Petali di rose sulla scena del delitto

di Spiretta97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 La partenza Ovvero L’incontro sul treno. ***
Capitolo 2: *** Eccomi oceano io non ho paura Ovvero Una su un milione ***
Capitolo 3: *** Eccomi oceano io non ho paura Ovvero Una su un milione parte 2 ***
Capitolo 4: *** Furti e scomparse Ovvero L'agenzia nel magazzino ***
Capitolo 5: *** Furti e scomparse Ovvero L'agenzia nel magazzino parte due ***
Capitolo 6: *** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 1 di 3 ***
Capitolo 7: *** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 2 di 3 ***
Capitolo 8: *** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 3 di 3 ***
Capitolo 9: *** La tragedia Ovvero Promettimi ***
Capitolo 10: *** La tragedia Ovvero Promettimi Parte 2 ***
Capitolo 11: *** Bob e Alessia Ovvero il bambino sull' altalena Parte 1 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 La partenza Ovvero L’incontro sul treno. ***


Capitolo 1 La partenza Ovvero L’incontro sul treno.
 
Il 15 settembre…. Per alcune persone è un giorno come un altro, per altre segna la fine delle vacanze estive e l’inizio della scuola.
Elisa considerava il 15 settembre la fine della sua vita; Infatti lasciava il “mare” delle scuole medie per immergersi in quello che lei chiamava “l’oceano famelico” delle scuole superiori. Per la sua età non era strano sentirsi così, ma Elisa ne era terrorizzata. L’idea di ricominciare tutto daccapo e poter diventare una “nuova” Elisa la mandava su di giri, ma andare in una scuola dove tutti le sono sconosciuti e dove lei è la più piccola la metteva a disagio. MOLTO a disagio. Era stata la più piccola della scuola in ogni istituto, essendo nata a settembre, sua madre ebbe la fantastica idea di farle iniziare la scuola a 5 anni anziché 6. Nonostante fosse piccola e bassa in fatto di materia grigia non la batteva nessuno, per questo molti a scuola la bollavano come secchiona o sfigata.
La ragazza si era scelta la scuola superiore da sola dalla prima media. E’ sempre stato per lei più facile rapportarsi con le materie scientifiche, mentre quelle umanistiche … Bè , si se la cavava, ma non erano la sua passione. Purtroppo nella sua città c’erano solo classici e scientifici dove giravano voci su una strana sostanza che girava. Inutile dire che non era per nulla interessata, l’avrebbero mangiata viva… nel vero senso della parola.
Si scelse così una scuola scientifica superiore fuori città. Per lei era un sogno! In ogni piano (Tranne quelli dei dormitori) Aveva come minimo due laboratori. Nel seminterrato era presente una stanza che veniva usata come Aula Magna, perciò svolgeva il compito anche di: Sala prove, sala concerti, auditorium… Sul retro c’era un enorme giardino che poteva essere usato per pic-nick d’estate. Aveva il dormitorio femminile separato da quello maschile da un intero piano. Elisa si era letteralmente innamorata di quella scuola, unico problema continuava ad avere il terrore delle scuole superiori nonostante la scuola fosse senza macchia. Per abituarsi alla scuola era stato chiesto agli studenti di arrivare tre giorni prima dell’inizio delle lezioni.
Infatti, il 12….
- Elisa …. Svegliati oggi devi partire … - una voce dolce svegliò la  ragazza. Elisa aprì un occhio e si trovò davanti il viso di sua madre. Sorrise anche se mezz’addormentata.
-Si … ora mi sveglio, mi sveglio ….- disse Elisa sedendosi sul letto. La camicia da letto era tutta stropicciata e si era alzata all’altezza della vita. Sua madre l’osservava scuotendo la testa.
-Magari a scuola vestiti un po’ meglio o almeno dimenati meno. Il letto te lo farai da sola! E non ci sarò io a metterti a posto la camicia da notte!-
Elisa diede le spalle alla madre mentre questa la rimproverava. Alzò gli occhi al cielo sbuffando. Si stiracchiò per un po’ mentre sua madre rassettava in giro. Aprì l’armadio e prese ciò che aveva deciso che si sarebbe messa il giorno prima: Jeans neri con una T-Shirt bianca con su scritta una di quelle frasi assurde da maglietta. Si bloccò in mezzo alla stanza e fece una domanda a sua madre
- Mamma, oggi papà verrà a vedermi partire?-
Una domanda in se … semplice, innocente, ma non nella sua famiglia. Non doveva parlare di suo padre, non in presenza della madre, mai.
Il volto di sua madre si irrigidì
-Non lo so e non mi interessa.- sbottò uscendo dalla stanza e sbattendo la porta. Se ne andò in cucina, lì l’unica cosa che le sbolliva era la rabbia, per fortuna.
Elisa si morse il labbro. Pensava che sua madre avesse superato la separazione. Ma del resto, due anni per una persona che ha amato realmente sono troppo pochi per dimenticare… Separazione dovuta al tradimento continuo da parte del marito. La madre di Elisa continuò a perdonarlo fino a che il verme non si portò a letto la migliore amica della moglie nella loro casa. Elisa suo padre non riusciva nemmeno a definirlo. Aveva 11 anni quasi 12 alla separazione e a distanza di due anni a quell’età si cresce velocemente.
La ragazza prese i suoi vestiti e andò in bagno a lavarsi. Uscì venti minuti dopo e si diresse in cucina.
-Scusa- disse Elisa. Sua madre in principio la guardò con un espressione di rabbia nel volto, ma poi quel broncio lasciò posto al sorriso. Non era colpa di sua figlia se lei e quello stronzo si erano lasciati. Si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla testa come era solita fare.
- No, non è colpa tua, dovrei superare la separazione, sono ormai 2 anni che non viviamo più insieme. Ora muoviti e mangia il tuo toast-
La madre di Elisa aveva la pessima abitudine di preparare solamente toast a colazione. Aveva iniziato a fare ciò quando una volta Elisa le chiese di prepararle, appunto, un toast. Sua madre deve averci proprio preso gusto perché da quel giorno in poi non le preparò altro.
-Ancora toast? Speriamo che a scuola non ce ne siano- disse la ragazza mangiando svogliatamente cercando di trattenere un conato di vomito.
-AH! La scuola te la sei scelta tu, quindi la colazione te la tieni!- disse la mamma versandosi del caffè in un tazza cercando di mantenere una voce seria senza successo.
- Una scuola più vicina, no? Sono 2 ore di viaggio - disse la madre con voce lamentosa addentando un toast imburrato.
- Non ci sono Licei Scientifici in questa città- mentì Elisa guardando nel vuoto e lasciando cadere nel piatto il toast. La verità è che ci sono licei, ma quello era migliore. Poi lei non ce la faceva più a vivere in quella città, per lei era una galera … Si sentiva imprigionata dai suoi ricordi, doveva assolutamente andar il più lontano possibile. Il più lontano possibile da sua madre, da suo padre, dalla sua città ….. Quella città che le riportava in mente tutti i litigi dei suoi genitori, quando suo padre fece le valige e se ne andò senza avvertire nessuno. Lei non capiva perché lo avesse fatto e, adesso che era grande e comprendeva la gravità della cosa, faceva finta di non capire. Non voleva ammettere che suo padre fosse quel tipo di uomo, non voleva ammettere di essere figlia di un essere così. Per tutto ciò voleva lasciare la città, la città che l’aveva messa al mondo e accettata così com’è e che, da un momento all’altro le staccò le ali legandola alla sottana, ormai lacera, della madre.
- Che fai? Non finisci il tuo toast? Oh Shit! Elisa, Siamo in ritardo! Forza, hai il treno tra mezz’ora, ti darò dieci euro e ti prendi qualcosa quando arrivi. Andiamo, muoviti!!!- disse la madre prendendo lo scialle rosa. Elisa guardava il microonde: 6.00 …. Che suicidio partire alle 6.30 del mattino!
Uscite di casa portando le valige alla bene e meglio, arrivarono alla macchina. Elisa si sedette di fianco alla madre e cominciò a fissarle lo scialle. Sorrise. Glie l’aveva regalato un suo amico il giorno della laurea. Da quel che poteva ricordare, sua madre lo indossava ogni volta che usciva. Le piaceva quello scialle, profumava di buono, sua madre profumava di buono. Ogni volta che le stava accanto e chiudeva gli occhi fingeva di essere in mezzo ad un’ aiuola, senza il problema dell’allergia però. Adorava il suo profumo. Che le sarebbe mancato lontana chi sa quanti kilometro lontana da casa? Come avrebbe fatto se ne avesse davvero sentito la mancanza. All’improvviso Elisa poggiò la testa sulla spalla della madre che sorrise.
-Che fai?- chiese mentre osservava la strada.
-Ti annuso-
-Mi annusi?!-
Elisa rise e chiuse gli occhi. Un buon odore… un buon odore.
In dieci minuti arrivarono in stazione e cercarono in quale binario sarebbe partito il treno.
-Binario 3…- disse Elisa guardando il tabellone.
Giunsero al binario e videro soltanto  anziani signori intenti a osservare i binari e a dire “ Eh! Questo non tiene! Non tiene ti dico! ‘Orca se non tiene!” E altre stramberie nel dialetto regionale. Le persone più giovani rimanevano semplicemente a fissare dove sarebbe dovuto spuntare il treno e a fare avanti e indietro per la banchina. Elisa si girò verso la madre e sorrise, sua madre però non ricambiò, rimase seria a fissare dove il treno sarebbe arrivato. Dopo un po’ tirò su col naso e si girò verso sua figlia abbracciandola e dandole le  valige.
-Lavati i denti, fatti la doccia tutti i giorni, mettiti addosso qualcosa la sera, non contraddire i professori e chiamami ogni giorno!-
Disse la madre di Elisa con le lacrime agli occhi. Elisa la guardò con gli occhi lucidi.
-Si, lo farò, ma dubito che io possa chiamarti ogni giorno.-
-E tu tenta!-
-Va bene, va bene!- disse Elisa ridendo e abbracciando la madre asciugandosi gli occhi nella sua maglia
-Mamma… io … ecco… vorrei aprire una piccola agenzia di investigazione… ecco, non su cose serissime, su piccoli furti o perdite di oggetti…-
- Oh, che bella idea tesoro! L’importante è che non ti cacci nei guai, e se chiamano la polizia per la scomparsa di qualcosa di importante, non importunare nessuno!- disse la madre della ragazza accarezzandole una guancia. Aveva ascoltato si e no due parole di ciò che sua figlia aveva detto. Il suo scialle venne fatto volare dal vento e cadde ai piedi di un uomo vestito di scuro appena uscito dal treno del binario accanto.
-Signora, le è caduto lo scialle- disse
- Oh grazie … Mattew?- fece la donna riprendendosi l’oggetto.
- Maria, Maria Brown? Oh my God! Long time no see!- Disse l’uomo prendendo le mani di Maria.
-Mattew! Are you?! Oh oh … Long long time! Last time at university ages!-
-I remember, i remember!-
Elisa sorrise, non aveva mai visto sua madre così felice con qualcuno. Continuarono a parlottare del più e del meno rigorosamente in inglese. Ascoltò ciò che dicevano e rise. Lo scialle… lo scialle glie lo aveva regalato lui!
- Oh, tu sei sua figlia eh?- disse l’uomo con un divertente accento italiano
-Yes, but you can speak English, is my second language!-
L’uomo sorrise a sentire la ragazza e chiese se era figlia di un certo George
-Yes, is my ex-husband and her father- disse sorridendo. Mattew abbassò lo sguardo e prendendo il coraggio a due mani
- Ecco…- disse cercando di essere il più naturale possibile parlando italiano, quasi fosse una sfida con se stesso o come se parlare bene la lingua lo rendesse più importante.
-Ecco io… mi chiedevo…. Stai partendo no?-
-No io no, mia figlia si però-
-Oh perfetto perfetto… ti va di venire a pranzo con me?-
Maria guardò sua figlia che annuì energicamente. Era felice di vederla contenta con un uomo simpatico.
-Ma tu che ci fai qui?-
-Mi hanno trasferito per lavoro, ma comincio tutto la prossima settimana-
-Allora… bè ecco…-
Il treno cominciò a preannunciare il suo arrivo con dei fischi e un rumore assordante delle rotaie creando non poco disordine tra i vecchietti che ancora stavano controllando se i sassi tra le rotaie erano sanpietrini o tufo.
-Mamma, devo andare, e accetta la sua richiesta, ma fate i bravi!- disse Elisa sorridendo e salendo sul treno lasciando sua madre mezza allibita.
Il viaggio comincia!
Elisa salì sul treno e cominciò a cercare tra i vagoni di seconda classe un posto vuoto. Neanche a pagarlo oro! Finalmente arrivò verso la fine del terzo vagone e vide che c’era un posto di fronte ad un ragazzo più o meno della sua età che stava leggendo.  Sospirò e si schiarì la voce
-Scusa… è libero qui?-
Il ragazzo non rispose, Elisa notò che alle orecchie aveva gli auricolari e quindi, picchiettandogli con un dito la spalla chiese di nuovo
-E’ libero qui?-
-Oh, certo, non ti avevo sentita. – disse sgomberando il posto dalle sue valige e posizionandole nella parte superiore del treno.
-Vuoi una mano con quelle?- chiese vedendo che Elisa faticava ad arrivarci
-Sono un po’ pesanti, ti do una mano.-
-Grazie!- disse ricambiando il sorriso del ragazzo che riprese a leggere. Elisa lesse il titolo del romanzo e fece un gridò un “oddio” così forte che due uomini della fila di posti dietro a loro si svegliarono e cominciarono a imprecare.
-Scusate, scusate, farò silenzio!- disse Elisa arrossendo mentre il ragazzo davanti a lei rideva.
-Stai leggendo “Trappola per topi di Agata Christie”!!
Il ragazzo alzò lo sguardo dal libro.
-Lo conosci? – chiese sorpreso
-Se lo conosco? Ho letto il libro e ho visto lo spettacolo teatrale!-
-Seriamente?!-
SHH! Fecero gli uomini dietro di loro.
-Io non avevo abbastanza soldi, lo sto rileggendo perché è uno dei miei preferiti-
Elisa sorrise e cominciò a cercare qualcosa nella borsa
-Eccolo!- disse sottovoce. Tirò fuori un vecchio libro un po’ rovinato con la copertina gialla e nera. Le pagine erano imbrunite e profumavano di vecchio, elemento importante in un libro per Elisa.
-Questo è il mio preferito!-disse poi porgendolo al ragazzo.
-“Giorno dei morti” E’ incredibile! E’ il mio preferito insieme a “Dieci piccoli indiani!”-
-Ma siamo la stessa persona!- disse poi il ragazzo ridendo.
Continuarono a parlare e a ridere fino a che non raggiunsero il capolinea. Le due ore di viaggio erano passate molto velocemente.
-Bè è ora di scendere!- disse il ragazzo tirando giù le valige sue e di Elisa. Uscirono dal treno e si ringraziarono avvicenda per le ore passate insieme, poi presero ognuno la sua strada: l’uno a destra, l’altra a sinistra. Avevano passato  delle buone due ore, divertendosi tanto che nessuno dei due si ricordò di chiedere il nome dell’altro.
Quando Elisa se ne accorse sorrise. Che bizzarra giornata! Lei ha fatto amicizia con uno sconosciuto e non si era preoccupata minimamente della madre sola. Che poi sola non era più, era stata talmente presa dall’incontro con il suo vecchio amico che si era dimenticata di darle i soldi per la colazione.
 

