La pece e lo smeraldo

di barbabietoladazucchero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Italians do it better ***
Capitolo 2: *** Phil. PHIL. PHIL!! ***
Capitolo 3: *** Se il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 4: *** No-one ever said it would be this hard, oh take me back to the start. ***
Capitolo 5: *** Grasse risate ***
Capitolo 6: *** Pesto ***
Capitolo 7: *** Almost ***
Capitolo 8: *** Changes ***
Capitolo 9: *** Introspective ***
Capitolo 10: *** Someone stole all the air so I can't speak now ***
Capitolo 11: *** Date ***
Capitolo 12: *** Rollercoaster ***
Capitolo 13: *** Revelations and bad timing ***
Capitolo 14: *** No more pitch. ***
Capitolo 15: *** Life is not like a movie. ***
Capitolo 16: *** The end? ***



Capitolo 1
*** Italians do it better ***


Sono seduta su una panchina con il mio Ben & Jerry’s ai cookies mentre ammiro l’imponenza del Tower Bridge e penso a quanto sia fantastica la mia vita.
Senza sarcasmo: in questo momento posso considerarmi una delle persone più fortunate che abitano il pianeta Terra. Non sono una di quelle modelle/attricette/cantanti taglia 38 che vanno tanto di moda, con loro non condivido la bellezza né tantomeno il fisico, però mi piaccio. Sono bassa 1.60, ho superato il mio peso ideale di qualche chilo, la faccia tondeggiante, ma mi piaccio. Amo la vita, amo dormire, amo mangiare e soprattutto amo fare l’amore; insomma, sono un’italiana a tutti gli effetti.
Proprio nel momento in cui sto concependo il mio soliloquio/elogio, ecco che l’uomo più perfetto mai stato partorito a Londra appare ai miei occhi: alto e slanciato, camminata sicura, pantaloni della tuta neri e semiaderenti, t-shirt bianca e felpa grigia con cappuccio, aperta sul davanti; tè verde in una mano, melaphonino nell’altra e occhiali Rayban neri che gli coprono gli occhi anch’essi neri. E poi la parte migliore: i capelli. Capelli ricci castani che sembrano avere vita propria, perennemente scompigliati, con qualche riccio che ricade sulla fronte, giusto per aumentare la pressione sanguigna nella mia Jolanda. Mi vede e sorride. E subito gli appare la seconda cosa più sexy che Madre Natura gli ha donato: le fossette al lato della bocca. Dal mio cuore parte un battito e dalla mia bocca parte un suono che è a metà tra le fusa di un gatto e l’urlo disperato di una ragazzina in calore.

Ehi, splendore!-  mormora con la sua voce roca. Ora, se una voce potesse ingravidare, sarei già incinta di 3 figli.
Mr. Styles… - replico, in modo leggermente lascivo. Le sue labbra si fiondano sulle mie e mi bacia come se fossimo sul set di “9 settimane e mezzo”: orgasmo raggiunto in meno di 5 secondi.
Essere la compagna di Phil Styles ha i suoi vantaggi.
Sono Elizabeth Astrid Stone, e sono la ragazza più fortunata dell’intero sistema solare.
 
Ok che ho detto che è la perfezione fatta a persona, ma un piccolo difetto deve pur avercelo. Giusto per provare che sia umano e non un dio greco, sceso sulla Terra perché annoiato.
È il padre di Harold Styles da 23 lunghissimi anni. Sì, quell' Harold Styles. Non che io abbia qualcosa contro il ragazzino/modello/cantante che infiamma milioni di cuori e passere, ma lui è il motivo per cui Phil non vuole più avere figli e io bramo disperatamente un figlio da lui; non perché io intenda intrappolarlo in una relazione per la vita o robe del genere, ma perché voglio la prova di aver fatto sesso con il suddetto Bronzo di Riace, quando la nostra storia finirà. Ho 25 anni e non sono ingenua. So esattamente il motivo per cui Phil sta con me: sono giovane;  sono giovane, divertente, disinibita e amante del sesso, in qualsiasi modo e posto. Ma quando questa crisi di mezza età che sta attraversando passerà, tornerà dalla moglie e io single. Niente di male, come ho già detto, ma vorrei un souvenir del mio viaggio a Eros-land.
Vivo con Phil da qualche mese in una villetta che si affaccia su Hyde Park. Riassumendo: il mio ragazzo è un uomo adulto, di una bellezza disarmante, ricco e intelligente. L’ho già detto che mi sento molto fortunata?
Tornando al Tower Bridge. Dopo avermi dato il bacio che ogni donna dovrebbe provare almeno una volta nella propria vita, ci dirigiamo verso la Tube per tornare a casa.

Allora, com’è andata in palestra? – Gli chiedo senza smettere di fissare le due sfere color pece che ha al posto degli occhi.
Come sempre, 1 ora e mezza di tapis roulant e qualche affondo per fare stretching. Ma ho conservato qualche energia per il dopocena… - Mi dice strizzando l’occhio e prendendo un po’ di gelato con il dito.
Dio quanto amo quest’uomo.

Appena arriviamo a casa, da perfetta fidanzata quale sono, mi metto a preparare la cena. Non amo vantarmi ma sono abbastanza brava in cucina e preparo una lasagna coi fiocchi e con prodotti che vengono esclusivamente dall’Italia; insomma, come qualsiasi nonna italiana direbbe: “per arrivare al cuore di un uomo bisogna passare per il suo stomaco”, io aggiungerei “e saper lavorare bene tra le coperte” – se capite cosa intendo.

Ehi Beth- inizia Phil apparendo in cucina con solo i pantaloni della tuta addosso - Stavo pensando di andare a fare una mini vacanza in qualche posto esotico, sai, coste caraibiche, cocktail a tutte le ore del giorno, spiagge per nudisti!- mi propone.
Mi avevi convinta all’ “ehi”- ammetto senza troppi giri di parole.
Mh, lo sai che mi eccito quando mi citi Renèe Zellweger..!- dice avvicinandosi pericolosamente.
Ha una cotta paurosa per quell’attrice e questo spiega perché si accontenti di un essere umano come fidanzata invece che un extraterrestre/modella/anoressica. Il suo palese rigonfiamento in zona-Walter accende la mia vena italiana – non che ci voglia molto, come avrete capito – e gli salto addosso praticamente già nuda.
La lasagna passa in secondo piano, e noi passiamo direttamente al dolce su tutte le superfici della cucina: tavolo, fornelli, frigorifero. Insomma “go hard or go home”.
 
Mentre mi sto rimettendo la biancheria vado a cercare una vestaglia e penso a come certa gente riesca ad arrivare vergine al matrimonio; quelle sono le persone davvero forti nell’animo, non c’è che dire. Sono ancora immersa nei miei profondi e filosofici pensieri quando qualcuno suona il campanello; sono le 8 di sera e non aspettiamo nessuno. Curiosa vado per aprire la porta e mi specchio in corridoio per valutare il mio stato estetico: trucco sbavato, guance rosse, bocca gonfia, capelli sparpagliati nelle 4 direzioni e vestaglietta della nonna a scacchi; se alla porta mi appare George Clooney, mi diventa gay per davvero.
Chi è? – chiedo, mentre apro la porta.
Il figlio del tuo amante.-

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Capitolo 2
*** Phil. PHIL. PHIL!! ***


Harold Styles aka copia mal riuscita di Phil Styles si presenta davanti alla porta in tutta la sua altezza. Devo ammettere che è davvero la copia del padre, ma al posto degli occhi neri ci sono due smeraldi che sembrano giudicarti senza riserve. La cosa che mi fa maggiormente inorridire non è il suo sguardo schifato/stupito mentre fa la radiografia alla mia vestaglietta, ma bensì le due valigie che ha con sé.
- Ehm, non parlo inglese! – tento in un perfetto italiano.
- Dov’è Phil?- chiede lui ignorando completamente il mio disperato tentativo di non farlo entrare in casa.
- In doccia. Sai, l’ho fatto sudare giusto un pochino, giusto poco prima che arrivassi tu…- rispondo divertita. So benissimo chi è che molto probabilmente mi odia a morte perché mi scopo suo padre, quindi cosa c’è di male nel farlo alterare un tantino?
- Fantastico. Quindi non ti vergogni nemmeno di quello che fai- dice con ribrezzo mentre entra in casa senza farsi problemi.
-Prego, entra pure.- rispondo sarcastica.-Vado ad avvisare Phil, se nel mentre ti annoi, il camino è nel salotto: sentiti libero di darti fuoco.- dico, chiamando a raccolta quanta più acidità e cattiveria riesco. Tentativo fallito. Persino le Winx riescono ad essere più minacciose.
Mi dirigo a passo di furia al secondo piano, non mi preoccupo di bussare ed entro nel bagno vicino alla nostra camera da letto.
- Philip Edward Styles dimmi cosa ci fa la tua brutta copia nel nostro salotto.-
- Ah, amore!- mi risponde Phil facendo fuoriuscire la testa dalla tendina della doccia, - Vuoi unirti a me?-
-Onestamente? Sì,vorrei. Ma c’è un ospite inatteso nel salotto! Ergo rispondi alla domanda: perché tuo figlio è qui?- rispondo con un sorriso tirato, mentre cerco di allontanare da me l’idea dei nostri corpi nudi sotto il getto bollente dell’acqua.
- Ah, ehm… Non te l’ho detto? Sicuramente te l’ho detto e l’hai dimenticato. Ah-ah la solita sciocchina smemorina- cerca di salvarsi il culo, ma io non ci casco. Cerca di avvicinarsi per baciarmi ma io mi scosto lentamente con una mano alzata.
-Provaci. Tu prova solo a baciarmi e ti stacco a morsi il tuo amichetto.-
-Sindrome premestruale Beth?- mi chiede allarmato.
- DIMMI. PERCHÉ. LUI. É. QUI.- urlo facendo attenzione a inserire una lunga pausa tra una parola e l’altra. Pazza isterica: mode on.
 
-Ok, mi ha chiamato dicendo che vorrebbe riallacciare i rapporti con me. Non sei felice? Mi hai sempre consigliato di chiarire le cose con lui, dopo che mi sono lasciato con Anne!-
Non so se pensare se il mio fidanzato si è rincoglionito di botto credendo a questa minchiata o se Harry è un bravo attore e manipolatore. Probabilmente tutte e due.
- Sì, ma io intendevo comprargli un cane, o una barca! Non intendevo ospitare la tua prole nella nostra casa!- chiarisco, a un passo da una crisi di nervi.
-Bè, la casa tecnicamente è solo mia…- dice cercando di risolvere le cose e peggiorandole soltanto.
-Sistema la questione, Phil. Oppure preparati a dire addio all’altalena.- replico più dura che mai. Ce l’ho in pugno, ho toccato il suo punto debole, il suo tallone d’Achille: l’altalena del sesso.
-Ok, ok, non c’è bisogno di esagerare. Vado a trovare una soluzione con Harry- mi dice, poi sorride, mi bacia in fronte ed esce di scena.
 
Sono in ammollo nella vasca da bagno da una buona mezz’ora con le canzoni dei McFly che pompano nelle orecchie. Sia lodato Dio e i genitori di quei quattro geni della musica: sono gli unici in grado di calmarmi e infatti mi sento tutta di pastafrolla. Ho le dita leggermente raggrinzite e decido che è il momento di abbandonare quella sorgente di relax. Le urla degli Styles sono terminate da una decina di minuti e ho sentito una porta sbattere. Prego Iddio che sia stata quella di casa e che riccio baby abbia levato le tende.
Arraffo il mio pigiamino sexy e mi appresto a scendere le scale per la mia tisana della buonanotte. Mi sento leggera, morbida, senza pensieri e ho un buon presentimento. In cucina, di spalle, c’è il mio riccio preferito.
- Ehi, ricci sexy, scusa per prima. Sai che divento nervosa quando accadono cose che sfuggono al mio controllo e per cui non sono preparata. Ti ho urlato addosso, mi dispiace- gli dico mentre accarezzo la sua folta chioma; poi, troppo tardi, mi accorgo della moltitudine di tatuaggi sul braccio di quello che dovrebbe essere il mio fidanzato, e che evidentemente non è. Ritiro inorridita la mano mentre un Harry tutto sorridente si gira.
- Accetto le tue scuse, tesoro. E grazie del complimento!- mi dice facendo l’occhiolino.
È allora che ho capito di avere un sesto senso del cazzo: ‘buon presentimento’ un paio di palle. Con i nervi a fior di pelle faccio quello che mi riesce meglio in queste situazioni: urlare.
-PHIL!!-
 
Due pozzi pece mi scrutano con apprensione mentre i due smeraldi mi guardano divertiti.
-Che pigiamino sexy!- commenta Styles Junior con fare ancora più divertito. Ammetto che in questo momento non rappresento la dea del sesso, ma devo andare a dormire, non a sfilare; il mio pigiama è composto da un paio di pantaloncini larghi gialli e bianchi di Snoopy, che arrivano poco sopra il ginocchio e una maglietta larga blu. Gli accostamenti di colore non sono proprio il mio forte.
-Phil.- invoco aiuto con voce ferma e decisa.
-Ok, ragazzi, basta così. Beth: Harry resterà da noi quel tanto che basterà per riallacciare i rapporti.- inorridisco al solo pensiero. –Harry: Beth è la mia compagna ora, e cerca di trattarla con rispetto. Ora io me ne vado a letto, domani devo essere in tribunale alle 7. Buonanotte famiglia!-
BUONANOTTE FAMIGLIA!?! Quell’uomo si è davvero rincretinito nel giro di 2 ore. Lo sapevo che la padellata che si è preso in testa durante il nostro tete-a-tete in cucina avrebbe avuto delle conseguenze.
 
Una volta a letto, tento di parlare con più calma con la mia dolce metà, nonostante lui sia a un passo dal sonno comatoso.
-Amore- comincio – Spero tu ti renda conto che il vero motivo per cui il tuo cromosoma y si trova nella nostra camera degli ospiti, non è perché vuole riallacciare i rapporti con te: insomma, potrebbe benissimo farlo anche dal suo loft in centro Londra che condivide con l’amico ‘una-direzione’. Il suo scopo è quello di mettere zizzania tra di noi, vuole rovinare il nostro rapporto come il sale rovina un perfetto cappuccino!- dico cercando di respirare il meno possibile.
Deve aver afferrato il punto, ha capito esattamente dove voglio andare a parare: probabilmente domani mattina sbatterà Harry fuori di casa e noi potremo organizzare la nostra vacanza sull’isola di Maui.
-Non ti preoccupare, tesoro. Domani quanto torno vado io al market e ti compro il sale, ok?-
Ecco appunto.

Enjoy my story!
B.

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Capitolo 3
*** Se il buongiorno si vede dal mattino ***


Nota: la conversazione tra Gino e Beth è in italiano!

Mi sveglio alle 6.30 con uno strano senso di nausea alla bocca dello stomaco: probabilmente ho fatto un incubo, tipo che la Nutella veniva bandita come cibo altamente dannoso. Che poi è uno degli alimenti che hanno salvato milioni di vite, oltre che essere uno dei principali fattori di obesità nel mondo. I miei profondi pensieri vengono interrotti appena mi accorgo che Phil non è a letto, probabilmente è già in cucina a fare colazione; in quel momento il mio stomaco mi avverte, in modo poco delicato, che sarebbe ora che anch’io mettessi qualcosa sotto i denti, visto che l’ultima cosa passata nel mio esofago è stato il Ben & Jerry’s ai cookies. Prendo la vestaglietta, vado in bagno per la pisciatina mattutina e mi dirigo in direzione DdS (leggi: Dio del Sesso).
A metà scalinata inizio a sentire il piacevole odore del cappuccino, del vero Cappuccino, quello con la ‘C’ maiuscola, che viene fatto nelle macchinette del caffè, il cappuccino italiano per intenderci, e non quella brodaglia che spacciano da Starbucks.
-Buongiorno, raggio di sole!- mi saluta un aitante cinquantenne con il fisico di un trentenne fasciato in un completo grigio scuro. Visioni del genere dovrebbero essere vietate la mattina presto.
-Buongiorno, bell’uomo!- replico –Sai che è illegale essere così eccitanti di mattina?- chiedo serenamente, mentre con lo sguardo punto alla mia enorme tazza di Snoopy, colma del nettare degli dei.
-Sei l’unica donna che conosco in grado di fare i complimenti come se stesse facendo la lista della spesa: senza un minimo di imbarazzo- dice ammirato – E’ sexy-
“Accidentalmente” mi sporco le labbra con la schiuma del cappuccino e “innocentemente” me la lecco via mentre gli faccio l’occhiolino; siamo una coppia un tantino fissata con il sesso.
-Oh, che schifo! Almeno prendetevi una camera!- ed ecco che il senso di nausea alla bocca dello stomaco riappare accompagnato da baby Styles. Per 17 minuti ho vissuto nell’illusione che quello che è successo ieri sera fosse solo frutto della mia immaginazione, e sono stata brutalmente riportata alla realtà dal peggior buongiorno che potessi mai ricevere.
-Harry…- inizia Phil.
- Buongiorno anche a te, signor ‘prova vivente che i preservativi sono indispensabili’- lo interrompo.
-Beth…- prova allora Phil.
- Oh, fammi indovinare: yogurt scaduto e biscotti stamattina?- continua Harry, ignorando il padre.
-Ma da che pulpito viene la predica! Non accetto sarcasmo da chi EVIDENTEMENTE non è in grado di distinguere una spazzola da un porta spilli- continuo io, indicando con il cucchiaio il groviglio di peli che si ritrova in testa Mr Simpatia.
-Scusa se mi sono appena alzato dal letto! E poi non mi sembra che i tuoi capelli siano messi molto meglio…- ridacchia il fac simile.
-Non ti azzardare nemmeno a guardarli i miei capelli!- cerco di difendermi.
-RAGAZZI PER L’AMORE DEL CIELO!- tuona Phil esasperato, interrompendo il simpatico scambio di opinioni che si era venuto a creare. –Vado al lavoro e torno stasera. Cercate di essere civili durante la mia assenza! Buona giornata, Harry- dice salutandolo con un cenno della testa, - E buon lavoro, tesoro- mi bacia sui capelli e poi esce dalla cucina.
Fisso Harry che indossa solo un pantaloncino corto e una canottiera molto attillata, e noto con dispiacere che dal padre ha preso, non solo l’altezza e i ricci, ma anche il fisico mozzafiato. Mi schiaffeggio mentalmente per evitare di ricadere in pensieri impuri e salgo a vestirmi. Faccio la counsellor, e la presenza fisica è importante per il mio lavoro: ai clienti devo trasmettere fiducia, sobrietà e serietà contemporaneamente; per cui opto per un tubino nero, calze color cammello, scarpe tacco 5 beige che riprendono il trench. Faccio un salto in bagno a sciacquarmi la faccia e lavarmi i denti e poi passo al trucco: eyeliner nero e un velo di fondotinta. Decido di lasciare i capelli biondo cenere al naturale: se usassi la piastra il liscio durerebbe sì e no fino al vialetto di casa: amo Londra, ma ha un tasso di umidità da far paura. Con la Speedy 35 al braccio e l’iPod nelle orecchie scendo le scale e mi avvio verso la porta mentre sento Harry mugugnare qualcosa nella mia direzione, mentre è in piedi appoggiato allo stipite della porta della cucina. Decido di ignorarlo e affronto l’aria gelida e frizzante di Londra che mi frusta le guance appena apro il portone.
Un cambio di metro e due fermate dopo sono davanti al mio ufficio nel centro della City; il mio studio è al quarto piano del palazzo e la sua finestra si affaccia sul posto che preferisco al mondo: Postman’s Park. È un parchetto delle dimensioni di una rotonda stradale, poco conosciuto e avvolto da un alone silenzioso per tutto il giorno. La parte più bella del parco è la parete laterale ricoperta di piastrelle; ogni piastrella è una storia, la storia di una persona qualunque che è diventato un eroe con una sola, singola azione: salvare la vita di qualcun altro, a discapito della propria. La mia piastrella preferita è Alice Ayers, una giovane ragazza che ha salvato la vita di tre bambini portandoli in salvo da una casa in fiamme: lei non ce l’ha fatta a sopravvivere. Quando il tempo me lo permette, pranzo nel parco e mi lascio avvolgere dall’alone di magia che traspare da quegli eroi quotidiani.
 
La mattinata e il pranzo passano in fretta, e mentre mi dirigo verso casa decido di armarmi di buona volontà e chiarire le cose con Harry. Tutti i buoni propositi spariscono nel momento in cui metto piede in casa e vengo investita da musica spacca timpani e risate assordanti.
-Harold.- mormoro attraversando il corridoio.
Una volta giunta in salotto, la scena che mi si para davanti non è delle peggiori: quattro prestanti ragazzi sono spalmati sul divano a ridere e scherzare; ora posso capire il perché di tutte quelle passere infiammate che popolano la Terra. La piacevole visione viene interrotta dalla simpatica voce di Harry.
-Che ci fai qui?- domanda infastidito.
- Ci vivo- rispondo con un sorriso tirato, mentre mi appresto a radiografare i fisici delle quattro direzioni.
-Pensavo lavorassi tutto il giorno- continua.
-A quanto pare, pensavi male. - rispondo con ancora un sorriso tirato –Comunque, piacere- mi rivolgo ai ragazzi – Sono Elizabeth Stone, la compagna del padre del vostro amichetto-.
Non sono il massimo a presentarmi.
-Ciao, sono Niall! Piacere!- dice allegramente il biondo.
-E io Liam.- dice il gentleman del gruppo, che appunto si alza per porgermi la mano e presentarsi. Gli altri due, che riconosco come Zayn e Louis, non sono altrettanto ben disposti alle nuove conoscenze e fanno un gesto con la mano il primo, e una smorfia di disapprovazione il secondo.
Simpatici.
“Haters gonna hate” mi viene voglia di dirgli, ma mi trattengo perché mi sono ripromessa di essere civile; visto che il piano A – risolvere con Harry – non s’ha da fare passo al piano B: comprarsi gli amici, a cominciare da Niall James Horan. Il biondo è un famoso buongustaio e io una discreta cuoca italiana.
-Ora esco a far la spesa, e poi torno a preparare la cena. Vi fermate a mangiare?- chiedo garbatamente.
- Ma, non sappiamo, insomma Harry… dice, cosa dici Harry? Possiamo?- chiede un titubante Niall; a quanto pare Harry ha fatto loro un bel lavaggio di cervello sulla sottoscritta. Ma attenzione, Styles, chi gioca con il fuoco prima o poi si brucia.
-Pensavo di fare un menu italiano- comunico sorridente a Niall e la sua faccia dice tutto.
Bingo.
 
Il menu italiano che ho in mente è semplice e a prova di bomba: pizza -tanta pizza - fatta in casa e torta alle carote e cioccolato. Se dopocena non diventerò la loro migliore amica, sono davvero incorruttibili.
Il mio fornitore di fiducia, Gino, ha una bancarella di prodotti italiani al Camden Market.
-Gino, tesoro!- esclamo tutta sorridente.
-Ma guarda un po’ chi c’è! La mia principessa!- mi viene incontro con un sorriso smagliante – se non fosse per i cinque denti mancanti.
-Come sta Maria? L’anca è guarita?- chiedo.
-Eh, insomma. Dà molti problemi, soprattutto per certe attività notturne, non so se mi spiego…- ridacchia allegro mentre io rabbrividisco. –Cosa posso darti oggi?- continua.
-Devo sbalordire quattro ragazzi che con molta probabilità non hanno mai mangiato una vera pizza…- faccio per spiegargli.
-Non dire altro! Ho tutto quello che ti serve: pomodoro, mozzarella, bufala, basilico e pasta per la pizza!- mi interrompe inserendo tutti gli ingredienti in una grande busta di cartone. –Va’ e onora la patria!-
-Mi servono anche un paio di carote e del cioccolato fondente Amedei, grazie!- chiedo prima di pagare. Alla fine pago molto meno di quello che dovrei: la meraviglia di quest’uomo. Saluto con un abbraccio e torno a casa.
Mentre tento disperatamente di farmi strada lungo il vialetto con l’enorme busta tra le mani e la borsa in bilico appoggiata sopra, una spallata mi fa quasi perdere l’equilibrio: io rimango in piedi, ma non posso dire lo stesso della mia Vuitton. E chi mai poteva essere l’artefice di tutto ciò?
-Cazzo Harry, chiedi scusa almeno…- mi lamento esasperata.
-Scusa…-
SOGNO O SON DESTA!? Sono meravigliata.
- Sono abituato a ignorare certi parassiti in difficoltà-
Come non detto.
-Mi hanno chiamata in modi peggiori, Styles. Non mi toccano i tuoi insulti.- commento, senza degnarlo di uno sguardo e entrando in casa; mi ricordo che però la borsa è ancora spatasciata sul vialetto, appoggio la busta sul pavimento e faccio marcia indietro. Con molta sorpresa trovo la borsa adagiata sul dondolo posizionato proprio vicino al portone: “la bestia si sta addomesticando” penso fieramente mentre prendo la borsa e torno in casa.
 
