione la scatolina.

La apre, osservando con indifferenza il contenuto.

<< Per quanto mi riguarda, puoi anche tenertelo. Portarlo con me non cambierebbe le cose! >> ringhia, riconsegnandomi l’anello scintillante.

Socchiudo le palpebre, deluso.

Sulle mie labbra appare involontariamente un sorrisetto carico di ironia.

<< Che c’è? Adesso ti metti anche a ridere? >> domanda con fare brusco.

<< No è che...No, lascia perdere! >> rispondo sghignazzando, consapevole di aver attirato la sua attenzione.

<< Cosa? Dimmelo! >> urla, incrociando le braccia e battendo con velocità il piede per terra, in segno di impazienza.

<< Ora che ci penso, la commessa della gioielleria aveva un grosso brufolo sul mento, con un pelo incallito incastrato al suo interno e poi…Le era rimasto un pezzo di insalata fra i denti! >> esclamo, cominciando a ridacchiare da solo.

Non so come una tale sciocchezza possa indurmi a sghignazzare, so solo che Heather, nonostante l’enorme stupidità e insignificanza delle mie parole, ha lasciato cadere le braccia lungo i fianchi, sforzandosi di non sorridere.

<< E…E quando camminava con quei trampoli era talmente sbilanciata che ho avuto l’impressione di essere capitato di fronte a un pinguino a cui avevano, per sbaglio, messo il perizoma! >> aggiungo, asciugandomi per giunta una lacrima.

La ragazza mi guarda, alzando le sopracciglia e coprendosi le labbra con una mano.

<< So che non è una delle migliori descrizioni che tu abbia mai sen- >>.

Heather comincia a ridere di gusto, spalancando gli occhi in un’espressione compiaciuta e ironica.

Rimango perplesso per un attimo, meravigliato da questa reazione. Non avrei mai creduto che una cosa così stupida potesse divertirla.

Riprendo a sganasciarmi anche io e le risa si fanno sempre più forti, acute, allegre e spensierate.

Continuiamo a ridere, senza pensieri, come se non ci fosse un domani, come se non ci conoscessimo neanche e continuiamo imperterriti, fino a che il tempo di ferma e non sentiamo più delle ore scorrerci addosso.

Nella camera si diffonde un atmosfera cola di armonia e semplicità, riempita dai nostri sguardi, più leggeri e felici.

<< Sei un idiota! >> strilla Heather sorridendo, piegata in due.

<< Lo so! E tu sei una strega dal cuore di pietra! Non sai cosa mi hai fatto patire! >>.

<< Ma come? Non eri lo strepitoso Alejandro? Quello furbo, che con uno sguardo faceva cadere ragazze e persino ragazzi ai suoi piedi e che non soffriva mai, per nessuno? Dopo quello che hai detto, mi viene da pensare che tu ti stia trasformando in una femminuccia! >> esclama sarcasticamente la ragazza, ricomponendosi e assumendo nuovamente quell’aria di superiorità che la contraddistingue.

L’aria, attorno a noi, ha perso quella tensione che si era scatenata al suo interno, scongelandosi del tutto.

<< Oh! Lo sono ancora, credimi. Sono ancora Alejandro, anche senza un miliardo di adolescenti che strepitano per me, perché io, in effetti, di ragazza che va in fibrillazione non appena mi guarda ne voglio solo una. E quella sei tu! >> ammetto, avvicinandomi a lei con sguardo malizioso.

Accenna un sorriso, mostrando i primi segni di cedimento.

<< Non ti allargare, sono ancora molto incazzata, e temo che mai riuscirò a perdonarti. D’altronde stai per diventare padre di un marmocchio dai capelli viola, quindi scordati di me e fattene una ragione! >> dice, tentando di apparire arrabbiata, ma senza riuscirci.

Si volta di nuovo, ricominciando a trafficare con abiti e scarpe.

La blocco, afferrandole il braccio.

<< Questo è vero, ma non ha importanza, Heather. Perché io continuerò ad amarti! So di aver sbagliato, ma so anche che cose di questo genere capitano e non si può far niente per impedirlo. Quindi, ti chiedo di perdonarmi. Cerca di capire, ti prego! >> sussurro a pochi centimetri dal suo viso.

Chiude gli occhi, increspando le labbra.

<< Io…Non lo so! >>.

<< Dai…Lo so che sei tentata di lanciarti tra le mie braccia! >> bisbiglio con tono accattivante.