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Capitolo 2
*** Eccomi oceano io non ho paura Ovvero Una su un milione ***


Capitolo 2 
 
Dalla stazione alla scuola ci si mettevano circa  quaranta minuti di cammino. Elisa si guardava intorno e pensava a quanto fosse felice di essere in una città nuova, che per lei significava nuove persone e perciò nuova vita.
Nonostante le valige fossero molto pesanti lei non si lamentava e continuava a camminare gioiosamente immaginandosi l’interno della scuola, si sarebbe stato fantastico! Quando arrivò nei pressi dell’istituto lasciò cadere in terra i bagagli e respirò a pieni polmoni spalancando le braccia, come per dire “Eccomi oceano! Non ho paura di te!”. In lontananza, nei pressi della scuola, vide la sagoma di un uomo grassoccio che si dondolava avanti e indietro stringendo la mano ad altre sagome, probabilmente studenti, anzi, erano proprio studenti. Elisa si avvicinò e sorrise.
-Sono Elisa Kaster-  disse stringendo l’enorme mano dell’uomo in frac marrone.
-Bene signorina io sono il preside, la sua compagna di stanza è arrivata circa un ora fa. Ma non è del primo anno da quel che ho capito- disse l’uomo guardando una lista facendo segno a Elisa di entrare e chiedere di uno dei ragazzi nell’atrio di accompagnarla nella sua stanza.
“Molto rassicurante sapere che il preside di una scuola grande quanto casa mia non sappia nulla dei suoi studenti …” pensò sarcasticamente Elisa entrando nell’istituto. Era come se l’era immaginato: soffitto alto, pareti biancastre alte e larghe, un sogno! Ad un certo punto fu avvicinata da una ragazza che le chiese il nome. Aveva subito intuito che era una “primina”. Tutti si fermavano a osservare le dimensioni mastodontiche della scuola, non solo perché era davvero enorme, ma perché vista da fuori sembrava davvero microscopica, mentre l’interno rivelava quasi un mondo a parte: solo l’ingresso (Elisa ci poteva scommettere la paghetta di un anno) poteva ospitare buoni tre quarti degli studenti senza problemi.
-Sono Elisa Kaster- rispose colta alla sprovvista. La ragazza sorrise e le fece cenno di seguirla. La porto su per delle rampe di scale fermandosi solo quando arrivarono nei pressi del dormitorio femminile. Per tutto il tragitto stettero in silenzio, ma Elisa non se ne curò: era troppo occupata a osservare le bellezze che la sua nuova scuola le offriva. I corridoi e le rampe delle scale erano ampi e ciò era utile, così almeno nessuno si sarebbe spaccato la testa cadendo... forse.
- Questa è la tua stanza, poggia la tua roba, mettiti a tuo agio. Chiedi alla compagna di farti vedere un po’ la scuola, perché sembra piccola, ma ci si perde che è una meraviglia. Io vado… Oh! Dimenticavo, le chiavi le trovi nel cassetto. A pranzo ci sarà il benvenuto per i nuovi studenti, non fare tardi!- detto ciò la ragazze scese le scale e andò ad accogliere altri ragazzi. Elisa aprì timidamente la porta e si trovò davanti una ragazza in divisa che si stava squadrando allo specchio.
-Così non va per niente, è orribile e nessuno lo vuol capire… Ciao! Tu devi essere la mia compagna di stanza, piacere Alessia- disse la ragazza vedendo il riflesso di Elisa nello specchio. Le strinse la mano, si sedette sul suo letto e la invitò a fare lo stesso su quello di fronte. Elisa obbedì e si sedette sul letto mantenendo una postura rigida che faceva capire che era agitata.
-Ehi, guarda che non ti mangio mica, Elisa! Sono solo del quarto anno! Al massimo mordo, ma solo su richiesta. – disse strizzando l’occhio. Elisa spalancò gli occhi, si guardò intorno e cambiò discorso- Cos’è quella cosa sul mio letto?-
Alessia scosse la testa e alzò gli occhi al soffitto come se stesse chiedendo una grazia o cose del genere
- La cosa peggiore della scuola, la divisa.- ti conviene provartela subito, così ti abitui-
- Dove mi posso cambiare? –
- Lì c’è il bagno.-  disse la ragazza indicando una porta bianca  dietro una rientranza nella parete.
Elisa entrò in bagno e aprì la busta che conteneva la divisa. Camicia bianca, giacca rossa come la gonna e cravatta blu. Almeno questa era la divisa per l’autunno e inverno. Quella per l’estate era semplicemente composta da una mini-gonna poco sopra alle ginocchia (su richiesta leggermente sotto) e camicia a maniche corte. Le scarpe erano sempre e comunque degli scarponi neri con lacci rossi
Elisa si mise la divisa e uscì dal bagno
-Aah! Ma a te sta bene, io sono una spilungona! - disse Alessia. Elisa rise e Alessia annuì con la testa
-Così va meglio, non voglio avere una musona come compagna di stanza.
- Senti, se aspetti  un attimo mi metto a posto la divisa e ti porto a fare un giro veloce, veloce della scuola, poi continuiamo un’altra volta perché oggi ho da fare con l’organizzazione del benvenuto- Disse Alessia sparendo in bagno.
Uscì dieci minuti dopo vestita leggermente meglio. Si vedeva proprio che non era a suo agio, continuava a mettersi a posto la giacca e a lisciarsi la gonna legandosi i capelli neri.
- Aspetta, hai la cravatta che con quel nodo non terrà a lungo- disse inginocchiandosi all’altezza di Elisa, non è che Elisa fosse molto bassa, anzi! Era Alessia che era eccessivamente alta, un metro e ottanta, ottanta cinque; in verità non si misurava da un po’, c’era il caso che si fosse alzata nuovamente.
-Ecco, ora è perfetta- disse lei sorridendole.
- Ti porto prima di tutto nel posto in cui faranno la cerimonia di accoglienza, io starò sul palco a raccontare barzellette o piccoli aneddoti sugli anni scorsi-  Alessia portò Elisa attraverso decine e decine di corridoi e, mentre la portava a vedere quella sala, passava davanti a delle aule e le spiegava l’uso o comunque in che occasione sarebbe potuta andarci
-Ecco, questa è l’aula magna, di fianco c’è la mensa dove ci sposteremo dopo la cerimonia. Qui c’è il palco dove parleremo… aspetta un secondo che chiedo come va… Ehi Skipper! Come procedono i preparativi?- gridò Alessia
 -Bene, Sheppy! Chi è lei ? La tua nuova compagna? Molto carina!- rispose il ragazzo facendo l’occhiolino ad Elisa che sorrise. Alessia mantenne invece un’espressione imbronciata la quale sarebbe stata riconducibile alla gelosia.
-Forza andiamo, ciao a tutti!!- gridò per farsi sentire tra il vocio della gente intenta ad attaccare striscioni e roba del genere.
- Alessia, perché ti ha chiamato Sheppy?- chiese Elisa rompendo il silenzio che si era creato tra le due.
- Ah sono soprannomi, lui in realtà si chiama Roberto, o Bob per amici.- disse Alessia aprendo la porta della cucina
- Ecco una volta alla settimana è il turno di una classe per lavare, cucinare e servire al tavolo, per il primo giro si comincia dalla seconda superiore, in modo che i “primini” siano abituati e un po’ più pratici. Ora ti porto in biblioteca, ho notato che ti piace leggere, ti porti dietro un libro da mezz’ora ormai- continuò la ragazza indicando il libro che Elisa aveva stretto in mano e che di tanto intanto passava all’altra. Quando arrivarono in biblioteca Elisa si stupì da quanto fosse fornita.
- Vieni, ti faccio fare subito la tessera- disse Alessia accompagnando Elisa da una signora anziana.
- Desiderate?-
- Deve avere la tessera della biblioteca.- disse Alessia
- Oh certo! Nome, cognome e data di nascita-
- Elisa Kaster, con la “K”. Sono nata il 14 di settembre 19XX-
-Ecco a te- disse la signora porgendo una tessera giallo canarino a Elisa con tutti i suoi dati.
-Con questa hai uno sconto di due euro sul cinema tutti i sabato e di tre euro nella libreria di fianco alla chiesa in città tutti i giorni.-
 Elisa ringraziò e ritornò da Alessia che si era allontanata per leggere un messaggio su suo cellulare. Doveva essere divertente perché sorrideva rossa in volto.
- Ora ti lascio tra i libri, fra un po’ devo trovarmi con Bob per ….. Ehm … ..per lavorare a quella cosa del benvenuto- disse Alessia arrossendo e uscendo dalla stanza
“Starà andando a discutere di tutt’altro con quel Bob” pensò Elisa lasciandosi scappare un sorrisetto malizioso.
-Scusi, dov’ è la sezione gialli? - chiese Elisa alla signora.
-Laggiù. Vanno per ordine alfabetico del cognome dell’autore- disse la signora aprendo una bottiglia d’acqua con i denti.
- Vediamo …. Prendiamo “Assassinio sull’Orient express” mi hanno detto che è bello … Poi poi… Toh! C’è “Trappola per topi” E “Giorno dei morti”…. Chissà quel ragazzo sul treno dove è ora…siamo scesi nella stessa città, magari lo incontro di nuovo! Ah! Ma che vado a pensare!–
Elisa continuò a fantasticare un po’ per poi accorgersi che era tardi e non c’era tempo per continuare a fare sogni idioti e impossibili. Quanto si sbagliava!
-Prendo questo- disse porgendole il libro che aveva scelto.
-Certo, bella scelta. - disse la signora annotando su un foglio il codice-carta della ragazza.
-Fra massimo un mese me lo devi riportare- continuò restituendole libro e carta.
-Certamente- rispose Elisa sorridendo consapevole che avrebbe finito in due giorni.
Uscendo dalla biblioteca Elisa, poiché era di fretta ed era distratta, andò a sbattere contro un ragazzo facendo cadere i suoi fogli e il libro per terra.
-Scusami, non ti avevo visto- disse Elisa
-No, non ti preoccupare. Agatha Christie eh? Non ti smentisci proprio- disse il ragazzo tirando su i suoi fogli e porgendo il libro a Elisa.
- Ti ho già visto … - disse Elisa
- Si, ero con te sul treno- disse il ragazzo
Elisa annuì e il ragazzo sorrise.
- Non ci siamo presentati, piacere William Frassini ma puoi chiamarmi Will - disse il ragazzo stringendo la mano a Elisa che ricambiò la stretta vigorosa
- Piacere Elisa, ma dagli amici mi faccio chiamare Ruth - disse lei sorridendo
- Ruth? Come Ruth Lessing? Effettivamente assomigli tantissimo alla descrizione di quel personaggio- disse Will girando intorno a Elisa
-Hai l’edizione con la descrizione a inizio pagina come la mia? – chiese sorpresa dal fatto che sapesse bene l descrizione di quel personaggio
- Credo che tutte siano così… Comunque vedo che sei un’appassionata di Agatha. –
-Eh già… già…. – Disse Elisa perdendosi nei suoi pensieri. Quante possibilità c’erano che ciò accadesse? Una su un milione? Che fortuna!  Del resto sua madre aveva incontrato un amico che non vedeva da anni, anche quella una bella coincidenza… il mondo è piccolo…
- Sei del primo anno vero? Quindi hai 14 anni- disse Will
- Li compio fra due giorni- disse Elisa
- Hai 13 anni?! - chiese Will stupendosi
- Ehi! Ne ho praticamente 14! Tu quanti anni hai?- disse Elisa innervosendosi un po’. Era abbastanza suscettibile su ciò che c’entrava con la sua età.
-16 sono in terza. Hai detto che compi gli anni fra due giorni? Allora gli auguri te li faccio poi, porta sfortuna farli prima. Ehi! Oggi farò parte degli alunni più grandi che danno il benvenuto a quelli di prima. Mi riconoscerai, sono quello che sul palco entra facendo lo stupido. Ah! Comunque ho sempre stimato i ragazzi e le ragazze che iniziano la scuola a 5 anni e mezzo!- detto questo William scappò via verso la sala da pranzo. Elisa sorrise continuando a pensare che era stata davvero fortunata, si sentiva l’ una su un milione… e di lì a poco avrebbe scoperto che aveva ragione, tremendamente ragione…

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Capitolo 3
*** Eccomi oceano io non ho paura Ovvero Una su un milione parte 2 ***