Tre teglie di pizza e una torta dopo, Phil torna dal lavoro con un sorriso a trentadue denti. Temo il peggio: nessuno torna a casa dopo 12 ore di tribunale in questo stato.
-Amore mio!! Ho una bellissima notizia da darti!- dice tutto eccitato, ma con un velo di nervosismo che gli attraversa gli occhi.
-O-Ok! Puoi annunciarla dopo? La cena è pronta e abbiamo ospiti: i One Direction al completo. Spero non ti dispiaccia!-
-Affatto! Mi casa su casa!- commenta su di giri. Pessimo, pessimo presentimento.
La cena procede nel migliore dei modi, riesco a far passare al lato oscuro Liam, Niall e Louis; “dovrò inventarmi qualcosa per Zayn” penso diabolicamente mentre mi appresto a bere la mia Coca Cola.
-Signori! Tesoro!- richiama l’attenzione Phil con il bicchiere –Ho un annuncio elettrizzante da fare: domani mattina parto per un corso a Manchester della durata di due giorni!-
L’intero contenuto della mia bocca finisce sull’intero viso di Zayn. Inizio a tossire come un’ossessa mentre Zayn strilla un numero indefinito di insulti verso di me e verso la mia Coca Cola: corromperlo sarà più difficile del previsto.
-Scusa, puoi ripetere?- chiedo impanicata e con la voce strozzata.
-Non sei contenta, amore? Se passo il concorso poi trascorrerò una settimana a NYC nello studio del dottor Carter per affiancarlo nella sua causa contro le industrie Backer! È una grossa opportunità, e sono solo due giorni!- dice al massimo dell’eccitazione. E meno male che ha 50 anni suonati.
-Due giorni in più di quanto io possa sopportare. Immagino che il figliol prodigo non tornerà nella sua reggia nel frattempo…- chiedo impaurita.
-Lascio decidere a te, Harry!- gli dice Phil.
Un sorriso malefico appare sul volto di Harold e un lampo di cattiveria gli attraversa gli occhi.
-Bè, sarà una buona occasione per conoscerci meglio. No, Elizabeth?-
Qualcuno mi uccida.

Ciao ciao!
Spero che il capitolo non sia troppo noioso! Un sentito GRAZIE a chi mi segue!
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 4
*** No-one ever said it would be this hard, oh take me back to the start. ***


-36 ore e 18 minuti- sospiro con gli occhi fissi sul soffitto. –Devo resistere solo 36 ore e 18 minuti-.
Sono le 7.12 di giovedì mattina, Phil è partito da 45 minuti e io sono in uno stato catatonico perché non ho chiuso occhio tutta notte.
Giovedì. Oggi è il giorno in cui devo passare in clinica.
Ogni secondo giovedì del mese vado a far visita a mio padre al Maudsley Hospital, una clinica psichiatrica, in cui è rinchiuso da sette anni. Non che la mia presenza faccia alcuna differenza per lui: ha la mente completamente fottuta dall’odio e dai farmaci sedativi, metà delle volte non mi riconosce e l’altra metà mi insulta senza pietà. Nessun mio collega, amico o vicino di casa sa della mia – e della sua – situazione, solo Phil; non perché tengo alla mia privacy o alla privacy di mio padre, ma perché me ne vergogno. Mi vergogno come una ladra di essere la figlia di quel bastardo depresso del cazzo. Belle parole per una laureata in psicologia, vero? Bè, sfido chiunque a parlare bene di un ammasso di merda che abbandona la propria figlia di sette anni perché non riesce neanche a guardarla in faccia dopo la morte della moglie.
La mia visita a sua maestà Il Coglione è un modo per pagare i miei debiti e mettere a tacere la coscienza, che sento sporca da diciotto anni, da quella maledetta sera.
La pressione nella mia vescica mi costringe a interrompere questi pensieri che portano solo rabbia e angoscia; vado in bagno portando con me il mio outfit per la giornata: skinny jeans chiari – che su di me non sono propriamente skinny -, stivaletti marroni, maglietta bianca e scalda cuore nero con manica a tre quarti. Trucco inesistente se non per i quintali di fondotinta che ricoprono il mio polso sinistro, in modo da coprire quel piccolo segno in grado di sconvolgere mio padre: il tatuaggio. È una stella che contiene la lettera “E”: semplice, piccolo, ma in grado di sconvolgere un’intera relazione.
Scendo le scale, la casa è immersa nel silenzio. Stamattina non sono in vena di sarcasmo, quindi evito di fare osservazioni sulla mancanza di quel portatore sano di pidocchi nella mia cucina.
Guardo fuori dalla finestra: cielo nero. Si prospetta davvero una bella giornata.
Esco senza fare colazione e vado al lavoro; oggi ho solo un cliente, e appena finisco, chiamo un taxi e mi avvio verso il Maudsley.
 
Arrivo alle 11.30 e mi preparo mentalmente ai venticinque minuti di insulti che riceverò.
Solita stanza bianca, solito tavolo bianco, solite sedie in legno e solita faccia pallida e dura.
-Ciao Grant- mi rivolgo a mio padre mentre mi siedo senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi: nero pece. Proprio come quelli di Phil, eppure così diversi: sono vuoti, privi di qualsiasi emozione, ma allo stesso tempo pieni di odio e di rassegnazione.
A differenza delle altre volte non urla, non insulta e non prende a pugni il tavolo: sta in silenzio e mi fissa, come se potesse trasmettermi tutto lo schifo che prova. Resisto dieci minuti con il suo sguardo addosso, poi esco di corsa dalla stanza, dal corridoio, dalla porta e dalla clinica.
Mi considero una persona forte: gli insulti non mi feriscono, posso sopportare gli schiaffi e considero le critiche sempre costruttive. Ma non posso sostenere il peso dello sguardo di mio padre; non importa quanti psicoterapeuti, poliziotti e amici possono confortarmi sul fatto che io non ho nessuna colpa, Grant mi farà sempre sentire un’assassina.
Corro come una disperata lungo la via, quando all’improvviso mi scontro con qualcuno e per poco non cado rovinosamente a terra. Alzo lo sguardo per maledire il malcapitato nella situazione, ma incontro due occhi blu che mi investono del calore di cui ho bisogno. Niall.
-Ciao Beth! Stai bene? Sei tutta rossa… e affannata… e sudata- mi chiede confuso con un sorriso smorza-respiro.
E non so perché, ma crollo. Tutta la tensione, la delusione, la paura, la tristezza, la disperazione che ho tenuto dentro per sette anni si riversano su Niall. E inizio a raccontare tutto a una persona che non conosco e a cui probabilmente non interessa niente della mia vita: ma forse è proprio questo il bello. Vomito parole su parole, sommergo di informazioni qualcuno che non sa niente di me e che non può giudicarmi, ed è dannatamente liberatorio.
Parlo di mia mamma, di Stella, di mio padre, dell’Italia, dell’incidente, dell’abbandono, dell’Inghilterra, di mia nonna, della clinica, della droga e di Phil; tutto questo mentre siamo in piedi, in mezzo a una via, nel sud di Londra, con i paparazzi attaccati al suo sedere.
Il mio monologo finisce, mi sento completamente vuota. E mi piace.
-Scusa Niall. I-io non so perché ti ho detto tutto questo, avevo bisogno di sfogarmi e tu sei apparso, magicamente! Ti hanno mai detto che sei un buon ascoltatore? Perché lo sei, e grazie, e scusa io…- dico a macchinetta.
-Ehi, ehi! Calma!- mi interrompe- Sì, mi hanno già detto che sono bravo ad ascoltare- mi dice con un sorrisetto –Ma, wow…Cioè, non ‘wow’ nel senso di ‘fantastico’. È che non so cosa dire, cioè, mi-mi dispiace…- continua imbarazzato.
-No Niall, non devi dire niente. E soprattutto non devi dirlo a nessuno. Scusa, ancora. Non sono riuscita a trattenermi, tu devi stare sereno, niente di grave, cioè, più o meno…- riprendo a macchinetta -Ora scappo, ehm ciao!- idiota. Dio, che stupida.
Hai bisogno di sfogarti, Beth? Benissimo. Comprati un cane, o vai da un cazzo di analista! Non soffocare un povero cantante di fama mondiale, che non ha fatto niente di male se non essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Decido di sfondarmi di cioccolato, e prima di chiamare un taxi che mi riporti a casa compro tre tavolette di fondente.
 
Sono seduta sul divano con in mano una tazza di tisana diuretica; due tavolette sono già al sicuro nel mio stomaco, sono andate giù che è un piacere. La prossima volta che mi lamento perché non mi entrano i jeans dell’anno scorso sono autorizzata ad auto-padellarmi in faccia. Mentre seguo una stupida telenovela spagnola, Morfeo mi costringe a dargli ascolto, e crollo sul divano.
 
POV HARRY
 
Esco dallo studio di registrazione e mi imbatto in un Niall piuttosto scosso.
-Tutto bene amico?- domando.
-Ho appena avuto una strana conversazione, bè conversazione mica tanto, visto che ha parlato praticamente solo lei… Ecco perché usciva dal Maudsley…-
-Lei chi?- chiedo.
-Beth…- oh, fantastico. Quella ragazza è una persecuzione.
-E bè, era abbastanza sconvolta. Cavoli, mi ha detto di quelle cose da far rizzare i peli del pube!-
-Non sapevo nemmeno che li conoscessi certi termini- commento ammirato. –Perché era sconvolta? Hanno finito le patatine da Burger King?- commento ridendo, mentre Niall rimane sconcertato.
Ok, ci sono andato giù un po’ pesante.
-Comunque io per oggi ho finito, torno a casa di Phil, salutami gli altri. Ciao bello!- dico mentre gli do una pacca sulla spalla.
-Vacci piano con lei, Hazza. Ne ha passate tante.-
-Sì e se n’è anche passati tanti- commento più acido che mai. Che sia chiaro: non mi rovinare la famiglia, o io rovino te.
 
Tre quarti d’ora dopo, varco la soglia del portone; in salotto c’è la tv accesa e trovo Beth accoccolata sul divano profondamente addormentata. “È ora di passare all’attacco, ma prima devo capire cosa diavolo è il Maudsley” penso prendendo il mio telefono.

Wow, roba che scotta.
-Sveglia sveglia- la scuoto delicatamente.
-Urgh, che cazzo vuoi Styles?- uh, bon jour finesse
-Che modi. Ti hanno dato i farmaci sbagliati in clinica?- chiedo ingenuamente.
Apre gli occhi di scatto e si tira su a sedere completamente furiosa, anche se non vuole darlo a vedere.
-Che cazzo ne sai della clinica?- mi chiede.
-Ho i miei informatori. Sapevo che eri una arrampicatrice sociale in cerca di soldi e fama, ma non pensavo che fossi anche pazza.- continuo godendomi il momento. –Allora? Che disturbo ti hanno diagnosticato? Bulimia? Personalità multipla? Schizofrenia?-
È diventata completamente rossa. È furiosa, e si vede. Insomma, ho fatto centro.
-Vuoi sapere la diagnosi? Eccoti accontentato: il 27 ottobre di sette anni fa hanno diagnosticato a mio padre il disturbo istrionico di personalità, unito a un disturbo depressivo maggiore con tratti antisociali perché incline alla violenza. Ti basta? O vuoi anche sapere che è ricoverato perché ha cercato di darsi fuoco in un asilo pieno di bambini? O forse vuoi sapere che il motivo principale per cui è impazzito sono io e che non mi rivolge più la parola da diciotto anni? Facciamo così, Mr So-tutto-io: la prossima volta ti porto in clinica, così parli con mio padre e sarà lui a riferirti quanto io sia insignificante, inutile e colpevole; poi magari fate amicizia e insieme cercate un modo per farmi impazzire dai sensi di colpa. Che ne dici? Ti piace l’idea?- mi dice tranquillamente, senza lasciar trasparire un’emozione. Però si capisce che è incazzata e addolorata allo stesso tempo.
Cazzo. Questa volta ho esagerato per davvero.
-Ehm…- provo a dire.
-Non aprire più quel culo che ti ritrovi in faccia, Harry. Sei un verme, non mi stupisco che tuo padre ti abbia lasciato.-
Ouch.
Si alza dal divano e fa per andarsene, ma poi ci ripensa.
-Complimenti Styles. Sei riuscito a farmi abbassare al tuo livello.- dice -Ah, e la prossima volta procurati degli informatori che sappiano la storia per intero: così fai più bella figura.- esce dal salotto, si avvia in corridoio e sbatte la porta di casa. Un tuono squarcia il cielo facendomi rabbrividire.
Questa volta Harry, l’hai fatta grossa.
 
 

Nobody said it was easy, 
It's such a shame for us to part. 
Nobody said it was easy, 
No-one ever said it would be this hard, 
Oh take me back to the start. 


 

Ciao ciao!
Capitolo un po’ impegnativo, forse un po’ troppo per come l’avevo programmato. Scusate la pesantezza!
Grazie a chi l’ha messa nelle preferite e chi nelle seguite! :)
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 5
*** Grasse risate ***


POV Beth.
Mi piace pensarmi come in quelle scene strappalacrime dei film: triste, lacrime sulle guance, pioggia a catinelle e sguardo assente. L’unico intralcio è che A- non sono triste, ma furiosa. B- non sto piangendo, e C- piove come se dovesse arrivare il diluvio universale: altro che catinelle, queste sono vere secchiate d’acqua. Nei film la protagonista è esageratamente bella durante queste scene, passa il fortunato di turno che è sconvolto da tutta quella bellezza, la prende in braccio e insieme cavalcano verso il tramonto. Peccato che io sembri una povera barbona caduta in un fosso di acqua stagnante, che se l’uomo della mia vita mi passa davanti corre a farsi un antirabbia nel più vicino studio veterinario. Ma sono dettagli.
Sono accampata a Postman’s Park da un’ora abbondante e fisso in tralice le mattonelle che ho davanti mentre cerco di autopsicoanalizzarmi; insomma, come cavolo è possibile che nel giro di una giornata mi sia lasciata scappare ogni più piccolo dettaglio sulla mia vita, quando ero riuscita a nasconderlo per diciotto anni? La risposta è una sola: stavo impazzendo. Due giorni con Harry in casa e ogni filtro esistente tra la mia mente e la mia bocca era evaporato. E porca vacca.
Sono talmente fradicia che sento i miei villi intestinali dimenarsi per colpa dell’acqua piovana e mi convinco a tornare a casa, giusto per non darla vinta a quel coso.
Evito di descrivere gli sguardi della gente sulla metropolitana. Come se non avessero mai visto una ragazza bagnata, fradicia e con i capelli appiccicati alla fronte/faccia/collo. Snobisti.
 
POV Harry.
 
È più di un’ora che mi mangio le mani, cercando di capire come risolvere la situazione. Insomma, volevo essere stronzo, ma non fino a questo punto. Non che io sia preoccupato, ma Beth è pure uscita di casa senza uno straccio di ombrello o giacca e fuori diluvia come se fosse la fine del mondo.
Finalmente sento la porta di casa che si apre, corro in corridoio e la vedo entrare in casa camminando come una scimmia che si è appena cagata nelle mutande; quasi mi scappa da ridere, ma cerco di evitarlo per non peggiorare la situazione. Evita di guardarmi mentre si dirige verso le scale, ma decido di chiederle scusa parandomi davanti alla sua figura.
-Scusa, non volevo farti piangere-
Voglio dire, è questo che le donne fanno: piangono. Quando sono tristi, quando sono arrabbiate, quando sono felici, quando sono emozionate, quando sono nervose. Qualche lacrima le sarà sicuramente uscita.
-Non ho pianto. Io non piango per uno stupido ragazzino che non si fa gli affari suoi.- ribatte, mandando a puttane la mia teoria “femmine-lagnose”.
-Oh, ok. Allora scusa per non essermi fatto gli affari miei.-
Lei mi guarda con sufficienza e io non posso fare a meno di osservarle i capelli e il volto. Volto rosso di freddo e capelli completamente appiccicati; domanda: come può uno non ridere davanti a una vista del genere? Risposta: con tanta forza di volontà. Che a quanto pare a me manca, visto che inizio a ridere senza riserve e senza quasi rendermene conto; la cosa la fa infuriare e non poco e diventa ancora più rossa, con la conseguenza che io inizio a ridere più forte. Non mi accorgo che è sparita dal corridoio finché non sento una porta sbattere violentemente: quella del bagno di sopra.
Sono senza speranze.
 
POV Beth.
 
Ignobile essere umano. Come si permette? So benissimo che non devo essere al massimo dello splendore in questo momento, e anzi ridicola a livelli inimmaginabili, ma un minimo di rispetto! Piuttosto mettiti a ridere quando me ne sono andata!
-Prima o poi lo uccido- mormoro mentre attacco le casse alla presa del bagno e parte “Corrupted” dei McFly. Apro l’acqua della vasca e aspetto che si riempia, nel mentre tento un training autogeno per evitare di assalire a colpi di mattarello l’ilare riccio. Poi mi immergo nella vasca cercando di rilassarmi.
 
 


-BETH! BETH RISPONDI! TUTTO OK? MI SENTI? TI SERVE AIUTO? SEI STATA MALE? Oh mio Dio, mi è morta nella vasca. BETH! PER LA MISERIA! ELIZABETH!-
-Ma cosa cazzo succede?- mi domando mentre mi sveglio di soprassalto dal mio sonno ristoratore. Mi guardo in giro, cercando di mettere a fuoco la stanza. Ops. Mi sono addormentata nella vasca.
-BETH, CAZZO!- continuo a sentire qualcuno urlare mentre prende a calci la porta.
-Ci sono, Harry! Non provare a sfondare la porta o io ti sfondo la testa!- urlo, impaurita che potesse irrompere nel bagno.
-Cazzo, sei idiota? Mi hai fatto prendere un accidente! Sei lì dentro da un’ora!- urla semi arrabbiato.
-Sì lo so. Cioè non lo sapevo, adesso lo so. Mi sono addormentata! E comunque modera i termini signorino!-
-“Modera i termini signorino”? Non sono mica tuo figlio! E poi vuoi uscire da lì o dobbiamo continuare a urlarci contro attraverso una porta?!-
-Ok, sto uscendo. Rilassati.- dico esasperata.
Poi mi accorgo di un piccolo, minuscolo, insignificante dettaglio. Non ho il pigiama.
-Harry… Vattene giù.-
-No, vorrei parlarti e chiederti scusa per prima.-
-Ok, puoi farlo dopo. Ora scendi.-
-No, ti aspetto qui. Dai esci.-
-Non ho il pigiama, non posso uscire…- dico innervosendomi.
-Dimmi dov’è che te lo prendo!-
-Non esiste che tu entri nella mia stanza e frughi tra le mie cose. SCENDI!-
-Per l’amor del cielo! Vado, sto andando!- esclama finalmente.
-Grazie!-
Cribbio che ragazzo insistente. Apro la porta del bagno, sgattaiolo fuori, guardando prima a destra e poi a sinistra e corro verso la stanza da letto. Appunto per la sottoscritta: asciugarsi i piedi prima di correre per la casa.
-OH PORCA TROIA, IL DOLORE!- esclamo, in preda agli spasmi e completamente spalmata sul pavimento.
Sento qualcuno che corre su per le scale.
-Che è successo?- chiede Harry, arrivando quasi in cima.
-Niente! Muto e fermo! Non venire fin qui o ti spacco…- troppo tardi.
Risate. Fragorose risate. Trionfanti e sardoniche risate. È la volta buona che lo uccido.
 
-Smettila di ridere, Harry.- dico pazientemente, mentre sono seduta su una sedia in cucina con del ghiaccio sopra il ginocchio. Anche se l’ultimo goccio della mia pazienza se n’è andato insieme al ginocchio.
-Smettila, perché ti faccio secco.-
-Ok, ok la smetto. Ma eri cosi buffa!- e ancora risate, su risate –Cioè eri completamente distesa sul pavimento a pancia in giù! Ma chi è così idiota da correre in giro per casa tutto bagnato?!- dice asciugandosi le lacrime.
-Molto compassionevole, grazie.-
-Ok, basta. Ora mi riprendo. E per scusarmi dell’intera giornata cucino io. I Sofficini vanno bene?-
-E meno male che dovevi cucinare.- dico roteando gli occhi– Comunque sì, fai quello che vuoi basta che stai zitto.-
Cerco di distrarmi dal disastro che sta combinando pensando a cosa ha portato di positivo la giornata: quando sarò ricca e famosa, e mi chiederanno “qual è stato il tuo momento più imbarazzante?” io, fiera, potrò rispondere “quando il figlio del mio compagno, nonché quasi coetaneo, mi ha aiutato a mettermi in pigiama, dopo essermi fatta una caduta in pieno stile”. Che classe.
Ok, meglio distrarsi con un po’ di tv. Arraffo il telecomando e accendo la tv della cucina, mentre i sofficini sono pronti. Alzo il volume a decibel indecenti, in modo che ad Harry passi il messaggio “non provare nemmeno a parlarmi”. E funziona, perché passiamo tutta la cena in completo silenzio.
-Ti va un film?- interrompe la quiete Harry.
-Basta che sia un cartone della Disney.-
-Andata.-
Ci dirigiamo in salotto, io molto molto lentamente per evitare ricadute, ma soprattutto per evitare che il mio ginocchio mi lanci maledizioni Cruciatus. Sceglie il cartone: il classico e intramontabile “il re leone”. Prego tutti i santi di questo mondo di farmi addormentare prima della morte di Mufasa, o addio a quel poco di dignità che mi resta. Anche se forse non me ne resta proprio niente.
Per una volta, i santi mi ascoltano e non appena finisce “il cerchio della vita” lentamente mi lascio andare alla comodità del divano. “Strano, me lo ricordavo più comodo” penso a un passo dal coma.
 
POV Harry.
 
Si è addormentata. Su di me. Si è davvero addormentata su di me. Mi giro cercando di muovermi il meno possibile e la guardo.
Osservandola si notano un sacco di cose particolari: per esempio che ha una perenne ruga del’espressione sulla fronte, tra i due occhi. Oppure che tiene il labbro inferiore tra i denti, e così le si formano numerose fossette sul mento. O che ha una sopracciglia più lunga dell’altra. Nonostante stia dormendo profondamente tiene i pugni serrati a tal punto che le nocche le diventano bianche mentre si evidenziano le vene sul dorso della mano, quasi a voler combattere contro qualcosa. E, dopo oggi, credo di aver capito cosa.
Per fortuna si è addormentata all’inizio del cartone, o avrei dovuto spiegare come mai ero diventato allergico alla polvere proprio nel momento in cui Simba cerca di risvegliare il padre.
Le scosto una ciocca di capelli e sorride, mentre tutta la tensione che ha tra le mani, la bocca e la fronte scompare. È rilassata, tranquilla, sembra completamente un’altra persona: non la schizzata che esce di casa per due ore mentre c’è il temporale, o quella goffa che inciampa nei suoi stessi piedi.
E per un breve, rapido, ed effimero istante invidio mio padre, perché si addormenta ogni notte di fianco a tutto questo.
Con questo pensiero terrorizzante mi lascio andare alla stanchezza di questa lunga giornata.

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Capitolo 6
*** Pesto ***


Nnhg. Nnnnhg. Nnnnnnnhg.
Ma perché tutte a me? Cosa ho fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi questo?
Maledetta me e la mia innata indole alla socievolezza.
Sono cinque ore, CINQUE interminabili ore che Niall continua a parlare ininterrottamente con la sottoscritta. No aspetta, qualche interruzione la fa: giusto per ingoiare delle caramelle, patatine, o un boccone del suo panino.
L’equazione è semplice: mettete Niall in un salotto, con tanta voglia di parlare e mangiare e otterrete un mal di testa a livelli critici.
E io che pensavo di trascorrere la giornata in tranquillità conoscendo gli amichetti di Harry. A sto punto forse era meglio partecipare alla gita padre-figlio.
Sì perché gli Styles hanno deciso di rafforzare il loro legame durante la domenica, andando per boschi e accampandosi mentre ruttano, puzzano e chissà che altro. Avrei declinato l’invito se solo mi avessero chiesto di andare con loro, invece sembra che non è nemmeno passato nel loro cervellino l’idea di portarmi.
E io per ripicca ho chiamato Niall: “Niall che ne dici di passare un paio d’ore insieme? Vedrai che ci divertiamo e intanto ci conosciamo meglio!” gli avevo chiesto contenta. “Sì, che bella idea! Passo io a fare la spesa” aveva risposto.
Mi ero pure chiesta a cosa gli servisse fare la spesa per chiacchierare.
Che ingenua.
-Quindi io gli ho detto che non mi sembrava giusto mettere prima la vaniglia e poi il cioccolato, perché poi il bianco si sarebbe sporcato di marrone e io non gradisco quando i gusti del gelato si mischiano tra di loro…-
-Ma davvero? Che dolce…!- ribadisco non sapendo assolutamente di cosa stia parlando il biondo.
-Eh?! Ma mi stai ascoltando? No, non vorrei averti annoiato con le mie chiacchiere…-
-Ma cosa dici? Sei venuto qui così ci potessimo conoscere meglio è così è stato! So il colore naturale dei tuoi capelli, il soprannome che ti dava il nonno di tua madre da piccolo, qual è il tuo rumore preferito e persino i nomi dei tuoi 15 cugini! Cosa potevo volere di più?- gli chiedo sperando capisca il messaggio.
-Ah, ottimo! Mi fa piacere, anche perché i 15 cugini erano da parte di mia mamma, poi ci sono 7 cugini da parte di papà che però non vedo spesso, perché devi sapere che quando ero piccolo…-
-Niall!- urlo esasperata.
-Che c’è?- mi chiede spaventato.
-Mi sono dimenticata una cosa, che dovevo fare, prima che torni Phil sai, e lui tornerà tra un paio d’ore quindi se non ti dispiace…- tento cercando di calmarmi.
-Ah, sì ma certo!Non ti preoccupare, tanto possiamo continuare la nostra chiacchierata un’altra volta!- mi dice sorridente.
Evviva.
Però, lo ammetto, ha un sorriso contagioso e quindi non posso fare a meno di sorridere anch’io e sbilanciarmi in un abbraccio. E – wow- che abbraccio. Un orso non saprebbe abbracciare meglio. Mi stampa un bacio in fronte e se ne va.
Io mi fiondo in cucina per prendermi dell’ibuprofene e vado a letto aspettando la mia metà.
 
