L'amuleto

di Pioggia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Carrelli della spesa, cappellacci da pescatori e nuovi incontri ***
Capitolo 2: *** II. La nuova guerra di Sirius ***
Capitolo 3: *** III. L’incantesimo respingente a effetto ritardato di Mrs Black ***
Capitolo 4: *** IV. Lezioni di buone maniere, pozioni e coccole ***
Capitolo 5: *** V. Lividi, abbracci e pensieri confusi ***
Capitolo 6: *** VI. Quel freddo dopo l’abbraccio ***
Capitolo 7: *** VII. Certi altri problemi ***
Capitolo 8: *** VIII. Il quadro e l’artista ***
Capitolo 9: *** IX. Tutta colpa del tappeto ***
Capitolo 10: *** X.La pizza e la giacca di tweed ***
Capitolo 11: *** XI. La vera Tonks ***
Capitolo 12: *** XII. L’amuleto ***
Capitolo 13: *** XIII. Il vero Lupin ***
Capitolo 14: *** XIV. Lindios il messaggero e troppi forse ***
Capitolo 15: *** XV. Il giorno dopo. Colazione a Grimmauld Place ***
Capitolo 16: *** Comunicazione di servizio ***
Capitolo 17: *** XVI. “Non so se vi sopporterò a lungo” ***
Capitolo 18: *** XVII. Chi sei, Dora? ***
Capitolo 19: *** XVIII. La cavia confusa ***
Capitolo 20: *** XIX. Un calderone pieno d’amore ***
Capitolo 21: *** XX. Tu quoque! ***
Capitolo 22: *** XXI. Redenzione ***
Capitolo 23: *** XXII. Respiro ***
Capitolo 24: *** XXIII. Canzoni e pozioni. Natale ***
Capitolo 25: *** XXIV. Non tradizionali ***
Capitolo 26: *** XXV. Risvegli ***



Capitolo 1
*** I. Carrelli della spesa, cappellacci da pescatori e nuovi incontri ***


Carrelli della spesa, cappellacci da pescatori e nuovi incontri




Remus era seduto nella sua cucina; cercava di sorseggiare la cioccolata, che oramai era diventata fredda, ma non ci riusciva.
Ripensava a tutti gli avvenimenti accaduti nel giro di una settimana, primo tra tutti il fatto che Voldemort era tornato e Harry aveva dovuto affrontarlo. Quando Sirius si era presentato a casa sua quella notte, non aveva faticato nel credere alla storia che gli aveva raccontato. Aveva infatti passato quei terribili anni con un senso di falsa sicurezza, un allarme latente che alla lunga – ne era certo – avrebbe leso i suoi nervi.
Ora invece si scendeva di nuovo in guerra, l’Ordine della Fenice sarebbe ritornato e loro sarebbero stati in prima fila, con la speranza di poter uccidere Peter, colui che credevano uno dei loro migliori amici ma che in realtà era stato l’autore del tradimento di James e Lily e la causa della loro morte.
- “Come sta Harry?” chiese Lupin, dopo aver osservato l’amico rosicchiare con impegno un osso di pollo.
- “Puoi immaginartelo: ha visto il ritorno di Voldemort e quel ragazzo, Cedric Diggory, è morto davanti a lui. E’ distrutto, ma sono certo che ne verrà fuori. Avrà bisogno di tempo…” mormorò Sirius. “La cosa importante adesso è trovare nuove forze per l’Ordine, dato che Caramel si è dimostrato così idiota” finì.
- “E bisognerà trovare anche un posto sicuro per riunirci”
- “Per quello potremo usare Grimmauld Place, ne ho parlato anche a Silente. Sarebbe l’ideale, con tutti quegli incantesimi che ci ha buttato mio padre” suggerì Sirius.
- “Già. Ma tu? Come ti sentiresti all’idea di ritornarci?”
- “In questo momento la cosa più importante è impedire a Voldemort di avere campo libero”
Remus non aveva più insistito, ma sapeva che l’idea di rimettere piede in quella casa terrorizzava Sirius più di uno scontro contro una schiera di Mangiamorte.
I giorni successivi erano stati faticosissimi. Lupin e Sirius si erano occupati delle questioni pratiche, visto che un lupo mannaro e un evaso non erano le persone migliori per fare reclutamento.
Erano seduti nella vecchia cucina, dopo aver passato l’intera mattina a renderla vivibile sotto l’inflessibile sorveglianza di Molly Weasley. Il licantropo non dormiva da parecchie notti e gli effetti della luna piena imminente iniziavano a farsi sentire, così si appoggiò al bordo del tavolo, le braccia come un cuscino.
Dopo un tempo che giudicò troppo breve, venne svegliato da Arthur che gli chiedeva se poteva fare qualche commissione nella Londra babbana. A ragione, Molly non giudicava sicuro l’entusiasmo del marito nei confronti del mondo non magico. Trattenendo uno sbadiglio prodigioso si diresse verso la porta; l’aria frizzante della sera gli diede abbastanza forza per arrivare al supermercato.

Vicino le porte scorrevoli una donna vestita in maniera bizzarra litigava con la fila di carrelli. Indossava una gonna corta sopra un paio di leggings e calzava degli anfibi neri. In testa un cappellaccio da pescatore e una quantità di spille scintillanti erano attaccate alla borsa.
- “Merlino! Ma perché questi babbani si complicano così la vita?” chiese stizzita alla montagnola di ferro e plastica.
- “Signorina, posso aiutarla?” chiese Lupin trattenendo una risata.
- “Oh… ehm… grazie” mormorò lei, arrossendo.
- “Basta avere le monete giuste” disse lui, sottolineando l’ultima parola.
La ragazza osservò lo zellino che aveva in mano e fissò l’uomo alzando un sopracciglio. Poi il viso le si illuminò mentre alcune ciocche sfuggite da sotto il cappello le diventavano rosse.
- “Se vuole posso prestargliela io” si offrì Remus che aveva notato il bizzarro comportamento dei suoi capelli.
- “Grazie” bisbigliò lei mentre si assestava meglio il copricapo e oltrepassava le porte.
All’interno del supermercato non si incrociarono, ma quando lui uscì la trovò nuovamente davanti alla fila di carrelli. Con un sorriso gli porse la moneta, poi si allontanò dopo avergli strizzato un occhio.
Lupin era rimasto un po’ turbato da quello strano incontro: quella donna, aveva un viso conosciuto e sicuramente era una strega, viste le monete che stringeva tra le mani. Ma che lui sapesse, dalle parti di Grimmauld Place non c’erano streghe o maghi: la zona era stata scelta dalla famiglia Black proprio perché immersa tra le abitazioni babbane.

Pensava a tutto questo e a molto altro quando varcò la soglia di casa, ma tornò alla realtà quando sentì l’ormai rara ma intensa risata di Sirius provenire dalla cucina.
Curioso, entrò nella stanza e rimase a dir poco sorpreso quando vide l’amico abbracciare la stessa strana donna del supermercato.
- “Lunastorta! Guarda chi si è appena unito all’Ordine: Tonks!” esclamò saltellando. Remus pensò con un sorriso che se avesse avuto la coda l’avrebbe dimenata allegramente.
- “Ci siamo appena incontrati, piacere Tonks!” si presentò la ragazza. Si era tolta il cappello e aveva liberato i capelli di un allegro rosa-chewingum.
- “Io sono Remus Lupin e se non mi sbaglio di grosso tu dovresti essere la cugina di Sirius, la metamorfomaga” rispose stringendole la mano.
- “Già, lei è la figlia di mia cugina Andromeda, Ninfadora” disse con un sorriso divertito, che però si spense immediatamente non appena intercettò l’occhiata omicida della ragazza - “Ma in verità lei preferisce farsi chiamare per cognome” borbottò cercando di rimediare.
- “Esattamente” ringhiò. “Proprio oggi ci sono voluti quattro colleghi per trattenermi dall’affatturare Malocchio. Continua imperterrito a chiamarmi in quella maniera e a darmi ordini. Di sicuro avrà fritto il gufo che gli portava la lettera di pensionamento con un incantesimo: non si rassegna all’idea di non essere più un auror…”
- “Tu sei un auror?” chiese sbalordito Remus.
- “Sì” rispose semplicemente lei, mettendo una mano sul fianco con aria di sfida.
Lupin la fissò, come per valutarla. Sembrava molto giovane, ma per essere già un auror doveva essere per forza in gamba. Poi per un attimo si perse nei suoi occhi e vide una determinazione, una forza d’animo… Scosse la testa. Aveva un vago sentore di dove lo avrebbe portato il suo cuore se avesse continuato a guardarla, una specie di campanello d’allarme.
- “Hai risolto i tuoi conflitti con i carrelli della spesa?” chiese con un sorriso.
- “Oh… quelli… di solito non ho problemi a muovermi tra i babbani, ma quegli aggeggi mi mandano fuori di testa” rispose spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- “Bene, fatte le presentazioni chi mi dà una mano a preparare la cena?” chiese allegro Sirius.
Al quinto tentativo di omicidio ai loro danni che Tonks aveva messo in atto cercando di apparecchiare la tavola, i due amici si resero conto che forse era meglio tenere lontana la strega da oggetti fragili o pericolosi.
Per quanto fosse validissima nella caccia a maghi oscuri quella ragazza era terribilmente goffa, quasi sotto effetto di un confundus di prima categoria.

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Capitolo 2
*** II. La nuova guerra di Sirius ***


La nuova guerra di Sirius




Che lei, Ninfadora Tonks, fosse goffa non c’erano dubbi. Oramai lei aveva perso le speranze di imparare a muoversi furtivamente o con agilità. Ma quello che le stava accadendo dentro la logora cucina era davvero strano. Sembrava che non riuscisse nemmeno a mettere un piede dietro l’altro, ma per quanto si sforzasse e per quanto le diventassero neri i capelli per l’impegno non riusciva a capirne il motivo.

Certo, quel Remus Lupin le aveva fatto uno strano effetto: prima l’aveva quasi presa in giro al supermercato, poi l’aveva squadrata dalla testa ai piedi come se dubitasse di quello che lei gli aveva detto a proposito del suo lavoro. E poi… poi l’aveva guardata in quella maniera che l’aveva lasciata senza fiato. Non credeva che una sola occhiata potesse stravolgerla, ma invece era successo. Sua madre spesso le aveva descritto come aveva incontrato suo padre e ora quelle parole le vorticavano in testa.
- “Lo vidi e capii in quell’istante che nessuno mi avrebbe mai guardato nella stessa maniera. Dopo due mesi ci eravamo sposati” amava raccontare con lo sguardo sognante Andromeda Black.
Decise che per il bene suo e degli altri occupanti della casa era meglio sedersi al tavolo, specie se il suo cervello era impegnato in quelle strane quanto inopportune – secondo lei – reminiscenze.

Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse che Lupin si era seduto accanto a lei.
- “Tutto ok?” chiese premuroso.
- “Sì, sì” rispose sobbalzando.
- “Scusami se prima ti sono sembrato dubbioso. Ero semplicemente sorpreso dal fatto che fossi già un auror” le disse con un sorriso timido.
- “Tranquillo; in realtà non sono poi così giovane. E’ la parte di geni dei Black che fa questo effetto. Agisce come un elisir di lunga vita” rispose con un ghigno simile a quello che Sirius sfoggiava ogni tanto.
- “Allora sono felice per te che i tuoi cromosomi si comportino così bene” rise Lupin.

Il resto della serata lo passarono ridendo alle battute di Sirius, spazzolando le numerosissime portate che Molly metteva loro davanti e scherzando come se fossero amici da secoli e non quasi due perfetti sconosciuti.
- “Felpato mio, non ricordavo quanto avessi a cuore l’igiene personale di Mocciosus” sghignazzò Remus dopo il racconto di un memorabile levitacorpus in Sala Grande che aveva rivelato la biancheria intima di Piton.
Tonks aveva le lacrime agli occhi: Severus era stato un suo insegnante al settimo anno e per quanto lei fosse portata per pozioni, lui l’aveva sempre messa alla berlina per la sua goffaggine.
- “Ma un certo uccellino di nome Harry mi ha raccontato che tu hai fatto di peggio durante l’anno in cui hai insegnato” rispose l’amico alzando un sopracciglio.
Remus rise come un matto e ci vollero un paio di minuti prima che riuscisse a mettere in fila due frasi complete. D’altronde avevano fatto fuori un paio di burrobirre che avevano trovato in una dispensa piena di ragni verdi.
- “Neville Paciock, il figlio di Frank e Alice, aveva il terrore di Piton, così quando abbiamo studiato i mollicci gli ho consigliato di immaginarlo con i vestiti di sua nonna. E’ uscito fuori qualcosa aldilà delle mie migliori aspettative! Era Severus con la borsetta, il vestito col collo di pelliccia e il cappello. Davanti ai ragazzi non potevo, ma quando sono rimasto solo ho riso per un’ora…” raccontò tra le risate.
- “Lupin ti amo!” esclamò Tonks sghignazzando senza ritegno.
- “Ohi cuginetta: vi siete appena conosciuti e già passi alle dichiarazioni? Non perdi tempo!” esclamò Sirius ridendo sempre più.
Tonks si accorse solo allora della gaffe e i suoi capelli diventarono rosso fuoco, facendo aumentare l’ilarità del cugino.
Remus si accorse dell’imbarazzo della ragazza e cercò di venirle incontro. Sapeva che l’amico poteva continuare per ore a ridere delle “disgrazie” altrui.
- “Dimmi che anche tu hai tirato qualche tiro mancino a Piton, così anche io posso decidere se ricambiare il tuo amore” disse alzando un sopracciglio. Sirius si ricompose, mentre la strega si accigliava alla ricerca di un ricordo.
- “Ci sono! Quando ero al settimo anno gli ho fatto esplodere in faccia un calderone di polisucco, ma prima che mettessi la pelle di girilacco. Si è trasformato in una specie di gibbone con le sopracciglia pelose ma ha mantenuto il suo nasone!” esclamò.
- “E’ ufficiale, anche io ti amo!” rise Lupin mentre schioccava un gran bacio alla guancia della ragazza. I suoi capelli raggiunsero tonalità di rosso che non aveva mai sperimentato, ma si unì alle risate.

- “E’ meglio che vada. Se domani ritardo la Umbridge mi rifila nuovamente un suo promemoria infiocchettato sull’importanza del rispetto dell’ordine e delle regole” disse la strega imitando la voce in falsetto della sottosegretaria anziano.
- “Lavori con quell’arpia?” chiese Remus.
- “No, ma una volta mi ha vista con i capelli arancione e da allora non fa che perseguitarmi” rispose alzando le spalle. “La conosci anche tu?”
- “Non direttamente, ma la maggioranza delle leggi contro i mannari hanno la sua firma” mormorò cupamente.
- “Allora le darò del filo da torcere anche per te. Dopo tutto noi ci amiamo” rispose allontanandosi sghignazzando.

Molly e Arthur erano andati a letto già da tempo, così la stanza piombò nel silenzio.
- “Erano anni che non ridevo così” confessò Sirius.
- “Anche io. Sai, tua cugina è davvero simpatica”
- “Lo so. E so anche che pensi molto di più di lei” ribattè facendogli l’occhiolino.
- “Per carità Felpato. Non siamo a scuola; non cercare di accasarmi” si difese il licantropo sospirando.
- “Io non cerco di accasarti. Ma ricorda che sono la voce della tua coscienza…”
- “Quella sporca, però” lo interruppe con un sorriso sghembo. “Per te sono una battaglia persa”
- “Ma non una guerra” finì con un sorriso malizioso.


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Capitolo 3
*** III. L’incantesimo respingente a effetto ritardato di Mrs Black ***


L’incantesimo respingente a effetto ritardato di Mrs Black




- “Sirius Black! Prega Merlino, Morgana e chiunque tu conosca che possa salvarti la vita che io non ti trovi!”
Remus Lupin era appena uscito dal camino della cucina di Grimmauld Place, quando una voce soave come un barrito aveva urlato quelle parole seguite da una serie di frasi non meglio articolate.
Dopo un istante una specie di troll infangato percorse a grandi passi la stanza in direzione del lavandino.
- “Dove si è nascosto quell’idiota del tuo amico?” ruggì una Tonks coperta da capo a piedi da una sostanza nera e viscida mentre cercava di girare la manopola dell’acqua.
- “Ninfadora, cosa è successo?” chiese stupito il licantropo.
- “Remus, visto che voglio finire ad Azkaban stasera non mi importa se di omicidi ne commetto uno oppure due. Non chiamarmi così!”
- “Cuginetta…” si sentì pigolare da un angolo buio della cucina.
- “Razza di mucchio di cacche di knarl! Perché non mi avevi detto dell’incantesimo respingente?” gridò l’auror mentre puntava la bacchetta contro Sirius, rannicchiato contro una dispensa.
- “Qualcuno vuole cortesemente spiegarmi cosa succede?” chiese Lupin cercando di trattenere le risate. Vedere Tonks così infuriata, gli occhi scintillanti di rabbia, che minacciava l’amico era uno spettacolo a dir poco esilarante, ma non volle sfidare ulteriormente la furia della ragazza.
- “Fattelo spiegare da quel tonto di un malandrino” borbottò mentre apriva con rabbia il rubinetto. Quest’ultimo, forse indispettito dalla furia con la quale era stato trattato o più probabilmente a causa dell’avanzato stato di usura, esplose riversando un getto d’acqua ghiacciata addosso a Tonks.
- “Almeno ti sei pulita” mugolò Remus dopo aver riparato “l’idrante”. Poi la fissò e non poté fare a meno di unirsi alle risate di Sirius, ormai steso sul pavimento.
Nemmeno lei non riuscì a resistere e si unì suo malgrado all’ilarità generale.

Parecchi minuti dopo le risate vennero interrotte da un sonoro starnuto.
- “Ninfadora, così ti prenderai un accidente! Togliti quei vestiti zuppi” disse Remus.
- “Se volete un po’ di intimità posso sparire per un paio d’ore” ghignò Sirius.
- “Sirius, non fare l’idiota. Piuttosto, spiegami cos’era quella roba viscida che aveva addosso” ribatté, indicando Tonks che nel frattempo aveva asciugato i vestiti con un tocco di bacchetta.
- “Sai il quadro urlante della vecchia, quello che non riusciamo a scollare? Pensavo che avremmo potuto… migliorarlo, così ho chiesto a Tonks di portare pennelli e tempere”
- “Solo che l’intelligente si è scordato di dirmi che la cara zietta ha posto un incantesimo respingente alla tela. Ma non uno qualsiasi: era uno di quelli che entra in azione dopo un po’ di tempo. Così non solo mi sono spaccata la schiena a coprire quel quadro orrendo, ma mi sono vista scaraventare tutto il colore addosso” completò guardando in cagnesco il cugino.
- “Devi ammettere due cose, però: uno, l’incantesimo respingente ritardato è molto difficile ed era eseguito perfettamente” rispose Sirius alzando l’indice.
- “Ritardato ci sarai sicuramente tu” l’interruppe l’auror.
- “E due, è stata una scena memorabile. Lunastorta, immagina: Tonks che si allontana dal quadro con l’aria tutta soddisfatta, la faccia della vecchia che ricompare sulla tela e il colore che schizza da tutte le parti. Un attimo dopo Tonks rotolava dalle scale coperta di vernice e lanciava fatture ovunque” riuscì ad articolare Sirius mentre batteva un pugno sulla tavola.
- “Cugino, così mi faciliti il lavoro. L’omicidio su istigazione prevede una pena più leggera” soffiò socchiudendo gli occhi.
- “Però ammettilo, come scena deve essere stata fantastica” borbottò il mannaro, cercando di non ridere nuovamente.
- “E io che ancora corro dietro a due malandrini…”
- “Allora confessi che corri dietro a lui?” chiese con un ghigno mentre i capelli ancora umidi della strega diventavano rosso-fuoco.
Remus si strozzò e si mise a tossire furiosamente per apportare nuovamente ossigeno al cervello.
- “Mandatemi un gufo con il numero della stanza nella quale vi hanno ricoverato al San Mungo” rispose l’auror mentre si avviava verso le scale dove erano sparpagliati i suoi pennelli.
- “Sirius! Azkaban ti ha portato via il resto di quella poltiglia che chiami cervello?” sibilò indignato Remus una volta riacquistate le capacità fonatorie.
- “Ti ricordi? Io sono la tua coscienza. Se tu sei così stupido da non riuscire a fare la prima mossa…”
- “Non c’è nessuna mossa, non sono stupido e non sei…” ma s’interruppe osservando Tonks che ritornava con una scatola di legno sotto il braccio. Senza parlare, lei si voltò ostentatamente nella direzione opposta alla loro, prese un pizzico di polvere volante e sparì nel camino.
- “Ma se non riesci a non imbambolarti quando entra nella tua stessa stanza” riprese Sirius come se non fossero stati interrotti.
Remus sospirò, sconfitto dalla testardaggine dell’amico.
- “Per favore Sirius, sai come la penso su certe cose”
- “Proprio perché conosco come lavora la tua mente contorta non voglio che tu continui a farti del male. Quanto ci abbiamo messo a diventare tuoi amici? Quanti nuovi amici ti sei fatto in questi anni? Quante volte hai parlato di te, della tua infanzia, di Stevenford?”
- “Non voglio far soffrire nessuno e non voglio stare ancora male per essermi fidato delle persone sbagliate. Guarda cosa ci è successo con Peter…”
- “Non puoi permettere al passato di farti star male così! Non puoi permettere a un errore che l’intera comunità magica ha fatto di allontanare da te Tonks” esclamò con veemenza, battendo un pugno sul tavolo.
- “Per favore, Felpato. Non ho la più pallida idea di quello che mi sta succedendo. Almeno su questo dammi tregua!” sospirò.
- “D’accordo, ma d’ora in poi che tu lo voglia o meno non ti permetterò di fare altri sbagli” rispose minaccioso.