-Oh diamine… mi sono persa, dov’è? Oh…..-  fece Elisa guardandosi intorno in cerca di qualcosa che le indicasse la via per l’aula magna. I corridoi erano vuoti e lei non aveva la minima di dov’era e di dove stava andando. Non poteva nemmeno tornare indietro, perché la strada che aveva fatto non la ricordava! Elisa poi non era mai stata una campionessa nell’orientamento, una volta si perse al supermercato e per miracolo riuscì a trovare l’uscita e raggiungere dov’era parcheggiata l’auto.
“Le servirebbe una mappa per tutto!” diceva suo padre “Ma sarebbe inutile, fa solo di testa sua e non riuscirebbe a leggerla”… Perché aveva ripensato a quelle parole? Perché aveva ripensato a quell’uomo, quell’essere?
Elisa si sedette contro il muro cercando di coprirsi con le gambe le mutande che potevano intravedersi sotto la gonna.
Lui non era suo padre, ma l’uomo che l’aveva messa al mondo, e per sbaglio per giunta. Lui non avrebbe mai voluto avere un figlio, e se proprio doveva procreare desiderava un maschio. Per questo non diede mai una carezza a sua figlia, nemmeno quando era in fasce. Elisa non si ricordava neanche di essere mai stata sfiorata da lui, non per baciarla, non per abbracciarla, non per picchiarla, mai, se non una volta. Accadde quando lei era piccola… circa quattro o cinque anni. Era in casa sola col padre e stava correndo inseguendo una pallina magica (per intenderci “Quelle di plastica che saltellano)e non guardava dove andava. Correndo andò a sbattere contro le gambe del padre e cadde all’indietro sbattendo la testa contro il pavimento. Cominciò così a piangere, com’era normale per una bimba della sua età, cercando di attirare l’attenzione del padre e di farsi prendere in braccio, ma niente. Suo padre non disse una parola e andò a sedersi sul divano a leggere il giornale lasciando sua figlia piangere. Solo che questa continuava imperterrita con la lagna tastandosi il bernoccolo che piano piano cominciava a formarsi, si alzò, si diresse verso il padre e gli tirò la manica della maglia continuando a piangere.
-Smettila di piangere! Smettila!- sbottò il padre facendo un gesto violento con la mano, come se avesse provato a colpirla, senza successo.  Elisa smise subito di piangere. Nonostante avesse pochissimi anni di vita aveva compreso già allora che dal padre non avrebbe mai ottenuto nulla. E le fu spontaneo non piangere più davanti a lui, né per dolore, né per amore. Non pianse davanti a lui neanche quando il tribunale accettò la sua richiesta di divorzio.
-Ehi piccola?-
La voce bassa di un ragazzo la risvegliò dai suoi brutti pensieri. Alzò lo sguardo verso il ragazzo e non riuscì a far altro che sorridere in modo stupido. Era un ragazzo biondo e palestrato, quello che le ragazze potevano definire un “figo da paura”. Elisa si vergognava anche ad ammetterlo a se stessa, ma anche a lei faceva un certo effetto… le piaceva.  Il cuore le batteva forte e le gambe le cedevano.
-S…si?-fece Elisa alzandosi in piedi.
-Come hai fatto ad arrivare qui, Bimba?- disse il ragazzo sorridendole in un modo irresistibile porgendole la mano che Elisa afferrò saldamente.
-Forza, si vede che sei nuova … Ti porto all’aula magna …-
-Elisa… Mi chiamo Elisa, ma puoi chiamarmi Ruth-
-Ruth? Che nome assurdo!- disse il ragazzo ridendo. Elisa tirò fuori il libro e lo porse al ragazzo
-E’ un personaggio di questo libro, se vuoi te lo presto-
Il ragazzo prese il libro in mano, fece una smorfia e lo restituì alla ragazza.
-Mi spiace, ma non ho mai letto un libro, non voglio cominciare ora- disse riprendendo a camminare.
Elisa lo seguì a testa bassa stringendo a se il libro. Non poteva credere che qualcuno potesse rifiutare di leggere qualcosa in quel modo. Rimase in silenzio per tutto il tragitto fino all’aula magna mentre il suo accompagnatore cianciava di qualcosa sul football o sul rugby, non lo aveva capito. Sinceramente non le interessava minimamente, aveva l’impressione che ogni cosa che uscisse dalla sua bocca avesse a che fare con uno sport con la palla. Mah, anche a Elisa piaceva il calcio, ma questo ragazzo esagerava! “E fallo di qua e fallo di là! E se ci fosse storia del pallone prenderei sei in Storia” eccetera eccetera. Era proprio il tipo di ragazzo tutto muscoli e casa-palestra.
Finalmente arrivarono davanti alla  benedettissima aula.
-Eccoci qua, bimba. Ora vado a cercare altri ragazzi e ragazze che si sono persi nella scuola, tu entra.- Il ragazzo le diede una pacca sul sedere e aggiunse che “semai avesse voluto cercarlo, il suo nome era Simone”. Elisa chiuse gli occhi e strinse i pugni per evitare di scoppiare in un grido e avanzò nella stanza a passi lenti cercando un posto. Quando si sedette cominciò a respirare lentamente e contò fino a dieci per potersi calmare. Non poteva dare di matto il primo giorno di scuola! L’avrebbero bollata a vita come la Psicotica! O psicopatica… chissà che differenza c’è…
Per fortuna iniziò lo spettacolo che le impedì di fare altri pensieri assurdi e le permise di passare un paio di ore a ridere.
Per primo parlò il preside, l’uomo che l’aveva accolta all’entrata, che cercava di spiegare in tutti i modi che i laboratori non sono un diritto ma un privilegio, che bisogna studiare da subito perché se no ci si pente e che bla bla bla… Insomma, nessuno aveva realmente ascoltato il discorso, ma tutti sorrideva e annuivano pensando a cosa avrebbero mangiato a pranzo. Quando il preside finì il suo discorso col monotono “Ho finito. Grazie” Fu inondato da una marea di applausi dovuti più che altro al fatto che se ne stava andando. Sul palco arrivarono diversi gruppi di studenti che, in modo sicuramente più interessante di quello del preside, illustravano come funzionavano le cose nella scuola. Poche e semplici regole spiegate in modo efficiente.  C’era anche Alessia e una certa Sandra in mezzo a i ragazzi che intrattenevano il “giovane pubblico” come li aveva definiti il preside. Il loro compito era di raccontare alcune cose della scuola.Anche William era nello spettacolo.
-Avete già sentito della storia sui fantasmi, giusto? Bè posso assicurarvi che è TUTTO VERO!!- Disse. Tutti i ragazzi si ammutolirono di blocco cominciando a squadrarsi. William rise
-No,no scherzavo. Siate furbi e non credeteci, io ci ho creduto e mi sono ritrovato chiuso fuori dalla mia camera con addosso solo un asciugamano. Ma mi sembrate molto più svegli di me. Per esempio oggi ho incontrato… anzi scontrato una ragazza e lei ha la faccia molto più intelligente della mia alla sua età-
“sta… sta parlando di me! Ha il coraggio di parlare di me! E non lo conosco nemmeno…”
Dopo lo spettacolo i ragazzi vennero accompagnati nella mensa per mangiare. Per quei giorni non ci sarebbero stati i ragazzi della seconda a portare il cibo in tavola, solo una sorta di buffet. Questo perché i ragazzi che non erano delle prime classi non avevano l’obbligo di venire qualche giorno prima. I ragazzi come Will, Alessia e Bob ovviamente erano volontari per allestire lo spettacolo, tutti tranne Simone, lui era lì per scontare una delle sue tante punizioni. L’unico problema è che i professori non capivano che facendo così gli davano un’occasione in più per provarci con le  ragazzine.
Elisa si sedette ad un estremità di un tavolo vuoto girando e rigirando il cibo “commestibile” nel suo piatto.
“Che schifo, scommetto che è plastica, quasi quasi preferisco il toast di mia madre…”
Mentre era intenta a fissare e cercare un modo per mangiare il suo schifo senza svenire, si avvicinò William.
“Bene, avvicinati, che devo dirtene quattro!” si disse. Per qualche strano motivo, man mano che si avvicinava, la voglia di gridargli in faccia si affievoliva sempre di più.
-Ciao Ruth!- disse William
- Ti sei ricordato il mio soprannome?- chiese Elisa  guardandolo negli occhi
Lui sorrise
-Certo! Sei identica! L’unico particolare è che Ruth nella storia è un adulta, tu sei una ragazza! Ma del resto sei identica. Dovrebbero prenderti per fare un film ispirato a quel libro, saresti perfetta per lei!- disse Will continuando a fissarla
- Ho qualcosa sulla faccia?- chiese Elisa toccandosi le guance
-Eh? Non, no, pensavo solo che sembri molto più grande di una quattordicenne- disse Will
-Ah ah … tanto il mio budino non te lo do!- disse Elisa sorridendo e alzando il budino.
-Mannaggia! Io puntavo proprio a quello!- disse lui scherzando.
-Sai, dopo  pranzo la divisa la puoi togliere, l’importante è che a lezione e ai pasti tu la porti. Questo non lo abbiamo detto nelo “spettacolo”, L’abbiamo dimenticato… come sai generalmente, le lezioni finiscono a l’una tranne il Mercoledì che finisce alle 16.30. Il pranzo dura fino alle due e mezzo. Da quell’ora lì fino alle sette e mezza, puoi gironzolare per la scuola, andare a fare un giro per la campagna, e in città, a volte mandano un paio di ragazzi a fare la spesa, ma ti guardano tutti male- disse Will
- Perché?-
- Dicono che sembriamo dei minori sfruttati!-
-Che sciocchezza!-
- Ruth,vuoi ….- Will che fu bruscamente interrotto  da  Simone che si sedette fra i due ragazzi e disse
- Ehi bimba! Ti sono piaciuto nello spettacolo? - Elisa prese solo un po’ paura nel vedere questo ragazzo  a sedersi in mezzo a lei e Will senza preavviso, ma poi rispose.
- Si … ma non ti ho visto- disse lei
-Ah! Ma io ero occupato a cercare le persone disperse come te!- disse Simone mettendole un braccio intorno alle spalle. Elisa cercò di scansarsi, ma le sue braccia erano davvero troppo muscolose e ferme.
-Senti, stavamo parlando noi. Ci hai interrotto!- disse Will cercando di guardare in faccia Elisa
- Ehi Bimba! Non vorrai ascoltare questo sputo?! Ma guardalo! Prima che i suoi muscoli diventino come i miei ci vorranno dieci anni!- disse Simone ridendo a crepa pelle.
Elisa  stringeva i pugni e continuava a guardare il suo piatto di schifo condito con schifo bollito
-Su, Ruth, lo so che è insopportabile. Pensa che l’anno prossimo se viene promosso ce lo leviamo dalle scatole- disse Will infilando la testa sotto un braccio di Simone per guardare negli occhi Elisa. Lei rise
-Tse! Ruth che soprannome! A lei sta meglio Biancaneve - disse Simone baciandole il braccio. Elisa rabbrividì. “Lasciami in pace!” voleva gridare.
- Ma per favore! Non sai nemmeno che faccia abbia Biancaneve! - disse Will sbuffando. Effettivamente Elisa assomigliava a Biancaneve, capelli neri, carnagione chiarissima, ma il problema è che Simone lo diceva solo per farsi bello ai suoi occhi. In realtà lui non sapeva nemmeno che Biancaneve fosse una favola.
-Stai insinuando che sono uno stupido?!- disse Simone tirandosi una manica
-Ehi! Non così tanto come pensavo!-Disse Will fingendosi stupito.
- Ehi ehi! Non litigate- disse Elisa tenendo per un braccio il muscoloso ragazzo.
Will squadrò Simone e si alzò.
- Forza Ruth, vuoi venire a fare un giro?- chiese Will fissando rabbioso Simone che ricambiava lo sguardo.
- Si, si va bene.-  Disse alzandosi di scatto lasciando lì il cibo, non capiva perché, ma quel Will le ispirava fiducia. Uscirono in giardino rimanendo fianco a fianco in silenzio. Era un silenzio stranamente piacevole, ma anche molto opprimente…
-Bella la divisa maschile- disse Elisa dopo un po’. La divisa maschile non era molto diversa da quella femminile: Pantaloni blu scuro, camicia azzurro chiarissimo, giacca blu cravatta nera. Quella dell’ estate non prevedeva l’uso della giacca.
- Se lo dici tu! Imparerai ad odiarla!- disse Will ridendo. Elisa lo guardò con sguardo interrogativo. Ci fu di nuovo un silenzio di tomba, solo molto, molto più teso di prima….
- Ma … perché hai fatto quella scenata quando ha detto che Ruth  era un soprannome orribile? Insomma… non riesco a capirlo.- chiese Elisa continuando a camminare a suo fianco
- A parte il fatto che quel soprannome te lo meriti visto che sei praticamente identica, solo un forma più giovane! Ma quello che mi da fastidio è  il fatto che lo dice a tutte le ragazze, lui non sa nemmeno cosa sia Biancaneve e che quando provo a spiegarlo a qualcuna, non mi credono… poi rimangono deluse!-
-Io ti credo- Disse Elisa calpestando un pezzo di terreno coperto da dell’erba alta
-Attenta dove metti i piedi! Potrebbe saltar fuori un topo da un momento all’altro. Ce ne sono a quintali! Abbiamo addirittura messo il cianuro nelle trappole per farli smettere di venire a rosicchiare il nostro cibo! - disse Will togliendosi la giacca e legandosela attorno alla vita. La camicia gli andava larga, ma lui non se ne curava.
- Quando tu e Simone litigate siete troppo diversi- disse Elisa ridacchiando
- Per fortuna, se no non avrei cervello! L’unico problema è che è il cocco del professore di Storia! Questo professore è qui da tre anni. Prima c’era una professoressa di storia davvero simpatica che Simone detestava profondamente. La donna non ci dava peso, se non studiava gli dava un brutto voto, se faceva lo scemo lo sgridava, almeno questo è quello che mi hanno detto.-
-Non sei nella sua stessa classe?-
- No, lui è in 5 io in 3. Bè se ti interessa saperlo la professoressa di storia è deceduta tre anni fa per un incidente stradale, è stata messa sotto da un auto. Se non mi ricordo male  il giornale disse che era il 12 maggio 20XX.Ma la notizia non occupò più di una mezza pagina.- disse con voce rauca e sguardo basso.
-Oh mio dio! No, non lo sapevo!- disse Elisa mettendosi le mani sulla bocca
Continuarono a camminare ancora per una ventina di minuti senza rivolgersi la parola.
-Posso… posso cambiare discorso?- chiese Elisa dopo un po’. William la guardò e rise annuendo.
-Come si fa a creare un gruppo a scuola?- chiese
- Un gruppo? In che senso?- chiese Will guardandola con quei suoi occhi verde acqua, così profondo, così intensi e vivaci, ma stracolmi di sofferenza.
- Vorrei creare un gruppo di investigazioni, ma solo come “trovarobe” , oppure occuparmi di piccoli furti…- disse grattandosi la testa timidamente. Il suo volto era rossissimo.
“Ma che vado a chiedere! E poi un gruppo così a che cosa servirebbe se non a occupare spazio che potrebbe essere sfruttato diversamente? No, no una pessima idea, adesso gli dico che scherzavo”
- Bellissimo, anzi fantastico! Quanto si vede che sei un amante dei gialli! Andiamo subito!- disse William prendendola per mano e cominciando a correre.
- William, William! Non correre che inciampo!- disse Elisa cercando di stargli dietro tenendogli sempre la mano.
William Frassini, quello che si definirebbe un ragazzo di gran cuore e buono come il pane, ma quando si impunta su qualcosa nessuno lo ferma.

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Capitolo 4
*** Furti e scomparse Ovvero L'agenzia nel magazzino ***


Capitolo 3 Furti e Scomparse
 
- Signora, questa ragazza vorrebbe creare un gruppo!- disse Will spingendo Elisa davanti a se. La signora squadrò la ragazza dalla testa ai piedi e, tornando a picchiettare i tasti della tastiera, disse senza neanche guardarla in faccia.
-Sei troppo piccola, devi far parte almeno della seconda classe.-
Elisa abbassò lo sguardo e si allontanò accompagnata da William
-Mi dispiace, non sapevo questa regola…-
-Non fa nulla, sarà per l’anno prossimo…- disse Elisa calciando una pallina di carta. William scosse la testa mantenendo l’espressione di uno che ha avuto una splendida idea.
-Forse non devi aspettare così tanto, dovrai solo sopportarmi molto più di quanto pensi-
Elisa lo guardò con sguardo interrogativo. Si spostò una ciocca di capelli scuri dietro le orecchie e incrociò le braccia alzando un sopracciglio.
-Con ciò che vuoi dire?-
William fece dietro front senza dire nulla e tornò dalla segretaria.
-Signora vorrei creare un gruppo-
La donna lo fissò per una ventina di secondi, poi decise che “non assomigliava per niente al ragazzo che accompagnava la ragazza di prima, quello era più basso di lei… no molto più alto… no più basso, più basso. E inoltre non indossava la divisa, o si? No no non la indossava”
-D’accordo… Compila questo modulo, me lo dovrai consegnare entro domani o non se ne fa niente- disse la donna con voce seccata porgendo a William un foglio prestampato. Il ragazzo ringraziò e tornò da Elisa sventolando un foglio.
-La signora ha detto che non puoi avere un gruppo, non ha detto che non ne puoi far parte!- La ragazza ringraziò William chissà quante volte prima che lui la interrompesse per farle firmare il foglio.
-Così facendo tu risulti come partecipante.-
-Grazie William, grazie!
-Si ma ora basta ringraziarmi! Chi altri vuoi come partecipanti?-
Elisa si guardò la punta dei piedi arrossendo, quasi cercasse la risposta tra la polvere incastrata tra le mattonelle del pavimento.
-Io non conosco ancora nessuno bene, solo Alessia. Glie l’ho chiesto ieri se, nel caso avessi aperto un gruppo di investigazione, avrebbe voluto partecipare, ma ha detto di no! E poi troppa gente incasinerebbe tutto.-
-Ok, niente panico. Per ora spuntiamo la casella “numero chiuso”. Così siamo praticamente solo noi due.- Disse William sorridendo e gongolando silenziosamente, si vedeva che era contento: muoveva la testa a destra e a sinistra a ritmo di una musica nella sua testa. Dai suoi occhi luminosi si poteva capire che anche lui non ci teneva ad avere altre persone nel gruppo. Solo lui e la sua nuova amica... Del resto una persona così bisogna tenersela stretta, non sia mai che poi ci si perde di vista e ciao, ciao progetti! Progetti? Quali progetti? Si conoscevano da quanto? Sette, otto ore? Che progetti si possono fare in otto ore?
William scrollò di mente quei pensieri assurdi e continuò a compilare il modulo fermandosi alla voce “Nome gruppo”.
-Poi come lo chiamiamo questo “ Servizio?”-
- Non lo so proprio, che ne dici semplicemente di Furti e scomparse?-
- Ok, breve, intenso , capibile- disse Will scrivendo con una penna che aveva “preso in prestito” dalla segretaria.
Restituito il foglio i ragazzi si incamminarono verso il giardino. Intorno a loro c’era sempre un alone di silenzio imbarazzante, tipico tra persone che si conoscono poco. Non si può parlare di questo perché troppo personale, non si può parlare di quest’altro perché si sembrerebbe inappropriati eccetera eccetera. Tuttavia quel silenzio era quasi rilassante e c’era un nonsoché di poetico nel vederli così, camminare uno di fianco all’altro su un marciapiede circondato da alberi. Senza che nessuno dei due avesse bisogno di spiccicare una parola, senza che nessuno volesse parlare. Sembrava che quel silenzio fosse di inestimabile valore, come un vaso. Bello e fragile come un vaso, uno di quelli che ti lasciano a bocca aperta e tu non vuoi parlare perché hai paura che, anche solo aprendo la bocca e pronunciando la più piccola delle parole, possa frantumarsi in mille pezzi. Ma tutti i vasi, prima o poi si rompono, e il loro lo ruppe William.
- Elisa …. Insomma ho una domanda … -
- Si ,Will?- chiese Elisa arrossendo a sua volta, era la prima volta che la chiamava col suo nome. Entrambi erano seduti su una panchina in cortile a guardare da lontano la scuola. C’erano ragazzi che, sfruttando l’occasione che le lezioni non erano ancora iniziate, giocavano a pallone o a volano. Le grida divertite dei ragazzi e delle ragazze che giocavano facevano loro da sottofondo.
- Fino al 15 le lezioni non iniziano, domani è solo il 13.…. Mi chiedevo se …. Insomma, se volevi venire a trovare un posto da usare come “base”- Disse Will continuando  a balbettare e alzandosi in piedi. Non guardava in faccia Elisa, non voleva che lo vedesse così rosso e a quell’ora del pomeriggio non avrebbe nemmeno potuto  usare la scusa del tramonto.
- Si,si,si,si!!!!!! Oh grazie Will!- disse  Elisa abbracciandolo in un improvviso moto di felicità.
Will era molto più alto di lei, infatti Elisa (così attaccata al suo collo) non toccava nemmeno con i piedi per terra. Staccatasi dall’abbraccio guardò per un momento la faccia di Will e poi riprese a guardarsi i piedi.
-Bè..... dove... ehm.....di che parlavamo?- disse William arrossendo. Elisa rise portandosi una mano chiusa a pugno sulla bocca per trattenere un po’ la risata.
-Stavi parlando del fatto di trovare una base per il nostro gruppo- disse Elisa rinfrescandogli la memoria.
-Ah già! Bè, in biblioteca c'è uno sgabuzzino abbastanza grande che prima veniva usato come inventario per i fascicoli e per i documenti inerenti alla scuola ora però lo hanno spostato in solaio (lasciando però gli scaffali… non chiedermi il perché), così chi ne ha bisogno può cercare qualsiasi fascicolo in un posto più areato. L’unico problema di questo sgabuzzino è che non viene utilizzato da una cosa come cinque anni e quindi la polvere che ci sarà la lascio immaginare a te; inoltre è molto in disordine e come minimo, per pulire, sgomberare tutto ciò che è inutile e mettere quello che serve a noi potrebbe prenderci tre giorni come potrebbe portarci via una settimana. Ma ciò che più mi preoccupa è il preside...- disse Will grattandosi la testa
-Oh.... secondo te convincerlo sarà difficile?-
-Naaa! Il più sarà trovare il modo di parlargli. Il vice preside è peggio di un cane da caccia! Direi di evitarlo proprio…  Proviamo a parlare al preside domani alle 7.00, il vice arriva alle 8.30. Abbiamo un ora e mezza buona. Facciamo così! Alle sette meno un quarto ti fai trovare pronta davanti alla biblioteca.- I due si strinsero la mano e si salutarono per poi andare l’una in camera sua a disfare le valige e l’altro verso la città a fare un giro. Aveva promesso a Elisa che un giorno le avrebbe fatto fare un giro, ma quando la scuola sarebbe ri-iniziata, perché, se tutto andava bene, non avrebbero avuto un secondo libero in quei due- tre giorni.
Il giorno dopo Elisa si svegliò alle 6.20,si rinfrescò e si mise la divisa. Si guardò allo specchio e sorrise, sarebbe stata una bella, bellissima giornata, se lo sentiva dentro! E allora perché non sorridere? Prima di uscire volse lo sguardo verso la sua compagna di stanza che ancora dormiva sbavando sul cuscino. Era incredibile, quasi un paradosso, vederla così e invece vederla da sveglia. Aveva la coperta che le copriva solo dal bacino in giù, la coperta però lasciava intravedere le mutande verdi-azzurre, il resto del corpo era coperto da una canottiera rosa. Alessia abbracciava il cuscino, come detto prima, sbavandoci sopra.
“E pensare che ieri mi ha quasi fatto il terzo grado per essere stata quasi tutto il giorno con William. E’ bello che si conoscano…” Pensò Elisa chiudendosi la porta alle spalle e continuando a pensare che Alessia era davvero una tipa singolare.
Quando arrivò davanti alla biblioteca erano già le 6.40
-Non è ancora arrivato- disse Elisa poggiandosi ad un muro e guardando le scale. In giro non c’era nessuno e l’unico rumore che si sentiva era il ticchettio dell’orologio e quello che creava la segretaria spostando i libri da uno scaffale all’altro. Poi improvvisamente si sentirono dei passi veloci scendere dalle scale a destra.
-Ah!Ruth non aspetti da molto, vero?- chiese William comparendo di fianco a Elisa.
- Meno di un minuto- rispose lei sorridendo. William squadrò la ragazza e si fece scappare una tenera risata
- Che succede?-chiese Elisa un po' preoccupata
-Non credo che messa così tu faccia buona impressione al preside- disse indicando il nodo della cravatta
- Non ho ancora capito come si fa- rispose lei arrossendo. Lui si chinò alla sua altezza e le fece il nodo correttamente spiegando i vari passaggi.
-Hai capito come si fa?- chiese accarezzandole la testa. Lei annuì tenendo una sorta di broncio scocciato e rimanendo rossa.
-Allora, vuoi vedere lo sgabuzzino o no?-chiese William cercando di rompere quel silenzio imbarazzante
-Oh si!- disse Elisa
I due entrarono in biblioteca, salutarono la segretaria.
-Già svegli a quest’ora ragazzi?-
-Eh, sì Signora, ci servirebbe entrare nello sgabuzzino.- disse William indicando una porta marrone di fianco alla sezione narrativa.
- Non potrei… Ma, William, di te mi fido e posso aprirti quella stanza… non so cosa tu possa trovarci di interessante dentro, a meno che tu non stia facendo una ricerca sugli acari, non so proprio che ti interessi, ma…- La segretaria si alzò dalla sedia e andò ad aprire la porta marrone, raccomandandosi con Will di restituirle la chiave quando avessero finito di … fare qualsiasi cosa avessero dovuto fare.
-E’… è gigantesco!- disse Elisa guardando in alto.
-Si, ma è soprattutto in disordine e pure sporco- disse William dando un calcio a una palla che si scopri essere poi polvere. I due tossirono e fecero un giro rapido dello sgabuzzino. Aveva la grandezza media di un aula, forse poco più piccola. La polvere era dappertutto e, anzi, sembrava comparire mano a mano che i due osservavano la stanza.
-Effettivamente ci metteremo un sacco a pulire....- disse Elisa arrampicandosi su una scala per vedere bene gli scatoloni.
-Ehi! Sono le 7.20 bisogna andare!- disse Will facendo uscire Elisa. Ringraziò la segretaria restituendole le chiavi e si avviò verso lo studio del preside.