-Beth… Betty Beth! Bettiloo! Sveglia sveglia!-
-E che cazzo- mugolo aprendo gli occhi.
-Contessa!- esplode Phil tutto contento, mentre mi bacia. Ci metterei la firma per un risveglio così ogni mattina.
Mi sollevo guardandolo, poi sposto lo sguardo sull’orologio: non è mattina. Mi devo essere appisolata solo un paio d’ore mentre lo aspettavo. E dov’è la novità? Guardo meglio Phil e con orrore noto che ha terra, fango, erba -e chi più ne ha più ne metta- dappertutto.
-E che schifo, Phil! Ma che avete fatto oggi? La lotta nella merda?- chiedo sincera.
-Ahah, ma no! Ci stavamo avventurando nel bosco, quando improvvisamente ci accorgiamo che è tale e quale il set di Rambo II e puf! Il fanciullo che è in noi si è fatto sentire! Tre ore e quaranta minuti di vera e propria lotta strategica come solo Sylvester  Stallone poteva insegnarci. Divertente vero?- esclama tutto eccitato.
-Esilarante. Ora vai in doccia, io vado a preparare la cena.- gli dico smontandolo.
Scendo le scale, augurandomi che il figliol prodigo non sia in cucina.
Appunto. È seduto al bancone.
Sono un po’a disagio, è da venerdì mattina che evitiamo gli sguardi; insomma, abbiamo avuto un risveglio abbastanza imbarazzante, accoccolati come due bruchi sul divano dopo essere crollati durante “il re leone”. Come ho già detto, imbarazzante.
Entro in cucina cercando di essere più naturale possibile e guardando fissa la televisione: quasi mi ammazzo contro una sedia.
Naturale è stato naturale.
Una risata soffocata parte da Harry.
-Com’è che ogni volta che ci sono io intorno inciampi in qualcosa?- mi chiede simpaticamente.
-Non crederti così importante del mio equilibrio. Io sono goffa da quando ero nella pancia della mia mamma.- gli comunico evitando qualsiasi contatto visivo e avvicinandomi al frigorifero.
Harry scende dal bancone e si avvicina.
-Cosa prepariamo di buono stasera?- mi chiede.
-IO preparo la pasta al pesto, TU fai quello che vuoi. Il NOI non esiste.-
-Miao- fa il verso del gatto aiutandosi con la mano –Come siamo graffianti stasera! Ciclo in arrivo?- mi chiede sorridente.
-No. E un uomo che parla di ciclo con tutta tranquillità è peggio del ciclo stesso.- gli dico continuando a dargli le spalle.
- Come siamo scorbutiche, dai ti aiuto a cucinare. Sarà divertente!- continua ancora sorridente.
-L’ultima cosa “divertente” successa in questa casa è stato il monologo di cinque ore del tuo amico Niall. Quindi non so quanto questo possa invogliarmi a cucinare con te; ma io sono un’anima buona, pia e disponibile quindi cucineremo insieme, se e solo se ti levi quel sorriso da idiota che hai stampato in faccia.-
-E Harry vince! Allora, dove la metto la pasta?-
-Da nessuna parte, prima dobbiamo…-
-E ora chi sta usando il “NOI”, uh?- mi interrompe facendo l’occhiolino.
Gli lancio un’occhiata d’odio puro e continuo.
-Prima DEVI riempire la pentola d’acqua calda e metterla sul fornello. Poi IO penserò alla pasta.- gli ordino.
Con un’allegria fuori dal contesto si accinge a prendere una pentola e metterla sotto l’acqua.
-Harry, misericordia. Quella pentola è per cucinare le bistecche! Ma non vedi che è piatta?!- gli chiedo esasperata.
-E io come faccio a saperlo se tu non me lo dici?!-
Senza speranze.
Per bontà divina, Harold riesce a mettere su una pentola d’acqua adeguata e io tiro fuori il pesto genovese senz’aglio dal frigo.
-Bleah!- urla il coso facendomi sobbalzare. –Cos’è quella cosa?!-
-Qualcuno si è specchiato in un cucchiaio?- domando stronza chiudendo il frigo.
-Che cos..? Ah-Ah divertente. Simpatica davvero. Cos’è quella cosa che hai in mano????!-
Ma ci è o ci fa?
-Ma sei scemo? È pesto!-
-Io non lo mangio. È color verde vomito!- dice come un bambino.
-Oh, ma ti prego. Lo hai mai assaggiato? È una delle cose più buone mai create dagli italiani. Avanti vieni qui.- gli dico facendo cenno con la mano di avvicinarsi e prendendo un cucchiaio.
Si avvicina titubante.
-Non ti voglio uccidere, Harry. Non con un cucchiaio almeno.-
Fa una smorfia di disapprovazione, io apro il contenitore e prendo una piccola quantità di sugo. Poi mi fermo a mezz’aria con la mano aspettando che Harry si decida a prendere il cucchiaio. Cosa che non fa e non accenna a fare.
-Eh dai, Harry. Provalo almeno prima di dire che fa schifo!-
Si avvicina ma ancora non prende in mano il cucchiaio. Vuole fare come un bambino? Bene, come tale verrà trattato. Con la mano libera gli afferro il mento cercando di aprirgli la bocca, il suo sguardo si sposta dal cucchiaio al mio viso e i suoi occhi trasmettono un misto di terrore e… qualcos’altro, che non riesco a identificare.
Gli avvicino il cucchiaio alla bocca con velocità, ma lui mi afferra la mano per rallentarmi e spontaneamente assaggia il pesto.
Secondi interminabili dove temo che mi vomiti addosso il tutto.
E nonostante il terrore, non riesco a distogliere lo sguardo da quelle sfere smeraldo.
Poi piano piano il volto di Harry cambia espressione e si apre in un sorriso che rivela due fossette ai lati della bocca.
-È buonissimo!- esclama eccitato, mentre io mi allontano da lui.
-E che ti avevo detto?- gli dico, anch’io un pizzico eccitata.
-Ti amo pist!- cerca di dire in italiano.
Io scoppio a ridere, e la faccia confusa che fa subito dopo, mi fa ridere ancora di più. Rido di gusto, come poche volte nella mia vita.
 
POV Harry.
Rimango quasi incantato. Non l’ho mai vista ridere così ed è una risata che ti investe completamente, una risata che quasi ti scalda il cuore e ti fa venir voglia di ridere per il resto della vita.
Una bella risata insomma.
Si asciuga le lacrime agli occhi mentre mi dice:
-Si dice pesto, non pist, idiota!-
Continua a ridere, e mi metto a ridere anche io, anche se non ho capito la differenza tra quello che ha detto lei e quello che ho detto io.
Dopo qualche minuto si calma, e poi riprende il discorso.
-Forza, prova a dirlo: P-e-s-t-o. E, non I.-
-Pest.- provo.
-O. pest-O.-
-Pest Ow.- tento ancora.
-Ci sei quasi, bravo!- mi sorride sinceramente, e credo sia la prima volta che mi sorride.
Poi le viene un altro attacco di ridarella e si lascia cadere sul pavimento quasi soffocata dalle risate.
 
Dieci minuti dopo, il rumore dell’acqua che bolle riesce a farla riprendere. Si alza di scatto dal pavimento prende il sale, la pasta e butta tutto nella pentola, mentre si asciuga per l’ennesima volta le lacrime agli occhi.
Dieci minuti.
Dieci minuti in cui ha riso senza pietà. Ridendo e piangendo.
Dieci minuti in cui non ho potuto fare a meno di fissarla.
Dieci minuti in cui i miei pensieri sono passati da “questa è pazza, nessuno ride per così tanto” a “voglio essere il motivo del suo sorriso per sempre”.
Sto impazzendo.
Stasera esco con i ragazzi, ho bisogno di una donna che mi faccia distrarre o qua finisce male.
 
La cena procede tranquillamente, se non fosse per gli sguardi complici che si lanciano di continuo i due piccioncini e che mi colpiscono allo stomaco come un pugno. Dev’essere per il disgusto che provo nel vedere mio padre con una donna che non sia mia madre, non c’è altra spiegazione.
Peccato per il fatto che io mio padre neanche lo vedo, visto che non riesco a distogliere lo sguardo da Beth.
Mi alzo di scatto facendo strusciare la sedia e facendo scattare anche i due.
-Stasera esco, non aspettatemi alzati.- ma che cazz?
Evito di pensare alla frase senza senso appena uscita dalla mia bocca e vado a prepararmi.
Alle 11, uno squillo sul cellulare da parte di Louis mi avverte che è arrivato da me, mi metto le scarpe ed esco dalla stanza.
Mi avvio verso la porta e vedo in cucina Beth mentre si prepara la sua tisana della buonanotte. Mi viene da sorridere vedendola nel suo pigiama antistupro, ma cerco di contenermi e faccio per andarmene quando mi richiama.
-Ehi Harry!-
-Dimmi-
-Divertiti stasera, ma non spezzare troppi cuori- mi dice con un sorriso.
-Non capisco cosa te ne frega di quello che faccio o non faccio fuori da questa casa.- le dico innervosendomi nel giro di trenta secondi.
-Wow, Harry. Stai tranquillo, dicevo così per dire! Che ti è preso?- mi chiede sorpresa dalla mia risposta.
-Niente, ok? Voglio solo andarmene affanculo fuori da questa casa! Così almeno per una sera posso evitarmi di sentire i gemiti che arrivano dalla vostra camera da letto. E magari stasera sarete voi quelli che sentirete rumori molesti perché vorrei trovarmi una ragazza, una bella ragazza:  bionda alta e con un fisico da modella, da portarmi a letto per scoparmela fino a quando ho le forze. Ti dispiace?- sbotto. Ormai non sono più innervosito. Sono completamente furioso, senza sapere perché.
O forse lo so il perché.
Meno di una settimana che sono in questa casa e mi sento come una calamita, attratto da lei.
Lei che è costantemente per terra, per un motivo o per l’altro.
Lei che visita il padre nonostante sia trattata come una merda.
Lei che è sempre acida e scontrosa, ma che ha un sorriso in grado di spaccare in due un cuore.
Lei che ha una risata così potente da invaderti il corpo.
Lei che ha una bellezza nascosta dietro pigiami di tre taglie più grandi.
Lei che ti entra dentro senza che tu te ne accorga.
Lei che è stronza e vendicativa.
Lei che è incapace di minacciare.
Lei che è in grado di addormentarsi ovunque.
Lei che ha rovinato la mia famiglia, e che dovrei odiare con tutto me stesso.
Lei che deve avere sempre l’ultima parola in ogni litigio.
Lei che è sprecata per un uomo di 50 anni, e che dovrebbe vivere l’amore con un suo coetaneo.
O forse il mi nervosismo è per la pasta mal digerita.
Durante tutto questo mio pensare non riesco a smettere di fissare i suoi occhi, occhi color nocciola. Banali a prima vista; occhi che però sono offesi e addolorati da tutto quello che ho appena sputato fuori dalla bocca.
Senza dire altro mi volto, cammino verso la porta di casa, la apro e la brezza gelida di ottobre mi investe quasi come se fosse una vendetta per tutto quello che ho appena detto. Chiudo la porta con tutta la forza che ho e mi dirigo verso la macchina di Lou.
 
POV Beth.
Com’è il detto? Ferisce più la lingua che la spada?
Alcune parole sono talmente taglienti che ti chiedi se forse non è meglio una coltellata al cuore.
Sarebbe più facile da sopportare.
Come dicono The Wanted: if heartache was a physical pain I could face it.
Il dolore fisico si può sopportare.
Quello che invece ti colpisce al petto, un po’ meno.
Non so quale sia la cosa che fa più male.
Il fatto che l’ideale di bellezza di Harry sia alta-bionda-fisicata.
Il fatto che io non possa essere il suo ideale di bellezza.
O forse la cosa che fa più male è che mi importa quale sia il suo ideale.
Il microonde mi avvisa che la mia tisana è pronta, e che devo evitare di sprecare del tempo pensando a qualcuno che ti schifa. Prendo la mia tazza e mi dirigo al piano di sopra, dove so per certo che mi aspetta uno Styles incapace di distruggermi con delle parole.
 
Mi scuso per il ritardo, per farmi perdonare domani pubblico un altro capitolo, o se vi va anche stasera!
Enjoy my story.

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Capitolo 7
*** Almost ***


Stamattina sembra che le posate facciano più rumore del solito. Sarà per il silenzio assordante che aleggia in cucina, o forse perché sono talmente assonnata da avere l’udito super sviluppato.
Il giovane Styles aveva ragione, i suoi rumori molesti non mi hanno fatto chiudere occhio tutta la notte. Probabilmente si è trovato una cantante lirica da portarsi a casa perché ha raggiunto note che non sapevo neanche esistessero.
Phil mi fissa preoccupato, mentre io guardo in trance il mio cappuccino continuando a girarlo con il cucchiaio.
-Tutto a posto?- mi chiede.
-Sì! Certo, tutto benissimo grazie.- rispondo con troppa rapidità.
-Ok... Io vado al lavoro! Oggi sapremo se parto per una settimana oppure no. Incrocia le dita per me!- dice sorridente.
Ma chi riesce a sorridere alle 7 di mattina?!
Mi bacia e se ne va. Lasciandomi da sola. Da sola con quell’animale nell’altra stanza.
Torno al mio cappuccino, senza la minima voglia di berlo. Mi alzo per mettere la tazza nel lavandino, quando dalla porta entra la ragazza più bella che io abbia mai visto.
Alta, molto alta; un vestito nero senza spalline le stringe il corpo che probabilmente ha 0% di massa grassa; gambe chilometriche che finiscono in un paio di tacco 12 nere; capelli biondo platino -palesemente tinti- gli ricadono su una spalla; seno di almeno due taglie più grandi del mio; occhi blu contornati da eyeliner azzurro.
Una topa da paura insomma.
Io ho il mio solito pigiama: pantaloncini di Snoopy e maglietta extra large blu. Capelli disastro e neanche un filo di fondotinta.
Un mostro insomma.
Ma quella fuori luogo in una cucina alle 7 di un lunedì mattina non sono certo io.
-Ehm buongiorno- dico educatamente.
-Tesoro hai del caffè? Devo scappare al lavoro, senza caffè rischio di addormentarmi in ufficio. Stanotte non ho proprio chiuso occhio- mi dice con un sorrisetto malizioso.
-Mi chiedo come mai. Comunque non sono una barista, in fondo alla via c’è un Caffè Nero, puoi berti lì il tuo.- le dico con un sorriso molto –molto- tirato. Non sopporto chi A. non saluta B. chiede caffè in casa di sconosciuti senza aver soddisfatto il punto A. e C. è palesemente una dea del sesso anche di prima mattina. Per giunta di lunedì.
È contro natura. Illegale.
-Tesoro, dovresti scopare di più. Toglie di dosso l’acidità, sai?-
-Ma brutta tro…-
-Avete finito di parlare?! C’è qualcuno che vuole dormire qui.- entra in cucina con tutto il suo splendore Harold Styles, che a quanto pare ha dimenticato che, di norma, non si va in giro mezzi nudi.
-Buongiorno- continua baciando sulla bocca la biondina gallina.
Voglio vomitare.
Poi mi lancia uno sguardo di… sfida? Prende il caffè dalla moka, ne versa un poco in una tazza e la allunga alla sua amichetta.
Che scena da diabete.
Trattengo un conato ed esco dalla cucina per andarmi a vestire.
Mi vesto e trucco alla bell’e meglio, afferro la borsa e torno giù.
Davanti alla porta della cucina c’è Harry. Da solo.
-Bè? L’hai già buttata fuori?- chiedo senza un vero interesse. O forse sì.
-Ti piacerebbe? No, in realtà è tornata in camera per il secondo round. O forse dovrei dire quarto?- sorride strafottente.
Non gli rispondo neanche ed esco dalla porta. Mi porto le cuffie dell’ iPod alle orecchie e lo faccio partire.
Inizia ‘bella senz’anima’ di Cocciante. Manco a farlo apposta.
Mentre mi incammino verso la metro noto una parrucca bionda familiare in equilibrio su dei trampoli neri, che esce dal baretto che le ho indicato prima. Ma quanto cavolo di caffè ha bisogno quella cavalla?!
Che poi non stava mica facendo il round numero quattro con il coso? Decido di disinteressarmi della bionda figa che farebbe sentire inferiore anche Vanessa Incontrada e vado al lavoro.
 
POV Harry.
Meglio alzarmi dal letto, tanto sembra che il sonno non mi voglia venire a visitare neanche per sbaglio.
Magari riesco ad addormentarmi guardando la tv.
Odio non riuscire a dormire. E odio ancora di più non riuscire a dormire perché so di aver detto una bugia, per quanto piccola e idiota possa essere.
Ok, potevo evitarmi la storia del quarto round.
Non so perché l’ho detto, o forse lo so, ma preferisco evitare di pensarci.
Non esiste che io sia attratto dalla ragazza di mio padre.
Non è nemmeno il mio tipo di ragazza.
Il mio tipo è come Kelsey.
Probabilmente quello che sentivo ieri era dovuto a mancanza da sesso. Ovvio.
Mentre cerco di districarmi dal casino che ho in testa, dovuto all’alcool -ma non solo- sento la porta di casa aprirsi e chiudersi; realizzo che dev’essere Beth tornata dal lavoro e sento come se il cuore abbia saltato un battito.
Maledizione.
La sento avviarsi nel corridoio finché non spunta in salotto, dove intanto mi sono seduto sul divano.
Sembra sorpresa nel vedermi.
-Che ci fai già in piedi?- mi domanda curiosa. –Sono solo le tre e mezza.-
-Lo so, ma ho dormito stamattina.- rispondo senza emozione. Bugia numero 2. Vai così Harry!
- Ok… Io devo scrivere un po’ di relazioni, ti dispiace lasciarmi il salotto?-
-Veramente sì, stavo guardando una cosa.-
-Con la tv spenta?- mi chiede con un sopracciglio alzato.
-L’ho appena spenta, ora la riaccendo.- prendo il telecomando, accendo la tv che si sintonizza su una stupida telenovela spagnola. È il karma che mi dice che tre bugie in un giorno sono troppe?
-Non sapevo ti piacessero questi programmi- dice divertita.
Faccio una smorfia e cambio canale.
-Puoi almeno metterti le cuffie? Grazie.- mi dice senza guardarmi mentre appoggia tutte le sue cose sul tavolo in salotto dove c’è già sopra il pc, poi sale in camera.
Ritorna circa dieci minuti dopo con un pantalone della tuta nero, una maglietta bianca e una felpa rossa con la zip aperta. Sorrido per quel curioso abbinamento di colori.
-Perché ridi?-
-Non sto ridendo, sto sorridendo.- rispondo girandomi verso la televisione ed evitando la domanda.
Non so nemmeno di cosa parla il film, non riesco a seguire più di due battute senza girarmi a guardarla.
I capelli in una coda di cavallo alta, volto concentrato e mani che scrivono veloci sulla tastiera del pc. Ogni tanto si ferma e si tocca nervosamente i capelli come in cerca di un’illuminazione divina, e quando le viene, sorride tra sé e sé per poi tornare a scrivere più veloce di prima.
Uno spettacolo.
A un tratto alza lo sguardo talmente velocemente che non riesco a spostare il mio e mi becca in pieno mentre la scruto.
Però non commenta, non sorride, non fa risate sarcastiche. Sta in silenzio e mi fissa anche lei, come se mi volesse dire qualcosa.
Il mio fiato, a un tratto, si smorza.
 
POV Beth.
È da mezz’ora che mi sento costantemente sotto osservazione, e finalmente ne ho avuto la prova.
Non sono impazzita, non del tutto.
Harry continua a fissarmi, e ogni volta che mi fissa mi sento giudicata, come se volesse criticare tutto i gesti che faccio.
È estenuante.
Così finalmente l’ho beccato: sono pronta a dirgliene quattro, ma poi mi perdo, letteralmente, nei suoi occhi. Sono sempre stata una ragazza amante dell’uomo con occhi neri o nocciola perché li ritengo intensi e misteriosi, ma il verde di Harry sono intensi e misteriosi allo stesso modo.
Quando li guardi ti trovi a metà strada tra “sei un libro aperto, i tuoi occhi dicono tutto” e “quegli occhi sono una barriera impenetrabile, impossibile capire cosa c’è dietro”: è frustrante.
Sono abituata a capire le persone, sono brava a capire le persone. Invece con Harry non appena credo di capire com’è fatto, eccolo che mi dimostra che è l’esatto opposto.
Al contrario, quando lui ti guarda, ti osserva, ti scruta, sembra stia leggendo il fondo della tua anima, la parte più nascosta e segreta.
Questo mi mette ansia e panico, sinceramente.
Decido che è il caso di prendere un bicchiere d’acqua, distolgo lo sguardo dal suo e mi alzo dalla sedia correndo in cucina. Mi appoggio al lavello della cucina prendendo dei respiri profondi e cercando di tranquillizzarmi.
Ma che cavolo mi succede?
Prendo un bicchiere e lo riempio d’acqua quando sento Harry entrare in cucina.
Mi giro cercando di essere più tranquilla e naturale possibile. Ma la cosa diventa difficile, dal momento che Harry inizia ad avvicinarsi.
Mi prende il bicchiere dalle mani e lo appoggia sul bancone della cucina. Per poi intrappolarmi tra le sue mani: una a destra e una a sinistra, mentre io sono completamente bloccata tra lui e il lavandino.
Situazione spiacevole, ma neanche tanto.
È così simile al padre, ma allo stesso tempo così diverso.
Hanno due bellezze diverse: Phil è un uomo, un uomo vissuto, le rughe intorno agli occhi non lo rendono vecchio, ma estremamente bello e affascinante. Harry invece è un ragazzo, ha gli occhi talmente verdi che sembrano quelli di un bambino, sembrano occhi che non hanno mai visto niente di sbagliato, malvagio o impuro.
Poi però vedi lo sguardo che hanno quegli occhi e capisci che in realtà sono degli occhi che hanno visto posti, luoghi, persone e cose che alcuni mai riusciranno a vedere nella loro vita.
Occhi che trasmettono esperienza.
Occhi che attirano come se fossero una calamita; ma non mi attirano da loro, mi attirano verso le sue labbra.
Maledizione.
Situazione spiacevole, ed estremamente piacevole allo stesso tempo.
-Ha-hai sete?- gli chiedo cercando un modo per uscire da quel blocco situazionale e corporeo.
-Non proprio, no.- mi risponde incollando lo sguardo su di me.
Poi lo vedo che si abbassa, si sta chinando su di me. E io ho visto abbastanza film da sapere esattamente quello che sta succedendo; devo impedirlo, ma non sono sicura di volerlo.
Le mie mani si muovono automaticamente, andando ad appoggiarsi su i suoi fianchi.
Poso lo sguardo sulle sue labbra, che sono pericolosamente vicine alle mie.
Talmente vicine che sento il suo respiro, e il suo battito.
Ma poi la visione della stratopa bionda mi balza alla mente facendomi scattare e spingendo Harry in avanti cercando di evitare qualsiasi contatto con lui.
Harry mi guarda confuso.
Nello stesso momento Phil entra in casa.
-Famiglia! Indovinate chi andrà una settimana a NYC con il dottor Carter?!-
 
 
Come promesso subito il nuovo capitolo!
Ringrazio ancora chi segue la storia, chi l’ha messa tra le preferite e chi la legge silenziosamente!
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 8
*** Changes ***


Un Phil al settimo cielo entra in cucina, senza notare la tensione nell’aria, talmente pesante da poter essere tagliata con un cucchiaino.
-Ragazzi! Avete capito? Partirò per una settimana! NYC mi aspetta, non siete felici?-
-Ehi, amore. Wow congratulazioni, sono felice per te- dico avvicinandomi a Phil per abbracciarlo.
-Sì, congratulazioni Phil. Io, ehm, torno in sala- gli dice Harry passandogli accanto e dandogli una pacca sulla spalla, guardandomi per tutto il tempo.
-Ma che gli prende?- mi chiede Phil.
-Dev’essere ancora mezzo stanco, stanotte ha fatto tardi. Ehi io vado a farmi un bagno- gli dico accarezzandogli una guancia e fissando gli occhi color pece che mi scrutano,in cerca di una risposta più esaustiva.
Salgo in camera, prendo un nuovo pigiama, la biancheria e vado in bagno.
L’acqua scorre, e così i milioni di pensieri che ho in testa.
Ma cosa diavolo stavo facendo?
Cosa diavolo stavo sentendo?
Com’è possibile che stavo quasi per baciare Harry?
Perché stavo quasi per baciare Harry?
E perché sento i brividi al solo pensiero?
Che cavolo sta succedendo?
Forse mi sta arrivando il ciclo e ho gli ormoni impazziti, che appena vedono un paio di ricci, due occhi destabilizzanti e un bel fisico si buttano a capofitto.
-Andiamo Beth riprenditi. Inspira, espira.- prendo il mio iPod e faccio partire a manetta i McFly a un volume così alto da non sentire più i pensieri. Mi immergo nella vasca e comincio a cantare.
 