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Grazie a Feux, black_lia, LilyProngs, crazycotton e Andy_Candy per le recensioni. Fanno sempre piacere ;)!
A domani per il prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** IV. Lezioni di buone maniere, pozioni e coccole ***


Lezioni di buone maniere, pozioni e coccole




Remus adorava il suo appartamento. Aveva scelto proprio quel modesto stabile perché aveva un vista formidabile sul fiume e così – quando una volta al mese limitava gli effetti della licantropia grazie alla pozione antilupo – si metteva davanti alla finestra per ricordare la sua infanzia sulle rive di un altro fiume.
La luna piena era già tramontata da un pezzo, ma lui si sentiva lo stesso debole, come febbricitante. Stava per prepararsi una cioccolata quando suonarono alla porta. Incuriosito si trascinò per vedere chi fosse e se si fosse sentito meglio avrebbe fatto un bel balzo all’indietro. Aprì l’uscio e si trovò davanti Tonks che gli sorrideva timidamente.
- “Ciao Remus, Sirius mi ha chiesto di vedere come stai” mormorò leggermente imbarazzata. Poi squadrò il mago e si accorse che la sua cera non era delle migliori, così abbandonato ogni pudore entrò a passo di carica in casa.
- “Merlino, Remus! Sembri messo davvero male. So che la pozione antilupo debilita, ma sembra che tu abbia la febbre” e prima che Lupin potesse fare o dire qualcosa lei poggiò le sue mani fresche sulla sua fronte e su una guancia.

Remus non poté fare nulla per fermarla, o forse non volle. Il suo cervello non sembrava essere molto collaborativo. Era piacevole stare lì impalato, aspirando il profumo dolce della ragazza. Quando finalmente le sue facoltà mentali sembrarono tornare in sede riuscì a parlare.
- “Non c’è bisogno che ti disturbi, Ninfadora. Una cioccolata e vedrai che starò meglio”
- “Primo: ti consiglio per il tuo bene di chiamarmi Tonks. Secondo: hai la febbre. Terzo: non è un disturbo. Ora dimmi, dov’è la cucina?” rispose in un nanosecondo.
Lui non poté fare null’altro se non indicarle la piccola stanza in fondo al corridoio.
- “Altro che cioccolata. Ti ci vuole una pozione corrobante! Sirius mi aveva detto che solitamente sei debole dopo la luna piena, ma la febbre deve averti reso ancora più vulnerabile agli effetti secondari dell’elleboro” disse Tonks. Poi scorgendo l’espressione perplessa del licantropo sorrise.
- “La pozione che ti prepara Piton ha degli ingredienti che alle volte possono risultare… come dire… pesanti per l’organismo. Quindi - per bilanciare - dovresti prendere dopo ogni trasformazione una pozione che ti aiuti” spiegò. Poi chiese alzando un sopracciglio “Con quanto hai preso il tuo MAGO in pozioni?”
- “Sicuramente con un voto molto più basso del tuo. Sai davvero il fatto tuo, eh” disse con la voce arrochita per la febbre.
- “Oh, beh. Con il lavoro che faccio certe cose sono vagamente indispensabili” disse con un ghigno.
- “E così Sirius ti ha chiesto di venire”
- “Sì. Visto che lui non può uscire da Grimmauld Place si sentiva in colpa”
- “In colpa? Sirius Black? Vuoi dire che ne sta preparando una delle sue, piuttosto” mormorò Remus più rivolto a se stesso che all’auror.
- “Cosa? Mmm… non importa. Visto che sei parzialmente negato in materia, ti scrivo nel dettaglio composizione e preparazione di una ricetta speciale di mia madre” disse lei, non prestando attenzione alla risposta del licantropo.
- “Grazie per avermi dato del negato” sbottò lui.
- “Beh, l’ho fatto dopo una tua stessa ammissione” ribattè uscendo una pergamena dalla borsa.

Qualche minuto dopo finì di scrivere l’ultimo passaggio della pozione e con un gesto cerimonioso consegnò il foglio al mago che intanto aveva poggiato il viso alla mano per osservarla meglio.
Remus dovette ammettere che l’espressione concentrata di Tonks mentre dosava gli ingredienti era davvero adorabile. Poi, prima che il suo famoso campanello d’allarme potesse fermarlo, pensò che in realtà era sempre carina, anche quando litigava con i carrelli.
- “Ti ringrazio davvero per essere passata, ma mi sento molto meglio e credo che la pozione potrei finirla da solo…” provò, nel tentativo di mettere fine a quei pensieri poco rassicuranti.
- “Leggendo tra le righe, sarei indotta a pensare che cerchi una maniera per buttarmi fuori” rispose non smettendo di rigirare l’intruglio nel calderone.
- “No, no… davvero mi sento…” ma finì la frase con un fragoroso starnuto.
- “Lo vedo, stai benissimo. Dove tieni le tazze?” chiese lei, non alzando lo sguardo dalla fiamma.
Con sua grande sorpresa, Remus dovette ammettere che la pozione corrobante di Tonks era davvero degna dei migliori rimedi di Madama Chips.
Quando glielo disse, i capelli dell’auror si colorarono di un rosa più acceso del solito, poi lei gli chiese a bruciapelo: - “Perché volevi mandarmi via, poco fa?”
Lupin non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto quanto fosse brava come Sirius nel fare domande scomode. Sembrava un vizio di famiglia.
- “Mi sono abituato a prendermi cura da solo di me stesso. Da quando James è morto e Sirius è finito ad Azkaban non ho più avuto nessuno che mi aiutasse” mormorò.
- “Allora è una specie di pudore, come se ti vergognassi?” chiese dal bordo della sua tazza.
- “Una specie. Mi sento sempre molto debole e non fa piacere farsi vedere così…”
- “Ma pensaci, è un’ottima scusa per farti coccolare” ribattè lei con un sorriso.
- “Forse quando era mia madre a prendersi cura di me. Ma non ho mai visto un pugno di Malandrini come persone dalle quali farsi coccolare” rispose lui arrossendo.
- “Ottimo, vorrà dire che d’ora in poi sarò io a coccolarti” disse risolutamente.
- “Bene… ecco la guerra che Sirius mi ha messo davanti…” mormorò Lupin.
- “Remus Lupin, non ti hanno insegnato che non sta bene mugugnare senza farsi sentire? E’ la seconda volta che lo fai” esclamò con un’aria simile a quella sfoggiata solitamente dalla McGranitt.
- “Devo essermi perso questa lezione assieme a molte altre di pozioni” ripose con mezzo sorriso.
- “Visto che hai ritrovato il tuo humour penso che tu stia davvero meglio” sentenziò.
- “Devo ammetterlo, sei davvero un’ottima pozionista” ammise il licantropo.
- “Grazie! Ah, se incontri Piton riferisciglielo. E controlla se si è cambiato le mutande” finì con un ghigno.
- “L’igiene intima di Severus è un affare di Sirius; io controllo solo il suo guardaroba” sghignazzò.
- “Io vado, se non ci dovessimo beccare prima, ci vediamo il mese prossimo per la tua dose di coccole” poi, mordendosi la lingua per quello che aveva appena detto, si smaterializzò con i capelli in fiamme per l’imbarazzo.







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Ecco qui anche il quarto capitolo. Domani posterò anche il prossimo.
Grazie a Feux per la recensione e a crazycotton per l'invito! Baci a tutti

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Capitolo 5
*** V. Lividi, abbracci e pensieri confusi ***


Lividi, abbracci e pensieri confusi




Remus decise di tenersi alla larga da Grimmauld Place per tre giorni. Poi, esaurite le scuse per saltare le cene luculliane di Molly, decise di affrontare l’amico.
Lo trovò in biblioteca e non appena i loro occhi si incrociarono il caratteristico ghigno-Black fece la sua comparsa.
- “Allora, come ti senti dopo la luna piena?” chiese mettendo da parte il polveroso libro sulla registrazione delle profezie.
- “Abbastanza bene, grazie” rispose Lupin cautamente, ben sapendo dove volesse andare a parare Sirius.
- “Ne sono contento. Tonks deve essere stata davvero brava…”
- “Sì, mi ha preparato un’ottima pozione e poi è andata via” disse, interrompendolo e sperando di mettere fine all’argomento.
- “Mmm… Sta bene. Parlando di altre cose, stasera ceni qui, vero?”
- “E io che mi chiedevo cosa sono venuto a fare alle sette di sera portando i mirtilli che Molly mi ha chiesto per la torta…” rispose sarcastico.
- “Ottimo. Allora manca solo Tonks; dovrebbe arrivare tra poco” disse lasciandolo solo nella stanza.
Lupin a quel punto si rese conto che l’arrendevolezza di Sirius era solo un’apparenza. Quella cena sarebbe stata un inferno.

Stava pensando a quale frottola imbastire per poter fuggire nella maniera più rapida, quando dopo un sonoro crac una figura rosa si accasciò tra le sue braccia.
- “Ninfadora!” urlò spaventato. Poi quando vide i lividi e le ferite sul corpo della ragazza urlò a gran voce il nome di Sirius.
- “Ehi, così mi spacchi i timpani e sveglierai la mia cara zia” mormorò, gli occhi chiusi.
- “Cosa diamine è successo?” ruggì il cugino, mentre Remus prendeva l’auror tra le braccia e la portava verso una delle numerosissime stanze da letto della vecchia casa.
- “Un piccolo incidente di lavoro” rispose, mentre un formidabile livido s’ingigantiva sotto il suo occhio.
- “Ma sei inciampata sulla coda di un drago o hai fatto a pugni con un troll?” chiese Sirius, meritandosi un’occhiataccia da parte del licantropo.
- “Grazie per la fiducia nelle mie capacità, ma non è stata colpa mia stavolta” disse e dopo aver ripreso fiato aggiunse “Oggi abbiamo fatto una retata a casa dei Malfoy, la soffiata l’aveva fatta Mundungus su ordine di Silente. Ci siamo identificati, ma quell’idiota di Lucius e un paio di suoi amici mi hanno scagliato addosso una montagna di schiantesimi e roba simile. Hanno detto che non avevano capito che ero un’auror”
- “Che bastardo” esclamò Lupin.
- “Ma a quel figlio di una megera gli avranno fatto fare un giretto ad Azkaban? Aggredire un auror è un reato grave…” disse Sirius accigliato. Con sua grande sorpresa Tonks rise, il viso contratto dal dolore.
- “E tu credi che Caramel manderebbe Lucius Malfoy in prigione? Con tutti i soldi che riversa al Ministero in donazioni?” rispose tastandosi con una smorfia il braccio.
- “Basta parlare. Sirius chiedi a Molly bende, acqua e ghiaccio. Fatti dare anche del tè molto carico” esclamò Remus con un tono pratico.
Non appena l’amico uscì dalla stanza si voltò verso la ragazza e nella sua mente indirizzò un’abbondante serie di maledizioni all’indirizzo di Malfoy: gli incantesimi avevano colpito ovunque, la maglia era lacerata in parecchi punti sui fianchi e sulle braccia e macchie di sangue decoravano in maniera macabra i jeans.
Con delicatezza le sfilò la maglia e sollevò la canottiera rosa sull’addome. Anche lì spiccava un livido che aveva raggiunto le dimensioni e la forma di un bolide.
- “Quello deve avermelo fatto la cara zia Narcissa” mormorò con un sorriso stentato.
In quel momento Molly entrò come una furia, seguita da Sirius. I due non erano molto d’aiuto però: la prima non faceva altro che mormorare frasi quasi senza senso, dopo aver stretto la ragazza in un abbraccio omicida che le aveva fatto cacciare un urlo. Il secondo stava sperimentando nuove e colorite imprecazioni nei confronti di mangiamorte e tre quarti di genere umano.
Dopo qualche minuto Remus li scacciò dalla stanza con una decisione che raramente emergeva dal suo carattere mite e rimase solo con Tonks.
- “Grazie. Faticavo a stare dietro a tutte quelle bestemmie” disse con voce incerta lei.
Il licantropo annuì e senza dire nulla si prese cura di lividi e tagli. Lavorava con calma ed emanava una tranquillità tale che l’auror si rilassò, complice l’immensa tazza di tè che era stata obbligata a finire.

Quando lui le poggiò il ghiaccio sul “livido-bolide”, Tonks si rizzò a sedere dal dolore. Lui non disse ancora nulla. Semplicemente l’attirò a sé e l’abbracciò cullandola lievemente, accarezzando i capelli rosa pallido, quasi bianchi. Lei si lasciò andare e dopo qualche secondo si trovò a piangere sommessamente.
Trovarsi in quell’abbraccio rassicurante e caldo dava più sollievo del ghiaccio o degli unguenti. Remus, dal canto suo, non sapeva perché l’avesse stretta, ma più passavano i minuti più si abituava a quel dolce profumo che in breve gli era diventato familiare, come se facesse parte di sé.
- “Stavolta sono io a coccolarti” mormorò dopo che i singhiozzi si erano spenti.
- “Lo ammetto, sei bravo. Sei un impiastro con le pozioni, ma fai miracoli con i lividi” ammise lei asciugandosi gli occhi e stendendosi nuovamente sul materasso bitorzoluto.
- “Con il lavoro che faccio certe cose sono vagamente indispensabili, mi disse una volta una strega che conosco” rispose con un sorriso dolce. Poi le diede un leggero bacio sulla guancia in parte violacea, la coprì e la lasciò riposare.

- “Se volevate stare soli bastava dirlo” abbaiò Sirius mentre Lupin entrava in cucina.
- “Ninfadora adesso sta bene, grazie per averlo chiesto” rispose leggermente contrariato dall’immaturità dell’amico.
- “Lo so che sta bene, altrimenti non l’avresti lasciata da sola. E poi so anche che sei un genio nel curare quel genere di ferite”
- “Avete avvertito Silente?” mormorò rabbonendosi all’istante.
- “E’ andata Molly. Dire che è infuriato è poco, ma non può fare molto, sarebbe sospetto altrimenti. Nessuno sa dell’Ordine e se mostrasse interesse per una causa interna al Ministero Caramel griderebbe al complotto” spiegò prendendo due burrobirre dalla dispensa ancora piena di ragni verdi.
- “Spero solo di non beccare Malfoy, dubito che mi tratterrei. E Narcissa! Dovresti vedere che razza di livido le ha lasciato…”

Sirius non parlò, ma la rabbia dell’amico – solitamente calmo e razionale – la diceva molto su quanto non avrebbe avuto il coraggio di confessare nemmeno a se stesso.
Intanto qualche piano più in alto, una giovane strega pensava a quanto fosse strano che tra mille posti si fosse materializzata proprio lì. Aveva pensato a un luogo sicuro e dopo un istante si era trovata tra le braccia di Remus.

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Capitolo 6
*** VI. Quel freddo dopo l’abbraccio ***


Quel freddo dopo l’abbraccio




Remus sedeva su una poltrona logora, un libro poggiato sulle gambe. Aveva abbandonato ore prima l’idea di leggere, distratto dal sonno agitato di una figura rosa appallottolata sotto una coperta. Sapeva che Tonks non correva un reale pericolo, ma non riusciva ad allontanarsi dal suo capezzale per più di mezz’ora, il tempo necessario per scambiare qualche parola con Sirius o prepararsi una tazza di cioccolata.
Era strano, ma non riusciva a non preoccuparsi per quella pressoché sconosciuta cacciatrice di maghi oscuri.
Tonks mise fuori la testa dal piumone, lo stretto indispensabile per controllare chi si trovasse nella stanza.
- “Ehilà” gracchiò quando mise a fuoco la figura seduta accanto a lei.
- “Come va il bolide?” chiese lui con un sorriso dolce.
- “Sopravviverò. I Black non si eliminano con facilità” rispose mentre con un gemito si metteva a sedere.
- “Che fai? Devi riposare” cercò di bloccarla.
- “Mi spiace, ma non credo che sarò tua paziente anche per oggi. Devo andare a lavoro e sicuramente non sarà una giornata facile”
- “Ma dopo quello che ti è successo ieri…”
- “Credi che Caramel non si accerterà personalmente che io sia al Ministero?” lo interruppe mentre cercava di mettersi in piedi.

Non ci fu verso di convincerla, nemmeno Sirius e Molly ci riuscirono, perché chiaramente aveva ragione lei.
- “Promettimi che non andrai in giro a combinare guai” disse Sirius, le mani ai fianchi in una perfetta quanto temibile imitazione della signora Weasley.
- “Mi spiace ma è impossibile. Sono stata nominata combina-disastri-in-capo e non posso fare a meno di adempiere alla mia missione” scherzò lei, cercando di alleggerire quell’aria di preoccupazione che la metteva un po’ a disagio.
- “Ninfadora, lascia almeno che ti accompagni” cercò di convincerla Remus. Con uno sbuffo che alzò una ciocca rosa pallido sul livido sotto l’occhio, lei acconsentì.

Fuori faceva ancora un po’ di freddo e lei si muoveva con circospezione, le gambe ancora doloranti. Lui la sorresse con un sorriso timido quando per evitare una buca si era avventurata in un saltello che le sarebbe costato un altro livido.
- “Grazie. Oggi mi sento imbranata il doppio. Ora capisco come si devono sentire i battitori dopo una partita di Quiddich”
- “Sicura di farcela?” chiese lui preoccupato.
- “Devo” rispose semplicemente e con un sorriso si smaterializzò in un vicolo nei paraggi del Ministero. Dopo un instante e un crac, Lupin era accanto a lei. La fissò intensamente, poi la abbracciò e le augurò una buona giornata.
Tonks pensò con un sorriso che in barba a tutte le ferite e i dolori, con un abbraccio del genere sarebbe stata comunque una bella giornata. Dandosi della sciocca per quel pensiero inopportuno si avviò, i capelli un po’ più rosa.
Remus non seppe spiegarsi il perché di quell’abbraccio. Era la seconda volta che la stringeva tra le braccia e quel profumo lo faceva impazzire sempre di più, tanto che staccarsi da lei era un piccolo dispiacere. Sospirò mentre osservava gli strambi capelli della strega e tornò a Grimmauld Place.

Per tutto il giorno fu difficile concentrarsi su qualcosa e fu così che il licantropo si beccò un morso da un ragno verde che ancora colonizzava l’armadietto della cucina.
- “Maledizione!” imprecò a voce alta.
- “Dov’è finito il perfetto, imperturbabile ed educatissimo professor Remus Lupin” sghignazzò divertita Tonks mentre con una mano toglieva la polvere in eccesso dagli abiti e usciva dal camino.
- “Ninf…”
- “Remus, oggi ho corso il rischio di cruciare il ministro della magia in persona perché non faceva altro che chiamarmi così. Te ne prego, evita!” lo interruppe lei.
- “Come mai hai incontrato Caramel?” chiese lui.
- “Voleva sentire la mia versione dell’incidente, come lo ha chiamato lui. In qualche maniera ha cercato di fare passare me per incompetente; peccato che un’intera squadra di auror ha minacciato di dimettersi se avesse aperto un’inchiesta”
- “Quindi Malfoy l’ha fatta franca”
- “Oh sì, e ha quasi preteso le mie scuse. Dici che la fattura orcovolante che gli ho lanciato prima che usasse la metropolvere l’abbia fatto arrabbiare?” chiese con un sorriso che però non mascherava le occhiaie profonde e il livido sulla guancia.
- “E meno male che ti abbiamo raccomandato di stare attenta! Sei quanto più simile a tuo cugino…”
- “Stavate parlando di me?” domandò soavemente Sirius mentre trascinava un sacco pieno di cianfrusaglie cariche di maledizioni.
- “All’incirca” mormorò Lupin, mentre anche Molly faceva ingresso nella cucina e come un turbine preparava una semplice cenetta – a suo dire – che comprendeva sei portate più il dolce.

Quella sera si sarebbe svolta anche una riunione speciale dell’Ordine, quindi non ebbe modo di parlarle e chiederle come stesse.
Mentre Moody arringava i malcapitati membri sull’importanza di un buon sistema d’allarme che schiantasse anche i gufi (poiché nelle lettere potrebbero nascondersi anche delle fatture), Tonks si defilò dopo aver lanciato un’occhiata d’intesa a Silente.
- “Avevi ragione: Moody avrà sicuramente fritto il gufo che gli portava la lettera di pensionamento” esclamò con un ghigno Lupin, che per tutta la sera aveva osservato la ragazza.
La osservò piegare le labbra all’insù, in un tentativo incerto di sorriso. Poi prese il mantello e se non ci fosse stato il mago si sarebbe ritrovata stesa per terra.
- “Grazie… sono stanchissima, meglio che vada a casa” mormorò appoggiandosi a Lupin, mentre lui la stringeva forte per sorreggerla. Stettero lì, nel soggiorno di casa Black per un paio di minuti senza parlare. Lei troppo stanca e vinta dalle emozioni di quei due intensi giorni. Lui troppo preso da quel turbine di emozioni al quale non riusciva ancora a dare un nome.
Quando sciolsero l’abbraccio pensarono simultaneamente quanto sentissero freddo l’una lontano dall’altro.
Poi, con un sorriso timido, lei sparì dalla stanza polverosa.











~

Ho postato adesso il nuovo capitolo perché probabilmente fino a lunedi il pc sarà off limits.
Grazie a tutte per i complimenti. Ovviamente anche a me piacerebbe Remus come infermiere personale :P
A presto e buon fine settimana!