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Capitolo 5
*** Furti e scomparse Ovvero L'agenzia nel magazzino parte due ***


Bussarono e il preside li invitò a entrare.
-Signor preside, volevamo chiederle una cosa- disse William entrando nella stanza rimanendo in piedi.
- “Volevamo”? Tu e chi?- chiese il preside vedendo solo un ragazzo
-Ehi! Ruth! Entra! -disse Will prendendo per mano la ragazza
- B... buongiorno!- disse Elisa
-Ok.... cosa mi dovete chiedere?- fece il preside alzandosi in piedi e avvicinandosi ai ragazzi. Elisa non riusciva a spiccicare una parola, aveva la lingua impastata e le era venuta improvvisamente una sete terribile.
- Abbiamo notato che lo sgabuzzino nella biblioteca non viene usato. Volevamo chiedere il permesso di trasformare quel magazzino nella nostra stanza per i ricevimenti- disse William vedendo che Elisa non riusciva a dire assolutamente niente.
- Ricevimenti di cosa?- chiese il preside
-Abbiamo appena creato un gruppo di investigatori scolastici. Investighiamo più che altro su oggetti perduti o rubati, potete anche considerarci semplici trovarobe. - disse Elisa facendo un passo avanti.
- Mmmh,ho letto ieri di questo gruppo e devo dirvi che, sì l’ho accettato, ma non sapevo che volevate anche una cosa del genere.  Lei deve essere Elisa Kaster, giusto?- disse il preside guardandola dall'alto al basso. Si ricordava di lei solo perché era arrivata il giorno prima.
-Si preside.- rispose lei
-Mentre Lei è ?
-Ehm... Frassini.... William Frassini signore.- disse Will portandosi una mano dietro la nuca-Per quanto mi possa ricordare, il vostro gruppo è di sole due persone, a che serve tutto quello spazio?-
    - Serve per far sentire a suo agio chi si rivolge a noi.- rispose Elisa cercando di non gridargli in faccia “PER I RICEVIMENTI!! MA CI SENTE?!”
Il preside si sedette alla sua scrivania e si stropicciò gli occhi togliendosi gli occhiali. Fece un enorme sbadiglio e pensò a quanto avesse dormito poco quella sera. Guardò l’orologio e fece una smorfia.
-Ci tenete così tanto?-
I due annuirono
- A proposito.... quello sgabuzzino, non è molto disordinato?- Chiese facendo finta di interessarsi alla questione. Stava già pensando al pranzo. Pollo, pollo,pollo! Oppure un’insalatina leggera… dipendeva tutto dalla cuoca… vecchiaccia maledetta…
-Si, ma lo metteremo a posto noi! La preghiamo signore! Ci lasci usare quella stanza! –
Il preside scosse la testa risvegliandosi dai pensieri sul pranzo e stropicciandosi con due dita gli occhi.
-Ok,ok....questa chiave è l'unica copia oltre a quella che possiede la custode della biblioteca. Con questa lettera dovrebbe cedervi l'altra copia senza troppe storie. Sappiate che vi cedo quella stanza solo perché il vostro gruppo mi piace! Mi sembra una cosa molto utile a tutta la scuola, se scopro che lo usate per qualcos'altro vi farò riconsegnare le chiavi, e a seconda della gravità della cosa potrei arrivare ad espellervi!- disse il preside porgendo la chiave e la lettera a William.
    -Se volete, li dentro c'è la vecchia cattedra della professoressa di storia e alcune cose che forse sono ancora usabili, quello che vi serve usatelo pure, ciò che per voi è inutile potete tranquillamente buttarlo via. E ora, visto che sono già le 8.00 andate a far colazione.- disse il preside congedando i due ragazzi con grande soddisfazione. Elisa e William  scesero al piano di sotto e si guardarono negli occhi. Un sorriso si dipinse sui due volti.
    -Ce l'abbiamo fatta!!!- gridò Elisa saltando nuovamente addosso a William che, questa volta la prese al volo e cominciò a saltellare dalla gioia insieme a lei. I due finirono i loro festeggiamenti tenendosi stretti in un abbraccio.
-Aha! Ecco perché sta mattina quando mi sono svegliata tu non c'eri!- disse Alessia comparendo dal nulla. La ragazza ammiccava maliziosamente.
    -AH! Mi hai spaventato!- disse Elisa sciogliendo l'abbraccio con William
    -Io ti avevo messo in guardia da lui o sbaglio! Will sono tre mesi che non ci vediamo e tu non mi vieni a dire che hai una ragazza?- disse Alessia ridendo
    -Ehi!- fecero i due in coro.
-Andiamo a fare colazione! Mi spiegherete come vi siete conosciuti! Andiamo Bob?- chiese Alessia aspettando un ragazzo che le corse incontro
-Ah! Will! È da tutta un estate che non ti vedo!- disse Bob dandogli una pacca sulla schiena
- Chi è la tua amica li?- chiese poi guardando Elisa
-Bob! MA se mi hai visto ieri! Siamo compagni di stanza!- Disse Will mettendogli un braccio intorno al collo per spettinargli i capelli. - Lei è Elisa comunque. La compagna di stanza della tua ragazza e mia collega -
-EHI! Alessia non è la mia ragazza!- disse – non ancora…- aggiunse sussurrando
- Come hai fatto a capire che parlavo di lei?- chiese William avviandosi verso la sala da pranzo
-Bè! E perché la ragazzina li è tua “collega”?- chiese Bob  arrossendo e seguendo Will(che a sua volta seguiva Alessia e Elisa che stavano chiacchierando)
-Bè, ho creato per lei un gruppo di investigazioni e lei si è iscritta. Teoricamente sarebbe il mio capo, visto che l’idea è venuta a lei, ma in pratica lo sono io. - disse Will sedendosi in un tavolo di fianco a Elisa e di fronte ad Alessia
-Di che stavate parlando?- chiese Elisa
- Nulla! Oggi dopo pranzo dobbiamo mettere a posto quello sgabuzzino-
  -Giusto!- disse Elisa addentando un cornetto
-Ehi! Che state macchinando piccioncini?-chiese Alessia strusciando la testa contro la spalla di Elisa e dando baci al vuoto.
    -Nulla! Non siamo piccioni! Siamo due investigatori in erba!- dissero in coro Will ed Elisa chiudendo gli occhi e alzando il mento con fare altezzoso.
In quel momento Simone prese una sedia e si mise nuovamente fra Elisa e Will
-Ciao Alessia, ciao Bob, e ciao anche a te bimba- disse dandole un bacio sulla guancia
Elisa arrossì e salutò Simone
-Ciao Simone- fecero in coro Bob e Alessia senza neanche guardarlo in faccia. Avevano l’aria spazientita, come se non sopportassero la sua presenza.
- Ciao rompiscatole- disse Will abbattuto appoggiando la fronte sul tavolo
Simone, Alessia e Bob si conoscevano dalle elementari, fecero medie, superiori e probabilmente avrebbero fatto anche l'università insieme. Erano migliori amici. Simone è il più grande, ha un anno in più di Alessia e Bob. Molti professori dicono che è un miracolo se non è stato bocciato, ma quell’anno non lo avrebbero ammesso agli esami, sicuro.
-Ehi! Ciao scricciolo! Non ti avevo visto pulce, io ho solo occhi per la bimba- disse Simone spettinando i capelli di William e prendendosi sulle gambe Elisa
-Ahhh! Mettimi giù!!!- Gridò Elisa
-Ehi Ely! Hai fatto subito scalpore fra due ragazzi!- disse Alessia ridendo
-Io non ho fatto scalpore da nessuna parte!- rispose lei continuando a scalciare. Alcuni professori si erano girati a guardare verso quel tavolo, ma non intervennero se non gridando un alquanto adirato “Silenzio voi in fondo!”
-Aha... certo.......- disse Alessia dando una gomitata a Bob che rise.
-Ehi bimba! Oggi pomeriggio ti va di fare un giretto in campagna insieme a me, solo io e te ? Conosco un posticino che … eh eh- chiese Simone sussurrandole all’orecchio. Elisa lo guardò dritto negli occhi, si capiva che non aveva buone intenzioni. Del resto non ne aveva mai.
-Veramente io.....-
-Lei oggi pomeriggio viene con me- disse Will tirando un orecchio a Simone. Quest' ultimo lo guardò fisso con aria di sfida
-Ehm.... scusate se interrompo la gara di sguardi, ma siete voi i due ragazzi che ritrovate gli oggetti perduti?- chiese una ragazza dai corti capelli castani. Portava un paio di occhiali con una montatura leggera e trasparente.
-Si certo, siamo noi.- disse Elisa scendendo dalle ginocchia di Simone. -Tecnicamente non siamo ancora aperti, ma puoi chiedere- aggiunse guardando male Will che aveva tanto insistito per pubblicare già la locandina sulla bacheca della scuola.
-Ho perso una piccola statuina a forma di statua della libertà nello sgabuzzino della biblioteca, purtroppo io non ci posso tornare perché sono claustrofobica.- disse la ragazza mettendosi a posto gli occhiali e un ciuffo di capelli dietro le orecchie.
-Oh... bè, come hai fatto a perderla?- chiese Will
-... l'anno scorso, l'ultimo giorno di scuola tre miei compagni di classe mi hanno chiuso dentro lo sgabuzzino. Io dalla paura ho cominciato a battere i pugni sulla porta poi mi sono arresa. Dopo aver fatto un giro della stanza ho preso contro a una libreria che mi è caduta addosso con tutti i libri. Probabilmente mi sarà caduta lì, solo che non voglio più entrarci, ho una paura matta...... io mi fido di Will..... infatti fu lui ad aprirmi.- disse la ragazza arrossendo leggermente
-Ah! Mamma mia! Sei stata meglio dopo?? Sei corsa via in lacrime!- disse Will guardando la ragazza con uno sguardo preoccupato.
-Si… dopo un gelato!-
-Puoi darci nome, cognome e numero di stanza?- chiese Elisa alzando la voce
-Oh, si! Mi chiamo Stefania Roccò. Il numero della mia stanza è il 4.-
-Allora se troviamo la statuina te la porta Elisa, giusto?-
-Giusto!- disse Elisa facendo il saluto del militare
-Grazie! Grazie mille! Avevo chiesto al mio ragazzo di trovarlo, ma lui ha detto che non l'ha trovata(secondo me non l'ha neppure cercata) se la trovate ve ne sarò eternamente grata!- disse la ragazza correndo via
-Sta mattina non posso perché sono un po’ occupato, ma dopo pranzo possiamo andarci, che ne dici? Di sicuro se mettiamo a posto bene, la troviamo- disse Will alzandosi dalla sedia
-Si sono d‘accordo!- rispose Elisa
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Dopo pranzo i due ragazzi corsero in biblioteca.
Elisa aveva passato tutto il resto della mattinata a leggere “assassinio sull’Orient Express, con il risultato che finì il libro in talmente poco tempo che le rimase circa un oretta libera. La usò per chiamare sua madre e tranquillizzarla sul fatto che “non era morta e che stava bene, molto bene. Come andava con Mattew? Eh eh…” A quella domanda la madre riattaccò il telefono con un veloce e imbarazzato “Stammi bene, ciao!” Elisa se la immaginò diventare tutta rossa tenendo la cornetta del telefono in mano. C’era sicuramente lui che la guardava, magari sorridendole e con gli occhi la pregava di riattaccare il telefono per finire di vedere il film, oppure per prenotare insieme i biglietti del cinema per quella sera. Vicini, vicini a osservare lo stesso schermo del computer… Elisa scosse la testa e rise. Rise una volta,  ne rise due poi si sedette sul letto e fissò il soffitto in silenzio. Sua  madre e un altro uomo? Ahahah!! Era quasi comico il sol pensiero. Ma perché? Perché doveva esserlo? No… in realtà non era il fatto che stesse con un uomo, era come lo aveva immaginato lei a divertirla. Poi non era detto che lui fosse lì davvero, si erano rivisti il giorno  prima ed erano solo andati a pranzo assieme, nient’altro… Oh! Erano quasi le tre e mezzo! Doveva essere in biblioteca circa…in quel momento. Corse fuori dalla stanza chiudendola a chiave e si precipitò in biblioteca notando che William era già arrivato.
-Ciao Ruth-
-Ciao Will, cominciamo?- Chiese lei impaziente. Lui mosse la mano distesa davanti a se prima a destra poi a sinistra dicendo
-Eh… circa-quasi… ecco vedi, prima ci dobbiamo farci dare la seconda chiave dalla bibliotecaria-
Quando Elisa e William mostrarono la lettera del preside alla donna, quest' ultima per poco non organizzava una festa. Cercava la chiavetta in questione continuando a ripetere “Grazie al Cielo, Oddio che bella cosa, vi ringrazio  tantissimo, così mi tolgo una chiave, mi sento tanto san Pietro”
E così, avuta la chiave, i due ragazzi cominciarono a mettere a posto immediatamente. La cosa si rivelò più difficoltosa del previsto. La stanza era troppo impolverata e dovettero farsi dare due mascherine dall’infermiera della scuola per poter pulire senza rischiare di rovinarsi la gola a causa della tosse. Aprirono le finestre e una piccola porticina che dava sul giardino che trovarono spostando una libreria di metallo. Fortunatamente le chiavi l’aprivano comunque, così, tutta la polvere e sporco di quella stanza, andava a finire fuori creando sicuramente molti meno problemi che inondare la biblioteca di polvere e cartacce. In un ora e mezza buona riuscirono a pulire buona parte della polvere e spostare i mobili fuori in giardino. Anzi, avevano pulito davvero bene! Così bene che passando un dito per terra si alzava solo un finissimo strato di polvere.  Puliti poi le librerie, i comodini e la cattedra malandata della professoressa, decisero di riportare tutto dentro e posizionare i mobili in condizioni migliori all’interno della stanza in modo da creare un ambiente confortevole. Le librerie ( due quasi intatte e tre alle quali andavano assolutamente sostituite le mensole) le posizionarono agli estremi della stanza: perciò tre in fondo e due alle spalle della cattedra ( che si trovava dall’altro capo della stanza.) I lati rimanevano nudi, ma pensavano di racimolare qualche soldo con paghette o con piccoli lavoretti in città per comperare un divanetto da pochi soldi e posizionarlo sul lato destro. Sarebbe diventata una bellissima, anzi, fantastica stanza da ricevimenti. La più bella del mondo! Oh si! E poi… poi vicino alla porta che dava alla biblioteca avrebbero messo un armadio… poco più lontano un tavolo dove  fare i compiti nei momenti morti… Geniale, geniale! E al centro della stanza avrebbro messo un grandissimo tappeto, uno di quelli grandi che vendono a 10 euro alle fiere di paese. Certo, sarebbe costato tutto un po’, ma in due ce la potevano fare…Tuttavia rimaneva ancora una cosa che i ragazzi non avevano messo a posto: gli scatoloni. Quegli scatoloni che, durante tutte le pulizie, avevano transitato da una parte all’altra della stanza.
-Guardiamo cosa c’è qui- disse William dopo aver osservato per una ventina di secondi gli scatoloni.
–Ci sono fascicoli di ogni genere: assunzioni e licenziamenti risalenti al 1950, elenco studenti degli anni 1950-80 e così via per poi fermarsi a cinque anni fa, data in cui anno spostato tutto in mansarda.-
-C’è tantissima roba! Sicuro che possiamo buttarla, al preside non servirà?-
William tirò fuori altri fascicoli e li osservò… nulla di interessante, niente… Avrebbe messo quello scatolone in particolare nella libreria dietro la cattedra, ma ne piano più basso: per come pesava avrebbe potuto distruggere l’intera libreria se solo l’avesse messo in una mensola più in alto.
-Questo lo teniamo, non si sa mai che serva al preside per chissà quale stramberia. Negli altri scatoloni trovarono altri fogli e fascicoli che, anche se a malincuore, dovettero buttare perché o non più leggibili ( come alcune verifiche e temi) o perché completamente inutili.
-Guarda che ho trovato!- disse William richiamando l’attenzione dell’amica intenta a spostare gli scatoloni fuori dalla stanza.
-E’ la statuina che ha perso Stefania! Aveva detto che della roba le era caduta addosso, quindi probabilmente chi ha “rimesso a posto” la stanza non si era accorto della statua e l’ha messa qui dentro… Pensa un po’!- disse Elisa osservandola con un sorriso.
William si guardò attorno sorridendo e immaginando come sarebbe diventata bella quella stanza con un po’ di lavoro. Involontariamente guardò l’orologio da polso e cacciò un imprecazione.
-Che succede?- chiese Elisa credendo che si fosse fatto del male.
-Sai che ore sono?!-
-Che ore sono?- chiese Elisa preoccupata
-Le sette! Fra mezz'ora dobbiamo essere a cena! Non  ci credo che siano passate così tante ore! Va bene... continueremo domani pomeriggio aggiustando un po’ i mobili.... adesso è meglio andare a prepararci per la cena- disse Will chiudendo a chiave lo sgabuzzino-base dell'agenzia. Elisa annuì dicendo che per lei andava bene anche lavorare il mattino.
-Eh… ma domattina non possiamo!- Disse lui sorridendo. –Non chiedermi il perché, è un segreto!- disse Will uscendo dalla biblioteca e fermandosi davanti alle scale.
-Ci vediamo a cena?-
-Ovvio!_ disse Will sorridendole
- Ok, vado a lavarmi, effettivamente puzziamo un po'- ammise Elisa
-Ehi! Parla per te!- disse William fingendosi offeso.
-EHI! Puzzi anche tu, fratello!- rispose lei ridendo
-Ah! A proposito, glie la porti tu, vero?- chiese Will dando in mano a Elisa la statuina
-certo! Ora vado perché se no non riesco a farmi la doccia- disse Elisa correndo su per le scale. Will rimase a  guardarla salire le scale, poi sorrise dolcemente.
- Ruth...sono davvero contento di averla conosciuta...- sussurrò arrossendo