POV Harry.
Tu. Tuu. Tuuu.
Clic.
-Haz?-
-Ciao Lou. Ho bisogno di parlarti, trenta minuti sono sotto casa nostra.-
Clic.
Non aspetto nemmeno che mi risponda, ho bisogno del mio migliore amico, ho bisogno che mi guarisca.
 
-Harry, si può sapere che ti prende? Dai entra. Dio, hai quasi gli occhi fuori dalle orbite!- mi accoglie sfacciato il mio amico.
-Ho quasi baciato Beth- rispondo portandomi entrambe le mani a coprirmi il naso e la bocca.
-Cazzo-
-Lou, devi aiutarmi non sto capendo più niente. Mi sembra di essere impazzito. Passo una delle notti più infuocate della mia vita con una ragazza bella come poche, e tutto a quello che penso è “spero che Beth mi senta”. Bacio la stessa ragazza, e penso “Spero dia fastidio a Beth”. Beth Beth Beth. Non riesco a pensare ad altro. Cristo santo.- quasi vado in iperventilazione e mi costringo a sedere per terra, in mezzo al corridoio della casa con cui condivido con Louis.
-Calma Haz! Porcaccia sei ridotto male. Per fortuna ci sono io, va. So esattamente cos’hai.- dice solenne.
Lo guardo con fare interrogatorio.
-Facci caso: ci pensi mentre sei a letto con un’altra, ci pensi quando baci un’altra, hai il cervello completamente in pappa e quasi la baci. È ovvio!-
Quasi temo quello che sta per dire.
-Vuoi scopartela!-
-Che cos?- ok, non era proprio quello che pensavo dicesse.
-Avanti Harry, è più che naturale. Tu sei giovane, lei è giovane. Tu sei bello e pieno di ormoni in subbuglio. Lei è -bè- decente, e probabilmente in ugual modo piena di ormoni.-
-Decente- ma che cazzo dice? Ma come si può descrivere una ragazza con il termine ‘decente’? Che cazzo è? Un compito scolastico?
-Sì, bè non è proprio un canone di bellezza Beth.-
Giuro che se non la smette gli spacco il naso.
-Louis che cazzo faccio adesso? Non posso andare a letto con lei. È la ragazza di mio padre!-
-E allora? Sei tu che volevi farli lasciare. Gioca sporco Haz, come solo noi uomini possiamo fare.-
-Tu sei malato.- ancora più confuso di prima esco di casa e torno da Phil.
Ma che diavolo è preso al mio amico? Andare a letto con Beth solo per farla uscire dalla vita della mia famiglia? Ma andiamo!
Se ci vado a letto non dev’essere per secondi fini.
Anche se, certo, salverei il matrimonio di mia madre.
Mio Dio, Harry, non ti ci mettere anche tu!
Ma che mi prende?
 
POV Beth.
Il bagno mi ha tranquillizzata, al punto che mi è venuta un’idea brillante per evitare di stare una settimana sola con Harry. Devo solo convincere Phil.
-Phil, amore possiamo parlare?-
-Dimmi, hai qualche domanda su NYC vero?-
-Sì, posso venire?-
-C-come?-
Mi avvicino al letto ancora avvolta nel mio asciugamano e mi siedo guardando Phil.
-Sì, insomma. Ci sarebbero problemi?-
-No-non lo so, non credo, dovrei sentire i colleghi che vengono con me.-
-E chi sono?- domando curiosa.
-Ehm…Bè…- inizia titubante.
-Phil…? C’è qualcosa che non mi hai detto?-non so perché ma ho un pessimo, pessimo presentimento.
-Bè, Anne, la madre di Harry è anche lei avvocato. E anche lei ha vinto la causa, per cui, sì insomma, probabilmente…-
Oh mio Dio.
-Stai scherzando?Ti prego Phil dimmi che è tutto uno scherzo. TU STARAI A NYC UNA SETTIMANA IN COMPAGNIA DI ANNE?!- respira Beth, respira o vai in iperventilazione e collassi.
-Forse? Sì. Scusa dovevo dirtelo prima ma non sapevo come! Ma non ti devi preoccupare, io amo te! Non succederà niente, Anne mi odia!-
Qualcuno mi tenga o gli stacco un braccio a morsi.
-PHIL! Quando pensavi di dirmelo?! Vivrai 24 ore su 24 ore con la tua ex in una delle città più eccitanti del mondo! Quella è la città che non dorme mai! E sai perché Phil? Lo sai? Perché scopano come ricci!-
-Non credo sia solo per questo…-
-Zitto! Cristo ho bisogno di fare un bagno-
-L’hai appena f…-
-ZITTO.-
Mi avvicino a falcate alla porta della camera, attraverso il corridoio e mi fiondo in bagno.
Se questa è la punizione per aver quasi baciato Harry, bè Karma: sei davvero stronzo.
 
Mi sono addormentata nella vasca. Di nuovo.
Mi sento come se mi avessero mescolato il cervello con un frullatore. Che sensazione della minchia.
Mi ri-avvolgo nell’accappatoio mentre mi osservo allo specchio. Poi lo sguardo mi cade sulla piccola agendina posta sopra il mobiletto in legno di fianco al lavandino.
E un fulmine mi attraversa il cervello.
Non mi ricordo l’ultima volta che mi è venuto il ciclo.
Forse è per questo che ultimamente sono così confusa e ormonale. Sto ovulando.
Afferro l’agendina e scorro le pagine fino a quando non trovo l’ultima M rossa che segnala il primo giorno di ciclo.
13 agosto.
Oggi è il 18 ottobre.
Oh porca merda.
Esco di corsa dal bagno, vado in camera, afferro la mia borsa e cerco il telefono; so che è tardi ma devo chiamare la mia ginecologa.
Tu. Tuu. Tuuu.
Rispondi, rispondi, rispondi.
Tu. Tuu. Tuuu.
Maledizione.
-Ufficio della dottoressa Amelia?-
Grazie Dio.
-Ciao Robin, sono Beth, Beth Stone! Vorrei prendere un appuntamento con la dottoressa il prima possibile. È molto urgente- dico agitata.
-Ehi, sì ma certo. Se vuoi c’è posto domani mattina, ma so che lavori…-
-No è perfetto, grazie a domani-.
Clic.
Inspira, espira.
Tranquilla Beth è solo un falso allarme.
Phil non è in camera, probabilmente è giù a cenare. Al solo pensiero di mangiare qualcosa, o di vedere la faccia di uno dei due Styles mi viene il vomito.
Ancora in accappatoio mi butto sotto le coperte e non appena metto la testa sopra il cuscino mi addormento.
 
-Allora Beth, cosa ti porta qui? È presto per l’esame annuale.-
-Sì, ecco credo di avere un ritardo. Cioè non “credo” ce l’ho. E vorrei sapere se significa qualcosa, sai negli ultimi anni ho avuto parecchi ritardi, se ti ricordi, quindi pensavo di fare anche un esame più approfondito, giusto per chiarire le cose.- le dico gesticolando agitatamente con le mani.
-Ok, dai allora facciamo questa visita, poi se riesco ti faccio anche gli esami più approfonditi oggi-
-Ok grazie-
Dio, se esisti abbi pietà di me. Non posso avere un bambino.
So di aver detto di volere la prova vivente di essermi fatta Phil Styles, ma stavo solo scherzando, era una battuta.
Ti prego la mia vita è troppo incasinata.
Troppo.
Grazie all’influenza della dottoressa riesco a fare tutto oggi, senza dover aspettare altri giorni in preda all’ansia.
-Ok, Beth. La radiografia era il tuo ultimo esame, manderemo i risultati in analisi e poi tra qualche giorno ti scriveremo per farti sapere tutto, va bene?-
-Grazie Amelia, sei la mia salvezza-
-Stai tranquilla e non ci pensare adesso, ciao tesoro-
Mi accompagna alla porta e mi saluta con un abbraccio.
Appena esco dalla clinica, mi scontro con un biondo.
-Niall?-
-Beth! Ma che è? Ti incontro sempre nei posti più… bè più…-
-Particolari- lo aiuto.
-Già sì credo si possano definire così… Ehm, buone notizie?- mi chiede titubante.
-Non saprei dirtelo sinceramente, ma ehi hai già mangiato? Ti posso offrire un panino?- chiedo sviando il discorso.
-Bè mangiato ho mangiato, ma un panino in più non mi farà male!- sorride.
Mi metto a ridere mentre lo prendo a braccetto e lo conduco al chiosco vicino alla clinica.
 
Appena torno a casa, decido di chiarire le cose con Phil, scusarmi per l’arrabbiatura di ieri e magari comunicargli anche il rischio che stiamo passando.
Ma forse quello può aspettare.
Lo chiamo sul cellulare, spiegandogli che mi dispiace, mi scuso per essermi arrabbiata e che sono davvero felice che lui abbia vinto la causa, anche se questo implica stare lontani miglia e miglia per una settimana.
Si scusa anche lui, mi perdona e torniamo amici -bè amanti- come prima.
E una situazione è risolta.
Ora devo solo convincere Harry a traslocare a casa sua per una settimana.
Non posso stare con lui 24 ore su 24 senza la presenza di Phil.
Non dopo quello che è successo.
O quasi successo.
Decido di affrontare la situazione a cena, per cercare un eventuale appoggio in Phil.
Mi schiarisco la voce.
-Harry- mi guarda immediatamente.
Cribbio avevo dimenticato quello sguardo.
-Credo sia meglio che tu torni a casa tua, almeno durante la settimana in cui Phil sarà a NY- dico decisa.
-Cosa? Perché?-
-Sì perché amore?- chiede anche Phil confuso.
-Perché non è casa sua, lui è venuto qua solamente per ritrovare un legame con te Phil, e se tu non ci sei non ha motivo di stare qua.- rischierebbe di instaurare un altro tipo di legame con un’altra persona.
-Assurdo, non sei mica tu a decidere! Non puoi sbattermi fuori casa! Questa casa non è tua- dice Harry.
Con lo sguardo invoco l’aiuto di Phil.
-Harry, Beth ha ragione, voglio dire… Puoi tornare qui quando sarò tornato da NY e riprendere da dove siamo rimasti che ne dici?-
-Dico che è uno schifo. Mi è passata la fame.- si asciuga la bocca con il tovagliolo, si alza ed esce dalla cucina.
Perché mi sento così da schifo?
 
 
 
 
“Questa è la segreteria telefonica di Elizabeth Stone, al momento sono impegnata e non posso rispondere al telefono. Lasciate un messaggio e sarete richiamati! Biiiip.”
-Beth, sono Amelia, la dottoressa Amelia. Sono arrivati i risultati degli esami e, bè credo sia il caso di passare in clinica, o chiamarmi. È piuttosto urgente. Forse è il caso di far venire il tuo compagno con te, non lo so. Insomma fatti viva. A presto.-
Clic.
Tu-tu-tu-tu.
 
 


Ehi! Capitolo noiosetto, lo so, ma mi serviva per introdurre un po’ di cose (:
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 9
*** Introspective ***


Note autore: come dice il titolo, il capitolo è introspettivo, quindi analisi dei sentimenti e del pensiero dei protagonisti.  Capitolo corto perché sto studiando per un esame e ho poco tempo. Se riesco aggiorno mercoledì!
Un GRAZIE particolare a Love13Blue che mi invoglia a continuare a scrivere! (:
Enjoy my story
B.
 
 


A quattro anni, da quello che ricordo, è stata la prima volta in cui ho giocato alla mamma. Avevo due figli.
A sette anni, i miei figli da due sono diventati tre.
A dieci anni, decisi che mia figlia si sarebbe chiamata Mara, costi quel che costi.
A quindici anni, ero certa che avrei avuto almeno quattro figli.
A sedici anni, decisi che i loro nomi sarebbero stati: Sophie, Lucia, Tom e Leonardo.
A diciotto anni, pregai più e più volte di non rimanere incinta dopo qualche nottata movimentata.
A venticinque anni, ho sognato un figlio che fosse bello almeno la metà di Phil.
A venticinque anni, ho scoperto di essere sterile.
 
Nella nostra società esistono corsi di preparazione per qualsiasi cosa: preparazione di torte, preparazione al parto, preparazione per sposarti, per adottare figli, per adottare animali, preparazione al lutto.
Quello che manca è la preparazione alla notizia peggiore che una donna possa ricevere.
“Non puoi avere figli”, “hai l’utero ostile”, “non sei fertile”, “forse il destino ha in serbo altro per te”.
Bè Signor Destino, posso chiederti cosa mai puoi avere in mente per me da rendermi incapace di avere figli biologicamente miei per il resto della vita?
Mi sposerò con Brad Pitt? Diventerò la donna più ricca sulla Terra? Riceverò il Nobel per la Pace?
Cosa cazzo può esserci di così grandioso nel mio destino da farmi rinunciare a ciò che le donne sono portare a fare naturalmente, da milioni di anni a questa parte?
-Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa: parlare, sfogarti, piangere, puoi chiamarmi. Sono disponibile lo sai Elizabeth?- mi dice la dottoressa Amelia; ma non ha capito che da quando ha pronunciato le fatidiche parole, non la sto più ascoltando.
Certo che ho bisogno di qualcosa.
Di un utero.
O di un destino diverso.
-Hai bisogno di sostegno per dirlo al tuo compagno?-
-NO.- rispondo rapidamente. -Scusi, volevo dire no, grazie. Ora è meglio che vada.- mi alzo dalla sedia e con molta lentezza mi avvio fuori dallo studio.
Nei film, in questi momenti, il meteo rispecchia lo stato d’animo della protagonista. Temporali, bufere e acquazzoni si sprecano, così che la protagonista possa piangere a testa alta.
Bene.
A Londra c’è un sole spacca-pietre che mai si è visto a fine ottobre.
Indosso gli occhiali da sole e con la sensazione di essere completamente vuota me ne torno a casa.
 
Dal vialetto si sentono le grida e gli schiamazzi delle famose direzioni. Ci mancava solo un party in casa.
Entro pregando di non essere sentita, in modo da potermi andare a nascondere sotto le coperte in camera per il resto dei miei giorni.
Sento come se mi avessero infilato una pietra pomice tra i due polmoni; un dolore atroce che si mescola con la mancanza di aria. Come se una mano stringesse i due polmoni, in modo che non possano gonfiarsi e far entrare l’aria. Poi è come se oltre ad avere la pietra pomice, avessi un mattone, di quelli arancioni con cui si costruivano le case una volta, posizionato al centro esatto dello stomaco. Che sta lì, e pesa. E ti attira verso terra. Ti viene voglia di abbandonarti al suolo e restarci finché anche tu non diventi parte del pavimento. Poi senti il dolore pungente alle dita. Ed è un campanello d’allarme, perché so, che quando sento il dolore alle dita delle mani, sto per scoppiare in un pianto liberatorio e doloroso.
Per cui cerco di raccogliere i pezzi della mia anima e andare di sopra, ma appare Harry.
-Ehi- gelido, come la fitta che provoca all’altezza del cuore.
-Ciao- stento a sentire io quello che è uscito dalla mia bocca, mi immagino lui che, infatti, fa una faccia stranita.
-Tutto ok?- il gelo è sparito dalla sua voce, per lasciare posto a… preoccupazione?
-Sì, certo. Tutto normale, tutto a posto- rispondo ancora con un velo di voce, senza guardarlo.
Solo quando sento la sua mano sul mio viso mi accorgo di aver cominciato a piangere. Sono solo due lacrime che mi solcano il viso e che scendono così lentamente che sembra che qualcuno abbia premuto il pulsante dello slow-motion.
Alzo lo sguardo e incrocio quei perfetti smeraldi che mi guardano terrorizzati.
Mi allontano di scatto e corro su per le scale, mentre la sua voce -Beth! BETH!- mi rincorre.
 
POV Harry.
Gli altri sono corsi in corridoio non appena mi hanno sentito urlare il suo nome.
-Che è successo? Dov’è Beth?- mi chiede Niall sorridente.
-Di sopra, è-è andata di sopra.- non so perché ma mi sento un nodo in gola che mi rende difficile deglutire.
-Tutto a posto?- dice Liam.
-Vorrei saperlo anch’io. È-è scappata. E piangeva.-
-Come piangeva? E tu non gli sei andato dietro per scoprire perché? Cazzo Harry- mi riprende Niall andando verso le scale.
-No, aspetta. Vado io.- deglutisco e mi faccio strada.
La porta della camera è chiusa, ma si sentono distintamente i singhiozzi che provengono da dentro. Ogni suo singhiozzo è un pugno al petto che sento. Fa male, e fa incazzare. L’istinto omicida si impossessa di me al pensiero che una persona l’abbia ridotta così. Chi cazzo si è permesso? Chi ha osato farla piangere? Chi ha reso i suoi occhi vuoti e disperati, quando un tempo erano pieni di energia?
Busso piano alla porta.
-Vai via- sento che mi dice tra i singhiozzi.
Ignoro la sua richiesta ed entro, piano piano, richiudendo la porta dietro di me.
È seduta sul letto, con le spalle alla porta e guarda fuori dalla finestra.
Mi avvicino e alza lo sguardo.
Disperazione, tristezza, confusione e ingiustizia.
Questo è quello che trasmettono i suoi occhi nocciola.
Si alza in piedi.
-Ti prego, Harry…- non la lascio finire che l’abbraccio.
È stato un impulso. Qualcosa che sentivo di dover fare. Di voler fare.
E lei si lascia andare all’abbraccio; sento i muscoli tesi che piano piano si rilassano, le sue braccia intorno ai miei fianchi, e le sue lacrime bagnarmi la maglietta. Si lascia andare ad un pianto disperato, i suoi muscoli tornano in tensione mentre con le unghie si aggrappa alla mia schiena, è un pianto disperato e pieno di odio. Sento le sue unghie che vogliono conficcarsi nella mia pelle, vogliono farmi male, lasciare un segno. I suoi singhiozzi sembrano le urla di un condannato a morte. Ma io non ho paura, non sento male, non mi voglio allontanare. Urla, mentre porta una mano sul mio petto e inizia a darmi pugni, ma le manca la forza.
La abbraccio ancora più stretta, una mano sulla sua schiena e una tra i capelli.
-Fai quello che vuoi. Ma io non me ne vado.- gli sussurro nell’orecchio –Graffiami, picchiami, urlami contro. Ma da qui non mi muovo. Io resto qui. Con te.- le do un bacio sui capelli e lei si blocca.
Le mani non graffiano più, i singhiozzi sono cessati.
Però non si sposta, rimane ancora abbracciata a me, aspettando che il suo respiro torni regolare.
Appena si riprende, si allontana quel poco che basta per guardarmi in faccia.
Rimaniamo così per secondi interminabili, come se il tempo si fosse fermato.
Ci sono solo i mie occhi che sono incatenati ai suoi.
Il verde che si fonde con il marrone.
-Che cos…- cerco di chiederle, ma lei mi ferma e prende una busta sul letto.
Senza dire una parola me la porge.
La busta viene dalla clinica ginecologica in centro a Londra. Quasi mi sento male al pensiero che possa essere incinta. Sento una morsa di gelosia che mi stringe la gola. Faccio un bel respiro, apro la busta e inizio a leggere.
Cristo Santo.
 
Siamo seduti sul letto da quella che mi pare un’eternità. Lei ha lo sguardo assente, guarda fuori dalla finestra senza però vedere davvero cosa c’è fuori. Io leggo per la quinta volta quel pezzo di carta, in grado di spezzare in due una vita.
Perché?
Perché  Dio?
Come si può togliere il potere di procreare a una donna di venticinque anni?
“La vita è ingiusta”. Bè, sarebbe più appropriato “la vita è una merda”.
Siamo seduti da un tempo pari a due ore come pure due minuti, mentre io cerco di trovare un senso a quello che ho letto. O almeno una spiegazione.
Ho bisogno di avere un motivo. Voglio sapere perché.
-Ti- si schiarisce la voce- ti pregherei di non dire niente a Phil. Devo dirglielo io.- interrompe il silenzio Beth.
La sua voce è ancora un sussurro, ma siamo talmente vicini che posso sentire anche i suoi pensieri. E il battito del suo cuore. È lento, normale. Come se non fosse successo niente. Ma io posso solo immaginare cosa le sta succedendo dentro. I vortici di pensieri senza uscita che affollano la sua mente.
Vorrei essere un super eroe. Una mente geniale, in grado di entrare dentro di lei e accarezzare il suo cuore. Sento il bisogno di stringerla a me, di toccarla, di baciarla.
Di dire che io sono qua, e lo sarò per sempre. Che andrà tutto bene.
Ma chi voglio prendere in giro? Come si può dire a una donna che andrà tutto bene, dopo quello che è venuta a sapere?
Voglio sentire il suo corpo stretto al mio, le sue mani intrecciate alle mie, le sue gambe intorno alle mie.
Voglio farle sentire il calore. Perché tutto quello che sta sentendo ora è gelo, freddo acuto e pungente.
-Ha-hai capito?- mi chiede guardandomi.
-Sì, si certo.- ora sono io a parlare sussurrando, mentre mi perdo nella nocciola dei suoi occhi. Ancora.
Occhi banali.
Occhi che vorrei mi guardassero per tutta la vita.
-Grazie- appoggia la sua testa sulla mia spalla, mentre altre lacrime silenziose scivolano sulle sue guance.
Senza trovare niente da dire la abbraccio.
Dio, se esisti, dimmi solo: perché?
 

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Capitolo 10
*** Someone stole all the air so I can't speak now ***


Nota: consiglio l’ascolto di “Lightning” dei The Wanted quando inizia il pezzo preceduto da due **
Mi scuso per eventuali errori di ortografia.
Enjoy my story.
B.
 
 
 
9 novembre. Martedì 9 novembre, ore 18.10.
Due settimane. Sono passate solo due settimane da quel maledetto giorno.
Due settimane in cui io sono sfuggente, malinconica, triste, arrabbiata e taciturna.
E ancora non sono riuscita a dire niente a Phil. Lui non chiede niente, si limita solo a guardarmi preoccupato; mi interroga con i suoi occhi, so che vuole sapere cosa è successo e allo stesso tempo ha paura di scoprirlo.
Siamo nella stanza da letto mentre lui prepara le valigie. Tra meno di un’ora deve partire per NY. Con Anne. Eppure mi sento sollevata, sono quasi contenta di non poterlo vedere.
Secondo il medico e psichiatra Ross esistono cinque fasi di elaborazione del lutto: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione e infine accettazione. Credo di essere nella fase della rabbia, e tutto il mio fastidio si riversa non sul mondo in generale, ma su Phil. Provo un senso di disgusto nell’averlo vicino, come se fosse lui la causa di quello che sto passando. Ma so che lui non centra, lui non ha fatto niente, e merita di sapere.
-Phil-
Si gira velocemente verso di me, sorpreso che io abbia parlato dopo giorni.
-Ehi, amore.- si avvicina posandomi una mano a cucchiaio sulla guancia.
-Ho bisogno di parlarti, ti devo spiegare a cosa è dovuto il mio comportamento degli ultimi giorni.- lui rimane in silenzio, impassibile. Prendo un bel respiro e inizio a parlare. Gli racconto di come pensavo potessi essere incinta, degli esami e dei risultati.
Lui sta in silenzio. Mi fissa senza dire una parola.
Poi gli si forma una piccola ruga in fronte, di quelle che appaiono quando si sorride.
-Stai sorridendo?- gli chiedo tra l’infuriato e il confuso.
-Sì, insomma: è una bella notizia no? Io non voglio avere figli, eh bè, neanche tu no? Insomma se stai ancora con me vuol dire che la pensi uguale! Dico bene? E poi, pensaci. Qual è la conseguenza migliore di tutto ciò?- sorride, mentre si dirige verso il cassetto vicino al letto. Tira fuori una scatoletta. I preservativi.
-Addio stupidi sacchettini fastidiosi!- ride buttando la scatola all’indietro.
Ride come se gli avessi dato la notizia che aspettava da anni. Ride come se non avesse più pensieri.
Ride come se fosse davvero felice.
Io invece rimango di pietra. Sono allibita. Sono schifata. Sono arrabbiata. E sono ferita.
Sapevo che non volesse figli, ma mi immaginavo una reazione più diversa. Empatica.
Phil si accorge del mio stato d’animo e si avvicina.
-No scusa, scusa. Ovviamente mi dispiace per la notizia, cioè mi dispiace per te. Però ora non avremo più problemi, falsi allarmi e paranoie inutili! Saremo solo io e te. Sempre io e te.-
Le sue parole mi fanno solo venire da vomitare.
-Vattene- dico in un sussurro.
-Cosa?-
-Questo viaggio non poteva capitare in un momento migliore. Mi fai schifo, Phil. Vattene.-
Lui è confuso. Oh, poverino. Pensava davvero che per quanto possa amarlo sarei stata felice di una notizia simile?
Senza dire niente, chiude la valigia, esce dalla camera e se ne va.
E io sento il bisogno fisico e mentale di avere lui vicino a me. Afferro il telefono, prendo l’agenda di Phil e compongo il numero.
Tu. Tuu. Tuuu.
“Questa è la segreteria telefonica…”
Oh maledizione.
-Ciao, ehm. Sono io, Beth. Volevo solo chiederti come stai e se ti andava di cenare insieme; probabilmente sei già occupato, insomma è per questo che hai il telefono spento. Passa una bella se…-
Tu-tu-tu.
Imbarazzante. Messaggio imbarazzante, interrotto a metà perché il tempo è scaduto.
Dio che cretina.
Ho bisogno di Shane West.
Ho bisogno di Shane West, un film strappalacrime e tanto cioccolato.
Scendo in cucina, per notare con rammarico che non è rimasta neanche una tavoletta di cioccolato.
Nemmeno un quadratino.
Direi che la serata inizia bene.
Struscio i piedi fino al salotto e cerco “i passi dell’amore”; metto su il film, mentre mi avvolgo nella coperta, pronta ad affogare in una pozzanghera di lacrime.
Salto la fase del patteggiamento, per entrare direttamente in quella della depressione.
 