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Capitolo 7
*** VII. Certi altri problemi ***


Certi altri problemi




Remus sorseggiava tranquillo la sua cioccolata in una squallida e vecchissima cucina, o almeno ci provava.
Accanto a lui Sirius sbraitava contro quella che in un tempo non molto lontano doveva essere una pagina di giornale.
- “Ma come diamine fai a restare così impassibile, Lunastorta?”
- “Te l’ho detto, Felpato mio. Non c’è storia, nessuno vuole concedere uno straccio di lavoro a un lupo mannaro. La Umbridge ha soltanto messo le cose in chiaro”, rispose Lupin con voce esasperata.
- “Tu non sei per niente sano di mente. Ma come ti salta in testa di prenderla con così tanta flemma? Dovresti andare al Ministero, parlare con quell’arpia, magari durante una notte di luna piena…” ma Sirius fece sparire il ghigno malandrino non appena ebbe intercettato l’occhiata oltre la tazza fumante.
- “Tu più di chiunque altro dovresti sapere cosa vuol dire avere a che fare con la Umbridge, Caramel e tre quarti del Ministero. E cosa vuoi che faccia? Magari fondare un CREPA?”
- “Beh, potresti chiamarlo SCHIATTA… ma non so cosa ci potresti fare con questa sigla”.
Con uno sguardo che implorava silenzio, Remus tornò ad occuparsi della sua cioccolata.

Un tonfo assordante, rumore di vetri rotti, un’imprecazione mal soffocata e la solita tirata della signora Black partì con una potenza acustica pari a quella di un concerto delle Sorelle Stravagarie.
- “Ecco arrivato un pezzo di quel quarto di Ministero decente”, borbottò Sirius prima di afferrare la bacchetta per schiantare la genitrice urlante.
Qualche minuto e parecchi decibel dopo una massa rosa sfrecciò in cucina.
- “Oh Remus, hai saputo? Odio quella specie di megera, quella sordida stregaccia da quattro soldi, quella vecchia befana inacidita, repressa, fallita…”
- “Grazie Ninfadora, ho capito il messaggio” la interruppe Lupin con un gesto impaziente della mano.
- “Ma come fai a stare così tranquillo?” gli chiese, rivolgendogli però uno sguardo assassino per l’appellativo usato.
- “Cosa dovrei fare?” si ritrovò a chiedere il mannaro per la seconda volta nel giro di pochi minuti “Organizzare picchetti, raccolte di firme, incatenarmi alla fontana dei Magici Fratelli?”
- “Lascia stare, cuginetta. Lunastorta sostiene che la Umbridge in realtà ha fatto bene a mettere per iscritto che chi offre lavoro a un lupo mannaro debba sottoporre a una commissione speciale non so quante scartoffie che farebbero perdere la pazienza a un santo” disse con tono stanco Sirius mentre afferrava una burrobirra dal polveroso scaffale sempre invaso dai ragni verdi.
- “E il prossimo passo quale sarà? Marchiarvi? Spezzarvi le bacchette?”
Tonks aveva pronunciato quelle parole con una rabbia così malcelata che Remus si scoprì a guardarla sorpreso. Poteva capire che la sua situazione potesse interessare Sirius, ma la giovane auror? Perché le stava così a cuore quella stupida legge?
- “Vedi Ninfadora” e partì un ringhio sommesso, prontamente ignorato “a prescindere nessuno dà lavoro a un mannaro. Sono i rischi che si corrono quando una volta al mese ti trasformi in una bestia…”
- “Ma tu non sei una bestia!” si trovò a urlare Tonks. Poi, stupita lei stessa dal ruggito che aveva lanciato, aggiunse a bassa voce “hai solo un… problema mensile. Vedila come… come certi altri problemi femminili” finì con un sussurro, le guance in fiamme e i capelli pure.
Sirius scoppiò in una risata incontenibile che trascinò suo malgrado anche Remus.
- “Lo confesso. Finora nessuno aveva paragonato la licantropia a certi altri problemi femminili” ridacchiò il mannaro, mal trattenendo altre risate. A Sirius invece venne pure il singhiozzo e provò a calmarsi con la burrobirra. Cinque minuti dopo però rideva ancora e aveva ricoperto metà del tavolo sghembo con il liquido ambrato.

Lunastorta sghignazzava contro la tazza, ma Tonks mise su una faccia a metà tra il disgustato e l’arrabbiato. Non era da lei non unirsi alle risate, fossero causate dalle sue formidabili cadute o dalle innumerevoli storie scolastiche del cugino.
Alla fine i due uomini si resero conto che lei non si era unita all’ilarità e Lupin le chiese gentilmente se si fosse offesa.
La ragazza li guardò in maniera talmente seria che presto la battuta fu dimenticata.
- “Se a te va di essere trattato come un essere inferiore, a me dà dannatamente fastidio. Quasi quanto trattino così anche me!” esclamò con furia, mentre i capelli si aggiravano verso un pericoloso nero-tempesta.
- “Che vorresti dire?” chiese Remus fissandola con attenzione.
- “Se leggete i giornali a metà è ovvio che non capite. Il Ministero ha intenzione di varare delle leggi simili anche per i metamorfomaghi”

La voglia di ridere era un lontano ricordo.

- “Cosa?” urlò Sirius, che si era ripreso per primo dello shock.
- “Beh, il fatto che pochissimi sappiano in realtà qual è l’aspetto di una persona mette in ansia Caramel” rispose disgustata l’auror. “Quindi verranno fatti censimenti, schede particolari e ciascuno di noi dovrà mostrare il suo vero aspetto per essere fotografato. Ah, stanno anche cercando una maniera per limitare le nostre metamorfosi” aggiunse con rabbia.
- “E’ terribile” sussurrò Lupin, che ora più che mai si sentiva accomunato a un altro essere umano.
Ma era più della semplice comprensione; ora guardava la ragazza davanti a lui e non vedeva più la streghetta impertinente, carina e pasticciona che litigava con i carrelli della spesa. Vedeva una giovane donna che stava per essere emarginata, esclusa e senza nessuna colpa, proprio come lui.
- “Grazie, almeno di qualcosa ti interessa” mormorò Tonks.
Senza aggiungere altro si avvicinò al camino, i capelli che lentamente si assestavano verso una gradazione grigio-depressione.
- “Ci vediamo” aggiunse prendendo una manciata di polvere volante. Senza dare il tempo a nessuna forma di vita umana di fermarla entrò con decisione tra le fiamme e sparì in una nuvola verde.

Remus realizzò un secondo dopo che non le aveva nemmeno chiesto se si era ripresa...











~


Grazie a tutte per i complimenti, fanno sempre più che piacere :D
Come vedete sono riuscita a postare oggi questo capitolo, spero che vi piaccia! Buona domenica!

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Capitolo 8
*** VIII. Il quadro e l’artista ***


Il quadro e l’artista




Tonks adorava il suo appartamento. Si trovava nella Londra babbana, a pochi passi dal fiume. Contrariamente a quanto si aspettasse chiunque la conoscesse, in casa sua regnava un insolito ordine. Cercava di mantenere sotto controllo almeno qualcosa, visto che spesso non ci riusciva nemmeno con i capelli. Meno male che il suo naso non doveva fare i conti con il suo umore altalenante…
Eppure in quel momento non riusciva a stare bene nemmeno avvolta nella sua coperta preferita mentre ripensava alle misure di sicurezza “soffoca-libertà” come le chiamava lei e alla discussione con Sirius e Remus. Sapeva che quest’ultimo viveva una vita sociale estremamente limitata e che non riusciva a trovare un lavoro nella comunità magica, quindi pensava che lui più di chiunque altro avrebbe capito. Invece si era trovata davanti a un’amara constatazione, saltatale in mente mentre il cugino cercava di non affogare in totale assenza d’acqua. Aveva capito che a Remus non interessava granché la propria di situazione, figurarsi quella di una pressoché sconosciuta cacciatrice di maghi oscuri. E a lei quell’indifferenza faceva un po’ male, perché in fondo si era affezionata al mannaro e credeva di leggere nei suoi occhi qualcosa di più di una semplice stima, per non parlare di come si erano guardati la prima volta che si erano incontrati e di come si era preso cura di lei dopo l’aggressione di Malfoy... Evidentemente si sbagliava.

Indecisa se valesse la pena prepararsi qualcosa per cenare, si diresse verso la cucina proprio mentre il campanello suonava. La cosa era strana: nessuno dei suoi vicini babbani aveva più suonato alla porta dopo il trasloco (a causa di un piccolo incidente con un set di gobbiglie frantumatosi sulla porta, che aveva provocato mesi di proteste per via dell’odore venefico) e i maghi e le streghe che conosceva viaggiavano in metropolvere. Colmo dello stupore, alla porta era proprio un certo licantropo.
- “Ciao Ninfadora” esclamò incerto.
- “Remus J. Lupin, ti dà fastidio vivere?” ringhiò a bassa voce.
- “C-cosa?” farfugliò confuso.
- “Beh, ti consiglio allora di non usare quella tortura psicologica che mia madre si ostina a chiamare nome, se vuoi continuare la tua esistenza”
- “Mi spiace, ma sono abituato a chiamare gli amici per nome. Se vuoi possiamo raggiungere un compromesso”
Stupita dal sentirsi chiamare “amica”, annuì poco convinta facendolo entrare in casa.
- “Che genere di compromesso?”
- “Che ne pensi di Dora?” esclamò alzando un sopracciglio.
- “Mmm… se proprio non puoi trattenerti dal chiamarmi con la disgrazia completa” concesse lei.
- “Andiamo, non è che sia poi una disgrazia” cercò di sdrammatizzare Remus.
- “Dici? Beh, provaci tu a convivere con un nome passato di moda già nel medioevo” borbottò dirigendosi verso la cucina. “Allora, cosa volevi?”
Ma Lupin si era distratto guardando il grande quadro appeso sopra il camino. Sembrava una di quelle opere astratte che aveva visto nei musei babbani, ma questa era indubbiamente più bella secondo lui. Forme sinuose sembravano rincorrersi sulla tela bianca. A dominare era il rosa, ma c’erano tracce di viola, nero, azzurro… il tutto in un’armonia leggera e ipnotica.
- “Remus” lo chiamò l’auror. Lui parve ridestarsi e con un sorriso imbarazzato indicò il quadro. “E’ magnifico” disse semplicemente.
La ragazza si accigliò un istante, poi disse vagamente “Beh… non è nulla di che. Avevo la parete libera, una tela vuota…”
- “L’hai fatto tu?” esclamò sorpreso Lupin.
- “Sì, ma non credo sia tutta questa meraviglia. Probabilmente è solo una sciocchezza. Ma ci stava bene lì” mormorò.
- “E invece è davvero bello. Mi toglie il fiato” rispose l’uomo con uno strano scintillio negli occhi.

Era una situazione stranissima. Lui, Remus Lupin, il licantropo, il malandrino, stava affermando che un quadro gli toglieva il fiato. Lo diceva in casa di una strega che apparentemente desiderava la sua presenza lì come quella di un battaglione di goblin. Lo diceva mentre il suo cuore ballava con una strana cadenza guardando l’espressione stupita della giovane. Scosse la testa, come per cacciare un pensiero stupido, un’idea senza senso, mentre il suo campanello d’allarme suonava come non mai.
- “Vo-volevo sapere come stai” si forzò a parlare.
- “E come mai? Non mi pare che sia successo qualcosa per cui valga la pena impensierirsi” rispose acidamente lei.
- “Dora scusami. Cioè scusaci. Con Sirius ci siamo tormentati tutta la sera; siamo stati due perfetti imbecilli”
- “Mi danno una notizia del genere, una batosta in piena regola, corro dalle uniche persone che penso che mi possano capire e cosa trovo? La più totale apatia. L’accettazione incondizionata di ogni sopruso. Ah, sì, anche tante risate…” urlò la giovane.
- “Scusami, non sapevo che la Umbridge aveva preso di mira anche voi”
- “Ma perché ti scusi? Perché perdi del tempo che potresti impiegare a difenderti? Se quelli si comportano così è anche perché qualcuno glielo permette” disse in un fiato, con i capelli furiosamente rossi.
- “Cosa credi, sia facile non avere un lavoro e una vita normale per qualcosa che non dipende da me!” ribatté Remus che iniziava a spazientirsi.
- “E per me invece è facilissimo avere una vita normale. Davvero! Basta non pensare a come mi sentivo quando i miei capelli spaventavano i miei compagni di scuola. Basta non pensare che non c’è nessuno oltre ai miei genitori che abbia mai visto il mio vero aspetto. Basta non pensare che per colpa di quelli che si sono arresi prima di me, io sarò costretta a diventare una reietta!”
Le ultime parole di Tonks avevano colpito Remus come una frusta.
- “Credi che con uno come Greyback si possa discutere di diritti civili? Credi che sia facile vedere la gente trattarti come un mostro?” mormorò fissandola negli occhi.
- “Fino a che tu ti sentirai un mostro sarai uguale a Greyback. Fino a che non ti convincerai che sei uguale a ciascuna maledettissima persona che esiste su questa terra offrirai una scusa per farti maltrattare”. Con una semplicità disarmante lo guardò e lui non poté fare a meno di incassare il colpo, la gola improvvisamente secca e la mente vuota, a eccezion fatta per le sue parole, che vorticavano furiosamente facendogli perdere il contatto con la realtà. Dopo un tempo che a entrambi sembrò infinito, Tonks sospirò.
- “Pace, ok? Facciamo un altro compromesso: ceniamo assieme, ma non parliamo del Ministero, dell’Ordine e nemmeno del porridge che quella Fleur ha cercato di propinarci all’ultima cena a casa di Molly” esclamò con un sorriso incerto.
Remus non poté fare a meno di sorriderle di rimando.
- “Beh, qualunque cosa tu abbia in mente di farmi mangiare, nulla può essere peggio di quella brodaglia!”
- “Grazie per la fiducia nelle mie doti culinarie” disse divertita.
- “Servo tuo!” scherzò lui, con un mezzo inchino.










~


Grazie a tutte per le bellissime recensioni!
Ho scritto questa storia quasi di getto e non credevo che potesse piacere così tanto. Per questo dedico capitolo e storia alla dolcissima Sorella. E' merito solo per merito suo (o quasi) che l'ho pubblicata.
Buon pomeriggio a tutti e a domani per il prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** IX. Tutta colpa del tappeto ***


Tutta colpa del tappeto




Se qualcuno gli avesse detto che lui, Remus Lupin, si sarebbe divertito durante una cena fatta di pizza babbana, dopo aver seriamente corso il rischio di vedere una cucina disintegrata da un incauto gratta-e–netta, lo stesso Remus Lupin avrebbe preso per pazzo l’ipotetico interlocutore.
E invece era lì, sul divano di una strega – e che strega – mentre ascoltava un’intensa risata, dovuta al volo di una fetta di pizza su una giacca di tweed (la sua).
- “Perdonami, Remus” riuscì ad articolare attraverso le risate Ninfadora Tonks.
- “Figurati, la colpa è mia. Avrei dovuto intuire che il tuo ideale di cena prevede il lancio del cibo addosso agli ospiti” rispose lui cercando di mantenersi impassibile.
- “E dai, non potevo mica sapere che il tappeto avesse l’angolo arrotolato” ululò lei.
- “E meno male che sei a casa tua… non dovresti sapere come muoverti almeno qui?”
- “Solitamente ci riesco, ma stasera mi sento più imbranata del solito e non so il perché” confessò lei. Ma nel dirlo realizzò che un motivo c’era: era seduto sul suo divano e si stava togliendo la giacca per esaminare i resti di mozzarella e salsa sparsi sul colletto. Pensiero impertinente, si disse. Impertinente e pure stupido. E sbagliato, e dannatamente attraente, magnetico, sexy…
- “Dammi, vediamo cosa si può fare” disse per non concentrarsi su quella marea di commenti che le erano saltati in mente alla vista delle spalle del mago fasciate da un semplice dolce-vita nero.
- “Non per sfiducia, ma se per togliere una macchia di caffé stavi mandando a fuoco la tavola… preferisco pensarci da solo” disse con un sorriso.
- “Bene, se la metti così il gelato te lo scordi” disse lei con un’incantevole broncio. “Che peccato… era pure al cioccolato…” aggiunse nascondendo un ghigno maligno.
- “No! Al cioccolato? E me lo neghi così? Perfida di una strega!” Biascicò lui, gli occhi che somigliavano pericolosamente a quelli di un cucciolo adorabile.

Era chiaro che lei non avrebbe retto a lungo, specie davanti a uno sguardo così implorante.
Capitolò con un sospiro, ma ben presto un cucchiaino colmo di gelato atterrò sul maglione di Remus.
- “Sai, credo di aver esaurito la scorta di vestiti” disse sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo.
- “I-io… scusami, perdonami, ti imploro… non so cosa mi passava per la testa” e invece lo sapeva. Per qualche oscura ragione si era imbambolata nel guardare l’espressione da bimbo felice che aveva messo su non appena gli aveva passato l’enorme coppa di gelato.
- “Fammi rimediare almeno a questo” provò, avvicinandosi e cercando di scostare un lembo di stoffa.
- “N-no, t-tranquilla, sta bene il marrone sul nero” rispose lui, reprimendo le sensazioni strabilianti che provava ogni volta che sentiva il suo dolce profumo.
Tonks però non voleva dargli l’impressione di essere un totale impiastro, e così si avvicinò di più all’uomo che sedeva ancora sul divano. Ma il tappeto ci mise nuovamente del suo e lei si trovò a volteggiare per la stanza, senza sapere motivo e destinazione di quella strana danza. Non seppe come, ma quando riaprì gli occhi dopo qualche istante realizzò di trovarsi tra le braccia di Remus.

Se il famoso ipotetico interlocutore di Lupin avesse cercato di descrivere loro la scena, né lui né Tonks avrebbero esitato nel fare una puntatina al San Mungo, reparto lesioni celebrali. E invece erano lì, in mezzo al salotto, lui – inginocchiato – stringeva tra le braccia la giovane strega nel riuscito intento di evitarle l’ennesimo bernoccolo.
Entrambi si fissavano, cercando di ignorare quei furiosi battiti cardiaci che li distraevano dal mettere due parole in fila. E poi, senza sapere chi dei due si fosse mosso per primo, si baciarono.

Fu solo un attimo, ma sufficiente a sconvolgere le loro menti. Si allontanarono lievemente, gli occhi chiusi, ognuno assaporando il profumo dell’altro. Remus cercava disperatamente di non pensare a quanto dolci erano sembrate le labbra della ragazza. Lei cercava, con altrettanta disperazione, di non pensare a quanto le mancasse già quella bocca sulla sua.
- “Dora… io dovrei andare… ehm, Sirius mi aspetta” inventò sul momento.
- “Oh… c-certo” farfugliò Tonks.

Ma entrambi restavano fermi, immobili, come timorosi di infrangere qualcosa di estremamente delicato. Quando finalmente Lupin si mosse, fu come se il mondo avesse deciso di tornare a ruotare assieme ai poveri neuroni contenuti nelle scatole craniche dei due giovani.
Non senza difficoltà o imbarazzo, riuscirono a rimettersi in piedi, mentre le guance di Remus facevano concorrenza ai capelli rosso-fuoco di Tonks.
- “Grazie della cena, Dora” riuscì a spiccicare mentre si abbottonava il cappotto.
- “Di niente” mormorò lei, dondolandosi sulla porta.

E pensare che meno di due ore prima litigavano furiosamente proprio nello stesso punto.












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Grazie a Daewen, monipotty, Regulus_Black, LilyProngs, a crazycotton, saraligorio1993 e black_lia per le ultime recensioni.

A domani per un altro capitolo (tranquille, la storia è lontana dall'essere terminata e - esami permettendo - cercherò di mantenere l'aggiornamento quotidiano).


Baci!

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Capitolo 10
*** X.La pizza e la giacca di tweed ***


La pizza e la giacca di tweed




Sirius pensò che l’amico era ben più strano del solito.
Mai aveva visto Lupin cercare di fare un esperimento del genere.
Mai l’aveva visto fissare un libro sottosopra, facendo finta di leggerlo.
Mai l’aveva visto cercare di mostrarsi impassibile e fallire così miseramente.

- “Ehm, Lunastorta, com’è quel libro?”
- “Mmm? Interessante” rispose, maledicendosi all’istante per la sua totale incapacità di mentire.
- “Davvero? Ed è stato stampato da qualche libraio dedito al whiskey incendiario?” lo canzonò Sirius intuendo che anche quella volta era riuscito a mettere in difficoltà Remus.
- “Cosa vai blaterando?”
- “Mah, mi chiedevo se fosse il libro a essere strano oppure tu. Stai fissando quella pagina da mezz’ora. A rovescio” puntualizzò.
Remus si rese conto alla velocità della luce che mai avrebbe potuto mettere freno alla curiosità del suo interlocutore, celebre per la ferrea volontà di ficcare il naso negli affari degli amici.
- “Tu e la tua dannata guerra” mormorò.
- “Scegli: o mi dici cosa diamine è successo o faccio una passeggiatina attraverso il camino di una cugina a caso per chiederle se ha visto una certa giacca di tweed” disse con un ghigno mal represso Sirius.
Il licantropo si morse la lingua quando realizzò di aver lasciato l’indumento sporco di pizza sul divano di Tonks.

Remus J. Lupin accettò la sconfitta e si rassegnò.

- “Ehm… sono stato a casa di Dora” iniziò incerto.
- “E io che mi chiedevo dove fossi andato quando mi hai detto che andavi da Tonks” disse Sirius alzando gli occhi al cielo. “E da quand’è che la chiami Dora?” chiese dopo un nanosecondo.
- “Abbiamo raggiunto un compromesso…”
- “Che genere di compromesso?” lo interruppe l’amico.
- “Felpato, è già difficile di suo. Per favore, dammi tregua!” esclamò esasperato. “Dunque, volevo chiederle scusa per la pessima figura che avevamo fatto e lei alla fine mi ha fatto capitolare”
- “Cosa? La mia cuginetta ti ha messo subito le mani addosso? Complimenti Lunastorta, non perdi tempo, eh?”
- “Sirius Black, smettila di dire idiozie. Guarda che non siamo a scuola e non stiamo facendo un compito di Storia della Magia, quindi non c’è bisogno che t’inventi frottole!” disse tutto d’un fiato Remus, con un cipiglio alla McGranitt. “Mi ha fatto capire che avevo torto su tutta la linea. Che non dovevo accettare passivamente le angherie di quella megera della Umbridge” finì agitando una mano impaziente.
- “Beh, se lei è riuscita in un giorno nell’impresa che ci siamo prefissati molti anni fa, devo dire che ha molta presa su di te” disse Sirius seriamente colpito.