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Capitolo 6
*** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 1 di 3 ***


Il 14 settembre......
Quel giorno Will si svegliò presto e, di soppiatto, andò a bussare alla porta della stanza di Elisa. Tra le mani stringeva un pacchetto a forma rettangolare con un fiocco rosso intorno.
“E se le piaceva più il fiocco blu? E se la carta verde non le piace? Oh forse farei meglio a darglielo in un altro momento… Provo a bussare di nuovo, non risponde nessuno…” In quel momento sentì la voce di una ragazza alquanto irritata sbraitare contro di lui
-Ehi! Cos'è tutto questo baccano?! Sono solo le cinque del mattino!- La ragazza aprì la porta e guardò male Will. Dopo un po’ lo riconobbe e la sua rabbia raddoppiò, poiché credeva fosse uno scherzo bello e buono.
-Will! Che Diavolo ci fai qui?! - ovviamente chi andò ad aprire (solo lei può rispondere così a qualcuno...) era Alessia. Aveva indosso un pigiama largo da uomo. Will lo riconobbe subito e nella sua testa rise. Non osò nemmeno riderle in faccia, l’avrebbe ucciso all’istante. Ad ogni modo era sempre più sicuro che quello fosse un pigiama di Bob, il suo compagno di stanza. Eh eh… E quei due che credevano di convincere il mondo che erano “soltanto amici!” Bella roba! Adesso si dice così!
-Ehm.... sto cercando Elisa...-  disse Will cercando di guardare dentro la stanza senza successo. Alessia infatti faceva in modo che lui non riuscisse a vedere. “Quanto mi da sui nervi! Se solo non fosse sicuramente più forte di me, la prenderei a ceffoni! Naa… E’ pur sempre una ragazza e loro non si picchiano, sopporta William, sopporta…-
-Ora sta dormendo… Vuoi svegliarla?- disse con sguardo malizioso lasciandolo passare.
Will entrò senza rispondere.
-E..... Elisa? - disse Will avvicinandosi al letto  della ragazza non ricevendo risposta. Riprovò una seconda volta ottenendo lo stesso risultato.
-Baciala- Disse Alessia
-Scusa?!- Gridò William svegliando Elisa che sobbalzò.
-Oppure grida, fa come vuoi- disse Alessia ridendo.
-Ma che diamine ci fai qui! Tu dovresti essere al piano di sotto! – Disse Elisa fissando assonnata l’amico.
- È così che accogli un amico che ti porta un regalo?- chiese Will porgendole il pacchetto. Lei lo prese in mano e sorrise.
-Accolgo così un amico che viene a svegliarmi alle cinque del mattino sbraitando in camera mia!- disse prendendo il regalo e abbassando la voce
- Un regalo? Perchè? - chiese poi alzandosi in piedi. Non indossava un vero e proprio pigiama, più che altro aveva una maglia taglia XXL che le arrivava appena a coprire le cosce. Era una maglia grigia e al centro aveva una scritta rossa in finto giapponese. O forse era coreano… Mah, William non era proprio ferrato in lingue perciò decise di smettere di fissare la scritta, anche perché Elisa avrebbe potuto fraintendere…
-Ma come? Oggi è il tuo compleanno, no?- disse Will. Aveva una gran voglia di abbracciarla e non sapeva proprio come spiegarselo. Era un sentimento che non aveva mai provato prima. Insomma, si, più di una volta si era innamorato di una ragazza, ma per Elisa era diverso. Oddio, aveva pensato all’amore… Possibile? E’ possibile che davvero si fosse innamorato di una ragazza che aveva conosciuto due giorni prima? No, non era possibile, William rifiutava quell’idea, anche se paradossalmente lo attirava. Il ragazzo aveva sempre avuto una vena romantica, che lo portava a pensare in modo diverso dalla maggior parte dei suoi coetanei e ciò non sempre gli piaceva. Era convinto che delle centinaia di persone che dicevano di essere suoi amici solo metà della metà lo erano per davvero… Ed Elisa? Elisa era entrata a far parte della metà della metà degli amici veri da quando lui le aveva caricato le valige sul treno.
Elisa fece un colpo di tosse riportando alla realtà il ragazzo e strappandolo via a quei pensieri
-Eh? Cosa?- fece Will colto di sprovvista.
Elisa abbassò lo sguardo e arrossì.
-Te ne sei ricordato…- sussurrò.
Will alzò lo sguardo al soffitto grattandosi il collo.
-Ecco… Bè, diciamo di sì. Non dimentico facilmente i compleanni.- disse continuando a fissare il soffitto.
Alessia rise della bugia, ma non disse nulla. Lei lo conosceva abbastanza bene, e sapeva che mai una volta si era ricordato il suo compleanno o quello di Bob. Era un miracolo se  questo ragazzo ricordava ancora quando era nato.
-Visto che oggi è il 14 ed è l’ultimo giorno di “libertà” – disse William - voglio portarti in città per una piccola sorpresa! A colazione ti spiego meglio… Ciao!- William fece per correre fuori dalla stanza quando fu fermato per la manica da Elisa. Lui la guardò negli occhi e arrossì. Sul volto non aveva il solito sorriso che lo distingueva da tutti gli altri, bensì un espressione tra il timore e la vergogna. Gli angoli della bocca, così come le sopracciglia, erano rivolti verso il basso, quasi stesse per piangere.
-Non vuoi vedere che lo apro?- chiese Elisa stringendo il regalo con una mano.
Will annuì e si sedette sul letto di Elisa, di fianco a lei.
-Sai… Forse non è carino da dire, ma se ti stai chiedendo perché sono venuto a dartelo a quest’ora è perché… mi vergognavo un po’ a darti il regalo a colazione, davanti a tutti… Scusami.-
Elisa lo guardò negli occhi e rise. Era una di quelle risate contagiose, che al sol sentirla capivi che tutto andava per il meglio. William capì di essere appena diventato dipendente da quella risata, in lui scaturiva un senso di calma e di pace. Il suo imbarazzo era scomparso, ma non la voglia di starle accanto, quella semmai era aumentata.
-William, non ti devi preoccupare, già il fatto che tu ti sia ricordato il mio compleanno è per me un immenso regalo…-
Elisa cominciò a scartare il regalo, capì quasi subito che si trattava di un libro intravedendo le pagine ingiallite, ma quando vide il titolo tra i pezzi di carta, si bloccò di colpo. Tolse velocemente la carta rimasta e…sì “Trappola per topi”. Quel libro lo aveva letto più e più volte e come se non bastasse era andata a vedere lo spettacolo perciò il regalo poteva essere giudicato inutile, ma non per Elisa. Lei riconobbe il libro dalle pagine ingiallite, dalle orecchie fatte alla parte bassa del libro, dalla copertina con la casa sulla collina e dal piccolo strappo nel lato destro sul retro.
-Questo… questo è tuo- disse Elisa guardando il ragazzo.
-Ah… te ne sei accorta… Bè te lo volevo regalare come simbolo, perché è grazie a questo che ci siamo conosciuti noi due- disse sorridendole senza nascondere il lieve imbarazzo che provava. Elisa poggiò il libro di fianco a lei e diede un forte abbraccio a Will che, anche se molto sorpreso, ricambiò subito.
-Grazie, è un regalo bellissimo- sussurrò continuando a tenere il ragazzo tra le sue braccia. Alessia guardò la scena da fuori annuendo felice
Sì, sì, si erano proprio trovati quei due …
William sciolse l’abbraccio e salutò velocemente le due ragazze ricordando loro che le aspettava a colazione. Uscì dalla stanza guardandosi intorno e poi tornò in camera sua, missione compiuta, e anche con successo!
 - Sei ancora convinta che non sia cotto di te?- chiese Alessia sedendosi di fianco a Elisa
-Ma cosa dici!…-disse Elisa arrossendo e passandosi tra le mani il libro.
-E’ un bel problema…- Disse Alessia scuotendo la testa.
-Cosa è un problema?- chiese Elisa preoccupata
-Il fatto che non ho un vestito adatto al tuo matrimonio! Di al tuo futuro marito che dovete posticipare un pochino la data se non volete che venga in pigiama!-
- Ma smettila!- Disse Elisa mettendo il libro sotto al cuscino. La sua compagna di stanza si stava dando un po’ troppe libertà, ma del resto era questo quello che le piaceva di lei, che era sincera e vivace e chiunque le era amico.
-Parlami un po’ del tuo pigiama- la incalzò poi Elisa
-Sta zitta!- fece Alessia infilandosi sotto le coperte per cercare di dormire fino alle sette.
Almeno Elisa era a conoscenza del suo unico punto debole: Bob!

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Capitolo 7
*** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 2 di 3 ***


Dopo colazione Elisa e William scesero in città. Il ragazzo non aveva ancora detto in cosa consisteva la sorpresa, perciò Elisa rimase all’oscuro di tutto fino a quando William non la portò davanti a un piccolo negozietto con l’insegna che diceva
“JAMBO-RITRATTI”
-Un ritratto?- fece Elisa fissando l’insegna colorata.
-Non è un ritratto qualunque!-
William aprì la porta del negozietto e salutò un anziano signore che, seduto su uno sgabello, era intendo a dipingere un vaso di fiori
-Ciao Jambo-
-Ahh! William! E’ un sacco che non ti vedo, come va? Ahah! Vedo che non sbaglio mai io!-Disse l’uomo osservando bene il ragazzo in volto
-No, non sbagli mai! Volevo che ne dessi una prova pure a lei-
-Qualcuno mi spiega quello che state dicendo?!- chiese la ragazza sentitasi chiamare in causa.
-Devi sapere che Jambo,oltre a fare bellissimi ritratti, è abbastanza conosciuto per il fatto che riesce a dipingere le persone come saranno in un futuro che va da un anno ai dieci. Con un po’ difficoltà anche un po’ di più-
-E io sono qui perché?-
-Per vedere come sarai a ventiquattro anni!-
Ci volle un po’ per convincere Elisa a farsi fare una foto e a concedere a Jambo di procedere col dipinto, ma alla fine si lasciò convincere dal confronto tra una foto di William a sei anni e il dipinto che Jambo fece all’epoca.  Era davvero ben fatto e sembrava davvero che quel ritratto glie lo avesse fatto qualche mese prima.
-Ok ragazzi, per voi facciamo che… se tornate tra due o tre ore dovrei aver finito- disse Jambo sorridendo ai ragazzi.
William decise di portare Elisa alla sala giochi, tanto per ammazzare il tempo. Non aveva mai visto una ragazza divertirsi così tanto con un gioco sparatutto e lui non era mai stato tanto bene assieme a qualcuno, ne era sicuro, quell’anno insieme a lei sarebbe stato una bellissima avventura… nessuno dei due sapeva ancora quanto quel pensiero sarebbe potuto divenire realtà. Qualche ora dopo, poco prima di andare a scuola, ritornarono da Jambo, il quale consegnò il dipinto a Elisa che sorrise. Non poteva credere che quella donna dallo sguardo intelligente e con i capelli raccolti sarebbe stata lei a ventiquattro anni.
-Posso dirti che....... sei e sarai molto carina- disse Will arrossendo
-Grazie....- rispose Elisa distogliendo lo sguardo e arrossendo.
-Bè! Ehm...... ci vediamo Jambo! Fra 10 anni ti porterò lei per farti vedere che il tuo intuito non sbaglia mai!- disse Will spingendo fuori Elisa e lasciando i soldi per il dipinto a Jambo.
-Will.... grazie....... grazie di tutto......- disse Elisa stringendo il dipinto
-Oh, non è nulla! Davvero!-
-Invece è stato il miglior compleanno che abbia mai avuto! – disse con una voce che nascondeva una grande sofferenza
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto! Comunque andiamo, dopo pranzo ci aspettano le ultime riparazioni della nostra sede, chi lo avrebbe mai detto che avremmo fatto così in fretta! - disse William prendendo sotto braccio Elisa. I due si avviarono così verso la scuola......
Quel pomeriggio i due ragazzi si diedero al restauro dei mobili che potevano vagamente essere messi a posto. Elisa aggiustava la libreria dietro alla cattedra e William aggiustava proprio la cattedra che quegli anni nello sgabuzzino non le avevano giovato per nulla.
-Inoltre è un vecchio modello, in compensato.- disse William tenendo dei chiodi in bocca mentre ne fissava uno a un lato del cassetto per aggiustarlo. Dal cassetto cadde una vecchia fotografia di un ragazzo dai capelli scuri con gli occhi vispi. William la raccolse e la guardò bene. Su un angolo presentava uno strappo piuttosto regolare, ma si vedeva bene che non era un taglio fatto con le forbici. Will, divertito dalla foto, decise di tenersela, tanto sarebbe finita nel pattume, prima o dopo. Elisa annuiva mentre cercava di avvitare meglio le viti che avrebbero dovuto tenere salde le mensoline della libreria.
-Sei sicuro che non ci cacceremo nei guai? – chiese Elisa continuando a dargli le spalle e a riparare le mensole.
William avvicinò la cattedra di compensato ad Elisa e si sdraiò mettendo la testa nella rientranza. Fissava il legno sopra la sua testa e non poteva fare a meno di chiedersi se, per ridurre così un povero mobile, l’avessero usato come sacco da boxe.
-Ma no, che dici, il custode del ripostiglio in giardino è perennemente ubriaco, non si sarebbe accorto che abbiamo preso gli attrezzi nemmeno se al posto degli occhi avessimo avuto gli abbaglianti.- disse William asciugandosi il sudore dalla fronte. Elisa rise riempendo nuovamente di gioia Will che dovette lottare con se stesso per non ingoiare i chiodi che aveva in bocca dall’emozione. Il cellulare di William gridò a gran voce l’arrivo delle quattro del pomeriggio e con quello squillo anche gli stomaci dei due ragazzi si risvegliarono. Del resto stavano lavorando dalle due e un languorino era più che lecito.
-William, io vado a comperare due tramezzini, come lo vuoi?- disse Elisa alzandosi in piedi e tirando fuori dalla tasca il portafogli semi-vuoto
- Ehm… Non voglio farti spendere soldi…-
-Figurati, cosa vuoi che mi cambi tra un euro e due?-
-Allora… col prosciutto se no no fa nulla…- disse Will arrossendo. Lei, che non poteva vederlo, pensava che la sua voce così meccanica fosse data dal fatto che stava lavorando, oppure semplicemente gli dava fastidio la sua presenza… No, no! Perché questi pensieri assurdi? Non poteva mal sopportarla, del resto si era comportato bene per tutto il giorno e quasi non l’aveva lasciata sola, perché così all’improvviso avrebbe dovuto sentire il bisogno di non averla più accanto? Accanto… si dice di due  cose di fianco all’altra, ma nel senso poetico del termine vuol dire che due persone innamorate non si lasciano da sole… Innamorate?! Ah…ahahahah! Ma dai che cosa andava a pensare! Non poteva essersi innamorata di una persona in soli due giorni! Con un attore può succedere, in un film può succedere, in un libro può succedere, in un racconto, in un sogno, in una fiaba, in un cartone, in un anime ma NON nella vita reale!
Elisa si era accorta che man mano che i suoi pensieri le scorrevano in testa veloci, più veloci, più veloci anche le sue gambe involontariamente acceleravano il passo facendole così superare il bar del piano terra senza nemmeno accorgersene. Quando arrivò al piccolo bar interno vide un uomo abbastanza in carne che davanti a se, sul tavolo, aveva diverse lattine di birra, tutte con la linguetta rivolta verso l’alto, quindi aperte. Che le avesse bevute tutte?  Deve reggere bene l’alcool quell’uomo!