Dlin-dlon.
Il film è iniziato da neanche mezz’ora che suonano il campanello. Decido che probabilmente è un testimone di Geova (anche se non credo esistano fuori dall’Italia), un postino in ritardo o un venditore porta-a-porta di aspirapolvere. Nessuno degno della mia attenzione.
Dlin-dlon.
Dlin-dlon. Dlin-dlon. Dlin-dlon.
E che cazzo!
Mi alzo controvoglia dal mio rifugio e mi dirigo verso la porta. Prima di aprire mi guardo allo specchio: pantaloni del pigiama lunghi a quadri verdi e felpa grigia della Oxford University. Non male. A parte la faccia sbattuta, l’assenza di trucco e il disastro che ho al posto dei capelli.
Apro la porta, e lo vedo.
 
POV Harry.
Apre la porta, e la vedo.
E un sorriso parte in automatico. Non è un sorriso di scherno.
È quel sorriso che ti viene quando vedi un cucciolo di cane; quando vedi gli sposi uscire dal portone della chiesa e venire inondati di riso; il sorriso che hai quando un bambino ti saluta mentre sei seduto in metropolitana; il sorriso che ti procurano i baci della mamma e i dolci della nonna; il sorriso che si espande quando vedi due innamorati litigare; il sorriso che rimane quando vedi i due innamorati fare pace e suggellare il loro amore con un bacio; il sorriso che sorge quando la vedi camminare lungo la navata centrale vestita di bianco; il sorriso che dedichi ai tuoi figli.
Un sorriso sincero che parte da solo, senza che tu te ne accorga.
Il sorriso infetto. Che ti contagia.
E infatti, subito dopo inizia a sorridere anche lei.
-Credevo fossi occupato. Pensavo non venissi.- mi dice mantenendo il sorriso, con un pizzico di imbarazzo.
-A quanto pare, pensavi male- rispondo, ricordandomi di quando lei mi aveva risposto così per la prima volta.
Il suo sorriso si espande ancora di più, mentre sento nel mio petto il cuore fare lo stesso.
-Non mi fai entrare?- le chiedo.
-Dipende, che cosa hai nelle buste?- mi domanda incrociando le braccia.
-Qualunque tipo di cibo spazzatura possa venirti in mente: patatine, merendine, caramelle, panini imbottiti, crostatine, mini hotdog.-
-E basta?-
So a cosa si riferisce, ho imparato a conoscerla.
Con un sorriso sornione tiro fuori dalla tasca della giacca due tavolette di cioccolato extrafondente.
I suoi occhi si illuminano.
-Credo di amarti- mi dice con gli occhi fissi sulle tavolette.
Il mio cuore perde un battito.
Lei si accorge di quello che ha detto e sposta lo sguardo su di me.
Il marrone. E il verde.
Si schiarisce la voce, sorride imbarazzata e mi fa entrare.
-Ma che cosa cavolo stai guardando?- chiedo non appena arriviamo in salotto.
-I passi dell’amore, perché?-
-Ma dai, come fate voi donne a vedere questi stupidi film sentimentali ancora non me lo spiego. E il bello è che piangete pure! Andiamo, è tutta finzione- le dico sedendomi sul divano.
-Voi uomini parlate e parlate, ma poi chissà perché ho il sospetto che vi mettiate a guardare anche voi questi “stupidi film” la notte- dice virgolettando con le mani –E probabilmente crollate pure in un pianto disperato-
-Sento odore di scommessa.- dico.
-Cioè?-
-Chi piange per primo perde-
-Andata.-
Ci stringiamo le mani.
Condotto lacrimale, a noi due.
 
-Avanti Harry, esci- dice Beth trattenendo palesemente le risate, al di là della porta del bagno.
-Non esiste- fanculo quel film idiota; sono chiuso in bagno da un quarto d’ora e piango come un bambino.
Che figura di merda.                                                                                                    
-Non essere in imbarazzo. Chiunque piangerebbe di fronte a un film del genere. Io stessa ho pianto-
-Peccato che ora tu stia ridendo- le dico contro la porta del bagno.
Altre risate soffocate partono dal corridoio.
-Non è come pensi! È che… oddio eri così tenero!-
-“Tenero” nel senso di idiota?-
-Forse- addio risate soffocate. Ora tutta la via sentirà Beth in preda agli spasmi mentre ride. E nonostante l’imbarazzo e il volto umido di pianto mi scappa da ridere, la sua risata è così contagiosa.
Appena mi sente ridere bussa alla porta.
-Dai fammi entrare-
Apro la porta del bagno e ma la ritrovo davanti completamente paonazza dalle risate, gli occhi lucidi per il troppo piangere e per il troppo ridere. Ci basta uno sguardo per continuare a ridere a più non posso mentre lei si piega sulle ginocchia, fino a sedersi per terra. Io la seguo e ci ritroviamo estremamente vicini, con la schiena appoggiata alla vasca da bagno e le braccia che si sfiorano appena.
Piano piano le risate scemano, per lasciare posto ai respiri affannati.
-Grazie, Harry. Erano giorni che non sorridevo, figuriamoci ridere.- mi dice voltandosi con il viso verso di me.
-Prego. Anzi la verità è che io ho pianto apposta per farti ridere. Era tutto calcolato. Mica mi sono commosso davvero!-
-Ah davvero?- mi dice con un sopracciglio alzato. –Nemmeno quando lui piange con suo padre?-
Uhm. Quella scena era parecchio tosta.
-N..No!- le dico, non convincendola affatto.
** Lei sorride e fissa i suoi occhi nei miei.
Quanto tempo che non vedevo quegli occhi. Quanto mi sono mancati.
Occhi banali, in grado di sconvolgermi il battito cardiaco.
Per un attimo torno indietro nel tempo, a quel pomeriggio in cucina quando l’ho quasi baciata.
I nostri visi sono talmente vicini che posso contare il numero di pagliuzze dorate che ha negli occhi.
Così vicini che sento il profumo di cioccolato extrafondente provenire dalle sue labbra.
Così vicini che i nostri nasi quasi si toccano.
Lei distoglie lo sguardo dai miei occhi solo per dirigerlo verso la mia bocca.
Si morde il labbro inferiore come se stesse cercando di ragionare. Di pensare in modo razionale, in modo da evitare quello che sta per succedere.
Ma questa volta io non lo permetto.
Sebbene mi ronzano in testa le parole di Louis “Gioca sporco Haz, come solo noi uomini possiamo fare”, io so di volerla baciare perché la voglio mia, e non per vendicare mia madre. Voglio sentirla, anche solo per trenta secondi, anche solo con un bacio. Voglio sentire cosa si prova ad avere Beth nella propria vita.
E ho una paura fottuta che possa respingermi ancora.
Che mi sfugga. Che mi scivoli via dalle braccia.
Ma non faccio in tempo a formulare un altro pensiero coerente che la sento.
La sento dentro e sulle mie labbra.
È un bacio.
È lei che bacia me.
Con passione, con intensità.
Come se stesse soffocando e io fossi l’ossigeno di cui ha bisogno.
Le porto una mano dietro la nuca, per sentirla ancora più stretta a me, più vicina, più dentro.
Approfondiamo il bacio mentre sento lo stomaco e le budella attorcigliarsi insieme.
Che immagine terribile, ma che sensazione fantastica.
Sento il sangue affluire all’inguine, mentre lei porta le mani sulle mie cosce. Ansima tra un bacio e l’altro, eccitandosi al tocco delle nostre lingue. E il suo respiro affannato non fa altro che aumentare il mio battito cardiaco e le pulsazioni del mio amico che combatte contro i pantaloni.
Porta una mano tra i miei capelli, stringendo con forza i miei ricci mentre mi spinge verso sé.
È appiccicata al muro ma mi vuole addosso, come me ha bisogno di sentire il contatto fisico, i nostri corpi stretti l’uno all’altro come se si appartenessero.
Porto l’altra mia mano sul suo fianco cercando il lembo della maglietta; la sollevo di poco per accarezzarle la pelle. E basta quel tocco che quasi vado in estasi, la pelle morbida e calda che reagisce con brividi al mio tocco.
La voglio.
La desidero.
Si stacca e mi guarda.
Nei suoi occhi c’è voglia, eccitazione, passione.
Anche lei mi vuole, anche lei vuole quello che voglio io.
Le labbra gonfie e rosse che sanno di bacio. E di sesso.
Mi riavvicino alle sue labbra, ma il mio telefono squilla.
Cazzo.
Tiro fuori il telefono mentre mantengo la mia mano sulla nuca di Beth.
Ma il nome che appare sul display mi fa gelare, mentre sento i suoi muscoli tendersi.
Kelsey.

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Capitolo 11
*** Date ***


Scusate per gli eventuali orrori ortografici, ma non ho avuto tempo di rileggerla!
 
 
POV Beth.
Quale tempismo.
Non so se essere grata a quella finta bionda per averci evitato un errore madornale, o odiarla per il resto della vita.
Il telefono continua a squillare mentre io e Harry siamo nella stessa posizione: la sua mano tra i miei capelli, le mie gambe tra le sue e i nostri visi a un palmo di distanza.
-Credo tu debba rispondere- dico senza guardarlo negli occhi, ma fissando solo lo schermo del cellulare.
Lui si schiarisce la voce, e risponde al cellulare interrompendo qualsiasi contatto fisico con me.
E sento freddo, come se mi avessero tolto uno strato di pelle e fossi alla mercè di una tempesta di neve.
Rivoglio il caldo, voglio sentirlo di nuovo stretto a me.
Mi alzo e mi dirigo verso il lavandino, ho bisogno di sciacquarmi la faccia e di riprendermi dal groviglio di corpi in cui ci siamo trovati un minuto fa. L’acqua fredda mi risveglia la ragione e sento nascere dentro di me il senso di colpa verso Phil. Un senso di colpa che però è mitigato dalla rabbia che ancora provo nei suoi confronti.
Sento Harry che chiude la telefonata, ma rimango girata di spalle, evitando qualsiasi scambio di sguardi imbarazzati.
-Ehm, i-io…Meglio che vada, domani mattina c’è un’intervista e-
-Certo, ciao.- lo interrompo.
Fa per andarsene, ma poi ci ripensa e si volta.
-Io e lei non stiamo insieme- mi giro guardandolo confusa –Sì insomma, io e Kelsey. Non…non so perché mi ha chiamato, non ci frequentiamo neanche più-
-Non mi devi spiegazioni Harry- gli dico accennando un sorriso –Non è successo niente, non voleva dire niente quel bacio. È stato dettato dal momento, voglio dire tu eri qui, io è un periodo che mi sento sola e triste e abbandonata. Sono molto arrabbiata con tuo padre, e credo-
-Non dirlo- mi interrompe duro –Non provare a dire che tu mi hai baciato per vendicarti di mio padre! Entrambi sappiamo quello che è successo davvero, quello che abbiamo provato, e se vuoi mentire a te stessa dicendo che non l’hai fatto perché senti qualcosa per me, bene: ma non tirare in ballo mio padre quando non centra assolutamente un cazzo. Tu provi qualcosa per me.-
Si avvicina lentamente a me senza smettere di guardarmi, mentre io cerco disperatamente di aggrapparmi a qualcosa che non siano i suoi occhi verdi.
Mi prende il viso tra le mani.
-Avanti, dimmi che l’hai fatto solo per mio padre.-
-L’ho fat…-
-Dimmelo, guardandomi negli occhi.-
Ok, è ora di chiamare a raccolta i numerosi anni passati a studiare recitazione.
Che poi io non ho mai studiato recitazione, ma sono dettagli.
Non saprò recitare, ma so dire bene le bugie. Merito di anni e anni d’infanzia in cui mi inventavo di tutto: per esempio una volta dissi che avevo una domestica in casa, che era egiziana e che era scappata con uno di Macedonia. Mai avuto nemmeno la tata, figuriamoci una domestica egiziana.
Tutti i miei propositi vanno allegramente in fumo, quando alzo lo sguardo e mi perdo nella bellezza di quegli occhi.
Deglutisco mentre cerco di dire qualcosa che sia sufficientemente lontana dalla verità.
Qual è la verità? Che io quel bacio lo desideravo da settimane: da quella volta in cucina. Che più di una volta mi sono messa a pensare che sapore avessero quelle labbra e che effetto avessero sulle mie.
Mi mordo il labbro inferiore cercando di pensare a un modo per uscire da quella situazione.
Tutto a un tratto, la poca razionalità che ero riuscita a ritrovare si dilegua, quando il suo profumo mi invade le narici. Il profumo che mi aveva inebriato i sensi dieci minuti prima e che stava offuscando tutta la mia lucidità.
E mi ritrovo ancora una volta ad allacciarmi al suo collo per baciarlo.
Un bacio che è ben diverso da quello di prima; è un bacio lento e fermo, mentre le sue braccia mi circondano la vita per stringermi a sé.
Dio come mi era mancato quel calore. Cinque minuti sono fin troppi da passare lontano da quel corpo.
Approfondiamo il bacio lentamente, come se facessimo questa cosa da sempre, come se fosse naturale, siamo in sincronia come se non facessimo altro da tutta la vita. Come se le nostre labbra fossero destinate ad essere unite.
Non vorrei cadere nei clichè alla Jerry Maguire, ma le nostre labbra si completano.
Non abbiamo fretta, le lingue si accarezzano.
Mi rendo conto di non aver mai baciato una persona con così tanta dolcezza. Solitamente i miei baci sono irruenti, passionali, profondi. Questo è un bacio timido, come se si stessero baciando due adolescenti alle prime armi.
Sento la pressione delle sue labbra diminuire, si sta allontanando e la conseguenza è un mio verso di disappunto che mi echeggia in gola, ma che Harry sente benissimo.
Sorride con un accenno di risata.
-Già, come pensavo- dice solo, accarezzandomi una guancia.
-Ti odio-
-No, non mi odi- dice continuando a sorridere –Ora vado, domani ho davvero quell’intervista, ma- mi bacia sulle labbra prima di continuare –Tieniti libera per domani pomeriggio- poi esce dal bagno e mi lascia lì, con il petto che quasi esplode dalla felicità.
Maledizione.
Sono messa proprio male.
 
Le conseguenze di quei sette minuti e quindici secondi di baci sono state una notte in bianco, in cui sembravo una tredicenne che non è in grado di dormire per l’imminente primo appuntamento della sua vita, e un’intera mattinata improduttiva al lavoro: tre colloqui fatti e non mi ricordo nemmeno se i clienti fossero uomini, donne, bambini o animali.
Vai così Beth!
Morale: sono davvero una tredicenne in estasi per un appuntamento. Ma mi piace. Sto fantasticando sul letto mentre penso a dove andremo pomeriggio: magari mi porta al mare, oppure una gita nella campagna inglese, o un romantico giro tra le attrazioni turistiche di Londra. Nah, dubito. Non credo voglia passare la metà del tempo inseguito dalle fan.
Magari mi porta a un Luna Park.
O in una Spa.
Preparati per un pomeriggio indimenticabile con il solo e unico Harry Styles” mi ha scritto come messaggio.
Alla faccia della modestia.
Oddio e se mi porta a fare un giro in mongolfiera? Non avrei niente da mettermi.
Mi do un’ occhiata allo specchio e mi accorgo che sono ancora in intimo.
Sono le 03.45pm e lui viene a prendermi alle 04.00pm.
Di bene in meglio!
Mi fiondo nell’armadio cercando qualcosa da indossare che dica “Ehi, sono agitata come se fosse il primo appuntamento della mia vita, ma non voglio darlo a vedere”. La prima cosa che mi capita a tiro è un abito rosa antico senza spalline che arriva fino ai piedi; bellissimo, ma forse un po’ eccessivo.
Passo allo scompartimento a fianco e trovo una tuta rosso pomodoro con maglietta nera abbinata.
Mh, può andare.
Se voglio attirare mandrie di tori inferociti o ultras milanisti.
Opto per lo scompartimento a metà tra ‘principessa delle fiabe’ e ‘tute antistupro’ e trovo un paio di skinny jeans chiari, una t-shirt bianca con motivi etnici e un maglioncino blu aperto. Stivaletti con tacco largo e trench marrone. Louis Vuitton al braccio e sono pronta. 03.59pm. Un fulmine!
Passo di fianco allo specchio e mi accorgo di un piccolissimo dettaglio: zero trucco. Ah, e bigodini sparsi per il mio cespuglio.
Sembrava troppo bello per essere vero.
Tre chiamate perse e due messaggi -da parte di Harry- dopo sono pronta.
Esco di casa e trovo un pick up blu, che sicuramente ha visto giorni migliori, parcheggiato sulla via.
Uhm, macchina interessante per uno che potrebbe permettersi sette Lamborghini.
Salgo in macchina sorridente e partiamo alla volta del nostro appuntamento.
Oh Dio, ho un appuntamento con il figlio del mio compagno.
Della serie, telenovela spagnola spostati.
Scaccio il pensiero mentre cerco di immaginare dove andiamo.
Ho un buon presentimento.
 
E che ve lo dico a fare?
Si sa che io e i sesti sensi siamo su due lunghezza d’onda opposte.
Un Autogrill.
Mi ha portato in un Autogrill.
E io che mi sono pure messa gli stivali.
-Ehm, Harry… Cosa ci facciamo qui? Devi fare rifornimento?- chiedo speranzosa.
-No!- mi dice sorridente –Questo è uno dei posti più spettacolari del mondo, è esattamente qui che ti volevo portare-
-Evviva!- dico con un filo di voce e un sorriso tirato, mentre scendo da quel ferro arrugginito sotto gli sguardi di camionisti obesi dall’occhio pigro.
-Il Karma mi sta dicendo qualcosa senz’altro- dico tra me e me sottovoce.
-Cosa?- mi chiede Harry raggiungendomi e prendendomi la mano.
-Niente- rispondo sorridendo.
Con mia grande sorpresa non entriamo nell’Autogrill, ma lo circumnavighiamo e andiamo sul retro dell’edificio dove c’è un enorme campo d’erba.
Guardo meglio per cercare di capire cos’è.
Wow!
Sarà un appuntamento epico.
 
-Allora: maschera, marcatore e tuta. Abbiamo tutto!Dai andiamo!- commento eccitata come una bambina con un lecca-lecca.
-Cosa ci giochiamo?- mi chiede Harry indossando la maschera lasciando fuori i ciuffi ribelli.
-Decidiamo dopo, ora non è importante. 3 2 1 via si inizia!- urlo scaraventando una pallina addosso al braccio di Harry che si colora di giallo.
Ho sognato di giocare a Paintball da tutta la vita, un sogno che diventa realtà finalmente!
-Ehi non vale!- si lagna Harry, mentre io corro a nascondermi dietro una balla di fieno.
-Meno parole Harry e più azione!- gli urlo di rimando.
Andiamo avanti così per 30-45 minuti fino a quando allo stremo delle forze ci lasciamo cadere per terra.
Tra le risate sguaiate e le rincorse credo di essere a un passo dall’ictus.
Sono completamente sudata, ansimante e colorata.
Nonostante il mio portentoso inizio, Harry ha decisamente vinto. Non c’è una singola parte di me che è senza vernice. Lui invece ha solo un braccio giallo e una gamba rosa.
Si può dire che io ami il Paintball, ma il Paintball non ama me.
-È stato: wow!- esplodo, ancora ansimante, mentre mi tolgo la mascherina.
Harry mi guarda e inizia a ridere.
-Cosa?-
-Credo tu abbia messo la mascherina troppo stretta prima…- dice continuando a ridere come un idiota –Oddio, guardati-
-Sì e dove mi guardo?-
Tira fuori il cellulare dalla tasca interna della giacca e mi fa una foto. Senza nemmeno farmi mettere in posa, così, a tradimento.
Mi mostra la foto e per poco non mi metto a piangere.
Tralasciando il fatto che io non sia neanche lontanamente fotogenica, e che se mi prendi alla sprovvista i miei occhi vengono chiusi, quella foto è una delle più brutte che io abbia mai fatto.
Ho il segno della mascherina lungo il contorno degli occhi, il segno che ti lascia quando qualcosa ti ferma il sangue. Praticamente sembro sfigurata. Oltre al fatto che la pelle attorno agli occhi è completamente bianca per la mancanza di sangue.
Ti prego, Terra, apriti e ingoiami in questo momento.
Oh cielo, che imbarazzo.
Cerco di afferrare il cellulare per cancellare quell’obrobrio ma Harry è più veloce e se lo rimette in tasca.
-Cancellala. Subito.-
-No, a me piace- alzo un sopracciglio.
-E certo che ti piace ti porta l’autostima a mille!- dico alzandomi per andare verso la cabina dove riconsegnare gli oggetti.
Harry continua a ridere e mi segue.
-Non è per questo che mi piace! Mi piace perché è naturale, come te. Niente ritocchi, niente Photoshop, una foto normale. Al contrario delle foto che si trovano nelle riviste, o sui siti internet che sono false come le tette di Pamela Anderson. È imbarazzante, è vero, e non è certamente una foto da copertina di Vogue, ma ti rappresenta. -
-Le tette di Pamela Anderson sono finte?!- chiedo fingendo shock mentre penso se prendere quello che ha detto come un insulto o come una dichiarazione.
Lui deve aver letto nel pensiero perché sorride posandomi una mano sul collo.
-Credo che in questo esatto momento, con tutta la vernice, il trucco sbavato, il sudore e il segno della mascherina tu sia davvero bella.- mi dice fissandomi negli occhi.
Il mio cuore fa una piccola capriola.
Che poi sembra più un doppio carpiato con avvitamento.
-Gr-grazie- balbetto un attimino scossa e imbarazzata.
-Prego- mi risponde Harry tranquillo, come se mi avesse appena detto qual è il suo piatto preferito.
Rossa d’imbarazzo e di vernice mi dirigo nello spogliatoio a cambiarmi.
Quando esco, si sono fatte le sei e mezza e decidiamo di mangiare qualcosa e di tornare in auto.
Tra una cosa e l’altra finiamo nel portabagagli del pick-up a guardare le stelle (che non ci sono, ma che facciamo finta di vedere); parliamo di tutto: del successo di Harry, del mio lavoro, della litigata con Phil, di quello che è successo con Kelsey e della mia infanzia. Lui mi prende il polso e accarezzandomi il tatuaggio mi chiede il significato. Allora gli racconto dell’incidente in macchina avuto in Italia, di come mia madre, Elizabeth, e mia sorella, Stella, siano morte sul colpo, mentre io sia sopravvissuta. Di come mio padre abbia deciso di ignorarmi da quel momento in poi e di come io abbia assunto come primo nome Elizabeth e come secondo nome, il mio vero nome, Astrid. Qualche lacrima scende, mentre gli racconto tutto ciò, ma trovo il tutto liberatorio, metto a nudo la mia anima e Harry ascolta senza pregiudizi e senza commentare, non smettendo un attimo di tenere la mia mano tra le sue.
Poi cala il silenzio, mentre gli permetto di metabolizzare il tutto.
L’unico rumore è la radio accesa del pick up.
A un certo punto il mio cuore aumenta i battiti quando parte ‘all about you’ dei McFly. Una delle più belle canzoni d’amore mai scritte, che mi mette i brividi ogni volta. Anche oggi.
Harry si alza in piedi e mi porge una mano.
-Mi concedi un ballo?-
Io senza rispondere mi alzo in piedi, porto una mano sulla sua spalla e l’altra incontra la sua mano.
Balliamo quasi tutto il tempo della canzone, mentre la sua guancia è appoggiata alla mia tempia; è tutto così perfetto che ho paura possa finire da un momento all’altro.
Quando sento la sua guancia allontanarsi mi giro e senza neanche guardarci, facciamo quello che entrambi bramiamo da ore.
E dopo poco meno di 24 ore le nostre labbra si riuniscono muovendosi a tempo con la canzone, che intanto sta finendo.  
 
Yes, you make my life worthwhile,
So I told you with a smile
It’s all about you.
 