Alza un sopracciglio, aprendo nuovamente gli occhi.

<< Ti odio! >> esclama, prendendo il mio viso tra le mani e avvicinandolo al suo.

Un bacio. Il più bello e magico della mia vita.

Stringo forte Heather, attraversato da un esplosivo senso di leggerezza e gioia, come se dentro di me si fosse sviluppato un vulcano che erutta passione.

E rimaniamo così, io e lei, io e la mia futura sposa, nel silenzio rumoroso di una camera da letto qualunque, mentre fuori, per me, il cielo ha ritrovato quella metà a cui tanto aspirava.

Perché lei, Heather, è la metà del cielo.

 

 

Cinque mesi dopo.

Heather cammina lentamente verso l’altare, avvolta nel classico abito bianco, accompagnata da un alto uomo dalla pelle chiara e i capelli neri.

In sottofondo, la melodia pulita e trascinante della marcia nuziale.

Poco più in là, fasciato da una giacca e da un paio di pantaloni scuri dall’aspetto elegantissimo, un Alejandro orgoglioso e apparentemente tranquillo aspetta la sua dea, osservandola a distanza come se fosse la cosa più bella che esista.

In piedi, mescolati tra la fola di parenti e amici, Sierra e Cody osservano la scena con occhi sognanti e gioiosi.

Lei, graziosa nel suo abito verde acqua, è avvolta da un alone di spensieratezza e felicità, con una mano posata delicatamente sul pancione ormai lievitato abbondantemente e le dita dell’altra incrociate tra quelle del suo compagno.

Heather raggiunge l’altare, dove viene lasciata dal padre, che le sussurra qualcosa all’orecchio, per poi allontanarsi da lei con occhi orgogliosi e un po’ commossi.

Si guardano, la perfida ragazza e il giovane dalla pelle olivastra e il viso affascinante. Uno scambio di occhiate innamorate, che non hanno comunque perso quel pizzico di astuzia e caparbietà che le contraddistingue.

Il prete comincia a parlare e tutti in sala si accomodano nelle lunghe panche di legno poste a debita lontananza l’una dall’altra.

L’atmosfera è serena. La musica termina e si leva un complice silenzio.

<< Siamo qui riuniti, oggi, per… >>.

La voce del prete viene interrotta dallo scoppiare di un fragoroso e tenero pianto.

La madre di Heather.

Fra gli invitati si innalza un lieve borbottio di voci, ma lo sguardo fulminante della sposa zittisce tutti.

Il prete continua, sino ad arrivare al momento più importante e significativo della sua predica.

<< Vuoi tu, Alejandro Burromuerto, prendere come tua legittima sposa la qui presente Heather Wilson, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi? >>.

Silenzio di tomba. Sierra stringe violentemente la mano di Cody, inducendolo ad emettere un acuto e penetrante << Ahia! >>.

Lo sposo non risponde, si limita a fissare la ragazza di fronte a sé e lei, dal canto suo, ricambia con uno sguardo atroce e pericoloso.

In chiesa non si ode niente oltre al battito dei centouno cuori presenti.

Per un attimo, il volto degli invitati appare teso, ansioso, impaziente.

Il prete, interdetto, rotea gli occhi e insiste << Allora giovanotto, vuoi o no? >>.

Alejandro sorride, dando l’impressione di essersi risvegliato da un lungo trans.

<< Sì, lo voglio! >>.

Un breve sospiro da tutti, compreso Cody, che, a causa dell’attesa, stava per divenire preda di un attacco di panico.

<< Bene…E vuoi tu, Heather Wilson, prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Alejandro Burromuerto, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi? >>.

La sposa alza un sopracciglio, assumendo la solita espressione fiera e altezzosa.

<< Sì, lo voglio! >>.

Sierra sorride, colorandosi di un leggero rosa sulle guancie.

<< Per il potere conferitomi dalla Chiesa vi dichiaro marito e moglie! Puoi baciare la sposa! >> esclama allegramente il prete.

Applausi e fischi smorzano la tensione, rendendo il clima festoso, mentre le labbra di Alejandro si accaniscono su quelle di Heather.

Tutti gli invitati escono dalla decoratissima sala, dirigendosi fuori e sparpagliandosi sulle scalinate esterne, attendendo che i novelli coniugi escano per poterli riempire di riso e ulteriori felicitazioni.