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Capitolo 8
*** Non parliamone più Ovvero Il compleanno di Elisa Parte 3 di 3 ***


Elisa rimase impalata per alcuni minuti sulla porta fino a che l’uomo non si alzò e lasciò la stanza seguito da un fortissimo odore di birra.
-Non va bene…- disse il barista seguendo con gli occhi il cliente che se ne andava
-Oggi è già la seconda volta che viene qua a consumare delle birre... Non va bene per niente per un professore…-
Elisa si avvicinò al bancone e si mise in punta di piedi per poggiare comodamente il busto.
-S…scusi! Come si chiama quel professore?- chiese Elisa indicando la porta. Il barista sospirò e raccattò tutte le lattine lanciandole una per una nel secchio della spazzatura. Non sbagliò mai un colpo.
-Quello lì è Edoardo De Alberti, professore di Storia… Quello si che ha un debole per l’Alcool… pensate che grazie a lui ho affinato la tecnica del tiro a canestro!- disse l’uomo sfociando poi in una grossa e contagiosa risata che fece sorridere Elisa.
-Comunque signorina, sei qui perché vuoi qualche cosa in particolare?-
-Cercavo due tramezzini- disse tirando fuori il portamonete. Il barista scosse la testa con un espressione dispiaciuta in volto.
-Ne è rimasto solo uno al tonno e maionese. Con qualche foglia di lattuga…-
-Mmh Lo prendo comunque- disse Elisa sentendo i crampi alla pancia farsi sempre più evidenti. Pagò il tramezzino e tornò da Will. Sorrise vedendolo ancora alle prese con la scrivania imprecando ogni tanto per qualche chiodo fissato male.
-Porca miseria!- fece Will dando un colpo alla scrivania col martello.
-Salute!- rispose Elisa sorridendo e sedendosi di fianco a lui. Will arrossì fissandola negli occhi per poi riprendere silenziosamente il suo lavoro.
“Che ti prende? E’ semplicemente tornata nel momento sbagliato! Anche tu però potevi evitare di imprecare… Ma con chi sto parlando? Oddio diventerò pazzo…” si disse William.
-C’era solo un panino… facciamo a metà se vuoi- disse Elisa scartando i tramezzino e sedendosi di fianco all’amico. William si mise a sedere e fece per prendere la sua metà di panino quando si accorse che aveva le mani sporche di polvere e di trucioli di legno. Si guardò le mani con un espressione sconsolata in volto sospirando.
-Apri la bocca…- fece Elisa rossa in volto. William arrossì vedendosi  quasi materializzare davanti ai suoi occhi mezzo tramezzino sorretto dalla mano dell’amica.
-Guarda che è imbarazzante pure per me, ma quello sporco sulle tue mani non si toglierà con una semplice passata sui vestiti, perciò dai un morso a questo panino e facciamola finita!-
Will si avvicinò a lei e diede un morso al panino, stessa cosa fece Elisa. Ci fu un breve silenzio, ma non di quelli piacevoli e tranquilli, no. Di quelli che, carichi di emozioni forti, spesso o sfociano in mosse azzardate o in domande pressoché inutili, giusto  per rompere il muro di ghiaccio che si forma tra i due interlocutori. William scelse la seconda opzione: domandarle qualcosa, qualsiasi cosa! Non era un asso nelle domande, ma riguardo a mosse azzardate ancora meno.
-Elisa…- fece mandando giù il boccone –posso farti una domanda?- chiese addentando nuovamente il panino che lei gli stava reggendo.
-Spara-
-Ecco… Se di cognome fai Kaster… Vuol dire che tuo padre è di origini Inglesi o americane, giusto?-
Elisa si ammutolì. In volto si dipinse la tristezza… William non poté fare a meno di fissarla e di chiedersi: “cosa avrò mai detto? Che l’abbia offesa in qualche modo? Forse non è Inglese!”
-Sì- rispose improvvisamente –Sì mio padre era inglese, ma lo è anche mia madre e lo sono anche io.- L’aria intorno a loro sembrava farsi ogni secondo più fredda e più pesante, non era più tranquilla e rilassata come prima… Maledizione a quella domanda maledizione!
-Era?- chiese cautamente Will. Non voleva ferirla o farle ritornare alla mente brutti ricordi, ma la sua curiosità non aveva limiti.
-Io non lo considero più mio padre da tre anni oramai. Non è più mio padre, non lo è mai stato.- Disse Elisa continuando a fissare il pavimento. La sua coda di cavallo era leggermente sfatta e perciò un grosso ciuffo di capelli le ricadeva dolcemente sulla guancia impedendo a Will di vedere che i suoi occhi erano velati dalle lacrime. Will fece per avvicinarsi e per mettere una mano sulla spalla dell’amica ma si bloccò a mezz’aria cambiando idea.
-Scusami… non volevo… So che è inopportuno… ma… posso sapere come è successo?-
Elisa chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. “ E’ lecito che voglia sapere, l’uomo è curioso di natura, Will è semplicemente un po’ inopportuno… non per questo gli va negata la curiosità… calmati e giraci intorno, non piangere…”
-Ecco… vorrei prima parlare di qualche cos’altro…-
-Certo, certo…- fece Will capendo di aver fatto una stupidaggine a chiederle di suo padre
-Ecco… scommetto che ti starai chiedendo perché mi sono trasferita in Italia e soprattutto perché ho un nome italiano…. Ecco mia madre ama l’Italia, perciò spesso, anche prima che nascessi, ci veniva in vacanza e quando sono nata mi ha dato il nome della sua amica di penna…Quando ci trasferimmo qui in Italia mia madre non si era ancora lasciata ufficialmente con mio padre, solo l’anno dopo arrivò la lettera che chiedeva il divorzio… Sai, mia madre amava davvero quell’uomo, per quanto freddo e insensibile potesse essere stato nei suo confronti  e nei miei. Ma quando mia madre lo scovò con la sua migliore amica a casa nostra, non ci vide più. Fece le valige per me e per lei e ce ne andammo così, su due piedi.-
Il silenzio si impossessò di nuovo violentemente della stanza. Si potevano sentire le grida provenire dal cortile e il continuo scribacchiare della bibliotecaria.
-Parli molto bene l’italiano per essere qui da ... da quanto? – Chiese portando la discussione su altro fronte.
-Da un anno- rispose Elisa
- Un anno… allora parli benissimo! Anche se si sente molto bene il tuo accento- Disse Will stupito.
-Grazie, del resto queste ultime settimane ho solo parlato italiano con mia madre…A dir la verità odio il mio accento.-
-A me piace molto invece…- disse Will arrossendo e avvicinandosi sempre di più a lei. Poteva quasi sentire i loro cuori battere all’unisono nel silenzio della stanza, accompagnati dal ticchettio dei tasti di plastica del computer della bibliotecaria. Will prese una mano di Elisa e la strinse fra le sue. La ragazza lo guardò in volto, le sue guance erano rigate dalle lacrime ed erano arrossate. Will non aveva cuore di vederla così… la conosceva da poco ma il suo cuore era convinto di conoscerla da una vita… non gli era mai successo di provare una cosa simile per nessun’altra persona al mondo. Le lasciò la mano solo per un secondo semplicemente per poter cingere le sue braccia intorno al suo corpo e stringerla a se. Le carezzò i capelli lentamente e all’orecchio le sussurrò di sfogarsi pure, di piangere quanto voleva. Elisa da principio cercò di staccarsi dalla presa del ragazzo, era troppo in imbarazzo, ma si trovò a lottare con i sentimenti contrastanti e la parte più debole di lei, per una volta cedette facendola sfogare in un pianto. Rimasero così per un po’. Seduti per terra abbracciati ad ascoltare i singhiozzi e i loro cuori battere insieme, quasi fossero una cosa sola. Piano piano il pianto della ragazza cessò, ma rimasero abbracciati ancora per qualche momento. L’odore dello shampoo da uomo di Will le entrava nelle narici facendole chiudere gli occhi ad ogni respiro, doveva ammetterlo: sarebbe stata così per sempre se solo il per sempre fosse stato un tempo sufficiente.
-Will?-
-Si Ruth?-Chiese Will tenendo gli occhi chiusi. Il calore del suo corpo era così piacevole… anche Will sarebbe restato così abbracciato a lei per tutto il resto della vita, ma la vita di un uomo è troppo breve perché questo desiderio si potesse avverare appieno, ci sarebbero volute dieci, cento forse mille vite per poter accontentare i loro pazzi, ma teneri desideri.
-Non parliamo più di mio padre, non parliamone più, ok?-

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Capitolo 9
*** La tragedia Ovvero Promettimi ***


Capitolo 5 La tragedia Ovvero Promettimi
 
Passarono i mesi e in un attimo si fece Novembre. Elisa si era fatta riconoscere dal professore di scienze come "La ragazza che studia anche troppo." Anche gli altri professori erano abbastanza soddisfatti di lei, quello di italiano un po' meno degli altri, ma lei non ci faceva caso. Ogni giorno, dopo la scuola, William ed Elisa lavoravano nel loro studio che, grazie a qualche lavoretto giù in città, era stato abbellito dal tanto desiderato divanetto blu. Gli "affari"( che affari non erano visto che il servizio era gratuito) andavano più che bene, in poco tempo diventarono abbastanza famosi nella scuola e ciò li rendeva solo felici. Addirittura il preside qualche volta si rivolgeva a loro. Tutto andava per il meglio fino a quando non accadde la prima grande tragedia: la tragedia del 12... Era un sabato, il cielo sembrava sorridere al mondo con un sole vivace ripresosi da una malattia durata una settimana, durante la quale le nuvole avevano fatto da padrone. Visto il bel tempo William ed Elisa avevano deciso di chiudere il loro studio per il week- end per concentrarsi sì sulle verifiche ma soprattutto per fare un giro in città
-Ciao Will! Ti va un gelato?- chiese Elisa come lo vide scendere le scale dei dormitori.
-Un gelato a Novembre?!-
-Io lo mangio anche a Febbraio, se è per questo- rispose Elisa alzando solo il sopracciglio sinistro. William rise e porse un braccio alla ragazza
- Ecco a lei signorina il mio braccio, posso scortarla alla Gelateria in città? -
-Certo Monsieur e se continua a parlare così, posso scortarla all' ospedale?-
William sorrise ed insieme si avviarono alla Gelateria. Per tutto il tragitto non fecero che parlare di scuola e di quanto, secondo loro, la prof di educazione civica Daniela se la intendesse con il professore di Tecnologia Arturo. In realtà era una storia che andava avanti da anni e non era un argomento di per se divertente, ma le storie assurde che ci creavano sopra, quelle si che lo erano. Storie del tipo che la notte dalla camera di lui si sentono strani rumori che non posso definire, oppure che quando si assenta un professore alla stessa ora, allo stesso minuto e stesso secondo si assenta anche l’altro. La storia più assurda che si erano inventati era che durante la gita delle classi terze la professoressa e il professore  presero (ovviamente) due stanze divise, ma ogni sera il professore di Tecnologia non si trovava nella sua stanza. Alcuni ipotizzavano che andasse a “dormire” dalla sua fiamma. Un amico un po’ più grande di Will giura che una volta, sbirciando nella stanza della prof trovò Arturo legato con delle manette leopardate ai piedi del letto e che questi, non trovando più la chiave, girò così per una giornata intera. Fortunatamente si trovavano a Londra e nessuno lo conosceva.
-Sai, Alessia da una settimana a questa parte fa meno incubi -
-L' avevo capito dalle tue occhiaie- rise Will . Passavano le intere giornate assieme e oramai erano diventi inseparabili, come il caffellatte dove non si capisce dove inizia l' uno e termina l' altro. Oltretutto sarebbe stato anche lecito chiamarli così visto che il primo faceva colazione col latte e la seconda col caffè e qualche mattina chiedevano un bicchiere in più per appunto dividersi il caffè e il latte. A vederli sembravano sposati da anni e alcuni ragazzi a scuola scherzavano dicendo che in realtà erano due pensionati con la stessa malattia di Benjamin Botton che ripetevano le superiori per noia. Ovviamente che ci fosse un gran parlare di loro come (vecchi) sposi non andava molto a genio ne' a Elisa ne' a William e tantomeno a Simone. Se i primi si scaldavano tanto per le chiacchiere a causa della timidezza che provavano, l' ultimo non apprezzava il fatto che una ragazza preferisse una sottospecie di carciofo a lui. Che poi nemmeno gli piaceva Elisa, era solo per vantarsi in giro, nulla più.
Quando finalmente i due arrivarono in Gelateria presero un gelato per uno. Will aveva imparato che prendere un gelato con Elisa significava mangiarsi metà gelato dell’amica.
-Non riesco a finirlo, lo fanno troppo grande!- diceva sempre lasciando buona parte del dolce all’amico. Una volta Will le chiese se faceva così perché non voleva dargli l’impressione di essere troppo golosa. Il risultato fu che venne guardato come se fosse un alieno sceso in terra seguito da un secco –NO!- E la discussione cadde lì.
Quel giorno Elisa prese un gelato alla vaniglia e crema e, come sempre, ne lasciò buona parte al ragazzo lasciando intatto il cono. A lei non piaceva il gusto indecifrabile del cono… sentiva dire in giro che sapeva di ostia o qualcosa del genere, lei non poteva saperlo non essendo mai stata in una chiesa. Tuttavia, senza neanche accorgersene, cominciò a farlo apposta per Will, per farlo contento… Non lo voleva ammetterlo nemmeno a se stessa, ma si ritrovava sempre a lasciargli almeno il cono, la sua parte preferita. Non voleva ammetterlo, ma gioiva a vederlo felice come un bambino mordendo il cono e ringraziandola con la bocca sporca di cioccolato o crema. Non voleva ammetterlo, ma si stava innamorando, non era una semplice cotta… Era l’amore su cui i poeti scrivevano le loro bellissime poesie, era l’amore che faceva girare il mondo… era il sentimento più vero che lei avesse mai sentito pulsare nel suo cuore sgualcito. Quel sentimento le ricuciva le ferite ancora sanguinanti, ogni volta che lo sfiorava un brivido le passava per tutto il corpo e il suo cuore dapprincipio perdeva un colpo per poi battere più forte, come un corridore che si ferma per prendere la rincorsa.
-Tieni- disse dando all’amico la parte che non voleva più
-Certo che mi vuoi far ingrassare! Non piacerò più alle ragazze!- si lamentò Will prendendo il cono gelato.
-Mica te lo infilo in bocca con un imbuto! E poi se ci tieni a far bella figura con le ragazze dovresti metter su un sacco di muscoli!-
-Ti piacciono gli uomini muscolosi?- chiese Will sorpreso. Elisa rise scuotendo la testa.
-Ho detto alle ragazze, non credevo mi considerassi tale, a volte mi dici “Oh fratello, passami l’acqua!” E poi che ti interessa di come mi piacciono i ragazzi?-
-Ti ho chiamato così solo una volta perché credevo di parlare con Bob e poi mi interessa perché devo proteggerti da quello che chiamo “lupo solitario”- disse Will mettendole un braccio intorno alle spalle.
-Devo stare attenta a che?! O toh! Parli del diavolo!-disse Elisa indicando Bob ed Alessia seduti su una panchina poco lontani da loro. Erano abbastanza in intimità, già. Si tenevano per mano e stavano vicini.
-Te lo avevo detto che Alessia era una ragazza e come tale si innamora dei ragazzi, mi devi cinque euro!- Disse Alessia nascondendosi con Will dietro l’angolo per spiare indisturbati i due ragazzi innamorati che intanto si scambiavano tenere carezze.
-No no, io non avevo mai accettato questa sfida, perché sapevo che a lei piaceva Bob!- sussurrò Will mettendo una mano sulla testa di Elisa
-EHH! Che bugiardo!-
-Non sono un bugiardo!-
-Lo nega! Lo nega!! Ma se tu eri quello che era convinto che Alessia ci provasse con il ragazzo di quinta D-
-Non è vero!-
-E continua! Che bugiardo che sei!!-
Inutile dire che con tutto quel trambusto Alessia e Bob si accorsero della presenza dei due ragazzi e, a malincuore, si alzarono per raggiungerli. Il loro volto era più imbarazzato che arrabbiato, tuttavia il loro avvicinamento Elisa e William se lo figurarono come l’arrivo di un uragano, tant’è che si misero le mani sulla testa come per proteggersi.
-Che ci fate qua?!- Fece Alessia gridando nelle orecchie di Will che chiuse gli occhi e allontanò la testa.
-E voi? Voi che ci fate qua? Insieme intendo- disse Elisa ammiccando.
Bob ed Alessia si guardarono e arrossirono. Si sussurrarono qualcosa e poi dissero in coro
-Stiamo insieme…- I quattro rimasero in silenzio. Di sottofondo si sentivano solo le macchine sfrecciare sulla strada e delle parole senza senso gridate da una donna bionda  qualche centinaia di metri dietro alle loro spalle.
-Insieme insieme?- chiese Elisa incredula. I due sorrisero rossi in volto e annuirono tenendosi per mano. Elisa sorrise e li abbracciò baciandoli sulle guance e congratulandosi con loro. Neanche si stessero sposando!
-Beh da quando da quando?!-Chiese Elisa  saltellando con le mani strette tra loro. William a contrario rimaneva in silenzio e osservava il parcheggio del super mercato in cima alla collina, quello molto lontano da loro, a stento si vedevano le macchine che più che autovetture sembravano macchie rosse gialle e nere… C’era qualcosa di strano…. Molto strano. Tra una macchina gialla e una nera c’era un’auto più nuova delle altre, dalla quale, ogni tanto, partiva qualche luccichio… Non poteva essere lo specchietto, perché quello non si muoveva, ma il luccichio che Will notò si spostava sempre impercettibilmente, ma si spostava… No, non era lo specchietto, ma un binocolo. Will ancora non lo sapeva e lo avrebbe scoperto troppo tardi. La macchina lentamente si allontanava dal parcheggio facendo così sparire il luccichio.
-Da quanto state assieme?- chiese di nuovo Will che, non essendo stato attento non aveva seguito il discorso.
-Dall’inizio della scuola… proprio il 12.- rispose Bob baciando Alessia sulla fronte. Will ridacchiò e diede una gomitata ad Elisa
-Hai capito dov’erano Sabato scorso, si erano imboscati i due!-
-Non fate i porci voi due!- disse Alessia rossa in volto. Già non le faceva piacere che la gente parlasse di lei, men che meno sotto quell’aspetto!
-Non siamo porci, siamo realisti! Almeno io lo sono, Elisa non lo so!-
-Che vorresti insinuare?!-
-Niente!- disse William sarcastico. Elisa gli fece una smorfia e, alzando il volto, incrociò le braccia affermando scherzosamente che non gli avrebbe parlato mai più. I quattro ragazzi rimasero a parlare ancora per un po’ fino a che non cominciarono ad avere sete.
-Vado a prendere una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo, va bene se la dividiamo?- Chiese Bob ai ragazzi che annuirono. Alessia gli diede un bacio per poi girarsi a parlare con Elisa dando perciò le spalle a Bob. Fu questione di secondi… Il rombo di un auto, il rumore di qualcosa che si scontrava contro qualcos’altro e infine un tonfo. Alessia si voltò e il suo sorriso si tramutò in un espressione tra l’orrore e lo stupore. Si portò la mano destra al cuore per sentire se batteva ancora mentre tese in avanti quella sinistra. Intorno a lei i rumori si erano fatti più ovattati tranne quello del suo cuore che si faceva via via più forte. Vide Elisa e Will gridare qualcosa che non sentì e correre verso la strada dove si erano riunite una ventina di persone che farfugliavano qualcosa di incomprensibile… Cercò di fare qualche passo ma non sentiva più le gambe… Ora non udiva più nessun rumore fatta eccezione per il ticchettio insistente e snervante di quel maledetto organo. La folla in cerchiò si diradò per qualche secondo per poi diventare sempre più fitta, sempre più fitta. In quell’istante Alessia vide solo una cosa: rosso, poi più nulla. La sua visuale si offuscò fino a diventare sempre più scura, più scura fino a che non rimase solo del freddo e cupo nero intorno a lei; l’unica cosa che poteva sentire era quel suo odioso cuore, che mai più che in quel momento avrebbe voluto staccarsi a forza dal petto e pestarlo fino a farne una poltiglia, e il freddo gelido del marciapiede contro il suo corpo che da quel giorno in poi avrebbe sentito meno calore, ma lei ancora non lo sapeva... Prima di perdere conoscenza sussurrò un nome, un nome che aveva amato da una vita senza confessarlo, un nome con il quale un giorno fece a botte e poco dopo merenda, un nome il cui proprietario era stato forse la persona più importante della sua vita, un nome collegato ad una persona la cui vita si era spezzata troppo, troppo presto, il nome di un angelo che da quel momento sarebbe stato sempre con lei… Bob…