Lupin venne folgorato dalle parole dell’amico. Per anni lui, James e Peter avevano cercato di fargli capire una cosa che Ninfadora Tonks gli aveva mostrato nella sua più assurda semplicità: lui non era Fernir Greyback. Lui non era un mostro.
Lei lo aveva convinto in maniera così lampante da farlo sentire sciocco. O forse amato? Scosse la testa, mentre cercava di riprendere le fila del discorso. Sapeva che Sirius poteva diventare davvero irritante quando la sua curiosità non veniva soddisfatta appieno.
- “Questo però non spiega dove sia finita la giacca” riprese, infatti, maliziosamente.
- “Mi ha offerto la cena, ma le è caduta la pizza sulla mia giacca. Poi mi ha offerto il gelato, ma le è caduto anche quello” disse deglutendo a vuoto.
- “Cosa c’entra il gelato? Non dirmelo, era al cioccolato…” sospirò.
- “Sì, ma il punto non è questo. Ha cercato di rimediare, ma è riuscita solo a inciampare” riprese Remus, sempre più rosso in viso. “Così, per evitare di farla cadere l’ho presa in braccio. E ci siamo baciati” mormorò.
Sirius lo guardava con una strana espressione, come trionfante.
- “Fammi capire bene… tu riesci a chiamare quasi per nome una donna che ha provato a uccidere l’impiegato dell’anagrafe che le ha compilato l’atto di nascita. Questa stessa donna ti convince – dopo anni che ci sbattiamo la testa contro – che non è colpa tua se sei un mannaro e che è inutile che ti isoli dal resto del mondo. Sempre la medesima donna ti offre una cena a casa sua e alla fine la baci pure! Ti prego, dimmi che dopo le hai chiesto di sposarti!” esclamò tendendogli le mani.
- “Ehm… dopo… s-sono andato via” farfugliò.
- “Tu cosa?”
- “E ho lasciato la giacca lì. Ecco spiegata la storia, buonanotte Felpato” disse frettolosamente Lupin cercando di guadagnare l’uscita. Ma purtroppo per lui, gli anni passati ad Azkaban non avevano scalfito i riflessi di Sirius, che riuscì a inchiodarlo alla sedia sibilandogli contro “E per quale assurda ragione?”
- “Oh, andiamo” sbottò “non sono mica fuggito a gambe levate”
- “A me pare proprio di sì”
- “Sirius, è stato solo un bacio. Probabilmente non ne avrà ci avrà minimamente fatto caso” disse il mannaro, mentre una parte poco razionale di se stesso si stava cruciando mentalmente per aver pensato una cosa del genere.
- “Mmm… staremo a vedere. Ma fossi in te non ci conterei molto”

Con estrema lentezza, come se soppesasse l’idea di tenerlo ancora incollato alla sedia, Sirius si allontanò dall’amico per lasciarlo solo con i suoi confusi pensieri.

No, nemmeno lui ci contava molto. Ogni volta che chiudeva gli occhi, infatti, non vedeva altro che forme sinuose rosa che volteggiavano attorno a due occhi che sconvolgevano la sua anima dal profondo.













~



!Hola!
Come promesso ecco il nuovo capitolo.
Ringrazio di cuore quelli che si sono affezionati a questa fiction e che ogni giorno mi regalano un pizzico di felicità con i loro commenti.

Gracias entonces a saraligorio1993, LilyProngs, a crazycotton, Daewen, Temperance_Booth, monipotty, Feux, Regulus_Black y Spikesilver, per citare solo chi ha commentato lo scorso capitolo.

Ps: Se non si fosse capito, l'esame che rischia di rallentare la pubblicazione è spagnolo... :P

Un bacio e a domani!

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Capitolo 11
*** XI. La vera Tonks ***


La vera Tonks




Erano passati due giorni da quella cena, ma Tonks non si era fatta vedere a Grimmauld Place. Dopo una serie di elucubrazioni che passavano attraverso vari strati di pessimismo (seghe mentali, le chiamava Sirius) Remus decise di chiedere a Malocchio se sapesse qualcosa della giovane auror.

- “Sta avendo delle grane a lavoro” borbottò.
Per rispondere all’occhiata interrogativa del licantropo, Kingsley spiegò con la sua voce profonda “Ha avuto una discussione con la Umbridge. Si è presentata con i capelli grigi e quando lei ha chiesto di usare un colore più consono, lei ha passato in rassegna tutti i tagli e le sfumature che conosce, anche con il naso. La Umbridge non l’ha presa molto bene…”
- “Ha dato un’accelerata a quella dannata legge. Domani l’aspetta una commissione e dovrà farsi schedare sotto le sue vere sembianza” rincarò l’ex-auror.

Remus fino a quel momento aveva pensato che l’assenza di Tonks fosse dovuta a come si erano separati dopo “l’incidente” con il gelato. Aveva completamente dimenticato i guai che avrebbe dovuto passare.Era così assorto nel pensare a quanto fosse stato insensibile (per la seconda volta in pochi giorni) che non si accorse che la squallida cucina si era svuotata e che dal camino era sbucata una figura.
- “Ehilà! Già finita la riunione?” mormorò Tonks.
- “Dora! Sono felice di vederti!” esclamò il mago, troppo sorpreso per nascondere l’entusiasmo.
- “Sono venuta a portarti la giacca… tranquillo, non l’ho polverizzata” disse lei rimanendo sempre vicina al camino.
Lui l’osservò e vide che era davvero depressa. Il colorito pallido, i capelli grigi, i vestiti troppo scuri e l’assenza di quella luce divertita che adorava nei suoi occhi.
- “Moody mi ha detto dell’udienza di domani” riuscì a spiccicare.
- “Già. Sono riuscita a farla arrabbiare sul serio. Credo che non abbia retto la vista di un naso da rospo uguale al suo accoppiato a capelli arancione fluorescente” rispose cercando di nascondere un sorriso. Poi rifletté sul fatto che non sorrideva esattamente dall’ultima volta che si erano incontrati.
- “Cosa ti preoccupa esattamente?” chiese lui “Ogni volta che c’è qualcosa che non riesco a capire o che mi spaventa cerco di analizzare le cose” spiegò dopo l’alzata di sopracciglio della ragazza.
- “Ehm… non è una cosa che mi preoccupi, ma mi mette tanta tristezza” disse sedendosi accanto a lui.
- “Tristezza?”
- “Sì, perché in realtà nessuno ha mai visto il mio aspetto reale, tranne i miei genitori. E a me dà fastidio che sia la Umbridge la prima persona alla quale mi mostro dopo così tanto tempo”
- “Nessun ’altro ti ha mai visto?”
- “No. Quando ho capito come controllare le mie metamorfosi le ho usate come se fossero quasi un vestito. Mi sentirei come se fossi nuda…” finì arrossendo, mentre i capelli diventavano dello stesso colore delle guance.
- “Posso allora immaginare. Neanche a me piacerebbe farmi vedere nudo dalla Umbridge”

La ragazza pensò a quanto fosse facile per lui farla ridere. Anche durante il piccolo litigio a casa sua, era riuscito a metterla a suo agio in un baleno.
Fu per questa ragione che disse (prima di poter realmente riflettere su quelle parole) “Potrei mostrarmi a te?”
Lui rimase quasi sbalordito. Sì, aveva scherzato sulla storia del mostrarsi nudo, ma in realtà aveva intuito il disagio della ragazza. Rifletté intensamente sul valore di quella domanda e alla fine rispose con un basso mormorio “Ne sarei davvero onorato. Ma mi credi davvero così degno di grande fiducia?”
- “Sì” rispose semplicemente.
- “Bene, allora quando ti senti pronta…”

Lei annuì e poi si concentrò. Riportò alla mente i lunghi pomeriggi passati nel salotto di casa, mentre la madre la consolava dopo le innumerevoli volte nelle quali le sue emozioni avevano preso il sopravvento sui capelli. Ricordò il calore dell’abbraccio del padre quando le chiedeva di raccontarle dei nuovi incantesimi imparati a Hogwarts. E senza esitazioni tornò la vera Tonks.
Remus tratteneva il fiato, mentre i capelli della ragazza si allungavano oltre le spalle e diventavano castani, con qualche ciocca bionda e gli occhi si tingevano di azzurro.
Era come se lei gli aprisse il cuore, intuiva che stava mostrandogli la sua anima, la vera sé. E non poté fare a meno di sentirsi un po’ orgoglioso della fiducia che riponeva il lui.
Quando riaprì gli occhi, rise imbarazzata.
- “E allora, quanto sono diversa?” chiese.
- “Credimi, sei bellissima. Come sempre!” esclamò non riuscendo a trattenersi.
Nemmeno lei riuscì a resistere e lentamente i capelli tornarono al rosso-fuoco-imbarazzato.
- “Che vuol dire come sempre” sussurrò.
- “Che nonostante il rosa, il viola, o - come adesso - il rosso tu hai qualcosa di particolare. I tuoi occhi hanno una luce…”

- “Ehilà cuginetta!” esclamò Sirius entrando improvvisamente nella lurida cucina.
Non sembrò fare caso alla scena che si presentava davanti ai suoi occhi. Remus e Tonks erano seduti vicini, ognuno perso negli occhi dell’altro, dimentichi persino di una cosa apparentemente banale come la respirazione.
- “Ciao cugino!” esalò la ragazza, staccandosi con un’immensa forza di volontà da quello sguardo.
- “E così domani hai l’udienza con la rospa?” chiese, cominciando a sospettare che forse aveva interrotto qualcosa.
- “Sì… ma ero venuta a portare la giacca a Remus”
- “Oh… la giacca…” improvvisamente Sirius capì.
E anche Remus comprese al volo che l’amico stava per partire in quarta con qualche idea delle sue. Non importava quale, fosse una battuta da vietare ai minori di 85 anni o una storiella nella quale tirava in ballo episodi imbarazzantissimi, ma doveva impedirgli di proferire parola.
- “Dora, credo che debba offrirti un gelato per sdebitarmi della cena” disse frettolosamente.
Ignorò le proteste di Sirius, afferrò un polso della ragazza e si gettò a capofitto nel camino gridando “Diagon Alley”.









~



!Hola todos!
Sono felice che anche lo scorso capitolo vi sia piaciuto (in effetti è uno dei miei preferiti...).
Anche oggi sono riuscita ad aggiornare e vi anticipo che ho appena finito una one-shot su James e Lily che pubblicherò al più presto.
Che altro dire... ancora grazie e buona lettura!



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Capitolo 12
*** XII. L’amuleto ***


L’amuleto




Sbucarono lungo la via affollata da streghe e maghi e restarono per qualche secondo lì a fissarsi. Entrambi confusi dalle emozioni troncate dall’entrata di Sirius e dal viaggio attraverso la metropolvere, si guadarono senza avere un pensiero logico al quale dare voce.
- “Scusami per le maniere brusche, ma conosco bene tuo cugino e credimi, ci avrebbe massacrato a furia di domande” disse Remus ritrovando parte del suo self-control.
- “Domande di che genere” chiese lei alzando un sopracciglio maliziosamente.
- “Meglio non sapere che idee si è fatto quel malandrino” sospirò.
Lei non indagò ulteriormente, ma in fondo era curiosa di sapere quali fossero le idee che il licantropo sembrava temere così tanto.
- “Visto che siamo qui potresti offrirmelo davvero quel gelato”
- “Mmm… non sarebbe meglio un caffé? Ho notato che hai un pessimo rapporto con i gelati” osservò Lupin.
- “Vada per il caffé; ma ricorda che la giacca te l’ho pulita, non l’ho trasfigurata in un bidone dell’immondizia” rispose fingendosi indignata.

Quando si sedettero al tavolino del bar, ripiombarono in un altro silenzio imbarazzante, memori di cosa stavano parlando nemmeno mezz’ora prima.
- “Tonks, come hai fatto a diventare auror?” chiese Remus mentre la ragazza cercava di rimediare alla caduta di parte del suo caffé.
- “Cosa vorresti dire? Che ho confuso qualcuno? Che ho minacciato di affatturarli per farmi superare l’esame?” sibilò lei, i capelli nero corvino.
- “No, no, no! Non fraintendermi!” ridacchiò guardandola infuriata. “Volevo chiederti perché hai deciso di fare proprio l’auror?”
- “Oh” mormorò calmandosi all’istante. “Beh, credo che sia stato qualcosa che ho sempre desiderato fare. L’idea di fare qualcosa per la comunità, di cacciare maghi oscuri, mi ha sempre spinta a impegnarmi a scuola. E adesso, la prospettiva di partecipare realmente alla guerra contro Tu-Sai-Chi mi fa sentire di essere davvero una buona strega. Anche se a volte inciampo nei tappeti e verso il caffé tre volte prima di riuscire a berlo”
- “Non sempre” disse lui rapito.
- “Come?”
- “Non versi sempre il caffé. Ci sono delle volte nelle quali riesci a berlo subito. E non inciampi sempre nei tappeti. Credo sia solo una questione di autostima” disse annuendo.
- “Adesso mi sembri Silente” ridacchiò lei.
- “E’ solo una constatazione che farebbe chiunque ti conosca e ti voglia bene” esclamò.
Lei sorrise imbarazzata, sorseggiando dalla sua tazza.
- “E domani, cosa accadrà?” riprese lui.
- “Intendi all’udienza? Beh, spero di riuscire a mantenere la calma con quella rospa, altrimenti stavolta rischio il posto. Comunque sarò più tranquilla, ora che almeno tu mi hai vista” disse osservandolo timidamente.

Si guardarono per qualche minuto, ognuno perso negli occhi dell’altro.

Quelli castani di Remus la scrutavano in profondità e le trasmettevano una calma e una tranquillità che non pensava potessero esistere sulla terra.

Quelli azzurri di Tonks stravolgevano l’animo di Lupin fino al suo essere più nascosto.

- “Un amuleto! Ecco cosa ti serve!” esclamò d’un tratto Remus balzando in piedi. Senza darle nemmeno il tempo di riflettere, l’afferrò per un braccio per la seconda volta in poche ore e si smaterializzarono.

Quando Tonks riaprì gli occhi si trovavano sulle rive di un ruscello, attorno a loro solo alberi e un cielo che diventava sempre più arancione.
- “Dove siamo?” chiese stupita.
- “Stevenford” rispose. Dato che lei non riusciva ancora a capire, la guidò verso la riva. “Sono cresciuto da queste parti e ogni giorno venivo qui per vedere queste” riprese.
Sotto l’acqua limpida piccole pietre azzurre brillavano come frammenti di cielo. Senza dire altro immerse una mano tra le onde, prese un piccolo sasso e lo porse alla ragazza.
- “Quando prima ho visto il colore dei tuoi occhi mi sono venute in mente queste pietre. Ho passato metà della mia infanzia a guardarle, sperando di trovare la loro bellezza anche altrove. E ora l’ho trovata” mormorò, la voce quasi un sussurro.
Lei non riusciva a parlare. Guardava alternativamente il mago e la piccola pietra senza trovare le parole necessarie per esprimere quel groviglio di emozioni che sentiva dentro. Allungò la mano alla tasca dei jeans e prese la bacchetta; la agitò ed evocò dal nulla un laccio di cuoio nero. Avvolse la pietra e fece un nodo, poi si rivolse a Remus e con un cenno si indicò il polso.
Lui aveva osservato la scena perplesso, ma non appena incontrò il sorriso della ragazza sentì sciogliersi tutta l’impazienza che gli aveva stritolato il cuore. Legò la pietra appena sotto la mano, mettendoci qualche secondo in più del necessario per godersi il contatto delle sue dita sulla pelle bianca.
- “E’ il più bel regalo che abbia ricevuto” riuscì a scandire mentre i brividi le percorrevano ancora il corpo.

Così come era successo nel salotto di Tonks due giorni prima, non seppero chi dei due avesse fatto il primo passo. Ma dopo qualche istante nulla aveva più importanza. Esistevano solo loro due, le loro labbra unite.
Si abbracciarono forte, come se temessero che una piccola folata di vento li avrebbe potuti separare. Quando si allontanarono di poco, mettendo fine con grande riluttanza a quel bacio, rimasero a fissarsi negli occhi dondolandosi al ritmo lento del fiume.
- “Ora hai il tuo amuleto” mormorò Remus.
- “Già, ma tu no!” rispose lei. Si accigliò per un secondo. Poi lo baciò di nuovo, cercando di infondere tutte quelle meravigliose sensazioni che provava quando stava con lui.
Il modo in cui lui la guardava dritta negli occhi, le attenzioni che riservava solo a lei, l’eccitante calma che le trasmetteva…
Quando si separarono sussurrò “Credi che come amuleto vada bene?” Per un attimo Remus parve perdere tutte le sue forze, la mente ancora annebbiata.
- “Per il momento sì, ma forse bisognerà rinnovare l’incantesimo” disse sorridendo.












~



Chiedo immensamente perdono per il ritardo con il quale pubblico questo capitolo, ma oltre all'oramai incomebente esame di spagnolo ho ricominciato a lavorare quindi il pc è stato l'ultimo dei miei pensieri.

Come sempre grazie a tutte per le recensioni sia a questa storia che alla one-shot (che al più presto vedrà un seguito...).

Spero di poter aggiornare al più presto.
Un saluto e buona serata!

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Capitolo 13
*** XIII. Il vero Lupin ***


Il vero Lupin




Fu così che Remus Lupin e Ninfadora Tonks dimenticarono per un paio d’ore il resto del mondo: esistevano solo loro e la dolce voce del fiume.

Parlarono tanto, soprattutto Remus; le raccontò della sua vita in quella piccola città incastonata tra le montagne e i boschi, del baratro nel quale era sprofondato dopo la maledizione di Greyback, della rinascita quando Silente gli permise di studiare a Hogwarts, del fantastico mondo che si era costruito con i suoi migliori amici.
Tonks ascoltava come rapita. Adorava la voce roca e gentile del licantropo, il modo nel quale le accarezzava lentamente il dorso della mano, lo sguardo di estrema gratitudine ma colmo di timidezza che le rivolgeva quando cercava di consolare quell’antico dolore.
Entrambi erano meravigliosamente consapevoli del fatto che probabilmente stavano saltando tutti quei fastidiosi e inutili preliminari durante i quali si cerca più di nascondere se stessi e non potevano esserne più felici. Così come lei aveva mostrato la vera sé, lui stava rivelandole la sua anima. Quella profonda essenza che solo lei era riuscita a stravolgere.

- “Sai che la pena che dovrai subire per essere scappato in quella maniera sarà terribile?” chiese Sirius accigliato mentre Remus cercava di salire le scale nell’ormai evidentemente inutile tentativo di non farsi sentire.
Il licantropo sospirò. Ovvio che lo sapeva.
- “Dovrai raccontarmi per filo e per segno cosa è successo” riprese. Poi rincarò la dose “e se anche stavolta sei fuggito da lei giuro che ti sbrano, anche se sei tu il mannaro”

No, non era fuggito, pensò Remus mentre un sorriso un po’ ebete si faceva strada tra qualche cicatrice.

Si erano accorti che era notte solo quando avevano pensato che i brividi che sentivano non erano del tutto dovuti alla reciproca presenza. Quando si erano materializzati davanti la porta di casa di Tonks erano rimasti ancora un po’ a guardarsi negli occhi, come timorosi di aver rotto qualcosa di prezioso ora che si trovavano lontano dal mormorio delle acque. Poi – mentre i capelli somigliavano sempre più a fiamme guizzanti – l’auror aveva annullato quella ridicola distanza tra di loro. Ora che conoscevano meglio l’una le labbra dell’altro, quel bacio fu più profondo, quasi devastante per l’effetto che aveva sulle loro menti. Remus pensò che fu davvero eroica la fatica fatta per allontanarsi, non assaporare ancora e ancora quelle labbra, smettere di carezzarle la guancia... Adorava il modo in cui lei si nascondeva timidamente nell’incavo del suo collo ogni volta che mettevano fine ai loro baci. Adorava la scintilla che balenava ogni volta che i loro occhi si incontravano. E poi c’era il suo profumo; quella dolce essenza che riusciva a fargli perdere il contatto con la realtà…

- “Merlino, se ridi in quella maniera da tonto è successo qualcosa davvero” esclamò trionfante Sirius.
Remus si riscosse da quella dolce trance e rivolse un ghigno malandrino all’amico.
- “Ovvio che qualcosa è successo. Ma è altrettanto ovvio che non ti dirò nulla”
- “Andiamo Lunastorta! Non oserai…”
- “Non oserò” rispose “lo farò e basta” ribatté.
- “E’ mia cugina! Sai che potrei anche trovare qualcosa da ridire?” protestò il mago.
- “Non eri la mia coscienza sporca?” chiese alzando un sopracciglio.
- “Appunto per questo devo sapere cosa hai combinato”
- “Ti basterà sapere che non sono fuggito e che quando sono andato via lei rideva nella mia stessa maniera tonta” rispose indicando con un cenno della testa il vecchissimo specchio incorniciato da un complicato disegno di troll e goblin.
- “Aha!” urlò battendo un piede per terra, scatenando la solita tirata del quadro della madre urlante.
Lupin sorrise, lasciando all’amico il compito di tacitare la vecchia strega, mentre fissava ancora quel sorriso un po’ ebete sulle labbra.