Il momento più romantico della mia vita è interrotto bruscamente dalla canzone successiva che di romantico non ha nemmeno un accordo. Va va voom di Nicki Minaj.
Ma noi ce ne freghiamo della musica e continuiamo a baciarci con intensità crescente, mentre sento le sue mani, ora sui miei fianchi, che mi fanno eccitare e perdere qualsiasi briciolo di razionalità.
Ci ritroviamo ancora sdraiati sul pick up, uno sull’altra, mentre i baci sono spezzati solo da brevi gemiti e dal nostro ansimare.
Harry è palesemente su di giri, mentre le sue mani vagano sul mio corpo.
Cristo santo, se non ci fermiamo subito qua finisce male.
Essendo donna, ed avendo più raziocinio di qualsiasi uomo in questo momento è mio compito raffreddare i bollenti spiriti.
Ogni mio proposito va a puttane quando inizia a baciarmi il collo.
Tutto quello che c’era di romantico prima è andato a farsi benedire, mentre io e Harry entriamo nel pick up e ci spogliamo di qualsiasi vestito. Mentre ci spogliamo di qualsiasi pensiero.
Ce ne freghiamo di essere in un parcheggio, ce ne freghiamo delle conseguenze e di quello che ci sta dicendo la nostra coscienza.
Tutto quello che ci interessa sono i nostri corpi intrecciati e bollenti.

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Capitolo 12
*** Rollercoaster ***


Scusate il ritardo ma sono stata via un week-end e sto preparando l’ennesimo esame!
Consiglio l’ascolto ‘ i due fiumi’ di Ludovico Einaudi, soprattutto da quando ci sono i due simboli **.
Enjoy my story.
B.



POV Beth.
Mi sveglio di soprassalto con il fiato smorzato da un simil-sacco di patate che preme sul mio stomaco.
Apro gli occhi e noto che il sacco di patate ha la stampa di un vascello sul davanti.
Porca miseria, non è stato solo un sogno.
Con molta delicatezza libero il mio stomaco dal braccio di Harry e mi alzo cercando qualcosa da mettermi addosso, fortunatamente trovo per terra il mio trench.
Esco dalla stanza degli ospiti di casa mia e di Phil e vado in cucina per fare colazione: prendo la moka e mentre aspetto che il caffè salga monto il latte, mentre la mia mente ha continui flash della notte appena trascorsa.
Immagini di corpi nudi, sudati, intrecciati e ansimanti.
Sovrappensiero accendo la televisione per sintonizzarla sul canale dei cartoni animati, ma prima che possa cambiare canale qualcosa mi fa gelare sul posto.
… foto testimoniano quanto abbiamo detto, sono state scattate in un parcheggio dove pare che il famoso donnaiolo si sia intrattenuto con la ragazza. Le immagini, molto chiare ed esplicite ci sono arrivate…” .
No no no no no no. Ti prego no!
Guardo il televisore pieno di immagini di un pick-up blu parcheggiato di fianco a un Autogrill che conosco fin troppo bene.
-OH. PORCA. TROIA.- faccio un bel respiro e -HARRYYYYYYYYYY!-

POV Harry.
Terrorizzato cado dal letto, mentre continuo a sentire urla provenire da non so dove.
Colpisco il comodino con la punta del gomito che mi causa un’ondata di dolore intenso che mi percorre tutto il braccio, mi costringo a ignorare la fitta mentre cerco disperatamente il mio paio di boxer grigi, finito chissà come tra il materasso e le doghe del letto.
Completamente intontito, confuso, dolorante e semi nudo mi dirigo in cucina, da dove –credo- giungano le urla.
Una Beth rossa, imbarazzata e scossa mi appare davanti mentre non distoglie un momento lo sguardo dalla televisione.
-Che cos…?- chiedo.
Lei mi zittisce con un gesto della mano facendomi segno di guardare la tv.
Volto lo sguardo e apprendo con orrore la causa di tutte quelle urla.
Prendo il telecomando e cambio canale, notando che in tutti i telegiornali della mattina stanno trasmettendo le stesse foto mie e di Beth durante il nostro tête-à-tête sul pick-up.
Le foto sono talmente nitide e chiare che qualcuno deve essersi appostato proprio davanti al finestrino.
Inquietante.
-Ma come cazzo hanno fatto?- chiedo con lo sguardo perso in quelle foto che ahimè mi risvegliano certi pensieri nella mia mente, mentre il mio amichetto si sta svegliando.
-Secondo te?! Si sono appostati di fianco al finestrino! Ma come ho fatto a non vederlo?!-
-Bè se te ne fossi accorta mi sarei offeso…- le dico cercando di alleggerire la tensione mentre gli faccio un occhiolino.
Lei mi guarda scioccata mentre si stringe ancora di più nel suo cappotto marrone.
Aspetta.
Cappotto?
La guardo per bene e noto che indossa lo stesso trench di ieri sera (e con molta probabilità nient’altro).
Dio, è il sogno proibito di ogni uomo incontrare una donna completamente nuda che indossa solo una misera giacca.
E un definitivo ‘buongiorno’ al mio amichetto.
-Oh mio Dio, Harry! Ma ti sembra il momento?- mi chiede Beth accortasi della mia evidente situazione.
-Adesso è colpa mia se tu ti presenti solo con un cappotto addosso, per di più di mattina, momento della giornata in cui noi uomini siamo particolarmente sensibili?- mi avvicino a lei, mentre faccio un altro occhiolino.
Le scappa un sorriso, mentre io allaccio le mie braccia alla sua vita e le sussurro sulla bocca un buongiorno, prima di darle un bacio.
Sono pronto ad approfondire il bacio quando lei si sposta velocemente.
-No non posso distrarmi, devo risolvere la questione.- dice allontanandosi e prendendo ampi respiri. –Queste foto saranno in tutti i telegiornali del mondo nel giro di un’ora, Harry. Cosa facciamo?!- dice voltandosi verso di me mangiandosi le pellicine delle unghie.
-Un’idea ce l’avrei…- sorrido allegramente.
-Mio Dio, ma non pensi ad altro!-
-L’hai detto tu che abbiamo un’ora prima di essere in tutti i notiziari da Los Angeles a Timbuctu! L’ultima ora in cui possiamo fingere che non sia successo niente, in cui possiamo divertirci, perché nessuno sa niente. L’ultima ora in cui siamo solo io e te…- le dico avvicinandomi nuovamente e baciandole il collo.
Il suo respiro inizia a diventare pesante, mentre sposta la testa offrendomi più pelle da baciare.
Risalgo il collo arrivando alle sue labbra, e la bacio con intensità mentre faccio sbattere la sua schiena contro il tavolo della cucina.
Sogno proibito numero due: fare sesso su un tavolo da cucina.
Ho il trench e ho il tavolo. Jackpot per Harry!
Lei sembra esattamente sapere cosa sto pensando, perché si slaccia il trench mentre si siede sul tavolo, riporta una mano dietro il mio collo e torniamo a baciarci con più passione e velocità di prima.
Le lingue si toccano febbrili mentre i nostri corpi caldi si cercano e si trovano; mi libero dei miei boxer e finalmente mi riunisco a lei.

-Tocca a me. Il dolore più intenso mai provato?-
-Ceretta alle cosce.-
-Ti sei fatto la ceretta alle cosce?!-
-Chi bello vuole apparire…-
-Oh mio Dio!- scoppia a ridere Beth scioccata dalla mia ultima rivelazione.
-Che poi, se questo è il dolore più atroce mai provato, prova la ceretta all’inguine e poi ne riparliamo!-
-Rabbrividisco al solo pensiero. Per fortuna noi maschi possiamo evitarla.-
-Voi maschi potreste benissimo evitare qualsiasi tipo di ceretta! Brutta cosa la vanità…- mi dice punzecchiandomi mentre continua a ridere massaggiandomi lo stomaco con la punta delle dita.
Siamo stesi sul pavimento della cucina da non so quanto tempo, ancora sudati e ancora nudi.
La sua testa appoggiata al mio sterno mi permette di accarezzarle i capelli.
La cucina è un disastro: due sedie capovolte, il latte rovesciato per terra di fianco alla mia testa, il caffè che ha macchiato tutti i fornelli e il telecomando che è finito addirittura dietro la televisione.
Che meraviglia; come diceva Nicholas Cage “siamo italiani, famosi per mangiare, cantare e fare l’amore!”.
E senza alcun dubbio Beth è italiana.
**Ma c’è di più.
Le accarezzo i capelli, la sento ridere sul mio corpo, sento le sua mani accarezzarmi, vedo la sua pelle che si intona perfettamente alla mia e non riesco a pensare di vivere senza di lei.
Può sembrare un discorso precoce, da matti. 23 anni e pensare di non poter vivere senza qualcuno.
Eppure io so che non posso vivere senza di lei, o almeno, posso vivere senza di lei, è solo che non voglio.
Voglio Beth nella mia vita.
Voglio vedere la sua schiena mentre dorme di notte.
Voglio vedere i suoi capelli sparsi sul cuscino la mattina.
Voglio sentire l’odore della sua pelle sotto la doccia.
Voglio vederla ridere a una mia battuta.
Voglio vederla piangere davanti a un film.
Voglio vedere i suoi occhi cercare i miei.
Le sue labbra trovare le mie.
Voglio sentire i nostri respiri e i nostri corpi confondersi.
Voglio vedere la sua pelle raggrinzita il giorno del suo settantesimo compleanno.
Ancora bella, come lo è ora.
E voglio dirle tutto ciò, voglio farle sapere cosa sto provando.
Ma appena apro bocca i nostri telefoni squillano, riportandoci non solo alla realtà, ma direttamente all’inferno.

POV Beth.
E così Phil ha scoperto nel modo più orribile che conosca cos’è successo tra me e suo figlio.
Abbiamo urlato per quasi un’ora al telefono, litigando e insultandoci a vicenda per finire con un “ne riparliamo quando torno”.
E le stesse urla vengono dal salotto dove Harry sta parlando al telefono con Dio sa chi.
Probabilmente con il manager, che lo sta rimproverando della sciocchezza che ha fatto, del suo essere incauto e di tutte le spiegazioni che si dovrà inventare per quelle stupide foto.
Io sono furiosa.
Cosa non fa la gente pur di portare in tavola da mangiare.
Essere costretti a seguire una celebrità, spiarla e invadere la sua intimità e la sua privacy.
E sconvolgere l’esistenza di due persone, che forse stavano scoprendo di amarsi.
Perché, insomma, sono innamorata giusto?
Amare vuol dire sentirsi così?
Non  riuscire a respirare se l’altro non è nella stessa stanza?
Avere lo stomaco attorcigliato ogni volta sentendo la sua voce o il suo solo respiro?
Sentirsi felici al limite del possibile quando ti guarda come se fossi l’unica donna sulla Terra?
Pensare che la tua vita non ha senso se lui non ne fa parte?
Ritrovarsi a sorridere mentre pensi a lui?
Ma è possibile amare due persone diverse?
E se non fossero così diverse? Se fossero uguali, gli stessi capelli, lo stesso corpo, lo stesso sorriso?
Però loro non sono uguali.
Harry è il verde, la speranza, la giovinezza, la spensieratezza, l’amore.
Phil è il nero, la stabilità, il controllo, la sicurezza, la protezione.
Lo smeraldo.
La pece.
Come può una persona riuscire a scegliere?
Come si può scegliere tra la sicurezza e la spensieratezza?
Meglio essere sicuri o senza pensieri?
Meglio essere protetti o amati?
La mente dice che la cosa più importante è avere una certezza, una stabilità e una sicurezza nella propria vita.
Il cuore dice che le uniche cose che contano sono la passione, e l’amore.
Voglio essere avvolta dal mistero di occhi impenetrabili e neri o perdermi nel liquido trasparente e verde?
E la risposta mi è subito chiara, nel momento che lo vedo rientrare dalla porta completamente vestito, tutto spettinato e bellissimo.

-Che cosa succede ora Harry?- chiedo seduta al tavolo guardandolo.
-Non lo so-
-Forse la cosa migliore è lasciare tutto com’è. È stato solo un bel sogno, torniamo alle nostre vite. Io con Phil e tu…con chi vuoi.- dico lentamente.
-Perché?- mi chiede lui con una maschera di dolore.
-Harry, pensaci, è la cosa più facile. Nel momento in cui ci siamo baciati sapevamo entrambi che non sarebbe durata. Io sto con tuo padre per la miseria!- dico innervosendomi.
-Ti ho già detto che mio padre non c’entra in questa storia!- inizia a urlare anche lui.
-Come diavolo fa a non c’entrare se è tuo padre e il mio compagno! Cerca di ragionare! Come posso buttare via quasi un anno di relazione se poi non sono nemmeno quello che può succedere tra di noi?! Sei continuamente manovrato e manipolato dai manager, Harry! Sei solo una marionetta nelle loro mani, incapace di pensare autonomamente e fare quello che vuoi!- oh cazzo, no non posso averlo detto davvero.
-Tu credi sia facile?- ormai la sua voce è un sussurro. –Credi che io mi diverta a comportarmi come vogliono loro? Che lo faccia tranquillamente senza sentirmi uno stupido senza cervello? Hai idea di cosa si provi? Di come costantemente mi senta non in grado e non abbastanza? Obbligato a essere qualcuno che non sono? Pensare ‘se non mi comporto così sarò solo una nullità, uno sfigato, chi vuole un semplice ragazzo che lavorava in un forno con dei capelli simili a un cespuglio e in grado solo di cantare?’. Io non sono quello che vedi in tv, quello che esce con una modella ogni mese, che spezza il cuore alla fan e che ha più tatuaggi che cervello, Beth-
Ho la nausea. Mi sento male per tutto quello che sta dicendo, e per come lo sta dicendo.
Sono così imbarazzata che non lo guardo più in faccia, mentre mi torturo le mani.
A un tratto si alza e allora lo guardo.
Non l’avessi mai fatto.
Occhi lucidi e rossi che combattono contro le lacrime.
-Vuoi sapere qual è la cosa che mi fa più male?- dice tirando su con il naso –Pensavo che tu mi vedessi per come sono davvero. Credevo che quando mi guardavi vedevi solo Harry, il ragazzo di Holmes Chapel e non l’Harry Styles degli One Direction. Evidentemente mi sbagliavo. Tu sei esattamente come tutti gli altri. Non posso credere che stavo per dirti…- scuote la testa e senza finire la frase esce dalla stanza e se ne va.
-Cosa mi stavi per dire Harry? HARRY?- urlo inutilmente correndo alla porta, ma non trovo più nessuno e allora mi lascio cadere per terra mentre scoppio a piangere piena di rimorso.

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Capitolo 13
*** Revelations and bad timing ***


 POV Beth.
Ok, Beth ora ti alzi dal pavimento e reagisci, forza.
Sii padrona del tuo corpo e elevati, puoi farcela.
Ancora avvolta dal trench mi alzo e mi dirigo in bagno, mi lavo la faccia evitando accuratamente lo specchio: non voglio vedere lo stato pietoso in cui sono.
Vado in camera puntando al letto, ma prima, tiro fuori una borsa da sopra l’armadio e la riempio.
Poi mi butto sotto le coperte, contando di non uscirci mai più.

-Beth…Beth sono Phil- qualcuno mi scuote per una spalla.
Apro un occhio e lo vedo.
-Oddio sei davvero tu- dico con la bocca impastata dal sonno.
-Vestiti e scendi in salotto, dobbiamo parlare-
Si alza e se ne va lasciandomi assonnata e terrorizzata. Mi giro per guardare l’ora: le 5.30 del pomeriggio.
Mi alzo controvoglia e cerco qualcosa da mettermi.
Arrivo in salotto e Phil è seduto sul divano a braccia conserte, bello come sempre. Anzi, forse di più: la barba leggermente incolta, i vestiti un po’ sciupati e la faccia stanca. Mi viene voglia di abbracciarlo, di chiedergli scusa e di baciarlo finché morte non ci separi.
-Siediti- mi dice duro.
Ok forse non ci saranno baci.
-Ora mi spieghi che cazzo ti è preso per saltare addosso a mio figlio non appena sono uscito dalla porta.-
E neanche abbracci.
-Phil io non lo so, avevamo litigato, più o meno, e io ero furiosa con te! Insomma senza un minimo di tatto, senza chiedermi come stavo, hai saltato dalla felicità non appena hai saputo che non potevo avere bambini, ma neanche Voldemort è così insensibile! Mi sentivo sola e ho chiamato Harry, e poi bo, lui era lì, mi è stato vicino...-
-Forse un po’ troppo- mi interrompe acido Phil.
-Il fatto è- riprendo ignorandolo –Che se la cosa non fosse venuta fuori con i paparazzi, te l'avrei detto lo stesso! Io mi sono sentita male dal momento esatto in cui è successo- piccola bugia –Non era programmato, non volevo accadesse ed è stato solo un stupido errore commesso perché non ragionavo con lucidità- altra piccola bugia –Non volevo andare a letto con Harry, non ci ho mai pensato- terza piccola bugia: congratulazioni, ho vinto un premio?
-È stata colpa di quei maledetti notiziari che hanno ingigantito la cosa. Ti chiedo scusa Phil, mi sono comportata da schifo, come mai in vita mia.- brutti notiziari britannici che non sanno farsi gli affari propri.
Notiziari britannici.
Non notiziari americani.
Faccio quattro conti: il notiziario era quello delle 9.00, è impossibile che quella notizia stava già girando anche in America.

-Aspetta. Tu eri a New York. 5 ore indietro, cosa cavolo ci facevi sveglio alle 4 di mattina?-
Il volto di Phil diventa rosso.
-Io non… Mi sono svegliato per andare in bagno-
-Certo, ovvio. Poi mentre tornavi dalla pisciatina notturna hai pensato ‘ehi,vediamo che sta succedendo in Inghilterra’ giusto?-
-Ehm. Sì-
-Mi prendi per il culo Phil?!-
-No! Io…-
E poi ho un’illuminazione.
-Oh mio Dio. Non sei mai partito per New York. Ecco perché sei arrivato così velocemente e perché hai visto il notiziario!-
Lui è palesemente imbarazzato, sposta lo sguardo dappertutto mentre si gratta la testa.
-Che stupida che sono- dico amaramente.
-Non è come pensi, ti posso spiegare-
Lo guardo scettica, ho sempre odiato le frasi tipiche che si dicono in certe situazioni.
-Illuminami-
-Non ti ho mai detto una bugia riguardo NY, ci dovevo andare, solo non subito...Non martedì ecco, ma sarei dovuto partire domani sera-
-Dove sei stato da martedì a oggi?- chiedo fredda.
-In campagna…-
-In campagna.-
-Vicino a Gloucester-
-Perché? Anzi no. Con chi??-
-Anne-
-ANNE? Quella Anne?- sono sbalordita.
-Ma non è come pensi-
-Dimmi cos’è successo allora, per Dio!- ora me lo mangio.
-Siamo andati in ritiro pre New York per organizzare il lavoro che avremmo dovuto fare là, non te l’ho detto perché… bè è abbastanza ovvio come avresti reagito. Inoltre volevo evitare che avessi il pensiero fisso di cosa potesse succedere, anche se, visti i recenti avvenimenti, forse non era una cattiva idea, almeno saresti stata impegnata in altro…-
-Te l’ho già detto Phil, è stato un errore, ti ho chiesto scusa miliardi di volte, l’ho fatto solo perché ero triste e arrabbiata con te! - mi sento morire a dire queste cose.
-Eh certo, allora scopiamo in giro solo perché siamo frustati!-
-Ok Phil, tanto questa discussione non ci porta da nessuna parte. Io ho già fatto una valigia, me ne sto in albergo per un po’, entrambi abbiamo bisogno di pensare-
-Bene- si alza dal divano e sale le scale.
-Bene. Ciao- ormai non mi sente più.
Afferro la borsa, la valigia, prendo il cappotto ed esco nel gelido pomeriggio di novembre.

POV Harry.
-Credo che potremo volgere la cosa a nostro favore. Insomma sappiamo bene che Harry è amato soprattutto per la sua fama di rubacuori e sciupa femmine, organizzeremo qualche intervista in cui dirà che è stata una delle tante incontrata in un club, che si è divertito ma nulla di serio. Poi dirà le solite cose: che ama solo le fan, che è uno spirito libero, vuole pensare solo alla musica e blablabla. Ok Harry ora levati quella faccia da ‘mi è morto il gatto’ e tira fuori il tuo solito sorriso, devi farti vedere in un paio di posti, pensavo a Starbucks, Hollister, insomma quei negozi lì…-
Ma chi la sta più ascoltando.
Tanto è sempre la solita solfa: succede l’inaspettato, esce la storia sui giornali, inventiamo la palla di turno e tutto si sistema. Sempre le stesse cose, sempre le stesse stronzate. Tutto pianificato, dal primo all’ultimo sorriso.
Sono così stanco.
Sta volta non ho voglia di fingere, mi sono preso una batosta come poche volte nella vita.
Non posso credere a quello che mi ha fatto. Mi ha usato solo per sfogarsi di mio padre.
Che schifo.
-Harry…Harry! Ci sei? Hai capito cosa devi fare?- mi riporta alla realtà l’addetta alle pubbliche relazioni.
-Sì, certo…- commento con il morale a terra.
Dai Harry reagisci, non ti merita punto e basta.
So cosa mi ci vuole.
-A una condizione- dico attirando l’attenzione di tutti.
-Trovatemi una ragazza di copertura, qualcuna con cui passare un po’ di tempo. Ho bisogno di riprendermi e svagarmi un po’- dico con un sorriso, anche se è l’ultima cosa che voglio fare in questo momento.
-Questo è il mio Hazza!- mi dà una pacca sulla spalla Louis. –Scaccia la tristezza con una botta facile- dice facendomi l’occhiolino.
Dimenticala Haz.
Dimenticati di Beth.

POV Beth.
Tu. Tuu. Tuuu.
Questa è la segreteria telefonica di Harry Styles! Al momento non posso rispondere, ma lasciatemi un messaggio e sarete richiamati! Biiip.”
-Ciao Harry, sono io…Sono Beth. Cavolo, non so nemmeno da dove iniziare…m-mi dispiace. Per quello che ti ho detto, non è stato bello, è stato offensivo e…Ho bisogno di parlarti Harry, ci sono cose che ti devo dire e tu-tu-tu.-
Sarò mai in grado di lasciare un messaggio vocale senza essere interrotta brutalmente?
Potrei richiamarlo.
Questa è la segreteria telefonica di Harry Styles! Al momento non posso rispondere, ma lasciatemi un messaggio e sarete richiamati! Biiip.”
-Ehm, ciao di nuovo Harry. Sono ancora io, ancora Beth. Non ci sono stata nel messaggio di prima per cui ho pensato di registrarne un altro…forse è stata un’idea stupida…Come ti ho detto vorrei parlarti, mi trovi all’hotel tu-tu-tu.-
Cribbio!

Tanto ormai il danno è fatto.
Questa è la segreteria telefonica di Harry Styles! Al momento non posso rispondere, ma lasciatemi un messaggio e sarete richiamati! Biiip.”
-L’hotel Holiday Inn a Kensington, se hai voglia di parlarmi. Ah, sono Beth. Sì bè forse si era capito. Ehm, ciao Harry- clic.
Complimenti Beth, non potevi essere più imbarazzante.
Mi accascio sul letto dell’hotel pensando al turbine di eventi in cui sono stata trascinata nelle ultime 48 ore: ho litigato con Phil prima che partisse per New York, che poi si è scoperto essere a Gloucester, ho baciato il figlio del mio ragazzo, sono andata a un appuntamento con lui e ci sono finita a letto tre volte. Mezzo mondo ha foto di me che cavalco il suddetto ragazzo, ho dato ad Harry del burattino, mi sono presa una pausa dalla relazione con Phil e ho lasciato tre messaggi in segreteria uno più imbarazzante dell’altro.
Ciliegina sulla torta: oggi non sono passata in clinica da mio padre.
Ci mancava soltanto lui a farmi sentire una completa merda.
Oddio, probabilmente ha pure visto il notiziario.
Ti prego fa’ che non mi abbia riconosciuta.
Già vedo il suo sguardo schifato mentre non dice una parola e si limita a fissarmi.
Ho bisogno di un bagno. Ho bisogno di un bagno bollente e dei miei McFly.

E così passa un intero week end senza che io abbia notizie da Harry o da Phil. Bè da Phil posso capire, probabilmente si aspetta che sia io a farmi avanti per prima, anche se tecnicamente ha lui la palla: deve decidere lui se continuare la nostra storia o finirla definitivamente.
Io non so cosa voglio. In questi tre giorni ho pensato sia ad Harry che a Phil e non riesco a immaginarmi senza uno dei due; sinceramente non mi sono posta troppo il problema di scegliere uno dei due perché ci sono buone probabilità che saranno loro a scegliere di non volermi più nella loro vita.
Passerei così da tutto a niente, dalle stelle alle stalle insomma.
E se finisco zitella? Cavolo, non ho mai amato i gatti. Sono così pelosi, snobisti, ruffiani e… pelosi.
Magari divento una zitella a livello completo, manco i gatti. Solo io, me stessa  e me medesima.
Inizierò a parlare da sola, a mangiare allo specchio come gli uccellini per darmi l’impressione di avere qualcuno accanto.
Poi morirò, nessuno lo verrà a sapere e mi troveranno dieci giorni dopo solo perché ci sarà una puzza sospetta provenire dal mio appartamento, mi metteranno nella fossa comune e piano piano mi decomporrò nel freddo suolo inglese.
Che ansia.
Sto impazzendo, ho bisogno di parlare con un essere umano in carne e ossa, e non con un semplice riflesso dello specchio.
Afferro il telefono e compongo il numero.
Tu. Tuu. Tuuu.
-Pronto?-
-Niall, ciao! Sono Beth…- ti prego non mi odiare anche tu.
-Ma ciao! Come stai??- oh signore, grazie.
-Si tira avanti… Hai già cenato?-
-Mmh no…-
-Bene! Tra mezz’ora al chioschetto di Hyde Park Corner?-
-Perché no, a dopo!-
Forse non finirò zitella. Forse Niall mi rimarrà amico e si accorgerà della mia morte prima che io appesti tutto l’appartamento.
Che sollievo.