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Capitolo 10
*** La tragedia Ovvero Promettimi Parte 2 ***


Capitolo 5 La tragedia Ovvero Promettimi

-Bob!!- gridò Elisa correndo verso il ragazzo che giaceva a terra in un mare di sangue. Will la seguì sentendo che il cuore gli batteva all’impazzata. No, non poteva essere successo al suo amico, no! Quando vide il suo amico in quelle condizioni sentì come se il suo sangue cominciasse a ribollire e le sue mani tremavano dalla paura mentre le appoggiava sulla sua bocca per sentire se respirava. Negativo… niente respiro. I suoi occhi si spalancarono e si velarono di lacrime

-Bob…- sussurrò con voce rauca. Scosse la testa nervosamente e prese il braccio del ragazzo sperando almeno di sentire il polso.

-Ti prego… ti prego!!- sussurrò cercando di concentrarsi sul battito cardiaco del ragazzo

-Volete fare silenzio voi?! Silenzio diavolo!- gridò esasperato facendo tacere tutti quanti. Il suo corpo prese a tremare non sentendo nessuna pulsazione.

-Elisa, prova a sentire tu… io credo di essere troppo agitato… Dov’è Alessia?- si chiese guardandosi in giro. La vide là… sdraiata sul marciapiede con gli occhi chiusi e subito le sue gambe presero a correre senza nemmeno che il ragazzo se ne rendesse conto.

-Alessia! Alessia non è il momento più indicato per svenire! Lo so che non è una cosa che scegli tu, ma!- Will cominciò a farfugliare cose senza senso mentre alzava le gambe dell’amica per fare in modo che il sangue tornasse alla testa. Ovviamente la ragazza non si svegliò, ma ciò l’aiutò a riprendere un po’ del normale colorito. Will se la caricò sulle spalle e si avvicinò nuovamente a Bob comprendendo dalle lacrime che rotolavano dalle guance di Elisa che non c’era nulla da fare, più nulla. Will fissò l’amico lasciando trasparire dagli occhi rabbia, tristezza e malinconia.

-Bob…- sussurrò fra le lacrime guardando la pozza di sangue intorno alla testa dell’amico. Fu in quel momento che si accorse di qualcosa di strano. C’era qualcosa di strano in quella scena… Come quando nel bel mezzo della notte ti accorgi di stare sognando, ma ancora non riesci a muoverti da solo e assisti al sogno come se guardassi un film avendo addosso quell’orribile sensazione di sapere cosa sta succedendo ma allo stesso tempo no. Particolari, particolari...

-I particolari… quelli più piccoli e insignificanti sono quelli più importanti… i Particolari… particolari….- William continuava a ripetere queste parole, quasi fosse in stato di trance e nel mentre fissava l’amico oramai pallido come uno straccio.

Elisa era di fianco a lui con gli occhi gonfi, ma senza più lacrime da poter versare. Poggiò la testa sul braccio di William e fissava la folla dei curiosi fino che aumentava sempre di più.

-Ho chiamato la polizia- disse all’improvviso con un tono freddo.

-L’ho chiamata non solo per denunciare l’accaduto, ma perché penso che il bastardo o la bastarda alla macchina l’abbiano fatto a posta ad investirlo.-

Will voltò lo sguardo verso l’amica e fece un piccolo balzo per sistemare Alessia che stava per scivolare dalla sua schiena.

-Elisa, se mi stai prendendo per il culo, guarda…-

-William! Io non scherzo su questo, e so che può essere difficile in questi momenti, ma ti chiedo se gentilmente puoi non essere volgare!- disse Elisa irritata. William la fissò con sguardo serio, quasi arrabbiato per poi chiederle che cosa le faceva pensare ad un omicidio.

-Non ti sei accorto di qualcosa di strano?- rispose la ragazza fissando la strada. Will guardò nella direzione da cui era arrivata la macchina e realizzò. Il segno degli pneumatici! E’ comparso solo un centinaio forse due prima di colpire Bob e dopo è subito scomparso! Inoltre non c’erano segni di frenata minima… Elisa aveva ragione, c’era qualcosa di strano, ma non era solo la strada. Con tutta la sua forza cercò di riosservare la testa insanguinata dell’amico cercando di non vomitare e chiedendosi perché l’ambulanza ci mettesse tanto ad arrivare.

-Elisa! Elisa guarda! Intono alla sua testa!- Fece William indicando all’amica delle chiazze rosse più chiare del sangue.

-Che diavolo è?- fece lei avvicinandosi. I due ragazzi si fecero strada tra la cerchia di persone curiose e si avvicinarono al corpo dell’amico sospirando tristemente. Intorno a lui, sul suo sangue e anche un po’ intorno al suo corpo c’erano dei petali di rose, rose rosse. Era strano non essersene accorti prima, ma del resto la visuale, con tutte quelle persone, era ridotta e il colore era molto simile al sangue, ma il problema non era tanto il fatto che i petali si trovassero lì, il problema era “perché?”.

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La polizia e l'ambulanza arrivarono in un baleno. Dalla autopattuglia scese un uomo alto vestito con un giaccone marrone sotto il quale si intravedeva la divisa, era seguito da altri due poliziotti. L’uomo in giaccone con i capelli sparati come era di moda quell’anno diradò la folla con le solite frasi tipo “Circolare, circolare, non c’è nulla da guardare!” Che avevano sempre fatto ridere Elisa per via della rima involontaria, ma quella volta non rise, anzi, si aggrappò nuovamente al braccio di Will e ci affondò la faccia per non vedere l’amico essere infilato nel sacco nero. Sarebbe voluta correre lì tra i poliziotti e i medici e gridare : “E’ una persona, ma prima di tutto mio amico, non spazzatura! Perché il sacco nero?!” Ma si trattenne cercando di calmarsi con le carezze alla testa che William le stava donando per tranquillizzarla.

-Beh... vedendo così non posso fare altro che dire che è stato un terribile incidente....- disse l'ispettore della polizia guardando il corpo del ragazzo e la scena del “delitto”. Elisa strinse i pugni e fece un balzo in avanti gridando

-Invece io penso che non sia stato un incidente!-

-Ragazzina, lasciaci lavorare, torna a casa.- Disse l’ispettore non dando peso alle parole di una sciocca ragazzetta passata di lì per errore.

-Bob è un nostro amico! E abbiamo le nostre ragioni per pensare che sia stato ucciso!- riprese Will tenendo strette le gambe di Alessia. L’ispettore alzò lo sguardo in cielo e guardò un’altra volta la strada e capì. Le tracce degli pneumatici erano segno che la macchina andava davvero molto veloce, e visto che la strada era cittadina, non aveva senso andare così veloce! Che quegli strani ragazzi avessero davvero ragione? Eh sì! Le tracce iniziavano cento cinquanta metri prima, giusto il tempo per prendere abbastanza velocità e finivano qualche metro dopo l’impatto, giusto il tempo perché la macchina riprendesse la velocità normale senza premere il freno. A proposito di freno… niente segno di frenata…

-Voi avete visto l’impatto?- Chiese L’ispettore avvicinandosi ai ragazzi. I due si guardarono con sguardo triste e scossero la testa

-L’impatto non lo abbiamo visto, ma forse possiamo riconoscere la macchina, sono quasi sicura fosse una fiat… -

-Nuovo modello- aggiunse Will. Già, nuovo modello… perché uccidere una persona con quella macchina? Era nuova di zecca! Perché spendere dei soldi per poi farla diventare un macinino da caffè in quattro e quattr’otto? Non aveva senso. Era una macchina nuova, una di quelle che ancora hanno la pubblicità in Tv per andarla a vedere il Sabato o la Domenica in questa o quella città. Ergo non aveva senso comprarla giusto per uccidere una persona e ridurla così… E sì, perché con l’impatto ora quella macchinina presentava una bella ammaccatura sul parafanghi. Anche se l’assassina o l’assassino o chiunque abbia ucciso Bob avesse avuto l’assicurazione per chi sa quanti anni, la domanda rimaneva sempre: perché comprare un auto nuova? Perché non usare l’auto vecchia, tanto si sarebbe distrutta prima o dopo, no? E se non avesse avuto la macchina? Perché prendersene una così costosa per rovinarla! Sarebbe stato più logico comprare un catorcio, affittarlo o che altro… rubarlo! Certo, quella macchina doveva essere per forza rubata! Una persona che uccide, non sta a guardare quanto la sua fedina penale si possa macchiare, con un reato in più o in meno almeno 20 anni di prigione te li sconti, sempre se ti beccano.

-Scusi ispettore!- Fecero Elisa e Will all’unisono. Si guardarono negli occhi e arrossirono distogliendo lo sguardo. Che stava succedendo? Perché avevano reagito così? Del resto avevano solo pronunciato le stesse parole assieme, chissà quante volte nel mondo accade! Ma era diverso, si lessero in quel secondo di intesa negli occhi che entrambi avevano avuto la stessa idea e ciò denotava un affinità mentale abbastanza singolare! Tuttavia non era per quello che erano arrossiti quanto per il fatto che entrambi avevano avuto l’impulso di girarsi verso l’altro non tanto per chiedersi “Che cosa fa? Dice ciò che stavo per dire io?!” quanto per assicurarsi che fossero ancora l’uno affianco all’altra. Era una sensazione che dava tranquillità sapere che qualcuno che la pensava come te ti stava di fianco…

-Ispettore!- disse di nuovo Will alzando un braccio e rimanendo rosso in volto.

-Non è che le risulta…-

-Un furto d’auto?- concluse Elisa interrompendo Will che sorrise vedendo che aveva capito anche la sua amica.

L’ispettore fissò i due ragazzi con un espressione interrogativa sul volto.

-Come fate a saperlo?- chiese sorpreso. La notizia infatti era giunta poco tempo prima di partire dalla stazione di polizia, era impossibile che la notizia si fosse espansa in così poco tempo.

-Intuito credo…- Rispose Elisa sorridendo a Will.

L’ispettore non fece in tempo ad aprir bocca che un poliziotto trafelato arrivò attirando l’attenzione

-Ispettore, dritto per questa strada, nel piccolo stagno oltre il Guardrail della strada subito dopo Caduti in Guerra! Abbiamo trovato l’auto!-

-Cosa?!- Fece l’uomo il giaccone marrone correndo verso Caduti in guerra senza accorgersi che anche i due ragazzi lo stavano seguendo. Arrivarono dopo un po’ nei pressi di una strada il cui Guardrail era completamente andato. Oltre la barriera che avrebbe dovuto fermare l’auto, cosa che, ovviamente, vista la situazione, non fece, c’era una zona che il comune non era riuscita a purificare del tutto, ragion per cui l’acqua stagnante faceva da padrona producendo un odore insopportabile. Al centro di questo “laghetto c’era l’auto che, piano piano, stava sprofondando a causa dell’acqua e del fango. I poliziotti cercavano di fare in modo che non affondasse più di tanto aspettando i vigili del fuoco o chiunque avessero chiamato per aiutarli a tirare fuori quell’auto. Erano riusciti tuttavia a prendere alcuni oggetti tra qui una borsa da donna, dei guanti e un sacchetto vuoto. Non c’era nessun conducente al volante, ma poco lontano dallo stagno c’erano impronte di scarponi che si arrestavano all’inizio della strada asfaltata. Si era cambiato le scarpe o era andato in giro scalzo, assassino bastardo! E per giunta gli scarponi li aveva lanciati in un cespuglio.

-Ispettore, nella borsa abbiamo trovato una carta d’identità di una certa Silvia Marrano, un rossetto, degli assorbenti e un portafogli con una carta di credito e cinquanta euro.

L’ispettore abbassò lo sguardo e rimase così per qualche minuto fino a che non schioccò le dita sorridendo

-La donna che ha chiamato per il furto era proprio una Silvia Marrano! E’… è incredibile!- fece l’uomo dandosi un colpo sulla fronte. Elisa e William guardarono l’ispettore e si sentirono tremendamente eccitati. Era chiaro oramai che non era stato un incidente e ciò voleva dire che ci sarebbero stati degli interrogatori… Lunghi interrogatori che avrebbero visto protagonisti le persone che potevano odiare Bob. Ma chi mai poteva odiarlo? A scuola tutti lo adoravano, da quando era diventato rappresentante di istituto tutti pendevano dalle sue labbra, certi che i loro diritti di studenti sarebbero quantomeno stati rispettati, se non ampliati! Era un ragazzo d’oro di quelli che magari incontri sull’autobus, ti lasciano il posto con un sorriso e cominciano a parlarti gentilmente perché magari hai una faccia assonnata, arrabbiata stressata. Sono insopportabili, ma alla fine quando te ne vai o se ne vanno loro, non puoi fare a meno di seguirli con gli occhi e di ringraziare il cielo di averti intrattenuto con un diverso tipo di argomento. Nessuno poteva volergliene… oppure no? Spesso le persone gentili con tutti sono l’oggetto che causa gelosie e invidie, perché il loro essere “troppo buoni” crea nelle persone che stanno al loro fianco un senso di inquietudine che ti spinge a chiederti per quale motivo quella determinata persona si comporti così. Senza accorgersene si comincia a pensare che cosa nasconde di oscuro quella persona che la costringe a comportarsi così bene e ad essere così gentile con tutti. Perché nel mondo reale non esiste il bianco e il nero, esistono solo diverse sfumature di grigio. E Bob era più grigio di quanto dimostrasse…

-C’è qualcuno che può provare rancore nei confronti del ragazzo?- chiese l’ispettore rivolgendosi soprattutto a Elisa poiché vedeva William piuttosto affaticato.