Quando finalmente Sirius riuscì a richiudere le tende scarlatte sul dipinto della strega, trovò l’ex professore in cucina. In mano l’immancabile tazza fumante.
- “Sai, mi ero scordato della tua fissazione per la cioccolata” osservò.
- “Ma se ogni volta che andavamo a Hogsmeade saccheggiavo Mielandia!”
- “Beh, spero allora che Tonks non trasformi i suoi capelli in un colore simile altrimenti la divorerai” disse indicando il contenuto della tazza “anche se penso che la divoreresti in altre maniere…” sghignazzò.
- “Felpato! Ma non è tua cugina?!” urlò scandalizzato il licantropo.
- “Andiamo! Non dirmi che non hai mai pensato a lei in certi termini, altrimenti ti spedisco di corsa al San Mungo: reparto mannari con la fifa cronica delle relazioni interpersonali” ribattè in un fiato.
Remus l’osservò scuotendo la testa.
- “Non è mia abitudine rendere partecipi i cugini delle donne con le quali esco in che termini penso di loro” disse flemmaticamente.

Sirius sbuffò, dichiarandosi – almeno per quel breve momento, Remus ne era certo – sconfitto.












~


Perdono, perdono, perdono, perdono e ancora perdono! Sono consapevole dell'enorme ritardo, ma ovviamente quando le cose iniziano a girare in fretta ci vuole un po' per smettere di vorticare.
Ringrazio LilyProngs, crazycotton, saraligorio1993, Temperance_Booth, monipotty, Regulus_Black, black_lia, Daewen, klaretta e Nonna Minerva per le ultime recensioni.
In questi giorni dovrei riuscire a essere più libera e spero di finire al più presto la storia per dedicarmi al seguito de "La donna incinta, la mezza lumaca...".

Buon sabato e a presto!

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Capitolo 14
*** XIV. Lindios il messaggero e troppi forse ***


Lindios il messaggero e troppi forse




- “Merlino! Ci si può sentire davvero così…”
Ninfadora Tonks non riuscì mai a trovare le parole giuste.
Si era appena chiusa la porta dietro le spalle e meno di dieci secondi prima un affascinante mago la stava baciando, riducendo a brandelli la sua pelle a furia di tutti quei brividi che le procurava.

Quello che era iniziato come un pessimo pomeriggio, di quelli da consacrare al divano in pieno assetto depressivo, con tanto di gelato al cioccolato e musica blues, si era rivelato il più bel momento della sua intera vita.
Cercò di dare un filo logico a quel groviglio di emozioni che le ballava il foxtrot nello stomaco ma non ci riusciva minimamente.
Poi un devastante pensiero la colpì come un bolide. Sua madre aveva ragione!

Quello sì che era un evento: lei che dava ragione ad Andromeda Black Tonks, la strega responsabile di quel nome orrido, la donna che passava metà delle sue giornate a criticare ogni singola cosa della vita della sua unica figlia e l’altra metà a presentarle pseudo-pretendenti dai nomi impronunciabili e talmente noiosi da far concorrenza ai sermoni di Malocchio.
Ma non c’era altro da dire.
Lei, Ninfadora Tonks, si era innamorata al primo sguardo, proprio come era successo alla madre.
Si era decisamente, fermamente e incredibilmente innamorata di Remus Lupin.

Forse si era innamorata quando lui era rimasto imbambolato, con sguardo adorante, davanti al suo vero aspetto.
O forse si era innamorata quando lui le aveva detto che lei era bella sotto qualsiasi sembianza.
O forse si era innamorata quando lui le aveva mostrato fiducia nelle sue capacità… ehm… pratiche nella vita quotidiana.
O forse si era innamorata quando lui le aveva donato quella piccola pietra che ancora luccicava al suo polso.
O forse si era innamorata quando lui le aveva definitivamente mandato in poltiglia il muscolo cardiaco con quel bacio.
Troppi forse. Facile quindi arrivare alla conclusione che si era innamorata di lui la prima volta che l’aveva incontrato. O meglio, la seconda, visto che uno scontro con i carrelli della spesa non era per niente una situazione romantica e un supermercato babbano non poteva mica essere paragonato alla Tour Eiffel.
O forse sì?

- “Merlino, basta con questi forse” esclamò con decisione tuffandosi sul divano.
Aggrottò le sopracciglia guardando la strana forma assunta dal cuscino sul quale si era fiondata, poi si accorse della lettera che aveva accartocciato e infilato a forza nella federa.
Era a causa di quel pezzo di carta che aveva deciso di portare la giacca a Grimmauld Place, nella speranza di non incontrare nessuna forma di vita oltre al cugino. Cosa che – pensò con un sorriso abbastanza idiota sulle labbra – non le era minimamente riuscita.
L’udienza della Umbridge.
Eppure in quel momento non riusciva a sentirsi così male come poche ore prima.

Quando un gufo iniziò a beccare con insistenza sulla finestra chiusa, Tonks mise da parte l’espressione facciale che stava consacrando alla modalità Remus-mi-ha-baciato-e-mi-ha-fatto-perdere-la-testa e passò a una decisamente più perplessa.
Quello era Lindios, il gufo di Remus.
- “Oddio, mi ha già mollata!” urlò mentre una ridda di altri pensieri, uno più catastrofico dell’altro, si faceva spazio a gomitate nel suo cervello stremato dalle emozioni della giornata.
Fece entrare il pennuto che planò sul tavolino davanti al camino.
La calligrafia era proprio quella del mannaro, ma non riusciva a capire per quale ragione le mandasse una lettera dopo neanche mezz’ora dal loro …ehm… saluto.

- “Dimmi Lindios, è una lettera d’amore piena di poesie e frasi degne di Madama Piediburro o c’è una serie di educate ragioni che elenca per farmi capire quanto lui mi detesti cordialmente?” chiese al gufo con un espressione seria, la stessa che avrebbe accompagnato una domanda a proposito dei piani di Voldemort o sulle maniere più adatte per staccare il dannato quadro della signora Black.
- “Merlino, se parlo anche ai gufi sono davvero andata” mugugnò tra sé, riprendendo – o almeno così sperava – un minimo di controllo sulle sue facoltà mentali.

Aprì la busta e scoprì con sorpresa che non era zeppa di odi, ma nemmeno di insulti!









~


Ta daaa!
Cosa ci sarà scritto in quella lettera?
So che oltre a essere in ritardo sono anche sadica :P ma non ho potuto fare a meno di lasciare questo capitolo con questo finale thrilling.
In teoria (e sottolineo il lemma teoria) dovrei riuscire ad aggiornare con più frequenza.
Passando ai vari grazie, merci, gracias e thanks ringrazio in ordine cronologico:
Nonna Minerva (anche io giro per casa con gli occhi sognanti, lo sanno i miei piedi che categoricamente si scontrano contro qualcosa di molto solido con effetti dolorosi).
Regulus_Black (grassie per i complimenti)
Temperance_Booth (la maniera in cui quei due litigano mi sembra quella che contraddistingue la dolce Andy_Candy e la sottoscritta)
monipotty (era ora che Remus riuscisse a tacitare - senza magia - Sirius, ma ovviamente gli effetti non saranno duraturi)
a crazycotton (grassie)
klaretta (so che da adulti non usano più i nomi da Malandrini, ma mi piace caratterizzarli così, come se fossero alle volte sospesi tra adolescenza e maturità. Comunque certi nomignoli ti restano appiccicati a vita e fanno parte di ognuno di noi; non usarli per Lunastorta e Felpato mi sembrava di privarli di una parte fondamentale del loro passato che li rende così speciali)
Spikesilver (sono felice che la storia ti piaccia).

Beh, buona serata a tutti e buona domenica!
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** XV. Il giorno dopo. Colazione a Grimmauld Place ***


Il giorno dopo. Colazione a Grimmauld Place




Cara Dora,
ho delle notizie grandiose per te!
Passa da Grimmauld Place domani mattina prima di andare all’udienza; alla colazione ci penserò io.
Dolci sogni,

Tuo Remus


Notizie grandiose? Dolci sogni? Tuo Remus?
Era soprattutto l’ultima frase a ballare con insistenza davanti agli occhi di Tonks.
Passò parecchi minuti a fissare alternativamente il pezzo di pergamena e il gufo che attendeva pazientemente che venisse rispedito al mittente, possibilmente con una risposta.
La giovane auror pensò che il pennuto era educato e cortese proprio come il padrone. Fosse stato per Crispy (il gufetto di Tonks) tre secondi d’attesa sarebbero stati sufficienti per iniziare a divorare le estremità delle mani dello sfortunato destinatario del messaggio.
Scacciò dalla mente i ricordi della memorabile sfuriata del suo capo la volta in cui lui aveva impiegato mezz’ora a schiantare un Crispy abbastanza irritato e si concentrò per cercare di buttare giù alcune righe di risposta. Infine, stremata dalla lunghissima giornata si addormentò nonostante la montagna di domande che le frullavano nella testa.

- “Ehilà” esclamò timidamente una figura avvolta in un mantello mentre usciva dal camino.
- “Dora! Sono felice di vederti” rispose Remus, gli occhi scintillanti.
Inutile dire che erano entrambi imbarazzati; erano immersi in quelle stranissime ma tipiche situazioni del tipo “ci-siamo-baciati-ma-ancora-non-sappiamo-se-stiamo-assieme-e-mo’-che-faccio?”.
Simultaneamente pensarono che quella situazione era ridicola e che visti i precedenti era sciocco stare a ciondolare come due adolescenti impacciati. Quindi avanzarono nello stesso istante l’uno verso l’altra. Poi però restava da stabilire la modalità di ehm… saluto.
I capelli di Tonks iniziarono a tingersi sempre più di rosso, lo stesso colore che si stava impadronendo del viso di Remus.

- “Immagino che tu non abbia fatto colazione” soffiò il licantropo. Subito dopo si diede dell’idiota: era a dieci centimetri dalla donna che aveva baciato per tutto il pomeriggio precedente e la prima cosa che le diceva aveva a che fare con caffé e biscotti? Forse Sirius aveva ragione; forse doveva realmente internarsi al San Mungo, reparto mannari con la fifa cronica delle relazioni interpersonali.

- “Beh, mi hai scritto che alla colazione ci avresti pensato tu…” mormorò l’auror. Tre millesimi di secondo dopo si diede dell’imbranata: nemmeno dodici ore prima si erano lasciati con un bacio mozzafiato e lei non aveva il coraggio di dargli un buongiorno come si deve. Forse sua madre aveva ragione; forse sarebbe finita come la vecchia Arabella Figg in una casa invasa dai gatti, con una busta piena di cibo in scatola da scagliare contro qualsiasi membro maschile del genere umano.

Quando finalmente entrambi riuscirono a trovare il coraggio di guardarsi negli occhi fu come se qualcuno li avesse riportati sulle rive di quel fiume. Persero ogni imbarazzo e si baciarono.

Erano arrivati a un punto decisamente interessante - Remus stava scoprendo quanto fosse delizioso baciare il collo di Tonks e quest’ultima era concentrata nello stringersi al corpo del mago e carezzargli la schiena e un fianco, il cervello perso da qualche parte nell’etere - quando un tonfo assordante li fece sobbalzare entrambi. Si separarono velocemente, appena un attimo prima di osservare un Sirius particolarmente infuriato entrare a passo di carica trascinandosi dietro un enorme sacco pieno di oggetti che sibilavano in maniera sinistra e un Kreacher piagnucolante.
- “Ho detto che questa roba deve essere distrutta!” urlò con l’aria di aver già detto la stessa frase almeno una decina di volte.
Kreacher gemette un’ultima volta, poi con uno sguardo carico di odio puro batté in ritirata alla vista della bacchetta sfoderata dal padrone.
- “Merlino! Se avessi deciso di giocare a quidditch con le teste impagliate della sua famiglia sono certo che non avrebbe fatto così” borbottò. Poi si accorse delle due figure nella stanza.
Tonks sembrava trovare affascinante una crepa nel pavimento mentre Remus aveva un’aria stranamente scocciata.
- “Ohilà cuginetta, che ci fai qui così presto?” chiese Sirius.
- “Ehm… a dire il vero” iniziò l’auror.
- “Non dirmi che dopo che sono andato a letto l’hai fatta venire qui!” l’interruppe maliziosamente indicando con un dito alternativamente i due sfortunati.
- “Felpato, cosa ricordi a proposito di idiozie, scemenze e un verbo della famiglia semantica ‘smettere’? Il tutto aveva a che fare con un imperativo, se ben ricordi” disse acidamente Remus.
- “Aaaah… troppo complicato Lunastorta. Allora dimmi, in che termini vi stavate salutando?” ribattè con un sopracciglio alzato in maniera eloquente. O almeno per il licantropo, visto che Tonks non aveva capito un bolide.
- “Giuro che sto iniziando a odiare quella parola. Per sedare la tua malsana e morbosa curiosità, ho chiesto a Dora di venire qui perché ho trovato alcune cose che potrebbero essere utili per lei” poi si voltò e iniziò a preparare la colazione.

Pochi tocchi di bacchetta e la tavola abbondava di biscotti, the, croissant, latte e cereali. Tazze, scodelle e posate rigorosamente per due.
- “A occhio e croce direi che non sono invitato a questo banchetto” disse Sirius incrociando le braccia. Remus sorrise beffardamente, scostò una sedia traballante e fece accomodare galantemente Tonks per poi prendere posto di fronte a lei.
- “Ma si sa, certe cose possono sempre essere fraintese” riprese come se nulla fosse accaduto ed evocata una scodella, si versò un’abbondate dose di cereali sedendosi con malagrazia accanto all’amico.
Il mannaro disse addio mentalmente a tutti i suoi propositi di restare solo con Tonks e si ripromise di trovare una maniera lunga, sadica e particolarmente dolorosa per ripagare “l’amico”.
Tonks, da parte sua, aveva osservato affascinata tutti i tentativi che Remus aveva cercato per stare con lei e non poté fare a meno di ricambiare il sorriso del licantropo dall’altra parte della tavola, cercando di non pensare a tutto quello che era successo dopo essere sbucata fori dal camino.

- “Allora, quali sarebbero queste notizie grandiose?” chiese con un sospiro.









~


Eccomi di nuovo qui. Come vedete sono riuscita ad aggiornare presto (complice il pc libero e l'ispirazione improvvisa) ma non credo di poter ri-aggiornare prima di mercoledì.
Come avete notato, ho sedato la vostra curiosità riguardo alla lettera solo a metà, ma giuro che nel prossimo capitolo sarete soddisfatte!
Passando al versante recensioni, thanks to:
Spikesilver (penso che nel tuo cervellino ora sia in corso la gara per capire quali siano le "notizie" citate nella lettera)
Temperance_Booth (in effetti sarebbe la stessa maniera nella quale reagirei io se l'ipotetico uomo della mia vita mi mandasse una lettera dopo così poco tempo)
monipotty (anch'io adoro la coppia Remus/Tonks! Credo sia la coppia migliore dopo James/Lily)
klaretta (non me la sono mica presa, anzi! Solo ho sentito il bisogno di rispondere a quella che era in effetti una legittima considerazione. Sono felice che ti piaccia la mia storia).
Ringrazio inoltre le persone che hanno aggiunto questa ff tra le loro preferite. Merci aussi à vous!

Non mi resta che augurare a tutti una buona giornata!

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Capitolo 16
*** Comunicazione di servizio ***


Salve a tutti!
Vi scrivo per comunicarvi che al momento la stesura de “L’Amuleto” è in un piccolo vicolo cieco. La colpa è di un dannatissimo spoiler saltato fuori da una pagina di Wikipedia che stavo consultando per questa Ff (chi ha letto “Deathly Hallows” certamente saprà di cosa parlo).
Ma niente paura! Non appena metabolizzerò la cosa, non appena smetterò di sbattermi la testa contro una simulazione per un esame, non appena rientrerò in possesso di un pc per più di un’ora di fila senza dover lavorare, mi metterò all’opera.
Sappiate che comunque il prossimo capitolo e l’andamento generale della storia sono già abbastanza definiti, quindi è possibile che non dobbiate aspettare tanto per il prossimo aggiornamento.

Grazie mille ancora per i commenti all’ultimo capitolo!


Ps: spero di non aver infranto il regolamento con questa nota di servizio. In tal caso, perdonatemi.



~

Pioggia

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Capitolo 17
*** XVI. “Non so se vi sopporterò a lungo” ***


“Non so se vi sopporterò a lungo”




Remus bevve con calma dalla sua tazza, poi con un sorriso malandrino fece apparire un voluminoso librone tra le mani di Tonks. Lei per un attimo rimase imbambolata a osservare quel ghigno che alle volte faceva capolino sul dolce viso del mago. Ogni volta che lui inarcava le labbra con quell’espressione furba, tremendamente somigliante a un adorabile bimbo dispettoso, non poteva fare a meno di sentire il cuore sbatacchiare con maggiore irruenza tra le costole. E guardare i suoi occhi scintillare era uno spettacolo… Sospirò per darsi un po’ di contegno e rivolse la sua attenzione al volume apparsole in grembo.

La strega per un folle istante pensò che Sirius aveva sicuramente messo qualche intruglio confondente nel the del licantropo. Che doveva farci con una librone con su scritto a lettere sbucciate…
- “Oh, Remus!” s’illuminò l’auror a un tratto.
- “Consideralo come un piccolo regalo” rispose, fiero d’aver fatto diventare i capelli di Tonks di un delizioso rosso fragola.
- “Diamine Lunastorta. Ma non potresti regalare fiori e cioccolatini alla tua donna come fanno tutti i comuni mortali? Che roba è? Un libretto delle istruzioni su come usare i mannari con problemi di relazioni interpersonali?” sbottò Sirius accigliato.
Tonks fissò il cugino senza realmente guardarlo, ma non poté fare a meno di rinvigorire il rosso della sua capigliatura nel sentire l’attributo “tua donna” riferito a lei nei confronti di Remus.
- “E’ il codice di protezione dei metamorfomaghi” spiegò cercando di controllare il foxtrot che imperversava nel suo stomaco.
- “Esatto. È da un po’ che mi scervello su quella dannata udienza e ora sappiamo come bloccare la Umbridge” spiegò il licantropo col suo tono da professore “ricordavo d’aver letto da qualche parte che esiste una legge che vi tutela e finalmente l’ho trovata” continuò.
- “Credevo che quella legge fosse una leggenda; non sapevo fosse ancora in vigore. E’ il regalo più bello che mi abbiano mai fatto” mormorò leggermente l’auror “anzi, il secondo” aggiunse alzando leggermente il polso. Intercettò lo sguardo di Remus ed entrambi fremettero nel leggere negli occhi dell’altro le stesse emozioni destabilizzanti per i rispettivi sistemi celebrali.
- “Sai cuginetta, mi ero oramai rassegnato al fatto che avessi gusti strani in materia di uomini” borbottò Sirius indicando con il pollice imbrattato di marmellata l’amico “ma che avessi idee strambe sui regali…”
- “Ma non capisci, sacco di pulci? Con quel codice Dora non deve farsi registrare dal Ministero e non deve mostrare il suo aspetto alla Umbridge…” rispose impaziente Remus.

Ma Tonks non ascoltava più il battibecco tra i due uomini, pensava solo al fatto che aveva trovato qualcuno che combattesse per lei. In tutta la sua vita nessuno si era preso la briga di difenderla, ad eccezione del padre. Ma Ted Tonks era per lei quell’archetipo di uomo perfetto che sulla terra esiste solo per assolvere alla funzione di papà.
Solitamente lei era la stramba ragazza che indossava vestiti eccentrici (chiamavano lei eccentrica, ma non guardavano come andava conciato Caramel per il Ministero, era solita borbottare). Lei era la ragazzaccia che non esitava a rimbrottare perfino Malocchio Moody quando la chiamava col suo nome di battesimo. Lei era una delle poche streghe a far parte della squadra dei migliori auror d’Inghilterra.
Alle volte aveva l’impressione che gli altri – soprattutto gli uomini – non la vedessero come una donna, ma come una strana creatura che comunque non avesse bisogno di essere difesa. Alla lunga quel pregiudizio (perché infondo era di quello che si trattava) aveva finito per passare anche per lei stessa come una verità, quindi ci aveva fatto l’abitudine. Ma mentre stringeva al petto quel polveroso librone realizzò che in tutti quegli anni aveva sentito la mancanza terribile di qualcuno che la potesse considerare sì una strega brillante, ma che potesse avere bisogno anche di qualcuno al suo fianco che la sostenesse. Era stato come camminare con un leggero vuoto accanto, una sensazione continua di incompletezza.
Sorrise nuovamente a Remus e disse a sé stessa che probabilmente non avrebbe più camminato da sola, che quel vuoto forse si era colmato, che ci sarebbe stato lui a prenderla al volo. Sia quando inciampava nei tappeti che negli ostacoli della vita.

- “Sirius, dacci un taglio. Forse solo la morte di tu-sai-chi mi farebbe più piacere di questo librone” sbottò Tonks scuotendo il capo come per svegliarsi da quei pensieri “o magari un solvente che staccasse il quadro di tua madre” finì guardando con un sorriso malizioso il mannaro.
Sirius rimase per un attimo interdetto, come se si fosse dimenticato della presenza della cugina, tanta era la foga con la quale stava gentilmente sfottendo l’amico.
Remus invece guardò la strega rivolgendole un altro dei suoi incantevoli ghigni che la mandavano in estasi.
- “Finalmente ho trovato qualcun altro che zittisca questo qui” esclamò puntando l’indice contro Sirius “pensa che alle volte perfino Lily era costretta a tirare fuori la bacchetta e fargli un incantesimo tacitante. Il che è tutto dire, visto che passava le sue giornate a rampognare James” continuò socchiudendo gli occhi.
- “Ehi, io non…” protestò Sirius.
- “Già, già… Meglio che vada, prima che faccia tardi” lo interruppe Tonks alzandosi.
- “Ma io…” cercò di continuare il cugino.
- “Sì, come no! Ti accompagno Dora, devo andare a ritirare dei libri a Londra” rincarò Remus evocando il mantello.
- “Ma io volevo…”
- “Cosa, sparecchiare la tavola e mettere in ordine? Che gentile che sei, cugino!” esclamò perfidamente Tonks. Dopotutto era colpa sua se Remus aveva dovuto interrompere “l’esplorazione” del suo collo.
- “Davvero un gesto cortese” riprese il mannaro. Anche a lui aveva dato fastidio essere interrotto in un momento decisamente interessante.
- “Sapevo che sareste stata una coppia fantastica” riuscì a dire Sirius “solo che non so se vi sopporterò a lungo” continuò, con l’aria di voler urlare però l’esatto contrario.