POV Harry.
Ok, Harry stasera si volta pagina. Localino, un paio di drink, una bella ragazza, e si ricomincia tutto daccapo.
Mi sto preparando mentre cerco di combattere qualsiasi pensiero mi possa condurre a Beth.
-Haz è arrivata!- mi grida Louis dalla porta di ingresso.
-Arrivo!-
Un’ultima occhiata allo specchio: forza Hazza, puoi farcela.
Arrivo in salotto dove c’è una bella ragazza che mi sta aspettando. La classica bella ragazza. Alta più del necessario grazie ai trampoli che ha ai piedi, pelle abbronzata da chissà quante lampade, vestito che le strizza il corpo, manicure, trucco perfetto, capelli setosi lunghi e marroni raccolti in una coda laterale bassa.
E la trovo davvero bella.
Il fatto è che la trovo bella dopo che probabilmente ha passato tre ore dal parrucchiere, due dalla manicure, mezz’ora dall’estetista e ha speso tutta la sua carta di credito per il vestito.
Io Beth la trovo bella quando è in un pigiama di tre taglie più grande, quando ha il trucco sbavato per la pioggia, quando è ricoperta di vernice, quando ha il viso tutto rosso e gonfio e quando ha i capelli indomabili.
Quando l’altra sera siamo tornati dall’appuntamento ci siamo trovati nel letto della camera degli ospiti di mio padre. Lei era completamente nuda, senza una traccia di trucco, il viso rosso, i capelli scompigliati e il fisico di una persona normale. Non quello di una modella che fa la fame da mattina a sera, ma quello di una ragazza sana, italiana, amante del cibo, con delle curve da perdere la testa.
E giuro che in quel momento niente poteva battere la sua bellezza. Quella bellezza che toglie il fiato non perché è perfetta senza un difetto, ma perché è una bellezza così reale e concreta che tutte le donne hanno, e che solo poche ne hanno la consapevolezza.
Era così a suo agio con il proprio corpo che non esisteva niente di più bello da vedere: come si muoveva, come mi toccava e tutto quello che mi comunicava…
-Hazza sei tra noi?- mi chiede Louis interrompendo i miei pensieri.
Sorrido alla ragazza.
-Certo, andiamo?- la prendo per mano e mi avvio verso il portone.
-Immagino che non devo aspettarti sveglio…- mi dice Louis con un occhiolino.
Non rispondo, tanto non saprei nemmeno cosa dire.

POV Beth.
Sia benedetto Niall e il suo cervello. Mi ha fatto bene parlare con lui, ha tirato fuori idee interessanti, come “alzati, va’ da lui e bacialo Beth. Cosa cazzo stai aspettando?”. Morale: Niall mi ha fatto capire chi voglio nella mia vita, o meglio chi voglio di più nella mia vita. Voglio Phil, ma voglio ancora di più Harry.
Ed è da ieri sera che non riesco a smettere di sorridere.
Lo amo!
Era così ovvio, che mi sento una completa ritardata a non averlo capito.
Forse lo avevo capito, ma non accettato, chi lo sa.
Così ho deciso di presentarmi a casa di Louis e Harry e dichiararmi come nelle commedie romantiche degli anni ’80. Quasi quasi porto uno stereo come in quel film con John Cusack.
Suono alla porta sperando vivamente mi venga ad aprire Harry.
E ovviamente un Louis tutto assonnato appare.
Non appena mi vede un sorriso malefico appare sul suo volto.
-Bene, bene. Ma buongiorno, a cosa devo l’onore?- mi chiede stropicciando gli occhi.
-Ehm ciao Louis, vorrei parlare con Harry. Posso entrare?-
-Ma certo!- mi dice con un sorriso a trentadue denti.
Mi sento inquieta.
-Prego, questa è la cucina. Posso offrirti qualcosa?-
-Magari un bicchiere d’acqua?-
-Allora…- incomincia prendendo il bicchiere –Ho saputo quello che è successo. Peccato sia finita così male, Harry era molto abbattuto, credo tu ti sia comportata come una vera merda, senza offesa- mi dice porgendomi il bicchiere.
-Tu non sei uno che le manda a dire, eh Louis?-
-No infatti, soprattutto quando in gioco c’è la reputazione e i sentimenti di una persona a me cara- continua a sorridere.
Ha un bellissimo sorriso che mette a disagio come poche cose.
-Sai, stavo ascoltando un discorso molto interessante sul tempismo. Obama dice ‘nice idea, bad timing’ ottima idea, pessimo tempismo. Il valore del tempo, l’importanza di essere puntuali, di avere un buon tempismo. Dicono: “se vuoi scoprire il valore di un anno chiedilo a uno studente che è stato bocciato all’esame finale. Per scoprire il valore di un mese, chiedilo a una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto. Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all’editore di una rivista settimanale. Per scoprire il valore di un’ora chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi”. Ahh, il tempo. Prezioso, effimero, se solo fossi venuta dopo, tra un paio d’ore, probabilmente non sarebbe successo quello che sta per succedere…- continua a gesticolare mentre è appoggiato al piano rialzato della cucina.
-Louis, di cosa diavolo stai parlando?-
Ma non fa in tempo a rispondermi che dalla porta entra una ragazza mora, bella da far mancare il fiato. Una di quelle ragazze che mettono in crisi la sessualità di ogni donna. Non pensavo che Louis stesse insieme a qualcuna.
-Ehi piccola hai dimenticato la… borsa- entra Harry accorgendosi subito della mia presenza.
I nostri sguardi sono incollati, il mio sbalordito e pieno di dolore: quella non è la ragazza di Louis. Il suo pieno di rammarico e sorpresa mentre apre la bocca per cercare di dire qualcosa. Ma cosa si potrà mai dire in situazioni del genere? “Non è come credi?”
Bugia! Perché è palese a tutti quello che è successo, ieri notte e in questo momento.
Louis continua a sorridere.
Si sente un ‘crash’ che io prendo come il mio cuore spezzato mentre è solamente il bicchiere che mi è scivolato dalle mani.
-È solo una questione di tempismo- conclude Louis.
Senza guardare in faccia a nessuno mi dirigo verso la porta della cucina, mi fermo per un millesimo di secondo per sentire l’odore di Harry che è malamente mischiato con quello della stupida modella super figa.
Senza guardarmi indietro vado al portone, le ultime parole che sento sono quelle di Louis.
-Dimenticala Haz, dimenticati di Beth.-



Visto che lo scorso capitolo l'ho pubblicato in ritardo pubblico subito il successivo.
Non sono sicura di riuscire a pubblicare l'altro martedì. Si vedrà!
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 14
*** No more pitch. ***



POV Beth.
Occhi scavati da un paio di occhiaie nere, viso stanco e bianco come un lenzuolo, magro come se non mangiasse da giorni, barba incolta brizzolata, labbra serrate in una smorfia inespressiva, capelli unti appiccicati alla fronte, brizzolati anche quelli.
Mani unite con le dita incrociate appoggiate sul tavolo.
Tavolo bianco, sempre quello.
Stanza bianca, sempre quella.
Sedia di legno, sempre quella.
Silenzio assordante che ti fa venire voglia di urlare come una dannata.
Non mi stupisco che la gente non esca più dagli ospedali psichiatrici, se anche uno fosse sano impazzisce a stare qui dentro.
L’unico flebile rumore è il ronzio della lampada al neon, come quella dei bar malfamati delle periferie americane.
-Grant- mi rivolgo a mio padre a mo di saluto.
Fa una mossa impercettibile con la bocca, come un sorriso, sorriso di scherno, di sfida e di pena.
Non so nemmeno perché sono venuta. Il mio stupido senso di colpa mi ha portato ancora una volta alla clinica, incapace di affrontare la mia vergogna, che è ben ancorata al fondo della mia anima.
Capisco che è tutto inutile star lì, per cui lentamente prendo la borsa, mi alzo e mi giro per raggiungere la porta quando
-Astrid- Dio, non so nemmeno da quanto tempo non sentivo la sua voce. È incredibilmente dolce, che fa a pugni con la sua figura dura e severa, è calda, in contrasto con la sua freddezza e il gelo dei suoi occhi, ti accarezza la pelle, al contrario delle sue mani ruvide e screpolate dal tempo.
-Non mi faccio più chiamare Astrid. Sono Elizabeth ora.- dico rimanendo in piedi e fissando il muro dietro di lui.
-Oh, come la mami? Che dolce…- risponde senza un briciolo di gentilezza, ma pieno di sarcasmo e disprezzo.
-Quindi adesso hai ripreso a parlarmi? E solo per sfottermi come facevi un tempo? Ti prego risparmiami. Possiamo continuare come facciamo da sei mesi a questa parte, quaranta minuti di silenzio carico di tensione e basta.- gli dico fredda più che posso.
-Prova a stare zitta allora, e ascoltami- è un tono che non ammette repliche così mi riavvicino alla sedia, mi siedo e lo guardo con timore. Come una bambina di cinque anni che sta aspettando la sfuriata del padre.
-Sto morendo-
Cosa?
-Cosa?- chiedo stupita e terrorizzata.
-Cancro ai polmoni, troppe sigarette forse. Anche se secondo il clinico è perché non ho mai accettato la morte di tua madre. Dice che il dolore e l’odio che ho provato per diciotto anni mi stanno consumando dentro. Quante puttanate. Che ne può sapere uno psicologo? Strizzacervelli di merda. Che lavoro del cazzo.-
-Ti ricordo che sono anche io psicologa-
-Appunto. Ma comunque, qualunque sia la causa di questo figlio di puttana, la conseguenza è una e una soltanto: sto morendo, tra atroci dolori. Il prete di questo cottolengo dice che prima di morire devo riallacciare i rapporti con te, chiedere forse ammenda per quello che ho fatto. Ma, dimmi Astrid, che ho fatto? Non sono io che guidavo la macchina, non sono io che ho distratto mamma mentre guidava, non sono io che sono sopravvissuto mentre El e Stella morivano. Dico bene, Astrid?-
Non piangere Beth, non ci provare neanche, non dargli questa soddisfazione.
Figlio di puttana. Mi sta rinfacciando tutto ancora una volta.
Bastardo senza riserve.
-Ti ho fatto una domanda, Astrid. CHE COSA HO FATTO?!- inizia a urlare alzandosi in piedi, con la conseguenza che gli operatori sanitari entrano di corsa per evitare che Grant mi faccia del male.
Lo prendono per le braccia.
-Signor Stone, si calmi o siamo costretti a portarla via…- dice calmo un signore di colore alto e dal viso dolce.
-E allora fatelo, tanto non voglio più vederla.- mi guarda –Tu mi hai portato via tutto. Hai portato via l’amore della mia vita, la mia vita stessa e mia figlia! Vattene. VATTENE!- mi urla contro, viene portato via dai due infermieri mentre una singola lacrima mi solca il volto.
Prendo la borsa ed esco dalla stanza.
-Signorina, si faccia forza; è difficile avere a che fare con pazienti malati di mente. Spesso sono violenti, anche con le parole, magari la prossima volta…-
-Non ci sarà una prossima volta- interrompo dura la segretaria del posto –E non disturbatevi a chiamarmi quando quel pezzo di merda tirerà le cuoia.-
Butto il cartellino identificativo per i visitatori nel cestino, inforco gli occhiali da sole, sebbene fuori piova, ed esco per sempre da quella clinica.

Passano così due mesi senza che io rimetta piede in clinica, senza sapere se mio padre sia ancora vivo, senza sentire Harry e senza ricevere nemmeno una chiamata da Phil.
Passo il Natale e l’ultimo dell’anno rinchiusa nella mia camera d’hotel sola come un cane.
Pensavo di sentire Harry, sinceramente.
Non avrei fatto come quelle stupide ragazze dei film che quando il loro amato le chiama per spiegare l’assurdo fraintendimento, loro non rispondono per orgoglio.
Fanculo all’orgoglio, io avrei risposto al primo squillo sentendo tutto quello che mi avrebbe detto Harry.
Sia che fosse stato un ‘volto pagina, addio’ ma soprattutto sperando fosse stato un ‘è stato un malinteso, ti amo’. E invece niente. Probabilmente non valgo la pena di una spiegazione.
Aggiungiamo il fatto che sono stati due mesi in cui ero incollata a qualsiasi tipo di gossip per conoscere gli sviluppi della sua storia d’amore. La storia di Harry e Clare, o come li chiamano tutti i Clharry. Patetico.
Non vivono insieme, lui è ancora con Louis, ma in questi due mesi hanno adottato un gatto, sono stati in Australia due settimane, hanno fondato un ente di beneficienza, Harry le ha dedicato una canzone e l’ha presentata alla sua famiglia. Non so se solo ad Anne o anche a Phil.
Phil.
Di lui non so niente, nemmeno se si è tagliato i capelli, se si è dato al punk rock o ha cambiato orientamento sessuale.
È il 4 gennaio quando sento bussare alla mia porta dell’hotel. Probabilmente è Niall che mi porta del cibo commestibile, come fa ogni sabato. Apro la porta e mi trovo davanti Phil: pantaloni della tuta, felpa con il cappuccio che esce dal piumino pesante che indossa, cappellino di lana e sorriso che scioglie tutta la neve che si è depositata sta notte.
Lo faccio entrare, e parliamo di tutto, come un tempo. Come se non fosse successo niente; io gli dico di Grant, del mio conto in rosso perché continuo a vivere in un hotel, del mio lavoro, della Florida. Lui mi dice delle promozioni che ha avuto, che ha passato il Natale con Anne, Harry e la sua nuova fidanzata che ‘è molto carina, simpatica, una a posto’. Proprio quello che volevo sentire. Harry che ha trovato per davvero la ragazza perfetta, l’anima gemella.
-Ti amo ancora- mi dice dal nulla. Io mi volto sorpresa.
-Cosa?-
-Ti amo. Come ho sempre fatto.- non so cosa dire. Per la prima volta non so nemmeno interpretare quello che sto provando in questo momento. Se disagio o felicità.
-Abbiamo affrontato un brutto momento, ci siamo presi una pausa per capire i nostri sentimenti. E io li ho capiti! Non ho smesso un minuto di pensarti. Cosa ne pensi?- lo guardo interrogativa.
-Sì insomma, vuoi riprovarci?-

POV Harry.
Mi volto nel letto e trovo Clare serenamente addormentata. Sorrido nel vederla così tranquilla, ma irrimediabilmente il mio sorriso si spegne, come sempre. Si spegne quando penso che i suoi capelli non sono i capelli che vorrei accarezzare, che i suoi occhi non sono quelli che vorrei vedere, che la sua bocca non è quella che vorrei baciare, che la sua voce non è quella che vorrei sentire, che la sua mano non è quella che vorrei stringere, che il suo corpo non è quello che vorrei toccare.
Mi giro a pancia in su mandandomi affanculo da solo.
Che cazzo, Harry. Stai insieme a questa ragazza da due mesi e ancora non ti è uscita LEI dalla testa.
Che problemi hai?!
Certo, provo affetto per Clare, oltre a essere una buona copertura è risultata essere anche simpatica; è sexy, piace alle fan, piace alla mia famiglia, è divertente ed è anche parecchio brava a letto. E allora perché non riesco a provare più del semplice affetto?
Due mesi. No neanche. Poco meno di due mesi dall’ultima volta che l’ho vista.
Ogni volta che chiudo gli occhi rivedo il suo sguardo distrutto di quando era nella mia cucina e ha visto Clare. E ogni volta è come se una mano mi serrasse la gola per impedirmi di respirare. Lei era venuta da me, mi aspettava, mi voleva parlare.
Tutti credono che io l’abbia dimenticata. Mia madre, che non l’ha mai vista di buon occhio per ovvi motivi, è felice e tratta Clare come se fosse sua figlia, Louis la tratta come una sorella e non smette un secondo di elencarmi le cose in cui lei è migliore di Beth.
“Andiamo Haz, lei è più bella, ha un fisico da modella, è più gentile, non ha rovinato la tua famiglia, non se la fa con tuo padre, tutti l’adorano e…” blablabla. Come se fossero queste le cose che davvero mi importano.
Tutti credono che io l’abbia dimenticata. Tutti, tranne Clare. Lei sa tutto ed è per questo che è una copertura perfetta: sa cosa provo davvero, cosa purtroppo non proverò mai per lei, ma nonostante tutto mi sta vicina e anzi, mi aiuta ad andare avanti, o meglio, a far credere a tutti che sto andando avanti. Accetta persino che chiami Beth invece di lei quando siamo a letto. Cose da pazzi.
Mi alzo dal letto e mi dirigo in bagno dove mi butto sotto la doccia, acqua ghiacciata, come faccio ogni volta che torno a pensare a Beth. Terapia d’urto.  Devo associare Beth al gelo, al dolore.
Anche se forse non ce n’è bisogno, perché ogni volta che ci penso una lama di ghiaccio mi spezza il cuore.

POV Louis.
Harry è sotto la doccia. Di nuovo. Sotto l’acqua gelida anche se siamo ai primi di gennaio. Lui crede che io non mi sia accorto di niente, ma in realtà so tutto.
Lo si vede dai suoi occhi che non l’ha superata, non l’ha dimenticata.
Gli occhi più belli che io abbia mai visto velati da uno strato di tristezza che è mascherato bene, devo ammetterlo.
E lui pensa di prendermi in giro, finge che vada tutto bene, che è innamorato perso di Clare quando probabilmente anche nel sonno parla di Beth.
Crede che io non senta delle sue notti d’amore con Clare, dove c’è un unico nome a essere ripetuto; le sue docce quotidiane gelide come la neve da cui esce tremante e un po’ sollevato; i suoi occhi nascosti dagli occhiali da sole che la cercano nella folla. Un po' patetico.
Però è il mio migliore amico, mio fratello, e io non posso vederlo così, proprio non ce la faccio.
Che dire, sono troppo generoso.
Ed è forse la mia generosità e la mia modestia ad avermi portato di fronte a una camera d’albergo dell’Holiday Inn di Londra.

POV Beth.
Phil se n’è andato da qualche ora, e io sono ancora in lacrime. È stata una scelta sofferta, lo ammetto. Ma dovevo farlo, dovevo fare quello che è meglio per me. E ora come ora ho bisogno di stare da sola, sono troppo confusa.
L’ho lasciato andare, Phil non merita una ragazza come me, confusa sui proprio sentimenti che va a letto con il figlio.
Probabilmente una parte di me amerà sempre Phil, è stato importante, mi ha aiutato a sopravvivere e mi ha accolta in un periodo nero della mia vita. Gliene sono grata, e sempre lo sarò. Ma è inutile ignorare quello che la maggior parte del mio corpo prova. Sono completamente e incurabilmente innamorata di Harry Styles.
Che a sua volta è innamorato di Clare qualcosa.
Com’è bella la vita.
Mi sciacquo la faccia per scacciare il lieve senso di colpa che sento per Phil, e sento bussare alla porta.
Che sia Phil che torna indietro disperato chiedendomi di ripensarci?
Di fronte, invece, mi trovo l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere in vita mia: Louis.
-Ehm, ciao- dice lui tentennante.
-Louis, non è il momento. Puoi lasciarmi la tua lista di insulti in un foglietto, la leggerò più tardi- dico, mentre chiudo la porta.
-Aspetta!- la blocca lui con una mano –Vengo in pace- dice sorridendomi, un sorriso sincero, forse per la prima volta.
Siamo seduti sul mio letto in un silenzio imbarazzante come pochi. Mi schiarisco la voce.
-Allora- diciamo contemporaneamente, strappandoci una risatina soffocata.
-Prima tu- dico.
-Vorrei parlarti di Harry…-
-Credo di sapere già tutto Louis, grazie non c’è bisogno- dico un pochino irritata. È venuto a mettere il dito nella piaga?
-No io non credo.- lo guardo interrogativa e lui continua –Lui non ti ha dimenticata, sta solo fingendo con Clare…-
-Louis, ti prego…- inizio sentendo gli occhi inumidirsi, Beth non davanti a Louis, da brava.
-No ti prego tu, puoi ascoltarmi?! Harry è innamorato di te e te solo, vuoi capirlo? Tutta la faccenda con la sua ragazza, i Clharry, le loro uscite paparazzate, è tutta una montatura! Lui ha cercato di dimenticarti e di andare avanti ma sta fallendo miseramente. Persino Clare sa che non ti ha dimenticata. Va’ da lui, riprovaci…-
-È stato il managment a obbligarlo ad avere una copertura? A fingere di stare con una modella?-
Louis sbianca.
-N-non proprio…- come pensavo.
-Cioè? Dillo Louis, tanto lo so già, voglio solo averne la conferma.-
-L’ha richiesta Harry…- dice deglutendo a vuoto. –Ma solo per provare a dimenticarti, voleva cercare di andare avanti, di svagarsi, divertirsi…-
Pessima scelta di parole, e lui se ne accorge.
-No volevo dire…-
-Evitamelo Louis. Se Harry provava un minimo di interesse e rispetto per me, mi avrebbe chiamato anche solo una volta, per dirmi che era vivo e che stava andando avanti con la sua vita. E invece niente. Ha finto che non fosse successo niente, che io non fossi in quella cucina quella maledetta mattina. Scommetto che lui nemmeno sa che tu sei qui, perché te lo avrebbe impedito, dico bene?-
-Sì me l’avrebbe impedito, ma non per quello che pensi tu-
-Dio Louis! Smettila!- grido –Vuoi cercare di lavarti la coscienza? Cos’è per mesi mi sputtani alle spalle con Harry spingendolo verso chissà quante modelle taglia zero e adesso vieni qui cercando di risolvere la situazione?!- sei forte Beth, le lacrime non servono a niente, fai grandi respiri che passa tutto.
-Se per una volta scendessi da quel cazzo di piedistallo dove ti ritrovi capiresti perché lo sto facendo- dice un Louis incazzato.
-Quale piedistallo Louis?! Proprio tu me lo vieni a dire? Tu che ti comporti come se avessi un pisello d’oro tra le gambe?- mi azzittisce mettendo una sua mano sulla mia bocca.
-Ti hanno mai detto che sei testarda come un mulo? Se no te lo dico io! Forse non mi sono espresso abbastanza chiaramente, HARRY AMA TE- dice evidenziando le ultime parole. –Te, e nessun’altra ed è troppo orgoglioso per correre in mutande sotto il tuo albergo gridando che ti ama. Probabilmente perché pensa di non avere più uno straccio di possibilità con te. E quindi tutto il suo lavoro lo fa il suo migliore amico, che gli vuole troppo bene per vederlo sprecare il suo cuore per una ragazza non adatta a lui.-
“Harry ama te”.
Queste le parole che mi continuano a rimbombare in mente.
Se mi ama perché non  mi ha chiamato? Perché ha continuato una farsa con quella ragazza? Perché non è qua lui, invece che il suo miglior amico rompiballe?
Louis toglie la mano dalla mia bocca.
-Avanti Beth, so benissimo che provi le stesse cose per lui.- è vero, è maledettamente vero.
-Sì Louis, io forse lo amo. Ma la mia vita è troppo incasinata: ho un padre mezzo morto, faccio fatica ad arrivare a fine mese, vivo in un hotel, sono stata a letto con suo padre… Lui sa la metà delle cose che mi sono capitate nella vita. E poi c’è la vostra di vita: costantemente sui tabloid o sulle pagine di gossip in internet, paparazzi che vi seguono anche in bagno, tour della durata di nove mesi… Non voglio questa vita.- le mie parole mi fanno male, ma sono anche sincere: io voglio una vita normale. Sono stata catapultata nel mondo del gossip per un’ora e pensavo di impazzire, non posso passare così tutta la vita.
Louis mi guarda, a metà tra il deluso e il ferito.
-Le tue sono solo scuse. Tutti hanno la vita incasinata Beth, non sei l’unica ad aver avuto un passato non proprio facile…-
-Non proprio facile Louis?! Ma sai almeno come ho passato gli ultimi diciotto anni?!-
Lui scuote la testa, imbarazzato.
-Io parto, vado in Florida.- deglutisco -Là ho dei cugini da parte di mia mamma che non vedo da tanto tempo, ho bisogno di cambiare aria così forse potrò davvero andare avanti, e così potrà fare Harry…- dico con un filo di voce.
-Per quanto?- mi chiede.
Alzo le spalle.
-Non lo so.- lui si alza dal letto e va verso la porta.
-Stai facendo l’errore più grosso della tua vita Elizabeth. Potresti perdere Harry per sempre- mi dice voltato di spalle.
-L’ho già perso- dico mentre richiude la porta violentemente.


Ok, scusate la noia. Mi sono annoiata io a scriverlo, immagino voi a leggerlo.
È tutta colpa di una ff Larry che mi ha sconvolta, talmente l’ho trovata bella, per cui ora faccio fatica a immaginare Harry con Beth.
Siamo alla fine, manca un capitolo, forse due non so ancora.
Scusate ancora.
Enjoy my story.
B.