-Che io sappia no… tra i parenti sicuramente no, lui ce ne parla … parlava… ce ne parlava sempre benissimo…- Elisa si era corretta. Aveva usato un tempo presente per una persona che ormai faceva già parte del passato… era davvero difficile cercare di non dare peso alle parole che uscivano dalla bocca, ma quelle pesavano già di loro, e non erano come le parole dei greci, che leggiadre volavano dalla bocca fino alle orecchie, no. Quelle parole avevano un peso tale da uscire dalla bocca e schiantarsi al suolo producendo un rumore insopportabile che tra i presenti solo Elisa e William sembravano notare.

-Tuttavia- disse William facendo un passo avanti –Tuttavia è possibile che a scuola qualcuno possa non trovarlo proprio simpatico.-

-La scuola è molto grande, non possiamo interrogarla tutta!-

I due ragazzi si guardarono negli occhi allibiti.

non l’ha detto davvero?!”

Sì, si l’ha detto!!”

-Ehm… credo che si possa delimitare la cerchia dei sospetti a quelli che hanno l’età per guidare… un ragazzo della mia età non saprebbe nemmeno dove infilare i piedi- disse Elisa grattandosi la nuca. L’ispettore rise. La sua risata era quella di un omaccione ed era strano vederla fuoriuscire da un corpicino come il suo. Sembrava quasi che fosse il cappotto a ridere tanto si muoveva.

-Questo lo capisco, ma ci saranno almeno cento studenti con più di diciotto anni. Più tutti i professori. Tuttavia è meglio recarsi comunque alla vostra scuola… ragazzo, quella ragazza non sta troppo bene a quanto vedo, perché non le fai dare un controllo dagli infermieri?-

William sorrise e annuì avviandosi insieme a Elisa e all’ispettore verso l’ambulanza. Lì gli comunicarono che la ragazza era svenuta per lo stress e che si sarebbe risvegliata in tre, forse quattro ore. Non c’era bisogno di portarla in ospedale: si sarebbe ripresa certamente meglio risvegliandosi nella sua stanza piuttosto che in quella di un ospedale.

-A posto forza venite con me che vi porto a scuola, così almeno potete indicarmi la strada- disse l’ispettore facendo cenno ai ragazzi di seguirlo. A William cedevano le gambe e sicuramente non sarebbe riuscito a fare un altro passo, ma in quel momento, per chi sa quale motivo, avrebbe dato di tutto per non entrare in quella macchina. Elisa era della stessa opinione, per la prima volta nella sua vita desiderò non entrare nella macchina della polizia. Ci vollero però pochi secondi per far capire ai ragazzi che non c’era nessuna via d’uscita: sarebbero dovuti entrare e basta. Salì in macchina per primo William che fece coricare Alessia in orizzontale, così da avere la testa appoggiata sulle gambe di Elisa e i piedi sulle gambe di William.

Quando arrivarono a scuola ci fu un gran trambusto, tutti credevano che avessero combinato chissà che cosa, ma quando la notizia di Bob trapelò ci fu un silenzio di massa. Un silenzio di quelli belli pesanti. Nel frattempo l’ispettore cercava di capire un modo per interrogare il minor numero di persone possibile, perché come minimo in quella scuola dovevano esserci più o meno 500 studenti più una trentina o forse più di insegnanti. Troppe, troppe persone! Tuttavia in un paio d’ore riuscì a ridurre i sospettati solamente a cinque. Si perché, escludendo a priori le prime classi poiché nessuno aveva l’età per guidare, due classi erano coinvolte in un torneo di pallavolo insieme a due professori di educazione fisica, altre due assistevano a quel torneo insieme ad alcuni professori, tutte le quinte erano in gita per tre giorni con quattro professori e tutti gli altri erano stati visti da qualcuno, perciò, gli unici a non avere l’alibi erano proprio loro cinque. In quel lasso di tempo William ed Elisa portarono Alessia nella sua stanza e, infilatala sotto le coperte, si sedettero entrambi sul letto di Elisa ad osservare l’amica.

-Deve essere stato un colpo durissimo…- disse Elisa fissando il vuoto davanti a lei

-Sì, sì lo è stato per lei come per noi. Ma Alessia al contrario nostro lo amava, io lo amavo, ma come amico, lei lo amava come ragazzo. Non voglio sapere come l’avranno presa i genitori…- disse Will fissando l’amica svenuta.

Improvvisamente a Will cominciò a ribollire il sangue. Si sentiva arrabbiato, ma arrabbiato davvero. Strinse i pugni sulle ginocchia e sul suo volto si dipinse una smorfia di rabbia. Elisa non l’aveva mai visto così.

-Will?- disse avvicinando una mano alla sua spalla. William l’afferrò e la strinse forte

-Elisa… devi farmi una promessa…- disse continuando a fissare Alessia

La ragazza annuì in silenzio mantenendo un espressione seria sul volto.

-Sì, Will, ho capito. Sono d’accordo. La proteggeremo insieme- Continuò Elisa fissando anche lei Alessia.

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Capitolo 11
*** Bob e Alessia Ovvero il bambino sull' altalena Parte 1 ***


Capitolo 6 Bob e Alessia Ovvero il bambino sull’altalena

 

Era estate e in spiaggia faceva ancora troppo caldo per fare il bagno. Tutte le mamme stavano sotto l’ombrellone a subirsi le lamentele dei figlioletti che erano stanchi di riposarsi. Poi arrivava sempre quel momento in qui le mamme indicano al figlio un bambino o una bambina seduta al bar dicendo

-Vai a giocare con quel bimbo, fra un po’ andremo in acqua- per poi far scomparire i loro occhi dietro una rivista. Bè ciò accadde anche a una bambina di sei anni che, stancatasi di stare a leggere un fumetto sul materassino, pregò in ginocchio la mamma di portarla in riva al mare a fare il bagno.

-Tesoro, hai appena mangiato!- rispose la donna accarezzandole i corti capelli scuri.

-Ma io mi annoio, mi annoio, mi annoio!- rispose insistente la bambina battendo i piedi nudi sulla sabbia. La madre alzò gli occhi al cielo e sospirò. Notò che tra le giostre c’era un bambino che giocava da solo sull’altalena.

-Vai da quel bimbo e gioca con lui, fra un po’ ti porterò al mare- disse poi riprendendo a leggersi la rivista di moda. La bambina si avvicinò alle giostre e si mise davanti al bimbo cominciando a guardarlo. Aveva i capelli corti, la faccia tonda e i capelli castani corti. La carnagione era abbronzata e portava un costumino azzurro coi lacci arancioni. Sui fianchi si vedevano i segni del costume e intorno agli occhi quelli degli occhialini.

La bambina invece portava una magliettina a maniche corte bianche dalla quale faceva capolino il costume arancione a pantaloncino.

-Ciao- disse la bambina fermandosi davanti a lui. Il bimbo la guardò negli occhi e non rispose voltando nuovamente lo sguardo dall’altra parte.

-Vai via- disse cominciando a dondolarsi. La bimba lo guardò storto e insistette dicendo che DOVEVA giocare anche lei perché glie lo aveva detto la mamma, ma il bambino era deciso a non permetterglielo

-Non voglio giocare con te, vai via!- disse il bimbo alzandosi in piedi. Poiché la bambina non si muoveva il bambino le diede una spinta facendola cade a terra. Sì sporcò tutte le gambe e il costume le si riempì di sabbia. La bambina sarebbe dovuta mettersi a piangere o per lo meno correre dalla mamma, ma lei no. Si rialzò in piedi scrollandosi la sabbia di dosso e avanzò verso il bambino. Non appena gli fu abbastanza vicinò gli diede uno schiaffo sulla nuca. Per tutta risposta il bambino la prese per i capelli e cominciò a tirarli, mentre lei gli assestava un pugno al braccio. Insomma, iniziarono una bella rissa rotolandosi nella sabbia fino a che le loro mamme non vennero a separarli.

-Signorina, chiedi subito scusa a questo bimbo!- fece la madre della bambina tenendola per un braccio

-Lo stesso vale per te Giovanotto! Chiedi scusa immediatamente alla bambina! E fate pace! Mi scusi si signora, di solito Roberto non è aggressivo!-

-Anche Alessia non lo è! Forza chiedi scusa!-

La bambina fece un passo in avanti tenendo la testa bassa

-Scusa…- sussurrò non guardandolo negli occhi.

-Scusa…- ripeté il bambino rosso in volto guardandosi i piedi. Le due mamme scossero la testa e invitarono i bambini a essere più gentili tra di loro.

-Le offro un caffè?- chiese la madre di Alessia mentre si allontanava in compagnia della madre di Roberto.

-Solo se io posso offrirlo a lei!- Le madri dei bambini scomparvero nel bar tra le risate lasciando i loro figli in balia di loro stessi.
Rimasero seduti su un muretto per un po’ fino a che il bambino non ruppe il silenzio con una risata che contagiò anche Alessia

-Che cosa c’è?- chiese la bambina ridacchiando insieme a lui. Il bambino la guardò con un sorriso e le porse una mano.

-Le nostre mamme hanno fatto amicizia, tocca a noi. Piacere sono Roberto, ma puoi chiamarmi Bob-

Alessia sorrise e strinse la mano al ragazzino promettendosi così amicizia eterna.

-Sono Alessia, ti va di far merenda?- chiese alzandosi in piedi. Il bambino sorrise e saltò giù dal muretto, ma improvvisamente si fece tutto buio come se il sole fosse stato inghiottito dal cielo, l’unica cosa che si vedeva era una luce che diventava sempre più potente in direzione di Bob che non era più un bambino, ma già un ragazzo di diciassette anni. Non ci volle molto per capire che quella luce erano dei fanali e che stavano davvero puntando verso il ragazzo.

-Bob!- gridò Alessia, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono e le sue gambe non si muovevano. Il ragazzo fu investito.

 

Alessia si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore. I suoi occhi erano quasi fuori dalle orbite e la sua gola le faceva male. Si guardò intorno e cominciò a tremare. Le pareti le sembravano più strette, quasi l’avessero voluta ingabbiare. Chiuse e riaprì nuovamente gli occhi e si guardò dinuovo intorno cominciando a chiedersi che cosa ci faceva lì. Vide che sul letto della sua compagna c’erano seduti William ed Elisa che la guardavano perplessi. Alessia sorrise vedendo i volti amici, per lei era come un barlume di luce in fondo a un tunnel buio. Vedere i suoi amici, per lei era sempre un buon segno, ma in fondo al suo cuore sapeva che quella non era un occasione come le altre. Lei non era a letto col raffreddore, era successo qualcosa di più.

-Elisa, William! Non potete smettere di amoreggiare nemmeno per un secondo!- disse Alessia ridendo e sedendosi sul letto.

-Non sforzarti! Sdraiati!- Disse Elisa costringendo l’amica a stare sdraiata. Cercava di sorridere, ma le sue labbra fortemente tirate erano simbolo di nervosismo e Alessia la sapeva lunga sui volti delle persone.

-Ma io sto bene! Mi sono solo appisolata!-

-Non proprio! Sei svenuta…- disse William con aria cupa.

-Dai cosa sono queste facce! Non è un dramma se sono svenuta, ora sto bene, fatemi alzare!-

Elisa scosse la testa e costrinse nuovamente l’amica a rimanere a letto. Alessia sbuffò quasi divertita. Il sogno assurdo che aveva fatto rimaneva ancora un sogno del resto, allora perché non ridere? Perché non rallegrarsi di ciò che non è stato? Alessia ci provava, ma sembrava che i suoi amici volessero impedirglielo, ma perché? Perché impedirle di essere contenta?

-Ce l’ha consigliato il medico! Stai a riposo, non sforzarti fino a domani-

L’amica sbuffò nuovamente e incrociò le braccia mantenendo il broncio sul volto. In mente le piombarono le immagini di qualche ora prima, immagini confuse e veloci: un auto, un tonfo e poi Bob a terra… non può essere…

-E Bob?-

William e Elisa si guardarono negli occhi con sguardo triste. Come potevano dirglielo? Come potevano dirle che il ragazzo che amava non c’era più?

Passarono cinque, dieci minuti ma nessuno spiccicava una parola. Alessia abbassò la testa e fissò le coperte.

-Ditemelo…-

Nessuno dei due voleva risponderle. Le parole si bloccavano in gola quasi fossero incastrate e non si potessero forzare perché la gola così si graffierebbe e non guarirebbe più. Meglio tenerle lì, al sicuro in modo da non ferire ne gola ne orecchio.

-Ditemelo! Come sta Bob? Ho il diritto di saperlo! In che reparto dell’ospedale è? Voglio andare a trovarlo, non mi importa quanto siano gravi le condizioni!- disse continuando a fissare le coperte azzurre e battendo il pugno su di esse.

William guardò Elisa che annuì tristemente. Il ragazzo strinse i pugni e abbassò lo sguardo. Non riusciva a dirglielo schiettamente, voleva girargli intorno, ma non troppo oppure lei si sarebbe spazientita e sarebbe stato tutto come prima…

-La macchina che lo ha investito toccava quasi i duecento kilometri, per via dell’impatto Bob ha fatto un bel volo e…-

-Arriva al dunque- fece Alessia fissando oramai il vuoto. William prese il coraggio a due mani, era difficile anche per lui ricordare; la ferita era troppo, troppo recente per poter riuscire a raccontare l’accaduto senza che la voce si facesse roca per via delle lacrime.

-Alessia… Bob non ce l’ha fatta.-

Alessia chiuse gli occhi e strinse i pugni. Nella sua mente tornarono con violenza le immagini dell’impatto e della caduta del ragazzo. Il sangue scorreva e macchiava il cemento della strada, vedeva via via il volto di Bob farsi più bianco, i suoi occhi e le sue labbra farsi violacee e poi il buio. Iniziò a tremare e inghiotti una gran quantità di saliva. Teneva la testa bassa e i capelli le ricadevano sulle guance coprendole così gli occhi

-Ah… ah ah ah… sapete Bob ha sempre detto che una macchina l’avrebbe portato via … eheh non pensavo a quel modo però!- disse Alessia ridendo. Tremava come una foglia e gli occhi erano spalancati a fissare la coperta. Ci furono alcuni attimi di silenzio e poi Alessia riprese a ridere. I due ragazzi rimasero spiazzati dal modo in cui la ragazza aveva preso la notizia… troppo , troppo serenamente, in un modo sinistro addirittura…

-Elisa? Sono un po’ stanca… se vuoi continuare a stare un po’ con William potresti uscire? Se non ti spiace- disse non appena smise di ridere. La sua faccia divenne improvvisamente seria e cupa da far paura.

Elisa annuì cercando di sorridere e fece cenno a Will di seguirla fuori dalla stanza. Si chiusero la porta alle spalle e scesero le scale fino ad arrivare nel giardino.

-No l’ha presa bene per nulla…- disse William fissando la porta. Elisa scosse tristemente la testa chiudendo gli occhi

-L’ha presa peggio di noi… non ha ancora realizzato la faccenda… posso chiederti un favore?-

-Certo, quello che vuoi per farmi perdonare per quello che ti ho detto prima….- disse William riferendosi a quando le aveva dato della bugiarda

-Ti avevo già perdonato per quello.- Disse Elisa sorridendo e aggrappandosi a un suo braccio. Will ricambiò il sorriso e magicamente la giornata divenne meno grigia. Per lui il sorriso e la risata di Elisa erano il sole, il cielo, l’ aria, il tutto. Si era innamorato di lei non poteva non ammetterlo.

-Ti chiedo se sei disposto ad intervenire qualora Alessia si sentisse male per questa situazione… ho paura che se si terrà per troppo tempo tutto dentro lei possa esplodere e fare qualcosa di estremamente stupido…-

William acconsentì e i due uscirono in cortile a passeggiare. Non volevano tornare da Alessia, se lei aveva detto di voler restare cosa, così sia… Il sole stava oramai stava tramontando e i giubbini che indossavano non erano abbastanza caldi per sopportare il freddo serale di Novembre. Dalle loro bocche uscivano a ogni respiro piccole nuvolette simili a dei baffi. Lentamente lentamente venivano espulse dal corpo dei ragazzi che passeggiavano tenendosi per mano per scaldarsi a vicenda poiché nessuno dei due aveva i guanti. Erano quasi le sette e sarebbero dovuti rientrare a momenti per la cena ma in lontananza videro una sagoma che si avvicinava a loro, non ci volle troppo per capire che era l’ispettore e che portava buone notizie.

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