I due gli rivolsero un sorriso e sparirono in un vortice di cenere verde.






~


Me voilà!
Dopo la batosta di qualche giorno fa sono riuscita a finire il capitolo. Consiglio a tutti quelli che non hanno letto DH di stare alla larga da Wikipedia: è zeppa di spoiler e sorprese poco piacevoli. Devo ringraziare di vero cuore chi ha compreso le ragioni del "blocco" e chi mi ha esortato a continuare questa ff. Special thank to Andy_Candy: le nostre elucubrazioni notturne su una coppia speciale come Remus/Tonks mi hanno spinto ad andare avanti!

Passando ad argomenti decisamente migliori, ringrazio chi ha commentato il capitolo precedente, quindi (in ordine cronologico) merci, gracias & thanks to:
___lauretta___ (quanti complimenti! Grazie davvero tanto)
LilyProngs (sono felice che la storia ti piaccia)
Temperance_Booth (curiosità soddisfatta? :P)
monipotty e crazycotton(questo Sirius un po' rompiscatole piace a tante...)
Spikesilver (mi spiace di averti fatto aspettare tanto)
Nonna Minerva (anche io adoro la questione semantica ideata da Lady Bracknell)
Klaretta (grassie per i complimenti)
Daewen (la vendetta di Remus ci sarà... restano da definire le modalità :P)

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Capitolo 18
*** XVII. Chi sei, Dora? ***


Chi sei, Dora?




Remus J. Lupin non riusciva a dire con esattezza chi fosse Ninfadora Tonks e per lui era davvero un evento rarissimo se non impossibile.
Era dotato di un forte sesto senso che lo portava a prevedere in qualche maniera cosa sarebbe accaduto; una specie di occhio interiore che lo aveva indotto però a diffidare di veggenti, carte e infusi.
La sua sensibilità lo portava inoltre a capire le persone che lo circondavano solo guardandole negli occhi. Riusciva a capire quando Sirius si tormentava per il suo passato, quando Harry si faceva scoraggiare dagli enormi pesi ammassati sulle sue giovani spalle, quando Molly credeva di morire al pensiero di aver perduto Percy, per non parlare di come capisse al volo quando il viso di Lily faceva capolino tra i pensieri di James e di come la rossa si perdeva sognante al pensiero di dare un figlio all’uomo che avrebbe amato anche oltre la morte.
Ma adesso si trovava davanti a una persona a lui ignota, sfuggente, inafferrabile come l’acqua, ma necessaria per lui più dell’aria.

Non seppe mai come avesse fatto Dora a scardinare tutte le porte che lui aveva frapposto tra sé e il mondo. Non sapeva nemmeno quando aveva iniziato ad amarla, perché di questo si trattava. Era stata una lenta presa di coscienza, come accorgersi pian piano di qualcosa che si ha sempre avuto dentro.
Destino, fato, caso. Remus non sapeva cosa l’avesse spinto a esistere solo per riuscire a vedere quegli occhi che lo stregavano; era certo solo del fatto che ogni giorno si svegliava con la voglia di sentire il suo profumo, vedere i suo strambi capelli, ascoltare la sua risata genuina.
Ogni giorno si svegliava con la semplice voglia di lei.
E finalmente seppe cos’era.
Il sole, ecco cos’era Ninfadora Tonks.

Era quella stella che donava alla terra la vita con i suoi raggi dorati.

Era vitale, come il timido sprazzo che fa capolino tra le nuvole durante le lunghe giornate piovose dell’inverno londinese.
Era dolce, come il tiepido calore che rinfranca lo spirito in primavera.
Era irruente, come l’afa estiva che tutto sembra distruggere ma che in realtà tutto crea.
Era spiritosa, come il dolce tepore che scalda i viali sommersi dalle foglie arrugginite dall’autunno.

Era una donna, una bellissima donna, capace di passare in un attimo dall’espressione più battagliera e coraggiosa in grado di terrorizzare battaglioni di mangiamorte al sorriso più dolce e travolgente.
Era una strega, una delle poche a saper miscelare con sapienza e arguzia ingredienti e distillati, una delle migliori auror del Ministero, sapiente conoscitrice di incantesimi di ogni sorta ma in grado di inciampare in un tappeto tre volte di fila e capace di mandare a fuoco tavoli e cucine con un semplice gratta e netta.
Era una ragazza, un’artista, un’allegra massa di ricci rosa, biondi, rossi, neri…

Sì, Sirius aveva ragione: era la sua donna.

- “Ehi, sei ancora su questo pianeta?” chiese Tonks sventolando una mano davanti allo sguardo concentrato di Remus.
Avevano deciso di percorrere a piedi il tragitto dal Paiolo magico al Ministero e per un lungo tratto avevano camminato in silenzio, guardandosi timidamente, mentre la strega si assestava continuamente il solito cappellaccio da pescatore che serviva a nascondere l’incessante oscillare dei suoi capelli verso tonalità vivaci ogni volta che la mano del mago sfiorava inavvertitamente – o quasi – la sua.
- “Scusami, stavo pensando a una cosa” mormorò sorridendole.
- “Uno zellino per i tuoi pensieri!” esclamò lei con la sua risata argentina mentre usciva una monetina dalla tasca dei jeans rattoppati.
- “Volevo chiederti quali ingredienti ti servono, visto che devo andare a Diagon Alley più tardi”
- “Ingredienti?” ripeté la strega accigliandosi.
- “Per la pozione antilupo. Mancano due settimane alla luna piena” spiegò il licantropo.
- “Ma non te la prepara Piton?” chiese Tonks sempre più confusa “Non dirmi che si è rifiutato di aiutarti? Che gli hai fatto? Sicuramente c’entra quel troll di mio cugino; gli avrete tirato di certo uno scherzo dei vostri e lui si è offeso” riprese parlando a raffica.
Remus non poté fare a meno di scoppiare a ridere, cosa che rese ancora più perplessa la giovane. Quando lei si fermò in mezzo alla strada, i pugni piantati sui fianchi e un ciuffo fuggito al cappello lentamente diventava nero, il mago si disse che era preferibile risponderle.
- “Semplicemente voglio che sia tu a prepararla. Non eri quella che mi ha promesso una dose mensile di coccole?” chiese con un sorriso dolce che fece sciogliere il cuore all’auror.
- “Oh” riuscì a mormorare, mentre l’importanza di quella richiesta si faceva prepotentemente strada nel suo cervello messo a dura prova dagli eventi che l’avevano portata a passeggiare con quel mannaro.
- “Ma sai che se sbagliassi anche un solo minuscolo procedimento potrei provocare danni ai tuoi poteri? Potrei anche rischiare di ucciderti!” esclamò.
- “Se proprio devo morire non vedo perché debba farlo per mano di Severus” rispose con un ghigno.
- “Non scherzare, ti sto parlando seriamente. Basta aggiungere un ingrediente al momento sbagliato…”
- “Nemmeno io scherzo. Dora, mi fido di te!”

Tonks guardò con attenzione il viso di Remus che si era fatto incredibilmente serio. Le stava dando una grande responsabilità, le stava mettendo la sua vita nelle mani.
- “D’accordo” mormorò alla fine, rischiarando il viso con un sorriso timido.
E per il licantropo fu come se il sole avesse fatto capolino tra le nuvole. Afferrò la mano della strega e con un piccolo strattone l’avvicinò a sé, poggiandole l’altra mano sul fianco.

- “Ninfadora Tonks! Sei più bella di una fata dei boschi!” Tonks si bloccò all’improvviso impallidendo. Quella voce aveva commesso due errori di proporzioni colossali: l’aveva chiamata col suo nome e aveva interrotto il suo “avvicinamento” con il lupo. Con un sospiro pensò che alla fine della giornata avrebbe ucciso certamente qualcuno, se continuavano a interromperli così.
Remus tolse la mano dal fianco e mise da parte l’espressione facciale “sto-per-baciare-la-mia-splendida-streghetta” per sostituirla con una più cortese, ma di certo un po’ scocciata.

L’auror rivolse uno sguardo di scusa al mago e si voltò, pronta a cruciare lo sconosciuto.

Poi impallidì ancora di più.






~


Buondì a tutti!
Eccomi nuovamente qui, sebbene abbia un esame "vagamente" importante venerdì e una montagnola di lavoro da fare. Però quando la vena creativa prende... urge rispondere. Ad ogni modo dubito che prima di domenica riuscirò a riaggiornare. Spero che questo capitolo un po' più introspettivo vi sia piaciuto.

Passando al tema recensioni, vorrei ringraziare:
Ashley Snape (lieta che la mia storia ti piaccia)
___lauretta___ (spero ti sia piaciuto anche questo capitolo)
Temperance_Booth (anche io condivido le tue tre... ehm... quattro parole :D)
Spikesilver (il fronte-comune-anti-Sirius è in effetti una cosa che fa sghignazzare anche me quando ci penso)
Nonna Minerva (grazie per il sostegno. Come avrai notato le "esplorazioni" sono al momento difficoltose per i due)
LilyProngs (grazie per i complimenti)
monipotty (la vendetta ci sarà. Per le modalità aspetto di riunirmi in brain storming con Andy_Candy per decidere qualcosa di perfidamente sadico).

Un bacio e a presto!

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Capitolo 19
*** XVIII. La cavia confusa ***


La cavia confusa




- “Oh Merlino” mormorò Tonks.
- “Ninfadora, ogni giorno che passa diventi sempre più soave, sei la leggiadria fatta persona; Circe rosolerebbe d’invidia se ti vedesse. E cosa dire della tua abilità? In confronto a te anche Morgana diventa la più banale delle maganò”

Remus inarcò un sopracciglio e guardò con crescente fastidio l’uomo che si era parato loro davanti. Senza dubbio era ricco, e anche tanto. La cosa che però infastidiva tremendamente il licantropo era la pacchiana ostentazione di tale benessere. Una grossa catena d’oro faceva capolino sul panciotto di velluto che però non nascondeva le forme abbondanti, mentre un anello per nulla discreto scintillava dal mignolo teso verso l’alto. A completare la visione, un completo di alta sartoria portato però con una certa rigidità, come se il proprietario non volesse correre il rischio di stropicciare la costosa seta della camicia o la stoffa pregiata della giacca.
Aveva avuto per migliori amici James Potter e Sirius Black, due rampolli delle famiglie più potenti del paese, ma mai li aveva visti conciati in quella assurda maniera, come se volessero urlare al mondo “ehi, pezzenti. Io ho un quadrivani alla Gringott zeppo di galeoni”.
Decisamente quel tizio non gli piaceva.

- “Ehm, Remus ti presento Tarquin Insolens Morinius, un conoscente” mormorò Tonks sempre più combattuta tra l’imbarazzo e la voglia di schiantare l’intruso.
- “Beh, la piccola Ninfadora è certamente timida. Non direi che siamo semplicemente conoscenti” rispose non degnando d’uno sguardo il mago che ancora teneva per mano l’auror.
- “Più di semplici conoscenti?” riuscì a esalare Remus, mentre una parte poco razionale di sé urlava all'arto superiore libero di afferrare la bacchetta e far levitare quel Tarquin dentro un bidone dell’immondizia. Nella sua mente si faceva strada una nuova sensazione, una voglia così forte e desiderosa di schiantare qualcosa (o meglio, qualcuno) che non aveva mai provato in tutta la sua vita. In una parola: gelosia.
- “In realtà la famiglia Insolens Morinius frequenta lo stesso circolo delle gobbiglie dei miei genitori” rispose in fretta Tonks. Con un’occhiata veloce si rese conto che probabilmente il licantropo aveva gradito pochissimo l’interruzione e ancor meno tollerava la presenza di quel riccastro.
- “Lui è Remus J. Lupin..”
- “Lupin? Non ho mai sentito nominare questo cognome alla tua famiglia. Cielo, Ninfadora, non sarà mica un babbano?” esclamò disgustato Morinius.
- “In realtà Remus è uno dei più brillanti maghi che conosca ed è stato il migliore insegnante di Difesa contro le arti oscure che Hogwarts abbia mai avuto. E poi gradirei se mi chiamassi Tonks” soffiò la strega, decisamente sempre più irritata.
- “Ma non era nelle mie intenzioni offendere” disse rivolgendo al mannaro un sorriso talmente falso da farlo somigliare a un cartellone pubblicitario di seconda categoria. Era chiaro che il suo intento era proprio quello di metterlo a disagio, a dispetto di quella mostra di denti così assurdamente bianchi.
- “Non mi offendo per così poco. Ora ci scusi, Dora e io vorremmo continuare la nostra passeggiata” rispose con voce forzatamente educata e controllata Remus, mentre una vocina terribilmente somigliante a quella di Sirius urlava “stu-pe-fi-cium, stu-pe-fi-cium, stu-pe-fi-cium! Vai Lunastorta, schiantalo!”
- “Dora?” chiese stupito l’impiccione. Per la prima volta da quando si erano incrociati sembrava che stesse davvero esprimendo un espressione reale e non costruita artificialmente “nemmeno sua madre, Andromeda, la chiama così” finì aggrottando le sopracciglia.
- “Beh, lui non è di certo mia madre. E solo lui può chiamarmi così” ci tenne a specificare la strega compiendo un rapidissimo movimento con la mano che stringeva la bacchetta.
Sembrava che tutta l’arroganza avesse abbandonato di colpo quella grassoccia figura. Pareva proprio che lo avessero confuso; manteneva uno sguardo vacuo mentre apriva e richiudeva la bocca senza emettere suono.
- “Ti auguro una buona giornata. Ah, la prossima volta ti pregherei di non salutarmi nemmeno. Fai finta di non conoscermi” disse con una voce cortese Tonks.
- “Ma certo. Arrivederci” mormorò Morinius mentre i suoi occhi mantenevano quella vaghezza tipica di un certo incantesimo…

- “Gli hai modificato la memoria?” chiese il mannaro mentre la strega gli tirava la manica del mantello per spingerlo a camminare.
- “Ho preso Eccezionale al corso di auror nell’esame sugli incantesimi di memoria. E poi non è la prima volta che lo faccio con lui” spiegò con un sorriso, appoggiandosi alla sua spalla e stringendosi a lui.
- “Era questo che intendeva quando ha detto che eravate più di semplici conoscenti? È la tua cavia?” domandò mentre il classico ghigno malandrino rischiava di soffocarlo se avesse continuato a reprimerlo.
- “In un certo senso… mia madre ha la pessima abitudine di cercare di trovare un buon partito, ma solitamente i nostri ideali di marito non coincidono” borbottò. Poi si fermò di botto.
- “Mi era sembrato che avessimo una discussione in sospeso” disse, gli occhi scintillanti.
- “In effetti stavamo parlando di cose molto importanti” rispose lui rivolgendole un sorriso “ma l’udienza?”
- “Beh, manca mezz’ora. Pensavo di prendere un caffé con i miei colleghi, ma forse tu preferiresti impiegare questo tempo in maniera migliore” replicò mentre si poggiava alla balaustra che costeggiava la strada e li separava dal Tamigi.
Lui non riuscì ad obiettare; quella variazione di programma era a dir poco piacevole.

Entrambi pregarono nelle rispettive menti che nessuno spuntasse nuovamente all’improvviso, altrimenti sarebbero finiti ad Azkaban di sicuro; poi Remus fece un passo avanti e circondò con il suo mantello la strega.
Il mannaro pensò di non essere mai stato così innamorato di una donna. La maniera nella quale lei riusciva a farlo sentire felice, amato, completo, era così irrazionalmente perfetta da farlo letteralmente impazzire.
Tonks si perse per un attimo negli occhi screziati d’oro del mago, poi con un sospiro soddisfatto lo baciò lentamente, come se nella sua vita non avesse intenzione di fare altro. Poggiò una mano sul viso increspato da qualche cicatrice e strinse la stoffa del mantello per avvicinare ancora a sé l’alta figura che le scaldava il cuore.
Si baciavano con tenerezza, alternando lunghi baci mozzafiato a piccoli tocchi. Quando si fermarono per riprendere fiato, lei – come sempre – si nascose timidamente nell’incavo del collo di Remus; non sapeva di preciso perché le venisse istintivo farlo ogni volta, ma non poteva farne a meno.
Il licantropo sorrise teneramente nel sentire il caldo respiro dell’auror solleticarlo dolcemente. Di certo era una delle migliaia di cose che adorava di lei.





~


Oggi vado un po' di fretta, quindi non posso ringraziare come si deve chi ha commentato l'ultimo capitolo.

Per quanto riguarda la storia, sappiate che ho buttato giù un bel po' di idee per i prossimi capitoli. La velocità degli aggiornamenti dipenderà comunque dall'intero sistema lavoro-università-impegni vari-vita sociale.

Adesso corro a studiare (l'esame è stato spostato...) e ringrazio chi mi ha fatto gli auguri. A tal proposito, grazie Nonna Minerva: hai dato l'imput al mio cervellino per una serie di battute XD

Buona domenica!

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Capitolo 20
*** XIX. Un calderone pieno d’amore ***


Un calderone pieno d’amore




Pace.
Questa era la parola che venne in mente a Remus J. Lupin mentre si stiracchiava soddisfatto sul divano.
Poi per un attimo si accigliò: quello non era il suo sofà bitorzoluto, quello non era il suo salotto, quella non era la sua coperta. Infine fissò la parete di fronte e vide un quadro sgargiante. Ora sì che ricordava tutto.

- “Allora, com’è andata?” chiese Remus impaziente.
- “Non come mi aspettavo” borbottò contrariata Tonks, aggiustandosi il mantello e iniziando a camminare a grandi passi.
- “Come sarebbe a dire? Non avrà abrogato il codice? Cosa si è inventata quella megera di una fattucchiera?” il licantropo non riusciva a controllare la sua rabbia.
- “Beh, su quello ha dovuto ingoiare il rospo, cioè sé stessa. Non poteva mica passare su una cosa talmente evidente davanti a tutto il Wizengamot”
- “E allora mi spieghi perché sei così delusa?” chiese spazientito.
- “Beh, quando siamo entrati in ascensore ho fatto levitare sulla sua testa un bicchiere d’acqua e gliel’ho rovesciato in testa”
- “Posso esprimere il mio totale smarrimento davanti a questa azione?”
- “Ma non capisci? Non si è liquefatta! Non si è sciolta!”
- “Dora, non è che per caso quel Morinius si è vendicato di anni di confundus e te ne ha scagliato uno addosso?” chiese cauto, credendo che l’auror avesse davvero qualche problema.
- “Mmm… Remus, io pensavo che lei fosse come la Strega cattiva dell’Ovest: credevo che con un po’ d’acqua si sarebbe trasformata in una pozza maleodorante di malvagità, come nel ‘Mago di Oz’” rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Come dire che le Holyhead Harpies fossero la squadra migliore del millennio o le Sorelle stravagarie le cantanti più brave.
- “’Il Mago di Oz’? Il libro babbano?” domandò con un sopracciglio alzato.
- “Conosci per caso un mago che viva in un posto che si chiama Oz? Certo che è quello del libro!”
- “Ninfadora Tonks, tu non smetterai mai di stupirmi!” esclamò ridendo lui.
La strega si fermò e stava per ribattere quando lui la strinse forte e le coprì le labbra con le sue, facendole dimenticare all’istante la ramanzina che aveva pronta.

Quel giorno avevano deciso di festeggiare e, svaligiato il supermercato babbano dove si erano incontrati la prima volta, avevano preparato un pranzetto degno di Molly Weasley. O meglio, Remus aveva cucinato, mentre Tonks si limitava a passargli qualche carota o il barattolo del sale, tutte azioni non eccessivamente letali per un uragano come lei a piede libero in una cucina.
Dopo pranzo si erano concessi un piccola battaglia con i cuscini, per poi cadere stremati sul divano, con il sorriso ancora stampato sulle labbra e le mani che si stringevano dolcemente.

“Vieni, mescola il mio calderone
e, se con passione ti riuscirà,
il mio forte amor bollente
questa notte ti scalderà”


Remus non poté impedirsi di sorridere. Aveva appena piegato con cura la coperta che lei gli aveva poggiato addosso e si era avvicinato silenziosamente alla cucina.
Quello che vide lo fece sorridere ancora di più; un sorriso non ironico ma dolce, tenero e pieno di… amore.
Tonks era ai fornelli, un calderone sobbolliva con un basso borbottio. Lei mescolava lentamente l’intruglio canticchiando una vecchissima canzone di Celestina Warbeck e muovendo i fianchi a tempo di musica. La sua voce era abbastanza stonata, ma per Remus non esisteva in quel momento suono più dolce.