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Capitolo 15
*** Life is not like a movie. ***


BETH.
-Continuo a non capire- 
-Niall, francamente, non ci vuole una laurea: ho bisogno di aria nuova, di distrarmi e cercare di andare avanti-
-L’aria fresca la trovi anche a Manchester. Non c’è bisogno che vai dall’altra parte dell’Oceano…- 
Mi volto verso Niall lasciando la mia valigia aperta e pronta per metà.
-Vieni qui- gli faccio cenno di avvicinarsi.
Lui mi stringe forte, un abbraccio che ti scalda il cuore e che ti fa mancare il fiato, ma in modo positivo non perché ti stritola troppo, bè anche per quello.
Mi stacco dall’abbraccio per guardarlo negli occhi.
-Avevamo detto niente lacrime, Niall!- dico iniziando a commuovermi anch’io.
-Scusa scusa, ora mi riprendo- prende un paio di respiri profondi, mi guarda e mi si ributta in un abbraccio.
Io non posso fare a meno di sorridere mentre lo abbraccio più stretto che posso.
Poi mi rimetto a preparare le valigie.
-Perché non posso accompagnarti?-
-In Florida?!- rispondo cercando di smorzare un po’ la tristezza.
-All’aeroporto, genio!- mi dice lui con un sorriso sciogli-ghiaccio.
-Tre parole: fan, security, fan- 
Ed ecco che torna la faccia da cucciolo abbandonato.
-Dai, Niall lo sai, non è fattibile…- lo abbraccio per l’ennesima volta e lo sento sussurrare al mio orecchio.
-Can’t believe you're packing your bags, trying so hard not to cry… Had the best time and now it’s the worst time, but we have to say goodbye- wow.
-Cos’è?- lui alza le spalle.
-Una nostra canzone, mi sembrava appropriata- sorrido, Cristo quanto mi mancherà questo pezzo d’Irlanda.
-Niall mi prometti una cosa?- mi stacco per guardarlo negli occhi e lui fa un cenno di affermazione con la testa –Non dimenticarti di me- dico inciampando sull’ultima parte della frase mentre i nostri occhi si inumidiscono per l’ennesima volta.
Ritorna ad abbracciarmi.
-Non sarà un po’ d’acqua a farmi dimenticare di te-
-Ma l’oceano non è “un po’ d’acqua”-
-Beth… Non ti sbarazzerai di me- mi dice sorridendo –Chiamate, messaggi, mail, videochiamate, videomessaggi, lettere e persino piccioni viaggiatori ci permetteranno di rimanere in contatto- mi metto a ridere.
-Promettimelo- lui torna serio e mi guarda dritto negli occhi.
-Non ti dimenticherò mai, sei diventata troppo importante- sorrido.
-Grazie Niall-
-E poi! Sicuramente qualche tappa in Florida la faremo durante il tour, e se così non sarà… Mi inventerò qualcosa, verrò a piedi apposta!- 
-Ci conto- gli dico continuando a sorridere –Ora devo finire di fare i bagagli-
-Ma hai già riempito tre valigie…-
-Bè magari non bastano…-

Cinque valigie e due bagagli a mano dopo, avevo finito. La mia stanza d’albergo completamente vuota.
-Ci siamo- dico rivolgendomi a Niall.
Lui non risponde neanche, si limita ad abbracciarmi e mi comunica più con un abbraccio che con delle semplici parole.
-Divertiti Elizabeth Stone- mi dice baciandomi la fronte.
-Lo farò Niall Horan. Tu non rimorchiare troppo in mia assenza-
-Farò il possibile- mi dice facendomi l’occhiolino, poi prende la giacca e si dirige verso la porta.
-Ti mando un messaggio, appena prima di imbarcarmi-
Si volta, mi guarda, prende la rincorsa e mi da il ventesimo abbraccio della giornata.
Mi mancherà, Dio se mi mancherà.

NIALL.
Mi chiudo la porta dell’albergo alle spalle e un senso di malinconia misto a depressione misto ad acuta tristezza si impossessa delle mie ossa. Chi l’avrebbe mai detto che potessi legarmi tanto a una donna senza finirci a letto? Cazzo, quanto mi mancherà Beth. Ormai era diventata parte integrante della mia giornata: messaggino quotidiano, qualche volta una chiamata, il pranzo al sabato… Cose semplici che hanno finito per unirci sempre di più, è più di un’amica, più di una migliore amica, è diventata come una sorella.
Non posso crederci che stia per partire. Ed Harry glielo lascia fare.
Perché Harry sa che sta per partire, vero?
Forse è meglio fare un salto a casa sua, giusto per chiarire la situazione.

Louis mi apre la porta sbigottito.
-Ma che hai fatto?!- ho un graffio in faccia, i capelli in disordine dove prima c’era un cappellino.
-Ehm, ho incontrato un paio di fan-
-Un paio?-
-Circa una ventina, ho avuto paura di morire- dico entrando in casa, ripensando a quello che era successo sulla strada dall’hotel di Beth all’appartamento di Harry e Louis. Roba da matti.
Louis inizia a ridere e ci dirigiamo in cucina, dove prontamente apro il frigorifero per cercare qualcosa da mettere sotto i denti.
-Louis- lo chiamo, lui guarda la tv ma mi sta ascoltando.
-Lo hai detto ad Harry?- lo guardo e scuote la testa.
-Perché? Non credi debba saperlo? Insomma… Se ne sta andando, forse per sempre- gli dico ingozzandomi con un panino.
-Non credo sia io a doverglielo dire, è lei che parte, è lei che deve dirlo. Forse è il caso che inizi a prendersi qualche responsabilità quella ragazza…- dice Louis più acido che mai.
-Non ti è mai andata a genio Beth, dico bene?- 
-Non mi piace particolarmente, ma, ehi, per Harry me la sono fatta andare a genio, sono andata da lei e ho cercato di sistemare le cose, il mio dovere da migliore amico l’ho fatto- dice continuando a fissare la tv.
-Di che diavolo state parlando?- spaventati e presi di sorpresa ci giriamo verso la porta della cucina dove un Harry confuso e semi addormentato ci fissa.
Io e Louis ci guardiamo senza saper cosa dire. Ora che faccio? Cosa gli dico? Come glielo dico?
-Allora?- dice entrando e sedendosi a una sedia.
-Ehm- guardo Louis terrorizzato.
-Haz- inizia lui schiarendosi la voce e spegnendo la tv –Devi sapere una cosa…Niall- mi fa cenno di continuare. Bastardo.
Mi schiarisco la voce.
-Beth sta partendo- dritto al punto senza un minimo di tatto, perfetto, bravo Niall.
-Ok, perché dovrebbe interessarmi?- chiede Harry distogliendo lo sguardo da me e Louis.
-No, Harry. Sta partendo, partendo. Ha solo il biglietto di andata, non sappiamo quando tornerà e se tornerà. Si sta trasferendo. Va via- cerco di essere il più chiaro possibile.
Harry si mette a giocare con una briciola di pane rimanendo in silenzio e fissando solo il tavolo.
Dopo qualche attimo di silenzio riprende a parlare.
-Come ho già detto: perché dovrebbe interessarmi?- 
-Perché la ami?- sputo fuori ancora una volta senza un minimo di tatto, al punto che mi prendo una gomitata da Louis. Io lo ignoro guardando Harry che ora è rosso mentre continua a deglutire.
-Forza Harry lo sappiamo tutti, non è un segreto. Non ci freghi con la storia di Clare- continuo io –Siete tutti e due molto testardi, te e Beth, ma ora qualcuno deve fare il primo passo, e quel qualcuno sei tu. Rischi di perderla per sempre, Harry, non ti rendi conto?-
Lui continua a non parlare, mi giro verso Louis che lo fissa indeciso se prendere parte alla conversazione oppure no, combattuto se prendere le parti di Beth o di Harry.
-Haz- il riccio alza la testa verso il miglior amico –Avanti, a noi puoi dircelo. Anche perché lo sappiamo già cosa provi, è palese…-
-Tu lo sapevi Lou?- è chiaro di cosa parla Harry, della partenza di Beth.
Lou deglutisce e si schiarisce la voce.
-S-sì sono andato a parlarle qualche giorno fa- ammette Louis.
-Perché non me l’hai detto?- si vede benissimo che Harry inizia a innervosirsi.
-Non stava a me dirtelo, ma a lei!- risponde a tono Louis.
-Chi è il mio migliore amico?!?- Harry si alza e scuote la testa, poi si appoggia al lavandino.
-Cazzo Harry cosa sarebbe cambiato? Te lo stiamo dicendo ora e ti stai comportando come uno a cui hanno appena chiesto cosa pensa della guerra in Cecenia! Sai Niall- si rivolge a me –Forse abbiamo frainteso tutto, a lui non interessa Beth, non gliene frega più un cazzo…-
-Stai zitto Louis tu non sai niente!- si volta arrabbiato Harry.
Ohi ohi.
-Ragazzi, calma…- cerco di intervenire.
-Stanne fuori!- mi rispondo in coro. Simpatici.
-Cos’è successo Louis, eh? Prima apri l’hater club di Beth e adesso magicamente mi spingi tra le sue braccia?-
-Non ho mai aperto nessun tipo di hater club! Semplicemente non mi andava a genio, ma questo non vuol dire che non vedo come vi guardate, come vi comportate e come state l’uno senza l’altra!- Louis si alza in piedi e raggiunge Harry, che sembra a un passo dal crollo, a dirla tutta.
-Haz, sei il mio migliore amico, e una delle persone più importanti della mia vita. Ti ho visto com’eri prima: sempre sorridente, occhi che brillavano, eri sereno, più leggero in un certo senso. Ma ti ho visto anche dopo la “rottura”, Harry. Puoi fingere quanto vuoi davanti alle telecamere, e sinceramente lo fai anche discretamente, ma sappiamo tutti e due quello che provi realmente: sei distratto, più chiuso, sorridi raramente, hai gli occhi spenti. Sei in pieno mal d’amore- Louis accenna un sorriso, mentre appoggia una mano sulla spalla dell’amico. 
Dall’altra parte Harry ha lo sguardo fissato al pavimento, alza appena lo sguardo e quasi mi si spezza il cuore quando vedo gli occhi leggermente arrossati.
-Dillo, Harry- dice Louis.
Lui prende un bel respiro e aspetta qualche secondo.
-No-non posso- dice con un filo di voce.
-Perché diavolo non puoi?!- sbotto io ormai esausto da quella situazione, cazzo, lui è Beth sono uguali: Dio prima li fa e poi li accoppia.
-Niall, così non aiuti- mi dice Louis.
Harry mi guarda ferito.
-Devo dimenticarla, ok?L’ho promesso a mia madre, e a me stesso- dice per poi uscire dalla cucina.
Lo ammetto, speravo in un finale diverso. Un finale da film in cui lui corre all’aeroporto, supera rocambolescamente i controlli e impedisce alla sua bella di partire.
Ma la vita non è un film.

HARRY.
Salgo in camera sconvolto. Letteralmente sconvolto. Ho il respiro corto, mi gira la testa e mi tremano le mani. Prendi dei bei respiri Harry, forza. Mi butto sul letto mentre cerco di arrivare a un pensiero di senso compiuto e districare il groviglio che ho in mente.
Beth parte.
Si arrende, se ne va, mi lascia definitivamente, cambia vita, va avanti.
Proprio come dovrei fare io, ma che mannaggia al pane non riesco.
Mi permetto di lasciare andare qualche lacrima mentre penso intensamente alla sua risata, alla sua goffaggine, al suo sorriso e ai suoi occhi. Quei maledetti occhi marroni.
Mi sento terribilmente in imbarazzo, che cazzo sto facendo? Piagnucolo come un adolescente alla sua prima cotta finita male. Sono Harry Styles per l’amor di Dio! Ne trovo altre dieci per rimpiazzarla.
Il mio telefono squilla: Phil.
Ma certo. Parte con lui, che idiota che sono.
E Niall e Louis che cercavano pure di convincermi a dire quelle due parole che sono saldamente ancorate alla mia gola e si rifiutano di uscire.
Lei se ne va con un altro Styles. E cazzo se fa male ‘sta cosa.
Rispondo asciugandomi le guance con il dorso della mano.
-Pà?-
-Ciao figliolo, volevo salutarti, sto partendo per un viaggio…vado a Berlino…-
-Ah… Sì, bè buon viaggio!Divertitevi- lo interrompo per poi chiudere la telefonata.
E un’improvvisa ondata di odio, dolore e gelosia si impossessa di me.
Non posso fare a meno di mandarle un messaggio, che spero possa comunicarle tutto quello che sento.
“Non so se mi fai più schifo tu che sei tornata con lui dopo quello che è successo, o lui che è tornato con te dopo che hai scopato con il figlio. Sperando di non rivederti mai più: addio.  Harry”
Scendo le scale tornando in cucina, voglio dirne di tutti i colori anche a quei due.
-Complimenti!- urlo facendoli sobbalzare.
-Grazie a voi due, stavo per umiliarmi all’inverosimile!- 
-Voi volevate che dicessi cosa? Che la amo? Che è la donna della mia vita? Che non riesco a stare senza di lei e che non riesco ad andare avanti? Bè la donna della mia vita, la ragazza che amo sta partendo con mio padre!- continuo a urlare, non sono mai stato tanto incazzato e addolorato allo stesso tempo.
-Impossibile- dice Louis confuso.
-Oh no è possibilissimo!- rispondo allargando le braccia –Mi ha appena chiamato mio padre dicendo che sta partendo! Per Berlino!-
-Harry…- cerca di dire Louis.
-E io come uno stupido stavo anche piangendo per lei! Lei che mi ha preso per il culo dal momento in cui sono entrato in quella cazzo di casa-
-Harry-
-E io che mi sono innamorato come un coglione! E sono ancora più coglione per aver creduto che scegliesse me invece di mio padre!-
-HARRY!- sbotta Louis arrabbiato -Tappati quella cazzo di bocca e ascoltami: non sta partendo con tuo padre!- lo guardo confuso, che cazzo dice? 
-Beth va in Florida, non a Berlino!-
Silenzio. Mentre la realtà delle cose mi colpisce in faccia come un mattone di cemento.
-Ho fatto un casino- dico con un filo di voce.

BETH.
“Non so se mi fai più schifo tu che sei tornata con lui dopo quello che è successo, o lui che è tornato con te dopo che hai scopato con il figlio. Sperando di non rivederti mai più: addio.  Harry”
Quel coglione non ha capito niente.
-Signorina…Signorina!- mi richiama l’hostess –I suoi bagagli!- senti, stai calma che ho già le palle girate.
Prendo i miei cinque bagagli e inizio a metterli sulla pedana per pesarli, mentre l’hostess continua a guardarmi scocciata. Spengo il telefono mandando affanculo mentalmente il riccio e tiro fuori i documenti.
Finita la pesata mi dirigo verso l’incubo di ogni aeroporto: il metal detector.
Decido di togliermi già le scarpe, oltre agli anelli e ai bracciali, in modo da semplificare le cose.
Con passo deciso mi avvio verso il macchinario.
Beep.
Te pareva.
La guardia mi fa segno di tornare indietro e togliermi il giubbotto. 
Riprovo.
Beep.
Torno indietro e mi tolgo il maglioncino.
Beep.
Cribbio.
Invece che tornare indietro, la guardia mi fa segno di raggiungerla e aprire braccia e gambe mentre passa il famoso bastoncino intorno al mio corpo, l’imbarazzo proprio.
A quanto pare non le basta il metal detector portatile perché la donna inizia a palparmi a mani larghe le gambe e le braccia, ma nel momento in cui arriva al mio tronco non ce la faccio e scoppio a ridere.
-M-mi scusi- dico trattenendo le risate, lei continua e io invano mi mordo le labbra, mi guarda spazientita.
-Mi deve scusare davvero… Soffro il SOLLETICO!...- pronuncio l’ultima parola con un gridolino mentre continua a palparmi la pancia –...In modo incontrollabile, scusi- finisco con le lacrime agli occhi e il fiatone.
-Può andare- mi dice maligna e scazzata. Ma che è, oggi ce l’hanno tutti con me?
Vado poi verso il salottino per aspettare il mio aereo.

Con il mio iPod nelle orecchie mi dirigo verso il gate mentre sento dietro di me delle urla concitate e dei gridolini, decido di non interessarmene e tiro avanti per la mia strada.
Mentre sono in coda per imbarcarmi sento ancora delle urla, e nel momento in cui il mio iPod passa da ‘the end’ dei McFly a ‘falling in love’ sento il mio nome urlato a gran voce.
-BETH! BEEETH! BEEEEEEETH!- mi volto e vedo dei ricci correre a perdifiato.
O una pecora si è persa a Heathrow oppure Harry Styles sta cercando di attirare la mia attenzione.
Esco dalla fila e un bellissimo oltre che sudatissimo Harry si ferma davanti a me cercando di riprendere fiato appoggiando le mani sulle ginocchia. Mi tolgo le cuffie.
-Cercavi me?- chiedo.
-Sì, cazzo sì. È da una vita che ti cerco- ora, io non sono una patita delle frasi ad effetto dei telefilm americani, ma cavolaccio sentir dire queste frasi dal ragazzo che ami non fa certo schifo.
-Ok, scusa per la battuta, l’ho presa da Beautiful- dice lui in imbarazzo.
-No è-è stata carina… Credo- dico io più imbarazzata di lui.
La gente ci guarda sorpresa senza capire se stiamo facendo la scena di chissà quale film d’amore oppure stanno assistendo a una vera romanticheria tra due ragazzi.
-Non partire- interrompe i miei pensieri Harry -Ti prego, non partire-
-Harry, io…- le parole mi muoiono in gola, non so cosa dire.
-Lo so che abbiamo sbagliato, che siamo stati due bugiardi traditori e che siamo stati a letto insieme mentre tu stavi con mio padre- per la miseria qualcuno gli tappi la bocca.
-Harry non mi sembra il luogo…- gli dico accennando alla folla di fianco a noi che ci guarda disgustata.
-E comunque voi non sapete tutta la storia, non potete giudicare- dico rivolta a loro. E che cazz.
-Ti amo- mi sorprende ancora una volta Harry.
-Ti amo anche se sei acida, maldestra, goffa e orgogliosa. Ti amo perché inciampi nei tuoi stessi piedi, perché torni a casa completamente fradicia senza vergognarti, perché non ti importa dei canoni di bellezza e non ti riduci allo stereotipo di sensualità che passano i media. Ti amo perché sei sexy e bellissima con un pigiama troppo grande, perché ti emozioni con una canzone e perché sai sorridere alla vita anche dopo tutto quello che hai passato. Ti amo perché continui a lottare per tuo padre, nonostante quello che ti dice. Ti amo quando sei coperta di vernice e quando sei talmente concentrata nel tuo studio che non ti accorgi che ti mordi il labbro a sangue. Ti amo perché sei odiosa, scontrosa e menefreghista allo stesso tempo. Ti amo a tal punto che ho dovuto comprare un biglietto da 570 sterline per Timbuctu solo per poter passare nel terminal dell’aeroporto e impedirti così di fare uno dei più grossi sbagli che puoi fare. Non partire. Non partire senza di me. Ti voglio nella mia vita. Ti voglio da quando ti sei addormentata su di me mentre guardavamo il Re Leone.- prende fiato- Mi ero preparato un bel discorso venendo qua, un discorso dove ti spiegavo come mi sento quando non sono con te, come mi sono sentito da due mesi a questa parte. Non mi ricordo una singola parola di quel discorso, così come non mi ricordo una singola parola di quello che ho detto fin’ora, la gente mi guarda spaesata –alcuni mi guardano proprio male- e ho una paura fottuta di non aver detto quello che in realtà voglio dirti. Volevo una scena come quelle dei film: romantica, che fa battere il cuore e venir la pelle d’oca. Però la vita non è un film, non si può programmare ogni minima cosa, seguire un copione passo per passo.- continua a inciampare nelle sue parole, la tenerezza che mi fa quel ragazzo -Quindi finisco il mio monologo. E ti dico solo due cose. Ti amo. Non partire- prende un bel respiro e mi fissa.
È inutile mentire, mi sento imbarazzata da morire, non sono una che ama le dichiarazioni d’amore in pubblico, mi fanno sentire a disagio. Ma è inutile anche mentire sulla tempesta ormonale che mi si è scatenata nello stomaco: un misto di felicità, amore, appagamento, gioia e voglia di urlare dalla contentezza.
Poi però tutto quello che avevo già detto a Louis mi spezza il fiato: la sua vita da popstar, il tour, le fan, i paparazzi, la vita mondana, la mia vita incasinata, mio padre, il mio lavoro. Tutte cose incompatibili tra loro, lo so io e lo sa Harry.
-Harry, non… Non possiamo- dico cercando di non guardarlo negli occhi, mentre sento la gente attorno a noi che fa versi di disapprovazione. Bè se volevano l’happy ending potevano benissimo andare al cinema.
Harry si avvicina e mi posa le mani sul collo costringendomi a guardarlo.
-Beth guardami- dice con voce flebile. Lo guardo e vengo investita da quegli occhi così belli da perderci la testa, e il cuore. Dio solo sa da quanto non vedevo quegli occhi, quanto mi sono mancati.
-Dimmi che non mi ami e io sparisco per sempre dalla tua vita. Dimmi che non mi vuoi con te, che non vuoi lottare per noi e che vuoi voltare pagina. Dimmelo e sarai libera per sempre- non ce la faccio, non guardandolo negli occhi. Apro bocca per parlare ma vengo interrotta dalla voce metallica dell’altoparlante.
“Ultima chiamata per i passeggeri del volo BA1526 delle ore 17.15 per l’aeroporto di Miami International. I passeggeri in partenza per Miami si rechino al gate B24”
Lo guardo, mi guarda.
D’altra parte, la vita non è un film.


The end! O forse no.
Un sentito grazie a tutte quelle persone che hanno messo la mia storia tra le seguite, a chi l’ha messa nelle preferite e a chi l’ha messa nelle ricordate! Un grazie a chi ha recensito, in particolar modo a Love13Blue, e un grazie a chi ha seguito la storia silenziosamente! 
Alla prossima, B.

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Capitolo 16
*** The end? ***


TRE ANNI DOPO. (no pov)



Un aereo e una casa.
Là, nella periferia della grande metropoli inglese, si erge modesta e silenziosa una villa bianca, con un portone rosso e le serrande verdi chiuse.
Dentro c'è silenzio, e vuoto. Mobili antichi e di legno si alternano a divani e tavoli moderni e bianchi.
La luce filtra attraverso qualche imposta chiusa male.
Il silenzio aleggia pesante all'interno di quella casa grande. Forse troppo grande.
Poi a un tratto un suono squarcia il silenzio, è un telefono che squilla.
Squilla.
Squilla.
Squilla.
Insistentemente.
Finchè parte un messaggio vocale.
"Questa è la segreteria telefonica di Harry..."




Oltre dieci mila chilometri sopra quella stessa casa, un aereo bianco, lucido, lungo e imponente si appresta ad atterrare.
La ragazza scorge dal finestrino quella città che ha tanto amato, e che continua ad amare.
Un 'dlen' la informa che è ora di riallacciarsi le cinture di sicurezza, l'aereo sta atterrando.
"Grazie per aver viaggiato con noi, sono le 14.45 ora locale, temperatura di 17°, tempo soleggiato. Buona permanenza a tutti i turisti, ai londinesi invece, bè: bentornati a casa".
La ragazza posa una sua mano leggermente abbronzata sul braccio del suo compagno di viaggio che con gli occhiali da sole continua a dormire ignaro di tutto.
Prima di svegliarlo lo guarda, ancora e ancora. Non si stancherebbe mai.
Capelli ricci, disordinati, che hanno vita propria a volte.
Viso stanco e abbronzato.
Occhi penetranti e misteriosi, celati da un paio di RayBan scuri.
Braccia possenti, da uomo.
Si sofferma sulle braccia che circondano una creaturina di poco più di un anno che gioca spensierata tra le braccia dell'uomo completamente addormentato e ignaro delle proprie braccia ricoperte di pennarello.
La ragazza sorride a Kamilah, che le restituisce un sorriso. Un sorriso timido, ma pieno di speranze.
Due occhi neri e profondi, dei denti bianchissimi, capelli ricci, neri e lanosi che sono intrecciati tra loro formando quattro treccie distinte.
Pelle scura, nera.
Bellissima. Semplicemente bellissima.
Sua figlia. La loro figlia.
Poi lui si sveglia.
Bacia la bambina che ridacchia dai brividi provocati dal suo nuovo papà.
Lui si volta, e la guarda.
Bella, come sempre.
Si toglie gli occhiali.
Lei si perde immancabilmente in quelle sfere smeraldo che pensava di non rivedere mai più, ma che, grazie a Dio, sono di fianco a lei ogni mattina.
Le ruote dell'aereo si abbassano e toccano terra.
Sono tornati a casa.




“Questa è la segreteria telefonica di Harry... e Beth!Al momento non possiamo rispondere… Perché siamo su un aereo diretti in Kenya!...Oh mio Dio, Harry non dovevi dirlo!...Cosa?Non ho mica detto che stiamo andando a prend-…HARRY!...Che?...Santo Cielo, lasciate un messaggio e sarete richiamati… Come si dice in keniota 'papà'?...HAR-…  Biiiiip.”
Tu-tu-tu.
È vero la vita non è un film, a volte è anche meglio.

                                                                                     
                                                                   
                                                                                THE END? OH NO, IT'S JUST THE BEGINNING.

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