Poco dopo, nel grande salone del ristorante scelto dalla coppia, marito e moglie si avvicinano al tavolo dove Sierra, Cody e altri ex concorrenti del reality sono comodamente seduti.

<< Allora? Come ci si sente a essere sposati? >> chiede sorridente Trent, aprendo gli occhi chiari fino a farli sembrare due palline da golf.

<< Che domande! Una noia mortale ovviamente! >> risponde Duncan, colpito fortemente da Courtney che, roteando lo sguardo, esclama sbuffando << Oh! Sei sempre il solito! >>.

<< Ragazzi, mi costa ammetterlo ma, da un lato mi fa piacere avervi qui! >> rivela Alejandro, ridendo.

Sierra gli sorride dolcemente, attirando il suo sguardo verso il pancione.

Il ragazzo dalla pelle olivastra si inginocchia di fronte al quel ventre graziosamente arrotondato.

<< E tu, mio piccolo erede, potrai dire, un giorno, di essere stato presente al matrimonio di tuo padre! >> sussurra scherzosamente, accarezzando la pancia.

Heather non mostra segni di gelosia, con grande sorpresa di tutti i giovani seduti attorno al tavolo.

<< Insomma…Non vi sembra strana come situazione? >> chiede Gwen, stranamente incuriosita.

<< No… >> interviene Cody.

<< Direi che è stata un’esperienza che ci è valsa sofferenze, lacrime e cambiamenti, ma tutto sommato ci ha aiutati ad essere consapevoli dei nostri sentimenti e ci ha insegnato ad amare nel modo giusto la persona che abbiamo accanto! Sì, a parere mio non è stato uno sbaglio, o un errore, perché alla fine tutto si è sistemato correttamente, abbiamo messo da parte l’orgoglio, siamo cresciuti…E poi io ho rincontrato il mio Codichino! >> sghignazza Sierra, sollevando una risatina da parte dei ragazzi.

<< Sì…Tutto sommato posso accettarlo, in un modo o nell’altro… >> afferma Heather, senza sorridere.

I giovani si lanciano un’occhiatina compiaciuta, per poi brindare insieme all’unione dei due ragazzi.

Il pomeriggio trascorre con un clima festoso, colmo di gioia e serenità. Come potete vedere, c’è chi ha messo da parte l’invidia, chi ha scansato le insidie e chi ha ritenuto poco rivelante l’orgoglio e ha deciso di eliminarlo – o quasi – dalla propria esistenza, poiché nella vita, c’è ben altro a cui tener veramente conto.

Nella vita si può sbagliare, lo si fa, sempre, ma alla fine, cogliendo i propri errori, tentando di riparare il danno, contribuisce alla nascita di una nuova vita, di una nuova dignità.

Per Sierra, Cody, Alejandro e Heather, si è aperta una strada alternativa, perché la felicità, prima o poi, arriva per tutti.

E il cielo, effettivamente, da quel giorno in poi parve più limpido, luminoso, immenso e completo.

Fine

 

Angolo autrice

Buonasera a tutti! Sì, sono sconcertata anche io.

Prima di tutto, ho finito si scrivere la mia prima fan fiction e questo mi manda in fibrillazione! XD

E poi…Sono eccitata...Voglio sapere cosa ne pensate!

Il mio istinto mi suggerisce recensioni negative, poiché, lo ammetto, come finale non mi convince moltissimo, perché forse è un po’ troppo veloce e banale e i personaggi – come sempre – sono OOC…-.-‘’

Ma ho comunque cercato di metterci tutto l’impegno possibile e di far finire il tutto con il sorriso e le risate dei nostri amici, poiché la situazione si è sistemata.

Bene, prima di salutarvi vorrei ringraziare chi mi è stato accanto, seguendo la fanfic dall’inizio alla fine. Apprezzo tantissimo il sostegno, le critiche e l’interessamento che avete dimostrato nei confronti della mia storia e ve ne sono grata, perché con la vostra presenza mi avete donato forza per andare avanti, consigliandomi e rimanendo al mio fianco.

Quindi, un ulteriore grazie, anche se come parola non è abbastanza significativa per poter esprimere la mia gratitudine.

Un abbraccio fortissimo e sappiate che non libererete così presto di me, perché Wislia tornerà, quando meno ve lo aspettate! Muahahahahaha -.-“

Wislia <3

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1544130