- “Che cucini di buono?” chiese sorridendo.
- “Beh, di buono nulla. So che la pozione antilupo ha un sapore a dir poco orrendo. Un po’ come una gelatina tutti i gusti al sapore di… mmm… spazzatura” rispose lei, imbarazzata per essere stata beccata a canticchiare quell’assurda canzone. Sperò che Remus lasciasse cadere la cosa…
- “Non sapevo fossi un’ammiratrice della Warbeck” commentò sedendosi al tavolo.
- “E ti pareva…” bofonchiò “in realtà è mia madre quella fissata con queste canzoni. Figurati che l’anno scorso l’ho dovuta accompagnare a un suo concerto”
- “Questa sì che avrei dovuto vederla! Tu in mezzo a un branco di streghe di mezza età a cantare ‘Mi hai stregato il cuor’” ridacchiò.
- “Punto primo, sono stata costretta da Andromeda Black, che quando ci si mette è peggio della dolce zietta Bellatrix” soffiò agitando il mestolo “punto secondo, ci sono andata vestita come la più trasandata delle Stravagarie e avevo i capelli verde acido” continuò avvicinandosi minacciosamente “e terzo, come fai a conoscere ‘Mi hai stregato il cuor’?” chiese.
Remus capì che si era scavato la fossa da solo. L’auror aveva infatti messo su un ghigno che non aveva nulla da invidiare a quello che Sirius e James sfoggiavano quando si trattava di far levitare un rospo nella veste di Piton durante l’esame di trasfigurazione.
- “Io… ehm…” balbettò.
- “Ammettilo, sei un fan delle vecchie canzoni smielate e zuccherose” sibilò avvicinandosi ancora di più.
- “Io… Molly l’ascolta sempre a Grimmauld Place” disse in fretta, lieto d’aver trovato un appiglio.
- “Non credo proprio che Molly ascolterebbe roba di questo genere con Sirius a meno di cento metri”
- “Beh.. ahem…” continuò a farfugliare.
- “Bene, bene, bene: un licantropo dal cuore dolce… lo trovo adorabile” disse lei sedendosi sulle sue gambe e mettendogli le braccia al collo. “Anche se credo che mio cugino mi nominerebbe sua erede universale se solo gli riferissi…”
S’interruppe perché Remus aveva trovato la via più semplice per interrompere quella tortura. La baciò a tradimento e la prese in braccio, lasciando poi cadere entrambi sul divano ancora abbracciati.

- “Credi che basti così poco per farmi scordare questa storia?” chiese lei maliziosamente interrompendo i baci.
- “Forse, se ci mettessi un po’ più di impegno…” mormorò lui cominciando a baciarle il collo, soffermandosi qualche secondo sul lobo dell’orecchio per poi dedicare la stessa attenzione all’altro lato.
Lei socchiuse gli occhi e non poté trattenere un fremito quando il mannaro iniziò a scoprirle una spalla tirando la maglia con i denti e lasciò una scia di baci lungo il percorso.
Alla fine cedette.
- “Merlino… va bene” soffiò.
- “Ti arrendi?” chiese sospettoso.
- “Non una parola uscirà dalla mia bocca. Ma sappi che sei sleale” brontolò.
- “Io direi… malandrino” sghignazzò lui, prima di baciare nuovamente la strega.







~


Eccomi ancora una volta qui.
L'idea per il capitolo mi è venuta dal sesto libro, quando Remus ascolta la canzone della Warbeck fissando assorto il camino. Sembrava proprio che quella canzone lui la conoscesse già.
"Il mago di Oz" invece è uno dei miei libri preferiti e ho il vizio di chiamare Strega dell'Est e dell'Ovest una funzionaria rompibolle e una prof. semi-rimbambita dell'università. Dare questo soprannome anche alla Umbridge mi è sembrato il minimo.

Per quanto riguarda le ultime recensioni, grazie mille a:
Temperance_Booth (chi nella propria vita non ha mai sentito un Sirius che urla di schiantare qualcuno?)
CUCCIOLA_83 (l'idea che Tonks usi i suoi pseudo-pretendenti come cavie per gli incantesimi mi è sembrata perfidamente giusta)
Hikaru Hime (grazie per i complimenti)
Spikesilver (lieta che la scelta dei titoli dei capitoli ti sia piaciuta. In effetti prima mi sembrava che mancasse qualcosa)
monipotty (grazie per gli auguri)
Nonna Minerva (ovvio che puoi usare la formula stu-pe-fi-cium! Anzi, è un obbligo farlo, soprattutto sui rompiscatole del lunedì mattina:P)

Un grazie speciale va a Andy_Candy: è per merito suo se questo capitolo è andato in porto così velocemente. Nel frattempo le chiedo pubblicamente scusa per averla costretta a stare sveglia fino a tardi per sentire le mie farneticazioni!

Non mi resta che augurarvi buon proseguimento di settimana. La mia sarà dedicata allo studio (giovedì l'ardua sentenza).

Baci!

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Capitolo 21
*** XX. Tu quoque! ***


Tu quoque!




- “Merlino, la cena da Sirius”
Tonks scattò a sedere dal divano come una molla. Come aveva presto scoperto, i ricatti di Remus avevano il potere di distrarla dal resto del mondo, ma d’altro canto nulla poteva far desistere la matriarca Weasley dal rimpinzare qualsiasi essere umano fino a portarlo vicino al collasso iperglicemico. Promettere poi la propria presenza al suo desco e tardare di qualche minuto, comportava lo sguinzagliamento di parte della numerosa prole e una sfuriata degna della McGranitt.
- “Anche se arriviamo in ritardo non ci farà nulla” mormorò il licantropo tirandola di nuovo a sé con un sorriso.
- “Scherzi? Molly ci usa come antipasto, infilzati su bastoncini da cocktail” ribatté lei.
- “Ma se arriveremo tardi non correremo questo rischio” spiegò tranquillamente dedicando nuove attenzioni al collo dell’auror.
- “C-come riusciremmo a evitare la pena” rispose l’auror non riuscendo a reprimere un sospiro.
- “Si suppone che l’antipasto venga servito prima di una cena. Se arrivassimo tardi non potremmo fungere noi da stuzzichini” spiegò sollevando appena le labbra dalla pelle della strega.
- “Ora ho capito perché in mezzo a quegli avanzi di galera dei Malandrini c’eri anche tu” mormorò finalmente sconfitta.
- “Sai che potrei anche offendermi, cuginetta?”

Remus rotolò con un tonfo da divano mentre Tonks tirava a sé la coperta per nascondere qualche parte della sua anatomia decisamente privata (o quasi) e un furioso quanto repentino cambiamento del colore dei capelli.
- “Beccati!” sghignazzò Sirius attraverso le fiamme smeraldine del camino.
- “Felpato, ringrazia il cielo che tengo troppo alla mia vita per finire ad Azkaban” ringhiò Remus.
- “Ah, non presto mai troppa attenzione alle tue minacce. Piuttosto, cosa hanno sentito le mie orecchie? Cercavate di evitarvi la cena di Molly?” chiese allegramente.
Tonks sbiancò.
- “Da quanto tempo sei lì?” mormorò a mezza voce.
- “Razza di cagnaccio pervertito…” iniziò a minacciare il licantropo.
- “Ehi! Non vi fate venire in mente certe idee! Bleah, ora dovrò correre a modificarmi la memoria; giuro che quello che ho immaginato mi farà rimpiangere i dissennatori. E ricordatevi che se tra dieci minuti non sarete qui sarò costretto a pulire i resti di un Arthur spalmato su tutte le pareti”
Con un ultimo guizzo divertito e un pop scomparve dal camino.
- “La deve pagare. Oh se la deve pagare” sibilò Lupin.

- “Presa!” soffiò Remus acchiappando al volo Tonks, inciampata nel solito portaombrelli di casa Black.
- “Merlino! Ma è possibile che ogni volta che vi vedo siete appiccicati? Siete peggio di due ragazzini” sussurrò Sirius passando accanto al quadro della madre e accompagnando i due nella tetra cucina.
Lupin borbottò qualcosa di incomprensibile e la strega si limitò a far rinvigorire il rosso dei capelli, memore dell’ultima volta che il cugino li aveva sorpresi.
- “Com’è andata l’udienza?” chiese lui scacciando pigramente un ragno verde dalla bottiglia di burrobirra che aveva offerto all’amico.
- “Molto bene. Hanno dovuto lasciare perdere, ma scommetto che presto salterà fuori qualche altra stupida direttiva della rospa” rispose lei spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- “Sai, questo lupastro ti ha portato via talmente in fretta” disse dando una pacca al mannaro che era rimasto incantato dal leggero movimento del ciuffo ribelle “che non ho potuto nemmeno dirti in bocca al lupo”
- “Sirius! Proprio tu?” urlò scandalizzata l’auror.
- “Io cosa?” domandò perplesso.
- “Pensavo che proprio tu, che hai come amico Remus…” s’interruppe guardandolo con rimprovero per poi rivolgere un sorriso timido al licantropo.
- “Dora, solitamente sono il primo a notare gli sbagli di quel bifolco che per un curioso caso genetico ti ritrovi per cugino, ma al momento mi sfugge cosa abbia fatto di male”
- “Detto, non fatto” lo corresse lei.
- “Beh, la sostanza non cambia; che ho detto?” chiese alzando gli occhi al cielo Sirius “mi stavo scusando per il fatto che non ti ho nemmeno augurato in bocca…”
- “Di nuovo! Remus, mi spiace per la grettezza e la maleducazione di questo mucchio di cacche di knarl”
- “Dora, non riesco a capire”
- “Tu non lo trovi lesivo della dignità? Non offende la tua identità?” chiese lei imbarazzata.
- “Non l’ho mica chiamato palla di pelo lunatica e nemmeno botolo di depressione animalesca. Lunastorta, ma le hai dato un colpo in testa?” urlò esasperato l’ultimo discendente dei Black.
- “Tu, che per migliore amico hai un mannaro, come fai a utilizzare una frase così offensiva come ‘in bocca al lupo’ davanti a lui? È lesivo per la sua condizione di specie magica non protetta e bistrattata” sbottò Tonks, stupita dal fatto che una cosa così banale fosse tanto difficile da afferrare.
Quella che seguì fu la risata più lunga, devastante e assurdamente incontrollabile che Grimmauld Place e probabilmente l’intera Londra ebbe mai sentito.
Remus confessò – tra un singulto e l’altro – di non aver riso tanto nemmeno quando James aveva ribattezzato la licantropia con la celebre frase “piccolo problema peloso”. Né lui né Sirius riuscivano a smettere di sghignazzare; bastava loro incrociare i rispettivi sguardi o fissare la faccia sconvolta dell’auror per ricominciare a ridere come due idioti patentati.

- “Giuro che non vi capirò mai” borbottò contrariata la strega.
Si alzò dalla sedia per dirigersi verso la dispensa, ma non trovando quel che cercava nella mensola inferiore afferrò uno sgabello per dare un’occhiata in quella superiore.
La combinazione tra l’innata mancanza d’equilibrio di Tonks, unita all’improvvisa comparsa di uno degli ultimi ragni verdi colonizzatori, produsse il più memorabile volo effettuato da qualsiasi creatura – umana o animale, magica o babbana – della storia. Il tutto condito da un fracasso degno di un branco di troll e dal decollo di decine di bottiglie di burrobirra che si mischiarono a un intero sacco di farina di mais.
- “Cosa succede?” chiese tagliente una voce proveniente da un’altra stanza.
- “Merlino, stavolta Molly mi appende per le orecchie” mormorò la strega ricoperta da uno strano impasto giallastro.






~


Fiuuu...
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Perdonatemi per il ritardo, ma dopo l'esame (che per inciso è andato più che bene) sono stata travolta dal lavoro.
Ma adesso bando alle ciance e diamo il via ai grazie:
CUCCIOLA_83 (è davvero un bel modo di togliersi dagli impicci :P)
monipotty (sarebbe stato troppo bello togliersi dai piedi la rospa così, ma - come la stessa Rowling ha ammesso - è terapeutico maltrattarla e renderle pan per focaccia, no?)
Temperance_Booth (grazie per la correzione. Tranquilla non mi sono offesa, anzi! E' grazie alle recensioni se ci si può migliorare e si può rimediare agli errori)
Nonna Minerva (anche io alle volte rimango imbambolata davanti allo schermo quando mi viene in mente qualche idea; solitamente tocca a Andy_Candy svegliarmi in maniere più o meno drastiche. Ah, l'idea che mi avevi dato era proprio quella che ho usato in questo capitolo)
seall (grazie per i complimenti)

Spero di poter aggiornare presto, ma non prometto nulla.
Alla prossima!

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Capitolo 22
*** XXI. Redenzione ***


Redenzione




Molly non era mai rimasta in vita sua senza parole davanti a un disastro.
Era la donna che aveva dato alla luce Fred e George, nonché ad altri cinque uragani che quando ci si mettevano procuravano più danni di un branco di centauri infuriati, eppure in quel momento non riusciva a dare voce alla miriade di rimbrotti che scorrazzavano imbufaliti nel suo cervello. La cucina era in uno stato a dir poco pietoso: la burrobirra mischiata alla farina di mais aveva creato uno strano composto che si solidificava a vista d’occhio. Qua e là qualche ragno verde fuggiva dall’improvvisa distruzione della propria tana.
Al tavolo Remus e Sirius erano rimasti senza parole, mentre Tonks si guardava attorno boccheggiando, domandandosi come diamine avesse fatto a combinare quella devastazione. I capelli rosso fuoco contrastavano in maniera deliziosa con quello strano cemento; tra le mani reggeva ancora quella che pochissimi istanti prima era una mensola dell’antica dispensa. La strega con un’occhiata omicida dissuase i due ex-malandrini dal tornare a sbellicarsi dalle risate, ma quando tentò di sollevarsi lo strano collante la sospinse nuovamente a terra con un sonoro ‘ciaf’.

I peggiori sguardi che fosse in potere di rivolgere non riuscirono a fermare i due maghi che iniziarono a ululare dalle risate, seguiti a ruota da Kingsley Shacklebolt e perfino Malocchio Moody. Anche Molly – suo malgrado – si lasciò sfuggire un risolino e, forse intenerita dal broncio che l’auror aveva fatto comparire sul viso, eseguì un perfetto gratta-e-netta senza lanciarsi nelle sue solite sfuriate.

Qualche minuto dopo erano riusciti a riprendere possesso delle rispettive capacità mentali e, mentre Molly, Kingsley e Moody supervisionavano la cottura della “semplice” cena, Tonks e i due amici chiacchieravano in un angolo della stanza.
- “Non era così che mi sarei immaginata la serata” borbottò ancora imbronciata la strega.
- “Vista ‘l’attività’ che ho interrotto a casa tua posso capire. Anche se avrei qualcosa da ridire sul soggetto” sghignazzò Sirius, al quale prontamente Remus inflisse un energico scappellotto.
- “Sai che ti attendono una serie di punizioni?”
- “Remus ha ragione. Io direi che devi farti perdonare in qualche modo” concordò Tonks.
- “Cosa ho fatto?”
- “Mi sembra che la tua intrusione nel mio camino sia un motivo più che sufficiente per meritarti un castigo”
- “Ma se non vi avessi avvertito Molly mi avrebbe costretto a pulire il pavimento dal vostro sangue” rispose indignato.
- “Bene, allora verrai punito per averci salvato dalla vivisezione. Vediamo un po’… come ti castighiamo?” chiese pensieroso Lupin.
- “Dovrai abbracciare Kreacher!” esclamò lei con un ghigno malvagio.
- “Naa… troppo semplice” rispose il mannaro ignorando la faccia schifata dell’amico. “Ci sono: dovrai passare una mano tra i capelli di Piton!”
L’auror schioccò un gran bacio sulla guancia di Remus in segno d’approvazione, mentre l’espressione di Sirius passava dal semplice “schifato” al “disgusto allo stato puro”.
- “Bleah. Dovrete preparare una tinozza di solvente di Nonna Acetonella” esclamò.
- “P-perché?” domandò il licantropo con le guance leggermente rosse.
- “Non vorrei dovermi amputare un arto dopo aver sfiorato Mocciosus. Oh, parli dell’untuoso…” rispose, osservando Severus Piton uscire rapidamente dal camino.
- “Non credere che sia una visita di cortesia, Black” disse con una smorfia insofferente. “Abbiamo un problema: il signore oscuro è riuscito ad attirare Potter nell’Ufficio Misteri”.





~

Mi spiace per il ritardo e per la brevità del capitolo, ma siamo quasi giunti alla fine della storia e quindi bisogna tirare le fila (cosa che richiede più tempo). Inoltre questa fase del libro è la più delicata, ma ho i capitoli finali pronti. Probabilmente riuscirò a completare "L'Amuleto" entro la prossima settimana.

Grazie a Nonna Minerva, Cucciola_83 e a Rainsoul per le ultime recensioni. A presto!

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Capitolo 23
*** XXII. Respiro ***


Respiro




Remus si guardò con angoscia la mano graffiata in parecchi punti. Non aveva fatto caso al dolore quando Harry gli aveva artigliato il braccio; in quel momento aveva pensato solo al suo migliore amico, l’ultimo.
Non avrebbe più sentito la sua risata sguaiata.
Non lo avrebbe più pregato di non impicciarsi degli affari altrui.
Non lo avrebbe più canzonato né punzecchiato.
Sirius era morto, e con lui era come se gli fosse stata strappata ogni speranza.

Il licantropo sedeva accanto a un letto del San Mungo; Tonks non aveva più riaperto gli occhi dopo l’incantesimo che Bellatrix le aveva lanciato. L’aveva vista cadere con un tonfo sinistro e aveva pregato con tutta l’anima di vederla balzare in piedi, pronta a insultare la zia con qualche “complimento” colorito. E invece lei era rimasta immobile, senza respirare, per un numero incalcolabile di minuti.

- “Hanno usato qualche incantesimo strangolatore. È stata fortunata a sopravvivere” gli aveva detto il medimago dopo la visita. Gli occhi di Remus si erano velati di angoscia: aveva rischiato di perdere pure la sua Dora in quella dannata sera.

- “Remus, cos’è successo? Dove siamo?” chiese con voce roca l’auror mettendosi a sedere.
- “Tranquilla, ti rimetterai” cercò di rassicurarla.
- “E gli altri? Sirius è riuscito a fuggire prima che arrivassero gli auror? E Harry?”
Remus voleva fermare quella valanga di domande che lo ferivano più di qualsiasi maledizione, ma lei doveva sapere.
- “Dora, Sirius è caduto dietro il velo” mormorò fissandola negli occhi.
Paura, incredulità, rabbia, dolore si alternarono rapidamente sul suo viso.
- “Chi è stato?” chiese rauca.
- “Bellatrix” rispose con un sospiro.
Lei scostò con un gesto le coperte, afferrò la bacchetta e si diresse verso la porta con un balzo.
- “Dora, devi riposare! Sei ancora debole”
- “No, devo ucciderla!” esclamò.
- “Non essere impulsiva…”
- “Non sono impulsiva, sono incazzata! Lei ha ucciso Sirius! Lui non doveva… non doveva morire” urlò cercando di liberarsi dal mago che nel frattempo l’aveva afferrata da dietro.
- “Lasciami Remus, lasciami!” gridò, mentre il dolore lentamente la invadeva. Lui non parlò; si limitò a stringerla più forte a sé, come per cercare di alleviare la sua sofferenza.
- “Ti prego, lasciami. Lui non può essere morto!”

Un urlo, straziante, roco, disperato.
Poi si abbandonò contro Remus e si lasciò scivolare a terra, senza fiato. Per un paio di secondi rivisse il panico che l’aveva assalita all’Ufficio Misteri quando non era riuscita più a respirare.

Poi arrivò il buio.

Quello era stato per Tonks l’inizio dell’inferno. Dopo quella notte al San Mungo tutto era cambiato, e per tutto lei intendeva Remus.
Lui non si era più fatto vedere in ospedale e quando finalmente le fu concesso di tornare a casa lo trovò seduto sul divano. Aveva un aspetto terribile, ma non aveva nulla a che fare con l’imminente luna piena e lei ne era consapevole.
- “Remus, che fine hai fatto? Ero in pensiero per te” mormorò sedendosi accanto a lui.
Il mannaro pensò con un sorriso che proprio vicino a quel divano si erano baciati per la prima volta. Poi il motivo della sua presenza lì lo aveva riportato improvvisamente alla realtà.
- “Tonks, dobbiamo rompere” disse brusco.
Per la strega sentirsi chiamare con il cognome fu peggio che sentirsi dire che la stava lasciando.
- “P-perché?” balbettò confusa.
Perché ti amo troppo, pensò lui.
- “Perché è stato un errore sin dall’inizio” rispose invece.
- “Che razza di motivo è?” chiese incredula.
- “Tonks” Merlino, quanto gli costava chiamarla così “dovevamo capire che era un terribile sbaglio”
- “E’ sbagliato amare?”
- “Tu non mi ami”
- “E come diamine fai a saperlo? Dì un po’, sei diventato legimante?” chiese innervosendosi sempre più.
- “Io non so leggere la mente…”
- “Beh, ti facilito il lavoro: io ti amo e non mi faccio piantare senza un motivo” lo interruppe.
Sapeva che sarebbe stato difficile farla finita, ma non pensava che sarebbe stato così devastante.
- “Tonks, io sono troppo vecchio per te e poi non possiedo nulla”
Lei fece per ribattere ma lui l’interruppe alzandosi bruscamente.
- “Dannazione! Sono un lupo mannaro!” urlò.
- “Mi era parso di farti capire che la licantropia non è un problema per me” soffiò incrociando le braccia.
- “E’ un problema per me. Sono un essere maledetto”
- “Non è che invece hai paura?”
- “Sì, di farti del male”
- “Ma così me ne stai facendo di più!” gridò afferrandogli la manica del mantello e costringendolo a sederle accanto.
- “Non rendere le cose più difficili; fammi andare via”
- “No! Non puoi lasciarmi anche tu. Non dopo Sirius” mormorò sottovoce.

Fu come se gli avessero gettato un secchio d’acqua gelata. Come sempre, lei riusciva a capire quale fosse il problema.
Lui sarebbe stato il prossimo. Prima James, poi Sirius. Ora toccava a lui, preferibilmente dopo aver causato la morte di Peter. Ad ogni modo non poteva permettere che Dora soffrisse ancora. Meglio farsi odiare.

- “Supererai anche questo. Troverai qualcuno giovane e sano che possa offrirti un futuro”
- “Io non voglio un futuro con uno sconosciuto, voglio un presente con te” urlò sull’orlo della disperazione.
- “Non dire sciocchezze”
Lei singhiozzò forte, ma non versò una lacrima.
- “Il tempo sistemerà ogni cosa”
Si alzò dal divano e si diresse verso la porta. Si voltò un attimo a fissare la schiena della donna sconvolta sai sussulti e notò una cosa che gli strinse dolorosamente il cuore: per tutta la durata del loro litigio i capelli dell’auror erano rimasti grigi. Nessuna sfumatura rosso-arrabbiato o nero-tempesta.
Prima di rischiare di mandare all’aria tutti i suoi propositi aprì la porta e senza dire una parola uscì dall’appartamento.

- “Mannaro con la fifa delle relazioni interpersonali, mannaro con la fifa delle relazioni interpersonali, mannaro con la fifa delle relazioni interpersonali!” urlava la voce di Sirius nella sua testa.
- “E’ per il suo bene. Addio Dora” mormorò.



~

Salve!
Credetemi, è stato difficilissimo scrivere questo capitolo. Adoro il personaggio di Sirius e farlo morire è stato davvero molto arduo. Non parliamo poi di questa fase della storia tra Remus e Tonks.
Chiedo scusa a quanti avessero voluto un'alternativa Au, ma non ce l'ho fatta. Sappiate però che ho alcune idee per qualche Au, quindi riuscirete a leggere qualche altra pagina un po' più allegra.

Grazie mille a Nonna Minerva, monipotty, Rainsoul e LilyProngs per le ultime recensioni.
'notte a tutti!

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Capitolo 24
*** XXIII. Canzoni e pozioni. Natale ***


Canzoni e pozioni. Natale




Remus si sentiva svuotato.
Una parte poco razionale della sua mente avrebbe desiderato che al suo fianco, accanto al caminetto, ci fosse Tonks e non Arthur.
Avrebbe voluto sentire di nuovo la voce un po’ stonata della strega canticchiare quell’assurda canzone della Warbeck.
Avrebbe voluto osservare i suoi capelli diventare strambi, riflettendo le sue emozioni.
Avrebbe voluto rimediare ai suoi consueti disastri.
Avrebbe voluto stringerla a sé, sentire il suo profumo, annegare nei suoi occhi...
Ma lei non era lì, e di questo la sua parte più razionale non poteva che esserne grata. Riaffrontare una delle loro assurde discussioni – un dialogo tra sordi, l’aveva definito esasperata lei l’ultima volta che si erano incrociati a Grimmauld Place – l’avrebbe sfinito peggio di un mese intero tra i mannari.
Il suo senso di colpa si assopì leggermente quando pensò che con tutta probabilità in quel momento anche lei si trovava davanti la radio ad ascoltare la madre urlare a squarciagola quella canzone, circondata dall’abbraccio del padre.


Tonks fissava senza realmente guardarla la città dalla finestra del suo appartamento.
Molly l’aveva invitata alla Tana, ma sapendo che anche Remus aveva ricevuto l’invito non aveva accettato per paura che lui rinunciasse a qualche giorno di tranquillità conditi dal cibo delizioso della signora Weasley. Non era andata nemmeno dai suoi genitori; non aveva voglia di subire un terzo grado sul suo aspetto e sulle sue difficoltà nelle metamorfosi.
Aveva così optato per un tranquillo quanto depresso pranzo da consumare nella solitudine. Di festeggiare non ne aveva voglia. Le riusciva difficile alle volte respirare, figurarsi essere allegra.
Nella sua vita la felicità era uscita dalla stessa porta dalla quale era fuggito Remus.
Non ne comprendeva il motivo, ma aveva ancora al polso quel rudimentale bracciale, il suo amuleto. Pensò amaramente che quasi sicuramente era grazie a quella pietra se riusciva a mantenersi in vita. Ogni volta che la guardava, piccole onde di felicità le riscaldavano il cuore.
Poi però piombava nella realtà e il grigio dominava sull’azzurro.


Un dolore lancinante e sordo gli stringeva il cuore come una morsa.
Remus giocava distrattamente con il cibo che aveva nel piatto, mentre nella sua mente decine e decine di insulti (pronunciati da due voci prodigiosamente somiglianti a quelle di Sirius e James) rimbombavano senza tregua.
Molly aveva appena accennato al fatto che probabilmente Tonks avrebbe passato da sola il Natale e lui sapeva quanto lei adorasse quella festa, quanto amasse passarla con le persone che amava. Poi Harry aveva inconsapevolmente infierito raccontandogli del cambiamento del suo patronus. Sapeva che prima era un aquila, ma adesso – stando alla descrizione di Harry – si era trasformato… in lui.
Era lui che la proteggeva dai dissennatori, era in lui che si trasformavano i suoi ricordi felici, era in lui che riversava la sua energia positiva.
Come poteva ancora amarlo? Come ci riusciva, nonostante tutto quello che le aveva fatto? E se non fosse stato tutto solo un capriccio, come lui testardamente le ripeteva ogni sacrosanta volta?


Tonks si fermò pensierosa davanti al calderone fumante. In tutti quei mesi aveva continuato a preparare la pozione antilupo e ne lasciava un calice esattamente un giorno prima della luna piena sul tavolo della cucina di Grimmauld Place.
Forse lui non sapeva chi fosse a lasciarla lì, pensò. Poi con un sorriso amaro si disse che era impossibile che Remus non sospettasse di lei.
Sospirò profondamente per alleviare il costante dolore al petto e si smaterializzò portando con sé la pozione.


Remus sentì dei vetri infrangersi in cucina. Afferrò la bacchetta e spinse con circospezione la porta.


Tonks era immobile accanto alla dispensa, una bottiglia di burrobirra giaceva infranta ai suoi piedi. Non era riuscita a non farsi sommergere dai ricordi alla vista di uno dei ragni verdi che ostinatamente dimorava nella dispensa. Il cigolio della porta la fece voltare, la bacchetta pronta in pugno.


A lei servì tutta la pazienza di Tosca Tassorosso per non cedere alla tentazione di urlare di frustrazione.
A lui servì tutto il coraggio di Godric Grifondoro per non cedere all’impellente bisogno di stringerla a sé per sentire ancora una volta il suo dolce profumo.


- “Ho preparato la pozione. Bevila prima che si freddi. E ricorda, niente zucchero” mormorò con voce roca.
Riparò con un gesto la bottiglia, si strinse nel mantello e scomparve nel camino con un turbine di fiamme verdi.

- “Grazie Dora” bisbigliò lui al nulla.




~

Salve a tutti!
Come promesso, sono riuscita ad aggiornare presto.
Anche questo capitolo è un po' triste, ma non temete, non ho intenzione di far finire questa storia in maniera triste.

Donc, passiamo al capitolo recensioni:
Rainsoul (ovvio che Sirius ci mancherà! Era uno dei personaggi più psicopaticamente fantastici della saga!)
Spikesilver (posso capire che si avvicinano tempi duri per chi frequenta ancora la scuola. All'università periodi del genere ci sono circa 365 giorni all'anno... ma tant'è. Anche io ci rimango male ogni volta che una coppia bellissima come Remus/Tonks si divide, ma cerco di attenermi al plot di JK quindi era necessaria questa rottura)
CUCCIOLA_83 (spero che ti sia ripresa! Torna anche tu da noi!!!)
Jerada (grazie per i complimenti)
LilyProngs (come vedi mi sono affrettata ad aggiornare. E' stato difficile scrivere quel capitolo, le lacrime minacciavano sempre di fare capolino)
Andy_Candy (tesorino mio, grassie per i complimenti e grazie per l'ispirazione. Solitamente tutte le idee per le ff mi vengono quando ci dedichiamo alle nostre elucubrazioni notturne - vedasi l'ultima in ordine di tempo che al più presto metterò in pratica)
Temperance_Booth (grazie mille per i complimenti!)

Grazie ancora a tutti e buona giornata!

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Capitolo 25
*** XXIV. Non tradizionali ***


Non tradizionali




Corridoio, scale, altro corridoio, passaggio segreto, ancora scale e poi l’atrio e infine la strada per Hogsmeade.
Tonks non seppe mai come si era ritrovata nei pressi della Stamberga Strillante. Aveva solo sentito l’impellente bisogno di mettere quanta più distanza possibile tra lei e l’infermeria della scuola.
Non voleva pensare alle fitte al petto che la perseguitavano dallo scontro con Bellatrix, non voleva pensare al sordo dolore che provava ogni volta che pensava a Sirius e non voleva pensare nemmeno alla morte di Silente, l’ultimo baluardo che li aveva protetti in quella maledetta guerra.
Quella sera c’era spazio solo per l’angoscia, per il dolore, per il panico.

Remus le aveva fornito la lampante prova che non l’amava.

Ne aveva avuta la certezza in quella stanza, quando lui era riuscito a obiettare a tutte quelle ragioni che gli mostravano quanto fossero stupide le sue prese di posizione.
Non l’amava e probabilmente non glielo aveva voluto sbattere in faccia solo per quella assurda cortesia e sensibilità che lo rendevano così dannatamente perfetto.
Come una sciocca aveva continuato a incolparlo di non voler essere felice, di essere uno stupido e l’aveva perfino chiamato vigliacco; lui che aveva perso tutte le persone che aveva amato, che aveva combattuto per difendere quello in cui credeva.

Semplicemente non l’amava.

Pregò che la terra la inghiottisse, che il vento la disperdesse nell’aria, che un fuoco la divorasse. Che morisse finalmente e non sentisse quella voce chiamarla ancora e ancora.

- “Dora!” udì chiaramente qualcuno urlare a squarciagola e solo una persona usava quel nomignolo. Quando Remus la raggiunse, una fitta strinse dolorosamente i cuori di entrambi i maghi.
Ninfadora aveva ancora i capelli color topo, era pallida, smagrita, uno straccio.
Remus appariva più lacero che mai, nuovi graffi stentavano a cicatrizzarsi sul volto, i capelli sempre più striati di grigio.
- “Credevo non volessi più vedermi” mormorò abbassando gli occhi.
- “Sei un’incosciente Tonks. Questo posto potrebbe pullulare ancora di mangiamorte” ribattè aspramente lui.
- “Almeno sarei morta, avrei smesso di soffrire” rispose d’impulso, notando che ancora una volta lui era tornato a chiamarla con il cognome.
- “Cosa stai blaterando? Ti rendi conto di quello che hai appena detto?”
- “Lupin, stasera mi sono resa conto di tante cose. Una di queste è che non ti interessa nulla di me. Mi spiace di averti tormentato in questi mesi; immagino di essere stata una seccatura”.
Remus non capiva, ma nell’udire lei chiamarlo per cognome una voragine aveva preso dimora nel suo petto, ingoiando il suo cuore.
- “La mia scomparsa sarebbe stata un sollievo per tutti. Per me, per te, per Molly…” mormorò infierendo.
- “Dora, ma cosa farnetichi?” chiese terrorizzato. Si avvicinò e la scosse.
- “Che senso ha la mia vita? Non sono più una brava auror e rischio di perdere il lavoro, non passa ora che non mi metta a piangere, non riesco più nelle metamorfosi. Per cosa dovrei vivere?” domandò fissando il vuoto con gli occhi pieni di lacrime.

Lacrime che uccidevano Remus. Ascoltare il suo dolore, capire quanto fossero importanti l’uno per l’altra aveva finalmente disintegrato all’istante tutte quelle sciocche teorie assurde nella mente del licantropo.
- “Vivi per me; anzi, insegnami a vivere” disse abbracciandola.
Lei rimase immobile, le lacrime che non cessavano di rigarle il viso.
- “Remus, ti prego non avere pietà di me” bisbigliò senza forze.
- “Io non ho pietà di te. Io ti amo e sono stato un folle a farti così tanto male” esclamò, mentre nella sua mente le voci di James e Sirius urlavano un Inno alla gioia di Beethoven abbastanza stonato.
L’auror lo fissò incredula.
- “Riuscirai a perdonarmi?”
- “Solo se prometti di non fuggire più”
- “Non ci riuscirei. Non ti libererai facilmente di me” e per la prima volta da tanto tempo sorrisero.

Quando ritrovarono l’uno le labbra dell’altra fu come morire e rinascere. Tutte le angosce e la disperazione si dissolsero all’istante. Quando si strinsero forte fu come ritornare a Stevenford, sulle rive di un ruscello. Quando Tonks si nascose nell’incavo del suo collo il mannaro pensò che mai più avrebbe potuto commettere l’errore di distruggere le loro anime.
- “Voglio che però rifletti sul fatto che non saremo una coppia in senso tradizionale”
- “Chi mai accosterebbe la parola ‘tradizionale’ al mio nome?” chiese ridendo.
- “Sai di cosa parlo. Sono sempre povero, vecchio, pericoloso” continuò serio.
- “Io sono casinista, disordinata e testarda. Ma ti amo, quindi tutti i difetti e i problemi possono andare tradizionalmente a quel paese”
- “Anche io ti amo, Dora” rispose alla fine, lasciando cadere anche l’ultima barriera che impediva al suo cuore di battere follemente mentre la teneva fra le sue braccia.
Con un sorriso osservò i capelli della strega diventare lentamente rosa. La strinse più forte, cullandola lievemente.
- “Sono guarito” mormorò prendendo tra le dita una ciocca.
- “Tu? Io sono guarita!” esclamò lei, sorpresa di aver ripreso improvvisamente possesso delle sue metamorfosi.
- “No, io sono guarito dalla sindrome del mannaro con la fifa cronica delle relazioni interpersonali”
Lei scoppiò a ridere.
- “Una malattia con un nome così assurdo è sicuramente una trovata di Sirius. Era pur sempre cugino di mia madre; dev’essere una tara di famiglia quella dei nomi astrusi”
- “Sì, e tu mi hai curato”
- “Non ci saranno ricadute? Contagi accidentali?” si accigliò leggermente.
- “Avrò bisogno di tutto il tuo aiuto e del tuo amuleto” ridacchiò.
- “Tutte le volte che vorrai” disse prima di baciarlo intensamente. Come se non avrebbero fatto altro per il resto delle loro vite.



~

Salve a tutti.
Confesso che sono commossa nel postare questo capitolo. Tecnicamente è l'ultimo, ma ne ho già buttato giù uno che è una sorta di epilogo della storia. Questa è stata la prima ff che ho scritto e le sono abbastanza legata. Ma adesso bando ai sentimentalismi, urge ringraziare chi ha permesso a questa storia di andare avanti!
Summers84 (come avevo già scritto è dispiaciuto anche a me far morire Sirius. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto)
Ginny36 (grazie per i complimenti!)
monipotty (come vedi James e Sirius hanno continuato a imperversare nella testa del nostro lupetto)
Rainsoul (quella battuta l'avevo scritta d'impulso tempo fa ed è veramente bella. Sono felice che sia piaciuta anche a te)
Nonna Minerva (grassie per i complimenti. Come prevedevi quel momento è arrivato!)
Spikesilver (sono felice che la storia proceda come la immagini. Merci!)

In tempi brevi posterò l'epilogo. Grazie ancora a tutti e alla prossima!

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Capitolo 26
*** XXV. Risvegli ***


Risvegli




Un raggio di sole impertinente si fece strada tra le persiane di una stanza malandata di una locanda a Hogsmeade.
In un letto, circondato da vestiti, mantelli e un piumino logoro caduto per metà, una donna dai capelli rosa dormiva profondamente.
Era la prima volta da tanto tempo che Ninfadora Tonks riusciva a dormire senza svegliarsi madida di sudore, tastandosi la gola con le mani con la sensazione di soffocare.
Aprì gli occhi stiracchiandosi soddisfatta. Quando la sera prima Remus le aveva chiesto di non lasciarlo solo, il cuore le aveva danzato follemente nel petto, mentre i capelli viravano verso un delizioso rosso fragola. Non aveva mai provato quella sensazione di completezza e perfezione che l’aveva invasa addormentandosi tra le braccia del licantropo, dopo che lui le aveva sussurrato un basso e roco “ti amo”, gli occhi scintillanti ma fermi nei suoi.

Quando Remus Lupin si era svegliato, aveva pensato che mai in vita sua aveva dormito meglio. Destarsi con la sua Dora tra le braccia, benché gli avesse appena rifilato un discreto calcio sullo stinco, era una sensazione a dir poco sublime.
Non ricordava di essere stato così intraprendente con una donna, eppure la sera precedente aveva sentito il bisogno di averla accanto, aveva avvertito l’estremo bisogno che aveva di lei. Una necessità, un'urgenza di starle accanto, sentirla sua.
Si alzò sfilando con delicatezza il braccio da sotto il suo fianco e si allontanò dal letto guardandola dormire. Aveva un’espressione dolce ma decisa allo stesso tempo.
Un dono degli dei. Una ninfa donata al lupo, pensò con un sorriso.

Tonks si allungò sul letto cercando tra le lenzuola il mago ma tutto quello che afferrò fu un cuscino con un angolo bucato dal quale usciva qualche piuma.
Con un gemito si mise a sedere e ispezionò febbrilmente con lo sguardo la stanza.
Vuota.
No, si disse, non poteva averle fatto questo; non poteva averla abbandonata un’altra volta.

- “Ehi, ti sei svegliata” bisbigliò una voce da un angolo buio della camera. Remus si alzò dalla poltrona e si avvicinò lentamente. Si era rintanato in quel cantuccio per guardarla dormire senza correre il rischio di svegliarla. “Credevi che me la fossi svignata?”
Lei non riusciva a spiccicare una parola tanta era stata la paura che aveva provato.
- “Comprensibile. Con tutto quello che ti ho fatto passare…”
Probabilmente fu l’amarezza di quelle parole e lo sguardo angosciato a ridarle capacità fonatorie.
- “Scusami Remus, mi sono sentita morire” iniziò incerta, non riuscendo a trattenere una risatina un po’ isterica. “Pensavo che fossi fuggito senza pagare la camera”
Lui rimase interdetto e un sorriso malandrino inconsapevolmente gli si disegnava sulle labbra.
- “In realtà aspettavo di fare colazione, così ti avrei fatto addebitare anche quella” stette al gioco sedendosi sul letto. Risero assieme guardandosi negli occhi e sfogando così paura e rimorso, timore e tormento.
- “Scusami se ho pensato…” disse tornando improvvisamente seria.
- “Dora, lascia stare” mormorò con una voce così profonda che lei non poté trattenere un fremito. Lo sguardo carico di passione che poi le aveva rivolto aveva provocato una scossa lungo la schiena.

Il tocco delle sue mani era qualcosa di sconosciuto, ma così dannatamente perfetto da cancellare qualsiasi pensiero razionale dalla sua mente. Quando infine le loro labbra s’incontrarono – prima timidamente, per poi farsi sempre più audaci – entrambi non serbarono ricordo di possedere un cervello.

Loro. Insieme. Solo quello e tutto ciò che significava echeggiava nelle loro menti.

Lui le baciò il collo, meticolosamente, come se non volesse lasciare privo d’attenzione nemmeno un centimetro di pelle e il suo cuore accelerò freneticamente i battiti. Non seppe come, ma si ritrovò nuovamente tra le lenzuola che profumavano di lui; ovviamente non se ne lamentò e manifestò il suo gradimento cingendo il collo di Remus per attirarlo più vicino a sé. Il modo in cui lui la andava in estasi semplicemente sussurrandole con voce roca quanto la trovasse adorabile con i capelli rosa era così… indescrivibile da lasciarla senza fiato.

Tenerla fra le braccia, sentire il suo respiro sulla pelle, assaporare le sue labbra… Merlino, che sensazione straordinaria! Sembrava che fossero destinati l’uno all’altra nonostante le loro differenze, o forse proprio in virtù di queste.
Lei gli mordicchiò il lobo dell’orecchio e qualsiasi pensiero che non fosse strettamente legato a quella favolosa donna avvinghiata a lui volò oltre la finestra. Quando la sentì mormorare fiocamente “ti amo” per un folle istante ebbe paura. Poi si perse nella purezza di quegli occhi che l’avevano stregato dal primo istante e seppe che mai più avrebbe avuto timore.
Le voci di James e Sirius si congratularono sghignazzanti con lui e poi fiocamente si misero da parte, lasciando spazio solo per quella dolce confessione che da quel momento avrebbe guidato come una stella la sua vita.











Dicono che la perfezione non si possa descrivere.
Dicono che l’amore non abbia una forma specifica.
Dicono che l’essere umano è tanto perfetto quanto inutile se solo.
Anche Ninfadora e Remus, ripensando a quella dolce mattina, non seppero mai descrivere la perfezione di quelle ore. Non riuscirono a trovare una categoria da associare a quel sentimento senza fine che devastava i loro cuori. La sola cosa chiara e indelebile era il loro amore: quell’insieme di sguardi, pensieri, gesti, parole che esprimevano il loro essere perfetti. Insieme.







~


Wow... che dire... mi sento leggermente svuotata nel postare l'ultimo capitolo. Questa storia è stata una sorta di banco di prova per me e a leggere i commenti sembra che abbia fatto un discreto lavoro.
Grazie a tutti quelli che hanno commentato e grazie a Mrs Rowling per gli splendidi personaggi che ci divertiamo a prenderle in prestito.

Passando alle recensioni dell'ultimo capitolo, grazie a:
Nonna Minerva (grazie per il commento chilometrico. Avrei voluto sentire il coro Sirius-James-Nonna che fanno rivoltare il povero Beethoven nella tomba! :P. Comunque aspetto con ansia il tuo prossimo capitolo)
CUCCIOLA_83 (vedo che la riappacificazione di Remus e Tonks ha effetti terapeutici!)
Summers84 (spero che le tue aspettative siano state soddisfatte!)
Rainsoul (grazie per i complimenti. Per la prossima ff non credo dovrete aspettare molto. Ho alcune ideuzze in mente...)
Lucia (grazie mille!)
monipotty (nemmeno io riuscivo a far tenere loro il muso. Non essere triste. Ci vediamo alla prossima!)

Ancora merci, gracias, thanks e molto di più a tutti!

A la prochaine...

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